Bella Voce

di Dalybook04
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Introduzione ***
Capitolo 2: *** Parte uno ***
Capitolo 3: *** Interludio I- Scacchi ***
Capitolo 4: *** Parte due ***
Capitolo 5: *** Interludio II- Epistola moderna ***
Capitolo 6: *** Parte tre ***
Capitolo 7: *** Parte quattro ***
Capitolo 8: *** Interludio III- Accademia ***
Capitolo 9: *** Parte cinque ***
Capitolo 10: *** Parte sei ***
Capitolo 11: *** Interludio- Famiglia I ***
Capitolo 12: *** Parte sette ***
Capitolo 13: *** Interludio- Famiglia II ***
Capitolo 14: *** Parte otto ***
Capitolo 15: *** Parte nove ***
Capitolo 16: *** Interludio- Famiglia III ***
Capitolo 17: *** Parte dieci ***
Capitolo 18: *** Parte undici ***
Capitolo 19: *** Interludio VII- sì o no? ***
Capitolo 20: *** Parte dodici ***
Capitolo 21: *** Parte tredici ***
Capitolo 22: *** Parte quattordici ***
Capitolo 23: *** Interludio VIII- Guerra ***
Capitolo 24: *** Parte quindici ***
Capitolo 25: *** Interludio IX- Ars ***
Capitolo 26: *** Parte sedici ***
Capitolo 27: *** Interludio X- les enfans qui s'aiment ***
Capitolo 28: *** Parte diciassette ***
Capitolo 29: *** Interludio XI- Olimpo ***
Capitolo 30: *** Parte diciotto ***
Capitolo 31: *** Parte diciannove ***



Capitolo 1
*** Introduzione ***


https://youtu.be/xlGwXNjzJ_Y
 
"Nonno, mi racconti una storia?"
"Certo, piccolo. Qualche richiesta?"
"Sì! Oggi un mio amico ha detto qualcosa sulle Belle Voci e la maestra lo ha zittito subito. Cosa sono le Belle Voci, nonno? Mi parli di loro?"
"Va bene...
Nell'antichità ogni tanto nascevano persone magiche con delle voci speciali, talmente belle da far tremare le montagne ed esplodere i cuori dei nemici, distruggere le mura nemiche o far fiorire le colture anche durante gli inverni più rigidi. Erano persone molto, molto speciali, piccolo, e venivano venerate al pari degli dei. Ne nasceva uno su un milione, erano rarissimi"
"Sono una Bella Voce, nonno?"
"No, cucciolo. Non ne nascono più da un migliaio di anni, forse di più. E poi sei troppo stonato"
"Non è vero!"
"Comunque, circa duemila anni fa, forse un po' di più, Roma era una piccola città, non l'impero di cui ti ho parlato, ed era sotto attacco. I loro vicini volevano conquistarli, sottometterli e farli schiavi. I Romani combatterono valorosamente, ma erano troppi pochi e furono costretti a ritirarsi in città.
Riuscirono a chiudere tutti gli accessi, tranne uno, un ponte sul Tevere che normalmente sarebbe stato facile da difendere, ma erano tutti troppo stremati per farlo. Così, un uomo, l'unica Bella Voce della città, decise di prendere in mano la situazione. Salì sul ponte, pronto a combattere, e quando i nemici ci salirono, cantò una nota, una sola, così potente, così pregna del desiderio di proteggere la sua patria, che la terra si commosse e tremò, tremò e tremò, fino a far crollare il ponte. La Bella Voce morì, ma salvò la sua patria, dando il tempo ai suoi concittadini di organizzarsi per contrattaccare"
"Che forte nonno! Voglio far tremare anch'io la terra!"
"No, piccolo. Le Belle Voci avevano un grande potere, ma anche grandi responsabilità e grandi sofferenze. Ora dormi, domani devi andare a scuola ed è tardi"
"Va bene, nonno... buonanotte!"
"Buonanotte, Feli"
 
"Tu hai una grande maledizione, lo sai? Forse sarebbe più corretto dire che sei una maledizione, per te stesso e per chi hai intorno. Hai un qualcosa che nessun altro ha, in grado di ferire gli altri. Nostro Signore ti ha messo alla prova, ma se non ti lasci dominare da Satana e tieni la tua oscurità dentro di te, forse il buon Dio misericordioso ti perdonerà. Ai miei tempi a quelli come te si cuciva la bocca e si strappava la lingua, ma c'è qualcuno che ti protegge e non vuole che tu possa espiare la tua condanna al meglio. In ogni caso, finché reprimerai il demonio e lo sopprimerai con la preghiera, per te ci sarà ancora una speranza"
Il bambino non risponde, non dice nulla, sa che prenderebbe solo botte. La sua voce è potere, ma è anche pericolo. Qualsiasi suo uso non giustificato sarebbe punito. Potrebbe scappare, se la usasse per distruggere tutto, se fosse capace di usarla senza uccidersi, senza sbagliare, ma non è capace, non sa come regolarsi e non vuole imparare, non se lo merita. È giusto che sia lì, a soffrire. Ha ucciso la sua famiglia, d'altronde. Che altro merita, oltre alla sofferenza?

Angolo autrice:
ALLORA
Spieghiamo un attimo.
Questa storia sarà abbastanza un parto da scrivere.
Intanto l'universo è ideato da me, quindi già questo è un bordello perché la mia testa non sa contenersi e continuo ad aggiungere roba su roba.
Poi.
Per estremo masochismo, ho deciso di dare una specie aesthetic a questa storia. Ogni capitolo avrà una foto che ne rifletterà il mood, diciamo, e a volte una canzone, come in questo caso (per lo meno su Wattpad. Per efp mi sto ancora ingegnando)
E ancora.
Per aumentarmi i problemi, a volte inserirò dei capitoli in più, degli interludi, in cui inserire informazioni in più, di solito più corti dei capitoli soliti. Vedrete.
Non so bene ogni quanto aggiornerò. Un capitolo a settimana lo pubblicherò sicuramente, ma per la storia degli interludi potrebbe variare, non so, dipende da quanti ne inserirò e da quanto saranno lunghi.
Bene! Sarà divertente quest'avventura. Ora la smetto di cianciare, questo angolo autrice sta diventando più lungo dell'introduzione.
Il primo capitolo serio arriverà tra poco, giuro.
Ciao!
Daly
 
 

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Capitolo 2
*** Parte uno ***


https://youtu.be/jLKOBJR5vHs

Feliciano corre per le scale, contando mentalmente i piani. La sua classe è la 4.2 e lui è al secondo piano. Ora terzo. Secondo giorno di scuola, il primo di lezione, ed è già in ritardo, ma non è colpa sua! Si è fermato a osservare un albero nel cortile, a disegnarlo seduto sul prato, e ha perso la cognizione del tempo. Potreste dargli dello stupido per essersi fermato a ritrarre un semplice albero, ma quella quercia aveva delle foglie dalla forma strana, che avevano subito catturato la sua attenzione, e risplendevano di rugiada, catturando la luce del sole sorto da poco. Era qualcosa di troppo bello per non essere disegnato.
Ecco la classe! Si fionda dentro, ha lezione di fisica (ew) e grazie al cielo la prof non è ancora arrivata. Dove potrebbe...
Merda, tutti i posti migliori sono già stati presi. Ne è rimasto uno solo, al primo banco, proprio di fronte alla cattedra, accanto ad un ragazzo biondo molto carino che gli mette un po' paura.
"Posso sedermi?"
Quello annuisce, con lo sguardo fisso sul libro. È seduto dritto, composto, piedi rivolti alla cattedra e schiena perpendicolare al pavimento.
"Eri in ritardo anche tu?" chiede Feliciano, esitante, per avviare la conversazione. Quello lo guarda, confuso.
"No, perché?"
"Sei in primo banco..."
"Sono arrivato prima apposta per mettermi qui"
E Feliciano capisce che quello è il secchione della classe. Fantastico. Gli porge la mano senza aggiungere altro oltre al suo nome "Feliciano Vargas"
"Ludwig Beilshmidt"
Nei minuti in cui aspettano l'insegnante, che è in ritardo, Feliciano cerca di chiaccherare con il suo nuovo compagno di banco, ma non riesce a cavare fuori nulla tranne qualche risposta borbottata. Però parla con i ragazzi seduti dietro, che sono abbastanza simpatici.
Quando entra la prof e inizia a fare lezione, il giovane italiano si sforza di seguire, davvero, ma come ogni volta che prova a concentrarsi su qualcosa che non gli piace, finisce a fare altro. In questo caso, a studiare Ludwig, che, per quanto inflessibile e diligente, rimane un bel ragazzo con dei tratti molto interessanti da ritrarre. Capelli biondi tenuti indietro con il gel (a quattordici anni?), occhi azzurri attenti, simili a quelli di un'aquila che abbia puntato un topolino, tratti spigolosi che iniziano a sbucare sotto quelli morbidi dell'infanzia, fisico slanciato, leggermente muscoloso. Inizia a chiedersi come potrebbe ritrarlo meglio. Matite colorate? Pennarelli? Pastelli? O forse un ritratto a matita in bianco e nero...
Suona la campanella. Le due ore di fisica sono finite e lui non ha seguito mezza parola. Ottimo.
Le due successive ore di letteratura sono un alternarsi di concetti interessanti che si appunta e distrazioni continue. Il rumore della penna di Ludwig sul foglio che gli ricorda quello del vento tra le foglie che gli fa pensare ad una foresta incantata, le decorazioni gialle sulle unghie della prof che gli ricordano le tagliatelle del nonno, il dipinto sul libro di un signore che gli fa pensare a quei nuovi colori che ha ordinato su internet e non sono ancora arrivati...
E improvvisamenta è ora di pranzo. Assurdo come voli il tempo eh?
La mensa è affollata e quasi si perde. Dove può sedersi? Vicino ai due ragazzi simpatici seduti dietro di lui e al loro gruppo, con quelli che hanno la camera al suo stesso piano del dormitorio o...
Individua Ludwig nel casino. È seduto al tavolo di tre ragazzi più grandi, ma se ne sta in un angolino, da solo, e sembra molto triste. In un attimo è da lui.
"Posso sedermi?"
Uno dei tre tizi più grandi lo squadra, confuso "ci conosciamo?"
Feliciano arrossisce "ehm, io..."
"È il mio compagno di banco" interviene Ludwig, mantenendo lo sguardo fisso sul cibo.
Il più basso dei tre, un ragazzo albino, si illumina "quindi il piccolo Luddi ha fatto amicizia! Vieni, vieni, siediti pure. Come ti chiami?"
"Feliciano, piacere" sorride e si siede davanti a Ludwig, che lo osserva in silenzio, studiandolo, forse chiedendosi perché si sia seduto proprio con lui.
"Io sono Gilbert, il fratello maggiore di Lud. Come ti trovi a scuola?" indaga. Feliciano si chiede come possano due fratelli essere così diversi, sembrano sole e luna.
"Bene, credo"
"Che insegnanti avete avuto oggi? Come ti sembrano? Ludwig non mi dice mai niente!"
"Uhm..." la verità è che non sa cosa dirgli.
"Non lo sa, non ha seguito niente" interviene Ludwig. Si rivolge a Feliciano "hai un deficit dell'attenzione, no?"
"Uhm, no. Fatico solo a stare attento, ma..."
"Ludwig! Non essere maleducato"
"Ho solo fatto una domanda!"
"Non si chiede agli altri delle loro malattie"
"Non è una malattia, è un disturbo"
"Stessa cosa" guarda Feliciano con un piccolo sorriso "scusalo, a volte è un po'... indelicato"
"Oh, ehm, nessun problema"
"Ti può passare gli appunti se ti servono'
Ludwig lo guarda, scioccato come se gli avesse chiesto di ballare nudo sul tavolo "lo sai che non posso!"
"Potete vedervi dopo le lezioni per studiare. Ti aiuta a memorizzare spiegare le cose agli altri, no?"
Ludwig sbuffa, Feliciano sorride imbarazzato "non serve, davvero, non voglio disturbare e..."
"Non preoccuparti! Ora, parliamo d'altro, la scuola è pallosa. Finiamo le presentazioni, magari. Lui è Antonio" indica il ragazzo moro e sorridente alla sua sinistra "e lui Francis" un ragazzo dai capelli lunghi e biondi. A Feliciano ricorda un cherubino visto in qualche dipinto famoso di... di chi era?
Ah, aspetta, lo stanno tutti guardando, aspettando una risposta a una domanda che non ha sentito forse?
"Ehm... potreste ripetere?"
"Vedi?" brontola Ludwig "si distrae"
Gilbert, cercando di non farsi notare, gli tira un calcio da sotto il tavolo "ho chiesto se hai dei fratelli" ripete, gentilmente.
"Ah, no"
"Meglio per te!" e scoppia a ridere. Ha una risata rumorosa, ma mette allegria. Per certi aspetti, ricorda a Feliciano la risata di suo nonno, bassa e contagiosa "i fratelli sono una palla al piede!"
"Su questo concordo con te" brontola Ludwig "soprattutto quelli maggiori"
Feliciano cerca di soffocare una risatina, ma fallisce. Gilbert sbuffa "ingrato"

Romolo Augusto Vargas varca la soglia del ministero, subito accolto da un generale suo amico di vecchia data.
"Cosa è successo? Perché mi hai chiamato?"
"Vieni, non parliamone qui"

Antonio sbuffa.
"Meno male che dovevamo provare oggi" sospira Gilbert, per poi alzare la voce "piccioncini! Scusate se vi interrompo, ma qui vorremmo suonare. Le vostre litigate potreste per favore risolverle in camera da letto?"
I due litiganti, Francis e un ragazzo biondo di nome Arthur, che avremo modo di conoscere meglio, lo guardano male.
"Non siamo dei piccioncini" brontola Francis.
"E io mi rifiuto di cantare un'altra merdosa canzone d'amore"
Antonio sbuffa "be', siamo in quattro, le decisioni non le prendete solo voi due"
"Questo è un gruppo rock, per Diana, e facciamo solo canzoni che di rock non hanno niente! Voglio fare una bella canzone di una band decente!"
"Love of my life dei Queen" propone Francis, con aria saccente. Arthur tace. Non può ribattere ai Queen, non quando ha addosso una maglietta del film di Bohemian Rhapsody, che ha visto circa cinque volte al cinema e illimitate a casa.
"Già, peccato che qui nessuno sappia suonare il pianoforte" replica Gilbert.
"Chiediamo a Roderich" suggerisce Francis.
"Piuttosto mi impicco con il cavo dell'amplificatore. Antonio, che proponi?"
Il ragazzo, l'unico moro dentro quella gabbia di matti, ci pensa, stringendo il manico della sua chitarra.
"Sympaty for the Devil? Quella dei Rolling Stones"
Ormai si è rassegnato e ha smesso di proporre brani raeggeton, visto che puntualmente glieli cassano.
"Non abbiamo i tamburi, né il pianoforte" ricorda Gilbert.
"Possiamo fare senza" ribatte Francis.
"Le cose o si fanno bene o non si fanno"
"Odio il tuo animo teutonico, mon ami"
"Come si chiama quella canzone finlandese?" interviene Antonio "Darkside?"
"Si può fare, ma servono due voci principali"
"Quella canzone italiana? Quella che ha vinto l'ESC?"
"Pensi che io sappia l'italiano?" ribatte Arthur.
"Hanno fatto una cover di Beggin' molto bella"
"Vuoi fare una cover della cover?"
"Perché no?"
"Fa' sentire"

"Hanno rapito Braginski"
"Un soggetto non sarebbe male"
"Se sapessimo chi sia il colpevole, non saresti qui, Maggiore"
"Non chiamarmi così"
"Un mese fa ci è arrivata una lettera anonima, in cui un tale minacciava di fare cose terribili se non avessimo rivelato i segreti sulle Belle Voci e la scorsa guerra"
Romolo lo incenerisce con lo sguardo "e non avete pensato che forse sarebbe stato il caso di parlarmene?"
"Pensavamo fosse solo l'ennesimo complottista, non sai quante lettere ci arrivino da quella gente. Ieri però Braginski è stato rapito e al suo posto è stata trovata un'altra lettera"
"Che dice?"
"Che eravamo stati avvertiti. Chiede di te, vuole parlarti. Ha lasciato un indirizzo email. Stiamo provando a rintracciarlo, ma senza risultato. Dev'essere un bravo hacker"
"Cosa volete che faccia?"
"Prova a negoziarci mentre cerchiamo di beccarlo. Impediscigli di fare altre mosse"
"D'accordo, passami l'indirizzo, lo contatterò da casa mia. Vi terrò aggiornati"
"Secondo i protocolli dovresti restare qui ma... be', questa situazione non segue i protocolli. Ci vuole massima segretezza"
"Appunto. Per non creare sospetti, me ne resterò a casa mia, come al solito"
"Giusto. Siamo nelle tue mani, Vargas"
"Come se fosse una novità"

"Ti ho detto che non ha ancora risposto. Te l'ho girata la mail, sai che gli ho scritto. Se insisto, rischio di peggiorare le cose. Sì. No. Senti, facciamo così, se entro martedì non risponde gli riscrivo. Va bene. Sì. Sì, ho capito. Ciao" Romolo attacca il telefono, esasperato, e si gira verso il nipotino, sorridendogli "scusa, questioni di lavoro. Raccontami la tua prima settimana di scuola. Qualche bella ragazza?"
"No, nonno" Feliciano mordicchia la cannuccia del suo succo di frutta "pensi che io abbia un deficit dell'attenzione?"
"Ma va, sei solo uno con la testa tra le nuvole" il nonno gli spettina i capelli, ridendo "stai ancora pensando alle vacanze. Vedrai che tra poco prenderai il ritmo"
Feliciano alza le spalle "sarà"
"Hai qualche amico?"
"Il mio compagno di banco, è..." esita "simpatico, a modo suo. A pranzo e cena e colazione mi siedo con lui e gli amici di suo fratello maggiore, sono simpatici"
"Bravo Feli! Stare con quelli più grandi è un ottimo modo per attirare le ragazze. Sapessi quante ne avevo io alla tua età..."
Feliciano rivolge al nonno un sorrisino furbo "ma io ho aspettative alte, nonno. Mica vado con chiunque! Mi devono meritare"
Romolo ride "hai più senno del tuo vecchio, non c'è che dire. A che ora devi tornare a scuola?"
"Devo essere nel dormitorio entro le cinque"
"Va bene, ti accompagno in macchina tra un po'. Intanto raccontami che hai combinato in questa settimana, sono curioso"

Feliciano non riesce a concentrarsi. Non è colpa sua: appena sente parlare di matematica, il suo cervello si scollega completamente. Sbircia il quaderno di Ludwig e sgrana gli occhi, che sono quei simboli strani? Il biondo però allontana da lui il quaderno senza una parola.
"Vargas! Ti vedo distratto, vieni alla lavagna a risolvere quest'equazione" sbraita la prof. Il ragazzo impallidisce, ma trattiene le bestemmie, si alza, va alla lavagna e legge i numeri scritti con il gesso. Quel due sembra una faccina arrabbiata. Un'immagine prende forma nella sua mente: un uomo barbuto, un vichingo forse, che scruta infuriato qualcosa e maledice in silenzio gli dei per la sfortuna, la barba e i capelli rossastri ricoperti di neve, gli occhi stretti. Deve disegnarlo, tornato in camera. Vede perfettamente la linea marcata della mascella, le rughe d'espressione, la fronte corrucciata per la rabbia...
"Vargas? Allora?"
"Scusi!" rilegge l'equazione e dai meandri del suo cervello esce fuori la risposta "due"
La prof solleva le sopracciglia, stupita, ma annuisce "giusto. A posto"
Ludwig lo guarda con gli occhi sgranati "come hai fatto? Non stavi pensando all'equazione"
Feliciano stringe la matita tra le labbra  "Te lo spiego dopo"

"È come se la mia testa funzionasse a più livelli. Uno pensa alle cose sue e ha sempre bisogno di mantenersi occupato, l'altro, inconscio, studia e memorizza quel che sento ma non ascolto. Prima stavo pensando ad altro, ma inconsciamente stavo risolvendo l'equazione" spiega mentre vanno a pranzo "però succede di rado. Di solito mi distraggo e basta. Dici che ha senso?"
"Affascinante" a Ludwig si erano illuminati gli occhi "è un misto tra iperattività e deficit dell'attenzione"
Feliciano alza le spalle "il nonno dice che ho solo la testa tra le nuvole"
"E i tuoi genitori? Non possono farti fare degli esami o..."
"Sono morti"
"Ah" Ludwig non sa mai che dire in questi casi "anche i miei"
Feliciano ride. Ha una bella risata, si dice Ludwig, pura e innocente. Non lo sta prendendo in giro "che coincidenza. Due orfani in una botta sola. Il mondo è piccolo, eh?" lo prende a braccetto "dici che oggi a pranzo c'è la pasta?"

"Che ne pensate di mio fratello?"
"Be', è Ludwig" sono in camera di Antonio. In teoria stanno studiando, in pratica cazzeggiano. Francis si rigira una ciocca di capelli tra le dita "non è molto diverso dal solito"
"Sembra a suo agio con il piccolo Feli" aggiunge Antonio, seduto a gambe incrociate sul suo letto "parlano abbastanza normalmente mi pare, no?"
Gilbert sospira "forse sono esagerato, ma sapete com'è fatto, fa fatica con le persone. Ora ha me, ma non voglio che dipenda per sempre dal fratellone, capite cosa intendo? Deve imparare a interagire con gli altri da solo"
"Ha detto a Feli che è gay?"
Gilbert sbuffa "figurati. Non sa neanche che voi lo sapete, e a me lo ha detto solo per sapere come si facesse sesso tra ragazzi, come se io lo sapessi... meno male che ho qui l'esperto" indica Francis con un cenno del mento e scoppia a ridere "un amico gay è sempre utile"
"Pansessuale" lo corregge Francis. Antonio si imbroncia.
"Anche a me piacciono i ragazzi!"
"Sì, ma non ne hai mai veramente avuto uno"
"Scusate se non vado con il primo carino che vedo"
"Solo perché ho una vita sessuale attiva non significa che vado con il primo che passa. Ho degli standard molto precisi"
Antonio e Gilbert si guardano con aria d'intesa.
"Oh, li conociamo bene i tuoi standard" inizia Gilbert.
"Biondo"
"Occhi verdi"
"Britannico"
"Sopracciglia enormi"
"Di nome Arthur"
"E cognome Kirkland"
Francis alza gli occhi al cielo "ancora con questa storia? Non mi piace Arthur"
Antonio controlla l'ora "a proposito, dovrebbe arrivare tra poco, gli ho detto di raggiungerci per parlare della nuova canzone"
Il biondo inizia a sistemarsi i capelli distrattamente, con aria agitata "davvero?"
"No, ma ci hai appena dato ragione"
"Andate a fanculo"

"Lud?"
"Ja?"
"Potresti ripetere?"
"Ja" è la terza volta che ripete, per la cronaca, ma non gli dispiace. Di sicuro memorizza meglio così.
I due ragazzi sono in camera di Feliciano, seduti sul tappeto morbido al centro della stanza, i libri di fisica tra loro. Le pareti, i mobili, tutto è ricoperto di disegni, foto, colori, graffiti, perché, a detta del proprietario della stanza, "una camera piena mi aiuta a concentrarmi". A Ludwig non dispiace.
"ora hai capito?"
"Sì, credo. Grazie Lud!" gli stampa un bacio sulla guancia, felice. Ludwig avvampa.
Feliciano guarda l'orologio a forma di gattino sul suo comodino e scatta in piedi "ho lezione di violino! Devo scappare, sono in ritardo" corre a prendere una custodia nera, tutta ricoperta di disegnini fatti con il bianchetto, dall'armadio (che ci fa lì dentro?) e guarda il compagno di classe con aria dispiaciuta "scusa... ho perso la cognizione del tempo e..."
"Nessun problema"
"Grazie, grazie, grazie! Per sdebitarmi ti offro un caffé in questi giorni, ti va?"
"Uhm, ja..."
"A dopo!" e corre fuori, senza dare il tempo a Ludwig di ricordargli che non si può correre per le scale.
Il biondo sospira e sistema i suoi libri nel suo zaino, poi quelli dell'altro ragazzo sulla sua scrivania in una pila ordinata. È così disordinato... ha la tentazione di mettergli in ordine la camera, ma poi si dice che peggiorerebbe le cose. A Feliciano non serve una camera ordinata, ma una camera adatta a lui. Sospira, si mette lo zaino in spalla ed esce, chiedendosi se si sia finalmente fatto un amico.

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Capitolo 3
*** Interludio I- Scacchi ***


Il sabato non è un bel giorno, né per Ludwig né per Feliciano.
Dio disse: il sabato sarà il giorno del Santo inviolabile riposo. Ma se per te riposa un tormento come si fa?
Feliciano il sabato non ha nulla da fare: nel pomeriggio va da suo nonno, ma nel frattempo non ha niente con cui tenersi occupato; durante la settimana ha diversi corsi, appunto per calmare la sua mente alla costante ricerca di stimoli: violino, disegno, teatro, orchestra, scultura, scherma... tutto quel che riesce.
Di sabato, il nulla.
Il massimo che può fare esercitarsi come riesce, ma sapere di non avere nulla da fare dopo gli impedisce di concentrarsi: la sua mente vaga tra mille e mille progetti e possibilità, e alla fine non conclude nulla. La domenica almeno studia con Ludwig e può pensare ai programmi del giorno dopo.
Ludwig invece il sabato ha un programma ben preciso: corsa ed esercizi la mattina, pranzo e poi relax.
È proprio quest'ultima parte il problema: non sa mai che fare per rilassarsi. A volte sta con suo fratello, a volte guarda qualche documentario, ma in generale se ne sta sul letto a guardare il vuoto aspettando che il tempo passi, e questo gli dà fin troppo tempo per pensare.
Ultimamente i pensieri si sono concentrati su Feliciano: quel ragazzino lo incuriosisce, non ha mai visto nessuno comportarsi con tanta naturalezza, di solito tutti lo evitano e lo trattano come strano. Feliciano invece lo cerca, non lo tratta come un appestato e si interessa di lui. La cosa lo confonde.
Fuori piove. Si chiede distrattamente se Feliciano si sia bagnato nella andare da suo nonno. Si sarà portato l'ombrello? Probabilmente no, è troppo distratto. Starà bene? E se gli è capitato qualcosa? Senza neanche accorgersene ha preso il telefono e lo sta chiamando. Ci mette due squilli per rispondere.
"Pronto? Lud?"
"Stai bene?"
"Sì"
"Hai l'ombrello?"
"Sono da mio nonno, mi riaccompagna in macchina e me ne presta uno lui"
"Okay. Stai attento. A dopo" e riattacca. Feliciano alza le spalle e rimette il telefono in tasca. Suo nonno ammicca.
"Chi era? Una ragazza?"
"Un amico" si è un po' stancato delle domande continue di suo nonno sulle ragazze. Gli piacciono, ma non ne ha incontrata nessuna interessante e non gli interessa così tanto fidanzarsi. Sa di essere troppo impegnato per essere un fidanzato presente, e non gli va di mettersi con qualcuno per poi sentirselo rifacciare. Sta bene così, aspetta quella giusta. O quello, dirla proprio tutta, ma al nonno non l'ha detto.
Meglio cambiare argomento.
"Hai risolto quella cosa di lavoro?"
Il nonno sta preparando la cioccolata calda "quale?"
"Quella della settimana scorsa. Ti ha chiamato un tale..."
"Oh! Sì, tranquillo. Cioccolato bianco, al latte o fondente? "
"Fondente, al solito, grazie"

No, in realtà non è risolto, per niente. Ancora aspetta una risposta. Ha provato a insistere mandando un'altra mail, ma senza risultato.
Deve aspettare un mese e mezzo, in cui nulla di importante succede. Quando si degna di rispondere, Romolo riceve una sola frase.
"La luna si è mossa, il lupo ululerà"
Che diamine significa?

Lo capirete presto che significa. Intanto ti do un piccolo anticipo: un pezzo si è mosso, un pezzo fondamentale, che avremo modo di conoscere.
C'è voluto un mese a farlo muovere sapete? La burocrazia è tremenda, farci un buco non è così facile, neanche quando hai i mezzi per farlo. Ma alla fine, in questo mondo come in ogni altro, una bustarella fa miracoli. E così, il nostro nemico ha spostato il pezzo più importante di tutta la scacchiera.
La trappola è lì, pronta, e nessuno se n'è accorto.
Di che pezzo si tratta, vi starete chiedendo. Be', è semplice.
Di un ragazzo che dovrebbe essere morto

Angolo autrice:
Sì sono 600 parole
Sì domani aggiorno con un capitolo più ciccioso, promesso
Sì non sapevo che canzone mettere e non l'ho messa
Questo è un interludio un po' misto in realtà. Sì, è nato come un capitolo vero e proprio ma volevo finirlo in pathos e quindi l'ho reso un interludio e mi è venuta l'idea di farne altri più staccati dal resto
Processo creativo accuratissimo
Well, come state? T'appost? Io sono sull'autobus a morire di freddo, ma ehi, Genova è una città ventosa e il cambiamento climatico non aiuta
Se non aggiorno domani o me ne sono dimenticata o sono diventata un ghiacciolo e vi toccherà aspettare l'estate
Eh oh mica è colpa mia
Smetto di cianciare
Ciao!
Daly

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Capitolo 4
*** Parte due ***


https://youtu.be/zqhK6eh9zYw

Antonio entra in classe di corsa e si fionda al suo posto, rigorosamente all'ultimo banco. Gilbert e Francis sono in altre classi, quindi le ore di lezione per lui sono un tormento.
"Ancora in ritardo, Carriedo?" la prof lo guarda male "alla prossima ti metto una nota"
La campanella suona e Antonio sorride "tecnicamente non sono in ritardo, prof!"
"Per un pelo"
La lezione inizia e Antonio subito inizio a sbadigliare internamente. A metà però, qualcuno bussa ed entra il preside, seguito da un ragazzo che immediatamente attira l'attenzione dello spagnolo: magrolino, poco meno alto di quanto non sia Antonio, indossa dei jeans e una felpa neri, il cappuccio tenuto sulla testa a coprire i capelli castani lunghi fino alle orecchie, le mani ostinatamente tenute nelle tasche della felpa. Si guarda intorno, guardingo. Sembra un animale spaventato, un cucciolo di lupo pronto a scattare al minimo rumore e a difendersi con gli artigli e i denti da poco cresciuti. Gli occhi sono uno spettacolo di verde, ambra e oro, sembrano mutare per distrarre il nemico, scrutano tutto e tutti con sospetto, sfidandoli quasi ad attaccarlo. Il viso di porcellana è del colore del miele, scuro e dolce, sporcato da qualche lentiggine o piccolo brufolo. Il naso è un adorabile bottoncino un po' spellato dal sole ed è tenuto alto, con fierezza, ma c'è qualcosa di falso nella sua postura. Somiglia a un lupetto ritrovatosi all'improvviso capobranco, che fa la voce grossa per evitare di farsi sbranare.
È bellissimo, a dir poco bellissimo, un misto di forza e timidezza, di selvatico e nobile. Nobili sono i tratti, la pelle liscia, ma selvaggia è l'abbronzatura, la posizione di difesa; un principe dal sangue blu abbandonato a se stesso, a vivere in mezzo alla natura. E quegli occhi, cazzo... Antonio potrebbe descriverli per giorni senza stancarsi mai. Questo ragazzino è una contraddizione continua: un misto di femmina grazia e maschile tenacia, solitario come la luna e temprato dal sole, l'orgoglio di un re e la diffidenza di un brigante con una taglia sulla testa che sa che chiunque, chiunque potrebbe venderlo da un momento all'altro.
"Questo sarà il vostro nuovo compagno di classe. È un anno più piccolo, ma il livello di conoscenze e competenze è lo stesso" annuncia il preside "vi presento Lovino Vargas"
Ed è sentendo quel nome che Antonio si riscuote dal suo sogno ad occhi aperti e si rende conto che quella meraviglia di ragazzo somiglia tanto, davvero troppo perché sia una coincidenza, a Feliciano.

"Ehi!"
Appena ne ha l'occasione va a parlare con Lovino, che gli rivolge un'occhiata truce, ma non lo scaccia. Antonio lo prende come un invito a sedersi nel posto libero accanto a lui "io sono Antonio, piacere"
Lovino non gli stringe la mano, non lo guarda neppure, si limita a tornare a leggere il suo libro, quindi, cercando disperatamente di iniziare una conversazione, il nostro eroe sbircia il titolo e sospira mentalmente di sollievo perché: "l'ho letto anch'io!"
Lo avevano costretto a scuola a dirla proprio tutta, ma non importa.
Lovino inarca un sopracciglio "sai leggere?"
"sì" non è mai stato bravo con il sarcasmo "tu no?"
"No, faccio finta per tenere alla larga gli scocciatori che vogliono tutti i costi parlarmi"
"Ti sei trasferito da poco? Non ti ho mai visto in zona, e giro parecchio con i miei amici, quindi è strano che..."
"Vengo da Fattili"
"Fattili?"
"Fattilicazzitua"
"Mai sentita. Ti va di pranzare insieme?"
"No"
"Va bene..." a una certa gli tocca arrendersi. Il cavaliere rifodera la spada, sale sul suo cavallo e "torno al mio posto" si alza e si dirige verso il suo banco, senza cavallo però, ma un mormorio lo ferma.
"Vengo da Napoli. Mi hanno costretto a trasferirmi, io volevo starmene a casa mia con i miei amici" Lovino ha la testa bassa e un labbro tra i denti. Antonio torna di sedersi accanto a lui.
"Ti hanno costretto i tuoi genitori?"
Lovino stringe i pugni così forte che il suo bel colorito scuro sbianca "gli assistenti sociali. Non ho i genitori"
"Oh. Scusa" Meglio cambiare argomento "ti piace leggere per davvero o è solo una scusa?"
"No, io... Io amo la letteratura"
"Ti va di pranzare insieme? Ci sono dei miei amici, i miei migliori amici, che ti accoglierebbero a braccia aperte, e c'è un ragazzo che ti somiglia molto, avete anche lo stesso cognome, siete mica parenti? Si chiama Feliciano"
I pugni di Lovino si rilassano di colpo, sembra quasi sul punto di sorridere, ma scuote la testa "no. Mai sentito"
"oh, che coincidenza"
Lovino alza le spalle "capita"
"quindi? Vieni a pranzo?"
"No, io non... non mi piacciono le persone"
"oh... va bene" come può aiutare il suo principesso? "però vuoi posso darti una mano con lo studio. Se c'è qualcosa che non capisci, chiedi pure a me. Non sono una cima, ma posso, ehm, provarci, ecco..."
Lovino gli rivolge un minuscolo sorriso, prezioso e fragile come un brandello di luna "grazie"
"Fi... figurati" non riesce più a parlare. Che il principesso sia in realtà uno stregone, il quale, oltre al cuore, gli abbia rubato anche la lingua?
No, quello sguardo, quel sorriso, sono troppo puri per appartenere ad un essere malvagio. Ma che sta blaterando? Questo ragazzo lo sta facendo impazzire.

"Luddi?"
"Ja?"
"Come siamo finiti a mangiare da soli?" si è distratto un attimo e sono tutti spariti.
"Uhm, Francis aveva un appuntamento, Antonio è andato a cercare qualcuno e mio fratello è con Eliza in palestra a fare non so che sfida"
"Chi?"
"Eliza. La sua... amica-nemica"
"In breve si piacciono"
"Sì, in breve sì"
"Ho capito. Posso avere un po' della tua uva?"
Gilbert, per la cronaca, negherebbe di essere cotto marcio di Eliza da almeno due anni, ma è impegnato a cercare di non rompersi l'osso del collo in una gara a chi riesca ad arrivare per primo in cima alla parete d'arrampicata. Vincerà Eliza, ma di poco.
Francis invece ha mentito: non ha un appuntamento, non proprio, sta andando in biblioteca a vedersi con Arthur. Lo fanno spesso, ma dirlo a Gilbert significherebbe prese in giro infinite. Di norma anche da Antonio, ma lo ha visto distratto oggi... bah.
Non si vedono per niente di losco, comunque. Semplicemente Arthur ha dei problemi con il francese e Francis, parigino fino al midollo, si è offerto di aiutarlo.
"Ciao bruco"
"Ciao rana"
L'inizio di una grande storia d'amore, non trovate?
Antonio invece sta cercando Lovino in lungo e in largo, come potreste aver immaginato. Ragiona, dove andrebbe Lovino? In un posto appartato, dove non vada mai nessuno, abbastanza silenzioso per leggere in pace.
All'improvviso ricorda il suo primo giorno in quell'enorme scuola: nel corso del giro gli avevano fatto vedere le scale per andare in soffitta, minacciando tutti loro primini di terribili punizioni se avessero osato andarci. Ovviamente lui, Francis e Gilbert c'erano andati entro il primo mese dall'inizio della loro amicizia, ma non ci avevano trovato niente di interessante, solo qualche vecchio banco e un paio di topi.
E, questa volta, oltre ai topi c'è anche un ragazzino impegnato a leggere.
"Ciao" Lovino sobbalza, spaventato e pronto a scappare. Poi lo riconosce.
"Ah, ciao"
"Posso restare?"
"Se ci tieni"
Antonio si sistema al suo fianco, sedendosi con la schiena contro la parete e stendendo le gambe sul pavimento polveroso. Lovino tiene le sue strette al petto, il libro sulle ginocchia, in posizione fetale quasi.
Lo spagnolo tira fuori il suo sacchetto per il pranzo e glielo porge "vuoi assaggiare?"
"No"
"Hai già mangiato?"
"No"
"Non hai fame?"
"No"
"Ma devi mangiare!"
Lovino si stringe nelle spalle, così Antonio spezza in due il suo panino e gliene porge metà "mangia. Per favore"
"Perché ti importa?"
"Perché altrimenti starai male"
"E quindi?"
"Non voglio che stai male"
"Perché?"
"Perché sì!"
Il ragazzino alza gli occhi al cielo "e va bene, dammi quel fottuto panino"
Antonio sorride, mangiando la sua metà. Dal sacchetto tira fuori un altro panino e una mela "vuoi?"
"No"
"Va bene. A cena stasera c'è la pasta, prendo un sacchetto in più e te lo porto?"
"Se ci tieni"
"Certo!" un dubbio "ti do fastidio?"
Vedendo Lovino alzare le spalle e rispondere "non troppo", Antonio sorride e di slancio lo abbraccia, felice. Quello, però, lo spinge via di scatto "niente contatto fisico improvviso"
"Oh. Okay, scusa"
Lovino alza le spalle, a disagio, si nasconde di più nel cappuccio della felpa e riprende a leggere. Senza una parola, lentamente per non spaventarlo, Antonio appoggia la testa sulla spalla dell'altro e mangia, piano, per non disturbarlo mentre legge. È sempre stato un chiaccherone: il silenzio gli sembra vuoto, e il vuoto gli fa paura.
Quel giorno però sperimenta un silenzio nuovo, fatto di calma, pace e serenità, nel quale persino una soffitta polverosa sembra l'Eden. Quel silenzio non è mancanza di parole, è fine a se stesso.
E se davvero il silenzio è vuoto, allora non tutti i vuoti gli fanno paura

"Come si chiama?" esordisce Francis, ingabbiando l'amico con un braccio per impedirgli di scappare. Gilbert fa lo stesso dall'altra parte.
"Chi?" Antonio sembra sul punto di scappare, ma non può e ne è consapevole.
"La persona che ti piace, ovviamente"
"Sono tre giorni che non mangi con noi, non credere che non l'abbiamo notato" rincara Francis.
Antonio ridacchia, imbarazzato "non c'è nessuno, chicos"
"Sì certo, e io sono Mephistophele" Gilbert dovrebbe smetterla di rileggersi il Faust, ma non ha tutti i torti.
"Puoi dircelo, lo sai che manterremo il segreto" ritenta il francese, mellinfluo. Antonio cede. Non è mai stato bravo a mantenere i segreti, soprattutto le cose che lo rendono felice, soprattutto con i suoi migliori amici.
"Si chiama Lovino. È nuovo, non lo conoscete, ed è molto, molto timido, quindi non ve lo presento per ora"
"Gli piaci?"
"Lo conosco da pochi giorni... non so neanche se mi piaccia"
"Sì che ti piace. Hai la faccia da pesce lesso che hai quando ti piace qualcuno" esclama l'albino, ghignando. Antonio arrossisce.
"Non è vero!"
"Per una volta ha ragione Gil"
"Io ho sempre ragione!"
"Signorine, volete il tè con i biscotti o possiamo passare alla musica invece di sparlare di un povero cristo perseguitato da uno di voi?"
"Come sei acido, Arthur"
"Sono oggettivo"
"Acido e inglese"
"Melodrammatico e francese"
"A quando il matrimonio?"
"Francis è già incinto? Sono gemelli per caso? Mi sembravi un po' ingrassato in effetti, amico" aggiunge Gilbert.
"Avete rotto il cazzo, lo sapete?"
"E non sono ingrassato!"
"Sì, lo sappiamo"
"Dopo si parlerà ancora di questo Lovino, è inutile che cerchi di allontanare l'attenzione da te, Antoine"
"Non sto facendo nulla del genere"
"Falso come Giuda"

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Capitolo 5
*** Interludio II- Epistola moderna ***


https://youtu.be/UAGJEym15Us

"Uè fratm"
"Ciao Lovino. Come ti va lì?"
"Meh. Il cibo fa cagare, il reparto filosofia della biblioteca è un buco di culo, i prof sono uno più stronzo dell'altro e ho un compagno di stanza che russa e per il resto del tempo mi ignora"
"Mh. Bello schifo. Qui va tutto come al solito, ma mi manchi. A me e a tutti gli altri"
"Anche voi mi mancate, fratm. Dillo agli altri"
"Certo. Qualcosa di bello almeno c'è?"
"No. Cioé, forse sì. C'è un tipo che..."
"Il tuo ragazzo?"
"Cosa... no! È in classe con me e boh, devo fargli pena perché mi si è appiccicato a cozza. C'è un posticino tranquillo su in soffitta, ci becchiamo sempre lì a pranzo e cena e colazione e si preoccupa sempre che io mangi eccetera"
"Come si chiama?"
"Antonio"
"Ti piace?"
"No, fratm. È un idiota"
"Un idiota carino, scommetto"
"Cazzo sì. C'ha du' occhi verdi, fratm, non ne hai idea... poi è tutto ricciolino, sai che amo i riccioli, e ha la pelle scura, tipo la mia, anche di più. E c'ha un culo, mamma mia!"
"Be', provaci"
"Nah. Figurati se gli piaccio. Mi vede come un ragazzino sfigato che ha bisogno di aiuto, credo"
"Mh. Se lo dici tu"
"Tu che mi dici?"
"T'apposto, come vuoi che vada? Parlami un po' di questo Antonio invece"
"Rompicoglioni"
"Sì. Sputa il rospo"
"Ma boh... è carino. Cioé, è bello. E dolce. E ha un bel sorriso. Ma è un idiota ed è appiccicoso e mi sta sempre attaccato come una cozza"
"Gli piaci"
"Cazzo dici? Ma poi lo conosco da... boh, due settimane. Poco. Ma poi frega un cazzo di 'sta scuola di merda, l'unica cosa che voglio è finirla e tornare giù"
"Te l'ho detto, devi..."
"Farti degli amici, blabla. Ce sto a provà, fra'. 'Ndonio è venuto da me alla prima ricreazione e ha attaccato bottone e continuava a parlare e parlare e parlare e a 'na certa s'è arreso e però l'ho richiamato, perché m'è tornato in mente che ti avevo promesso di fare amicizia. Vedi che sono bravo? Ti fidi poco, fratm"
"Bravo Lovì. Ah la prossima volta che mi chiami avvertimi prima, così mi organizzo con gli altri e facciamo una videochiamata di gruppo"
"Uè sì. Famo domenica mattina?"
"Ci sto"
"Daje"
"Altro? I prof come sono?"
"Stronzi, come vuoi che siano"
"Mmh"
"Ah, fratm..."
"Sì?"
"C'è mi' fratello in 'sta scuola"
"Non viveva a Roma?"
"Pensavo, invece no. Me l'ha detto 'Ndonio"
"Ma sei sicuro?"
"Eh sì. Quando mi vede mi ci fa "c'è 'sto guaglione che te somiglia e c'ha lo stesso cognome tuo, se chiama Feliciano, siete mica parenti?" E io "no, non so chi sia""
"E c'ha creduto?"
"Eh"
"Ma è scemo o cosa?"
"Te l'ho detto che è coglione. Comunque boh, l'avrà chiesto pure a Feli immagino, e quello me crede morto penso"
"L'hai visto?"
"Da lontano. Non m'ha visto però, c'era casino e so' scappato subito da un'altra parte"
"E se... cioé magari vorrebbe vederti. Potreste recuperare il rapporto"
"No. Non voglio fargli di nuovo del male. Sai benissimo che non posso farlo"
"Ma siete nello stesso collegio. Prima o poi vi incontrerete"
"È una scuola grande, siamo in anni diversi, quindi in dormitori diversi, e me ne sto quasi sempre in soffitta o in biblioteca"
"Bah. Se lo dici tu"
"Sai benissimo che sono capace di evitare qualcuno per un anno, se serve"
"Lo so. Ma lo vuoi?"
"Devo"
"Dovere e volere sono cose diverse"
"Risparmiami la filosofia. Sai cosa è successo l'ultima volta che io e Feli siamo rimasti insieme nella stessa stanza e ho provato a prendermi cura di lui come un qualsiasi fratello maggiore e sai che non posso avvicinarmi a lui di nuovo, non ce la farei"
"Sì. Ci sta. Scusa. Sono solo preoccupato. Un conto è se te la gestisci tu, ma metti che succeda all'improvviso e..."
"Starò attento. Promesso"
"Giuramelo"
"Giuro"
"Per qualsiasi cosa chiamami, chissene frega del fuso orario"
"Va bene fratm"
"E se serve non esitare a prendere l'aereo per tornare qui"
"Ah, se potessi lo farei subito"
"Mi arrestano se ti trovano qui. È sequestro di minore, quindi fallo solo se non puoi fare altro"
"Dettagli. Chi cazzo controlla?"
"Non è quello il punto"
"Mi manchi fratm"
"Anche tu, Lovino"
"Devi andare in università?"
"Già. Tra dieci minuti ho l'autobus"
"Mh. Te lascio annà allora, che se lo perdi è un casino. Ciao fratm"
"Ciao Lovi. Alla prossima"

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Capitolo 6
*** Parte tre ***


https://youtu.be/bo_efYhYU2A

Lovino quella notte non ha dormito, è evidente. Non segue minimamente le lezioni, ha due occhiaie inverosimili e si regge appena in piedi.
"Devi dormire, chico"
Lovino sbadiglia, appoggiandosi al muro alle sue spalle "sto bene. Passami il pranzo"
"Dormi un po'"
"Dormirò stanotte"
"Dormi ora e stanotte. Perché sei rimasto sveglio?"
Lovino alza le spalle "il libro che stavo leggendo mi ha preso e non potevo non finirlo"
"Naturalmente" lo spagnolo circonda le spalle dell'altro ragazzo con un braccio e lo attira a sé, facendogli posare la testa sulla sua spalla, e quello si rannicchia contro di lui. Nell'ultimo mese hanno passato tanto di quel tempo insieme che ormai è naturale abbracciarsi, toccarsi e stringersi, a tal punto che il più giovane non è più minimamente infastidito dal contatto con la pelle bollente dell'altro, che comunque esita sempre nello sfiorarlo, per dargli il tempo di ritirarsi se lo desidera.
"Dormi"
"No"
"Dormi"
"No"
"Dormi"
"Che palle che sei"
Antonio decide di agire, visto che sa che potrebbero benissimo andare avanti tutto il giorno: si sfila la felpa, la appallottola e la posa in terra; poi scivola, piano, in modo da sdraiarsi, con Lovino al seguito, e usa la giacca come un cuscino molto improvvisato. Certo, il pavimento della soffitta è scomodo, ma non è che abbiano alternative migliori. Lovino brontola, ma non dice nulla, ha ormai gli occhi chiusi. Il colpo di grazia sono le carezze che l'ispanico inizia a dargli, tra i capelli, sul fianco, sulle braccia. In pochi minuti è crollato, completamente immerso nel mondo dei sogni.
Antonio lo bacia sulla fronte, delicatamente per non svegliarlo, e prende il cellulare dalla tasca per tenersi occupato. Vorrebbe quasi fargli una foto, è così carino!, ma non vuole rischiare che Lovino gli dia una testata nei denti.
Dopo un'oretta o giù di lì, gli scrivono Francis e Gilbert.
"Dove sei? Ti dobbiamo parlare di una cosa per la band"
Antonio esita, poi risponde "in soffitta"
"Che cazzo ci fai lassù?"
"Sono con Lovino"
"Birichini. Arriviamo"
Un quarto d'ora dopo, dalle scale sbucano due teste, una bionda e una bianca. Antonio sorride e li saluta con la mano, il viso di Lovino premuto contro la maglia lo solletica leggermente con il suo respiro, ma non è fastidioso. Francis sgrana gli occhi.
"Avete scopato qui?" sussurra, scioccato. Antonio rimane basito un secondo, poi si affretta a scuotere la testa.
"No! Si è solo addormentato perché stanotte non ha dormito" sussurra, attento a non svegliarlo. Lovino mugola qualcosa, infastidito dal rumore, ma non si sveglia. È così adorabile! "Cosa mi dovevate dire?"
"Ci sarà un concorso, tra un mese e mezzo, per giovani band, il termine dell'iscrizione è oggi. Ne dobbiamo discutere anche con Arthur, ci aspetta in sala"
"Oh, va bene. Arrivo" bacia sulla fronte Lovino "piccolo? Devo andare"
Lovino mugugna, stringendosi a lui, e Antonio è a tanto così dall'andare in overdose di adorabilità. Sì, adorabilità. Sono io l'autrice, scrivo il cazzo che mi pare, va bene?
"Lovi... devo andare" lo allontana con delicatezza da sé e quello sbuffa.
"Che palle che sei"
"Scusa. Tu continua a dormire, ti lascio la felpa"
"Mh" ha ancora gli occhi chiusi. Antonio lo bacia sulla guancia prima di alzarsi e raggiungere i due amici.

"Che ne pensate?"
"Di cosa?" ancora un paio di corridoi e sono arrivati.
"Di Lovi"
"Be', non è che abbiamo visto molto" Francis si sistema una ciocca bionda dietro l'orecchio "era buio e ci dava le spalle, però sembra carino"
"Lo è! È adorabile"
"Sei cotto marcio" decreta Gilbert, entrando nella stanza a loro affidata per la band. Arthur li sta aspettando seduto su un banco lasciato lì.
"Solo un pochino"
"Seh, e Francis è una suora"
"Ehi! E io che c'entro?"
"Perché mi sono fatto tirare dentro a questa pagliacciata?" Arthur alza gli occhi al cielo, annoiato.

Alla fine si sono iscritti, ma ancora non hanno deciso la canzone.
"Lovi?"
"Eh?"
"Mi puoi dare una mano?" Antonio si è portato la chitarra su in soffitta per provare. Non è la prima volta che succede e a Lovino non dispiace.
"Che devo fare?"
"Be'..." sembra imbarazzato. Adorabile. No, non è adorabile, cosa vai a pensare Lovino? Resta concentrato "tra le ipotesi c'è una canzone a due voci e dovrei cantare anch'io... potresti farmi da controparte?"
"Intendi... cantare?" panico. Panico panico panico panico.
Antonio sembra notare l'ansia del ragazzo accanto a lui "non per forza. Basta che mi leggi le parole, così mi regolo con i tempi eccetera. Comunque tranquillo, se sei stonato non ti prendo in giro" gli dà una spinta scherzosa sul fianco, ma Lovino non riesce a sorridere. Caro mio, pensa, il problema non è essere stonato.
"Va bene..." sussurra "che canzone è?"
"Shallow, l'ha scelta Francis. Hai visto A star is born?"
"Il film con Lady Gaga?"
"Sì"
"C'è Lady Gaga. Certo che l'ho visto"
"Sai già la canzone? Ho il testo sul cellulare se serve"
"Mh sì, non la so a memoria" che bugiardo che sei Lovino, hai visto quel film a ripetizione con il tuo fratm, rannicchiato sul divano a piangere mangiando tutte le peggiori schifezze. La sai sì a memoria.
"Vuoi ascoltarla una volta prima?"
"Nah, tranquillo. Tu vai"
Antonio annuisce e inizia a suonare la sua chitarra.
"Tell me somethin', girl
Are you happy in this modern world?
Or do you need more?
Is there somethin' else you're searchin' for?"
Ha una bella voce, delicata, un po' roca, che sporca le parole con il suo accento spagnolo rendendole molto più personali e sensuali. Lovino ha un brivido.
Antonio continua a cantare.
"I'm fallin'
In all the good times I find myself longin' for change
And in the bad times, I fear myself"
Stona leggermente l'ultima parola, spezzando la magia che si stava creando. Lovino aspetta paziente il suo momento di entrare, cullato dal suono della chitarra.
"Tell me something, boy
Aren't you tired tryin' to fill that void?
Or do you need more?
Ain't it hard keepin' it so hardcore?" si limita a leggere, a bassa voce, mantenendosi il più possibile fedele al ritmo della canzone originale, ma senza cantare. Non può permetterselo.
"I'm falling
In all the good times I find myself longing for change
And in the bad times, I fear myself"
Qui ci sarebbe la parte difficile, quella più bella secondo lui, ma non può cantarla. La legge, allungando solo le parole per rispettarne i tempi
"I'm off the deep end, watch as I dive in
I'll never meet the ground
Crash through the surface, where they can't hurt us
We're far from the shallow now"
Ora dovrebbero cantare insieme. Antonio canta, lui legge, ma non riesce a non dare una lieve intonazione alle parole
"In the sha-ha-sha-ha-llow
In the sha-ha-sha-la-la-la-llow
In the sha-ha-sha-ha-llow
We're far from the shallow now" i vocalizzi della ragazza, che lui evita, dicendo solo le vocali ma senza realmente intonarli.
"Oh, ha-ah-ah
Ah, ha-ah-ah, oh, ah
Ha-ah-ah-ah
I'm off the deep end, watch as I dive in
I'll never meet the ground
Crash through the surface, where they can't hurt us
We're far from the shallow now"
E di nuovo cantano insieme, e qui Lovino si concede un piccolo sorriso e qualche lieve nota, non troppo alta o bassa, solo accennata.
"In the sha-ha-sha-ha-llow
In the sha-ha-sha-la-la-la-llow
In the sha-ha-sha-ha-llow
We're far from the shallow now"
Si stanno guardando negli occhi da troppo tempo, ma non riescono a distogliere lo sguardo. Antonio sorride, posa la chitarra e la mano sulla guancia di Lovino, lo accarezza, gli fa venire voglia di piangere perché quel ragazzo è così fottutamente meraviglioso, ma non può concedersi una gioia.
"Lovi..." sussurra Antonio, gli occhi fissi nei suoi "ti devo dire una cosa"
Lovino ha paura di respirare.
"Mi piaci. È da un po' che..."
"No"
E Antonio fa la faccia da cane bastonato, la stessa che ha fatto la prima volta che si sono parlati, quando stava per tornarsene al suo banco. Lovino non riesce a non cedere a quello sguardo "non... non ti piaccio?"
"Non è quello" arrossisce, non riesce a non farlo. E ancora non hanno smesso di guardarsi negli occhi "non è che non voglia. Non posso. Capisci che intendo?"
"No. Sei già fidanzato?"
"No"
"Sei... che ne so, promesso sposo a qualcuno?"
"No, 'Ntò non e così semplice. Lo dico per te, lasciami perdere. Sono pericoloso"
"Sei adorabile, altro che pericoloso"
"Fidati"
"Sei un mafioso?"
E qui a Lovino girano le palle. Lo guarda malissimo "solo perché vengo dal Sud Italia non significa che..."
"E allora cosa?"
"I-io non..." distoglie lo sguardo, finalmente, ma sente ancora gli occhi di fuoco di Antonio su di sé. Di fuoco non perché siano furenti o cosa, semplicemente perché lo marchiano, lo segnano, sembrano scavare dentro di lui alla ricerca di una risposta. Inspira ed espira "torniamo alla tua canzone?" la sua voce è un filo, una sottilissima lastra di ghiaccio sul punto di rompersi.
Antonio non lo guarda più, e in qualche modo Lovino sente la mancanza dei suoi occhi su si sé.
"Va bene" riprende la chitarra, senza una parola di più. Lovino appoggia la testa alla parete, solleva il viso verso l'alto e chiude gli occhi. Aspetta la musica, che non arriva. Non gli serve aprire gli occhi per sapere che quelli verdi dell'altro ragazzo sono fissi su di lui "posso baciarti?"
Sì, vorrebbe dirgli. Ti prego, sì. Baciami e non fare altro per il resto della nostra vita.
"Non penso sia una buona idea"
"Se hai paura che io..."
"Non per te. Per me. Non so se riuscirei ancora a tenerti lontano"
"E... sarebbe un male?" la sua mano si intreccia a quella di Lovino, che si sente sul punto di piangere.
"Sì"
"Perché?"
"Te l'ho detto. Ti farei male"
"Dovrei essere io a decidere se vale il rischio"
"No, perché non capisci di che rischio si tratta"
"Spiegamelo"
Una risata amara esce dalle labbra socchiuse di Lovino.
"Suona" decreta, e il suo è un modo di dargli ragione, anche se lo spagnolo non lo sa, ma obbedisce, gli lascia la mano e riprende a suonare.

Tell me somethin', Lovi

Lovino ride "non sono Lady Gaga"

Are you happy in this modern world?
Or do you need more?
Is there somethin' else you're searchin' for?

I'm fallin'
In all the good times I find myself longin' for change
And in the bad times, I fear myself

E a quel punto Lovino prende un bel respiro e comincia a cantare, a bassa voce, spaventato dalle sue stesse corde vocali.

Tell me something, boy
Aren't you tired tryin' to fill that void?
Or do you need more?
Ain't it hard keepin' it so hardcore?

Prende coraggio: sta andando bene, può alzare leggermente la voce. Antonio lo scruta in silenzio, stupito dalla sua bella voce, che è ancora quella di un ragazzo normale, solo intonato.
Solo intonato.

I'm falling

Alzala ancora un po'. Stai andando bene

In all the good times I find myself
longing for change

Ancora un pochino. Puoi osare, puoi essere te stesso. Il ragazzo che ti piace ti ha appena confessato i suoi sentimenti, lo senti il tuo cuore che batte? Spingilo fuori con la voce, fagli sentire quello che provi forte e chiaro.

And in the bad times, I fear myself

Perché trattenersi? La musica è bella, l'hai sempre amata, no? Tu sei musica, la musica è te, e rigettare questa cosa ti farà solo male.

I'm off the deep end, watch as I dive in

Quindi canta, Lovino. Canta perché ti rende felice, canta perché è quello che vuoi fare, canta perché è quello che sei

I'll never meet the ground

Canta più forte

Crash through the surface, where they can't hurt us

Più forte. Alza il volume, fai sentire al mondo quel che provi

We're far from the shallow now

Che sentano la tua gioia, il tuo dolore, quello che da anni ti porti dentro

In the sha-ha-sha-ha-llow
In the sha-ha-sha-la-la-la-llow
In the sha-ha-sha-ha-llow
We're far from the shallow now

Sorridi, Lovino, sorridi, perché finalmente sei felice, finalmente

Oh, ha-ah-ah
Ah, ha-ah-ah, oh, ah
Ha-ah-ah-ah

Un bel respiro e

I'm off the deep end, watch as I dive in
I'll never meet the ground
Crash through the surface, where they can't hurt us
We're far from the shallow n

"LOVINO"
Riapre gli occhi. Antonio lo guarda, lo sta scuotendo dalle spalle da un po', la chitarra è abbandonata sul pavimento. Perché, e Lovino se ne rende conto guardando le macerie crollate dal soffitto intorno a loro, cantando ha causato un terremoto proprio a scuola. Loro due stanno bene, come nell'occhio di un ciclone, ma tutto intorno... chissà quanti danni, quanta distruzione ha causato, quanta morte e...
Antonio lo abbraccia, forte. Sta piangendo, trema, è terrorizzato. Ancora in trance, Lovino lo stringe, piano, come si potrebbe stringere un fantasma.
"Mio Dio, stai bene?" Antonio lo stringe, cullandolo lentamente "non la smettevi di cantare, non mi sentivi e... e tutto ha iniziato a tremare e..."
E Lovino crolla. Lentamente, la consapevolezza di quel che ha combinato si fa sentire e pesa, pesa, pesa, un macigno sulle spalle, sul petto, sulla testa che non gli permette di respirare respirare respirare e riesce solo a scoppiare, lì, tremante, tra le braccia di Antonio, perché ha ceduto, ha fatto quel che non avrebbe dovuto, ha fatto l'unica cosa proprio l'unica che non dovrebbe mai mai mai e poi mai fare e invece l'ha fatta e ha rovinato tutto tutto tutto.
"Mi dispiace" piange, stringe Antonio, crolla, trema, eppure non emette un suono se non "mi dispiace. Mi dispiace..."
E Antonio lo stringe, sconvolto, ma vuole rassicurarlo, deve, perché Lovino così non l'ha mai visto e non vuole vederlo più, e invece lo vedrai caro mio, lo vedrai ma non è il momento, ora stringilo, bravo, tieni insieme tutte le schegge di lui che si sono sparse in giro e cerca di ricostruire il puzzle fino a riavere Lovino più o meno intero.
"E... ehi? Lovi..." gli accarezza la schiena tremante, i capelli, e quello piange e piange e piange e rimane in silenzio, terrorizzato dalle conseguenze di ogni suono da lui emesso "ehi... respira, querido. Sono qui con te. Non me ne vado" lo bacia sulla fronte "sistemeremo tutto"
Non c'è niente da sistemare, vorrebbe dire Lovino. Sono io che devo essere sistemato, formattato, distrutto, ma non trova la voce e non ha il coraggio di cercarla.
"Respira. Segui la mia voce. Sono qui, sono con te. Non me ne vado. Non sei solo, okay? Non sei solo"
Lentamente, Lovino si calma. Si lascia cullare dalla voce calma dell'altro, dai suoi tocchi gentili, e finisce ad abbracciarlo e basta.
Quando lo sente più tranquillo, Antonio si azzarda a proporre di muoversi. "Ti accompagno in camera tua?" dice "sei stanco, hai bisogno di riposare"
"No" Lovino scuote la testa "i-io ho fatto un casino. Voglio... voglio vedere cosa ho combinato"
"Non penso sia una buona ide..." ma Lovino è già in piedi, diretto verso le scale. Barcolla, si regge appena in piedi, così Antonio lo affianca e gli mette un braccio intorno alle spalle per aiutarlo. Prima di arrivare alle scale, si ferma e solleva il viso di Lovino con due dita, ha bisogno di guardarlo negli occhi. Gli asciuga le guance, con un sorriso dolce "è per questo che dicevi di essere pericoloso?" non dice le parole "Bella Voce" ma non serve, lo sanno entrambi benissimo. Lovino annuisce, si morde il labbro, china la testa per sfuggire ai suoi occhi. Non ce l'ha, non ha la forza di rispondere a tono, di evitarlo, di resistere. Non ce la fa più. Lo vuole, vuole baciarlo, vuole stare con lui, lo vuole così tanto che gli fa male mandarlo via, fare la cosa che reputa giusta; ma adesso, adesso sente così tanto dolore, così tanti sensi di colpa, così tanto freddo, che non riuscirebbe mai a rifiutare del calore, non quando viene dal ragazzo che ha davanti e a cui tiene così tanto.
Sa, sa che Antonio sta sorridendo, ma non ce la fa a guardarlo. Sente che gli accarezza la guancia, che gli sistema una ciocca di capelli dietro l'orecchio, e non si muove.
"Non ti bacio perché sei sconvolto e non sarebbe giusto nei tuoi confronti" gli sussurra lo spagnolo all'orecchio, facendogli venire i brividi "e perché voglio che sia una bel ricordo, non un tuo momento di debolezza" chissene fotte, vorrebbe dirgli Lovino. Fallo e basta "ma" e mai una congiunzione fu così potente "quando starai meglio, ti va di andare ad un appuntamento?" Lovino annuisce, piano. Sono così vicini... basterebbe girare il viso per baciarlo. Sta impazzendo, ha bisogno di attaccarsi disperatamente a qualcosa di bello. Lo sente sorridere anche se non lo sta guardando. I sorrisi di Antonio sono così, talmente luminosi che sono come raggi di sole: anche se hai gli occhi chiusi, te li senti addosso che ti scaldano "e a quell'appuntamento, se vorrai, ti bacerò. Va bene?"
Annuisce, una lacrima gli cade dagli occhi e un dito di Antonio è subito lì a raccoglierla.
"Ti accompagno in camera" stabilisce "ma facciamo il giro lungo, così vedi cosa è successo, va bene?"
Annuisce di nuovo. Antonio lo bacia sulla guancia.
"Bene... adesso scendo per le scale, quando sono giù scendi anche tu. Non sei molto stabile e ho paura che tu cada, almeno così ti posso prendere al volo, no?"
Lovino annuisce e Antonio tira giù la scala e scende. Grazie al cielo hanno tirato su la scala a pioli che porta in soffitta, così non è crollata nel corso del terremoto. Lovino trema leggermente, il terremoto... poi ricorda il calore del tocco di Antonio su di sé e si sente sorridere. Ha le guance rossissime, e grazie al cielo è solo, così può riprendersi e tornare a un colorito più o meno normale.
Un appuntamento... sta sognando? Non può, permetterselo, però... però sarebbe così bello e... e Antonio non ha paura di lui, anzi, si preoccupa e...
"Lovi? Scendi, la scala è abbastanza stabile"
Lovino si riprende e scende dalle scale, piano, uno scalino per volta. Sarebbe così facile fingere di scivolare e cadere tra le braccia di Antonio, lasciarsi prendere in braccio come una principessa e baciarlo come in ogni film. Ma questo non è un film, e così arriva sano e salvo alla fine delle scale. Antonio gli sorride, gli posa le mani sulle guance e lo bacia sulla fronte. Lovino sente il cuore tremare. Un secondo dopo si stanno tenendo per mano.
"Andiamo, piccolo?"
Lovino annuisce, cercando di non mostrare quanto fosse rosso in viso.

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Capitolo 7
*** Parte quattro ***


Occorre tornare un po' indietro prima di continuare con la nostra storia.
Infatti i fili a un certo punto si sono uniti e hanno portato ad una conseguenza inaspettata, ma fondamentale.
È l'ora di pranzo, e fin qui. Antonio è arrivato da poco in soffitta, per darvi un riferimento cronologico. I nostri eroi sono al solito tavolo, Feliciano è immerso nel suo mondo, Gilbert e Francis stanno sparlando come le oche che sono.
"...Lovino..." questo sente Feliciano, che solleva di scatto la testa, catapultato fuori dalla sua contemplazione del panorama nuvoloso fuori dalla finestra.
"Chi?!"
Gilbert e Francis si scambiano un'occhiata un po' perplessa "il ragazzo di Antonio"
"Non stanno ancora insieme, ma è questione di tempo" specifica Francis.
"Come" non riesce a parlare "come avete detto che si chiama?"
"Lovino. Viene da Napoli. Non so il cognome però"
Non serve, Feliciano è già in piedi.
"Dove sono?"
"In soffitta, ma perché..."
Niente, è corso via. Ludwig gli va dietro, non l'ha mai visto con una faccia così sconvolta.
Feliciano sta correndo come non ha mai fatto. Non è possibile, suo fratello è morto, ma quante probabilità ci sono che uno, italiano, con lo stesso nome di suo fratello, che non è così comune, sia lì?
Deve controllare, ne ha bisogno. Non può non essere sicuro che non si tratti di suo fratello, per quanto sia improbabile.
Quando è quasi in soffitta, il terreno inizia a tremare, ma non si ferma, a differenza di Ludwig che gli urla di tornare indietro. È lì, ai piedi della soffitta, dove sono le scale per sali...
Le finestre esplodono, tutte insieme, e Feliciano cade a terra tra i cocci. Tutto trema, sente male alla testa, ma è sicuro di una cosa: quello è suo fratello. Ha sentito la sua voce, quella che ascolta costantemente nei suoi sogni che gli canta una ninna nanna. Più grande, più matura di quella da bambino che ricorda, ma è lei, è quella voce, lo sa, lo sente.
Vorrebbe alzarsi, correre da suo fratello, abbracciarlo, capire, capire cosa sia successo, perché sia lì, vivo, ma non riesce ad alzarsi, tutto trema e la testa gli fa male, e quando torna il silenzio non sa se sia veramente finito tutto o se semplicemente sia lui ad essere svenuto.

Bene. Fatta questa premessa, continuiamo.
Lovino sta attraversando il campus, quando nota un tendone tirato su alla buona nel bel mezzo del cortile. Sono tutti fuori, forse temendo un altro terremoto. Si ferma, Antonio lo guarda confuso.
"Cos'è quella tenda?"
"Non so, forse l'infermeria" e Lovino ci va, trascinandoselo dietro senza ascoltare minimamente le sue proteste "Lovi, non è una buona idea"
"Chissene fotte" entra nella tenda e si guarda intorno. Non sono tanti i feriti, per lo più sono graffi o lividi o bernoccoli. Un tizio è nel letto perché gli è caduto qualcosa in testa, ma è vivo.
Poi vede il lettino in fondo e il mondo gli cade addosso.
Suo fratello. Il suo fratellino, quello che ha evitato per mesi, sdraiato nel letto con la testa avvolta da alcune bende. Seduti intorno a lui ci sono tre ragazzi e poi suo nonno, in piedi a fare avanti e indietro davanti al letto, devono averlo chiamato insieme agli altri genitori per informarli dell'accaduto.
In un secondo è da loro.
"Come sta?"
I ragazzi lo guardano, stupiti, ma non gli interessa. Feliciano ha gli occhi chiusi, Romolo sgrana i suoi "Lovino..."
"Come sta?" ripete, senza emozioni nella voce. Sente freddo. Antonio è subito dietro di lui, gli stringe la mano ed è così calda e Lovino gli è così fottutamente grato, perché senza quell'appiglio, quel contatto con il mondo reale, sarebbe già crollato.
"È stato ferito da alcuni vetri, è caduto e ha preso una botta in testa, potrebbe avere una lieve commozione celebrale" risponde un ragazzo biondo.
Lovino annuisce e si gira verso suo nonno, senza il coraggio di guardarlo negli occhi.
"Non serve che tu mi dica che devo andarmene, lo so già"
"Lovino..." cerca di richiamarlo, ma lui è già fuori. Quanto costerà un biglietto aereo per Napoli? Ah, fanculo, al momento è disposto anche a farsela a piedi.
Sa che Antonio gli sta venendo dietro nonostante gli abbia lasciato la mano, ma non importa, prima o poi si stancherà e tornerà alla sua vita. Quello che non si aspetta è che lo stia seguendo anche suo nonno, fino ad afferrarlo per un braccio per fermarlo. Deve averlo richiamato, ma non l'ha sentito, non sente più nulla. Sono fuori dai cancelli della scuola, un tuono squarcia l'aria.
"Lovi..."
"Non chiamarmi così" sibila, liberando il braccio con uno strattone "cosa vuoi? Me ne sto andando, che altro c'è?"
"Non voglio che tu te ne vada" allarga le braccia e forza un sorriso "possiamo... possiamo tornare una famiglia"
"Ah, quindi siamo mai stati una famiglia?" l'apatia è una brutta cosa, sapete? "perché mentre mi abbandonavi non mi sei sembrato molto familiare" perché ci vuole pochissimo a trasformarla in altro
"Non ti ho..."
In questo caso, rabbia "non mi hai abbandonato?" scoppia a ridere, amaro, sarcastico e brutale come una coltellata "mi hai lasciato in un orfanotrofio con le suore. A me sembra un abbandono"
"Ti venivo a trovare..."
"Per i primi anni. Poi hai smesso, senza dire una parola" gli trema la voce mentre parla.
"Mi sono assicurato che ti trattassero bene e..."
"Bene. Certo. Non mutilarmi a vita è "trattarmi bene". Non bruciarmi al rogo è "trattarmi bene"" sta piangendo, ma si confonde con la pioggia "mi trattavano come un mostro, nonno. Ogni giorno, ogni fottuto giorno, mi insultavano, mi ripetevano che ero una creatura del demonio che andava purificata, che fosse stato per loro sarei già morto. Ero autorizzato a parlare solo per pregare, altrimenti botte su botte. Sai cosa, nonno?" che parola cattiva "avrei preferito che mi uccidessero. Avrei sofferto meno" Romolo cerca di parlare, ma lo blocca "andavo avanti solo perché una volta al mese scendevi a trovarmi, perché ti volevo bene. Poi i mesi sono diventati due, poi tre, e poi non ti sei più fatto vivo" deglutisce. Gli fa male la gola "quando mi hanno detto che non saresti più venuto, ho cercato di farmi morire di fame. Mi hanno ingozzato a forza perché se fossi morto non avresti più donato nulla al convento"
"Io..."
"Avevo dodici anni, DODICI ANNI, E VOLEVO MORIRE DI FAME PER COLPA TUA"
Romolo non lo sta più guardando. Il nipote ride "non riesci neanche a guardarmi in faccia. Certo. Io sono la pecora nera, lo stronzo che ha ammazzato tua figlia, il mostriciattolo che hai nascosto nell'armadio. Torna da Feli. Lui è il nipote buono, no? L'angioletto sopravvissuto a me" nel dire "vattene" la sua voce è finalmente ferma.
"Lovino..."
"VATTENE, CAZZO, O AMMAZZO PURE TE" un tuono rafforza le sue parole. L'uomo esita, poi obbedisce e corre via. La coltre di pioggia nasconde la sua figura, e quando non lo vede più Lovino crolla a terra e scoppia a piangere.
Una figura emerge dalla nebbia e si inginocchia al suo fianco, lo copre con la propria giacca e lo abbraccia. Antonio lo bacia sulla testa, lo stringe e non dice niente, lo lascia sfogare e basta. "Sono qui" sembra dirgli, ma senza usare con le parole, che si perderebbero nel vento.
Lovino lo guarda "hai sentito tutto, vero?"
Antonio annuisce e gli asciuga gli occhi. Gesto inutile, visto che la pioggia glieli ribagna subito, ma gentile.
"Hai paura di me?"
"No."
Solo quello. Bastano quelle due lettere e Lovino scoppia di nuovo a piangere, abbracciandolo forte sotto la pioggia. Antonio lo stringe e lo solleva tornando verso la scuola, meglio mettersi all'asciutto, pesa davvero poco. Passa da un ingresso secondario, non vuole attirare lo sguardo di altre persone. Devono aver dichiarato l'edificio agibile, perché il cortile è semi deserto.
Non sa dove sia la stanza di Lovino, quindi lo porta nella sua e lo mette giù. Per tutto il tragitto Lovino non fa altro che restare aggrappato a lui e piangere in silenzio, l'unico motivo per cui lo spagnolo se ne accorge è la sensazione delle lacrime calde che gli bagnano la maglia fradicia di pioggia gelida.
"Lovi... scendi" cerca di metterlo giù e Lovino lo lascia andare, posa i piedi a terra e tiene la testa bassa. Antonio lo bacia sul capo "ti porto degli asciugamani, siamo entrambi fradici ed è meglio se ci asciughiamo. Ti posso prestare qualche mio vestito mentre asciugano i tuoi, se non ti dà fastidio. Vuoi fare un bagno?" Lovino scuote la testa "va bene. Prendo gli asciugamani e torno, intanto stai vicino al calorifero, okay?"
Il bagno della sua stanza è piccolo, ma d'altronde le stanze singole sono sempre più piccole rispetto alle doppie. Almeno, pensa Antonio aprendo un mobiletto, non ho nessun compagno di stanza ficcanaso che chieda perché abbia portato qui un ragazzino fradicio dalla testa ai piedi e in lacrime.
"Ecco qui" gli posa un asciugamano sui capelli e lo sfrega per asciugarglieli un po'. Lovino pianta la testa contro il suo petto e rimane così, un micetto alla ricerca di coccole ma troppo orgoglioso per chiederle. Antonio lo abbraccia "ti coccolo quanto vuoi, piccolo. Prima però dobbiamo asciugarci un po' se non vogliamo una polmonite"
Lovino annuisce, ma non si muove. Antonio sospira e, a malincuore, lo stacca da sé e lo spinge davanti al calorifero. Apre l'armadio, prende due cambi, uno per sé e uno per Lovino, e lascia davanti al ragazzo una felpa, un paio di pantaloni della tuta e un asciugamano di quelli grandi, per tutto il corpo.
"Vado in bagno a cambiarmi. Intanto asciugati e cambiati, va bene?" Lovino annuisce e lo guarda chiudersi in bagno. Lentamente, ancora sconvolto, si toglie le scarpe e i pantaloni, lottandoci contro perché il tessuto si è appiccicato alle sue gambe, e infine la felpa e la maglietta. Si asciuga velocemente, poi infila la tuta che gli ha dato Antonio e sospira: ha il suo odore. Cazzo, è proprio cotto. Ha le mani gelate, fatica a muoverle, quindi le posa sul calorifero per riscaldarle, stessa cosa con i piedi. Vorrebbe piangere, forse dovrebbe, ma non riesce, è tornato nell'apatia, una sottilissima lastra di ghiaccio tra la sua mente e la follia.
"Eccomi" Antonio si siede dietro di lui, allarga le gambe per farle passare oltre al suo corpo e lo abbraccia, posa il mento sulla sua spalla e gli allontana le mani dalla superficie bollente "attento, rischi di ustionartele"
Lovino si appoggia al suo petto e chiude gli occhi. Ha bisogno di riposo, sono successe troppe cose tutte insieme. Sente il bacio di Antonio sulla spalla, anche attraverso il tessuto "ti va se ci mettiamo nel letto? È più comodo del pavimento" Lovino non risponde e lo spagnolo sembra mal interpretare il suo silenzio "n-non per quello! Non pensare male, non ti toccherei mai se tu non lo volessi, tanto meno in queste condizioni e..."
Ride. Una risata pura, sincera. Antonio si zittisce, ammaliato.
"Non pensavo a quello, scemo" si gira verso di lui, un sorriso dolce dipinto sul viso, gli prende il viso tra le mani e lo fa avvicinare fino a posare la fronte contro la sua "davvero non hai paura di me?"
"Perché dovrei?" lo spagnolo appoggia la mano su quella dell'altro ragazzo, che è gelida.
"Lo sai perché" Lovino sospira contro la sua bocca "posso baciarti?" la stessa domanda di poche ore prima, ma ora sono cambiate così tante cose...
Antonio si morde il labbro. Minchia, così è ancora più invitante da baciare "non credo sia una buona idea. Fino a poco fa non volevi"
Lovino gli accarezza la guancia "non è che non volessi..." si perde nei suoi occhi, non riesce a impedirsi di sorridere "è che avevo paura di farti male. Ne ho ancora, in realtà, solo che ora sai perché"
"Non mi farai male"
"Ho fatto quasi crollare la scuola"
"È stato un incidente"
"Ma l'ho fatto"
"Lovi..." gli prende la mano e intreccia le dita con le sue "per tutta la vita ti è stato detto di reprimere il tuo" esita "dono. Ma non funziona, lo capisci? Non puoi fingere di essere quel che non sei. Tacere non farà altro che peggiorare le cose quando parlerai"
"In che senso?" Lovino distoglie lo sguardo. Lo sa benissimo cosa intende, ma non vuole ammetterlo.
"Se ti trattieni, quando rilasci il tutto sarà ancora più violento, non credi?" si ritrova ad annuire.
"E quindi che cazzo dovrei fare? Far saltare tutto in aria?"
"Non trattenerti" lo bacia sulla fronte e sorride "canta. Canta per me"
"No"
"Canta per me. A bassa voce, piano, senza trattenerti ma controllandolo" gli bacia il palmo della mano "da piccolo mi hanno raccontato tante storie su quelli come te, e potevano far fiorire gli alberi morti, rendere fertile una terra bruciata o far guarire i malati. La distruzione è solo una parte del tuo potere"
Lovino si morde il labbro. Ci sta pensando, si vede. Gli hanno sempre insegnato ad aver paura di sé stesso, non a conoscersi, e Antonio lo capisce e gli lascia i suoi tempi. Infine, la Bella Voce sospira e inizia a cantare.
Non sono parole, è poco più di un sussurro che rimane tra loro, ma è in assoluto la musica più bella che Antonio abbia mai sentito. Sono note calde, gentili, un po' esitanti, che gli entrano nel cuore e lo riscaldano.
Passano solo pochi secondi prima che Lovino riapra gli occhi, terrorizzato, ma Antonio è ancora lì, vivo e sorridente, e la stanza è intera.
"Ce l'hai fatta" sussurra il moro, accarezzandogli le labbra schiuse. Lovino non sembra realizzarlo, ma no, non ha fatto danni e sì, ha ceduto e ha cantato, per poco tempo ma l'ha fatto.
È gioia questa? Non lo sa, ma afferra il viso di Antonio, euforico, e posa le labbra sulle sue, più felice di quanto non fosse mai stato. La bocca di Antonio è morbida, calda, sensuale e fantastica, e lui è felice felice felice non riesce a non sorridere.
Poi si stacca "cazzo, scusa, non volevi..."
"Ancora" mormora quello invece; ha la voce roca, le pupille dilatate. Lovino si rende conto che quell'espressione è causa sua e si sente arrossire. Si siede sulle ginocchia in modo da essere più in alto dell'altro, gli prende il viso tra le mani e lo studia. Il viso di Antonio è sollevato verso di lui, in attesa ma senza mettergli fretta, gli occhi verdi sono chiusi, le ciglia lunghe tremano, le labbra sono leggermente dischiuse. Lovino gli accarezza le guance morbide leggermente velate di barba e ci pensa su per qualche secondo, poi si china a baciarlo di nuovo. Antonio sospira e lo stringe forte a sé, in Paradiso. La vita di Lovino è sottile tra le sue braccia, fin troppo ora che ci fa caso, le sue labbra sono screpolate ma non vorrebbe baciarne altre per niente al mondo, sente lo stomaco stringersi e impazzire e cazzo, non si staccherebbe mai.
A una certa però tocca separarsi, e Lovino nasconde il viso contro la spalla dell'altro ragazzo, rosso come un pomodoro.
"Era il mio primo bacio" sussurra, pianissimo. Antonio gli accarezza la schiena, ancora sognante, e lo bacia sulla tempia.
"È stato... wow" risponde, cullandolo leggermente. Fuori piove, tuona, ma loro sono immersi nel loro mondo e nessuna quantità di acqua caduta dal cielo potrebbe mai farli uscire dalla bolla in cui sono immersi.
"Ti avevo promesso un appuntamento" mormora Antonio contro i suoi capelli.
"Non so se me la sento di uscire" sussurra il più piccolo.
"Che ne dici se domani stiamo tutto il giorno nel letto a farci le coccole?" propone allora il moro, e Lovino annuisce perché, cazzo, è proprio un bel programma.
Un bussare furioso li interrompe. Antonio sospira, frustrato "perché proprio ora?" e Lovino si ritrova a ridere. Continuano a bussare, quindi il padrone di casa, a malincuore, si alza e va ad aprire.
"Ah, sei qui" Gilbert entra di gran carriera nella stanza, scostando l'amico dalla porta e guardandosi intorno. Individua Lovino, seduto nell'angolo, e lo indica "Feliciano ti vuole vedere"
Lovino sbatte le palpebre "cosa?"
"Si è svegliato e ha chiesto di te. Forza, muoviti, mio fratello è in crisi e devo calmarlo, non ho tempo da perdere"
"Feli vuole... vedermi?"
"In che senso Lud è in crisi?"
"Sei sordo? Vuole vederti" si gira verso l'amico "è nel panico perché Feli sta male. Meno male che dice di non avere una cotta per lui" torna a rivolgersi a Lovino "senti, sono un fratello maggiore anch'io. E per quanto siano fastidiosi, dobbiamo prenderci cura di quelle teste di cazzo dei nostri fratellini. Non so che cazzo sia successo tra voi, perché Feliciano ci aveva detto di essere figlio unico, ma è evidente che non lo sia e ora sta male, quindi ha bisogno di te. Vuoi riprendere il tuo ruolo o no?"
Lovino assottiglia lo sguardo, è una sfida quella? E poi Feli sta male... un istinto antico, sepolto da anni e anni di lontananza, viene fuori, e così si alza e va a rimettersi le scarpe, che sono ancora umide ma chissene frega. Guarda Gilbert "dov'è?"
"Nell'atrio, hanno spostato i feriti lì per la pioggia"
"Grazie" e corre fuori, diretto verso l'infermeria improvvisata. Antonio gli è subito dietro ma rimane a distanza, Gilbert lo segue.
"Avete scopato?" sussurra all'amico, che distoglie lo sguardo da Lovino, il quale li precede di qualche metro, per guardare l'amico con aria sconvolta.
"Ma che sei scemo? No!"
"Eravate soli, in camera, e lui ha i tuoi vestiti addosso, cosa devo pensare?"
"Gli ho dato un cambio perché i suoi erano fradici!"
"E come vi siede scaldati?"
"Niente di sessuale"
"Sicuro?"
"Lo saprei se avessi perso la verginità con il futuro padre dei miei figli"
"Sottone"
Antonio arrossisce. Poi sussurra "ci siamo baciati"
"Serio?"
"Già" lo incenerisce con lo sguardo "e lo staremmo ancora facendo se tu non ci avessi interrotto"
"Ci sono delle priorità"
"Lo so, ma anche tu hai un tempismo..." accelera il passo per raggiungere Lovino, non vuole perdersi la scena e vuole essere pronto ad intervenire se necessario. Sfiora le dita di Lovino per attirare la sua attenzione "stai bene?"
"Non lo so" si morde le labbra e Antonio vorrebbe tanto baciargliele "lo capirò tra poco direi"
Antonio vorrebbe rassicurarlo, ma hanno raggiunto la mensa e immediatamente una voce li chiama.
Feliciano si lancia addosso a suo fratello e lo abbraccia, rischiando di farlo cadere a terra. Lovino rimane un attimo scioccato, guarda Antonio alla ricerca di una conferma e poi ricambia l'abbraccio, timidamente.
"Sei vivo" mormora Feliciano, stringendolo forte "p-pensavo che... che fossi morto anche tu..."
Lovino non dice niente, sa che crollerebbe subito e scoppierebbe a piangere, e non se lo può permettere. Invece, nasconde il viso nella spalla del fratellino.
"Scusa" sussurra, piano, non è neanche sicuro che quello lo senta, ma non importa.
Quell'abbraccio dura poco in realtà, perché mandano via tutti i visitatori per far riposare i feriti. Ma, Dio, sembra durare anni interi, quasi dieci anni di lontananza racchiusi, per quanto possibile, in pochi minuti.

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Capitolo 8
*** Interludio III- Accademia ***


Il nuovo, grande stato è appena nato. Lo chiamano Idris al momento, ma il nome varierà altre tre volte. La prima quando sarà conquistato dai barbari germanici nel 1300, che lo chiameranno Brüllend, ruggente; la seconda quando saranno cacciati i barbari, quattrcento anni dopo la loro conquista, dall'imperatore del popolo, che rinominerà lo stato Rinata, dal latino, la lingua degli antenati, potete intuirne il significato; e la terza, infine, quando l'imperatore del popolo fu cacciato, dittatore, dal popolo che avrebbe dovuto guidare e che rinominò lo stato, non più impero, e lo chiamò Liber, libero.
Liber significa anche libro, e questo può dirla lunga sull'importanza data alla cultura da quello che è tutt'ora lo stato più importante del mondo. Indugiamo su di esso.
Immaginate il nostro mondo, va bene? Il mappamondo normale che tutti conosciamo. Ecco, focalizzate l'Europa. Al centro, tra la Germania e la Francia, poco sopra la Svizzera, c'è un altro stato, più grande, nato in una valle tra le montagne che lo rendono molto facile da difendere, grande quanto gli altri stati europei e molto più importante.
La lingua parlata è un miscuglio tra latino, tedesco e francese chiamato libertino. La storia si è modificata rispetto a quella che conosciamo, ma non mi ci soffermo al momento.
Nel 1257 uno studioso laico si mise d'accordo con un monaco e fondò una grande accademia. Nacque come un'università, poi si evolse e si aprì anche agli studenti più giovani. Quest'accademia sopravvisse a invasioni, dittature, rivolte. Per secoli fu baluardo della cultura, della libertà di pensiero, della discussione di argomenti elevati (tra uomini bianchi ricchi)
Solo negli ultimi anni sono stati ammesse le donne e i non-bianchi. Sull'omosessualità, be', è stato per secoli un collegio maschile. Il criterio era: finché non ti becchiamo va tutto bene, se ti fai beccare sei fuori. Oggi è tollerata, niente di più, se ci sono atti di omofobia affari tuoi. Il motivo per cui i nostri protagonisti sono stati intoccati fino ad ora è semplice: i giovani sono molto più aperti degli adulti in molte questioni, tra cui questa. Ma non divaghiamo.
L'accademia era inizialmente composti da due edifici, uno per le lezioni, uno per i dormitori. Con il passare del tempo si è espansa, per cui oggi è così fatta: un enorme edificio per le lezioni (e quando dico enorme intendo proprio enorme), un teatro per gli spettacoli, un edificio per i club e compagnia con tanto di osservatorio astronomico sul tetto, un edificio per il personale che desidera dormire a scuola, un dormitorio per ogni anno (maschile), quindi in totale quattro, e uno unico per le femmine. Vorrei dire che ci sono delle proteste in merito, ma la verità è che ci sono talmente poche ragazze che la cosa non costituisce un vero problema. Gli edifici universitari sono da tutt'altra parte e non ci interessano. Le stanze per gli alunni possono essere singole o doppie, in base, essenzialmente, a quanto paghi. Per gli studenti ammessi tramite borsa di studio, la stanza è per forza doppia.
Secondo il programma ministeriale, la scuola offre delle materie obbligatorie quali: matematica, fisica, lezione di lingua e letteratura libertina, lingua e letteratura di una lingua straniera a scelta tra francese, tedesca e spagnola, due ore di educazione fisica nel cortile, storia, filosofia... insomma, un programma simile ai nostri. Ci sono poi vari potenzialmenti o corsi extra che si possono scegliere per avere più crediti. Feliciano, per esempio, ne segue una quantità impossibile, Lovino ha scelto quello di lingua e letteratura latina (inutile perché sa già tutto, ma i crediti in più gli servono per la borsa di studio), Ludwig ha scelto il potenziamento di astronomia e astrofisica (pazzo), mentre la band di matti che tanto bene conosciamo conta come "associazione artistica di iniziativa studentesca" e conta alcuni crediti in più. Francis e Arthur sono anche iscritti al gruppo di dibattito, dove non fanno altro che discutere e discutere e discutere...
La scuola offre inoltre delle gite scolastiche a ogni classe, che variano ogni anno in base ai gusti e alle scelte della classe e dei docenti disgraziati costretti a fare da accompagnatori.

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Capitolo 9
*** Parte cinque ***


Romolo sospira rientrando in casa e si sfila il cappotto fradicio. Dio, ha bisogno di bere.
Tra tutte le scuole dove Lovino potrebbe andare, proprio quella di Feliciano. Che ci fa lì, tra l'altro? L'ha mandato lontano apposta per proteggerlo. Deve coprirlo, per far passare il terremoto come un terremoto e dissipare qualsiasi sospetto sul coinvolgimento di una Bella Voce. L'ha già fatto in passato, e ha abbastanza contatti e gente che gli deve un favore per farlo.
Aggrotta la fronte. Come fa Lovino a permettersi la retta per la scuola? Che abbia vinto una borsa di studio? Ma se era in orfanotrofio...
Però teneva per mano un ragazzo. Non è una cosa che fa qualcuno sotto la responsabilità delle suore. Inoltre Lovino sui documenti risulta morto, a ben pensarci. Come cazzo ha fatto ad entrare in uno dei collegi più grandi e importanti del paese?
Fa per prendere il telefono e chiamare un suo amico che lavora all'anagrafe, quando uno squillo proveniente dal computer lo fa immobilizzare. Un passo, due, tre, accende la luce del salotto, quattro, cinque ed è davanti al computer.
Una nuova mail sullo schermo gli risponde.
"Te l'avevo detto che il lupo avrebbe ululato"
Porca merda.

Lovino si sveglia colpito da un raggio di sole dritto negli occhi, e la prima cosa che vede è il viso di Antonio a un palmo dal suo. Sgrana gli occhi, poi si ricorda e si rilassa, rannicchiandosi contro di lui alla ricerca di calore. Sospira, non ha dormito bene come quella notte per mesi.
"Buongiorno" mormora Antonio contro il suo orecchio, la voce così roca da fargli stringere lo stomaco. Lovino sorride, si scosta leggermente dal suo abbraccio e lo bacia, piano, memorizzando la forma delle sue labbra contro le proprie.
"Buongiorno" aggiunge, arrossendo leggermente. Da quando è così romantico? Disgustoso. Antonio lo guarda con aria sognante.
"Sei bellissimo appena sveglio" commenta, facendolo arrossire fin troppo vistosamente.
"Zitto" bofonchia Lovino, girandosi per dargli le spalle. Antonio continua a stringerlo come ha fatto per tutta la notte e lo bacia sul collo.
"Cosa ho detto di male? È vero"
"Ho detto zitto" si copre il viso con le mani, sempre più rosso. Antonio obbedisce.
Per dieci secondi.
"Mi dai un altro bacio?"
"No"
"Daaai"
"Non te lo meriti"
"Uno solo"
"Sai quanto me che non sarà uno solo"
"E quindi?"
"E quindi no"
Antonio brontola contro il suo collo, ma non insiste. Poi "Lovi?"
"Mh?"
"Stavo pensando che..." è teso, si sente dal suo tono di voce "forse dovresti chiedere aiuto"
"Per... per cosa?" Per la sua voce? Sta suggerendo che si faccia rinchiudere in qualche manicomio?
"Per te stesso. Hai dei traumi, piccolo, e non so come aiutarti. C'è una psicologa qui a scuola che potrebbe..."
"Spreco di tempo e soldi"
"È gratis e ti potrebbe aiutare"
"Non voglio impasticcarmi"
"Non ti darà dei farmaci. Solo dei... consigli per superare quel che hai passato"
"Sto benissimo"
"Ah, perché quello che è successo ieri lo chiami "stare benissimo"? Quel che hai passato, tuo nonno..."
"Non ho nessun nonno"
"Lo stai negando. Non hai metabolizzato la cosa"
"Ti ho detto che sto bene" si gira a guardarlo, pronto ad arrabbiarsi, ma lo trova in lacrime e tutta la sua sicurezza svanisce all'istante "Antonio..." gli accarezza la guancia e gli sorride con gentilezza "sto bene, okay? Non ho... non sono matto, non ho bisogno dello strizzacervelli. Ieri è... è stata una giornataccia, ma ora sto bene"
Antonio chiude gli occhi, godendosi le carezze del giovane. Poi li riapre "hai detto che hai pensato al suicidio per anni"
Lovino distoglie lo sguardo "sì... e quindi?"
"Ci pensi ancora?"
"Cosa?"
"Ci pensi ancora?"
"Non... io..." Antonio gli prende il viso tra le mani, costringendolo a guardarlo negli occhi.
"Lovino, guardami negli occhi e dimmi che è almeno un anno che non pensi al suicidio, che non ci penserai più e che non hai bisogno di aiuto perché sai di non essere un mostro, sai che quello che ti dicevano da piccolo è falso e hai un'alta stima di te"
L'italiano tace e si sente arrossire. Antonio continua "non ce la faccio a sapere che stai male... ti starò accanto tutto il tempo necessario, ma non sono uno specialista. Non so cosa fare, come aiutarti, e sbaglierò sicuramente perché sono umano, quindi non posso essere il tuo unico appiglio, capisci?" gli trema la voce "non posso perderti, Lovi. Non posso. Per favore, lasciati aiutare"
Lovino si morde il labbro, esita, ma alla fine annuisce e si lascia abbracciare.
"Andiamo a colazione?" gli chiede contro la maglia.
"Hai fame, piccolo?"
"Non chiamarmi piccolo" solleva il viso e gli asciuga le guance, poi lo bacia sulla fronte "e sì, ho fame, tu no?"
"Ho tutto quello che mi serve proprio qui" lo bacia sulla bocca e sorride "sei stupendo" lo sussurra appena sulla sua bocca, baciandolo subito dopo. E poi lo bacia ancora, e ancora, e ancora.
Lovino gli posa la mano sulla bocca per fermarlo, ridendo "lasciami in pace, baciatore seriale. Ho fame, quindi o ti mangio la faccia, o mi porti alla mensa"
"Mi dai un altro bacio prima?"
"Rompicoglioni" lo bacia, prima sulle labbra, poi sul naso "contento?"
"Sì"
"Ora andiamo che ho fame" scosta le lenzuola, lo scavalca e scende dal letto. Antonio cerca di afferrarlo per la vita per portarlo indietro, ma Lovino riesce a schivarlo e va a recuperare i suoi vestiti. La notte prima non è riuscito a dormire, quindi è uscito dalla sua camera per andare da Antonio, e per fortuna ha avuto abbastanza lungimiranza da portarsi dietro un cambio e il necessario.
Antonio lo abbraccia da dietro e lo bacia sulla tempia "ci sarà tuo fratello a colazione" mormora "te la senti?"
"Credo di sì" il più giovane si lascia cullare e socchiude gli occhi "cioé, ieri non è andata male, no? Mi ha abbracciato e piangeva e tutto..."
Antonio lo bacia sulla guancia "sì. Tu cosa provi invece?"
"Non lo so. Sono felice, credo"
"Toglimi una curiosità"
"Mh"
"Ti avevo parlato di Feli. Avevi capito che era tuo fratello o pensavi fosse un altro?"
"No, io..." sospira "lo sapevo, o almeno lo sospettavo. Solo che..." si morde il labbro.
"Che?"
"Che gli ho fatto del male, quando eravamo piccoli"
"In che senso?"
"Con... con la mia voce. Lui piangeva, ho cantato per farlo addormentare e... e ha iniziato a tremare tutto" fissa il vuoto mentre racconta "e mamma e papà sono morti"
"Quanti anni avevi?"
"Sette, Feli quattro"
"Lovi..."
"Ho paura di fargli del male, 'Ndò" gli trema la voce "per questo non ti ho detto nulla, non volevo avvicinarmi e..." il fiato evapora e non lo fa finire di parlare, maledetto bastardo "ma ormai l'ha scoperto, non posso nascondermi, no?"
"E ne sei felice?"
"Non lo so. Non me lo aspettavo. È tutto confuso"
"Vedi come va oggi, mh?"
"Mh"
"Fammi un sorriso"
"Staccati e lasciami andare a mangiare" lo allontana, prende i vestiti e si barrica in bagno. È lì che si accorge di un problema
"Porca merda..."
Antonio sta cercando una maglia pulita nell'armadio quando sente una vocina chiamarlo. Lovino ha aperto uno spiraglio di porta e lo osserva dalla fessurina "Antò..."
"Dimmi"
"Mi puoi prestare una felpa?"
"Certo" adesso lo spagnolo cerca una felpa per lui. Ne prende una azzurro chiaro, che pensa che a Lovino starebbe benissimo, e gliela porge, dimentico di essere senza maglietta. Lovino è rosso, ma per un altro motivo.
"Grazie..." esita nell'allungare la mano per prendere la felpa. Antonio aggrotta la fronte.
"Tutto bene?"
"Sì..."
"Sicuro? Sei pallido"
"Sì sì, dammi la felpa e..." l'italiano allunga un po' troppo la mano fuori dalla porta e...
"Oddio"
Il braccio di Lovino è un disastro di cicatrici: bianche e sottili, oppure tozze e spesse, gli ricoprono l'avambraccio. Lovino ritira subito la mano e china la testa, nonostante Antonio cerchi di incontrare i suoi occhi.
"Non... non me le sono fatte io" sussurra "non ne avevo i mezzi"
"All'orfanotrofio? Lì ti hanno fatto questo?" la rabbia inizia a montare, calda, bollente, un fuoco nelle vene dello spagnolo che è a tanto così dall'andare a sdradicare quel posto infernale mattone dopo mattone.
"Sì... m-ma non mi fanno male!" si affretta a specificare Lovino, sempre più nel panico "non più almeno. Solo non... non mi va di mostrarle in giro" addosso ha una tshirt. Nella fretta e nel buio della sua camera, ha preso una tshirt scambiandola per una felpa.
Antonio inspira ed espira ed inspira ed espira e cerca di calmarsi. Gli passa la felpa "va bene"
"Scusa se... se non te l'ho detto e..."
"Non sono arrabbiato. Non con te" gli sorride, lo bacia sulla fronte e si allontana per lasciargli un po' di intimità e andare a vestirsi. Alla fine si mette una maglietta rossa a caso e si siede sul letto, a ben pensarci non ha mai visto Lovino senza felpa, neanche durante ginnastica. Inizialmente ha pensato facesse così perché abituato al caldo di Napoli, ma...
Lovino esce dal bagno a testa china, raggiunge l'ispanico e si siede sulle sue gambe senza una parola, sembra pensarci e poi lo abbraccia. Sospira "scusa. Sono un dramma continuo"
"Non è colpa tua" lo stringe, sospira e lo bacia tra i capelli "non ce l'ho con te. Vorrei solo far soffrire chi ti ha fatto questo tanto quanto ha fatto soffrire te"
"Lascia perdere" lo guarda e abbozza un sorriso "non mi piacciono i ragazzi vendicativi"
Antonio si sforza di imitare l'espressione del ragazzo "va bene... dai, andiamo a fare colazione"
Lovino annuisce e lo bacia, piano, sospira "sei sicuro di voler fare... questa cosa" indica il loro abbraccio e la propria bocca "con me?"
"Con chi altro dovrei volerlo?"
"Qualcuno di più semplice"
"Qualcuno di noioso? Anche no" l'ispanico bacia l'altro ragazzo sulla fronte "mi piaci tu... e tu... e tu. Nessun altro. E più cose scopro su di te, più vedo quanto sei forte, più mi piaci"
Lovino, tutto rosso, annuisce e si alza dalle sue gambe brontolando "andiamo, idiota" ma gli prende la mano quando escono dalla camera.
Forse occorre spiegare che diamine sia successo in breve.
Quindi, in breve, la situazione è questa: l'edificio più colpito dal disastro è stato quello dove si tengono delle lezioni, perché la soffitta da cui, noi sappiamo, è iniziato tutto, si trova lì. Morale: una settimana senza scuola mentre si cerca di trovare una sistemazione. Buon per loro.
Invece i dormitori sono stati dichiarati agibili perché non colpiti dal sisma, e, visto che la mensa si trova nell'edificio inagibile e questi poveracci dovranno pur mangiare, è stata allestita una mensa all'aperto, ed è lì che i nostri eroi stanno andando.
"Come cazzo fai a non aver freddo in tshirt? Si gela!"
Antonio ammicca "è il mio sangue latino"
"Ma vattene a fanculo"
"Lovi!" Feliciano gli corre incontro e lo abbraccia. Sorride, piccino, con aria entusiasta "come stai? Dormito bene?"
"Uhm, sì..." Antonio, bastardo infame, va dai suoi amici idioti abbandonandolo al suo destino "tu?" come merda si fa conversazione?
"Sì!" ha un sorriso così luminoso che sembra splendere di luce propria. Lovino si sforza di ricambiarlo mentre si vanno a sedere "ci sono i cornetti per colazione. Francis insiste a chiamarli croissant ma sono troppo buoni per essere francesi, no? Ci sono vuoti o con la crema o con la nutella o con..." attacca a parlare a macchinetta delle cose più svariate e Lovino lo ascolta in silenzio, annuendo di tanto in tanto, e Antonio ne approfitta per prendergli la mano da sotto il tavolo.
"A quando il matrimonio?" ghigna Gilbert, interrompendo lo sproloquio di Feliciano. Antonio arrossisce leggermente e ride, Lovino inarca un sopracciglio.
"'Ndò, sono questi gli amici di cui mi parlavi? Quelli con cui mangiavi..."
"Sì"
"Non avevi detto che erano simpatici?"
Feliciano soffoca a stento una risatina, Gilbert sbuffa "che divertente"
"Grazie"
Antonio ride e bacia Lovino sulla testa "non ho mai visto nessuno zittire così Gil, querido"
In risposta il napoletano alza le spalle e torna al suo caffé. Francis si sporge verso di lui, con un sorrisino che non promette nulla di buono.
"Avete fatto l'amour, stanotte?" e lì Lovino rischia di strozzarsi.
"Cosa... no! Ma poi chi è il maniaco che chiede alla gente se ha fatto sesso" nasconde il viso nella maglia, rossissimo. Antonio non è messo meglio.
"Hai una sua felpa..." ribatte il francese, e Lovino arrossisce ancora di più. Grazie al cielo, Antonio ha la prontezza di cambiare argomento, rispondendo con una battutina sull'amico parigino.
"Lovi..." Feliciano guarda il fratello con aria timida, mentre gli altri continuano a parlare "stanotte ti va di dormire con me? Facciamo un pigiama party tra fratelli..."
Lovino esita, ma annuisce "va bene..."
Il piccolo Vargas sorride e lo abbraccia di slancio "grazie!"
"Non... non mi ringraziare" brontola l'altro, rosso in viso. Solleva lo sguardo e vede Antonio che gli sorride con aria d'approvazione, e inizia a chiedersi se sia possibile morire di combustione spontanea.

"Allora" esordisce Gilbert non appena il nostro trio preferito rimane da solo "vuota il sacco"
Antonio lo guarda, confuso "cosa?"
"Sul tuo fidanzatino. Svuota il sacco"
"Ti ho detto che non abbiamo fatto l'amo..."
"Non quello! Come vi siete conosciuti, come vi siete dichiarati..." sospira Francis con aria romantica.
"E come cazzo hai fatto a non capire che è il fratello di Feliciano" sbuffa Gilbert "sono due gocce d'acqua"
"Non è vero. Lovi ha i capelli più scuri, la pelle abbronzata, gli occhi..."
"Sì sì, abbiamo capito, sei cotto marcio"
"Comunque ho chiesto a Lovi se fosse parente di Feli e mi ha detto di no"
"E gli hai creduto?"
Antonio alza le spalle "Feli aveva detto di non avere fratelli"
"Hanno anche lo stesso cognome!"
"Magari erano cugini, che ne so. Non volevo forzare Lovi a parlarmene"
"Sottone"
"Non sono sottone, sono premuroso"
"Sei sottone e premuroso"
Antonio alza gli occhi al cielo "almeno io rimorchio"
"Fanculo"


 

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Capitolo 10
*** Parte sei ***


https://youtu.be/E7AuHPmvRWk
"Salve dottoressa!"
"Antonio! Che piacere. Come posso aiutarti? Vuoi parlare di qualcosa?"
"Non si preoccupi, non è per me. C'è un ragazzo..."
"Una persona speciale?" chiede quella con un sorrisino, e il ragazzo si ritrova ad arrossire.
"Be'... sì. Stiamo insieme, credo"
"Credi?"
"Cioé sì, stiamo insieme. Comunque avrebbe bisogno di parlare un po' con lei, potrebbe dargli un appuntamento?"
"Certamente, è il mio lavoro. È maggiorenne?"
"No... non ancora"
La dottoressa storce la bocca "allora temo che servirà l'autorizzazione del tutore legale. I genitori...?"
"Sono morti. È uno dei problemi"
"Oh. Capisco. Il tutore chi è, se posso chiedere?"
"Non saprei... a pranzo glielo chiedo"
"Posso sapere più o meno di che si tratta?"
"Uhm... non so se lui voglia"
"Giusto, perdonami. Me ne parlerà lui"
"Allora io vado. La ringrazio. Arrivederci!"
"Ciao! Grazie di essere passato"

Toc toc
"Chi è?" Feliciano è nervoso. È appena arrivato in camera con suo fratello suo fratello e non sa bene cosa fare. Vuole ricostruire un rapporto con lui, ma come?
La porta si apre senza rispondere ed entra il nonno. Mentalmente, perché farlo ad alta voce avrebbe comportato un rimprovero, Feliciano bestemmia, e fidatevi che l'immaginazione non gli manca. Prima ancora che possa salutare il nuovo arrivato, però, quello afferra Lovino e lo inchioda contro il muro.
"Come cazzo hai fatto a entrare a scuola?"
Lovino lo guarda, terrorizzato, e poi guarda il fratellino alla ricerca di aiuto.
"Nonno lascialo!"
"Lasciami fare, Feli, è per la tua sicurezza"
"È mio fratello! Non mi farebbe mai del male!" cerca di allontanarlo, ma senza successo. Romolo d'altronde è largo almeno due volte lui.
"Te ne ha già fatto una volta" Lovino fa la faccia di uno che abbia subito una coltellata "ora rispondimi!"
"È- è venuto un tizio..."
"Che tizio?"
"Un a-assistente sociale. Ha detto che avevo vinto una borsa di studio e..."
"Come?"
"Cosa come?"
"Come l'hai vinta?!"
"A scuola... con... le medie scolastiche o cazzate simili"
"E come hai fatto a iscriverti a scuola se risulti morto?"
"Le... le suore mi avevano fatto dei documenti falsi" lo incenerisce con lo sguardo e cerca di spingerlo via "in cui non risultavo imparentato con te, per la cronaca. Una buona notizia per entrambi"
"Fai poco lo spiritoso. Sei una spia del nemico?"
"Eh? Quale nemico? Di che minchia parli?"
"L'assistente sociale. Che tipo era?"
"Che ne so... avrà avuto una cinquantina d'anni, i baffi da tricheco e la panza"
"Dimmi di più"
"Che cazzo ne so... me l'hanno affidato a scuola, mi ha dato una casa e mi mandava dei soldi ogni mese, poi non l'ho mai visto" lo spinge via "e mollami, stronzo"
"Come si chiama?"
"Che cazzo ne so?"
"Non mi convinci"
"Oh no, che tragedia" Feliciano è nel panico. Gli sembra di guardare l'incontro tra due asteroidi: vorrebbe intervenire, ma non può "vivrò con questo peso"
"Se fai del male a Feli..."
"Cos'hai detto ieri? Vorrei che tornassimo una famiglia? Ti stai impegnando vedo"
"Nonno" lo chiama Feliciano "vattene"
"Lasciami fare"
"No! Mi hai fatto credere di essere rimasto solo, che mio fratello fosse morto, me l'hai tenuto nascosto per anni e ora non vuoi che stia con lui?"
"Non è..."
"Vattene" lo afferra per la camicia e cerca di allontanarlo, il nonno lo lascia fare.
"Dovevo assicurarmi che non ci fosse pericolo" ripete, appena fuori dalla porta.
"Forse è meglio che non ti fai vivo per un po'" e chiude la porta. Si gira "mi dispiace, Lovi, non..."
"Se vuoi me ne vado" il maggiore ha la testa bassa, gli occhi stretti con forza per evitare di piangere "basta dirlo, non mi offendo"
"Cosa... perché dovrei volerlo?"
Lovino si stringe nelle spalle, a disagio. Feliciano continua, gli prende le mani e le stringe nelle sue "lo so che... che non ci vediamo da anni, e mi dispiace, ma voglio recuperare se lo vuoi anche tu"
"Lo vorrei, ma..."
"A posto così allora"
"Sono pericoloso, hai sentito che ha detto il nonno. Ti ho già quasi ucciso una volta e..."
"Ma non lo farai più, no?"
"Non ne posso essere sicuro"
"Lovi, non sei infetto da qualche malattia o cose simili. Non sei pericoloso"
"Sì invece! Hai visto che ho fatto a scuola"
"Hai mai smesso di colpevolizzarti per i nostri genitori?"
"Che c'entra?"
"Rispondi"
"Secondo te, Feli? No, non ho mai smesso. Come potrei? Ti ho reso orfano, quasi ucciso e... e mamma e papà e... e..." il respiro si fa affannoso, e il fratellino lo abbraccia, forte.
"Non è stata colpa tua. Smettila di crederlo"
"Sì che lo è stata"
"Cosa è successo?" il nonno gli ha raccontato di un terremoto, ma ormai è chiaro che è una bugia.
"Pioveva, piangevi, ti ho cantato una ninna nanna e..." lascia in sospeso la frase. Feliciano gli prende le mani.
"Volevi aiutarmi"
"E per poco non ti ho ucciso"
Il piccolo sta per piangere. Come fa a farglielo capire?
"Lovi" cerca di non far tremare la voce "pensavo di essere rimasto solo, capisci? Solo con il nonno, che ha fatto del suo meglio, okay, ma non è come avere un fratello. Adesso scopro che sei vivo e... e non... non capisci che sono felicissimo di vederti? Che... che non voglio che tu te ne vada, cazzo, non ora che siamo di nuovo insieme?"
Lovino si morde il labbro. Ah, si sente una merda. Con i suoi drammi sta facendo star male il fratellino. Che parente di merda.
"Scusa..." cosa dovrebbe dire? "è che... non voglio farti di nuovo del male"
"Me ne faresti andandotene" Feliciano si asciuga le guance, gli prende la mano e lo porta a sedersi sul letto. Si sforza di sorridere "ti va se parliamo un po'? Dobbiamo recuperare il tempo perduto, no?"
"Sì..."
"Dove sei stato in tutto questo tempo?"
Lovino alza le spalle "il nonno mi ha lasciato in un orfanotrofio di suore a Napoli, le pagava per tenermi nascosto. A tredici anni..." deglutisce "sono scappato. Ho trovato degli amici... altri orfani come me, più grandi però, abbiamo vissuto insieme per anni. Mi hanno costretto ad andare a scuola e... be', gli devo tutto"
"Che bravi!" Feliciano sorride maliziosamente "e con Antonio?"
Lovino arrossisce "niente... gli piaccio, per qualche ragione"
"E a te piace?"
"Be'... sì" è sempre più rosso "e a te? Il crucco?"
"Il cru... parli di Ludwig?"
"Seh"
"Oh... ehm..." questa volta arrossisce lui "credo che mi piaccia"
"Gli piaci"
"Dici?"
"Dai, si vede. Ogni volta che lo tocchi scatta come una molla"
"Non gli piace molto il contatto fisico"
"Oh, secondo me il tuo contatto fisico gli piace fin troppo"
"Lovi!"
"Cosa? È vero! Basta guardarlo, diventa tutto rosso"
"Diventa rosso in generale..."
"Ah, è questo che ti ha detto pur di non confessarsi?"
Feliciano si copre il viso con le mani, rossissimo. Poi apre lo spazio tra le dita per far sbucare gli occhietti curiosi "dici?"
"Dico"
"Non so..." inizia a tormentarsi una ciocca di capelli, girandosela tra le dita come una ragazzina innamorata "è sempre carino e gentile con me e si preoccupa sempre... ma non so se sono nel momento giusto per una relazione, sono sempre occupato e..."
"Sarebbe troppo una relazione?"
"No, non è quello. Preferisco avere tante cose da fare. È che non riuscirei ad essere presente e non voglio che me lo rinfaccino"
Lovino alza le spalle "anche il crucco è sempre impegnato a quanto mi hanno detto"
"Chi te l'ha detto?"
"Antonio. So tutto su di voi, che ti credi?" gli sistema una ciocca di capelli "tipo che tra te e il crucco c'è del tenero. Se n'è accorto persino lui, renditi conto"
"Che ne dici se ci facciamo una maschera e ci mettiamo lo smalto mentre parliamo di ragazzi?"
"Daje"
Venti minuti dopo, Lovino ha le unghie dipinte di nero e la faccia ricoperta da una maschera bianca, mentre mette uno smalto bianco brillantinato a Feliciano, che invece vanta una maschera nera e un adorabile pigiama peloso da unicorno.
"Quindi con Antonio?"
Lovino alza le spalle togliendo uno sbafo di smalto dall'indice del fratellino "ci siamo messi insieme ieri..."
"Com'è successo?"
"Uhm... si è confessato prima di tutto il casino, poi c'è stato il terremoto e dopo..." si rabbuia ripensando al litigio con suo nonno "ero in camera sua e... ehm... l'ho baciato"
"Cariniiii" sgrana gli occhi "quindi vi ho interrotti?"
"Già"
"Oddio! Scusa"
Lovino scrolla le spalle "succede" mette a posto il pennello per lo smalto "soffiaci un po' sopra"
Feliciano obbedisce "sbaglio o quella maglia è sua?"
Lovino arrossisce leggermente "forse. È comoda"
"Hai dormito con lui?"
"Inizialmente no... però non riuscivo a dormire, quindi sono andato da lui"
"E?"
"Cosa e?"
"Cosa avete fatto?"
"Ma niente... ha fatto l'appiccicoso sdolcinato per un po' e poi mi ha lasciato dormire"
"Definisci: appiccicoso sdolcinato"
"Coccole, baci, cose così"
"Oooh. Carini!"
"No, era fastioso. Avevo sonno"
"Se lo dici tu"
"Che facciamo ora?"
"Pedicure e scrub?"
"Cazzo sì"

"Buongiorno!" Feliciano sorride e si siede accanto a Ludwig, seguito dal fratello che si sistema accanto al suo ragazzo.
"Buongiorno Lovi!" Antonio gli stampa un bacio, poi aggrotta la fronte "hai fatto qualcosa ieri?"
"Certo, idiota, faccio continuamente delle cose, non sto fermo immobile a guardarmi intorno"
"No, dico... alla pelle" gli accarezza le guance "sei più morbido. Anche la bocca, è..."
"La smetti di essere imbarazzante e mi lasci mangiare?" Lovino lo allontana in malo modo e si fionda sul suo cornetto, a disagio. Feliciano fa l'occhiolino al cognato.
"Trattamento Vargas per fratelli testardi"
"Bello smalto" commenta Francis.
"Modestamente, gliel'ho messo io"
"La smettete di rompermi i coglioni?"
"Fratellone, dobbiamo andare a fare shopping!"
"Con che soldi?"
"Ho la carta del nonno"
"Ci sto"
Ludwig inarca un sopracciglio, scettico "non è illegale?"
Feliciano gli sorride, candidamente "solo se ci beccano"
"Io lo prendo come un risarcimento danni. Gucci?"
"E Versace"
"Daje"
Francis aggrotta la fronte "vi state comportando come lo stereotipo gay o sbaglio?"
"No. Ci stiamo comportando come persone con buon gusto"
"E poi mica so' frocio"
Antonio lo guarda come a dire "serio?"
"Cosa? Ho il ragazzo, ma non sono frocio. Mi piacciono le ragazze"
"Sei bisessuale?" domanda Francis, gentilmente.
"Cazzo ne so? Vivo alla giornata. Ora posso mangiare in pace?"
"Tu, Feli?" interviene Gilbert. Non è una domanda fatta per trovare il ragazzo a suo fratello. Assolutamente no.
Quello alza le spalle "non lo so. Ho sempre avuto delle ragazze, ma penso mi piacciano anche i ragazzi"
Ludwig rischia di strozzarsi con il caffé. Feliciano finge di non farci caso, ma l'occhiata d'intesa che scambia con suo fratello è chiara e concisa.
"Mi spiegate perché siamo finiti a farci fare coming out a vicenda?"
"Oh, io lo so perché" Lovino rivolge un sorrisetto al fratellino, che gli intima di tacere con lo sguardo. Vuole confessarsi lui, e che cazzo.
"C'è un pezzo di conversazione che ci manca" nota Antonio, confuso, e il napoletano alza le spalle.
"Segreti tra fratelli"
Feliciano si illumina come una lucina di Natale. Sta costruendo davvero un rapporto con suo fratello allora!
"Ti voglio bene Lovi!"
"Ovvio, come si fa a non voler..." dal suo cellulare parte una canzone in napoletano e il ragazzo si alza di scatto, si dirige verso l'uscita della mensa mentre risponde "uè, fratm"
Antonio non vorrebbe, ma sente un ratto nello stomaco rodergli le budella. Oh aspetta, è gelosia.
"Devono essere i suoi amici di giù" Feliciano alza le spalle.
"Amici?"
"Uhm, sì. Quelli con cui ha vissuto fino ad ora. Non te ne ha parlato?"
Antonio cerca di essere ragionevole e non andare a prendere Lovino per nasconderlo al resto del mondo. È una cosa da relazione tossica, e lui non vuole una relazione tossica. Fottuti istinti tossici "mi ha accennato qualcosa"
"Uè, 'Ndò" Antonio si gira e incrocia gli occhi del suo ragazzo, che lo guarda con le braccia incrociate al petto. Si sforza di sorridere e lo attira a sé per i fianchi.
"Dimmi, mi amor"
"Non fare quella faccia da culo"
"Che faccia da culo?"
"Questa" Lovino gli tira la guancia "sembra che ti abbiano fatto ingoiare una baguette intera"
"Che hai contro le baguette?" interviene Francis, oltraggiato.
"Che le tenete sotto le ascelle e poi le mangiate"
"Non ho nessuna faccia da culo" Antonio fa sedere il suo ragazzo sulle sue gambe e lo bacia "hai finito presto"
"Mh, sì, è caduta la linea. Dopo provo a richiamarli"
"Okay..."
"Vedi che stai facendo la faccia da culo? Smettila"
"Non è..."
"Sì che è vero" gli strizza entrambe le guance "smettila"
"È la mia faccia"
"Di solito è meno da culo. Che c'hai?"
"Niente"
"C'hai qualcosa"
Antonio sorride e lo abbraccia "bisogno di coccole"
"Disgustoso. Mollami"
"Siete adorabili, ma potreste lasciarci mangiare?"
"Non sono adorabile" brontola Lovino, sedendosi al suo posto.
"Antonio sì invece?"
"Non tirarmi fuori parole che non ho detto"
"Non è un no"
"Ce l'avete con me oggi? Perché non ve la prendete con qualcun'altro?"
"Sei divertente" Gilbert ghigna "e dobbiamo vedere se sei degno del nostro amico"
"Percularmi è un test affidabile?"
"Sì"
"Oh be', se lo dite voi"

"Salve. Come posso aiutarvi?"
"Uhm... io..." Antonio gli stringe la mano per dargli coraggio "vorrei parlare con la psicologa... mi hanno detto di rivolgermi qui"
"Sei minorenne?"
"Già"
"Va bene. Mi servono nome e cognome, così verifico e invio la richiesta al suo tutore legale"
"Lovino Vargas"
"Benissimo. Il suo tutore è Sadiq Adnan, corretto?"
"Presumo di sì" il nome gli suona familiare. Sarà il tizio che è venuto a parlargli della borsa di studio? Ma il nome è mediorientale, e quel tale non lo sembrava...
"Bene. Quando avrò risposta ti farò chiamare"
"Grazie"
"Perché hai fatto quella faccia, prima?" il corridoio è deserto. D'altronde quale studente sarebbe rimasto chiuso a scuola in una giornata così bella?
"Non so... il nome del tizio mi è familiare"
"Lo avevi già incontrato prima, no?"
"Sì ma... boh. Non mi sembra si fosse presentato così. Non importa" si ferma, lo attira a sé e lo bacia "che ne dici se andiamo a fare una passeggiata? Mi devi ancora un appuntamento"
Antonio sorride prendendogli la mano "non riesco a immaginare niente di meglio, mi amor"

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Capitolo 11
*** Interludio- Famiglia I ***


https://youtu.be/vjhkDmL4W_c
Il cielo è a grate.
Questa frase sembra insensata, ma non è così. Significa semplicemente che il fanciullo di cui parliamo sta guardando il cielo dalla parte opposta di una grata.
Un vento leggero oltrepassa la prigione di ferro come vorrebbe fare lui e gli sfiora la testa rasata, dando un attimo di sollievo ai suoi occhi. Ha pianto talmente tanto che ormai non ha più acqua da sprecare, gli bruciano le iridi e basta. La campana risuona, il sole sorge. Tra poco lo verranno a chiamare per la preghiera del mattino.
Non ci crede a Dio, non più. Se Dio fosse buono come dicono, non lo lascerebbe lì a marcire. Se Dio fosse buono come dicono, avrebbe già fatto esplodere quel posto. Se Dio fosse buono come dicono, lo avrebbe già ucciso come atto di pietà.
Ormai non aspetta più il miracolo divino, non serve. Ha pregato, si è consumato le ginocchia e la voce, e le cose sono solo peggiorate. Ormai si è stancato.
E se salvarsi da solo significa andare all'Inferno, amen. Non cambierà granché la sua situazione, del resto.
Una volta suo nonno gli ha raccontato la storia di Icaro, che sfidò gli dei e morì. Forse sarà condizionato, ma per come la vede lui, Icaro iniziò a vivere proprio in quel momento, quando i raggi del sole iniziarono a bruciarlo, e che Dio lo fulmini se lui non vuole iniziare a vivere, cadendo o meno. Forse è proprio la fine che rende il volo di Icaro degno di essere iniziato.
Mentre si inginocchia e prega, la sua mente vola al sole, alle stelle, a tutte le cose belle che si sta perdendo o che al massimo ha visto a grata. Sta impazzendo lì dentro, non ce la fa più.
Al di sotto della sua veste, i suoi documenti premono contro le sue costole. È stato facile rubarli alla madre superiora, ha finto di andare in bagno ed è sgattaiolato nel suo ufficio mentre quella andava dal suo amante segreto, così segreto che lui però lo sapeva. Le ha osservate tutte, le suore, conosce le loro abitudini come il palmo scarno della sua mano. Li hanno creati in caso il governo controllasse, cosa improbabile, ma tant'è non si sa mai.
Quella notte scappa.
Ha nascosto delle pagine strappate nella serratura della porta della sua cella, così che, quando lo rinchiudono per la notte, la porta rimanga aperta. Ha provato un paio di volte e ha funzionato, il vero problema è passare l'ingresso e uscire, ma le notti precedenti lo hanno aiutato. C'è una finestra nella biblioteca del primo piano, ha rubato le chiavi dal custode mentre quello dormiva invece di fare il suo lavoro.
La data l'ha scelta con attenzione, sapete?
È il venticinque dicembre e lui sta sgattaiolando fuori dalla sua stanza dopo la messa di mezzanotte, in silenzio. Non lascia biglietti, non lascia nulla se non la porta aperta e una copia della Bibbia spalancata sul letto.
Quando il sole inizia a sorgere, si cala dalla finestra della biblioteca e corre via. Fa freddo ma non gli importa, si scalda correndo via via via, fanculo tutto e tutti, fanculo suo nonno, fanculo le suore, fanculo la chiesa, sarà anche un mostro, starà anche cadendo, ma almeno è libero, e il suo schianto sarà spettacolare.

È mezzogiorno quando arriva a Napoli. Si è nascosto nel furgone di un contadino e si è fatto strasportare, neanche lui sapeva bene dove ma il più lontano possibile, sa che si tratta di Napoli perché ha letto il cartellone stradale.
Scende giù prima che il contadino lo veda e si guarda intorno spaesato. È tutto così grande, ci sono così tante persone. Sorride, per la prima volta dopo anni.
Gira per la città, cammina scalzo per le vie che piano piano diventano semideserte e gira al largo da tutte le chiese che vede, dove potrebbe andare? Ci sono così tante cose, c'è l'imbarazzo della scelta. Il suo stomaco brontola, ha fame, ma è abituato ad averne.
"Uè, guagliò, t'appost?"
Il ragazzo si gira e guarda i due ragazzi che si trova davanti, molto più alti, grandi e grossi di quanto sia lui, che invece è magrolino e ossuto, ha l'aria di un morto di fame.
"Ehm... io..." non parla il napoletano, non ancora. Sa l'italiano, sa il latino e un po' di greco antico, qualche parola di inglese imparata alle elementari e un po' di dialetto romano da suo nonno, ma il napoletano? Le suore gli parlavano in latino, e i pochi contadini che venivano a portare il cibo al convento non erano autorizzati a parlargli, né lui a farsi vedere da loro. Che vogliano derubarlo? Ma non ha niente, se non una veste troppo leggera per il clima rigido.
"Parli italiano?" chiede un terzo ragazzo, un pochino più basso, che sbuca dietro i due insieme ad una ragazza castana. Il ragazzino annuisce "dove sono i tuoi genitori?"
"Morti"
"Famigliari?"
"Non mi vogliono"
"Non hai nessuno?"
Sorride amaramente "già"
"Neanche noi. Ti va di festeggiare con noi il Natale?"
"Non sono molto cattolico"
"Manco noi. È solo una scusa per mangiare più del solito. Ci stai?"
"Uhm..." il suo stomaco brontola. Be', d'altronde non ha niente da perdere se non la vita, e ha smesso di importargliene da un po' "certo. Vi ringrazio"
"Si può sapere quanti anni hai?" la ragazza inginocchia nella neve per essere alla sua altezza e gli accarezza la testa rasata "ti serve un giaccone, fa troppo freddo, ti verrà un accidente"
"Tredici. Non ho soldi per dei vestiti"
"Non importa, ne abbiamo noi. Salvo e Gaetano hanno un negozietto, qualcosa ti troveremo, o possono prestartelo loro. Ti va?"
"Va bene..."
"Vieni, non abitiamo lontano" gli prende la mano, le sue sono calde, e lo guida tra i vicoletti deserti, fino a un piccolo negozio chiuso di cui uno dei due giganti, Salvatore, ha le chiavi. Al piano di sopra lo attende un piccolo appartamento, appena sufficiente per quattro, figuriamoci per cinque, ma tanto il nuovo arrivo è piccino e non occupa molto spazio, un bagno tiepido, ma che gli sembrerà bollente, dei vestiti troppo grandi ma estremamente caldi e, grazie a chiunque ci sia lassù, nessuna traccia di crocifissi.
"Ecco, ti ho portato dei vestiti" il ragazzo che parla italiano, si sono presentati ma non ricorda ancora i nomi, entra nel piccolo bagno e lascia alcuni abiti caldi in una pila ordinata sul mobiletto. Il ragazzino arrossisce e cerca di coprirsi come può, ma ormai è tardi "chi ti ha fatto quelle cicatrici?"
Ne è ricoperto completamente: braccia, spalle, schiena, gambe, ragnatele rosse e bianche che lo marchiano lungo la pelle "le... le suore del convento dove ero rinchiuso"
Quello più grande si mette a rovistare nel mobiletto "dovremmo avere del disinfettante e delle bende, non possiamo lasciartele così, ti verrà un'infezione"
"Perché siete così gentili con me?"
Quello esita, pensa alla domanda mentre tira fuori una bottiglietta verde di disinfettante dal mobile "siamo tutti orfani. Ci rivediamo in te, penso. E poi sei giovane, un paio di braccia in più giù in negozio male non ci faranno, se deciderai di restare"
"Non ho molte alternative"
"Di quando sono quelle cicatrici?"
Il piccolo alza le spalle, è un'immagine raccapricciante a ben pensarci. Un ragazzino, poco più di un bambino, che parla con così tanta noncuranza di sfregi che bene o male lo marchieranno a vita, esternamente e internamente "alcune di anni, altre di giorni"
"Cerchiamo di salvare il salvabile. Appena hai finito chiamami che te le medico, intanto riposati. Qualche allergia?"
"Non credo"
"Perfetto" fa per uscire, poi si gira "non preoccuparti a richiedere il nome, sono Heracles"
"Oh. Ehm... grazie. Io Lovino"
"Lo so" ed esce.
Dieci minuti dopo è seduto sul divano del salottino a farsi medicare. Davanti a lui Gaetano gli stringe le mani e cerca di distrarlo parlandogli in quel poco di italiano che sa, e Lovino lo apprezza, davvero, ma il dolore che sente è così intenso che non riesce a concentrarsi su nulla, neanche sul profumino che viene dalla cucina accanto.
"Quasi fatto" continua a ripetere il ventenne, senza lamentarsi del dolore che gli causano le unghiette del piccolo conficcate nella pelle "quasi, ancora un po'"
Dopo un'altra mezz'ora è seduto a tavola, mangia a fatica ma mangia, ha talmente fame che mangerebbe anche se lo stessero frustrando in quel momento. Tre ore dopo è sul divano con gli altri a guardare un film di Natale, Salvatore finisce a commuoversi e lui anche, ma non per il film. Non è abituato a sentire del calore umano, ad avere intorno persone che si preoccupano per lui, a ricevere carezze invece di schiaffi, e quelli lo capiscono e non commentano le sue lacrime, si limitano ad abbracciarlo, perché ci sono passati tutti e sanno, sanno benissimo, che non serve altro che quello.
"I-io non vi ho detto una cosa" sussurra prima di andare a dormire, terrorizzato "sono un... un mostro"
"Sei un camorrista?"
"Cosa significa?"
"Lo prendo come un no"
"Hai ucciso qualcuno?"
"I miei genitori"
"L'hai fatto apposta?"
"No... però..."
"Però?"
"Sono pericoloso. Scusate, non vi volevo mettere in pericolo"
"Perché?"
"Sono una Bella Voce"
"Oh, be'" la ragazza, Maria Rosa, alza le spalle "allora basterà che tu non canti, no?"
Heracles tace guardando il soffitto. Gli hanno detto che è normale, che sta solo pensando, si ferma spesso a riflettere.
Lovino scoppia di nuovo a piangere. No aspettate, sono le parole sbagliate. Non scoppia, semplicemente si scioglie in lacrime, ma sta zitto. È abituato così: se si fosse fatto sentire da qualcuno mentre piangeva in convento, lo avrebbero solo picchiato più forte, ma non serve singhiozzare: quelli lo abbracciano comunque, stando attenti alle bende.
"Non sei un mostro"
"Ci siamo noi ora"
Grazie, vorrebbe dire, ma ha la voce bloccata in gola. Tanto non serve.
È questo che si prova ad avere una famiglia?

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Capitolo 12
*** Parte sette ***


https://youtu.be/qc7DiHOSgcc

"Auguri amore!" Lovino sente questo prima di sentirsi sollevare in aria per la vita. Per poco non gli scappa un urletto molto poco virile.
"Mettimi giù, idiota!" li stanno guardando tutti, in cortile.
"Oggi è un mese che stiamo insieme!"
"Sì, ok, ma mettimi giù"
"No" il bastardo lo abbraccia forte "sono così felice!"
"Non puoi fare lo sdolcinato da un'altra parte?" Lovino sospira, rassegnato, e gli accarezza i capelli, talmente morbidi da rilassarlo "sei imbarazzante"
"Stasera vieni da me?" Lovino arrossisce "non per quello, se non lo vuoi. Solo per stare un po' insieme"
"Va bene..." se ve lo steste chiedendo: sì, è contro le regole, ma Lovino è bravo a sgattaiolare in giro, l'avrete capito "che lezione abbiamo ora?"
"Matematica"
"Che palle"

"Ho bisogno di aiuto"
"Non eravamo qui per provare?" Arthur sospira, sapendo già che le sue proteste saranno inutili.
"Problemi con Lovino?"
"Diciamo"
"La musica può aspettare" Gilbert mette a posto le bacchette "che hai combinato?"
"Oggi facciamo un mese"
"Te ne sei dimenticato e lui ti ha fatto una scenata?"
"No, non abbiamo litigato"
"Allora qual è il problema?"
Antonio arrossisce e tace per qualche secondo, poi afferra Francis per un braccio e lo trascina fuori.
"Che succede, mon ami?"
"Ecco..." si tormenta le mani "stasera viene a dormire da me"
"Oh. Volete fare l'amour?"
"Sì. No. Non lo so. C'è la possibilità. Aiutami"
"Oh. Be', intanto dovete parlarne chiaramente. Vi mettete lì e ne parlate, senza imbarazzo, il sesso è una cosa naturale e non c'è da vergognarsi, chiaro?"
"Sì, lo so. Solo che non voglio metterlo a disagio o cose così"
"Appunto, parlatene da soli, in un ambiente tranquillo, senza ansia, e se ti rendi conto che è tanto a disagio cambi argomento. E soprattutto dovete essere entrambi sicuri e consenzienti"
"Ho paura di forzarlo. Io... vorrei farlo con lui, ma se lo vogliamo entrambi, non mi importa aspettare, anche per sempre se serve"
"E diglielo"
"Non mi crederà e comincerà a pensare che stia con lui solo per scopare"
"Convincilo. Antonio, siete una coppia, no? Dovete parlare liberamente delle cose, soprattutto di questo tipo di argomenti. Se decidete di non farlo va bene, ma dovete deciderlo. Magari volete farlo entrambi, ma per paura non ne parlate, ci hai pensato?"
"No... però non..." è sempre più rosso "se mi dicesse di sì, non saprei che fare"
"Adorabile"
"Non mi sei di aiuto"
"Be', le prime volte fanno sempre un po' schifo. Non è come nei porno e nessuno pretende che lo sia. Devi imparare a conoscere il tuo corpo e il suo e ci vuole tempo e tanti tentativi, come per guidare. All'inizio fai fatica e vai piano per paura di fare incidenti, poi piano piano ci prendi la mano e impari, e anche se cambi macchina riesci"
"Ma non so guidare"
"Era una metafora"
"No, nel senso che nessuno mi ha insegnato"
Francis sorride e gli dà una pacca sulla spalla "dev'essere lui a farlo. Non esiste un manuale, impari e basta, come andare in bicicletta"
"Uhm..."
"Ti sono stato d'aiuto?"
"Sì... grazie"
"Parfait. Ora torniamo dentro" tira un calcio alla porta "GILBERT SMETTILA DI ORIGLIARE"
"SHEIßE"
"Ah, un'ultima cosa" il francese si gira verso il suo amico "se lo fate anale, ricordati i preservativi e il lubrificante"
Antonio lo guarda, nel panico "cosa? E dove li prendo? Come? Cosa devo..."
"Sai cosa? Lascia perdere. Evitalo e basta, parti con cose più semplice, oui?"
"E se lui vuole..."
"Se tu non te la senti, non lo fate e basta, capito? E viceversa"
"Sì..."
"Fantastico. Torniamo dentro, sì?" e rientra nella stanza per le prove.

"Nun 'o so, fratellì" Lovino è sdraiato a pancia in su sul letto del fratellino, che sta mettendo a posto i vestiti accumulati sulla classica sedia che abbiamo tutti in camera "mi dovrei preparare in qualche modo?"
"In che senso?"
"Tipo i peli..." Lovino agita i piedi in aria, ha le gambe appoggiate al muro "dovrei toglierli o no?"
"Tu vuoi toglierli?"
"Cazzo no, fa male"
"E allora non toglierli"
"Ma se lui..."
"Lovi, Antonio è completamente perso per te. Non è uno di quelli che si puntualizzano sui dettagli. E se anche lo fosse, o si fa andare bene i peli o rinfodera la spada e se ne va"
"Mh. Dovrei fare qualcosa?"
"Fatti un bidet"
"Magari! In questo posto barbaro non ce l'hanno. Ci privano di un nostro diritto, manco fossimo francesi"
"È un modo di dire, hai capito che intendo" solleva un paio di jeans vecchi "che ne pensi?"
"Non sono nel tuo stile"
"Già. Magari ci dipingo un po' e li faccio più carini" si siede a gambe incrociate davanti al fratello, che torna a sedersi dritto "quindi volete farlo?"
"Mh, boh"
"Come boh?"
"M'ha invitato a dormì al nostro mesiversario, penso voglia farlo"
"E tu? Vuoi?"
Lovino alza le spalle "penso di sì. Cioé, non lo so"
"Non lo sai?"
"Non so come si faccia tra... tra ragazzi. Non mi ero mai posto il problema prima. Tu sì?"
Feliciano cerca di non arrossire "be', sì. Lo so, nel senso, ma non l'ho mai fatto"
"Ci mancherebbe, sei piccolo"
Quello alza le spalle "se lo dici tu. Comunque te lo spiego se vuoi"
"Mm okay"
"Aspetta, ho qualcosa di meglio" si alza  e va a raccattare il suo cellulare "ti mando qualche fanfiction?"
"Fanche?"
"Fanfiction. Preferisci una doujinshi?"
"Da quando parli arabo?"
"È giapponese"
"Ah be''"
Feliciano si sistema una ciocca di capelli dietro all'orecchio "le fanfictions sono storie su personaggi di film o serie tv o libri o anime o... be', quel che vuoi, e in alcune ci sono parti molto... hai capito"
"E tu le leggi?"
"Chi non le legge?"
"Io. La gente sana di mente"
"Te le giro?"
"Sbrigati"
Il fratellino ride "ti mando solo le migliori. Ah e ricordati che non è esattamente così. Ti danno un'idea"
"Okay"
"E poi decidi se ti senti di farlo"
"Okay"
"Andate a un appuntamento?"
"'Ndò vuole andare a fare un picnic per cena"
"Come ti vesti?"
"Normalmente?"
"Non ti va di farti carino?"
"Io non sono carino"
"Oh, invece lo sei eccome. Somigli a me"
"Modesto"
"Lo so. Ora decidiamo come ti vesti"
"Così come sono ora non va bene?"
"In tuta? Per un appuntamento romantico?"
"È un picnic"
"La tuta non va bene comunque. Vai a farti un bel bagno mentre preparo qualche outfit"
"Con i tuoi vestiti?"
"Abbiamo la stessa taglia. Usa pure tutti i sali che vuoi, ma non toccare le bathbomb"
"Le che?"
"Delle cose rotonde. Non usarle. Non toccarle. Ne va del mio precario equilibrio mentale"
"Ehm, okay. Va bene. Non ho capito ma va bene"
Alcuni minuti dopo Lovino esce dal bagno con i vestiti di prima e i capelli bagnati e trova il letto ricoperto di vestiti.
"Che cazzo hai combinato?"
Feliciano gli sorride "ho dieci outfit diversi. Scegli pure"
"In dieci minuti?"
"Lo stile va oltre all'umana concezione di tempo e spazio"
"Sei strano"
"È di famiglia. Ora vieni qui e decidiamo"
"Decido"
"Stessa cosa"

Antonio è seduto su una coperta da picnic, teso. Ha preparato tutto con cura: il cibo, le bibite, una rosa pronta a essere consegnata al suo ragazzo. Adesso manca solo il ragazzo in questione.
Quando lo vede da lontano, non lo riconosce. Insomma, Lovino non si mette mai qualcosa di diverso da una tuta o jeans e felpa, di solito di colori scuri. Non è che non abbia gusto, ma, glielo ha spiegato lui stesso, non ha mai avuto molti soldi e quando era a Napoli spesso usava i vestiti smessi dei suoi amici più grandi, e i vestiti larghi sono più comodi e lo fanno sentire a suo agio.
Il Lovino che si trova davanti, perché alla fine lo riconosce, è ben diverso da quel che vede di solito. Ha addosso dei pantaloni neri, e fin qui tutto bene. È dalla vita in su la differenza: una camicia bianca (che gli sta fottutamente bene) e una giacca nera che si potrebbe definire persino elegante, di quelle che uno si potrebbe aspettare sopra ad un abito. Intorno al collo ha un cinturino di pelle nera, con un ciondolo a forma di cuore tenuto stretto al centro. Pochi sanno che Lovino ha un buco nell'orecchio sinistro, perché di solito lo copre con i capelli e mette un orecchino piccolo, poco appariscente, giusto per tenerlo aperto. Antonio lo sa già, ma non si aspetta che dall'orecchio del suo ragazzo penda una piccola catena, che poi risale in un pezzo argentato che gli circonda parte dell'orecchio. Uno stile ispirato ai Måneskin? Sì, d'altronde sono una delle band preferite di Lovino.
"Oh..." Antonio si lecca le labbra, non riesce a togliergli gli occhi di dosso. Lovino arrossisce e si gratta il retro della nuca, a disagio. Anche i capelli sono diversi, a ben notare: più lucenti e pettinati del solito, legati in un piccolo codino dietro la testa.
"Feli ha insistito che mi vestissi così..." mormora "lo so, sono ridicolo"
"Ridicolo?" Antonio lo guarda come se avesse appena bestemmiato "querido, sei stupendo. Sembri uscito dalla copertina di una rivista di moda"
A quelle parole il ragazzo si sente arrossire sempre di più e si tormenta gli anelli che Feliciano lo ha convinto a mettersi: semplici bande argentate, più o meno larghe, che gli circondano le dita.
"Esagerato..." bofonchia. Poi si rende conto di essere ancora in piedi come un cretino e si siede sulla coperta (e che la testa di Antonio era proprio all'altezza di... ah, fottute fanfictions. Da quando ne ha lette un paio non riesce a non pensare male)
Antonio gli afferra la mano e continua a guardarlo, estasiato. Gliela solleva e posa un bacio sul dorso, poi sul palmo e infine intreccia ancora le dita con le sue e si sporge a baciarlo sulle labbra.
"Hai un sapore diverso" gli mormora a un pelo dalle labbra, e Lovino si sente arrossire sempre di più. A guardarlo così da vicino, dritto in faccia, Antonio nota un filo di matita nera negli occhi, nota che le ciglia sono un po' più lunghe del solito e che i piccoli brufoli che Lovino ha sulle guance sono scomparsi, compreso Ciruzzo, come lo avevano rinominato, il brufolo che era spuntato sulla fronte del piccolo qualche giorno prima.
"Il lucidalabbra che mi ha messo Feli..." sussurra quello  "è alla ciliegia"
"Mi piacciono le ciliege"
"Lo so"
Antonio gli accarezza la guancia prima di tornare a baciarlo, piano, con calma, che nessuno gli corre dietro, è quasi inverno, fine novembre, nessuno è così pazzo da uscire tranne loro due, pazzi innamorati nascosti in un angolo del giardino e protetti dal vento dagli alberi.
Quel fondotinta ha coperto anche le piccole lentiggini che colorano gli zigomi dell'italiano, e ad Antonio dispiace. Le adora, adora contarle, immaginare dei percorsi che le uniscono e soprattutto ama rendersi conto di essere l'unico così vicino a Lovino da vederle.
"Forse mi sarei dovuto vestire più elegante" sorride, ride, e lascia che il suo ragazzo nasconda il viso rosso contro la sua spalla. Gli bacia i capelli.
"Vai bene così... idiota..." jeans blu e felpa bianca. Un vestiario semplice, ma il bianco della felpa fa così contrasto con la pelle scura del proprietario che Lovino si sente sempre le farfalle nello stomaco.
"Sei bellissimo" gli sussurra lo spagnolo "lo sei sempre, ma così un po' di più" lo tiene stretto a sé, per riscaldarsi a vicenda "anche se senza trucco sei più vero. Ti si vedono le lentiggini, però così hai lo sguardo molto più intenso e..." e mi si sciolgono le gambe ogni volta che mi guardi e "sei incredibile e bellissimo"
"Smettila" mormora l'altro, poco convinto "mi imbarazzi"
"Scusa. Mangiamo?"
"Tra poco. Abbracciami... ancora un po'"
Una decina di minuti dopo riescono a staccarsi abbastanza da mangiare. Altri venti minuti dopo si mettono a guardare le stelle, a contarle, a ridere, senza un pensiero al mondo.
Lovino tiene le braccia allungate all'indietro e si appoggia ad esse per rimanere vagamente dritto, ha sulle gambe la testa del suo ragazzo, che si è sdraiato per guardare meglio il cielo, e scoppia a ridere quando quello fa una battuta stupida su una costellazione inesistente.
"Sei uno stupido"
"E tu quando ridi sei più luminoso di qualsiasi stella"
Lovino smette e arrossisce come un peperone, distoglie lo sguardo dal cielo per portarlo a terra "come ti vengono certe cose?"
"Sono un romantico senza speranza" la mano del chitarrista, piena di calli sulle dita, è incredibilmente dolce nell'accarezzare la guancia davanti a sé "e tu sei la musa perfetta per qualsiasi poeta, anche per chi poeta non è"
"Sempre più imbarazzante"
"Ops" quegli occhi verdi brillano, divertiti "mi dai un beso?"
"Giochi sporco" si china ad accontentarlo, e rimane così, con il viso vicinissimo al suo.
"Ti va di fare l'amore?" sussurra Antonio, perso nei suoi occhi. Arrossisce di botto "cioé, se vuoi a me va bene, se non vuoi mi va bene, davvero, non sentirti obbligato a..."
"Va bene"
"Come scusa?"
"Ho detto che va bene" Lovino si rimette dritto, rosso in viso, e inizia a giocherellare con i suoi anelli "se vuoi..."
"Be', sì..."
"Allora va bene"
"Bene..."
I due si guardano per qualche secondo. Poi scoppiano a ridere.
"È tutto così imbarazzante"
"Sì..." Antonio si mette seduto "non so bene cosa dovrei fare"
"Neanche io" il più giovane guarda l'altro alla ricerca di una risposta che non arriva. Impacciato, gli si avvicina e gli prende la mano, sollevando il viso per baciarlo "nei film sembra sempre più semplice"
"Già"
Lovino allaccia le braccia intorno al collo del suo ragazzo e se lo tira contro, cercando più contatto con lui "va bene così?"
Antonio annuisce e lo avvicina a sé tenendolo per i fianchi. Poi l'idea "guidami tu"
"Eh?"
Gli porge le mani "non so bene dove toccare o... o cosa ti piace e cosa no. Guidami tu"
"In... in che senso? Come?"
Antonio gli posa le mani sul petto "portami le mani dove vuoi che tocchi"
"Oh... uhm... va bene..." Lovino posa la mano sulla sua e sospira, è così calda. Antonio lo bacia. Magari finire a farlo dove potrebbero vederli tutti non è una grande idea, ma la scuola è lontana, non sembreranno che puntini nell'erba che solo i più attenti noteranno.
Lo guida, piano, perché neanche lui sa cosa gli piaccia, prima lungo il petto, poi al di sotto della maglia, e un brivido lo scuote quando sente la pelle calda del suo ragazzo mischiarsi con il vento freddo sulla sua pancia. Ha paura: non è muscoloso ne particolarmente asciutto, a dirla tutta ha un po' di pancia, ma Antonio non fa cenno di averla notata: si limita a esplorarlo timidamente con le mani, con più sicurezza nella bocca, perché quello, i baci con la lingua, l'hanno già fatto prima, sa come fare, il resto è più o meno nuovo e quindi esita, come un bambino abituato a gattonare che inizia a muovere i primi passi.
La mano di Lovino lo sospinge verso il retro del suo corpo, che è premuto sulla coperta visto che si sono sdraiati, e istivamente la mano dello spagnolo si stringe sulla natica del suo ragazzo, che a quello slancio geme piano. Antonio si stacca dalla bocca del suo amato per baciarlo sul collo, freneticamente, un po' a caso, poi ricorda una scena di un film e sale fino a baciarlo appena dietro all'orecchio, e Lovino si inarca a quel bacio e alle carezze che sta ricevendo sopra la patta dei pantaloni.
"Antonio..." lo chiama, senza fiato.
Quello si stacca subito "ho sbagliato qualcosa?"
"No..." gli immerge una mano nei capelli e lo tira giù per baciarlo sulla bocca "riprendi, 'Ndò. Se vuoi. Per favore"
"Oh, be'..."

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Capitolo 13
*** Interludio- Famiglia II ***


https://youtu.be/0lDlXcTBlxg

Il bambino si lascia vestire dalla mamma. Pantaloni eleganti, camicia, giacca, manca solo la cravatta. Ai piedini porta un paio di scarpette nere lucide.
"Mi raccomando, Antonio" ripete la mamma abbottonandogli l'ultimo bottone "comportati bene"
"Sì mamma" la mamma in questione è alta, bellissima, il fisico formoso rinchiuso in un abitino nero. Era una modella prima di diventare mamma.
"Dov'è tuo fratello?"
"Con la tata"
Isabella non ha mai voluto diventare madre, in realtà, ma questo si aspettavano da lei. L'affascinante moglie di un impreditore tanto importante deve dargli un figlio.
Gli effetti della gravidanza sul suo corpo non sono più visibili: poco dopo il parto era subito stata costretta a riprendere la ginnastica che fa ancora, per smaltire i chili in più e tornare quella di prima. Le ferite che ha dentro però, nella mancanza di affetto ricevuta, nell'odio verso le telecamere perennemente puntate addosso, nell'istinto materno che si aspettano che abbia e che invece è completamente inesistente, quelle non pensa che guariranno mai.
E, sorpresa delle sorprese, invece di un figlio ne sono venuti fuori due. Ciliegina sulla torta.
"Mamma?"
"Sì?"
"Devo proprio venire? Non ho tanta voglia" stanno andando ad una festa aziendale, di quelle eleganti che si vedono nei film. Per un bambino piccolo, una noia mortale, per un adulto anche se proprio vogliamo essere sinceri.
"Sì. Cerca di mostrarti contento, ci sarà Veronica"
Il piccolo non riesce a non sbuffare "Veronica è antipatica. Vuole sempre fare di testa sua e tratta tutti male"
Isabella gli sistema i capelli. Povero piccolo, non sa che gli toccherà sposarsela Veronica, quando avranno l'età. Lei è figlia del proprietario di una grande azienda: unire la sua e quella dei Carriedo è la cosa più auspicabile per il futuro, e cosa meglio di un matrimonio?
"Sii educato. Tu e tuo fratello rappresentate tutta la famiglia. Non vuoi metterci in imbarazzo, no?"
"No..."
"Allora gioca con Veronica e fai il bravo"

Il giovane Antonio, di appena quattordici anni, si sta annoiando e ha caldo.
"Oh guarda, la tua promessa sposa" suo fratello ridacchia indicando l'ingresso trionfale di Veronica con la sua famiglia. La ragazza è bella, senza dubbio: capelli neri, lunghi, lisci, viso pulito, seni piccoli in via di sviluppo. Indossa un enorme e trionfale abito color crema che esalta la sua pelle scura.
Antonio, con il classico abito elegante da pinguino, si chiede scetticamente quanto sarà costato quel vestito.
"Ma perché tocca a me?" brontola "hanno due figli"
"Antonio, tesoro!" la ragazza gli corre incontro, lentamente per non rovinare il vestito ma con l'enfasi necessaria, gli si getta tra le braccia e lo bacia a stampo. Antonio sforza un sorriso.
"Che piacere vederti, tesoro"
Veronica gli sorride, vede qualcuno alle spalle del ragazzo e si stacca per andare a salutarlo "carissimo! Quanto tempo"
Antonio sospira di sollievo e si allenta il nodo della cravatta.
"Per questo hanno scelto te" suo fratello gli passa un bicchiere di spumante "sei molto più bravo a fingere. Io non ce la farei"
"Ho preso da mamma" sua madre è la regina della festa, indubbiamente. Bellissima nel suo abito scuro, attira gli sguardi dell'intera sala mentre sorride al braccio del marito "riesce ancora a fingersi innamorata di papà"
"Be', anche se ti tocca sposarla non significa che dovrai esserle fedele. Guarda papà"
Antonio in risposta si beve l'intero bicchiere di spumante in un sorso.
Ora. Nei ragazzi non ancora sviluppati del tutto, l'alcool ha un effetto particolare. Il fegato non è ancora capace di trattare per bene l'alcool, quindi questo va direttamente nel sangue, o almeno credo, vi sembro un medico? Sta si fatto che si ubriacano molto ma molto più in fretta e più intensamente.
Quindi dopo sei bicchieri di spumante, Antonio è già completamente andato. João, suo fratello, cerca di contenerlo per non farlo notare né ai giornalisti, né tanto meno ai loro genitori.
"Andiamo in bagno, dai" un po' d'acqua lo aiuterà, pensa. L'ideale sarebbe farlo vomitare.
Antonio barcolla ma rimane in piedi, si aggrappa al braccio del fratello e annuisce. Gli gira la testa.
Quando stanno per uscire dal grande salone dedicato alla festa, Veronica si pianta loro davanti.
"Dove state andando?"
"In bagno. Antonio non sta molto bene" mente João.
"Oh, povero amore mio" ha la voce troppo alta e acuta, risultato: l'intera sala ha gli occhi puntati addosso a loro "qualche servo lo aiuti" strilla, abituata ad essere soddisfatta in ogni esigenza "avanti!"
"Veronica" la chiama Antonio. Gira tutto, non riesce a pensare.
"Sì, amore?"
"Smettila di strillare come un'oca" mormora. Suo fratello cerca di farlo tacere, ma l'ubriaco continua "non capisci che nessuno qui ti sopporta?"
"Che cosa?!"
"Sei prepotente" elenca Antonio, allontanando la mano di suo fratello dalla bocca "antipatica. Insopportabile e... e..." e vomita, dritto dritto sull'abito chiaro della ragazza.
Ventidue minuti dopo si sveglia nel suo letto, con un mal di testa devastante.
"Hai fatto un bel casino" commenta suo fratello, seduto su una poltrona accanto al letto "almeno hai reso la festa interessante"
Antonio si preme il cuscino in faccia e ci urla contro.
Meno di cinque minuti dopo sua madre è entrata e gli fa una ramanzina infinita, urlando e peggiorando il suo mal di testa.
"Non possiamo fartela passare liscia. Hai idea di quanti danni hai causato all'immagine e agli affari di tuo padre?" il colpevole non risponde. Isabella sospira "andrai in collegio"
"Cosa?!"
"Non rispondere! Andrai in un collegio nel continente, dove i giornalisti non possono entrare. Speriamo che questo possa insegnarti un po' di disciplina. Ora resterai qui a riflettere su quello che hai fatto" quando sta per uscire si ferma "ah, e il fidanzamento con Veronica è annullato"
Antonio neanche prova a mostrarsi dispiaciuto.
Non appena si chiude la porta, scende dal letto ed esce sul balcone della sua camera. L'aria fresca della notte gli dà un po' di sollievo.
"Ciao" il ragazzo sobbalza. Accanto a lui c'è Veronica, dev'essere uscita sul balcone da uno dei saloni.
"Oh. Ehm. Mi dispiace per aver..."
Quella scrolla le spalle "non serve. Hai ragione"
"Cosa?"
"Sono un'insopportabile viziata, lo so. Cioè, ora lo so, prima non me ne accorgevo. Forse dovrei ringraziarti"
"Oh. Non serve, nel senso, ho..."
"Detto quello che pensano tutti? Sono così falsi lì dentro, Antonio. Per sopravvivere devi diventare uno di loro e ci hanno cresciuti per esserlo, ma tu non sei così, no? Sei troppo buono. Questo ambiente ti sta distruggendo. Non ti sei ubriacato per sbaglio, hai voluto farlo"
Antonio sospira "pensavo avrebbe fatto passare più in fretta la serata"
"Be', sicuramente l'ha resa più interessante"
"Mi manderanno in collegio" confessa "sarò circondato da ragazzini viziati e spocchiosi. Non cambierà granché"
"Oh, non credo. Frequento un collegio femminile da anni e fidati, c'è gente interessante"
"Forse"
"Ti posso confessare una cosa?"
"Dimmi"
"C'è una ragazza che mi piace a scuola"
"Nel senso che... oh. Oh. State insieme?"
"Più o meno. Non posso renderlo pubblico e a lei non va di restare nell'ombra, quindi... diciamo che litighiamo spesso, è una situazione incasinata"
"Ah. Mi dispiace"
"Per quelli come noi niente è facile"
"Per tutti niente è facile. Ci sono solo difficoltà diverse, ma... cioé, non so. Io non ce la farei a nascondere di amare qualcuno"
"Per questo dico che sei troppo buono per questo posto"
"Lo sai che hai anche tu il diritto ad essere felice?"
Veronica ci mette un po' a rispondere "anche se sono insopportabile?"
"Tutti ce l'hanno. E poi non sei così male, lontano dai riflettori"
"Oh be', grazie" ride "torno dentro, ho freddo. Rilassati due minuti, mh? Hai una faccia orribile"

"Benvenuti ragazzi, io sono il preside..." Antonio smette di ascoltare e si guarda intorno. Con chi potrebbe fare amicizia? Gli sembrano tutti dei viziati figli di papà.
Un ragazzo attira la sua attenzione, e un po' quella di tutti, per una semplice ragione: è albino. Bianco com'è, la sua pelle e i suoi capelli spiccano contro la maglietta nera che indossa. Sembra interessante e tutti lo evitano. Antonio va a sedersi accanto a lui.
"Posso?"
"Ja ja" ha un tono di voce molto alto, quel ragazzo. Gli sorride "sono Gilbert" tedesco, a giudicare dall'accento.
"Antonio" si stringono la mano.
"In che sezione sei?"
"Quella di potenziamento di spagnolo"
"Scheiße, io in quello di tedesco. L'ho scelto perché..."
"...sono madrelingua e mi si alza la media. L'ho fatto anch'io"
"Vedo che ci intendiamo" e scoppia a ridere. Ha una risata rumorosa, un po' strana, sembra dire "kesesesese"
Antonio individua nella folla qualcuno che conosce e agita il braccio per attirare la sua attenzione. Francis Bonnefoy è il figlio di un politico francese, suo padre ci ha parlato un paio di volte per degli affari esteri e i due ragazzi hanno fatto amicizia "Francis!"
"Chi è?"
"Un mio amico"
"Bonjour" il francese si siede accanto allo spagnolo "come ti chiami?"
"Gilbert"
"Io sono Francis, piacere"
L'inizio di una grandiosa amicizia.

Nel fine settimana gli studenti hanno la possibilità di uscire per andare dalle loro famiglie. Nessuno di loro tre lo fa: Antonio e Francis hanno i parenti in terra natìa e ci vorrebbe troppo tempo per raggiungerli, Gilbert ha solo un fratellino, che vive con i nonni in Germania.
"Che facciamo?"
"C'è un paesino qui vicino" propone Gilbert "prendiamo il treno e ci andiamo?"
"Ci sto"
"Oui"
Un'ora dopo stanno correndo per i campi e Antonio ride ride e ride ed è un qualsiasi ragazzino che corre per un prato con i suoi amici, senza eredità o promesse spose. Corre e corre e si sente finalmente libero e felice felice felice.

Due anni dopo sono al penultimo anno e alcune matricole dell'anno successivo vengono a dare un'occhiata alla vita al campus per una settimana. Tra questi c'è il fratellino di Gilbert, che l'albino accoglie con un enorme abbraccio e che presenta ai suoi amici entusiasta.
"Lui è Ludwig!"
Ne parla spesso ai suoi amici, quel ragazzetto biondo e taciturno è l'orgoglio della famiglia. Li segue in silenzio per i corridoi, si fa indicare la strada per le classi che gli hanno assegnato e mangia con loro alla mensa senza praticamente partecipare alla conversazione, ma Gilbert è così contento di avere lì il fratello che è quasi contagioso. Solo quando sono soli loro tre confessa quanto sia preoccupato.
"Fa fatica a socializzare" sospira "insomma, gli voglio un bene dell'anima, ma non so come aiutarlo"
"Credo" inizia Francis, rassicurante "che sia solo molto selettivo sulla compagnia. Ha bisogno di trovare le persone giuste"
"Ma le persone giuste non cadono dal cielo"
"A volte sì. Il meglio che puoi fare è dargli più occasioni possibili per conoscerle"
"Uhm... sì, credo di sì. Antonio, che ne pensi?"
"Mi dà delle gay vibes"
"Vero?" Francis batte il cinque all'amico "non volevo dirlo ma sì"
"Ludwig? Ce lo vedo come asessuale in realtà"
"A me sembra più uno di quei gay repressi in costante gay panic" replica Francis "fidati, ho fiuto per queste cose"
E infatti sì. Ludwig farà coming out con il fratello quell'estate, ve l'ho accennato, ricordate?
"Antonio, tutto a posto? Sei silenzioso oggi"
Lo spagnolo sospira "mi ha chiamato oggi mio fratello. Mia madre ha chiesto il divorzio"
"Oh"
"Tutto a posto, mon ami?"
"Credo di sì. Non si sono mai amati e si tradivano da anni ma... non so, credo di aver bisogno di un po' di tempo per metabolizzare"
"Prova ad andare dalla psicologa" suggerisce Francis "è brava"
"Dici?"
"Sei maggiorenne ormai, non serve neanche chiederlo ai tuoi" per doveri di cronaca: Antonio è nato a febbraio e siamo a maggio. Quindi sì, è al quarto anno ma è maggiorenne. Il diciottesimo che gli hanno organizzato Francis e Gilbert... uh, meglio non tirarlo fuori.
"Giusto. Magari provo. Grazie ragazzi"
"E figurati. A questo servono gli amici, no?

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Capitolo 14
*** Parte otto ***


Sì, regalini di Natale/Vigilia. Auguri!
Che ne pensate di questa storia fino ad ora?

https://youtu.be/fJWCvSpZZ-M

Antonio si sveglia con la risata di Lovino nelle orecchie. Esiste risveglio migliore?
Allunga il braccio oltre le coperte per cercarlo e non lo trova. Apre un occhio, assonnato, e non lo vede davanti a sé. A giudicare da dove viene la sua voce, che sta parlando in napoletano, è seduto ai piedi del letto. Allunga il piede e lo cerca con il tatto, finché non scontra il suo corpo.
"Alla buon ora" Lovino si sporge per baciarlo sulla fronte "buongiorno"
Antonio mugugna e cerca di afferrarlo per riportarlo a letto con sé, ma quello gli sfugge con una risata "svegliati, bell'addormentato"
"No" si nasconde sotto le coperte finché Lovino non inizia a fargli il solletico al di sopra di esse per farlo uscire "Lovi!"
"Dai, vieni fuori. C'è qualcuno che ti vuole conoscere" gli sistema velocemente i capelli "magari mettiti una maglia prima"
"Sto tanto comodo qui..."
"Non puoi restare a letto tutto il giorno"
"Invece sì. Con te" cerca di attirarlo a sé e questa volta riesce almeno a ingabbiarlo in un abbraccio. Lo bacia sulla spalla "con chi parlavi?"
"La mia famiglia di Napoli. Siamo in videochiamata proprio ora"
Antonio ci mette un po' a realizzare "aspetta, hanno visto tutto?"
"Già"
Trattiene le imprecazioni e sospira "passami una maglietta..."
Lovino, che a ben vedere ha addosso solo una maglietta di Antonio e un paio di suoi pantaloncini da basket pescati chissà dove, si alza fino a raggiungere l'armadio e gliele lancia una. Il proprietario della stanza si infila sotto il piumone e si riveste, al di fuori sente Lovino parlottare in napoletano. Da sotto le coperte, si sposta fino a dove è lui e sbuca fuori a sorpresa, abbracciandogli la vita. Lovino sobbalza.
"Kittemmuort mi è venuto un infarto"
"Vendetta" dichiara Antonio, ghignando e baciandolo sulla pancia "mi presenti i tuoi amici?"
"Se ti degni di farti inquadrare invece di fare il deficiente sì"
Antonio lo lascia e si mette seduto dietro al suo ragazzo, abbracciandolo con le gambe e la braccia e posando il mento sulla sua spalla "hola!"
Sullo schermo del telefono, appoggiato alla mensola davanti al letto, ci sono tre ragazzi e una ragazza, seduti su un divano dall'aria sgangherata che sembra troppo piccolo per tenerli tutti. I tre ragazzi sono grandi e grossi, uno ha lunghi capelli castani e l'aria assente, un altro ha i capelli decolorati, l'ultimo li ha rasati. La ragazza invece è piccola, abbastanza formosa, ma ha un sorriso furbo che non promette bene.
"Che bell'guaglione, Lovì" commenta la ragazza.
"'O so, li scelgo bene" il ragazzo in questione si gira e stampa un bacio sulla guancia al suo ragazzo "vero?"
"Non... uh, non ho capito"
"Tu dammi ragione"
"Uhm, okay"
Uno dei tre ragazzi scoppia a ridere "te li scegli come dei cagnolini, eh?"
"Ovvio! Sai che effetto faccio agli uomini. Cadono ai miei piedi"
Il tutto in napoletano, ma non lo conosco, quindi traduco, perdonatemi questa svista. Vi basti sapere che Antonio non sta capendo niente.
"Lovino, ci lasci da soli?" interviene il ragazzo con aria assente.
"Non gli vorrete fare il discorsetto da fratelli maggiori spero"
"Certo che sì"
"Che palle" si gira verso il suo ragazzo e lo bacia a stampo "amò, vogliono farti la ramanzina. Tu non dargli retta, mh?"
"Mh"
"Esco cinque minuti"
"E come ci parlo?"
"Heracles sa il libertino"
"Oh. Va bene" Antonio lo bacia "te quiero" gli sussurra all'orecchio e poi lo lascia andare. Lovino si concede giusto il tempo di mettersi una felpa, un paio di jeans e le scarpe prima di uscire.
"Allora" esordisce Heracles, in inglese "che intenzioni hai con Lovino?"
"Intenzione serie" chiarisce l'interrogato "lo amo"
"Facile dirlo, dimostralo" si traduce così il commento di uno dei due mastini accanto a lui.
"Uh, penso che dovrei dimostrarlo a Lovino e l'ho fatto"
"Come?"
"Vi ha raccontato del terremoto?"
"Sì"
"Io ero lì a consolarlo, a calmarlo e a cercare di aiutarlo a controllare il suo potere. Un altro sarebbe scappato, ma non abbandonerei mai Lovino, tanto meno per qualcosa che sta ancora imparando a controllare e che non ha scelto"
"Ti ha raccontato del suo passato?"
"Sì... ho anche incontrato suo nonno, per un breve tempo. Stava per tornarsene a Napoli di corsa sotto la pioggia, ma l'ho convinto a restare e ho evitato che si prendesse un accidente" forse non è saggio dire loro questo dettaglio, ma ha deciso di essere onesto.
"Avete fatto sesso ieri?"
"Più o meno... sì, abbiamo fatto l'amore"
"E ora che farai?"
"Starò con lui finché mi vorrà"
"Lui era consenziente?"
"Certo! Gliel'ho chiesto più volte e, uhm, non l'ho toccato dove non voleva essere toccato"
"E se lui ti avesse detto di no?"
"Avrei aspettato tutto il tempo necessario"
"E se lui non avesse voluto mai farlo?"
"Va bene comunque. Non è per quello che sto con Lovi"
Vi sto riportando questo dialogo in fretta, ma in realtà tra una frase e l'altra Heracles traduceva le parole dello spagnolo e si confrontava con gli altri su cosa chiedere.
"Qualcosa da sapere sulle tue relazioni precedenti?"
"Niente di che. Lovi è il mio primo ragazzo, non ho mai provato quello che provo per lui"
"Lo stai usando per sperimentare qualcosa di nuovo?"
"Certo che no! Lo sapevo già da prima che mi piacevano i ragazzi, solo non... non me ne era mai piaciuto uno così tanto da mettermici"
"State insieme da un mese, giusto?"
"Un mese e un giorno"
"Non ti pare un po' presto per dire così che lo ami?"
Antonio alza le spalle "sono solo onesto, dico quello che sento e penso"
"Avete finito con l'interrogatorio?" mentre quelli parlottavano tra loro, Lovino è rientrato e si è seduto accanto al suo ragazzo.
"Diciamo di sì"
"Com'è andato?"
"Direi bene. È completamente perso per te a quanto sembra"
Lovino fa l'occhiolino allo schermo "ve l'ho detto che faccio un certo effetto agli uomini"
"Come sono andato?" gli sussurra all'orecchio Antonio. In risposta, Lovino gli sorride e lo bacia sulla guancia.
"Lovì! Quando hai finito di amoreggiare, ci dici se a Natale scendi o no?"
"Secondo te mi perderei mai un cenone di Natale al sud?"
"Bene, ti tengo un posto a tavola. Viene anche il tuo Romeo?"
"Oh" Lovino sta per commuoversi. Gli hanno appena chiesto di presentare il fidanzato ufficialmente, a Natale per giunta. Allora lo hanno davvero accettato "non lo so. Ne parliamo e ve lo faccio sapere"
"Va bene. Noi dobbiamo andare, vi lasciamo soli"
"Non divertitevi troppo e usate le protezioni!"
"E non fate troppo casino che vi cacciano dalla scuola!"
"Deficienti!" strilla Lovino, rossissimo, coprendosi gli occhi con le maniche troppo lunghe della felpa. Antonio lo trova assolutamente adorabile.
"Ciao Lovì! Fai il bravo"
"Ciao Antonio" quello si sente chiamare e saluta.
"Ciao! È stato bello conoscervi!"
E la chiamata si chiude. Lovino sospira, mette via il telefono, si gira verso il suo ragazzo, gli sale sulle gambe e lo bacia, stringendogli il viso tra le mani. Ride "chi ti ha autorizzato a mettermi le mani sul culo?"
"Le tolgo?"
"Non ho detto questo" lo bacia di nuovo, con la lingua ma con calma, senza fretta, hanno tutto il tempo del mondo "ti hanno invitato al cenone di Natale, se vuoi venire"
"Oh. Vorrei tanto, piccolo, ma devo andare a quello della mia famiglia"
"Okay" lo bacia a stampo "ma non chiamarmi piccolo"
"Scusa. Vorrei venire, giuro"
"Non è colpa tua. È la tua famiglia"
"Di sangue. La mia famiglia di cuore sono mio fratello, Francis e Gilbert. E tu"
"Ne vuoi parlare?"
"Non ora" sorride "non quando ho un ragazzo bellissimo sulle mie gambe e siamo soli, sul mio letto, di domenica mattina, con tutto il tempo del mondo davanti"
"Pensi a quello a cui penso io?"
"Coccole!" sorride come un bambino e gli sbucano le fossette. Lovino lo bacia.
"Pensavo a qualcosa di più..." sogghigna "hai capito, no?"
"Oh. Penso proprio di sì" Antonio lo bacia dietro all'orecchio, proprio in quel punto che, ha scoperto, fa impazzire il suo ragazzo, che infatti sospira e se lo tira più vicino, immergendogli le mani nei capelli e tirandoglieli.
"Antonio..."
"Sì?"
"Sono le undici e mezza" esita quando Antonio gli morde quel punto, proprio dove c'è già un succhiotto della sera prima "a mezzogiorno apre la mensa e chiude alle due. Ci vuole almeno un'ora per mangiare e" un gemito gli sfugge quando Antonio infila le mani al di sotto dei suoi pantaloni per stringergli il sedere "qui-quindi hai poco meno di un'ora e mezza"
"Basterà" Antonio sorride contro la sua pelle "ce la faremo bastare..."

"Alla buon'ora vuoi due" Gilbert ghigna vedendo i due piccioncini entrare in mensa "avete intenzione di dare spettacolo in pubblico? Ditelo che vi filmo e vi metto su pornhub"
"Ah ah. Divertente" Lovino si siede al suo solito posto.
"Dici che è meglio Onlyfans?"
"Secondo me sì" interviene Francis "almeno controlli meglio chi lo vede e decidi tu il prezzo"
"Tanto non daremo spettacolo in pubblico" Antonio avvolge un braccio sulla spalla del suo ragazzo "nessuno vedrà il mio Lovi senza il suo permesso"
"Come sei carino, piccolo verginello non più così verginello" Gilbert scoppia a ridere.
"I cazzi vostri no?" Lovino sbuffa e attacca a mangiare, affamato.
"Ohoh, l'hai stancato proprio per bene, Antonio, guardalo com'è affamato"
"Rompessi il cazzo al mangia baguette per ogni volta che scopa, non la finirei più" brontola Lovino "ma non posso dire lo stesso nel tuo caso, eh crucco?"
"Fanculo"
"Lovi" lo chiama Feliciano, con aria complice "ti serve mica un foulard?"
Lovino alza le spalle "come vuoi, fratellì"
"Ho scelto proprio bene quell'outfit" gongola Feli "sei un figurino"
"L'abbiamo scelto"
"Stessa cosa. Vero che sta bene Luddi?"
Ludwig annuisce distrattamente, concentrato su un foglio davanti a sé.
"Che combina il crucco?"
"È fissato con un problema di fisica" Feliciano appoggia la testa alla spalla del biondo accanto a lui "sono due giorni che è assente"
"Scusa" brontola Ludwig, concentrato "ma non riesco a risolverlo"
Feliciano gli toglie il foglio da sotto gli occhi e si mette a studiarlo, ignorando le proteste del proprietario.
"Qui manca un meno" indica un punto all'inizio del foglio. Restituisce il foglio a Ludwig "hai sbagliato a trascriverlo"
"Ah" quello ricontrolla ed effettivamente ha ragione "non ci credo..."
"Capita anche ai migliori. Ora guarda come ho vestito bene mio fratello" Feliciano gira la faccia al ragazzo e Ludwig aggrotta la fronte.
"Cos'ha sul collo? L'ha punto qualcosa?"
Feliciano sospira "sei così ingenuo che non riesco a rovinarti"
"Lud, ti ho cresciuto meglio" Gilbert scuote la testa "queste nuove generazioni"
"Ah ma è un-" interrompe la frase a metà e diventa rosso come un peperone "oh. Oh..."
"Già" Feliciano lo bacia sulla guancia "piccolo cucciolo"
Ludwig arrossisce ancora di più e riabbassa il viso sul foglio. I due fratelli Vargas si scambiano un'occhiata complice che capiscono solo loro.

"Salve dottoressa..." Lovino entra nello studio, imbarazzato. La dottoressa lo saluta.
"Entra pure" è da un mesetto che ci va, un po' meno forse. All'inizio non era molto convinto, poi un giorno si era lasciato completamente andare e, omettendo di essere una Bella Voce, aveva raccontato più o meno tutto (aveva detto di aver dato fuoco alla casa per sbaglio invece di aver fatto crollare tutto cantando) e si era fatto uno di quei piantoni liberatori, di quelli che ti lasciano svuotato ma che, alla fin fine, ti fanno stare meglio. La psicologa lo aveva aiutato, in effetti: consigliandolo, rassicurandolo, ascoltandolo senza giudicare.
"Allora, com'è andata questa settimana?" prima ci andava quasi ogni giorno. Poi, vedendo dei leggeri miglioramenti, la psicologa gli aveva suggerito di limitare le visite, per vedere se sarebbe riuscito a gestirla. Ovviamente in caso di bisogno urgente sarebbe potuto comunque correre a parlargliene.
"Bene, credo... sabato io e 'Ndò abbiamo fatto un mese e, uhm, l'abbiamo fatto"
"Oh! E come ti senti?"
"Bene... cioé è stato bello e, uh, ero un po' a disagio a, ehm, farmi vedere ma... ma lui è stato bravo e mi ha lasciato i miei tempi e tutto"
"Altro?"
"Uhm, l'ho presentato ai miei amici di giù... con una videochiamata ma, be', di più non potevo fare no?"
"E com'è andata?"
"Bene, lo hanno anche invitato al cenone di Natale, ma lui non può venire"
"E questo come ti fa sentire?" lo chiede sempre, a ogni cosa. Inizialmente Lovino lo trovava irritante, ora invece lo rassicura. Sapere quale sarà la domanda lo aiuta a pensare alla risposta.
"Un po' deluso, ma lo capisco. Cioé è la sua famiglia. Ci saranno altre occasioni penso. Spero. Non lo so"
La dottoressa si fa pensierosa "Antonio ti ha parlato della sua famiglia?"
"Mi ha accennato qualcosa... non hanno un gran rapporto vero?"
"Segreto professionale, non posso parlarne"
"Oh, giusto. Scusate"
"Figurati. Con tuo fratello?"
"Tutto bene, credo. Mi ha aiutato con... con Antonio"
"In che senso?"
"Be', non... non sapevo bene cosa fare o come... come funzionasse tra ragazzi. Me lo ha spiegato e mi ha tranquillizzato. Sabato prossimo andiamo insieme in città a comprare i regali di Natale"
"E a lui hai regalato qualcosa?"
Lovino annuisce, rosso sulle guance "sì... sono andato ieri pomeriggio con 'Ndonio. Gli ho preso dei colori per dipingere e un..." beve un sorso d'acqua "un ciondolo. Ci ho fatto mettere dentro una foto di mamma e papà che mi aveva dato il nonno... ne ho fatto fare una copia e, uhm, voglio che ce l'abbia lui. Dite che è troppo?"
"No. È una cosa molto bella"
Lovino arrossisce "gli ho comprato anche un libro di spartiti per il violino, se non gli piacesse il resto" brontola.
"Gli piacerà sicuramente. Per Antonio hai qualche idea?"
"Non proprio. Sono un po' in ansia pe' 'sta cosa"
"Per il regalo?" Lovino annuisce.
"Ho paura che gli faccia schifo e mi molli. Cioé, lui sicuro avrà pensato a qualcosa di fantastico per me e io non ho idee..."
"Non è il tipo di ragazzo che si sofferma su queste cose"
"Lo so, ma... ma vorrei fargli capire che... quello che provo insomma. Nun so' bono con 'e parole, quindi vorrei farlo con i gesti, ma cosa gli posso regalare?"
"Qualcosa di fatto da te magari?"
"Ma non so fare niente..."
"Hai una bella voce, no?" Lovino sobbalza. Pessima scelta di parole.
"Sì..."
"E ti piace scrivere. Potresti unire le due cose"
"Scrivergli una canzone?"
"Perché no? Ai miei tempi un regalo molto comune era creare delle playlist. Si prendeva una cassetta e ci si mettevano sopra delle canzoni scelte apposta per la persona a cui le regalavi. Potresti fare una cosa simile e in fondo metterci una canzone scritta e cantata da te"
"Uhm... sì" la sua testa inizia a lavorare. Che canzoni potrebbe metterci? "qualcosa forse potrei combinare... grazie dottò!" le sorride, almeno ha una pista da cui partire.
"Figurati. Per quanto riguarda tuo nonno..."
"Non s'è più fatto vivo. Non mi importa che lo faccia"
"Questa è una bugia"
"Che ci posso fare, dottò? Andare da lui a implorarlo di darmi affetto? Manco morto. Sto bene con la mia vita, se vuole farsi perdonare o meno sono cazzi suoi"
"Però vorresti che tornasse"
Lovino alza le spalle, gli occhi che bruciano "che ci posso fare, dottò? Stare qui a soffrire mentre lo aspetto? L'ho già fatto e non ha funzionato, ve l'ho già detto. Se non mi vuole andrò avanti per la mia strada"
"Cosa ti ho detto sul fatto che non "ti voglia"?" la dottoressa mima le virgolette mentre parla.
"Che nun è colpa mia..."
"E lo hai capito e metabolizzato?"
"Sì" quella inarca un sopracciglio "okay, forse non così tanto. È che... gli ho fatto del male. Ho ucciso sua figlia"
"È stato un incidente, e comunque anche lui ne ha fatto a te. L'ideale sarebbe fare terapia con lui, così ne potreste parlare con calma e un intermediario, cioé io o un altro medico"
"E come? Manco mi parla e... e non riesco a stare nella stessa stanza con lui"
"Quando vi siete visti hai detto che ha provato a parlarti"
Lovino emette un verso di scherno "seh... come se uno "scusa" risolvesse tutto"
"Forse vuole risolvere. Hai provato a contattarlo?"
"Non ho bisogno della sua pietà. Se mi vuole che venga a cercarmi"
"Forse ha paura che tu non lo voglia"
"Non lo so se voglio ricostruire qualcosa con lui. Non lo so"
"Hai pensato di provarci?"
"Ho paura di restarci ancora peggio. Non ce la farei a sopportare altro"
La dottoressa gli prende la mano, con un sorriso dolce in viso "prenditi il tuo tempo, mh? Nessuno ti obbliga a perdonarlo o a non farlo. Ora rilassati, goditi il tuo ragazzo, tuo fratello, le vacanze di Natale che ci saranno tra poco e recupera un po' di stabilità mentale. Se ti cerca e non ti senti pronto, digli che hai bisogno di tempo e poi valuta se dargli modo di farsi perdonare. Ne possiamo parlare insieme quando vuoi. Se te la senti prova a discuterne con le altre persone a cui vuoi bene, ti potrebbero aiutare. Ti sembra un buon piano?"
"Sì... vi ringrazio" il ragazzo si asciuga gli occhi. Sembra così fragile, poco più di un bambino. La dottoressa gli lascia il suo tempo di calmarsi e riprendersi.
"Con la scuola tutto bene..." mormora Lovino dopo qualche minuto "il programma non è difficile e alcune cose le avevo già fatte in Italia o con... con le suore"
"Hai pensato ad unirti a qualche club?"
Lovino alza le spalle "non c'è nulla che mi interessi. A volte vado a sentire la band di Antonio, non sono male"
"Cosa pensi degli altri?"
"Un po' stupidi, ma sopportabili. Credo che siamo amici"
"È positivo che tu abbia degli amici. Hai provato a costruire dei rapporti con qualcuno che non c'entri con Antonio?"
"Mio fratello conta?"
"No, direi di no. Stavo solo pensando che forse avere il mondo che ruota intorno a lui è un po' tossico per te"
"Non... non è vero. Ho altri amici!"
"Intendo qui a scuola"
"C'è... ci sono quelli del gruppo di latino che non sono male"
"Uhm. E come si chiamano?"
Lovino arrossisce. Non se lo ricorda.
"Dovresti farti nuove amicizie, se te la senti. Delle nuove compagnie possono aiutarti"
"Non sono bravo con queste cose... se provassi a chiedere a Feli di presentarmi qualche sua conoscenza?"
"Sì, va benissimo. Ovviamente solo se ti senti pronto a farlo"
"Sì..."
"C'è qualcosa di cui vorresti parlarmi?"
"Non direi"
"Bene, se sei d'accordo finirei qui la seduta di oggi. Ci vediamo lunedì prossimo, a meno che non ci siano occasioni straordinarie. Va bene?"
"Sì" Lovino si alza e stringe la mano alla dottoressa "vi ringrazio, siete un tesoro"
Quella sorride "è il mio lavoro. Alla prossima, Lovi"
"Arrivederci!"

Francis entra nella stanza della sua scopamica e sospira "abbiamo poco tempo, perché mi hai scritto? Sai che oggi sono occupato" inizia a sbottonarsi la camicia. La ragazza però lo blocca.
"No, non ti ho chiamato per quello. Ti devo parlare di una cosa"
"Sei incinta?"
"Grazie a Dio no"
"Allora cosa?"
"È da un po' che mi sento con un ragazzo e... be', ci siamo messi insieme. È il caso di chiuderla, non credi?"
"Oh" Francis cerca di non mostrarsi deluso "certo. Sono felice per te" la abbraccia "che ti tratti bene, eh! Altrimenti se la vedrà con me"
La ragazza ride "certo. Grazie di essere così comprensivo e... be', di tutto"
"Figurati. Era il patto, no? Se uno dei due si fidanza, la si chiude. Ti sei fidanzata, quindi la chiudiamo"
"Grazie, Francis. Troverai di sicuro qualcuno con cui rimpiazzarmi"
"Già... allora io vado. Ci vediamo" ed esce. Si chiude la porta alle spalle e sospira. Non è innamorato di lei, non proprio, solo che... cazzo, possibile che per tutti sia solo un giocattolo erotico da buttare alla prima occasione? Gli va anche bene, ne ha fatto di sesso occasionale e probabilmente continuerà a farne, ma è nato e cresciuto nella città dell'amore, e quello desidererebbe. Già, ma per tutti è solo un bambolotto gonfiabile. Quelli con cui va a letto vogliono solo il sesso, e quelli che vorrebbero di più vedono solo un puttaniere in lui. Sospira. Tra poco si vede con Arthur.
"Sei in antici- tutto a posto, rana? Sembra che ti sia morto il gatto" è sempre così delicato Arthur.
"Sì, sì. Una delusione amorosa"
"Qualche disgraziata non ha voluto dartela?"
"Peggio. Andavamo a letto e poi si è trovata qualcosa di meglio" alza le spalle e si siede sul letto dell'inglese "capita, suppongo. Non so neanche perché te lo sto raccontando. Oggi studiamo Hugo, giusto?"
"Che cogliona, se posso permettermi"
"Cogliona perché veniva a letto con me?"
"No, non per quello" Arthur arrossisce, si gira e va a prendere il suo quaderno "sì, Hugo. I miserabili. Allegria"
Francis lo guarda, con tanto d'occhi "ci stai provando con me?"
"Assolutamente no. Tu sì?"
"Grazie di averlo notato, sono tre anni ormai"
"Ci metti così tanto a portarti la gente a letto?"
"Perché pensi che voglia portarti a letto?"
"Non lo vuoi?"
"Rettifico: perché pensi che voglia solo portarti a letto?"
Arthur alza le spalle, dandogli ancora le spalle per non mostrare quanto siano rosse le sue guance "è quel che fai di solito"
"Ti piaccio?"
"Secondo te?"
"Fammi cambiare la domanda. Verresti a letto con me?"
"Non lo so. Forse"
"E ti fidanzeresti con me?"
"Per ritrovarmi riempito di corna? No"
Francis sospira "perché pensate tutti la stessa cosa? Arthur, mi conosci da anni. Sai come sono fatto. Sai cosa ne penso dell'amore. Secondo te tradirei la fiducia di qualcuno?"
"No"
"E allora perché pensi che ti metterei le corna?"
"Perché tra il dire e il fare..."
Francis sospira di nuovo "be', se non ti fidi di me non ci posso fare niente. Iniziamo con i miserabili?"

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Capitolo 15
*** Parte nove ***


https://youtu.be/en9KJdbrZj0

"Lud?"
"Ja?"
"Mi rispieghi questo teorema per favore?"
"Ja..." Ludwig è distratto. Quando c'è stato l'incidente, ormai un mesetto fa, per qualche minuto ha davvero, davvero temuto che quello scricciolo di ragazzo fosse morto. Il pensiero lo ossessiona da allora.
"Tutto bene, Lud? Ti vedo distratto"
"Ja... cioé, nein. Non va tutto bene"
"Come mai?"
Ludwig scrolla le spalle. L'idea di perdere Feliciano senza avergli mai detto quel che prova lo uccide. Tra qualche giorno poi prenderanno l'aereo per tornare a casa, e questo aumenta i rischi.
"Sono dislessico" gli esce. L'unico a saperlo a scuola, a parte i professori, è suo fratello "per... per questo i miei appunti sono strani. Scrivo in modo che poi riesca a leggerli"
"Oh! Ecco perché" il piccolo italiano gli sorride "grazie di avermelo detto"
Ludwig annuisce, con le guance rosse. Quando apre la bocca, gli esce un'altra confessione "sono gay"
Feliciano si finge stupito "oh. Va bene. Cioé, okay. Non cambia il modo in cui ti vedo, lo sai no? E, uhm, grazie di..."
"Mi piaci" esce infine. Ecco, l'ha detto. Fanculo i rimpianti. Forse è una cazzata, ma ormai l'ha fatto. Si gira, pronto a scusarsi, ma Feliciano non glielo fa fare: sposta i libri in mezzo a loro senza particolare grazia, lo afferra per la camicia e lo fa abbassare per baciarlo sulle labbra.

Antonio china la testa per evitare il vento gelido e si affretta ad entrare nell'edificio, verso la mensa.
"Ciao ragazzi"
"Ciao Antonio" Feliciano sorride, si alza, aggira il tavolo e si sporge a sussurrargli all'orecchio "Lovino ti aspetta in soffitta"
"Quando?"
"Ora. Mangerai lì. Sbrigati"
"Uhm, va bene..." gli fa un po' paura quel ragazzino con quegli occhioni così minacciosi. In meno di dieci minuti è lì, un po' in ansia. Che Lovino voglia lasciarlo? Eppure sta andando tutto così bene...
"Lovi? Mi amor?" la soffitta è nel buio.
"Chiudi la porta" e a quel tono Antonio capisce. Obbedisce, in silenzio, cercando di non tradirsi.
"Guardami" si gira verso la provenienza della voce e vede Lovino. È seduto su un vecchio banco, circondato da candele, le gambe scoperte e incrociate, il fisico sottile avvolto da un vestitino rosso che ne evidenzia le forme e lascia molto poco all'immaginazione.
"Sei bellissimo..." gli si avvicina, ma Lovino lo spinge via posandogli un piede sul petto e aprendo leggermente le gambe nel farlo. Quando quello gli prende il piede e ci posa un bacio, Lovino lo ritira imbronciandosi.
"Cattivo. Non ti ho detto di avvicinarti o di toccarmi"
"Perdoname" Antonio lo raggiunge e si spinge verso di lui, approfittando delle gambe aperte del suo ragazzo, che questa volta non protesta. Sono vicinissimi, a un centimetro di distanza, ma Antonio non lo tocca. Gli respira sulla pelle nuda, sospira sulle sue labbra, ma non lo tocca "sei bellissimo..."
"Lo so" Lovino sorride e gli accarezza la guancia con un dito, scendendo fino alla bocca. Le unghie, le labbra sono rosse, il colore preferito di Antonio "e sono tutto per te"
"Puedo toccarte?"
"Dovresti..." esita e poi lo bacia, Antonio sospira. La bocca dell'italiano sa di menta, la sua pelle è calda al di sotto del vestito.
"È pizzo?" gli chiede, con un mezzo sorriso, baciandogli la spalla nuda. Al più giovane viene la pelle d'oca sotto il suo tocco e annuisce "ti amo"
"Anch'io" geme quando il suo ragazzo gli morde la spalla. Il vestito ha due spalline sottili, che lo spagnolo non esita a far scorrere, lentamente, lungo la pelle del suo amore, fino a farle cadere. Il vestito, obbediente, cede e si raccoglie lungo i fianchi del proprietario, morbido.
"Ho pensato di farti una sorpresa per Natale" sussurra Lovino, accarezzandogli le braccia "e visto che domani si parte..."
"È un regalo fantastico" Antonio gli morde la gola, spingendosi contro di lui. Vuole sentirlo più vicino, di più "quanto tempo abbiamo?"
"Fino al coprifuoco..." Antonio si sente strattonare per i capelli per un altro bacio "quindi fino alle dieci. Hai tre ore per convincermi che questa sorpresa sia valsa la pena" Lovino infila la mano sotto al suo maglione, Antonio se la toglie direttamente per lasciare che il suo piccolo lo tocchi senza intralci "e chissà, potrei decidere di fartene altre in futuro"
"Oh, volentieri" lo spagnolo lo bacia e lo fa scivolare sul banco, si piega su di lui e gli sfila del tutto il vestito "che peccato" lo fa cadere a terra, non senza rammarico, e infine si dedica al suo ragazzo senza più intralci.
"Te amo" gli sussurra sulla pelle del collo, della spalla, del petto, della pancia, e infine ancora più in giù, sopra le mutande di pizzo rosso "te quiero"
"Antonio..." Lovino si inarca ai suoi baci, gli tira i capelli, lo spinge verso il basso "cazzo..."
"Posso?"
"Muoviti!"

"Ah, l'amour"
Antonio sospira "lo amo da morire"
"E ci credo, lo fate come conigli" Gilbert sogghigna "birichini"
"Non è solo per quello"
"Si è vestito tutto di rosso, Gil. Sa come tenerlo in pugno"
"C'è più del sesso in una relazione!"
"Ma intanto sei ricoperto di succhiotti e non voglio sapere fin dove te ne abbia fatti. Come li spiegherai ai tuoi?"
Antonio alza le spalle, rigirandosi la sua tazza tra le mani. Sono nella camera di Francis, dopo una capatina in cucina a farsi le cioccolate. Va contro le regole? Assolutamente sì "non è che mi interessi quel che pensano"
"E per i giornalisti?"
"Metterò una di quelle maglie a collo alto che mi ha regalato Lovi. Quella bianca magari. Dice che gli piace come mi sta"
"Si chiamano dolcevita, Antonio. La tua ignoranza mi lascia senza parole" Francis scuote, la testa, deluso "stare con me non ti ha insegnato proprio niente?"
"Ti ha regalato quelli per Natale?"
"No, è andato a fare shopping con Feli e ha detto che quando li ha visti mi ha pensato. È premuroso, anche se non vi sembra. Non mi ha ancora dato il regalo, ha detto che me lo darà domani mattina, prima di partire"
"Lo fate anche domani? Ma non vi stancate mai?"
Antonio alza gli occhi al cielo "no Gil, ci salutiamo in aereoporto. I voli per Napoli e Madrid sono più o meno alla stessa ora"
"L'aereoporto è pubblico. Ci saranno i giornalisti e tutto, lo sai? Ci sono tanti figli di personaggi famosi oltre a te" commenta Francis
Antonio alza le spalle "e sticazzi"
"Lovino ti sta condizionando. Tra un mese ti troveremo a dar fuoco alle pizzerie che fanno la pizza con l'ananas" Gilbert ridacchia.
"Ne parlerò con Lovi, comunque. Non so se abbia voglia di comparire sui giornali o cose simili" se vi chiedete perché la cosa non sia già venuta fuori tramite gli studenti: c'è una sorta di regola non scritta, un tacito accordo tra tutti gli alunni dovuta proprio all'importanza di alcuni di essi, per cui è vietato parlare dei gossip della scuola fuori dalla scuola.
"A proposito" Francis si sporge a prendere qualcosa dal suo zaino: due pacchetti perfettamente impacchettati, uno azzurro, uno rosso "qui ci sono i vostri regali"
"Oh! Giusto" Gilbert prende i suoi, che invece sono impacchettati un po' a caso "dunque... quello piccolo è di Francis, l'altro di Tonio"
"E qui i vostri" Antonio passa una scatola a Francis e quello che è chiaramente un libro a Gilbert.
"Li apriamo ora o a Natale?"
"Ah perché andavano aperti a Natale?" Gilbert sta già aprendo uno dei suoi.
"...direi che lì apriamo ora"
A Gilbert, Antonio ha regalato un'edizione speciale dei dolori del giovane Werther, mentre Francis una maglietta con sopra scritto "il mio pulcino è più bello del tuo uccello", con una versione in miniatura per il pulcino di Gilbert, Gilbird, con sopra scritto "io sono il pulcino". Vedendo i due regali, il tedesco rischia di commuoversi.
A Francis, Gilbert ha regalato due gemelli da polso a forma di giglio (perché sì, quando ci si mette Gilbert ha un ottimo gusto), mentre Antonio una palette di trucchi sulle tinte fredde. Francis guarda gli amici con uno sguardo di sfida "renderò i vostri sforzi non vani. Alla prima occasione, sarò il più stiloso di tutta la serata"
I regali per Antonio possiamo dire che sono coordinati: una serie di spartiti per chitarra e voce e un libro su come cantare meglio da parte di Gilbert e una cintura per la chitarra e un microfono da parte di Francis. Ad Antonio brillano gli occhi "è la volta buona che divento più bravo di Arthur e vendico l'armada"
"Tu e il tuo nazionalismo spagnolo di merda"

"Ci vediamo tra due settimane, querido" Antonio accarezza la guancia al suo ragazzo e sorride vedendolo appoggiarsi alla sua mano.
"Baciami, bastardo"
"Sicuro? Ci sono i giornalisti e..."
"E chissene frega"
Antonio sorride "ti amo" e lo bacia, piano. L'ultimo bacio per due settimane. Due settimane che, probabilmente, passerà a litigare con i suoi genitori, ma chissene frega. Per quest'ultimo bacio, e per quelli che verranno dopo, è disposto a sopportare tutte le litigate del mondo.
Lovino gli consegna una busta, con le orecchie rosse, per il freddo ma anche per altro "aprila la notte tra la Vigilia e Natale, va bene? Quando sei da solo"
"Certo mi amor. Il mio ce l'hai in valigia?"
"Sì..." si chiede cosa sia, ma non lo aprirà fino a Natale. Porta sfiga.
Dagli autoparlanti chiamano chi si deve imbarcare per il volo per Madrid. Lovino abbraccia il suo ragazzo, chiude gli occhi e sospira "ci vediamo, bastardo. Fatti sentire eh"
"Certo piccolo" lo bacia sulla fronte, afferra il trolley e si allontana insieme al gruppo di studenti spagnoli. Ah, cosa non darebbe per imbucarsi sul volo per Napoli e stare con il suo querido per le vacanze, baciarlo sotto il vischio, vedere la sua espressione quando aprirà il suo regalo, fare l'amore a Capodanno e svegliarsi il primo giorno dell'anno con il corpo caldo del suo ragazzo tra le braccia.
Ay, già gli manca.

"Lovì!"
"Uè!" Lovino si lascia sopraffare dall'abbraccio di gruppo e scoppia a ridere. Poi lo abbracciano uno ad uno, Salvatore lo solleva addirittura da terra.
"Lovì, sei famoso!" esclama Maria Rosa.
"Cosa?"
"Ma sì! Sei su tutte le pagine di gossip" prende il suo vecchissimo cellulare e ci smanetta per un po' mentre vanno alla scassata macchina di Heracles. Quando sono saliti, gli mostra una foto di lui e Antonio che si baciano, con uno zoom dritto sui loro visi "visto? Il tuo ragazzo è famoso e lo sei diventato anche tu!"
"Ah, sì... me lo aveva accennato" i genitori di Antonio avranno fatto storie? Cazzo, meglio che gli scriva più tardi.
"Ma come, ti sposi una star e non ci dici niente?"
"Ma va, non è una star. Suo padre è un impreditore o cose del genere"
"E non ce lo dici?"
"Non mi sembrava importante"
"L'abbiamo anche invitato da noi! Immagina che vergogna, quello è abituato a delle ville immense"
"In realtà le odia quelle cose. I suoi non... non se lo cagano tanto" accende il cellulare e gli scrive "preferirebbe essere qui"
"Ao, niente tristezza" Maria Rosa gli sorride "e se stai tutto il tempo attaccato al cellulare, te lo sequestro. Mi serve una mano per il cenone"
"'O so"
"Adesso però raccontaci un po' meglio di questo ragazzo, vogliamo sapere tutto! Anche le cose piccanti"
"Magari no" interviene Salvatore "senza offesa Lovì, ma sei come un figlio. Mi fa un po' impressione"
"Tanto non ve li racconterei comunque"
"Eddai!"
"No"
"Daaaaai. Solo alla tua sorellona"
"No"
"Tuo nonno?" interviene Heracles "s'è fatto vivo?"
"E che cazzo, ho detto niente tristezza"
"No... solo quello che vi ho raccontato"
"Non ci pensare, mh? Chissene frega di quello stronzo. Piuttosto, questa giacca è nuova, non credere non l'abbia notata, ed è favolosa, dove l'hai presa?"
"Me l'ha regalata Feli"
La ragazza si imbroncia "tradisci la sorellona con quel bambinetto?"
Lovino ride "non fare la scema, sai chi è il mio preferito"
Quella sorride e lo abbraccia, prima che il ragazzo continui la frase.
"Heracles, ovviamente"
"Stronzo!"

Antonio esce dall'aereoporto e sospira.
"Hola Garcia" al solito, è venuto a prenderlo il maggiordomo.
"Hola señor"
Due ore dopo è a casa. Neanche fa in tempo ad uscire dalla macchina che si trova suo padre addosso, furente e con il cellulare in mano.
"Mi spieghi cos'è questa storia?!" la foto che mostra sullo schermo, Antonio l'ha già vista. È uno zoom su lui e Lovino che si baciano, che si è salvato immediatamente, ovvio. Sono venuti bene.
"Ho il ragazzo"
"Questo lo vedo. Potevi almeno avvisarmi! Hai idea di che conseguenze questo avrà sui miei affari? Proprio ora che pensavo di mettermi ufficialmente in politica!"
"Ti sto offrendo un'occasione d'oro, papà. Hai una scusa per mostrarti lgbt+ friendly e acchiappare i voti dei giovani. Saresti un idiota a non coglierla"
Ferdinando ci pensa qualche secondo. Evidentemente l'idea gli piace, perché si illumina e lo abbraccia "bravo figliolo! Questo è quello che chiamo "spirito imprenditoriale"" e se ne va. Il ragazzo sospira e si dirige dentro casa.
"Bel modo di fare coming out" l'interpellato si gira, sorride e corre ad abbracciare suo fratello, che lo guarda dalla cima della grande scalinata centrale.
"Ecco il mio fratellino!"
"Siamo gemelli" João gli dà qualche pacca sulla spalla e poi si scosta dal suo abbraccio. Non ha mai amato il contatto fisico "allora, questo ragazzo?"
"Oh, è fantastico, non vedo l'ora di presentartelo!"
"Papà ti ha fatto il culo?"
"Neanche tanto. Gliel'ho rigirata in modo che gli frutti qualcosa e mi ha subito perdonato"
"Be', hai guadagnato dieci minuti della sua attenzione"
"Neanche. Direi più cinque"
"Meglio di niente. Forse cenerà con noi stasera"
"Spero di no. Mamma?"
"Alle Maldive con il suo nuovo compagno"
"L'hai conosciuto?"
"Non ancora. Forse ci raggiungeranno a Capodanno"
"Che fortuna"

Lovino entra in cucina e sobbalza. Un armadio di ragazzo mai visto prima si sta facendo il caffé. È alto, più o meno quanto Salvatore e Gennaro, ma ha la pelle scura, probabilmente è mediorientale, sulla trentina. Porta i capelli corti rasati, insieme ad altri tatuaggi strani di simboli che Lovino non ha mai visto. Ah, ed è mezzo nudo.
"Chi cazzo sei tu?"
Lo sconosciuto di volta e Lovino aggrotta la fronte. Gli è familiare in qualche modo, ma non sa come. Quello non sembra stupito.
"Heracles non ti ha detto di me?"
"No!"
"Che pigro. Be', sono il suo... uh, forse la parola corretta è "scopamico". Ti dà fastidio come cosa?"
"Mi dà fastidio avere uno sconosciuto in casa che si beve il mio caffé" il ragazzo esce dalla cucina a passo di marcia e prende a pugni la porta della camera di Heracles "FRATM. FRATM VIENI FUORI"
Heracles ci mette un po' a uscire. Pigrone.
"Che c'è? Dormivo"
"Chi è quello?" indica il tizio, che osserva la scena divertito dallo stipite della cucina. Heracles alza le spalle.
"Un amico"
"Un amico che ti scopi"
"E quindi?"
"E quindi sarebbe stato carino saperlo prima di ritrovarmelo in cucina senza saperne niente"
Heracles alza le spalle e sbadiglia "pensavo di avertelo detto. Agli altri non dà fastidio"
"Neanche a me. Mi dà fastidio il fatto che tu non me l'abbia detto"
"Ero convinto di sì..."
Lovino alza gli occhi al cielo "lascia stare. Tienitelo in camera finché non ho fatto colazione, tanto sai che farci. Non voglio nessuno mentre bevo il mio caffé" senza mezze misure torna in cucina, spinge fuori il bell'imbusto e ci si barrica dentro. Heracles sospira.
"Peperino il tipo" commenta l'intruso, avvicinandosi all'altro, ingabbiandolo tra le sue braccia e baciandolo sulla spalla. Heracles alza le spalle.
"È sempre così prima del caffé. Poi si calma, di solito"
"Di solito?"
"Mm" Heracles appoggia la testa al muro alle sue spalle e sospira "credo che ce l'abbia con me"
"Me ne vado?"
"No, tanto ormai il danno è fatto. Resta a pranzo"
"Non posso, ho da fare tra un paio d'ore"
Heracles cerca di non mostrarsi deluso "va bene"
"Torno stasera?"
"Meglio di no. Ti scrivo io" si fa baciare e osserva in silenzio il suo amante che si riveste, non senza una punta di amarezza. Sospira "vado a fare la doccia. Non salutarmi quando te ne vai" è una scusa, in realtà ha solo bisogno di non vederlo mentre lo lascia di nuovo.
Intanto, mentre Lovino si prepara il caffé (caffé decente finalmente) e rimugina sull'accaduto, si rende conto di associare il volto dello sconosciuto a un nome.
"Sadiq" sussurra e sgrana gli occhi. Quello era il suo tutore?
La porta di casa che si chiude risponde alla sua domanda. Impreca sottovoce.
"Lovino... parliamo?"
Il ragazzo, dopo il suo caffé e due cornetti, si gira verso il fratm, che lo osserva con i capelli bagnati.
"Eh"
"Te la sei presa per Sadiq?"
"Adnan?"
"Come sai il suo cognome?"
Sarà infantile, ma Lovino è offeso. Il suo fratm gli ha nascosto una cosa importante, e ora farà lo stesso.
"Non lo so. Forse mi avevi parlato di lui"
Heracles alza le spalle "possibile, lo conosco da una vita. Ora rispondimi. Te la sei presa?"
"Scopati chi ti pare, non è affar mio"
"Ti giuro che ero sicuro di avertene parlato. Lo sai che ti dico tutto"
"C'è altro che mi sono perso e che dovrei sapere?"
"Non direi. Ah, i vicini hanno adottato un cane"
"Mh. Se scopro altre cose che non mi hai detto, ti uccido"
"Mi sei mancato anche tu. Mi abbracci ora?"
"Mh. Solo perché sei tu"

"Ciao grandissima testa di cazzo"
"Auguri fratellone!"
"Stai zitto che porta sfiga fare gli auguri prima!" nel dubbio, Lovino si tasta le parti basse, giusto per evitare sfortune.
"Com'è andato il viaggio?"
"T'appost. Te?"
"Pure. Sei famoso ora!"
"Che culo. Con il vecchio?"
"Tutto bene... mi ha chiesto di te"
"E che gli hai detto?"
"Che stai bene, gli ho detto di Antonio... l'ha presa bene a proposito"
"E chissene fotte"
"Be', sì... volevo vedere come l'avrebbe presa per, uh, un mio eventuale coming out"
"Aah. Buon per te fratellì. Con il crucco?"
"Ci scriviamo tutti i giorni. Ha detto che mi ha preso un regalo, in Germania"
"Che carino. Voi siete scesi?"
"Domani partiamo per Roma. Magari riusciamo a vederci"
"Non so se me la sento di salire a Roma"
"Perché?"
"Ci vivevamo con mamma e papà. Prima di... prima"
"Oh. Scusa. Forse riesco a scendere io"
"Stai tranquillo Feli, se non riesci non importa, ci vedremo a scuola"
"Okay. Cosa potrei regalare a Luddi?"
"Cibo vero magari"
"Pensavo a qualche bel vestito. È un gran figo, ma si cura poco"
"Se si cura di più potrebbero rubartelo"
"Che ci provino"
"Stavo scherzando, Feli"
"Mh. Antonio?"
"Mi ha chiamato ieri sera e, boh, messaggiamo. Non sta molto bene a casa sua"
"Ti manca?"
"Un po', ma non possiamo mica vivere appiccicati come cozze no?"
"Suppongo di sì. I tuoi amici come sono?"
"Al solito. Ti salutano, a proposito. Prima o poi vi farò conoscere"
"Sì! Sembrano simpatici"
Lovino sogghigna "prima o poi inviterò te e il crucco a pranzo da noi"
"Perché tutta questa gentilezza? Credevo non ti piacesse Lud"
"Oh, così..."

Antonio è sdraiato a pancia in su sul suo letto, annoiato. A una certa si scoccia, prende il telefono e chiama il suo ragazzo.
"Ma che cazzo sono un centralino che oggi mi chiamano tutti?" sbuffa Lovino.
"Mi amor..."
"Perché questa vocetta depressa?" ha cambiato subito tono.
"Mi annoio. Sono solo in camera senza niente da fare e nessuno con cui parlare. Aiutami"
"Tuo padre?"
"A lavorare ovviamente"
"Tuo fratello?"
"Sta dormendo. Dai Lovi, aiutami"
"Mm" il ragazzino sospira. Antonio riesce quasi a vederlo: sdraiato sul suo letto a pancia in giù, i piedi sollevati in aria a dondolare mentre parla, un sorrisino divertito stampato sulle labbra. Lovino in realtà è in pigiama rannicchiato sotto il piumone, ma non distruggiamo la sua visione onirica "ti manco?"
"Da morire. Vorrei che tu fossi qui. O meglio ancora essere lì"
"E..." il suo tono si abbassa "se io fossi lì, accanto a te, ora, cosa mi faresti?" quel mi è buttato lì per caso, quasi per sbaglio, ma Antonio si tira su di scatto nel sentirlo pronunciare.
"Oh, Lovi, non ne hai idea..."
"Dammene alcune allora"
Antonio sorride e lascia scivolare una mano al di sotto dei pantaloni del suo pigiama, ama il suo ragazzo, non solo per quelle cose ovviamente, ma anche.
"Be'..."
"Antonio, mamma ti ha... porca puttana!" João richiude di scatto la porta, rosso fino alla punta dei capelli "ma ti pare il momento per fare quelle cose?"
Antonio per il panico ha fatto un salto di tre metri, per la cronaca.
"Cazzo, c'è mio fratello"
"Che peccato" Lovino gli sospira nell'orecchio. Piccola peste, gli sta rendendo le cose difficili (no, non dirò dure. Non mi abbasso a tanto) "vuol dire che me ne resterò qui, solo soletto, finché non verrà qualcuno a darmi qualcosa da fare"
"Oh, lo so io che ti darei" brontola lo spagnolo, cercando di inventarsi una scusa con suo fratello.
"Ovvero?" canticchia Lovino con aria innocente.
"Sei nudo?" interviene suo fratello
"Sono vestito!"
"Che peccato" commenta Lovino nel suo orecchio.
"Senti, ripasso tra poco. Fai quel che devi fare e scendi in sala da pranzo"
"Non... oh, mierda. Che figura di merda"
Lovino ride.

È il ventiquattro dicembre.
Tre
Due
Uno
Ora è il venticinque.
Antonio prende la busta che gli ha dato il suo ragazzo e la apre. Dentro c'è una lettera e una cassetta di quelle vecchie, dipinta di rosso.
"Ciao bastardo, se è Natale come ti avevo detto auguri, altrimenti chiudi questa cazzo di busta.
Bene.
Non sapevo che cazzo farti, quindi mi sono fatto aiutare. Non avrai un coso per ascoltare le cassette immagino, quindi ti mando una mail con un file con dentro la stessa musica che c'è nella cassetta. Sii da solo, mettiti in un posto tranquillo e ascolta tutto in un fiato, dopo chiamami.
Buona Natale"
Antonio, curioso, fa come c'è scritto, si mette le cuffie, apre il file e si siede sul balcone, ignorando il freddo. Chiude gli occhi.
La voce di Lovino gli parla.
"Ciao. Non so se stai passando un buon Natale o meno, ma spero di non peggiorartelo con questa cosa. Sappi che mi ci sono impegnato, quindi fattelo piacere"
Poi iniziano le canzoni. Dietro alla lettera è scritto l'indice.
1. Una canzone per quanto siamo lontani
Città vuota di Mina, Antonio l'ha sentita perché gliene ha parlato Lovino. Solo che, questa volta, è proprio il ragazzo a cantarla. Antonio si gode la sua voce mentre ripensa a tutti i progressi che ha fatto.
2. Una canzone che mi hai fatto conoscere tu
Bésame mucho. Cavolo, Lovino che canta in spagnolo è qualcosa di unico, sensuale e innocente al tempo stesso.
3. Una canzone che abbiamo scoperto insieme
Into the unknown, dal secondo film di Frozen. Con un sorriso, Antonio ripensa alla serata disney che si erano fatti qualche settimana prima. Quel film non l'aveva ancora visto nessuno dei due, e avevano passato il resto della serata a cantare come due scemi.
4. Una canzone della mia terra
O sole mio, e anche se Antonio non ne conosce il titolo non riesce a non rimanere incantato dalla melodia, dal suono che hanno le parole, da come le pronuncia Lovino.
5. Una canzone che ti dica che ti amo
E questa volta non c'è un titolo, perché non esiste la canzone. L'ha improvvisata Lovino, infilandoci dentro quello che prova in un misto di italiano e spagnolo, come gli veniva fuori. Antonio coglie solo una parte delle parole, ma il significato gli è chiaro, cristallino. Quando la canzone finisce, si accorge di star piangendo, ma non importa. Sta già chiamando Lovino.
"Pronto? Antonio?"
"Ti amo anch'io" gli dice, asciugandosi le guance. Lovino tace per qualche secondo, poi sorride, lo spagnolo lo sente da lì che sta sorridendo.
"Ti è piaciuta la musica?" ha un tono dolce, un po' scherzoso.
"Ti amo. Cazzo, ti amo. Tanto"
"Sì... tieniti stretta quella cassetta, non sarò così sdolcinato di nuovo tanto presto ma... ti amo anch'io"
"Non vedo l'ora di riabbracciarti. E baciarti. E dirti che ti amo"
"Sdolcinato"
"Ti amo"
"Ho capito... ti ho detto anch'io"
"Il mio regalo l'hai aperto?"
"Sì..." un album di foto di loro due e foto fatte a Lovino a tradimento per "farti capire quanto sei bello, così che tu riesca a vederti come ti vedo io"
"Ti è piaciuto?"
"Sì"
"Vorrei riempirti di baci"
"Aspetta due settimane"
"Sono troppe"
"L'assenza dà valore alla presenza" sospira Lovino "più staremo lontani, più rivederci sarà bello"
"Sei anche poeta?"
"Oh, no. Per fare la quinta traccia ci ho messo una vita... alla fine ho improvvisato"
"È stupenda"
"Sei l'unico ad averla sentita, sai? Neanche Feli ha potuto. Volevo che... che fosse una cosa nostra" è arrossito, lo si capisce da suo tono di voce"
"È una cosa bellissima, mi amor"
"Sì... se lo dici tu"
"Sono così orgoglioso di te"
"Mh... adesso mi fai commuovere però" ridacchia "con tuo fratello com'è andata a finire alla fine?"
"Oh, non riesce a guardarmi in faccia. Pensa che sia un maniaco o cose simili"
"Ricordiamoci di chiudere a chiave quando lo facciamo. Non mi va di farmi beccare"
"Certo. Nessuno ci deve interrompere"
Lovino sente i brividi a quella frase.
"Domani a che ora ti svegli?"
"Presto. Devo aiutare ad allestire il pranzo di Natale. Inizieremo alle dieci e finiremo alle otto, se tutto va bene"
"Dieci ore di pranzo?"
"Dici che sono poche?"
Antonio ride. Ah, è proprio innamorato "no..."
"Tu?"
"Boh. Non ho grandi programmi. Mangerò con mio fratello e boh, forse mio padre"
"Ti porto su un po' di avanzi"
"Va bene. Vai a dormire, piccolo. Ci sentiamo domani, mh?"
"Okay. Buonanotte"
"Buonanotte amore mio"

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Capitolo 16
*** Interludio- Famiglia III ***


Romolo guida per le strade sterrate, fischiettando. Accanto a lui, sul sedile del passeggero, ci sono due regali per i suoi nipotini, un libro sull'Antica Roma per il maggiore e un orsacchiotto per il minore. Come qualsiasi nonno, d'altronde, vuole viziarseli un po'.
Quando però raggiunge la casa di sua figlia Caterina, l'orrore lo stravolge, perché il tetto della casa è crollato completamente.
Inchioda e si precipita fuori dalla macchina, ignora i richiami dei vicini di casa e corre dentro. No, no, no, non può essere. Quello che era l'ingresso è quasi integro, le scale che portavano alle camere dei bambini sono crollate, una trave è caduta e sbarra la porta che conduce in salotto.
Romolo cade a terra, devastato dal dolore. A una distruzione simile, nessuno potrebbe mai essere sopravvissuto. Sua figlia... i suoi nipotini...
Sente un suono. Oltre alle sirene, alle urla che lo chiamano, al battito furioso del suo cuore, Romolo sente il pianto di un bambino.
"Nonno!"
"Lovino!" proviene dal salotto "siete lì? State bene?"
"Aiuto!" la voce del bambino trema "ho paura! Aiutaci nonno!"
"Arrivo!" passa sotto alle travi, si graffia la schiena e le mani ma non importa, non importa perché lì, al centro del salotto, terrorizzati ma vivi, ci sono i suoi nipotini, che subito corre ad abbracciare.
"Piccoli miei..." Lovino tiene in braccio il fratellino, che piange disperato, troppo piccolo per realizzare quello che è successo "state bene? Dov'è la mamma?"
"È colpa mia!" urla Lovino, aggrappandosi al nonno, disperato, le guance sporche rigate di lacrime "è colpa mia!"
"Cosa è successo?" l'adulto cerca di calmarlo, senza troppi risultati "Lovino, per favore, rispondimi. Cosa è successo?"
Il bimbo lo guarda, con gli occhi pieni di lacrime e il naso che cola "li ho uccisi" singhiozza.
"Come?" non è una reale domanda, è più un'esclamazione di stupore.
"Ho cantato e... ed è... ed è esploso tutto" piange più forte, il piccolo, si prende la testa tra le mani e urla di dolore, si tira i capelli, batte i pugni a terra, come se con il dolore potesse espiare la sua condanna "mamma e papà sono... sono..." rischia di strozzarsi con le sue stesse lacrime, non riesce a respirare correttamente "per colpa mia!"
"Piccolo..." Romolo lo abbraccia, stravolto dall'orrore perché suo nipote è come lui, ha la stessa maledizione. Un  bambino così piccolo, con un fardello così grande... e lui non ha fatto niente per impedire che ciò accadesse. Ingenuamente ha creduto che, se la sua bambina non aveva ereditato quel marciume, neanche il nipotino lo avrebbe fatto. Lo abbraccia, fortissimo, piangendo a sua volta "perdonami" singhiozza "è colpa mia..."
E ora che succederà?
Romolo ha un brivido. Non c'è tempo per il lutto, deve agire in fretta. Deve proteggere Lovino ora, perché se scoprono cosa è realmente successo, non ci metteranno niente a portarglielo via.
"Lovino, ho bisogno che tu faccia una cosa per me" ci sarà tempo dopo per il lutto "ehi, ehi, respira. È urgente, non abbiamo molto tempo" c'è un'uscita secondaria, d'emergenza, che ha fatto costruire in caso di pericolo. Chiamatelo paranoico, ma lui l'ha fatta la guerra, sa che un tunnel sotterraneo torna sempre utile. Senza particolare grazia, lancia via il tappeto e solleva la botola nascosta. Dà un bacio e una torcia, recuperata dalla cassettiera, al nipotino e lo cala giù "vai sempre dritto, va bene? Ti vengo a prendere. Non avere paura, è sicuro" Lovino, che si è un po' calmato, annuisce e si incammina. Ha paura, ma vuole rendere orgoglioso il nonno, quindi agirà come se non ne avesse.
Romolo risistema il tappeto sopra la botola ora chiusa, stringe tra le braccia il piccolo Feliciano e si incammina fuori, prima che l'intera casa gli cada in testa. Sono arrivati i vigili del fuoco, che lo accolgono e controllano che lui e il bambino stiano bene.
Un'ora dopo, appena quelli lo lasciano andare, va a prendere Lovino.

"Cosa è successo, maggiore?"
"Mio nipote... il più grande, Lovino, è... era una Bella Voce. Ha fatto saltare la casa. Solo il nipote minore è sopravvissuto"
"Ed è una Bella Voce?"
"No. Fate pure tutti i controlli che volete, ma non lo è"
"Li faremo. Ah, e condoglianze per la sua perdita"

"Nonno... dove mi stai portando?" Lovino tiene per mano dal nonno, ma non sa ancora dove stiano andando. Indossa un giaccone scuro e un cappello troppo grande, che lo coprono interamente e visto che è inverno non è molto sospetto.
"In un posto sicuro"

"Salve, madre superiora"
"Vargas. Quindi questo è il demonio?"
"Lovino. Saluta, piccolo"
Lovino guarda l'anziana signora, ma non la saluta. Si nasconde dietro alle gambe del nonno, ha una brutta sensazione.
"Perché siamo qui?" dice invece. Romolo ci ha pensato attentamente prima di  lasciare lì il bambino. Ha pensato a tutte le alternative, casa sua non è sicura, in un orfanotrofio farebbero dei controlli, si è spaccato la testa alla ricerca di una soluzione alternativa, ma l'ha trovata. Si inginocchia davanti al nipotino e gli sorride "sei il mio guerriero, giusto?"
"Nonno, perché mi hai portato qui?" il bambino si guarda intorno, spaventato "non mi piace... andiamo a casa"
"Non possiamo, piccolo. Ci sono delle persone che ti stanno cercando, che vogliono farti del male. Qui non ti troveranno, è un posto sicuro. Verrò a trovarti appena potrò, lo giuro"
Lovino sta per piangere di nuovo, si vede "no, per favore, portami con te, sarò un bravo bambino, giuro!"
A Romolo si spezza il cuore, ma è la cosa migliore.
"Siamo in una situazione delicata, piccolo. Vorrei tanto, tanto portarti con me, lo sai. Ormai sei un ometto, no? Ho bisogno che tu ti comporti da coraggioso. Verrò a prenderti presto, appena sarà abbastanza sicuro"
Lovino ha gli occhi lucidi, ma annuisce. Osserva il nonno che se ne va in silenzio, per quanto vorrebbe invece corrergli dietro e farsi portare via.

"Nonno!" Lovino sorride per la prima volta da settimane e corre incontro al nonno, gettandoglisi tra le braccia. Romolo ride e lo abbraccia, sollevandolo per aria per fargli fare una giravolta, come quando era ancora più piccolo e come fa ancora con Feliciano "ecco il mio ometto! Stai diventando pesante, sei più alto?"
Lovino annuisce "sì! Prima non riuscivo ad arrivare al tavolo, ora sì"
"Wow!" gli hanno rasato la testa, nota Romolo "hai cambiato taglio o sbaglio?"
Il sorriso di Lovino si spegne "sì... dicono che così non serve sprecare sapone per lavarli e... e che i capelli sono una vanità che non merito"
Romolo si morde la lingua per non imprecare e sforza un sorriso "sai, i capelli rasati piacciono tanto alle ragazze. Ti salteranno addosso appena sarai più grande"
"Ma la madre superiora dice che nessuno mi amerà mai" risponde quello, con tutta l'innocenza del mondo.
Dio, cosa non farebbe per trovare un altro posto, uno qualsiasi, per lasciarci il nipotino "be', si sbaglia. Guardati, sei bellissimo, intelligente e buono. Come si fa a non volerti bene?"
Lovino fissa una statua della Madonna alle spalle del nonno "sono un mostro"
"Smettila di dirlo. Non è vero"
"Invece sì"
"No"
"Sì
"Ascoltami. Il tuo corpo è un contenitore, capisci? Quello che conta veramente è quello che hai qui" gli tocca il petto "e qui" gli accarezza la testa "ovvero un cuore buono e una testa sveglia"
"E il demonio"
"Smettila. Non hai il demonio dentro di te. Non esiste il demonio"
"Sono io il demonio"
"Tu sei un bambino, Lovino"
"E ho ucciso la mia famiglia"
Romolo ci mette qualche secondo a riprendersi. Si morde l'interno della guancia per non piangere e si sforza di sorridere "non li hai uccisi. È successo per sbaglio"
Lovino annuisce, anche se non sembra convinto. Romolo si ricorda di qualcosa.
"Ti ho portato un regalo"
Gli occhi del bambino si illuminano per la curiosità "che cosa?"
Romolo gli porge una scatola di cioccolatini "guarda qui"
Lovino torna a sorridere. A ben vedere, gli manca un dente.
"Hai perso un dente o sbaglio?"
Lovino serra le labbra, colto sul fatto "sì..."
"Stai proprio diventando grande! La prossima volta che vengo ti porterò un regalino per festeggiare, ti va?"
"Sì!" scarta un cioccolatino e subito se lo mette in bocca, con il sorriso più grande del mondo "Feliciano come sta?"
"Bene, bene. Sta imparando ad andare in bicicletta"
"Oh!" Lovino si incupisce leggermente. Avrebbe tanto voluto essere lui a insegnarglielo "hai una foto?"
"Certo" Romolo prende il suo portafoglio e ne tira fuori una foto di Feliciano che sorride alla fotocamera, insieme ad un'altra in cui lo si vede seduto sul sellino della bicicletta, ancora con le sicure, tutto concentrato sulle mattonelle del parco davanti a lui. Lovino le guarda entrambe, incantato "vuoi tenerle tu?"
Il bambino guarda il nonno con gli occhi pieni di meraviglia "posso?"
"Certo" Romolo gli spettina i capelli che non ci sono, ridendo. Lovino lo abbraccia, vorrebbe piangere ma si trattiene. Deve fare l'adulto, l'ha promesso.

"Arrivederci signor Vargas"
"Arrivederci madre superiora" Romolo esce dal convento, poi si gira "una cosa... evitate di colpevolizzare mio nipote per quello che è successo. L'ho visto molto giù. So che un convento non è un posto dove farlo giocare per bene, ma magari evitate di... come dire? Farlo stare male"
La madre superiora annuisce "certamente. Arrivederci" chiude la porta.

Uno schiaffo. Il bambino cade a terra per l'impatto e scoppia a piangere per il dolore.
"Non fare la spia con il signor Vargas!" urla la madre superiora "ingrato figlio di Satana, sputi su tutto quello che stiamo facendo per te lamentandoti!"
"Mi scusi!"
"Non parlare! Non cercare di ammaliarmi con i tuoi malefici!" gli tira un calcio "silenzio!"
Lovino si rannicchia su se stesso, attento a coprirsi il viso con le braccia. L'ultima volta non l'ha fatto e, per la botta, ha perso il primo dente da latte.
Tiene strette al petto le foto di Feliciano, cercando di consolarsi con esse. La madre superiora, purtroppo, le nota e gliele strappa.
"No!" disperato, il piccolo cerca di riprendersele, ma quella le getta nel fuoco, davanti ai suoi occhi "NO!"
Si inginocchia davanti alle fiamme e ci infila le manine, cerca di recuperarle ma ormai è troppo tardi, si sono carbonizzate.
"Bravo! Metti pure le mani nel fuoco dell'Inferno! Vedrai che non ti farà male" ghigna la vecchia, crudele. Lovino tiene in grembo ormai solo cenere, cenere per la quale si è ustionato le mani. Una suora gliele curerà, solo perché, se fossero rimaste sfregiate, Romolo si sarebbe insospettito.

Romolo sta guidando verso Napoli, canticchiando una canzone che sta passando alla radio. Ha degli affari lì, scende ogni mese per controllare, da quattro anni ormai. Sì, è una scusa per andare a trovare il nipote.
Sospira, non è facile. Lovino ha negli occhi una tristezza perenne, e vedere e rivedere lo sguardo della sua Caterina così pieno di tristezza è qualcosa che lo uccide. E, soprattutto, lo uccide dover mentire ogni volta.
"Quando mi porti via, nonno?" chiede, sempre, l'ormai dodicenne, e ogni volta Romolo gli deve mentire.
"Presto" ripete, ma è una bugia, una bugia enorme, perché Lovino lì ci dovrà rimanere a vita.
No, non ce la fa a mentirgli di nuovo.
Al primo autogrill fa inversione e torna indietro.

Lovino è seduto sulla porta del convento, sui gradini per la precisione, ad aspettare il nonno, che non arriva. Il sole è tramontato da un pezzo, dov'è finito?
"Rientra" ordina una suora, e suo malgrado il ragazzino è costretto ad obbedire. Tiene la testa bassa, triste.
Una novizia, che ancora lo vede come un essere umano, gli accarezza la testa rasata e si sforza di sorridergli "avrà avuto un imprevisto. Sono sicura che domani verrà"
Lovino annuisce, ma non ci crede. Sono tre mesi che il nonno non viene, sessantadue giorni per la precisione.
Ormai non verrà più, lo sa.
Ha allontanato anche lui.
Evita la mensa come la peste e va direttamente nella sua cella, tanto a chi importa?

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Capitolo 17
*** Parte dieci ***


https://youtu.be/i97_N9xJ0Bg
"Auguri amore!" Lovino sgrana gli occhi. Oh no, no no no. L'ultima volta che ha sentito quelle parole...
E infatti: Antonio l'ha preso in braccio, abbracciandolo davanti a tutti. Lovino non lo insulta solo perché il bastardo ha la lungimiranza di occupargli la bocca in altri modi.
"Oggi sei maggiorenne!" sorride, lo spagnolo, mettendolo giù.
"Come fai a sapere che oggi compio gli anni? Non te l'avevo detto..."
"Tuo fratello"
"Quella piccola merda me la pagherà"
Antonio lo stringe, questa volta lasciandogli i piedi sul pavimento scuro del corridoio, e lo bacia "non sei felice?"
Lovino sogghigna "tu dovresti esserlo. Adesso che sono maggiorenne anch'io, non ti potranno più denunciare per pedofilia"
Lo spagnolo si imbroncia. È adorabile "non è pedofilia. Hai superato l'età del consenso da un bel po' e..."
"Sì sì, inventati pure delle scuse" Lovino lo bacia sulla guancia "se mi organizzi una festa a sorpresa ti eviro"
"Una sorpresa te l'ho preparata in effetti" il diciannovenne bacia l'ormai diciottenne per qualche secondo, ingabbiandolo contro la parete bianca alle sue spalle, prima di continuare la frase "stasera dormi da me?"
"Vabbuò"
"Perfetto" controlla l'ora e si allontana, imbronciato "devo andare, querido. Ci vediamo più tardi"
"Seh. Ciao"

"Allora Antonio, come va?"
"A posto direi. Le cose con Lovi vanno così bene che non mi sembra vero"
"Ti va di parlarmene un po' nel dettaglio?"
"Oh sì" adora parlare di Lovino, è uno dei suoi argomenti preferiti, e il divanetto della psicologa è un posto molto comodo per farlo "oggi è il suo compleanno, stasera viene da me. Voglio che sia un'occasione speciale, se lo merita"
"Vi amate tanto"
Non gli è stata posta una domanda, ma Antonio risponde comunque "sì. Darei la vita per lui"
La psicologa ha un'espressione un po' triste, quasi combattuta.
"Sta bene?" premuroso, dolce Antonio, sempre a preoccuparsi di chi ha intorno.
"Sì sì, ho solo un po' di pensieri, non ti preoccupare. Con la tua famiglia?
"Con mio fratello mi sento spesso, almeno un paio di volte a settimana"
"I tuoi genitori?"
"Si fanno la loro vita. Non mi hanno neanche chiesto di conoscere Lovi... la cosa mi fa stare male" aggiunge, prevedendo la domanda solita "vorrei che vedessero che sto con un ragazzo fantastico, o che almeno gli interessasse sapere che non sono fidanzato con un teppista spacciatore o che so io"
La psicologa gli stringe la mano. Le sue sono calde "so che è difficile, ma prova a non pensarci. Goditi la tua vita, se vorranno farsi vivi lo faranno"
"Sì... credo di sì. Ci proverò. Per oggi credo che basti così" Antonio sorride, si alza dal divanetto e le stringe la mano "la ringrazio, dottoressa, è fantastica come sempre"
"Figurati, è il mio lavoro, non ho fatto niente di che" sembra più tesa del solito. Ad Antonio sembra quasi di sentirla sussurrare un "mi dispiace" prima di uscire dallo studio.
Si chiude la porta alle spalle, chissà se Lovi ha da fare, la seduta è durata meno del solito e ha voglia di stare con lui. Si incammina verso la biblioteca, di solito lo trova lì a leggere qualche tomo illeggibile, ma dopo pochi passi, meno di una decina da quando è uscito dallo studio, direi meno di cinque addirittura, quando sta per prendere il telefono per chiamare Lovino e chiedergli dove sia, un'esplosione devasta tutta l'ala est dell'edificio, producendo un trambusto che sembra sentirsi persino nello spazio. Antonio non lo sente però, non che sia sordo, e non è neanche in un'altra galassia o pianeta, solo che be', sapete, l'onda d'urto o cose simili lo ha sbalzato via, e ora è riverso a terra, privo di coscienza per il colpo.

Lovino prende in braccio una ragazzina del primo anno rimasta nell'incendio e corre a portarla fuori, poi torna dentro il corridoio disastrato e va a cercare altre persone. Ci sono altri volontari, maggiorenni ovviamente, che si stanno buttando nell'incendio per salvare chi si riesce in attesa che arrivino i vigili del fuoco, e non sembrano finire mai: ogni volta che trovano degli studenti, ritornano dentro e ne trovano altri e altri ancora. L'incendio vero e proprio è in una stanza sola e loro si limitano ai posti vicini all'esplosione, dove ci sono dei feriti che non riescono a camminare magari, potrebbe essergli caduto qualcosa addosso o potrebbero essere caduti loro a terra, ma che sono ancora vivi e rischiano di restare intrappolati quando l'incendio si espanderà.
"Ce ne sono altri?" chiede a un ragazzo con la gamba rotta che un altro, dell'ultimo anno anche lui, sta portando via.
"C'è... c'è un ragazzo davanti alla porta della classe. È stato sbalzato dall'esplosione, non so se sia vivo"
"Vado a vedere" lo lascia andare e corre. Un dubbio, un dubbio atroce lo sta perseguitando, perché Antonio era in quella zona al momento dell'esplosione, perché non lo ha visto in giardino con gli altri né tra i feriti che hanno già portato via. Ingoia il groppone che gli blocca la gola e si avvicina il più possibile alla stanza. Il fumo non gli permette di vedere, quasi non riesce a respirare, ma continua a procedere. Una trave per poco non gli cade addosso, ma non importa, perché intravede una figura stesa a terra. La afferra per la parte più vicina che trova, e lo trascina via, non è un bel modo o un modo sicuro ma è l'unica cosa che riesce a fare, quando saranno più tranquilli controllerà chi sia e come sta. Questo tizio pesa, non ha il coraggio di voltarsi a guardare chi sia, va solo avanti finché non arrivano nel giardino della scuola, dove si riesce a respirare più o meno bene.
Crolla sull'erba secca, inspira una bella boccata d'aria abbastanza pulita, di sicuro più di quella dentro la scuola, ed espira. Porca troia se quel tizio è pesante.
No, non ce la fa a girarsi a controllare chi sia.
Gilbert e Francis, anche loro tra i soccorsi, accorrono e dalle loro facce Lovino capisce, anche se non vorrebbe. Si gira a guardare, tremando in maniera incontrollata, neanche se ne accorge, smette nel momento che si rende conto che sì: quello è Antonio.
La stanza esplosa è quella della psicologa, d'altronde, e lui se ne stava andando proprio quando era saltato tutto.
Lovino si inginocchia per terra e si posa la testa del suo ragazzo in grembo. Gli accarezza i capelli pieni di fuliggine, quando passa le mani sotto alla nuca se la ritrova sporca di sangue secco, deve aver battuto la testa, e il viso ricoperto di cenere, chissene fotte dello sporco, tanto ne è ricoperto anche lui, ne è impregnata l'aria che puzza di cenere, il mondo intero è sudicio se è successa una cosa del genere.
Francis e Gilbert intanto controllano freneticamente come stia il loro amico, dove sia ferito e, soprattutto, se sia vivo. A Lovino non serve controllare, lo sa già.
Antonio è morto. Lo sente, sente che in quel corpo non scorre più vita, eppure è calmo. Posa le dita sulle sue labbra e una lacrima gli scorre sulla guancia, il pensiero di non baciarlo più gli è insopportabile.
Perché, perché, perché, non è giusto, Dio deve aver fatto un errore. Perché la persona più buona del mondo è morta così, all'improvviso, senza un motivo, come l'ultimo degli stronzi? Non una bella morte, non una morte tranquilla, non una morte eroica, forse neanche una morte veloce. Perché?
Non è giusto, ci deve essere stato uno sbaglio. Antonio non è pronto per morire, non è la sua ora, è troppo giovane, ha troppe cose da fare, da provare, non è giusto, non è giusto nel senso vero della parola, non è giusto nel senso che è un errore, uno stupido errore del destino, una svista del Cielo o dell'Inferno. Sì, dev'essere andata così, un angelo si è sbagliato e glielo ha strappato per sbaglio. Uno sciocco, inutile sbaglio a cui si può porre rimedio. Come fa a far loro capire che hanno sbagliato?
Lovino segue l'istinto e comincia a cantare.
Canta dell'amore che prova per Antonio, della gioia che lo invade ogni volta che lo vede e del modo in cui lo bacia, del sapore delle sue labbra e di quanto queste siano leggere e morbide, di quanto bella, gioiosa e piena di vita sia la sua risata e di quanto sia armonioso il suono della sua voce, di quanto sia unico fare l'amore con lui, scoprirsi piano piano, pezzettino dopo pezzettino, rivelarsi come non ha mai fatto con nessuno, e non solo fisicamente, e sapere, sentire, che lui sta facendo lo stesso, e ridere, ridere e ridere con lui, per qualsiasi cosa, solo perché è bello e giusto così, sentirsi dire ti amo e sapere oltre ogni irragionevole dubbio che è vero.
Canta di tutto quello che gli fa provare Antonio, delle farfalle nello stomaco che sente, dei brividi così piacevoli che gli fa venire, di come non riesca a non sorridere quando c'è lui vicino.
Non canta parole, perché non ne esistono per descrivere tutto quello, persino "ti amo" non sarebbe abbastanza. Canta sensazioni, canta sentimenti, canta cose che noi comuni mortali non saremmo capaci di cantare, ed è uno spettacolo così bello, così straziante che l'intera scuola è in lacrime, ma che dico scuola, l'intero mondo, questo e gli altri, è scosso da un'ondata di disperazione e amore così grande che si scuote, la terra stessa piange, il cielo piove, il mare si placa per chiudersi nel lutto. In lontananza i lupi ululano, le gazzelle si fermano, i leoni non mangiano, l'erba smette di crescere, i fiori di sbocciare, il vento di soffiare. Nulla vive più, come se fosse morto il Sole e la Luna ne stesse piangendo la perdita.
Niente e nessuno può rimanere indifferente davanti a un dolore simile, neanche Dio, neanche Ade, Plutone, Osiride, niente, nessuno, è semplicemente troppo. E come Orfeo, Lovino cerca di riportare il suo amore dall'Oltretomba. A differenza di Orfeo, però, si rivolge al dio giusto.
Gli occhi verdi di Antonio si aprono. Lovino sorride tra le lacrime, ride, e a quel suono tutto riprende vita, un'ondata di gioia si sprigiona e riempe tutto di luce. Gli accarezza la guancia, spaventato all'idea di romperlo, come se Antonio fosse fatto di cristallo, lo pulisce un po' dalla cenere.
"Lovi..." la voce di Antonio è roca per il fumo inalato, parla a mala pena. Quel sussurro infrange il silenzio, crepa la campana di vetro nel quale si erano rinchiusi e lascia entrare uno spiraglio di luce, spiraglio che, una crepa alla volta, devasterà tutta quella campana e riporterà il mondo alla normalità; i cocci di vetro a terra, però, quelli rimarranno eccome, e chi si incaricherà di portarli via? Vanno portati via?
"Shh, va tutto bene, amore. Non sforzarti"
Il mondo intero è senza parole. L'unico suono udibile è la voce di Lovino.
Uno alla volta i primi, coraggiosi personaggi iniziano a tornare alla loro vita. Un venticello osa soffiare, le onde del mare, timide, riprendono a infrangersi contro gli scogli con forza, una gazzella corre, un leone la insegue, un fiore sboccia.
Gilbert è il primo dei presenti a muoversi. Stringe la mano all'amico, la sente calda e scoppia in lacrime dal sollievo.
Antonio cerca di sporgersi a guardarlo ma l'italiano lo tiene fermo, meglio che non si sforzi. Il medico dell'infermeria della scuola accorre a controllarlo e Lovino lo lascia fare senza protestare, in autostrada i vigili del fuoco di riscuotono e si precipitano verso la scuola, le sirene che urlano al vento. Lovino si sente strano. Sa di aver appena compiuto un miracolo, ma non lo sorprende la cosa. Sente solo una gran pace: Antonio è tornato in vita, l'errore è stato corretto, tutto è al suo posto.
Feliciano è corso accanto a lui, gli stringe le guance tra le mani per controllare come stia, Lovino gli permette di acquietare le sue ansie ma continua a tenere d'occhio Antonio, che viene sistemato su una barella e portato su una delle ambulanze appena arrivate. Senza una parola, chissà che potrebbe combinare la sua voce, si alza, si spolvera i vestiti pieni di cenere e sale sull'ambulanza dietro ai medici, che lo lasciano fare. Seduto accanto alla barella con Antonio sopra, gli stringe la mano e parla con lui per tenerlo sveglio, come se niente fosse successo, e in fondo è così. Antonio è vivo, va tutto bene, è tutto al suo posto, tutto è perfetto.
"Cosa è successo, Lovi?" gli chiede lo spagnolo "ero... ero dalla psicologa e... e quando sono uscito ho... ho sentito un gran botto, poi niente e quando apro gli occhi ti vedo"
Lovino valuta se dirgli la verità o no; forse non è abbastanza in forze da sopportarla, e d'altronde non saprebbe di preciso cosa dirgli "te n'eri andato e ti ho riportato indietro"
"Andato dove?"
"Lontano. Dove non dovevi andare, non ancora"
"E adesso cosa succede?" gli mettono il respiratore, ha inalato troppo fumo. Lovino lo bacia sulla fronte.
"Adesso ti cureranno" e poi chissà. Non pensa alle conseguenze di quello che ha fatto, non gli importa. Ha fatto quel che andava fatto, niente di più, niente di meno "e poi non lo so"

Romolo corre per i corridoi bianchissimi dell'ospedale, sa che Lovino è lì, glielo ha detto Feliciano. Tra poco verranno a prenderlo, è questione di tempo.
Arriva nella stanza di Antonio e lì ci trova suo nipote, seduto al fianco del paziente a stringergli la mano. Un uomo in soprabito scuro gli sta parlando, non ha per niente l'aria di un medico.
"Chi cazzo sei?"
L'uomo, un mediorientale sulla trentina, turco forse, sorride "un amico" guarda Lovino "sai come contattarmi" e se ne va senza aggiungere niente, scompare nell'aria dall'insistente odore di disinfettante. Prima che Romolo riesca a fermarlo, se n'è andato.
"Lovino! Lovino, te ne devi andare, mi senti? È pericoloso, ora che sanno di te ti verranno a prendere. Odiano quelli come te, ti ho già nascosto due volte, ma questa non posso, tutti sanno, tutti ti hanno sentito e..."
Lovino lo guarda. La pupilla è stretta, l'espressione vuota "non lascio Antonio"
"Stai mettendo a rischio la tua vita! Ti studieranno, ti sbatteranno da qualche parte e ti faranno degli esperimenti che... mi stai ascoltando?!"
"Non lascio Antonio" che, per la cronaca, sta dormendo, ma respira. Il suo stomaco si alza e si abbassa in maniera così regolare che è un piacere per gli occhi.
"Lovino! Non c'è tempo, stanno per arrivare"
"So come difendermi"
"Non è vero. Abbiamo poco tempo cazzo, ti vuoi muovere?"
Lovino sospira. La sua voce è una coltellata "nonno, perché sono quello che sono?"
"Ti sembra il momento?!" il nonno vorrebbe scuoterlo, afferrarlo e trascinarlo via, ma qualcosa lo blocca. Il ragazzo sembra emanare un'aura quasi divina, intoccabile. Romolo cede, se gli dà quello che vuole dopo lo seguirà, o almeno lo spera "le Belle Voci sono persone che vengono benedette dalla voce di un angelo. Non si sa perché succeda, non si sa come o per quali motivi venga scelto chi viene scelto, ma succede"
"Lo sei anche tu, vero?"
"Io- sì. Come lo sai?"
"Lo so e basta" il ragazzo chiude gli occhi "non mi faranno passare liscia questa cosa, vero?"
"No"
"Ho solo fatto quel che era giusto. Il giusto flusso degli eventi è che Antonio viva" accarezza la mano del ragazzo in questione mentre parla "non so perché ma è così"
"Non ho mai sentito di una Bella Voce che abbia riportato qualcuno in vita. Guarito i malati sì, ma non di più"
Un sorriso amaro colora le labbra di Lovino "lo sai che noi Vargas dobbiamo sempre eccellere in tutto" il ragazzo si alza in piedi "le cose peggioreranno, vero?"
"Temo di sì"
Lovino annuisce come se si fosse già immaginato la risposta. Stampa un bacio sulle labbra del suo amore, un breve quanto necessario commiato, e si gira verso il nonno "stanno arrivando. Salutami Feli" l'uomo sbatte le palpebre e il nipote è scomparso, per l'ennesima volta, sfuggente come acqua tra le dita aperte.
Un secondo dopo le guardie nazionali sfondano la porta.

"Antonio!" Gilbert e Francis corrono ad abbracciarlo, preoccupati e apprensivi come una brava famiglia. Lo spagnolo si è svegliato da poco ma sta bene. I medici non sanno spiegarselo, eppure è lì, vivo, con una ferita alla testa che avrebbe ucciso chiunque, e che l'aveva effettivamente ammazzato, perfettamente rimarginata, senza alcun danno al cervello o a qualsiasi altro organo vitale. Pensa, ragiona, è cosciente e sta bene, tutto è nella norma, nessuna irregolarità. Semplicemente un attimo era morto e quello dopo no, come se si fosse divertito a saltare da una parte all'altra come un marmocchio che salta la corda.
"Come stai?"
Antonio alza le spalle "tutto bene. Sono solo un po' intontito"
"E ci credo!"
"I medici che dicono?"
"Che sto bene. Ho inalato del fumo ma la cosa non sembra avere effetti particolari, non ho problemi al cervello a giudicare dagli esami e... e niente. È come se non fosse successo nulla"
Francis e Gilbert si guardano. Meglio essere cauti su quel che gli diranno "ti ricordi qualcosa?"
"No. Stavo uscendo dall'ufficio della psicologa e poi ho visto tutto nero. Dopo ho aperto gli occhi e c'era Lovino"
"Oh. Ehm" Francis si tormenta le mani, a disagio "non so come dirtelo ma..."
"Eri morto" sputa fuori Gilbert "poi Lovino ha cantato e... e c'era questa... quest'ondata di energia che..."
"Ha fatto stare male tutti. È stato come se tutti avessimo perso la persona che più amavamo al mondo. Non... non so come abbia fatto, ma sei qui, vivo"
"Ora dov'è Lovino?" interviene Gilbert "è venuto con te in ospedale, dove..."
Antonio si fa scuro in viso "se n'è andato"
"Andato dove?"
"Via. Non mi va di parlarne"
"Oh, ehm, va bene. Sicuro di stare bene?" Francis scosta i capelli dalla fronte dell'amico.
"Sicuro"
"Com'è dopo la morte?" interviene Gilbert, curioso. Francis lo guarda male.
"Ti sembrano domande da fare?" sibila, ma Antonio non sembra a disagio per la domanda.
"Ricordo solo che era tutto nero"
"Sembra noioso"
"Te l'ho detto, un attimo ho sentito un botto e quello dopo mi sono svegliato per terra"
"Riesci a camminare?"
"Sì. Sto bene. Solo un po' di mal di testa"
Gilbert sospira "scusa se ti abbiamo lasciato qui solo per due settimane. Non ci facevano uscire dall'istituto, anche se siamo maggiorenni per ragioni di sicurezza o che so io"
"Stanno iniziando a fare discorsi assurdi" sussurra Francis "sul fatto che le Belle Voci siano pericolose e che dovremmo starci alla larga, anche con la violenza se serve"
"Be', hanno ragione"
Francis e Gilbert si guardano, come a chiedersi senza dirlo "l'hai sentito anche tu o sono scemo io?". Gilbert si azzarda a parlare.
"Amico... stai con una Bella Voce da quanto, quattro mesi? Cinque?"
"Okay, ma oggettivamente lo sono. Hai visto il terremoto che ha causato Lovino, per poco non ci uccideva tutti. E l'incidente di due settimane fa... non so, non mi stupirei se l'avesse causato lui per sbaglio"
"Non era neanche nelle vicinanze! Perché avrebbe dovuto far esplodere mezzo istituto?" ribatte Francis, basito "e ti ricordo che ti ha salvato letteralmente la vita"
Antonio esita "non è giusto. Immagina se se ne andasse in giro a far risorgere la gente a caso. Sarebbe il caos. La natura non dice questo"
"Non potrebbe. Quel canto era... era molto personale. Ha funzionato solo nel tuo caso"
"Quindi mi risorgerebbe in eterno? Non ci tengo ad essere immortale"
"Ma neanche a morire a meno di vent'anni, suppongo" sibila Gilbert, acido.
"Sentite, non sto dicendo che le Belle Voci andrebbero sterminate o cose simili, solo... controllate. Potrebbero essere pericolose per gli altri e per loro stesse"
"A me sembra tanto un modo per schiacciare una minoranza con la coscienza pulita" ribatte Francis.
"Non voglio schiacciarli! Solo tenerle d'occhio"
"L'hai presa proprio forte la botta in testa, Antonio" commenta Gilbert. Afferra il biondo per un braccio "dobbiamo andare, tra poco abbiamo il pullman per tornare a scuola. Ci si vede"
"Ciao ragazzi! Tornate presto"
Francis sospira quando si lasciano la stanza d'ospedale alle spalle "ha qualcosa che non va"
"Decisamente. Che gli si sia sminchiato il cervello?"
"Non lo so. Aspettiamo e vediamo. Magari è un po' stordito ora e con il tempo si riprenderà"
"Speriamo. Non sembrava lui"

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Capitolo 18
*** Parte undici ***


https://www.youtube.com/watch?

 

È passato un mese e no, Antonio non è migliorato, ma d'altronde neanche il resto del mondo l'ha fatto, quindi per lo meno c'è della coerenza.
Il governo di Liber, ma in generaledell'occidente, negli ultimi decenni si è mostrato piuttosto aperto verso le minoranze a onor del vero, d'altronde il parlamento riflette il popolo e nel popolo si stava verificando una certa apertura verso quelli che fino a cinquant'anni prima sarebbero stati gettati negli angoli più remoti della società: neri, omosessuali, transgender...
Poi è arrivata La Novità, ovvero le Belle Voci, e come sempre quando c'è una Novità L'Uomo si caga sotto, e quando L'Uomo si caga sotto arriva Il Politico pronto a sistemare tutto per magia distruggendo La Novità e facendo cose atroci. Quindi, come molte altre volte nella storia, si è andati a fasi.
La prima fase è stata la Negazione Ma Nel Dubbio Stacci Lontano, ovvero: "le Belle Voci non esistono ma devono essere allontanate perché pericolose". E la cosa più scioccante sapete qual è? Che la gente ha pure dato retta ad una prospettiva del genere!
Nel caso di Liber i è partiti con una bella legge, la 3718-bis comma secondo che così recita: qualunque danno perpetrato tramite l'ausilio di una Bella Voce o da una Bella Voce stessa prevederà un'aggiunta di cinque anni alla condanna, aggiunta che con il passare dei mesi è aumentata fino all'ergastolo diretto senza appello.
È interessante notare come ci sia prima il "ausilio di una Bella Voce", come se queste fossero solo delle armi e non delle persone.
C'è però un piccolo problema: la maggior parte delle Belle Voci sono bambini, perché di solito vengono simpaticamente ammazzate appena manifestano i loro poteri, oppure crescendo imparano a reprimerli a tal punto che non si fanno più beccare. La legge vigente prevedeva che i reati dei minorenni ricadessero sui tutori legali. Si è quindi giunti, dopo una settimana, all'aggiunta di un comma alla legge 145-bis-infondoadestra, legge riguardo i crimini perpetrati da minorenni, che così recita: "in caso il crimine sia commesso tramite l'ausilio di una Bella Voce o da una Bella Voce stessa, la pena per i minorenni sarà tale e quale agli adulti e non ricadrà sui tutori".
Sì, questo dopo una settimana. Vorrei farvi partecipi di un particolare: circa un anno prima, per una legge sulla regolamentazione delle emissioni di CO2 da parte delle aziende, ci sono voluti centoundici giorni, diverse confezioni di xanax e qualche bustarella da varie multinazionali. Giusto per dire.
Con il passare del tempo, tragicamente poco in realtà, è sorto un altro problema: la gente, impaurita dai racconti dei media e assetata di sangue come la gente tende ad essere, ha iniziato ha riunirsi allegramente in piazza per picchiare, ferire gravemente o in un caso anche bruciare al rogo una Bella Voce o qualcuno sospettato di esserlo (nel caso del rogo, un ragazzino di undici anni che non c'entrava nulla). Si è quindi entrati definitivamente in un'altra fase, la fase definitiva: Sono Inferiori Meritano Di Soccombere Se Non Lo Fa Il Governo Lo Faremo Noi.
Legge 57891: qualsiasi atto di difesa nei confronti di una Bella Voce è pienamente legittimo e non condannabile. Legge retroattiva.
Quindi sì, dare fuoco a un ragazzino di undici anni in pubblica piazza perché sospettato, ingiustamente, di essere una Bella Voce, secondo la magistratura è Legittima Difesa.
E la sapete la cosa più tremenda?
Che queste leggi vengono generalmente accolte bene, che sono approvate così in fretta perché i partiti sono tutti d'accordo, perché il popolo è d'accordo con quelle leggi e voteranno per dei governi che le faranno. Le poche voci di dissenso non vengono ascoltate, perché la gente ha paura, non conosce e ha paura, e invece di cercare di capire si scaglia contro il mostro sotto il letto con qualsiasi arma in suo possesso, invece di accendere la luce e scoprire che è solo il tuo fratellino piccolo che si è nascosto.
A scuola la situazione è paradossale.
Grosso modo ci si è divisi in due fazioni, ma questo non rende a pieno. Dire "due fazioni" dà l'impressione che questi due partiti siano pari, ma è una falsità.
Il primo partito è quello dei Forti Privilegiati Terrorizzati Figli Di Papà Che Odiano I Mostri Belle Voci E Vogliono La Libertà (Loro) ed è il più ampio. Dentro ci sono tutti quelli d'accordo con il governo.
Poi c'è il secondo partito, più minuto, con quelli che si sono fermati un attimo a pensarci e a dire: "fermi un attimo. Sono persone anche loro", detti anche Checce Comuniste Buoniste dai rivali.
Cosa fa la scuola?
Ovviamente alimenta un dibattito aperto e pulito ricordando agli studenti che no, non è giusto escludere, bullizzare, aggredire o vittimizzare qualcuno per qualsivoglia motivo, anche se Bella Voce, no?
No. Alimenta la violenza, ricordando come le Belle Voci siano Pericolose, Potenti e Picchiabili, mai Persone eh, tutte le P del mondo tranne Persone, e chi dissente va in punizione per Aver Risposto Male Al Docente, o si prende delle sonore Insufficienze, o altre cose simpatiche.
Arthur, Francis e Gilbert sono fieramente della fazione dei perdenti. Antonio è nella maggioranza, e anzi ne è uno dei più ferventi sostenitori.
"Le Belle Voci sono dei mostri" ribadisce "vanno controllati o ci distruggeranno tutti"
E tutti quelli intorno a lui latrano, d'accordo con lui.
Ludwig, piccolo, giovane ingenuo, si lascia condizionare. Per lui gli insegnanti sono i riferimenti assoluti, ha quattordici anni d'altronde, e ciò significa che è tendente alla maggioranza ma è combattuto, perché suo fratello ribadisce il contrario, e allora chi ha ragione?
Feliciano è solo incazzato. Tanta rabbia in un adolescente così piccolo: rabbia perché la gente è stupida e non capisce un cazzo, rabbia perché suo fratello l'ha abbandonato senza neanche lasciargli un fottuto bigliettino, rabbia perché suo nonno si rifiuta di dirgli qualsiasi cosa e lo esclude da tutte le questioni serie, rabbia perché è ferito, tradito da tutte le persone a cui tiene, dal mondo intero, e perché è un adolescente e gli adolescenti fanno così.
In questo clima rilassante e idilliaco, cosa potrebbe mai andare storto?
Tutto. Risposta: tutto potrebbe andare storto. I dibattiti sono all'ordine del giorno, quasi mai sono civili, e le Checce Comuniste Buoniste Radical Chic si ritrovano continuamente gli oggetti personali distrutti, le camere sfracellate e via discorrendo, nella più totale incuranza degli insegnanti. E sì, alcuni professori concordano anche con le Checche ma non vogliono rischiare il posto, hanno delle famiglie a cui pensare, quindi si limitano a tacere. Altri, che invece concordano con la maggioranza, ne approfittano per schiacciare i colpevoli di pietà e raziocinio, crimini gravissimi, quando ristabiliranno la pena di morte per queste cose?, e imporre il proprio dominio ora che ne hanno l'opportunità.
L'essere umano fa proprio schifo, sapete?

"Io li sterminerei tutti!" latra uno studente, figlio di un politico, mai avuto meno di cinquecento euro e una carta di credito superplatino nel portafoglio, maschio, bianco, etero, cis "mettono a rischio tutto quello per cui abbiamo lottato!" l'unica volta che ha visto una protesta ci stava passando vicino in limousine per andare a vedere l'opera con suo padre.
"No, ci abbasseremmo al loro livello" risponde Antonio. L'onda di Ragazze Di Buona Famiglia In Cerca Di Marito annuisce alle sue parole senza neanche ascoltarle, con aria sognante "dobbiamo essere superiori. Loro vogliono la morte e la distruzione, noi daremo loro l'equilibrio e le regole!"
L'intero tavolo della mensa annuisce. Ordine e disciplina suonano bene quando sono gli altri a subirne le conseguenze.
"Ma ti senti quando parli o la botta in testa che hai preso ti ha spento definitivamente il cervello?" urla Francis, stanco di essere maltrattato per la sua opinione dai Maltrattati Per Essere Amanti Della Libertà Oh Poveri Noi Discriminati Per Essere Bianchi Etero Cis E Ricchi "stai parlando di schiacciare bambini innocenti per potertene stare tranquillo a goderti i tuoi diritti e vuoi anche passare per buono? Quanti qui hanno mai avuto l'ombra di un problema? Quanti hanno mai rischiato seriamente la vita? Nessuno, eppure le Belle Voci esistono da secoli, ma siamo ancora qui"
"Perché li abbiamo repressi. Ora vogliono distruggerci tutti!" latra qualcuno. È facile parlare quando si è cento contro uno.
"Vogliono solo avere gli stessi diritti che hai tu. O hai paura che possano rivelarsi migliori di te se li lasci arrivare dove sei?"
Antonio ride "guardatelo, il buonista. So che è brutto, ma è un male necessario. Se vogliamo sopravvivere, dobbiamo estirpare questo cancro alla radice"
Francis guarda l'iberico dritto negli occhi "quindi Lovino è un cancro per te?"
Antonio vacilla, colpito dritto dritto al cuore "che c'entra?"
"Lovino è una Bella Voce, no? Ci sei stato fidanzato per mesi. Non lo sapevi o hai fatto finta? Il "controlliamoli" vale solo quando non te li porti a letto?" ha evitato di giocarsi quella carta finora, per rispetto verso quello che comunque era stato suo amico per anni. Ora però il rispetto è finito.
"Non ne avevo idea" sibila Antonio, sfidandolo a dire il contrario "altrimenti avrei sicuramente fatto qualcosa"
"Ah, davvero?" sta mentendo e lo sanno entrambi, ma va bene, Francis farà il suo gioco e lo lascerà impiccarsi con le sue regole se serve.
"Davvero"
"Eppure mi sembravi innamoratissimo. Giuravi e spergiuravi di volertelo sposare. Cos'è, tutto quell'amore è finito quando si è permesso di salvarti la vita? Perché in caso te lo fossi scordato, se tu sei lì a sparare stronzate è grazie ad una Bella Voce che ti amava"
Antonio ha uno sguardo di supplica negli occhi che Francis non sa e non vuole interpretare. Si rivolge al suo pubblico "non posso amare un mostro, tanto meno uno che mi mente per così tanto tempo"
"Guardami negli occhi mentre lo dici" lo richiama Francis "guardami dritto negli occhi e dimmi che non ami più Lovino, che se te lo trovassi davanti non esiteresti a dargli fuoco"
Antonio lo guarda negli occhi. Inspira, una gocciolina di sudore gli scivola lungo la tempia, espira e lo ripete.
Francis alza i tacchi e se ne va dalla mensa. Neanche si volta quando gli urlano dietro insulti e sputano per terra al suo passaggio, ormai c'è abituato.
Si perde, però, un qualcosa che gli avrebbe dato una soddisfazione enorme: il dolore, il puro, autentico dolore, nascosto negli occhi verdi di Antonio.

"È UN FOTTUTO IDIOTA" Francis scaglia il suo zaino per terra, tira un pugno all'armadio e comincia a fare avanti e indietro per la stanza. Gilbert e Arthur lo guardano senza commentare. Loro due ci hanno rinunciato già da un po', è Francis quello che ha sempre creduto un po' troppo nelle persone "Lovino era la cosa migliore che gli potesse capitare, e ora sputa nel piatto in cui ha mangiato! Ma che cazzo gli è preso?!"
Arthur alza le spalle, scartando il suo pranzo. Ormai mangiano nascosti in camera, hanno risistemato le stanze un paio di settimane fa e messo insieme i cosìdetti Buonisti per "evitare risse tra visioni politicamente opposte". Come se le risse non ci fossero comunque, era solo una scusa per non lasciare delle Checche con il privilegio della stanza singola.
"Forse la morte rende stronzi"
"Com'è possibile che si siano dimenticati di quel che hanno visto?! Abbiamo assistito in prima fila a un fottuto miracolo, e ora prenderebbero a sassate chi l'ha compiuto!"
"Be', hanno messo Gesù sulla croce"
"E LA COSA BELLA È CHE QUESTE TESTE DI MINCHIA SI DEFINISCONO CATTOLICI"
Da quando è cominciata tutta quella situasione Gilbert si è fatto silenzioso. Riflette, medita, si limita a trattenere le bestemmie o tutte e tre le cose.
"Calmati, rana. Urlare non risolverà le cose"
"NIENTE SEMBRA RISOLVERLE. ALMENO MI SFOGO"
"E mi fai venire il mal di testa"
"Fanculo. Raccontatemi qualcosa di divertente, ho bisogno di distrarmi" Francis si lancia a pancia in giù nel letto, seppellendo la faccia nel cuscino con l'aria di Ophelia prima di uccidersi.
Arthur ci pensa, non è che siano successe molte cose divertenti negli ultimi mesi, a meno che non ci si arrischi a considerare tutta quella situazione tragicomica "pensavano fossi una Bella Voce e ho dovuto tirare una nota così stonata da spaccare i timpani per convincerli del contrario ed evitare di venir picchiato. È divertente?"
"È divertente che non abbiano pensato al fatto che anche una Bella Voce possa stonare" brontola Gilbert. Sono le prime parole che pronuncia da un paio d'ore a questa parte "cos'hanno in testa, noccioline?"
"È la paura" Francis stritola il cuscino "è umano avere paura, ma se abbiamo un cervello è perché dobbiamo superarla con la ragione"
"L'umanita fa schifo. Meglio le fatine dei boschi" ribatte Arthur.
"Non esistono quelle cose. Se esistessero, quelle teste di cazzo sarebbero già nel bosco con torcia e forcone a controllare ogni filo d'erba, Antonio in testa a urlare qualche minchiata sull'inquisizione spagnola" risponde Francis. Sospira "è una scena molto divertente. Grazie, mi ha rallegrato l'umore"
"E comunque esistono"
"Spero per loro di no. Fa schifo esistere in questo periodo" e con questa nota felice, Gilbert chiude la conversazione.

"Salve, Maggiore Vargas"
"Oh, sono ancora Maggiore? Non hanno ancora fatto una legge retroattiva che vieta alle Belle Voci di entrare nell'esercito?"
"Non serve il sarcasmo"
"O uso il sarcasmo o vado in parlamento a fare una strage. Scegliete pure con calma"
"Tutta questa faccenda non la riguarda"
"Ah no?"
"No. Lei gode dell'immunità dovuta alle sue azioni militari. Non si preoccupi"
"E mio nipote no?"
"Suo nipote Feliciano non è coinvolto in quanto non è una..."
"Non faccia il coglione, parlo dell'altro mio nipote, Lovino"
"Per lui non è possibile concedere l'amnistia"
"Ovvio. È troppo potente e troppo più intelligente di suo nonno per farsi sfruttare come un'arma per anni"
"L'ho chiamata per garantirmi che non aprirà bocca sui segreti di stato di sua conoscenza"
"Oh certo. Sono proprio invogliato a farvi fare gli ipocriti doppiogiochisti teste di cazz..."
"Feliciano è al primo anno di collegio, giusto? Dormitorio D, stanza 4-C, corretto?" silenzio "le conviene fare il bravo, Maggiore Vargas. Non vuole ulteriori perdite in famiglia, immagino"

"Ehm, ragazzi..."
"Taci" Gilbert schiva l'ex amico e si rinchiude in biblioteca. Francis e Arthur si guardano, perché lo spagnolo li sta degnando della sua attenzione?
"Che vuoi?" dice l'inglese, interrompendo il silenzio.
Antonio si guarda intorno. Sembra nervoso.
"Venite in camera mia alle cinque e un quarto" risponde infine prima di andarsene con aria fintamente indifferente. Certo, è bravo a fingere una camminata sicura, ma qualcosa nei suoi gesti lo tradisce.
"Col cazzo" sbotta Gilbert appena gli riferiscono dell'appuntamento, prima di tornare a immergersi nell'enorme libro che stava leggendo.
Arthur e Francis si guardano.
"Andiamo o no?"
"Sono curioso" ammette Francis "ma potrebbe essere un trabocchetto"
"Ho una mazza da baseball in camera, me l'ha regalata il mio fratellastro"
"Io ho lo spray al peperoncino in tasca"
"Io ne ho le palle piene" brontola Gilbert da dietro il libro.

Toc toc.
Ci vogliono cinque minuti perché Antonio, in mutande, apra la porta con aria assonnata. Francis sobbalza notando il succhiotto e i segni di graffi sulle spalle dell'ispanico.
"Adesso tradisci pure Lovino?!" esclama, scioccato. Sì, okay, ne ha combinate lo spagnolo di recente, ma Francis ha pensato che almeno avesse avuto la decenza di aspettare prima di scoparsi il primo o la prima di turno. Antonio li riconosce, sgrana gli occhi, sorride, li afferra per le rispettive magliette e li trascina dentro, chiudendo la porta a chiave. Pessimo segno. Francis tiene la mano serrata sullo spray al peperoncino che nasconde nella tasca dei jeans.
Qualcuno si agita tra le lenzuola sfatte del letto di Antonio. È sdraiato sulla pancia, per cui Francis vede solo la schiena nuda, ricoperta di sottili cicatrici bianche, e i capelli castani. Antonio si siede accanto alla misteriosa figura e gli stampa un bacio sulla testa "querido, sono arrivati"
Francis e Arthur si guardando. C'è solo una persona che Antonio chiamava querido.
Lovino si gira e li guarda, stropicciandosi gli occhi con l'aria di essersi appena svegliato, e a ben pensarci è così. Francis urla e gli punta contro il dito "È VIVO! È... È QUI! Oh mio... Oh mio Dio, Antonio ma si può sapere che cazzo stai combinando?! Tieni il piede in due scarpe?!"
Lovino si mette seduto e Antonio non esita ad abbracciarlo e a stringerselo contro, baciandolo sulla fronte. Una situazione così comune, così normale, Francis li aveva visti comportarsi così un miliardo di volte, più vestiti di solito ma non è quello il punto, che è quasi surreale in tutto quel disastro.
"Ah ma quindi eri serio?" Antonio inclina la testa, confuso "pensavo che tu e Gil l'aveste capito"
"CAPITO COSA?! CHE SEI UN FOTTUTO IPOCRITA?"
"Che stavo fingendo..." lo spagnolo si imbroncia "cioé credete davvero che io pensi quelle cose?"
"Non lo so, Antonio, le ripeti da un mese a questa parte, cosa dovremmo pensare, che ti scopi Lovino mentre fuori dici peste e corna di lui?!" Francis è ormai isterico.
Lovino guarda il... suo ragazzo? con aria contrita "cos'è che dici di me?"
Quello alza le mani con aria innocente "fa parte della copertura, giuro!"
"Copertura? Parli di quella che dovreste avere addosso, visto che tu hai addosso solo le mutande e ho come la sensazione che Lovino sotto quel lenzuolo sia nudo?" sbotta Arthur, che non ha distolto lo sguardo da Lovino un secondo da quando è entrato in quella stanza, con la faccia di chi abbia appena visto un fantasma. In loro difesa, Antonio indica l'orologio.
"Siete in anticipo. Avevo detto cinque e un quarto. Per quell'ora saremmo stati presentabili"
"QUALCUNO CI SPIEGA CHE CAZZO STA SUCCEDENDO?!" strilla Francis.
Lovino si appoggia alla testata del letto e sbadiglia "giusto. Volete la versione lunga o quella breve?"
"La verità! Voglio la verità!"
Lovino annuisce "ottima scelta. Uhm, dunque... al momento sono ricercato in non so quanti paesi, quindi sarebbe carino se non diceste che sono qui. La stanza è insonorizzata, quindi urlate pure quanto vi pare. Quando ero in ospedale con 'Ndonio, dopo il... l'incidente, è venuto un tizio, vi risparmio il come lo conosco perché è una storia assurda e non lo so bene neanche io, fatto sta che 'sto tizio è una specie di mago"
"Mago" ripete Francis.
"Seh. Avete presente folletti, gnomi, unicorni e compagnia bella? Sì, ecco, esistono, solo che poi abbiamo iniziato a sterminarli e hanno avuto la saggia idea di levarsi dai coglioni e andarsene in un altro pianeta, per farla breve. Non è proprio un pianeta, ma non sto a rompervi le palle con i tecnicismi perché non li ho capiti manco io. Solo che, uhm, le Belle Voci nascono a caso sulla Terra, non è una cosa che si trasmette dal sangue, capite? Se uno ha i genitori unicorno nasce unicorno, ma se uno ha i genitori Belle Voci non nasce Bella Voce, quindi noi abbiamo continuato a nascere a cazzo di cane sulla Terra. Solo che mo' nell'altro, uhm, mondo vogliono tornare sulla Terra, e quindi stanno facendo un po' di casini, per questo sono stato mandato in questa scuola, per questo, visto che non stava succedendo niente, hanno fatto quasi crepare 'Ndonio... o crepare, effettivamente. E niente, eravamo con questo tizio che ci ha spiegato tutta questa pappardella e, mh, mi ha offerto un lavoro in cambio di, sapete no?, protezione. In breve è pieno di Belle Voci sparse per il mondo, quindi stanno un po' cercando di recuperarle in giro e riunirle in uno di questi altri mondi... diciamo più mondi paralleli, per tenerle al sicuro, e, uhm, io gli sto tipo insegnando a controllarsi eccetera. 'Ndò ha insistito nell'aiutare e fa sostanzialmente da spia"
Antonio sorride e bacia la spalla di Lovino "sto un po' mandando a rotoli le cose. Volevano fare irruzione nelle vostre camere e fare cose non molto belle, ma li ho fermati, e ho mandato a monte altre cose senza che se ne accorgessero. È divertente"
"Perché ci dite tutto questo?" interviene Arthur "potremmo tradirvi"
Lovino lo guarda, serio "sto imparando parecchie cosette. Oltre a tutte le fottute canzoni Disney, anche degli incantesimi. Posso farvi dimenticare tutto quanto, se serve"
"E perché avete deciso di dircelo?" aggiunge Francis.
"Se volete, potreste aiutarci. 'Ndonio ha detto che siete molto contrariati da tutta la, ehm... situazione attuale"
"E rivoglio i miei amici" brontola Antonio "non mi piace farmi odiare da voi"
"Dovrete continuare a fingere in ogni caso" gli ricorda Lovino.
"Sapere di star fingendo è un'altra cosa"
Lovino alza le spalle "finché non fate casino mi va bene tutto"
Francis e Arthur si guardano. Breve conversazione muta.
"Cosa vi serve?"
Lovino si concede un piccolo sorriso soddisfatto "ci sono due Belle Voci bloccate in Francia. Ci serve che qualcuno vada a recuperarle. Io non posso rischiare, 'Ndò è bloccato qui e gli altri sono impegnati. Questi due sono nascosti al momento in un orfanotrofio nostro alleato, ma non ci potranno rimanere a lungo. Dovete andarci, consegnare loro una cosa e poi andarvene senza farvi notare"
"Cosa dobbiamo consegnare?"
"Queste" Lovino gattona fino al bordo del letto, grazie al cielo il lenzuolo che ha addosso non cade, si china a raccogliere una borsa di pelle, ci fruga dentro e solleva due piccole biglie colorate. I colori sembrano cambiare: verde, blu, giallo... "se le stringete in mano e le rompete, vi portano dove teniamo le Belle Voci" le infila in un sacchettino tutto ricamato preso dalla sacca, ci posa le labbra sopra e mormora qualcosa "ci ho fatto mettere sopra un botto di maledizioni, per cui solo una Bella Voce può aprirlo senza farsi ammazzare e distruggere le biglie, quindi attenti. Non dovrebbero beccarvi, ma in caso..." consegna loro due bastoncini di vetro contenenti del fumo rosso "spezzateli e sapremo che siete in pericolo, e anche chi e come li avrà rotti. Vi manderemo qualcuno. Accettate?"
I due si guardano di nuovo, c'è un'altra breve conversazione muta prima che annuiscano.
"Bene. Domani partite per le vacanze, giusto? Guarda caso, proprio nella zona dove c'è l'orfanotrofio abita la vecchia Muriel, zia di Francis"
"Ma io non ho una zia di nome Muriel"
"Ora sì. Sorpresa. Hai una scusa per andare lì"
"E io che c'entro?" Arthur guarda spaesato l'italiano "ho una zia Muriel anch'io?"
"Oh no" Lovino sorride con aria maligna "tu andrai con lui perché il caro Francis, molto devoto alla famiglia, vuole presentare alla vecchia zia Muriel il suo nuovo ragazzo"
"Il suo che?!"
"Non stiamo insieme! Nessuno ci crederà" ribatte Francis. Antonio sorride con aria colpevole.
"Potrei aver sparso in giro la voce da qualche tempo, e, be', state sempre appiccicati, quindi ci credono tutti"
I due spasimanti guardano malissimo lo spagnolo.
"Bene! Avete l'aereo domani alle otto" Lovino infila tutto il materiale in un'ulteriore borsa, mormora qualcosa e la consegna a Francis "questa sarà invisibile a tutti meno che a voi due e a me. State attenti e grazie di tutto"
Francis si sporge ad abbracciarlo. Lovino sgrana gli occhi, questo non se lo aspettava, ma gli dà qualche pacca sulla spalla.
"Grazie. Pensavo di aver perso per sempre il mio migliore amico"
Antonio allarga le braccia "e a me niente?"
"A te al massimo tiro un ceffone" Francis incrocia le braccia al petto, offeso "ti ci è voluto un mese per dirmi la verità! Un mese!"
"Era a rischio la vita di centinaia di persone" si giustifica Antonio"
"Un mese!"
Lovino controlla l'orologio "devo andare. Scusate se sono stato rapido ma abbiamo poco tempo e m'è toccato essere pratico. La prossima volta vi offro un caffé" raccatta i suoi vestiti, se li infila da sotto il piumone e si alza. Si china a baciare Antonio, forse per qualche secondo di troppo, ma Francis lo capisce, quindi non fa commenti, prende la sua borsa e sforza un sorriso "ci vediamo tra... non lo so" si gira verso Antonio "lo sai"
Antonio gli prende la mano, con un sorriso triste "lo so. Solita ora, solito modo"
"Sì..." evidentemente imbarazzato, si sporge a sussurrargli qualcosa all'orecchio. Antonio lo abbraccia per alcuni secondi, un abbraccio disperato, mormorando un "anch'io" che Francis finge di non sentire. Lui e Arthur si guardano, entrambi imbarazzati, finché i due non si staccano. Arthur saluta Lovino con la mano, il tempo di sbattere le palpebre e quello è scomparso.


 

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Capitolo 19
*** Interludio VII- sì o no? ***


Non mi sento molto bene, ma sto bene. Respiro, non sento dolore, solo un po' alla testa, ma mi sento intontito e non capisco cosa sia successo.
"Lovi, che cosa sta..."
"Bevi un po' d'acqua" mi interrompe Lovino, porgendomi una bottiglietta appena aperta lasciata lì dagli infermieri, me la porta alla bocca e mi forza a bere. Sono troppo debole per protestare, ed effettivamente sto morendo di sete. A più di metà bottiglietta mi sazio e Lovino la allontana.
"Che è successo?" chiedo, di nuovo, per l'ennesima volta. Gli tremano le mani mentre risponde.
"T-tu e... eri m... eri morto" balbetta. Gli trema la voce oltre alle mani, il bel colore dei suoi occhi è reso ancora più vivo dal leggero luccichio che li colora. Gli stringo la mano, forte, non ce la faccio a vederlo piangere, o peggio ancora sul punto di farlo.
"Ma sono qui"
Lovino annuisce e si asciuga gli occhi "sì"
"Come?"
"I-io ti ho... resuscitato, credo"
"In che senso? Hai fatto un corso di primo soccorso o..." mi fermo quando lo vedo scuotere la testa.
"Ho cantato" mormora.
"Hai cantato?"
"Ho cantato e ti ho riportato indietro" mi stringe la mano, intreccia le dita con le mie. Ha un tono un po' incredulo ma fiero di sé, sembra un bambino che proprio non riesce a credere di aver preso un dieci a scuola, ma si bea del suo risultato.
"Come hai... cazzo Lovi, mi stai dicendo che con la tua voce mi hai resuscitato?"
"Già. Ed è un fottuto casito" interviene una voce che non è né la mia né quella di Lovino. Sobbalzo, ma Lovi sembra riconoscere lo sconosciuto e non si mostra contento di vederlo lì. Quel tipo è alto, dalla pelle abbastanza scura, gli occhi scuri e un sorriso scaltro.
"Cazzo vuoi?"
"Ciao anche a te. Sono qui per salvarti la pelle"
"Lovi, non capisco. Chi è questo qui?"
"Sadiq Adnan, tutore legale di Lovino, molto piacere"
"Nu strunz, ecco chi è"
"Ma dai, non ti ho fatto nulla"
"A parte che stai ferendo il mio fratm" inizia Lovino "ma poi saresti il mio tutore e non ti sei quasi mai fatto vivo. Solo una volta quando ero piccolo, se non sbaglio"
"Ti ho sempre mandato i soldi e ti ho dato una casa decente" ribatte quello "e pensi che il tuo incontro con il "tuo fratm"" mima le virgolette in aria con le dita "sia stata una coincidenza? Che guarda caso si trovasse lì?"
"Sì?"
"Oh, come sei ingenuo"
Lovino sembra sul punto di aggredirlo, ma gli stringo la mano per tenerlo fermo.
"Quindi?" dico "perché sei qui?"
"Partiamo dal principio, che dite?"
"Farai un megaspiegone pallosissimo?" brontola Lovino, sarcastico.
"Sì, temo di sì"
"Che due coglioni"
"Circa duemila anni fa" inizia Sadiq "sulla terra non c'erano solo gli esseri umani, ma altre creature magiche. Maghi, streghe, folletti, quello che oggi è considerato una semplice fantasia era realtà, e convivevamo in pace con gli uomini"
"E poi?"
"Chi nacque circa duemila anni fa?"
"Gesù?"
"Esatto. In realtà era un tipo simpatico, a quanto ho sentito gli piacevamo, solo che poi arrivò la chiesa e mandò tutto a puttane. Iniziarono le pestilenze, e invece di capire che la colpa era della natura, la diedero a noi. Le persone erano spaventate, il Papa iniziò a bruciarci per accontentarli. La situazione divenne in breve insostenibile, e così ce ne andammo.
Una mia antenata, una strega, creò una sorta di altra dimensione, un mondo parallelo dove potessimo vivere in pace. Il problema erano le Belle Voci"
"Tant'è siamo sempre noi la pietra dello scandalo" Lovino alza gli occhi al cielo.
"Il fatto è che in tutti gli altri casi, la magia è ereditaria, hai due genitori maghi, nasci mago, hai due genitori unicorni, nasci unicorno, ma nel caso delle Belle Voci no, lo nasci a caso, senza un senso preciso. Tu, Lovino, sei un caso più unico che raro"
"Grazie, ma perché?"
"C'è un'altra Bella Voce nella tua famiglia. È raro che ne nascano due nella stessa discendenza, figuriamoci nel caso di una parentela stretta"
"È mio fratello?"
"No, ma non è questo il punto. Il fatto è che, per quanto uno ci provi, non è possibile prevedere dove e come nasceranno delle Belle Voci, per cui non fu possibile portarle in salvo, e continuarono a popolare la terra. Raramente ebbero una vita felice"
"Grazie al cazzo"
"Negli ultimi vent'anni il numero delle Belle Voci è aumentato improvvisamente, non si sa perché. E poi ci sei tu"
"Io?"
"Non so se l'hai notato, ma sei molto più potente di qualsiasi altra Bella Voce"
"Davvero?"
"Hai fottutamente riportato in vita il tuo ragazzo"
Non so bene cosa dire, ma stringo a me Lovi. Non posso perderlo "e lo vogliono morto per questo"
"Già. Il fatto è che le cose si stanno agitando anche di là"
"Di là?"
"Nella parte magica. La magia è legata alla terra, sapete? Più stiamo lontani, più ci indeboliamo. Ormai la situazione è ingestigile, abbiamo bisogno di tornare"
"E quindi?"
Sadiq sorride freddamente "sai il concorso che hai vinto per farti trasferire nel collegio?"
"E che non avrei voluto fare, ma vabbé"
"Pensi che sia una coincidenza? No caro mio. Ti ci ho mandato io"
"Cosa? Perché?!"
"Per creare un po' di caos. Eri vicino a tuo fratello, a tuo nonno, nel cuore dell'Europa... prima o poi qualcosa sarebbe successo. Dovevamo puntare ancora i riflettori sulle Belle Voci, così che noi potessimo tornare un po' alla volta senza che se ne accorgessero. Il terremoto è stato un successo, ma tuo nonno ha coperto tutto"
"Quindi avete ammazzato 'Ndò per farmi sbroccare" ringhia Lovino. Sadiq alza le spalle. Se mi sento sfruttato io, non oso immaginare quanto ci si senta Lovino
"Volevamo solo ferirlo, non ucciderlo. La vostra psicologa vi ha tenuti d'occhio per noi. È una maga, controlla gli elementi. Doveva ferirlo così che tu lo curassi con la voce, ma ha esagerato"
"Dammi un motivo, uno solo, per cui non dovrei farti fuori in questo esatto momento" Lovi è ferito, lo vedo. Gli trema leggermente il labbro, stessa cosa la voce. Credo che sapere che i suoi amici di giù c'entrano qualcosa con tutta questa faccenda lo abbia sconvolto, anche se è bravo a nasconderlo.
"Perché sono la tua unica speranza di salvezza. Hai superato le nostre aspettative, pensavamo a qualcosa di più... equilibrato" Sadiq sogghigna "ti avevamo sottovalutato"
"E perché mi stai dicendo queste cose?"
"Stiamo salvando più Belle Voci possibili, ma non è facile. Non sanno controllare il loro potere, serve qualcuno che insegni loro a gestirsi, e sono bambini, ci serve qualcuno che sappia trattarli"
"E quindi?"
"Te lo chiedo, anche se la risposta mi pare ovvia. Ti va di aiutare queste povere creature abbandonate a loro stesse in cambio della protezione di cui hai evidentemente bisogno?"
"Chi mi dice che questo sia vero?"
Sadiq alza gli occhi al cielo "perché dovrei mentirti?"
"Per fottere me e 'Ndò"
"Mi basta il tuo "fratm""
Devo, di nuovo, trattenere Lovino dal saltare addosso a quel tizio per prenderlo a calci.
"E comunque" riprende quello "se pensi che lavori per il governo sei un idiota, se pensi che mi giocherei la nostra arma migliore uccidendoti anche"
"Non mi hai ancora dato un motivo valido per fidarmi, brutta testa di cazzo"
Sadiq sospira. Dalle sue dita escono delle scintille dorate, che volano in mezzo per la stanza e si raccolgono davanti ai due innamorati. Un'immagine prende forma su quei cristalli, come se fossero uno schermo: una valle fiorita, con un cottage al centro "ci vorresti andare?"
"Se non ci sei tu a rompere i coglioni sì"
"Quindi lavori con noi?"
"Non lo so... non so ancora se posso fidarmi"
"Vedila così. O me, o loro" e indica con un cenno del mento la porta dell'infermeria "e dubito che loro saranno così gentili da darti il tempo di pensarci"
Lovino esita e cerca il mio sguardo per confrontarsi con me.
"Cosa vuoi fare, Lovi?" gli chiedo.
"Non voglio che altri bambini passino quel che ho passato io..."
Gli stringo la mano "allora sono con te"
"No. Non voglio che tu ti metta in pericolo"
"E io non voglio starmene per mesi o anni senza avere tue notizie"
"Chi ti dice che saranno mesi o anni?"
"È l'inizio di una guerra" mi rivolgo a Sadiq "o sbaglio?"
"Non sbagli. Dubito che ci accetteranno con tutta la pace del mondo"
"Ti ho già perso una volta" mormora Lovino "una seconda non la reggerei"
"Non mi perderai..."
"Fai corna!"
"Scusate se interrompo i vostri melodrammi, ma ho un'idea"
"Ovvero?" Lovino ha un tono velenoso.
"Antonio può farci da spia. Si mostrerà come contrario alle Belle Voci e intanto ci riferirà quel che succede e terrà sotto controllo la situazione. Così se noi vincessimo sarebbe salvo e se perdessimo lo sarebbe comunque, perché penserebbero che lui sia dalla loro parte. Lovino se ne starà dall'altra parte, ad addestrare le Belle Voci, e ogni tanto vi vedrete per comunicare e fare quello che volete fare, se capite cosa intendo"
Lovino alza gli occhi al cielo all'ultimo commento, ma si ritrova ad annuire. Sembra un'idea sensata. Non sono molto convinto, preferirei stare con Lovi e basta, ma annuisco.
Sadiq controlla il suo orologio da taschino "sta arrivando tuo nonno. Ti do una cosa" dalla tasca del suo giaccone tira fuori un piccola biglia con dentro del fumo colorato, e la passa a Lovino "spezzala nel pugno e ti porterà di là. I piccoli ti aspettano"
Lovino se la rigira tra le dita, studiandola "va bene" mi accarezza i capelli con la mano libera "stai bene, amò?" Annuisco, è così carino quando si preoccupa.
"Tra poco arriverà l'esercito. Direi... sei minuti, sette al massimo. Vi lascerei soli, ma in meno di un minuto arriverà tuo nonno. Consiglio che mr. Macarena si finga addormentato, per evitare domande"
Ci baciamo. Vorrei dirgli tante cose, tenerlo a me più a lungo, stringerlo e proteggerlo dal resto del mondo, ma fuori si sentono dei passi, sempre più vicini e veloci, e così chiudo gli occhi.


 

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Capitolo 20
*** Parte dodici ***


https://youtu.be/olGSAVOkkTI

Francis e Arthur scendono dal treno, i trolley al seguito.
"Per quale cazzo di motivo mi sono lasciato convincere?" brontola Arthur "odio questo paese"
Francis alza gli occhi al cielo "lo sai perché. Devi conoscere la zia"
"Potevi andarci da solo dalla zia"
"È più prudente viaggiare in due"
"Blablabla. Dove dobbiamo andare?" sono in una stazione microscopica con letteralmente due binari, in un paesino sperduto nel nord della Francia. Hanno preso un treno fino a Parigi, e da Parigi fino a lì. Francis controlla le istruzioni che gli sono state date e si guarda intorno, finché non individua la via indicata sul foglio delle indicazioni che gli ha dato Lovino insieme al resto delle cose.
"Di là" ci vuole mezz'ora a piedi nel freddo e nel gelo perché arrivino a destinazione. Nessuno dei due parla granché, se non per lamentarsi.
Finalmente trovano l'orfanotrofio, un vecchio monastero dismesso in una via di campagna ancora più a fanculo rispetto alla stazione.
"Che faccio?"
"Bussa!" Arthur ha ancora meno pazienza del solito, come potete ben immaginare. Apre un signore anziano, magro come un filo d'erba tutto ricurvo su un vecchio bastone.
"Chi siete?"
Francis e Arthur si guardano. Risponde il francese "amici di vecchia data. Siamo qui per la zia Muriel" come c'è scritto nel foglio. L'uomo li fa entrare.
"Ce ne avete messo di tempo" l'interno dell'edificio è angusto, stretto e umido. Francis rabbrividisce al pensiero dei danni che avranno i suoi capelli "stavo iniziando a preoccuparmi"
"Abbiamo fatto il prima possibile" Arthur segue in silenzio il vecchio, che sta blaterando in francese. Coglie solo poche parole, ma, anche a causa del forte accento dello sconosciuto, fatica a capire. Persino Francis ha difficoltà a seguirlo.
L'anziano sale due rampe di scale, a fatica ma rifiuta qualsiasi tentativo di aiuto da parte dei due ragazzi, attraversa un lungo corridoio e bussa alla porta in fondo. Dentro, due bambini piccoli, sui sette, otto anni al massimo, giocano seduti sul letto con dei vecchi soldatini in legno.
Il vecchio addolcisce leggermente il tono della voce "ciao, piccole pesti. Oggi andate in un posto più adatto"
I due bambini guardano gli sconosciuti con aria incuriosita, ma non dicono nulla. L'uomo spiega "ho detto loro di non parlare. Non si sa mai, con le loro voci..." si avvicina ai piccoli e dà loro delle pacche sulla testa "tenete voi i soldatini. Servono più a voi che a me" mormora qualcosa ai due bambini e li abbraccia per qualche secondo. Quelli ricambiano la stretta, con aria terrorizzata "siate forti" conclude "e vivetevi la vostra vita" si gira verso i visitatori "ve li lascio" e si pianta sulla porta, a osservare in silenzio.
Francis annuisce, raggiunge i due bambini e si inginocchia per essere alla loro altezza. Sorride "ho un regalo per voi" prende il sacchettino dalla borsa e glielo porge. Il più grande dei due, un biondino che avrà non più di nove anni, lo apre e tira fuori le due biglie. Francis ne prende una e la mette nella manina dell'altro bambino.
"Quando vi sentite pronti stringetela forte fino a romperla" spiega "così andrete in un posto sicuro. C'è un nostro amico, si chiama Lovino e si prenderà cura di voi"
I bambini si guardano, poi stringono i pugni, fino a spezzare le biglie. Sono scomparsi.
Il vecchio sospira "oh be'. È stato veloce"
Francis si alza "la lasciamo riposare"
"Grazie. Ricordate la strada per l'uscita?"
"Oui. Arrivederci" Francis afferra l'inglese per un braccio e lo trascina fuori.
Appena mettono piede fuori, tutto diventa nero.

"Per chi lavorate?"
Francis apre gli occhi, ma tutto rimane scuro. La voce viene da davanti a lui. Sente le mani di Arthur premere contro le sue e le corde che gli graffiano i polsi, devono averli legati.
"Non capisco" risponde in libertino, la lingua usata dal suo interlocutore "cosa volete?"
"Sapere per che cellula terroristica lavorate"
"Non lavoriamo per nessuno"
"E allora che ci facevate in un orfanotrofio sperduto nel nulla, eh?"
"Stavamo andando da mia zia" mente Francis "e ci siamo persi. Abbiamo chiesto indicazioni"
"Falso, non hai nessuna zia che vive in quella zona. Scommetto che lì dentro c'erano delle Belle Voci. Dove le avete nascoste?"
"Non so di cosa stiate parlando" mormora Arthur, intontito "non sappiamo niente sulle Belle Voci, tranne che le state sterminando senza una fottuta ragione"
"Vedremo se tra qualche ora avrete intenzione di parlare" chi ha parlato si allontana e chiude qualcosa, forse un cancello, probabilmente la porta di una cella. Arthur agita i polsi, si dimena, e alla fine riesce ad allentare abbastanza i nodi da liberarsi un polso. Si toglie la benda e sì, ci ha visto giusto: sono in una cella, probabilmente sotto terra a giudicare dall'umidità. La poca luce che arriva entra da una finestra troppo in alto perché riescano ad arrivarci. Si affretta a liberarsi l'altro polso e libera anche Francis.
Li hanno sistemati su delle sedie, schiena contro schiena, legati al dorso, per questo le loro mani si sfioravano.
Francis si prende la testa tra le mani "siamo morti"
"Smettila e dammi una mano a trovare un modo di uscire"
"Non c'è! Ci hanno anche tolto quei cosi che ci ha dato Lovino. Moriremo qui!"
"Ci deve essere!" Arthur si agita come un animale in gabbia, e in un certo senso lo è. Fa avanti e indietro alla ricerca di una via d'uscita.
Tre ore dopo ancora niente è cambiato. Arthur si siede per terra, accanto al compagno, stanco. Ha perlustrato la cella centimetro per centimetro e non ne ha ricavato niente.
"Non voglio morire" sussurra "non così"
Francis se n'è stato zitto tutto il tempo, a pensare guardando il vuoto.
"Ti amo" mormora. Arthur lo guarda con tanto d'occhi.
"Cosa... cosa hai detto?"
"Hai sentito. Non mi va di morire senza avertelo detto"
"Non ci uccideranno"
"Giusto. Ci tortureranno per avere informazioni che non abbiamo, capiranno che siamo inutili e ci uccideranno"
"Hai intenzione di dire qualcosa?"
"No. Tu?"
"Manco morto" abbassa il tono della voce "e se dessimo false informazioni?"
"Rischiamo di peggiorare le cose. Non diciamo nulla e basta" Francis sospira. Sorride, ironico "non ho fatto la vita che avrei voluto. Volevo morire in modo più glorioso"
"Che vita avresti voluto?"
Il francese scrolla le spalle "avrei voluto vivere una bella storia d'amore. Una di quelle lunghe, passionali, complicate e... e non lo so. Vederla morire, forse, o passare il resto della vita con quella persona. In ogni caso, un amore da raccontare ai nipoti, di quelli che ti spingono a comporre poesie, a disegnare, a cantare di quanto tu sia schifosamente innamorato"
"Sdolcinato" Arthur tace per un po'. Poi "e vorresti che sia io quella persona?" sussurra. Tanto ormai che ha da perdere?
Francis lo scruta in silenzio, stupito. Cerca di capire cosa passi in quella testolina inglese così testarda.
"Non lo so" ammette "forse. Tanto che importanza ha?"
"Non lo so" si gira a guardarlo "sai come vorrei morire io?"
Il volto di Francis è strano nella penombra, quasi cinereo "come?"
"Senza rimpianti"
"E al momento ne hai?"
Arthur tace, mettendo da parte l'orgoglio. È faticoso per uno come lui. Poi afferra il viso di Francis, lo fa girare e lo bacia.

"Ma sei rincoglionito in culo o cosa?!" Lovino, incazzato come una iena, apre di scatto la porta della cella "state bene?"
Dietro di lui, un tizio dalla pelle scura sospira "che esagerato"
"Esagerato?!"
"Non li ho neanche torturati"
"Non ti uccido solo perché mi servi" ringhia Lovino. Arthur apre gli occhi, mezzo addormentato, e osserva Lovino che lo sovrasta e lo scruta con tanto d'occhi. Sospira.
"Oh shit"
"Io lo sapevo" sussurra Lovino, con un piccolo sorriso.
"Vedi? Si sono anche divertiti alla fine" commenta il tipo, lo stesso che li aveva interrogati.
"Stai zitto. Alzatevi, voi. Vi lascio cinque minuti" ed esce trascinandosi dietro il tizio.
Arthur, con Francis mezzo nudo addormentato addosso, sospira. Che figura di merda.

"Cioé, fammi capire. Questo psicopatico ci ha rapiti e rinchiusi per un giorno per essere sicuro che non fossimo delle spie nemiche?"
Sadiq, come si è presentato, alza le spalle "non si è mai troppo prudenti"
"E neanche troppo coglioni a quanto pare" Lovino sbuffa "riportali a casa"
"E se andassero a riferire tutto al nemico?"
Lovino alza gli occhi al cielo "e ammetterebbero di averci aiutati?"
Sadiq ci pensa. Sbuffa "va bene, li rimando indietro. Dove volete andare?"
Francis cerca di incrociare lo sguardo di Arthur, senza successo. Sospira.
"A casa"
"Intendi a casa tua, a scuola...?"
Francis ci pensa, ma è Arthur a intervenire "a casa mia. A Londra"
Il francese lo guarda come se avesse appena suggerito di andare all'Inferno senza neanche la guida di Virgilio. Arthur lo incenerisce con lo sguardo "mi hai costretto a venire in questo paese di merda, ora vedrai il mio"
"Non siamo neanche stati a Parigi!" la città dell'amore. Piuttosto che andarci, soprattutto dopo quel che è successo, Arthur si sparerebbe nel piede. Sadiq sogghigna.
"Volete che vi faccia una luna di miele o avete capito che non sono un'agenzia di viaggi?"
"Londra" Arthur stampa una mano sulla bocca di Francis per farlo tacere "in centro. Da lì ci orientiamo"
"Possiamo fare qualcosa per, ehm, farci perdonare?" interviene Lovino "cioé, lui. Io vi ho salvato le chiappe"
"No, grazie. Solo... mandateci lì"

"Perché mi hai portato qui?" Francis sospira, accarezzandosi i capelli "c'è un'umidità da spavento"
Arthur osserva il Tamigi che scorre sotto ai suoi piedi. Sono sul Tower Bridge, si sono ritrovati lì all'improvviso. Nessuno intorno li guarda male, nessuno si stupisce che due ragazzi siano apparsi all'improvviso con le valigie ai piedi. Nelle loro borse, ci sono due biglietti aerei per tornare indietro. È come se fossero stati sempre lì.
"Avevo bisogno di tornare a casa" mormora. L'acqua grigia scorre veloce, si fonde con il cielo plumbeo e riflette la tormenta nella testa del londinese.
"Con me?"
Arthur non risponde. Si sporge dalla ringhiera, chiude gli occhi e inspira l'umidità di Londra, che lo riporta a casa. Dev'essere pragmatico. Cosa deve fare?
"Con te" decreta infine.
"Perché?"
Sospira. Una nuvoletta di vapore gli esce dalle labbra, il sentimento che vorrebbe esprimere, quel che vorrebbe dire, ma non sa con che parole.
"Guardati intorno. Questo grigiume, l'aria di pioggia, quello che ti fa così schifo, è parte di me" si volta verso il suo interlocutore, allarga le braccia e solleva la testa al cielo, come per abbracciare l'intera città "come fai a dire che mi ami se odi tutto questo?"
"Perché dici che è grigio?" replica Francis "guardati intorno. Non li vedi i colori?"
"Io sì. Tu?"
"Certo che li vedo" incrocia gli occhi di Arthur, con aria decisa "vedo le sfumature azzurre del cielo, i colori dei negozi, le luci dei pub nascoste dalla nebbia" gli si avvicina e posa le mani sulla ringhiera alle sue spalle, ingabbiandolo in una sorta di abbraccio. Forse vi sembrerà strano che due adolescenti siano così poetici, ma l'amore di questi due per la letteratura del rispettivo paese li rende così, due idioti innamorati dell'amore, l'uno appassionato di Jane Austen, l'altro di Victor Hugo "e i tuoi occhi non sono solo verdi, ma hanno delle sfumature azzurre e gialle"
Arthur sbuffa una risata e lo guarda con aria di sfida "dici questo a tutte le persone che ti vuoi portare a letto?"
Intorno a loro tutto scorre, i londinesi e persone di mille altre nazionalità corrono, influenzati dal ritmo sfrenato del luogo. E dove corrono? Dove, dove corrono?
Francis posa le labbra sulla sua fronte. Immobili, si godono quel bacio così puro e disinteressato, una scintilla di calore nel freddo pungente dovuto alla pioggerellina sottile che ha iniziato a cadere. Quelle goccerelline che li tormentano, sono come le frecciatine che manda Arthur, uno scudo per nascondersi e proteggersi.
"Arthur" gli trema la voce "smettila. Smettila, cazzo. Non ti rendi conto che ho un cuore anch'io?" ride "per seguire la tua metafora, Parigi è solo la città della lussuria per te? Non è la città dell'amore?" l'inglese non risponde. Ha gli occhi puntati sul Tamigi, dall'altra parte del ponte, oltre alla spalla di Francis, che si allontana, e così entrambi ripiombano nella pioggia "insinui che io sia superficiale e che non ti veda veramente, e poi sei tu quello che non riesce a guardarmi"
"Ti vedo"
"E allora perché non ti fidi di me?"
"Londra non è una città che si fida. Non ha bisogno degli altri, si costruisce da sola, conquista da sola, crea da sola"
"E ha un disperato bisogno di amore, del calore del focolare di una casa accogliente, della cioccolata calda mentre fuori piove. O sbaglio?"
"E tu? Di cosa hai bisogno?"
"Di qualcuno da amare e che mi ami non solo per il sesso"
"Spero che tu riesca a trovare quel qualcuno" mormora Arthur, con aria assente.
"Non ho speranze con te, eh?"
"Non in tempi brevi, temo" abbozza un sorriso "non mi piace fidarmi delle persone"
Francis gli accarezza il viso, con aria affranta "aspetterò, allora"
"Per quanto?"
"Questo dovrei chiederlo io a te. Avrei dovuto aspettarmelo, d'altronde. L'amore vero non cade dal cielo, te lo devi sudare"
Arthur chiude gli occhi per impedire alle lacrime di cadere. Non può permettersi di sperare "suda quanto vuoi" lo allontana e si avvia verso uno dei due lati del ponte "andiamo a casa mia, è l'ora del tè"

Angolo autrice:
Helo. Oggi Fruk intensa.
Intanto grazie a chi è arrivato fino a qui, grazie per i voti, i commenti, le recensioni e quant'altro, spero di non star deludendo le aspettative di nessuno. Se vi va di dirmi cosa ne pensate mi fa molto piacere, ogni critica è ben accetta.
Piccola comunicazione di servizio. Sto scrivendo una robina di due capitoloni (e con "oni" intendo che uno dei due, che è più o meno finito, ha superato ampiamente le 10000 parole). Una cosina senza pretese, tranquilla, senza una trama complicata, slice of life. Non vi anticipo molto, ma sarà incentrata sulla famiglia Vargas (con Gerita e Spamano ovviamente)
Eee niente, come vi va la vita? Spero tutto bene.
Un bacio
Daly

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Capitolo 21
*** Parte tredici ***


Feliciano, nel frattempo, è sempre più incazzato. È rimasto a scuola per le vacanze, è solo una settimana e suo nonno ha preferito così, visti i tempi, enche lui l'ha preferito da un certo punto di vista. Pure suo nonno lo fa incazzare perché non fa nulla per cercare Lovino, eppure ogni volta che lo si nomina i suoi occhi si riempono di dolore. Inizialmente a Feliciano faceva tenerezza, e per questo evitava di infierire. Con il tempo, questa cosa gli ha solo fatto girare i coglioni ancora di più.
Ha pure litigato con Ludwig, che sta evitando da alcuni giorni. I suoi voti stanno calando, sia per la mancanza delle lezioni del tedesco, sia perché tutta quella rabbia lo distrae ancor più del solito, sia per accanimento degli insegnanti, che vedono in lui e nelle sue opinioni, che a dirla tutta non cerca di nascondere (perché dovrebbe?) suo fratello, e, visto che di lui non hanno paura (di suo fratello sì) sfogano su di lui la loro frustrazione di piccole persone inutili che si trovano davanti a qualcosa di più grande e non riescono a non temerlo.
Da quando hanno litigato, Ludwig va tutti i giorni in camera sua a cercarlo, quindi Feliciano si nasconde da altri parti. È piuttosto bravo a scappare. Andrebbe in soffitta, ma l'hanno sigillata in seguito a una soffiata di Antonio, quindi di solito si nasconde in biblioteca a disegnare. Ludwig non andrebbe mai lì, dislessico com'è si sentirebbe in soggezione, e il silenzio lo calma in questo periodo in cui tutti urlano.
"Devi andartene" decreta il bibliotecario, lapidario "stiamo chiudendo"
Feliciano annuisce, raccoglie le sue cose in fretta ed esce. Ci metterà volutamente molto tempo a tornare in camera: Ludwig rispetta sempre le regole, quindi torna nella sua prima del coprifuoco. Se sfora di qualche minuto passando per le scale secondarie, non lo incrocerà.
Gira l'angolo e si scontra con Antonio, tutti i suoi fogli gli cadono a terra.
"Oh! Scusa Feli" si china e lo aiuta a raccoglierli. Sembrerebbe quasi il solito Antonio, se solo Feliciano non lo avesse sentito fare quei discorsi assurdi in mensa, talmente assurdi che fatica a crederci. Anzi, lo insospettiscono persino: ha visto come lo spagnolo guardava Lovino, non crede possibile che un amore così svanisca all'improvviso, puff, per magia. Decide di indagare cosa passa per quella testa di cazzo di suo cognato, tanto per perdere tempo. Si sta annoiando e ha bisogno di una scusa per fare tardi.
"Come ti va la vita? È da un po' che non parliamo" chiede. Antonio alza le spalle, con un mezzo sorriso.
"Direi abbastanza bene. A te?"
Feliciano alza le spalle mentre controlla lo stato dei suoi disegni. Tutto a posto per fortuna.
"Ludwig ti stava cercando, mi ha chiesto di dirtelo se ti avessi visto" aggiunge Antonio "avete litigato?"
"Già. Non dirgli che mi hai visto, grazie"
"Va bene" ridacchia "be', ci vediamo in giro. Meglio che vada prima del coprifuoco"
"Che ci facevi qui?" non lascerà che la sua preda scappi.
"Stavo cercando due miei amici"
"Chi?"
"Non li conosci" sta palesemente mentendo. Feliciano assottiglia lo sguardo, sospettoso. Decide per una domanda a brucia pelo.
"Dov'è mio fratello?"
Antonio tace per qualche secondo, poi sforza una risatina "non lo so, Feli"
Il ragazzino abbassa lo sguardo, dispiaciuto "è che mi manca tanto... l'avevo appena ritrovato dopo tanto tempo e... e ora sono di nuovo solo"
Antonio vacilla e Feliciano sorride interamente. D'altronde, per l'altro è una sorta di fratellino, lo sa bene, e ne sta approfittando.
"Vorrei... vorrei almeno sapere se sta bene, capisci? Se è vivo..." sospira, con aria sconsolata "ho tanta tanta paura"
"Se l'avessero ucciso, sarebbe su tutti i giornali" lo consola Antonio.
"E se è vivo, come sta? Ha da mangiare? Un tetto sulla testa? Lo hanno mica catturato? Gli staranno facendo del male?"
"No... sono sicuro che..."
Feliciano lo guarda, con le lacrime agli occhi perché quelle preoccupazioni lo assillano seriamente "sei stato l'ultimo a vederlo, Antonio. Sai mica qualcosa?"
"No, io... dormivo quando se n'è andato"
"Oh... capisco" abbassa la testa, sconsolato "grazie comunque..." fa per andarsene, perché davvero ha sperato di scoprire qualcosa, quando la voce di Antonio lo ferma.
"Sta bene..."
Feliciano si gira di scatto "cosa?"
Quello ha la faccia di un bambino beccato con le mani nella marmellata, ma non è riuscito a trattenersi. Feliciano ha l'aria così triste... e non è mai stato molto d'accordo con l'idea di Lovino di escluderlo.
"Ripeti un attimo quel che hai detto"
"Non ho detto niente"
"Hai detto che sta bene. Come fai a saperlo?"
"Ho, uhm, ho detto "sono sicuro che sta bene""
"Bugiardo" gli punta il dito contro, il piccolo "tu sai dov'è Lovino!"
"No"
"Invece sì! Portami da lui o lo dico a tutti e ti faccio arrestare" il giorno prima è uscita la legge 4587, comma quarto, bis, che recita che: chiunque nasconda una Bella Voce o nasconda delle informazioni a riguardo alle autorità competenti verrà recluso da uno a tre anni. Per la Bella Voce più ricercata del mondo, la pena sarebbe sicuramente aumentata. Feliciano trattiene un sorrisetto, capita a fagiolo.
Antonio esita, poi sospira. Si gratta la nuca, a disagio "Feli, cerca di ragiona..."
"Ragionare un cazzo. Portami da mio fratello"
I due si guardano negli occhi, ma il giovane italiano non ha nessuna intenzione di cedere. Ricorda così tanto Lovino che lo spagnolo non ha il coraggio di negargli qualcosa che, in fondo, è suo diritto.
"Lovi mi ucciderà..." sospira, afferra per il braccio il piccolo e lo trascina via, in uno sgabuzzino lì vicino. Nella penombra Feliciano lo vede tirare fuori da sotto alla maglia un ciondolo a dorato a forma di croce. Antonio gli stringe la mano, esita "non so se funzionerà in due ma... tieniti stretto" mormora qualcosa che il piccolo non riesce a sentire e all'improvviso sono in un posto completamente diverso.

Ludwig scende le scale, sconsolato, ma quando sente la voce di Feliciano si blocca. Sta parlando con qualcuno.
"...mio fratello" dice. Un'altra voce, chiaramente quella di Antonio, continua.
"Lovi mi ucciderà" lo spione sgrana gli occhi. Merda, ma allora...
Si sporge a guardare e vede Antonio trascinare l'altro in uno sgabuzzino. Aggrotta la fronte, che Feliciano lo tradisca? Cosa staranno combinando lì dentro? Okay, non hanno mai reso pubblico quello che c'era tra loro però stanno insieme...
Apre lo sgabuzzino, con il cuore in gola, ma lo trova vuoto.

Feliciano si guarda attorno, a bocca aperta. Sono in una valle fiorita, circondata da un fitto bosco. Un fiume la percorre e sfocia in un laghetto, vicino al quale sorge la casa più strana che il giovane abbia mai visto. A tre piani, di partenza doveva essere un cottage, ma sembra che qualcuno abbia aggiunto delle stanze un po' a caso ed è un mezzo miracolo che stia in piedi. L'aria è limpida, frizzante, il cielo di un azzurro cristallino con poche nuvolette bianche. Nel complesso sembra di essere appena arrivati nel mondo delle favole.
Antonio sospira "andiamo, ci aspetta una bella sfuriata" e Feliciano si riscuote dal suo sogno ad occhi aperti, e, ricordandosi del motivo per cui si trova lì, segue lo spagnolo verso la grande casa. Mano a mano che si avvicinano, nota diverse piantagioni intorno ad essa, le più floride che abbia mai visto. Carote, patate, legumi e pomodori, tanti pomodori a ben pensarci. Una piccola folla si raccoglie intorno a loro: sono soprattutto bambini, di età ed etnie diverse, però ci sono anche due o tre ragazzi più grandi, all'incirca dell'età di Feliciano. Parlottano tra loro, indicano soprattutto il più giovane, che, tra i loro parlottii indefiniti, sente la parola "Lovino". Antonio li guarda, per nulla intimorito o sorpreso "ciao! Veniamo in pace. Sapete mica dirci dov'è Lovino?"
I piccoli si guardano intorno, stupiti. Alcuni corrono via ridendo, altri spaventati, alcuni rimangono a guardarli con sospetto. Uno dei più grandi, una ragazza dalla pelle scura con le treccine, risponde "chi siete?"
"Lui" indica Feliciano "è il fratello di Lovino, se non lo aveste capito. Io sono Antonio"
Tutti sembrano rilassarsi a quel nome. La ragazza scambia un'occhiata complice con il ragazzo castano alla sua destra "quell'Antonio? Il grande amore di Lovi?"
"Proprio lui. È in casa?"
"No. Vi accompagno io" si rivolge al ragazzo di prima "andate a calmare i piccoli"
"Alcuni sono andati nel bosco"
"A loro ci penso io, saranno andati da Lovino" fa un cenno ai due intrusi "seguitemi" e si avvia verso il bosco. Antonio la segue e Feliciano, un po' a disagio, fa lo stesso.

Il bosco è una delle cose più incredibili che il piccolo italiano abbia mai visto. Alberi alti, rigogliosi e per niente spaventosi, attraverso le loro fronte passa la luce del sole, ai loro piedi è pieno di fiorellini che il giovane sta attento a non calpestare. Sembra uno dei luoghi descritti dal nonno nei suoi racconti: un tempo precedente alla civiltà, dove ninfe e satiri vivevano in pace, i centauri cavalcavano liberi e non c'era la mano dell'uomo a distruggere tutto.
La ragazza li guida con sicurezza nel cuore del bosco, e Feliciano si affretta a seguirla per non perdersi. Niente distrazioni, è lì per un motivo preciso.
Stanno seguendo il corso del fiume, a ben vedere. Camminando tra l'erba, arrivano ai piedi di una piccola cascata, da cui il fiume si origina. E lì, seduto su una pietra grigia, con i piedi immersi nell'acqua limpida...
"Lovino!" Feliciano gli corre incontro, superando sia Antonio che la ragazza, e lo abbraccia con tanta forza da farlo cadere e buttarlo in acqua. Lovino urla, ma poi ride e lo abbraccia a sua volta. I due fratelli si stringono, di nuovo insieme, uniti come nell'infanzia, un legame di sangue e di cuore impossibile da spezzare.
Poi Feliciano gli molla uno schiaffo "stronzo!"
"Ahia! E questo perché?" Lovino si issa fuori dell'acqua e aiuta il fratellino a fare lo stesso. Appena quello si trova seduto sulla terra ferma, ricomincia la sfuriata.
"PERCHÉ?! Stai scherzando spero. Sei completamente sparito per mesi senza dirmi un cazzo di niente e adesso scopro che sei in una specie Paradiso terrestre, mentre io sto a scuola in mezzo alla merda?!" gli occhi gli bruciano per le lacrime, ma cerca di nasconderlo "e che Antonio sapeva tutto e io no. Pensavo fossi morto, cazzo, o in fin di vita, o... o..."
"Va bene, va bene, calmati" la voce di Lovino è tranquilla, tanto che subito il piccolo si rilassa "ti spiegherò tutto, va bene? Però andiamo ad asciugarci, o ti verrà un accidente"
Feliciano annuisce, asciugandosi le guance, gesto per altro inutile, visto che le mani sono ancora più bagnate. Lovino lo bacia sulla fronte, si alza in piedi e gli porge la mano, poi, issato il fratellino sulla terra ferma, incenerisce con lo sguardo Antonio "cosa ti avevo detto?"
"Sai che non ero d'accordo" lo spagnolo gli si avvicina e lo abbraccia a sua volta, ignorando i suoi abiti bagnati "e mi ha messo alle strette. È testardo quanto te"
"Dovresti esserci abituato, testa di caz..." si ferma e Feliciano capisce perché quando nota che, intorno a loro a guardarli con aria curiosa, ci sono i bambini che prima erano fuggiti nel bosco "rapanello. Testa di rapanello"
"Scusa, mi amor" Antonio bacia il suo ragazzo, gli sorride e gli stringe la mano "sei gelato, amore"
"E se mi molli vado ad asciugarmi" Lovino lo allontana e trascina sia lui e che il fratellino verso la casa "andiamo. Grazie di avermeli portati, Miriam"
La ragazza di prima annuisce "di niente"
"Piccole pesti, venite, su. Quante volte vi ho detto di non venire nel bosco da soli? Soprattutto non quando ci vengo per stare da solo"
I bambini, una mezza dozzina, lo seguono, obbedienti e mansueti. Una bambina bionda, sugli otto anni, si imbroncia.
"Hai detto che dovevamo venire da te in caso di pericolo!"
"Mio fratello e l'altro scemo qui non sono un pericolo"
"E come facevamo a saperlo?"
"Dovevate chiedere a quelli più grandi"
"Loro sono venuti da te!"
"Solo Miriam" Lovino entra in casa, con ancora il fratellino appiccicato "qualcuno mi porta un paio di asciugamani per favore?"
Obbedienti, i bambini corrono al piano di sopra mentre Lovino porta il fratellino accanto al focolare spento. Antonio capisce l'antifona e si mette a cercare di accendere il fuoco.
Pochi minuti dopo i piccoli tornano con due enormi asciugamani. Lovino li ringrazia, dà loro qualche pacca sulla testa e avvolge il fratellino e se stesso con quello che i bimbi hanno portato. Feliciano si accoccola a lui e chiude gli occhi, no, non ha intenzione di staccarsi a breve. Lovino scambia un'occhiata con Miriam e quella sembra capire.
"Piccoli, vi va se andiamo a preparare la stanza al nostro ospite?" qualcuno protesta, ma alla fine si lasciano portare al piano superiore.
"Volete che vi lasci soli?" chiede Antonio. Feliciano scrolla le spalle.
"È lo stesso" tanto ormai è uno di famiglia "Lovi, mi spieghi che sta succedendo?"
"Direi che serve..." la voce del fratello maggiore è così calma che Feliciano non riesce a urlargli addosso "hai presente quanto il nonno è venuto al nostro pigiama party e mi ha chiesto dei terroristi? Be', mi hanno mandato loro a scuola e tutto, sapevano che ero una Bella Voce e... è complicato, picciriddu. Vogliono che ci sia parità per le Belle Voci e per le altre creature magiche, in breve. Quei bambini... sono tutti Belle Voci, siamo riusciti a portarli qui, al sicuro, da tutto il mondo. Mi occupo di loro, gli insegno a controllarsi e a non lasciare che la magia prenda il controllo, tramite un incantesimo si capiscono a vicenda. Questa è un'altra dimensione, uno spazio che non esiste realmente, creato apposta per proteggerci. Nessuno ci sente qui"
"Perché non me l'hai detto?" mormora il fratellino, esausto. La furia è stancante, sapete?
"Non voglio metterti in pericolo. Non l'avrei detto neanche ad Antonio, ma era lì quando mi sono venuti a parlare e ha insistito per aiutarmi. Fa la spia per noi a scuola"
"Potrei farlo anch'io"
"No. È pericoloso, se ti beccano ti uccidono, capisci?"
"E allora fammi restare qui. È un posto sicuro, no?"
"Feli... cerca di capire. Tutti quei bambini hanno rinunciato alle loro famiglie, ai loro amici per stare qui e non possono andarsene, è troppo rischioso. Sai quanti mi chiedono di vedere i loro genitori? Sai quanto mi si spezza il cuore ogni volta che devo dire di no? Niente contatti con l'esterno finché non sarà finita questa guerra. Non vedresti più il nonno, i tuoi amici o Ludwig"
La voce di Feliciano si fa fredda "non vedo il nonno da settimane, i miei amici sono delle teste di cazzo che vorrebbero ucciderti e Ludwig pure"
"Vi siete lasciati?"
"Più o meno. Abbiamo litigato"
"E preferiresti restare qui pur di non chiarire con lui?"
"Sì. Fuori fa tutto schifo"
"Non ti rendi conto che..."
"Non sono un bambino, sono in grado di prendermi le mie responsabilità e fare le mie scelte"
"No, non lo sei. Hai quattordici anni, dovresti vivere la tua vita da adolescente e basta"
"E quei bambini dovrebbero stare con le loro mamme, ma le cose non vanno come sarebbe giusto"
"Dovrebbero, lo vorrebbero ma non possono e ci stanno di merda"
"Lascia che ti aiuti. Posso fare da spia"
"No"
"Temo di sì invece" interviene una voce. Lovino si gira e sbuffa.
"Cazzo"
"Bel modo di salutarmi"
"Quando vieni qui di rado porti buone notizie"
"Già. Il tuo ragazzo s'è fatto beccare" Sadiq si siede sulla poltrona accanto al fuoco "per colpa del viziatello che hai addosso"
Feliciano lo guarda male "non sono un..."
"In che senso mi sono fatto beccare? Sono stato attento"
"Mettersi a parlare in mezzo alle scale di Lovino non è stata una grande idea" tira fuori una sfera dalla tasca. Si vedono Feliciano e Antonio che parlano. Il mago fa girare il punto di vista: dietro l'angolo c'è Ludwig, che poi corre a controllare lo sgabuzzino e lo trova vuoto.
Lo spagnolo impreca sotto voce "mierda"
"Già. Be', sei fortunato che abbiamo altri due agganci lì dentro, o sarei molto, molto più incazzato"
"Possiamo convincerlo a tacere" mormora Lovino "basta che Feli lo..."
"Troppo tardi, ha parlato con il preside. Ora sospettano di voi. Non potete più tornare a scuola"
Feliciano, a quella notizia, si stringe di più al petto del fratello, che sospira con aria di disappunto.
"Avvertiamo il nonno?"
"Già fatto" interviene Sadiq "dice che è meglio così. Il governo per tenerlo zitto lo ha minacciato di far del male a Feliciano"
"Chissà perché non mi stupisco. Per Antonio?"
"Non diremo nulla alla sua famiglia. Non ci si può fidare, non li conosciamo"
Antonio alza le spalle "vorrei darti torto, ma non posso. Almeno a mio fratello..."
"Non possiamo rischiare. Mi dispiace"
Lovino stringe la mano al suo ragazzo, in un muto conforto.
"Be', devo andare. Ci si vede" e Sadiq scompare.
Miriam sbuca dalle scale, con un bambino piccolo in braccio "Lovino, disturbo? La camera per tuo fratello è pronta. Gli abbiamo lasciato qualche vestito asciutto.
Lovino annuisce "grazie. Feli? Vai a cambiarti, forza. Hai cenato?"
"No..."
"Allora dopo mangi con noi. Ti passo a prendere tra un'oretta, direi. Mettiti a tuo agio" nota lo zaino sulle spalle del fratellino ed esita "mi sa che le cose nel tuo zaino si sono rovinate"
"Non importa" Feliciano si alza, poi si ferma a guardare il fratello "non... non te ne andrai, vero?"
"Certo che no. Sistemo un paio di cose, preparo la cena e sono tutto per te, mh?"
"Okay..." la bambina bionda di prima gli prende la mano e lo guida per le scale, iniziando a parlargli, incuriosita. Miriam sbuffa una risata "vado a controllare che Emily non gli faccia una testa così. Gli altri sono nella biblioteca a giocare, staranno buoni per un po'"
Lovino annuisce "grazie"
"Figurati" e sparisce per le scale. Lovino, finalmente, si lascia andare e si prende la testa tra le mani "porca troia, porca troia, porca troia"
Antonio si siede accanto a lui e lo avvolge tra le sue braccia per scaldarlo un po' e, soprattutto, per consolarlo "scusami, però lo sapevi che prima o poi sarebbe successo. Feli non ce la faceva più"
Lovino scrolla le spalle "non ce l'ho con te, solo che avrei voluto tenerlo lontano da tutto questo casino"
"Non puoi tenerlo lontano da te"
"Ci speravo" si gira verso il suo ragazzo e lo bacia "è stancante, 'Ndò. Sono il punto di riferimento di troppa gente e ho così tanta paura di sbagliare..."
Antonio gli bacia il dorso della mano e abbraccia "non sei più solo, amore mio. Ci sono io con te ora. E Feli. E gli altri. I piccoli dipendono da te, ma hai altre persone a cui puoi chiedere aiuto"
Lovino nasconde il viso contro la sua spalla e sospira, rilassandosi nel suo abbraccio.
"Ti amo" gli sussurra.
"Anch'io" lo bacia sulla tempia e rimangono così, a scaldarsi accanto al fuoco. Antonio sospira una risata "hanno preparato la stanza a Feli, ma io dove dormo?"
"Con me, idiota" Lovino si scosta dal suo abbraccio e lo bacia "o non ti va?"
"Mi va eccome. È come se... se noi fossimo sposati, e tutti questi bambini fossero i nostri figli"
"Lasciami arrivare vivo alla fine di questo casino, poi parleremo di matrimonio e figli" si alza, prende la mano al suo ragazzo e lo guida su per le scale "vieni, ti faccio vedere la stanza, così mi metto dei vestiti asciutti"

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Capitolo 22
*** Parte quattordici ***


 

"Che c'è per cena?"
"Pasta"
A Feliciano si illuminano gli occhi "sì!" e, tutto soddisfatto, va a sedersi a tavola.
La sala da pranzo è la prima porta dopo il salone, dove il camino è ormai spento, ed è un enorme casino. Con venti bambini, cinque adolescenti e un diciannovenne spagnolo molto confuso, come altro potrebbe essere?
Lo spazio è occupato quasi interamente da un lunghissimo tavolo da pranzo, circondato da sedie su sedie. Lovino si siede al suo solito posto, a metà della tavolata, mentre Feliciano si accontenta dell'unico posto libero, in fondo, accanto ad Antonio. I piatti sono già lì, pieni di spaghetti al pomodoro. Quando Lovino apre bocca, tutti, bambini compresi, tacciono. Feliciano non ha mai pensato a quanto effettivamente potente potesse essere una voce, ma se ne rende conto ora: una voce che non può non essere ascoltata, capace di far zittire persino dei bambini agitati. Una voce può effettivamente essere un'arma.
"Buon appetito!"
Il punto è come la si usa.

Dopo cena si radunano in salotto. Feliciano, un po' intimorito dal fatto di essere l'ultimo arrivato, si appiccica a suo fratello; senza troppi risultati, per altro, perché la maggioranza dei bambini si accolla a Lovino, come scolari dietro alla maestra. Ci si siede alla bell'e meglio, un po' sui divani, un po' in terra, un po' in braccio agli altri. Antonio si siede ai piedi di Lovino e si appoggia alle sue gambe, facendosi accarezzare i capelli, invece Feliciano si ritrova stretto sul divano accanto al fratello, con un bambino in braccio e un altro alla sua sinistra.
"Fratellì" lo chiama Lovino "ti ho detto che sto insegnando a questi mostriciattoli a controllarsi, sì?" nel dirlo fa il solletico sulla pancia della bambina che ha in braccio, che scoppia a ridere.
"Sì..."
"Be', mi sono inventato un modo per invogliarli a cantare"
"Serata Disney!" urla la bambina di prima, saltando al collo di Lovino per abbracciarlo.
Tutti gli altri urlano in segno di assenso.
"A turno o a gruppi si cantano le canzoni Disney per cui ci si è esercitati nel pomeriggio" spiega Lovino "chi riesce a farlo senza fare casino, guadagna un premio"
"Non devo partecipare, vero?"
"A meno che tu non voglia no. Chi comincia?"
Iniziano due bambine, che cantano "facciamo un pupazzo insieme" di Frozen, una fa Anna bambina, l'altra Anna da grande. Lovino dà a entrambe due caramelle. Il testo e la base partono dalla tv al centro del salotto, sintonizzato, non si capisce bene come, su youtube.
Dopo tre bambini cantano Hakuna Matata, dal re Leone. Uno dei tre tira un acuto che rompe un vaso, quindi Lovino a lui dà solo una caramella. Ci sono altri gruppetti di bambini, finché a una certa Lovino non si alza.
"Bene! Cosa canto io?"
Altri due o tre bambini gli si avvicinano, evidentemente cantano insieme a lui, e iniziano a parlottare tra loro. Miriam, la ragazza di prima, si aggiunge, allontana Lovino spingendolo addosso ad Antonio e suggerisce qualcosa con cui i piccoli sembrano concordare.
"Ti vada o no di Hercules"
Lovino, in braccio ad Antonio, inarca un sopracciglio "sei seria?"
"Serissima. Siamo tutti d'accordo, ti faremo da coro"
"Non so il testo"
"Lo mettiamo sulla tv. Avanti"
Lovino trattiene gli insulti, ma si alza e affronta il suo destino stoicamente.
"Se esiste un premio per gli ingenui" inizia, con l'aria di qualcuno che sta andando al patibolo "io l'ho già vinto da tempo. Ma nessun uomo vale tanto" fa una giravolta a ritmo di musica "di delusioni ne ho avute troppe"
"Cosa credi amica, non si può far finta quando tutto parla chiaro ma noi ti leggiamo dentro e anche se lo neghi, sai si vede bene quanto immenso sia" cantano gli altri in coro, tutti, Feliciano compreso, guadagnandosi un'occhiataccia dal fratello maggiore.
"Non so perché, non lo ammetterò mai" ribatte quello.
"Ti vada o no, l'ami e dillo, oh oh"
"Ma è certo che l'amo e non lo saprà" Antonio ride battendo le mani a tempo "so bene come andrà a finire, ed i pensieri miei vanno, io sento dentro "puoi fidarti", mentre la testa mia "non lo fare""
"Certo sei curiosa, tu nascondi l'evidenza, noi ti conosciamo, non t'arrabbieresti tanto senza una ragione, se non fossi tanto presa da da dall'eroe" e tutti, all'unanimità, indicano Antonio, che arrossisce leggermente.
"Non so perché, ma è più forte di me" ribatte Lovino, sedendosi con aria melodrammatica su un divanetto, rimasto libero quando il suo piccolo coro si è alzato.
"Ammettilo, che felice sarai"
"Scusatemi, ma non glielo dirò" e li guarda male nel cantarlo.
"Che storie fai? Tanto glielo dirai"
"Non lo farò, io, piuttosto, lo so"
"Tanto lo sa già"
"Lasciatemi, tanto no!"
"Ti vada o no, l'ami e glielo dirai"
"Ohohoh... non cederò" Lovino si sdraia sul divano, a pancia in su, con espressione depressa "ma io l'amo e lo... sooo"
"Shalalalalala... ah" cantano in coro gli altri.
Antonio, ridendo, si alza, raggiunge il divano, ci si siede sopra e si china a baciare il suo ragazzo, sotto ai fischi e agli applausi di tutti.
"Quindi sarei un eroe?"
"Seh, eroe di 'sta ceppa" Lovino si siede "datemi la mia caramella, me la sono meritata" Miriam gli lancia due gommose "grazie" Antonio cerca di rubargliene una, ma riceve uno schiaffo sulla mano "giù le zampe, me le sono guadagnate. A chi tocca?"
"Posso partecipare?" interviene Antonio.
"Se ci tieni"
Lo spagnolo si alza e va dalla tv, sussurra qualcosa a Miriam e le fa l'occhiolino. Divertita, la ragazza va davanti alla tv e inizia a smanettare con il telecomando per mettere qualcosa. Lovino inarca un sopracciglio "mi fate paura"
Antonio si inginocchia davanti al suo ragazzo quando la musica parte "ora vieni con me..." gli porge la mano "verso un mondo d'incanto"
"Ma col ca... volfiore"
"Principino è tanto che il tuo cuore aspetta un sì"
"Sono a tanto così dal prenderti a calci" rosso in viso, il principino si copre con le mani.
"Quello che scoprirai è davvero importante, il tappeto volante ci accompagna proprio lì" a fine verso, il cantante riesce a posare le mani sui fianchi del suo ragazzo e lo tira giù, facendolo sedere davanti a sé sul tappeto. Lovino lo guarda malissimo, rosso fino alla punta delle orecchie.
"Che stai..."
"Il mondo è tuo" intona Antonio, stringendogli il viso tra le mani.
"Non starò al tuo giochetto idiot..."
Qualcuno alle sue spalle, ovvero Feliciano, lo spinge addosso ad Antonio, che lo stringe e lo bacia sulla fronte tra un verso e l'altro.
"Il mondo è tuo..." gli mormora all'orecchio, con una voce così roca che Lovino non osa muoversi.
"Idiota" bofonchia quando la canzone finisce, tra le risatine o gli sguardi di disgusto di alcuni bambini ("che schifo l'amore!") e i fischi e gli sguardi teneriti dei ragazzi più grandi "a chi tocca mo?"

"Lovi..."
"Mh?"
"Ti amo" mormora Antonio, con il viso premuto contro il petto del suo ragazzo. Sono a letto, abbracciati, stanchi. Tutti in casa stanno dormendo, solo loro sono ancora svegli, a concedersi qualche minuto per amarsi lontano dai riflettori.
"Anche io" Lovino sta creando delle piccole treccine con i capelli dello spagnolo "dovremmo dormire"
"Ancora cinque minuti..."
"Ti sembro tua madre?"
"No..." Antonio, sdraiato addosso al suo ragazzo, gli stampa un bacio sul petto "ma voglio coccolarti ancora un po'"
"Dormiamo abbracciati. Ti va bene come compromesso?"
"Lo avremmo fatto comunque"
"Dai, domani tocca svegliarsi all'alba. Ho sonno"
Antonio cede, si tira su e si sdraia alle spalle dell'altro, stringendolo tra le braccia "mi sei mancato" lo bacia sulla spalla "mi è mancato dormire così" lo bacia sul collo "e..."
"E ho sonno" Lovino si gira e lo bacia "buonanotte"
"Buonanotte..."
Silenzio per qualche minuto. Stranamente, è Lovino a infrangere il silenzio.
"'Ndò? Sei sveglio?"
"Sì, mi pequeño. Cosa c'è?"
"Fammi una promessa"
"Che promessa?"
"Se qualcosa andasse male e scoprissero questo posto" mormora l'italiano, accarezzando la guancia dell'altro "dì che ho rapito te e Feliciano e nega qualsiasi legame con me"
"No"
"Giuramelo"
"No"
"Per favore"
"No. Non ho intenzione di fingere di essere quello che non sono, non più"
"Per favore" ripete Lovino. Gli trema la voce "ho bisogno di rimanere concentrato, capisci? Non posso farlo se ho paura che voi due ci finiate in mezzo"
"Ci siamo già in mezzo"
"E pensi che sia quello che voglio? Vorrei che foste a casa vostra a fare una vita normale, non qui con la merda fino al collo"
"Siamo qui per te" Antonio gli accarezza la guancia, asciugandogli una lacrima "è una nostra scelta"
"Sto cercando di pararvi il culo. Se ci beccano e dite di non c'entrare nulla, vi daranno l'amnistia. Io confermerò tutto"
"Dubito che Feliciano direbbe mai una cosa del genere"
"È un bambino. Dirò di averlo influenzato psicologicamente o qualche stronzata simile. Mi crederanno, non aspettano altro che condannarmi a morte. Il problema sei tu"
"Io?"
"Tu. Sei abbastanza idiota da farti condannare con me" gli stringe le mani "ti prego. Ho troppi pensieri per la testa, ci manca che mi preoccupi anche per te"
"Mi dispiace, amore mio" mormora Antonio "non sai cosa farei per darti un po' di pace"
"Menti"
"Mi stai chiedendo l'unica cosa che non posso darti. L'ho fatto, ho finto di non provare quello che provo per te, e sono stato malissimo. Non voglio negare la cosa che più mi rende felice in assoluto"
"Fallo per me. Ti prego"
"Tu vuoi salvarmi la vita" ribatte Antonio "ma non hai capito che senza di te, la mia vita è finita"
"Hai altre persone che ti amano. Tuo fratello, Francis e Gilbert... me l'hai detto tu stesso, no? Non puoi dipendere interamente da una persona sola"
"Ti ho anche detto che per prima cosa devi amare te stesso, e io lo faccio. Mi amo, Lovi, amo quello che sono, quello che sono diventato e quello che sto diventando, e quello che sono è un uomo innamorato di te. Non chiedermi di rinunciare a quello, alla mia integrità, a ciò che sono"
Lovino sospira "va bene. Allora ti chiedo un'altra cosa"
"Dimmi"
"Se dovesse succedermi qualcosa, giurami che ti prenderai cura di Feli. Stagli vicino"
"Questo posso giurartelo" e lo bacia, per suggellare il patto.
"Grazie..." Lovino si rannicchia contro di lui e sbuffa "sei una testa di cazzo"
"Ho imparato dal migliore" ridacchia lo spagnolo, accarezzando la schiena al suo ragazzo.
"Ho paura"
"Anche io"
"Credi che... che io stia facendo la cosa giusta?"
Antonio ci pensa un po' su "non penso esitano giusto e sbagliato, o se esistono non è qualcosa che noi possiamo vedere, ma di sicuro stai facendo del bene. Come potrebbe essere malvagio salvare dei bambini?"
Lovino annuisce e nasconde il viso contro la spalla dell'altro, chiude gli occhi.
Questa volta, gli ci vuole poco e niente ad addormentarsi.

"In punizione anche tu?" commenta sarcasticamente Gilbert quando vede Eliza entrare nell'aula apposta.
"A quanto pare" la ragazza si siede accanto a lui, nera in volto "che hai fatto?"
"Ho risposto a un professore che inneggiava al nazismo. Tu?"
"Difeso un ragazzo del primo anno che stava per essere picchiato da alcuni del quarto"
"Li hai aperti in due, vero?"
Eliza, dieci anni di boxe alle spalle, sorride per la prima volta quel giorno "ovviamente"
Entra il professore di turno, con due spatoline in mano e dei sacchetti della spazzatura, e glieli lancia "togliete i chewingum da sotto i banchi e le sedie e metteteli nel sacchetto" e se ne va. Gilbert sbuffa.
"Manco ci controllano. Potremmo organizzare un'orgia qui dentro e non ci direbbero niente"
"O potrebbero entrare i bastardi di prima con altri amici loro e farci il culo" Eliza si rigira la spatolina tra le mani "farsi battere da una donna deve aver infangato il loro fragile orgoglio maschile"
"Da quando in qua le donne osano picchiare gli uomini? Non stanno semplicemente chiuse in casa a cucinare e a sfornare bambini?"
"Le migliori a cucinare mentre sfornano bambini"
"Come la strega di Hansel e Gretel" a quel commento Eliza scoppia a ridere, e Gilbert si ritrova a sorridere a sua volta, orgoglioso di sé. Farla ridere è sempre stato il suo gioco preferito, fin da bambini "scommetto che toglierò più gomme di te"
"Ti piacerebbe" la ragazza si lega i lunghi ricci castani in una crocchia fatta un po' a caso, giusto per tenerli su e non sporcarseli "ma qui la campionessa di rimozione gomme sono io"
"Se se. Stai attenta a non toccarle con le dita, principessa, rischi che ti attacchino il germe della stupidità"
"Principessa ci sarai tu. A mezzanotte ritorni sguattera per caso?"
"Lo sono già" l'albino si inginocchia di fronte a uno dei banchi con aria disgustata "mi spieghi perché qui sotto c'è una gomma con dei peli attaccati?"
"Non tutti non hanno peli sulla lingua come te"
"Dopo questa dovrei lanciarti in faccia la gomma"
"Se proprio ti fa schifo torna pure ad attendere il tuo principe" Eliza si rimbocca le maniche e si infila sotto ad un banco "il lavoro lo facciamo noi uomini veri"
"Sei una donna"
"E chi te lo dice?"
"Sono rimasto sorpreso anch'io quando l'ho scoperto, ma hai due affari sul petto, ben nascoste ma le hai"
"Chi ti dice che io sia cisgender?"
"Non mi hai mai fatto intendere il contrario. Vuoi che usi altri pronomi?"
Eliza stacca la prima gomma e la fa cadere nel sacchetto che si è presa "nah. Sto bene con il mio corpo" altra gomma "e comunque non è vero che ho poche tette"
"Io non ne vedo" anche Gilbert sta adempiendo al suo lavoro, per quanto disgustoso "e non ne ho mai viste"
"Non hai mai visto un paio di tette?"
"Non ho mai visto le tue" specifica
"Quindi non ne hai mai viste di fatte bene" ammicca Eliza.
"Non è vero. Ho standard molto alti"
"Dai, quella tipa con cui stavi due anni fa non era da standard alti"
"Quale?"
"Quella bionda con l'apparecchio. Era più piatta di questo banco"
"Ti do ragione, ma castana dell'anno scorso non lo era però"
"Aveva due neuroni che giocavano a nascondino nella sua piccola testa vuota" commenta Eliza, acida "nascondendosi entrambi"
"Ma aveva due tette grandi"
"Pure troppo"
"Possibile che non ti vada mai bene nessuna mia ragazza" brontola lui "non ti ho mai giudicata per le tue scelte in fatto di ragazzi. O ragazze"
Eliza gli punta contro la spatola "bugiardo! Falso! Giuda!"
"È vero! Dimmi una volta in cui..."
"Roderich"
"Roderich è oggettivamente un coglione"
"Ambra"
"Chi?"
"La lesbica con i capelli neri"
"Quella palestrata?"
"Sì"
"Dai, era una deficiente. Non pensava ad altro che ai muscoli"
"Però aveva un bel fisico"
Gilbert ghigna "ce l'ho anch'io. Guarda qua" solleva il braccio e mostra il bicipite, ingrossandolo "e non ti dico la tartaruga che c'è sotto questa tshirt"
"Ingrossi i muscoli per compensare alle mancanze più in giù?"
"Se ti riferisci ai piedi, sappi che non ho mancanze"
"No, a qualcosa più in su"
"Anche i polpacci sono messi benissimo"
Eliza ride "no, non mi riferivo ai polpacci"
"E allora a cosa?" commenta Gilbert, fingendo di non capire.
"Alla tua capacità di far felice una donna"
Gilbert gli punta il dito contro "questa è mascolinita tossica! Fai la femminista, e poi te la prendi con il mio corpo portando avanti lo stereotipo machista" stacca un altro chewingum "e comunque, le mie ragazze sono sempre state molto soddisfatte"
"Dicono tutti così" Eliza sospira "e comunque scherzavo, lo so che non è quello che conta eccetera"
"Ti ho fatto sentire in colpa eh?"
"Ma vaffanculo" si sdraia a terra "non ne ho già più voglia"
"Mi stai facendo vincere?" Gilbert gattona fino ad avere la testa sopra la sua, reggendosi con le braccia tenute ai lati della testa della ragazza.
"Mai" Eliza gli sorride e si tira su per baciarlo sul naso "però è noioso"
"Mh" Gilbert, tutto rosso in faccia, si rimette in piedi "ci tocca. Non vorrai tirarti indietro"
Eliza sospira e si mette seduta "potremmo anche non farlo, mica ci controllano"
"Ci tocca stare qui per tre ore. Cosa vorresti fare nel frattempo? Guardarci intensamente negli occhi?"
"Perché no?"
"Debole. Stai ammettendo la sconfitta"
Eliza lo incenerisce con lo sguardo "assolutamente no"
"E allora mettiti a togliere quelle gomme"

BELLA RAGA
Indovinate chi è positiva e ha tanta voglia di soffocarsi con una mascherina?
Esatto
Io.
BUT in questi giorni sto scrivendo una cosina e ne ho finita un'altra di due capitoli lunghi come la Bibbia.
Quella finita boh, la ricontrollo un po' e vedo se pubblicarla o meno. Sarebbe una cosa molto tranquilla, slice of lice, famiglia Vargas eccetera.
L'altra la sto scrivendo e ha un po' più di trama e... diciamo che mi sono ispirata un pochino tanto a Spiderman: no way home ;)
Sareste interessati? Lasciatemi un commentino se ne avete voglia, tanto sono chiusa in casa a girarmi i pollici con aria disperata, vi leggo molto più che volentieri.
Bye!

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Capitolo 23
*** Interludio VIII- Guerra ***


Il giovane Romolo Vargas, sedici anni appena compiuti, varca la porta del quartier generale dei partigiani, il fucile in pugno.
"Ho parlato con gli alleati" annuncia "saranno qui tra pochi giorni"
"Quanti?"
"Al massimo una decina. Nel frattempo dobbiamo resistere, come abbiamo fatto fino ad ora"
"La fai facile, Capitan Invincibile" lo deride la figlia del capo dei partigiani greci, diciassette anni ancora da compiere, dandogli una spintarella giocosa sul fianco "non tutti sono così forti come te"
Romolo ride e le punta il dito contro "vedrai, Helena. Vincerò questa guerra e ti sposerò nella chiesa più bella del mondo"
"Aspetta e spera"

"Ho paura" gli sussurra Helena, sdraiandosi accanto a lui sul tetto. Sopra di loro passano gli aerei nemici, fanno un casino indecente, ma non puntano a loro. Nei loro radar non sono altro che case di civili da risparmiare.
"Perché sei qui? Vai giù nel bunker con gli altri"
"Perché le paure vanno superate" e lo abbraccia, mentre su di loro scorrono decine di puntini luminosi tra le nuvoli, simili a stelle ma più veloci "tu perché sei qui?"
"Perché vorrei avere paura"
"Mi vuoi dire che non ne hai?"
Romolo sorride al cielo "no. Non sai cosa ho visto a Roma, non sai cosa ho fatto per gli alleati. Non puoi avere paura se non hai nessuno per cui averne"
"Non temi per te stesso?"
"No. Ho smesso di importami anni fa, da quando è iniziata la guerra"
"E di me?" sussurra Helena "di me non ti importa?"
"Fin troppo, ma posso tenerti al sicuro" le circonda le spalle con un braccio per tenerla stretta a sé. Le bacia i capelli castani "finché sei con me, sei al sicuro"
E finalmente anche Helena ha il coraggio di guardare il cielo.

La prima volta che fanno l'amore, la guerra è finita.
Gli alleati sono arrivati, guidati da Romolo, ora diciottenne, che ha passato ore e ore a perlustrare le difese nemiche sotto copertura per trovare una breccia. Helena, ora diciannovenne, appena lo vede varcare la soglia dell'infermeria dove lei lavora, gli salta al collo e lo bacia. Mezz'ora dopo vanno mano nella mano alla festa organizzata per l'occasione, ballano fino a consumarsi i piedi, ridono fino a distruggersi la voce.
La festa è ancora in corso quando Helena lo prende per mano e lo conduce fuori, in un angolo appartato nel bosco. Lì si spoglia per lui, si lascia toccare dalle sue mani esperte, lo scopre e si lascia scoprire e fanno l'amore lì, sull'erba, sotto ad un cielo che questa volta è stellato veramente, non per gli aerei. Fanno l'amore ancora e ancora lì, in mezzo alla natura, gioiosi e innamorati come solo due ragazzi così giovani possono essere.

Helena, da poche settimane vent'enne, si accarezza il pancione, pensierosa. Suo marito, da appena un mese, varca la soglia della loro nuova casa e la abbraccia da dietro, intrecciando le mani sulla sua pancia.
"La creaturina ti infastidisce?" chiede scherzoso.
"No... stavo pensando all'esame di domani"
"Non dovresti sforzarti così" la rimproverà Romolo "non in queste condizioni"
""Queste condizioni" non intaccano il mio cervello. Posso benissimo laurearmi mentre sono in attesa"
"Oh, lo so bene" la bacia sulla spalla "una donna come te non la fermerebbe neanche un uragano"

Qualcosa, invece, la ferma. Un dolore fortissimo alla pancia, sono forse le acque che si rompono? Ma è ancora presto...
Helena si infila una mano tra le gambe, se la porta davanti al viso e sbianca. No, non è acqua quella, è sangue.
Un'ora dopo il medico, dopo tutti i controlli e le analisi del caso, dà la triste notizia: aborto spontaneo.

Per due settimane Helena rimane chiusa in casa, rannicchiata nel letto a piangere. Romolo la abbraccia ogni volta che può, la stringe forte, la convince a mangiare, ma non sembra bastare.
Un giorno arriva il miracolo.
Un giovedì Romolo torna a casa dal suo lavoro, sta avviando una piccola attività, e sente un profumino provenire dalla cucina. Ci trova la sua Helena, a fischiettare davanti ai fornelli mentre legge un dialogo di Platone.
"Helena?"
Quella gli sorride "bentornato. Com'è andata a lavoro?"
Romolo scoppia a piangere. Così, di botto, tutto il dolore per il lutto, la preoccupazione per la moglie e il sollievo nel vederla sana e salva si riversano sul suo viso. Helena capisce e lo raggiunge per abbracciarlo lei questa volta.
"Allora anche tu a volte hai paura" sussurra, accarezzandogli i capelli.

Quando Helena si laurea in filosofia è incinta di otto mesi. Tre settimane dopo partorisce una bellissima bambina, sana come un pesce, con già dei ciuffetti di capelli castani a colorarle gli occhietti vivaci.
Romolo tiene la mano alla moglie tutto il tempo e quando portano la bambina a lavare e a fare dei controlli si mangia le unghie dall'ansia.
Per fortuna va tutto bene. La bambina è sanissima, perfetta dalla testolina alla punta dei piedini.
Helena, esausta nel letto d'ospedale con in braccio la piccola, gli rivolge un sorriso stanco "anche Romolo Augusto Vargas ha paura"
L'uomo le accarezza i capelli sudati, la bacia sulle labbra "riposati, amore mio"
"Tieni tu la bambina?"
"Certo" la culla tra le braccia come fosse fatta di porcellana e quella lo scruta con curiosità "ha i tuoi stessi occhi"
Helena sorride e in pochi minuti si addormenta.

Romolo si sveglia nel cuore della notte dopo l'ennesimo incubo. I ricordi della guerra lo perseguitano: morti, esplosioni, devastazioni... tutte causate da lui.
Il suo primo pensiero è Caterina. Va a controllarla e osservarla dormire placidamente dà nuovamente calma al suo cuore disperato.
"Romolo?" lo chiama Helena, assonnata "stai bene?"
"Mi sembrava che si fosse svegliata" sussurra "ma era un falso allarme. Ora torno a dormire"
"Smettila di mentire" Helena sospira, stanca. Ultimamente non vanno più così bene le cose "hai fatto di nuovo un incubo?"
"Non essere sciocca..."
Helena sembra sul punto di rispondergli male, ma un'occhiata alla figlia la calma. Meglio lasciarla nell'innocenza dei sette anni.
"Nessuno pretende che tu sia invincibile" gli dice in camera loro, lontano da orecchie troppo pure per sentire certe cose.
"Devo esserlo. Per lei"
Helena sospira, ormai rassegnata all'indole del marito.
"Mi hanno offerto un lavoro giù"
"Giù dove?"
"A Napoli. All'università"
Romolo si appoggia alla testiera del letto "non posso mollare il mio lavoro"
"Ho intenzione di accettare"
L'uomo metabolizza la notizia in silenzio per qualche silenzio "per Caterina come facciamo?"
"Non mi va di strapparla alla sua vita. Ha i suoi amici, le sue abitudini qui. Non siamo così lontani, verrò a trovarvi ogni volta che potrò"
Romolo annuisce "va bene"

Nove anni dopo, Helena si presenta alla loro porta con una sorpresa. Un altro pancione, di quattro o cinque mesi.
"Immagino non sia mio" commenta Romolo, fingendosi divertito. Dentro di sé sta urlando.
Helena si morde il labbro "ci eravamo messi d'accordo, no?"
"Infatti" matrimonio aperto. Avevano concordato tempo prima che fosse la soluzione migliore e anche Romolo ne ha approfittato, non lo nega, ma non pensava che si sarebbe arrivati a una gravidanza.
"Caterina?"
"Ancora a scuola, torna tra poco. Il padre chi è?"
Helena alza le spalle "non è importante. Sentivo solo il... il bisogno di averlo, come se il mondo avesse bisogno di lui, capisci?"
"Non proprio. A Cat che dirai?"
"La verità, se sei d'accordo. È grande ormai"
Romolo sogghigna "diciassette anni, tra poco sarà lei quella con il pancione. Ti sembra possibile? La nostra bambina..."
Helena sorride, divertita "non iniziare con i discorsi da vecchio"
"È un maschio o una femmina?"
"Maschio. Pensavo di chiamarlo Heracles"
"Bel nome. Come un vero eroe"
"Già" si accarezza la pancia, invecchiata, sì, ma ancora bellissima "spero che possa essere l'eroe di qualcuno"

Quando Caterina, alcuni anni dopo, rimane incinta, Helena le rimane accanto tutto il tempo e lo stesso Romolo. L'idea che possa succederle quel che è successo a sua madre li terrorizza e il terrore e la gioia li uniscono di nuovo, per breve tempo, tanto che spesso passano la notte insieme.
Il piccolo Lovino nasce a marzo, il diciassette, ed è un bambino bellissimo. Helena lo tiene in braccio e inizia a piangere, sente che quel bambino sarà importante. Suo figlio osserva silenziosamente il piccolo con aria curiosa, lo sfiora timidamente, con paura di romperlo ma anche interessato a capire come funzioni quella nuova creaturina. Romolo solleva il bambino in aria, facendolo ridere, poi lo stringe, non troppo forte per paura di ferirlo, trattenendosi dal piangere. Caterina, abbandonata sul letto di ospedale con la mano stretta in quella di suo marito, guarda i genitori giocare con suo figlio con aria intenerita, ma anche preoccupata. Non appena il piccolo inizia a piangere, subito è pronta a stringerlo al petto per allattarlo.
"Non ti preoccupare, tesoro mio" gli sussurra mentre quello si nutre "c'è qui la mamma"

Quando Caterina muore, Helena sta guidando verso casa. Suo figlio, ormai quindicenne, la sta aspettando a casa ed è l'unico motivo per cui Helena non va direttamente a schiantarsi quando Romolo le dà la notizia.
Terrà duro ancora qualche anno, fino alla maggioretà di suo figlio. Gli lascerà una buon'eredità e un fondo per pagarsi gli studi.
Poi si lascerà andare tra le braccia di Ade.

"Fratm?"
"Dimmi Lovino"
"Posso chiederti una cosa?"
"La curiosità è sempre lecita"
"Sei orfano anche tu?"
"Già"
"Com'è successo?" piccolo Lovino, conserva ancora la curiosità dei bambini, nonostante i suoi tredici anni.
"Mio padre non so chi sia, non l'ho mai conosciuto. Mia madre è morta qualche anno fa"
"Oh. Mi dispiace"
Heracles gli spettina i capelli, che stanno piano piano ricrescendo. Per la cronaca sì, sa chi è realmente Lovino, ma non pensa sia rilevante dirglielo. Nominare la sua famiglia di sangue lo intristirebbe "mi aiuti a cucinare?"
"Certo" va a lavarsi le mani in bagno, educato "non ti ha lasciato niente?"
"Mia madre?"
"Eh"
"Sì..." Heracles inizia a tagliare i pomodori, distratto "un po' di eredità e, uhm, un fondo per andare all'università"
Lovino smette di insaponarsi le mani "e perché non ci vai?"
Heracles storce la bocca "è una lunga storia"
"Sei un idiota"
"Grazie"
Lovino lo guarda dalla porta della cucina, furioso, e incuterebbe anche un certo timore se solo arrivasse almeno alle spalle di Heracles "tua mamma ti ha lasciato un modo per costruirti un futuro e tu non ne stai approfittando!"
"Ho i miei..."
"Domani ti iscrivi all'università"
"Non prendo ordini da..."
"Domani" ripete, categorico, il ragazzino "vuoi studiare filosofia, no? E allora studiala"
"Lei era professoressa qui" mormora Heracles "si è trasferita per fare carriera e, uhm, mi ha fatto qui, anche se abbiamo vissuto in Grecia per qualche anno dai miei nonni. Mi parlava sempre dei filosofi, di come vedevano il mondo... studiarli mi metterebbe malinconia"
Lovino lo abbraccia. Piccolo, dolce, empatico ragazzino.
"Ma lei vorrebbe che tu lo facessi" ribatte "e... e non puoi rinunciare al tuo futuro per il passato"
"Già... forse sì"

Il giorno dopo, obbediente, si iscrive alla facoltà di filosofia.

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Capitolo 24
*** Parte quindici ***


La guerra è orrore. La guerra è odio, disperazione, morte. È qualcosa che chi non l'ha vissuto fatica a immaginare, figuriamoci a descrivere, un contrasto estremo tra due fazioni che alla fine sono esattamente la stessa cosa: esseri umani, anime, creature; sono fratelli, figli, mariti, padri, perché no?, a volte anche nonni. Sono vite spezzate per sempre, dalla morte o dai ricordi, destinate a spegnersi, per i sensi di colpa o una pallottola nel cuore, senza un reale perché, solo per decisione di qualcun altro che il campo di battaglia non l'ha visto e non lo vedrà mai. E in fondo chi può dire chi siano i più fortunati, se i morti o chi deve raccogliere la cenere che rimane e cercare di ricostruirci qualcosa?
La guerra civile, poi, è il male maggiore, perché in questo caso abbiamo veri e propri fratelli che si uccidono per una ragione che non conoscono bene neanche loro, o peggio ancora per un'idea che condividono a tal punto da ammazzare chi hanno sempre trattato con amore.
La guerra di cui racconterò è diversa ancora e potremmo dire che è ancora più subdola. È silenziosa, fatta di spionaggio, tensione, piccole incursioni, attacchi qua e là, ma nessuna vera dichiarazione di guerra, perché un nemico non c'è, o se c'è è talmente indefinito che non ci puoi realmente combattere contro.
Da una parte abbiamo dei piccoli gruppi ribelli, partigiani li potremmo chiamare, che lottano contro l'oppressore, liberano Belle Voci quando riescono, cercano di dare più fastidio possibile allo stato militarizzato che è diventato negli ultimi due anni Liber, che di libero ormai non ha più un bel niente.
Ogni tanto una seconda fazione, affine alla prima, interviene con piccoli miracoli. Un magazzino che prende fuoco, munizioni che finiscono, fucili che diventano innoqui giocattoli. Il contributo della magia, chiaramente di parte, ma che ancora non è del tutto entrata in campo.
Infine il nemico, la forza bruta, fredda e fin troppo organizzata dell'acciaio e del piombo, o del potere costituito. Ci contreremo solo sugli avvenimenti di Liber, d'altronde è qui che iniziò e finirà tutto, o finì e inizierà, dipende dai punti di vista. Questa guerra però è ovunque, in ogni angolo del mondo dove la voce di Lovino sia arrivata, in modi molto diversi, ovviamente. C'è chi ha preso quel canto come un segnale divino, chi come l'impronta del demonio; chi come presagio di morte, chi di vita. Ma il sangue è un fattore più o meno comune a tutti.
Seguiamo i nostri protagonisti, che ne dite?
Francis e Arthur, entrambi vent'enni, sul punto di compierne ventuno, lavorano ancora come spie per Sadiq, trentatreenne.
Gilbert ed Eliza sono partigiani. Appartengono ad un piccolo gruppo nascosto sulle montagne, si sono uniti dopo essere stati espulsi dalla scuola per aver organizzato una rivolta studentesca poi fallita.
Antonio, Lovino e Feliciano sono ancora lì, nel loro mondo ideale, bucolico, ma anche quel Paradiso terrestre è percorso dalla tensione, persino i bambini percepiscono il nervosismo che portano gli ospiti esterni, di solito Sadiq che fa avanti e indietro a portare notizie. A quanto pare neanche il Paradiso è immune alla guerra.

La cantina della casa di montagna che faceva da quartier generale a quei partigiani tecnicamente sarebbe una sorta di bunker e un posto dove nascondersi. Infatti c'è una porta segreta, nascosta da un quadro, che conduce ad un'altra stanza, ancora più sottoterra, dove tutti loro, ricercati, potrebbero nascondersi in caso di controlli nemici.
Di fatto, in realtà, è diventata una specie di pub dove dar fondo alle scorte di birra del vecchio Robert, proprietario della casa e produttore artigianale di vari alcolici, non per vendita ma per passione personale.
Gilbert, con il secondo boccale di birra della serata in mano, ride e, a grande richiesta, comincia il suo racconto.
"Eravamo io e il raggio di sole qui presente" sale in piedi sul tavolo sgombro e porge la mano ad Eliza, che ridendo lo asseconda e sale al suo fianco "stavamo andando a fare scorte quando li vediamo" e mentre parla gesticola con le mani e con la birra per dare enfasi alle sue parole, spargendo alcune gocce in giro "dei soldati nemici, sei, sette, molto più grossi della principessa qui presente"
"Ovvero tu" ghigna la ragazza.
"Fottiti. Dicevo" la birra del vecchio è un po' troppo forte, gli ha fatto venire la parlantina e lui è uno che regge abbastanza "erano proprio davanti alla porta del magazzino, come dei fottuti gorilla. Saremmo potuti scappare con la coda tra le gambe, ma se siamo qui oggi è per combattere, no? E quindi abbiamo combattuto. La damigella ha avuto un'idea intelligente, per una volta: farli separare per farli fuori. Eravamo a cinque o sei metri di distanza, ci siamo messi dietro a una piccola collina per non farci vedere e abbiamo fatto rumore. Due di loro sono venuti a controllare e BAM" batte il piede sul tavolo "al tappeto. Ne arrivano altri tre e hanno perso come mammolette. Li abbiamo legati, ci siamo presi le loro armi, siamo usciti allo scoperto e abbiamo fatto fuori anche gli ultimi. A quel punto siamo entrati, ci siamo presi quel che ci serviva e ce ne siamo andati"
"Non li abbiamo uccisi" chiarisce Eliza "sono loro gli assassini, non noi. È bastato colpirli abbastanza forte alla testa"
"Ancora più gloria per noi! Cavalieri senza macchia e senza paura!" e gli spettatori concordano urlando e battendo i calici.
"Fottute teste di cazzo!" urla il vecchio Robert entrando "volete tacere sì o no? Non ho creato questo posto per farvi fare casino come vi pare e piace. E scendete da quel tavolo voi due!"
"Ja, ja" Gilbert alza gli occhi al cielo e con un salto scende giù.
"Venite, rifiuti della società marcia in cui viviamo. Stiamo per avere ospiti e per qualche cazzo di motivo vogliono parlare con voi due" Robert indica con un cenno Eliza e Gilbert e si avvia fuori brontolando "mi è anche toccato farmi tutte queste dannate scale... alla mia età..."
"Chi sono questi ospiti?" lo interrompe la ragazza, sapendo che il vecchio potrebbe benissimo andare avanti a lamentarsi per ore e ore.
Quello ghigna "gente che potrebbe farvi saltare quelle testacce vuote schioccando le dita. Fate i bravi"
"Cioé?" Gilbert non è particolarmente preoccupato. Il vecchio esagera sempre per "inculcarvi un po' di buona educazione e rispetto per una fottuta volta"
"Alleati. Arriveranno a momenti, aspettateli in salotto"

Lovino sta tagliando pomodori di buona lena, canticchiando sottovoce. Dalla porta aperta che dà sul cortile arrivano le risate di alcuni bambini che si sono messi a giocare lì fuori, l'aria è fresca ma non fredda e il sole filtra attraverso le tende bianche. Va tutto bene.
"Eccolo: il cuoco più bello del mondo" Antonio lo osserva appoggiato allo stipite della porta dal lato della casa, il fisico asciutto chiuso in una camicia di flanella chiara. Lovino gli punta contro il coltello sporco di polpa rossa.
"Smettila con le moine e vieni a darmi una mano"
"Non ti doveva aiutare Felì?" lo spagnolo si stacca dal suo angolino e va a chiudere la porta che dà sul cortile "pensavo foste insieme, ma l'ho visto qui fuori"
Lovino alza le spalle "devo solo preparare il sugo delle lasagne per stasera. È una menata, ma deve cuocere tre ore e non mi andava di trattenere qui Feli in una giornata così"
"Però puoi trattenere me?"
"Ovviamente. Devo tagliare e schiacciare altre tre casse di pomodori, quindi vatti a lavare le mani e aiutami"
Antonio si avvicina al tavolo, sì, ma non per i pomodori. Abbraccia da dietro il suo ragazzo, intrecciando le mani sul suo stomaco, e se lo tira contro, baciandolo sul collo "sei bellissimo" gli sussurra, e sorride nel sentirlo rabbrividire.
"Non ora" mormora Lovino, ma il ritmo con cui taglia gli ortaggi è diminuito "ho da fare"
"Non mi vuoi?"
"Non in questo momento, testa di minchia. Ho da sfamare cento e passa persone"
"È ancora mattina" protesta lo spagnolo, sfiorandolo al di sotto della sua maglietta "puoi pensarci più tardi... per pranzo fai dell'altro..."
"No, non posso"
"Ti aiuto io più tardi"
"Antonio, dai..." il castano si gira e bacia il suo ragazzo, allacciando le braccia oltre il suo collo "stasera" decreta infine, con un sorriso furbo "non posso dartela vinta così facilmente, no? Devi guadagnartelo"
Antonio si imbroncia "ma..."
"Ma niente. Ora togli le mani dal mio culo e usale per tagliare pomodori, fai il bravo bambino"
Quello sorride con aria dispettosa "e se non volessi fare il bravo?"
"Non costringermi a metterti in castigo"
"E che mi faresti?" mormora contro il suo collo, con un sorrisetto.
"Vai a dormire sul divano senza cena" risponde con semplicità Lovino, allontanando da sé la piovra "ora vatti a lavare le mani e mettiti a lavorare"
Antonio si imbroncia "ma amore..."
"Ho bisogno di voi" commenta una nuova voce. I due amanti sobbalzano per la sorpresa e si girano verso il nuovo venuto.
Sadiq neanche li guarda, ha lo sguardo fisso su un orologio da taschino "non voglio sapere se siate vestiti o meno, ma mi servite"
"Siamo vestiti!" strilla Lovino.
"A cosa ti serviamo, esattamente?" brontola Antonio.
"Be', finalmente anche dall'altra parte si sono decisi a intervenire decentemente in questa guerra. Stiamo mandando delle delegazioni a parlare con alcuni gruppi partigiani per coordinarci"
"E noi che c'entriamo, di grazia?"
Sadiq guarda lo spagnolo dritto negli occhi, con un sorriso forzato "si dà il caso che tra questi partigiani ci sia il tuo ex migliore amico. Non è facile convincere dei vecchi germanici che abitano sulle montagne e diffidano anche delle loro madri, quindi potresti essere utile"
"Pensa ancora che io sia dalla parte del governo"
"E io che c'entro? Non devo restarmene qui zitto e buono per non farmi ammazzare?" aggiunge Lovino, serrando la mano sull'avambraccio dello spagnolo per tenerlo fermo.
"C'entri per quel che ha detto il matador, che ha fatto un'osservazione sensata"
"Perché quel tono sorpreso?" brontola Antonio.
"Se ti vede e gli spieghi la situazione, potrebbe crederti. Se va solo Antonio, ci sono buone probabilità che si trovi con una pallottola in testa"
"Oppure non andiamo e ci pensate voi" ribatte Antonio.
"Non volete rendervi utili?"
"Lo stiamo già facendo. Tutti questi bambini non si stanno crescendo da soli"
"Non ti va di rivedere il tuo migliore amico?"
"Preferirei ritrovarlo in circostanze più piacevoli"
"Sentite, sarò franco. Abbiamo pochi agenti da questa parte, non è facile traghettarli di qua senza far crollare tutto l'altro mondo e, onestamente, molti hanno ancora paura degli umani e non hanno così tanta voglia di venirci. In totale abbiamo un centinaio di agenti sparsi in tutto il fottuto globo, me compreso, e sono un po' tutti occupati . Ci serve una mano"
I due innamorati si guardano, tenendo una breve conversazione muta.
"Vabbuò" conclude Lovino "si può fare. Dammi un minuto" si sporge fuori in giardino e guarda i bambini che giocano "ciao, scusate se vi interrompo. Potreste andare a chiamarmi quella peste di mio fratello?"
"Lovi? Che c'è?" in due minuti Feliciano è lì. Lovino gli schiaffa in mano il grembiule.
"Finisci tu la cena, ho da fare"
"Oh" l'ormai diciassettenne guarda Sadiq con aria sospetta "dove vai?"
Lovino esita. Sarà saggio dirglielo? Poi si dice che mentirgli sarebbe solo peggio "a parlare con un gruppo contro il governo per... coordinarci"
"E perché ci vai tu?"
"C'è Gilbert in quel gruppo"
"Oh" Feliciano sgrana gli occhi "c'è... c'è per caso anche Lud?"
"Non lo so" il fratello maggiore si fa abbracciare "glielo chiedo, se vuoi"
"Sì... grazie" Feliciano lo bacia sulla guancia "stai attento"
"Sempre. Viene anche il bastardo con me"
"Okay"
"Ce la fai a preparare per stasera?"
"Sì, sì. Magari mi faccio dare una mano"
"Bravo" Lovino bacia il fratellino sulla fronte "torno presto"
"Ci siete stasera a cena?"
"Non lo so, penso di sì. In caso non tornassimo non ti preoccupare"
"Molto commovente" commenta Sadiq "ma andiamo o no?"
"Vaffanculo" sibila Feliciano. Dà un ultimo abbraccio al fratello e poi ad Antonio "state attenti..."
"Certo"
"Ci penso io a lui" Antonio gli fa l'occhiolino, stringendo a sé il suo ragazzo.
"So proteggermi da solo, grazie" si ha il tempo di sentire queste parole di Lovino, prima che scompaiano.

D'un tratto nel bel mezzo della stanza appaiono due figure, una leggermente più alta dell'altra, e non appena Gilbert li riconosce non esita a stampare una delle due contro il muro e a puntarle contro la pistola.
"Che cazzo ci fai tu qui?!" sibila ad Antonio, non accennando minimamente ad allentare la presa "fai il doppio gioco? Eh?!"
"Calmati" l'albino sente il battito del proprio cuore rallentare. Lovino gli appoggia la mano sul braccio che regge la pistola fino a fargliela abbassare "siamo tra amici"
"'Sto stronzo stava dalla parte di..."
"Lo so. Gliel'ho chiesto io"
Eliza, scattata in piedi per la sorpresa e troppo sbalordita per riuscire a muoversi, li indica "siete vivi!"
"E vegeti, grazie di averlo notato. Ora per favore, Gilbert, abbassa l'arma e parliamo un po', mh? Direi che serve"
"Ma..."
Senza incontrare resistenza, Lovino prende la pistola e la posa sul tavolo più vicino, a distanza di sicurezza, poi solleva le mani "noi siamo disarmati"
"Davvero?"
"'Ndò ha una pistola nella tasca sul retro. Amò, mettila lì sul tavolo" si gira verso la ragazza "anche la tua, per favore"
"Io, ehm" a essere sinceri, Eliza è un po' in soggezione. Ha riconosciuto Lovino, ovviamente (come potrebbe non farlo? Le foto con la sua faccia tappezzano le città da anni) ma in Accademia non si sono mai molto parlati. Con tutte le storie che ha sentito sul conto di quel ragazzo Eliza è un po' spaventata, e non è da biasimare. Su di lui ne girano di cotte e di crude, da chi dice sia il figlio di Satana a chi il figlio di Dio, e invece dal vivo sembra un ragazzo così normale che si fa fatica a crederci.
Si scambia un'occhiata con Gilbert, che sembra combattuto. Antonio non ha ancora detto nulla, fissa le mani bianche dell'amico sulla sua maglietta come la tomba di un proprio caro morto da poco.
"Chi mi dice che possa fidarmi?" protesta infine lei, cercando di trovare un compromesso. Lovino, che non è la persona più calma dell'universo, messo nella posizione di ambasciatore si comporta incredibilmente bene, forse sono le mani intorno al collo del suo ragazzo a spingerlo a fare il bravo.
"Controlla pure, non sono armato"
"Antonio non ha ancora messo via la sua"
"Non riesco a prenderla" si giustifica quello, immobilizzato "sono troppo appiccicato al muro"
"Tsk" Gilbert lo molla "sbrigati"
Obbediente Antonio prende la sua pistola dalla tasca posteriore dei jeans e la posa accanto a quella di Gilbert, scandendo tutti i movimenti. L'albino però non è ancora convinto: da un mobile del piccolo salotto in cui si trovano prende un metal detector e controlla prima l'amico, se così possiamo chiamarlo, e poi Lovino. Quando sembra essere sicuro, Eliza mette a posto la sua arma e gli stringe il braccio per dargli un minimo di sostegno. Non è facile per lui, d'altronde: prima ha perso il suo migliore amico, poi suo fratello. Ogni tanto ancora si sente con Francis e Arthur, ma molto raramente, e già dai tempi della scuola quei due, da un certo punto in poi, avevano iniziato a isolarlo. Eliza sa benissimo che quell'incontro non sarà facile per nessuno lì dentro, ma cerca di dissimularlo. Lovino sembra della sua stessa idea, perché si siede sul piccolo divano e forza un sorriso.
"Iniziamo i negoziati?"
"Oh no, caro mio. Iniziate con le spiegazioni" ribatte Gilbert, incrociando le braccia al petto. L'italiano si stringe nelle spalle.
"Mi sembra giusto. Dunque..."
"Non tu" lo interrompe Eliza. Indica con un cenno del mento Antonio, che si è nascosto in un angolo "lui"
Quello si sorprende, come un bambino beccato con le mani nella marmellata "como?"
"Non sono una cretina. Non ho mai visto nessuno calmare qualcuno con una parola come hai fatto tu. Non avrai una pistola, ma la tua voce è potere, lo sappiamo tutti qui dentro. Quindi starai zitto"
Lovino alza le spalle "lo capisco, va bene"
Antonio si siede accanto al suo ragazzo e cerca di incrociare lo sguardo con Gilbert, che invece lo ha puntato fin troppo ostinatamente su Lovino.
"Da dove comincio?"
"Dove cazzo siete finiti negli ultimi due anni?" inizia Gilbert.
"In una, uhm, una sorta di altra dimensione"
"E che ci facevate lì?"
"Inizialmente c'era solo Lovino. È rimasto lì per proteggersi e per prendersi cura delle Belle Voci e insegnare loro a controllarsi. Io sono rimasto da questa parte per fare da spia, ma Feli mi ha beccato, ha voluto che lo portassi da Lovi e..."
"E Ludwig vi ha sgamati" conclude Gilbert "questo spiega molte cose"
"Quindi siamo dovuti rimanere lì. Tornare in Accademia avrebbe voluto dire farci interrogare e probabilmente fare una brutta fine"
"Fran lo sa?"
"Sì... gliel'ho detto quando eravamo a scuola, ho preso da parte lui e Arthur. Ho provato a parlare anche con te" si giustifica lo spagnolo "ma mi evitavi"
"Fatti due domande sul perché"
"Stavo fingendo!"
"Adesso l'ho capito, non sono coglione"
"Ti avrei lasciato un biglietto per dirtelo visto che non mi volevi parlare ma..."
"Era il metodo più sicuro per farti sgamare come un idiota"
"Ho provato anche a chiedere di te a lei" e indica Eliza, che alza le mani.
"Gli ho detto che volevi parlargli"
"E io ho continuato a ignorarti. E ho fatto bene"
Antonio storce la bocca "mi sei mancato..."
"Io pensavo fossi diventato un coglione fascista all'improvviso, o che fossi morto. Ah, e che avessi rubato il ragazzo a mio fratello"
"Come prego?" questo è Lovino, che se n'è stato zitto ad ascoltare con aria molto diplomatica, ma se serve un ceffone al suo ragazzo non se lo risparmierà.
"Lo sospettava Ludwig... li ha visti chiudersi in uno sgabuzzino"
"Per venire da te! Giuro!" è tragicomico Antonio che cerca di giustificarsi con la sua dolce metà in un momento del genere, non trovate?
"Solo che poi sono spariti ed è andato a dirlo al preside. Nessuno s'è stupito dell'esistenza della magia" continua Gilbert.
"Mh"
"Lovi, amore, ti giuro che non ho mai neanche pensato a Feli in quel..."
"Seh seh. Vai avanti a parlare con loro"
"Be', è questo. Siamo rimasti lì con Lovi"
"Invece di combattere nella guerra che avete scatenato voi?" mormora Gilbert. Lovino però lo sente e lo guarda malissimo.
"Non ho mai voluto un cazzo di niente. Avete fatto tutto da soli"
"Dopo che hai cantato tu"
"Il perché è una lunga storia e non l'ho voluto io"
"Cambiamo argomento" interviene Eliza "vogliamo trattare, no?"
"Sì, dunque..." Antonio tira fuori un foglietto dalla tasca "allora, l'idea è questa. Ci stiamo organizzando con gli altri gruppi partigiani. Vorremmo fare un attacco coordinato"
"Ne discuteremo con gli altri in caso. È in gioco la vita di tutti" stabilisce Gilbert "restate per cena? Abbiamo la birra"
Lovino e Antonio si guardano.

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Capitolo 25
*** Interludio IX- Ars ***


Valex cammina per i corridoi del monastero. I suoi sandali scivolano senza emettere rumore sui marmi bianchi, i quali contrastano con la pelle scura dei suoi piedi. Un giovane seminarista, un polacco di appena quindici anni, lo saluta "buon pomeriggio, frate"
Valex gli rivolge un sorriso, che dolore le guance, e un cenno del capo. Gli è simpatico quel giovane, gli ricorda un po' sé stesso da giovane. Sale le scale e finalmente raggiunge la sua cela, ci si chiude dentro e riprende a respirare.

"La donna mia bella è, la più del mondo
Lei urla e canta e singhiozza e trema
L'hanno zittita e rinchiusa e strappata alle braccia mie
E senz'ei, che vivo a fare?"
Autore sconosciuto

Osserva le sbarre della sua cella e sospira.
"Se non può uscire la mia voce, fuggirà la mia anima"

"Coraline è rinchiusa nella sua torre e non ne uscirà
Coraline è al sicuro nel suo castello, qualcuno la salverà?
Coraline piange sulla finestra, forse si lancerà
Coraline non emette un suono, perché la bocca cucita ha
Coraline è magra, ma cibo lì ne ha
Coraline sta morendo, nessuno via la porterà
Coraline non mangia, come mai potrà?
Coraline è stata rinchiusa perché la voce bella ha
E tremare le montagne e uccidere suo padre
E paura al mondo intero
E da sola presto morirà"

Canzone popolare


Pennellate rapide, caotiche, veloci. Un sole luminoso in un mare di nebbia e oscurità, un uomo, un povero uomo solo e debole, che lo osserva, allunga le mani verso di esso per raggiungerlo ma è in catene, catene che non sono catene ma rosari. Valex sa che quel che ha dipinto è blasfemo, ma a chi importa? La sua stessa esistenza è blasfema.
U

n paesaggio, quello che vede dalla finestra. Una piccola cittadina affollata, con gente che corre in ogni dove. Chissà in che posto sono diretti, chissà cosa pensano. Ridono, cantano, urlano, parlano, chissà che hanno di così urgente da dirsi. "Ti amo" "ti odio" "vaffanculo" "grazie", o forse sono solo piccolezze, sciocchezze dette giusto per il gusto di pronunciarle. Valex non lo sa. Li guarda dall'alto, troppo perché possa sentirli bene, ode solo un gran vociare.
Sta sopra di loro: frate, al sicuro all'interno di un monastero, protetto dalla sua carica. Non soffrirà la fame né il freddo né la sete, sarà più al riparo dalla peste che sta ricominciando a dilagare, non cederà ai piaceri della carne e verrà perdonato una volta morto, Dio glielo deve.
Eppure, umanamente, li invidia. Loro vivono, lui prega. Loro parlano, lui dipinge.
Infine il terzo ritratto di questa mostra è il suo autoritratto.
Un uomo di colore, dagli occhi azzurri, incredibilmente azzurri. I capelli sono coperti dal cappuccio da frate, che ricade in una tunica fino ai piedi, scura quanto la sua carnagione. Il volto è solcato da rughe, mostra un sorriso gioviale ma dimostra più dei suoi trentatré anni. Negli occhi c'è un'ombra scura, di chi ha provato cose che non augurerebbe neanche al suo peggior nemico, se ne avesse uno.
La particolarità però è un'altra: una linea rossa, feroce, spessa e crudele che taglia la bocca, a simboleggiare l'unicità, o così ci piacerebbe chiamarla, della sua persona, il motivo per cui mai potrà avere una vita normale e sente dolore a ogni movimento della bocca, tanto che, invecchiando, anche il nutrirsi gli diventerà un patimento insopportabile: la lingua tagliata, recisa, strappata dal coltello d'argento del vescovo, che non fu così clemente dal stare attento a non martoriargli le guance, tanti anni fa.
Se la mia voce non può volare, il mio pennello lo farà

Angolo autrice:
Helo! Scusate il ritardo nell'aggiornare, ma ho avuto un po' di problemi e sto scrivendo un'altra ff, questa me la sono persa un po', scusate. Cercherò di aggiornare il prima possibile.
Come vi va la vita? Spero bene. Che ne pensate di questo interludio? Ho provato un po' a sperimentare e probabilmente ho scritto schifezze dall'apparenza poetica ma dettagli. Vi sta piacendo la storia? Avete individuato buchi di trama gargantueschi che mi sarei potuta evitare impegnandomi un po' di più?
Smetto di straparlare. Bye!

 

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Capitolo 26
*** Parte sedici ***


La cena, più che un negoziato, sembra una sagra di paese. Lovino ci si ritrova e ride mentre quelli continuano a versargli birra ogni volta che ne svuota un bicchiere.
"Il grande Lovino Vargas!" ride un omaccione grande due volte il ragazzo "alla sua voce! Che possa assordare tutti gli stronzi di questa terra!"
"ALLA SUA VOCE" urlano tutti in coro, svuotando i loro boccali.
"Stasera dormite qui ja?" chiede una ragazza che Lovino non conosce, una bionda dai capelli corti.
"Non vogliamo disturbare" prova a dire Antonio, ma quelli non sentono ragione.
"Abbiamo una stanza libera in più. Non è molto grande, ma c'è un letto singolo e possiamo aggiungere una branda"
"Oh, ehm, non serve" interviene Antonio "dormiamo insieme"
Alcuni di loro si guardano. A Lovino non piacciono quelle occhiate, quindi mette sulla difensiva e stringe la mano del suo ragazzo da sotto al tavolo.
"Allora è vero che ti piace il cazzo" commenta uno alla fine, dopo alcuni secondi di un silenzio inquietante "pensavo fosse una voce, anche se Gilbert ce l'ha confermato"
"Tanto quanto a tua madre" ribatte Lovino "problemi?"
Altri secondi di silenzio. Gilbert ed Eliza si guardano, pronti a intervenire, insomma, sono partigiani quelli, non ci vanno molto per il sottile. Alla fine la ragazza bionda di prima, Monika, alza le spalle "finché ci date una mano, fate il cazzo che volete sotto le coperte, non mi riguarda" guarda i suoi compagni "giusto?"
"Già"
"Ja ja"
Più o meno contenti, concordano tutti. Lovino si rilassa e solleva il bicchiere di birra "alle nuove amicizie allora"
"Alle nuove amicizie!"
Dopo questo brindisi iniziano a trattare, ma non vi riporterò quella conversazione, non vorrei mai rovinarvi la suspence.

Gilbert afferra Antonio per un braccio e lo trascina in un'altra stanza.
"Dobbiamo parlare" stabilisce, e lo spagnolo annuisce.
"Mi siete mancati. Sia tu che Francis" chiarisce quello.
"Non cercare di fare la vittima, perché se qui c'è una cazzo di vittima sono io. Due anni senza sapere niente, a pensare che il mio migliore amico fosse ammattito e scappato con il ragazzo di mio fratello con chissà che cazzo di magia. C'era chi diceva che tu fossi una spia di Lovino, che ho scoperto ora essere vero, chi che lavorassi per il governo, chi che fossi scappato a inseguire mulini mezzo matto, ed era l'idea che preferivo a dirla tutta. Come pensi che mi sia sentito?"
"Scusa. Avrei voluto..."
"Lo so" lo interrompe Gilbert "e non ti biasimo. Solo... avrò bisogno di tempo per tornare come prima, sia con te che con Francis. Non so se quello che ho davanti è il vero Antonio o no e non so quanto mi ci vorrà per tornare a fidarmi, detta francamente, ma siamo in guerra, quindi i melodrammi sono l'ultimo dei miei problemi. Volevo solo dirtelo"
"Va bene, lo capisco. Quindi cosa... come mi devo comportare? Vuoi che ti stia lontano o...?"
"Non lo so. Vedremo, ora ho bisogno di rimanere concentrato"
"Va bene..."
"Per quel che vale, anche tu mi sei mancato, per come eri prima almeno"

Lovino è sdraiato sul letto della piccola stanza dove li hanno fatti alloggiare, a riflettere. Antonio entra, si chiude la porta alle spalle e gli si sdraia addosso, baciandolo al centro del petto.
"Ciao"
"Hai parlato con Gilbert?" mormora Lovino, iniziando ad accarezzargli i capelli.
"Sì..."
"E com'è andata?"
"Credo bene. Hai silenziato la camera?"
"Appena sono entrato" Lovino si lascia baciare e abbozza un sorriso "non è con le moine che cambierai argomento"
"Non sto cambiando argomento" lo spagnolo bacia il suo ragazzo sulla punta del naso "solo che non c'è granché da dire"
"Bugiardo"
"È ferito" mormora lo spagnolo "e lo capisco. Non so cosa... cosa fare o come mi sento. Ci vorrà del tempo, immagino"
"Va bene..." Lovino lo bacia e allaccia le braccia intorno ai suoi fianchi per tirarselo addosso "sei sicuro di stare bene?"
"Di sicuro sto meglio. Ora so che sta bene e lui sa che non sono una testa di cazzo"
"Mh" lo bacia sulla guancia, poi scende alla mandibola "e... così siamo soli, in una stanza insonorizzata... per tutta la notte" aggiunge, sussurrandoglielo all'orecchio, mordendone il lobo.
"Cos'abbiamo intenzione di fare?"
"Qualche idea ce l'avrei..." l'essere circondati da bambini fin troppo curiosi ha parecchi svantaggi, come potete immaginare. Uno di questi è che, in caso di incubi, questi spesso e volentieri corrono da Lovino a chiedere di poter dormire con loro "nel lettone", e con tutti i traumi che hanno avuto, troppi per dei bambini, di incubi ne hanno parecchi. Per questo, come potete bene immaginare, nonostante la loro camera sia insonorizzata, fanno molta attenzione a non farsi beccare quando fanno l'amore, e quelle volte si sono ridotte a pochi incontri fugaci, parentesi di passione e paradiso nella quotidianità. Perché non approfittare di una notte fuori per divertirsi un po'?
Lovino spinge il suo ragazzo sul letto e si siede sul suo bacino a gambe larghe, premendo una mano sul petto del suo amante per tenerlo giù "e ho tutta la notte per metterle in pratica"
Antonio guarda il suo ragazzo con un sorriso di sfida "cosa vorresti farmi?"
"Punirti, perché sei uno stronzo" Lovino non si muove, imperturbabile. Nella sua voce c'è una nota sensuale, che fa rabbrividire ogni singola cellula nel corpo dell'altro.
"Cosa ho fatto?" chiede, imbronciandosi.
"Mi provochi" Lovino gli solleva la maglia e scruta gli addominali del ragazzo, leccandosi le labbra. Informazione si servizio: negli ultimi due anni Antonio si è allenato parecchio, sia fisicamente che con le armi, ben lontano dai bambini, perché vuole essere in grado di difendere le persone che ama in caso di bisogno. Lovino non è molto d'accordo ("ti sforzi troppo, idiota") ma tra i benefici di questa cosa c'è un fisico da cui il giovane italiano difficilmente riesce a distogliere lo sguardo "sei sempre lì a fare il bagno mezzo nudo nel lago con gli altri..."
"Fa caldo" si difende l'accusato "e insegno ai piccoli a nuotare"
"Tutte scuse" Lovino si china a baciarlo, mordendogli il labbro mentre intrufola una mano al di sotto dei suoi pantaloni, abbassandoli leggermente "ogni volta non riesco a staccarti gli occhi di dosso... e faccio figure di merda" mormora, guardandolo dritto negli occhi "quindi sei stato molto, molto cattivo"
"Scusa mi amor" Antonio si tende al suo tocco, cerca di allungarsi per toccarlo, ma Lovino si scosta e gli abbassa le mani.
"Non ti stai davvero scusando. Sei un piccolo demonio cattivo" sibila, mordendogli il collo "e meriti di essere punito"
"Ma mi amor..." Antonio sbatte senza troppi complimenti il suo ragazzo sul letto, sovrastandolo completamente, e scende a baciarlo sul collo "pensavo ti piacesse guardarmi..."
"Tiratela poco" il più giovane allaccia le gambe intorno alla schiena dell'altro per averlo più vicino "hai solo un bel faccino"
"Un bel faccino che ti fa un certo effetto" ribatte Antonio, afferrando i lembi della maglia del suo amore per togliergliela. Lovino lo asseconda, aiutandolo senza, per una volta, protestare "Dios mio, lasciati guardare..." immerge il viso nello stomaco del suo piccolo, baciando, mordendo, leccando, se potesse se lo mangerebbe "sei perfetto..."
Lovino arrossisce, coprendosi il viso con le mani "non è vero"
"Invece sì" lo spagnolo lo bacia tra le cosce, poi si tira su e lo bacia sul petto, all'altezza del cuore "non lo vedi, ma sei un diamante, una rosa delle più belle del..."
"Che palle che sei" brontola la suddetta rosa "cerco di fare un po' il sensuale e te ne esci con queste cose"
"Oh, lo sei, mi amor. Non ti devi sforzare per esserlo" Antonio lo bacia sulla mascella "mi basta guardarti per desiderarti, con ogni parte di me"
Lovino allontana da sé, lo fa sdraiare e torna a sedersi su di lui, imbronciato "lasciami fare, stronzo"
Antonio sorride con aria colpevole "scusa, ma non posso farci niente" si mette seduto, reggendosi tenendo le mani dietro di sé, e si sporge a sussurrargli all'orecchio "non riesco a non volerti"
"Leccaculo" sibila Lovino, tirandogli i capelli per allontanarlo da sé "togliti la maglietta"
"E se non volessi obbedirti?"
Lovino gli tira i capelli di nuovo, più forte, strappandogli un gemito di dolore "fallo"
"E se non lo faccio?" Lovino cerca di non tradirsi. Non sa bene cosa fare, di solito non è lui a guidare i giochi perché si imbarazza troppo, ma gli sta piacendo quella piega, quella sensazione di potere è inebriante. Infila senza troppi giri di parole una mano nei pantaloni, già mezzo abbassati, del suo amante e lo stringe forte tra le dita, facendolo sussultare. Si inarca leggermente, sospirando "se non lo fai mi toccherà lasciar perdere questo giocattolo per un po'. Sarebbe un peccato..."
Antonio lancia via la sua maglietta alla velocità della luce e afferra il suo ragazzo, tirandoselo contro per baciarlo con tutta la fame e il desiderio di questo mondo "Lovi..." mormora il suo nome nel sentirsi accarezzare, piano, quasi svogliatamente, senza farlo realmente "mi stai torturando"
Il sorriso di Lovino risplende alla luce della lampada appoggiata sul comodino "ti avevo detto di non provocarmi e di fare il bravo" e gli strappa un gemito quando lo lascia stare e scende a sospirare sulla sua pelle, mordendola lungo i pettorali fino a soffermarsi sugli addominali, che percorre con la lingua scendendo piano, piano...
Antonio si inarca e gli stringe i capelli lisci tra le dita, cercando di spingerlo giù "Lovi..."
Ma Lovino ha ben altri programmi e così si toglie la mano dalla testa, portandola sulle coperte che si stanno disfando "no. Non mi toccare finché non te lo dico"
Lo spagnolo lo guarda, con aria disperata. A vedere quelli occhi lucidi, quelle labbra martoriate a furia di venir morse, quell'espressione di disperazione e desiderio fusi insieme, Lovino quasi cede. Quasi. Invece lo bacia; subito Antonio trova in quel gesto una possibilità di rivalsa, e spinge la sua lingua contro quella del suo ragazzo, gli invade la bocca per cercare di riprendere il controllo. Il despota però gli morde il labbro, forte, tanto da farlo sanguinare. Non era sua intenzione e si allontana per scusarsi, ma gli si blocca il respiro in gola. Gli occhi di Antonio sono sempre più dilatati, sempre più vacui nella lussuria, e sembra essersi acceso solo di più a quel gesto.
Lovino gli stringe il viso tra le mani e lo avvicina al suo, studiandolo, e quello lo lascia fare, in silenzio, perché quel giochetto gli sta piacendo così tanto che non farà niente per interromperlo. Infine Lovino posa le labbra sulle sue, ma senza baciarlo davvero, assaporando soltanto il suo sangue sulla lingua, il suo sapore. Antonio stringe le coperte tra le dita così forte da sbiancarsi le nocche e, quando l'aspirante vampiro si allontana, l'unico gesto che fa è stampare un bacio sullo zigomo del suo amato, lento, tanto da imprimere una leggerissima scia di sangue su di esso. Lovino lo guarda, senza fiato, le labbra rosse dischiuse nel tentativo di prendere aria.
Quando si china di nuovo su di lui, Antonio sente talmente tante cose che non basterebbero milioni di parole per descriverle.

Sì. Ehm. Non so con che faccia io abbia pubblicato ciò ma vabbé, spero sia stato gradito, scusate l'irregolarità negli aggiornamenti ma sto avendo un po' di cose in questo periodo, cercherò di pubblicare quel che manca in questi giorni.
Ciao!


 

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Capitolo 27
*** Interludio X- les enfans qui s'aiment ***


Francis sorride alla madame, chinandosi a baciarle la mano. Quella, un'anziana nobildonna di origine italiana, lo osserva. Indossa un abito verde scuro, ornato di diamanti, e una corona di smeraldi le cinge la fronte. Avrà una quarantina d'anni, ma li porta male. Guai a dirglielo.
"Festa incantevole, madame. La ringrazio per avermi invitato, il suo vestito è meraviglioso. Sapevate che il verde è il mio colore preferito?"
"Siete un lecchino, monsieur Bonnefoy, esattamente come vostro padre"
Francis le rivolge un sorriso scaltro, che fa arrossire tutte le damigelle presenti nella sala, che naturalmente non gli hanno tolto gli occhi di dosso da quando è entrato "così mi lusingate"
"Vi ho invitato solo per cortesia" chiarisce la donna "dite a vostro padre che questo non significa che io sia d'accordo con le sue proposte imbecilli"
"Chiaramente"
"E se sfiorate una delle mie figlie, Bonnefoy, non mi interessa se vostro padre è ministro: vi eviro"
"Non mi permetterei mai, madame"
"Bene" brontolando, quella si allontana e va a salutare un vecchio generale suo amico, appena arrivato.
Francis sorride candidamente, le labbra dipinte di rosso scuro, e prende un bicchiere di champagne dal vassoio di un cameriere che passa di lì, "merci" gli dice e gli fa l'occhiolino, perché è un bel ragazzo e non ha mai fatto mistero, in quei due anni nell'alta società parigina, dei suoi gusti sessuali, né di quanto ami giocare con i vestiti di ogni genere ed epoca. Quella sera indossa una larga camicia bianca, stretta in vita da un corsetto nero, un paio di pantaloni stretti neri e una gonna bianca corta sul davanti, larga, che si allunga fino a formare uno strascico alle sue spalle. È truccato, come avrete intuito: ha usato la palette che gli ha regalato Antonio anni addietro, mescolando sulle sue palpebre nero, bianco e colori freddi. Questa sua disinibizione, questo suo mostrarsi senza filtri per quello che è, sono la chiave del suo lavoro di spionaggio: se lo credono uno sciocco ragazzo incapace di mentire e di contenere i propri ormoni, non si faranno problemi a parlare davanti a lui anche di affari privati, a volte da riferire a suo padre, a volte semplicemente credendo che non sia ascoltando. Se fosse un dissidente, credono, lo rivelerebbe subito, per errore o per ideali sciocchi, o ancora pensano che tutte quelle noiose questioni politiche non siano di suo interesse
Francis invece riferisce sempre tutto, con dovizia di particolari, ai ribelli. Tutti i pettegolezzi, le discussioni dei politici di cui suo padre parla a cena credendo che non gli interessino e che le dimentichi dopo un minuto, tutto quanto. È per quello che si trova a quella festa, d'altronde: ci saranno diversi personaggi emergenti o rilevanti, generali o politici; la stessa organizzatrice, Caterina, è un personaggio di alta rilevanza politica.
Mentre danza con una fanciulla, figlia di un ex luogotenente, origlia di tutte le conversazioni, la fa girare per tutta la sala alla ricerca di un discorso rilevante.
"La musica è splendida, non trovate?" commenta la giovane, avvolta da un semplice abito rosa. Francis la fa girare tenendole la mano guantata prima di rispondere.
"Deliziosa, a dir poco"
"La banda è composta da stranieri, a quanto mi hanno detto"
"Ah sì? Di dove?"
"Un po' ovunque. Olanda, Portogallo, Inghilterra..."
A quel paese, Francis immediatamente si gira verso il piccolo palco dove si sta esibendo l'orchestra. E lì, tra i violini, c'è Arthur. Francis inizia a chiedersi cosa ci fosse in quello champagne e sbatte più volte le palpebre, ma Arthur è ancora lì. Si sforza di fingersi indifferente e continua a ballare, mostrando un sorriso.
Arthur non ha un nome importante; non è figlio di alcun personaggio di rilievo, o se lo è non lo sa, non ha mai conosciuto suo padre. È stato ammesso in Accademia con una borsa di studio d'altronde, tutto quello che ha ottenhto se l'è guadagnato. Per questo, invece di entrare nei ricevimenti per via diretta, su invito, lo fa per vie traverse, di solito come cameriere. È riuscito però, negli ultimi sei mesi, a trovare un modo migliore: è entrato in un'orchestra piuttosto famosa, spesso chiamata in varie feste importanti. Quando gli hanno detto che sarebbero andati in Francia, vicino a Parigi, ha pensato a Francis, ovviamente, ma sperava di non incontrarlo, perché incontrarlo lo rende felice e complica tutto troppo.

"Mon amour" lo chiama Francis, non appena è finita la serata e ha visto l'orchestra allontanarsi è subito andato a braccare la sua preda.
"Non chiamarmi così" ribatte Arthur, trascinandolo nel primo posto appartato che trova: una stanzetta vuota, piccola, quasi uno sgabuzzino nella grande villa della madame.
"Perché non mi hai detto che saresti venuto qui?"
"Speravo di non incontrarti" si sono visti tre volte negli ultimi due anni. La prima sono finiti a letto; la seconda hanno litigato; la terza hanno fatto più o meno pace e sono andati a letto. Non stanno insieme, non si devono fedeltà né niente, e infatti hanno avuto altre relazioni, molto brevi, per lo più notti solitarie con qualche amante di fortuna. Eppure Francis lo abbraccia.
"Je t'aime"
"Sei un bugiardo" ribatte Arthur, pianissimo, contro il tessuto morbido della sua camicia.
"Mi sei mancato"
"Che fine ha fatto la tua amichetta?"
"Di chi parli?"
"Quella con cui hai ballato per metà della serata"
"Sta tornando a casa sua presumo. Non l'ho sfiorata se non per ballare"
"Ti ha rifiutato?"
"Sono stato io a rifiutare lei" Francis gli solleva il viso. È buio, da una piccola finestrella filtra della luce che taglia il viso di Arthur, abbastanza da illuminargli gli occhi "vuoi accettare il mio amore o no?"
"Non lo so" Arthur sorride "hai detto che volevi un amore da film, no?"
"Artie, tutto questo sta per finire, lo sappiamo entrambi. I vari governi stanno progettando un attacco, soprattutto Liber, devono solo scovare un obbiettivo, e i nostri contatti ci chiameranno per combattere. Potremmo non avere più altre occasioni per vederci e parlare di questa cosa"
"Lo so. Cosa vuoi chiedermi?"
"Mi ami? Sii sincero"
Arthur esita.
"Yes" sussurra. Francis sorride, lo sente comunque, e lo bacia, piano, dolcemente.
Quella notte non finiscono a letto, né si urlano addosso. Rimangono semplicemente abbracciati contro la porta dello sgabuzzino, baciandosi ogni tanto, in silenzio. Francis gli sussurra che lo ama, dolcemente, in tutte le lingue che conosce, mentre Arthur rimane aggrappato alla maglietta dell'altro, nasconde il viso contro la sua camicia, inala il suo profumo, si rilassa sul serio per la prima volta da mesi.
Squilla il telefono. I telefoni, di entrambi. Francis risponde, perché rischiano che li sentano e potrebbe essere importante; Arthur si limita a silenziare il suo.
"La guerra sta iniziando" mormora Francis contro il suo orecchio "dobbiamo andare a Liber. Ci hanno scritto le coordinate"
Arthur annuisce "va bene" lo allontana leggermente da sé e si asciuga le guance "andiamo"
Francis lo bacia di nuovo "je t'aime"
"Moi aussi" il francese lo guarda sconvolto, un po' divertito.
"Da quando in qua parli francese?"
"Qualche parola la ricordo, idiota. Almeno le basi"
"Andiamo, dai"


 

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Capitolo 28
*** Parte diciassette ***


Ludwig, in pausa dal suo allenamento da soldato, entra in un piccolo ufficio del settore dedicato alla censura, con aria rilassata "come sta andando?"
Una sua collega, Maria, all'incirca della sua stessa età, alza le spalle "tanta roba noiosa sulle voci"
Il biondo si concede un sorriso. Gli sta simpatica quella ragazza, più di quanto gli stiano simpatici gli altri soldati, poco ma sicuro. Forse penserebbe di avere una cotta per lei, se solo la simpatia che prova nei suoi confronti fosse anche solo vagamente forte quanto quel che ha provato per Feliciano. Sente il cuore accelerare solo a pensare a lui, anche dopo due anni, ma si vuole convincere di essere andato avanti e di avere una cotta per lei, anche perché andare con gli uomini sta diventando pericoloso e continuano a dire ch'è immorale, contro natura, e Ludwig non vuole essere contro natura, o immorale.
"Senti... ti andrebbe di uscire a cena stasera?"
"Pensavo che non me l'avresti mai chiesto!" quella sorride, si alza dalla sua sedia e si sporge a stampargli un bacio. Ludwig ricambia il sorriso con uno più timido, ma dentro di sé sta urlando, perché non ha sentito niente di niente. Forse perché è durato pochi secondi, si dice. Se si spingeranno a baciarsi di più, di sicuro sentirà qualcosa. Quella con Feliciano era solo una cottarella, una fase. Dev'essere così.
"Finisco alle sette"
"Ti vengo a prendere qui" si offre il biondo "e, uhm, possiamo andare ad una passeggiata e poi a mangiare"
"Sembra un'ottima idea" lei sorride. Secondi, secondi di silenzio imbarazzante prima che Ludwig trovi un modo per mandare avanti la conversazione.
"Uhm, di cosa ti stai occupando?"
"Dipinti. Cose noiose" lei gli mostra una foto "lo conosci? È di un pittore di nome Valex"
"Valex?" l'unica materia in cui i ruoli si invertivano ed era Feliciano a dare lezioni a lui era storia dell'arte. Valex era uno dei suoi pittori preferiti, per le contraddizioni continue della sua pittura, il suo tormento interiore e... e Ludwig non ricordava molto, era così impegnato a guardarlo con aria sognante che erano finiti a baciarsi sul tappeto morbido della camera dell'italiano a ogni lezione.
"No" concentrazione, soldato "non lo conosco" tu non sei sbagliato, non sei immorale, non sei contro natura "non amo la storia dell'arte"
Maria si sistema una ciocca castana dietro l'orecchio mentre sistema i fogli "era una Bella Voce. A tredici anni gli avevano tagliato la lingua e costretto ad entrare in convento. Direi che è da censurare"
"Ah. Capisco" controlla l'orologio "devo andare, ho un..." un niente, ha il pomeriggio libero "devo andare"
"Va bene. Ciao!"
"A stasera" deve prepararsi un po' per la serata, no?

Ludwig entra nella camerata, un po' a disagio. Si sente osservato, ma è una cosa sciocca.
Raggiunge il suo letto, ci si inginocchia davanti e apre il suo baule, non ha niente di vagamente adatto a una serata romantica, solo uniformi militari e qualche tuta da ginnastica. Forse ha una camicia da qualche parte...
"Ti consiglio i pantaloni della tuta grigi. Ti fanno un bel culo"
Si immobilizza. Come potete immaginare, gli è venuto un colpo.
Il dormitorio è perfettamente deserto, i suoi compagni sono o di turno o al poligono di tiro ad alcuni allenamenti, lui è stato escluso perché bravo abbastanza da superare tutti gli esami del primo anno al primo tentativo.
Tuttavia non è tanto la presenza di una voce a spaventarlo, è comunque plausibile che qualcuno sia tornato prima, quanto la voce in sé, perché l'ha riconosciuta subito, la riconoscerebbe tra mille, e come non potrebbe? Quel modo di pronunciare le e, la forza nelle r e le s simili a quelle tedesche che ricordano tanto casa a Ludwig, quel modo di pronunciare le cose tanto alla veneziana, visto che per anni ha vissuto lì con suo nonno e ne ha preso l'accento, il tono acido e vagamente smaliziato che sembra sempre avere... è cambiata, è vero, è più matura, come quella di Ludwig del resto, ma continua ad essere riconoscibile, la voce che sente nei suoi sogni e nei suoi incubi, e nei momenti di cui più si vergogna, quelli in cui in bagno si dà piacere sotto la doccia. Ecco perché si sentiva osservato: il peso di quegli occhi castani lo avrebbe percepito tra milioni.
Feliciano lo osserva sopra di lui, seduto a gambe incrociate sul letto, con indosso un paio di pantaloncini grigi e una felpa nera troppo grande, i capelli coperti dal cappuccio e uno degli sguardi più incazzati che Ludwig gli abbia mai visto addosso, e dire che lo ha visto arrabbiato, soprattutto prima che scomparisse.
"Ho battuto la testa?" è questa la sua prima reazione, e biasimatelo. Pensa che sia un'allucinazione o un sogno, o un incubo.
"Te la sfondo io quella testa di cazzo" ringhia Feliciano, osservandolo con astio, ma senza toccarlo nonostante siano vicinissimi. È seduto ai piedi del letto, proprio sopra al baule.
"Non... non capisco"
"Quando me l'hanno detto non volevo crederci. E invece sei davvero così tanto coglione"
"Di cosa stai parlando?"
"Di questo, Ludwig! Guardati intorno! Sei entrato nel cazzo di esercito. Stai dalla loro parte!"
Ludwig inizia a riprendersi dallo shock "sto difendendo il mio paese"
"Da cosa? Da dei bambini?"
"Da dei mostri"
Feliciano scoppia a ridere "ma ti senti quando parli? Quel cervello funziona o ripete a pappagallo quello che dicono loro?"
"Loro chi? I buoni?"
"Quelli che si spacciano per tali"
"Smettila" ringhia Ludwig, incapace di muoversi "sei solo nella mia testa"
Feliciano fissa lo sguardo nel suo e lo tocca. Allunga la mano, piano, e gli sfiora la guancia dapprima con la punta delle dita, poi con maggiore sicurezza, finché non arriva a stringergli il viso con entrambe le mani, saldamente. Sorride, con gli occhi leggermente lucidi e quello che si potrebbe definire un'espressione dolce dipinta sul viso "non ti sembro reale?"
"Lo sembri" Ludwig si inumidisce le labbra "ma non sei davvero qui. Mi hai tradito e sei scappato con il tuo amante senza dirmi una parola. Non hai avuto neanche le palle di dirmi addio"
Feliciano inclina la testa, confuso. È assolutamente adorabile. Ludwig lo ha sempre trovato adorabile, ma ora non riesce a non guardarlo senza risentimento, per quanto lo desideri. A ben guardarlo è cresciuto, senza alcun dubbio. Ed è bello, ancor più di prima. I suoi lineamenti, che a quindici anni erano un miscuglio indefinito di tratti bambineschi e quel che sarebbe venuto fuori, ora erano sempre di più quelli di un adulto, spigolosi, più di quelli del fratello, zigomi alti, fronte austera. Ludwig aveva pensato che crescendo il ragazzino di cui era innamorato sarebbe diventato simile a Lovino, gli occhi diversi certo, i capelli e la pelle più chiara, tutte le differenze che volete, ma con la stessa fisionomia. Invece Feliciano si stava rivelando più rigido nel viso, pur sempre somigliando al fratello ma al tempo stesso distaccandosi completamente da lui, e cazzo se il tedesco ne era attratto. La tensione è così densa che si potrebbe tagliare col coltello.
"Quale amante?"
"Lo sai"
"No, non lo so"
"Sei nella mia testa, lo sai"
"No che non..." Feliciano sbatte le palpebre "non avrai pensato che... pensavo avesse capito male Gilbert, non che fossi sincero..."
"Che c'entra mio fratello? Vuoi parlarmi o no?!"
"Che ti abbia tradito con Antonio. È questo che pensi?"
"Avete parlocchiato con aria losca e vi siete rinchiusi in uno sgabuzzino. Cosa avrei dovuto pensare?"
Feliciano ride, non riesce a fermarsi. Solleva il viso al biondo, con un piccolo sorriso "secondo te avrei mai fatto una cosa del genere?"
"La gente fa cose strane"
"Rispondimi sinceramente. Mi reputi così meschino da scoparmi il ragazzo di mio fratello? Dopo quello che abbiamo sentito tutti e che sembrate esservi dimenticati?"
"Cos'è che avremmo sentito esattamente?"
"Il canto di Lovino. Solo una persona senza cuore sarebbe capace di tentare di mettersi in mezzo ad un amore così e pensi che lo faccia io? Mi credi così stronzo?"
"Non so a cosa credere"
"Pensavo che mi amassi"
"Non sono frocio"
Feliciano assume un'aria sorpresa "no?"
"No. Era una fase, una stupida fase e niente di più"
"Allora nei pantaloni hai una pistola, o sbaglio? Perché non sembra molto una pistola"
Colto sul fatto, Ludwig si copre il cavallo dei pantaloni con la sua giacca.
"Ho un appuntamento con una ragazza" ribatte, piano "tra poco"
"Oh, l'ho vista quella ragazza"
"Mi stavi seguendo?"
Feliciano alza le spalle, giocherellando con un filo che pende dalla sua felpa "forse. Come si chiama?"
"Maria"
"Maria" ripete "mi ricordava qualcuno" commenta, sovrappensiero, rigirandosi una ciocca di capelli tra le dita.
Ludwig sente freddo "cosa staresti insinuando?"
"Capelli castani, occhi castani, zigomi alti, accento italiano... mi ricorda qualcuno o sono io?"
"Non ci ho fatto caso"
"Oh, di sicuro. Altrimenti avresti notato che è trentina, non veneta. Non ha il mio stesso accento, anche se ci somiglia. Del Sud Tirol, direi"
"Smettila"
"Sto solo osservando che sembri avere un tipo fisso..."
"Smettila! Esci dalla mia testa!"
"Sono qui davanti a te, non sono nella tua testa"
"Sì che lo sei! Lo sei perché sei scomparso senza dirmi un cazzo! Lo sei perché in due anni non ti sei mai fatto vivo! Lo sei perché te ne sei andato come tutti e sto cercando di rifarmi una cazzo di vita lontano da te, e ora ritorni a farmi la morale e cerchi di dare a me la colpa di tutto questo!"
"La colpa sta in due in una coppia, Ludwig. Ho sbagliato alcune cose, ma le hai sbagliate anche tu" Feliciano è tranquillo, o almeno così si mostra. Dentro di sé, il suo cuore sta impazzendo.
"E cosa avrei sbagliato? Avere la mia opinione?!"
"Hai smesso di pensare con la tua testa, amore"
"Non chiamarmi così"
"Posso anche capirlo quando sei piccolo" continua l'italiano "ma quando si cresce, si dovrebbe maturare e ragionare per conto proprio, non credi?" si alza, calandosi ancora di più il cappuccio sulla testa e infilando le mani nella tasca centrale della felpa. Sembrerebbe quasi una specie di frate, se non fosse stato per le gambe scoperte e perfettamente depilate e per lo sguardo tutt'altro che umile e sottomesso a Dio, troppo fiero per rinunciare a vivere in nome di qualcuno "comunque me ne vado. Non sono qui per portarti dalla mia parte o convertirti a Satana o cose simili" la sua espressione si fa affranta, perde la sua spavalderia e torna umana per qualche secondo "volevo... dovevo assicurarmi che quello che mi hanno detto fosse vero. Non avrei neanche dovuto farmi vedere, quindi... adesso vado. Divertiti stasera"
Ludwig non sa che cazzo gli sia preso. Si maledirà in tutti i modi, in futuro, ma qualcosa lo spinge ad afferrare Feliciano per il braccio, che si gira a guardarlo con la testa inclinata.
"Sì?"
Ludwig non sa cosa dire. Non sa perché l'abbia fermato. È ancora convinto che sia un'invenzione della sua mente, ma il contatto con la pelle di miele del ragazzo, perché inconsciamente è sceso a toccarlo sulla mano e l'ha intrecciata con la sua, è semplicemente troppo reale. Deglutisce, non sa che fare. Feliciano aspetta, curioso e paziente.
Ludwig è sotto pressione. Vuole fare qualcosa, dovrebbe... vede che l'altro è in attesa e ha paura che se ne vada di nuovo e, merda, non vuole perderlo, non può, hanno bisogno ancora di parlare, chiarire, lui deve capire cosa diamine sia successo, perché il sospetto su cui ha basato due anni di sofferenza si sta dissolvendo sotto i suoi piedi in quello che è, un sospetto stupido, e ha bisogno di capire se sia in caduta libera o ancora saldo sulle sue convinzioni come è sempre stato.
E così fa un passo e bacia Feliciano sulla bocca, e questa volta fin dal primo millisecondo sente tante di quelle cose che non saprebbe da dove cominciare a elencarle. Si separa da lui poco dopo, perché non è più abituato e perché ha paura di essere scoperto e perché ha paura che quello sia scomparso e perché sa, da qualche parte nel suo cervello, che non è giusto nei confronti di Feliciano.
"Non era una fase..." mormora, più a sé stesso che all'altro, che però capisce e gli stringe le mani, con un sorriso dolce.
"Lud..." finalmente un nomignolo. Sentire il suo nome per intero da chi non lo usava mai è stato straziante "è chiaro che hai bisogno di fare chiarezza con te stesso, no? E... e non è qualcosa con cui ti posso aiutare. Devi risolvertela da solo, a tu per tu. Pensavo fossi già sceso a patti con chi sei, ma a quanto pare non è così e va bene, hai bisogno di più tempo, ci sta" gli accarezza le guance, baciandolo pianissimo sulla fronte "ma non posso stare con chi non è fiero di me, capisci? Ho bisogno di qualcuno che urli al mondo intero che mi ama, se ce n'è bisogno. Mi sono già nascosto una volta, ci siamo nascosti, ma sono passati due anni e non ce la faccio più a mentire su chi sono. Se mi fidanzo con qualcuno, ho bisogno che quel qualcuno sia sicuro di quel che prova e che si fidi di me, non che pensi al tradimento appena mi vede solo in una stanza con un altro"
"E... e come faccio?"
Feliciano gli concede un altro bacio, dolce e amaro come il miele, a cui il biondo si aggrappa, stringendolo, cercando di tenerlo con sé "tu vuoi stare con me?"
"Sì. No. Non lo so"
"Devi risolvertela da solo" ripete Feliciano "facendoti domande su domande ed essendo onesto con te stesso"
Ludwig lo guarda con gli occhi di un bambino sperduto, confuso, che non sa come seguire le istruzioni della mamma "come?"
"Hai tutto qui" l'italiano gli sfiora la nuca "devi solo tirarlo fuori. Ed è faticoso e stancante ma ne vale la pena, perché poi ti senti molto più leggero e quando ti guardi allo specchio sai chi vedi riflesso. Non avere mai paura di farti delle domande, né delle risposte che ottieni"
"E... e quando l'avrò capito? Come faccio a... a ritrovarti?"
"Se mi vorrai" mormora lui "cerca tuo fratello. Sai come trovarlo, no?"
"Forse. Sì, forse sì"
"Ti porterà da me" lo bacia un'ultima volta, e Ludwig si sente spaccare in due. Da un lato la sua morale, ma è sua per davvero?, che gli dice che sta sbagliando; dall'altro la gioia incontenibile che prova nello stringere quello che non era una fase tra le braccia. Deve rinunciare a una delle due parti, evidentemente. E per quanto la risposta sembri ovvia al lettore, non lo è. Ludwig è sempre stato ossessionato con l'idea di rendere orgogliosa la famiglia, andando bene a scuola per esempio, e se hai problemi e sei dislessico pazienza, ti fai ancora di più il mazzo e fai il bravo comunque. La sua omosessualità un tempo non rappresentava un problema, ma ora sì, e mettere da parte tutta la società in cui è nato e cresciuto per qualcosa di effimero come la felicità non è la cosa semplice che sembra. La morale in fondo ti entra dentro, ti contamina con quel che vuole che tu sia, e liberartene non è come togliersi un vecchio giaccone una volta tornato a casa al caldo.
"Arrivederci" mormora Feliciano "o addio, dipende da te"
E improvvisamente la camerata torna vuota e fredda.

Non appena Lovino vede suo fratello tornare in lacrime dal suo viaggio, inizia a progettare un omicidio.
Con calma, si dice mentre quello gli si getta tra le braccia. Prima consolo Feli, dopo sacrifico il cadavere del crucco a Satana.
"Cosa è successo?" mormora, accarezzando piano la schiena del fratellino, che singhiozza.
"Era... era veramente nell'esercito... i-io non... non volevo crederci ma..."
"Va bene. Non ti sei fatto vedere, vero?"
Feliciano non risponde.
"Non ti sei fatto vedere, vero?" ripete Lovino, pronto a incazzarsi. Gli ha dato un ciondolo apposta per diventare invisibile, perché sono due anni che non esce, perché si era reso conto che il piccolo Vargas non riusciva a darsi pace da quando aveva ricevuto quella notizia, perché era il fratello maggiore migliore del mondo e che nessuno osasse contestare, e gli ha concesso un'uscita, una, per un'ora al massimo, per dare un'occhiata nella caserma dove stanno tutte le reclute di Liber, a patto che quella testa di cazzo non si facesse vedere né sentire da nessuno. Potrebbe aver peccato di troppa fiducia, ma voleva responsabolizzare un po' suo fratello, e che cazzo.
"Feli..."
"Potrei essermi fatto vedere da lui" mormora il piccolo "per pochi minuti"
"Sei scemo?!"
"Non mi ha visto nessun altro!"
"C'erano le telecamere!
"No! Nella camerata non c'erano"
"Sicuro?"
"Ho controllato"
"Sicuro sicuro?"
"Sicuro, ho usato il coso per rilevare le frequenze. Fidati"
"Mi sono fidato e ti sei fatto vedere quando ti avevo detto di non farlo"
"Lud non lo dirà a nessuno"
"Che ne sai? Non è lo stesso Ludwig di due anni fa"
"Ecco, lui..." il piccolo arrossisce "ci siamo baciati e... è molto represso per, sai, la sua sessualità"
"E questo gli impedisce di metterci nella merda?"
"Mi ama ancora. Non ci tradirà" Feliciano si siede sul suo letto, è riapparso nella sua stanza con già suo fratello ad aspettarlo, a gambe incrociate, pensieroso "e se anche lo facesse, lo prenderebbero per pazzo. Pensava che fossi un'illusione della sua testa o cose simili"
"E?" Lovino si siede accanto a lui, stringendolo con un braccio per confortarlo "cosa vi siete detti?"
Feliciano giocherella con le maniche della sua felpa mentre parla, gli occhi fissi sul suo grembo "l'ho visto mentre invitava una a cena e mi sono ingelosito" mormora "così quando si è chiuso nella camerata gli ho parlato. Stava per venirgli un colpo" il piccolo sbuffa, soffiandosi via una ciocca di capelli da davanti agli occhi "tra l'altro quella stronza era identica a me. Credo fosse trentina, capelli castani, occhi castani, magrolina, più bassa di me. Per niente originale"
"E poi?"
"Ha iniziato a negare di essere gay, a dire che ero stato una fase, poi ha fatto il geloso perché pensava che lo avessi tradito con Antonio" alza gli occhi al cielo "cosa stupida. Pensa davvero che mi farei usare come rimpiazzo di mio fratello?"
"Chi ti dice che saresti un rimpiazzo?"
Feliciano alza gli occhi al cielo "ti prego. L'unico motivo per cui Antonio potrebbe mai forse un giorno se impazzisce guardarmi in quel modo, è perché gli ricorderei te"
Lovino arrossisce leggermente, ma sembra anche compiaciuto. Non commenta oltre.
"Comunque me ne stavo per andare per convincerlo che fossi solo un sogno, quando mi ha preso per il braccio, mi ha fatto girare e mi ha... mi ha baciato" il giovane si copre il viso con le mani, rosso in viso e sorridente.
"E com'è stato?" chiede il fratello maggiore, con aria complice.
"Bello... molto. Mi è mancato"
"Due anni senza limonare e non capisci più niente"
"Stai zitto che prima di tutto questo casino per due settimane senza Antonio sei impazzito"
"Ma quando?"
"A Natale"
"Ah, giusto. Ma non ero impazzito"
"Sì sì, se lo dici tu"
"Sei sicuro che non ti abbiano visto?"
"Sicuro. Avevo anche il cappuccio, in caso qualcuno arrivasse da dietro"
"E che vi siete detti?"
Feliciano inizia ad attorcigliarsi una ciocca di capelli intorno al dito "gli ho detto che non volevo stare con lui finché non si fosse accetato. Che non voglio stare con qualcuno che non vada fiero di amarmi, ma mi nasconda nell'armadio insieme agli scheletri. Capisci cosa intendo?"
"Mh, sì"
"E che dovrebbe fare un percorso per capirsi, accettandosi o meno, da solo. Nessuno può aiutarlo in queste cose"
"E lui?"
"L'ho visto un po' scosso... non si aspettava di vedermi, penso, né di dover mettere in discussione sé stesso di nuovo. Gli... gli ho detto che se mi vorrà e ne sarà sicuro eccetera, può andare da suo fratello a parlargliene e ci metterà in contatto. Dici che ho fatto male?"
"Non credo. Insomma, sa che suo fratello è tra i ribelli e se sa come trovarlo e non l'ha ancora denunciato, non penso lo farà ora. O almeno lo spero. Comunque avviserò Gilbert"
"Sei arrabbiato con me?"
"Un po'. Mi sono fidato, Feli"
"Scusa..."
"Vado a contattare Gilbert. Ci vediamo dopo"
Uscito suo fratello, Feliciano si sdraia a pancia in su e osserva il soffitto, dove ha dipinto una specie di arcata stellata. Ogni volta che è felice, aggiunge una stella, più o meno grande in base a quanto è felice. Ci sono centinaia di piccole stelline, rappresentanti giornate in cui si è divertito. Alcune stelle più grandi, ovvero giorni particolarmente belli. Non sa se considerare quel giorno una stella o un buco nero.
Si gira a pancia in giù e nasconde il viso nel cuscino, cercando di rievocare le labbra di Ludwig sulle proprie. Per due anni ha continuato a pensarci, senza sapere bene cosa fare, sognando il momento in cui lo avrebbe baciato ancora e chiedendosi se volesse davvero che succedesse. Tuttavia tra tutto il casino di quella casa, con tutti quei bambini pensate davvero ci sia mai stato un pomeriggio tranquillo?, non si è mai concesso di soffermarcisi a pensare. Ci sono sempre stati, per farla breve, altri pensieri, più urgenti, com'è normale in guerra.
Adesso però ci pensa. Ha un po' di tempo per sé, così si mette una bella maschera fatta in casa, si infila il suo pigiama preferito e inizia a disegnare mentre medita. Lascia scorrere la matita sulla carta, senza badarci, come a cedere il volante al suo inconscio, e nel mentre ripensa al casino di poco prima.
A posteriori, non riesce a non soffermarsi su un dettaglio: Ludwig si è fatto bello. Tanto bello.
Chiariamo, la bellezza non è tutto nella vita, anzi vale molto meno di quanto non possa sembrarci, ma ricordiamoci che Feliciano è un ragazzino con gli ormoni a palla e che, negli ultimi due anni, ha avuto ben poco tempo per sfogarli, se non fantasticando. E, cavoli, tutto l'allenamento militare ha ricoperto Ludwig di uno strato di muscoli che l'altro ragazzo ha notato subito, e come non farlo? Premevano contro la maglietta in un modo così sfrontato, quasi a invitarlo a toglierla...
Feliciano sospira, chiude gli occhi e inclina leggermente la testa, immaginando Ludwig dietro di sé a baciarlo sul collo. Abbandona il foglio da disegno sul letto e si nasconde sotto le coperte, giusto in caso qualche bambino avesse la brillante idea di entrare. Anzi, meglio prevenire: si sporge a chiudersi a chiave dentro la camera, spera che lo perdoneranno ma ha da fare.


 

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Capitolo 29
*** Interludio XI- Olimpo ***


Il piccolo dorme. Non che sia una novità, dorme sempre quel piccino. Lo tiene in braccio un altro bambino, più grande, e lo osserva con meraviglia. E dire che ne ha viste di magie nei suoi sei anni di vita, e pure questa cosa, un bambino di un anno che dorme, gli sembra il più grande magia del mondo.

Le loro mamme sono amiche, quindi i due crescono insieme. Da quando Heracles ha iniziato a parlare, però, la vera magia è diventata un'altra, ovvero il fatto che riuscisse sempre, sempre, sempre ad essere in disaccordo con Sadiq.
Crescono di là, nella parte magica, nonostante Heracles e sua madre siano esseri umani, e fa quasi paura a quanto i due bambini non riescano a sopportarsi.
Voci di corridoio vogliono che ci sia stato un solo giorno nel quale non abbiamo litigato. Heracles ha sei anni, ed è questo il problema, mentre Sadiq undici.
Elena ha deciso che suo figlio andrà a scuola sulla Terra, dall'altra parte. Domani partono.
Sadiq è seduto sulla riva di un laghetto, in silenzio. Heracles lo raggiunge correndo, è raro vederlo muoversi con tanta fretta, deve avere qualcosa di importante da dire o fare. Sorprendendo chiunque ci sia a guardare, in realtà solo Sadiq e noi osservatori silenziosi, il bambino abbraccia l'undicenne con forza.
"Non voglio partire" mormora, ha la voce che trema leggermente. Sadiq lo stringe con un braccio, quel bambino è così piccolo che ha quasi paura di romperlo, non ci ha mai fatto caso prima.
"Starai con gli umani. Sono come te, starai bene."
"Non sono come loro. Io non ti manderei via" ribatte il bambino con tutta l'innocenza nel mondo, di questo e degli altri "non manderei via nessuno. Hanno mandato via di unicorni, capisci? Sono cattivi!"
"Dici sempre che sono io il cattivo"
"Non così cattivo da mandare via gli unicorni. E poi sei solo antipatico, non cattivo"
"Beh, grazie"
"Prego" alcuni secondi di silenzio, poi Heracles trova il coraggio di fare una richiesta che tanto gli premeva "mi fai una magia?"
"Pensavo non ti piacessero le mie magie"
"Sono solo geloso, vorrei farle anch'io"
"Non è per niente di che, davvero"
"Daaaai, fammi una magia. Per favore"
Sadiq sbuffa, ma si compiace di essere finalmente apprezzato dal piccolo. Così solleva una mano e fa sollevare un po' d'acqua, non tanta, quanta ce ne starebbe in un bicchiere per intenderci, dal laghetto. Non è chissà qualche magia, ma Heracles sgrana gli occhietti luminosi, pieno di meraviglia. Ne ha viste di magie, ma quella è per lui e solo per lui, e la cosa lo lusinga e fa sembrare quel semplice grumo d'acqua la cosa più bella del mondo.
A quel punto Sadiq, per non tradire le aspettative, modella l'acqua come se fosse pongo, la lunga e la stringe. Non si trova molto bene con la magia dell'acqua, preferisce quella del fuoco, la quale però è difficile da controllare e non è bravissimo, un minimo di distrazione e rischierebbe di ferire sé stesso e soprattutto il bambino, così si limita a frammentate quel pezzo d'acqua in tante bollicine, facendo ridere il piccolo che cerca di afferrarne una.

Heracles ha sonno. Quel giorno non ha proprio voglia di andare a scuola, per fare cosa poi? Ascoltare il prof di matematica che blatera qualcosa sulle disequazioni di secondo grado? Farsi rimproverare perché si è addormentato ancora in classe?
"Ehi" si sente toccare e si volta a guardare chi sia stato. Sadiq è cresciuto, ha vent'anni ora, ma si sono rivisti giusto qualche settimana prima tramite una specie di videochiamata magica, per così dire, quindi lo riconosce ugualmente.
"Che ci fai qui?"
"È, uhm, successo un discreto casino"
"Che hai fatto?"
"È bello vedere che hai fiducia in me, ma non c'entro, giuro. È successo di qua"
"E io che c'entro?"
Sadiq si torce le mani, si vede che non sa come dire quel che deve dire.
"Possiamo parlarne da un'altra parte?"
"Non posso fare tardi a scuola di nuovo, mamma mi uccide"
"Sono sicuro che capirà. È una cosa grossa"
Vicino al liceo classico che frequenta Heracles c'è un piccolo parchetto dove di solito vanno i bambini del quartiere, ma che, alle otto e zero tre di mattina, è deserto, se non per loro due e un uomo addormentato su una panchina verde. I ragazzi si siedono sulle altalene che un tempo erano blu, prima che la ruggine si mangiasse la vernice. I seggiolini grigi di plastica sono scomodi e leggermente bagnati a causa della pioggia della sera prima, ma a nessuno dei due importa granché.
"Allora? Mi vuoi dire che succede?"
Sadiq di prende un momento per osservare il suo interlocutore prima di rispondere alla domanda. Heracles si sta facendo alto, e se lunghe sono le sue gambe lunghi sono anche i suoi capelli, del colore della terra e a metà tra il riccio e il liscio, come se il giovane non avesse avuto voglia neanche di svegliere da che parte stare. Tra le dita un po' tozze stringe la lattina di tè verde che gli ha comprato Sadiq in un bar lì vicino, sulla superficie della quale una goccia di brina si condensa e scivola sull'indice del giovane. La sua espressione è calma, immutabile come il monte Olimpo.
"Ti ricordi Caterina? La tua sorellastra?"
"Si"
"È morta"
Una goccia d'acqua scalfisce la superficie della montagna. L'abbiamo studiata tutti, alle elementari, l'erosione delle rocce: secoli di vento, pioggia e tempesta e piano piano la montagna si abbassa. Qui sembra quasi che quella gocciolina, che più che una gocciolina è un gocciolone, abbia fatto crollare un grosso pezzo del fianco del monte, se un monte può avere un fianco; ma alla fine, dopo il crollo, il monte torna calmo.
"Come?"
"Sai che ha avuto un figlio, no?"
"Sì"
"Quel bambino è una Bella Voce, ha cantato e gli è caduta la casa in testa"
Heracles annuisce "e..." il suo rigirarsi la lattina tra le dita è l'unico segno visibile del suo nervosismo "tu cosa c'entri?"
"Ho voluto risparmiare a tua madre la pena di dovertelo spiegare. Sarà distrutta, povera donna"
"Viaggiare da là a qua è difficile e rischioso. Non ti prenderesti la briga di farlo solo per questo"
Sadiq distende le gambe lungo il terreno rossastro del parco, i pantaloni scuri, obbedienti, ne seguono il movimento senza protestare. Davanti a loro, ad alcuni metri di distanza, dorme l'uomo di cui vi ho accennato prima. Sarà vivo? Da quella distanza non si capisce se respiri o meno.
"Hai così poca stima di me?"
"Ti conosco. Hai detto che è una cosa grossa, c'è dell'altro"
"Acuta osservazione. Sì, c'è dell'altro" Sadiq nota delle foglie secche intorno all'uomo e le riscalda a distanza con la magia, senza bruciarle, così magari il poveretto non morirà di freddo "quel bambino è sopravvissuto ed è potente, troppo per la sua età"
"E quindi?"
"Al momento se ne sta occupando suo nonno. Credo che lo porterà in orfanotrofio per nasconderlo al governo o cose del genere"
"Vai al punto"
Sadiq prende una sigaretta dalla tasca e la accende con il dito. Si concede un tiro prima di parlare, per cercare le parole giuste che comunque non trova. Esistono queste fantomatiche parole giuste? Nessuno le trova mai.
"Di là la situazione sta peggiorando ogni giorno che passa" mormora, la voce resa roca dal fumo "la magia sta diventando sempre più rarefatta, sempre più creature si ammalano. Dobbiamo tornare qui il prima possibile"
"E quindi? Che c'entra Lovino?" seguono alcuni secondi di silenzio, nei quali Heracles capisce quel che c'è da capire "vuoi usare quel bambino per riportare la gente qui"
"Deve solo fare da esca"
"È un bambino!"
"ED È LA NOSTRA UNICA OCCASIONE" Sadiq si alza in piedi, infervorato "lo so a cosa stai pensando, ma che altro possiamo fare? Si possono portare pochi esseri all'anno senza far crollare il portale, ci vorrà del tempo per portarli qui tutti. Gli umani sono stupidi ed è pieno di posti disabitati, se si concentrano su di lui possiamo trovarci un posto e occuparlo piano piano..."
"Hanno radar, satelliti..."
"La magia li può ingannare"
"Siete troppi"
"Siamo meno di mille"
"Popolereste troppo"
"Non siamo umani, Heracles. Ci sappiamo contenere, l'abbiamo fatto per secoli"
"E sentiamo, che vorresti fare? Dare quel bambino in pasto agli scienziati e farlo vivisezionare?"
"Fargli creare del caos. Se canterà abbastanza forte, coprirà il trambusto che faremo noi"
"Ti rendi conto di cosa state..."
"Non è una decisione che spetta a te. Volevo solo avvertirti di stare attento d'ora in avanti" e con questa nota allegra, Sadiq chiude la conversazione e scompare.
Heracles stringe forte la lattina tra le mani, disgustato. Chiude gli occhi e inspira l'odore di terriccio bagnato e piante umide, sforzandosi di ignorare il lieve sentore di fumo rimasto nell'aria; infine si alza e si avvia verso l'uscita del parco. Lascia la lattina quasi piena davanti all'uomo addormentato, sperando che gli possa servire. Il suo petto si alza e si abbassa ancora.

Al funerale di Helena, tre anni più tardi, Heracles non dice una parola. Osserva la bara, saluta con un cenno del capo chi lo chiama, accetta passivamente gli abbracci degli amici di sua madre, ma non parla. C'è anche Romolo, che gli stringe brevemente la mano.
"Se posso aiutarti in qualcosa..." mormora, forse cercando di rendersi utile. Ha gli occhi rossi.
Heracles lo guarda, ma non vuole l'aiuto di chi ha abbandonato un bambino a sé stesso. Annuisce, ma non gli chiederà mai niente.
Dopo il funerale rimane seduto davanti alla tomba. È una giornata indecentemente soleggiata per un funerale.
"Dovresti tornare a casa" è Sadiq, in piedi alle sue spalle. Vedendolo scuotere la testa, Sadiq si siede accanto al diciottenne e rimangono così, a fissare la lapide.
"Quella non era mia madre" mormora infine Heracles, sfiorando con l'indice e il medio la foto sorridente della donna che sembra quasi una presa in giro "era un fantasma che respirava. Mamma è morta quando è morta Caterina"
Sadiq non dice nulla per qualche minuto, cercando di mettere insieme una frase che sia rassicurante senza essere vista e stravista, o meglio sentita e strasentita.
"Non credo. Qualcosa in lei viveva ancora per te. Ti voleva bene"
Heracles scrolla le spalle e non commenta, e non ricevendo risposta il mago sospira "ti lascio un po' da solo. Te la caverai?"
"Sì"
"Hai dove dormire?"
"Andrò da alcuni amici"
"Se avrai bisogno, hai il mio numero" il suo aiuto potrebbe decidere di accettarlo. Sadiq lo bacia sulla guancia. Non è mai stato uno molto affettuoso, ma sembra qualcosa di giusto da fare. Un bacio breve e indolore, non lungo e faticoso come un abbraccio "ci si vede"
"Aspetta"
Heracles ha preso una decisione, o meglio, la prenderebbe se il suo cervello stesse funzionando a dovere. Diciamo più che sente di averla presa "me ne dai un altro?"
"Di... di bacio?"
"Sulla bocca se possibile"
E Sadiq fa qualcosa che non ci si aspetta in un cimitero. Scoppia a ridere.
"Come fai ad avere il tono di uno che ordina dal macellaio mentre mi chiedi di baciarti?"
"Non rompere" il ragazzo distoglie lo sguardo, le guance gli bruciano.
Sadiq però si inginocchia comunque davanti a lui e gli prende il viso tra le mani guantate di nero, forzando quegli occhi a incontrare i suoi.
"Vuoi che ti baci?"
Heracles fissa il vent'enne negli occhi ed esita. Di solito è più ponderato nelle scelte ma... ma la verità è che lo vuole e ne ha bisogno. Lo vuole o ne ha bisogno? Entrambe le cose?
"Sì"
E così succede.

Da lì all'andare a letto il passo è breve, ma non così tanto. Ci vuole un annetto buono, perché Sadiq viaggia e si fa vedere di rado. Va a trovare Heracles quando riesce e in uno di questi incontri succede quel che deve succedere.
Due anni dopo il funerale di Helena, Sadiq si fa vedere pochi giorni prima di Natale. Heracles è in camera sua a leggere quando gli appare davanti il mago.
"Ho bisogno di un favore" si annuncia così.
"Non voglio fare niente di illegale o immorale"
Sadiq sbuffa e si siede sul letto sfatto del padrone di casa. La sua stanza è disordinata, profuma di libri "le leggi sono convenzioni spesso cretine e della moralità non te n'è mai fregato nulla"
"Non cercare di intortarmi con della filosofia spicciola. Che vuoi?"
"Ti ricordi quel ragazzo? Il figlio di Caterina?"
"Che gli hai fatto?"
"Niente. Suo nonno lo ha chiuso in convento per tutti questi anni" Sadiq sbuffa "una mossa furba. Le creature magiche non possono entrare in luogo consacrato"
"E le Belle Voci sì?"
"Già, non s'è mai capito perché, dicono che sia perché hanno origine angelica ma..." sembra rendersi conto di aver detto troppo e corregge il tiro "be', non abbiamo potuto fare niente per anni, solo osservare"
"Non entrerò in un convento per tirarlo fuori"
"Non serve. Il ragazzino... si sta organizzando per fuggire"
"Buon per lui"
"Non sa dove andare. Lasceresti un ragazzino in mezzo alla strada?"
"No... non puoi occupartene tu?"
"Direi di no. Viaggio troppo spesso, faccio cose pericolose e le altre creature che sono di qua fanno lo stesso. Non mi sembra fattibile e non penso che lui abbia voglia di essere sballottato in giro per il mondo a rischiare la vita"
"Orfanotrofio?"
"Oh, certo. Così appena canta lo ammazzano"
Heracles sospira. Sente un certo... dovere nei confronti di quel ragazzino. Ne ha passate tante per la sua età e in un certo senso è il suo ultimo parente "va bene. Ma gli altri" si riferisce ai suoi coinquilini, che al momento sono in cucina a fare la lista della spesa per il pranzo di Natale "non devono sapere niente di tutta questa storia"
"Come ti pare. Dovrebbe fuggire la notte tra la Vigilia e Natale. Mi occuperò di farlo arrivare qui vicino. Ha dei documenti falsi, li farò risultare sui registri, quindi non avrete problemi legali"
"Fallo arrivare nella piazza qui vicino. C'è un supermercato, dirò di aver dimenticato qualcosa per la spesa o cose simili. Lo incontreremo per caso"
"Va bene"
"Ho una condizione"
"Non mi piacerà, vero?"
"Devi lasciarlo fuori da tutta questa storia il più possibile. Si merita una vita normale da ragazzo normale"
Sadiq alza gli occhi al cielo "tu e il tuo senso di giustizia"
"Quindi?"
"Va bene, per alcuni anni lo lascerò tranquillo"
"Alcuni anni?"
"Fino a quando non sarà più possibile rimandare"
Heracles alza gli occhi al cielo "ce lo faremo andare bene"


 

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Capitolo 30
*** Parte diciotto ***


https://www.youtube.com/watch?v=DlkA0mOzzO4

 

C'è ancora qualcuno che legge questa storia?

 

È successo Il Fatto 2.0.
In una città periferica di Liber due soldati sotto copertura hanno trovato un gruppo di ribelli, che, dopo essere stati minacciati, hanno aperto il fuoco sui soldati. Ora l'esercito si sta avviando in missione punitiva, nell'ottica di "punirne uno per educarne cento", verso i ribelli che, guarda caso, si sono alleati pochi giorni prima con i nostri eroi.
La guerra vera sta bussando alle loro porte e non ha risparmiato, egoista ed egocentrica, a nessuno l'annuncio della sua presenza.
"Non manderò dei bambini a rischiare la vita" sancisce Lovino.
"Ci servono delle Belle Voci" ribatte Sadiq.
"I maggiorenni potranno scegliere. Ce ne sono una trentina, tutti addestrati a usare la loro voce come arma. Bastano?"
"Suppongo di sì, se verrai anche tu"
"Se proprio devo..." che altro può fare? "sì, verrò"
"Allora vai a chiamare i maggiorenni e spiega la situazione. Ah, e vale anche per Antonio, lo sai vero?"
"Non è una Bella Voce"
"È un soldato, qualsiasi aiuto è ben accetto. E poi non penso proprio che sia d'accordo sul lasciarti andare da solo"
"E infatti non glielo dirò. Non serve che lo sappia"
"Forse allora dovrei informarti che stanno origliando da quando sono arrivato, sia lui che tuo fratello. Hanno delle auree molto luminose"
Lovino si gira verso la porta chiusa del salotto in cui si sono appartati per parlare e assottiglia lo sguardo. La apre, lentamente, cigola come in un film horror, e suo fratello gli sorride con aria innocente, mormorando delle scuse. Antonio neanche cerca di mostrarsi dispiaciuto, è subito all'attacco "vengo anch'io"
"No"
"Sono un adulto, decido per me stesso"
"Serve che qualcuno rimanga in caso io non tornassi, per i bambini, vanno addestrati"
"Troveranno qualcuno, tanto serve una Bella Voce per farlo"
"Non ti lascerò crepare per me"
"Ed io non ti lascerò morire da solo" gli stringe la mano, forzando un sorriso "insieme, ricordi? Sia nella vittoria e nella sconfitta"
"Seh, in salute e malattia e blabla. Non siamo sposati"
"Dammi tempo e ti porto all'altare"
"Non ce l'abbiamo" Lovino gli lascia la mano "non mi devi niente"
"Non lo faccio per dovere. Voglio starti accanto finché potrò"
"Mi hai fatto una promessa" il suo sguardo si punta su Feliciano, che se n'è rimasto in silenzio a guardarli discutere, poi vola di nuovo sull'ispanico.
"E la manterro se ne avrò l'occasione"
"Ce l'hai l'occasione. Resta qui"
"L'occasione che ho è proteggerti, per far sì che non serva mantenere quella promessa"
"Non..."
"Non puoi impedirmelo"
"Te lo chiedo per favore"
"Non ti lascerò solo" Antonio stringe il viso del suo ragazzo tra le mani e si sforza di sorridergli "scordatelo"
"Sei una testa di cazzo"
Le spalle dello spagnolo si rilassano. Quando Lovino passa agli insulti, è perché ha ceduto. Lo bacia "al tuo servizio, generale Vargas"
Nel frattempo Sadiq ha mandato Feliciano a chiamare i maggiorenni, perché non è che abbiano tutto questo tempo da perdere con i melodrammi. Il ragazzo non avrebbe voluto perdere neanche un secondo con il fratello, ma d'altro canto le discussioni tra quei due piccioncini spesso sono tremende, molto più di questa, e se può non assistere...

Ludwig raggiunge la cima della collina di corsa e, non appena si avvicina all'accampamento dei ribelli, si ritrova dei fucili puntati contro. Alza le mani.
"Sono il fratello di Gilbert!"
I partigiani si guardano. Uno inarca un sopracciglio "non gli somigli"
"Parla di quello bianco bianco?" chiede un altro di gruppo partigiano diverso da quello di Gilbert.
"Eh sì"
"Non gli somiglia"
"Chiamatelo e ve lo dirà lui! Giuro!"
Il primo che ha parlato, amico di Gilbert, corre a chiamarlo.
Ludwig rimane fermo con le mani in alto, circondato da uomini armati. Fa paura, ma c'è anche un certo disagio. I ragazzi non saranno molto più grandi di lui, qualche anno al massimo. Potrebbero essere scambiati per compagni di scuola, e invece si stanno puntando contro le armi.
Quando vede Gilbert arrivare, tira un sospiro di sollievo e corre ad abbracciarlo. Non si è accorto di quanto gli fosse mancato fino a quel momento.
"Ma quanto sei cresciuto" Gilbert lo stringe, forte. L'immagine del suo fratellino è rimasta cristallizzata a lungo in quella di un quindicenne, e invece ora lo trova cambiato, quasi adulto eppure così fragile mentre lo stringe.
"Come osi essere più alto di me?" sbuffa, divertito "vieni, abbiamo diverse cose di cui parlare"
"Ho chiesto ai nonni dove fossi" si giustifica il fratello minore appena sono in un posto un po' più appartato, per quanto la situazione lo permetta "Feliciano ti ha..."
"Sì, mi ha informato" Gilbert si siede sull'erba e guarda il panorama della montagna su cui si trovano, pensieroso "Lud, di solito non sono qui, lo sai no?"
"Eri... eri più a nord, sul confine con la Germania, no?"
"Già" l'albino prende un pacchetto di sigarette mezzo schiacciato e sfilacciato dalla tasca del suo giaccone e se ne mette una in bocca.
"Da quando in qua fumi?"
Gilbert alza le spalle mentre prende l'accendino "da un po'. Non dirlo ad Eliza, quella mi ammazza"
Il biondo però strappa la sigaretta dalla bocca del fratello prima ancora che quello riesca ad accenderla e la spezza in due "ti fa male"
Gilbert ghigna "sempre meglio di un proiettile di piombo, non trovi?"
"Hai idea dello schifo che mettono in questa roba?"
"Avevo dimenticato il tuo lato salutista"
"Cosa stavi dicendo prima? Perché ti sei spostato a sud?"
"Ah, giusto. Guarda là in fondo, vicino a quella montagna laggiù"
Il ragazzo aguzza la vista e cerca di mettere a fuoco "cos'è quella macchia nera?"
"Non cos'è, ma chi è. L'esercito di Liber" Gilbert si sdraia sull'erba e allarga le braccia drammaticamente "tra poco qui si scatenerà l'Inferno fratellino! Non hanno detto niente a voi reclute?"
Ludwig distoglie lo sguardo "ho lasciato l'esercito una settimana fa. Ci ho messo un po' a raggiungere i nonni e tornare indietro, il confine è un casino e non potevo usare il telefono per chiederglielo, sarebbe stato rischioso"
"Oh be', il bordello è successo due giorni fa. Un gruppo partigiano qui intorno è stato sorpreso da alcuni soldati, li hanno fatti fuori e bam, ora l'esercito ci sta cercando. Non ci hanno ancora trovato solo perché i due coglioni morti non hanno detto di preciso dove stessero andando, probabilmente hanno scoperto i partigiani per caso, ma sanno che siamo tra queste montagne"
"Che ci fai qui?"
Gilbert sorride, rilassato per qualche motivo "solidarietà tra partigiani. Praticamente tutti quelli di Liber sono qui"
"E come... com'è possibile che non vi abbiano ancora beccati?"
"Magia, fratellino. Un mago di vattelapesca ha fatto un incantesimo per cui siamo introvabili per chiunque abbia intenzioni violente verso di noi. Tu non ne hai, evidentemente"
"Magia? Non... non capisco"
"Non ci ho capito granché neanche io" si tira a sedere e poi in piedi "te lo spiegheranno loro presumo"
"Loro chi?"
"Lovino e Antonio. Arriveranno tra poco credo, sia loro che Francis e Arthur, quei due stronzi"
"Aspetta, cosa?"
Vedendo la faccia confusa del fratellino, Gilbert si intenerisce, si sente un po' come quando erano piccoli e Ludwig gli chiedeva di tutto e di più (perché il cielo è azzurro? Perché hai la pelle così bianca? Perché ho i capelli biondi?) e lo guardava come un eroe perché gli dava sempre una risposta, corretta o meno (perché c'è l'azoto, perché sono di sangue così puro che sono bianco come la neve, perché sei un po' meno puro di me e quindi hai i capelli chiari ma non bianchi)
"Vieni dai, ti spiego tutto e tu spiegherai tutto a me"

L'esercito è grigio e nero.
Le uniformi sarebbero azzurre, ma tra tutte quelle armi il colore si perde in un mare di piombo. Lovino non vorrebbe ferirli: quelle sono persone esattamente come lui; condizionati psicologicamente, magari violenti, magari contenti di essere lì, ma pur sempre persone. Potrebbero anche essere dei mostri, aver fatto del male a chiunque, ma rimangono esseri umani, per quanto sia difficile da accettare in certi casi, e Lovino lo sa.
Oh, ma perché deve sempre finire tutto con la violenza? L'esercito sta marciando verso la collina in cui sono in cui sono nascosti i nostri eroi, ospitati dai partigiani sotto attacco.
"I cecchini sono pronti" annuncia Gilbert "appena gli stronzi saranno più vicini, loro inizieranno a sparare. Speriamo di beccare qualche pezzo grosso"
Lovino non commenta, ma non gli piace tutto quello e Antonio, attento, se ne accorge e gli stringe la mano tra le sue per rassicurarlo.
"Stai bene?" mormora. Lovino annuisce e si sforza di ignorare la pistola nella cintura del suo ragazzo.
"Sì" lo allontana da sé, meglio non mostrarsi debole in certe situazioni, non si sa mai cosa passi nella testa delle persone "controllo se ci sono sorprese"
Ha imparato qualcosa nella foresta, un trucchetto molto utile. Se canta una sola nota, chiara, e ascolta come si propaga, riesce a capire più o meno cosa ha intorno, anche se non lo vede.
Così si gira verso lo strapiombo e apre la bocca per cantare.
E un attimo dopo non è più lì.

Ludwig riapre gli occhi ed è in una radura rigogliosa, sembra di stare nel mondo delle favole. Si avvia verso la casa al centro della valle, incerto. La porta è aperta, ma bussa comunque, si pulisce le scarpe sullo zerbino ed entra chiedendo permesso. Una bambina scende di corsa dalle scale e si ferma a guardarlo, incuriosita. Qualcuno le corre dietro.
"Chiara vieni qui! Ti ho detto che non devi..." Feliciano si ferma sugli ultimi due scalini, sta sognando? Ma Ludwig è lì, è reale, e lo raggiunge e nasconde il viso nella camicia che quello indossa, intreccia le braccia intorno alla sua vita e lo stringe a sé, tutto pur di non lasciarselo sfuggire ancora. Chiude gli occhi, lasciandosi accarezzare i capelli.
È ancora vivo o è in Paradiso?

Sono circondato dal nulla. È difficile da spiegare.
Credo di essere in piedi, ma non si capisce, potrei essere seduto o sdraiato e non cambierebbe niente, tanto non appoggio da nessuna parte, né con i piedi né con la schiena né con nessun'altra parte del corpo.
Intorno a me è tutto bianco, o nero, semplicemente vuoto. Non vedo il resto del mio corpo, solo quel colore, se di colore si può parlare, ovunque.
Non è descrivibile questo vuoto a parole, è qualcosa che i nostri sensi non sanno interpretare, ma forse un bianco accecante e perfetto tutto intorno a me è la cosa che più ci si avvicina.
Me. Cosa sono io? Non lo so. Una persona, ma non ho il corpo. Un'anima, ma sono ancora vivo, credo. Spero. Non lo so.
Davanti a me c'è qualcosa o qualcuno. Non lo so. Non è definibile con cose umane, né con i sensi né con le parole, ma sento che in quel vuoto c'è qualcosa che mi sta guardando.
Guardo quella presenza negli occhi e all'improvviso so.

La Terra era così piccola e debole. Voleva darci qualcosa di più, un segno che non li aveva abbandonati. Crearla è stato faticoso, e ora aveva così tanto sonno...
Ma voleva lasciare un qualcosa sulla Terra, a mostrare agli umani che non li aveva abbandonati.
Degli angeli?
No, troppo.
Magari dare ad alcuni individui delle voci angeliche... sì, fattibile.
E così nacquero le Belle Voci.

Quando si risvegliò dal suo sogno, gli umani avevano incasinato tutto. Sente disgusto, rabbia, il suo dono rifiutato così nel suo stesso nome? Quanta stupidità! Quanto sono ottusi certi umani!
E così creò una nuova creatura. Qualcuno che non avesse la voce di un angelo, ma di tutti gli angeli, ciò che più si avvicinava alla sua.
E così nacque Lovino.

Devo fare una scelta. La presenza che ho davanti dev'essere Dio, immagino, o qualcosa del genere. Se qualcun altro fosse lì, davanti a ciò, probabilmente la sua anima evaporerebbe, ma a quanto pare ho un'anima speciale, simile a quella angelica. Che culo.
Mi ha creato per decidere che fare. Non può distruggere l'umanità da sé, per questo ci sono io: uomo e angelo, abbandonato alla sofferenza e all'impietà di alcuni e risollevato dall'amore di altri. Posso anche decidere di sterminarli tutti, di risparmiarne alcuni, di salvarli tutti.
Ci penso. Insomma, non è una decisione semplice, decidere della vita di miliardi di persone...
Sì, l'umanità è crudele, ha fatto tonnellate di danni agli animali, alle piante, al pianeta e sé stessa. Gli esseri umani sono spesso cattivi, sadici, ingegnosi quando si tratta di ferire gli altri, ma possono anche essere buoni, gentili, aiutare il prossimo; possono distruggere o creare bellezza, creare o distruggere orrori.
Posso salvare le persone che amo, le persone buone, e distruggere quelle cattive, vivere la mia vita felice e salvare chi amo dalla malvagità altrui. Immagino di vedere mio fratello finire la sua adolescenza in pace, i bambini che ho in parte cresciuto diventare adulti come si deve, dare una vita il più perfetta possibile al mio amore, magari anche sposarlo; ma ha senso?
No, non ha senso.
L'essere umano è imperfetto nella bontà e nella cattiveria; anche quelli  "buoni" non sono perfettamente buoni, e anche quelli "cattivi" non sono perfettamente cattivi. Anche le persone che amo hanno dei difetti e quelle che odio dei pregi, per quanto sia difficile ammetterlo. E anch'io, questo è facile da riconoscere, sono imperfetto, ho dei difetti, e chi sono per decidere della vita di miliardi di persone? Non sono migliore o peggiore di nessuno, sono solo un tizio che è nato con una Bella Voce e ha avuto delle sfortune e delle fortune nella vita. Non ho nessun diritto sugli altri. Che fare, quindi? La risposta è maledettamente semplice.

Li risparmio.

 


 

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Capitolo 31
*** Parte diciannove ***


Appena Feliciano vede suo fratello e Antonio tornare, lascia la mano di Ludwig e corre loro incontro insieme ai bambini che li hanno visti. Travolge suo fratello e lo abbraccia forte, scoppiando, e questa volta il verbo è una descrizione accurata, a piangere.
"Sta... state bene?" il corpo di Lovino è caldo, respira e non esita a stringere il fratellino. È vivo.
"Sì" Lovino ride quando i piccoli travolgono lui e Antonio, il quale, nonostante l'umore cupo, sorride a sua volta e stringe i bambini più vicini a sé.
Feliciano nota distrattamente che alle spalle di suo fratello ci sono Sadiq, Eliza e Gilbert, il quale è stato placcato dal proprio fratello, e nota anche che qualcosa non va.
"Com'è andata la... la battaglia?" mormora, la voce più roca di quanto si aspettasse. Lovino gli stringe la mano per avvertirlo di non dire troppo.
"Ne parliamo dopo, mh?"
Il sole è splendente, l'erba rigogliosa, il fiume ai loro piedi scorre e i bambini ridono. È tutto assolutamente perfetto, idilliaco, incredibile, come se non si fosse appena consumata una delle più memorabili battaglie della storia dell'umanità.
Lovino allontana da sé il fratello e si inginocchia davanti ai piccoli, che subito lo investono e lo riempono di domande.
"Non è successo nulla di interessante" li interrompe, con un sorriso "ma è finita, abbiamo vinto. Potete tornare dalle vostre famiglie" a quelle parole scoppia il putiferio: urla, pianti di gioia, di tristezza, abbracci, corse a comunicare la novella ai bambini rimasti in casa ignari della situazione...
Lovino alza un po' la voce e si zittiscono "quelli che hanno una famiglia da cui tornare ci torneranno, troveremo una sistemazione a quelli che l'hanno persa o da cui non vogliono andare" torna a sorridere, con aria paterna "ora andate a fare le valigie, su"
E, alla spicciolata, chi dando un bacio sulla guancia a Lovino, chi correndo senza voltarsi indietro, chi rifugiandosi a piangere tra le braccia di Antonio o di Feliciano per qualche secondo, alla fine tutti i bambini vanno nelle loro stanze a prepararsi.
Non appena anche l'ultimo bambino si è allontanato, Feliciano si pianta davanti al fratello.
"Ora mi spieghi che è successo? Ci sono stati dei feriti? Dei... dei morti?"
Lovino scambia un'occhiata con Sadiq prima di parlare, cosa che a Feliciano non piace.
"Nessun ferito e nessun morto, né da una parte né dall'altra"
"E che razza di battaglia è? Meglio per noi eh, però mi sembra strano che..."
"Non c'è stata una battaglia infatti" sbotta Eliza.
"Come?!"
"Non abbiamo combattuto" riprende Lovino "semplicemente abbiamo buttato tutti le armi"
"Ma non ha senso! Anni di tensione e..." Feliciano assottiglia lo sguardo, la situazione gli puzza. Guarda prima suo fratello, che è inspiegabilmente tranquillo, Antonio, che invece è inspiegabilmente zitto, e di nuovo suo fratello. A ben vedere, ha lo stesso sguardo e lo stesso sorriso di quando ha resuscitato Antonio: una calma perfetta, di chi ha fatto quel che era destinato da sempre a fare. Feliciano sgrana gli occhi.
"Hai cantato! Hai... hai cantato e li hai convinti a..."
"Non dire stronzate, Feli, non sono mica un mago" il sorriso di Lovino sta diventando irritante "andiamo a vedere cosa stanno combinando in casa" afferra il braccio del fratellino e lo trascina verso la casa, con una morsa ferrea che non lascia spazio a repliche. Feliciano ha il tempo giusto di girarsi verso Ludwig e lanciargli un'occhiata che, spera, sia abbastanza significativa, prima di venire portato via.
Per fortuna lo è, o se non lo è comunque Ludwig ha in mente la stessa cosa che ha in mente lui perché, non appena i due ragazzi hanno la possibilità di rimanere da soli qualche minuto in camera di Feliciano, Ludwig riferisce di aver indagato proprio come voleva chiedere quell'occhiata.
Al piano di sotto, a quelli di sopra e nelle stanze intorno a loro si stanno organizzando i preparativi per le partenze prossime, così Feliciano ha approfittato del caos per scappare via da suo fratello e sgattaiolare in camera sua; Ludwig lo ha raggiunto poco dopo e i due si sono abbracciati forte non appena si sono visti.
"Ho chiesto a Gilbert che diamine sia successo" mormora Ludwig, controllando con un'occhiata che la porta sia chiusa. Ci manca che qualcuno li senta.
"E? Hai scoperto qualcosa?"
"Sì... avevi ragione, tuo fratello ha cantato prima che iniziasse la battaglia, ma non si è sentito niente, come se avesse usato gli ultrasuoni o cose simili. Secondo Gilbert ha usato delle frequenze che hanno attivato qualche ormone o disattivato qualcosa, sta di fatto che tutta la voglia di combattere è scomparsa o quasi, così... si sono semplicemente accordati per la pace. La cosa interessante è che lo stanno facendo in, be', tutto il mondo"
"Quindi è finita?"
"Già. Sadiq se n'è andato subito proprio per gestire la situazione"
"E Antonio? Perché era strano?"
"È preoccupato che facciano del male a Lovino. Gilbert li ha sentiti che discutevano... Antonio non voleva che facessero tornare subito i bambini e vorrebbe che Lovino se ne stesse nascosto per un po' per sicurezza, ma Lovino non ha voluto sentire ragioni. Sembra che sappia qualcosa che sa solo lui"
"Uhm... indagherò anch'io. Prima o poi gli scucirò qualcosa" no, non ci riuscirà.
"Non si deve sapere che è stato Lovino" aggiunge Ludwig "comporterebbe una quantità di conseguenze enormi e..."
"Sì, ho capito. E le altre creature? Potranno..."
"...tornare sulla Terra? Sì. Si stanno organizzando" Ludwig bacia il ragazzo castano tra i capelli "credo che tornerò in Germania per un po' con Gilbert... dobbiamo chiarire delle cose in famiglia e tutto"
"Anche io pensavo di tornare in Italia... mi manca. Ci andrò con Lovino e lo metterò sotto torchio finché non mi dirà tutto" tra una cosa e l'altra si distrarrà e non lo farà più di tanto e comunque Lovino non gli dirà niente "comunque ci possiamo sentire via telefono, no?"
"Certo. Tutte le sere" risponde Ludwig, in fretta. Feliciano sorride e lo bacia.
"Ti amo. Torno da mio fratello prima che si accorga che me ne sono andato"

Eliza non riesce a stare ferma. I suoi sensi sono all'erta, e come darle torto? Si è preparata per giorni, anni se volete, a uno scontro, che alla fine non c'è stato. Il canto di Lovino può anche averla calmata, ma la tensione di cui si è caricata per tanto, tanto tempo rimane lì, meno di quanta ce ne fosse prima ma comunque fastidiosa.
Gilbert è seduto su una vecchia poltrona a guardarla fare avanti e indietro. Fino a poco prima c'era anche Ludwig con loro, poi Feliciano lo ha trascinato a ballare alla piccola festa che hanno organizzato per festeggiare la vittoria e l'ultima sera tutti insieme, prima che, la mattina dopo, i primi bambini inizino a tornare a casa. Ci vorranno due settimane prima che tutti trovino una sistemazione, tra famiglie che non vedono l'ora di riaccogliere i loro piccoli e altre che sono disposte a conoscere un nuovo bambino.
"Hai fatto avanti e indietro cinquantatré volte negli ultimi sette minuti" interviene Gilbert a un certo punto "siediti dai"
"No!" la ragazza si ferma nel bel mezzo della stanza "hai idea di quanta tensione io abbia accumulato?"
"Più o meno" vedendolo alzarsi e avvicinarsi a lei, Eliza inarca un sopracciglio.
"Cosa vuoi fare?"
"Sfogare la tensione. Be', non proprio la tensione" Gilbert si gratta la nuca, a disagio "più che altro... l'ansia, ecco. Avevo ansia che ti succedesse qualcosa, così... uhm... ho riflettuto e..."
Eliza intuisce dove quel discorso balbettato voglia andare a parare, d'altronde ci girano intorno da anni, da quando si conoscono probabilmente, se lo aspetta. Così afferra il viso del ragazzo tra le mani, mentre quello ancora blatera quello che vorrebbe essere un discorso romantico, lo fa abbassare e lo bacia sulle labbra.
"Oh" la faccia di Gilbert è comica, sembra un pesce lesso. Eliza lo trova adorabile.
"Già. Oh"

Lovino si guarda intorno, il binario a cui si è fermato il treno che ha preso è affollatissimo. Stringe il manico del suo trolley e cerca la sua famiglia con lo sguardo fino a quando non si sente chiamare. Si gira appena in tempo per essere travolto prima da Maria Rosa, che gli si è precipitata incontro, poi dagli altri tre, più lenti nella corsa. Li stringe forte, il trolley è caduto ma pazienza, non è che abbia granché dentro. Per la foga lo sollevano persino da terra, facendolo scoppiare a ridere.
"Due anni senza farti vedere!" lo rimprova Maria Rosa, ha le lacrime agli occhi e sta continuando ad abbracciarlo senza sosta.
"Scusate" ha avuto i suoi motivi, ma non è il momento di parlarne. Ora vuole solo farsi abbracciare.
"Maronn, ma siete gemelli o cosa?" Gaetano è il primo a notare Feliciano, che si guarda intorno a disagio con il suo trolley e quello del fratello, l'ha raccolto da terra, tra le mani.
"Ma va, è piccino lui" ride Lovino, allontanandosi e dando una pacca sulla spalla al fratellino "vero?"
"Veramente sono più alto io"
"Solo di un centimetro"
"Comunque piacere, Feliciano" il ragazzo sorride e porge la mano ai tre sconosciuti, che si presentano, Maria Rosa lo abbraccia persino.
"E l'uomo tuo 'ndo sta?" domanda Salvatore mentre escono dalla stazione.
"A Madrid. È andato dalla sua famiglia per un po', poi ci raggiungerà qui"
"Un po' quanto?"
"Boh. Una settimana, due? Andiamo a mangiare la pizza, vi prego, sono in astinenza"

Francis osserva il paesaggio sempre uguale della campagna francese tagliato in un rettangolo dal finestrino del treno, mentre al suo fianco Arthur sta leggendo. Francis scenderà a Parigi per tornare dalla sua famiglia, Arthur procederà fino alla Manica, dove lo aspetta un traghetto per l'Inghilterra e il successivo treno per Londra. Prendere l'aereo sarebbe sicuramente più veloce, ma quelle ore con Francis valgono la pena. Non che l'abbia detto, la scusa è stata che ha paura di volare.
"Mon amour?"
"Mh?" il protagonista sta per morire, possibile che quel francese debba interromperlo proprio nel momento clue?
"Vuoi essere il mio ragazzo?"
"Ah, non lo ero già?"
I passeggeri intorno a loro chiaccherano, il treno sferraglia e scivola sulle rotaie. Poi Francis scoppia a ridere.
"Je t'aime" fa girare il viso ad Arthur e lo bacia, piano "vuoi restare da me a Parigi? Ho un piccolo appartamento tutto per me..."
Arthur alza le spalle "okay. Tanto i biglietti me li paga lo stato"

Antonio esce dal gate dell'aereoporto e cerca l'autista con lo sguardo, ma quando una figura piccola, più bassa di lui, gli si lancia addosso per abbracciarlo come prima cosa pensa che l'abbia scambiato per qualcun altro.
Gli ci vuole un po' a rendersi conto che quella figura minuta è sua madre, non perché Isabella sia cambiata granché negli ultimi anni, solo qualche ruga in più e i capelli più corti, ma perché il giovane tutto si aspettava meno che trovarla lì, né che lo abbracciasse con tanta enfasi. Sconvolto ricambia la stretta e si rende conto che in fondo in quegli anni gli è mancata almeno un po'. Pochi secondi dopo suo fratello si avvicina, Isabella è corsa incontro al figlio ritrovato lasciandosi momentaneamente indietro l'altro, e si unisce all'abbraccio.
"Il mio bambino..." Isabella lo scruta, attenta e per una volta davvero materna, e lo trova così cresciuto... ormai un uomo in tutto e per tutto "abbiamo tante cose di cui parlare, non credi?"
"Uhm... sì"
João tira uno scappellotto al gemello "se sparisci di nuovo senza dire una parola mi faccio figlio unico, te lo giuro!"

Due settimane e mezzo dopo Lovino è in aereoporto a guardarsi intorno. Si sistema una ciocca di capelli dietro all'orecchio, batte il piede in terra, il volo da Madrid è atterrato da pochi minuti, lo ha detto l'autoparlante...
Non appena vede Antonio uscire si mette a correre e gli salta addosso per abbracciarlo. Antonio, che questa volta se lo aspetta, lo solleva da terra per stringerlo meglio e i due piccioncini si scambiano un bacio.
"Mi sei mancato, mi amor" Antonio lo bacia di nuovo, ancora e ancora, stanno dando spettacolo ma chi cazzo se ne frega.
"Vi dispiace staccarvi? Esistiamo anche noi" Lovino fa il medio a suo fratello e a Salvatore, che l'hanno accompagnato lì, ma alla fine si allontana dal suo ragazzo, che lo mette giù, e si danno giusto un altro bacio prima di separarsi del tutto. A quel punto Feliciano abbraccia a sua volta Antonio, che ride e lo stringe.
"Felì! Ti sei fatto più alto o sbaglio?"
"Speriamo di no" brontola Lovino. Antonio si separa dal cognato non ancora ufficiale e stringe la mano a Salvatore, con un bel sorriso stampato sul volto.
"È bello conoscerci dal vivo, finalmente"

Lovino sgattaiola fuori dalla sua stanza, momentaneamente divisa con il fratellino, e cammina piano verso il salotto. Dal divano-letto Antonio lo sente arrivare e si gira a guardarlo.
"Lovi? Mi hai spaventato" si mette a sedere e gli porge la mano "stai bene? È tardi, hai avuto un incubo?"
"Feli è al telefono col crucco da un'ora e mezza e non mi lascia dormire" risponde quello, sdraiandosi accanto all'ospite senza neanche chiedere il permesso.
"Ma è l'una di notte"
"È quello che gli ho detto io. Perché sei sveglio?" Lovino stringe la mano del suo bastardo e gli accarezza piano il dorso, soffermandosi sulle vene in rilievo sulla sua pelle scura. Lo osserva attentamente per cercare qualche segno di squilibrio, di disagio, piccolo stronzetto premuroso quale è.
"Non riesco"
"Mh. Perché?"
Antonio torna a sdraiarsi e sorride al suo querido "pensieri. Non sembra vero che possiamo starcene qui, tranquilli, senza nessuno che ci perseguiti o..."
"Fai corna" e il napoletano si tocca le parti basse in gesto scaramantico "e con i tuoi com'è andata?" glielo ha già chiesto, ovviamente, ma ora che sono faccia a faccia, da soli, si fida di più della risposta. Antonio fissa il soffitto, quel poco del lampadario che viene illuminato dai lampioni esterni e sembra pensarci un po'.
"Incredibilmente bene. Mamma si è preoccupata in questi anni e... ed è stata molto, non so, materna. Credo che quando sono sparito si sia sbloccato qualcosa. Ah, e ha detto che vuole conoscerti"
"Oh. Tuo padre?"
"Non s'è fatto vedere e non mi interessa cercarlo"
"Tuo fratello?"
"Al solito, era solo un po' più apprensivo. Vuole conoscerti anche lui"
"E... sei felice?"
"Credo di sì. È quello che mi stavo chiedendo"
Lovino lo bacia sulla guancia. Si sentono le loro voci bisbigliate, le risatine di Feliciano dalla stanza accanto e qualche rumore da fuori, ma è come se ci fossero solo loro nel mondo "ti meriti una famiglia che ti ama, te l'ho sempre detto"
Antonio si volta a guardarlo e gli sorride "e se ce la costruissimo noi?"
Il sorrisino sarcastico di Lovino sembra illuminare il mondo "è una proposta di quel tipo per caso?"
"Forse. Accetteresti?"
"Non ora. Siamo ancora giovani, no? E ci sono tanti di quei casini che ci manca solo un matrimonio o dei... dei figli. Ritenta tra qualche anno" si baciano, sulla bocca questa volta "e soprattutto dillo prima agli altri e a Feli, o ti ammazzano"
"Devo chiedere a loro il permesso di sposarti?"
"Mh, non è che devi, ma meglio se lo fai"
"Tuo nonno..." c'è una domanda nascosta in quelle due parole, o forse sarebbe più corretto dire che ce ne sono troppe.
Lovino sceglie di rispondere a quella più semplice.
"Non serve che tu gli chieda la mia mano o minchiate simili. Mi offendo se lo fai" ridacchia, baciando il suo futuro sposo sulla bocca "quindi occhio"
"Okay" Antonio lo stringe, capendo quel che c'è da capire. Niente novità "come lo vuoi l'anello?"
"Sorprendimi" si baciano ancora. Lovino abbassa lo sguardo e continua "sta lavorando per... sai, le leggi, quelle robe lì. Il nonno intendo. Hanno chiesto il suo aiuto, visto che è una Bella Voce pure lui ed è stato generale eccetera... con Feli siamo passati a Roma prima di venire qui e, uhm, l'ho incontrato per... per qualche minuto. Credo che voglia ricominciare appena la situazione si sarà calmata"
"E tu vuoi?"
"Credo di sì. Posso provarci"
Antonio gli bacia il dorso della mano "qualunque cosa accada, sarò qui a sostenerti, siempre"
"Basta con le cose sdolcinate per stasera" Lovino lo bacia, ne approfitta per chiudere gli occhi e scacciare le lacrime ai lati delle palpebre. Ride, due soffi fuori dalle sue labbra "posso dormire qui, vero?"
"Per me certo, ma non so se i tuoi amici poi mi castrano" e detto questo, lo spagnolo lancia un'occhiata preoccupata al corridoio che porta alle camere da letto dove dormono gli altri, completamente silenzioso. Lovino alza gli occhi al cielo, giocherellando con i capelli ricci dello spagnolo.
"Ma per favore! Lo sanno che abbiamo scopato e che sono due anni che praticamente conviviamo. Avranno capito che ormai abbiamo fatto tutto quel che si può fare, siamo tutti adulti qui, tranne Feli e se scopro che fa cose con il crucco ci penso io a castrarlo, nessuno si scandalizza"
Antonio alza le spalle "mi sembrano abbastanza iperprotettivi, e comunque non abbiamo fatto tutto quel che si può fare"
"Hai capito cosa intendo e ti ho già detto che non mi faccio legare"
"Non c'è limite alla fantasia, Lovi... e potrei farmi legare io"
Lovino ci pensa su per qualche istante "si può fare. Magari non qui, ci sono cresciuto qua dentro"
"Be'... immagino che ora che siamo adulti dovremmo trovarci un lavoro o cose simili. Presumo che avremo una casa nostra"
L'italiano alza gli occhi al cielo, divertito "ho detto basta con le proposte romantiche per stasera"
"Ho fatto un'ipotesi. Ti piace come ipotesi?"
"Mh, forse, però voglio la vasca da bagno"
"Ci posso stare, ma con il soffione della doccia" Antonio bacia la spalla del suo ragazzo al di sopra della maglia sottile del suo pigiama.
"Andata" e si baciano per suggellare la promessa. Lovino tira leggermente i capelli del suo amore, baciandolo appena sotto alla mandibola "e se..."
"Uhm, non ho tanta voglia adesso" mormora Antonio, allontanandosi di qualche centimetro da lui "scusa"
"Oh, figurati" Lovino torna a rannicchiarsi contro di lui, nonostante sia estate e faccia un caldo indecente.
"Non sei tu, davvero. Solo che non..."
"Antò, lo so. Va bene. Non ti devi scusare" lo bacia sulla fronte "è un tuo diritto dire no, giusto? Quando sono io a dirti di no lo rispetti e basta, faccio lo stesso per te"
"Grazie"
"Non devi ringraziarmi. È decenza umana"
"Ti amo"
"Anch'io. Dormiamo?"
"Le coccole però le voglio..."

Lovino si guarda allo specchio, nervoso. Si sistema la giacca scura, nonostante sia perfettamente a posto.
"Lovi, sei pronto?" suo fratello entra nel suo camerino, il violino tra le mani.
"Secondo te?" Lovino fa una piccola giravolta, lasciandosi guardare.
"Sei perfetto. Andiamo dai, tra poco tocca a noi"
Sono a un concerto di beneficienza, organizzato per risarcire le vittime della guerra e celebrare il secondo anniversario della pace tra gli uomini e le altre creature. Li hanno invitati per un'esibizione di canto e violino, esibizione che stanno preparando da settimane ormai. È stato loro nonno a suggerire i loro nomi.
Sul palco un gruppo di folletti sta finendo la loro esibizione e dietro alle quinte ci sono Antonio e Ludwig, pronti a placare qualsiasi crisi di nervi delle rispettive dolci metà.
Feliciano raggiunge e bacia il suo ragazzo, un bacio un po' troppo lungo per i gusti di Lovino, che però glielo concede, e quando si separano gli sorride "non distogliere lo sguardo da me. Neanche un secondo"
Ludwig, così rosso da far quasi preoccupare per la sua salute, annuisce comunque sicuro di sé in qualche modo "ja. Non vedo perché dovrei farlo"
Antonio intanto ha stretto le mani di Lovino tra le sue, forte "non ti auguro buona fortuna. Non ti serve, sei eccezionale così" gli bacia il dorso della mano sinistra, dove spicca un piccolo anello all'anulare. Alla fine non sono riusciti ad aspettare più di tanto, giovani impazienti, e così tra pochi mesi si sposeranno "dimostra loro quanto vali e andrà tutto bene"
Lovino gli fa l'occhiolino "ovvio" dice e si solleva sulle punte per baciarlo "ti amo"
"Anch'io. Sfonda tutto, voglio poter dire di essere il fidanzato del cantante più bravo del mondo"
Lovino ride "cretino" e, dopo un altro bacio, si gira verso il fratello. Gli porge la mano, che quello stringe forte, e insieme salgono sul palco.
Sono passati due anni e tutto va bene.
Passerà una vita e tutto continuerà ad andare bene.
Direi che se lo sono meritati, non trovate?

Ehm
Hello.
Finisce così questa storia.
Vabbé che sono una perfezionista di merda, ma non sono soddisfatta. Un po' per mancanza di ispirazione, un po' per motivi personali, un po' perché ho questa cosa che dopo un po' mi stanco delle storie e perdo interesse nello scriverle, sta di fatto che ho fatto un po' un pastrocchio e mi scuso se non ho rispettato le aspettative e se gli aggiornamenti non sono stati puntuali come avrei voluto. Comunque, that's it.
Spero che abbiate apprezzato e ringrazio chi è arrivato fino a qui. Vi è piaciuta la storia? Avete consigli, curiosità, critiche, insulti? La sezione per le recensioni è lì apposta ;)
Io vi saluto e vi ringrazio di nuovo per tutto.
Un grande abbraccio a tutti voi
Daly

 

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