L'ultima battaglia

di Pol1709
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Io sono Oscar François de Jarjayes ***
Capitolo 3: *** Il ritorno della Regina ***
Capitolo 4: *** Cuore di donna ***
Capitolo 5: *** Fersen ***
Capitolo 6: *** Il mistero ***
Capitolo 7: *** Di nuovo insieme ***
Capitolo 8: *** Verso Glastonbury ***
Capitolo 9: *** Il pozzo e il calice ***
Capitolo 10: *** Il ritorno del cavaliere ***
Capitolo 11: *** L'Isola Sacra ***
Capitolo 12: *** L'ultima battaglia ***
Capitolo 13: *** La fine di Avalon ***
Capitolo 14: *** Insieme ***
Capitolo 15: *** Oscar e André ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Berlino - Settembre 1943
L’automobile sfrecciò lungo la strada asfaltata, il sole stava ormai tramontando, ma la città era viva e si potevano vedere gli abitanti passeggiare tranquillamente, incuranti delle brezze settembrine e che nel resto d’Europa ci fosse una guerra.
La macchina si fermò di fronte a un grigio ed imponente palazzo il cui ingresso era contornato da gigantesche colonne. E su ogni colonna era attaccata una lunga bandiera rossa con un cerchio bianco che racchiudeva l’emblema della croce uncinata, lo stemma del partito nazional-socialista che era diventata, indissolubilmente, la bandiera della Germania. Un soldato delle SS aprì la portiera e ne scese un uomo in borghese con una valigetta marrone. L’uomo abbassò il capo in un breve saluto e poi si rivolte al hauptcharfuhrer (n.d.a.: grado che corrisponde a quello di maresciallo maggiore) di servizio mostrandogli la lettera di presentazione, il giovane sottufficiale la lesse velocemente, poi guardò l’uomo e annuì – Eravate atteso! – disse solo, si fece di lato e poi alzò un braccio indicando la strada.
L’interno del palazzo era imponente, pieno di alti soffitti, marmi e statue, ma si poteva anche intuire una certa accuratezza nell’arredamento che lo rendeva, in un certo qual modo, accogliente. L’uomo strinse le dita intorno alla maniglia della borsa e arrivò, accompagnato dal hauptscharfuhrer, di fronte a una grande porta in legno e lì trovò due soldati di sentinella ai lati e un hauptsturmfuhrer (n.d.a.: grado che corrisponde a quello di capitano).
L’ufficiale prese la lettera, lo perquisì per verificare che non portasse armi e si giustificò dicendo che era una procedura che valeva per tutti. Una volta sbrigata quella formalità un soldato aprì un battente mettendosi di lato e facendo sbattere di tacchi con un rumore secco. L’uomo sospirò e, prima di entrare, lesse la grande targa sul muro che indicava a chi apparteneva quell’ufficio: Sotto una bandiera con la svastica a tre linee bianche orizzontali c’era un titolo, quello di Reichsfuhrer-SS (n.d.a.: grado che corrisponde a quello di comandante in capo) a ci era stato aggiunto anche quello di Ministro dell’Interno e un nome: Heinrich Himmler.
L’uomo non aveva mai incontrato il comandante supremo delle SS, le milizie del partito, ma, in compenso, ne aveva sentito parlare. Molti dei suoi colleghi alla divisione Ahnenerbe lo giudicavano un vero e proprio lunatico. Non che la divisione fosse un vero e proprio reparto militare; era in realtà una sorta di gruppo di studio che si occupava di ricerche storiche, dell’origine della razza ariana e, più in particolare, di ogni cosa che passasse per la mente del suo comandante, che era lo stesso delle SS.
L’ufficio era illuminato a giorno, al Reichsfuhrer non piaceva il buio. L’uomo si mise di fronte alla scrivania e alzò il braccio destro nel saluto. Dietro al tavolo c’era un uomo minuto, sembrava anche piccolo di statura, dal volto triangolare, con i capelli rasati in un impeccabile taglio militare prussiano e due occhiali rotondi con la montatura in acciaio. Himmler alzò l’avambraccio e strinse le labbra – Ben arrivato! Avete qualcosa per me immagino – disse subito con una vocina stridula e fastidiosa.
L’uomo annuì e indicò la valigetta – Ho portato quello che è stato trovato da un reparto di SS in Normandia, località La Madeleine, nel Comune di Sainte Marie du Mont, proprio a ridosso della spiaggia dove sono in corso i lavori di costruzione delle difese costiere –
Himmler socchiuse i suoi piccoli occhi dietro le lenti bordate d’acciaio – Mmmm…E come procedono i lavori? –
L’uomo rimase per un attimo disorientato – Beh…Immagino bene…La mia squadra è stata inviata nell’edificio in cui è stato trovato il reperto ed è stata lì per molti giorni, ma io non ero presente…Abbiamo effettuato comunque tutte le verifiche del caso –
In quel momento si udì un’altra voce – Quali verifiche avete effettuato? – disse qualcuno con un tono asciutto e con un timbro forte e chiaro, non certo come quello del Reichsfuhrer. Solo allora l’uomo si accorse che, dietro la scrivania, in piedi, c’era un’altra persona: alta, dal fisico asciutto e muscoloso, dai capelli castani e dagli occhi chiari; dimostrava poco più di trent’anni ed era inguainata in una uniforme da obersturmbannfuhrer (n.d.a.: grado che corrisponde a quello di tenente colonnello).
L’uomo aggrottò la fronte guardando l’altra persona, ma fu incalzato da Himmler – Quali verifiche avete effettuato? – ripeté.
L’uomo deglutì e guardò di nuovo il Reichsfuhrer – Ecco…Ovviamente abbiamo fatto visionare ed analizzare le pagine del…Del diario…Si tratta di un tipo di carta utilizzata in Francia nella seconda metà del XVIII secolo. E abbiamo fatto eseguire una verifica calligrafica da un esperto di Parigi…E…Si…La scrittura è quella…Quella di Oscar François de Jarjayes…E sembra che lo abbia redatto in due distinti periodi della sua vita…Voglio dire: in due epoche differenti, lo ha iniziato da giovane e poi ha continuato e smesso di scrivere all’incirca nel periodo in cui è morta, nel 1789 –
L’ufficiale in piedi socchiuse gli occhi – Su che basi il vostro esperto lo può dire? –
L’uomo si inumidì le labbra – Ha confrontato la scrittura con i documenti che sono stati compilati e firmati di proprio pugno dalla de Jarjayes, quando era comandante della Guardia Reale e quando ha preso il comando delle Guardie Francesi…E il tipo di calligrafia corrisponde –
Himmler annuì – E l’esperto calligrafico? –
L’uomo annuì – E’ stato…Eliminato…Dopo che ha confermato per iscritto che quel testo è stato fatto dalla de Jarjayes –
L’ufficiale in piedi fece una piccola smorfia, ma Himmler sospirò soddisfatto: – Fatemi vedere –
L’uomo appoggiò la valigetta sulla scrivania, fece scattare la serratura e ne tirò fuori un piccolo e consunto volume nero con un più moderno fascicolo dattiloscritto.
L’uomo sorrise debolmente – Quello è il volume e a lato c’è la descrizione del metodo di indagine sulla carta e sul testo; la relazione a firma dell’esperto, oltre ovviamente a una mia relazione sul contenuto del testo –
L’ufficiale in piedi sospirò – Esperto che non potrà più esserci utile, immagino –
Himmler sfiorò la copertina del libretto nero e sorrise – Mio caro Conte Fersen, un esperto di calligrafia è più che sacrificabile…E’ inutile! A questo punto…Come lo hanno trovato? –
L’uomo annuì – Spostando una scrivania, a quanto mi hanno detto, è caduta a terra sfasciandosi e ne è emerso quel libretto, quando l’ufficiale al comando del gruppo che aveva occupato la costruzione si è reso conto di quello che aveva in mano, ci ha avvisato –
Himmler sorrise di nuovo – Le mie care SS sono sempre un passo avanti a tutti gli altri…Ottimo lavoro! Avrete un supplemento di paga! Da adesso in poi saranno altri ad occuparsene – disse e alzò l’avambraccio, segno che considerava concluso quell’incontro.
L’uomo, suo malgrado, capì. Alzò il braccio destro e poi uscì dal grande studio.
 
Himmler prese il libretto con due mani e si alzò, si spostò dalla scrivania e andò a sedersi in una poltrona dall’altro lato dell’ufficio. L’ufficiale lo seguì e si sedette di fianco a lui su un divanetto. Il Reichsfuhrer schiacciò un bottone su un dispositivo su un tavolino e poi guardò l’altro sorridendo – Cosa ne pensate, Conte Fersen? –
Fersen si appoggiò allo schienale del divano e accavallò le gambe – Una fortuna inaspettata, Herr Reichsfuhrer. Questo conferma quello che ha scritto nel suo diario, più di un secolo fa, il mio antenato Hans Axel –
Himmler sorrise, quasi divertito – L’amante di Maria Antonietta –
Fersen annuì – Proprio lui! Ma, in questo caso, la sua…Amicizia…Con la Regina ci è stata più che utile: Oscar de Jarjayes si è confidata con Maria Antonietta. Aveva degli strani sogni, delle visioni…Di strane donne e…Cavalieri…E luoghi! Maria Antonietta non era una persona, se così si può dire, che possedeva un’intelligenza analitica e lei si è confidata con il suo amante. Il mio antenato ha riportato una frase testuale: “una coppa che emanava una strana luminescenza per in una tomba senza nome, in un luogo lontano, forse in Inghilterra”; o perlomeno è stata così riportata da Maria Antonietta –
Himmler strinse le labbra – Un po' poco per iniziare delle indagini, ma abbastanza per incuriosire delle menti aperte come le nostre, mio caro Conte –
Fersen sospirò – Vero! Ma lo è altrettanto, Herr Reichsfuhrer, che, ad un certo punto della sua vita, Oscar de Jarjayes ha iniziato a interessarsi del mito arturiano, come riportato da Maria Antonietta al suo amante, forse proprio a causa di quegli strani sogni, oppure, i sogni e il suo interesse sono stati generati da qualcos’altro…La de Jarjayes ha anche confidato alla Regina di aver manoscritto un volume con tutte le sue impressioni e, se vogliamo, le sue visioni. Sempre per citare le esatte parole di Maria Antonietta al mio antenato: “Come una serie di avvenimenti sconnessi scritti da chi cercava di ricordare…Qualcosa” e credo che queste siano le parole di Oscar. Il libretto non è mai stato trovato o perlomeno non si trova nella sala del Musée dell’Armée, presso il complesso Les Invalides, dedicata a Oscar de Jarjayes e che contiene quasi dei suoi oggetti personali, perlomeno quelli recuperati dopo il quattordici Luglio dal palazzo della sua famiglia e dal…Suo corpo…Compresa la giacca dell’uniforme crivellata di proiettili che ha usato per guidare i suoi uomini all’assalto della Bastiglia –
In quel momento entrò un sottufficiale con una camicia bianca su cui campeggiava, sul lato destro, nel largo bavero, la mostrina con le rune gemelle a forma di piccolo lampo. L’uomo appoggiò sul tavolino un vassoio con due tazzine di liquido fumante, latte e zucchero, fece un inchino ed uscì.
Fersen sentì nelle narici il profumo del caffè, del vero caffè, non del surrogato che da oltre un anno era costretto a bere. Himmler si accorse della sua sorpresa e sorrise benevolo: gli piaceva trattare bene i suoi sottoposti. Fersen si portò la bevanda alle labbra e lasciò che il sapore gli permeasse la bocca. Poi guardò di nuovo il Reichsfuhrer – Ho visitato prima della guerra palazzo Jarjayes, a Versailles, e le loro proprietà. Quella in Normandia era fatiscente e abbandonata, ma sotto la custodia del Comune di Sainte Marie du Mont; ho dovuto cercare sotto la supervisione di due guardie e non ho trovato nulla. Sono stato l’anno scorso ad Arras: la dimora dei de Jarjayes è diventata una pinacoteca. E’ stata abitata per poco tempo, dopo la presa della Bastiglia, dal padre di Oscar, che poi ha seguito le truppe fedeli al Re nella zona dell’attuale Belgio. In quella cittadina è sepolta Oscar con il suo André, nel cimitero monumentale, sotto la statua che li ritrae insieme, lui morente e lei che lo sostiene, in uniforme, impugnando il tricolore francese. Credevo che, per qualche motivo, il libretto fosse stato sepolto con Oscar e volevo far esumare i corpi. E’ bastato solo proporlo per scatenare una quasi rivolta! Il comando territoriale della Wehrmacht (n.d.a.: l’esercito tedesco) aveva quindi sconsigliato di procedere su quella strada per evitare incidenti. I cittadini sono legatissimi alla loro eroina e non avrebbero accettato in nessun modo che i suoi resti fossero profanati da dei Boches (n.d.a.: nomignolo dispregiativo con cui venivano chiamati i tedeschi) –
Fersen finì di bere, a malincuore, il caffè – Ma poi è arrivato questo colpo di fortuna! –
Himmler prese il libretto in mano, poi lo appoggiò e prese il plico della relazione. Sfogliò alcune pagine e poi appoggiò anche quella. Guardò Fersen: - Quindi lei ritiene che questa…Coppa che emanava una strana luminescenza sia… -
Il Conte sorrise debolmente – Cosa effettivamente sia, non lo so Herr Reichsfuhrer, ma quello che so è che, nel 1787, due anni prima della sua morte Oscar de Jarjayes si è recata in Inghilterra: a Tintagel, Glastonbury e un cerchio di pietre sopra Salisbury. Tutte località che fanno pensare subito al mito di Re Artù: a Tintagel il Re è stato concepito ed era la roccaforte della sua nemica, la Fata Morgana; a Glastonbury c’era un’antichissima comunità cristiana, è il luogo dove è stata scoperta la presunta tomba del Re e dove alcuni ritengono che si trovi Avalon, l’Isola Sacra dove egli riposa in attesa di risvegliarsi e riprendere il dominio sulla Britannia e il cerchio di pietre…Beh! E’ inutile che vi dica cosa è Stonehenge. Lo so perché anche questo viaggio è stato oggetto di conversazione tra Oscar e la Regina e tra Maria Antonietta e il mio antenato –
Himmler aggrottò la fronte – Il vostro antenato non conosceva direttamente Oscar? Eppure dovrebbe averla incontrata molte volte quando era nelle grazie di Maria Antonietta –
Fersen annuì – In effetti è così! Nei suoi diari ne parla ampiamente; la descrive come una donna bellissima, fiera e combattiva, imbattibile con la spada e ancor di più con la pistola. Credo che il Conte Hans Axel la considerasse…Come un buon amico, ma nulla di più. Poi si allontanarono, forse per gli impegni di Oscar o forse perché aveva mutato le sue simpatie politiche, come dimostra il fatto che, alla fine, scelse di seguire il suo amico André e di combattere per il popolo francese. Ma no! Oscar non fece mai parola direttamente con lui delle sue…Visioni –
Himmler si appoggiò allo schienale della poltrona e sospirò – Oscar de Jarjayes…Credo che a ogni studente in ogni parte del mondo capiti di pensare a lei quando si arriva a studiare la Rivoluzione Francese. E’ successo anche a me e… - disse e, con un movimento rapido, si piegò verso l’altro – Ma non ne faccia parola con nessuno…Anche a lui – aggiunse sussurrando e indicando il quadro del Fuhrer appeso dietro la scrivania.
Fersen guardò prima il ritratto e poi di nuovo Himmler. Il Reichsfuhrer sospirò di nuovo – Mi ha confidato personalmente che, da bambino, aveva studiato con lena quel periodo solo per sapere di più su quella donna che lo aveva sempre affascinato…Durante l’altra guerra, quando combatteva in Francia, aveva sognato di raggiungere Arras per rendere omaggio alla sua tomba. Lui la considera ancora come uno dei supremi esempi della razza ariana! Non solo per l’aspetto, indubbiamente nordico, ma anche e soprattutto per il coraggio! Il sacrificio! L’amore per la Patria! E quando ne parla…Quando ne descrive i suoi capelli biondi mossi al ritmo dei passi marziali di un cavallo bianco e i suoi occhi azzurri come il cielo in cui cavalcano le valchirie…Credetemi…Una volta gli è venuta giù persino una lacrima. Una volta ho persino pensato di omaggiarla creando una divisione di Waffen-SS (n.d.a.: unità combattenti al fronte, composte in gran parte da non tedeschi) –
Fersen inarcò le sopracciglia: personalmente dubitava che la vera Oscar potesse anche solo considerare l’idea di conoscere il Fuhrer del III Reich tedesco e meno ancora che considerasse un omaggio dare il proprio nome a una divisione di SS. In quell’occasione, però, l’evidente ammirazione per lei era da sfruttare. Gustav Anders Von Fersen aveva passato la giovinezza leggendo i diari, mai pubblicati e di esclusiva proprietà della sua famiglia, del suo più illustre antenato, passato alla Storia solo per essere stato l’amante di Maria Antonietta. La parte che l’aveva più impressionato era stata, per l’appunto, quella in cui narrava la strana vicenda della de Jarjayes. Oscar, dopo la sua morte, era diventata un simbolo non solo della Francia, ma della Rivoluzione stessa e, più in generale, della libertà contro ogni tirannia. E sorrise tra sé al pensiero che un moderno tiranno e i suoi gerarchi provassero ammirazione per lei. Sapeva che una via che partiva da Place de la Bastille, a Parigi, portava il suo nome e, nel punto in cui era morta, c’era una targa in ottone che recitava: “Alla cittadina Oscar – Con il bianco della sua purezza, con il rosso del suo sangue e con l’azzurro acciaio della sua spada contribuì e creare la bandiera di una nuova Francia”. Tutti gli studi su quella figura storica si erano incentrati non tanto sul suo comando della Guardia Reale di Re Luigi XVI, quanto su quello delle Guardie Francesi che guidò in quello storico quattordici di Luglio. E ovviamente erano stati scritti libri e libri sul suo rapporto con André. Negli anni Trenta si era parlato persino di un film di Hollywood sulle sue gesta, ma il progetto era naufragato perché Marlene Dietrich e Greta Garbo si erano messe a litigare su chi avesse dovuto interpretare il ruolo della protagonista e chi Maria Antonietta, la Regina di Francia. Per il ruolo di André si era pensato a Humphrey Bogart o a un giovane attore all’epoca specializzato nel genere western, un certo John Wayne. Certe passioni del coraggioso comandante, come quella per Re Artù, non erano state nemmeno considerate nelle sue molte biografie, a partire da quella scritta dal suo contemporaneo e giornalista Bernard Chatelet, la più completa e che lui, Gustav, aveva letteralmente imparato a memoria.
Gustav era sicuro che Oscar si fosse avvicinata alle storie del mito arturiano e che, volendo approfondire e visitare di persona i luoghi che vi erano descritti, avesse voluto andare in Inghilterra. A Tintagel, come a Glastonbury doveva per forza aver trovato qualcosa…Qualcosa che le aveva lasciato un marchio indelebile e dei sogni sconnessi. E quell’accenno a una coppa dotata di una strana luminescenza era di certo uno stimolo per ogni fantasia. Per lui, ma anche per un vanesio come il Reichsfuhrer Himmler.
Fersen sapeva che i racconti del suo antenato erano poca cosa e, difatti, nessun serio museo, dalla sua natia Svezia alla lontana America, aveva mai voluto prenderlo in considerazione. I nazisti, però, lo avevano ascoltato. Era risaputa la passione del comandante delle SS per l’esoterismo e le cosiddette pratiche magiche e che, soprattutto, aveva mandato in ogni angolo del globo delle spedizioni scientifiche ed archeologiche per trovare le prove della superiorità della razza ariana e anche antichi e leggendari manufatti. Sapeva in via ufficiosa che i nazisti si erano fatti trafugare dagli statunitensi nientemeno che l’antica Arca dell’Alleanza. Ma l’oggetto più importante, quello in cima alla lista delle loro ricerche era qualcosa di molto più piccolo: il Santo Graal, la coppa che Gesù usò durante l’ultima cena e che raccolse il suo sangue durante la crocifissione. Lui era un giovane ricco e colto, con una storia senza alcuna base solida e molto raffazzonata, a dire il vero, che si basava solo sulla testimonianza, di seconda mano, di una regina che non era mai stata famosa per la sua intelligenza. Ma, nonostante tutto, lui era anche un membro di una antica e nobile famiglia svedese. I nazisti cercavano continuamente esponenti della grande borghesia e dell’aristocrazia per legittimarsi al mondo e loro, proprio per omaggiarlo, lo avevano arruolato nel corpo scelto delle SS, dandogli persino il grado di tenente colonnello.
Tuttavia, come aveva ricevuto gradi ed onori, lui sapeva bene che il favore dei vertici nazisti era molto volubile e volatile. Proprio come aveva imparato dalla fine del suo collega e amico Otto Rahn (n.d.a.: storico – Otto Rahn collaborò con i nazisti alla ricerca del Santo Graal e fu arruolato nelle SS con il grado di unterscharfuhrer – sergente – Dopo aver cercato invano il Graal si rese conto di chi erano in realtà i nazisti, si dimise dal corpo e morì, probabilmente ucciso, durante un’escursione in montagna. Sembra che la sua vita abbia ispirato il personaggio cinematografico di Indiana Jones). E proprio come Rahn, alle volte, si chiedeva se non avesse davvero venduto l’anima al diavolo per la sua passione. Delle SS si dicevano molte cose: amavano definirsi Ordine Nero, richiamando alla memoria l’antico e potente ordine monastico cavalleresco dei Cavalieri Teutonici. Erano agli ordini diretti del Fuhrer e di quel piccolo e grigio burocrate che aveva di fronte. Eseguivano strani rituali con oscure pratiche nella Foresta Nera, presso il castello di Wewelsburg. In guerra si diceva che le unità combattenti, le Waffen-SS, che avevano attratto letteralmente legioni di giovani stranieri nelle loro file, combattessero in modo fanatico e feroce. Di loro, però, si parlava anche sempre più spesso di sinistre operazioni di rastrellamento nell’Europa dell’Est, in particolare contro civili ebrei e di campi di concentramento gestiti dalla loro organizzazione in cui accadevano cosa strane e misteriose.
Gustav si muoveva su un terreno molto cedevole, lo sapeva bene. Ma il ritrovamento, per quanto fortuito, del libro scritto di propria mano da Oscar, dava nuova linfa alle sue teorie. Senza considerare che, mentre Rahn era convinto di cercare la Sacra Coppa tra Francia, Spagna e Italia, Oscar era andata nel sud dell’Inghilterra, come la tradizione voleva che Giuseppe d’Arimatea, il custode del Graal e il suo gruppo di fuggitivi fossero giunti. E il sud dell’Inghilterra, perlomeno in quel momento, non era ancora stato invaso dalle armate del III Reich.
Himmler, però, non sembrava per nulla preoccupato anche se, dietro i suoi occhiali rotondi, Gustav poteva vedere due occhi in cui brillava una fredda luce di ferocia: - Vorrei ricordarvi, Conte Fersen, che altri mi hanno deluso…Come il suo illustre collega Otto Rahn – sospirò – E altri ci mettono i bastoni tra le ruote, come quell’americano, quel professor Jones che ha rovinato la nostra operazione in Egitto qualche anno fa –
Gustav sorrise con l’angolo della bocca – Herr Reichsfuhrer, Io cerco qualcosa che il simbolo stesso di tutto quello che mi ha convinto a dedicarmi allo studio. Oscar de Jarjayes, quell’eroina senza macchia e senza paura, per qualche recondito motivo, ne è venuta a contatto e io lo troverò, Herr Reichsfuhrer, lo troverò, dovessi farmi paracadutare sulla collina di Glastonbury! –
Himmler sorrise – Non dovrà per forza essere così. Il nostro glorioso esercito sta fronteggiando le orde comuniste ad Est e credo che per il prossimo anno entreremo a Mosca. Per quello che riguarda l’Ovest l’Organizzazione Todt finirà entro i tempi previsti le difese costiere per fermare ogni invasione dal mare. Per il Sud, anche se l’Italia, una settimana fa, si è arresa senza condizioni, le montagne austriache e quelle svizzere ci forniranno un valido baluardo. Il Feldmaresciallo Goering ha comunicato ieri allo Stato Maggiore che la Luftwaffe riprenderà le operazioni per la supremazia aerea sui cieli inglesi e che, oltre alle bombe, assaggeranno anche alcune delle nostre nuove armi! Quando poi le nostre unità sbarcheranno in Inghilterra voglio che voi siate tra loro e che vi mettiate subito al lavoro per trovare la Sacra Coppa. Per il momento voglio un’analisi completa di questo libretto – disse e si alzò, andò alla scrivania e prese una cartellina marrone.
Gustav si alzò, prese il libretto, il dattiloscritto e poi la cartellina dalle mani del Reichsfuhrer. Quest’ultimo sorrise – Avrete bisogno anche di risorse economiche, questa è una lettera di presentazione per il comandante del nostro campo di concentramento più grande nell’Europa dell’Est. Ho ordinato che vi venga messa a disposizione ogni cifra necessaria – disse e guardò il ritratto alla parete – Non posso fare a meno di vedere un segno in tutto questo! Oscar de Jarjayes, come una valchiria bionda dagli occhi azzurri, è scesa a portare questo dono al Reich! E non verrà sprecato! –
 
Gustav si strinse nelle spalle nel sedile posteriore dell’automobile. Aveva finalmente raggiunto il suo scopo e non vedeva l’ora di mettersi al lavoro. La macchina raggiunse il quartiere di Wannsee, a sud ovest della capitale tedesca e poi la villa che gli era stata assegnata, proprio sulla riva del lago. In origine era stata la magione di campagna di un ricco industriale ebreo, poi confiscata.
Il vecchio maggiordomo aprì la porta – Vostra Eccellenza, è molto tardi, avete cenato? –
Gustav sorrise; quell’uomo aveva servito fedelmente i suoi genitori e lo aveva seguito fino a lì dalla Svezia: - No, mio caro Rasmus, non ho cenato, ma non ne ho voglia, devo lavorare, quindi preparami solo del buon the e portamelo nello studio –
Rasmus annuì – Come volete Vostra Eccellenza, ma…Ecco…La…Freulen Bohler è arrivata e vi attende in camera –
Gustav alzò lo sguardo verso la grande scala in legno che portava al piano superiore. Aveva conosciuto Helga Bohler appena arrivato in Germania ed erano subito diventati amanti. Lui sapeva che era una spia di Himmler, mandata per monitorare le sue mosse, ma in fondo, si disse, fino a quel momento non c’era mai stato molto da nascondere per lui. No. Per quella sera il corpo bello e fremente di Helga avrebbe dovuto aspettare, non vedeva l’ora di leggere le reali parole di Oscar. Fece un cenno a Rasmus – Portami il the e poi avverti freulen Bohler che può coricarsi senza di me –
Il maggiordomo fece un profondo inchino e se ne andò seguito dagli occhi di Gustav che, poi, si infilò in una porta ad arco e se la chiuse dietro. Lo studio aveva una sola finestra, l’aprì di qualche centimetro e poi andò al grammofono; lo caricò e abbassò la puntina su un vecchio disco di musica jazz americana, ottima per concentrare lo studio. Quel tipo di note era formalmente proibito; la propaganda del dottor Goebbels le chiamava “lamenti negroidi”, ma Gustav sapeva bene che, come lui, anche molti altri studiosi, compresi alcuni gerarchi del regime, ascoltavano quei dischi. Si sbottonò la giacca dell’uniforme e si accese una sigaretta, poi accese la lampada della scrivania e posò davanti a sé il libretto, con accanto il dattiloscritto della Ahnenerbe e la cartella marrone di Himmler. Aprì il testo di Oscar e iniziò a leggere.
 
Dopo lunghi attimi Gustav sollevò la testa e si massaggiò le tempie. Guardò il posacenere quasi pieno di cicche e si disse che, quella notte, aveva fumato troppo. Guardò l’orologio e realizzò che era anche notte fonda. Non era stata improduttiva, nel complesso. Doveva dar ragione al suo antenato, quelle pagine erano il frutto di una mente che cercava, a volte disperatamente, di non dimenticare qualcosa. Era vero che Oscar aveva iniziato a scrivere su quel libretto quando era più giovane. Secondo i dati della Ahnenerbe, che avevano analizzato la carta ed eseguito la perizia sulla calligrafia, all’incirca tra il 1775 e il 1780 e che poi l’aveva integrato nel 1787, anno del suo viaggio in Inghilterra. Lui aggrottò la fronte: quindi i sogni della de Jarjayes non derivavano dal viaggio a Tintagel e Glastonbury, ma più probabilmente erano quelli che, al contrario, avevano favorito la trasferta britannica.
Gustav sprofondò nella poltrona e congiunse le mani all’altezza della bocca: dal 1775 al 1780 era stato il periodo dello scoppio della Rivoluzione Americana. La Dichiarazione di Indipendenza risaliva al 4 di Luglio del 1776 e l’incoronazione di Luigi XVI e di Maria Antonietta era avvenuta nel 1774. Si alzò, andò allo scaffale e prese un volume consumato dall’uso: era una delle prime edizioni di “Una spada al servizio della Francia”, la biografia di Oscar scritta da Bernard Chatelet. Consultò l’indice e le appendici, ma trovò solo una breve nota: “Nel 1775, dopo essere stata nominata colonnello comandante delle Guardie Reali, Oscar, accompagnata da André, si recò in Normandia dove si trovava uno dei feudi della sua famiglia
Appoggiò il libro e prese un atlante, lo aprì sulla tavola che riportava le coste settentrionali della Francia e quelle meridionali dell’Inghilterra. Trovò il villaggio di Sainte Marie du Mont, ma non la località de La Madeleine. Aggrottò la fronte: in Normandia aveva quindi preso la passione per il ciclo arturiano. Che la Coppa si fosse trovata in Normandia? Quindi, in quel momento, sotto gli stivali dei nazisti? No, pensò, non avrebbe avuto senso il successivo viaggio e poi perché quel piccolo tomo pieno di frasi sconnesse senza un apparente senso logico? Donne misteriose, cavalieri, luoghi ben definiti come Tintagel, nel nord della Cornovaglia o anche Glastonbury ed il suo Tor. No, la Coppa doveva essere in Inghilterra, dove Oscar stessa era andata a cercarla oppure, si disse, a nasconderla. Una nuova idea si fece spazio nella sua mente: Oscar e André, per qualche motivo che non conosceva, avevano trovato la Sacra Coppa in Normandia, consapevole delle leggende che la circondavano, Oscar aveva iniziato a leggere ogni cosa che la riguardava, compresi i racconti del ciclo arturiano. I sogni e le frasi del libro erano forse il frutto di un profondo senso di colpa per aver tenuto per sé una delle reliquie più grandi della cristianità? Forse. Da qui il viaggio in Inghilterra, come un vero cavaliere, per restituirla secondo la tradizione che la voleva conservata ad Avalon, quindi a Glastonbury.
Gustav strinse le labbra, poteva anche essere così, ma perché non dare la Coppa alla famiglia reale francese e alla Francia intera? Dopotutto, se era stata trovata davvero in territorio francese, era proprio alla Francia che apparteneva; perché mai darla alla protestante Inghilterra? E André perché non era andato con lei nel 1787 lasciandola da sola, lui che la seguiva sempre come un’ombra? C’era qualcosa che legava Oscar e Re Artù e non era solo la passione letteraria, ne era certo, ma che cosa?
Chiuse l’atlante con uno scatto e represse uno sbadiglio. Aveva molto tempo per far luce sull’accaduto, perlomeno, si disse, fino a quando l’esercito tedesco non fosse sfilato al passo dell’oca davanti al Big Ben di Londra. Si sedette e sospirò guardando la cartellina marrone che il Reichsfuhrer gli aveva dato. Aggrottò la fronte, la prese e l’aprì. C’erano alcuni fogli, il primo era una lettera di presentazione per un ufficiale delle SS del suo stesso grado e comandante di un campo di concentramento; un certo Rudolf Franz Ferdinand Hoess. Aggrottò la fronte e si chiese che tipo di ricchezza ci potesse mai essere in quella località della Polonia meridionale chiamata Oswiecim, che in tedesco suonava come Auschwitz.
 
Gran Bretagna – Altrove – oggi
La donna si passò una mano sulla treccia di capelli biondi che gli ricadeva sul lato sinistro del collo. Il buio di quel luogo era solo parzialmente illuminato dalla luce spettrale dell’oggetto posto sopra il sarcofago. Si chiese, ancora una volta e per l’ennesima volta, perché mai era lì, come aveva fatto migliaia e migliaia di volte nel corso dei tanti, troppi anni che aveva vissuto in quel luogo.
Non era mai cambiato nulla e ormai, alla fine, stava anche smettendo di crederci. Tuttavia sua sorella minore le aveva detto che proprio quel giorno qualcosa sarebbe successo, che ci sarebbe stata una prova che la fine della loro lunga veglia era cominciata, ma non aveva ancora visto nulla. Sospirò e si girò per uscire quando, improvvisamente, qualcosa la arrestò. Aveva intravisto qualcosa, il cambio della luminosità che per decenni era rimasta sempre la stessa e non poteva essersi sbagliata. Si girò con il cuore in gola e osservò la fonte della luce. Si portò le mani alla bocca commossa e sentì le lacrime agli occhi: “E’…E’ cominciato!” pensò e corse via da quel luogo oscuro.
Una volta fuori si diresse a passo spedito in una ben precisa direzione. Si fermò per un attimo e si guardò attorno; capì che anche l’ambiente circostante aveva percepito il cambiamento. Sorrise debolmente “Aveva ragione! Come sempre” pensò, ma era troppo felice per essere arrabbiata con sua sorella. Sospirò e alzò il volto verso il cielo “Ci siamo! Adesso è tutto nelle tue mani, sorella mia e spero davvero che tu abbia trovato il nostro campione!” pensò di nuovo e continuò a camminare a passo più lento.

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Capitolo 2
*** Io sono Oscar François de Jarjayes ***


Gran Bretagna – Tintagel – Oggi
Oscar François de Jarjayes guardò fuori dalla finestra della sala da pranzo del Camelot Castle Hotel di Tintagel. L’albergo si trovava a pochissima distanza dal sito delle rovine dell’antico e leggendario castello che, secondo la tradizione, aveva dato i natali a Re Artù ed era stato il rifugio della sua nemica, nonché sorella, la Fata Morgana. C’era la nebbia dove si sarebbe dovuto vedere il mare. Una nebbia che avvolgeva tutto il paesaggio e lo rendeva strano, quasi magico, ma, a suo modo, affascinante, quasi ipnotico.
 
Oscar de Jarjayes, ovviamente, non era il suo vero nome. Lei era una discendente di una delle sue sorelle: Josephine Emilie Anne de Jarjayes de La Mothe-Chandeniers. Fino ad arrivare a sua madre: Alphonsine Marie Josephine de la Mothe-Chandeniers che aveva sposato Louis René De Monfort, anche lui di antica famiglia nobile ed alto ufficiale della Legione Straniera. La Storia della Francia, quindi, come pure l’ambiente e l’educazione militare, erano sempre stati presenti a casa sua. Quando da piccolina aveva iniziato a studiare il periodo della Rivoluzione Francese e, inevitabilmente, si era trovata davanti quella strana donna con un nome da uomo, era stato come essere attraversata da una scossa elettrica. La sua stessa insegnante l’aveva invitata ad alzarsi davanti alla classe e l’aveva presentata, lei, una bambina piccola, bionda e paffuta con due puntini azzurri al posto degli occhi, come una delle ultime discendenti di Oscar e aveva sentito un certo orgoglio crescergli dentro. Una sensazione che non l’avrebbe più abbandonata quando si stava parlando della sua illustre antenata.
Da quel momento aveva subito iniziato a leggere ogni e qualsiasi cosa che riguardasse Oscar de Jarjayes e, ovviamente, il suo grande amore André Grandier. Aveva iniziato a vestirsi quasi sempre con abiti di foggia maschile, a prendere lezioni di equitazione e di scherma, disciplina in cui era diventata, da adolescente, molto brava. A sedici anni, durante una visita scolastica alla grande cattedrale di Saint Denis, a nord di Parigi, aveva visto, tra le tante altre, le tombe di Luigi XVI e di Maria Antonietta. La statua della Regina di Francia l’aveva colpita più di ogni altra cosa; tanto che era rimasta in piedi davanti ad essa mentre il resto della classe continuava il suo giro. Quell’espressione che lo scultore era riuscito a dare, di pace, quasi di serenità, con le braccia incrociate sul petto e protesa in avanti, quasi a voler perdonare chi aveva fatto tanto del male a lei e alla sua famiglia, l’avevano commossa. Con gli occhi lucidi, senza nemmeno accorgersene, aveva messo un ginocchio a terra e aveva abbassato il capo: - Non…Non sarebbe dovuta finire così! Non doveva finire così! – aveva sussurrato, per poi essere interrotta dalle risate dei suoi compagni.
L’insegnante, con il volto tirato e le labbra strette, l’aveva letteralmente alzata di peso da terra e aveva continuato la visita seguita dagli altri ragazzi che sussurravano e ridevano tra di loro. Tranne una di loro: Jeanne Valadier, una ragazza dai capelli scuri perennemente arruffati, anche se dal viso angelico. Jeanne veniva considerata come la pecora nera della classe, con poca voglia di studiare e proveniente da una famiglia disagiata con madre lavoratrice saltuaria, una sorellina più piccola di nome Rosalie e padre ignoto. Per gli insegnanti era un caso disperato. Eppure Oscar aveva visto in lei qualcosa: una luce in fondo a quello sguardo spento che gridava: no! Che non era il suo destino vivere in povertà senza nemmeno provare ad emergere.
Jeanne, quella volta, si sistemò la larga giacca, probabilmente appartenuta a sua madre e si avvicinò a lei. Guardò la statua della Regina e piegò la testa di lato: – Era una bella donna! – disse solo. Poi guardò di nuovo lei e sorrise – E tu sei la discendente di quella Oscar che ha fatto prendere la Bastiglia! Ci credo che ti sei inginocchiata a chiedere scusa! Lo sai…Mia madre dice, ogni tanto, da ubriaca, a dire il vero, che anche noi discendiamo dai re di Francia…Anche se non mi ha mai saputo dire chi era il Re in questione…Oh! Ma credo che lo faccia solo per far contenta la mia sorellina –
Lei sorrise e piegò la testa di lato – Bene! Allora abbiamo qualcosa in comune! – disse e risero assieme. In quell’istante Oscar aveva trovato quella che sarebbe diventata la sua migliore amica. Jeanne possedeva, nonostante quello che gli insegnanti pensassero di lei, una mente geniale che si era attivata quando lei e Oscar avevano iniziato a studiare assieme nel grande e lussuoso appartamento della famiglia di quest’ultima, all’angolo tra rue De Rivoli e rue Du Louvre, di fronte all’omonimo museo e a poca distanza dalla Senna.
Ma se Jeanne aveva iniziato finalmente a vivere la sua esistenza; per lei, dopo l’episodio di Saint Denis, era iniziato uno dei periodi più strani della sua vita. La Rivoluzione Francese, per la Francia e per il mondo intero, era stato un evento epocale e a Parigi, la capitale rivoluzionaria per eccellenza, le scuole ne approfondivano molto bene ogni aspetto. Durante una visita scolastica a place de La Bastille, improvvisamente si era sentita male. Aveva alzato gli occhi e aveva visto, al posto del cielo azzurro, una massiccia, immensa costruzione nera che svettava sopra di lei e un terribile dolore al petto. Era caduta all’indietro come se qualcuno, o qualcosa, l’avesse spinta ed era svenuta. Durante una gita a Versailles aveva lasciato il gruppo e raggiunto passaggi e stanze non aperte al pubblico, come se lei conoscesse quella costruzione alla stessa stregua di casa sua, con una naturalezza che aveva lasciato perplesso anche il personale che si occupava da sempre della reggia. Un’altra volta, rientrata a casa, aveva trovato sua madre con un’amica. La donna si era alzata dalla poltrona e le aveva allungato la mano per presentarsi e lei, per tutta risposta e senza pensarci, aveva battuto i tacchi, si era inchinata e le aveva fatto un elegante baciamano.
Fece, quindi, moltissimi esami medici che diedero tutti lo stesso risultato: non sussisteva alcun tipo di problema fisico e quindi, per esclusione, vennero chiamati in causa quelli mentali. Dopo aver saputo della sua passione per la sua famosa antenata i medici che l’avevano in cura avevano sentenziato che la sua testa stava rivivendo, in qualche modo, la vita della sua antenata. E quindi era passata nelle mani degli psicologi che pure non trovavano nulla di strano nella sua testa.
Nel frattempo aveva iniziato l’università all’Ecole Normal Supérieur di Parigi, alla facoltà di Storia. In quel periodo aveva anche fatto richiesta di visitare il vecchio palazzo della famiglia de Jarjayes, a Versailles, oggetto di controversia tra lo Stato Francese, che avrebbe voluto farne un museo dedicato alla grande eroina della Rivoluzione e una fondazione privata con sede all’estero che ne deteneva la proprietà da diversi decenni e che, non si sapeva per quale motivo, lo teneva chiuso e senza manutenzione.
Si era dovuta accontentare, quindi, di vedere l’antico palazzo della sua famiglia solo dall’esterno. Una volta aveva persino pensato di entrarvi abusivamente, per accorgersi, fortunatamente, prima di farlo, che una società di sicurezza parigina controllava frequentemente la costruzione ed il parco tutto attorno.
In compenso aveva visto e visitato ampiamente il maniero della sua famiglia materna: il castello de La Mothe-Chandeniers, vicino a Chinon, tutt’ora in rovina e che era stata la casa della sua diretta antenata Josephine, la sorella di Oscar. Ma quel palazzo alla periferia di Parigi, quello in cui aveva camminato Oscar, dove aveva lottato, aveva dormito, pianto e riso, sempre insieme ad André, esercitava su di lei un fascino irresistibile. Come pure il grande dipinto di lei nella veste di Marte su un cavallo bianco conservato al Louvre e ci aveva passato ore intere ad osservarlo. Un giorno, mentre ne stava là in contemplazione estatica, un’anziana signora si era avvicinata incuriosita e si era piegata verso di lei – Perdonatemi, ma avete posato voi per quel quadro? Quell’uomo sul cavallo vi somiglia come una goccia d’acqua! – aveva detto semplicemente.
Mentre lei frequentava l’università, la sua amica Jeanne, che non poteva permettersi quel lusso, aveva dovuto provvedere anche al mantenimento di sua sorella Rosalie, dopo che sua madre si era fatta arrestare per furto. La ragazza, senza perdersi d’animo, aveva trovato lavoro in un night club, spogliandosi e ballando sul palo.
Una sera la polizia chiamò all’appartamento di fronte al Louvre e Oscar, prontamente, andò a vedere cosa era successo all’amica. Jeanne aveva trapassato con il tacco a spillo di una scarpa la mano dal dorso al palmo di un cliente che aveva osato toccare troppo. Qualcuno aveva chiamato le forze dell’ordine e lei e il molestatore erano stati portati in commissariato. Il cliente era una persona di una certa età, con un’aria viscida e che risultò essere nientemeno che René Rohannais, personaggio dal nome bislacco, ma leader di un partito di estrema destra ultracattolica e conservatrice che minacciava crociate contro il decadimento dei costumi, la prostituzione e gli immigrati. In quell’occasione Oscar vide in Jeanne un altro aspetto del suo carattere: un certo istinto criminale che non aveva mai visto nella sua amica. Jeanne ricattò senza mezzi termini Rohannais minacciando di rendere pubblico quello che era successo e lui, di famiglia ricchissima, fu costretto a ritirare ogni denuncia e a pagare profumatamente ed in senso letterale per quello che aveva fatto.
Jeanne si permise quindi non solo di mantenere Rosalie agli studi e, successivamente, alla Ecole de Architecture de Paris-La Vilette, ma anche di iscriversi lei stessa alla facoltà di legge all’Université Paris Sud. Quando Oscar le aveva chiesto perché la legge, la risposta dell’amica era stata semplice e lapidaria: “Perché conoscere la legge dà accesso a tutto e permette di fare quasi tutto”. E quella scelta, successivamente, si sarebbe rivelata fondamentale per entrambe.
Dopo l’università venne per lei l’impiego al prestigioso Collége de France come esperta di storia de XVIII secolo. Iniziò a scrivere libri su quel periodo e, ovviamente, sulla sua antenata e decise, improvvisamente, di cambiare il suo nome con quello di Oscar. Quella che per lei era apparsa come una semplice evoluzione e una conseguenza naturale della sua passione era stata accolta molto male. Malissimo dalla sua famiglia, fondamentalmente di vecchia nobiltà francese e che aveva sempre considerato la “ribelle” Oscar come una traditrice. E peggio ancora dall’opinione pubblica: una parte l’accusava di voler approfittare della fama della sua antenata per vendere i suoi libri e un’altra parte riteneva semplicemente assurdo “rubare” il nome di un’eroina della Rivoluzione.
C’era anche una piccola parte della popolazione che la sosteneva e, di fronte al tentennare dell’autorità giudiziaria, era intervenuta Jeanne, come suo avvocato e agente letterario. Con una battaglia legale puntata sul legame di sangue, sebbene molto annacquato, con Oscar e che aveva consacrato l’ex pecora nera della classe ed ex spogliarellista a principe del foro di Parigi, era riuscita ad ottenere il cambio di nome con la formula pronunciata dal giudice: “In nome del popolo francese e della Repubblica, Rose Antoinette Marie de La Mothe-Chandeniers de Monfort, approviamo il vostro cambio di nome: da ora in poi e nei documenti ufficiali, voi sarete Oscar François de Jarjayes”. E veramente, da quel momento in poi, fu Oscar de Jarjayes.
Nonostante le continue critiche alla sua decisione, si rituffò di nuovo nella Storia della sua antenata e iniziò a voler revisionare la sua biografia scritta dal suo contemporaneo e giornalista dell’epoca Bernard Chatelet. Nell’analisi di quell’opera, ritenuta la più completa sulla vita dell’eroina della Bastiglia, si era imbattuta, quasi casualmente in un fatto singolare indicato quasi in una semplice nota: la passione di Oscar per i racconti del cosiddetto ciclo arturiano. E non quelli di produzione francese, che pure avevano fatto la storia della letteratura francese ed europea e che riguardavano in massima parte l’amor cortese tra dame e cavalieri, concentrandosi su figure come Lancillotto e Ginevra. Oscar aveva apprezzato il vero e proprio blocco originario delle opere, quello riguardante Re Artù e i suoi cavalieri della Tavola Rotonda. Tra i testi che erano appartenuti ad Oscar, conservati al museo Des Invalides, oltre a manuali sulla guerra, sulla strategia e sulla balistica, figurava l’opera di Thomas Malory e altri testi riguardanti quello che veniva considerato come il primo Re inglese. E, cosa ancora più strana, tale passione sembrava nata dopo un viaggio in Normandia del 1775.
Era andata di persona a visitare la vecchia proprietà dei de Jarjayes, nazionalizzata alla fine del XIX secolo: una villa nella località di La Madeleine, nel Comune di Sainte Marie du Mont. Gli arredi erano stati tutti spostati e messi nel piccolo museo del capoluogo. La casa era un semplice fabbricato a forma di ferro di cavallo ad un piano solo a ridosso di Utah Beach, la prima spiaggia ad essere presa d’assalto durante lo sbarco alleato del sei Giugno del 1944 e venne usata, durante l’occupazione tedesca, dalle SS, i pretoriani del partito nazista. La sorpresa di Oscar fu ancora più grande quando scoprì che uno dei reparti che aveva alloggiato nella costruzione apparteneva alla alla cosiddetta SS-Panzerdivisionen Ahnenerbe, letteralmente: divisione corazzata SS Ahnenerbe. Quel reparto non aveva a disposizione nessun carro armato, a dispetto del nome pomposo, ma era forse l’unità più strana e, per certi versi, persino assurda di un corpo militare che aveva seminato il terrore e la morte in tutta l’Europa e che si occupava, anche da prima dello scoppio della guerra, di tutti quei fatti che esulavano dalla normale comprensione umana per volere del suo crudele e lunatico comandante: il Reichsfuhrer Heinrich Himmler.
Cosa avessero trovato o portato via le SS non era possibile saperlo. Si era recata persino all’Archivio Storico di Berlino, ma non aveva trovato alcun tipo di documentazione, probabilmente andata perduta o persino distrutta durante gli ultimi giorni di guerra.
Pochi giorni dopo il suo rientro dalla capitale tedesca venne chiamata al Collége de France a Parigi per visionare la fotografia di uno strano oggetto ritrovato sulla costa nord della Cornovaglia, in un piccolo centro chiamato Tintagel, a poca distanza dalle secolari rovine di un castello che, secondo le leggende locali, aveva visto Re Artù e nientemeno che la sua nemesi in persona, l’altrettanto famosa e mitica Fata Morgana. Al suo arrivo uno dei suoi colleghi, Maurice Lafort gli aveva raccontato di un recente viaggio in Scozia con sua moglie Odille e di una strana storia su una legione romana fantasma in un villaggio chiamato Dunblane. Quando il direttore del suo dipartimento aveva mostrato le fotografie dell’oggetto, datato con il metodo del carbonio 14 all’incirca al VI secolo dopo Cristo, aveva dato un’occhiata più per caso, dato che quello non era il suo campo di specializzazione. Ma quando aveva posato lo sguardo sui resti che si sarebbero rivelati quelli di una pistola francese del XVIII secolo si era sentita irrigidire, come in trance, esattamente come nella Chiesa di Saint Denis, a place De la Bastille e a Versailles e aveva avuto una visione ad occhi aperti: una bianca mano che teneva una vecchia pistola ad avancarica, la maneggiava come se non sapesse come usarla, l’agitava e poi la gettava in aria e cadeva…Cadeva sullo sfondo di un cielo plumbeo e precipitava da una scogliera mentre lei la guardava impotente.
Quando aveva detto, nello stupore generale, che si trattava di una pistola ad avancarica l’avevano guardata con stupore e divertimento. Successivamente la sua intuizione si era rivelata esatta. E, con una sorpresa nella sorpresa, si era rivelata davvero un’arma di fabbricazione francese con tanto di marchio e anno di costruzione: il 1772. Quelle rivelazioni avevano gettato nello sconcerto non solo lei, ma anche tutto il personale del Cornwall College che aveva sovrainteso al ritrovamento. Il responsabile, il dottor Anthony Fischer, l’aveva invitata con lui a presentare la scoperta al mondo e per farlo avevano scelto nientemeno che il Camelot Castle Hotel di Tintagel, una strana costruzione che doveva, forse, secondo i suoi costruttori, ricordare il leggendario castello di Re Artù.
Come se non bastasse, un mese prima della partenza, aveva ricevuto una mail da Londra da parte di un certo dottor Andrew Great di Londra che le comunicava di aver trovato, in un vecchio archivio del Foreign Office, il servizio segreto inglese, un rapporto riguardante un viaggio compiuto dalla sua antenata Oscar nel sud dell’Inghilterra: a Tintagel, Glastonbury e Salisbury, cittadina conosciuta perché nel suo territorio si ergeva il sito megalitico di Stonehenge. La sua sorpresa, come pure la sua curiosità, era quindi salita alle stelle: di quel viaggio Chatelet non ne aveva mai parlato nel suo libro; molto probabilmente, semplicemente, perché non ne era a conoscenza e poi tutte quelle località non rimandavano alla storia francese o a qualche avvenimento storico di fine Settecento; non facevano nemmeno parte della storia personale di Oscar, ma rappresentavano, in effetti, una sorta di viaggio per un appassionato della letteratura arturiana.
Non aveva visto in faccia il dottor Great, ma ci aveva parlato alcune volte al telefono. Aveva una bella voce, profonda e dolce, ma quello che l’aveva colpita era il suo nome: Andrew, come André e Great, che richiamava alla mente il cognome Grandier.
Ripensando a tutte quelle coincidenze improvvise aveva rabbrividito. Era stato come se qualcuno, o qualcosa, l’avesse chiamata proprio in Inghilterra. Ed era proprio lì, in quell’albergo strano a forma di castello medioevale, dopo la burrascosa presentazione di una scoperta a dir poco impossibile, che aveva deciso di andare a vedere le rovine del castello di Tintagel.
Che Oscar fosse partita da lì poteva anche capirlo, tra quelle pietre sparse tutto il ciclo arturiano era iniziato: con la rivolta del Duca di Cornovaglia, con il concepimento del Re ed era rimasta la fortezza della nemica per antonomasia, del rivale per eccellenza di Artù e dei suoi cavalieri: la potente, crudele e assetata di potere Morgana, sorella del sovrano. E proprio lì aveva incontrato la strana donna seduta di fronte a lei e che l’aveva invitata a cena: vestita anche lei come un uomo in lugubri abiti scuri, con i capelli neri e la pelle pallida in modo innaturale; di nome Morgan Drakehead.
Un’altra strana coincidenza, si era detta Oscar: la donna si chiamava Morgan, proprio come Morgana. Le due donne avevano subito legato e avevano visitato insieme le rovine, superato il Tintagel Castle Bridge per arrivare alla penisola di forma circolare a nord del sito con la King Arthur’s Statue che ritraeva il leggendario sovrano in piedi, con la sua altrettanto leggendaria spada nelle mani mentre contemplava la “sua” Britannia. Poi erano scese a vedere il cosiddetto Tintagel Heaven, la spiaggia sottostante la scogliera dove sorgeva il castello e la Merlin’s Cave, la grotta dove, secondo la leggenda, risiedeva ancora il Mago Merlino.
 
Oscar sorrise debolmente e distolse lo sguardo dalla finestra, tagliò un altro pezzo di carne e se lo portò alla bocca. Masticò con gusto e poi sorrise alla sua ospite: - Oggi abbiamo fatto una bellissima gita. E vi ringrazio di avermi consigliato il cinghiale, è decisamente delizioso –
L’altra donna sorrise mostrando dei canini decisamente e stranamente appuntiti – Mi fa piacere Miss de Jarjayes – disse sollevando un calice di cristallo con del vino rosso.
Oscar finì la sua carne e poi spinse in avanti il piatto con entrambe le mani – Sono sazia! –
Anche l’altra non aveva mangiato molto, appoggiò i gomiti sul tavolo e incrociò le dita all’altezza del volto – Vi consiglio un tonico alle erbe Questo albergo è abbastanza grande da averne qualcuno locale, anche se in Cornovaglia siamo più rinomati per le birre –
Oscar sospirò e guardò ancora fuori dalla finestra – Oh! Gradirei veramente un amaro! Stavo ammirando la nebbia…Ogni tanto mi piacerebbe perdermici dentro –
L’altra aggrottò la fronte – Non capisco…Vorreste perdervi qui? –
Oscar sorrise debolmente e la guardò – Perdonatemi Miss Drakehead, se sono così diretta, ma a voi è mai capitato di voler…Fuggire dal mondo attuale e vivere in…In un’altra dimensione? –
La donna pallida inarcò le sopracciglia – Continuamente – disse e sorrise.
Oscar annuì – Se voi siete ospite di questo albergo sapete benissimo cosa è successo oggi e perché c’erano tanti giornalisti –
L’altra annuì – Sembra che sia stato trovato un oopart…Che sta per out of place artifact…Artefatto fuori posto…Indica di solito quegli oggetti, dei reperti archeologici, che non possono essere collegati al periodo storico al quale, tuttavia, appartengono. E immagino che quello di cui voi stiate parlando sia legato alla storia di questo luogo e alle sue leggende anche se, parola mia, non ho la minima idea di cosa possa essere –
Oscar sospirò – Ve lo posso dire io, del resto lo leggerete domani sui giornali o, magari, anche stasera su qualche strambo sito internet. E’ stata trovata una pistola, persa nella scogliera a poca distanza dal castello. Gli esami eseguiti la fanno risalire all’incirca al VI secolo dopo Cristo, proprio il periodo in cui questo posto ha conosciuto Re Artù…E la Fata Morgana…La pistola risale al XVIII secolo ed è stato trovato anche lo stemma della fonderia francese in cui è stata creata con tanto di anno di fabbricazione: il 1772…E quella è un’arma che la mia illustre zia avrebbe potuto benissimo maneggiare –
L’altra sorrise – Certo…La vostra antenata…Non certo la strega che portava il mio nome…Morgana, come Morgan –
Oscar annuì – Certo…Cosa ci faccia una pistola del XVIII e datata al VI secolo qui…Proprio non lo so…Ma, Miss Drakehead, checché ne dicano tutti quei giornalisti, quell’oggetto esiste ed è reale –
Morgan strinse le labbra – Troppo spesso gli uomini…E le donne…Reagiscono con violenza contro tutto quello che è diverso dalle loro credenze e da quello che conoscono – disse e sospirò – E’ una cosa…Naturale…Purtroppo –
Oscar appoggiò il gomito sul tavolo e il mento sulla mano – E non vi dico cosa è successo quando ho deciso di cambiare il mio nome per rendere omaggio a mia zia! Mi hanno accusato di approfittare della sua storia gloriosa per vendere i miei libri e farmi pubblicità…Ma io, ve lo assicuro, volevo solo che il mondo conoscesse davvero Oscar de Jarjayes –
Morgan socchiuse gli occhi – E chi era Oscar de Jarjayes? Secondo Oscar de Jarjayes –
Oscar si raddrizzò sulla sedia e inspirò a fondo – E’ stata…E’ stata qualcosa che non ha avuto eguali al mondo! Non è stata solo un personaggio femminile e nemmeno un semplice soldato. Come donna ha comandato la Guardia dei Re di Francia, una delle più antiche e potenti monarchie del mondo. Ha potuto vedere la ricchezza della nobiltà e la miseria del popolo e ha scelto il popolo! Come ha scelto di sacrificare tutto per il suo vero amore, André. Il sacrificio suo e del suo amato hanno fatto piangere il mondo intero. Gli hanno dedicato strade, piazze, eventi, convegni, una sezione del Musée dell’Armée a Les Invalides persino una sala del Louvre e un festival ad Arras, dove il suo corpo riposa. Ogni quattordici di Luglio il Sindaco di Parigi mette una corona di fiori nel posto dove è morta, segnalato da una targa in ottone posata dal capo del Direttorio e leader dei termidoriani che giustiziarono Robespierre, Paul Barras. Un centinaio di circoli femministi francesi usano il suo nome e anche qualche migliaio in tutto il mondo! Hanno fatto di lei film, serie animate e fumetti…Persino nel lontano Giappone! Lo sapevate che trai libri che hanno ritrovato nella stanza di Anne Frank, nel suo rifugio ad Amsterdam, c’era una versione in olandese della biografia di Oscar? E io me la immagino quella povera piccola che trae coraggio dalle gesta della mia antenata! Era alta 178 centimetri e le sue misure erano ottantasette, sessantatre e novanta, come una dannata modella! E per fare un nuovo film sulla sua vita sapete chi vogliono chiamare ad interpretarla? Scarlett Johansson, che non arriva nemmeno a un metro e sessanta! – disse e solo allora si accorse di essersi alzata in piedi piegandosi verso Morgan che, con la faccia spaventata, si era ritirata all’indietro tenendo i pugni all’altezza del petto, come per difendersi.
Oscar deglutì e si guardò attorno. Tutti i presenti, compresi i camerieri, erano rimasti impietriti e la fissavano ad occhi aperti. Si raddrizzò, batté lentamente i tacchi delle scarpe, fece un piccolo inchino e si sedette abbassando la testa – Scusate – disse piano.
Un cameriere si avvicinò piano: – Er…Scusatemi…Vi serve qualcosa? –
Oscar si limitò a tentennare e Morgan lo congedò con un cenno. Poi guardò l’altra e sorrise – Io…Accidenti! Volete davvero molto bene alla vostra antenata! –
Oscar sospirò – Volevo farvi capire che non ho preso il suo nome per farmi pubblicità, ma perché…Perché la sento parte di me…E alle volte…Alle volte, vi prego di credermi…Mi sembra di essere davvero lei –
A Morgan brillarono gli occhi e poi sorrise; prese il calice di vino e lo alzò – A Oscar, allora, all’eroina che era…E all’eroina che è – disse indicando l’altra.
Oscar sorrise e prese il suo calice – A Oscar! –
 
Poco dopo le due donne si diressero verso il grande atrio dell’albergo. Di fronte all’ascensore Oscar sorrise e porse la mano all’altra - Vi ringrazio della bella serata. E perdonatemi se vi ho fatto imbarazzare –
Morgan sorrise e gli passò un biglietto da visita – Se vi trovate a Glastonbury o…In Gran Bretagna per un qualsiasi motivo, non esitate a chiamarmi, ve ne prego –
Oscar prese il biglietto e sorrise di nuovo – Lo terrò a mente, arrivederci, Miss Drakehead – disse ed entrò in uno degli ascensori. Le porte si richiusero e Morgan sospirò; attese un altro ascensore, entrò ed aspettò che le porte si chiudessero. Prese una chiave dalla tasca della sua giacca nera, sollevò un pannello sotto la pulsantiera e la infilò nel piccolo pertugio. L’ascensore cominciò a salire; la stava portando in una sezione segreta dell’ultimo piano, creata e messa a disposizione solo per i proprietari dell’albergo. Dopo qualche istante la porta di riaprì in un corridoio rivestito di viva pietra. Morgan sapeva che le pareti erano di cemento armato e solo rivestite con sassi e pietre, ma così lei aveva voluto anni e anni prima in sede di progettazione. Aprì una porta massiccia in legno di quercia ed entrò nella stanza.
Anche le pareti di quell’ambiente erano rivestite di blocchi di pietra, come la sala di un antico castello e anche il mobilio, ad occhi moderni, sarebbe apparso antico e vetusto. Su una parete c’era un grande caminetto che sembrava intagliato nella viva roccia e, sulla mensola, era appoggiata una grande spada con fodero ed elsa neri; la guardia era in lucente acciaio, come il pomolo. Quest’ultimo aveva la forma di un uccello ad ali aperte. Sopra la spada campeggiava un vessillo bianco con il disegno di un grande uccello nero ad ali spiegate, fatto di un tessuto talmente consunto da dover essere protetto da una lastra di vetro.
La donna si guardò intorno e, come sempre, notò che la foggia antica della sala, del letto, delle sedie e dei tavoli strideva con il moderno delle lampade alogene al soffitto e alle pareti e con il serramento in alluminio della finestra; come pure il computer portatile aperto su un tavolino. Morgan notò che una luce intermittente stava brillando sullo schermo, si avvicinò e schiacciò un bottone. Dopo qualche istante apparve il volto di una donna bionda con i capelli raccolti in una treccia che ricadeva sulla spalla sinistra.
La donna bionda sospirò – Finalmente! Ti sto cercando da molto, sorella –
Morgan inarcò un sopracciglio e l’altra sospirò: – E’ iniziata…Come tu avevi predetto –
Morgan alzò il mento e si permise di sorridere. In quel momento lo schermo si divise in due ed apparve, sull’altro lato, il bellissimo volto ovale di una donna dai capelli rossi come il fuoco e dagli occhi verdi come smeraldi: - Sono qui, sorelle! So che è finalmente iniziata la fine della nostra lunga missione –
Morgan annuì e non disse nulla. La donna dai capelli rossi si portò una mano alla bocca soffocando un singhiozzo di commozione. Si ricompose subito e aggrottò la fronte – E…E tu…Hai trovato il nostro campione? –
Morgan sospirò – Oh, si! L’ho trovato, sorella! Anzi…L’ho ritrovata! –
La donna bionda abbassò per un attimo la testa e poi la rialzò stringendo le labbra – Dunque ci siamo! Lei…Lei lo sa? –
Morgan tentennò – No! Non lo sa ancora, ma lo saprà…Oh! Lo saprà, di questo non dovete dubitare, sorelle –
La donna rossa, con gli occhi lucidi, tirò su con il naso e annuì – E così sia! Ti serve il nostro aiuto, sorella? –
L’altra fece un gesto con la mano – Quando verrà il momento, sorelle, tutte noi verremo chiamate a fare qualcosa, non dubitate. Per adesso, dobbiamo solo attendere il momento più propizio –
Le due donne sullo schermo annuirono contemporaneamente e Morgan chiuse la comunicazione. Rimase per un attimo a guardare il suo riflesso sullo schermo nero e poi allungò il braccio destro verso il camino. La spada sulla mensola ebbe un sussulto e poi si librò in aria per andare ad appoggiarsi, lentamente, nella mano di lei che se la tenne stretta al petto con entrambe le mani ed estrasse di qualche centimetro la lama perfettamente lucida ed affilata: “Mia vecchia amica! E’ finalmente arrivato il momento…L’ora della nostra ultima battaglia. Sono tornata senza onori e senza gloria, senza insegne e senza titoli…E combatterò!” pensò e rinfoderò l’arma con uno scatto.
 
Gran Bretagna – Londra – Oggi
Andrew Great si coprì con una mano l’occhio sinistro e guardò la penna con l’occhio destro. La mosse a destra e a sinistra e poi la lasciò cadere sulla scrivania. Si massaggiò gli occhi e poi le tempie. Non vedeva più nulla dall’occhio sinistro e l’occhio destro si stava sempre più indebolendo. Guardò per un attimo fuori dalla grande vetrata il panorama del Tamigi e del Tower Bridge. Riconosceva la forma dello storico ponte, come pure, dalla parte opposta, quella del vecchio incrociatore Belfast, ancorato alla banchina, ma il resto gli appariva sfocato e lo sarebbe stato sempre di più con il passare del tempo.
Improvvisamente sul tavolo piombò un aeroplanino di carta. Lui lo prese e guardò l’altra scrivania, quella occupata dal suo migliore amico e collega Alan Saxton che se ne stava stravaccato sulla poltrona con le mani incrociate dietro la nuca: - Sai, Andrew…Dovresti deciderti a farti vedere quell’occhio! Sta diventando noioso anche farti gli scherzi! –
Andrew sospirò, si accarezzò i suoi capelli lunghi fino quasi alle spalle, prese l’aeroplanino di carta, lo schiacciò nella mano e lo gettò nel cestino sotto la sua scrivania – E tu dovresti deciderti a lavorare, Alan! –
L’altro alzò le braccia e fece girare la poltrona su sé stessa – E perché? Per il momento il nostro boss è impegnato con la mostra al British Museum e io me ne starò qui volentieri in questo moderno palazzo a non fare assolutamente nulla! Tu invece, dovrai scarrozzarti per Londra quella…Come si chiama? –
Andrew sorrise – Oscar François de Jarjayes –
Alan abbassò le mani e si piegò in avanti – Ecco! Quella francese là! Ho visto la sua fotografia…Bella è bella! Ma chiamarla Oscar…E’ un nome che va bene ad un gatto, non ad una bella biondina! –
Andrew sorrise – Non è il suo vero nome, ma quello di una sua antenata…Ma che te lo dico a fare! Lo sai benissimo di chi e di cosa stiamo parlando – disse e poi rimase assorto nei suoi pensieri.
Andrew aveva poco più di trent’anni; originario del Lincolnshire, aveva perso i genitori da bambino ed era stato allevato da sua nonna Mary: una simpatica, piccola e paffuta vecchietta che, superati gli ottant’anni, era abituata a bere un bicchiere colmo di gin ogni sera e a mettersi in piedi davanti ad un grande ritratto di Elisabetta II e cantare “Rules Britannia” ogni mattina. “Il mio segreto di lunga vita” lo chiamava lei. Si era laureato alla History Faculty di Oxford a pieni voti, con la voglia e la speranza di insegnare. Ma invece aveva trovato quel posto da ricercatore in una società privata che pagava molto meglio di qualsiasi istituto, compresi quelli privati e che occupava una cospicua parte del grande palazzo a forma di pigna di vetro sulle rive del Tamigi, tra il museo galleggiante dell’incrociatore HMS Belfast e del Tower Bridge. Il loro capo, nonché presidente della Historical Research Foundation Ltd, era un uomo ricchissimo, di origine svedese e recentemente era venuto alla ribalta in Gran Bretagna e nel mondo intero per un importantissimo ritrovamento archeologico effettuato nientemeno che nei pressi di Stonehenge, vicino a Salisbury.
Si era specializzato in storia inglese del XVIII secolo, anche se la sua tesi di laurea era stata fatta, contrariamente al volere dei suoi professori, che si aspettavano un argomento più inerente alla storia britannica; sulla figura storica di Oscar de Jarjayes. L’eroina della Rivoluzione Francese lo aveva sempre affascinato, fin da quando, da piccolo, aveva studiato quel periodo storico e si era imbattuto, inevitabilmente, in quel particolare personaggio. E, fino all’inizio dell’università, era stato intimamente convinto di essere stato chiamato Andrew in onore del compagno d’armi e grande amore di Oscar: André Grandier. Si era più volte detto che quella convinzione l’aveva sempre bloccato nelle relazioni con l’altro sesso. Aveva avuto molte ragazze, ma con nessuna era mai riuscito a stare per più di qualche giorno. E, si, non vedeva l’ora di conoscere quella Oscar. Quella sua lontana pro pro pro pro pro nipote che aveva cambiato il suo nome. Secondo lei per omaggiarla, secondo i suoi detrattori, ed erano molti, per vendere più libri. Quando gli era capitato per le mani un vecchissimo rapporto del servizio informazioni di Re Giorgio III sul viaggio di Oscar de Jarjayes, quella vera, in Inghilterra non ci aveva nemmeno creduto. La sua felicità era salita ai massimi livelli, anche considerando che non si sapeva assolutamente nulla di quell’avvenimento. Oscar, l’eroina della Rivoluzione, aveva fatto un viaggio in Inghilterra, nel paese considerato nemico della Francia, poco dopo la fine della guerra nelle colonie americane che avevano visto l’indipendenza e la nascita degli Stati Uniti d’America e prima di prendere il comando delle Guardie Francesi, quegli stessi soldati che, solo due anni dopo, avrebbe guidato, spada alla mano, alla presa della Bastiglia.
Perso in quei pensieri e immaginandosi Oscar in posa plastica di fronte al nero castello simbolo della tirannia borbonica, Andrew non si accorse della figura che gli aveva appoggiato una cartellina sulla scrivania. Alzò lo sguardo e incontrò i begli occhi chiari di Diane, collega sua e di Alan all’istituto e specializzata nel periodo coloniale inglese tra diciassettesimo e diciottesimo secolo nelle Americhe. Diane era una franco-canadese e, non appena arrivata a Londra, Alan l’aveva presa sotto la sua ala protettiva, ma non come una ragazza da conquistare, ma più come una vera e propria sorella. In effetti il suo bel viso e i suoi capelli castani mossi formavano un quadro delizioso che solo Andrew, per un breve periodo, quasi sei mesi, il più lungo della storia delle sue relazioni, era riuscito a conquistare.
La donna sorrise – Che hai…Pensi alla tua bella francese? –
Andrew sbuffò – Mi sembra che tutti voi pensiate alla bella francese! Magari la porterò qui e così la vedrete dal vivo –
Diane annuì – Non vedo l’ora! Ho letto alcuni dei suoi libri e sono molto interessanti…Specie quelli sulla sua antenata. E’ come se le cose le avesse vissute di persona…Ma non sono qui per questo! Nella cartella c’è il tuo prossimo incarico, il grande capo ha comunicato che lui in persona accoglierà la de Jarjayes –
Andrew rimase a bocca aperta e guardò Alan – Ma come… -
L’altro scrollò le spalle e si alzò, andò a sedersi sulla scrivania dell’amico con una gamba a ciondoloni e sorrise mestamente: - In fondo, se ci pensi, è anche giusto così. Ti dimentichi sempre che l’antenato del capo era stato l’amante di Maria Antonietta…Quella Maria Antonietta che Oscar de Jarjayes, quella vera, conosceva. Credo che lui lo trovi in qualche modo elegante! Del resto il suo pro pro pro…Qualcosa…Zio deve averla senza dubbio incontrata quando bazzicava Versailles per farsi qualche giro di giostra con la Regina di Francia –
Andrew aggrottò la fronte – Riesci a rendere qualsiasi cosa squallida, Alan –
L’altro sorrise e incrociò le braccia sul petto – Andiamo, amico mio, è chiaro come il sole che Fersen vuole conoscere la de Jarjayes! Che cavolo! Sembra un film o un pessimo libro: i discendenti di due importanti personaggi storici che si incontrano…Non lo trovi divertente? –

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Capitolo 3
*** Il ritorno della Regina ***


Treno ad alta velocità Eurostar – Linea Bath – Londra Paddington – oggi
Oscar riaprì gli occhi, si guardò attorno e poi si stiracchiò. Alzò la tendina del finestrino e guardò il panorama: il treno stava percorrendo la dolce campagna inglese e si stava avvicinando alla capitale del Regno Unito. Lei se ne stava da sola in una cabina privata di colore bianco asettico con tanto di divanetto e tavolino, anche se si era addormentata in una comoda poltrona. Allungò le mani ed aprì il coperchio del suo computer portatile, sorrise tra sé, come sempre alla vista del desktop con il quadro della sua antenata; schiacciò qualche bottone e Oscar in armatura fu sostituita dal volto di una donna sorridente dai capelli scuri: - Rosie…Finalmente! Non ci speravo più! –
Oscar sospirò, Jeanne usava ancora il suo vecchio nome e non provava nemmeno a cambiarlo, anche se era stato in gran parte per merito suo se le autorità francesi l’avevano autorizzata ad usare il nome della sua antenata. Sorrise e guardò l’amica: la ragazza trasandata che aveva conosciuto per la prima volta aveva lasciato il posto a una seria professionista con i capelli lisci raccolti in una elegante coda che indossava sempre una camicia bianca ed un tailleur grigio scuro. Dopo il successo nella lotta legale per il cambio del suo nome era diventata associato di uno degli studi legali migliori di Parigi ed era diventata il suo agente letterario. Oscar sospirò: - Scusami, ma la conferenza a Tintagel è stata…Particolare –
Jeanne aggrottò la fronte – Ho visto alcuni siti web…E non sono proprio accreditati come attendibili…Ma è vero quello che hai detto? Voglio dire…Avresti dovuto chiedermi un parere legale, sai che il mio collega Nicolas si occupa di queste cose. Hai sempre avuto una carriera lineare e perfetta, ma rovinarla per…Per un’antica pistola fuori tempo… -
Oscar sospirò di nuovo – Ho detto la verità, Jeanne. Ma ti spiegherò tutto meglio quando tornerò a Parigi. Ti ho chiamato per un altro motivo…Hai delle novità per me? –
Fu Jeanne a sospirare, abbassò la testa e si sentì il rumore di fogli spostati. L’avvocatessa si sistemò degli occhiali sul naso e la guardò di nuovo – Per quello che riguarda la Historical Research Foundation ltd per la quale lavora questo fantomatico dottor Great, esiste davvero ed è anche una grossa società. Si è sempre mossa nell’ombra, ma è saltata alla ribalta per una grande scoperta archeologica dell’anno scorso effettuata nelle immediate vicinanze di Stonehenge…Ed ha sconcertato tutto il mondo accademico! Stanno allestendo una grande mostra al British Museum a cui sembra che parteciperà la Regina in persona. Per il resto si sono distinti per diverse pubblicazioni di settore su varie riviste specializzate in storia e ci sono anche un paio di libri del tuo Andrew: uno sull’epoca coloniale sotto il regno di Giorgio III e un breve saggio sul significato moderno del mito arturiano…Credo che si riferisca a Re Artù, ma è una pubblicazione più amatoriale che accademica, visto che è specializzato nella storia inglese del XVIII secolo –
Oscar rimase per un attimo scossa. Si parlava ancora di Re Artù, ma quello che l’aveva colpita, senza capirne bene il motivo, era stata la frase di Jeanne sul suo Andrew. L’altra si tolse gli occhiali e aggrottò la fronte – Tutto bene, Rose? –
Lei annuì – Non è nulla…E…Riguardo ai loro fondi? –
Jeanne sorrise con l’angolo della bocca – E qui abbiamo un piccolo mistero! Ricevono capitali da diverse donazioni, in gran parte da Londra, dove hanno la loro sede, ma gli importi più cospicui arrivano non dalla Svezia, di dove è originario il proprietario e fondatore della società, ma dalla Svizzera, Ginevra, da Dubai, dalle isole Cayman, Hong Kong, Lussemburgo, Singapore, Olanda…Tutti dei bei paradisi fiscali…Ma anche, cosa ancora più strana, delle grosse cifre dal Canada –
Oscar si piegò in avanti – C’è qualcosa di strano? E’ tutto regolare? –
L’altra agitò la mano con cui teneva gli occhiali – Assolutamente si! Ma il fatto che ci siano così tante cifre da degli acclarati paradisi tributari fa pensare che possiedano dei fondi speciali a cui attingono a piene mani…E sono molto cospicui –
Oscar si rilassò per un attimo e poi aggrottò la fronte – Dicevi che il proprietario è svedese? –
Jeanne sorrise divertita – Lo è! Ma credevo che tu lo sapessi già! Anzi…Mi sarei meravigliata del contrario! –
Oscar la guardò in modo interrogativo e l’altra sospirò – Rose…Rosie…Sempre con la testa sui libri! Immagino che tu abbia solo visto il nome della società per cui lavora quel Great e mi abbia chiesto di investigare…Ma ti sei persa il meglio! Si! Il proprietario ed amministratore della società è svedese e se tu ti fossi presa la briga di vedere perlomeno il suo nome…Non staresti nella pelle per conoscerlo –
Oscar socchiuse gli occhi – Vai avanti! –
Jeanne incrociò le dita sulla scrivania – Aspetta! Fammi provare la meravigliosa sensazione di sapere qualcosa che tu, con tutta la tua grandissima coltura, non sai…Oh! Fa niente! Non resisto! Si chiama Alexander Fersen –
Oscar sgranò gli occhi – Fersen!? – disse quasi gridando.
Jeanne aprì la bocca ridendo – Eh, si! Proprio della famiglia di quel Fersen! L’amante di Maria Antonietta che, sicuramente, aveva conosciuto anche la tua antenata…Oh! Me la vedo la vecchia Oscar, che fa la guardia alla porta della camera della Regina mentre lei e lo svedese…Beh! Hai capito! –
Oscar si portò una mano alla bocca e distolse lo sguardo. In quel momento non pensava alla vera Oscar, ma a tutte quelle strane coincidenze che le stavano capitando. Sentì un brivido percorrerle la schiena al solo pensiero che qualcuno, o qualcosa, stesse decidendo della sua vita nell’ombra e tutto in funzione della sua illustre zia. Jeanne si passò una mano sul viso e smise di ridere – E’ nato in Svezia dalla nobile famiglia dei conti Fersen, ma è naturalizzato inglese…Ha lasciato casa dopo aver ereditato tutti i beni di un suo discusso prozio paterno: un certo Gustav Anders Von Fersen. Questo Gustav, non è un mistero, era stato ostracizzato dal resto dei parenti per le sue simpatie naziste, è stato addirittura un oberstal…Obertumm…Obersil…Oh! Un colonnello delle SS! Alla fine della guerra è tornato in Svezia e ha vissuto praticamente da solo, tranne che per le visite periodiche del suo pronipote Alexander. Comunque: dopo la sua scoperta archeologica è stato subito insignito del Distintissimo Ordine di San Michele e San Giorgio e, quando verrà inaugurata la mostra al British Museum, verrà insignito dalla Regina anche del Nobilissimo Ordine della Giarrettiera, che è il più antico della Gran Bretagna –
Oscar sorrise – Sei stata in gamba, come al solito, Jeanne. Ma dimmi…Per l’altra cosa…Come siamo messi? –
Jeanne sospirò – Per l’altra cosa…La società che possiede Palazzo Jarjayes, a Versailles, ha sede in Olanda ed è di proprietà di una società che ha sede a Londra, che a sua volta è di proprietà di una società con sede a Taiwan, che poi è di una società con sede a Tokyo…E così via…E così via…Ma non credere che non sia arrivata alla fine della catena: l’ultima proprietaria è una certa Rqrf ltd con sede nelle isole Hawaii –
Oscar aggrottò la fronte – Rqrf…Che razza di nome è!? Ma sai chi è il proprietario, alla fine? Possiamo parlargli e chiedere di visionare il palazzo? E perché cavolo è sempre sorvegliato da una società di pubblica sicurezza di Parigi? –
Jeanne tentennò sconsolata – Cosa siano e cosa facciano non lo sa nessuno. Dal punto di vista informatico sembra che spendano un sacco di soldi sulla sicurezza visto che nessuno può vedere i loro dati societari…L’unica cosa che posso fare, come tuo legale, è mandare una richiesta presso la loro sede ed attendere…Ma temo, che anche se poi conoscessimo il nome del proprietario, ci troveremo davanti un rispettabilissimo prestanome –
Oscar strinse i pugni, ma poi si rilassò – Non importa! Hai fatto comunque un buon lavoro! Jeanne, dai un bacione a Rosalie da parte mia –
Jeanne strinse le labbra – Rosie…Ti parlo non da avvocato, ma da amica: sembra che questa gita inglese sia per te più faticosa e stressante di quello che sembra…Io non so cosa abbia fatto la tua antenata…O cosa c’entri con Re Artù…O con una vecchia pistola arrugginita raccattata chissà dove…Ma promettimi una cosa: quando tornerai qui noi ce ne andremo a Versailles, a vedere la reggia, come da ragazzine. Promettimi che giocheremo di nuovo a seguire i passi della vecchia Oscar nel grande giardino e che ci mangeremo un doppio sandwich greco con una birra enorme…Promettimelo! –
Oscar sorrise felice – Si, Jeanne, te lo prometto! Adieu! – disse e gli mandò un bacio.
L’altra sospirò e strinse le labbra – Adieu, mon amie! –
 
Oscar chiuse lentamente il coperchio e guardò ancora fuori dal finestrino. In quel momento si accorse che il paesaggio era totalmente cambiato e che ormai non si vedeva più il verde della campagna, ma solo case, case e palazzi ed era il segno che il treno stava arrivando a Londra. Si guardò attorno, di certo i soldi non mancavano alla Historical Research Foundation; un lussuoso taxi era arrivato a prenderla al Camelot Castle Hotel per portarla fino a Bath e da lì prendere il treno Eurostar per Londra.
Aveva cercato di salutare di nuovo Morgan Drakehead, ma alla reception gli avevano comunicato che la donna aveva già lasciato l’albergo. Delusa, ma nonostante tutto, soddisfatta della bella serata, si era infilata nella grande Mercedes e, dopo un viaggio di tre ore, era salita sul treno in una cabina riservata tutta a sua disposizione; il tutto pagato dai suoi misteriosi ospiti e, dopo un’altra ora e mezza, stava finalmente arrivando alla stazione londinese di Paddington.
 
Londra – oggi
Oscar si guardò attorno sulla banchina ferroviaria e notò quasi subito un corpulento uomo in un completo nero, forse una guardia giurata, che teneva in mano una targa con scritto sopra: “Oscar François de Jarjayes”. Accanto a lui c’era una donna alta e filiforme con una giacca marrone, una gonna dello stesso colore lunga fino alle ginocchia e delle scarpe con tacco altissimo. Aveva un bel volto ovale con i capelli di un colore castano scuro raccolti in un rotondo chignon sopra la testa. Si avvicinò e la donna sorrise porgendole la mano – Mademoiselle de Jarjayes, benvenuta a Londra! Il mio capo si scusa per averla fatta affaticare con il viaggio in macchina fino a Bath, ma non ci sono linee ferroviarie da Tintagel a là e men che meno treni diretti per Londra. Ho provveduto di persona affinché mandassero l’automobile più grande e comoda a disposizione. Ma perdonatemi, sono Martine de Poligny, assistente del signor Fersen –
Oscar rimase per un attimo interdetta, come se avesse riconosciuto qualcosa, o qualcuno, all’udire il nome della donna, ma le strinse la mano trovando quella dell’altra molto fredda. Martine alzò il mento – Pensavamo di farvi alloggiare qui, nei pressi della stazione, all’Hilton, poi abbiamo pensato di trattarvi ancora meglio al Roseate House, sulla Westbourne Terrace, un hotel storico e lussuoso ma il signor Fersen ha creduto di farvi cosa gradita prenotandovi una suite al Royal Lancaster, più moderno e altrettanto comodo, poco distante e con vista su Hyde Park. Ma vi ci porteremo dopo. Il Signor Fersen vuole che lo raggiungiate immediatamente e mi sono permessa di far venire qui un’altra automobile per portare i vostri bagagli in albergo mentre noi andiamo da lui –
Oscar sbatté le palpebre spaesata – Ma certo…Madame de Poligny. Siete francese? Non riconosco il vostro accento –
La donna socchiuse gli occhi – Sono franco canadese, ma adesso andiamo, il signor Fersen ci sta aspettando –
Oscar vide che un altro uomo, venuto fuori da chissà dove, prendeva le sue valigie e seguì Martine verso l’uscita della stazione sulla Praed Street. Vide le sue valigie caricate su una monovolume e lei entrò in una grande berlina Jaguar nera con i finestrini posteriori oscurati.
Martine si accomodò sul sedile e accavallò le gambe con un rapido ed elegante movimento. Poi sorrise verso Oscar – E’ la prima volta che venite a Londra? –
Lei tentennò – Ci sono stata da ragazza per qualche giorno. Dove siamo diretti? –
Martine sospirò, schiacciò un bottone sul poggiolo e si aprì davanti a loro uno scomparto con due bicchieri di cristallo pieni a metà. Li prese e ne porse uno a Oscar – Pimm’s! Uno dei coktails tipici di Londra –
Oscar aggrottò la fronte e assaggiò la bevanda trovandola molto buona, ma aggrottò la fronte – Non avete risposto alla mia domanda Miss de Poligny –
L’altra strinse le labbra – Siamo diretti al British Museum, non è distante dalla stazione in cui siete arrivata, ma il signor Fersen ha voluto farci fare un giro più largo perché voleva farvi vedere qualcosa. Vi prego di avere pazienza e di gustare il vostro cocktail – disse e appoggiò le mani intrecciate sul ginocchio senza dire più una parola.
L’automobile si diresse verso sud. Dopo qualche minuto Oscar vide dal finestrino un arco bianco che sembrava un monumento romano. Martine sorrise – Il Wellington Arch, costruito in onore del Duca di Wellington e tra poco costeggeremo i giardini di Buckingam Palace –
Dopo ancora qualche attimo in un traffico caotico passarono davanti ad un’imponente cattedrale gotica. Martine fece un gesto con la mano – La Cattedrale di Westminster. Adesso passeremo sulla Parliament Square e davanti a Westminster Hall, sede del Parlamento e dove potete ammirare anche l’imponente torre che i londinesi chiamano Big Ben. Ma quello che il signor Fersen voleva farvi vedere è molto più piccolo ed è…Proprio qui, sull’angolo del ponte e sulla riva del Tamigi –
Oscar si piegò e vide, al di sopra di un negozietto di souvenirs, la statua di una donna a braccia alzate su di un carro e, ai suoi piedi, le statue di quelle che sembravano due bambine abbracciate e piangenti. Aggrottò la fronte – Boudicca…La coraggiosa regina celtica che sfidò Roma. Si…Ricordavo che il suo monumento fosse qui, di fronte al Parlamento –
Martine mentre l’auto svoltava a sinistra, sorrise a sua volta – Molto bene! Adesso torneremo indietro per andare al British Museum, dove ci aspetta il signor Fersen. Passeremo anche davanti a Trafalgar Square, dove si trova la colonna eretta in onore dell’ammiraglio Nelson –
Oscar annuì e poi socchiuse gli occhi – Lo chiamate signor Fersen…A quanto ne so…E Dio solo sa se lo so…La sua è una famiglia nobile svedese, sono conti –
Martine scrollò le spalle – Quando il signor Fersen ha manifestato un certo…Attaccamento al suo prozio Gustav, la famiglia ha cercato di dividerlo da lui con ogni mezzo. Quando ha ereditato il suo denaro i suoi parenti hanno fatto in modo che i reali di Svezia gli togliessero il titolo. Gustav ha vissuto in Germania nei primi anni ’40, si era iscritto al partito nazista ed aveva un alto grado nelle SS, le milizie paramilitari. Alla fine della guerra, quando è tornato in patria, lo hanno praticamente isolato. Il signor Fersen non ne fa un mistero, lui ha conosciuto suo prozio molti anni dopo e non pare che questi lo abbia…Indottrinato…Ma non ne fa nemmeno un vanto, se è questo che volete dire. Lui sa benissimo cosa ha significato il nazismo e quanti danni ha provocato in tutta Europa, anche e soprattutto nel Paese in cui ci troviamo adesso –
Oscar strinse le labbra e si sistemò comodamente sul sedile senza più aprire bocca e, dopo alcuni minuti, arrivarono finalmente nei pressi del museo.
 
L’automobile si infilò in un portone secondario e parcheggiò proprio accanto ad un ingresso in marmo. Martine sorrise – Attualmente il museo è chiuso. Si stanno preparando alla grande inaugurazione della nuova mostra per la scoperta archeologica del signor Fersen. Vista l’importanza della cerimonia, a cui parteciperà anche la Regina, tutti i locali di questo immenso posto dovranno essere passati a setaccio dalla polizia e dai servizi segreti. Ma voi dovete ritenervi fortunata a vedere in anteprima quello che il mondo intero potrà vedere solo tra qualche giorno –
Oscar scese e si guardò attorno – Immagino che il dottor Great sarà presente. In effetti lui è l’unico con cui ho parlato della Historical Research Foundation
Martine la guardò accigliata – Il dottor Great non sarà presente! Sebbene lui sia un dipendente della Historical Research, non lo è…A determinati livelli! Non a questi, ovviamente! Certo, in un impeto di bontà il signor Fersen ha voluto invitare all’inaugurazione anche tutti i suoi dipendenti, dagli uscieri all’ultimo dei segretari. Il signor Fersen si è preso la briga di accoglierla di persona, in nome, dice lui, del rapporto…Particolare…Che ha legato i vostri antenati a Versailles…E vuole discutere con voi di persona. Una cosa, però, spero sia chiara, mademoiselle de Jarjayes: il signor Fersen, futuro membro del Nobilissimo Ordine della Giarrettiera di Sua Maestà Britannica, è attualmente uno degli uomini più noti d’Europa, il suo astro è in rapida ascesa e quello che vi permette di fare oggi, è un onore che non è concesso a tutti. Immagino che ve ne rendiate conto –
Oscar guardò quella donna e osservò bene i suoi lineamenti severi e, chissà per quale motivo, provava per lei una strana antipatia istintiva: - Ne sono perfettamente consapevole, Miss de Poligny, ma credo che non sia il caso di far attendere oltre il…Il signor Fersen –
L’altra mosse il labbro superiore, come per fare una smorfia, ma chinò leggermente il capo e si avviò verso l’interno del museo – Seguitemi – disse piano.
Oscar seguì la donna e, dopo la serie quasi interminabile di corridoi stretti e semibui, arrivarono alla grande, in tutti i sensi, Great Court al centro del museo. Oscar alzò lo sguardo sulla grande copertura in vetro e acciaio. Martine sorrise – Molto bello, non trovate? –
Oscar sorrise a sua volta – Ha mai visto la piramide del Louvre? –
L’altra non disse nulla, ma a Oscar parve di sentirla sbuffare. Poi entrarono in un grande portale e, finalmente, giunsero alla loro destinazione. un alto colonnato delimitava l’ingresso della nuova esposizione che tanti onori aveva portato a Fersen. Sulle colonne erano appesi dei grandi ritratti di una donna, sicuramente un’attrice, anche se non la riconosceva, dal volto tirato, quasi sofferente. La donna, che possedeva un bellissimo viso, aveva dei capelli ramati tenuti insieme con un cerchietto dorato e le sue guance erano decorate da motivi di colore blu a forma di spirale che indicavano, senza dubbio, antiche pitture di guerra.
Martine incrociò le mani dietro la schiena – La modella ha poco più di venticinque anni e viene dalla Cornovaglia, dalla parte opposta del Sud dell’antica Britannia da cui provenivano gli Iceni. Ma gli esperti pubblicitari hanno detto che va bene lo stesso…Ho detto al signor Fersen che forse era troppo giovane per mettere il suo viso sui manifesti, ma è anche vero che, nell’epoca antica in cui è vissuta la protagonista della mostra, si sposavano poco più che bambini –
Oscar alzò lo sguardo e, sugli alti architravi, vide uno striscione nero su cui campeggiavano delle eleganti lettere dorate: Boadicea the warrior Queen: Boudicca la Regina guerriera.
 
Oscar avanzò e, come prima cosa, al centro dell’ingresso, vide un piedistallo con sopra un alto palo in metallo dorato che terminava con l’effige di una grande aquila ad ali spiegate. Gli artigli del rapace erano stretti attorno a dei piccoli lampi di metallo. Poco più in basso, in un cartiglio rettangolare era incisa la scritta S.P.Q.R.. – Senatus Populusque Romanus…Il Senato e il Popolo Romano… - disse piano. Ancora più sotto l’insegna si allargava in un cerchio con l’immagine del profilo di un uomo con capelli a boccoli e una barba. Oscar si avvicinò e guardò le lettere sulla circonferenza –Nero Claudius Caesar Augustus Germanicus… Nerone… – sussurrò e, più sotto ancora, in un cartiglio più grande con in basso un’asta orizzontale dove, un tempo, era stato attaccato un vessillo, lesse altre lettere: - Leg…IX…Legio Nona! –
Martine annuì – L’abbiamo trovata proprio all’ingresso della tomba della Regina, è l’insegna della Nona Legio Hispana. Lo sapete che a Dunblane, un villaggio scozzese, si dice che ogni tanto di sera, si sentono i fantasmi dei legionari in marcia? Maledetti da Boudicca e costretti a vagare per l’eternità…Poetico quanto impossibile, lo ammetto, ma ultimamente, anche grazie alla scoperta della tomba della Regina, là il turismo è aumentato. Ma andiamo, ci sono altre sale –
Oscar avanzò e vide la prima sala, incentrata sulla vita dei celti della Britannia pre romana con centinaia di reperti, armi e suppellettili e la ricostruzione della capanna di un villaggio con dei manichini iperrealistici che rappresentavano gli antichi abitanti dell’isola. Nella sala successiva era rappresentata, invece, la Britannia conquistata dalle legioni di Roma, con una vasta collezione di statue, vasi, effigi e fotografie. Anche lì c’erano dei manichini: un gruppo di legionari vestiti di tutto punto, compresi i grandi scudi convessi ed i pilum, nell’atto di marciare e, in testa a loro, un ufficiale che portava un elmo decorato da una grande cresta rossa a mezzaluna che lo qualificava come il comandante di una centuria e quindi un centurione.
Oscar passò accanto al manichino del centurione che, per conto suo, era fin troppo realistico. Le sembrò di vedere la peluria della barba e persino di sentire un odore di aglio. Da sotto il grande elmo, poi, le parve persino che gli occhi di quella figura la seguissero.
Nella sala successiva era rappresentata la vita della tribù degli Iceni, quella su cui aveva regnato Boudicca, Su una parete i soliti manichini rappresentavano quella che era stata la causa della rivolta della Regina: una donna era legata con le mani alzate e legate ad un palo, con la schiena nuda segnata dalle frustate. Il viso del manichino era stato modellato nell’atto di urlare ed era così tremendamente vero che a Oscar si strinse il cuore. Dietro di lei un centurione, riconoscibile dal grande elmo, aveva una mano alzata con un flagellum nell’atto di dare un altro colpo e, di lato, si vedevano due bambine abbracciate l’una all’altra piangenti.
Oscar si fermò un attimo a guardare quella scena e rabbrividì. Quando Martine le toccò la spalla gentilmente si scosse e la seguì: nell’ultima sala era stata rappresentata la rivolta che aveva visto la conquista di tre città romane e la distruzione di una legione. La regina era rappresentata su un alto piedistallo con un manichino dalle fattezze della modella del grande ritratto, in piedi su un carro da guerra nell’atto di gridare e di tenere le redini di inesistenti cavalli con una lancia alzata in una mano. Quasi di fronte a lei, come a sfidarla, su un cavallo c’era un condottiero romano che doveva rappresentare il console Gaio Svetonio Paolino, colui che la sconfisse definitivamente.
Martine si fermò e guardò il manichino che rappresentava Boudicca – Quella modella ha visto salire le sue quotazioni di mercato con queste rappresentazioni…Oh! Il console Paolino è stato modellato sulle sembianze di Ralph Fiennes e si parla persino di fare un grande film sulla vita della Regina…Ma siamo arrivate, prego! –
Oscar guardò verso il fondo della sala e vide un altro grande ingresso, senza porta, ma buio. Lì accanto vide una figura in piedi, un uomo in un completo con giacca doppio petto grigio che doveva avere la sua stessa età: aveva i capelli castani ben pettinati e gli occhi chiari; il suo volto era ben modellato, bello e maschio. Lui si avvicinò sorridendo e le prese la mano portandosela alle labbra. La guardò per un attimo e sorrise con dei denti bianchissimi e con un sorriso che le scaldò il cuore.
Alexander Fersen le tenne stretta la mano – E’ un piacere conoscere la discendente della famosa Oscar de Jarjayes –
Oscar sentì, per qualche strano motivo, il suo cuore sobbalzare e battere disordinatamente nel petto. Cercò di sorridere e di guardare quei bellissimi occhi: - Io…Perdonatemi Conte…Signor Fersen…Non sono una discendente diretta di Oscar, ma di una sua sorella…Ho… Ho cambiato il mio nome…Per… -
Lui socchiuse gli occhi continuando a tenere la mano di lei – Per rendere omaggio ad una persona meravigliosa e grandissima! Lo so benissimo! Ho seguito la vostra storia e i vostri successi accademici mia cara dottoressa de Jarjayes. La battaglia legale per poter usare il nome della sua antenata, poi, è stata…Se mi passate il termine, epocale! Ovviamente nemmeno io sono un discendente diretto di Hans Axel Von Fersen e non credo che nessuno abbia da obiettare se volessi usare il suo nome…Ma…Oh! Lasciatemi dire che è una sensazione splendida avervi qui davanti a me! E ci pensate che anche i nostri antenati sono stati così vicini, come ora noi due? –
Oscar aprì la bocca in quella che, poi, avrebbe definito una sciocca risata. Non sapeva quello che stava succedendo, ma era come ipnotizzata da quell’uomo bello ed imponente. Lui, tenendole la mano, si mise al suo fianco e indicò l’apertura scura sulla parete – Ma sono imperdonabile! Posso osare chiedere cosa ne pensate della mia scoperta che sto per donare alla Gran Bretagna e al mondo? –
Oscar si guardò attorno e poi sorrise di nuovo ai suoi occhi – E’ meravigliosa! Chi mai avrebbe detto che la tomba della grande e leggendaria Boudicca si trovasse sotto Stonehenge? Posso chiedervi come avete avuto questa intuizione? –
Lui alzò il mento e sorrise – Certo che potete chiedere! Ma io non vi posso, purtroppo, rispondere. Diciamo che ho i miei piccoli segreti del mestiere. Stavamo parlando della vostra antenata, Miss de Jarjayes, ma ci sono state, nella storia, altre figure di donne leggendarie forti che hanno combattuto e, purtroppo, sono morte per la libertà di un popolo. Una di queste era proprio la Regina degli Iceni. Lo sapete che, con Annibale il cartaginese, è uno dei pochi avversari di Roma antica che è riuscito a mettere le legioni sulla difensiva? L’esercito romano, in tutta la sua storia, tranne che alla fine, è sempre stato immensamente superiore ai suoi avversari e ha sempre vinto facilmente le sue battaglie…Ma questa donna, solo con l’arma del suo orgoglio e del suo carisma e con l’amore per le sue figlie, è riuscita là dove uomini più forti e determinati di lei hanno fallito, sfidando il più potente impero della Storia! Era già un’eroina per questo paese, ma quando abbiamo trovato una cavità nei pressi del cerchio di pietre…E quando poi ci hanno consentito di scavare e di trovare, senza ombra di dubbio, il luogo dove ella riposava…Beh! Il resto è storia, come si suol dire –
Si avvicinarono al nero portale, Fersen allungò un braccio e lunghe strisce di luci al led si accesero illuminando una scala che portava in basso. Oscar aggrottò la fronte e lui strinse le labbra – E’ così che l’abbiamo scoperta, ma venite con me – disse scendendo di due gradini per poi voltarsi e porgerle la mano. Oscar inspirò profondamente, stranamente euforica e lo seguì.
Arrivarono in fondo alla scala, in una piccola sala vuota, l’attraversarono e scesero pochi altri gradini per accedere alla tomba vera e propria: Oscar rimase a bocca aperta di dimenticò di avere Fersen al suo fianco. Fece qualche passo in avanti verso il centro del locale dove, steso su un antico tappeto, c’era uno scheletro con dei resti di indumenti in pelle, persino delle ciocche di capelli color del rame e la mascella aperta in un urlo muto e spaventoso. Oscar strinse le labbra e sentì gli occhi umidi mentre appoggiava le mani sulla teca di cristallo che proteggeva il corpo di Boudicca. Fersen, sorridendo, si avvicinò – Così l’hanno seppellita i suoi guerrieri e così noi l’abbiamo trovata. Anche se…Nel sito della tomba abbiamo notato che c’erano delle tracce più moderne, come minimo due persone sono entrate e, probabilmente, hanno distrutto parte dei suppellettili – disse indicando le pareti ingombre di vasellame, oggetti d’oro, elmi e scudi romani, molti dei quali distrutti o ammaccati, come colpiti da qualcosa di contundente.
Fersen si avvicinò a lei e appoggiò le sue mani sul cristallo – Non sappiamo se hanno portato via qualcosa, ma eravamo comunque contenti che lei…Che non l’avessero toccata! E…Beh! C’è anche un mistero in questa tomba: c’erano altri due corpi, uno steso in una nicchia, quello di una giovane donna, una ragazza e quello di un uomo più maturo accovacciato al suo fianco. Non li abbiamo rimessi qui per non interferire con la mostra, ma l’uomo aveva accanto i resti di un rudio, una delle tavole di legno che si davano ai gladiatori liberati…Bah! Ne verremo a capo, un giorno –
Oscar strinse le labbra, incapace di distogliere lo sguardo dal corpo sotto di lei che, tuttavia, sembrava la cosa più bella che avesse mai visto. Fersen si avvicinò e le prese di nuovo la mano – Lo sapevo! Anche per voi è la stessa cosa! Questo non è solo un cadavere antico, ma è il simbolo di tutto quello a cui ci siamo dedicati: la ricerca della verità, sempre e comunque, come per la vita di Oscar de Jarjayes e per quella di Hans Axel Von Fersen. E con questa scoperta, finalmente, il nome della mia famiglia non sarà più ricordato solo per essere stato quello dell’amante di una Regina di Francia –
Oscar sospirò e poi si girò a guardare l’altro negli occhi – Io…Perdonatemi, ma sono arrivata a Londra perché dovevo incontrare il dottor Great per vedere i documenti che riguardavano un viaggio in Inghilterra della mia antenata –
Lui aggrottò la fronte e poi si rilassò sorridendo – Andrew Great è un nostro brillante collaboratore e voi vedrete tutti i documenti che vorrete, ovviamente vi metteremo a disposizione la nostra sede sulla Queens Walk. Si gode una splendida vista del Tamigi e del Tower Bridge. Ecco…Ed ora, per scusarmi di non avervi fatto riposare un attimo nel vostro lungo viaggio da Tintagel a qui, vi invito formalmente al ricevimento di stasera alla Shard Tower, proprio vicino alla nostra sede –
Oscar rimase a bocca aperta – Un…Un ricevimento…Ma... –
Lui sorrise di nuovo – Un piccolo ricevimento per tutti i nostri dipendenti, per festeggiare questa meravigliosa scoperta e, nei giorni successivi, discuteremo meglio e specificatamente della documentazione che riguarda la vostra antenata. Coraggio…Non potete certo rifiutare –
Oscar sbatté le palpebre, guardò per un attimo il corpo della Regina e poi di nuovo Fersen: - Mi fate un grande onore…Fersen -
Fersen si avvicinò e le mise una mano sul braccio provocandole un brivido lungo la schiena. Lei deglutì e fissò i suoi occhi; Alexander avvicinò il suo viso al suo – Nulla…Nulla è mai troppo per Oscar François de Jarjayes – disse e poi alzò il mento – Non so se vi interessa…Ma vi ho detto che degli intrusi sono entrati prima di noi nella tomba. Beh! A quanto ne sappiamo sembra che lo abbiano fatto nella seconda metà del XVIII secolo…Nello stesso periodo in cui hanno vissuto il mio e la vostra antenata…Curioso, non è vero? –

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Capitolo 4
*** Cuore di donna ***


Andrew si coprì con la mano l’occhio sinistro e fissò il calice di vino sul tavolo. Dopo qualche istante l’immagine cominciò a traballare. Chiuse entrambi gli occhi e si portò la mano alla fronte. Quanto tempo sarebbe passato prima che anche l’occhio destro si deteriorasse? Avrebbe già dovuto farsi operare, ma per qualche strano motivo che, sinceramente, non capiva, aveva sempre rimandato. Sospirò e guardò fuori dalla finestra del locale: si chiese dove fosse in quel momento Oscar de Jarjayes e se avesse già incontrato il suo brillante capo. Prese il calice con la mano e lo agitò lentamente. Il vino rosso si increspò roteando e lui sorrise tristemente. Cos’era mai quella sensazione di vuoto che aveva provato quando Diane gli aveva comunicato che Alexander Fersen avrebbe gestito la pratica di Oscar? Aveva quasi contato i giorni che mancavano a conoscerla e non vedeva l’ora di vederla e discutere con lei del viaggio della sua antenata. Dopotutto il suo capo gli aveva tolto una seccatura, se ne rendeva conto, ma allora perché si sentiva triste?
In quel momento qualcuno si sedette pesantemente nella panca dietro di lui. Aggrottò la fronte e girò la testa, ma una voce flebile lo fermò – No! Aspetta! Guarda davanti a te e parla piano! –
Andrew sbuffò – Ma piantala! E vieni a sederti qui di fronte a me –
L’altro si alzò e si sedette sulla sedia davanti ad Andrew. Quest’ultimo sorrise nel vedere l’uomo che aveva suppergiù la sua stessa età, con una lisa giacca verde e dei jeans scoloriti. L’uomo si sistemò i suoi capelli castani e si piegò in avanti – Siamo certi che siamo al sicuro qui? Non ci sono spie del tuo capo? –
L’altro sbuffò di nuovo – Oh! Bernard! Per favore! Non giochiamo agli agenti segreti, sei solo un giornalista –
Bernard si sistemò sulla sedia – Free lance, prego…Bernard Castle, giornalista free lance. E ti ricordo che tu, Andrew Great, hai accettato di aiutarmi –
Andrew sorrise debolmente – Veramente ho solo accettato di darti alcune informazioni che avresti potuto trovare ovunque, mio caro Barnie e tu hai solo un odio viscerale per Alexander Fersen perché suo prozio era un nazista –
L’altro si piegò verso di lui – E ti pare poco! –
Andrew sospirò – In ogni famiglia c’è una pecora nera…E immagino che in Germania siano in molti a non vantarsi che il loro nonno fosse un membro delle SS e, per quanto odioso, non è un motivo sufficiente per cercare di rovinarlo con uno scoop che, permettimi, non hai ancora trovato –
In quel momento arrivò una giovane cameriera sorridendo e si rivolse a Bernard che ordinò un bicchiere di gin. Andrew aggrottò la fronte – Questo posto si chiama Prosecco House e hanno decine di vini italiani…Italiani…Non inglesi…E tu bevi gin? Non ti facevo così nazionalista! –
Bernard inarcò le sopracciglia – Come storico dovresti sapere che il gin è originario dell’Italia, adottato dagli olandesi e poi perfezionato dagli inglesi (n.d.a.: storico). I vini italiani, per le poche volte che li ho bevuti, sono ottimi, ma hanno un unico difetto…Per gli inglesi costano! Ma non è questo il punto: ti sei mai chiesto da dove arriva il patrimonio della società per la quale lavori? –
Andrew prese il suo calice e bevve un sorso di vino rosso – Donazioni di diversi enti sparsi per il mondo…Senza contare che Fersen è ricco di famiglia ed ha ereditato, si dice, un ingente patrimonio dal suo bistrattato prozio –
Bernard sorrise – Lo sai chi sono Louis Bourbon e Maria Antonovna Hannenberg? –
Andrew rimase perplesso – Dovrei? –
L’altro si rilassò appoggiandosi allo schienale della sedia – Lui è canadese, un franco canadese…L’erede di una dinastia di proprietari di segherie e di cartiere con un ingente capitale e lei…Lei è la figlia di una matriarca di una famiglia russa proprietaria di una serie di miniere di oro e diamanti in Siberia, anche se ha un nome tedesco, per di più nobile. Sua madre voleva farla sposare ad uno statunitense, ma le autorità di quel paese gli hanno fatto presente che non gli avrebbero mai concesso la cittadinanza per via di strani rapporti con la mafia russa…E quindi nemmeno alla madre. E ha optato per farla sposare ad un canadese –
Andrew aggrottò la fronte – Ma come…Come parli!? Siamo nel medioevo, che le famiglie si mettono d’accordo per far sposare i figli? –
Bernard scrollò le spalle – A certi livelli, anche l’alta borghesia si comporta come l’antica nobiltà. Vedi…Il tuo caro capo Fersen ha studiato alcuni anni nel Canada francofono e, voci sparse qua e là, dicono che sia diventato l’amante di questa Maria Antonovna e che sia proprio lei a finanziare in gran parte le sue attività nel Regno Unito –
Andrew si portò una mano alla bocca. Sapeva che i fondi della Historical Research Foundation derivavano principalmente da società canadesi, come canadese era anche Diane e anche quella onnipresente e, a tratti, persino onnipotente segretaria di nome Martine de Poligny. Alle volte sembrava persino che avesse più potere decisionale dello stesso Fersen.
Bernard inspirò profondamente e sorrise di nuovo – Stai pensando ad una certa franco canadese di nome Martine de Poligny? Da qualche controllo che ho fatto lei è un ex caporale dell’esercito canadese…Sembra che sia diventata molto amica di Maria Antonovna. Quest’ultima le ha comprato una villa a Saint Prime, sul lago di Saint Jean, nel Quebec. E poi l’ha abbia mandata dal suo amante per…Tenerlo d’occhio –
Andrew sbuffò di nuovo – Mettere una donna a sorvegliare un amante? Andiamo… -
Il giornalista bevve il gin d’un fiato e poi si alzò, guardò di nuovo Andrew e sorrise – Io ti dico quello che so! E quel Fersen, amico mio, non è chi dice di essere o, perlomeno, se grattiamo sotto la superficie…La verità è un’altra –
Andrew sbuffò – Mi parli di canadesi, cittadinanze, mafia russa ed ex militari…Ma non ci trovo nulla di criminale…Per il momento! Qualunque cosa vuoi trovare…Beh! Sarà meglio che la trovi subito! Tra qualche giorno, quando il British riaprirà e lui si inginocchierà davanti alla Regina per ricevere la più alta onorificenza del Regno Unito…Diventerà praticamente intoccabile! –
 
Faticava a tenere il cavallo. Tirava e tirava le redini, ma l’animale era impaurito dalla tempesta che si era scatenata improvvisamente sopra di loro. Erano da soli, nel bosco, lontani dalla strada e il cielo era squarciato da giganteschi lampi. Il cavallo sollevò le zampe anteriori e lei, stavolta, non riuscì a trattenerlo. Cadde a terra con un tonfo. Aprì gli occhi e vide ancora il cielo grigio. Alcune gocce di pioggia le bagnarono il volto. Sentì qualcuno che la chiamava, ma non riusciva a ricordare chi fosse. Abbassò le palpebre e fu il silenzio.
 
Oscar spalancò gli occhi. Si era addormentata su una comoda poltrona di raso azzurro nel salottino della sua lussuosa stanza nell’hotel messo a disposizione da Fersen. Quando era entrata non aveva creduto ai propri occhi: una intera suite all’ultimo piano con salotto, sala da pranzo che poteva fungere, all’occasione, come sala riunioni, camera con letto matrimoniale a baldacchino, un bagno per gli ospiti e un bagno personale con una enorme vasca ad idromassaggio. Le pareti erano interamente rivestite in legno, le finestre erano spesse almeno dieci centimetri e non lasciavano passare il rumore del traffico. Su due lati si vedeva solo il verde di Hyde Park e lei si disse che era stata una scelta voluta, per far dimenticare di essere in una città immensa e caotica come Londra. E gli piaceva.
Appoggiò una mano sul vetro e pensò di nuovo a Fersen. Era un bell’uomo, come ce n’erano tanti anche in Francia, ma lui aveva qualcosa di più: forse il tono della voce, quel bel volto nordico; era brillante, famoso e, senza ombra di dubbio, aveva manifestato interesse per lei. Strinse le labbra: ad essere sinceri, si disse, l’interesse lo aveva manifestato per la sua antenata, oltre che per una regina morta da più di un migliaio di anni. Scrollò la testa; il ritrovamento della tomba di Boudicca gli aveva portato fama e onori in tutto il mondo ed era più che logico che amasse la sua scoperta. Immaginò che pure Howard Carter avesse voluto cullare la piccola mummia di Tutankhamon quando la scoprì in Egitto. Voleva di nuovo vederlo, parlare con lui e non solo della sua prozia. Desiderava sentire di nuovo quella voce profonda ed ammaliante, perdersi nei suoi occhi. Strinse le cosce senza rendersene conto. Si! Anche sentire di nuovo le sue mani sul suo corpo.
Fu risvegliata da quella sorta di trance in cui era piombata dal campanello della suite. Andò ad aprire e vide due cameriere con dei pacchi bianchi. Una di loro entrò sorridendo – Buonasera mademoiselle, un gentile omaggio dal signor Fersen – disse e appoggiò il suo pacco sul tavolino del piccolo salotto, imitata dall’altra.
Le due donne fecero un piccolo inchino ed uscirono. Oscar aggrottò la fronte e andò subito a vedere di cosa si trattava. Aprì il pacco più piccolo e tirò fuori una scarpa bianca a tacco alto. La rigirò tra le mani sorridendo: la suola di un rosso acceso e, a quanto pareva, Fersen aveva anche indovinato il suo numero. Aprì l’altro pacco e, con sorpresa, vide un abito bianco. Lo prese e lo sollevò con cura; si trattava di morbida e lucente seta che gli lasciava scoperte le spalle. Era della sua misura? Si chiese come Fersen conoscesse la sua taglia, poi si ricordo delle misure della vera Oscar, che aveva elencato a Morgan Drakehead a Tintagel, che erano a conoscenza di tutti e che, singolarmente, erano anche le sue. Strinse le labbra e appoggiò l’abito delicatamente. Quella che aveva davanti era una proposta vera e propria, se ne rendeva perfettamente conto. Andò di nuovo alla finestra e sospirò. Il suo cuore di donna era in subbuglio: era mai possibile che un uomo conosciuto per pochi istanti le facesse provare dei sentimenti così profondi? Eppure non riusciva a non pensare a lui che la guardava con quell’abito addosso. Si mise di fronte a uno specchio e si alzò i capelli lasciando scoperta la nuca. Si guardò e sorrise debolmente, poi annuì. Si! Quella sera Oscar François de Jarjayes si sarebbe vestita da donna per il suo Fersen.
 
La Shard Tower era una vera e propria scheggia di vetro e acciaio piantata a ridosso della London Bridge Station; un immenso cono da quale si poteva ammirare non solo il Tower Bridge, l’incrociatore Belfast ancorato, il moderno complesso dove aveva sede la Historical Research Foundation e la Tower of London sull’altra riva. Il ricevimento si sarebbe svolto ad uno dei ristoranti dei piani intermedi e Oscar si mise di fronte ad una grande vetrata per ammirare il panorama della città che si stava illuminando al crepuscolo.
Una Bentley Rolls Royce grigia e nera era stata mandata al suo albergo per accompagnarla; quando era scesa di fronte all’ingresso del grande e moderno palazzo una gentile hostess in uniforme blu l’aveva accompagnata all’ascensore panoramico indicandole il piano. Al suo arrivo aveva notato subito una piccola orchestra di violini, violoncelli ed arpe che stava suonando le arie di moderne melodie. Lei, ovviamente, non conosceva gli altri dipendenti della società se non Fersen e la sua algida segretaria Martine, ma aveva notato gli sguardi di tutti, soprattutto quelli degli uomini, su di lei. Lo splendido abito di seta bianca le calzava come un guanto e si sentiva bellissima e femminile. Improvvisamente vide nel riflesso del vetro una sagoma ed il bel volto di Fersen che gli sorrideva. Si girò ricambiando il suo sorrise e lui gli prese la mano baciandogliela: - Vedo con piacere che avete gradito il mio presente e…Con altrettanto piacere vedo che vi sta benissimo –
L’uomo indossava un elegante completo blu scuro con cravatta a righe rosse oblique che lei riconobbe come una pregevole manifattura italiana. Oscar gli strinse la mano come una bambina che afferra una merendina golosa ed annuì – Avete indovinato le mie misure, Fersen e vi ringrazio anche per la meravigliosa camera d’albergo, la vista su Hyde Park è magnifica –
Lui sospirò e si mise al suo fianco. Rimasero per un attimo a guardare la città e poi Fersen allungò un braccio indicando il panorama: - Non è solenne e maestosa come Roma…E non possiede la fresca bellezza di Parigi…Ma è comunque una città magnifica, mia cara Oscar. Perdonatemi, ma non so sinceramente se i nostri antenati si davano del tu, ma ci vogliamo provare noi? –
Oscar sentì il suo cuore battere sempre più forte e annuì – Si…Certo…Ma certo, Alexander… -
Lui piegò leggermente il capo – E sia…Oscar. Spero che resterai al mio fianco stasera, ma questa, amica mia, non è la fine…E’ solo l’inizio! Presto offrirò al mondo una nuova scoperta e, credimi, è qualcosa di importante non solo per il Regno Unito, ma per l’Europa ed il mondo intero! Qualcosa che sconvolgerà le fondamenta stessa della nostra società – disse solennemente e Oscar notò uno strano luccichio nei suoi occhi.
Lei sorrise debolmente – Addirittura! E…Di cosa mai si tratta? –
Lui sorrise di nuovo, con quel sorriso così misterioso e affascinante che l’aveva conquistata. Avvicinò il suo volto a quello di lei – Un giorno ti svelerò i miei segreti. Ma non stasera, non oggi. Oggi festeggiamo il ritorno di una donna straordinaria, di colei che ha quasi sconfitto Roma ed il suo Impero…Oh! Mi devo correggere…Stasera festeggiamo il ritorno di due donne: la Regina degli Iceni e l’eroina che ha guidato la riscossa di un popolo contro la tirannia –
Oscar sorrise sentendosi arrossire le guance – Io non sono Oscar…Cioè…Non sono quella…Oscar –
Lui la fissò seriamente – E nemmeno io sono Hans Axel Von Fersen, eppure eccoci qui! E spero che il nostro rapporto lavorativo possa continuare anche dopo stasera –
Oscar socchiuse gli occhi – Mi stai forse facendo una proposta? –
Lui sorrise di nuovo, sempre con quel sorriso enigmatico e bellissimo – Ne parleremo domattina, nel mio studio. Per ora divertiamoci – disse e alzò un braccio verso la piccola orchestra che smise di suonare e, dopo qualche istante, cominciò ad intonare una strana melodia. Oscar aggrottò la fronte e sorrise suo malgrado – Luigi Boccherini! E’ il minuetto! –
Fersen annuì – Credo che il mio antenato e la tua si siano…Scatenati…Al suono di questa musica. Ovviamente non pretendo che tu sappia ballare il minuetto, cosa che non so fare nemmeno io, del resto, ma mi sembrava una cosa carina –
Lei strinse le labbra – E quindi…Ci gettiamo a ballare? –
Lui annuì – Non posso chiedere di meglio – disse e gli porse la mano.
 
Alan si allargò il colletto della camicia con l’indice della mano destra e Diane, al suo fianco, sospirò e allungò le mani per sistemargli il papillon. Dopo qualche istante la donna sorrise e guardò soddisfatta il suo lavoro – Ecco! Adesso sei…Perfetto! Quasi regale! –
Alan aggrottò la fronte e poi girò la testa per ascoltare la strana melodia che l’orchestra aveva cominciato a suonare – Che accidenti è questa musica? Sembra…Vecchia…Per non dire antica! –
Diane scrollò le spalle – Il minuetto! Una vecchia melodia di duecento anni o giù di lì! Questa è dell’italiano Luigi Boccherini, se non ricordo male –
Alan sospirò – Io avevo proposto un dee-jay con musica più moderna. Ma nessuno mi ascolta mai – disse e socchiuse gli occhi – Ehi! Hai visto il grande capo? Non l’ho mai visto ballare…E con chi sta ballando? Non ho mai visto nemmeno quella donna…E me la ricorderei! –
Diane si girò e vide, al centro della sala, Fersen che danzava tenendo stretta una bellissima donna bionda con i capelli raccolti e uno stupendo abito bianco di seta luccicante. Lei cercò di trovare delle imperfezioni in quel corpo sinuoso e perfetto, ma non riuscì a vederne. Sospirò – Certe donne hanno tutte le fortune! Come quella: alta, bionda, occhi azzurri…Un fisico da modella…E sicuramente ricca! Oh! Per favore…Dov’è il tuo compare Andrew, piuttosto? Siamo arrivati assieme, ma poi lui è sparito –
Alan sorrise debolmente – Lui ha sempre odiato questi eventi! Credo che sia ancora rimasto male perché il capo gli abbia soffiato l’incontro con la bella francese –
Diane sbatté le palpebre, guardo Fersen e la donna che ballavano e poi di nuovo Alan: - Dici che quella sia la misteriosa francese di Andrew? –
Lui socchiuse gli occhi e scrutò la compagna di ballo di Fersen, poi tentennò – Naaa…Non credo! Ho visto in rete alcune fotografie della dottoressa de Jarjayes. Non fraintendermi; anche la nostra studiosa è sicuramente bella! Ma è sempre vestita in abiti maschili e non si raccoglie mai i capelli…Perlomeno così dice il suo profilo. Quella…Quella è sicuramente una qualche modella pagata per accompagnare il grande capo! E, visto come è bella, aggiungo che lo fa per un compenso che è sicuramente quasi uguale al nostro stipendio annuale! –
Diane sorrise e si coprì la bocca con la mano – Non hai risposto alla mia domanda, però. Dove cavolo è Andrew? –
 
Oscar cercò di muoversi, per quanto consentito dalle scarpe con tacco alto che non era abituata a portare, con grazia. Ma Fersen era, a quanto pareva, un ottimo ballerino. E lei non riusciva a staccare gli occhi dai suoi.
Finalmente le note del minuetto cessarono e l’orchestra riprese con qualche brano lento più moderno. Oscar sorrise e si aggrappò alle braccia di lui – Finalmente! Però…Sai cercare antichità storiche, sai gestire una grande compagnia e sai persino ballare…Come ci riesci? –
Intorno a loro arrivarono altre coppie per ballare e Fersen sorrise – Lo ammetto! Non mi è difficile! La mia famiglia, in Svezia, è sempre stata piuttosto…Arretrata…L’unico membro che è stato degno di visibilità è stato solo Hans Axel ed unicamente per essere stato l’amante di Maria Antonietta. Eppure lui aveva studiato in tutta Europa, è stato un ottimo ufficiale di cavalleria e ha combattuto con onore nella battaglia di Yorktown, al comando del Marchese de La Fayette, durante la Guerra di Indipendenza americana. E poi c’è stato il mio prozio Gustav che invece…Beh! Ha preferito offrire la sua devozione ad altre persone. Per il resto, siamo piuttosto noiosi come famiglia nobile e spero, con questa scoperta così importante per questa Nazione, di aver conquistato il mio posto d’onore –
Oscar aggrottò la fronte – So che la tua famiglia ti ha fatto togliere il titolo nobiliare – disse e subito si pentì di averlo messo in imbarazzo. Lui girò la testa per un attimo sospirando e poi sorrise – I miei familiari non hanno mai accettato che io, per puro spirito di umana pietà, tenessi compagnia al vecchio Gustav, anche se credo che la cosa che gli abbia dato più fastidio sia il fatto che lui mi avesse nominato suo erede universale. Tre anni, Oscar, solo tre anni è durato il suo soggiorno in Germania, ma, lo ammetto, è stato in un periodo storico bruttissimo per il mondo intero. La tua antenata, invece, è sempre stata fedele a sé stessa e ai suoi ideali…Forte…Fiera…Avrebbe dato la vita per le sue idee! E così ha fatto! Era un combattente! Un soldato eccezionale ed una donna unica! Come te! –
Oscar sbatté le palpebre – Come me? Ma io…Ho preso solo il suo nome, ma non… -
Fersen le mise un dito sulle labbra – No! Ho saputo della conferenza a Tintagel e credimi, ci vuole un grandissimo coraggio, per uno studioso del tuo calibro, ad andare contro un reggimento di giornalisti ostili. Hai difeso con orgoglio e tenacia le tue scelte e le tue idee, come la tua antenata, che sarebbe stata fiera di te! Io ti ammiro, Oscar de Jarjayes e saresti una preziosa collaboratrice per me –
Oscar sentì le gambe sciogliersi ed il suo volto avvampare. Stava accadendo tutto troppo in fretta, ma, dopotutto, si disse che anche così gli piaceva. Si guardarono, occhi negli occhi e lei socchiuse le labbra avvicinando il suo volto a quello di lui. Ma c’era qualcosa che non stava funzionando. Lei si disse che, di solito, in tutti i film, a quel punto, i due innamorati protagonisti si baciavano appassionatamente. Immagine in dissolvenza, titoli di coda ed applauso del pubblico in sala.
Lui aveva la fronte aggrottata ed uno sguardo triste: - Io…Perdonami, Oscar, forse tutto questo ti ha fatto credere…Qualcosa…Io…Mi dispiace molto! –
A quelle parole Oscar sentì il suo cuore esplodere, come uno specchio che cade a terra. Si sentì d’un tratto stupida come non mai. “Stupida!” si disse “Credi che un uomo come lui possa pensare a te? Sei solo una stupida!” pensò ancora. Improvvisamente si rese conto di dov’era e con chi era. Cercò di sorridere, pur sentendo le lacrime agli occhi. Si sforò di non piangere come una bambina. Tentennò, incapace di dire qualcosa e poi si girò e corse via.
Non vide se Fersen le stava venendo dietro e nemmeno gli importava. Era stata pronta ad aprire il suo cuore ed i suoi sentimenti come mai prima di allora. E quindi perché non aveva funzionato? Perché lui l’aveva guardata come se fosse stata una pazza? Rallentò la sua andatura maledicendo i tacchi alti e invidiando le donne che pure pulivano casa con quelle ignobili calzature. Cercò un angolo in cui non ci fosse gente e si diresse verso una porta che dava su una grande terrazza. Uscì all’aperto lasciando che la brezza serale le riempisse i polmoni quando, improvvisamente, andò a sbattere contro qualcuno e cadde all’indietro.
Oscar si mise subito seduta toccandosi la testa. Vide di fronte a lei un uomo con dei lunghi capelli scuri, anche lui seduto. Ma gli uomini portavano ancora i capelli lunghi? Doveva essere un uomo, visto che indossava un abito nero con giacca e cravatta. L’altro digrignò i denti in una smorfia e lei, immediatamente, mise mano in una delle pieghe dell’abito e tirò fuori la boccetta dello spray al pepe puntandogliela contro: - Mi dispiace! Chiedo scusa! Mi dispiace! Ma non intendo stare a litigare qui! –
Lui sbatté le palpebre sorpreso, piegò la testa di lato e sorrise – E…Vuoi profumarmi a morte? Certo…Andarmene con l’olezzo di Chanel numero cinque sarebbe un onore! –
Oscar aprì la bocca per la sorpresa e poi guardò la boccetta. Chiuse le palpebre e abbassò la testa. Nella fretta e, si disse, pure nell’eccitazione di vedere Fersen, non aveva preso lo spray per la difesa personale, ma il profumo.
L’uomo sorrise e si rialzò, si chinò leggermente e le porse la mano. Lei lo guardò in cagnesco e si alzò lentamente da sola. Lui aggrottò la fronte – Sei sempre così…Simpatica? –
Lei fece una smorfia – Non sono simpatica! Sono francese! E tu…Sei sempre così calmo e gioviale dopo una caduta? –
Lui alzò il mento – Non manifesto mai i miei sentimenti! Sono inglese! – disse e schioccò le dita – Un momento! Tu non fai parte del personale della nostra società…E se tu sei francese…Devi essere la dottoressa de Jarjayes, vero? Perché se lo sei allora ho parlato con te! Sono Andrew Great –
Oscar inarcò le sopracciglia e guardò bene l’uomo che aveva di fronte. Stranamente aveva un viso per lei familiare: un bel viso, si disse tra sé, poi tentennò e si sforzò di sorridere – Io sono…Sono Oscar François de Jarjayes – disse e gli porse la mano.
Lui gliela prese con grazia – Nientemeno! Permettimi di dirti che sono veramente orgoglioso di conoscerti di persona! Mi sarebbe piaciuto davvero parlare con te di quello che ho scoperto sul suo soggiorno inglese –
Oscar strinse le labbra e guardò l’interno della sala dalle grandi vetrate. Erano da soli sulla terrazza panoramica, ma lei non aveva la minima intenzione di rientrare e di affrontare Alexander Fersen. Guardò di nuovo Andrew e fece una smorfia – Dannate scarpe! Ma perché mai ho dovuto correre con queste addosso? – disse piano e si abbassò a levarsi le calzature.
Rimase a piedi nudi e con le scarpe in mano. Sospirò e poi di nuovo fissò l’altro che la stava guardando piuttosto sconcertato, ma anche divertito. Lei gli puntò contro le calzature e sorrise – Conosci un posto dove possiamo parlare con calma? –
 
Oscar ricordava chiaramente quello che il suo maestro di scherma gli aveva detto nella sua prima lezione. Era una bambina magrolina, alta e mascolina con il suo completino bianco, il caso sotto il braccio sinistro e la spada nella mano destra. L’uomo, un ungherese basso e corpulento con due baffi a manubrio che si lisciava continuamente, aveva sorriso: “Mia cara! Una spada è come un tenero uccellino! Se la tieni troppo stretta lo soffochi e lo uccidi, ma se lo lasci troppo libero, rischi che voli via! Una spada non è solo un prolungamento del tuo braccio, è parte del tuo braccio: il pomolo è il tuo gomito, l’elsa è il tuo palmo, la guardia le tue nocche e la lama…La Lama è il tuo dito”.
All’epoca Oscar non aveva compreso quella frase, ma poi ne aveva carpito il recondito significato: concentrazione e attenzione, su ogni cosa e, soprattutto, bisognava sempre dosare la giusta forza. In quel momento di concentrazione e di forza gliene serviva molta. Guardò il suo obiettivo, lo fissò bene nella mente. Chiuse per un attimo gli occhi e poi lasciò che il suo braccio si allungasse, che la piccola freccia fosse non un corpo estraneo, ma una parte del suo corpo e, dopo qualche istante, si conficcò in un centro perfetto nel bersaglio.
Lei sorrise e alzò il pugno destro in segno di vittoria – La victoire est à nous! (n.d.a.: la vittoria è nostra) –
Un anziano avventore del pub dove lei e Andrew erano andati lasciando la festa della Historical Researc Foundation alzò i pugni all’altezza del petto – Che fortuna sfacciata! –
Un altro, con in mano un’altra freccetta, sospirò e la guardò – Un altro centro! Tu devi essere sfortunata in amore! –
Oscar lo guardò, sorrise debolmente e si girò – Perdonatemi ragazzi – disse e andò al tavolo. Andrew le porse un grande bicchiere di birra ambrata e sorrise – Ottimo tiro! Non sapevo che anche in Francia ci fossero dei campioni di tiro a freccette –
Oscar si portò le mani al capo, si sciolse i capelli e scosse la testa massaggiandosela – Non ne potevo più – disse solo.
Andrew la fissò sorpreso. Era certo di aver già visto la donna che aveva di fronte a sé. Ma dove? Si sforzava di ricordare nomi e volti a decine, senza risultato. Quando si era sciolta i lunghi capelli biondi lasciandoseli cadere sulle spalle aveva provato un brivido lungo la schiena e aveva sentito, chissà poi perché, un profumo di rose aleggiare nell’ara densa di fumo del pub.
Oscar prese il bicchiere, se lo portò alla bocca e lo vuotò in poche e lunghe sorsate sollevando la testa. Appoggiò la tazza vuota e aggrottò la fronte – Che c’è!? Ho sete! –
Andrew si scosse e sorrise – Oh! Ma figurati! Piuttosto…Adesso che abbiamo rotto il ghiaccio, come si usa dire, posso chiederti come mai eri alla festa aziendale? –
Lei sospirò, alzò il braccio verso una cameriera ed ordinò un’altra birra. Poi guardò l’uomo di fronte a lei: era certa di averlo già visto e conosciuto, altrove, ma non ricordava assolutamente dove e una parte di lei, chissà perché, ne soffriva. Sospirò lentamente – Sono stata invitata da Alexander Fersen in persona. Quando sono arrivata a Londra mi hanno portata da lui a vedere la mostra sul ritrovamento della tomba di Boudicca che la vostra società sta allestendo al British Museum. A proposito: è molto bella –
Lui annuì – Ti ringrazio. Io e il mio collega Alan Saxton abbiamo curato la disposizione delle sale. Se fosse qui Alan si vanterebbe di aver trovato con un casting la giovane modella che impersona la Regina nelle fotografie –
Oscar rise – Ed è molto carina! –
In quel momento arrivò la birra e lei ne bevve solo un sorso, poi guardò di nuovo Andrew dritto negli occhi – La segretaria di Fersen mi ha detto che avrei parlato con lui del viaggio compiuto dalla mia antenata in Inghilterra, ma visto che siamo qui e che, a quanto sembra, sia stato tu a trovare quei documenti… -
Lui scrollò le spalle – Ho saputo stamattina che il capo avrebbe discusso con te di quel viaggio e devo dire che ci sono rimasto male. Volevo conoscerti…Voglio dire…Dal punto di vista professionale…Ovviamente! –
Oscar strinse le labbra e passò un dito sul bordo del suo bicchiere – Ti ringrazio. Sinceramente sono rimasta delusa anch’io – disse e pensò che, in realtà, si era illusa che Alexander Fersen l’avesse chiamata a sé per un altro motivo che non fosse il lavoro e la vecchia Oscar de Jarjayes. Inspirò e fondo e sorrise – C’è forse qualcosa di strano in quel rapporto? –
Andrew si piegò verso di lei – A prima vista no! Gli agenti inglesi hanno controllato la tua antenata sotto la supervisione di un certo Jonathan Parceval Aloysius Walles, Lord Baxter; un membro del Parlamento e che faceva parte del cerchio ristretto delle persone di fiducia di Giorgio III –
Lei si portò una mano alla bocca – Come la vecchia Oscar faceva parte del cerchio ristretto di Maria Antonietta e, come comandante della Guardia Reale, anche del Re di Francia –
Lui strinse le labbra – E’ vero! Il rapporto parla dell’arrivo di Oscar a Plymouth, l’unico porto inglese in cui attraccavano le navi francesi all’epoca. Poi l’arrivo a Tintagel e di una visita alle rovine del castello –
Oscar inarcò le sopracciglia – Ho visto anch’io il sito e devo dire che è pure organizzato molto bene! Ma dubito che alla fine del XVIII secolo ci fossero dei giri turistici! E perché proprio là… - disse meditabonda.
Andrew annuì – In effetti…Il sito di Tintagel è molto antico e si ritiene che persino i mercanti greci dal Mediterraneo lo frequentassero, anche prima della conquista romana. Per quello che riguarda la leggenda di Re Artù, alcuni ritengono erroneamente che sia nato là, ma nel castello è stato solo concepito, grazie all’inganno di Merlino che diede a Uther Pendragon le sembianze del Duca di Cornovaglia e marito di Igraine. E, sempre sulla base della leggenda, il castello rimase poi in possesso alla più giovane delle sorelle di Artù, Morgana, Duchessa di Cornovaglia e che poi divenne anche Regina del Galles –
Al sentire il nome della nemica di Artù, Oscar rabbrividì. Lui aggrottò la fronte – Hai freddo? – disse e si alzò sfilandosi la giacca e mettendogliela galantemente sulle spalle. Oscar rimase sorpresa da quel gesto di gentilezza – Come un antico cavaliere! Allora è vero che in questo Paese è nata la cavalleria! –
Andrew sorrise – Proprio così! Quindi…Dov’ero rimasto? Ah! Dopo Tintagel Oscar va a Glastonbury, quello che è il centro delle leggende arturiane e sembra che abbia passato una giornata con il reverendo Nathaniel Philby, presso la sua abitazione ai piedi della grande collina chiamata Tor e che oggi ospita il complesso del Chalice Well, il pozzo del calice, dove, secondo la tradizione, si trova il Santo Graal. Padre Philby è stato uno dei pionieri dello studio del sito di Glastonbury, che era già conosciuto fin dall’antichità. Lì Giuseppe di Arimatea ha portato il Calice che Cristo usò durante l’ultima cena e che raccolse il suo sangue e, sempre quel posto, almeno fino alla riforma di Enrico VIII, è stato ed è tutt’ora, a mio avviso, uno dei luoghi più sacri della cristianità. Inoltre ci sono studi che hanno confermato che sia stato anche un luogo sacro per la religione celtica con la presenza di un gruppo di sacerdoti, i famosi druidi e persino di sacerdotesse. Questa presenza è testimoniata dalla cosiddetta fonte del sangue: una sorgente che, a intervalli regolari, diventa rossa per la presenza di minerali ferrosi e la white spring, piena di minerali calcarei e bianca come il latte. Anticamente queste due fonti si congiungevano unendo idealmente il simbolo femminile, l’acqua rossa e quello maschile, l’acqua bianca –
Oscar strinse le labbra – Se non mi sbaglio è stata trovata anche la presunta tomba di Artù e Ginevra –
Lui annuì – Si, nel 1191, ma è sicuramente un falso costruito dai frati dell’Abbazia per avere più sovvenzioni. Un vizio antico e mai venuto meno, nemmeno oggi, se permetti. Poi il fascicolo si conclude con l’arrivo al sito di Stonehenge, di breve durata, a quanto pare e poi il viaggio di ritorno dal porto di Poole –
Lei aggrottò la fronte – Quindi niente di eccezionale, a quanto sembra –
Andrew socchiuse gli occhi – Forse…O forse no! Se ci fermassimo al solo viaggio di Oscar non sarebbe nulla di eccezionale: un giro turistico sulle tracce di una leggenda inglese…La cosa strana è che, subito dopo la partenza della tua antenata, tutte le proprietà di quel Lord Baxter di cui ti parlavo sono state confiscate dalla Corona e di lui, come di altri componenti del Parlamento e della Borghesia londinese e persino di un colonnello dell’esercito, non si ha più alcuna traccia…Sono letteralmente spariti –
Oscar si piegò verso di lui – E cosa vorrebbe dire, secondo te? –
Lui sorrise divertito – Andiamo! La tua antenata fa un viaggio nel sud dell’Inghilterra solo per turismo? Lei era una persona di fiducia del Re di Francia e della Regina Maria Antonietta…Considerando che, dopo il suo arrivo e la sua partenza, chi doveva sorvegliarla è sparito…Possiamo parlare di spionaggio? –
Lei sorrise e poi rise divertita – Ahahahah…Ah! Oscar qui come spia? Lei era un militare, un soldato e, che io sappia, non si è mai occupata di queste cose, per le quali il Regno di Francia aveva agenti a iosa! E, se permetti, sarebbe strano che il Re di Francia mandasse quello che era il suo ex comandante delle Guardie Reali e futuro comandante delle Guardie Francesi di Parigi a fare la spia. Il suo era un ruolo troppo in vista, come del resto lo testimonia il fatto che gli agenti inglesi l’abbiano sorvegliata dal suo arrivo qui –
Andrew prese il suo bicchiere e bevve un sorso di birra – Si! Te lo concedo. E’ una cosa strana! Oh! A proposito di cose strane…Ho cercato di visionare tutti i documenti redatti su Oscar, su quel Lord Baxter e persino quelli di padre Philby, che sono conservati nella sua abitazione a Glastonbury –
Oscar bevve un lungo sorso di birra – E cosa ci sarebbe di strano – disse pulendosi l’angolo della bocca con il dorso della mano.
Lui scrollò le spalle – Oh…Magari non è nulla…Però…Il rapporto degli agenti inglesi dice che Oscar è arrivata e rientrata da sola in Francia…In uno dei documenti di padre Philby di quell’epoca, uno dei suoi diari, ad essere precisi, c’è un piccolo trafiletto che testimonia la presenza di Oscar lì…Ti tralascio i commenti sugli abiti maschili della tua antenata…Però…C’è scritto anche che se ne andò in compagnia…In compagnia di una donna che viene descritta anche lei con indosso abiti maschili, completamente neri, con capelli dello stesso colore, una spada al fianco e…E nientemeno che uno scudo in legno…Nel XVIII secolo…E la sua pelle…La pelle del volto di questa donna misteriosa viene descritta pallida, come quella di un cadavere… -
Il silenzio cadde improvvisamente tra loro, come se una qualche strana presenza aleggiasse nel locale. Andrew sorrise e si piegò di nuovo verso di lei – Un fatto curioso, vero? –

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Capitolo 5
*** Fersen ***


Oscar aggrottò la fronte – Scusa…Puoi ripetere? –
Andrew annuì – Ha lasciato la residenza di padre Philby in compagnia di un’altra donna, di cui non si sa esattamente nulla e non compare nemmeno nel rapporto del Foreign Office
Lei tentennò – No! Ripetimi la descrizione della donna –
Fu lui ad aggrottare la fronte – Beh! Con abiti maschili neri, spada…Uno scudo…E dalla pelle del viso pallida come un cadavere –
Oscar abbassò lo sguardo pensando, per un attimo, alla donna che aveva conosciuto a Tintagel: Morgan Drakehead. Anche lei indossava abiti maschili neri e la sua pelle era di un pallore innaturale. Scosse la testa; la donna di cui stava parlando Andrew era vissuta due secoli prima e non erano la stessa persona, ovviamente. Di sicuro soffrivano della stessa malattia che rendeva il colorito della pelle pallido. Lo guardò negli occhi – Ti dice niente il nome Morgan…Morgan Drakehead? E’ una donna piuttosto ricca, a quanto mi è sembrato di capire, che ho conosciuto prima di arrivare a Londra, soffre della stessa malattia della persona che mi hai descritto –
Andrew rimase perplesso – Drakehead…Che nome strano…No! Non mi dice nulla. Perché me lo chiedi? –
Lei tentennò – Nulla…In effetti…A parte la pelle pallida, non c’entra nulla…Va bene! Credo che sia ora per me di rientrare. Del resto ho avuto una giornata intensa e poco riposo –
Lui si sentì deluso e, sospirando, annuì e le porse la mano – Mademoiselle… -
 
Il taxi si fermò di fronte all’ingresso dell’albergo e Andrew scese di corsa per aprire la portiera ad Oscar. Lei sorrise e scese con grazia. – Quindi ci vediamo domattina? Tanto lo sai dove lavoro…E dobbiamo discutere ancora di tante cose – disse lui tenendo aperta la portiera.
Oscar fece qualche passo avanti e poi si girò con un sorriso triste – Io…Credo che lascerò Londra domani mattina –
Lui aggrottò la fronte – Ma come!? E il rapporto sulla tua antenata?  –
Lei tornò indietro e gli mise una mano sul braccio – Io…Non posso rimanere qui. E, comunque, si tratta, come hai detto tu, di una semplice gita turistica della mia prozia…E per quello che riguarda lo spionaggio…Se non sono riusciti a venirne a capo gli agenti di Giorgio III non vedo che cosa potremo fare noi due secoli dopo…Ci…Ci risentiremo…Grazie della bella serata – disse e improvvisamente si sollevò sulle punte e gli diede un bacio sulla guancia.
Lui rimase sorpreso e lei sentì le guance arrossarsi; tentennò e andò dentro a passo veloce. Si infilò nell’ascensore ed arrivò al suo piano. Una volta dentro la suite si levò le scarpe lanciandole e andò in camera. Si sfilò velocemente l’abito e lo appoggiò delicatamente su una sedia. Dopotutto, si disse, quello andava restituito.
Si stese sul grande letto guardando il soffitto del baldacchino e sospirò. Come aveva potuto comportarsi come un’adolescente innamorata con Fersen? Come aveva potuto essere così sciocca? Ricordava ancora le sue parole: “Perdonami, Oscar, forse tutto questo ti ha fatto credere…Qualcosa…Io…Mi dispiace molto!”. Chiuse gli occhi per un attimo e sentì nelle narici il profumo di fumo e alcol del pub in cui l’aveva portata Andrew; rise al solo pensiero di aver giocato a freccette con altri uomini e per di più vestita da donna e sentì nelle labbra il buon sapore amarognolo della birra. No! Si disse riaprendo gli occhi sorridendo: forse non era stata una brutta serata.
 
Era bloccata in piedi. I suoi muscoli erano tesi fino allo spasmo e non riusciva a muoversi. Solo il suo braccio destro e la sua mano si stavano spostando. E stavano mettendo la sua stessa spada, la sua stessa lama, sotto la sua gola. Stava andando nel panico, per sé stessa e per il suo compagno, bloccato dagli scagnozzi della strega. Di fronte a lei avanzava una figura completamente nera di cui solo gli occhi brillavano di una sinistra luce gialla. La figura si fermò a pochi centimetri da lei: - Hai capito, ora, con chi hai a che fare? – disse piano e sollevò una mano completamente bianca verso di lei.
 
Oscar si mise seduta sul grande letto e ansimò. Si guardò le mani e le mosse lentamente, come per rendersi conto di poterlo fare. Si passò i palmi sul volto e guardò l’ora: stava albeggiando. Si alzò e aprì le grandi tende rimanendo per un attimo a guardare il meraviglioso panorama di Hyde Park alle prime luci del giorno. Inspirò profondamente: doveva preparare le valigie nel più breve tempo possibile ed andarsene. Doveva tornare a Parigi, lontano da Fersen e, si disse, anche lontano da Andrew. Non poteva restare. Non voleva restare. Non dopo la pessima figura che aveva fatto la sera prima al ricevimento della Historical Research Foundation. Si mise sotto la doccia con stucchi dorati e si rilassò lentamente, poi si vestì e iniziò a preparare le sue valigie.
Alla fine indossò la sua giacca sportiva, si infilò la borsa a tracolla con il suo fido computer portatile e si guardò attorno. Indugiò ancora sul panorama e sorrise debolmente: “Questo mi mancherà! Adieu Angleterre!” pensò e si piegò verso i suoi bagagli quando, proprio in quel momento, il telefono squillò.
Lei aggrottò la fronte, guardò l’orologio e vide che erano le otto e mezzo del mattino e pensò che, dopotutto, se l’era presa comoda per preparare le sue cose. Prese il ricevitore e se lo portò all’orecchio: - Si…Sono Oscar de Jarjayes! Ma…Non è…Io… – sospirò – E va bene! Ditegli di attendere un attimo –
Oscar attaccò il ricevitore quasi tirandolo e poi sbuffò guardandosi attorno. Fersen aveva mandato un’automobile per accompagnarla presso la sede della Historical Research. Guardò l’orologio e si disse che lo aveva fatto con uno strano tempismo. Fissò anche le sue valigie pronte e poi annuì – E va bene! Andiamo a salutarlo. Torniamo qui e poi andiamo via da questa città! – disse piano e uscì.
Ad attenderla proprio di fronte all’ingresso c’era una grande Jaguar nera e due uomini muscolosi e dalle spalle larghe in strettissimi completi scuri a giacca e cravatta. A Oscar sembrarono, più che impiegati, delle guardie del corpo. La fecero accomodare senza dire nulla e poi sfrecciarono lungo le vie di Londra.
 
Oscar entrò nello studio di Alexander Fersen accompagnata da una giovane segretaria che non era Martine de Poligny, ma lui non era presente. La donna sorrise amabilmente – Il signor Fersen si scusa, ma arriverà subito. Vi prega di mettervi comoda nel frattempo – disse e uscì chiudendosi la porta alle spalle.
Lei avanzò nella grande sala, vide una grande scrivania in acciaio e legno, con dietro una grande poltrona in pelle e davanti due poltroncine più piccole. In una di quelle Oscar lasciò cadere la sua sacca e andò dietro al tavolo, tutta la parete era un’unica ed immensa vetrata. Da lì si poteva dominare il Tamigi: da un lato si poteva vedere il Tower Bridge, uno dei simboli di Londra; dall’altro un vecchio incrociatore della Royal Navy attrezzato a museo e al centro, sull’altra riva, lo storico complesso della Tower of London. Dalla finestra del suo studio al Collège de France riusciva a vedere solo un pezzo di Rue des Ecolès e, si disse, non era proprio un granché.
Su una parete Oscar vide dei certificati incorniciati. Andò a vedere e notò scritte in inglese, francese, tedesco, italiano; qualcuno persino in cirillico e uno in arabo. E poi, accanto, c’erano anche delle fotografie. Mostravano Fersen con altre persone e nell’atto di ricevere qualcosa, una targa o un documento. Una in particolare, diversa da tutte le altre, la colpì: non c’era lui, ma era il ritratto di una bellissima donna dai capelli biondi e vaporosi e con occhi azzurri grandi e limpidi. Sorrideva felice e, poco sotto il volto, notò una frase, probabilmente scritta a penna, in una lingua che era l’italiano “Tutto a te mi guida” e sotto due lettere come firma: M. A..
Oscar riconobbe subito il motto che la Regina Maria Antonietta volle inviare al suo amante Hans Axel Von Fersen poco prima di essere giustiziata e proprio per tramite del generale de Jarjayes, padre di Oscar e della sua antenata diretta Josephine. Sbatté le palpebre perplessa e poi si girò. Sulla parete opposta c’erano solo due enormi quadri, due ritratti di persone molto simili tra loro es anche ad Alexander Fersen.
Lei si avvicinò e, sotto uno dei quadri, quello che ritraeva un uomo con una uniforme scura ad alamari dorati e una fascia gialla bordata di nero; lei la giudicò risalente almeno della fine del XVIII secolo. Notò in basso una targa in ottone che indicava il personaggio: “Hans Axel Von Fersen – Generallojtnant (n.d.a.: tenente generale) del Regio Esercito Svedese”. L’altro ritratto, invece, raffigurava una persona sempre con indosso un’uniforme, ma più recente. Oscar aggrottò la fronte; non era una divisa molto antica, ma nemmeno moderna, considerato che era a tinta unita e di un colore grigio chiaro. Alzò lo sguardo e aprì la bocca per la sorpresa: sul grande colletto si vedevano chiaramente delle mostrine. Sul lato sinistro, su un campo nero, c’erano quattro piccoli quadrati argentati e due linee oblique bianche. Ma dall’altro lato riconobbe subito lo stemma di un corpo paramilitare inquadrato nell’esercito tedesco della prima metà del XX secolo. Si trattava di due piccoli segni a forma di saetta, due antiche rune germaniche, il cosiddetto “sieg”, che indicava la vittoria in battaglia e rappresentavano anche, con lettere stilizzate, il nome del reparto. E si trattava di un’armata che era diventata famigerata e temuta in tutta Europa seminando paura e terrore: le SS. Tentennò e guardò la targa sotto il quadro: “Obersturmbannfuhrer Gustav Anders Von Fersen”.
Paralizzata dallo stupore, Oscar non si accorse della presenza al suo fianco. – Il grado sta per tenente colonnello. Credo che i nazisti vollero omaggiare le sue origini nobili dandogli un grado così elevato. So che gli fu assegnata anche una villa sul lago Wannsee – disse la voce di Alexander.
Oscar si girò di scatto e poi sorrise debolmente – Io…Mi hai spaventata! Io… - disse e guardò il quadro di Gustav e poi di nuovo Alexander – Ho…Ho saputo che lui era…Un membro delle SS…Ma… -
L’altro socchiuse gli occhi – Credi che l’abbia fatto ritrarre con quell’uniforme per omaggiare la sua appartenenza ad un corpo militare agli ordini di una tirannia folle e spietata? No, mia cara Oscar, non è per quello… - disse e andò verso la scrivania. Si girò di nuovo verso di lei e si appoggiò al tavolo incrociando le caviglie: - Quando lo conobbi, mio prozio Gustav era già avanti negli anni. I suoi genitori lo avevano diseredato; il resto della mia famiglia non gli parlava e lui viveva da solo in un grande palazzo, con la sola compagnia di qualche domestico e di un paio di cani…Dei bassotti inglesi, per la precisione. Io e i miei abitavamo poco distanti e tutti mi dicevano di non andare mai da lui. Ma lo sai come sono i ragazzi, basta dire di non fare una cosa che poi, immancabilmente, la fanno. Ci andai una volta, correndo con la mia piccola biciletta rossa fiammante, in un giorno d’estate e lo vidi là…Su una poltrona, vecchio e stanco, ma dalla mente ancora lucida! Non mi sembrava un mostro orrendo, come i miei genitori lo descrivevano. Mi sorrise amabilmente e cominciò a parlare…A parlare…Di libri, di Storia, della Svezia, dell’Europa…E di leggende…E fu quello a farmi innamorare del mio attuale mestiere. E…No! Non lo sentì mai parlare con odio verso gli ebrei o qualcun altro. Mi disse…Mi disse un giorno…Quando ormai era vicino alla morte…Mi disse che aveva compiuto in grande peccato. Che aveva venduto la sua anima per le sue passioni, come Faust (n.d.a.: personaggio di un’opera del poeta e scrittore tedesco J. W. Goethe) e il suo Mefistofele (n.d.a.: il demone a cui il protagonista vende l’anima nell’opera di. Goethe)…Beh! Aveva l’aspetto di un placido burocrate con occhialini d’acciaio e rispondeva al nome di Heinrich Himmler, il comandante in capo delle SS. Ho preso una sua vecchia fotografia di quel periodo oscuro e ne ho fatto fare un ritratto, per ricordarmi di non fare come lui, di non vendere mai l’anima a nessuno, anche se da quello dipendessero i miei sogni…Di cercare di essere sempre me stesso! –
Oscar inarcò le sopracciglia; quello che Alexander stava dicendo aveva un senso ed era anche molto bello. In un moto di affetto si avvicina lui e gli mise una mano sulla spalla. Si girò verso il ritratto di Gustav – E…Se posso chiedere…Quali erano le passioni per le quali aveva venduto la sua anima? –
Lui aggrottò la fronte, poi sorrise – Forse…Forse te ne parlerò più avanti –
Lei strinse le labbra e tornò sotto il quadro. Se quella era la trasposizione su tela di una fotografia forse l’artista, pignolo e desideroso di indicare anche i più piccoli particolari, come quasi tutti gli artisti, aveva messo anche qualche indizio su quale reparto avesse avuto tra le sue file l’Obersturmbannfuhrer Von Fersen. Piegò la testa di lato; sulla manica della giacca, vicino al polso, c’era una striscia nera con all’interno una piccola scritta. Si avvicinò ancora e strinse gli occhi fino a ridurli a due fessure: vide una “A”, come pure una “H”, una “B” e, forse, una “E”. Sorrise e guardò di nuovo verso l’alto il voto di Gustav. Quelle piccole lettere disegnate dal pittore potevano indicare molte cose, ma ebbe la sensazione che un uomo come quello, arruolato solo per la sua nobiltà ed esperto di Storia e leggende, potesse trovare uno ed un solo posto nell’Ordine Nero di Himmler: nella Divisione Ahnenerbe, quella che si occupava di ogni cosa che esulava dalla normale comprensione.
Fersen si risollevò e si avvicinò a lei – Tutto bene? –
Lei lo guardò sorridendo – Oh! Si! – disse e poi divenne seria di colpo – Io…Io stavo per lasciare Londra. Non credo che sia giusto che resti qui approfittando della vostra ospitalità…Dopo…Dopo… –
Lui si avvicinò – Dopo quello che è successo ieri sera? Andiamo, Oscar…Non siamo dei ragazzini! Io mi sento…Onorato, della tua attenzione, ma il mio cuore è già impegnato –
Oscar pensò per un attimo alla donna della fotografia e poi annuì provando un po' di vergogna – Io…Si…Hai ragione…Devo ammettere che hai davvero ragione…Non siamo dei bambini! Credo che possiamo anche lavorare bene così! –
Lui sorrise e gli mise le mani sulle spalle – E adesso mettiamoci al lavoro! Lo confesso: avrei voluto essere io a mostrare il rapporto sulla visita della tua antenata in Inghilterra, ma, a causa degli impegni sempre più pressanti che sto avendo per la mostra sulla Regina Boudicca, sarà meglio tornare alla versione originale e quindi lasciati nelle capaci mani del dottor Great –
In quel momento la porta si aprì di nuovo ed entrò Andrew Great: - Signore! Mi hanno detto che mi stavate aspettando… - disse, ma si interruppe vedendo Oscar e Fersen con le mani sulle sue spalle, quasi abbracciandola. Sentì un crampo allo stomaco e provò, chissà poi perché, un moto di fastidio. Fersen abbassò le braccia e sorrise – Ah! Andrew…Stavo per l’appunto parlando di te! Vieni pure, ti stavamo aspettando. Conosci la dottoressa de Jarjayes? So che vi siete sentiti via mail prima che lei arrivasse a Londra per quel rapporto sulla sua antenata Oscar François. E adesso c’è un cambio di passo. Volevo farmi bello con il tuo lavoro, ma toccherà a te l’onore e l’onere di far vedere quei documenti –
Andrew si avvicinò e sorrise a Oscar – Oh! Ci conosciamo e…Non vedo l’ora di lavorare con la dottoressa de Jarjayes –
Oscar aggrottò la fronte e gli porse la mano – Ci siamo conosciuti ieri sera e ci davamo del tu –
Andrew strinse la mano e annuì – Come…Desideri…Oscar –
Fersen aggrottò la fronte sorpreso, ma poi sorrise e mise una mano sulle spalle di ognuno di loro – Benissimo! Vi metto a disposizione la nostra sala riunioni e l’archivio…Andrew, cortesemente, dai a Miss de Jarjayes la sua password per il wifi e cominciate! Sono impaziente di sapere ogni cosa del viaggio della famosa Oscar François de Jarjayes in Inghilterra! –
 
Andrew e Oscar uscirono e Fersen rimase da solo nel grande studio. Incrociò le mani dietro la schiena e guardò il grande ritratto di Gustav alla parete. Sentì il rumore di una porta aprirsi, ma non era quella principale. Qualcuno aveva aperto un pannello laterale nascosto, un ingresso conosciuto solo a pochi intimi. Si girò e vide Martine de Poligny avanzare lentamente verso di lui con in mano una valigetta nera. La donna appoggiò l’oggetto sulla scrivania e fece scattare la chiusura. Lui si avvicinò, guardò sorridendo la sua segretaria e poi aprì il contenitore.
Martine strinse le labbra – Una valigetta intera per qualcosa di così piccolo –
Fersen allungò una mano tremante verso l’interno e sfiorò la copertina in pelle nera di un piccolo volume inserito in un basamento di morbido velluto color porpora. Sfiorò solo un bordo e poi tolse la mano; guardò Martine e sospirò – Una cosa così piccola e così antica…Che può portarci ad una scoperta spettacolare! Una scoperta che può cambiare il modo stesso di concepire la Storia –
Lei socchiuse gli occhi – Come dite voi, signor Fersen! E quando…Quando intendete comunicare l’esistenza di questo…Oggetto…Alla dottoressa de Jarjayes? E, se mi consentite, credete che sia davvero un bene farla lavorare con il dottor Great? –
Fersen chiuse il coperchio e fissò di nuovo il quadro di Gustav – Per la tua prima domanda la risposta è: presto! Molto presto! Per quello che riguarda la seconda…Due menti, mia cara, sono meglio di una…Certo, avrei preferito gestire tutto io, ma come hai notato anche tu la nostra bella dottoressa francese ha un debole per me che potrebbe…Non farla concentrare sul lavoro che deve fare…No! Che se ne occupi il dottor Great. Lasciamo che la nostra piccola Oscar si ambienti e si senta al sicuro…Poi… –
Martine sospirò – L’MI6 (n.d.a.: Military Intelligence – Section 6) sta completando l’ispezione alla mostra del British Museum; vorrebbero parlare con lei delle ultime questioni per la disposizione delle poltrone per la Regina e per alcuni membri della famiglia reale –
Lui fece una smorfia di fastidio – Non ora! Ho qualcosa di più importante di cui occuparmi! Li richiamerò io – disse e poi, sorridendo, allungò di nuovo la mano accarezzando la nera copertina del quaderno.
 
Oscar guardò il biglietto sul quale era scritta la sua password per il wifi della rete informatica delle Historical Research. Fissò Andrew, dall’altro lato del tavolo e allargò le braccia – Seriamente!? La mia password è “lady_oscar_1789”? –
Lui aggrottò la fronte – Perché!? Non va forse bene? Non ci sono maiuscole…Ci sono dei segni grafici e persino dei numeri…Andiamo! E’ stato un bellissimo cartone animato e, se permetti, ha fatto la storia dei favolosi anni Ottanta! –
Oscar sbuffò e si guardò attorno. In quel palazzo ogni stanza aveva una parete vetrata che dava sul Tamigi, ad eccezione dei bagni e, forse, della sala del server per la rete informatica. La sala riunioni era molto grande, con un grande tavolo ellittico in quercia inglese, poltrone ampie e comode in pelle rossa e un mobile bar completo di macchina per caffè espresso italiana e un frigo.
Lei fissò lo sguardo alla vetrata e sospirò – Io di solito vedo sempre il traffico di Parigi –
Andrew sorrise debolmente – Io invece sono ormai affezionato al vecchio Tamigi! Cominciamo con un caffè? Abbiamo uno Starbucks qui vicino, ma vuoi mettere con un caffè italiano? E poi, sempre qui vicino, c’è un ottimo locale che serve vini italiani e con un ottimo menù continentale –
Oscar incrociò le dita delle mani sul tavolo – La Francia è in guerra con l’Italia! Non berrò mai i loro vini, anche se mi hanno detto che sono deliziosi quasi quanto i nostri –
Andrew sospirò – Si! Ma non siete in guerra anche sul caffè…Anche perché, detto tra noi, loro hanno vinto alla grande! Ho pregato il mio collega Alan Saxton di andare a prendere dei dolci alla pasticceria danese alla fine dell’isolato…O siete in guerra anche con loro? –
Oscar aggrottò la fronte – Mmmm…No…Non mi pare – disse ed aprì lo schermo del suo computer portatile. Inserì la password del wifi ed in quel momento, la porta si aprì ed entrò Alan con in mano un piccolo vassoio – Signori! Perdonate il disturbo, ma Freja, la deliziosa pasticcera danese, non mi lasciava proprio andare! – disse e appoggiò sul tavolo un piatto di carta con biscotti e pasticcini.
Oscar sorrise e si alzò per porgere la mano, subito bloccata da Alan – Oh! Restate comodi! Vi faccio il caffè e poi me ne vado…A fare finta di fare qualcosa! –
Lei si sedette e sorrise di nuovo; trovava quel tipo stranamente simpatico e lo vide al lavoro sulla macchina italiana. Andrew sospirò e aprì il suo computer, poi prese da una borsa in juta una voluminosa cartella. L’aprì e mise davanti a Oscar una pila di documenti. Lei aggrottò la fronte – E’ il rapporto? Ma davvero è così corposo? –
Lui annuì – Siamo nel XVIII secolo! E poi questo era un rapporto destinato al Re in persona, ma, al netto delle frasi melliflue di rito e di lode al Sovrano…Comincia nel 1787 da Plymouth, dove Oscar è sbarcata. Prima, però, cosa sappiamo della sua partenza dalla Francia? –
Oscar allungò le dita per sgranchirle e schiacciò dei tasti sul computer. Avvicinò il volto allo schermo; Andrew vide la luce glaciale illuminarglielo e lo trovò tremendamente affascinante. Lei sorrise – Dunque: sono successo alcune cose…Avevo già visionato tutta la documentazione relativa ai de Jarjayes in quell’epoca e nei comuni della zona. Ti premetto che gran parte dei documenti, specie quelli più antichi, sono andati distrutti visto che tutta la regione si è trovata sulla direttrice di attacco delle truppe americane che sono sbarcate nel 1944. Li hanno bombardati dal mare, dall’alto, di fronte e alle spalle quando i tedeschi si sono accorti di quello che accadeva…Ma sono riuscita a scovare un vecchissimo rapporto di un borgomastro di Sainte-Marie-du-Mont, dalla quale dipendeva La Madeleine, dove si trova la proprietà della mia famiglia. Si parlava dell’omicidio di un certo Pierre Moreau, avvenuto proprio nel 1787 nella villa de Jarjayes –
Lui inarcò le sopracciglia – Un omicidio? –
Oscar annuì – Si! Ad opera di ladri, si disse all’epoca e finì ucciso quel povero ragazzo. Francamente non so cosa significhi e come sia collegato ad Oscar, che forse è partita prima o forse nemmeno c’era quando è successo. La data indicata si presta a molte interpretazioni –
Andrew sospirò – Più ci addentriamo in questa storia e più misteri ne escono! E vedrai quando arriviamo alla parte inglese! A proposito di misteri, mi è piaciuta la nostra chiacchierata informale di ieri sera e ho pensato molto a quello che ci siamo detti prima di lasciare il pub…Più che altro al nome che mi hai fatto…Quello di quella donna…Morgan Drakehead…Ha un che di familiare e non ci ho dormito proprio…Sono andato anche a vedere in rete tutte le malattie che portano ad una pelle pallida e, a parte l’albinismo, che dà anche i capelli bianchi e gli occhi chiari…Mentre tu mi hai detto che quella donna, proprio come quella che la tua antenata ha incontrato a Glastonbury, aveva i capelli scuri…Ma tutte le patologie che ho individuato: dall’anemia, alla celiachia, persino tumori e meningiti e infarti… In tutte il pallore spettrale è solo il sintomo stesso della malattia –
Oscar sospirò – Ho visto quella donna mangiare un bel pezzo di cinghiale arrosto davanti a me…Non mi sembrava tanto malata! E in più il suo viso sembrava marmo cesellato…Era solo pallida in modo…In modo non naturale. Hai detto che il nome Morgan Drakehead ti sia familiare? –
Una figura si avvicinò a loro e posò due tazzine con del liquido scuro fumante: - La Fata Morgana! – disse Alan, della cui presenza gli altri si erano ormai dimenticati.
Andrew e Oscar alzarono la testa. Lui aggrottò la fronte – Come…Scusa? –
Alan si sedette con una tazzina in mano – La Fata Morgana! Il cognome Drakehead è traducibile in inglese moderno come “testa di drago”, in lingua antica suona come “Pendragon” –
Oscar si morse il labbro inferiore – Pendragon…Come…Se non ricordo male è il nome… -
Andrew annuì – Del padre di Re Artù…Quel Re Artù…Re Uther, detto Pendragon per il suo vessillo, che raffigurava proprio un drago…Il nostro Alan è specializzato in storia medioevale a Oxford e ha un master proprio sulla letteratura del ciclo arturiano che, del resto, è una delle opere fondamentali del nostro Paese –
Alan scosse la tazzina – Io preferisco il thé…Comunque è vero! Seguite il mio ragionamento: Uther è stato il padre di Artù, concepito con Igraine, la moglie del Duca di Cornovaglia che lui ha preso come bottino di guerra dopo averlo sconfitto. Ma, come capita anche oggi, ha dovuto sobbarcarsi anche la famiglia del defunto composta non solo da Igraine, ma anche dalle loro tre figlie –
Oscar sorrise – Ho letto anch’io qualche opera di questo ciclo, come aveva fatto la mia antenata. La maggiore era Viviana, che diventa la Dama del Lago e consigliera di Artù; poi Morgause, un personaggio, a dire il vero, mai ben definito, moglie di Re Lot del Lothian, una regione dell’attuale Scozia, se non erro e madre di Galvano, uno dei migliori cavalieri della Tavola Rotonda e poi la più giovane di loro, ma anche la più potente e pericolosa: Morgana! Quella che è la nemica per antonomasia di Artù –
Alan chinò la testa sorridendo – Complimenti! In effetti in molte opere si dice che Uther abbia adottato perlomeno l’ultima di loro, Morgana, per l’appunto, dandole il suo cognome: Morgana Pendragon…Morgana testa di drago…Traducibile ai giorni nostri in…Morgan Drakehead – disse e finì la sua bevanda con un lungo sorso – Ma la mia era solo una battuta da storico! –
Andrew e Oscar si guardarono per un attimo. Lui si rivolse di nuovo ad Alan – Se non mi sbaglio…La Fata Morgana veniva descritta con due similitudini, vero? Dalla pelle bianca come la luna e i capelli neri come le piume dei corvi –
L’altro annuì – E sai quante donne corrispondono a questa descrizione! La vostra donna del mistero può essere una fanatica che evita la luce del sole per non prendersi malattie della pelle…Oppure una pazza svitata che ha cambiato nome come in un gioco di ruolo… -
Andrew fece una smorfia e tossì di proposito. Alan sbatté le palpebre e si ricordò che la donna lì presente aveva proprio cambiato il suo nome con quello di un personaggio storico. Oscar alzò due dita della mano in un saluto. Alan sospirò – Uh! Dopo questa bella gaffe…Me ne torno a non fare quello che stavo non facendo! Divertitevi pure! – disse e si alzò; passando accanto a Oscar batté i tacchi e fece un inchino – At your orders, commander! – aggiunse e uscì.
Oscar aggrottò la fronte, quella frase: ai vostri ordini, comandante, le era sembrata così familiare proprio detta da lui. Scrollò il capo e guardò di nuovo Andrew – Nonostante tutto è simpatico! –
Lui sorrise debolmente – Oh! Lo è…Ed è anche un buon amico! Non giudicarlo per le gaffes che fa o che può fare –
Lei strinse le labbra – Se non lo trovassi simpatico gli sarei saltata alla gola! Ti assicuro che ho sentito molto di peggio da quando ho deciso di essere Oscar de Jarjayes…Ma come siamo finiti a parlare di Re Artù e della Fata Morgana? –
Andrew scrollò le spalle e allargò le braccia – Francamente…Non lo so! E’ che da quando è iniziata tutta questa storia che passiamo dalla vita di Oscar al mito arturiano –
Oscar si piegò verso di lui – Anche Oscar ne era affascinata, per qualche motivo che l’ha spinta, con una sorta di guerra fredda in corso tra Francia e Inghilterra, a venire proprio qui oltre il Canale della Manica –
Lui si alzò e fece un gesto con la mano, poi andò alla grande vetrata – Posso immaginarlo! Il ciclo arturiano non è solo la storia di quello che viene considerato il primo re inglese, ma è anche la nascita del Medioevo e della cavalleria medioevale con un codice di comportamento impensabile per un’epoca selvaggia come quella, a cavallo tra la fine dell’impero romano e le invasioni barbariche. Immaginare un sovrano onesto e retto con i suoi cavalieri che portano giustizia e pace…Oh! Anche adesso il solo pensarlo sarebbe fantastico! Qui nelle isole britanniche, per ovvi motivi, siamo più legati alla figura del Re e ai suoi cavalieri…Nel resto d’Europa, nei secoli successivi, si sono sviluppati quelli che oggi potremmo chiamare spin-off del ciclo originario. Con la dominazione inglese, preludio alla guerra dei cent’anni, in Francia si è sviluppato il ciclo dell’amor cortese, tutto incentrato sui rapporti amorosi tra dame e nobiluomini; nella penisola italiana venne portato con i mercanti francesi e nell’architrave del duomo di Modena si possono vedere lo stesso Artù con i suoi fidi (n.d.a.: storico). Alan mi ha fatto leggere il Canto V dell’Inferno della Divina Commedia di Dante Alighieri, quello del girone dei lussuriosi e sai come si giustificano Paolo e Francesca per l’adulterio che hanno consumato? –
Oscar sorrise – “Galeotto fu’l libro e chi lo scrisse” secondo Francesca e si riferisce ad un testo che narra della storia d’amore tra Lancillotto e Ginevra. Ho letto anch’io quella parte –
Andrew annuì e si avvicinò a lei – Nei paesi germanici, invece, si sviluppò un particolare interesse per un mito collegato e collaterale a quello arturiano, incentrato sulla figura di Parsifal, uno dei cavalieri della Tavola Rotonda, come pure nell’Italia del sud, portato dai normanni di Federico II. Ed è proprio quel mito che, in parte, ha fatto si che il prozio del signor Fersen sia raffigurato nel quadro del suo studio con quella sinistra uniforme –
Lei annuì debolmente – E’ il bello del mito di Re Artù…Ne hai uno e ce ne sono in realtà due…Del resto, Fata Morgana a parte, come dimenticare che i cavalieri della Tavola Rotonda hanno fatto la prima ricerca della Sacra Coppa, quella che Cristo usò durante l’ultima cena…Il Santo Graal –
Andrew socchiuse gli occhi – Io credo che Oscar si sia identificata in Artù e che sia venuta qui per una sorta di…Cerca –
Lei aggrottò la fronte e lui annuì di nuovo – Una cerca…O un’avventura…A cui partecipa un cavaliere che ha il compito di trovare un qualche oggetto particolare o di salvare qualcuno…Un viaggio iniziatico che porta alla scoperta di sé stessi e del proprio destino…O del proprio posto nella Vita –
Oscar si portò una mano sotto il mento – E cosa mai può aver trovato Oscar alla fine del suo viaggio? –
Andrew sospirò e si sedette di fianco a lei; la guardò con uno sguardo profondo e molto serio – Questo…Questo è quello che dovremmo scoprire –

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Capitolo 6
*** Il mistero ***


Oscar addentò il panino e guardò Andrew, seduto di fronte a lei al tavolino all’aperto di un ristorante della catena McDonald. Lei si passò la salvietta sulla bocca e poi si leccò le labbra – Beh! Questa non me l’aspettavo! Come mai siamo venuti a pranzo qui? –
Andrew sorrise debolmente – Sai…Ho notato che tu sei…Un po' nazionalista nelle tue preferenze! E quindi ho pensato che fosse meglio portarti a pranzo in un luogo…Neutrale –
Lei appoggiò il resto del panino sul vassoio di plastica e guardò anche le patatine fritte. Indicò la carne – Hamburger! Viene da Amburgo, in Germania, in America l’idea è stata portata dagli immigrati tedeschi –
Prese una lunga patatina e gliela puntò addosso – Queste, per inciso, vengono chiamate in Nord America french fries… -
Lui sbuffò – E sulla bibita? Qualche acuta e lievemente aspra osservazione da fare? –
Oscar sollevò il bicchiere della Coca Cola e aspirò una lunga sorsata dalla cannuccia – Nulla da dire! –
 
Poco dopo Oscar ed Andrew si trovarono a passeggiare lungo la Queens Walk, costeggiando il Tamigi e si fermarono di fronte al grande palazzo sede della Historical Research. Oscar aspirò rumorosamente l’ultimo sorso della bibita e poi gettò il bicchiere in un cestino. Si appoggiò al parapetto e guardò il cielo grigio – C’è mai sole, qui? –
Lui si mise accanto a lei – Ogni tanto…Una volta…Era un martedì, se non sbaglio – disse e sorrise. Lei lo guardò – Il solito humor britannico, suppongo! Quindi…Abbiamo visto l’arrivo di Oscar in Inghilterra…Sappiamo che è stata persino ospite, diciamo così, di un accampamento militare inglese a Lapford, sotto il comando di un certo Lord Walsingham, famoso perché sotto di lui, prima di andare in India, ha prestato servizio con il grado di tenente un tal Arthur Wesley, che poi cambiò il suo nome in Wellesley e divenne il primo Duca di Wellington…E’ interessante credere, oppure voler credere, che Oscar abbia scambiato qualche parola con lui. Ma quello che mi premeva era capire chi era quella misteriosa donna che ha incontrato a Glastonbury e che, probabilmente, l’ha accompagnata fino a Stonehenge –
Andrew scrollò le spalle – Poteva essere una domestica di padre Philby che ha deciso di accompagnare Oscar come uno scudiero…Non credo che sarebbe poi così impossibile! –
Oscar sospirò- Uno scudiero! –
Lui annuì e poi aggrottò la fronte – Piuttosto…E a proposito di scudieri. Il suo attendente André…Perché non era con lei? –
Lei strinse le labbra e guardò il complesso della Tower of London sull’altra riva: - Sinceramente…Non lo so! Quei due hanno vissuto letteralmente insieme per tutta la loro vita e…Poi questo viaggio da sola. In effetti molti storici teorizzano che André si sia arruolato nelle Guardie Francesi per, se così si può dire, tenerla d’occhio su ordine del generale suo padre; ma altri, tra cui io, non sono d’accordo…Per me…E’ successo qualcosa tra quei due in quel periodo di transizione, anche se non si sa bene cosa…Ma il fatto è che poi entrambi hanno fatto chiarezza nei loro sentimenti. Il resoconto di Bernard Chatelet è piuttosto…Fumoso…Su quel periodo e prova ne è che nulla sapeva di questo viaggio in Inghilterra. Ah! Oscar! Uno pensa che dei personaggi storici famosi, proprio come le stelle di Hollywood, si sappia sempre tutto…E invece…Credevo di conoscere ogni cosa di lei, ma è frustrante non poter capire certi piccoli passaggi. E non posso fare a meno di pensare alla donna pallida che era con lei –
I due rimasero per qualche istante in silenzio e poi Oscar sorrise – Ma tu, piuttosto, se non ho capito male hai collaborato al ritrovamento di Boudicca. Immagino che la Regina stringerà anche la tua, di mano –
Lui scrollò le spalle – Io? No! Non ho fatto proprio nulla…In effetti…Nessuno al di fuori del signor Fersen ha fatto nulla! Non c’è stato un gruppo di studio, non ci sono state analisi di reperti o di antichi documenti…Una mattina si è svegliato, ci ha portato a Salisbury, davanti a quel cerchio di pietre antiche e…Ha semplicemente detto che la Regina era sepolta là da qualche parte –
Oscar sorrise divertita, ma poi smise guardano l’espressione seria di Andrew: - Davvero!? E’ andata proprio così? –
Andrew annuì gravemente – Io ed altri sui dipendenti siamo rimasti di sasso! Sulle prime credevamo che scherzasse, ma poi ha mosso mari e monti per poter effettuare delle analisi sul terreno e non ho ancora capito come è riuscito a farsi dare i permessi…O quanto ha speso per farseli dare…Se capisci cosa intendo e…La Regina era là. Ed è stata una scoperta meravigliosa, non solo per lo spessore storico del personaggio, ma anche perché abbiamo scoperto una sorta di meccanismo di apertura collegato direttamente con i megaliti del complesso di Stonehenge, una tecnologia che si è rivelata antica e che, stranamente, non ha avuto altri riscontri nel mondo celtico –
Oscar strinse le labbra – Te lo chiedo perché Alexander…Il signor Fersen…Quando mi ha mostrato l’allestimento per la presentazione dei reperti della tomba di Boudicca, mi ha detto che, dalle analisi effettuate sul sito, hanno trovato traccia di un ingresso, risalente alla seconda metà del XVIII secolo –
Lui aggrottò la fronte – Mmmm…Fammi indovinare: vorresti credere che Oscar, la tua antenata e quella donna sconosciuta sono entrate nella tomba di una regina celtica? Potrebbe anche essere…Potrebbe…Ma noi siamo storici e quindi, anche se qualcuno lo nega, degli scienziati. E, contrariamente a quello che la gran parte della gente può pensare, non ci basiamo sulle supposizioni, ma sulle certezze e sulle prove, documentali e non, che possiamo trovare –
Lei annuì e chiuse per un attimo gli occhi. Vide una fossa rettangolare nel terreno e delle scale in pietra che scendevano nell’oscurità. Una voce, al suo fianco, concitata ed eccitata, di donna, diceva: “La Regina guerriera! L’abbiamo trovata!”. Scosse il capo e guardò Andrew che stava sorridendo. E perché quel suo sorriso gli sembrava così dolce e rassicurante? Perché al suo fianco si sentiva calma, riflessiva e, in poche parole, si disse, al sicuro?
 
Lui stava soffocando, lentamente ed inesorabilmente. E lei non sapeva che fare. La disperazione la stava divorando inesorabilmente e gli prese la testa tra le mani: “Guardami! Guardami!” diceva con la voce spezzata. Con gli occhi lucidi si girò e vide una figura nera avanzare verso di loro con le braccia leggermente allargate e le dita delle mani piegate, come le ali e gli artigli di un uccello rapace pronto a colpire la preda. Lei prese in grembo la testa di lui che annaspava tenendosi il collo e tentennò: “Lascialo! Lascialo! Ti prego!”. La figura nera, con due occhi brillanti, sembrò rovesciare la testa all’indietro, come se stesse ridendo divertita: “E perché dovrei farlo? Solo tu ci servi! Non il tuo scudiero!” disse con una voce cavernosa; sollevò un braccio e vide le sue dita lunghe e affilate come coltelli chiudersi sul palmo. Sentì il corpo di lui fremere e, alla fine, gridò.
 
Oscar si scosse e artigliò il parapetto. Andrew le mise una mano sul braccio – Ehi! Per un attimo sembravi assopita. Forse è meglio che la smettiamo per oggi. So che alloggi al Royal Lancaster, proprio su Hyde Park. Se vuoi andiamo a farci un giro nel parco; è da un po' di tempo che non ci vado. Se vuoi rilassarti possiamo anche andare a vedere anche i giardini di Kensigton che sono proprio lì accanto, oppure, se ti piacciono i misteri, possiamo andare a visitare il cimitero vittoriano di Highgate a nord di Londra…Ma se vuoi rimanere in tema arturiano e del Santo Graal possiamo sempre andare a vedere Temple Church; ci hanno girato un film famoso anni fa. Non siamo a Parigi e, come mi hai fatto più o meno amabilmente notare, non c’è quasi mai il sole, ma qualcosa da vedere ce l’abbiamo anche noi. Come la nostra Conciergerie, che è la Tower of London, che puoi ammirare proprio di fronte a te –
Oscar sospirò; si ricordava una sua visita scolastica al complesso della Conciergerie, sull’Ile de la cité, l’antico palazzo dei re di Francia, poi diventato prigione ed ultima dimora di Maria Antonietta prima dell’esecuzione. Si era sentita soffocare anche nella grande Sala delle Guardie con le sue alte volte acute e quando aveva visto la ricostruzione della cella in cui era stata detenuta la Regina di Francia con tanto di manichini, si era sentita male, tanto da dover essere portata fuori da là. Guardò ancora per un attimo le sinistre mura della Tower of London pensando a quante persone e quanti innocenti erano stati rinchiusi ed erano morti in quell’edificio e, alla fine, guardò di nuovo Andrew – Ti ringrazio, ma andiamo pure avanti con l’analisi del viaggio di Oscar –
Lui socchiuse gli occhi – Dove sia arrivata e come…Non possiamo saperlo, ma tu…Dove vuoi arrivare alla fine del viaggio? Una meta devi pure averla –
Oscar scrollò le spalle – Voglio conoscere tutto di una donna straordinaria, anche i suoi più intimi e profondi segreti, come questo in cui ci siamo imbattuti…E tu? Cosa volevi sapere? –
Lui sorrise di nuovo – Io volevo solo conoscere Oscar! –
Lei rise di gusto – Ah! Ah! Ah! Touché…Andiamo! –
 
Dopo due giorni passati insieme al lavoro sui documenti inglesi Oscar ed Andrew andarono a comunicare i loro risultati direttamente ad Alexander Fersen nel suo grande studio.
Oscar guardò fuori dalla grande vetrata alle spalle di Fersen, seguì con gli occhi una grande chiatta che si muoveva lentamente sull’acqua marrone del Tamigi e poi guardò l’algida e fredda Martine, la segretaria che stava in piedi, quasi immobile, di fianco alla poltrona del presidente della Historical Research.
Fersen diede un’occhiata alla prima pagina della relazione, poi l’appoggiò sulla scrivania e guardò Andrew – Fatemi un sunto, per cortesia –
Lei sorrise debolmente – Abbiamo ricostruito i movimenti di Oscar nel Sud dell’Inghilterra in quell’epoca, anche se, devo dire, sono molto dettagliati –
Andrew annuì – In effetti era un rapporto destinato agli occhi di Giorgio III e quindi scritto molto bene –
Oscar continuò – Sappiamo che Oscar è partita da Cherbourg, in Normandia, ha raggiunto il porto di Plymouth e poi si è diretta a nord, dopo aver preso un cavallo, verso Tintagel dove ha dormito una notte proprio in mezzo alle rovine del castello che la tradizione vuole che siano i resti della fortezza della Fata Morgana e dove Re Artù è stato concepito. Dopo quella breve sosta si è diretta verso Glastonbury, per essere intercettata, se così si può dire, da una pattuglia dell’esercito inglese che l’ha portata ad un accampamento presso Lapford agli ordini del generale Oliver Duncan Wilkinson-Foster, Conte di Walsingham. E’ interessante perché in quello stesso posto prestava servizio, come tenente, Arthur Wesley, che cambiò il suo cognome in Arthur Wellesley successivamente e poi divenne in primo Duca di Wellington. Proprio quello che sconfisse Napoleone a Waterloo –
Andrew sorrise – Poi c’è anche qualcosa che riguarda un alterco con un certo capitano Travers, un colono americano tornato nella Madrepatria ed ex membro dei Dragoni Verdi di Tarleton che combatterono in America agli ordini del Lord generale Cornwallis –
Oscar annuì – A proposito della guerra in America…Mi chiedo se quell’alterco sia da collegare ad un fatto strano…Qualche mese prima dello scoppio della Rivoluzione in Francia, all’inizio del 1789, gli ufficiali di una fregata francese, l’Esperance, che aveva partecipato all’assedio di Yorktown, dal capitano all’ultimo dei suoi sottoposti, furono degradati ed imprigionati dal Tribunale Militare della Corona perché avevano ordinato di aprire il fuoco su una nave di civili inglesi in fuga, provocando decine di morti innocenti…E la denuncia è partita proprio da Oscar in persona –
Fersen socchiuse gli occhi – E a Glastonbury? Che cosa è successo? –
Oscar inarcò le sopracciglia – E qui entriamo nel vivo di quel viaggio! – disse e guardò per un attimo Andrew e poi di nuovo Fersen – Oscar si ferma nelle rovine dell’antica abbazia, visita una tomba che, presumibilmente è quella che i monaci del XII secolo hanno identificato come quella di Artù e Ginevra e poi resta ospite per almeno un giorno e una notte di padre Nathaniel Philby, un pastore protestante di famiglia piuttosto benestante. I suoi parenti hanno diversi stabilimenti per la lavorazione dei tessuti, all’alba della rivoluzione industriale e lui è considerato uno dei pionieri della ricerca storica di quel luogo. E’ interessante perché la sua casa è attualmente quella del complesso del Chalice Well, il pozzo del calice, dove c’è la fonte del sangue, quella che diventa rossa ad intervalli regolari e il pozzo dove, secondo la tradizione, è nascosto il Santo Graal, il calice che Cristo usò durante l’ultima cena –
Alexander si piegò in avanti – E poi? – disse con una voce che tradiva l’impazienza.
Oscar aggrottò la fronte perplessa – Poi…Beh! C’è un fatto strano che non è riportato nel rapporto degli agenti inglesi, ma solo, come il dottor Great ha verificato, dalle annotazioni del reverendo Philby. E riguarda il fatto che Oscar ha lasciato la casa con un’altra donna, in abiti neri e dalla pelle pallida, armata di spada e…E di scudo –
Fersen sbatté le palpebre – Una donna…In abiti neri…E dalla pelle pallida? Con una spada e…Ne siete certi? Con uno scudo? – disse e guardò per un attimo Martine. A Oscar parve di scorgere sulle labbra della donna una sorta di sorriso, ma poteva anche essere una lieve smorfia. Lei incrociò le mani dietro la schiena – Cosa è successo a Stonehenge? –
Oscar e Andrew si guardarono, più che una riunione sembrava un interrogatorio. Fu lui a rispondere – Oscar de Jarjayes ha effettuato una visita ai megaliti ed è rientrata in Francia. Un altro caso strano è che il responsabile della sorveglianza di mademoiselle Oscar, un certo Lord Baxter, è letteralmente sparito dalla circolazione proprio in concomitanza con il ritorno di Oscar. E come lui anche altri esponenti della nobiltà e della borghesia inglese. Si sa che, successivamente, la Corona inglese si è adoperata per sequestrare tutti i loro beni, come di solito si faceva con i traditori dello Stato. Da qui c’è l’ipotesi che il viaggio di Oscar de Jarjayes fosse in realtà collegato ad un’attività di spionaggio; cosa che la dottoressa de Jarjayes, qui presente, esclude -
Fersen fece un gesto con la mano – E pure io! No! Non era spionaggio – disse e prese una cartella marrone di fronte a lui. L’aprì e mise davanti a Oscar delle stampe a colori.
Lei si piegò in avanti e vide che i fogli erano le stampe di copertine di alcune riviste inglesi e francesi. Riviste scandalistiche, si disse e tutte avevano in bella mostra la sua fotografia e riguardavano il ritrovamento effettuato in Cornovaglia e la conferenza di pochi giorni prima. Oscar guardò Fersen sempre più perplessa – E’…E’ per l’oggetto che è stato trovato presso il castello di Tintagel, ma… -
Martine mosse le labbra e Oscar riconobbe chiaramente un sorriso sinistro: - Un oggetto, Miss de Jarjayes…Chiamatelo per quello che è realmente; una pistola del XVIII secolo datata al VI secolo dopo Cristo, il periodo in cui, secondo la tradizione, il castello di Tintagel era la dimora della Fata Morgana, la nemica per eccellenza di Artù e dei suoi cavalieri…Un’arma che la vostra antenata avrebbe potuto portare, visto che voi avete scoperto anche l’anno di fabbricazione, il 1772, se non erro. Quelle riviste riportano la scoperta come una bufala bella e buona, ma sappiamo che non è così. E ditemi, Miss de Jarjayes, avete formulato mai delle ipotesi su come quell’arma sia finita non tanto nella scogliera di Tintagel, ma nell’Inghilterra medioevale? –
Oscar aprì la bocca sorpresa, guardò per un attimo Andrew e poi Fersen che sembrava attendere anch’egli una risposta. Strinse le labbra e guardò di nuovo Martine – Io…Io…Credo che…Beh! Non…Non credo che sia compito mio…Formulare delle ipotesi…I responsabili del Corwall College stanno…Faranno… -
Fersen sospirò – Andiamo, Oscar! Tra le tante ipotesi che ti passano per la testa…Ce n’è forse una che spiegherebbe quel ritrovamento? –
Andrew si sistemò sulla poltrona. Si stava innervosendo dalla piega che aveva preso il discorso. Guardò Oscar e poi Fersen: - Di certo, se credessimo ai viaggi nel tempo, potremmo anche credere che una persona del XVIII secolo sia finita, chissà come, nel VI secolo e che poi abbia perso quell’arma…Ma, come anche voi sapete bene, questa è una cosa impossibile –
Il silenzio raggelò la sala per attimi che a Oscar parvero lunghissimi e poi Fersen sorrise. Con un sorriso che a lei non piacque affatto: - Certo! Sicuramente è così! Oppure…Il momento è arrivato, Martine, faglielo vedere! –
La donna andò ondeggiando sui suoi alti tacchi fino ad un mobile sulla parete, aprì le ante e ne estrasse una valigetta scura. Si avvicinò di nuovo alla scrivania e l’appoggiò su di essa. Con gesti eleganti fece scattare le serrature, aprì l’anta superiore e poi la girò verso Oscar e Andrew. Lei rimase sorpresa di vedere un piccolo volume rilegato in pelle nera al centro, appoggiato su un morbido tessuto color porpora. Oscar aggrottò la fronte e guardò Fersen che sorrise di nuovo – Prendilo pure, ma con attenzione, ci sono dei guanti in lattice lì –
Lei trovò i guanti e li indossò, poi prese con entrambe le mani il piccolo volume e lo appoggiò sulla scrivania. Lo aprì facendo stridere la vecchia pelle della copertina e poi girò qualche pagina, rimanendo letteralmente senza fiato e impallidendo. Andrew la osservò preoccupato: - Oscar…Cosa ti succede? –
Lei sorrise con gli occhi lucidi e lo guardò per un attimo, poi tornò al volume – La scrittura…E’ un quaderno scritto a mano…E la scrittura…Oh! Andrew! L’ho vista molte e molte volte…E’ quella di una donna vissuta nella seconda metà del XVIII secolo e questa risale ai suoi anni Settanta, se non sbaglio e non mi sbaglio! E’ quella di Oscar! E’ la scrittura di Oscar che risale al suo periodo giovanile –
Fersen annuì e guardò Martine per un attimo – Hai visto? Ho vinto la scommessa! Si, Oscar, è la scrittura della tua antenata. Quel volume è stato scritto da lei in due tempi, a quanto ne sappiamo: la prima parte, come hai notato anche tu, è stata scritta quando lei era giovane e la seconda…Quasi alla fine degli anni Ottante del XVIII secolo –
Oscar sfogliò delicatamente alcune pagine e riconobbe anche l’altro tipo di scrittura, fatta dalla stessa mano, ma con una calligrafia più affilata e precisa. Aggrottò la fronte e si avvicinò al manoscritto – Cerchio di pietre… - disse piano e poi notò un disegno, piuttosto rozzo, ma che indicava chiaramente il più famoso sito megalitico del mondo: Stonehenge. Sfogliò altre pagine – Ma…Tomba…Regina… - disse ancora e aprì il quaderno alle prime pagine – Tintagel…Ma cosa…Cosa significa tutto questo…E, soprattutto, dove lo avete trovato e com’è in mano vostra? – aggiunse con la voce alterata.
Guardò Andrew, ma anche lui sembra sorpreso, come e più di lei. Guardò Fersen che, intanto, aveva incrociato le dita delle mani sulla scrivania e sorrideva. Sorrideva ancora con quel ghigno che a lei non piaceva affatto.
Alexander scrollò le spalle – E’ presto detto. Viene dalla casa della tua famiglia, in Normandia. Nell’Agosto del 1943 la casa dei de Jarjayes doveva diventare un comando avanzato per le SS in modo da controllare…E nel caso spronare…La costruzione delle opere difensive del Vallo Atlantico. Da quello che ne so alcuni soldati che spostavano una scrivania l’hanno fatta cadere e, complice il tempo e il lavoro dei tarli, è andata in mille pezzi. E tra quei pezzi hanno trovato quel volume che, evidentemente, Oscar aveva nascosto in un cassetto segreto –
Oscar strinse il quaderno tra le dita – E…Ma come…Che cosa è successo dopo? –
L’altro strinse le labbra – I soldati hanno informato il loro superiore che, a sua volta, ha informato il suo comando di Bayeux, che a sua volta ha chiamato quello di Rouen e poi, infine, quello di Parigi…Sia lode alla pignoleria teutonica, per una volta tanto! Il comando delle SS, per voce della divisione Ahnenerbe, che si occupava di ogni cosa che esulava dalla normale comprensione, aveva specificato chiaramente che ogni eventuale oggetto rinvenuto e appartenuto a Oscar François de Jarjayes doveva essere confiscato e analizzato. Dopotutto i nazisti la consideravano, molto a torto, devo dire, un perfetto eroe ariano, alta e bionda e dagli occhi azzurri com’era…E come sei tu…Immagino che Himmler e Hitler la vedessero come una Valchiria reincarnata. Lo fecero analizzare e lo portarono a Berlino, al comando supremo delle SS, da Himmler in persona…E dal mio antenato, Gustav –
Oscar guardò per un attimo il quadro di Gustav Von Fersen inguainato nell’uniforme dell’Ordine Nero e poi fissò di nuovo Alexander. Lui si piegò in avanti – Un’altra cosa che sicuramente non sai è…Che Oscar, la tua antenata, aveva degli strani incubi e delle strane visioni: donne in vesti nere…E pallide…Donne dai capelli fiammeggianti…E luoghi, come Tintagel e persino Glastonbury e il cerchio di pietre di Stonehenge…Isole…Cavalieri…E un corridoio in pietra con un oggetto che brillava…Ma il tutto in un’accozzaglia di informazioni senza capo né coda, come se qualcuno cercasse di ricordare…Qualcosa…Oscar si confidò con Maria Antonietta e quest’ultima, che non capiva nemmeno di cosa stesse parlando il comandante delle sue guardie, a sua volta si era confidata…Con il suo amante: Hans Axel Von Fersen –
Oscar strinse le labbra e sentì la rabbia salirgli dentro; ma Fersen continuò: - Il quaderno fu analizzato all’epoca ed autenticato e poi inviato a Berlino al comando delle SS. E da lì passò al mio antenato e poi a me come eredità –
Oscar balzò in piedi a batté i palmi sulla scrivania – Lo hanno rubato! Lo hai rubato! Avresti dovuto consegnarlo alle autorità francesi e non tenerlo come un trofeo! –
Fersen rimase per un attimo sorpreso dalla sua reazione e poi sorrise di nuovo – E perché avrei dovuto? Come potrai leggere anche tu in quel volume non c’è assolutamente nulla che abbia un senso compiuto, ad eccezione di quella che sembra una raccolta di favole della Cornovaglia e…Oh! Ma ci sono due cose che invece sono interessanti: una è la descrizione, come ti ho accennato, di un corridoio in pietra con un oggetto luccicante sopra quello che viene descritto come un altare di pietra; un oggetto che Oscar identifica come un calice, una coppa luminescente…E la seconda…La descrizione della discesa in una cavità sotterranea, dove giacciono i resti di una regina, proprio nei pressi di un grande cerchio di pietra, con tanto di disegno –
Andrew inarcò le sopracciglia – Stonehenge! Ecco perché eravate così sicuro di trovare la tomba di Boudicca laggiù! –
Martine piegò la testa di lato – Ispezionando la tomba abbiamo scoperto che perlomeno due persone sono entrate nella tomba di Boudicca nella seconda metà del XVIII secolo. Alla luce di quanto indicato nel libretto e da quanto da voi descritto è lecito pensare che sia stata proprio Oscar ad andare là dentro, con la famosa donna in nero –
Oscar tentennò – E cosa ci sarebbe andata a fare? E come avrebbe mai potuto anche solo sapere di quella tomba? –
Andrew deglutì – E’ vero, signor Fersen, senza contare che la cripta era collegata ad un sofisticato sistema di apertura a sua volta collegato direttamente con i megaliti. Sembra che per voi l’antenata di Miss de Jarjayes sia stata una sorta di Indiana Jones ante litteram –
Fersen si alzò lentamente e incrociò le mani dietro la schiena – Come abbia aperto la tomba…Non lo so…Forse è intervenuta la misteriosa donna che era con lei…Pallida, con vesti nere e capelli neri…Curioso, vero? Come le streghe delle leggende. Ma francamente non mi interessa! Grazie a quel libretto ho effettuato una scoperta storica ed archeologica senza precedenti…Ma non è tutto. La scoperta più grande è ancora sepolta in quelle pagine –
Oscar aggrottò la fronte e Martine sorrise di nuovo – In quel libretto si parla di Glastonbury e si cita per un paio di volte un altro luogo; più leggendario: Avalon…E la descrizione di un corridoio in pietra…Di un oggetto brillante su un altare di pietra…Un oggetto che, a quanto sembra di capire, è un calice –
Oscar si raddrizzò e aggrottò la fronte guardando Fersen – Ma…Di cosa state farneticando!? Ci vuole molta, ma molta fantasia per dare un senso compiuto a quest’accozzaglia di cose di cui mi state parlando! –
Fersen sospirò – Eppure è così semplice: da giovane Oscar de Jarjayes ha visto qualcosa…In Inghilterra…Più precisamente intorno alla fine degli anni Settanta del XVIII secolo e poi, quasi dieci anni dopo, è tornata ed ha scoperto la tomba di Boudicca. Ma a me importa quello che ha fatto prima…Si parla di strane figure femminili e, soprattutto, di isole sacre e di coppe luminescenti. Di certo poca cosa per poter imbastire qualsivoglia ricerca, ma abbastanza per interessare Himmler e le SS. E poi…Abbiamo la tua pistola, dottoressa de Jarjayes! Un’arma francese del XVIII secolo che è stata datata al VI secolo dopo Cristo. Coraggio! Dopotutto sei una studiosa, ma lo sai anche tu, come disse qualcuno che: “una volta eliminate le cose possibili…Resta solo l’impossibile” e quello che possiamo dire è che, con quell’oggetto che avete recuperato in Cornovaglia, abbiamo la prova che Oscar ha fatto, chissà come, un viaggio attraverso il tempo nell’Inghilterra alto medioevale e ha visto! Ha visto un oggetto che per secoli è stato cercato invano! Il Santo Graal! –
Dopo altri lunghi attimi di silenzio Oscar serrò le mascelle e tentennò – Tu sei…Sei un pazzo! E non intendo restare qui un minuto di più! Ti denuncerò alle autorità per il possesso di quel manoscritto – disse piano e poi si girò per uscire a grandi passi dalla stanza.
Andrew si alzò – Mi dispiace signor Fersen, ma devo concordare con la dottoressa de Jarjayes. E quel volume, qualunque ne sia la provenienza, non può restare qui –
 
Oscar aprì la porta, ma si trovò davanti una figura massiccia che le sbarrava l’uscita. Era un uomo alto e con spalle molto larghe, stretto in un abito nero con camicia bianca e cravatta. Lei digrignò i denti – Spostati! –
L’uomo non si mosse e lei deglutì lentamente – Spostatevi, per cortesia – disse piano e scandendo bene le parole.
Quando l’altro non si spostò lei fece qualche passo indietro e l’uomo entrò, seguito da altri della sua stessa stazza che si disposero proprio davanti all’unica uscita. Andrew tentennò e guardò Fersen – Vi rendete conto di cosa state facendo? –
Fersen sospirò di nuovo – Oh! Lo so benissimo! E, in fondo, speravo che la nostra dottoressa de Jarjayes collaborasse con noi di sua spontanea volontà, ma va bene lo stesso! E tu, mio caro Andrew? Cosa farai? –
Lui alzò il mento – Non posso aiutarvi e nemmeno essere dalla vostra parte, signor Fersen, questo si chiama rapimento! Si chiama costrizione! E non ricerca storica –
Fersen scrollò le spalle – Se archeologi come Carter, che scoprì la tomba di un faraone dimenticato, avessero seguito le regole, mio caro Andrew, molte delle più grandi scoperte della Storia non sarebbero mai avvenute. E qui non stiamo parlando del cadavere di una regina che ha osato sfidare la potenza di Roma antica, ma del simbolo stesso di tutto quello che ci ha portato a questo mestiere. Il Graal, qualunque cosa sia, è qualcosa che va al di là di ogni immaginazione –
L’altro si portò accanto a Oscar, la guardò per un attimo e poi fissò di nuovo Fersen – Mai! Non a questo prezzo! –
Martine piegò le labbra in una smorfia – Bene! Come vuoi! E visto che non possiamo certo lasciarti uscire, voi due avete manifestato una certa attitudine a lavorare assieme, a quanto sembra, vi metterete entrambi a studiare questo volume per venire a capo di dove si trova la fantomatica coppa luminescente –
Fersen si spostò e si mise di fronte alla scrivania – Vi metterò a disposizione la mia residenza privata di Tandridge, a sud di Londra, è molto riservata e vicino c’è un bel campo da golf; il luogo ideale per studiare –
Oscar serrò i pugni e andò verso di lui, alzò il braccio per colpirlo, ma fu bloccata dalla presa d’acciaio di Martine. Si stupì per un attimo di come fosse forte, seppure con un corpo così esile e guardò Fersen con occhi di fuoco – Maledetto! Te la farò pagare! –
Lui sorrise tristemente – Avremmo potuto trovare assieme il Graal. Condividendo onori e gloria. E invece preferisci questo! Credi che mi piaccia agire così? Io lo faccio per un bene superiore –
Andrew sorrise debolmente – Oh! Immagino che anche il vostro antenato Gustav si dicesse questo indossando l’uniforme delle SS ogni mattina –
Oscar si divincolò dalla presa di Martine e quest’ultima fece un cenno agli altri uomini che si avvicinarono minacciosamente.
 
Oscar e Andrew vennero condotti senza troppi complimenti ai parcheggi sotterranei attraverso un ascensore privato direttamente dallo studio di Fersen. Vennero divisi e lei, con la valigetta contenente il libretto della sua antenata, venne fatta salire su una grande berlina nera.
Le auto sfrecciarono fuori dalla rampa e si immisero nel traffico caotico di Londra. Uno degli uomini massicci, seduto di fianco a lei nel sedile posteriore, sorrise con l’angolo della bocca – Non preoccupatevi. Tra qualche ora questo caos sarà solo un ricordo –
Oscar guardò fuori dal finestrino, l’ultima cosa che voleva era provare gentilezza per quei mercenari. Pensò velocemente a cosa fare. Di rotolare fuori dall’auto in corsa e di mille altre cose che si vedevano nei film era impensabile e le portiere erano sicuramente bloccate. Doveva trovare un modo per chiamare Jeanne a Parigi e di avvisarla di che cosa stava accadendo. Era incredibile: quella mattina si era svegliata nella suite di uno dei migliori alberghi di Londra ed ora era prigioniera dell’uomo di cui, per chissà quale motivo, si era infatuata. Si toccò la tasca interna della giacca e sentì il suo cellulare. L’uomo sorrise di nuovo, quasi leggendo i suoi pensieri – L’auto è schermata. Così come la villa del signor Fersen. A lui non piace essere disturbato quando lavora –
Oscar non riuscì a trovare divertente quella battuta e il suo pensiero andò a Andrew, nell’automobile davanti alla sua. Si fermarono ad un semaforo e, quando ancora lei pensava a come uscire da quella situazione, improvvisamente sentì uno schianto e vide l’auto sulla quale c’era Andrew centrata sul cofano da un grande suv nero con i finestrini oscurati. Il mezzo colpito sbandò e si ritrovò in mezzo alla strada in panne. Lei aggrottò la fronte, ma con la coda dell’occhio vide un altro suv, nero e con i finestrini scuri, avanzare verso di loro. Inarcò le sopracciglia; l’altro mezzo non dava segno di rallentare. Si preparò allo schianto e l’auto roteò sull’asfalto quando venne colpita.
Le portiere si aprirono e Oscar uscì all’aria aperta. C’era fumo nero, il suono di molte sirene e notò l’accalcamento dei pedoni che venivano a vedere quello che era successo. L’urto l’aveva sballottata nel sedile e si sentiva con i muscoli indolenziti. Si inginocchiò lentamente a terra; il suo pensiero andò alla valigetta con il libretto di Oscar, ma anche e soprattutto a Andrew: come stava? Era bloccato dentro l’altra macchina? Alzò lo sguardo e vide delle alte figure nere avvicinarsi a lei.

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Capitolo 7
*** Di nuovo insieme ***


Erano di fronte a lei. Ma non la vedevano. Non li vedevano. Eppure quegli esseri dalle lunghe chiome bionde, dal volto dipinto a strisce nere, montati su cavalli che portavano teschi umani sulle selle; erano proprio si fronte a loro e non li vedevano. La figura nera inginocchiata di fronte se ne stava immobile, con la testa leggermente inclinata in avanti. Uno degli esseri a cavallo si piegò in avanti e fiutò l’aria come un animale. Brandì la sua ascia, alzò il braccio e, a quel segnale, lui e gli altri se ne andarono.
Non li avevano visti e se ne erano andati, erano salvi. La figura nera ondeggiò e poi cadde di lato. Andò subito accanto a lei e la prese tra le braccia, poi guardò il suo compagno chiedendosi cosa fare.
 
Oscar si svegliò e vide un punto bianco di fronte a sé. Sbatté le palpebre, il punto sparì improvvisamente e vide un soffitto in legno intarsiato. Aggrottò la fronte e si accorse di essere stesa, ma non a terra. Si sollevò sui gomiti e sentì un morbido materasso sotto il suo corpo. Si guardò attorno e vide la stanza: una bella stanza, si disse, in cui anche le pareti erano rivestite in legname che, almeno ad occhio, era sicuramente pregiato. Si alzò lentamente e rimase in piedi. Mosse piano il collo sentendo scricchiolare paurosamente le vertebre e cercò di ricordare. Aveva cercato di lasciare furiosa lo studio di Fersen ed era stata letteralmente rapita, come Andrew. Si chiese dove fosse: lo aveva visto solo di sfuggita dopo l’incidente. Ma, alla luce di dove si trovava, era stato per davvero un incidente? Un’automobile che colpiva quella davanti alla loro nel traffico caotico di Londra era possibile, ma due era poco probabile. Diede una rapida occhiata alla finestra, si avvicinò e vide solo una coltre bianca: “Maledetta nebbia inglese!” pensò. Ripercorse la stanza, appoggiò la mano sulla maniglia della porta e, sorprendentemente, la trovò aperta.
Uscì guardinga su un soppalco e si avvicinò ad una scala che scendeva. Trasalì vedendo in fondo un uomo in livrea blu che alzò la testa a guardarla e sorrise amabilmente – Miss de Jarjayes! E’ un piacere vedere che state bene! Ma prego, siete attesa – disse facendosi da parte e aprendo un braccio.
Oscar deglutì e lentamente scese. Quando fu di fronte all’uomo lo guardò negli occhi – Andrew…Il dottor Great…Dove…Dove si trova? E’ qui con noi? Sta bene? –
L’altro strinse le labbra in un sorriso benevolo – Sta bene, non vi dovete preoccupare. Abbiamo provveduto a liberare tutti e due, ma ora vi prego di entrare – disse indicando una grande porta ad arco a due battenti. Lei deglutì di nuovo – Da chi sono attesa! Pretendo di sapere da chi siamo stati liberati e perché –
L’uomo sospirò – Non posso rispondervi, Miss de Jarjayes, non è compito mio – disse e indicò di nuovo la porta. Lei serrò le mascelle e spinse le ante. Si trovò dentro una grande sala, con il soffitto alto e con travi e capriate in legno a vista. Rispetto al resto dell’edificio sembrava una zona più grezza e, in effetti, le pareti non erano perlinate, ma rivestite in pietra, o finta pietra, si disse e spoglie, come quelle di un antico castello. Ma in fondo, al posto di un trono, c’era una grande e moderna scrivania con dietro uno scranno in legno. Di lato osservò una teca in vetro contenente un mezzo busto la cui faccia era priva di occhi, bocca e naso. Si avvicinò e notò sul capo del manichino un cerchio di metallo, sembrava una  sorta di corona che, sulla fronte si allargava a formare il simbolo della croce celtica racchiuso in un cerchio. Aggrottò la fronte e guardò la scrivania. Rimase senza fiato nel vedere la valigetta che conteneva il libretto della sua antenata adagiata semplicemente sul tavolo. Corse verso di lei e l’aprì concitatamente. Sospirò di sollievo nel vedere il piccolo volume ancora appoggiato sul velluto color porpora e allungò una mano per accarezzarlo. Pensò ancora ad Andrew: dove si trovava in quel momento lui? E, proprio in quell’istante, sentì un rumore dietro di lei. Si girò e lo vide. Lui sorrise – Oscar…Finalmente! Quando mi sono svegliato in questo posto e non c’eri…Mi sono sentito…Stai bene? – disse piano avvicinandosi a lei.
Oscar strinse le labbra, gli andò incontro a passo veloce e lo abbracciò d’istinto. Lui rimase per un attimo interdetto e poi gli accarezzò le spalle: – Va tutto bene – sussurrò.
Lei si strinse in quell’abbraccio e poi, improvvisamente, come colta da un pensiero improvviso, aggrottò la fronte. Si divincolò velocemente dall’abbraccio e indietreggiò verso la scrivania. Chiuse la valigetta con uno scatto, la prese e la strinse al petto – Dove sono! Dove mi avete portata! –
Lui aggrottò la fronte – Ma…Cosa stai dicendo… -
Oscar strinse ancora di più a sé la valigetta – Tu mi hai fatto venire a Londra! Tu mi hai fatto entrare nel palazzo sede della società di quel…Quel pazzo maniaco parente di una SS…E adesso pretendo di parlare con il mio avvocato e con la polizia! –
Andrew fece un passo avanti verso di lei e alzò le mani – Oscar…Credimi…Anch’io sono sorpreso e arrabbiato quanto te! E non so dove ci troviamo…C’è solo quel maggiordomo fin troppo servizievole che mi ha mandato qui…In questa…Sala…Che sembra quella di un vecchio castello medioevale… -
Lei digrignò i denti – Non avvicinarti! –
 
I battenti della porta si aprirono di nuovo ed entrò una figura in abiti neri. Il maggiordomo chinò la testa e chiuse la porta lasciandoli da soli. Oscar socchiuse gli occhi: la persona che era appena entrata indossava abiti maschili neri, pantaloni e giacca, come i suoi lunghi e lisci capelli ed aveva una pelle bianca, candida, di un pallore innaturale.
La figura face qualche passo verso di loro e sorrise mostrando dei canini stranamente appuntiti – Perdonatemi di avervi fatto attendere. Purtroppo c’è la nebbia là fuori e la nebbia, come potete immaginare, fa brutti scherzi. Fa perdere non solo la strada, ma anche la concezione del tempo e persino dello spazio. Tanto che viene da credere di vivere in un mondo a parte, fatato, si potrebbe dire. Benvenuti nel mio castello! Io sono…Beh! Il mio nome è Morgan…Morgan Drakehead –
Andrew sbatté le palpebre – La Fata Morgana –
Morgan inarcò le sopracciglia – Strano accostamento…Vi ricordo qualcuno? –
Lui tentennò – Ecco…Un mio collega…Quando abbiamo udito il vostro nome, lo ha accostato all’antica lingua: Drakehead si pronuncia come Pendragon…Testa di drago…Morgan Pendragon e quindi…Morgana Pendragon…Il nome della Fata Morgana –
L’altra strinse le labbra e aggrottò la fronte, come se fosse rimasta delusa e poi guardò Oscar che ancora stringeva a sé la valigetta. Sorrise – E tu come stai mia cara amica? –
Oscar strinse le labbra – Amica? Voglio sapere immediatamente cosa sta succedendo e…Cosa…Ci facevi a Tintagel…E Adesso… Perché…La nebbia… -
Tutto intorno a lei iniziò a girare e a sbiadire. Le emozioni, fino a quel momento, erano state troppe. Si abbassò fino a mettere un ginocchio a terra e ansimò. Guardò Morgan e vide solo un’ombra nera offuscata. E perché mai sembrava che portasse qualcosa di lungo e stretto legato al fianco? Come se fosse una spada? E la sua giacca sembrava essersi allungata, come uno scuro mantello che la faceva somigliare ad una sorta di uccello: un grande e maestoso corvo nero. Sentì delle mani appoggiarsi delicatamente alle sue braccia. Alzò il viso e guardò gli occhi di Andrew. Lui sospirò – Fidati di me…Va tutto bene –
Lei singhiozzò e cercò di stringere la valigetta al petto, ma lui le mise una mano sulla spalla – Tienila pure tu – disse e si girò verso Morgan – E voi…Miss…Drakehead…Come…Come siamo finiti in questo posto? E che posto è questo? Ricordo solo che eravamo stati costretti dagli uomini di Fersen a salire nelle automobili e poi… –
La donna sorrise e si avvicinò a loro, andò dietro la scrivania e si sedette sullo scranno. Li guardò entrambi e poi sospirò – Siete stati liberati dai miei uomini. Come avete potuto vedere sono molto efficienti –
Andrew aggrottò la fronte – E come facevate a sapere che saremmo passati proprio in quel momento? –
Morgan incrociò le dita sul tavolo – Informazioni…Mister Great! Informazioni! Sono l’anima e il propulsore di ogni affare. Avere informazioni di prima mano è essenziale a certi livelli. Moltissime aziende investono ingenti capitali per avere informazioni, anche dalla concorrenza –
Oscar strinse le labbra e serrò le dita sui bordi della valigia fino a farsi diventare bianche le nocche – Dì piuttosto che avete qualcuno all’interno della Historical Research! –
L’altra sospirò – Lo posso anche dire…Ma ritengo che per voi sia stata una fortuna –
Andrew sbatté le palpebre e guardò prima Oscar e poi Morgan: - Con tutto il rispetto, Miss Drakehead, sembra invece che siamo finiti, come si usa dire, dalla padella nella classica brace, visto che anche qui siamo prigionieri, se non sbaglio –
La donna aggrottò la fronte – Voi non siete dei prigionieri! A me interessa che il volume in quella valigetta non finisca nelle mani delle persone sbagliate…A proposito: c’erano due rilevatori di posizione all’interno, uno l’abbiamo trovato facilmente, ma l’altro era nascosto molto meglio. Probabilmente il primo serviva come depistaggio. Un’azione intelligente, devo dire. Chi si occupa della sicurezza alla Historical Research ha sicuramente una preparazione militare –
Andrew sospirò – Quella Martine! E pensare che tutti la credevamo solo una zitella inacidita! –
Morgan annuì – Martine de Poligny! In effetti è un ex sottufficiale delle forze speciali dell’esercito canadese, ma negli ultimi tempi sono molti gli ex militari che sono stati assunti come mercenari in quella società. Un po' troppi per occuparsi solo di sicurezza interna. E so per certo che anche i servizi segreti inglesi sono interessati alle attività di Fersen e non solo per l’imminente inaugurazione della mostra su Boudicca –
Oscar rilassò per un attimo le braccia – E tu non ne sapevi nulla! – disse rivolta ad Andrew.
Lui aggrottò la fronte – Io mi occupo di ricerca storica, non di assoldare mercenari –
Lei si piegò in avanti – Certo! Quando sai che il tuo capo ha nel suo studio il quadro di un alto ufficiale delle SS non sia mai che ti venga alcun sospetto! –
Andrew tentennò per un momento e poi si piegò verso di lei – E che vuol dire? Non ci faceva mica fare il saluto nazista al quadro! E poi tu…Parli tu che te ne eri quasi innamorata! Come se non me ne fossi accorto! –
Oscar avvampò – Io…Io…Io non sapevo che razza di persona era in realtà! E tu…Per quanto ti sei venduto? –
Lui aprì la bocca per ribattere, ma una voce alterata li zittì: - Smettetela! – disse Morgan e li guardò entrambi – Per gli dei dell’Annwn! Sembrate proprio una vecchia coppia! –
Oscar aggrottò la fronte – Se qui non siamo prigionieri…Immagino che potremo andarcene di qui quando vogliamo e magari chiamare le autorità per far sapere a tutti che razza di farabutto è quell’uomo! –
L’altra annuì – Immagini giusto! Tuttavia…Vorrei ricordarvi che Alexander Fersen è diventato un personaggio molto in vista e molto importante in quest’ultimo periodo, oltre ad avere notevoli disponibilità economiche, a prescindere dai suoi antenati. Di sicuro avrà mobilitato tutti i suoi mercenari per controllare ogni possibile via per lasciare il Paese e anche tutti i consolati e le ambasciate francesi della zona. E di sicuro ha messo sotto controllo le chiamate verso un noto avvocato parigino, una certa Jeanne Valadier, se non erro, che è diventata celebre per una battaglia legale fatta per cambiare il nome della sua amica con quello di una famosa eroina francese –
Oscar socchiuse gli occhi – Tu…Tu chi sei…In realtà… -
Morgan la fissò il modo enigmatico e per un attimo, per una frazione di secondo, a Oscar parve di riconoscere quegli occhi chiari e freddi. La donna sorrise debolmente – Sono…Sono stata molte cose nella mia vita. Perché vi ho salvato? Perché lo volevo! In quel libretto, scritto dalla tua antenata, c’è la chiave per qualcosa di molto prezioso…Ed è per questo che vi chiedo di portarlo a Glastonbury da mia sorella Vivian –
Andrew aggrottò di nuovo la fronte – A…A Glastonbury? E perché proprio a Glastonbury? –
Morgan lo fissò – E’ lì che l’antenata di Miss de Jarjayes si è recata ed è lì che, probabilmente, tutto è iniziato. Lo so perché la nostra comune amica Oscar, quando era ospite al Camelot Castle Hotel si è confidata con me e, da come voi, Mister Great, avete riconosciuto le caratteristiche peculiari del mio aspetto, immagino che lei vi abbia parlato di me –
Oscar rimase a bocca aperta – Io non ti ho mai parlato di questo diario, anche perché ne sono venuta a conoscenza da poco tempo. Tu come fai a conoscerne il contenuto? E questa…Questa Vivian…Come potrebbe aiutarci? –
Morgan si alzò lentamente e li guardò entrambi – Come faccio a sapere cosa c’è scritto lì non importa. E’ importante che lo sappia! In quanto a Vivian vi troverete prima con l’altra mia sorella, Margaery che vi aspetterà al complesso del Chalice Well, proprio di fronte alla White Springs, l’acqua bianca e alla collina del Tor. Lei vi accompagnerà da Vivian che è…Diciamo un’esperta di…Di quello che parla il libro –
Oscar sospirò – Cos’è!? Uno scherzo? Credi veramente che io mi metterò in viaggio per questa località insieme ad un servo della Historical Research? E tu…Tu non ci hai ancora detto cosa ci guadagni in tutto questo –
Morgan si piegò in avanti verso di lei – Questa conversazione sta diventando noiosa! Ti ho detto che non voglio che il contenuto di quel volume sia usato da persone come Fersen. Non ho alcun diritto di chiedervi di fidarvi di me, ma dopotutto, considerato il contesto che stiamo vivendo, che altre opzioni avete? –
Andrew e Oscar si guardarono, poi lei guardò di nuovo Morgan: - Tutti hanno un obiettivo e il non sapere il tuo non mi predispone di certo a tuo favore…Ma hai ragione! Considerato il contesto, fidarci di te è l’unica soluzione accettabile. E poi…Poi come ci arriveremo a Glastonbury? –
L’altra sorrise – Oh! Si viaggia con classe: vi metto a disposizione il mio suv privato, un magnifico Range Rover Sentinel – disse e aprì un cassetto della scrivania, prese un mazzo di chiavi e le porse a Oscar – L’indirizzo è già memorizzato nel navigatore, ma non credo che vi perderete. Ci troviamo a nord ovest di Watford, a nord di Londra, vicino alla strada M25 che potrà portarvi ancora più a ovest, verso la vostra destinazione –
Oscar strinse le chiavi – Come sei sicura che faremo quello che chiedi e che non scapperemo per conto nostro con il libretto? –
Morgan sospirò – Di certo ci hai pensato! Ma il fatto è, mia cara Lady Oscar, che sono certa di conoscerti! Il quel volume c’è un mistero legato alla tua antenata e tu, come il nostro caro sir Andrew, non vedi l’ora di scoprirlo, non è forse vero? O non sei la brillante e curiosa studiosa che ho conosciuto a Tintagel e che ha tenuto testa a una torma di giornalisti dicendogli di avere in mano una pistola del XVIII secolo persa nel Medioevo? –
Oscar strinse ancora di più le dita sulle chiavi e fece una smorfia. Trovava frustrante quando gli altri mostravano di conoscerla più di sé stessa e si, lei desiderava più di ogni cosa capire come e perché la sua antenata si era trovata in Inghilterra alla ricerca di Re Artù e di sa solo Dio cos’altro. Si alzò tenendo la valigetta saldamente per la maniglia e guardò Andrew – Andiamo! –
Lui la fissò sbattendo le palpebre – Cosa!? Andiamo…A Glastonbury? Solo perché ce lo dice questa donna? –
Oscar sorrise e si piegò verso di lui – Là troveremo le risposte al mistero di Oscar, Andrew. Dopotutto sei stato tu che mi hai contattato per mostrarmi dove e come aveva viaggiato la mia antenata…Coraggio! Fidati di me! –
Lui sospirò, guardò di nuovo Morgan e poi si alzò – E allora…Andiamo! –
 
All’esterno dell’imponente palazzo d’epoca vittoriana in cui si erano svegliati, si trovava il gigantesco suv della Rover già pronto per partire e la nebbia si stava velocemente diradando. Oscar sorrise contenta, guardò ancora Morgan e poi si portò sul lato sinistro del veicolo. Andrew socchiuse gli occhi – Ne sei certa? –
Lei aggrottò la fronte e sorrise divertita – Beh!? Credi che non sappia guidare? Se non hai mai guidato per Parigi allora, mio caro, non sai cosa sia il vero pericolo! Oppure ritieni che non ci riesca nell’allegra e nebbiosa campagna inglese? –
Lui aggrottò la fronte – Non intendo questo! Credo che tu possa guidare molto bene qui! Ma… -
Oscar scrollò le spalle – E allora muoviti! – disse aprendo la portiera dei sedili posteriori e appoggiando la valigetta. Poi aprì la portiera anteriore a si sedette sul morbido sedile in pelle marrone allungando le mani e rimanendo sorpresa dal fatto che il volante non si trovava dove avrebbe dovuto essere. Abbassò le braccia stancamente e si ricordò quello che le aveva detto Jeanne prima di partire: “Ricorda che là guidano sul lato sbagliato della strada” e che quindi le automobili non avevano la guida a sinistra. Andrew entrò lentamente sull’altro sedile, accarezzò il volante e si mise la cintura di sicurezza. Regolò lo specchietto retrovisore e poi la guardò sorridendo: - Lo sai? Qui si guida tenendo la sinistra perché, anticamente, i cavalieri, quando dovevano duellare, tenendo la mano o la lancia nella mano destra, si tenevano a proprio sulla sinistra per scontrarsi…Il che mi ha fatto sempre pensare: ma come facevano i duelli nel resto d’Europa? –
Lei sbuffò e si mise la cintura di sicurezza – Sta zitto e guida! –
Andrew schiacciò il pulsante con la scritta “start” ed il motore iniziò a rombare, poi lasciarono il cortile del palazzo di Morgan. Quest’ultima li vide andare via e sparire nella nebbia sempre più rada. Sospirò e rientrò nell’edificio. Tornò nella grande sala in pietra e si fermò per un attimo davanti alla teca contenente la corona in metallo. Sospirò e poi si girò infastidita dal rumore della vibrazione del telefono cellulare appoggiato sulla scrivania.
Prese l’oggetto, schiacciò lo schermo e subito dopo comparve un bel volto di donna contornato di capelli biondi raccolti in una lunga treccia poggiata sul lato destro del collo. Morgan sorrise – Sorella! Giusto in tempo! Sono appena partiti! –
La donna strinse le labbra – Ne sono felice! Sorella…Non sappiamo quanto tempo ci resta! Sono tornata nella camera e…La luce si sta affievolendo lentamente ed inesorabilmente…Io…Te lo chiedo sinceramente: sono loro? –
L’altra annuì – Sono loro, Viviana. Ma cos’altro c’è che ti preoccupa? –
Viviana strinse le labbra – Con la fine della nostra missione…Anche l’Antica Terra sta esaurendo il suo compito…E così anche la coppa! E quello che resterà dopo…Quello mi spaventa! –
Morgan tentennò lentamente – Quello che resterà dopo sarà un nuovo futuro per tutti noi! Che cosa sta facendo nostra sorella? –
Viviana sospirò – Da quando tutto è iniziato è venuta da me e non ha abbandonato la camera per un istante, ma vado a dirle di prepararsi ad accogliere…Di nuovo…Il nostro cavaliere e il suo scudiero –
 
Alexander Fersen entrò a grandi passi nel suo studio personale. Come era potuto succedere? Si disse stancamente. Si era trattato di un attacco in piena regola portato da professionisti, come, del resto, lo erano quelli che lavoravano per lui; perlomeno a sentire Martine. Vide la sua segretaria in piedi e, dietro di lei, delle persone, uomini e donne, circa una quindicina che riempiva la pur grande sala.
Martine sorrise – La squadra è pronta, signore: sono gli elementi migliori che abbiamo a disposizione: ex membri delle forze speciali francesi GIGN, inglesi della SAS, russi Spetsnaz, tedeschi delle KSK e GIS italiani –
Fersen inarcò le sopracciglia – Notevole! E li comanderai tu? –
Lei annuì – Come ex sottufficiale del ROSC canadese (n. d. a.: Régiment d’Operations Spéciales du Canada in lingua francese) ne ho il titolo! Per il momento sappiamo che i rilevatori nella valigetta non mandano più il segnale, ma il secondo, quello che, teoricamente, era nascosto meglio, lo abbiamo perso nella zona a nord di Londra –
Fersen strinse le labbra contrariato – Il nord di Londra è immenso! E quindi non sappiamo dove sono! La loro liberazione è stata organizzata in modo molto…Efficiente! E ti ricordo che, oltre ad essere il mio braccio destro, sei anche il responsabile della sicurezza di questa azienda! –
Lei rimase impassibile – Lo so, signor Fersen! Ma non potevamo prevedere l’intervento di simili professionisti. Non sono nelle mani del MI6 e nemmeno della polizia. Abbiamo inserito un algoritmo di ricerca con i loro volti nella rete di telecamere di buona parte della città e, se andranno anche solo in una banca, li potremo facilmente individuare e raggiungere, è solo una questione di tempo –
Lui sbuffò – Il tempo non lo abbiamo! Siamo sotto la lente d’osservazione dei servizi britannici per la mostra a cui io dovrò presenziare tra qualche giorno! Ma non importa! E non serve che sorvegliate tutta Londra, fate in modo da avere informazioni da Glastonbury –
Martine aggrottò la fronte – E perché mai da quel posto remoto? –
Fersen la guardò e sorrise – Un’intuizione! Stiamo facendo controllare gli aeroporti, le stazioni e persino le fermate dei bus…Non possono lasciare il Paese e quindi…Se conosco quella Oscar e credo di conoscerla…So che cercherà la soluzione del mistero della sua antenata, del resto la conosce più di chiunque altro e ha a disposizione quel libro pieno di sproloqui, ma da cui si può chiaramente capire alcune cose: Tintagel, Glastonbury e Stonehenge! Tintagel non c’entra assolutamente nulla se non che là hanno trovato quella pistola fuori dal tempo…Stonehenge è pieno di turisti, ancora di più da quando c’è da visitare anche la tomba di Boudicca, ma al di là di quelle pietre sbilenche in quel luogo non si trova altro…Ma Glastonbury…Secondo la tradizione è là che riposa non solo Artù, ma la Sacra Coppa. E’ là che Oscar è andata nel XVIII secolo ed è là che probabilmente sono diretti –
Martine incrociò le mani dietro la schiena – E’ un’illazione! E sarebbe più semplice se li denunciassimo alla polizia come possibili attentatori della famiglia reale e che avrebbero approfittato dell’inaugurazione della mostra per mettere in atto i loro piani. Loro li troverebbero per noi e poi… –
Lui sbuffò di nuovo – Certo! Ma anche se dubito che ci avrebbero creduto, resta sempre il fatto che ci saremmo trovati tra i piedi la polizia inglese e i sempiterni servizi segreti…No Martine, questa volta ce la vediamo da soli! –
Martine annuì – Come volete! E…Per il fatto che di sicuro c’è un informatore qui dentro…Come procediamo? Stiamo facendo controllare le mails e il traffico telefonico del dottor Saxton, amico e collega di Great e anche la mia connazionale con cui lui ha avuto una relazione: Diane Lapoint. E c’è il non trascurabile fatto che abbiamo, all’esterno, un nemico potente di cui non sappiamo assolutamente nulla –
Fersen si grattò il mento con un dito – Una cosa alla volta! Per il momento troviamo Oscar e Andrew. E adesso lasciatemi solo –
Quando gli ex soldati delle forze speciali e Martine uscirono, Ferse guardò il ritratto di suo prozio Gustav in uniforme e sospirò. Poi andò dietro la scrivania ed accese lo schermo del suo computer portatile. Schiacciò un bottone e, dopo qualche istante, comparve l’immagine di una bellissima donna dai capelli biondi. Lui sorrise tristemente – Mio amore! Mio adorabile ed infinito amore! Finalmente…Finalmente siamo vicini al nostro obiettivo! –

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Capitolo 8
*** Verso Glastonbury ***


Guardò l’orizzonte e vide una grande linea di uomini a cavallo, fermi su un’altura verdeggiante. Dietro di lei sentì delle urla di incitamento e, poco dopo, sentì la terra tremare con un rombo. Guardò gli uomini spronare i loro animali al galoppo tenendo stretti gli scudi e abbassando nello stesso istante le lunghe lance. Dall’altro lato del campo la linea nemica rispose con altre urla e i cavalieri caricarono brandendo e agitando in aria spade ed asce come forsennati. E anche lei spronò il suo cavallo, Estrasse la spada e la puntò contro il nemico. E quando furono abbastanza vicini da vedere i volti degli avversari vide facce dipinte di nero sfigurate dalle urla di battaglia e per un attimo, solo per un attimo, provò un brivido percorrergli la schiena.
 
Oscar aprì di colpo gli occhi e tentennò. Dopo tutto quello che era successo si era persino assopita in piedi. Guardò davanti a sé e sospirò mettendo le mani ai fianchi: - Lo sai, Andrew? Non sono se sia stata una bella idea –
Lui accarezzò di nuovo il tettuccio della vecchia Mini Minor color crema e poi la guardò aggrottando la fronte – Che intendi dire? –
Lei sospirò di nuovo – Che intendo dire…Fammi riassumere gli ultimi eventi: abbiamo barattato un salotto su quattro ruote con…Con questa! – disse e indicò la vecchia auto.
Lui raddrizzò le spalle e alzò il mento offeso – Questo è un pezzo di storia inglese! Proprio come i piedi di David Beckham o la bacchetta di Harry Potter! E’…Come la Citroen Dyane…Come il Maggiolino Volkswagen o la Fiat Cinquecento italiana…Poi ti faccio notare che l’auto che gentilmente ci ha dato la tua amica Morgan ha, tra le mille altre cose, un sistema di rilevamento satellitare e che quindi poteva controllare in ogni momento la nostra posizione –
Oscar sbuffò leggermente – Anche la Rover è un pezzo di storia inglese…Una storia, guarda caso, con una plancia immensa, un tavolino, un frigo bar e un climatizzatore a zone! E si era detto di andare a Glastonbury comunque…Quindi… -
Lui le aprì la portiera che si spalancò cigolando. Lei inarcò le sopracciglia e si accomodò sul sedile del passeggero. Andrew salì dall’altro lato, girò la chiave di accensione e, dopo qualche sbuffo, l’auto, finalmente, si mise in moto. Partirono lentamente e Oscar diede un ultimo sguardo al grande suv nero che avevano lasciato nel distributore di benzina e concessionario di vecchie auto.
 
Dopo qualche miglio Andrew guardò Oscar, piegata sul sedile e intenta a visionare il volume della sua antenata: - Quindi…Cosa altro c’è di interessante? –
Lei scrollò le spalle e incrociò le gambe – Un insieme di frasi senza senso…Tranne, credo, che per uno storico, come noi due…In effetti non sapevo nemmeno che Oscar sapesse disegnare…C’è una rappresentazione di Stonehenge veramente superba…E c’è il nome di Boudicca, come pure che la sua tomba è vicino…Al cerchio di pietre. Ed ecco come Fersen è riuscito a trovare i resti della Regina! Di sicuro lo sapeva anche il suo prozio Gustav, ma è stato isolato nella sua residenza in Svezia. Probabilmente ha messo al corrente il giovane Alexander di questo fatto. Tuttavia…La storia di Boudicca riguarda la seconda parte di questo quaderno. Quella che è più interessante, a parer mio, è la prima parte di questo volume. Quella in cui si parla di due…Dame…Una nera e una rossa…Probabilmente per il colore dei loro abiti…Vengono definite come sorelle…E quella nera…Viene descritta con un colorito pallido e con capelli dello stesso colore dei suoi vestiti. Ti ricorda nulla? –
Andrew aggrottò la fronte – Mi ricorda la nostra misteriosa salvatrice, Miss Drakehead –
Oscar tentennò – No! Intendevo dire un’altra cosa…Una cosa che tu mi hai fatto conoscere: quando Oscar…La mia antenata Oscar, ha lasciato la casa di quel reverendo a Glastonbury, era in compagnia di una donna con abiti neri, capelli dello stesso colore e la pelle pallida –
Lui socchiuse gli occhi – Quindi era la stessa persona? Voglio dire…L’ha incontrata alla fine degli anni Settanta del XVIII secolo e poi dieci anni dopo? E’ possibile! Quindi…Ipotizzando…E’ questa donna misteriosa che ha…Iniziato Oscar al mondo arturiano…E considerando il suo aspetto peculiare…Ne possiamo dedurre che… -
Oscar aprì la bocca in un sorriso – Che Morgan Drakehead è una sua discendente, visto che possiede le stesse caratteristiche fisiche, molto probabilmente dovute a qualche scompenso genetico…Ed è per questo che conosce la mia antenata e quello che c’è scritto in questo libro –
Andrew la guardò di nuovo e sorrise. Rimasero per un attimo in silenzio e poi lei sospirò – Ma come si sono conosciute? Sappiamo che Oscar era in Normandia, poi è andata in Inghilterra e… -
Andrew aggrottò la fronte – E poi ci sono queste fantomatiche sorelle…Che facessero parte di uno strano culto celtico? Non sarebbe strano visto che Glastonbury, oltre a essere legata indissolubilmente ad Artù, era anche uno dei principali centri di culto della Britannia preromana, come pure dell’Inghilterra cristiana. Lo sai che ogni anno, a Natale, veniva inviato a Roma, da Papa, un ramo della cosiddetta Spina di Glastonbury? Si tratta dell’albero che, secondo la tradizione è stato piantato da Giuseppe di Arimatea in fuga da Gerusalemme – (n.d.a.: storico)
Oscar guardò fuori dal finestrino e sorrise – Resterebbe da capire come mai Giuseppe di Arimatea abbia scelto di venire in mezzo ai druidi della Britannia –
Lui scrollò le spalle – Lui e i suoi fuggivano dai romani…Sai…Il nemico del mio nemico…E’ mio amico –
Oscar annuì – Lasciamo da parte il buon Giuseppe, anche perché non credo che la vecchia Oscar l’abbia visto. Direi che la cosa più importante è rilevare che cominciamo a mettere insieme i pezzi per capire qualcosa…E senza viaggi nel tempo di mezzo! Ma… - disse a bocca aperta osservando il paesaggio che, da una strada di campagna verdeggiante, era diventato decisamente più urbano con capannoni industriali a perdita d’occhio. Sbatté le palpebre – Dove siamo? –
Lui sospirò – Slough! Siamo a ovest di Londra. E’ una cittadina industriale dove si trova il più grande polo produttivo privato d’Europa. Ma voglio fermarmi per un attimo qui a trovare un vecchio amico –
 
Oscar perse il conto di quante stradine perpendicolari percorsero e di quante casette in mattoni rossi tutte invariabilmente uguali superarono per poi, alla fine, fermarsi davanti ad una di esse. Quando scese dall’auto si stiracchiò come un gatto e seguì Andrew verso il cancello di un’abitazione. Oscar pensò che quella casa doveva aver visto giorni decisamente migliori: le finestre sembravano unte e oleose e il piccolo giardino era in evidente stato di abbandono con l’erba alta e non curata. Sul portoncino d’ingresso vide una targa in ottone con delle lettere scolorite che, una volta, dovevano essere di un brillante colore rosso: Bernard Castel – Free Lance Journalist.
Oscar inarcò le sopracciglia – Un giornalista? –
Andrew annuì – Bernard non è…Quel tipo di giornalista…E’ sempre alla ricerca dello scoop della vita…Quello che possa mandarlo nell’Olimpo dei grandi scrittori. Ma è anche un sognatore e un cacciatore di criminali…Come ama definirsi. Non ha contatti con i grandi giornali o con esponenti del Governo e sa rendersi invisibile…Che è quello che ci serve per adesso. E il suo ultimo obiettivo è proprio Alexander Fersen –
Oscar sorrise debolmente – E tu lo aiuti! Sei il suo contatto all’interno della Historical Research
Lui annuì di nuovo – Lo sono! Ma non sono al soldo di Morgan Drakehead, se è quello che pensavi –
Suonarono il campanello e, dopo lunghissimi istanti, la porta si aprì in uno spiraglio e un occhio bruno li osservò. Quando riconobbe Andrew il battente si spalancò e li trascinò letteralmente dentro. L’uomo chiuse l’uscio con diverse mandate della serratura e con due catenacci. Oscar aggrottò la fronte e vide di fronte a se un individuo dai capelli scuri, con pantaloni grigi, camicia bianca e una maglia rossa. Lui respirò affannosamente e poi sorrise – Andy! Vecchio mio! Quando non ti ho visto alla Prosecco House per due volte di fila mi sono preoccupato. Mi sono detto che ti avevano beccato! Ma eccoti qui! Cosa mai… - disse e poi guardò Oscar sbattendo le palpebre – E questa…E’ la tua nuova bella assistente? –
Lei strinse le labbra – Ehi! –
Andrew sospirò – E’ la dottoressa de Jarjayes. Stavamo studiando assieme il viaggio della sua antenata in Inghilterra –
Bernard incrociò le braccia sul petto – Oh! Ma guarda! Quindi questa è la donna che ha rubato il nome della sua antenata! Immagino che faccia un bell’effetto vendere libri usando come pubblicità la gloria di un personaggio così famoso –
Oscar sentì le guance arrossarsi e, istintivamente, mosse la mano destra verso il fianco sinistro, come nell’atto di estrarre una pistola o una spada: - Come osi! Non ho mai usato il nome della mia antenata per guadagnare alcunché! E tu chi accidenti saresti per parlarmi in questo modo? – disse e guardò Andrew – Mi hai portato qui per farmi sopportare la presenza di questo maleducato? –
Andrew aggrottò la fronte – Non credo che Bernard volesse offenderti –
L’altro alzò il mento – Eccome se lo volevo! Non ho mai sopportato questi ricchi nobili che si fanno belli con la gloria passata. Perdipiù con quella di una grandissima donna che ha donato la vita per il popolo! –
Oscar strinse le labbra e fece un passo verso di lui, ma fu bloccata dalla presenza di Andrew che si era messo tra di loro e guardava torvo Bernard – Dacci un taglio Bernie! Adesso basta! – disse alzando il tono della voce.
Lui scrollò le spalle – Non importa! Se è con te tanto basta! Ma volevo vederti per un altro motivo: vieni con me – disse ed entrò nella casa. Oscar sbuffò ed evitò pile di libri nello stretto corridoio; notò un disordine assoluto nella cucina e persino nel soggiorno con riviste e vecchie pentole ovunque. Bernard andò ad un tavolo, rovistò dentro un quaderno e poi ritornò da loro con una fotografia ed una lente monoculare, del tipo di quelle che usavano i gioiellieri.
Il giornalista li porse a Andrew che aggrottò la fronte, ma l’altro sorrise – Guarda! Questa è la foto di una festa nel campo di Auschwitz, nella residenza del comandante Rudolph Hoess. In terza fila, il secondo da destra –
Andrew sospirò, avvicinò il monoculare all’occhio destro e guardò la fotografia – Io…Ecco…Somiglia ad Alexander Fersen…Ma… -
Bernard sorrise e agitò le braccia – E’ il suo antenato, quel Gustav Von Fersen membro delle SS ed eccolo lì, nel più grande carnaio del mondo e in divisa da Unta…Uma…Schama…Da SS, insomma! –
Andrew aggrottò la fronte e porse la lente e la foto a Oscar. Lei, ancora furiosa con il giornalista, quasi gliela strappò dalle mani e osservò l’immagine in bianco e nero: in primo piano c’era un ufficiale sorridente con un calice, presumibilmente di vino, in mano. Quello doveva essere il comandante di Auschwitz, Rudolph Hoess, catturato alla fine della guerra e condannato a morte per impiccagione proprio nel luogo dove aveva fatto uccidere migliaia di innocenti. Dietro di lui, altri ufficiali stavano chiacchierando tra di loro e, in terza fila, il secondo da destra, c’era un’altra figura con un calice in mano. Avvicinò la lente all’occhio e guardò meglio: aveva visto il ritratto di Gustav nello studio di Alexander, ma non c’era bisogno di capire chi fosse dato che, da giovane, era la copia esatta del suo discendente. L’immagine era leggermente sfocata, probabilmente presa di soppiatto durante un incontro conviviale nella residenza di Hoess. Le mostrine sul colletto dell’uniforme erano evidenti, ma non i gradi sulle spalline. Abbassò lo sguardo e notò che nella mano destra teneva, all’altezza dello stomaco, un calice e nella mano sinistra una valigetta. Non era di quelle del modello ventiquattro ore, ma era simile a quella dei medici, larga, profonda e capiente. Si disse che era piuttosto strano che un ufficiale, durante un ricevimento, non mollasse il bagaglio in disparte, a meno che, ovviamente, non contenesse qualcosa di prezioso e che non voleva lasciare incustodito.
Si schiarì la voce – Egregio giornalista…Faccio presente che: la fotografia appare troppo ben conservata e quindi è da considerarsi come una copia dell’originale e mi accerterei che non sia stata manipolata…In secondo luogo ti faccio presente che si tratta di una festa nell’abitazione del comandante del campo e quindi al di fuori del perimetro del campo stesso. Hai delle prove che Gustav Von Fersen abbia visitato Auschwitz e compreso quello che vi accadeva là? Hai comunque delle prove che Gustav Von Fersen abbia partecipato attivamente alle attività del campo con le altre SS? E anche se tu le avessi…E non le hai…Se non ho capito male…Cosa c’entra tutto questo con il suo pronipote Alexander? –
Andrew la guardò inarcando le sopracciglia e poi guardò Bernard. Il giornalista strinse le labbra e soffiò dalle narici – Vorrebbe dire che l’antenato che tanto ha ammirato era un nazista criminale come tutti gli altri! E che ha usato i soldi della sua eredità, nazista e criminale, per fondare la sua attività –
Oscar sospirò – Un’attività, a quanto risulta, fino ad ora perfettamente legale e che ha regalato alla Gran Bretagna i resti di una grande eroina del passato…Fino ad ora…Ovviamente…Ma immagino che Andrew sarà più chiaro di me –
Bernard guardò Andrew con fare interrogativo e l’altro sospirò – Fersen…Alexander Fersen, sta cercando qualcos’altro dopo la scoperta della tomba di Boudicca. E per farlo…Ecco…Ha bisogno della qui presente dottoressa de Jarjayes e del qui presente…Me stesso…E… -
Oscar strinse le labbra – Ha cercato di rapirci! Siamo fuggiti ed ora il qui presente dottor Great ci ha portato…Qui…E non capisco a fare cosa! –
Bernard aprì la bocca e spalancò gli occhi – Ha cercato…Di rapirvi? Ma è fantastico! – disse sorridendo, poi ridivenne serio – Voglio dire…E’ una cosa grave! Ma è quello che ho sempre sospettato! Che è solo un criminale! –
Oscar socchiuse gli occhi – Che sia un criminale lo sappiamo, quello che non so è, lo ripeto, perché siamo qui! –
Andrew sospirò – E’ un posto sicuro! A nessuno verrebbe in mente di sorvegliare Bernard e il mio rapporto con lui non è mai stato conosciuto, nemmeno da Alan, il mio collega. Quindi, Bernard, hai capito bene: siamo in fuga! Crediamo, a ragione, che chiunque conosciamo sia sotto sorveglianza e quindi…Credi di poterci mettere in contatto con le autorità? –
Bernard mise le mani ai fianchi – Compito gravoso, Andrew. Non perché non lo voglia, ma, come hai detto tu, quell’individuo, dopo la scoperta della tomba di Boudicca è diventato quasi intoccabile. E’ un criminale, lo ripeto, ma è un criminale che sta per essere nominato sir dalla Regina in persona…E io…Diciamo…Non sono proprio ben visto…Dalle autorità… -
Oscar soffiò dalle narici – E allora, di nuovo, perché siamo qui? A cosa ci servi, per grazia di Dio? –
Bernard sorrise beffardamente – Tranquilla, mia cara nobildonna francese in crisi di identità storica…Possiedo anch’io qualche cartuccia da sparare. Ho ancora qualcuno presso Scotland Yard che mi deve qualche favore e posso cercare, perlomeno, di rallentare Fersen, ma voi…Dove siete diretti? –
Andrew aprì bocca, ma fu bloccato da uno sguardo torvo di Oscar. Bernard sorrise stancamente – Oh! Se devo far intervenire la cavalleria, è meglio che sappia dove deve andare, non credete? –
Oscar lo guardò soppesandolo, ma poi sospirò – Andiamo a Glastonbury…E non chiederci altro perché…Perché non lo sappiamo nemmeno noi! E…Io cercherei di capire cosa c’è dentro la valigetta –
Il giornalista aggrottò la fronte e Oscar indicò la fotografia – Se quella è la copia di un originale, come immagino, non ti è mai saltato in testa del perché Fersen; Gustav Von Fersen, intendo, se la tenga stretta sorseggiando vino nel giardino di un gerarca nazista? –
Andrew strinse le labbra e guardò Bernard che prese la fotografia e la guardò sbattendo le palpebre, come se la vedesse per la prima volta: - Che mi venga…Non l’avevo notata! Pensavo solo a quei maiali che bevevano vino, magari ascoltando Bach, mentre a pochi passi da loro la gente moriva! –
Lei sorrise debolmente – In un’altra occasione ti avrei anche aiutato in questa indagine, ma temo che te la dovrai cavare da solo – disse e gli passò accanto mettendogli una mano sulla spalla. Poi andò verso la porta – Bene! E adesso che abbiamo perso altro tempo prezioso vediamo di partire, mio caro dottor Great –
Bernard e Andrew si guardarono; quest’ultimo scrollò le spalle – E’ francese! – sussurrò e la seguì.
 
Oscar entrò nell’automobile facendo gemere le giunture metalliche del telaio e chiuse la portiera. Guardò Andrew che si stava sistemando al posto di guida: - Lo sai che è stata una cosa inutile…Vero? E oltretutto abbiamo detto la nostra destinazione ad un tipo che non mi dà alcuna fiducia –
Lui sospirò e annuì – Me ne sono accorto! Ma ci dovevo provare…E comunque quella potrebbe essere la prova che il caro Gustav Von Fersen non era proprio così innocente come suo nipote dice…Bernard può sembrare indisponente e saccente…Alle volte, ma è un ottimo giornalista, quando vuole –
Lei socchiuse gli occhi – C’entra qualcosa con quello che è capitato al tuo occhio sinistro? –
Lui sobbalzò e si girò a guardarla – Ma…Tu come… -
Oscar sorrise debolmente – Lo si capisce stando al tuo fianco e me ne sono accorta quando eravamo ancora a Londra…Posso chiederti…Come è successo? –
Andrew sospirò, girò la chiavetta nel cruscotto e la Mini si mise in moto con uno piccolo scatto. Ingranò la marcia e partirono. Lui fece un gesto con la mano – Stavo tornando dal lavoro con il mio scooter quando, ad un incrocio, al sopraggiungere di una grossa auto nera con i finestrini oscurati, è arrivato un pazzo a piedi e si è messo in mezzo alla strada bloccando tutto il traffico. Si è steso sul cofano dell’auto nera e ha cominciato a gridare come un ossesso! Io mi sono fermato, ma in quel momento è arrivato un camion che non è riuscito a frenare e mi ha sbalzato di lato con tutto lo scooter. Mi sono rotto un braccio e incrinato due costole, ma nella caduta il vetro dello specchietto retrovisore si è spezzato proprio sul mio occhio. Mi hanno fatto una dozzina di operazioni, ma la vista è continuata a calare, fino ad ora. La pupilla e l’iride sono completamente sbiadite e quella che porto è una lente a contatto colorata come il mio occhio destro –
Oscar aggrottò la fronte – E il pazzo…Era forse… -
Andrew annuì sorridendo mestamente – Bernard Castle, giornalista free lance! In quell’auto con i vetri oscurati c’era un membro della House of Lords (n.d.a.: Camera dei Lords o Camera Alta, uno dei rami del Parlamento del Regno Unito) che stava abusando di una ragazzina…Di una dodicenne, per l’esattezza…Una bambina straniera che aveva letteralmente comprato dalla malavita per usarla come giocattolo sessuale –
Lei fece una smorfia di disgusto e lui annuì – Bernard aveva seguito quel politico da diverso tempo e quando lo ha visto caricare in auto la ragazza…Beh! Non ha trovato di meglio che bloccarlo in mezzo a Londra! La polizia è arrivata all’istante e lo hanno trovato senza pantaloni in atteggiamento inequivocabile…Lo scandalo che ne è seguito è stato smorzato solo in parte dal Governo e immagino che anche in Francia ne abbiano parlato. Ti basti sapere che il ricambio di un terzo dei ministri cinque anni fa, tra cui il Cancelliere dello Scacchiere (n.d.a.: Chancellor of the Exchequer – Ministro delle Finanze del governo britannico, terza più antica carica e una delle quattro più alte dello Stato), cari amici personali del politico di cui sopra, non era dovuto allo scandalo delle forniture militari in Afghanistan. Si è beccato una bella somma di denunce in quell’occasione, ma non da me…Io non me la sono sentita di farlo, nonostante la perdita dell’occhio…E’ stata una questione di principio e di dignità e per la quale Bernard ha dovuto spendere tutto il denaro guadagnato con i suoi articoli…Ci tenevo a dirtelo perché almeno così sai con chi abbiamo parlato: con una persona che, al di là dell’atteggiamento che mostra, ha un codice d’onore e una tempra morale senza eguali –
Oscar annuì e gli mise una mano sul braccio. Lui la guardò per un attimo e si sentì subito rinfrancato, come se quel piccolo gesto gli avesse riscaldato il cuore e l’anima. E rimasero in silenzio mentre la piccola auto lasciava Slough.
 
Immersa nel verde e protetta dagli alti alberi che le davano anche una perenne frescura, la struttura ricettiva ai piedi della collina del Tor di Glastonbury era una delle mete preferite dalle torme di appassionati del mito arturiano, di sognatori della New Age, ma anche di semplici turisti curiosi. Dal parco dell’edificio partiva il sentiero che si inerpicava lungo la collina e raggiungeva l’antica torre di San Michele sulla cima.
Vivian Drakehead percorse il corridoio mentre alcune cameriere abbassavano il capo al suo passaggio. Indossava i suoi soliti abiti: un completo giacca, pantalone e camicia bianchi immacolati e aveva i suoi lunghi capelli biondi raccolti in una treccia che ricadeva sulla spalla destra. Entrò nel suo ufficio e vide da dietro una gamba nuda accavallata che faceva ondeggiare una scarpa rossa a tacco alto. Improvvisamente il dondolio della scarpa si fermò e la figura seduta si alzò rivelando una alta figura femminile inguainata in un tailleur grigio in cui spiccava, sotto la giacca, una camicia dello stesso colore rosso vivo delle calzature.
La donna aveva una folta capigliatura fulva che gli ricadeva dietro la schiena rivelando un bel volto ovale e due occhi verdi come smeraldi. Vivian sospirò: si, si disse, sua sorella Margaery era veramente bellissima e sembrava incredibile che il suo fisico non avesse minimamente risentito delle numerose gravidanze.
Margaery la guardò alzando il mento – Quindi? Che dice nostra sorella? –
Vivian sorrise debolmente – Sono felice anch’io di vederti, sorella – disse ed andò a sedersi dietro la scrivania, proprio di fronte a lei. L’altra strinse le labbra – Si…Si…Va bene…E…Nostra sorella… -
Vivian sospirò di nuovo – Li ha fatti partire da Londra e, se tutto va bene, arriveranno qui –
Margaery sbuffò – Accidenti a lei! – disse battendo il suo alto tacco sul pavimento – Avrebbe dovuto prenderli e portarli qui! E una volta lo avrebbe fatto! Possibile che con il tempo si sia rammollita? –
La donna bionda si passò una mano sul mento – Nostra sorella rammollita? Sarebbe più facile che il cielo ci cadesse in testa! E…Te lo premetto…Hanno lasciato l’auto che lei gli ha dato e quindi abbiamo perso ogni contatto –
La rossa si avvicinò alla scrivania e appoggiò i palmi piegandosi in avanti – E quindi? Li dobbiamo cercare per tutta la dannata Britannia? –
Vivian tentennò – Nostra sorella ha previsto che sarebbero venuti qui…Il nostro cavaliere ed il suo scudiero! L’ultimo campione! Per la nostra ultima battaglia…E lei non sbaglia mai! Solo che devono farlo da soli e questo per…Per ricordare! Almeno è questo quello che dice nostra sorella, dovresti saperlo. Il tuo compito, quindi, è quello di attenderli qua di fronte, al complesso del Chalice Well. Anche se comprendo che tu voglia rimanere…Rimanere con lui –
Margaery sospirò e prese a camminare per la stanza torcendosi le mani – Dopo tutto questo tempo…Finalmente sta per tornare e noi…Che ne sarà di noi? Se lui non…Se non volesse perdonarci? –
Vivian si alzò e le andò vicino. Non aveva mai legato molto con quella sua bella sorella, sebbene avessero vissuto insieme per anni e anni. Lei era più vicina sentimentalmente a sua sorella minore Morgan, che guardava con un misto di ammirazione ed invidia. In quell’occasione, però, poteva percepire il turbamento di Margaery e la sua paura. D’improvviso pensò di abbracciarla, ma le mise solamente una mano sul braccio – Non…Non posso prometterti nulla, sorella. Ma dobbiamo portare a termine quello che abbiamo iniziato –
L’altra guardò sorpresa la sua mano sul suo braccio e poi sorrise sprezzante – Abbiamo…Che abbiamo iniziato? Che uso generoso del plurale da parte tua! – disse amaramente – Quello che è successo e quello che accade ora…Come quello che accadrà…E’ solo colpa tua! – sibilò.
Vivian inspirò a fondo – Ancora, sorella…Io…Se potessi cambiare il passato, te lo giuro, lo farei. E mi rendo conto del male che ti ho fatto e se vuoi posso anche implorare il tuo perdono in ginocchio –
Magaery aggrottò la fronte – Male? Mi hai dato l’amore! Ed è più di quello che tutti quanti nella mia vita mi abbiano mai dato. Non intendevo quello! Hai messo in pericolo tutto quello in cui credevamo e per il quale avevamo lottato…E per il quale stiamo lottando anche adesso! –
Vivian la guardò perplessa – Il nostro mondo non esiste più e non ritornerà, sorella. Quello che dobbiamo fare ora, è salvare nostro fratello –
La rossa strinse le labbra e andò verso la porta – Vado ad attendere il nostro campione, allora – disse e girò la testa di lato – Ma adesso finiamola di fingere, Viviana, tu eri la Dama del Lago, non dimenticarlo…E io sono Morgause, Regina di Lothian e delle Isole Orcadi – aggiunse e guardò di nuovo la porta di fronte a sé – Siamo sorelle del Grande Re di Britannia e di Morgana, la Fata –
 

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Capitolo 9
*** Il pozzo e il calice ***


E guardò l’orizzonte. Una riva nebbiosa che nascondeva uno specchio d’acqua. Lo chiamavano Lago, ma era in realtà una palude. Una grande ed immensa palude. E quella che doveva raggiungere era un’isola in mezzo a quel nulla.
Dietro di lei la figura nera si avvicinò – Muoviti! – disse solo con una voce tagliente. Lei non sapeva cosa fare, aveva paura. Aveva paura di cosa c’era al di là della nebbia e pensava a lui. Pensava al suo compagno di viaggio che era arrivato fino a lì con lei. Si girò verso la figura oscura: indossava una sorta di tunica e una spada al fianco, ma non riusciva a vederne il volto che era una macchia sfocata. – Vai! – ruggì di nuovo l’essere – Vai! Salva nostro fratello! Salva il Re! Salva la Britannia! –
 
Oscar si destò e si accorse di essersi assopita con il viso appoggiato sulla mano. Al tavolo vicino due bambini dai capelli rossicci la indicavano e ridevano di gusto. Lei sospirò: “Antipatici!” pensò e poi se ne pentì subito. Si sistemò i capelli e guardò all’altro capo del tavolo della locanda in cui lei e Andrew si erano fermati una volta varcati i confini della cittadina di Glastonbury. Guardò il suo compagno di viaggio e sospirò – Sei sicuro che qui nessuno potrà trovarci? –
Lui scrollò le spalle, addentò il boccone di bistecca che era infilzato sulla forchetta e poi guardò il piatto di lei: - Finché restiamo in mezzo alla gente possiamo stare relativamente tranquilli. Tu, piuttosto, sei sicura di voler mangiare il piatto che hai ordinato? Quando hai chiesto l’Haggis sono rimasto sorpreso. Non sapevo nemmeno che qui lo proponessero nel menu. E’ un piatto del nord –
Lei aggrottò la fronte – Il nome…Mi sembrava un nome carino – disse, ed era vero. Chissà perché, aveva provato lo strano impulso di ordinarlo e mangiarlo. Tagliò un pezzo della pietanza e se lo portò alla bocca – Ha una consistenza strana…Ma è buono e saporito –
Andrew strinse le labbra – Beh! L’Haggis è il tipico piatto scozzese: stomaco di pecora farcito di interiora e cuore dell’animale, con spezie e poi bollito per circa tre ore. Una volta l’ho assaggiato, in effetti è molto saporito, ma poi, quando mi hanno detto di cosa è fatto…Credo di aver vomitato anche l’anima! Comunque ti faccio i miei complimenti! Per una che beve e mangia solo prodotti della sua nazione sei di vedute molto larghe…E di bocca buona, se permetti –
Oscar appoggiò la forchetta e si portò una mano alla bocca. Ma veramente aveva mangiato interiora e cuore cotti in stomaco di pecora? Prese il bicchiere della birra scura di fronte a lei e ne bevve un lungo sorso sentendo il liquido lavarle la gola. Il senso di vomito, lentamente, si acquietò e poi sospirò – Lasciamo perdere il mangiare! Forse dovevamo andare subito al complesso del Chalice Well e non perdere tempo a fare i turisti, anche se, sinceramente, non so proprio chi mai dovremmo trovare là –
Lui sorrise debolmente – Ammetto di aver voluto perdere tempo. Forse avevi ragione nel voler tenere l’auto di Morgan…Ma, comunque, oltre ad essere un sito archeologico e storico Glastonbury è anche la meta di molti studiosi del ciclo arturiano, del resto tutto è iniziato e finito qui. E poi ci sono moltissimi negozi e librerie sull’esoterismo naturale e collegati alla cosiddetta New Age e pseudo rituali celtici che di antico non hanno proprio nulla! Ed è anche la sede di un importante festival musicale –
Lei annuì distrattamente. Quando erano arrivati era stato impossibile non notare la grande collina del Tor. Oscar l’aveva guardata ad occhi aperti e aveva provato uno strano brivido lungo la schiena osservando la sagoma della torre sulla cima. Ed erano poi arrivati nel centro della cittadina, proprio accanto alle rovine dell’antica e grande abbazia fatta radere al suolo da Enrico VIII.
Andrew bevve un sorso di vino e poi sorrise – Tutto è iniziato e finito qui…Curioso, vero? Il libretto della tua antenata cosa ci dice? –
Oscar prese tra le mani il piccolo volume e lo aprì sfogliando alcune delle vecchie e consunte pagine: - Non un granché, come sappiamo. L’unica cosa certa è che Oscar è passata di qui: il nome di Glastonbury è chiaro. È quello che ha visto e trovato che non sappiamo…E come lo abbia trovato. Senti, Andrew…Questa domanda è aleggiata tra di noi per tutto il viaggio, ma dimmelo chiaramente: tu credi che Oscar abbia…Voglio dire…Pensi che lei abbia davvero trovato…Il… -
Lui socchiuse gli occhi pensieroso – Il Santo Graal? Che un ufficiale francese del XVIII secolo…Ufficiale e gentildonna, peraltro, abbia trovato per caso quello che re, cavalieri e storici hanno cercato per secoli? Non c’è una risposta univoca in tal senso, lo sai? Beh! Può anche essere di si! Del resto il Graal, secondo la leggenda, è dotato di mistici poteri e sa riconoscere i puri di cuore a cui rivelarsi, come Parsifal, il cavaliere della Tavola Rotonda che, sempre secondo la tradizione, lo trovò –
Lei sbatté le palpebre perplessa – E lo storico dottor Great? Cosa mi dice? –
Andrew sospirò – Semplice: ti direi che è impossibile! Tutto il mito arturiano ruota sulla ricerca di qualcosa…E questo vale per i buoni e per i cattivi. La Fata Morgana cerca il potere, quello assoluto, quello della tirannia che idealmente rappresenta il male. Re Artù e i suoi cavalieri cercano l’armonia di un potere che non schiaccia il popolo, ma porta pace e giustizia, idealmente rappresentato dal Graal, un oggetto idealizzato nel calice che Cristo usò nell’ultima cena e che rappresenta la perfezione mistica a cui ogni uomo e devoto cristiano deve arrivare. In buona sostanza non si tratta di un oggetto vero e proprio, ma una sorta di obiettivo spirituale. E, visto i politici che abbiamo ai giorni nostri, non solo inglesi e francesi, forse è per questo che il mito arturiano è ancora così famoso ed attuale –
Oscar aggrottò la fronte – Ma…Quindi…Il calice di Cristo non esiste? –
Lui sorrise debolmente – Le persone identificano spesso lo spirito con la materia. Non dimentichiamo anche l’influenza della nascente Chiesa cristiana in un mondo che usciva anche troppo in fretta dagli antichi riti pagani. E quindi…Perché non affiancare un mitico re con una grande reliquia della cristianità? E’ un discorso molto lungo e complesso quello che stiamo affrontando, quindi…Te ne intendi di storia romana? –
Oscar sorrise quasi divertita: - Qualche ricordo ce l’ho. Ma perché? –
Lui appoggiò i gomiti sul tavolo e incrociò le dita all’altezza del mento: - Permettimi…Cristo nasce nell’anno 0, all’origine della datazione cristiana, durante il famoso censimento di Ottaviano Cesare Augusto, considerato il primo Imperatore di Roma. Secondo la tradizione, muore nell’anno 33, sotto il regno del successore di Augusto, Tiberio. Quindi, se colleghiamo il mito arturiano e la storia cosa abbiamo? Nel 33 muore Cristo e, probabilmente, in quello stesso anno Giuseppe d’Arimatea e il suo seguito lasciano la Palestina. Secondo molti storici non vanno a Roma, come molti altri, compreso Pietro il Pescatore e poi Paolo di Tarso, ma vanno oltre e arrivano al porto di Massilia, l’attuale Marsiglia, in quella che era l’antica Gallia. Attraversano il continente e poi si imbarcano per arrivare in Britannia, più precisamente a Glastonbury, dove ci troviamo noi adesso. Secondo te quanto ci hanno messo, considerano i mezzi dell’epoca? –
Oscar si irrigidì. Socchiuse gli occhi e cominciò a pensare: - Dunque…Dall’anno 33…Che ci abbiamo messo anche cinque o sei anni e quindi… -
Andrew annuì – Facciamo sette anni, per fare cifra tonda e diciamo che sono arrivati qui nell’anno 40. Tiberio muore nell’anno 37 e il suo successore, Caligola, regna fino all’anno 41, proprio mentre sta organizzando l’invasione della Britannia, torna a Roma per sedare una rivolta e rimane ucciso. L’invasione avviene, invece, con il suo successore, Claudio, nell’anno 43, ma il resto, compresa la ribellione di Boudicca, non ci interessa. Quindi, mia cara Oscar, ti rendi conto di cosa implichi questo? –
Lei strinse le labbra – Che…Che…Qui c’è stata una comunità cristiana totalmente indipendente da quella del resto dell’Impero di Roma, come quella etiope, se non sbaglio…Ma…Ma è possibile? –
Lui sorrise – Oh, si! Non ti sbagli! Noi chiamiamo la Chiesa Cattolica anche Santa Romana Chiesa perché, di fatto, si è sovrapposta alle istituzioni di Roma antica e ne ha assorbito molti aspetti, primi fra tutti i fastosi paramenti dei sacerdoti, i grandi templi in onore della divinità e le complesse liturgie pagane che sono diventate quelle cristiane. Ma qui, nella Britannia pre-romana, molto probabilmente avevamo una comunità di cristiani che non solo era indipendente, ma si è unica anche agli antichi sacerdoti celtici, i druidi e persino alle sacerdotesse di quella religione. Che a Glastonbury ci fosse una comunità femminile è testimoniato non solo dai reperti archeologici, ma anche dalla presenza della Fonte del Sangue, la sorgente che diventa rossa a intervalli regolari e che rappresenta, idealmente, il ciclo femminile. A poca distanza poi è presente anche la White Spring, l’altra fonte, limpida e che rappresenta, altrettanto idealmente, il seme maschile -
Oscar lo guardò a bocca aperta e meravigliata. Lui continuò – La Chiesa ha sempre preferito la sua versione ufficiale sull’evangelizzazione della Britannia e cioè che il primo missionario sia stato Patrizio d’Irlanda nel VI secolo dopo Cristo a cui, trent’anni dopo, si affiancò un’altra squadra di monaci capeggiata da Sant’Agostino –
Lei scosse il capo – Incredibile! Ma questo cos’avrebbe comportato per la mia antenata? –
Lui fece un gesto con la mano – Diamo per scontato che Giuseppe d’Arimatea a i suoi siano davvero arrivati qui e abbiano trovato rifugio presso i sacerdoti celti. Molto probabilmente hanno convertito alcune persone alla nuova religione del Cristo, tanto è vero che, quando sono arrivate le prime missioni ufficiali cristiane, hanno posto come loro base proprio Glastonbury. Mettiamo anche che dalla Palestina quegli esuli abbiano portato degli oggetti che poi sono stati spacciati per reliquie, tra cui un calice, o una coppa, se vuoi. E poco importa se fosse o meno il vero calice che Gesù usò durante la sua ultima cena. Pensaci bene…I cristiani di Glastonbury potevano vantare di essere i discendenti di Giuseppe d’Arimatea e dei suoi compagni e quindi, perché non vantarsi anche di possedere un oggetto sacro? –
Oscar si piegò in avanti – Quindi…Se seguo il tuo ragionamento…La rivolta di Boudicca scoppia nell’anno 60, quasi trent’anni dopo la morte di Cristo e molto dopo l’arrivo di Giuseppe e dei suoi qui –
Andrew sorrise e si avvicinò a lei – Si! La Regina doveva unire le forze dei suoi Iceni con quelle delle altre tribù britanniche e quindi…Perché non venire a chiedere aiuto qui a Glastonbury, uno dei più grandi luoghi sacri della religione celtica? La religione era l’unico elemento che univa i celti di Britannia –
Lei si piegò ancora di più verso di lui – Voleva fare come Vercingetorige in Gallia. Voleva unire le tribù sotto un’unica bandiera e cosa c’era di meglio che mostrare un grande oggetto mistico, sacro anche per un’altra religione? –
Lui annuì – Eh, si! Poteva mostrare la coppa come un’oggetto sacro…Come un simbolo…Come una bandiera sotto la quale avrebbero marciato i celti per sconfiggere i romani –
Oscar deglutì – Ma non c’è riuscita! E’ stata sconfitta…E allora i suoi fidati guerrieri non hanno voluto lasciare nemmeno il suo cadavere nelle mani del nemico…L’hanno seppellita…Con le spoglie di guerra…L’insegna di una legione sconfitta, le armi dei nemici uccisi in battaglia, l’oro preso nelle sue conquiste… -
Lui annuì ancora – E con l’oggetto sacro che usava come simbolo –
Lei deglutì di nuovo, vinta dall’emozione – La coppa! Il Graal! Il simbolo stesso di tutto quello che ci ha spinto a studiare la Storia dell’umanità…Molto probabilmente è stato sepolto con Boudicca…E mia zia…Oscar…Quando ha trovato il suo sepolcro…Ha trovato anche la coppa – disse abbassando la voce fino quasi a sussurrare.
Andrew sospirò – Lo ha trovato… -
Rimasero per lunghi attimi in silenzio guardandosi negli occhi. Oscar sentì il suo cuore battere forte per l’emozione e non riuscì a distogliere lo sguardo dagli occhi di lui. Furono interrotti da una voce acuta sopra di loro: - Ehm! MI spiace interrompere l’emozione, ma avete finito? E’ da un po' che non mangiate e c’è gente che aspetta…Non di mangiare l’Haggis, ovviamente… - disse una giovane cameriera sbuffando.
Andrew guardò la ragazza e sospirò lentamente, poi vide in basso, verso il tavolo e si sorprese nel guardare che le sue mani tenevano quelle di Oscar. Anche lei se ne accorse e ritirò le braccia; guardò la cameriera: - Abbiamo finito. Comunque questo Haggis era ottimo –
La cameriera strinse le labbra – Chi sono io per giudicare! Volete un dolce? –
Lui aggrottò la fronte e guardò Oscar – Direi che possiamo andare – disse solo.
 
Quando Andrew e Oscar uscirono nella piazza della Glastonury Market Cross, forse avrebbero potuto notare alcune coppiette sedute nei tavoli all’aperto di un locale. Una in particolare non faceva altro che scattarsi a vicenda foto con il cellulare. Ad un certo punto la donna, sorridendo, bevve un sorso della sua bibita gassata e si portò in modo naturale la mano all’orecchio, toccando un invisibile dispositivo all’interno del padiglione auricolare: - Sono loro! Il capo aveva ragione. Stanno attraversando la strada e sembra che si dirigano verso il complesso dell’abbazia – disse a bassa voce e armeggiò con il cellulare.
Dall’alto di una finestra di un piccolo albergo una figura scostò le tende e poi si rivolse ad un uomo – Sembra che li abbiano trovati. Sono qui sotto e stanno andando verso le rovine. Che facciamo? –
Alexander Fersen strinse le labbra e incrociò le mani dietro la schiena – Ancora nulla! Aspettiamo di vedere qual è la loro destinazione finale –
Un altro uomo, dalla barba folta e dal corpo massiccio, si alzò in piedi da una piccola poltrona – Possiamo prenderli anche adesso, se è per questo e, sinceramente, non capisco che accidenti stiamo aspettando! Vi assicuro che li faremo parlare, in un modo o nell’altro… –
Martine, seduta ad un tavolino davanti ad un computer portatile, sorrise amabilmente all’uomo – Per quanto ami, in determinate occasioni, l’uso della forza bruta, vi devo ricordare che qualcuno li ha aiutati a fuggire da Londra. E quel qualcuno li ha mandati o condotti qui. Quindi cerchiamo di mantenere i nervi saldi e, quando sarà il momento, prenderemo sia loro che il nostro pericoloso avversario – disse e si girò verso Fersen – Avevate ragione! –
Lui annuì e guardò l’orologio – E devono sbrigarsi! Ormai è solo una questione di ore e il British Museum aprirà la mostra su Boudicca, alla presenza della Regina in persona e della sua famiglia…Detesto i contrattempi! –
 
Andrew e Oscar passarono oltre le rovine della Lady Chapel e si fermarono solo oltrepassarono le rovine di un gigantesco architrave in pietra. Si bloccarono di fronte ad un rettangolo sul terreno indicato con delle mattonelle. Lei si abbassò sul cartello – Hic iacet sepultus inclitus Rex Arturius in insula Avalonia…Qui giace sepolto Re Artù nell’isola di Avalon…Sarebbe splendido! –
Andrew sorrise – In effetti…E’ quello di cui ti parlavo a Londra, un falso d’epoca medioevale per avere delle sovvenzioni dalla Corona –
Lei guardò il suo profilo. Nel ristorante gli aveva preso le mani e aveva dato la colpa all’eccitazione della rivelazione a cui erano arrivati: Boudicca era stata sepolta con il Graal? E Oscar, la sua antenata, quella che aveva comandato la Guardia Reale di Luigi XVI e che aveva portato il popolo ad espugnare la Bastiglia, lo aveva forse preso per portarlo chissà dove. C’erano troppe incognite in quella vicenda e tutto era a dire poco fumoso, a cominciare da come la sua antenata aveva trovato la tomba della Regina. Il lavoro non Andrew a Londra non aveva portato alcuna soluzione ai tanti misteri di quella vicenda e l’aveva persino complicata ancora di più. Chiuse gli occhi e, chissà poi perché, pensò ancora al calore delle mani di Andrew. Scosse il capo e guardò lontano verso l’orizzonte, oltre le mastodontiche rovine di quella che doveva essere stata un’abbazia monumentale e verso il grande Tor con la sua torre svettante in cima. In qualche modo quella costruzione solitaria l’attirava e sembrava chiamarla a sé: – Sembra una sentinella – disse indicandola.
Lui seguì il suo sguardo e annuì – Un cavaliere che sta di sentinella sulla tomba del Re…O sull’isola di Avalon. Lo sai che la collina era delimitata da una palude e da un fiume e doveva apparire proprio come un’isola. E per molti storici quella è proprio la mitica isola di Avalon –
Dopo lunghi attimi di silenzio fu Andrew a parlare – Bene! Credo che adesso dovremmo per davvero raggiungere il complesso del Chalice Well e vedere chi ci sta aspettando su ordine della nostra misteriosa salvatrice – disse sorridendo e le mise una mano sul braccio.
Oscar, improvvisamente, al solo contatto, diversamente da quello che era accaduto nel ristorante, si scostò e lo guardò sorpresa. Sbatté le palpebre e, improvvisamente, lo vide con una ciocca di capelli sull’occhio sinistro e con una camicia bianca dalle ampie maniche: - Che cosa stai facendo! Lasciami! –
Lui aggrottò la fronte – Ma cosa… Io volevo solo… - disse e si avvicinò mettendogli entrambe le mani sulle braccia. Oscar sentì le gambe molli e tutto intorno a lei iniziò a vorticare. Si sentì soffocare da quelle che sembravano scure pareti, come se lei e Andrew non si trovassero più all’aria aperta. Sentì il respiro farsi affannoso e strinse i pugni. Aveva paura. Una paura irrazionale senza comprenderne il motivo: - Lasciami! Lasciami o chiamo aiuto! – gridò.
Lui rimase di sasso, ma non lasciò la presa e lei cercò disperatamente di divincolarsi fino a quando, improvvisamente, Andrew la lasciò e lei cadde all’indietro sul prato.
 
Chiuse gli occhi e sentì un dolore alla testa: com’era possibile che fino a poco prima il tocco delle mani di lui fosse qualcosa di dolce e poi, improvvisamente, ne aveva avuto tanta paura? Si girò e si appoggiò su un gomito- Sotto le mani non sentì la morbida erba del prato inglese del parco dell’abbazia, ma freddi e duri sassi. Si guardò attorno e vide che era diventato buio. Com’era possibile? Era da poco passato mezzogiorno. E sentiva delle urla, lamenti e pianti. Si alzò lentamente e quello che vide le parve l’inferno: lunghe colonne di persone che marciavano a testa china mentre scure figure dalla testa pelata ai loro fianchi agitavano le braccia e urlavano in una strana lingua. Aggrottò la fronte e riconobbe parole gridate come schnell e raus. Parole tedesche. E vide che quelle che sembravano teste prive di capigliatura erano in realtà soldati che portavano elmetti d’acciaio. Un fascio di luce bianca la colpì e lei distolse lo sguardo. Fece un passo indietro e trovò un ostacolo; si girò e sobbalzò dalla sorpresa: di fronte a lei c’era Fersen con il suo bel volto sorridente, stretto nella grigia divisa che indossava anche nel quadro che stava nello studio del suo discendente e fu quasi abbagliata dallo scintillio che emanavano i sinistri simboli dei lampi gemelli sul colletto.
Lui piegò le labbra in un sorriso e chinò leggermente la testa di lato – Benvenuta! I treni arrivano sempre di sera qui. E in perfetto orario! E’ incredibile che come questa organizzazione sia efficiente nel portare in questo luogo milioni di persone da tutto il continente – disse e aprì il braccio mostrando l’orizzonte scuro pieno di muri di filo spinato, torri e riflettori. Oscar deglutì e provò una stretta al cuore nel vedere, lontano nell’orizzonte, un’alta ciminiera con del fumo denso che saliva senza sosta e si perdeva nel cielo. Sentì qualcosa caderle sulle guance, alzò una mano e vide che era cenere. La bocca le tremò e guardò di nuovo Fersen facendo un passo indietro.
Nell’indietreggiare, però, fu bloccata alle braccia in una morsa d’acciaio. Erano due soldati con l’elmo calcato sugli occhi che sorridevano crudelmente – Wunderbar…Carne fresca…E questa sembra persino un’ariana! Dove volete che la portiamo, herr obersturmbannfuhrer – disse uno di loro.
Lei digrignò i denti e notò che, stranamente, Fersen portava in una mano la valigetta che aveva visto nella fotografia a casa di Bernard Castle. Lui si accorse del suo sguardo e strinse le labbra – Mi sembra stanca…Il viaggio in treno deve essere stato lungo e faticoso, del resto quei vagoni sono stati studiati principalmente per il trasporto del bestiame…Forse ha bisogno di una bella doccia. Bring sie ins krematorium (n.d.a.: portatela al crematorio) –
I soldati risposero all’unisono un secco “jawhol” e la trascinarono via, verso la colonna di fumo.
 
Oscar aprì gli occhi annaspando in cerca d’aria. Agitò le braccia per difendersi dai soldati che la portavano via, ma qualcuno le serrò i polsi. Scosse la testa e, a poco a poco, vide il bel volto di Andrew che la fissava a bocca aperta. Lui sospirò – Oscar…Ma cosa…Cosa ti è successo? Sei caduta all’indietro e sei rimasta svenuta ad occhi aperti…Facevi paura e non sapevo cosa… -
Lei strinse le labbra – Lasciami! Lasciami…Ti prego… - disse piano.
Lui mollò la presa: – Oh! Scusami! E’ che mi stavi quasi cavando gli occhi –
Oscar si alzò lentamente e si guardò attorno. I pochi turisti nel parco dell’abbazia li stavano guardando e tutto quel trambusto aveva solo attirato l’attenzione su di loro. Guardò Andrew: - Andiamo al pozzo del calice –
Anche lui si girò e poi annuì – Si! Credo che sia il momento giusto…Ma cosa ti è successo? –
Lei si diresse verso l’uscita, poi si fermò e girò la testa – Ho visto Fersen…Ma non il tuo capo…Ho visto l’obas…L’obest…Insomma…L’ufficiale delle SS –
Andrew aggrottò la fronte e si avvicinò e lei – Ma cosa… -
Oscar gli mise una mano sul braccio, questa volta senza provare alcun timore e lo guardò negli occhi – E’ tutta questa storia, Andrew…Sto vedendo e sto vivendo immagini…Di vite vissute…E…Come devo sembrarti pazza, vero? –
Lui rimase per un attimo sorpreso – Io…Beh! Anche a me, alle volte, capita di vedere…Non so quanto può essere importante o meno…Certe volte mi vedo di fronte a un grande palazzo…E’ vecchio, so che è vecchio e non l’ho mai visto, ma so che per me era come una casa. Altre volte indosso persino in uniforme, ma non una divisa moderna…Figurati! Non ho nemmeno fatto il militare! Una vecchia uniforme, di quelle di una volta con delle code di rondine e tanti bottoni sul petto…E una volta…Mentre guardavo un film di guerra, mentre c’era una scena con una sentinella che sparava da un muro, ho sentito un forte dolore al petto…Credevo di avere un infarto e mi hanno portato persino in ospedale…E là mi hanno cacciato prendendomi in giro e dicendo che avevo il cuore di uno sportivo dopo avermi fatto esami su esami…Eppure…E’ stata una sensazione terribile…Come…Come morire –
Lei sgranò gli occhi e strinse la presa sul suo braccio – Una cosa simile è capitata anche a me…Anni e anni fa…A Parigi…A Place de La Bastille…Dove sorgeva l’antica prigione…Dove la mia antenata è morta…Mi è sembrato per un attimo di vedere le alte mura di quella lugubre costruzione e poi ho sentito un dolore al petto con una spinta talmente forte da gettarmi all’indietro senza fiato…Ricordo che la mia insegnante e le mie compagne temevano che fossi morta –
Rimasero per un attimo a guardarsi negli occhi, fino a quando furono interrotti da una voce maschile: - Ehm! Ehm! Scusatemi, signori…Ma vi serve qualcosa? Va tutto bene? Qualche turista mi ha detto che siete caduta – disse la voce di un anziano inserviente.
Oscar lo guardò, come se quella persona non appartenesse al mondo suo e di Andrew. Poi tentennò lentamente cercando di sorridere – No…No, grazie. Non ci serve nulla. Stiamo uscendo –
L’uomo incrociò le braccia dietro la schiena e annuì guardandoli uscire. Andrew allungò il passo per starle dietro – E quindi…Cosa hai visto del Fersen nazista? –
Lei si fermò e lo guardò di nuovo – L’ho visto ad Auschwitz, credo, con la sua dannata valigetta in mano – disse si portò una mano alla bocca. Ricordava lo spavento, l’umiliazione e la paura del grande fumo nero con la viscida sensazione della cenere sulla pelle. Improvvisamente ebbe un’illuminazione: – Ma certo! –
Lui aggrottò la fronte, ma lei lo prese per mano e sorrise – Oh! Non adesso…Adesso dobbiamo trovare il Santo Graal! –
 
Oscar e Andrew lasciarono il parco dell’abbazia, presero la loro piccola macchina e andarono al complesso del Chalice Well, il pozzo del calice, alla base della grande collina del Tor. Oscar guardò di nuovo la torre in cima alla collina, stavolta molto più vicina e provò la strana sensazione di andare là sopra. Guardò verso il basso, verso il pozzo dove la tradizione voleva che fosse conservato il calice di Cristo. Il coperchio di legno e metallo che di solito lo copriva era stato aperto e ne poteva vedere l’oscurità. Piegò la testa di lato e sorrise debolmente – Uno pensa che il luogo dove riposa una delle più importanti reliquie della Religione Cristiana si trovi in un grande tempio… -
Andrew aggrottò la fronte e la guardò – Il pozzo, nella mitologia celtica, rappresenta l’accesso al mondo degli spiriti…Dell’aldilà…O anche verso la mitica Avalon, la terra della Dama del Lago – disse e si piegò verso il coperchio: - Guarda la decorazione: due cerchi concentrici attraversati da una linea verticale…Una lancia o…Una spada…Con un chiaro riferimento all’Excalibur di Re Artù e le foglie intorno richiamano l’albero della Spina di Glastonbury, la pianta sempreverde qui presente ed è stato creato dall’architetto e archeologo Frederick Bligh Bond nel 1919 (n.d.a.: storico). La cosa più affascinante è che qui, in un luogo cristiano, riporta alla mente anche i quattro simboli della mitologia celtica: la spada di Nuadu, il Re dalla mano d’argento, identificata con l’Excalibur, la lancia di Lugh, il dio del sole, la coppa della vita, o l’albero della vita, che, stilizzato, sembra proprio un calice e il calderone di Dagda, il padre degli dei che può anche essere raffigurato con una pietra…La spada, la lancia, la coppa e la pietra –
Oscar lo guardò affascinata e poi sorrise – Un amante di Oscar e di Re Artù e della tradizione celtica. Non ti fai mancare nulla! –
Lui si strinse nelle spalle, come imbarazzato – Mi piace la storia del mio paese…E mi piace Oscar, anche se è una francese –
Lei chinò la testa – Il piacere è tutto mio! – disse e si girò – Quindi questa è la casa del reverendo Philby, quello che ha accolto la mia antenata e da dove lei è partita verso Stonehenge…Insieme a quella strana donna vestita di nero e con la pelle bianca –
Andrew annuì – Si! Proprio questa. E quella è la Fonte Rossa, la fonte del sangue, il simbolo femminile. La Fonte Bianca, il simbolo maschile si trova dall’altro lato della strada, ci hanno costruito sopra un piccolo tempio e, sempre da lì, si sale verso il Tor –
Oscar si avvicinò alla vasca della fonte rossa e si piegò in avanti. Improvvisamente i pochi turisti intorno a loro cominciarono a lanciare gridolini sorpresi e a fare fotografie con i loro cellulari. Lei sbatté le palpebre e vide l’acqua diventare lentamente rossa. Andrew si avvicinò e sorrise – Oh! Avviene ancora ovviamente. E il fatto che sia accaduto ora lo possiamo prendere come un segno del destino –
Lei si raddrizzò e il suo sguardo fu attratto da una figura accanto a loro. Si girarono all’unisono e videro una donna: un’alta e snella donna con un tailleur rosso sotto il quale brillava una camicia di seta dello stesso colore. Rossi erano i suoi capelli e rosse le sue scarpe a tacco alto; l’unico colore diverso era quello dei suoi occhi verdi e brillanti come smeraldi. La sua pelle era bianca come il latte, senza alcuna imperfezione e Oscar si sentì, improvvisamente, brutta al suo confronto.
La donna sorrise e si avvicinò allungando la mano – Benvenuti! Finalmente! E’ da diversi giorni che vengo qui ad aspettarvi. Il mio nome è Marjorie Drakhead e sono la sorella maggiore di Morgan Drakehead –
Oscar aggrottò la fronte e guardò Andrew che, imbambolato, prese la mano e la strinse, forse, giudicò lei, con troppo entusiasmo. Sentì improvvisamente una sorta di rabbia montarle dentro. E perché? Avevano viaggiato da Londra a lì praticamente come fratello e sorella. Notò che quella splendida creatura aveva attirato lo sguardo di molti uomini e persino di qualche ragazzo. Che età poteva avere? Non ne aveva idea: forse nemmeno trent’anni o anche più di quaranta; non riusciva a capirlo. Ma capiva e vedeva benissimo che Andrew le teneva ancora la mano. Strinse le labbra e gli diede una gomitata. Lui sobbalzò e lasciò la presa.
Oscar sorrise con l’angolo della bocca e la guardò – Salve! Sono Oscar de Jarjayes. E questo bambolotto è il dottor Andrew Great! Lady Drakehead ci ha detto che ci avreste…Ecco…Che voi avreste potuto aiutarci –
Marjorie si avvicinò a loro – Si. Lo posso fare; io con le mie sorelle. Vivian, la più anziana di noi, ci attende qui vicino, la nostra famiglia possiede un Bed&Breakfast proprio alla base del Tor e all’inizio del sentiero che porta alla cima, basta attraversare la strada –
Oscar deglutì – E…Vostra sorella Vivian…Come può… -
L’altra piegò le labbra in uno strano sorriso e i suoi occhi smeraldini sembrarono brillare – Lo scoprirete molto presto, se avrete la cortesia di seguirmi – disse solo e si girò allontanandosi lentamente.
Oscar provò un’altra fitta vedendo come camminava disinvolta e veloce con quei tacchi vertiginosi. Guardò di nuovo le altre persone e fece una smorfia di disgusto capendo che gli uomini, come pure i ragazzi, non stavano guardando i suoi tacchi, ma l’ondeggiare dei fianchi di Marjorie. Guardò Andrew e lo vide con uno sguardo perso ed ebete. Schioccò le dita di fronte al suo viso e lui scosse il capo: - Ci sei, dottore? – disse lei acida.
Lui annuì – Ma cosa…Ma certo! –
Oscar sospirò – E allora seguiamo quel tailleur! –

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Capitolo 10
*** Il ritorno del cavaliere ***


Quando la donna rossa le aveva detto che il fabbricato si trovava di fronte alla strada, Oscar si rese conto che non era proprio un modo di dire. Con la coda dell’occhio vide alla sua sinistra una piccola costruzione in pietra con una fila di persone davanti. Andrew si piegò verso di lei: - La Fonte Bianca – disse piano.
Il complesso era nascosto dalla vegetazione, quasi invisibile, ma, una volta oltrepassato il cancello d’ingresso, Oscar notò la sua grandezza. Andrew si guardò attorno e poi si rivolse a Marjorie: - Non ci sono macchine nel parcheggio…Non ci sono ospiti in questa stagione? Eppure…Con questa posizione e in questo periodo…Il parco dell’abbazia e il Chalice Well sono pieni di turisti –
La donna si voltò e sorrise, con un sorriso radioso e abbagliante che a Oscar fece venire, ancora e, senza alcun motivo apparente, l’acidità di stomaco. Si mise una mano sul ventre e si sforzò di non digrignare i denti. Marjorie indicò la costruzione – Stiamo effettuando dei lavori di manutenzione e quindi siamo chiusi. O questo è quello che abbiamo segnalato alle autorità di Glastonbury. Conoscendo mia sorella, lei sarà di certo nel giardino interno, prego, seguitemi – disse e fece strada.
Oscar bloccò Andrew prendendolo per un braccio – Ci siamo! Adesso capiremo se siamo davvero caduti dalla padella nella brace. Certo…Se tu non ti lasciassi irretire da quel fondoschiena, forse potremmo anche cercare di fare qualcosa –
Lui socchiuse gli occhi – Ma cosa…Io non…Ma…E cosa dovremmo fare secondo te? Fuori di qui c’è Fersen con i suoi sgherri e qui…Beh! Non lo sappiamo! E se non comprendiamo con cosa abbiamo a che fare, cosa pretendi? E io non le guardo il fondoschiena…Ma… -
Oscar sospirò e gli lasciò il braccio. Alzò lo sguardo e, in una macchia di luce tra le fronde degli alberi, vide ancora una volta la torre del Tor e mai come prima di allora le sembrò che essa la stesse chiamando.
Passarono attraverso il salone d’ingresso vuoto ed uscirono in un piccolo giardino, in fondo al quale, accanto ad una grande fontana, videro una figura vestita di bianco. Si avvicinarono e Oscar notò che l’acqua della fontana era di un tenue colore rossastro. Aggrottò la fronte e guardò Andrew. Anche lui rimase perplesso: - Ci sono molte fonti nella zona – disse solo.
Oscar, con sorpresa, realizzò che la sagoma in bianco indossava una sorta di tunica lunga legata alla vita da una corda. Era indubbiamente una femmina, come le sue forme dimostravano. Aveva i capelli biondi e lunghi, raccolti in una treccia che gli ricadeva sulla spalla destra.
La donna si girò e sorrise mostrando denti bianchissimi e due occhi azzurri e limpidi – Benvenuti! Vi aspettavamo con ansia! –
Marjorie si mise di lato e incrociò le mani dietro la schiena – Miei signori, vi presento mia sorella maggiore, la…La direttrice di questo posto, Lady Vivian –
La donna in bianco si avvicinò a Oscar e Andrew. Fissò lei con occhi azzurri penetranti e poi li socchiuse – Benvenuta, cavaliere – sussurrò.
Oscar sbatté le palpebre confusa, guardò per un attimo il suo compagno e poi di nuovo la donna aggrottando la fronte. Vivian strinse le labbra e poi guardò sua sorella – Ma…Nostra sorella ha detto che sarebbero arrivati qui ricordando tutto! Non è forse così!? –
Marjorie scosse il capo – Non mi pare che ricordino alcun che! Ma nostra sorella può anche sbagliare. Lo sai quello che dice sempre: la magia non è una scienza esatta! Ma l’importante è che il cavaliere ed il suo scudiero siano qui, finalmente, nel posto esatto dove devono stare –
Oscar inarcò le sopracciglia – Io…Perdonatemi…Ma…Di cosa state parlando? Non…Non capisco… -
La donna rossa si mise di fianco a sua sorella – Stiamo parlando di voi, Lady Oscar. E del vostro destino –
Andrew piegò la testa di lato – E quale sarebbe…Il nostro destino? –
Vivian si piegò verso di loro – Rendere l’ultimo servizio, combattere l’ultima battaglia…Per l’isola sacra, per Avalon! –
Oscar sentì girare la testa; si portò una mano agli occhi e tentennò – Sentimi bene…Galadriel…Da quando sono in questo bislacco paese ho incontrato parenti di nazisti e filonazisti….impiegate antipatiche ed archeologi in cerca di gloria…Mi hanno rapita, incidentata e sbattuta su un’auto verso la campagna inglese…Ho continue visioni di…Di non so nemmeno io cosa…E, visto che quando tornerò a Parigi dovrò andare in terapia per molto, molto, molto, molto tempo…Ti spiace dirmi cosa accidenti sta succedendo, una volta per tutte!? –
Vivian socchiuse gli occhi – Beh! Non credo ci sia un modo semplice per dirlo, Lady Oscar, ma visto che mia sorella Morgan non ha messo in conto questa eventualità…Tu sei già stata qui, in questo posto, anni e anni fa, o meglio…Ci sei stata quando eri un’altra persona, quando il tuo spirito abitava un altro corpo, non dissimile da quello che vedo. Sei diventata…Siete diventati i cavalieri di Avalon, gli ultimi campioni dell’isola sacra ed è proprio quest’ultima che vi ha, ancora una volta, chiamati insieme per combattere per lei. La fine della missione mia e delle mie sorelle è giunta, finalmente e purtroppo anche Avalon lascerà non solo la dimensione nella quale la magia di Morgana l’ha relegata e protetta, ma anche e definitivamente il mondo degli uomini –
Oscar ascoltò il discorso di Vivian a bocca aperta. In un angolo della sua mente una voce gli urlò di scappare a gambe levate, che era meglio affrontare Fersen e il suo nuovo Reich piuttosto che quelle pazze. Ma un’altra parte del suo cervello, invece, la teneva lì ferma. Aggrottò la fronte sentendo un fastidioso ronzio farsi strada nella testa. Fece un passo indietro e poi un altro, barcollò, ma qualcuno la sorresse. Vide davanti a sé Andrew che la strinse tra le braccia. In quell’occasione non ebbe alcuna paura e, anzi, il suo tocco gli diede forza e coraggio. Lui annuì – Lo sento anch’io. Non so cosa sia, ma lo sento nella mia testa…E la torre su quella collina mi sta…Mi sta chiamando…Sono stato qui altre volte, ma solo ora sento…Sento il richiamo di…Quella cosa! Resta con me, Oscar, resta con me –
Lei aprì le labbra, ma non disse nulla, sollevò un braccio e gli accarezzò la guancia – Il mio André… - disse piano.
Guardò le altre donne e, per un attimo, vide Vivian in un abito bianco più sontuoso e con un lungo bastone e Marjorie in una sorta di armatura scarlatta come i suoi capelli di fuoco.
Vivian allungò un braccio e una mano – Venite. Avalon e nostra sorella vi attendono…Attendono il vostro ritorno –
 
Dopo nemmeno dieci minuti Oscar, con Andrew, Marjorie e Vivian, si inerpicò lungo il pendio del Tor di Glastonbury. Si guardò attorno e aggrottò la fronte – Non ci sono turisti nemmeno qui –
Andrew annuì – Ma è strano! –
Marjorie si girò a guardarli e sorrise – Non proprio. La nostra famiglia è ricca…E potente…Abbiamo semplicemente chiesto alle autorità di chiudere ogni accesso alla collina per qualche giorno, proprio mentre vi aspettavamo. A proposito: ve la siete presa comoda! E abbiamo dovuto pagare un sacco di soldi alla municipalità! Quel festival di musica cacofonica ed inascoltabile che organizzano ogni tanto è molto costoso – disse e si piegò per togliere le sue scarpe rosse a tacco alto – Ecco, così va meglio! – aggiunse e continuò la salita.
La torre di San Michele era proprio di fronte a loro e a Oscar parve di vederla alzarsi e diventare una vera e propria fortezza, nera e minacciosa. Chiuse gli occhi per un attimo; il castello era sparito, ma la torre era ancora lì e, come non mai, sembrava chiamarla a sé. Viviana alzò una mano e toccò la costruzione. Sorrise debolmente – Quegli sciocchi…Hanno eretto questo pilastro di roccia per chiudere ogni accesso all’isola e ci sono quasi riusciti! Ma il potere di Avalon è troppo grande e di questa pietra ne ha fatto il suo unico accesso…E la sua unica uscita –
Oscar guardò ancora la torre inondata dal sole – E ora… -
Vivian sospirò – C’è ancora una cosa, Lady Oscar, tutto questo è stato previsto e…E manca ancora qualcuno al nostro appuntamento –
In quel momento si sentì un rumore sordo e attutito. Marjorie cadde in avanti e Andrew, prontamente, la sorresse. Lei si mise una mano sulla spalla e Oscar, con orrore, vide che la giacca e la camicia si erano strappate lasciando scoperta la pelle candida e una ferita.
Fersen, con accanto Martine e gli altri del loro gruppo, si avvicinarono ad armi spianate. Lui strinse le labbra – Non c’era bisogno di usare le armi…Non ora, perlomeno! –
Un alto uomo con occhiali da sole neri, sbuffò e abbassò la pistola con il silenziatore che aveva in mano – Avete detto di usare la massima violenza come deterrente. Beh! Lo abbiamo fatto! –
Oscar si mise di fronte ai nuovi arrivati e, stranamente, non provò paura, ma sorrise – Benvenuto al Tor, Alexander –
Anche lui sorrise e si avvicinò – Bene! Mi fa piacere che tu la prenda con filosofia. E credo che abbiamo trovato anche il nostro misterioso avversario – disse ammiccando verso Vivian – Ma ora…Ora dimmi…Dimmi dove si trova la coppa! –
Oscar piegò la testa di lato, veramente divertita – E cosa ne farai, una volta avuta tra le mani? –
Fersen si passò la lingua sulle labbra – La donerò al mondo! Che altro! Non hai la minima idea di cosa essa rappresenti per l’umanità! –
Lei abbassò la testa – Cosa rappresenta per il mondo lo so benissimo. Ma cosa rappresenta per te? E’ solo un mezzo per fare denaro? Come per il tuo illustre prozio? –
Lui strinse le labbra – Anche il mio prozio ha cercato di dare la coppa gli uomini, pur senza riuscirci e, per quello, lo ammetto, si è alleato con le persone sbagliate –
Oscar sorrise con l’angolo della bocca – Ne sei sicuro? O forse erano le persone giuste per quello che aveva in mente –
Andrew aggrottò la fronte stringendo Marjorie che emise un debole lamento. Oscar scrollò le spalle – Ci ho messo un po' per collegare tutto, è vero, ma ci sono arrivata…Tu hai detto che il tuo antenato, alla fine della guerra, era stato diseredato dalla famiglia, ma allora…Come mai ha potuto mantenere una villa con tanto di servitù al seguito e una vita, tutto sommato, molto agiata? Ho visto…Ho visto una fotografia di Gustav Von Fersen con una valigetta accanto al comandante di Auschwitz…E se la teneva bella stretta! Proviamo a supporre qualcosa…Quando ha proposto a Himmler la ricerca del Graal sulla base del libro di Oscar, immagino che quel pazzo paranoico gli abbia voluto fornire anche dei capitali…E quali mai possono essere i capitali per un’operazione segreta? Forse denaro in contanti ed oro e dove trovarli in grande quantità in quell’epoca? Forse quelli depredati alle vittime della follia nazista. Himmler deve aver dato a Gustav qualche documento che gli garantiva libero accesso al campo di sterminio e, soprattutto, il libero accesso ai fondi di cui aveva bisogno…O di cui avrebbe avuto bisogno se la guerra non fosse andata male per i nazisti, ovviamente. Ma immagino che le notizie dei vari fronti non interessassero il prozio Gustav quanto le cifre sottratte alle persone uccise. Dimmi la verità, Alexander, quante volte il tuo antenato è andato in quell’inferno per prendere soldi e gioielli che non gli appartenevano? Si è arricchito a spese di quella povera gente e lo sapeva…Sapeva benissimo quello che facevano ad Auschwitz e…E non gli importava, non è vero!? –
Fersen sorrise a denti stretti e poi tentennò – Astuta…Lo devo ammettere. Si! Gustav si è fatto dare denaro e oro dai nazisti per finanziare la sua missione in Inghilterra quando ancora, già alla fine del ’43, era del tutto evidente che il Reich non avrebbe mai potuto vincere. E sapeva benissimo quello che accadeva ad Auschwitz: il comandante Hoess lo portò addirittura e vedere il funzionamento delle camere a gas e dei forni crematori in una sorta di macabro giro turistico. Conosceva le procedure che adottavano le SS e, soprattutto, chi erano le vittime. Ma, ammettiamolo, anche se lui si fosse opposto a quel branco di pazzi assassini…Sarebbe cambiato qualcosa? Oh! Direi proprio di no! Ma lo sai…In fondo metteva a tacere la sua coscienza pensando al fatto che, prima o poi, avrebbe trovato il Graal…Lui credeva veramente che accumulare oro e denaro gli sarebbe servito per dare al mondo la più grande reliquia dell’umanità…Ma gli mancava sempre qualcosa…Qualcosa, o qualcuno, per decifrare quel vecchio libretto. Aveva individuato la posizione della tomba di Boudicca, ma quel poveretto si era pentito di quello che aveva fatto. Riteneva che fosse una punizione sufficiente non prendere la gloria della scoperta. Una cosa che voleva lasciare ai posteri e ad uno dei suoi eredi, cioè a me. E poi usare quella montagna di denaro solo per fare del bene! Quello sciocco! E a che scopo sprecare soldi di gente morta ammazzata che comunque non avrebbe potuto riaverli? Prima che quell’idiota potesse fare dei danni, magari cambiando il suo testamento a mio sfavore, ci ho pensato io: un cuscino sulla faccia e il mio caro prozio ha raggiunto Himmler e tutti gli altri all’inferno! Io sono quello che ha creato un’associazione per lo sviluppo del sapere universale; io sono quello che ha potuto dare le spoglie della regina guerriera al mondo e, sempre io, sarò quello che darà all’umanità il Graal! Tutto questo non vale forse la vita di poche centinaia di persone? –
Andrew strinse le labbra – Pazzo! – sibilò.
Oscar sorrise sprezzante – No…Non è un pazzo…Sa benissimo quello che sta facendo, come il suo prozio…Come i nazisti. Vuoi il Graal? Beh! Mi dispiace! Ma non abbiamo la minima idea di dove si trova. Il libro della mia antenata si ferma qui, a Glastonbury, su questa collina…Ma se vuoi iniziare a scavare, non sarò i a fermarti –
Fersen alzò il mento sorridendo – Beh! Tu forse non lo sai, ma le tue gentili ospiti, forse, si! Le persone che sono con me sono tutti ex militari delle forze speciali. E’ gente rude, che non va per il sottile quando si tratta di ottenere delle informazioni o di eliminare scomodi testimoni. Per l’amicizia che legava i nostri antenati, ti prego, non costringermi a farti del male –
Oscar strinse i pugni e, in quel momento, sentì la terra vibrare. Guardò per un attimo Andrew e poi la torre alle sue spalle. La costruzione sembrò ingrandirsi enormemente sopra di loro e poi, improvvisamente, una luce bianca si irradiò dalla sua base. Oscar si avvicinò istintivamente a Andrew, ma fu raggiunta da un’ondata di chiarore e alzò il braccio per riparare gli occhi.
 
Era di nuovo stesa a terra. Ma non erano sassi quelli sotto di lei e nemmeno l’erba della collina del Tor. Era un freddo pavimento di marmo. Si sollevò lentamente e si mise in ginocchio. Era all’interno di una costruzione. Aggrottò la fronte e si guardò attorno: dove aveva già visto quelle decorazioni e quella grande scalinata che portava al piano superiore? Sbatté le palpebre e si alzò in piedi. Ricordava che, fino a poco prima, si trovava sulla collina del Tor di Glastonbury, in Gran Bretagna. Si prese la testa tra le mani e poi, improvvisamente, capì. – Palazzo de Jarjayes – disse piano ricordando le vecchie fotografie in bianco e nero della casa dei suoi avi alla periferia di Parigi. La casa di Oscar e di André.
Sorrise e si guardò di nuovo attorno. – Benvenuta! – disse una voce chiara e limpida sopra di lei. Alzò lo sguardo e rimase a bocca aperta nel vedere sé stessa sul soppalco del primo piano. Ma quella che la stava guardando dall’alto, pur avendo la sua stessa faccia e anche la sua voce, portava i capelli biondi molto lunghi e indossava la giacca di una vecchia uniforme militare di colore blu pesante con decorazioni in oro sul petto e una medaglia sul cuore.
La figura si mosse e scese lentamente le scale e Oscar vide che indossava alti stivali da cavalleria e una spada legata al fianco sinistro. Il soldato si fermò a qualche gradino dal pavimento del piano terra e sorrise di nuovo – Benvenuta, Oscar de Jarjayes –
Lei scosse il capo – Io…Ho paura a chiederlo…Ma tu…Tu sei… -
L’altra sollevò la mano e portò due dita alla fronte nella parodia di un saluto militare – Oscar de Jarjayes, ovviamente! –
Oscar inspirò a fondo e gonfiò il petto – Quindi…Quindi sono morta, non è vero? E’ stato tutto inutile, ma perlomeno quel maledetto nazistoide non avrà mai la sacra coppa. Sei qui per portarmi nell’aldilà a conoscere tutti i miei antenati? Vuol forse dire che sono degna di loro e di sedere al loro fianco nelle sale dell’eternità e nella gloria imperitura? –
L’altra Oscar aggrottò la fronte, piegò le ginocchia e si sedette su un gradino. Appoggiò i gomiti sulle gambe e intrecciò le dita sotto il mento. Socchiuse gli occhi, come per studiare la donna di fronte a sé e poi tentennò – Che dire! La melodrammaticità è uno dei tratti distintivi della nostra famiglia! Ma no, non sei morta. Non ancora, perlomeno. Anche a me è capitata una cosa simile, quando sono caduta davanti alla Bastiglia. Anche sei io, in effetti, ero morta per davvero…Ma non divaghiamo! Perché siamo qui, vuoi chiedermi? Beh! Andiamo con ordine – disse e si alzò. Si avvicinò a si mise di fronte all’altra e sorrise – Vuoi forse sapere come tutto è iniziato? Come tutto questo è iniziato? –
L’altra annuì a bocca aperta e l’Oscar in divisa sospirò: - La mia vita la conosci, ma c’è una parte…Una parte che ho tenuta nascosta a tutti. Dopo l’incoronazione di Sua Maestà Re Luigi e della Regina Maria Antonietta ho preso un breve periodo di congedo, prima di assumere il comando della Guardia Reale. Con André mi recai in Normandia, per un giro di ispezione delle proprietà della mia famiglia. Sulla strada scoppiò un temporale ed io ed André ci trovammo…Ci trovammo fuori dal nostro tempo e persino fuori dalla Francia. Fummo portati nella Britannia di secoli prima, al tempo in cui regnava Artù da Camelot. Portati lì dalla magia e dalla volontà di sua sorella Morgana –
L’altra inarcò le sopracciglia – Intendi…Intendi forse…La Fata Morgana? Ma come…Ma quando…Ma che… -
La Oscar in uniforme sorrise – Quante domande! Un tempo me le sarei fatte anch’io, non temere. La Fata Morgana ci portò a Tintagel, il suo castello in Cornovaglia, per usare me come arma magica ed andare ad Avalon, l’isola sacra e salvare suo fratello il Re, ferito mortalmente dopo una grande battaglia che lo vide contrapposto al suo stesso figlio, Mordred –
Oscar sbatté le palpebre, ma l’altra continuò – L’isola era stata chiusa al mondo da un’altra magia, quella di un cavaliere della Gallia, come me e te, che aveva sacrificato la sua stessa vita affinché nessuno osasse disturbare il sovrano mentre la Dama del Lago lo curava dalle sue ferite. Non entro nei particolari, del resto, come dice sempre Morgana, la magia non è una scienza esatta. Partimmo con lei e sua sorella Morgause, la madre di Mordred e trovammo Avalon e Viviana, la Dama del Lago e lì…Morgana venne posseduta dalla sua dea della guerra, Morrigan, nella sua versione…Più crudele. Fummo io e André a sconfiggerla e a salvarla e, come ricompensa, lei nominò il mio André cavaliere di Avalon con la spada di Artù –
Oscar abbassò la testa – Non è possibile…Sto sognando e presto mi sveglierò –
L’altra aggrottò la fronte – Sei cocciuta! Beh! Fu lì che scoprì di amare André e ci demmo il nostro primo bacio d’amore. Ma Morgana aveva visto già le nostre vite nel futuro e sapeva che io e lui saremmo dovuti morire durante i primi giorni della Rivoluzione in Francia. E io, senza falsa modestia, sarei stata determinante, guidando la presa della Bastiglia, per dare inizio ad un qualcosa che avrebbe modificato l’assetto sociale e politico dell’Europa e del mondo intero. Ci cancellò la memoria e ci rimandò, dal Tor di Glastonbury, in Normandia, nella nostra epoca. Ma non era certo finita…Da comandante della Guardia Reale fui io che trovai Jeanne de Valois, la responsabile del famoso “caso della collana”. La celebre collana aveva anche una grande pietra rossa, che, a sua volta era stata incastonata nel pomolo dell’elsa della spada di Artù –
Oscar si prese la testa tra le mani – Ma…E’ assurdo…Io… -
La Oscar in divisa si avvicinò e la prese per le spalle – Non chiedermi e non chiederti come e perché. Avalon…Avalon è come una cosa viva! Quest’isola è un grande organismo in grado di influire non solo nello spazio, ma anche nel tempo. Da Jeanne la pietra passò a me quando mi trovavo di nuovo in Normandia. Una delle serve di Palazzo de Jarjayes aveva scoperto il suo segreto: alla luce della luna piena quel sasso rosso proiettava una mappa in tre dimensioni, un grande cerchio di pietre in una pianura –
Oscar sorrise debolmente – Stonehenge –
L’altra annuì – Esatto! Mi imbarcai per l’Inghilterra meridionale, braccata dai servizi segreti inglesi e da misteriosi nemici che volevano appropriarsi di un’arma antica nascosta proprio nelle rocce di quella pianura. Seguii il mio libretto nero, che avevo iniziato a scrivere anni prima: frasi senza senso su luoghi inglesi che mi avevano fatto leggere ed apprezzare la saga arturiana ed io nemmeno sapevo che in Francia c’era tutto un filone ad essa dedicato! A Glastonbury, però, ebbi la sorpresa di trovare nientemeno che, di nuovo, Morgana in persona, venuta dal passato attraverso le nebbie; una magia imparata da Merlino –
Oscar sospirò – Merlino? Ma…Certo…Ovvio che parliamo del Mago Merlino…Chi altro! –
L’altra sorrise – Morgana era arrivata pronta per strappare dalle mie mani la pietra, visto che era convinta che io l’avessi presa dall’elsa della spada nella mia precedente avventura. Ma c’era arrivata priva di sensi e la portai nella casa del buon reverendo Philby che mi aveva ospitata raccontandomi la storia del luogo –
Oscar spalancò la bocca – Ma…Allora…La donna in nero che era partita con te da Glastonbury…Con spada e scudo…Era lei…Era la Fata Morgana in persona –
La Oscar in uniforme annuì – Raggiungemmo il cerchio di pietre e trovammo la tomba della regina guerriera, colei che si era opposta all’Impero di Roma e la lancia di Lugh, il dio del sole, che avrebbe dovuto attivare l’arma…Ma con noi arrivarono anche i nostri misteriosi nemici…E…Beh! L’arma fu attivata…Anche se era…Se così si può dire…Difettosa e si distrussero da soli. Fui io, stavolta, a chiedere a Morgana che la mia memoria fosse cancellata, per adempiere al mio destino e rientrai in Francia – disse e lasciò passare un lungo attimo in silenzio – Quella notte…Quella notte in cui io e André fummo come marito e moglie, come uomo e donna…Ricordammo tutto. Tutto quello che ci era successo. Non avevamo un futuro: lui era destinato alla cecità completa e la mia tisi stava entrando in una fase acuta…Ma sapevamo che dovevamo andare in mezzo al popolo, in mezzo alla battaglia. Perché Avalon ci restituì i ricordi in quel momento? Ci ha messo alla prova. Perché sapeva che, prima o poi, gli sarebbero serviti di nuovo il suo campione ed il suo cavaliere, io e André. I cristiani, costruendo la torre sulla collina del Tor, hanno voluto sigillare per sempre Avalon dal mondo, ma ne hanno solo fatto l’unico passaggio. E si, l’isola sarebbe comunque sparita, ma solo una volta esaurito il suo compito. Ci sarebbero voluti secoli, ma avrebbe ancora avuto bisogno di noi…O delle nostre…Copie…. –
Oscar aggrottò la fronte – E quale sarebbe lo scopo di…Di Avalon? –
L’altra socchiuse gli occhi – Salvare il Re. Le sue ferite hanno richiesto più tempo del previsto e i poteri dell’isola, uniti a quelli della coppa donata alle sacerdotesse da Giuseppe di Arimatea, alla fine, lo stanno sanando –
Oscar rimase di sasso a quella rivelazione: - Ma…Allora…Re Artù…Stiamo parlando di quel Re Artù…Mi stai forse dicendo che il mitico sovranno di mille e più battaglie e racconti…Sta per tornare? Ma come…Cosa… -
L’altra sospirò di nuovo e, in quel momento, sentirono dei passi avvicinarsi a loro. Oscar si girò e vide André. Vide André Grandier venire nella loro direzione. Indossava anche lui una vecchia uniforme delle Guardie Francesi, meno elaborata di quella della sua antenata e aveva una ciocca di lunghi capelli scuri che gli copriva l’occhio sinistro. Lui sorrise e la Oscar in uniforme si mosse e si avvicinò a lui abbracciandolo – Com’è andata…Con l’altro? –
Lui scrollò le spalle in un atteggiamento da ragazzino e la strinse a sé – Direi che è stato…Più semplice. Del resto lo abbiamo sempre saputo che quella con più testardaggine di noi…Sei sempre stata tu –
Lei strinse le labbra – Sei uno sciocco! – disse, ma senza astio.
Oscar, la Oscar del ventunesimo secolo, li fissò pallida e a bocca aperta: - Io…Io ho passato la vita studiando voi e le vostre gesta…E ora…Ora siete qui, davanti a me…E’ così…E’ così bello! Per favore! Portatemi con voi –
Oscar e André si avvicinarono a lei. La sua antenata le accarezzò la guancia – Tu non sei solo sangue del mio sangue, Oscar, tu sei me! E tu hai ancora un dovere da compiere, un’ultima battaglia –
Oscar deglutì tremando – E Fersen…E Maria Antonovna…O Maria Antonietta…Anche loro… -
André strinse le labbra – Loro hanno avuto storie e destini diversi dai nostri e, come allora, ne pagheranno le conseguenze –
La Oscar in uniforme piegò la testa e appoggiò la fronte su quella dell’altra – Adesso vai, Oscar…E ricorda…Tu sei Oscar de Jarjayes! –
 
Sentì sotto di sé qualcosa di duro e fastidioso. Si sollevò sui gomiti e aprì piano gli occhi. Quella volta erano sassi. Non era la verde collina del Tor e nemmeno il pavimento di marmo pregiato del palazzo dei suoi antenati. Si girò e rimase stesa sulla schiena: un sole abbagliante le fece socchiudere gli occhi e sollevò una mano per proteggerli. Si sollevò mettendosi seduta e vide una distesa d’acqua scura, placida e calma e, all’orizzonte, un muro bianco di nebbia fitta senza fine. Sorrise come una pazza e poi rise stendendosi di nuovo sulla schiena. Le venne in mente il temporale, la consapevolezza di trovarsi in un altro mondo e in un’altra epoca e il Re, la sua tavola rotonda, la sua leggenda e le sue sorelle: la sensuale Morgause, l’austera Viviana e la terribile quanto triste Morgana. E il viaggio in Inghilterra con la pietra rossa, il duello con l’ufficiale inglese e il cerchio di pietre con il suo ancestrale segreto. Si mise una mano sul petto facendo una smorfia nel ricordare le alte mura della Bastiglia e poi ricordò anche la sua vita moderna, fino a quel momento. Si rilassò e poi inspirò a fondo – Avalon…Sono tornata! –

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Capitolo 11
*** L'Isola Sacra ***


Oscar vide una figura sopra di lei, sollevò la mano per farsi ombra e poi sorrise riconoscendo Andrew. Si alzò in piedi e lo guardò negli occhi. Lui mise un ginocchio a terra e alzò lo sguardo – Lady Oscar, sono al vostro servizio –
Lei allungò languidamente la mano destra – Com’è giusto che sia, mio cavaliere – disse solo.
Lui baciò il dorso della mano e poi si rialzò e la prese tra le braccia facendola roteare in aria. Oscar rise e, quando si fermarono, gli prese la testa tra le mani: - Quindi…Quindi hai visto André…E lui…Tu… -
Lui annuì – L’ho visto. In quella che, credo, fosse una vecchia caserma vuota. Lo sai? Mi ha convinto quasi subito…E’ come…Come se in fondo lo avessi sempre saputo che io e te eravamo una cosa sola…E mi ha anche detto che probabilmente Oscar, il colonnello Oscar, ci stava mettendo tanto tempo con te perché sei testarda e cocciuta tanto quanto lo era lei –
Oscar sospirò – Va bene! Questo lo so! – disse e gli appoggiò una mano sul petto – Quando ho visto quella macchia di sangue…Quando ti ho perso mentre mi giuravi, ancora, il tuo amore infinito…Oh! Adesso so! So di amarti. Di averti sempre amato e che ti amerò sempre –
I loro volti si avvicinarono, ma un colpo di tosse li fece girare all’unisono. Marjorie, seduta a terra con una mano sulla spalla, sorrise amabilmente – Perdonate! Ma forse voi non siete al corrente dei recenti avvenimenti…Siamo inseguiti da una banda di assassini! –
Oscar e Andrew si guardarono e lei andò a inginocchiarsi accanto alla donna dai capelli rossi. Le guardò la spalla e strinse le labbra – Fortunatamente è solo un colpo di striscio. La pelle lacerata si ricostruirà, anche se forse rimarrà una cicatrice –
L’altra sospirò – Ne ho tante di cicatrici ed una in più non mi spaventa –
Oscar sorrise – Mi fa piacere rivedervi, Lady Morgause. Vedo che la vostra bellezza non è sfiorita con il passare dei secoli –
Morgause la guardò per un attimo sorpresa e poi sorrise radiosa – Ah! Finalmente! Lo sapevo…Lo sapevo che quell’arpia di mia sorella aveva ragione –
Sentirono un’altra presenza avvicinarsi – A chi ti riferisci, sorella? – disse la donna in bianco.
Morgause serrò i pugni – Oh! Piantala! Lo sai benissimo quello che penso di te! Ma abbiamo un’unica sorella che è una vera arpia! –
Oscar guardò l’altra e chinò la testa – Lady Viviana –
Viviana aggrottò la fronte – Dunque era vero. Avalon ha di nuovo il suo campione ed il suo cavaliere –
Anche Andrew si avvicinò e si guardò attorno. Oltre quella piccola spiaggia c’era una radura verde ed iniziava un bosco fitto. Aggrottò la fronte – Che silenzio…Raggela il sangue! Non ricordavo un ambiente così –
Morgause sospirò e abbassò il capo – E’ da anni, per non dire secoli, che è così –
Viviana si inginocchio sulla riva pietrosa accanto a sua sorella – Avalon sente i cambiamenti attorno a sé e, soprattutto, di come la nostra antica religione sia sparita dalla Britannia e dalle menti degli uomini e di come sia rimasta solo per pagliacciate senza senso di balordi che credono di vestirsi e di comportarsi come i sacri druidi…O sciocchi racconti su un mondo che non esiste più. Qui c’erano sacerdotesse e…E bambine…E sono tutte sparite. Perse nelle nebbie che sempre più hanno stretto la loro morsa sull’isola –
Morgause deglutì a vuoto – Tutte sparite…Anche la piccola…Anche la bambina a cui ero più affezionata qui. E’ uscita un giorno e non è più tornata…Come se non fosse mai esistita –
Viviana appoggiò una mano sulla spalla della sorella e quest’ultima si ritrasse digrignando i denti – Lasciami! Lasciami stare! – disse alzando la voce. L’altra rimase palesemente delusa, ma sospirò e guardò prima Andrew e poi Oscar – Anche il popolo fatato, che abitava il bosco, è scomparso e…Ora c’è solo il silenzio che è rimasto con noi tanto a lungo. Solo Morgana e noi, come sue sorelle, siamo rimaste immuni da tutto questo –
Oscar socchiuse gli occhi. Era evidente che Morgause non aveva ancora perdonato la sorella maggiore per l’inganno che aveva coinvolto lei e il loro fratello Artù. Il tempo, anche i secoli, si disse, dopotutto non era proprio la cura per tutti i mali. Guardò di lato e vide un tumulo di pietre con sopra delle piante verdi. Sorrise stancamente – Lancillotto…Siamo quindi nello stesso luogo della prima volta…Un momento! E Fersen e i suoi? Dove accidenti sono? Sono forse rimasti nell’altro mondo? –
Viviana strinse le labbra – Anche loro sono qui. Avalon sa quello che fa e immagino che li abbia portati ben lontano da noi. E noi dobbiamo raggiungere nostra sorella che si trova nel Mound in cui riposa nostro fratello Artù –
Oscar aggrottò la fronte ricordando la grande tomba a forma di collina in cui il Re era stato deposto con gli oggetti sacri all’isola, tra cui spiccavano, senza dubbio, la spada ed il calice di Giuseppe di Arimatea: - E perché Morgana non ci ha portato subito qui? –
Morgause sospirò – Secondo lei dovevate ricordare da soli, con le vostre forze e con il vostro cuore le vostre vite passate, ma, come mi pare evidente, lo avete fatto solo ora… - disse piano – La magia, per gli dei dell’Annwn, non è una scienza esatta – aggiunse e si alzò lentamente, per poi piegarsi di nuovo. Oscar si accorse che era ancora scalza e Andrew si avvicinò – Siete ferita, Lady Morgause. Leggermente, ma pur sempre ferita. Permettete… - disse e la prese tra le braccia tenendola in alto.
Il bel volto della donna dai capelli rossi si illuminò in un sorriso radioso – Credo di aver già vissuto un’esperienza del genere, bel cavaliere. Avanti, allora. Portami pure –
Oscar sentì qualcosa stringergli lo stomaco e guardò Andrew torva. Lui aggrottò la fronte – Che c’é…E’ ferita e scalza…Non lo vedi? –
Lei guardò Viviana soffiando dalle narici – Muoviamoci! – disse seccamente.
 
Alexander Fersen guardò la foresta di fronte a lui. Alzò lo sguardo: il cielo era azzurro e terso, ma il silenzio tutto intorno era raggelante. Sentì dei passi frettolosi e non si girò nemmeno riconoscendo i passi di Martine: – Quegli imbecilli hanno finito di depredare questo posto? – disse facendo una smorfia.
Martine deglutì e si girò verso la parete di roccia sulla quale si apriva un’alta fenditura, poi guardò di nuovo il suo capo – E’ una sorta di tempio. Ci sono stanze, depositi, persino dei bagni come nelle terme…E una grande sala senza soffitto. Ma è tutto vuoto –
Lui sospirò – Tranne l’oro. Evidentemente chi c’era qui ha lasciato una bella collezione di vasellame, piatti e monili d’oro. Tutti di squisita fattura celtica. Ognuno di quegli oggetti ha un valore estrinseco che supera di gran lunga quello del metallo di cui sono fatti…Ma non credo che ai nostri simpatici compagni di viaggio importi. Ecco, Martine, il problema dei mercenari! Non sai mai dove termina il loro senso del dovere –
La donna lo fissò stringendo le labbra – Stanno solo radunando l’oro nella grande sala e poi saranno qui…Qui…Qui, dove, signor Fersen? –
Lui sorrise debolmente – Avalon…E dove, sennò…Siamo stati portati qui da quella bianca luce, mi pare chiaro, come pure è evidente che la torre è l’accesso per l’isola, forse l’unico che è rimasto –
Martine guardò il cielo – Questo silenzio è…E’ assordante! Fa paura! –
Fersen sospirò di nuovo e poi si girò, attirato da altri rumori. I suoi mercenari, finalmente, stavano arrivando. Un uomo si levò la giacca lasciando vedere una cintura a tracolla con una fondina nella quale era inserita una grossa pistola nera. Si avvicinò e sorrise con l’angolo della bocca – E ora, capo, cosa facciamo? –
Fersen guardò ancora la foresta e poi di nuovo l’uomo – Questa è un’isola! Forse nemmeno tanto grande. Come possiamo trovarli? –
L’uomo fece un cenno e una donna si levò dalla schiena un grande zaino rigido, lo appoggiò a terra e lo aprì tirando fuori una strana struttura rettangolare con quattro piccole eliche. Fersen sorrise – Un drone! –
L’uomo mise le mani ai fianchi – Qui non c’è alcuna connessione, dovremo usare la telecamera digitale e poi vedere quello che ha registrato. Lo manderemo in linea retta, così almeno sapremo che cavolo di direzione prendere…Avanti! –
La donna armeggiò con il dispositivo che, poco dopo, si levò in aria rompendo il silenzio con il suo ronzio. Fersen sorrise di nuovo e lo guardò allontanarsi verso l’orizzonte e sopra la foresta.
 
Oscar guardò di nuovo Andrew che portava in braccio Morgause e tirò su con il naso. Poi guardò davanti a sé. Viviana camminava spedita e veloce e faticavano a stargli dietro. Si guardò attorno ed aggrottò la fronte – C’erano anche…Me lo ricordo…Le fate… -
Viviana si fermò improvvisamente e si girò verso di lei – Il piccolo popolo è quello che è sparito per primo. Ma non credo che si siano persi nelle nebbie, ma che, piuttosto, abbiano lasciato volontariamente Avalon. L’isola sta finendo il suo compito –
Oscar socchiuse gli occhi – A proposito di questo…Se l’isola sta esaurendo quello che doveva fare…Cioè salvare il Re…Cosa succederà dopo? –
Viviana la guardò preoccupata. Oscar si girò verso Morgause che non disse nulla, come sua sorella.
Oscar sospirò – Voi lo sapete che là, in quella grande tomba, c’è il primo Re di Britannia, vostro fratello. E avete passato quasi millecinquecento anni senza pensare a cosa avreste fatto una volta che lui fosse tornato? –
Morgause si strinse ad Andrew – Non è così semplice, Lady Oscar. Ognuna di noi ha qualcosa da dirgli…Mia sorella Morgana vuole ritrovare il suo fratellino che gli voleva bene e dirgli che non lo ha mai tradito; Viviana chiedere perdono al suo Re per averlo abbandonato…E non solo lui… - disse lanciando una brutta occhiata alla sorella – E io…Beh! Sai cosa ci è successo e non si è mai preparati a una cosa del genere, nemmeno dopo secoli. Ma lui, se tutto questo ha un senso, sta per tornare e troverà le sue sorelle ad attenderlo – aggiunse.
Andrew socchiuse gli occhi – Non ha più un Regno, non ha più i suoi cavalieri, non ha più la sua Camelot e la sua Regina…E ha ucciso suo figlio Mordred. Temo, Vostra Grazia, che gli servirà più della presenza di voi sorelle –
Oscar sorrise debolmente – In tutto questo tempo, come avete visto anche voi, sono mutate tante cose: gli usi, i costumi, le stesse relazioni sociali non sono più quelle in cui siete nate e cresciute…Voi avete visto tutte queste cose gradualmente, nella vostra parziale immortalità, vivendo in questo posto. Non pretenderete certo che possa riconquistare la Britannia con la forza –
Morgause la guardò sprezzante – E sarebbe comunque meglio dell’attuale famiglia che ci regna! –
Viviana sospirò – Una volta, forse, lo credevamo, ma di certo non ora. Io…Io, come Morgana e Morgause…Noi crediamo che, finalmente, lui possa essere un uomo libero. Fin da piccolo il suo destino era stato segnato dall’ombra di quel trono. Non ha potuto amare chi voleva – disse guardando Morgause – E ha dovuto compiere il suo dovere facendo quello che nessun padre dovrebbe mai essere obbligato a fare. In fondo, Avalon sta dando a noi e a lui, come pure a voi, un’altra occasione e non lasceremo che vada sprecata –
Morgause strinse con una mano il collo di Andrew – Guardami, sir André – disse quasi gridando. Oscar rimase a bocca aperta. Lo sguardo della donna era quello di una guerriera, di una Regina. L’antica sovrana di Lothian strinse le labbra – E’ stato un Re migliore di molti altri in questa cavolo di Nazione. Ha cercato di essere un marito devoto e, ne sono sicura, anche un buon padre, alla fine. Quello che ha fatto rieccheggia nell’eternità con il fragore di mille battaglie e nella forma della sua tavola rotonda. Per me è stato più di un fratello; è stato un amante, un amore…Ma alla fine tutto questo è destinato a perdersi perché lui vivrà, sir André, vivrà libero come non mai in vita sua e con noi al suo fianco…Accidenti! Se vorrà riprendersi quest’isola, che se la riprenda! Con la forza oppure no! E’ di Re Artù che stiamo parlando, non di un…Come di chiamava quello della vostra epoca? Non un Giorgio III qualsiasi! –
Dopo un attimo di silenzio, Oscar sorrise – E così sia, Lady Morgause. Ma ora siamo vicini, non è vero? –
Viviana indicò un punto davanti a sé – Si. Si, ci siamo –
Poco dopo sbucarono nella radura al centro dell’isola e videro di nuovo la grande struttura circolare con le pareti in pietre bianche e sormontata da una collina verde. Oscar sorrise debolmente. La sua mente antica ricordava la sorpresa nel vedere quella primitiva, anche se maestosa, costruzione e anche la sua mente moderna l’aveva riconosciuta. Andrew, con ancora Morgause in braccio, si avvicinò – Newgrange! Questo Mound è la copia, anche se più grande, di quello irlandese nella contea di Meath –
Morgause si strinse a lui – Vero! In uno strano impeto a viaggiare ho raggiunto l’Irlanda…Una terra barbara, lo ammetto, ma anche affascinante –
Oscar tentennò – L’Irlanda non è una terra barbara…Oh! Dimenticavo che per voi britanni i sassoni e gli irlandesi sono nemici! Beh! Ora siamo qui –
Il gruppo arrivò davanti al monumentale ingresso e si fermò. Oscar fissò il pozzo oscuro che portava alla camera dove riposava il Re e ci si mise davanti, come in attesa di qualcosa o di qualcuno. Strinse le labbra e girò la testa – Sua Grazia può camminare, ora, puoi anche metterla giù, se ti pare –
Andrew sbatté le palpebre e fece scendere dolcemente Morgause che sorrise amabilmente. In quel momento si sentirono dei passi pesanti provenire dal corridoio e nella penombra apparve una figura. Oscar sorrise con l’angolo della bocca, del resto sapeva già chi era o, forse, cosa era: in testa portava una corona in metallo che sulla fronte si unica formando il simbolo della croce celtica racchiuso in un cerchio, quella stessa corona che aveva già visto altrove, in un castello perso nella campagna inglese. I suoi abiti erano completamente neri con alti stivali che le fasciavano i polpacci e sulle spalle indossava un cappotto dello stesso colore senza maniche che le faceva da mantello e che ondeggiava come le ali di un uccello. La sua stessa postura, con le braccia leggermente allargate e piegate, era come le ali di un rapace pronto a colpire. La pelle del suo viso, come quella delle mani, era di un bianco innaturale e alla cintura portava una grande spada dal fodero e dell’elsa nera, tranne che per la guardia ed il pomolo, in metallo lucente e decorato come un uccello ad ali spiegate.
La figura sorrise lasciando intravedere i canini appuntiti e si fermò di fronte ad Oscar – E’ bello rivederti, Lady Oscar, per come ti ricordavo, ovviamente, ora noi… - disse, ma non finì la frase perché un pugno sul naso la fece cadere all’indietro.
La donna in nero, tenendosi una mano sul viso e sul naso, si mise seduta e guardò l’altra con glaciali occhi chiari. Oscar strinse le labbra – Anche per me è un piacere…Colpirti in pieno viso, Morgan, Lady Morgana, Fata Morgana, Dama del Lago…O qualunque accidenti di cosa tu sia! Se non altro ci stiamo avvicinando all’epilogo di questa storia che hai iniziato secoli fa! –
Morgana si alzò da terra e si avvicinò di nuovo a lei – Ah! – mugolò muovendo le mascelle – Si…Forse me lo meritavo, questo! Ma, come stavo dicendo, è un piacere rivederti, Lady Oscar –
Oscar fece un passo verso di lei e rimasero a guardarsi in silenzio, poi, come ad un segnale prestabilito, si abbracciarono. Morgana la strinse e poi si ritrasse guardandola negli occhi sorridendo – Il mio cavaliere! –
Oscar sospirò e rispose al suo sorriso – La mia strega! –
Morgause si grattò un sopracciglio – Beh! Poteva andare peggio! -
Morgana indicò l’ingresso: - Ora andiamo! –
Andrew aggrottò la fronte – Un…Un momento. Perdonatemi, Lady Morgana, ma credo che sia giusta e doverosa una spiegazione. Voglio dire: come avete fatto a sopravvivere per tutto questo tempo? E cosa… -
La donna in nero strinse le labbra in un mesto sorriso – Si! Meritate una spiegazione, dopotutto. Il nostro mondo, quello nostro e di nostro fratello è crollato miseramente sotto le invasioni dei sassoni. Ho dato alle fiamme il mio castello di Tintagel e sono venuta qui, con le mie sorelle e mio fratello, dopo che io stessa, con i miei poteri, ho portato Avalon in una dimensione senza tempo. Cosa è accaduto poi è poco chiaro anche a me, ma sta di fatto che il tempo è passato in fretta. Eravamo insieme con le altre sacerdotesse e le bambine che avevano persino smesso di crescere. Era un mondo artefatto, strano, ma aveva anche un che di benefico e tranquillizzante. No, non abbiamo mai sentito lo scorrere delle giornate fino a quando… -
Viviana incrociò le dita in grembo – Fino a quando è iniziata…Ad un certo punto io e Morgana abbiamo sentito che qualcosa nel mondo esterno era cambiato. E non in bene –
Oscar annuì ricordando che, delle tre sorelle, Morgana e Viviana possedevano i misteriosi poteri magici, anche se quelli della seconda erano molto meno potenti di quelli della prima. Morgause, donna e madre, non ne aveva, anche se, come per una sorta di compensazione, disponeva di una straordinaria bellezza eterna.
Morgana sospirò – Le sacerdotesse hanno iniziato a sparire, così come le bambine, inghiottite dalla nebbia. Non capivamo cosa stava succedendo, fino a quando…Sentimmo una sorta di presenza magica vicino all’isola, nei pressi del portale che avete attraversato: la torre costruita sulla grande collina del Tor – si fermò per un attimo e poi guardò Oscar – Questa persona, un uomo, si trovò qui inaspettatamente. Era salito fino alla cima per, parole, sue, prendere ispirazione su quale strategia prendere. Evidentemente possedeva una certa dose di magia, forse un’eredità dell’Antico Popolo, chissà…Ma ce lo trovammo davanti nella seconda metà di quell’anno che voi chiamate 1942. Il suo nome era Edward Alexander Crowley, ma preferiva essere chiamato Aleister –
Andrew rimase a bocca aperta – Aleister Crowley? Quel…Quel Aleister Crowley? –
Oscar aggrottò la fronte – Il nome non mi è del tutto nuovo, ma chi…Chi era? –
Andrew fece un gesto con la mano – Crowley è considerato il fondatore del moderno occultismo, per alcuni anche una fonte di ispirazione per il cosiddetto culto di Satana o Lucifero, anche se non è mai stato provato. Si faceva chiamare “La Bestia 666” e ha fondato una religione tutta sua, la Thelema, che faceva riferimento ad antichi dei egizi e praticava la cabala, lo yoga e la cosiddetta magia sessuale (n.d.a.: storico) –
Oscar inarcò un sopracciglio e guardò di nuovo Morgana. Quest’ultima sorrise tristemente – Quel poveretto, una volta calmato, ci ha detto che era stato reclutato dal Primo Ministro in persona, Churchill, per contrastare i nemici della Nazione sul piano occulto –
Oscar sorrise e poi rise apertamente – Ma stai scherzando, non è vero? Il Primo Ministro di allora, Churchill, era famoso per essere una persona pragmatica, uno con i piedi per terra e non un credulone –
Viviana si portò una mano sotto il mento – Eppure tu, in un’altra vita, hai viaggiato nel tempo, hai conosciuto la magia e adesso sei di nuovo qui in una terra che, a rigore di logica, non dovrebbe esistere…Curioso come va il mondo, alle volte, vero? –
Oscar fece una smorfia e Andrew nascose un sorriso con una mano per poi ridiventare subito serio – Alcuni hanno ipotizzato che il Governo, all’epoca, si sia servito anche di occultisti e pseudo maghi per contrastare i nazisti. E del resto è risaputa l’ossessione dei vertici del III Reich per le pratiche non ortodosse. Hitler in persona e il suo vice, Rudolph Hess, erano iscritti ad una società esoterica chiamata Thule e il capo delle SS, Himmler, era famoso per aver introdotto molti riti, che potremmo definire magici, nel suo Ordine Nero –
Morgana gli puntò un bianco dito contro – E’ proprio questo il punto! Crowley aveva aperto, a sua insaputa, un passaggio verso Avalon e, con lui, ci ritrovammo nella Gran Bretagna in piena Seconda Guerra Mondiale. La prima cosa di cui mi accorsi era che sulla nostra terra, l’antica Britannia e su tutta l’Europa, per non dire sul mondo intero, aleggiava una cappa di malvagità che stava crescendo lentamente, ma inesorabilmente. Qualunque cosa facessero i nemici dei nazisti era inutile, stavano perdendo su tutti i fronti, come se una forza soprannaturale spingesse gli eserciti di Hitler alla vittoria. E’ stato solo per disperazione che Churchill ha chiesto l’aiuto di quel patetico furfante. Era un uomo astuto e furbo, davvero, ma non era certo un mago attrezzato per quello che stava accadendo. C’è voluto un bel po' di tempo per abituarci alla nostra nuova condizione in quel futuro strano, ma una cosa per me era chiara: i nazisti avevano creato una sorta di nuova religione occulta, avevano preso antichi simboli, come le rune o la sacra svastica, corrompendoli. La svastica è sempre stato un simbolo benefico e gentile, la rappresentazione del sole e dei suoi dolci raggi e quei…Quei cani ne hanno fatto un oggetto empio! La magia non è una scienza esatta, è vero, ma non per questo la si può usare a casaccio. Nei loro deliranti rituali, nelle loro aberranti liturgie, pur senza volerlo o nemmeno saperlo, hanno risvegliato la parte più oscura dell’Annwn, gli inferi della nostra religione. Demoni potenti oltre ogni immaginazione si stavano risvegliando e non solo, venivano nutriti quotidianamente con il massacro di vite innocenti –
Oscar rimase a bocca aperta ricordando la visione che aveva avuto dell’antenato di Fersen in uniforme da ufficiale delle SS in un campo di sterminio. Fissò Morgana negli occhi – Vuoi dire…Vuoi forse dire che…Lo sterminio degli ebrei e di tanti altri… -
Morgana annuì – Sacrifici umani! I demoni dell’Annwn assorbivano la loro energia acquistando forza e potere e in cambio davano la vittoria all’esercito di quei pazzi in modo che il sacrificio continuasse. Ma una volta che quelle creature si fossero liberate nel mondo, tutta l’umanità sarebbe stata in pericolo e alla mercé di forze oltre ogni immaginazione –
Viviana annuì lentamente – Crowley fu chiamato proprio per contrastare sul piano magico i nazisti. Fu scelto perché era il più famoso ed era inglese, ma non sapeva che fare – disse e mise una mano sul braccio di Morgana – E fu nostra sorella che agì al suo posto –
Morgana abbassò la testa, si girò e appoggiò una mano sulla parete di pietra del Mound: - Nessuno poteva fermare le forze oscure dell’Annwn. Solamente Avalon e la sua Dama del Lago potevano opporsi a esse –
Andrew aggrottò la fronte – E quindi…Quindi se gli Alleati hanno vinto la Seconda Guerra Mondiale… -
Morgana si girò di nuovo e sorrise – Mio caro sir André. Ricordo bene i nostri discorsi sulla politica e soprattutto le tue idee sulla figura dei re. Lo ammetto, io e le mie sorelle avevamo dei limiti mentali dovuti principalmente all’epoca in cui siamo vissute, anche se, personalmente, non trovo nulla di così profondamente cambiato in questo Nuovo Mondo, come lo hai chiamato tu. Vedo corruzione, sopraffazione, violenza e guerre esattamente come se non più di prima –
Andrew sorrise debolmente e socchiuse gli occhi – E’ di certo vero, Milady, ma è giusto che un popolo sbagli nel prendere le proprie decisioni, da solo, anche quando sono totalmente nefaste, come è accaduto agli italiani per il fascismo e ai tedeschi per il nazismo o, dal lato opposto, ai russi per il comunismo. Voi stessa dicevate che il popolo è come un bambino smarrito, se non sbaglio. Ebbene: i bambini imparano dai propri errori ad essere dei buoni adulti e la Guerra, pur con tutta la sua morte e la sua distruzione, ha portato a una maggiore consapevolezza per tutto il mondo –
Morgana si mise di fronte a lui, allargò le braccia e chinò leggermente il capo. Poi lo fissò – Non ho aiutato gli Alleati, ma ho sconfitto i demoni che stavano rendendo invincibili i nazisti. E’ stato un lungo e duro rituale, eseguito qui, ad Avalon, alla presenza delle mie sorelle, di Crowley e dei suoi adepti. Ho dovuto scendere con la mia mente negli inferi, ma, alla fine, sono riuscita a chiudere le porte che imprigionavano quegli esseri. Ho creduto di aver passato giorni, mesi e persino anni in quelle profondità infernali, ma, quando la mia mente tornò nel mio corpo, erano trascorsi solo pochi minuti. In un altro luogo, intanto, in una lontana città orientale chiamata Stalingrado, era iniziata la fine per l’esercito del male. Privati del sostegno dei demoni dell’Annwn i nazisti dovettero fronteggiare i loro nemici ad armi pari e, come previsto, furono schiacciati, anche se solo due anni dopo –
Viviana sospirò – Crowley era raggiante! Morgana lasciò a lui l’onore e l’onore di intestarsi la vittoria magica, anche se nessuno, ancora oggi, gliel’ha mai riconosciuta ufficialmente. In cambio lui ci portò nel mondo esterno –
Morgause sorrise – Erano passati secoli, ma il nostro aspetto non è mai mutato e non cambia nemmeno ora. Siamo legate indissolubilmente ad Avalon, in virtù del nostro sangue e finché l’isola esiste, anche noi non invecchiamo –
Morgana mise le mani ai fianchi – Beh! Non è stato facile! Ma, da che mondo è mondo, il denaro smuove tutto o quasi. Quest’isola è piena di manufatti d’oro, portati dall’antico popolo e dalla gente di Britannia in anni e anni di venerazione. Del resto ad Avalon non servivano e a noi…Viviana ha voluto rimanere accanto al Tor con quella struttura alberghiera, vicino all’Isola Sacra, come sempre. Morgause, invece, ha scelto di diventare una maestra per bambine d’asilo, coma la madre che, purtroppo, non è mai stata quando era Regina –
La donna dai capelli rossi annuì – Mi vogliono bene. Le bambine, intendo. E, come quando stavo ad Avalon, non ho mai sentito il bisogno di cercare l’amore, o il sesso, nelle braccia di ogni uomo – disse guardando di sottecchi Andrew. Morgana sorrise debolmente – E di certo quella scuola non ha mai visto tanti padri accompagnare le proprie figlie a scuola… -
Oscar notò lo sguardo di Andrew e provò di nuovo una fitta allo stomaco, poi guardò di nuovo Morgana: - E tu strega nera, fammi indovinare…Hai usato quei soldi per crearti un nuovo regno nel mondo; molto più grande della piccola Cornovaglia e del minuscolo Galles, perlomeno dal punto di vista economico. Con il nome di Morgan Drakehead…Morgana Pendragon –
Morgana sorrise di nuovo – Il mio nuovo regno è più grande di quello che pensi, Lady Oscar. Si, molte cose non sono mai cambiate dalla mia epoca…O dalla tua –
Andrew tentennò e poi sorrise – Accidenti! – disse e poi aggrottò la fronte – Ma…Un momento…Il Re…Re Artù…Come…Voglio dire…E’ già… -
Morgause lo guardò – Non ancora. Ma…Credo che voi dobbiate vedere con i vostri occhi –
Morgana si fece di lato e alzò un braccio indicando l’ingresso del Mound. Oscar si avvicinò a lei – E ti ha aiutato anche la magia, immagino –
L’altra abbassò il capo – La magia? Non proprio…Nella mia lotta contro i demoni ho sentito le mie forze svuotarsi ed ora sono quasi una persona normale, a parte la mia bella pelle candida. L’unica magia che possiedo è quella in grado di spostare piccoli oggetti, che si rivela utile, in un ufficio…E la capacità di vedere alcune profezie…Come quella che ci ha riportato il campione di Avalon ed il suo cavaliere…O per giocare in borsa, ovviamente –
Oscar rimase sorpresa – Sei…Sei senza magia? Ma… -
Viviana fece un passo verso di loro – L’unica magia ancora attiva, qui, è quella di Avalon, che, una volta guarito il Re nostro fratello, si esaurirà per sempre –
Oscar deglutì e guardò l’ingresso dell’immensa tomba che gli appariva come la bocca di un grande mostro ed entrò seguita dagli altri.
 
Se, in quel momento, Oscar, Andrew e le tre sorelle avessero guardato sopra le loro teste, prima di entrare, avrebbero visto un oggetto particolare volare su di loro. Il drone emise un lento e quasi impercettibile ronzio e, velocemente, tornò nella stessa direzione dalla quale era arrivato.

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Capitolo 12
*** L'ultima battaglia ***


Oscar si fermò davanti ad un grande sarcofago bianco. Sul fianco, in latino, si poteva leggere la scritta “Rex Quondam Rexque Futurus”. Sul coperchio vide una ciotola di legno con una sinistra e fioca luminescenza verde. Poco distante notò una spada appoggiata e la riconobbe come Excalibur. Di fianco vide una piccola pietra rossa e una lunga lancia fatta di un materiale bianco come il latte e dalla punta strana.
Morgana appoggiò una mano sul sarcofago – Mio fratello! –
Morgause la imitò – Il mio amore! –
Viviana fece la stessa cosa – Il mio Re! –
Oscar tentennò e si avvicinò ancora: - Quindi…Hai salvato non solo la tua Patria, ma tutto il mondo, lottando contro i demoni dell’Annwn –
Morgana strinse le labbra – Come ti ho detto altre volte…Il sacrificio è solo una parte del nostro dovere e del nostro essere di nobile stirpe. Qualcuno doveva farlo e, detto tra noi, un mondo dominato da quel…Quel Hitler, non mi sembrava certo attraente –
Andrew aggrottò la fronte – Crowley è morto nel 1947…Come mai non si è mai vantato di quella vittoria o non ha rivelato al mondo l’esistenza di Avalon? –
Morgana lo guardò divertita – Era vincolato alla segretezza con il Governo Britannico e poi, se avesse rivelato l’esistenza nostra e di Avalon, quel furfante non avrebbe potuto intestarsi la vittoria –
Morgause si girò verso di loro – Oh! Ma non è stato l’unico ad arrivare qui. Sono stati molti quelli che, avendo in corpo il sangue dell’antico popolo, sono riusciti a raggiungerci. Ricordo con affetto William, era uno scrittore di commedie e drammi e ne ha scritto uno proprio sul mondo fatato e sul piccolo popolo (n.d.a.: Sogno di una notte di mezza Estate di William Shakespeare) –
Viviana sorrise – Tra i tanti, una delle ultime, fu una scrittrice in crisi creativa, così disse lei…Era salita sul Tor per cercare l’ispirazione, ma arrivò qui. E tornò altre volte e parlò con ognuna di noi…Ha scritto una serie di libri su una scuola di magia per adolescenti che lottano contro un potente mago oscuro… - disse e agitò le mani indicando sua sorella Morgana – E vi lascio immaginare a chi si è ispirata… -
Andrew e Oscar si guardarono aggrottando la fronte; Morgana fece una smorfia – E’ la mia maledizione, Viviana! A te l’onore, a nostra sorella Morgause il piacere e a me…Il resto…Qualunque cosa faccia. Oh! Ho smesso da anni…Secoli…Di Preoccuparmene -
Oscar tentennò e appoggiò le mani sul coperchio del sarcofago; lo sentì vibrare leggermente – Quando…Quando il Re sarà di nuovo tra noi? –
Viviana indicò la ciotola di legno – La sua luce si sta esaurendo e, da quando abbiamo saputo del tuo ritorno, si è affievolita ulteriormente. Credo che non manchi molto, ormai. Se siamo qui tutti noi, vuol dire che ci siamo –
Oscar inarcò le sopracciglia perplessa – E…E io e André…Cosa dovremmo fare, di preciso? Avalon ci ha portato qui, ci ha fatto ritornare la memoria…Insomma! Qui fa tutto l’Isola Sacra e quindi, mi chiedo, cosa dobbiamo fare noi? –
Viviana e Morgause si guardarono, poi guardarono entrambe Morgana che strinse le labbra e guardò Oscar. Quest’ultima strinse i pugni – Non ne avete alcuna idea! – disse e si piegò sul coperchio.
Morgana alzò il mento – Dobbiamo combattere la nostra ultima battaglia! –
Oscar si rialzò e la guardò negli occhi – Bene! Il problema è…Come!? L’isola sta scomparendo e, se tanto mi da tanto, c’è un plotone di mercenari composto da ex soldati delle forze speciali di ogni paese d’Europa che ci cerca…Tu non hai più la tua magia che avrebbe potuto…Anzi: dovuto aiutarci! In pratica abbiamo a disposizione solo Excalibur, leggendaria quanto si vuole, ma che può poco e nulla contro le moderne armi da fuoco. E lo stesso vale per la lancia di Lug…Di tutte le armi che un alieno di altri mondi poteva portare qui…Una lancia! Dico: una lancia! –
Morgana aggrottò la fronte – Tu sei il campione! Tu devi sapere cosa fare se quegli invasori arriveranno qui –
Oscar si girò a fronteggiarla – E tu sei la Dama del Lago! La strega nera di Cornovaglia! La nemica di mille battaglie dei Cavalieri della Tavola Rotonda! Sei tu quella che ha vissuto per secoli e secoli aspettando questo momento! Sei tu quella che deve sapere cosa fare! –
L’altra gli puntò un bianco dito contro – Io…Io non sono quella che viene descritta nei racconti! Non lo ero e non lo sono mai stata e non…Non ho tradito mio fratello – disse con gli occhi lucidi – Quello che in secoli hanno scritto sono solo delle maledette ed infamanti menzogne! E lo sapevo che Viviana sarebbe stata descritta come la buona e io sempre e solo come la cattiva –
Morgause sospirò – Io nemmeno quello…In quelle opere vengo ammazzata da uno dei miei figli…In un letto…Con il mio amante…Ah! Nemmeno una morte eroica mi è stata concessa! –
Andrew si passò una mano sul mento – Va bene…Va bene…Evidentemente Avalon…Non ha recepito il passare del tempo e delle innovazioni tecnologiche…Ma, in fondo, ci ha salvato più di una volta, mi pare e quindi…Poi non è detto che anche Fersen e i suoi mercenari siano qui con noi –
Oscar lo guardò e gli mise una mano sul petto, quel petto che, come ricordava bene, era stato colpito a morte secoli prima. Alzò la testa e vide i suoi occhi limpidi, sorrise – Lo spero…Lo spero proprio…E anche se quei maledetti sono qui, spero che il Re si svegli prima del loro arrivo –
In quel momento arrivò alle loro orecchie la voce lontana di un uomo: - Oscar! Oscar de Jarjayes! Sappiamo che siete lì dentro! Venite fuori adesso e senza combattere e andrà tutto bene, ve lo prometto –
Oscar sospirò e abbassò leggermente il capo – Anche avere sempre ragione è frustrante, alle volte –
Andrew si voltò verso l’uscita – E ora? Cosa facciamo? –
Dopo qualche istante di silenzio Oscar inspirò a fondo, si girò di nuovo e prese Excalibur impugnandola – Se sono il campione di questa terra…Questa sarà mia – disse e prese con l’altra mano la bianca lancia e la porse ad Andrew – E questa è per il mio scudiero e cavaliere sir André di Avalon –
Lui sospirò e impugnò la lancia con due mani. La guardò e strinse le labbra – Solida è solida, ma… - disse e volse gli occhi verso la spada che brandiva Oscar. Era un unico blocco di metallo lavorato. La lama era lucente e sembrava che il filo fosse perfetto, ma, si disse, era poca cosa contro le moderne pistole. Guardò anche le tre sorelle e vide che solo Morgana aveva sguainato una spada dall’elsa nera.
Oscar strinse le labbra e avanzò verso la luce. Quando oltrepassò la soglia strinse le pupille e per un attimo non vide nulla. Poi i suoi occhi si abituarono di nuovo alla luminosità di Avalon e li vide: come sul Tor, Fersen era al centro, con Martine al suo fianco e tutti gli altri, con le armi in mano, poco dietro di loro.
Fersen sorrise e fece un passo avanti – Bene! – disse solo e alzò lo sguardo sul Mound – E’ simile a quello di Newgrange, in Irlanda, solo più grande – aggiunse e Oscar sentì, in quelle poche parole, il tono genuino dello studioso che fa una scoperta inaspettata.
Fece ancora un passo avanti e protese il braccio – La mia offerta è ancora valida, Oscar. Vuoi stare con Andrew? Così sia! E non mi importa nemmeno di quelle tre pazze che sono al tuo fianco, dammi il Graal e nessuno si farà del male –
Oscar strinse l’elsa di Excalibur e sentì l’arma vibrare infondendole forza. Sorrise con l’angolo della bocca – Cosa vuoi fare del Graal? La leggenda dice che dona la vita eterna, che guarisce da ogni malattia…Che da i poteri…Di un…dio –
Lui si passò la lingua sulle labbra – E’ quello e molto di più e tu lo sai! E si, chi lo troverà avrà onori e gloria imperitura e tutti si inginocchieranno di fronte a lui e alla coppa. Te lo ripeto, Oscar, non voglio farti del male, se non devo – disse e, con uno scatto veloce, si mise di fianco a Martine e gli prese qualcosa dal fianco. Altrettanto rapidamente puntò la canna di una nera pistola verso Oscar – Ma sono pronto a farlo, se dovrò –
Oscar abbassò leggermente la testa – Non mi muoverò di qui –
Fersen strinse le labbra e a lei parve che la sua faccia avesse assunto un’espressione addolorata. Abbassò il cane della pistola – Mi dispiace. Mi dispiace tanto, ma non mi lasci scelta – disse e tirò il grilletto.
Oscar si piegò sulle ginocchia, convinta che il proiettile l’avesse colpita, ma non sentì alcun dolore. Fersen sorrise tristemente e abbassò il braccio con l’arma. Lei non capì, fino a quando udì la voce di Morgana: - Oscar! – chiamò.
Lei si girò e impallidì. Morgana e Morgause erano ai fianchi di Andrew e lo sostenevano mentre lui, con il volto bianco come un cencio, si teneva una mano sul petto. Oscar sentì il mondo crollarle addosso. Rivide, come in uno strano flashback, la stessa scena, solo che, secoli prima, entrambi indossavano un’uniforme dell’esercito francese. Ricordò esattamente l’incredulità, poi la paura, la consapevolezza e la certezza che il suo André, il suo amico, il suo amore, il suo compagno, era stato colpito a morte.
Le due donne si piegarono a terra accompagnando il corpo di Andrew. Morgana si inginocchiò sui talloni e gli tenne la testa alta sulle cosce. Arrivò anche Viviana con il volto tirato e nessuna di loro sembrò più badare ai loro avversari.
Oscar, con il volto rigato dalle lacrime, lasciò Excalibur di fianco al suo amato e gli mise le mani sul volto – Guardami! Guardami! Non chiudere gli occhi! Guardami! –
Lui annaspò in cerca di aria e fece una smorfia di dolore. Oscar guardò Morgana – Devi aiutarlo! Aiutalo! – ordinò quasi gridando. L’altra, a bocca aperta guardando sempre l’uomo, tentennò – Io…Io…Non… -
Oscar digrignò i denti come una belva e si piegò in avanti prendendola per le spalle. La scosse – Tu! Maledetta strega! Tu ci hai portato qui! Tu ci hai fatto questo! Mi hai portato qui solo per vederlo di nuovo morire…Che tu sia maledetta! –
Morgana la fissò impietrita senza proferire parola e Oscar sentì un tocco delicato sulla sua spalla. Morgause tirò su con il naso, anche lei aveva gli occhi lucidi: - Non può fare nulla. Anche se avesse ancora i suoi poteri…Non può salvarlo –
Oscar sentì un peso sulle spalle e si piegò su di lui singhiozzando. Appoggiò il volto sul petto offeso, come per soffiare dentro il suo corpo un alito di vita e sentì il sapore acre e salato delle sue lacrime. In un angolo della sua mente, ottenebrata dal dolore, si fece strada, però, un singolare pensiero: perché sentiva solo il sapore delle sue lacrime e un altrettanto forte odore di polvere da sparo e non vedeva il sangue di Andrew? Sollevò piano il capo e toccò il foro dal quale era entrato il proiettile. Andrew gemette e sollevò la testa, evidentemente anche a lui c’era qualcosa che non tornava. Morgana aggrottò la fronte e allungò il braccio, toccò delicatamente il foro, poi mise la mano dentro la maglia dell’uomo e ne tirò fuori un libretto nero nel quale si era fermato il proiettile.
Oscar si permise di sorridere e guardò Morgana, anche lei aveva snudato i suoi denti appuntiti in un sorriso e anche lei si ricordava di quello che era successo, anni e anni prima, al cerchio di pietre, quando uno degli uomini di Baxter le aveva sparato ed il colpo era stato fermato dalle cotte di maglia medioevale che lei, intelligentemente, aveva indossato sotto gli abiti. Andrew gemette di nuovo – Il…Il tuo libro…Lo avevi lasciato sul tavolo del ristorante e l’ho preso…Io…Credevo che… - disse, ma Oscar lo fermò gettandosi su di lui e facendolo quasi urlare dal dolore.
Lei si rialzò e gli sollevò la maglia e la camicia, sulla pelle c’era un grande ematoma violaceo, proprio come era accaduto a Morgana alla tomba di Boudicca, ma quello non era nulla di preoccupante, considerata la situazione. Oscar lo guardò e i loro occhi si incrociarono per un lungo attimo. Poi lei li abbassò e sospirò. Il dolore per il pensiero della perdita del suo amore era stato grande, ma gli aveva anche aperto la mente: come mai il colpo di una moderna pistola era stato fermato da quell’antico libro? I poteri di Avalon avevano agito ancora? Il loro amore aveva fermato la pallottola? Oppure era solo una combinazione di casualità dovuta alla distanza, all’arma che aveva sparato forse non del tutto funzionante unita ad una cartuccia difettosa e al classico colpo di fortuna che, ogni tanto, sembra aiutare gli eroi? Non lo sapeva e nemmeno gli importava. Quello che era importante era che André era vivo. La sua mente andò all’avventura vissuta tempo e tempo addietro, in un altro mondo ed in un’altra vita. Lei era stata la Lancia di Dio che aveva aperto la strada per l’Isola Sacra, diventandone, suo malgrado, il suo nuovo ed ultimo campione. Ma, prima ancora, quella stessa via era stata chiusa da un altro cavaliere che, per farlo, aveva sacrificato la sua stessa vita conficcando di nuovo la spada nella roccia dell’isola e sigillando il passaggio. Sorrise debolmente e accarezzò la guancia del suo uomo pensando a quella sera di Luglio di anni prima, quando, per un attimo, solo per un attimo, aveva pensato di fuggire con lui abbandonando tutto e tutti al loro destino. Non lo aveva fatto. Non si era tirata indietro, anche se sapeva che sarebbe andata incontro alla morte. Pensò alla coppa di legno in quella tomba maestosa. In sé quella cosa non aveva alcun valore, ma in suo nome intere nazioni avevano mosso armate e fatto guerre sanguinose. I popoli della Terra lo avevano bramato componendo racconti, ballate, canzoni e il suo mito, con i millenni, non era mai venuto meno. Chi l’avesse posseduto sarebbe diventato, suo malgrado, l’uomo più potente del mondo e quel qualcuno, si disse, non poteva essere Alexander Fersen.
Si piegò di nuovo e sfiorò le labbra di Andrew – Ti amo! – sussurrò – Ti ho sempre amato! –
Lui cercò di muoversi, ma il dolore al petto lo fece desistere. Oscar guardò le tre donne: Viviana e Morgause apparivano stordite e confuse, solo Morgana aveva gli occhi lucidi, indicando chiaramente che aveva capito quello che lei stava per fare. La vecchia Duchessa di Cornovaglia tentennò debolmente – Non deve finire così…Non volevo…Non volevo che finisse così…Io sono la Dama del Lago ed è mio il dovere… -
Oscar le mise una mano sul braccio – No…Non preoccuparti…Io…Io credo…Credo che dovrei, alla fine di tutto, ringraziarti per la splendida opportunità che ci hai dato. Non è da tutti avere una seconda occasione per vivere un amore…Un amore intenso e travolgente, come dissi una volta. Eppure…Sono felice di aver potuto, alla fine, salvarti, André – disse e si piegò su Andrew. Gli appoggiò le labbra sulle sue e poi lo guardò di nuovo accarezzandogli il volto – Vivi! Promettimi che vivrai! –
Lui cercò ancora di alzarsi, ma senza riuscirci, emettendo solo una serie di gemiti. Oscar guardò Morgana – Qualunque cosa accada, proteggilo –
L’altra annuì con le lacrime agli occhi e batté un pugno sul petto – Lo giuro! Oscar…Lady Oscar… - disse senza finire la frase.
Oscar impugnò di nuovo l’elsa di Excalibur: “Quindi è questo che vuoi, vero?” pensò e sentì di nuovo l’arma fremere. Sospirò e si alzò a fronteggiare il nemico.
 
Uno dei mercenari, una donna dai capelli neri e dalla pelle scura, si avvicinò a Fersen – Che cosa aspettiamo? Sono in pochi e non hanno armi. A cosa è mai servito sparare a quell’uomo? – disse impugnando il suo piccolo mitragliatore.
Fersen strinse le labbra e fece un cenno di impazienza indicando alla donna di tacere. Perché aveva sparato a Andrew? Sinceramente voleva colpire una delle strane donne che erano con loro, in particolare quella paludata di nero e pallida come un cencio, che sembrava proprio una strega delle antiche leggende. Eppure, inaspettatamente, aveva colpito il suo vecchio impiegato. Si disse che, dopotutto, non era un gran male. Lui e Oscar sapevano troppe cose e, alla fine, tutti quelli coinvolti in quella storia sarebbero morti, anche i suoi preziosi mercenari, forse avvelenati durante il banchetto per festeggiare la vittoria. Tranne Martine, ovviamente. Sentiva che il Graal, la Sacra Coppa, il Calice Divino, era là dentro, a pochi passi da lui e non vedeva l’ora di allungare le mani e sollevarlo al cielo e, una volta per tutte, presentarlo al mondo. Quel mondo di cui, ne era certo, sarebbe diventato il padrone. E non da solo.
In quel momento vide Oscar alzarsi impugnando una vecchia spada e la vide porsi proprio di fronte a loro. Lei strinse l’elsa di Excalibur, come per infondersi coraggio e alzò il mento – Io sono Oscar François! Ho comandato le Guardie di Sua Maestà il Re di Francia! Sono il comandante del reggimento delle Guardie Francesi di Parigi! Sono un libero cittadino che ha lottato per la libertà del popolo oppresso! Contro gente come voi! Contro gente come te, Alexander Fersen! –
Fersen aggrottò la fronte, guardò per un attimo Martine e poi di nuovo Oscar – Cosa…Cosa accidenti stai dicendo!? Oh! Adesso è proprio ora di finirla! – disse e alzò un braccio. A quel segnale i suoi uomini avanzarono di un passo puntando le loro armi.
Oscar sorrise debolmente – Per volontà di Avalon e della sua Dama del Lago, sono l’ultimo campione dell’Isola Sacra, un cavaliere della Tavola Rotonda di Camelot. Io ho aperto il passaggio e io…Io lo chiuderò! Mi dispiace…Mi dispiace tanto – disse e impugnò l’elsa a due mani. Alzò la spada sopra la testa e, invece di gettarsi all’attacco, la girò puntando la lama verso il terreno e piegò un ginocchio.
Si abbassò fino a colpire il terreno e sentì che la terra stessa si apriva al passaggio della lama, come se la volesse accogliere e prendere con sé. E spinse, spinse fino a quando la guardia toccò il terreno. La spada era di nuovo nella roccia. La spada era di nuovo nel grembo della Madre Terra.
 
Se Oscar avesse potuto guardare dentro il Mound, avrebbe potuto notare che, nello stesso istante in cui la guardia di Excalibur toccava la terra e si bloccava, la fioca luminescenza verde della ciotola di legno posata sul sarcofago che proteggeva il Re e che aveva illuminato la camera, dopo secoli e secoli, finalmente si spegneva.
 
Oscar deglutì e guardò il grande portone in legno di fronte a sé. Indossava la sua uniforme di colonnello delle Guardie Francesi, persino con la sua spada al fianco. Inspirò profondamente: “Queste visioni mi hanno stufato! Spero davvero che sia l’ultima!” pensò. Chiuse gli occhi per un attimo e pensò ad André, a Andrew. Era vivo. Era riuscita dove aveva fallito anni e anni prima. Lo aveva salvato. Purtroppo, però, aveva dovuto sacrificare la sua vita, proprio come il Primo Cavaliere Lancillotto, per chiudere definitivamente Avalon al mondo. Sperò che il suo amato, protetto da Morgana e le sue sorelle, fosse riuscito a raggiungere la salvezza.
Alzò il mento e avanzò, appoggiò le mani sulle ante che si aprirono senza alcuno sforzo. Entrò in una grande sala con pareti in pietra. Vide che il soffitto era fatto a volte acute e vide anche, di fronte a sé, una grande tavola circolare con un foro al centro. Attorno alla tavola c’erano degli scranni di legno e, davanti ad ogni scranno c’era una figura in piedi. Indossavano quelle che sembravano delle antiche armature. Solo due scranni erano liberi: uno era più largo e con lo schienale più alto, sormontato da una corona. Accanto all’altro uno degli uomini si girò e gli sorrise – Benvenuto, cavaliere! – disse con voce chiara e gioiosa.
L’uomo aveva dei lunghi capelli biondi a riccioli e una corta barba; i suoi occhi erano di un azzurro limpido e a Oscar sembrò, per un istante, di vedere la figura adulta del piccolo Principe Louis Joseph, il figlio di Maria Antonietta, morto prima della Rivoluzione e che mai aveva nascosto l’affetto, forse l’amore, per lei.
Lei sorrise e si avvicinò; tutti gli altri la guardarono e si portarono il pugno al petto. L’uomo da capelli biondi indicò il posto vuoto – Unisciti a noi, cavaliere –
Oscar rimase a bocca aperta, si avvicinò ancora e guardò tutti i cavalieri: erano uomini dai volti tirati, anche sporchi, ma furono i loro occhi quello che la colpì; erano gentili e buoni. Guardò l’uomo biondo – Ma…Cosa… -
Lui sguainò la spada che portava al fianco e l’alzò, imitato dagli altri: - La Tavola Rotonda è di nuovo completa! Un cavaliere è devoto al valore! Il suo cuore conosce solo la virtù! La sua spada difende i bisognosi! La sua forza sostiene i deboli! Le sue parole dicono solo verità! La sua ira si abbatte sui malvagi! (n.d.a.: codice cavalleresco secondo gli antichi scritti – fonte: ifratellidellaspada.org) – gridò. Gli altri cavalieri gonfiarono il petto – Si! – dissero ad una voce.
Oscar sentì il proprio cuore battergli forte nel petto: “Che strano per una persona appena morta…” pensò. Sguainò la spada e l’alzò verso il soffitto – Si! – disse solo.
Appoggiarono tutti le loro lame sul tavolo di fronte a loro. L’uomo biondo si avvicinò a lei e sorrise di nuovo – Grazie, nobile cavaliere. Hai salvato il Re e tutto il Regno –
Lei sbatté le palpebre – Tu…Chi sei…Mi sembra di averti già visto… -
Lui abbassò il capo e sorrise di nuovo, divertito – Mi hai visto nelle visioni della strega nera. Oh! Lo so! Non è mai stata malvagia, ma all’epoca…Credevamo in molte cose, oltre alla Cavalleria e non tutte erano vere, lo ammetto. Ma permettimi di presentarmi: sono il Dardo degli Elfi, il Primo Cavaliere della Grande Tavola Rotonda di Camelot. Mi chiamano Lancillotto del Lago –
Lei rimase a bocca aperta ricordando lo scheletro dentro l’armatura che aveva trovato appena messo piede ad Avalon. Gli appoggiò una mano sul petto – Ma…Come…Dove…Siamo…Siamo tutti morti…Quindi? -
Lui socchiuse gli occhi – E’ difficile dirlo. Noi lo siamo! Di certo! Non ho avuto la fortuna di morire combattendo, come ho sempre voluto, ma sono caduto cercando di salvare il mio Re. Il Re che ho amato più della mia stessa vita –
Oscar strinse le labbra – Ma…Tu e la Regina Ginevra… -
Lancillotto aggrottò la fronte – Ho amato Ginevra come donna! Ma la mia fedeltà al Re non è mai venuta meno! E’ per questo che, quando le nostre forze, inferiori per numero e mezzi, hanno affrontato il traditore a Camlann, mi sono gettato nella mischia. Ho provato a morire per dimostrare al mio Re, al mio fratello d’armi, che non l’ho mai tradito. Ma non ci sono riuscito. Le lame di quei cani sembravano schivarmi e alla fine sono rimasto solo io con lui…Ferito…Non solo nel corpo, ma anche nello spirito, vinto dal tradimento e dall’aver dovuto uccidere quello che, nel bene o nel male, era suo figlio. Le sue ultime parole sono state per le sue sorelle: Viviana, a cui chiedeva aiuto. Morgause, che mai aveva smesso di amare, ma soprattutto per Morgana. Implorava il suo perdono maledicendosi per averla creduta una traditrice –
Oscar lo guardò e vide che, si, non stava mentendo. Poi guardò gli altri, uno per uno, fino a guardare di nuovo lo scranno dietro di lei. Lancillotto sorrise tristemente – Quello era il posto di uno di noi, di colui che lo ha tradito –
Oscar aprì la bocca – Mordred – sussurrò – Suo…Suo figlio – aggiunse e poi guardò il seggio del Re – Ma…Lui… -
Uno dei cavalieri alzò il mento – Il Re non è ancora tra noi! Lui tornerà, come sempre ha fatto, ma ora non è il momento –
Oscar lo guardò e riconobbe Galvano, il figlio di Morgause. Si volse verso Lancillotto – Anch’io mi sono sacrificata per…Per salvare coloro che amo…E ora sono qui…Siamo già nel Paradiso degli eroi o dobbiamo andare oltre? Posso vedere ancora il mio André per un’ultima volta? –
Lancillotto sorrise e poi rise gaiamente – Il Paradiso degli eroi, come lo chiami tu, è solo per chi è defunto. Io sono morto per nascondere quell’isola ed il Re al mondo, ma non ho dato la mia vita per quello, io l’ho data per far vivere il Re –
Oscar sbatté le palpebre e capì – Ma…Il sacrificio, allora, non era per Avalon….Ma io…Io credevo…Credevo che il Graal curasse il Re -
Lui gli mise una mano sulla spalla – La coppa è impregnata della fede e della devozione dei cristiani e anch’essa rappresenta un sacrificio. Avalon ne ha solo fatto il tramite tra l’energia della Madre Terra e il Re. E’ un semplice oggetto, ma ha un valore simbolico che va ben oltre ogni immaginazione e bene hai fatto, cavaliere, ad impedire a quelle persone malvagie di impossessarsene. E’ stata una tua libera scelta. Hai scelto il sacrificio per salvare il tuo amore e i tuoi amici. Io dovevo decidere se tornare nel mondo e vivere la mia vita con la donna che amavo, oppure donare tutto me stesso a colui a cui, davvero, dovevo tutto. Ho scelto il Re perché quello imponeva il giuramento che ho fatto sulla mia vita –
Oscar tentennò – Ma sono passati secoli e secoli –
Uno dei cavalieri batté il piede a terra – Non importa! Lui è il Re! –
Oscar si girò a bocca aperta e poi guardò di nuovo Lancillotto. Lui annuì – Non è stato facile nemmeno per me. Per un attimo, solo per un attimo, ho pensato di abbandonare tutto, di nuovo e di vivere con Ginevra, ma poi…Cosa sarebbe successo? Forse sarei stato felice, o forse avrei maledetto lei e me stesso per quello che non avevo fatto…E so che anche tu hai provato lo stesso –
Lei annuì, incapace di dire qualunque cosa, pensando a quella sera di tanti e tanti anni prima in cui aveva deciso di gettarsi anima e corpo nella lotta, fino all’estremo sacrificio. Proprio come aveva fatto ad Avalon. Lancillotto sorrise – Avalon, l’Isola Sacra, ha esaurito, finalmente, il suo compito. Gli serviva solo l’ultimo scelta del suo ultimo campione per chiudersi per sempre e definitivamente al mondo e nessuno la troverà, mai più –
Oscar sentì le lacrime agli occhi – E…E io… -
Lancillotto annuì e strinse la mano sul suo braccio – C’è sempre una scelta, cavaliere. Puoi decidere di andare oltre, come noi, nell’attesa di rivedere il nostro Re e coloro che abbiamo amato. Oppure puoi tornare nel mondo...Così imperfetto, così triste, così…Grigio…E combattere battaglie e battaglie ogni giorno –
Oscar abbassò la testa e, per un attimo, solo per un attimo, volle proseguire il cammino e rivedere sua madre, la sua vecchia governante, Rosalie, Bernard, persino Alain e André. Il suo André che aveva donato tutto per lei e che lei aveva amato troppo tardi. Inspirò profondamente e guardò la porta a battenti che si aprì di nuovo su una bianca luce. Guardò i cavalieri della Tavola Rotonda e poi Lancillotto. Lui sorrise, abbassò il braccio e alzò l’altro indicando la porta – Che tu possa essere felice, cavaliere della Gallia. Quando verrà il tuo momento potrai, se lo vorrai, venire qui. Con il tuo scudiero, ovviamente –
Oscar sorrise e poi rise con le lacrime di gioia agli occhi. Si ricompose e guardò i cavalieri. Riprese la spada e l’alzò – Onore ai cavalieri di Camelot! Onore al Grande Re Artù! –
Tutti loro, all’unisono, si batterono il pugno sul petto in un ultimo saluto. Oscar rinfoderò la spada e andò verso la porta di luce. Si fermò a pochi passi e sospirò. Doveva voltarsi per un’ultima volta? No, si disse, non era necessario. Come non necessario vivere di ricordi e rimpianti. Da quel momento, giurò a sé stessa, Oscar de Jarjayes avrebbe avuto una nuova vita con nuovi amici e sempre con il suo amato André al fianco. Inspirò di nuovo e attraversò la luce.

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Capitolo 13
*** La fine di Avalon ***


Glastonbury – Regno Unito – Coursing Batch (strada A361) che costeggia il sito storico archeologico denominato Tor
La poliziotta si toccò distrattamente lo stemma giallo in cui campeggiava il grifone rosso ad ali aperte, simbolo della Contea di Somerset, da cui dipendeva il Distretto di Mandip e da cui, a sua volta, dipendeva la cittadina di Glastonbury. Si grattò la guancia grassa e masticò rumorosamente la gomma da masticare a bocca aperta, maledicendosi per aver di nuovo provato a smettere di fumare proprio quel giorno. Guardò l’uomo di fronte a lei, seduto sul pavimento di un’ambulanza a sportelli posteriori spalancati. Indossava una coperta termica sulle spalle e stava accanto ad una donna bionda, una straniera, dai capelli biondi e dagli occhi azzurri che si stringeva in un’altra coltre. La poliziotta sospirò: “Se mi mettessi a dieta ferrea sarei anch’io bella come questa!” pensò e poi guardò lui – Quindi…Voi siete uno scienziato, vero? –
Andrew sbuffò e poi sospirò – Tecnicamente lo sono –
La donna in uniforme sorrise debolmente e indicò la cima della grande collina di Glastonbury dove la torre in pietra stava bruciando come una grande torcia, incurante degli idranti e degli elicotteri dei vigili del fuoco. – Allora mi dica, scienziato…Come mai quel pezzo di pietra che è lì, mi dicono, da quasi un migliaio di anni, sta bruciando come un pezzo di legno, anche se, di legno, non ne ha nemmeno un grammo? –
Andrew guardò in alto la torre di San Michele avvolta nelle fiamme e poi di nuovo la poliziotta – Non sono quel tipo di scienziato! Sono uno storico! Io non…Non so perché mai quelle pietre stanno bruciando –
La poliziotta sporse le labbra carnose e guardò il suo taccuino – Quindi non siete uno scienziato! Quello che sappiamo, caro il mio damerino londinese, è che quella vecchia costruzione ha improvvisamente preso fuoco, abbiamo dovuto chiudere praticamente tutta la parte est della cittadina e abbiamo trovato voi due sul crinale sud di quella vecchia collina. Possiamo parlare di incendio doloso? –
Andrew sospirò – Io…Ma io…Noi…Oh! E con cosa avremmo dato fuoco a delle pietre? Me lo spiega? Eravamo andati lì a…A vedere il sito –
L’altra piegò la testa di lato – Si…Lo avete detto…Ma il sito era temporaneamente chiuso ed ogni accesso, ad eccezione di quello del Bed&Breakfast sulla Wellhouse Lane. Ma la struttura non è aperta e non c’è nemmeno il personale e quindi…Siete comunque dei fuorilegge –
Andrew abbassò la testa sconsolato quando, in quell’istante, si avvicinò a loro una figura in abito e cravatta neri. Era un uomo, lo si capiva dal portamento, anche se aveva un volto cesellato, glabro e liscio come quello di una ragazza. L’unica nota di colore era la camicia di un bianco brillante e i capelli castani. Sorrise a Andrew e Oscar, anche se i suoi occhi chiari emanavano una luce glaciale. Andrew si irrigidì – Oddio! I Men In Black (n.d.a.: M.I.B. – leggendaria, quanto misteriosa e fantastica organizzazione i cui membri vestono sempre abiti neri e che, secondo i fautori della cosiddetta teoria del complotto, compaiono sempre dopo un avvistamento di oggetti volanti non identificati – U.F.O. – per minacciare i testimoni e depistare le indagini) –
L’uomo tirò le labbra snudando i denti e fece un cenno alla poliziotta che se ne andò; poi ridivenne serio – Permettete: il mio nome è Anthony Justsaint. Avrei qualche domanda in merito… - disse e indicò la cima del Tor. Andrew sbatté le palpebre – E voi…Siete della N.C.A.? (n.d.a.: National Crime Agency, la polizia nazionale che si occupa del crimine organizzato) –
Lui tentennò – No! Diciamo che sono…Di un’altra Agenzia…Un po' più specifica. Voi siete il dottor Great, dipendente della Historical Research Foundation ltd di Alexander Fersen, cittadino svedese naturalizzato britannico, scopritore della tomba della Regina Boudicca. E voi… - disse guardando Oscar socchiudendo gli occhi - Rose Antoinette Marie de La Mothe-Chandeniers de Monfort, di antica famiglia nobile francese, ma conosciuta là e qua con il nome di Oscar François de Jarjayes, come una vostra famosa e…Sfortunata…Antenata. Cittadina francese, ospite della Historical Research a Londra –
Oscar strinse le labbra – Arrivate al punto, Mister Justsaint…O agente Justsaint…Come volete che vi chiamiamo…Di cosa ci accusate precisamente? Siamo saliti sul Tor…E quindi? Era chiuso, ma lo abbiamo fatto lo stesso e siamo rimasti lassù quando è scoppiato l’incendio –
Justsaint guardò di nuovo il Tor e poi di nuovo Oscar, sorrise – Ecco! Quell’ammasso di pietre non dovrebbe bruciare in quel modo. Non serve uno scienziato e nemmeno uno storico per saperlo. Il punto è che un dipendente della Historical Research, una delle ospiti della società e lo stesso capo della ditta sono stati visti qui a Glastonbury. Proprio oggi. Nel preciso momento in cui, teoricamente, il signor Fersen avrebbe dovuto trovarsi a Londra a presenziare all’apertura della mostra sulla sua grande scoperta al British Museum
Andrew ebbe un sussulto e guardò l’orologio, con il vetro rotto e inservibile. Sospirò – Ma che ora è? L’apertura della mostra… -
Justsaint sorrise con un ghigno – Dettagli! In questo momento Sua Maestà la Regina con la sua famiglia e buona parte del Governo sono al British e stanno aspettando…Cosa? Che il futuro sir Alexander Fersen gli illustri uno dei più importanti ritrovamenti archeologici degli ultimi anni, se non dell’ultimo secolo…Quindi ve lo chiedo: dove si trova Alexander Fersen? Poi: Perché sul vostro petto, dottor Great, c’è un ematoma compatibile con un violento colpo, magari di un proiettile deviato o attutito da una sorta di scudo? E per ultimo: Cosa c’entra in tutto questo una mediocre scrittrice francese che ha rubato il nome della sua antenata per farsi pubblicità? – disse estraendo dalla tasca della giacca un palmare dello stesso colore dei suoi abiti – Aspetto le vostre esposizioni, signori, a meno che non vogliate seguirmi sull’elicottero con cui sono arrivato e parlare in una sala interrogatorio di Vauxhall Cross (n.d.a.: sede dei servizi segreti del Regno Unito a Londra) – aggiunse con un sorriso sinistro. Fece un gesto con la mano – Oh! Poi vorrei sapere la vostra relazione con la famiglia…Drakehead…Si spacciano per nobili e di antica stirpe, ricchissimi a quanto sembra, anche se nessuno ha mai sentito parlare di loro prima della Seconda Guerra Mondiale –
Oscar strinse i pugni sotto la coperta e fece per alzarsi quando vide arrivare un’altra figura. Era una donna, una bella donna dai capelli castani che indossava un completo giacca e pantalone grigi. Al collo portava un distintivo. Sorrise e guardò Andrew – Ciao! –
Lui sbatté le palpebre – Diane…Ma cosa… -
Diane mostrò il distintivo all’agente – Diane Labord, dell’Agence du Revenu du Canada, l’Arc, ma qui credo che la conosciate come Canada Revenue Agency, il Cra –
Justsaint la guardò con un misto di noia e fastidio – Un…Un agente delle tasse…Canadese per di più. Sto interrogando questi testimoni in nome di Sua Maestà Britannica e vi invito a togliervi di torno! –
Diane non si fece intimidire. Prese un iphone dalla tasca, compose un numero e poi lo porse a Justsaint – Qualcuno vuole parlare con voi –
Oscar notò il viso cesellato e femminile dell’uomo con la fronte aggrottata e con gli occhi spalancati dalla sorpresa. Prese il telefono e se lo portò all’orecchio. Deglutì un paio di volte – Ma…Io… - disse impacciato. Si voltò e, dopo qualche istante, abbassò il telefono e guardò Oscar e Andrew con occhi che sputavano fiamme. Si voltò, gettò il telefono a Diane che lo prese al volo e poi se ne andò a grandi passi.
Oscar strinse le labbra – Mmmm…Credo che ci siamo evitati una gita nelle prigioni inglesi! –
Andrew era rimasto a bocca aperta – Tu..Chi o cosa…Sei… -
Diane sorrise e si sistemò i capelli sul viso – Sono quello che ha detto Justsaint: un agente delle tasse del Canada. Prima di tutto sono una storica, ma la mia seconda laurea in economia a Ottawa mi ha dato la possibilità di entrare nell’Arc. Il mio percorso di studi, poi, mi ha permesso di entrare sotto copertura alla Historical Research Foundation. Indagavamo su Fersen in quanto uno dei suoi maggiori finanziatori è stata Maria Antonovna Hannenberg, russa, ma naturalizzata canadese per il matrimonio, combinato, con Louis Bourbon, ultimo rampollo di una famiglia di magnati delle segherie e delle cartiere –
Andrew sorrise al pensiero di quello che gli aveva detto, tempo prima, Bernard Castle. Oscar, invece, provò un senso di disagio nel sentire quei nomi che, fino a qualche giorno prima, non gli avrebbero dato alcuna emozione. Louis Bourbon e Maria Antonovna. Che suonavano tanto come Luigi di Borbone e Maria Antonietta e improvvisamente anche la fotografia vista nello studio di Fersen aveva un senso. Guardò Diane – Era la sua amante… -
Diane aggrottò la fronte – Si, è vero…E, tra i tanti finanziatori che Fersen aveva, quella era la più grande. Il regno dei Bourbon era già in declino quando Louis ha preso il comando e i comportamenti stravaganti di sua moglie non sono stati di aiuto. Spendeva somme ingenti in vestiti e feste. Di certo perché il matrimonio combinato non le era mai piaciuto…Li stavamo indagando per bancarotta fraudolenta, ma non capivamo il motivo di tutto quel trasferimento di denaro alla società di Fersen. Eravamo sicuri che lui gli stesse pianificando una fuga organizzata ed è proprio per scoprilo che sono venuta a Londra. Li hanno fermati per caso mentre stavano scappando, su una berlina nera, vicino a Notre Dame des Bois, al confine tra Canada e il Maine, negli Stati Uniti, dove un aereo privato li stava aspettando per portarli, molto probabilmente, qui in Gran Bretagna…Certo che è strano anche il nome della località dove si sono fermati per una sosta e dove sono stati riconosciuti ed arrestati… -
Oscar si inumidì le labbra – Oh! Forse…Si chiama…Varennes? Come la località francese? –
Diane la guardò sorpresa e a bocca aperta – Ma…Come… - disse e guardò Andrew, poi sorrise – Non importa! Non credo che lei si farà il carcere duro. Durante la visita nel penitenziario di Montréal hanno scoperto che è malata –
Oscar sorrise tristemente – Ha delle emorragie frequenti. Probabilmente un fibroma uterino…(n.d.a.: come la vera Regina Maria Antonietta) -
L’altra aggrottò la fronte e si piegò verso di lei – Io…Questa è un’informazione riservata…Come… -
Oscar tentennò – Non importa, Diane. Piuttosto: quando hai deciso di arrotondare lo stipendio dell’Arc e quello della Historical Research con quello che ti passava Morgan Drakehead? –
Andrew sobbalzò, ma Diane rimase di sasso; fece una smorfia e poi sorrise facendo ricadere i suoi capelli castani sul volto – Oh! Era così evidente? –
Oscar sospirò – In realtà, no! Lady Drakehead ci ha solo detto che aveva degli informatori a libro paga nell’ufficio di Fersen e quale migliore agente di un agente a sua volta in incognito? Ho tirato a indovinare! Con successo, vedo. E grazie, per aver avvisato Morgan che eravamo stati rapiti –
Diane annuì e divenne seria – E ora ditemi voi qualcosa: cosa ci faceva qui Fersen? Non credo che gestisse la fuga della sua amante da questo buco di posto, quindi…Cosa cercava? E perché ha mollato tutto proprio alla vigilia del suo trionfo al British Museum? –
Oscar e Andrew rimasero in silenzio e l’altra inspirò a fondo – Va bene! Non ho il diritto di chiedervelo del resto. Io terrò il vostro segreto e voi il mio – disse e si mise di fronte ad Andrew. Piegò le ginocchia e gli cercò le mani – Adesso ascoltami, Andy. Quello che c’è stato tra noi…Non era il corollario di un’indagine per carpire informazioni, ma una mia libera scelta. Voglio che tu lo sappia –
Lui sorrise – Lo so! Grazie di avermelo detto comunque, Diane. Hai dei rimpianti? –
Oscar digrignò i denti come una belva, ma Diane tentennò e si rialzò – Oh! Mi conosci! Non sono il tipo che si uccide per una delusione amorosa –
Oscar sbuffò – Diane…Ancora una cosa…Hanno trovato altre persone…Oltre a noi, sulla collina? –
L’altra tentennò – Che io sappia, no. Anche se…Beh! Non dovrei dirvelo, come non avrei dovuto dirvi tante altre cose, ma…Justsaint e gli altri agenti hanno avuto l’ordine di cancellare dagli elenchi di volo un grosso elicottero partito dalla pista del West Mendip Hospital, a nord di Glastonbury. La cosa strana, a quanto dicono, è che era completamente nero e senza contrassegni di riconoscimento. Si tratta di un mezzo in dotazione all’Esercito, un gigantesco e moderno CH-47 di fabbricazione italiana per il trasporto di truppe in prima linea, ma che viene usato anche come ospedale mobile –
Oscar sorrise – E quindi anche capace di gestire una rianimazione… - disse piano.
Diane aggrottò la fronte, ma poi si rilassò – E’ un mezzo che solo gente molto, ma molto ricca, può avere e usare a suo piacimento…E quindi direi anche la nostra comune amica. Comune anche a colui che era al telefono con Justsaint –
Oscar e Andrew aggrottarono la fronte e Diane sorrise – Il Ministro dell’Interno del Regno Unito in persona. E’ lui che ha ordinato di cancellare ogni traccia dell’elicottero nero e, in via informale, so che non ci sarà nessuna indagine su di voi. D’altro canto mi dispiace di non essere a Londra adesso, visto che lo stesso Ministro, metà dell’Esecutivo, compreso il Capo del Governo e una buona parte della famiglia reale con Sua Maestà in persona, stanno aspettando Fersen al British…Ma, se non ho capito male, temo che non verrà –
Andrew strinse le labbra – E chi c’è, allora, al museo? –
Diane sospirò – Temo che l’incombenza toccherà ad Alan. E spero che lo faccia bene. Beh! Ora devo andare. Ho in video conferenza il capo dell’Arc in persona. Ci vediamo a Londra, Andrew. Au revoir, Mademoiselle de Jarjayes – disse e se ne andò lasciandoli da soli.
Oscar tentennò – Diavolo di una strega! Era già pronta a tutto! –
Andrew sorrise – Non si vive per secoli in attesa di un avvenimento senza esserne pronti…Ma…Credi davvero che…Voglio dire…Il…Artù… -
Lei strinse le labbra – A quanto sembra Morgana è sopravvissuta. Probabilmente con le sue sorelle. Il…Il Re…Non lo so. Non ho visto nulla e mi sono trovata sulla collina – disse pensando al seggio regale vuoto nella Tavola Rotonda che aveva visto prima di piombare, letteralmente, sul prato del fianco del Tor.
Lui annuì – Nemmeno io ricordo molto. Ti ho visto conficcare la spada nel terreno e poi…Poi c’è stata quella luce chiara, come una nebbia luminosa…Se capisci…Ho sentito Morgana e le altre allontanarsi…E…E mi sono svegliato accanto a te…E tanto mi basta –
disse avvicinandosi.
Oscar si alzò lentamente e guardò la cima della collina con la torre ancora avvolta dalle fiamme – L’energia di Avalon sta sparendo completamente e nessuno ci andrà. Mai più – disse ricordando le parole di Lancillotto. Si girò verso Andrew – Lui…Fersen, Forse…Forse voleva il Graal per salvarla. Voglio dire, per guarire Maria Antonietta…Antonovna. Secondo le leggende la coppa dà la vita eterna e guarisce dalle malattie -
Lui sospirò – Immagino che prima li dovesse far fuggire dal Canada e poi, dopo l’inaugurazione della mostra, con il titolo di sir e con tutto il prestigio che ne sarebbe derivato, sarebbe venuto qui a cercare il Graal –
Lei annuì – Si. Ma noi gli abbiamo messo i bastoni tra le ruote; ovvero la nostra liberazione da parte degli uomini di…Di Morgana. Ha dovuto accelerare i tempi –
Rimasero per un attimo in silenzio, con una domanda che aleggiava tra di loro. Fu lei a parlare: - Dove credi che sia, adesso, Fersen? –
Andrew tentennò – Non ne ho idea! Anche se sono convinto che non ne sentiremo più parlare. Organizzare la fuga di due ricercati di cui uno, se non ricordo male le parole del mio amico Bernard, con le mani in pasta con la malavita russa, non depone a tuo favore, Boudicca o no. E a questo proposito spero proprio che Alain…Voglio dire…Alan…Se la cavi –
Oscar sorrise e si sedette di nuovo accanto a lui. Gli avvicinò una mano al petto sfiorandolo. Lui emise un piccolo gemito e lei gli accarezzò il viso – E’ un brutto colpo comunque. Devi riposare. Anche se poteva andare molto peggio. Non hai idea di come mi sono sentita morire rivivendo…Rivivendo quella scena…E quella sensazione di impotenza…Per Alain…O Alan…Oh! Lui se la caverà! –
 
Londra – British Museum – Inaugurazione della mostra “Boudicca: the warrior Queen”
Il Ministro dell’Interno del Regno Unito e del Commonwealth guardò di nuovo l’orologio. Aveva ricevuto una chiamata da una sua vecchia conoscenza: una donna ricca e potente, che aveva finanziato ampiamente la campagna elettorale sua e di molti altri politici, compreso tutto il suo partito. A certe persone, anche da ministro, uno non poteva apporre un diniego e, in fondo, far cancellare i dati di un volo e far cessare le indagini sue due sole persone che, tecnicamente, non avevano fatto nulla, non era, tutto sommato, difficile. Il protocollo per le manifestazioni ufficiali con la famiglia reale era molto rigido; in prima fila c’era la Regina con i suoi familiari. Alla sua destra sedeva il Primo Ministro con sua moglie e alla sua sinistra il Principe ereditario con la consorte e i suoi figli e gli altri membri della famiglia. In seconda fila i ministri più importanti, tra cui lui e poi, nelle altre file, a scalare, gli altri membri del Governo, le autorità e i notabili cittadini, poi i giornalisti e infine il semplice pubblico. Ma il discorso d’apertura avrebbe dovuto iniziare già da qualche minuto e il Ministro poteva vedere che la vecchia Regina stava sussurrando qualcosa al Primo Ministro che, piegato verso di lei, annuiva di continuo. Il Principe, invece, guardava di sottecchi l’orologio. Il Ministro guardò ancora una volta i grandi pannelli con il volto decorato di blu della bella modella che avevano scelto per raffigurare la Regina Boudicca e pensò che la puntualità, in ogni cosa, era un ottimo biglietto da visita.
 
Dall’altra parte delle pesanti coltri che coprivano l’ingresso al settore della mostra, i membri della Historical Research, non sapevano che fare. Alan si sistemò per l’ennesima volta il nodo della cravatta e vide arrivare, trafelato, uno dei suoi colleghi. Jerome Lesley, detto Jerry, era basso e tarchiato, con i capelli scuri corti e ricci sul capo e il volto pieno di lentiggini. Quando arrivò da Alan tentennò – Il capo non risponde. E nemmeno quella antipatica della Poligny. Che facciamo? –
Un altro si avvicinò a loro – Nemmeno Andrew…Sarà con quella francese chissà dove! Cavolo, Alan, la Regina subito si alzerà e verrà a prenderci a scarpate tutti quanti! Almeno ci fosse Andrew! Quello sa parlare bene in pubblico, ma…Temo…Temo che… -
Alan sbuffò e guardò gli altri che, con facce tristi, lo guardavano a loro volta. Stranamente si sentiva il capo di quello squadrone di storici e per un attimo, solo per un attimo, li vide tutti con indosso una sorta di strana uniforme militare e, nelle sue orecchie, arrivò un grido lontano: “E’ la battaglia per la libertà!”. Scosse il capo ed inspirò a fondo – E va bene! Vado io! Inghilterra e San Giorgio! –
Gli altri sorrisero debolmente – Inghilterra e San Giorgio! – risposero piano e in coro.
 
Alan avanzò a passo lento e calmo fino al leggio in legno di fronte alla platea. Di fronte a lui c’era, seduta e con gli occhi socchiusi, la Regina che, una volta visto, alzò un piccolo binocolo da teatro in oro e brillanti. Aspettò in silenzio qualche istante, fino a quando il brusio e i flashes delle macchine fotografiche e dei cellulari tacquero. Non aveva alcun discorso preparato e non c’era stato tempo di recuperare qualcosa dal computer di Fersen. Doveva improvvisare, ma cosa dire alle più alche cariche politiche del Regno Unito? Maledì mentalmente Andrew che, sicuramente, se ne stava da qualche parte con la bella francese, quella Oscar de Jarjayes. Poi, improvvisamente, nel sentire riecheggiare ancora quello strano grido che aveva udito prima, sorrise: - Vostra Maestà, membri della famiglia reale, membri del Governo e del Parlamento, Popolo di Londra e del Regno, grazie di essere qui. Noi rendiamo omaggio a chi? A una Regina, a una donna che ha avuto il coraggio di lottare per la libertà sua e di tutto un popolo. Quando il più grande e potente impero che mai la storia dell’umanità ha conosciuto si è scagliato contro di lei, non è scappata, come forse poteva e voleva fare…Lei è rimasta al suo posto, come il suo ruolo di Regina gli imponeva. Forse, in cuor suo sapeva che non ce l’avrebbe mai fatta, ma ha combattuto lo stesso, consapevole della sconfitta, ma convinta fino all’ultimo della vittoria. Se ci guardiamo indietro non vediamo altri esempi come lei se non la grande eroina francese Oscar François de Jarjayes, che lottò per amore del suo uomo e del suo popolo e morì in battaglia, con le armi in pugno,come fanno gli eroi. Come ha fatto la Regina degli Iceni, la nemica di Roma. Popolo d’Inghilterra, di Scozia, del Galles e dell’Irlanda, popolo delle Isole Britanniche, io ti chiedo di inchinarti davanti a Boudicca, la Regina guerriera –
Si mise di lato e alzò un braccio. A qual segnale le tende si aprirono ed apparve l’ingresso. La grande aquila dorata dell’insegna della Nona Legione, strappata agli invasori, brillava lucida e maestosa come non mai.
Il Principe strinse le labbra. L’uomo che aveva fatto il discorso di apertura aveva iniziato bene, ma alla fine aveva fatto riferimento solo al popolo e non alla Regina e al Governo. Alla sua destra, però, sua madre aveva una mano alzata e batteva lentamente il palmo con l’altra. L’indomani qualcuno avrebbe scritto che era stato un applauso di cortesia, ma lui sapeva che, fatto a quel modo, la Regina diceva a tutti quelli che la conoscevano intimamente che gli era piaciuto molto quello che aveva sentito. La Sovrana si girò sorridendo verso di lui – Hai sentito Charles? Questo si chiama parlare! –
 
Altrove
Alexander Fersen si piegò a guardare il foro sul terreno dove Oscar aveva conficcato la spada. Guardò in alto. Il cielo si era fatto di una tinta biancastra e la cosa più spaventosa, si disse, era l’assenza di rumori. Quel posto, ovunque fosse, era ormai morto. Si raddrizzò ed entrò nel Mound. Percorse il corridoio ed arrivò alla camera sepolcrale. Si fermò di fronte al sarcofago bianco sul cui fianco campeggiava la scritta in latino: “Rex Quondam Rexque Futurus”, la frase che, secondo la tradizione, era stata scolpita sulla tomba di Re Artù. Il coperchio della grande bara in pietra, però, era spostato. Rimase imbambolato a guardare l’interno vuoto e sospirò. Che quella fosse veramente la tomba del Grande Re di Britannia? Del Sovrano di cui si erano cantate le gesta leggendarie? E allora dov’erano i suoi resti? E, cosa più importante, lì c’era stato anche il Graal? Lui ne era convinto. Come era convinto di averlo aveva avuto a portata di mano; ne aveva sentito l’intimo potere come un richiamo inarrestabile. Eppure…La coppa non c’era. Cosa era accaduto non riusciva ancora a capirlo. Come non era riuscito a capire come avevano fatto, dal Tor di Glastonbury, a finire lì e come Oscar e gli altri erano riusciti a scappare.
Quando la francese aveva infilato la spada nel terreno lui aveva visto una sorta di nebbia bianca e brillante. Oscar era sparita e aveva visto, solo delle ombre, due figure, forse la donna in nero e un’altra che sorreggevano una sagoma piegata, forse Andrew. Di fianco a loro c’era un’altra figura, forse la donna in bianco. O forse no.
Dall’apertura della tomba di Boudicca aveva pianificato tutto con calma e precisione, persino l’arrivo di Oscar de Jarjayes. Eppure qualcuno aveva liberato Oscar e Andrew. Lui aveva dovuto intervenire e all’inferno anche l’inaugurazione della mostra su Boudicca. Il Graal era più importante. Maria Antonovna era più importante. La fuga sua e di quell’inutile marito che aveva trai piedi dal Canada era stata preparata studiando ogni dettaglio, oliando adeguatamente e profumatamente tecnici e funzionati governativi del Canada, degli Stati Uniti e della Gran Bretagna. Preso dalla fretta, prima di recarsi a Glastonbury, aveva avviato l’operazione, con tutti i rischi che la premura e l’improvvisazione comportavano. Maria Era salva? Credeva di si. Voleva credere che ormai la stesse già aspettando nel suo ufficio nella sede della Historical Research. Con la Sacra Coppa tra le mani l’avrebbe guarita dalla sua malattia. Non era forse vero che il calice guariva ogni male? E donava anche la vita eterna. Non che a lui importasse, ma il pensiero di vivere eternamente con colei che amava più di ogni cosa lo faceva fremere di impazienza. Eterno amore. Ed eterno potere. Il Graal lo avrebbe reso invincibile. Con lei al suo fianco. Avrebbe tolto di mezzo il suo inetto sposo e ne avrebbe fatto una vera Regina. Eppure…
Ogni cosa era crollata; sciolta come neve al sole. Ed in quel momento lui era bloccato in quel mondo, probabilmente senza possibilità di uscita. Se, come ne era certo, quel luogo era davvero Avalon, non c’era alcuna speranza. Era un’isola ed era diventata la sua prigione. Sentì dei passi affrettati lungo il corridoio. Martine, con il volto rosso, si fermò di fronte a lui – Signore…Io…Gli altri hanno finito l’ispezione…E’ davvero un’isola…Ed è circondata da una nebbia biancastra e impenetrabile…Io…Noi…Il cielo…Fa paura! Cosa facciamo…Dove andremo…Come usciremo… -
Lui sorrise debolmente e la guardò negli occhi – Non si esce da Avalon. Senti? Ecco…Il nulla! Nessun rumore. Nemmeno quello del vento che sposta le foglie degli alberi. Tra poco anche le piante moriranno e le fonti d’acqua si prosciugheranno. Tutto morirà, nel nulla più assoluto –
Martine sentì gli occhi diventare lucidi e le lacrime cadere sulle guance – Come…Come…Non… - disse e cadde in ginocchio piangendo.
Ferse le andò accanto e le mise una mano sulla spalla – Sii forte, soldato. Sii forte – disse e guardò l’uscita lontana. In quel momento sentì un colpo di arma da fuoco provenire dall’esterno e subito dopo una voce roca e forte: - Fersen! Capo…Vieni qui un attimo! Dobbiamo discutere di come uscire da qui! –
Fersen aggrottò la fronte. Si era quasi dimenticato dei mercenari che erano bloccati con lui ad Avalon. Sospirò: Beh! Si disse, dopotutto non sarebbe morto di fame o di inedia in quel posto. Una volta venuti a conoscenza che non c’era alcuna speranza di salvezza immaginò che uno di quegli ex militari gli avrebbe sparato un colpo direttamente nella testa. Rapido, veloce e quasi indolore. Inspirò e strinse la spalla di Martine – Se mai uscirai da qui, salvala – disse solo.
Si sistemò la giacca e si avviò verso l’uscita. Sorrise e socchiuse gli occhi per abituarsi alla luce. “Quello che ho fatto, l’ho fatto per te, amore mio. Un giorno ci ritroveremo, alla fine della strada, te lo prometto” e sentì un altro colpo di arma da fuoco, ma che proveniva dalle sue spalle. Si girò e vide il corpo di Martine de Poligny steso a terra con ancora la pistola nella mano. Alzò il mento e annuì lentamente, poi si girò di nuovo per uscire verso il suo destino.

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Capitolo 14
*** Insieme ***


Londra – Hotel Royal Lancaster
Oscar guardò di nuovo il panorama di Hyde Park e sospirò. Di Fersen si poteva dire tutto, ma aveva sicuramente dello stile. Dopo un breve soggiorno a Glastonbury per aspettare che Andrew si rimettesse un po' in salute, erano rientrati nella capitale. Ad attenderli alla stazione ferrovia di London Victoria c’erano Mary, la nonna di Andrew e Jeanne Valadier, venuta direttamente da Parigi.
La vecchia Mary aveva accolto il nipote dandogli uno schiaffo e gridando che non si doveva sparire nel nulla senza nemmeno avvisare. E un altro schiaffo per aver messo, testualmente: “In pericolo una meravigliosa ragazza che ha avuto il solo torto di seguirti nelle tue sciocche scampagnate” e aveva abbracciato lei in una morsa d’acciaio accarezzandogli la schiena. Poi l’aveva guardata negli occhi – De Jarjayes…E’ un cognome ugonotto? (n.d.a.: gli ugonotti erano i protestanti calvinisti francesi; dopo l’Editto di Fontainebleau del 1685, che dichiarava illegale il protestantesimo in Francia, un numero enorme di loro emigrò verso i confinanti paesi protestanti, tra cui, appunto, l’Inghilterra) –
Quando Oscar gli aveva detto che era francese e cattolica la vecchia aveva stretto le labbra e l’aveva abbracciata di nuovo: - Coraggio, piccola! Non è poi così grave! –
Jeanne, invece, da buon avvocato, aveva mosso letteralmente l’ambasciata britannica a Parigi e quella francese a Londra per avere sue notizie, arrivando a minacciare velatamente le autorità inglesi di una guerra se non avessero trovato e protetto “La grande Oscar François de Jarjayes”. Oscar accarezzò il davanzale della grande finestra panoramica e sospirò. Sentì una presenza accanto a sé, si girò e vide Jeanne, in completo nero, mettersi al suo fianco. L’avvocato strinse le labbra – Però! Questi hanno soldi, non c’è che dire…Forse posso trovare un appiglio per fargli causa, visto quello che ti è successo –
Lei sorrise; evidentemente il lupo perdeva il pelo, ma mai il vizio e Jeanne ne era la riprova. Nello sguardo di quella che, nel ventunesimo secolo, era la sua più cara amica, poteva vedere il volto di Jeanne de Valois. Anche a lei, quindi, era stata data un’altra possibilità e, tutto sommato, se la stava cavando egregiamente. Jeanne si voltò verso di lei: - Si può sapere che hai Rose? Da quando sei tornata da quel posto…Glastonbury…Alle volte mi guardi come se mi vedessi per la prima volta in vita tua –
Oscar sorrise di nuovo. Jeanne era l’unica, oltre ai suoi genitori, che la chiamava ancora con il suo vecchio nome. E poi era difficile spiegarle che si erano già conosciute, in un’altra vita e in un’altra epoca e che non era andata molto bene tra di loro. Le mise una mano sulla spalla – Sono felice che tu sia qui…Amica mia –
Jeanne sorrise – Anch’io – disse solo. Si sentì un lungo ronzio e Oscar prese il ricevitore dall’apparecchio su un tavolino in mogano. Disse solo un “Va bene” e poi guardò di nuovo Jeanne – E’ Andr…Andrew. Sta salendo –
Jeanne alzò il mento – Si, interessante il tuo storico! Da quando la Historical Research è andata agli onori delle cronache con l’inaugurazione della mostra di quella…Buda…Budec… -
Oscar strinse le labbra – Boudicca –
L’altra fece una smorfia stizzita – E io che ho detto! Comunque…Al di là delle ombre sul suo proprietario e fondatore, questo Alexander Fersen che sembra sparito nel nulla, la società è sulla bocca di tutto il Regno Unito e non solo. Sembra che il tuo Andrew abbia un posto in prima fila. Tienitelo stretto! –
In quel momento la porta si aprì ed entrò Andrew con una sacca a tracolla. Sorrise – Oscar…Avvocato Valadier. E’ un piacere vedervi. Vi cercavo proprio tutte e due – disse e prese una cartellina gialla dalla sacca. La porse a Jeanne – Avvocato, questa è una proposta di collaborazione permanente con la Historical Research Foundation ltd per Oscar de Jarjayes. Immagino che, come suo legale, vogliate dargli un’occhiata. C’è l’originale in inglese e la traduzione in francese. A tal proposito ci siamo permessi di mettervi a disposizione una sala presso la nostra sede visto che il nostro presidente pro tempore, il dottor Saxton, vorrebbe parlare con voi. A seguito del successo con la scoperta della tomba di Boudicca sono molti i privati ed anche i governi che stanno chiedendo i nostri servigi di indagine storica e quindi…Vorremmo aprire una filiale all’estero e, visto che abbiamo qui la dottoressa de Jarjayes, vorremmo che fosse proprio in Francia…Il nostro vecchio capo aveva a disposizione un plotone di avvocati qui a Londra, ma perché non rivolgerci ad uno dei migliori legali di Parigi? Ovviamente anche voi collaborerete in pianta stabile con noi. Ma Alan, il dottor Saxton, vi spiegherà tutto. La macchina con cui sono arrivato vi sta aspettando, se accetterete. E’ una Bentley con autista e un fornitissimo piano bar. Fersen, ovunque sia, non badava ma a spese –
Jeanne rimase a bocca aperta e prese la cartella. La guardò e poi guardò Andrew e Oscar sorridendo – Io…Ma certo! Beh! Dovrò lasciar stare il caso che sto seguendo con il mio collega Nicolas. Oh, che diamine! Questo è meglio del commercio di diamanti dall’Africa! – piegò la testa a destra e a sinistra facendo scricchiolare i muscoli del collo e poi annuì – Allora vado! Rose, mi raccomando, non fare nulla che io non farei. E se dici qualcosa che riguarda gli affari…Registra tutto! – disse e se ne andò.
Andrew sorrise e tentennò – Jeanne…Questa versione di Jeanne de Valois mi piace molto, te lo devo dire –
Oscar annuì – Anche a me. E da molti anni. Lei e sua sorella si vogliono molto bene…Ma…Stavo per dire che la conoscerai presto, ma tu sai già chi è Rosalie –
Lui annuì – Conoscevo una Rosalie, Oscar. Come conoscevo una Jeanne e un Bernard Chatelet la cui versione moderna sta per pubblicare un ampio articolo sul “Metro” (n.d.a.: maggiore quotidiano inglese) su Fersen e le sue luci e ombre, soprattutto queste ultime con i viaggi in una località della Polonia del Sud del suo prozio durante la Seconda Guerra Mondiale e i rapporti intimi con una esponente dell’alta borghesia canadese imparentata con una famiglia sospettata di rapporti con la mafia russa e attualmente in prigione per bancarotta fraudolenta con il marito –
Oscar strinse le labbra – Mmm…Abbastanza completo come quadro –
Lui divenne serio – Ti ha chiamato? –
Lei tentennò – No. Nessun contatto, per ora. Sappiamo che perlomeno Morgana è sopravvissuta ma… -
Andrew appoggiò la sacca su una elegante sedia e sospirò – Hai qualche idea di come siamo riusciti a fuggire da Avalon? –
Oscar incrociò le braccia sul petto – Credo…Credo che abbia deciso tutto l’Isola Sacra. Del resto quel luogo si è sempre comportato come una cosa viva. Anni e anni fa ha deciso che io sarei dovuta essere il suo ultimo campione e in quest’epoca…Beh! Come hanno detto Viviana e Morgana, l’isola aveva terminato il suo compito e la sua energia si stava esaurendo. Con le sue ultime forze, supportate, senza falsa modestia, dal mio sacrificio volontario, Avalon ci ha letteralmente espulso da quella dimensione e ci ha lanciato di nuovo in questo mondo…O almeno così voglio credere. Anche se… -
Lui socchiuse gli occhi – Artù…Non sappiamo se anche il Re sia in salvo –
Oscar sospirò – Non lo so…Ha…Ha dormito per più di mille anni e torna in un mondo che non è più il suo…Come… -
Andrew sorrise – Per la miseria! Se mai è vivo e vegeto ha tre sorelle che si occupano di lui e una…E’ la Fata Morgana, per gli dei dell’Annwn! –
Fu lei a sorridere, si avvicinò e gli mise una mano sul petto – Come stai? –
Andrew scrollò le spalle – L’ematoma sparirà e con quello il dolore…Con calma…E Fersen…Io credo…Credo che sia vivo, ma bloccato ad Avalon. Se l’isola ha deciso, con il tuo sacrificio, di salvare noi, si può dedurre che possa aver trattenuto lui e i suoi uomini laggiù. Ed è una fine che non augurerei a nessuno –
Oscar rabbrividì, ma sentì subito il caldo della mano di Andrew sulla sua. Lui avvicinò il volto – E grazie…Grazie per aver voluto sacrificarti per me e per averci salvato tutti – disse e la baciò sulla fronte. Lei annuì e appoggiò la testa sul suo petto – Te ne rendi conto, Andrew…André? Da oggi inizia una nuova vita per noi. Il destino non è più di battaglia e di morte, ma di vita….Di vita insieme…Oh! Quel giorno di secoli fa in Normandia è stata…E’ stata la cosa migliore che potesse mai capitarci: un mondo con te, con una Jeanne buona che ama Rosalie, con Bernard che riesce a diventare un grande giornalista e Alain, tua nonna, i miei genitori…Avalon non ci ha dato solo un’altra possibilità, ma un’altra vita, un’opportunità per essere migliori– disse e lo guardò – E per prima cosa voglio che tu ti operi a quell’occhio! E’ un ordine! –
Lui sorrise – Obbedisco, comandante! Ma c’è un’altra cosa… -
Oscar aggrottò la fronte e lo vide prendere qualcosa dalla sacca. Le porse un oggetto rettangolare che si rivelò essere un piccolo computer portatile. André lo appoggiò su un tavolo e lo aprì: apparve una schermata azzurra con una piccola finestra. Lui sospirò – Quando io e Alan abbiamo preso possesso dell’ufficio di Fersen abbiamo subito fatto togliere il quadro del prozio Gustav e dietro…Dietro abbiamo trovato una cassaforte che abbiamo forzato e dentro c’era questo. Non ho la minima idea di cosa sia, ma uno dei nostri esperti l’ha visionato e ha detto, non chiedermi come, che si tratta di un computer che non è mai stato connesso alla rete, quindi usato solo come archivio e che dispone di un particolare sistema di accesso: la vedi quella finestra? E’ la richiesta di una password e c’è l’avviso che, in caso anche di un solo errore nell’immissione, farà cancellare l’intero hard disk –
Oscar si piegò sul terminale – Un software sofisticato…Ma forse… - disse e guardò lui che aggrottò la fronte. Lei strinse le labbra – Posso? –
André inarcò le sopracciglia e non disse nulla. Oscar fece scorrere le dita sulla piccola tastiera e compose una frase: “Everything to you guides me”, ma aggrottò la fronte. Quella famosa frase, che aveva letto anche nello stesso studio di Fersen, era stata scritta in un’altra lingua e sperò di ricordare un po' del suo italiano: “Tutto a te mi guida”. Inspirò a fondo e schiacciò il pulsante di invio. Dopo qualche istante lo schermo del computer cambiò colore ed apparve la schermata iniziale che non mostrale, come spesso accadeva, le icone dei programmi, ma solo un unico file al centro.
André si avvicinò e sorrise – Va bene…Vediamo quanto è profonda la tana del Bianconiglio (n.d.a.: personaggio di “Alice nel Paese delle Meraviglie”) –
Il file era un semplice foglio di calcolo con nomi, numeri e cifre e sembrava molto lungo. André aggrottò la fronte – Ma cosa… -
Oscar strinse le labbra – Credo di sapere cosa sono: nomi di banche e coordinate bancarie e anche chiavi accesso a conti correnti. Guarda i nomi: tedeschi, francesi, inglesi…Ecco… - guardò lui a bocca aperta – Sono i conti correnti in cui è stato depositato del tesoro di Gustav Von Fersen e sono sicuro che riguardano tutti istituti che hanno sede in paradisi fiscali –
André sospirò – E sono cifre molto alte! Evidentemente Gustav ha scelto bene dove depositare quello che ha rubato ad Auschwitz. Con gli interessi di decenni si è fatto un bel gruzzolo…E…E questo è il tesoro della Historical Research…Molto probabilmente tutti i cospicui finanziamenti di cui Fersen disponeva…Venivano da questi conti –
Oscar e lui si guardarono. Quei conti non erano nominativi e in quel terminale c’erano tutte le istruzioni per accedervi. Inoltre, non avendo mai connesso il computer alla rete, era impossibile per un hacker violarne il segreto. Lei deglutì: in quella fredda pagina c’erano le vite di decine, forse centinaia di persone uccise in modo atroce e che non avevano più un proprietario o un erede. Si guardarono di nuovo e Oscar chiuse con uno scatto il computer, lo prese e lo portò in bagno. Lo mise dentro la vasca, chiuse lo scarico e aprì l’acqua.
André si avvicinò e sorrise abbracciandola – Brava! – disse solo ed osservarono insieme l’acqua coprire il computer. Oscar chiuse il rubinetto e poi, con André, tornarono nel soggiorno.
Lui l’abbracciò e l’attirò a sé – Sono fiero di te! –
Lei sorrise – E io di te, mio cavaliere – disse piano. I loro volti si avvicinarono, ma, proprio in quel momento, si sentì di nuovo il ronzio del telefono. Oscar sospirò e andò a rispondere: - Si…Si, sono Oscar de Jarjayes. Passatemi la chiamata! Buongiorno…Io…Si…Beh… - guardò André – Oh! Lui è qui con me…Ma…Certo… - disse e agganciò il ricevitore.
Lui aggrottò la fronte e lei sorrise debolmente – Io…Io e te….Era l’impiegata di un avvocato…Siamo stati convocati da un avvocato di…Di Great Scotland Yard…Dico davvero! Dobbiamo andarci insieme. Ti hanno cercato alla sede della Historical Research, ma non ti hanno trovato e…Che cosa strana! –
André strinse le labbra – Oh! Non è molto distante da qui, è una via perpendicolare di Whitehall, dove ci sono numerosi edifici governativi. Se dobbiamo andarci insieme…Andiamoci! –
 
Londra - Whitehall
Poco dopo Oscar e André raggiunsero la Great Scotland Yard, la strada che aveva dato il nome alla sede della polizia londinese, da Whitehall e, come da istruzioni che aveva ricevuto lei, entrarono in un'altra strada interna che portava, a sua volta, in una corte isolata. Sulla porta del fabbricato c’era una targa in ottone: “Maximilian De La Pière – Avvocato”. Oscar strinse la tracolla della sua sacca e deglutì – Ma…Maximilian…De La Pière…Che suona come… -
André tentennò – Si…Come quel Saint Just…O Justsaint….Non c’è che dire! Ci sono quasi tutti! In ogni caso questo è davvero un nome ugonotto –
Oscar suonò il campanello e una segretaria in completo grigio gli aprì. All’interno lo studio era rivestito in legno scuro che dava una strana e soffocante sensazione. Non si sentiva parlare e gli unici rumori erano quelli delle dita sui tasti delle macchine e qualche colpo di tosse. La donna li fece accomodare in un grande ufficio e indicò due poltrone di fronte ad una grande scrivania in legno con sopra una grossa cartella grigia.
Oscar, però fu attratta dai quadri alle pareti. In uno c’era una scena macabra: un uomo in ginocchio di fronte a un ceppo con accanto, in piedi, il boia che teneva una mannaia. Deglutì e guardò la targa in metallo, ma fu André a parlare: - Carlo I Stuart, il Re inglese che venne decapitato proprio qui a Whitehall dopo la fine della guerra civile con il Parlamento, nel 1649…Avvenimento che poi spianò la strada a Oliver Cromwell che si nominò Lord Protettore d’Inghilterra e instaurò un… -
Oscar strinse le labbra – Un regime di Terrore… - disse e guardò un altro quadro: poteva vedere chiaramente la forma inconfondibile della ghigliottina con la lama obliqua sollevata e pronta a calare sul collo di un uomo dai capelli bianchi. Lesse la targa e sospirò – La morte di Luigi XVI del 1793 –
Il quadro successivo, poi, raffigurava l’interno di un teatro e un uomo in nero, con la barba, a braccia aperte, mentre veniva colpito al petto da un colpo di pistola tenuta da un uomo con i baffi. André piegò la testa di lato – Abraham Lincoln…Il suo omicidio nel 1865 ad opera di John Wilkes Booth…Ma cosa…Non mi sembrano adatti ad uno studio di avvocato –
Sentirono un colpo di tosse alle loro spalle: - E non lo sono! – disse una voce chiara e forte – Servono semplicemente a ricordarci che il potere politico non viene da Dio, ma è un diritto e dovere che viene dagli uomini e, per chi ne abusa, quella è la fine che si merita –
Oscar e André fissarono un uomo alto dai capelli castani con spruzzi bianche vicino alle tempie. Il suo volto era duro e i suoi occhi, come quelli dell’agente Justsaint, glaciali. L’uomo si inchinò – Permettete…Maximilian De La Pière. Mi dispiace che quei quadri vi abbiano turbato, mademoiselle de Jarjayes, ma dopotutto voi francesi, che avete ideato quella macchina – disse indicando il quadro con la ghigliottina – Dovreste essere d’accordo con le mie parole. La massima punizione per chi abusa del suo potere! – disse e si sedette dietro la scrivania – Sapete cosa disse Booth dopo aver colpito a morte Lincoln? “Sic semper tyrannis”! La frase che Bruto disse a Cesare accoltellandolo: così sempre ai tiranni! –
Oscar socchiuse gli occhi – Perdonatemi…Non sono un’esperta di storia americana, ma non credo che Lincoln possa essere considerato un tiranno –
L’avvocato raddrizzò le spalle e alzò il mento – Chiunque abbia una qualsiasi sorta di potere è, piaccia o no, un tiranno! C’è solo una categoria di persone che sono degne di governare una Nazione e sono quelle che possiedono un’unica sola e grande qualità –
André strinse le labbra – Quella di essere…Incorruttibili? –
De La Pière sorrise con un ghigno – Precisamente! Incorruttibili dal denaro, dal potere, dalla gloria. Il mondo sarebbe migliore se persone così lo governassero…Oh! Ma perdonatemi…Prego…Accomodatevi. Temo che ci vorrà un po' di tempo…Sempre se accetterete –
Oscar e André si sedettero sulle poltrone e si guardarono negli occhi, poi si rivolsero all’avvocato. Quest’ultimo aprì la grande cartella e tirò fuori una busta di plastica trasparente con un mazzo di grandi chiavi arrugginite che sembravano uscite dal passato. Prese un plico di documenti e poi li guardò: - Quindi…Voi siete Oscar François de Jarjayes e Andrew Great, vero? Fortunatamente vi abbiamo trovato insieme. Comunque…Vi abbiamo convocato in due perché queste erano le istruzioni, ma c’è una donazione di immobile che è solo per Miss de Jarjayes –
Oscar rimase a bocca aperta – Una…Una…Cosa!? –
De La Pière la guardò – Una donazione – ripeté – Immagino che conosciate Lady Morgan Drakehead –
A quel nome Oscar e André sobbalzarono. L’avvocato sorrise – Lo prendo per un si! Ad ogni modo, ho sentito Lady Drakehead qualche ora fa e… -
Oscar si piegò in avanti – Lady…Morgan…Sta bene? Possiamo vederla? –
De La Pière aggrottò la fronte – Lady Drakehead mi ha solo comunicato di procedere con questa pratica, ma null’altro…Ora…Questa documentazione è stata preparata da diverso tempo…Sempre se accetterete…Dunque…Come dicevo: Lady Morgan, con la sua famiglia, è a capo di vero e proprio impero finanziario, con molte società collegate e controllate, ma ce n’è una che è stata creata solo ed unicamente per la conservazione e il mantenimento di un immobile. Tale fabbricato si trova in Francia…A Versailles o lì vicino se non sbaglio… - disse e prese un foglio piegato, lo aprì e appoggiò una mappa di fronte a loro – Un vecchio palazzo nobiliare il cui nome è… - aggiunse sfogliando alcune pagine – Oh! Certo! Si chiama come voi! Palazzo de Jarjayes! –
Oscar sentì il cuore rallentare i battiti e la pressione calare di colpo. Pallida come un cencio si risedette. André aggrottò la fronte, passò lo sguardo prima su De LA Pière, poi su di lei e le prese la mano – Ma…Come… -
L’avvocato annuì – Se avrete la bontà di ascoltare il resto…Lady Drakehead, quale unica proprietarie e unica rappresentate della società Rqrf ltd, ha deciso di donare la proprietà di questo bene a voi e non solo… - sfogliò altre pagine e passò una mano sulla cartella – Ha provveduto a lasciarvi una somma di denaro per la sua ristrutturazione anche perché credeva che ne avreste preso subito possesso. Qui c’è tutto uno studio sul recupero dell’edificio e… - disse e prese una piccola busta gialla – Qui c’è anche una chiavetta USB con tutto il rilievo fotografico delle strutture e degli esterni del palazzo. Il computo delle opere di ristrutturazione è stato calcolato in modo molto accurato, ma la somma che Lady Drakhead vi da, oltre all’edificio, lo copre più che abbondantemente e le dovrebbe avanzare un congruo capitale per mantenere la struttura –
Oscar sentì le lacrime agli occhi e guardò André. Lui sorrise e guardò l’avvocato – E…Perché ci volevate qui in due? –
L’altro scrollò le spalle – Lady Drakehead ha una donazione anche per voi, ma non si tratta di un palazzo, ma di un bene mobile, molto più piccolo – disse e si alzò, andò ad un grande armadio e ne aprì le ante. Prese un grande e lungo astuccio in velluto rosso e lo appoggiò sulla scrivania di fronte ad André – Prego. Apritelo pure –
André, con la fronte aggrottata, schiacciò i bottoni della chiusura e aprì il coperchio. Rimase a bocca aperta vedendo una lunga spada, lucida come appena uscita dalla bottega di un fabbro. L’elsa era di cuoio nero e il pomolo era un uccello ad ali aperte. De La Pière sorrise e prese un’altra busta gialla – Anche se non si direbbe è una spada molto antica. In condizioni più che perfette! E’ stata fatta autenticare e valutare da un esperto della Sotheby’s Auction House di New Bond Street, qui a Londra, che ne ha verificato e sottoscritto l’autenticità –
Aprì la busta e tirò fuori un documento – Risale all’incirca al IV Secolo dopo Cristo ed è un pregevole esempio di manifattura britannica dopo la fine della dominazione romana. Secondo la sua proprietaria è appartenuta ai signori di Tintagel, in Cornovaglia – prese due cordicelle ai lati del morbido tessuto dove era appoggiata la spada e la sollevò di poco – Sotto c’è anche il fodero: in pregiato legno di quercia dipinto di nero, anch’esso, incredibilmente, dell’epoca con intarsi in metallo e decorazioni a spirale, tipiche dell’arte celtica. La valutazione è stata fatta sempre da Sotheby’s e, considerato il pregevole stato di conservazione e la presenza del fodero, si aggira su…Quasi un milione di Sterline! Che sono circa…Poco più di un milione e centomila Euro…La cifra esatta è comunque indicata nella documentazione –
André passò la mano sulla lama, perfettamente lucida ed affilata – La sua spada…Me l’ha affidata…Come…Come ad un vero scudiero – disse piano e guardò Oscar che, ancora pallida, respirava lentamente. Lei si piegò ancora in avanti – Io…Vorrei… -
De La Pière di risedette e incrociò le mani sulla scrivania – Comprendo…Prima di entrare nei dettagli…Voglio solo dirvi che tutte le spese per i passaggi di proprietà e le mie sono a carico di Lady Drakehead –
Oscar fece una smorfia – Non è questo! Voglio…Esigo di sapere dove si trova Morg…Lady Drakehead, come sta e…E con chi è ora –
L’avvocato aggrottò la fronte – Io…Ho sentito Lady Morgan in video conferenza e mi sembrava che stesse bene. Sul dove si trovi ora…Sinceramente non lo so, ma anche se lo sapessi, non posso dirvelo –
Oscar si avvicinò ancora di più – Voi…Voi non capite…Io…Io devo sapere dove…Come… -
De La Pière strinse le labbra – Mademoiselle de Jarjayes…Molte persone, nella vostra condizione, accetterebbero quello che gli viene donato senza pretendere nulla, ma, ve lo ripeto, non posso rispondere quello che non so e, lo ripeto ancora, anche se lo sapessi, non sarei tenuto a dirvelo –
Lei strinse i pugni, come se volesse colpirlo, ma non disse nulla. L’avvocato sospirò – Ad ogni buon conto, mademoiselle de Jarjayes, il mio tempo non è infinito. Volete accettare o no quello che vi viene donato? –
 
Dopo qualche ora passata a leggere e firmare documenti, Oscar e André uscirono di nuovo in strada. Lui alzò la mano a coprirsi gli occhi dal riverbero del sole – Certo che l’avvocato dovrebbe tenere più luci in quello studio! Beh! E’ stato gentile, però, a farmi spedire la spada alla sede della Historical Research. Non mi sentirei tranquillo con un milione di sterline sotto braccio…Io…Oscar…Hai… -
Lei aveva fatto qualche passo avanti e si era fermata. Stava serrando i pugni fino a farsi diventare bianche le nocche. André si avvicinò con la fronte aggrottata. Per tutto il tempo in cui De La Pière gli aveva fatto firmare i documenti non aveva aperto bocca. Allungò una mano e lei si girò di scatto – Quella…Quella strega! Maledetta! Come…Come ha…Si è salvata! Come noi! Dopo tutto questo tempo…E non si è degnata nemmeno di farsi vedere! La Duchessa! –
André aggrottò la fronte – Oscar…Quella donna ti ha appena donato…Regalato, se vogliamo, l’antico palazzo dei de Jarjayes. Il tuo palazzo, la tua casa –
Lei gli puntò un dito contro – Si! Per…Per l’appunto…E…E la vorrei ringraziare…O prenderla a pugni…Ma…Oh! Rqrf ltd: “Rex Quondam Rexque Futurus”, il nome della società…Dovevo immaginarlo…Oh! Ma perché non è qui? –
Lui tentennò e, lentamente, rientrarono nella Whitehall. Oscar si fermò e mise una mano nella sacca tirandone fuori la busta trasparente con le chiavi. Era talmente arrabbiata con Morgana che non aveva compreso appieno quello che era successo. Sospirò e tentennò. Sorrise debolmente e guardò André: - La casa di Oscar…La nostra casa…Quella dove siamo cresciuti…E quella dove vivremo…Quella…Quella strega…Oh! Lo so che dovrei abbracciarla e ringraziarla, ma adesso sento solo il folle desiderio di strangolarla! –
André sorrise e si avvicinò – La tua vera io si sente defraudata da lei. In un certo qual modo avresti voluto tornare in possesso di quel palazzo con i tuoi mezzi, anche sapendo che, in quest’epoca, era praticamente impossibile –
Oscar tentennò. Erano molti i sentimenti che si stavano accavallando dentro di lei. Alla fine sospirò di nuovo – Non c’è tempo per arrabbiarsi o essere felici, adesso. C’è una cosa che dovevo fare anni e anni fa e che devo fare assolutamente qui ed ora! –
Lui aggrottò la fronte e lei, lentamente, piegò una gamba e si inginocchiò. Alzò gli occhi a guardarlo mentre anche i passanti si fermavano incuriositi: - André Grandier…Io, Oscar François de Jarjayes, ti chiedo di diventare mio compagno e sposo per il resto della nostra vita – disse e alzò una mano.
André rimase a bocca aperta senza dire nulla. Fu un passante a scuoterlo: - E ci stai anche a pensare!? Io mia moglie ho dovuto metterla incinta per farmi sposare! – gridò.
Si sentì il mormorio di una folla che, intanto, si era radunata intorno a loro. Una vecchia gli puntò contro la punta di un ombrello nero – Senti, ragazzo, se una donna ti fa una proposta del genere, la cosa più normale che dovresti fare è accettare senza perderci tempo –
Lui scosse il capo e gli prese la mano – Ma certo! Certo…Certo che voglio diventare il tuo compagno e tuo marito…Lo voglio! –
Oscar si alzò e si abbracciarono circondati dagli applausi della gente. A un certo punto partì un grande coro che diceva: “Kiss! Kiss! Kiss!”. André avvicinò il volto a quello di lei e sorrise – Li senti? Il popolo vuole che ci baciamo –
Oscar annuì – E allora…Facciamo quello che vuole il popolo – disse e si baciarono.

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Capitolo 15
*** Oscar e André ***


Versailles – Palazzo de Jarjayes
Finalmente il grande giorno era arrivato. Quando lei e André avevano lasciato la Gran Bretagna per la volta del Continente, erano entrambi emozionati. E il ritorno all’antica dimora della famiglia de Jarjayes li aveva riempiti di ricordi della loro vita passata. Il grande viale alberato c’era ancora, con le sue grandi e verdi querce ombrose e li aveva condotti direttamente al grande cancello. Le guardie, dopo un rapido, ma meticoloso controllo dei loro documenti, avevano spalancato le ante e li avevano fatti entrare.
All’esterno il palazzo stava lentamente, ma inesorabilmente, cadendo a pezzi con erbacce che crescevano persino sulle pareti. Gli infissi erano chiusi con assi di legno e l’interno della grande fontana era completamente occupato dal terriccio. Oscar sapeva che gli ultimi occupanti erano stati i soldati di un reparto dell’esercito tedesco nel 1944 che lo avevano in parte saccheggiato. Dopo la guerra era stato chiuso e più nessuno vi aveva mai messo piede.
L’interno non era meglio dell’esterno con piccioni che svolazzavano indisturbati tra le sale. Non si era persa d’animo e aveva salito di corsa le grandi scale, seguita da André per andare a vedere le sue stanze. Quella che era stata la sua camera era completamente spoglia, con un pavimento coperto dagli escrementi di piccione e un soffitto scrostato e cadente. Rimase lì, al centro della stanza, con le lacrime agli occhi e sentì una mano sulla spalla. André sorrise – Beh! C’è molto lavoro da fare. Ma lo sistemeremo –
Lei tirò su con il naso e sorrise, gli prese la mano e lo guardò – Certo che lo sistemeremo –
 
I lavori erano iniziati sotto la supervisione di un giovane architetto donna: Rosalie Valadier, la sorella di Jeanne. La grande disponibilità di denaro messa a disposizione da Morgana aveva fatto procedere i lavori alacremente, pur con le molte lungaggini burocratiche. Oscar e André si presentavano quasi ogni giorno nel cantiere per decidere come eseguire i lavori, al fine di renderlo il più possibile somigliante a quello che avevano abbandonato anni e anni prima. Durante una di quelle visite furono chiamati da un operaio che, nelle cantine, aveva trovato qualcosa di interessante. Si trattava di un antico tavolo, molto probabilmente risalente alla fine del XVIII secolo, di forma circolare. Oscar aveva sorriso nel vederlo e aveva insistito per farlo restaurare e metterlo nella sala da pranzo padronale.
Considerando che il palazzo era fin troppo grande per loro, Oscar e André decisero di adibire un’ala alla sezione francese della Historical Research con uno studio per Jeanne che ne sarebbe stata la rappresentante in Francia e alcuni locali al laboratorio di architettura di Rosalie. E, dopo mesi e mesi di preparativi, il matrimonio si sarebbe celebrato proprio nel grande salone.
 
E quando venne il giorno, Oscar si guardò allo specchio. Avrebbe preferito un abito da sposa meno tradizionale, con pantaloni e giacca bianchi, ma sua madre e suo padre, per non parlare della nonna di André, avevano insistito. Sospirò e si sistemò le pieghe ondulate della lunga gonna. Sentì dietro di sé la porta aprirsi e vide nel riflesso Jeanne, in un delizioso completo verde pastello, che si avvicinava. L’avvocato sorrise – Stupenda! Sei dunque pronta? Tua madre sta piangendo e tuo padre…Beh! Il colonnello della Legione, in alta uniforme, sta girando per le cucine ed il buffet dando ordini a destra e a sinistra…Sai…Credo che in fondo sia orgoglioso! Una volta mi ha detto che non avrebbe mai creduto che tu ti sposassi… -
Oscar sospirò. Una cosa che non era mai cambiata era il rapporto di amore e odio con suo padre. Beh! Di certo avrebbe avuto molto tempo per recuperarlo. Quando aveva dato ai suoi genitori la notizia che il palazzo dei de Jarjayes sarebbe tornato nelle proprietà della famiglia al vecchio soldato era quasi preso un colpo. Si era dovuto sedere su una poltrona e sua madre gli aveva persino misurato la pressione, trovando la minima a 95. Su tutto, però, aleggiava uno spettro, lo sapeva, quello di Morgana, a cui doveva tutto quello che stava accadendo.
Guardò Jeanne – L’hai trovata? –
L’altra strinse le labbra e tentennò – Ho cercato in ogni dove…Ovunque si facesse il nome di Morgan Drakehead, ma non si trova. Ho lasciato dei messaggi per lei alla direzione di ogni società a cui fa capo e di cui conosciamo l’esistenza, ma è come sparita nel nulla –
Oscar sospirò di nuovo, poi sorrise debolmente – Va bene…Non importa! Oggi è il grande giorno, amica mia – disse e gli mise le mani sulle spalle – Jeanne…Sono felice…Sono felice di vedere che sei…Che sei come sei…Ora –
Jeanne aggrottò la fronte – Va…Bene…Siamo tutti contenti! –
L’altra sorrise e l’abbracciò – Grazie –
Jeanne rimase per un attimo sorpresa e poi rispose al suo abbraccio – Coraggio…Non vorrai mica far aspettare i tuoi ospiti…Oscar –
Oscar si svincolò, si mise di fianco a lei e la prese per il braccio – E andiamo! Verso una nuova vita! –
 
La giovane donna in abito rosa aggrottò la fronte. Si piegò in avanti e spostò leggermente il vaso sul tavolo di fronte a lei. Sentì un rumore metallico al suo fianco e si girò per vedere un uomo con una vecchia macchina fotografia che la stava immortalando. Sbatté le palpebre e guardò il bel volto della persona in abito scuro. Lui sorrise – Perdona…Me…Io…Ecco…Sapere… -
Lei sorrise – Siete inglese. Non preoccupatevi, parlate pure come volete. Siete ospite del dottor Great, immagino, mi chiamo Rosalie, Rosalie Valadier –
Lui annuì – Piacere. Mi chiamo Bernard Castle. Sono un giornalista….E, si, sono stato invitato da Andrew…Dal dottor Great –
Rosalie annuì e gli porse la mano – Piacere, Bernard. Stavo controllando gli ultimi dettagli, sono un architetto e sono stata io che ho curato la ristrutturazione del palazzo dei de Jarjayes. E voglio che sia tutto perfetto per il matrimonio –
Lui annuì – Splendido! E’ un palazzo splendido! Vorresti…Vorresti farmelo vedere? –
Lei sorrise debolmente – Ma certo, Bernard –
 
André si sistemò il papillon sul colletto e sospirò. Si guardò in un grande specchio alla parete e si controllò l’occhio sinistro. Era da poco uscito dalla convalescenza a seguito dell’operazione che aveva sempre, per un motivo o per l’altro, procrastinato e vedeva discretamente. Sorrise nel vedere avvicinarsi Diane. Si abbracciarono e si baciarono sulle guance. Lei gli sistemò il colletto – Va così! Devi essere regale –
A loro si avvicinò Alan e André rimase di sasso al solo vederlo; abbassò lo sguardo – Alan…Un…Indossi un kilt (n.d.a.: indumento maschile che consiste in un pezzo di stoffa arrotolato alla vita, tipico della Scozia) –
L’altro sorrise – Beh! Perché dovrei fare a meno di mostrare la bellezza delle mie gambe a queste francesi? –
André deglutì – Alan…Tu sei di Birmingham…Sei più inglese della birra calda (n.d.a.: in realtà gli inglesi bevono birre a temperature più elevate (10°-14°) perché così si crede che si valorizzino sapori più fugaci rispetto ai prodotti di altre nazioni). Quando un nostro collega ci ha invitato a vedere Braveheart nel suo appartamento nell’East Ham (n.d.a.: quartiere londinese) ti sei presentato con la maglia della nazionale inglese e ci hai scritto sopra con un pennarello nero: King Edward rules (n.d.a.: Re Edoardo vince. Il film Braveheart, di e con Mel Gibson, racconta la vita e le gesta dell’eroe indipendentista scozzese William Wallace; il Re d’Inghilterra Edoardo I Plantageneto è il cattivo che alla fine sconfigge l’eroe) –
Alan sorrise divertito – Sottigliezze, amico mio. Sapessi quante belle francesi ho già adocchiato…Comunque…Tu e la bella Oscar siete dei lavoratori indefessi: so che farete il viaggio di nozze a Roma, per una visita agli Archivi Vaticani per quell’incarico che ci ha dato la Santa Sede –
Diane gli spolverò la spalla – E poi, al rientro, vi fermerete, sempre per conto della Historical Research, in un paesino del Sud della Francia, Rennes-le-Chateau (n.d.a.: piccolo paese di 87 abitanti nel Dipartimento dell’Aude, quasi al confine con la Spagna, teatro della misteriosa vicenda dell’Abate Sauniere e, secondo le leggende, luogo dove è nascosto il tesoro dei Visigoti, razziato da Roma nel 410 d. C., tra cui sembra che ci sia anche la Sacra Menorah, il grande candelabro d’oro massiccio a sette braccia simbolo dello Stato Ebraico, portato a Roma come spoglia di guerra dall’Imperatore Tito nel 70 d. C. dopo aver distrutto il Tempio di Gerusalemme. Secondo altri è luogo di sepoltura di Maria Maddalena in fuga dai romani e secondo altri ancora è il luogo dove è stata nascosta nientemeno che la mitica pietra filosofale)…Impegnativo anche questo –
André annuì – Oh! A Rennes-le-Chateu abbiamo solo l’incarico di mettere in ordine la vecchia biblioteca di Padre Sauniere. Sarà solo ed unicamente un viaggio piacevole! –
Alan sorrise e gonfiò il petto – E grazie…Grazie per aver proposto il mio nome alla guida della società. Oh! Lascia che ti presenti il nostro ultimissimo acquisto. E’ una storica eccellente – disse e indicò Diane.
André sorrise e lei scrollò le spalle – Ho deciso di seguire definitivamente la mia passione per la Storia – disse e lo prese sottobraccio – E poi, visto che i misteriosi canali di finanziamento di Fersen si sono interrotti…Dovremo lavorare sodo e non vivere sull’onda della Regina Boudicca. A proposito…Si dice che la Regina, quella attuale, sia rimasta entusiasta della mostra e che al prossimo ricevimento a Palazzo saremo tutti invitati, anche la tua nuova moglie –
Alan sorrise – Ci pensi? Un domani: sir Alan, sir Andrew e Lady Diane… -
André annuì – E Lady Oscar… - disse piano sorridendo e poi ridivenne serio – Alan: gli Highlanders (n.d.a.: abitanti delle Highlands, altipiani montuosi del Nord-Ovest della Scozia) non indossano la biancheria sotto il kilt…Ma tu…Tu la indossi…Non è vero? –
L’altro si avvicinò e gli mise una mano sulla spalla – Se i festeggiamenti vanno come devono andare…Credo che ce ne accorgeremo, amico mio –
 
Oscar entrò nel grande salone del palazzo e si fermò. Alzò il mento e guardò le due ali di gente come un generale guarda le sue truppe schierate per la battaglia. Avanzò a passo fermo, quasi marziale facendo risuonare i tacchi delle scarpe nel silenzio. Avvicinandosi al Ministro officiante guardò alla sua destra e vide sua madre con le lacrime agli occhi, ma sorridente. Vide suo padre, in alta uniforme della Legione Straniera, con il kepì bianco sottobraccio. Era rigido e, quando gli passò accanto, alzò il braccio destro nel saluto militare. Lei sorrise e guardò a sinistra. Per i parenti dello sposo c’era solo Mary, la nonna, che si asciugava gli occhi commossa. Guardò davanti a sé, vide Jeanne, la sua testimone, sorridente e radiosa, vide Alan, il testimone dello sposo ed ebbe un unico sussulto nel capire che stava indossando una sorta di gonna fino a sotto le ginocchia. Scrollò la testa e pensò che, in fondo, in tutta quella strana vicenda, anche un kilt scozzese non poteva mancare alla cerimonia. Poi, finalmente, guardò il suo sposo. Sorrideva ed era bellissimo, come se lo ricordava. Si mise al suo fianco e rimasero a guardarsi negli occhi. Lui annuì – Finalmente! Dopo tutto questo tempo –
Lei strinse le labbra – Dopo tutto questo tempo – ripeté piano.
Il sacerdote, di fronte a loro, sorrise e aprì il Vangelo. Si piegò verso di loro e sorrise – Siete pronti? –
Loro lo guardarono – Lo siamo! – dissero insieme.
 
Il tempo era passato velocemente. Forse troppo, per Oscar, ma i festeggiamenti erano ancora in corso. Era calata la sera e il palazzo era stato illuminato a giorno. Lei guardò in alto, sopra un mobile pregiato in una delle sale del piano terra, dove André aveva fatto mettere la spada dei Signori di Tintagel, l’arma di Morgana. Oscar ancora pensava a che fine avessero fatto la Fata, la Dama del Lago e la Regina di Lothian. E se…Se anche qualcun altro fosse uscito da Avalon….
André si avvicinò a lei e l’abbracciò alla vita – Ecco la mia sposa! Pensieri? –
Lei scrollò le spalle e sorrise – Sempre i soliti…Come procede? –
Lui annuì – Alcuni ospiti se ne stanno andando, altri restano…Bernard e Rosalie…Sono stati vicini tutto il tempo e…So che è difficile a crederci…Pure Alan e Jeanne… -
Lei sbatté le palpebre perplessa – Alain e Jeanne…Bah! Ormai non mi stupisco più di nulla! E Diane? –
André strinse le labbra – Sta ballando con un tuo cugino…Un certo visconte di Chateaubriand…Beh! Sembrano una bella coppia! –
In quel momento sentirono una presenza alle loro spalle e videro la vecchia Mary, la nonna di André. La donna non aveva mai smesso di asciugarsi gli occhi e, sorridendo, si avvicinò a loro. Prese Oscar per le mani – Ancora grazie, tesoro mio, per aver voluto sposare questo zuccone! So che faticherai a farlo rigare dritto, ma non preoccuparti, se c’è qualche problema ti aiuterò io –
André aggrottò la fronte – Nonna… -
La donna lo guardò torva – Taci! E prega Dio anche tu che questa perla di donna ti tenga, perché se ti abbandona farai bene a tenerti lontano da casa mia! – disse, ma poi posò una mano anche sul braccio di André.
Rimasero in silenzio per lunghi attimi e poi Mary sospirò – Siete…Siete una bella coppia! Oh! Ma io ero venuta a cercarvi per un altro motivo… Oscar…Sono arrivati degli ospiti…In forte ritardo…Adesso, per essere precisi. Hanno chiesto, quasi ordinato, a dire il vero, di vedervi in privato in una delle sale dell’ala opposta –
Oscar aggrottò la fronte – E chi sono? Ti hanno detto qualcosa? –
La donna aggrottò la fronte – Non molto, ma…Uno…Una di loro, a dire il vero…Mi ha messo i brividi. Sembra uscita dalle antiche leggende che mia nonna mi raccontava per farmi stare buona…Indossa abiti maschili…Tutti neri…Come i suoi capelli…E la sua pelle…E’ di un pallore spettrale! Sembra un cadavere! E ha persino i canini appuntiti, come un vampiro…Ma come fate a conoscere una persona del genere? –
Oscar sentì la testa vorticare e rimase a bocca aperta. Si avvicinò a Mary e le prese le mani stringendole. La donna rimase si sasso e la guardò impaurita. Oscar deglutì – Sono…E’…E’ nell’altra ala del palazzo? –
Mary annuì e l’altra si piegò, sollevò la lunga gonna bianca e andò avanti a passo spedito, seguita da André che guardò per un attimo sua nonna e poi seguì la sua sposa novella.
 
Oscar camminò veloce, quasi correndo, incurante che suo marito la stava letteralmente inseguendo. Entrò nell’ala del palazzo non attrezzata per i festeggiamenti e trovò quello che stava cercando. La vedeva, come l’aveva vista tempo addietro presso le rovine del castello di Tintagel, che guardava fuori da una delle grandi porte a finestra verso il giardino. Indossava un completo nero di foggia maschile, con lunghi capelli dello stesso colore e le mani intrecciate dietro la schiena. Nel riflesso Oscar vide chiaramente la sua pelle bianca e i suoi occhi chiari. La donna sorrise – Tra poco potrebbe alzarsi la nebbia…E la nebbia fa brutti scherzi. Fa perdere non solo la strada, ma anche la concezione del tempo e persino dello spazio. Tanto che viene da credere di vivere in un mondo a parte, fatato, si potrebbe dire – disse e si girò. Sorrise mostrando dei canini appuntiti – Che bel vestito, Lady Os… - non finì la frase perché un pugno sul naso glielo impedì e la fece cadere all’indietro a sedere su un divano in raso. Morgana si toccò il viso e la guardò. Oscar ansimò digrignando i denti: - Tu…Tu…Tu sei…Sei…Sei una maledetta strega! –
Si sentirono delle risate e Oscar, come André rimasero esterrefatti nell’udirle. C’erano le voci femminili di Morgause, che in effetti, con un lungo abito da sera rosso scarlatto, si avvicinò a loro e c’era Viviana, in abito bianco. Ma avevano udito anche una voce maschile.
Oscar socchiuse gli occhi e vide, su una sedia a rotelle, una figura con una grande giacca marrone. Era magro, quasi emaciato, ma aveva i capelli e la barba di un castano tendente al rossiccio, come i capelli di Morgause. La forma del volto era delicata e simile a quello di Viviana e i suoi occhi erano chiari e limpidi, come quelli di Morgana.
Oscar sentì le lacrime agli occhi. Aveva già visto quel volto, nei ricordi della Fata Morgana. Si avvicinò lentamente e provò l’impulso, irrefrenabile, di inginocchiarsi. Sollevò la gonna, mise un ginocchio a terra e piegò il capo: - Un cavaliere è devoto al valore! Il suo cuore conosce solo la virtù! La sua spada difende i bisognosi! La sua forza sostiene i deboli! Le sue parole dicono solo verità! La sua ira si abbatte sui malvagi! (n.d.a.: codice cavalleresco secondo gli antichi scritti – fonte: ifratellidellaspada.org) Vostra Maestà! –
L’uomo sorrise debolmente e allungò una mano verso di lei. Era magra in modo impressionante e si potevano vedere le vene e le ossa in controluce: - Alzatevi…Alzatevi cavaliere. Mi dicono che tutto questo…Non si usa più qui -
Anche André si avvicinò e si inginocchiò accanto a sua moglie – Quello che dite è vero…Ma è anche vero che possiamo scegliere liberamente a chi inchinarci…Vostra Maestà! -
L’uomo si piegò in avanti – Ho…Ho pregato…Le mie sorelle di portarmi qui perché volevo ringraziarvi di persona…Per tutto quello che avete fatto, per me e per la Britannia –
Oscar aggrottò la fronte – Maestà…Io…Noi non abbiamo fatto nulla…Nulla di speciale…Tutto è stato deciso dalle vostre sorelle, soprattutto da Lady Morgana –
Al nome di Morgana gli occhi dell’uomo si addolcirono e si riempirono di lacrime – E voi l’avete aiutata, se non sbaglio. Vedete, cavaliere, mia sorella, anche se vuole apparire…fredda e distante…E’ molto passionale e dubito che, nonostante le sue indubbie e speciali capacità, ci sarebbe riuscita da sola –
Morgana si rialzò, digrignò i denti come una belva e si avvicinò – E tutto per essere presa a pugni! –
Oscar alzò lo sguardo verso di lei – Vuoi che ti dica che mi dispiace? Mai! Ci hai lasciato da soli…E io…Io… - disse con voce tremante. Si alzò e l’abbracciò di slancio, lasciando che le lacrime, di gioia, le rigassero il volto: - Mi…Mi sei mancata… -
Morgana si irrigidì e poi si sciolse nell’abbraccio – Anche…Anche tu mi sei mancata…Lady Oscar –
André si rialzò e raggiunse sua moglie, gli mise una mano sulla spalle e poi guardò di nuovo Artù – Vostra Maestà…E’…E’ incredibile…E ora…Cosa volete fare… -
L’altro sospirò – Mi sembra di capire che dovrò riprendere il mio trono. Non è vero? –
Oscar e André aggrottarono la fronte e Artù sorrise – No…Non lo farò…Non preoccupatevi. Sapete? Non ho mai voluto essere un Re, in fondo. Dopo la mia nascita mio padre mi aveva affidato ad uno dei suoi uomini e crebbi in una tenuta di campagna, facendo lavori umili, ma in pace e improvvisamente mi sono trovato su un trono e al comando di legioni. Ho cercato dare tutto me stesso nel governare la Britannia –
Oscar aggrottò la fronte – Voi siete una leggenda! –
Lui strinse le labbra – Una leggenda…Ho sposato una donna che non amavo e che non mi amava…Ho dovuto lasciare la madre di mio figlio… - disse e prese la mano di Morgause che si piegò verso di lui. Artù continuò – Ho allontanato la mia più preziosa consigliera per compiacere un fanatico religioso come il Vescovo Patrizio – disse e Viviana gli mise una mano sulla spalla. L’uomo si piegò in avanti sulla sedia a rotelle – Ho provato ad amare un figlio che mai mi avrebbe ricambiato e…E ho dovuto…Ho… - smise di parlare con un nodo alla gola e con le lacrime agli occhi – E ho abbandonato la mia più fidata alleata e amatissima sorella non credendogli…Mi sono lasciato convincere dalle sciocche dicerie sul suo conto e ho…Ho permesso che su di lei dicessero e scrivessero cose crudeli e senza senso –
Morgana si avvicinò e si inginocchiò di fronte a lui – Ora siamo con te, mio Re –
Lui sorrise debolmente e gli accarezzò la guancia pallida, poi guardò Oscar e André – Avalon ci ha dato un’altra possibilità e, per Dio e per tutti gli dei di oggi e di domani…Ce la farò…Mi hanno detto che da qualche parte è scritto che sono anche Imperatore di Roma…Quindi vivere una vita normale…Non mi fa paura (n.d.a.: in effetti nell’opera di Thomas Malory Artù, prima dello scontro finale con Mordred, sconfigge un certo Imperatore Lucio conquistando Roma e proclamandosi Imperatore) –
Oscar sorrise – E così sia, Vostra Maestà –
Artù inarcò le sopracciglia – Oh! Ma questa è la vostra festa e noi siamo qui con dei regali –
André rimase sorpreso – Regali…Ma credevo che questo palazzo fosse già un regalo più che abbonante –
Morgana strinse le labbra – Perdonami, sir André, ma questo palazzo era di proprietà della famiglia de Jarjayes e lo abbiamo solo custodito per voi…E poi siamo nobili. L’etichetta impone di portare dei doni in casa altrui, specialmente a chi ci ha aiutato –
André sospirò – Si…Certe cose non cambiano mai… -
Artù sorrise e indicò un punto nella stanza. Oscar e André si girarono e videro una cassa su un tavolo. Si avvicinarono ed aprirono il coperchio. Oscar rimase a bocca aperta e prese in mano Excalibur. André alzò la lancia di Lug e poi prese la piccola pietra rossa. Oscar appoggiò la spada e, con mani tremanti, tirò fuori l’ultimo oggetto: una coppa in legno rovinata dal tempo. La sollevò in alto e poi guardò gli altri – Ma questi sono… -
Viviana annuì – Sono solo oggetti…Per secoli hanno provocato guerre e lutti, è vero, ma hanno anche riscaldato i cuori e incitato l’umanità…Ad essere migliore. Ci sembrava giusto che restassero qui, con l’ultimo campione di Avalon e con il suo scudiero –
Oscar strinse al petto la coppa e guardò Morgana – E…E dove andrete –
Morgause sorrise e accarezzò il braccio di Artù – Merlino ci ha dato l’idea –
L’altra aggrottò la fronte e Morgana annuì – Quando è morto ha lasciato un messaggio in latino: “Honolulu Advene” che all’epoca non avevamo compreso –
André sbatté le palpebre – Honolulu…Arrivo…Ma è… -
Morgana sospirò – Si! In effetti abbiamo scoperto molto tempo dopo chi era il suo fantomatico amico Walt…E di cosa parlavano…Comunque abbiamo a nostra disposizione un’intera isola in quella parte del mondo che ci siamo letteralmente comprate e dove vivremo, se gli dei lo vorranno, in pace –
Oscar inspirò a fondo – Una nuova Avalon, quindi…E questo…Questo è un addio? –
Morgana si avvicinò a lei e gli mise una mano sul braccio – Nostro fratello deve ancora recuperare tutte le sue forze e poi…Poi chissà…In effetti, Lady Oscar, siamo entrati nella tua storia e ci siamo rimasti fin troppo. E’ il momento che voi, come noi, riprendiate la vostra vita e che sfruttiate fino in fondo la nuova possibilità che Avalon vi…Ci ha dato – disse e gli porse la mano – Addio, cavaliere –
Oscar strinse ancora di più la coppa a sé e gli prese la mano – Addio…Addio mia buona….Fata Morgana –
 
E anche dopo la partenza di Morgana e degli altri la festa era continuata e stava continuando ancora all’alba. Oscar, per nulla stanca stava guardando il sole alzarsi dal giardino del palazzo. André le si avvicinò e le cinse le spalle – Pensierosa? –
Lei sorrise debolmente – E chi non lo sarebbe…Spero…Spero che possano trovare la pace e una nuova vita…Come noi…Te lo ricordi André? Te lo ricordi quel giorno? Quell’alba che avrebbe segnato le nostre vite, quelle della Francia e del mondo? Era l’alba di una nuova era che eravamo pronti a vivere o a morire perché altri potessero viverla…Non c’è nessun evento storico adesso, ma di una cosa ti assicuro, mio amatissimo André…Io sono pronta ad affrontare la vita con te –
Lui annuì e la strinse a sé – Sono con te. E ancora non ci credo che in questo palazzo abbiamo la spada di Re Artù, la lancia di un semidio extraterrestre con tanto di pietra magica e….E….E… -
Oscar lo guardò – E la coppa del figlio di un falegname della Giudea, André, non dimenticarlo mai. Quegli oggetti non sono magici, non più, perlomeno e, per fortuna, solo noi sappiamo il loro valore – disse e si girò verso di lui – Io ti amo, André –
Lui appoggiò la fronte sulla sua – Io ti amo, Oscar –
Un rumore la fece girare e vide uno stormo di bianche colombe che spiccava il volo. Poi, come arrivata dal nulla, un’ombra nera si appollaiò sulla testa di una statua sopra di loro. Era un grande e maestoso corvo nero. L’uccello fissò Oscar e André per lunghi attimi, ricambiato, poi spalancò le ali, si piegò in avanti, come in un inchino e spiccò il volo nel cielo ormai chiaro.
 
 
Beh! E’ finita! Spero che questa storia, tutta, sia piaciuta ai lettori. Ringrazio tutti coloro che mi hanno spronato ad andare avanti con le loro recensioni e a quanti con me si sono appassionati e hanno gioito e sofferto con i personaggi del ciclo arturiano e di Lady Oscar. Alla fine ho voluto dare a tutti quanti loro una nuova possibilità ed un nuovo inizio; ho voluto rendere buoni alcuni cattivi, come Jeanne Valois e incattivire (per non dire incarognire ancora di più) altri come Fersen e Yolande de Polignac. Nel momento in cui ho iniziato a scrivere quest’ultima parte la Regina Elisabetta II era ancora saldamente sul suo trono e ho voluto inserirla alla fine (non se l’abbia a male Re Carlo). God save the Queen. Rest In Peace, Betty.
 
GRAZIE A TUTTI!

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