Francamente, caro, me ne infischio anch'io

di Yanez76
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Mattino ***
Capitolo 2: *** La sera prima ***
Capitolo 3: *** Oggi è un altro giorno ***



Capitolo 1
*** Mattino ***


Rossella aprì gli occhi, sbadigliò e si stiracchiò voluttuosamente canticchiando a mezza voce.
 
E lei tutta arrossì quando lui la rimirò e fremendo le disse il suo amor...
 
Un nuovo giorno era iniziato da un bel po’, constatò notando la luce del mattino inoltrato che filtrava in raggi polverosi tra le imposte.
Si sentiva decisamente di ottimo umore; si alzò e mosse qualche passo nella camera per avvolgere il suo corpo nudo in una ricca e pacchiana vestaglia scarlatta, volgendosi poi, con un sorrisetto compiaciuto, verso il sontuoso letto dove Ashley Wilkes giaceva ancora profondamente addormentato.
Quello che era successo le sembrava adesso così ovvio e naturale che quasi si meravigliava non fosse accaduto prima. In fondo, nessun ostacolo aveva mai potuto veramente fermarla quando desiderava qualcosa: alla fine lei otteneva sempre ciò che voleva e Ashley non aveva fatto eccezione.
Era passato poco più di un anno dalla morte di Melania; ma adesso le sembrava che fosse trascorso un secolo.
Rossella aveva cercato di salvare il suo matrimonio con Rhett; ma, dopo la morte della piccola Diletta, suo marito non era più stato lo stesso. Sulle prime, lei aveva sperato che il tempo lo avrebbe guarito; ma le cose invece non avevano fatto che peggiorare: i segni della pazzia che l’uomo aveva manifestato fin da quando si era barricato nella stanza con il corpicino esanime della figlioletta - forse l'unico essere che avesse mai veramente amato - per impedirne il funerale, non avevano fatto che aggravarsi e il fiume di whiskey in cui lui aveva tentato di affogare il dolore della perdita aveva completato l'opera, facendogli perdere completamente la ragione. I suoi scatti di violenza si erano fatti sempre più frequenti e incontrollabili, tanto che si era dovuto disporne l'internamento in manicomio e lei, rimasta ormai unica amministratrice del suo ingente patrimonio, versava una generosa retta all’istituto perché lo trattassero bene.
Rossella non era certa di credere in Dio con la fervente fede di sua madre; ma era superstiziosa e mai avrebbe mancato alle promesse fatte a Melania sul letto di morte; così, quando Ashley, come era prevedibile non avendo alcun talento per gli affari, era presto giunto sull'orlo del fallimento e della miseria, si era presa cura di lui e del piccolo Beau al quale, pur non amando particolarmente i bambini, aveva finito con l'affezionarsi.
Lo aveva ripreso a lavorare per lei, scuotendolo dall’abbattimento in cui era sprofondato e costringendolo a ricominciare in qualche modo a vivere.
In fondo Ashley era ancora giovane, come lo era Rossella e così, dopo che lui ebbe pianto a lungo Melania, con il tempo, pian piano le cose tra loro avevano fatto il loro corso naturale fino alle logiche inevitabili conseguenze.

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Capitolo 2
*** La sera prima ***


La scena che si era svolta la sera precedente si ripresentava vivida alla memoria di Rossella:
 
“Senti, Rossella, per quel che riguarda i conti dello stabilimento li ho riguardati e.…”, aveva bofonchiato Ashley, presentandosi da Rossella con il solito plico di carte di cui non riusciva a venire a capo.
“Perdindirindina, non voglio sentir parlare di conti oggi: dobbiamo festeggiare. Buon compleanno Ashley!”, aveva risposto lei, accogliendolo con un sorriso radioso mentre riempiva due eleganti bicchieri di cristallo lavorato.
“Grazie Rossella. Me ne ero quasi scordato…”
Avevano brindato, poi Ashley aveva sorseggiato impeccabilmente il suo whisky, mentre lei aveva ingollato il suo, vuotando il bicchiere con un movimento secco del braccio, tenendo il polso rigido, come faceva suo padre. Un gesto che poteva essere giudicato poco elegante; ma lei, ormai, aveva smesso di fare caso a certe cose.
“Mio Dio, quante cose orribili sono accadute in quest’ultimo anno: prima Diletta, poi Melly e ora Rhett in quell'orribile ospedale psichiatrico... Tutti i miei sogni sono ormai morti, tutte le mie speranze si sono miseramente infrante contro la dura realtà. Quando Melly se n’è andata volevo morire con lei, poi tu mi hai detto che avevo il dovere di continuare a vivere, che dovevo farlo almeno per il piccolo Beau.”
“Non voglio sentire discorsi tristi oggi! Bisogna guardare avanti, invece! Anch’io ho pianto disperatamente quando ho perso Diletta; ma pensi davvero che tua moglie o la mia povera Bonnie, se davvero possono vederci da lassù, siano così crudeli da volere che noi passiamo il resto delle nostre vite a piangere? Credi che vogliano veramente schiacciarci sotto un fardello di ricordi dolorosi? Io credo invece che vorrebbero vederci felici...”
“Oh, Rossella, sei incredibile! Mi chiedo dove trovi tanta forza, tanto coraggio… Hai un cuore da leonessa, non hai paura di guardare in faccia la dura realtà, non preferisci fuggirla come me…”
“Ascolta, Ashley, anche a me piaceva il vecchio mondo, le Dodici Querce, le feste e tutto il resto; ma non per questo voglio seppellirmi nei ricordi: io voglio vivere e voglio che la vita mi dia ancora un po’ di dolcezza e per questo ho bisogno di te...”
“Bisogno di me? Oh, no, Rossella, tu te la caveresti molto meglio senza di me. Anche se tu sei troppo gentile per farmelo notare, so benissimo di essere solo un peso per te, qualsiasi contabile tu assumessi terrebbe i conti più in ordine...”
“Ho già detto che non voglio parlare di conti, non oggi...”
Rossella s’era interrotta, per mandar giù un altro whiskey.
Poi tacquero entrambi, fissandosi negli occhi e, per un lunghissimo istante, tra di loro sembrò rivivere quella giovinezza radiosa e perduta che avevano così spensieratamente condiviso.
Ashley le aveva preso la mano, sorridendole con quei suoi chiari occhi grigi, luminosi e malinconici come un plenilunio che si specchia sull'acqua limpida di un lago tranquillo e la sua voce, dolce e sognante, l’aveva riportata a quando lei era una ragazza allegra e piena di vita, alle corse a cavallo, ai balli, alle feste, al vento che scherzava fra i suoi capelli, all'aria tersa e profumata che si riempiva delle sue risate argentine... Com’era dolce vivere allora, quando il mondo sembrava aprirsi davanti a lei come un bel mattino assolato di primavera.
Poi, d’improvviso, le erano risuonate nella mente le parole di Rhett: Se anche tu riuscissi ad avere Ashley credi che saresti felice con lui? Sei una sciocca e non sai che si può essere felici solo con i propri simili e noi siamo simili, Rossella, due furfanti egoisti e senza scrupoli...
Era vero, lei era avida ed egoista; ma, nonostante questo, non era mai stata felice con Rhett il quale sapeva tutto di quello che lei era diventata ma nulla di come lei un tempo aveva sognato di essere.
Rossella aveva vuotato d'un fiato un altro bicchiere pieno, per inghiottire il nodo che le serrava la gola, poi ne bevve subito un altro, mentre la testa cominciava a girarle un poco.
 “Rossella… forse non dovresti bere così...”
“Ah, ah”, scoppiò a ridere lei, “Andiamo, Ashley, non sarà certo la prima sbornia che prendo: bevo spesso e parecchio; mi aiuta a dimenticare il passato o, chissà, forse a ricordarlo... Oh, Ashley! Forse è tutto un sogno, una pazzia, ma non voglio scordarmi del tutto quei tempi felici, ho bisogno di qualcuno che mi ricordi quella che ero, solo così forse potrò essere felice per qualche istante... Ti prego, riportami alle Dodici Querce, riportami sotto i cornioli dei Tarleton, riportami a ballare in quella casa bianca che la guerra ha ormai distrutto... Ti ricordi come suonavano i violini e i banjo? Ti ricordi di quando dopo ce ne stavamo a lungo seduti a chiacchierare nella penombra di quel porticato, profumato di magnolie?”
“Oh, Rossella, Rossella... Come potrei mai dimenticare?”
“Lo sai che, dopo che mi riaccompagnavi a casa, quando mi mettevo a letto, non riuscivo a prendere sonno pensando a te? Mi dicevo che la prossima volta mi avresti chiesto di sposarti... Mi prendeva come una violenta febbre, mi agitavo tutta… Oh, Ashley, sapessi come ti sognavo quando alle volte con la mano mi...”
“Ro...Rossella!”, fece lui, arrossendo imbarazzato.
“Ah, ah, non dirmi che non sapevi che anche le ragazze lo fanno...”
“Rossella, io... tu sei... anche se Rhett non è più qui è pur sempre tuo marito e non sarebbe onesto se... se noi ora... Oh, Rossella! Forse dovrei andarmene prima di fare cose di cui ci pentiremmo... Poi mi odieresti...”, aveva farfugliato Ashley, cercando goffamente le parole, mentre si sentiva fremere in tutto il corpo, il sangue che gli pulsava nelle tempie e una vertigine che lo coglieva improvvisa.
Allora, i profondi occhi verdi di lei si erano fissati in quelli di lui, con uno sguardo risoluto che non ammetteva repliche.
“Certo che ti odierò, Ashley! Ti odierò a morte se adesso te ne vai! Getterò te e Beau in mezzo ad una strada!” aveva detto ridendo, vuotando un altro bicchiere.
Rossella vedeva sempre le cose chiare e semplici; andava dritta al punto dove voleva arrivare, inarrestabile come il vento che soffiava indomito su Tara. Non sarebbe mai riuscita a capire le complicazioni di quelli come Ashley che avevano bisogno di essere minacciati per decidersi a fare quello che morivano dalla voglia di fare.
Poi il tono di Rossella era cambiato; la sua voce si era fatta quasi supplichevole.
“Ti prego, non lasciarmi: ho così tanto bisogno di essere baciata, di essere amata, di un po' di dolcezza. Charles e Frank non sapevano amare, Rhett era violento e brutale. Nessuno mi ha mai amata con tenerezza... Anche quando ero tra le loro braccia sognavo sempre che fossi tu a prendermi... Oh, Ashley, mi sento così sola, desolatamente sola…  Amami, Ashley, amami adesso!”
Quando i loro sguardi si erano incontrati di nuovo, entrambi sapevano di non poter più tornare indietro e lui l’aveva presa dolcemente tra le sue braccia, mentre le loro labbra si univano in un lungo bacio appassionato. Poi, obbedendo ad un tacito ordine di lei, Ashley l’aveva sollevata tra le braccia, iniziando a salire le scale.
Per un istante, il ricordo di Rhett che la portava in camera allo stesso modo si era affacciato alla sua mente; anche quel giorno era il compleanno di Ashley… Ricordò i baci rabbiosi di suo marito, puzzolenti di sigari e di whisky, che le davano la nausea e, al contempo, la eccitavano follemente. Ricordò come Rhett l'avesse posseduta brutalmente, come avesse voluto umiliarla per spezzarla e sottometterla e come quella fosse stata l'unica volta in cui le aveva dato piacere. Rhett aveva dunque ragione? Era una donnaccia a cui piaceva essere trattata come tale?
Poi la bocca di Ashley era scesa a cercare ancora le sue labbra bramose e lei lo aveva ribaciato con trasporto, offrendogli la pelle delicata del suo candido collo, chiudendo gli occhi per abbandonarsi completamente a quella dolce voluttà e i baci sapienti dell’uomo, così ardenti eppure così gentili, la sua voce, appassionata e carezzevole al tempo stesso, avevano fatto sparire tutto il resto…
Ashley faceva all'amore con la stessa grazia impeccabile con cui ballava, tirava di scherma o giocava a scacchi: conosceva alla perfezione ogni mossa e sapeva esattamente quando farla. Anche nel letto di Rossella si era comportato con la squisita signorilità di un ospite raffinato e aristocratico, intrattenendola molto piacevolmente nella paziente attesa che lei fosse pronta a riceverlo e lo invitasse ad entrare.
L’intero corpo di Rossella aveva vibrato come un violino tra le abili mani di un Paganini mentre, con studiata lentezza, le mani, le labbra e il membro di Ashley la conducevano all’estasi. Neppure nei suoi sogni più segreti e sfrenati aveva mai immaginato che sarebbe stato così, sentiva ogni sua fibra sciogliersi, travolta in quel folle rapimento, sentiva la sua voce esultare spudoratamente gridando parole forse più consone alla bocca di una collega di Bella Watling che a quella di una gentildonna.
Ma quando Rossella sentì gli slanci di Ashley farsi più rapidi e un gemito salire alle sue labbra, era subitamente ritornata in sé, spaventata da un pensiero improvviso.
“A... Aspetta! Non posso rischiare di avere un bambino! Non adesso che non potrei più farlo passare per figlio di Rhett!”
Allora, con una mossa agile ed elegante, Ashley era scivolato fuori da lei un momento prima di raggiungere a sua volta il piacere in un fazzoletto finemente ricamato che aveva tenuto a portata di mano per non inzaccherarle le lenzuola.
Rossella, ansimando, aveva appoggiato la testa sul suo petto per farsi coccolare ed erano rimasti così per un po’ a ridacchiare piano nell’oscurità, bisbigliandosi quelle meravigliose assurdità che due amanti si scambiano in queste occasioni; poi avevano ripreso a baciarsi, a stuzzicarsi e solleticarsi e avevano fatto ancora all’amore.
Rossella, ebbra di desiderio e di whisky, era stata improvvisamente colta da un'idea folle, di quelle che una gentildonna mai avrebbe osato ammettere neppure di immaginare e che persino lei, fino a poco prima, avrebbe trovato assurda e umiliante; ma adesso sentiva di desiderare terribilmente che Ashley le facesse scordare Rhett e voleva che quella notte superasse e cancellasse l'altra. Così si era girata, inarcando il dorso flessuoso, la testa voltata sopra una spalla a sorridere maliziosamente, gli occhi scintillanti di eccitazione.
“Prendimi così, Ashley. Prendimi come nessun uomo mi ha mai presa...”
Spiazzato da quella richiesta, che certo mai aveva ricevuto da Melania e non avrebbe mai creduto di udire da una donna della buona società, Ashley rimase per un lungo istante a guardare interdetto quel corpo meraviglioso che gli si offriva nudo e lucente per il lieve velo di sudore che lo ricopriva.
Rossella non gli era mai apparsa tanto irresistibile come in quel momento, così traboccante di vita, cosi affamata di piacere, così spudorata eppure così innocentemente felice e giocosa, come una bambina ingorda che si ingozza di dolciumi.
“E non startene lì impalato! Non è educato far aspettare una signora...”
Allora Rossella aveva sentito le abili dita di Ashley sfiorarle il dorso, si era sentita cingere dolcemente dalle sue salde braccia virili, ne aveva sentito le appassionate carezze sul seno turgido e il ventre piatto, mentre i suoi baci ardenti scendevano lungo la sua spina dorsale. Un folle fremito di voluttà l’aveva percorsa, sciogliendo la tensione e facendola sprofondare in un languore di una dolcezza infinita.
“Ecco, rilassati... così… non ti farò male.”, le aveva sussurrato, allungando un braccio verso il comodino dove Rossella teneva varie boccette di profumi e prodotti di bellezza.
Qualche istante dopo, mentre mugolava mordendosi l labbro inferiore, Rossella aveva ringraziato il cielo che Ashley si fosse premurato di usare qualche goccia di quell'olio profumato alla magnolia.
Una mano di lei si era mossa verso il basso ventre dove, però, l’aveva già preceduta quella di Ashley .
“Sono un soldato del Sud, saprò ben premere un grilletto…”
Così, per lunghi minuti, si erano dati piacere l’un l’altra, finché due gemiti affannati erano risuonati nel medesimo istante e, ognuno gridando il nome dell’altro, erano stramazzati sul letto, immobili e boccheggianti.
Si baciarono, sussurrandosi dolcemente “ti amo”, forse mentendosi; ma senza tuttavia ingannarsi. Entrambi sapevano perfettamente che nessuna avrebbe mai preso il posto di Melania nel cuore di Ashley e che, quanto a Rossella, il suo unico vero amore era in realtà la rossa terra di Tara. Ma in fondo che importava adesso? Forse quello che provavano non era amore; ma era così bello lo stesso...
Il vento si era levato, fischiando fuori dalle finestre; si erano stretti forte, aggrappandosi l’uno all’altra come due naufraghi sopravvissuti alla tempesta che aveva trascinato via il loro mondo, un mondo ormai irrimediabilmente andato, andato via, via col vento…

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Capitolo 3
*** Oggi è un altro giorno ***


Rossella aprì la finestra, respirando con gusto l'aria profumata del mattino; poi si avvicinò al letto.
“Sveglia dormiglione, è giorno fatto.”, disse scuotendo leggermente Ashley che si rigirò sotto le coperte, borbottando qualcosa di incomprensibile.
“Briccone! Mi hai proprio strapazzata: sono ancora indolenzita…”, ridacchiò lei, rimproverandolo giocosamente.
“Oh, Rossella, perdonami io non so cosa…avevi bevuto, è stata colpa mia e…”, farfugliò lui imbarazzato, mentre si strofinava gli occhi assonnati.
“Ah, ah, ma lo sai che sei proprio carino quando arrossisci?”, scoppiò a ridere lei, “Oh, Ashley, è stato meraviglioso; ma non illuderti che quello te le concederò ogni volta… consideralo un regalo di compleanno, quindi forse se ne riparla a Natale, se farai il bravo…”, concluse, chinandosi a posargli un bacio a fior di labbra.
“Ma Rossella… e se qualcuno lo venisse a sapere? Non pensi ai rischi per la tua reputazione? Sarebbe uno scandalo e…”, fece Ashley turbato.
Rossella alzò gli occhi al soffitto.
“Perdindirindina, Ashley! Davvero non ti sei mai accorto che tutta Atlanta è già fermamente convinta che abbiamo una tresca almeno dal giorno in cui la tua cara sorellina Lydia è andata a spiattellare a tutti che ci aveva visti assieme alla segheria? Melly era l’unica a credere alla nostra innocenza e noi due gli unici a sapere che non si sbagliava…”
Si guardarono per un attimo in silenzio, poi scoppiarono entrambi a ridere.
“Beh, però adesso sbrigati a rivestirti.”, fece Rossella, “Ho parecchie cose da fare e poi non voglio che Mammy ti veda qui, lo sai quant’è bacchettona…”
“Sì, sarà meglio che torni a vedere quei conti.”, bofonchiò lui, infilandosi i pantaloni.
“Non occorre, a quelli ci penso io. Prenditi pure la giornata libera: ti sei già dato abbastanza da fare stanotte, campione.”, ridacchiò lei.
“Grazie, Rossella, ne approfitterò per portare dei fiori a Melly, quelli dell’altro giorno saranno ormai appassiti… Le prenderò un mazzo di narcisi, le piacevano molto…”
“Sì, è un’ottima idea. Già che ci sei, ti spiacerebbe portarne anche a Diletta? In questi giorni ho diversi impegni e non riesco a passare tanto spesso…”
“Sì, certamente. Allora, ehm…arrivederci Rossella.”
“A stasera…” rispose lei, facendogli l’occhiolino.
Si salutarono con un bacio, poi Ashley uscì discretamente dalla camera, appena in tempo per non incrociare Mammy che entrò poco dopo.
La donna lanciò un’occhiataccia al letto in disordine e scosse la testa con disapprovazione.
“Tu fare sempre guai…”
“Oh, Mammy, ma di che guai stai parlando? Stanotte ho avuto uno dei miei incubi e mi sono agitata un po’, ecco tutto...”
“Io ti conoscere da quando tu nata… mi ricordare di quando tu piangere perché mettere dentini. Tu sapere di che guai parlare: io parlare di Mister. Ashley...”
La corpulenta domestica fece per prendere la roba da lavare, arrestandosi disgustata per sollevare tra il mignolo e il pollice un fazzoletto appallottolato con ricamate le iniziali A.W., scuotendo la testa e traendo un profondo sospiro che voleva essere di rimprovero, ma che celava anche una punta di indulgenza.
Accidenti a Mammy! Non si riusciva a nasconderle niente, leggeva in lei come in un libro aperto e accidenti anche ad Ashley! Come gli era venuto in mente di gettare quel fazzoletto in mezzo alla sua biancheria?!
Rossella tossicchiò, cercando di assumere l’aria più innocente del mondo.
“Ehm, Ashley? Sì, mi sembra di ricordare che ieri pomeriggio sia passato di qui per discutere delle questioni di lavoro… poverino, non faceva che starnutire, questi pollini, capisci…”
“Io capire, io capire… Miss Melania essere morta, Mister Rhett stare pazzo, così tu prendere lui come ragno la mosca… Sì, sì, io capire… Essere ancora giovane, avere bisogno di… Però avere detto e ridetto che vera dama in camera fare piano, non stare bene che tu strillare come aquila e ti fare sentire in tutta casa!”
Rossella si fece di porpora.
“Oh, basta con tutte queste sciocchezze!”, tagliò corto, “Aiutami a vestirmi, piuttosto, questo dannato corsetto è sempre così difficile da indossare…”
“Avere avuto tre bambini non potere…”
In quella fu portata la colazione in camera.
“Riportala in cucina, non ho appetito…”
“Dovere mangiare qualcosa. Avere bisogno dopo che tu avere…”
“Mammy!”, strillò Rossella, cercando di apparire oltraggiata.
Accidenti anche a Lincoln! Da quando li aveva liberati non c’era più limite alle impertinenze…
“Ho detto che non ho app…Uhm, ci sono anche i muffins ai mirtilli?”, chiese Rossella, sbirciando di sguincio il vassoio.
“Ci stare, ci stare. Io sapere che a te piacere…”
“Beh, in tal caso, tanto per gradire…”, borbottò Rossella, passandosi la lingua sulle labbra.
Dopo aver accuratamente spazzolato i muffins, assieme alle due grosse e fumanti patate dolci coperte di burro fuso, alle focaccine allo sciroppo d’acero e al prosciutto al sugo, Rossella uscì nell’aria limpida del mattino.
Pensò ad Ashley: le sembrava proprio di vederlo portare i fiori alla tomba di sua moglie, sentirsi un pochino in colpa, poi consolarsi all’idea che la dolce Melania l’avrebbe di certo compreso e perdonato, andare in chiesa a confessarsi da buon cattolico e infine tornare da lei la sera, impaziente di peccare nuovamente.
Cosa vuoi di più dalla vita Rossella? È un autentico gentiluomo: così perfetto, così devoto, così prevedibile… ridacchiò soddisfatta tra sé.
Per un attimo, Rossella si chiese se anche lei non dovesse sentirsi in colpa per qualcosa; ma per che cosa poi? Più ci pensava più le sembrava di star facendo solo del bene. In fondo, lei stava dando un futuro al piccolo Beau, provvedendo ai suoi studi, e manteneva nell’agiatezza Ashley che, senza di lei, avrebbe probabilmente dovuto chiedere l’elemosina e dire addio ai libri, alla musica, al teatro, ai quadri e a tutte quelle belle cose che piacevano a lui, senza contare ovviamente gli altri divertimenti meno ideali e più concreti che lei gli dava modo di gustare.
Ripensò a Rhett, al giorno in cui lui l’aveva lasciata; poi scosse le spalle, un sorrisetto sarcastico le salì alle labbra e mormorò tra sé: “Francamente, caro, me ne infischio anch’io!”
Alzò lo sguardo al radioso cielo di Atlanta. Decisamente la vita le sorrideva: gli affari andavano a gonfie vele; Ashley era un amante impareggiabile di cui lei avrebbe goduto ogniqualvolta ne avesse avuto voglia ed era anche una bellissima giornata di sole.
Un altro giorno era cominciato.

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