Il manipolatore di cristallo

di Boringgirl
(/viewuser.php?uid=897686)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Erica amava la primavera. Svegliarsi con il sole sul viso, gli uccellini che intonavano i loro canti saltellando tra i vari rami degli alberi, era il preannuncio di un’ottima giornata.

Dopo essersi infilata delle simpatiche pantofole pelose ai piedi, lasciò la camera per addentrarsi nella sua piccola cucina alla ricerca di qualcosa per fare colazione. Ma prima di poter muovere anche solo un passo in direzione della stanza, non poteva scampare all’attacco a sorpresa del suo simpatico lupacchiotto, che come sempre poco consapevole della sua mole, finiva col farla cadere a ruzzoloni per terra.

“Buongiorno anche a te Atlas” ridacchiò Erica cercando di respirare tra gli assalti del suo fidato amico. Dopo qualche carezza, i due si avvicinarono alla cucina.

Dopo una scorpacciata di pane, burro e marmellata fatta in casa e diversi biscottini per Atlas, Erica si apprestava a lasciare la casa.

“Mi raccomando comportati bene! Ci vediamo stasera!” gridò Erica al lupo, mentre con lo zaino sulle spalle si lanciava con la sua bici nelle strade di campagna diretta verso l’atelier del suo maestro. Dopo una decina di minuti di pedalata, deviò su un piccolo sentiero non del tutto adatto ad una bici da passeggio. Tuttavia, vista la grande frequenza con cui si recava in quel posto, Erica riuscì a mantenere stabile la sua bici e addirittura a schiavare un tenerissimo gatto dai grandi occhi gialli che stava rincorrendo un topolino. Saltellando per le troppe buche e sassi presenti sul sentiero giunse infine davanti ad un enorme stalla, spaventando le galline che gironzolavano lì davanti. Scese dal suo mezzo e appoggiatolo ad una parete si diresse poi verso il grande portone che fungeva da entrata per quello che avrebbe dovuto essere il granaio dell’edificio, dal quale si sentivano provenire una lunga serie di grugniti e di imprecazioni dette a mezza voce. Con il sorriso sulle labbra Erica fece il suo ingresso, sbuffando divertita nel trovarsi davanti agli occhi il suo maestro, già alle prese con alcune piante da travasare e alcuni sacchi di terriccio da spostare, il tutto con l’impedimento di un bel cagnolone tra le gambe.

“Aspetta lascia che ti aiuti” esclamò Erica avvicinandosi velocemente ed afferrando una pianta di mele dalle braccia dell’uomo.

“Perbacco, ragazza! Hai intenzione di far tornare subito l’inverno? Da quando ti conosco non ti ho mai vista in piedi prima delle nove, e adesso sono addirittura le otto meno un quarto” disse l’uomo scrutando incuriosito il viso giovane della ragazza, imbronciatosi dopo le sue parole.

“Grazie tante eh! Per una volta che voglio essere in orario anche i rimproveri mi becco” rispose Erica andando a depositare la pianta fuori dalla stalla seguita dal cane. Presa vanga e un innaffiatoio si mise poi a fare una piccola buca e ad interrare il melo.

“Ecco fatto!” disse con le mani ancora sporche di terriccio al cane.

 “Vedo che sei di buon umore stamattina cucciolone, non so come fai con quel vecchio bruto che ti ritrovi come padrone. Detto tra me e te è sempre così imbronciato che a volte mi chiedo se sia ancora in grado di sorridere, saranno passati anni dall’ultima volta che ho visto un lieve forma di sorriso sul suo viso ma lo sai che…”

“Hai finito di rompere le scatole al mio cane, piccola sbruffona? Poche ciance e più lavoro!” si sentì gridare da dentro il granaio.

“Guarda che ho già finito di travasare l’albero, vecchio sapientone!” rispose Erica con l’accenno di un sorriso sul volto. Adorava il suo maestro e quelle piccole prese in giro rendevano la giornata movimentata e a tratti divertente.

Scuotendo la testa si mise a sbattere le scarpe sporche di terra per evitare di conciare l’interno dell’edificio, quando all’improvviso un fischio acuto gli perforò il cervello e cadde a terra. Incessante, quel rumore continuava a riecheggiare nella sua testa, creando un dolore così forte da farla urlare e piangere. Il cane spaventato cominciò a leccarle il viso e ad abbagliare, cercando di richiamare il suo padrone.

L’uomo, con la sua magia sempre allerta, aveva percepito il fischio che aveva invaso la testa della sua allieva e sentendo i richiami del cane, accorse immediatamente.

“Erica, Erica!” gridò scuotendo la ragazza per le spalle; non aveva idea di come comportarsi. Le prese una mano e iniziò a recitare un incantesimo per connettersi alla mente della sua allieva. All’improvviso però il fischio si interruppe e una voce risuonò nella testa di Erica, come pure in quella del maestro, che era collegata.

“Erica! Erica! Sono io Kendrick! Ti prego devi aiutarmi. Il mio pianeta è sotto attacco. Abbiamo provato a reagire, ma il nemico è troppo forte. Stiamo per essere completamente annientati, ti scongiuro salva il mio popolo e la mia famiglia!”.

La voce si spense. Ansimando per il dolore Erica si sdraiò a terra, con la maglietta completamente zuppa di sudore; accanto a lei il suo maestro sedeva scomposto e con una faccia sconvolta. Passarono un paio di minuti in assoluto silenzio, fino a quando sugli occhi dell’uomo non si formò una leggera patina e il suo interno corpo si immobilizzò, battito del cuore compreso.

Erica rimase in attesa per alcuni secondi con lo sguardo fisso sull’uomo, fino a quando la patina non si sciolse e il maestro si riprese.

“È tutto vero. Il pianeta di Kendrick è sotto attacco, già milioni di vite sono state spazzate via. I guerrieri più forti sono stati annientati, non rimane che un pungo di uomini a confrontarsi con il nemico, ma hanno i minuti contati”.

“Il nemico?”.

“Un essere che non ho mai visto prima, sicuramente non umano. La potenza magica è spaventosa”.

Rimasero in silenzio per alcuni minuti, riflettendo sul da farsi.

“Dici che ce la posso fare?”.

L’uomo sospirò e guardò gli occhi spaventati della ragazza. Nonostante fosse giovanissima, aveva già affrontato nemici e guerre che in pochi avrebbero vissuto nella loro vita. Non si lasciava intimidire facilmente, era tenace, e non si scoraggiava davanti alle avversità, ma la potenza magica di quell’essere era qualcosa di veramente incredibile.

“Ti dirò la verità: puoi provare ad intervenire, ma non ti posso garantire una vittoria. Quel mostro è forte, ma anche tu lo sei, potresti vincere, ma potrebbe anche ucciderti. Il problema sarà il dopo…” cominciò l’uomo, ma venne improvvisamente interrotto da un nuovo urlo della ragazza che ansimando si era piegata sul terreno e appoggiandoci le mani bene aperte aveva iniziato a raccogliere energia delle piante che affondavano le radici vicino a lei. Gli occhi, durante questo assorbimento, cambiarono colore diventato di un colore dorato, ma cambiando di nuovo subito dopo, diventando di color argento in contemporanea con l’apparizione di un segno nero, simile ad un tatuaggio, che andava a circondare entrambi gli occhi in un disegno arcaico.

“Il nemico sta prendendo il sopravvento, il pianeta di Kendrick sta per essere annientato. Devo intervenire” ansimò guardando negli occhi il suo maestro, aspettando il suo consenso per intervenire.

L’uomo osservando Erica, chiuse gli occhi e presagendo dolori per la sua allieva prediletta, annui.

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Capitolo 1 ***


Tre anni dopo

Alec con un abile salto salì su un masso, e dall’alto della sua posizione si mise ad osservare i suoi compagni di viaggio che procedevano dietro di lui. Erano circa un centinaio; gli uomini procedevano in testa e in coda al gruppo, sempre vigili, mentre le donne e i pochi bambini rimasti viaggiavano in mezzo. Lasciando vagare lo sguardo sui visi della sua gente, cercò i volti di amici, parenti o conoscenti, ma senza un grande successo.  Erano rimasti in pochi, pochissimi. Un intero mondo e la sua popolazione era stato spazzato via, e loro erano i pochi sopravvissuti.

All’improvviso qualcosa lo colpì sulla nuca con forza facendolo cadere di faccia sul terreno. Con gli occhi che lanciavano fulmini, si girò verso il suo “migliore” amico che tranquillamente lo stava osservando dal masso su cui prima si trovava lui.

“Sei proprio un idiota, neanche in piedi riesci a stare” ghignò il ragazzo dai capelli scuri osservando Alec dall’alto. Neanche finì di parlare che si ritrovò anche lui per terra.

“Non fare tanto lo spaccone Damian, perché con il culo per terra ci sei finito anche tu” disse ridendo un altro ragazzo.

“Killian giuro che questa volta me la paghi!” sbuffò Damian guardando storto il nuovo arrivato che dall’alto allegramente lo prendeva in giro. Innervosito dalle continue prese in giro di Killian e di Alec, che nel frattempo si era rialzato, Damian esplose e si precipitò verso i due, pronto per una scazzottata.

“Finitela.”

Bassa e roca quella voce mise i brividi a tutti e tre i ragazzi che si bloccarono, improvvisamente ghiacciati. Un altro giovane, alto e con i capelli neri lunghi fino alle spalle si era avvicinato. In piedi con le braccia incrociate li osservava, con le folte sopracciglia nere inarcate e un’espressione di rimprovero in volto.

“Eddai Caal” esclamò il giovane che aveva fatto cadere Damian, che nel frattempo si era seduto su un masso a gambe incrociate.

“Dovresti cercare di rilassarti, ci siamo appena risvegliati e che cavolo! Non pensi che sarebbe il caso di godercela?”.

“Caal ha ragione” disse un altro uomo dai capelli argentati che stava avanzando verso di loro. Si fermò vicino a Killian e gli appoggiò una mano sulla spalla.

“Dobbiamo muoverci. Siamo rimasti addormentati per tre anni, e tutto è cambiato. Il guaritore ci ha detto che le risposte che cerchiamo sono tutte a Lenili, ed è proprio lì che dobbiamo arrivare”.

Tutti i giovani annuirono, e lentamente si riunirono al gruppo di persone che procedeva lentamente lungo la strada, osservando di tanto in tanto con la meraviglia negli occhi il passaggio intorno a loro.

Poco più avanti di loro, un uomo dalla folta capigliatura bionda procedeva lentamente accompagnato da sua moglie e da un’amica di quest’ultima. Era riuscito ad ascoltare la conversazione avvenuta tra i ragazzi e dentro di sé non poteva che sperare che tutto andasse per il meglio, e soprattutto che l’aiuto chiesto anni prima non avesse portato a conseguenze disastrose anche in questo mondo. I suoi pensieri vennero però interrotti dalla voce di un altro uomo che in testo al gruppo di persone lo chiamava.

“Kendrick, mio vecchio amico, come stai?” chiese quest’ultimo al biondo.

“Signore, grazie mille per l’interessamento. Mi sento benissimo, come se questi tre anni non ci fossero mai stati” rispose dopo essersi velocemente inchinato.

“Suvvia, lascia stare le formalità, siamo in una situazione di emergenza, non mi pare il caso di perdere tempo con queste cose. Piuttosto, parlando di questioni serie, hai già contattato la nostra salvatrice o devo aspettarmi il peggio?”.

Kendrick scosse la testa, incupendosi.

“Purtroppo, non ci sono riuscito. È come se qualcosa mi impedisse di giungere a lei. Spero solo che niente sia cambiato rispetto a tre anni fa, o non sono sicuro che riusciremo ad arrivare a Lenili ancora con la testa sulle spalle” mormorò lentamente guardando la strada davanti a loro e poi la sua gente.

Una poderosa pacca gli spezzo il fiato e lo fece ansimare.

“Non ti preoccupare, sono fiducioso. È vero che non conosco molto bene questo posto ma da quello che Erica mi ha raccontato non può essere così male, e soprattutto potremo finalmente rincontrare alcune vecchie conoscenze, sempre che non siano diventati come la gente di qui” disse il capo scoppiando poi in una fragorosa risata.

Kendrick sorrise divertito e poi aggiunse: “Non ce li vedo proprio con i capelli intrecciati intenti a coltivare un orto”.

****

 La cerimonia stava per avere inizio. Era un evento che avveniva solo una volta all’anno e che riuniva tutto il popolo magico di occidente. Tra le strade di Lenili si respirava un’aria festosa e le persone giravano con il sorriso sulle labbra e negli occhi.

Quel giorno il re avrebbe donato ai nuovi maghi la sua approvazione e li avrebbe assegnati ad un’unità di combattimento, una cerimonia importante alla quale partecipava, direttamente nella cattedrale della città, tutta l’élite magica, tra i quali i nove maghi più potenti di tutto il regno. O almeno quelli riconosciuti.

Elias era in ritardo. Facendo parte dell’élite magica doveva arrivare alla cattedrale un paio di ore prima della cerimonia; tuttavia, delle questioni di lavoro lo avevano trattenuto, ed ora era tardi. Correndo tra le strade e schivando i vari festeggiamenti, sperò con tutto il cuore di arrivare in tempo.

****

Nel frattempo, nella grande cattedrale centinaia di ragazzi e ragazze erano in trepidante attesa. Aspettavano da tanto questo momento, e finalmente era arrivato. Tutti avevano ricevuto una tunica bianca, sulla quale una volta iniziata la cerimonia, sarebbe stato impresso il simbolo della loro casata. Ogni giovane a turno veniva accompagnato dal Sacerdote, il quale con un incantesimo valuta la loro potenza magica, e in base ad essa verranno assegnati a una determinata casata. Le principali erano cinque: Maghi, Incantatori, Illusionisti, Stregoni e Sommi maestri. La maggior parte dei ragazzi veniva assegnata alla categoria Maghi o Incantatori, molto simili tra di loro, a volte, se era un’annata fortunata, venivano scovati degli Illusionisti, dotati di un potere magico elevato. Raramente venivano individuati degli Stregoni o dei Sommi maestri. Fin dalla nascita della magia gli Stregoni sono stati circa una trentina, mentre i Sommi maestri sono meno di dieci. Solitamente coloro che finiscono in una di queste due categorie solo gli stessi che faranno parte dei Nove, i combattenti più forti del Regno. Questa era l’ambizione più in voga fra i giovani, diventare uno dei Nove.

Il rintocco delle campane segnò l’inizio della cerimonia. Davanti ai giovani in attesa si aprirono le porte che davano accesso alla parte restante della cattedrale, e iniziarono a riecheggiare tra le mura un elenco di nomi. Ad uno ad uno, quando venivano chiamati, le ragazze e i ragazzi avanzavano in fila, entrando nella sala successiva della cattedrale.

La sala in cui si ritrovavano una volta oltrepassate le mura era ancora più grande della precedente. Era finemente decorata, piena di statue e piena di persone. L’élite magica del regno si era tutta riunita per questa cerimonia, e ora osservava con attenzione le nuove leve. Tra di loro erano presenti, oltre che uomini di potere, vicini alla corte reale, anche gli Incantatori e gli Illusionisti più potenti, coloro che in missione si sono distinti per coraggio e ambizione. La maggior parte di essi sono discendenti di famiglie nobili, dove il potere magico scorre più forte, ma è possibile trovare dei maghi di un certo livello anche tra le famiglie meno abbienti.

Più la fila di giovani aumenta, più i sussurri diventavano forti. In alto, in cima alla scalinata in fondo alla cattedrale, sedevano i Nove. In fondo alla sala, dietro al sacerdote, erano poste nove sedie finemente decorate, su cui riposavano con gli occhi ben puntati al gruppo di giovani, questi particolari personaggi.

“Oh mio Dio! Quello è il capo della famiglia Metallari! E ci sono anche il figlio e il nipote!”

“Il Mutaforma è così figo! Ho sentito che una volta è riuscito a trasformarsi persino in Litio, il giovane metallaro, e si è introdotto nella loro villa di famiglia per un’intera giornata. È sicuramente è un folle!”.

Furono diversi i sussurri che si scatenarono con la vista dei maghi più potenti del regno, per la maggior parte erano pieni di stupore e di ammirazione. Tuttavia, la delusione lasciò presto spazio alla trepidazione per l’imminente inizio del rito della suddivisione. Uno dopo l’altro i giovani venivano assegnati dal Sacerdote al proprio gruppo di appartenenza. Come pronosticato quasi tutti finirono tra i Maghi e gli Incantatori. Furono individuati solo due Illusionisti, cosa che scatenò lo stupore generale, in quanto i due prescelti, fratello e sorella, non provenivano da una famiglia nobile, ma erano figli del popolo.

“Cari ragazzi e care ragazze, la cerimonia di assegnazione è terminata. Ognuno di voi è stato assegnato ad una particolare casata in base al proprio potere magico. Sono sicuro che tutti voi vi troverete benissimo! Vi auguro il meglio dalla vostra vita, e che la magia sia sempre una vostra fedele compagna!” disse il Sacerdote dopo essersi instabilmente alzato in piedi, appoggiandosi ad un vecchio bastone intagliato. Finito il breve discorso i giovani nuovi maghi si inchinarono brevemente, mentre le porte ai lati della sala lasciarono entrare un gran numero di camerieri con grandi vassoi di cibo. Il banchetto della cerimonia ebbe inizio.

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Capitolo 2 ***


“Così mi sono ritrovato a battermi contro una banda di briganti da solo, uno di loro era addirittura capace di fare incantesimi oscuri, ma io ho usato le mie doti da Illusionista per catturarli tutti. Per questo poi il Duca mi ha assegnato ben due Stemmi per l’ottimo lavoro concluso, ovviamente ora mi aspetto…”.

“Ma guarda un po’ chi si vede in giro! Elias! È sempre un piacere incontrarti caro ragazzo!”.

Elias si girò vero quella voce con fare seccato. Insomma, stava raccontando le sue gesta eroiche ad una bellissima signorina nobile, che lo guardava con occhi affascinati, quando qualcuno ha deciso di interromperlo, rovinando il momento. Giratosi però verso la voce non poté che congelarsi alla vista di quei occhi castani gentili su quel viso squadrato così famigliare.

“Capo è un onore incontrarti qui!” esclamò inchinandosi profondamente.

“Suvvia non è necessario inchinarsi, alla fine ci conosciamo abbastanza bene noi due, no? Mi dispiace di aver interrotto la tua conversazione con questa amabile signorina, ma per motivi di causa maggiore devo parlarti in privato, se non ti dispiace”.

“Nessun problema signore! Ci mancherebbe!”.

“Benissimo ragazzo, allora seguimi”.

Afferrata la mano della fanciulla, che non faceva più caso a lui, troppo incantata dall’uomo dagli occhi castani, le fece un baciamano.

“Devi scusarmi, ma il dovere chiama. Come ti stavo dicendo prima, grazie alle mie immense missioni, sono riconosciuto nei più alti ranghi del Regno. Sono sicuro che non ti dimenticherai di me, e io verrò a cercarti tra una missione e l’altra”.

“Si certo, come no” rispose la ragazza, senza aver ascoltato il discorso d’addio del giovane, e rivolgendo tutta la sua attenzione verso il bell’uomo, che aspettava con un sorriso dolce sulle labbra.

“Ehi tu! Dovresti ascoltarmi…”

“Forza Casanova! Andiamo, un’eroica missione ti attende” esclamò l’uomo, afferrando il giovane dal colletto della giacca e strattonandolo via dalla giovane ragazza.

“Fermati! Non mi ha ancora dato il suo numero!”.

“Tranquillo, non penso te l’avrebbe dato comunque” disse ridendo.

Oltrepassata tutta la folla intenta a consumare il banchetto, i due abbandonarono la zona pubblica, in cui era avvenuta la cerimonia, e si diressero nella parte privata del palazzo, in particolare dopo numerose scale e corridori, giunsero in uno studio.

La stanza era grande, e l’enorme finestra dietro alla scrivania si affacciava su tutta la città in festa. Librerie stracolme di libri ricoprivano le altre pareti, mentre sulla scrivania si trovavano diverse pile di documenti. Tutto era perfettamente in ordine.

“Siediti pure Elias”.

Il ragazzo, zittitosi improvvisamente, si accomodò su una delle poltrone posizionate davanti alla scrivania.

“Immagino tu sappia perché siamo qui”.

“Mi dispiace, ma non ho idea di dove si trovi”.

Gli occhi castani lo scrutarono lentamente, ma nonostante l’enorme pressione che Elias sentiva, rimase impassibile. L’uomo sospirò pesantemente.

“Ho bisogno di sapere dove si trova. Non si è più presentata alle riunioni, e non ho più avuto sue notizie da diverso tempo. Come ben saprai, Elias, negli ultimi tempi le tensioni con il regno orientale si fanno sempre più forti, e non sappiamo come si evolverà la situazione. Nel caso peggiore, è necessario che i più forti possano essere reperibili il prima possibile”.

“Se i nobili smettessero di provocarsi a vicenda, non ci sarebbe il pericolo di una nuova guerra!” esclamò con ferocia Elias.

“Mi trovi pienamente d’accordo, ragazzo. Tuttavia, la famiglia reale appoggia questo comportamento, e fino a quando non si troverà un accordo, queste provocazioni continueranno”. 

“E a rimetterci siamo sempre noi del popolo”.

“Per questo è necessario che io trovi tua sorella, per evitare che tutto questo possa accadere. Non posso rivelarti troppi dettagli, ma tra non molto i vertici del paese si riuniranno, e a dipendenza dell’accordo che nascerà da questo incontro il nostro destino potrebbe cambiare” rispose l’uomo, alzandosi con grazia dalla sedia.

Osservando il paesaggio fuori dalla finestra, aggiunse.

“Tua sorella è un elemento chiave in questo enorme meccanismo. È di vitale importanza ritrovarla per tutto il mondo occidentale”.

Elias sospirò.

“Mi fido di lei Capo, e mi piacerebbe aiutarla, ma non ho la minima idea di dove si trovi mia sorella. L’ultima volta che l’ho sentita si trovava nei pressi del Monte Sen a fare delle ricerche, ma sono passati dei mesi da quel giorno”.

“Capisco. Ti ringrazio per l’aiuto. Magari proverò a cercarla sempre in quella zona. Nel caso dovessi sentirla, mi raccomando di fargli sapere che la sto cercando”.

“Certo Capo, e se ora non le dispiace tornerei alla festa, le fanciulle mi attendono!” esclamò Elias con entusiasmo, alzandosi e dirigendosi verso la porta.

“Appena ti vedranno arrivare, scapperanno Elias!”.

Sempre sorridendo il giovane uscì dallo studio e chiuse la porta, sulla quale era affissata una targhetta con il nome Finnal inciso.

Scese le scale e torno alla sala, dove ancora una numerosa folla di gente banchettava e chiacchierava.

Nel frattempo, l’uomo rimasto da solo prese un fascicolo e cominciò a leggerlo.

“Devo seguirlo?”.

Lentamente si alzò dalla sedia, e si diresse verso la finestra. Due occhi gialli lo fissavano attraverso il vetro.

“Si. Ci porterà da Erica”.

Con un frullo d’ali prese il volo, perdendosi subito nell’oscurità.

***

Era notte inoltrata, i balli e i canti erano finalmente terminati, e anche gli ultimi festaioli avevano finalmente deciso di tornarsene a casa.

Elias camminava tra le stradine della cittadina, fischiettando allegro. Le belle dame e il vino presente alla festa gli avevano leggermente annebbiato il cervello, rendendolo spensierato e leggero.

Appoggiandosi qua e là ai muri, riuscì finalmente a tornare a casa. Giunto nel suo piccolo appartamento, si spogliò velocemente e senza pensarci due volte si buttò sotto alle coperte, addormentandosi subito.

Come sempre la notte non fu tranquilla per il giovane. Sogni agitati e incubi lo perseguitavano ormai da molto tempo, e niente riusciva a calmarli. Infatti, Elias non poté che grugnire scontento la mattina dopo, quando dei raggi di sole, entrati dagli infissi, lo svegliarono.

Con due occhiaie da far spavento e i capelli totalmente ingarbugliati, si alzò e si diresse in cucina alla ricerca di qualcosa da mettere sotto i denti.

Oggi il lavoro poteva anche aspettare. Visto che ieri era il giorno della Cerimonia e quindi un giorno di grande festa, nessuno era formalmente obbligato ad andare al lavoro. Nessuno avrebbe detto niente.

Rilassandosi bevendo una tazza di caffè, Elias chiuse gli occhi, ascoltando il silenzio che regnava nel suo appartamento.

“MA BUONGIORNO” urlò una voce a due centimetri dal suo orecchio.

Lo spavento lo fece quasi cadere dalla sedia, facendo cadere il caffè ovunque.

“Maledizione! Ma sei diventata scema?” esclamò accendendosi in un attimo.

“Wow wow calmati principino, ti sembrano i modi di rivolgerti ad una signora?”.

“Non mi sembra che i tuoi modi siano quelli di una signora; quindi, dimmi perché mai dovrei comportarmi a modo con te?” sbuffò il ragazzo acciuffando uno straccio dal lavandino e iniziando ad asciugare il caffè finito sul tavolo.

Offesa la giovane, gli girò le spalle e presa un po’ di carta dal bagno iniziò ad asciugare per terra.

Una volta finito con lo straccio, Elias si girò verso la ragazza chinata verso terra.

Delta gli faceva sempre venire i cinque minuti. Da quando erano diventati colleghi, finivano sempre per litigare, e tutti i giorni tornava a casa sfinito. All’inizio era stato contento, era una bella ragazza dai capelli scuri corti e ricci, con un bel fisico allenato. Ma una volta che aveva iniziato a parlare, aveva capito subito che avrebbero faticato ad andare d’accordo. Era troppo spumeggiante per i suoi gusti. Da quando lavoravano insieme avevano rischiato grosso in diverse occasioni, e questo per colpa dei loro caratteri troppo simili. Entrambi allegri, sempre pronti allo scherzo, e quasi mai con la testa sulle spalle. Elias era sempre stato abituato ad avere compagni più seri, responsabili, che uniti al suo essere spensierato, rendevano la coppia perfettamente equilibrata. In questo caso però nessuno dei due ricopriva la parte seria della coppia, e troppo spesso toccava a Elias avere la testa sulle spalle, cosa che non gli riusciva benissimo, ma a cui era obbligato a causa del suo essere più esperto.

“Cosa ci fai qui Delta?”.

La ragazza terminò di pulire per terra, e poi rispose.

“Sono venuta a chiamarti. C’è una missione urgente per noi. Guendaline non mi ha dato molte informazioni, so solo che dobbiamo sbrigarci”.

“Una missione?”.

“Ha sorpreso anche me questa chiamata, però sembrava una cosa seria…”

Elias sbuffò.

“Dammi due minuti”.

Delta annuì mentre Elias tornava nella sua stanza per cambiarsi. Spinta dalla curiosità, la giovane iniziò a guardarsi intorno. Era stata poche volte nell’appartamento del collega, solitamente si fermava sempre all’ingresso. L’arredamento era molto semplice, e pochi oggetti personali erano in vista. Sul tavolo della cucina erano appoggiate una gran quantità di lettere, giornali e fascicoli del lavoro, e per terra vicino al frigo erano appoggiate delle buste, probabilmente la spesa che il collega non aveva ancora fatto in tempo a mettere via. Nel lavandino, con sua sorpresa, non vi era nessuna stoviglia sporca, ma tutto era riposto negli scaffali in ordine. Su uno sportello vi era stata incollata con del nastro adesivo una foto di famiglia. Un Elias di pochi anni sorrideva, tre dei suoi cinque fratelli maggiori erano vicini a lui, mentre gli altri due erano in braccio al padre che proprio nel momento dello scatto stava ridendo. La madre era vicino al marito e teneva in braccio un piccolo fagottino. Probabilmente quella foto era stata scattata poco dopo la nascita della sorella minore di Elias.

Non parlava spesso della sua famiglia. Delta aveva scoperto dopo mesi e mesi di quanto fosse numerosa, e non grazie a lui. Le era stato detto da un ex collega di Elias, passato per caso in ufficio. Visto la scarsa volontà del giovane di parlarne, la ragazza aveva sempre pensato che non fossero in buoni rapporti, ma la presenza di quella foto diceva il contrario.

“Eccomi sono pronto”

Delta saltò in aria. La voce di Elias l’aveva sorpresa, e per un attimo gli aveva fatto perdere l’equilibrio.

“Che stai facendo? Ti vuoi muovere!” esclamò frustrato il giovane, nervoso per la notte insonne.

“Datti una calmata. Sono io che ho dovuto aspettarti!”.

Il ragazzo sbuffò, poi afferrate le chiavi di casa, invitò con lo sguardo la giovane alla porta.

Alzando gli occhi al cielo per la scarsa cavalleria del collega, Delta uscì dall’appartamento sbattendo i piedi. Scese le numerose scale, fino a quando non raggiunse il pian terreno. Dove si accorse di essere sola.

“ELIAS TI VUOI DARE UNA MOSSA!” gridò su per la tromba delle scale.

Cominciò a battere i piedi sul pavimento innervosita dal comportamento menefreghista del collega. Avevano una missione urgente, per l’amor di Dio. Dopo un istante, percepì un rumore di passi per le scale. Finalmente il ragazzo fu di fronte a lei. Aveva un muffin ai mirtilli in bocca, e gliene stava porgendo un altro. Confusa, Delta l’afferrò non sapendo bene cosa farci.

“Mi sono arrivati ieri, da parte di mia zia. Prego” disse superando la ragazza, e uscendo per le vie della città.

Arrossita per l’inconsueto gesto del ragazzo, Delta afferrò il dolce, indecisa sul da farsi. Dopo un attimo di tentennamento, affondo i denti nel soffice pasticcino. Era squisito.

Seguendo Elias, finì il muffin un boccone dopo l’altro.

Dopo un paio di minuti raggiunsero un grande edificio dai mattoni rossi. Oltrepassate le porte girevoli, i due si ritrovarono in un grande atrio. Ai lati della sale erano posizionate diverse scrivanie, dietro le quali sedevano delle donne completamente assorte nella lettura di grandi libri. Erano bionde, more, giovani e vecchie. Al passaggio di Elias e di Delta nessuna di loro sollevò il viso, troppo concentrate nell’analisi di quei grandi tomi. Erano le segretarie del LAM, le Sibille, e si occupavano dell’accoglienza dei clienti. Una porta magica era stata collocata dietro ad ogni scrivania, così che una volta ascoltata la richiesta del cliente, la Sibilla fosse in grado di teletrasportarlo direttamente all’ufficio necessario. Facevano tutte parte della stessa famiglia, la Sibillamus, e da sempre questa carica veniva ricoperta dalle sue esponenti.  

I due giovani però non fecero caso alle donne. Il loro obbiettivo erano le cinque porte poste in fondo all’atrio. Erano tutte uguali, ma ognuna si riferiva ad una differente classe magica, come indicato da una targa posta su ogni porta. Le due ai lati appartenevano alle classi più deboli, i Maghi e gli Incantatori, la prima a sinistra e la seconda a destra. Alla destra di quella dei Maghi, era stata posta la porta degli Illusionisti, mentre a sinistra di quella degli Incantatori, quella degli Stregoni. Al centro, la più importante, la porta dei Sommi Maestri.

Elias, seguito da Delta si avvicinò alla porta degli Illusionisti. Arrivati proprio di fronte, sulla porta iniziarono ad apparire una serie di linee, che pian piano andarono a formare i loro nomi. Una volta completati Elias aprì la porta, e oltrepassò la soglia.

Una grande sala si apriva davanti a lui. Ai lati erano posizionate diverse scrivanie vuote, mentre di fronte tre corridoi portavano in nuove direzioni. A passo svelto Elias con Delta al seguito attraversò tutta la stanza e imboccò il corridoio di sinistra, per poi bussare ad una grande porta rossa.

“Avanti”.

Elias aprì la porta ed entrò.

Una donna dai lunghissimi capelli rossi era seduta ad una scrivania completamente ricoperta di fascicoli e di libri.

“Guendaline”.

“Elias, Delta finalmente siete arrivati. Vi stavo aspettando” disse la donna alzando lo sguardo dal blocco di fogli che stava leggendo. Aveva piccoli occhi dorati, e due folte sopracciglia rossastre.

“Ci scusi, mi sono precipitata da Elias il prima possibile, ma ora che si preparasse ci sono volute delle ore” esclamò ironicamente Delta sbucando da dietro le spalle del ragazzo, e lanciandogli un’occhiataccia.

“Non importa, ora siete qui. Ho una missione per voi, eccovi il fascicolo con tutte le informazioni. Partite il prima possibile” mormorò la donna facendo un cenno verso due fascicoli posizionati su un tavolino sotto ad una delle finestre presenti, per poi tornare con lo sguardo puntato sulle carte che stava analizzando in precedenza.

Delta afferrò i fascicoli e facendo un breve cenno del capo, uscì dall’ufficio.

Elias tentennò.

“La missione è urgente Elias, è meglio se ti affretti”.

Abbassando lo sguardo Elias mormorò.

“Subito” e fece per uscire.

“Mi raccomando con te. Li voglio tutti vivi”.

Queste parole gelarono il giovane per un istante, ma poi non sentendo altro, si incamminò.

 

“Muoviamoci Delta” disse Elias, entrato nella sala dell’equipaggiamento. La giovane già vestita con la sua divisa, si stava allacciando un coltello allo stivale.

“Non mi sembra una missione così urgente sinceramente…” mormorò la ragazza, avvicinandosi ad un grande armadio bianco. Sulla parete era presente un piccolo foro, della grandezza giusta di un dito. Posizionato l’indice nella fessura, gli intagli presenti sulle porte dell’armadio si illuminarono di celeste, e si aprirono. All’interno appese alle pareti erano posizionate una gran quantità di armi. Per gran parte pugnali.

“Secondo Guendaline si, quindi sarà meglio che non sottovaluti la situazione” rispose Elias, uscito dallo spogliatoio maschile con indosso la divisa. Come la compagna, anche lui si avvicinò ad un armadio posizionato contro un'altra parete della sala. Dopo aver appoggiato il dito, anche quest’ultimo si aprì rivelando le armi. Per la maggior parte erano asce.

Armati e pronti per la missione i due, usciti dalla sala di equipaggiamento, s’incamminarono verso una porta a battenti, che dava su un cortile molto ampio. Il cortile era sterrato, e circondato da alberi che si estendeva tutt’intorno. Si trovavano in un bosco. Mentre Elias si avvicinava al centro del cortile, dov’era posizionata una specie di meridiana in pietra, Delta si arrampicò su un piccolo stand in legno. Dall’alto di esso si mise ad osservare Lenili, ormai a diversi chilometri di distanza da loro.

Sebbene l’edificio principale del LAM fosse in città, una volta che i vari esponenti delle casate entravano nella loro porta, grazie ad un collegamento magico, si ritrovavano direttamente nel loro quartiere generale, situato in diversi punti nel territorio che circondava la città.

Ogni città con un certo numero di abitanti possedeva una stazione di Aiuto Magico (AM), nel caso di Lenili era chiamato LAM (Lenili Aiuto Magico). Le missioni che ogni AM riceveva poteva essere richieste dai cittadini stessi in cerca di un aiuto particolare, dai funzionari della città o addirittura dai capi di stato. Quindi intorno ad ogni cittadina si potevano trovare i quartieri generali delle varie casate. Tutto questo ovviamente non valeva per gli Stregoni e i Sommi maestri. Essendo così pochi, i due gruppi avevano un quartiere generale direttamente a Tison, la capitale del regno occidentale.

“Delta! Muoviti!”.

Con il fumo che usciva dalle orecchie, la ragazza si girò verso Elias, intento a trafficare con la meridiana.

“Sto arrivando, stai calmo!”.

Con un abile salto scese dallo stand, e si avvicinò.

“Hai inserito le coordinate presenti nel fascicolo?”.

“Si” rispose Elias concentrato.

Appoggiò la mano al centro della meridiana, e si rilassò.

Davanti a loro a poco a poco, si generò un cerchio sfavillante. Insieme Delta ed Elias si introdussero nel cerchio; una volta inghiotti e scomparsi, il passaggio scomparì con uno schiocco.

 

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=4010849