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di La Chiave di Do
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Joining the dots ***
Capitolo 2: *** Only dream of you ***
Capitolo 3: *** On your knees again ***
Capitolo 4: *** Shield your eyes ***



Capitolo 1
*** Joining the dots ***


You are all I have these days, shake it up and run away
with the night squabbling behind you.
From the smoke in your hair to the blood in the bruise
and the bows on the shoes you kicked off
I'm joining the dots.


 

*

 

La porta si aprì senza sforzo, cigolando appena.

La luce la investì violenta, come una lama argentata dritta nel fondo delle pupille: perché aveva immaginato che là fuori ci sarebbe stato lo stesso buio in cui era stata immersa fino a pochi istanti prima?

Si schermò il viso con le mani, prima di capire che nel cielo non brillava nessun sole: lui era lì. Era sempre stato lì. L’aveva aspettata? Aveva avuto altro da fare?

Tutto di lui era bianco: la camicia con le maniche arrotolate due o tre volte, le mani intrecciate dietro la schiena, le braccia magre, lo splendore terribile che emanava. Solo l’inchiostro dei suoi capelli ricadeva in morbide ciocche sulle spalle e la nuca.

“Ciao”.

Il tuono della sua voce la fece trasalire. Certe cose non cambiano neanche dopo così tanto tempo.

Non poteva averla sentita arrivare. L’aveva percepito. L’aveva aspettata.

A ogni passo verso di lui, sopra il tetto dove era morta troppe volte, sentiva l’aria farsi più dolorosa nei polmoni, lo stomaco più ritorto, le gambe più pesanti. L’ultimo fu un’agonia.

“Sei qui da molto?”

Lui sorrise d’un sorriso amaro e antico.

“Da sempre”.

Finalmente lo guardò: la sua carne pallida, le sue labbra come una rosa in boccio, le onde scure dei suoi capelli sembravano incorrotte dal passare tempo. Ma non erano quelle che temeva.

Di che colore sarebbero stati i suoi occhi, dietro gli occhiali da sole? Ricordavano ancora il sapore del suo sangue o sarebbe soltanto precipitata in una tenebra senza stelle?

Il cielo su loro era un mantello di velluto, d’un colore indeciso fra l’azzurro più accecante e il grigio acuto. Quali che fossero le forze metafisiche deputate alle condizioni atmosferiche, sembravano ponderare con estenuante lentezza le possibilità di squarciare il cielo in uno sfacelo di maltempo o di aprirlo con mano gentile verso il sereno.

Quando lui alzò una mano, senza fretta, verso gli occhiali, fu certa che a squarciarsi in due sarebbe stata lei.

No, no, NO.

Non poteva permettergli di prenderla di nuovo, il suo sguardo da figlio di Gorgone sarebbe stato l’ennesimo martirio.

Un lampo. I suoi capelli volteggiarono come una corona attorno al suo viso nella brezza gelata del mattino, lo splendore della luce dipingeva sul suo viso segni di guerra. Le ciglia delicate si aprirono impietose su di lei, gettando nei suoi due occhi di fuoco.

Neri.


  *
 

 

          La Chiave di Do.

Non èpossibile capire questa drabble senza avere letto il resto della raccolta.
Anzi, forse neppure leggendo le due parti precedenti è possibile venirne a capo. Di certo non ne sono venuta
a capo io.  Chissà, forse G. si ricorderà qualcosa, forse lei è l'unica che all'epoca l'aveva capita.  Oppure  no.
Se mai qualcuno al leggerà,  mi preme ricordare che  (come sempre)  Alex non è Alex.  Probabilmente è un
simbolo, sicuramente un fantasma, chissà se è un angelo. Tutto ciò che so è che ha ripreso ad apparirmi
in sogno. E che non porta mai il sereno.

https://www.youtube.com/watch?v=iqbyhvzXaIc

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Capitolo 2
*** Only dream of you ***


Don't know why, don't know where to begin
Don't know what is or isn't happening
Don't know how, my head's in such a spin
Is yours in one too, baby?

 

*

 

Il suo sorriso non era strumento di affetto, di serenità, di qualcosa. Era un coltello in mezzo ai denti, il gelo di un vuoto senza ritorno, una cancrena. Lo era sempre stato. Quella sua disgustosa compassione era sempre stata quanto di più vicino alla disperazione avesse mai toccato.

Come si fa ad odiare qualcosa di tanto bello? Ad amare qualcosa di tanto orribile?

Bevve dal fondo dei suoi occhi ogni goccia di quel niente senza sapere se lo desiderasse davvero, come una dipendenza, uno sfizio, un'abitudine. Quanto è facile sentirsi a casa nel farsi del male, pensava.

"Lo sapevi?"

Lui smise di sorridere, come se la domanda lo offendesse, come se la risposta fosse troppo amara.

"Tu lo sapevi?"

Lei esalò un respiro troppo lungo per non nascondere dolore fisico.

"Che sarei tornata?"

Provò a chiederselo con onestà, come se potesse scegliere di mentirgli, come se potesse anche solo pensare di non rispondergli.

"Speravo di averlo solo immaginato. Di non essere mai stata qui. Che tu non esistessi davvero".

Lui rise, e la sua risata era la cosa più dolce e crudele nell'intero universo.

"Sciocca ragazzina".

Eccolo, quel dolore. Lo sentiva premere le tempie come se volesse infrangerle il cranio. Lo sentiva a ondate costanti fra lo sterno e l'ombelico, come se il cuore le fosse sprofondato nella pancia. Si afferrò l'addome come se potesse raccogliere la nausea fra le mani, ma la sentí colare fra le dita e rifluirle addosso con rinnovata intensità: incandescente, umiliante, inevitabile.

Lui la osservava inespressivo torcersi e ansimare, in un giudizio silenzioso.

"Hai esagerato, ieri sera?" le chiese con naturalezza.

Lei gettò la testa oltre il parapetto e vomitó.

Una mano le raccolse i capelli dalle spalle e se li avvolse fra le dita, l'altra le si posò sulla fronte, lieve, fredda. La sostenne in silenzio mentre le boccate si susseguivano sconquassandole le interiora. Una, due, tre.

La pressione le spinse le lacrime fuori dalle orbite.

Quattro, cinque.

Tremava, senza sosta, con le sue mani fra i capelli e la faccia bagnata.

Sei, sette.

"Cosa non hai digerito?" le chiese.

Otto.

Non credeva di essere in grado di rispondere. Ma se lui chiedeva, significava che ne era in grado.

"Dieci anni".

Un sussulto e un sospiro: stava sorridendo di nuovo.

Nove.

"Tutto fuori" le ordinò.

Dieci.


*

 

 

          La Chiave di Do.

Tutto fuori
https://www.youtube.com/watch?v=M9fo-o5OUpQ

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Capitolo 3
*** On your knees again ***


I'm the boss, in case you had forgotten
Doctor Top Gun, I can make it happen
I'm the first one in, I'm the last one out 

 

*

 

“Ho conosciuto qualcuno” gli dice. Non sa neppure perché. Non vuole farlo ingelosire, perché sa che non è possibile. Non vuole neppure farlo arrabbiare, perché non sarebbe in grado di gestirlo.

Lui non si sposta di un millimetro; stende i polsi sul parapetto, allunga la braccia, getta la testa all’indietro, lasciando che i capelli gli scivolino via dalla fronte e gli accarezzino la schiena.

“Cazzate”.

Cazzate.

La parola le echeggia in testa come in una stanza vuota. Vorrebbe dire di no, dargli torto per una buona volta. Forse lo fa, forse lo capisce da solo.

“Uomo o donna?”

“Non te lo voglio dire”.

“Come è successo?”

“Per caso…”

“Come si chiama?”

Lo sa come si chiama. Ce l’ha sulla punta della lingua, quel nome. Vorrebbe dirglierlo, sputarglielo addosso. È una questione di principio, un punto d’orgoglio. Niente. Non riesce a ricordarlo. Non ce l’ha un nome, non ce l’ha più, se l’ha mai avuto.

Lui sorride. Non a lei, non per lei. Sorride e basta.

“Di che colore sono i suoi occhi?”

Basta, hai già vinto, che altro pretendi?

“Io…”

“Ti ho chiesto il colore dei suoi occhi”.

“Non…”

Che colore”.

Sospira.

“Non lo so”.

La guarda, in un misto crudele di soddisfazione e tenerezza. Con calma allunga una mano verso di lei, l’indice e il medio le raccolgono una ciocca dalla tempia e gliela infilano dietro l’orecchio, delicati.

“Brava” le sussurra “cazzate”.

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Capitolo 4
*** Shield your eyes ***


The bumps woke me up in your grip
And the tide took me to your mouth
And then swept me back down to your palms
It's them that put me inside the reminder
That yours is the only ocean I wanna swing from

 

*

 

Fu allora che il suo abbraccio divenne caldo, soffice, le sue mani dolci.

Le sembrò che le scivolassero addosso latte e miele, mentre le sue mani scorrevano dalla schiena ai fianchi e poi di nuovo al viso.

Quando sentì il suo fiato accarezzare il proprio, quando le dita si intrecciarono, si strinsero, si intrappolarono a vicenda capì che era troppo tardi.

Per la prima volta si innamorò di lui. Con una tenerezza disperata, con una passione deprimente.

Si gettò fra le sue labbra come un assetato, e bevve, bevve come se non avesse mai bevuto in vita sua. Sulla sua lingua lesse tutto ciò che non si erano mai detti, nella sua bocca cercò ogni segreto mai rivelato.

La sola idea di separarsene era un dolore così acuto da spingerle le lacrime dal fondo della gola.

Lo baciò finché non sentì mancarsi il fiato, fino a che il cuore non iniziò a scoppiarle in petto e sperò di morire così, fra le sue braccia.

Quando aprì gli occhi lo trovò morbido e tiepido fra le sue braccia, come se per un momento soltanto avesse potuto curarlo, e gli passò una mano fra i capelli. Ma non erano neri, non ricadevano in onde attorno al suo viso: fra le dita aveva seta biondo cenere.

La sua pelle non era più di un pallore spettrale, ma di un oro che brillava caldo ai raggi radenti del sole.

Quando anche lui aprì gli occhi nei suoi, ne ricordò il colore: il primo ghiaccio che avesse mai amato, l'unico in cui non potesse congelare.

"No!" gli disse con durezza "Non puoi, non te lo permetto".

Lo schiaffo lo colpì in pieno volto, s'infranse doloroso sulla guancia sinistra, lasciandogli addosso un'espressione di furia che avrebbe dovuto terrorizzarla. Se lo fece non le impedì di lottare ancora.

"Lui no. Non puoi prenderlo. Non sarà mai tuo".

Lo vide sorridere con denti che non erano suoi:

"Tu lo sei".

"Io" ammise lei "e solo io".

 

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