Rushed Over Me

di Clementine84
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Starting all over again ***
Capitolo 2: *** Making new friends ***
Capitolo 3: *** Something there ***
Capitolo 4: *** I’m dreaming of a white Christmas ***
Capitolo 5: *** Do you wanna build a snowman? ***
Capitolo 6: *** If you wanna be my lover, you gotta get with my friends ***
Capitolo 7: *** It’s gotta be you ***
Capitolo 8: *** End of time ***
Capitolo 9: *** EPILOGO – Always with me ***



Capitolo 1
*** Starting all over again ***


Nulla di quanto narrato è reale o ha la pretesa di esserlo. Questo scritto è frutto della mia fantasia e non vuole, in nessun modo, offendere le persone rappresentate. I personaggi originali, invece, appartengono alla sottoscritta e ogni riferimento a persone reali è da considerarsi puramente casuale.
La canzone citata lungo tutta la storia è Rushed Over Me, dei Backstreet Boys, che dà anche il titolo alla fanfic.
Se qualcuno volesse contattarmi per dirmi cosa ne pensa della storia, sappiate che mi fa piacere.


 

Washed away my sad face
You flooded all my empty space

 

“Hai paura?”

Seduto in macchina, davanti all’imponente cancello della scuola, l’uomo si voltò a guardare suo figlio, quel bel ragazzo quasi diciottenne che gli somigliava come una goccia d’acqua, e si trovò a domandarsi quando il tempo avesse iniziato a correre così in fretta.

Gli sembrava ieri che aveva stretto quel fagottino tra le braccia, sentendosi l’uomo più felice e fortunato sulla faccia della Terra. Adesso, invece, felicità e fortuna sembravano essersi dileguate e si ritrovava con una vita a pezzi e una carriera in bilico, entrambe da ricostruire. E aveva pensato di farlo tornando a casa, in Kentucky. A Lexington c’erano ancora i suoi genitori e suo fratello, con la sua famiglia, senza contare zii e cugini che avrebbero potuto dargli un po’ di supporto.

E Dio solo sapeva quanto ne avesse bisogno, in quel momento.

Gli ultimi mesi – o forse anni – si erano portati via qualunque certezza avesse mai avuto e aveva dovuto scendere a patti con la cruda realtà che la vita perfetta che credeva di avere fosse una mera illusione.

Era stato un brutto colpo da cui non si era ancora ripreso completamente.

Aveva dovuto cambiare aria, da qui il trasloco, e prendersi un periodo di pausa dal lavoro. Almeno dalla parte più stressante del suo lavoro, che prevedeva girare il mondo per condividere la sua arte e il suo talento con la gente e rendere felici le persone, offrendogli la possibilità di evadere dai loro problemi e dalla loro quotidianità e immergersi in un sogno, anche se solo per qualche ora. Adorava quel lato del suo lavoro, lo amava forse più di ogni altra cosa. Ma, anche quello, gli era stato portato via da un destino crudele che sembrava voler farsi beffe di lui, giocando a dadi con la sua vita e strappandogli quanto di più importante avesse.

Con lo sguardo ancora fisso su suo figlio, prese un paio di respiri profondi, per calmare i battiti accelerati del cuore e far sì che i muscoli, che sentiva già stringersi attorno alla gola, bloccandogli l’aria e impedendo alle corde vocali di funzionare come avrebbero dovuto, si rilassassero, così da poter parlare.

Hai ancora lui, si disse. Non ti hanno portato via tutto.

Come a voler confermare quella teoria, suo figlio gli sorrise e scosse la testa.

“Onestamente? No. Sono eccitato come la prima volta che mi hai fatto salire su un palco a suonare e non vedo l’ora di fare questa nuova esperienza” confessò.

Sentendo una parte della tensione che lo opprimeva abbandonarlo, ricambiò il sorriso di suo figlio, ripetendosi, per l’ennesima volta, che la decisione di tornare a Lexington e di iscrivere Bay a una scuola vera, invece di continuare a istruirlo a casa, fosse la cosa migliore che potesse venirgli in mente.

Forse lui e la felicità avevano una relazione complicata, ultimamente, ma voleva fortemente che suo figlio fosse felice. L’ultimo periodo era stato pesante anche per lui e ancora non riusciva a credere che avesse deciso di voler vivere con lui, invece di restare ad Atlanta con sua madre.

Lentamente, si slacciò la cintura di sicurezza e posò una mano sul ginocchio di suo figlio, annunciando “Bene. Andiamo a conoscere questa nuova scuola, allora”.

 

~ * ~

 

“Ehi!”

Sentì qualcuno urlare da una finestra e, con la coda dell’occhio, controllò a chi appartenesse la voce, senza distogliere l’attenzione dall’azione che si stava svolgendo in campo, davanti a lei. Solo quando fu certa che la sua squadra avesse conquistato il punto, si permise di voltare la testa verso l’edificio e concentrarsi sulla persona che stava gridando.

“Ehi, Mila Azuki!” ripetè Bill, il suo collega di informatica, richiamando la sua attenzione e rivolgendole uno sguardo tra il divertito e l’incredulo.

Emma sorrise. Nessuno dei suoi colleghi capiva perché preferisse passare la pausa pranzo a giocare a pallavolo con gli alunni, invece di starsene tranquilla a chiacchierare in aula insegnanti. Ma lei amava stare con i ragazzi e si divertiva a giocare con loro.

“Dici a me, per caso?” lo canzonò, sollevando un sopracciglio.

Bill si lasciò sfuggire una risatina e annuì, prima di annunciare “Mi dispiace interrompere il gioco, ma devi venire. Il tuo appuntamento è arrivato”.

“Arrivo subito” rispose, iniziando ad allontanarsi dal campo.

Mentre si dirigeva verso l’istituto, sciogliendosi lo chignon in cui aveva legato i lunghi capelli castani e abbassandosi le maniche della felpa che indossava, sentì una voce lamentarsi, dietro di sé. “No! Miss Williams, non se ne può andare! Perderemo”.

Si voltò, ridendo, e, continuando a camminare all’indietro, replicò “Mi dispiace ragazzi, il dovere mi chiama”. Poi, dopo aver scoccato un’occhiata furba al ragazzo che aveva parlato, aggiunse “E comunque, muovi il sedere, invece di startene lì impalato, Matt, e vedrai che qualche palla in più la prendi”.

Una risata e ulteriori lamentele da parte di Matt la accompagnarono fino all’ingresso della scuola, mentre la brezza ancora calda di quel primo pomeriggio di settembre le scompigliava i capelli, donando un po’ di sollievo alle guance accaldate per il gioco.

Non appena varcata la soglia, fu accolta da Bill, che le porgeva una bottiglietta d’acqua.

“Grazie” gli disse, prendendone un sorso e sentendosi subito meglio. “Dove sono?”

“Li ho fatti accomodare nel tuo ufficio” spiegò il collega.

“Okay” ribatté, registrando l’informazione e iniziando a dirigersi verso la porta del suo ufficio.

La voce di Bill però, la fece fermare sui suoi passi e voltare nuovamente verso il collega. “Ehm...Emma?”

“Sì?”

“Tu...sai chi è questo nuovo studente, vero?” le domandò.

Stupita da quella che riteneva una domanda curiosa, ripescò nella memoria le informazioni che aveva letto sulla scheda del ragazzo, proprio quella stessa mattina, e annuì.

“Ma certo” gli assicurò. “Baylee Littrell, da Atlanta. Ha sempre studiato da privatista e vuole frequentare da noi l’ultimo anno. È tutto qui dentro, stai tranquillo” concluse, dandosi un colpetto sulla tempia con la punta dell’indice.

Bill aprì di nuovo la bocca per palare ma Emma non gliene diede il tempo e, ormai raggiunta la porta del suo studio, abbassò la maniglia per entrare, mimando con le labbra Ci vediamo dopo per salutare il collega.

 

~ * ~

 

Li avevano accompagnati in un ufficio luminoso, con le pareti ricoperte di libri, una scrivania con un portatile, pile di fogli e una tazza con un buffo disegno di un unicorno con il mantello da supereroe e una scritta che diceva Being a teacher is my superpower. Aveva sorriso, notandola, e si era detto che chiunque fosse il proprietario di quella tazza – e dell’ufficio in cui si trovavano – doveva per forza essere una persona simpatica. Nonostante questo, non era riuscito a sedersi tranquillo ad aspettare, insieme a Baylee, e aveva preferito ingannare il tempo dell’attesa guardando fuori dalla grande finestra aperta, che dava su un campo da pallavolo in cui si stava svolgendo una partita piuttosto combattuta.

Da quella postazione privilegiata, ma nascosta, aveva assistito al buffo scambio di battute tra quella che doveva per forza essere un’insegnante – sebbene i leggings neri e la felpa rossa dei Tampa Bay Buccaneers le conferissero un aspetto tutt’altro che autoritario – e un alunno, che si lamentava per il repentino abbandono del gioco da parte di quella che, evidentemente, consideravano la componente chiave per la vittoria della squadra. E si era ritrovato a ridacchiare, tutta la tensione che l’aveva accompagnato a partire da quella mattina completamente scomparsa.

Mentre stava ancora pensando a quanto curiosa fosse stata la scena a cui aveva appena assistito, sentì la maniglia della porta che si abbassava e si voltò di scatto, percorrendo in pochi passi lo spazio che lo separava da suo figlio, in modo da essergli accanto.

Sapeva che il preside della scuola era Paul Miller, con cui aveva parlato al telefono per prendere accordi nei mesi precedenti al trasferimento. Non aveva idea di che faccia avesse ma, a giudicare dalla voce, si aspettava di trovarsi davanti un uomo alto e distinto, ma anche molto gentile e accogliente. Per questo il suo stupore fu enorme quando, invece, la porta si aprì e vide una donna piccolina, con lunghi capelli castani, varcare la soglia e rivolgergli un sorriso caloroso e sincero.

Gli ci vollero solo un paio di secondi per riconoscerla: leggings neri e felpa rossa dei Buccaneers, le guance ancora arrossate dalla partita a cui aveva appena partecipato.

Era l’insegnante che aveva visto giocare a pallavolo con i ragazzi, poco prima, e che era stata richiamata per un misterioso appuntamento con quel buffo riferimento al personaggio di un cartone animato giapponese.

E loro, lui e Baylee, dovevano essere l’appuntamento.

Non appena mise piede nella stanza, richiudendosi la porta alle spalle, Emma incrociò lo sguardo di un ragazzo biondo, con vispi occhi verdi, che le rivolse un timido sorriso. Accanto a lui, in giacca di jeans e maglietta nera, stava la versione più adulta del ragazzo, i capelli di una tonalità di biondo più tenente al miele, un filo di barba a mo’ di pizzetto che gli incorniciava la mascella pronunciata e gli occhi azzurri più luminosi che avesse mai visto.

Le ci volle un istante per domandarsi dove diavolo l’avesse già visto e ancora meno per mettere insieme tutti i pezzi di informazioni che non aveva collegato fino a quel momento.

Ecco perché Bill le aveva fatto quella strana domanda. Che stupida era stata a non collegare a lui il cognome del ragazzo. E dire che avrebbe dovuto saperlo!

Cercando di mantenere la calma e dimostrare un minimo di professionalità, fece un passo verso le due figure davanti a lei e tese la mano al ragazzo, presentandosi.

“Piacere, io sono Miss Williams. Tu devi essere Baylee, giusto?”

“Sì, Baylee Littrell. Piacere” confermò lui, stringendogliela.

“E lei deve essere il padre, a giudicare dalla somiglianza” aggiunse, porgendo a mano anche a lui.

“Indovinato” rispose lui, accettando la mano, con un sorriso. “Piacere, Brian Littrell”.

Per quanto estremamente incuriosito da quell’incontro inaspettato, Brian si domandò come mai non ci fosse il preside ad accoglierli, come si aspettava.

Probabilmente notando il suo sguardo perplesso, la donna si affrettò a spiegare la situazione.

“Il preside, il Signor Miller, purtroppo oggi non c’è, ma io sono la vice e farò da tutor a Baylee per l’inserimento, quindi in realtà stiamo velocizzando le cose. Poi, se vuole comunque parlare al Signor Miller, posso farle fissare un appuntamento”.

Brian le sorrise, iniziando a rilassarsi grazie al suo modo di fare onesto e alla mano.

“Non ce n’è bisogno. Se lei sa cosa fare, ci fidiamo” le assicurò.

“Molto bene” concordò lei, ricambiando il sorriso e facendo cenno a lui e a Baylee di accomodarsi sulle due poltroncine davanti alla scrivania.

Mentre loro prendevano posto, lei si sedette dall’altro lato, recuperando una cartellina azzurra con il cognome e l’iniziale di Baylee scritte in pennarello nero e spostando la buffa tazza che aveva catturato l’attenzione di Brian poco prima, per fare posto sul tavolo.

“Dunque,” iniziò, aprendo il fascicolo e dando un’occhiata veloce al primo foglio al suo interno “ho visionato tutti i tuoi documenti scolastici, Baylee e, a quanto ho capito, hai sempre studiato da privatista per poi sostenere gli esami in una scuola di...Atlanta, giusto?”

Baylee annuì, serio. “Sì. Vivevamo lì ed era comodo fare lì gli esami. Ma non l’ho mai frequentata sul serio” spiegò. “Era difficile, con il lavoro di papà, sempre in giro per il mondo”.

Mentre osservava suo figlio rispondere alle domande della donna, orgoglioso per come se la stesse cavando perfettamente in una situazione nuova, sentì Emma ribattere “Immagino”. Poi, dopo avergli rivolto uno sguardo rassicurante, proseguì “E adesso, invece, hai deciso di frequentare l’ultimo anno”.

Baylee annuì e Brian decise che, a quel punto, fosse necessario prendere la parola per illustrare la situazione.

“Ci siamo trasferiti da poco e, dato che qui ho mio fratello e i miei genitori, ho pensato che Baylee può stare con loro, se io devo assentarmi per lavoro, e frequentare come si deve almeno l’ultimo anno”.

La donna sorrise e annuì. “Mi sembra una decisione sensata” concordò.

Studiò ancora un attimo i documenti contenuti nel fascicolo, poi lo chiuse e alzò lo sguardo su Baylee.

“Dunque, da quello che ho visto non hai nulla da recuperare e la tua preparazione è perfettamente in linea con quella dei tuoi compagni” disse, con un tono calmo e allegro. Allungò una mano, fino a mettergli un foglio sotto al naso “Ho buttato giù un piano di studio che comprende anche i corsi a scelta, tenendo conto di quello che hai fatto finora. Proviamo a dargli un’occhiata e mi dici se può andare, così poi ti do subito l’orario, ti va?”

Baylee annuì e Brian riuscì a distinguere l’entusiasmo crescere nei suoi occhi.

Restò a fissare il figlio che studiava attentamente il documento, la testa vicina a quella della strana donna che li aveva accolti, sentendo crescere dentro di sé una tranquillità che non provava da molto tempo e dandosi dello stupido per essere stato così in ansia per quel giorno. Era così terrorizzato dalla piega catastrofica che aveva preso la sua vita, da convincersi che anche quella nuova esperienza di Baylee sarebbe stata disastrosa. Invece, non solo stava andando tutto bene ma si stava anche rivelando più facile del previsto.

Contando mentalmente fino a cinque, tra un respiro e l’altro, come gli aveva insegnato la sua terapista, spostò l’attenzione dal figlio alla donna seduta di fronte a lui, permettendosi di studiarne attentamente la figura. Da quello che aveva visto quando era entrata, doveva avere pressapoco la sua età, forse qualcosa di meno. Era appena più bassa di lui, di corporatura media e con lunghi capelli castani, mossi e intervallati da un serie di ciocche più chiare, color caramello. Non era riuscito e vederle gli occhi o, meglio, aveva notato che luccicavano di entusiasmo e cordialità, ma non ne ricordava il colore. Con quel suo abbigliamento estremamente sportivo e quella personalità singolare, di cui aveva avuto un assaggio grazie a quello scambio di battute a cui aveva involontariamente assistito, era quanto di più lontano dall’ideale dell’insegnante potesse esistere ma, invece di esserne deluso o preoccupato, Brian si ritrovò a pensare che era felice che fosse stata lei ad accoglierli, invece del preside, perché sicuramente quel suo modo di fare anticonvenzionale aveva aiutato a mettere a suo agio Baylee. E anche lui stesso, inutile nasconderlo.

Fu riportato alla realtà dalla voce di suo figlio, che chiese “Io faccio musica. C’è un corso di musica?”

“Certamente” rispose la donna, sorridendogli. “E abbiamo anche la banda della scuola, che si occupa dell’accompagnamento musicale a feste e spettacoli, se suoni qualche strumento e può interessarti”.

“Suono la chitarra” annunciò Baylee, orgoglioso.

“Ottimo” esclamò lei, mostrandogli il pollice alzato. “Sei dentro, allora. Le prove sono tutti i giovedì pomeriggio, dalle tre alle cinque. Avverto il Signor Rodriguez che avrà una chitarra in più”.

Baylee sorrise, entusiasta di avere, in qualche modo, fatto colpo con le sue qualità ed essersi già assicurato un posto in un’attività extra scolastica.

Emma gli consegnò un foglio con l’orario delle lezioni che avrebbe dovuto seguire, poi chiuse la cartellina e posò le braccia sulla scrivania.

“Bene,” propose, sorridendo ai suoi ospiti “se vi va, vi porto a fare un giro della scuola, così inizi a orientarti, Baylee”.

“Sì, perfetto” concordò il ragazzo, entusiasta.

Brian e Baylee si alzarono entrambi dalle poltroncine, seguiti subito dopo da Emma, che si avvicinò alla porta e la aprì, invitandoli a uscire. “Andiamo”.

Richiudendosi la porta dell’ufficio alle spalle, Emma iniziò a percorrere i corridoi dell’istituto, ormai gremiti di ragazzi che, finita la pausa pranzo, si affrettavano a raggiungere le loro aule per le lezioni del pomeriggio, seguita dai suoi due ospiti. Baylee si guardava intorno, estasiato e incuriosito, mentre Brian continuava a scrutare la loro guida con interesse.

Incrociarono un gruppo di ragazze che chiacchieravano animatamente tra loro e una biondina con la coda di cavallo salutò Emma, sorridente “Buongiorno Miss Williams”.
“Ciao Linda” rispose Emma, gentile, e le domandò “Com'è andata la festa di compleanno?”

La ragazzina sorrise. “Alla grande, grazie. Poi le racconto che sorpresa mi ha organizzato mio fratello”.
“Okay, ma dopo la lezione” acconsentì Emma, rivolgendole uno sguardo di affettuoso rimprovero. “Non tentare di usarla come scusa per scampare Shakespeare perché non attacca”.
La ragazza scoppiò a ridere e promise “D'accordo, afferrato il messaggio. Ci sorbiremo il buon vecchio Will senza fiatare”.

Emma la salutò con una pacca sulla spalla e proseguì la sua strada, con Brian e Baylee dietro di lei, sempre più incuriositi dallo strano personaggio che li stava guidando.

A un certo punto, Brian decise di dare voce a parte del suo stupore e chiese “Conosce tutti gli alunni?”

Senza smettere di camminare, Emma si voltò a guardarlo e annuì.

“Diciamo di sì. Qualcuno meglio di altri, ma in generale li conosco tutti per nome. Qui alla Paul Laurence Dunbar nessuno è considerato un numero. È il nostro punto di forza” spiegò, orgogliosa.
Baylee spalancò gli occhi, colpito. “Vale per tutti gli insegnanti?” domandò.
Emma gli rivolse un sorriso furbo e, strizzandogli l’occhio, rispose “Ci proviamo”.

Salirono le scale per raggiungere il piano superiore dove, gli aveva spiegato Emma, si trovavano le aule di musica e i laboratori. Qui, Emma si fermò e richiamò l’attenzione di una ragazzina che stava per entrare in un’aula.

“Lexi”.

Sentendosi chiamare, la ragazza si voltò e Brian e Baylee poterono osservarla meglio, mentre si avvicinava a loro. Era di media statura, magra e molto minuta, con capelli castani, lisci come spaghetti, che le arrivavano più o meno alle spalle, labbra sottili e occhi azzurri che irradiavano intelligenza e curiosità. Indossava un paio di jeans scoloriti e una felpa celeste con il logo della scuola e sul suo visto, reso più interessante da un paio di occhiali con la montatura nera, sembrava non esserci traccia di trucco.

“Sì?” chiese, fermandosi accanto a Emma, che le sorrise, posandole una mano sulla spalla.

“Lui è Baylee” spiegò, indicando il ragazzo. “È nuovo. Hai voglia di fargli finire tu il giro della scuola, così gli racconti tutte quelle cose da studenti che io non so, mentre io finisco di parlare con suo padre?”

La ragazzina annuì. “Okay, nessun problema”. Poi si rivolse a Baylee e gli porse la mano, sorridente. “Ciao, io sono Alexis. Ma puoi chiamarmi Lexi” si presentò.

“Piacere, Baylee. Ma chiamami pure Bay” replicò lui, stringendole la mano e ricambiando il sorriso.

“Vieni, Bay. Ti faccio fare un giro” annunciò Lexi, approfittando del fatto di avere già la mano del ragazzo stretta nella sua e trascinandoselo dietro lungo il corridoio.

Emma e Brian li guardarono allontanarsi, con un mezzo sorriso. Poi la donna gli fece cenno di seguirla, dicendo “Venga, le faccio vedere il laboratorio di chimica. È nuovo e ne siamo piuttosto orgogliosi”.

Finita la visita al laboratorio, Brian ed Emma ridiscesero le scale e tornarono all’ingresso, chiacchierando del più e del meno, in attesa che Baylee terminasse il giro turistico con Lexi. Mentre aspettavano, Emma disse “Bene, direi che abbiamo sistemato tutto. Baylee può iniziare domani e per qualsiasi cosa il mio numero è scritto in fondo al foglio con l’orario che gli ho consegnato”.

“Perfetto” commentò Brian, rivolgendole un rapido sorriso.

“Domande?”

Preso alla sprovvista, Brian si limitò a fare no con la testa. “No, tutto chiaro”. Poi, però, ci ripensò e decise di togliersi una curiosità che gli girava in testa dal primo momento in cui aveva visto Emma. “In realtà, una domanda ce l’avrei” esordì.

“Mi dica” lo spronò lei, affabile.

“Cosa ci fa una fan dei Buccaneers in Kentucky?”

La donna rise e Brian le fece compagnia.

“Storia lunga” rispose. “Sono originaria di Bradenton, in Florida, ma a un certo punto ha iniziato a starmi un po’ stretta e diciamo che ho voluto cambiare aria” spiegò.

“È un bel cambiamento dalla Florida a Lexington” osservò lui, curioso.

“Vero,” convenne Emma “ma mi piace qui, mi trovo bene. Anche se resto fedele ai Bucs”.

Si guardarono, pensando reciprocamente che l’altro era una persona decisamente simpatica, poi risero di nuovo.

A quel punto, Alexis e Baylee tornarono dal giro orientativo. Baylee si fermò accanto al padre e Alexis si mise di fianco a Emma, salutando educatamente gli ospiti.

“Ciao Bay, ci vediamo domani. Se hai bisogno hai il mio numero”.

“Okay. Grazie, Lexi. A domani” ricambiò lui.

“Arrivederci Signor Littrell” aggiunse la ragazzina, sorridendo a Brian.

“Ciao Alexis” la salutò lui “e grazie per aver fatto da guida a Baylee”.

“Si figuri, nessun problema” minimizzò lei.

“Grazie dell’aiuto, Lexi” si intromise Emma, sorridendole. Poi si avvicinò al suo orecchio e le bisbigliò “Adesso vai in classe che se no la Cullen chi la sente?”

Alexis ridacchiò e bisbigliò, a sua volta “Al massimo do la colpa a te”, poi corse su per le scale, agitando una mano in direzione di Baylee, che ricambiò il saluto.

Brian, nel frattempo, aveva notato quello strano scambio di battute tra la ragazzina e l’insegnante e l’aveva trovato estremamente confidenziale ma, considerato che nulla di ciò che riguardava la donna che gli stava davanti gli sembrava convenzionale, non se ne stupì più di tanto, preferendo non darci troppo peso.

Emma chiese a Baylee cosa gliene sembrava della scuola e i tre scambiarono ancora qualche parola, prima di salutarsi definitivamente.

“Bene, direi che, se non c’è altro che vuoi chiedermi, noi ci vediamo domani a lezione, Baylee” sentenziò Emma, accompagnandoli alla porta d’ingresso.

“Certo. A domani, Miss Williams. Grazie” ricambiò il ragazzo, felice.

“Arrivederci, Signor Littrell. È stato un piacere conoscerla. Per qualsiasi cosa, mi chiami” gli ricordò.

“Arrivederci a lei. Certo, lo farò” le assicurò Brian, prima di salutarla con una stretta di mano e uscire dall’edificio, insieme a suo figlio.

Risalendo in auto, mentre ascoltava distrattamente Baylee che gli raccontava tutto quello che aveva scoperto da Lexi sulla scuola e sugli altri insegnanti, Brian sentì distintamente la morsa sulle sue corde vocali allentarsi leggermente e prese un respiro profondo, prima di schiarirsi la voce.

Era andato tutto bene. Baylee sembrava entusiasta e, con un po’ di fortuna, si sarebbe inserito in fretta nella nuova scuola, trovando presto nuovi amici.

Un altro tassello per ricostruire la loro vita dalle rovine di ciò che ne era rimasto era stato messo al suo posto. Ora doveva solo sperare che tutti gli altri lo seguissero, piano piano, con la stessa semplicità.

Allora, forse, avrebbe potuto ricominciare a respirare.

 

~ * ~

 

Emma stava aspettando seduta in auto da circa dieci minuti quando, finalmente, la portiera dal lato del passeggero si aprì e Alexis fece la sua comparsa, sedendosi accanto a lei e lanciando lo zaino sul sedile posteriore.

“Sei in ritardo” le fece notare Emma, mettendo in moto.

“Sì, scusa. La Cullen mi ha trattenuta per parlare del mio elaborato per il test di domani” si giustificò.

“Nessun problema” minimizzò Emma, immettendosi sulla strada principale. “Piuttosto, ti ha fatto storie per essere entrata in ritardo?”

Con la coda dell’occhio vide Lexi fare no con la testa. “No, tranquilla. Mi ha chiesto dove fossi stata e le ho spiegato che avevo fatto da guida a un nuovo studente”.

“Molto bene. Grazie, tra l’altro” le disse Emma, con un sorriso.

“Di nulla, figurati” replicò la ragazza, ricambiando il sorriso. “Anzi, a primo impatto Bay è simpatico”.

“Sul serio?” domandò Emma, incuriosita.

Lexi si limitò ad annuire, senza aggiungere altro. Poi, dopo un istante, mentre erano ferme a un semaforo rosso, si voltò a guardare Emma e le chiese “Ti sei accorta chi è il padre di Baylee, vero?”

Emma si lasciò sfuggire una risatina.

“Certo che me ne sono accorta. Non sono mica scema” rispose, fingendo di essere offesa.

“Mai pensato che lo fossi, ma a volte vivi un po’ nel tuo mondo” commentò Lexi, lanciandole uno sguardo eloquente.

Emma sospirò. “Okay, forse hai ragione” ammise. “Ma perfino io so chi sono i Backstreet Boys. Come potrei non saperlo, dato che tua madre me li ha fatti ascoltare per tutta la vita?”

“Meno male!” esclamò Lexi, ridacchiando.

“Piuttosto,” si informò Emma, mentre ripartiva “hai mica scoperto come mai sono qui?”

Alexis si strinse nelle spalle. “Non abbiamo avuto molto tempo per chiacchierare, ma Bay mi ha detto che i suoi hanno divorziato e lui e il padre sono tornati a vivere qui per essere vicini ai nonni e agli zii”.

“Non sapevo che Brian Littrell avesse divorziato” commentò Emma, senza staccare gli occhi dalla strada.

“Nemmeno io” concordò Lexi. “Ma, onestamente, non è che io e te siamo proprio le regine del gossip, quindi magari è una notizia di dominio pubblico e noi ce la siamo persa”.

Emma si ritrovò a ridacchiare, mentre osservava “Effettivamente può darsi”.

Restarono un attimo in silenzio poi, mentre già imboccavano la via dove si trovava casa loro, Emma disse “Strano che Baylee abbia deciso di restare con il padre, non trovi?”

Di nuovo, Lexi fece spallucce ed Emma si ritrovò a mordersi la lingua per non farle notare quanto quel suo modo di fare le desse sui nervi.

Calmati, si disse. È stata una lunga giornata, sei solo stanca. Non ce l’hai veramente con lei.

Mentre Emma prendeva un respiro profondo, Lexi si decise a rispondere all’osservazione.

“Non so altro, mi dispiace” si scusò. “Ma, magari, scopro qualcosa di più nei prossimi giorni”.

Dopo aver parcheggiato nel vialetto d’ingresso della casetta in cui abitavano, Emma si slacciò la cintura di sicurezza e si voltò a guardare la ragazza, un sorrisetto divertito appiccicato sul volto.

“Conti di rivederlo, quindi?” le chiese.

“Togliti quel sorrisino dalla faccia” la ammonì Lexi, senza però riuscire a trattenere un sorriso a sua volta. “Sì, lo rivedrò. Gli ho promesso di pranzare con lui, domani, dato che non conosce nessuno”.

“Molto carino da parte tua” osservò Emma, sincera.

“Niente di che, in realtà” minimizzò Lexi. “Te l’ho detto, è simpatico. E non mi costa niente essere gentile con lui” spiegò. Poi, dopo un istante, aggiunse, abbassando subito lo sguardo “E poi, mamma ne sarebbe contenta”.

Istintivamente, Emma allungò una mano fino a posarla sul ginocchio della ragazza. Lexi rialzò gli occhi e incrociò quelli lucidi, ma pieni di affetto, della donna seduta accanto a lei. Si sorrisero ed Emma sentenziò “Non solo contenta, ne sarebbe entusiasta. E pretenderebbe che le raccontassi tutto, per filo e per segno”.

“Secondo me, mi obbligherebbe a diventare la sua migliore amica, solo perché così avrebbe più occasioni per vedere suo padre” commentò Lexi, ridacchiando, grata che Emma avesse smorzato quel momento di nostalgia con una battuta.

“Oh, questo è poco ma sicuro” convenne Emma. “Anzi, sono convinta che, entro un mese, avrebbe convinto il pover’uomo a invitarla a cena, non fosse altro che per averlo preso per sfinimento”.

Scoppiarono entrambe a ridere, poi Lexi si sporse verso Emma per stringerla in un abbraccio.

“Grazie” sussurrò, le parole attutite dalla vicinanza delle labbra al tessuto della felpa che Emma indossava.

“Per cosa?” chiese lei, mentre accarezzava i capelli della ragazza.

“Per...beh, lo sai” farfugliò Lexi, allontanandosi.

Lottando contro il groppo in gola che rischiava di farla scoppiare a piangere, Emma deglutì e si sforzò di sdrammatizzare, dicendo “In realtà, non so quanto tu sia stata fortunata, sai? Devi sopportare di vivere con me, che sono un concentrato di disorganizzazione e casino ambulante”.

Lexi si lasciò scappare una risatina e, sporgendosi verso il sedile posteriore per afferrare il zaino, ribatté “Ma cucini da Dio, quindi, tutto sommato, poteva andarmi decisamente peggio”.

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Capitolo 2
*** Making new friends ***


You take away life's heartbreak
And I know with you its gonna be OK

 

Era passata già qualche settimana da quando Baylee aveva iniziato la nuova scuola e, ogni giorno, tornava a casa entusiasta per qualcosa di nuovo che gli era successo.

Brian non avrebbe potuto essere più felice. Adorava sentire il figlio raccontare delle lezioni, dei nuovi amici e delle prove della banda, ed era estasiato di come Baylee si fosse subito integrato con gli altri ragazzi. In particolare, gli parlava spesso di Lexi, la ragazzina che l’aveva accompagnato a fare un giro durante la loro prima visita alla scuola. Brian si domandava spesso se suo figlio non si fosse preso la sua prima cotta, ma non si azzardava a chiedergli nulla, per paura di passare per uno di quei padri impiccioni che facevano vergognare i figli.

Per quanto Baylee avesse scelto di vivere con lui, a Brian sembrava sempre di camminare sulle uova, quando si trattava del rapporto con il figlio. Si adoravano, su questo non c’erano dubbi, ma Brian temeva che presto Baylee avrebbe iniziato a sentire la mancanza della madre e, un giorno, al suo primo passo falso, avrebbe potuto decidere di tornarsene ad Atlanta da Leighanne, lasciandolo solo, in balia dei suoi demoni.

Chiuse gli occhi, mentre l’immagine di quella possibilità gli attraversava la mente, e strinse ancora di più le mani sul volante, tanto di farsi diventare bianche le nocche.

Non poteva perdere Baylee, non l’avrebbe sopportato.

Fu richiamato alla realtà proprio dalla voce di suo figlio, seduto sul sedile accanto a lui mentre lo stava accompagnando a scuola, che gli chiedeva “Posso andare a studiare da Lexi, questo pomeriggio, dopo scuola? Abbiamo un progetto per il corso di economia”.

Brian riaprì gli occhi, accorgendosi, nel frattempo, che il semaforo a cui erano fermi era diventato verde. Schiacciò l’acceleratore e fece ripartire l’auto, mentre annuiva.

“Ma certo. Dimmi poi a che ora devo passarti a prendere e dove”.

“Non c’è problema, torno a piedi” lo rassicurò suo figlio, con un sorriso. “Non è troppo lontano da casa nostra. Faccio due passi”.

“Come vuoi” cedette Brian, preferendo non insistere. Poi, dopo aver valutato quanto potesse essere rischioso porre quella domanda, decise di tentare e buttò lì, nel tono più casuale che gli riuscì di creare “Sarete da soli o ci sono i suoi genitori a casa?”

“C’è Miss Williams” rispose Baylee, tranquillo, apparentemente per nulla seccato dalla domanda del padre.

Stupito dalla risposta del figlio, Brian distolse per un secondo gli occhi dalla strada, per lanciare un’occhiata al ragazzo seduto accanto a lui.

“Miss Williams?” chiese. “La tua insegnante di letteratura inglese?”

Baylee annuì, senza aggiungere nulla, come se la cosa fosse ovvia. Ma non lo era, almeno non per Brian, che non riusciva a capire cosa c’entrasse la donna con la nuova amica di suo figlio.

“Scusa Bay, ma non ti seguo” confessò, con aria smarrita.

“Lexi vive con Miss Williams” annunciò Baylee, quasi stupito che il padre non fosse al corrente di quell’informazione.

“È sua madre?” gli chiese Brian, incuriosito.

“Non esattamente. È la sua tutrice legale” spiegò distrattamente il ragazzo, mentre controllava una notifica sul cellulare.

“Tutrice legale?” ripeté Brian, sempre più stupito.

Baylee annuì, di nuovo. “Sì. Tipo tu con zio Nick quando era piccolo ed eravate in tour. Solo un po’ più seriamente” specificò.

“Ma...Lexi non ha i genitori?” insistette Brian, ormai completamente assorbito da quella discussione.

Baylee rimise il cellulare in tasca e si voltò a guardare il padre, apprestandosi a raccontare. “Il padre non l’ha mai conosciuto e la madre è morta di cancro qualche anno fa. Era la migliore amica di Miss Williams e da allora ha preso Lexi con lei e le fa praticamente da mamma. Una specie. O forse più tipo una zia. Come se io andassi a vivere da zio Kevin”.

A Brian venne da sorridere per quell’allusione al cugino, che Bay chiamava zio da quando era nato, così come tutti gli altri membri del gruppo – e lo stesso facevano con Brian i figli dei colleghi, ovviamente. Però ci tenne a precisare “Beh, ma zio Kevin è mio cugino, quindi c’è un legame di parentela. Mentre mi pare di capire che tra Lexi e Miss Williams non ci sia”.

Bay fece spallucce – Dio com’era irritante, pensò Brian, guardandosi bene, però, dall’esprimere la sua opinione ad alta voce.

“Okay,” concesse il ragazzo “allora come se tu morissi e io andassi a vivere con zio Nick”.

Brian strabuzzò gli occhi, sorpreso.

“Vorresti davvero andare a vivere con zio Nick, se io morissi?” domandò, interessato.

Baylee alzò di nuovo le spalle – era necessario trovare un modo e un momento per parlare a suo figlio di quanto quel gesto fosse irritante, si disse Brian – e rispose “Non lo so. Ovviamente c’è mamma ma, ipotizzando che non ci fosse, credo che la scelta sarebbe tra zio Nick e zio Alex. Zio Kevin e zio Howie sono fantastici ma un pelino noiosi. Vorrei qualcuno di figo e divertente. Lexi è stata fortunata con Miss Williams”.

Brian soffocò una risata al sentire la descrizione dei suoi amici fatta dal figlio, e decise di lasciare cadere l’argomento custodia legale, focalizzandosi, invece, sull’ultima parte del commento del figlio.

“Da come ne parli, deduco che ti piaccia” osservò, riferendosi all’insegnante che il ragazzo aveva appena citato.

Baylee sorrise e annuì. “È forte. È completamente diversa da qualsiasi insegnante con cui ho avuto a che fare, anche se ammetto che non ho una grande esperienza. Ci tratta da adulti e fa un sacco di battute, ma nessuno le manca mai di rispetto. E le sue lezioni sono uno spasso. Stiamo facendo Joyce, che non è tutto questo divertimento, ma lei riesce a renderlo interessante” spiegò.

“Bene, mi fa piacere” disse Brian, sinceramente colpito dalla dichiarazione di stima di suo figlio nei confronti della nuova insegnante.

Padre e figlio restarono in silenzio per qualche minuto, che Brian impiegò per fermarsi a un incrocio e svoltare nella via che portava alla scuola del ragazzo. Una volta imboccata la strada, si decise a chiedere “E Lexi?”

“Cosa?” fece Baylee, voltandosi a guardare il padre.

“Ti piace?”

Il ragazzo fece sì con la testa. “È forte. Ed è stata carina con me fin da subito. Mi ha dato una mano a recuperare gli appunti che mi servivano e a integrarmi. Andiamo d’accordo” ammise.

“Sono felice che tu abbia trovato un’amica così presto” confessò Brian, sincero.

“Sì, anch’io” concordò Baylee, e poi aggiunse “Sai che scrive canzoni?”

“Davvero?” domandò Brian, colpito.

Baylee annuì, orgoglioso della nuova amica. “Molto più rock, rispetto al mio stile, ma è brava. Abbiamo deciso di provare a fare qualcosa insieme”.

Sperando di fare una cosa gradita, Brian propose “Puoi invitarla da noi, se ti va. Potete usare il mio studio”.

“Dici sul serio?” gli chiese Baylee, spalancando gli occhi.

Brian gli lanciò un’occhiata divertita e gli sorrise.

“Ma certo” confermò. “Bay, non voglio fare lo sdolcinato, ma sei tutto quello che ho. Voglio che tu sia felice”.

“Grazie, papà” rispose il ragazzo, ricambiando il sorriso, per poi aggiungere, in un sussurro “Anch’io vorrei che tu fossi felice”.

Brian si affrettò a rispondere “Lo sono”, ma Baylee replicò immediatamente “Non è vero”, rivolgendogli uno sguardo di rimprovero.

Brian si lasciò sfuggire una risatina. “Okay, non è vero” ammise. “Ma ci sto provando”.

“Vorrei che lo fossi. Di nuovo” confessò Baylee, tornando serio.

Il sorriso abbandonò le labbra di Brian, mentre ribatteva “Lo vorrei anch’io. Davvero. Ma le cose sono un po’ complicate per me, ultimamente”.

“Lo so e mi dispiace. Se posso fare qualcosa…” azzardò il ragazzo, desideroso di essere utile.

Brian scosse la testa. “Non puoi fare niente, Bay. Nessuno può”.

Baylee si lasciò scappare un sospiro, prima di commentare “Mamma poteva, ma è stata una stronza”.

“Bay!” lo rimproverò immediatamente il padre.

“Scusa, papà. Ma è vero” si giustificò il ragazzo, deciso. “Ti ha abbandonato quando avevi più bisogno di lei”.

Suo malgrado, Brian si trovò a concordare con suo figlio. Ma non l’avrebbe mai ammesso davanti a lui. Quello che era successo era qualcosa che doveva restare tra lui e Leighanne, non voleva assolutamente coinvolgere il figlio nella diatriba con l’ex moglie. Leighanne era sua madre e, come tale, Baylee doveva rispettarla e volerle bene. Crescendo con Nick, Brian aveva visto fin troppo da vicino cosa poteva succedere a un ragazzo se veniva messo in mezzo nel rapporto complicato dei genitori e non voleva assolutamente che suo figlio passasse quello che aveva dovuto passare Nick. Era già stata abbastanza dura veder stare male il suo amico, senza poter fare molto per aiutarlo, l’idea di poter essere responsabile delle sofferenze di suo figlio lo terrorizzava come poche altre cose al mondo.

“Forse” concesse, diplomatico. “Ma è una cosa tra me e lei. Non voglio che coinvolga te. Non escluderla dalla tua vita”.

“È la stessa cosa che mi ha detto Lexi” ammise Baylee, abbassando lo sguardo sulle ginocchia.

“Sul serio?” esclamò Brian, stupito.

Il ragazzo annuì. “Mi ha detto che, una volta passata la rabbia, dovrei riallacciare il rapporto con mamma, altrimenti me ne pentirò. Sai, lei lo dice perché la mamma non ce l’ha più e, per quanto Miss Williams sia fantastica e le voglia molto bene, le manca. Insomma, l’idea è di approfittare del fatto che io almeno una mamma ce l’ho” spiegò, mentre si torturava nervosamente le mani.

Anche Brian annuì. “Chiaro. E ha ragione” concordò.

“Sì, probabilmente sì. E lo farò, promesso. Devo solo smettere di avercela con lei” gli assicurò Baylee.

“Prenditi il tuo tempo” lo rassicurò Brian, allungando una mano e posandola sul ginocchio del figlio.

“Come ha detto Lexi” ribatté lui, con un mezzo sorriso.

“Molto saggia, questa Lexi. Mi piace” commentò Brian, cercando di smorzare la tensione, mentre fermava l’auto poco distante dal cancello della scuola.

Baylee afferrò lo zaino e sorrise. Poi, prima di aprire la portiera, aggiunse “Sai che sua madre era una vostra fan? Eri il suo preferito”.

Brian si ritrovò a sorridere, felice, per una volta, di essere stato il preferito di una persona così importante per la nuova amica di suo figlio. Poi sentenziò, ironico “Te l’ho detto che mi piace”.

Baylee scoppiò a ridere e Brian gli fece compagnia, prima di salutarlo con una pacca sulla spalla e guardarlo raggiungere un gruppo di ragazzi che stavano entrando nel cortile della scuola.

 

~ * ~

 

“Baylee mi ha invitato ad andare da lui, oggi pomeriggio”.

Emma e Lexi stavano facendo colazione, quando la ragazza aveva fatto il suo annuncio.

Emma non disse nulla, si limitò a osservarla, da sopra il bordo della sua tazza di caffè.

“Suo padre ci lascia usare il suo studio per provare a registrare una canzone che abbiamo scritto insieme” spiegò la ragazza, pur senza che le fosse stato chiesto nulla.

A questo punto, Emma sentì che era arrivato il momento di intervenire nella conversazione e commentò “Gentile da parte sua”.

“Sì, molto” convenne Lexi, mettendosi in bocca un cucchiaio di cereali.

Quando finì di masticare, aggiunse “Potresti passare a prendermi, più tardi? Ieri mi sono ammaccata un ginocchio giocando a basket e mi fa un po’ male a camminarci sopra, altrimenti sarei tornata a piedi”.

Emma annuì. “Certo, nessuno problema. Ho una riunione fino alle cinque, però. Va bene se passo dopo?”

Lexi afferrò il cellulare e disse “Chiedo a Bay e ti dico”, per poi iniziare a digitare furiosamente.

Dopo qualche istante, il cellulare della ragazza emise un suono che avvertiva della ricezione di un messaggio e lei si affrettò a prenderlo, per controllare chi fosse.

Emma la vide sorridere, poi alzò gli occhi su di lei e annunciò “Va benissimo. Suo padre ci viene a prendere all’uscita da scuola e ci porta da loro. Dice che puoi passare quando vuoi”.

Emma le sorrise, felice che avesse trovato qualcuno con cui andava così d’accordo. Adorava Lexi e la considerava una ragazza straordinaria, ma era anche consapevole che non avesse il carattere più malleabile del mondo e, per questo, faticava a stringere amicizie sincere con i coetanei. La morte della madre e il trasferimento dalla Florida, qualche anno prima, per quanto assolutamente necessario, non avevano di certo contribuito a renderla più socievole e, spesso, era difficile convincerla ad abbattere il muro di difesa che aveva alzato per proteggersi dagli attacchi del mondo esterno e a fidarsi delle persone.

In Baylee, forse, aveva visto uno spirito affine. Anche lui senza la madre, per quanto la situazione fosse decisamente diversa, e anche lui sradicato dalla realtà che conosceva per adattarsi in un posto differente, dov’era quello nuovo – con il padre famoso, per giunta – proprio come lo era stata Lexi qualche anno prima.

Qualunque cosa fosse, Emma era felice che la ragazza avesse, finalmente, trovato un amico e si ripromise di agevolare qualsiasi iniziativa che permettesse ai due di passare del tempo insieme.

“Perfetto. Fatti poi dare l’indirizzo preciso e mandamelo” le ricordò, strizzandole l’occhio. “Sai che sono bravissima a perdermi quando non conosco la strada”.

Lexi rise e annuì. “Oh, lo so. Come la volta che siamo andate a comprare lo specchio per la mia stanza, ti ricordi?”

“Certo che mi ricordo” le assicurò Emma, ridacchiando. “Abbiamo girato per un’ora per poi scoprire che avevo trascritto male l’indirizzo e non era Woodland Avenue, ma Woodspoint Road. Come dimenticarlo?”

 

~ * ~

 

Erano quasi le sei quando Emma fermò l’auto di fronte al cancello in ferro battuto di una villa appena fuori dal centro. Controllando che l’indirizzo corrispondesse con quello che le aveva mandato Lexi, scese dall’auto e suonò il campanello, sistemandosi nervosamente i capelli scompigliati, non appena si accorse che il citofono era dotato di una videocamera.

“Chi è?” chiese una voce metallica, all’altro capo.

“Ehm...sono Miss Williams. Sono venuta a prendere Lexi” farfugliò, in imbarazzo.

“Oh, salve. Le apro subito il cancello così può entrare con l’auto” disse la voce.

“Molte grazie” rispose Emma, prima di risalire in auto e mettere di nuovo in moto.

Percorse un breve vialetto alberato e fermò la macchina in uno spiazzo davanti alla casa. Scendendo, si guardò intorno e scorse una piscina, vuota in vista dell’arrivo dell’inverno, e un garage aperto, al cui interno erano parcheggiati un SUV e un’auto sportiva.

Fece un passo verso la porta d’ingresso che, in quel momento, si aprì, rivelando la figura famigliare del padrone di casa, in pantaloni della tuta e felpa con il cappuccio, che la accolse con un sorriso.

“Benvenuta” disse, mentre lei si avvicinava. “Venga, entri. I ragazzi non hanno ancora terminato ma posso offrirle qualcosa da bere, mentre li aspettiamo”.

“Io...grazie, ma non voglio disturbare” balbettò Emma, leggermente in soggezione nel ritrovarsi sola, con una persona famosa, in una casa che, per quanto arredata in modo molto semplice e niente affatto appariscente, gridava a gran voce che coloro che ci abitavano non avevano problemi con le bollette.

Certo, aveva già avuto a che fare con Brian e se l’era cavata egregiamente, ma un conto era fingere disinvoltura a scuola, nel suo elemento e dove, in qualche modo, in quanto vice del Dirigente, si trovava in una posizione di autorità nei suoi confronti, mentre sostenere una conversazione con lui in casa sua era tutta un’altra questione.

Nonostante questo, seguì l’uomo all’interno della casa, lungo un ampio corridoio, fino a uno spazioso salotto luminoso, dove troneggiava un enorme divano ad angolo di un color sabbia chiaro.

“Prego, si accomodi” le disse Brian, facendole cenno di sedersi. “Cosa le porto? Tè, acqua, un bicchiere di vino? Oppure, se preferisce, ho appena fatto il caffè”.

Rassegnata a dover combattere le sue insicurezze e sforzandosi di rimanere calma, Emma si accomodò sul divano e rivolse un sorriso al suo ospite.

“Meglio evitare il vino, devo guidare. Un caffè andrà benissimo, grazie”.

“Giusto, ottima osservazione” concordò Brian, spettinandosi i capelli sulla nuca in un gesto che tradiva un certo nervosismo e che non passò inosservato a Emma. Poi disse “Torno subito con il caffè”, prima di scomparire in un’altra stanza, lasciando Emma sola, in quel grande salotto, a guardarsi intorno incuriosita, domandandosi se quel gesto che aveva notato poco prima nascondesse davvero un certo imbarazzo da parte di Brian.

Un sorriso si allargò sul suo viso, mentre si ricordava che, in effetti, lui poteva anche essere una celebrità, ma lei rimaneva pur sempre l’insegnante di suo figlio e, come tale, meritava una certa dose di rispetto. Poi scosse subito la testa, dandosi della stupida. Da quel poco che aveva potuto constatare durante il loro primo incontro, Brian le era sembrato una persona gentile ed educata e dubitava che avrebbe comunque fatto qualcosa per metterla in imbarazzo, anche senza dover far leva sulla superiorità data dalla sua posizione.

Adesso vedi solo di non fare nulla per metterti in imbarazzo da sola, si disse, conoscendo quanto potesse diventare imbranata quando era nervosa.

Quando Brian tornò, poco dopo, con due tazze di caffè fumante e si sedette sul divano accanto a lei, Emma era riuscita a riprendere quasi completamente possesso delle sue facoltà mentali ed era pronta a sostenere una conversazione con Brian, sforzandosi di tenere a mente che si trattava comunque di una persona normale, solo con un lavoro un po’...singolare. Se ce la faceva Lexi, che ormai ne parlava tranquillamente, come se fosse il padre di qualsiasi altro compagno di scuola, ce la poteva fare anche lei, che diamine.

Infatti, le cose si dimostrarono fin da subito molto più semplici di quanto aveva immaginato e Brian la mise a suo agio a tal punto che, dopo appena un quarto d’ora, Emma si era già dimenticata che stava chiacchierando con una persona famosa.

Anche Brian era completamente rilassato e a proprio agio a parlare con l’insegnante di suo figlio che, se ne convinceva sempre di più, a ogni battuta spiritosa fatta e a ogni scherzo accolto con un sorriso e una risposta arguta, era veramente una persona piacevole e intelligente, che sapeva adattarsi a ogni situazione ed esercitava, senza nemmeno rendersene conto, un fascino coinvolgente su chiunque avesse il piacere di entrare nella sua sfera di interesse.

A un certo punto, infatti, la sensazione di tranquillità che provava nel conversare con quella donna divenne tale che Brian si sentì dire, senza nemmeno sapere bene dove avesse trovato il coraggio di farlo “Basta con questo Signor Littrell, per favore. Mi fa sentire più vecchio di quello che sono. Brian. Sono solo Brian. A meno che non vada contro le regole della scuola”.

Emma sorrise e scosse la testa. “No, non infrangiamo nessuna regola, Brian” lo rassicurò. “Però, io sono Emma, allora”.

“D’accordo, Emma” acconsentì Brian, ricambiando il sorriso.

Chiacchierarono ancora un po’, Emma gli chiese come si trovasse Baylee a scuola e se avesse accettato bene il trasferimento, e Brian si ritrovò, senza quasi neanche accorgersene, a raccontarle del divorzio da Leighanne, di come per lui fosse stato un brutto colpo e di quanto Baylee se la fosse presa nello scoprire che la madre aveva intenzione di abbandonarlo quando, a detta sua, avrebbe avuto più bisogno del supporto della famiglia. Diede per scontato che Emma fosse a conoscenza dei suoi problemi con la voce ed effettivamente lei lo sapeva, ma soltanto perché gliene aveva parlato Lexi, che l’aveva saputo da Baylee.

Emma tirò un sospiro di sollievo all’idea di essere al corrente della situazione, così da non dover chiedere a Brian di parlare di un argomento che, era evidente, lo metteva a disagio, e si affrettò a sviare il discorso su altro, rassicurando Brian su come Baylee si fosse inserito bene a scuola e sul suo andamento didattico.

Brian si accorse del repentino cambio di argomento e ne dedusse anche il motivo. E le fu grato, per avergli evitato di dover dare spiegazioni che, ancora, gli risultavano difficili, e per non averlo obbligato a mostrarsi vulnerabile, concedendogli di nascondersi dietro alla maschera composta da sorrisi e battute ironiche che utilizzava sempre quando non voleva lasciar trapelare le sue debolezze. Avrebbe voluto farlo, in realtà. Ci era andato molto vicino, come mai gli era successo con qualcuno appena conosciuto. Quella donna gli ispirava sicurezza ed era convinto che non l’avrebbe giudicato, se avesse deciso di essere sincero con lei. Ma, all’ultimo momento, non se l’era sentita. Gli era mancato il coraggio.

L’avrebbe fatto, si ripromise, ma non adesso. Non in quel momento. Non era ancora pronto.

Più di tutto, però, Brian le fu grato per non avergli rivolto quello sguardo compassionevole che riceveva da tutti, quando si ritrovava a parlare delle disavventure degli ultimi anni. A differenza di altri, Emma si era limitata ad ascoltare, annuendo di tanto in tanto, per poi passare a parlare di altro quando si era accorta che l’aria si era fatta troppo tesa.

“Anche per Lexi non è stato facile, quando ci siamo trasferite dalla Florida. Credo sia per questo che ha preso subito Baylee sotto la sua ala protettrice” osservò, posando la tazza, ormai vuota, sul tavolino di vetro di fronte al divano.

“Gia, immagino” commentò Brian. “E sono contento che l’abbia fatto. A Baylee serviva un’amica e quei due sembrano andare piuttosto d’accordo”.

“Così pare” concordò Emma, con un mezzo sorriso.

“Sono felice che abbiano fatto subito amicizia. E Alexis mi sembra una ragazzina a posto” proseguì Brian, posando anche lui la tazza sul tavolino.

“Lo è, decisamente” confermò Emma, con una punta di orgoglio che trapelava nel tono di voce usato. “E non per merito mio, anche se mi piacerebbe pensarlo” aggiunse.

“Beh, sicuramente il tuo esempio avrà influito” obiettò Brian, colpito da tanta modestia.

Emma alzò impercettibilmente le spalle. “Forse” concesse. “Sua madre era eccezionale. Lexi mi ha sempre vista come la zia un po’ pazza”.

Emma si lasciò sfuggire una risatina, seguita a ruota da Brian, che poi azzardò “Chissà, magari alla fine tra lei e Baylee nasce qualcosa”.

Emma scosse la testa. “Non credo” replicò, decisa.

Brian si accigliò. “Perché? Non le piace Baylee?” chiese, sorpreso.

Emma sorrise e si affrettò a negare. “Oh, lo adora. Lo considera, cito testualmente, l’essere umano di sesso maschile più interessante e piacevole che abbia mai incontrato”.

“E allora?” domandò ancora Brian, sempre più confuso.

“E allora, per quanto lo adori, non è interessata a lui in quel senso. Fidati” ripeté lei, tornando seria.

“Come fai a esserne sicura? Te l’ha detto lei?” insistette Brian, deciso a non abbandonare quella sua fantasia innocente che vedeva Bay e Lexi felicemente fidanzati.

Emma abbassò lo sguardo sulle sue scarpe e prese un respiro profondo. Poi, quando rialzò gli occhi su Brian, confessò “A Lexi piacciono le ragazze, Brian”.

Brian si sentì come i personaggi dei cartoni animati giapponesi, quando venivano colpiti in testa da un masso di dimensioni epiche che, con tutta probabilità, avrebbe dovuto ucciderli mentre, ogni volta, ne uscivano soltanto un po’ ammaccati.

Dandosi dell’idiota per essersi cacciato in quella situazione imbarazzante, si ritrovò a farfugliare “Io...ah”.

Emma si lasciò scappare una risatina, divertita nel vedere Brian così in imbarazzo, e gli chiese “Scioccato?”

“N-no” si affrettò a rispondere lui, ma era evidente che non era così, quindi decise di essere onesto, per evitare di fare una figura ancora peggiore.

“Cioè, forse un pochino” ammise. “Ma credo sia semplicemente un retaggio della mia educazione religiosa”.

“Mi dispiace, non volevo sconvolgerti” disse lei e sembrava veramente dispiaciuta, tanto che Brian si sentì in dovere di rassicurarla.

“Non preoccuparti, non sono sconvolto. Devo solo...abituarmi all’idea”.

Emma gli rivolse un sorriso benevolo.

“Guarda che non cambia nulla. È sempre Lexi, la ragazzina che eri tanto felice fosse diventata amica di tuo figlio” gli ricordò.

“Lo so, hai ragione” concordò lui, distogliendo lo sguardo, imbarazzato. Poi si riscosse e tornò a fissare i suoi occhi azzurri su di lei, domandandole “Tu come l’hai presa quando l’hai scoperto?”

Emma si strinse nelle spalle.

“Io l’ho sempre saputo, in realtà” confessò. “Lo sospettavo, diciamo. Infatti, quando ha tentato di dirmelo, le ho fatto capire che poteva risparmiarsi la fatica, tanto l’avevo già capito”.

“E ti sta bene?” si informò Brian, interessato.

Lei annuì, serena. “Certo. Perché non dovrebbe? È una brava ragazza, sensibile, responsabile e studiosa. Mi vuole bene. Non mi importa se le piacciono i ragazzi o le ragazze. Va bene così”.

Brian restò un istante in silenzio, ponderando se fosse o meno il caso di porre la domanda che gli ronzava in testa. Dopotutto era una cosa piuttosto personale e non conosceva abbastanza bene la donna seduta di fronte a lui. Allo stesso tempo, però, sentiva di potersi esporre senza temere una reazione negativa da parte sua, infatti si decise a chiedere “Tu non sei religiosa?”

Emma non rispose subito, ma non parve né stupita né, tanto meno, infastidita da quella domanda. Alla fine, disse “Più o meno”.

“Cosa intendi?” le domandò Brian, confuso.

Emma tentò di spiegare. “Credo in Dio, ma non vado particolarmente d’accordo con il suo fan club”.

“Il suo fan club?” ripetè lui, non riuscendo a capire a cosa si riferisse.

“La chiesa” precisò lei, con l’intento di fare chiarezza sulla sua affermazione.

“Perché?” chiese ancora Brian, cercando sinceramente di capire il suo punto di vista.

Emma sospirò e ammise “Non posso concordare con chi considera un abominio la persona più importante della mia vita solo perché non rispecchia i canoni da loro imposti. Mi capisci, vero?”

Brian restò un istante a fissarla in silenzio, perso in quegli occhi marroni così seri e profondi, poi rispose, onesto “Beh, sì. Vista in quest’ottica non posso darti torto”.

Lei gli sorrise, prima di dichiarare “Sono felice che ci capiamo anche se abbiamo punti di vista differenti”.

Brian non riuscì a fare a meno di lasciarsi scappare una risata amara a quel commento, e sentenziò “Sarò onesto, il mio punto di vista è leggermente cambiato, dopo il divorzio. Sai, quando credi fermamente che il matrimonio sia per sempre e poi ti ritrovi abbandonato dalla persona che ami nel momento in cui hai più bisogno di supporto, rivedi un po’ le tue convinzioni”.

Senza smettere di guardarlo negli occhi ma, ancora, senza mai rivolgergli quegli sguardi compassionevoli a cui ormai era così abituato, Emma commentò “Posso immaginare”.

Sentendo il cuore iniziare a battergli più forte e i muscoli aumentare la stretta intorno alle sue corde vocali, Brian decise che fosse meglio passare la palla a Emma, prima di finire a doversi scusare per non essere riuscito a terminare una frase, a causa della voce che gli si era rotta nel bel mezzo del discorso, così chiese “Tu hai mai pensato di sposarti?”

Emma annuì. “Oh, sì. Stavo anche per farlo, qualche anno fa”.

“E poi? Cos’è successo?” si informò.

In tono calmo e pacato, come e stesse parlando di qualcosa successo a qualcun altro e non a lei in prima persona, Emma raccontò “È successo che Maddy è morta e, come le avevo promesso, ho preso Lexi con me. In realtà, già stava con me da quando la madre era stata ricoverata. Il mio fidanzato – e futuro marito – aveva accettato la situazione senza apparenti problemi e mi ero illusa che fosse d’accordo a occuparsi di lei anche dopo sposati. A quanto pareva mi sbagliavo e, quando ha capito che la condizione non era temporanea, come pensava, ma sarebbe stato un impegno permanente, ha iniziato a tirare fuori mille obiezioni e, alla fine, mi ha praticamente costretta a scegliere tra lui e Lexi. È inutile che ti dica qual è stata la mia scelta”.

Pur colpito dal resoconto di quanto accaduto, fatto in modo così ovvio e quasi banale, Brian si sforzò di non darlo a vedere, limitandosi a sorridere, e concordando “Ovviamente”.

Senza sapersi spiegare bene perché, Emma si sentì quasi in dovere di giustificarsi e aggiunse “L’avevo promesso a Maddy e conosco Lexi da quando è nata. È stata una decisione naturale”.

“Quindi hai rinunciato al grande amore per occuparti di una figlia non tua” ricapitolò Brian, in tono ovvio.

“Se vuoi metterla in questi termini” replicò Emma, con un sorrisetto che tradiva un certo imbarazzo.

“È quello che hai fatto” constatò lui, senza mezzi termini.

“Forse” cedette lei. “Anche se, evidentemente, James non era il mio grande amore, altrimenti non mi avrebbe costretta a scegliere. E considero Lexi mia figlia a tutti gli effetti. Lo rifarei altre mille volte”.

“È stata comunque una scelta coraggiosa” osservò Brian, vagamente commosso.

“Trovi? Come ti ho detto, per me è stato molto naturale. Non ci trovo niente di speciale” minimizzò Emma, quasi in imbarazzo per l’interesse dimostrato nei suoi confronti.

Brian annuì e le sorrise, confermando “Invece sì, credimi. E, a giudicare da quello che vedo, stai facendo un ottimo lavoro con Alexis”.

“Ti ringrazio” sussurrò lei, ricambiando il sorriso. “Faccio del mio meglio, ma mi sento sempre inadeguata. Fortunatamente Lexi è adorabile e siamo una bella squadra”.

“Se può consolarti, anch’io mi sento sempre inadeguato con Baylee, e sono il padre biologico” confessò Brian, desideroso di confortare la donna accanto a lui. “Credo sia insito nell’essere genitore”.

“Può darsi. Comunque, Baylee è un ragazzo adorabile quindi mi sento di dire che anche tu stai facendo un gran bel lavoro” lo rassicurò lei.

“Grazie. Ovviamente buona parte del merito è anche della mia ex moglie” ci tenne a precisare lui, non volendo prendersi tutti gli onori.

“Certo. Ma lui ha scelto di stare con te, nonostante il tuo lavoro sia piuttosto impegnativo” constatò Emma, come se stesse ricordando qualcosa di ovvio a un bambino ostinato.

Brian sorrise, sentendosi pervadere dallo stesso imbarazzo che, probabilmente, aveva colto Emma quando era stato lui a complimentarsi per l’ottimo lavoro che stava facendo nel crescere Alexis, e tentò di ironizzare, per alleggerire l’atmosfera.

“Vero. Devo ricordarmi di chiamarti, quando mi faccio cogliere dai dubbi esistenziali e mi convinco di essere un pessimo padre, così mi tiri su il morale e dai una botta alla mia autostima”.

Emma non riuscì a non scoppiare a ridere a quella battuta e Brian la seguì a ruota.

Quando le risate si calmarono, però, disse, seriamente “Quando vuoi, con piacere”, e Brian si ritrovò a pensare che gli avrebbe davvero fatto piacere parlare ancora con lei.

In quel momento, sentirono dei passi e delle voci sulle scale che portavano al piano superiore della casa e, voltandosi, videro scendere Baylee e Lexi, lui davanti, che rideva di gusto, e lei dietro, con la mano tesa nel tentativo di spettinare il ciuffo al ragazzo.

Istintivamente, sia Brian che Emma sorrisero, a quella scena, rallegrandosi della bella amicizia che stava nascendo tra i due ragazzi. E pazienza se non sarebbe mai diventata niente di più, si disse Brian. Lexi gli piaceva ed era felice che Baylee l’avesse scelta come amica.

I ragazzi arrivarono in salotto e Baylee salutò Emma, leggermente in imbarazzo nel ritrovarsi un’insegnante in salotto che chiacchierava con suo padre. Miss Williams gli piaceva e sapeva che, frequentando Lexi, avrebbe dovuto scendere a patti con il fatto di averla intorno. Non gli dispiaceva, doveva soltanto abituarsi all’idea.

Fortunatamente, Lexi andò in suo aiuto, dichiarando, entusiasta “Grazie per averci permesso di usare il suo studio, Signor Littrell. È veramente fantastico”.

“Figurati” replicò Brian, sorridendole. “Sono felice che ti piaccia. Ovviamente, puoi tornare quando vuoi e, a proposito, basta con questo Signor Littrell. Sono solo Brian. Se sono riuscito a convincere Emma, forse posso farcela anche con te”.

Lexi lanciò a Emma un’occhiata sorpresa, ma poi si affrettò ad annuire.

“Oh, certo. Nessun problema...Brian”.

Lui le sorrise e Baylee si lasciò sfuggire una risatina.

A quel punto, lasciandosi trasportare da un’idea che gli era venuta all’improvviso, spinto molto più dalla necessità di continuare a parlare con Emma che dalla semplice voglia di essere un buon padrone di casa, Brian propose, di getto “Cosa ne dite di fermarvi a cena, signorine? Possiamo ordinare la pizza”.

Emma aprì la bocca per ribattere, presa in contropiede da quella proposta così inaspettata, ma Baylee non gliene diede il tempo e si intromise nel discorso, supplicandola “Oh, la prego Miss Williams, dica di sì. Mi piacerebbe se Lexi si fermasse a cena”.

Sentendosi gli occhi di tutti addosso, Emma abbassò lo sguardo e si lasciò sfuggire un sospiro rassegnato. Quando rialzò gli occhi, però, Brian notò che stava sorridendo.

“D’accordo,” acconsentì “ma a una condizione”.

“Quale?” chiesero Baylee, Lexi e Brian, in coro.

Trattenendo a stento una risata, nel vedere le loro facce speranzose, Emma curvò gli angoli delle labbra in un sorrisetto furbo e rispose “Fuori da scuola, niente Miss Williams. Se tu puoi essere Brian, io voglio essere Emma, così magari non mi sentirò una vecchia zitella prossima alla pensione”.

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Capitolo 3
*** Something there ***


You're rushing through me
(Like water from Heaven)
I feel you moving through me
(Like sand in the sea)


 

A quella prima cena, ne erano seguite numerose altre.

Lexi e Baylee erano diventati inseparabili e, spesso, passavano i pomeriggi insieme, uno a casa dell’altra e viceversa, con la naturale conseguenza che Emma e Brian si ritrovavano a incontrarsi molto di frequente.

Ormai, nessuno dei due era più in imbarazzo con l’altro ed Emma poteva affermare con sicurezza che fossero diventati amici.

Ovviamente, si erano scambiati i numeri di telefono, per questioni di comodità e, se inizialmente si erano limitati a scriversi o a chiamarsi solo per questioni strettamente legate ai ragazzi, poi uno dei due, Emma non ricordava nemmeno più chi era stato il primo, aveva iniziato a mandare all’altra le foto di qualcosa che aveva visto in giro e che gli aveva ricordato una conversazione che avevano avuto tempo prima e, da lì allo scambiarsi messaggi più personali, il passo era stato breve.

Era stata sicuramente una svolta inaspettata. Mai Emma avrebbe creduto di incontrare, tanto meno diventare amica, di uno dei Backstreet Boys, ma doveva ammettere che, conoscendolo meglio, Brian le piaceva. Oltre a essere gentile, onesto e tremendamente divertente, era anche attento e sensibile e le piaceva parlare con lui. Senza doverlo forzare, le aveva raccontato com’erano andate veramente le cose con la sua ex moglie e, per quanto Emma fosse di natura poco incline a esprimere giudizi su persone che non conosceva, non riusciva a fare a meno di concordare con Baylee, quando sosteneva che la madre si fosse comportata da vera stronza con Brian.

La sua situazione di salute era perennemente in bilico, sospesa tra il paradiso e il baratro, a seconda della giornata. A volte, la sua voce sembrava tornata quella di quando aveva vent’anni, mentre altre si spezzava a metà di una frase o usciva in un roco rantolo che faceva stringere il cuore a Emma, perché sembrava tremendamente doloroso anche soltanto tentare di emettere un suono, anche se Brian le aveva assicurato che non provava alcun dolore.

Sapeva che stava seguendo una terapia, ma capiva come mai avesse voluto prendersi una pausa dai concerti. Di tanto in tanto, si assentava per un paio di giorni per fare qualche apparizione televisiva con i ragazzi, ma non erano nulla paragonate a un vero e proprio tour, dove doveva esibirsi ogni sera, per più di due ore di fila.

A Brian mancavano i concerti, ma non si sentiva ancora pronto. Avrebbe dovuto aspettare ancora un po’. Forse, quando la sua vita si fosse rimessa in carreggiata e lui si fosse sentito un po’ meno in ansia, anche la tensione dei muscoli che gli opprimevano le corde vocali si sarebbe allentata e sarebbe riuscito a cantare più di tre o quattro canzoni senza che la voce gli cedesse o senza sbagliare clamorosamente attacco sulle sue parti. Era solo una flebile speranza, a cui si aggrappava per non cadere in depressione ma, purtroppo, non c’era nient’altro che potesse fare se non continuare a seguire la terapia e avere fede.

A volte, si lasciava cogliere dallo sconforto, specialmente durante una giornata particolarmente negativa. E aveva imparato che, in quei casi, una delle poche cose che lo tranquillizzava era parlare con Emma. C’era qualcosa in lei, e nello stoico coraggio con cui affrontava la vita, che aveva il potere, quasi magico, di calmare i suoi nervi tesi, strappandolo dal vortice di pessimismo che non gli permetteva di guardare le cose con un minimo di lucidità, mettendo tutto in prospettiva, e facendogli ritrovare la forza necessaria per andare avanti, nonostante tutto.

Allora, Brian la chiamava e le chiedeva di vedersi per un caffè. Lei non diceva mai di no, e restava ad ascoltarlo per ore, mentre si sfogava e le riversava addosso tutti si suoi dubbi e le sue preoccupazioni.

Non si era mai aperto così con nessuno, specialmente con qualcuno che conosceva da così poco tempo e, all’inizio, Brian era stato quasi spaventato dalla facilità con cui riusciva a confidarsi con lei. Se ci avesse creduto, avrebbe potuto benissimo pensare che Emma gli avesse lanciato una qualche sorta di incantesimo, abbattendo tutte le barriere che aveva minuziosamente costruito negli anni per nascondere le sue debolezze e dare al mondo l’immagine di uomo invincibile e coraggioso per cui era famoso, costringendolo a mettere a nudo la sua anima ferita e sanguinante. Ma Brian non credeva a certe cose, e nemmeno Emma, quindi, dopo un primo momento di smarrimento, aveva semplicemente deciso di smettere di farsi tutte quelle paranoie e ringraziare Dio, o chi per lui, per avergli mandato qualcuno in grado di alleviare le sue sofferenze.

Da parte sua, Emma era felice di poter essere in qualche modo d’aiuto a Brian, ma il loro rapporto non era a senso unico. Con lui, Emma poteva finalmente dare voce a tutti i suoi dubbi ed esternare le sue perplessità sulla sua capacità nello svolgere quel ruolo di genitore che si era ritrovata, suo malgrado, a dover inaspettatamente ricoprire. E poteva farlo senza sentirsi in imbarazzo, certa che, dall’altra parte, non avrebbe trovato giudizi, ma soltanto comprensione e, all’occorrenza, qualche buon consiglio.

Quel pomeriggio di inizio Dicembre, non era diverso da tanti altri. Baylee e Lexi erano andati in centro a pattinare, Emma era a casa che stava correggendo una pila di compiti dei suoi studenti, quando aveva ricevuto un messaggio di Brian che le chiedeva se poteva passare a trovarla per fare due chiacchiere. Sorridendo, felice all’idea di vederlo, aveva subito risposto di sì e, poco dopo, lui si era presentato a casa sua con due tazze di Starbucks contenenti cioccolata calda appena fatta e un sacchetto di cinnamon buns appena sfornati, che Emma adorava – e Brian lo sapeva.

E adesso erano lì, seduti al tavolo della cucina, ancora cosparso di compiti da correggere, mentre Emma lo ascoltava sfogare la sua frustrazione per l’ennesima esibizione che non era andata esattamente come avrebbe voluto.

La situazione era pesante ed Emma comprendeva la rabbia di non riuscire più a fare ciò che un tempo gli veniva naturale e anche l’impazienza di tornare a essere quello di un tempo, con la terapia che, quando mostrava qualche risultato, si trattava sempre di briciole rispetto a quello che Brian avrebbe voluto e, comunque, sembravano sempre volerci secoli per notare anche il benché minimo miglioramento.

Brian sapeva di dover avere pazienza, ma era difficile. In più era un perfezionista e non si accontentava di essere oggettivamente molto migliorato rispetto all’anno precedente. Voleva tornare a essere quello di un tempo, e lo voleva il prima possibile. Almeno per quello che riguardava la sua voce e la sua carriera. Il resto della sua vita, invece, restava un gran casino e dubitava di riuscire a sistemarlo a breve. L’unica nota positiva era che, almeno, Baylee sembrava felice e non si lamentava di sentire la mancanza della vecchia vita.

Ed Emma. Emma era decisamente una delle poche cose buone che riusciva a trovare in quel periodo.

Brian bevve l’ultimo sorso di cioccolata e appoggiò il bicchiere sul tavolo, avendo cura di evitare qualsiasi foglio che avrebbe potuto inavvertitamente macchiare. Prese un respiro profondo e dichiarò “Alla fine, sono stato fortunato. Ho ottenuto tutto quello che ho sempre desiderato nella vita: una carriera di successo facendo ciò che amo di più, cioè cantare, la possibilità di lavorare insieme a delle persone che considero come fratelli, la stabilità economica, una storia d’amore da favola e che credevo sarebbe durata per sempre, il figlio migliore del mondo. Solo che, adesso, sembra che Dio, il fato o chi per lui, abbia deciso di portarmi via tutto, pezzo per pezzo: i problemi alla voce che mettono a rischio il mio lavoro e rendono le cose difficili per gli altri ragazzi, l’abbandono di Leighanne e il divorzio, che ha distrutto la mia famiglia perfetta. Mi sembra che tutto mi stia sfuggendo dalle mani e mi domando cos’ho fatto di male per meritarmelo”.

Emma allungò una mano sul tavolo, fino ad arrivare a stringere quella di Brian, stretta in un pugno che tradiva tutto il nervosismo e la frustrazione che scalpitavano per uscire.

“Non hai fatto niente” lo rassicurò. “È la vita. Non sempre va come vorremmo. Almeno tu sei stato abbastanza fortunato da vedere i tuoi sogni realizzati. Non tutti possono dire lo stesso. E, comunque, non stai perdendo tutto. Hai Baylee. Ha deciso di stare con te. Non te lo dimenticare”.

Brian le rivolse un debole sorriso e si passò la mano libera tra i capelli, in un gesto carico di imbarazzo. Allo stesso tempo, Emma percepì un po’ della tensione che gli faceva serrare il pugno abbandonarlo e sentì la sua mano rilassarsi, sotto il suo palmo.

“Hai ragione. Sono un ingrato” ammise. “È che, a volte, mi lascio prendere dallo sconforto”.

“È comprensibile. Non fartene una colpa” sussurrò lei, dolcemente.

I loro occhi si incrociarono e, per un istante, Emma sentì come un brivido correrle lungo la spina dorsale.

Costringendosi a non soffermarsi a pensare di cosa potesse trattarsi, si concentrò nuovamente su Brian che, intanto, le aveva domandato “Tu invece?”

“Cosa?” chiese lei, confusa.

“Hai realizzato i tuoi desideri?”

Emma sospirò, prima di farfugliare “Io...non lo so. Voglio dire, ho sempre voluto insegnare, è la mia vita, come cantare lo è per te, e sono fortunata a poterlo fare. Per il resto, da ragazzina sognavo di trovare qualcuno con cui sposarmi e avere una famiglia, come un po’ tutti, del resto. Non il principe azzurro, non ci ho mai creduto, semplicemente qualcuno che mi considerasse il centro del suo universo. Credevo potesse essere James ma, alla fine, è venuto fuori che non era così. E adesso ho Lexi di cui occuparmi, quindi la mia vita ha preso decisamente una piega diversa”.

“Che non era quella che volevi” aggiunse lui, senza smettere di guardarla negli occhi.

“Sicuramente non era quella che mi aspettavo” confessò Emma, sincera. “Non avrei mai pensato di trovarmi a trentanove anni a prendermi cura della figlia adolescente della mia migliore amica morta. Ma è andata così e non lo rimpiango. Ho fatto quello che andava fatto. E non rinuncerei a Lexi per niente al mondo”.

Brian restò un istante in silenzio, soppesando le parole dell’amica, poi prese coraggio e le domandò “Ma cosa desideri veramente?”

“Adesso?” chiese Emma, cercando di capire a cosa Brian si riferisse.

Lui annuì.

“Sai, credo di non essermi mai concessa il lusso di fermarmi a rifletterci” ammise lei, con una risatina imbarazzata.

“Fallo adesso” la spronò lui, deciso.

“Stai parlando sul serio?”

Brian fece sì con la testa. “Perché no? Io, per esempio, desidero poter tornare a divertirmi mentre canto, senza quell’ansia che mi attanaglia le viscere all’idea di non riuscire a controllare la voce. E vorrei che Baylee fosse veramente felice qui, senza sentire troppo la mancanza di Atlanta e della nostra vecchia vita. Oh, e, se proprio dovessi sognare in grande, mi piacerebbe anche trovare un’altra persona con cui passare il resto della vita. Non subito, magari, ma prima o poi. Non sono più un ragazzino, ma non mi ritengo ancora un vecchio decrepito, e l’idea di trascorrere i prossimi trent’anni da solo, non ti nascondo che mi deprime parecchio”.

Emma si lasciò sfuggire una risata, prima di commentare “Non credo che avresti problemi a trovare una nuova compagna”.

Brian alzò un sopracciglio e le rivolse uno sguardo carico di significati che, però, Emma non sembrava in grado di leggere, quel giorno.

“Sono molto pretenzioso in quel campo, sai?” dichiarò. “Ti stupiresti”.

Decisa a non dare ascolto alla vocina nella sua testa che le ripeteva di spingerlo ad approfondire il discorso, Emma distolse lo sguardo dagli occhi azzurri di Brian che, in quel momento, trovava particolarmente magnetici, anche se non sapeva spiegarsi il perché. Poi riportò il discorso sull’argomento originale e si decise a rispondere alla domanda di Brian.

“Beh, per quanto mi riguarda, sogno ancora di poter trovare, un giorno, qualcuno che mi consideri il centro del suo universo. Forse è quello che desidero veramente” gli confidò.

“E ne hai tutto il diritto” convenne lui. “Te lo meriti”.

“Grazie” farfugliò Emma, distogliendo nuovamente lo sguardo. “Comunque, adesso devo concentrarmi su Lexi, quindi non ho né tempo né energie per fare nulla che mi aiuti a realizzare il mio desiderio” concluse, spiccia.

Brian le rivolse un sorriso colmo di tenerezza e, rigirando velocemente la mano, che ancora teneva stretta a pugno sul tavolo, prese quella di Emma nella sua.

“Per Lexi sei il centro dell’universo” le ricordò.

Emma annuì, sforzandosi di ignorare l’inspiegabile aumento del battito cardiaco iniziato nel momento preciso in cui Brian le aveva stretto la mano, così inaspettatamente.

“Hai ragione,” convenne “ma il prossimo anno andrà al college e inizierà a costruirsi la sua vita. Non posso sperare che resti legata a me per sempre. E, a quel punto, mi ritroverò veramente sola”.

Brian si lasciò sfuggire un sospiro. “So benissimo cosa intendi. Sarà lo stesso per me, non credere. Ringrazio il cielo di fare il lavoro che faccio e di avere i ragazzi e le loro famiglie su cui contare, altrimenti probabilmente rischierei la depressione” confessò.

“Vedi? Sei fortunato” gli fece notare lei. “Ricordatelo, quando ti lasci prendere dallo sconforto”.

Brian rise, alla battuta, ma poi fissò gli occhi azzurri in quelli scuri di Emma e disse, serio “Non sei sola, Emma. Ci sono io. Forse non sono il supereroe che tutti credono sia, ma non abbandonerei mai un’amica”.

Senza parole di fronte a quella dichiarazione inaspettata, Emma dovette deglutire un paio di volte per calmarsi e convincersi che, per quanto surreale potesse sembrare la scena, vista dall’esterno, era tutto vero. Brian era davvero lì, con lei, nella sua cucina disordinata, con una mano stretta nella sua e le aveva appena detto che la considerava un’amica.

A parte Maddy e Paul, il preside della scuola dove lavorava, Emma non aveva mai avuto grandi amici. Non che avesse un brutto carattere o non le piacesse stare in mezzo alla gente, ma considerava l’amicizia come qualcosa di estremamente serio e, prima di etichettare qualcuno come amico, doveva essere certa di potersi fidare. Per lei, un amico era qualcuno su cui poter contare al cento per cento e a cui avrebbe affidato la sua vita senza bisogno di rifletterci nemmeno un secondo. Poteva dire questo di Brian?

Costringendosi a rialzare lo sguardo e perdendosi nei suoi luccicanti occhi azzurri, si rispose che sì, poteva.

Era assurdo come si fossero avvicinati in quei pochi mesi, ma, per la prima volta, Emma si accorse che, ormai, Brian e Baylee erano entrati a far parte della sua quotidianità e non avrebbe più potuto fare a meno di loro. Non riusciva a pensare a una vita senza la voce allegra di Bay che scherzava con Lexi, al piano di sopra, o senza poter contare sulla comprensione e i consigli di Brian.

Per un istante, l’enormità di quella rivelazione la lasciò senza fiato e dovette aprire la bocca per respirare e permettere all’aria di raggiungere i polmoni.

Qualcosa, di quello stupore, dovette trapelare, perché Brian sembrò accorgersi della sua sorpresa e, ridacchiando, si affrettò a rassicurarla.

“Se stai pensando che è impossibile che Brian Littrell ti consideri sua amica, ti pregherei di rivedere la tua posizione” scherzò. “Sì, sono famoso, ma sono anche una persona normale, che sta attraversando un periodo difficile e ha trovato in te un supporto che mai si sarebbe aspettato. E, per questo, non smetterò mai di ringraziarti”.

Imbarazzata, Emma gli rivolse un sorrisino nervoso e replicò “Io non ho fatto niente”.

Brian scosse la testa e negò immediatamente. “Non è vero. Hai fatto e stai facendo moltissimo, solo che non te ne accorgi, perché sei fatta così e aiutare gli altri è insito nel tuo DNA”.

“Mi fai quasi passare per una santa, e sappiamo benissimo che non è così” ironizzò lei, tentando di alleggerire la tensione che aleggiava nella stanza e che, ormai, si sarebbe potuta tagliare con un coltello.

Brian si accorse dell’imbarazzo di Emma e cercò di appoggiare il suo tentativo di sdrammatizzare, commentando “Per fortuna! Innanzitutto, le sante raramente trovano il principe azzurro, come mi hai appena detto che sogni di fare, e poi, onestamente, fanno quasi sempre una brutta fine”.

Emma scoppiò a ridere e, sfilando la mano da sotto quella di Brian, che ancora la teneva stretta nella sua, se la portò al viso, per scostare una ciocca di capelli e sistemarla dietro all’orecchio.

Osservandola, Brian si trovò a pensare a quanto fosse tenera e carina, quando si imbarazzava, e quell’idea lo scioccò, colpendolo come un treno in corsa. Sì, Emma gli piaceva, non l’aveva mai negato, ma, prima di allora, si era sempre limitato ad apprezzarne la personalità e quell’anima così generosa e comprensiva.

Fino a quel momento.

Lì, in quella cucina caotica, ma calda e accogliente, proprio come la sua proprietaria, per la prima volta Brian si trovò a dover fare i conti con la voglia di abbracciare la donna di fronte a lui, di provare la sensazione di sfiorarle una guancia con le dita e si domandò se, davvero, Emma fosse solo un’amica, per lui.

Scuotendo impercettibilmente la testa, si rispose che sì, certo che lo era. Le sensazioni che provava in quel momento erano dovute semplicemente all’innegabile affetto che provava per lei e, probabilmente, anche al fatto che, per quanto si sforzasse di nasconderlo e gli costasse ammetterlo, si sentiva solo, senza Leighanne.

Poco dopo, uscendo da casa di Emma e risalendo in auto, Brian si ritrovò, senza quasi neanche accorgersene, a prendere in mano il cellulare e a cercare in rubrica il numero di AJ, come spesso succedeva, da un po’ di tempo a quella parte.

Ovviamente, i ragazzi sapevano di Emma. Brian gliene aveva parlato subito, entusiasta del fatto che Baylee avesse trovato un’amica in Lexi e tessendo le lodi della donna, sia come insegnante, che come madre adottiva. Quando il loro rapporto si era trasformato in amicizia, tutti avevano iniziato a prenderlo bonariamente in giro, accusandolo di fare il filo all’insegnante di Baylee per tentare di fare ottenere voti migliori al figlio. Chiaramente stavano scherzando e Brian non se l’era presa, anzi, aveva riso con loro di quelle buffe battute affettuose. Nessuno, però, sembrava aver capito quanto profondo fosse diventato l’affetto che lo legava a Emma.

Nessuno a parte AJ.

Da quando Leighanne l'aveva lasciato e l'illusoria perfezione in cui aveva vissuto fino a quel momento si era disintegrata davanti ai suoi occhi, AJ era l'unico tra i suoi 'fratelli' con cui Brian riuscisse veramente a confidarsi. Probabilmente aveva a che fare con il fatto che, a suo tempo, quando era stato AJ ad avere bisogno di aiuto e comprensione, Brian si era fatto in quattro per l'amico e gli era stato vicino nei momenti peggiori.

Forse era per questo, quindi, che Brian non aveva problemi a parlare con lui.

AJ sapeva che Brian aveva assistito alla sua discesa agli inferi senza mai smettere di credere in lui o perdere fiducia nelle capacità dell'amico di uscire da quella spirale di autodistruzione, e adesso Brian non si vergognava di lascare assistere AJ alla sua personale disfatta, perché sapeva che questo non avrebbe cambiato l'opinione che l'amico aveva di lui.

Era curioso perché, visti dall’esterno, lui ed AJ erano quanto di più diverso si potesse immaginare. Uno l’immagine del bravo ragazzo, tutto casa, famiglia e chiesa, che affrontava la vita a testa alta, senza mai arrendersi, sopportando stoicamente tutti gli ostacoli che venivano posti sul suo cammino. E l’altro, il prototipo del ragazzo ribelle, che amava essere al centro dell’attenzione e il cui unico scopo era sempre stato far crollare qualsiasi preconcetto la gente potesse avere su di lui, superando i limiti e infrangendo le regole, a costo di finire nei guai.

Questo dall’esterno. In realtà, Brian ed AJ erano molto più simili di quanto potesse sembrare. Entrambi estremamente sensibili, entrambi insicuri e, soprattutto, feriti.

AJ era faticosamente riuscito a rialzarsi, grazie anche all’aiuto della moglie, creandosi una famiglia amorevole e continuando a lottare strenuamente contro i suoi problemi con l’alcool. Ora era il turno di Brian di combattere e, in questo, aveva trovato nell’amico un valido alleato.

Non che gli altri ragazzi non lo supportassero. Al contrario.

Kevin, forse per il fatto di essere suo cugino e il maggiore del gruppo, gli era rimasto accanto come una roccia, avvolgendolo nel suo affetto e coprendolo di cure e attenzioni.

E di consigli. Un mare di consigli. Di cui Brian aveva le tasche piene.

Li apprezzava, Dio solo sapeva quanto, ma non erano ciò di cui aveva bisogno in quel momento, quando nemmeno lui sapeva cosa voleva dalla sua vita. E, quindi, come poteva Kevin pretendere di sapere cosa fosse meglio per lui?

Howie, tra tutti e cinque, era sempre stato quello più diplomatico e riservato. Oh, aveva i suoi momenti di follia ed erano epici, ma solitamente, quando bisognava prendere una decisione, o quando la situazione richiedeva un polso particolarmente fermo, tendeva a conformarsi al parere della maggioranza, cosa molto apprezzata da Kevin ma che, invece, faceva andare su tutte le furie lui, AJ e Nick.

Nick. Nick lo vedeva ancora come il suo supereroe e avevano già avuto parecchie discussioni perché, per quanto l'amico si mostrasse desideroso di stargli vicino e aiutarlo, Brian era restio a farsi vedere così vulnerabile da lui.

Era ingiusto nei suoi confronti, lo sapeva, ma non poteva farci niente.

Sperava che, una volta sistemate le cose e superata la tempesta, Nick volesse ascoltare le sue ragioni. A quel punto gli avrebbe spiegato, avrebbe confessato tutto, ed era certo che l'amico avrebbe capito e sarebbero riusciti a ricostruire il loro rapporto così speciale.

In quel momento, però, aveva bisogno di parlare con qualcuno e sapeva di poterlo fare solo con AJ.

Aspettò che il cellulare si connettesse con il bluetooth dell’auto e fece partire la chiamata, mentre metteva in moto e incominciava a dirigersi verso casa.

Bastarono appena un paio di squilli per sentire la voce allegra dell’amico che lo salutava.

“Ehi, campagnolo! Come va la vita da scapolo nelle pianure del Kentucky? Ti sei già annoiato a morte?”

Brian si ritrovò a ridere di gusto, sentendo parte della tensione che gli stringeva il petto in una morsa da quando aveva lasciato casa di Emma abbandonarlo, e sempre più convinto che chiamare AJ fosse stata la mossa vincente.

“A quanto pare no” rispose, non appena la risata si esaurì sulle sue labbra. “Diciamo che ho trovato qualcosa con cui occupare il tempo. O, forse, farei meglio a dire qualcuno” confessò, decidendo di andare subito al punto e suggerire all’amico il motivo della sua chiamata.

AJ non si scompose minimamente a quella dichiarazione, ma si limitò a ridacchiare, commentando “Ma non mi dire”.

“Sono confuso, Alex” ammise Brian, svoltando a un incrocio.

“Cos’è successo?” gli chiese l’amico, tornando serio.

Brian sospirò. “Ero da Emma, poco fa, e all’improvviso ho iniziato a domandarmi come sarebbe stato abbracciarla e accarezzarle il viso…” spiegò. “Non è normale avere certi pensieri su un’amica, vero?”

AJ ignorò completamente la sua domanda e gliene pose un’altra. “Sicuro che sia solo un’amica?”

“Io...sì, credo di sì” farfugliò Brian, sentendo il cuore accelerare i battiti.

Lo era, no? Gliel’aveva appena dichiarato. E gli era costato parecchio ammetterlo. Non poteva essersi sbagliato. Giusto?

“Credi o sei sicuro?” chiese ancora AJ, con lo stesso tono di voce tranquillo che avrebbe usato se avessero parlato dell’ultimo film visto al cinema.

Brian non rispose subito. Aspettò che il semaforo a cui era fermo diventasse verde e la macchina potesse ripartire, prima di dire “Non lo so. Mi sembra di non essere più sicuro di nulla”.

“Stai passando un periodo di merda” gli ricordò l’amico. “È comprensibile”.

“Forse hai ragione,” concordò Brian “ma non ti nascondo che sono preoccupato”.

“Tu sei sempre preoccupato, Rok” lo canzonò l’amico. “Esattamente come Kevin. Sotto questo aspetto, direi che la genetica non mente”.

“Grazie tante, Alex. Mi sei molto d’aiuto” si lamentò Brian, lasciandosi però sfuggire una risatina.

AJ riprese subito le redini del discorso. “Senti, scherzi a parte” disse, di nuovo serio. “Lo so che stai ancora cercando di superare la rottura con Leighanne e pensi che una nuova relazione sia l’ultima cosa di cui hai bisogno in questo momento, ma io non ne sarei così sicuro. Certo, forse è un po’ presto, specialmente dopo un matrimonio durato quasi vent’anni, e sicuramente non l’avevi previsto, ma la verità è che certe cose non si pianificano mai, succedono e basta, e non si può far altro che affrontarle e accettarle. Ed è quello che ti consiglio di fare. Accettalo, per quanto strano, avventato e pericoloso ti possa sembrare. Senza farti troppe paranoie. Lasciati trasportare dagli eventi, senza forzare le cose, ma accogliendo ogni possibilità che ti si presenta. Se è questo che il destino ha in serbo per te, troverà il modo per farlo accadere. Altrimenti, significa che non era scritto nelle stelle”.

Rincuorato, ma soprattutto colpito, dalle parole dell’amico, Brian non poté fare a meno di osservare “Wow. Da quand’è che sei diventato così saggio?”

“Sempre stato” sentenziò AJ, piccato. “Solo che, di solito, lo tengo nascosto per non mettervi in imbarazzo”.

Brian rise, grato all’amico per averlo distratto, anche se solo momentaneamente, dai suoi problemi. Poi, dopo essersi ricomposto, aggiunse “Mi ha chiesto di darle una mano a fare assistenza al ballo di Natale della scuola”.

Era vero. Emma gliel’aveva proposto poco prima che si salutassero, dicendo che stavano cercando dei genitori volenterosi che dessero la loro disponibilità per il ballo scolastico organizzato per la sera del 20 Dicembre, l’ultimo giorno di scuola prima delle vacanze invernali.

Sul subito, Brian ne era stato entusiasta ma, con il senno di poi, aveva iniziato a chiedersi se fosse una buona idea. Ci teneva a dare una mano a Emma, ma sapeva che l’avrebbe fatto soprattutto per poter passare l’ennesima serata in sua compagnia e, alla luce delle riflessioni che aveva appena fatto riguardo al loro rapporto, forse si sarebbe rivelata un scelta troppo rischiosa.

La risposta di AJ non si fece attendere molto.

“Figo” commentò, entusiasta. “Fai delle foto, mi raccomando, che questa non me la voglio proprio perdere”.

Ignorando la battuta, Brian gli domandò “Credi che sia una buona idea?”

“Certo” rispose subito l’amico. “Perché no, scusa?”

“Perché non lo farei per rendermi utile ma, piuttosto, per poter passare un’altra serata con lei” confessò Brian, sincero.

“E allora?” gli chiese AJ. “Cosa c’è di male?”

“Almeno un milione di cose, non ultima che è l’insegnante di Baylee” sentenziò Brian, secco.

Sentì AJ prendere un respiro profondo, prima di ribattere.

“Mi stai dicendo che è complicato? Sì, lo è. Ma non è questo il punto. Le cose migliori non sono mai semplici, dovresti saperlo. L’unica cosa di cui devi preoccuparti è: ti piace?”

“Sì” confessò Brian, senza necessità di rifletterci sopra.

“E provi qualcosa per lei?” continuò l’amico.

“Forse”.

“E allora piantala di farti tutti questi problemi e lasciati trasportare dagli eventi. Datti una chance e vivitela, di qualunque cosa si tratti. E, se deve investirti come un treno in corsa, lasciaglielo fare. Forse, all’inizio farà un po’ male, ma vedrai che ne sarà valsa la pena”.

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Capitolo 4
*** I’m dreaming of a white Christmas ***


There no more blindness
When I cry, I'm smiling

 

Emma si guardava intorno nella sala gremita di ragazzi sorridenti, che volteggiavano sulla pista, ridendo e chiacchierando con gli amici, le ragazze bellissime, nei loro vestiti colorati, e i ragazzi elegantissimi, con la giacca e le camicie immacolate.

Sorrise. Erano felici e questo da solo bastava a rendere felice anche lei.

Scrutò con lo sguardo tra la folla, finché non individuò Lexi che ballava con Baylee. Lui le aveva appena fatto fare una piroetta e lei stava ridendo di gusto, con la testa buttata all’indietro.

Il sorriso di Emma si allargò ulteriormente. Temeva che Lexi si sarebbe sentita esclusa, a quel ballo. Invece, Baylee aveva dato subito per scontato che ci sarebbero andati insieme, visto che lui era nuovo e non avrebbe saputo chi invitare, e Lexi, per quanto non avesse nulla da nascondere e di certo non le mancava il coraggio, era anche troppo intelligente per creare scompiglio nella scuola dove Emma lavorava, decidendo di chiederlo a un’altra ragazza.

Quei due erano uno la salvezza dell’altra, in così tanti modi diversi che sicuramente nemmeno se ne rendevano conto.

“Come siamo carine stasera”.

Emma si voltò di scatto, riconoscendo all’istante la voce che aveva pronunciato quelle parole. Rivolse a Brian un sorrisino furbo e sentenziò “Grazie. Se voglio, anch'io so vestirmi elegante”.

“Non ne dubito” replicò subito lui, soffocando una risata.

“Anche tu non sei male, comunque” disse Emma, sincera, sentendo il cuore aumentare leggermente il ritmo.

Dio solo sapeva quanto quelle parole fossero vere.

Brian era decisamente un uomo affascinante, inutile negarlo, e tutte le fan che rischiavano un infarto ogni volta che lui sorrideva dal palco avevano tutta la sua comprensione, perché era pressapoco quello che succedeva anche a lei ogni volta che le rivolgeva uno di quei quei sorrisi spontanei, che gli riducevano gli occhi a due fessure senza, però, smettere di luccicare come zaffiri.

Quella sera, poi, con la camicia bianca e la giacca nera elegante, era decisamente irresistibile.

Datti un contegno, si rimproverò. È il padre di un tuo alunno, nonché un tuo amico. Non puoi pensare certe cose.

Eppure, non riusciva a farne a meno. E la cosa stava iniziando a preoccuparla.

“Oh, grazie” rispose lui, esibendo uno di quei sorrisi paralizzanti.

“Non c'è di che” balbettò, pregando che qualcosa spostasse la conversazione su un terreno meno accidentato.

Come se avessero sentito le sue preghiere, proprio in quel momento Lexi e Baylee si avvicinarono, con la scusa di prendere qualcosa da bere, e iniziarono a chiacchierare con Brian.

Grata di quell’interruzione, Emma tentò di concentrarsi sulla conversazione, anche se con la coda dell’occhio continuava a osservare Brian, sorridente e bellissimo con quegli abiti eleganti.

Piantala! Si disse. Sembri un’adolescente innamorata del suo cantante preferito.

Quella considerazione, per quanto ridicola, la investì con tutta la sua estrema banalità.

Era il termine utilizzato ciò che più di tutto l’aveva sconvolta.

Aveva detto innamorata, non infatuata. E, per quanto non volesse ammetterlo e stesse facendo di tutto per nasconderlo perfino a se stessa, temeva che fosse proprio quello che le stava succedendo.

Ma non poteva, per nessuna ragione.

Non solo era tremendamente complicato, ma era anche sbagliato, per un milione di motivi diversi. Primo su tutti quello che Baylee era un suo alunno e Brian era suo padre.

Puoi nascondere i tuoi sentimenti, ma non puoi ignorarli, le disse una vocina nella sua testa.

Ed Emma sapeva che aveva ragione.

Ma non si sarebbe lasciata sopraffare. Era adulta e doveva mettere da parte le sue emozioni per il bene degli altri. Soprattutto, doveva farlo per Baylee e Lexi, che si sarebbero trovati coinvolti in una situazione difficile di cui non avevano colpa e che non avevano scelto.

Doveva essere forte. Sarebbe stata dura, ma poteva farcela.

“Dio, quanto pagherei per passare un Natale con la neve!” la voce eccitata di Lexi la strappò da quelle riflessioni. “Non l'ho mai vista veramente. In Florida ce la sogniamo e i due Natali che abbiamo passato qui ha dato solo una spolverata. Vorrei una bella nevicata seria, per poter andare sullo slittino, fare un pupazzo e una battaglia a palle di neve senza esclusione di colpi”.

Ancora mezza persa nei suoi pensieri, Emma sentì Baylee ridere, poi si sentì osservata e, riscuotendosi completamente, trovò Brian che la fissava, con gli occhi luccicanti.

Lo conosceva abbastanza da capire che gli era venuto in mente qualcosa, ma non poteva nemmeno immaginare di cosa si trattasse.

“Vuoi un bianco Natale?” chiese Brian a Lexi, con lo stesso sguardo furbo di un ragazzino in procinto di compiere una marachella.

“Sì, mi piacerebbe” rispose la ragazza, chiaramente confusa dal repentino cambio d’umore del padre del suo amico, ma senza perdere la sua sicurezza.

Baylee, che conosceva suo padre meglio di chiunque altro, aveva colto subito l’entusiasmo nella sua voce e aveva letto l’eccitazione nei suoi occhi, quindi chiese “Papà? Cos'hai in mente?"

“Perché?” chiese lui, con aria innocente, voltandosi a guardare il figlio.

Baylee scosse la testa e sospirò, commentando “Conosco quello sguardo”.

Brian ridacchiò e, spostando l’attenzione sulle tre persone davanti a lui, che lo fissavano curiose, domandò “Vi va una vacanza?”

La prima a riscuotersi fu Lexi, che chiese “Dove?”

“California” rispose Brian, incrociando le braccia.

Lexi gli rivolge un’occhiata perplessa, sollevando un sopracciglio.

“In California non nevica” osservò, scettica.

“In montagna sì” si intromise Baylee. “E, se conosco mio padre, è lì che ha in mente di andare. Vero?”

Brian sorrise al figlio. “Indovinato” confermò. “Ti va di vedere i tuoi cugini, Bay?”

Baylee alzò gli occhi al cielo e incrociò a sua volta le braccia. Emma si ritrovò a pensare che, in quel momento, era l’esatta copia del padre e le venne da sorridere.

“Vuoi andare da zio Kevin. Ci avrei scommesso” sentenziò il ragazzo, scuotendo la testa.

A quel punto, Emma decise che ne aveva avuto abbastanza di quello scambio di battute senza senso ed era ora di intervenire per tentare di capirci qualcosa di più.

“Mi spiegate, per favore?” li interruppe. “Non ci sto capendo niente”.

Brian si girò verso di lei e, in tono calmo e pacato, spiegò “Mio cugino Kevin ha una casa in montagna in California. Vi va di farci un salto?”

“M-ma...la California non è dietro l'angolo” farfugliò la donna, presa alla sprovvista da quella proposta.

Brian le rivolse un sorrisino divertito e, con un sopracciglio leggermente sollevato, la canzonò “Hanno inventato delle cose miracolose chiamate aerei da un po' di tempo a questa parte, sai?”

“Ah ah. Spiritoso” lo rimproverò lei, tirandogli una pacca sul braccio. “Voglio dire che un viaggio in California prevede un minimo di organizzazione, senza contare i costi e...”

Brian fece un passo avanti e le posò le mani sulle spalle.

“Rilassati” la interruppe. “Ci penso io”.

Emma tentò di obiettare “Ma…”, Brian però non gliene diede né tempo né modo e insistette “Sarà il nostro regalo di Natale per voi, mio e di Baylee. La neve per Lexi e una settimana di completo relax per te. Cosa ne dici?”

“Io…” balbettò Emma, troppo concentrata sulle mani di Brian posate sulle sue spalle, dove la pelle sembrava quasi bruciare, sotto quel tocco, nonostante la barriera di cotone del vestito che indossava, con la testa che già fantasticava su come avrebbe potuto essere trascorrere due settimane intere in una baita in montagna in compagnia di Brian – e di suo cugino Kevin, ovviamente, un altro dei Backstreet Boys, ma il suo cervello non sarebbe riuscito a elaborare anche quell’informazione, oltre a tutte le altre, quindi si costrinse a non pensarci e a occuparsene in un secondo momento.

Vedendo Emma chiaramente in difficoltà, e intuendone anche il motivo, anche se non glielo avrebbe mai confessato, Lexi prese in mano la situazione e annuì, sorridendo a Brian.

“Dice di sì. Adesso non è nel pieno delle sue facoltà mentali, ma ti assicuro che è elettrizzata dalla tua proposta. Grazie, Brian”.

Era vero, Emma non era completamente padrona di se stessa, ma non era nemmeno così sconvolta da non accorgersi del commento sarcastico della ragazza. Infatti la rimproverò, sbottando “Lexi!”

“Scusa!” si giustificò lei. “Ma tu balbettavi e qualcuno doveva prendere in mano la situazione”.

Suo malgrado, a Emma sfuggì una risatina e dovette abbassare lo sguardo perché gli altri non se ne accorgessero.

La sua attenzione fu catturata dalle mani di Brian che strinsero leggermente di più la presa sulle sue spalle e rialzò immediatamente lo sguardo, fissando gli occhi in quelli azzurri dell’uomo, che in quel momento le sembravano più brillanti del solito.

“Stai tranquilla,” la rassicurò “penso a tutto io. Voi preoccupatevi solo di riempire due valigie con i vestiti più comodi e caldi che avete nell'armadio e tenetevi pronte a partire dopodomani”.

“Io...non so cosa dire” ammise Emma, trovandosi a corto di parole.

“Grazie è più che sufficiente” minimizzò Brian, con un sorriso vagamente imbarazzato.

Emma ricambiò il sorriso.

“Grazie Brian. Davvero” sussurrò, sinceramente grata per quel regalo.

Brian fece spallucce. “Figurati. Anzi, mi fate un favore. Non ci andava di passare il Natale da soli, vero Bay?”

Baylee annuì e rivolse a entrambe un enorme sorriso.

“No. Decisamente no. Così sarà molto più divertente. E zio Kev fa un barbecue da urlo”.

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Capitolo 5
*** Do you wanna build a snowman? ***


You cured me from dying
And I know with you I'll keep on living

 

 

La palla di neve centrò il tronco dell’albero dietro a cui Brian si nascondeva, senza nemmeno sfiorarlo. Lexi aveva una buona mira, doveva ammetterlo, ma lui era stato più veloce.

Approfittando di un momento di apparente tranquillità, si chinò per raccogliere un’altra manciata di neve, che iniziò subito a rigirarsi tra le mani avvolte in pesanti guanti di lana, ormai completamente zuppi, in modo da formare un’altra palla.

Natale era passato ormai da qualche giorno e lui, Baylee, Lexi ed Emma lo avevano trascorso con Kevin, sua moglie Kristin e i due figli della coppia, Mason e Max.

Come previsto dal suo organizzatissimo piano, erano partiti da Lexington il 22 Dicembre, diretti a Sacramento, da cui poi avevano affittato un’auto per raggiungere la casa di Kevin a Mammoth Lakes.

Nonostante i timori della donna, Emma e Lexi si erano subito integrate nel nuovo gruppo, anche grazie alla calorosa accoglienza di Kevin e Kristin, felici come non mai di vedere Brian e Baylee sorridere, dopo mesi decisamente difficili.

Emma e Kristin avevano legato subito e si erano occupate di preparare insieme la cena della vigilia e il pranzo di Natale, mentre gli uomini, aiutati da Lexi, avevano organizzato un fantastico barbecue per Boxing Day.

Brian era soddisfatto e sempre più convinto che l’idea di portare Lexi ed Emma a passare il Natale da Kevin fosse stata una delle migliori che avesse mai avuto. La ragazzina aveva finalmente esaudito il suo desiderio di vedere la neve, mentre Emma aveva avuto occasione di staccare completamente la spina e Brian riusciva a notare la differenza nei tratti del suo viso, decisamente più rilassati, nonostante la sera restassero sempre alzati fino a tardi a chiacchierare e, quindi, non avessero accumulato molte ore di sonno.

Nonostante questo, gli occhi scuri di Emma brillavano di gioia e Brian non l’aveva mai trovata così attraente.

E non era solo una questione fisica, di questo era certo. Ovvio, l’occhio voleva la sua parte, ma ormai Brian si era convinto di aver iniziato a provare qualcosa per Emma e, per quanto spaventoso potesse sembrare, non poteva combatterlo.

A dire la verità, non voleva nemmeno farlo. Emma lo faceva stare bene e non voleva rinunciare alla sua compagnia soltanto perché i suoi sentimenti per lei stavano cambiando.

Ogni volta che la guardava ridere o che i loro sguardi si incrociavano, nella testa gli risuonavano le parole che AJ gli aveva detto al telefono, qualche settimana prima:

Lasciati trasportare dagli eventi. Datti una chance e vivitela, di qualunque cosa si tratti. E, se deve investirti come un treno in corsa, lasciaglielo fare. Forse, all’inizio farà un po’ male, ma vedrai che ne sarà valsa la pena.

Ed era proprio quello che aveva intenzione di fare. Lasciarsi trasportare dagli eventi, senza paranoie. Viversi quell’esperienza, di qualsiasi cosa si trattasse, provando a dare una chance a quel sentimento che stava crescendo dentro di lui. Non sapeva se avrebbe avuto futuro, non sapeva nemmeno se era ricambiato, ma valeva la pena provare, a costo di farsi un po’ male.

Se, come sperava, tutto fosse andato come sognava, ne sarebbe decisamente valsa la pena.

Però, doveva andarci con i piedi di piombo.

La situazione non era delle più semplici. Non avevano più vent’anni ed entrambi avevano un bagaglio piuttosto pesante alle spalle. Senza contare che lui era perennemente sotto i riflettori, il che sicuramente non aiutava a corteggiare una donna in modo spontaneo e rilassato.

Per quello stava facendo tesoro di quella vacanza. Sperduti tra i boschi della California, nessun fotografo avrebbe mai potuto documentare ciò che stava succedendo e lui poteva finalmente smettere di preoccuparsi ed essere se stesso.

E concentrarsi sulla prossima mossa che, in quel preciso momento, consisteva nel battere Emma in quella battaglia a palle di neve improvvisata.

Non ricordava nemmeno più a chi fosse venuta l’idea. Sapeva solo che ne erano stati tutti entusiasti. Erano usciti di casa, buttandosi addosso le giacche e infilandosi i guanti, e avevano istantaneamente deciso che le squadre sarebbero state maschi contro femmine.

Era una lotta assolutamente impari, dato che erano tre contro cinque, ma le ragazze avevano commentato che non era questione di numero ma di strategia, quindi nessuno aveva obiettato.

Brian si sporse leggermente da dietro al suo nascondiglio, facendo attenzione a schivare possibili palle provenienti dalla squadra avversaria, e individuò il suo bersaglio, accovacciata dietro a una catasta di legna, poco distante da lui.

Invece di lanciare la palla di neve che teneva tra le mani in quella direzione però, fece cenno a Baylee di attaccare la squadra avversaria e approfittò del trambusto che seguì il lancio di suo figlio – con relativo schianto sulla schiena di Kristin – per cambiare posizione, spostandosi dietro un altro albero, più vicino alla catasta di legna dietro cui Emma aveva trovato riparo.

Ripetè la stessa operazione altre due volte, fino ad arrivare a nascondersi dietro il tronco di un albero esattamente alle spalle di Emma. Da quella posizione privilegiata, si mise a osservare la donna, il cui sguardo eccitato non si staccava dalla guerra che stava avendo luogo di fronte ai suoi occhi, e che Brian trovava ancora più adorabile, con il naso e le guance arrossate dal freddo e i capelli – almeno le ciocche che spuntavano dal berretto di lana che indossava – cosparsi di fiocchi di neve, che li facevano luccicare alla debole luce del sole pomeridiano.

Con il cuore che batteva sempre più forte, Brian attese pazientemente che Emma facesse la sua mossa, poi, quando la vide alzarsi e sporgersi dal nascondiglio per scagliare la palla di neve che aveva in mano, uscì da dietro l’albero e, in un paio di balzi, annullò la distanza che lo separava da lei, arrivandole alle spalle.

Prima che potesse rendersi conto di quello che stava succedendo, la afferrò per la vita e la trascinò a terra, infilando la palla di neve che teneva stretta in mano nell’unico spazio libero che aveva individuato tra le pieghe della sciarpa che Emma indossava, facendola disintegrare contro la pelle del suo collo.

Emma lanciò un urlo e Brian iniziò a ridere, mentre sentiva, in lontananza, la voce di Lexi gridare “Non vale! Questo è un agguato vero e proprio”.

Ignorando le lamentele della ragazza, Brian si concentrò sulla donna che aveva tra le braccia, la testa piegata di lato, gli occhi chiusi e le labbra curvate in una smorfia.

All’improvviso, Emma spalancò gli occhi, trovandosi a specchiarsi nell’azzurro limpido di quelli di Brian, e qualsiasi recriminazione avesse avuto pronta sulla punta della lingua le morì in gola, quando se lo ritrovò così vicino, il suo corpo completamente bloccato sotto quello dell’uomo sopra di lei.

La sensazione di freddo e di umido, che l’attacco a sorpresa di Brian le aveva provocato, sparì completamente, relegata in un angolino della sua mente, mentre tutti i suoi sensi erano concentrati su quelle braccia che la stringevano e sul fiato caldo di Brian sulla sua pelle, i loro visi così vicini che poteva contare le linee di espressione intorno ai suoi occhi.

Resta calma, si impose. Non fare niente di cui potresti pentirti.

Allo stesso modo, Brian stava inspirando ed espirando molto velocemente, nel vano tentativo di rallentare i battiti del suo cuore, senza staccare gli occhi da quelli di Emma, ma sforzandosi di trattenersi dal fare ciò che l’istinto – e il cuore, probabilmente – gli stava suggerendo, cioè azzerare la distanza tra le sue labbra e quelle di Emma per baciarla.

Oh, avrebbe desiderato farlo, più di qualsiasi altra cosa al mondo. Ma sapeva che tutti li stavano guardando e, probabilmente, non era il momento più adatto per lasciarsi andare a un gesto così avventato, per quanto spontaneo, che avrebbe sicuramente complicato la situazione.

Avere gli occhi di Emma incollati addosso e sentire il suo cuore battere forte contro il suo petto, nonostante i mille strati di vestiti che li separavano, però, non aiutava certo a farlo desistere da quell’idea.

Senza quasi nemmeno rendersene conto, il suo viso si avvicinò ulteriormente a quello di Emma e Brian percepì solo distrattamente gli occhi della donna socchiudersi, troppo concentrato sulla sensazione delle loro labbra che si sfioravano.

“Emma!”

Un urlo, alle loro spalle, fece aprire di scatto gli occhi a Emma e, allo stesso tempo, allontanare leggermente Brian, qual tanto che bastava perché la posizione in cui si trovavano non risultasse imbarazzante.

Videro Lexi avvicinarsi, seguita da Baylee, superare la catasta di legna e inginocchiarsi accanto a loro, con aria preoccupata.

“Stai bene?” chiese.

Emma sorrise e annuì, tentando di rialzarsi, anche se il peso del corpo di Brian, sopra di lei, le rendeva difficili i movimenti. Andandole in aiuto, Brian si spostò, lasciandosi scivolare di lato e trovandosi seduto a terra, sulla neve. Poi allungò una mano, che Emma afferrò subito, e la aiutò a mettersi seduta.

“Sto bene, tranquilla” rassicurò la ragazza, spazzandosi via un po’ di neve dalla giacca.

“Sicura?” le domandò Brian, improvvisamente preoccupato. “Non ti ho fatto male?”

Lei scosse la testa e gli sorrise, le guance ancora più rosse, Brian immaginava non solo per colpa del freddo.

“Sicura” lo tranquillizzò. “Sto benissimo. Sono solo bagnata fradicia, grazie alla tua trovata geniale”.

Brian scoppiò a ridere, grato che avesse trovato il modo di ironizzare sull’accaduto, alleggerendo l’atmosfera.

“Perdonami,” si giustificò “ma in guerra e in amore tutto è permesso”.

“Okay, te lo concedo” si arrese lei, alzando le mani davanti al viso. “Adesso, però, vado a togliermi questi vestiti bagnati e a farmi una doccia calda, prima di rischiare l’ipotermia”.

“Ottima idea” concordò Brian, alzandosi e aiutandola a mettersi in piedi, a sua volta.

Teneva ancora la mano di Emma stretta nella sua e, così facendo, si accorse che aveva i guanti completamente zuppi dalla neve.

Guardandola negli occhi, le afferrò anche l’altra mano, e iniziò a sfilarglieli, dicendo “Inizia a togliere questi. Sono talmente bagnati che non sentirai più le mani, ormai”.

Emma gli rivolse un sorrisino imbarazzato e si limitò a fissarlo, paralizzata, specialmente quando Brian si portò le sue mani vicino alle labbra, iniziando a soffiarci sopra per riscaldarle.

In quel momento, furono raggiunti da Kevin, Kristin e i ragazzi, e Kristin disse “Vieni, Emma. Entriamo in casa. Devi farti una doccia o rischi di ammalarti”.

Emma annuì e, sfilando le mani da quelle di Brian, si allontanò con la moglie di Kevin, voltandosi ancora per lanciare un ultimo sguardo a Brian, dietro di sé, sorridendogli nuovamente.

Lui ricambiò e restò lì impalato, mentre gli altri entravano in casa, a domandarsi cosa sarebbe successo se Lexi non li avesse interrotti.

Avrebbe trovato il coraggio di baciare Emma? Probabilmente sì.

Peccato non esserci riuscito. O, forse, invece era meglio così. L’avrebbe messa in imbarazzo. Si sarebbero entrambi messi in imbarazzo davanti ai ragazzi e alla famiglia di suo cugino.

E se lei l’avesse respinto? Non sembrava così impaziente di scappare dal suo abbraccio, però.

Brian sospirò e scosse impercettibilmente la testa. Doveva aspettare. L’occasione giusta sarebbe arrivata, prima o poi. Solo non sapeva se ce l’avrebbe fatta. Non sapeva se, trovandosi nuovamente in una situazione simile a quella di poco prima, sarebbe riuscito a resistere all’impulso di assaggiare il sapore delle sue labbra.

“Vieni, Brian?”

La voce di suo cugino, che lo chiamava dalle scale, lo fece tornare in sé e si affrettò a raggiungerlo, ripetendosi mentalmente le parole di AJ, come un mantra: lasciati trasportare dagli eventi.

 

~ * ~

 

Lexi era nella camera che Baylee divideva con il padre, dov’era andata per farsi prestare una felpa dall’amico, e se la stava giusto infilando quando lo sentì dire “Sai, credo che a mio padre piaccia Emma”.

Lexi si sistemò il cappuccio e fece un risvolto ai polsini, prima di guardare Baylee negli occhi e ribattere “E credo che a Emma piaccia tuo padre”.

Il ragazzo spalancò gli occhi verdi, sorpreso, e domandò, più a se stesso che all’amica, in verità “Perché non si mettono insieme, allora?”

Lexi si strinse nelle spalle e scosse la testa.

“Non ne ho idea” confessò. “Forse perché tuo padre è famoso ed Emma ha paura”.

“Oppure perché lei è la mia insegnante” azzardò Baylee, sedendosi sul letto.

Lexi sospirò. “Vai a sapere”.

Poi si sedette accanto a lui e gli chiese “In ogni caso, ti piacerebbe?”

“Cosa?” ribatté il ragazzo, troppo distratto dai suoi pensieri per seguire il filo di quelli dell’amica.

“Se si mettessero insieme” spiegò lei, paziente.

Baylee annuì. “Sì” rispose, sicuro. “Mio padre è felice, quando è con Emma, e non lo vedevo felice da un sacco di tempo. E poi Emma mi piace”.

“Anche Emma è felice con tuo padre e si merita di avere vicino una persona che la tratti come se fosse il centro del suo universo” sentenziò Lexi, seria.

“Quindi anche a te piacerebbe se si innamorassero?” le domandò Baylee, speranzoso.

La ragazza annuì. “Decisamente sì. E tu saresti il miglior fratellastro che potrei mai desiderare” aggiunse, con un sorriso.

“E tu la miglior sorellastra” concordò Baylee, stringendole una mano.

Restarono un istante in silenzio, sorridendosi. Poi Baylee si fece pensieroso e chiese “Possiamo fare qualcosa per dare una mano?”

Lexi fece no con la testa. “Non credo. Temo che stavolta se la debbano sbrigare da soli”.

“Speriamo si diano una mossa” commentò Baylee, con un sospiro rassegnato.

“Già, speriamo” concordò Lexi. “E teniamo le dita incrociate”.

 

~ * ~

 

Nel frattempo, Kevin e Brian erano seduti sul divano, in salotto, mentre Kristin cambiava i ragazzi ed Emma era a farsi la doccia.

Il cugino rivolse a Brian un’occhiata curiosa e, stringendo tra le mani la tazza di caffè che si erano fatti per scaldarsi, gli chiese, in tono apparentemente indifferente “Mi spieghi cos’era quello?”

Brian guardò Kevin con espressione persa. Non aveva idea di cosa stesse parlando.

“Quello cosa?” domandò, confuso.

Kevin fece un sorrisino malizioso, mentre chiariva le idee al cugino. “Tu ed Emma, prima, abbracciati nella neve”.

Pur sentendo un pericoloso calore diffondersi sulle guance, segno che probabilmente era arrossito, Brian si mise subito sulla difensiva e decise di dissimulare. Così, facendo attenzione a non incrociare lo sguardo di Kevin, rispose “Le ho fatto uno scherzo e siamo caduti”.

Kevin non replicò subito, Brian interpretò il silenzio del cugino come un segno di cessato pericolo e si convinse che si fosse accontentato di quella misera spiegazione.

Ovviamente non era così, infatti, poco dopo, Kevin tornò alla carica.

“Quindi non la stavi tenendo tra le braccia con l’intento di baciarla” disse, calmo.

Brian deglutì un paio di volte, prima di ribattere e, quando lo fece, la voce gli uscì particolarmente roca, tradendo il nervosismo.

Dannazione! si disse. Adesso Kevin capirà tutto.

“Ma no,” tentò comunque di mentire “cosa te lo fa pensare?”

Kevin non disse nulla, si limitò a fissare il cugino, un sopracciglio leggermente sollevato e un’espressione eloquente che significava Ti conosco troppo bene, a chi vuoi darla a bere?

Rassegnato, Brian si lasciò sfuggire un sospiro e confessò “Okay, ammetto che l’idea mi è passata per la testa”.

Kevin scoppiò a ridere, alleggerendo notevolmente la tensione che si era creata nel salotto. Quando si ricompose, gli domandò semplicemente “E perché non l’hai fatto?”

“L’avrei fatto, se non fosse arrivata Lexi” ammise Brian, abbandonandosi contro lo schienale del divano.

Kevin si sporse in avanti, fino a posare una mano sul ginocchio del cugino e propose “Puoi sempre riprovarci a Capodanno”.

Suo malgrado, Brian trovò quel commento estremamente divertente e si ritrovò a ridere. Poi, tornando subito serio, guardò Kevin negli occhi e gli chiese “Credi che sarebbe una buona idea?”

Il cugino si strinse nelle spalle e piegò leggermente la testa di lato. “Non lo so, dovresti dirmelo tu” replicò. “Vorresti farlo?”

Brian annuì. “Oh, sì” confessò. “Decisamente sì”. Poi, dopo un attimo di silenzio, impiegato a riflettere sull’idea di Kevin, aggiunse “Ma, forse, baciarla davanti a tutti, senza nemmeno averle parlato prima, non è l’idea migliore del mondo”.

“E cosa dovresti dirle?” si informò Kevin, ormai completamente preso dalla conversazione.

“Beh, forse dovrei spiegarle perché lo sto facendo” gli fece notare Brian.

“Perché, non è ovvio?” ribatté Kevin, quasi infastidito di dover perdere tempo a parlare di qualcosa che, almeno per lui, era lampante.

Ma non lo era affatto per Brian, infatti replicò subito “Certo che no! Come fa a sapere cosa provo per lei se non glielo dico?”

Kevin rivolse al cugino uno sguardo colmo di affetto, prima di sentenziare “Beh, se la baci e non ti tira un pugno in faccia, mi sentirei di azzardare che anche lei prova lo stesso per te, qualunque cosa sia”. Poi, notando l’espressione sconvolta di Brian, aggiunse “Piuttosto, cos’è che provi per lei?”

Prendendo un respiro profondo, per la prima volta Brian si concesse di esprimere ad alta voce qualcosa che, fino a quel momento, aveva volutamente tenuto per sé, troppo spaventato dalle implicazioni che una confessione di quel calibro si sarebbe trascinata dietro.

“Lei mi piace, Kev. Molto. Forse è affrettato, ma potrei essermi innamorato”.

Kevin gli sorrise. “Sai che sono il diplomatico per eccellenza, cerco sempre di mediare e usare la razionalità, ma non c’è nulla di razionale in quello che ti è successo negli ultimi anni, Brian. È una situazione assurda e non posso nemmeno immaginare come tu ti senta” esordì. Poi rivolse al cugino uno sguardo di rimprovero, aggiungendo “Certo, questo anche perché tu ti rifiuti di parlarcene, e non sappiamo più come fare a farti cambiare idea”.

Brian gli lanciò un’occhiataccia e aprì la bocca per ribattere, ma Kevin non gliene diede il tempo e proseguì “Ma non è questo il momento per le recriminazioni, quindi non mi ci soffermerò”.

Brian si lasciò sfuggire una mezza risata e scosse la testa.

“Quello che sto cercando di dire è che qualsiasi cosa – o persona – ti renda felice e ti aiuti a superare questo brutto momento, dovrebbe essere accolta a braccia aperte, non solo da te ma da tutti coloro che ti vogliono bene. Quindi al diavolo la razionalità! Non posso fare altro che augurarti buona fortuna e sperare che Emma sia abbastanza folle da volersi imbarcare in quest’avventura con te – ammesso che sappia in cosa si sta cacciando, cosa che, francamente, dubito”.

Questa volta, Brian non si trattenne e la sua risata acuta riempì la stanza, accompagnata da quella più profonda del cugino.

Era patetico e forse anche un po’ infantile ma, per Brian, sapere di avere l’approvazione e il supporto del cugino, oltre che di AJ, significava molto più di quanto era disposto ad ammettere. Lui e gli altri ragazzi erano come fratelli, e ogni relazione intrapresa da uno di loro, nel corso di quei lunghi anni insieme, aveva dovuto, in qualche modo, passare il test degli altri quattro.

Con Leighanne era stato fortunato. Quando si erano conosciuti, lei era giovane, bella, simpatica e intraprendente, e tutti l’avevano subito adorata, specialmente quando avevano visto come gli era rimasta vicino durante il difficile periodo dell’operazione al cuore. L’unico che non l’aveva mai presa del tutto in simpatia era Nick, ma all’epoca era ancora un ragazzino immaturo e, per quanto a Brian dispiacesse che colui che considerava il suo fratellino adottivo non andasse particolarmente d’accordo con la sua fidanzata, non ci aveva dato molto peso. E Nick, per quanto immaturo, aveva capito subito che l’amico era innamorato ed si era dimostrato troppo sensibile per dire qualsiasi cosa, preferendo supportare la scelta di Brian e sforzandosi di fare amicizia con la sua ragazza e poi moglie.

Con gli anni, il rapporto tra i due era decisamente migliorato ma, quando Leighanne l’aveva lasciato, quasi un anno prima, a Brian era parso di leggere negli occhi di Nick una sorta di tacito rimprovero, come se gli stesse comunicando io te l’avevo detto che non mi piaceva.

Non voleva che succedesse la stessa cosa con Emma. Voleva che i ragazzi – tutti quanti, nessuno escluso – la accettassero e instaurassero un buon rapporto con lei, specialmente se, come sperava, il sentimento che provava per lei era ricambiato e poteva esserci un futuro in serbo per loro.

Il fatto che due su quattro dei suoi amici gli avessero già dato la loro approvazione – AJ sulla fiducia e Kevin dopo averla conosciuta – gli faceva ben sperare in un responso positivo anche da parte degli altri due.

Howie non lo preoccupava. L’amico era un’anima semplice e sapeva che si sarebbe adattato a qualunque sua decisione pur di vederlo felice.

Nick era tutta un’altra storia.

Sapeva, perché l’amico gliel’aveva detto, che era molto dispiaciuto per quello che era successo tra lui e Leighanne e si sentiva un po’ in colpa per non essergli stato più vicino quando le cose avevano iniziato ad andare male.

In realtà non era totalmente colpa sua, e Brian aveva tentato di spiegarglielo.

Sapendo che Nick era l’unico a non essere mai stato convinto al cento per cento di Leighanne, Brian aveva volutamente evitato di raccontargli i suoi problemi con l’ex moglie, per paura di sentirsi rispondere il fatidico te l’avevo detto. Aveva preferito confidarsi con gli altri, lasciando il biondino all’oscuro di gran parte delle sue tribolazioni, almeno finché non aveva più potuto farne a meno ed era stato costretto a vuotare il sacco anche con lui.

E Nick si era sentito ferito. Non gliel’aveva mai detto esplicitamente, ma Brian glielo aveva letto negli occhi che si sentiva quasi tradito per non essere stato reso partecipe dei problemi di colui che considerava il suo migliore amico. Brian si era sentito un verme e si era ripromesso di trovare il modo di rimediare a quell’errore, prima o poi.

Improvvisamente, ebbe come una rivelazione e seppe esattamente cosa fare.

L’avrebbe chiamato e gli avrebbe parlato di Elle. Magari non subito, ma una volta tornato a casa. E, forse, avrebbe addirittura potuto fare in modo di presentargliela, così che potesse dirgli cosa ne pensava. E, questa volta, si promise di ascoltare il parere dell’amico, qualunque sarebbe stato.

In quel momento, le sue riflessioni e la conversazione con Kevin vennero interrotte dall’arrivo di Emma, che entrò in salotto dopo la doccia, con i capelli ancora bagnati, i piedi scalzi, un paio di pantaloni della tuta e la felpa rossa dei Buccaneers che le aveva visto il primo giorno che si erano conosciuti.

Istintivamente, Brian si ritrovò a sorridere, sentendo buona parte delle sue preoccupazioni abbandonarlo, con la conseguente sensazione di leggerezza nel petto che ne conseguiva.

Nick ed Emma tifavano per la stessa squadra. Certo, non voleva dire che si sarebbero piaciuti, ma di certo era un buon inizio.

Sarebbe andato tutto bene, questa volta. Ne era sicuro.

 

~ * ~

 

Era il 31 di Dicembre e, nella casa in montagna dei Richardson, era stata organizzata una festicciola casalinga i cui echi arrivavano fin sulla terrazza, dove Emma si era rifugiata per cercare un po’ di refrigerio.

E di solitudine.

Era strano, da parte sua, volersene stare da sola. Di solito lo odiava e preferiva di gran lunga trovarsi in mezzo alla gente, per quanto non amasse particolarmente le folle. Inoltre, adorava le persone che in quel momento stavano facendo il karaoke nel soggiorno, sfidandosi a colpi di Staying Alive dei Bee Gees.

Sentì Lexi lamentarsi del fatto che, delle sette persone presenti nella stanza, tre erano cantanti professionisti o quasi, ma la voce di Baylee che le intimava di non rompere sovrastò la sua e le risate di tutti gli altri.

Istintivamente Emma sorrise e si domandò cosa ci facesse lì, invece di essere dentro a divertirsi con gli altri. Ma aveva bisogno di un attimo con se stessa. Per riflettere.

Capodanno era per antonomasia il momento per tirare le somme sull’anno appena trascorso.

Non l’aveva mai fatto. Non era incline ai sentimentalismi e, soprattutto, non voleva lasciarsi intristire dagli immancabili rimorsi.

Sì, perché la sua vita non era certo andata come aveva pianificato.

Escluso il lavoro, nulla di ciò che aveva sognato da ragazzina si era avverato. Non si era sposata, non aveva avuto un figlio, non viveva in una bella casa con piscina.

Di solito, l’idea di aver combinato un gran casino della sua vita le faceva venire un’ansia terribile, che le risaliva su per la gola, stringendogliela come in una morsa e rendendole difficile perfino respirare. In quei momenti, capiva perfettamente Brian, quando tentava di spiegarle come si sentiva a causa della sua malattia.

L’unica cosa che riusciva a tranquillizzarla, era pensare a Lexi. Anche solo guardarla negli occhi la convinceva che, nonostante tutti gli errori che poteva aver commesso, c’era almeno una cosa totalmente e assolutamente giusta nella sua vita. La ragazzina era diventata il suo unico scopo e non avrebbe cambiato quella situazione per nulla al mondo.

Quell’anno però, era stato decisamente singolare e, curiosamente, la solita sensazione di angoscia che la coglieva se ripensava alla sua vita non si fece sentire. Al suo posto, invece, le ritornarono alla mente episodi divertenti vissuti insieme a Lexi e Baylee. E Brian.

Brian.

Brian era il motivo per cui aveva sentito la necessità di allontanarsi dal chiasso allegro della festa per riordinare i pensieri. Voleva farlo da giorni, ma non ne aveva mai avuto l’occasione, sempre presa dalle mille attività che venivano organizzate per intrattenere i ragazzi o impegnata a dare una mano nella gestione della casa a quella santa donna di Kristin.

Adesso, però, sentiva che era arrivato il momento. Non poteva più nascondersi.

Non che ci fosse molto da dire, semplicemente il suo cervello doveva accettare quello che, ormai, il suo cuore sapeva già da un po’ di tempo e cioè che si era innamorata di Brian.

Sì, come una stupida ragazzina delle superiori, aveva perso la testa per il suo cantante preferito – anche se Brian non era esattamente il suo cantante preferito, almeno in origine, ma lo era decisamente diventato dopo averlo conosciuto.

Non era successo all’improvviso, l’aveva sentito arrivare e, ingenuamente, invece di allontanarsi, si era lasciata conquistare da quell’uomo buono, gentile, divertente e comprensivo, che sembrava sinceramente apprezzare la sua compagnia, anche se Emma ancora non riusciva a capirne il perché. Lei non aveva niente di speciale. Era solo un’insegnante poco convenzionale con una vita parecchio incasinata. Non era bella, non era particolarmente intelligente o brillante, non era ricca. Era simpatica, questo sì, ma era un po’ pochino per attrarre un uomo come Brian, ricco, famoso, amato e idolatrato da milioni di persone – donne principalmente – in tutto il mondo.

Che cosa ci trovava in lei? Emma non ne aveva idea, ma era innegabile che Brian apprezzasse la sua compagnia, se ne sarebbe accorto anche un cieco.

E la cosa era reciproca.

Per questo non aveva alzato il solito muro di difesa che utilizzava per proteggersi dal genere maschile, dopo la delusione con James. Con la sua gentilezza, il suo umorismo e la sua sincerità, Brian era riuscito a trovare uno spiraglio e lei gli aveva permesso di entrare, ripetendosi che non c’era niente di male nell’avere un nuovo amico.

Adesso, però, doveva scendere a patti con la realtà e ammettere, almeno a se stessa, che Brian non era più solo un amico. Se ne era innamorata e questo complicava decisamente le cose.

Ora sì che c’era qualcosa di male.

Per settimane si era data della stupida, ripetendosi che mai e poi mai Brian avrebbe potuto essere interessato a lei e che avrebbe soltanto sofferto.

Poi, però, qualcosa era cambiato. Lui aveva iniziato a comportarsi in modo diverso, più affettuoso, già a casa ma, specialmente, durante quella vacanza. Ed Emma aveva iniziato a sperare – o temere, a seconda dei momenti – che anche Brian potesse provare qualcosa di più di semplice amicizia per lei.

E, a confermare i suoi sospetti, c’era stato quell’episodio, qualche giorno prima, durante la battaglia a palle di neve. Brian le si era volutamente buttato addosso e si erano quasi baciati. Alla fine non era successo, ma era innegabile che sarebbe avvenuto, se non fossero stati interrotti. Era chiaro perfino a un’imbranata come lei.

Ovviamente, era stato meglio così, un bacio avrebbe solo complicato ulteriormente le cose, ma Dio solo sapeva quanto Emma avrebbe voluto che succedesse. Ogni tanto, di notte, riviveva quel momento nei sogni e, almeno lì, nessuno arrivava a interromperli, così Emma poteva assaporare – o immaginare, almeno – la sensazione delle labbra di Brian sulle sue. Di solito si svegliava con un sorrisino ebete stampato in faccia e pregava che Lexi, che dormiva con lei, non le chiedesse a cosa stava pensando, altrimenti sarebbe finita nei guai.

Completamente concentrata su quelle riflessioni, non si accorse della porta del terrazzo che si apriva e nemmeno del rumore di passi che si avvicinavano. Registrò la presenza di un’altra persona soltanto quando sentì qualcosa posarsi sulle sue spalle e si accorse che qualcuno l’aveva avvolta in una coperta, probabilmente preoccupato che potesse prendere freddo.

Quel qualcuno, neanche lo avesse evocato con il pensiero, era Brian.

“Ehi” le disse, sorridendole e appoggiando la schiena alla ringhiera, in modo da poterla guardare in faccia.

“Ehi” replicò lei. Poi, alzando leggermente le spalle, aggiunse “Grazie”.

“Figurati. Ho pensato che, se proprio volevi passare la serata qui fuori tutta sola, almeno potevo evitare che ti prendessi una polmonite” scherzò lui, strappandole una risatina.

“Non avevo intenzione di restare qui tutta la sera, comunque” replicò, distogliendo lo sguardo dagli occhi azzurri di Brian, che incomprensibilmente riuscivano a brillare anche al buio. “Avevo solo bisogno di stare da sola un minuto”.

“Come mai?” le domandò.

“Riflettere” rispose Emma, restando sul vago.

“Sui propositi per l’anno nuovo?” chiese ancora Brian.

Emma scosse la testa. “Più su quello che è successo nell’anno passato”.

“Stai facendo un bilancio?”

“Una specie”.

“E sei soddisfatta oppure no?” si informò Brian, con una punta di apprensione nella voce, che sperò Emma non notasse.

Lei prese un respiro profondo e iniziò a parlare. “Sai, di solito la fine dell’anno è sempre un momento un po’ triste. Per qualche motivo, tendo sempre a concentrarmi su cos’è andato storto invece che sulle cose positive”.

“Non me lo dire” commentò Brian, ironico.

Emma si lasciò sfuggire una risatina e proseguì. “Quest’anno, però, non sono triste come al solito”.

“Come mai?” volle sapere lui.

“Non te lo so spiegare. È stato sicuramente un anno strano, sotto svariati punti di vista” confessò.

“Ma strano bello o strano brutto? Perché c’è una differenza sostanziale” le fece notare Brian.

Emma sorrise e tornò a guardarlo negli occhi, pur sapendo che correva il rischio di perdersi nell’azzurro dei suoi. “Strano bello”.

“Cosa te lo fa dire?” le domandò, ancora.

Sollevando un sopracciglio e rivolgendogli un’occhiata divertita, Emma replicò “Te lo vuoi proprio sentir dire, vero?”

Brian le rivolse a sua volta uno sguardo ironico e annuì. “Sì, sarebbe gradito” confermò.

Con un sospiro melodrammatico, Emma ammise “Non avrei mai immaginato di conoscerti. Tu e Baylee. Ma sono felice che sia successo. Avete reso il mio anno decisamente migliore”.

Brian sorrise ed Emma notò come i suoi occhi fossero diventati, se possibile, ancora più luminosi. Poi allungò un braccio e prese una mano di Emma nella sua.

“Anche tu e Lexi avete reso migliore il mio anno. Anzi, a parte Bay, siete l’unica cosa che ha fatto sì che non fosse un completo disastro. E ve ne sono grato. Non so come avrei fatto senza di voi. Senza di te”.

Come aveva previsto, Emma si perse completamente negli occhi di Brian. Tutto attorno a lei scomparve. Non sentiva più la musica, né le voci che tentavano di cantare. Perfino il freddo non sembrava più essere così pungente, ma poteva anche essere merito della coperta che aveva sulle spalle. In quel momento, esistevano solo loro due, lei e Brian, soli su quel terrazzo, circondati dalla neve e sotto un cielo puntellato di stelle. Nessuna di loro, però, brillava come gli occhi di Brian, specialmente mentre avvicinava il viso al suo.

Emma aveva intuito cosa volesse fare e sapeva anche che avrebbe dovuto fare qualcosa – qualsiasi cosa – per evitarlo.

Non poteva baciare Brian, per quanto lo desiderasse. Non ancora, almeno. Forse, quando Baylee avesse finito la scuola, avrebbe potuto prendere in considerazione la cosa, nonostante le innumerevoli e innegabili complicazioni, ma non adesso. Ma era anche abbastanza realista da capire che non poteva pretendere che lui la aspettasse per sei mesi. Nessuno l’avrebbe fatto, figurarsi uno come Brian, che poteva avere tutte le donne che voleva, quando voleva.

Nonostante tutto questo fosse ben chiaro nella sua mente, in quel momento Emma sembrava esserselo dimenticato e non si mosse di un millimetro, nemmeno quando sentì l’altra mano di Brian sfiorarle il viso, in un goffo, ma piuttosto tenero, tentativo di scostarle una ciocca di capelli dagli occhi.

Ancora un volta, però, il fato o chi per lui – questa volta nella persona di Baylee – venne in suo soccorso, spalancando la porta a vetri che dava sul terrazzo e urlando “Manca un minuto a mezzanotte, stiamo facendo il countdown. Rientrate, su, che dobbiamo brindare”.

Mentre nelle orecchie di entrambi risuonavano le voci eccitate di amici e famigliari che iniziavano a contare a ritroso, dal sessanta fino ad arrivare allo zero, Brian spostò leggermente il viso, in modo che le sue labbra, invece di incontrarsi con quelle di Emma, andassero a posarsi sulla sua guancia.

“Buon anno nuovo” le sussurrò, con voce bassa e roca, ma che non aveva nulla a che fare con la malattia che gli opprimeva le corde vocali.

“Buon anno nuovo anche a te” farfugliò Emma, ancora sottosopra per quell’ennesimo bacio mancato.

“Spero di poter rendere migliore anche questo anno, per te e per Lexi” aggiunse, rivolgendole un timido sorriso.

Tirando fuori un coraggio che non credeva di avere, Emma allungò una mano, fino a stringere quella di Brian nella sua. Gli sorrise e disse “Sono certa che lo farai. E spero di poter fare altrettanto per te e Bay”.

Brian intrecciò le sue dita con quelle di Emma e annuì. “Non ho dubbi”.

Poi, sempre tenendosi per mano, rientrarono a festeggiare con gli altri, certi che, prima o poi, il loro momento sarebbe arrivato.

Fino ad allora, avrebbero semplicemente continuato a rendere migliori le reciproche vite.

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Capitolo 6
*** If you wanna be my lover, you gotta get with my friends ***


It's not enough (Enough)
Just holding on (Holding on)

 

“Ehi, Emma. Sono appena stato da Paul e mi ha detto di dirti che vuole parlarti”.

Emma stava uscendo dal bagno dopo la pausa pranzo, in uno stranamente caldo pomeriggio di inizio marzo, quando Leonard, il collega di Scienze, la informò della richiesta del preside.

Dopo essersi data un’ultima occhiata allo specchio per controllare se il taglio che aveva sulla fronte – frutto di uno scontro involontario con una studentessa durante la consueta partita di pallavolo – avesse smesso di sanguinare, si diresse verso l’ufficio del preside.

Camminava lentamente, sorridendo ai saluti degli allievi che incontrava nei corridoi ma, in realtà, stava cercando di contenere l’entusiasmo all’idea di rivedere Brian, che era tornato proprio la sera prima da Los Angeles, dove stava registrando dei brani per il nuovo album con i ragazzi.

Dopo capodanno, Brian era partito quasi subito, lasciando Baylee alle cure del fratello e della cognata – almeno in linea teorica, dato che, in realtà, il ragazzo passava la maggior parte del tempo con Emma e Lexi. Lui e il gruppo avevano avuto un serie di incontri con manager, produttori e autori per scegliere i pezzi da inserire nel nuovo album, a cui erano seguiti numerosi impegni televisivi e radiofonici. Tornava a casa saltuariamente, ma sempre per brevi periodi e, ovviamente, cercava di passare più tempo possibile con Baylee.

Anche Emma era stata piuttosto occupata, presa a organizzare lo spettacolo teatrale di fine anno, così si erano visti molto poco.

Si sentivano, questo sì. Non passava giorno che Brian non le scrivesse almeno un messaggio o la chiamasse e anche quando lui e gli altri si erano chiusi in studio di registrazione, aveva comunque continuato a farsi sentire regolarmente.

Ma non era lo stesso. Sentirlo al telefono o vederlo per un caffè al volo, in un ritaglio di tempo, non era come averlo lì con lei.

E le mancava. Le mancavano le loro chiacchierate, le battutine pungenti fatte con lo scopo preciso di suscitare una finta reazione indignata e, soprattutto, le risate. Non solo le mancava ridere con lui, ma le mancava vederlo ridere. Brian aveva questa risata contagiosa, che gli riduceva gli occhi a due minuscole fessure ma, allo stesso tempo, in un modo totalmente inspiegabile, glieli faceva brillare come due zaffiri e vederlo ridere era una delle cose che Emma adorava di più di lui.

Nonostante le mancasse terribilmente, però, questo periodo di separazione aveva aiutato Emma a fare chiarezza dentro di sé. Ora era pronta ad ammettere di essere innamorata di Brian Littrell, per quanto le sembrasse ancora inverosimile che potesse essere successo.

Allo stesso tempo, però, sapeva che, anche ammesso che lui ricambiasse i suoi sentimenti – cosa di cui non era ancora certa al cento per cento – e lei non si fosse solo immaginata una particolare attenzione da parte sua, tra loro non avrebbe mai potuto esserci nulla, almeno finché Baylee fosse stato un suo studente. Sapeva che non stava contravvenendo a nessuna regola, ma la sua etica professionale le impediva di iniziare una relazione con il padre di un suo alunno. Andava contro i suoi principi e non importava se sapeva con certezza che non avrebbe mai fatto nulla per agevolare Baylee in alcun modo.

Non ce la faceva. Era più forte di lei.

Riflettendo su quanto fosse assurda la situazione e pregando che Brian fosse disposto ad aspettare fino alla fine della scuola, nel caso avesse davvero ricambiato il suo interesse, Emma si ritrovò, quasi senza nemmeno accorgersene, davanti alla porta dell’ufficio del preside e, dopo aver bussato, abbassò la maniglia e mise dentro la testa.

“Oh, Emma” la salutò l’uomo, sorridente. “Vieni, entra”.

“Ciao, Paul” ricambiò lei. “Volevi vedermi?”

“Sì. Siediti” la invitò, indicando la poltroncina di fronte alla scrivania dietro cui era seduto.

Emma si accomodò e l’uomo annunciò “C’è una cosa di cui vorrei parlarti”.

“Dimmi” lo spronò lei, con un sorriso.

Paul la guardò negli occhi ed esordì con “Da quanto ci conosciamo?”

Pur stupita da quella domanda e chiedendosi dove volesse andare a parare, Emma rispose “Più o meno...cinque anni. Da quando le nostre scuole hanno collaborato a quel progetto nazionale”.

Paul annuì e domandò, ancora “E da quanto sei qui?”

Non erano necessari grandi calcoli, quindi Emma parlò subito. “Tre anni. Da quando mi hai chiamato dicendo che il tuo insegnante di letteratura inglese era andato in pensione, si era liberato un posto e volevi me” ricordò, strappando a Paul un sorriso.

“E in questi tre anni mi sono mai permesso di darti consigli?” le chiese lui, tornando serio, ma rivolgendole uno sguardo pieno di affetto, che rispecchiava la loro profonda amicizia, più che il rapporto professionale che li legava.

“Ehm...no, non che ricordi” ammise lei, sincera.

“Esatto. Perché sei di gran lunga una delle migliori insegnanti con cui mi sia mai capitato di lavorare. Non per niente ti ho voluta come vice” sentenziò Paul, orgoglioso.

Emma abbassò lo sguardo, imbarazzata ma anche grata per quella dichiarazione di stima del suo superiore e amico.

“Ti ringrazio” sussurrò. “Ma non capisco…”.

“Ora ci arrivo” la interruppe Paul, alzando una mano davanti al viso.

Emma richiuse immediatamente la bocca e restò in attesa di sentire il seguito.

“Sei una persona straordinaria, Emma. I colleghi ti adorano, i ragazzi ti adorano, perfino i genitori ti adorano” annunciò lui.

Emma stava già per ribattere, quando Paul aggiunse “Oserei dire che ce n’è uno che ti adora un po’ più degli altri”.

“Di cosa stai parlando?” balbettò lei, strabuzzando gli occhi.

Paul sorrise e, lanciandole un’occhiata piena di sottintesi, spiegò “Di chi, semmai. Brian Littrell, la nostra celebrità”.

Emma sentì distintamente le guance andarle in fiamme e il suo cuore accelerò pericolosamente i battiti.

Cercando di non farsi prendere dal panico, si giustificò “Paul, ti assicuro che non c’è niente tra noi. Baylee e Lexi sono diventati amici e, di conseguenza, spesso capita di vederci. Ma consideralo come un rapporto di amicizia tra genitori, nient’altro”.

Paul si lasciò sfuggire una risata e scosse la testa.

“Forse ti ho dato l’impressione sbagliata, Emma, ma non ti sto accusando di niente. Non nutro alcun dubbio sulla tua etica professionale” la rassicurò.

Sentendo sciogliersi il nodo allo stomaco che le aveva bloccato l’aria fino a quel momento, Emma farfugliò “Ma, allora…”.

Paul incrociò le mani sotto al mento e disse, in tono calmo e controllato “Allora, come preside ti ricordo che nel regolamento scolastico non c’è nulla che vieti una relazione tra un insegnante e un genitore e, come amico, ti consiglio di cogliere l’occasione, dato che è palese che ti piaccia tanto quanto tu piaci a lui”.

Emma si lasciò scappare un sospiro. “Io...non lo so, Paul. La mia vita è già abbastanza complicata e stavo appena riuscendo a trovare una sorta di equilibrio. Questo...non era calcolato” confessò, decidendo di aprirsi con l’amico.

Paul alzò un sopracciglio e le rivolse uno sguardo scettico. “Perché, ritrovarti a occuparti di un’adolescente completamente da sola lo era, per caso?”

Consapevole della verità della constatazione di Paul, Emma non potè far altro che scuotere la testa.

“Esatto. È capitato e l’hai accettato senza farti troppe domande. Come adesso ti è successo di iniziare a provare qualcosa per quest’uomo” insistette lui.

Emma tentò di obiettare “Io non…”, ma Paul non glielo permise “Sì, invece. Non negare”.

La donna sbuffò, strappando una risatina all’amico.

“Puoi provare ad accettare anche questo senza farti divorare dai dubbi?” la pregò. “Non stai facendo niente di male. Sei single, carina e intelligente. Lui è divorziato, ricco e terribilmente affascinante”.

Suo malgrado, Emma rise alla battuta di Paul.

“Senza contare che sembra pazzo di te. Datevi una chance”.

“Ci sono i ragazzi, Paul” cercò di farlo ragionare.

“Che, a quanto sembra, sono diventati ottimi amici” replicò lui. “Non vedo dove sia il problema”.

“Baylee è un mio alunno” gli fece notare Emma.

“Anche Lexi. Ma non ti sei mai fatta tutte queste paranoie” constatò Paul, serafico.

Spiazzata da quell’osservazione, Emma si ritrovò a corto di obiezioni. “Vero, ma…”.

“Andiamo, Emma. Sei perfettamente in grado di scindere la sfera lavorativa da quella privata e l’hai ampiamente dimostrato con Lexi. Baylee è un ottimo studente e a nessuno verrebbe mai il dubbio che potesse avere agevolazioni da parte tua se inizi a uscire con suo padre” tentò di rassicurarla l’amico.

“Grazie per la fiducia” commentò Emma, tra il sarcastico e il sincero.

Paul sospirò e restò a fissarla per un istante, poi le chiese “Qual è il problema?”

Emma alzò gli occhi al cielo e confessò, in un sussurro “Lui è famoso”.

“E allora?” sbottò Paul, perdendo il suo aplomb. “È solo un po’ più complicato”.

“Un po’?” ripeté lei, scettica.

“Va bene, parecchio” ammise Paul, rassegnato. Poi puntò l’indice contro Emma e aggiunse “Ma, siamo onesti, non ti sono mai piaciute le cose semplici”.

Emma si ritrovò a ridere. “Hai ragione” convenne.

Paul incrociò le braccia sulla scrivania e la guardò con affetto. “Prometti che ci penserai, almeno? Che non lo escluderai a priori?”

Emma sorrise ed emise un lungo sospiro.

“Prometto” cedette. Poi aggiunse “Anche se c’è ben poco da pensare, Paul. Brian mi piace, inutile fingere che non sia vero”.

L’amico sorrise ed esclamò “E allora dai una speranza a quel pover’uomo che, credimi, non aspetta altro che un tuo cenno per cadere ai tuoi piedi”.

 

~ * ~


Quando Emma parcheggiò l’auto davanti a casa Littrell, per andare a prendere Lexi, che aveva passato il pomeriggio con Baylee, aveva ancora le parole di Paul che le ronzavano in testa.

Dai una speranza a quel pover’uomo.

Dio solo sapeva quanto avrebbe voluto farlo. E il cuore che le batteva all’impazzata alla sola idea di rivederlo dopo quasi un mese ne era testimone.

Non appena lui aprì la porta di casa e le sorrise, Emma sentì le gambe farsi molli e capì che, per quanto si sforzasse, non sarebbe riuscita a resistere a lungo nel suo ostinato tentativo di respingerlo. Ci era dentro con entrambe le scarpe e la cosa più grave era che non le dispiaceva nemmeno un po’.

“Ciao” la salutò, abbracciandola e dandole un bacio sulla guancia.

“Ciao” ricambiò lei, chiudendo gli occhi e riempiendosi le narici con il suo profumo.

“Mi sei mancata” le sussurrò, guardandola negli occhi.

“Anche tu” confessò lei, perdendosi nell’azzurro dei suoi.

All’improvviso, l’espressione dolce e felice di Brian si fece seria e quasi preoccupata, tanto che Emma si ritrovò a chiedergli “Cosa c’è?”

"Cos'hai combinato?" le domandò, indicando con il dito qualcosa sulla sua fronte.

Istintivamente, Emma alzò una mano e posò i polpastrelli sulla pelle, ricordandosi solo in quel momento del taglio che si era fatta giocando a pallavolo quel pomeriggio e che aveva trascurato dal momento in cui era stata convocata nell’ufficio di Paul per la loro chiacchierata, dimenticandosene poi completamente. Il contatto delle dita con la ferita però, le suscitò una smorfia.

“Oh, questo?” minimizzò. “Niente. Ho avuto uno scontro con un'alunna mentre giocavamo a pallavolo. Mi ha graffiato con un anello”.

Brian sorrise e, allo stesso tempo, alzò gli occhi al cielo, rassegnato. Emma era così, non sarebbe mai cambiata. E lui la amava proprio per quello.

“Ti fa male?” le chiese, scostandole i capelli dalla fronte per poter vedere meglio il danno.

Emma scosse la testa. “Ma no, è solo un graffio”.

“Sarà solo un graffio, ma sta ancora sanguinando” obiettò Brian. “L'hai almeno disinfettato?”

“No, papà” sbuffò lei, prendendolo in giro. “Non ho avuto tempo. Ma non credo di rischiare la setticemia per un taglietto”.

“Ah ha. Molto divertente” replicò lui. “Comunque non è proprio un taglietto e rischi che si infetti”. La prese per mano, tirandola dentro casa. “Vieni, andiamo in bagno. Faccio io”.

 

Seduta sul bordo della vasca, nel bagno di Brian, con lui che le tamponava la ferita con un batuffolo di cotone imbevuto di acqua ossigenata, Emma non riusciva a staccargli gli occhi di dosso, anche se sapeva perfettamente quanto potesse essere pericoloso. Quando Brian le sorrideva, con quei suoi occhi azzurri scintillanti, il suo cervello andava in cortocircuito e sembrava perdere la capacità di ragionare in maniera lucida.

“Ti fa male?” le chiese, mentre le picchiettava il cotone sulla fronte.

Emma scosse impercettibilmente la testa. “Brucia un pochino, ma è sopportabile”.

“Adesso ti metto un cerotto” annunciò.

“Posso averne uno con i pupazzetti?” gli domandò, ironica.

“Mi dispiace, non credo di averne” rispose lui, ridacchiando. “Baylee è troppo grande, ormai”.

“Peccato. Avrei fatto una gran bella figura a scuola, domani” commentò Emma, continuando a scherzare.

“Dovrai accontentarti di questo semplice, temo. Mi dispiace” disse Brian, mentre glielo incollava sulla ferita.

Senza allontanarsi e continuando a tenerle una mano sul viso, per tirarle indietro i capelli dalla fronte, aggiunse “Ecco fatto. Non sarà un capolavoro, ma almeno è disinfettato e non rischiamo di perderti per un’infezione”.

Emma ridacchiò, commentando “Non sarebbe poi questa grave perdita”.

Brian spalancò gli occhi, prima di ribattere “Spero tu stia scherzando. Sarebbe una perdita tremenda. Almeno per me”.

Emma dovette deglutire un paio di volte ma, anche così, non trovò nulla da rispondere a quell’affermazione. Inspirò ed espirò profondamente, sforzandosi di non concentrarsi sulla mano di Brian, ancora posata sulla sua guancia.

Lui le rivolse un timido sorriso e sussurrò “Ti ho già detto che mi sei mancata?”

Emma annuì.

“Forse però non sono riuscito a spiegarti bene quanto” proseguì, facendosi più vicino.

Con i neuroni completamente in tilt, l’unica cosa che Emma riuscì a fare fu farfugliare un “Forse no”, prima di chiudere gli occhi e lasciarsi travolgere dagli eventi, qualsiasi cosa fosse successa.

Quello che avvenne, però, non fu esattamente ciò che si aspettava – e, segretamente, bramava.

Una voce squillante alle spalle di Brian esclamò “Papà, Lexi ed Emma possono fermarsi a cena?”

Brian si voltò di scatto, allontanando la mano dal viso di Emma che, a sua volta, spalancò gli occhi e si appicciò in faccia un sorriso di circostanza, mentre concentrava tutte le energie per far rallentare il battito del suo cuore.

“Cosa stavate facendo qui?” domandò Lexi, spuntando dietro la spalla di Baylee e lanciando ai due un’occhiata curiosa.

“Mi sono tagliata e Brian mi ha messo un cerotto” spiegò Emma, nel tono più casuale che le riuscì di trovare.

Lexi scrollò le spalle e commentò “Okay”. Poi aggiunse “Quindi? Possiamo fermarci a cena?”

Emma annuì, sorridendo a Brian, che si era voltato a guardarla. “Ma certo”.

Poi distolse lo sguardo, decisa a non incrociare i suoi occhi almeno per il resto della serata.

 

~ * ~

 

“Allora, vi siete baciati?”

Emma e Lexi stavano tornando a casa dopo la cena dai Littrell ed erano ferme a un semaforo, quando la ragazzina sganciò la bomba.

Emma trasalì e spalancò gli occhi, sperando che Lexi non se ne accorgesse.

“C-cosa?” balbettò.

“Hai capito” ribatté Lexi, serafica.

“N-no! Cosa ti viene in mente?” sbottò Emma, in preda al panico, domandandosi cos’avessero davvero visto lei e Baylee quando erano venuti a cercarli in bagno.

Lexi non obiettò, ma le chiese, curiosa “Ma avresti voluto, vero?”

Lanciandole una rapida occhiata, mentre rimetteva in moto l’auto al verde del semaforo, Emma tentò di tergiversare “Io…”

Lexi le rivolse uno sguardo di rimprovero. Era chiaro che non si sarebbe bevuta una balla.

Emma sospirò, rassegnata. “Okay, sì. Avrei voluto” ammise.

“E allora perché non l’hai fatto?” le domandò Lexi, soddisfatta che Emma si fosse aperta con lei.

Emma le lanciò un’occhiataccia. “Sei abbastanza intelligente da arrivarci da sola”.

Lexi ci rifletté un attimo, poi azzardò “Vediamo...perché Baylee è un tuo alunno e Brian è suo padre?”

“Punto uno” concordò Emma.

“E allora? Tra qualche mese finiremo la scuola e il problema si risolverà da solo” minimizzò la ragazzina.

Emma sospirò. “Non è solo quello”.

“Che altro c’è?”

“Pensaci” la spronò Emma.

“Che è famoso?” tentò Lexi.

Emma annuì.

“Quindi? È stato sposato per vent’anni e, a quanto mi risulta, anche tutti gli altri Backstreet Boys sono sposati. È fattibile” tentò di farla ragionare.

“Ma mi ci vedi?” sbottò Emma, esasperata. “Io, sotto ai riflettori?”

Lexi fece spallucce. “Se ce l’hanno fatta le altre, ce la puoi fare anche tu”.

“Non lo so” farfugliò Emma, titubante.

“Dipende da quanto ci tieni a lui” sentenziò Lexi, criptica. “E poi, Brian mi sembra piuttosto riservato. Voglio dire, non penso ti proporrà mai di fare un reality sulla vostra vita, come ha fatto il suo amico Nick”.

Emma strabuzzò gli occhi, scioccata, e si voltò a guardarla. “E tu che ne sai?”

Lexi fece spallucce, di nuovo, ed Emma iniziò a irritarsi.

“Me l’ha fatto vedere Bay” confessò. “È divertente”.

Suo malgrado, Emma ridacchiò.

Lexi tornò subito alla carica. “Beh, a parte questo c’è altro?”

Emma prese un respiro profondo, prima di rispondere. Poi ammise “Ho paura, Lexi”.

“Di cosa?”

“Di...tutto. Di fidarmi di nuovo di un uomo, innanzitutto”.

“Guarda che non sono tutti come James” sentenziò Lexi, con espressione disgustata.

Emma sorrise. “Lo so. Ma mi sentirei meno sotto pressione se si trattasse di una persona normale. Voglio dire, se non funzionasse, dovremmo gestirla sotto gli occhi di tutti e non credo di potercela fare”.

La ragazzina sospirò. “Capisco le tue paure, ma mi spieghi perché non dovrebbe funzionare? Tu lo ami, lui…”

“Woha, frena, frena” la interruppe Emma. “Non ho mai detto di amarlo”.

Lexi si lasciò sfuggire una risatina sarcastica. “Ma fammi il piacere. Te lo si legge in faccia”.

“Davvero?” chiese Emma, sconvolta. Non credeva di essere così trasparente.

Lexi annuì, confermando i suoi sospetti. “Sì. E pure a lui”.

“Vuoi dire che…”

Lexi fece di nuovo sì con la testa. “Sì, anche lui è completamente cotto di te”.

“Come fai a esserne sicura?” le domandò Emma, dando voce ai suoi timori. “Magari siamo qui a discutere di qualcosa che nemmeno esiste”.

Lexi scosse la testa, esasperata. “Tu non ci fai caso perché sei troppo occupata a perderti nei suoi occhioni azzurri, ma io vedo come ti guarda”.

“Come?”

“Come se avesse visto la Madonna” commentò Lexi, ridacchiando.

“Lexi!” sbottò Emma, rimproverandola.

“Cosa c’è?” ribatté lei, con aria innocente. “È religioso, non dovrebbe essere tipo il non plus ultra?”

Emma la fulminò con lo sguardo. “Molto spiritosa”.

Lexi riportò la conversazione sull’argomento principale. “A parte gli scherzi, ogni volta che siete insieme, non ti toglie gli occhi di dosso. Fidati, anche lui ti ama”.

Emma non parlò subito, si prese un istante per metabolizzare la dichiarazione della ragazza. Poi disse “Ammettiamo che tu abbia ragione”.

“Ho ragione” la interruppe Lexi, pragmatica.

“Okay” cedette Emma. “Cosa faccio?”

“In che senso?” chiese Lexi, confusa.

“Non...non so come comportarmi” confessò Emma, disperata.

Lexi sospirò e disse, in tono piatto “Non ci credo che lo stai chiedendo a me”.

“Perché?”

“Perché ho diciotto anni e dovresti essere tu a darmi consigli sul corteggiamento. Senza contare che non so nulla delle relazioni tra uomo e donna” spiegò, come se fosse la cosa più ovvia del mondo.

“Io non so un tubo sul corteggiamento. Sempre stata una frana” disse Emma, lasciandosi sfuggire un lamento.

“Come hai fatto con James, scusa?” si informò Lexi, perplessa.

Questa volta fu Emma a fare spallucce. “Ha fatto tutto lui. Io l’ho solo lasciato fare”.

Lexi sorrise. “Allora fai così”.

“Cioè?”

“Lasciati corteggiare da Brian” propose Lexi.

“E se non lo fa?”

“Lo sta già facendo, Emma” tagliò corto la ragazzina. “Me ne sono accorta io, possibile che tu non l’abbia notato?”

“Te l’ho detto che sono una frana” si giustificò Emma, con un sorrisino imbarazzato.

Lexi scosse la testa e ridacchiò, prima di domandare “Non ti ha chiesto di andare alla registrazione di quel programma, in città, la prossima settimana?”

Emma annuì, ricordando la conversazione avuta a cena con Brian. “Ha detto che ci tiene a presentarmi gli altri, specialmente Nick, anche se non ho capito perché”.

“Perché ci tiene a te e vuole il parere del suo amico” constatò Lexi.

Emma strabuzzò gli occhi e le lanciò uno sguardo terrorizzato, mentre parcheggiava l’auto nel vialetto davanti a casa.

“Oddio, nessuna pressione, proprio. Grazie, Lexi” ironizzò.

La ragazzina fece un gesto con la mano e sbuffò. “Ma smettila. Gli piacerai”.

“Come fai a esserne così sicura?” chiese Emma, poco convinta.

Lexi le sorrise e, guardandola negli occhi, dichiarò “Tu piaci a tutti. Sei adorabile”.

Pur compiaciuta da quell’apprezzamento inaspettato, Emma tentò di sdrammatizzare con una battuta, com’era solita fare quando si sentiva in imbarazzo.

“Ricordatelo la prossima volta che mi arrabbio con te” la canzonò.

Lexi rise e, lanciandole uno sguardo scettico, replicò “In realtà, sei adorabile anche quando ti arrabbi, ma mi piace farti credere di essere spaventosa”.

Emma le rivolse a sua volta un’occhiataccia, prima di intimarle “Scendi dalla macchina, prima che decida di dimostrarti quanto ti sbagli”.

Lexi non se lo fece ripetere due volte, slacciò la cintura di sicurezza, afferrò il suo zaino e scese dall’auto, dirigendosi a passo spedito verso la porta d’ingresso.

Anche Emma scese, prese la borsa dal sedile posteriore e la seguì. Non appena la raggiunse, mentre trafficava con le chiavi per far scattare la serratura, Lexi commentò, ancora riferita alle ultime battute che si erano scambiate in macchina “Saresti comunque adorabile”.

Chiudendosi la porta alle spalle e prima che Lexi sparisse al piano di sopra per rintanarsi in camera sua a messaggiare con Baylee – come se non si fossero visti solo quindici minuti prima – Emma le fece una pernacchia, il cui suono echeggiò tra le pareti dell’ingresso, accompagnato dalla risata cristallina della ragazza, che stava già salendo le scale.

 

~ * ~

 

Entrando nel palazzo dove si trovava la sede dell’emittente radiofonica per cui i ragazzi dovevano registrare un’apparizione, Emma si guardò intorno, spaesata, sperando di scorgere Brian che le veniva incontro, come le aveva promesso via messaggio, quando lei l’aveva avvertito del suo arrivo. Un istante dopo, infatti, lo vide che agitava una mano, con il suo solito sorriso magnetico che le faceva tremare le ginocchia.

“Ehi, sei arrivata” la salutò, dandole un veloce bacio sulla guancia.

“Sì. Scusa il ritardo, c’era traffico” si giustificò lei.

“Figurati. C’è stato qualche problema tecnico e non abbiamo ancora iniziato” la rassicurò, prendendola per mano e iniziando a guidarla verso gli uffici della stazione radio.

“Oh bene”.

“Lexi non c'è?” le chiese, sorpreso.

Emma scosse la testa. “No. È a casa, impegnata con le domande di ammissione all'università” spiegò.

“Oh, capisco. Dove farà domanda?” si informò, incuriosito.

“Sicuramente alla University of Kentucky. Vuole studiare medicina e il suo sogno sarebbe andare a Yale, ma purtroppo dovrà accontentarsi” disse, senza riuscire a nascondere una punta di delusione.

“Perché? Pensi che non la prenderebbero?” domandò Brian, sorpreso. Lexi era una ragazzina sveglia e, da quanto gli aveva detto Baylee, aveva ottimi voti. Era strano che non fosse ammessa a Yale.

Infatti, Emma annuì. “Oh, credo di sì. Ha ottimi voti e potrebbe ottenere facilmente una borsa di studio. Ma, anche così, non me lo posso permettere. Voglio darle una buona istruzione, ma un college della Ivy League è decisamente al di là delle mie possibilità. Lei lo sa. Ne abbiamo parlato e capisce la situazione. Va bene così” confessò.

Senza riuscire a trattenersi, Brian osservò “È un peccato però, non credi? Voglio dire, una laurea a Yale le aprirebbe molte più porte”.

“Lo so, ma purtroppo sono solo una semplice insegnante single che vive del suo lavoro. Non posso farci niente” gli fece notare Emma, stringendosi nelle spalle.

Brian le rivolse un sorrisetto furbo e sentenziò “Tu no, ma io sì”.

Emma si bloccò di colpo, costringendo anche Brian a fermarsi. Lo guardò negli occhi, improvvisamente seria, e chiese “Cosa vuoi dire?”

“Posso pagare io gli studi a Lexi” rispose lui, in tono noncurante.

Emma strabuzzò gli occhi e fissò Brian come se all’improvviso gli fosse spuntato un corno in mezzo alla fronte.

“Ma sei matto? Hai idea di quanto costi Yale?”

“Onestamente no” ammise lui. “Ma so esattamente a quanto ammonta il mio patrimonio e non dovrei avere grossi problemi ad aiutare una studentessa meritevole”.

Emma scosse energicamente la testa. “Brian no. Te lo proibisco. Devi pensare a Baylee”.

“Che non ha intenzione di frequentare l'università perché vuole fare musica, come suo padre” le ricordò Brian, prima di aggiungere, ironico “I geni non mentono, temo. Quindi, posso tranquillamente occuparmi di Lexi” concluse, deciso.

Emma non rispose subito. Restò a fissarlo, con espressione imperscrutabile. Poi chiese, semplicemente “Perché vuoi farlo? Lei non è niente per te”.

“Nemmeno per te, eppure l'hai adottata” le fece notare lui, sincero.

“Non esattamente” replicò lei. “E, comunque, la situazione è decisamente diversa”.

Brian fece spallucce. “Sarà, ma mi sono affezionato a lei, Emma. Mi sono affezionato a voi. Siete diventate parte della famiglia, in qualche modo, e ci tengo a fare questa cosa per voi. Inoltre, a cosa serve essere ricco se non puoi fare qualche piccola follia, ogni tanto?” sentenziò, rivolgendole un timido sorriso.

Emma ricambiò il sorriso e scosse la testa. “Questa è più di una piccola follia. Non so se te ne rendi conto, ma sarà una spesa notevole, oltre che un impegno non indifferente”.

Brian annuì. “Ne sono consapevole”.

“E non è detto che Lexi accetti” insistette lei.

“Deve per forza saperlo?” le domandò Brian, speranzoso.

“Certo che deve!” sbottò Emma, sconvolta all’idea che Brian volesse fare una cosa simile di nascosto. Prese un respiro profondo e aggiunse, cercando di mantenere la calma “Ascolta, se dipendesse solo da me, non ti permetterei mai di fare una cosa del genere. Ma stiamo parlando del futuro di Lexi ed è giusto che sia lei a decidere”.

“Cosa vuoi che faccia?” le domandò Brian, deciso a non demordere.

“Parlale” lo spronò lei. “Falle la stessa proposta che hai fatto a me e senti cosa ti dice. Io mi rimetterò alla sua decisione”.

Sentendo un sorriso allargarglisi sul viso all’idea di averla avuta vinta su una cosa così importante, Brian fece sì con la testa.

“Okay. Appena riesco scambio due parole con Lexi e vediamo cosa ne pensa”.

Poi, riprese la mano di Emma e fece per trascinarla di nuovo verso la stanzetta dove si trovavano gli altri ragazzi, annunciando “Adesso andiamo dagli altri, così te li presento”.

Emma, però, non aveva ancora finito. Infatti, puntò i piedi e si rifiutò di muovere un passo, richiamando l’attenzione dell’uomo. “Brian?”

“Sì?” chiese lui, voltandosi per vedere cosa c’era che non andava.

Emma gli rivolse un sorriso dolce che gli fece smuovere qualcosa nello stomaco.

“Continuo a credere che sia una follia, ma...grazie” sussurrò, distogliendo lo sguardo non appena i suoi occhi incrociarono quelli di Brian.

“Aspetta di vedere se accetta, prima di ringraziarmi” tentò di minimizzare lui, per toglierla dall’imbarazzo.

Lei, però, scosse la testa. “No. Grazie anche solo per averci pensato. Nessuno ha mai fatto una cosa così generosa per noi. Significa molto più di quello che immagini”.

Colpito da quelle parole così sincere e sentendo il cuore battergli forte, Brian non rispose e si limitò a stringere più forte la mano di Emma, tentando di soffocare il bisogno di abbracciarla che sentiva crescere dentro di sé.
Nessuna mi ha mai fatto sentire come mi fai sentire tu e, specialmente in questo momento, significa molto più di quello che immagini, pensò. Per me, sei molto più importante di quello che immagini. Lo siete entrambe, tu e Lexi, e questo è il mio modo per dimostrarvelo.

 

Quando entrarono nella stanzetta dove gli altri ragazzi erano radunati, in attesa di poter iniziare a registrare il programma, Brian ed Emma si stavano ancora tenendo per mano. Cosa che non sfuggì allo sguardo attento di Kevin, che fu il primo a voltarsi, sentendo la porta aprirsi. In piedi accanto al distributore dell’acqua, da cui si era appena versato un bicchiere, Kevin restò a fissare dapprima il cugino, i cui occhi azzurri brillavano di entusiasmo e, probabilmente, di amore per la donna che era con lui. Poi spostò lo sguardo sugli altri, per registrarne le diverse reazioni.

AJ, stravaccato su un divanetto, con la testa buttata all’indietro e un’espressione insofferente, si risollevò immediatamente, togliendosi gli occhiali da sole e osservando con curiosità la persona che era entrata insieme al suo amico.

Howie, che stava girovagando per la stanza, digitando qualcosa sul cellulare, si fermò di colpo, voltandosi a guardare chi era entrato e lasciandosi sfuggire un sorrisino quando notò la mano di Brian che stringeva quella della donna accanto a lui.

Nick, seduto su una poltroncina di fronte al divanetto, le lunghe gambe stese davanti a sé e le braccia incrociate dietro alla testa, ostentò indifferenza, ma Kevin lo conosceva troppo bene e si accorse subito che il gesto, apparentemente casuale, di togliersi il cappellino e passarsi una mano tra i capelli, tradiva un certo nervosismo.

Se anche Brian notò i suddetti comportamenti nei suoi amici, non diede cenno di farci caso. Si portò al centro della stanza e, rivolgendosi alla donna che era con lui, iniziò le presentazioni.

“Emma, questi sono Howie, AJ – Alex per gli amici – e Nick. E poi c’è Kevin, che hai già conosciuto”.

Emma sorrise e si avvicinò ai ragazzi per stringere la mano a ciascuno di loro. Quando fu il turno di Kevin, lui la abbracciò, dicendole “È un piacere rivederti, Emma”.

“Anche per me, Kev” ricambiò lei, con un sorriso. “Come stanno Kristin e i ragazzi?”

“Tutti bene, grazie. Mi aspettano a casa. Sempre che qui riusciamo a cavarcela prima di sera” sentenziò, con una punta di irritazione.

Emma ridacchiò.

“Quindi tu sei la famosa Emma” disse AJ, facendole cenno di andare a sedersi accanto a lui sul divanetto.

Emma accettò l’invito e si accomodò nel posto libero di fianco a AJ, mentre Brian si sistemava sul bracciolo vicino a lei.

“Oddio, sono famosa?” domandò, strabuzzando gli occhi.

AJ le rivolse un sorriso furbo e scherzò “Brian che parla di una donna che non sia sua madre? Sì, sei famosa”.

Pur sentendosi vagamente a disagio, Emma non potè fare a meno di ridere.
“E ancora una volta sei riuscito a mettere in imbarazzo qualcuno in sole due battute. Complimenti, Alex” lo rimproverò Howie, scuotendo la testa, rassegnato.

“Ma no, non fa niente” li rassicurò Emma, cercando di andare in aiuto al povero AJ. “Di solito sono perfettamente in grado di mettermi in imbarazzo da sola, quindi mi hai solo facilitato il compito”.

Tutti i ragazzi scoppiarono a ridere.

“Adesso però siamo curiosi. Non puoi lanciare una bomba del genere e sperare di passarla liscia” la incalzò AJ, voltandosi verso di lei sul divanetto e mettendosi comodo per ascoltare.

Emma si strinse nelle spalle e lanciò un’occhiata a Brian che le sorrise.

“Beh, Brian vi ha raccontato come ci siamo conosciuti?” domandò, guardando i ragazzi uno a uno.

“Lavori alla scuola di Baylee, no?” rispose Howie, cercando di capire dove fosse il tranello. Non poteva essere così semplice e, soprattutto, non c’era niente di imbarazzante in quello.

Infatti, Emma confermò, ma aggiunse “Sì. Ma intendo se vi ha raccontato il nostro primissimo incontro”.

Tutti i ragazzi fecero no con la testa. Emma si rivolse a Brian e gli sorrise “Vuoi avere tu l’onore?”

Lui annuì, con un guizzo divertito negli occhi. “Con immenso piacere”.

Howie si accomodò sul bracciolo della poltroncina dov’era seduto Nick, mentre Kevin si appoggiò al muro di fianco al divano. Quando tutti si furono sistemati, Brian iniziò il racconto.

“Avevo accompagnato Bay a vedere la nuova scuola e avevamo appuntamento con il preside. Ci lasciano ad aspettare in questo ufficio e, dalla finestra aperta, assisto a una partita di pallavolo – era durante la pausa pranzo, quindi i ragazzi erano liberi. A un certo punto una delle persone che stavano giocando viene chiamata per un appuntamento e si allontana dal campo. Capisco che è un’insegnante perché i ragazzi la chiamano per cognome, ma non ci do troppo peso. Fino a quando la porta dell’ufficio dove stavamo aspettando si apre e, invece del preside, entra lei” disse, indicando Emma con il pollice della mano sinistra.

“Il preside non c’era e io sono la vice, quindi toccava a me” si intromise lei, per spiegare la situazione.

“Non dirmi che eri tu quella che aveva visto giocare a pallavolo” azzardò AJ, iniziando a capire dove Brian stava andando a parare con il suo racconto.

Emma annuì e Brian continuò “In carne e ossa. O, forse, farei meglio a dire guance arrossate, capelli arruffati e felpa dei Tampa Bay Buccaneers”.

Mentre Emma si lasciava sfuggire una risatina, Brian lanciò un’occhiata a Nick, per vedere quale sarebbe stata la sua reazione al sentir pronunciare il nome della sua squadra preferita, e si accorse subito che gli si erano illuminati gli occhi. Compiaciuto, fece comunque finta di nulla e si voltò verso Howie, che nel frattempo aveva chiesto a Emma “E non avevi idea di chi avresti incontrato?”

Lei scosse la testa. “No. Avevo letto il fascicolo di Baylee ma, ingenuamente, non avevo fatto il collegamento” confessò. “Finché non me lo sono trovato davanti, ovviamente”.

“E cos’hai fatto a quel punto?” chiese AJ, ormai completamente preso dal racconto.

“Beh, a quel punto – oltre a darmi della cretina e a vergognarmi per l’abbigliamento decisamente poco formale – potevo fare ben poco. Dovevo mostrarmi professionale, quindi ho fatto finta di niente” spiegò Emma, cercando di nascondere l’imbarazzo che ancora la coglieva se ripensava a quell’episodio.

Brian andò subito in suo aiuto, sentenziando “E te la sei cavata alla grande. Anzi, il tuo abbigliamento poco formale è quello che ha colpito di più Baylee”.

“Posso immaginare” commentò Emma, sarcastica, passandosi una mano sugli occhi. Poi aggiunse “Quindi, come vedete, sono bravissima a mettermi in situazioni imbarazzanti da sola” facendo di nuovo ridere i ragazzi.

“Dai, poteva andare peggio” la rassicurò Kevin.

“Non vedo come, ma grazie per averci provato Kev” ribatté Emma, rivolgendogli un sorriso.

Kevin rise di gusto.

“Beh, in ogni caso, figuraccia o no, hai colpito il nostro Brian” disse AJ, pragmatico.

“Sì. Tutto è bene quel che finisce bene” concordò Howie.

“Quanta saggezza, D” lo prese in giro AJ.

Lui fece spallucce. “Cosa dovevo dire, scusa? Adesso sono amici, quindi chi se ne frega di come si sono conosciuti, no?”

“Howie ha ragione, Alex” intervenne Kevin, e poi commentò “Anche tu eri piuttosto strano quando ci siamo conosciuti”.

“Ehi,” esclamò AJ, fingendosi offeso “vi ricordo che io sono il Backstreet Boy originale. Poi sono arrivati Nick e Howie. Voi due campagnoli siete stati delle aggiunte successive”.

“Aggiunte fondamentali, direi” ci tenne a precisare Brian.

AJ gli lanciò un’occhiata divertita. “Tu ringrazia tuo cugino, che quando sei arrivato con quel pick up disastrato, la camicia a quadri e quell’accento terribile, per un momento mi sono chiesto se Kevin si fosse bevuto il cervello”.

Si fermò un istante e Brian aveva già aperto la bocca per ribattere a tono, quando il successivo commento di AJ gli fece cambiare idea. “Poi hai iniziato a cantare e mi sono dovuto ricredere”.

Brian sorrise e abbassò lo sguardo, imbarazzato. “Grazie Alex”.

Nick non aveva ancora parlato ma stava fissando Emma con grande interesse, mentre lei rideva delle battute degli amici. Brian se ne accorse e decise di interpellarlo direttamente, per ottenere una qualche reazione da parte sua.

“Ehi, Nick” gli chiese. “Fa’ sentire a Emma il mio accento campagnolo. Sono certo che così si sentirà meno in imbarazzo”.

Nick sorrise e si sistemò più composto sulla poltroncina, prima di parlare.

“Come ha detto AJ, è arrivato in un vecchio pick up, camicia a quadri e scarponi” esordì. “Io mi avvicino, sorridente, per salutarlo. Volevo fare il carino, sai. Avevo tipo dodici anni e una vocina squillante da bambino. Gli dico Ciao, mi chiamo Nick. E da allora mi prende in giro per quello” osservò, lanciando a Brian uno sguardo di rimprovero.

“Suonava più come Ciao, mi chiamo Nick” ripetè Brian, con una vocina acuta e quasi fastidiosa.

Nick alzò gli occhi al cielo e scosse la testa.

“Come ti pare” tagliò corto. Poi proseguì il suo racconto. “In ogni caso, devo essere onesto, lui non si scompone e mi si presenta, dicendo Ciao, come va? Io sono Brian Littreeeeeeeell e vengo dal Kentuuuuuuucky” aggiunse, imitando perfettamente la cadenza tipica dello stato in cui si trovavano.

Emma scoppiò immediatamente a ridere e le vennero addirittura le lacrime agli occhi.

“Oddio, davvero l’hai salutato così?” chiese a Brian, quando riuscì a ricomporsi.

Lui si strinse nelle spalle, leggermente in imbarazzo. “A quanto pare”.

“Fantastico” commentò lei, passandosi una mano sugli occhi per asciugarsi le lacrime. “Grazie Nick, me lo ricorderò finché campo. E lo userò contro di lui, ovviamente” minacciò.

Nick rise. “Oh, fai pure”.

“Grazie tante, Nick” si intromise Brian, fingendo di essere infastidito quando, in realtà, era felice di vedere che l’amico sembrava aver legato subito con Emma.

“Figurati amico” ribatté Nick, ancora ridacchiando. Poi fece l’occhiolino a Emma e aggiunse “Tra fan dei Bucs ci si coalizza”.

Emma spalancò gli occhi e le si allargò un sorriso in faccia. “Anche tu fan dei Buccaneers?” domandò a Nick, entusiasta.

Lui annuì. “Sono di Tampa. I Bucs sono nel mio DNA” spiegò.

Emma sorrise e annuì. “Bradenton. Go Bucs!”

Nick allungò un braccio verso di lei, con il palmo della mano aperto, ed Emma si sporse dal divano per battergli il cinque.

Brian li guardò e sorrise. In soli dieci minuti, Emma era riuscita a conquistare i suoi amici, Nick compreso. E lui non avrebbe potuto esserne più felice.

Proprio in quel momento, vennero a chiamarli. “Ragazzi, forse ce l’abbiamo fatta. Problema risolto” annunciò uno dei tecnici. “Tra cinque minuti attacchiamo. Breve intervista ed esibizione acustica”.

Tutti annuirono, tornando seri, e Kevin commentò “Meno male, così riesco a prendere l’aereo”.

AJ guardò l’orologio e concordò “Sì, ce la facciamo”.

“Dovrei farcela anch’io” disse Howie, dando un’occhiata al cellulare.

“Nick?” chiese Kevin, spostando lo sguardo sull’amico.

Lui scosse la testa. “Oh, io mi fermo da Brian stanotte. Ho il volo domattina” spiegò, sereno.

Brian si rivolse a Emma. “A proposito, credi di riuscire a strappare Lexi dalle domande per il college per venire a cena? Ci terrei a presentarle Nick” propose.

Commossa all’idea che Brian ci tenesse così tanto che il suo amico conoscesse Lexi, Emma sorrise e gli assicurò “Sono sicura di riuscire a convincerla”.

 

~ * ~

 

Accompagnate Emma e Lexi alla porta, dopo cena, Brian si fermò in cucina a prendere due birre, prima di raggiungere Nick nel patio, dove l’amico lo stava aspettando per terminare la serata con una chiacchierata, come ai vecchi tempi.

La cena era andata alla grande, Baylee era stato entusiasta di avere lo zio Nick lì con loro e gli aveva raccontato della nuova scuola e delle canzoni che stava scrivendo con Lexi con gli occhi che brillavano di entusiasmo. Nick, d’altra parte, si era dimostrato estremamente interessato alla nuova vita del ragazzo e dell’amico, e aveva fatto un sacco di domande sulla scuola e sugli esami imminenti, coinvolgendo nella conversazione anche Lexi ed Emma.

Sebbene Brian fosse pienamente soddisfatto di com’erano andate le cose tra l’amico ed Emma, sapeva che la chiacchierata che si apprestava a fare con lui sarebbe stata la cartina di tornasole, non solo per capire cosa Nick pensasse di Emma ma, soprattutto, cosa potesse aspettarsi dalla loro amicizia e se ci fosse ancora speranza di sistemare le cose, ritrovando quel rapporto così speciale che c’era un tempo tra loro, e che si era deteriorato principalmente per colpa sua.

Uscì sul patio e trovò Nick intento a scrutare la piscina, con lo sguardo perso nel vuoto. Passandogli accanto, gli sfiorò una spalla con la mano e gli porse una birra, che l’amico accettò con un sorriso. Poi si sedette di fronte a lui, allungando la bottiglia di birra in modo da farla tintinnare contro quella di Nick.

Dopo aver bevuto un sorso, l’amico gli chiese “Bay?”

“In camera sua” rispose Brian. “Ha detto che andava a letto, ma molto probabilmente resterà ancora alzato un bel po’ a messaggiare con Lexi” aggiunse, con un sorriso rassegnato.

Nick ridacchiò e colse l’occasione per commentare “Simpatica Lexi”.

Brian annuì. “Sì, è un personaggio interessante”.

“Lei e Baylee vanno molto d’accordo” osservò Nick, con un sorriso.

“Si adorano” concordò Brian. “Gli sta facendo bene, a dirla tutta”.

“Toglimi una curiosità, adesso che non ci sono e possiamo parlarne liberamente” azzardò Nick. “Stanno insieme?”

Brian scosse la testa. “No. Sono solo amici”.

Nick sollevò un sopracciglio. “Sicuro?”

“Sì, Nick. Fidati. Non ci sarà mai niente tra loro” sentenziò Brian, serio.

“Sembri piuttosto convinto” notò l’amico.

“Lo sono” confermò lui.

“Come mai?” domandò Nick, incuriosito. “Voglio dire, Lexi non sarà una bellezza mozzafiato da capitano delle cheerleader, ma è carina, intelligente, simpatica e…”

“E, dato che hai tirato in ballo il football, gioca per l’altra squadra” lo interruppe Brian, prima di prendere un altro sorso di birra.

Nick spalancò gli occhi, stupito. “No” sbottò.

Divertito dalla reazione dell’amico, Brian annuì. “Eh già”.

“Non ci posso credere” esclamò Nick.

“Ti ho sconvolto?” gli chiese Brian, sorpreso.

Nick scosse la testa. “No. Di per sé no. Mi stupisce di più il fatto che tu lo dica con così tanta leggerezza” ammise.

Brian prese un respiro profondo e si rigirò la bottiglia di birra tra le mani, prima di parlare. Quando si decise a farlo, il suo tono era estremamente calmo e controllato, per non tradire la tensione che lo stava divorando.

“Sono cambiate tante cose nell’ultimo anno, Nick. Io sono cambiato. E, probabilmente, anche questo nuovo atteggiamento fa parte del cambiamento”.

Nick sospirò e distolse lo sguardo dall’amico. Dopo un instante, fissò nuovamente gli occhi su Brian e disse, sincero “Non ti chiedo di parlarmene perché, se non l’hai fatto fino ad ora, è evidente che non ti va di confidarti con me. Mi dispiace, perché una volta eravamo amici e ci dicevamo tutto, ma non ti biasimo. Ho fatto un sacco di cazzate, in passato, e non ho mai dimostrato troppa simpatia nei confronti di Leighanne. Sono stato infantile e immaturo e ti chiedo scusa. Capisco se non ti fidi più di me. Sappi solo che, se cambiassi idea, io ci sono. Ci sarò sempre, per te. Frick e Frack non moriranno mai” promise, con un sorriso incerto.

Quella confessione, così onesta e matura, provocò in Brian una serie di sensazioni contrastanti. Orgoglio nel vedere quanto il suo fratellino adottivo fosse cresciuto, maturato e nel constatare che uomo meraviglioso fosse diventato. Rimpianto per esserselo perso. Tenerezza perché, nonostante tutto, Nick bramava ancora la sua approvazione come quando era un ragazzino, e tutto quel discorso ne era la prova. Ma, soprattutto, vergogna perché se il loro rapporto si era incrinato era principalmente colpa sua, non di Nick. E voleva che lo sapesse.

“Non è colpa tua, Nick. Non hai fatto niente di male” si affrettò a ribattere. “Sì, forse non sei stato troppo gentile con Leighanne ma, alla fine, è venuto fuori che avevi ragione tu. Sono io che devo chiederti scusa”.

“E per cosa?” domandò l’amico, sorpreso dall’inaspettata piega che stava prendendo la conversazione.

“Per non esserci stato quando avevi bisogno di me, per averti giudicato invece di aiutarti” iniziò.

Nick alzò una mano davanti al viso per interromperlo, rassicurandolo “Basta, Brian. È acqua passata. Non ce l’ho con te. Non ce l’ho mai avuta con te, in realtà”.

Brian sorrise e scosse la testa, continuando il discorso. “Soprattutto, ti chiedo scusa per averti escluso dalla mia vita” confessò Brian. “Non l’ho fatto perché non ti voglio bene, anzi. Sei e resterai sempre il mio migliore amico. È che mi vergognavo. Mi vergognavo di farmi vedere debole da te, che mi hai sempre considerato quasi un supereroe. E mi vergognavo di ammettere che, alla fine, avevi ragione a non fidarti di Leighanne. Sono stato un codardo e mi vergogno anche di questo. Ma non voglio che pensi mai, nemmeno per un momento, che sia colpa tua. Perché non lo è. A differenza mia, tu volevi starmi vicino, sono io che non te l’ho permesso”.

Nick si ritrovò a sorridere, senza nulla di meglio da dire se non “Grazie”.

“Di cosa?” gli chiese Brian, confuso.

“Di essere stato onesto con me” spiegò Nick, senza smettere di sorridere.

“Non sei arrabbiato?” gli domandò Brian, stupito. “Lo capirei”.

Nick scosse la testa. “No che non lo sono. Brian, siamo amici. Fratelli. Ti voglio bene. Sapere che anche tu me ne vuoi e di non averti deluso mi ha tolto un gran peso dal cuore”.

Brian gli rivolse un sorriso pieno di affetto, prima di confessare “Sono terribilmente orgoglioso dell’uomo che sei diventato, lo sai vero?”

Prima di rispondere, Nick abbassò un istante lo sguardo, imbarazzato. “No. Ci speravo, però. Ho sempre voluto che fossi orgoglioso di me”.

“Beh, lo sono. E molto anche” lo rassicurò Brian, commosso.

“E io sono orgoglioso che il mio supereroe preferito abbia finalmente mostrato il suo lato umano. È quello che rende gli eroi più interessanti” dichiarò Nick.

“Trovi?” gli chiese Brian, incredulo.

Nick annuì. “Ne sono convinto”.

Senza nient’altro da aggiungere, Brian posò la birra sul tavolino di fronte a loro, si alzò e si avvicinò all’amico, dicendo “Vieni qui”. Poi lo strinse in un abbraccio che, probabilmente, durò più di quanto un abbraccio tra due uomini maturi avrebbe dovuto, ma entrambi ne avevano bisogno e il resto non aveva importanza.

Quando Brian tornò a sedersi e riprese in mano la sua birra, sia lui che Nick avevano gli occhi lucidi, ma di comune accordo fecero finta di non notarlo.

“Bene,” esordì Nick, con la voce leggermente roca dal groppo in gola che stava cercando di ignorare “chiarita finalmente questa questione, posso chiederti di Emma? Solo se ti va di parlarmene”.

Passandosi una mano sugli occhi, come per togliere qualcosa che ci era finito dentro per sbaglio ma, in realtà, per asciugare quelle lacrime che aveva trattenuto con tutto se stesso, Brian sorrise e annuì. “Certo che mi va. Ho voluto che la conoscessi per avere il tuo parere”.

“Parlo prima io o prima tu?” chiese Nick, ricominciando a rilassarsi.

“Vai prima tu” lo spronò Brian, che aveva ancora bisogno di qualche istante per riprendersi.

“Mi piace” disse semplicemente Nick. “È terribilmente intelligente, ironica e ti tiene testa, che non è da tutti. Si vede che adora il suo lavoro e avrei voluto un’insegnante così, se avessi frequentato le superiori. E poi, quello che ha fatto per Lexi è straordinario”.

“Lei non ci trova niente di speciale” osservò Brian, rigirandosi la bottiglia tra le mani.

“Davvero?” domandò Nick, stupito.

Brian annuì. “Sì. Ma lei è fatta così. Crede di non avere nulla di speciale quando, invece, è la persona più speciale che abbia mai conosciuto”.

Nick si lasciò sfuggire un sorriso. “Deduco che ti piaccia parecchio”.

Rispondendo al suo sorriso, Brian decise di andare dritto al punto. Stava parlando con Nick. Potevano esserci state delle incomprensioni, ma ora che era tutto chiarito, il loro rapporto era tornato a essere quello di vent’anni prima, quando non avevano segreti l’uno per l’altro, quindi non aveva senso prenderla alla larga.

“Non voglio girarci intorno. Mi sono innamorato, Nick. Mai sentito così, forse nemmeno con Leighanne” confessò. “Quando l’ho incontrata ero giovane, lei era bella, sicura di sé e totalmente diversa da qualsiasi ragazza che avessi mai visto. Mi ha folgorato. Con Emma è diverso. Non è una semplice infatuazione. Mi sono affezionato sia a lei che a Lexi e non riesco a pensare di non averle nella mia vita”.

“Wow” esclamò Nick, colpito. “Sembra una cosa seria”.

Brian annuì. “Lo è. È diventata la mia migliore amica. Non che voi ragazzi non lo siate, ovviamente, ma siete lontani e a volte una chiacchierata al telefono non basta. Serve una pacca sulla spalla, un abbraccio…”

“Siete mai andati oltre all’abbraccio?” lo interruppe l’amico, con un’occhiata maliziosa.

Ridacchiando, Brian scosse la testa. “No. Ci siamo andati molto vicini un paio di volte, ma poi non è successo nulla”.

“Perché? Credi che non sia interessata?” gli chiese Nick.

“Spero che lo sia. Non credo sia quello. Piuttosto, temo che sia spaventata” rispose Brian.

“Da cosa?”

“Emma ha una forte etica professionale e Baylee è un suo studente. Per lei questo è un grosso problema” spiegò.

“Beh, tra qualche mese finirà la scuola e non dovrete più preoccuparvene” minimizzò Nick.

Brian sospirò e decise di dare voce ai suoi timori. “E se non fosse solo quello?”

“Cosa intendi?”

“Andiamo, Nick, sai meglio di me che non siamo proprio le persone più facili con cui iniziare una relazione. Ti ricordi quanto è stata dura per Lauren?” gli fece notare Brian.

Nick sorrise e annuì. “Certo che me lo ricordo. Quante discussioni prima che si adattasse al mio stile di vita. E perché io, d’altro canto, capissi che non potevo pretendere che organizzasse tutta la sua vita in funzione mia” rammentò.

“E Lauren ha accettato di lasciare il lavoro per seguire te. Emma non lo farebbe mai. Insegnare è la sua vita, non potrei mai chiederle di rinunciarci per me” disse Brian, triste.

“Credi che non lo farebbe?” gli domandò Nick.

“Ne sono praticamente sicuro” rispose Brian.

“Allora mi sa che dovrai essere tu ad accettare di stare spesso lontano da lei” tagliò corto l’amico. “Credi di poterlo fare?”

“Sarà dura, ma penso di sì. Il pensiero di trovarla a casa che mi aspetta compenserebbe la nostalgia” valutò Brian.

“Visto? Hai già trovato una soluzione” lo rassicurò Nick, con un sorriso.

“E se a lei non piacesse il tipo di vita che faccio?” insistette Brian, deciso a esternare tutte le sue paure.

“Del tipo?”

“Eventi, promozioni, paparazzi...sai che non è possibile evitarli”.

Nick sospirò. “Ascolta, non ho la sfera di cristallo e non posso prevedere il futuro. Posso solo dirti quello che ho visto oggi. Le piaci, è innegabile. Potrà essere spaventata, ma è chiaro che ti vuole bene. Potrebbe essere solo una bella amicizia, ma mi hai detto che ci sono stati dei precedenti, quindi deduco che anche lei provi qualcosa per te”.

“Quindi? Cosa mi consigli?” gli chiese Brian, speranzoso.

“Parlale. Dille quello che provi per lei e confessale anche i tuoi timori. Magari li condivide, magari ti sei fasciato la testa per niente. O magari, semplicemente, riuscite a trovare una soluzione insieme” propose Nick, in tono incoraggiante.

Brian sorrise. “Non ti ho mai visto così determinato. Mi sembri tornato il vecchio Nick che si fidava di tutti a costo di rimanere scottato” osservò.

Nick si strinse nelle spalle. “Forse è perché era un bel po’ che non ti vedevo così felice. Mi sembri tornato il vecchio Brian, quello a cui raccontavo i miei casini con le ragazze e che mi dava consigli basandosi sulla sua esperienza e prendendomi un po’ in giro. E mi era mancato”.

“Non sono più quel Brian. Non esiste più” ribatté, distogliendo lo sguardo e facendosi improvvisamente serio.

Nick restò un istante in silenzio e Brian iniziò a maledirsi per aver rovinato quel bel momento con un commento così inappropriato. Non che non fosse vero, ma forse non era l’occasione giusta per tirarlo fuori.

Ma poi Nick parlò, e il cuore di Brian fece una capriola nel sentire le parole dell’amico.

“Beh, allora ammetto che questa nuova versione mi piace altrettanto”.

Sollevato, Brian gli chiese “Dici che è merito di Emma?”

Nick scosse la testa. “Non lo so, dovresti dirmelo tu. Ma, se fosse, vale decisamente la pena di mettercela tutta per non fartela scappare”.

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Capitolo 7
*** It’s gotta be you ***


Before I met you I was lost
Now that you're standing here
I don't want you to go
Cause I know that your love keeps me alive

 

Appollaiata in cima alla scala, tentando di appendere un festone colorato all’angolo sinistro del palco dove, il giorno seguente, si sarebbe tenuto lo spettacolo di fine anno della scuola, Emma diede un’occhiata all’orologio che aveva al polso e si lasciò sfuggire un lamento, notando che erano già le sei.

“Se vuoi tornare a casa finisco io” disse, lanciando un’occhiata a Brian da sopra alla spalla sinistra.

Lui, impegnato a sistemare degli opuscoli sulle sedie, già predisposte per lo spettacolo, alzò lo sguardo su di lei e sorrise.

“Nessun problema” la rassicurò.

“No, vai” insistette lei, spostando un piede per iniziare a scendere dalla scala ma continuando a tenere lo sguardo fisso su Brian. “Quando ti sei offerto di darmi una mano non credevo che avremmo finito col fare così tardi”.

Posato l’ultimo libretto, lui si avvicinò, scuotendo la testa.

“Ho detto che non c’è problema” ripetè, appoggiando una mano sul montante della scala.

Emma continuò a scendere, scuotendo la testa e commentando “Cocciuto”, ma era troppo concentrata a non staccare gli occhi da quelli di Brian, che luccicavano di ilarità per il suo commento, e mancò un piolo della scala, perdendo l’equilibrio.

Fortunatamente era quasi a terra, quindi lo sbalzo non fu terribile.

Brian si accorse subito del passo falso di Emma e, con una prontezza di riflessi che rispecchiava il suo fisico atletico, la sorresse, prendendola tra le braccia e impedendole di cadere a terra.

“Grazie” farfugliò lei, ridacchiando della propria sbadataggine.

“Sei un disastro” replicò lui, unendosi alla risata.

Emma annuì. “Lo so, me lo dicono tutti” concordò, rimettendosi in piedi.

Si voltò e si accorse che non solo Brian non aveva ancora smesso di stringerla, sebbene ormai i suoi piedi fossero saldamente ancorati a terra e non rischiasse più di cadere, ma anche che la stava fissando con uno sguardo strano. Non spiacevole e nemmeno imbarazzante, solo strano.

“Ti dicono anche che sei il disastro più adorabile che esista?” le sussurrò, avvicinando il viso al suo, così che lei iniziò a sentire il suo respiro sulla pelle.

Percependo il cuore che aumentava pericolosamente il ritmo, Emma fece di tutto per mantenere un certo contegno e si sforzò di mettere insieme una frase di senso compiuto per rispondergli.

“N-no. Effettivamente quello non me l’hanno mai detto”.

“Bene. Te lo dico io, allora” ribatté, mentre uno dei quei sorrisi che Emma tanto adorava si faceva largo sul suo viso.

Mantieni la calma, si ripeté Emma. Trattieniti. Vorresti buttargli le braccia al collo e baciarlo, è chiaro, ma ricordati che non puoi. Non ancora.

“Grazie” si limitò a sussurrare, combattendo contro l’istinto che le diceva di smettere di farsi tutte quelle paranoie e abbandonarsi ai suoi desideri e pregando che Brian non facesse nulla di cui entrambi avrebbero potuto pentirsi.

Brian prese un respiro profondo, per farsi coraggio, e annunciò “Ascolta Emma, devo dirti una cosa…”.

Non aveva pianificato di farlo. Era più che determinato ad aspettare la fine della scuola, prima di confessare a Emma che si era innamorato lei, in modo da non metterla in una posizione scomoda. Poi, però, se l’era ritrovata tra le braccia e, improvvisamente, aveva deciso che non ce la faceva più ad aspettare. Non l’avrebbe forzata, avrebbe atteso, se lei gliel’avesse chiesto, ma voleva che sapesse quello che provava.

Prima che riuscisse a portare a termine il suo discorso, però, Emma lo interruppe.

“Non farlo” disse, secca.

“Ma…” balbettò Brian, confuso.

Che avesse frainteso tutto? Non poteva essere. C’erano stati troppi precedenti perché si fosse solo sognato l’intesa che c’era tra loro.

“Un mese” lo pregò. “Ti chiedo di aspettare solo un mese. Puoi farlo?”

“Io...sì, certo” rispose lui, confuso. “Ma...perché?”

“Tra un mese, Baylee avrà finito gli esami” spiegò, confermando i sospetti che Brian aveva sempre avuto. “A quel punto potrai dirmi quello che vuoi. E potrò farlo anch’io”.

Brian spalancò gli occhi, prima di chiedere “Anche tu hai qualcosa da dirmi, quindi?”

Emma annuì. “Sì. Ma non adesso. Ti chiedo solo un mese”.

“D’accordo” acconsentì Brian. “Un mese. Poi mi lascerai parlare?”

“Tra un mese esatto potrai fare tutto quello che vuoi, te lo prometto” gli assicurò.

Brian prese una mano di Emma tra le sue e, sentendo come uno sciame di farfalle che gli svolazzava nello stomaco, le sorrise. “Non vedo l’ora”.

“Nemmeno io” confessò Emma, ricambiando il suo sorriso.

 

~ * ~

 

Emma fermò l’auto davanti al cancello e, mentre suonava il campanello per avvisare del loro arrivo, inserì il codice di apertura che Brian le aveva dato tempo indietro.

“Non ti fermi, quindi?” le chiese Lexi, per l’ennesima volta da quando erano partite da scuola.

Emma scosse la testa. “No. Sono felice che Baylee ti abbia invitato perché vuole presentarti sua madre, ma immagina quanto potrebbe essere imbarazzante per me conoscere l’ex moglie di Brian”.

Lexi ridacchiò, commentando “Considerata l’evoluzione del vostro rapporto, direi abbastanza”.

Emma si lasciò sfuggire una risatina, mentre fermava l’auto davanti alla casa e si voltava a guardare Lexi.

“Ti riporta a casa Brian, quindi?” le domandò.

La ragazzina annuì, ma le chiese ancora “Vai via senza nemmeno salutarlo?”

Emma tentennò. Avrebbe voluto, ma lei e Brian non si erano più incontrati dalla sera in cui lui aveva provato a parlarle e lei gli aveva chiesto di aspettare fino a dopo gli esami dei ragazzi e, per quanto morisse dalla voglia di vederlo, non sapeva come comportarsi.

Lexi sospirò e, rivolgendole uno sguardo di rimprovero, disse “So che sei imbarazzata da tutto il non detto che c’è tra di voi, ma so anche che ti manca e vorresti vederlo quindi scendi a salutarlo, dai. Non ti mangia mica”.

Emma sorrise e scosse la testa. Poi si slacciò la cintura di sicurezza e Lexi capì di averla convinta.

Scesero entrambe dall’auto e camminarono fino alla porta d’ingresso, che si aprì non appena arrivarono davanti. La persona che era andata ad accoglierle, però, non era né Baylee né tanto meno Brian, ma una bella donna bionda sorridente.

“Ciao” disse, puntando gli occhi azzurri su Lexi. “Tu devi essere Lexi, l’amica di Baylee”.

La ragazzina annuì, ricambiando il sorriso, poi si voltò per lanciare un’occhiata preoccupata a Emma il cui viso, come Lexi sospettava, era sbiancato.

La ragazzina si sentì in colpa. Aveva convinto Emma a scendere dall’auto per salutare Brian e, così facendo, il suo più grande incubo si era avverato e si era trovata faccia a faccia con Leighanne, l’ex moglie dell’uomo di cui era innamorata.

La donna non si scompose e, sempre con lo stesso sorriso accogliente, si rivolse a Emma, dicendo “E tu sei…”

“Emma” concluse lei, ritrovando la voce. “Ho solo accompagnato Lexi”.

“Piacere di conoscerti” esclamò Leighanne, porgendole una mano, che Emma strinse, ricambiando il sorriso e sforzandosi di restare calma.

“Vuoi entrare un attimo?” le domandò la donna.

Emma si affrettò a declinare l’invito.

“Io...no, ti ringrazio”. Poi, rendendosi conto di dover trovare una scusa per giustificare la sua presenza alla porta, aggiunse “Volevo solo accertarmi che ci pensi Brian a riaccompagnare a casa Lexi, dopo cena”.

“Brian è di sopra,” spiegò la donna “ma se vuoi aspettare un attimo, vado a chiamarlo”.

Emma scosse la testa. Tutto quello che desiderava era scappare di lì il prima possibile, non avrebbe messo piede in casa nemmeno sotto tortura.

“Non importa,” la rassicurò “non disturbarlo. Glielo chiederà Lexi e mi manderà un messaggio”.

“Come vuoi” acconsentì Leighanne, spostandosi per lasciare entrare Lexi.

“Passate una buona serata” salutò Emma, avviandosi verso l’auto.

Leighanne e Lexi annuirono entrambe, poi la donna la ringraziò “Grazie per aver accompagnato Lexi e stai tranquilla, mi assicurerò che Brian la riaccompagni a casa sana e salva”.

Con un cenno del capo e agitando la mano in segno di saluto, Emma risalì in auto e chiuse la portiera. Aspettò che la porta di casa di Brian si richiudesse, controllando dallo specchietto retrovisore, poi appoggiò le braccia sul voltante, ci lasciò cadere sopra la testa ed emise un gemito di frustrazione.

Perché doveva essere così sfortunata? L’unica cosa che voleva era vedere Brian per cinque minuti, salutarlo e perdersi nell’azzurro dei suoi occhi, pregustando il momento in cui avrebbe finalmente potuto confessargli che si era innamorata di lui. Invece il destino aveva voluto farle incontrare la sua ex moglie, che era stata estremamente gentile con lei ma, allo stesso tempo, l’aveva fatta sentire terribilmente inadeguata. Con i suoi capelli biondi dalla piega perfetta, gli occhi azzurri scintillanti, l’abbronzatura fresca di centro estetico e quel sorriso luminoso, Leighanne le era sembrata bellissima e si domandava come potesse Brian provare alcun interesse per lei, con i suoi jeans scoloriti, le scarpe da ginnastica e la maglietta con il logo della scuola, dopo aver passato vent’anni al fianco di una donna del genere.

Nel frattempo Brian, dal piano superiore, aveva sentito Leighanne aprire la porta di casa, scambiare due parole con qualcuno, e poi la porta che si richiudeva. Aveva finito di allacciarsi le scarpe ed era sceso velocemente, per trovare Leighanne che accompagnava Lexi verso il soggiorno.

“Ehi, ciao Lexi” la salutò, con un sorriso.

“Ciao Brian” ricambiò lei “e grazie per l’invito”.

“Ma figurati,” minimizzò lui “sai che sei sempre la benvenuta”. Poi si guardò intorno un istante e le chiese “Sei venuta da sola?”

Lexi scosse la testa. “No, mi ha accompagnata Emma”.

“E dov’è?”

“Non ha voluto entrare” rispose Leighanne. “L’ho invitata, ma ha detto solo di farle sapere se accompagni tu a casa Lexi più tardi”.

Senza quasi nemmeno accorgersene, la mano di Brian andò subito alla maniglia per aprire la porta di casa.

“Dove vai?” gli chiese Leighanne, sorpresa.

“Devo parlare a Emma” disse lui, sbrigativo, con già un piede all’esterno. “Per metterci d’accordo su a che ora riaccompagnare Lexi” aggiunse, usando la prima scusa che gli era venuta in mente.

Un istante dopo, era fuori di casa, con il cuore che gli batteva e pregando che Emma non fosse già andata via.

Fortunatamente, vide subito la sua auto, ancora ferma nello spiazzo davanti all’ingresso. Si avvicinò allo sportello del guidatore con passo veloce e, quando la vide con la testa appoggiata al volante, batté sul vetro per richiamare la sua attenzione.

Emma alzò la testa di scatto e quasi si spaventò nel vedere il viso di Brian fuori dal finestrino dell’auto.

Lui le rivolse un sorriso rassicurante, lei aprì la portiera e scese, trovandoselo davanti.

“Ehi” la salutò.

“Ehi” ricambiò lei, imbarazzata.

“Vai via senza salutare?” la rimproverò.

Emma scosse impercettibilmente la testa. “Non volevo disturbare” si giustificò.

“Tu non disturbi mai, lo sai” la rassicurò lui e lei gli rivolse un timido sorriso, abbassando subito lo sguardo.

“Come mai non sei voluta entrare?” le domandò. Credeva di saperlo, ma voleva esserne certo prima di dire qualcosa di inappropriato.

Emma alzò leggermente le spalle. “Ho preferito evitare. Sai, per…”

“Perché c’è Leighanne?” concluse lui. Emma annuì.

“Mi dispiace,” le disse Brian, sfiorandole delicatamente un braccio “non volevo che la incontrassi”.

Emma scosse la testa. “Non fa niente. Non potevi prevederlo”.

“È stato tanto imbarazzante?” le chiese.

“Un pochino” rispose lei, con un mezzo sorriso.

“Dovevo dirle di non aprire la porta” si rimproverò Brian, dispiaciuto.

Mossa dall’istinto, Emma gli mise una mano sul braccio. “Ehi, non è stata colpa tua. È successo” lo tranquillizzò. “In realtà, Leighanne è stata molto carina. Sono io che mi sono sentita in soggezione”.

“Perché?” volle sapere lui.

Emma fece spallucce e distolse lo sguardo. Poi, sentendo gli occhi di Brian su di lei e capendo che voleva davvero una risposta, si decise a guardarlo di nuovo e a confessare “È così bella…”.

In un istante, sentì le mani di Brian sul suo viso, i suoi occhi azzurri che la fissavano, seri.

“Ehi, non ci provare” la rimproverò.

“Cosa?” gli chiese, iniziando a perdere la capacità di ragionare in maniera lucida, come sempre le succedeva quando Brian le era così vicino.

“Non ti paragonare a lei”.

Emma sospirò e chiuse gli occhi. “Non lo sto facendo,” si giustificò “è solo che…”.

“Siete diverse” tagliò corto lui. “Fortunatamente, oserei dire”.

Suo malgrado, Emma si ritrovò a sorridere e anche Brian si lasciò sfuggire una risatina.

Facendo scivolare le mani dal viso di Emma alle sue spalle, Brian disse “Riporto io a casa Lexi, più tardi”.

Emma annuì. “Okay. Grazie”.

Restarono a fissarsi negli occhi per qualche momento, poi Brian non riuscì più a resistere, la tirò a sé e la strinse in un abbraccio, nascondendo il viso nel suo collo.

“Diciannove giorni” le sussurrò. “Ancora diciannove giorni e potrò dirti tutto”.

La sentì annuire, con la testa posata sulla sua spalla.

“Diciannove giorni” ripetè, chiudendo gli occhi e riempiendosi le narici del profumo della colonia di Brian.

In quel momento, persa tra le sue braccia, diciannove giorni le sembravano un’eternità, ma sapeva di potercela fare. Specialmente quando era ormai certa che ciò che la aspettava fosse esattamente quello che sognava da mesi.

 

~ * ~

 

Brian era seduto sul pavimento della sala prove di Los Angeles, la schiena appoggiata alla parete, le gambe piegate e gli avambracci posati sulle ginocchia. La testa ciondolava verso il basso, rilasciando la tensione accumulata, mentre fissava il parquet, tentando di riprendere fiato durante quel momento di pausa.

Lui e i ragazzi si trovavano a Los Angeles da una settimana ormai, impegnati nelle prove delle coreografie per il tour. A giugno sarebbe uscito il loro nuovo album, a cui avevano lavorato per mesi, e avevano deciso, di comune accordo, di partire per un tour mondiale il mese successivo. Quando AJ aveva proposto l’idea, Brian aveva tentennato, all’inizio. La sua voce aveva fatto progressi ma non sapeva se sarebbe stato in grado di reggere due ore intere di concerto praticamente ogni sera. Senza contare lo stress di essere sempre in giro e lontano da casa.

Gli altri, però, gli erano sembrati così entusiasti che non se l’era sentita di dire di no e, con il passare dei mesi, e mano a mano che le varie esibizioni sporadiche fatte in radio o in TV andavano sempre meglio, aveva iniziato a convincersi di potercela fare. Si era lasciato coinvolgere dall’entusiasmo degli amici e ormai era eccitato come, se non addirittura più degli altri.

C’era anche un altro motivo che contribuiva ad alimentare il suo entusiasmo.

Il tour sarebbe iniziato in Europa, precisamente in Portogallo, e lui sperava che Emma potesse accompagnarlo oltreoceano.

Ancora non erano ufficialmente una coppia anzi, ad essere onesti, tra loro non era successo assolutamente nulla, ma il mese di attesa che lei gli aveva richiesto era quasi scaduto e Brian contava che, per l’inizio del tour, sarebbero stati ufficialmente insieme. O, almeno, lo sperava.

Si sentì toccare una spalla e, alzando lo sguardo, trovò Kevin in piedi davanti a lui, che gli porgeva una bottiglietta d’acqua.

“Grazie” disse, afferrandola e aprendola subito, per bere un sorso.

Kevin si sedette accanto a lui, bevve un sorso d’acqua dalla bottiglietta che aveva in mano, la richiuse e si voltò a guardare il cugino.

“Tutto okay?” gli chiese.

Brian annuì. “Sì. Perché?”

Kevin fece spallucce. “Non te la prendere, ma hai fatto abbastanza schifo nell’ultima prova” osservò, sincero. “E non è da te”.

Brian si lasciò scappare una risatina. “Hai ragione, scusate. Avevo la testa da un’altra parte” si giustificò.

“L’avevo immaginato” disse Kevin, sorridendogli. “Vuoi parlarne?”

Questa volta fu Brian a stringersi nelle spalle. “Tra una settimana, Baylee avrà gli esami finali” esordì.

Kevin gli rivolse uno sguardo sorpreso. “Temi che non li superi?” domandò.

Brian scosse la testa. “Assolutamente no” gli assicurò. “Non ho dubbi che andranno bene. Non è per gli esami che sono preoccupato, ma per quello che succederà dopo” spiegò.

“Credevo avessi accettato il fatto che Baylee non voglia andare all’università” replicò Kevin, sollevando un sopracciglio.

Brian annuì. “Infatti l’ho accettato” confermò. “Due settimane fa è venuta a trovarci Leighanne e, mentre eravamo a cena, Baylee ci ha confessato che vuole fare musica country. Ci ha fatto ascoltare un paio di pezzi che ha scritto con Lexi. Sono buoni e, so che sono di parte perché sono suo padre, ma è bravo Kev. Può veramente fare qualcosa di buono. Ho già sentito un paio di cantautori con cui potrebbe lavorare e, se non trovo nessun produttore disposto a dargli una chance, pensavo di fondare una mia piccola casa discografica”.

Kevin sorrise, felice di sentire i piani che Brian e Baylee avevano fatto per il futuro. Le parole del cugino, però, non spiegavano la preoccupazione che l’aveva distratto per tutte le prove, quindi si decise a chiedergli “Quindi cos’è che ti preoccupa?”

Brian distolse lo sguardo, passandosi la bottiglietta da una mano all’altra.

“Emma” disse, soltanto.

Kevin sospirò. “Non le hai ancora parlato, vero?”

Brian fece no con la testa. “Ci ho provato, ma non me l’ha permesso”.

“In che senso?” domandò Kevin, confuso.

“Mi ha chiesto di aspettare un mese, in modo che Baylee abbia finito gli esami” spiegò Brian.

“Un mese?” ripetè Kevin e Brian annuì, prima di aggiungere “Il mese scade tra una settimana”.

Kevin restò un istante in silenzio, poi azzardò “Cos’hai intenzione di fare?”.

Brian posò a terra la bottiglietta e si voltò a guardarlo. “Le dirò finalmente quello che provo”.

“E sarebbe?” volle sapere Kevin.

“Che la amo e la voglio nella mia vita” rispose Brian, deciso.

Kevin sorrise, colpito ma non sorpreso da tanta sicurezza. Brian si lasciò sfuggire una risata.

“Buffo eh?” commentò. “Credevo di averne avuto abbastanza delle donne, dopo Leighanne. Invece, è arrivata lei, del tutto inaspettatamente, e mi ha travolto”.

Kevin ridacchiò e lo prese in giro “Sei proprio cotto”.

Brian annuì. “Non credevo potesse succedermi di nuovo, ma mi sbagliavo. Mi ha conquistato, Kev. Totalmente. Mai sentito così prima, te lo giuro”.

Kevin gli posò una mano sulla spalla. “Sono felice per te, Brian. Te lo meriti. E lei è effettivamente speciale. Mi piace. Anzi, a dirti la verità piace a tutti”.

“Davvero?” chiese Brian, stupito dall’ammissione del cugino, che annuì.

“Cioè, so che a Nick piace, perché me l’ha detto quando è stato da me, ma gli altri…”

“AJ la adora perché ti tiene in riga e la cosa lo fa terribilmente ridere. Me l’ha confessato in aereo, tornando a casa da Lexington, il giorno che l’ha conosciuta. Howie è stato meno diretto, ma qualche giorno fa mi ha chiesto se pensavo che Emma sarebbe venuta a vederti a qualche show perché gli avrebbe fatto piacere presentarle Leigh e i ragazzi, il che significa che gli piace”.

Brian annuì, compiaciuto.

“Comunque,” disse ancora Kevin, richiamando l’attenzione del cugino “l’importante è che piaccia a te e, da quanto mi hai detto, è così”.

Brian distolse lo sguardo, cercando di riordinare i pensieri, poi si voltò di nuovo verso Kevin e annunciò “Sai, credo di essermi innamorato di lei perché le piace il nuovo Brian”.

“Il nuovo Brian?” domandò Kevin, perplesso.

Brian fece sì con la testa. “Ho sempre offerto al mondo la versione di me che voleva vedere e che anch’io volevo che vedessero. Il Brian infallibile, l’uomo gentile, sorridente e sempre pronto a scherzare, il padre e il marito perfetto, il cantante sicuro di sé che aveva ricevuto in dono una voce capace di emozionare. Ma quel Brian non c’è più. La malattia si è portata via il sorriso e la voglia di scherzare, insieme a quella voce che avevo sempre dato per scontata. E non serve che ti dica che fine ha fatto l’illusione di essere un marito e un padre perfetto” concluse, con una punta di amarezza.

“Tu sei perfetto per Baylee” lo rassicurò Kevin.

Brian alzò le spalle. “Forse, ma non lo sono per me” sentenziò.

“Non capisco dove vuoi arrivare” ammise Kevin.

Brian sospirò. “Il punto è che ho dovuto accettare che il Brian perfetto di un tempo non esiste più. Era solo un’illusione. La strada per imparare ad accettare questa nuova versione di me è ancora lunga e difficile, ma ci sto provando. Qualcuno, invece, ci è già riuscito”

“Chi?” volle sapere il cugino.

“Voi, ad esempio” constatò Brian. “Sono stato uno stronzo ostinato e ho rifiutato ogni forma di aiuto da parte vostra ma, nonostante questo, non mi avete mai abbandonato. E non vi ho mai detto grazie”.

Kevin sorrise. “Ma ti pare. Ti vogliamo bene, Brian. Siamo una famiglia. Le famiglie non abbandonano nessuno solo perché sta attraversando un periodo difficile. Anzi, gli stanno ancora più vicino e lo supportano”.

“Lo so” gli assicurò Brian. “Forse ci ho messo un po’ a capirlo, ma adesso lo so”.

“E a Emma piace questa versione?” gli chiese Kevin, cercando di seguire il filo del discorso del cugino.

“Emma non ha mai conosciuto il vecchio Brian,” gli fece notare lui “ha avuto solo modo di conoscere questa versione ferita e piena di insicurezze. Ma, apparentemente, le piace. Con lei mi sento me stesso, e per me stesso intendo che mi sento finalmente a mio agio in questa nuova versione di me. Non rimpiango ciò che avevo e mi sento quasi sollevato di potermi mostrare per quello che sono diventato”.

Kevin guardò il cugino per un istante, indeciso o meno se domandargli quello che gli stava passando per la testa. Poi decise di rischiare.

“Credi che Emma possa far ritornare il vecchio Brian?”

Brian alzò le spalle e scosse la testa. “Non lo so, Kev. Non so nemmeno se il vecchio Brian esiste ancora. Ma so che Emma tira fuori il meglio dal nuovo Brian” constatò.

Kevin sorrise. “E allora lasciaglielo fare” gli consigliò.

“È quello che spero” concordò Brian, ricambiando il sorriso.

Restarono in silenzio, osservando AJ e Nick che facevano i pagliacci all’altro lato della sala, con Howie che scuoteva la testa, rassegnato a dover sopportare le buffonate degli amici. Poi Brian tornò a guardare Kevin e gli chiese “Sicuri che non vi mancherà il vecchio Brian?”

Kevin distolse lo sguardo dalla scena che si stava svolgendo davanti ai suoi occhi e sorrise nuovamente al cugino.

Sollevò leggermente le spalle e rispose “Forse un po’ ci mancherà, ma tutto quello che vogliamo è che tu sia felice, e non importa se avverrà nella vecchia o nella nuova versione. E poi, chissà, magari questa nuova versione di Brian che viene fuori ci piacerà ancora di più”.

“Nick mi ha detto più o meno la stessa cosa” osservò Brian, sollevato dalla risposta del cugino.

Non voleva darlo a vedere, ma sapere che i ragazzi approvavano la nuova strada che stava prendendo la sua vita lo faceva sentire più leggero e rassicurava i suoi timori.

Con un guizzo di sarcasmo negli occhi, Kevin commentò “Sai quanto mi secca dare ragione a Carter, ma questa volta sono d’accordo con lui” e Brian non riuscì a fare a meno di scoppiare a ridere.

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Capitolo 8
*** End of time ***


And now I feel so alive
(I know that there must be something here)
So alive
(Cause you're all the air in my atmosphere)
Finally I feel complete
Cause you are rushed over me yeah
(Over me, over me, over me, yeah)

 

 

Emma chiuse la cartellina dov’erano contenuti i risultati degli esami finali dei ragazzi e la porse all’impiegata della segreteria, che avrebbe provveduto a preparare i cartelloni da affiggere in corridoio. In quel momento, sentì una voce alle sue spalle e, voltandosi, si trovò davanti il viso sorridente di Paul.

“Io e alcuni colleghi andiamo a mangiare qualcosa per festeggiare la fine degli esami” le propose. “Ti unisci a noi?”.

Emma gli sorrise e scosse la testa. “Ti ringrazio, ma ho una cosa da fare” si scusò.

“Spero sia quello che penso” commentò il preside, con un sorrisetto furbo.

Emma ridacchiò e commentando “Forse” si allontanò, agitando una mano per salutarlo.

Con le mani che le tremavano e il cuore che batteva a mille, salì in auto e guidò come un automa fino a casa di Brian. Sapeva per certo che Baylee non c’era perché lui e Lexi erano andati in piscina con alcuni compagni, in attesa che fossero pubblicati i risultati degli esami e potessero andare a vederli tutti insieme.

Digitò il codice di sicurezza per aprire il cancello ma non suonò il campanello per avvisare della visita. L’avrebbe fatto una volta arrivata davanti alla porta.

Nonostante fossero rimasti d’accordo che si sarebbero parlati dopo gli esami, Brian ed Emma non avevano specificato quando. Probabilmente, Brian immaginava che si sarebbero visti quella sera per festeggiare i risultati e avrebbero finalmente parlato in quell’occasione.

In effetti sarebbe stato ragionevole, ma Emma non ce la faceva più ad aspettare e aveva deciso di presentarsi da lui prima per fargli una sorpresa. Sperava soltanto di trovarlo in casa.

Parcheggiata l’auto nello spiazzo davanti all’ingresso, scese e si avvicinò alla porta. Suonò il campanello e rimase in attesa, lisciandosi delle pieghe immaginarie dal vestito di cotone che indossava e prendendo dei respiri profondi per tenere sotto controllo l’ansia che le aggrovigliava lo stomaco.

Dopo quella che le sembrò un’eternità ma che, probabilmente, furono solo pochi minuti, la porta si aprì ed Emma si trovò davanti Brian, in shorts e maglietta, che le rivolse uno sguardo stupito.

“Ehi” la accolse, scostandosi per lasciarla entrare.
“Ehi” ripetè lei, facendo un passo all’interno.

Brian richiuse la porta alle loro spalle e si voltò a guardarla.
“Che ci fai qui?” le domandò, incuriosito.
Emma prese un respiro profondo e annunciò “I ragazzi hanno ufficialmente terminato la scuola superiore. Abbiamo appena pubblicato i risultati degli esami finali”.

Brian spalancò gli occhi.

“E?”
Emma gli rivolse un timido sorriso. “Ovviamente sono passati entrambi egregiamente” lo rassicurò. “Non sono qui per questo”.
“E per cosa, allora?” le chiese lui.

Fissando gli occhi nei suoi e sentendo le gambe farsi molli, notando l’espressione seria in quelli di Brian, Emma prese coraggio e gli disse “Adesso puoi parlare, ammesso che tu voglia ancora farlo. Sono pronta ad ascoltarti. Non c'è più niente che mi impedisca di farlo”.

Brian non disse nulla, restò a osservarla, immobile. Poi, Emma vide un sorriso incurvargli le labbra e sentì il peso che le opprimeva il petto abbandonarla. Non aveva cambiato idea.

Brian fece un passo verso di lei e le prese il viso tra le mani.
“A questo punto, credo che le parole siano diventate inutili” sentenziò. Poi, senza smettere di guardarla negli occhi, posò le sue labbra su quelle di Emma e, finalmente, la baciò.

 

~ * ~

 

Quando Emma aprì gli occhi, si accorse di sentirsi stranamente rilassata, come non le succedeva da anni. Sbattendo gli occhi nella penombra della stanza, si fermò a riflettere su cos’avesse potuto causare quella sensazione di benessere che la pervadeva e fu in quel momento che il ricordo di quello che era appena successo la colpì come un treno in corsa.

Improvvisamente, si rese conto di non essere a casa sua, nella sua stanza. Quello non era il suo letto e, soprattutto, non era sola.

Si voltò, lentamente, sapendo esattamente cos’avrebbe trovato all’altro lato.

“Ciao” la salutò Brian, sorridente.

Non riuscendo a fare a meno di ricambiare il sorriso, Emma farfugliò “Ciao. Io...mi sono addormentata”.

Brian annuì. “Direi di sì”.

“Scusami” disse lei, passandosi una mano sugli occhi.

“Perché?” chiese lui, sorpreso.

Quando Emma si era presentata inaspettatamente alla sua porta, qualche ora prima, spronandolo a dirle quello che si era tenuto dentro per mesi, la situazione tra loro non solo si era sbloccata ma aveva preso immediatamente la direzione che Brian sognava. Dopo il primo bacio esitante, ma pieno di aspettative, ce n’erano stati molti altri, sempre più coinvolgenti e passionali, fino a quando non si erano ritrovati, nemmeno lui sapeva bene come, sdraiati sul divano del soggiorno, la sua maglietta a terra e le mani di Emma che gli accarezzavano la schiena, mentre lui armeggiava con la cerniera del suo vestito. In un lampo di lucidità, le aveva proposto di andare di sopra, in camera sua, dov’era finalmente riuscito a toglierle il vestito e avevano ricominciato a baciarsi, stesi sul letto, lasciandosi trasportare sempre di più e finendo per fare l’amore.

Non l’avevano programmato. Brian era già al settimo cielo per il fatto di essere finalmente riuscito a baciarla, non avrebbe mai immaginato di portarsela a letto. Oh, lo desiderava, non poteva negarlo. Sognava di fare l’amore con Emma da mesi, ma non credeva che sarebbe successo così presto. Evidentemente, però, non era l’unico a desiderarlo e semplicemente era successo.

Ed era stato bellissimo. Dolce ma, allo stesso tempo, eccitante e coinvolgente. Ogni volta che le dita di Emma l’avevano sfiorato, ogni volta che le sue labbra si erano posate sulla sua pelle, Brian si era sentito percorrere da brividi di piacere che non credeva avrebbe più provato. Allo stesso modo, ogni volta che l’aveva accarezzata, sentendo il suo corpo fremere sotto le sue mani, era stata una conferma che sì, quella donna così diversa da tutto ciò a cui era sempre stato abituato era l’unica in grado di rimettere a posto i tasselli della sua complicatissima esistenza.

Emma era entrata nella sua vita quando meno se lo aspettava e l’aveva travolto, con la sua spontaneità, il suo entusiasmo e la sua dolcezza. Ma, invece di lasciarlo agonizzante a rimettere insieme i pezzi, si era inginocchiata accanto a lui e l’aveva aiutato a farlo, rendendo tutto così semplice che quasi non gli era sembrato vero.

Anche adesso, guardandola sorridergli, dopo aver fatto l’amore con lui, si ritrovò a pensare che, per la prima volta, dopo tanto tempo, si sentiva in pace, completo e pieno di vita. Ed era tutto merito della straordinaria creatura accanto a lui.

“Non volevo addormentarmi” si scusò lei. “È che…”

“Ehi, è tutto okay” la rassicurò Brian, prendendole una mano e intrecciando le dita con le sue. “Mi piace pensare che ti senta abbastanza rilassata da abbassare completamente la guardia e addormentarti”.

Emma sorrise e abbassò lo sguardo, per poi riportarlo subito dopo su di lui.

“Dev’essere stato il calo di tensione” spiegò.

“Eri tesa?” le chiese, curioso.

Emma annuì. “Beh, l’idea di venire a dirti che ti amo mi metteva un po’ di ansia” confessò.

Brian spalancò gli occhi, sorpreso. “Avevi paura della mia reazione?”

Emma scosse la testa. “Non proprio. Cioè, un pochino, forse. Ma non mi aspettavo che mi respingessi, ecco. Ero abbastanza sicura che lo volessi anche tu”.

“Decisamente” confermò Brian, ridacchiando.

Anche Emma rise e aggiunse “Però non è che vada in giro a dire agli uomini che li amo tutti i giorni, per cui ero comunque un po’ agitata”.

“Se può essere d’aiuto, te la sei cavata egregiamente” scherzò lui, per alleggerire l’atmosfera.

Infatti, Emma rise di nuovo. “Grazie” sussurrò, abbassando la testa.

“Quindi...mi ami?” le chiese Brian, iniziando ad accarezzarle il dorso della mano con il pollice.

Gli occhi di Emma furono di nuovo su di lui. “Non era chiaro?” gli domandò. “Cioè, so che non te l’ho proprio detto esplicitamente, ma...”

Brian annuì. “Sì,” intervenne “era chiaro. Ma mi piace sentirtelo dire” ammise.

Emma gli rivolse uno sguardo scettico e sentenziò “Tu non mi hai ancora detto quello che volevi dirmi un mese fa, piuttosto”.

“Come ti ho detto, ormai è superfluo” replicò lui, facendo spallucce. “Comunque volevo dirti che mi ero innamorato di te”.

“Quindi mi ami anche tu?” gli chiese Emma, con un mezzo sorriso sulle labbra.

Brian ricambiò il sorriso e, ripetendo le parole che aveva usato lei poco prima, domandò “Non era chiaro?”

Emma si lasciò scappare una risatina, poi scosse la testa e si sporse verso di lui per baciarlo. Quando si allontanarono, Emma posò la testa sul petto di Brian, lui le passò una mano dietro alla schiena e iniziò ad accarezzarla, con movimenti lenti e ripetitivi. Emma chiuse gli occhi e sospirò, soddisfatta.

Dopo un tempo imprecisato passato a godersi le carezze di Brian, Emma si lasciò sfuggire un “Posso chiederti una cosa?”

“Certo” la spronò lui, tenendo gli occhi chiusi e continuando a far scorrere le mani sulla sua schiena.

“Cosa succede adesso?”

Brian riaprì gli occhi e la guardò, confuso. “In che senso?”

“Noi...come...una volta chiarito che ci amiamo, come si va avanti?” tentò di spiegare lei.

“Beh, non so tu, ma io vorrei stare con te” confessò Brian, sincero.

Pur senza vederla in viso, la sentì sorridere sul suo torace. “Anch’io,” concordò “ma ci sono delle questioni pratiche da risolvere”.

“Del tipo?”

“Innanzitutto dobbiamo dirlo ai ragazzi” gli ricordò.

Brian annuì. “Lo faremo stasera” la rassicurò. “Ma è una formalità. Secondo me hanno già capito tutto da tempo”.

“Dici che la prenderanno bene?” gli chiese Emma, con una punta di preoccupazione nella voce.

“Perché non dovrebbero?” domandò lui, perplesso.

Emma si strinse leggermente nelle spalle. “Non lo so. Lexi mi ha in qualche modo dato la sua benedizione, ma forse Baylee potrebbe pensare che voglia monopolizzare la tua attenzione o addirittura sostituirmi a sua madre” azzardò.

Brian fece no con la testa. “Non lo pensa, stai tranquilla. Gli piaci e vuole vedermi felice. Ne sarà entusiasta”.

Emma non potè fare a meno di sorridere. “Davvero?”

“Davvero” confermò lui, sorridendo a sua volta.

“Okay”.

“Sei più tranquilla adesso? Era solo questo che ti preoccupava?” le chiese Brian, baciandole la testa.

“In realtà c’è un’altra cosa” ammise lei.

“Cosa?”

“Forse è un po’ presto ma...dove staremo?”

“A vivere, intendi?” chiese conferma lui.

Emma annuì. “Lo so che ci siamo appena dichiarati e mi sto preoccupando prima del tempo, ma…”.

“No, hai ragione” la interruppe Brian. “Non è presto. Voglio vivere con te, non ha senso aspettare”.

Emma sorrise, felice che anche lui la pensasse allo stesso modo.

“Qui c’è tanto spazio, potete trasferirvi quando volete” valutò Brian. “E farò sistemare una stanza per Lexi. Potrà arredarla e decorarla come vuole. Non ci sono problemi”.

“Solo per Lexi?” gli domandò Emma, ironica.

Rivolgendole un’occhiata divertita, Brian rispose “Speravo che tu volessi condividere la mia”.

Emma si sollevò leggermente facendo leva sul gomito e si avvicinò al suo viso, posando un leggero bacio sulla bocca di Brian.

“Con molto piacere” sussurrò a fior di labbra e lui sorrise, soddisfatto, baciandola di nuovo.

“Qualcos’altro?” le chiese, quando si allontanarono.

Emma ci pensò un attimo, poi scosse la testa. “Hmmm...no”.

“No?” ripetè lui, stupito.

Emma annuì.

“Sicura?”

“Sembri sorpreso” osservò lei, guardandolo con aria interrogativa.

“In effetti lo sono” ammise Brian.

“Perché?” gli chiese lei.

“Credevo che fossi preoccupata per il mio lavoro e la mia vita pubblica” confessò lui, tradendo una leggera ansia.

Emma scosse la testa e fece spallucce. “Non eccessivamente. Magari poi sarà così, ma al momento mi basta sapere di poterti stare vicina e so che il resto riuscirò a gestirlo, in qualche modo. Almeno spero. Imparerò. Tu mi darai una mano, vero?”

Brian sorrise e la strinse più forte a sé. “Ma certo” le assicurò. “Io e anche i ragazzi. Siamo una famiglia e, se decidi di stare con me, ne farai parte anche tu. Ci si supporta l’un l’altro”.

Emma sorrise e annuì, poi si accoccolò di nuovo accanto a Brian, posò la testa sul suo torace e chiuse gli occhi, serena.

Ora erano insieme e, qualsiasi cosa fosse successa, l’avrebbero affrontata in due. Non era più sola e nemmeno Brian.

 

~ * ~

 

Emma e Brian restarono a letto ancora a lungo. Baylee e Lexi mandarono un messaggio per dire che, dopo aver visto i risultati degli esami, sarebbero andati a festeggiare con gli amici, prima di tornare a casa per cena. Brian ordinò una pizza e la mangiarono a letto, coccolandosi e pianificando il loro futuro insieme. Brian colse l’occasione per chiedere a Emma di andare con lui in tour in Europa e lei accettò volentieri, a patto di portare anche i ragazzi.

“Mi sembrava scontato” sentenziò lui, e lei lo baciò, felice.

Prima di sera, Brian andò in garage a tirare fuori l’auto che aveva comprato per Baylee, come regalo per aver superato gli esami finali, e la lasciò parcheggiata nello spiazzo davanti a casa, in attesa che i ragazzi tornassero e il figlio vedesse la sorpresa.

“Possiamo prenderne una anche a Lexi, se vuoi” propose a Emma, che scosse la testa.

“Non è necessario,” lo rassicurò “anche perché sarà via la maggior parte del tempo”.

Brian spalancò gli occhi ed Emma sorrise, annunciando “L’hanno presa a Yale”.

Un enorme sorriso radioso si allargò sul viso di Brian ed Emma si ritrovò a pensare a quanto fosse attraente quando rideva così e gli occhi gli luccicavano di eccitazione.

“Ma è una notizia bellissima” esclamò. “Perché non me l’hai detto prima?”

Emma fece spallucce. “Beh, la situazione tra noi era un po’ in bilico e non sapevo se…”

Brian capì subito dove volesse andare a parare. Le prese le mani e, guardandola negli occhi con espressione seria, disse “Ehi, mi ero offerto di pagare i suoi studi anche prima, quando solo sognavo di poter passare il resto della mia vita con te. Adesso siete ufficialmente parte della famiglia. Lexi è come una figlia e, in questo momento, mi sento un padre terribilmente orgoglioso”.

Con il cuore che le scoppiava di gioia, Emma gli prese il viso tra le mani e lo baciò, con trasporto.

“Ti amo” gli sussurrò, quando si allontanarono. “Sei la persona più speciale del mondo”.

Senza smettere di sorridere, Brian scosse la testa. “Impossibile” sentenziò. “Quella sei tu”.

 

Poco dopo, mentre erano seduti sul divano, abbracciati, a guardare un vecchio film divertente in TV, sentirono la porta di casa aprirsi e la voce squillante e sovreccitata di Baylee che annunciava “Papà, siamo a casa. E di chi è quella macchina nuova di zecca parcheggiata fuori?”

Dietro di lui, arrivò immediatamente la voce di Lexi, che chiedeva “Emma è qui? C’è la sua auto parcheggiata qui davanti”.

Senza spostarsi da dov’era e continuando a tenere Emma stretta a lui, Brian attese che i ragazzi entrassero in soggiorno. Non appena li videro, Lexi e Baylee si bloccarono di colpo, fissandoli con gli occhi spalancati.

“Bentornati” li salutò Brian, con un sorriso. “Sì, Emma è qui. E la macchina parcheggiata davanti a casa è il tuo regalo per aver superato gli esami, Bay” spiegò.

Il ragazzo non rispose subito. Lexi afferrò il braccio dell’amico e lo strinse, cercando di contenere l’entusiasmo.

Poi, finalmente, Baylee riuscì a parlare. “Non so se essere più eccitato per la macchina o per quello che sto vedendo” disse, riferito al fatto che il padre stesse abbracciando Emma.

Si voltò a guardare Lexi e notò che aveva i suoi stessi occhi scintillanti e, forse, stava addirittura tentando di trattenere le lacrime.

Dopo il primo momento di shock, la ragazzina si riscosse e, lasciando andare il braccio dell’amico, corse verso il divano dov’erano seduti Brian ed Emma, buttando le braccia al collo a entrambi.

“Oddio, sono così felice” sbottò, ricacciando indietro un singhiozzo.

Brian rise ed Emma le strinse una mano, mentre Lexi si sedeva sul divano accanto a lei.

Anche Baylee si avvicinò e abbracciò prima il padre e poi Emma.

“Congratulazioni” disse. “Era ora che vi decideste a parlarvi, voi due”.

“Ma sentilo” commentò Brian, dandogli una pacca affettuosa sulla nuca.

Baylee si mise a ridere.

“Stasera si esce a cena” annunciò Brian, sorridente. “Abbiamo un sacco di cose da festeggiare”.

“E anche parecchie cose da discutere” aggiunse Emma, lanciandogli uno sguardo complice.

Brian annuì e si sporse a baciarla. Baylee e Lexi chiusero entrambi gli occhi e il ragazzo esclamò “Niente smancerie, vi prego”.

“Concordo con Bay” si intromise Lexi. “Siamo felicissimi per voi, ma queste cose fatele in camera da letto”.

“Era solo un bacio” si lamentò Brian. “Non stavamo facendo niente di male”.

Baylee e Lexi scoppiarono a ridere e, subito dopo, anche Emma e Brian li seguirono.

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Capitolo 9
*** EPILOGO – Always with me ***


Finally I feel complete
Cause you are rushed over me yeah

 

Emma uscì dal negozio come in trance. Fatti neanche due passi, si fermò in mezzo al marciapiede, lo sguardo fisso sulla sua mano sinistra. Non riusciva a smettere di guardarlo.

Si sentì prendere per mano e la voce leggermente roca di Brian domandò “Tutto okay?”

Emma alzò lo sguardo su di lui e annuì, sorridente. Brian ricambiò il sorriso, rivolgendole uno sguardo curioso.

“Ti piace?” le chiese.

Emma annuì di nuovo, abbassando ancora lo sguardo per osservare l’anello che lui le aveva appena comprato da Tiffany.

Erano a New York da un paio di giorni. Non appena le vacanze di Natale erano iniziate, lei, Brian e Baylee erano partiti alla volta della grande mela, dove avrebbero trascorso qualche giorno, prima di tornare a Lexington per la vigilia. I Backstreet Boys dovevano registrare un’apparizione a un programma televisivo il 23 dicembre e avevano deciso di andare un po’ prima per concedersi una piccola vacanza. I restanti membri del gruppo, con le rispettive famiglie, li avrebbero raggiunti il 22, così avrebbero avuto modo di passare un po’ di tempo insieme, farsi gli auguri e scambiarsi i regali di Natale.

Arrivati a New York, Brian, Baylee ed Emma avevano affittato una macchina ed erano andati subito a New Haven, Connecticut, per andare a prendere Lexi a Yale.

La ragazza era tornata a casa per il Ringraziamento, ma Baylee era fuori città con alcuni amici, quindi i due non si vedevano da ottobre, quando Lexi era partita per l’università. Emma sapeva che si sentivano tutti i giorni, Lexi stava dando una mano a Baylee a scrivere alcune canzoni per il suo album, che sarebbe uscito nei primi mesi dell’anno nuovo, ma sapeva anche che sentivano moltissimo la mancanza l’una dell’altro, quindi aveva atteso il momento della loro riunione con trepidazione. E non era stata delusa.

Non appena l’aveva visto, Lexi si era messa a correre e gli si era praticamente buttata in braccio, sotto gli sguardi sorpresi delle sue nuove amiche del college.

“Mi sei mancata da morire” gli aveva detto lui, stringendola forte.

“Anche tu” aveva replicato lei “e non hai idea di quanto sia felice di vedere la tua brutta faccia”.

“Beh, la vedrai per qualche settimana” aveva commentato Baylee, ridacchiando.

Poi Lexi aveva abbracciato Emma e Brian, dichiarando che anche loro le erano mancati molto e che non vedeva l’ora di passare le vacanze di Natale con la sua famiglia.

La sua famiglia.

Emma ancora faticava a crederlo ma, a tutti gli effetti, loro quattro erano diventati una vera famiglia.

A fine giugno, Emma e Lexi si erano definitivamente trasferite da Brian, mettendo in vendita la loro casetta. A luglio erano partiti tutti per l’Europa, per seguire i Backstreet Boys nella fase europea del loro nuovo tour.

Erano stati due mesi meravigliosi, passati a visitare città che mai Emma e Lexi avrebbero sognato di vedere, con Baylee e Brian che tentavano di far loro da guide turistiche.

La sera assistevano ai concerti insieme alle famiglie degli altri ragazzi. Emma era timorosa dell’accoglienza che avrebbero ricevuto dalle mogli di AJ, Nick e Howie, abituate ad avere a che fare con Leighanne, ma si era preoccupata per niente. Erano state tutte molto carine con lei e Lexi, e le avevano subito accolte nella famiglia. Le figlie di AJ si erano letteralmente innamorate di Lexi e non la mollavano un attimo. Lei non sembrava particolarmente infastidita e, anzi, Emma sospettava che adorasse tutte quelle attenzioni.

A fine agosto, Emma era tornata al lavoro. Lei e Brian ne avevano parlato e, sebbene gli sarebbe piaciuto portarla con sé anche durante le tappe americane del tour, Brian sapeva che Emma non avrebbe mai rinunciato alla scuola, infatti non si era nemmeno sognato di chiederglielo. Quando riusciva, Emma lo raggiungeva in qualche posto vicino a casa, altrimenti era lui a tornare ogni volta che avevano qualche giorno di pausa.

Con un minimo di organizzazione, tutto stava andando per il meglio ed Emma e Brian erano felici come non mai.

Quella mattina, non appena si erano svegliati, nella splendida camera d’albergo che dava su Central Park – Brian le aveva fatto una sorpresa e aveva prenotato il Plaza, sapendo quanto Emma adorasse Mamma ho perso l’aereo – lui le aveva comunicato che voleva portarla in un posto.

Emma non aveva fatto storie. Sapeva che Brian adorava New York e già il giorno precedente aveva trascinato tutti in giro per la città, mostrando loro i luoghi che più preferiva.

Dopo aver fatto colazione in camera, sdraiati nell’enorme letto candido, osservando i primi fiocchi di neve iniziare a scendere sulla città, erano usciti, pronti a godersi la giornata. I ragazzi erano andati a Rockefeller Center a pattinare, mentre Emma aveva seguito Brian, curiosa di scoprire dove l’avrebbe portata.

Quando si era trovata davanti all’imponente facciata di Tiffany, aveva strabuzzato gli occhi, incredula, voltandosi verso Brian per chiedergli cosa diavolo ci facessero lì. Lui le aveva semplicemente sorriso, trascinandola all’interno del negozio, dove aveva insistito per comprarle un anello.

Non avevano intenzione di sposarsi, non a breve almeno, anche se Kristin continuava a prenderla in giro, dicendole di avvertirla per tempo quando avrebbero dovuto andare a scegliere l’abito da sposa. La moglie di Kevin conosceva bene Brian e sapeva, così come lo sapevano gli altri, che gli piaceva fare le cose per bene. Era anche vero però, che lui e Leighanne avevano ufficializzato il divorzio solo da qualche mese e Brian era rimasto parecchio scottato dall’esperienza, quindi Emma non si aspettava che volesse riprovarci subito.

E andava bene così. Non aveva fretta di sposarsi. Non le importava nemmeno granché, in realtà. Era certa che prima o poi sarebbe successo ma, per adesso, voleva soltanto godersi il semplice e meraviglioso fatto di aver trovato la sua anima gemella e di poter stare con lui.

Per quello era andata un po’ in panico, quando Brian si era fermato davanti alla vetrina con gli anelli di fidanzamento.

Vedendo il suo sguardo spaventato, lui le aveva dato un bacio e, tenendole il viso tra le mani, l’aveva rassicurata “Non ho intenzione di chiederti di sposarmi, tranquilla”.

Emma si era lasciata sfuggire un sospiro di sollievo e Brian aveva ridacchiato.

Temendo che lui potesse esserci restato male, si era affrettata a spiegare “Non fraintendermi, ti amo e non ho problemi a sposarti. Solo che adesso è…”

“Troppo presto, lo so” aveva concluso lui, sorridendole.

“Stiamo insieme da sei mesi,” aveva confessato Emma “devo ancora abituarmi all’idea”.

Brian aveva annuito. “Anch’io,” aveva ammesso “e comunque non c’è nessuna fretta. Voglio solo farti un regalo. Voglio che tu abbia qualcosa che ti ricordi sempre me, anche quando sono lontano”.

“Credi che potrei mai dimenticarmi di te?” gli aveva domandato, scettica.

Brian si era lasciato scappare una risatina e aveva scosso la testa. “No, non credo. Anche perché ti chiamo mille volte al giorno”.

Anche Emma aveva riso.

“Beh, hai capito cosa intendo, comunque” aveva proseguito lui. “Prendilo come una promessa. Un impegno a far funzionare la nostra relazione e la nuova famiglia che abbiamo creato”.

Lei aveva annuito e si era rassegnata a scegliere un anello tra quelli esposti.

Adesso ce l’aveva al dito e non riusciva a staccare gli occhi da quel diamante affiancato su entrambi i lati da due zaffiri.

“Sicura che non preferisci un solitario?” le chiese ancora Brian, insicuro.

Emma scosse la testa. Avevano discusso a lungo, nel negozio, perché Brian voleva comprarle un classico anello di fidanzamento con un solitario, mentre lei aveva preferito quello, con un diamante al centro e due zaffiri ai lati.

“No, mi piace questo” lo rassicurò. “Te l’ho detto, è simbolico”.

Brian fece sì con la testa. “Io sono il diamante e i due zaffiri sono Lexi e Baylee, me l’hai spiegato”.

Emma gli sorrise, gli prese il viso tra le mani e lo baciò sulle labbra.

“Grazie,” gli sussurrò, sentendolo sorridere sulla sua bocca “lo adoro”.

“Non c’è di che” rispose lui. “Sono felice che ti piaccia”.

“Andiamo a farlo vedere ai ragazzi?” gli propose, prendendolo per mano.

Lui annuì e si avviarono verso Rockefeller Center, mischiandosi alla folla che si affrettava a ultimare lo shopping natalizio.

 

Ci misero un attimo a individuare i ragazzi, in mezzo a tutte le persone che affollavano la pista di pattinaggio più famosa del mondo. Quando li videro, Lexi aggrappata al collo di Baylee, faticando a restare in piedi, e lui che rideva dell’amica, Brian richiamò la loro attenzione facendogli un cenno con la mano.

Scansando gli altri pattinatori, i ragazzi si fecero strada fino al limitare della pista, dove Emma e Brian li stavano aspettando.

“Ehi,” li salutò Brian “vi state divertendo?”

“Io sì,” rispose Baylee, lanciando uno sguardo a Lexi e ridacchiando “Lexi forse un po’ meno”.

“Ah, chiudi la bocca” lo freddò lei, facendo scoppiare a ridere Emma e Brian.

“Voi dove siete stati, piuttosto?” domandò Lexi, aggrappandosi alla ringhiera che delimitava la pista.

“Brian mi ha fatto un regalo” annunciò Emma, togliendosi un guanto e allungando la mano sinistra per mostrare l’anello ai ragazzi.

“Wow!” si lasciò sfuggire Lexi, strabuzzando gli occhi e afferrando la mano di Emma per vedere l’anello più da vicino. Poi alzò gli occhi su Brian e commentò “Ti sarà costato una fortuna. Sai che lei perde qualsiasi cosa, vero?”

Emma ritirò velocemente la mano e le lanciò un’occhiataccia. “Non è vero” replicò. “E comunque ci starò attenta”.

Lexi fece spallucce – quel brutto vizio non l’aveva abbandonata, ma ormai Emma non ci faceva nemmeno più caso – e sentenziò “Come vuoi. Però magari toglilo quando giochi a pallavolo con i ragazzi a scuola”.

Per tutta risposta Emma le fece una linguaccia e Brian e Baylee scoppiarono a ridere. Poi il ragazzo guardò il padre e gli chiese “Piuttosto, c’è per caso qualcosa che dovete dirci?”

Brian sorrise e scosse la testa. “Se vuoi sapere se le ho chiesto di sposarmi, la risposta è no”. Poi, prendendo una mano di Emma e rivolgendole un sorriso amorevole, aggiunse “Ma mi piacerebbe farlo, prima o poi. Voi avreste nulla in contrario?”

Baylee e Lexi si guardarono l’un l’altra, poi scossero entrambi la testa, sorridendo.

Brian si voltò di nuovo verso Emma, la strinse a sé e le baciò una tempia. “Bene,” commentò “lo terremo presente”.

“Beh, voi due avete intenzione di unirvi a noi?” chiese Baylee, indicando con la mano la pista dietro di lui.

Brian scosse la testa. “Meglio di no. Domani ho l’esibizione e non posso permettermi di rompermi qualche osso”.

Baylee ridacchiò, farfugliando qualche commento poco carino sull’avanzare dell’età, e Brian gli rifilò uno scappellotto affettuoso sulla nuca, facendolo ridere.

“Emma, tu vieni?” le chiese il ragazzo.

Lei annuì. “Non l’ho mai fatto, ma posso sempre provare” disse, allungando a Brian lo zainetto che aveva sulle spalle.

“Ti cedo volentieri il mio posto” annunciò Lexi, slacciandosi i pattini per darli a Emma che, sapeva, aveva il suo stesso numero.

“Brava, Lexi” approvò Baylee e poi, rivolto a Emma “Anche se non hai mai provato prima, sarai sicuramente più brava di Lexi”.

La ragazza gli mollò una sberla sul braccio, rimproverandolo “Piantala, Bay. Non sei simpatico” ma in realtà si vedeva che stava sforzandosi di trattenere le risate.

Brian restò in silenzio, osservando quella che, da sei mesi, era diventata la sua nuova famiglia e non potè fare a meno di sorridere.

Quando si era trasferito a Lexington con Baylee, dopo essere stato lasciato da Leighanne, aveva il cuore a pezzi e la sua incrollabile fede l’aveva praticamente abbandonato, senza contare la preoccupazione costante per i problemi con la sua voce e l’idea di dover crescere Baylee da solo. Il suo unico scopo era stato riavvicinarsi ai suoi genitori, in modo da avere un minimo di supporto in quel periodo difficile. Mai avrebbe pensato di innamorarsi di nuovo, trovare una nuova compagna, prendere seriamente in considerazione l’idea di sposarsi una seconda volta e, soprattutto, guadagnare una seconda figlia.

Ma, inaspettatamente, era arrivata Emma e gli aveva sconvolto la vita, travolgendolo con la sua spontaneità e donandogli un affetto che, si era accorto, non provava più da troppo tempo.

Quando il suo matrimonio era finito, credeva che fosse finita anche la sua vita e che non sarebbe mai più stato veramente felice.

Invece, non poteva sbagliarsi più di così. Forse una parte della sua vita era finita, il vecchio Brian, sicuro di sé e sempre sorridente, era scomparso, ma dalle sue ceneri era rinato un nuovo Brian, con qualche crepa qua e là e un po’ meno ottimista, ma sicuramente più consapevole delle proprie debolezze e, finalmente, disposto ad ammettere di non essere infallibile e a lasciarsi aiutare da coloro che gli volevano bene. E, di questo, doveva dire grazie a Emma.

Un improvviso movimento davanti a lui lo riportò alla realtà. Alzò lo sguardo e si ritrovò davanti il viso sorridente di Emma, gli occhi luccicanti e le guance già colorate dall’eccitazione e dall’attività fisica.

“Ehi, mi tieni questo, per favore?” gli chiese, mettendogli in mano l’anello che le aveva appena regalato.

Brian le rivolse uno sguardo a metà tra sorpreso e divertito. Lei fece un sorrisino e spiegò “Non voglio rischiare di rovinarlo, sai com’è”.

Dopodiché gli diede un veloce bacio sulle labbra e si allontanò verso il centro della pista, dove Baylee la stava aspettando, le mani tese nella sua direzione.

“In realtà ha paura di perderlo, anche se non lo ammetterà mai” disse una voce alla sua sinistra.

Brian si voltò, trovando Lexi che lo fissava, con un sorrisino eloquente.

“Oh, lo so” sentenziò, ricambiando il sorriso “ma tu non dirglielo. È convinta che me la sia bevuta”.

Lexi scoppiò a ridere e Brian le circondò le spalle con un braccio, tirandola a sé.

“Sai, non ho mai sentito la mancanza di un padre ma sono contenta di avere te” gli disse la ragazza, la testa posata sulla sua spalla.

Senza farle capire quanto quell’affermazione gli riempisse il cuore di gioia, Brian le diede un bacio sui capelli e replicò “Sai, nemmeno io avevo mai sentito la mancanza di una figlia, ma sono felice di avere te, adesso”.

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