All I see is you

di trenodicarta
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Lontana da te ***
Capitolo 2: *** Abituarsi ***



Capitolo 1
*** Lontana da te ***


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When I'm away from you
I'm happier than ever
Wish I could explain it better
I wish it wasn't true, mm-hmm

Sole si era addormentata con le cuffiette e le parole di Billie Eilish nelle orecchie. Si risvegliò proprio sulla sua parte preferita, quella più adatta a lei in quel periodo. Era felice perché era lontana, sempre di più. 

Mancavano solo venti minuti e sarebbe arrivata a New York, finalmente. In seguito, avrebbe dovuto fare un altro tragitto in auto prima di arrivare a destinazione, a Dutchess County. Ancora non poteva crederci, se non fosse stato per la stanchezza, sarebbe rimasta sveglia durante tutte e nove le ore di volo. 

Non riusciva a credere di essere davvero partita. 

Scappata.  
La corresse una vocina nella sua mente, vocina che lei ignorò. 

Sole scosse il capo e si sfilò le cuffiette dalle orecchie, infilandole nello zaino. Avrebbe voluto alzarsi, andare in bagno a darsi una sistemata ma l'atterraggio era ormai iniziato. Si sarebbe data una sistemata in auto, o almeno avrebbe fatto ciò che poteva. Non osava immaginare che aspetto avesse dopo tutte quelle ore di viaggio. Senza contare la mancanza di sonno delle notti precedenti, trascorse immaginando come sarebbe stato.

Sarebbe stata via un anno, in America e in più avrebbe lavorato come au pair per una famiglia tutt'altro che comune. Sorrise al solo pensiero, ritrovandosi a stringere la cintura di sicurezza, come nel tentativo di scaricare la tensione. Il suo vicino la guardò incuriosito, non si erano rivolti parola per tutto il volo ma doveva essere anche lui italiano, a giudicare dal libro che stava leggendo: Uno, nessuno e centomila.

Libro impegnativo per un viaggio impegnativo. - Commentò l'uomo all'improvviso, notando lo sguardo di Sole fisso sulla copertina del libro.

La ragazza abbozzò un sorriso, non sapendo bene come rispondere. In genere era molto più loquace ma la stanchezza e la paura di quanto la attendeva dovevano averla resa improvvisamente timida.

L'uomo non sembrò prendersela, anzi, proseguì dicendo: - Faccio trasferte a New York ogni mese. Dovrei essere abituato al viaggio ma la verità è che queste ore non passano mai. - 

- Di cosa ti occupi? - 

- Multinazionali, esportazioni, commercio. - Agitò le mani in aria esclamando: - Cose noiose! - Continuò a guardarla con interesse, seppur lei non stesse parlando molto: - Tu viaggi per piacere? - 

- Per lavoro anche io, sarò una ragazza alla pari per un anno, in una famiglia... - Stava quasi per dire famosa ma si morse le labbra. - ...famiglia americana. - 

L'uomo parve colpito, o almeno si mostrò tale. - Non sei mai stata a New york? - 

- Non sono mai uscita dall'Italia! - Ammise lei, scoppiando in una risatina imbarazzata. 

- Un bel salto allora! - Dopo qualche istante di silenzio, l'uomo, che in realtà avrà avuto sulla trentina, pochi anni in più di Sole, allungò una mano per presentarsi. - Matteo. - 

- Sole. - 

- Beh, buona fortuna Sole. - 

Si sorrisero a vicenda, mentre l'atterraggio proseguiva, arrivando al termine in poco tempo. Erano ufficialmente in America. Sole rimase seduta, anche mentre gli altri si alzavano in tutta fretta per recuperare il proprio bagaglio a mano. Avrebbe voluto fare altrettanto e schizzare giù dall'aereo, eppure si sentiva sopraffatta, non riusciva quasi a muovere un muscolo. Matteo non le disse nulla, anzi attese paziente.

- Ora mi alzo. - Promise la ragazza, comprendendo di essere di impaccio.

- La prima volta in America può dare alla testa, lo capisco. - Scherzò lui. - Ti consiglio però di sbrigarti, le hostess non sono così pazienti. - 

Sole fece un altro sorriso nervoso, prima di slacciarsi la cintura e scattare in piedi. Raccolse il suo zaino da terra e scese, insieme al resto dei passeggeri. 

Si precipitò al ritiro bagagli, ritrovandosi ancora Matteo accanto. Lui la aiutò a recuperare le sue valige. La fissò come se volesse dirle qualcosa in più ma tacque fino all'ultimo, fin quando lei non alzò la mano pronta a fargli un cenno di saluto.

- Ehi Sole! - La richiamò di colpo, come se il vederla andar via gli avesse dato la spinta che fino a poco prima era mancata. - Sarò a New York per qualche giorno, poi tornerò anche nei prossimi mesi. Dato che non conosci ancora nessuno, mi chiedevo ... posso lasciarti il mio numero? Possiamo fare un giro insieme per la città, conosco molti posti carini che potrebbero piacerti. - 

Non era certo che quella fosse la frase migliore da dire, in fondo non la conosceva neanche, come poteva dire che le sarebbero piaciuti?

Sole rimase in silenzio, riflettendoci su.

- Va bene. - Disse all'improvviso, estraendo il telefono e porgendoglielo. 

Non era convinta ma alla fin fine, non doveva chiamarlo per forza, poteva prendere il suo numero e nel frattempo rifletterci. Non conosceva nessuno lì, avere qualcuno che parlasse la sua lingua e potesse darle indicazioni sul posto le sarebbe stato utile, forse.

***

- Benvenuta in America, Sol! - 

La ragazza trattenne una risatina sentendo il suo nome venir pronunciato in maniera scorretta, con la o chiusa e la e completamente dimenticata. Apprezzò comunque il tentativo di Craig, n membro dello staff della famiglia con cui avrebbe lavorato. L'uomo la attendeva proprio nel punto in cui le era stato comunicato via email il giorno prima. Assomigliava più a una guardia del corpo che un autista.

- Le prendo io. - Le disse, indicando le due valigie che Sole aveva trasportato fin lì.

La ragazza lo lasciò fare, salendo sull'auto spaziosa con cui era venuto a prenderla.

- Ci vorrà più di un'ora, mettiti comoda. - 

Una delle tante paure che Sole aveva avuto in merito al viaggio riguardava la lingua. Era brava in inglese, lo era sempre stata, ma un conto era utilizzarla a scuola, un altro era farlo in America. Il suo timore era non riuscire a comunicare, non comprendere gli altri o non farsi comprendere. Temeva si sarebbe ritrovata a essere l'unica a non ridere davanti a una battuta. 

Quella paura svanì non appena si ritrovò in auto con Craig. Non solo a capire tutto ma anche a rispondere perfettamente, chiacchierando con lui come se quella fosse la sua lingua madre. 

L'uomo tacque solo dopo dopo un po', quando le fece cenno di guardare fuori dal finestrino. New York era lì, le strade, le auto e i palazzi che aveva sempre e solo visto nei film, ora erano attorno a lei. Lei era New York, vi era immersa. 

Craig la osservò soddisfatto dallo specchietto retrovisore. Lui era ormai abituato a tutto quello, era quindi un piacere vedere qualcuno emozionarsi guardando qualcosa per la prima volta.

Sole rimase con gli occhi puntati al cielo per buona parte del viaggio, fin quando non abbandonarono il centro della città diretti verso la Conte. Così i grattacieli e il traffico di taxi lasciarono il posto a strade a alberi, cielo aperto e strade ampie e libere. 

Sole osservò tutto, imprimendo ogni dettaglio nella propria memoria. Si sforzò di farlo fin quando la sera non fu abbastanza buia da impedirle di vedere bene. 

Si rese conto di essersi addormentata, solo quando Craig la svegliò. L'auto era ferma, lui aveva già scaricato le sue valigie e aperto la portiera per farla scendere. La ragazza si guardò attorno confusa, ancora credeva fosse un sogno e lo credette fino all'ultimo, finché scendendo dall'auto non sentì un'altra voce, quella di una donna. 

Stava ridendo, accompagnata da una seconda risata maschile. Finalmente, il momento che Sole aveva tanto aspettato, stava arrivando, stava per incontrarli. Aveva parlato con loro solo tramite Skype, in una simpatica videochiamata in cui era presente solo lei, a dirla tutta. Ora erano lì entrambi.

Si ricordò solo allora di non essersi neanche sistemata, doveva avere un aspetto terribile, rispetto a loro. 

Fece in tempo a prendere un lungo respiro, prima di vederli comparire. Avanzavano verso di lei mano nella mano, con ancora gli echi delle loro risate a circondarli. Erano bellissimi, molto più che visti tramite lo schermo. Eccoli lì, Hilarie e Jeffrey, ufficialmente i suoi datori di lavoro.

 Eccoli lì, Hilarie e Jeffrey, ufficialmente i suoi datori di lavoro

 

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Capitolo 2
*** Abituarsi ***


Abituarsi


Due erano le proprietà principali della famiglia Morgan: la prima vicino ad Atlanta e la seconda proprio lì, a Dutchess County. Hilarie e Jeffrey avevano preferito accogliere Sole nella seconda, almeno per le prime settimane, vista la tranquillità del posto. 

La proprietà comprendeva oltre 100 acri di terreno, utilizzati per orti, che Sole poteva solo intravedere al buio, e spazi dedicati agli animali: galline, asinelli, alpaca. Definirla una fattoria sarebbe stato riduttivo, specie dal modo che Hilarie e Jeffrey avevano di parlarne.

- Questo è sempre stato il nostro sogno: crescere una famiglia in un luogo che avessimo costruito noi. Un luogo da coltivare e curare ogni giorno. - 

Le avevano spiegato con la stessa passione ad animarli. 

- Questa casa è stata la nostra salvezza soprattutto durante la pandemia, a noi piace molto e anche ai bambini. - Aveva continuato Hilarie, mentre Craig e Jeffrey portavano dentro le valigie dell'au pair.

- A proposito dei bambini, ora dormono ma domani mattina li conoscerai dal vivo.  - 

Hilarie parlava con gentilezza, scandendo bene ogni parola di modo che Sole comprendesse tutto. Quando sentì nominare i bambini, a Sole le venne naturale sorridere, ricordando la prima videochiamata fatta con loro. Augustus, di 11 anni e la piccola George di 4. 

- Ti faremo anche vedere la proprietà completa. - Disse Jeffrey, mentre entravano in casa. 

Quest'ultima non era affatto come Sole si era immaginata, non vi erano sfarzi o vezzi che facessero pensare alla casa di una coppia così celebre. Era semplice e calorosa come i suoi padroni. Se non fosse stato per la dimensione, avrebbe potuto tranquillamente ricordare una baita. 

Grazie al cielo, Jeffrey aveva aggiunto che quel tour sarebbe avvenuto nei giorni successivi

Grazie al cielo, Jeffrey aveva aggiunto che quel tour sarebbe avvenuto nei giorni successivi. Sole voleva solo risposarsi per quella notte. Hilarie la sorprese, conducendola in cucina, dove poggiati al tavolo la attendevano piatti che lei stessa aveva cucinato. Tutto proveniva dai loro orti, tenne a precisare Hilarie. 

- Grazie, non era necessario. - Mormorò timidamente Sole, sedendosi al tavolo.

- Invece sì, mangia pure, poi ti farò vedere la tua camera. Domani avremo più tempo per parlare. - 

***

George mostrò fin da subito un caratterino niente male. Nonostante i suoi 4 anni, sapeva bene cosa voleva e come ottenerlo. Era testarda e intelligente e a parte qualche capriccio, sapeva farsi voler bene. Soprattutto, mostrò un incredibile talento nel capire l'italiano, lingua che i Morgan volevano che Sole usasse con i bambini. 

- Non cerchiamo solo un au pair che curi i bambini, vorremmo qualcuno che insegnasse loro l'italiano. - 

Adoravano l'Italia e la sua lingua, volevano che i figli la imparassero come fosse loro. Per farlo, Sole poteva usare tutti i mezzi a sua disposizione: lezioni, film o semplici chiacchierate durante i normali giochi. Jeffrey precisò che oltre a questo, avrebbero chiesto il suo aiuto per alcune commissioni per la fattoria, nulla di più. Avrebbe avuto una buona paga e il weekend libero per visitare la città e svagarsi. 

A differenza di George, suo fratello Augustus si era mostrato più diffidente nei confronti dell'au pair. Vedendola così mingherlina e con un viso talmente buono, doveva aver pensato di poterne approfittare per commettere qualsiasi mossa indisciplinata volesse. Quando lei gli parlava in italiano, lui fingeva di non sentirla o capirla, ignorandola. 

Sole aveva fatto da babysitter a bambini ben peggiori, per questo seppe che tecnica adottare: iniziò a ignorarlo anche lei. Quando si trovavano tutti e tre insieme, la ragazza si dedicava a George, ignorando qualsiasi richiesta di Augustus, quasi non lo sentisse. Ci volle una settimana prima di ottenere un risultato. 

Augustus si avvicinò a lei, occupata a dare da mangiare a George e le porse un foglio. 

- Puoi leggerla, per favore? - 

Disse proprio "per favore", in perfetto italiano. Sole si voltò a guardarlo, prendendo incuriosita il foglio, prima di vederlo scappare via. 

Quello che le aveva consegnato, era il compito che gli aveva affidato una settimana prima: scrivere una presentazione di se stesso, che entro la fine dell'anno avrebbe poi tradotto in italiano. Era il primo compito che Augustus portava a termine. 

Sole glielo riconsegnò nel pomeriggio, accompagnato da una fetta di torta.

- Bravo Augustus. - 

Il bambino la guardò dal basso.

- Puoi chiamarmi Gus, gli amici mi chiamano Gus. - 

***

Le prime due settimane di Sole passarono via veloci. Si sentiva dannatamente bene, Hilarie e Jeffrey erano bravi nel non farla sentire una dipendente, bensì parte della famiglia. La mattina erano loro a svegliarsi per primi, svolgendo i vari compiti per l'azienda agricola. Non gestivano solo la fattoria, si occupavano di vendere i prodotti, assicurarsi che venissero correttamente distribuiti e via dicendo. Di tutto questo si occupavano insieme, tranne nei periodi in cui Jeffrey sarebbe ripartito per le riprese. 

- Ti prego non farmi spoiler, sono indietro con la serie. - Lo scongiurò Sole una sera a cena, quando il capitolo The Walking Dead venne aperto. 

Jeffrey le rivolse un'occhiata colpita. - Che significa che sei indietro? Allora non sai che... - 

Sole si tappò le orecchie e George la imitò senza neanche sapere il perché. Tutti scoppiarono a ridere, sia per Sole che per George, che nell'ultimo periodo aveva preso quel vizio adorabile di imitare qualsiasi cosa dicesse o facesse la ragazza. Sole temeva quel talento tanto quanto lo adorava. Se le fosse sfuggita una parolaccia, come avrebbe impedito alla sua imitatrice preferita di ripeterla?

George e Gus trascorrevano le loro giornate con Sole, com'era giusto che fosse. Era lei a occuparsi di svegliarli al mattino, preparar loro la colazione e assicurarsi che la finissero. In seguito passavano la mattina "studiando" italiano: Augustus completava le lezioni assegnate, mentre Sole ripeteva qualche parolina nuova a George, che prontamente la ripeteva storpiandola. In seguito pranzavano, per poi godersi il pomeriggio, riposando un po' e poi passeggiando per la proprietà.

Alla fine, il tour di cui Jeffrey aveva parlato, le venne fatto da Gus stesso. Il bimbo le aveva mostrato tutti gli angoli nascosti e gli animali della fattoria, dalle galline agli asinelli, che la ragazza e George avevano delicatamente accarezzato. 

I bambini e Sole vedevano Hilarie e Jeffrey solo a cena, per il resto era difficile incontrarli in casa. Tranne nei weekend, che Sole aveva trascorso lì, non sapendo dove altro andare e soprattutto con chi. Pur rimanendo in casa, la coppia non le aveva mai chiesto alcun favore, rispettando i suoi giorni liberi. Per i bimbi invece era più complicato rimanerle alla larga. Di tanto in tanto le bussavano alla porta della camera, proponendole una passeggiata, che lei prontamente accettava. Che altro aveva da fare?

Più volte Jeffrey si era proposto di accompagnarla in città, così avrebbe potuto visitare New York o qualsiasi luogo nei dintorni desiderasse vedere. Lei aveva sempre scosso il capo, affermando che si sarebbero organizzati per il fine settimana successivo. 

Quel weekend però, qualcosa di diverso sarebbe accaduto e lei non avrebbe potuto scappare.

- Ehi Sole, questa settimana avresti qualche ora per aiutarmi? - 

Hilarie le si avvicinò mentre la ragazza stava fuori, spingendo George su un'altalena che Jeffrey stesso aveva ricavato per i bimbi. 

- Certo! Che ti serve? - 

- Il prossimo weekend festeggeremo il compleanno di Jeffrey. Puoi aiutarmi a organizzare? - 

Sole si mostrò sorpresa, giustamente, non sapeva del compleanno. Fortuna che Hilarie l'aveva avvisata, evitandole una pessima figura. 

- Certo! - 

- Sei invitata ovviamente, se non hai altri impegni. - 

La ragazza non aveva mai impegni e questo Hilarie lo sapeva ma non lo chiese con tono di scherno, non intendeva prenderla in giro.

- Controllerò l'agenda e ti dirò! - Scherzò Sole, prima di ridere insieme a lei. Il sorriso poi le scomparve dal viso.

- Che succede? - 

- Stavo pensando che... ci saranno persone famose, vostri amici, attori della serie. Io non sono all'alt... - 

- Ti prego fermati. Siamo persone normali, l'hai visto. Anzi, possiamo dire che hai affrontato cose ben peggiori degli zombie finti di the walking dead. Sei la guardiana dei miei due mostriciattoli, più coraggiosa di così. - Mentre lo diceva, si ritrovò a fare la linguaccia a George.

Voltandosi a guardare Sole, la vide ancora preoccupata.

- Cosa c'è ora? - 

Con un pizzico di imbarazzo, Sole lo disse: - Non ho nulla da mettermi. - 

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