Severus Snape And The Marauders

di fiphina
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** PRIMA PARTE. Prologo: Spinner's End ***
Capitolo 2: *** Alone ***
Capitolo 3: *** Many magic books ***
Capitolo 4: *** Sisters (Parte uno) ***
Capitolo 5: *** Sisters (Parte due) ***
Capitolo 6: *** Sisters (Parte tre) ***
Capitolo 7: *** A little smile ***
Capitolo 8: *** You're special ***
Capitolo 9: *** Magic friendship (Parte uno) ***
Capitolo 10: *** Magic friendship (Parte due) ***
Capitolo 11: *** Magic friendship (Parte tre) ***
Capitolo 12: *** Magic friendship (Parte quattro) ***



Capitolo 1
*** PRIMA PARTE. Prologo: Spinner's End ***


Salve a tutti, vi ruberò pochissimo tempo, però questo piccolo avviso era necessario che lo scrivessi...

Per quanto riguarda Harry Potter, dico fin da subito che io purtroppo non ho avuto modo di leggere i libri, per cui mi baserò principalmente sui film (una parte della storia, compresa la descrizione della storia stessa sono basate su un breve film di pochi minuti, intitolato: "Severus Snape and the Marauders" quindi Quei brevi fatti non appartengono a me, ma saranno comunque presenti delle modifiche da parte mia); ciò però non vuol dire che non farò ricerche riguardo i libri in modo che sia più accurato possibile. Quello che cerco di dire è che cercherò di fare del mio meglio... ovviamente ci saranno diversi avvenimenti o modifiche di mia invenzione, quindi in ogni caso non tutto sarà uguale a come lo conosciamo.

Questo avviso vale sia per questo prequel su Severus e i malandrini e sia per il sequel ambientato durante gli eventi di Harry Potter.

Si accettano critiche, purché costruttive.

Vi lascio al prologo che spero vi incuriosisca... grazie a tutti!❤️

 

 

 

 

La città di Londra non era mai stata conosciuta per il suo cielo limpido lasciante spazio ai caldi e decisi raggi solari, piuttosto, nella maggior parte della giornata, minacciose nuvole scure circondavano la cittadina affollata racchiudendola all'interno di una gabbia invisibile.

Le nuvole grigiastre e cariche di pioggia, mescolate ai fumi emanati dalle sporche ciminiere di alcune vecchie fabbriche tessili in disuso ormai da anni, si stringevano principalmente attorno alla piccola e fatiscente cittadinella di Spinner's End, ben lontana dal caotico ambiente londinese: non casualmente la parola Spinner significava tessitore, accompagnata dalla parola End, ovvero, fine; unendo infine le due parole con il genitivo sassone si otteneva un nome dal significato particolare, quasi allusorio.

La fine del tessitore.

Nell'appiccicaticcia area circostante la piccola solitaria volpe drizzò il collo con un rapido scatto, spalancando e puntando i suoi due occhietti vispi alle proprie spalle, dopo aver udito uno scoppiettio sospetto, eppure, gli unici rumori che si udivano erano provocati dai rifiuti che fluttuavano sul pelo dell'acqua scura e puzzolente del fiume che s'incanalava all'interno della città come una vena sanguigna attraversa il corpo che la ospita.

Se Londra era il giorno, Spinner's End era la notte.

Se Londra era il prato, Spinner's End era il letamaio.

Non fu complicato per l'animale ricavare degli avanzi di cibo in quel letamaio: infatti, non appena arraffò il proprio bottino scomparve nella nebbia così come era apparsa.

Dalla finestrella di una casa, l'ultima di una fila intera a schiera, proveniva l'unica fonte di luce, di un verde fluorescente per la precisione, in mezzo al buio tetro: dei piccoli steli d'erba fluttuavano lentamente attorno a delle piccolissime manine che agitavano i ditini, chiudendoli a pugnetto, con l'intento di acchiapparli; uno degli steli solleticò il piccino sulla punta del nasino, di rimando costui l'osservò dapprima con estrema curiosità, poco dopo invece irrigidì le palpebre, socchiuse le sottili labbrucce ed infine emise un versetto di starnuto che gli fece chiudere gli occhietti neri come cristallo di quarzo affumicato e contrarre per alcuni brevi istanti l'intero corpicino.

Le urla provenienti da oltre la porta della camera matrimoniale dove si trovava il neonato cessarono improvvisamente, poco dopo la stessa porta della camera si aprì e si richiuse con un secco sbam, provocando un leggero tremore delle pareti circostanti, seguiti dalla reazione immediata del piccolino sdraiato nella culla che, con il labbro inferiore tremolante, trasformò ben presto i singhiozzi in un pianto disperato a causa dello spavento.

Nemmeno gli steli luminosi riuscirono a calmarlo, in quel caso l'unica che poteva fare qualcosa era solo la mamma.

La giovane donna scostò le dita della mano destra dal sudato volto pallido e allungato, dalle folte sopracciglia nere, e rivolse per un momento lo sguardo provato verso la culla da dove provenivano i pianti: era diventata madre da poco più di un mese e mezzo ed invece che migliorare, la sua vita aveva preso una rapida discesa.

Nella sua adolescenza aveva avuto diverse soddisfazioni, ma ora? Tutto era cambiato, ora.

Come aveva anche solo potuto credere che con la nascita del loro primogenito le cose, o meglio, l'atteggiamento errato del marito sarebbe mutato... era stata una completa sciocca a pensarlo.

Lui non sarebbe cambiato mai e poi mai, benché talvolta i momenti di calma lasciassero trasparire una vaga speranza, ma non era che una misera speranza irrealizzabile.

Che razza di uomo aveva sposato? Uno che invece di preoccuparsi per la famiglia, già in difficoltà, prediligeva l'alcol e serate rinchiuso nei bar a sperperare denaro... e chi poteva negare che lui potesse avere un'amante oppure no... non era nient'altro che un mostro capace solo di urlare perché la cena non era pronta in tavola o perché la polvere non era stata tolta dai mobili o dal pavimento.

Certo, non era dopotutto lui a doversi occupare, da solo, di un bambino nato da pochissimo tempo (forse anche troppo presto) e che richiedeva moltissime cure e attenzioni; non era lui a doversi arrotolare le maniche fino ai gomiti e non sapere da dove tirare fuori il cibo per la famiglia, visto che lui non riusciva a mantenere un lavoro stabile senza farsi licenziare dopo poco tempo, lasciando moglie e figlio neonato sul lastrico.

Troppo innamorata per capirlo prima, ma era molto semplice e veloce cadere in questo errore ed ora si ritrovava, sola (per modo di dire) e con un figlio da crescere.

Di natura era sempre stata una donna fiera e forte, invece ora si sentiva stanca, ad a malapena trent'anni si sentiva come se avesse già vissuto una vita intera fatta solo di estenuanti problemi tra cui il peggiore che avesse mai potuto farsi capitare con le sue stesse mani: sposare Tobias Piton.

Si sentiva rinchiusa in gabbia come un animale, senza alcuna possibilità di fuggire, e questo le faceva ribollire il sangue nelle vene.

O forse un'unica soluzione esisteva ancora, forse... il problema era: fino a quando sarebbe risultata efficace? Infondo Tobias rimaneva, tuttavia, sempre l'uomo di cui si era innamorata da ragazza ed il padre del suo unico figlio...

L'amore... ecco cosa era in grado di fare: anche nelle situazioni più sgradevoli scavalcava persino l'odio più profondo.

Questo la faceva sentire debole, ma allo stesso tempo non cancellava la rabbia che fungeva da panno sugli occhi.

Le urla ed il fracasso ancora provenienti dal salotto mutarono dopo qualche minuto in inutili vibrazioni all'interno delle sue orecchie, oltre a far vibrare letteralmente la porta che li divideva.

Eileen Prince lasciò scivolare le braccia lungo i fianchi magri: voleva solo scacciarlo dalla mente; dopo un paio di secondi si staccò dall'anta su cui era ancora appoggiata con la schiena e trascinando i piedi sul pavimento raggiunse il comodino a sinistra della propria parte di letto, aprì il primo cassetto ed incollò lo sguardo cupo e provato sul lungo oggetto di legno riposto al suo interno, avvolto in un pezzo di stoffa grigia.

Quell'oggetto, per lei così come per molti altri suoi simili, costituiva quanto di più prezioso potesse avere, per questo motivo la stoffa dentro cui lo conservava era pregiata quasi quanto l'oggetto stesso: pelle di drago.

Si, proprio pelle di drago.

Ad un certo punto il pianto del suo unico figlio, divenuto più acuto a causa della mancata presenza materna, la ridestò dai propri pensieri; con un sospiro profondo Eileen afferrò l'oggetto in questione e richiuse il cassetto del comodino, dopodiché si avvicinò alla culla e si chinò verso il piccolino che smise gradualmente di piangere solo quando udì la familiare e tranquillizzante voce femminile.

"Quelli come noi non appartengono a questa normale gente. Né loro saranno mai nostro pari. Mai. Confido che un giorno avremo la supremazia ed il rispetto che ci spetta. Ricordatelo sempre, Severus" ghignò decisa la giovane donna, marcando un tono di puro disprezzo nell'ultima frase, mentre fissava un punto indefinito sul bimbo dai folti capelli neri; suo marito odiava estremamente ciò che lei era e tutto quello che ne derivava, li considerava dei mostri pericolosi, della spazzatura... per questo motivo era convinta, anzi, pregava ardentemente, che il suo unico figlio possedesse invece il dono speciale per poter un giorno inserirsi tra le fila dei maghi e delle streghe per poter imporre la loro supremazia su chi non avesse portato loro il dovuto rispetto.

Quelle persone si sarebbero presto accorte con chi avevano a che fare.

Ma, ci sarebbe mai stato qualcuno in grado di prendere le redini senza alcuna paura e codardia?

 

 

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Capitolo 2
*** Alone ***


Il bambino dai folti capelli neri assai più del carbone se ne stava appollaiato sui mattoncini impolverati del davanzale della finestra: con la mano destra si sosteneva il piccolo mento, mentre fissava ed aspettava che l'ennesima nuvoletta di vapore generato dal proprio respiro sul vetro si scomparisse, prima di soffiarci nuovamente sopra.

Il suo sguardo basso e silenzioso catturò improvvisamente una rotonda e solitaria gocciolina d'acqua che tentennava a scendere dal bordo superiore della piccola finestra: la strada era spianata, eppure lei restava lì.

Il piccolo si staccò momentaneamente da dov'era appoggiato, inchiodò le iridi profonde quanto l'oscura capigliatura sul proprio obiettivo ed aggrottò leggermente la fronte, racchiudendo le sottili dita diafane all'interno dei palmi delle piccole mani; diverse volte era accaduto che ci riuscisse involontariamente a causa delle emozioni che si ripercuotevano su ciò che lo circondava, stavolta invece decise di provarci di sua spontanea volontà: cominciò con un nulla, ma man mano che i secondi aumentavano iniziò lentamente ad avvertire un lieve brivido attraversargli l'intero esile corpo.

Poteva trattarsi soltanto di una semplice sensazione dettata dalla sua testa, eppure il risultato raccontava tutto il contrario: la goccia d'acqua, suo malgrado, invece di scivolare si dissolse completamente dopo essere stata oggetto di un leggero tremore.

Il bambino deglutì, tirandosi di qualche centimetro indietro con la schiena e sbattendo più volte le palpebre che scivolavano sugli occhi velati da più strati di delusione: non era stato di certo quello il suo intento iniziale, voleva solo che la goccia rotolasse.

Allora perché era sparita? Cosa aveva fatto lui di male?

Ciononostante, l'iniziale rammarico per quanto accaduto alla gocciolina venne presto sostituito da un piccolo lampo di soddisfazione per essere riuscito a fare qualcosa di particolare, qualcosa di straordinario.

Soddisfazione che, però, avrebbe tenuto per sé... anche perché... chi avrebbe avuto tempo di gioire insieme a lui?

Con un veloce battito di palpebre spostò per un momento lo sguardo serio verso la porta di legno scuro chiusa della sua minuscola e logora stanza, oltre cui poteva ancora udire le strilla provenire dalla cucina o dal salotto dove un uomo ed una donna stavano discutendo animatamente da ore incalcolabili; urla che, oltre a provocargli terribili mal di testa, erano interrotte spesso da rumori sordi di oggetti che andavano puntualmente in frantumi.

Non avrebbe avuto l'attenzione né di Tobias né di Eileen.

Da suo padre... c'era da figurarsi, nemmeno lo guardava in faccia... ma neppure sua madre... non riusciva a ricordarsi di un minuscolo gesto d'affetto, sempre se ci fosse stato, probabilmente perché da neonato era ancora troppo piccolo ma adesso aveva compiuto da poco tempo sei anni e non era più così piccolo da non poter avere memoria a sufficienza.

Un abbraccio, un bacio, una bella parola, il semplice fatto che lui esistesse in quel mondo tanto grande ed a lui ancora sconosciuto, tutte queste cose quasi non avevano significato per il piccolo Severus; non c'entrava la sua giovanissima età, semplicemente non le aveva mai provate.

Le ragioni per cui era successo, anzi, niente di quello che desiderava, era successo facevano parte delle coincidenze della vita? Oppure era lui a non essere di interesse per nessuno? Era così in tutte le famiglie? O lui era l'unico?

Tutte domande senza risposta, ma di certo c'era qualcosa che non andava se ne soffriva terribilmente.

Se ciò fosse stato normale, allora avrebbe dovuto star bene.

Benché fosse solo un bambino di sei anni, era molto acuto ed intelligente: aveva compreso in anticipo di doversi arrangiare, di dover colmare quei momenti vuoti con qualcosa e forse un modo lo aveva trovato da tempo e di cui stava usufruendo in quel preciso istante: l'unica cosa di cui forse poteva essere grato alla madre, l'unica cosa di cui aveva frammenti di memoria fino a veri e propri ricordi.

Una cosa.

Una sola cosa.

La magia... come lei l'aveva definita.

Proprio l'oggetto principale dei litigi tra i suoi genitori.

Suo padre era un uomo estremamente complicato, non mostrava apprezzamento per niente e nessuno, tantomeno la magia; anzi, la detestava letteralmente.

Ma non sua madre, sua madre era diversa sotto tutti gli aspetti.

Eileen era un donna estremamente fiera, motivo per cui Severus si era, era, perché aveva ormai smesso di domandarselo per non avvertire l'ennesimo inutile peso vuoto addosso, chiesto se tutto ciò che gli era stato raccontato fosse per lui o più che altro occasioni per lei per ravvivare l'orgoglio e ridarle quella forza che pareva perdere giorno per giorno: ricordava altrettanto bene la foga e quella luce che illuminava il volto pallido e magro della madre quando ne parlava, altrimenti era abituato a vedere rabbia, frustrazione e tristezza nei suoi occhi profondi quanto il senso di angoscia che puntualmente sfogava in attacchi di depressione.

Solo una volta aveva provato ad avvicinarlesi con le migliori intenzioni: nella sua testa si era programmato come fare e cosa dirle nel frattempo che la raggiungeva, guardandola gli era venuto spontaneo chiederle mentalmente perché si facesse sottomettere in quella maniera, ma al bambino, con sua sorpresa, parve di sbattere letteralmente contro una porta blindata invisibile che lo spingeva via, come se Eileen avesse posto delle potenti barriere tra la sua mente ed il mondo esterno che la circondava.

Quasi non ne facesse parte.

Gli era stato descritto un mondo totalmente differente da quello che vivevano quotidianamente ed a dirla tutta Severus stesso doveva ammettere di aver avvertito uno strano formicolio all'interno dello stomaco ogni volta che ascoltava quelle storie, quasi per lui fossero orme sicure da seguire, vista l'esistenza della possibilità di aver preso da suo padre.

Il bambino fece nuovamente scattare gli occhi color pece sulla porta quando udì un ennesimo tonfo sordo seguito da un'imprecazione di sua madre.

"Non sei altro che uno sciocco babbano, come tutti gli altri!"

Babbano... ecco come venivano denominati coloro che non avevano innati poteri magici, sempre secondo la spiegazione della giovane donna.

"Ti proibisco di usare termini di quel genere in mia presenza, capito? Tu e i tuoi schifosi simili non fate altro che portare problemi su problemi" ribatté imperterrito l'uomo, spuntando ogni singola parola come fosse veleno "Siete solo dei luridi mostri! Non so ancora perché vi tengo a casa a te e lui! È colpa tua se anche lui diventerà un mostro, un giorno! Siete dei mostri! Dei mostri!" Severus non lo aveva visto, ma era certo che con quel lui a cui aveva appena dato del mostro, il padre avesse indicato la stanza in cui si trovava; oltretutto doveva essere arrabbiato molto più delle volte precedenti perché la porta si spalancò di colpo subito dopo, facendo inevitabilmente sobbalzare il bambino alla vista del padre che entrò bruscamente, tanto più quando vide il suo sguardo minaccioso puntare nella sua direzione "Cos'hai da guardare, moccioso? Vattene, immediatamente!" con i brividi che gli percorrevano l'esile schiena il piccolo Severus non se lo fece ripetere due volte: si allontanò in fretta dalla finestra della sua cameretta, quasi non sentendo il pavimento sotto i piedi, e corse verso il piccolo salotto, fermandosi accanto alla porta d'ingresso con la mano destra appoggiata contro l'anta ed il petto che si muoveva irregolarmente: ogni volta era così... sollevò il viso pallido per guardare un'ultima volta la porta che era stata nuovamente chiusa di botto, dopodiché cercò con lo sguardo la madre e la vide appoggiata di schiena contro il taglio del tavolo a sostenersi con le mani ed un'espressione cupa dipinta sul volto identico al suo, in quel momento seminascosto dalle ciocche nere dei capelli.

Man mano che l'agitazione scemava, il piccolo si accorse dello stato pietoso in cui versava il salotto e parte della cucina, sebbene fosse ormai abituato a quegli scandali distruttivi; però c'era una domanda che non smetteva di tormentarlo: se proprio odiava suo padre, perché la madre non utilizzava la magia per difendersi? Possedeva capacità che lui non aveva, allora perché si limitava ad urlare come qualsiasi altro babbano? Se sapeva che sarebbe andata così, perché aveva sposato quell'uomo?

Era stanco di vivere in quel modo.

Il bambino non riusciva ad avere nessuna risposta che voleva.

Però forse poteva darsele.

Ma come?

Possedeva a sua volta capacità innate, per sua enorme fortuna, e l'unica soluzione era fare da sé: avrebbe imparato a padroneggiare la magia grazie ai libri della madre e si sarebbe esercitato in solitaria, come ormai faceva ogni cosa.

Non sapeva leggere? Avrebbe imparato anche quello.

I suoi vispi occhi color pece scattarono in direzione della scala portava al piano di sopra, precisamente alla camera da letto dei genitori, mentre la sua mente già focalizzava l'immagine di un cassonetto nascosto sotto il letto.

Avrebbe raggiunto a tutti i costi il suo primo obiettivo.

 

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Capitolo 3
*** Many magic books ***


Severus aggrottò leggermente la fronte assottigliando con essa gli occhi scuri e racchiuse le dita a pugno: la stessa identica procedura che aveva applicato due anni prima nei confronti di una goccia d'acqua sul vetro della finestra della sua camera.

La differenza tra il momento appartenente a due anni fa e quello attuale erano due: l'obiettivo era nettamente più grande ed era più di uno alla volta invece di una semplice goccia, inoltre il movimento impostogli seguiva il volere del bambino.

L'anta dell'armadio si aprì e ne fuoriuscì una coperta di stoffa nera che fluttuò nell'aria fino ad appoggiarsi sulle spalle del piccolo Severus: era decisamente troppo lunga e larga per lui, per questo non era di suo particolare interesse per adesso; il tempo esterno mostrava i soliti nuvoloni carichi di pioggia che raffreddavano di parecchio la temperatura già di per sé bassa all'interno della sua stanza; a dir la verità, però, il freddo non era l'unica ragione, infatti il tocco della coperta ed il fatto che si mimetizzasse alla perfezione con i suoi capelli neri lo facevano sentire al sicuro, quasi invisibile agli occhi degli altri, che lo proteggesse dalla tristezza dovuta alla solitudine che lo invadeva più spesso di quanto avesse immaginato.

Nascondeva metaforicamente bene la vergogna che provava nel mostrarsi debole.

Chiunque avesse letto questo pensiero nella sua mente lo avrebbe preso per un paranoico.

Quando non hai altre strade davanti finisci per far divenire la solitudine parte integrante di te, della tua vita, come fosse un pezzo necessario del tuo corpo; il problema rimaneva però sempre lo stesso: lui non desiderava la solitudine, per cui si limitava a posarsela sopra proprio come aveva fatto con la coperta.

Tendeva a stringersela attorno al corpo, quasi volesse cucirsela addosso.

Chinò di nuovo il capo sul tomo aperto che stava leggendo e riprese da dove aveva interrotto, finché, durante la lettura, i suoi occhi non si assottigliarono di nuovo nell'imbattersi sull'introduzione di un termine che stuzzicò particolarmente la sua attenzione.

L'occlumanzia.

Occlumanzia... termine alquanto curioso, osservò il bambino di otto anni; senza sbattere le palpebre neppure una volta avvicinò il viso alla riga, potendo sentire l'odore particolare della carta leggermente giallastra, seguendo il proprio indice puntato sul paragrafo dov'era arrivato.

Lesse fino in fondo e solo dopo essere giunto all'ultima parola riempì i polmoni d'aria che poi buttò fuori sonoramente.

Le pupille mimetizzate con il nero delle iridi di Severus s'ingrandirono involontariamente: se un istante fa era incuriosito, ora era decisamente affascinato.

Il termine occlumanzia era usato per indicare la difesa magica della mente contro la penetrazione esterna, chiamata legilimanzia, così da evitare che qualcuno potesse leggere i pensieri altrui; era una branca non molto conosciuta della magia, ma era di grande utilità benché di difficile esecuzione: per utilizzarla bisognava svuotare la mente dalle emozioni, per poi rilassarsi.

Ciò che aveva letto proveniva da un libro di magia molto avanzata, certo, eppure lui sembrò provare un'istantanea familiarità verso quello che aveva appena appreso: si ricordò di quando paragonava la mente della madre ad una porta blindata.

E se fosse tutto collegato?

Il libro spiegava che l'occlumanzia era la difesa contro la legilimanzia, oltretutto esistevano casi di magia involontaria, quindi... unendo i due concetti si poteva dunque giungere alla conclusione che si fosse trattato di uno di quei casi e che sua madre avesse letteralmente protetto la propria mente? L'aveva fatto davvero?

Oltre alla magia involontaria esisteva anche la magia praticabile senza l'uso della bacchetta, perciò la sua ipotesi era tutt'altro che priva di fondamenta.

Inoltre, sempre grazie agli studi, aveva appreso che pur usandone una non avrebbe potuto essere accusato di violare la legge magica a causa della traccia usata per controllare i maghi minorenni, perché il divieto entrava in vigore dal momento in cui ne possedeva una propria; e comunque, pur potendoci provare con la bacchetta della madre, in casa era presente una strega, lei, il che rendeva difficile capire chi avesse effettuato gli incantesimi.

Severus scese dalla sedia e si avvicinò alla finestra.

Con una bacchetta tutta sua sarebbe stata un'altra cosa... quanto desiderava averne una... il bambino spostò lo sguardo sconsolato sul cielo cupo: purtroppo doveva attendere di compiere undici anni per poter vedere un gufo portargli la famosa lettera che, ne era certo, avrebbe cambiato la sua vita per sempre.

Mancavano ancora tre lunghissimi ed asfissianti anni prima di quel giorno.

Come avrebbe ancora sopportato l'attuale situazione per tutto quel tempo? Ce l'avrebbe fatta oppure sarebbe scoppiato definitivamente?

 

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Capitolo 4
*** Sisters (Parte uno) ***


In una delle tante case a schiera di Spinner's End, non molto lontano dal putrido fiume, una bambina dalla lunga e ondulata chioma rossa come i petali di un papavero se ne stava ferma ad osservare, con due sfavillanti occhi verdi, tranquillamente le gocce di pioggia battere contro la finestra della cameretta che condivideva con la sorella maggiore: le piaceva molto ascoltare il perpetuo ticchettio dell'acqua che s'infrangeva contro il vetro e vedere le goccioline scivolare l'una accanto all'altra, la faceva rilassare, le permetteva di pensare, di sognare, proprio come faceva con le favole che era solita leggere o ascoltare con estrema attenzione dalla madre.

"Si può sapere cosa c'è di tanto interessante da farti restare appiccicata alla finestra in quel modo?"

Il breve silenzio interrotto proprio dalla sorella maggiore, che entrata in camera si buttò a sedere sul bordo del proprio letto, facendolo cigolare, a fissare la minore con le braccia distese all'indietro e la mani appoggiate sul materasso per sostenere il peso del corpo ed il sopracciglio destro inarcato verso l'alto, non bastò a ridestare la piccola dai capelli rossi dai propri pensieri, la quale piuttosto rispose alla sorella in maniera molto pacata e con un lieve sorriso accennato sulle labbra sottili e rosee.

"Ascolta, Tuney"

La diretta interessata dalla capigliatura bionda assottigliò le iridi di un altrettanto bellissimo verde (unica cosa che entrambe avevano in comune): odiava con tutta sé stessa il soprannome con cui la minore la chiamava affettuosamente, perché lo riteneva disgustosamente troppo sdolcinato: Tuney significava infatti melodia e non lo sentiva adatto per essere attribuito ad una persona decisa ed esplosiva come lei.

Petunia era il suo nome.

"Cosa?" risposte questa, sforzandosi di trattenersi; avvertiva già i primi segnali di un gran mal di testa.

"La pioggia, naturalmente"

"La... pioggia? Stai dicendo sul serio?" commentò acidamente Petunia, strabuzzando gli occhi, neanche avesse appena udito la cosa più assurda del mondo... d'altronde, sua sorella era sempre stata un po' strana con i suoi fiabeschi modi di parlare; la bionda spostò le mani dal materasso al petto, incrociando le braccia "Lily, in tutta sincerità, io ci non trovo niente di assolutamente interessante e soprattutto utile nel ticchettio della pioggia. Semmai lo trovo fastidioso. E poi hai otto anni, fossi in te mi deciderei a crescere"

Non era la prima volta che la trovava immersa in bizzarri esperimenti, né era la prima volta che la sentiva fare strani discorsi o parlare da sola: la colpa era sicuramente di tutte quelle stupide favole che le avevano talmente riempito il cervello da offuscarlo dalla realtà; parte delle colpe l'aveva anche la loro madre che perdeva inutilmente il suo tempo a leggergliele di continuo.

Insomma, Lily pareva vivere in un mondo tutto suo.

Lei invece era molto più dedita alla razionalità, al ciò che si poteva vedere e toccare.

Il bello era che si portavano due anni di differenza, eppure c'era una grossa differenza tra di loro.

Petunia non avrebbe mai capito cosa passasse nella testa della sorella minore, ma una cosa era certa: se continuava in quel modo, i loro genitori l'avrebbero presto spedita da uno strizzacervelli e lei non voleva esserne affatto coinvolta.

Stava per scendere dal letto, quando udì la voce di Lily chiamarla di nuovo, ma per nome completo; fu solo per placare il suo insopportabile mal di testa che Petunia si trascinò vicino alla sorella minore (almeno sarebbe stata zitta se le avesse dato retta per uno po'), la quale non esitò a mostrarle la novità che tanto l'aveva resa felice.

"Guarda, Petunia, guarda!" continuava a ripetere Lily sempre più eccitata, non distogliendo lo sguardo dal vetro della finestra su cui stava facendo muovere a suo piacimento una gocciolina d'acqua, fino a farla staccare e volteggiare nel vuoto per pochissimi istanti prima che si dissolvesse.

Se un attimo fa Petunia aveva spalancato le palpebre, adesso le era andata letteralmente via la parola, limitandosi ad ingoiare a vuoto.

 

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Capitolo 5
*** Sisters (Parte due) ***


Al mondo esistevano tantissime famiglie tutte diverse tra loro ed ognuna di esse aveva i propri lati positivi e negativi.

Mentre alcuni erano ben evidenti ad occhio nudo, altri erano apparentemente celati.

Benché a Spinner's End non ve ne fossero molti, la signora Evans amava in particolare i fiori (ma come si suol diceva: quando si desiderava qualcosa, questa non era mai a portata di mano), amava ancora di più il loro profumo, amava distinguerne l'odore delicato da quello pungente, il leggero dal più forte... la passione che provava era talmente tanta e naturale da spingerla ben presto a trasformare un semplice hobby in una vera e propria alchimia: trascorreva pomeriggi interi nel suo laboratorio personale, immersa nella creazione di deliziose e profumate miscele che una volta pronte riponeva in boccette di vetro di varie forme e dimensioni, e colorate in base alla tonalità dei petali del fiore utilizzato. 

Tale alchimia non poteva non influenzare anche la scelta del nome delle sue due figlie.

Sin dalla loro nascita le era infatti bastato un solo primo sguardo per trovare quello giusto, un po' come l'avesse percepito dai tratti del faccino delle neonate: i tratti sottili ed appuntiti della figlia maggiore fecero ricadere la scelta su Petunia, un fiore alludente ad una forte personalità, mentre i tratti sottili ma dolci della più piccola delle due le portarono subito alla mente il nome Lily, dolce come quello di un bellissimo e delicatissimo giglio.

Il nome Lily raffigurava la purezza.

Petunia raffigurava la rabbia, il rancore e la collera.

La donna era, tuttavia, del tutto ignara di quanto la sua innocua scelta portasse con sé un significato tanto profondo quanto realistico, oltre che incisivo, su eventi ancora ben lontani dal verificarsi; nella sua mente non sfiorava nemmeno il pensiero della superstizione, non era a conoscenza che il significato del nome della sua primogenita avesse iniziato a metter lentamente radice nel suo cuore, dando così l'innesco alla serie di eventi le cui conseguenze avrebbero cambiato le loro vite per sempre.

Lily posò di nuovo i luminosi occhi verdi sulla sagoma raggomitolata sottile le coperte di Petunia: non riusciva a non pensare che le fosse successo qualcosa, che stesse vivendo un periodo particolarmente difficile e si vergognasse a parlarne, visto lo strano comportamento che aveva notato nell'ultimo periodo nella sorella maggiore; così, appoggiò sul materasso il pupazzetto marrone a forma di gattino con cui si addormentava abitualmente ogni notte e scesa dal letto la raggiunse, si sedette al suo fianco, chiamandola per nome; la bionda si scostò bruscamente le coperte di dosso e voltatasi le lanciò uno sguardo talmente strano che alla minore non fu difficile leggervi dello spavento all'interno dei suoi occhi spalancati e nelle socchiuse labbra sottili.

Tuttavia, Lily non fece in tempo ad aggiungere altro, interrotta da Petunia sempre più agitata, la quale balzò via dal letto e si ritirò di schiena contro il muro con le gambe leggermente piegate e le braccia strette al petto.

"Lasciami stare! Allontanati, scendi dal mio letto, allontanati subito! Allontanati!" quasi urlò la maggiore, sperando di riuscire nel suo intento; Lily però non arretrò, piuttosto si preoccupò ulteriormente di capire se avesse fatto qualcosa di sbagliato da farla reagire in quella maniera, ma quando la voce dell'altra si fece decisamente più alta, la rossa, per non svegliare i genitori, ritornò sul proprio giaciglio incrociando di nuovo lo sguardo della sorella, non riuscendo a darsi una spiegazione logica del perché di quella brutta reazione: non le aveva fatto niente di male.

Petunia, nel frattempo rimessasi già sotto le coperte dopo aver gettato un'ultima occhiata scrutatrice in direzione della minore ancor prima che questa si voltasse di nuovo verso di lei, si posizionò nel letto dandole la schiena e tenendo lo sguardo duro fisso sulla coda dell'occhio, quasi volesse accertarsi che non osasse riavvicinarsi.

Dal giorno della strana scoperta che aveva fatto nei riguardi di Lily, ogni volta che, al termine di un'intensa mattinata scendeva la sera ed arrivava l'ora di andare a letto, Petunia indossava svelta il pigiama e si infilava nel proprio letto senza proferire parola, quasi avesse fretta di nascondersi dalla faccia della sorella minore.

Anzi, non c'era nessun quasi, era proprio così.

Con quegli strani comportamenti, quelle strane cose che Lily poteva fare, Petunia non si sentiva affatto sicura; aveva dieci anni, era abbastanza grande, ma insomma, da nessuno mai aveva visto fare cose del genere, quella era roba che esisteva solo nelle favole... favole...

Ecco, la colpa era sicuramente di quelle stupide favole che la loro madre le leggeva di continuo!

Erano talmente entrate nella testa di Lily che le avevano fatto qualcosa dentro la testa.

Altra spiegazione Petunia non riusciva a darsela.

E se fosse davvero così, se quelle apparentemente innocue favole piene di fate, folletti, streghe e altri strani spaventosi esseri avessero sul serio stregato sua sorella, allora chi poteva assicurarle che non sarebbe peggiorata magari trasformandosi in una di loro, o peggio, in qualcosa di più pericoloso? Se avesse messo in pericolo l'intera famiglia? Se fosse già troppo tardi?

Il solo pensiero fece rabbrividire istintivamente la ragazzina che scese maggiormente sotto le coperte con una smorfia di disgusto comparsole in faccia; un attimo prima di chiudere gli occhi, essi vennero attraversati da uno spiraglio di luce: sicuramente anche i loro genitori non sarebbero stati per niente felici di sapere cosa stava diventando una delle loro figlie...






Lily continuò a rimuginare sui pensieri che nemmeno il sonno le riusciva a scacciare dalla mente; alla fine, quando non ce la fece più, scese di nuovo dal letto ed in punta di piedi si avvicinò alla finestra della camera che condivideva con Petunia, tenendo stretto a sé il morbido gattino di peluche.

Non capiva il motivo dello strano ed improvviso comportamento di sua sorella maggiore da un paio di settimane; nonostante riconoscesse il suo carattere particolare e la poca gentilezza che a volte aveva con lei, le voleva bene; poteva capitare di essere di malumore per giorni, potevano essere molti i motivi, ma, specialmente la sera, trovavano il tempo per parlare un po' come due normali sorelle avrebbero fatto... non che si raccontassero chissà cosa, ma il tempo comunque c'era.

Ora era cambiato tutto: sembrava volesse evitarla del tutto, in ogni occasione della giornata.

Ma se prima sembrava non esserci un motivo valido, quello che era successo poche ore prima avevano insinuato un dubbio nella mente della bambina dai folti capelli rossi. 

Era colpa sua? Sua sorella era spaventata da lei?

Lily, nonostante avesse solo otto anni, non era un'ingenua e riflettendo meglio intuì che l'inizio degli strani atteggiamenti inusuali da parte della maggiore corrispondeva proprio al giorno in cui le aveva mostrato cosa sapeva fare; inizialmente aveva creduto che si trattasse solo di sconcerto (lei per prima l'aveva avuto per se stessa) e fu proprio per questo che aveva con tutta probabilità ignorato che in realtà Petunia avesse timore di lei.

La piccola spostò lo sguardo sconsolato sul cielo cupo da cui non era possibile vedere stelle... tranne una in un piccolo squarcio azzurro.  

Un alone di tristezza le velò gli occhi verdi: tutto ad un tratto, per la prima volta nella sua vita e per un brevissimo attimo si sentì sola, come se tutta la felicità fosse sparita all'improvviso, sola proprio come quella stella: cosa avrebbe fatto negli anni successivi? Come sarebbe stato il rapporto con sua sorella Petunia? Con la sua famiglia? Aveva timore di rivelare tutto ai genitori, non sapeva come avrebbero preso la sua diversità...

Chi era lei? Da qualche parte c'era qualcuno in grado comprenderla veramente? Qualcuno con cui non si sarebbe sentita più sola?

Lily assottigliò lo sguardo, notando un altro finissimo puntino luminoso bianco apparire lentamente accanto alla non più solitaria stella, mentre un leggero soffio di vento le accarezzò il viso roseo, facendole oscillare con dolcezza le ondulate e lunghe ciocche rosse, cancellandole momentaneamente la tristezza.

 

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Capitolo 6
*** Sisters (Parte tre) ***


Come avrebbe ancora sopportato l'attuale situazione per tutto quel tempo? Ce l'avrebbe fatta oppure sarebbe scoppiato definitivamente?

Il piccolo Severus non aveva smesso di porsi queste domande sin dalla prima volta che apparvero nei suoi pensieri mentre si trovava nella sua camera, davanti a quella finestra, settimane prima; benché più che settimane erano sembrati mesi infernali per il giovanissimo mago: sopportava sempre meno la presenza violenta di quello sciocco babbano di suo padre!

L'odio del bambino arrivava al culmine, ma la sua voglia di agire scendeva rapidamente giù; ma per quale motivo?

Tobias non era un mago, certo, ma era comunque molto più grande e forte di lui ed il suo tono cupo gli impedivano anche solo di fare un passo in una stanza in cui potevano trovarsi entrambi... dopotutto lui era solo un bambino otto anni... ecco la motivazione e questo infastidiva parecchio il piccolo Severus: nonostante nella propria mente non si definisse tale, le sue azioni non dimostravano altro che paura, profonda paura.

Questo voleva forse significare che era un debole?

La risposta era un sì: stava per scoppiare definitivamente; a volte sentiva la testa talmente compressa all'altezza delle tempie da indurlo a credere che da un momento all'altro gli sarebbe letteralmente esplosa.

Severus fece appena in tempo a richiudere il cassetto dove sua madre aveva riposto l'oggetto da lui tanto desiderato, che ancora prima di riuscire a trovare un buon nascondiglio (come gli riusciva benissimo di solito) si ritrovò faccia a faccia con Tobias; nel notare la presenza del figlio, l'uomo aggrottò la fronte e lo costrinse ad indietreggiare fino a fargli toccare il muro con la schiena, fissandolo con uno sguardo rabbioso, domandandogli cosa diavolo ci facesse lì senza permesso. 

"Io..." riuscì a stento a farfugliare bambino, in preda ad un'improvvisa forte ansia per ciò che gli sarebbe potuto succedere di lì a poco, benché non avesse fatto nulla di male... i suoi occhi scuri come due pozzi neri strisciarono per un minuscolo istante verso il cassetto: le sue intenzioni sarebbero state quelle se solo avesse avuto abbastanza tempo per prendere quello che voleva? I suoi pensieri vennero bruscamente interrotti dal padre.

"Allora? Sto aspettando una risposta!" insistette l'uomo, assottigliarono sempre più la voce cupa: particolare che spaventava il piccolo Severus assai più che se avesse urlato.

"Io non..."

"Tu non? Stavi cercando di rubare qualcosa, vero? Non è così, moccioso? Confessa! Mentire non è il tuo forte!" assieme al tremore delle esili gambe, delle gocce di sudore iniziarono a formarsi per poi scivolare sulla schiena e sul viso già pallido del figlio, dalla cui bocca socchiusa non uscì più alcun suono tranne che un verso strozzato accompagnato dalla respirazione affannata: cosa gli avrebbe fatto adesso? Dov'era sua madre? Sarebbe riuscito a scamparla? Di nuovo fu interrotto, ma con sorpresa si ritrovò ad assistere ad una risata carica di sarcasmo misto a puro disprezzo "Voi... ma chi vi credere di essere? Voi. Stupidi esseri magici. Non ve ne fate niente della magia. Vi credete forti grazie ad uno stupido bastoncino, ma non vi rendete conto di quanto siete deboli in realtà. Le vostre non sono altro che parole vuote. Basta battere un piede..." fermandosi dal girovagare davanti al figlio, Tobias mimò il gesto contro il pavimento, facendo sobbalzare Severus "Oh, ecco. Tornerai strisciando nel tuo buco, moccioso. Codardo. Un moccioso codardo. Cosa c'è di peggio?"

Moccioso codardo... queste parole risuonarono presuntuose nella testa del bambino che a stento riusciva a trattenere le lacrime a causa di quella brutta umiliazione che stava ingiustamente subendo.

Severus vide improvvisamente l'uomo avanzare a passo svelto nella sua direzione, afferrarlo per il colletto della sgualcita ed estremamente larga camicia che indossava, facendolo ritrovare non solo vicinissimo al volto serio del genitore, ma anche costretto a mantenersi in equilibrio in punta di piedi; adesso non era poi così difficile sentire una forte, disgustosa puzza di alcol provenire dalla sua bocca, che quasi lo costrinse a trattenere un rigetto di stomaco dritto in faccia a suo padre: a quel punto avrebbe sicuramente sperimentato i guai più neri già in tenera età.

"Vattene" gli ordinò Tobias in un soffio ferreo che ricordava più un sibilo, mollando la presa sulla camicia e lasciandolo finalmente andare; il bambino corse via, corse lontano da quell'essere umano spregevole, si fermò solo dopo aver varcato la porta della sua camera ed aver appoggiato una mano contro l'anta e l'altra sul petto che si alzava ed abbassava a ritmo irregolare. 

Avrebbe voluto... voluto... aveva imparato diverse cose e cosa aveva concluso? Niente, non aveva concluso un accidente di niente!

Forse Tobias aveva ragione: forse era davvero un codardo, si ritrovò a riflettere amaramente il piccolo Severus, assottigliando le palpebre con il viso chino in avanti e nascosto dai capelli neri che sembravano il rifugio più intimo in cui dar sfogo ai propri sentimenti: a viso scoperto si sentiva osservato, esposto, quasi avvertiva il freddo toccargli le guance.

Si sedette sul materasso, accanto a lui afferrò la coperta di stoffa nera che aveva tirato fuori settimane prima, durante i suoi studi sulla magia, e con quella di coprì le esili spalle.

Ad attirare la sua attenzione stavolta fu un rumore insolito, qualcosa che non aleggiava mai in casa sua, così, incuriosito, si avvicinò alla finestra per vedere di cosa si trattasse (la sua curiosità era esclusivamente dettata dalla voglia di rompere quel maledetto circolo vizioso che aveva attorno); i rumori che udiva era una piccola voce femminile che attraversava il vialetto sotto casa sua. 

Ad un certo punto, dal vicolo comparve una bambina dalla lunga chioma bionda che cercava di riparare dalla pioggia portandosi le mani sulla testa; questa, fermatasi, si voltò indietro: casualmente fu ciò che disse, in tono non affatto gentile, a stuzzicare il vero interesse del giovanissimo mago che la stava osservando.

"Lo hai fatto apposta, vero? Dì la verità! Avanti! Altrimenti lo dico alla mamma. Sei stata tu a far piovere! Ti ho vista, ho visto cos'hai fatto!"

A seguito di queste parole, la bambina continuò la sua fuga dal temporale ed al suo posto ne apparve un'altra da cui distinse un'altrettanto lunga capigliatura, stavolta rossa: doveva essere lei a cui si riferiva la bionda.

Perché l'aveva accusata di aver fatto piovere? Si era trattato di un semplice litigio? Era una coincidenza? L'aveva detto tanto per dire, magari perché era arrabbiata? Oppure...

Di punto in bianco, la sconosciuta invece di proseguire fece solo pochi passi prima di fermarsi ed alzare la testa nella sua direzione, proprio verso la sua finestra, mostrandogli il viso fin'ora celato dai lunghi capelli bagnati, ma non perfettamente nitido a causa della pioggia che batteva sul vetro; fu però questione di un brevissimo attimo, dopodiché sparì così come era comparsa, lasciando il giovanissimo mago ancora pietrificato sul posto e le labbra socchiuse.

Se la sua bocca non era in grado di formulare alcun suono, la sua mente partì alla ribalta: cosa avrà pensato di lui? Sospettava qualcosa? Ma... pensandoci bene, lui non aveva fatto niente di male, non c'era alcun divieto che impediva di guardare fuori dalla finestra, quindi non aveva nessun motivo di preoccuparsi.

Ma la sua era davvero preoccupazione per cosa avrebbe potuto pensare di lui, oppure era il timore di non riuscire a dare una risposta alle precedenti parole della bambina dai capelli biondi? Poteva trattarsi solo di una pura casualità, ma il desiderio di trovare un suo simile era talmente forte da fargli tenere in considerazione qualsiasi riferimento.








"Non sono stata io" spiegò Lily, alla fine, richiudendo la porta d'ingresso di casa, stanca di subire gli attacchi della sorella maggiore.

"Ah no? E chi è stato allora? Sei tu che fai tutte quelle cose strane, non io!" insistette acida Petunia, voltandosi a guardare la minore posando le mani sui fianchi, dopo essersi tolta la giaccia fradicia ed averla lasciata sul pavimento; la rossa la imitò, mentre continuava a difendersi dalle accuse non vere che stava ricevendo.

Lily non capiva perché Petunia stesse arrivando a diventare così scontrosa nei suoi riguardi e dire che si trattava solo di timore non sembrava più una scusa sufficiente.

Arrivava persino ad accusarla di ogni cosa che accadeva normalmente come un improvviso acquazzone che, ad esempio, quel giorno aveva mandato a monte il piano della maggiore di andare al parcogiochi, mentre la minore avrebbe preferito restare a casa a leggere, ma che, per non lasciare sola la bionda (dopo che quest'ultima le aveva ingiustamente lanciato via il libro che aveva sottomano... fatto che aveva deciso di lasciar correre), l'aveva seguita; successivamente il caso aveva voluto che iniziasse a piovere e da allora, sulla via del ritorno verso casa, Petunia aveva cominciato ad accanirsi sulla piccola Lily riguardo al fatto che le avesse fatto un dispetto.

"Non ti ho fatto un dispetto, Tuney. Non sono stata io a far piovere, è successo per caso"

"Sei anche una bugiarda! Adesso dico alla mamma quello che hai fatto!"

"Ehi, ehi, che succede qui?" intervenne ad un certo punto la signora Evans, sbucata da dietro la porta della cucina; la donna si asciugò le mani sul grembiulino rosso che indossava e si avvicinò alle due figlie, attirata dalle loro voci accese, in particolar modo da quella della primogenita, chiedendo cosa stesse succedendo e perché stessero litigando.

Ovviamente, Petunia decise di cogliere al volo l'occasione per vuotare il sacco.

"Mamma, Lily mi ha fatto un dispetto! Sai, lei non te l'ha mai voluto dire, ma fa delle cose strane"

"Oh, davvero? E di cosa si tratta, sentiamo un po'" esclamò la madre, fingendo di stupirsi, decidendo in un primo momento di assecondare la figlia maggiore: la fantasia dei bambini non aveva limiti. 

"Fa volare oggetti e può addirittura cambiare il tempo! Io volevo andare al parcogiochi, ma lei ha fatto piovere e mi ha fatta bagnare tutta quanta, guardami!" la primogenita si indicò per mostrare al genitore che quello che stava dicendo corrispondeva alla verità e non ad una bugia "Ha voluto farmi un dispetto, ma non vuole ammetterlo perché ha paura di te, ha paura che la metti in punizione per quello che ha fatto"

Lily restò in completo silenzio ad osservare la mamma e la sorella: tutto ad un tratto si sentì a disagio.

Tuttavia, le aspettative di Petunia crollarono un istante dopo, insieme alle sue insinuazioni, come un castello di carte quando sentì la risata della madre, il che la spinse a scoccarle un'occhiata interrogativa e confusa: perché stava ridendo invece di sgridare la colpevole come meritava?

"Questo non è possibile, Tuney. Tua sorella non avrebbe mai potuto far piovere, né fare altro del genere e sono assolutamente sicura che non volesse farti alcun dispetto" la signora Evans si voltò verso la figlia minore con lo sguardo addolcito e chinandosi le sfiorò la lucente chioma rossa "Lily non farebbe mai una cosa del genere, lei non è capace di fare del male a qualcuno, tantomeno a sua sorella. Puoi stare tranquilla, Petunia, d'accordo? Dai, nel frattempo che smette di piovere, tu, Petunia, puoi accontentare Lily e quando il temporale sarà passato lei verrà con te al parcogiochi, d'accordo? Mi sembra un buon compromesso, che ne dite? Però prima andate a cambiarvi i vestiti bagnati o rischiare di prendere un bel raffreddore e non potrete più uscire. Coraggio, andate tutte e due"

Mentre la rossa annuì, l'altra, senza aggiungere altro, colma di rabbia, strinse i pugni e scappò via verso la camera che condivideva con Lily; entrata, chiuse con forza la porta e si sedette con un balzo sul proprio letto a riflettere sulla situazione assurda di poco prima: come aveva potuto la loro madre non fare niente dopo quello che le aveva raccontato? Aveva trattato la sorella come fosse un angioletto, ma Petunia sapeva benissimo che non era così e lo aveva visto di persona... un momento... forse era quello il problema: la madre non aveva mai visto personalmente cosa faceva la sua adorata secondogenita, non aveva prove concrete.

Sul viso della ragazzina dai capelli biondi apparve un sorrisetto furbo.

La madre non le credeva? Beh, avrebbe fatto in modo che accadesse il contrario, le avrebbe mostrato le prove, così si sarebbe finalmente resa conto di chi aveva in casa.









Al calar della notte il pipistrello usciva dalla propria caverna in cerca di cibo.

Così fece il giovanissimo mago: allo smettere della pioggia andò alla ricerca delle due bambine, beccandole, casualmente e forse fortuitamente, mentre correvano su di una strada che portava verso il parcogiochi di Spinner's End: uno dei luoghi abbastanza tranquilli del quartiere.

Severus le seguì da lontano senza farsi notare e si nascose dietro un grosso albero per poter studiare indisturbato la sconosciuta dai folti e, ora poteva vederlo con chiarezza, lucenti capelli rossi, sebbene non fosse riuscito a vederla bene in faccia; dell'altra invece non le importava minimamente: dal modo in cui l'aveva vista comportarsi la prima volta, le aveva provocato sin da subito un senso di antipatia. 

Forse stava per fare un buco nell'acqua o forse no, tentar non nuoceva, dopotutto.

Dovette nascondersi meglio quando vide che proprio la sconosciuta che stava studiando si stava improvvisamente dirigendo nella sua direzione, non perdendola però d'occhio: osservandola, giudicò che dovevano avere più o meno la stessa età; ad ogni modo, ora che ne aveva la possibilità, il giovanissimo mago poté guardarla più da vicino quando ella mise inconsapevolmente in mostra il proprio viso, girandosi verso l'albero che iniziò ad ammirare: la lucente e lunga chioma rossa, più luminosa dei raggi del sole stesso, incorniciava perfettamente un viso dai tratti fini e dolci tra cui due labbra rosee, nasino piccolo e due... per un momento Severus si ritrovò a trattenere il respiro come mai prima gli era capitato, nemmeno per la paura del padre... era andato lì per un motivo preciso ed aveva fatto invece un'altra scoperta imprevista e successe con un paio di sfavillanti occhi verdi che nell'insieme gli mostrarono la cosa più bella che avesse mai visto in vita sua.

Il suo cuore prese a tamburellare quasi senza che se ne accorgesse; si rese infatti conto solo dopo di ciò che la bellissima sconosciuta aveva nelle mano sinistra: una margherita stava nascendo esattamente dal suo palmo.

Il giovanissimo mago ritornò in sé, sbattendo le palpebre: forse non era stato tutto vano, perché quando la bambina era arrivata lì vicino non aveva nulla con sé.

Era stata lei a far crescere la margherita.

 

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Capitolo 7
*** A little smile ***


Non si era sbagliato.

Nessuno era in grado di fare una cosa del genere, seppur semplice, come far crescere un fiore nel palmo della propria mano; tranne ovviamente qualcuno dotato di capacità fuori dal comune e quella bambina pareva proprio possederle, lo aveva visto chiaramente con i suoi occhi, non si era trattato di un errore.

Cosa avrebbe fatto lui ora? Forse gli era appena stata presentata davanti l'opportunità tanto agognata, che avrebbe potuto dare una svolta alla sua orribile vita quotidiana, ma... in quale modo avrebbe potuto cogliere al volo questa opportunità? Come avrebbe potuto avere un approccio adatto senza mandare tutto all'aria? Severus non era molto bravo in queste cose: in una famiglia come la sua, dopotutto, come poteva...

Parallelamente a ciò, il giovanissimo mago non riusciva a togliersi dalla testa nemmeno quei bellissimi occhi verdi: due smeraldi luminosi incastonati in un viso così dolce incorniciato da una chioma rosso rubino.

Come fossero due estremi opposti.

Proprio come loro due.

L'espressione del piccolo si rabbuiò all'improvviso: sarebbe davvero riuscito ad avvicinarsi a quella bambina? E se si, lei come avrebbe reagito? Era una creatura così perfetta, mentre lui sentiva di non avere niente di bello... poi, con i vestiti di taglie sufficientemente grandi da farlo apparire simile ad una di quelle strane creature nere simili a fantasmi di cui si era imbattuto nel nome leggendo uno dei libri della madre, sotto la spiegazione dell'incantesimo del patronus.

Insomma, non aveva molti punti a suo favore e così come l'opportunità era arrivata, altrettanto semplicemente poteva svanire.

Da dopo la prima volta in cui aveva visto la sconosciuta, cinque giorni prima, Severus aveva continuato a seguirla e studiarla di nascosto, stavolta facendo molta più attenzione a non farsi beccare o destare sospetti.

Precisamente altri due giorni dopo, mentre la osservava giocare tranquillamente nel consueto parco, udì per caso una conversazione (piuttosto accesa per essere una semplice conversazione) che lei stava avendo con la bambina dai capelli biondi, la stessa con cui l'aveva vista spesso quando uscivano; proprio grazie a quello che stavano dicendo Severus apprese che la sconosciuta che aveva attirato la sua attenzione non conoscesse l'origine dei propri poteri.

Lei non sapeva nulla del mondo magico e lui aveva le risposte che stava cercando.

Se non era un'occasione perfetta quella.

Al bambino non sfuggì neppure il tono sgarbato e carico di disprezzo da parte della bionda nei confronti della rossa e non gli sfuggì altrettanto che quegli insulti le erano rivolti proprio a causa della sua natura magica.

A quel punto Severus capì che l'altra era una semplice babbana, come suo padre e, sempre come lui, non si faceva scrupoli a mancare di rispetto verso i maghi e le streghe.

Le labbra sottili del giovanissimo mago si distorsero in una piccola smorfia, ma decise di voltare la sua concentrazione sulla questione per cui era lì; si alzò ed uscì dal nascondiglio dietro l'enorme albero e si avvicinò a passi ponderati ed in completo silenzio alle due bambine.

Non temeva di avvicinarsi ad entrambe, non gli importava che ci fosse anche quella sciocca babbana... se si fosse messa in mezzo sapeva già cosa fare per farle togliere il disturbo. 

La prima a notare la sua presenza fu proprio la babbana, standogli di fronte, ma che Severus nemmeno degnò di uno sguardo, posando subito gli occhi scuri sulla la sconosciuta dai capelli rossi che si voltò dopo pochi secondi, permettendogli di incrociare di nuovo quegli stupendi occhi verdi: dovevano avere presso a poco la stessa età, poté riflettere adesso che aveva una visuale perfetta.

Il bambino deglutì, sentendo all'interno delle mani uno strato scivoloso di sudore dovuto all'agitazione; iniziò a sfregare nervosamente le dita contro i palmi, aprendo e chiudendo la bocca, attendendo qualche minuto prima di parlare.

Maledizione, doveva controllarsi, altrimenti avrebbe sciupato l'occasione! 

"Io so cosa sei. Posso dirtelo. Sono anch'io come te..."

Com'era prevedibile, venne interrotto da quella sciocca babbana, la quale si ritrasse posizionandosi lateralmente con un piede avanti ed uno indietro.

"Non dargli retta, lascialo perdere!" esclamò lei, disgustata, assumendo una smorfia e fissandolo dall'alto in basso quasi fosse un mostro da cui stare assolutamente lontano "So chi è: è il figlio dei Piton... suo padre è un alcolizzato e sua madre non si vede mai in giro. Magari perché è strana come lui. La verità è che sono gente con cui è meglio non avere a che fare. Mi hai sentita? Vai via, non ti vogliamo!"

Nel sentire rivolgersi in maniera diretta quei giudizi sgradevoli, soprattutto l'ultima frase in cui gli veniva ordinato di andarsene, Severus incrociò per la prima volta lo sguardo della bionda, impegnandosi al massimo per penetrarla facendo affidamento alla profondità dei propri occhi scuri e la sua migliore espressione dura; la tattica funzionò in parte, lei emise infatti un gemito strozzato di stupore, sbattendo le palpebre, tuttavia mantenendo strette le labbra in una sottilissima linea: doveva essere piuttosto fiera di se stessa, ma non le sarebbe valso a niente, di certo non lo aveva intimorito, anzi, Severus si sentì sfidato, per cui non le avrebbe risparmiato le parole esattamente come la babbana non si era risparmiata nei suoi confronti.

Agì come si era proposto di fare.

"Non sto parlando con te, fatti gli affari tuoi. Sei solo una sciocca babbana" stavolta la sottoscritta socchiuse le labbra, indispettita dalla risposta che ricevette: non aveva capito cosa intendesse con l'appellativo con cui era stata denominata, ma di certo non si trattava di una parola gentile; tuttavia non aveva intenzione di restare lì un minuto di più e senza dire altro si allontanò in fretta, correndo; sistemato il problema il bambino tornò a rivolgersi alla rossa che nel frattempo era rimasta in silenzio, ma sul cui volto si leggeva un'espressione altrettanto interdetta "So chi sei e so che hai dei poteri magici..."

"Come fai a saperlo? Ci stavi spiando? Perché ci stavi spiando?" ribatté improvvisamente lei, mostrando un tono freddo che contrastava con la dolcezza dei suoi occhi verdi, cogliendo alla sprovvista Severus; e adesso? Il bambino tentò di giustificarsi, finendo solo per impacciarsi e peggiorare la situazione.

"No, io... non vi stavo spiando... ho solo...  voglio solo darti le risposte che cerchi, devi credermi, lasciami spiegare: tu sei una strega, ecco perché hai..."

"Basta, non voglio più ascoltarti! Se non vai via tu, allora andrò via io!"

Severus provò invano a chiederle di aspettare per poterle spiegare che non aveva cattive intenzioni, ma la sconosciuta era ormai troppo lontana anche solo per sentirlo: deluso, vedeva la sua lunga chioma rossa ondulare dietro la schiena mentre correva via da lui.

Accidenti!

Si era verificato proprio quello che il bambino sperava non succedesse.

Tuttavia, se la sua occasione era sfumata era per colpa di quella sciocca babbana: se non avesse iniziato ad insultarlo senza nessuno scrupolo si sarebbe risparmiato la risposta che le aveva restituito ed a quest'ora poteva trovarsi tranquillamente a parlare con la bambina dai capelli rossi.

Invece era andato tutto all'aria.








Dopo essersi allontanata dal parco, Lily rallentò la corsa e riprese fiato, continuando a camminare lungo la strada di ritorno a casa sua; nella sua mente rivisse per un momento quanto accaduto poco prima.

Come si era permesso quello sconosciuto di spiarle? E come si era permesso di darle della strega?

Avrebbe dovuto dare subito retta a Petunia e lasciarlo perdere... Lily non era solita giudicare superficialmente le persone, ma veder comparire dal nulla qualcuno che non conosci affatto e dirti di sapere chi sei o cosa sei dopo averti spiata per chissà quanto tempo, oltretutto con quell'abbigliamento trasandato che comprendeva una camicia bianco sporco, pantaloni di jeans troppo corti, cappotto scuro troppo grande e scarpe consumate... poi, i suoi modi impacciati di fronte all'accusa che gli era stata mossa... non era il massimo della sicurezza e affidabilità.

I loro genitori, seppur si fidassero di lei e di sua sorella, le avevano sempre avvertite di non parlare con gli sconosciuti quando erano da sole.

Guardandosi indietro un'ultima volta per qualche istante, Lily proseguì poi a raggiungere Petunia ed affiancarsi a lei, benché quest'ultima non la degnò di un'occhiata.

"Ti avevo detto di lasciarlo stare, ma tu non ascolti mai" l'accusò la maggiore, ad un certo punto; la rossa alzò il viso, leggermente stupita, affrettandosi a spiegare com'erano andare realmente le cose, ma Petunia non demorse e continuò a darle della bugiarda "Non ti credo, tu ti vuoi alleare con lui per fare tutte quelle cose strane insieme e pensare a piani cattivi contro quelli che non sono come voi! Adesso dirò alla mamma che le hai disubbidito quando lei ha raccomandato di non parlare con nessuno. Dirò tutto, capito?"

Mentre la bionda scappò avanti per precederla, Lily si limitò a guardarla andare via con uno sguardo sconsolato e triste, non riusciva neanche a pensare; si avvicinò allo steccato e strappò con delicatezza un ciuffo d'erba, facendolo svolazzare nel cielo come una piccola farfalla, guardando anch'esso allontanarsi sempre più da lei.

Compiere quel piccolo gesto la faceva sentire meglio ogni volta che era giù di morale.

Per lei era come un segno che sarebbe andato tutto bene.

Per la prima volta si ritrovò a riflettere in maniera differente: cosa c'era di così spaventoso in quello che faceva?

Infine, abbassando la testa coprendo il viso con le ciocche rosse, la bambina riprese il cammino verso casa.

Nessuna delle due sorelle si era accorta che lo sconosciuto incontrato al parco aveva ascoltato e visto tutto, nascosto tra i cespugli.








Rintanato nelle coperte del proprio letto fissando il soffitto buio in quei rari momenti di assoluto silenzio, la mente di Severus stava rivivendo il ricordo di quanto accaduto in quella giornata; non era andata come previsto, era vero, anzi, era stato un vero disastro per colpa di quella sciocca babbana... ma poi qualcosa era cambiato, attirato dalla voce alta della sciocca babbana si era avvicinato e nascosto nei cespugli per non essere visto e lì aveva assistito alla discussione.

Ecco, era avvenuto in quel preciso istante il cambiamento.

La bambina dai lucenti capelli rossi non solo non sapeva niente sull'origine dei suoi poteri magici, ma veniva trattata come fosse un mostro, proprio come suo padre trattava e voleva si sentisse anche lui... certo, era sempre colpa di quegli sciocchi babbani e della loro invidia per essere solo persone comuni se rovinavano quella dei maghi.

Ecco perché aveva avvertito una sensazione familiare: forse lui e quella sconosciuta avevano più cose in comune di quanto credesse e forse adesso Severus sapeva davvero cosa fare per avvicinarsi a lei.

Scostò la coperta, strisciando cautamente fuori dal letto per non fare rumore e avvicinandosi alla finestra la aprì, ignorando l'aria fredda che gli sfiorò la pancia da sotto la nera maglia larga che indossava per dormire ed in silenzio osservò il cielo notturno cercando di focalizzare in esso i tratti dolci del viso della bambina dai capelli rossi come fosse un enorme specchio.










Lily aprì gli occhi di colpo svegliata da una strana sensazione, sempre seguendola si alzò piano dal proprio letto per non svegliare la sorella maggiore e si avvicinò alla finestra; accigliò lo sguardo assonnato per avere la certezza di aver visto bene: oltre il vetro, alla sua altezza, le parve che qualcosa stesse fluttuando a mezz'aria.

Aprì con cautela l'anta e strofinandosi l'occhio sinistro guardò meglio, finalmente accorgendosi di cosa si trattava: un piccolo stelo d'erba si teneva mezz'aria e sbattendo le estremità provocava un sottilissimo rumore simile ad un battito d'ali; come fosse una farfalla.

Sollevò il palmo della mano destra sotto di esso che al suo tocco vi si posò con delicatezza.

Come poteva trattarsi di qualcosa di così brutto come lo definiva Petunia? Di qualcosa di cui aver paura? Dopotutto, era un semplicissimo ed innocuo stelo.

Le venne d'istinto sorridere: era come se stesse cercando proprio lei e le stesse dicendo di non vergognarsi di quello che era, che non era niente di orribile.

Poco dopo essersi goduta quella gradita sorpresa, però, Lily tornò seria e rabbrividendo per l'aria fresca che tirava, guardò a destra e sinistra oltre la finestra, iniziando a domandarsi come quello stelo fosse arrivato lì da lei; doveva trattarsi di qualcuno che la conosceva bene, che sapesse che fare fluttuare lo stelo era il suo passatempo, semplice, ma preferito, il suo modo per scacciare i brutti pensieri, soprattutto riguardo il suo rapporto incrinato con sua sorella, la quale, durante la cena, aveva messo in atto la minaccia che le aveva rivolto una volta andati via dal parco, costringendo nuovamente la loro madre a calmare le acque.

La signora Evans però non si era fermata lì come l'ultima volta, aveva infatti ripreso, sempre con pazienza e moderazione, Lily dicendole che adesso si trattava solo di un bambino e che non c'era nulla di preoccupante, ma la volta successiva avrebbe potuto trattarsi di qualche adulto, quindi doveva fare molta attenzione con chiunque.

Per un breve momento la rossa ebbe un pensiero decisamente assurdo al riguardo alla sorpresa che aveva appena ricevuto...

No, non poteva essere...

La bambina non riusciva a smettere di pensare a chi potesse essere l'artefice di quello che aveva visto la notte precedente; non seppe neanche perché (o forse sì) ma qualche giorno seguente si ritrovò di nuovo in quel parco con sua sorella.

Petunia, non contenta che la madre non avesse punito la sorella minore come meritava per la sua disubbidienza, non perse occasione di infierire contro di lei.

Lily riportò alla mente la notte in cui aveva trovato lo stelo fluttuante sul davanzale della finestra: non doveva vergognarsi di quello che sapeva fare e doveva farlo ogni volta che si sentiva giù di morale, come in quel preciso momento.

Dal palmo della mano fece nascere una bellissima margherita bianca, alzando poco dopo lo sguardo sulla sorella; Petunia buttò un rapido sguardo sul fiore, poi sul viso della bionda comparve un'espressione di disgusto e diede uno schiaffetto sulla mano della bambina nel tentativo di far sparire l'orrore che aveva visto.

"Mostro! Tu sei solo un mostro! Non fare mai più quelle cose!" esclamò Petunia, rossa in viso dalla rabbia, inseguendo la sorella che si allontanava da lei senza darle ascolto "Torna subito qui, o dirò alla mamma che disubbidisci! Hai sentito? Lo dirò alla mamma!"

Senza darle ascolto Lily raggiunse l'unico enorme albero che c'era nel parco e fu proprio lì, nello stesso posto che le piaceva osservare per la sua bellezza ed in cui era stata giorni prima, che dal grosso buco nel tronco riapparve improvvisamente il bambino che aveva incontrato: stavolta lui stette in silenzio, senza darle il tempo di fare altro si era già chinato sul terreno da cui raccolse uno stelo, facendolo fluttuare, come una farfalla, dalla sua mano fino alla rossa che alzò d'istinto la propria per accoglierlo.

Non si accorse nemmeno che Petunia era corsa via.

Lily avvertì solo una strana sensazione nel petto, mentre le domande che si era posta trovavano una ad una la rispettiva risposta, facendo tuttavia spazio ad altri quesiti; ma prima di porgerli al diretto interessato sollevò il viso verso di lui e questa volta invece di fissarlo con diffidenza le scappò un piccolo sorriso, un piccolo e timido sorriso prontamente ricambiato.

 

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Capitolo 8
*** You're special ***


Gli aveva sorriso.

Severus si era fatto coraggio ed era uscito dal proprio nascondiglio, aveva raccolto uno stelo d'erba dal terreno facendolo fluttuare verso la sconosciuta: niente di complicato; non le aveva detto nulla, si era limitato a quel semplice piccolo gesto.

La bambina aveva infine accolto lo stelo nel palmo della mano e fu a quel punto che accadde: lei gli sorrise.

Ecco com'era andata.

Gli aveva sorriso; leggermente, ma gli aveva sorriso.

Per qualcosa che lui aveva fatto.

Forse perché era la prima volta che riceveva qualcosa del genere da che ne avesse ricordo, forse era per qualche altro motivo, Severus non lo sapeva... quello che sapeva con certezza era di non aver mai percepito una sensazione come quella che stava provando in quel momento.

Benché il secondo tentativo pareva essere partito nel modo giusto, il rischio che andasse tutto a monte c'era ancora, per cui doveva giocare bene le sue carte.

"Ciao" mormorò ad un certo punto: beh, di certo si poteva dire che non era neanche un gran chiacchierone.

Dopo aver lasciato volare via lo stelo d'erba, la bambina ricambiò il suo saluto.

Entrambi ripiombarono nel silenzio assoluto per qualche altro minuto senza smettere di studiarsi a vicenda, fino a quando, sorprendente per lui, fu la rossa la prima a riprendere parola.

"Hai detto di essere come me... quindi sei stato tu a far volare lo stelo davanti fino alla finestra di camera mia e di mia sorella?" il bambino annuì in silenzio "Perché? Come fai a sapere dove abito? Non ci siamo mai visti prima" il tono della sconosciuta era tornato ad essere leggermente diffidente: nonostante tutto, voleva accertarsi che il suo interlocutore non avesse cattive intenzioni e non l'avesse attirata con l'inganno.

Ma Severus adesso sapeva come agire.

Che non si erano mai visti prima non era del tutto corretto: lui l'aveva notata, insieme alla sciocca babbana, sotto la pioggia quando era passata sotto casa sua quasi una settimana prima.

Ad ogni modo l'approccio c'era stato, ora doveva aiutarla a fidarsi di lui e dimostrarsi ben diverso dai pettegolezzi sulla sua famiglia... se così poteva definirla. 

Per avere successo avrebbe seguito passo per passo la sua strategia.

"Io non lo so dove abiti" la corresse "È la magia a saperlo"

Gli occhi verdi della sconosciuta si spalancarono di colpo nell'udire quelle parole, vinta dalla curiosità; si dimenticò per un momento di chiedergli come lui avesse capito che lo stelo le avrebbe fatto piacere.

"La magia lo sa? Cosa significa?"

"Ti posso raccontare tutto, se vuoi. Conosco molte cose sul nostro mondo e sui nostri poteri" il giovanissimo mago non avanzò per non farla indietreggiare, leggendo nel suo dolce viso la titubanza: fidarsi oppure no? Mondo? Di quale mondo parlava?

"Sul serio tu puoi dirmi chi sono e perché sono in grado di fare queste cose?"

"Si"

Riflettendoci bene, per la rossa il voler conoscere di più su chi fosse in realtà e la possibilità finalmente di scoprire l'origine dei suoi poteri la spinsero a dare una possibilità a quell'incontro.

Infondo non stavano facendo niente di male, perché mai sarebbe dovuto essere pericoloso?

La volta precedente lo aveva mandato via perché era stata colta alla sprovvista: si era presentato da loro, aveva insultato sua sorella e aveva chiamato lei strega senza mezzi termini... magari era stata troppo avventata nel giudicarlo, per cui adesso decise di fare un passo indietro.

Sua madre nutriva fiducia in lei, le aveva sempre insegnato a non giungere a conclusioni affrettate, e la bambina voleva seguire il suo esempio.

"D'accordo" annuì così la sconosciuta, esibendo un altro piccolo sorriso, si sedette sull'erba continuando a fissare il bambino che se n'era rimasto in silenzio a ricambiare il suo sguardo: guardandola le sembrò si fosse perso nel vuoto; quando lo invitò a sedersi a sua volta, aggiungendo che era pronta ad ascoltarlo, lui finalmente la raggiunse prendendo timidamente posto al suo fianco "Prima di parlare dovremmo dirci i nostri nomi, non pensi? Il mio è Lily Evans. Tu invece come ti chiami?" Lily evitò di ribadire che aveva sentito parlare della famiglia del bambino e delle voci sul loro conto per non rischiare lei un passo falso questa volta.

"Severus... Piton" nel pronunciare il proprio nome e cognome in maniera statica, quasi vergognandosene, il giovanissimo mago spostò nuovamente gli occhi scuri verso quelli verdi della rossa; ora fu il turno di Lily di restare spiazzata dalla profondità delle iridi di Severus che notò bene per la prima volta: due tunnel immersi nel buio da cui non si vedeva l'uscita; da lontano si confondevano addirittura con la pupilla.

Non aveva mai visto niente del genere.

"La prima volta che ho scoperto di saper fare cose particolari è stato non molto tempo fa. Fuori pioveva, io ero davanti alla finestra di camera mia e di mia sorella, Petunia. Mi piaceva guardare le goccioline che scendevano giù. Ad un tratto una di loro si è staccata dal vetro ed ha iniziato a fluttuare davanti a me" spiegò lei, sollevando un angolo della bocca mentre riviveva mentalmente il ricordo, per poi riproporre la stessa domanda al giovanissimo mago nel frattempo stupito dalla rivelazione che aveva udito: Severus aveva vissuto la stessa identica situazione, solo due anni prima.

"Io avevo sei anni, ma infondo sapevo già di poter essere un mago"

"Sul serio? E come facevi a saperlo?"

"Mia madre è una strega. Non è niente di dispregiativo, anzi, essere una strega è una cosa bella! Si chiamano così tutte le donne con i poteri magici. Poi quando compi undici anni ti arriva una lettera speciale dalla scuola di magia e stregoneria di Hogwarts"

Contagiata dall'improvvisa euforia (sempre contenuta) del bambino, se prima gli occhi di Lily si erano illuminati, adesso erano due enormi laghi la cui superficie rifletteva i potenti raggi del sole.

"La scuola di magia e stregoneria di Hogwarts?" ripeté "Che posto è?"

"È un grande castello che si trova in Scozia. Sorge sulle sponde del lago nero ed è circondato da foreste e montagne. Per arrivarci bisogna prendere l'espresso per Hogwarts dal binario nove e tre quarti il primo settembre dei tuoi undici anni. Lì si imparano moltissime cose sulla magia! Prima però c'è lo smistamento in una delle quattro casate principali tra Serpeverde, Corvonero, Tassorosso e Grifondoro"

La rossa non riusciva assolutamente a credere a quello che le era stato appena rivelato, il che era sostanzialmente poco, ma l'aveva comunque incuriosita ancora di più; rappresentava tutta una novità incredibile per lei che neanche nei libri che leggeva o le leggeva sua madre aveva trovato mai.

Per un attimo dovette prendere dei respiri profondi prima di poter ritrovare l'uso della parola, drizzando maggiormente la schiena in avanti.

Severus non poteva sentirsi più soddisfatto di così.

"Sul serio esiste tutto questo? Non è una bugia? Esiste davvero un posto simile?"

"Si, io non vedo l'ora di ricevere la mia lettera fra tre anni e un giorno un gufo arriverà anche da te per portarti la tua"

"Aspetta... ho otto anni anch'io... allora anche a me dovrebbe arrivare tra tre anni! Questo vuol dire che potremo andarci insieme!" esultò Lily, facendo poi una brevissima pausa "Quindi non volevi offendermi quando hai detto che ero una strega?" Severus scosse immediatamente il capo, le domande però non erano terminate: la rossa prese un respiro riflessivo, cambiando leggermente argomento "Perché hai chiamato mia sorella sciocca babbana? Cosa sono i babbani?" 

"I babbani sono tutti coloro che non hanno poteri magici. Loro non posso vedere il castello perché è nascosto da alcuni potenti incantesimi" Severus ad ogni modo percepì che dietro la domanda di Lily c'era dell'altro: ecco che arrivava la parte fragile e personale della conversazione, il perno da dove era nata la sua strategia "Ho visto come ti ha trattata tua sorella e ho visto come tu ci stavi male. Ho capito perché ti tratta così..." s'interruppe di colpo scacciando subito l'immagine di suo padre dalla mente come si fa con un parassita, dopodiché si sdraiò a pancia in sù sul morbido prato, godendosi la frizzante frescura accarezzargli il viso pallido, notando come l'albero che avevano di fronte apparisse davvero gigantesco visto da quella posizione; non si aspettò che Lily, facendo ondeggiare la lunga e lucente chioma rosso rubino, lo imitasse, ma dentro di sé lo sperava. 

Quel vestitino a piccoli fiorellini rossi e blu che indossava le donava molto! Al contrario di come era conciato lui: sempre gli stessi logori abiti... il bambino si riscosse nel sentire la voce di lei proseguire con la conversazione che stavano avendo.

"È quello che mi sono sempre domandata..." confessò la rossa, sconsolata "Da quando ho cercato di condividere con Petunia quello che so fare, ha cominciato a trattarmi simile ad un'estranea. Sembra essere intimorita da quello che so fare, ma io non le farei mai del male"

"È solo invidiosa perché lei è una persona qualunque, mentre tu sei speciale"

"Sei cattivo, Severus"

Per lui la frizzante frescura non era niente in confronto alla compagnia molto gradevole di Lily; agitando una mano indirizzò una scia di foglie, cadute dall'albero, verso il viso della rossa spingendola ad alzarsi a causa del solletico, provocandole una risata che alle sue orecchie divenne il suono più bello mai sentito dopo la sua delicata voce.

Severus si rimise in piedi a sua volta, iniziando ad inseguirla per gioco.

Non era risultato così difficoltoso intuire la maniera migliore da usare per tentare un approccio positivo dopo il recente disastro causato dalla sciocca babbana... certo, il rischio di un secondo rifiuto restava comunque, ma dato lo spunto a portata di mano aveva voluto rischiare: sapeva riconoscere molto bene la tristezza nel viso altrui, era in grado di capire se dietro un semplicissimo gesto (come far volare magicamente uno stelo) si nascondesse un significato più profondo, ad esempio un tentativo di allontanarsi da una cruda realtà... per questo glielo aveva mandato... detta in maniera diretta e semplice: era partito da un punto in comune che avevano, che lui poteva personalmente comprendere.

La tristezza.

Una persona che si sentiva a disagio per il disprezzo altrui a causa di ciò che era, voleva spesso dire che dentro di sé invece apprezzava la propria natura, altrimenti che motivo avrebbe di starci male.

Severus le aveva mandato lo stelo sapendo che Lily si sarebbe posta la domanda su come facesse a sapere che le piacesse, così avrebbe potuto darle le risposte che cercava. 

Ecco come aveva pianificato l'incontro.

E, a differenza delle precedente, stavolta era andato tutto nel migliore dei modi.

Preferiva non soffermarsi esplicitamente sulla sua orribile vita personale... almeno per ora... piuttosto decise di concentrarsi su ciò che aveva probabilmente trovato: un'amica speciale in tutti i suoi possibili significati. 

Ma questo era solo l'inizio, aveva ancora molte cose da raccontarle su Hogwarts e sul mondo magico che presto, molto presto, avrebbero condiviso insieme!

 

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Capitolo 9
*** Magic friendship (Parte uno) ***


Dal pomeriggio che i due bambini trascorsero insieme nel parco ne seguirono tanti altri in cui le conversazioni si facevano sempre più lunghe, sempre più specifiche, ponendo le basi che stavano trasformando il loro rapporto in una solida amicizia.

Lily non si era mai sentita così felice, soprattutto nell'ultimo periodo difficile con sua sorella, non solamente per le meravigliose scoperte che aveva fatto e di cui aveva ancora solo una rappresentazione mentale, ma anche perché il tempo trascorso con Severus le aveva permesso e le stava tutt'ora permettendo di conoscerlo sempre meglio e poter notare la persona estremamente intelligente che era; c'era però un lato di lui che le piaceva particolarmente: la sua timidezza (che prima aveva erroneamente associato al suo essere impacciato), lo rendeva in realtà così dolce, così gentile nei modi di fare, nel modo di porsi.

Effettivamente era ben diverso dalle dicerie sulla sua famiglia... a proposito di famiglia, Lily aveva accennato riguardo alla propria, ma si accorse di non aver, però, mai sentito nessuna parola uscire dalla bocca del suo amico riguardo la sua.

Forse la mancata occasione, dato che il loro argomento principale era la scuola ed il mondo magico di cui presto sarebbero entrati a far parte, però le sembrò ugualmente strano; tuttavia, non voleva insistere... almeno per il momento: magari lui non se la sentiva, essendo con tutta probabilità un argomento spinoso da affrontare, ma di certo lei non voleva abbandonarlo.

La bambina era appena rientrata in camera sua dopo essere tornata da una mattinata di scuola babbana (ormai usava quel termine per distinguere maghi e non maghi); mentre sistemava la propria roba, la sua mente era già occupata da un altro bellissimo pomeriggio che avrebbe trascorso in compagnia di Severus... i suoi pensieri vennero però interrotti dal rumore dell'anta della porta che si mosse.

Due figure apparvero davanti a Lily: il signore e la signora Evans, dopo averle sorriso e salutato dandole un buon rientro a casa, le chiesero se potevano parlarle; la secondogenita notò subito le espressioni abbastanza tirate dei genitori, ad ogni modo annuì e prese posto a sua volta tra le madre ed il padre già seduti sul bordo del materasso.

I due coniugi si scambiarono una rapida occhiata complice: il signor Evans mancava spesso da casa per lavoro, se avesse iniziato a parlare lui Lily avrebbe potuto spaventarsi o intimorirsi al punto di chiudersi in se stessa, ragion per cui acconsentì a lasciare la prima parola alla moglie.

"Tesoro" iniziò la donna, cercando il modo diretto migliore per entrare nella conversazione; tirò un leggero sospiro "Sai che noi riponiamo la massima fiducia in te. Sei una brava bambina, sei perspicace, intelligente... bella! E sai pure molto bene che non ci piacciono le bugie, così come non ci piace quando o tu o Petunia ci nascondete delle cose importanti perché ci preoccupiamo per voi. Abbiamo saputo che trascorri quasi tutti i pomeriggi al parcogiochi e questo va benissimo..." fece una breve pausa in cui studiò a fondo ogni reazione della figlia minore, ma nel viso della rossa non vi era traccia di ansia o di improvvisa agitazione, almeno in apparenza; la donna passò poi al sodo, sempre con delicatezza e fermezza "Non sei sola lì, giusto? Hai conosciuto un bambino, non è vero?"

Lily annuì di nuovo.

"Come si chiama? Ti va di dircelo?" intervenne pacatamente suo padre, inclinando maggiormente il capo verso la figlia.

"Severus"

"E ti trovi bene con lui? Cosa fate quando siete insieme? Parlate di qualcosa in particolare?" proseguì di nuovo la signora Evans: in realtà già era a conoscenza di chi fosse il bambino in questione, ma voleva fosse Lily ad aprirsi senza segreti e verificare così la veridicità di quanto raccontatole dalla figlia maggiore; come faceva sempre in simili occasioni, la donna ascoltava entrambe le versioni prima di giungere ad una conclusione definitiva: lei stessa si sforzava ogni giorno di insegnare alle bambine di non giudicare in maniera affrettata.

Ma stavolta la situazione era abbastanza differente.

Ciò implicava proprio la nuova compagnia di sua figlia minore e ciò che potenzialmente potevano fare insieme... o peggio, che lui potesse fare.

Nel quartiere dove vivevano le voci circolavano in fretta, così come la reputazione di Tobias Piton faceva il giro dei pettegolezzi; una volta si era ritrovata per pura casualità ad assistere ad una scena evitabile da dover guardare e che preferiva non riportare alla mente e non aveva nemmeno accennato niente al marito per non farlo preoccupare.

Non avrebbe mai voluto che alla sua adorata Lily accadesse qualcosa di brutto.

Ora, vi erano due detti significativi quanto in contrasto tra loro...

La mela non cade molto lontana dall'albero.

Non fare di ogni erba un fascio.

Ora, la domanda fondamentale era questa: quale dei due scegliere?

"Tutto quello che di dice in giro non corrisponde affatto al carattere di Severus!" il caso voleva che la risposta poteva darla solo Lily ed è proprio quello che la bambina si prodigò di fare prendendo le difese del giovanissimo mago senza la minima esitazione "Non mi sono avvicinata subito a lui perché anch'io all'inizio credevo non fosse il caso, ma poi mi sono accorta che stavo sbagliando e che in realtà lui era solo timido. Aveva paura di non riuscire ad avere amici perché pensava che gli altri lo giudicassero associandolo subito alle dicerie sulla sua famiglia senza prima conoscerlo" in verità quest'ultima affermazione Lily l'aveva esclusivamente ipotizzata, ma era così sicura che Severus si sentisse così da esporlo come un dato di fatto "Severus è sempre molto gentile con me. Non mi ha mai trattata male e nemmeno io voglio farlo star male interrompendo la nostra amicizia" gli enormi occhi verdi della rossa si ingrandirono talmente tanto da intenerire i genitori: le situazioni apparentemente semplici si rivelavano spesso e volentieri le più complicate... talmente complicate da ribaltare completamente un discorso, senza comunque cambiarne il perno di fondo.

Ad ogni modo i due erano piuttosto colpiti dalla determinazione con cui Lily aveva difeso l'amico, dalla luce che le illuminava le già lucenti iridi verdi quando lo aveva descritto come secondo lei lui era in realtà.

"Quello che vuoi fare è molto dolce, tesoro. Ci dispiace, non volevamo giudicare subito il tuo amico. Io e tua madre vogliamo solo che tu non corra pericoli, solo questo" il padre le sistemò con cura un'ondulata ciocca rossa, identica a quella della moglie, dietro l'orecchio destro; a riaccendere la stupore nei volti dei due adulti fu ciò che la loro secondogenita confessò in seguito.

"Una cosa però è, però, vera..." Lily fece una breve pausa, preparandosi alla parte fragile dell'argomento: come avrebbe potuto spiegare in che modo Severus la capiva? Come avrebbe potuto spiegare in quale modo l'aveva confortata mandandole quello stelo quella notte? La risposta esaustiva poteva essere data solo da una dimostrazione... tuttavia, scendendo dal letto, la piccola Evans rammentò per un istante ciò che Severus le aveva spiegato sull'utilizzo della magia: espressamente vietata davanti ai babbani, ma dal momento che loro due non erano ancora in possesso di una bacchetta e non ancora frequentavano Hogwarts, non erano ancora soggetti alle restrizioni; e poi aveva già fatto piccole magie davanti a Petunia.

"Cosa, tesoro?" la incoraggiò a proseguire la signora Evans, Lily si fece coraggio ed aprì la mano sinistra proprio come aveva fatto già altre volte, ma stavolta invece della margherita, sul palmo fece nascere un bellissimo giglio, il fiore preferito di sua madre; la piccola Evans proseguì poi raccontando tutto dall'inizio alla fine riguardo i suoi poteri, quello che aveva saputo dal suo nuovo amico e, soprattutto, che lui e lei condividevano le stesse capacità.

Come c'era da aspettarsi, davanti a quella confessione i due adulti rimasero in silenzio per un tempo abbastanza duraturo da spingere la rossa a credere, in un primo momento, che le supposizioni di sua sorella fossero veritiere: se i genitori avessero saputo ciò che era in grado di fare l'avrebbero giudicata un mostro.

Ora, quel fatidico momento era appena arrivato, benché ne fosse Lily la responsabile.

Cosa avrebbero risposto loro adesso?

La avrebbero davvero considerata come la considerava sua sorella? Oppure la loro opinione sarebbe stata come quella di Severus?

"Lily" prese parola per prima sua madre: già che l'avesse chiamata per nome invece che come l'aveva chiamata fino a poco prima le infuse un certo timore; la donna appariva giustamente confusa, come aveva fatto all'inizio scambiò un'altra occhiata con il marito prima di sistemarsi meglio sul materasso e prese una mano tenendola stretta nelle proprie, accompagnando il gesto con un lieve sorriso "Ascolta..." lo stupore continuava comunque a toglierle la parola, alla fine passò dritta al punto senza ulteriori giri di parole "Lily, tu sei nostra figlia e continuerai ad esserlo sempre, a prescindere se tu sappia fare o meno certe cose. Si, è stata una sorpresa che non ci aspettavamo, tesoro, ma questo non cambia il bene che io e papà ti vogliamo bene. D'accordo? Non è vero?" la signora Evans alzò lo sguardo verso il marito, sistemandosi dietro l'orecchio destro una ciocca di capelli rossi, cercando una conferma delle sue parole.

"Certo, la mamma ha perfettamente ragione" aggiunse l'uomo, circondandole l'esile vita con un braccio per attirarla a sé, sollevando il viso della figlia minore posandole l'indice sotto il mento "Qualsiasi cosa tu sia o diventerai. Rimarrai sempre nostra figlia. L'importante è che tu faccia sempre le scelte giuste nella vita, Lily" in ultimo le diede un bacio sulla punta del naso.

"Papà" continuò la bambina, decisamente sollevata "Qualche volta posso invitare Severus a casa? Per favore, mi piacerebbe tanto!"

Da dietro la porta chiusa della camera Petunia era rossa in viso dalla rabbia, mentre le nocche e le labbra erano sbiancate come la neve per la troppa forza con cui erano contratte.

Senza farsi scoprire si allontanò immediatamente.

Non voleva sentire una sola parola di più!








Se scopriva netti miglioramenti nel proprio umore giorno per giorno, Severus doveva ringraziare solo Lily, la cui presenza e amicizia stavano profondamente incidendo sui sentimenti negativi che lo stavano letteralmente consumando da dentro, soprattutto a causa della schifosa vita domestica che conduceva, e che adesso parevano essere dimenticati per l'intero arco di ogni giornata che trascorreva in compagnia della sua unica amica; salvo poi tornare nel momento in cui il sole spariva dietro l'orizzonte, perché questo significava tornare a casa... significava sprofondare di nuovo nell'incubo che lo colpiva in pieno stomaco come fosse vuoto, portandolo a corrucciarsi di nascosto.

Anche senza Lily, il bambino, non recandosi nelle scuole babbane, trascorreva le mattinate nel parco accanto al gigantesco albero dove era avvenuta la loro prima e vera conversazione e da lì poi la nascita della loro amicizia; nel frattempo che attendeva l'arrivo della rossa, ne approfittava per leggere i libri di magia della madre che portava con sé: prima di andare ad Hogwarts voleva apprendere quanto più gli fosse possibile.

Era un suo modo per non essere considerato l'ultimo arrivato.

Doveva anche ammettere che più imparava più gli piaceva e più desiderava imparare, approfondire determinati argomenti.

Non era però l'unico a trarne piacere: Lily non era solo un'ottima compagnia, era anche una perfetta compagna di studio; si era rivelata una persona con tanta curiosità e notevole capacità di apprendimento.

Sarebbe stata una strega singolarmente dotata; anzi, lo era già.

Mentre era occupato a leggere un particolare capitolo di uno dei libri che aveva portato per quel pomeriggio, gli venne improvvisamente impedito di proseguire; Severus non si arrabbiò né si irritò in alcun modo perché aveva già riconosciuto la proprietaria di quelle due piccole e calde mani che si erano posate con dolcezza sui suoi occhi scuri, nonostante lei non avesse emesso nessun suono vocale.

Il giovanissimo mago allargò le labbra in un sorriso (come ormai faceva solo in sua presenza), posò il libro al contrario sull'erba e si voltò verso la nuova arrivata, la quale brillava di un sorriso assai più bello e luminoso del suo: era stupenda nel suo vestito rosso che le arrivava a metà ginocchio, il colore acceso faceva spiccare come non mai le sue iridi smeraldo.

In realtà era bellissima con qualunque vestito indossasse.

"Scusami per il ritardo" mormorò la bambina dai capelli rossi, stringendosi nelle spalle; Severus si affrettò a rassicurarla, invitandola a sedersi affianco a lui, non facendosi sfuggire la presenza del cestino che Lily aveva con sé "Per farmi perdonare ho portato qualcosa da mangiare, se ne hai voglia" lei si inginocchiò sul prato ed appoggiò il cesto sull'erba, aprendone un lato per mostrare all'amico il contenuto consistente in piccoli muffins al cioccolato, fragola, mirtilli e banana, tutti incartati in un cestello bianco "Sono arrivata tardi, ecco... perché stavo preparando i muffins per noi. Ti piacciono? Li hai mai mangiati?" Severus scosse il capo in risposta "Beh, allora è il momento giusto per provarli, che ne dici? Così mi dici se sono venuti bene"

Sempre in silenzio, il bambino, dopo aver osservato di nuovo i dolcetti uno per uno, timidamente prese quello alla banana e ne addentò un pezzo, sotto lo sguardo attento dell'amica in attesa di un risvolto sulla sua abilità culinaria.

Severus non aveva dubbi che quei muffins fossero buoni ed infatti, dopo averne provato uno, ebbe la conferma positiva della sua teoria.

Al secondo morso che diede al dolcetto, Lily non riuscì a trattenere una risatina divertita dapprima soffocata, ma che dovette ben presto nascondere dietro una mano, spingendolo ad alzare un sguardo sorpreso ed interrogativo, sbattendo diverse volte le palpebre.

"Hai un po' di crema sulla punta del naso" spiegò la rossa, indicando il proprio, non appena riuscì a placare le risate: risate non affatto di scherno o presa in giro, solo di divertimento.

Mentre la bambina riprese a ridere nel notare che l'espressione perplessa dell'amico non era cambiata, ad un certo punto quest'ultimo tolse via la crema dal naso ed assumendo un'aria furba, stringendo le labbra ed assottigliando gli occhi, con lo stesso indice sfiorò il naso di Lily; fu il turno di lei di cadere per qualche secondo in uno stato confusionale, mentre Severus si lasciò andare a sua volta ad una genuina risata.

Com'era liberatorio ridere!

Aveva l'incredibile potere di svuotare la mente da qualsiasi brutto pensiero e sostituirlo solo con ricordi felici.

Questo riportò alla mente del giovanissimo mago l'incantesimo di cui stava leggendo la descrizione proprio poco prima dell'arrivo di Lily.

Riprese in fretta il libro da terra ed invitò l'amica a seguirlo nella lettura, sicuro che ciò che avrebbe saputo l'avrebbe di sicuro incuriosita; la rossa infatti si accomodò subito accanto a lui, sporgendo la testa verso le pagine.

"In questo capitolo si parla di un particolare tipo di magia: l'incanto patronus"

"Incanto patronus? Cosa sarebbe di preciso?"

"Il patronus è una forza positiva che serve a proteggere il mago che ne evoca uno. Può essere evocato in forma incorporea: solo un forte bagliore bianco, oppure in forma corporea di un preciso animale. La forma corporea però è la più complicata"

"Serve a proteggere da cosa?"

"Dai dissennatori. Sono creature malvagie a guardia della prigione di Azkaban. Si nutrono di ogni ricordo felice finché al mago non resta più nulla" l'espressione di Lily si contorse leggermente "Per questo motivo per evocare un perfetto patronus bisogna scegliere il ricordo più felice che si ha, in modo che il dissennatore si nutra di esso e non del mago"

"Tu quale ricordo felice sceglieresti, Severus?" gli domandò ad un certo punto Lily: con quell'argomento la rossa poteva cogliere la palla al balzo e poter finalmente convincere l'amico ad aprirsi sulla sua famiglia senza essere invadente, e così decise dunque di fare.

Il sottoscritto era stato preso in contropiede con quel quesito.

Ciononostante nel ricambiare il contatto visivo con quei due lucenti occhi verdi che in quel momento lo stavano fissando con intensità, Severus decise di evitare il silenzio e risponderle: dopotutto era la sua migliore ed unica amica ed era anche l'unica con cui sentiva di potersi confidare liberamente senza essere giudicato.

Forse il tempo aveva voluto farlo attendere e concedergli il momento esatto per sfogarsi al tempo opportuno e con la persona giusta.

Oltretutto, forse gli avrebbe fatto bene vuotare il sacco.

Qualcosa gli sussurrava di approfittare di questa occasione... strano come la situazione si fosse ribaltata: nell'ultimo periodo pareva essere considerato dalla benignità della vita.

"Cerco di evitare di restare a casa più di quanto sono costretto, come nel caso di dormire e a malapena mangiare. È da quando ero più piccolo che trascorro le ore nella più totale solitudine: i miei genitori passano tutto il tempo in furiosi litigi e se io non sono solo un semplice spettatore divento il bersaglio preferito di quello sciocco babbano di mio padre" il viso di Severus era tornato immediatamente ad essere una maschera di ghiaccio tagliente e scivoloso "Lui odia tutto quello che ha a che fare con la magia. A dir la verità lui odia tutto e basta. Avrei voluto avere un rapporto con mia madre. Siamo simili, facciamo entrambi parte del mondo magico. Invece anche da lei non ho niente. Ecco perché preferisco trascorrere il mio tempo fuori da quella schifosa casa"

Lily aveva compreso che Severus non fosse il tipo dalle molte parole e dagli infiniti monologhi, ma era in grado di essere chiaro e coinciso: infatti nella sua breve rivelazione era trasparito perfettamente l'orrore che provava nei confronti della vita che era costretto a vivere ogni giorno; aveva inoltre capito anche in che modo aveva connesso il modo in cui aveva denominato il padre e quando invece lo aveva fatto con Petunia: vivendo in un ambiente ostile, proiettava il proprio odio verso un'altra persona in cui ritrovava gli stessi tratti schivi e negativi.

Era un atteggiamento sbagliato, ma da una parte comprensibile.

La bambina era decisa ad aiutarlo e mostrargli come la vita non era sempre ingiusta e che si potevano trovare attimi felici se si era disposti ad affrontare i problemi nel modo corretto.

Ci sarebbe voluto del tempo, era vero, ma loro ne avevano in abbondanza.

Quando nel piccolo quartiere i pochi gialli raggi del sole che riuscivano a filtrare dalle nuvole si tramutarono i fasce arancioni, per i due amici era giunta l'ora di separarsi, almeno fino al giungere di un nuovo giorno.

Come faceva sempre, Severus accompagnò Lily a casa; al momento di salutarsi la bambina lo sorprese per la seconda volta quando gli comunicò l'invito di trascorrere un pomeriggio a casa Evans, se ovviamente gli avrebbe fatto piacere.

Il giovanissimo mago socchiuse le labbra: sinceramente non sapeva cosa dire... non era molto propenso a stare in mezzo ai babbani... a lui bastava stare in compagnia di Lily, il resto non gli importava, ma non volendo offendere l'amica alla fine accettò.

L'effetto sorpresa non era affatto finito perché la rossa, prima di sparire dietro la porta di casa, scese di nuovo gli scalini e raggiuntolo si sollevò sulle punte delle scarpe per posare le proprie labbra sulla sua guancia destra in un piccolo bacio di saluto a cui aggiunse l'augurio di una buonanotte.

Severus restò pietrificato sul posto per alcuni minuti, mentre la sua mente era in totale subbuglio: diverse volte si era imbarazzato in presenza di Lily, ma mai come adesso aveva avvertito un forte calore concentrarsi sulle sue guance come fosse fuoco ardente ed una specie di solletico all'interno dello stomaco.

Per la prima volta sentì dentro di sé nascere una strana sensazione a cui non sapeva ancora dare un nome.

 

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Capitolo 10
*** Magic friendship (Parte due) ***


Come li aveva chiamati? Dissennatori?

In che senso si nutriva di ogni ricordo felice?

Di che razza di creatura stessero parlando proprio non lo aveva capito... anzi, non le interessava minimamente!

Era lì per un altro motivo.

Purtroppo, però, non aveva avuto l'opportunità di mettere in atto ciò che si era prefissata, per cui fu costretta a rinunciare.

Ovviamente niente sarebbe rimasto in sospeso, perché la vera opportunità le era stata comunque servita su di un piatto d'argento nel momento in cui la sua straordinariamente dotata sorella minore aveva avuto la brillante idea di invitarlo a casa loro.

Ciononostante, ogni volta che si soffermava a riflettere su quei due non poteva evitare di avvertire un forte bruciore partire dal centro dello stomaco fino ad arrivarle in gola.

Proprio come Severus aveva fatto in precedenza quando si era accorto delle potenzialità di Lily Evans, Petunia sgusciò via dal cespuglio e raggiunse in fretta casa sua prima che sua sorella e il suo nuovo amichetto potessero accorgersi della sua presenza: non lo avrebbe mai sopportato.









 

Lei.

Quella sarebbe era la risposta alla domanda che Lily gli aveva posto quel pomeriggio.

Severus non aveva nessun ricordo felice legato a qualcosa o qualcuno che non fosse la piccola Evans; il tempo che trascorreva insieme a lei.

Allora perché alla fine non le aveva dato anche la diretta risposta alla domanda che lei gli aveva posto?

Questo particolare mise di malumore il giovanissimo mago, ma decise di non permettere che questo guastasse il pomeriggio che avrebbe trascorso a casa di Lily; beh, in realtà c'era più di una motivazione che contribuiva ad influire sul suo attuale stato poco sereno ed era proprio recarsi a casa della sua migliore e unica amica.

Non si sentiva a suo agio con i babbani, tanto più se ci sarebbe stata quella sciocca babbana della sorella.

Per un breve momento Severus pensò di non andarci più, ma cambiò subito idea: doveva concentrarsi su Lily, su lei soltanto.

A Lily avrebbe fatto piacere se fosse andato, lo aveva pregato, perciò non voleva assolutamente recarle un dispiacere, non adesso che le cose tra loro andavano più bene che mai; la rossa gli aveva successivamente detto di portare i libri, se voleva, così avrebbero potuto anche studiare un po' nel frattempo: proprio come lui, la sua migliore e unica amica considerava ogni momento di studio una preziosa occasione per imparare.

E proprio come durante il pomeriggio nel parco, anche stavolta per merenda vi sarebbero stati dei gustosi muffins preparati da Lily.

Severus aveva imparato bene a sgusciare via di casa senza essere visto, non che ai genitori la faccenda importasse (riguardo a sua madre nutriva ancora dei dubbi, ma i fatti parlavano chiaro), ma conosceva l'importanza di essere cauti.

Le strade di Spinner's End erano generalmente poco affollate, quel poco però, spesso e volentieri, alludeva a gruppi di bambini in sella a bizzarri mezzi di trasporto apparentemente fragili a due ruote e pedali; fu esattamente con uno di quelli che aveva vissuto uno spiacevole episodio: aveva riconosciuto il rumore tipico di quegli aggeggi alle sue spalle, ma non si era aspettato che gli passasse proprio di fianco e ad una velocità notevole.

Severus non perse l'equilibrio, ma il suddetto tentativo di non capitombolare a terra gli giocò uno scherzo decisamente poco opportuno considerate le circostanze: mise il piede sinistro in una pozzanghera, finendo per schizzarsi acqua sporca sui vestiti, sul viso e i capelli.

Oltretutto, i libri non avevano fatto una fine migliore.

Ora come avrebbe potuto presentarsi da Lily in quelle condizioni? Conoscendola non avrebbe riso di lui, anzi, l'avrebbe sicuramente aiutato, ma non poteva fare a meno di sentirsi in totale imbarazzo.

Insomma, già si sentiva ridicolo; conciato in quel modo era pressoché orribile.

Un particolare però non lo distolse dal recarsi da Lily: sollevando il viso incrociò il proprio sguardo serio con quello della responsabile, la quale commise un grave errore nel guardarsi indietro a prescindere da quale fosse la ragione che l'aveva spinta; ella infatti spalancando gli occhi riprese subito la sua corsa, sparendo oltre un vicolo.

Guarda caso, il vicolo che lui avrebbe dovuto imboccare.

Prima di proseguire si guardo gli abiti bagnati e sporchi di fango... se solo avesse avuto una propria bacchetta... gli sarebbe bastato un semplice incantesimo...








 

Petunia rientrò in casa alla velocità della luce.

I loro genitori erano usciti per un impegno importante che non avevano potuto rimandare, mentre a lei toccava occuparsi di Lily ed era andata a prendere, per ordine della madre, delle medicine perché dalla sera precedente la sorella minore accusava sintomi di un raffreddore, ragion per cui entrambe non erano potute andare a scuola.

Poco dopo dalla porta si udì bussare, rumore che fece voltare Petunia di scatto verso l'ingresso.

Doveva essere lui.

Ancor prima che potesse muoversi, sentì un piccolo rumore provenire dalla loro camera, vide poi Lily, in pigiama e senza pantofole, correre ad aprire; fu in quell'occasione che Petunia ne approfittò per sparire in un'altra stanza.

Fuori dal loro campo visivo, la bionda si fermò a riflettere sul perché aveva sentito l'automatico impulso di scappare: lo aveva fatto perché semplicemente non voleva vederli? Oppure per un altro motivo? Lo strano bruciore all'interno dello stomaco gli ricordava che lui l'aveva riconosciuta quando gli era andata apposta addosso con la bicicletta.

Temeva qualcosa? Non voleva incontrarlo perché aveva paura? Di cosa aveva paura? Aveva paura che lui potesse farle del male per vendetta? Dopotutto, con quello che facevano c'era da aspettarsi qualsiasi cosa in qualsiasi momento.

No.

Questo non avrebbe impedito a Petunia di mostrare il lato forte del suo carattere.

Non si sarebbe lasciata intimorire, soprattutto da lui.









 

"Mi dispiace per quello che ti è successo" mormorò Lily, sinceramente dispiaciuta nel vedere il migliore amico in quelle condizioni; lo portò in bagno e lo aiutò a sciacquare almeno il viso e i capelli neri "Purtroppo c'è gente maleducata in giro"

Severus avrebbe aggiunto che la persona in questione era la sciocca babbana di sua sorella, ma stranamente rimase in silenzio limitandosi ad un cenno di assenso con la testa.

Mentre si asciugava il viso con un asciugamano bianco che Lily gli aveva procurato, corrugò la fronte quando la sentì starnutire, chiedendole se stesse bene; la bambina sollevò le spalle, spiegandogli l'attuale situazione in cui sfortunatamente si trovava dalla sera precedente.

"In questo caso sarebbe utile la pozione pepata" se ne uscì in risposta il giovanissimo mago, attirando lo sguardo interrogativo della bambina dai capelli rossi.

"E quella che si usa per curare il raffreddore?"

"Esatto"

"Beh, se mi dici che ne hai un po' mi farebbe davvero comodo" scherzò Lily, riuscendo a trascinare Severus in una piccola risata divertita "Ti piacciono le pozioni?"

"Mh, non è l'argomento che prediligo, ma abbastanza" già, e qual era l'argomento che prediligeva? I suoi pensieri vennero interrotti dalla rossa.

"Sai che mia mamma è esperta di profumi? Raccoglie tanti fiori diversi e crea delle miscele profumate meravigliose. Una volta l'ho aiutata anch'io e da quel momento è piaciuto molto anche a me, infatti ogni volta che lei me lo permette le dò una mano, ma devo fare molta attenzione altrimenti si rischia di combinare un disastro. Mia madre ha sempre avuto questa passione, per questo ha chiamato me e mia sorella con i nomi di due fiori. Lily ad esempio significa..."

"Giglio" la precedette il giovanissimo mago.

"Esatto! Come hai indovinato?" Severus non rispose mai nemmeno a questa domanda, restando a guardare la sua migliore e unica amica con un sorriso appena accennato; da parte sua la rossa si sentì per un momento in imbarazzo "In un certo senso la creazione di profumi si potrebbe alludere alle pozioni, non credi anche tu, Severus? Vorresti vedere il laboratorio di mia madre?"







 

Petunia aggrottò la fronte: le stava scoppiando la testa nel tentativo di comprendere quello che stava leggendo in quel dannatissimo libro.

Ne aveva sfogliato quasi la metà, stava per girare l'ennesima pagina quando scatto con la testa verso destra, ritrovandosi faccia a faccia con lui.

La bionda non poté evitare di provare la stessa brutta sensazione di quando lo aveva quasi fatto cadere per intero nella pozzanghera; eppure si era nascosta per bene in modo da non essere vista... nonostante tutto cercò di reggere quello sguardo, ma ritrovarsi improvvisamente addosso quegli occhi gelidi e neri come due tunnel bui senza via d'uscita la paralizzarono all'istante.

 

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Capitolo 11
*** Magic friendship (Parte tre) ***


Attendere un particolare evento per anni poteva portare spesso a pensare che esso non sarebbe mai giunto, ma non era questo il caso.

Tre anni dopo, infatti, arrivarono.

Le fatidiche lettere di cui i due amici avevano tanto parlato ed attendevano da ben tre anni, erano finalmente arrivate.

Lily non riusciva a credere che tra non molto avrebbe frequentato la scuola di magia e stregoneria di Hogwarts.

Quando Severus gliene aveva parlato era stata, sì entusiasta, ma la considerava ancora come qualcosa di surreale, a tratti impossibile, ma quando ricevette la lettera e lesse il contenuto della busta non poté fare a meno di essere felicissima; oltretutto, i genitori consideravano meraviglioso avere una strega in famiglia.

Anche per loro parve che qualcosa di surreale fosse appena diventato realtà.

Ovviamente, una sola persona non gioiva affatto dello stesso buon umore dilagante nella famiglia Evans, ma persino lei dovette ammettere che non si trattava solo di una semplice favola: dal primo settembre di quell'anno sua sorella avrebbe frequentato quella strana scuola.

Da quando era stata colta in flagrante da quell'orribile ragazzo, nonostante coltivasse ancora dentro di sé il desiderio di vendicarsi, Petunia non si era più azzardata a mettergli i bastoni tra le ruote, la sua mente era pronta ma il suo corpo non ne aveva avuto il coraggio, ogni volta che aveva riprovato aveva finito per bloccarsi senza uscire mai allo scoperto: alla fine aveva capito di essere una persona qualunque che non poteva nulla contro di loro; ma in particolar modo lui aveva un che di... insomma, trasmetteva timore dai suoi occhi bui come il fondo di due tunnel senza via d'uscita.

Era inavvicinabile verso chiunque non volesse tra i piedi.

Non che a Petunia importasse, ovviamente.

Ad ogni modo, la situazione spinse la ragazzina a fare una cosa abbastanza particolare all'insaputa di tutti. 

Solo carta e inchiostro.

Le sarebbero serviti solo questi due oggetti, nient'altro.

E stavolta sperava di non fallire.

Non doveva fallire.

 

 

 

 

Lily non era l'unica ad essere felice per la lettera ricevuta: molto presto, infatti, Severus avrebbe vissuto la maggior parte della propria vita all'interno del mondo a cui apparteneva realmente; ma forse, per il giovanissimo mago, più che felicità si trattava di una sorta di liberazione dall'orribile vita che era stato costretto a vivere fino a quel momento, escludendo ovviamente il tempo trascorso insieme alla sua migliore ed unica amica.

Ormai i giorni mancanti alla partenza si potevano contare sulle dita della mano, ma prima di partire li attendeva entrambi un'altra tappa fondamentale.

Nel frattempo, i due trascorrevano i giorni rimasti in compagnia, come sempre.

Fu proprio durante uno di quei giorni come tanti altri che Severus fece una scoperta piuttosto curiosa in casa Evans: un pomeriggio, mentre, in sovrappensiero per una cosa che riguardava Lily, si trovava in camera dell'amica ed attendeva che tornasse da lui, il ragazzino dai capelli neri venne sorpreso dall'arrivo improvviso di Petunia che lo spinse a voltarsi in contemporanea con la ragazzina bionda, la quale restò a bocca serrata: non che non fosse abituata a vederlo, ma avrebbe preferito di gran lunga il contrario. 

"Che cosa ci fai in camera mia?" chiese subito lei, duramente, a tradirla però il rumore di una delle carte che aveva in mano che le scivolò accidentalmente sul pavimento, finendo esattamente a pochi passi dal ragazzino dai capelli neri: errore che Petunia non avrebbe mai sopportato, ma non sempre la fortuna era di parte.

Avrebbe potuto raccogliere il foglio a terra e andarsene con tutti i suoi segreti, ma la sorpresa seguita a quel piccolo imprevisto le aveva fatto sprecare secondi preziosi.

Secondi di cui fu il giovanissimo mago a trarne beneficio: fece fluttuare la carta fino a prenderla con una mano, fermando ogni tentativo di interruzione da parte della ragazzina, potendo così constatare di aver visto giusto: l'avrebbe lasciata perdere e sarebbe uscito dalla stanza senza dire o fare niente se non fosse che il sigillo rosso era quello ed il mittente era altrettanto azzeccato.

Perché mai quella sciocca babbana avrebbe dovuto scrivergli? Cosa sperava di ottenere? La risposta a questa domanda era altrettanto ovvia così come quella che lei avrebbe ricevuto dal diretto interessato.

Tuttavia, Severus decise di aprire ugualmente la busta e rivelarne il contenuto davanti al lei per puro disprezzo e poter così godere di prima persona della soddisfazione che sarebbe scaturita dalla situazione; come immaginava: Albus Silente non avrebbe mai ammesso ad Hogwarts nessun babbano.

Tutte le restanti lettere non saranno state altro che ulteriori inevitabili tentativi falliti.

Il giovanissimo mago aveva capito bene le motivazioni dietro il cattivo comportamento di quella lì verso Lily e da cui lui stesso aveva messo quest'ultima in guardia durante la loro prima conversazione: gelosia, la sorella maggiore era spinta da nient'altro che pura gelosia. 

"Ridammi subito la lettera, capito?" Severus ricambiò lo sguardo senza un minimo di timore dal tono minaccioso con cui gli venne dato quell'ordine ed in altrettanto atteggiamento impassibile le rigettò ai piedi la lettera, dopo averla rimessa nella busta, che venne prontamente raccolta da Petunia.

Il ragazzino dai capelli neri non volle nemmeno sprecare parole, dall'espressione che vide nel volto della sciocca babbana era bastato quel gesto per metterla in ridicolo. 

Ad interrompere l'ambigua e tesa situazione fu l'arrivo di Lily, il cui sorriso, dopo aver chiamato per nome il suo migliore amico, si spense rapidamente nel notare i due fissarsi in silenzio: la ragazzina dai capelli rossi non sapeva nulla di quanto accaduto tre anni prima quando lui aveva beccato la sorella maggiore a leggere uno dei suoi libri di magia e le aveva rifilato non solo un'occhiata silenziosa e fulminante... qualcosa di estremamente e magicamente efficace che tuttavia avrebbe mantenuto nella propria mente.

Ma era proprio quello il punto.

Qualcosa che non necessitava per forza dell'utilizzo della bacchetta.

Solo grande impegno e, probabilmente, una certa dose di inclinazione.

Non era nemmeno al corrente di cosa fosse successo giusto un secondo prima che lei entrasse nella stanza e li trovasse in quell'atmosfera più affilata della lama di un coltello; non poté chiedere spiegazioni perché la bionda, tenendo strette le lettere al petto, quasi stracciandole per la presa troppo salda a causa dell'ira che le aveva già reso il colorito del viso di un intenso rosso, le scoccò uno sguardo carico di un odio talmente evidente da intimorirla e confonderla.

"Te l'ho detto" commento lui ad un certo punto, quando rimase solo con la minore delle sorelle Evans.

"Che cosa?"

Severus si voltò a guardarla, alla sua destra. 

"È gelosa. Di te. Di quello che sei" la ragazzina non rispose a quell'affermazione che si sentì dire per la seconda volta: probabilmente era vero, ma non riusciva ad esserne felice perché non era giusto che il suo rapporto con la sorella si sgretolasse in quel modo, soprattutto per qualcosa che non aveva deciso lei stessa di essere "Ha scritto ad Albus Silente per farsi ammettere ad Hogwarts" gli occhi verdi di Lily si spalancarono nell'udire quella rivelazione che confermava i pensieri appena avuti.

"Cosa? Cosa dici? Come fai ad esserne sicuro?"

"Quando è entrata in camera le è caduta un delle lettere che aveva in mano: ho riconosciuto il sigillo e la firma di Silente" il ragazzino dai capelli neri omise la parte in cui aveva aperto la busta, non serviva dirlo perché era comunque vero che aveva riconosciuto il nome di Silente; se a ciò si univa il comportamento schivo di Petunia si poteva dire che si trattava di una grossa coincidenza che una persona che odia così tanto la magia avesse scritto al preside in persona... inoltre, spesso la gelosia spingeva ad agire di nascosto per evitare di smascherarsi.

Vedendo Lily sedersi sul letto e sospirare, sconsolata, Severus la raggiunse, prendendo posto al suo fianco: quando era in sua presenza sentiva tutta la rabbia ed il rancore dissolversi come fumo.

"Ormai manca poco alla nostra partenza e nei prossimi giorni dovremo andare a prendere tutto l'occorrente scolastico, ma..." la rossa abbassò lo sguardo sulle mani, non terminando la frase perché lui la invitò gentilmente a guardarlo.

"Tutto andrà bene, vedrai. Fidati di me" le sorrise dopo un po', riuscendo a contagiarla "Tu mi hai aiutato e io per te ci sarò sempre" il gesto che compì subito dopo fu frutto di mille pensieri prima di essere messo in atto: Severus sollevò la mano destra e l'appoggiò sopra quella sinistra della sua migliore ed unica amica, beandosi del calore che emanava, in netto contrasto con la sua fredda.

Chissà in quale casata sarebbe stata smistata Lily... nonostante la domanda che si era poi volte posto nella propria mente, Severus nutriva già il desiderio che finisse in serpeverde perché immaginava che lui sarebbe appartenuto a quella casa.

In quel modo sarebbero rimasti sempre vicini.

La piccola Evans allargò il sorriso, guardando in profondità negli occhi scuri del giovanissimo mago accanto a lei e ricambiò la stretta, incrociando le dita con quelle di lui ed appoggiando la testa sulla sua spalla, del tutto ignara del rossore salito sulle guance del ragazzino dai capelli neri.

Si limitò ad una piccola risposta.

"Grazie, Sev" 

Per un breve momento la forza e la sincerità che percepì dietro le parole che le erano state rivolte, cancellarono la tristezza che provava.

Si sforzava di pensare che le cose si sarebbero aggiustate.

Serviva solo una dose notevole pazienza, ma si, forse tutto sarebbe andato per il meglio.

Erano dei bambini ed avevano ancora tutta la vita davanti per mettere già la parola fine.

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Capitolo 12
*** Magic friendship (Parte quattro) ***


Lily era rimasta stupefatta quando Severus le aveva parlato per la prima volta del mondo magico e da allora la sua curiosità non aveva fatto altro che crescere sempre di più, con notevole velocità, facendo talvolta prendere forma a quelle descrizioni nella sua mente.  

Credeva di non potersi sorprendere più di quanto già non lo fosse, ma capì di sbagliarsi nel momento in cui dei mattoni rossi di un muro si spostarono autonomamente, aprendole la strada a quel fatidico mondo.

Per tutto il tragitto che l'avrebbe portata nei negozi giusti per comprare il materiale scolastico che le sarebbe servito, la mascella di Lily era rimasta scattata verso il basso e i suoi occhi verdi spalancati: le si era letteralmente aperto un mondo diverso da quello che conosceva e non si avvicinava nemmeno un po' ai racconti babbani a cui era abituata.

Diagon Alley.

I babbani non erano a conoscenza di quel meraviglioso posto ad eccezione dei maghi, ma talvolta, come nel suo caso, con le dovute spiegazioni da parte di un rappresentante della scuola, essi potevano accompagnare i figli.

Tra le folla che le passava accanto di persone di ogni età, oggetti che si muovevano da soli, chiacchiericci che lo trasformavano quasi in un piccolo villaggio incantato... con tutto questo attorno la piccola strega non si sentiva affatto un'estranea come aveva pensato all'inizio, anzi, avvertiva un senso di agiatezza mai provato.

Chissà chi avrebbe incontrato, quali altre amicizie avrebbe fatto, chissà in quale casata sarebbe stata smistata, com'era Hogwarts vista dal vivo... nel porsi queste domande finì per perdere la cognizione del tempo, persino dimenticare le persone che conosceva, tra cui il suo migliore amico...

Già, il suo migliore amico.

Per la prima volta da cui era arrivata a Diagon Alley, Lily si domandò dove fosse Severus: le era dispiaciuto non essersi potuta recare lì insieme e non vedeva l'ora di vederlo per raccontargli lei stavolta di tutto ciò che aveva visto con i propri occhi, benché lui conoscesse già ogni cosa.

Ma più di tutto voleva fargli sapere di non essere mai stata così felice e per questo voleva solo che ringraziarlo.

"Lily" la persona che aveva pronunciato il nome della ragazzina dovette ripeterlo una seconda volta per attirare finalmente la sua attenzione: non si trovava più a Diagon Alley, era alla stazione di King's Cross: viaggiare con la mente l'aveva distratta ancora una volta... Lily si voltò verso l'individuo alla sua sinistra: la foltissima barba scura che gli nascondeva buona parte del viso e la mole da mezzo gigante che lo contraddistingueva, erano in netto contrasto con il caldo sorriso che le stava rivolgendo e la dolcezza con cui l'aveva chiamata; l'uomo le porse un particolare biglietto ferroviario, spiegandole passo per passo tutto quello che doveva fare "Tienilo sempre con te, mi raccomando, d'accordo? I binari tra cui dovrai passare sono il numero nove e numero dieci"

I genitori della rossa non si intromisero nella spiegazione del mezzo gigante, volevano che la loro adorata secondogenita sviluppasse più autonomia da quel momento in poi; tuttavia, non dimenticarono di ringraziarlo per averli aiutati, per poi rivolgersi entrambi a Lily per l'ultimo saluto e le consuete raccomandazioni.

"Sono sicura che sarai la più brava, tesoro! Sento già la tua mancanza" mormorò la madre, commossa, stringendola in un abbraccio; benché fosse orgogliosa, non era nemmeno facile accettare quella particolare situazione: non era come le scuole normali, la sua Lily sarebbe stata via per un'intero inverno, salvo tornare per qualche giorno durante le festività, ma era comunque poco.

"Coraggio, vai, non vogliamo farti perdere il treno" aggiunse il padre con un sorriso, accarezzandole i lunghi capelli rossi "Ti vogliamo un bene immenso"

"Mi mancherete molto anche voi" rispose la ragazzina, spostando poi il contatto visivo verso la sorella maggiore che se n'era stata in disparte per tutto il tempo senza dire una sola parola: la situazione tra loro non era che peggiorata da quando Severus le aveva rivelato delle lettere che Petunia aveva scritto ad Albus Silente e di conseguenza la minore delle Evans non sapeva come agire nei suoi confronti.

Petunia non le rispose nemmeno al saluto che le fece, non le rivolse neppure uno sguardo.

Il non poter chiarire la rese triste, ma come le era stato detto: non poteva perdere il treno, l'orologio appeso annunciava che mancavano pochi minuti allo scocco delle undici in punto della mattina.

Lily afferrò saldamente il carrello con tutto l'occorrente e guardando dal basso all'alto il muro, prese un profondo respiro prima di muovere i primi passi che trasformò presto in una corsa.

Se glielo avessero chiesto non sarebbe stata in grado di descrivere cos'era successo in quell'attimo: un secondo prima era a King's Cross e ora... svoltando alla sua destra, la vista le venne per un momento offuscata dal fumo proveniente dalla nera e rossa locomotiva che si stagliava in tutta la sua imponenza sul binario nove e tre quarti come indicava anche il cartello appeso al muro da cui era appena sbucata.

L'Hogwarts Express.

Magnifico.

Provò la stessa identica sensazione che aveva avvertito al suo arrivo a Diagon Alley.

Mentre sorrideva si sentì improvvisamente e nuovamente chiamare per nome da qualcuno, ma stavolta era qualcuno che aveva tanto sperato di rivedere, così tanto che non appena udì la sua voce mollò la presa sul carrello e gli volò addosso in un abbraccio.

"Andiamo, andiamo!" disse lei, eccitata; Severus, rosso in viso per il contatto ravvicinato di poco prima, sorrise a sua volta e la seguì a bordo del treno dopo aver sistemato i rispettivi bagagli "Vieni, Sev, entriamo qui. È libero"

In silenzio, ma mantenendo il sorriso, il giovanissimo mago prese posto accanto alla migliore ed unica amica: non riusciva a credere di essere lì con lei, lontano da quel mondo babbano.

L'aveva vista alla stazione di King's Cross, ma, senza capirne il motivo, era rimasto a distanza.

Ciononostante, si concentrò sul bellissimo sorriso che Lily aveva stampato sulle labbra da quando si erano rivisti e percepì in lei il desiderio di parlare di ciò che aveva visto nelle ultime ore e probabilmente avrebbero conversato tranquillamente se non fosse stato per un improvviso mormorio ed il rumore dell'apertura della porta di vetro scorrevole: due ragazzini, sicuramente loro coetanei, entrarono senza neanche salutarli e presero posto sui sedili opposti ai loro. 

Uno aveva i capelli scuri e ricci scompigliati che gli arrivavano alla base del mento e vestiti altrettanto disordinati, mentre l'altro era facilmente distinguibile dai suoi occhiali tondi, capelli castano scuro e abiti ben curati.

Tuttavia, nessuno di loro gli ispirò simpatia, se non fastidio. 

Il sorriso di Severus scomparve immediatamente ed il consueto malumore rabbuiò il sul viso pallido nascosto dai folti capelli neri, costringendolo al silenzio totale: aveva una voglia matta di andarsene da quello scompartimento troppo affollato da quei due individui che dovevano per forza venire lì e disturbarli.

L'avrebbe pure fatto, avrebbe preso per mano Lily e se ne sarebbe andato, se non avesse ceduto all'impulso di commentare la conversazione dei due perfetti sconosciuti.

"Io spero di finire in Grifondoro" confessò il ragazzino dai capelli ricci, sollevando un angolo della bocca "E tu? Dove speri di finire?"

Quest'ultimo strizzò l'occhio destro all'amico, per poi rispondere facendo ondeggiare una mano.

"Grifondoro, ovvio, è la migliore per due come noi, Sirius, fidati" quest'ultimo si chinò con la schiena in avanti come se volesse fare una confessione segreta "Anzi, è la migliore di Hogwarts"

"Con tutti i guai che combini, sicuramente vinceremo la coppa delle case a fine anno" ribatté l'altro, ridacchiando, ricevendo un pugno scherzoso da parte del ragazzino con gli occhiali; fu in quel preciso istante che Severus s'inserì nel discorso.

"Grifondoro è tutto fuorché la migliore di Hogwarts"

I due, compresa Lily che lo fissò interdetta ma senza riuscire a sedare la situazione fattasi improvvisamente tesa, gli scoccarono un'occhiata strana come si fossero accorti solo in quel momento di non essere soli; quello dagli occhiali tondi incrociò le gambe, scomponendosi sul proprio posto.

"E quale sarebbe la casata migliore, sentiamo"

"Non ti ci mettere, non ne vale la pena, dai, ma l'hai visto? È solo uno sfigato. In che casa pensi lo metteranno se non in quella degli sfigati come lui?" aggiunse quello dai capelli ricci e scompigliati, in tono dispregiativo; ricevette, tuttavia, un cenno di far silenzio dall'amico.

"Sicuramente quella in cui smisteranno te sarà la peggiore. Sai una cosa, Sirius? Penso proprio che ci divertiremo quest'anno e magari anche negli anni a venire, non sei d'accordo?"

Non gli piaceva per nulla quello sguardo malandrino sul viso dello sconosciuto.

Severus controllò a malapena il violento scatto d'ira che a cui avrebbe ceduto se Lily non fosse stata presente, invece le chiese cortesemente di cambiare scompartimento, richiesta che venne per fortuna accolta dalla ragazzina pur di placare gli animi: Severus aveva cominciato, ma lo conosceva, sapeva da che famiglia proveniva e d'altronde aveva già assistito a simili circostanze con sua sorella.

Nulla di nuovo, ma non di certo Lily risparmiò un duro rimprovero ai due per averlo definito sfigato.

Prese poi per mano Severus e si spostarono altrove: non voleva passare tutto il tempo a litigare; cercò di calmarlo in qualunque modo finché non si resero conto che di cabine vuote non ve n'erano più, così dovettero per forza condividerne una con altri due studenti, nonostante il parere contrario del moro. 

I due sconosciuti attuali apparivano del tutto diversi dai due maleducati di prima: uno era un ragazzino dai capelli chiari e dall'atteggiamento apparentemente tranquillo... l'unico strano particolare erano delle lunghe cicatrici che gli attraversavano la faccia.

Accanto a lui sedeva una ragazzina dai lunghi capelli castani raccolti in due ordinate trecce che le ricadevano sulle spalle, anch'ella sembrava una persona tranquilla ed anche amichevole dato che al loro arrivo rivolse un sorriso ad entrambi, annuendo alla richiesta di poter restare.

"Grazie... ehm..." tentennò la rossa.

"Josephine Conrad e lui è Remus Lupin... Remus? Remus!" la ragazzina dai capelli castani riscosse con una leggera gomitata sul braccio il proprio amico dai pensieri in cui era immerso, il quale dopo un secondo di disorientamento sorrise a sua volta ai due nuovi arrivati.

"Io sono Lily Evans e lui è Severus Piton, il mio migliore amico..." quando Lily si voltò per guardarlo lo vide dare loro le spalle e sedersi accanto al finestrino senza aprire bocca, nascondendo di nuovo il viso dietro i capelli neri: faceva così quando era nervoso; la rossa si scusò con Remus e Josephine, si sedette al fianco del moro e posò una mano sulla sua per infondergli coraggio.

Il punto di partenza era stato perfetto, ma non era più così sicura di come sarebbe proseguita: le parole dei due maleducati non erano piaciute neppure a lei, ma magari erano state dette tanto per dire, erano ragazzini della loro età e qualche battibecco poteva esserci.

Non dovevano essere così negativi a causa di quel piccolo intoppo, perché non era stato altro che un piccolissimo intoppo che presto sarebbe stato dimenticato.



 

A.
Il personaggio di Josephine Conrad non è di mia invenzione, appartiene a Elisabethprime.

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