Ali invisibili di un'anima che cerca sè stessa

di mary fox time
(/viewuser.php?uid=518056)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo introduttivo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***



Capitolo 1
*** Capitolo introduttivo ***


Capitolo introduttivo
Amaya si svegliò tardi quella mattina. La mattina del suo primo giorno della scuola di orientamento. Quanto avrebbe voluto rimanere sdraiata, a dormire placidamente nel letto di piume. Ma anche se ci avesse provato, la madre entrò in camera, pronta a fare il suo dovere di genitore.
Si sedette vicino a lei e le accarezzò una spalla. La ragazza disse di essere sveglia, che non c’era bisogno di aprire le finestre, che si sarebbe alzata presto. Ma la madre già sapeva che le sarebbe stato difficile alzarsi, quindi si scusò, per poi toglierle le coperte rapidamente.
Amaya si lamentò per quei modi bruschi per tutto il tempo della colazione e mentre si preparava per andare a scuola. E Eresseie, la madre, sopportò pazientemente i suoi lamenti. Sapeva che anche se la figlia brontolava tanto, era conscia che quell’atteggiamento era stato di sicuro il più efficace per aiutarla a cominciare la giornata. E infatti Amaya lo sapeva, ma forse aveva più bisogno di pensare a qualcosa di diverso da quello a cui sarebbe andata incontro a scuola.
  • Sei pronta? –
  • Sì sì, ora vado. –
  • Amaya! –
  • Sì? –
  • Le lentiggini? –
  • Ah giusto. Mi pareva di dimenticare qualcosa. –
  • Eh meno male che ci sono io. –
  • Shh ahah –
Corse dentro casa e cercò velocemente di disegnarsene qualcuna sul naso. Ora era pronta davvero. Salutò i genitori e uscì di casa più agitata che mai. Ce l’avrebbe fatta? Sarebbe riuscita a sorridere almeno una volta? A fare amicizia senza farsi scoprire? Aveva paura, tanta da sudare freddo. E accorgendosene, si costrinse a riequilibrare la sua emotività, a spegnere i sentimenti. Ce l’avrebbe fatta. Ce l’aveva già fatta una volta e ci sarebbe riuscita ancora. Vedendo l’orario sull’orologio lasciato a galleggiare nel cielo, si accorse di essere veramente tanto in ritardo, quasi più del solito. L’adrenalina si liberò più intensa che mai e le permise di volare più velocemente che mai. Sarebbe arrivata ad un orario decente.
E invece no, il karma volle che anche Amaya, come molti altri prima di lei, arrivasse tardi il suo primo giorno di scuola. Non appena entrò nella buia classe, il professore, reso oscuro dal velo del buio, le intimò di sedersi in fondo all’aula. Come arrivare là, senza urtare qualcuno e fare di conseguenza confusione, lei non lo sapeva. Perciò guardò nella direzione dell’uomo, con sguardo supplicante. Al che il signore le diede la propria sedia per permetterle di accomodarsi davanti al primo banco, appostata al muro, così da poter osservare la presentazione, senza disturbare e poter poi sedersi al suo posto, alla fine.
Sul grande schermo, il professore cominciò a mostrare delle immagini, che seguivano la logica dei suoi discorsi.
  • Ben ritrovati ragazzi e ragazze. Gli anni scorsi avrete sicuramente studiato gli esseri umani in via del tutto teorica, quest’anno invece è previsto che voi li possiate osservare più da vicino, ovviamente non ci saranno contatti ravvicinati. Gli esercizi pratici consisteranno nell’osservare gli uomini... –
  • Come faremo professore? –
Domandò una ragazza, sicuramente una folletta.
  • Se mi lasciasse finire signorina. Vi verranno date in dotazione delle sfere porta, ovviamente potrete adoperarle solo in presenza di un insegnante. –
  • E per quale scopo li dovremmo osservare? Cosa ci interessa il loro modo di vivere? –
A quella domanda e osservazione, il professore sorrise, si tolse  gli occhiali per grattarsi il naso, ma lo fece così velocemente da impedire ad Amaya di vedergli gli occhi.
  • Che domande … sono le creature più simili a noi di qualunque altra; seppur senza magia, sono riusciti ad andare lontano, ad evolversi, a trasformare il loro mondo come se possedessero un qualche dono magico, mentre non ce l’hanno. Ci interessa sapere cosa li rende così capaci e così speciali. Vedremo cosa ne ricaverete voi osservandoli…
Noi attraverso le sfere porta possiamo aiutare il loro mondo a vivere, stimolando la crescita delle piante, guidando gli animali dove hanno bisogno di andare, regolando la temperatura, l’umidità possiamo anticipare una stagione rispetto a un’altra. E loro anche. Man mano che gli anni sono passati, ci siamo resi conto che gli umani vivrebbero benissimo anche senza di noi. Per questo li studiamo. Ci incuriosiscono. Non è così per voi? -
Amaya annuì quasi contemplativa. Quanto aveva aspettato quell’evento. Come diceva il professore, veramente gli umani sapevano sorprendere come nessun altro essere vivente esistente. E il loro equilibrio, la loro capacità di vivere così tanti sentimenti, così tante emozioni senza rimanerne danneggiati … era un talento che tutti loro segretamente invidiavano.
Una volta terminata la presentazione il professore le mostrò il banco che le sarebbe spettato e vi si accomodò.
Sarebbe stata infondo all’aula, vicino a 2 ragazze folletto: una aveva i capelli corti, spettinati e rosso fuoco, così come gli occhi grandi e furbi, il viso costellato di lentiggini rosse e due lunghe e grandi orecchie che facevano capolino da dietro qualche ciuffo di capelli, tratto tipico dei folletti. Ella si chiamava Estelle. L’altra era una piccoletta dall’espressione severa, i capelli lunghi, mossi e dal color rosso violetto chiaro raccolti in una lunga treccia, pettinatura insolita per un folletto, dello stesso colore dei piccoli occhi a mandorla, si chiamava Daphne.
Priva di tatto, Estelle si presentò e domandò alla nuova arrivata se potesse mostrarle le sue ali. Amaya, spiazzata, negò perentoria, spiegando che non riteneva adeguato mostrarle con tanta leggerezza, in quanto esse erano la manifestazione della propria anima.
Le due compresero che lei era una di quelle poche persone molto sensibili e pudiche che ci potessero essere. Non erano in tanti a pensarla così. I più non vedevano l’ora di sfoggiarle, senza tanta esitazione e imbarazzo.
Lei cambiò discorso e chiese cosa si fosse persa, se ci fosse stata una qualche presentazione particolare o se fosse stata data qualche informazione essenziale.
  • Beh è stato molto accattivante. A parte i soliti discorsi sulla responsabilità, sul futuro in mano ai giovani e sul nostro dovere di studiare, ma anche di svagarci, a me è piaciuta un sacco la parte dove diceva che noi siamo la generazione che più assomiglia agli umani. I nostri genitori e antenati non conoscevano la libertà di essere e sentire come possiamo noi. Quindi si aspettano grandi cose da noi e bla bla bla poi ho perso il filo ahah. –
  • Ah sì immagino. -
Lei distolse lo sguardo e guardò davanti a sé. I suoi occhi si posarono su di lui, su quel folletto biondo che le stava seduto di fronte. Tentò di chiamarlo, ma non ricordava il suo nome e lui sembrava concentrato in quello che stava facendo (non si sapeva neanche cosa).
Le vicine di banco così, chiamarono il compagno vicino a lui, perchè chiamasse il biondo. Il primo non era affatto male: sguardo sicuro, penetrante, capelli corvini e ordinati, occhi scuri e profondissimi, lineamenti perfetti e privi di imperfezioni, pelle bianca alabastro, caratteristiche di ogni elfo che si rispetti, senza contare le orecchie, decisamente più piccole, eleganti e a punta. Lui si chiamava Samuel. Il biondo, una volta chiamato, si voltò verso Amaya con sorriso sfacciato e arrogante. Dunque lui si ricordava di lei, ma aveva voluto che lo cercasse lei. Amaya pensò che quel tipo doveva soffrire di una qualche forma di narcisismo veramente smisurata.
  • Ciao principessa. –
  • Dongiovanni... –
Rispose lei, guardandolo ancora sorpresa nel trovarselo in classe.
  • Vi conoscete? –
Domandò Estelle curiosa. Amaya la guardò. Quella ragazza sembrava così allegra e leale, ispirava fiducia, così le raccontò come quei due si erano conosciuti. Si erano visti una sera, nello spiazzo ampio degli alberi piatti, durante la festa della Terra e lui le aveva rotto le scatole per conoscere il suo nome. Alla fine lo aveva chiesto agli amici di lei e lui si era poi presentato con il suo.
  • Ma toglimi una curiosiotà biondino. Perché mi continui a chiamare principessa? –
  • Ma come? Mi sembra abbastanza ovvio. Aspetto il giorno in cui diventerai la mia regina. –
La ragazza lasciò cadere la testa sul banco, allucinata dai discorsi del folletto. La compagna rossa rise della ridicola situazione della nuova arrivata, che la ammonì disperata, non riuscendo tuttavia a rimanere seria lei stessa.
  • Come hai fatto a stregarlo? Molte gli vanno dietro e nessuna lo conquista, poi arrivi tu e anche il colpo di fulmine. –
Nobuyuki si spolverò la spalla, orgolioso di quel riconoscimento, mentre Amaya guardava Estelle con occhi sgranati.
  • Questo mona è un rubacuori? –
Lo indicò fredda e lui mimò di essere stato colpito da una lancia. Amaya lo guardò ancora confusa da quell’atteggiamento idiota.
  • Sì Amaya, beh è un bel ragazzo no? –
  • Sì, sì, ma oltre a quello? -
Il ragazzo la guardò rattristato e si voltò, dando dei pugni all’amico Samuel per richiamare  la sua attenzione.
  • Intanto per essere amici con benefici non serve chissà che requisito intellettuale. –
Commentò la rossa.
  • Ah ecco quindi cede anche lui. –
  • Sì, giusto un po’. Ma una volta una si è innamorata di lui, o almeno lei diceva così, mentre lui no. Ha dovuto rifiutarla e perderci il guadagno. –
  • Oh, ma allora ha anche un animo nobile in fondo. –
  • Ahahah –
  • Io sono nobile dalla punta dei piedi fino al mio ultimo capello. –
Intervenne lui. Samuel gli diede uno spintone per farlo smettere di tirarsela tanto. Ma non funzionò poi molto.
  • Non definirei un dongiovanni “nobile” in realtà. –
  • Io conto che la sua incredibile cotta per l’inarrivabile Amaya possa renderlo quello che lui pensa di essere. –
  • Ahah come sai che sono inarrivabile? –
  • Istinto femminile. Mi sbaglio? –
  • No. Hai un intuito eccezionale. –
Ma Nobuyuki  aggiunse:
  • Vedremo care mie, vedremo. …-
La lezione proseguì. Il professore girò tra i banchi con la propria sfera e per ogni studente  prese un frammento della sfera, per darlo a ciascuno di loro. Quella dell’insegnante non cambiò dimensione, mentre il frammento dei ragazzi, divenne una sfera completa.
  • Oggi vi spiegherò in cosa consiste la lezione di “antropologia dell’uomo”, dato che la mia collega non è potuta essere presente e, dato che voi non avrete mai ovviamente sentito parlare di un corso simile, ve lo spiegherò rapidamente.
Durante l’anno dovrete scegliere l’umano o gruppo di umani da osservare, assicurandovi che quella persona o persone, non siano già oggetto di studio di un altro vostro collega, ovviamente. –
Estelle rise e bisbigliò alla nuova ragazza:
  • Ovviamente lui sarà “Mr. evidenza” –
Ovviamente, Amaya sogghignò e ovviamente il professore se ne accorse, ma preferì aspettare e chiudere un occhio sulla faccenda, deciso a non cominciare troppo male l’anno.
  • Amaya tu pensi di sceglierti una persona o un gruppo di persone da osservare? –
Domandò ancora sotto voce e a testa bassa la rossa all’arancia.
  • Ancora non lo so, penso che dipenderà da quanti umani interessanti mi capiteranno tra le mani.  Tu? –
  • Hmm la penso come te, ma diciamo che mi porrò l’obiettivo di trovarne uno per semplificarmi la vita: un tipo che mi piaccia e mi intrighi, altrimenti niente. –
  • Non mi sembra che ti semplifichi la vita scegliendone uno specifico ahahah –
  • Lo so ahahah –
Al sentire le parole di Estelle, Nobuyuki si voltò per deridere la compagna delle sue tendenze per esseri diversi da loro. Lei gli fece notare che anche elfi e folletti erano diversi, ma ciò non impediva che si innamorassero gli uni degli altri già da qualche tempo. Anche Samuel allora si girò con sguardo disgustato e occhi sgranati. Estelle gli fece una smorfia divertita come risposta. Lui scosse la testa, cercando di non pensare più a quanto udito e tornò a guardare il professore, il quale stava osservando loro con occhi vuoti e freddi. Senza dir nulla, quest’ultimo indicò loro la porta e all’improvviso si trovarono fuori dall’aula.
  • Come iniziare in bellezza. –
Scherzò Nobuyuki. Samuel guardò ancora Estelle sconcertato e distolse lo sguardo scuotendo il capo, dopo essersi lamentato di essere stato buttato fuori per niente, a causa di un folletto rompiscatole.
  • Ma la pianti? Sei solo un tizzo antipatico e razzista. –
“tizzo” era l’appellativo, utilizzato dai folletti, per riferirsi agli elfi. Altri nomi che affibbiavano loro erano: “l’uguale”, ma anche “gemello”, sempre per sottolineare quanto quelle creature magiche si assomigliassero e presentassero gli stessi tratti.
  • Oh andiamo, pensi che io sia l’unico? Non è già un atteggiamento da razza superiore, utilizzare un appellativo che mi identifichi come razza inferiore? Pure tu sei razzista gessetto, quindi sta zitta che è meglio! –
“gessetto” invece un appellativo identificativo per quelli che erano diversi da lui, dagli “uguali”, dagli elfi.
I folletti erano contraddistinti da colorazioni di occhi e capelli vivaci, allegre, semplicemente diverse da quelle degli elfi, oltre che da orecchie molto lunghe e grandi, perpendicolari al volto e lentiggini e/o voglie colorate sulla pelle.
  • Tu non mi dici di stare zitta! E non mi chiami neanche gessetto! E non mi guardi male se ho detto la verità! Folletti ed elfi possono innamorarsi. È già successo, ci sono già state coppie di razze diverse ed esse hanno anche avuto dei figli, quindi è possibile. Informati ignorante! –
  • Ignorante io? Oh! –
  • Se lo sai, che problemi ti danno allora? –
  • Semplicemente non comprendo come ciò sia possibile.. che due razze diverse si innamorino.. io non mi metterei mai con una ragazza folletto. La sola idea mi fa venire i brividi, sono un sangue puro io, da sempre nella mia famiglia ci si sposa anche tra parenti, per mantenerlo. Non fa parte del mio DNA un pensiero come il tuo.
E poi… voi follette … non mi piacete. Quindi non capisco come possiate piacere a qualsiasi altro elfo –
  • Santo cielo! Quanto sei …! Ah non so neanche definirti. –
  • Scusa, ma è la verità. –
  • Perché? Sentiamo. Perché non ti piacciamo? Perché siamo troppo imperfette, rispetto alle tue compagne elfe? Non ti piacciono le nostre orecchie? O le nostre voglie colorate sulla pelle? –
  • A parte quello … -
  • Eh cosa cosa? –
  • I vostri vestiti… non riesco a guardarvi come ragazze serie. –
  • … La tua schiettezza è schifosa! –
  • Oh e se non la volevi sentire, facevi a meno di chiederlo. –
  • Amaya!! Dì qualcosa!! È vergognoso! –
  • Beh Estelle … non ha tutti i torti. Voglio dire, è vissuto in un ambiente diverso. Ha una mentalità diversa. Forse se fossimo nate elfe, la penseremmo anche noi così. –
  • Non so se essere ammirato per la tua comprensione e intelligenza o se essere offeso per il tuo parlare di me in terza persona. –
  • Non volevo offenderti, scusa. –
  • Ehi ma allora sai parlare in modo civile? Perché con me non lo fai? –
Si intromise Nobuyuki, rivolgendosi ad Amaya.
  • Perché tu non sei un normale ragazzo civile! –
  • Ma non è vero! E cosa sarei? –
  • Un donnaiolo pervertito e narcisista. Il tuo modo di fare mi fa incavolare. –
  • Ahia. Sempre tagliente eh. Non è che sei un po’ elfo tu? Visto che non stai al gioco e sei talmente sincera da far male? –
La ragazza lo guardò male e lui rise.
Estelle invece, non propensa a lasciare la conversazione a metà, si impose per proseguirla.
  • Vuoi dire che se ti innamorassi di una ragazza folletto, tu ignoreresti i tuoi sentimenti? –
  • Ancora con questa storia?! Mi sa che voi folletti vi fate condizionare troppo dagli umani. L’amore non è roba nostra. È un sentimento futile e immaginario, qui non esiste. Tu l’hai mai provato? –
  • Beh no, ma quando incontrerò quello giusto... –
  • Ahahahah ma dai! Che storie ti fai? Senza contare il fatto che neghi la natura stessa delle cose. Non siamo fatti per unirci tra noi. I figli delle coppie diverse lo dimostrano. O forse non lo sai? Che nascono senza un’anima. –
  • Ma non è vero … -
  • Non hanno ali da mostrare. Non hanno un’anima. È semplice logica. –
  • Ma che ne sai? Magari sono solo invisibili. –
  • Pff se non si vedono, non ci sono. –
  • E il vento allora? –
  • Ma smettila. Non puoi mettere le due cose sullo stesso piano. –
A quel punto Amaya disse, un po’ per difendere la sua amica, un po’ per troncare l’argomento pesante e un po’ per dimostrare a Nobuyuki chi in realtà lei fosse: non un elfo, non un folletto, semplicemente quello che voleva e quando voleva.
  • Scommetto che alla fine sarai il primo ad innamorarti, e anche di una ragazza folletto ahahah … –
Quella conversazione aveva iniziato a farle più male del previsto. Comprendeva il pensiero dell’elfo, ma detestava gli assolutismi e il modo di fare, da persona che pensa di sapere tutto, mentre la realtà risulta essere più complicata, difficile e sfumata di quanto si potrebbe pensare.
Nobuyuki allora, le domandò quanto fosse disposta a scommettere. Ella guardò l’elfo divertita, che distolse lo sguardo innervosito, e poi Nobuyuki, pronta a dire la posta in gioco, quando lui le fece una proposta sua:
  • Se lui cambia idea e sarà pronto ad uscire con una ragazza folletto, tu uscirai con me. –
Ella alzò gli occhi ridendo divertita ed esasperata da tanta determinazione. Lui, per convincerla, aggiunse:
  • Sarebbe come scommettere l’impossibile giusto? Che ti cambia? –
Lei lo osservò pensierosa, di sottecchi e poi decise di accettare, convinta che comunque un elfo come quel Samuel, ci avrebbe messo secoli prima di cambiare idea, sempre che potesse succedere.
Nobuyuki per la contentezza si mise a svolazzare per il corridoio, mentre gli altri risero per quell’esagerata reazione. Amaya si coprì gli occhi con una mano per l’imbarazzo. Estelle invece, incuriosita da tutto quell’interesse per la nuova ragazza, le chiese di raccontarle più nei dettagli come avesse conosciuto quell’ebete. Amaya guardò il folletto biondo tanto felice, rise ancora e iniziò il racconto.
 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Capitolo 1 ***


- 1 settimana prima -
C’è la festa del mondo umano e finalmente la festeggerò con i miei amici. Io, amando particolarmente la cultura giapponese, indosso un kimono rosso, sfumato di rosa, legato in vita con un nastro di seta rosso e mi trucco appena. Dopo 10 minuti arriva Formenis e insieme ci dirigiamo alla radura, luogo di festa. Lei è una degli elfi più ammirati del regno, una dei pochi ad avere i lughi capelli e gli occhi castano chiaro, per la precisione castani, forse essendo originaria del nord. Ha deciso di travestirsi da ragazza americana alla moda.
 In giro addocchio qualche ragazzo carino, ma non sono abbastanza forte di spirito per entrarci in
confidenza e cercare un approccio. Desidero solo svagarmi e divertirmi, prima dell’inizio dell’anno orientativo che ci aspetta. Sono curiosa di scoprire quale sarà la mia strada, curiosa ed elettrizzata all’idea di conoscere nuove persone, anche se un po’ turbata all’idea di non andare loro a genio, o comunque di avere a che fare con gente di stampo razzista e/o superbo.
Arriviamo che Sblepren è gia bello sbronzo, Celebrindal intanto se la spassa a vedere come lui sia ormai bello fatto, mentre lei è ancora sobria dopo la seconda bottiglia di nettare. Come faccia io non lo so.
Lui, folletto dai capelli biondo paglia e occhi azzurro mare, indossa gli abiti di un imprenditore finanziario, ma avrebbe calzato meglio i panni di un clown. Lei invece, elfo dai capelli e gli occhi
castani, ma dal carattere folle di un folletto, è un maschiaccio in piena regola e ha deciso di vestirsi da casalinga impacciata del ‘900 ... non ne capisco proprio il motivo. Che poi crea un contrasto incredibile quell’abbigliamento con la sua acconciatura che non abbandona mai. Tiene sempre i capelli intrecciati in splendide cornrow braids che le stanno una meraviglia. Prima di lei nessuna elfa aveva pensato di provare quel tipo di trecce. Grazie a lei invece le cornrow braids, le african braids e le dreadlocks hanno fatto un successone per un periodo. Ora però solo pochi fortunati le usano, notando che sono gli unici a starci veramente bene. Tra di loro ovviamente c’è lei.
Tamarindo e Glenn sono diventati da poco una coppia, ma hanno mantenuto il loro rapporto d’amicizia pre-esistente.
Lui è un folletto dagli occhi e capelli blu tanzanite. Quest’ultimi sono spettinati anche se lui fa il possibile per ordinarli in qualche modo, mentre lei ha capelli e occhi castani e delle lentiggini rosate sul naso. Entrambi sono travestiti come una coppia di sposi di un’opera televisiva: Marge e Homer Simpson penso, portano anche gli anelli al dito, anche se questo tipo di relazione non sarebbe vista di buon occhio da chi ci sta intorno, ma oggi è diverso: oggi elfi e folletti si travestono da umani e di conseguenza, alcuni potrebbero pensare che Glenn si sia colorata i capelli, per interpretare meglio il personaggio.
Poi c’è Perla, folletto dolce e paziente dai capelli lunghi, lisci, blu notte e occhi violetto perlati, ha lentiggini turchine e rosate sulle guance, ma quasi impercettibili, è la confidente, lo scoglio, la spalla su cui piangere del gruppo. Così diversa da noi, non so come faccia a sentirsi a suo agio in mezzo a queste bestie affamate di guai, e a sorpresa generale, si è mascherata da ninja giapponese.
Formenis invece ci tiene tutti sotto controllo.
È la più anziana, potrebbe benissimo svignarsela e cercare della gente più normale, più adulta e saggia e invece, dato che modestamente siamo unici nel nostro genere e non troverà mai gente così poco monotona come noi, rimane, ci mena di brutto, usandoci come sacchi da box, probabilmente per scaricare lo stress, e a noi non dispiace (con noi io intendo i ragazzi, ovviamente le ragazze non vengono toccate).
Sblepren mi chiama:
 
  • Amaya bieni qua, boglio sfidarrrti a bere. S-se lo fai di paggo con 10” - (usando ovviamente toni e vocaboli sconnessi e facendo dei movimenti un po’ scoordinati).
  • Con 10 cosa?-
 
Per chiarire quanto c’è in gioco.
 
  • Diecci monete di brozite… ci stai?-
  • Dammeli e io bevo. Voglio mettere alla prova la tua fiducia.-
 
Lui offeso, mentre sorrido sfidandolo, inizia a borbottare parole incomprensibili all’orecchio magico, ma forse non a quello canino. Continuando a “parlare” tira fuori il portafoglio e con il muso lungo mi da 5 monete. Lo guardo male e lui risponde:
 
  • Le altre 5 te lle do doppo. –
 
Rassegnata accetto. Ma poi perché sto accettando la scommessa di uno mezzo andato? Domani neanche se lo ricorderà più… Mi sa che sono proprio una cattiva persona… Al bancone noto con la coda dell’occhio che lui sta barcollando… che faccio, lo aiuto? Ma no, tanto non lo saprei nemmeno reggere, cascherei con lui..
 
  • amico.. reggiti.-
 
“TONF” mi scolo il bicchiere e il barista mi si avvicina un po’ spaesato per le condizioni del mio compagno. Io intanto inizio a barcollare leggermente. Faccio un piccolo volo e quando atterro salto due volte, per riequilibrarmi. Poi guardo Sblepren, come se non lo avessi mai visto prima. Arriva Celebrindal per chiedermi, seguita dagli altri, di andare a fare un giro sulle altalene celestiali e a vedere quali altri divertimenti vengono proposti. Prima di rispondere indico loro Sblepren. Tutti lo guardano con sospetto, mentre gli esce la lingua da un lato.  Così in coro diciamo al barista:
 
  • Mai visto prima.-
  • Forse è un barbone.-
 
Aggiunge Tamarindo, consigliandogli in più di buttarlo fuori il prima possibile, visto il rischio che possa mettersi a borseggiare in giro. E tutti spensierati ci dirigiamo verso il luogo designato. Andando verso le altalene, mentre ascolto i discorsi dei miei compagni, un ragazzo mi urta facendomi barcollare. Lui mi guarda divertito e forse ubriaco, io sorrido, cercando di mostrarmi il più tollerante e rilassata possibile, nonostante mi dia fastidio il suo atteggiamento da prima donna; però il fatto che non sia brutto e che anche lui indossi un abbigliamento tipico giapponese, riesce a farmelo perdonare e a lasciar correre. Mi volto e torno tra i miei compagni. Formenis mi si avvicina e mi da una gomitata per attirare la mia attenzione..
 
  • Cavolo Amaya dovevi presentarti.-
  • La prossima volta. Era carino, ma non si è comportato adeguatamente -
  • Capisco. –
 
Continuiamo a parlare fino a quando non arriviamo. Paghiamo con 2 monete di ametista.
Saliamo, ognuno su un’altalena appesa agli astri.
Degli addetti ci danno una spinta e ciò basta per farci entrare in una dimensione luminosa, che ci estranea da tutto e da tutti. Esistiamo solo noi e questa magia illusoria. Sembra di dondolarsi verso l’alba: non è più notte, il cielo appare macchiato di colori pastello rosa, azzurro, viola, giallo, illuminati da una luce che noi non possiamo vedere. Normalmente noi volando, non ci spingiamo così in alto, pur potendo, è come una prerogativa riservata a questa giostra, sempre che questa altezza non sia frutto di illusioni.
L’obiettivo è raggiungere la stella della nostra fila. Il primo che la acchiappa, vince la stella e l’opportunità di fare un altro giro. Gli astri vinti vengono usati in casa per illuminare, o vengono venduti a chi le colleziona o vuole farci chissà cosa.
A un tratto, salendo, sento qualcosa rallentarmi, qualcuno si è aggrappato alla mia altalena. Mi giro sconvolta e scopro che quella persona è il ragazzo di prima …visto da vicino però.. mica male sul serio. Apparentemente è un folletto dai capelli biondo ossigenato, corti e spettinati, mentre il colore degli occhi è insolito per uno della sua razza: castano chiaro, ma forse i suoi capelli sono stati colorati o queste luci psichedeliche mi confondono un po’ le idee.
 Lui continua a sorridere arrogante.
 
  • Scusa ehm.. ciao.. potresti lasciarmi andare per favore. –
 
Arrossisco di botto. Ti pareva?! Celebrindal si gira per cercare uno sguardo d’intesa, ma ciò che trova è molto più di quanto si aspetta e, appena si rende conto della situazione, sghignazza divertita e torna a guardare avanti a sé, spingendosi più forte.
 
  • No, non ti lascio. Vorrei sapere come ti chiami.-
Che?
  • Non per sembrarti sgarbata, ma non mi pare il momento ne il luogo per socializzare sai?-
 
Sgarbata? Mi sembra di essere stata anche troppo educata.
Non riesco più a guardarlo negli occhi. Continuo a sentirmi bruciare le guance. Lui ride, guarda appena sopra di me, mi abbandona e vedo un suo amico dargli una spinta di lato, che gli permette di  acchiappare la stella…ma dai! Non vale. E pur violando i miei principi, decido di seguire l’esempio del tizio, aiutando Celebrindal e ignorando il ragazzo che si è preso gioco di me. … ma la mia amica ha preso a stuzzicarmi, tanto per vedermi mezza sclerata, causandomi un deconcentramento ulteriore dallo scopo di quel gioco. Il secondo più veloce ad acchiappare la sua stella è Tamarindo. Alla seconda vinta, le altre scompaiono e ci si continua a dondolare fin quando anche l’alba illusoria scompare e le altalene celestiali, diventano normali.
Una volta scesi, Tamarindo regala la stella a Glenn, quando scendiamo. Applaudiamo e fischiamo facendo arrossire il nostro amico. Lei che, anche se non sembra, è più rilassata di lui, si sdebita baciandolo sullo zigomo vicino alle labbra.
Lui, senza rendersene conto, spalanca le proprie ali color della notte, le quali hanno preso a brillare d’oro e a sbattere ripetutamente tra loro. Noi allora, logicamente, acclamiamo ancora di più. Io e Perla notiamo alle spalle della coppia una figura bionda muoversi in modo insensato e capiamo subito di chi si tratta. Io e lei richiamiamo l’attenzione all’unisono, ci guardiamo sorprese e, mentre gli altri aspettano la spiegazione del richiamo, scoppiamo a ridere. Finite le risate, io faccio un inchino e allungo il braccio verso gli altri per cederle la parola. Perla ride, dice “OK grazie”, mi tocca la testa, come se fossi un cane che ha appena riportato il bastone e per questo la guardo male ed a bocca aperta.
 
  • Mi stai dando della cagna??? –
 
Lei si scusa e mi ri da un colpetto in testa. La fisso stralunata, mentre lei spiega agli altri del risveglio del nostro amico e della possibilità che voglia vendicarsi. Quindi tutti scappano, chi volando, chi correndo come una donnicciola. Io rimango lì a braccia incrociate e col muso lungo. Notandomi ferma, Perla torna, capisce il motivo del mio comportamento e cerca di farmi desistere dal mio obiettivo di rimanere arrabbiata con lei.
 
  • Dai su, lo sai che scherzo.-
 
E strattonandomi per la manica, mi conduce ai cosiddetti autoscontri, copiati spudoratamente dagli umani, dove si sono diretti gli altri. La scuso e mi volto a guardare come è messo il nostro amico. Mi fermo di botto, mentre corriamo e Perla dal contraccolpo, fa una capriola andando a piantare la faccia sulla foglia incementata. Non mi guarda bene, mi sembra abbastanza sensato, ma cerco di spiegarle il motivo della mia frenata improvvisa, indicandole Sblepren e dicendo:
 
  • Ti rendi conto che correre mentre lui si muove come un invertebrato ci fa solo sprecare energia? Insomma guardalo! Sembra un essere molliccio che cerca di imitare una scimmia-
 
Lei mi ascolta e mi guarda, come se fossi un’aliena che ha detto un’idiozia, poi guarda lui e inizia a  ridere senza più fermarsi. Andiamo davanti al giostraro, ma vedendo la mia amica che continua a ridergli in faccia (anche io non sono da meno), lui si offende e ci lascia senza biglietto per il giro. Ci sediamo ancora con le lacrime agli occhi. Perla sembra non riuscire più a respirare, così, all’improvviso, mi rizzo in piedi e semi-seria chiedo alle persone intorno di spostarsi:
 
  • Gente fate spazio, la mia amica ha bisogno di ossigeno. Per favore. –
 
Qualcuno inizia a spostarsi.
 
  •  Ecco sì così, bravi.. grazie a tutti!-
 
Grido. Mi siedo. Mi volto per controllare se la mia amica è ancora viva o se sta ancora ridendo. E la vedo voltata verso di me con un sorriso tiratissimo, le labbra chiuse, gli occhi stretti peggio di una nonnina. A questo punto sono io che non mi trattengo dal non ridere: a questa faccia non sono mai riuscita a resistere. Dopo poco si regge con le mani sul nostro schienale Sblepren, con gli occhi spalancati e la bava che gli pende dalla bocca. Si guarda intorno e vedendo che tutti lo fissano di sbieco, inizia a gridare..
 
  • NON SONO UN BARBONEEEEEEEEE!!!!!!! –
 
….. 10 minuti dopo ci ritroviamo scaraventati dall’altra parte della strada, da quel massiccio giostraro con le vene sporgenti per lo stress accumulato e gli occhi ricolmi di nervoso. Bisogna dire che certe persone prendono molto sul serio le loro interpretazioni. Ci sediamo sul cemento e noi ragazze scoppiamo nuovamente a ridere. Sblepren invece, si alza a denti stretti e ringhiando come  un boxer rabbioso.
 
  • Non ridettte! Pono statto caccìato bal bbar e ora q-questo. Nononono!-
 
Spiega le sue piccole ali color arcobaleno (il colore è più intenso del solito) e inizia a correre verso l’omone elfico, venendo nuovamente scaraventato dalla nostra parte, spiaccicando la faccia sulle foglie bagnate di rugiada. Lui inizia a piangere come un bambino, Perla gli va vicino per consolarlo e per ascoltare le sue proteste e delusioni. Quando Sblepren termina i suoi discorsi, si sfoga con un ultimo pianto, la mia amica gli accarezza la testa e gli da un bacio delicato sulla fronte.
Lui si rianima improvvisamente, mentre io sorrido nell’ammirare i miei amici così diversi, ma che si capiscono alla grande. Quello che mi piace di questa mia compagnia è questo: la sincerità, l’onestà, la lealtà e disinvoltura che ci lega; siamo tutti paradossalmente diversi tra noi, ma ci sentiamo parte di una famiglia dove si litiga, ci si prende in giro, ma ci si rispetta l’un l’altro, senza falsità alcuna e ci si aiuta e sorregge sempre nei momenti di bisogno. Forse Tamarindo e Glenn potrebbero anche raggiungere il matrimonio: sono una coppia sana, vera, priva di desiderio di possesso o che, si amano. L’uno per l’altro sono un amico/a, un fratello/sorella, sposo/a, sono tutto per entrambi, glielo si può leggere negli occhi, negli sguardi di complicità che si scambiano…
Sento l’urlo quasi  femminile di Sblepren. Ma che?
Un peso pazzesco mi cade addosso e mi schiaccia. Lo stesso peso inizia a rialzarsi, imprecando agli amici che lo hanno spinto. Ma incrociando il mio sguardo innervosito e con una vena sulla meninge che inizia a notarsi, lo stesso ragazzo che mi è venuto addosso per strada e che ho rivisto sulle altalene celestiali, sorride ancora malizioso e arrogante. Alza un sopracciglio e dice:
 
  • … ma ciao, ci rivediamo allora. Come ti chiami?-
 
Alle mie spalle sento Sblepren sghignazzare tranquillo, lo guardo e lui si copre la bocca con una mano. Anti-sgamo proprio! Con tale aggiunta inizio a sentire improvvisamente più caldo.
 
  • Prima ti alzi e prima ti rispondo.-
 
Ma non lo guardo in faccia, non ce la faccio, è troppo vicino, mi crea troppo imbarazzo. Tengo la mia mano sul suo petto per tenerlo a distanza. Diventa improvvisamente serio, forse essendosi reso conto della situazione, e si alza. Mi porge la mano per aiutarmi e, stranamente ed involontariamente, io gliela concedo. Mi alzo, continuo a guardare a sinistra con le guance in fiamme e stringo i denti per la tensione. Lui si gratta la nuca con una mano.
 
  • Senti, scusa i miei amici. Spesso si divertono a fare gli idioti, in genere sono delle brave persone, ma se un loro amico si dimostra interessato a una ragazza perdono la testa. –
        
Cioè.. lo ha detto veramente? Io gli interesso? E lo dice così? Alzo lo sguardo e lo guardo negli occhi. Sembrano quasi brillare sotto il chiarore luccicante delle stelle. Sembra sincero e quasi imbarazzato per l’accaduto. OK.
 
  • Va bene sei perdonato.. insieme ai tuoi amici. Ora io e i miei compagni dobbiamo andare.. vero? –
 
Li guardo sorridendo in modo minaccioso. Entrambi si alzano di scatto dritti come due militari. Trattengo una risata. Entrambi rispondono:
 
  • Ma certo, come no? –
 
Si guardano comicamente e sembrano dirsi: “ma è ovvio, cioè neanche da chiedere”. Torno a guardare sorridente e meno imbarazzata il mio interlocutore.
Lo saluto e gli passo davanti, seguita dai miei compagni che mantengono la postura di un palo. Fatto qualche metro li guardo e rivedendo la loro camminata, rido con loro. Il ragazzo mi chiama. Mi volto e lo vedo ancora fissarmi sorridente, come se non avesse niente di meglio da guardare.
Gli domando cos’altro voglia e lui mi domanda ancora il mio nome.
Io e  Perla ci guardiamo con complicità. Quindi gli rispondo misteriosa:
 
  • Se ci rivedremo un’altra volta per puro caso.. allora ti dirò il mio nome. –
 
Lo vedo alzare gli occhi ridendo sorpreso. Mi volto e torno a camminare per la mia strada, con un sorriso che va da un orecchio all’altro. Sblepren al mio fianco ha le braccia incrociate dietro la testa e commenta:
 
  • Io voi donne proprio non vi capisco. –
  • Si, ma ci amate e cercate di conquistare lo stesso. –
 
Risponde Perla. Dopo un momento di silenzio e riflessione il nostro amico ammette questa grande verità.
 
  • Noi ragazze siamo molto avanti, arrenditi. –
 
Lui ci guarda male e gli sorridiamo di rimando.
Ci sentiamo chiamare alle spalle, ci voltiamo e vediamo gli altri che finalmente hanno finito i loro giri sull’autoscontri. Formenis ci domanda curiosa cosa sia successo, per farci cacciare in quel modo dal giostraro. Le spieghiamo la situazione, quando ci raggiunge anche il resto della combriccola, e poi tutti ridono e piangono tenendosi la pancia.
Ci dirigiamo verso il centro della radura, per ammirare lo spettacolo di luci. Dopo circa mezz’ora che li attendiamo e ci siamo seduti perdendoci tra chiacchiere e risate varie, sentiamo una voce tuonante che si scusa per l’attesa e annuncia l’entrata in scena delle luci famose per la loro bellezza, perfezione e originalità. L’emozione ci fa dimenticare ogni piccolo dispiacere e ci alziamo in piedi trepidanti. Lo spettacolo inizia e una pioggia di colori ci inonda: migliaia di elfi e folletti entrano in scena e sfoderano le loro meravigliose ali, ognuna diversa dalle altre. Il loro volo lascia dietro di sé code di luci e colori. Elfi e folletti danzano al ritmo della musica, incantando tutti i presenti. Si susseguono varie canzoni, ma non siamo minimamente annoiati, ogni musica e ballo sono diversi e pieni di qualcosa di nuovo e travolgente. Noi ragazze fissiamo il cielo con lo sguardo innamorato, i ragazzi invece ammirano tutto con meraviglia e sorridono per la bella serata. Dall’anno scorso aspettavo di poter ammirare questa pioggia di magia e colori e ...
 
ora vedo nero, no, blu, aspetta no, è neve, le dita sono bagnate e fredde di neve. Capisco di essere finita a terra, ma non riesco a ricordare il motivo. Alzo lo sguardo e vedo che tutta la fila dei miei amici è ridotta allo stesso modo. Sento Sblepren sbraitare come un matto e mi volto a fissarlo. Si agita e grida contro il ragazzo dagli occhi brillanti di prima. Mi avvicino a Formenis e a bassa voce le domando se sa dirmi cosa sia successo.
 
  • Allora adesso ti spiego. Quel ragazzo bello lì è stato spinto, credo, da un suo amico contro Sblepren, il quale cascandoci addosso, ha creato un effetto domino, così che tutta la nostra fila ‘fatalità’ è precipitata. Ho spiegato bene? –
  • Chiarissima. –
 
Le faccio l’ok con la mano, mi alzo incazzata nera e, un po’ per l’imbarazzo di dover essere osservata da tutti, un po’ per la rabbia verso di lui, mi sento arrossire il viso, mi dirigo a passi pesanti verso il ‘ragazzo occhi belli’. Gli arrivo di fronte che i suoi compagni lo trattengono dal fuggire, mentre lui si divincola. Vedendomi, lui sorride spaventato.
 
  • Grazie ragazzi, tenetelo ancora un attimo. –
 
Dico a coloro che, divertiti, lo tengono fermo e torno a rivolgermi a lui più incavolata di sempre, mentre loro stessi ridono, forse non prendendomi molto sul serio. Come biasimarli? Sono una nana in confronto a loro.
 
  • 1.  Il mio nome non te lo dico, dato che dubito che la situazione che si è creata, sia una pura coincidenza;
  1. Scusati subito del fatto con i miei compagni! Loro non c’entravano niente e rovinare loro una serata così bella, solo per fare il cascamorto è infantile e sbagliato. Punto! –
 
Fa per obbiettare, così aggiungo:
 
  •  Non dire nulla, non ti crederei e peggioreresti solo la tua situazione. –
 
Dopo un momento di silenzio tombale e pieno di disagio, lui scoppia a ridere senza ritegno. Ancora più rossa, lo fisso sconcertata, da un comportamento tanto frivolo e maleducato.
Non riuscendo più a considerarlo una persona abbastanza ragionevole e matura, con cui poter instaurare un dialogo civile, decido di andarmene. Mi volto appena, ma la sua mano mi blocca. Non mi giro, non lo guardo, non ci riesco più. Lo sento riprendersi dalla luuunga risata per prepararsi a parlare.
  • Ok, allora scusami, hai ragione sul fatto che vi ho rovinato lo spettacolo, ma ti posso assicurare, e ti vorrei convincere, che tutto questo non era intenzionale o voluto... per favore.-
 
Colpita dalle sue ultime parole educate, mi giro, lo guardo di sbieco, mentre ho ancora le guance color porpora (sicuramente). Decido di lasciargli una possibilità. Ma, volendo liberarmi dagli sguardi imbarazzanti di quelli che ci stanno intorno, gli afferro la manica e di fretta, mentre gli chiarisco:
 
-  Va bene, ti do una chance. –
 
Lo costringo a seguirmi. Lo conduco dentro una grande quercia, detta anche ‘baracchercia’, in quanto allestita con tavoli, panchine e un banco, dietro cui sta un folletto, pronto a prendere le ordinazioni. Piazzo il biondo davanti a me e gli spiego di pretendere delle scuse e dei fatti che gli permettano di farsi perdonare, in un modo o nell’altro. Lui mi ringrazia per l’opportunità che gli sto donando e mi sorride soddisfatto, iniziando a guardarsi intorno. Io lo osservo curiosa e impaziente di un qualche gesto. Ad un tratto lui mi domanda:
 
  • Ok, senti, già che siamo qua, ti posso offrire qualcosa? –
 
Lo squadro dubbiosa e poi accetto. Ho fame! Al banco lui inizia a dimostrarmi fin troppa confidenza forse, volendo dar a vedere che siamo fidanzati.
 
  • Allora principessa, ordina pure. –
 
Gli do un pestone, cercando di non dare troppo nell’occhio e domando del ramen e del frappè, tanto per rimanere fedele al mio abbigliamento. Dopo di chè, mi volto e, vedendolo comunque saltellare col piede dolorante, gli metto una mano sulla spalla sorridendo malefica e gli rispondo:
 
  • Bene caro, ora è il tuo turno, ti aspetto al tavolo. –
 
 Senza più guardarlo mi dirigo dove detto, mentre lui mi scruta, sorridendo divertito. Quando arriva anche lui, continuandomi a fissare e sorridendo allegro, arrogante e contento, gli chiarisco subito che il nostro non è un appuntamento, e che quindi non deve farsi tante illusioni.
 
  • Oh ma perchè tanta freddezza principessa? –
  • Devo ancora capire come funzionate tu e il tuo cervello. Ti sto studiando, ecco perchè tanta freddezza. Non mi piace studiare, ma con te è quasi obbligatorio. –
 
Mi si avvicina pericolosamente.
 
  • Così mi lusinghi principessa. –
 
Ogni volta che pronuncia quel nomignolo, dei brividi di disgusto mi percorrono la schiena.
 
  • Non è il mio nome. –
  • Allora dimmi qual è! –
  • A.. –
 
Mi blocco. Stavo per tradirmi!
 
  • Bene, ora so qual è la tua iniziale. –
 
Incrocia le sue braccia dietro la testa fiero di sè e soddisfatto.
 
  • Beh nemmeno io so il tuo nome, eppure io non ti ho attribuito nomignoli strani, quindi per piacere, evita anche tu. –
  • Accetto qualsiasi soprannome da te. –
 
Grrr è un dongiovanni solo per il bell’aspetto.
 
  • Va bene. Tu sarai dongiovanni da strapazzo. -
 
Lo sfido io. Sgrana gli occhi sorpreso. Torna a sorridere con malizia, mi solleva il mento con un dito e io esplodo di rossore.
 
  • Mi congratulo. Non avevo mai avuto a che fare con una ragazza in grado di riconoscere le mie doti fisiche attraverso un soprannome. –
 
Spalanco la bocca spiazzata e caccio via con una mano il suo braccio. Cavoli, ma come ho fatto ad essere così sciocca? Con lui non riesco proprio a gestirmi, ad essere io, oppure sì: tutto quello che faccio o dico mi viene naturale, ma non è una parte di me che conosco fino in fondo.
 
  • Beh non era mia intenzione fartelo pensare. Sarai anche di bell’aspetto, ma non mi hai ancora mostrato un lato buono di te. L’apparenza non ha valore, se non è bello il cuore. –
 
Wow questa frase mi piace, devo scriverla. Il suo sorriso si spegne, stavolta l’ho colpito in pieno. Mi spiace, non volevo ferirlo, solo venire rispettata come persona, e rimetterlo al suo posto, tutto qua. Lui incrocia le braccia e assume un’espressione pensierosa.
 
  • ... Principessa... mi piace il tuo modo di ragionare, ma questa la prendo sul personale: mi hai ferito di brutto! –
 
La sua naturalezza e disinvoltura nel dire le cose, mi lasciano abbastanza scombussolata. Capisco di avere esagerato e mi scuso. Lui abbassa un po’ lo sguardo, ma posso notare un accento di soddisfazione nel suo nuovo sorriso. Questo ragazzo è proprio curioso. Mi intriga e snerva allo stesso tempo, modo e livello. Pazzesco.
 
  • Principessa, per questa volta sei perdonata. Chiuderò un occhio perchè ti conosco appena, ma non ti assicuro che sarò così bonario per la prossima occasione. Io dovevo farmi perdonare per la serata rovinata, tu devi farti perdonare per questa cattiveria che hai detto, così.. –
  • Nonono ehi aspetta cosa stai cercando di dire? Che siamo pari? Non se ne parla proprio! Tu mi hai spinto a dire quella frase, io non ti ho provocato, nè niente perchè tu ci mettessi in questa situazione... ecco! –
 
Incrocio le braccia, per me il concetto è chiuso. Lui scoppia a ridere, poi si fa serio tutto di colpo.
 
  • Senti signorina, stiamo qui a litigare, ma così non riuscirò mai a convincerti che la mia caduta precipitosa non era assolutamente volontaria! Cosa facciamo? –
  • Non lo so. Spetta a te la questione, chi rompe paga vecchio mio! Quindi è un problema tuo.–
 
Si finge addolorato.
 
  • ... Ok, ma non è giusto. È da cattive persone. –
  • Non ti immaginavo così sensibile a dirla tutta... –
 
Lo ammonisco e rimprovero.
 
  • Forse tu non lo sai, ma noi uomini in realtà siamo buoni, ma ci viene naturale non darlo a vedere e nasconderlo dietro la faccia da duri che ci viene imposta.. –
 
Ha un’espressione comicamente sapiente.
 
  • E cosa ve lo impone? –
 
La cosa mi incuriosisce.
Inizia a parlare con un sorriso sereno e vero, senza finzioni o alterazioni, ed in questo momento lo vedo sincero, bello sul serio, ciò che è meraviglioso in lui, nel suo carattere, nella sua anima, inizia a riflettersi nel suo aspetto. La sua espressione è trasparente, un libro aperto.
 
  • Il solo fatto che siamo nati maschi. Abbiamo il compito, anche se non ce ne rendiamo conto, di stare al fianco di voi ragazze, di proteggervi, perchè siete delicate come fiori, o forse di più, sensibili, ma molti ragazzi sembrano non conoscervi e sottovalutarvi, mentre sono gli unici che possono sorreggervi. È questo che ce lo impone: noi vi dobbiamo sostenere, è perciò che noi indossiamo queste maschere. Se noi ci lasciassimo prendere dalle emozioni, chi vi starebbe vicino in modo razionale? Chi vi costringerebbe a vivere con i piedi per terra? Quale amica vi tirerebbe su il morale con frasi assurde e comiche tipiche di noi uomini?-
 
Rimango a fissarlo in silenzio. Tutto di lui è diventato un insieme di domande e contraddizioni. Non riesco a capire come possa essere mite, calmo, rilassato e solare, non se la prende, mi trasmette un senso di serenità mai sentita con altri, come se con lui io fossi a casa mia. Non lo capisco proprio. Non capisco poi come possa uno come lui, interessarsi a una come me, che bella non mi sento ne fuori, ne dentro. Eppure lui, tra tutte quelle che di sicuro ha visto, ha puntato su di me. Alla fine di tutti i miei ragionamenti arrivo alla conclusione che probabilmente è riuscito a riconoscere la sua superiorità su di me e ha voglia dimostrarla anche a me per divertirsi. Mi sembra l’unica soluzione plausibile, ma non sembra minimamente di essere quel tipo di persona.. Beh, non ha senso che io rimanga qui a pensarci su, tanto dopo sta sera, non lo rivedrò più e la cosa non mi interesserà. Ricorderò tutto come ‘il ragazzo strano e misterioso’, un’avventura un po’ romantica e dolce.. e basta.
 
  • ... Tu quindi consideri noi femmine come delle povere incopetenti che non sanno rialzarsi da sole, ma che hanno sempre bisogno di voi cosiddetti cavalieri per vivere in modo sereno e decente... giusto?-
 
Mi guarda serio. Non si capisce che emozioni esprima la sua faccia. Ok... lo ho spento. Dopo un lungo attimo passato a fissarci nel silenzio più assurdo, imbarazzante e ridicolo, scoppiamo a ridere come matti.
 
  • Va bene ragazza, mi hai sorpreso di brutto. Il mio era un discorso bellissimo, romanticissimo al quale tutte, penso, avrebbe fatto un bell’effetto, ma tu... – cerca di trattenersi dal ridere ancora, ma decide di permettersi un’ ultima risatina, prima di proseguire  - ... Mi hai spento che cavolo e per riuscire in questo intento con me, ahahahahahahahaha ce ne vuole di mente contorta e originale ahahah.-
 
Ok, ma adesso smettila di ridere per favore eh. O lui ha la risata facile o sono io il genio delle barzellette. Ma porc… sto arrossendo!
Incrocio le braccia nervosa e sbuffando mi volto a guardare da un’altra parte, per non rivederlo ridere di me e per fargli capire che ora può anche piantarla. Proprio in questo momento vedo la mia compagnia entrare nella baracca. ‘tizio’ inizia a parlarmi, ma io non lo sento e non me ne accorgo, saluto gli altri contenta di rivederli, ma loro, vedendomi ‘impegnata’ fanno dietro front sorridendo e facendo l’occhiolino. Probabilmente pensano che io sia contenta di essere in compagnia di questo qua. Li guardo sconvolta, poi mi volto verso di Lui.
 
  • Scusami, penso mi stessero cercando, ma non mi hanno visto. –
 
Mi alzo appena, appoggiando le mani sul tavolo. Lui mi ferma, ponendo la sua mano sulla mia con fermezza e dolcezza, come se quelle parole pronunciate da lui poco prima su noi donne, non fossero per lui solo un modo di conquista, ma una verità che va rispettata.
Ma comunque questa confidenza è troppo precoce per i miei gusti. Gli osservo l’arto con ribrezzo. Togli quella mano!
Lui mi guarda sereno, mentre io in cagnesco.
 
  • Io penso.. – mamma ho paura di sentire che altro pensa.     - ... che se ti stessero cercando seriamente, avrebbero guardato più attentamente e ti avrebbero vista, altrimenti, non per essere cattivo eh, ti hanno vista, ma ti hanno ignorata di proposito. –
 
Meno male che non voleva essere cattivo! Lo fisso allibita da tanta disgustosa schiettezza, la bocca mi si è spalancata tutta d’un colpo alla Sebastian (granchio presente nella Sirenetta disney). Senza pensare pronuncio subito:
 
  • Sei arrogante, egocentrico, antipatico e modestamente vanitoso. Addio. –
 
Mi libero della sua mano e proseguo verso l’uscita, senza voltarmi piena di rabbia e la faccia rossa di snervo. Che ragazzo pieno di sé, pff è un pallone gonfiato, se facesse calcio o pallavolo lui farebbe la palla … e io lo prenderei a mazzate, oh sì!
Raggiungo gli altri dopo averli cercati dappertutto e mi accorgo di aver smarrito il cristallo (la versione magica di un cellulare). No dai, sul serio? Ripercorro la strada percorsa, al contrario, aiutata dai miei amici. L’unico posto dove non ho guardato è nella ‘baracchercia’. Tse! Ovvio, sfiga vuole così. Mi fermo davanti a quest’ultima per prendere fiato, ma non riesco a proseguire. Celebrindal viene in mio aiuto e dice:
 
  • Ma se vuoi entro io a controllare e gli chiedo se ha visto il tuo cristallo. –
 
La guardo e sono commossa. La abbraccio grata e le dico:
 
  • Sisisisisi vai tu per favore. Grazieee. –
 
 La spingo dentro felicissima. Dopo poco, torna fuori senza avere niente in mano e con un’espressione un po’ delusa. Gliene domando il motivo, ma come posso biasimarla? Entrare a contatto con quello sfrontato folletto, rovina la vita.
 
  • Sono entrata e ho visto il tuo cristallo nelle mani di quel tipo. Allora mi sono avvicinata e gli ho detto che ero te, solo che avevo cambiato faccia alla modalità trasformer e gli ho chiesto se mi poteva ridare il cristallo ... è scoppiato a ridere e mi ha risposto: ‘Sono disposto a credere a questa storia, se mi dici quale soprannome mi hai affibiato.’
Sono rimasta lì a fissarlo sorridente come una pampana, con la faccia di una che non ha capito un emerito cavolo e il suo interlocutore fosse un inglese che ha detto una frase coreana.. ecco. –
 
Io ero già scoppiata a ridere alla parola trasformer e non sono più riuscita a riprendermi, neanche vedendo la mia amica rossa d’imbarazzo. Ma quanto bene le voglio!
 
  • Va bene Cele. Vado a riprendermelo io il cristallo. Ok? –
 
Le metto una mano sulla spalla e le sorrido rassicurante. Più rilassata, entro nella baracchercia e appena lo vedo, penso che forse avere degli amici come i miei potrebbe darmi veramente tanti problemi, non perché sono matti, quello lo siamo già un po’ tutti, il fatto è che loro, facendomi divertire, mi fanno desistere dai miei obiettivi di rimanere arrabbiata con gli altri. Mi dirigo da lui tranquilla, mentre lo vedo smanettare col mio cristallo.
Questo non lo puoi fare! Appoggio le mani sul tavolo.
Respira, non sclerare!
 
  • Allora, ti ringrazio di avermi tenuto il cristallo e di avergli fatto evitare una brutta fine. Ora me lo posso riprendere? –
 
Lui sorride divertito.
Ma cosa ridi?
Cerco di mantenermi sicura e ferma, mentre ascolto quello che ha da dire.
 
  • In cambio... voglio il tuo nome. –
 
Rispondo arrendevole.
 
  • Va bene... piacere sono Lucia. –
 
Gli allungo la mano, sorridendo in segno di presentazione, ma lui non ci casca, spinge via la mia mano, si alza di scatto serio e me lo ritrovo a pochi centimetri dal viso.
Oh mamma che ansia!
Arrossisco di colpo e guardo da un’altra parte. Lui non molla, anzi sembra quasi un po’ innervosito dal mio comportamento.
 
  • Principessa non mi prenda in giro. Il tuo nome inizia con A! Potevi almeno farti furba e sceglierne uno che avesse questa iniziale. –
 
Il fatto è che il nome Lucia mi è sempre piaciuto così tanto… Cerco di rispondere, ma finisco a balbettare. Comunque non faccio in tempo a dire una frase, che lui mi afferra la mano e mi accompagna fuori, dirigendosi dai miei amici. Il suo viso è più tranquillo. Vacci prima sembrava sul punto di menarmi. Raggiungiamo gli altri che ci osservano curiosi e abbastanza spiazzati, si ferma davanti a loro, con me al suo fianco e la mia mano nella sua. Io la guardo e cerco di sfilarla, ma lui la stringe. Vedi di mollarmi, altrimenti ti ammazzo!
Lungo il tragitto, lui guarda le nostre mani rallentando il passo. Poi guarda me. Ha perso la sua serenità.
  • Ma… hai freddo? –
  • No perché? –
  • Stai tremando. –
  • Mavva. –
  • Sì invece! … -
  • Non me ne sono accorta allora. Scusa! –
  • N-n-on … -
  • Cosa? –
  • Niente. –
Al che, dopo questa strana conversazione, la sua mano allenta la presa e sembra quasi incerto sul tenermela o meno.
Arriviamo al mio gruppo di amici.
 
  • Ciao. Allora io sono Nobuyuki, figlio di Adelchi, piacere. Potreste dirmi come si chiama la vostra amica qua? –
 
Formenis, sicura e tranquilla risponde per tutti all’incognita di Nobuyuki.
 
  • Amaya, figlia di Kim. –
 
Lui si volta a fissarmi e, spettinandomi i capelli con l’altra mano dice:
 
  • Bel nome principessa. –
 
Il mio viso si infiamma, per la vergogna ovviamente di quel gesto affettuoso, ma anche sapendo che i miei capelli adesso sono un disastro.
 
  • Niente male neanche il tuo don. –
 
Gli sorrido forzata, poi torno a fissare i miei compagni di avventure e domando cos’altro abbiano intenzione di fare.
Loro fissano per un attimo le nostre mani (eh lo so, è strano, ma è lui che mi tiene, mica io) e poi mi rispondono che stavano giusto per tornare a casa. Quindi lascio finalmente la mano al don, e mi dirigo con Formenis verso casa.
Lungo il tragitto, noto il cristallo brillare: mi arriva un messaggio, appoggio la punta del cristallo alla fronte e ascolto: buona notte principessa J.
Io allora gli rispondo con un altro messaggio. Giro il cristallo appena e dico a mente: notte e dimenticati subito di me J! Ciao ciao.
(Per poter comunicare con qualcuno attraverso il cristallo, basta conoscerne il nome completo, l’aspetto, la voce e un minimo la persona. Purtroppo sta sera lui ha conosciuto di me, più di quanto io abbia desiderato.)
E da qui in poi non ricevo più alcuna risposta. Formenis si accorge della cosa.
 
  • Io te proprio non ti capisco... conquisti uno del genere e non gli dai neanche corda. Perchè? Spiegami! –
  • Non mi fido. Non sono il tipo di persona che si butta così a capofitto in una relazione, senza la certezza che questa non possa essere seria... e lui di certo non era serio.–
  • Ti comprendo, è solo che mi preoccupo per te, temo che tu non riesca mai a fidarti e a riconoscere quel ragazzo che ti accompagnerà e a cui ti legherai fino alla fine. –
 
Sorrido.
 
  • Mi fa piacere Formenis che tu ti preoccupi per me, ma devi stare tranquilla. Se questo ragazzo lo dovrò incontrare, lo incontrerò, avere fretta non serve. Attendiamo e viviamo il presente e non pensiamo con ansia al futuro. Ok? –
 
Le rispondo felice di aver come amica lei, che è per me come una sorella maggiore.
 
  • Sì, hai ragione. –
  • Aproposito... come va con quel corridore?-
 
Si schiarisce la gola prima di rispondere.
 
  • È solo un amico, ci sentiamo, ogni tanto ci incontriamo, ma non che ci mettiamo d’accordo noi eh? Succede per caso, ci scontriamo per strada e allora decidiamo di svolazzare o passeggiare insieme invece che da soli. Tutto qua. –
 
Dice, ma non è per niente convincente e dimostra che per lei quel ragazzo è qualcosa di molto diverso da un amico, forse deve solo rendersene conto e accettarlo oppure me lo vuole nascondere per qualche motivo suo... io punto sulla prima comunque. Torniamo a casa rilassate e con una conoscenza e un ricordo in più.
 
 
 
     
     
                                                                                                                                                                
 

 

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=4011913