Una rosa per Candy

di Gatto1967
(/viewuser.php?uid=784417)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Sorridi invece di piangere ***
Capitolo 2: *** Non avrebbero mai immaginato una storia tanto toccante ***
Capitolo 3: *** Avete portato qui una cameriera ***
Capitolo 4: *** Io non piango mai ***
Capitolo 5: *** Non c'è niente da vergognarsi ad essere orfani ***
Capitolo 6: *** Questo fiore è tuo Candy ***
Capitolo 7: *** una cattiveria che Candy non avrebbe mai creduto possibile ***
Capitolo 8: *** Maledetti Legan ***
Capitolo 9: *** il sì più importante della sua vita ***
Capitolo 10: *** Siamo destinati a volerci sempre bene ***
Capitolo 11: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Sorridi invece di piangere ***


Disclaimer: questa storia riprende l'opera originale di Kyoko Mizuki, i cui diritti d'autore sono detenuti da autrice e casa editrice. Non ho diritti sui personaggi ne tanto meno sulla storia originale che vado a modificare. Non c'è scopo di lucro in questa mia storia, per tanto non lede ai diritti d'autore.

 

Anthony Brown era malinconico quel giorno. Aveva appena finito l’ennesima giornata di studio con i suoi costosissimi precettori e si sentiva svuotato.

Vivere nella villa degli Andrew era bello sì, quel giardino vasto e colorato, quel cancello pieno di rose, delle sue rose, era quanto di più bello si potesse desiderare, e chissà quanti ragazzi della sua età gli avrebbero invidiato tutto questo.

Eppure sentiva che gli mancava qualcosa, e quel qualcosa erano proprio i ragazzi della sua età. Si sentiva solo, come chiuso in una gabbia, dorata quanto si vuole, ma pur sempre gabbia.

La vista del cancello gli risollevò il morale: adorava quelle rose, da quando lei gli aveva trasmesso la passione per la botanica e il giardinaggio.

Si avvicinò al cancello e sembrò bearsi dell’odore di quei fiori. Chiuse gli occhi come a volersi concentrare, e l’odore gli richiamò alla mente lei, la sua amata mamma.

Ricordò il tempo passato in quel giardino a curare quei fiori proprio insieme a lei, le ore passate a contemplarla, a rubare con gli occhi ogni suo gesto…

All’improvvisò sentì un rumore provenire da fuori, il rumore di qualcuno che piangeva. Si affacciò dal cancello semiaperto e vide una bambina che piangeva disperata con la faccia sull’erba. Cosa le sarà successo? Si chiese Anthony.

Uscì dal cancello e si avvicinò alla bambina bionda di cui non vedeva ancora il volto.

-Non piangere bambina.- le disse semplicemente.

Lei volse lo sguardo verso di lui, e poi si rialzò dopo essersi stropicciata gli occhi.

Anthony la trovò carina e simpatica con quella sua faccia sporca di terra, e accennò una risata.

Lei si avvide di come era sporca, e si mise a ridere anche lei.

-Esattamente come pensavo: sei più carina quando ridi che quando piangi.-

La bambina lo squadrò incredula: chissà a cosa pensava.

-Come… come ti chiami?-

-Io mi chiamo Anthony, Anthony Brown. E tu chi sei?-

-Io sono Candice White, e lavoro presso la famiglia Legan.-

Anthony inarcò le sopracciglia.

-Lavori per i Legan?- chiese con un tono che sembrava dire “Poveretta te!”

-Già…- disse lei come a confermare l’impressione che Anthony aveva avuto.

-Tu conosci i Legan?-

-Sì certo…- stava per dirgli che erano suoi parenti e che non ci andava molto d’accordo, ma una voce lo chiamò.

-Devo andare: mia madre mi sta chiamando. A presto Candice.-

-Chiamami pure Candy, mi chiamano tutti così.-

-D’accordo Candy. Ci vediamo.- disse di nuovo lui prima di girarsi e rientrare nel cancello dirigendosi verso una figura femminile che si vedeva in lontananza.

 

-Quel ragazzo somiglia in modo impressionante al principe della collina.-

Rimuginò Candy una volta rimasta sola.

-Ma non può essere lui: sono passati anni da quando incontrai quel ragazzo, che ormai sarà quasi un uomo!-

Con la mente riandò a quel magico incontro avvenuto qualche anno prima.

 

-Esattamente come pensavo: sei più carina quando ridi che quando piangi.-

Aveva appena detto quel ragazzo vestito in quel modo così strano e che suonava quella specie di “piffero panciuto”.

Poi una voce in lontananza era risuonata confusa tra il vento, una voce che sembrava chiamare un nome, un nome che Candy non riuscì a capire.

-Devo andare adesso. Ciao bambina, e sorridi invece di piangere.-

Poi quel ragazzo si era diretto verso una figura femminile che si vedeva in lontananza ai piedi della collina di Pony, dalla parte opposta rispetto alla Casa, alla sua amata Casa di Pony…

 

Candy era sconcertata: come poteva essere? Quel ragazzo, Anthony, non poteva essere il principe della collina, era troppo giovane e all’epoca sarà stato appena  un bambino. Ma quella voce che lo aveva chiamato… sembrava essere la stessa voce che aveva chiamato il principe.

Ma… come lo aveva chiamato? Non Anthony, ma un altro nome… quale nome? 

La riudì nella sua mente, non le parole che aveva pronunciato, ma la voce, la sua dolcezza…

-Sarà meglio che torni a casa.- si disse come scuotendosi da un sogno ad occhi aperti -Sennò chi la sente quella strega della signora Legan…-

Un piccolo verso di animale attirò la sua attenzione.

-Oh Klin, sei tu.-

Si chinò sul suo procione e lo prese in braccio.

-Grazie Klin di starmi sempre vicino…- gli disse baciandolo sulla testa.

Poi si incamminò verso la casa dei Legan sempre pensando a quella voce dolcissima che aveva chiamato il suo amico Anthony.

 

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Non avrebbero mai immaginato una storia tanto toccante ***


Nei giorni successivi la vita di Candy continuò secondo i soliti schemi: il duro lavoro in casa Legan, i dispetti e gli scherni degli odiosi Neal e Iriza, le ore passate a bighellonare qua e là con il suo Klin.
Un giorno conobbe Archibald Cornwell, detto Archie, un ragazzo che viveva nella villa degli Andrew e che le rivelò essere il cugino di quell’Anthony conosciuto al cancello delle rose. Quel ragazzo le era sembrato un po’ fanatico, fissato com’era con le sue camicie e i suoi lustrini, fanatico ma simpatico; sicuramente più simpatico di Neal e Iriza.

Qualche giorno dopo proprio i due fratelli serpenti le giocarono l’ennesimo brutto scherzo: dopo averla condotta con loro in città, la piantarono in asso lasciandola sola e a piedi parecchio lontana dalla loro villa.
In quell’occasione fece la conoscenza con Alistear Cornwell detto Stear, il fratello di Archie. Lui fu gentilissimo e si offrì di accompagnarla a casa con la sua automobile. Peccato che quella automobile, costruita dallo stesso Stear, andò a finire a mollo nel lago Michigan lasciandoli appiedati e bagnati come pulcini.

Il giorno successivo i signori Legan la convocarono nel loro salotto privato e le comunicarono di aver ricevuto ben tre inviti per lei al ricevimento che gli Andrew avrebbero tenuto di lì a breve nella loro villa, quella del cancello delle rose.
-Tre inviti…- farfugliò la bambina -Tre inviti per me?-
-Candy, tu conosci Anthony Brown, e i fratelli Cornwell?- le chiese il signor Legan con tono assolutamente neutro. Quell’uomo era sì l’unico di quella famiglia che sembrava volerla rispettare, ma non era certo come un padre per lei.
-Sì certo… li ho conosciuti per caso… passeggiando nei dintorni.-
-Gli inviti te li hanno mandati loro.- disse il signor Legan porgendole le buste con i tre inviti.
Leggendo le firme dei suoi nuovi amici su quei fogli, la piccola Candy si lasciò andare a una manifestazione di esuberanza infantile saltellando di gioia sotto gli occhi sconcertati della signora Legan e dei suoi odiosi figli.
-Bisognerà procurarle un vestito più adatto per l’occasione.- disse il signor Legan -Iriza perché non le impresti uno dei tuoi vestiti? Avrete più o meno la stessa taglia.-
Ovviamente Iriza le giocò l’ennesimo brutto scherzo facendole indossare un suo vestito di qualche anno prima, vestito che Candy ruppe senza volerlo, dal momento che le stava troppo piccolo.
Dopo l’ennesimo momento di sconforto, la piccola decise comunque di andare al ricevimento con il suo semplice vestitino di tutti i giorni.

La macchina dei Legan varcò il cancello delle rose, Candy sedeva davanti insieme all’autista, mentre i signori Legan con i figli sedevano dietro.
-Ascolta Candy.- le disse la signora -La zia Elroy dà molta importanza all’estrazione sociale delle persone, perciò faresti meglio a startene in disparte durante il ricevimento.-
-Va bene signora.- 
E lei intendeva davvero starsene in disparte, al limite insieme ai suoi amici Anthony, Archie e Stear. Non immaginava che la serata avrebbe preso una piega diversa.

Appena la macchina si fermò Candy ne scese, e subito riconobbe i suoi amici: Archie e Stear stavano lì, davanti a lei, elegantissimi nei loro abiti scozzesi.
-Ciao Candy!-
-Ciao ragazzi! Siete elegantissimi, complimenti! Certo non come me.-
-Ha voluto venire a tutti i costi.- intervenne Iriza -Anche con quel misero vestito da cameriera!-
-Non è il vestito che conta.-
La voce era quella di Anthony, anche lui in elegantissimo abito scozzese che arrivava in quel momento.
-Benvenuta Candy!-
-Ciao Anthony. Anche tu sei elegantissimo con questo… kilt scozzese.-
-Ti ringrazio Candy. Lascia che ti presenti mia madre, Rose Brown. Mamma, questa è Candy, la bambina che ho conosciuto qualche giorno fa qui al cancello delle rose.-
La signora Brown, una elegante donna che dimostrava intorno ai trenta, trentacinque anni, si fece avanti sorridendo cordialmente.
-Ciao Candy. Benvenuta nella residenza degli Andrew. Mio figlio e i miei nipoti mi hanno parlato molto di te.-
-La ringrazio signora. Molto lieta di fare la sua conoscenza.- rispose la bambina accennando un inchino.
Un grugnito di Sarah Legan attirò l’attenzione dei presenti.
-Benvenuta anche a te Sarah. Ciao ragazzi, come state?-
Per Sarah Legan l’atteggiamento di sua cugina era inconcepibile: salutare una misera cameriera prima di lei e dei suoi figli!
-Benvenuto Raymond!-
-Bentrovata Rose. Non abbiamo molte occasioni di vederci io e te.-
La giovane donna si mise a ridere.
-Oh ci sono abituata con voi uomini del clan! Anche mio marito e mio fratello non li vedo quasi mai! Ma prego accomodatevi: la zia Elroy vi stava aspettando con ansia.-
Rose cercava così di “rimediare” a quella che Sarah Legan considerava una gaffe da parte sua.
I due figli dei Legan seguirono i genitori nell’interno della sontuosa villa degli Andrew e Candy rimase così sola con i tre ragazzi.

-Ci dispiace Candy.- disse Anthony poco dopo mentre sedevano ad un tavolo su una delle terrazze della villa.
-Se avessimo immaginato di provocarti dei problemi, non ti avremmo invitata qui.-
-Non preoccupatevi ragazzi, invito o non invito di problemi a casa Legan ne ho già abbastanza.-
-Lo immagino- disse Archie -Conosciamo bene i nostri parenti, e sappiamo bene che razza di vipere possano essere Neal e Iriza.-
In quel mentre sopraggiunse Rose Brown, che prese una sedia e si sedette accanto a suo figlio e davanti a Candy.
-Allora Candy: prima siamo state interrotte, ma adesso vorrei proprio fare la tua conoscenza.- 
La sua voce era cordiale, e il suo volto sorridente. Si capiva benissimo che non era fatta della stessa pasta dei suoi parenti Legan.
-Raccontami di te, cosa fai a casa dei Legan?-
Rinfrancata dall’atteggiamento cordiale e amichevole della donna, Candy si aprì.
-Beh, quando sono arrivata a casa Legan dovevo essere una specie di “dama di compagnia” per la signorina Iriza, ma poi… mi hanno messa a fare la cameriera. Probabilmente la signora non mi ha ritenuta all’altezza di sua figlia.-
Già, chi mai poteva essere “all’altezza” di quella vipera di Iriza?
-Lavori per aiutare i tuoi genitori Candy?-
-Oh no signora, io sono un’orfana. Non ho mai conosciuto i miei genitori. Sono cresciuta in un orfanotrofio “La Casa di Pony”, che si trova a La Porte, nello stato dell’Indiana.
Quando sono venuta dai Legan credevo che sarei stata adottata, e invece…-
Rose era senza fiato, e così anche i ragazzi. Non avrebbero mai immaginato una storia tanto toccante. 
Con fatica vinse il groppo che si sentiva in gola e riuscì di nuovo a parlare.
-Sai Candy… anch’io ho perso i genitori da piccola…-
-Davvero signora? Mi dispiace…-
Rose era a un passo dallo scoppiare a piangere: quella bambina si dispiaceva per lei? Incredibile che potessero esistere bambini come Candy e altri come quegli antipatici arroganti di Neal e Iriza!
-Ascolta Candy, vieni con me.- disse poi con un radioso sorriso rivolto alla bambina -Voglio farti provare qualcosa.-
-Con… lei signora?-
-Certo, con me.- ripetè Rose alzandosi in piedi e porgendo la mano alla bambina. 
-Voi ragazzi, andatevi pure a cambiare, non vorrete restare tutta la sera in kilt!-
-No mamma. Ci eravamo vestiti così solo per accogliere gli ospiti, ma ormai sono arrivati praticamente tutti, e possiamo andare a vestirci un po’ più comodi, ma… dove stai portando Candy?-
-Cose da donne ragazzo mio, cose da donne!-

Ciò detto Rose prese per mano Candy e la condusse con sé. 

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Avete portato qui una cameriera ***


Entrate in casa da una porta secondaria che dava sulla terrazza, Rose e Candy attraversarono un salone molto più grande di quello dei Legan e salirono una scala. Mentre attraversavano un corridoio Rose fu colta da violenti colpi di tosse.

-Signora che cos’ha? Si sente bene?-

-Sì Candy… è passata…

Non preoccuparti… la settimana scorsa sono stata un po’ influenzata e ho ancora qualche strascico…

Ma vieni, entriamo.-

Rose aprì una porta e introdusse Candy in una stanza di gran lusso, con un letto a baldacchino e mobili che sembravano provenire da qualche reggia europea.

-Questa è la mia stanza Candy.-

-Oh signora, è bellissima…- disse Candy forse pensando al tugurio in cui dormiva a casa Legan.

-Se la signora Legan sapesse che sono entrata qui…-

-Ehi ragazza, sei mia ospite, chiaro?-

Ciò detto aprì uno dei due armadi presenti nella stanza e ne trasse un vestito, un vestito semplice ed elegante al tempo stesso che sembrava della taglia giusta per Candy.

-Avanti Candy, indossalo.-

-Davvero signora? Io…-

-Ehi dico: non ti vergognerai mica a cambiarti davanti a me!-

-No signora, certo che no.-

-E allora levati quel vestito e indossa questo. Non sarò una fissata di moda come Archie, ma mi sembra di aver intuito la tua taglia, che dovrebbe essere la stessa mia di quando avevo la tua età.-

Candy sorrise davanti alla gentilezza di quella donna, e si levò il suo vestitino verde di tutti i giorni per indossare il vestito che Rose Brown le porgeva.

 

Nel frattempo i tre ragazzi si erano cambiati e attendevano nel grande salone delle feste che la loro piccola amica scendesse dalle scale.

-Ma dove si saranno cacciate?- si chiese Anthony

-Io credo di saperlo.- disse Archie -Tu sai che tua madre conserva ancora abiti di quando era più giovane.-

-E allora?-

In quel momento entrò la zia Elroy, la matriarca degli Andrew, colei che per anni aveva mandato avanti le redini della famiglia.

Dopo la morte di suo fratello William, stante la giovane età dei figli di lui, aveva preso in mano gli affari della famiglia Andrew, in attesa che Rose o William Albert fossero in grado di sostituirla.

Appariva come una donna austera e poco incline al sorriso, severa e intransigente, e tutti sembravano quasi temerla.

Si guardò intorno e non celò affatto uno sguardo di disappunto: aveva notato l’assenza di sua nipote Rose.

Si sedette su una sedia che sembrava il trono del Re Sole, e cominciò un discorso molto formale.

-Anzitutto desidero darvi il mio benvenuto in questa residenza.

Come sapete, per molti anni questa casa è rimasta vuota e solo da pochi mesi, in accordo con i figli del mio povero fratello, Rose e William Albert ho deciso di venirci a vivere insieme agli altri miei nipoti.-

Seguì un discorso barbosissimo che fece sbadigliare i ragazzi, e non solo loro, discorso che si interruppe quando poco dopo arrivò Rose

-Ah, sei arrivata.- borbottò la zia Elroy.

-Perdonami zia, sono stata… trattenuta…-

-E questa bambina chi è?-

-Io… sono Candy signora…-

Sara Legan ritenne opportuno di intervenire. 

-È la nostra cameriera zia Elroy.-

-Cosa? Avete portato qui una cameriera?-

-L’hanno invitata i ragazzi zia Elroy, e quindi noi…-

-D’accordo: l’hanno invitata loro. Allora benvenuta anche a te Candy.-

-La ringrazio signora…- rispose la bambina con un inchino.

-Ma… dove hai preso quel vestito?- chiese di nuovo la matriarca degli Andrew dopo aver riconosciuto l’abito che indossava Candy.

-Ecco… glie l’ho prestato io zia.- intervenne Rose 

Gli invitati vociferarono fra di loro e Sarah Legan sembrò avvampare di   collera, ma si trattenne: avrebbe avuto modo di rimettere al posto suo quella trovatella!

La serata continuò e presto iniziarono le danze. Anthony invitò Candy a ballare, e lei si  lanciò in pista al suono del valzer.

Presto Archie e Stear diedero il cambio ad Anthony, e Candy si trovò, suo malgrado, catapultata al centro dell’attenzione generale con grande sconcerto degli invitati che sembravano non aver niente di meglio da fare che spettegolare su una bambina, e con altrettanto grande scorno da parte di Sarah Legan.

-Caro, hai sentito cosa dicono gli altri ospiti?- disse al marito. -Siamo stati troppo generosi con  Candy e guarda con che risultato!-

-Lasciali parlare. Candy sta facendo un’ottima impressione sia su Rose che sulla zia Elroy, e credo proprio che anche William Albert ne rimarrebbe favorevolmente impressionato se fosse qui. Candy ha delle qualità che certamente nostra figlia non ha.-

Le parole di Raymond non fecero altro che inviperire ancora di più Sarah, che dentro di sé giurò che quella presuntuosa l’avrebbe pagata cara.

 

La serata arrivò a conclusione, e Candy cercò la signora Brown, voleva salutarla e restituirle il vestito. La trovò sulla terrazza dove si era intrattenuta proprio con lei e con i ragazzi qualche ora prima, e vide che stava tossendo di nuovo.

-Signora Brown…-

Lei si ricompose e si girò verso la bambina.

-Io… volevo restituirle il vestito…-

-Certo Candy… vieni con me.-

-Si sente bene signora?-

-Sì Candy, sto bene… certo… vieni con me.-

Rose avrebbe voluto regalare quel vestito a Candy, ma non poteva.

In primis la zia Elroy avrebbe disapprovato il gesto, e poi temeva che quei due serpenti di Neal e Iriza le avrebbero giocato qualche brutto scherzo. Quindi accompagnò Candy nella sua stanza e la fece cambiare.

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Io non piango mai ***


Il giorno successivo la reazione della signora Legan non si fece attendere. Il signor Legan era dovuto partire per l’ennesimo viaggio d’affari e Sarah ne approfittò per regolare i conti con Candy, nel giardino di casa attorniata dai suoi degni figli.

-Io non ti considero affatto una figlia Candy! Ieri con la tua condotta ci hai fatto vergognare! Ricordati che sei soltanto una serva e non devi permetterti certi comportamenti!-

-Sì signora, le chiedo scusa signora.- rispose lei tenendo la testa bassa.

-Credevi forse di essere diventata una Legan?- la voce era quella velenosa di Iriza.

-Credi forse che Anthony e gli altri ti parleranno ancora quando sapranno che sei un’orfana senza famiglia?-

-Loro… lo sanno…-

-Bene… ti sei proprio lasciata andare a confidenze con i nostri parenti…- stavolta la voce, altrettanto velenosa, era quella di Neal.

All’improvviso Candy si avvide che due uomini stavano portando il suo letto fuori dalla villa dei Legan.

-Ma che stanno facendo? Dove stanno portando il mio letto?- chiese con la paura che forse la signora Legan volesse scacciarla di casa.

-Tu non dormirai più in casa Candy, non lo meriti. Una come te non può stare sotto il nostro stesso tetto!- disse Sarah Legan  pronunciando quelle orribili parole come se fossero le più normali del mondo.

-E… dove dormirò allora? In giardino?-

-No Candy… dormirai nelle stalle!-

La piccola rimase senza parole.

-Adesso voglio proprio vedere se Anthony e gli altri ti rivolgeranno ancora la parola.- le disse Iriza.

-Andiamocene ragazzi. Lasciamola sistemare nella sua nuova stanza…-

La irrise infine Sarah Legan prima di andarsene seguita dai suoi degni figli.

 

Rimasta sola Candy perse le ennesime lacrime da quando stava a casa Legan. Va bene fare la cameriera, in fondo era un lavoro come un altro, soprattutto per chi come lei non aveva né famiglia né denaro, ma subire tutte quelle umiliazioni era decisamente troppo. E per cosa poi? Perché aveva avuto successo a quello stupido ricevimento? Perché aveva fatto amicizia con Anthony, Archie e Stear? Perché la madre di Anthony era stata gentile con lei?

Inghiottite le sue lacrime Candy si diresse verso la stalla e vi entrò.

I cavalli reagirono alla sua presenza nitrendo e alzando la testa dal loro pasto.

-Buongiorno ragazzi!- li salutò la bambina. -Sono molto lieta di fare la vostra conoscenza anche se… non emanate certo un bell’odore.- disse poi arricciando il naso.

-Io mi chiamo Candy e voi se ben ricordo siete… Cesare e Cleopatra, dico bene?- 

Incredibilmente i due equini sembrarono assentire alle parole di Candy scuotendo la testa e Candy riuscì a ridere di quella situazione surreale, e poi si avvicinò ai due simpatici animali per accarezzarli sul muso.

Cesare e Cleopatra sembrarono apprezzare le coccole della piccola umana davanti a loro, che sembravano quasi percepire come molto diversa dall’altra piccola umana.

 

Candy smise di accarezzare i cavalli, strinse i pugni e cadde in ginocchio sul fieno piangendo disperata.

 

Passarono alcuni giorni e Candy continuò il suo tran tran a casa Legan, fra il duro lavoro che la signora Legan le assegnava e le perfide irrisioni dei due rampolli di casa.

Infine cominciò ad averne abbastanza di quella vita e cominciò a pensare seriamente di andarsene da quella casa. Poteva sempre tornare alla Casa di Pony, Miss Pony e Suor Maria l’avrebbero accolta  a braccia aperte, ne era sicura, e qualsiasi cosa era meglio che continuare a stare lì dentro. Almeno alla Casa di Pony avrebbe avuto sopra alla testa un tetto che non fosse quello di una stalla puzzolente.

 

In casa era riuscita a rimediare carta, una penna e una busta da lettera, e rientrata nella stalla si appoggiò al comodino vicino al suo letto e cominciò a scrivere una lettera con la quale preannunciava alle sue “mamme” il suo imminente ritorno.

Uscì dalla stalla per rintracciare il signor Sam, l’autista dei Legan. Lui spesso si recava in città e voleva chiedergli di imbucare la lettera per lei. 

Appena uscita dalla stalla fece un incontro inatteso: Anthony, Archie e Stear stavano entrando in quel momento nel cancello dei Legan. Anche se non li vedeva dal giorno del ricevimento e pensava che ormai loro avessero altro da pensare che non a lei, le venne spontaneo di salutarli calorosamente.

-Ciao ragazzi!-

-Ciao Candy!- la salutò Anthony, cercavamo proprio te.-

-Cercavate me?-

-Sì certo, in questi giorni abbiamo avuto un po’ di problemi in casa, sai mia madre è stata poco bene.-

-Oh mi dispiace.- disse lei ricordando i violenti colpi di tosse che avevano scosso la giovane donna la sera del ricevimento.

-Spero che adesso stia meglio.-

-Sì certo, è ancora convalescente ma sta molto meglio. Piuttosto volevamo dirti se ti va di venire in città con noi.-

-In città? Ma certo! Per adesso ho finito di lavorare per quei serp… volevo dire… per i signori…- disse lei avvampando. In fondo quei tre ragazzi erano pur sempre parenti dei suoi datori di lavoro. Ma inaspettatamente i tre si misero a ridere.

-Volevi dire quei serpenti Candy?- disse Stear -Non preoccuparti: la pensiamo esattamente come te.-

Lei sorrise, quei ragazzi erano davvero simpatici.

-Basta che mi riportiate a casa per le sette: devo aiutare ad apparecchiare la tavola per i ser… i signori…-

Nuova risata per i ragazzi, risata alla quale si unì anche Candy.

 

Aiutandola a salire la macchina Anthony le prese la mano e il suo sguardo mutò. Sul suo viso si dipinse una smorfia di dolore: ma che razza di persone erano i suoi parenti? 

Tuttavia dissimulò il suo stato d’animo, in quel momento dovevano solo far passare a quella bambina un po’ di ore di serenità.

 

Candy aveva con sé la lettera per Miss Pony e Suor Maria, ma in quelle poche ore che trascorse con i suoi amici fu talmente contenta di stare con loro che dimenticò di imbucarla all’ufficio postale.

Si ricordò della lettera solo mentre la macchina di Stear la stava riconducendo verso Villa Legan, ma al contempo capì anche che non aveva tutta questa fretta di tornare alla Casa di Pony. In fondo anche lì a Lakewood aveva degli amici!

Quando rientrò nella stalla posò dentro il cassetto del comodino la lettera e poi corse in casa.

 

Ai suoi amici non aveva detto di essere stata messa a dormire nella stalla, ma quando loro la videro dirigersi dalla macchina proprio in quella direzione, non poterono fare a meno di farsi qualche domanda.

 

Il giorno dopo di buon mattino, Rose Brown entrava a Villa Legan, ma non si diresse verso il portone d’ingresso, bensì in direzione della stalla.

Vi entrò e ovviamente c’erano i due cavalli, ma quello che vide d’altro la lasciò senza fiato: c’erano un letto e un comodino addossati alla parete opposta a quella dove stavano i cavalli, vicino alla finestra a ribalta.

Si avvicinò al letto e vi vide addossata un po’ di biancheria da lavare, era la biancheria di una bambina di dieci-dodici anni.

Per la gran rabbia che provò strinse i pugni e digrignò i denti: -Maledetta Sarah!-

 

Poco dopo Rose entrava in casa Legan. Aveva faticato per darsi un contegno, e certamente non voleva rendere omaggio alla sua odiosa cugina, ma voleva solo farsi un’idea più chiara della situazione.

-Ma che piacere vederti cara cugina!- le disse Sarah facendosi incontro a Rose.

-Ho saputo che sei stata indisposta, ma adesso stai meglio!-

-Sì certo cara Sarah, ho avuto un attacco di bronchite ma adesso sto molto meglio.-

-Gradiresti una tazza di tè?-

-Ti ringrazio, è proprio quello che mi ci vuole cugina…- rispose lei armandosi del suo miglior falso sorriso.

-Allora accomodiamoci di là, nel mio salottino privato… Candy!- Rose notò il cambio di tono che sua cugina ebbe nel pronunciare il nome di quella bambina.

-Sì signora Legan.- accorse subito lei con un inchino.

-Porta subito due tazze di tè nel mio salottino privato, svelta!- Rose fremeva: quanto odio le suscitava Sarah Legan in quel momento!

 

Candy entrò nel salottino portando un vassoio con una teiera fumante, un contenitore dello zucchero e due tazze contenenti ciascuna una fetta di limone.

Posò il vassoio sul tavolino, versò il tè nelle tazze che poi porse alla signora Legan e a Rose Brown.

-Ti ringrazio Candy!- le disse quest’ultima con un sorriso radioso.

-Ritirati pure Candy. Penserai dopo a sparecchiare.-

-Sì signora Legan.-

Uscita Candy, Rose si rivolse alla sua parente.

-Carina quella bambina, da dove viene?-

-Chi? Candy? Non farti incantare dal suo faccino da santarellina, è una ragazzina falsa e opportunista.-

-Stento a crederlo.- rispose lei che pure avrebbe voluto rispondere “non è che stai parlando di quella vipera della tua degna figliola?”

-Credimi, so cosa dico: l’abbiamo presa da un orfanotrofio nello stato dell’Indiana per far da dama di compagnia a Iriza, ma lei non è stata assolutamente all’altezza del compito, e così l’abbiamo comunque tenuta con noi a fare la cameriera. Sempre meglio che stare in un orfanotrofio!-

-La tua generosità è encomiabile cara cugina…-

 

Poco dopo Rose Brown usciva dalla villa dei poco amati parenti, e proprio nel giardino vide la piccola Candy dirigersi verso la stalla portando con sé due pesanti secchi d’acqua.

La raggiunse accelerando il passo, e afferrò uno dei due secchi.

-Oh, è lei signora Brown.-

-Questi secchi sono troppo pesanti per te Candy. Dove li stai portando?-

-Nella stalla. Devo abbeverare i cavalli.-

Lo sguardo di Rose cadde sulle mani di Candy e le sembrò che il cuore le si fermasse: come poteva una bambina di dodici anni avere le mani segnate in quel modo?

Si costrinse a inghiottire lacrime e indignazione: se si fosse lasciata andare non avrebbe aiutato quella bambina in nessun modo. Viceversa doveva rimanere lucida e razionale.

Arrivate nella stalla Rose vuotò entrambi i secchi nell’abbeveratoio dei cavalli e poi si sedette sul letto insieme a Candy.

-Dimmi la verità Candy: tu dormi qui?-

-Sì signora Brown, la signora Legan ha deciso che io non merito di dormire sotto lo stesso tetto dei suoi preziosi figli.-

-Ma… perché?-

-La signora ha detto che con il mio comportamento al ricevimento in casa vostra ho fatto vergognare la famiglia Legan.-

-Cosa? Ma quale comportamento? Tu non hai fatto niente!-

-La signora non la pensa così. Comunque qui sto bene. I miei compagni di stanza sono sicuramente più simpatici dei “signorini” Legan.- disse Candy ridendo.

-Ah, ci vuole poco!-

Risero insieme.

-Adesso devo tornare in casa, sennò chi la sente la “signora”?-

-Candy.- disse Rose prendendo le spalle della bambina.

-Non perderti mai d’animo e ricordati: qualsiasi cosa succeda tu non devi piangere mai!-

-No signora.- disse la piccola stringendo la croce della felicità che portava sempre al collo. -Io non piango mai.-

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Non c'è niente da vergognarsi ad essere orfani ***


 

L’attesa visita della signora Brighton e di sua figlia Annie, si tradusse per Candy nell’ennesima mortificazione che subiva da quando viveva in casa Legan.

Vedere Annie, la sua amata Annie così vicina da poterla quasi toccare e non poterla nemmeno salutare, doversi rivolgere a lei con il termine “signorina”, essere costretta a chiederle scusa per qualcosa che non aveva fatto, ma che anzi avevano fatto i soliti Neal e Iriza, l’aveva lacerata nell’anima.

Aveva promesso di non piangere, ma sentì che non sarebbe riuscita a mantenere la promessa, così si allontanò da sola nel bosco fino a arrivare in riva ad un fiumiciattolo che scorreva nelle vicinanze.

Si sedette sulla sua riva a guardare l’acqua che scorreva.

-Chissà, magari questo fiume passa vicino alla Casa di Pony…- si disse la bambina -…ma se anche fosse che faccio? Ci vado a nuoto?-

Il piccolo Klin emerse dalla boscaglia e si sedette accanto a lei, e lei lo accarezzò.

-Oh Klin, se non avessi te…-

La vicinanza del piccolo animale la rinfrancò.

-Vieni Klin, vediamo dove arriva questo fiume.- disse poi alzandosi e incamminandosi sulla riva del piccolo corso d’acqua.

Intanto il sole andava tramontando e la visibilità diminuiva.

-Oh accidenti, non si vede più niente!-

Davanti a lei c’era una specie di pontile, e ancorata al pontile Candy vide la sagoma di una barca.

-Sono stanchissima Klin…- disse Candy rivolta più a se stessa che al procione che l’accompagnava.

Quasi senza pensarci salì sulla barchetta e vi si sdraiò senza avvedersi che l’ancoraggio al pontile era molto precario, e mentre lei si addormentava si sciolse del tutto.

 

Gli scossoni della barchetta in preda alla corrente la svegliarono e rapidamente lei si rese conto della situazione: la barca stava accelerando in preda alle rapide. Evidentemente poco più a valle c’era una cascata.

Candy capì di essere perduta! Non avrebbe mai potuto guadagnare la riva da sola!

Cominciò a gridare, a chiamare aiuto. Ma dalla notte buia non emerse nessuno in grado di aiutarla. 

Poi vide che la luna illuminava il bordo della cascata proprio davanti a lei, e sentì di non avere scampo. Chiuse gli occhi in attesa del peggio.

 

Quando li riaprì si trovava sdraiata su un letto, dentro una stanza che sembrava abbandonata per quanto era in disordine. 

Fuori si era fatto giorno e la luce del sole filtrava dalle finestre di quella stanza.

-Dove sono? Cos’è successo?-

Poi vide un camino acceso e sentì un calore diffuso in tutta la stanza.

La porta della stanza si aprì ed entrarono Rose Brown ed Anthony.

-Candy, sei sveglia!- disse la donna precipitandosi su di lei mentre Anthony posava un carico di legna vicino al camino.

-Alimenta quel fuoco Anthony!- ordinò Rose mentre si sincerava delle condizioni di Candy.

-Benedetta bambina! Ma si può sapere che ci facevi su quella barchetta  di notte, da sola su quel dannato fiume? Non lo sapevi che c’è una cascata?-

-No, non lo sapevo. Mi sono addormentata su quella barca, e la corda dev’essersi sciolta… ma cos’è successo? Dove siamo?-

-Ieri notte io e Anthony stavamo guardando la cascata. Sai, di notte illuminata dalla luna, è uno spettacolo molto bello, e all’improvviso ci siamo accorti che c’era una barca che stava precipitando dalla cascata. Come abbiamo visto che c’era qualcuno dentro ci siamo buttati tutti e due nel fiume.-

-Ti abbiamo presa giusto in tempo Candy.- aggiunse Anthony mentre alimentava il fuoco. -Se avessi sbattuto contro il fondale non ci sarebbe stato niente da fare.-

Rose ebbe un nuovo attacco di tosse.

-Signora sta bene? Mi dispiace che si sia bagnata in quel fiume per me.-

-Non pensarci, piuttosto spiegaci perché diavolo ti sei messa a dormire su quella barca.-

Candy raccontò l’ennesima mortificazione subita il giorno prima dai soliti Legan.

-Per favore, non dite che Annie Brighton viene dalla Casa di Pony…-

Dentro di sé Rose maledisse una volta di più le stupide convenzioni di una classe sociale che giocava a scimmiottare la nobiltà europea, e che costringeva una bambina a vergognarsi delle sue origini.

-No Candy, noi non diremo niente, ma non c’è niente da vergognarsi ad essere orfani.-

-No signora, non c’è niente da vergognarsi.-

-Quando la giornata si farà un  po’ più calda ti riporteremo a casa Candy. Abbiamo un calesse qui fuori.-

-Quel posto non è casa mia.-

Rose si sentì stringere il cuore.

-No, non lo è, ma per il momento ti conviene stare lì. Le cose cambieranno Candy. Te lo prometto!-

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Questo fiore è tuo Candy ***


Mentre usciva dalla stalla Candy vide una macchina entrare nella proprietà dei Legan.

-Quella è la macchina degli Andrew. Forse la signora Elroy è venuta in visita?-

La signora Elroy veniva spesso in visita dai Legan, e la signora Legan ricambiava altrettanto spesso le visite. Quello evidentemente era il turno della signora Elroy.

Arrivata vicino all’ingresso della casa, Candy si avvide che l’occupante della macchina non era affatto la signora Elroy, ma un giovane uomo vestito in modo informale.

Aveva capelli biondi e corti e una barba corta e ben curata.

Chi sarà mai, si chiese Candy.

-Buongiorno piccola.- la salutò l’uomo sceso dalla macchina.

-Buongiorno signore. Sta cercando i signori Legan?-

-Certo piccola, ho un appuntamento con Raymond Legan.-

-La annuncio subito signore. Chi devo dire?-

-Io sono William Albert Andrew.-

-Oh, lei è il fratello della signora Rose Brown! Prego, si accomodi, la annuncio subito al signor Raymond.-

-Tu sei Candy, vero?-

-Sì signore, ma come fa a sapere il mio nome?-

-Mia sorella e i miei nipoti mi hanno parlato molto di te. Sono rientrato da pochi giorni e tu sei la persona che ho sentito nominare di più, Candy.-

Candy sorrise, quell’uomo era simpatico come la sorella.

 

Poco dopo William Andrew e Raymond Legan sedevano nello studio di quest’ultimo.

-Così hai deciso di entrare ufficialmente nel tuo ruolo di capofamiglia degli Andrew…-

-Sì Raymond, in questi anni mi sono preparato, con l’aiuto di George ho studiato economia, e ho preso una prima visione d’insieme degli affari di famiglia. Adesso conto sul tuo aiuto e su quello dei membri anziani della famiglia per entrare a pieno titolo nel mio ruolo.

Naturalmente il mio inserimento sarà graduale, e nessuno dimenticherà il ruolo che hai avuto in questi anni Raymond. D’accordo con la zia Elroy sarei propenso a lasciarti il ruolo di presidente della Banca di Chicago.-

-Ringrazia per me anche la zia Elroy.-

-Riferirò.-

-Quanto pensi di fermarti a Lakewood?-

-Poco purtroppo, sono venuto per incontrare te e per discutere con mia sorella di una certa questione.-

-Come sta Rose?-

-Bene direi, almeno di salute. L’ho trovata migliorata dall’ultima volta.-

-Purtroppo non ho molto tempo per andarla a trovare, domani mattina devo partire di nuovo. Salutamela tanto.-

-Certamente.

Quando sono arrivato sono stato accolto da una bambina… Candy mi sembra che si chiami.-

-Sì certo, è la disperazione di mia moglie, e non credo di aver fatto bene a farla venire qui. Figurati che Sarah l’ha addirittura messa a dormire nella stalla.-

-Addirittura? E cos’avrà mai fatto di così terribile?-

-Francamente non lo so, e i racconti di mia moglie sono un po’ confusi. Comunque quando tornerò mi preoccuperò di farla tornare a dormire in casa.-

-Ma… da dove viene? Perché lavora così giovane?- 

-È un’orfana che viene dall’Indiana. L’avevo fatta venire qui per fare compagnia a Iriza, ma figurati che già il primo giorno si sono addirittura picchiate, e così Sarah l’ha messa a fare la cameriera.-

 

Chiusa nella sua stanza Rose leggeva una serie di carte poste sullo scrittoio, quando sentì bussare alla porta.

-Avanti.-

Anthony entrò nella stanza.

-Buongiorno mamma, tutto bene?-

-Vedi queste carte Anthony? Da oggi sono di nuovo Rose Andrew.-

Il ragazzo abbassò la testa.

-Così avete proprio deciso.-

-Sì Anthony, io e tuo padre ci siamo lasciati. Ormai il nostro matrimonio non aveva più senso.-

-Lo so. Papà non è stato certo un buon marito, sempre in viaggio per mare lontano da casa…-

-Quand’è stata l’ultima volta che lo abbiamo visto? Un anno fa?-

-Quattordici mesi fa mamma…-

Rose si accorse che suo figlio stava per mettersi a piangere, e lo abbracciò.

-Non ti chiedo certo di rinunciare ad ogni rapporto con lui Anthony…- gli disse mentre lui piangeva sulla sua spalla.

-Anche se non è stato un padre esemplare devo riconoscere che ti vuole bene e che tu ne vuoi a lui.

Scrivigli subito una lettera, digli che gli vuoi bene e che speri di rivederlo al più presto.

Digli quello che vorresti dirgli di persona, arrabbiati con lui se è questo che ti senti, ma non rinunciare ad avere un padre.-

-No mamma…-

-Coraggio adesso, sciacquati la faccia e poi vai a trovare Candy. Lo so che ti fa piacere andare da lei.-

-C-Candy?-

-Credi che non mi sia accorta che ti piace quella ragazzina? Non puoi farla sotto il naso di tua madre, ragazzo!-

-Oh mamma, cosa dici? Ti assicuro che io e Candy siamo solo amici.-

-Vorrei ben vedere! Alla vostra età!

Comunque quella bambina piace molto anche a me, sappilo.

Adesso vai, e portala qui che dobbiamo darle quella cosa.-

Anthony uscì dalla stanza appena un po’ rincuorato, e allora fu Rose a mettersi a piangere.

 

Poco dopo a casa Legan Anthony trovò Candy nella stalla. Approfittava di un momento di tregua dal lavoro per riposarsi un po’: quella negriera della signora Legan la spremeva come un limone, e quella mattina l’aveva passata inginocchiata a lucidare gli scalini d’ingresso alla casa.

-Ciao Anthony!- lo salutò lei alzandosi dal letto.

-Ciao Candy!-

-Qualcosa non va? Ti vedo un po’ mogio…-

-I miei genitori hanno divorziato.-

-Mi dispiace Anthony. Tu come stai?-

-Come vuoi che stia? Non faccio certo salti di gioia.-

-Ti va di parlarne?-

Lui si sedette sul letto accanto a lei.

-Mio padre preferisce andare per mare piuttosto che stare con noi, e quindi mia madre non ha certo torto.

Che matrimonio è quello dove uno dei due non c’è mai?-

-Ma tuo padre non poteva trovare un altro lavoro?-

-Poteva certo, ma non ha mai voluto. E così dopo anni di attesa la decisione di mia madre è stata inevitabile.- 

-E tu invece come te la passi?- le chiese lui dopo un po’.

-In certi momenti li ammazzerei!-

-Chi? Mia zia e i miei cugini? Come ti capisco…-

-La signora Legan sembra quasi aspettare che io passi vicino casa per appiopparmi i lavori più faticosi: oggi mi ha fatto lucidare gli scalini davanti al portone d’ingresso, ieri mi ha ordinato di pulire da sola tutti i bagni di casa, l’altro ieri mi ha fatto pelare una montagna di patate, ovviamente da sola, perché la cuoca era impegnata.

E se non finisco i lavori nei tempi che vuole lei, mi punisce!-

Anthony fremeva per l’indignazione.

-Ascolta Candy! Non stiamo qui a rimuginare sulle cattiverie dei miei parenti, ti va di fare una passeggiata con me?-

-Certo che sì! Se si tratta di sfuggire per un po’ a quella schiavista di tua zia…-

-Andiamo allora! Devo mostrarti una cosa!-

 

Arrivarono rapidamente al cancello delle rose, e vi entrarono dirigendosi verso un cespuglio vicino al quale si intravedeva la figura di Rose Andrew.

-Ciao Candy!- la salutò cordialmente la madre di Anthony. -Benvenuta! Voglio mostrarti una cosa, avvicinati dai.-

Candy si avvicinò a Rose e quando le fu vicino rimase senza fiato: una rosa bellissima emergeva dal cespuglio, una rosa che sembrava rifulgere di una luce multicolore, e i cui petali mostravano sfumature di colori che andavano dal bianco al rosa, fino al rosso.

-È… bellissima signora.-

-Ti piace? L’abbiamo creata io e Anthony, e l’abbiamo chiamata “Dolce Candy”-

-L’avete… chiamata… Dolce Candy?-

La piccola farfugliava per l’emozione: quella donna le stava dimostrando un amore vero e disinteressato, laddove altri le dimostravano indifferenza e addirittura odio.

Rose Andrew recise il gambo della rosa e lo piantò in un vaso che Anthony le porgeva.

-Che fa signora? Perché lo ha tagliato?-

-Questo fiore è tuo Candy.- rispose Rose Andrew

-M-mio? Ma… perché…-

-Perché ho piacere che lo abbia tu Candy.-

Candy si mise a piangere mentre stringeva a sé quel vaso come se fosse il tesoro più prezioso del mondo.

-Io… io ho paura che se lo porto via con me, Neal e Iriza potrebbero farmi qualche dispetto…-

-Hai paura che possano rubartelo?- chiese Anthony.

-Certe volte entrano nella stalla e mettono a soqquadro le mie cose. Ho trovato i miei vestiti in mezzo agli escrementi dei cavalli, e mi è toccato di lavarmi tutto da sola.

Io lo so che sono loro, ma non posso dimostrarlo. E anche se potessi credete davvero che la signora Legan interverrebbe?-

Rose ed Anthony fremevano: come avrebbero voluto andare da quelle vipere e sbatacchiarle per bene! Ma sapevano che questo non avrebbe portato nessun bene alla loro piccola amica. Anzi, la sua situazione dai Legan avrebbe potuto peggiorare.

-D’accordo Candy, la terremo noi per te.- disse Rose -Ma ti prometto che presto potrai tenere questo fiore senza nessuna paura.-  

-Lo spero tanto signora…-

Rose era troppo emozionata per proferire altre parole, e abbracciò forte forte quella sfortunata bambina.

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** una cattiveria che Candy non avrebbe mai creduto possibile ***


Passarono altri giorni e un pomeriggio, rientrando nella stalla, Candy trovò una brutta sorpresa: per l’ennesima volta le sue cose erano state messe a soqquadro.

I suoi vestiti, la sua biancheria, le sue cose, erano sparse per tutta la stalla. I cassetti del suo misero comodino erano stati fatti a pezzi, il materasso buttato per terra e le coperte calpestate dagli innocenti cavalli oltre la staccionata.

A vedere quel disastro la povera bambina strinse i pugni e scoppiò a piangere. Sapeva benissimo chi erano i colpevoli di quel disastro, ma non poteva farci niente.

 

-Guarda guarda che disordine Candy…- la perfida voce di Iriza le suscitò un odio di cui mai si sarebbe creduta capace. -…dovresti tenere di più alle tue cose…-

Fulmineamente si girò e saltò addosso alla perfida coetanea buttandola a terra e riempiendola di pugni in faccia. Iriza piangeva e gridava aiuto, e il fratello, presente anche lui provò a dare un pugno a Candy che si infuriò ancora di più.

Saltò addosso anche a lui e nonostante la differenza di età e statura lo mise subito a mal partito.

 

Iriza si alzò e scappò via chiamando aiuto mentre Neal le prendeva sode da Candy.

Alcuni membri della servitù accorsero e separarono Candy da Neal.

Accorse anche la padrona di casa, che a vedere i figli con la faccia gonfia diede in escandescenze e poco mancò che svenisse.

 

-Dunque: se ho ben capito tu accusi i miei figli di aver buttato all’aria le tue cose.-

-Sì signora, e non è neanche la prima volta che succede.-

-È falso mamma!- gridò Iriza

-Già, perché avremmo dovuto fare una cosa del genere?- aggiunse Neal -La verità è che è stata lei a buttare le sue cose all’aria, apposta per accusare noi. Candy ci odia e farebbe qualsiasi cosa per nuocerci!-

-E avrei buttato all’aria le poche cose che ho?-

-Rispondi alla domanda di mio figlio Candy: perché loro avrebbero dovuto buttare all’aria le tue cose?-

Candy fremeva, sapeva benissimo che quella strega della Legan non l’avrebbe mai difesa davanti ai suoi preziosi figli. Poi improvvisamente decise di cercare conforto e sfogo nella verità.

-Perché sono persone cattive ed egoiste, che si divertono a fare del male al prossimo. 

Perché lei signora è come loro e li asseconda.

Perché tutti voi dannati Legan vi credete più forti di me perché sono orfana e povera, ma voi non siete più forti, siete solo più vigliacchi!-

Fu un attimo, e un pesante schiaffo si abbatté sulla guancia di una Candy sempre più in lacrime, che cadde pesantemente a terra.

-Adesso basta Candy! Tu non resterai un solo minuto in più del necessario in questa casa!-

-Sta bene… tornerò alla Casa di pony, come avrei già dovuto fare da un pezzo!-

-Troppo comodo piccola sgualdrina! Tu non tornerai al tuo pulcioso orfanotrofio, tu andrai in Messico!-

-In… Messico?- disse Candy rialzandosi.

-Sì certo, in Messico! Come sai noi abbiamo alcune fattorie laggiù. Domani mattina un nostro fattore arriverà qui per farci una consegna, e quando ripartirà tu andrai con lui!-

-E perché dovrei? Cosa mi impedisce di andarmene adesso e di ritornare alla Casa di Pony?-

La Legan ebbe un sorriso di una cattiveria tale che Candy non avrebbe mai creduto possibile.

-Perché se tu non andrai in Messico, io farò circolare la voce che i bambini della Casa di Pony sono tutti poco di buono, e nessuno vorrà più adottarne uno.-

Quelle crudeli parole sgomentarono la bambina che rimase senza fiato e cadde di nuovo sulle ginocchia

-D’accordo…- disse in lacrime -…andrò in Messico…-

-Voi!- disse poi Sarah Legan rivolta agli altri suoi dipendenti -Aiutatela a raccogliere i suoi stracci e fate in modo che io non l’abbia più a vedere fino a domani!-

 

I dipendenti dei Legan raccolsero le povere cose di Candy, le lavarono e le aggiustarono laddove era possibile. Dorothy regalò a Candy un po’ della sua biancheria e dei suoi vestiti per sopperire a quelli che non era possibile riparare, le misero a posto il letto per permetterle di dormire quella notte sperando che per un miracolo del cielo il giorno dopo la padrona di casa potesse avere un gesto di clemenza.

 

Venne infine la notte, l’ultima notte di Candy in casa Legan.

 

Il giorno dopo il fattore messicano dei Legan, un certo signor Garcia, arrivò di buon’ora, e aiutato dai dipendenti dei Legan scaricò la merce portata dal Messico. Poco prima di mezzogiorno il signor Garcia era pronto per ripartire.

-Non vuole riposarsi un po’ prima di ripartire signor Garcia?- gli chiese la signora Legan.

-Oh no, non si preoccupi signora Legan. Sono una vecchia pellaccia io! E partire adesso significa fare un bel po’ di strada prima del tramonto. Dov’è la bambina che deve venire con me?-

-Eccomi signor Garcia! Sono pronta!- Disse Candy uscendo dalla stalla con la sua valigetta e il fedele Klin in braccio.

-E quello cos’è?- chiese bruscamente il signor Garcia indicando Klin

-La prego signor Garcia, mi permetta di portarlo, lui è sempre stato con me.-

-E va bene: verrà con noi!-

Senza altre parole Candy salì sul carro “Conestoga” del fattore messicano dei Legan e tenne sempre lo sguardo fisso davanti a sé. Stava dicendo addio a un posto dove aveva vissuto sì brutti momenti, ma dove era stata anche felice insieme ai suoi amici Anthony, Archie, Stear, la signora Rose.

Li avrebbe mai rivisti? Le veniva da pensare di no.

 

Il signor Garcia salì sul carro, spronò i cavalli e il carro si mosse imboccando il viale che lo conduceva fuori dalla villa dei Legan.

 

Candy si sentiva morire, ma aveva deciso che non avrebbe pianto mai più.

 

A metà pomeriggio Rose Andrew arrivava a casa Legan, certo non rendere visita ai suoi parenti, ma per chiedere qualcosa a quella bambina che le aveva rubato il cuore.

Aveva preso una decisione su di lei, ma le serviva il suo consenso e qualche informazione su di lei.

Entrò nella stalla e la trovò vuota: il letto di Candy non c’era più.

Beh, almeno quell’arpia di Sarah ne ha fatta una giusta pensò, ha rimandato Candy a dormire in casa.

Poi vide qualcosa per terra, vicino allo zoccolo di uno dei cavalli, si avvicinò e vide che si trattava di una busta da lettera con su scritto un indirizzo: 

-Casa di Pony - La Porte - Indiana… deve trattarsi del suo orfanotrofio. La riconsegnerò a Candy.- disse ad alta voce.

-Candy non è più qui.- disse una voce di donna dietro di lei.

-Signora Pinkin, Candy è in casa?-

-No signora Andrew…- disse la donna perdendo lacrime amare -Candy… è andata via…- disse prima di scoppiare a piangere

Rose la fece calmare e si fece raccontare quanto era successo. E man mano che la situazione le si chiariva, il suo volto impallidiva sempre di più.

-Maledetta Sarah!- sbottò infine che ebbe udito quanto accaduto in quella casa. -Come ha potuto…- 

Poi ebbe un attacco di tosse convulsa e quasi cadde per terra.

La signora Pinkin la sostenne.

-Signora Andrew! Sta bene?-

Lei dovette rifiatare a lungo prima di riuscire a parlare.

-Sì certo… adesso passa… devo andare via… ho qualcosa di urgente da fare…

Per favore… non dica ai miei parenti che sono stata qui… d’accordo?-

La signora Pinkin annuì e Rose Andrew imboccò la strada di casa sua.

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Maledetti Legan ***


Anthony aveva preparato tutto, nello zaino aveva messo tutto il necessario per il viaggio che intendeva intraprendere alla ricerca della sua Candy. Adesso, approfittando del fatto che tutti dormivano avrebbe preso uno dei cavalli dalla stalla e sarebbe partito alla volta del Messico per rintracciarla e riportarla a casa, in un modo o nell’altro.

Aveva trascorso giorni interi a studiare sulle carte geografiche il percorso che il carro del fattore messicano doveva seguire per arrivare in Messico, ed era sicuro di raggiungerlo in breve tempo. Lui a cavallo sarebbe stato sicuramente più veloce di uno di quei vecchi carri che usavano i pionieri diretti verso l’Ovest, e una volta raggiunta…

La luce nella sua stanza si accese all’improvviso e due figure entrarono squadrandolo severamente.

-Mamma! Zio William! Ma come…-

-Come abbiamo fatto a capire le tue intenzioni ragazzino?- disse sua madre guardandolo come forse non aveva mai fatto prima in vita sua. 

-Sono giorni che te ne stai rinchiuso in questa stanza, e questo potrei anche capirlo, poi entro qui per chiamarti per il pranzo e cosa vedo? Carte geografiche e atlanti tutti aperti sulle pagine del Messico! Vado a vedere nei cassetti dove teniamo denaro contante e trovo ammanchi di… un paio di migliaia di dollari?

Ma chi ti credi di essere ragazzino?

Un eroe da romanzo d’avventure?

Anche ammesso che tu riesca a raggiungere quel carro, dì un po’: lo hai mai visto il fattore dei Legan? È un pezzo d’uomo in grado di farti volare da una parte all’altra di questa stanza solo con un buffetto!-

-Voi… voi non capite! Io voglio davvero bene a quella ragazzina mentre voi…-

Un sonoro schiaffone si abbatté sulla guancia di Anthony che quasi cadde a terra.

-Sciacquati la bocca prima di dire o anche solo pensare certe cose ragazzino! Tu non capisci niente…- si fermò per l’ennesima sequela di colpi di tosse: arrabbiarsi non le faceva certo bene.

Suo fratello la fece sedere e poi prese lui la parola.

-Anthony, prima di dire stupidaggini guarda questo.- gli disse porgendogli un foglio di carta.

Anthony lo guardò e sgranò gli occhi.

-Cosa? Voi…-

-Capisci adesso? Domani saremo noi a partire dietro quel dannato carro con la mia macchina, e puoi stare certo che lo raggiungeremo.-

-Mamma io…- cominciò a piangere -…mi dispiace…-

Lei gli sorrise

-Vieni qui stupido incosciente, e abbracciami!-

Lui non se lo fece ripetere due volte.

 

Ormai il viaggio durava da una settimana, e il carro del signor Garcia aveva quasi del tutto attraversato lo stato dell’Illinois e mancava poco al Missouri, del quale avrebbero attraversato solo un breve tratto che li avrebbe portati prima in Arkansas e poi in Texas.

Di lì il Messico sarebbe stato a portata di mano o quasi.

Candy non aveva parlato per quasi tutto il viaggio e il signor Garcia, che certo non eccedeva in affabilità e socialità, ne rimase sconcertato.

Quella sera, intorno al fuoco, Garcia si decise a parlare a quella ragazzina, in fondo se doveva portarsela in Messico era quantomeno opportuno conoscerla meglio.

-Perché la signora Legan ti ha mandata in Messico?-

Candy non rispose

-Va bene, se non vuoi parlare sono affari tuoi, basta che quando arriviamo in Messico tu faccia il tuo lavoro. Il resto non mi riguarda.-

-Le ho detto che lei e i suoi figli sono persone cattive, egoiste e vigliacche!-

Garcia fischiettò.

-Non si può certo dire che ti manchi il coraggio piccola…- disse accennando una risatina -…ma cerca di ricordare questo: a cosa ti ha portato il tuo coraggio? Forse era meglio se abbassavi la testa e te le tenevi per te quelle parole.-

Detto questo si girò dall’altra parte e si sdraiò per terra per dormire.

Da quando era iniziato quel viaggio tutte le sere Garcia dormiva fuori, a meno che non piovesse, e Candy dormiva nel carro, e così anche quella sera Candy si ritirò dentro il carro per trascorrervi la notte.

Garcia l’aveva sorpresa quella sera, sembrava quasi avergli voluto dare una lezione di vita, e in fondo aveva ragione. Se avesse taciuto con quella strega della Legan avrebbe potuto andarsene da quella casa e tornare alla sua Casa di Pony, e invece…

 

Qualche giorno dopo arrivarono in Texas, e al primo paese in cui entrarono, uno sceriffo si parò davanti a Garcia non appena questi fu sceso dal carro per fare acquisti in un emporio.

-Chi è questa bambina? Non credo proprio che sia tua figlia.-

-Io… io sono stato incaricato di portarla in Messico.-

-È vero quello che ha detto quest’uomo?- 

-Sì è vero, ma perché ha voluto saperlo?-

-Da qualche tempo da queste parti, c’è una banda che rapisce bambini.-

-Cosa? Rapisce bambini? E perché?-

-Per venderli sul mercato delle adozioni illegali. A volte questi bambini vengono portati in Europa o in Canada. Fai molta attenzione bambina!-

-La ringrazio dell’avviso sceriffo.-

Come lo sceriffo si fu allontanato Garcia risalì sul carro.

-Andiamocene! Non voglio guai con i rapitori di bambini!-

Da quel momento Candy fu in preda ai più cupi pensieri. E se fosse stata rapita? Che ne sarebbe stato di lei? Dove sarebbe finita? Maledetti Legan! Quante ne stava passando per colpa loro…

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** il sì più importante della sua vita ***


Candy ormai aveva paura anche della propria ombra: da quando aveva sentito quella storia dei rapitori di bambini, viveva nel terrore di essere rapita.

Dal Messico poteva sempre sperare di potere un giorno, tornare a casa, rivedere le persone amate, ma dall’Europa…

 

-Ormai non manca molto al confine con il Messico.- le disse Garcia mentre cenavano davanti al fuoco. -Entro domani sera dovremmo arrivarci, e al massimo fra tre giorni saremo alla fattoria.-

-Quale sarà il mio lavoro alla fattoria signor Garcia?-

-Ti metterò a lavorare in casa, dovrai aiutare a tenere pulita la casa e a cucinare. Ma all’occorrenza dovrai anche lavorare nei campi. Certo non ti metterò ad accudire il bestiame: non è lavoro da bambina quello.-

Candy adocchiò il ramo di un albero, poi salì sul carro e ne ridiscese portando una corda.

-Che diavolo vuoi fare con quella corda?-

-Rimanga lì signor Garcia.- disse lei con un sorriso sornione mentre annodava un cappio.

Poi fece roteare l’improvvisato “lazo” sopra la sua testa e lo lanciò in direzione del ramo adocchiato poc’anzi.

Il cappio si strinse intorno al ramo e Candy con uno strattone lo spezzò, era un ramo chiaramente secco.

-Che mi venga un colpo!- disse Garcia -Davvero un bel lancio!-

Un applauso lento e cadenzato risuonò alle spalle del corpulento fattore messicano, e questi si girò.

Tre uomini emersero dalla vegetazione davanti a lui, e altri due da dietro il carro alle spalle di Candy.

-Niente male davvero, piccola…- disse uno di quegli uomini 

-Chi siete? Cosa volete?-

-Vogliamo tutto quello che c’è nel carro, grassone.- rispose l’uomo estraendo una pistola dal fodero che portava alla vita.

-Ma… ma non c’è niente nel carro… la merce che trasportavo l’ho consegnata tutta a Lakewood…-

-È vero capo!- confermò uno dei due alle spalle di Candy -Qui c’è solo ciarpame.-

-Dannazione! Abbiamo perso tempo!-

-Aspetta capo! C’è la bambina…-

Quelle parole gettarono Candy nel panico. Che volevano farle quegli uomini?

-…hai sentito parlare di quella banda che vende i bambini?-

-Già, ho sentito che fanno un sacco di soldi…-

-No… no… vi prego… non fatemi del male…-

-Io… io me ne posso andare?- farfugliò il messicano.

-Sparisci!-

Lui non se lo fece ripetere due volte e se ne andò di corsa ignorando i disperati richiami di Candy.

-Signor Garcia! Signor Garcia la prego mi aiuti!-

-Legatela e imbavagliatela! Poi buttatela nel carro! Mi sta dando ai nervi!-

Candy fu così legata, imbavagliata e gettata dentro il carro, mentre i banditi si sedevano intorno al fuoco a mangiare e discutere sul da farsi.

-Capo, io forse so come contattare uno di quelli che rapiscono i bambini, potremmo vendere a loro la bambina.-

-Ma così ci guadagneremo molto di meno.-

-È vero, ma ce li faremo amici. Quella è gente con la quale è meglio andare d’accordo.-

-Già, ho sentito dire che sono tipi pericolosi, da prendere con le molle.-

-Inoltre se gli vendiamo la bambina potremmo entrare in affari con loro e fare un sacco di soldi.-

Da dentro il carro Candy sentiva ogni parola, e quelle parole la gettarono nella più cupa disperazione. Maledetti! Maledetti Legan!

 

Infine si addormentò, e il fedele Klin le rimase accanto, quei banditi non lo avevano notato.

Nel vedere le corde che stringevano i polsi della sua umana, il suo minuscolo cervello ebbe una reazione, e lui cominciò a rosicchiare quelle corde.

Nel sentire la lingua di Klin che le raspava le mani, Candy si svegliò e si scoprì libera. Si tolse il bavaglio e sciolse le corde che le serravano le caviglie. Stava per uscire dal carro quando un’ombra le si parò davanti.

Lei ebbe un sussulto, ma quell’ombra le fece cenno di tacere.

-Signor Garcia… è lei.- disse sottovoce Candy

-Come diavolo hai fatto a liberarti? Credevo ti avessero legata!-

-È… è stato Klin.-

-Ok. Ora dobbiamo andare, i cavalli sono già attaccati.-

-Grazie signor Garcia… credevo mi avesse abbandonata… invece era solo una finzione…-

-Già… ora andiamo…-

In realtà il messicano non fingeva affatto: aveva veramente abbandonato Candy. Ma poi la coscienza gli si era risvegliata ed era tornato sui suoi passi per salvare la bambina.

Garcia salì a cassetta e spronò i cavalli così che il carro cominciò a muoversi.

Ovviamente i banditi si svegliarono e montarono sui loro cavalli per inseguire il carro, ma trovarono una brutta sorpresa: i sottopancia delle loro selle erano stati tagliati!

-Bravo signor Garcia! Ha tagliato i sottopancia delle selle! E anche le briglie dei cavalli!-

Infatti i cavalli dei banditi stavano scappando via.

-Sì, ma non ci metteranno molto a riprenderli, e i loro cavalli sono più veloci del nostro carro. Dobbiamo raggiungere il più vicino centro abitato e denunciare tutto allo sceriffo. Ci penseranno le autorità a loro!-

-Grazie ancora signor Garcia… Non so che ne sarebbe stato di me se lei…-

-Non ringraziarmi Candy! Non me lo merito!-

-Ma cosa dice? Se non fosse stato per lei io sarei stata venduta, e sarei finita chissà dove, forse addirittura in Europa! Le devo la vita…-

Garcia decise di non disilluderla, ci sarebbe stato tempo e modo di dirle la verità. Ora l’importante era portarla in salvo.

All’improvviso sentirono un rumore di zoccoli di un cavallo lanciato al galoppo.

-Maledizione!- imprecò Garcia dopo aver visto dietro di lui -Uno di quei dannati banditi ha recuperato il cavallo e ci sta raggiungendo!-

-Continui a correre signor Garcia!- disse Candy prima di rientrare nel carro.

Ne riuscì poco dopo con una corda in mano, una corda a cui aveva già stretto il cappio.

-Che vuoi fare con quella…- poi Garcia capì e si scostò per fare posto all’intraprendente bambina.

Lei si portò nel posto lasciato libero da Garcia, e come vide il bandito affiancarsi a loro con una pistola in pugno, fece rapidamente roteare il suo “lazo” e lo lanciò.

Il cappio si strinse proprio intorno al braccio che teneva la pistola, e con un deciso strattone Candy riuscì a sbilanciare l’uomo che cadde rovinosamente a terra.

-Mi venga un colpo doppio!- esclamò Garcia. -Credo proprio che ti metterò ad accudire il bestiame ragazza!-

Candy si sedette di nuovo vicino al rude signor Garcia e si mise a ridere.

 

-Ecco Candy, questo è l’ultimo centro abitato prima del confine con il Messico. Adesso andremo dallo sceriffo a raccontare quello che è successo. Poi ci riposeremo un po’ prima di proseguire il viaggio.-

 

Davanti all’ufficio dello sceriffo c’era parcheggiata una macchina, e Garcia fermò il carro proprio dietro a quella macchina.

Poi lui e Candy scesero dal carro e bussarono alla porta dello sceriffo.

Alla risposta di quest’ultimo entrarono nell’ufficio e Candy rimase senza fiato.

-Signora Rose! Signor William!-

-Candy!- gridò Rose correndo ad abbracciare quella bambina.

-È lei la bambina che cercate?-

-Sì sceriffo, è lei.- disse il signor William -È lei.-

 

Poco dopo Garcia e Candy avevano raccontato allo sceriffo la loro disavventura con i banditi.

-Sono questi gli uomini che avete visto?- chiese l’uomo estraendo dal cassetto della sua scrivania alcuni avvisi di taglia.

-Sì sono loro, riconosco in particolare quest’uomo che gli altri chiamavano “capo”.-

-Già, la banda di Billy Carter. Stavolta hanno osato troppo e li prenderemo statene certi. Hanno talmente tanti capi d’accusa sulle loro teste che non sarà necessaria la vostra testimonianza per schiaffarli in galera per il resto dei loro giorni.-

-Veniamo a noi Candy.- intervenne Rose.

-Già, che cosa fate qui signora Rose?-

-Siamo venuti per riportarti a casa Candy.-

-Ma… io… non posso…-

-E perché mai? Non vuoi ritornare a casa? Rivedere i tuoi amici?-

-Sì che lo vorrei ma…- si mise a piangere

-Che c’è Candy?- le chiese Rose poggiandole una mano sulla spalla.

-La signora Legan… dice che se non vado in Messico… lei farà circolare brutte voci sui bambini della Casa di Pony… e nessuno vorrà più adottarne uno…-

Il volto di Rose si contrasse per l’indignazione.

-Quella lurida…-

-Calmati Rose…- le disse il fratello

-Già, arrabbiarmi non mi fa bene…-

-Ascoltami Candy, la signora Legan non ha nessuna autorità su di te. Penseremo noi a lei sta tranquilla, nessuno parlerà male dei bambini della Casa di Pony. Piuttosto guarda questo.- disse poi porgendo a Candy un foglio.

Candy lo lesse e il cuore le balzò in gola: quello era un certificato d’adozione!

-Signora Rose… lei… lei mi ha… adottata!-

-Sì Candy, ti ho adottata. Vuoi venire con me? Vuoi essere mia figlia?-

Candy non riusciva più a spiccicare parola e riuscì faticosamente a farfugliare il sì più importante della sua vita, prima di abbracciare Rose Andrew: sua madre!

 

-La ringrazio signor Garcia, di quello che ha fatto per me.- disse Candy al corpulento fattore dei Legan.

-Addio Candy. Non pensare più al passato e vivi felice.-

Candy lo abbracciò

-Le voglio bene signor Garcia, e non  la dimenticherò mai.-

Garcia non ebbe cuore di dirle la verità sulle sue intenzioni di qualche giorno addietro, si sarebbe tenuto quel segreto per sé.

-Anch’io Candy non ti dimenticherò, ma adesso devo proprio andare.-

Ciò detto il signor Garcia salì sul carro e riprese la strada di casa sua.

 

-Bene Candy.- disse Rose -Adesso andiamo in albergo. Lì potrai farti un bel bagno, cambiarti d’abito e riposarti. Domani ripartiremo e sarà un lungo viaggio.-

-Posso chiedervi come facevate a sapere dove trovarmi?-

-Semplice.- le disse William -Questo è l’ultimo paese prima della frontiera con il Messico. Non potevamo sapere che percorso avrebbe seguito il signor Garcia, ma se voleva recarsi alla fattoria dei Legan, questo paese era una tappa obbligata. E se non ti avessimo trovata qui saremmo andati direttamente alla fattoria. Io so dov’è.-

-Piuttosto ragazza: Io e te dobbiamo chiarire una questione.-

-E sarebbe?-

-Finora mi hai sempre chiamata “Signora Brown”, “Signora Andrew” o “Signora Rose”.-

-E come devo…-

Lei le si inginocchiò davanti e la prese per le spalle.

-Mamma. Semplicemente mamma.-

Candy perse di nuovo una lacrima.

-Io… io… non ho mai avuto una mamma…-

-Adesso ce l’hai.-

La bambina abbracciò la donna chiamandola semplicemente:

-Mamma!-

 

Dopo che Candy si fu lavata e cambiata nella stanza d’albergo che divideva con sua madre, proprio quest’ultima la chiamò a sé e la fece sedere davanti a lei, vicino al semplice tavolo della stanza.

Le prese le mani e le sorrise.

-Sai bambina mia? Hai delle mani bellissime…-

-Ma cosa dici mamma? Guarda come sono segnate…-

-Sono belle proprio per questo sai? Sono mani di una bambina buona, una bambina che ha sempre fatto cose buone e che ne farà ancora. Mani che… adesso faremo diventare ancora più belle!-

Ciò detto prelevò con le dita la crema contenuta in un vasetto aperto sul tavolo e cominciò a spalmare le mani di Candy.

-Che cos’è mamma?-

-È una crema che farà tornare le tue mani belle e lisce.-

-Mamma io… non voglio dimenticare…-

-Non devi dimenticare piccola mia! Quello che hai passato, quello che sei stata, farà sempre parte di te, ma adesso la vita ti sta dando qualcosa di meglio… accettalo con gioia…-

Candy non poté trattenere le lacrime mentre sua madre continuava a spalmarle quella crema bianca sulle mani…

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** Siamo destinati a volerci sempre bene ***


Rose Andrew giaceva sul suo letto e una Candy ormai quindicenne si prodigava al suo capezzale per assisterla.

Ormai la tubercolosi che l’affliggeva da anni stava avendo il sopravvento, e per la giovane donna si approssimava l’ora finale.

-Dov’è… tuo fratello?-

-È andato a prendere suo padre alla stazione. Dovrebbe arrivare fra non molto.-

-Il mio… ex-marito… si degna di farsi vedere… da me… quale onore…-

-Non parlare così mamma… ti fa male arrabbiarti.-

Lei la accarezzò sulla guancia.

-Coraggio piccola… sto per andarmene… e sono sicura che te la caverai benissimo… qualunque cosa farai nella vita… la farai bene…-

Poi la mano le cadde sul bordo del letto e Candy capì la terribile verità: Rose Andrew, la donna che l’aveva amata come una madre, era morta.

Cadde disperata sul corpo di lei mentre la chiamava semplicemente “Mamma”…

 

Il giorno dopo il funerale, una Candy affranta ma composta, salutava con una fredda stretta di mano l’ex marito di sua madre, il signor Brown.

-Arrivederci signor Brown.-

-Arrivederci Candy. So che non sono stato un buon marito per tua madre e un buon padre per tuo fratello, ma vorrei tanto che le cose fossero andate diversamente.

Tua madre meritava di meglio.-

-Sì signor Brown: meritava di meglio.-

L’uomo capì lo stato d’animo di quella ragazza e se ne andò. Probabilmente non si sarebbero visti mai più.

 

Nel pomeriggio Candy se ne stava davanti al cespuglio delle rose dolce Candy, quelle rose a cui sua madre aveva dato il suo nome, e attraverso l’odore di quelle rose rivisse tutti i ricordi che la legavano a lei, fin dalla prima volta che aveva sentito la sua voce in lontananza…

Avvertì una presenza alle sue spalle e si girò.

-Zio William!- disse sorridendo -Ti stai facendo ricrescere la barba?-

-Diciamo che sono tre giorni che non mi rado, ma dovrò rimediare. Ricordi quando mi hai visto la prima volta senza barba?-

-Scherzi? Certo che ricordo!-

 

Candy e Rose entrarono nella sala ristorante dell’albergo dove alloggiavano per quella notte. La piccola era semplicemente radiosa nel suo vestito bianco e rosa, primo regalo di sua madre e suo zio. 

Già suo zio, dov’era lo zio William?

-Siediti Candy.- le disse Rose

-Ma dove mamma? Questo tavolo è occupato.-

-Certo che è occupato Candy, da noi.- le disse il giovane uomo seduto al tavolo.

-Zio William! Sei tu!-

Rose e William risero di cuore

-Mio Dio, non ti riconoscevo senza barba! Sembri più giovane, lo sai? Ma… ma…-

-Che c’è piccola?- le chiese lui.

-Tu somigli tantissimo ad Anthony!-

D’un tratto un’immagine del passato si sovrappose a quella del suo giovane zio.

-Quel giorno, sulla collina di Pony… eravate voi!-

-Sì bambina mia.- le disse sua madre -Eravamo noi. Ci abbiamo messo un po’ a riconoscerti sai?-

 

-Non dimenticherò mai quel giorno zio, come nessuno dei giorni trascorsi con la mamma…-

Ricominciò a piangere e lo zio William la abbracciò.

 

-Sai Candy? Dovremmo parlare un po’ del tuo futuro.-

-Parli di quell’idea della zia Elroy di mandarci in collegio?-

-Io non la trovo un’idea sbagliata. In questo momento ti farebbe bene cambiare aria, conoscere persone nuove, imparare cose nuove. Se resti qui a fissare quelle rose per tutto il giorno cadrai facilmente in preda alla depressione.-

-Sì lo so, e credimi, non voglio questo. Solo che… non credo che sia quello il tipo di scuola adatta a me.

Mi ci vedi a scattare come una marionetta agli ordini delle suore? A studiare galateo poi? Io che a tavola mi sbafo pure i piatti!-

William sorrise all’idea.

-Ma soprattutto… io non voglio diventare una inutile e insulsa dama dell’alta società come Sarah Legan! 

Io voglio lavorare, sentirmi utile…

Sai cosa mi ha detto la mamma pochi giorni prima… di morire?

“Saresti un’ottima infermiera bambina mia…”-

Perse altre lacrime al doloroso ricordo

-…e questo vorrei fare: l’infermiera.-

-Ed è quello che farai Candy. A Chicago ci sono ottime scuole per infermiere, e sono sicuro che ne troveremo una adatta a te.

Ci trasferiremo a Chicago e tu inizierai a frequentare la scuola. Oltre a realizzarti come persona, riuscirai a superare il tuo dolore e ricomincerai a vivere.

È questo che tua madre vuole per te.-

Di nuovo in lacrime Candy abbracciò suo zio.

 

-Così non verrai a Londra…-

-No Anthony, ne ho parlato con lo zio William e anche con la zia Elroy e abbiamo deciso che è meglio così. Fra pochi giorni partirò per la Casa di Pony per un breve periodo di vacanza e poi mi trasferirò a Chicago dove a settembre comincerò a studiare presso la scuola per infermiere del St Joseph Hospital.

Tu invece andrai in quel collegio?-

-Sì, io Archie e Stear ci trasferiremo a Londra, ma non per studiare galateo dalle suore. Frequenteremo una scuola di economia, così che quando torneremo potremo prendere il nostro posto all’interno delle aziende di famiglia.-

-Ed è questo che vuoi? E la tua passione per la botanica?-

-Ho delle responsabilità Candy. Non solo verso la famiglia, ma anche verso i nostri dipendenti. La botanica continuerà ad essere la mia passione. E poi stare un po’ separati ci aiuterà a capire meglio certe cose, non trovi?-

-Anthony io… ti vorrò sempre bene lo sai… ma sono molto confusa.-

-Sarebbe strano se non lo fossi.- disse lui con un sorriso. -Da piccoli eravamo sicuri che ci saremmo sposati un giorno, ma poi il fatto di vivere come fratello e sorella ci ha indubbiamente spiazzati. Forse io e te siamo veramente destinati ad essere fratello e sorella.-

-Siamo destinati a volerci sempre bene.-

 

Si abbracciarono, e rimasero lì a cercare conforto nelle reciproche lacrime.

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** Epilogo ***


La strada dalla stazione alla collina di Pony non era moltissima, ma a Candy suonò particolarmente faticosa quel giorno. Sarà stato il clima che ormai tendeva decisamente all’Estate, ma Candy arrancava sotto quel sole di inizio giugno. Poi dopo l’ennesima curva lo vide:

-Ecco mamma, lo vedi? Quello è l’albero della collina di Pony.-

Ricordò quando un paio d’anni prima, quando Rose stava ancora abbastanza bene, c’erano state davvero sulla collina di Pony.

Ricordò che lei si arrampicò sull’albero e poi dalla cima gridò a sua madre quanto le voleva bene.

 

Cominciò ad accelerare il passo e finalmente arrivò in vista della sua amata Casa di Pony. 

-Ecco mamma… siamo arrivate…-

E nel mentre che i bambini la riconobbero e le corsero incontro, le sembrò quasi di vedere l’amata figura di Rose Andrew stagliarsi nel cielo sopra la Casa di Pony.

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=4009082