Tutto può succedere di SerenaChichi (/viewuser.php?uid=20973)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Benvenuti a... ***
Capitolo 2: *** Alla Capsule Corporation... ***
Capitolo 3: *** Il giorno seguente... ***
Capitolo 4: *** Festa a casa di Bulma ***
Capitolo 5: *** Visite inaspettate ***
Capitolo 6: *** Chiodo fisso ***
Capitolo 7: *** Il buongiorno si vede dal mattino ***
Capitolo 8: *** Rosso pomodoro ***
Capitolo 9: *** Sabato ***
Capitolo 1 *** Benvenuti a... ***
Tutto
può succedere
Capitolo
1
Benvenuti
a…
L’improvviso
strombazzare di un clacson mi svegliò di soprassalto. Una luce
intensa mi fece socchiudere gli occhi, portando una mano alla loro
altezza per cercare di ripararli. Quando il paesaggio intorno a me
divenne nitido e le iridi si abituarono, fui travolta dallo stupore
“Oh
mio Dio, non ci credo!” Abbassai
subito lo sguardo, focalizzandolo sulle mani, ruotandole di
centottanta gradi. Scattai in piedi e guardai incredula quel
meraviglioso parco che mi circondava.
Tutto,
compresa me stessa, appariva ai miei occhi come un disegno.
“Ha
funzionato!” Urlai euforica, iniziando a saltellare come una
bambina davanti ai regali la mattina di Natale. “Lo sto
sognando davvero! Davvero!”
Stavo
allegramente ridendo e gioendo come una matta, quando sentii qualcosa
tirare un lembo del mio pantalone. Mi voltai e, abbassando lo
sguardo, trovai due piccoli occhi color miele fissi su di me. Un
ragazzino sui sette/otto anni circa, o almeno così sembrava,
mi scrutava interdetto. “Signora, si sente bene?” Inclinò
confuso la testa da un lato.
“Signora!?”
“Signorina”
Sorrisi falsamente, molto falsamente. “Comunque, certo tesoro,
perché mi fai questa domanda?”
“Beh,
sta parlando da sola ed è in pigiama” Mi squadrò
dall’alto verso il basso. “Senza scarpe, per giunta!”
Sbattei
più volte le palpebre, constatando effettivamente che avesse
ragione. “Le
figure di merda pure nei sogni!” “Ah
sì, lo so! E’ che amo svegliarmi a contatto con la
natura, lo faccio tutti i giorni!” “Ma
che vuoi?”
Il
bambino corrucciò le sopracciglia, non molto convinto “Se
lo dice lei!” Fece spallucce e corse diretto allo scuolabus
appena giunto alla fermata, una cinquantina di metri poco più
in là.
“Ma
tu guarda, ‘sti ragazzini d’oggi!” Scrollai
la testa con disappunto. Fatto sta che quell’impiccione non
aveva tutti i torti: ero in pigiama, il mio pigiama rosa con le
farfalle, a piedi nudi, sotto a un albero, nel bel mezzo di un parco
cittadino. Però, in teoria, non sarebbe dovuto essere un
problema. Stavo sognando, per di più, ero cosciente di farlo…
Bastava desiderare un vestito e un paio di scarpe, e tutto si sarebbe
risolto! O
no?
Provai
più volte: mentalmente, a voce, mentalmente e schioccando le
dita, a voce e schioccando le dita! Cantando, ballando, recitando una
sorta di formula magica composta appositamente sul momento: “Un,
due, tre, un vestito con le scarpe addosso a me!”
Ma i miei piedi sempre scalzi rimasero. Sbuffai innervosita, stavo
veramente perdendo la pazienza. Questo sogno stava diventando un
incubo.
Nel
frattempo, la città sembrava svegliarsi. Via, via il traffico
diveniva sempre più intenso e diverse persone iniziavano ad
affollare il marciapiede che delimitava il parco. Cominciai a
sentirmi osservata: di tanto in tanto, percepivo il chiacchiericcio
di qualcuno che sembrava avermi notato, e come dargli torto? Avevo le
sembianze di una pazza scappata da un manicomio! E di certo, i lunghi
capelli scuri arruffati e il trucco tolto in malo modo la sera
precedente non erano d’aiuto.
Dovevo
assolutamente trovare una soluzione, benché stessi vivendo un
sogno, la situazione stava diventando pesante, e il tempo sembrava
passare troppo
lentamente,
come fosse realtà.
Dopo
esser rimasta per ore ed ore ad aspettare, senza praticamente far
nulla, se non passare da un albero all’altro, nascondendomi di
tanto in tanto da sguardi indiscreti tra i cespugli, decisi di
affrontare la cosa, mettendo da parte la timidezza. Tanto, prima o
poi, mi sarei svegliata, giusto? Anche perché, i raggi del
sole iniziavano a perdere il loro tepore, e i gorgoglii della fame
stavano diventando fin troppo rumorosi.
Sfruttato
il momento con la minima affluenza, attraversai di corsa la strada.
Iniziai a camminare a testa bassa, cercando il più possibile
di evitare lo sguardo dei passanti, che nonostante tutto, riuscivo a
percepire su di me. “Ma
quando finirà questo incubo? Non ne posso più!”
Il
cielo iniziava a imbrunire, e la temperatura si era abbassata
notevolmente. Ormai riuscivo a stento a trattenere le lacrime,
camminavo con la testa puntata a terra e la vista annebbiata. Per non
parlare dei piedi, il dolore della pianta poggiata direttamente
sull’asfalto era terribile e ogni due o tre passi saltellavo
incontrollata al contatto con qualche sassolino! “Voglio
svegliarmi, è una tortura!” Con
le braccia incrociate e le mani strette sulle maniche del pigiama,
vidi terminare il marciapiede. Istintivamente, non potei far a meno
di alzare lo sguardo. Sussultai alla vista dell’enorme cartello
pubblicitario al di là dell’incrocio: “Benvenuti
a Città dell’Ovest!” La
mia bocca si spalancò. Non che non avessi capito di essere
finita proprio in quel
mondo,
il campo visivo intorno a me parlava chiaro! Ma avere una conferma
concreta, e per di più, leggere il nome di quella
città, mi emozionò non poco. Forse, la speranza di
vivere un bel sogno non era ancora andata a farsi fottere! Sta di fatto,
che io continuavo a essere nella medesima situazione di ore, ore
prima. Cosa potevo inventarmi? “Quasi,
quasi mi metto a chiedere l’elemosina, tanto non mi conosce
nessuno…” Scrollai
subito la testa per l’assurdo pensiero, la disperazione ti
induce spesso a valutare l’impossibile. Volsi lo sguardo prima
a destra e poi a sinistra e vedendo una piccola via appartata dal
traffico, decisi di imboccarla. Lì sarei stata sicuramente più
tranquilla. Era una classica viuzza di quartiere costeggiata da
edifici di cinque o sei piani, la maggior parte muniti di grandi
balconate. Percorsi con calma una decina di metri, fin quando,
arrivata all’altezza di un enorme terrazza a livello, notai uno
svolazzante bucato appeso a dei fili, vicinissimo alla ringhiera che
lo delimitava dalla strada. Vi erano stesi maglioni, felpe e qualche
paio di jeans. Mi balenò un’idea. “E
se…” Mi
sincerai con gli occhi di essere sola, ma nuovamente scrollai la
testa, cancellando l’impulso. Però, il sole era
tramontato, l’aria era fredda e la fame era tanta. Non ne
potevo più! “Seré,
pazienza! Tanto poi ti svegli! Ma che ti frega?” Chiusi
gli occhi, feci un profondo sospiro e annuendo, presi coraggio.
Ributtando nuovamente uno sguardo attorno, mi avvicinai
silenziosissima al muretto, e con la tipica grazia da ippopotamo che
mi contraddistingue da sempre, alzai una gamba, facendo leva con le
mani. Dopo il terzo o quarto tentativo, riuscii ad arrampicarmi sopra
a un rialzo di poco più di settanta centimetri, incredibile.
“Ma
guarda tu che fatiche mi tocca fare, domani mattina sarò più
stanca di ieri sera!” Finalmente
in piedi sulla lastra di marmo, allungai una mano riuscendo ad
agguantare gli indumenti più vicini, una vecchia felpa e dei
terribili jeans marroni. Bene, ora avrei solamente dovuto cercare un
paio di scarpe. Stavo per ripoggiare il piede a terra, quando
avvertii un’improvvisa presa sulla mano ancora attaccata alla
ringhiera. Trasalii e lentamente mi voltai. Una prorompente signora
sugli ottanta mi fissava arrabbiatissima.
“S-salve!”
Con gli occhi sgranati e l’imbarazzo a livelli altissimi, fu
l’unica cosa che riuscii a pronunciare. Dopo qualche istante di
esitazione, la vecchia iniziò a urlare a squarcia gola “Aiuto!
Al ladro! Al ladro!”
Con
una velocità mai avuta in tutta la mia vita, cominciai a
correre via in preda al panico. Sfrecciavo a piedi nudi, tra le
macchine in sosta, saltando da un’aiuola all’atra mentre
la signora, nel frattempo, era uscita in strada continuando a urlare
“Ladra! Ladra!” sventolando un battipanni con la mano,
incitando i passanti ad acciuffarmi.
“Voglio
svegliarmi!” Supplicai
me stessa durante la corsa, piangendo ormai disperata. Svoltai il
viale, quando una moto della polizia frenò davanti a me,
sgommando rumorosamente. “E’ lei! Arrestatela!”
Grido
la voce alle mie spalle. “Ah,
signò! Ma vaffanculo!”
Con un’agilità inaspettatamente acquisita, riuscii a
scavalcare un muretto pochi metri più in là e con le
ultime forze rimaste, ricominciai a fuggire disperata. Penso
che in tutta la mia vita non abbia mai corso così tanto e
ricordo che la mia milza iniziò a farmelo presente. Sfiancata,
ebbi un sussulto quando il rombo di quella maledetta moto ruggì
nuovamente alle mie spalle, sbucata, molto probabilmente, da qualche
via di traverso. Ormai ero quasi giunta al collasso, le mie gambe
stavano cedendo ed ero convinta che i miei piedi stessere sanguinando
dalle ferite. Riuscì a fare qualche metro ancora, finché
mi resi conto di aver faticato invano: era una strada senza uscita.
Un immenso muro bloccava ogni via di fuga. Lentamente mi fermai,
poggiando stancamente una mano sul fianco indolenzito.
“Perché
ho bevuto da quella boccetta? Che cazzo mi avrà detto il
cervello!?”
Il
rumore del motore sparì, lasciando il posto al leggero
ticchettio di raffreddamento. Avvertii, rimanendo di spalle, i passi
del poliziotto farsi sempre più vicini.
“Mani
in alto!”
“Eccoci!”
Deglutii
nervosa, iniziando ad alzare lentamente le braccia, fin quando, una
strana sensazione me le bloccò a mezz’aria. “Ma
io quella voce la conosco!”
Sbarrai gli occhi “Oh
mio Dio!” e portai
le mani al cielo con un sorriso a trentadue denti.
“Voltati!”
Ovviamente,
non opposi resistenza.
Ormai non avevo alcun
dubbio, nonostante il casco integrale, la vera identità di
quel giovane poliziotto, alto poco più di un metro e
cinquanta, era più che palese. “Crili!”
Esclamai incredibilmente euforica, come se fosse un amico di lunga
data. L’agente abbassò subito la difesa, calando
la pistola e alzando la visiera di plastica che copriva gli occhi.
“C-ci
conosciamo?”
Un’ora
dopo…
Le
lancette di quel maledetto orologio fisso alla parete davanti a me
scandivano i minuti in una maniera incredibilmente lenta ed
estenuante e non smettevano di ricordarmi da quanto tempo, oramai,
ero rinchiusa in quel dannato incubo. Sì, perché a
questo punto, di ciò si trattava. Dopo aver passato l’intera
giornata come una zingara in mezzo alla strada, affamata e
infreddolita, mi ritrovavo quasi
arrestata, in questura, seduta su uno scomodo seggiolino, in attesa
di essere interrogata! Nonostante tutto, vi era una nota positiva:
l’agente che ogni tanto intravedevo fare capolino, dalla porta
semi socchiusa del suo ufficio, era niente popò di meno che
Crili
e
ciò racchiudeva in sé un barlume di speranza. Tanto,
l’ipotesi sogno
era
ormai già scartata da un bel mezzo, e lo spazio era stato
lasciato per un ipotetico coma
cerebrale o
per un’improvvisa pazzia.
Non
vi erano altre spiegazioni plausibili.
Dopo l’ennesimo sospiro, vidi una mano
farmi cenno di entrare. “Finalmente!”
Presi
coraggio, e varcai la soglia.
L’ufficio
era abbastanza accogliente, non molto grande, e l’unica
finestra, posta sulla parete alla destra della porta, affacciava
direttamente sul cortile che costeggiava l’entrata
dell’edifico. Quasi sicuramente, nelle ore diurne, era molto
luminoso, vantando un’esposizione diretta alla luce del sole.
Crili
era visibilmente stanco e nervoso, ricoperto da pile di scartoffie,
con i gomiti poggiati sull’enorme scrivania.
“Polizia, buonasera.” Neanche il tempo di
rivolgermi la parola, che squillò ancora una volta il
telefono. Senza interrompere la conversazione, mi fece segno con la
mano di accomodarmi. “Che
situazione, ancora non mi capacito!” Sfruttando
il suo sguardo coinvolto nel prendere appunti, mi soffermai a
scrutarlo: era proprio lui, fedele all’originale, senza naso,
con il tratto della saga di Majin Bu, ma rasato a zero.
E
la cosa più assurda, era che non fosse in carne e ossa, o
meglio, lo era, ma nello stesso modo in cui sembrava esserlo
nell’anime o nel manga! Ovviamente, io
non
ero da meno. Chissà come appariva Serena
in
versione disegnata?
“Perfetto
signora, allora può stare tranquilla. Le auguro una buona
serata.” Si buttò pesantemente sullo schienale della
poltrona, sbuffando distrutto. Si diede una bella grattata alla
pelata sudata e afferrando i bordi della scrivania, fece leva per
avvicinarsi. “Bene, veniamo a noi. Scusa l’attesa, ma è
stata una giornata infernale!”
“Non
dirlo a me!” Scrollai
la testa, sorridendo timidamente.
“Come
caspita ti è venuto in mente di rubare quella roba? Sei
scappata da qualche istituto?”
“Eccallà!*”
Sapevo
sarei passata per matta. “No, non è come sembra.”
Abbassai la testa imbarazzata. “G-generalmente, non vado
conciata in giro in questa maniera.”
“E
allora? Ma poi, mi hai chiamato per nome!? Perché? Come mi
conosci?”
Bene,
forse sembrava essere arrivato il momento. Quel
momento.
Magari, avrei dovuto esordire dicendo: sai,
tu sei uno dei protagonisti di Dragon Ball! Ieri sera, prima di
andare a dormire, ho bevuto uno strano liquido da una boccetta, ed
eccomi qua! Magari!
Peccato
che ‘sto cavolo di sogno/incubo/trip mentale sembrava essere
diventato a tutti gli effetti realtà,
e
la mia timidezza mi vietava di dire certe cose.
“Beh,
ecco… Vedi, Crili”
“Crilin,
mi chiamo Crilin. Con la n!”
“Ah…
Ok, scusa.” “Perfetto,
dovrò rivedere un sacco di nomi!”
“Insomma?”
Insomma,
inizia a sbiascicare frasi senza senso, non capendo da che punto
iniziare a raccontare la storia, tanto per non passare ancora per
pazza, senza gettare acqua sul fuoco. Più proseguivo, più
il suo interesse nell’ascoltarmi andava scemando. Lo vedevo, di
tanto in tanto, alzare lo sguardo tra lo schermo del computer e i
fascicoli aperti sulla scrivania. Mancava solo un bello sbadiglio e
il quadro era perfetto! Molto probabilmente non credeva a ogni
singola parola.
“I-io
so il tuo nome, perché ti conosco. Vi
conosco.”
Stringevo fortissimo la stoffa dei pantaloni, con lo sguardo puntato
sul portapenne accanto al telefono.
Crilin
alzò un sopracciglio. “Ci conosci? Cioè?”
“Cioè…
Ascolta, ricomincio da capo.” Presi coraggio e incrociai il suo
sguardo. “Io vengo da un mondo, diciamo, parallelo. Ieri sera
sono andata a dormire nel mio letto e stamattina mi sono svegliata in
questa dimensione. Ho detto di conoscervi perché”
Sospirai, portando una mano dietro al collo “voi
siete
famosi, fate parte di un” non so il motivo, ma dire fumetto, in
quel preciso istante così dannatamente reale, mi sembrava
assurdo. “una storia.
Ho
sperato con tutta me stessa di riuscirci, ma mai avrei pensato che
sarebbe andata a finire in questo modo! Sto vivendo questo sogno come
se fosse una realtà parallela.”
Terminai
il monologo sperando con tutta me stessa di averlo convinto, almeno
in parte, ma il suo sguardo scettico e al contempo attonito non
sembrava dare una risposta positiva. Si riaccasciò sullo
schienale della poltrona e incrociò le braccia.
“Non
ho ancora capito cosa intendi per voi.”
“Tutto
quel discorso, per poi chiedermi solo questo? Ottimo.” Mi
schiarii la voce. “Tu e tutti i tuoi amici” Iniziai a
elencarli lentamente, prendendo pausa tra un nome e l’altro
“Bulma…Yamcha… Muten… Goku” Ecco,
qui ebbi un fremito. Ero nel suo
mondo.
In questo mondo lui
c’era.
In questo mondo era reale.
“Cristo santissimo!”
“Frena,
frena! Potresti benissimo esserti informata! Bulma è famosa,
qui in città e in tutto il mondo. Yamcha è un giocatore
profe”
Mi
alzai in piedi così d’impulso che non riuscì a
terminare il discorso. “Ti prego Crilin, non sto scherzando!
Sto iniziando a essere disperata!” I miei occhi tornarono ad
arrossarsi e velarsi di lacrime. “Sono quasi dodici ore che
vago in pigiama senza una meta! Digiuna, senza scarpe e molto
probabilmente, visto l’andazzo, mi toccherà dormire per
strada! Sto impazzendo, devi credermi! Te lo giuro, te lo giuro su”
e lì, ebbi un lampo di genio “su Dende.”
Due
occhi, improvvisamente sgranati, mi fissarono. “E-e tu c-come
fai a” L’avevo lasciato senza parole “Cavolo!”
Portò le mani alla testa spiazzato.
Ovviamente,
nessun umano, in questo
mondo,
era a conoscenza del nome di battesimo del venerato Supremo. Avevo
colto nel segno. Mi risedetti, attendendo silenziosamente la sua
reazione.
“Va
bene, provo a crederti.”
“Ce
l’ho fatta!” Sospirai,
scrollando via tutta la tensione di dosso.
Lo vidi alzarsi,
avvicinarsi al mio fianco e poggiare la schiena al bordo della
scrivania. Grazie a Dio, anzi, grazie a Dende, cominciavo a
intravedere
quel
barlume di speranza.
“Facciamo
così” incrociò le braccia al petto “prima
di tutto, cerco di rimediarti qualcosa da mettere.” Posò
lo sguardo sull’orologio al polso “Tra una mezz’ora
finisco il turno e non posso portarti in giro in questa maniera!”
Gli sorrisi, constando l’evidenza. “Poi, dammi il tempo
di fare una telefonata e vedrai che troveremo una soluzione.” I
miei occhi si riempirono di felicità e, dentro di me, sentii
smuovere qualcosa. Il mio sesto senso iniziò a bussare e,
molto probabilmente, lo captò anche lui, poiché colse
prontamente la mia espressione incuriosita.
“Hai
detto che conosci tutti i miei amici, no? Chi credi possa contattare
in grado di aiutarti, in questa città?”
A
quel punto, le mie labbra si schiusero a comando e un sorriso enorme
apparve sul mio volto. Risposi esternando, finalmente, tutto il
ritrovato entusiasmo:
“Bulma!”
Note
Ciao
a tutti!
Forse qualcuno ancora non mi conosce, quindi, per sicurezza, mi
ripresento: sono Serena, fra qualche
giorno compirò 32 anni, sono sposata e sono mamma di una bimba
di due anni. La storia in cui vi siete imbattuti rappresenta per me una
sorta di sfida. In realtà,
mai avrei pensato di crearne una fanfiction! Ciò che ho iniziato a raccontare, è nato circa quattro anni fa,
come una specie di fantasia, e credevo che tale sarebbe rimasta! Su
incitamento del marito, mi sono buttata e ho iniziato a scrivere…
Vi porterò in un viaggio ambientato nei miei sogni, sperando
che possiate impersonarvi nel mio personaggio.
Come avrete visto, il narratore, essendo io, è in
prima persona, ma non sarà sempre così, tranquilli! Non
racconterò solo fatti personali, ci saranno tante altre
situazioni parallele, con delle coppie a voi molti famigliari!
Spero tanto di non
avervi annoiato!
Vi ringrazio di cuore e al prossimo capitolo!
Sereana <3
Angolino dell'autrice
Oh,
che bello trovarvi qui! Se siete arrivati a questo punto, significa
che avete terminato la lettura del primo capitolo e spero con tutto
il cuore vi sia piaciuto!
Che brutta “giornata” vero? Ma sembra che tutto stia
avendo una svolta positiva…
Nel
prossimo capitolo vi porterò con me nella Capsule Corporation
e spiegherò il modo con cui sono riuscita a capitombolare in
“questo” mondo… Chissà come reagirà
Bulma e, soprattutto, cosa mi capiterà ancora!
Intanto
vi ringrazio e vi aspetto al prossimo aggiornamento <3
*ecco
qua, non rendeva l’idea ahahahahah Sono del Lazio e
quell’esclamazione l’ho trovata più consona!
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Capitolo 2 *** Alla Capsule Corporation... ***
Capitolo
2
Alla
Capsule Corporation…
Cercavo
di apparire impegnata, buttando lo sguardo qua e là dal
finestrino. Avevamo oltrepassato la città e, a quanto mi era
stato riferito prima di salire in macchina, arrivati a questo punto,
saremmo dovuti essere quasi giunti a destinazione. Di traffico,
ormai, non ce ne era più, e la maggior parte dei negozi
avevano la saracinesca abbassata.
“Hey,
cara, hai letto il messaggio? Sì, tutto bene, tranquilla. Non
dovrei metterci molto, comunque voi iniziate a mangiare, senza
problemi!”
Continuando
a tenere lo sguardo sul paesaggio, ascoltavo
curiosa la conversazione. Stava parlando con C18, era palese. “Che
cosa incredibile!” Pensai,
non riuscendo a trattenere un sorriso.
“Ah,
certo! Ti racconterò tutto al ritorno. Ciao tesoro.”
Lo
sentii concludere bisbigliando, forse con la speranza di non farsi
sentire.
“Sembri
una vera poliziotta, lo sai? Serena? Ci sei?”
Mi
voltai di soprassalto verso di lui, mi ero totalmente persa sulle
sfreccianti luci cittadine. La Città dell’Ovest era
veramente uno spettacolo di sera e quel non so che di futuristico la
rendeva incredibile. Per di più, sembrava che mi fossi
abituata visivamente
a quella surreale percezione,
non ci facevo praticamente più caso.
“A
che cosa stavi pensando?” Mi domandò ridendo.
“Scusami,
ero sopraffatta dal paesaggio. Dicevi?”
“Sembri
una vera poliziotta, vestita così!”
“Eh
grazie, mi hai dato una divisa!” “Beh,
con addosso questi abiti, è facile!” Sorrisi.
“Manco lavata, per giunta.” Avvicinai
un lembo del colletto al naso, riscontrando certezza nel dubbio.
“Toh!
Guarda un po’ davanti a te! Riconosci?”
La
mia bocca si spalancò esterrefatta. Il gigantesco complesso
della Capsule Corporation si ereggeva davanti ai miei occhi con
tutta la sua maestosità. L’ansia si rimpadronì di
me stessa, iniziando a realizzare che tra pochi attimi avrei
conosciuto la donna più famosa di questo mondo.
Avrei
dialogato con quella figura, che per certi versi, rappresentava una
parte della mia infanzia e adolescenza, ritenendola, paradossalmente,
un volto famigliare.
“E’
assurdo!” Guardavo incredula al di là dell’enorme
cancello.
“Sei
pronta? Vedrai che anche Bulma ti crederà!”
Cavolo,
a questo non ci avevo pensato! E se non l’avesse fatto? Si
sarebbe fidata di ciò che le avrei raccontato? Ma, più
che altro, ero pronta?
Molto probabilmente, non avrei incontrato solo lei, ma tutta la
combriccola. Tra poco, sarei stata davanti a Vegeta, Trunks e quasi
sicuramente anche la piccola Bra. Non avevo ancora ben chiara la
linea temporale dove fossi capitata, ma a secondo della presenza o
meno dell’ultima arrivata in casa, avrei avuto la risposta. E
se avessero avuto ospiti? E se avessero avuto quell’ospite?
Una mandria di cavalli imbizzarriti iniziò a trottare nel mio
petto. La mia pressione sanguigna schizzò alle stelle e le
guance avvamparono come legna nel braciere. “Oh
cazzo!”
Avvertii
lo sguardo di Crilin scrutarmi confuso. Percepivo di essere diventata
rosso fuoco e, quasi sicuramente, nel mondo reale, stavo per morire
nel sonno. “Ecco
l’ictus!”
“Calma,
non ti devi agitare, andrà tutto bene.”
Deglutii
nervosissima. Ovviamente, che poteva saperne lui? E di certo, avrebbe
dovuto continuare su questa strada. Lo lasciai credere e gli sorrisi.
Lo vidi riprendere il
telefono, scorrere il dito sullo schermo, e poi avvicinare
l’apparecchio all’orecchio.
“Hey,
Bulma! Apri il cancello? Perfetto, grazie!”
L’enorme
struttura in ferro battuto si spalancò davanti a noi. L’auto
riaccese i motori ed entrammo.
“Non
pensavo si parcheggiasse all’interno… Oddio, è
talmente grande che forse avrei dovuto…” Nonostante
il sole fosse tramontato già da un bel pezzo, l’esterno
della Capsule Corporation appariva perfettamente illuminato da
una miriade di lampioni e lampioncini di ogni genere. Parcheggiato il
veicolo, raggiungemmo a piedi il vialetto che conduceva all’entrata.
Camminavo, voltando il mio sguardo meravigliato in tutte le
direzioni.
“Attenta!”
Improvvisamente, una strattonata mi scongiurò da una
collisione certa.
“Per-me-so”
Un
androide stile Robin Williams robotico nell’ Uomo
Bicentenario mi
tagliò sfacciatamente la strada.
“Devi
avere tremila occhi, qui!” Mi suggerì divertito Crilin.
Gli sorrisi, alzando le sopracciglia in senso di costatazione e,
assieme, entrammo nell’edificio.
Un
enorme bancone sui toni del blu seguiva per intero la parete dinanzi
le grandi vetrate scorrevoli che aprivano sulla hall. Un distinto
uomo sulla quarantina risiedeva al di là dell’imponente
struttura, indaffarato a trascrivere dei documenti. Accortosi del
nostro arrivo, alzò gli occhi, sfilandosi gli occhiali.
“Signor
Crilin, buonasera. La signora Briefs mi ha riferito di dirle che
l’attende dove
lei sa.
La conosce già la procedura se non sbaglio.”
Mio
Dio, quell’impiegato era una macchinetta! Non credo respirasse
tra una parola e l’altra.
“S-salve!
Sì, s-so già tutto, grazie.”
“Ma
ancora lavorano a quest’ora?” Chiesi bisbigliando mentre
ci dirigevamo verso gli ascensori.
“E’
uno dei guardiani notturni. E’ un tipo strano, ma è una
brava persona.” Mi sorrise, premendo il pulsante per la
chiamata.
Le
porte si aprirono e dopo essere entrati, Crilin puntò il dito
sul tasto sotterranei.
Deglutii nervosa. Non sono mai
andata d’accordo con cantine e posti simili, mi hanno sempre
fatto una certa impressione! Pensare di sbucare in un luogo angusto,
mi crea agitazione.
“Tutto
bene?” Credo se ne fosse accorto.
“Ehm,
sì. Sotterranei?” Chiesi arricciando appena il naso.
“Più
o meno.”
Fece
l’occhiolino. Molto probabilmente, ripensando alle parole del
custode, doveva trattarsi di una copertura.
Il
campanellino che annunciava l’arrivo suonò e le porte si
aprirono. Sbucammo in una piccola stanzetta con un paio di scatoloni
poggiati in un angolo, illuminata fievolmente da una applique posta
sulla parete davanti. Crilin si avvicinò a quella luce e,
alzandosi in punta di piedi, premette qualcosa dietro il paralume. Un
improvviso rumore di ingranaggi cominciò a rimbombare e dopo
alcuni istanti, la parete di lato iniziò a calare, scoprendo
un lungo corridoio.
“Wow!”
Rimasi senza parole.
“Non
l’avresti mai detto, è?”
Scossi
la testa e timidamente lo seguii, fino a giungere dinanzi a un
imponente porta di metallo. Lo vidi accostarsi a un piccolo lettore
ottico, sottoporsi alla scannerizzazione della retina e digitare un
codice di cinque o sei cifre.
Immediatamente,
il portellone si aprì e un enorme laboratorio con svariati
computer e strumenti tecnologici d’ultima generazione si mostrò
ai nostri occhi. Una cosa del genere mi era capitata di vederla solo
nei film! Teste e braccia robotiche, ologrammi rappresentanti strani
prototipi, pile di microchip accatastati su delle mensole metalliche
e in un angolo, sopra a un ripiano, una dozzina di piccole scatole.
Una sensazione, dentro di me, mi suggerì di averle già
viste, così mi avvicinai, scoprendone una aperta. Spalancai
gli occhi dallo stupore: sei piccole capsule erano perfettamente
allineate, ognuna col proprio numero e colore. “Le
capsule Oplà!”
Pensai emozionata. Feci per toccarle, ma una squillante voce,
proveniente dal fondo dell’enorme ambiente, mi portò a
ritrarre immediatamente la mano.
“Crilin!”
“Oh
mio Dio!”
“Heylà,
Bulma!” L’amico alzò il volto in segno di saluto e
con le mani infilate nelle tasche del bomber, raggiunse la
scienziata. Sospirai e agitata, lo seguii.
“Cos’hai
tanto urgente da dirmi? Cosa è succ-“
La
giovane donna dai capelli turchini, bellissima col suo capello
sbarazzino e il lungo camice bianco, mutò improvvisamente
espressione, non riuscendo a terminare la frase. I nostri occhi si
erano incrociati e, constatando il suo alterato atteggiamento, non
era a conoscenza dei fatti e né, tanto meno, della mia
presenza.
Si avvicinò lesta al
povero Crilin, con uno sguardo carico di collera e stupore.
“Come
diavolo ti è venuto in mente di portare una tua collega in
questo posto!? Sei impazzito!?” Cercò di bisbigliare, ma
la furia le impediva di trattenere il volume. Senza contare, che non
riusciva a staccarmi gli occhi di dosso, e lo sguardo non sembrava
affatto essere benevolo. Sarei voluta scomparire.
L’amico
si grattò la testa imbarazzato. “Ma no, non è un
poliziotto. Indossa questa divisa perché era in pigiama!”
L’espressione
puntata su di me cambiò improvvisamente, diventando confusa.
“E’
una lunga storia, perché non ci sediamo? Dai, così
Serena ti racconterà tutto.”
E
così fu.
Ci accomodammo su un piccolo divano poco distante e provando a
essere più riassuntiva possibile, iniziai agitata a
raccontarle gli avvenimenti accaduti nelle ultime dodici ore. Il
volto di Bulma cambìò spesso espressione durante il
racconto: passò dallo scettico, al divertito, all’annoiato
e così via, ma non riuscii mai a leggere nei suoi occhi un
qualcosa che mi facesse pensare che mi stesse credendo. Mi stavo
sentendo incredibilmente sotto pressione.
“Quindi
mi vorresti dire” diede un tiro alla sigaretta “che tu
sai tutto di noi, perché nel tuo
mondo, noi siamo una specie di… Storia inventata? Ho capito
bene?” Sbatté scettica più volte le palpebre.
“Più
o meno, è così.” Confermai nervosissima.
Una
risata argentina scoppiò senza vergogna.
“Ma
che razza di scherzo è questo? Mi state prendendo in giro? Mi
stai prendendo in giro Crilin?” Dal tono di voce usato con
l’amico, stava decisamente iniziando a innervosirsi.
“No,
credimi Bulma, è tutto vero. Anch’io inizialmente non le
ho creduto! Prova a metterla alla prova. Falle qualche domanda!”
La
donna, si voltò nella mia direzione e mi scrutò
dall’alto verso il basso. “Ma sapresti tutto di noi, in
che senso?”
“N-nel
senso che conosco tutti i vostri avvenimenti.”
“Adesso
mi fingo morta.”
“O-ovviamente
non mi riferisco a cose private o intime, assolutamente!”
“Ma
magari! E’ già tanto che ci abbiano fatto intravedere un
bacio censurato e filler per giunta! Altro? Ma quando mai!”
“La
storia inizia da quando sei partita alla ricerca delle sfere del
drago e hai incontrato Goku. Lui possedeva quella dalle quattro
stelle…” Abbassai lo sguardo, attendendo una reazione.
Calò il silenzio e rialzando il volto,
vidi Bulma completamente esterrefatta.
“Giuro
che se gliel’hai detto tu e mi state prendendo in giro, ti
uccido!” Mostrò il pugno all’amico.
“Te
l’avevo detto! E’ incredibile, vero?”
“N-non
ha senso, è totalmente… Dio mio, non so che dire!”
Portò le mani sulle guance. “Ma, per esempio, se ti
chiedessi” Storse la bocca, cercando una domanda con la quale
potesse mettermi in crisi “Il primo desiderio espresso dal
drago Shenlong?”
“Toh,
questa neanch’io la so! Rispondi!” Mi spronò
Crilin, guardandomi divertito.
“Un
paio d-di mutandine da donna.” Sorrisi “Da Osc, scusate
Oolong!” “’sti
nomi sono un dramma, per me!”
La
mascella di Bulma toccò quasi il pavimento. “E’
inquietante. M-ma come può essere accaduta una cosa del
genere?”
Sospirai,
iniziando a grattare nervosamente la stoffa dei pantaloni sopra alle
cosce.
“Vi
racconterò tutto…”
Con
il mio ragazzo e un gruppo di amici avevamo deciso di recarci in una
di quelle fiere del fumetto, che ogni anno si svolge non molto
distante dalla mia città.
La
mattinata era praticamente volata, tra shopping, incontri importanti
e foto con incredibili cosplayer, l’ora di pranzo giunse in un
baleno.
La
fila per dei succulenti takoyaki sembrava non riuscire a smaltirsi e,
la pazienza, provocata soprattutto dalla fame, mi stava mettendo a
dura prova.
-Dio
mio, non ne posso più! Voglio mangiare!-
-Penso
che il commesso sia morto, non c’è altra spiegazione.-
-Che
palle!- Mi ero veramente spazientita. Tra un sospiro e l’altro,
il mio sguardo iniziò a vagare tra gli innumerevoli chioschi,
ma la mia attenzione venne ben presto rapita da un piccolo banchetto,
posto in disparte. Stranamente si andò a posare proprio lì.
In fin dei conti, sembrava essere uno di quei tanti chiromanti che
spesso si trovano poco distanti alle fermate della metro e mai, e
sottolineo mai, erano riusciti a suscitarmi interesse. Eppure, quel
signore barbuto, dall’aria pacifica e al contempo enigmatica,
emanava un non so ché di calamitico, come fosse stato in grado
di catturare i miei occhi, non lasciandoli più andare.
-Amore,
arrivo subito!- Avvertii l’impulso irrefrenabile di avvicinarmi
e, senza neanche attendere la risposta del mio ragazzo, lo raggiunsi.
-Finalmente.-
Mi accolse così, lasciandomi sbigottita. La mia bocca si
schiuse appena, ma non riuscii a parlare.
---Questa è
tua.- Sotto il mio sguardo perplesso, vidi porgermi una strana, ma
bellissima boccetta di vetro, grande pressappoco come un tubetto di
colla. --Quando la giornata sarà finita e
arriverà il momento di coricarti, pensa al tuo sogno
più assurdo e remoto. La tua testa dovrà viaggiare in
quel
mondo
fantastico. Io so qual è.
Funzionerà, solamente, se lo crederai davvero. Basterà
un piccolo sorso, per raggiungerlo ogni qualvolta tu vorrai.-
Non
so perché il mio cervello mi abbia indotto ad accettare il
regalo, ma quando lo afferrai, avvertii un senso di felicità.
-Puoi
andare.- Mi sorrise.
Annuii
confusa e indietreggiando appena di qualche passo, mi voltai,
tornando dal mio fidanzato.
-Che
stavi facendo?- Daniele aveva uno sguardo strano.
-S-sono
andata da quel- Mi girai per indicare, ma nulla era più
presente. Quello strano signore era sparito, portando con sé
tutto il baldacchino.
Sgranai gli occhi.
-Eri
impalata come un salame, in mezzo al nulla!- Sentii il mio ragazzo
ridere.
-E’
assurdo.- Allibita, andai subito a toccare la boccetta nella mia
tasca. Quella
era
ancora al suo posto.
-Dai,
finalmente tocca a noi! Ho una fame!-
Durante
il pomeriggio, riuscii a distrarmi. Facemmo ritorno dopo aver cenato
e, giunta finalmente a casa, entrai in camera distrutta, con la
voglia di struccarmi in fretta e furia e abbandonarmi nel mondo dei
sogni. -Sogni-
quel bisogno agognato riportò subito la mia mente allo strano
avvenimento del primo pomeriggio. Con il pigiama in dosso, aprii
l’anta dell’armadio, frugando nella tasca del cappotto
riposto poco prima. Quel regalo
c’era
ancora, portando con sé un’assurda e inspiegabile
tentazione.
Bere uno strano
liquido regalato da un inquietante e sconosciuto individuo, chi non
lo farebbe?
Io, che domande.
Ma, inspiegabilmente, lo feci.
Chiusi
gli occhi, focalizzai la mia mente su quel
posto
che fin da piccola avevo sempre immaginato prendesse realtà e
senza timore, portai la boccetta alla bocca.
-E’
acqua!- corrucciai lo sguardo disarmata.
Come
se ne fossi stata, quasi, delusa, poggiai il piccolo flaconcino di
vetro sul comodino e, sbadigliando, mi lasciai andare in un sonno
profondo…
“Ed
eccomi qua. Mi chiamo Serena e ho ventotto anni.”
Seguii
un lungo momento di silenzio. Su di me, i loro sguardi attoniti.
“Cara,
io n-non so che-“
“Ascoltatemi,
mi rendo conto che quello che ho raccontato possa sembrare assurdo,
ma non vi sto mentendo!” Mi alzai in piedi, iniziando a
camminare nervosamente davanti a loro. “Da dodici ore sono
rinchiusa in questo sogno. Ho vagato per la città a piedi
nudi, con il freddo e la fame. Sono stata costretta a rubare dei
vestiti che neanche sono riuscita a indossare perché inseguita
dalla polizia!” Bulma
incrociò lo sguardo di Crilin.
“E nonostante tutto, non potete capire
la gioia che sto provando in questo momento! La felicità di
avervi davanti!”
Ormai, ero un fiume in piena, le parole uscivano dalla mia bocca
senza pause. “Sono
vent’anni che vi adoro, vent’anni che sono innamorata di”
“Ecco la figura di
merda!”
“d-di voi!” Avvertii
una vampata di calore improvvisa sulle gote. Sputtanarmi così,
su due piedi, non mi pareva proprio il caso.
“Io sono
solo preoccupata per quello che mi sta accadendo. Non so che diavolo
ci fosse in quella dannata boccetta!” Ripresi contegno,
tornando a sedermi sul divano. “Potrei aver mandato giù
una droga o un veleno, a questo punto!” Portai la testa tra le
mani, sopraffatta dalla disperazione. “Io so solo una cosa…
Ora sono qui e molto probabilmente, sarà così anche
domani. Sono stanca e questa notte la passerò in strada…
E’ un incubo!” Non riuscii più a trattenere le
lacrime. Mi sentivo completamente inerme e abbandonata a me stessa.
Un
improvviso calore scaldò la mia mano.
“Ti
credo.”
Sgranai
gli occhi incredula.
“Non
mi sembri una persona in mala fede e poi, siamo onesti!” Girò
lo sguardo verso l’amico. “Ci sono capitate talmente
tante cose assurde, che non crederle sarebbe un’eresia!”
Chiusi
gli occhi, con il cuore ricolmo finalmente di una sensazione di
tranquillità agognata e desiderata da fin troppe ore.
“Però,
smetti di piangere. Vedrai che andrà tutto bene!” Mi
strinse la mano.
“Bulma…
Io non so che dire…”
“Io,
sì. Ascoltami: questa notte sarai mia ospite, qui alla Capsule
& Corporation. Dormirai in una delle stanze con il bagno interno,
così potrai rilassarti nel migliore dei modi.” La
guardavo rapita dall’emozione. “Farò in modo di
farti avere un pigiama e dei vestiti, nel caso domani mattina sarai
ancora dei nostri.” Ammiccò, sorridendo dolcemente. “Ah,
devi mangiare, giusto? Noi
abbiamo
già cenato, quindi ti farò avere un pasto caldo
direttamente nella tua camera.”
L’impulso
di abbracciarla fu irrefrenabile. “Grazie!”
Si
scostò quel tanto, da riuscirmi a guardare. “In un certo
senso, sei qui per causa nostra. E’ giusto così!”
Impossibile non sorriderle. “Dai, ti mostro dove dormirai!
Crilin, vieni con noi?”
Un
paio d’ore più tardi, nell’appartamento privato
all’ultimo piano…
“E’
o non è incredibile? Cioè, sa tutto di noi…
Tutto!”
Un
uomo con dei folti capelli a fiamma, con indosso solamente un paio di
boxer neri, era intento a lavarsi i denti rivolgendo lo sguardo sulla
figura della moglie riflessa sullo specchio.
“Tutto,
in che senso?” Fu la prima domanda che fece, non prima di aver
sputato il dentifricio nel lavabo.
“Tutto!
Da quando ho incontrato Goku, all’ultimo assurdo torneo che
quel babbeo vi ha fatto disputare!”
Era
una classica e intima scena famigliare: Bulma, comodamente seduta
sopra al water, nonostante avesse finito di far pipì da
parecchio tempo ormai, raccontava a suo marito le news della serata:
il mio
ingresso nelle loro vite.
“Mmm…”
Fu l’unico suono che Vegeta riuscì a emettere, appena
prima di lavarsi il viso.
“Mmm
cosa?”
“Non
mi fido.” Sentenziò, chiudendo la valvola del rubinetto
e prendendo l’asciugamano.
Bulma
alzò gli occhi al cielo. “Anch’io, inizialmente,
ero di questa idea… Poi, parlandoci bene, mi sono ricreduta.
Anche Crilin è del mio stesso parere!”
“Ah,
beh! Allora siamo a cavallo!”
“Che
vuoi? Perché mi fissi?” Le si era avvicinato, con le
braccia incrociate.
“Dovrei
pisciare anch’io.”
Gli
occhi della donna si socchiusero, prendendo la carta e pulendosi
irritata. “Quanto sei cafone!” Si alzò, abbassando
la tavoletta.
“Non
tirare.”
“Comunque,”
Fece posto al marito, andando ad aprire l’acqua calda nella
vasca e sedendosi sul bordo. “adesso Serena è qui. Buona
o cattiva che sia, non possiamo abbandonarla. Con il tempo, capiremo
la sua natura.”
Vegeta
tirò lo sciacquone e si avvicinò alla moglie,
riportando le braccia nella posizione precedente.
“Che
c’è? Anche la vasca è di tua proprietà?”
“No,
tu
sei di mia proprietà
.”
Le ammiccò, accennando un furbo sorriso.
Bulma
si alzò, andando sorniona a sfiorargli i pettorali gonfi e
nudi con un dito. “Neanche te lo meriteresti.”
“Io
non devo meritarmi proprio nulla.” Le afferrò il volto,
avvicinandolo al suo e passandole la lingua tra le labbra.
Una
scarica di eccitazione le oltrepassò il corpo, facendola
deglutire agitata. Allungò una mano per sentire il calore
dell’acqua e chiuse il rubinetto. Aprì l’accappatoio,
lasciandolo ricadere sensualmente lungo il corpo.
Gli
occhi di Vegeta si illuminarono maliziosamente di desiderio. La mano
le agguantò la schiena, facendo aderire il delicato corpo al
suo petto virile. Quei seni gonfi a contatto con la sua pelle dura lo
inebriavano.
“La
vasca è pronta.” Scivolò via dalla forte presa e
la bellissima turchina si voltò, mostrando tutto il suo
splendido lato posteriore, andandosi poi a immergere tra le mille
bolle candide.
Vegeta
era palesemente eccitato oltremisura. Si gustò la suadente
entrata in acqua della moglie, leccandosi le labbra. Si abbassò
i boxer, continuando a fissare quella meravigliosa sirena.
Ma la magia si spense presto. Un
improvviso pianto disperato risuonò attraverso il piccolo
monitor poggiato su una mensola. Marito e moglie sospirarono,
lanciandosi uno sguardo sofferente.
“No,
proprio adesso!” Bulma portò in dietro la testa,
esprimendo nella voce tutto il suo rammarico.
“Dai,
ci penso io. Tu aspettami qui.”
“Grazie
tesoro. Il biberon è nel termos vicino alla culla.” E
sospirando, si rilassò, fantasticando sul paradiso che di lì
a poco avrebbe raggiunto…
Scendiamo
di qualche piano e torniamo a noi…
Finalmente,
a pancia piena, pulita e con un pigiama profumato, mi stavo
rilassando sotto alle calde coperte di un comodissimo letto
matrimoniale.
La stanza era meravigliosa, molto
spaziosa e con tutto l’occorrente. Sembrava una camera di un
hotel extra lusso, vi era addirittura un piccolo frigo bar e un
angolo per le tisane, incredibile!
Nonostante la stanchezza fosse tanta, la mia testa non riusciva a
smettere di pensare. Gli ingranaggi con annesse rotelline giravano
talmente forte, che il rumore credo fosse udibile fino
all’appartamento di Bulma! Chissà, magari li avrei
svegliati! Ora più che mai, avevo
la certezza che non si trattasse di un sogno, o almeno per come abbia
sempre immaginato che fosse. Tra pochi minuti, avrei dormito nel
sonno, avrei dormito mentre dormivo. Avrei… Dio, che cosa
assurdamente impossibile da concepire!
Sorrisi per l’assurda circostanza. “Ho
parlato con Bulma e Crilin!”Ero
euforica, e non mi importava cosa questo
significasse
nella mia vita reale!
Dopo una devastante giornata, stavo finalmente bene, ero felice ed
emozionata. Le paure le avrei accantonate, almeno per quella notte.
E
poi, la testa mi andò subito lì,
su di lui.
Il cuore cominciò a battere velocissimo. Gli occhi si
spalancarono e le gote avvamparono come un incendio. Presi il cuscino
del lato sinistro e lo poggiai sopra al mio volto paonazzo,
scoppiando in una fragorosa e isterica risata.
E se domani
l’avessi incontrato?
Ciao
a tutti e buon giovedì!
Ormai
ci ho preso gusto con questa storia, sarà che sono la
protagonista, ma non posso farne a meno di scriverla! Ahahahahahah
Con
questo capitolo sono stata un po' più esplicativa, spiegando
come sia accaduta questa situazione e i miei nuovi amici
sono stati veramente carini nei miei confronti!
Avrete
notato che ho scritto di avere 28 anni, e non 32… Avendo
iniziato a immaginare questa storia quattro anni fa, ho riportato
l’età che avevo all’epoca. Chissà, magari
questo significherà che questa long si protrarrà nel
tempo… Chissà, chissà!
Per
ora vi ringrazio di avermi dedicato del tempo e spero che questo
capitolo via sia piaciuto…
Un
abbraccio,
Serena
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Capitolo 3 *** Il giorno seguente... ***
Capitolo
3
Il
giorno seguente…
Un
rumore improvviso mi svegliò. Mi guardai attorno, cercando di
focalizzare dove mi trovassi. Di nuovo quel suono, stavano bussando
alla porta. Tirai su la schiena, puntando gli occhi sulla mia
immagine riflessa sul moderno specchio davanti al letto.
“Sono
ancora qui.” Pensai
con stupore e, forse, anche un pizzico di felicità.
“Signorina?”
La cameriera al di là della porta stava iniziando a perdere la
pazienza.
“A-arrivo!”
Corsi in fretta e furia ad aprire. Una donna sulla cinquantina,
dall’aspetto tarchiato, accennò un sorriso non tanto
sincero.
“La
signora Briefs le manda questo.” Mi porse una grande busta di
carta bianca. “Mi ha detto di riferirle, inoltre, che la
colazione verrà servita nel loro appartamento fra circa
mezz’ora.” Si congedò, senza il minimo accenno di
saluto.
“Miss
simpatia!” Alzai
un sopracciglio e rientrai in camera. Sarà stato il brusco
risveglio o la voglia di dormire ancora latente, ma il tempo che
servì per realizzare l’accaduto fu parecchio. Mi sedetti
sul letto, iniziando a scrutare all’interno di ciò che
mi era stato consegnato. Sbattei più volte le palpebre
interdetta. “Dovrei mettermi questa roba?”
…………………..
“Mi
raccomando, vedi di non fare come al tuo solito!”
“E
sarebbe?”
“Non
metterle paura!”
“Tzk,
ci mancherebbe che quella
non debba temermi.”
“Beh,
comportati bene! Devo andare a vedere a che punto è Trunks, se
arriva, prima che faccia ritorno, regolati!” Bulma uscì
dalla stanza, urlando l’ultimo avvertimento.
Vegeta
alzò gli occhi al cielo e, scocciato, agguantò il
bicchiere di succo d’arancia, appena riempito all’angolo
delle bevande.
…………………
Decisi
di prendere le scale, fortunatamente le décolleté nere
avevano il plateau e quindi, nonostante l’altezza, risultavano
abbastanza comode. L’ascensore ci avrebbe impiegato troppo poco
tempo a raggiungere l’ultimo piano e a me, invece, ne serviva
un bel po’ per prendere coraggio. Tra pochi istanti avrei fatto
colazione con loro
e ciò mi stava creando non poco disagio.
Salii
ansimante l’ultimo gradino “Mannaggia
a me e alle mie genialate! Ora puzzo pure di sudore, evviva!” e
fui sollevata di trovare la porta già aperta. Inspirai
profondamente ed entrai nell’appartamento.
Un
gentilissimo maggiordomo si accostò prontamente e mi condusse
fino alla sala da pranzo che, chiamarla in questo modo, era pura
blasfemia! Davanti ai miei occhi si aprì un salone enorme,
semicircolare, con una vetrata gigantesca in grado di illuminare e
far filtrare caldissimi raggi solari. In mezzo alla stanza, un grande
tavolo apparecchiato con un pregiato servizio da colazione in
porcellana e, nella parete affianco alla porta d’ingresso, un
ricco buffet stracolmo di cibarie all’altezza di soddisfare
anche i palati più esigenti. Che bella la vita alla Capsule
Corporation!
Rimasi
immobile, persa nella meraviglia dello sconcerto, ma capii di essere
d’intralcio quando sentii qualcuno
schiarirsi
la voce, una profonda voce.
Il
battito, che il mio cuore perse, mi suggerì a chi
appartenesse.
Un
affascinante uomo, non molto alto, dalla folta capigliatura e il
fisico possente mi stava fissando in cagnesco, con il suo bicchiere
di succo d’arancia in mano.
“Quello
è il mio posto. Sei d’intralcio, spostati.”
In
realtà, avrebbe potuto benissimo scansarsi lui,
di spazio di certo non ne mancava, ma, per il mio bene, decisi di non
obbiettare. Deglutii nervosa e lo lasciai passare.
Lo
vidi prendere posto a capotavola e, mantenendo sempre la stessa
espressione e gli occhi puntati su di me, iniziò a mangiare la
sua ciotola di riso.
Penso
che in tutta la mia vita non abbia mai provato un livello così
alto di ansia e paura. Sì, tanta, tanta paura. Non sapevo che
fare. “Mi
siedo? E se non vuole?” Sembravo
un’emerita imbecille, accennavo un passo e poi mi bloccavo.
Alternavo timidi sorrisi a silenzi imbarazzanti. Ma sua moglie dove
cavolo era!?
“Cara,
buongiorno!”
“Dio,
ti ringrazio!”
Quella voce squillante fu così soave alle mie orecchie! Le
sorrisi a trentadue denti.
“Allora
sei ancora tra noi! Che splendida sorpresa!”
“Mamma
chi è quella?”
Da
dietro la sua perfetta silhouette, sbucò un ragazzino dalla
chioma simile alla sua e lo sguardo accigliato, degna eredità
di suo padre.
“Tesoro,
è la ragazza di cui ti ho parlato poco fa.” La sentii
mormora con gentilezza.
“Ciao,
Trunks!” Fui io a rompere il ghiaccio e notai divertita uno
sguardo stupito.
“C-ciao!”
Abbassò la testa, andando a sedersi vicino al suo papà.
“Come
hai passato la nottata?” Bulma si avvicinò maggiormente
e, facendomi segno con la mano, presi posto accanto a lei.
“Benissimo,
quel letto è comodissimo!”
“Oh,
mi fa molto piacere! Per me, il solito, grazie.” Si rivolse al
cameriere affiancatosi educatamente. “Tu cosa prendi, cara?
Dietro di te, ci sono a disposizione succhi di ogni genere e bibite
analcoliche. Sei hai voglia di caffè, cappuccino o altro, puoi
tranquillamente chiedere a Tobiko.”
“A-allora,
un cappuccino, grazie.”
“Da
mangiare?”
“Sono
a posto così.”
Stranamente,
ero inappetente. Troppa ansia? Beh, la padrona di casa si stava
rivelando ancora più ospitale del previsto, ma quei due
profondi occhi scuri, sempre
fissi su di me, non smettevano di agitarmi e la donna lo notò.
“Vegeta,
per cortesia, basta!” Scosse la testa, segno di aver perso le
speranze. “Serena, non farci caso. Sembra burbero, ma in realtà
è buono.” Enfatizzò sull’ultimo aggettivo,
nella speranza che quello zuccone di suo marito cogliesse il celato
ammonimento.
“Tzk!”
Cosa che ovviamente avvenne, ma la reazione ottenuta fu tutt’altro
quella desiderata. Raggiunta la soglia massima della sopportazione,
il principe dei Saiyan si alzò facendo segno al piccolo Trunks
di seguirlo al di fuori della stanza.
“Più
passa il tempo e più quei due diventano simili!”
Le
sorrisi divertita. Effettivamente, capelli a parte, padre e figlio si
somigliavano parecchio.
“Ascolta.”
Improvvisamente, vidi la donna al mio fianco farsi seria. “Prima
che Bra si svegli, vorrei parlarti di una cosa: ti sarai chiesta
perché ti abbia fatto indossare questi abiti.”
Aveva
ragione, non riuscivo ancora a trovare una risposta. All’interno
di quella busta, trovai un tailleur nero, una camicia in raso bianca
e le famose décolleté nere. Annuii.
“So
di non conoscerti bene, anzi, non ti conosco affatto, ma credo nella
tua onestà. Sembri una brava ragazza e non vedo secondi fini
nei tuoi racconti. Tu, in questo
mondo, non hai nessuno e, per certi versi, la tua presenza è
causa nostra. Il tuo desiderio di incontrarci ha fatto sì che
piombassi in mezzo a noi.”
Ascoltavo
ogni singola parola con un velo di emozione. Non so spiegarlo, ma
avevo la sensazione che stesse per darmi una splendida notizia.
“Senti,
la farò breve, sennò rischio di dilungarmi troppo!”
Accennò una breve risata. “In questo universo, tu non
hai nessuno e ciò significa che siamo noi
la tua famiglia e mi ritengo in dovere di aiutarti. La ragazza che si
occupa della trascrittura delle fatture del settore B7 è
appena andata in maternità e, da oggi, quel posto sarà
ricoperto da te. E’ chiaro, se poi, di punto in bianco,
sparisci e ritorni nel tuo mondo, cercherò un’altra
sostituta!”
“I-io
non so che dire, Bulma… Sono senza parole.” Lo ero
letteralmente.
“E’
giusto così e poi, pensaci bene, il fatto che tu sappia tutto,
può farci solo che comodo! Magari, in futuro, potremmo avere
bisogno del tuo aiuto. Sapere qualcosa che non ricordiamo.”
“Grazie.”
“Non
è finita qui.” Mi sorrise. “Poco distante dalla
Capsule Corporation, c’è un piccolo residence per i
lavoratori fuorisede. Un bilocale si è appena liberato e
queste sono le chiavi.” Sgranai gli occhi incredula. “La
prima mensilità è omaggio, le successive verranno
detratte direttamente dallo stipendio.”
Quest’incubo
stava finalmente diventando un sogno meraviglioso. Mancava veramente
pochissimo…
“Sappi,
comunque, che se mi stai mentendo e ti comporterai male, dovrai fare
i conti con mio marito! Anzi, ti farò punire da Goku!”
Scoppiò a ridere, ignara di ciò
che
avesse appena detto.
Il
mio cuore si fermò per un istante e le mie pupille si
dilatarono. Brutti, bruttissimi pensieri invasero la mia mente. Con
le guance paonazze, iniziai a ridacchiare come un’adolescente
in preda ai bollori ormonali. Che imbecille! Scrollai la testa,
cercando di riprendere il controllo. Avevo decisamente bisogno di una
boccata d’aria.
“Cara,
ti sei emozionata? che tenera! Comunque, inizierai a lavorare questa
mattina, va bene?”
“C-certo!”
“Quando
arriverai al tuo settore, il B7, verrai affiancata da una ragazza che
ti spiegherà tutto. In bocca al lupo!”
……………..
E
la prima giornata di lavoro si concluse.
Mi ero trovata molto bene e, nonostante la mia mansione
fosse molto semplice, noiosa e ripetitiva, avevo avuto il privilegio
di avere un ufficio personale e il cellulare aziendale. Ero stata
decisamente trattata con i guanti bianchi!
Dopo
un turno di otto ore, finalmente avevo fatto rientro nella mia nuova
casa. Era un appartamento molto carino, non molto grande, ma con lo
stretto indispensabile. L’entrata si apriva direttamente nel
piccolo open space caratterizzato da una moderna cucina di legno
naturale, separata da un’isola molto funzionale. Nel restante
ambiente, spiccava un arredamento molto minimalista sui toni del
bianco: una semplice madia porta tv e, nella parete opposta, sotto a
una splendida vetrata, un divano tre posti, color tortora. La camera
da letto e il bagno seguivano lo stesso design. Un appartamento molto
rilassante, senza alcun dubbio!
Mi
sfilai le scarpe aiutandomi con i piedi e, goffamente, mi stravaccai
sul divano. Poggiai la testa su uno dei morbidi cuscini e chiusi gli
occhi. I miei pensieri si focalizzarono immediatamente sul mio
mondo,
il mondo reale. Nonostante, finalmente, mi trovassi bene, le mie
paure e le annesse preoccupazioni non mi avevano abbandonata. Stavo
vivendo una vita parallela, i fatti erano questi, inutile girarci
attorno. Possibile fosse solo ed esclusivamente un lunghissimo sogno?
Cosa era capitato alla vera
Serena?
Come stavano i miei cari? E il mio fidanzato?
L’improvviso
suono di un campanellino destò i miei pensieri. Allungai la
mano, cercando il cellulare nella borsa poggiata a terra, senza
cambiare posizione.
“Un
nuovo messaggio: Bulma”
Lessi
mentalmente.
“Ciao
cara, come è andato il primo giorno di lavoro?
Stasera si terrà una
bellissima festa a casa mia e tu sei ufficialmente invitata!
Conoscerai tutti, felice? A più
tardi!”
“Tutti!?”
Saltai letteralmente dal divano. “Una
festa a casa di Bulma. Conoscerò tutti. Conoscerò Goku.
Goku!” L’isterismo
s’impadronì del mio corpo. Iniziai a ridere come una
pazza, camminando avanti e indietro farneticando frasi senza senso.
Le guance erano diventate incandescenti e il cuore era praticamente
fuoriuscito dal mio petto. Mi bloccai di colpo. “E
ora che cazzo mi metto!?”
Panico.
Presi
immediatamente la busta con l’anticipo concessomi, per pietà,
dal mio
capo,
cercando di confabulare un’ipotetica conversione tra Zeny ed
Euro, ma ovviamente non ne avevo la benché minima idea di
quanto apportasse il valore della moneta locale. Pazienza, mi avrebbe
aiutato qualche commessa! Guardai l’orologio affisso sulla
parete, constatando di avere sì e no un paio d’ore per
prepararmi. Male, malissimo! Avevo a disposizione pochissimo tempo
per trovare un outfit decente per la serata. Goku mi avrebbe visto
per la prima volta e non potevo –
Una
vocina, nella mia testa, mi bloccò: “Ma
veramente vuoi farti bella per lui? Per Goku? Serena, siamo seri! Va
bene che stai sognando, anche se non si direbbe, ma rimani pur sempre
fidanzata ed è di Goku che stiamo parlando! Sarà pure
il tuo sogno erotico di sempre ma, tesoro mio, ti sei scelta
l’individuo più asessuato che sia mai stato creato! Se
hai intenzione di acchitarti per quell’ebete, è inutile,
vai in pigiama!
E poi è sposato, zozza!”
Perfetto,
io e la mia coscienza avevamo ufficialmente litigato.
Ciao
a tutti e buona domenica!
Siamo
arrivati al terzo capitolo, vi sta piacendo? Lo spero veramente
tanto!
Ho
provato a disegnare una mia me
stile
manga ahahahahah (Non riuscivo a postare l'immagine, ma grazie a Teo5Astor ci sono riuscita! Mito! ahahah
Nel
prossimo capitolo conoscerò finalmente tutti!
Chissà cosa accadrà…
Ringrazio
di cuore chi sta seguendo questa storia, sia attivamente che
silenziosamente <3
A
presto,
Serena
<3
|
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Capitolo 4 *** Festa a casa di Bulma ***
Capitolo
4
Festa
a casa di Bulma
Sarò
rimasta ferma a guardarmi non so per quanto tempo. La cinta troppo
stretta, la cinta troppo lenta… La ciocca fuori posto, la riga
nera sopra alla palpebra destra un millimetro più lunga della
sinistra… Non so cosa sperassi di combinare rimanendo impalata
a fissarmi allo specchio di fianco all’entrata del giardino
interno della Capsule Corporation, tanto avrei continuato a
prescindere a sentirmi inadeguata e fuori posto! Di lì a
pochissimo avrei realizzato il sogno
più
assurdo di tutta la mia vita e tanto valeva avere un aspetto
perfetto.
Lo
avrei
visto, lo
avrei incontrato, forse, e sottolineo forse, al massimo gli avrei
detto ciao,
ma di certo, nulla di più.
Per
l’avvenimento, avevo scelto un look molto fresco e leggero: un
vestitino velato, con una texture floreale sui toni del pesco, lungo
fino al ginocchio. Una cinta color cuoio a sottolineare la vita e in
coordinato uno stivale morbido e leggero, con un tacco abbastanza
comodo. Almeno qualche centimetro l’avrei guadagnato!
La
lunga chioma liscia e scurissima ricadeva libera sulla schiena e,
riguardo il make up, nulla di eccezionale: l’occhio, con la mia
immancabile matita nera, ricordava vagamente un trucco anni cinquanta
e, per finire, un po’ di terra e un rossetto color carne, con
una punta di rosa. Finalmente, avevo un aspetto, almeno dal mio punto
di vista, decente.
“Quindi,
Serena, falla finita e suona ‘sto cavolo di campanello!”
Sospirai
e premetti il pulsante sul citofono.
“Serena,
entra pure cara!” La telecamera rivelò immediatamente
chi fossi. “Ragazzi, è arrivata!” Sentii ancora, a
causa del microfono lasciato acceso. Qualche ospite era già
arrivato… Deglutii molto faticosamente e attesi che le porte
dell’enorme cancello si aprissero. Bulma teneva in particolar
modo alla sua privacy, cercando il più possibile delimitare le
zone private da quelle pubbliche.
Il
giardino in questione era quello protagonista di uno degli ultimi
episodi della serie Z e, dal vivo,
risultava ancora più incredibile. Una miriade di fiori e
piante ornamentali ne esaltava la bellezza, il tutto accompagnato da
stranissime specie animali. Sembrava fossi entrata in un mondo
parallelo!
In
lontananza, scorsi una mano salutare con enfasi. “Cara, ben
arrivata!” Bulma mi venne incontro con un sorriso smagliante.
“Ma non dovevi disturbarti!” Ah, già, mi ero
dimenticata di dirvi che, da buon ospite, non mi ero presentata a
mani vuote: lungo il tragitto pensai bene di acquistare un cadeau,
una piccola orchidea rosa… Ma quella piantina risultava
alquanto penosa in mezzo a quell’orto botanico! Timidamente
gliela porsi, ricambiandole il sorriso.
“Qualcuno
già è arrivato, vieni con me!”
Mi
prese sottobraccio, senza potermi dar modo di aprire bocca. “Hai
il fiatone, sei venuta correndo?” Cercò di strapparmi
una risata. Era sveglia e non ci mise molto a captare la mia
agitazione. Del resto, capiva che fossero una sorta di personaggi
famosi per me, e realizzava quanto potesse essere imbarazzante
conoscerli personalmente.
“Eheheh
più o meno…” Sospirai, abbassando lo sguardo,
rialzandolo solamente quando la sentii arrestarsi.
“Ragazzi,
eccola qua!”
La
mia bocca si socchiuse, avvertendo il cuore battere in modo
frenetico. Spostai svelta la vista su ogni angolazione possibile e
come fossi stata davanti a una schiera di attori, ammiccai,
imbarazzata, un saluto felice. “C-ciao, a tutti!”
Seduti
attorno a un piccolo tavolo circolare, Crilin e la sua bellissima
moglie C18, Yamcha, Muten e il simpatico Oolong, smisero di
sorseggiare i loro cocktail tropicali, accogliendomi calorosamente.
Beh, non proprio tutti, diciamo che il biondo e algido androide non
si scompose minimamente, ma me lo aspettavo…
“N-non
c’è nessun altro?” Chiederglielo fu più
forte di me.
“Laggiù
ci sono Piccolo, Dende e Popo… A parte Kami, i restanti due
non sono di molte parole, soprattutto quello alto!” Rise,
spostando poi lo sguardo verso un tavolo poco più distante. “E
lì, ci sono mio marito e Trunks, ma loro li conosci già.”
Inutile
dirvi che la mia attenzione venne catturata immediatamente da Junior,
averlo in carne e ossa a pochi metri di distanza, fu assurdamente
incredibile! Era immenso, alto oltre i due metri, seduto come un
indiano, con le braccia conserte. Ho sempre avuto parecchia stima per
lui e giurai a me stessa, che in un modo o nell’altro, avrei
trovato il pretesto e il coraggio di rivolgergli parola.
“Qualcuno
ha sentito i Son?”
La
saliva mi andò di traverso.
“Io,
Crilin. Ho parlato stamattina con Chichi… Dovrebbero arrivare
a momenti.” Rispose Bulma, dando un’occhiata all’orologio
al polso. “Serena, nel frattempo prendi pure qualcosa da bere e
accomodati!” Mi invitò a sedermi, indicandomi un posto
libero.
“Oh,
finalmente un po’ di gioventù!” Purtroppo, non
feci in tempo ad assistere al divertente siparietto andatosi a
creare. Mi voltai, trovando Bulma con il pugno ancora chiuso di
fianco a un Genio
rannicchiato a terra. Quel vecchio pervertito si era avvicinato per
darmi il benvenuto,
ma la turchina lo aveva prontamente anticipato, colpendolo con
ferocia. Bene, ora che Muten aveva dato la sua benedizione,
iniziavo a sentirmi, a tutti gli effetti, parte integrante del gruppo.
Presi
un tè freddo e mi accomodai al tavolo, cercando, nonostante la
timidezza, di partecipare alla conversazione: la costosissima spider
ultimo modello acquistata da Yamcha con acconto, maxi rata finale e
soli 120 rate! Un affare
senza
precedenti, secondo l’acquirente. Tutti ridevano e si
divertivano schernendo il povero amico che, sbuffando, incalzava
battute su battute. Dopo pochi minuti, lo smartwatch al polso di
Bulma risuonò.
“Gohan,
entrate pure!”
Per
poco il bicchiere non mi cadde dalla mano. Lo poggiai sul tavolo,
iniziando a respirare sveltissima. Non avevo nessuno specchio davanti
a me, ma posso giurare che il mio volto avesse assunto tonalità
simili al grigio seppia. Erano arrivati, era
arrivato.
Stava per entrare e io ero prossima allo svenimento. “Oddio!
Oddio! Oddio!” La
mia testa non ripeteva altro e molto probabilmente, il quel momento,
non credo nemmeno fosse in grado di capire
altro.
Tutti si alzarono e, come un automa, feci lo stesso. “E
se fosse idiota come in Super? E se la sua voce non fosse quella?
E Se…” Riuscii
a farmi tante di quelle pippe mentali, in quei pochi istanti di
attesa, che neanche a elencarvele, riuscireste a farvene un’idea!
Anche perché, tra una pippa e l’altra, ormai, la
famiglia Son aveva fatto il suo ingresso! A rallentatore, vidi tutti
componenti entrare in fila indiana: Gohan, Videl con in braccio la
piccola Pan, Goten, Chichi e… Goku? Dove cazzo era Goku!?
“Benvenuti,
ragazzi! Scusate, ma dov’è Goku?”
“Ecco,
brava Bulma, chiediglielo tu, sennò rischio di impazzire!”
Come
se non l’avessi già fatto…
“Tu
lo sai? Qui ce lo chiediamo in tanti.” Ottimo, la moglie ne
sapeva quanto me e, a giudicare dall’espressione e la posa
indignata a braccia conserte, sembrava addirittura fosse dubbia la
sua presenza.
“Comunque,
io gliel’ho fatto presente, chissà se ci degnerà
della sua partecipazione…” Continuò sospirando e
salutando tutti con un sorriso.
Morale
della favola, sarebbe potuto apparire in qualsiasi momento e io avrei
vissuto da quel frangente in poi con la tachicardia, con il cuore a
braccetto con l’infarto. Sognare di cadere in burrone o essere
inseguita da un serial killer… No, è? Avrei avuto meno
ansia.
“Serena,
vieni!” Fortunatamente, Bulma mi distolse dai pensieri e con
educazione, mi presentò ai nuovi arrivati. Inutile dirvi che,
l’emozione da loro provocata fu la più grande di tutte.
Avevo la sensazione di conoscerli realmente da una vita, come se
anch’io facessi parte di quella famiglia. Soprattutto Chichi,
quando mi porse la mano, mi provocò una sensazione
stranissima. Quella piccola parte dentro di me, da sempre
immedesimata nei suoi panni, finalmente vis-a-vis, pianse
dall’emozione. Era bella, davvero tanto, la pelle nivea e
delicata…. Ma quel velo di austerità che bruscamente la
ricopriva e la incupiva, le oscurava la freschezza, senza
valorizzarla. Quanta rabbia…
“Quando
Bulma mi ha accennato, per telefono, la tua storia, ho stentato a
crederlo! E’ incredibile!”
“Incredibile
è averti davanti agli occhi!” “Già,
anch’io ancora fatico a crederlo…” Le sorrisi,
commossa a tal punto che se ne accorse. “Sc-scusatemi, ma è
tutto talmente assurdo…” Portai una mano all’altezza
del cuore, sospirando agitata. Bulma mi cinse un fianco, porgendomi
un calice di vino.
“Su,
lascia perdere quella robaccia analcolica e manda giù questo!”
“Ma
io sono astemia…”
“E
chi se ne importa! Vorrà dire che da stasera inizierai a
bere!” Scoppiò a ridere, contagiando i presenti con il
suo buon umore. “Scherzi a parte” Abbassò la voce,
avvicinandosi al mio orecchio. “Aiuterà a
scioglierti!” Ammiccò e io le sorrisi. La simpatica
scienziata dai capelli turchini stava diventando un punto di
riferimento importante nella mia nuova
vita.
E
così, la festa a casa di Bulma iniziò. Le due ore che
seguirono passarono sveltissime, soprattutto grazie all’enorme
e squisito buffet e all’eccezionale band assunta appositamente
per l’occasione. Mi divertii tantissimo e, nonostante il
persistente velo d’ansia, riuscii a distrarmi e a prendere
parte al gruppo.
Complici
i posti a tavola fianco a fianco, avevo passato gran parte del tempo
a parlare con Videl, eravamo, fin da subito, entrate in sintonia. Non
ricordo nemmeno quante domande mi fece riguardo l’infanzia di
Gohan e la delusione che seguiva ogni qualvolta le rispondevo che, al
di là dei momenti catastrofici,
conoscevo
ben poco del quieto vivere!
Poi,
vabbè, ero riuscita persino a bere un paio di cocktail, un
dettaglio decisamente da non tralasciare per una che va ad acqua e
coca cola come me! Grazie alla dritta della padrona di casa, acquisii
una spigliatezza incredibile!
“Videl,
sai dove è il bagno?” La mia vescica era arrivata al
limite.
“Oh,
certo. Vedi il buffet? In fondo, a sinistra.” Le sorrisi e
corsi via senza indugio… Non avrei retto ancora per molto!
E,
proprio in quel frangente… Arrivò l’ultimo
ospite, tanto atteso…
“Finalmente,
dove diavolo sei stato!? La festa è quasi finita!”
“Eheheh!
Salve a tutti!”
Neanche
a farlo a posta, in quel preciso istante, il ritardatario aveva fatto
il suo ingresso. Goku era comparso grazie alla tecnica del teletrasporto,
in mezzo a tutti gli invitati e, prima di poter salutare, si era
già beccato una bella ramanzina dall’arrabbiatissima
moglie.
“Beh,
almeno sei arrivato in tempo per il dolce!” Bulma gli andò
incontro, incrociando le braccia e scuotendo la testa arresa.
“Dolce!?
Non è rimasto nient’altro? Io ho una fame da lupi!”
I brontolii emessi dallo stomaco sottolineavano una carenza
energetica gravissima.
“Sei
senza speranze! Il buffet è ancora ricco, in fondo trovi gli
antipasti. Muoviti.” Il suo amico non sarebbe mai cambiato,
arrabbiarsi sarebbe stata una perdita di tempo.
“Oh
bene!” Si sfregò le mani eccitato e con il luccichio
negli occhi, camminò spedito verso il tavolo imbandito. “Urca,
quante cose buone! Pancia mia fatti capanna!”
“Che
cosa ci volete fare, ragazzi, è Goku!” Già, il
buffo Oolong aveva proprio ragione e, in fin dei conti, era amato
anche per questo! Scoppiarono tutti in una fragorosa risata.
…………..
Mi
lavai le mani e diedi una sistemata veloce al trucco. Quel bagno era
grosso almeno quanto tutto il bilocale offertomi da Bulma, neanche
fosse la hall di un albergo! Un’ultima aggiustatina ai capelli
e mi diressi verso l’uscita. L’ansia avuta per tutta la
serata aveva, ormai, lasciato il posto alla rassegnazione. La
speranza aveva retto fino all’ultimo, finché non mi
arresi all’idea che non sarebbe successo, almeno non ancora.
Pazienza, non restava che godermi gli ultimi istanti di quella
festa nella più totale spensieratezza. Sbucai fuori a testa
bassa e, sopraffatta dai pensieri, andai a sbattere contro il muro,
dalla durezza non poteva che essere di cemento armato! “Ahai!”
Anzi che nessuno fosse presente, sarei passata per la solita
imbranata! Strinsi le palpebre e mi massaggiai la fronte dolorante.
“Urca!
Scusa, non ti avevo vista! Ti sei fatta male?”
Il
cuore si fermò.
Poi,
come improvvisamente rianimato da una scarica elettrica, riprese a
battere scellerato, oltrepassò la gola, arrivando
dritto fino al cervello. Ogni rumore divenne ovattato e la
temperatura esterna percepita si aggirò di colpo intorno ai
cinquanta gradi centigradi. Spalancai gli occhi e, nonostante la
vista appannata, riconobbi immediatamente quel
lembo di stoffa blu, contornato dal famigliare tessuto arancione.
Era
lui,
era Goku… Così tanto vicino, da poterne sentire
l’odore.
Come
se ogni muscolo si fosse intorpidito, alzai la testa lentamente,
rimanendo letteralmente paralizzata da quel viso… Da quel
sorriso… Da quei capelli… Dall’opera d'arte più
bella che fosse mai stata realizzata!
“St-stai
bene?” Mi guardava confuso, giustamente confuso, la situazione
andatasi a creare, a posteriori, aveva del tragicomico: una
sconosciuta lo fissava inebetita, come avesse assistito al miracolo
della scesa in terra della Madonna con tutti gli angeli in coro…
“I-io…”
E, come un’idiota, non riuscivo neanche a parlare, immobile
come uno stoccafisso. Cercai con tutte le mie forze di mettere in
moto il cervello, momentaneamente andato in standby, ma con scarsi
risultati. Poi, improvvisamente, arrivò L’idea
geniale: bagno!
Scappai in bagno. Mi chiusi a chiave nel gabinetto.
Ma
si può essere più coglioni?
Inizia
a saltellare come una ragazzina impazzita. Urlavo, ridevo, emettevo
suoni senza senso e pronunciavo frasi senza senso. Avevo raggiunto un
livello di euforia elevatissima, senza contare che Goku era ancora
sbigottito, nel punto dove lo avevo lasciato, e poteva udire
perfettamente le mie pazze
esternazioni.
“Sei
sicura di stare bene?”
“Oh,
cazzo! Mi ha sentito!?”
Beh, impossibile il contrario.
“Sono scappata come una matta e… E adesso che gli
dico!?” Mi
schiarii la voce, cercando di ricreare un timbro, il più
possibilmente, rilassato. “S-sì, n-non avevo ancora finito!”
Urlai. “Non
avevo ancora finito!? MA CHE CAZZO HO DETTO!?”
Rettifico:
sì, si può essere più coglioni.
Bene,
dopo questa bellissima figura di merda, non restava che rimanere
rinchiusa fino a che la festa non fosse finita, o meglio ancora, non
mi fossi svegliata…
Ciao
a tutti e buon sabato!
Quarto
capitolo di questa strampalata fanfiction… Finalmente, fumata
bianca, abemus Gokum! Ahahahah Magari, sarebbe stato meglio
incontrarlo in un altro contesto, ma meglio di niente… Ho
cercato di far trasparire il più possibile le mie emozioni da
bimbaminkia e spero tanto vi siano arrivate! ^^
Chissà
cosa accadrà ora… Siete curiosi? <3
Come
sempre ringrazio di cuore tutti coloro che mi seguono <3
Ci
vediamo prestissimo, soprattutto con gli aggiornamenti delle altre
due storie!
Un
abbraccio grande e buon fine settimana!
Serena
<3
|
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Capitolo 5 *** Visite inaspettate ***
Capitolo
5
Visite
inaspettate
Morfeo
non aveva la minima intenzione di cullarmi tra le sue braccia. Mi
giravo e rigiravo tra le lenzuola con la sua
immagine fissa nella testa. Dopo aver trovato quel pizzico di
coraggio, scaturito soprattutto dalla voglia di rivederlo,
ero uscita dal mio rifugio, pronta a entrare a contatto con quel
sogno
finalmente avverato. Nel buio della camera, illuminata dal
fievolissimo spiraglio di luce emesso dai lampioni lungo la strada,
rivissi ogni singolo istante… Ogni singola sensazione…
Ogni singolo sguardo.
……………..
“Urca,
che mangiata ragazzi!” Finalmente con la pancia piena, Goku
raggiunse il gruppetto maschile, intento a gustarsi sigari pregiati,
sorseggiando deliziosi rum. Afferrò una sedia dal tavolo vicino e la
girò, sedendosi a cavalcioni, poggiando le braccia incrociate
sul bordo dello schienale.
Ovviamente,
tutto
sotto al mio sguardo lontano…
“Allora,
che si dice di bello?”
“Ne
vuoi uno?”
“No,
grazie Crilin, fumare fa male. Un goccio di quello, sì,
grazie.” Prese il bicchiere, annusò l’alcool
all’interno, ne assaggiò un sorso e… Si leccò
le labbra…
“Insomma,
cosa ne pensi, tu?” Chiese il piccoletto pelato al suo fianco,
tra una tirata e l’altra.
“Riguardo
cosa?”
“Serena.”
“Chi?”
“La
ragazza del mondo
parallelo!”
Aggiunse Yamcha. A quanto pare, così mi avevano
soprannominata. Alzò un sopracciglio interdetto e tale
reazione suggerì che non ne sapesse nulla. “Chichi non
te l’ha detto?”
“Detto
cosa?”
“Beh…”
Proseguì Crilin, indicandomi con il sigaro. “Vedi quella
ragazza laggiù? Per farla breve, nella sua realtà,
noi siamo i protagonisti di una storia
e, ora, ci sta sognando.” Schietto e conciso.
Di
punto in bianco, l’intero gruppo si voltò nella mia
direzione. Sgranai gli occhi e, sopraffatta dall’imbarazzo,
spostai subito lo sguardo. Stavano parlando di me, non avevo dubbi.
Nonostante non riuscissi a sentire, fu facile intuire che l’argomento
principale fossi io, solo e soltanto io.
Finito
il racconto, Goku era rimasto letteralmente senza parole.
“Urca,
è… E’ incredibile!”
“Già,
sconvolgente, vero?” Crilin se la rideva beffardo, gustandosi
l’ultima lacrima di rum. “Comunque, io sono convinto sia
in buona fede, mi sembra una brava ragazza.”
Dopo
pochi secondi di riflessione, il Saiyan sgranò gli occhi. Ora
era tutto
chiaro: lo conoscevo e, molto probabilmente, ero a conoscenza di
qualcosa di importante, ecco il motivo dello strano atteggiamento
avuto poco prima!
Il suo sesto senso era infallibile, non poteva sbagliarsi! Io
sapevo.
“Ma, per caso, vi ha detto se, oltre al passato, è
informata anche sul futuro?”
“Intendi
dire, se è a conoscenza di ciò che ci accadrà
più in avanti?” Goku annuì con uno strano
luccichio negli occhi. La speranza di un nuovo nemico con cui
fronteggiarsi lo mandava in visibilio. “N-non saprei…
Non ha detto nulla, riguardo ciò.”
Basta,
inutile pensarci su! Non si era mai sbagliato finora… E poi,
per quale motivo lo stavo fissando? Da quando era arrivato, non
faceva altro che intercettare il mio sguardo! Il mio atteggiamento
risultava fin troppo ambiguo e lui sarebbe andato fino in fondo,
senza ombra di dubbio. “Avete detto che lavora qui, alla
Capsule Corporation, vero?”
…………..
La
sveglia del telefono suonò invano, avevo passato l’intera
nottata nel terribile e stancante stato di dormiveglia, risultando
più sfinita della sera precedente. Goku, ottenuto il ruolo da
protagonista, aveva tormentato il mio inconscio con una performance
da premio Oscar. Il cervello non aveva smesso per un attimo di
ricordarmi tutte le volte che, da brava idiota, ero stata beccata a
guardarlo, incrociando i suoi occhi, imbarazzata. Persino un ingenuo
e tontolone come lui non poteva non aver compreso il mio interesse.
Stupida, stupida, stupida! Sbuffai, maledicendomi amareggiata,
mentre, svogliatamente, cercavo qualcosa di consono da indossare per
il nuovo giorno di lavoro.
Ma
non era finita qui! Non contenta del disagio emotivo, il mio cervello
aveva scovato un altro dettaglio su cui allegramente tormentarmi:
finalmente l’avevo incontrato,
maldestramente, ma era accaduto. Bello, bellissimo Goku,
in tutta la sua totalità. Avevo sentito il suo odore, la sua
voce, quella
voce,
e avevo cibato i miei occhi con la sua presenza… Bene, ora?
Tutto si era consumato. L’avevo visto e ciò doveva
bastarmi. In questo mondo, in cui lui aveva la sua realtà e io
la mia… Potevo ritenermi soddisfatta? Bastava averlo
incontrato? E se ora, quella assurda infatuazione immaginaria si
fosse tramutata in altro? Io c’ero, lui c’era, noi
c’eravamo. Cosa provavo?
Con
quell’aria affranta che non accennava a sparire, pagai il
cappuccino gigante alla cassa della caffetteria interna e mi diressi
verso il mio ufficio, pronta per una giornata all’insegna della
tristezza
e dell’apatia…
…………..
“Per
l’amor del cielo, Goku! Quando diavolo imparerai a passare
dalla porta come una persona normale?!” Bulma, in piedi già
da un paio di ore, lavorava scrupolosamente a un nuovo e segreto
progetto, quando quel cretino del suo amico era apparso dal nulla,
facendola sobbalzare dallo spavento.
“Eheheh,
buongiorno anche a te!” La faccia da schiaffi sghignazzava
divertita.
“Che
vuoi? Vegeta non c’è, ha accompagnato Trunks alla gita
scolastica.” Sentì una fragorosa e impulsiva risata
riecheggiare nei laboratori sotterranei. Scosse la testa, alzando gli
occhi al cielo.
“L’hai
proprio cambiato, è?”
“Beh,
come giusto che sia!” Tolse gli occhiali da saldatura e si
sfilò i guanti. “Puoi teletrasportarti da lui, basta che
non rovini la giornata a mio figlio.” Meglio prevenire, che
curare.
“Non
sono qui per tuo marito.”
“Ah.
Che vuoi da me, allora?”
“Nulla!
Neanche tu, mi servi.” La donna lo guardò, sbattendo più
volte le palpebre, confusa. “Sto cercando Serena, dove posso
trovarla?” Ora, passò a essere spiazzata. “Non ho
memorizzato la sua aura!” Lo vide grattarsi la testa, come al
suo solito.
“Ma,
Serena, Serena?”
“Serena,
Serena, sì. Ne conosciamo altre?”
“C-che
cosa d-de” Oh, che scema, la risposta era più che ovvia,
avrebbe dovuto aspettarselo. “Vuoi farle il terzo grado, non è
vero?”
“Eheheh”
Ancora quel suo
ingenuo gesto.
“Va
bene, ma che sia la prima e l’ultima volta, Goku! Dubito che,
quella povera ragazza, abbia voglia di passare la mattinata con te!”
………………….
Con
il mio bel cappuccino fumante, percorrevo il lungo corridoio,
sorseggiando con la testa ancora beatamente tra le nuvole. Non
riuscivo a smettere di pensare a lui,
stavo
impazzendo! La depressione era improvvisamente diventata altalenante,
intervallandosi con sprazzi di felicità incontrollata. E,
senza neanche rendermene conto, giunsi davanti alla porta del mio
ufficio, trovandola accostata. “Deve
essere passata la donna delle pulizie…” Pensai
scontatamente, entrando con non curanza. Con lo sguardo dritto, in
direzione della scrivania, poggiai le fatture, consegnatemi
precedentemente dalla segretaria all’entrata e fu in
quell’istante, che una sensazione mi provocò la pelle
d’oca. “Oh,
perfetto, sono addirittura arrivata ad immaginarmi il suo profumo!”
Scossi la testa, e ridacchiando sognante, portai il bicchiere alla
bocca.
“Salve!”
Il
cappuccino mi andò letteralmente di traverso e cadde di colpo
dalle mie mani, imbrattando tutto il pavimento. Cominciai a tossire
come una disperata, con le lacrime che uscivano incontrollate. Cristo
santissimo, Goku era lì!
Allarmato,
si fiondò immediatamente in mio aiuto, dandomi piccoli e,
fortunatamente, delicati colpi sulla schiena. Una scena goffamente e
vergognosamente, per la sottoscritta, raccapricciante.
“St-stai
bene?”
Con
una mano poggiata sulla scrivania e una sul petto, come se cercassi
di dare sollievo al cuore travolto da un treno in corsa, tentavo invano
di trovare le forze per riappropriarmi dell’ultimo briciolo di
dignità rimasta.
“Sc-scusa!”
Era mortificato, lo era visibilmente… Credo. Chi aveva il
coraggio di guardarlo? Approfittai al volo della bevanda rovesciata a
terra, per accucciarmi e focalizzare i miei occhi sul pavimento.
Così, avrei temporeggiato, ancora per un po’.
“Aspetta,
ti aiuto!” Goku, impacciatamente, si guardò attorno e
prese il contenitore di fazzoletti in stile Kleenex, di fianco al
computer, si abbassò e… Per poco, non ebbi un collasso.
Per una frazione di secondo, le nostre mani si sfiorarono, arrestando
il mio cuore per brevi, ma lunghissimi, istanti. Alzai intontita gli
occhi, ritrovandomeli immersi nei suoi. Il suo volto,
meravigliosamente bello, era a pochi centimetri di distanza dal mio…
E come un mago, mi stregò.
Buonasera
a tutti!
Questa
volta, aggiornamento serale....
Urca,
quanto mi sto divertendo con questa storia! XD
Avete
visto che sorpresina il nostro Goku? Ahahahah Chissà cosa
succederà ora…
Come
sempre, grazie di cuore a tutti! <3
Un
abbraccio grandissimo,
Serena
<3
|
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Capitolo 6 *** Chiodo fisso ***
Capitolo
6
Chiodo
fisso
E,
come un mago, mi stregò.
Sì,
mi stregò, letteralmente. Sentii il calore sul mio viso
crescere pari passo al leggero schiudersi della bocca. Lo vidi
trattenere gli occhi su di me e poi rialzarsi, facendo anch'io
altrettanto. Non so dirvi perché anche lui
non avesse distolto lo sguardo, molto probabilmente la mia
espressione appariva talmente imbarazzata da catturare la totale
attenzione. Si schiarì la voce e pronunciando un leggero
sorriso, si grattò la testa. “Scusami ancora, ogni volta
che siamo soli, combino qualche guaio!” Rise, così dolcemente da contagiarmi.
“N-no,
sono io a essere imbranata.” Riuscii a liberare
la vista e passando una mano tra i capelli, girai intorno alla
scrivania, fino a raggiungere la poltrona. Mi sedetti, pensando che
se mi fossi messa a lavorare
al
computer, sarei apparsa disinvolta e soprattutto naturale,
seppur la scarsa se non nulla salivazione e le mani ghiacciate
palesassero tutt’altro. Aprii il programma di scrittura e
inizia a premere pulsanti a caso, anche perché, in una
situazione del genere, altro non avrei potuto fare. Tra una battuta e
l’altra, sollevai lo sguardo e quasi mi venne un colpo quando
lo vidi fissarmi impalato, con le braccia incrociate al petto. Il mio
cuore comandò alla bocca di sorridere e il cervello non
accennò a controbattere, ormai non aveva più il
controllo delle azioni, ero letteralmente nel pallone.
“Tu
mi nascondi qualcosa.”
Chiusi
di scatto il portatile, così, senza motivo.
“Il
rossore sul collo e sullo sterno non mente.”
“C-come?!”
Si
sedette spavaldo
sulla sedia davanti alla scrivania, poggiando le gambe sulla seduta a
fianco. “Sì, mia cara, sei sempre nervosa quando parli
con me. Il mio sesto senso, non sbaglia!”
A
posto, se ne era accorto. Persino un ingenuo come lui
lo
aveva capito. Che cretina! Mi coprii il petto, nella speranza di
occultare le prove.
“C-che vorresti dire?”
“Ah,
io non lo so, dimmelo tu…”
“Io
so solo che sei bello da morire!”
Eh, però, così giocava sporco! Quanto avrei voluto
affondare le mani in quella fratta nera, strattonarlo sulla
scrivania, montargli sopra, strappargli tutti i vestiti e… “Ti
cavalcherei come se“
“Hey,
ci sei?”
Soprassalii.
Il gomito poggiato mi scivolò via, facendomi quasi battere il
mento sul ripiano di legno. Scrollai la testa. Acqua, avevo bisogno
di acqua. “U-un momento.” Mi alzai paonazza e accaldata,
mi voltai e sospirai. Presi la bottiglietta sul ripiano e me ne
scolai mezza. Con quell’atteggiamento e, soprattutto, quelle
fantasie
non sarei arrivata da nessuna parte. Cristo santo, non ero più
una ragazzina alle prese con la cottarella adolescenziale! Dovevo
farmi forza e soprattutto coraggio. “Hai
quasi trent’anni, Serena, SVEGLIATI! Finiscila di fare la
stupida! E’ bello?! D’accordo, guardalo ma non rompere i
coglioni! Cresci.” Mi
schiarii la voce e mi rigirai. “D-dicevamo?”
Goku
sbatteva le palpebre, quel pover’uomo stava decisamente
faticando a intrattenere una conversazione normale.
“Ehm sì… T-tu sai qualcosa su di me. Sei a
conoscenza di qualche nemico futuro… Ammettilo, non c’è
altra spiegazione!”
“Come?”
Niente, l’avevo sopravvalutato, scusate. “U-un nemico?”
“Certo!”
Poggiò di getto i palmi della mano sulla scrivania,
avvicinando il volto a pochi centimetri dal mio. “Quando
arriverà?” Era euforico.
Scoppiai
a ridere e fu più forte di me. “No, ti stai sbagliando,
mi dispiace. Purtroppo, non so nulla.” Beh, oddio, sapevo di Ub e, forse, qualcos’altro… Ma, ormai,
era tutto così reale,
da
avere quasi il timore di modificare
il
futuro…
“E
allora, perché?”
“Perché,
cosa?”
“Sei
sempre agitata, con me.” Si risedette, assumendo un’espressione
imbronciata.
“N-no,
ti sbagli, s-sono così con tutti… Con tutti voi.”
“Non
è vero, con gli altri non lo sei.”
“B-beh,
d-dipende…”
“Mmm…”
Si alzò. “Sarà …” Mi sorrise e Dio
solo sa come meravigliosamente lo fece.
“F-fidati.”
Lo
guardavo, pardon, lo bramavo.
Aveva puntato le mani sui fianchi coperti dalla tuta arancione e
scrutava lo spazio circostante, sembrava molto concentrato.
“Urca,
è tardissimo!
Di
colpo sussultò e io feci altrettanto. I suoi occhi si erano
posati sull’orologio fisso alla parete. “Devo scappare,
se non riesco a portare a termine tutte le commissioni entro l’ora
di pranzo, Chichi mi lascerà a pancia vuota! Vabbè, ci
si vede, è? Ciao!” E neanche il tempo di finire la
frase, che portò le due dite alla fronte e la sua presenza
svanì all’istante.
“M-ma…”
Rimasi letteralmente di sasso. Inaspettatamente era apparso,
inaspettatamente se ne era andato. Con gli occhi ancora sgranati, mi
lasciai andare sulla poltrona, sprofondando e portando esausta la
testa all’indietro. Goku, avevo visto Goku… Avevo avuto
Goku davanti a me, Goku! Dio mio che cosa assurda,
sembravo
ubriaca…
“Ah,
dimenticavo!” Riapparve e per poco non mi venne un infarto. “Ti
devo un cappuccino, ciao!”
…………….
La
sera arrivò in fretta, con quel
chiodo fisso
perennemente in testa, tanto da giungere a casa, senza nemmeno
rendermene conto. Mi tolsi le scarpe e, stancamente, mi accasciai sul
divano. Avevo le gote rossissime e un sorriso da ebete che dalla
mattina non accennava a sparire. La sua voce, il suo sorriso, i suoi
capelli, il suo corpo, lui…
Che droga! Ero strafatta. E poi, poi c’era quella frase, del
tutto inaspettata: Ti
devo un cappuccino. Saltai
in piedi, portando le mani sulle guance incandescenti. Sarebbe
tornato, quindi? Beh, sì… Quell’ammonimento
sembrava
parlar chiaro. O, forse, no… Magari, lo aveva detto solo per
gentilezza, così, tanto per! Eppure, era persino
riapparso per farmelo sapere! “Aaaah!” Un urlo liberatorio
fuoriuscì incontrollato. Mi diressi in bagno, una bella doccia
avrebbe dato una pulita alle mie idee. Regolai il calore e tolti
tutti gli indumenti, mi infilai sotto il getto. Quando ci saremmo
rivisti? E se fosse tornato l’indomani? Inutile, la testa
viaggiava sempre nella stessa direzione, non vi era alcuna cura. Il
dottore aveva il referto: ero malata
di
Goku. Chissà dov’era in quel momento…
Già,
chissà, non ero l’unica a chiederselo.
Gohan
fece capolino nella camera della sua piccola Pan, sorrise
dolcemente vedendola divertita sulle spalle del giovane zio che,
buffamente, saltellava a ritmo con la filastrocca canticchiata dalla
nonna. Era bellissimo vederli interagire così serenamente.
Quando la sua famiglia natale veniva a far visita, era una festa per
il suo cuore. Socchiuse appena la porta e tornò nella zona
giorno. Con dolcezza sfiorò un fianco della moglie, intenta a
riporre gli ultimi piatti sporchi nella lavastoviglie. Videl lo
accarezzò e premuto il pulsante del programma scelto, chiuse
lo sportello. “A posto.”
“Bravissima.”
Sorrise, incrociando per un breve istante i suoi occhi, poi il suo
sguardo andò a confondersi altrove.
“Tutto
bene, tesoro?”
“S-sì.”
Non le sfuggiva nulla, sua moglie lo conosceva troppo bene. “Sto
cercando mio padre… L’hai visto per caso?
“Mmm
no…” Videl scosse la testa, asciugandosi le mani con uno
strofinaccio. “Anzi, aspetta! Poco fa è uscito sulla
terrazza.”
“Oh,
bene, grazie amore.”
Gohan
sbucò all’esterno, vagando lo sguardo verso ogni
direzione, ma di Goku neanche l’ombra. Si sporse dalla
ringhiera, la sua aura, benché leggera, suggeriva
fosse nei paraggi, ma dove? “Papà? Papà, dove
sei?”
“Sono
quassù!” Alzò gli occhi verso l’alto. Oh,
eccolo, finalmente! Levitò, fino a raggiungere il tetto.
“Che
ci fai qui?”
“Mi
sto rilassando. Dopo la bella mangiata che ci ha fatto fare tua
moglie, avevo proprio bisogno d’aria fresca. E’ diventata
una cuoca incredibile!”
Gohan
si sedette al suo fianco, con aria pensierosa.
“Che
hai figliolo?”
“Mmm…Io
nulla. Tu, piuttosto, è successo qualcosa?”
Goku
aggrottò le sopracciglia. “No, perché?”
“Papà,
sei un libro aperto, c’è qualcosa che ti affligge…
Avanti, parla!”
Lo
sentì ridacchiare allegramente e imbarazzato si grattò
la testa. “Non ti sfugge niente, è?” Incrociò
le braccia al petto e puntò lo sguardo tra le stelle. “Urca,
stasera il cielo è meraviglioso, guarda che luna!”
“PAPA’!”
“Ehm
sì, sì.. Scusa. E’ vero, c’è
qualcosa che mi tormenta, anzi… Qualcuno...”
“Qualcuno?
E chi sarebbe?”
“Serena,
la
ragazza del mondo parallelo.”
Gohan
spalancò gli occhi, inebetito. Di certo, non si aspettava una
risposta del genere.
“E’
sempre nella mia testa, non trovo pace.”
“C-come?”
“Da
quando l’ho conosciuta, non faccio altro che pensare a lei…”
Cosa?
Cosa cazzo aveva appena udito? Sì, cazzo,
perché un semplice cavolo
non era minimamente in grado di sottolineare la portata dello
stupore! “P-papà, m-ma…”
“Quella
ragazza è diventata un chiodo fisso! Non ne posso più…
Sono addirittura arrivato a sognarla, sai?”
“PAPA’,
SEI IMPAZZITO?!” Gli aveva dato di volta il cervello?! Scattò
in piedi, con una vena gonfissima sulla tempia. “E LA MAMMA?!”
Goku
era sobbalzato, tanto quanto il primo genito. Lo guardava perplesso,
con le mani avanti. “C-che c’entra la mamma?! F-figliolo,
che ti prende?” Quel ragazzo doveva iniziare a dare una
controllata agli sbalzi d’ira ereditati.
“COME
PUOI DIRE CERTE COSE?!”
“P-perché?”
“SEI
SPOSATO!”
“E’?”
Sbatté più volte le palpebre. “S-sono convinto
c-che nasconda q-qualcosa, c-che c’è di male?”
Seguì
un lungo, anzi lunghissimo silenzio e, per poco, Gohan non cadde dal
cornicione. Di punto in bianco, scoppiò a ridere isterico, con
uno sguardo al limite della sanità mentale. Cosa caspita era
andato a pensare?! Suo padre con un’altra donna? Suo padre?!
L’assurdo fraintendimento aveva assunto delle note tragicomiche
travolgenti. Con le lacrime agli occhi, si schiarì la voce,
cercando di riprendere il controllo e, soprattutto, il contegno.
“Q-quindi, credi che stia mentendo?” Un lieve rossore
tinse le sue gote, Goku lo stava fissando interdetto.
“Ehm,
no… Q-questo no, sono certo sia in buona fede. Più che
altro, ho la sensazione che magari possa conoscere qualcosa sul
nostro futuro.”
“Perché?”
“Beh,
ha un atteggiamento strano, soprattutto con me.”
“Sei
andato da lei, vero?” La risatina e la grattata di testa
che seguirono suggerirono la risposta. “Papà, lasciala
in pace, se vorrà parlare, lo farà… Non
tormentarla!”
Troppo
tardi, caro Gohan, tuo padre era, già, riuscito nell’impresa!
Aveva devastato
ogni mio singolo pensiero, non lasciandomi scampo neanche durante la
notte. Chiusi l’anta dello specchio contenitore sopra al lavabo
del bagno e l’immagine che vidi riflessa quasi mi spaventò.
“Che
occhiaie…”
Sembravo uno zombie. Cercai di darmi un’aggiustata
e, in ritardo, corsi alla Capsule Corporation.
“Buongiorno,
signorina. Le sue fatture.”
Sorrisi,
presi la mia mole
di lavoro e mi fiondai al bar, quella mattina, urgeva una dose almeno
doppia di caffè.
La
fila smaltì presto, forse merito del mio confuso stato di
dormiveglia ancora latente. “Un cappuccino scuro, molto scuro,
grazie.” Presi zucchero e palettina e mi diressi alla cassa.
Sotto lo sguardo scocciato e spazientito del barista, inizia a
cercare goffamente il portafoglio nella borsa, che mai come quel
giorno sembrava essere infinita, fin quando un tintinnio metallico
improvviso, alzò i miei occhi. Qualcuno
aveva pagato per me. Mi voltai e con il cuore volato dritto in gola,
trovai quel qualcuno
e…
Quel
qualcuno
mi sorrise.
Buonasera
a tutti,
stasera
aggiornamento serale!
Un
grandissimo abbraccio e buona Pasqua!
Serena
<3
|
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Capitolo 7 *** Il buongiorno si vede dal mattino ***
Capitolo
7
Il
buongiorno si vede dal mattino
“Salve.”
Per
poco non riavvenne la brutta figura del giorno prima. Ero rimasta
imbambolata, assumendo nuovamente quell’espressione da
miracolata.
Quando
avrei smesso?
“Perché
quella faccia? Ti dovevo un cappuccino, no?”
G-già…
E io che pensavo lo avesse detto per educazione! Sciocca, è?
Con gli occhi sgranati, riuscii a deglutire molto a fatica. La
salivazione mi aveva per l’ennesima volta abbandonata, disgraziata! Senza
rendermene conto, iniziai a squadrarlo dalla testa ai piedi, le mie
pupille si spostavano impazzite, consumandolo con gli occhi. Quanto
era bello… Questo sì, che era un buongiorno!
Il
mio buongiorno.
“Senta!”
Fortunatamente, alzò la voce per farsi sentire dal barista e
questo riuscì a riportarmi alla realtà, ultimamente stavo
viaggiando decisamente troppo
con
la fantasia. “Potrebbe prepararne un altro? Magari con aggiunta
di panna, grazie!” Sghignazzò, strizzandomi un occhio
“Vogliamo sederci?”
L’unico
rumore, che riecheggiava nell’aria, era il risucchio emesso da
Goku con la sua cannuccia. Chiunque l’avrebbe trovato di
cattivo gusto, disdicevole, ma il mio cervello, totalmente scimunito,
ringraziava fosse così impegnato.
Stavo
facendo colazione con Goku… Con GOKU! No, dico, vi rendete
conto?! Stentavo ancora a crederlo, anche perché, non so, ma
pensarlo in un bar, mi risultava strano! Soffocai una risatina timida
e sorseggiai il cappuccino. Ci eravamo seduti su di una
panchina, l’aveva scelta lui, poco distante dalle aiuole. Il
patio esterno della Capsule Corporation era stupendo, ricco di fiori
e di alberi da frutto molto particolari e mai visti prima. Avevo
fissato lo sguardo su un piccolo passerotto intento a beccare delle
briciole al di sotto di una sedia, cercando di sopportare il
pesantissimo imbarazzo, nonostante fossimo separati da quasi un metro
di distanza. Eh, sì, perché grazie al mio stupido
essere,
mi era impossibile stargli più vicino. Ero rannicchiata in un
angoletto, le spalle curve e la bevanda strettissima tra le mani.
Sentii spostare la sua attenzione su di me e ciò rese tutto
ancora più dannatamente difficile.
“Cosa
devo fare per farti parlare?”
Il
sorso mi andò quasi di traverso. Me la cavai con qualche colpo
di tosse.
“Non
sarà mica che ti vergogni di me… Di me?”
Dio,
quel di
me, lo
aveva sottolineato con un timbro di voce così dolce, da
mandarmi letteralmente in tilt! Ma aveva ragione e sono più
che convinta che se ne fosse accorto dai battiti del mio cuore,
talmente impetuosi, da essere udibili e visibili attraverso lo
sterno. Accennai un sorriso e scrollai la testa. Non potevo
continuare a tenere questo comportamento, era giunto il momento di
farmi forza e prendere il giusto coraggio. E, stavolta, davvero.
“Beh, ecco, no… E’ che, in realtà, sono
ancora frastornata. Non mi aspettavo il tuo arrivo…”
“Ah,
se disturbo, me ne vado.”
“NO!
C-cioè, volevo dire, tranquillo… Tanto non ho un orario
preciso per iniziare a lavorare.” Se
provi ad andartene, t’ammazzo.
“Ma… Più che altro…” Corrucciai lo
sguardo, inclinando la testa da un lato. “Da quando in qua, vai
in giro con i soldi?” Non lo so, ma fu più forte di me.
Un’immagine del genere mi risultava talmente assurda e
inusuale, che riuscii a stento a trattenere una risata! Mi guardò
confuso, sbattendo più volte le palpebre.
“Che
c’è di strano? Come faccio a fare la spesa?”
Ah,
è vero, a questo proprio non ci avevo pensato! Risi ancora,
stavolta con imbarazzo, ma almeno smorzai un poco la tensione. “Hai
ragione, che idiota. Comunque, grazie.”
“Urca,
quanto sei lenta! Hai ancora mezzo bicchiere!”
“Hey,
non mi chiamo mica Goku!”
“Eheheh”
Si grattò la testa, ridacchiando con un velo di rossore sulle
gote.
Bevvi
un altro po’ e puntai lo sguardo verso le grandi porte di vetro
scorrevoli, che di tanto in tanto, si aprivano al passaggio dei
clienti. “Certo che, sei incredibilmente ostinato. Pur di
sapere qualcosa, stai perdendo tempo con me… In questa
maniera, per giunta.” L’ultima frase la calcai alzando la
mug da trasporto nella mia mano.
“Tanto
non arriverò da nessuna parte, vero?”
“No.”
Sorrisi e lo vidi scuotere la testa. “Ma non ti ho mentito. Sto
sognando
esattamente
dove ora è giunta la storia, mi dispiace.”
“Mmm,
no, dispiace più a me, fidati!”
A
quel punto, forse come segno di arresa, aprì le braccia, e
appoggiandole ai bordi dello schienale, assunse una posizione più
comoda e mi stupì. Non sembrava affatto l’atteggiamento
di qualcuno intenzionato ad andarsene. Ma… Perché
trattenersi, ancora?
“Posso
farti una domanda?” Per quale motivo hai sperato di finire nel
nostro mondo? Cosa ti ha spinto?”
Tu.
Beh,
nonostante tutto, il mio cervello aveva conservato un briciolo di
autonomia. Mi passai una mano dietro il collo e, nervosamente,
inghiottii il nulla. “I-io… Ecco… La-la vostra
storia. V-voi tutti.” Eccomi di nuovo a balbettare! Quella
specie di intraprendenza, straordinariamente ottenuta, era
magicamente scomparsa, lasciandomi in balia delle molteplici
emozioni. Brava Serena.
Lo
guardavo e la sua espressione era indecifrabile, incomprensibile…
Chiusi gli occhi e, dopo un instante, li riaprii. “Non mi
credi, è?”
“Mmm,
no.” Ridacchiò. “Ma farò finta di farlo. Mi
stai simpatica, sai?”
……………
“Uffa,
non ne posso più!” Bulma era sfinita e sull’orlo
di una crisi di nervi. Aveva cominciato a lavorare da poco più
di un paio d’ore e il massimo della sopportazione era già
arrivato alla vetta più alta. Si accasciò stancamente
sulla poltrona di pelle. Voleva morire.
-BEEP-
L’interfono
risuonò, per la miliardesima volta. “CHE C’E’
ANCORA?!”
“Sc-scusi
capo, u-un agente della polizia vorrebbe parlare con lei. Lo faccio
passare?”
“Polizia?!”
“D-dice
di conoscerla, si chiama Crilin.”
Buttò
la testa all’indietro. Quella sciocca della nuova segretaria le
aveva fatto prendere un accidente! “Sì.”
Maledetta.
“Si
può?” Due gentili colpi alla porta e una sorridente
testa pelata fece capolino. “Che faccia! Ti senti bene?”
“NO.”
Sfilò una sigaretta dal pacchetto, prese l’accendino e
si alzò bruscamente. Il passo per l’esaurimento era
prossimo. “Scusami, Crilin, oggi è terribile!” Si
poggiò con la schiena alla finestra e puntò il fumo
verso lo spiraglio d’uscita.
“Si
vede.” Aveva un diavolo per capello! Il nuovo arrivato lasciò
il casco sulla scrivania e si accostò all’amica.
“Come
mai sei qui?”
“Ho
una soffiata… Ovviamente, come sempre”
“Acqua
in bocca, sì.”
“Mmm…
In questura stanno facendo storie per i permessi che ha chiesto tuo
padre… Non so se li accetteranno…”
“COSA?!
Qui si rasenta il ridicolo! Siamo l’industria tecnologica più
importante del mondo e siamo ancora ridotti a questo?! STIAMO
SCHERZANDO?!”
Crilin
sbarrò gli occhi, indietreggiando automaticamente di qualche
passo. Forse, avrebbe dovuto scegliere un momento migliore. Portò
le mani avanti, cercando sfiduciato di calmarla. “I-io ho solo
riportato ciò che ho sentito, v-vedrai che glielo
concederanno!”
“CONCEDERANNO?!”
Bene,
di male in peggio! Si grattò una tempia e si sedette a gambe
strette sul divanetto blu, vicino a lei. Quella donna diventava una
belva quando le girava storto… Altro che Chichi! Giusto! Una
curiosità gli balenò in testa, trovando così un
sotterfugio per cambiare discorso. “A proposito, Goku?”
Bulma
espirò una boccata di nicotina e alzò un sopracciglio.
“A proposito?”
“S-sì,
eheheh!” Che babbaleo. “L’ho visto molto
interessato
a Serena, è convinto sappia - perché ridi?”
Beh,
giusto il giorno prima era apparso davanti ai suoi occhi, pronto per
andarle a fare il terzo grado! Sospirò.
“Secondo te, dove era il tuo caro amichetto, ieri? Considera
che quando sono passata per sapere, poco dopo che se ne era andato,
Serena era stravolta! Povera ragazza…” Spalancò
le pacche e si poggiò sul davanzale, volgendo lo sguardo verso
il cielo terso.
“Non
si smentisce mai, l’avrà scioccata!” Crilin
scoppiò a ridere. “”Quando si parla di nemici o
avversari più forti, perde totalmente il lume della ragione.
Già me lo immagino… Anzi, lo conosco talmente bene che
mi sembra di sentirlo ridere!” Dondolò la testa con il
sorriso ma, d’un tratto, la tirò su di scatto,
incrociando gli occhi di Bulma, sgranati almeno quanto i suoi! Si
fiondò ad affacciarsi e insieme abbassarono lo sguardo sul
patio davanti al bar.
“GOKU?!”
Eh
sì, era proprio lui e rideva, pardon, ridevamo… E pure
di gusto! Non so spiegarvi la ragione, ma essendo riuscita a prendere
confidenza, avevamo iniziato a chiacchierare, finendo addirittura a
ricordare i suoi
aneddoti più divertenti!
“Te
lo giuro!”
“Ma
non è possibile!”
“Le
nuvole sono buonissime!”
“Ti
prego!” Mi asciugai gli occhi dalle lacrime. Mi stavo sentendo
male, mi doleva la milza. “E comunque… Sei un mostro…”
Lo vidi cambiare espressione.” Ti sei mangiato la nuvola
Speedy!!!”
“Speedy?”
“V-volevo
dire Kinto…” Non avrei mai imparato. “Te la sei
mangiata!”
“Urca!”
Spalancò gli occhi incredulo. “E’ Vero! S-sono un
mostro ahahahahah!” E le risate tornarono più fragorose
di prima.
Sì,
decisamente un meraviglioso buongiorno. Mai avrei immaginato potesse
iniziare in questa maniera! Si stava così bene in sua
compagnia. Smorzai progressivamente l’entusiasmo, rimanendo con
un accenno di sorriso. Lo guardavo, cercando di apparire il meno
coinvolta possibile. Era così… Così dannatamente
Goku. Sospirai e mi alzai. Buttai il bicchiere nel cestino e mi voltai. “E’ meglio che vada a lavorare…Grazie per
la divertente
colazione.”
“Grazie
a te…” Lui non si alzò. Rimase seduto comodamente
sulla panchina. Strizzò un occhio e ricambiò la mia
espressione.
“Ci
vediamo… Goku.”
Annuì
e quello sguardo enigmatico mi trattenne, ancora, per qualche
istante. Chissà cosa stesse girando nella sua mente…
Non si era convinto, ne ero certa. A testa bassa, raggiunsi le porte,
che al mio arrivo si aprirono ed entrai nel bar. Feci qualche passo
in balia dell’astinenza, bisognosa come non mai di risentirlo
ridere. Mancava già come l’aria. Mi fermai poco prima
dell’uscita, con l’irrefrenabile impulso di voltarmi,
riposare gli occhi su quella panchina, di certo, ormai vuota… Inconsapevole, in
realtà, che non lo fosse.
Due
cristalli neri come la notte… Erano fissi su di me.
Buon
lunedì!
Come
annunciato ieri, nella mia one-shot dedicata alla “Festa della
mamma” (Vi è piaciuta? Molto, molto easy ahahahah
Comunque, chi non l’avesse ancora letta e fosse interessato a
farlo, eccola qua: Dragon
Ball, 'TEMA: alla mia mamma piace tanto...' di SerenaChichi su EFP
Fanfiction
) ecco il nuovo capitolo… Piano, piano inizio a sciogliermi e
a prendere confidenza con Goku… Ottimo! ahahahah
Spero
tanto vi sia piaciuto e, come sempre, grazie a tutti di cuore!
Un
abbraccio grande,
Serena
<3
|
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Capitolo 8 *** Rosso pomodoro ***
Capitolo
8
Rosso
pomodoro
“Finalmente,
Goten! Il film sta per iniziare, muoviti!”
“Eccomi,
eccomi!”
“Ma
come sei conciato?!”
“Più
tardi ti racconto… Corriamo, adesso!”
“NON
FARE TARDI!” Goku alzò la voce per farsi sentire dal figlio, il
quale era intento a salire gli ultimi gradini che portavano
all’ingresso del multisala della Città dell’Ovest.
Insieme al suo inseparabile amico Trunks e altri compagni di gioco
avevano organizzato un bel pomeriggio al cinema. Finalmente era
uscito l’attesissimo sequel de -Le avventure di Great
Saiyaman!- e, per ovvie ragioni, non potevano di certo
perderselo!
Ma
riuscire ad arrivare in orario era stata una impresa. In programma,
era emerso anche l’incontro insegnanti-genitori e, come
al solito, Chichi era stata categorica: avrebbero dovuto
accompagnarla entrambi, -Prima
il dovere e poi il piacere! –
Aveva detto. Ergo, un noiosissimo pomeriggio passato a saltare da una
classe all'altra, alla ricerca estenuante degli insegnanti. Il tutto,
condito da dei jeans scuri scomodissimi e una camicia bianca
dall’irritante colletto. Fortunatamente, con la scusa
dell’appuntamento
era
riuscito a svignarsela! Se Goten non fosse stato teletrasportato, non avrebbe mai fatto in tempo… Forse.
Slacciò
i primi due bottoni all’altezza del collo, diede una bella
allentata e sospirò beato.
Che
goduria!
Bene,
ora poteva rilassarsi… Levitò per alcuni centimetri da
terra, ma si bloccò. Perché non fare una bella
passeggiata? Era una vita che non camminava tra le vie di una città…
…………..
Quel
pomeriggio, avevo terminato gli impegni lavorativi prima del previsto
e, con l’occasione, avevo approfittato per andare a fare un bel
rifornimento. Da quando mi ero trasferita
era, forse, la prima volta che mi prodigavo a fare una vera e proprio
spesa alimentare. Con l’insicurezza del domani,
avevo sempre rimandato, ma era giunto il momento di riempire di
cibarie quei benedetti ripiani… Ormai, era passata poco più
di una settimana dal mio arrivo e tutto stava scorrendo lentamente, o
meglio, realmente.
Stavo vivendo una vera e proprio vita parallela, senza notizie alcune
sulla principale.
Chissà per quanto ancora sarebbe andata avanti questa storia…
“Signorina?
Signorina, il suo resto!”
Sussultai.
“Oh, m-mi scusi, grazie…” La testa era sempre tra
le nuvole.
Con
l’ansia scaturita dalle persone in fila che mi precedevano,
imbustai in malo modo ogni prodotto e uscii goffamente dal
supermercato. “Ma
dei sacchetti con i manici, no, è? Maledetti!” Pensai,
mentre come un giocoliere alle prime armi, camminavo cercando
disperatamente di sorreggere i due pesanti involucri di carta
stracolmi. “Di
questo passo si bucher-“
Bucheranno?
Caspita, avevo addirittura acquisito il dono della veggenza!
Un
crack e tanti… Tanti piccoli tonfi.
“Oh,
no!” I pomodori avevano iniziato a cadere copiosi e, con la
bocca incurvata verso il basso, li osservavo tristemente rotolare …
Mi veniva da piangere! Che cosa avevo fatto di male? Alzai gli occhi
al cielo, nella speranza di impietosire qualche Dio supremo. “Kaio,
Kaioshin e compagnia bella… Qualcuno ad aiutarmi?”
“Urca!
Non ti hanno mai detto che il cibo non si butta a terra?”
Cristo
santo.
“Eheheh,
Salve!”
Beh,
altro che aiuto… Mi era stato mandato un angelo… Un
meraviglioso angelo! Goku era apparso davanti a me, lasciandomi
completamente senza parole. Vestito con abiti formali, era talmente
bello da mozzare il fiato. Mi sorrideva, come solo lui sapeva fare,
divertendosi a far saltellare nella mano destra uno dei mie rotolanti
frutti rossi.
“Serve
una mano?”
Il
colpo di grazia. Aveva ammiccato, senza farlo a posta ovviamente, ma
lo aveva fatto. Dio se lo aveva fatto! “Una
mano? Va bene anche un braccio… Una gamba… Un capello…”
“Un capello, grazie.”
“Un
capello?”
“U-un
capello?!”
“Me
lo hai chiesto tu.”
“Io?!”
Signore e signori, la figura di merda numero…? Din, din, din,
Cento! Olé! “Sc-scusami, volevo dire, magari,
grazie!” Patologica.
Scoppiò
a ridere. “Sei proprio strana,
lo sai? Dai, fatti dare un’altra busta… Ti aiuto io a
portare la spesa…
Il
tragitto verso casa era durato presso a poco un quarto d’ora e,
passo dopo passo, avevamo riacquisito la confidenza nata qualche
giorno prima. Mi aveva raccontato del perché fosse in borghese
e di quanto si fosse annoiato ad ascoltare in silenzio i pesantissimi
insegnanti
di Goten. Io, nel mentre, avevo cercato di partecipare il più
attivamente possibile alla conversazione, ma era risultata una vera e
proprio impresa. Il mio cuore era a mille palpitazioni al secondo,
potevo avvertirlo indistintamente battere fino al cervello. Stargli
così vicino da percepirne il profumo, era da manicomio.
Emanava una fragranza irresistibile!
“Bene,
ora? Destra o sinistra?”
“Ah,
ehm, sinistra… Quel palazzo con la scalinata esterna.”
Perché il tempo era volato così velocemente? Uffa.
“Puoi darmi la spesa, ci penserò io a – Ma dove
stai andando?”
“A
CHE PIANO?”
Non
feci in tempo ad aprire bocca che già aveva salito la prima
rampa di scale, decidendo, così, di aiutarmi fino in casa.
Divenni di colpo paonazza. Goku sarebbe entrato nel mio appartamento,
Dio che caldo improvviso! Accelerai il passo e lo raggiunsi. “I-il
secondo.” Dissi, riuscendo ad affiancarlo all’ultimo
gradino. “La porta è quella laggiù!”
“Urca,
ma è piccolissimo!”
“Eheheh
sì, lo è… Ma, per una persona, basta e avanza…”
Dopo
aver perso svariati secondi a cercare il mazzo di chiavi nella
profondissima
borsa, ero riuscita finalmente ad aprire e, fatto strada, eravamo
entrati in casa. Stavo impazzendo dall’emozione, tutto mi sarei
aspettata tranne un risvolto del genere, soprattutto perché
essendo passati alcuni giorni dalla bellissima colazione,
mi ero convinta che non ci sarebbe più stato modo o motivo
per
incontrarci…
La
sua sincera esclamazione mi fece ridere, quanto era buffo! Con la
solita aria spensierata, aveva iniziato a scrutare il soggiorno con
fare curioso, come se in quel momento fosse un bambino a farlo. Era
adorabile. Poggiò le buste sul ripiano della penisola
metallica e, voltatosi, mi sorrise. “Vuoi che ti aiuti a
sistemare?”
Sbattei
più volte le palpebre. “T-ti
ringrazio, posso farlo da sola.” Mi sfilai giacca e borsa e
appesi tutto sul porta abiti vicino l’entrata. “Ti offro
qualcosa?” Mi avvicinai… Come riuscissi a mantenere un
decoro, ancora non riesco a capacitarmene. Era da infarto: il
colletto aperto lasciava intravedere, malizioso, il solco dei
pettorali; le maniche della camicia erano arrotolate, mostrando i
muscolosi avambracci, e teneva poggiate le mani sui fianchi.
“Mantieni
un contegno… Mantieni un contegno…”
“S-se fossi stato nel mio mondo, ti avrei offerto un caffè.”
“A
quest’ora? No, no, per carità! Hai un succo di frutta?”
E
fu così, che entrambi ci sedemmo sugli sgabelli, io da un
lato, lui dall’altro. Eravamo a pochi centimetri di distanza,
faccia a faccia. Mi sentivo avvampare, se avessi misurato la
temperatura, il mercurio del termometro sarebbe schizzato sui
quaranta gradi, in pochissimi secondi! Possibile non se ne fosse
accorto? Tra me e uno di quei famosi pomodori cambiavano solo le
proporzioni, stesso identico colore!
“Insomma,
come passi le giornate quando finisci di lavorare? Oltre a fare la
spesa, ovviamente… Eheheh!” Poggiò il bicchiere
sul ripiano e aspettò la mia risposta.
“Beh,
ecco… Sto in casa… Ho comprato alcuni libri, guardo un
po’ la televisione… Nulla di che…”
“Nient’altro?
Non esci?”
“Certo…
Ma a parte voi,
che comunque avete giustamente i vostri impegni, non conosco ancora
nessuno.” Che palle! Ero di una tristezza infinita!
“Mmm…
E’ un peccato.”
Lo
vidi incrociare le braccia e corrucciare lo sguardo. Nonostante ci
fossimo incontrati da poco più di una settimana, conoscevo
molto bene i suoi modi di fare, e quell’improvviso
atteggiamento stava a significare che stesse pensando a qualcosa.
“Stai
perdendo tempo rinchiusa qui dentro. Dovresti approfittare!”
“A-approfittare?”
Cosa voleva dire? Non ci stavo capendo nulla.
“Non
hai visto ancora niente di questo mondo…”
Aveva
ragione, cavolo se ne aveva! Ero nel mondo del mio manga preferito, e
passavo le giornate tra casa lavoro, lavoro casa. Assurdo! E se,
improvvisamente, mi fossi svegliata? Quante cose mi sarei persa? “E’
vero, a questo non avevo pensato…”
“Cosa
ti piacerebbe vedere?”
Oh,
mamma! Mi portai una mano sul petto. “Beh, le sfere del drago…
Le sfere del drago!” Spalancai lo sguardo. “La nuvola
Sp-Kinto… Il palazzo del Supremo…” I miei occhi
iniziarono a muoversi, entusiasti. “I-i DINOSAURI!”
Scoppiai a ridere. “Nel mio universo si sono estinti!”
Goku
mi osservava, contagiato dalla mia euforia. Sorrise e si alzò
in piedi. “Allora, credo proprio sia giunto il momento. Quando
hai il giorno libero?”
“C-come?”
Mi bloccai e lo guardai disorientata avvicinarsi alla porta di casa.
“S-sabato e domenica.”
“Bene.”
Agguantò la maniglia e aprì. “Grazie per il succo
di frutta e per la chiacchierata… Ci si vede!” Strizzò
un occhio e, raggiunta la ringhiera, prese il volo e se ne andò.
Bene?
Ma, bene
cosa?!
Salve
a tutti!
Finalmente
ce l’ho fatta ad aggiornare questa strampalata storia ahahahah
Beh,
diciamo che ultimamente ho preferito dedicare del tempo alla nuova
long, giusto per chiarire un po’ la storia! (A proposito, la
state seguendo? Dragon
Ball, 'Lost in Space' di SerenaChichi (Cap 1) su EFP Fanfiction
Vi sta piacendo? Piano piano si sta delineando… Fatemi sapere!
<3)
Torniamo
a noi,
il
nostro Goku è sempre così enigmatico, chissà
cosa avrà in mente… Io, una mezza idea, ce l’ho
ahahahah
Come
sempre, grazie a tutti e un abbraccio grande grande!
Serena
<3
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Capitolo 9 *** Sabato ***
Capitolo
9
Sabato
“Urca
che mangiata ragazzi!”
“Era
tutto squisitissimo, mamma!”
A
migliaia e migliaia di chilometri di distanza dal mio appartamento,
in una piccola casetta nei pressi di un bosco, un forzuto uomo dalla
strana capigliatura si massaggiava la pancia soddisfatto della grande
abbuffata, seguito a ruota da un dolce bambino, incredibilmente a lui
somigliante, accasciato scompostamente sullo schienale della sedia,
anch’esso sopraffatto dai postumi della grandiosa
impresa.
“Vero,
ti sei superata, cara!”
Chichi
sorrise e incrociò le braccia al petto soddisfatta, niente era
più bello di vedere appagati i suoi uomini! Si avvicinò
al figlio, posandogli amorevolmente una mano sulla spalla. “Adesso,
forza tesoro, vai a lavarti i denti.”
“Sì,
mamma.”
Lo
seguì con occhi dolci fino a quando la sua immagine scomparve
nel corridoio che portava alla zona notte. Come ogni sera, era giunto
il momento della pulizia delle stoviglie. Per chiunque altro, sarebbe
stata una routine sfiancante, ma per una come lei, rappresentava
tutt’altro. Amava occuparsi della sua famiglia, cercare ogni
giorno di migliorare i suoi ruoli di madre e di moglie, e quella
sensazione di stanchezza che la sera non tardava ad arrivare, la
reputava un sintomo
del risultato del suo buon operato.
Arrotolò
le maniche e iniziò a riporre pentole e i piatti sporchi nella
grande vasca insaponata del lavabo.
Goku
era ancora seduto, l’abbuffata era stata talmente importante
che
serviva del tempo per prendere il coraggio di alzarsi e fare
qualche passo per aiutare la digestione. Sospirò profondamente
e diede due belle pacche sulle cosce muscolose, issandosi
rumorosamente. “Tesoro, faccio una passeggiata e torno.”
“Va
bene, caro.” Rispose con le braccia totalmente immerse nella
schiuma. “Ah, un momento!” Goku si fermò con la
mano sulla maniglia della porta d’ingresso. Piegò appena
il capo nella direzione della moglie. “Domani sarò
assente per tutto il giorno, ricordi, vero?”
Sbatté
le palpebre confuso, cercando di rammentare.
“Devo
occuparmi di tua nipote. Te lo sei scordato?”
“M-ma
no! Cosa vai a pensare, eheheheh!” Ovviamente.
“Goku,
ma sarà possibile che ti dimentichi sempre di tutto?! Gohan ha
un convegno molto importante e Videl è impegnata con i corsi
in palestra*… Staranno fuori per tutta la giornata.”
“Posso
passare a prendere Pan con il teletrasp-“
“NO!”
Goku abbassò le spalle intimorito. “Andrò io. Qui
ha pochissimi giochi e si annoierebbe.”
“V-va
bene.” Ammiccò un sorriso nervoso. “Ah, ma…”
“Ma
cosa?!”
“Avevi
detto che avrei dovuto lavorare domani mattina.”
“E
da quando in qua, ti interessa farlo?! Tanto non ti avrei fatto
venire comunque, non vorrei che combinassi qualche casino in casa
loro… Devi solo accompagnarmi, tutto qua.”
………………
Finalmente
sabato! Abituata ormai a svegliarmi molto presto, aprii gli occhi
inconsciamente all’abituale ora, ma rimasi beatamente rilassata
sotto le leggere lenzuola, per svariati e appaganti minuti. Il clima
della città dell’Ovest era piacevolmente temperato e
nonostante fosse autunno inoltrato, il freddo non sembrava affatto
voler arrivare. Tenevo lo sguardo fisso sul soffitto e la mente persa
tra i mille pensieri. Era così ingarbugliata che potrei
giurare di aver sentito gli ingranaggi in funzione cigolare!
Perché,
nonostante stessi mancando
da
casa da diverso tempo, la preoccupazione e l’ansia sembravano
scemare? Soprattutto, erano un paio di giorni che una strana
sensazione mi scaturiva dall’interno. Avevo lo stomaco
subbuglio, un perenne batticuore e un’inspiegabile inappetenza…
Per una come me, che mangerebbe in continuazione, era incredibile.
Cosa mi stava accadendo? Da cosa era dipeso?
La
vescica in procinto di esplodere aveva vinto sulla pigrizia, e tra un
ragionamento e l’altro mi ero recata in bagno.
Lo
spazzolino pregno di dentifricio strofinava sui denti e i miei occhi
si fissavano allo specchio.
Che
sia lui la causa?
“E
te lo domandi, pure?” Con un sorriso, risposi al mio inconscio
ad alta voce. Vi ricordate quella latente paura che mi affliggeva
alcuni giorni prima? I miei sentimenti non stavano cambiando, erano
già dannatamente evoluti. Goku non era più una figura
immaginaria,
platonica…
Era
realtà, la
mia
realtà.
Ma
dove volevo arrivare? Cosa mi avrebbe portato questa situazione? Se
questa vita
fosse
continuata, sapevo già che quella felicità apparente si
sarebbe trasformata in sofferenza.
Dovevo
accontentarmi di essergli amica?
Sì,
lo dovevo.
Per
lui, per me… Per tutti.
……………….
“Yawn!”
Tre sbadigli in un solo minuto, come non fosse caduto in un burrone
ancora non riusciva a spiegarselo! La vita di campagna era una noia
mortale, soprattutto il sabato, il giorno prima del tanto agognato
riposo sembrava che il tempo non trascorresse mai! Teneva stancamente
il volante tra le mani, la testa leggermente inclinata verso il basso
e lo sguardo assonnato assente verso l’orizzonte. Avrebbe di
gran lunga mollato tutto per qualcosa
di
più intrigante e soddisfacente. Beh, non che non potesse
farlo, Chichi non l’avrebbe di certo scoperto, sarebbe rimasta
fuori casa almeno fino all’ora di cena… Allora, perché
continuare ad annoiarsi così tanto?
Spense
il motore e aprì la portiera. “Urca, che arietta
piacevole… Mmm, sa proprio di libertà!” Ridacchiò
e scese dal grande veicolo.
Dopo
una bella stiracchiata e una goduriosa grattata alla nuca, portò
incerto una mano al mento. “Che posso fare? Potrei andare a
sciogliere i muscoli da Vegeta… Ah, no, è sabato e il
sabato
deve dedicarlo a Bulma!” Sfotté l’amico, alzando
le mani al cielo, solo lei
era
in grado di impartire ordini a quel testone!
Cosa
poteva fare allora?
Un
ricordo improvvisò lo illuminò. “Urca, che idea!”
Sgranò gli occhi entusiasta. “Non ci avevo pensato!
Forza Goku, datti una cambiata e vola dritto alla Capsule
Corporation!” E un potente razzo
schizzò via felice tra i cieli.
………..
Poggiai
i piedi umidi sul tappeto e infilai l’accappatoio rosa.
Abbassai la testa, presi l’asciugamano e avvolsi i capelli nel
turbante.
Ci
voleva proprio una bella doccia!
Scalza,
mi diressi in cucina, presi una cialda di caffè e la infilai
nella fessura della macchina bollente, pronta per essere utilizzata.
E
con la mia dose di droga, questo noiosissimo sabato può avere
inizio!
Portai
la mia fumante tazza di cappuccino sulle labbra, ma mi arrestai di
colpo. Avevano bussato alla porta, chi diavolo era a quell’ora!?
Il corriere? Beh, lo shopping online era molto soddisfacente anche da
queste
parti…
Quindi, perché privarsene? Avevo ordinato un bellissimo
specchio da appendere in camera da letto, incredibile fosse già
in consegna. Caspita che celerità!
“ARRIVO!”
Diedi
una stretta alla cintura dell’accappatoio e senza timore, aprii
la porta.
“Buong-“
“Urca,
non chiedi mai chi è prima di aprire? E’ rischioso per
una fanciulla, sai?”
Allora,
analizziamo bene i fatti: ero nuda, coperta solamente da un tessuto
di spugna e, senza alcun preavviso, mi ero ritrovata Goku davanti a
me, con tutto il suo splendore e un disarmante sorriso. Voi, cosa
avreste fatto?
Avremmo
aperto l’accappatoio, idiota!
No,
inconscio, stai zitto.
“PERCHE’
MI HAI SBATTUTO LA PORTA IN FACCIA?!”
Ecco,
esattamente. Scontata, non trovate?
“SERENA?!”
Quel
poveruomo era rimasto nuovamente impalato come un ebete… Che
terribile dejavu!
“E-ECCOMI!”
Cercai il più possibile di assumere un tono dignitoso, mi
ricomposi e riaprii. “C-ciao!” Mi guardava sbigottito,
sbattendo più volte le palpebre. Corrucciò per un breve
istante le sopracciglia e poi scrollò le spalle. Ormai ci
aveva fatto il callo! “Forza, vestiti, ci aspetta una bella
missione!” Ridacchiò, mettendosi sull’attenti.
“M-missione?”
“Te
ne sei forse dimenticata? Dobbiamo andare a cercare le sfere del
drago!”
Ero
impietrita, letteralmente di sasso. Allora, l’ultima volta, non
stava scherzando, era serio! S-saremmo andati in giro per il mondo,
insieme?!
La
temperatura percepita arrivò alle stelle e le mie guance
avvamparono all’istante.
“Indossa
qualcosa di comodo, dai! Ti aspetto.”
Avevo
letteralmente rivoltato l’armadio. Possibile non riuscissi a
trovare nulla di consono? Per carità, un paio di tute le avevo
comprate, ma con addosso quella roba
facevo
pena, pietà e compassione! Per l’amor di Dio, avrei
preferito soffrire un po’, pur di non metterle!
Cerca
e ricerca, esausta avevo optato per una camicia fucsia, lunga fino al
fondoschiena con una graziosa cintura scura in vita, dei leggins neri
e snickers bianche… Altre scarpe comode non ne avevo!
Finalmente,
dopo circa una mezz’ora, eccomi sbucare in salotto e mi fermai
qualche istante sullo stipite della porta. Goku era visibilmente
annoiato e, seduto scompostamente, era impegnato a saltare da un
canale all’altro della televisione. Mi risultava ancora strano
vederlo coinvolto nelle scene di vita quotidiana. Sorrisi e, forse,
lo feci rumorosamente, tant’è che alzò lo sguardo
nella mia direzione. Rimase fisso su di me per alcuni secondi e ciò
mi procurò del lieve imbarazzo.
Si
schiarì la voce e si alzò. “Sicura di essere
abbastanza comoda, così?”
Ecco
perché mi stava guardando, molto probabilmente ero vestita
come una stupida… “C-certo. Comunque, giusto il tempo di
legarmi i capelli e possiamo andare.” Dissi così, mentre
ero diretta con una spazzola e un elastico verso lo specchio di
fianco alla porta.
Coda
alta, trucco decente, vestiti di merda. Pronta. “Andiamo.”
“Dopo
di lei, signorina!” Aprì cavallerescamente la porta e la
richiuse alle mie spalle. “NOVOLA KINTO!!” Urlò
improvvisamente a pieni polmoni, provocandomi un sussulto.
Una
piccola e soffice nuvoletta dorata frenò davanti ai miei
occhi. Mi emozionai come una bambina. Saremmo andati alla ricerca
delle sette sfere del drago sulla nuvola?! Sarei stata appoggiata
alla sua
schiena, avrei sentito il calore del suo corpo… Avrei sentito
lui!
Stavo
per avere un mancamento.
Fortunatamente,
un piccolo dettaglio
stonato mi fece rinvenire. Era incredibilmente meraviglioso, ma
mancava una cosa.
Quella
voce aveva gridato il nome sbagliato.
“A-aspetta!”
Lo fermai, prima che balzasse sul soffice mezzo. Mi guardò
confuso. “Non chiedermi spiegazioni, ma se le
dicessi
di tornare in dietro e la chiamassi con un altro nome, arriverebbe lo
stesso?”
“Dovrei
chiamarla in un altro modo? Perché?”
“Dimmi
solo se si può fare.”
“Beh…”
Si grattò la testa e guardò scettico la fidata amica di
lunghi viaggi. “Potresti farlo?”
Non
riuscii a trattenere una risata. La piccola nuvoletta scodinzolò
come un cagnolino ubbidiente e, sotto lo sguardo orgoglioso del
padrone,
schizzò via come un fulmine. Incredibile quanto fosse
intelligente!
“Ora?”
“Ah,
sì, scusami… D-dovresti gridare Nuvola
Speedy…”
Che imbarazzo! Ma cosa mi era saltato in mente?!
“Speedy?!
Sbaglio o è il nome con cui l’hai chiamata giorni fa?”
Caspita che memoria! Anuii. “Va bene, non ci sto capendo un
fico secco, ma farò come desideri. Pronta?” Il suo
sorriso mi illuminò. “NOVOLA SPEEDY!!”
Oh,
ora, sì!
Ora
tutto inizia a essere meravigliosamente perfetto!
Il
tuo vero sogno, cara Serena, sta per diventare realtà…
Buona
domenica!
Non
riesco ancora a crederci, sono riuscita ad aggiornare e neanche io so
come l’abbia fatto! Nell’ultimo periodo sono sopraffatta
dagli impegni, ma in questa domenica di calma, ho voluto approfittare
con la scrittura!
Innanzitutto, preciso quel piccolo asterisco: nell’ultimo film di Dragon Ball Super, Dragon Ball Super Super Hero, è stato menzionato il lavoro di Videl, ha una palestra di arti marziali. Tutto qua! Bene, ora torniamo alla storia... Goku è passato a prendermi, come andrà il
viaggio? Più che altro, potrò farlo o cadrò
dalla nuvola? Ahahahahah
Vi
siete chiesti il perché Goku sia passato prima alla Capsule
Corporation? So per certo che non vi sfugge nulla! :p
Comunque,
diciamo che siamo agli inizi di questa storia, pian piano entreremo
nel vivo… Cosa accadrà? Mmm… Io lo so!
Ahahahahahah
Come
al solito un grazie di cuore a tutti coloro che mi stanno seguendo e,
in particolar modo, alla mia adorata LadyYuna94 <3
A
presto con “Lost in Space”,
Serena
<3
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