Damned Spring

di PapySanzo89
(/viewuser.php?uid=83697)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Non io che sto sudando per la pubblicazione di questo capitolo.
Aiuto.
Allora un paio di cose prima di iniziare.
Questa è la prima fic che scrivo su Merlin e quindi vi prego, abbiate pietà.
Secondariamente, la storia è sì un Omegaverse ma in qualche modo contorto non è il tema principale della fic (“e qual è il tema principale della fic?” mi chiederete voi e io vi risponderò “non lo so, fatemelo sapere se lo trovate”)
La fic è composta da tre capitoli e gli altri due sono già finiti e in fase di betaggio (non commetterò più l’errore di postare senza aver prima finito :’D)
Nella speranza che qualcuno sia ancora qui in queso fandom vi auguro buona lettura (spero, prego, ma che ne so!) e anche un buon San Valentino <3
Un ringraziamento immenso a Vale e Yoko che mi hanno supportata (ma prima di tutto sopportato), betato, sclerato ma soprattutto non mi hanno mandata a fan-
 
 
 
 
 
 
 
 
.Capitolo 1
 
 
 
 
 
Arthur ride assieme agli altri cavalieri mentre Merlin serve loro da bere e lo vede alzare gli occhi al cielo in un’espressione mezza annoiata e mezza divertita.
“In realtà sono un Alpha” dice quest’ultimo con voce chiara e cristallina e la tavolata si fa subito silenziosa mentre Arthur sente le orecchie stranamente ovattate e crede -è sicuro- di aver capito male.
“Che c’è?” continua Merlin, mentre tutti gli occhi dei cavalieri sono puntati verso di lui. “Siccome non maneggio una spada e riesco a pensare lucidamente prima di attaccar briga con qualsiasi persona mi passi davanti dovevo essere per forza un Omega? Non so se sentirmi lusingato od offeso”.
Merlin guarda verso Arthur e gli fa un occhiolino (perché se c’è una cosa che Merlin non sa fare è quella di non attaccar briga con gente più grande e grossa di lui) per poi allontanarsi e continuare a versare vino nei calici dei cavalieri come se non avesse appena mandato Arthur completamente fuori fase, come se non avesse appena rivoltato il mondo di Arthur sottosopra con un’unica frase.
Arthur: futuro Re di Camelot e Omega nascosto in mezzo a un branco di Alpha, già perdutamente innamorato del suo dannato servitore che, a quanto pare, è un fottuto Alpha.
Arthur guarda il piatto davanti a sé senza in realtà vederlo e si ritrova a non avere più fame.
Perché la sua vita deve essere sempre così dannatamente complicata?
 
***
Il giorno in cui Arthur si è presentato come Omega è stato il giorno più brutto e umiliante di tutta sua vita.
Per quindici anni suo padre lo ha fatto istruire e allenare per diventare re, per guidare il regno che un giorno sarebbe stato suo, e lo ha educato come il grande Alpha che sarebbe dovuto divenire.
Arthur si sentiva forte, si sentiva capace e si sentiva pronto. Sul campo d’addestramento era il migliore, i suoi attacchi forti, la sua resistenza eccellente e riusciva a disarmare qualsiasi altro cavaliere della sua età non ancora presentatosi come Alpha e, alle volte, addirittura quelli.
Non c’erano quindi dubbi su cosa sarebbe diventato Arthur al raggiungimento dei suoi quindici anni ma, se proprio volevamo dirla tutta, non ce n’erano mai stati. Suo padre era sempre stato molto chiaro a riguardo: un Omega non è in grado di comandare.
Gli Omega sono deboli, devono essere protetti e salvaguardati, devono svolgere mansioni che le loro menti non troppo brillanti possano portare a compimento. Un Omega maschio in famiglia non era nemmeno un’opzione da valutare. Gli Omega erano fatti per restare accanto a un re, non per diventare tali.
Arthur non si è nemmeno mai posto il problema.
Ed è forse per questa eccessiva sicurezza che fece ancora più male.
Suo padre non è riuscito a guardarlo nemmeno per un minuto; ha varcato la soglia della camera da letto del figlio e se n’è andato senza dire nemmeno una parola mentre Arthur rimaneva a letto piegato dai dolori del primo calore senza capire nemmeno cosa stesse succedendo.
Arthur di quel tempo non ricorda molto. Ricorda solo di aver sentito dolore per un tempo non calcolabile, ricorda di aver sentito caldo, talmente tanto caldo che gli sembrava che la pelle si stesse per sciogliere, ricorda qualcuno che lo afferra per la nuca con violenza e lo fa bere mentre il corpo va in fiamme e poi il buio, l’essere rimasto di nuovo completamente solo. Non ricorda altro.
Poi, a un certo punto, quando il caldo soffocante che lo ha preso e lo ha dilaniato ha pian piano iniziato a scemare, ricorda l’arrivo di Gaius, il medico di corte, un Beta che conosce da quando ha memoria e che sembra non invecchiare mai e che ha la capacità di esprimere tutto il suo disappunto con una sola alzata di sopracciglia.
Arthur è disteso a letto tra lenzuola sudate e piene di qualcosa a cui non vuole nemmeno pensare e non ha nemmeno la forza di alzare la testa per guardarlo, muove solo gli occhi mentre respira affannosamente per recuperare tutta l’aria che gli sembra essergli mancata in tutto quel tempo.
Gaius dice qualcosa ma Arthur non lo sente o forse proprio non lo capisce, perché sono davvero poche le cose che può capire in quel momento. Ed essersi presentato come Omega non è una di queste.
Entrano delle persone nella stanza, Arthur pensa che siano delle serve, e cercano di pulirlo alla bene e meglio mentre lo manovrano per togliergli da sotto le lenzuola sporche. Arthur vorrebbe urlare. Non sa chi siano quelle persone, non sa perché si permettano di toccarlo senza il suo permesso, sa solo che quando lo toccano la pelle brucia di nuovo e vorrebbe solo essere lasciato in pace.
Gaius è subito al suo fianco e gli fa bere qualcosa di cui Arthur non sente nemmeno il sapore ma qualsiasi cosa sia spera che faccia effetto subito.
“Bevi, ragazzo mio, andrà meglio, vedrai…”
Arthur si addormenta (o forse perde i sensi) mentre lo stanno ancora spostando.
La seconda volta che qualcuno entra nella sua stanza le lenzuola sono pulite, lui è riuscito a farsi un bagno ed è tornato ad avere il pieno controllo delle sue facoltà, si sente solo incredibilmente stanco.
Suo padre continua a non guardarlo mentre afferra una sedia e la trascina accanto al letto, dove Arthur è seduto.
“Nessuno verrà mai a sapere di questa storia” dice con voce fredda e distaccata mentre si siede e allaccia le mani davanti a sé, guardando il pavimento “Nessuno, Arthur, sono stato chiaro?”
“Sì, padre”
Mortificazione e vergogna sono le prime cose che prova da quando ha avuto il calore e sente gli occhi bruciare per le lacrime che sta trattenendo, ma quello sarebbe veramente il colmo, mettersi a piangere come una stupida bambinetta sarebbe la prova finale della sua debolezza.
Dev’esserci qualcosa che non va in lui, dev’esserci per forza.
Arthur vede con la coda dell’occhio il cambiamento nella postura di Uther e lo vede rilassarsi sulla sedia.
“Dovremo rivalutare alleanze e le tue nozze, a questo punto, ma suppongo ci sia tempo per questo”
E Arthur sente la vergogna come un mantello che gli viene calato sulle spalle e che lo soffoca per quanto gli viene allacciato stretto.
Suo padre gli parla di future alleanze, di futuri consorti, di come Gaius si prenderà cura di lui e nasconderà il suo odore non da Alpha (perché a quanto pare suo padre non riesce nemmeno a pronunciare la parola che inizia per O), di aver mandato via tutta la servitù che avrebbe anche solo potuto sospettare di Arthur e di averne presa di nuova, di aver trovato un arrangiamento per i futuri calori di Arthur che verranno trascorsi fuori da Camelot, in uno dei loro castelletti in disuso a mezza giornata di cammino, di essersi messo d’accordo con due vecchi Beta che lavoravano al suo servizio da decenni per prendersi cura di Arthur in quel periodo. Gli parla di doversi mettere presto in forze perché aveva già perso troppi allenamenti e che i cavalieri si sarebbero insospettiti di ulteriori ritardi.
Suo padre parla e parla e parla e Arthur annuisce quando sente che è il momento giusto per farlo ma non capisce nulla di quello che gli viene detto.
Arthur si osserva le mani, guarda la coperta bianca che gli copre le gambe e per la prima volta in vita sua si sente come tirato fuori dal suo corpo, come se quello che vede non fosse reale, come se il corpo in cui è obbligato a stare non sia in realtà il suo.
La voce di suo padre è ormai un rumore bianco alle sue orecchie e Arthur si richiude in se stesso, non volendo più sentire niente.
 
Arthur non si è nemmeno accorto che suo padre se n’è andato, è solo il leggero bussare alla porta che lo distrae dai suoi pensieri e nota con uno certo sgomento che nella camera si è fatto buio.
Morgana entra senza aspettare una risposta.
La prima cosa che nota, senza un motivo apparente, è il lungo vestito blu che le ha regalato per il compleanno qualche mese addietro. Lui non è fatto per questo genere di cose, non ha gusto per abiti femminili ed è con una certa difficoltà che è andato a chiedere aiuto a Ginevra ma ha pensato che ne era valsa la pena appena sua sorella lo aveva guardato, stupita, e lo aveva ringraziato per una volta con sincerità nella voce.
Morgana gli sorride, alza in alto un vassoio che Arthur non ha nemmeno notato e si avvicina al letto, sedendocisi sopra senza aspettare alcun invito.
“Ho pensato che avessi fame” gli dice, poggiandogli il vassoio in grembo.
Arthur guarda i piatti con i suoi cibi preferiti e si meraviglia che Morgana si sia spinta a tal punto o che perfino se li ricordi.
Lo stomaco gorgoglia ma Arthur pensa che potrebbe vomitare se solo provasse a ingurgitare qualcosa.
Si limita a scuotere la testa.
“Arthur, solo gli Dei sanno da quanto tempo non stai mangiando, e il tuo colorito non mi dice niente di buono. Mangia”
Arthur scuote la testa.
“Arthur, mangia!”
E forse è il tono di comando, forse è perché qualcun altro gli sta dicendo per l’ennesima volta cosa deve fare, ma il vassoio vola dall’altra parte della stanza assieme a piatti e calici sbattendo rovinosamente per terra con un rumore tale che le guardie aprono la porta per controllare cosa stia succedendo.
Morgana non è per nulla impressionata dalla cosa e rimane seduta a letto accanto ad Arthur mentre rassicura le guardie con un cenno della mano che va tutto benissimo.
Le porte fanno appena in tempo a richiudersi prima che Arthur afferri la cosa più vicina a sé e la lanci di nuovo violentemente dall’altra parte della stanza e ancora e ancora.
“Dovevo essere io l’Alpha di famiglia!” non lo urla (perché non vuole essere sentito da nessuno, perché magari può fingere che non sia successo niente, può fingere di non essere un Omega e continuare per la sua strada come ha fatto fino ad adesso) ma è quasi come se lo avesse fatto, Morgana lo guarda con rammarico e questo lo spinge ancora di più verso la rabbia cieca che sente dentro lo stomaco.
“Mi sono allenato, ho studiato notte e giorno, ho sputato sangue sul campo di battaglia, ho imparato a rivolgermi ad ogni dannatissima persona sulla faccia della terra, ho imparato a comandare
Arthur si volta verso Morgana e lei è sempre lì, i grandi occhi azzurri che lo guardano come a volerlo compiangere.
E oh, no, questo no.
Arthur vomita su Morgana tutta la rabbia che sente dentro e per un attimo si sente meglio, la rabbia la conosce, è un sentimento con cui ha convissuto per anni e che nella maggior parte delle volte riesce a tenere a bada dopo aver contato fino a dieci, ma adesso la rabbia esplode e non sa nemmeno cosa sta dicendo, non sa nemmeno cosa sta urlando, sa solo che in quel momento odia Morgana con tutte le sue forze perché lei -lei!- è il maledetto Alpha di famiglia. Lei a cui non è stato permesso nemmeno di prendere in mano una spada perché è una donna, lei a cui non è stata data nessuna educazione perché l’unica cosa che doveva saper fare era ricamare e sfornare un mucchio di bambini urlanti, lei che è uscita dalla transizione con uno sguardo più duro di quando ci è entrata e l’equilibrio della famiglia si è in qualche modo guastato.
Arthur sa che sta sbagliando.
Sta maledettamente sbagliando bersaglio, sta sbagliando a urlare, sta sbagliando a non fermarsi ma a quanto pare Arthur ha sbagliato qualcosa tutta la vita e non se n’è nemmeno accorto.
È solo quando le braccia di Morgana lo circondano che Arthur smette di parlare.
Non ricorda nemmeno l’ultima volta che è stato abbracciato ma sa di certo che anche quella volta doveva essere stata con Morgana. Uther è sempre stato molto chiaro con loro: mostrare apertamente i propri sentimenti è segno di debolezza. E tra questo e il fatto che lui e Morgana erano destinati a prendere strade completamente diverse fin da bambini, entrambi sono cresciuti mantenendo le distanze dalle persone e, in realtà, anche l’uno dall’altro.
Non che non si volessero bene, tutt’altro, ma avevano un modo diverso di dimostrarselo.
Morgana stringe ancora un po’ più la presa e Arthur si ritrova a nascondere il viso nel collo della sorella mentre alza le braccia per circondarla e piangere senza controllo.
Morgana non dice niente, resta semplicemente lì seduta ad accarezzargli la schiena finché Arthur non riesce a riprendere il controllo di sé.
“… mi dispiace” sussurra infine, sempre abbracciato alla sorella perché è troppo in imbarazzo per alzare il viso a guardarla, quando riesce a tornare a respirare normalmente.
“Ti conviene essere dispiaciuto, questo vestito costa una fortuna e adesso sarà pieno di lacrime e moccio”
Arthur, nonostante tutto, riesce a fare un mezzo sorriso.
“Te l’ho regalato io questo vestito”
“E il tuo punto sarebbe…? Beh, comunque, andiamo Arthur! È ora che esci dal tuo stato di miseria e mangi qualcosa. Non pensare che passerò una sola cena in più con quel mostro di nostro padre, non ricordavo che fosse così terribile avere tutta la sua attenzione su di sé, cercava di parlarmi. Ma dico, ti rendi conto?”
Arthur sente gli angoli della bocca sollevarsi e si alza a guardare la sorella.
“Cos’è, vuole aumentare di nuovo le tasse?”
Morgana lo guarda e alza le braccia al cielo sgranando gli occhi.
“Ti rendi conto? Pensa che i soldi crescano sugli alberi?”
E Morgana resta lì seduta accanto a lui raccontandogli di come Uther abbia perso la testa, perché non si può chiedere più tasse dopo l’inverno orribile che hanno avuto e tutte le povere famiglie che non sono arrivate nemmeno a vedere la primavera; gli racconta di due esecuzioni avvenute nell’ultima settimana e di come Uther dovrebbe valutare il rischio della magia secondo come una persona la usa, non solo perché ha la magia e basta. Arthur fa un commento sul fatto che la magia è di base cattiva e può corrompere gli animi, anche quelli più puri, e Morgana si ferma per un attimo e lo guarda e poi sospira pesantemente.
“Non farti condizionare da Uther, Arthur. Ha già fatto troppi danni”
Arthur non capisce cosa intenda Morgana ma al momento nemmeno gli interessa, si risiede più comodamente sui cuscini del suo letto e fa spazio a Morgana perché salga anche lei accanto a lui.
Morgana fa portare loro del cibo in camera e non se ne va finché Arthur non si addormenta.
Arthur è ancora in dormiveglia quando sente la mano della sorella accarezzargli la testa e poi sente la porta chiudersi silenziosamente dietro di lei.
Non glielo dirà mai, ne andasse della sua vita, ma non è mai stato così felice di avere Morgana come sorella.
 
Il giorno dopo riprende gli allenamenti con i cavalieri e si comporta come se non fosse mai successo niente.
 
***
 
Ad Arthur piacerebbe dire che il fatto che Merlin sia un Alpha non cambia niente riguardo a come vede il suo servitore, ma sarebbe una menzogna non indifferente.
Arthur ha sempre visto Merlin come il suo maldestro, balbettante, decisamente dalla risposta troppo pronta, sarcastico e innocuo servitore, niente di più e niente di meno (beh, anche suo miglior amico, confidente e consigliere ma queste sono cose che può tenersi per sé). Mentre ora, per un motivo incredibilmente infantile, Arthur lo vede quasi come una minaccia.
Non che Merlin gli farebbe mai del male, santo cielo no, è più che sicuro che Merlin farebbe qualcosa di stupido come proteggerlo con la propria vita se le circostanze lo richiedessero (e questo è sempre un pensiero che fa scaldare il cuore di Arthur) ma è il sapere che Merlin è un Alpha che lo destabilizza.
C’è sempre un gioco di potere tra un Alpha e un Omega, c’è sempre la consapevolezza che se un Alpha un giorno si sveglia con il piede sbagliato può sottometterti senza alcuna difficoltà, che tu sia preparato alla cosa o meno. E Arthur la sente tutta sulle sue spalle quella consapevolezza. Sente quel peso quando va ad allenarsi con i suoi cavalieri ed è letteralmente circondato da Alpha, la sente quando va in battaglia, sente quella specie di formicolio fastidioso anche in presenza di suo padre, mentre con Merlin si è sempre sentito a suo agio, si è sempre sentito in grado di essere se stesso senza farsi il minimo problema su chi avesse davanti.
Tutti, lui compreso, avevano dato per scontato che Merlin fosse un Beta dato che non prendeva mai giorni di riposo per il proprio calore e anche per il fatto che avesse deciso di fare il servitore (gli Alpha facevano lavori di fatica e, checché se ne lamentasse Merlin, lavorare per Arthur non è così faticoso) e invece a quanto pare avevano preso tutti un clamoroso abbaglio.
Arthur guarda Merlin camminare avanti e indietro per le proprie stanze mentre raccoglie da terra la roba di Arthur, lamentandosi ad alta voce del suo principe che è proprio lì, nella stanza con lui, e lo vede lanciargli occhiate cariche di esasperazione quando deve chinarsi per prendere qualcosa finito sotto il letto e Arthur gli risponde meccanicamente, senza nemmeno doverci pensare; perché a quello sono arrivati, ad insultarsi bonariamente anche quando stanno pensando ad altro. Arthur lo troverebbe quasi preoccupante se solo non lo trovasse incredibilmente divertente.
Merlin continua a fare le sue faccende, Arthur invece rimane seduto al tavolo facendo finta di controllare il rapporto appena arrivato da Leon sull’ultimo pattugliamento mentre i suoi occhi continuano a vagare sulla figura di Merlin, che gli dà le spalle mentre prende la spada di Arthur per iniziare a pulirla.
Merlin fischietta mentre lucida la spada e se solo Arthur stesse controllando davvero il rapporto gli direbbe di smetterla perché lo deconcentra ma invece Arthur è preso dal suo servitore, dal modo in cui sta seduto in tutta tranquillità, dal modo strambo in cui ogni tanto smette di fischiettare e sorride guardando il lavoro che sta facendo, dalle sopracciglia che si corrugano quando non riesce a togliere qualcosa dalla lama e allora sbuffa e dice ad alta voce che Arthur dovrebbe prenderne una nuova dall’armeria perché quella ormai ha fatto il suo tempo.
Arthur per un secondo si chiede quando sono arrivati a questo livello di confidenza e non riesce a darsi risposta.
L’unica cosa che sa è che non vuole vedere Merlin come una minaccia, come qualcosa di pericoloso, non vuole permetterselo e non è giusto nei confronti di Merlin che si è dimostrato solo che leale nei suoi confronti, sempre.
E non solo nei suoi ma di tutta Camelot.
Arthur potrà anche prenderlo in giro e non dirglielo apertamente ma non ha mai conosciuto qualcuno più ostinato e coraggioso di Merlin. Dopo tutte le volte che sono finiti in un’imboscata (e con tutte le probabilità che la cosa riaccada) qualsiasi persona non addestrata -qualsiasi persona che non fosse un cavaliere- sarebbe rimasta a casa ad aspettare il ritorno del principe. Ma Merlin lo ha sempre seguito, è sempre stato al suo fianco con una battuta pronta o con delle remore che non aveva cuore di tenere per sé (parole sue) e con delle erbe curative se qualcuno si era in qualche modo ferito. Merlin ha sempre dato una mano dentro e fuori Camelot, perfino i suoi cavalieri hanno smesso di prenderlo in giro per le sue scarse attitudini alla guerra.
Dovrebbe trovare incredibile che Merlin riesca a fare amicizia anche con le pietre, che conosca ogni singola persona della cittadella e che nel tempo libero dia una mano anche agli abitanti se capitano dei problemi, ma a quanto pare Merlin ha un fascino non indifferente e non solo per Arthur.
Arthur sospira e si massaggia gli occhi. Ha mal di testa, è stanco, e questa situazione lo sta uccidendo.
“Vi dico sempre che non dovete pensare troppo, vi fa male alla salute”
Arthur apre gli occhi e li punta sul suo servitore che nel frattempo ha finito di lucidare la spada ed è passato all’armatura.
“E su cosa vi state arrovellando così tanto, si può sapere?”
Arthur sospira di nuovo e pensa che non ha nessuna voglia di affrontare l’argomento.
“Non è niente che ti debba interessare, Merlin, è solo il rapporto di Leon che è estremamente noioso, peggio del solito”
“Se solo lo steste leggendo”
“Come?”
“Non ho detto niente, sire
Merlin lo guarda e gli sorride come se ne sapesse una più del diavolo (quel sire detto sempre nella maniera meno rispettosa possibile) e ricomincia a lucidare l’armatura.
Arthur potrebbe farlo mettere alla gogna per molto meno, se solo volesse, ma si sente magnanimo e lascia correre.
Merlin inizia a chiacchierargli di qualche gossip avvenuto nelle cucine siccome tanto non state facendo nulla d’importante e Arthur si ritrova a pensare, con finta esasperazione, che il suo servitore è davvero il peggiore che gli potesse mai capitare e perché mai dovrei essere io quello ad ascoltarti? Alla quale Merlin risponde con un sorriso radioso e gli ricorda che è il più pigro principe che abbia mai calpestato il selciato di Camelot.
Arthur gli lancia il rapporto di Leon addosso e Merlin lo schiva con facilità.
“Attento, sire, potevate ferirmi con quel pericolosissimo pezzo di carta”
Il cucchiaio che gli arriva subito dopo dritto in testa però non se lo aspettava.
 
Merlin è sempre il solito idiota.
Altro che pericolo.
 
***
 
“Come mai non hai il tipico odore di un maschio Alpha?” la domanda, come gli esce dalla bocca, stupisce anche lui e si chiede se per caso sia improvvisamente ammattito. Non che fosse una domanda che non si è mai posto, tutt’altro, lo tiene sveglio la notte ogni tanto, ma non è una domanda che si fa per conversare e, se vogliamo dirla tutta, è anche piuttosto scortese, perfino per un principe.
Ma Merlin non ha affatto l’odore di un Alpha (se Arthur dovesse prestarci attenzione -cosa che non fa, ovvio- direbbe che non ha nessuno odore particolare se non quello del sapone della lavanderia e del fieno dei cavalli) e Arthur attribuisce a questo il fatto di non essersi accorto di nulla.
Un secondo più tardi pensa che nemmeno lui ha il tipico odore di maschio Alpha (ovviamente) e spera vivamente che Merlin gli userà la cortesia di non fargli la stessa domanda.
Merlin non sembra pensare nulla di quella richiesta spuntata dal nulla e semplicemente scuote le spalle mentre rammenda un buco nella tunica di Arthur (buco che ha fatto Merlin afferrandolo con un po’ troppa forza quando stava per andare a sbattere contro un servitore che non ha visto passare, sempre per colpa di Merlin che blaterava qualche sciocchezza che ora Arthur non ricorda, ma che lo faceva voltare in sua direzione più volte che non) per poi sporgere il labbro inferiore in fuori e guardare in alto come se ci stesse pensando.
“Non ne ho davvero idea.” dice infine “Ma non mi sono mai posto il problema, non mi è mai sembrato importante”
Arthur alle volte non riesce proprio a capire Merlin. Per quanto ci provi, per quanto si conoscano ormai da quasi tre anni e passino gran parte delle giornate insieme, c’è sempre qualcosa che sfugge alla comprensione di Arthur. E questa volta la cosa che gli sfugge è come faccia Merlin ad essere così disinteressato al fondamento della loro società, come possa risolvere con uno scuotimento di spalle una cosa che non farebbe dormire la notte la maggior parte degli Alpha.
L’odore è tutto. Dall’odore c’è attrazione, dall’odore c’è riconoscimento, dall’odore puoi riuscire a capire lo stato d’animo della persona che ti sta accanto, se ha paura, se è felice, se qualcosa lo turba; dall’odore puoi anche capire se la persona con cui stai per legarti per la vita è la persona che fa per te e non avere un odore è qualcosa che può relegarti al di fuori della società.
E questo Arthur lo sa per esperienza.
Non che non sia circondato da persone, ma tra il suo essere futuro Re di Camelot e avere un odore non riconoscibile dai più lo ha sempre messo abbastanza alle strette.
In tutta onestà, se ci pensa, la cosa più simile ad un amico è stata Leon e dopo aver conosciuto Merlin sa perfettamente che quella non si poteva nemmeno considerare una vera amicizia. Leon è sempre stato troppo rispettoso di Arthur anche in giovane età, ha sempre saputo che un giorno Arthur sarebbe stato suo superiore in tutto e per tutto e ha mantenuto una certa, pacata distanza. Merlin non è mai stato così.
Merlin è tutto un dibattito sulle sue scelte, sul fargli dire grazie e prego e chiedere scusa ai servitori come se fosse un suo diritto pretendere una cosa simile, gli dice quando sbaglia e gli dà una pacca sulla spalla quando fa la cosa giusta, lo butta giù dal letto la mattina quando non ha nessuna voglia di alzarsi e lo schernisce perfino davanti ai cavalieri (che ormai lo hanno preso in simpatia e non cercano più di gettarlo nelle segrete per tradimento, uno spettacolo che Arthur si è goduto due volte prima di dire loro di lasciarlo stare perché Merlin è solo un po’ pazzo e non ci si può fare niente), non ha nessun riguardo per lo spazio personale o per il rispetto che bisognerebbe dimostrare ai suoi superiori (una volta ha perfino risposto al re -al re, per gli Dei- e Arthur è riuscito a portarlo fuori dalla stanza tutto intero solo per un miracolo e quel miracolo aveva il nome di Morgana) e santo cielo se Arthur non è assolutamente innamorato anche per questo.
“Arthur, mi state ascoltando?”
Arthur scuote la testa e si ridesta dai suoi pensieri, riportando l’attenzione su Merlin che nel frattempo si è alzato e sta disponendo la biancheria nell’armadio, guardandolo con aria scocciata.
“Perché ancora mi spreco, mi domando” e anche se la voce di Merlin è infastidita le labbra sono piegate in un mezzo sorriso che raggiunge gli occhi. “Stavo dicendo,” ripete guardandolo come per accertarsi che Arthur non si perda di nuovo nei suoi pensieri “che l’unica cosa che trovo importante nella vita, sire, è come la viviamo e cosa facciamo di buono nel tempo che ci è dato. Essere un Alpha, un Beta o un Omega non è mai stata una delle mie principali preoccupazioni né mi è mai stato di alcun aiuto pensarci per sapere cosa volessi davvero fare nella vita”
Ed è così, con una semplice frase in una qualsiasi giornata di primavera mentre il suo servitore rimette a posto i suoi panni, che le certezze granitiche di Arthur per un attimo vacillano.
Non sarebbe bello se fosse tutto così semplice? Se niente avesse importanza se non le azioni delle persone? Se non avesse importanza essere un Alpha, un Omega o un Beta nella vita di ogni giorno? Se non ci fossero differenze?
Sarebbe bello, sì.
Questo servitore folle sta sbagliando, sente la voce di suo padre dire e per Arthur è come se fosse con lui, lì, in quella stanza e quel minimo momento di incertezza sparisce come se non ci fosse mai stato e con lui il sorriso che Arthur non si è nemmeno accorto di aver fatto.
Ma per un momento, per un singolo breve istante, Arthur vuole comunque credere a quella sciocchezza e non dice niente a riguardo, continuando a osservare Merlin che adesso si è messo a raccogliere una cesta di panni che gli è scivolata di mano.
Arthur sorride.
“Quindi quello che volevi davvero fare nella vita era rassettare le mie stanze? Beh, sogni in grande Merlin!”
Arthur non riesce ad evitare di ridere quando Merlin lo guarda male e gli lancia un calzino addosso mancandolo almeno di mezzo metro.
 
 
***
 
Arthur è di pessimo umore. Tremendamente di pessimo umore. E quello che lo rende ancora più di pessimo umore è il non sapere perché è stramaledettamente di pessimo umore.
La giornata è iniziata bene, con Merlin meno irritante del solito e con una colazione fatta per una volta come si deve, con calma e senza rapporti da leggere o discorsi da preparare; suo padre è lontano da Camelot per una battuta di caccia ma Arthur è semplicemente di pessimo umore.
L’allenamento con i cavalieri non ha giovano in alcun modo né ha placato quella scarica di energia che sembra perseguitarlo (in tutta onestà ha solo peggiorato la situazione, facendogli abbaiare ordini a destra e a manca e facendo fare loro un allenamento più intensivo perché -parole sue- si erano tutti rammolliti) e perfino il tempo sembra deriderlo, passando da una magnifica giornata di sole a un temporale estivo in piena regola nel giro di dieci minuti, lasciandolo zuppo come un pulcino in mezzo al campo di addestramento mentre i suoi uomini lo guardano, supplichevoli.
In guerra nessuno si ferma per due gocce d’acqua, vorrebbe urlar loro ma a quel punto si rende conto di stare esagerando. Li congeda con un cenno della mano e quelli si allontanano dopo un lieve inchino.
Arthur si domanda se sia prudente prendere un cavallo e andare a caccia da solo con quel tempo, perché forse uccidere qualcosa lo toglierebbe da quello stato di miseria.
Merlin, capito perfettamente il suo umore, è sparito subito dopo colazione con una scusa riguardante Gaius che Arthur rifiuta anche solo di ricordare ma spera per lui che sia ritornato nelle sue stanze e che ci sia un pasto caldo ad attenderlo.
Quando finalmente apre le porte delle sue camere il caminetto non è nemmeno acceso, figuriamoci se è pronto un bagno caldo, e Arthur è lì e lì per gettare in aria la stanza.
Si siede al tavolo e improvvisamente tutte le forze lo abbandonano, assieme alla furia cieca che lo lascia svuotato. Non ha nemmeno voglia di mangiare, non sente freddo, non sente l’acqua che gli bagna il viso e i vestiti… vorrebbe solo andare a letto.
Forse si sta prendendo una brutta influenza. Sarebbe forse il caso di parlarne con Gaius.
Dei passi frettolosi fuori dalla porta lo informano che Merlin sta arrivando (almeno lo fa di corsa) ma Arthur non si sente nemmeno più in vena di urlare.
“Mi dispiace, mi dispiace, mi dispiace, sono stato trattenu- cosa state facendo qui da solo al buio?”
Arthur non alza nemmeno gli occhi dal tavolo per guardarlo. Si sente così tanto stanco.
Gli indica il caminetto con mano svogliata e spera che questo faccia capire a Merlin perché è al buio.
“Oh andiamo, come se non sapeste accendere il camino voi stesso”
Arthur non è proprio in vena per commenti del genere.
“Lo sai che questo si suppone essere il tuo lavoro, Merlin, vero? Lo sai che vieni pagato per farlo?”
Merlin in poche falcate è davanti al caminetto e sistema per bene la legna prima di attizzarla.
“Cosa c’è che non va?” chiede, ancora in ginocchio sul pavimento, mentre il fuoco pian piano inizia a divampare.
Arthur scuote la testa e si toglie il mantello, gettandolo sulla sedia accanto alla sua.
“Niente. Per stasera non ho bisogno di altro. Puoi andare”
Merlin si volta verso di lui con aria preoccupata.
“Ma… ma non avete mangiato nulla!”
“Oh, adesso non sono più grasso Merlin?” quel commento se lo porterà nella tomba.
“Non dite sciocchezze, ho dovuto aggiungere un altro buco alla vostra cintura due giorni fa-”
Merlin!”
“-ma questo non vi ha mai impedito di mangia-”
Merlin si blocca di colpo e la sua espressione sembra quella di qualcuno che è appena stato colpito con violenza, le mani sono rigide in grembo e la bocca è stretta in una linea sottile.
“Cosa c’è? Hai sentito qualcosa? Che suc-?”
Arthur non fa in tempo a finire la frase che Merlin si è alzato in piedi e lo ha raggiunto al tavolo in poche falcate, prendendogli di forza la mano e portandosela al viso per, a quanto pare, annusarla.
Arthur, un po’ perché preso alla sprovvista un po’ perché non sicuro di cosa diavolo stia succedendo, ci mette un po’ per divincolarsi ma è Merlin che gli allontana la mano in malo modo e lo guarda con un’espressione che, se non fosse completamente fuori luogo, Arthur descriverebbe come preoccupata.
“Arthur, siete forse impazzito,” mormora Merlin talmente piano che Arthur non sa nemmeno se siano per le sue orecchie, quelle parole “cosa ci fate ancora qui?”
A quelle parole Arthur sgrana gli occhi e si guarda intorno, come a volersi sincerare che le sue stanze non siano appena diventate qualcos’altro e di trovarsi così nel posto sbagliato, ma quando la stanza si riconferma essere la sua si volta nuovamente verso di Merlin e lo guarda come se avesse perso il senno.
“Dovrei essere da qualche altra parte, Merlin? Hai notato che ore sono o ti sei talmente ubriacato alla taverna da aver perso il senso del tempo?”
“Taverna? Cos-? No! Aah, Arthur, non dovreste essere da un’altra parte in questo momento?”
Arthur è decisamente troppo stanco e provato da tutta quella giornata andata in malora e non ha voglia di ridicoli quesiti senza senso.
“Merlin, parla chiaro. Non ho assolutamente nessun altro posto dove dover essere tranne che nel mio letto, perché al contrario tuo ho passato una giornata piuttosto impegnativa, non so se sai cosa si prova, e sono stanco e ti avevo già detto che potevi andare quindi, per cortesia, sii diretto”
“State entrando in calore, Arthur!”
E forse questo è un tantino troppo diretto. Forse Arthur avrebbe avuto bisogno di un po’ più di preavviso, forse avrebbe avuto anche bisogno di supporto perché sente il mondo crollargli attorno e non sa se lo stia facendo letteralmente o metaforicamente, ma vede le labbra di Merlin continuare a muoversi (quindi si suppone che stia parlando, del resto Merlin non riesce a fare altro) e l’unica cosa che riesce a sentire è un fischio sordo nelle orecchie e tutto il resto attorno a lui ovattato.
Deve riprendersi il prima possibile.
“Cosa…? Cosa stai dicendo Merlin, di che calore stai parlando?” la voce è più bassa di quanto si aspettasse e anche il tono è duro.
Bene.
Almeno riesce ancora a fingere di non essere nel pieno di una crisi di panico.
Merlin lo guarda e si morde le labbra, le sopracciglia aggrottate in un’espressione tesa mentre cerca cosa dire.
“Arthur, lo so. Io… lo so
No, questo è assurdo, Merlin non lo può sapere, non lo può assolutamente sapere. Non c’è modo in cui possa essere venuto a conoscenza che…
“E’ stato Gaius a dirtelo?” si ritrova a chiedere con tono tradito.
“Gaius lo sa?!” è la risposta oltraggiata di Merlin e ci sarebbe un sacco da ridere per la sua espressione non fosse che Arthur non sente nemmeno un pizzico di umorismo dentro di sé.
L’unica cosa che Arthur si sente è… mortificato.
Non riesce a guardare Merlin negli occhi e sente un calore alle guance che non ha niente a che fare col camino acceso.
Merlin lo sa.
Ma da quando? E come? E chi altri lo sa oltre a lui? Che lo sappiano tutti ma facciano finta di niente? Che lo stiano tutti segretamente sbeffeggiando? Che lo stiano…?
“Arthur respirate per favore e lasciate stare quel povero calice”
La voce di Merlin lo fa tornare in sé e la mano stretta a morsa attorno al calice che non si è nemmeno accorto di aver afferrato si apre come se lo avesse scottato. Merlin si è messo in ginocchio di fronte a lui e lo guarda da sotto le sue ciglia scure con un misto di preoccupazione e qualcos’altro che Arthur non riesce a capire e non ha nemmeno le forze di farlo.
“Dimmi tutto ciò che sai. E fallo in fretta” è arrabbiato adesso, Arthur. Bene. La rabbia è una cosa che sa gestire. La rabbia è una cosa che gli è famigliare e gli dà forza.
Merlin continua a guardarlo e Arthur nota con un certo interesse il fatto che Merlin si sia inginocchiato vicino ma non troppo, a un passo di distanza in caso dovesse succedere qualcosa. Il problema è che Arthur non sa chi dei due è in pericolo in quella situazione.
“Lo so dalla prima volta che vi ho visto” “Balle!” il solo motivo per cui non urla è perché non vuole che qualcuno senta quella conversazione anche solo per sbaglio.
Merlin fa di no con la testa e cerca il suo sguardo ma Arthur non riesce a restituirglielo, piantando gli occhi sul legno chiaro del tavolo.
Merlin sospira e Arthur per un momento non sopporta la sua presenza, vuole rimanere da solo, vuole fare finta che non sia successo niente e che sia stato tutto solo un brutto incubo, il culmine di quella giornata terribile.
C’è silenzio per qualche istante ed è come se Merlin stesse raggruppando le proprie idee prima di parlare.
“Arthur,” pausa “l’unica cosa che so è che siete un Omega” Arthur sussulta alla parola senza volerlo ma Merlin finge di non vederlo “Non so perché la cosa sia nascosta ma è stato chiaro fin da subito che nessuno ne sapeva niente e non mi sembrava il caso di tirare fuori l’argomento. Ogni volta che il vostro calore si avvicinava ve ne andavate e non avevo niente di cui preoccuparmi ma adesso…”
Niente di cui preoccuparsi.
Come se lo dovesse proteggere. Proteggere il povero piccolo Omega indifeso.
“Come… come hai fatto a…?” non riesce a finire di parlare.
“Il vostro odore. Gaius, a quanto pare” e detto questo il viso si contorce in uno strano moto di fastidio “ha fatto un ottimo lavoro perché è praticamente impercettibile. Ma passiamo moltissimo tempo insieme e ho un olfatto particolarmente sviluppato. Lavo la vostra biancheria, lucido la vostra armatura e insomma…”
Merlin lascia in sospeso la frase e Arthur per un momento si sente stupido. Stupido e sconfitto.
“Arthur, prometto che ne parleremo approfonditamente quando tornerete e se vorrete potrete mandarmi alla gogna, non mi lamenterò nemmeno, tanto ormai sono quasi tutti amici miei e sono più laggiù che nelle mie stanze, ma adesso non abbiamo molto tempo, dovete andare”
“Non può essere il calore. Sarebbe in anticipo di almeno un mese” le parole gli escono da sole e ne rimane perfino sorpreso. È così strano parlarne, è così strano dire quelle cose a un’altra persona e non tenerle per sé nella sua testa, è così strano parlarne con Merlin -Merlin!- tra tutti.
È con la coda dell’occhio che Arthur vede la mano di Merlin sollevarsi (quasi timidamente) e avvicinarglisi, poggiandosi saldamente sul suo ginocchio e stringendo lievemente. Ed è stupido e assurdo ma Arthur si sente incredibilmente più saldo, più concreto.
Arthur” il tono è quasi una supplica, un’esortazione a muoversi. E come fa Merlin a fare questo? Come fa a pronunciare il suo nome e a trasmettere così tante cose? Come fa a chiamarlo sottovoce e a far capire ad Arthur che è dannatamente serio e dannatamente preoccupato e che Arthur sta solo facendo dannatamente il difficile?
Ad Arthur viene quasi da ridere, dopo tutti quegli anni da Omega ci si aspetterebbe un minimo di più consapevolezza di se stessi, no? A quanto pare è pure pessimo a fare l’Omega, con questi presupposti è ovvio che non sarebbe mai potuto essere un Alpha perché chissà che Alpha schifoso sarebbe diventato.
“Va bene,” si ritrova a dire quasi in automatico “vado ad avvisare mio padre e parto”
Merlin rilascia un sospiro che sembra aver trattenuto per decenni e annuisce, dandogli qualche tenero colpetto al ginocchio.
“Perfetto. Mentre voi andate a informare vostro padre io vado a chiamare i cavalieri. Chi vi accompagna di solito?”
Arthur, a quello, alza per la prima volta gli occhi dal tavolo e guarda Merlin come se gli fosse appena cresciuta una seconda testa.
“Nessuno mi accompagna Merlin. Nessuno dovrebbe saperlo, rammenti?”
“Nessuno vi accompagna?”
Arthur guarda il suo servitore e si chiede se abbia sbattuto la testa in un momento in cui non stava guardando.
“No” ripete perché a quanto pare Merlin è più ottuso del solito.
“Quindi voi,” Merlin chiude gli occhi e stringe i pugni ricominciando dopo un profondo sospiro “Quindi voi, futuro Re di Camelot, uscite di notte a pochi giorni o anche solo a poche ore dal vostro calore da solo?”
Messa giù così suona effettivamente un po’ rischiosa ma Arthur non vuole dargli questa soddisfazione.
“Sono perfettamente in grado di difendermi da solo, Merlin”
La faccia di Merlin assume un’inquietante tonalità di rosso e per la prima volta da quando lo conosce Arthur resta sgomento da quello che esce dalla bocca di Merlin per quasi cinque interi minuti di fila.
Per il bene suo e di Merlin farà finta di non aver appena sentito tutte le minacce del suo servitore verso il re.
E anche se non lo ammetterà mai una parte di lui (una piccola, minuscola parte, sia chiaro) si scalda al pensiero che Merlin si preoccupi davvero per la sua incolumità.
Ma è una parte minuscola e Arthur non ci vuole pensare.
 
***
 
Dopo aver dato la notizia a suo padre nel cuore della notte e aver ricevuto un semplice sguardo sconfitto come saluto, Arthur si ritrova a cavallo, pronto a lasciare Camelot alla spalle per una lunga, angosciante e sfibrante settimana. Odia con tutto il cuore quel viaggio. Odia con tutto il cuore la sensazione d’impotenza che ne deriva, odia il mentire, odia essere in balìa degli eventi e di non riuscire a controllarsi, odia il pensare che le cose andrebbero meglio se solo trovasse qualcuno con cui passare il calore.
La sola idea lo ripugna.
Almeno su questo lui e suo padre sono dello stesso avviso anche se per motivi diversi.
Uther teme che un qualsiasi Alpha potrebbe reclamarlo, Arthur ha semplicemente il terrore di trovare la cosa piacevole.
“Se non guardate dove andate al prossimo albero ci sbatterete contro!”
La voce di Merlin lo riscuote e Arthur si meraviglia di essersi perso così tanto nei propri pensieri. Si guarda intorno e vede alle spalle Camelot, già molto lontana, e la radura che si apre davanti a sé. Merlin è al suo fianco (come sempre) e lo guarda con aria preoccupata.
“State bene?”
No, che non sta bene. Non sta bene per niente.
“Ovvio che sto bene Merlin, non è mica la prima volta”
Merlin continua a guardarlo con cipiglio sospetto ma non insiste.
“Come vi stavo dicendo, anche se evidentemente non mi stavate ascoltando, penso che Susan nelle cucine abbia una storia con il garzone. Certo non ci sarebbe niente di strano se solo…”
E Merlin parla di tutto e di niente per la durata del viaggio, gli fa domande, sbadiglia nei momento meno opportuni, lo contraddice come al solito su cose su cui nessuno ha mai osato metter bocca e per un breve istante ad Arthur sembra quasi tutto normale, il viaggio sembra una semplice ricognizione notturna fatta da loro due, qualche strano salvataggio che hanno intenzione di mettere in pratica, sempre e solo loro due. Il viaggio sembra qualcosa che porterà loro all’avventura e non in uno dei peggiori incubi di Arthur. Merlin parla, ride e gli fa l’occhiolino e Arthur pensa di non essere mai stato più innamorato di una persona in vita sua.
 
***
 
Il paesaggio sta pian piano diventando sempre più familiare, gli alberi si fanno più radi e Arthur può vedere in lontananza le mura del piccolo castello che lo sta attendendo.
Al solo vederlo gli sale la nausea.
Quando arrivano non c’è mezza candela accesa, segno che i due vecchi proprietari sono andati a dormire, e Arthur pensa che in dieci anni è la prima volta che qualcuno non viene ad accoglierlo alla porta. Poi guarda Merlin e pensa che è anche la prima volta che qualcuno si prende la briga di accompagnarlo.
Scende da cavallo e perde più tempo di quanto sia necessario a legare le briglie al tronco di un albero, con la presenza di Merlin sempre al suo fianco, spalla contro spalla, finché Arthur non si decide e si dirige all’entrata del castelletto.
Le grandi porte in legno sembrano un ostacolo che non ha nessuna intenzione di oltrepassare e a pensarci bene non ha proprio la forza di bussare, di lasciarsi alle spalle la sua vita per un’intera settimana, di chiudersi in una stanza da solo aspettando che il peggio passi, di lasciare andare via Merlin nonostante sia uno dei pochi punti saldi che ha in quel preciso momento e non vuole rimanere da solo.
Ma non ha molte altre possibilità.
Sospira pesantemente prima di bussare.
Ci vuole un po’ prima di vedere il riflesso di una candela apparire da una finestra ma pochi istanti dopo una donna di mezza età apre la porta, il volto sorpreso nel vedere Arthur.
“Vostra Maestà” dice solo, inchinando la testa e scostandosi dall’uscio per farli entrare.
Arthur cerca di non prestare troppa attenzione a quell’ingresso che conosce fin troppo bene e al corridoio che porta alle sue stanze e invece cerca di concentrarsi su Merlin, che si guarda curiosamente intorno come se non avesse mai visto l’ingresso di un palazzo. Si chiede per un attimo anche a cosa stia pensando.
“Sire, siete in anticipo, non vi aspettavamo così presto” la voce della donna gli fa distogliere lo sguardo dal viso di Merlin e si volta a guardarla.
Agnes ha qualche ruga in più e qualche capello bianco sulla chioma fulva che l’ultima volta non c’era ma il sorriso è sempre gentile e i grandi occhi verdi sembrano preoccupati di vederlo lì. È incredibile come le cose siano cambiate nel corso di un decennio tra di loro. Arthur all’inizio non voleva nemmeno averci a che fare, né con lei né con suo marito, li vedeva come persone estranee intenzionate a fargli del male. A quindici anni non capiva poi molto, Arthur. Invece Agnes è diventata la figura più vicina a una madre che abbia mai avuto nella sua vita, ed essendo lei una serva, questo la dice lunga.
“Agnes” dice prendendole la mano e baciandola come fosse una Lady (cosa che la fa sempre arrossire tremendamente) “sono spiacente di averti svegliata ma a quanto pare avrò bisogno dell’aiuto tuo e di William prima del previsto”
La donna lo guarda sorpresa e Arthur può benissimo capire il perché. I suoi calori d’altro canto sono sempre stati puntuali e in tutta onestà Arthur contava molto su questo aspetto, così da poter sapere quand’era arrivata ora di andarsene e farlo con i suoi tempi, con calma, non nel cuore della notte come un ladro in casa sua.
Lei lo guarda e annuisce, rassicurante, toccandogli il braccio in un cenno quasi materno finché non porta lo sguardo oltre ad Arthur, facendo un minimo cenno con le sopracciglia come se ci fosse qualcosa di strano.
O qualcuno.
Ah, sì.
Arthur si schiarisce la gola facendosi da parte e sentendosi improvvisamente in imbarazzo, non sa nemmeno lui per cosa, indicando Merlin “Questo è il mio servitore, Merlin. Lui mi ha… accompagnato”
Merlin, che fino a quel momento è stato stranamente in silenzio, si fa avanti con la mano tesa e un sorriso cordiale. “Come va?” domanda e Arthur vorrebbe davvero colpirlo. Forte.
Agnes sorride di rimando e si avvicina ma scosta la mano di Merlin per finire direttamente con l’abbracciarlo. Merlin sembra stupefatto ma non si lamenta e circonda la donna molto più bassa di lui con le braccia finché lei non alza il viso a guardarlo e si scosta di un passo.
“Non so cos’abbia fatto cambiare idea al re, ma grazie agli Dei adesso possiamo dormire sonni tranquilli, finalmente non se ne va più in giro da solo”
Agnes porta gli occhi su Arthur e Arthur si sente a disagio. Vorrebbe ribadire che è più che in grado di cavarsela da solo, come ha dimostrato nel tempo, e che uno come Merlin non fa una grande differenza se dei briganti dovessero finire con l’attaccarli ma qualcosa nello sguardo di Merlin, sempre rivolto ad Agnes, lo ferma dall’aprir bocca.
“Non corre più alcun pericolo” la rassicura Merlin, le mani sulle spalle della donna, e Arthur in qualche modo ci crede.
 
***
 
È quasi l’alba, Agnes e William sono tornati a ritirarsi poco dopo il loro arrivo mentre lui e Merlin sono rimasti seduti nella biblioteca davanti al fuoco a parlare del più e del meno e di quando Merlin sarebbe dovuto tornare a prenderlo. A un certo punto Merlin si è addormentato e Arthur è rimasto a guardare la sua figura malamente distesa su una sedia bitorzoluta e ha sentito un moto d’affetto che gli ha scaldato il petto. Lo ha lasciato dormire per un paio d’ore, abbastanza almeno da non farlo cadere da cavallo nel suo rientro a Camelot, per svegliarlo alle prime luci.
Arthur vede il chiarore che si sta alzando dalle colline e le stelle che stanno sparendo dalla vista e sa che è ora per Merlin di andare.
Sono entrambi in giardino, il cavallo di Merlin scalcia già per andarsene e Arthur capisce perfettamente il sentimento.
“Vengo a riprendervi tra sei giorni allora”
“Merlin, davvero non è necessario” ripete più per proforma che intendendolo sul serio.
“Partirò poco prima che faccia buio così faremo ritorno quando tutti dormono, non vi preoccupate”
E per una volta Arthur non tenta di scoraggiarlo, crede che gli servirà un amico dopo tutto.
Il silenzio si protrae per qualche istante e nessuno dei due sembra sapere bene cosa fare.
“Beh, Merlin, ci vediamo tra qualche giorno, cerca di non fare troppo il lavativo mentre non ci sono” dice, sforzando un mezzo sorriso. Merlin annuisce.
“Cercate di stare bene, Arthur” lo sguardo di Merlin è estremamente serio mentre glielo dice e Arthur vede che è combattuto su qualcosa (su cosa Arthur non è sicuro) ma poi il momento passa e sale a cavallo, voltandosi in sua direzione per salutarlo.
“Oh, e ringraziate Agnes e William per l’ottimo tè, non è da tutti essere così gentili quando li si butta giù dal letto a orari indecenti!”
Arthur si ritrova a sorridere nonostante tutto.
“Sono delle brave persone”
Merlin annuisce e dopo un ulteriore attimo di esitazione fa voltare il cavallo e parte alla volta di Camelot al galoppo, come se dovesse scappare da lì il più in fretta possibile.
Arthur guarda la figura di Merlin allontanarsi sempre di più e sente lo stomaco voltarglisi sottosopra.
Merlin non dovrebbe andare via. Merlin è sempre stato al suo fianco, Merlin gli ha sempre sorriso e tirato su il morale nei momenti più cupi, Merlin gli ha sempre offerto sostegno e Merlin è un Alpha e Merlin dovrebbe…
Arthur si stupisce da solo di cos’è andato a pensare e scuote la testa, gli occhi sbarrati dall’indignazione e dal disgusto per sé stesso per quella linea di pensieri.
No. Merlin non dovrebbe proprio un bel niente.
Con quel pensiero nella testa torna indietro e quando apre la porta le gambe quasi gli cedono quando la prima ondata si abbatte come una tempesta su di lui e deve reggersi allo stipite per non cadere a terra. Lo stomaco si rivolta, le gambe alla fine non lo sorreggono più e un intenso calore gli pervade tutto il corpo, lasciandolo boccheggiante.
Sta per iniziare.
E a quanto pare sarà peggio del solito.
Con uno sforzo sovrumano chiama a voce più alta che può William e il suo ultimo pensiero corre al sorriso di Merlin, rassicurante e sicuro che gli dice che tra sei giorni tornerà a prenderlo.
Sì. Tornerà a prenderlo.
La mano di William lo aiuta ad alzarsi da terra e a trascinarsi malamente fino all’ingresso della camera ed è l’ultima cosa che vede prima di perdere completamente la ragione.
 
***
Per la prima volta da quando è diventato un Omega ad Arthur sembra di avere nuovamente quindici anni e di essere di nuovo quel ragazzino spaurito che non ha idea di cosa debba fare.
Il calore è passato ma per gli Dei se è stato difficile.
Il suo corpo fa male da ogni parte, i muscoli gli tirano, è avvolto da coperte sporche di sudore e sperma e l’unica cosa che vorrebbe fare sarebbe bruciarle, ma non ha nemmeno la forza di alzarsi in piedi, figuriamoci fare qualcosa di più.
Ha sete, lo stomaco rantola per la fame e il sole che entra dalla finestra e lo colpisce in faccia lo infastidisce, ma accoglie quel leggero calore sul viso con benevolenza perché sta morendo di freddo. È sudato da far schifo, i capelli sono appiccicati alla nuca e ha mal di testa.
È stato uno dei peggiori calori che abbia mai dovuto affrontare.
Ci vogliono parecchie ore prima che il corpo di Arthur inizi a rilassarsi e ancora più tempo prima che Arthur trovi la forza di alzarsi dal letto, ma vede il sole iniziare pian piano e inesorabilmente a calare e sa che Merlin sarà lì poco dopo il calar della sera. Arthur deve farsi trovare in condizioni dignitose.
Chiede aiuto a William per alzarsi e chiede ad Agnes di preparargli un bagno.
Non si fa toccare, Arthur. La pelle è ancora troppo sensibile, è infastidito anche dal più semplice tocco estraneo e non vuole rimanere in compagnia di qualcuno in quello stato di vulnerabilità perciò si lava da solo, cercando di togliere assieme a tutto il resto il suo senso di sporco e di disagio.
I vestiti lo infastidiscono allo stesso modo ma ormai Arthur ci è abituato, sa che domani sarà tutto tornato normale e potrà lasciarsi tutto questo alle spalle, almeno per i prossimi mesi a venire.
Il bussare alla porta del castello gli fa alzare la testa di scatto e le voci di Agnes e Merlin si mescolano nell’ingresso. Arthur corre alla porta come se le gambe non gli facessero un male del diavolo, corre come se qualcosa lo stesse fisicamente tirando in quella direzione e quando apre la porta della camera Merlin è già lì, in qualche modo sorpreso di vederlo.
Sire” Merlin gli fa un mezzo sorriso storto salutandolo con affetto e Arthur sente l’impellente bisogno di abbracciarlo.
Invece stringe bene le mani sui fianchi e raddrizza la schiena, alzando un sopracciglio.
Merlin” risponde “allora, sei stato un bravo servitore in mia assenza o devo aspettarmi qualche brutta sorpresa?”
Merlin ghigna.
“Il migliore, come sempre”
E a quello Arthur non riesce a resistere e spettina i capelli di Merlin con una mano, ridendo.
“Certo, George avrà sicuramente molte cose imparare da te”
Merlin cerca di allontanare la mano con scarsi risultati.
“Tanto lo sappiamo tutti che preferite comunque me”
“Presuntuoso da parte tua”
Arthur si sente più leggero, si sente improvvisamente meno stanco e vuole tornare a casa e lasciarsi quell’esperienza alle spalle per quanto può.
C’è una rigidità nelle spalle di Merlin che però Arthur non può fare a meno di notare e si ricorda improvvisamente che sono praticamente nelle sue stanze e, anche se ormai è tutto pulito, l’odore deve essere ancora particolarmente forte.
“Vai a sellare il mio cavallo, Merlin. Voglio tornare a casa”
Capisce quanto l’odore deve essere insopportabile per Merlin dal fatto che non se lo fa ripetere due volte e si allontana a grandi falcate per mettere abbastanza distanza tra lui e Arthur ma Arthur non se la prende, capendo perfettamente il sentimento.
Agnes gli dà una sacca di cibo per il ritorno, se mai se la sentisse di mettere qualcosa sotto i denti (nonostante la fame non crede che il suo stomaco reggerebbe), e William lo saluta con un cenno del capo e un sorriso cordiale. Arthur non ha parole per ringraziare ma spera che quelle che ha detto bastino.
Quando finalmente mette piede fuori all’aperto tutto il suo corpo si rilassa. Sente l’aria fresca della sera, il vento che gioca coi suoi capelli, l’odore dell’erba e il fruscio delle foglie, i cavalli che nitriscono e il ciarlare di Merlin che è la cosa che più lo fa sentire a casa.
Il suo corpo non sta più andando a fuoco, le sue mani non stringono più le coperte fino a fargli male, la sensazione di essere rotto in due completamente sparita. Può di nuovo respirare.
“Tenete” Merlin lo riscuote dai suoi pensieri e Arthur non si è nemmeno accorto di aver chiuso gli occhi, osserva le due fiale che Merlin gli porge “me le ha date Gaius, so che siete abituato a prenderle”
Arthur le conosce benissimo, una serve per il controllo degli sbalzi d’umore per i giorni a seguire e l’altra è per mascherare l’odore. Prende per prima quella per l’odore siccome ci vuole un po’ di tempo per farle fare effetto e spera che non ne rigetterà il contenuto di lì a poco.
Nota che Merlin lo guarda con un cipiglio un po’ infastidito e Arthur non sa cosa dovrebbe farsene.
“Che c’è?” domanda restituendogli le fiale vuote.
Merlin scuote le spalle. “Non sapevo aveste bisogno di qualcosa del genere, avrei potuto farvele io in questi anni”
Arthur lo guarda un po’ sorpreso.
“Era un segreto, Merlin, lo ricordi sì?”
Merlin sospira e mette le fiale in tasca, non incrociando il suo sguardo.
“Beh, immagino che sia io il primo a non poter parlare di mantenere segreti”
Arthur non capisce molto bene quel commento ma lo attribuisce al fatto che Merlin non abbia mai detto di essere un Alpha.
“Come se potessi nascondermi qualcosa, Merlin” ghigna.
“Oh sì, siete tropo astuto per me, sire” Merlin alza un sopracciglio e Arthur lo colpisce senza troppa forza dietro il collo.
“È solo che…” Merlin comincia di nuovo ma si blocca, come non sapendo se proseguire o meno.
“È solo che…?”
Merlin afferra le redini dei cavalli e li porta entrambi fuori dalla stalla, dandogli le spalle.
“Avrei voluto fare qualcosa di più per voi”
Arthur si blocca sul posto a bocca aperta e guarda Merlin continuare a camminare.
Qualcosa di più?
Arthur non riesce nemmeno a pensare a quanto Merlin abbia fatto per lui negli ultimi tempi (negli ultimi anni). Lasciando stare l’ultima settimana, il solo fatto che Merlin ci sia quando ha bisogno di lamentarsi, quando ha bisogno di parlare con qualcuno, quando deve sedere per ore intere a infiniti incontri di corte e Merlin se ne sta lì e sollevare gli occhi al cielo facendolo così tossire per evitare di ridere apertamente, è sorprendente.
Forse Arthur dovrebbe solo dimostrarlo di più.
“Merlin!” si ritrova a dire spinto dal momento, guardando a terra.
Merlin si volta in sua direzione e gli porge le redini del cavallo, aspettando.
Arthur alza gli occhi dal suolo perché è il maledetto principe di Camelot e non si farà mettere in ginocchio da delle semplici parole e perché Merlin si merita di più di un ringraziamento al pavimento “Non devi fare niente di più, Merlin. Ti ringrazio di tutto. Dico davvero”
Merlin lo guarda per diversi istanti senza dire nulla, poi l’espressione cambia completamente e la sua solita faccia sorpresa di quando vuole prenderlo per i fondelli fa la sua apparizione e Arthur sa che ha sbagliato.
“Sire, state male? State ringraziando me? Dobbiamo assolutamente tornare a Camelot il prima possibile, forse Gaius troverà un rimedio!”
Arthur non si spreca nemmeno a colpirlo ma sale a cavallo e si allontana senza dire nient’altro.
La voce di Merlin che gli intima di aspettarlo si perde dietro di lui e Arthur non si sente nemmeno un po’ in colpa.
 
***
 
Arrivano a notte fonda e Arthur non vede l’ora di distendersi sul suo letto e dormire per il prossimo decennio ma sa che c’è una cosa che deve fare prima.
Congeda Merlin non appena arrivano davanti le scale che portano alle camere di Gaius e Merlin sta per replicare qualcosa ma Arthur lo ferma con un gesto della mano.
“Vai a dormire, Merlin. Mi servirai sveglio domani mattina”
“Ne siete sicuro?”
“Per l’amore del cielo, Merlin! Vai a dormire!” sibila (perché se urlasse sveglierebbe l’intero castello) e Merlin sembra ancora sull’orlo del dire qualcosa ma alla fine annuisce, augurandogli la buonanotte.
Arthur si dirige verso le stanze di suo padre.
 
Uther lo sta aspettando nonostante l’ora tarda ma Arthur non si sorprende, suo padre lo aspetta sempre sveglio quando sa che sta per tornare a casa. Crede sia una cosa carina, a suo modo.
“Ho visto che sei stato accompagnato dal tuo servitore”
Arthur chiude gli occhi e sente il mal di testa e tutta la stanchezza della settimana ripiombargli nuovamente sulle spalle.
Perché, tra tutte le cose che poteva dire, suo padre sceglieva sempre quelle che lo mettevano più in allerta?
“Sì, padre” dice, perché non avrebbe alcun senso negarlo.
Uther, rivolto alla finestra, si volta a guardarlo.
Non sembra particolarmente contento.
“Farò affidamento sul tuo buon giudizio, figliolo, vedi di non farmene pentire”
Il viso di Uther è duro mentre gli dice queste parole ma per la prima volta in vita sua Arthur non sente lo strano brivido famigliare corrergli lungo la spina dorsale, ma come uno strano senso di protezione e di possessività verso il suo servitore che gli fa pensare che se solo Uther proverà a torcergli un capello, Arthur lo infilzerà con la sua spada senza un minimo di esitazione.
E Arthur è troppo sconvolto dal suo stesso pensiero per prestare attenzione ad Uther che sta parlando di qualcosa riguardante la magia, le tasse e a quanto lavoro Arthur si è lasciato alle spalle e che deve recuperare il prima possibile.
Arthur lascia le stanze del padre senza ricordare una sola parola di quello che si sono detti ma ricorda perfettamente la sensazione che gli ha attanagliato il petto per tutta la durata della conversazione e qualcosa gli dice che non porterà a nulla di buono.
 
 
***
 
 
“Sorgete e brillate, Sire!”
Arthur apre un solo occhio per portarlo al suo servitore e il primo pensiero che ha è quello di volerlo strozzare. Grazie a Dio ha avuto almeno l’accortezza di non aprire completamente le tende o il mal di testa che non lo lascia stare dal giorno prima sarebbe di sicuro peggiorato.
Mio Dio, sta da schifo.
Si è addormentato a un’ora indegna la sera prima (dopo aver camminato avanti e indietro per la camera ripensando a ciò che era successo con suo padre) e non è riuscito a riposare decentemente per dei sogni strani che nemmeno riesce a ricordare.
Ha fame (del resto sono quasi quarantotto ore che non mette nulla sotto i denti) ma la sola idea di mangiare gli fa rivoltare lo stomaco, la testa gli sta per esplodere e l’unica cosa che vorrebbe fare sarebbe rimanere a letto per il resto della sua vita. La sola idea di doversi alzare, vestire, andare agli allenamenti e portare avanti tutti i compiti lasciati indietro la settimana precedente gli fa venire da piangere e purtroppo non è una metafora.
La bocca di Merlin assume un’aria contrita mentre lo adocchia dall’alto in basso e scuote la testa.
“Aah, state proprio uno schifo”
“Sì, grazie per averlo notato, Merlin” il principe cerca di tirarsi su ma l’unica cosa che riesce a fare è girarsi dall’altra parte e mettersi più comodo sprofondando nuovamente nel buio sotto le coperte.
Sente Merlin sbuffare e per un secondo teme che si ritroverà buttato giù malamente dal letto e si pente di aver lasciato così tanto campo libero a Merlin da potersi permettere di fare una cosa del genere senza temere ripercussioni.
I passi di Merlin però si allontanano dal letto e Arthur si ritrova a sbirciare fuori dalle coperte per vedere cosa diavolo pensa di fare. Merlin apre semplicemente la porta delle sue stanze e mette fuori la testa, richiamando a gran voce qualcuno nel corridoio. Arthur non vede bene tra le pieghe delle lenzuola ma nota qualcuno che potrebbe essere George (che tenta di guardare nella stanza) di fronte a Merlin (che gli blocca la visuale all’interno).
“Il principe non si sente bene,” dice Merlin con voce affabile “mi manda a dire che cede a Leon il compito di addestrare i cavalieri ancora per oggi ma siccome sei qui di passaggio potresti riferire tu il messaggio? Sì? Magnifico grazie” e chiude la porta prima ancora che l’altro servitore possa aprire bocca.
Ritorna sui suoi passi e va a sedersi sul bordo del letto, vicino ad Arthur, così vicino che Arthur potrebbe toccarlo se solo allungasse un po’ la mano.
“Vi ho portato da mangiare” gli annuncia, sollevando le lenzuola e scoprendo la testa di Arthur che stava benissimo dove stava, grazie tante.
Arthur grugnisce qualcosa ma il suo stomaco borbotta e così si ritrova ad adocchiare il tavolo e rimanere anche piuttosto sorpreso dell’abbondanza che c’è sopra.
Merlin è sempre stato un pessimo servitore; quando (e se) si ricorda di portargli la colazione solitamente quella è composta da un pezzo di pane, una fetta di formaggio e una salsiccia (una volta gliene è arrivata mezza e Merlin ha pure giurato di non aver toccato nulla, il bugiardo) e molto spesso se la ritrova in gola ancora prima di poter mettere piede fuori dal letto perché Merlin si è svegliato tardi e ora tutti e due sono in ritardo e tanto siete abbastanza fuori forma da poter saltare una colazione, andiamo!
A quanto pare invece oggi Merlin è stato posseduto (o aiutato) dallo spirito di un servitore competente perché non ha mai visto la tavola così imbandita e si preoccuperebbe della precaria salute di Merlin non fosse che è veramente troppo sfinito per pensare a cosa diavolo stia succedendo.
“Magari dopo” si ritrova a dire adocchiando le salsicce ancora fumanti ma non sentendo ancora lo stomaco pronto per affrontare una cosa del genere.
Merlin sbuffa e si alza dal letto andando a prendere un piatto di frutta fresca già tagliata.
“Avrei un’idea” dice prima di voltarsi nuovamente verso di lui e Arthur odia, odia le idee di Merlin. Ma Merlin non dice nulla, poggia solo il piatto sul comodino e si risiede sul letto, stringendosi le mani e sembrando vagamente nervoso (o forse in imbarazzo? Arthur non saprebbe dirlo).
“Dopo quello che vi è successo questa settimana, sapete…?”
Arthur non si sforza nemmeno di voltare la testa a guardarlo, alza solo scetticamente un sopracciglio. “Sì Merlin, lo so, ero presente”
“Sì ecco, giusto, dunque…”
Aah, il balbettio non è mai qualcosa di buono.
Merlin però sembra prendere una decisione perché si batte le mani sulle ginocchia e lo guarda risoluto.
“Io sono un Alpha…”
Aiuto.
“E a parte vostro padre e Morgana sono l’unico Alpha che conosce la verità”
Aiuto aiuto.
“E se vorrete andare a chiamare loro non ci saranno assolutamente problemi, lo capisco, anzi, forse Morgana sarebbe la scelta più normale da fare, vostro padre invece penso sarebbe meglio tenerlo il più lontano possibile da questa idea ma-”
“Merlin, stai facendo diventare il mio mal di testa un’emicrania, potresti spicciarti?”
“Credo abbiate bisogno di essere abbracciato”
Cala il silenzio nella stanza e Arthur lo guarda come se avesse perso il senno nel giro di cinque minuti.
“Scusami?”
Merlin prende un profondo respiro.
“Non so cosa ci sia di diverso questa volta ma non siete mai stato così male al vostro ritorno, l’odore e il corpo di un Alpha subito dopo il periodo del calore aiutano l’Omega a ristabilirsi e a riprendersi più velocemente”
“Ma sono tutte sciocchezze!”
“Sapete che sono il primo a non credere nella dinamica Alpha/Omega ma questa è scienza e possiamo almeno provare. Non crediate che l’idea mi rallegri, sono restio quanto voi ma almeno non dovrò prendermi cura di voi per i prossimi giorni, se funziona”
E cosa mai dovrebbe rispondere Arthur in una situazione del genere? Certo, dovrebbe dirgli che deve imparare a stare al suo posto, che non può dire e fare sempre quello che gli passa per la mente e che lui è il principe di Camelot e non starà abbracciato al proprio servitore come un poppante spaventato da una tempesta.
Ma la verità è che Arthur un po’ spaventato lo è sul serio e non riesce a dire nulla di tutto ciò.
Rari sono stati gli abbracci nella sua vita e quasi tutti sono stati dati per compiangerlo e mai per consolarlo o per dimostrargli affetto. Non che ne abbia mai avuto bisogno, figuriamoci, è cresciuto benissimo anche senza cose inutili come dei gesti d’affetto, grazie tante.
Però un abbraccio da Merlin…
Prima che possa prendere una decisione razionale si sposta un po’ più in là nel letto per far posto a Merlin, che non se lo fa ripetere due volte e si toglie gli stivali prima di mettersi sotto le coperte e aprire le braccia facendo ad Arthur segno di avvicinarsi.
“Se ne fai parola con qualcuno…” lo avverte Arthur prima di avvicinarsi e trovare una posizione adeguata, poggiando la testa sul petto di Merlin. Ed è ridicolo ma anche se in questo modo non può vederlo Arthur sente che Merlin sta roteando gli occhi.
“Oh certo…” dice mentre si sposta per sistemare meglio entrambi “ci sono così tante occasioni in cui potrei parlare di come ho abbracciato il principe di Camelot e non venire assolutamente ucciso per questo” Arthur a quello ride e si gira su un fianco, passando un braccio oltre Merlin mentre l’altro rimane scomodamente poggiato tra entrambi.
È strano e un po’ scomodo, Merlin è tutto spigoli ed angoli ed è evidente che sono entrambi in imbarazzo, perché nessuno dei due riesce a spiccicare parola e sembra che non riescano nemmeno a rilassarsi granché. Allora qual è il punto di tutta quella faccenda?
“Ah, e va bene” si ritrova a dire e pensa che se questo sarà il massimo che riuscirà ad avere da Merlin allora tanto vale approfittarne senza ritegno e al diavolo l’imbarazzo.
Merlin lo osserva con aria stupita mentre Arthur si alza, sposta i cuscini, manovra Merlin come se fosse un pupazzo di stoffa per metterlo nella posizione che più lo aggrada e dopo gli si distende in parte sopra, cercando di non gravargli troppo col peso.
Merlin rimane per un attimo in silenzio e dopo scoppia a ridere. Arthur sente il corpo dell’altro rilassarsi e finalmente riesce anche lui a fare lo stesso, poi una mano di Merlin gli si poggia sulla schiena e inizia a massaggiarlo con movimenti circolari e Arthur è sicuro che potrebbe addormentarsi da un momento all’altro.
“In realtà questo è tutto un mio piano per poter stare finalmente in questo letto e fare un meritato riposino”
Arthur rotea gli occhi da sotto le palpebre chiuse.
“Come se non sapessimo entrambi che l’hai già fatto più di una volta”
Merlin ride ma non dice nulla e il sonno sta attirando a sé Arthur.
Si sente protetto (anche se non ne ha minimamente bisogno, sia chiaro), si sente al caldo e al sicuro ed è una sensazione che non si ricorda di aver mai provato prima.
Sposta il viso quasi istintivamente e va a seppellirlo nell’incavo del collo di Merlin e all’improvviso va ancora meglio. Lì l’odore di Alpha di Merlin è un po’ più forte e Arthur si ritrova a sorprendersi di non averlo davvero mai notato.
Ha un buon odore.
Sa di estati assolate, giornate bagnate dalla pioggia, erba fresca, ma soprattutto, sa di casa.
Merlin gli sussurra all’orecchio di dormire e Arthur non vede perché non dovrebbe farlo.
 
***
 
Arthur è curioso.
A sua discolpa è sempre stato un tipo incline a fare mille domande, nonostante Uther avesse tentato di togliergli quel tratto assolutamente inutile (soprattutto per chi avrebbe semplicemente dovuto eseguire degli ordini e non sprecarsi in domande inutili) e c’era pure riuscito, in gran parte, ma adesso Arthur guarda Merlin e vorrebbe solo sommergerlo di domande, perché Merlin è così dannatamente snervante nel suo non essere… come dovrebbe essere.
Arthur ha passato gran parte della sua vita circondato da Alpha e da che ha memoria suo padre non ha fatto altro che spiegargli le differenze sostanziali tra la razza dominante (Alpha) e quella sottomessa (Omega).
Gli è stato insegnato da subito come un Alpha deve comportarsi in determinate circostanze, come l’Alpha ha un istinto fuori dal comune, come siano forti, veloci, pericolosi e come si comportano quando c’è un Omega nei paraggi.
Indipendentemente se un Alpha e un Omega sono legati, se un Omega avrà bisogno, l’Alpha più vicino accorrerà sempre in suo soccorso e lo proteggerà con le unghie e con i denti e non ha importanza se l’Omega vuole o meno determinate attenzioni, è così e basta. L’Omega è sottomesso, è debole e non sa di cosa ha bisogno quindi serve proteggerlo.
Il problema tra Alpha e Omega accade quando un Omega non legato entra in calore e non ha un partner con cui passarlo.
Quando Uther gli ha raccontato cosa poteva succedere, Arthur ha avuto incubi e crisi di panico per diversi anni temendo che qualcosa del genere potesse succedere a lui ma Uther è stato granitico su quel punto: devi conoscere al meglio i tuoi nemici, devi sapere come si comportano e cosa aspettarti da loro.
Suo padre non gli aveva mai parlato degli Alpha in quella maniera prima dei suoi quindici anni; prima gli Alpha erano meravigliosi cavalieri in scintillante armatura che sconfiggevano interi battaglioni a mani nude, dopo erano persone di cui dovevi avere paura perché non potevi mai sapere cosa aspettarti. Da un certo punto di vista aveva assistito a questa cosa con suo padre, che cambiava umore da un momento all’altro e che poteva sfogarsi nelle maniere peggiori se solo c’era qualcuno a tiro.
Per fortuna non aveva mai toccato Morgana, Arthur quello non se lo sarebbe mai perdonato.
Dunque gli Alpha sono predatori e si prendono tutto ciò che vogliono senza batter ciglio.
Merlin non è niente di tutto questo.
Non che i suoi cavalieri gli ricordino in modo particolare i racconti di suo padre ma sa perfettamente che molti di loro (soprattutto della vecchia guardia) vedono gli Omega solo come mero strumento per figliare e mantenere caldo un focolare ed è come se sotto la pelle crepitasse loro un’energia che non sanno mai come sfogare del tutto, come se si aspettassero da un momento all’altro di ritrovarsi davanti una minaccia e fossero ben lieti di doverla affrontare a muso duro (ed ecco perché per essere cavalieri di Camelot devi essere di nobili origini e un Alpha).
Merlin invece si presta agli allenamenti dove si fa colpire senza nemmeno cercare di contrattaccare, si protegge con lo scudo e lascia che gli altri gli brandiscano contro spade, bastoni, lance e l’unica cosa che fa è chiedere quanto ancora la cosa dovrà andare avanti perché non si sente più i muscoli delle braccia.
Si presta a battute per cui un Alpha getterebbe a terra il guanto di sfida, a cui però lui si limita a una risposta pungente o a ignorare completamente la persona e la battuta e tornare a quello che stava facendo prima.
Totalmente incomprensibile.
In più adesso c’è anche il piccolo, minuscolo ed insignificante fatto che Merlin sa (e da molto più di quanto Arthur voglia pensare) che Arthur è un Omega e Merlin si comporta esattamente come prima.
Non ha cambiato atteggiamento nei suoi confronti, non è stranamente protettivo e non è sull’attenti quando sono sul campo d’addestramento o fanno qualche torneo e Arthur combatte con persone molto più robuste di lui che cercano di trapassarlo con una spada.
Beh, forse questo è un po’ esagerato (tranne nei tornei), ma il sentimento non cambia.
Anche adesso, sul campo d’addestramento, mentre Arthur è alle prese con Leon in un incontro, Merlin è a diversi metri di distanza, seduto a terra vicino a Gwen che lavora a maglia, e sembrano immersi in una fitta conversazione che fa sorridere Gwen e ridere di gusto Merlin.
Merlin non lo sta nemmeno guardando.
Non che ci sia niente di male in questo, anzi, Arthur dovrebbe sentirsi sollevato di non dover badare a un servitore iper protettivo. D’altra parte però dovrebbe essere mero istinto, no? Arthur è in una situazione tendenzialmente pericolosa e Merlin dovrebbe essere sull’attenti in caso capitasse qualcosa, in caso…
Il colpo di Leon arriva di sorpresa e Arthur si sente incredibilmente stupido perché era un colpo assolutamente ovvio, se solo non fosse stato troppo distratto a pensare a Merlin, che come al solito non può comportarsi come ogni comune Alpha -oh no!- lui doveva essere speciale e maledizione!
Solo che il colpo alla fine non arriva perché Leon perde l’impugnatura sulla spada che vola qualche metro più in là mentre il cavaliere si guarda le mani come se non fossero le sue e lo avessero tradito.
“Mi è… scivolata la spada, Sire?”
Arthur lo guarda magnanimo e gli poggia una mano sulla spalla.
“È una cosa che può capitare a tutti, Leon. Vai a riprenderla e ricominciamo”
Leon obbedisce ma sembra ancora stranito dall’accaduto. Arthur riporta l’attenzione su Merlin per qualche breve istante e fa appena in tempo a vedere Merlin scostare gli occhi da loro e tornare a parlare e ridere con Gwen.
Merlin è davvero una persona che non riuscirà mai a capire.
 
Finito l’allenamento Arthur ha decisamente bisogno di un bagno per rilassare il dolore ai muscoli delle spalle e per lavare via il sudore ed elenca a Merlin anche gli altri compiti che dovrà portare a termine entro la fine della giornata e Merlin, con l’esasperazione scritta in viso, gli risponde con aria annoiata “sì, Sire” “Va bene, Sire” “C’è altro che posso fare per voi, Sire? Ah beh, ovviamente c’è dell’altro” e anche se non fosse per l’ultima affermazione, il tono assolutamente irrispettoso di Merlin uscirebbe dal semplice modo in cui pronuncia ogni sire. Come faccia Merlin a mettere tanto sarcasmo in sole due parole va oltre ogni sua immaginazione.
Arthur lo guarda continuare a lamentarsi ad alta voce (come se fosse suo diritto farlo) e lo stesso pensiero che ha avuto sul campo d’addestramento torna a farsi strada nel suo cervello.
Merlin non è come gli altri Alpha.
“Come avete detto?” Merlin si ferma e lo guarda e Arthur (adesso un paio di passi avanti a lui) si accorge di averlo probabilmente detto e non solo pensato. A questo punto tanto vale ripeterlo.
“Ho detto che non sei affatto come gli altri Alpha” la voce è neutra, non vuole farlo passare come un complimento ma nemmeno come un’offesa, che Merlin faccia di quella frase ciò che vuole.
“Sapete, Sire, credo voi abbiate un’idea un po’ distorta degli Alpha” gli dice Merlin, tornando a camminare e raggiungendolo in due falcate “Dietro questo ragionamento allora dovrei dirvi che voi non siete come gli altri Omega”
Arthur per un attimo ha il cuore in gola e lo guarda come fosse impazzito, cercando con occhi frenetici qualsiasi persona che possa averli sentiti anche solo per sbaglio, ma Merlin a quanto pare non ha nessuna preoccupazione al mondo perché continua a parlare -lungo gli stramaledetti corridoio dove passa anche la servitù!- come se non avesse appena detto ad alta voce il suo segreto più grande “Ma sarebbe incredibilmente falso da parte mia. Ve l’ho già detto, Arthur, non ha importanza l’essere un Alpha, un Beta o un Omega, tutto dipende da ciò che si fa. Prendete per esempio Gwen, voi la vedete e pensate che sia solo una damigella in difficoltà per il suo essere un Omega?”
Arthur lo guarda con aria stupita e per la prima volta prende in considerazione la cosa.
In tutta onestà non ha mai pensato molto a Gwen, non al suo essere un’Omega perlomeno, l’ha vista sempre e solo come… Gwen. Tutt’altro che una damigella in difficoltà, senza dubbio. Ha molte volte dimostrato il suo coraggio impugnando addirittura una spada e combattendo fianco a fianco a loro in casi di emergenza e si è dimostrata coraggiosa anche nel suo lutto verso il padre.
Quando Uther ha ingiustamente condannato il padre di Gwen a morte per favoreggiamento verso la magia, Gwen non solo non ha mai detto una sola parola contro il re o dimostratogli meno rispetto ma ha anche continuato a servire Morgana senza battere ciglio, portando avanti i suoi compiti giorno dopo giorno sempre con il sorriso e senza portare alcun tipo di rancore.
In tutta onestà Arthur non sa se sarebbe riuscito a mantenere un contegno simile.
“No, anzi…” si ritrova a dire con un fil di voce, pensieroso, ma poi cerca di alleggerire la conversazione perché è come se avesse un tarlo in testa (un tarlo che gli fa mettere in questione cosa suo padre gli ha insegnato in tutti quegli anni) e non vuole davvero pensarci adesso “Se poi vogliamo anche parlare del fatto che deve sopportare Morgana ogni giorno… mio Dio, è più coraggiosa di quasi tutti i miei cavalieri!”
Merlin ride e i due tornano a camminare verso le stanze del principe con passo più lieve.
“E voi, Arthur, voi credete di essere debole?”
La domanda, per un momento, lo spiazza ma non ha il tempo di pensarci su perché Merlin continua a parlare.
“Perché vi ho visto combattere e mi sembra che siate un po’ più bravo dei vostri cavalieri. Che sono tutti Alpha, vorrei sottolineare”
Arthur lo guarda, incredulo.
“Mi hai appena fatto un complimento, Merlin?”
Merlin, incredibilmente, arrossisce.
“Non è il punto. E poi assolutamente no, prima Leon vi ha quasi colpito perché stavate sognando a occhi aperti, a cosa stavate pensando in un momento simile mi domando”
“Allora mi stavi guardando” e Arthur non sa perché trova la cosa incredibilmente tenera né perché trova così adorabile il fatto che Merlin arrossisca per una cosa del genere, sa solo che vorrebbe continuare all’infinito.
“Come se fosse una novità” sospira Merlin guardando al soffitto e Arthur vorrebbe chiedergli cosa intende dire ma Merlin cambia argomento senza dargliene possibilità.
“Invece pensate forse di essere stupido?”
Arthur si chiede di cosa diavolo Merlin stia parlando e come si permetta di fare una supposizione simile prima di ricordare la faccenda dell’Omega.
“A chi stai dando dello stupido, Merlin?” “Io a nessuno, sto chiedendo se voi pensate di essere stupido, Sire, e se è così, che gli dei mi siano testimoni, vorrei ci fosse un modo per immortalare questo momento per sbattervelo in faccia più volte possibile”
Arthur lo colpisce sulla collottola e Merlin sbotta un ahia decisamente poco mascolino prima di massaggiarsi la parte colpita e guardarlo male, spingendolo più in là per una spalla.
“Certo che non sono stupido, Merlin” gli risponde dopo avergli restituito la spinta con un colpo al braccio.
“Beh, qui temo di dover dissentire, ma chi sono io per dirlo”
Arthur non lo dà a vedere ma quel discorso gli ha sollevato un po’ l’animo. Non si è mai interrogato su come gli altri lo vedano o in cosa lui sia mai riuscito ad eccellere nella vita ma adesso Arthur si ritrova a guardare Merlin con qualche certezza in più sugli Omega e qualche dubbio in più su cosa suo padre gli abbia insegnato per tutta la vita.
Merlin ricomincia a parlare solo quando arrivano davanti alle stanze di Arthur e gli apre la porta per farlo passare.
“Sapete voi siete il futuro Re di Camelot, Arthur. Colui che unificherà tutta Albion e porterà prosperità in tutto il regno” il tono di Merlin è tranquillo ma Arthur sente (o forse vuole sentire) come se lo stesse dicendo con un po’ d’orgoglio verso di lui “E non ha importanza cosa siete, ha importanza chi siete”
Arthur entra nelle sue stanze e guarda verso Merlin che gli sorride e gli fa l’occhiolino. Arthur ha un po’ il cuore in gola.
“Ovvero una testa di fagiolo”
Merlin!”
 
***
 
La sera è calata su Camelot, il popolo si è disperso dalla piazza e Arthur va dritto alla torre sopra l’armeria dove sa che troverà chi sta cercando.
Morgana è seduta su una cassa di legno di fronte alla finestra e guarda fuori verso le stelle, non curante di Arthur che annuncia la sua presenza.
“Sapevo che ti avrei trovata qui”
Non si volta nemmeno a guardarlo, continua a fissare dritta davanti a sé e Arthur vede la rigidità nelle spalle, in quel poco di viso che riesce a scorgere, e si avvicina poggiandole una mano sulla spalla.
Sua sorella si volta e lo guarda con quei suoi grandi occhi azzurri e Arthur nota che non ha pianto ma è come se lo avesse fatto.
“Nostro padre ti sta cercando”
A quello il viso di Morgana si trasforma in una maschera d’odio che Arthur ha avuto il dispiacere di vedere solo altre due volte nella vita.
“Non ho alcuna intenzione di vederlo” sibila, tornando a guardare fuori dalla finestra, dandogli così le spalle.
Arthur si appoggia al muro davanti a lei e la guarda mentre stringe i pugni e cerca di contenersi.
“Morgana, era un druido e ha usato la magia, lo sai che-” sua sorella non lo lascia nemmeno finire, alzandosi in piedi e rovesciando la cassa di legno che fa un rumore sordo contro la pietra.
“Lo sai per cosa ha usato la magia, Arthur? Lo sai?”
Arthur scuote la testa. Per suo padre non ha mai importanza per cosa la magia viene usata, il problema è che viene usata e basta.
“Perché una sciocca si è fatta male a un polso e lui stava solo cercando di aiutarla. Questo è stato il suo reato: aiutare qualcuno in difficoltà!”
Arthur si massaggia gli occhi e sospira. È una conversazione sempre dura d’avere, sia con suo padre che con sua sorella, e non gli piace venire messo in mezzo. Ben che meno gli piacciono i pranzi dove i due si urlano addosso per ore e ore e lui deve trovare una scusa qualunque per andarsene perché sa che non la finiranno mai.
“Morgana…” sospira “La legge di Camelot è chiara: se sei in possesso di magia la condanna è la morte, e trovo incredibile che qualcuno si senta ancora sicuro di praticare magie entro i confini del castello quando questa legge va avanti da più di vent’anni”
Onestamente, quanto doveva essere fuori di testa qualcuno che possedeva la magia anche solo per pensare di mettere piede a Camelot?
Morgana scuote la testa come a non voler sentire ragioni.
“È sbagliato. È tutto così sbagliato”
Arthur la guarda e si sente piangere il cuore.
Non l’ha mai vista tanto sconvolta o sull’orlo di una crisi isterica come in quel momento e Arthur si sente completamente impotente.
“Scusa,” sussurra lei poco dopo “scusa io- io non so cosa mi sia preso, io…” Morgana si passa una mano sul viso e Arthur guarda da un’altra parte, dandole una parvenza di privacy. Non ce la fa a vederla ridotta in quello stato, proprio lei che va sempre a muso duro contro qualsiasi ostacolo e non si fa mettere i piedi in testa da nessuno, Uther compreso.
“Ti accompagno alle tue stanze?” è la cosa più stupida e insensibile che potesse dire e se ne rende conto da solo ma lui non è bravo con le parole e davvero non sa come rimediare alla situazione. Se solo Morgana avesse un problema con una persona fisica da poter affrontare Arthur non ci penserebbe nemmeno un secondo prima di tirare fuori la spada e andarla ad affrontare, ma il problema di Morgana è qualcosa a cui, purtroppo, nessuno dei due può far niente per porre rimedio.
Morgana però non sembra fargliene una colpa e semplicemente annuisce, guardando il pavimento, gli occhi nascosti dalla folta chioma scura.
Arthur le porge una mano che lei accetta senza guardarlo e si accorge con un certo senso d’orrore che il polso della sorella è bendato.
 
Arthur riaccompagna Morgana alle proprie stanze e manda subito a chiamare Gwen. Quello che a lui manca per alleviare il cuore pesante della sorella può sicuramente fornirlo Ginevra.
Ripensa al druido che suo padre ha condannato a morte e al polso bendato di Morgana.
C’è sicuramente qualcosa di sbagliato in tutto questo.
 
***
 
Arthur, per un breve periodo, ha pensato che le sorprese nella sua vita fossero finite, perché del resto ne aveva avute più di quelle che si meritava, grazie tante. Come questo pensiero potesse anche solo essergli passato per la mente conoscendo uno come Merlin, ad oggi è ancora un mistero.
 
 
***
 
Se qualcuno dovesse mai chiedergli come lui e i suoi cavalieri si siano fatti circondare da un branco di banditi che non riuscivano a distinguere nemmeno la destra dalla sinistra, Arthur si ritroverebbe a dare tutta la colpa a Merlin.
Perché Merlin non riesce a stare in silenzio nemmeno un secondo e deve sempre rispondere per le rime, quindi Arthur non può lasciare la cosa impunita e allora va avanti a rispondere e alla fine si fa distrarre dalle chiacchiere del suo assurdo servitore e non presta attenzione a ciò che li circonda.
E, a proposito del suo servitore, dove diavolo è sparito?
Arthur si guarda intorno ma vede solo i mantelli rossi dei suoi cavalieri e nessuna traccia di Merlin. Spera solo sia riuscito a mettersi al sicuro perché quella non è una distrazione a cui può pensare al momento.
Come ciliegina sulla torta i briganti si sono portati dietro uno stregone e forse questa sarebbe la vera ragione per cui sono riusciti a circondarli ma preferisce comunque dare la colpa a Merlin.
Lo stregone sta per aprir bocca e dire qualcosa ma uno dei suoi tirapiedi si fa avanti e attacca uno dei suoi cavalieri.
Da quel momento nasce il delirio.
Arthur e i suoi cavalieri saranno anche in inferiorità numerica ma non c’è paragone in abilità. Tuttavia sa che qualcosa sta andando per il verso sbagliato appena sente un rombo di tuono in quella che è un’assolata giornata senza nubi e lo stregone urlare qualche parola che viene coperta dal vento.
Arthur non fa in tempo a raggiungerlo e non riesce a proteggersi in alcun modo, viene colpito e sbalzato indietro andando a sbattere contro il tronco di un albero. L’ultima cosa che sente è l’urlo dei suoi cavalieri e l’unica cosa che pensa è che spera che Merlin sia riuscito ad allontanarsi.
 
La testa gli fa un male del diavolo, le orecchie gli fischiano e gli viene da rigettare anche l’anima. Vorrebbe solo dormire ma c’è un rumore persistente in sottofondo, come di due persone che parlano, e alla fine la curiosità ha la meglio su di lui e si ritrova ad aprire gli occhi.
Per qualche istante è tutto sfocato, strane ombre gli si muovono davanti e la luce del sole lo infastidisce e gli fa lacrimare gli occhi. Poi pian piano le ombre si fondono assieme e formano silhouette dalle strane forme e alla fine ricompaiono anche i colori.
Il bosco fa la sua comparsa attorno a lui e Arthur ricorda con il minimo sforzo ciò che è successo e rimarrebbe sconvolto nel vedere i suoi cavalieri a terra svenuti se solo la sua attenzione non fosse stata attirata da altro.
Merlin è a qualche passo da lui ma non lo sta guardando perché ha gli occhi sullo stregone, che sta levitando ad almeno mezzo metro da terra con le mani strette attorno al proprio collo, come se non riuscisse a respirare.
Arthur non capisce ciò che sta vedendo.
“Ti prego, ti prego” gracchia lo stregone che inizia ad avere uno strano colorito violaceo ma il viso di Merlin è impassibile, non dimostra nessuna emozione e Arthur nota con una certa fatica che gli occhi di Merlin scintillano come il sole.
Gli viene da vomitare di nuovo.
“Giuro, giuro che non lo faremo mai più” è la supplica perenne dell’uomo che ha iniziato a scalciare come cercando qualcosa su cui appoggiare le gambe.
Merlin lo guarda come incuriosito per poi inclinare la testa di lato, avvicinandosi.
“Certo che non lo farete mai più” la voce di Merlin è bassa e in qualche modo estremamente fredda e distante ma decisamente sicura di sé: fa ghiacciare il sangue nelle vene ad Arthur “non ve ne darò la possibilità”
Con un semplice battito di ciglia il collo dello stregone fa un sonoro crack e l’uomo cade a terra privo di vita.
L’ultima cosa che vede Arthur prima di perdere di nuovo conoscenza sono gli occhi di Merlin che brillano color oro nell’ombra gettata dagli alberi.
 
“Arthur… Arthur mi sentite?”
Qualcosa lo sta schiaffeggiando e sente dei rivoli di acqua fredda solcargli le tempie.
“Avanti, tutti gli altri si sono ripresi, non vorrete davvero dirmi che siete così debole di spirito!”
Arthur apre gli occhi di scatto e si ritrova davanti il viso sorridente di Merlin.
“Sapevo avrebbe funzionato, tornereste indietro dalla morte per darmi torto sul fatto che siete carente in qualcosa!”
Il tono di Merlin è allegro ma Arthur può vedere che ha lo sguardo sollevato nel vederlo di nuovo vigile e gli passa una pezza d’acqua sulla fronte.
“Allora, come vi sentite?”
Arthur non risponde e si guarda attorno.
Sono ancora nel bosco e i suoi cavalieri sono effettivamente rinvenuti e stanno spostando i cadaveri dei banditi per raccoglierli tutti in un unico punto.
“Cos’è successo?” chiede Arthur allora, convinto a questo punto di aver solo avuto una visione su Merlin, perché non è possibile che Merlin sia… ma poco dopo vede con la coda dell’occhio lo stregone riverso a terra, esattamente dove Merlin lo ha lasciato cadere prima e con il collo rivolto in una posizione innaturale.
“Ah, sapete, i cavalieri… qualcuno dev’essere venuto in soccorso”
Il tono di Merlin è completamente sbagliato, il fatto che non lo guardi negli occhi è completamente sbagliato e Arthur si domanda quanto diavolo può essere stato cieco in tutti quegli anni per non aver mai notato che il suo maledetto servitore è anche uno stramaledetto stregone che a quanto pare gli salva la vita come seconda attività.
Il suo servitore è un Alpha e uno stregone.
Ooh, suo padre ci banchetterebbe con lui.
Arthur si alza da terra barcollante, Merlin cerca di dargli una mano ma Arthur la scaccia via senza pensarci due volte.
Uno stregone. Uno fottuto stregone.
Tutto ciò contro cui il suo regno combatte ogni giorno, tutto ciò che suo padre gli ha insegnato a temere e disprezzare e odiare perché sono pericolosi, tutto ciò che di cattivo c’è al mondo e…
E questa creatura terribile, pericolosa e incredibilmente cattiva lo sta guardando con occhi feriti perché Arthur si è scostato.
Non può… Non ce la fa… Non adesso.
“Torniamo al castello!” urla ai suoi uomini senza nemmeno sprecarsi di vedere se l’abbiano sentito o meno e lasciandosi Merlin alle spalle.
Sale sul primo cavallo sellato che trova e parte al galoppo nella speranza di non svenire lungo il tragitto perché lo stomaco si sta ancora rivoltando e il dolore alla testa non è cessato.
Ma Merlin è uno stregone.
Merlin è un dannato stregone.
 
 
 
 
 
 
 
NOTE:
Se qualcuno è arrivato fin qui innanzitutto ringrazio e poi spero di rivedervi il prossimo lunedì X’D
Vi lascio il mio Instagram in caso voleste seguirmi per fanart Merthur<3

 

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Hello again!
Eccoci col secondo capitolo, sono qui per dirvi che è quello più lungo dei tre (son praticamente 14k) quindi non so, se dovete andare in bagno fatelo adesso? X’D
In realtà io volevo fare un totale di due capitoli (in realtà io volevo fare una One-shot…) ma mi hanno detto che 22k parole erano veramente troppe per un capitolo unico quindi abbiamo trovato un momento dove spezzarlo e quindi va bene così, immagino X’D
In caso, buona lettura <3
 
 
 
 
 
.Capitolo 2
 
 
 
 
 
Appena rientrano a Camelot Arthur riceve Merlin nelle proprie stanze e gli annuncia che il giorno dopo può avere la giornata libera e Merlin, più che esprimere felicità e gratitudine, sembra sull’orlo di una crisi di panico. Arthur in quel momento però non riesce a preoccuparsene.
Una parte di lui gli sta urlando che sta facendo la cosa sbagliata ma la parte più razionale sa perfettamente che gli serve del tempo -da solo- per valutare la situazione e non ne sarebbe in grado con la fonte delle sue preoccupazioni sempre attorno.
Merlin si stringe le mani e se le tormenta ma alla fine annuisce, abbassando il capo in un inchino che per una volta non sembra una presa per i fondelli, ed esce augurandogli la buona notte.
Arthur rimane a guardare la porta chiusa per diversi istanti e pensa al suo servitore che fa ritorno alle sue stanze. Se Merlin è anche solo un minimo intelligente prenderà quella serata libera per preparare i bagagli e andarsene da Camelot in via definitiva, tornando probabilmente a Ealdor da sua madre dove la magia è più che bene accetta e tanti cari saluti.
Arthur non gli avrebbe nemmeno mandato dietro nessuno.
E improvvisamente Arthur si ricorda di com’era la vita prima che arrivasse Merlin. Nessun servitore che lo svegliava urlando con strane frasi in rima, nessuno che entrava e usciva dalle sue stanze come fossero le proprie senza nemmeno bussare, nessun ciarlare notte e giorno anche nei momenti meno opportuni, nessuna frase a rammentargli che deve stare attento alla linea o ci sarà un ulteriore buco alla cintura e che deve essere gentile con i servitori perché lo sai che sono persone anche loro, non è vero, Arthur?
Nessuno con cui poter scambiare due chiacchiere senza sentirsi perennemente giudicato da ciò che dice o ciò che fa.
Ripensa alla prima volta che ha incontrato Merlin, a quel ragazzo pelle e ossa che si è messo in mezzo tra lui e il suo scudiero quando Arthur lo stava maltrattando e lo ha fatto con un sorriso e una mano per presentarsi. Ripensa a come il giorno dopo Merlin gli abbia ribadito che non gliene fregava nulla che fosse un reale e lo ha sfidato davanti tutta la piazza per finire nuovamente alla gogna. Ripensa al fatto che gli abbia salvato la vita nonostante la poca simpatia che correva tra i due all’epoca e a come se lo sia ritrovato servitore. E a quanto fosse pessimo come servitore, sempre a lamentarsi, sbuffare, alzare gli occhi al cielo e a rispondergli per le rime. Arthur pensa che non potrebbe mai più riabituarsi a com’era prima di Merlin.
Poi ripensa a tutte le volte in cui Gaius ha usato la scusa della taverna ma Merlin non puzzava di vino annacquato. Ripensa a quante volte Merlin spariva nel corso di una battaglia e veniva ritrovato incolume e sorpreso che tutto fosse finito, ripensa a tutte le battaglie vinte nonostante sembrassero ormai sconfitti e soprattutto ripensa al fatto che Merlin fosse sempre presente, sempre al suo fianco.
“Vi ho salvato la vita un sacco di volte, solo che non ve ne siete mai accorto”
Ci aveva riso sopra a quella frase, all’epoca. Ora teme che sia più vera di quanto voglia credere.
Si fa portare del vino in camera dal primo servitore che trova in corridoio, perché pensa che gli servirà per affrontare la cosa, e inizia a caminare di fronte al caminetto acceso senza notare lo scorrere del tempo. È quando un bussare alla porta lo ridesta dai suoi pensieri e vede George entrare portandogli la cena che capisce quanto tempo è passato.
George gli apparecchia la tavola e gli versa dell’altro vino e rimane vicino alla sedia dritto come un fuso, senza aprire bocca e non facendo nemmeno una domanda, aspettando solo altri ordini o di essere dismesso.
Ora Arthur è assolutamente sicuro che non potrebbe sopportare un trattamento del genere per il resto della vita perché anche solo quei cinque minuti lo stanno mandando fuori di testa.
Manda via George dopo averlo ringraziato e si morde l’interno guancia perché anche questo è colpa di Merlin. Tutto questo ringraziare e chiedere permessi che gli sono dovuti semplicemente per nascita.
Il malvagio piano di Merlin per conquistare Camelot doveva essere quello di rammollirlo insegnandogli le buone maniere.
Arthur si ferma e resta un attimo destabilizzato da quel pensiero.
Conquistare Camelot? La sola idea è talmente assurda che Arthur -probabilmente complice il vino- si ritrova a ridere.
Se avesse voluto conquistare Camelot lo avrebbe fatto anni addietro e perché mai qualcuno interessato al trono avrebbe dovuto finire a fare il servitore?
Questo è stato il suo reato: aiutare qualcuno in difficoltà!
Le parole di Morgana lo colpiscono come uno schiaffo in faccia e improvvisamente è più sobrio e pieno di energie da scaricare e marcia verso il campo d’addestramento con la spada stretta tra le mani e la voglia di colpire qualsiasi cosa gli si pari davanti, ma gli tocca accontentarsi di un bersaglio immobile.
Colpisce e colpisce e colpisce finché il sudore non gli si appiccica alla schiena e le braccia gli dolgono sollevando la spada.
La voce di sua sorella continua a ripetere imperterrita che è sbagliato, è tutto così dannatamente sbagliato, mentre la voce di suo padre gli ricorda che la magia ha ucciso sua madre e ha fatto danni innumerevoli a Camelot e alle persone che ci abitano, perché la magia è una cosa potente che corrompe anche gli animi più gentili.
Il viso sorridente di Merlin si fa strada nel suo cervello e Arthur getta a terra la spada per poi lasciarsi cadere sull’erba umida.
Il terreno è scomodo, ha un sasso proprio sotto la scapola destra, l’erba è bagnata e l’aria fredda gli fa congelare il sudore sulla pelle ma non trova la forza di rialzarsi.
Non c’è soluzione facile a tutto ciò: o si fida di Merlin o non si fida di Merlin, semplice.
Arthur ripensa alla dolcezza con cui lo ha stretto tra le braccia e gli ha accarezzato la schiena, ripensa al piatto di frutta che gli ha fatto mangiare appena sveglio e al fatto che lo abbia preso in giro perché Arthur voleva le salsicce ma Merlin per un volta era troppo comodo e al calduccio per pensare veramente di alzarsi, ripensa ai lunghi discorsi fatti per incoraggiarlo e ai tocchi fugaci per rassicurarlo.
Arthur pensa al fatto che è innamorato perso di Merlin e che questo certamente non lo aiuta.
 
***
 
La mattina dopo Arthur è vestito di tutto punto e cammina davanti al caminetto aspettando di vedere Merlin (che ha mandato a chiamare) di lì a poco. Sempre che Merlin non abbia deciso di andarsene; il ché sarebbe plausibile, sarebbe la scelta giusta da fare, sarebbe…
Arthur scuote la testa e pianta le braccia sulla pietra dura del camino.
Al diavolo, deve darsi una calmata e farlo subito.
Il bussare alla porta lo fa voltare e rimane sorpreso quando nessuno entra. E forse Merlin è davvero andato via, perché da quando in qua Merlin bussa?
“Avanti” dice, aspettandosi di vedere George comparire da dietro la porta con il vassoio per la colazione, ma è Merlin quello che entra nelle sue stanze e si richiude la porta alle spalle.
Per la prima volta da quando si conoscono cala un silenzio strano tra loro.
“Mi avete mandato a chiamare, sire?”
Non c’è nessuna traccia di sarcasmo, nessuna nota di scherno; solamente una nota di compatimento che non risuona bene con l’umore di Arthur, al momento.
Merlin è teso come una corda di violino, le spalle sono leggermente alzate in una postura difensiva e le mani non riescono a rimanere ferme al loro posto. Merlin non ha nemmeno il coraggio di guardarlo a quanto pare.
Arthur sospira e si avvicina al tavolo, sedendosi e facendo cenno a Merlin di fare lo stesso ma Merlin a ha delle idee tutte sue perché non si muove dalla porta e semplicemente lo guarda. Arthur è sicuro di trovarci una sorta di paura, lì dentro, e gli si stringe lo stomaco al pensiero che Merlin abbia paura di lui.
“Lo sapete, non è vero?”
Beh, a quanto pare non potranno avere la conversazione tranquilla e pacata che sperava avrebbero avuto.
Arthur, che conta nella sua testa fino a dieci per evitare di sbottare e dirgli di muoversi a poggiare il culo sulla dannata sedia, annuisce e fa cenno di nuovo a Merlin di sedersi.
Merlin si guarda intorno come se si aspettasse di vedere delle guardie sbucare da un momento all’altro ma finalmente avanza nella sua direzione e si siede di fronte ad Arthur, anche se non sembra per nulla più tranquillo.
Arthur sospira e si massaggia le tempie.
Per gli Dei, com’è tutto così difficile.
“Voglio sapere come puoi essere così idiota da pensare di venire a Camelot e di nasconderti sotto il naso del re. Voglio sapere cosa ti è saltato in mente per andare via da una cittadina sperduta che permette la magia e venire in un posto che ti impedisce di usarla liberamente con pena la morte. Voglio che mi racconti tutto Merlin e voglio che tu sia sincero e che non tralasci il minimo dettaglio”
E a quello Merlin inizia a parlare.
Gli racconta di come sia stata sua madre a incitarlo ad andarsene, perché anche se la magia è accettata non è comunque ben vista; racconta di essere venuto a Camelot per imparare a usare le erbe e a controllare la sua magia grazie a Gaius, racconta di come volesse solo trovare il suo posto nel mondo perché è sempre stato solo, è sempre stato quello diverso, quello che faceva e vedeva cose strane, quello considerato un mostro. Racconta di come sua madre temeva per la sua incolumità perché Merlin voleva sempre fare qualcosa contro i banditi che venivano a depredare il loro villaggio appena il sole scioglieva la neve, ma aveva paura che scoperta la magia di Merlin avrebbero tentato di portarglielo via e non lo avrebbe mai più rivisto. Merlin doveva andarsene da qualcuno che poteva aiutarlo in qualche modo, e quel qualcuno era Gaius.
Gli racconta di una profezia che riguarda sia lui che Arthur, che sono due facce della stessa medaglia, che Merlin è destinato ad aiutare Arthur a unificare nuovamente Albion e portare un periodo di prosperità come non se ne erano mai visti.
Arthur ha dovuto chiedergli di ripetere l’ultima parte due volte perché se a tutto il resto può credere, questo sembra uno scherzo bello e buono.
“È così vi dico, è il vostro destino, Arthur. È perché diverrete un re buono e giusto, io lo so”
Arthur continua a guardarlo con scetticismo. Non ha mai creduto particolarmente alle leggende e per quanto riguarda il destino, beh, voleva pensarci da solo, grazie tante.
“Attento, Merlin, potrei pensare che mi stai adulando solo per paura”
Merlin a quello riesce addirittura a fare un mezzo sorriso.
“Vorrei farvi notare che ho detto che diverrete un re buono e giusto, per ora siete il solito tronfio e borioso principe di Camelot”
C’è ancora tensione nell’aria e cala il silenzio per qualche altro istante ma Merlin lo guarda sorridendo, quasi speranzoso, e Arthur non può darla a bere a nessuno perché non c’è un solo motivo al mondo che gli farebbe voltare le spalle a Merlin per starsene in disparte a vederlo bruciare su una pira. La sola idea gli fa sentire un senso di vuoto nel petto che non riesce a digerire, figuriamoci a qualcosa di più.
“Non me ne andrò, Arthur”
Arthur, a quelle parole, lo guarda di nuovo e ritrova il viso dell’altro serio.
“Non me ne andrò nemmeno se mi caccerete o minaccerete di andarlo a dire al re, nemmeno se il re stesso entrasse qui dentro per mandarmi a…” pausa “la mia magia è per servire voi, Arthur, e da quando sono qui l’ho usata solo per questo”
Arthur guarda le occhiaie di Merlin, il viso colpevole e le spalle cadenti in avanti come in posizione difensiva.
Merlin non farebbe del male a nessuno di loro e su questo Arthur ci scommetterebbe la vita. La sua e quella di tutta Camelot a quanto pare.
“Solo per questo?” domanda, forzando un mezzo sorriso per alleggerire un po’ la tensione.
“Beh, forse per qualche lavoretto in più che mi avete dato ma-”
“Ah!” questa volta gli punta un dito contro e il mezzo sorriso diventa un ghigno vero “Lo sapevo che certe volete eri troppo veloce, lo sapevo!”
Merlin sbuffa e sul viso c’è come un ricordo dell’aria annoiata di sempre.
“Ma siccome era per i vostri servigi non credo valga diversamente”
Arthur sente le labbra piegarsi verso l’alto e non riesce a fare a meno di sorridere, di essere rassicurato che Merlin sia sempre e solo Merlin. E a quanto pare anche l’altro non riesce più ad essere mesto perché gli sorride di rimando, anche se un po’ imbarazzato.
“Mostrami qualcosa” chiede Arthur sorprendendo entrambi.
“Mostrarvi qualcosa? E… cosa vorreste vi mostrassi?”
Arthur scuote le spalle.
Merlin sbuffa.
“Mai che mi rendiate le cose facili”.
Arthur a quello sorride. “Muoviti Merlin, non ho tutto il giorno”
“Oh no, no, siete così impegnato…” borbotta mentre si guarda un po’ intorno e nota il fuoco scoppiettante nel camino. Un piccolo sorriso gli fa capolino sulle labbra.
Arthur guarda Merlin alzare la mano mentre gli occhi gli si tingono del colore dell’oro per qualche secondo e poi porta l’attenzione verso il camino.
Dal fuoco si levano delle piccole scintille che pian piano si avvicinano l’una all’altra fino ad unirsi a formare una farfalla dai contorni sfocati, che si libra al di fuori del camino e si avvicina al tavolo volteggiando pigramente nell’aria. Arthur la osserva farglisi vicino ed è ammaliato dal vedere i colori del fuoco danzargli davanti fino a fargli un giro completo intorno alla testa.
Arthur si abbassa d’istinto per paura di essere bruciato.
Merlin ride piano, la tensione nella postura e nei gesti ancora presente, ancora preoccupato che possa accadergli qualcosa, che Arthur possa fargli del male.
Quanto deve aver avuto paura Merlin in tutti quegli anni?
“Potete toccarla se volete”
Arthur torna a prestare attenzione alla farfalla e rimane perplesso per qualche istante, ma lui è il futuro re di Camelot e di certo non si farà spaventare da una farfalla.
Alza una mano decidendo di fidarsi senza remore e la bestiola gli si appoggia sul dito, brillante come le fiamme e altrettanto affascinante, ma completamente fredda.
E Arthur si ritrova a sorridere.
E sorride nel guardarla perché, tra tutte le cose che Merlin poteva fare, ha deciso di far comparire un’innocua farfalla e farla svolazzare nella stanza.
Arthur ripensa al Merlin della foresta, alla prima magia che gli ha visto fare perché costretto dalle circostanze e poi pensa al Merlin che ha lì davanti, che alla richiesta di far apparire qualsiasi cosa gli venisse in testa ha deciso di far apparire una cosa così pura e innocente.
“Sei davvero un idiota, non è vero?”
A quello Merlin risponde con un sorriso raggiante e Arthur decide che non c’è più niente di cui discutere.
 
***
 
Dopo quel giorno Arthur decide di voler conoscere il più possibile riguardo alla magia. In cuor suo sa che Merlin non può essere l’unico caso eccezionale, sa che non può essere solo Merlin ad avere la magia e a non venirne corrotto e intende capire come mai.
Obbliga Merlin a ore e ore di interminabili (per Merlin) domande, gli chiede tutto ciò che gli passa per la testa e vuole che Merlin si senta abbastanza a suo agio da andare da lui per parlarne liberamente. Chiede a Merlin di dargli delle altre dimostrazioni, di fargli vedere come può essere utile per semplici faccende mondane che non abbiano per forza a che vedere con le conquiste e le distruzioni di regni, e Merlin pian piano si scioglie, Merlin pian piano si fida e questa è la cosa che rende Arthur più felice e più tranquillo, vedere Merlin che non si ritrae più di tanto o lo guarda ancora come se sospettasse l’arrivo delle guardie da un momento all’altro.
Merlin si è anche scusato un paio di volte, abbassando gli occhi al pavimento con uno strano rossore alle guance (probabilmente d’imbarazzo), giustificandosi dicendo che non gli sembrava possibile che stesse andando tutto così bene, che non doveva più nascondergli niente.
In quelle occasioni Arthur lo faceva rimanere ancora più a lungo, sedendoglisi ancora più vicino e guardando affascinato cosa Merlin riusciva a fare.
Arthur era quasi preoccupato di quanto la cosa lo affascinasse in realtà. Avendo sempre visto la magia come una cosa mortale e pericolosa non era abituato a vedere fiorire piante fuori stagione, comparire farfalle dai colori più disparati o anche solo la sua armatura che si puliva da sola (“Sei davvero il servitore più pigro che mi potesse capitare” “Ehi, sto usando i miei poteri per farlo, è stancante anche quello, sapete?”) e in qualche modo Merlin doveva averlo notato perché gli sorrideva sempre in una maniera particolare quando finivano di parlare di magia, e Arthur doveva tornare ad allenarsi coi cavalieri e Merlin a portare a termine i suoi compiti.
Parlano per ore le sere dopo cena finché gli occhi di Merlin quasi non si chiudono e Arthur deve rimandarlo alle sue stanze prima che si addormenti sul tavolo, parlano quando vanno da soli a caccia e Merlin gli fa vedere qualcosa di nuovo; parlano dei druidi, parlano della magia, parlano di tutte le creature che ne possiedono anche solo una minima parte e alla fine arrivano anche al tasto dolente su cui Arthur non avrebbe voluto aprir bocca ma devono farlo per arrivare al cuore del problema: Uther.
Merlin non parla mai del re, non dice cose che potrebbero offenderlo e Arthur sa che lo fa solo per non ferire lui, ma sente tutti i non detti, sente quando Merlin non gli vuole dire qualcosa e sa che il sottinteso è che gran parte dei problemi sono venuti fuori dall’epurazione, più di vent’anni prima. Ma Merlin non dice mai nulla a riguardo, dice solo che la magia non corrompe gli animi ma che sono le persone a decidere cosa fare con essa e che quello dipende unicamente dal singolo individuo, se ha fini nobili o meno.
Arthur sente di voler difendere suo padre, sente di voler dire che suo padre ha fatto tutto ciò che ha fatto perché ha perso la persona più cara che aveva a causa della magia ma in qualche modo non riesce a farsi uscire le parole di bocca e la fiducia che riponeva in suo padre vacilla un po’, di nuovo.
Forse c’è qualcosa di veramente sbagliato in ciò che sta facendo Uther, nella lotta che stanno portando avanti da anni e questo dubbio continua a macerarlo dall’interno, facendolo saltare sulla sedia a ogni pranzo o cena che lui, suo padre e Morgana hanno insieme, a ogni discussione sulla magia che viene portata al tavolo, a ogni commento che suo padre fa sul fatto che chi ha la magia è un essere spregevole e va eliminato.
Soprattutto a quei commenti, Arthur pensa al viso di Merlin e ringrazia che non sia lì con lui in quella stanza a doverli ascoltare, pensa però anche a quante volte Merlin ha dovuto sentire discorsi simili e capisce finalmente il perché Merlin è sempre stato così tanto restio a parlarne; perché quando Merlin era presente Arthur -al contrario di Morgana- non ha mai detto niente per difenderli, non ha mai osato dire una parola contro suo padre se non tirare su un muro di ostinato silenzio finendo di mangiare il più velocemente possibile per andarsene via in santa pace.
Realizzato questo, Arthur si vergogna di se stesso, perché adesso che in qualche modo l’argomento è di suo interesse, adesso che Merlin è coinvolto, capisce che Morgana ha pienamente ragione e bisognerebbe fare qualcosa a riguardo.
Beh, pensa mentre apre la bocca per parlare, meglio tardi che mai.
Arthur, per la prima volta da quando è nato, dà contro a suo padre.
 
***
 
“Scusate!” gli dice per la centesima volta quella sera Merlin e Arthur inizia veramente ad essere stanco.
“Ti ho detto che non è un problema, Merlin. Possiamo finirla qui?”
Merlin, seduto davanti al camino mentre cerca di leggere un libro che lo farebbe giustiziare se solo trovato in suo possesso (e Arthur vorrebbe sottolineare le parole cerca di leggere perché sa perfettamente che Merlin non ha mai smesso di fissare lui per tutto il tempo), lo guarda e si morde l’interno della guancia.
“È solo che non dovrebbe fare così, sono sempre stato bravo a contenerla”
Merlin non riesce nemmeno a finire di parlare che una sensazione di calore e serenità avvolge Arthur ed è come se qualcuno lo stesse abbracciando, come se qualcuno volesse proteggerlo.
“Scus-”
“Merlin, se ti scusi ancora una volta giuro che ti spedisco a pulire le stalle”
Merlin chiude la bocca e riprende il libro in mano, lanciandogli delle occhiate da oltre le pagine che Arthur potrebbe vedere da oltre un miglio di distanza.
La prima volta che Arthur ha sentito la magia di Merlin toccarlo è saltato sulla sedia (Merlin lo ha punzecchiato per ore a riguardo, dopo) spaventando entrambi. Merlin l’ha guardato stranito non capendo cosa fosse successo e Arthur si è guardato intorno come in cerca di un pericolo, un pericolo che però gli aveva lasciato addosso una bella sensazione. Merlin ha capito cos’era successo solo dopo qualche istante ed era arrossito fino la punta dei capelli, chiedendogli scusa perché non sapeva com’era potuto succedere. Arthur aveva chiesto spiegazioni e Merlin, per farla breve, gli aveva detto che la sua magia era una cosa a sé, che alle volte era come se avesse una volontà propria e che in quel momento era sicuro che Arthur non gli avrebbe fatto del male, quindi la magia semplicemente voleva toccarlo.
A quanto pare la magia di Merlin si è affezionata ad Arthur.
Arthur lo ha stuzzicato per giorni interi dopo quella volta, chiedendogli se per caso questa fosse una dimostrazione d’affetto anche da parte sua, ma Merlin ha negato strenuamente dicendogli che nessuno si potrebbe affezionare a un idiota simile e Arthur è stato a tanto così dal prenderlo e sbatterlo contro il muro e baciarlo lì sul posto.
Comunque Arthur ha un’idea o due sul perché la magia di Merlin cerca di consolarlo mentre il suddetto stregone se ne sta davanti al fuoco fingendo di leggere un libro.
Arthur sospira.
“Ti farebbe stare meglio controllare di persona?”
Merlin è in piedi prima ancora che Arthur finisca la frase e si avvicina, tendendo le braccia e prendendo il viso di Arthur tra le mani muovendolo leggermente per avere una visione migliore sul viso di quest’ultimo. Arthur finge di non avere il cuore in gola.
“… avete persino dei graffi”
Il tono di Merlin è imperscrutabile mentre passa un pollice sulla guancia gonfia e violacea del principe.
Arthur scuote le spalle.
“Era la mano con l’anello”
La bocca di Merlin si stende in una linea amara ma è l’unica cosa che fa per manifestare il dissenso verso le azioni di Uther. Non che Arthur si aspettasse niente di meno da suo padre, quando non poteva vincere un discorso con le argomentazioni passava alle maniere forti (con lui, Morgana fortunatamente veniva solo scortata alle sue stanze).
“Non fare quella faccia Merlin, entrambi abbiamo visto di peggio”
“Già, ma almeno non era mai stato vostro padre a colpirvi” il tono è di accusa e Arthur vorrebbe rispondergli che non è stata di certo la prima volta, ma una sensazione di calore gli avvolge la guancia lì dove la mano di Merlin non si è mai spostata.
“Le magie curative non sono il mio forte e farvi sparire il livido potrebbe essere un po’ troppo sospetto, ma dovrebbe passarvi almeno un po’ il dolore”
Merlin sposta le mani dal suo viso ed è come se Arthur sentisse il calore andarsene con esse, ma per fortuna Merlin rimane a portata di braccio e questo per qualche motivo lo rincuora.
“Grazie” dice dopo qualche istante, Merlin annuisce e fa ritorno al suo libro davanti al caminetto, questa volta prestando attenzione al contenuto.
Non passa nemmeno qualche minuto che Arthur sente nuovamente come una sensazione di benessere e di contentezza e Merlin sospira contrariato al caminetto.
“Speravi che vedendo che stavo bene la cosa sarebbe finita?” domanda Arthur con un mezzo sorriso, divertito. Merlin gli restituisce uno sguardo esasperato.
“In tutta onestà sì, ma a quanto pare non c’è niente da fare”
“Beh, Merlin, calcolando quanto sei strano tu, probabilmente la tua magia non è meno strana di te”
“Ah ah ah davvero spiritoso, Sire
Merlin borbotta qualcosa sottovoce e Arthur si ritrova a roteare gli occhi, lanciando poi addosso a Merlin la prima cosa che gli capita sotto mano.
“E questo per cos’era?”
“Per il tuo essere irrispettoso”
Merlin non si spreca nemmeno a guardarlo questa volta e Arthur fa ritorno all’ignobile compito che è controllare le tasse ma adesso almeno ha l’animo un po’ più leggero.
Nota che c’è qualcosa che non va dopo qualche minuto.
Per qualche strano motivo non riesce a stare fermo nella stessa posizione per più di un battito di ciglia, sente come se la la pelle stesse tirando e prudendo allo stesso tempo e la stanza sembra improvvisamente più calda. Sa che la magia di Merlin non ha nulla a che vedere con quelle particolari circostanze perché Arthur ha imparato a riconoscerla (e se non è assolutamente assurdo questo) ed è solo quando un odore familiare (e allo stesso tempo completamente estraneo) gli colpisce le narici che Arthur capisce cosa sta succedendo.
È l’odore di un Alpha.
Ma non un qualsiasi odore di Alpha, è un odore che gli fa salivare la bocca e contorcere le budella; un odore che gli fa tremare le ginocchia e aprire la bocca per respirare meglio perché ha l’affanno ed è sconvolgente che solo l’odore riesca a fargli un effetto simile.
“Merlin…” la voce gli esce roca e si ritrova a bere un bicchiere d’acqua che fa fatica a deglutire, riprova a parlare dopo un paio di respiri “non senti… non senti un odore diverso dal solito?”
Merlin alza gli occhi dal libro e sembra non essersi accorto di nulla in particolare finché sembra rendersi conto di cosa Arthur stia dicendo.
“Oh questo dite? Oh sì, sono io”
Arthur è sicuro di essere sbiancato nonostante senta la faccia in fiamme. Merlin va avanti come niente fosse.
“Vi ricordate quella volta in cui mi avete chiesto come mai non avessi il tipico odore di maschio Alpha? Beh, la verità è che in qualche modo la magia, quando trattenuta, va a interferire con tutto il resto del mio corpo e quindi quando la rilascio… ecco qua”
L’odore di Merlin lo circonda e Arthur stringe i pugni sopra il tavolo e cerca di darsi una regolata respirando dal naso e improvvisamente realizza un’unica cosa.
È fottuto.
È grandemente fottuto.
È fottuto e purtroppo non nel modo in cui gli piacerebbe esserlo.
 
***
 
Per quale motivo Arthur stia andando a prendere la propria spada è una domanda alla quale non riesce a darsi risposta, ma Merlin ha sbattuto i suoi grandi occhioni celesti un paio di volte dicendo di dover assolutamente finire delle cose prima di partire e quindi eccolo qui a fare il lavoro del suo servitore.
Maledetto stregone dagli occhi enormi.
Le voci dei suoi cavalieri escono dall’armeria e Arthur (anche se scocciato perché sa perfettamente che qualcuno commenterà il suo essere lì a prendersi la spada da solo) sta per entrare, non fosse che la voce di Gwaine che fa il nome di Merlin, per qualche motivo ignoto, lo ferma.
“Io credo la cosa sia diventata ridicola, avete visto in che modo si guardano? Lo avete visto? Non riesco più a rimanere in una stanza da solo con loro due, la tensione sessuale potrebbe uccidermi. In realtà non so come non abbia già ucciso loro. Giuro che potrei fare qualcosa di stupido come spingere la principessa tra le braccia di Merlin e poi morire per averlo fatto” seguono un paio di secondi di silenzio “Però forse ne varrebbe la pena, questo ed altro per Camelot!”
Qualcuno ride ma Arthur non tenta nemmeno di capire chi sia, troppo preso dal capire di cosa diavolo Gwaine stia parlando.
“Non sto dicendo di non essere d’accordo” arriva la voce di Leon un po’ più lontana “ma ci sono dei problemi, alcuni più importanti di altri, che non possono essere superati così facilmente”
Dei borbottii seguono l’affermazione ma è di nuovo Gwaine a parlare.
“Dimmene alcuni che non possono essere risolti semplicemente con loro due che si professano amore eterno l’uno per l’altro. Perché di questo stiamo parlando. Fosse solo una scopata sarebbe tutto più semplice”
“Gwaine!”
“Che c’è? È la verità!”
“Uno dei punti più problematici, tralasciando proprio il punto fondamentale ovvero che Arthur è il principe, è che sono entrambi Alpha e sai come le cose tra due Alpha vanno a finire, di solito. Ma se volessimo anche dimenticare questo piccolo particolare, Merlin è comunque un servitore e non prendete le mie parole nel verso sbagliato, perché a me non potrebbe importare di meno, ma ricordiamoci chi è il re” questa è la cosa più vicina al tradimento che Leon abbia mai implicato in tutta la sua vita e Arthur non sa bene cosa pensare.
“Beh, non è che Arthur debba sposarsi immediatamente…”
Arthur rimane fuori dalla porta dell’armeria e non sa cosa pensare di quello che sta sentendo ma sa benissimo che non gli va di ascoltare i suoi cavalieri parlare della sua vita amorosa (o della mancanza della suddetta) e fare speculazioni su lui e Merlin.
Come se Merlin lo guardasse davvero in un modo diverso dagli altri. Come se Arthur avesse davvero qualche speranza. Come se Merlin non fosse gentile con qualsiasi anima incontri per strada perché lui è fatto così. Come se Arthur in qualche modo valesse la pena.
Per la prima volta in vita sua, Arthur sceglie la via della codardia e se ne va senza fare nulla, incapace di aprire la porta e dire ai suoi uomini più fidati di chiudere il becco e di muoversi a uscire di lì.
 
“Dov’è la vostra spada?” chiede Merlin appena Arthur mette piede nel cortile dove i cavalli sono pronti per partire. Arthur non lo guarda nemmeno mentre sale sul suo cavallo e intima a un servitore qualunque di andargli a prendere la spada.
Merlin lo guarda scettico.
“Non siete più in grado nemmeno di prendervi la spada da solo?”
Arthur si sente arrossire ma continua a guardare testardamente dritto davanti a sé e borbotta qualcosa che non riesce a capire nemmeno lui. Con la coda dell’occhio vede l’espressione di Merlin (che alza gli occhi al cielo con le mani poggiate ai fianchi) e si chiede come anche solo uno dei cavalieri possa pensare che Merlin lo guardi con qualcosa che non sia semplice esasperazione.
Arthur sta per dire qualcosa di caustico perché, a dirla tutta, Arthur è decisamente troppo buono e troppo clemente ed è così terribilmente gentile da permettere a un Alpha/Stregone di vivere sotto al suo stesso tetto da essere consapevole che un’occhiata del genere non se la merita proprio, ma le porte del cortile si aprono e sua sorella scende le scale di corsa per andargli incontro gridando il suo nome e le parole gli muoiono in gola.
Scende da cavallo ancora prima che Morgana l’abbia raggiunto e le va incontro, la sorella gli getta le braccia al collo e lo stringe a sé e per qualche istante Arthur è talmente spiazzato che non riesce a fare nulla se non abbracciarla quasi meccanicamente e domandarsi che diavolo stia succedendo.
“Non andare, Arthur, ti accadrà qualcosa di orribile” è un bisbiglio solo per le sue orecchie ma sente nella voce di Morgana l’isteria e qualcosa di molto simile al pianto “Ti prego, non andare” lo supplica ulteriormente.
Arthur la prende per le spalle e la scosta da sé in modo da guardarla negli occhi, i suoi grandi occhi azzurri che lo stanno guardando con paura, e Arthur continua a non capire.
“Che succede, Morgana?”
Le passa le mani sulle braccia come a volerla rassicurare (lui che rassicura Morgana, ormai non c’è più nulla che possa stupirlo) e lei lo osserva mordendosi il labbro inferiore, come se non fosse sicura di cosa dire, di come dirlo.
“Io ho… ho visto in sogno che ti succederà qualcosa di brutto. Un’imboscata e una creatura spaventosa e tu… tu morivi Arthur. Devi credermi, ti prego, non andare, non questa volta”
Arthur la guarda e la prima cosa che pensa è che dovrà assolutamente parlare con Gaius riguardo alle erbe che dà a Morgana, perché a quanto pare non stanno facendo effetto. Pensa che servirà qualcosa di più forte, che la faccia smettere di avere sogni così spaventosi da farla correre in suo soccorso perché li crede in qualche modo veri, e che al momento non hanno assolutamente tempo per questo genere di cose perché sono già in ritardo sulla tabella di marcia.
Ma poi guarda meglio sua sorella e c’è qualcosa nel suo sguardo che gli ricorda terribilmente quello di Merlin quando Arthur ha scoperto della sua magia e per un solo istante il cuore di Arthur smette di battere e gli si gela il sangue nelle vene.
“Dimmi di più” si ritrova a dire con sua sorpresa e Morgana lo guarda stupita, come se non avesse creduto possibile convincerlo, come se avesse sempre saputo che Arthur l’avrebbe liquidata nel giro di due minuti ma avesse almeno dovuto provarci, ma poi si riprende e inizia a raccontare.
Morgana racconta della radura e descrive la creatura che lo avrebbe attaccato come meglio può, Arthur allora le chiede dettagli: chi ha accanto, che tipo di alberi li circondano, è a cavallo o a piedi, tutti i suoi cavalieri sono con lui, dettagli su dettagli che Morgana cerca di ricordare e di fornirgli al meglio che può.
Alla fine Arthur annuisce e Morgana tira un sospiro di sollievo.
“Morgana, il fatto che ci sia una creatura simile in libertà fa sì che io debba andare a fare questa ricognizione ancora più di prima” Morgana ha di nuovo l’espressione terrorizzata e sta per aprire bocca quando Arthur continua “Ma adesso abbiamo degli indizi su dove la cosa accadrà, chi avrò accanto e non saremo impreparati e…” non riesce a credere che lo sta per dire “… se vuoi venire con noi per darci una mano e per riconoscere al meglio la zona sarai la ben accetta, certo, dopo esserti cambiata, ovviamente”
Gli occhi di Morgana se possibile si fanno ancora più grandi.
“Dici davvero?”
Arthur annuisce, forse già pentito della decisione presa. “Però non possiamo aspettarti qui o Uther chiederà cosa stiamo facendo con le mani in mano. Ci vediamo all’inizio della radura nel più breve tempo possibile, Morgana, mi hai capito? E porta la spada, gli Dei solo sanno se ne avremo bisogno”
Il bacio che gli viene scoccato sulla guancia da Morgana prima di vedere quest’ultima tornare sui suoi passi per correre alle sue stanze lo lascia stupefatto (a dir poco) e pensa che probabilmente è il primo che gli sia mai stato dato.
Scuote la testa e sospira, gli sta già venendo un’emicrania che a quanto pare solo Morgana e Merlin riescono a provocargli, e si dirige nuovamente verso il suo cavallo sotto gli occhi vigili dei cavalieri.
Merlin gli passa le redini e lo guarda raggiante.
Arthur pensa che dopotutto ha fatto la scelta giusta.
 
Aver portato Morgana è stata decisamente la scelta giusta. L’imboscata dei banditi è miseramente fallita quando sua sorella ha indicato loro il punto esatto dove l’agguato sarebbe stato fatto e Arthur ha mandato i cavalieri a circondare la zona e a catturarli prima ancora che capissero cosa stesse succedendo. Per quanto riguarda la creatura invece, è stata facilmente vinta unendo la magia di Merlin alla sua forza bruta e il tutto è finito prima ancora che il sole iniziasse a calare e senza che nessuno si fosse accorto della magia di Merlin.
Arthur osserva Merlin respirare pesantemente appoggiato al tronco di un albero mentre i cavalieri si occupano dei prigionieri e della bestia morta al suolo, e acclamano Arthur per averla sconfitta. Merlin non dice nulla riguardo a tutto questo e anzi, gli sorride facendo ricadere su di lui tutto il merito e Arthur pensa che non sia affatto giusto e a quante altre volte la cosa dev’essere successa.
Pensa anche che lui e Merlin, per non aver mai affrontato un combattimento assieme, sono perfetti come squadra perché si capiscono senza dover dire una parola e questo in qualche modo lo spaventa, non avendo mai avuto un’intesa simile nemmeno con Leon, la persona con cui ha combattuto fianco a fianco per tutta la vita.
Tornano indietro vittoriosi e Morgana è raggiante, sporca di fango e fogliame, e Arthur pensa di non averla mai vista così felice da un lungo periodo di tempo.
A quanto pare sua sorella non ha bisogno di Gaius, a quanto pare sua sorella ha solo bisogno di poter essere se stessa.
 
Arthur lascia a sua sorella (e a se stesso) il tempo di una notte prima di andarle a parlare e si dirige alle sue stanze con passo sicuro, bussa aspettando l’invito di Morgana ad entrare ma vede la porta aprirsi e Gwen uscire, sorridendogli e salutandolo con un affetto che Arthur non sa come o quando si è guadagnato e invitandolo ad entrare mentre lei va a svolgere delle commissioni per Morgana nella cittadella.
Quando entra si chiude la porta alle spalle, sente i passi di Ginevra allontanarsi e solo allora si volta verso Morgana e la sorella gli restituisce lo sguardo dalla specchiera.
Indossa un abito viola e lilla e i capelli che il giorno prima erano legati in un alta coda le cadono lungo la schiena. La postura è tesa e Arthur nota per la prima volta come sua sorella in realtà sia sempre stata così da dopo la transizione: pallida, tesa e con una maschera di finta indifferenza sul viso.
Tutta la traccia di paura e preoccupazione di ieri è completamente svanita, lasciando posto alla sua solita aria stoica e imperturbabile, il mento alzato con aria di sfida e un mezzo sorrisetto sardonico, pronta a far finta di niente.
Arthur si avvicina e prende una sedia, spostandola vicino a Morgana e sedendocisi al contrario, poggiando le braccia incrociate sullo schienale.
Si guardano per diversi secondi.
“Non una singola parola di quello che è accaduto ieri andrà riportata ad Uther”
Morgana, le spalle rigide, annuisce.
Arthur prosegue.
“Quando sarò Re, leveremo il divieto sull’uso della magia a Camelot e da tutti i regni circostanti” è un sussurro, un sussurro fatto solo per lui e per Morgana, perché anche solo dirlo potrebbe essere considerato tradimento. Ne è ben consapevole e ne è consapevole anche Morgana, che lo guarda con stupore e qualcosa di molto simile all’ammirazione negli occhi.
“Tu sarai al mio fianco, Morgana. Ti voglio come consigliera, voglio che tu faccia esattamente quello che fai con nostro padre, voglio che tu mi faccia vedere la ragione quando non ne ho alcuna e voglio che tu mi dia contro quando sbaglio. Non voglio qualcuno che abbassi la testa e mi dia ragione incondizionata solo perché sono il re, e chi meglio di te potrebbe farlo?”
Morgana, per una volta in vita sua, sembra non sapere cosa dire.
“Non voglio che tu viva nella paura” e dicendo ciò avvicina una mano e va ad afferrare quella di Morgana, stringendola dolcemente.
Quando è toccato a lui vivere nella paura, quand’è toccato a lui aver paura di essere un’Omega, di non essere più valevole come persona, di non essere più destinato ad essere Re, Morgana era al suo fianco.
E lui ci sarà per lei.
“E non dovrai avere paura di niente, un giorno, quando il regno di Uther finirà. Ma fino a quando questo non accadrà ci sarò io con te. Ci proteggiamo a vicenda noi due, no?” Arthur fa un mezzo sorriso e pensa a quanto in realtà quello che sta dicendo sia assolutamente vero e a quante volte sia stata proprio Morgana a salvarlo. È giunto il momento di restituirle il favore.
Morgana stringe la mano di Arthur e annuisce, gli occhi stranamente lucidi mentre tenta di non lasciarsi vincere dall’emozione.
“Ma per ora devi resistere Morgana. Dobbiamo stare attenti a non farti scoprire. Fortunatamente, a quanto pare, per Uther il pensiero di avere una strega in famiglia è inconcepibile ma non calare la guardia, va bene? E Morgana…” Arthur la guarda e cerca di mettere nello sguardo tutto ciò che non riesce a dire a parole “se farai altri di questi… sogni… se avrai altre preoccupazioni, se vedrai qualcosa di terribile che non sai come affrontare da sola… vieni da me, la affronteremo insieme.”
Morgana apre la bocca e sembra che stia per dire qualcosa ma poi la richiude, guardando le loro mani intrecciate e riguardando di nuovo lui. È tutto estremamente difficile per Arthur e sa che la cosa è altrettanto vera per Morgana; non sono fatti per i sentimentalismi, non sono abituati ad espressioni o gesti d’affetto e devono in qualche modo adattarsi, ma tutto ciò che ha detto Arthur andava detto ad alta voce, non poteva restare inespresso e non poteva lasciare Morgana nella sua miseria.
Gli c’è voluta un’intera notte per uscirsene con quel discorso nella speranza che potesse bastare e tutt’ora non è nemmeno sicuro che basterà per tutto ciò che ha dovuto passare Morgana.
Vivere sotto lo stesso tetto di chi sta uccidendo la tua gente e non poter far niente deve essere insostenibile (lo vede nella linea delle spalle di Merlin ogni volta che Uther programma un’esecuzione, anche se Merlin non dice nulla) e Arthur è stato il primo a domandarsi semmai l’avrebbe accettato senza tentare di fare nulla.
Ma Morgana lo guarda, gli occhi azzurri grandi e speranzosi come mai prima, e annuisce, stringendo ancora più forte la mano nella sua e finendo a ridere poi istericamente.
“Non mi odi” si ritrova a dire Morgana mentre le lacrime le rigano il viso e cerca di scacciarle con la mano libera “non hai paura di me…”
E il cuore di Arthur si spezza un po’ a quella scena.
Come potrebbe avere paura di lei? Sono cresciuti insieme, conosce Morgana da quando ha sei anni e scappavano da palazzo insieme per andare ad avventurarsi nei boschi, la conosce da quando anche lei è stata in grado di tirare con la spada e l’ha addirittura battuto un paio di volte (Uther ha rimarcato per settimane quanto fosse vergognoso essere battuti da una ragazzina e Arthur ha smesso di allenarsi con lei), da quando andava a rubargli i vestiti in armadio perché anche lei voleva essere un cavaliere, a quando è arrivata Gwen ed è stata costretta ad indossare corsetti. L’ha vista crescere e diventare una donna e come diavolo potrebbe avere paura di lei solo perché ha dei poteri magici?
In cuor suo però sa anche di dover ringraziare Merlin per come sta affrontando l’intera faccenda, per aver imparato più cose sulla magia negli ultimi mesi di quanto abbia fatto per tutta la vita e per aver visto di prima mano che non è sempre una cosa cattiva. Ringrazia di aver visto negli occhi di Morgana il giorno prima la stessa paura che ha visto in quelli di Merlin mesi addietro o non avrebbe mai capito nulla.
Arthur guarda sua sorella piangere e pensa a quali danni irreparabili abbia causato Uther senza nessuna valida ragione e a quanto anche lui sia stato parte del problema, se Morgana non se l’è mai sentita di chiedere aiuto.
Arthur scuote la testa e tenta un mezzo sorriso.
“Sei la più insopportabile delle sorelle e temo tutti i ricevimenti in cui mi fai imbarazzare di essere vivo ma no, non ti odio e non ho paura di te. Come se ne avessi mai avuta, poi”
Questo è un terreno più famigliare per entrambi. Lo scherno, il giocare a lasciare i sentimenti fuori perché loro non sono in grado di mostrarli in maniera aperta.
Morgana a quello ride e l’isteria è ancora lì, assieme alla lacrime che scendono, ma è più in sé, sta cercando di calmarsi.
“Guarda che mi ricordo quella volta che hai chiesto pietà, sporco di fango dalla testa ai piedi, preoccupato che ti uccidessi sul serio”
Arthur ruota gli occhi.
“Avevo sette anni. Ed ero inciampato, non è che tu mi avessi battuto davvero”
Morgana sbuffa fuori una mezza risata e rotea gli occhi. “Certo, come no”
Il discorso devia su cose più leggere e vede Morgana rilassarsi e finalmente ridere e gli sembra che le si sia levato un peso dalle spalle (ma probabilmente questo è quello che vuole vedere lui) e guardando il suo sorriso Arthur si rende conto per la prima volta di quanto male Uther abbia fatto a gente innocente, preso da una rabbia cieca che non ha niente a che fare con la magia in generale ma con la semplice persona.
Alla fine Merlin gliel’ha detto, no? Non importa cosa sei ma importa chi sei.
Morgana si ferma improvvisamente dal parlare e lo guarda, assorta. Arthur si chiede se abbia fatto qualcosa di strano senza accorgersene.
“Sei cambiato, Arthur, e molto” è ciò che gli dice Morgana e Arthur non sa cosa rispondere. Non sa nemmeno se sia un bene o un male in tutta onestà, ma spera nella prima ipotesi. “Cos’è successo?” continua Morgana dopo qualche attimo di esitazione e Arthur non sa quanto effettivamente possa dire senza raccontare un segreto che non è suo da condividere, ma non se la sente nemmeno di mentirle.
“Qualcuno mi ha aperto gli occhi” si sente sorridere nel dirlo, perché a quanto pare quell’imbecille del suo servitore riesce a scaldargli il petto anche quando non è presente nella stessa stanza con lui e il solo pensare a quelle orecchie fuori misura e a quegli zigomi alti fa piegare all’insù le sue labbra traditrici senza chiedergli il permesso.
Morgana lo guarda, lo guarda attentamente per diversi istanti e poi sorride anche lei, magnanima. “Lui è giusto per te” e Arthur si ritrova a pensare che sì, Merlin è assolutamente giusto per lui, è decisamente giusto per lui ed è tutto ciò che Arthur vuole e desidera ma è bello sentirlo dire da qualcuno che non è lui stesso, per una volta.
Poi un pensiero completamente slegato ma in qualche modo simile gli balza nella mente.
“Gwen lo sa?” si ritrova a chiedere di slancio e a quello lo sguardo di Morgana si rabbuia un po’ e per tutta risposta scuote semplicemente la testa.
Arthur le prende nuovamente la mano e la guarda negli occhi con più sicurezza di quanta pensasse di avere.
“Sappi che all’inizio si sentirà tradita…” Morgana a quello ha un singulto ma Arthur le sorride “ma poi capirà” dice con sicurezza perché ci crede, perché lo sa.
Gwen entra qualche minuto dopo e li trova ancora a chiacchierare e chiede scusa dell’intrusione.
“Pensavo ve ne foste già andato” si giustifica ma Arthur scuote la testa.
“In effetti sono rimasto già troppo in compagnia di mia sorella per la mia sanità mentale” Morgana gli tira uno schiaffo sul fianco e Arthur fa spallucce, indifferente.
“Meno male che sei tornata, Gwen, stavo cercando una scusa qualunque per mandarlo via”
Arthur raggiunge la porta e sorride sentendo dell’affetto nelle parole della sorella e si volta a guardarla.
Si fissano per qualche istante prima che Arthur lasci le stanze di Morgana con passo molto più leggero di quando è entrato.
 
***
Arthur non si è mai reso davvero conto di quante volte Merlin sia andato in suo soccorso finché non hanno iniziato a fare gioco di squadra e a spalleggiarsi l’un l’altro, fianco a fianco. Dal canto suo invece Merlin gli ha detto che il compito è diventato incredibilmente meno problematico siccome adesso può semplicemente andare da lui a dirgli che tipo di creatura magica sta tentando di fare cosa senza dover fare tutto di nascosto dietro vari sotterfugi (Merlin non gli ha ancora perdonato il fatto di averlo sempre creduto in taverna).
Combattono proteggendosi l’un l’altro al meglio delle loro capacità e trovano subito un’intesa che lascia stupiti entrambi ma questo non vuol dire che le cose siano tutte rose e fiori.
Merlin, sapendo di essere al sicuro al fianco di Arthur, a quanto pare ha deciso di gettare alle ortiche la cautela ed è stato quasi beccato due volte dai cavalieri a fare magie in combattimento e Arthur entrambe le volte ha perso il sonno per diverse notti, pensando a cosa sarebbe potuto succedere se qualcuno avesse smascherato Merlin. Lo ha destabilizzato talmente tanto da distrarsi quando vengono attaccati per buttare un occhio su Merlin ogni volta che può e assicurarsi che non sia in pericolo. Questo ha fatto sì che venisse colpito diverse volte e riportasse più ferite di quante ne avesse mai avute in tutti i combattimenti degli ultimi cinque anni e Merlin lo ha sgridato (come fosse un bambino, per gli Dei) per ore mentre gli medicava le ferite e lo guardava con aria contrariata.
Hanno litigato diverse volte proprio su questo, perché Merlin sa essere ostinato ma Arthur lo è molto di più e non ha intenzione di vedere il suo servitore su una pira alle prime luci dell’alba e Merlin gli ha risposto che non ha tutta questa fretta di morire e allora Arthur gli ha urlato che non sembrava dal suo comportamento e a quello Merlin ha messo il muso e se n’è andato dalle sue stanze senza aggiungere altro. Non si sono parlati per diversi giorni, nessuno dei due voleva cedere sulla sua posizione, perché Arthur non avrebbe sacrificato la vita di Merlin per la sua e a quanto pare nemmeno Merlin quella di Arthur. Erano giunti a una impasse da cui non sapevano come uscire finché Merlin non è andato da lui a dirgli che sarebbe stato più cauto ma solo se lui fosse stato più attento agli scontri così da non dover pensare alla salvaguardia di Arthur ogni trenta secondi e Arthur aveva accettato.
È da quel momento in particolare che Arthur nota un cambiamento nel comportamento di Merlin, che a quanto pare è diventato più tattile nei suoi confronti.
Merlin l’ha sempre toccato molto, non avendo la minima idea di cosa fosse lo spazio personale o di come bisognasse trattare un principe, e un esempio lampante poteva essere quanto tempo passava a sistemare gli indumenti di Arthur quando lo vestiva, lisciando pieghe e sistemando colletti e maniche (cose che un altro servo non si sarebbe mai permesso di fare) o anche quando battibeccavano e Arthur si ritrovava spinto via per una spalla o per una mano sul petto e nessuno poteva fare una cosa del genere al principe ma Arthur non ha mai aperto bocca a riguardo.
Merlin però adesso ha iniziato a indugiare con con una mano sulla sua spalla, a camminargli più vicino quando sono insieme nei larghi corridoi di palazzo e a trascinarlo nelle stanze di Arthur dopo ogni scontro per verificare di persona che non si sia fatto nulla.
Tutto questo però va a vantaggio di Arthur, che sente di poter indugiare anche lui con una mano sul fianco di Merlin per più del tempo necessario; si siede più vicino a Merlin quando gli chiede di restare per leggergli qualcosa e può anche lui controllare che Merlin non abbia subito ferite che gli tiene nascoste (una volta sola; è bastato che Merlin gli mentisse una volta sola fingendo di non essersi storto la caviglia per far sì che Arthur lo controllasse personalmente ogni singola volta) dopo aver subito un’imboscata.
E dopo è come se l’uno non riuscisse a distaccarsi dall’altro per più di cinque minuti nell'arco di un’intera giornata. È come se entrambi volessero essere davvero sicuri che l’altro stia bene tenendolo costantemente sott’occhio ed è una cosa che entrambi fanno finta di non fare e di cui nessuno dei due parla, ma Merlin è sempre a portata di braccio se Arthur ha bisogno di sentire con le proprie mani che va tutto bene e Arthur non dice nulla delle dita che lo sfiorano quando Merlin pensa che Arthur sia troppo assorto in qualcos’altro per accorgersene.
Ma Arthur se ne accorge sempre.
Ed è in momenti come quelli che ad Arthur prendono i dubbi. È in momenti come quelli che Arthur ripensa alle parole di Gwaine e Leon nell’armeria e si domanda e se…?
Poi pensa a Merlin.
Merlin: colui che non si fa problemi a dirgli cosa pensa e a dirgli anche le cose più scomode come se fosse suo diritto farlo.
Che problemi avrebbe mai avuto nel dirgli (o nel dimostrargli) di volere qualcosa di più?
Ma in realtà perché mai Merlin dovrebbe essere interessato a lui?
Arthur è consapevole di essere merce avariata, sa di avere qualcosa che non va.
Suo padre gliel’ha ripetuto fino alla nausea, fino a ché Arthur l’ha capito e accettato, perché le parole di suo padre sono state dimostrate anche dai fatti.
Quante volte ha sbagliato? Quante volte si è dimostrato indegno del suo stesso titolo? Quante volte-?
“Smettetela di pensare a quello che state pensando e tornate alle vostre carte”
Arthur sbatte gli occhi un paio di volte e torna a vedere i fogli che ha davanti. Si è perso per talmente tanto nei suoi pensieri che per qualche istante nemmeno si ricorda dov’è o cosa stava facendo. Sa solo che c’è la mano di Merlin sul suo collo che gli sta accarezzando i capelli con il pollice ed è l’unica cosa a cui riesce a pensare al momento.
Il caminetto è acceso nelle sue stanze e Arthur adocchia le carte che teneva in mano poco prima e ricorda che si supponeva dovesse compilare il rendiconto della missione di quella mattina. Merlin è rimasto con lui a leggere un suo libro di incantesimi ma Arthur ricorda perfettamente che non fosse seduto così vicino a lui, Merlin gli si deve essere avvicinato e Arthur non sa nemmeno se ne sia cosciente ma poco gli importa, gli basta che sia lì.
Merlin lo sta ancorando alla realtà con il suo odore, con la sua magia e con il suo tocco e la voce di suo padre è pian piano sparita lasciandogli solo un senso di pace e serenità ad avvolgerlo.
Arthur tira un sospiro di sollievo che nemmeno sapeva di star trattenendo e sente un po’ della tensione che aveva nelle spalle sciogliersi, di nuovo in grado di respirare a pieni polmoni.
“Grazie” dice con semplicità mentre Merlin non distoglie gli occhi dal libro ma fa un timido sorriso.
La mano di Merlin rimane sul collo di Arthur ad accarezzargli i capelli biondi per tutto il resto della serata e se Arthur avvicina la sedia a quella di Merlin tanto da far collidere i braccioli questo non è affar di nessun altro se non loro.
 
***
 
Riguardando i fatti con distaccata pacatezza, Arthur riesce a capire perfettamente dove ha sbagliato e cosa avrebbe dovuto fare per evitare tutto quel casino, ma ormai è troppo tardi e non c’è niente che lui possa fare per cambiare le cose. Spera solo che Morgana sia in una situazione più piacevole della sua e che Merlin non torni da Ealdor prima di domani.
Le segrete di Camelot sono umide e spoglie, il terreno è duro e le guardie sono sempre d’ispezione per vedere cosa succede con i prigionieri.
La cella d’isolamento è certamente peggio.
Le catene ai polsi iniziano a tagliargli la carne e la poca aria che entra da una fenditura nella porta è stantia e puzza di marcio. Tutto là dentro sembra malsano, dal pavimento ammuffito alle catene arrugginite.
Ha smesso di cercare di parlare con le guardie ore addietro.
Dentro di sé è fiero della situazione in cui è finito e il perché, ma soprattutto è felice di essere riuscito a parlarne con Morgana prima che tutto ciò accadesse o è sicuro che sua sorella non sarebbe rimasta così calma.
Quando Uther ha decretato la morte per impiccagione di una bambina di nemmeno dieci anni per stregoneria, il viso di Morgana si è trasfigurato in qualcosa che non ha mai visto prima ma in tutta onestà Arthur crede di non aver avuto un aspetto migliore in quel momento; ricorda le budella che gli si rivoltavano e il senso di claustrofobia.
“Ma padre è solo una bambina” ha tentato, invano, di ragionare.
“Una bambina con poteri magici, Arthur, e nonostante ora sia una bambina capirai anche tu che presto o tardi diverrà una donna, giusto?”
Uther non ha sentito ragioni. Nè da parte di Arthur che tentava di convincerlo con la logica né da parte di Morgana che invece gli urlava contro, innescando una gara a chi urlava più forte. Nessuno poteva battere Uther in quello.
Morgana ha guardato Arthur con occhi supplichevoli e Arthur si è sentito morire. Non c’era modo di convincere loro padre a non fare una sciocchezza del genere ed entrambi ne erano consapevoli, ma Morgana l’ha guardato come se lui potesse fare tutto e Arthur si è sentito un fallimento.
C’era un’unica cosa che potevano fare.
L’aiuto di Merlin sarebbe stato senza dubbio prezioso ma in qualche modo Arthur preferiva che non fosse lì con loro in quel momento, a vedere cosa suo padre stava facendo a una bambina innocente il cui unico peccato era stato quello di cercare sua madre nel posto sbagliato.
Arthur e Morgana hanno parlato per diverso tempo cercando una soluzione per portare la bambina fuori da Camelot indenne, decidendo infine di addormentare le guardie con una sostanza che Morgana (per un motivo che Arthur non voleva sapere) aveva nelle sue camere, prendere le chiavi delle celle e farla uscire di soppiatto dalle cucine.
Ma forse è stato proprio questo essersi ritirati senza dire più nulla, senza fare più storie… forse è stato proprio lo strano silenzio di Morgana a far percepire a Uther che qualcosa non stava andando per il verso giusto, perché ha personalmente beccato Arthur davanti la cella della bambina mentre una recalcitrante Morgana lottava con le unghie e con i denti per mollarsi dalla presa del padre che se la stava trascinando dietro.
Arthur spera con tutto il cuore che sua sorella sia stata solo confinata nelle sue stanze e non le sia toccata una sorte simile alla sua.
Uther non è mai stato così arrabbiato o così deluso da Arthur (e Arthur ha una familiarità non indifferente con la faccia delusa di suo padre) ma per una volta non sente la classica stretta al cuore di quando fa qualcosa di sbagliato, questa volta ha una stretta allo stomaco per non essere riuscito nel suo intento.
Non sa da quante ore è lì sotto (il fatto che non ci sia una finestra e non possa vedere lo scorrere del tempo lo destabilizza) ma ci sono stati due cambi della guardia e un pasto, probabilmente è già sera.
Chissà se alla fine la bambina…
La porta della cella viene aperta e Leon fa il suo ingresso con l’espressione contrita di chi non è assolutamente d’accordo con quello che è appena successo. È felice che per una volta quell’espressione sia riservata a suo padre e non a lui.
“Non è nemmeno venuto di persona?” si ritrova a dire con una vaga traccia di umorismo, sapeva benissimo che non avrebbe potuto aspettarsi altro.
Leon si guarda intorno e sembra vedere per la prima volta dove Uther ha rinchiuso suo figlio, ma non dice una parola e si fa avanti con le chiavi in mano per aprire le manette.
“Il re mi ha mandato a dirvi di recarvi subito nelle sue stanze, vuole parlare con voi”
“Sì beh, credo che aspetterà perché non sono dell’umore per parlare con lui” dice, massaggiando i polsi doloranti il più lontano possibile dalle ferite “Dov’è Morgana?” chiede alzando gli occhi dagli ematomi e pregando davvero intensamente che Merlin non faccia ritorno almeno per un’altra settimana.
“È confinata nelle sue stanze”
La bocca di Arthur si arriccia di proprio volere. Certamente meglio quelle delle segrete, ma dubita che Morgana se ne sia stata tranquilla nelle sue stanze solo perché c’è qualche guardia alla porta.
“E…” cerca di domandare anche se teme di sapere già la risposta “e la bambina?”
Leon a quello distoglie gli occhi.
“Non è stato un bello spettacolo, altezza, non lo è stato per nessuno”
Arthur non risponde e marcia verso le stanze di sua sorella.
 
Arthur e Morgana si ritrovano a subire un infinito discorso su fedeltà e rispetto, di come le cose vanno portate avanti a Camelot, di come sia estremamente deluso dal comportamento del sangue del suo sangue e di come loro siano una famiglia e le famiglie si supportano e restano unite.
Arthur ascolta suo padre parlare ed è come se lo sentisse veramente per la prima volta. Tutte quelle assurdità sul dover obbedire senza farsi domande, tutti quei discorsi su quanto il sangue sia forte e le famiglie debbano restare unite (per poi venire sbattute in cella o confinate nelle loro stanze alla prima disobbedienza, pare), tutti i pericoli che la magia sembra creare anche solo semplicemente esistendo perché corrompe gli animi.
Arthur lo guarda e pensa che è vero, che la magia possa corrompere gli animi, ma l’unico animo che ne è davvero stato corrotto è quello di Uther stesso.
Arthur osserva suo padre camminare davanti al trono e gesticolare e per la prima volta invece di un re saggio con tutte le risposte, si ritrova a vedere un uomo piccolo, insignificante, pieno di rabbia e paura verso qualcosa che non riesce a capire.
Avrà perso sua madre a causa della magia ma Arthur ha anche perso un padre per la stessa motivazione.
Morgana non dice una parola mentre osserva Uther girare di nuovo su se stesso e ripercorrere gli stessi identici passi ancora e ancora, rimane stoica con lo sguardo alto e gli occhi duri di chi semplicemente ne ha passate troppe. Arthur teme seriamente che possa fare qualcosa di cui potrebbe poi pentirsi.
Quando né lui né Morgana sembrano avere intenzione di dire niente Uther si volta verso di loro e scuote la testa, esasperato.
“Non so cosa io abbia fatto per farmi voltare le spalle in questa maniera. Ma spero che una notte di sonno vi farà tornare il senno” l’occhiata che lancia ad Arthur gli fa capire che la notte di sonno potrebbe essere passata in cella se solo osasse dire qualcosa.
I due si inchinano e lasciano la sala del trono camminando uno affianco all’altra.
“Dobbiamo fare qualcosa” sussurra Morgana con lo sguardo sempre dritto davanti a sé.
“Sì” risponde Arthur, più sicuro di quanto sia mai stato in vita sua.
 
La sorte comunque non gli è propizia in quella giornata perché, appena apre le porte delle sue stanze nella speranza di farsi un bagno e gettarsi tra le coperte, la figura di Merlin si staglia davanti a lui di fronte al caminetto accesso.
“Dove diavolo eravate finito?” la voce di Merlin è preoccupata ma il tono resta comunque duro e Arthur non ha né la forza né le energie per affrontare una cosa del genere ora.
“Sono il principe, Merlin, posso andare dove più mi aggrada. Ora, se non ti dispiace, sono stanco e vorrei andare a dormire, ci vediamo domani mattina”
Vorrebbe chiedergli com’è andato il viaggio, come sta sua madre, se si è divertito e come mai è già di ritorno ma è evidente che nessuno dei due versa nello stato migliore per fare conversazione.
Merlin, però, sembra di un altro avviso perché non si sposta di mezzo passo nemmeno quando Arthur gli si fa incontro e inizia a spogliarsi da solo.
“Vi ho cercato per tutto il castello, i cavalieri non volevano dirmi dove foste e persino la mia magia non è riuscita a raggiungervi, continuava a dirmi che eravate nei sotterrainei ma non c’eravate e…”
C’è qualcosa che non va in Merlin e Arthur lascia stare per un momento la sua cintura e gli si fa vicino, afferrandolo per il gomito.
Merlin dopo un paio di secondi di ritrosia si volta a guardarlo e Arthur capisce che Merlin già sa della bambina. Lo nota dalla linea dura della mascella contratta, dagli occhi spenti e così dannatamente tanto stanchi e dalla rigidezza del suo corpo.
“Non ho potuto fare niente, Merlin. Ho provato, ti assicuro che ci ho provato ma non c’è stato modo di-”
Merlin alza una mano e lo ferma.
“Dove siete stato?”
Arthur non se la sente di rispondere a quella domanda.
È come se una vocina dentro di lui lo avvertisse di stare in silenzio o qualcosa di terribile sarebbe potuto accadere e si ritrova a cercare una scusa plausibile senza trovarne veramente nessuna.
Si sente così dannatamente stanco. Stanco e stufo di tutta la situazione in generale e l’unica cosa che vorrebbe fare sarebbe cadere in un sonno profondo e non svegliarsi per almeno dieci secoli.
La dannata vocina si ripresenta facendogli notare che in realtà l’unica cosa che vorrebbe veramente fare sarebbe cadere in un sonno profondo e non svegliarsi per almeno dieci secoli assieme a Merlin.
Deve ringraziare che il suo spirito in quel momento è così provato da fargli evitare un attacco di panico al pensiero di quanto è diventato dipendente da Merlin, ma Merlin se n’è andato per tre giorni e per tre giorni Arthur è stato irritabile e irascibile (più del solito, a detta di Gwaine) e davvero l’unica cosa che vorrebbe fare sarebbe abbracciare il suo servitore, sentirne l’odore (il vero odore) e dimenticare anche solo per qualche istante chi è in realtà, che ruolo ricopre e quali siano i suoi doveri.
“Arthur, davvero, vorrei solo sapere dove-” ma la frase non viene mai finita, perché la mano di Merlin gli scivola lungo tutto il braccio e Arthur è talmente intento a seguirne il gesto da dimenticarsi completamente delle ferite attorno al polso. Quando la mano di Merlin si stringe delicatamente proprio attorno alla pelle martoriata non riesce a evitare un sibilo.
Merlin toglie la mano come se temesse di avergli fatto lui del male e Arthur spera di cavarsela in qualche miracolosa maniera, se non fosse che gli occhi di Merlin si riducono a una fessura e la mano scatta in avanti veloce, afferrando il braccio di Arthur e alzandogli la manica.
Passano diversi istanti di agghiacciante silenzio mentre Merlin fissa le bende insanguinate che Gwen gli ha gentilmente avvolto attorno ai polsi (non si è arrischiato ad andare da Gaius) e poi Arthur sente l’aria nella stanza cambiare; i peli dietro nuca e sulle braccia gli si rizzano facendolo rabbrividire e un suono gutturale si fa strada dal petto di Merlin, risalendo fino alla gola ed uscendo dalla bocca come un ringhio mal soffocato che lascia Arthur senza fiato.
Non ci sono nemmeno parole per descrivere l’espressione di Merlin in quel momento. Poteva solo dire di aver visto Alpha sul campo di battaglia ammazzare nemici con un’espressione meno crudele e iraconda della sua. Non ha mai visto Merlin davvero infuriato, a quanto pare, e una parte di lui (una piccola, stupida ed insignificante parte) sembra anche eccitata della cosa.
Il ringhio in gola di Merlin si spegne lasciando la stanza in un assordante silenzio e per qualche istante Arthur non sa né che fare né che dire ma a quanto pare è Merlin quello che ha voglia di parlare quella sera.
“Congratulazioni…” dice con voce profonda e questa volta i brividi Arthur ce li ha per un altro motivo “state per essere incoronato Re”
Sono solo gli anni di addestramento che permettono ad Arthur, anche se non capisce assolutamente la situazione, di afferrare comunque Merlin per un braccio quando lo vede dirigersi verso la porta. Merlin però è un dannato Alpha e un dannato stregone e niente sembra in grado di fermarlo mentre trascina Arthur con sé senza apparente sforzo.
Arthur però non ha intenzione di farlo uscire da quella camera e gli si para davanti, puntando i piedi e afferrandolo per le spalle, cercando in qualche modo di rallentarlo.
“Merlin! Merlin! Maledizione, Merlin! Vuoi fermarti, che intenzioni hai?”
“Vado a strappare la gola di Uther a mani nude e poi lo smembro finché non resterà più nulla di lui se non il funesto ricordo di quand’era in vita”
A questo, Arthur non ha una risposta abbastanza adeguata.
“Merlin, è il tuo re!” è l’unica cosa che si sente di dire mentre pensa velocemente a come diavolo fermare la furia di un Alpha, ma non sembra dover pensare a lungo perché i passi di Merlin si fermano a qualche metro dalla porta e lo sguardo si sposta al viso di Arthur.
L’unica cosa a cui riesce a pensare Arthur in quel momento è che Morgana probabilmente prenderebbe la soluzione di Merlin come la più veloce ed efficace ma che non può lasciarglielo fare.
“Lui non è il mio niente” sputa fuori Merlin con una cattiveria di cui non lo credeva capace. “Non sono qui per lui, non m’importa nulla di lui. Se dovessi trovarlo da qualche parte in fin di vita l’unico motivo per cui lo salverei e non mi godrei lo spettacolo del vederlo morire sarebbe perché a voi, per qualche ragione che mi è completamente ignota, importa di lui. Io sono qui per voi, voi siete il mio Re, voi siete la persona che guiderà Camelot alla grandezza e sarete un Re degno di questo nome. Non lui. Chi… chi farebbe questo al proprio figlio?” e dicendo questo, nonostante la furia cieca che sembra possederlo, Merlin gli afferra entrambi i polsi con una delicatezza estrema e li alza mostrando ad Arthur le ferite come se lo stesso Arthur se ne fosse dimenticato.
Arthur guarda Merlin, che gli restituisce lo sguardo con occhi grandi e arrabbiati e l’affanno, e per qualche motivo si ritrova a confrontarlo con suo padre.
Uther gli ha sempre fatto paura fin da quando era un bambino. È sempre stato un uomo irascibile e incline alla violenza anche se molto spesso gli bastava solo alzare di quel poco la voce per far zittire chiunque avesse attorno e ridurlo all’obbedienza; con la notizia poi che suo figlio si era presentato come Omega, Arthur ha vissuto l’intera adolescenza nella paura di fare anche la minima cosa sbagliata e di venir punito per questo. Ha sempre temuto lo sguardo di disapprovazione di suo padre quando non faceva altro che cercare di accontentarlo, anche se non sembrava mai abbastanza, e Uther l’ha colpito molto spesso (sia fisicamente che sentimentalmente) fino ad arrivare a rinchiuderlo solo poche ore prima in una segreta. Ora invece si ritrova davanti Merlin, un Alpha incredibilmente incazzato e desideroso di far uscire la rabbia dal suo corpo in qualsiasi modo possibile e Arthur non prova la benché minima paura. Se mai avesse trovato suo padre in uno stato del genere avrebbe fatto di tutto pur di non farsi trovare nelle vicinanze per almeno due giorni a venire e invece si ritrova nella stessa stanza con Merlin -Merlin che gli tiene i polsi nella maniera più delicata possibile, come se fosse un fiore che avrebbe potuto spezzarsi solo nello stringerlo un po’ più forte- e l’unica cosa che sente è un senso di protezione che gli scalda il petto.
Lo bacia senza nemmeno accorgersi di farlo e quando torna abbastanza in sé da pensare razionalmente di doversi allontanare le braccia di Merlin lo stringono attorno alla vita e lo premono contro il suo corpo. Non c’è un filo d’aria che possa passare tra loro e Arthur alza le mani per affondarne una nei capelli di Merlin e aggrapparsi alla sua tunica con l’altra.
Merlin lo bacia come se ne andasse della sua vita, lo bacia come se avesse sempre voluto farlo, lo bacia con così tanta riverenza e amore che Arthur si chiede dove diavolo stesse guardando per non accorgersi di un sentimento così forte.
Arthur lo bacia con l’ingordigia di chi sta aspettando questo momento da tutta una vita, con la voglia e la speranza che non finisca mai e con la disperazione che se dovesse finire deve prendere tutto e subito.
La magia di Merlin lo avvolge e assieme ad essa il suo odore e Arthur non riesce a impedirsi un gemito mentre la testa inizia a girargli e Merlin ne sembra compiaciuto, a giudicare dal rumore che gli esce dal petto che sembra pericolosamente vicino alle fusa di un gatto.
Arthur nonostante tutto si ritrova a sorridere e fa per scostarsi per dire qualcosa di poco carino ma Merlin non sembra ancora dell’avviso di lasciarlo andare e lo ferma mettendogli una mano sulla nuca, impedendogli di allontanarsi.
Arthur -le mani di Merlin che gli accarezzano la schiena, la lingua che gli esplora il palato, il corpo perfettamente premuto contro il suo-  pensa che non era poi molto importante quello che doveva dire.
Sono pochi gli attimi in cui si allontanano abbastanza da guardarsi semplicemente in faccia e riprendere fiato e in quegli attimi ogni tanto Arthur scorge negli occhi di Merlin una sorta d’incertezza -come se non potesse credere che stesse succedendo davvero- e quelli sono i momenti in cui Arthur gli mette una mano sul collo e lo trae nuovamente a sé, incapace di fare altro.
Poteva andare avanti tutta la notte. Per gli Dei, poteva andare avanti tutta la vita.
Un bussare alla porta fa voltare entrambi di scatto verso quella direzione e Merlin lo afferra stringendolo possessivamente a sé e ringhiando sommessamente in una sorta di avvertimento. Arthur vorrebbe tanto versare in condizioni migliori di Merlin ma l’unica cosa che riesce a fare oltre a chiedere chi diavolo è a quell’ora della notte è afferrare Merlin e non lasciarlo andare.
“Sono Morgana. Dobbiamo parlare”
Arthur guarda Merlin che gli restituisce lo sguardo e sembra in qualche modo più lucido e anzi, quasi imbarazzato dal suo comportamento.
“Non possiamo parlarne domani, Morgana? Sono stanco” e in realtà, nonostante l’adrenalina a mille e il sonno completamente passato, Arthur è davvero stanco e non vuole parlare, vorrebbe solo godersi quel momento con Merlin dopo aver tanto aspettato, grazie tante. Ma Morgana non sembra voler cedere.
“Arthur…”
Arthur appoggia la fronte sulla spalla di Merlin e sospira esasperato, una mano di Merlin corre ai suoi capelli e glieli accarezza distrattamente regalandogli qualche istante di serenità.
“Entra” dice infine, perché sa perfettamente di cosa devono parlare anche se continua ad essere convinto che il tutto avrebbe potuto aspettare il giorno dopo.
Non ha però alcuna intenzione di spostarsi da Merlin e Merlin sembra dello stesso avviso, perché si assicura che Arthur resti esattamente dov’è, stringendo ancora di più la presa in maniera quasi dolorosa. Arthur non ha nulla da obbiettare e rimane con gli occhi fissi sul viso di Merlin a scrutarne le ciglia, gli occhi celesti incredibilmente scuri che lo fissano di rimando, le ombre sugli zigomi spigolosi, la bocca semi aperta che lo sta invitando a muoversi in sua direzione e baciarla di nuovo.
Morgana entra nelle stanze di Arthur e trova lui e il suo servitore abbracciati davanti il caminetto col fuoco che si sta pian piano spegnendo.
L’aria nella stanza deve avere un odore diverso perché Morgana arriccia il naso e osserva Merlin con cipiglio impettito, per poi tornare ad osservare tutta la scena con una certa area divertita.
“Ho forse disturbato?” chiede sorniona e Arthur butta fuori l’aria esasperato ma non trova la forza di voltarsi a guardarla, continuando a fissare Merlin come se non ci fosse nessun altro lì dentro a parte loro due.
“Certo che hai disturbato. Ti sembra di non aver disturbato?”
“Beh, chiedo scusa” dice prendendo posto al tavolo, il sorriso sempre ben stampato in faccia “ma credo che ci siano cose di cui dovremmo discutere prima che Uther inizi ad insospettirsi”
Arthur a quello sospira e torna ad appoggiare la fronte sulla spalla di Merlin.
Per gli Dei, è così tanto stanco.
“Insospettirsi di cosa?”
La voce di Merlin è tornata normale, non c’è più quel lieve ringhio di sottofondo, il tono basso e rancoroso e già un vecchio ricordo. È tornato il Merlin di sempre.
Arthur un po’ si rincresce di quel cambiamento perché gli sembra di essere tornato un passo indietro nonostante le braccia di Merlin non si spostino da lui nemmeno per un secondo.
“È arrivato il momento per mio padre di lasciare il trono” si ritrova a dire Arthur, stanco come non mai contro il collo di Merlin.
Le mani di Merlin corrono alle sue spalle e lo solleva di forza, guardandolo con occhi sgranati come se non credesse a ciò che stava sentendo. Cosa non strana, essendo che Arthur non riusciva nemmeno a credere di averlo detto ad alta voce.
“Oh santo cielo, siete serio!” è l’unica risposta che arriva dopo diversi secondi e Arthur sospira, esasperato, guardando al soffitto.
“No, Merlin. Morgana è sgattaiolata qui di notte per fare a nostro padre una festa a sorpresa…”
“Beh potremmo anche metterla in questi term-”
Non ora, Morgana!
Morgana chiude la bocca ma il sorriso sornione non se ne va mentre guarda la stanza per dare loro una parvenza di privacy.
“Dobbiamo solo capire se la cosa avverrà pacificamente o meno” finisce Arthur, guardando Merlin negli occhi e cercando di trovare la forza di scostarsi da lui per raggiungere sua sorella al tavolo. Merlin gli restituisce lo sguardo e Arthur non riesce a decifrarne l’espressione ma spera solo sia qualcosa di buono perché non sopporterebbe altre brutte notizie, non al momento e non da parte di Merlin.
“Sono fiero di voi, Arthur”
È la prima volta in vita sua che qualcuno gli dice una cosa del genere e non pensava sarebbe mai capitato cercando un modo di detronizzare suo padre.
Sono fiero di voi, Arthur.
Arthur risente le parole come se Merlin le avesse pronunciate di nuovo e gli scaldano stupidamente il petto. Alla sua età non dovrebbe importargli più una cosa del genere, non dovrebbe più volere l’approvazione di nessuno ma è Merlin ad avergliele dette e valgono più di qualsiasi cosa al mondo.
Distoglie lo sguardo nonostante non creda di riuscire a nascondere il rossore sulle guance e prende Merlin per mano, trascinandolo verso Morgana che si sta sistemando le pieghe del vestito (chissà se sua sorella riuscirà mai a smettere di sorridere) e li aspetta con finta noncuranza.
Arthur si siede e quando Merlin sta per fare lo stesso prende la sedia di Merlin e la sposta contro la sua, bracciolo contro bracciolo.
“Non una parola” dice guardando con la coda dell’occhio Morgana mentre aspetta che Merlin gli si sieda accanto, le braccia che si toccano. Lei richiude la bocca ma lo sguardo accigliato dice tutto.
“Allora…” comincia lui “…dicevi di avere un piano”
Morgana torna seria e annuisce, prendendo da nemmeno Arthur sa dove delle pergamene con nomi, mappe e stemmi.
Sarà una lunga notte.
 
***
 
Quando Morgana se ne va il fuoco è quasi spento nel camino e l’umore di Arthur si è fatto dei più neri.
Ha vacillato durante quella discussione, si è chiesto se stesse davvero facendo la cosa giusta e se lo fosse soprattutto per il popolo di Camelot. Ma una parte del suo popolo era seduta assieme a lui proprio in quella stessa stanza fino a qualche istante prima.
Stregoni e druidi fanno parte del suo popolo e veniva fatto loro del male senza nemmeno un giusto processo e il ricordo della bambina a cui sarebbe semplicemente bastato trovare la madre per andarsene via serenamente gli fa contorcere lo stomaco.
Uther doveva cedere il trono, non c’era altra soluzione.
Una parte di lui continua a rigettare la sola idea di fare una cosa simile alle spalle del padre ma è stato Uther stesso ad insegnargli che quando si prende una decisione la si porta avanti fino infondo.
La soluzione più pacifica è quella di far andare suo padre in esilio in uno dei loro vari terreni il più lontano possibile da Camelot. Se gran parte dei cavalieri fosse stata dalla loro parte c’erano buone speranze, l’unico punto dolente poteva essere rappresentato dalla nobiltà e dal concilio, ma suo padre si era inimicato molti dei nobili sommergendoli di tasse quindi forse il tutto si sarebbe potuto risolvere senza troppi spargimenti di sangue.
Arthur però conosce suo padre e sa perfettamente che non avrebbe lasciato Camelot senza lottare e che almeno uno scontro sarebbe stato impossibile da prevenire.
L’idea di dover sfidare suo padre probabilmente a morte non lo alletta per nulla.
“Venite, avete bisogno di dormire”
Arthur distoglie lo sguardo dalle ultime fiamme del caminetto acceso e lo porta a Merlin, che sta scostando le coperte sul letto.
Ha bisogno di dormire, su questo non c’è dubbio, ma non sa se riuscirà a chiudere occhio. Merlin gli è accanto quando Arthur non sembra intenzionato a muoversi e lo esorta ad alzarsi afferrandolo per un braccio.
Raggiunge il letto e ci si getta sopra malamente, scalciando via gli stivali senza aspettare che Merlin lo aiuti e rimane a fissare il soffitto per qualche istante e tutto per un secondo sembra grigio e freddo.
“Spostatevi un po’, questa è la mia parte del letto”
Arthur distoglie lo sguardo dai suoi tendaggi e lo porta, abbastanza sorpreso se deve dirla tutta, al suo servitore che si sta togliendo gli stivali e sta salendo sul letto accanto a lui.
“E che cosa staresti facendo, di grazia?” probabilmente il suo tono dovrebbe essere indignato ma trova tutta la faccenda abbastanza divertente.
“Non penserete di certo che a quest’ora me ne torni nelle mie fredde e buie stanze, vero?” chiede Merlin spingendolo un po’ più in là. L’audacia di Merlin, davvero.
“Ooh, e da quando questa sarebbe la tua parte del letto, se posso chiedere?” e Arthur non può credere a se stesso alle volte ma si sposta, lasciando abbastanza spazio a Merlin per infilarsi sotto le coperte e mettersi comodo.
“Faccio sempre il mio pisolino ristoratore da questa parte, sono un tipo piuttosto abitudinario, io”
C’è silenzio per un istante e poi Arthur ride talmente forte che teme che qualche guardia possa entrare nelle sue stanze a controllare cosa sta succedendo ma, ne andasse della sua vita, non riesce a fermarsi.
Cerca di camuffare le risate premendosi un cuscino sulla faccia ma ride ancora più forte quando è lo stesso Merlin a schiacciarglielo addosso con forza, minacciando di ucciderlo seduta stante se non avesse smesso abbastanza in fretta.
La situazione si ribalta senza nemmeno questo gran sforzo da parte di Arthur, che semplicemente fa perno sul suo braccio e fa ricadere indietro Merlin, facendolo distendere di nuovo a letto e rubandogli il cuscino dalle mani.
“Alpha o meno, sei sempre terribilmente goffo, Merlin”
“Omega o meno, siete sempre incredibilmente una testa di fagiolo, Arthur”
Arthur, nonostante come sia andata quella giornata, si ritrova a sorridere nel guardarlo e ad alzare una mano a toccargli i capelli. Merlin la intercetta e la stringe tra le sue, guardandolo con un’aria mezza dispiaciuta.
“Vi ho già detto che non sono un granché con la magia curativa, ma almeno posso alleviare un po’ il dolore”
Arthur guarda il polso coperto dalle mani di Merlin e si ritrova persino sorpreso di avere delle ferite.
Merlin mormora qualcosa sottovoce, gli occhi si illuminarono d’oro nell’oscurità della camera e Arthur non riesce a distogliere lo sguardo. Merlin passa a fare lo stesso col secondo polso e Arthur sente effettivamente un po’ di sollievo.
“Grazie” si ritrova a dire, sincero.
Merlin semplicemente sorride e si distende meglio sui cuscini, Arthur segue il suo esempio e gli si stende accanto, abbastanza vicino da poterlo toccare.
Arthur rimane a guardare la figura rilassata accanto a sé e sente le palpebre farsi pesanti e forse, pensa, con Merlin accanto a sé non sarà poi così difficile prendere sonno.
Si addormenta con la sensazione di braccia forti che lo tirano a sé e l’odore del suo Alpha nelle narici.
 
 
 
 
 
 
NOTE:
Dai, ce l’abbiamo fatta X’D
 
 

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Salve a tutti di nuovo e per l’ultima volta (cos? Che?)
Apro questo capitolo dicendo questo: faccio schifo a scrivere di situazioni anche solo vagamente sessuali, non è il mio, non ce l’ho nel sangue, non fa per me. Detto questo cosa posso dire? Ci ho provato lo stesso perché nonostante questa cosa sia stata scritta più per le pippe mentali di Arthur che per il sesso, di per sé resta comunque una A/B/O e quindi che vuoi fare? Porte che si chiudono sui protagonisti mentre ci stanno per dare dentro? (La mia risposta sarebbe “sì” ma non credo verrebbe accettata dai più...) con queste premesse vi prego di essere indulgenti e metto anche subito le mani avanti dicendo che il sesso è descritto brevemente (sarà un paragrafo, tipo?) quindi non vi aspettate grandi cose, preferisco dirlo subito e via il dente via il dolore.
Buona lettura se dopo queste premesse siete ancora qui :’D
 
 
 
 
 
.Capitolo 3
 
 
 
Per la prima volta da molto tempo Arthur si sveglia da sé, senza Merlin che viene ad aprirgli le tende e lo incita ad alzarsi perché il regno non ha tempo di aspettare lui, e per qualche attimo si chiede dove diavolo sia Merlin e perché diavolo non sia andato a svegliarlo.
Poi sente una sensazione di calore e di benessere e di braccia che lo stringono e si sveglia di colpo, aprendo gli occhi e portandoli alla figura dormiente di Merlin accanto a sé.
Le tende sono state tirate malamente la notte prima e le prime luci rischiarano parte della stanza, Merlin è ancora in ombra ma Arthur riesce a delinearne il viso senza alcuno sforzo.
Merlin non è per niente elegante quando dorme, la bocca semi aperta e un leggero russare di chi sembra non si sveglierà per diverse ore a venire, ma il viso è sereno e pacifico e Arthur lo confronta con l’espressione rabbiosa della sera prima e si riscopre felice di questo momento di tranquillità.
Si avvicina un po’ di più fino ad appoggiare la testa sul petto di Merlin ed è come se Merlin sentisse il cambiamento di posizione perché si sposta, facendo spazio ad Arthur e allacciandogli le braccia attorno al corpo, tirandolo di più a sé. Non è la posizione più comoda in cui abbia mai dormito ma non ha nessuna intenzione di spostarsi.
Sente il battito del cuore di Merlin direttamente nell’orecchio e quel regolare e sostenuto tu-tum lo fa riaddormentare di nuovo mentre pensa di non essersi mai sentito così in pace in tutta la sua vita.
 
La seconda volta che si sveglia Merlin gli sta distrattamente accarezzando i capelli mentre legge un libro che Arthur non ricorda nemmeno di possedere.
“E quello dove l’hai trovato?” si ritrova a dire come buongiorno, la voce arrocchita.
Merlin chiude il libro e si volta a guardarlo con un ampio sorriso.
“Magia” risponde, riponendolo sul comodino e distendendosi di nuovo a letto, rivolgendo il viso verso Arthur.
“Buongiorno anche a voi” il sorriso di Merlin è sempre stato radioso ma non è nulla di paragonabile a quello che gli viene rivolto in quel momento. Arthur non lo ammetterà mai ad anima viva ma ha il cuore in gola.
“Lo è?” domanda, un sopracciglio inarcato e un mezzo sorriso mentre guarda Merlin che gli restituisce lo sguardo, confuso, poi capisce, alza gli occhi al cielo e sospira pure, l’idiota.
Merlin fa leva su un braccio e si abbassa poggiando un casto bacio sulle labbra di Arthur, uno, due, tre volte mentre la mano di Arthur si fa strada tra i suoi capelli.
“Buongiorno?” chiede allora sarcastico Merlin, scostandosi quel tanto che basta per parlare e guardarlo negli occhi.
“Buongiorno” conferma allora Arthur e lo attira nuovamente a sé con la mano che ha ancora sulla nuca di Merlin.
Ci sono cose urgenti da fare, persone con cui parlare, piani da mettere in atto ma il letto è confortevole e il corpo di Merlin contro il suo è caldo e Arthur non trova nemmeno una buona motivazione per cui dovrebbero fermarsi.
Merlin gli è sopra in pochi istanti e Arthur si ritrova ad allacciargli le gambe in vita come se fosse la cosa più naturale del mondo, come se l’avessero già fatto altre volte.
Le mani di Merlin sono ruvide e callose sotto la sua tunica mentre tenta di levargliela e contemporaneamente cerca di baciarlo e Arthur si chiede perché diavolo non abbia semplicemente dormito nudo la notte prima così da evitarsi questo inferno.
Riescono a liberarsi dei vestiti ed improvvisamente è tutta pelle, tutti arti intrecciati tra di loro e Arthur non capisce, non sente e non vede più nulla che non sia Merlin.
Merlin lo bacia come la sera prima, con avidità e trasporto e lo tocca con reverenza e quasi timore; Arthur di quello non se ne fa niente, vuole essere rotto da Merlin e poi rimesso a posto, vuole la ruvidità, vuole-
Ma Merlin è gentile e delicato in tutto ciò che fa, in tutto ciò che comporta Arthur, e improvvisamente Arthur ha le lacrime agli occhi per tanta dolcezza ma non sarebbe nemmeno Merlin se non iniziasse a parlare e a fare battute e a chiamarlo nei modi peggiori possibili e Arthur si ritrova anche a ridere e ad insultarlo e a rotolare nelle lenzuola per un comando che alla fine non ha intenzione di cedere.
Merlin non gli nega niente.
 
“Beh, adesso questo è un buongiorno di certo”
“Oh sta’ zitto, Merlin!” Arthur, nonostante le parole, si ritrova a baciargli i capelli e Merlin ride, poggiando il viso sulla spalla di Arthur.
Rimangono così, stesi uno accanto all’altro in silenzio per diverso tempo finché i rumori all’interno del castello iniziano a farsi sentire e le voci nel cortile iniziano a chiacchierare. Entrambi si irrigidiscono per quel ritorno alla realtà che nessuno dei due stava aspettando e Arthur sente Merlin sospirare.
“Dobbiamo andare, non è vero?”
Merlin annuisce ma non si sposta, Arthur capisce benissimo il suo stato d’animo.
“Prima finiamo con questa storia meglio sarà per tutti”
Merlin annuisce di nuovo ma continua a non spostarsi.
“Non me la stai rendendo facile, lo sai, sì?”
A quello Merlin sorride di nuovo.
“Perché, quando mai l’ho fatto?”
Arthur sbuffa fuori una mezza risata e lo sposta di prepotenza.
“Stai lontano da me, stregone tentatore!” dice mentre si alza dal letto e si allontana il più possibile raccogliendo i propri abiti e rivestendosi, lanciando a Merlin i suoi, dritti in faccia.
Merlin a quello sgrana gli occhi e poi scoppia a ridere.
“Certamente sono io il tentatore tra i due, in effetti sono stato io ad infilarvi la lingua in bocca questa mattina-”
Merlin!” Arthur teme di essere arrossito fino la punta dei capelli.
“Ooh, come siete pudico, mio signore, dalle vostre azioni di poco fa di certo non sembrava”
Il maledetto ha pure il coraggio di distendersi nuovamente a letto, sempre fieramente nudo, e guardarlo con aria sorniona. Arthur non si dimenticherà finché campa quella visione né il modo in cui quel mio signore è stato detto.
La voce di Merlin però cambia quando lo richiama e sembra in qualche modo più seria e preoccupata e Arthur rischia uno sguardo in sua direzione.
Merlin ha avuto la grazia di coprirsi col lenzuolo e ha alzato una mano per fargli cenno di avvicinarsi. Arthur vorrebbe fare una battuta sarcastica ma qualcosa nel viso di Merlin lo ferma e lo fa avvicinare, porgendogli la mano.
Merlin guarda criticamente i polsi di Arthur e Arthur si meraviglia di essersene scordato di nuovo.
La pelle ha preso un malsano colorito violaceo/giallastro e si sono già formate delle croste, ma almeno non sembrano esserci segni di infezione e lo sguardo di Merlin è di nuovo cupo ma non sembra omicida come la sera prima, o almeno questo Arthur lo spera.
Merlin, come la notte precedente, gli afferra un polso per volta e lo ricopre con le proprie mani ripetendo parole per Arthur incomprensibili ma a cui si è abituato.
È la seconda volta che Merlin usa questo incantesimo su di lui e Arthur si riscopre sorpreso dal pensare che è anche la seconda volta che lui ne è consapevole, che sa che qualcuno sta usando la magia direttamente su di lui e trova la cosa in qualche modo affascinante.
Merlin deve aver notato qualcosa nel volto di Arthur perché quando alza il viso su di lui per ringraziarlo di nuovo, Merlin lo osserva con un mezzo sorriso e gli occhi di chi non sa se ha fatto la cosa giusta o meno.
Arthur sbuffa sonoramente e guarda la porta sapendo perfettamente quale dovrebbe essere il suo primo dovere.
Il suo primo dovere però può sicuramente aspettare un’ora o due in più e quando risale a letto spogliandosi di nuovo la faccia sconvolta che gli regala Merlin è tutto ciò che gli serve per essere in pace e torna a baciarlo scostando le coperte e salendogli sopra.
 
***
 
Dopo più di due mesi di ricerche e sotterfugi Arthur è disposto ad ammettere con tutta tranquillità che senza Morgana avrebbero fatto veramente poco. Sua sorella è sempre stata un’ottima stratega (quasi al suo pari) ed entrambi sapevano come affascinare gli interlocutori e guidare una conversazione (Uther si è sempre premurato di fare di entrambi dei bravi diplomatici), ma quasi tutta la nobiltà è formata da vecchi babbioni frustrati e le attenzioni di una giovane donna, per di più di nobili origini, sono sempre ben accette, così come un orecchio amico con cui parlare dei vari problemi irrisolti nel regno.
Arthur non è stupito di nulla.
Gli inverni degli ultimi anni sono stati molto rigidi e le estati estremamente calde, la raccolta del grano è stata infruttuosa, c’è stato un periodo di siccità che ha messo in ginocchio due diverse regioni e gli aiuti sono stati negati nonostante le tasse fossero state aumentate.
Nessun nobile ha osato aprire bocca contro il re, nessuno ha osato dire ad alta voce che le tasse erano troppo alte e che non restava nulla per loro o i loro abitanti ma l’accusa stava comunque nelle loro parole, nel tono mellifluo con cui venivano pronunciate.
Arthur ricorda la discussione che ha avuto con suo padre mesi prima, facendogli notare la situazione incresciosa in cui versava il loro popolo, ma Uther ha rifiutato loro gli aiuti perché Camelot veniva prima di tutto e non c’era alcun modo di poter aiutare gli altri se Camelot per prima era in difficoltà. Arthur a quel punto ha anche provato a suggerire un cambiamento nello stile di vita, togliersi di bocca un boccone per poterlo dare agli altri, dividere i guadagni ma Uther lo ha cacciato dalla sala del trono senza lasciarlo finire di parlare.
Arthur, lasciato il compito a Morgana di ascoltare la nobiltà, ha parlato invece con i cavalieri: non si può fare una ribellione se le tue forze sono schierate contro di te.
Arthur, in questo, si è fidato di Leon.
Leon lo ha guardato come se lo avesse veramente visto per la prima volta e Arthur per qualche istante non ha saputo cosa fare. Se avesse fatto la scelta sbagliata e adesso fosse tutto rovinato… ma Leon ha chinato il capo, nell’inchino più profondo che Arthur gli abbia mai visto fare, e gli ha sorriso quando ha riportato gli occhi su di lui.
“Lasciate fare a me, Sire”
Arthur non si è mai sentito più grato.
Merlin in tutto questo, grazie a Dio, è sempre rimasto al suo fianco. Lo ha supportato e ascoltato quando ha avuto dei dubbi, è rimasto con lui nelle lunghe notti in cui non riusciva a dormire, lo ha fatto ridere e lo ha distratto quando gli sembrava che non ci fosse più nulla di buono attorno a lui e lo ha sbeffeggiato quando Arthur pensava di non poter portare avanti tutto questo.
“Siete capace di questo e ben altro, Arthur”
“Come fai ad esserne così sicuro, davvero non lo so”
E Merlin lo ha semplicemente guardato, sorridendogli con dolcezza.
“Lo so perché ho fiducia in voi”
Arthur lo ha baciato finché non ha sentito le labbra indolenzirsi.
 
***
 
Arthur sente il formicolio dietro la nuca e tenta di allontanarlo muovendo le spalle e scuotendo la testa. La cosa non serve a molto.
Ha energie da vendere, cammina avanti e indietro al suo caminetto e non riesce a darsi pace, perché sa cosa sta per succedere e non poteva capitare in un momento peggiore.
Sente il calore che sta arrivando. Adesso che è abituato a non avere più un ciclo regolare coglie i piccoli cambiamenti: l’affaticamento, il caldo, ciò che gli provoca la vicinanza a Merlin.
Mio Dio, Merlin.
Si ferma davanti al caminetto, la mani davanti a sé come a sostenersi sulla pietra, e prende profondi respiri mentre lo stomaco gli si contorce al solo pensiero di Merlin che lo tocca, lo bacia, lo sfiora, lo…
Gli esce un gemito dalla bocca e si sente respirare con l’affanno.
Deve andarsene finché ne è ancora in grado.
Quando la porta si apre senza un bussare Arthur sa benissimo chi è e si raddrizza dal focolare, muovendo le spalle come se ce le avesse indolenzite, come se non avesse tutto il resto del corpo che sembra andare a fuoco e prudere in maniera fastidiosa sotto pelle.
Merlin entra nella stanza e sente immediatamente che qualcosa non va, Arthur lo capisce da come Merlin si ferma dal parlare e da come si guarda intorno, come se si aspettasse un nemico da dover combattere.
“Devo andarmene” dice Arthur, in assenza di altro da dire.
Merlin riporta lo sguardo su di lui e Arthur sente le ginocchia tremargli.
Lo sguardo di Merlin è intenso, carico di tensione, il celeste dell’iride è quasi completamente scomparso e una rigidità nella postura indica quanto sia in difficoltà a trattenersi.
Arthur vorrebbe che non si trattenesse affatto.
“Sì, sarebbe meglio, prima che arrivi qualcuno” la voce di Merlin è bassa, profonda, Arthur avrebbe quasi difficoltà a sentirla non fosse che capisce tutto di Merlin, sempre. Come capisce anche che quel prima che arrivi qualcuno è più riferito al fatto che Merlin potrebbe staccar loro la testa se solo si avvicinassero ad Arthur in qualsiasi maniera.
Arthur, anche se non è l’idea migliore che gli sia mai venuta, si avvicina di qualche passo, vedendo Merlin irrigidirsi sempre di più.
“Arthur… non mi sembra il caso…” è un avvertimento che Arthur è più che felice di ignorare.
C’è una cosa di cui devono parlare, una cosa che Arthur ha rimandato fino a quasi l’ultimo minuto possibile perché non ha avuto il coraggio di tirare l’argomento in ballo prima.
Arthur alza una mano e la porta al fazzoletto attorno al collo di Merlin, raddrizzandolo un po’ senza pensarci.
“Voglio che tu venga con me” dice, non scostando gli occhi dalle sue mani che continuano a lisciare una tunica già liscia e un fazzoletto già riposizionato.
“Certo che verrò con voi, Arthur. Non pensavo ci fossero dubbi a riguardo”
Arthur prende un profondo respiro, gli occhi ancora incollati al petto di Merlin, e poi alza il viso a guardarlo.
Merlin lo osserva con aria preoccupata e sta per dire qualcosa ma Arthur deve parlare per primo.
“Tu sei il mio Alpha, Merlin” Arthur è abbastanza fiero di sé perché la voce non gli ha tremato nemmeno un po’, o almeno non così tanto come aveva pensato avrebbe fatto.
“So che non c’è stato niente di… ufficiale tra di noi” rifiuta di pensare che sta arrossendo “Ma non vorrei nessun altro al mio fianco” e questo riesce a dirlo guardandolo dritto negli occhi, con tutta la sincerità di cui è capace anche se è troppo preso da se stesso per accorgersi di qualsiasi cambiamento in Merlin “E sei il mio Alpha perché sei un Alpha, ma non è importante perché potresti essere un Beta, un Omega o niente di tutto ciò, saresti comunque il mio stregone e se non fossi quello saresti il mio amico, il mio confidente, saresti il mio…” Arthur sospira pesantemente, una mano a massaggiarsi gli occhi stanchi “Merlin. Saresti il mio Merlin” dice infine, sollevando le spalle e il mento come a sfidarlo di dire qualcosa a riguardo.
La mano di Merlin che gli afferra il collo è fresca e Arthur si ritrova a fare mezzo passo avanti, tirato proprio da quella mano e la bocca di Merlin è sulla sua, calda e accogliente, e uno degli ultimi pensieri lucidi di Arthur è che forse va tutto bene.
Il forse viene eliminato quando Merlin lo prende di forza da sotto le cosce e lo solleva, facendo si che Arthur gli circondi la vita con le gambe per non cadere (e assolutamente non ha emesso mezzo fiato per la sorpresa) e lo sbatte con un po’ troppa violenza contro il muro, continuando a baciarlo e premerlo contro di sé.
Arthur sa che se non si fermeranno non andranno proprio da nessuna parte e non è un rischio che è disposto a correre.
“Merli- Mer… Oh caz- Merlin!” ci vuole più forza di volontà di quanto avesse creduto per afferrarlo per i capelli e allontanarlo dal suo collo e ancora più forza per non tirarlo a sé con quella stessa mano.
Merlin ha il fiato corto e gli occhi scuri e lo guarda come se lo volesse mangiare.
Arthur non avrebbe alcun problema a riguardo.
“È un viaggio lungo e se continuiamo così non sarò in grado di intraprenderlo”
Merlin lo osserva per diversi secondi e poi chiude gli occhi, scuotendo la testa come a liberarsi da un pensiero e torna a guardarlo.
“Sì, dobbiamo andare. Vado a preparare i cavalli, vi prendo la borsa”
Merlin lo riappoggia a terra e per Arthur è come quasi una perdita; per diversi secondi si sente spaesato, vuoto, solo e freddo finché Merlin non gli appoggia la fronte sulla sua ed è di nuovo tutto a posto.
“Vale lo stesso per me, sapete?”
“Mh?”
“Siete il mio Omega” a quello Arthur può sentire le ginocchia molli “siete il mio Re, mio amico, mio confidente e mio Arthur”
Arthur ha la gola chiusa e l’unica cosa che gli esce è un suono spezzato. Annuisce e basta mentre stringe Merlin a sé e rimangono così, abbracciati, finché entrambi non si sentono un po’ più calmi e stabili.
Merlin ha gli occhi un po’ lucidi quando lo riguarda ma Arthur non si sente di prenderlo in giro perché non pensa di essere in condizioni migliori.
“E siete anche la mia testa di fagiolo preferita”
Arthur a quello ride di cuore e Merlin lo segue a ruota.
“Ah, Merlin, a questo sì che posso credere”
 
***
 
Il sole è appena iniziato a tramontare quando arrivano e Agnes e William sono entrambi in giardino e li salutano con grandi sorrisi e inchini a cui Merlin non è abituato e che Arthur trova inopportuni, ma dopo tutti quegli anni non c’è modo di farli smettere.
William sistema i cavalli nella stalla e Agnes chiede loro se hanno fame, com’è andato il viaggio, se c’erano pericoli in giro.
Nessuno presta attenzione alla presenza di Merlin che si aggira per le stanze (facendo e cercando cosa, Arthur non ne è sicuro) perché ormai sono abituati a Merlin che resta a chiacchierare un po’, a bere una tazza di tè prima di andarsene e Arthur cerca di non pensare al momento in cui dirà loro che Merlin non se ne andrà proprio da nessuna parte questa volta, e piuttosto passa a fare un resoconto di come le cose vadano a Camelot, di come stiano sua sorella e suo padre e di come il viaggio sia andato liscio e senza intoppi.
È quando la sera inizia a calare e si fa troppo buio e pericoloso per andarsene in giro da soli che Agnes lancia delle occhiate in tralice a Merlin (che sta osservando un quadro alla parete con molto interesse da quel che sembra, le mani dietro la schiena e un’espressione rilassata) e poi guarda Arthur.
Arthur beve un sorso del vino che ha nel bicchiere prima di rispondere alla tacita domanda.
“Merlin resta con me” è la sola cosa che dice con voce ferma e senza incertezza nonostante ci siano cosi tante implicazioni in quella frase che Arthur non sa nemmeno da dove iniziare, e per qualche stupido motivo ha il cuore in gola nel dirlo ad alta voce per la prima volta e uno stupido sorriso che non vuole abbandonalo.
Agnes gli sorride di rimando, raggiante.
“Immagino non avrete bisogno di noi questa volta, allora”
Arthur scuote la testa.
“Molto bene, allora io e mio marito ci ritireremo nell’ala più a est, così eviteremo spiacevoli inconvenienti”
Arthur si sente arrossire fino la punta dei capelli ma non distoglie lo sguardo, annuendo di nuovo.
A quello Agnes si alza e si avvicina a Merlin che ha sempre quel suo finto atteggiamento rilassato che in nessun modo però riesce ad ingannare Arthur (perché Arthur lo conosce troppo bene, perché la linea dura del collo e la rigidità delle spalle potrebbero passare inosservati a chiunque altro ma non a lui)
Una mano di Agnes gli tocca la schiena e Merlin si volta a guardarla con un sorriso sincero, anche se un po’ allarmato, e a quel punto Agnes gli circonda il viso con le mani e lo tira a sé costringendolo a guardarla negli occhi.
“Devi trattarmelo bene, ragazzo, d’accordo?”
Le parole sono dure e Arthur sente espandersi nel petto un moto d’affetto per quella donna minuta che conosce da così tanto tempo da poterla ormai considerare amica. Agnes che si preoccupa a ogni suo arrivo e si premura di dargli qualcosa per il viaggio di ritorno a casa, che lo tratta come il figlio che non ha mai avuto e a cui non sembra importare nulla che Merlin sia un semplice servitore.
Una vocina nella sua testa gli ricorda che Uther nemmeno una volta si è sprecato di chiedergli come fosse andata una sua traversata nel fitto del bosco, da solo, di notte.
E Agnes, Arthur pensa, è l’unica persona in grado di andare da un Alpha e impartirgli degli ordini mentre gli sta dando dei buffetti sulle guance e non avere un minimo tentennamento, nessuna traccia di paura.
Merlin a quel punto ride e si rilassa, prendendo tra le mani quelle di Agnes e guardandola dritto negli occhi.
“Mi staccherei la testa da solo piuttosto che fargli del male”
Arthur non è abituato a tutte queste dimostrazioni palesi di affetto e si alza dal tavolo, andando in cerca di William per la buonanotte prima di ritrovarsi ad essere un moccioso piangente bisognoso di attenzioni.
William è alla finestra che guarda la luna crescente, le spalle curve per gli anni passati, e Arthur gli si affianca cercando di far finta di non sentire lo sguardo di Merlin su di sé.
William non dice niente per molto tempo finché una mano spigolosa va ad appoggiarsi sulla spalla di Arthur.
“Sono contento per voi, maestà. Vi meritate un po’ di felicità”
E questo è quello che si definisce il colpo di grazia.
Arthur cerca di nascondere le lacrime proteggendosi il viso con una mano.
Probabilmente ha fallito miseramente perché la mano di William si fa più stretta sulla sua spalla e un fazzoletto di stoffa si fa strada nell’altra sua mano, ma nessuno dice niente, le chiacchiere in casa continuano e Arthur può prendere fiato per la prima volta dopo tanto tempo.
 
***
 
Sono le prime luci dell’alba quando Arthur si sveglia per un calore che gli parte dal basso ventre.
Si sente accaldato, in qualche modo infastidito ma soprattutto si sente eccitato.
Gli esce un gemito quando si sposta di lato e l’erezione sfrega contro le coperte fresche e gliene esce un altro appena il braccio che ha attorno alla vita (di cui non si era nemmeno accorto fino a quel momento) si sposta in lievi carezze per andarsi a sostituire alle lenzuola.
Arthur ansima pesantemente quando la mano di Merlin inizia a muoversi e improvvisamente è tutto calore, tutti suoni indistinti e Merlin gli sta sussurrando qualcosa all’orecchio ma Arthur non lo sente.
Viene in un tempo terribilmente imbarazzante appena Merlin gli morde il lato del collo.
Il sollievo di Arthur è immediato ma non duraturo, riesce a voltarsi con la schiena sul letto e Merlin è lì, sollevato su un gomito che lo guarda dall’alto.
La bocca di Merlin è sulla sua prima che Arthur abbia il tempo anche solo di pensare a qualcosa e poi non c’è più tempo per fare nemmeno quello.
Arthur lo bacia come se fosse l’aria che respira, Merlin lo afferra e se lo tira addosso come se non pesasse quasi ottantacinque chili, e Merlin chiama il suo nome, glielo mormora sul collo quando lo bacia, glielo sussurra all’orecchio quando Arthur lo lascia entrare dentro di sé e lo urla quando il primo orgasmo lo sopraffà, assieme al suo stesso nome pronunciato dalla bocca di Arthur.
Arthur è in fiamme ma per una volta accoglie quella sensazione come una benedizione perché Merlin è lì con lui ed è come se fosse giusto, è come se solo Merlin potesse far andare quel calore nel miglior modo possibile regalandogli solo piacere e null’altro. È così completamente diverso dalle altre volte che Arthur non crede nemmeno sia davvero in calore.
Poi tutto il resto viene spazzato via di nuovo quando Merlin lo afferra e se lo mette sopra a cavalcioni e tutto ciò che Arthur deve fare è prendere, prendere, prendere. E Arthur non se lo fa ripetere due volte, con i muscoli delle gambe che gli bruciano per lo sforzo e le spinte di Merlin che gli vanno incontro facendolo urlare.
Viene di nuovo in un lasso di tempo incredibilmente breve e collassa sopra a Merlin che lo tiene stretto a sé come se Arthur potesse mai andare da qualche altra parte. Come se Arthur volesse farlo.
Arthur lo bacia di nuovo ed è incoerente e disordinato e ha un angolazione strana ma va benissimo così.
“Alpha…” si ritrova a sussurrare Arthur tra un bacio e l’altro e il corpo di Merlin ha una reazione immediata, l’erezione preme di nuovo contro la coscia di Arthur e un ruggito di approvazione si fa strada nel petto dell’altro.
“Merlin” dice subito dopo sollevandosi sulle braccia e strusciandosi contro il corpo di Merlin cercando di nuovo contatto, calore e il suo Alpha.
Arthur si ritrova a posizioni invertite con un’unica mossa di Merlin e allarga le gambe per lasciarlo entrare, per lasciargli spazio, per lasciarsi toccare.
“Siete il mio Omega, Arthur?”
Arthur annuisce senza neanche doverci pensare.
“Vi concedete a me come Omega? Siete mio, Arthur?”
Arthur non riesce nemmeno a finire di annuire che si ritrova girato a pancia sotto e a stringere le coperte quando Merlin si fa di nuovo strada dentro il suo corpo e spinge, spinge ma Arthur non ne ha mai abbastanza e sente solo estasi e un senso di giusto e di casa e l’orgasmo lo fa urlare rendendolo rauco appena i denti di Merlin si fanno strada sulla parte tenera della sua nuca e mordono.
È l’ultima cosa che ricorda prima di cadere nel totale oblio.
 
***
 
Non sa se sia giorno o notte, né che giorno sia, ma francamente nemmeno gli interessa. Ha gli occhi chiusi, un corpo caldo premuto contro di sé, è al sicuro e protetto dalle braccia di Merlin che lo circondano e questo è tutto ciò che gli interessa.
Il respiro regolare di Merlin lo rilassa e la mano che gli sta accarezzando la nuca lo fa sorridere. Arthur pensa che non è mai stato così tanto felice in vita sua.
Ha il corpo indolenzito, non c’è un singolo muscolo che non gli faccia male ma Arthur è semplicemente beato.
Merlin è stato straordinario per tutto il tempo.
Nei momenti in cui il calore veniva abbastanza soddisfatto da poter dar loro un po’ di tregua Merlin lo puliva e lo faceva bere e mangiare, preoccupandosi del benessere di Arthur prima del proprio e poi dormivano abbracciati, cercando di recuperare quel poco di forze prima che il calore tornasse prepotente e richiedesse di nuovo le attenzioni di Merlin.
Arthur sente le mani di Merlin sul suo collo venire sostituite dalle labbra, che lo baciano teneramente e ad Arthur per un instante si mozza il fiato al pensiero del morso che deve ora trovarsi sul suo collo, un segno tangibile dell’essere stato reclamato.
Arthur è di Merlin adesso, così come Merlin è suo.
“State bene?” la voce di Merlin è arrochita e Arthur cerca di non pensare al perché. Si rigira nell’abbraccio e guarda il suo Alpha, che però rimane ad occhi chiusi, troppo stanco evidentemente anche solo per aprirli.
Arthur poggia la fronte su quella di Merlin e annuisce, vedendo le labbra di Merlin stendersi in un sorriso.
Merlin è pallido, la pelle è resa lucida dal sudore che gli si è asciugato addosso e i capelli sono appiccicati alla fronte e alla nuca. Non crede di versare in condizioni migliori, tutti e due hanno bisogno di un bagno e le lenzuola che li coprono a malapena dovranno decisamente venire lavate. Arthur alza una mano e va a stuzzicargli le orecchie facendo storcere il naso a Merlin.
“Per essere uno che non fa che prenderle in giro avete una strana ossessione per le mie orecchie” Merlin apre un occhio per mezzo secondo ma poi sembra davvero uno sforzo troppo grande e torna a chiuderlo. Arthur sente le guance scaldarsi ma non smette di delineare con il dito l’orecchio dell’altro che però non sembra avere niente da ridire a riguardo.
E poi uno strano pensiero lo folgora e la sua mente di punto in bianco si chiede come la corona potrebbe cozzare con le orecchie di Merlin e come sarà vederlo vestito con gli abiti di corte e si ritrova a ridere sommessamente, quasi con isteria, perché non ha mai davvero pensato a quell’evenienza e oh, santo cielo, quanto sarebbe stato divertente.
“Qualsiasi cosa stiate pensando, Sire, la ritengo offensiva a prescindere”
Arthur alza lo sguardo per portarlo a quello di Merlin, che continua ad essere sereno e rilassato con gli occhi chiusi sul cuscino, le parole che non corrispondono affatto con la sua espressione di beatitudine.
Arthur rimane per qualche istante a contemplarlo e teme che potrebbe passare così un quantitativo di tempo imbarazzante se non si dà una regolata.
“Merlin, sempre così sfiduciato nei miei riguardi”
Merlin apre un solo occhio giudicatore ma lo guarda e gli sorride. Arthur perde un battito.
“Stavo solo pensando a quanto i vestiti di corte si adatteranno perfettamente a te”
A quello Merlin apre anche l’altro occhio e lo fissa, una strana espressione di panico che si fa largo sulla sua figura e Arthur sente già i lati della bocca alzarsi per un sorriso che non riesce a trattenere.
Mio Dio, Merlin odierà la vita di corte.
“Quali vestiti di corte?”
Arthur ricaccia indietro un sorriso e lo guarda con l’aria più stupita che riesce a fare in quel momento, come se fosse offeso.
“Ma come, Merlin, non penserai mica di poter tenere questi vestiti quando diventerai consorte del re, vero? Cosa mai potrebbe pensare il popolo di Camelot a riguardo?”
Merlin adesso ha gli occhi spalancati e apre e richiude la bocca un paio di volte.
“Oltretutto dovremo anche trovarti qualcosa di adeguato per il tuo ruolo di consigliere e stregone di Corte, direi che dovremo proprio rifarti il guardaroba”
Arthur non ha mai davvero parlato con Merlin riguardo al ruolo che voleva avesse nella corte ma ne aveva parlato con Morgana. Voleva che Morgana sedesse nel consiglio ma voleva Merlin seduto alla propria destra, come consigliere, come consorte, come stregone di Corte.
Non ha mai saputo come dirglielo, non ha mai trovato il modo giusto per farlo. In qualche strano modo contorto questa gli sembra la scelta migliore.
Merlin a quello letteralmente boccheggia e Arthur scoppia a ridere, avvicinandosi un po’ di più a Merlin e poggiandogli la testa sul petto, circondandogli la vita con un braccio.
Arthur forse dovrebbe preoccuparsi di non riuscire a staccare le mani di dosso da Merlin per più di cinque secondi consecutivi ma spera che la cosa sia solo uno strascico del calore e che passerà nelle prossime ventiquattro ore, o potrebbe iniziare ad essere imbarazzante.
“State scherzando?” la voce di Merlin gli fa sollevare gli occhi a guardarlo.
“Ti sembro in vena di scherzare, Merlin?”
Merlin prova a parlare ancora un paio di volte ma sembra intenzionato a dire troppo e tutto insieme, così si ferma due secondi, respira e poi ci riprova.
“Intanto la risposta sarebbe sì, ma in secondo luogo, consorte del Re? Cosa? Quando ne avremmo parlato?!”
Arthur rotea gli occhi più per infastidirlo che altro e si sposta quel tanto che basta per guardarlo in faccia.
Si sta divertendo più di quanto è lecito.
“Merlin, quando ti ho chiesto di diventare il mio Alpha, ti sono forse sfuggite le clausole del diventare l’Alpha del principe di Camelot? Avrei dovuto ricordartele?”
“No, ma-!”
“O pensavi di lasciarmi subito dopo avermi reclamato?” il labbro di Arthur si sporge in fuori e si finge mortalmente ferito dall’idea.
“Cosa?! Certo che no! Ma non pensavo certo di… Cioè non pensavo che… No, non posso! Non esiste!”
“E quale sarebbe la tua idea?”
“Una relazione segreta! Grande idea!”
Arthur sogghigna e alza gli occhi al cielo, sapendo perfettamente che Merlin non intende niente di ciò che sta dicendo.
“Sì, potrebbe funzionare” gli risponde invece, facendo finta di ponderare la cosa.
Merlin, come prevedibile, si rabbuia e torna ad essere serio.
“Cosa?”
Arthur annuisce.
“Sì, potrebbe funzionare. Io salgo al trono e tu continui a essere il mio servitore, ci ritaglieremo qualche minuto del giorno quando non sarò troppo impegnato a regnare, ovviamente. Certo, Camelot vorrà che io abbia un consorte, dovrò trovarmi un altro Alpha a quel punto e su questo non c’è niente da poter fare”
Il ringhio che fa Merlin non dovrebbe farlo sentire divertito ed eccitato al tempo stesso ma a quanto pare con Merlin niente è come dovrebbe essere.
“Un altro Alpha?”
Arthur fa spallucce -per gli Dei!- fa spallucce.
“A quanto pare il mio non mi vuole così tanto come pensavo”
Arthur si ritrova con la schiena premuta contro il materasso, le mani sopra la testa tenute da una presa salda e il viso di Merlin a pochi centimetri dal suo.
“Darei la mia vita per voi”
Arthur sorride e alza un po’ la testa per incontrare le labbra di Merlin e dargli un casto bacio.
“Lo so, ma a quanto pare non ti metteresti dei vestiti decenti”
Merlin sbuffa fuori tutta l’aria che ha in corpo e poggia la fronte sul petto di Arthur.
“Sarete la mia morte, Maestà
“Degli abiti puliti non hanno mai ucciso nessuno”
C’è del silenzio per un attimo e Arthur si gode la stretta di Merlin attorno ai suoi polsi e il respiro caldo sul suo petto.
“Stregone di Corte, avete detto?”
Arthur chiude gli occhi e sorride.
“È ora di togliere questa assurdità del divieto della magia. E fatto questo avrò bisogno di qualcuno di cui potermi fidare, giusto?”
Merlin, quando alza lo sguardo, ha gli occhi lucidi e lo guarda con una tale adorazione che Arthur non sa se è capace di gestirla senza mettersi a frignare.
“Davvero, davvero, davvero una testa di fagiolo”
“Ti amo anch’io”
 
***
 
La cavalcata di ritorno a Camelot è sempre uguale ma allo stesso tempo incredibilmente diversa.
La strada è la stessa, il percorso da seguire non cambia, il paesaggio rimane sempre uguale, l’unica cosa che è cambiata è lui.
Arthur si sente leggero, si sente felice nonostante quello che si appresta a fare e in qualche modo il futuro che lo aspetta gli sembra più luminoso, quasi concreto.
Sa che a Camelot può aspettarsi persone di cui si può fidare, persone che darebbero la vita per lui e non solo perché è il principe di Camelot; sa che ha una sorella su cui può fare affidamento e che lei si aspetta lo stesso, e sa che Merlin è al suo fianco.
Merlin.
Arthur sposta per un attimo gli occhi dalla strada e li porta al suo Alpha che cavalca pigramente al suo fianco, l’espressione serena di chi non ha un problema al mondo e ogni tanto Arthur si chiede come possa fingere così bene.
Si massaggia il collo senza pensarci e sente sotto i polpastrelli il morso di Merlin che si sta ancora rimarginando e non riesce ad evitarsi un sorriso.
Sa anche che il suo odore sta cambiando (esattamente come quello di Merlin) e che appena metterà piede nel salone reale suo padre capirà subito cosa è successo e con chi.
Probabilmente Arthur sta diventando pazzo perché non vede l’ora di guardare la faccia di suo padre esplodere in indignazione e urlargli contro le peggio cose, come ha sempre fatto e come sempre avrebbe continuato a fare.
Beh, non per molto ancora.
C’è un’unica cosa che deve fare prima di vedere suo padre però ed è vedere i suoi cavalieri.
Basta con le menzogne.
 
***
 
“Beh, Merlin, che acchiappone eh? Il futuro Re di Camelot!”
Arthur nemmeno si stupisce che il primo a rompere il silenzio, tra tutti i suoi cavalieri, sia proprio Gwaine, che alza due pollici in alto in direzione di Merlin e Merlin, siccome è un idiota, gli fa lo stesso cenno di rimando.
Arthur lo guarda come se avesse perso la testa e il ghigno di Merlin sparisce anche se il divertimento rimane agli angoli della bocca.
Arthur ha spiegato tutta la situazione (tralasciando i minimi dettagli della situazione con Merlin, grazie tante) e ora aspetta la reazione dei suoi cavalieri.
Suo padre gli ha spiegato più e più volte chi dovrebbe essere al comando e chi viene rispettato e nel corso degli anni gli è stata data prova diverse volte della veridicità delle sue parole. I cavalieri di suo padre erano della vecchia guardia, gli Omega erano fatti per scaldare i letti e portare al mondo la prole, figuriamoci se ne avrebbero mai seguito uno in battaglia. E Arthur sa perfettamente che anche tra le sue fila c’è chi la pensa alla stessa maniera ma non c’è alcun modo in cui Arthur avrebbe potuto nascondere la cosa per il resto della sua vita, né c’è motivo per cui avrebbe dovuto farlo.
 
Non ha importanza cosa siete, ha importanza chi siete
 
La voce di Merlin gli risuona chiara e cristallina nelle orecchie e nella memoria come se Merlin gliele stesse ripetendo adesso e Arthur si ritrova ad alzare un po’ più il mento, tenere le spalle un po’ più dritte e il petto un po’ più in fuori.
Merlin ha sempre avuto ragione e Arthur è stato uno stupido a non capirlo prima.
Dopo Gwaine è Leon a prendere parola e, anche se non lo vorrebbe, Arthur sente il cuore martellargli nelle orecchie. Leon è il suo più vecchio amico, sono stati scudieri insieme, hanno imparato a combattere insieme e sono stati mandati in battaglia insieme.
Merlin cambia posizione al suo fianco e si sporge un po’ più verso di lui, un movimento che può sembrare del tutto casuale a chiunque non sia Arthur ma che lo porta a rilassarsi quando le dita di Merlin sfiorano le sue per un istante.
Arthur, di nuovo, si sente incredibilmente grato.
“Questo non fa alcuna differenza, sire”
Arthur sospira appena.
“Abbiamo combattuto fianco a fianco, ci siamo addestrati, abbiamo visto il vostro valore in battaglia, quanto siete disposto a dare per Camelot e la sua gente. Questo è l’importante”
Un mormorio di assenso si fa strada tra i cavalieri.
“Senza contare che non vorrei mai finire tra le grinfie di Merlin se dovesse succedervi qualcosa” dice Lance ridendo e Percy vicino a lui annuisce.
“Oh, come se vi avessi mai fatto qualcosa”
Lance alza un sopracciglio e Merlin gli occhi al cielo.
“Potrei obbligarvi tutti contro la vostra volontà, certo. Ma non mi sembra il modo giusto per iniziare-”
Merlin” sputa fuori Arthur a denti stretti e Merlin lo guarda.
“Sì, sire?”
“Magari una notizia alla volta?”
“Cosa? Ah, oh! Sì, giusto” ma l’occhiata che Merlin si scambia con Lance fa pensare ad Arthur che Lance sappia molto più di quanto dovrebbe. Arthur non ha né tempo né energie per pensarci adesso ma magari una chiacchieratina più tardi col suo dannato stregone sul come mantenere un segreto l’avrebbero fatta.
“Siamo con voi, sire. Sempre e comunque” è la voce di un altro cavaliere e un altro mormorio di approvazione si solleva facendo parlare altri cavalieri che giurano nuovamente fedeltà a lui e solo a lui.
Arthur guarda i suoi cavalieri e un profondo senso di orgoglio lo pervade.
Va tutto bene, pensa.
E forse stavolta è proprio così.
 
***
 
Arthur va ad incontrare suo padre nella sala del trono appena ha finito di parlare con i cavalieri e Merlin lo segue senza dire una parola. Deve essere in ansia, perché non apre bocca e gli sta più vicino del solito e il suo sguardo è stranamente fisso davanti a sé, alle porte che dovranno spalancare per ricevere udienza.
Una parte di Arthur vorrebbe entrare dentro quelle stanze da solo, affrontando suo padre da uomo a uomo, ma sa perfettamente che non è un’opzione contemplabile; Merlin non glielo lascerebbe mai fare e Arthur sarebbe deconcentrato nel pensare a cosa gli potrebbe star succedendo lì fuori da solo.
Si fermano davanti le porte e si guardano per qualche secondo poi, annuendo all’unisono, Arthur apre le porte ed entra.
 
***
 
Non ha mai veramente pensato che le cose sarebbero potute andare lisce, che suo padre avrebbe accettato senza riserve un’abdicazione in suo favore e una vita tranquilla e pacifica in qualche loro terra lontana, bandito dal regno che aveva aiutato in qualche modo a crescere e portato avanti per oltre trent’anni… ma non si aspettava nemmeno di dover sguainare la spada e combatterci contro.
È degenerato tutto in pochi istanti. Suo padre non lo ha lasciato parlare per almeno mezz’ora, inveendogli contro appena il suo odore si è fatto sentire, poi si è alzato dal trono, lo ha minacciato ma Arthur è rimasto impassibile anche quando suo padre ha alzato una mano per colpirlo.
A pensarci adesso forse sarebbe dovuto intervenire prima.
Suo padre non è riuscito nemmeno ad arrivare a un metro da lui prima che Merlin gli si parasse davanti mostrando i denti e Uther ne è rimasto impressionato per qualche istante, mostrando poi i segni dell’orrore sul viso quand’ha capito che il compagno di Arthur non era altro che un semplice servo.
Ma Arthur non aveva tempo per questo e zittito suo padre con un semplice sguardo gli ha posto le sue condizioni.
Uther gli ha riso in faccia come se fosse uno scherzo, per poi chiamare le guardie per farlo sbattere in cella e non vederlo mai più uscire.
Nessuno ha lasciato la propria postazione.
Uther allora ha urlato più forte ma dei cavalieri presenti nessuno si è mosso di un passo ed è stato allora che Uther ha sfoderato la spada e l’ha puntata dritta contro Arthur, lasciandolo completamente indifferente.
Arthur ha alzato una mano per fare cenno a Merlin di stare indietro e ha semplicemente chiesto se fosse un combattimento all’ultimo sangue. Uther lo ha guardato con un tale odio che Arthur si è chiesto per qualche istante se quel sentimento fosse sempre stato lì e o se si fosse sempre rifiutato di vederlo.
“Fino alla resa” ha risposto in tono secco suo padre e per un istante Arthur si è stupito: o pensava che non sarebbe uscito vivo da quel combattimento o non voleva davvero uccidere il suo unico figlio.
Arthur ha preso la spada con mano salda e ha guardato l’uomo che un tempo gli incuteva timore e non ha provato… niente.
Uther è stato un grande condottiero ma Arthur è sempre stato un passo avanti a lui; ciò che non poteva eguagliare in forza contro un Alpha lo compensava in astuzia e quando un Alpha si innervosiva diventava sì più violento ma molto meno preciso.
Uther cerca di parlargli e di farlo ragionare. Cerca di ricordargli la sua posizione e di dove sarebbe oggi senza di lui, cerca di insinuare nuovamente che è un mezzo fallimento e che nessuno seguirebbe mai un Omega.
Ed è strano non sentire più quella fitta di inadeguatezza che lo ha sempre accompagnato per tutta la vita, quel tarlo insinuato nella sua mente fin dalla più tenera età che lo ha sempre fatto dubitare di sé.
L’unica cosa che trovo importante nella vita, sire, è come la viviamo e cosa facciamo di buono nel tempo che ci è dato.
Non ha importanza cosa siete, ha importanza chi siete
Sono fiero di voi.
Siete capace di questo e ben altro, Arthur.
Lo so perché ho fiducia in voi.
La spada di suo padre vola malamente dall’altra parte della stanza quando Arthur riesce a disarmarlo e atterra sul pavimento con un fastidioso clang che in qualche modo fa sembrare definitiva tutta la faccenda.
Arthur alza la spada e la porta alla gola esposta di suo padre che rimane in piedi, fiero, davanti a lui e non si sposta di mezzo passo.
Uther lo guarda, sembra osservarlo per bene per la prima volta in vita sua, e abbassa di poco la testa, gli occhi però sempre in quelli di Arthur.
“Concedo”
È finita, pensa Arthur.
E questa volta lo è sul serio.
 
***
 
Su una cosa suo padre aveva ragione: Arthur non è pronto per governare un regno.
Non da solo.
Ma è qui che suo padre invece ha sempre avuto torto: le cose non vanno fatte da soli.
Morgana è al suo fianco a dare pareri spesso anche non richiesti, parla con i nobili e si informa dei loro bisogni, presiede al consiglio quando Arthur è impegnato altrove e si offre volontaria per andare a parlare con i druidi assieme a Merlin quando Arthur ha la testa tutta da un’altra parte.
Gwen è sempre sull’attenti per occuparsi di qualsiasi cosa di cui lui o Morgana abbiano bisogno e Leon si occupa dell’addestramento dei cavalieri finché Arthur cerca di stabilire una routine nella sua nuova vita fatta di decreti, incontri con i consiglieri, leggi da dover disfare e rifare e problemi con il popolo.
Merlin, per tutti i mesi che gli occorrono per acclimatarsi, non lo lascia mai.
Rimane sveglio con lui le notti in cui Arthur non riesce a chiudere occhio per la pressione di tutto quello che sta accadendo, si siede alla sua destra a ogni riunione del consiglio e presta un’attenzione di cui non lo credeva capace per poi discutere privatamente con lui di cosa veramente pensasse; si fa carico di altri doveri che non gli toccherebbero e solleva dalle spalle di Arthur un incredibile peso di cui non si era nemmeno accorto e, semplicemente, quando ad Arthur serve un aiuto per non sentirsi affogare in tutto ciò che sta accadendo, Merlin c’è.
Arthur si sente fortunato.
 
***
 
Per quanto assurdo possa sembrare è il rumore del vento che lo sveglia.
Arthur si sposta nel letto come infastidito dal suono e apre gli occhi nella stanza lievemente illuminata dal bagliore della luna, delineando a malapena i contorni dei mobili e la figura di Merlin accanto a sé.
Merlin che è addormentato come un sasso e con una mano allungata sul letto a toccare Arthur.
Le labbra di Arthur si stendono in un sorriso (Arthur ha preso la pessima abitudine di sorridere molto di più negli ultimi tempi, e non con fare denigratorio) e gli occhi ancora pesanti di sonno si chiudono nuovamente mentre afferra la mano di Merlin e la stringe nella sua. Sente Merlin spostarsi e d’improvviso è schiacciato sotto il peso dell’altro che dorme ancora della grossa e non ha nulla da ridire a riguardo.
Si riaggiusta quel poco che basta per non avere un braccio completamente indolenzito il giorno dopo e sente Merlin sospirare pesantemente nel sonno. Ad Arthur viene da ridere ma quello che fa è poggiare le labbra sul collo di Merlin e baciarlo teneramente.
Merlin lo cerca sempre nel sonno. Anche quando hanno avuto un litigio e non si sono parlati per tutta la giornata, anche quando vanno a dormire e se ne stanno il più lontano possibile l’uno dall’altro Arthur, a un certo punto della notte, si ritrova circondato dalle braccia di Merlin e come poteva Arthur rimanere arrabbiato con lui dopo una cosa simile? (“Ma se è stata colpa vostra!” “Sono il Re, Merlin, non è mai colpa mia”)
Arthur improvvisamente non ha più sonno e si ritrova ad aprire gli occhi e a studiare la figura di Merlin. L’angolazione non è delle migliori ma riesce a osservare le clavicole sporgenti, il collo affusolato, la bocca schiusa e gli zigomi spigolosi resi ancora più sporgenti dal gioco di luci e ombre.
Si trova a ripensare alla prima volta che lo ha visto. Un ragazzino magro e goffo venuto dall’aperta campagna con il sorriso stampato in faccia che ha osato chiamare Arthur amico non appena l’ha visto maltrattare un povero scudiero e ha anche osato rispondergli quando Arthur gli ha intimato di farsi gli affari suoi. La seconda volta non è andata tanto meglio e Arthur si ritrova a pensarci quasi ridendo. Non è riuscito ad evitare di chiamare Merlin in mezzo alla strada e di prenderlo in giro, non è riuscito a non richiamare la sua attenzione divertito da com’era andata la volta prima e, se ci ripensa adesso, forse non ci era riuscito perché era già in qualche modo interessato a quello stupido ragazzo.
Ripensa anche a quanto è stato cieco lui nel non far caso alle strane sparizioni di Merlin, nel non avere nemmeno un minimo dubbio sulla lealtà del suo servitore o sulle sue buone intenzioni da non essersi mai interrogato veramente sul dove andasse o perché lo facesse e non gli è nemmeno mai venuto in mente di liberarsene per trovarne uno più decente, ma a quel punto ormai erano già amici e Arthur contava su di lui più di quanto fosse normale contare su un servitore.
Ripensa a quando ha scoperto per pura casualità che Merlin fosse un Alpha, agli strani discorsi che ogni tanto Merlin tirava fuori nei confronti degli Omega, a quando ha scoperto che fosse uno stregone e agli occhi dorati e alle farfalle nel caminetto.
Ripensa agli ultimi due anni e non riesce a ricordarsi come fosse la vita prima di Merlin e ringrazia la sua stella fortunata per averlo messo sul proprio cammino.
Un moto di affetto gli si fa strada nel petto e Arthur avvicina una mano per portarla a quei capelli incredibilmente arruffati, accarezzandoli.
Merlin non sembra nemmeno notarlo e Arthur sorride di quanto Merlin riesca a essere completamente sereno nel sonno. Non è stato sempre così e Arthur lo sa, perché è stato lo stesso Merlin ad ammetterlo quando Arthur lo ha preso in giro per quanto riuscisse a dormire profondamente.
“Se venissimo attaccati nella notte e dipendessimo da te saremmo tutti morti”
“Ooh, restereste sorpreso nel sapere quante volte ho salvato il vostro culo reale nella notte. È solo che so che non siete in pericolo e riesco a rilassarmi, per una volta in vita mia”
Domani, pensa. Domani finalmente leveranno il divieto alla magia e potrà mantenere la promessa di fare di Merlin lo stregone di Corte.
C’è voluto del tempo, molto più di quanto Arthur avesse previsto e voluto, ma lui e Morgana hanno lavorato insieme anche su questo, parlando e impuntandosi con il consiglio e proponendo leggi più eque, dimostrando non solo a parole ma anche con i fatti che Uther aveva sbagliato. Sia lui che Morgana avevano concordato che sarebbe stato meglio avere la maggioranza del consiglio dalla propria parte ma Arthur era deciso ad andare avanti con la loro approvazione o meno se la cosa si fosse protratta.
Merlin non ha mai chiesto nulla a riguardo, non lo ha mai spronato a togliere il divieto alla magia né lo ha mai assillato sul quando lo avrebbe fatto; Merlin era solo preoccupato per Arthur e per come stava affrontando tutta la questione e Arthur non credeva sarebbe mai riuscito veramente ad esprimere a Merlin quanto fosse perdutamente innamorato di lui anche per questo.
Ma questa doveva essere una sorpresa per Merlin. E il giorno dopo lo avrebbe fatto vestire con i suoi abiti migliori (quelli nuovi che lo aveva obbligato a prendere e di cui si lamentava quotidianamente), lo avrebbe portato nella sala del trono di fronte a tutti e lo avrebbe nominato stregone di Corte.
Poi, se tutto fosse andato secondo i piani, c’era ancora una domanda che Arthur doveva fare ma alla quale, volente o nolente, Merlin avrebbe dovuto dire di sì, perché Arthur era il Re e il Re otteneva sempre ciò che voleva.
Oltretutto aveva già avvisato Merlin che sarebbe diventato consorte del re, aveva poco di cui stupirsi.
Arthur sorride di uno di quei sorrisi assolutamente stupidi e poggia il viso sotto il mento di Merlin, chiudendo gli occhi alla prospettiva del domani.
Merlin lo stringe a sé.
“È andato a fuoco qualcosa, qualcuno sta morendo, siamo in pericolo di vita?” è il sussurro mezzo addormentato di Merlin e Arthur ride, scuotendo la testa.
“No, torna a dormire” è l’unica cosa che risponde, sussurrando.
Tu stai bene?”
Arthur a quella domanda rimane per qualche istante in silenzio.
“Sì, sto bene. Va tutto bene”
Merlin si sposta e manovra anche Arthur per continuare ad abbracciarlo e borbotta qualcosa riguardo a cene e riunioni con i nobili del nord e dopo ricomincia a russare leggermente.
Arthur lo guarda e scuote la testa.
Ridicolo di uno stregone, pensa e poi si rimette a dormire, felice e in trepidante attesa del giorno dopo.
 
 
 
 
 
 
 
 
***
 
Il giorno dopo, Merlin, dando pace al cuore in gola di Arthur, dice di sì.
 
 
 
 
 
 
 
 
Fine.
 
 
 
 
 
 
 
Note:
Saranno le note più lunghe nella storia delle note.
Allora partiamo subito coi ringraziamenti e poi veniamo al resto.
Grazie di aver letto questa storia, di aver commentato e di essere arrivati fino la fine.
Nulla di tutto questo sarebbe stato possibile senza le persone che mi hanno sentito bestemmiare fino in Inghilterra e che mi hanno sopportato nel mentre la scrivevo e chiedevo consigli. Non sarebbe stato possibile senza le amicizie su Facebook che per un motivo o per l’altro continuano a darmi fiducia su cosa scrivo e come scrivo e che sulla totale fiducia, ad occhi chiusi, mi hanno detto che volevano leggerla (io comunque ancora qui a chiedermi come sia possibile)
Ringrazio Vale, Yoko, Betta, Maryluis, Anna, Fracchan e Francesca M. in particolare, chi per avermi supportato e chi anche solo per essere nel fandom e avermi coinvolta ulteriormente e ringrazio ria_ari e _jessicaam_ perché per qualche strano motivo sono estremamente carine con me X’D
(Approfitto poi di questo spazio per scusarmi ulteriormente per scassare gli zebedei con Merlin H24 ma come dire, sorry not sorry)
Infine veniamo a questa storia in particolare.
Ho ancora tutti i messaggi vocali su Telegram delle idee che volevo fare, certe sono state cancellate, certe sono state aggiunte. Ho in mente questa storia da ottobre (manco avevo finito Merlin) e siccome non se ne voleva proprio andare e mi piaceva come idea ho deciso di scriverla (ne avevo iniziata pure un’altra ma alla fine l’ho abbandonata perché non mi piaceva come stava venendo né, banalmente, il plot) e alla fine, dopo anni di nulla cosmico, ce l’ho fatta. Sono arrugginita con la scrittura e temo si veda ma come tutte le cose quando ci riprendi mano va meglio (?)
Tutta la storia di Uther? Non pervenuta. Io quando ho pensato a questa storia la prima cosa a cui ho pensato è stato il primo paragrafo. Voleva essere una storia divertente e leggerina ma, soprattutto, corta. Avevo scommesso sulle 10k parole massimo e invece è uscito un mostro di 40k parole. La svolta di Uther e Arthur che si prende il regno? Ma quando mai? Hanno fatto tutto da soli. Ricordo il mio messaggio vocale a Yoko mentre le dicevo “ma non gliel’ho fatto fare io! È successo e basta, han fatto tutto soli! Io come la sbroglio mo sta situazione?!?” però c’è da dire che se una storia va per i fatti suoi devi lasciarla andare e poi sarà quel che sarà. Alla fine penso che come finale ci stia e vada bene.
Merlin comunque è il fandom delle prime volte.
Per la prima volta ho iniziato a leggere fic prima di finire la serie e non una fic di 5k parole come al solito, no. The Student Prince (ciao Fra!) 145.000 (CENTOQUARANTACINQUEMILA) parole! Mi ha fatto scrivere la mia prima Omegaverse nonostante ne avessi pensate anche un paio sul fandom di Sherlock o di Deadpool, mi ha fatto ricominciare a disegnare e scrivere e insomma, wow. E a proposito di prime volte io volevo anche dare un piccolo seguito a questa (e stavolta davvero piccolo) magari vedendo che fine hanno fatto Gwen e Morgana, Uther, il regno in generale e… seh, non è il mio genere, manco lo leggo perché pure mi annoia ma volevo fare una piccola crack!Mpreg (e con crack probabilmente intendo che io devo essere fatta di crack per pensare una roba simile, ma quello che intendo veramente è che la vorrei fare un po’ per far ridere ma insomma, vedremo, non si sa mai, non ci sono più le mezze stagioni e l’erba del vicino è sempre più verde (?))
E dopo queste note più lunghe di tutto il terzo capitolo vi saluto, grazie ancora di essere arrivati fino a qui.
 
-Papy

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=4011909