Di mostri antropomorfi e donne che li amano troppo

di Made of Snow and Dreams
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo: giocare a fare Dio ***
Capitolo 2: *** Ipocrisia ***



Capitolo 1
*** Prologo: giocare a fare Dio ***


Di mostri antropomorfi e donne che li amano troppo

Prologo: giocare a fare Dio



Giorno 14 dicembre.
Ore: 2:00 a.m.


'Sì, hai capito bene. Sacks mi ha chiamato personalmente dieci minuti fa e mi ha detto di avvertire anche te. Roba grossa. '
'Che il siero abbia fatto effetto e la Thompson riceva una proposta di matrimonio dal capo in persona? '
'Non so, Amy. Stavolta mi trovi senza uno straccio di teoria. '
'Se ti sentisse lui verresti licenziato all'istante. A che ora l'appuntamento? '
'Il prima possibile. Fai correre quella tua vecchia baldracca a quattro ruote. Quasi dimenticavo... tra venti minuti in sala conferenze. Ricorda che Sacks non ama aspettare. '
'Ricevuto. '
Emily Robinson si riscuote dal torpore indotto da un melodrammatico film con Cary Grant che osa abbracciare, con i capelli impiastrati di brillantina, una meravigliosa Katharine Hepbur. Con un calcio spinge via le lenzuola e Steve Brown, dall'altro capo del telefono, non perde tempo a riattaccare. Normale amministrazione. Il silenzio viene intervallato solo dallo scrosciare dell'acqua sul lavandino e il fruscio del pigiama gettato malamente sul letto. Una rapida pettinata ai capelli ed ecco che lo spatafillo riceve un paio di sguardi affettuosi dalla padrona di casa, prima che questa abbandoni definitivamente l'appartamento per quella che si prospetta essere l'intera giornata.
 

 

Cinque minuti sono spesi per stendere un correttore più scuro del suo incarnato di due toni, ma è perfetto per coprire il brufolo alla base del mento che puntualmente appare quando è prossima al ciclo. Dieci minuti buoni sono sprecati ad assicurarsi che il motore della vecchia Cadillac resista fino alle Sacks Industries prima di addormentarsi per sempre sotto un mantello di neve bianca. Due minuti per cercare la tessera di riconoscimento e indossare il camice da laboratorio direttamente in macchina, superando due semafori rossi a piena velocità - darà la colpa a Steve Brown, maestro nel mettere ansia alle persone, dovesse ritrovarsi un bel foglietto incastrato tra le spazzole del tergicristallo.

Ma alla fine ecco profilarsi all'orizzonte i familiari camion blindati che proteggono la sede principale da ospiti indesiderati - e accolgono quelli desiderati eccome. Ma questa è un'aggiunta che fa Emily, e solo nella sua testa. E' sicura che ciascun scienziato nella sua équipe, scelto da Sacks in persona, si sia fatto delle teorie più o meno fantasiose. Una prova? Niente notizie del Clan del Piede da due giorni esatti dall'attacco alla metro. La notizia era finita su tutti i giornali, dal New York Times al The Wall Street Journal.
 

The New York Times

  Il Clan del Piede attacca la metro di New York
di Oliver McNaughton
  
Il Clan del Piede colpisce ancora: alle ore 7:00 p.m. di ieri, giorno 12 dicembre, l'organizzazione criminale che attanaglia da mesi la nostra città ha attaccato la fermata di Broad Street della metro di New York. Diversi testimoni raccontano di aver visto 'strane figure antropomorfe' sventare l'attacco terroristico e salvare gli ostaggi. Di seguito riportiamo le dichiarazioni di alcuni sopravvissuti.
  
"E' stato incredibile! Sembravano umani,                                                  
ma al tempo stesso non lo erano, avevano                                               
qualcosa sulla schiena ed erano armati, sì,                                               
di questo sono assolutamente sicuro! "                                                     
(Testimone 1) 
"Ho vissuto attimi di terrore, vi dico.
quei delinquenti avevano preso mia
figlia. Ringrazio solo la ragazza che
l'ha protetta stringendola tra le sue
braccia. Non so chi tu o dove tu sia,
ma sappi che hai la mia piena ricono-
scenza. E quella della mia bambina. "

(Testimone 2)

 
                                                                                                                                                                                                                                                 
                                                                                                                 
                                                                                                                                                      

                                                                                                                       
                                                                                                                                                                    

                                                                                                                       

Ma poi silenzio. Da quel giorno non c'erano state più notizie di attività criminali, se non qualche scarabocchio sui muri cittadini, roba da teppistelli giovani e inesperti. Eric Sacks in persona aveva rilasciato interviste su interviste, promettendo una reazione tempestiva per frenare l'organizzazione che stava mettendo in ginocchio New York. Sezione Biomedica. Sezione Robotica. Sezione Genetica. La risposta di tutto è nella scienza e proprio quella avrebbe fermato l'avanzare della criminalità organizzata, o almeno così aveva sostenuto lui nelle interviste di Canale 1, quello dedicato ai fatti di cronaca più importanti, che Emily continua imperterrita ad evitare per non deprimersi alle notizie di omicidi in pubblica piazza. Proprio sotto il naso della polizia.
'Tessera. ' soffia un soldato con il volto nascosto da un passamontagna nero. Al suo fianco un collega gli fa luce con una torcia elettrica.

 Emily Robinson. Per gli amici Amy. "Come Amy Hempel la scrittrice, " diceva sua madre ridendo, prima che un infarto la stroncasse nel fiore degli anni, "ma destinata a cose molto più importanti. Altro che scrittrice. Amy Robinson la scienziata. Senti come suona bene? " Una giovane donna che non ha ancora raggiunto il fatidico traguardo dei trent'anni e che, se le si facesse presente che a separarla dalla trentina mancano meno di quarantotto mesi, raddoppierebbe la dose serale di crema antirughe. Lo sguardo immortalato nella foto brilla d'orgoglio per l'emozione di essere stata scelta da Eric Sacks in persona come scienziata ad honorem per una causa nobile. Una figurina innocente e raggiante nel suo entusiasmo contagioso, che appare piuttosto raramente e solo nei momenti più critici di una nuova scoperta in laboratorio. O quando entra in un negozio di fiori per scegliere un nuova aggiunta, rigorosamente la più brutta in catalogo, per la sua collezione privata. Giusto per illudersi di stare aiutando qualcuno, o meglio qualcosa.

'Può passare. ' annuncia l'uomo con voce baritonale con un cenno verso la coppia di energumeni che tiene sorvegliato il portone. La tessera di riconoscimento viene restituita bruscamente, con estrema freddezza, ma a questo la donna è già abituata. La consola solo il fatto che anche ai suoi colleghi venga riservato il medesimo trattamento. Per lo meno non ci si può lamentare che le Sacks Industries non siano democratiche.
Dovrebbero candidare Sacks come protettore della democrazia americana. Anche meglio del Presidente.

Il secondo posto di blocco è situato all'ingresso dell'ala sud, la parte di quel piccolo regno adibita agli incontri ufficiali con gli alti membri della società newyorkese, esposta al pubblico durante gli eventi ufficiali. Il piccolo giardino botanico è incluso nella visita turistica, ed è una delle attrazioni di maggior successo. Anche per lei.
Solo due persone sanno del suo piccolo segreto. L'anziana addetta alle pulizie, una certa Mary Evans, ha giurato di non dirlo a nessuno – e non ha voluto nemmeno dei soldi per il suo silenzio. E Steve Brown è l'unico che sa dove trovarla quando la ruota non gira per il verso giusto. Nel giardino botanico c'è un anfratto, proprio lì, tra il Filodendro e il Ficus piangente, in cui Emily ama rannicchiarsi quando le cose vanno male. Ci si arriva attraversando l'intera azienda da sud a nord, ignorando l'ala est della biotecnologia e la ovest della meccatronica. Un luogo magico, poco frequentato, pregno del profumo dei petali appena schiusi e del muschio bagnato delicatamente dalla pioggia artificiale. Il solo ricordo di quell'odore così angelico, così innocente e puro, è tutto ciò che consola la giovane donna non appena, spalancata la portiera con uno sbuffo, gli stivali affondano in uno spesso strato di ghiaccio e neve e una folata di vento gelido le arrossa le guance e la punta del naso.

Con la coda dell'occhio scorge due soldati puntarle addosso due fucili a pompa. L'avevano spaventata oltre misura la prima volta che aveva varcato il portone in veste ufficiale di "collaboratrice superiore", e solo l'intervento di Eric Sacks in persona era riuscito a sventare l'inizio di un attacco isterico. "Questione di precauzione, mia cara." aveva detto l'uomo con le mani giunte dietro la schiena, "non si sa mai che qualcuno scappi con qualche informazione riservata. O qualcos'altro di ancora più importante." Lei non aveva chiesto cosa si celasse dietro quelle parole. Sapeva solo che, per qualche motivo, una vocina nella sua testa le stava urlando di scappare il prima possibile da lì. E al diavolo il suo lavoro prestigioso. Al diavolo la carriera e al diavolo i soldi. Per la prima volta in vita sua, Emily Robinson aveva fatto i conti con la prospettiva di morire.
'Si avvicini pure, dottoressa. ' dice il soldato vicino allo scanner dell'iride. "Tengo molto al comfort dei miei dipendenti. Niente retina e solo iride, così tutti sono felici." Ennesima dimostrazione di quanto il loro superiore sia un tipo bizzarro. Eppure ci aveva visto giusto: la scannerizzazione dell'iride come misura precauzionale ha messo a tacere le lamentele sulla mancanza d'igiene. Tac. Pochi secondi a fissare a distanza quello che la Thompson ha ribattezzato come 'l'occhio di Polifemo' e il gioco è fatto.
'Emily Robinson. Laureata in biologia molecolare, codice 330.498. Può passare. '

L'ultimo passo, che per le donne giovani e belle dura sempre qualche secondo in più, è la perquisizione. Poco importa se si è scienziate o donne addette alla pulizia dei bagni - "E' disgustoso. Noi puliamo i cessi dalla loro merda e loro sporcano ancora. C'è piscio ovunque. E non voglio sapere cosa siano quelle macchie sul soffitto. Scommetto che si divertono pure a farlo." - gli scagnozzi di Sacks ne approfittano sempre per allungare le mani. Seno, natiche, fianchi, gambe, non resta parte del corpo che non venga palpata da mani crudeli e anonime. C'è da resistere e basta. Emily chiude gli occhi mentre un uomo più grosso degli altri le schiaffa le dita sulla vita e sul sedere. Il trucco per resistere è pensare che ad accarezzarla sia un altro uomo, magari nel mezzo di un amplesso passionale e violento. Cary Grant può anche andare bene, litri di gel esclusi dal conto finale. Sono emozioni forti e proprio per questo, quando riapre gli occhi e nota la soddisfazione negli occhi del soldato che l'ha toccata, tutto ciò che prova è l'ombra del disappunto. Si è fermato proprio sul più bello, mentre il suo innamorato immaginario la stava portando mano per mano al limite del piacere carnale più volgare e semplice.
'E' pulita. ' si limita a dire l'uomo senza scollarle gli occhi di dosso e indietreggiando per lasciarla passare. Emily non se lo fa ripetere due volte e con una sola falcata ha già superato l'ultimo posto di blocco.

  

La sala conferenze si trova al primo piano del complesso sud. Le scale, i corridoi e le varie stanze pullulano di uomini armati, ma non appena supera l'ultimo gradino delle scale e la familiare figura di Steve Brown fa capolino dalla fessura che divide la porta dallo stipite opposto, Emily Robinson capisce immediatamente che, qualsiasi sia il motivo per cui il capo li ha convocati tutti a quell'ora, si tratta di roba ben più importante di quanto lei e Steve avessero previsto prima. Eric Sacks è al centro della stanza e, a parargli le spalle, c'è una donna in un'attillata tuta nera e dai curiosi tratti orientali. Emily è piccola di statura e ne approfitta per nascondersi dietro ad un uomo dai capelli fulvi, un certo Corton o Connor, piuttosto alto e con le spalle ben modellate. Ma gli occhi rapaci di Sacks la notano all'istante.

'Bene, vedo che ci siamo tutti. Dottoressa Thompson, lei è presente. Dottor Drew, in prima fila. Dottor Connor e Brown, ci siete anche voi. Dottoressa Robinson, appena arrivata. Possiamo procedere. ' dice il padrone di casa, scandendo sillaba dopo sillaba con cura maniacale mentre segna i nomi dei presenti su un foglio di carta. Con un finto colpo di tosse attrae l'attenzione di tutti i presenti in aula. Persino i soldati posti di guardia si rizzano ancora più in alto di quanto non facciano già. Quando parla, Eric Sacks ha un tono così solenne che rende inutile qualsiasi tentativo di distogliere l'attenzione dalla sua persona.
'Come ben sapete, il progetto Post-Rinascimento prevedeva la creazione di un mutageno che potesse aiutare la rigenerazione delle cellule malate o danneggiate. Vi ho scelti personalmente per la vostra bravura nel settore e ad oggi non avete affatto deluso le mie aspettative, ragion per cui vi ho lasciati lavorare in segreto e sotto la protezione dei miei soldati. ' enuncia l'uomo fissando i diretti interessati. 'Quest'oggi, però, le carte in tavola cambiano. Abbiamo trovato il mutageno. ' conclude.

'Com'è possibile... ' sussurra Emily sorpresa, e per la prima volta in quella giornata che si prospetta essere epocale, è costretta a sopprimere un brivido d'eccitazione. Il mutageno, una fantomatica sostanza degna dei fumetti più beceri destinati ad essere buttati nel bidone della spazzatura... o negli scaffali delle storie più innovative di tutti i tempi. Il 245-X era stata la riproduzione più accurata del siero usato nel progetto Rinascimento, i cui dati però erano andati perduti durante un incendio che, nel 1999, aveva reclamato la vita di un certo Kirby O'Neil e delle cavie usate durante gli esperimenti. Il Times dell'epoca non aveva riportato alcun dettaglio truculento sulla morte dell'uomo o delle cavie – quattro tartarughe e un ratto, perciò il caso era stato archiviato dopo il funerale del braccio destro di Sacks. Nient'altro.
'Abbiamo trovato tre esemplari in perfetta salute. Il loro sangue presenta alte dosi del siero che per anni abbiamo cercato di sintetizzare senza risultati degni di nota. Tutto ciò che dovrete fare da oggi in poi sarà estrarre il mutageno e analizzarlo. Ma vi avverto: non provocate le creature in nessun modo. Non date loro motivo di attaccarvi o parlarvi. '
'Parlarci? ' chiede una voce indubbiamente femminile. Ella Thompson, classe 1982, occhi azzurri e vitino da vespa, gambe lunghe da ballerina. La perfetta incarnazione del sogno erotico americano – e non - più diffuso tra uomini e donne. E il fatto che indossi spesso gonne aderenti e magliette scollate sotto il camice sbottonato non aiuta. Quante volte Emily stessa aveva beccato i soldati che pattugliano i corridoi scoccare alla biondina occhiate bramose, piene di lussuria... solo per congratularsi con se stessa per la sua apparenza anonima che le permette di passare inosservata. Eppure, nonostante il corpo da fotomodella che la apparire ad una prima occhiata sciocca e superficiale, nel corso dei mesi la Thompson si è mostrata degna della fiducia di Eric Sacks, tanto da aver contribuito lei stessa alla creazione del 245-X utilizzando i conigli come cavie.
Sacks punta gli occhi direttamente su di lei. 'Sì, parlarci. Ho il piacere d'informarmi che le cavie che credevamo morte per l'incendio sono sopravvissute grazie al mutageno, che ha aumentato esponenzialmente le loro capacità intellettive. Sono più che capaci di parlare e capire la nostra lingua. '
Nessuno fiata. Emily Robinson non ha il coraggio di aprir bocca. La situazione si è fatta decisamente interessante e la posta in gioco è alta. Ed ecco che si presenta puntuale come un orologio svizzero la sensazione più simile all'eccitazione sessuale che abbia mai provato, quella che scuote il corpo e infiamma quei filamenti grigi che s'inerpicano su per la schiena, fino a travolgere la sua parte più recondita e intima. E' costretta a strizzare i muscoli delle cosce e a nascondere il tic alla mano sinistra immergendo quest'ultima nella tasca del camice. E pregare che nessuno senta il suo respiro più affannato del solito.
'Ora vi porterò da loro. Mantenete la calma e non provocateli. Le unità di contenimento sono resistenti agli attacchi meccanici, ma come si dice... ' Sacks accenna un sorriso che di rassicurante non ha niente. 'La prudenza non è mai troppa. '
  

Com'era prevedibile, i soldati sembrano diventare tutt'uno con le pareti quando si fanno da parte per far passare Sacks e le quattro paia di gambe che lo seguono a passo quasi militare. Cinque, considerando l'asiatica che li segue a ruota. I corridoi sono nivei e ciò non fa che aumentare la sensazione di star camminando in un ospedale. L'odore che aleggia sa di chimico e asettico, assolutamente impersonale. Così diverso dalla serra, sgargiante di colori vividi, vivi, ed Emily si ritrova ancora una volta a sognare quel piccolo angolo di paradiso mentre il suono dei loro passi echeggia e rimbomba nel silenzio da camera mortuaria. Mutanti dalla straordinaria intelligenza, nonchè promesse di divertimento senza freni a cui i mattoni cartacei dell'università non preparano. Emily si è sempre creduta una persona paziente, ma lì, con le cosce umide e un brillare maniacale negli occhi, sente che la sua pazienza è agli sgoccioli.
'Dove li avete sistemati, dottor Sacks? ' chiede nuovamente Ella Thompson, a capofila.
La voce di Sacks giunge nitida e potente come il tuono di una campana. 'E' una nuova aggiunta alle Sacks Industries. Vi basti sapere che non ci siete mai stati. E' un'area ancora riservata per il personale non autorizzato. '
La scalinata conduce il gruppo ai piani nascosti dell'azienda. Che le Sacks Industries fossero dotate di sotterranei non era un segreto e lo stesso Eric Sacks, col suo solito senso dell'umorismo, aveva spesso scherzato sul fatto che potessero esserci i corpi di alcuni loro colleghi cementati lì sotto. La verità, o quella reputata tale, era che i sotterranei fossero il macabro equivalente di un enorme e labirintico magazzino degli attrezzi.
Ad ogni passo il freddo aumenta. L'inferno, lo ribattezza così Emily mentre occupa l'ultimo posto della fila. Non ha voglia di farsi vedere da Sacks, e a malapena tollera la presenza di Steve Brown al suo fianco quando il suo corpo è così reattivo. E non ha voglia di pagare le conseguenze di qualche azione sbagliata compiuta nel posto sbagliato al momento sbagliato.
'Signor Sacks... ' mormora con referenza uno dei soldati posti di guardia all'ultima porta, rigorosamente blindata. Con la mano libera digita dei tasti su un pannello di controllo mentre con l'altra impugna un fucile a pompa. Con un sonoro "Clack" la porta è aperta... ed è meraviglia generale.

'Cosa diamine... ' sussurra Connor, un'unica voce seguita da un coro di quattro gemiti soffocati. C'è stupore, fascinazione, orrore, a tratti paura. Emily trattiene il respiro. Deve aver sgranato all'inverosimile gli occhi, perchè le stanno bruciando. Un rivolo di saliva rischia di strabordare all'angolo della bocca, ma lei è troppo impegnata a realizzare che sì, quello non è uno scherzo, che sì, non sta sognando e che sì, a fissare quel branco di umani dalle espressioni ridicole ci sono degli esseri antropomorfi su due gambe.
'Vi presento ciò che l'essere umano è stato capace di creare. Non abbiamo giocato a fare Dio. Siamo diventati Dio. ' dice Sacks con voce calma e sicura, ed è allora che si gira verso di loro. Il suo sguardo sta saettando su ognuno degli scienziati, persino su Emily stessa, ma alla fine che importa? Sono stati già scelti e non si può più tornare indietro. Solo che questo... questo... va oltre ogni aspettativa, ogni immaginazione, ogni raziocinio.
'Sono sedati, non è così? ' chiede la Thompson senza scomporsi più di tanto. Il suo sguardo dev'essersi fatto gelido e insensibile. Gira voce che guardi così le cavie prima di aprir loro la testa, ma lei non ha mai dato segno di tener conto delle ridicole supposizioni fatte delle matricole che venivano a fare il tirocinio. Prima che il progetto Post-Rinascimento cominciasse, s'intende.
'Abbiamo somministrato ad ognuno di loro forti dosi di ketamina. ' si limita a dire il capo. Un gemito roco lo interrompe e la sua bocca si storce in una smorfia di palese fastidio. 'Mi servirà qualcuno che gestisca le operazioni in mia assenza. ' continua lui, il tono di voce più carico e possente. 'Qualcuno che diventi garante del mio... nostro, successo. C'è qualche volontario? '
Affascinante. La pelle verde da rettile è coperta in alcuni punti da scaglie che sembrano luccicare sotto la luce fredda dei neon, eppure nelle zone più lisce l'epidermide è liscia come quella di un umano. A fasciare il capo dei tre mutanti ci sono delle fasce colorate che lasciano scoperti gli occhi – Non si svegliano, dannazione! Quanta ketamina gli hanno iniettato per ridurli così?
'Magari lei, dottoressa Thompson? '
C'è una variabilità genetica che influenza il fenotipo. Da dove iniziare? Quale scegliere? E devo per forza scegliere? L'occasione della mia vita. E devo controllare il mio corpo. Dovrei assolutamente parlare con un medico.
'Io... sarei onorata, davvero. Ma credo di non avere le competenze necessarie per... '
Altro gemito. Emily fa un passo avanti. Una forza irresistibile la sta attraendo verso le tre creature. E' la sorpresa, no, è l'emozione di una nuova scoperta, no, è molto più di così. E' molto più forte di così. A sospirare più forte è la creatura con la fascia blu. Sta smaltendo la sbornia. Oh, andiamo, fai in fretta e apri gli occhi. Voglio vedere quanto sei umano sotto quelle squame.
'Oh, non sia modesta, la prego! La considero uno dei miei scienziati migliori. E' più che degna di prendere il posto. '
'Ma io... '
Altro passo avanti. Emily non si rende conto di aver superato Steve, Connor e Drew. Restano solo Sacks e la Thompson a bloccarle il passaggio. A separarla da quei stupefacenti parcogiochi a due gambe e da cui non riesce a distogliere lo sguardo. Non le sfugge ogni minimo guizzo delle labbra, ogni contrazione dei muscoli delle braccia, il vibrare continuo del petto, ogni smorfia di sorpresa e poi l'odio, un odio profondo e viscerale che solo un animale spaventato può rivolgere al suo persecutore. Il blu si è svegliato. Da quanto tempo la sta fissando? Da quanto tempo la fissa come se volesse demolirla pezzo dopo pezzo?
'Dovrà accertarsi che i qui presenti eseguano le mie istruzioni in mia assenza, che le verranno passate in seduta privata. E mi aspetto la massima collaborazione con i nostri ospiti. ' Lo sguardo di Sacks saetta da lei ai soldati. La giapponese annuisce. 'Il nostro obbiettivo è estrarre il mutageno dai fluidi corporei di quelle... cose. Dovrete aumentare il tasso di produzione del sangue con dosi massicce di eritropoietina per poi drenarlo il più possibile. Ripetete la procedura con intervalli di massimo 24 ore. '
 
Emily Robinson ritrova la voce dopo un minuto di silenzio. Il tic alla mano sinistra è peggiorato ed è sicura che il tremolio le stia scuotendo il braccio. Ma che importa? Nessuno lo noterà, impegnati come sono a tirare considerazioni senza senso sulle creature. Dev'essere sicuramente così. Nel giro di pochi secondi la dottoressa in biologia molecolare ha già deciso. I mutanti sono miei. Mi appartengono. Non li darò a nessuno. Ma resta un interrogativo spinoso, alla quale ha Emily ha paura di rispondere. Eppure chiede lo stesso. 'E una volta ottenuta la dose necessaria di mutageno? Cosa ne dovremmo fare di loro? '
Sacks le lancia un'occhiata stranita, come se la vedesse per la prima volta. Poi lascia scivolare lo sguardo da lei ai tre soggetti alle sue spalle. 'Una domanda per un altro tempo, dottoressa. '
Va bene così. La vocina nella sua testa sa già cosa vogliano dire quelle parole, la stessa voce che le aveva intimato di scappare, di non accettare il lavoro, di trasferirsi lontano da New York per non metterci più piede. Quella vocina viene puntualmente ignorata. Emily si fa andare bene quella risposta che lascia più domande di prima, tanto ci sono cose più importanti a cui pensare. Il futuro è incerto, il presente non lo è per niente. E il suo presente è lì, ancorato ai tre mutanti, come lo sono i suoi occhi incollati ai loro volti.


 

 

Note dell'autrice:

Come le mie lettrici più attente avranno notato, questa è la trama di 'Mostro' corretta e revisitata. Per capirne di più leggete pure 'Burning Bright' della mia amicissima Ciarax. Fidatevi, capirete moooolte cose della lore di questa storia. Oh, le tartine appartengono all'universo del film di Bay, quello del 2014 che personalmente ho ADORATO. Non so se cancellerò 'Mostro' o meno, per citare il signor Sacks, 'E' una domanda per un altro tempo.' E su questo siamo d'accordo.
Mando un abbraccio fortissimissimo a Ciarax, Elenatmnt e a tutti coloro che seguiranno, leggeranno e possibilmente (!) recensiranno questo piccolo remake. Vi aspetto al prossimo capitolo!
 
Made of Snow and Dreams.

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Capitolo 2
*** Ipocrisia ***


Ipocrisia


 

E' questione di pochi attimi. La donna asiatica inizia ad usare un tono imperioso ed irritante. 'Modotte, modotte! State indietro, tutti quanti! '

Stare indietro? Stare indietro per cosa? Le unità di contenimento sono fatte di plexiglass e lega d'acciaio, e niente e nessuno può scalfirle, tantomeno distruggerle.

'Dove siamo? ' chiede il mutante con la maschera blu. Gli occhi sono acquosi e distanti, umani proprio come Emily Robinson si aspettava e sperava, e la voce è roca, ancora impastata. Tuttavia il tempo di ripresa è, per sua fortuna e delizia, più breve rispetto a quello umano. Le iridi della creatura sono di un azzurro ghiaccio incontaminato dal verde o dal castano, e ciò non fa che aumentare la curiosità della donna. Un mutante su tre ha aperto gli occhi e no, non è affatto delusa da ciò che i suoi occhi hanno la fortuna di vedere; mancano però gli altri due, e la curiosità è tanta.

Eric Sacks ha la decenza di voltarsi verso il suo interlocutore. Se gli occhi del mutante in blu irradiavano puro odio con un tocco di ansia e preoccupazione, ora sono carichi di qualcos'altro, molto più animalesco e primitivo, eppure stranamente controllato; come se ci fosse qualcosa che lo trattenesse dall'attaccare Sacks, o almeno provarci. No, non è corretto. Le sue braccia sono incatenate, i polsi bloccati, e lo stesso trattamento è stato riservato anche agli arti inferiori. Che pena. Un tale miracolo della scienza dovrebbe esser messo nelle condizioni di muoversi, di correre, saltare, di essere cronometrato, studiato, toccato, e...

'Benvenuto alle Sacks Industries. Oh, perdonami se mi rivolgo solo a te, ma credo che i tuoi fratelli reciteranno la parte della Bella Addormentata ancora per un po'. Anzi mi stupisce che tu sia già sveglio. '

Il mutante guarda i suoi simili, anch'essi prigionieri nelle gabbie – gabbie da circo, proprio come per i fenomeni da baraccone – e i suoi lineamenti alieni si distorcono in uno strano mix di preoccupazione, ansia, dolore. Ma l'odio c'è ancora, ad inquinare tutte quelle emozioni umane. Emily è sconcertata, e ancor di più da se stessa. Dovrebbe essere felice che quelle creature presentino dei tratti umani, che si comportino e atteggino da tali; eppure qualcosa stona in quel quadretto di fascinazione puramente scientifica, l'ansia che siano fin troppo umani. Che l'istinto primordiale sia soppresso o addirittura assente. Ecco, quello sarebbe una delusione. Di uomini umani il mondo è pieno. Di creature mutanti, invece, restano solo quei tre, bellissimi esemplari, con i corpi strizzati dalle cinture e i piedi coperti da strane calzature che le ricordano tanto l'oriente, il Giappone, il mondo dei samurai e il loro codice d'onore. Che sia quello, uno strano codice accessibile solo a loro, a sopprimere una reazione violenta, impulsiva e assolutamente giustificata? C'è tantissimo materiale di studio, e per una volta Emily è tentata dall'uscir fuori dal rango da soldato semplice che le è stato assegnato e fare un salto di qualità. Sono tanti i metodi di studio per capire esattamente cosa siano quegli esseri... e la vocina nella sua testa, che sia dannata in eterno, continua a serpeggiarle nel bagagliaio della macchina in corsa che è la sua mente in subbuglio, a sussurrarle che per una volta la risposta non è nel mondo artificioso e sterile di provette, centrifughe e variopinti liquidi chimici... no, la risposta è nella parola, nella comunicazione, tutto ciò che ha sempre unito gli esseri umani dagli albori del loro tempo. E poi, da un punto di vista molto più pragmatico, sarebbe il metodo d'azione più semplice ed effettivo per guadagnarsi la loro fiducia per semplificare il lavoro degli altri, qualunque sia il compiti che venga assegnato a quelle maschere comiche dagli occhi strabuzzati all'inverosimile e le mani imperlate di sudore.

'Cos'hai intenzione di farci?' continua a chiedere il mutante sveglio, e nonostante Emily possa vedere di Sacks solo la schiena e sia distratta dall'analizzare ogni sfumatura che riesce a cogliere nella voce del blu, è sicura che l'uomo davanti a lei stia sorridendo trionfante.

'Credo sia ovvio. ' dice semplicemente Sacks, con le mani giunte dietro la schiena. Poi si volta e con un gesto teatrale delle braccia fa largo ai suoi sottoposti. 'Ne approfitto per presentarti i miei collaboratori. Puoi parlarci, se vuoi. Non ti risponderanno, ma almeno avrai un bel panorama da guardare. '

Come agire, come posizionarsi, che prima impressione dare? Tendere la schiena come una corda di violino o incurvare il corpo per dare l'idea di una persona sottomessa e, magari, affidabile? Usare il corpo come mezzo di comunicazione principale, almeno durante la presenza di Eric Sacks, è l'unica opzione disponibile. In quel momento di indecisione, Emily si maledice internamente per aver scelto la sua posizione in prima fila, a fianco di Ella Thompson. E si maledice ancora di più per i suoi riflessi lenti, per la sua goffagine che non le permette di essere tempestiva in quella frazione di secondo prima che il mutante in blu segua con lo sguardo il braccio di Sacks e fissi i suoi futuri torturatori. Okay, punto suo. Restano due possibilità un'impressione positiva sugli altri due.

Non le sfugge il tremolio della mano destra del mutante in viola. Nella sua mente quell'altra creature dagli arti più smilzi e lunghi del suo simile ottiene il secondo posto in ordine di tempo in ripresa dalla ketamina.

'Donnie... ' sussurra il blu, e di nuovo c'è apprensione.

Troppe nozioni in una sola volta. Il viola ha evidentemente un nome, il che significa che probabilmente anche il blu e l'arancione, quest'ultimo ancora dormiente, ne hanno uno. Gli esseri umani hanno un nome e un cognome ereditato dal padre, gli animali hanno solo il nome scelto dal proprietario. Emily è nuovamente curiosa, ma stavolta con se stessa. Il fatto di affibiare loro un soprannome li rende pari ad un animale, un animale speciale in questo caso, ma pur sempre un animale. Il fatto di chiamarli per il nome scelto da loro stessi li pone al suo stesso piano, diventano un loro pari. Niente da invidiare agli scienziati umani che continuano a fissarli.

'Tu non toccherai i miei fratelli. E neanche me. ' dice il blu lentamente, scandendo parola per parola come se dovesse farsi capire da un essere inferiore. Anche lo sguardo incastonato nei suoi occhi ha un che di autoritario, di nobile, che induce il rispetto dall'altro. Ma Sacks è evidentemente immune a quella dimostrazione di forza interiore. L'uomo ride ancora, da dietro è ancor più visibile il mento che si alza in modo aristocratico, la postura che diventa più sciolta. Sta giocando con il mutante, come fa un gatto con la sua preda prima di divorarla... e forse accadrà proprio questo, prima o dopo.

'Ma davvero? Ti sei forse guardato allo specchio, hai visto dove ti trovi? Hai visto chi hai davanti? Tu non puoi nulla contro di noi, mia cara tartaruga troppo cresciuta. Sei nato come animale e tale sei rimasto, e come tale morirai. Conta pure i giorni, se ti fa stare meglio. Ma lo stesso destino spetterà ai tuoi fratelli. ' Sacks si gira, incurante dello sguardo del mutante che sembra trapassargli la schiena come un laser, e la sua faccia ssume un'aria addirittura annoiata. 'Vedi però il lato postivo: morirete insieme. Questo non ti consola? '

Un vero crimine contro la scienza. Qualunque cosa debbano far loro, i mutanti devono essere lasciati vivi. Ed è sicura che anche i suoi colleghi siano d'accordo, nel loro intimo. Se solo ci fosse lei al posto di Sacks, se solo fosse lei il capo, se solo le sfuggisse qualche parola, magari davanti alla stampa, potrebbe avere qualche possibilità di salvarli. O forse si riempirebbe solo di ridicolo. E perderebbe il posto, insieme alla sua dignità. Comunque vada, una cosa è certa. Eric Sacks è quel tipo di scienziato, uno di quelli che ama seminare il panico nelle proprie vittime, che ama spaventarle inutilmente. E' più crudele di quanto si aspettasse, molto più di quanto Emily Robinson avesse intuito nei pochi momenti in cui si erano rivolti la parola. Eric Sacks può far finta di sorridere, può ingannare tutti storcendo la bocca, ma i suoi occhi restano sempre gelidi e distaccati, assenti. E ciò lo rende molto più pericoloso di quanto pensasse. Il suo atteggiamento verso il blu ne è la prova finale.

Emily riporta l'attenzione sulla creatura quando quest'ultimo alza il tono di voce. E' un cambiamento quasi impercettibile ma al tempo stesso radicale. Le braccia cercano di strattonare le funi che le tengono prigioniere, cerca di fare un passo in avanti ma anche quello gli risulta impossibile. La sua unica arma è la parola. 'Non dategli retta! Eric Sacks lavora per Schredder, il capo del Clan del Piede che da mesi io e i miei fratelli cerchiamo di combattere! Ricordate l'attacco alla metro? C'eravamo noi a proteggervi, e continueremo a farlo se ci liberate ora, subito! Non ascoltate le sue parole... '

'Stai zitto, mostro! ' ringhia la donna asiatica scattando in avanti. 'Non osare parlarci in questo modo, lurido essere inferiore! '

'Oh, non se la prenda, signorina Karai. ' dice Sacks in modo quasi casuale, 'Mi creda, non ne vale la pena. Adesso... ' continua, sempre disinteressato, '... è tempo per me di andare. ' Un'occhiata all'orologio da polso. 'Sono già in ritardo. Quanto a voi tutti, sapete cosa fare. Non c'è bisogno che sia io stesso ad assegnarvi i compiti, giusto? '

Un sorriso insolente, le labbra ad espandersi fino a rivelare gli incisivi bianchi e perfetti.

No. Non c'è bisogno che sia lui ad assegnare i compiti. Ma questa è una cosa che Emily non ha il coraggio di pronunciare. E' l'ape regina a farlo al posto suo. Ed è meglio così. Che si occupi lei della burocrazia interna. Emily ha già tutto quel che vuole. Le va bene qualsiasi compito, davvero. Le va bene anche pulire la polvere dal pavimento, a patto che sia il pavimento su cui poggiano le zampe di quelle tre creature.

Ma Sacks continua. 'Affiderò il lavoro a voi tutti. La dottoressa Thompson si occuperà di fare da tramite. Lascerò a voi il piacere di scegliere le vostre occupazioni. Tornerò quando avrete sintetizzato il mutageno per il nostro progetto. I vostri colleghi qui presente vi aiuteranno a tenere a bada le creature. Oh, e un'ultima cosa... ' dice, non prima di voltarsi con gli occhi velenosi, '... buona fortuna. '

Quella sembra essere l'unica frase sincera pronunciata da Sacks. Quando la sua figura però oltrepassa lo stipite della porta e i soldati a guardia rizzano le schiene, è sollievo generale. Sfortunatamente, però, dura poco.


 

 

Con Sacks fuori dal palcoscenico, l'atmosfera della stanza dopo pochi secondi si è fatta tesa e pesante, affilata come la lama di un coltello da macellaio. Lo scambio di sguardi – disperati, confusi, a tratti innocenti come quelli di un bambino – rende tutto ancora più buffo. Emily riderebbe volentieri se lei stessa non facesse parte del quadretto. E inoltre sarebbe tutto molto, troppo ipocrita. Steve Brown l'ha raggiunta in una frazione di secondo, sente il calore sprigionarsi dal suo corpo alla sua schiena, e in altri tempi sarebbe stata una piacevole distrazione... ma non adesso, non ora, non quando i suoi occhi non vogliono saperne di smettere di viaggiare nella landa desolata che sono gli occhi del mutante in blu, solo per tornare nel porto sicuro che è la normalità, la realtà che ha sempre vissuto e che ha sempre considerato tale. Che menzogna, che madornale, stratosferica bugia, che vita noiosa e disperata ha vissuto fino a quel momento, e la consapevolezza di avere a che fare con qualcosa – qualcuno? - che viola le leggi stresse della scienza la distrae momentariamente dall'ondata di tristezza che sicuramente la travolgerà una volta tornata nel suo grigio appartamentino di città.

Ella Thompson interrompe il silenzio generale scrollando le spalle, composta e perfettamente ordinata anche nella voce elegantemente misurata. 'Sono certa di star provando i vostri stessi sentimenti. Su tutto questo. Su di... loro. ' e con il mento fa un cenno verso i tre mutanti, 'Ma avete sentito il dottor Sacks. '

'Cosa avete intenzione di farci? ' ringhia il mutante in blu, mentre i suoi occhi gelidi si fissano sulla Thompson come schegge di ghiaccio letali.

Ella Thompson si volta, dandogli le spalle. Ciò non fa altro che aumentare la confusione, la rabbia, la paura negli occhi della creatura... - Interessante. Quanto sei autocosciente, piccoletto?

'Non sono cose che ti riguardano. ' gli risponde la donna senza batter ciglio. La sua voce è gelida, monocorde, come quella di un robot. 'Quanto a noi. Avete sentito gli ordini del dottor Sacks. Mettiamoci all'opera. '

'E di grazia, come dovremmo dividerci i compiti? ' chiede una curiosa voce maschile. Una zazzera di capelli scuri, due occhi neri da falco che sembrano scrutare tutto e tutti, la lingua affilata e piena di sarcasmo, pronta a canzonare l'altro al minimo segno di debolezza. Questa è l'impressione primaria che ha di lui Emily, che si limita ad assistere alla scena in disparte con finto interesse. Perchè la vera meraviglia è un'altra, e certamente non sono quelle chiacchiere da quattro soldi. Tutti i libri gettati per la disperazione, il sudore e le lacrime versati per imparare barbose nozioni scientifiche... tutto inutile e banale, noioso. Niente poteva prepararla per quello.

'Cos'hai da guardare? ' soffia nuovamente il blu come un gatto arrabbiato. Che voce ostile. Che riservatezza. Deve averlo fissato per ben più di qualche secondo. E deve avergli rivolto ben più di qualche, innocente, occhiata.

Dio, mi ha parlato... questo miracolo mi ha rivolto la parola!

Cosa fare? Ignorarlo sarebbe la scelta migliore. Mai disobbedire agli ordini del dottor Sacks. Eppure c'è qualcosa di profondo e viscerale che le fa tremare le ginocchia dall'entusiasmo di poterci parlare. Anche solo di scambiarci qualche parola. Pochi secondi, niente di più. Pochi secondi fugaci per un'eterna felicità. Che occasione. Pochi passi, basta muoversi lentamente, che quegli sciocchi non la notino appropriarsi del loro tesoro. Un tesoro comune, sì.

Ma non per molto.

'Dottoressa? Ha sentito quello che le ho detto? ' squilla quella maledetta voce femminile. L'ape regina ha rovinato i suoi piani. Toc toc, fregata in pieno.

'Amy... ' deve aver sussurrato Steve Brown.

Emily Robinson è sicura che la sua maschera di fintissima perfezione non lasci intravedere alcuna crepa. Nessun segno di debolezza. Nessun motivo per essere considerata l'elemento debole della catena. 'Scusate. Mi sono lasciata trasportare dall'entusiasmo del momento. Di cosa dovrei occuparmi? ' Sorride, e lo mantiene bene. Nonostante la Thompson la stia squadrando da capo a piedi. Nonostante i suoi lineamenti si siano induriti abbastanza da farla assomighliare ad una statua di marmo. Rigida, fredda, distante. E altrettanto statica nella sua ottusità.

'Il suo compito sarà affiancare il dottor Drew qui presente. Insieme analizzerete le specifiche del sangue dei nostri ospiti. '

'Sarò lieto di collaborare con lei, dottoressa. ' s'intromette l'uomo dai capelli castani e lo sguardo rapace. Il suo tono è colmo di sarcasmo.

Che voglia di schiaffeggiarti che ho... ma che mi prende, tutto a un tratto? Perchè questi pensieri?

'Cosa volete fare col nostro sangue? ' ripete il blu.

'E' piuttosto ovvio... ' risponde una voce roca, strascicata, impastata dalla sbornia chimica capace di stendere uno stallone in piena forma fisica. 'Tutto ciò che vogliono è il nostro sangue. Il mutageno. E nient'altro. ' Ed è con sorpresa – e soddisfazione – che Emily collega quella voce, molto più interessante rispetto a quelle umane dietro di lei, al mutante in viola. 'Non aspettarti niente di buono. '

'Donnie... ' sussurra il blu. 'Cerca di muoverti il meno possibile. Ci sono andati giù pesanti con te. ' 'L'altro inarca le labbra lisce e stranamente, ad una prima occhiata, soffici – sta sorridendo! Sta sorridendo per davvero e io sono qui ad assistere allo spettacolo, in prima fila!

'Con te ci sono andati molto più pesantemente. Non preoccuparti per me, fratello. Pensa a Mikey. Non si è ancora svegliato. '

Mikey. Dev'essere sicuramente l'arancione. Sembra essere il più basso dei tre, ma la sua corporatura è possente tanto quanto quella del blu, l'alpha della situazione.

Non possiamo permetterci che muoia. Che non si risvegli più. Dobbiamo fare qualcosa.

'Io direi di preoccuparci di una faccenda più importante. Quella creatura non si è ancora ripresa. Suggerisco di elaborare un piano. ' dice Emily Robinson con un coraggio che decisamente non le si addice, ma l'urgenza di salvare da una probabile morte l'arancione è più forte di qualsiasi timore di essere licenziata in tronco. Con tutte le conseguenze del caso. E l'offerta è decisamente allettante per tutti loro... no, forse non per la biondina, il cagnolino di Sacks. Ma si potrebbe far leva su Connor e Drew. E ovviamente Brown. Sono amici, dopo tutto. Non è educato dire di no ad una signora.

'Forse sarebbe meglio avvertire il dottor Sacks... ' mormora Steve Brown. Perfetto. Esattamente come previsto.

'Forse facevi meglio a stare zitto, Donatello. ' s'intromette la voce, ormai riconoscibile, del blu. E c'è una punta di isterico divertimento ad aleggiare tra le parole. Interessante. Come previsto, i due – tre? - mutanti hanno una varietà di espressioni paragonabile a quella umana. Persino quando sono concentrati, fissi su qualcosa, il loro sguardo è neutrale e rilassato come quello di un umano.

'Cosa ne dice, dottoressa Thompson? '

Passano pochi secondi in cui la donna mastica con veemenza il labbro inferiore. Poi la risposta, e il significato non è mai sembrato più dolce ad Emily, che fissa i suoi occhi imploranti sulla persona a cui dovrà rendere conto per tutta la durata del progetto Post-Rinascimento.

'Sta bene. Avvertirò subito il dottor Sacks. Ammesso che non si sia ancora allontanato troppo... '


 


 

Prima il dolore. Ancora e ancora e ancora, a intervalli di pochi secondi tra una scarica e l'altra. E poi era venuta l'oscurità. Un tempo odiava l'oscurità, la detestava e al tempo stesso la venerava, proprio come i principi che il ninjutsu imponevano di fare. La odiava, perchè non aveva conosciuto altro che quella per i quindici anni della sua miserabile esistenza. La luce non gli apparteneva, non apparteneva alla sua vita. Solo quella elettrica dei neon, o quella naturale delle candele che puntualmente era inquinata dal fetore delle fogne. Per anni aveva immaginato che il loro tepore fosse lo stesso del sole che accarezza la pelle degli esseri umani in superficie. Immaginazione e basta, ma nessuna concretezza. Quanto fastidio, quanta tristezza, quanto dolore per qualcosa che neanche si conosce... eppure era stata la sua stessa fantasia a salvarlo da un destino incerto. Il suo animo sarebbe stato lo stesso senza i mondi fantastici e visionari dei videogiochi? Chi ironia. Gli esseri umani passano così tante ore a cantare di un mondo che non gli appartiene, dando tutto per scontato. Per scontato. E lui, cosa dava per scontato? Ed era una domanda giusta da farsi – no, infatti, era solo pericolosa e basta – perso in quell'assenza di colore in cui era precipitato, e da cui non era tanto sicuro di volersi svegliare?

Questo, e poi erano venuti i suoni. A volte erano striduli, meccanici, metallici, poi diventavano musicali e dolci. Voci di femmine umane, questo aveva immaginato e poi capito. Ragazze dagli occhi teneri e delicati, labbra umettate da una lingua serpentina che sguscia tra quelle sottili linee di carne che aveva sognato così tante volte di assaggiare. O soltanto avere il privilegio di guardare, purchè dal vivo e non su un freddo, lontano schermo, lontano da tutto e tutti.

(Il mio nome è Michelangelo o almeno credo che lo sia e se questa è la morte, oh perchè la morte dev'essere senza luce, che almeno nella morte io possa nuotare nella luce, anche la morte è ingiusta)

Donnie, perchè non si sveglia?

Voci confuse. Maschili e gutturali, giovanili. Donnie, che nomignolo strano. Che nome antico. Che nome... che lui aveva decisamente sentito e pronunciato tante volte. Era qualcosa d'istintivo e viscerale a dirglielo. Donnie, Donnie, Donnie... Le due n rendono il nome severo. La d, la i e la e danno l'effetto opposto. Dev'essere una persona equilibrata, il portatore di quel nome. Un portatore che sicuramente lui conosce, deve aver conosciuto.

Non so, Leo. Probabilmente ha battuto la testa mentre lo trascinavano. Oppure gli hanno iniettato troppo sonnifero. Oppure...

Okay, okay. Ho afferrato il concetto.

Ma non c'è tempo per analizzare quest'altra voce- di nuovo un maschio? - che ecco che un'altra invade quell'oscurità, quella bastarda, quella benvenuta.

Ho avuto un rescontro. Adrenalina. Dottor Connor, se non le è di troppo disturbo...?

Se vuole un parere personale l'adrenalina è un azzardo. Un millilitro di troppo e...

Nessuno le ha chiesto un'opinione, dottore. Questi sono gli ordini e basta.

Clack.

Rumore metallico e assordante. Dovrebbe ritrarsi, vorrebbe ritrarsi... ma non ha le forze.

(Non riesco a muovermi maledizione mi fanno male le orecchie e non posso fare nulla e voglio che quei Donnie e Leo parlino ancora perchè)

Già, perchè?

A questo punto noi le copriremo le spalle, dottore.

Ne sono onorato.

Qualcuno deve aver sbuffato a distanza ravvicinata, perchè lo spostamento d'aria gli sta careazzando la pelle. E' costretto a fiutare-

(Sta succedendo qualcosa di brutto perchè l'oscurità oddio l'oscurità dove vai e perchè adesso vedo i colori)

- quello che dev'essere l'alito di quell'essere estraneo, e sa di qualcosa d'indefinibile, di qualcosa simile al tanfo micidiale del fumo, del petrolio che va a violentare i polmoni, qualcosa che lui aveva sempre odiato perchè ricordava che qualcuno d'importante, qualcuno di molto importante, lo odiava. O che forse lui stesso aveva sempre odiato per semplice curiosità o perchè...

... perchè aveva bisogno di qualcosa che lo facesse ridere, ridere sempre, ridere allo sfinimento, ridere fino a sentire le guance dolere per l'isteria di un male per sempre benvenuto.

Qualcosa gli stava pungolando la pelle. Aveva sempre avuto la pelle morbida, più morbida – rispetto a chi o che cosa? - e quell'entità estranea gliela stava probabilmente graffiando. Non che a lui importasse tanto in realtà, ma il vaso fu colmo quando sentì quel qualcosa violarlo, penetrarlo, e quel qualcosa rilasciavga una sensazione di freddo mentre un liquido estraneo sgusciava fuori e annacquava il suo corpo. Era troppo, troppo da sopportare. E non tanto per il freddo, ma quanto perchè era tornata la tristezza, la dannata tristezza che lo spaventava, lo terrorizzava, che lo faceva sentire una zavorra nei confronti di quel volto a lui annebbiato.

I colori si erano fatti più intensi. L'urgenza di aprire gli occhi – ecco, finalmente sapeva cosa gli stesse succedendo, doveva essersi addormentato e adesso voleva schiudere le palpebre, doveva farlo in nome di un dovere superiore – si era fatta improvvisamente impellente. La luce lo aveva finalmente travolto in un mare di bianco, e lui era come se fosse tornato a respirare, come se qualcuno lo stesse partorendo e lui inalasse la sua prima boccata d'aria come un assetato, ma contro le sue aspettative, contro le sue speranze, le sue narici inalarono solo l'odore di chiuso, di polvere, di fumo, di cenere.

E fu allora che aprì gli occhi.


 


 

E fu allora che aprì gli occhi.

Ma tutto ciò che sentì fu una raffica di emozioni negative avvelenargli il cuore. Prima fu incertezza. Poi fu timore. Poi fu paura. Poi fu incredubilità. Poi fu furore.

A Leonardo era sempre piaciuto guardare di soppiatto gli occhi dei suoi fratelli. Se lo avesse mai confidato a Donatello, lui probabilmente avrebbe potuto fare un lavoro migliore. Avrebbe elencato ogni singola differenza genetica che aveva portato lui e i suoi fratelli ad avere le iridi di quei meravigliosi colori. Ma lui non era Donatello, lui era una creatura – persona – chiamata Leonardo, lui era Leonardo, e Leonardo non era di certo uno scienziato tanto quanto suo fratello Raffaello non poteva definirsi un tipo tranquillo e pacifico. Leonardo era una creatura romantica, lo era sempre stato. A lui non piaceva litigare, non piaceva fare a botte come piaceva a Raffaello – Raph, dove sei ora? ; non era un appassionato di scienza come lo era Donatello; non era pieno di energia come lo era Michelangelo – Mikey, cosa ti hanno fatto?

A Leonardo piacevano le poesie e i romanzetti d'amore, di quelli che probabilmente si trovano seppelliti negli scaffali delle biblioteche degli esseri umani. Gli piaceva leggere. Gli piaceva sognare. Gli piaceva sognare nonostante una parte di lui rimanesse inesorabilmente ancorata alla realtà. Sapeva di essere uno strano connubio. Lui sapeva di essere la perfezione, o qualsiasi cosa fosse più vicino alla perfezione. Lo sapeva e basta, e fino a qualche tempo fa pensava di essere l'unico a sapere di quel suo vizio – anche i perfetti hanno dei vizi?, di quella sua pretesa di vanità. Lo aveva sperato fino in fondo... ma poi era bastato uno sguardo del Sensei a rovinare tutte le sue certezze, a fargli capire che in realtà il loro padre, suo padre, sapeva tutto senza che lui gli avesse mai detto una parola.

Raffaelllo aveva gli occhi verdi. Non era un verde qualsiasi, era un colore che cambiava in base alla luce, al suo stato d'animo. Diventava tendente al nero alla luce delle candele o nella notte, durante i pattugliamenti in giro sui tetti. Ma alla fine, verde o nero non aveva tanta importanza. Quello che contava era quel brillio che si insinuava proprio lì, tra la pupilla e l'iride, 'la scintilla della vita', come preferiva chiamarla nel suo intimo, come gli avevano insegnato le poesie che tanto amava – e che suo padre sembrava approvare. La scintilla della vita. Illuminava i suoi occhi quando Raph si arrabbiava, quando faceva a botte, quando si allenava, quando l'adrenalina prendeva il controllo della sua mente e la logica si spegneva nell'impeto della passione, in un mare in tempesta.

Gli occhi di Donatello erano nocciola. Castani, screziati di un verde tendente al grigio, che appariva solamente quando si formava una piccola ruga sulla fronte nei momenti di maggiore concentrazione, quando la lingua sgusciava fuori nei momenti di euforia, quando voleva spiegare qualcosa che lo entusiasmava – e lui fingeva di ascoltare, fingeva di capire, fingeva di essere interessato quando in realtà non lo era per niente, e quanto si sentiva in colpa per questo, salvo poi capire a sua volta che Donnie sapeva che lui non lo ascoltava, che lui fingeva... e gli andava bene così. Era brutto mentire – perchè di mentire si trattava – a suo fratello, solo per gentilezza. Raph era molto più diretto con lui. Se non capiva una cosa, lo diceva e basta. Se qualcosa non lo interessava, girava i tacchi e basta. Lui no. Lui era ipocrita. Lui era dannatamente ipocrita – anche i perfetti soffrono d'ipocrisia? - e nonostante fosse perfettamente consapevole di esserlo, non faceva niente per sistemare le cose. Lui e Donatello fingevano, recitavano una parte. Con lui era come andare a teatro ed essere attore protagonista. Non era come Raph, non era forte come loro due. Lui era gentile, di animo nobile. Forse era il più nobile e buono e gentile e intelligente di tutti. Chissà, forse... che Donatello fosse in realtà il migliore – no, il migliore sono io e basta. Sono io il leader del gruppo. Sensei mi ha scelto proprio per questo.

E poi c'erano gli occhi di Michelangelo. Azzurri, ma di un azzurro diverso dal suo. I suoi avevano sposato il grigio. I suoi riflettevano paesaggi gelidi e nostalgici. Quelli di Michelangelo riflettevano un cielo in piena estate, senza alcuna nuvola, una di quelle estati in cui i bambini strillano – proprio d'estate sentiva le loro grida, nonostante fosse prigioniero sottoterra come un morto seppellito da tanti anni, ridotto solo a marcire in solitudine – e gli aquiloni volano e il sole splende libero e fulgido, a scottare le pelli, a rallegrare gli spiriti. Michelangelo era il loro balsamo quotidiano. Il loro angelo custode, forse ancora più di loro padre. Era il loro fratello più piccolo e la loro spugna dai cattivi pensieri. I suoi occhi erano sempre luminosi, i suoi occhi erano sinceri e mai erano offuscati dall'ombra della disperazione. O almeno la maggior parte delle volte. Perchè c'erano momenti, quei momenti, quando Mikey pensava di esser solo con se stesso, di essere avvolto dall'oscurità maledetta e benedetta, di non essere spiato dal suo stesso fratello maggiore, in cui il suo corpo si arricciava su se stesso, la testa rientrava e di lei non si vedeva più nulla, nascosta dal pesante guscio, e il suo corpo veniva scosso dai tremiti. I tremiti che tutti loro nascondevano alla fine, ma che nessuno aveva il coraggio di rivelare al mondo, quel mondo piccolo e innocente che era la loro famiglia. I tremiti del pianto. Lui non si era mai azzardato a chiedere, non si era mai azzardato a confortarlo, ad essere un fratello maggiore, a offrirgli una spalla su cui piangere. Nonostante gli spezzasse il cuore vederlo piangere. Sapeva che tutti loro portavano una croce sul cuore. Quella di Michelangelo era la menzogna costante. Lui aveva sempre lasciato che Mikey si sfogasse da solo. Giusto il tempo di assistere per qualche secondo, di osservarlo come una spia, come una sporca e codarda spia, per poi sgattaiolare come uno scarafaggio, dritto dritto nella sua stanza, fingendo serenità, quando di sereno nella loro famiglia c'era solo il loro maestro dalle sembianze di ratto.

Raffaello, dagli occhi ribelli. Donatello, dagli occhi colmi d'intelletto. I suoi, colmi di arroganza e sicurezza. Michelangelo, dagli occhi gioiosi.

Michelangelo, dagli occhi che, in quel momento, riflettevano tutto e niente, gli occhi vitrei e perfetti come quelli di una bambola, dagli occhi di un morto.


 



'Chi siete voi? '

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