Pathfinder: L'Isola degli Insetti Giganti

di Justice Gundam
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Verso il Confine dell'Oceano ***
Capitolo 2: *** Pasiega ***
Capitolo 3: *** Il primo giorno ***
Capitolo 4: *** Perlustrazione a Pasiega ***
Capitolo 5: *** Preparativi ***
Capitolo 6: *** Esploratori nella giungla ***
Capitolo 7: *** Il tempio di Deskari ***
Capitolo 8: *** Sfida al culto ***
Capitolo 9: *** Ritorno alla normalità ***
Capitolo 10: *** La fine di Pasiega ***
Capitolo 11: *** Coloni in fuga ***
Capitolo 12: *** La selva dei conigli ***
Capitolo 13: *** Pericoli e momenti di quiete ***
Capitolo 14: *** Situazione tesa su Abundancia ***
Capitolo 15: *** Un nuovo obiettivo ***



Capitolo 1
*** Verso il Confine dell'Oceano ***


Pathfinder: L'Isola degli Insetti Giganti

Una fanfiction di Pathfinder scritta da: Justice Gundam

 

 

Buongiorno! Spero che le cose procedano bene... e vi do il benvenuto a questa mia nuova storia ambientata nell'universo fittizio di Nexos, il luogo dove si svolge la mia personale campagna di Pathfinder!

Accadrà mai che ambienterò una saga nel mondo di Golarion? Mai dire mai, con tutte le partite che sto facendo con i miei amici...

 

L'ispirazione per questa campagna mi è venuta quasi per caso, dando un'occhiata ai miei manuali. E adesso... beh, è diventati uno dei progetti in cui sto investendo più tempo. Quindi, spero di fare un buon lavoro. Ma sarete voi a decidere, e sperabilmente, anche a farmelo sapere.

Vi informo che questa campagna utilizzerà anche materiale di terze parti, non sviluppato dalla Paizo. In particolare, sto utilizzando alcune creazioni della Kobold Press e della Legendary Games. Per chi è interessato a continuare a giocare con la prima versione di Pathfinder e capisce l'inglese, consiglio caldamente di dare un'occhiata ai loro manuali. Hanno parecchi spunti interessanti...

 

Questa storia si svolge più o meno in parallelo con gli eventi di "L'Ascesa della Follia", e circa dodici anni dopo quelli di "I Figli della Regina dei Draghi". Non credo che ci saranno sovrapposizioni tra le storie, ma pensavo che sarebbe stato una buona idea in modo da farvi orientare nel mio universo narrativo.

 

I personaggi che appaiono in questa storia, tranne i marchi registrati della Paizo, sono di mia proprietà. Chi volesse usarli è pregato di notificarmi per chiedere il mio permesso. Questa storia è stata scritta senza scopo di lucro, per divertimento mio... e di chi fosse interessato!

 

Grazie della vostra attenzione, e a presto!

 

oooooooooo

 

 

Capitolo 1 - Verso il Confine dell'Oceano

 

Era un buon giorno per viaggiare per mare.

 

In piedi accanto al parapetto della Reina Del Viento, il dragonide Albion stava contemplando tranquillamente la distesa dell'oceano che si espandeva apparentemente senza confini davanti a lui e alla nave che lo stava trasportando alla sua nuova destinazione. Sopra di lui, il cielo era finalmente pulito, dopo le minacciose nuvole dei giorni precedenti e una breve ma furiosa tempesta che aveva messo a rischio entrambe le navi che stavano affrontando quel viaggio straordinario. Poco distante dalla sua nave, Albion vedeva la Orgullo Del Marinero che riusciva a restare al passo con loro nonostante avesse subito più danni dal recente maltempo. Alcune vele erano strappate, e i danni nello scafo erano stati riparati al meglio, ma Albion pensò comunque che fosse stata una fortuna che la tempesta li avesse colti così vicino alla loro destinazione.

 

"Non possiamo permetterci di rischiare. Se non fossimo quasi arrivati a destinazione, avremmo dovuto interrompere la spedizione e cercare l'approdo più vicino possibile per riparare le navi." disse tra sè il dragonide. Si sgranchì una spalla e diede un'occhiata alla ciurma che in quel momento si trovava sul ponte, mentre alle sue narici arrivava un aggressivo odore di salsedine e di pesce appena pescato. I marinai sembravano indaffarati ma, tutto sommato, abbastanza tranquilli, come se avessero la consapevolezza che presto il lungo viaggio sarebbe finito, e si fossero presi il tempo necessario per prepararsi all'attracco. Poteva anche percepire una certa eccitazione nel lavoro dell'equipaggio, e del resto, come dare loro torto?

 

In fondo, riflettè Albion, questo viaggio faceva parte di un grande progetto della corona di Estania. Nella ricerca di nuove risorse per incrementare la ricchezza e il prestigio del suo regno - già di per sè uno dei paesi più potenti tra quelli che esercitavano i loro commerci sul Mare Missogeo - il precedente re Javier III aveva inviato delle spedizioni esplorative verso un gruppo di isole scoperte solo di recente, che erano state battezzate "il Confine dell'Oceano" in virtù della loro posizione al limite estremo del grande oceano che si estendeva ad ovest del Primo Continente.

 

Le notizie che gli esploratori avevano portato erano state incoraggianti. Il Confine dell'Oceano si era rivelato essere un arcipelago composto da sei isole, di cui due erano di dimensioni notevoli. Si trattava di un luogo che aveva un grande potenziale in termini di risorse: metalli preziosi, spezie rare, terreni fertili e facilmente adattabili all'agricoltura... e cosa migliore di tutte, erano disabitate. Non c'erano popolazioni indigene, e anche quelle creature che le abitavano avrebbero potuto essere facilmente evitate, o si sarebbe potuto venire a patti con loro. Un'occasione troppo ghiotta per non approfittarne, e infatti Javier III aveva immediatamente dato inizio ad un progetto ambizioso per fondare delle colonie sull'isola più grande, che era stata battezzata Abundancia dagli esploratori inviati in seguito.

 

Il progetto era proseguito senza particolari intoppi, e anche alla morte di Javier III, era stato portato avanti dal suo successore, suo figlio Salvador II. Il giovane re, nonostante le interferenze e le obiezioni sollevate dall'Inquisizione, aveva preparato un'altra spedizione per rafforzare con più manodopera le tre colonie che già erano state fondate sulle coste di Abundancia - e in quel momento, la Reina Del Viento e la Orgullo Del Marinero stavano trasportando un gruppo di coloni, civili e militari, verso la colonia di Pasiega, sulla costa meridionale di Abundancia.

 

Chiaramente, molte famiglie nobili ed importanti entità politiche del regno di Estania avevano voluto contribuire al progetto di colonizzazione. Se non per motivi umanitari, almeno perchè erano consapevoli che anche loro ne avrebbero tratto vantaggi maggiori se avessero collaborato. Una parte dei profitti sarebbe andata anche a loro.

 

E del resto, era questo il motivo per cui Albion era stato assegnato alla Reina Del Viento. Come paladino di Bahamut, il Drago di Platino, il suo dovere era di proteggere i coloni da qualsiasi pericolo avesse potuto attenderli nella loro nuova terra. E un luogo come il Confine dell'Oceano poteva nascondere chissà quante insidie. A quanto Albion aveva sentito, alcune viverne dalle squame nere popolavano le zone più alte delle isole. Quelle avrebbero potuto essere un motivo di preoccupazione, se si fossero spinte fino a Pasiega per fare razzia di bestiame o, peggio ancora, per agguantare alcuni coloni. E per quanto le isole del Confine dell'Oceano non fossero abitate da umanoidi e non mostrassero segni di civiltà... non si poteva mai sapere se da qualche parte, su quelle isole, non ci fosse qualche creatura ostile e pericolosa che avrebbe messo a rischio i coloni.

 

La sua missione era stata chiara. Quando i chierici del suo ordine lo avevano chiamato, comunicandogli che nel giro di due mesi si sarebbe unito alla successiva spedizione, Albion aveva provato una serie di sentimenti contrastanti. Orgoglio per la fiducia che gli era stata concessa. Determinazione a compiere il suo dovere. E per quanto non pensasse che simili esitazioni si addicessero ad un paladino, anche il timore di non essere all'altezza della situazione. Non era passato molto tempo da quando era stato investito della sua carica di difensore della fede, e per quanto non fosse esattamente un novellino, non poteva dire di essere del tutto sicuro della sua abilità in un combattimento.

 

Beh, questa era una considerazione secondaria, in fondo. Un paladino non pensava alla gloria o alla battaglia, ma alla sicurezza degli altri. E su questo, se non altro, il dragonide era convinto della sua scelta.

 

"Albion! Ancora con la testa tra le nuvole, eh?"

 

Una voce potente distrasse il paladino dalle sue meditazioni, e con un sorriso appena accennato sul suo volto da rettile, Albion si voltò verso la fonte dell'intrusione un attimo prima che la persona in questione gli desse una pacca amichevole tra le scapole. Albion barcollò lievemente per un istante, ma il suo fisico possente resse senza problemi all'impeto del colpo.

A parlare era stato un altro dragonide come lui... ma a parte le fattezze in generale, i due non potevano essere più diversi l'uno dall'altro. Entrambi avevano l'aspetto di un drago umanoide alto poco meno di due metri, ma non avevano le ali, e i loro corpi erano coperti di squame di colore vivace - argentate per Albion, rosso acceso per il suo compagno. Anche l'abbigliamento era molto diverso: anche se entrambi erano vestiti di camicie e pantaloni adatti ad un lungo viaggio via mare, quelli di Albion erano ben tenuti e relativamente puliti, mentre quelli del suo compagno erano sdruciti e rattoppati, e avevano sicuramente visto molte più miglia.

 

"Stavi pensando che finalmente arriveremo ad Abundancia, vero?" disse il dragonide rosso con voce gutturale ma gioviale. "Non vedi l'ora di poter scendere a terra e goderti una pinta alla taverna locale, eh?"

 

Albion fece un sospiro di finta esasperazione. "Stavo semplicemente pensando a cosa ci aspetta quando saremo arrivati lì, Draig." affermò. "Sai che dobbiamo fare rapporto al capitano Verdugo. Da quanto ne so, ha intenzione di formare una squadra che si occuperà di mantenere l'ordine e la sicurezza a Pasiega. E' un compito molto importante, per questo cercavo di essere il più concentrato possibile."

 

Il dragonide rosso di nome Draig ridacchiò brevemente. Era abituato ai modi di fare del suo amico di vecchia data. Lui ed Albion si erano addestrati assieme per entrare a far parte dei soldati della chiesa di Bahamut, ma la mancanza di disciplina e il carattere impulsivo di Draig gli avevano precluso la possibilità di diventare un paladino. Detto questo, la cosa non lo aveva scoraggiato più di tanto. C'erano altri modi di combattere per la divinità protettrice dei dragonidi. "Heh. Sempre con questa storia dei tuoi compiti, vero, Albion? Dovresti prenderti una pausa, di tanto in tanto. Per quanto mi riguarda... io spero che ci sia occasione di un po' di azione, quando saremo arrivati lì. So che il nostro compito è di proteggere i coloni, e ho tutta l'intenzione di fare del mio meglio. Ma... questo non significa che non ci si possa divertire un po', non credi?"

 

"Non sono sicuro di condividere la tua definizione di divertimento... ma non sarò certo io a giudicarti." disse Albion, per poi far vagare il suo sguardo sul ponte della Reina Del Viento. L'attività si era un po' ridotta, ma per Albion voleva soltanto dire che l'equipaggio si stava rilassando un po' prima che arrivasse il richiamo della vedetta, che annunciasse che finalmente si vedeva la terra davanti a loro. Tra l'equipaggio, il dragonide dalle squame argentate riconobbe alcuni con i quali aveva avuto modo di stringere amicizia nel corso del viaggio.

 

Serena, la ragazzina dai lunghi capelli neri e dall'espressione tranquilla e riservata, si era seduta su uno sgabello vicino ad uno degli alberi della caravella, e stava allungando le gambe per riposarle un po'. La giovane si era unita all'equipaggio all'ultimo momento, soltanto il giorno prima che le navi salpassero per la loro missione, e si era presto rivelata una compagna di viaggio volonterosa per quanto inesperta e riservata. Albion si era spesso chiesto come mai si fosse unita a loro... certo non si trattava di una ragazza qualsiasi. Era la secondogenita dei Grijalva, una famiglia estaniana di antica nobiltà, nota per la sua influenza negli affari interni e per l'opulenza di cui si circondavano, che aveva contribuito al progetto di colonizzazione del Confine dell'Oceano sia con fondi che con manovalanza.   

Albion guardò la ragazzina, vestita con dei pantaloni neri, stivali da viaggio e una camicia bianca con una mantellina verde cupo sulle spalle, che si stiracchiava e si riavviava i capelli neri. Il giorno in cui Serena aveva avvicinato la ciurma della Reina del Viento, era stato lui stesso ad accoglierla e a farle le domande di rito. Serena aveva risposto che voleva dare una mano anche lei, a modo suo, al progetto di colonizzazione... e che voleva allontanarsi dalla sua famiglia, e cercare la sua fortuna in una nuova terra.

 

Il dragonide paladino era stato abbastanza discreto da non chiedere oltre ed accettare la spiegazione, ma non poteva fare a meno di chiedersi come mai una delle figlie della famiglia Grijalva avesse voluto gettarsi tutto alle spalle e trasferirsi in una terra lontana e sconosciuta. Chissà che segreti celava quel volto quasi sempre impassibile e quello sguardo misterioso...

 

Albion si avvicinò a Serena e salutò con una mano. La ragazzina alzò lo sguardo verso il dragonide e ricambiò il saluto, poi si alzò e mise a posto il vestito, in modo da presentarsi con un po' di decoro.

"Salute a voi, Lady Serena." esordì Albion con voce profonda. "Mi auguro che il viaggio stia proseguendo bene anche per lei."

"Paladino Albion." disse lei, con tutta tranquillità. "Sono in buona salute, grazie mille. E spero che lo stesso valga per lei. Tuttavia... le ricordo che non sono più ufficialmente parte della famiglia Grijalva. Mi sono allontanata di mia spontanea volontà."

Il dragonide sorrise con tono affabile. "Le porgo le mie scuse, signorina. E' una mia deformazione professionale, rivolgermi ad una persona con il titolo che credo le competa." affermò. "Detto questo, mi auguro che il viaggio sia stato gradevole, nonostante le possibili avversità."

 

"Apprezzo la premura. Ma sinceramente, non mi è dispiaciuto affrontare un po' di difficoltà." rispose lei. "Ho sempre vissuto in quella gabbia dorata che era la villa dei Grijalva... e adesso, vedere il mondo con i miei occhi mi affascina al punto che... sinceramente, queste difficoltà non mi sembrano poi così grandi."

Albion disse di sì con la testa. Per quanto ci fossero un po' di differenze di vedute tra lui e la giovane, apprezzava il suo spirito d'avventura e il suo desiderio di rendersi indipendente dalla sua famiglia. Non molti figli di famiglie ricche e potenti avrebbero scelto un futuro incerto come pionieri di una spedizione, piuttosto che restare nelle loro comode stanze, serviti e riveriti.

 

"Sì, capisco quello che vuole dire." affermò il dragonide. "Cambiando argomento... potrebbe essere interessata a far parte della squadra che il capitano Verdugo ha intenzione di organizzare? Con le sue capacità e i suoi poteri magici, penso che sarebbe un valido elemento. E potrebbe contare su di me, sul mio compagno Draig e su altre persone disposte a proteggerla."

 

Serena guardò Albion con quello che appariva come un vago stupore. Non che fosse sorpresa del fatto che lei avesse effettivamente dei poteri magici - era un fatto abbastanza ben noto che i membri della famiglia Grijalva avessero una sorta di predisposizione naturale per la magia arcana o psichica. Ma sinceramente, non si aspettava che un paladino come lui fosse così disposto a lavorare a fianco di una warlock - cosa che Serena aveva rivelato di essere, proprio quando aveva parlato con Albion e Draig per la prima volta. Per la verità, Serena aveva avuto l'impressione che Albion fosse un po' scioccato dalla rivelazione, ma il paladino non aveva permesso alle sue opinioni a riguardo di interferire con la sua decisione.

 

Detto questo, Serena sapeva già quale fosse la sua decisione. "Sarò molto onorata di porre i miei poteri al servizio della comunità di Pasiega." affermò, sorridendo lievemente. Albion aveva già in precedenza notato che Serena non era il tipo di persona che esprimeva molto i suoi sentimenti.

"Grazie. Sono sicuro che potremo contare su di lei, signorina." rispose il dragonide paladino. "Ora... se volesse scusarmi, credo che tra non molto arriveremo in vista del Confine dell'Oceano. Dobbiamo cominciare a fare i preparativi per l'attracco, e ci sarà bisogno anche della mia collaborazione. Le consiglierei di raccogliere i suoi effetti personali e tenersi pronta."

La ragazzina rispose con un lieve sorriso e si alzò per raccogliere ciò che le apparteneva e controllare il suo zaino, mentre Albion faceva un inchino e si apprestava a raggiungere Draig, che stava già verificando alcune cime per assicurarsi che tutto fosse in regola. Attorno a loro, anche il resto dell'equipaggio, dopo essersi preso un momento di pausa, si teneva pronto all'attracco. L'eccitazione era palpabile. Dopo due settimane di viaggio, le caravelle stavano finalmente per attraccare a Pasiega.

 

La grande avventura nel Confine dell'Oceano stava per iniziare. Per qualcuno di loro, era la possibilità di iniziare una nuova vita. Per altri, faceva parte del loro dovere come servitori del regno di Estania. Per altri ancora, era un modo di vedere una nuova terra e conoscere nuove persone. Ma tutte le persone coinvolte erano sicure che sarebbe stata l'avventura della loro vita.

 

 

oooooooooo

 

 

"Aaaah... accidenti, non credevo che i viaggi in nave fossero così faticosi... e così noiosi al tempo stesso..." mormorò Hipolito tra sè. Il buffo halfling dai capelli castani scompigliati e dalla pelle bronzea si mise le mani dietro la nuca e guardò verso il cielo, ammirando un gabbiano che si librava maestosamente in aria. Questo era un segno sicuro che la terraferma si stava avvicinando...

 

"Non vedevo l'ora, sinceramente. Dopo due settimane, questa nave cominciava davvero a sembrarmi stretta." disse tra sè, mentre si alzava e si sgranchiva un po' la spina dorsale. Dopo aver raccolto la sua sacca e controllato di avere tutto, Hipolito decise di andare a dare un'occhiata alla prua della Reina del Viento, in attesa che la vedetta desse l'annuncio che finalmente si vedeva la terraferma. Sentiva già che l'equipaggio era pervaso da una grande eccitazione, e la maggior parte di loro non vedevano l'ora di sbarcare e raggiungere Pasiega... e se doveva essere sincero, per quanto non fosse altrettanto interessato alla città, anche lui era contento di poter finalmente vedere una terra nuova. Chissà che peculiari forme di vita avrebbe trovato? Per uno studioso di animali e piante come lui, era un'occasione fantastica... e poi, non poteva certo dimenticare che il suo dovere era di proteggere gli abitanti della colonia e fare in modo che si inserissero senza troppi problemi in un ambiente per loro del tutto nuovo, senza danneggiarlo e al tempo stesso senza correre eccessivi rischi.

 

Hipolito diede un'occhiata alle sue vesti - nulla di particolarmente elaborato o sfarzoso, soltanto una veste druidica di stoffa verde con un paio di pantaloni sdruciti che si fermavano poco sotto il ginocchio, una semplice corda annodata a fare da cintura, e un ciondolo di legno intagliato a forma di zanna portato al collo, ad identificarlo come membro del circolo druidico della Bestia Primeva. Come gran parte degli halfling, non indossava calzature, e i suoi piedi erano piuttosto grandi rispetto al resto del corpo, con il dorso parzialmente coperto da una corta peluria castana.

Certo non un abbigliamento che gli avrebbe fatto guadagnare tanti punti in un ambiente civilizzato... ma per uno che era abituato a vivere a contatto con la natura, era più che adeguato. E in un posto come Pasiega, non credeva che molti avrebbero fatto caso ai suoi modi di fare... che, era pronto ad ammetterlo lui stesso, erano piuttosto stravaganti.

 

"Oh, beh... l'importante è rendersi utili, no? E io sono qui per rendermi utile sia a sua maestà Salvador II che alla natura incontaminata del Confine dell'Oceano." commentò tra sè, mentre con lo sguardo spaziava tra i vari membri dell'equipaggio. La sua attenzione ricadde sul dragonide dalle squame scarlatte che, assieme ad un suo simile argentato, era impegnato a muovere una pesante cassa verso prora.

Draig ed Albion, se non ricordava male. Aveva scambiato qualche parola con loro, e fino a quel momento gli avevano fatto una buona impressione. Entrambi gli erano sembrati persone volonterose e disponibili, anche se doveva ammettere che aveva un po' più di simpatia per Draig, quello rosso. Il paladino, per quanto non potesse negare le sue qualità, aveva un qualcosa di un po' troppo sofisticato, e Hipolito aveva l'impressione che il suo "codice del paladino" lo trattenesse dall'esprimere la sua vera personalità. Draig si comportava con un po' più di spontaneità, e lo halfling pensava che fosse un po' più a contatto con il mondo della natura.

Beh, del resto queste erano solo le sue considerazioni personali. Tra non molto, sarebbero approdati a Pasiega e probabilmente avrebbe avuto un po' più di tempo per conoscerli meglio.

 

"Terra! Terra!" arrivò all'improvviso la voce della vedetta. Immediatamente, i marinai e i membri dell'equipaggio si attivarono, e l'eccitazione percorse il ponte della Reina del Viento come se fosse stata investita da una scarica di energia corroborante! E anche da quella distanza, si percepiva che l'equipaggio della Orgullo del Marinero si era messo all'opera, spinto dallo stesso desiderio di avere finalmente un po' di solida terra sotto i piedi. Hipolito stesso sorrise con entusiasmo e si affrettò a raccogliere quel poco di effetti personali che aveva con sè.

 

"Finalmente... Confine dell'Oceano, sto arrivando!" disse tra sè l'halfling, con un sorriso che praticamente andava da un orecchio all'altro.

 

 

oooooooooo

 

 

Nel giro di un paio d'ore, accolte dall'entusiasmo dei coloni che già da tempo attendevano l'arrivo della spedizione, la Reina e la Orgullo erano arrivata nella baia di Pasiega e avevano gettato le ancore. Davanti ai navigatori, si estendeva lo spettacolo della colonia e della baia che la ospitava - una distesa di acque limpide interrotte solo, di tanto in tanto, dalla schiuma delle onde che si infrangevano sulle spiagge e sugli scogli. Poco più in là, una muraglia di pali di legno, con alcuni cancelli che facevano da punti d'accesso, rivelava la posizione della colonia, e anche dalla loro posizione, Albion e Draig riuscivano a vedere diverse piccole capanne, intervallate da costruzioni più grandi rinforzate in legno. La zona era circondata da una folta vegetazione, tra la quale svettavano alberi che raggiungevano altezze vertiginose. Il paesaggio era affascinante, con un sentore di natura selvaggia e di villaggio di frontiera, e nell'aria si sentiva un pungente misto di salsedine e di alghe.

 

Albion strinse i suoi occhi da rettile e controllò un ultima volta che tutti i suoi effetti personali fossero al loro posto. Si assicurò di essersi legato sulla schiena la sua arma - un'alabarda di ottima fattura, composta da un lungo manico di legno levigato, terminante in una inquietante lama ricurva simile a quella di un'ascia e una punta di lancia. In quel momento, la testa della sua arma era avvolta in un pesante drappo di stoffa, in modo da non rischiare di ferire involontariamente qualcuno.

"Siamo finalmente arrivati." disse con convinzione e solennità. "Pasiega. La nostra nuova casa. E' da qui che muoveremo i primi passi nella nostra nuova vita."

 

Alcuni dei marinai espressero gioia ed entusiasmo nel sentire queste parole, altri sembrarono invece ridacchiare sotto i baffi, forse ritenendo le sue parole un po' retoriche... ma quasi tutti, passeggeri e membri dell'equipaggio, condividevano l'eccitazione che animava il dragonide paladino e il suo migliore amico.

"Se vuoi il mio parere, Albion... io spero che i primi passi mi portino ad una bella lotta! O magari ad una bevuta nella taverna locale, anche quello mi andrebbe bene!" rispose Draig. Albion alzò gli occhi al cielo, ma gli angoli della sua bocca si sollevarono in un sorriso divertito, e diversi dei coloni risero brevemente della battuta.

 

"Sperabilmente, troverai anche tu qualcosa con cui divertirti, Draig." rispose. Controllò attentamente il gruppo di coloni che si apprestavano a scendere - per la maggior parte erano umani, ma Draig vide che c'era anche qualche elfo, nano o mezzorco... per non parlare di quell'halfling che, malgrado gli abiti poco appariscenti, era comunque impossibile non notare anche in mezzo ad una folla. Hipolito, se la memoria non lo ingannava. Un tipo un po' stravagante, ma interessante a modo suo. Non avevano parlato molto, durante il viaggio... ma quelle rare volte che avevano scambiato delle parole, Albion era rimasto affascinato da come Hipolito parlava di piante ed animali, e di quanto fosse entusiasta di vedere una nuova terra. C'era qualcosa, nel suo entusiasmo, che rendeva quasi contagiosa la sua passione e faceva sì che la discussione fosse stimolante - anche se quella materia non era mai stata tra i principali interessi del dragonide argentato.

 

E poi, tra il gruppo, più vicino a lui e a Draig, c'era anche Serena. La ragazzina dai lunghi capelli neri aveva ancora quella sua espressione tranquilla e posata, ma dentro di sè fremeva per l'entusiasmo. Anche per lei era un giorno speciale...

"Adesso ci divideremo in gruppi." disse Albion rivolto ai coloni, che immediatamente fecero silenzio per ascoltarlo. "Ad ognuno di questi gruppi corrisponderà una scialuppa che useranno per attraccare ai pontili della spiaggia di Pasiega. Lì, verremo accolti dal capo della colonia, il comandante Dmitros Verdugo. Non temete, anche se può avere un aspetto un po' intimidatorio, avrete modo di rendervi conto personalmente della sua competenza e della sua solida fibra morale."

"Abbiamo già lavorato con lui in passato. Potete contare sulla nostra parola." continuò Draig. "Ad ognuno di voi verrà assegnata una dimora, e riceverete le dovute istruzioni. Cercate di riposarvi, mi raccomando... visto che da domani comincia il nostro lavoro come rappresentanti della corona di Estania nel Confine dell'Oceano! Non che ci sia qualcuno davanti al quale dovremo rappresentare il nostro paese, ma... insomma, avete capito cosa voglio dire."

 

"Divertente..." affermò Albion, non sapendo se ridere o grugnire. Si ricompose rapidamente, e concluse il suo discorso. "Dunque andiamo, compagni. Svolgiamo la nostra missione per la corona di Estania, e per il bene di tutto il nostro popolo."

"Finalmente si scende." disse Serena. Con una rapidità data dall'impazienza e dalla gioia, i membri dell'equipaggio si diressero verso le scialuppe, che cominciarono ad essere calate nelle acque della baia non appena ebbero imbarcato una quantità ragionevole di passeggeri. Per ogni scialuppa, due degli uomini più robusti si misero ai remi e si affrettarono verso alcuni pontili che dalla spiaggia si estendevano verso il mare aperto. Su di essi, c'erano già dei gruppetti di persone venute ad accogliere i nuovi coloni.

 

Albion, Draig, Serena ed Hipolito furono tra gli ultimi a salire su una scialuppa. Con i due dragonidi ai remi, la barca si diresse lentamente ma con decisione verso uno dei pontili rimasti liberi, e nel giro di una decina di minuti, avevano raggiunto il punto d'attracco. Serena lanciò una cima ad un operaio in piedi sulla passerella, e l'uomo provvide immediatamente a legarla attorno ad un grosso palo di legno ed assicurarla con un nodo magistralmente eseguito. Uno alla volta, i viaggiatori scesero sul ponte e fecero qualche passo su e giù, cercando di riabituarsi alla terraferma dopo tanti giorni passati sul ponte della nave.

 

Un po' più in là, anche la Orgullo del Marinero aveva gettato l'ancora e stava cominciando a far scendere i coloni. Draig si stiracchiò e si passò una mano sulla faccia, poi si sgranchì le spalle mentre ammirava con orgoglio lo spettacolo delle due caravelle ancorate.

"Aaaaaah! Adesso sì che mi sento davvero a mio agio!" esclamò Hipolito, mentre con una mano cercava di rimettersi a posto i capelli. "L'aria ha un profumo qui che non riesco quasi a descrivere... Forse la flora di quest'isola diffonde nell'aria un polline particolare, che dà origine a questo gradevole aroma..." Chiuse gli occhi con espressione sognante e inclinò la testa da un lato mentre con una mano si sfregava il mento sbarbato.

 

"Non è molto diversa da come me l'ero immaginata..." commentò Serena guardando la colonia, e già immaginando le numerose attività che vi si svolgevano. "Magari mi sarei aspettata qualcosa di un po' più... grande? Beh, non importa. Sono comunque felice di essere qui."

 

Albion sorrise lievemente alle parole di Serena. Una giovane nobile che non si faceva problemi a lasciarsi dietro la sua vita di agi e mollezze per lanciarsi in una grande avventura. Chissà com'era stata poi, la vita di quella ragazza... Beh, a questo punto non importava più. Questa sarebbe stata l'occasione di un nuovo inizio anche per lei.

I coloni erano finalmente arrivati tutti a terra, ricevendo il benvenuto da parte degli abitanti di Pasiega. Albion stesso venne avvicinato da una giovane donna che gli offrì un bicchiere di ceramica riempito di quello che sembrava essere succo di frutta. "Benvenuti a Pasiega! Speriamo che il viaggio sia stato tranquillo... e che vi troverete bene qui!"

 

"Se l'ospitalità è calda come vedo... non credo proprio che avremo problemi ad adattarci." affermò il dragonide paladino. Con un sorriso, si portò il bicchiere alle labbra e tracannò un sorso del liquido dolciastro, poi lo passò a Draig, che mostrò a sua volta di gradire molto l'offerta. "Grazie mille, signorina. Apprezziamo molto la vostra disponibilità."

"E non è ancora finita qui. Guardate un po'." affermò Serena, indicando un gruppetto di suonatori e danzatori che uscivano da uno dei cancelli della città. Una musica vivace ed allegra si diffuse rapidamente nell'aria, e molti dei nuovi arrivati si misero ad applaudire e a ballare al ritmo.

 

"Hanno fatto davvero le cose in grande..." commentò Hipolito, mentre faceva ondeggiare il capo da una parte all'altra a ritmo di musica. "Allora... adesso cosa si fa, paladino Albion?"

 

Il dragonide gettò un'occhiata a Draig, poi ad Hipolito e Serena, prima di dare la sua risposta. "Beh, immagino che per adesso possiamo anche goderci un po' il comitato di benvenuto." affermò, godendosi l'atmosfera rilassata e gioviale. Non si era quasi neanche accorto di quanto gli mancasse un po' di distensione... beh, in fondo Bahamut non  se la sarebbe presa a male se uno dei suoi paladini si fosse preso un po' di pausa e di divertimento, prima di tornare al suo dovere. "Avremo molto da fare nei prossimi giorni... e prima di sera, dovrò presentarmi al capitano Verdugo per ricevere i miei ordini. Ma per adesso... tanto vale approfittare di questi momenti di libertà."

 

"Hahahaaa! Adesso sì che ragioni, amico mio!" disse Draig, facendo il segno dell'okay al suo amico mentre tutt'attorno tutti ballavano e festeggiavano.

 

 

oooooooooo

 

 

"Comandante Verdugo. Perdoni il disturbo, ma le navi provenienti dalla madrepatria sono approdate in questo momento."

 

In un ufficio arredato in maniera semplice ma comfortevole, il capitano Dmitros Verdugo, leader della colonia di Pasiega, sollevò lo sguardo dai documenti che stava leggendo e compilando quando la voce della sua seconda in comando gli diede la notizia. Segretamente contento che fosse arrivata una distrazione da quel lavoro monotono, il possente minotauro mise da parte i fogli, cercando comunque di mantenere un certo ordine sulla sua scrivania, e accolse la notizia con un cenno affermativo.

 

"Ah, già... è proprio per oggi che era previsto l'arrivo della Reina e della Orgullo." disse con voce baritoneale. Il leader della colonia estaniana aveva l'aspetto imponente che ci si poteva aspettare da un membro della sua razza, un umanoide muscoloso, alto quasi due metri, ricoperto da una corta pelliccia bruna ottimamente mantenuta e ripulita, con la testa di toro armata di due robuste corna lunate e un paio di occhi neri nei quali si poteva leggere un'arguzia che pochi si sarebbero aspettati in una simile creatura. In contrasto con le sue fattezze animalesche, il suo abbigliamento era consono ad un militare di un certo rango come lui: una divisa rossa dalle spalle ampie, sulla quale indossava un pettorale d'acciaio; un paio di pantaloni di colore giallo un po' spento, e un paio di stivali neri, alti fin sopra le ginocchia. Accanto a lui, appoggiata dietro la sua scrivania, era posta una grande ascia bipenne dalla lama scura, finemente cesellata ma pesante abbastanza da non poter essere usata da nessuno che non possedesse la sua forza incredibile.

 

Verdugo si alzò e rimise a posto la suasedia mentre faceva un cenno di assenso alla sua diretta subordinata, una donna alta e robusta dalla carnagione olivastra e dai capelli neri legati in uno chignon dietro la nuca, che indossava una versione femminile della sua stessa uniforme e portava un elegante stocco appeso al fianco, in un fodero nero dalle decorazioni argentate. "Molto bene, vice-comandante Torreblanca." affermò. "Credo che sarebbe consono andare ad accoglierli personalmente. Può occuparsi lei di mettere a posto le carte, almeno finchè non torno? Non dovrei metterci più di un'ora."

 

La vice-comandante Orsola Torreblanca, orgogliosa soldatessa del Regno di Estania, fece un cenno affermativo con la testa e sorrise lievemente. Aveva l'impressione che il suo comandante fosse grato per la distrazione, e non poteva certo fargliene una colpa. "Sissignore. Prego, faccia pure. Porterò avanti io il lavoro."

 

"Ottimo. Non si preoccupi, entro breve sarà in grado di incontrare lei stessa i nuovi arrivati." disse Verdugo mentre si dirigeva verso l'uscita del suo ufficio. Passò accanto alla sua diretta subordinata e le fece un cenno di assenso, ed Orsola raggiunse la scrivania e cominciò a dare un'occhiata alle carte. Una di esse attirò più di tutte la sua attenzione - un foglio di pergamena sul quale erano scritti diversi nomi, probabilmente appartenenti ad alcuni membri degli equipaggi appena sbarcati.

 

"Albion Wuprax. Draig Durrash... due dragonidi, a quanto vedo. E poi... Hipolito Ozalla... Pepa Vallesteros... Damiàn Colmenarez... e..." L'ufficiale sgranò gli occhi per la sorpresa quando lesse l'ultimo nome. "Serena... Grijalva? Come mai il cognome è stato cancellato?" si chiese. "Sapevo che i Grijalva partecipavano attivamente al piano di colonizzazione, sia con fondi che con manodopera... ma da qui a pensare che la loro figlia minore fosse tra i coloni... Ho l'impressione che ci sia qualcosa dietro."

 

Non era certo suo compito chiedersi cosa avesse in mente il suo superiore, o quale fosse il significato di quella lista... ma doveva ammettere che vederla aveva solleticato la sua curiosità. Il capitano Verdugo stava progettando qualcosa per quelle persone...

 

 

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"Quindi, sono arrivati altri da oltremare?" chiese la piccola figura ammantata, armeggiando con un falcetto ricurvo, senza neanche degnare di uno sguardo la creaturina, ancora più piccola di lui, che si era inginocchiata lì vicino in segno di sottomissione. La sua voce aveva un timbro strano, e se qualcuno avesse potuto sentirla, l'avrebbe probabilmente descritta come nasale e ronzante al tempo stesso.

 

L'essere più piccolo, un umanoide dalla testa esageratamente grande con le orecchie a sventola e gli occhi a palla, annuì nervosamente. "Sì... sì, capo... come avevano detto!" rispose con voce stridula. "Cosa suggerisce di fare?"

Il primo dei due esseri mise via il falcetto e si incamminò verso un altare, sul quale troneggiava una piccola statua di una creatura simile ad un mostruoso centauro dalle fattezze di insetto. "Non abbiate fretta, miei fedeli." affermò. "Non dobbiamo colpire apertamente, almeno non per adesso. Ci hanno lasciato una certa libertà di azione, e noi la sfrutteremo. Per la gloria del sommo Deskari." 

 

"Sommo Deskari!" ripetè l'umanoide più piccolo, prostrandosi dinnanzi all'altare...

 

 

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CONTINUA...

 

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Capitolo 2
*** Pasiega ***


Pathfinder: L'Isola degli Insetti Giganti

Una fanfiction di Pathfinder scritta da: Justice Gundam

 

 

 

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Risposte alle recensioni

 

Farkas: Grazie mille per la tua recensione! Beh, per adesso, il mio modo di lavorare mi permette di rivolgere la mia attenzione a più storie assieme. Vedremo le viverne più avanti nella storia. Ti accorgerai presto che le somiglianze tra Serena e Lemina sono ben poche, in realtà... XD
Deskari è uno dei tanti Principi Demoniaci, potenti creature del Caos e del Male che governano su porzioni dell'Abisso. Deskari, il Principe Demoniaco delle Locuste, è uno dei più potenti... ma ce ne sono alcuni che eclissano in potenza persino lui. Non è una divinità, ma poco ci manca.

Grazie della tua recensione, e spero che ti godrai il nuovo capitolo!

 

 

Capitolo 2 - Pasiega

 

 

"Ci siamo, finalmente. Siamo arrivati a Pasiega."

 

Sulla seconda delle due caravelle che avevano attraversato l'oceano ed erano finalmente approdate alla loro destinazione, Pepa Vallesteros si passò una mano tra i capelli e se li assicurò meglio in una folta coda di cavallo che le ricadeva sulla schiena. Anche per lei, come per molti altri, questo viaggio aveva un significato particolare, e non era certo un viaggio di piacere. In un certo senso, Pepa sentiva che sarebbe stata la culminazione di tutti i suoi anni di donna di mare, e forse la possibilità di gettarsi il passato alle spalle.

 

Dopo aver preso fiato, la giovane donna controllò il suo equipaggiamento e il suo zaino. Si assicurò che la sua arma - una sciabola dalla lama corta e larga, con l'elsa leggermente usurata - fosse assicurata al suo fianco, poi guardò attentamente il paesaggio che si estendeva davanti a lei, oltre il ponte della Orgullo del Marinero. Un'isola dalla natura selvaggia che creava uno sfondo impressionante, che contrastava con la colonia dall'aspetto industrioso alla quale la caravella era approdata. Sulla spiaggia appena fuori dalle mura di Pasiega, l'equipaggio della Reina del Viento stava ricevendo il benvenuto di rito, e gli abitanti della colonia stavano facendo cenno anche all'equipaggio  dell'altra nave di scendere a terra.

 

"Signorina Vallesteros... è tutto nella norma? Ritengo che sarebbe nel nostro migliore interesse prendere il nostro posto sulle scialuppe." la richiamò una voce maschile dal timbro chiaro e dall'accento ricercato. La donna dai capelli rossi fece un sorriso un po' amaro mentre si voltava verso il suo interlocutore... un mezzelfo alto e dall'aspetto attraente, con le orecchie leggermente appuntite, il cui volto dai lineamenti aristocratici era incorniciato da lunghi capelli verdi smeraldo, e adornato da un monocolo sull'occhio destro. Indossava degli abiti semplici, adatti per il viaggio via mare, ma allo stesso tempo abbastanza ricercati - una camicia di seta bianca con sopra una mantellina blu decorata in modo da ricordare un cielo stellato, pantaloni blu e scarpe nere da lavoro, e portava appeso al fianco un fioretto, che tuttavia dava l'impressione di essere soltanto un'arma cerimoniale. Il suo modo di fare era tranquillo e razionale, e nonostante la sua calma, sembrava osservare con attenzione tutto quello che accadeva attorno a lui, e memorizzare ogni particolare.

 

Per contro, Pepa dava l'impressione di una donna che aveva già vissuto la sua dose di avventure: il suo viso era attraente, ma in una maniera che la faceva apparire più rustica rispetto al suo affascinante compagno. Il suo sguardo era più duro, e presentava una cicatrice abbastanza vistosa sullo zigomo destro, chiaramente provocato da una lama. Anche i suoi vestiti erano più modesti di quelli del mezzelfo, ed erano molto più adatti ad una persona che aveva passato la maggior parte della sua vita sul ponte di una nave - una camicia un po' consunta con sopra un corpetto di cuoio rafforzato qua e là con borchie di ferro; pantaloni grigi e un paio di stivali di cuoio nero, alti fino a metà polpaccio. Un abbigliamento che lasciava esposta pochissima pelle, e che comunque permetteva di muoversi con relativa facilità durante la navigazione.

 

"Ah... stavo soltanto ammirando il panorama, Damiàn." rispose la donna dai capelli rossi. "E' un paesaggio così selvaggio ed affascinante... per uno come te, immagino che ci sarà molto da scoprire e da conoscere, vero?"

Concluse la frase con una breve risata divertita, e il mezzelfo, apprezzando la sua ironia, ridacchiò a sua volta. "Per uno studioso di magia come me, questo luogo potrebbe essere davvero molto interessante." affermò. "Mi sono documentato approfonditamente, prima di intraprendere questo viaggio, e ho avuto modo di scoprire che queste isole sono ricche di fauna e flora che nel Primo Continente sono virtualmente sconosciute." 

"Allora spero che troverai qualcosa di interessante da queste parti." rispose Pepa con un mezzo sorriso, mentre guardava l'equipaggio della caravella che si dirigeva verso le scialuppe. Una alla volta, le barche venivano calate nelle acque della baia e si dirigevano verso la spiaggia. "Okay... credo che sia il momento di andare anche per noi. La nostra nuova vita comincia qui... e immagino che sarà piena di sorprese e di novità!"

 

Pepa sorrise e fece una breve risata, mostrando per qualche attimo l'entusiasmo che la animava in quell'impresa. Con un cenno di assenso, Damiàn guidò la sua compagna di viaggio verso una delle ultime scialuppe, sulla quale era già salita una discreta quantità di persone. E non appena i due avventurieri ebbero preso i loro posti, la scialuppa venne lentamente calata nella baia, e i rematori si diedero subito da fare per raggiungere il molo. Pepa afferrò uno dei remi e cominciò a vogare a sua volta, provando un brivido di eccitazione nel sentire gli schizzi di acqua fredda sul viso e il profumo di salsedine nelle narici. Era una sensazione che, nonostante tutti gli anni in cui aveva viaggiato per mare, era sempre stata eccitante come la prima volta. A volte le veniva da pensare che il mare fosse la sua vera casa, e che non sarebbe riuscita a stare lontana da esso a lungo.

 

Ma forse era soltanto il suo dolore che parlava, mai del tutto sopito...

 

Finalmente, prima ancora che Pepa si rendesse conto di quanto rapidamente la costa si avvicinasse, la barca approdò al molo, e due dei marinai provvidero a legare le cime e ad assicurare la scialuppa, come quelle arrivate prima di loro. Con ordine, ma con crescente eccitazione, gli uomini della Orgullo del Marinero sbarcarono e raggiunsero la spiaggia, dove vennero accolti anche loro dagli abitanti della colonia!

 

Pepa si guardò attorno, notando per la prima volta che tra l'equipaggio dell'altra nave c'erano degli individui che si distinguevano dagli altri per presenza e carisma. Due dragonidi, uno argentato e uno rosso, il primo dei quali stava cercando, con calma ma anche con decisione, di mantenere un po' di ordine tra i nuovi arrivati. Il dragonide dalle squame rosse, invece, stava già cercando di socializzare con i coloni, scambiando delle battute con loro e vantandosi delle sue prodezze durante il viaggio per mare. Davano l'impressione di essere due individui in gamba, nonostante fossero così diversi l'uno dall'altro.

 

Una piccola e tozza figura, vestita di abiti di colore neutro, attirò l'attenzione della donna dai capelli rossi... e con un misto di allarme e disappunto, Pepa si rese conto che tra l'equipaggio della Reina del Viento c'era anche un halfling. Quel piccoletto che si muoveva con energia ed entusiasmo tra i coloni, con i capelli arruffati e quel fare vivace, tipico della sua razza...

 

Pepa ebbe un moto di disgusto. Cercò di non darlo a vedere, ma per istinto si era allontanata di un passo. Se c'era una razza che non incontrava le sue simpatie, erano proprio gli halfling. Da un punto di vista prettamente razionale, la giovane donna si rendeva conto che era un modo di fare assurdo, e che non era giusto ritenere tutti gli halfling responsabili di ciò che le era successo... ma i ricordi di quella maledetta notte continuavano ad affiorare nella sua mente ogni volta che ne vedeva uno.

Pepa strinse i denti e scosse la testa, imponendosi di non pensarci più e di concentrarsi sull'oggi. Era probabile che avrebbe dovuto lavorare assieme a quel piccoletto, e questo voleva dire che doveva mostrargli almeno quel po' di rispetto che gli era dovuto.

 

"Va tutto bene?"

Pepa sbattè gli occhi imbarazzata. Era stata distratta a tal punto dall'apparizione di quell'halfling, che non si era accorta della persona che le si era avvicinata in quel momento: una ragazzina di non più di sedici anni, con lunghi capelli neri e carnagione pallida, un'espressione tranquilla sul volto, stava camminando verso il gruppo della Orgullo, curiosa di conoscerli meglio. Indossava degli abiti da viaggio, semplici ma funzionali, e camminava sulla battigia a piedi nudi, tenendo in una mano i suoi stivali. Per qualche motivo, Pepa pensò che ci fosse qualcosa di strano in lei, e non in senso negativo. Il modo in cui si portava, la sua espressione intensa e svagata al tempo stesso... le davano l'aria di una ragazza con la testa tra le nuvole, se Pepa doveva essere sincera.

 

"Ah... scusa, mi ero distratta un attimo." disse Pepa, mentre Damiàn si affiancava a lei. "Sei... una dell'equipaggio della Reina del Viento, immagino."

 

La ragazzina annuì rapidamente. "Sì. Mi chiamo Serena, e sono una warlock." affermò. Damiàn sgranò leggermente gli occhi, stupito dal fatto che Serena ammettesse con tale nonchalance la sua specializzazione. I warlock non avevano esattamente una buona reputazione in Estania... "Faccio parte dell'equipaggio della Reina del Viento. Piacere  di conoscervi... e spero che anche il vostro soggiorno qui sia piacevole."

"Sì, avevo immaginato che fossi una dell'altro equipaggio..." rispose Pepa con un pizzico di sarcasmo. "Sei piuttosto giovane, devo dire..."

 

Serena fece un piccolo sorriso. "Beh, in effetti ho le mie motivazioni per essermi unita all'equipaggio della Reina." affermò. "Ma vi assicuro che ho le abilità che mi servono per rendermi utile alla spedizione."

"Piacere di conoscerti, Serena. Io sono Damiàn Colmenarez, mago apprendista all'Università di Rioruna." si presentò il mezzelfo dai capelli verdi con un inchino formale. "E la mia compagna qui presente si chiama Pepa Vallesteros. Non credo che avrei potuto trovare una persona più affidabile di lei per quanto riguarda i viaggi per mare."

 

"Ah... certo, ho sentito parlare dell'Accademia di Rioruna." affermò Serena. Stava continuando a sorridere, pur in maniera un po' velata, ma Pepa notò che adesso la sua espressione tradiva un pizzico di... tristezza, angoscia, paura? Non ne era proprio sicura, ma non credeva che Serena si sentisse molto a suo agio in quella situazione. "E' da lì che vengono alcuni dei maghi più abili del nostro regno. Come mai avete scelto di unirvi a questa spedizione, invece di restare lì per completare i vostri studi?"

"Oh, si può dire che questi fa parte dei miei studi, signorina Serena." rispose Damiàn con un sorriso accomodante. "Alcuni docenti di Rioruna sono convinti che da queste parti si trovino ancora degli artefatti risalenti al periodo antecedente alla grande espansione delle razze umanoidi. E molti di questi potrebbero essere reperti di grande valore per studiare la magia di un tempo. A me, assieme ad altri studenti che in questo momento si trovano in altre colonie su Abundancia, è stato affidato il compito di cercare questi artefatti e se possibile recuperarli e studiarli. Se fosse possibile riportarne qualcuno in patria, capirà bene che per la nostra Accademia sarebbe qualcosa di sensazionale."

 

"Certo, è comprensibile." disse Serena. La giovanissima warlock passeggiò distrattamente sulla battigia e mosse l'acqua con il piede sinistro, schizzandola qua e là come se fosse stata una bambina che voleva giocare. "Però... adesso stiamo ricevendo il benvenuto dagli abitanti di Pasiega... e oggi dovrà essere una giornata di riposo, dopo il lungo viaggio. Venite. Andiamo assieme a festeggiare."

 

Pepa storse il naso all'idea di trovarsi nelle vicinanze di quell'halfling di prima, ma tenne per sè ogni lamentela e seguì Serena verso il punto di approdo della Reina del Viento, pregustando la festa che attendeva lei e Damiàn.

 

 

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"E così ho detto... allora, faccia da pesce, te ne vai da solo, o ti devo buttare a mare io dopo averti strappato le squame? Hahahaaa! Se l'è fatta sotto, ed è scappato veloce come una freccia! Heh, il sottoscritto Draig non si fa mettere i piedi... anzi le pinne... in testa dal primo sahuagin che crede di essere un duro!"

 

Un gruppo di abitanti di Pasiega applaudì al racconto di Draig - il dragonide rosso stava raccontando una storia secondo la quale lui avrebbe da solo difeso la Reina del Viento da un gruppo di sahuagin, feroci uomini-pesce conosciuti ed odiati in quasi tutti gli oceani di Nexos. In effetti, non è che la storia fosse del tutto inventata... ma Draig stava inserendo un po' di elementi per abbellirla, ed Albion lo sapeva bene!

 

"Buon Bahamut... mi chiedo se Draig rinuncerà mai alla sua abitudine di vantarsi..." affermò il dragonide paladino con una breve risata bonaria. C'erano diverse cose su cui i due amici divergevano, ma in fondo, Albion trovava che anche questo, a modo suo, fosse uno dei lati migliori di Draig.

"Hey, signor Albion!" si sentì chiamare da un bambino biondo che faceva parte di un gruppetto di amici giunti ad accogliere i nuovi coloni. "Signor Albion, è vero che lei è un paladino? Lei combatte contro i diavoli e i mostri che minacciano le città degli uomini, vero?"

Albion accarezzò il bambino sulla testa. "Non mi definirei esattamente un paladino... piuttosto, diciamo che sono un umile servitore di Bahamut, il Drago di Platino." rispose. "Ma il mio compito non è esattamente quello di combattere... un servitore di Bahamut ha lo scopo di proteggere le persone e mostrare loro la via della virtù. A volte è necessario usare la violenza... ma soltanto come ultima risorsa, quando la ragione ha fallito."

 

"Bahamut insegna che bisognerebbe sempre dare un'altra possibilità ai cattivi che si pentono davvero... vero, signor Albion?" chiese una bambina mezzorca, distinguibile immediatamente dalla pelle verde e dai piccoli canini che fuoriuscivano dalla mascella inferiore.

Il dragonide argentato rise giovialmente e accarezzò la bambina sulla testa. "Sì, è proprio così. E' vero che bisogna combattere il male, ma se c'è la possibilità che un malfattore ritorni sulla strada della giustizia, bisogna mostrare compassione." affermò. "E Bahamut, padre di tutti noi, mi ha dato i suoi insegnamenti affinchè potessi portare il suo verbo tra le persone e aiutarle."

"Sei grande, paladino Albion!" esclamò un bambino, guardando con entusiasmo il loro protettore. C'era qualcosa in lui e in Draig che li avevano resi immediatamente popolari tra i fanciulli - il loro aspetto possente combinato con i loro caratteri, diversi ma ugualmente nobili; o magari, il fatto che assomigliassero a due draghi di dimensioni umane, combinando il carisma e la fierezza del drago con un carattere abbastanza umano da potersi rapportare con loro senza problemi.

 

Hipolito, il druido halfling, sembrava un po' meno interessato a ricevere l'accoglienza della folla, e stava invece camminando lentamente sulla spiaggia, guardandosi attorno con insaziabile curiosità. Anche adesso che era appena arrivato, riusciva già a vedere cose che in Estania non aveva mai neanche sognato di vedere. Sulla spiaggia erano sparse conchiglie di forme inusuali e colori sgargianti, ed Hipolito non resistette alla tentazione di prenderne una in mano ed esaminarla.

"Hmm... questa sì che è un esemplare strano. Sembrerebbe la conchiglia di una chiocciola di mare, ma la forma affusolata è qualcosa che non ho mai visto prima." disse trasè, quasi senza accorgersi di alcuni bambini che gli si avvicinavano incuriositi - e alcuni dei quali erano persino più alti di lui! "E poi questa colorazione vistosa... probabilmente si tratta di un mollusco velenoso, o che comunque è dotato di qualche difesa naturale contro i predatori, altrimenti non si spiegherebbe questa sua vistosità..."

 

Draig guardò in direzione della Orgullo del Marinero. L'equipaggio dell'altra caravella stava arrivando, e il dragonide rosso vide che Serena stava guidando altre due persone - una donna dai capelli rossi e un mezzelfo dai capelli lunghi vestito di verde - verso il primo approdo. Con un cenno di approvazione, Draig si fece gentilmente strada tra la folla e raggiunse la sua giovane amica.

"Hey, Serena." la accolse, mentre la giovanissima ex-nobildonna alzava la mano libera e salutava, senza mai cambiare la sua espressione tranquilla e distaccata. "Sei andata anche tu ad accogliere l'equipaggio della Orgullo, immagino. Queste due persone con te, chi sarebbero? Anche loro sono... esperti come me ed Albion?"

La ragazzina mora disse di sì con la testa. "Immagino proprio di sì." disse con tutta calma, per poi indicarli con la mano libera. "La signorina Pepa Vallesteros, e il signor Damiàn Colmenarez. Signori... vi presento uno dei miei compagni di navigazione. Il signor Draig... e poco più in là c'è il suo compagno, il paladino Albion... e il nostro esperto di natura di bordo, Hipolito."

 

Pepa nascose abilmente il suo disappunto nel vedere che Serena si stava in effetti riferendo a quell'halfling dall'aria fin troppo vivace che stava ammirando le conchiglie e i piccoli animali sparsi sulla spiaggia, come se fossero qualcosa di nuovo e meraviglioso. Sperava davvero di non dover mai avere a che fare con degli halfling... e a quel punto, l'unica cosa che poteva fare era esercitare la pazienza e cercare di non litigare con lui. Evitarlo il più possibile, nei limiti della ragionevolezza...

 

"Piacere di conoscervi, signor Draig." disse Damiàn, dopo aver preso rapidamente le misure del possente dragonide rosso. Se doveva essere sincero, non gli stava facendo un'ottima impressione. Aveva l'aria del tipo tutto muscoli e poco cervello. Il suo collega, il dragonide dalle squame argentate che stava arrivando in quel momento, gli dava l'impressione di essere molto più serio. "Spero... che il soggiorno a Pasiega sia sereno."

"Beh, sicuramente è cominciato con dei buoni presagi." disse Draig, rivolgendo a Damiàn un sorriso cordiale che fece ricredere almeno un po' il mezzelfo.

 

Fu Albion a riportare l'attenzione di tutti al motivo per cui si trovavano lì, quando vide che un piccolo plotone di soldati stava arrivando dalle porte di Pasiega, guidato da un massiccio minotauro dalla pelliccia bruna, vestito di un'uniforme impeccabilmente tenuta. Albion riconobbe immediatamente quest'ultimo come il comandante delle forze armate estaniane di stanza a Pasiega - il capitano Dmitros Verdugo.

Deciso a fare bella figura davanti al suo superiore e a permettere anche ai suoi compagni di farla, Albion si schiarì la voce e fece cenno a Draig, Serena ed Hipolito di riunirsi accanto a lui. "Attenzione! Signori, prego, venite qui e mettetevi in fila!" esclamò, battendo le mani un paio di volte. "Sta arrivando il capo colonia per accoglierci! Il capitano Dmitros Verdugo sta arrivando! Che tutti si presentino e facciano rapporto!"

 

Seguirono alcune esclamazioni di sorpresa, e in tutta fretta, anche se ancora con ordine, i presenti iniziarono a prendere posizione, in modo che Verdugo li trovasse già pronti a ricevere ordini. Hipolito si ripulì il vestito alla meno peggio, e Serena si affrettò a spazzarsi la sabbia dai piedi e infilarsi nuovamente gli stivali. Anche Pepa e Damiàn, sapendo che anche loro avrebbero dovuto fare rapporto al capitano Verdugo, si misero a posto come meglio potevano e si misero sull'attenti. In pochi istanti, Albion e i suoi compagni di viaggio erano già schierati, davanti al piccolo reggimento di marinai, soldati, civili ed esperti che avevano appena raggiunto Pasiega. e attendevano con pazienza che il piccolo plotone di soldati arrivasse.

 

"Uomini di Estania! Saluto!" esclamò Albion non appena il capitano Verdugo fu giunto sulla spiaggia. Mentre il possente minotauro si avvicinava, Albion prese un breve respiro per controllare il suo nervosismo e ripassò mentalmente quello che doveva dire.

Dmitros Verdugo era una figura imponente ed intimidatoria, che sovrastava anche il muscoloso e prestante Draig in altezza, e l'elegante uniforme che indossava, corredata con alcune medaglie che riflettevano la luce del sole, non riusciva a nascondere del tutto i suoi muscoli. Con espressione sicura, Verdugo fece cenno ai soldati che lo accompagnavano di restare fermi al loro posto... poi, si avvicinò con calma e studiata lentezza ad Albion e ai suoi compagni. Il dragonide argentato esitò solo per un istante, sperando di non apparire troppo nervoso, poi fece la sua presentazione.

 

"Paladino Albion della Chiesa di Bahamut, capitano Verdugo." esclamò infine, sotto lo sguardo acuto del suo superiore. "Io e i miei compagni di viaggio ci presentiamo per rispondere alla chiamata di Sua Maestà, Salvador II Bejerano de Sandoval! Siamo ai suoi ordini, capitano Verdugo!"

"Esploratrice Pepa Vallesteros a rapporto, capitano Verdugo." esclamò subito dopo Pepa, mentre anche lei e Damiàn si mettevano sull'attenti. "Anche noi rispondiamo alla chiamata di Sua Maestà."

"Riposo." affermò Verdugo alzando una mano. Il minotauro osservò attentamente i sei individui schierati davanti a lui, in modo da farsi un'idea delle loro capacità e della loro personalità in generale. Un militare abile e rotto a tante esperienze come lui, del resto, aveva inevitabilmente sviluppato una certa capacità di prendere la misura delle persone... e questi sei che gli si erano presentati davanti erano senza dubbio dotati di un notevole potenziale. Sei diamanti grezzi, avrebbe osato definirli. La volontà e le capacità non dovevano mancare loro. Quello di cui difettavano, senza dubbio, era l'esperienza, ma quello era un problema a cui si poteva facilmente trovare rimedio.

 

"Molto bene." affermò infine Verdugo, piazzandosi davanti ai sei coloni. "Benvenuti a Pasiega. Voi tutti avete scelto di fare parte di questo grande progetto di colonizzazione, o siete stati scelti per farne parte. E come potete vedere..." Indico il villaggio con un gesto del suo braccio possente. "...Pasiega è una città piccola, ma è comunque un luogo che noi amiamo e desideriamo proteggere. Ed è per questo che voi siete qui, tra i vostri compiti."

 

Verdugo attese un attimo, in modo da saggiare le reazioni dei sei e verificare se avessero qualcosa da dire in proposito. Non ricevendo alcuna obiezione, annuì e proseguì il suo discorso. "Il mio nome è Dmitros Verdugo. Capitano Verdugo per voi. A me è stato dato il compito di supervisionare e coordinare la protezione di Pasiega. Siamo una comunità che si sta ancora sviluppando, ai nostri umili inizi... e per questo motivo è indispensabile mantenere il massimo della sicurezza, poichè dobbiamo fare sì che queste fondamenta si sviluppino e diano vita ad una comunità prosperosa. Senza queste importanti basi, non possiamo sperare di stabilire una comunità solida."

 

Il gruppo, dal fiero Albion, alla misteriosa Serena, finanche all'energico Draig, ascoltarono il minotauro in silenzio e con attenzione. Verdugo fece loro cenno di seguirlo e iniziò a condurli verso le porte della loro nuova città, ripercorrendo la strada battuta che lui e i suoi soldati avevano seguito fin lì. Il suo tono era serio e deciso, non perdeva tempo in retorica o eleganti giri di parole, e ogni parola dava l'impressione di essere stata ben studiata in modo che il messaggio fosse più chiaro possibile.

"Il perimetro di Pasiega è fortificato con delle mura di legno, come potete vedere. A parte queste, abbiamo la protezione naturale che ci viene fornita dalla fitta foresta limitrofa... ma per quanto essa possa fare da protezione, presenta anche dei seri rischi per i viaggiatori poco prudenti. Già a prima vista mi rendo conto che siete un gruppo di persone valide, ognuna con il suo bagaglio di esperienze... e proprio per questo ho pensato di affidarvi un importante incarico."

 

Pepa deglutì, sperando che nessuno si accorgesse dell'avversione che provava all'idea di trovarsi in gruppo con un halfling. L'inizio della sua nuova vita a Pasiega non prometteva esattamente bene...

 

"La vostra missione, se la accettate, è quella di formare una squadra speciale che si occupi di investigare, ed eventualmente neutralizzare, eventuali minacce che incombano su Pasiega." continuò Verdugo. "Questo vuol dire animali selvatici, creature soprannaturali e altri tipi di minacce che si nascondano nell'entroterra di Abundancia. Finora, i rapporti dei nostri esploratori ci hanno parlato di creature come viverne, manticore... e soprattutto, una quantità notevole di insetti ed artropodi di dimensioni inusuali."

"Insetti giganti, eh?" chiese Hipolito, la cui curiosità era stata piccata da quel particolare. Si impose di tenere un po' a freno il suo entusiasmo per tutto ciò che riguardava la natura, e ricordò a sè stesso che era lì anche per proteggere gli abitanti della colonia... che in quel momento li stavano seguendo, formando un allegro corteo che rientrava nella cittadina costiera. "Ehm... detto questo, credo che sarebbe interessante studiare a cosa si deve questa crescita anomala. Probabilmente ci aiuterebbe a risolvere il problema e a tenere al sicuro i nostri nuovi concittadini."

Draig disse di sì con la testa. In effetti, su Nexos non era esattamente strano vedere insetti di dimensioni abnormi, ma a sentire il capitano Verdugo, erano un problema particolarmente sentito da quelle parti. "Se posso chiedere... di che tipo di insetti si tratta, capitano Verdugo?" chiese il dragonide dalle squame rosse. Anche Albion, Serena e Damiàn aguzzarono le orecchie, curiosi di saperne di più.

"Viverne, ha detto." disse tra sè Serena. Si disperse per un attimo a pensare che impressione avrebbe fatto se fosse riuscita a fare amicizia con una viverna e a convincerla a farsi cavalcare...

 

Verdugo rispose senza esitazione. "Per la maggior parte si è trattato di api, vespe o formiche. Ma queste sono solo la specie più comuni che abbiamo incontrato, e io stesso posso dire di aver incontrato delle creature molto inusuali." affermò. "Per adesso, i miei uomini sono stati sufficienti a tenerli a bada. Ma credo che ci sarà bisogno di uomini validi come voi per tenere al sicuro la gente di Pasiega."

 

"Comprendo." rispose Albion. "Certo non posso dire che gli insetti giganti siano il mio principale campo d'esperienza, ma il mio dovere nei confronti delle gente di Estania è chiaro. Farò tutto il possibile per mantenere al sicuro Pasiega."

Il minotauro annuì con aria di approvazione. A quel punto, il gruppo aveva raggiunto i cancelli di Pasiega, e quando le guardie li fecero passare, ebbero finalmente modo di vedere la loro nuova città: una grande strada principale partiva dal cancello principale e si inoltrava nella cittadina, dividendola nettamente a metà e passando attraverso numerosi edifici costruiti in maniera un po' grezza ma efficiente. Ai lati della strada, si potevano vedere bancarelle che esponevano vari oggetti di vita quotidiana, stoffe, cibo e bevande, e a volte anche animali. Molti abitanti della cittadina si affaccendavano andando da una parte all'altra, conducendo la loro vita come in una qualsiasi città della madrepatria.

 

"Accidenti... l'attività è frenetica, da queste parti." commentò Damiàn, che già si guardava attorno cercando di non perdersi nessun particolare. "Questo entusiasmo... è davvero quello che ci vuole, per un progetto di tale importanza."

Verdugo sorrise lievemente. "Questo è tutto in nome del nostro regno e del nostro re... sia il nostro compianto Javier III che il nostro attuale sovrano, sua maestà Salvador II. Dobbiamo ringraziare gli uomini e le donne che lavorano qui per il loro impegno. Se non fosse stato per il loro duro lavoro, e quello dei soldati sotto il mio comando, posso dire senza alcun problema che avreste ben poco da vedere."

 

Il gruppo continuava a seguire il possente minotauro mentre li guidava lungo la strada principale della colonia, osservando le scene di vita quotidiana. Ad un lato della strada, un gruppo di marinai alzava i boccali di birra, salutando i nuovi arrivati. Più in là, Damiàn notò un edificio che sembrava essere uno studio o una biblioteca, con una sorta di tendina sotto la quale un ragazzo e una ragazza erano seduti ad un tavolo, ognuno dei quali leggeva un libro finemente rilegato. All'altro lato della strada, Draig vide un robusto fabbro mezzorco che martellava una barra d'acciaio riscaldato, mentre alcuni metri più avanti si trovava un edificio drappeggiato con tende colorate, identificato da un'insegna che diceva: "Tutto per la magia".

Il giovane mago si aggiustò il cappello sulla testa e guardò da un'altra parte. Sorrise quando il gruppo passò davanti a quella che sembrava essere una scuola, nel cui giardino c'erano alcuni bambini di varie razze che ascoltavano una lezione da un elfo che faceva loro da maestro. Quando Verdugo e i sei avventurieri passarono là davanti, l'insegnante e i bambini interruppero per un attimo la lezione per salutare caldamente. Ognuno di loro ricambiò, anche se Pepa restava attenta e con lo sguardo che spaziava da una parte all'altra, sempre all'erta contro ogni possibile minaccia, a prescindere da quanto fossero improbabili.

 

Finalmente, dopo una lunga camminata lungo le vie di Pasiega, durante la quale Albion e gli altri avevano ricevuto tutte le dovute spiegazioni e delucidazioni, Verdugo si fermò davanti al suo ufficio, un edificio relativamente piccolo, ben tenuto ma privo di fronzoli ed inutili decorazioni.  Il gruppo si fermò e si dispose davanti al comandante, mentre dal suo ufficio uscì anche la vice-comandante Torreblanca per incontrare i nuovi arrivati. "Bene. Questo è tutto quello che dovete sapere per adesso. Sono convinto che nei giorni a venire avrete modo di scoprire molto di più sulla vostra nuova dimora. Ora che ho detto tutto questo... credo che sia il caso di presentarvi la mia seconda in comando. La vice-comandante Orsola Torreblanca, che vi farà da appoggio e vi aiuterà nell'adempimento dei vostri doveri."

 

Verdugo si voltò verso Orsola e fece un solenne saluto, che la donna ricambiò prontamente per poi rivolgersi al gruppo. "Benventi a Pasiega. Il capitano Verdugo ha già fatto tutte le dovute presentazioni, quindi non mi dilungherò in discorsi eccessivi." rispose. "Sero che abbiate fatto un buon viaggio... e mi aspetto grandi cose da voi! Ma sappiate che non sono una che tollera i pelandroni, quindi... sappiatevi regolare!"

"Ricevuto, vice-comandante!" esclamò Pepa, mettendosi quasi sull'attenti. Tutti gli altri erano in  piedi in una posa solenne, decisi a non fare brutta figura con i loro superiori.

 

Verdugo annuì un'altra volta, e mosse da un lato all'altro la testa cornuta, in modo da dare un'occhiata a tutti quanti. "Bene. E ora che la mia vice vi ha messo la giusta quantità di paura..." disse il minotauro, la cui espressione severa si addolcì per un attimo e lasciò posto ad un sorriso ironico, mentre la vice-comandante sospirava e alzava gli occhi al cielo. "Vi lascio con un'ultima raccomandazione. Godetevi il vostro soggiorno a Pasiega! Certo, è giusto che prendiate sul serio quello che io e la vice-comandante Torreblanca vi diciamo, ma non vogliamo certo che voi pensiate che siamo inospitali. Infatti, vi suggerirei di visitare una delle nostre taverne! Penso che vi piacerà molto... e la nostra birra è eccellente! Produzione propria!"

 

Anche la severa Torreblanca non potè fare a meno di ridere divertita, ed Albion annuì fermamente e offrì un lieve sorriso in cambio. "La ringraziamo sentitamente, capitano Verdugo. Faremo in modo di seguire i suoi consigli, e svolgeremo il nostro dovere al meglio delle nostre possibilità. Per noi è un onore far parte di questa spedizione."

Serena fece un lieve sorriso e si riavviò i lunghi capelli neri, lo sguardo perso in lontananza verso l'orizzonte. Il Regno di Estania, la sua precedente vita di nobildonna rinchiusa in una gabbia dorata, sembravano ora così lontani... e lei non poteva fare a meno di guardare con entusiasmo a quello che la attendeva in futuro. Hipolito, l'halfling dall'aria svagata, era più o meno sulla stessa barca, ansioso di vedere qualcosa di più di Abundancia, e in particolare quegli insetti giganti di cui aveva sentito parlare.

 

Pepa, da parte sua, si sentiva un po' dubbiosa riguardo questa spedizione... e soprattutto, riguardo il suo compito. Essere in squadra con un halfling non era certo la sua idea di un buon inizio, e la giovane donna stava cercando come poteva di far tacere quella vocetta infernale che la spingeva a mollare tutto ed andarsene. No, si disse, anche se non le piaceva molto l'idea, doveva restare e cercare di farsene una ragione. Forse era venuto il momento di affrontare il suo passato e liberarsene una volta per tutte. E questo voleva dire... anche sforzarsi di interagire con quel piccoletto fastidioso in termini collaborativi, anche se non amichevoli.

 

Per qulche motivo, mentre osservava Hipolito che annuiva energicamente verso il capitano Verdugo, Pepa ebe l'impressione che non sarebbe stato molto facile...

Finalmente, con un solenne cenno del capo, Verdugo ed Orsola congedarono il gruppo e si ritirarono nel loro ufficio, per riprendere i loro doveri di graduati. Draig sospirò soddisfatto e si stiracchiò per un istante, poi indicò la strada che avevano appena percorso, con in mente il nome di una delle taverne davanti alla quale erano passati.

"Bene... adesso, direi che non c'è niente di male se seguiamo i consigli del capitano Verdugo, eh? Che ne dite, tutti quanti? Dopo settimane di vita di bordo, credo che una birra non faccia male a nessuno!" esclamò il dragonide rosso, strizzando un occhio in direzione del gruppo. "Una vera birra, si intende! Tutta quell'acqua e quel sale hanno annacquato tutte le provviste di birra che si trovavano a bordo!"

"Sono perfettamente d'accordo, amico mio." rispose Damiàn. "Signorina Pepa, lei cosa dice?"

 

La donna dai capelli rossi alzò le spalle e riuscì a fare un sorriso ironico. "Che non credo che nessuno possa darci torto se decidiamo di rilassarci un po'. Ce lo siamo meritato, e ci darà la carica per domani, quando inizierà il nostro compito." affermò. In fondo, si disse, non era il momento di pensare a cose tristi. Più avanti, avrebbe pensato a come appianare questi problemi, ma per il momento... l'idea di passare una serata in una vera taverna, con un vero tetto sopra la testa, dopo tutte quelle settimane sul mare, la attirava parecchio.

"Io non berrò birra o altri alcolici..." disse Serena, essendo la più giovane del gruppo. "Ma immagino che un bicchiere di acqua fresca o di succo ce l'avranno. Vengo anch'io."

Hipolito si limitò a fare un segno dell'okay, lasciando ad Albion l'ultima parola... e il dragonide argentato decise anche lui che a quel punto, tanto valeva godersi il resto della giornata, dopo tanto tempo passato a solcare l'imprevedibile oceano.

 

"Sì, sono d'accordo con la signorina Pepa." rispose il paladino. "Ci siamo guadagnati il diritto di festeggiare un po'. Un nuovo orizzonte, un nuovo inizio e sperabilmente, delle proficue scoperte ed avventure. Va bene, miei compagni! Andiamo a festeggiare assieme la nostra nuova avventura!"

Tutti assieme, i sei avventurieri annuirono e seguirono Draig, mentre quest'ultimo li guidava verso la taverna che aveva adocchiato poco prima, ognuno di loro sentendosi emozionato e un po' nervoso...

 

L'indomani, sarebbe stato l'inizio del loro compito...

      

 

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CONTINUA...

 

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Capitolo 3
*** Il primo giorno ***


Pathfinder: L'Isola degli Insetti Giganti

Una fanfiction di Pathfinder scritta da: Justice Gundam

 

 

 

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Risposte alle recensioni

 

Farkas - Effettivamente ho una certa simpatia per i mezzelfi - sono una razza molto versatile, e in pratica possono essere efficaci qualunque sia la classe che scelgono. Vedremo più avanti da cosa deriva l'astio di Pepa verso gli halfling...

I sahuagin sono feroci uomini-pesce noti per la loro società irregimentata e per la loro crudeltà. In molti mondi di D&D / Pathfinder sono considerati un flagello per chiunque vada per mare.

In effetti, ho voluto dare un po' più di notorietà alle viverne... e per quanto riguarda gli insetti giganti, beh, ho pensato che ci sono molte storie in cui i nemici principali sono draghi, demoni, diavoli, non morti o aberrazioni (come gli aboleth, i beholder o i mind flayer), e ho voluto fare qualcosa di un po' più originale.

Grazie della recensione e a presto! ^^

 

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Capitolo 3 - Il primo giorno

 

 

Era la prima volta che Serena si svegliava sotto un tetto sconosciuto.

I primi raggi di sole del mattino iniziarono a filtrare attraverso una delle finestre della sua nuova casa e illuminarono il volto della giovane ex-nobile, ancora distesa su un materasso semplice ma confortevole.

Quando Serena si voltò sulla schiena per dare un'occhiata al soffitto, quello che le apparve davanti non era un'elegante volta colorata, come ormai lei era abituata a vedere... ma un tetto fatto nella maniera più semplice possibile, con giunchi legati assieme in modo da proteggere il meglio possibile dalla pioggia l'interno di quella piccola casa dalle pareti di legno. Quando Serena si guardò attorno, vide che anche il resto dell'arredamento era di una disarmante semplicità: tutto quello che c'era erano un tavolo di legno, abbastanza lungo da poter far accomodare quattro o cinque persone; alcune sedie, un camino che non doveva essere stato usato di recente, alcuni scaffali di legno finemente intagliato e levigato...e una piccola scrivania posta accanto al letto, sulla quale era stata posta una candela ancora intatta. Alcuni libri dalle pagine ingiallite erano disposti ordinatamente appena sopra la scrivania, a portata di mano di una qualunque persona si fosse seduta lì al tavolo.

 

Serena si voltò su un fianco, poi di nuovo sulla schiena e guardò con soddisfazione la sua nuova "casa lontana da casa". Abituata com'era al lusso sfrenato ma senza merito dalla sua enorme mansione, Serena era ancora un po' indecisa se sarebbe riuscita ad abituarsi rapidamente a quelle nuove circostanze... ma sicuramente, adesso provava delle sensazioni incredibili nell'avere un tetto tutto suo,  sotto il quale avrebbe potuto non essere continuamente additata dai membri della sua stessa famiglia per la sua cosiddetta "stranezza". Per la prima volta in vita sua, Serena stava provando una sensazione di libertà.

 

Ciò nonostante, pensò infine Serena passandosi una mano sul viso, quello era anche il suo primo giorno di lavoro.  Il comandante Verdugo aveva affidato a lei e ai suoi nuovi compagni un compito molto importante, e Serena non aveva nessuna intenzione di deluderlo. Si alzò dal suo letto e si infilò un paio di pantofole, poi incominciò a prepararsi, sorridendo velatamente all'idea della sua nuova vita che cominciava...

 

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Circa un'ora dopo...

 

Albion diede una rapida occhiata al gruppo composto da lui stesso, da Draig e dai loro nuovi "colleghi" mentre prendevano posto in una fila ordinata davanti all'edificio che era stato adibito a quartier generale dal capitano Verdugo, giusto in tempo per l'incontro iniziale in cui avrebbero ricevuto i loro primi ordini. Il dragonide paladino si era già preparato, e indossava la sua armatura ben lucidata ed oliata... e anche Draig, bisognava riconoscerlo, aveva fatto del suo meglio per rendersi quanto più presentabile possibile, considerando che di solito non era uno che badava troppo alla forma. Hipolito, dal canto suo... beh, Albion non poteva dire che si stesse presentando molto bene. L'halfling indossava le sue vesti da viaggio, tutte di varie sfumature di verde - certamente adatte per la vita nei boschi, ma non esattamente per un incontro con un superiore - ed era a piedi nudi. Un'usanza tipica degli halfling, ma Albion non era convinto che fosse il modo di presentarsi ad un suo superiore.

 

"Speriamo solo che il comandante Verdugo non se la prenda troppo per questo..." pensò tra sè il paladino, per poi dare un'occhiata anche a Pepa, Damiàn e Serena. Tutti e tre sembravano ben presentabili per l'incontro con il comandante... anche se il paladino notò che Pepa si stava tenendo più lontana possibile dall'halfling. Non era una novità, del resto: anche il giorno prima, mentre iniziavano ad ambientarsi nella colonia, la giovane donna sembrava cercare di tenere le distanze da Hipolito. Albion aveva l'impressione che, per qualche motivo, a Pepa non piacessero per niente gli halfling. Forse perchè avevano una reputazione, non del tutto immeritata, di essere dei ladruncoli e dei furbastri? Forse aveva avuto qualche brutto incontro con degli halfling in passato? Albion poteva soltanto fare delle supposizioni, visto che gli sembrava indelicato chiederlo direttameente a Pepa.

 

Finalmente, proprio all'orario stabilito, la porta dell'ufficio si aprì con un lieve scricchiolìo, e da essa emerse il comandante Verdugo, in tutta la sua impressionante statura e con addosso la sua armatura decorata, la sua enorme ascia da battaglia assicurata sulla schiena in modo da sembrare ancora più imponente. Immediatamente, il gruppo si mise sull'attenti e attese che il leader della colonia arrivasse davanti a loro, con paasso lento e solenne. Sotto il sole cocente dell'isola in mezzo all'oceano, il gruppo di esploratori attendeva con pazienza che Verdugo completasse la sua ispezione... e il minotauro, senza mostrare segno nè di approvazione nè di rimprovero, esaminò uno ad uno tutti e sei. Per un po' di tempo, l'ispezione andò avanti... e alla fine, convinto di sapere ormai tutto ciò che gli serviva, Verdugo diede il suo cenno di assenso.

 

"Molto bene. Vi siete presentati tutti all'orario stabilito, e mi sembra che siate pronti. Come inizio, direi che ci siamo." affermò con quella sua voce baritoneale che lo rendeva impossibile da ignorare. "Dunque, sapete già qual è il vostro compito. La milizia cittadina sta già iniziando a fare le ronde, ma ho bisogno di voi come squadra specializzata per incarichi che la milizia non avrebbe il tempo o le capacità di gestire. Per oggi, giusto per ambientarvi meglio nella vostra nuova dimora, credo che basterà fare qualche ispezione all'interno di Pasiega. Ambientatevi, familiarizzate con i vostri nuovi concittadini, e fate in modo di intervenire se vi trovate di fronte a qualche emergenza o a qualche richiesta di aiuto. In particolare, state attenti all'eventuale arrivo degli insetti giganti dall'entroterra. Finora, la loro presenza è tenuta sotto controllo, ma non si può mai abbassare la guardia."

 

"Ricevuto, comandante Verdugo." rispose Draig, trattenendo a stento un sorriso entusiasta. Quell'incarico dava l'impressione di essere più divertente di quanto non sembrasse all'inizio. "E se dovessimo incontrare qualcuno di quegli insetti giganti, cosa dovremmo farne? A parte cacciarli via o farli fuori, ovviamente."

 

"Quando arriverà il momento di fare rapporto a me delle vostre attività, segnalatemi dove e quando avete incontrato la creatura. Se poi doveste riuscire ad uccidere l'insetto, portare il suo corpo al nostro esperto di natura, il signor Horacio Veda, aiuterebbe molto ad identificarli e ad attuare delle contromisure." rispose Verdugo. "Ci sono altre domande?"

 

Hipolito fece una piccola smorfia, pensando che sarebbe stato un peccato essere costretti ad uccidere quegli insetti giganti. Un'occasione di vedere di persona delle creature così impressionanti... e gli sarebbe dispiaciuto che l'unica conoscenza venisse dai corpi degli insetti giganti uccisi in combattimento. Forse, se ci fosse stata la possibilità di fare una passeggiata fuori città nei momenti liberi... non sarebbe stata una cattiva idea appostarsi ad osservare un gruppo di quegli insettoni.

"Il signor Horacio Veda, eh?" ripetè tra sè l'halfling druido, per poi dare una controllata al suo equipaggiamento. "Devo ricordarmi questo nome. Potrebbe essere interessante andare a fare conoscenza in futuro."

 

"Una, in realtà." disse Pepa, alzando una mano in risposta alla precedente domanda. "Riguardo le altre colonie su Abundancia... dobbiamo aspettarci di essere contattati? So che Tarago, in particolare, è in rapporti abbastanza stretti con noi..."

Verdugo disse di sì con la testa. "In effetti, è un po' che non abbiamo notizie da Tarago e Galapòn. Abbiamo inviato alcuni messaggeri ad entrambe le colonie." affermò. "Comunque, se ci dovessero essere dei problemi, sicuramente lo verremmo a sapere per tempo. Per adesso, non preoccupatevi... se avessimo bisogno di voi, ve lo comunicherò. Ma per adesso, mi basta che voi vi occupiate di Pasiega. Se non ci sono altre domande... credo che il briefing può finire qui, e potete iniziare la vostra prima ronda."

 

Albion sentì il suo cuore accelerare, sia per l'eccitazione che per il nervosismo... e il dragonide fece un saluto, subito imitato da tutti i suoi compagni. "Sarà fatto, comandante Verdugo! Potete contare su di noi! Eseguiremo il nostro compito con la massima dedizione!"

 

Il minotauro sorrise fieramente. "Ottimo. La nostra comunità conta molto su di voi... e vi auguro la migliore delle fortune nel vostro primo giro di ronda!" affermò. "A questo proposito, paladino Albion. Ho pensato di affidare a lei il ruolo di leader del gruppo. Sono sicuro che lei ha le giuste capacità per guidare questi ragazzi. Sia io che la Chiesa di Bahamut ci aspettiamo molto da lei."

 

"Comandante Verdugo?" esclamò sorpreso il dragonide dalle squame argentate. Si guardò rapidamente attorno, in modo da farsi un'idea delle opinioni del resto del gruppo... e vide che Damiàn stava già dicendo di sì con la testa, mostrando un sorriso accomodante. Pepa ed Hipolito non sembravano opporsi all'idea, e anche Serena fece un lieve sorriso e un cenno di assenso. Rimaneva soltanto Draig... ma per fortuna, anche lui non mostrò segni di disaccordo, e fece un segno dell'okay con una mano quando si accorse che il suo migliore amico stava guardando lui.

 

"Ammetto che un po' mi dispiace che non abbia scelto me come leader..." pensò tra sè il dragonide dalle squame rosse. "Detto questo, Albion è sicuramente più intelligente di me, ed è più abile a trattare con la gente. Io... farò del mio meglio per dargli una mano."

 

"Se questa è la vostra decisione, comandante Verdugo... io la accetto, e giuro solennemente di fare tutto il possibile per essere all'altezza di questo compito." rispose infine il paladino, portando fieramente una mano stretta a pugno all'altezza del cuore, mentre con l'altra teneva dritta la sua alabarda. "Lo giuro in nome di Bahamut e del regno di Estania."

 

Verdugo si permise un lieve sorriso soddisfatto, mentre gli altri cinque facevano un breve applauso di congratulazioni, ed Albion abbassava la testa in segno di accettazione. "Sono tutti giovani e zelanti. Anche se la signorina Pepa e il signor Damiàn sembrano un po' più tranquilli a riguardo... sono convinto che anche loro siano entusiasti di fare la loro parte. Mi ricordano molto di come ero io quando ho preso servizio." pensò tra sè. "Certo che sono passati molti anni da allora. Quando ancora ero un vitellino pieno di speranze... Comunque, sono contento di vedere che questi ragazzi sono così decisi. Credo proprio che Pasiega sarà in buone mani con loro."

 

"Perfetto. In tal caso, credo proprio di non avere più niente da aggiungere." affermò Verdugo. "Potete cominciare adesso la vostra ronda. Buona fortuna, e attenderò i vostri rapporti."

"Ricevuto, comandante Verdugo!" rispose Albion, mentre tutti e sei si mettevano sull'attenti e facevano un saluto. Con ordine, i sei novelli avventurieri si incamminarono nuovamente verso il centro della colonia, sotto lo sguardo orgoglioso di Verdugo, che li osservò allontanarsi finchè non furono più visibili. Il fiero minotauro annuì tra sè e tornò verso il suo ufficio, prendendo un foglio di pergamena da sotto la sua uniforme.

 

"Per adesso, diamo un'occhiata a questi rapporti." disse tra sè, per poi assumere un'espressione vagamente ansiosa mentre leggeva quello che era scritto. "Hmm... queste notizie non sono molto confortanti, devo dire... credo che sarà necessario mandare un altro gruppo di esploratori da quelle parti. Non per dubitare del paladino Albion e della sua squadra, ma non credo che abbiano l'esperienza necessaria per gestire una situazione come questa."

 

Verdugo fece un sospiro e rimise a posto i rapporti prima di dirigersi nel suo ufficio. Forse sarebbe stato meglio parlarne con la vice-comandante Torreblanca, non appena fosse stato possibile...

 

 

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Hipolito si sfregò il mento con una mano, sentendo quell'accenno di barba che cresceva su di esso. Doveva ammetterlo, per essere il primo problema sul quale lui e i suoi compagni erano stati chiamati ad intervenire, non era esattamente quello che si aspettava...

 

"Ehm... vediamo un po' se ho capito bene..." disse l'halfling, cercando di calmare la persona che aveva chiesto il loro intervento: un giovanotto sbaarbato e dall'espressione nervosa che si era presentato come Elias Velazco. "Avete un problema con dei famigli che sono fuggiti dalle loro gabbie?"

Il ragazzo annuì rapidamente, davanti alle espressioni un po' sbalordite del gruppo. "Sì... sì, ecco... il mio capo, la signorina Marina Montero... si occupa di equipaggiamento magico... e... ecco... un... un mago che abita a Tarago aveva ordinato degli animali, voleva sceglierne uno perchè diventasse il suo famiglio, ma... ma noi non avevamo nessun potenziale famiglio a disposizione, e così... la signorina Montero ne ha fatto arrivare una piccola fornitura. Poi... poi ha chiesto a me di occuparmi di loro fino al momento della consegna, ma... ma... ecco, io sono un po' imbranato! Sono inciampato mentre cercavo di mettere a posto l'ultima gabbia, e ho finito per romperle tutte! E adesso... e adesso... tutti gli animali sono scappati, e non so come fare per farli tornare nelle gabbie! Se... se li perdo, la signorina Montero mi spellerà! Aaaaah! Che faccio, che faccio, che faccioooo?"

 

"Wow, questo tipo è parecchio nervoso..." disse tra sè Serena, con tutta calma.

 

Pepa sbattè gli occhi sbalordita mentre osservava il giovanotto che camminava su e giù davanti al negozio, tenendosi la testa tra le mani e lamentandosi del fatto che la proprietaria del negozio gli avrebbe riservato le punizioni più fantasiose ed improbabili. Tuttavia, si trattava pur sempre di un loro concittadino in difficoltà, e seppure non fosse esattamente un incarico eccitante, era comunque un loro dovere. "Ehm... credo... credo che non ci sia bisogno di disperarsi così, Elias." disse la rossa, cercando di evitare di avvicinarsi troppo ad Hipolito. Già era abbastanza sgradevole lavorare con un halfling... "Possiamo... pensarci noi a riprendere gli animali. Ci basta sapere di che creature si tratta, e noi penseremo al resto."

 

"Giusto." continuò Damiàn. "Abbiamo diverse abilità che ci permetteranno di catturare gli animali senza fare loro del male, quindi lascia fare a noi."

 

Elias riprese fiato per qualche secondo nel frenetico tentativo di far arrivare un po' di aria ai polmoni, poi si appoggiò il dorso di una mano sulla fronte e si sedette per terra. "Un... un gatto... un falco... un pipistrello... un topo... e un serpente. Il... il serpente è velenoso, quindi state attenti, e non fatevi mordere. E... e soprattutto... non fateli scappare! Altrimenti sono rovinato! La signorina Montero mi cospargerà di becchime e mi farà mangiare dalle galline! Aiutooooo!"

 

"Non... non credo che andrà così, esattamente... ma va bene, cercheremo di non far fuggire nessun animale. Stai tranquillo... okay, ragazzi, adesso entriamo nel negozio. Uno alla volta e con rapidità, per non dare agli animali una finestra di tempo sufficiente a fuggire, okay?" Albion prese rapidamente il controllo della situazione, cercando di formulare un piano semplice ma efficace che riducesse al mimino le possibilità che accadesse qualche incidente. "Elias... hai visto dove si sono nascosti gli animali?"

 

Il ragazzo annuì rapidamente, ancora spaventato ma un po' più fiducioso. "S-sì... sono nellaa stanza sul retro... il pipistrello... credo sia aggrappato alle travi del soffitto... credo sia spaventato e non voglia muoversi di lì... il falco si è posato su una credenza... il gatto è sul letto... il topo si è rifugiato in un baule... e il serpente è sotto il letto. Temo... temo che non sarà facile prenderlo senza essere morsi."

 

Draig fece un cenno con la testa. "A questo penso io." affermò. "Damiàn, resta pronto con i tuoi incantesimi per calmare gli animali."

"Pepa, Hipolito... mi affido alla vostra esperienza nel gestire gli animali." disse Albion, rivolto all'esploratrice e al druido. "Serena, tu resta indietro e cerca di non far fuggire nessun animale. Ora... aprirò la porta ed entrerò per primo. Entri uno alla volta, e il più rapidamente possibile. Non fate scappare gli animali, e non fate movimenti bruschi, okay?"

 

"Tranquillo, paladino Albion. Sappiamo come comportarci... giusto, signorina Pepa?" chiese l'halfling, facendo un occhiolino gioviale alla giovane donna, senza immaginare il fastidio che quest'ultima provava in quel momento. Pepa ignorò il moto di rabbia che minacciò di travolgerla in quel momento, e fece un sorriso un po' forzato, per poi annuire.

Tuttavia, malgrado fosse riuscita a dissimulare abbastanza abilmente il suo disgusto, Draig riuscì a cogliere un notevole cambiamento nell'espressione di Pepa. C'era decisamente qualcosa che non andava... il dragonide barbaro percepiva una certa tensione tra i due, di cui soltanto Pepa si rendeva conto. Hipolito era troppo amichevole ed aperto per sospettarlo...

 

Uno alla volta e con cautela, i ragazzi entrarono nel negozio, trovandosi di fronte due banchi improvvisati composti da lastre di pietra sui quali erano tenuti esposti degli oggetti magici di poco conto. Ad una prima occhiata, il dragonide paladino riconobbe delle pozioni, delle pergamene e dei preparati alchemici abbastanza semplici, come ad esempio antidoti o confezioni di colla.  Fece cenno ai suoi compagni di restare in silenzio, mentre il gruppo passava oltre le postazioni del venditore e si addentrava il più furtivamente possibile alla stanza sul retro.    

 

Con circospezione, Albion si avvicinò alla porta della sala sul retro... e si infilò dentro di essa il più rapidamente possibile. La stanza nella quale si ritrovò un attimo dopo aveva un aspetto stranamente domestico, con un letto ancora ben fatto ad un angolo  a nord-est rispetto aojlla porta d'ingresso. Un grosso baule di legno levigato era piazzato ai piedi del letto,  con una scrivania lì vicino e i pezzi di diverse gabbie di legno sparsi a terra, i resti delle gabbie che Elias aveva usato per trasportare gli animali. I futuri famigli erano posati o abbarbicati in posizioni sopraelevate, oppure si erano nascosti in luoghi piuttosto difficili da raggiungere. Di essi, gli unici che il gruppo riusciva a vedere in quel momento erano il gatto e il falco - il primo, un gatto bianco con gli occhi verdi, era sdraiato pigramente sul letto, ma non appena aveva percepito Albion e i suoi compagni, aveva alzato la testa e ora li stava guardando attentamente. Il secondo era appollaiato sopra una credenza e girava la testa ora da una parte ora dall'altra, pronto a spiccare nuovamente il volo non appena ce ne fosse stato bisogno.

 

"Temo che sarà un po' difficoltoso, ma..." cominciò a dire Albion, aguzzando la vista per trovare anche il pipistrello. Serena si assicurò che la porta fosse chiusa e guardò a sua volta verso il soffitto, notando dopo alcuni secondi un piccolo corpo dalla corta peluria del colore del grano, con due grandi ali nere e membranose che teneva parzialmente avvolte attorno a sè. Sembrava che da un momento all'altro volesse aprirle del tutto per spiccare il volo. "Okay, ognuno di noi cerchi di prenderne uno. Lo vedete, il pipistrello?"

Serena non disse nulla ma indicò il punto in cui il mammifero alato si trovava. "Ah... okay, Lady Serena, ottimo lavoro." disse il paladino. La ragazzina mora storse un po' il naso nel sentirsi chiamare con il suo titolo nobiliare, ma non disse nulla. "Va bene... credo che il pipistrello sia il più sfuggente dei cinque. Qualcuno ha idea di come fare per catturarlo senza fargli del male?"

 

"Non sarà semplice. E' piccolo ed agile. E non credo proprio che resterà lì a farsi catturare." affermò Draig.

Hipolito sorrise astutamente e si fece avanti. "Questo perchè non sapete di cosa siamo capaci noi druidi." affermò. "Come protettori della natura, siamo specializzati nel trattare con gli animali e calmarli se necessario. Lasciate fare a me. Intanto, se poteste occuparvi degli altri..."

 

"Sì, immagino che sarebbe un'idea più efficiente." disse Albion a voce bassa, in modo da non spaventare gli altri animali. "Allora... Elias ha detto che il serpente è sotto il letto, eh? Dei cinque, è l'animale più pericoloso, quindi... penso io a catturarlo. Anche se dovesse cercare di mordermi, le mie squame mi offriranno maggiore protezione."

"Sei sicuro? Potremmo comunque cercare di calmarlo e catturarlo una volta che esce di lì." affermò Pepa.

Il dragonide argentato sorrise leggermente e scosse la testa. "No, meglio che cerchiamo di occuparci di tutti loro assieme. Non vorrei che perdiamo di vista alcuni di loro mentre siamo distratti dagli altri." rispose. "E in questo caso, è meglio fare in modo che nessun animale abbia la possibilità di fuggire. Pepa, riesci a prendere quel falco mentre Hipolito si occupa del pipistrello?"

 

"Non sarà un problema, credo." disse la giovane esploratrice dai capelli rossi. Cercò nel suo zaino e tirò fuori una confezione di provviste. Tra queste c'erano dei pezzettini di carne secca e salata. Potevano andare bene, decise Pepa. Ne tirò fuori un paio e si avvicinò alla credenza dove il falco stava appollaiato, in modo da distrarlo con il cibo. La giovane donna emise dei richiami, e il falco abbassò lo sguardo verso di lei. Appariva sospettoso, ma se non altro non dava l'impressione di essere sul punto di spiccare il volo... e nello stesso momento, Hipolito si piazzò sotto il punto dove il pipistrello era appeso a testa in giù e fece alcuni gesti con le mani, richiamando a sè i poteri primordiali della natura come gli avevano insegnato a farlo gli anziani del suo circolo druidico.

 

"Spiriti Primevi, forza della natura e del mondo..." disse l'halfling, attorno al cui corpo si era accesa un'aura argentata che risplendeva gentilmente. "Che le mie intenzioni giungano a questo vostro piccolo figlio, e la sua paura venga meno."

Hipolito chiuse gli occhi e diresse l'energia dell'incantesimo verso il pipistrello. Immediatamente, il piccolo mammifero alato si distese, e svolazzò delicatamente verso Hipolito, per poi appoggiarsi alla sua spalla e ripiegare le ali contro il corpo. Con delicatezza, Hipolito usò un dito per accarezzare il pipistrello sulla schiena e lo trasportò attentamente verso una gabbietta vicina, dove lo mise al sicuro.

 

"Magia... io so fare di meglio senza." disse Pepa tra sè con leggero disgusto. Servendosi delle lezioni che aveva imparato per avvicinarsi agli animali e cercare di guadagnarsi la loro fiducia, la giovane donna fece un piccolo passo in avanti, in modo che il piccolo rapace non si sentisse minacciato, e gli offrì la carne che teneva tra le mani, mentre allo stesso tempo si produceva in una serie di richiami acuti, molto simili ai versi di un uccello. Il falco sbattè le ali ma non prese il volo, e si limitò a guardare Pepa con un misto di sorpresa e timore...

 

Nel frattempo, Serena stava cercando di catturare il gatto che era sdraiato pigramente sul letto... e che non appena si accorse di lei, si drizzò in piedi ed inarcò la schiena, rizzando il pelo e soffiando in maniera allarmante. Per nulla preoccupata, Serena si avvicinò al letto e si chinò verso il gattino bianco, ignorando il fatto che la bestiola le stava soffiando contro e mostrava le sue piccole zanne acute come aghi.

Per qualche istante, la ragazzina e il gatto si guardarono senza dire nulla, come se Serena stesse tentando di giungere a qualche tipo di comprensione della bestiola... e dopo qualche secondo, senza mai cambiare la sua espressione stoica, la ragazzina inchinò la testa da un lato e rispose.

 

"Miao." disse Serena, con il risultato che il gatto bianco emise un acuto miagolio e sferrò una zampata nel vuoto, senza colpire la ragazzina. Serena allungò gentilmente una mano, con l'unico risultato che ricevette un colpo di zampa sul palmo di una mano. "Oh? Sembra che non gli piaccia."

"Serena?" chiese Albion, un po' preoccupato per il comportamento un po' inusuale della ragazzina. Vedendo che il gatto non abbassava la guardia, e anzi continuava a soffiarle contro, Serena decise che a quel punto tanto valeva lasciar perdere e cercare di catturare qualche altro animale un po' più facile da gestire. "Serena, tutto okay?"

 

"Non sono brava a parlare con i gatti..." disse la ragazzina, per poi mettersi a cercare il topo. Albion sospirò e diede una rapida occhiata sotto il letto, dove il serpente era arrotolato su sè stesso e di tanto in tanto mandava fuori una lingua biforcuta per "assaggiare" l'aria attorno a sè e cercare di rendersi conto di minacce imminenti. Il paladino sapeva che doveva agire in fretta, per evitare di essere morso, e si diede una rapida occhiata per assicurarsi che fosse tutto sotto controllo... poi, dopo aver gettato un'altra rapida occhiata sotto il letto per vedere dove si trovasse il serpente, Albion infilò una mano sotto il letto, e afferrò il serpente per la nuca, in modo da impedirgli di mordere e tenergli la bocca aperta. La vipera si agitò e frustò l'aria con il proprio stesso corpo, tentando furiosamente di ribellarsi alla cattura. Ma nonostante ciò, Albion fu abbastanza scaltro da afferrarla e trasportarla fino ad una gabbietta supplementare, che Damiàn aveva già pensato a provvedere ai suoi compagni. Dopo essersi assicurato che il serpente non potesse strisciare fuori, il dragonide diede una rapida occhiata ai suoi compagni, giusto per verificare che stesse andando tutto bene. Vide che Draig era riuscito a prendere il gattino bianco, che già si stava mostrando molto meno recalcitrante, e anzi si era abbandonato tra le braccia del dragonide barbaro, lasciandosi accarezzare come niente fosse!

 

Serena e Damiàn cercavano tracce del topo, l'unico dei famigli che fino a quel momento non si era fatto vedere. Per un pò, come ad avere il tempo di guardarsi attorno alla ricerca di qualsiasi cosa potesse stuzzicare l'appetito del roditore, Damiàn restò fermo al suo posto a pensare mentre Serena continuava a guardare per ogni dove, alla ricerca di un posto dove il piccolo roditore avrebbe potuto nascondersi. Dopo un po', Damiàn fece un cenno con la testa, come per dire di sì, e indicò il baule vicino al letto, facendo cenno a Serena di avvicinarsi con prudenza. La ragazzina strizzò un occhio, come per riproverarsi di non averci pensato prrima, e fece come il mago le aveva detto, per poi alzare attentamente il coperchio del baule... e vedere che in effetti il topo, un esemplare abbastanza grande con la pelliccia bianca chiazzata di nero, era nascosto in un angolo dentro il contenitore, cercando di restare nascosto dal gatto, dal serpente e dal falco che lo avrebbero volentieri mangiato. Rapidamente, Damiàn fece un gesto con la mano destra... e il topo emise uno squittio sorpreso quando si sentì sollevare in aria da una forza invisibile, e portare delicatamente tra le mani di Serena.

 

"Oh, ecco fatto. Tranquillo, topolino, ora sei al sicuro."  disse Serena, gettando una rapida occhiata in giro. Pepa era riuscita a convincere il falco a scendere dal suo posto, distraendolo con la carne che gli stava offrendo. Il gatto era tra le braccia di Draig, che lo stava grattando dietro un orecchio... e Albion aveva preso il serpente dietro la testa, rendendogli impossibile mordere. Sembrava proprio che non ci fosseto altri animali da catturare, visto che Hipolito aveva già pensato al pipistrello. "Ci sono tutti?"

 

"Credo proprio di sì." rispose Albion, controllando rapidamente in giro. "Bravi, squadra, avete fatto un buon lavoro. Certo, non era un compito eccezionale, ma è stato un buon inizio per vedere se sapeete lavorare in gruppo. E direi che le premesse iniziali ci sono."

 

"Heh. Detto da te, Albion... immagino che dovremo esserne fieri." disse Draig con un ghigno e una strizzata d'occhio. Anche Pepa, per quanto non le piacesse troppo l'idea di essere in squadra con un halfling, appariva contenta delle lodi che il dragonide argentato stava loro rivolgendo. "Bene... allora mettiamo un po' di ordine, mettiamo gli animali nelle loro gabbie, e andiamo  dire ad Elias che è tutto sotto controllo."

"E ricordatemi di passare per questo negozio, un giorno di questi." rispose Damiàn con un breve sorriso. "Potrei avere bisogno di un famiglio anch'io."

"Sono sicura che saranno lieti di accontentarti, Damiàn." rispose Pepa con una breve risata.

 

 

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Come c'era da aspettarsi, Elias era stato più che grato al gruppo di Albion per il loro aiuto e aveva anche offerto loro una ricompensa - una decina di dobloni d'oro a testa, che tutti tranne Albion avevano accettato di buon grado. Il dragonide argentato aveva gentilmente rifiutato la ricompensa, dicendo invece al ragazzo di conservarli per effettuare eventuali migliorie al negozio. Risolto il problema, il gruppo aveva ripreso la pattuglia, ma non era passato molto tempo prima che qualcuno richiedesse ancora il loro aiuto - la libreria di Pasiega, un edificio relativamente piccolo ma ben curato, sembrava avere un problema con un'infestazione, e una giovane donna halfling con i capelli rossi legati in un paio di trecce era corsa a chiedere aiuto al gruppo di vigilanti.

 

"Un'infestazione, dite?" chiese Hipolito, non disdegnando di dare un'occhiata alla libraia. Era davvero carina, con quelle trecce, quelle efelidi e quel paio di occhiali da vista... ma il druido si impose di non distrarsi, e di concentrarsi sulla richiesta di aiuto. "Di... che cosa si tratta esattamente, signorina Fena? Topi, per caso?"

La ragazza halfling sospirò, mettendosi a posto le maniche della camicia bianca che indossava. "No, non topi... figuriamoci, se si trattasse di topi, credo che me la sarei potuta cavare da sola!" affermò, e fece una smorfia di disgusto mentre ricordava l'aspetto di quelle creature. "Piuttosto, si trattava di... di... non so come descriverli, ma si tratta di un gruppo di insettoni giganti!"

 

Tutti drizzarono immediatamente le orecchie, facendo ancora più attenzione alle parole dalla halfling. "Insetti giganti?" chiese Albion. "Signorina, ne è sicura? Li ha visti con i suoi occhi?"

Fena annuì rapidamente. "Sì... erano nel sotterraneo, dove sono riporti molti dei nostri libri... circa due ore fa, sono andata giù per fare un inventario... e ho visto qualcosa che si muoveva tra gli scaffali. Ho... ho usato un semplice incantesimo Luce per vedere meglio... e ho visto quattro bestiacce grandi come cani che stavano rosicchiando alcuni libri! Erano... erano piuttosto affusolati, tutti coperti di piccole squame argentate, e avevano tre code!"

 

"Insetti giganti con tre code?" esclamò Draig stupito. "Questa è bella. Non ne ho mai sentito parlare."

"Hmm... io forse sì. Ma è meglio se andiamo a sistemare quelle bestiacce e poi le esaminiamo." disse Pepa."Paladino Albion, se volesse darci il permesso."

"Certamente. Permesso accordato. Non se ne discute neanche." rispose prontamente Albion. "Signorina Fena, lei non si preoccupi. Cercheremo di sgombrare la vostra libreria da quegli insetti il prima possibile."

 

"Meno male... grazie, perchè se quelle bestiacce si mangiano i miei libri, è un grosso problema per me!" rispose la halfling dai capelli rossi. Hipolito le fece un occhiolino, rassicurandola che avrebbero messo tutto a posto... poi entrò nell'edificio, seguito a ruota da Serena e Draig. I tre aventurieri seguirono le indicazioni di Fena, e Serena creò una luce sul palmo della sua mano, in modo che potessero vedere bene senza correre il rischio di portare delle fiamme vive in un luogo pieno di libri.

"Se avete bisogno di aiuto, non esitate a ritirarvi, e noi verremo subito a darvi una mano." disse Albion. Draig sorrise e fece il segno dell'okay con una mano artigliata, poi finì di scendere le scale, e il terzetto cominciò a tendere tutti i sensi per sentire ogni suono potesse sembrare sospetto, e vedere ogni movimento potesse appartenere a qualche insetto gigante. Quasi subito, Hipolito si fermò in mezzo al corridoio e fece cenno a Draig e Serena di attendere. Aveva sentito qualcosa - un ticchettio appena udibile, e uno strano rumore di qualcuno che masticava, e tese le orecchie per cercare di capire da dove venisse...

 

"Che succede, Hipolito? Hai già sentito qualcosa?" chiese Draig a voce bassa. L'halfling fece un cenno di assenso e mostrò al dragonide rosso e alla warlock un passaggio tra due scaffali di legno, entrambi i quali erano pieni di libri di notevoli dimensioni. Si sentì qualcosa cadere, e Draig decise di non indugiare oltre e correre a vedere.

Allaa luce dell'incantesimo di Serena, apparve finalmente la fonte di quel rumore: alcuni libri erano caduti dagli scaffali ed erano rimasti accatastati sul pavimento... e  attorno alla pila di volumi si era raccolto un gruppetto di insetti dall'aspetto decisamente peculiare: erano grandi più o meno come cani da caccia, con un corpo allungato e sottile, ricoperto di sottili squame blu-grigie, che non presentava separazioni tra testa, torace e addome. Avevano delle antenne lunghe e sottili, ma la caratteristica più peculiare erano tre lunghi cerci simili a code che si dipartivano dall'addome di quegli strani insetti, e si agitavano rapidamente mentre le creature si guardavano attorno e riprendevano a rosicchiare le copertine dei libri.

 

Rendendosi conto della presenza di Hipolito e dei suoi compagni, i quattro insetti giganti interruppero il loro pasto e guardarono minacciosi nella direzione del gruppetto... e Draig afferrò rapidamente la sua lancia, tenendola con forza tra le mani robuste. Serena piegò un braccio dietro la schiena e ne estrasse la sua arma - una morning star, una sorta di mazza ferrata con delle punte acuminate che fuoriuscivano dalla testa sferica. Con un ticchettio appena percettibile, gli insetti divoratori di libri cominciarono ad avanzare...

 

"Come immaginavo..." sussurrò Hipolito. "Lepisme giganti."

Serena corrugò la fronte. "Lepisme? Non si chiamano... pesciolini d'argento?" chiese.

In condizioni normali, Hipolito sarebbe stato ben felice di dare le dovute spiegazioni su animali poco conosciuti, ma in questo caso particolare, accettò il fatto che c'era qualcosa di un po' più importante a cui pensare. "Ehm... in effetti... forse è meglio se te lo spiego dopo, Serena. Intanto... vediamo di togliere di mezzo questi insettoni!"

"Sono d'accordo! Fatevi sotto, bestiacce!" esclamò Draig, colpendo il terreno con il manico della sua lancia come per incitare le bestie al combattimento. Forse questa tattica avrebbe funzionato con altri nemici, ma le lepisme giganti non pensavano ad altro che a mangiare e sopravvivere, e continuarono ad avanzare senza indugiare nè affrettarsi. Hipolito brandì la sua arma, un bastone decorato con alcuni feticci e inciso di rune druidiche, e si mise in guardia per respingere l'attacco di quegli strani insetti.

 

Le lepisme scattarono in avanti con una velocità incredibile, al punto che Serena e Draig restarono sconcertati per una frazione di secondo, e il dragonide sferrò un colpo a caso nella speranza di impalare il suo assalitore. Quest'ultimo riuscì a scansarsi all'ultimo momento, piegando il corpo appena un po' verso la sua destra, e la punta della lancia strisciò il pavimento. Prima che Draig potesse rimettersi in guardia e attaccare di nuovo, la lepisma gigante era già al suo fianco, e affondò le sue piccole ma affilate mandibole nella sua gamba sinistra. Il dragonide rosso ringhiò per l'improvviso dolore e sferrò un altro fendente, inchiodando l'insetto al terreno. La lepisma gigante si contorse brevemente, poi giacque immobile, e Draig si voltò di scatto, giusto in tempo per mandarne via un'altra che stava cercando di colpirlo alle spalle. Frustrato, l'insetto strisciante scattò via ed evitò un affondo da parte della lancia di Draig, per poi portarsi a distanza di sicurezza.

 

Serena non sembrava granchè allarmata, mantenendo un invidiabile sangue freddo anche mentre cercava di impedire ad un'altra delle lepisme giganti di avvicinarsi a lei. La ragazzina evitò il morso dell'insetto strisciante con un'abile movimento, e rispose con un colpo di morningstar, che mancò di pochissimo il bersaglio.

 

"Staate attenti! Questi insetti sono velocissimi!" esclamò Hipolito. Un'altra delle lepisme giganti cercò di saltare addosso all'halfling e sferrare una serie di attacchi mordi-e-fuggi, ma Hipolito riuscì a tenerlo a bada con il suo bastone. Per fortuna, le lepisme giganti non sembravano avere nessun attacco particolare a parte i loro morsi acuti, e i tre avventurieri riuscivano a tenerle a distanza senza eccessivi problemi.

 

Una delle lepisme cercò di avvicinarsi da un'altra posizione: muovendosi con sempre maggiore rapidità, l'insetto divoratore di carta si arrampicò su una libreria e si lanciò contro Serena, che reagì con decisione e afferrò al volo l'assalitore, per poi scagliarlo via e mandarlo a sbattere contro un'altra libreria. La lepisma si contorse per la rabbia e il dolore, poi si rimise in piedi e corse in un'altra direzione, cercando di cogliere di sorpresa i suoi avversari. Le lepisme giganti stavano tenendo sotto pressione Hipolito e gli altri, anche non riuscivano a fare autentico gioco di squadra.

"Hipolito! Draig, Serena! Che succede là sotto?" esclamò dal piano superiore la voce autorevole di Albion. Il paladino imbracciò la sua alabarda e si accinse ad unirsi alla battaglia. "C'è bisogno di aiuto?"

 

Malgrado fosse in una posizione difficile, il gruppo non si fece indietro e sferrò un contrattacco. Serena sferrò un altro colpo con la sua morningstar, e questa volta riuscì a colpire di striscio uno dei pesciolini d'argento giganti, facendolo sbilanciare. Hipolito lanciò una breve esclamazione di paura quando un altro di quegli strani insetti si lanciò su di lui e lo morse alla  spalla sinistra... e fu allora che Albion fece cenno al resto del gruppo di intervenire. Lui, Damiàn e Pepa fecero per raggiungere il resto del gruppo al piano inferiore... ma non ce ne fu bisogno. Hipolito colpì una delle lepisme giganti con il suo bastone, facendola barcollare... e Serena fece la sua mossa, con perfetta sincronia!

 

Un'ombra violacea pervase per una frazione di secondo gli occhi di Serena, e un'aura nera ed inquietante avvolse la sua mano sinistra sollevata... poi, un raggio di pura oscurità si dipartì dal palmo della mano di Serena ed investì la lepisma gigante. Il bizzarro insetto venne scaraventato via dalla potenza del colpo e finì a terra senza vita... e a quel punto, le due lepisme giganti rimaste decisero saggiamente di tagliare la corda e andare in cerca di cibo da un'altra parte. Scattarono rapidamente nel corridoio da cui erano uscite, tra i due scaffali pieni di libri, e si infilarono in una fessura nel muro che sembrava grande a malapena per accogliere una creatura anche più piccola di loro - con sorprendente scioltezza di movimenti, i due insetti giganti si infilarono in quell'anfratto e si dileguarono.

 

"Draig! Ragazzi, tutto bene?" chiese Albion mentre scendeva le scale assieme a Pepa e Damiàn. Draig era rimasto ferito lievemente nello scontro, mentre Serena ed Hipolito, per fortuna, erano completamente illesi.

"Sì, tranquillo, Albion. Nulla che un po' di saliva non curi. E magari anche una pinta di birra." ci scherzò su Draig. Senza scomporsi, il dragonide rosso prese una striscia di tessuto dalla sua bisaccia e la usò per tamponare la ferita - che comunque aveva già quasi del tutto smesso di sanguinare.  "Quello che ci interessa di più, al momento, sono questi simpaticoni."

"Sembrerebbero... dei comuni pesciolini d'argento, se non fosse per le dimensioni." disse Damiàn, toccando con circospezione il corpo di uno dei due. Il mezzelfo storse il naso quando un sottile strato di squame argentate gli sporcò il palmo della mano. "Dovremmo fare come il comandante Verdugo ci ha chiesto e consegnare questi insetti al signor Veda. Come hanno detto, lui forse saprà dirci di più di queste strane creature."       

 

"Una cosa è sicura." affermò Serena, mentre rimetteva a posto la sua morningstar. "Qui siamo in tutt'altro mondo rispetto all'Estania a cui siamo abituati."

 

 

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CONTINUA...

 

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Capitolo 4
*** Perlustrazione a Pasiega ***


Pathfinder: L'Isola degli Insetti Giganti

Una fanfiction di Pathfinder scritta da: Justice Gundam

 

 

 

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Risposte alle recensioni

 

Farkas - Sempre un piacere risentirti. Sì, la frase iniziale mi è stata ispirata da Evangelion.

E' vero che il nostro gruppo è piuttosto variegato e non sono molto esperti, ma sono comunque dei professionisti che prendono sul serio il loro lavoro. E questo vale anche per Hipolito (che essendo un druido, è forse quello che più si distanzia dalla vita di città).

 

Vedremo le altre colonie più avanti. In un certo modo... e tra non molto vedremo altri insettoni, ancora più grandi e cattivi!

Grazie ancora, e a presto!

 

 

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Capitolo 4 - Perlustrazione a Pasiega

 

Horacio Veda quasi non riusciva a credere ai suoi occhi, mentre osservava i corpi delle due bizzarre creature che il nuovo gruppo di avventurieri da poco arrivato a Pasiega avevano portato alla sua dimora. I corpi di quei due insetti oblunghi, coperti di finissime squame argentate e con quei tre strani cerci simili a code, erano stati piazzati accuratamente sul tavolo davanti a lui... e adesso, il vecchio gnomo dalla corta barba e dai capelli brizzolati stava esaminando attentamente ogni singolo elemento del corpo di quegli enormi insetti.

 

"Parola mia, mai visto una cosa simile..." disse con una voce che suonava stranamente profonda per uno gnomo. "Questi sono senza ombra di dubbio degli esemplari della specie Lepisma Saccharina, dell'ordine dei Tisanuri... ovvero, il classico pesciolino d'argento... a parte le dimensioni abnormi. E non è la prima volta che vedo degli insetti giganti, ma di questa specie... assolutamente no! Questa è... una scoperta davvero incredibile!"

 

"Ma... non ha idea di che cosa possa aver causato questa crescita incontrollata?" chiese Damiàn. Il mago si avvicinò con prudenza al corpo di una delle lepisme giganti, come se temesse che da un momento all'altro si svegliassero e gli saltassero addosso. "Se poi si tratta davvero di questo..."

Horacio scosse la testa indeciso. "Non ne ho la più pallida idea. Ma da quanto ho visto fino ad adesso... no, questi insetti non sono stati ingigantiti artificialmente." affermò dopo aver dato un'altra occhiata alle creature. "Queste sono le loro dimensioni naturali. Come su Nexos esistono molte altre specie di insetti giganti, questa è una specie a sè di tisanuri di dimensioni inusuali. Evidentemente, è successo qualcosa, nel corso della loro evoluzione, che ha favorito la sopravvivenza di questa specie."

"Pazzesco... e affascinante al tempo stesso! Se potessi soltanto avere per le mani qualche altro esemplare di insetto gigante di questo tipo... credo che perderei il sonno a forza di studiarli!" Hipolito stava a sua volta girando intorno alle tavole, sollevando le zampe, le antenne e i cerci delle lepisme morte in modo da osservare ogni singolo dettaglio della loro anatomia.

 

"Devo ammettere che... in effetti sono abbastanza interessanti, a modo loro." commentò incuriosito Draig. L'entusiasmo di Hipolito per certe creature così inusuali era contagioso, e il dragonide rosso se l'era preso senza tanti perchè. "Sono... davvero degli insetti molto particolari. Non ho mai visto un animale che si nutre di libri..."

 

"Oh, i pesciolini d'argento sono capaci di mangiare praticamente di tutto!" rispose Horacio, chiaramente contento di potersi esibire in una delle sue spiegazioni. "Carta, zucchero, polvere, seta, lino, insetti morti... persino la loro stessa exuvia, cioè la pelle che perdono nella muta. E comunque, possono restare molto a lungo senza cibo."

"Beh... molto interessante, non c'è che dire. Sono creature molto particolari." rispose Albion, anche se si vedeva che era un po' spaesato. Le dissertazioni sugli animali, in particolare sugli insetti, erano interessanti, ma doveva ammettere che Horacio non riusciva a rendere l'argomento entusiasmante come invece faceva Hipolito. Pepa stava ascoltando con attenzione, ma senza offrire ulteriori commenti... mentre Serena stava guardando in giro, intonando un motivetto tra sè, apparentemente disinteressata alle spiegazioni... ma molto più interessata alle carte appese ai muri, che mostravano disegni di animali e piante con le loro classificazioni, e anche qualche creatura soprannaturale.

 

"Tuttavia, per quanto mi piacerebbe poter ascoltare ancora, temo che io e i miei compagni abbiamo dei doveri a cui dobbiamo tornare." proseguì il dragonide argentato, con appena un briciolo di riluttanza. "Se dovessimo incontrare qualcun altra di quelle creature, faremo in modo di farglielo sapere."

"Certamente!" rispose il vecchio gnomo, con un sorriso acuto sul volto. "E se riusciste a portarmene qualcun altro... magari vivo, se la cosa è possibile... ne sarei entusiasta!"

"Vedremo cosa si può fare." rispose tranquillamente Damiàn, prima che il gruppo di vigilanti uscisse dallo studio. Poco dopo, erano di nuovo per le vie indaffarate di Pasiega, tra gli abitanti che si affaccendavano per sistemare le faccende di ogni giorno e si adoperavano ai lavori di manutenzione ed espansione della colonia. L'entusiasmo e la determinazione dei coloni era quasi percettibile, e riusciva egregiamente a spazzare via quel po' di incertezza che alcuni dei ragazzi provavano in quel momento.

 

"Molto bene, signori. Sappiamo già cosa dobbiamo fare. Teniamo gli occhi aperti, e avvisiamo immediatamente se dovessimo incontrare un altro di quegli insetti giganti." Albion volle fare un breve riassunto di quella parte del loro compito. "Per il resto... possiamo continuare il nostro giro di perlustrazione."

"Chiedo scusa, paladino Albion. Potrei suggerire una mia idea?" chiese Pepa, alzando una mano. Il dragonide le fece cenno di parlare, e la giovane donna tirò un sospiro e disse la sua. "Potremmo... dividerci in coppie, in modo da poter perlustrare meglio la colonia? Potremmo ritrovarci nella piazza principale in un momento da lei stabilito, e fare rapporto di quello che abbiamo trovato."

 

"Hmm... mi sembra una buona idea. In questo modo possiamo coprire un'area maggiore in meno tempo, e se ci fossero difficoltà, sareste comunque in due ad affrontarle." rispose Albion. "Va bene... avete delle preferenze?"

"Se mi fosse possibile, paladino Albion, vorrei fare squadra con Hipolito." Damiàn si offrì per primo, con grande sollievo di Pepa. "Ovviamente, se il nostro compagno è d'accordo."

Pur essendo un po' sorpreso dalla richiesta, il druido halfling fu più che contento di accettare. "Oh... con molto piacere, senor Damiàn!" rispose. Si voltò verso il mezzelfo e gli fece un cenno di approvazione. "Spero di poter fare da supplemento alla vostra abilità nella magia arcana."

 

"Ottimo... allora, Lady Serena, voi con chi vorreste fare coppia?" chiese Albion alla più giovane del gruppo, che tuttavia non sembrava avere delle preferenze.

"Per me è lo stesso." rispose lei, sempre con quella espressione distante ed illeggibile. "Preferire far scegliere prima alla signorina Pepa, o magari al signor Draig."

La rossa fece un piccolo sorriso. "Ringrazio per la considerazione. Quand'è così... Draig, se a te va bene, verrei con te."

"Allora Lady Serena viene con me, d'accordo?" Albion volle chiedere conferma, e fu sollevato quando il suo amico gli fece il segno dell'okay.  Anche Pepa fu soddisfatta dalla sistemazione, anche perchè non era finita a dover fare coppia con quell'halfling...

 

Poveraccio, in realtà sembrava un buon diavolo, in fondo... ma c'eraqualcosa in lui che le dava profondamente fastidio... e soprattutto, c'era il fatto che si trattava pur sempre di un halfling, e non importa quanto tempo passasse, gli halfling le ricordavano troppo quel momento...

 

"Signorina Pepa?" chiese Draig, la mano artigliata agitata davanti al volto della giovane donna. Quest'ultima si risvegliò di colpo dai suoi cupi pensieri e si voltò verso il possente dragonide scarlatto, nella speranza che non facesse domande troppo personali. "Va tutto bene? Mi è sembrata un po'... svagata."

"Ah... no, no, tutto bene, signor Draig. Stavo solo... pensando a quegli insettoni che abbiamo trovato. Spero di non dover avere a che fare con qualcosa di più grosso." si spiegò.

Da parte sua, in realtà Draig sperava che avrebbe avuto modo di misurarsi con avversari più tosti. Ma in effetti, pensò, meglio che non fosse entro i confini di Pasiega. Non era il caso che gli abitanti della colonia venissero messi in pericolo...

 

"Va bene... allora ci vediamo qui nel giro di un paio d'ore, okay?" Albion diede le indicazioni al resto del gruppo. "Tenete gli occhi aperti, e non assumetevi rischi troppo grandi. Se vedete qualcosa che potrebbe essere pericoloso, assicuratevi prima di tutto di poterlo gestire... e se pensate di non essere in grado di farlo, cercate di contattarci e chiederci aiuto. Tutto chiaro?"

 

"Tutto chiaro. Buona fortuna a tutti... e ci vediamo qui tra due ore." rispose Damiàn, un attimo prima che ognuna delle accoppiate andasse per la sua strada, in mezzo all'indaffarata colonia.

 

 

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Damiàn doveva ammettere che ci sarebbe voluto un po' di tempo prima di abituarsi del tutto a quell'ambiente così nuovo ed inesplorato... e forse anche per questo così affascinante. Per gran parte della sua vita, il mondo in cui si era mosso era stato costituito dalle aule dell'Università di Rioruna, tra studenti, colleghi ed ambienti di alto livello. In quel luogo così lontano dalla civiltà, si sentiva un po' fuori luogo, con i suoi abiti eleganti e i suoi modi forse troppo raffinati... ma il giovane arcanista era convinto che sarebbe stata solo questione di tempo prima di ambientarsi del tutto. Il suo piccolo compagno, da parte sua, sembrava essersi ambientato molto bene... Un po' curioso, in effetti, che un druido come lui si trovasse così a suo agio in una città, ma del resto, Pasiega era ancora un villaggio, circondato da una natura selvaggia e ancora non domata. In altre parole, era ancora un posto in cui un sacerdote degli dei della natura e degli Spiriti Primevi poteva muoversi nel suo ambiente.

 

"Posso chiederle una cosa, signor Damiàn?" chiese improvvisamente Hipolito, alzando lo sguardo verso il mezzelfo mentre si dirigevano verso un gruppo di edifici dall'aspetto solido, costruiti principalmente in pietra ed argilla. Un gruppo di abitanti di Pasiega si erano riuniti attorno ad una delle abitazioni più grandi, il cui camino emetteva delle volute di fumo, segno che qualcuno stava probabilmente lavorando al suo interno.

 

Il mezzelfo rivolse al suo compagno tutta la sua attenzione, schiarendosi la voce. "Certamente, messer Hipolito. Qualunque cosa lei voglia, purchè non sia troppo personale." rispose tranquillamente.

Hipolito si sfregò il mento, sentendo la barbetta appena accennata che iniziava a crescere su di esso. "No, no, niente di personale... mi chiedevo semplicemente cosa l'abbia spinta ad unirsi ad una spedizione come la nostra. Ha detto che lei è un accademico dell'Università di Rioruna, vero? Voi ci occupate principalmente di ricerca magica e scientifica, quindi mi chiedevo come mai vi foste interessati alla spedizione a Pasiega. C'è qualcosa che sperate di trovare, in quest'isola?"

 

Damiàn si aggiustò il monocolo. "Hmm... in effetti è un'intuizione abbastanza sensata. In teoria, noi non avremmo molto a che vedere con la fondazione e lo sviluppo di una colonia. Ma... stando ad alcune ricerche che ho fatto a Rioruna, in effetti c'è qualcosa di interessante per il dipartimento di sviluppo e storia della magia della mia università. Immagino che molti non lo sappiano... ma sembra che da queste parti ci siano dei siti archeologici di grande interesse per noi." spiegò. "Non ne ho ancora la conferma... ma avendone la possibilità, mi piacerebbe approfondire questo argomento."

 

Hipolito corrugò la fronte con espressione dubbiosa. "Hmm... quindi, si tratta di possibili scoperte utili per la storia della magia, vero? Non è proprio il mio campo, ma posso immaginare che per voi sia un'occasione unica." rispose. "Avete già qualche idea di cosa siano questi siti e a quale civiltà appartengano?" 

"Sfortunatamente no... il che, se mi è permesso, non fa che accrescere il mio interesse nei loro confronti." fu la pronta risposta di Damiàn. "Ovviamente, avere un praticante di magia arcana in più, anche uno alle prime armi come me, non può che giovare agli abitanti di questo villaggio. E conto di rendermi quanto più utile possibile nell'aiutare lo sviluppo di questo luogo."

 

"Questa è una speranza che condividiamo!" rispose Hipolito. A quel punto, l'edificio dal comignolo fumante era abbastanza vicino... e le acute orecchie dell'halfling colsero alcune delle parole che venivano dalla folla riunita lì vicino. In effetti, gli erano sembrati piuttosto turbolenti... e quando si furono avvicinati abbastanza da cogliere le parole, ne ebbero la conferma.

 

"Cosa significa, che la bottega è chiusa?"

"Quello che ho appena detto! Non è colpa mia se qualcuno mi ha sabotato gli arnesi da lavoro!"

"E noi come diavolo facciamo? Abbiamo pure noi il diritto di farci riparare i nostri attrezzi o farci fare qualcosa!"

"Mi dispiace, ma non posso lavorare il ferro a mani nude!"

 

"Hm? Ma cosa sta succedendo da quelle parti?" si chiese Hipolito. Anche Damiàn colse ben presto la conversazione e guardò in direzione della bottega, dove un grosso mezzorco dalla pelle verde e dai capelli castani scuri tagliati corti, con addosso un vestito di rozza fattura, un paio di guanti di cuoio spesso e un grembiule macchiato che lo identificavano subito come un fabbro. In quel momento, era impegnato in una conversazione piuttosto concitata con alcuni cittadini di Pasiega, che dovevano avergli portato degli strumenti da riparare, o cercato di ordinare altri strumenti da forgiare. "Signor Damiàn... forse sarebbe il caso di andare a vedere se possiamo risolvere questo problema."

"Sono d'accordo. Sembrerebbe cosa di tutti i giorni, ma un problema non va mai sottovalutato." commentò il mago, anche lui curioso di sapere cosa stesse accadendo. 

 

I due si fecero gentilmente strada tra la folla e raggiunsero l'ingresso dell'edificio. "Hey! Hey, aspettate un momento! Che sta succedendo qui?" chiese Damiàn, alzando una mano per attirare l'attenzione su di sè. Hipolito storse il naso e si avvicinò al suo compagno d'avventura, in modo da fargli da supporto. "Scusate se mi intrometto, ma... passavamo di qui proprio in questo momento e non abbiamo potuto fare a meno di sentire la vostra discussione."

 

"Hm? E voi... chi siete?" chiese uno degli abitanti della colonia, inquadrando l'elegante mezzelfo e l'halfling dall'aspetto selvatico. "Non credo di avervi mai visto da queste parti..."

"Credo che siano arrivati con le ultime navi..." rispose un altro individuo.

 

Hipolito prese fiato e si schiarì la voce. "Chiedo scusa, non ci siamo neanche presentati..." esordì. "Il mio nome è Hipolito... e con me c'è il mio collega ed amico Damiàn. Siamo entrambi onorati sudditi di sua maestà Salvador II... e facciamo parte di un gruppo di risolutori, per così dire." Accortosi delle espressioni un po' spaesate del resto dei civili, l'halfling si affrettò a dare una spiegazione. "Il comandante Verdugo ha incaricato me e i miei colleghi di aiutare a mantenere l'ordine a Pasiega, e adesso siamo nel bel mezzo della nostra perlustrazione. Abbiamo pensato che ci fosse bisogno di aiuto da queste parti... che sta succedendo?"

"Questa gente sta pretendendo un po' troppo da me!" si lamentò il mezzorco. Si riavviò i capelli con un gesto della mano, poi indicò l'interno della sua bottega. "Mi rendo contoche hanno bisogno che io gli riforgi e gli ripari certi strumenti! Ma come diavolo faccio se tutti i miei strumenti sono andati a farsi benedire?"

"Così, da un giorno all'altro?" protestò un altro degli abitanti di Pasiega. "E noi come facciamo? Molti di noi hanno bisogno di quegli strumenti per lavorare!"

 

Damiàn sbattè gli occhi stupefatto. "Hm? State... state dicendo che all'improvviso gli strumenti del signore qui presente si sono rotti? E a proposito, signore, non vi abbiamo neanche chiesto il vostro nome..." rispose, per poi rivolgersi al fabbro.

Il mezzorco si calmò almeno un po'. "Il mio nome è Valente. E possiamo dire che sono il fabbro ufficiale di Pasiega. O almeno, il più abile di questa colonia." rispose. "Il problema è che stamattina, quando mi sono tirato giù dal letto per iniziare il mio lavoro, ho visto che i miei strumenti erano stati manomessi! Da chi, non lo so! Sono entrati senza che io mi accorgessi di nulla, e stanotte per giunta! So soltanto che adesso devo riparare i miei strumenti o sostituirli tutti, prima di continuare il mio lavoro!"   

"Manomessi? E come hanno fatto ad entrare nell'abitazione del fabbro?" si chiese Hipolito, chiaramente dubbioso.

"E per quale motivo, poi?" fu la domanda di Damiàn. C'erano già degli elementi che non gli tornavano, riguardo quegli strani atti di vandalismo. "Hmm... lasciamo perdere, signor Valente, al momento la cosa più importante è cercare di sistemare i suoi attrezzi. Possiamo... controllare il danno subito? Forse saremo in grado di porre rimedio."

 

Valente si sfregò il mento con una mano e guardò con un briciolo di incredulità i due compagni, come se si stesse chiedendo se davvero quei due sarebbero stati in grado di dargli una mano... poi decise che tanto valeva permettere loro di fare un tentativo, e li accompagnò all'interno della sua officina. "E va bene... se pensate di poter fare qualcosa, anche se sinceramente ho i miei dubbi." affermò. "Prego, entrate pure... e scusate il disordine."

"Non è un problema..." rispose Hipolito, anche se appena entrato cominciò a tenere lo sguardo fisso sul terreno, in modo da non rischiare di calpestare qualcosa di tagliente. L'interno era esattamente quello che lui e Damiàn si aspettavano dalla bottega di un fabbro... una forgia fatta in pietre e sassi tenuti assieme con la malta, un tavolo posto vicino ad un angolo, e vari strumenti appesi alle pareti, per tutte le esigenze che potevano presentarsi nel corso del lavoro. Tuttavia, non c'era il caldo secco e soffocante che i due si erano aspettati da un'officina... probabilmente perchè la forgia era ancora spenta, e il lavoro non aveva potuto ancora iniziare.

 

Del resto, era facile capire il perchè Valente non fosse ancora all'opera: gli strumenti erano sparpagliati sul terreno, e molti di essi erano chiaramente manomessi, con tenaglie fuori posto, martelli con la testa traballante ed attizzatoi contorti e piegati. Alcune scatole erano state rovesciate sul pavimento, che ora era disseminato di chiodi e altri piccoli oggetti metallici. Sicuramente, era opera di qualcuno... anche se Damiàn ed Hipolito facevano fatica ad immaginare chi avrebbe potuto entrare nella bottega, provocare un simile caos ed andarsene indisturbato.  

 

"Accidenti... sono proprio venuti a fare festa, da queste parti!" commentò il mezzelfo. Si aggiustò il monocolo e cominciò a dare un'occhiata agli attrezzi, iniziando da un paio di tenaglie contorte. "Hmm... questo è strano... come sono riusciti a danneggiare delle tenaglie in questo modo? Sembra quasiche abbiano attorcigliato gli strumenti in ferro su sè stessi... Messer Hipolito, avete trovato qualcosa di particolare?"

L'halfling druido, anche mentre stava attento a dove metteva i piedi, stava cercando tracce che gli potessero suggerire chi fosse il colpevole, e soprattutto, il perchè aveva fatto questo. "Al momento sono alla ricerca... e devo ammettere che, sì, come dite voi, è molto strano. Il colpevole, chiunque egli sia, non ha lasciato tracce. Evidentemente, ha usato la magia per cancellarle, oppure ha usato qualche altra modalità per entrare senza lasciare alcuna evidenza del suo passaggio."

Damiàn mosse una mano e lanciò un semplice incantesimo. Con un lieve stridore metallico, le tenaglie danneggiate cominciarono a tornare normali. "Interessante teoria... e avete già qualche idea di chi o cosa possa essere stato?" chiese, per poi dare un'occhiata al frutto del suo lavoro. Le tenaglie erano state riparate e adesso funzionavano di nuovo come dovevano.

 

L'halfling passò un dito sul pavimento, poi osservò il polpastrello... e scosse la testa. Non aveva visto ancora nulla che potesse dargli qualche indicazione. "Avrei qualche sospetto, ma... il fatto è che non hanno lasciato molte tracce. Quasi niente, oserei dire." fu la sua risposta. "Quindi, non posso dire nulla di preciso. Dovremmo avere più elementi."

 

"Sì, capisco..." rispose Damiàn, mentre continuava a dare un'occhiata ai vari strumenti per determinare cosa fosse stato danneggiato, e usava il suo incantesimo di riparazione per rimetterli a posto. Per fortuna, i danni non riguardavano oggetti troppo grandi, quindi quel basilare incantesimo era tutto ciò di cui ci fosse bisogno. "Signor Valente... voi avete detto che non avete sentito nessuno, vero? Era notte... e voi dormite qui, o comunque nei pressi della vostra bottega?"

Il mezzorco fabbro disse di sì con la testa. "Certamente. La mia bottega è proprio annessa alla mia abitazione." rispose. "E mi piacerebbe pensare che se qualcuno fosse riuscito ad introdursi in casa mia per rubare o sabotare la mia roba, io sarei riuscito a sentirlo! Dopotutto, la porta era ben chiusa e sprangata... e l'ho trovata chiusa e sprangata anche stamattina quando sono sceso giù e ho trovato questo casino!"

 

"Come sarebbe a dire? Quindi... il vandalo non è entrato dalla porta?" si chiese Damiàn, stupefatto. Hipolito stava continuando a cercare tracce del passaggio di un intruso sul pavimento, senza ancora trovare nulla che potesse dargli delle indicazioni precise. "E... non avete visto da dove può essersi intrufolato?"

Valente alzò le spalle. "Dalle finestre... ma sono così piccole che ho i miei dubbi che una persona possa essere passata attraverso di esse! Oppure dal camino, ma con la cenere che c'è là dentro, credo che avrebbe finito per trascinarsi dietro tracce nere dappertutto."

 

Damiàn si fermò a pensare. Era vero, non c'erano tracce di cenere o fuliggine lì attorno, quindi il camino era da escludere... e del resto, come avrebbe fatto il vandalo a fuggire da lì? Tuttavia, l'idea delle finestre gli sembrava un po' più valida...

 

"Hipolito? Posso disturbarvi un momento?" chiese il mago.

Il druido distolse la sua attenzione dalla sua attività e si voltò verso il collega. "Hm? Nessun disturbo, Damiàn. Hai bisogno di una mano?"

Il mezzelfo indicò la finestra più vicina, una finestra quadrata grande appena quello che bastava per far entrare la quantità necessaria di luce. "Riusciresti a passare per quella finestra?" chiese Damiàn.

 

Hipolito si avvicinò all'apertura, intuendo quello che voleva dire il suo compagno. "Hm? Aaah, credo di aver capito. Volete verificare se qualcuno delle dimensioni di un halfling o uno gnomo potrebbe essere passato di lì, vero?" chiese. Quando Damiàn gli rispose di sì, Hipolito si sgranchì le braccia e si accinse ad issarsi fino alla finestra. "E va bene. Sinceramente, mi sembra un po' piccola, ma controlliamo."

Dopo essersi sgranchito le articolazioni per un istante, Hipolito prese un po' di slancio, saltò e si aggrappò all'orlo della finestra, poi si issò verso di essa e cercò di infilarvisi. Come aveva previsto, l'apertura era piuttosto piccola, e il druido halfling ebbe qualche difficoltà ad entrare e a farsi strada. Per un secondo, ebbe anche l'impressione di essere rimasto incastrato al suo interno... ma con un po' di sforzo, riuscì a passare ed atterrò con notevole agilità sul selciato appena fuori dalla bottega.

 

"Non è stato facilissimo... ma di qui un halfling o uno gnomo ci può passare." rispose Hipolito, riferendosi chiaramente alla domanda che Damiàn aveva fatto.

Valente corrugò la fronte. "Quindi state dicendo che potrebbe essere stato un gnomo o un halfling a buttarmi all'aria il negozio?" chiese. "Per quale motivo?"

"Non affrettiamo le conclusioni, signor Valente." disse Damiàn con tutta calma. "Abbiamo appena scoperto questo atto vandalico e stiamo soltanto raccogliendo indizi. Non possiamo dire nulla senza delle prove un po' più concrete."

 

Il mezzorco sospitò, un verso che sembrava quasi un grugnito. "Giusto, giusto... come non detto." affermò, non senza un po' di imbarazzo. "Detto questo... vi ringrazio per il lavoro che state facendo, ma cosa mi suggerite di fare? Se questo vandalo è venuto a danneggiare i miei strumenti, cosa mi garantisce che non ci proverà di nuovo quando vedrà che sono stati riparati?"

"Sì, posso immaginare che ci sia questo rischio." rispose Hipolito. "Al momento, le possiamo suggerire di sigillare bene le finestre prima di andare a dormire. Per il momento, stiamo ipotizzando che il vandalo si sia introdotto proprio da lì."

"I vostri strumenti sono quasi tutti a posto." continuò Damiàn. Si chinò accanto ad un martello piegato, e usò il suo incantesimo di riparazione per rimetterlo a posto, stabilizzandone anche la testa. "Quando avremo finito, potrete riprendere a lavorare come prima. Detto questo... state più attento ad evitare indesiderati visitatori notturni. Se poi doveste vedere qualcosa di sospetto che si aggira da queste parti... gradiremmo molto se poteste comunicare la cosa a noi o ai nostri compagni. Vi forniremo tutte le indicazioni necessarie, in modo che possiate riconoscerli."

 

Valente sospirò, un verso di sollievo per la giornata di lavoro che non sarebbe andata sprecata. "Non so proprio come ringraziarvi, signori. Sarebbe stato un vero guaio se non fossi riuscito a lavorare a causa di questi danneggiamenti. Come potrò sdebitarmi?" chiese, mentre il resto dei presenti faceva un breve applauso ai due compagni.

"Noi siamo forze dell'ordine, in pratica. Non ci dovete nulla." rispose il mezzelfo con un sorriso edificante. "Detto questo... non credo che rifiuteremmo un invito alla taverna locale, ovviamente non appena il nostro orario di lavoro ce lo permetterà."

Hipolito non potè trattenere una breve risata divertita. "Hahahaa, chi lo avrebbe detto? Anche il serio e studioso signor Damiàn non riesce a resistere all'attrattiva di una serata tra amici!" ironizzò.

Damiàn alzò le spalle. "Sono uno studioso, non un asceta." affermò. "E non credo lo siate nemmeno voi."

"Beh... il codice druidico non proibisce di festeggiare o farsi una pinta!" rispose l'halfling. "Ad ogni modo... signor Valente, potete riprendere il vostro lavoro. "Solo... ricordatevi le nostre raccomandazioni, e per favore, avvisateci quanto prima se notate qualcosa di sospetto. Noi terremo d'occhio questa zona, ma potremmo avere bisogno della vostra collaborazione."

 

"Certamente. Potete contare sul mio aiuto." rispose Valente.

 

 

oooooooooo

 

 

La coppia formata da Serena ed Albion aveva raggiunto la costa, e stava facendo un rapido giro di perlustrazione lungo la spiaggia dorata che separava la terraferma di Pasiega dal grande oceano. Per quanto la vita nella colonia fosse impegnativa, e in pratica ogni abitante abile al lavoro stesse in quel momento lavorando per l'espansione del villaggio e la manutenzione delle strutture, alcuni stavano passando quel po' di tempo libero che avevano rilassandosi vicino al mare, e alcuni si erano anche arrischiati a scendere in acqua e sguazzare un po'. Non che i due compagni avessero qualcosa in contrario, in effetti. Per come la vedeva il dragonide argentato, quelle persone si erano guadagnate il diritto di svagarsi un po'. Non doveva essere la cosa più facile del mondo, lasciarsi dietro la propria terra d'origine e andare a sgobbare in una cittadina lontana di cui molti di loro non avevano neanche sentito parlare, prima che Sua Maestà Salvador II Bejerano de Sandovàl facesse circolare la notizia della spedizione, in cerca di personale adatto... 

 

Se doveva essere sincero, per quanto servire in una missione così importante e in una terra così lontana fosse eccitante, lui stesso non poteva dire di essersi ancora ambientato. Era così diverso ai posti in cui era abituato a muoversi... nei ranghi della Chiesa di Bahamut c'era una certa disciplina che si addiceva al suo carattere, e la giornata era scandita da degli orari precisi, all'interno di un ambiente facilmente controllabile. Adesso, che si trovava in quella cittadina fondata così di recente, ai confini con una natura selvaggia e possibili minacce che potevano colpire da un momento all'altro, si sentiva un po' nervoso. Si chiedeva se sarebbe davvero stato in grado di essere un buon leader e guidare i suoi compagni... e si trovò ad invidiare un po' Serena, che stava passando in rassegna la spiaggia con apparente nonchalance. La giovane warlock si era ambientata quasi subito, a dispetto di quello che normalmente si poteva pensare degli aristocratici. E per quanto Serena avesse qualche problema ad esprimere le proprie emozioni, Albion era abbastanza empatico da comprendere che la ragazzina si sentiva più libera di quanto non fosse mai stata.

 

"Paladino Albion... posso chiederle una cosa?" chiese improvvisamente la ragazzina dai capelli neri, mentre si guardava attorno con la meraviglia e la soggezione che Albion si era aspettato da una persona nella sua posizione.

Il dragonide argentato venne colto di sorpresa dalla domanda - o meglio, dal fatto che Serena avesse preso l'iniziativa fino a quel punto. "Hm? Certo... certamente, Lady Serena. Qualsiasi cosa le venga in mente. Se posso aiutarla."

"Può chiamarmi semplicemente Serena. In questo momento, non sono una nobile... sono una soldatessa di Estania, a modo mio." rispose lei, gettando un'occhiata alla sua arma - la mazza ferrata che portava sempre con sè. "Volevo chiederle... come mai ha voluto diventare un paladino?"

 

Albion aprì la bocca per rispondere... ma la chiuse subito, rendendosi conto che non si trattava di una domanda a cui rispondere a cuor leggero. Come mai una persona desidera diventare un paladino, un guerriero sacro che aveva il dovere di servire la sua patria, opporsi alle ingiustizie e portare la speranza a chi credeva di averla perduta per sempre. Non era un percorso da intraprendere alla leggera... era una sfida che cambiava la vita a chiunque, e che solo i forti di cuore potevano sperare di sostenere.

Perchè era diventato un paladino, in effetti? Non aveva mai pensato a cosa rispondere ad una simile domanda, anche se in cuor suo sapeva già le sue motivazioni. I dragonidi come lui avevano una vera tradizione di essere devoti al Dago di Platino, quindi c'era già il fatto che Albion voleva dimostrare ai suoi simili di essere degno di loro... ma se fosse stato soltanto quello il motivo, probabilmente Albion avrebbe deciso di prendere un'altra strada. Del resto, lui e Draig non erano esattamente cresciuti tra gli altri dragonidi...

 

"Hmm... è una domanda un po' ardua, Serena..." rispose Albion, il cui sguardo si posò su alcuni abitanti della colonia che si stavano godendo un po' di tempo libero. Dovevano essere una coppia sposata, visto che si trattava di un uomo e una donna, entrambi abbastanza giovani ed entrambi con la carnagione un po' scura e i capelli neri, tratti abbinati alle popolazioni delle coste di Estania. "Da una parte, credo che sia stato il fatto che i frati del convento in cui sono cresciuto... mi hanno iniziato ai misteri di Bahamut fin da quando io e Draig eravamo molto giovani."

 

Serena sbattè gli occhi, senza cambiare espressione. "Siete cresciuti in un convento?" chiese, sinceramente incuriosita.

Albion fece cenno alla sua compagna di proseguire il loro giro di perlustrazione, e i due si incamminarono lentamente lungo il confine tra la spiaggia e la terraferma. "Io e Draig? Sì, non veniamo da una comunità di dragonidi." rispose il paladino, con un breve sospiro. "Se devo essere sincero... più di una volta ho desiderato sapere da dove sono provenute le nostre uova, ma a questo punto... non credo che saperlo ci cambierà la vita."

Serena fece un cenno conla testa per chiedergli di proseguire.

 

"Se dovessi dire per certo uno dei motivi che mi ha spinto a diventare un paladino... direi che è stato quando l'inquisizione ha cominciato a fare proseliti. E la cosa non è piaciuta per niente ai confratelli... inquisitori di pochi scrupoli usavano la scusa della religione e della moralità per sequestrare opere d'arte, libri, strumenti musicali... e a volte, rapivano le persone e le torturavano perchè sospettavano che avessero avuto commercio con i diavoli, i demoni, o altre creature di questo tipo." spiegò Albion.

Serena disse di sì con la testa. Come warlock, aveva un'infarinatura di creature soprannaturali, e sapeva più o meno come funzionavano i nativi dei Nove Cerchi della Perdizione, o degli Infiniti Strati dell'Abisso.

 

"Posso immaginare che ci siano stati degli inquisitori di pochi scrupoli. Anche gente che si è nascosta dietro la religione per mascherare i suoi scopi malvagi." affermò la ragazzina. Di recente, l'inquisizione era stata fomentata da un membro di alto rango della chiesa di Heironeous, il cardinale Ignacio Estebàn Najara, che era riuscito a corroborare gli sforzi del braccio armato della Chiesa grazie ad una combinazione di zelo ed intelligenza politica... non c'era dubbio che se l'inquisizione era giunta a tali estremi, erasoprattutto per causa sua.

 

"Io... non posso presumere di sapere cosa stia pensando il cardinale Najara." affermò Albion. Il suo sguardo acuto venne attirato da un movimento improvviso al limite del suo campo visivo... ma un attimo dopo si rese conto che, per fortuna, si trattava semplicemente di un gabbiano reale che era sceso di quota. "Ma fatto sta che si sta servendo della religione per terrorizzare coloro che in teoria dovrebbe proteggere. Purtroppo, visto che è molto in vista nell'ambiente politico del nostro regno, Najara è considerato un male necessario. Fanno del loro meglio per tenere a freno certe sue idee estreme... e per essere sinceri, Najara sa di non potersi spingere oltre certi limiti. Ma questo significa comunque che l'inquisizione può agire impunemente in molti ambiti."

 

"Detto questo, l'inquisizione si serviva di metodi discutibili già da prima che il cardinale Najara ne prendesse il controllo." affermò Serena. "Najara ha soltanto... esacerbato, per usare un termine calzante... certi sistemi che usavano per scovare gli 'eretici' e diffondere il loro credo... sia esso Heironeous, Pelor o qualunque altra divinità."

 

Il dragonide argentato non potè che dirsi d'accordo. Nonostante la sua aria svagata, Serena era più acuta di quanto non sembrasse. "E' vero. Diciamo che... uno dei motivi per cui ho deciso di diventare un paladino è perchè volevo cercare di diventare un autentico guerriero della fede. Non per diffondere il credo di Bahamut con le armi. Non per imporlo a qualcun altro... ma perchè volevo che quante più persone possibili venissero a conoscenza del suo verbo... e soprattutto degli ideali di lealtà, giustizia ed ordine che lui rappresenta. Mi rendo conto che sono degli ideali un po' romantici, da parte mia."

 

"Sì, lo sono." rispose Serena, quasi bruscamente. Albion fece una buffa espressione di disappunto. Non c'era bisogno di essere così lapidaria...

 

"Detto questo... mi piacciono. Lealtà. Giustizia. Dignità." continuò Serena, guardando una coppia che stava passeggiando nelle acque basse, accompagnando i loro due figli, un bambino e una bambina. "Lei dice di essere un idealista. Forse, ma credo che abbiamo bisogno anche di ideali. Quando immagino come sarebbe una vita passata solamente a pensare alle cose materiali... ad accumulare denaro e potere... mi sembra una vita terribilmente vuota."

Albion si mise una mano sulla nuca e ridacchiò brevemente. Chissà come doveva sembrarle in quel momento, un possente e fiero dragonide paladino che si portava come un ragazzetto imbarazzato! Ciò nonostante, gli faceva piacere poter parlare con la giovanissima warlock più liberamente, senza che ci fossero barriere tra i due. Sperava che un giorno sarebbe stato lo stesso anche per il resto della sua squadra.

 

"E... se non sono troppo indiscreto, Lady Serena... potrei chiederle cosa l'ha spinta ad unirsi alla nostra spedizione? So che adesso lei non fa più ufficialmente parte della famiglia Grijalva... e una volta lei mi disse che lì si sentiva come in una gabbia dorata." chiese Albion, sperando che adesso Serena si sentisse un po' più a suo agio nel parlare di queste cose.

 

Serena guardò in giro mentre continuavano a passeggiare lungo la spiaggia e poi prendevano una stradina sterrata che tornava verso Pasiega. Con un gesto della mano, la ragazzina si pettinò i lunghi capelli neri e annuì tra sè. "Diciamo che... essere la secondogenita di una famiglia così in vista non è quello che molti pensano. E non è comodo come potrebbe sembrare... soprattutto quando si ha una sorella maggiore che ha molto più talento nelle arti magiche."

Albion annuì lievemente. Era una voce che aveva sentito da qualche parte, di sfuggita... ma si raccontava che la famiglia Grijalva fosse una volta conosciuta per la loro abilità e affinità nella magia di vario tipo. Questo avrebbe spiegato anche come mai Serena era già una warlock di una certa abilità...

 

"Non dico di poterlo capire... ma posso almeno immaginarlo." affermò Albion, rivolgendo alla ragazzina un'occhiata comprensiva. "Tua sorella... è per caso Erina Grijalva?"

 

Serena disse di sì con la testa, ed Albion ebbe la netta sensazione che la ragazzina provasse ancora un certo sentimento di inadeguatezza. Del resto, Erina Grijalva era considerata un'autentica promessa - bionda, elegante, alta, con dei penetranti occhi verdi e un'aria altera che avrebbe fatto perdere la testa alla maggior parte dei ragazzi della sua età, e per giunta considerata un prodigio magico come lo era suo padre... Erina era senz'altro una persona eccezionale, anche se Albion sapeva ben poco, se non niente, della sua indole e della sua personalità. C'era addirittura chi sosteneva che Erina avesse il potenziale di diventare la promessa sposa del principe Vernaldo, il primogenito di re Salvador II. Una simile unione avrebbe reso la famiglia Grijalva la più in vista di tutta Estania...

 

"Fatto sta che quando ne ho avuto la possibilità, ho deciso di viaggiare per conto mio. Cercare il mio posto nel mondo senza essere seguita in continuazione dal nome della mia famiglia." continuò Serena. "Mio padre mi ha posto un ultimatum. Avrei dovuto unirmi alla spedizione verso il Confine dell'Oceano, e in cambio avrei ricevuto quel po' di soldi che mi sarebbero bastati per cavarmela, e non avrei avuto più alcun legame con i Grijalva. Se devo essere sincera, non mi è sembrato che mio padre fosse dispiaciuto di non rivedermi più. Per lui non sono mai stata... una figlia interessante."

 

Albion storse il naso. Fino a quel momento, aveva sentito parlare dei Grijalva in termini favorevoli, e molti in Estania li dipingevano come benefattori e mecenati... del resto, avevano contribuito anche loro, e in maniera significativa, ad organizzare la spedizione verso il Confine dell'Oceano. Ma il ritratto che Serena ne stava facendo non era poi così edificante...

 

"Mi... dispiace, Serena. Immagino che... per te debba essere stato difficile crescere in un ambiente come quello... ma davvero con i tuoi genitori e tua sorella non potevi parlare?" chiese Albion, sinceramente preoccupato per lei.

Serena alzò le spalle. "Meno mi facevo vedere, meglio era." rispose. "Erina non mi ha mai sopportato. E non so il perchè, visto che non ricordo di averle mai fatto niente di male."

 

Albion disse di sì con la testa. "Capisco... mi dispiace di averti fatto tornare alla mente questi brutti ricordi, Serena..." affermò.

La giovanissima warlock alzò le spalle e fece un sorriso appena abbozzato. "Non è un problema. Non poteva saperlo." rispose gentilmente. "E poi, adesso è nel passato. Ora spero di potermi costruire un futuro per conto mio."

Albion annuì con decisione. "Speriamo di poterti dare una mano, mia giovane amica." rispose. "Detto questo... per il momento non vedo nulla di allarmante qui in giro. Facciamo un altro giro di perlustrazione, in modo da essere sicuri?"

 

Serena strizzò un occhio. "Perchè no? Del resto, c'è ancora tempo prima del ritrovo con il resto del gruppo. Ed è anche un modo per familiarizzare con la nostra nuova casa."

 

 

oooooooooo

 

 

"Allora, come stanno andando le cose, da quelle parti?" chiese Draig, rivolgendosi alla sua compagna. Il dragonide rosso e la giovane stavano controllando la foresta oltre le mura ancora in fase di costruzione di Pasiega, in modo da assicurarsi che non ci fossero predatori o altre minacce provenienti dall'ancora inesplorato entroterra di Abundancia. In quel momento, stavano passando in rassegna una radura ricoperta di fitta vegetazione, facendosi strada come potevano tra le foglie larghe e le liane che intralciavano i loro movimenti. Pepa stava usando la sua scimitarra per tagliare i rami e le liane che la ostacolavano, muovendosi con notevole disinvoltura.

 

"Per adesso, solo foglie e rami." rispose Pepa. Adesso Draig aveva l'impressione che la sua voce esprimesse un po' più di verve... forse perchè si stava muovendo in un paesaggio a lei più congeniale. "Per adesso, sembra che non ci siano problemi. Anche se non mi dispiacerebbe vedere una di quelle viverne di cui parlava il comandante Verdugo... da una certa distanza, si intende."

Draig emise una breve risata gutturale. "Piuttosto, teniamo d'occhio quegli insetti giganti di cui ci hanno parlato. Quei pesciolini d'argento giganti non erano certo degli avversari temibili, ma non vorrei che da qualche parte su quest'isola si nascondesse qualcosa di più sinistro..."

 

Un momento!

Draig si zittì di colpo e annusò l'aria con espressione guardinga, avendo improvvisamente intercettato un odore particolare. Pepa notò immediatamente il suo improvviso cambio di umore e si zittì a sua volta, chiedendosi cosa avesse sentito per allarmarlo fino a quel punto.

 

Senza una parola, Draig fece cenno alla ranger di accucciarsi accanto a lui, e i due si nascosero dietro un roveto lì vicino, avendo cura di piazzarsi sottovento. Guardandosi tra loro e facendosi cenno a vicenda di non fare rumore, Pepa e Draig si misero ad attendere, sperando che di qualunque cosa si trattasse, non fosse qualcosa che non erano in grado di affrontare.                   

    

La loro risposta arrivò pochi istanti dopo: un inquietante suono di fronde che si spostavano e rami che venivano rotti da qualcosa di massiccio risuonò nella radura... e i due avventurieri videro uscire dal fogliame due locuste grandi come cavalli! Con un tremendo frastuono delle ali che sbattevano, due mostruosi insetti dal corpo allungato, di colore verde e marrone, con delle ampie ali membranose e le zampe posteriori ipersviluppate, schizzarono via e volarono in direzione opposta rispetto alla colonia, lasciandosi dietro Pepa e Draig che li osservavano sbalorditi.

I due avventurieri restarono nascosti, attendendo che l'infernale ronzio delle locuste si smorzasse del tutto... e finalmente, Pepa tirò un sospiro di sollievo e si alzò con prudenza, la scimitarra pronta al suo fianco nel caso quelle terrificanti creature fossero tornate. Draig si alzò subito dopo, tenendo ancora lo sguardo fisso sul punto in cui le locuste erano scomparse.

 

"E quelle... che diavolo sono? Da dove vengono?" ringhiò il dragonide rosso. Pepa deglutì e scosse la testa, mentre seguiva Draig che si dirigeva con cautela verso il punto da dove le locuste giganti avevano preso il volo. Sapeva che poteva essere un rischio... ma forse potevano trovare qualcosa di iportante da quelle parti.

 

Draig attese un po' prima di gettare uno sguardo nel punto da cui gli insetti giganti provenivano... poi, quando furono sicuri che non c'era più pericolo, Pepa usò la sua scimitarra per tagliare alcune fronde di un arbusto e dare un'occhiata...

 

E ciò che vide lasciò entrambi agghiacciati.

 

A pochi metri di distanza, sul terreno, si trovava una mano mutilata e parzialmente mangiata, che ancora brandiva un simbolo sacro argentato... e attorno ad essa, si estendeva un'orribile pozzanghera di sangue rosso-nerastro.

          

 

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CONTINUA...

 

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Capitolo 5
*** Preparativi ***


Pathfinder: L'Isola degli Insetti Giganti

Una fanfiction di Pathfinder scritta da: Justice Gundam

 

 

 

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Risposte alle recensioni

 

Farkas - Ti capisco, io proprio soffro di autentica fobia nei confronti degli insetti, anche se li ritengo comunque animali affascinanti.

In "Pathfinder", ci sono tre tipi di magia: arcana, che è quella che viene studiata da maghi, magus ed arcanisti e usata da stregoni, bardi e fattucchieri, e che di solito produce gli effetti più spettacolari e distruttivi; divina, che viene concessa dagli dei o da creature di simile levatura; e psichica, che crea effetti magici tramite l'emozione e la forza di volontà.

Vedremo più avanti come mai Pepa odia tanto gli halfling... e vedremo più avanti cosa sta succedendo a Valente. Grazie della recensione e...

 

Ah, un piccolo chiarimento. Questa storia, così come "L'Ascesa della Follia" e "I Figli della Regina dei Draghi", non si svolge su Golarion, bensì su Nexos, che è un mondo fittizio di mia invenzione. Invece, "L'Era dei Presagi Perduti" si svolge effettivamente su Golarion, che è il mondo fittizio creato dagli autori della Paizo.

 

Grazie ancora, e a presto!   

 

 

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Capitolo 5 - Preparativi

 

 

Draig non si considerava una persona schizzinosa, nè uno che si impressionava facilmente. Come combattente dedito alla Chiesa di Bahamut, era preparato ad assistere a scene inquietanti ed orrende... ma la vista di quella mano mutilata lo aveva lasciato senza parole per il disgusto. Reprimendo un'espressione schifata, il dragonide rosso si avvicinò ai maabri resti e diede un'occhiata al simbolo sacro argentato, ancora ben stretto in quella mano rigida e senza corpo.

 

"Che... che cos'è quel simbolo? Da... dove viene?" chiese Pepa, una volta che ebbe raccolto abbastanza risolutezza da guardare nuovamente in direzione dell'orrido ritrovamento. "Forse... è meglio che lo prendiamo a torniamo a Pasiega a fare rapporto. Sto cominciando ad avere dei brutti presentimenti, su questi insetti giganti."

 

Draig storse il naso e riuscì a strappare il simbolo dalla mano gelida. Era un simbolo sacro che aveva l'aspetto di un sole stilizzato, con i raggi leggermente ondulati. Draig non era molto esperto di religione, ma quel simbolo era abbastanza noto: apparteneva al culto di Pelor, il dio del sole, della guarigione e della redenzione. Una religione che per ovvimotivi aveva molti punti in comune con quella del Drago di Platino. Ma la domanda era... da dove veniva? Non gli risultava che ci fosse un luogo di culto di Pelor, lì a Pasiega.

 

Forse si trattava di qualcuno proveniente da un'altra delle colonie di Abundancia? La cosa aveva senso, in effetti... e dipingeva uno scenario inquietante.

"Sì, sono d'accordo con lei, signorina Pepa. E poi, tra non molto sarà l'ora del ritrovo con Albion e gli altri. Speriamo che a loro sia andata meglio." disse Draig, fissando con ansia il simbolo argentato. La giovane donna incoccò una freccia nel suo arco e si guardò attorno, sperando che non ci fossero altri insetti giganti... e trasalì quando vide qualcosa che strisciava verso di lei, e che fino a quel momento era rimasto mimetizzato tra l'erba! Con un sibilo disgustoso, un'orripilante artropode rigonfio delle dimensioni di un cane da caccia uscì da una macchia di erba alta e cercò di lanciarsi su di lei, aprendo a ventaglio le sue otto zampe segmentate! Guidata unicamente dal suo istinto di sopravvivenza, Pepa si gettò di lato, e la bestiaccia atterrò goffamente ad appena un metro da lei, mentre altre tre della stessa specie emergevano dalla vegetazione!

 

"Merda... e queste cosa diavolo..." ringhiò Draig mentre impugnava la sua lancia. Erano davvero delle creature schifose, simili a ragni, con otto zampe segmentate ed un corpo a forma di uovo di colore marroncino. La bocca era la parte più ripugnante, una sorta di tenaglia dai bordi seghettati, dotati di uncini che sembravano fatti apposta per trattenere la vittima... e una lingua tubolare che guizzava tra le mandibole come una sorta di orrido vermiciattolo.

 

Pepa non perse tempo e scagliò la sua prima freccia, trafiggendo la bestia rigonfia che aveva cercato di saltarle addosso. L'orrida creatura agitò spasmodicamente le zampe prima di afflosciarsi a terra come un pallone forato, ma gli altri aracnidi non sembrarono impressionati dalla fine del loro compagno e continuarono ad avanzare verso i due avventurieri.

"Zecche giganti..." le identificò Pepa con una smorfia di orrore. Incoccò rapidamente un'altra freccia e la scagliò, trafiggendo un'altra di quelle creature immonde. Un'altra zecca gigante balzò addosso a Draig e chiuse le mandibole sul suo braccio sinistro... ma la pelle squamosa del guerriero resistette, e lo schifoso artropode scivolò giù e venne trafitto dalla lancia del dragonide.  Draig si allontanò rapidamente dal corpo della creatura e si piazzò accanto a Pepa, in modo da impedire alle zecche giganti di raggiungerla.

 

"Draig!" esclamò Pepa.

 

"Resti dietro di me, signorina." rispose il dragonide. "Io ho la pelle dura, faranno più fatica a mordere me. Lei continui pure a farne spiedini."

"Va bene." rispose la giovane donna. Quattro zecche giganti uscirono rapidamente dall'erba e strisciarono con velocità insospettabile verso i due avventurieri... e Pepa scoccò due frecce in rapida successione che abbatterono due di quelle minacce striscianti. Un'altra cercò di saltare verso Draig... ma prima che potesse staccarsi da terra, il dragonide rosso prese rapidamente fiato, aprì la bocca e scagliò una fiammata contro il mostruoso artropode. La zecca gigante stridette orrendamente quando le fiamme la avvolsero, e nel giro di due secondi, di essa non rimase che un guscio bruciato. La quarta riuscì a saltare in direzione di Draig, ma ancora una volta, le sue mandibole non riuscirono a penetrare la pelle squamosa del dragonide. Draig afferrò saldamente la zecca gigante, la sollevò di peso, e poi la scaraventò addosso ad altre due di quelle bestiacce che stavano emergendo dall'erba alta.

 

"Draig, non possiamo restare qui. Ne arrivano troppe." disse la giovane donna. "Dobbiamo cercare di seminarle e tornare a Pasiega per fare rapporto." Incoccò un'altra freccia e la scagliò contro un'altra zecca gigante, colpendola alla testa e facendola crollare a terra senza vita.

"Va bene. Adesso provo a bloccarle..." disse il guerriero. Prese di nuovo fiato e soffiò un'altra fiammata, questa volta dirigendola davanti agli artropodi giganti, che si fermarono di colpo quando sentirono il drastico cambio di temperatura. "Okay, ora sì che possiamo andare. Loro si cercheranno qualche preda più facile."

 

"Il problema è che potrebbe trattarsi di qualche abitante..." commentò Pepa, mentre i due si affrettavano verso la loro colonia. "Dobbiamo fare quanto prima rapporto al comandante Verdugo."

Draig annuì seriamente, provando una sorta di cattivo presagio riguardo il recente doppio incontro. "Già... questa storia degli insetti giganti sta cominciando a prendere una brutta piega..." affermò. "Spero di sbagliarmi..."

 

 

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Il ritrovo con il resto del gruppo era andato più o meno come tutti si aspettavano - e quanddo Draig e Pepa avevano parlato di quello che avevano scoperto, anche il resto del gruppo cominciò a condividere la loro preoccupazione. In quel momento, riuniti vicino ad uno dei più grandi edifici della cittadina, i sei avventurieri stavano cercando di pensare a cosa fare, mentre Albion osservava il simbolo sacro che il suo migliore amico aveva recuperato.

 

"Non ci sono dubbi, è un simbolo di Pelor." affermò gravemente il paladino. "Dovrei chiedere al comandante Verdugo... o alla vice-comandante Torreblanca... ma sono abbastanza sicuro che è proprio a Tarago che si trova una cattedrale dedicata al dio del sole... oltre che ad altre divinità."

"Quindi, è altamente probabile... che questo simbolo sacro appartenesse a qualche chierico di Tarago che stava recandosi qui a Pasiega per qualche motivo, ed è stato aggredito e divorato dagli insetti giganti." riflettè Damiàn ad alta voce. "Io e il signor Hipolito, qui presente, abbiamo investigato un atto di vandalismo, ma mi sentirei di escludere che c'entri qualcosa con la storia degli insetti - chiaramente, questi avvistamenti hanno la priorità."

"E' vero. Non possiamo lasciare che diventino una minaccia per il nostro villaggio." rispose Pepa, dando un'occhiata all'attività che ancora ferveva nella piccola ma operosa colonia. Tutte quelle persone stavano vivendo la loro vita senza apparentemente accorgersi dei pericoli che le circondavano... ed era loro compito fare in modo che continuassero le loro vite in tranquillità. Per questo, dovevano andare fino in fondo a quella storia, prima che fosse tardi.

 

La giovane donna sospirò e guardò per terra. "Eduardo... manterrò io la nostra promessa per tutti e due." pensò malinconicamente. "Voglio che il tuo ricordo continui ad esistere anche in questa città..."

 

 

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"E... questo conclude il nostro attuale rapporto." concluse Albion con un cenno della testa. Il resto del gruppo si mise sull'attenti davanti al loro superiore, e Verdugo osservò con evidente preoccupazione il simbolo argentato, ancora imbrattato di sangue rappreso, che gli avevano appena consegnato. Sapeva che c'erano dei problemi da quelle parti, con tutti gli insetti giganti che erano stati avvistati... ma ora appariva chiaro che la minaccia si avvicinava sempre più a Pasiega, e che anche le altre colonie di Abundancia potevano essere in pericolo. Un esercito di predatori guidati soltanto dalla fame e dall'istinto riproduttivo, dotati di micidiali armi naturali, con i quali era impossibile giungere ad un accordo... l'idea che una simile minaccia incombesse su Pasiega era terrificante.

 

Mantenendo la sua espressione quanto più neutrale possibile alla luce di quello che aveva scoperto, Dmitros Verdugo appoggiò il simbolo del sole argentato sulla sua scrivania e si mise a pensare. Inutile negarlo, quello che aveva sentito era molto preoccupante. E la cosa peggiore era che non avevano idea da dove venissero questi insetti giganteschi, e non avevano idea di cosa fare per mandarli via una volta per tutte.

 

"Quello che mi state dicendo... è un vero problema." rispose infine il fiero minotauro. "Se questi insetti mostruosi continueranno ad assediare il nostro villaggio... sarà impossibile per i nostri cittadini esplorare l'entroterra, andare in cerca di risorse... e il nostro villaggio non potrà espandersi. I nostri concittadini saranno sotto costante minaccia. Sarà necessario capire da dove vengono gli insetti giganti, e trovare il modo di contrastarli."

 

Hipolito annuì lentamente, mentre ripensava a quello che era successo nella fucina di Valente. Che avesse qualcosa a che fare con questo problema degli insetti giganti? No, non era possibile... se una di quelle bestiacce fosse entrata nell'abitazione di Valente, non si sarebbe certo limitato a danneggiare gli oggetti... e poi, i danni inflitti mostravano una certa premeditazione, che certo un insetto guidato solo dagli istinti più primitivi non poteva dimostrare.

 

"Farò del mio meglio per rintracciare i luoghi da cui provengono questi insetti giganti, comandante Verdugo." affermò l'halfling druido. "Vorrei solo chiedere alla signorina Pepa di darmi una mano in questo compito. Lei meglio di chiunque altro è in grado di svolgere compiti simili, senza nulla togliere ad alcuno dei miei compagni."

Nessuno dei suoi compagni ebbe da ridire su questo. Si conoscevano tra loro abbastanza da poter dire che la supposizione di Hipolito era corretta: di tutti loro, Pepa era la più esperta nell'orientarsi in ambienti selvaggi ed inesplorati come l'entroterra di Abundancia. Ma il problema era che... era Pepa stessa a non essere d'accordo con la proposta di Hipolito, e a quel punto, la ranger non riuscì a tenere a freno le proteste.

 

"Comandante Verdugo, con tutto il dovuto rispetto... non posso accettare questa proposta!" esclamò, cogliendo un po' tutti di sorpresa. Anche la stoica Serena sobbalzò e sbattè gli occhi davanti al netto rifiuto della sua compagna di squadra. "Se... se devo essere sincera... non mi va di lavorare a così stretto contatto con il signor Hipolito!"

"M-ma... signorina Pepa!" esclamò Damiàn stupito. "Che... che significa? Perchè non vuole..."

 

"Ho le mie ragioni..." affermò Pepa scuotendo la testa. Si avvicinò al suo superiore e si mise una mano sul cuore, in segno di formale petizione. "Comandante Verdugo, io la rispetto e non oserei mai mettere in dubbio la sua autorità e la sua competenza. Ma le chiedo cortesemente di non darmi l'ordine di lavorare a così stretto contatto con il signor Hipolito. Ho... dei motivi personali molto importanti per questa mia posizione. Se... se volete scusarmi..."  

 

Ma Verdugo non era tipo da accontentarsi di una spiegazione così vaga. "Un momento, signorina Vallesteros!" esclamò, fissando severamente la ranger. Parlava con una tale autorità e decisione che Pepa si fermò di colpo e restò ferma a pochi metri dal suo superiore, che la fissò intensamente come a ricordarle quale fosse il suo dovere. "Non voglio entrare nel merito, e non le chiedo di rispondere a domande personali. Avrà i suoi motivi per questa richiesta... ma le ricordo che il contesto in cui ci troviamo richiede collaborazione, e non c'è spazio per risentimenti personali. Non voglio costringerla a fare amicizia con persone che non le vanno a genio, ma le chiedo di mostrare rispetto nei loro confronti e di svolgere comunque il suo lavoro al meglio. Ci potrebbero essere molte vite in gioco, non lo dimentichi."

 

Davanti a quell'improvvisa e disarmante ammonizione, Pepa restò in silenzio, scioccata e rabbiosa... ma non era così sventata da pensare che avrebbe potuto cavarsela se avesse risposto male al comandante Verdugo. Il resto del gruppo, ancora stupito da quanto era successo, non intervenne... e sotto lo sguardo severo del minotauro, Pepa ingoiò il suo orgoglio e cercò di mostrarsi accomodante.

"Chiedo... chiedo scusa, comandante Verdugo." rispose prontamente. "Ho... parlato a sproposito. Non accadrà mai più."

 

Verdugo annuì con le braccia conserte. "Va bene. L'importante è essersi chiariti. Più avanti, però, consiglierei di spiegarsi anche con i suoi compagni di squadra." affermò. "Come stavo dicendo... in questo momento, la cosa più importante è cercare di capire da dove vengono questi insetti giganti, e se c'è un modo per impedire loro di prenderci di mira."

"Ha qualche sospetto sul quale potremmo lavorare, comandante Verdugo?" chiese Albion, bene eretto davanti alla scrivania.

 

Il minotauro guardò con attenzione le sue carte, i rapporti che aveva a disposizione e tutto ciò che gli era pervenuto riguardo il problema degli insetti giganti su Abundancia. Era una situazione ancora poco chiara, e non aveva elementi a sufficienza per dire con esattezza cosa ci fosse dietro. Era un evento naturale, o c'era davvero qualcuno dietro? Se fosse stato possibile scoprire la verità, ci sarebbero state migliori possibilità di difendere gli abitanti di Pasiega da quelle creature.

Verdugo storse il naso e guardò il gruppo di avventurieri che attendeva istruzioni, in piedi davanti alla sua scrivania. Con le poche informazioni che aveva a sua disposizione, poteva soltanto cercare di prendere la decisione che gli sembrava più giusta, e sperare di non mandare quel gruppo di giovani nelle fauci della morte.

 

Era in quei momenti che Verdugo si rendeva conto di quanto fossero vere le parole di suo padre. Quando era ancora un giovane vitello e faceva i suoi primi addestramenti, e una delle frasi di suo padre che più gli era rimasta scolpita nella mente era stata: "Il comando è una responsabilità, non un diritto."

 

Dopo averci pensato su, Verdugo prese la sua decisione e diede le dovute istruzioni ai suoi subordinati. "D'accordo... per domani, vi affido una missione di esplorazione nella zona attorno a Pasiega. Ho bisogno che voi eseguiate una missione di ricognizione e possiate farmi un rapporto quanto più completo possibile. Tenete d'occhio tutti i luoghi in cui si possono nascondere gli insetti giganti, e cercate se possibile di neutralizzarli. Una volta che avremo una mappa completa dei luoghi da dove provengono, interverrà la milizia di Pasiega e farà in modo  di eliminarli o costringerli ad andarsene."        

 

Albion fece un cenno affermativo. "Come desidera, comandante Verdugo. Faremo del nostro meglio per scovare ed eliminare queste minacce." affermò. "Ci aspettiamo che la missione richieda qualche giorno per essere portata a termine."

"La cosa è perfettamente accettabile. L'importante è fare in modo che gli abitanti e la colonia siano al sicuro." continuò Verdugo. Guardò i suoi subordinati uno alla volta, e fu lieto di notare che tutti loro sembravano d'accordo. "Raccogliete tutte le informazioni e gli indizi che potete, anche quelli che possono sembrare più insignificanti. Nel frattempo, io e la vice-comandante Torreblanca faremo in modo di rafforzare le difese di Pasiega e fare in modo che possiamo rispondere ad un attacco diretto degli insetti giganti. Mi dispiace di non poter dare delle direttive più precise, ma con quello che abbiamo a nostra disposizione... è tutto quello che posso fare al momento."

 

"Non si preoccupi... comprendiamo la situazione, e anche noi sentiamo la responsabilità di proteggere questo villaggio e i suoi abitanti." rispose prontamente Pepa. "Faremo tutto quello che è nelle nostre possibilità per darle un quadro più completo possibile della situazione."

 

"Bene. E' tutto quello che vi chiedo." affermò Verdugo, sentendosi già un po' più tranquillo. "Per adesso, potete andare. Avete tempo libero fino a domattina, quindi... usatelo al meglio per prepararvi per la missione. Tenetevi comunque a disposizione... E ricordatevi di rientrare il prima possibile se vi trovate di fronte qualcosa che temete di non poter gestire da soli."

 

"Certamente, comandante Verdugo. Non mancheremo." rispose Draig, con un inchino che gli altri eseguirono a loro volta con rispetto e decisione. Con un cenno della testa, il comandante diede loro il permesso di uscire e restò a guardarli mentre uscivano uno alla volta, in perfetto ordine. Albion chiuse la processione e fece un ultimo saluto prima di uscire dall'ufficio e lasciare il comandante nella solitudine del suo posto di lavoro.

 

Con espressione cupa, il possente minotauro  appoggiò i documenti davanti a sè e li lesse un'altra volta, cercando di pensare ad un modo di tenere al sicuro la popolazione di Pasiega. Quei dannati insetti giganti si facevano sempre più vicini... e avevano già cominciato ad attaccare le persone e a fare delle vittime. Se si fosse arrivati alla peggiore delle ipotesi, sarebbe stato anche il suo turno di prendere di nuovo in mano la sua ascia e combattere. Era il suo dovere, dopotutto... ma la preoccupazione per la minaccia ignota che incombeva sulla colonia non gli permetteva di essere sereno. Come se la stavano cavando, le altre colonie? Quegli insetti giganti... stavano mettendo anche loro in pericolo? Stavano ostacolando le loro attività? Divorando i loro viveri? Troppe incognite, in una situazione così delicata...

 

Decidendo che non sarebbe stato utile a nessuno restare lì seduto e rimuginare, il comandante Verdugo si alzò e mise a posto come meglio poteva, poi uscì a sua volta dall'ufficio e nelle indaffarate strade della colonia.  Si guardò attorno, alla ricerca di un soldato, e non appena ne vide uno impegnato in un giro di perlustrazione, lo fermò e si rivolse a lui. "Tu, soldato di Estania! Dove posso trovare la vice-comandante Torreblanca?"

 

"In questo momento è agli addestramenti, signore." rispose prontamente il soldato.

 

Il minotauro fece un cenno di assenso. "Bene. Torna pure alle tue mansioni." concluse. Il soldato fece un saluto e riprese la sua perlustrazione mentre Verdugo si dirigeva al campo di addestramento, sperando di poter concludere qualcosa già in quella particolare giornata...

 

 

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"Tenete alta la guardia! Su gli scudi! Quando combattete in una formazione, fate in modo che il vostro compagno sulla sinistra sia protetto dal vostro scudo, come voi siete protetti dal compagno alla vostra destra! Alti gli scudi! Non lasciate alcuna apertura al nemico!"

 

Seguendo con attenzione le istruzioni della loro comandante, i soldati di Estania si stavano addestrando a combattere in formazione, ognuno di loro armato di spada e scudo. Disposti in una serie di file ordinate, i soldati sferravano degli eleganti fendenti in perfetta sincronia, mentre allo stesso tempo proteggevano il compagno al loro fianco con i loro scudi di ottimo acciaio. Verdugo aveva sempre ammirato queste disposizioni efficienti ed ordinate - dal suo modesto punto di vista, rappresentavano qualcosa che richiamava la sua natura di minotauro - diviso tra civiltà e ferocia, una sete di battaglia che ribolliva nel suo animo, e che cercava di tenere a bada con disciplina e fermezza.

 

Un fendente. Due fendenti. Tre fendenti. Il comandante dei difensori di Pasiega restò a guardare attentamente i soldati che continuavano il loro addestramento, lodando privatamente la loro abilità e disciplina. C'era sempre spazio per il miglioramento, ma l'impegno profuso dai loro uomini era più che percettibile.

Una volta che i soldati ebbero completato quella parte dell'addestramento, Verdugo fece un passo avanti e cominciò ad applaudire, ritenendo che fosse giusto far vedere almeno un po' di apprezzamento per il loro impegno e per i risultati raggiunti.

 

"Ottimo lavoro. Vedo che state facendo del vostro meglio... e i risultati si vedono." esordì il comandante. Immediatamente, i soldati e la vice-comandante si misero sull'attenti e si voltarono in direzione del minotauro, che fece loro cenno di rilassarsi. "Mettetevi comodi. Non sono venuto qui per fare controlli o ispezioni. Vice comandante Torreblanca, se la mia visita non giunge in un momento inopportuno, avrei bisogno di discutere delle questioni importanti con lei. Questioni riguardanti la sicurezza della nostra colonia."

 

"Comandante Verdugo. Non si preoccupi, non disturba affatto." rispose Orsola con un saluto militare. "Se si tratta di una questione che desidera sottopormi, possiamo discuterne anche adesso." 

"Grazie. E penso che anche i nostri soldati avranno bisogno di ascoltare." rispose il fiero minotauro. Orsola annuì e fece cenno agli uomini di rilassarsi. "Molto bene. Ascoltatemi, fedeli soldati di Estania. Non voglio nascondervi nulla. Siamo di fronte ad una potenziale minaccia alla nostra colonia. Al momento, mentre stiamo parlando, Pasiega viene circondata lentamente ma progressivamente da predatori senza discernimento. Insetti, aracnidi, artropodi di dimensioni inusuali che ci considerano loro prede e si stanno avvicinando sempre di più alle nostre abitazioni. Essi non ci odiano per qualcosa che abbiamo fatto loro. Non provano rancore verso di noi. Sono semplicemente bestie senza ragione che agiscono spinte dagli istinti più primordiali. Ma proprio per questo non possiamo sperare di convincerli con le parole, nè possiamo sperare di intimorirli e farli fuggire. E andarcene da qui, abbandonare tutto quello che abbiamo costruito con le nostre fatiche, non è accettabile. Dobbiamo restare qui, e combattere per difendere le nostre vite e quelle dei nostri cittadini e dei nostri cari."

 

Dei mormorii di stupore, allarme e paura si diffusero tra il gruppo di soldati, e il comandante attese che il clamore della notizia che aveva dato si esaurisse prima di continuare.

"Comandante Verdugo!" esclamò Orsola, la cui espressione lasciò per qualche istante posto ad una vaga inquietudine. "Da... da dove viene questa notizia? Ha... ricevuto dei rapporti dal nostro gruppo di specialisti?"

Il minotauro annuì lentamente. "Sì... hanno trovato degli indizi che fanno supporre che queste creature, questi insetti giganti, stiano lentamente ma progressivamente stringendo d'assedio il nostro villaggio." spiegò. "Percepiscono la presenza di prede in questa zona, e stanno già mietendo delle vittime. I nostri specialisti hanno trovato i resti di qualche viaggiatore, quasi sicuramente qualcuno che proveniva da un'altra delle colonie di Abundancia. E si sono imbattuti in vari esemplari di insetti giganti, in molti casi dovendo combattere contro di essi. Non possiamo sottovalutare questi avvenimenti, dobbiamo preparare il nostro villaggio a difendersi. Ed è proprio per questo che ci sarà bisogno dell'aiuto di tutti voi."

 

"Comandante Verdugo!" disse un giovane soldato, che forse aveva un po' più di coraggio, o anche soltanto di iniziativa, rispetto agli altri. "Noi abbiamo giurato di difendere l'incolumità della gente di Estania il giorno in cui abbiamo indossato l'armatura per la prima volta. Ritengo di parlare per tutti quando dico che siamo disposti a seguirla per combattere contro questa minaccia e neutralizzarla."

"Siamo con lei, comandante Verdugo." rispose una soldatessa. Diversi dei soldati si fecero avanti, anche se nei loro volti si vedeva un'ombra di paura o di sorpresa. Non era un tipo di minaccia alla quale si aspettavano di dover fare fronte... ma allo stesso tempo, il loro dovere come soldati di Estania era chiaro.

 

Anche la vice-comandante ci mise pochi attimi a mettere da parte le sue incertezze. "Comandante Verdugo... siamo a sua disposizione." affermò senza esitare. "Ci dica cosa dobbiamo fare, e noi faremo tutto quello che è in nostro potere per far fronte a questo problema."

Il minotauro fece un piccolo sorriso, lieto di poter contare sull'aiuto dei suoi uomini. "Vi ringrazio, valorosi soldati di Estania." rispose prontamente. "Molto bene... prima di tutto, abbiamo bisogno di creare delle difese attorno alla nostra città. Gli insetti giganti non hanno le nostre armi. Se riusciamo a tenerli a distanza, o comunque a ritardarli il più a lungo possibile prima che arrivino nel centro abitato, meglio per noi e per tutti. Inoltre, dobbiamo porre enfasi sul combattimento a distanza, e tenere pronti quanti più archi e balestre possibile. Se ci sarà la possibilità di disporre di armi da fuoco, meglio ancora."

 

"Posso occuparmi io di questo problema, comandante Verdugo." si offrì Orsola. "Farò in modo di consultare quanti più esperti possibile per preparare le difese della nostra città."

"Ottimo. Conto sul suo apporto, vice-comandante Torreblanca." rispose il comandante. "Se c'è qualcuno di voi che ha qualche proposta che potrebbe dare una mano in questa situazione, non esiti a farsi sentire..."

 

 

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La dimora che era stata assegnata a Pepa non era esattamente quello che si poteva definire una reggia - una singola stanza dotata di tutto quello che poteva servire per la vita di tutti i giorni, con un semplice tavolo di legno addossato ad un muro, sotto una finestra, una credenza, un camino, un paio di sedie e tutti gli attrezzi che potevano essere utili alla faccende domestiche. Ma per quello che serviva alla giovane donna, era più che sufficiente, e lei apprezzava la semplicità di questo tipo di vita, anche se richiedeva fatiche e sacrifici.

 

Se non altro, non le lasciava molto tempo per perdersi nei suoi pensieri.

 

Ma quella notte, i pensieri non volevano lasciarla in pace. Pepa Vallesteros cercava come poteva di prendere sonno, senza successo. Pensava alla spedizione che sarebbe cominciata la mattina dopo, e pensava a dove l'avrebbe portata... e se avrebbe avuto la fortuna di tornare indietro.

Con un sospiro, la giovane donna si lasciò cadere sul letto e appoggiò la testa sul cuscino, cercando di togliersi dalla mente l'immagine di Hipolito che accoglieva l'idea di una missione con il solito, irritante entusiasmo tipico degli halfling. Sicuramente sarebbe rimasto con lo sguado fisso sul terreno, pronto a raccogliere e catalogare ogni forma di vita, ogni esemplare raro cheattirasse la sua attenzione. Perchè la cosa le dava fastidio? In fondo, quell'halfling non le aveva fatto niente di male... o almeno, questo era quello che la sua mente razionale le diceva.

 

Ma ogni volta che vedeva il viso sorridente di quell'halfling, la parte inconscia della sua mente tornava a quei momenti terribili...

 

Pepa strinse gli occhi e si rattrappì in una posizione fetale, sentendo ancora il dolore, sia fisico che emotivo, di quei momenti, e rivedendo ancora il sorriso di quei dannati halfling. L'espressione maligna dei loro occhi. Quelle facce paffute ed apparentemente infantili, che sorridevano del suo dolore...

 

"Signorina... siamo sicuri che lei sarà più collaborativa del suo compagno..."

 

La mano di Pepa si strinse sulla coperta, e la giovane donna si costrinse ad aprire gli occhi, svegliandosi con un sobbalzo. Il sogno svanì come fumo al vento, e Pepa si passò una mano sulla fronte, respirando affannosamente mentre cercava di concentrarsi sul tetto sopra di lei.

"Merda... di nuovo quel maledetto sogno..." sussurrò, per poi mettersi seduta sul letto e prendere fiato. La sua camicia di notte era bagnata di sudore, e i suoi capelli dovevano essere un disastro. Ma in quel momento, la cosa non la riguardava... tutto quello che voleva era cercare di dimenticare quei momenti spaventosi, e cercare di guardare ad Hipolito con più fiducia. Quell'halfling non era come quegli spregevoli mostriciattoli...

 

Finalmente, la giovane donna si sdraiò nuovamente sul suo letto e riprese fiato, le braccia aperte come se questo la aiutasse a rilassarsi. L'indomani sarebbe cominciata la loro spedizione,  e Pepa sapeva che doveva essere quanto più sveglia e preparata possibile, se voleva essere in forma e capace di dare una mano durante la spedizione. Aveva la netta impressione che non sarebbe stato facile trovare momenti per rilassarsi, dall'indomani in poi.

 

Finalmente, Pepa riuscì a rilassarsi abbastanza da chiudere gli occhi e scivolare lentamente nel mondo dei sogni. Per un attimo, prima di addormentarsi, ebbe la sensazione che un paio di occhi a lei molto noti la stessero osservando...

 

 

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Albion gettò un'ultima occhiata all'interno della sua bisaccia, per controllare che tutto fosse a posto. Aveva ormai perso il conto delle volte che aveva controllato il contenuto, ma la prudenza, si ripeteva in continuazione, non era mai troppa. I suoi compagni erano una sua responsabilità, ed era suo dovere fare tutto quello che era in suo potere per riportarli indietro tutti vivi e in buona salute. E chissà cos'avrebbero potuto trovare fuori dai confini di Pasiega... questa volta non avrebbero avuto accesso a servizi e supporto distanti solo pochi passi. Era una spedizione nelle terre selvagge, nella quale avrebbero dovuto contare soltanto sulle proprie forze e sul loro gioco di squadra.

 

"Sei pronto, Draig? Tra non molto daremo ufficialmente il via alla spedizione..." disse Albion, dando un'occhiata al suo migliore amico, che sembrava impegnato in alcuni esercizi di riscaldamento. Il dragonide rosso teneva tra le mani la sua lancia, ornata con un paio di strani feticci e lucidata ed affilata di recente. Eseguì un paio di affondi, poi fece volteggiare la lancia tra le mani muovendola come un'elica davanti a sè... e infine, eseguì un rapido giro su sè stesso e piantò la lancia nel terreno, per infine mettersi in posa incrociando le braccia sul petto.

 

"Sì, dai tutta l'aria di essere pronto." disse il dragonide argentato. "Okay, è il momento di andare. Gli altri ci stanno aspettando."

Draig fece un piccolo sorriso e recuperò la sua lancia, per poi riporla nella sua custodia sulla schiena. "E allora, non facciamoli attendere ancora a lungo, vecchio mio. Questa è una missione importante, dopo tutto."

I due dragonidi raccolsero tutti i loro effetti e uscirono dalla baracca, raggiungendo il cortile dove il resto del gruppo stava aspettando. Pepa, Damiàn, Hipolito e Serena erano in piedi accanto all'edificio, con le armi già pronte e l'equipaggiamento già pronto. Non appena videro arrivare Albion e Draig, tutti si misero sull'attenti e si apprestarono ad ascoltare quello che il loro comandante aveva da dire.

 

"Molto bene, compagni. Non credo di dover aggiungere altro a quello che il comandante Verdugo ci ha comunicato ieri, nè credo di dover porre ulteriore enfasi sull'importanza di questa missione." rispose. "Se il vostro equipaggiamento è a posto, e siete pronti per quella che potrebbe essere una lunga missione fuori dai confini di Pasiega, possiamo partire."

 

Hipolito si fece avanti e, con un'espressione insolitamente determinata sul suo viso rotondo, si fece avanti e puntò per terra il suo bastone da druido, per poi alzare una mano in segno di assenso. "Siamo tutti pronti, paladino Albion." rispose. Serena si mise a posto il mantello con un gesto della mano e disse di sì con la testa. "Possiamo partire quando volete."

 

Pepa non ebbe nulla da ridire e si mise da parte, guardando l'halfling druido con aria affaticata. La nottata non era stata troppo gentile con lei, e la giovane donna sperava di non dare a vedere che in effetti era piuttosto provata. "Sono pronta anch'io... più o meno. Se troviamo uno di quegli insettoni... e sopravviviamo per raccontarlo... ci portiamo dietro anche qualcosa per farlo analizzare?" chiese, per poi passarsi una mano sul viso e soffocare uno sbadiglio. Damiàn, poco lontano da lei, storse il naso, avendo la netta impressione che la giovane donna stesse cercando di nascondere qualcosa. In effetti, era sempre sembrata alquanto a disagio ogni volta che doveva passare più di un certo tempo in squadra con Hipolito.

 

"Sì, credo che sarebbe una buona idea." rispose Albion. "Non mi risulta che abbiamo ancora ricevuto informazioni riguardo quelle lepisme giganti che abbiamo visto nella libreria, ma in ogni caso, avere più elementi su cui lavorare sarà utile per il signor Veda."

 

"Chissà se vedremo anche una delle viverne di cui ho sentito parlare." disse Serena, apparentemente disinteressata al discorso.

Damiàn provvide subito a frenare certe idee della giovanissima warlock. "Spererei proprio di noi, signorina. O se dovesse essere, spero che sia da lontano. Non credo che siamo in condizioni di affrontare una viverna, in questo momento. a meno che, ovviamente, una viverna non intervenga a salvarci da qualcuno di quegli insetti colossali."

"Penso che... sia meglio non affidarci troppo alla fortuna, e invece fare più affidamento sulla nostra esperienza e il nostro istinto di sopravvivenza." commentò Draig. "Nemmeno io ci tengo ad affrontare una viverna adesso come adesso... comunque, avete capito quello che dobbiamo fare. A questo punto, non dobbiamo che aspettare il comandante Verdugo e la vice-comandante Torreblanca per dare ufficialmente inizio alla spedizione." Non che il dragonide rosso fosse esattamente rigido nell'osservare le "regole", ma se era necessario seguire certe formalità, tanto valeva farlo senza storie.

 

Il gruppo si disse d'accordo... e come se fosse stato evocato dal loro stato mentale, il comandante Verdugo apparve dalla piazza principale accompagnato dalla sua vice. I due ufficiali si fermarono vicino allo spiazzo nel quale i sei avventurieri si apprestavano ad iniziare la loro spedizione, ed Albion non perse tempo ad accoglierli con un formale saluto. "Comanante Verdugo. Vice-comandante Torreblanca. Il sottoscritto, paladino Albion Wuprax, al servizio della corona di Estania, comunica che il suo gruppo è pronto a dare inizio alla missione. Con il vostro permesso.". Tutti assieme, come se obbedissero ad un solo ordine, il resto degli avventurieri fece a sua volta un saluto e si misero sull'attenti.

 

Il minotauro e la sua attendente ricambiarono il saluto. "Riposo, paladino Albion." rispose il possente uomo-toro. "Siamo venuti proprio a controllare che tutto fosse in regola, e ad augurarvi buona fortuna. Non c'è altro da dire." rispose.

"Lo stesso vale per me." affermò. "Non preoccupatevi per la colonia. Durante la vostra assenza faremo in modo di organizzare le difese del villaggio ed essere preparati se ci dovesse essere qualche imprevisto. Stiamo tutti collaborando per la sicurezza e la prosperità della nostra nuova casa."

 

Albion fece un sorriso appena accennato. "Grazie, vice-comandante Torreblanca. Non vi deluderemo." rispose, per poi dare l'ordine di marcia al resto del gruppo. "Avanti, squadra. Possiamo partire. Seguite l'ordine che vi è stato assegnato. Hipolito e Damiàn al centro. Io e la signorina Pepa davanti. Draig e Serena chiudano la formazione."

Il gruppo non perse tempo a disporsi in un'ordinata formazione due per tre e cominciarono a dirigersi verso l'uscita di Pasiega, ricevendo dalla popolazione di Pasiega una pioggia di saluti ed auguri. Nonostante la tensione palpabile, l'atmosfera della colonia era di speranza e di attesa ottimista... ognuno degli abitanti di Pasiega che conoscevano Albion e i suoi compagni erano venuti ad augurare buona fortuna ai loro difensori. Guardandosi attorno, i sei avventurieri riconobbero subito diversi volti familiari - lo gnomo Horacio, il mezzorco fabbro Valente (a proposito, si chiese Hipolito, aveva avuto altri problemi con i vandali?), il giovane garzone Elias... tutte persone che avevano avuto modo di conoscere e stimare durante la loro pur breve permanenza a Pasiega. Per loro, era un modo di ricordare cosa stavano cercando di proteggere e di trovare motivazione per la missione che li attendeva.

 

"Buona fortuna, amici!"

 

"Siete forti!"

 

"Per la gloria di Estania!"

 

Serena guardò alla propria destra mentre passava vicino ad una piccola folla, e vide una bambina mora con in braccio un gatto bianco che la salutava, accompagnata da un uomo alto e ben piantato che doveva essere suo padre. La giovane warlock ricambiò il saluto, lasciando che un piccolo sorriso le apparisse sul viso.

 

"Buona fortuna, signorina!" esclamò la bambina, anche mentre il gatto bianco si ritraeva da Serena. La warlock non era esattamente sorpresa - la sua aura magica tendeva ad inquietare gli animali. Ma anche così, era contenta di vedere che quella bambina si fidava di lei senza riserve - era qualcosa a cui non era abituata, nell'ambiente della nobiltà estaniana. Di solito, tutti coloro con cui interagiva le erano indifferenti, la disprezzavano per la sua condizione di secondogenita, o - nel raro caso in cui fossero consapevoli che era una warlock - erano spaventati dai suoi poteri.

 

Serena fece il segno dell'okay alla bambina, e il gruppo si lasciò dietro Pasiega, incamminandosi verso la foresta e le sue insidie...

 

 

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"Potente Isrizzed. Il villaggio di Pasiega è circondato." L'insetto dall'aspetto umanoide chinato davanti all'altare di Deskari udì le parole del suo subordinato che lo distolsero dalla sua meditazione. Un orrido sacrificio si era da poco consumato... e ora, della vittima legata sopra l'altare restava poco più che uno scheletro sanguinolento, la bocca aperta in un ultimo disperato grido di aiuto, mentre le formiche che lo ricoprivano fino ad un attimo prima cominciavano a ritirarsi, non senza aver prima rosicchiato ogni rimasuglio di carne che restava attaccato alle ossa.

 

L'insettoide, senza tradire alcun sentimento, raccolse la falce che aveva appoggiato al proprio fianco e fece un segno di devozione al principe demoniaco che venerava, poi si voltò verso il subordinato che lo chiamava... un mostriciattolo umanoide alto appena un metro, dalla pelle verde e verrucosa, con una testa esageratamente grande e le orecchie a sventola, vestito di nero e anche lui conuna falce al fianco. Era a cavalcioni su un gigantesco scorpione delle dimensioni di un lupo, dalla corazza chitinosa di uno strano colore blu, e usava delle strane redini di filo di ferro per condurre il gigantesco aracnide.

 

"E' così, dunque?" chiese conferma l'insettoide, non troppo più alto del suo subordinato,

 

"Gli umani non potranno muoversi da lì senza essere attaccati dai nostri insetti giganti." affermò il subordinato con una vocetta stridula. "Li terremo fermi lì e li consumeremo man mano."

 

"Eccellente." affermò Isrizzed con una punta di crudele soddisfazione. "Ben presto, quel misero villaggio diventerà un nuovo alveare, in nome del sommo Deskari!"         

              

 

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CONTINUA...

 

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Capitolo 6
*** Esploratori nella giungla ***


Pathfinder: L'Isola degli Insetti Giganti

Una fanfiction di Pathfinder scritta da: Justice Gundam

 

 

 

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Risposte alle recensioni

 

Farkas - Phenor? Chissà che non ci sia stata almeno un po' di ispirazione. XD

I dragonidi hanno diversi tipi di soffio - per esempio, quelli rossi come Draig sputano fuoco, mentre quelli argentati come Albion esalano una piccola esplosione di ghiaccio. Dipende tutto dal colore delle scaglie.

Vedremo presto che cosa succederà da Valente. E... posso subito dirti che ci hai preso un bel po'! E forse già in questo capitolo faremo qualche progresso e cominceremo a capire qualcosa di più di Pepa. Hipolito non starà certo in silenzio...

Sì, in effetti è così: in Dungeons & Dragons e in Pathfinder, le viverne sono considerate una sottorazza di draghi, ma sono comunque ben distinte dai draghi autentici (dei quali comunque vedremo qualcosa più avanti).

Grazie della tua recensione, e a presto! 

 

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Capitolo 6 - Esploratori nella giungla

 

 

La notte era scesa su Pasiega, e la stragrande maggioranza dei suoi abitanti si era ritirata nelle loro case, godendosi il meritato riposo dopo la fatica di quel lungo giorno. La cittadina era immersa nella tranquillità, e l'unico movimento che si poteva vedere era quello di alcuni animali notturni che scorrazzavano... e quello di alcune lanterne che illuminavano fiocamente un'area di piccola estensione attorno ai soldati estaniani che le trasportavano. Alcune pattuglie stavano dando un'occhiata in giro, facendo buona guardia contro tutti gli eventuali pericoli - la storia degli insetti giganti stava mettendo tutti sul chi vive, e il comandante Verdugo aveva istituito quei giri di pattugliamento proprio allo scopo di tranquillizzare i cittadini e neutralizzare ogni potenziale rischio.

 

"Allora, Francisco... vedi qualcosa?" sussurrò uno dei soldati in uniforme rossa al compagno che camminava al suo fianco, tenendo la lanterna accesa e bene alzata. Una sciabolata di luce illuminò un vicoletto tra due edifici, ma il soldato non vide nulla di allarmante. Restò per qualche istante ad osservare, giusto per essere sicuro di non sbagliare... ma niente. Non c'era nulla fuori posto.

 

"No, qui è tutto regolare." sussurrò il soldato di nome Francisco. "Ti confesso che non mi sono mai piaciute queste ronde notturne. Di notte, questa città mi dà una certa inquietudine..."

"Non ti lamentare tanto, Francisco." rispose una soldatessa, vestita di una versione femminile della vistosa uniforme rossa dei suoi compagni. "Ci siamo pure offerti volontari per partecipare, e dobbiamo assicurarci che quei dannati insetti non costituiscano una minaccia per i nostri concittadini."

Il quarto membro del gruppo di soldati, un nano dall'aspetto massiccio con una lunga ma ben tenuta barba castana, guardò verso un altro vicoletto, e grazie alla sua visione notturna vide che in effetti c'era qualcosa che zampettava rapidamente tra alcune casse e cartoni abbandonati. Fece cenno ai suoi compagni di fare silenzio e alzò con prudenza la sua balestra, con un quadrello già incoccato.

 

Guardando con più attenzione, stringendo gli occhi appena un po' per concentrarsi su quello che gli sembrava di aver visto... e confermò che si trattava proprio di uno degli insetti giganti che minacciavano il villaggio: uno scarafaggio di dimensioni abnormi, grande come un cane da caccia, con lunghe antenne e un paio di grandi ali ripiegate sul dorso. Si aggirava furtivamente nel vicolo, in cerca di cibo... ed era abbastanza grande da costituire un pericolo per la gente di Pasiega.

Il nano prese bene la mira e fece partire il quadrello dalla sua balestra, trafiggendo la testa della blatta gigante con impressionante precisione. Il disgustoso insetto fremette e sussultò, poi crollò a terra agonizzante, e il nano gli si avvicinò rapidamente, estraendo un'ascia di foggia squisita da un fodero dietro la sua schiena. Con due colpi ben assestati, il nano finì il mostruoso scarafaggio e guardò con cupa soddisfazione il suo lavoro.

 

"Ben fatto, Graldos." disse il primo soldato, per poi dare una rapida occhiata al corpo ora immobile della mostruosa blatta. Era un animale davvero disgustoso, e i colpi d'ascia che lo avevano quasi spaccato a metà non lo facevano certo apparire più carino.  "Ugh... meglio non restare qui a guardare. Chi mi dà una mano a portare via questa cosa?"

"Ci penso io, Juliau." rispose prontamente la donna. Con una smorfia disgustata, i due soldati raccolsero i resti della blatta gigante e cominciarono a trasportarli verso un cesuglio vicino, in modo da seppellirli in un luogo che fosse lontano dagli occhi di tutti, mentre gli altri due restavano indietro e continuavano a guardare in giro.

 

"Una buona cosa che abbiamo i tuoi occhi, Graldos. Ottima mira." affermò Francisco. Il soldato si voltò di nuovo verso un altro gruppo di edifici, tra i quali riconobbe la bottega del fabbro. Era lì che erano stati quei due ragazzi del gruppo di agenti del comandante Verdugo... il mezzelfo e l'halfling. Erano riusciti a rimettere tutto a posto, ma il sospetto che il responsabile del vandalismo si sarebbe ripresentato c'era ancora. "Senti... che ne dici seandiamo a dare un'occhiata da quella parte? Giusto per essere sicuri che non ci siano problemi e che nessuno cerchi di entrare?"

"Mah. A me sembrava che quei due ragazzi avessero sigllato per bene porte e finestre." rispose il nano. "Comunque, va bene. Tanto vale dare un'occhiata. Nel peggiore dei casi, ci saremo comunque tolti una preoccupazione."

 

Francisco annuì, e i due soldati si avvicinarono lentamente alla bottega, piazzandosi accanto ad un muro per non farsi vedere da eventuali intrusi. Graldos guardò oltre l'angolo della bottega, e sulle prime non riuscì a vedere nulla di particolare... ma poco dopo, la sua visione notturna riuscì a cogliere tre figure insettoidi, ognuna di esse lunga non più di mezzo metro, che ricordavano una sorta di incrocio tra uno scarabeo e una lucciola. Avevano un corto tozzo, di forma quasi ovale, con il dorso protetto da un paio di robuste elitre, da sotto le quali spuntava un altro paio di ali, che permettevano a quegli strani insetti di tenersi in volo, anche se un po' goffamente. Un paio di ghiandole che emettevano una tenue luce naturale erano poste appena sotto la testa di ciascuno di quegli strani insetti, che si avvicinarono lentamente alla bottega, emettendo un cupo ronzio.

 

"Hm? E quelli cosa..." disse Francisco, gettando un'occhiata oltre l'angolo della bottega. Corrugò la fronte quando riconobbe quelle strane creature. "Scarabei di fuoco, vedo. Altri di quegli insetti infernali che popolano quest'isola... che ci fanno qui?"

"Non lo so, ma potrebbero essere un problema se si infiltrassero in città. Dobbiamo cercare di fermarli." affermò Graldos stringendo gli occhi. "Hey... sai qualcosa di queste bestiacce? Che so, se hanno qualche strana capacità o qualche difesa particolare?"

 

"A parte quella luce che emettono... e che comunque non viene usata per attaccare... no, nessuna capacità particolare. Tutto sta nel non farsi circondare e colpirli con precisione." rispose Francisco. "Allora, che ne dici? Usciamo e li prendiamo di sorpresa?"

Graldos annuì, e i due soldati restarono per un attimo fermi lì, aspettando che i loro due compagni si unissero a loro. Juliau e la sua compagna prepararono le balestre, presero la mira e fecero partire altri due quadrelli che infilzarono altrettanti scarabei di fuoco. I mostruosi coleotteri si schiantarono al suolo, agitando le ali e le zampe per qualche istante prima di immobilizzarsi, ma le loro ghiandole luminose continuarono ad emettere una flebile luminescenza. Allarmato dall'improvvisa morte dei suoi simili, il terzo scarabeo di fuoco si voltò... e una vocetta acuta lo richiamò con evidente stupore!

 

"Ah! Ci hanno visti!" esclamò una vocetta aspra che suonava come lo stridio di tante puntine di ferro sul marmo... e un istante dopo, una creatura umanoide, ancora più piccola degli scarabei e con le fattezze di un coleottero che cercava di imitare la forma umana, balzò via dal cornicione della finestra più vicina. Alla luce della lanterna e dello scarabeo, i quattro soldati di Estania si resero conto che la creaturina teneva tra le mani quello che per lei era un pesante martello da guerra, ma ai loro occhi appariva come poco più che un comune martello da lavoro. "Andiamocene via! Questo non è il momento di rischiare! E spegni quelle dannate luci!"

"Hey! Fermo tu! Dove credi di andare?" esclamò Francisco, per poi sparare un quadrello dalla sua balestra. Ma non aveva mirato bene, e lo scarabeo di fuoco superstite spense le sue ghiandole luminose appena in tempo, con il risultato che il colpo andò a vuoto.

 

"Hah! Mira scadente, grosso stupido!" esclamò il mostriciattolo, la cui voce era ora l'unico segno della sua presenza. "Ci avete fermato questa volta, ma non crediate di poterlo fare di nuovo! Andatevene da questa isola, o le conseguenze per voi saranno terribili!"

 

"Che cosa?" esclamò la donna, la mano che cercava già di raggiungere la spada. "Chi siete voi? Che cosa volete da noi?"

"Soltanto che ve ne andiate! Altrimenti ve ne pentirete!" rispose la creaturina mentre si dileguava nell'oscurità. La soldatessa cercò di inseguirla, ma la sua cavalcatura era troppo veloce, e la giovane decise che era meglio lasciar perdere e piuttosto dare un'occhiata alla finestra alla quale si trovava quello strano essere. I suoi compagni stavano già dando un'occhiata alla scena e ai corpi dei due scarabei di fuoco abbattuti... e Graldos, in particolare, stava notando qualcosa di davvero strano attorno alla finestra.

 

"Guardate qui... ho l'impressione che quel piccoletto stesse facendo qualcosa ai rinforzi e alle serrature della finestra." disse il nano, indicando i sigilli posti alle finestre. Qualcuno aveva cominciato a danneggiare i sigilli, con sorprendente precisione e abilità. E non c'era bisogno di molta fantasia per capire chi lo avesse fatto... ma restava la questione di come avesse fatto a lavorare con tale abilità, e soprattutto, il motivo dietro le sue azioni...

"Che cosa?" chiese Francisco, per poi esaminare con attenzione i sigilli danneggiati. In effetti, non sembrava possibile che un esserino così piccolo fosse in grado di infliggere tali danni con la semplice forza fisica. Ci doveva senza dubbio essere qualcosa sotto...

 

"Guardate qua che roba... con quel martelletto stava sgangherando i sigilli!" affermò il soldato, sfregandosi il pizzetto nero che gli copriva parzialmente il mento. "Ma come ha fatto? Sicuramente ha usato qualche magia... Inès, tu hai qualche idea di cosa possa essere?"

"Forse sì... ho sentito parlare di questo tipo di creature, quando ero piccola e vivevo nella casa di campagna dei miei nonni." disse la giovane donna, esaminando le serrature e vedendo come erano state piegate e compromesse. "Mia nonna mi diceva sempre di questi folletti maligni, i gremlin, che si divertono a rubacchiare, a guastare gli oggetti e a rovinare quello che le persone hanno costruito. Che sia uno di questi?"

 

"Un gremlin? Davvero?" chiese il nano, chiaramente un po' scettico. "E ci sarebbero dei gremlin in grado di controllare gli insetti? Come questi?" Diede un calcio al corpo di uno degli scarabei di fuoco, la cui bioluminescenza traballò ma non scomparve.

Inès alzò le spalle. "Beh, chi può dirlo? Ce ne sono di cose strane a questo mondo. Un gremlin in grado di controllare gli insetti non mi stupirebbe più di tanto." affermò. "Ma adesso... dobbiamo pensare ad un modo di riparare questi serramenti e fare in modo che quel nanerottolo malefico non provi più ad intrufolarsi qui. Poi, quando lo avremo catturato, potrà darci qualche informazione in più."

"Buona idea, ma come pensi di poter fare?" chiese Francisco. "Da quanto ho visto, non è una creatura tanto facile da catturare e da tenere lontano da quello che vuole vandalizzare."

 

Juliau alzò una mano per chiedere la parola. "Beh, se volete la mia... credo che sarebbe il caso di riforgiare i sigilli con ferro battuto a freddo. So che i folletti sono allergici a quel materiale." affermò infine. "Sicuramente, se si troverà davanti questo ostacolo, quel gremlin avrà un po' di difficoltà ad avvicinarsi... e una pattuglia ben nascosta potrebbe avvicinarsi furtivamente e metterlo in gabbia. Così avremo anche qualcosa da interrogare!"

"Ottima idea... anche se mi sembra un po' rischiosa." disse il nano. "Quando tornerà, avrà con sè un altro po' di queste malefiche lucciole troppo cresciute." Diede un calcio al corpo senza vita di uno scarabeo per dare un po' di enfasi alle sue parole. "Dovremo essere preparati anche noi."

 

"E lo saremo." lo assicurò Ines. "Per adesso, prendiamo con noi queste bestiacce e mostriamole al capitano Verdugo. Credo proprio che saprà cosa fare."

Francisco annuì. "E informiamo anche il signor Valente." affermò. "E' necessario che anche lui sappia cosa sta accadendo e si prepari a prevenirlo."

 

 

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"Attenti! Quella cosa è velocissima!" esclamò Draig, brandendo la sua lancia nel frenetico tentativo di trafiggere un mostruoso artropode simile ad un lunghissimo verme nero segmentato con dozzine di piccole zampe rosse, un paio di antenne incurvate e due affilatissime mandibole uncinate. La bestia aveva attaccato di sorpresa il gruppo, apparendo di colpo da una fitta macchia di fogliame e scattando verso Hipolito, che le era sembrato chiaramente la preda più facile a causa delle sue ridotte dimensioni. Per fortuna, l'halfling druido era riuscito a scansarsi all'ultimo momento e ad evitare il morso veleno della scolopendra gigante, che fece una rapida sterzata e si diresse verso un altro bersaglio - in questo caso, Serena.

La giovanissima warlock reagì con rapidità e si gettò di lato, ma anche così le mandibole affilate del mostro le strapparono un lembo di tessuto dai pantaloni. Serena atterrò con una capriola, e i suoi occhi si illuminarono di viola... e una frazione di secondo dopo, scagliò un raggio di energia violacea che colpì il millepiedi gigante ad un fianco. La bestia stridette di dolore ma rallentò soltanto un po', e muovendosi secondo una traiettoria del tutto imprevedibile, tornò verso Serena e la morse al polpaccio destro.

 

"Aaagh!" Serena emise un breve grido di dolore sentendo le mandibole acuminate che le entravano nelle carni, e quasi subito, la gamba sembrò perdere sensibilità e intorpidirsi. La ragazzina si ritirò saltellando sulla gamba sana, poi sferrò un colpo con la sua morningstar e colpì la scolopendra gigante ad un fianco. Ma il colpo venne per gran parte assorbito dalla robusta corazza che copriva il corpo della creatura vermiforme, che scattò rapidamente via e cercò di nuovo di aggredire Hipolito.

"Serena!" esclamò Pepa. Poi, vedendo che il millepiedi gigante cercava di aggredire Hipolito, afferrò stretta una spada dalla lama ricurva e si lanciò all'attacco, vibrando un colpo che raggiunse la bestia alla schiena, intrufolandosi con precisione tra due delle piastre di chitina nera che lo coprivano. Il mostruoso millepiedi si contorse e scaraventò via Pepa, che finì a terra in mezzo alla polvere, ferendosi lievemente il fianco su una roccia acuminata.

 

Ma la ranger era riuscita a far guadagnare un po' di tempo al resto del gruppo, e sia Damiàn che Hipolito furono rapidi nell'approfittarne.

"Chiedo aiuto a voi, Spiriti Primevi... che il verde trattenga il mio nemico e protegga i miei compagni!" Con queste parole, l'halfling druido alzò un braccio e invocò gli spiriti della natura... e dal terreno spuntarono di colpo delle liane che crebbero in un lampo e si avvinghiarono come serpenti attorno al corpo dell'artropode, in modo da bloccargli i movimenti. Il millepiedi gigante stridette rabbiosamente e cercò di liberarsi tagliando le liane con le sue mascelle uncinate, ma altre liane crescevano con rapidità incredibile dal terreno e si avvinghiavano attorno a lui.

"Ottimo lavoro, Hipolito! Ora tocca a me... Missile Magico!" esclamò il mezzelfo, per poi puntare la mano destra contro il millepiedi prima che questo potesse liberarsi. Due strali di luce argentata scaturì dal palmo dell'arcanista e sfrecciarono verso  la scolopendra gigante, colpendola senza possibilità di errore e facendola contorcere con furia sempre maggiore! Le antenne della bestia frustarono rabbiosamente l'aria, e finalmente la scolopendra gigante riuscì a liberarsi e si scagliò contro Damiàn, decisa a divorarlo.

 

"Dietro di me, signor Damiàn!" Con uno scatto deciso, Albion si piazzò davanti al suo compagno meno prestante e sferrò un micidiale colpo con la sua alabarda, in modo da tenerlo lontano. Stridendo, il mostruoso artropode si tirò indietro e tentò di colpire Albion con un morso vorace, ma le sue mandibole stridettero sul pettorale in acciaio del dragonide argentato senza fargli nulla. Il paladino colpì la creatura alla testa con il manico dell'alabarda, in modo da allontanarlo e poter usare meglio la sua alabarda, ma la bestia si riprese rapidamente e sferrò un altro morso, questa volta infilandosi con maestria tra due pezzi della sua armatura, affondandogli le mascelle poco sopra il gomito destro.

 

Albion grugnì per il dolore e si allontanò di un po', cercando di scuotere il braccio ferito per mandare via la sensazione di formicolio che si stava diffondendo lungo tutto l'arto.

 

"Non muovere il braccio!" esclamò Pepa, rialzandosi di scatto per affrontare il mostruoso millepiedi. "Così facendo, il veleno si diffonderebbe più rapidamente!"

"Intanto facciamo fuori questa bestiaccia!" ribattè Draig. Si piazzò a fianco del suo amico, in modo da fargli guadagnare un po' di tempo e permettergli di medicarsi la ferita... poi, prima che il mostruoso millepiedi potesse scagliarsi di nuovo all'attacco, Draig lanciò un possente ruggito e balzò letteralmente all'attacco, brandendo la sua lancia. Un affondo poderoso mancò di poco l'agilissimo millepiedi, che reagì con una rapida torsione del corpo e centrando in pieno il possente dragonide barbaro con tutto il suo peso.

 

"Draig!" esclamò Albion. Strinse i denti per cercare di ignorare quanto più possibile il veleno che gli scorreva nel braccio e afferrò l'alabarda con entrambe le mani, mentre Serena e Damiàn tentavano un attacco a distanza. Zoppicando per la gamba intorpidita, Serena scagliò un altro raggio di energia oscura, e Damiàn fece partire da un dito un piccolo raggio di energia congelante - entrambi gli attacchi colpirono in pieno la scolopendra gigante e la fecero rallentare un po', permettendo al resto del gruppo di sferrare un attacco decisivo.

 

"Okay, adesso!" esclamò Albion, per poi lanciarsi all'attacco assieme a Draig. Il dragonide rosso lanciò un potente ruggito e i suoi occhi si illuminarono per una frazione di secondo mentre sferrava un poderoso affondo che colpì il ventre relativamente scoperto del gigantesco millepiedi. Con uno stridio agghiacciante, il mostruoso artropode cercò di ritirarsi, ma Pepa gli fu addosso un istante dopo e lo colpì alla schiena con un fendente che si infilò tra le piastre chitinose della sua armatura. Albion non dovette fare altro che sferrare un colpo decisivo, superando la difesa del millepiedi e trafiggendogli la gola - o almeno, l'equivalente della gola. Il millepiedi gigante venne scosso da un violento fremito, e le sue innumerevoli zampe si agitarono convulsamente mentre la creatura si abbatteva al suolo. Si agitò ancora per qualche istante, e infine si immobilizzò per sempre.

 

Il gruppo di avventurieri restò a prendere fiato ancora per un po', e finalmente Albion si rilassò e diede un'occhiata al corpo del millepiedi gigante. Ad una prima occhiata, doveva essere lungo almeno cinque metri, grosso come il tronco di un albero, coperto di piastre chitinose nere robuste come una corazza d'acciaio... e con quel mostruoso paio di mandibole dalle quali gocciolava ancora un liquido semitrasparente dall'aspetto sinistro, chiaramente una sostanza velenosa che era responsabile del malessere che lui e Serena provavano in quel momento. La warlock si avvicinò, saltellando sulla gamba sana, e si appoggiò ad un tronco vicino, mentre Hipolito si avvicinava per controllare se lei ed Albion stessero bene.

 

"Quindi... questo è solo un esempio degli insetti giganti che vivono in quest'isola..." affermò il paladino, massaggiandosi il braccio intorpidito. Era una sensazione sgradevole - come se il braccio pesasse improvvisamente molto di più, e avesse perso sensibilità. "Ugh... in effetti è preoccupante. Se qualcuno di questi mostri arrivasse a Pasiega sarebbe un pericolo per tutti i suoi abitanti."

"Un millepiedi, tecnicamente, non è un insetto... ma lasciamo perdere, non è questo il punto." affermò Hipolito. L'halfling druido si chinò accanto al corpo senza vita del millepiedi gigante e afferrò attentamente una delle sue mandibole uncinate, poi piazzò una fialetta trasparente sotto la punta e strizzò per far uscire un po' di veleno. "Piuttosto, è meglio se voi due vi fate curare quei morsi. So che il veleno di un millepiedi gigante non è esattamente letale, almeno non per un umanoide medio in buona salute, ma può provocare una paralisi temporanea, che è esattamente l'ultima cosa di cui abbiamo bisogno."

 

"Hai ragione. Meglio che ci fermiamo, almeno per adesso." disse Serena con un sospiro. "Non credo che riuscirei ad andare molto lontano in ogni caso, con la gamba in queste condizioni."

"Se non altro, adesso sappiamo cosa ci aspetta più avanti." affermò Pepa, pulendo la sua arma dai fluidi corporei (si chiese distrattamente se gli artropodi avessero il sangue o che altro) del millepiedi. Osservò Hipolito che finiva di estrarre il veleno rimasto dalle fauci del mostro, e poi consegnava la fialetta piena a metà a Damiàn. "Hm? E adesso che stai combinando?"

"Il veleno di questa creatura ci può servire. Damiàn, tu hai il suo kit alchemico, giusto?" rispose prontamente Hipolito mentre consegnava la fialetta al mezzelfo mago. Quest'ultimo fece un cenno affermativo con la testa, e si tolse lo zaino dalle spalle per poi iniziare a cercare al suo interno. Facendo dare una mano da Draig, Albion si sedette vicino ad una roccia e si scoprì il punto in cui era stato morso dalla scolopendra gigante. La ferita aveva assunto un aspetto piuttosto grottesco, i bordi sfumati di un malato colore bluastro mentre del sangue denso di colore rosso cupo colava lentamente da essi. Il veleno paralizzante del millepiedi gigante stava facendo effetto su di lui.

 

"Okay, signori... restate calmi e lasciate fare a me. Se non vi muovete troppo, entrerà in circolazione una quantità minore di veleno." Hipolito esortò i suoi due compagni, poi si avvicinò a loro e tirò fuori un coltellino dalla lama lunga come il mignolo di un uomo. Con quella lama, fece una piccola incisione sul braccio di Albion, e poi sulla gamba di Serena, in modo tale che il sanguinamento facesse evacuare un po' di veleno dai loro corpi. La ragazzina fece una piccola smorfia quando sentì la lama aprirle la pelle, ma non emise un suono.

Draig e Damiàn si prodigarono immediatamente per far stare comodi i loro amici, e anche Pepa si stava avvicinando per aiutare... ma il mago mezzelfo le fece cenno di aspettare. "Signorina Pepa...  non vorrei sembrarle importuno, ma non credo che ci sarà bisogno di tutto il gruppo per medicare i nostri amici. Credo, anzi, che questa potrebbe essere una buona occasione, per quanto non prevista, di dare un'occhiata alla strada che ci attende... e soprattutto, cercare di fare delle congetture specifiche ed affidabili su questi insetti giganti. In particolare, da dove vengono, e se sono animali privi di discernimento, o se invece vengono in qualche modo creati ed aizzati contro di noi."

 

"Credo di aver capito." affermò la rossa, per poi dare una rapida occhiata al suo arco e controllare la sua faretra. Se ci fosse stato qualche agguato, voleva essere sicura che le frecce le sarebbero bastate a guadagnare un po' di tempo e scappare. "Va bene. Andrò in avanscoperta e cercherò di portarvi quante più notizie possibile. Fino ad allora... prendetevi cura di Albion e Serena!"

"Aspetta, Pepa. Vengo anch'io con te." rispose prontamente Draig, per poi voltarsi verso Albion. "Vado con lei, ragazzi. Non posso lasciarla andare da sola. Non vorrei mai che si imbattesse in qualche pericolo."

"Beh... apprezzo la premura. Anche se sono convinta di potercela fare da sola." rispose Pepa con un cenno affermativo. "Va bene, Draig... andiamo? Cercheremo di tornare prima che cali la sera."

 

Serena strizzò un occhio in segno di intesa. "D'accordo, Pepa." disse, per poi darsi un'occhiata alla gamba, nel punto in cui Hipolito aveva inciso la ferita per far scorrere via un po' di sangue. Il druido halfling fece una fasciatura poco sopra la ferita e strinse in modo da rallentare il flusso sanguigno senza impedirlo del tutto, mentre Damiàn cominciava a dispiegare davanti a sè, appoggiandolo sul terreno, quello che sembrava essere un laboratorio alchemico portatile. "Hm... mi raccomando, Draig... state attenti, tutti e due!"

 

"Mi spiace lasciare a te queste incombenze, Draig." disse Albion. "Mi raccomando, non fate imprudenze, voi due... e cercate di tornare sani e salvi!"

"Potete stare tranquilli." rispose la ranger dai capelli rossi con un sorriso appena accennato. "Saremo di ritorno prima di quanto immaginiate... e per allora, spero che vi ritroveremo in forma."

Damian alzò giusto un attimo lo sguardo dal suo laboratorio portatile, sul quale aveva appoggiato la fialetta riempita con il veleno del millepiedi ormai morto. Draig, da parte sua, pensò che fosse meglio disfarsi di quell'ingombrante corpo quanto prima, e cominciò a trascinarlo via. Raggiunse una radura non molto lontana, e nascose il corpo del gigantesco millepiedi in un cespuglio dalle foglie larghe, poi tornò rapidamente dal gruppo. Sentì un ticchettio inquietante provenire da dietro di lui un attimo dopo, e con la coda dell'occhio vide che alcune formiche gigantesche stavano già zampettando verso il cespuglio. Il dragonide rosso represse un brivido e si affrettò a ritornare dal suo gruppo, chiedendosi quanta parte dell'isola fosse stata invasa da quelle bestiacce, e da dove diavolo venissero.

 

"Una cosa è certa, se questi insetti giganti si avvicinano a Pasiega, siamo tutti nei guai. Dobbiamo fermarli in qualche modo... o almeno, far guadagnare tempo ai nostri affinchè possano costuire delle difese efficaci." disse tra sè Draig. Con rapidità e furtività, in modo da non attirare l'attenzione delle formiche, scivolò nuovamente nel sentiero che aveva preso e cercò di raggiungere Pepa il prima possibile.   

 

 

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Due ore dopo...

 

Pepa scivolò furtivamente tra i rami di un grande arbusto dalle foglie lunghe e strette, che al suo occhio esperto ricordava molto un enorme cespuglio di oleandro dai vivaci fiori bianchi e rossi. In quel momento, la cosa che stava occupando più di tutte la sua mente era ciò che aveva sentito da Draig riguardo le formiche giganti... e soprattutto, l'incontro con altri due di quei terrificanti insetti giganti, non più di mezz'ora prima. Mentre Pepa e Draig cercavano tracce, erano stati aggrediti da due giganteschi scarabei dalle mandibole ramificate, e avevano dovuto difendersi con tutte le loro forze per non diventare loro prede. Per fortuna, era bastato abbattere uno dei due coleotteri predatori affinchè l'altro se la desse a gambe.

 

I due esploratori erano riusciti a trovare qualcosa di interessante: ad un certo punto, la foresta aveva cominciato a diradarsi, e avevano visto alcune chiare tracce che quel sentiero era stato usato da qualcuno: la strada era spianata, e si vedevano delle impronte che proseguivano verso un ingresso nella macchia. Impronte che certo non appartenevano ad esseri umani: erano troppo sottili, e ricordavano piuttosto dei solchi nelle parti più molli del terreno. Mentre altre tracce avevano un aspetto più simile a quello dei piedi di un umano, ma erano davvero troppo piccole per appartenere ad un uomo, o anche soltanto ad un bambino.

 

I due esploratori avevano subito capito che c'era qualcosa che non andava, e su suggerimento di Pepa, si erano nascosti, ognuno in una postazione diversa, e avevano atteso, nella speranza che chiunque avesse lasciato quelle impronte ripercorresse il sentiero. Pepa aveva il presentimento che di qualunque cosa si trattasse, poteva in qualche modo spiegare l'apparizione di tutti quei giganteschi insetti...

 

Era già passato diverso tempo da quando lei e Draig avevano preso posizione, e ancora non era successo niente di strano. Entrambi erano ancora ai lro posti, mimetizzati come meglio potevano e in silenzio. Draig doveva ammettere che la mancanza di azione lo snervava un po'... ma non aveva nessuna intenzione di mandare tutto all'aria a causa del suo carattere impulsivo. Gettò solo una rapida occhiata all'arbusto dalla parte opposta del sentiero, per controllare che Pepa fosse ancora nella sua posizione. Il suo sguardo acuto colse la parte superiore dell'arco della sua compagna, a conferma che era tutto ancora in ordine.

 

Draig si acquattò nuovamente nel suo nascondiglio e prese un bel respiro, per poi tenere d'occhio il sentiero e tenersi pronto ad una lunga sorveglianza. Per diverso tempo, non accadde nulla, e mentre passavano le ore e il sole cominciava a scendere, il dragonide rosso cominciò a pensare che forse era il momento giusto per tornare indietro e fare rapporto di quello che avevano trovato. Ma mentre si apprestava ad uscire dal suo nascondiglio e raggiungere Pepa, Draig si accorse di un movimento lontano che proveniva dalle profondità della giungla nella quale il sentiero battuto si addentrava, e si affrettò a nascondersi di nuovo. Agguantò saldamente la sua lancia e si preparò mentalmente nel caso ci fosse stato bisogno di combattere... poi gettò nuovamente un'occhiata al sentiero, per vedere di cosa si trattava. Sulle prime, vide soltanto delle figure minacciose che avanzavano lentamente ma con convinzione... ma poco dopo, dal passaggio cominciò a profilarsi un altro di quei mostruosi insetti! Un ticchettio infernale accompagnava ogni passo della creatura, che uscì dalla giungla un attimo dopo per rivelarsi per quello che era...

 

Pepa sgranò gli occhi e afferrò strettamente il suo arco in un moto di spavento. La creatura era uno scorpione di dimensioni abnormi, lungo almeno tre metri dalla testa alla punta della sua coda uncinata, con un paio di robuste chele che sembravano capaci di tagliare i rami di un albero con mostruosa facilità! Il suo corpo era coperto da un robusto esoscheletro di chitina grigio-marrone, e diverse paia di occhi osservavano il mondo circostante alla ricerca di prede, vicino a due corte ma potenti mandibole. La bestia si muoveva con passo lento ma costante su cinque paia di zampe segmentate... e quando si avvicinò, passando vicino ai loro nascondigli, i due esploratori riuscirono a vedere che c'era qualcuno che lo cavalcava! Una strana sella era stata montata sulla schiena dello scorpione gigante, assicurata al cefalotorace del mostruoso aracnide con delle robuste cinghie di cuoio rinforzato... e su di essa era montata una piccola creatura alta meno di un metro, vestita di grigio, con la pelle azzurrina e verrucosa, e una testa esageratamente grande rispetto al resto del corpo! Altre due di quelle strane creature sedevano su due sedili più piccoli, montati ed assicurati poco dietro rispetto alla sella, e stavano dicendo qualcosa con voce acuta e stridente... in una lingua dall'accento brusco che nessuno dei due conosceva. Tuttavia, entrambi loro sapevano che tipo di creature erano quelle...

 

Gnefri - folletti maligni discendenti di creature provenienti dalla Selva Fatata, la dimensione parallela nella quale dimoravano gli esseri del reame delle fate. Pepa aveva sentito parlare di quel tipo di creature quando era ancora un'iniziata dell'ordine dei ranger - e sapeva, in particolare, che quelle vili creaturine erano in grado di formare un legame empatico con ragni, scorpioni, millepiedi e artropodi di quel tipo. E adesso, ne aveva la prova davanti ai suoi occhi: tre gnefri stavano percorrendo quella stradina, a cavallo di un gigantesco scorpione che uno di loro conduceva con delle strane briglie che cingevano le chele e la testa dell'artropode. Bastava che la creaturina tirasse un po' in una direzione o nell'altra per fargli cambiare direzione...

 

Scioccata, la ranger dai capelli rossi tenne ancora più stretto il suo arco e gettò uno sguardo allo scorpione gigante, forse cercando un punto debole nel caso ci fosse stato bisogno di combattere. Sperava davvero che non si dovessearrivare a questo... non era sicura di poter affrontare una bestia simile in un combattimento singolo, a meno di non scagliare una freccia ben piazzata in un punto vitale. Sperò soltanto che Draig avesse il buon senso di non lanciarsi all'attacco...

 

Per fortuna, il dragonide rosso restò al suo posto mentre lo scorpione gigante e i tre gnefri passavano oltre, e il ticchettio inquietante cominciò ad affievolirsi man mano che la bestia si allontanava e usciva dal campo visivo dei due esploratori. Quando finalmente la creatura fu scomparsa, Pepa si azzardò ad uscire dal suo nascondiglio e gettò uno sguardo attento al luogo da cui era provenuta...

Ma per fortuna, non sembrava esserci nient'altro in arrivo dai meandri della giungla. Pepa tirò un sospiro di sollievo e si avvicinò all'arbusto dietro il quale Draig si era nascosto. Un istante dopo, il dragonide barbaro si alzò e si sgranchì le ginocchia, guardando Pepa dritta negli occhi.

 

"Quelli erano... goblin, o cose del genere?" chiese Draig. "Ci assomigliavano molto, ma non mi sono sembrati esattamente la stessa cosa!"

"Gnefri, Draig. Quelli sono gnefri. Folletti in grado di parlare con gli insetti e con altre creature simili, e che li usano per i loro scopi." spiegò Pepa. "Non mi aspettavo che ci fossero loro dietro la piaga degli insetti giganti, in ogni caso. Forse stanno eseguendo gli ordini di qualcun altro?"

Draig scosse la testa. "La cosa non mi stupirebbe... ma non abbiamo abbastanza elementi per dirlo." affermò. "Detto questo... ora sappiamo da dove vengono. Che dici, credi che sia il caso di tornare al campo base e avvertire Albion e gli altri di quello che abbiamo visto?"

 

"Sì, credo che ormai siano anche già in pensiero per noi." affermò la rossa. "Spero sinceramente che il paladino Albion e Serena stiano bene. Li abbiamo lasciati lì con Damiàn e quel ridicolo halfling... non vorrei che gli fosse successo qualcosa."

"Stia tranquilla, signorina Pepa. Possiamo fidarci di Damiàn ed Hipolito... mi sembra strano che lei abbia qualche dubbio, anche considerando che ha fatto il viaggio di andata con Damiàn." affermò il dragonide, controllando che il suo equipaggiamento fosse a posto.

 

"Non... non è certo di Damiàn che mi preoccupo..." rispose la giovane donna. Draig notò che Pepa si era incupita all'improvviso, cosa che in effetti lui si aspettava, considerando i pregiudizi che la ranger sembrava avere verso gli halfling. "Siamo... siamo sicuri che sarà una buona idea lasciare che Hipolito collabori con Damiàn?"

Mentre i due esploratori cominciavano a riprendere la strada del ritorno, Draig alzò gli occhi al cielo, provando una vaga irritazione per quello che Pepa stava insinuando. "Certo che è una buona idea! Hanno pur lavorato assieme alle indagini su quegli strani atti vandalici... e Hipolito si è sempre dimostrato abile ed affidabile! Non capisco perchè all'improvviso lei cominci anche a dubitare di lui!"

 

Pepa si mise una mano davanti alla bocca, comprendendo il suo errore. "Mi... mi dispiace, io... ho aperto la bocca senza pensare. Mi dispiace." affermò, sinceramente dispiaciuta per l'ingiustizia delle sue parole. "Mi... mi basti dire che... ho dei motivi personali per quello che ho detto. E mi rendo conto che non hanno posto qui, ma... allo stesso tempo, ho le mie ragioni per essere convinta di tutto questo."

Draig corrugò leggermente la fronte, mentre con la coda dell'occhio si guardava attorno per assicurarsi che non ci fosse qualche altro insetto gigante o qualche gnefro nascosto lì attorno. Non dubitava che Pepa avesse i suoi motivi per la sua diffidenza - o forse era meglio dire, vera e propria animosità - nei confronti degli halfling. Ma per quanto lo riguardava, non faceva molta differenza. Nella situazione in cui si trovavano, non potevano certo permettersi di essere disuniti a causa di qualche pregiudizio.

 

"Posso... capire che qualcuno potrebbe avere delle riserve. Per un motivo o per l'altro..." affermò infine Draig. "Ma in questo momento, dobbiamo metterle da parte e pensare ai nostri compagni e alla nostra città. Ora forza, torniamo indietro. Albion e gli altri ci staranno aspettando..."

Pepa fece un cenno con la testa, ma nella sua mente ripresero ad affiorare i ricordi della sua adolescenza, e di come tutto quello che conosceva fosse andato in fumo in poche ore, soltanto a causa di un incontro sbagliato, in quella cupa notte d'inverno...

 

Che stupidaggine. Da un punto di vista razionale, avrebbe dovuto rendersi conto che Hipolito non era come loro. Ma ogni volta che ripensava agli halfling, la ritornava in mente quella scena terribile, dalla quale ancora non riusciva a liberarsi. Forse, si disse, avrebbe dovuto chiedere al comandante Verdugo di essere assegnata a qualche altro incarico. Ma a quel punto era inutile starci a pensare. Ormai era nel bel mezzo di questo incarico, e dovevano portarlo a termine, a prescindere dalle loro preferenze. E comunque, cercare di sfuggire a quei maledetti insetti giganti era già un problema che avrebbe richiesto la maggior parte delle loro forze. Pepa sperò tra sè che, qualunque cosa li aspettasse in quel nascondiglio nella foresta tropicale, non fosse troppo peggio di quegli gnefri e quello scorpione gigante.

 

"Sto arrivando, Draig..." disse stancamente Pepa, tenendo sempre stretto il suo arco come a volersi rassicurare. "Scusa, adesso arrivo. E speriamo che i nostri amici stiano bene."

"Non ti preoccupare. Albion non è tipo da farsi mettere nel sacco così facilmente." rispose Draig con un mezzo sorriso. "E poi, ci sono Serena e gli altri con lui. Sono sicuro che stanno bene e ci stanno aspettando. Quindi, non facciamoli aspettare oltre, okay?"

Pepa alzò le spalle e fece un sorriso un po' forzato. "Giusto. Andiamo pure..."

 

                     

 

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CONTINUA...

 

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Capitolo 7
*** Il tempio di Deskari ***


Pathfinder: L'Isola degli Insetti Giganti

Una fanfiction di Pathfinder scritta da: Justice Gundam

 

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Risposte alle recensioni

 

 

 

Farkas - In effetti è vero, dovrei cercare di aggiornare un po' più spesso...

Il colore delle scaglie dei dragonidi dipende dai genitori. Certi colori, tra cui il rosso di Draig e l'argento di Albion, denotano una famiglia di una certa importanza.

Cerco sempre di dipingere i soldati semplici come competenti, per quanto ad un certo punto non possano fare più di tanto contro le vere minacce che gli eroi si trovano ad affrontare.

I gremlin sono folletti conosciuti per la loro natura malevola, il loro crudele senso dell'umorismo e le loro abitudini distruttive. Ne esitono varie sottospecie, e quella che hai visto nel capitolo precedente era un Vexgit, un tipo di gremlin specializzato nel distruggere meccanismi.

I millepiedi fanno parte dei diplodopi, che è in effetti una sotto-famiglia degli artropodi (come lo sono anche gli insetti e gli aracnidi).

 

Lo gnefro (o gnèfru) è, nella cultura popolare dell'Umbria e in particolare della zona della città di Terni, della Valnerina, e della città di Rieti, una creatura leggendaria che è solita vivere in gruppi più o meno numerosi nei pressi della cascata delle Marmore e lungo il fiume Nera tra la cascata stessa e la fine della Valnerina. Secondo la tradizione popolare questa creatura è di fatto assimilabile a una sorta di folletto o gnomo di bassa statura (inferiore a un metro) che si diverte ad importunare i viandanti. Secondo alcune teorie appare ai viandanti esclusivamente di notte, a volte con l'aspetto di un bambino grazioso e altre con le fattezze di una specie di piccolo gnomo con pelle ruvida e cresposa.

Detto questo, nell'ambito di Pathfinder, gli gnefri sono gremlin che hanno vissuto molto a lungo nel mondo degli umani, e hanno finito per perdere gran parte della loro intelligenza e poteri magici. Sono pessimi combattenti e la sola cosa che concede loro un significativo vantaggio in uno scontro è la loro empatia naturale con insetti e altri artropodi privi di intelletto.

 

 

 

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Capitolo 7 - Il tempio di Deskari

 

Albion storse un po' il naso quando Hipolito applicò una garza imbevuta di strani succhi vegetali sulla ferita che il millepiedi gigante gli aveva inflitto. L'effetto del veleno si era almeno un po' indebolito, grazie anche alle cure dell'halfling druido, e adesso il dragonide argentato riusciva a muovere meglio le braccia e le gambe. Tuttavia, immaginava che non fosse il caso di sforzarsi troppo, almeno non per il momento. Riuscì a mettersi un po' più comodo e appoggiarsi con la schiena ad un albero vicino, per poi gettare un'occhiata a Serena - la giovane warlock dava l'impressione di accusare un po' di più gli effetti del veleno, visto che aveva ancora un po' di vertigini e capogiri.

 

"Come vi sentite adesso, ragazzi?" chiese Damien, riordinando il suo laboratorio alchemico portatile. "Il veleno di quel millepiedi vi fa ancora effetto?"

"Ancora un po'. Ma credo che potrò rialzarmi nel giro di un'ora, al massimo..." rispose il paladino. "Vi ringrazio del vostro aiuto. Saremmo stati in difficoltà senza la tua esperienza, Hipolito."

 

Nonostante tutto, l'halfling non potè fare a meno di sentirsi lusingato. "Mi fa piacere aver potuto dare una mano, paladino Albion." rispose. "Lady Serena, ve la sentite di proseguire? Credo che i nostri compagni torneranno tra non molto."

"Grazie per l'interessamento, Hipolito, ma ce la faccio..." mormorò la ragazzina. Cercò di rialzarsi, ma venna colta da un capogiro e si tenne la tempia con una mano mentre si sedeva di nuovo a terra. "Hmm... forse farei meglio ad attendere ancora un po'. Non sono ancora... nel pieno delle forze."

 

"Spero che i nostri compagni tornino presto, in ogni caso..." affermò Damiàn. "Questo posto mi mette i brividi, se devo essere sincero. Finora non siamo stati attaccati da altri di quegli insetti, ma... credo che sia solo questione di tempo prima che qualche altro di quei mostri ci assalga."

"E' un po' strano." disse Hipolito, ragionando ad alta voce. "Certo, non è inusuale imbattersi in insetti di dimensioni abnormi nelle aree selvagge e meno civilizzate del Primo Continente... e in generale, di Nexos stesso. Ma... se devo essere sincero, non ho visto molte altre forme di vita in quest'isola. Gli insetti, normali o giganti, sono le specie dominanti. Come mai? Da cosa deriva?"

 

"Non lo so, ma se vi preoccupate di questo... vi informo che ci siamo imbattuti in qualche altra forma di vita qui attorno." intervenne la voce di Pepa. Si sentì il rumore di rami e foglie che venivano mossi, e da dietro essi riapparvero la donna dai capelli rossi e Draig, di ritorno dalla loro esplorazione, con grande sollievo del resto del gruppo. "Eccoci qui, ragazzi. Spero che non vi siate preoccupati troppo."

Draig annuì e fece un gesto di saluto con la mano, e finalmente Albion si sentì abbastanza solido sulle gambe da alzarsi in piedi ed accogliere il suo amico. "Tutto okay, ragazzi. Siamo contenti di rivedervi sani e salvi." rispose il dragonide paladino, con un sorriso sollevato. "Piuttosto, com'è andata l'esplorazione? Cosa avete trovato?"

 

"Cose da non credersi." rispose Draig, indicando il sentiero che avevano percorso. "Non molto lontano da qui c'è un sentiero che penetra più in profondità nella giungla, e abbiamo visto passare un gigantesco scorpione che portava sul groppone alcuni gnefri. Secondo Pepa, c'è il caso che gli gnefri stiano controllando questi insetti giganti."

"Sì, ho sentito dire che gli gnefri hanno una certa affinità con insetti ed artropodi." rispose Hipolito. "Sia normali che giganti."

"Anche se effettivamente questa ipotesi non spiega varie cose." continuò Pepa, mentre si sedeva per ispezionare le sue armi e controllare se il suo arco fosse in buone condizioni. "Per esempio, non si spiegherebbe perchè starebbero mandando questi insetti giganti ad attaccare la nostra colonia."

 

"Mi sembra abbastanza ovvio." rispose Serena, mentre controllava di essere abbastanza ben ferma sulle gambe. "Vogliono che i coloni se ne vadano da qui."

Pepa si sfregò il mento indecisa. "Sì, in effetti quello che dici avrebbe senso." rispose. "Però... resta il fatto che gli gnefri non sono esattamente gente che ha bisogno di ampi territori, e di solito hanno una mentalità troppo limitata per pensare a conquiste militari o cose del genere. Vivono in maniera alquanto semplice, oserei dire primitiva. Quindi non credo che avrebbero bisogno di cacciarci via. Ci sarebbe comunque posto per tutti."

 

"Quindi... pensi che ci sia qualcuno che tira i fili agli gnefri? Che li sta usando come pedine?" chiese Damiàn. "Beh, in effetti avrebbe senso. Forse, se seguissimo la stessa strada che quegli gnefri hanno percorso, potremmo sapere di più di quello che sta accadendo."

"Potrebbe essere pericoloso. Non sappiamo cosa ci aspetta, e finiremmo per affrontare quei folletti maligni nel loro territorio." commentò Albion. "Non dico di non andare, ma dovremo essere prudenti."

 

Anche il più impulsivo Draig riconobbe l'ultilità della prudenza in quel caso. "Sì, Draig ha ragione. Ho visto io stesso le dimensioni di quello scorpione. Non ho una gran voglia di finire in quelle tenaglie." affermò. "Ma se ci addentriamo nella tana di quegli gnefri, sarà inevitabile affrontarli."

"In tal caso... credo che faremmo meglio ad aspettare qui per un po'. Cercherò di preparare un po' di antitossine." affermò Damiàn, rimettendo rapidamente mano al suo laboratorio alchemico portatile. "Con le ghiandole velenifere di quel millepiedi gigante, dovrei essere in grado di prepararne una certa quantità. Non è proprio la stessa cosa che il veleno di uno scorpione, ma dovrebbe comunque fare il suo lavoro."

 

"A proposito, voi come vi sentite?" chiese Pepa. "Serena, Albion... riuscite a continuare?"

La ragazzina mora disse di sì con la testa. "Mi servirà ancora... al massimo un'oretta, poi sarò a posto." rispose. "Devo ammettere che sono curiosa di vedere cosa ci aspetta nella tana di quegli gnefri. E' praticamente la prima volta che vedo delle creature fantastiche così da vicino..."

"Anch'io mi sento meglio. Aspettiamo che anche Lady Serena stia bene, e poi... cominciamo a dare un'occhiata da quelle parti, e vediamo se questi gnefri c'entrano davvero qualcosa con questa invasione di insetti giganti." affermò Albion. Damiàn aveva già preparato nuovamente il suo laboratorio portatile, e stava armeggiando con delle provette, riversando in esse il veleno che era rimasto in modo da diluirlo e distillarlo.

 

Nessuno di loro poteva negare che erano tutti un po' nervosi per quella spedizione. Pepa, in particolare, si ritrovò a chiedersi se al suo gruppo sarebbe toccata la stessa sorte che spettava a molti avventurieri esordienti. Così pochi di loro ottenevano la fama, le ricchezze, gli onori che cercavano. Per molti di quei giovani, l'unico destino era una fossa e una lapide senza nome.

 

Lei stessa l'aveva visto accadere con i suoi stessi occhi. A volte, era davvero solo un colpo di fortuna a fare la differenza tra vita e morte, come un lancio di dado andato male...

 

 

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Qualche ora dopo...

 

"Ci siete tutti? Signor Damiàn, Hipolito, voi restate in mezzo." si raccomandò Albion, prendendo la testa del gruppo mentre si addentravano nella fitta ed oscura foresta, l'alabarda ben stretta tra le mani. "Lady Serena, Draig... voi rimanete nelle retrovie. Così se dovessero attaccarci alle spalle, potrete proteggere i nostri compagni... e se abbiamo i nemici davanti, potrete intervenire rapidamente. Signorina Pepa, noi restiamo davanti e facciamo da avanguardie. Se necessario, le posso chiedere di andare in avanscoperta?"

 

"Nessun problema." rispose Pepa, tenendo pronto il suo arco ed incoccando una freccia, in modo da essere già pronta a scagliarla se ci fosse stato qualche pericolo. "Lì dietro, tutto a posto? Non ci sono..."

Pepa non fece in tempo a concludere la frase prima che qualcosa si muovesse tra le fronde degli alberi sopra di lei... e ne scese un insetto gigante delle dimensioni di un cane da caccia! La mostruosa creatura puntò verso la gola della giovane donna, che reagì d'istinto e si scansò con un grido di sorpresa, poi scagliò la freccia da distanza ravvicinata, con abbastanza forza da inchiodare a terra il mostruoso insetto, che si contorse per un attimo prima di immobilizzarsi... ma altri due scesero dagli alberi e cercarono di attaccare il gruppo! Per un attimo, gli avventurieri ebbero la possibilità di vederli bene: erano insetti lunghi ed appiattiti di colore bruno-rossiccio, con delle lunghe antenne segmentate, ali atrofizzate e delle grosse pinze dove avrebbe dovuto esserci la coda.

 

Senza perdere tempo, uno di quegli insetti si lanciò all'attacco e cercò di afferrare il braccio destro di Serena, che si ritirò in tempo e afferrò saldamente la sua mazza ferrata, per poi sferrare un colpo micidiale che scagliò di lato la forbicina gigante. Lo strano insetto si rialzò rapidamente e si ritirò tra gli arbusti, forse alla ricerca di prede più facili. Hipolito si ritrovò a doversi difendere da un'altra forbicina gigante che stava cercando di tenerlo fermo contro il suolo... ma per fortuna, Draig intervenne prima che il mostruoso insetto potesse attaccare: afferrò saldamente le pinze poste sulla coda della creatura, e la sollevò di peso per poi scaraventarla via! Con un tonfo e un fruscio inquietante, lo strano insetto atterrò a sua volta tra le fronde e scappò come il suo simile prima di lui.

 

"Uff... c'è mancato poco!" grugnì Draig, per poi gettare un'occhiata ad Albion, che era rimasto lì fermo con l'alabarda sollevata, in procinto di attaccare i mostruosi insetti. "Albion, tutto okay? Non hanno punto nessuno, vero?"

 

"No, per fortuna no..." rispose Albion con un sospiro di sollievo. Diede un'occhiata al resto del gruppo, per accertarsi che stessero tutti bene, e poi al corpo senza vita della prima forbicina gigante che li aveva attaccati. "Beh, questa non me l'aspettavo... Ero preparato... che so, ad una formica gigante, o una vespa gigante, ma... una forbicina? Sul serio?"

"Beh... sono insetti anche loro, dopotutto." rispose Damiàn. "Mi piacerebbe poter portare con noi a Pasiega questo insetto, ma... in questo momento abbiamo cose più importanti da fare. Meglio lasciarlo qui."

 

"Non sono velenosi questi insetti, vero?" chiese Serena, camminando attorno al corpo della forbicina gigante morta e guardandola con curiosità.

Pepa scosse la testa. "No, per fortuna no... però quelle pinze possono essere usate per catturare le prede, oppure per difendersi." rispose. "Sono insetti onnivori, quindi è probabile che volessero fare di noi uno spuntino... e quando li abbiamo respinti, hanno deciso di cercare qualche altra preda."

"Comincio... veramente a non sopportare più tutti questi insetti giganti." commentò Damiàn, innervosito dalla minaccia da poco sventata. "Prima riusciamo a giungere alla fine di questo mistero, meglio mi sentirò."

 

"Non me la sento di contraddirla, signor Damiàn..." dise Hipolito, togliendosi di dosso un po' di polvere mentre si rialzava con l'aiuto di Serena.

Albion prese in mano la situazione, richiamando l'attenzione del gruppo sulla missione che ancora li aspettava. "Okay, signori... è stato un attacco a sorpresa in piena regola, ma dobbiamo farci forza e proseguire su questa strada. Signorina Pepa... può dare un'occhiata alla strada davanti a noi, e confermare se qualche insetto gigante è passato da queste parti?"

 

La giovane dai capelli rossi preparò un'altra freccia e annuì. Si affrettò a dare un'occhiata alla strada, e il suo sguardo acuto rilevò ben presto delle strane impronte simili a solchi, la cui forma, posizione e dimensione era effettivamente compatibile con quella delle zampe di un insetto gigante. Forse quello scorpione gigante che lei e Draig avevano visto prima?

 

"In effetti qui è passato qualcuno di recente, paladino Albion." affermò Pepa dopo un attimo di riflessione. Il gruppo accorse per dare un'occhiata all'impronta, disponendosi in un semicerchio ordinato attorno a Pepa. "Se seguiamo questa pista, dovremmo arrivare a quegli gnefri di cui vi parlavo... e forse, a qualche indizio in più."

"Sì, sembra proprio l'impronta di uno scorpione gigante." disse Hipolito. Pepa storse il naso infastidita - quell'halfling non stava aggiungendo nulla di utile a quello che lei aveva già detto - ma non fece alcun commento. "Messer Damiàn, credo che dovremo tenere pronte le antitossine. Una sola puntura da parte di una di quelle bestie può essere davvero pericolosa."

 

"Se non altro, adesso abbiamo una buona idea di cosa ci aspetta..." commentò Albion. "Okay, ragazzi, tutti nella formazione di prima. Tenete gli occhi bene aperti... e state attenti a qualsiasi cosa si muova."

Draig imbracciò la sua lancia e annuì con determinazione. Quei maledetti insetti erano in grado di nascondersi ovunque, e in quel fitto fogliame, i nascondigli che avrebbero potuto usare erano praticamente infiniti...

 

 

oooooooooo

 

 

Alcuni minuti di marcia più tardi...

 

"Oookay... questa proprio non me l'aspettavo!" commentò Hipolito, osservando  incredulo ciò che era apparso dietro una collinetta ricoperta di erba e muschio. All'improvviso, nel bel mezzo di quella foresta apparentemente intonsa dalla civiltà, si erano trovati davanti un grande edificio di pietra grigia lavorata in maniera un po' grezza ma efficiente - un edificio ad un solo piano, ma dall'aspetto impressionante, parzialmente ricoperto di muschio e piante rampicanti, chiaramente un tempio dedicato a chissà quale divinità!

 

Per quanto fosse chiaramente in uno stato di degrado, si comprendeva bene che quel tempio non era abbandonato. E a giudicare dall'aspetto esteriore, non doveva essere dedicato ad una divinità benevola. La facciata era decorata di strani ornamenti dall'aspetto inquietante e bassorilievi che rappresentavano insetti mostruosi e altre creature orripilanti, mentre il tetto spiovente era reso ulteriormente impraticabile da lunghi e sottili spuntoni di ferro che uscivano dal cornicione. Essendo un paladino, Albion riusciva a percepire un'aura maligna che aleggiava attorno a quel posto... una sensazione di oppressione e disagio che si faceva sempre più marcata man mano che si avvicinavano. Ai lati dell'ingresso si trovavano due statue che rappresentavano qualche creatura mostruosa, simile ad un centauro insettoide che teneva tra le mani una minacciosa falce.

 

E la cosa più notevole era che le impronte che Pepa aveva individuato e stava seguendo proseguivano verso l'ingresso del tempio, salendo una piccola rampa di scale e raggiungendo infine una grande arcata d'ingresso, abbastanza grande da permettere l'ingresso anche a creature ben più grandi di un essere umano. Non appena il gruppo si era reso conto di cosa avevano davanti, i ragazzi si erano nascosti tra le fronde degli arbusti più vicini, in modo da avere migliori possibilità di sfuggire ad eventuali guardie... poi, avevano cercato di muoversi attorno al tempio per vedere se ci fossero altri ingressi, e in generale, per rendersi conto di cosa potesse essere quel posto.

 

"Cosa ci fa una costruzione come questa... nel bel mezzo di una foresta vergine, per giunta?" si chiese Pepa.

 

L'attenzione di Albion era stata attratta da un altro elemento - per l'esattezza, le due statue piazzate ciascuna ad un lato dell'arcata d'ingresso. Aguzzando meglio la vista, il dragonide paladino riuscì a distinguere meglio i dettagli di quelle statue terrificanti... e il sangue gli si gelò nelle vene quando riconobbe la mostruosità che rappresentavano: un'orribile bestia che ricordava una sorta di osceno centauro, umanoide dalla vita in su, con la testa di una locusta con grandi occhi compositi e terrificanti mandibole uncinate, oltre che numerosi spuntoni che spuntavano dalla testa, come dei capelli. Ma la metà inferiore del corpo era quella di una enorme locusta, con sei robuste zampe ricoperte di spine. Un paio di grandi ali onsettoidi spuntavano dalla schiena della creatura raffigurata, nelle cui mani brandiva una falce fatta di ossa saldate assieme e scolpite. Era un essere orrendo ed abominevole, una visione da incubo che non poteva essere uscita che da qualche luogo di caos e malvagità...

 

"Che Bahamut ci protegga... quella... è una rappresentazione di Deskari!" mormorò Albion, gli occhi sgranati.

"Deskari?" sussurrò Pepa, che sentiva quel nome per la prima volta. "E chi sarebbe?"

Serena serrò gli occhi, e un'espressione di rabbia e raccapriccio disturbò per un attimo il suo contegno stoico e distante. "Deskari è uno dei tanti principi demoniaci dell'Abisso, la dimensione del caos e del male. Per l'esattezza, è il Principe Demoniaco delle Locuste." spiegò la giovanissima warlock. "In effetti, è uno dei più potenti e pericolosi. Lo chiamano anche il Signore delle Schiere di Locuste... oppure l'Ambasciatore dell'Apocalisse. E' una creatura rapace, che brama di conquistare altri mondi e sterminare ogni forma di vita non demoniaca."

"E allora... perchè diavolo qualcuno vorrebbe venerare una simile creatura?" si chiese Hipolito, incredulo e disgustato.

 

Damiàn scosse la testa. "Purtroppo, sono in molti quegli sciocchi che vendono le loro anime alle alte potenze del Male. Siano essi demoni, diavoli, daemon... o qualsiasi altra cosa." spiegò. "Troppo spesso persone accecate dall'avidità, dalla disperazione, dalla sete di potere stipulano dei patti con gli immondi pensando soltanto al potere che otterranno nell'immediato, senza riflettere su quali saranno le conseguenze per la loro anima."

"E nel caso di Deskari... molti cultisti di un certo rango sono consapevoli di quali siano i suoi piani, e stipulano quindi ulteriori patti per vendere le loro anime, nella speranza di essere ricompensati diventando demoni dopo la morte." spiegò Serena. "Sì, lo so... non è un argomento di cui fa piacere discutere..."

 

"Quello che ci basta sapere è che il culto di Deskari è una minaccia per tutte le genti civilizzate. E anche la nostra colonia è in pericolo se li lasciamo fare." affermò Albion. "Dobbiamo entrare in quel tempio e cercare, per quanto possibile, di sventare i loro progetti."

 

"Cerchiamo un'altra via d'ingresso... l'entrata principale mi sembra davvero troppo ovvia." proseguì Hipolito. "Tanto più che... mi sembra di vedere qualcuno là davanti!"

 

Draig voltò lo sguardo verso il minaccioso ingresso del tempio di Deskari, e vide che in effetti due piccoli umanoidi dalla pelle azzurrina e dalla testa sproporzionata si erano piazzati vicino alle statue di Deskari e stavano facendo la guardia, per quanto con evidente svogliatezza. Due gnefri, quasi identici a quelli che lui e Pepa avevano visto poche ore prima, accompagnati da altri quattro insetti giganti: quattro orride pulci grandi come cani, ricoperte di placche chitinose di colore rosso-marroncino, con sei zampe lunghe ed esili fatte appositamente per il salto, e un paio di mandibole aguzze tra le quali guizzava una disgustosa lingua simile ad un tubo.

 

"Sono gnefri, vero?" chiese lo halfling druido. "E quegli insetti che sono con loro... sono pulci giganti."

Albion storse il naso e fece una smorfia di disgusto. "Scommetto che se ci mordessero, ci farebbero qualcosa di più che un semplice prurito, vero?" chiese con ovvio sarcasmo.

Sperando che i folletti dalla testa enorme non si fossero ancora accorti di loro, gli avventurieri scivolarono nuovamente tra la vegetazione e tornarono indietro, sperando di trovare qualche altro ingresso. Sicuramente, un tempio dedicato ad un principe demoniaco doveva avere qualche via di fuga, pensò tra sè Albion, nel caso i cultisti fossero stati attaccati da qualcuno che voleva consegnarli alla giustizia. Ovviamente, doveva essere una via di fuga che non fosse facilmente visibile dall'esterno...

 

Il gruppo raggiunse la parte posteriore del tempio, decisamente più spoglia e dall'aspetto un po' meno minaccioso rispetto alla parte frontale. Se non altro, lì non si vedevano statue dedicate a qualche blasfemo mostro mezzo-locusta, nè bassorilievi che rappresentavano scene di morte e rovina. Si trattava semplicemente di una facciata di pietra grigia del tutto spoglia, con l'eccezione di alcuni radi rampicanti e del muschio che cresceva su alcune zone. La parete sembrava quasi interamente liscia, fin troppo regolare per essere il tempio di una creatura del caos come Deskari.

 

"Okay, adesso cominciamo a cercare." sussurrò Albion. "Draig, Serena... voi potreste dare un'occhiata in giro, giusto in caso ci fosse qualche altro gnefro o insetto gigante?"

Draig sogghignò lievemente, eccitato all'idea di un combattimento degno della sua abilità. "Ci puoi scommettere, fratello. Non mi sfuggirà niente!" affermò, tenendo ben stretta la sua lancia.

 

Serena inclinò la testa da un lato con espressione un po' dubbiosa. "Fratello?" chiese.

"Oh, è un modo di dire. Draig mi chiama così perchè l'intesa tra noi è tale che potremmo benissimo essere fratelli." spiegò Albion alzando le spalle. "Okay, Serena, tu e Draig restate qui e avvertiteci se c'è qualcosa che non va. Noi ci occuperemo di cercare qualche passaggio che entri nel tempio."

"Aspettate, paladino Albion. Non ci sarà bisogno di cercare palmo a palmo." disse Damiàn, alzando una mano per offrirsi volontario per un primo tentativo. "Credo di avere un incantamento divinatorio che ci permetterà di localizzare eventuali passaggi segreti senza difficoltà."

"Come?" chiese stupita Pepa. "E perchè non lo hai detto subito, scusa?"

 

Il mezzelfo strizzò un occhio in segno di intesa. "Perchè il raggio d'azione di questo incantesimo è limitato. Non posso lanciarlo sull'intero tempio e scoprire subito quante porte segrete ci sono e dove." spiegò. "Mi spiace, ma non sono io a decidere come funzionano gli incantesimi. La magia è una scienza, come la fisica o la matematica, e anch'essa ha le sue regole."

Pepa storse il naso, un po' delusa. Probabilmente si era aspettata che i maghi fossero capaci di fare qualcosa in più con la magia di cui si vantavano tanto. "E va bene..."

 

Come se le avesse letto nel pensiero, Damiàn fece un piccolo sorriso e proseguì la spiegazione, anche mentre si apprestava a lanciare l'incantesimo. "Non siate delusa, signorina Pepa. Modificare gli incantesimi per raggiungere risultati che prima non si riuscivano ad ottenere fa anch'esso parte dello studio della magia." affermò il mezzelfo mago. "E' tutta questione di comprendere le regole della magia e sapere come manipolare le energie arcane per ottenere risultati sempre più versatili! Detto questo... Che i segreti si rivelino a me e i sentieri occulti appaiano agli occhi della mia mente!"

Damiàn pronunciò la formula magica e chiuse gli occhi, concentrandosi in modo da mantenere gli effetti dell'incantesimo. Nel giro di pochi secondi, il mezzelfo visualizzò nella sua mente la presenza di passaggi segreti... ed ebbe la conferma che in effetti ce n'era uno. Incoraggiato, Damiàn si concentrò ancora di più... e riuscì ad individuarne la posizione e, qualche istante dopo, anche un meccanismo vicino che avrebbe permesso di aprire il passaggio segreto!

 

"Molto bene, signori. Ho scoperto che, in effetti, c'è un passaggio che ci permetterà di entrare nel tempio." annunciò, aprendo gli occhi di scatto. Draig e Pepa si erano già piazzati per coprire le spalle al resto del gruppo, e si voltarono per primi verso il mezzelfo mago mentre quest'ultimo si dirigeva verso un punto, circa a metà della facciata posteriore del tempio. "Da queste parti ci dovrebbe essere un pulsante, o comunque una leva per attivare un meccanismo di apertura. In questo modo potremo accadere al tempio senza ulteriori problemi."

"Interessante... vediamo un po'!" disse Serena. La giovane warlock raggiunse la parete e cominciò a cercare a tentoni finchè la sua mano non afferrò una decorazione appenavisibile che ricordava molto la testa di una formica mostruosa scolpita nel muro. Con attenzione, la ragazzina cercò prima di premerla per farla rientrare nel muro, poi di tirarla verso di sè... ma la testa di pietra non si mosse di un millimetro, e Serena storse il naso, pensando che forse non era quello il meccanismo giusto...

 

Poi, un'idea si fece strada nella sua mente, e Serena provò a ruotare la testa dell'insetto in senso antiorario... e un istante dopo, un cupo rumore di pietra smossa risuonò da un punto lì vicino, e una lastra di pietra infissa nella parete cominciò ad aprirsi, guidata da una serie di meccanismi occulti! Serena e i suoi compagni guardarono compiaciuti mentre il passaggio si apriva con un acuto cigolio di meccanismi, rivelando un corridoio che scendeva per un breve tratto nel sotterraneo.

 

"Come volevasi dimostrare." affermò Damiàn con un certo orgoglio.

 

"Ottimo lavoro, signor Damiàn, Lady Serena." Albion volle congratularsi con i suoi compagni. "Adesso però dobbiamo stare attenti quando entriamo là dentro. Non abbiamo la più pallida idea di cosa ci aspetti in quel covo di cultisti."

"In tal caso... restiamo uniti ed entriamo con prudenza." rispose Pepa, mettendo da parte per una volta i suoi pregiudizi nei confronti degli halfling. Se non altro, meglio fare squadra con uno di loro - o anche con più di uno - piuttosto che andarsi a ficcare in bocca ad un gruppo di cultisti di Deskari.

 

Albion prese la testa del gruppo, formando una fila ordinata che si chiuse con Draig che faceva da retroguardia. Pepa estrasse una torcia e la accese, in modo da fare un po' di luce al gruppo mentre si addentravano nel passaggio segreto e nei meandri di quel luogo infido...

 

 

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Il corridoio proseguì per un lungo tratto, e finalmente sbucò in una stanza dall'aspetto alquanto inusuale: fu Albion il primo a dare un'occhiata all'interno, e il suo olfatto acuto percepì chiaramente la puzza di carne rancida, unita ad un tenue, quasi impercettibile, odore di acido. Il dragonide paladino, tenendo pronta la sua alabarda, entrò con prudenza nella sala rettangolare, il cui pavimento era disseminato di pezzi di ossa e frammenti di carne e cartilagine. In quel momento, Albion non aveva nessuna voglia di chiedersi a che tipo di creature appartenessero.

 

Lungo le pareti erano stati piantati dei ganci ai quali erano attaccati anelli di corda e strane selle di cuoio, mentre sulla parete alla sinistra del dragonide c'era una piccola lavagna di ardesia nera sulla quale era stato scritto qualcosa.

Tuttavia, non era quello il particolare che colpì Albion nel momento stesso in cui entrò nella stanza. Piuttosto, fu un suono sommesso ed inquietante, un ticchettio che riecheggiava sinistramente nella sala... e un istante dopo, due figure dall'aspetto mostruoso scivolarono fuori da un recinto di mattoni, osservando fameliche il paladino!

 

"Maledizione, ci sono già dei problemi..." grugnì Albion, avvertendo i suoi compagni del pericolo imminente. Mentre i suoi compagni si preparavano a combattere, Albion puntò l'alabarda contro le due figure, che gli apparvero davanti con fare aggressivo: due scorpioni grandi come lupi, con delle robuste tenaglie e una lunga coda che terminava con un pungiglione ricurvo. I loro corpi erano ricoperti da spesse corazze chitinose dai colori inusuali - uno degli scorpioni era di un acceso colore rosso vermiglio, mentre l'altro era blu, un colore scuro che gli permetteva di mimetizzarsi un po' meglio nell'oscurità.

 

Draig si piazzò immediatamente a fianco del suo compagno, mentre Damiàn lanciava un semplice incantesimo Luce che creò una sfera luminosa sopra le teste del gruppo, in modo che potessero vedere meglio i loro avversari. Hipolito caricò una pietra nella sua fionda, mentre Pepa incoccava una freccia e Serena alzava la mano destra, avvolta di un'aura di luce viola. I due scorpioni giganti, guidati unicamente dal loro istinto di predatori, scattarono verso i due dragonidi, e quello rosso cercò di agguantare Albion nelle sue micidiali chele. Con un fendente della sua alabarda, il paladino riuscì a ferire lo scorpione, aprendo un taglio di notevoli dimensioni sulla superficie della tenaglia.

 

"Non lasciatevi colpire dai pungiglioni sulle loro code!" esclamò Hipolito. Dopo aver preso la mira, il piccolo halfling scagliò un proiettile dalla sua fionda e riuscì a colpire la coda dello scorpione blu, senza fargli troppo male ma impedendo al mostruoso aracnide di sferrare un affondo contro Draig. Il dragonide rosso approfittò di quel momento per cercare di sferrare un potente affondo contro la bestia corazzata. La punta della sua lancia rimbalzò contro la robusta corazza della bestia, ma riuscì a farla indietreggiare e a dare a Draig il tempo di posizionarsi un po' meglio.

 

Lo scorpione blu non ebbe il tempo di sferrare un altro attacco. Un raggio di energia viola si dipartì dal palmo della mano alzata di Serena e colpì la schiena del mostruoso artropode, mentre Pepa scoccava una freccia che colpì lo scorpione blu ad una tenaglia, piantandosi nella sua corazza. La bestia si contorse e indietreggiò, e Draig sferrò un altro affondo con la sua lancia. questa volta, la punta in acciaio si infilò in un punto debole della corazza e riuscì a ferire lo scorpione gigante, che però reagì con riflessi fulminei, e sferrò un affondo con la cuspide posta sulla coda. Colto di sorpresa, Draig non riuscì ad evitarlo... ma si spostò quel tanto che bastava affinchè il pungiglione velenoso colpisse la sua corazza e non affondasse nella carne.

 

"Draig!" esclamò Albion, mentre cercava di tenere occupato l'altro scorpione. Tirò un sospiro di sollievo quando vide il suo amico staccarsi il pungiglione dall'armatura, e poi sferrare un poderoso colpo dall'alto verso il basso con la sua lancia, impalando lo scorpione blu! La bestia venne colta da uno spasmo frenetico e frustò l'aria con la coda, decisa a battersi fino all'ultimo, e Draig dovette retrocedere per evitare di essere punto per davvero.

 

Pur ferito mortalmente, lo scorpione blu avanzò verso il suo bersaglio... solo per ricevere un altro raggio di energia oscura da parte di Serena, e una freccia ben piazzata da parte di Pepa. L'arco della ranger scattò, e la freccia si piantò in uno dei tanti occhi dello scorpione gigante, che finalmente crollò.

Albion e Damiàn, da parte loro, stavano facendo un buon gioco di squadra contro lo scorpione rosso. Il mago si teneva a debita distanza dalle tenaglie e dal pungiglione del mostro, usando incantesimi d'attacco basilari ma comunque dannosi per colpire la bestia, che in qualche modo cercava di passare attorno ad Albion per attaccare. Ma il fiero paladino, brandendo la sua alabarda con maestria, rispondeva colpo su colpo e costringeva la bestia a stare lontano. La lama dell'alabarda era già riuscita a colpire un paio di volte, aprendo delle profonde ferite nella corazza dello scorpione.

 

"Raggio di Gelo!" esclamò nuovamente Damiàn. Il mago mezzelfo puntò l'indice contro lo scorpione rosso e scagliò dalla punta del dito un raggio di energia azzurra che colpì la bestia ad un fianco, facendola rabbrividire. Un colpo di tenaglia fece un graffio sul braccio di Albion, ma il paladino riuscì a mantenere la distanza di sicurezza, e deviò il pungiglione con il manico della sua arma.

Deciso a concludere lo scontro il prima possibile, prima che i cultisti fossero attirati dal rumore della lotta, Albion spalancò la bocca, rivelando due file di piccoli denti aguzzi... e una sfera luminosa di colore bianco-azzurrino che si formava al suo interno. Dalle fauci spalancate del dragonide scaturì un raggio di energia azzurro che irradiava freddo, con il quale Albion colpì in pieno lo scorpione rosso, ricoprendo la sua corazza chitinosa di un sottile strato di gelo.

 

Per un paio di secondi, lo scorpione rosso continuò ad avanzare e agitò scompostamente le chele e il pungiglione... ma alla fine, il soffio gelido di Albion ebbe la meglio su di lui, e il gigantesco aracnide crollò al suolo e smise di muoversi, giacendo a terra in mezzo ad un sottile strato di ghiaccio.

Albion chiuse la bocca e interruppe il soffio di energia gelida, poi riprese fiato e si assicurò che i due scorpioni fossero davvero morti. Una volta che potè vedere che non c'era più alcuna reazione da parte delle due bestie, il dragonide argentato disse di sì con la testa. "Bene. Questi due sono stati eliminati. E per il momento, non sembra che gli abitanti di questo tempio si siano accorti di noi." affermò. "Riprendiamo la formazione di prima e iniziamo da qui ad esplorare questo posto. Ma state attenti... percepisco un'aura malvagia che aleggia qui attorno. Non dobbiamo farci cogliere impreparati."

"Come abbiano fatto poi questi scorpioni ad avere una simile pigmentazione... non me lo spiego davvero!" disse Hipolito. La sua curiosità riguardo ogni tipo di creatura vivente ebbe la meglio su ogni altra considerazione, e l'halfling si avvicinò ai corpi senza vita dei due scorpioni giganti per esaminarli meglio. "Hmm... non sembra che li abbiano colorati apposta. Anzi, sembra proprio che sia la loro colorazione naturale! Da dove vengono? Sono una specie che non ho mai visto..."

 

"Se hai finito di fare le facce da salame guardando quelle bestiacce..." lo interruppe Pepa. "C'è qualcos'altro a cui mi piacerebbe rivolgere la nostra attenzione. Perchè non date un'occhiata lassù?"

"Lassù? Cos'hanno quelle..." cominciò a chiedersi Serena, mentre volgeva lo sguardo alle corde e alle selle appese alle pareti. "Hmm... hanno un aspetto un po' particolare, in effetti. Non sono selle che si usano per cavalli."

Pepa annuì lentamente. "Esatto. E se i miei occhi non mi ingannano... sono dello stesso tipo di quelle che io e Draig abbiamo visto quando quello gnefro a cavallo di quello scorpione gigante ci è passato accanto. Questo conferma che effettivamente stanno usando gli insetti giganti di questo posto per condurre le loro azioni."

"Sì, lo stile, il design è proprio quello." confermò Draig. "Anche se queste selle sono un po' più piccole."

 

"E io che pensavo che addestrare insetti giganti non fosse possibile." commentò Damiàn. "Meglio proseguire... sperando di non imbatterci in qualche mostruosità abissale..."

 

 

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In piedi in mezzo al pentacolo disegnato sulla piattaforma, la figura insettoide aprì le mandibole e picchiettò un paio di volte sul terreno con il manico della sua falce, prima di cominciare ad intonare un'inquietante cantilena che suonava quasi come il frinire di una cicala modulato in modo da imitare la voce di un essere umano. Le minuscole figure che attorniavano il pentacolo si prostrarono in segno di sottomissione, mentre la creatura insettoide staccava una mano dal manico della sua falce e cominciava a tracciare alcuni segni in aria, come se volesse disegnare qualcosa con la mano artigliata.

 

"Oh, sommo Deskari! Signore delle Schiere di Locuste!" esclamò l'insettoide con voce nasale e penetrante. "Ascolta le nostre preghiere! Coloro che vengono qui per profanare le nostre terre... ti offriremo le loro carni e le loro anime! Ti chiediamo assistenza, e la tua benedizione, affinchè i nostri nemici vengano sconfitti, e i tuoi fedeli possano prosperare!"

 

Il pentacolo nel quale l'insettoide stava in piedi si illuminò, emettendo una strana ed innaturale luce violetta che illuminò in confuso le fattezze del mostruoso sacerdote, mentre numerose vocine acute cominciarono a gracchiare parole di preghiera e di lode all'orrido Principe Demoniaco delle Locuste, e altre emisero dei ripugnanti gorgoglii.

 

"Venite... venite, miei fedeli!" esclamò il sacerdote demoniaco. "La vita si nutre di vita! Offriamo al nostro signore una vita che lo soddisfi!"

 

Un mugolio sommesso, colmo di terrore e disperazione, sovrastò per un istante la mostruosa cantilena degli gnefri, mentre alcuni dei folletti malvagi trascinavano verso il sacerdote insettoide una giovane donna mora vestita di stracci, legata ed imbavagliata, con dei chiari segni di maltrattamenti sul volto e sulle braccia. Con uno strattone, gli gnefri costrinsero la donna ad inginocchiarsi di fronte al sacerdote che officiava quel rito... mentre dietro di lui, una lastra di marmo si apriva nel pavimento, rivelando una fossa piena di orride larve che si contorcevano. Ognuna di esse era di dimensioni abnormi - le più piccole erano lunghe come un dito di un uomo, mentre le più grandi arrivavano addirittura al metro e mezzo di lunghezza - con dei corpi biancastri e rigonfi, e delle mandibole uncinate ed affilate!

 

Mentre la vittima lanciata un grido di terrore soffocato dal bavaglio che le copriva la bocca, il mostruoso sacerdote si avvicinò a lei e le prese il mento con una mano artigliata.

 

"Non avere paura. Le tue carni e il tuo sangue saranno il nutrimento delle creature del sommo Deskari." affermò l'insettoide, e sollevò le mandibole in quello che poteva essere l'equivalente di un ghigno. "Voi umanoidi, venuti qui a sottrarci quello che ci appartiene... dovreste essere contenti del fatto che vi concediamo un destino così nobile!"

   

Poi, afferrò la donna con la mano libera e la scaraventò nella fossa.

La vittima ebbe appena il tempo di lanciare un grido terrore cieco prima che le larve le si gettassero addosso, stridendo e mordendo...

 

    

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CONTINUA...   

 

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Capitolo 8
*** Sfida al culto ***


Pathfinder: L'Isola degli Insetti Giganti

Una fanfiction di Pathfinder scritta da: JusticeGundam

 

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Capitolo 8 - Sfida al culto

 

Con circospezione, Draig si fece avanti nel corridoio, la lancia ben stretta tra le mani e i sensi tesi al massimo per cercare di cogliere ogni minimo accenno di pericolo. Il gruppo di avventurieri si era mantenuto compatto fino a quel momento, ed era riuscito già ad evitare di restare vittima di alcune insidiose trappole... ma per quanto riguardava i cultisti, non ne avevano incontrato nessuno. Fino a quel momento, avevano dovuto vedersela con alcuni insetti giganti, in particolare scarabei di fuoco e qualche scorpione troppo sviluppato. Speravano solo che la sala principale del tempio non fosse troppo lontana,perchè proseguire in quei luoghi oscuri ed angusti stava diventando snervante.

 

"Stai molto attento, Draig." disse Damiàn, gettando un rapido sguardo ad una fasciatura insanguinata legata vicino alla sua spalla sinistra, nel punto dove una lama affilata lo aveva colito di striscio. Per fortuna, la lama non era avvelenata - o se lo era, il tempo e l'incuria avevano fatto sì che il veleno si dissolvesse. "Questo mi sembra davvero il posto più adatto per metterci qualche trappola mortale."

 

"Lo so, lo so..." rispose il dragonide barbaro, usando la sua arma per scandagliare il tereno davanti a sè. Notò che una delle piastrelle di pietra sul pavimento sembrava meno stabile delle altre, e usò la sua arma per premerci sopra, facendo così affondare la pietra nel pavimento di un paio di centimetri. Si sentì un inquietante sibilo metallico... e un secondo dopo, un pendolo armato di una terrificante lama ricurva, ancora in parte macchiata di sangue rappreso, scese giù dal soffitto e cominciò ad oscillare avanti ed indietro, sollevando con ogni movimento un inquietante sibilo metallico. "Eccone una. Come volevasi dimostrare."

 

"Vediamo un po' se c'è qualcos'altro. Se permettete..." disse il mezzelfo, facendosi avanti e piazzandosi a fianco di Draig. Il resto del gruppo si disse d'accordo, ed Albion chinò la testa ed estese una mano per dirgli che aveva il permesso di fare quello che riteneva utile. "Grazie, comandante Albion. Molto bene, dunque..."

 

Il giovane mago alzò le mani e lanciò un semplice incantesimo. "Io invoco le forze della magia. Che un servitore invisibile anticipi i miei passi." disse con voce sommessa. Immediatamente dopo, una massa semisolida apparve davanti a lui con uno scintillio argentino, e prese la forma di una sorta di nuvola di vapore argenteo che in qualche modo manteneva una forma più o meno costante. Con un gesto della mano, Damiàn mandò avanti quella strana massa energetica, la cui luminescenza sbiadì non appena si fu allontanata   di un metro dal mago che l'aveva evocata. Mantenendo la concentrazione, Damiàn mandò in avanti la massa di energia ora invisibile, che proseguì sotto il pendolo che era già sceso. La lama raggiunse il servitore invisibile e gli passò attraverso senza fargli male... e la massa di energia continuò il suo percorso andando a attivare altre due trappole lungo il corridoio. Altre due falci legate ad un pendolo scesero giù, e avrebbero certamente fatto a pezzi il servitore magico se quest'ultimo non fosse stato incorporeo. La massa di energia magica proseguì ancora per un po' e raggiunse la fine del corridoio, dove per fortuna non incontrò altre trappole.

 

“Per la miseria, Damiàn. Questo sì che è un trucchetto niente male.” Esclamò Draig. “Ricordatemi di non sottovalutare mai i maghi.”

“Okay… adesso aspettiamo che i pendoli si fermino, e poi passiamo.” Disse Albion, tenendo d'occhio le micidiali lame che si muovevano da un lato all'altro del corridoio. Per alcuni secondi , i letali pendoli continuarono a muoversi spinti dal meccanismo, per poi rallentare e fermarsi con un cigolio inquietante. Gli avventurieri di Pasiega si fecero avanti con prudenza, passando a lato delle lame ormai inoffensive ed imboccando il corridoio fino alla fine del corridoio.

 

“Hmm… davvero una trappola interessante.” Commentò Serena. La ragazzina passò vicina all'ultimo dei pendoli e lo toccò con un indice. Sembrava apprezzare il modo in cui la trappola era stata costruita, senza badare al fatto che fino a poco tempo prima stava per scattare contro di loro. “Forse dovrei imparare come si fa a costruire un meccanismo simile. Se fossi la proprietaria di un dungeon, potrebbe tornarmi utile.”

Diversi sguardi straniti si rivolsero a lei, chiedendosi cosa le passasse per la mente, e Pepa sospirò e prese la ragazzina per una spalla, spingendola gentilmente verso la fine del corridoio. “Andiamo, Serena. Non è il momento di dire sciocchezze… abbiamo ancora la nostra missione da compiere.”

“Giusto, giusto.” Sussurrò la giovanissima warlock. “Chiedo scusa, è stata soltanto… una mia digressione.”

 

“Cerca di tenerti concentrata, Serena.” Rispose Albion, gentilmente ma con fermezza. “Credo che tra non molto… dovremo vedercela con i membri di questo culto. E non sarà uno scherzo.”

 

Hipolito deglutì e prese un bel respiro, tenendosi pronto ad ogni evenienza. Il gruppo infilò il corridoio, che discese per un breve tratto e finalmente raggiunse una stanza più grande, illuminata da alcune luci magiche che brillavano all'interno di alcune lanterne appese ai muri. Il gruppo si accorse subito di un paio di statue di Deskari molto simili a quelle che avevano visto all'ingresso del tempio, con l'unica differenza che sembravano un po' meglio conservate. Le pareti erano ulteriormente decorate con dei bassorilievi che raffiguravano alcune mostruose creature, probabilmente demoni, che presiedevano ad una sorta di macabra processione. Alcuni umanoidi dalla testa di mosca osservavano numerosi umani che venivano costretti a marciare, strettamente sorvegliati da mostruose creature a quattro braccia dalla testa simile a quella di un cane mostruoso, verso una fossa dove attendevano delle orrende locuste giganti dalla testa umana…

 

“Davvero… affascinante.” Commentò sarcastico l'halfling druido. “E queste statue di Deskari… beh, che dire, riescono davvero a fare atmosfera!”

Albion fece una smorfia di disgusto e grattò gli artigli di un piede sul pavimento. Scoprì di stare camminando su una sorta di mosaico ormai in pessime condizioni, e altri tasselli si staccarono da esso. Alla luce magica delle lanterne, non si riusciva a vedere che cosa rappresentasse, visto che ormai ne mancavano troppe parti, ma la cosa non dispiaceva al dragonide paladino. Chissà quali scene blasfeme rappresentava…

 

Imponendosi di prestare attenzione a quello che avevano davanti, Albion guardò la grande porta di legno davanti a lui e ai suoi compagni. Il servitore invisibile evocato da Damiàn si fermò a sua volta davanti ad essa… e ad un cenno del mezzelfo, si apprestò ad aprirla. Immediatamente, tutti i membri del gruppo di esploratori si tennero pronti, immaginando cosa li poteva attendere appena oltre quella porta…

 

“Okay, state tutti molto attenti.” Disse Albion corrugando la fronte. Il dragonide argentato fece un gesto con un braccio, e i suoi occhi si illuminarono per un attimo di luce dorata. “Percepisco alcune aure malvagie là dietro. E una di queste è davvero minacciosa.”

“Beh, perche noi non siamo minacciosi, Albion?” scherzò Draig. Facendosi serio un attimo dopo, il dragonide rosso imbracciò la lancia.

 

Pepa sfoderò una larga scimitarra dalla lama finemente cesellata e si mise in guardia, poi fece un cenno a Damiàn per dirgli che era pronta. "Hey, halfling." disse la guerriera dai capelli rossi. "Adesso dovremo darci da fare. Sei sicuro di farcela?"

 

"Tranquilla, signorina. Sono più che pronto." disse il buffo halfling druido. Piazzò una pietra nella sua fionda e la bilanciò in una mano, pronto a farla partire contro qualsiasi avversario.

 

Damiàn corrugò la fronte e prese un bel respiro... poi fece un cenno al suo servitore invisibile, che cominciò a spingere contro la porta e la fece aprire con un inquietante scricchiolio. Una sciabolata di luce scarlatta entrò nella stanza ed illuminò in confuso i volti degli avventurieri, che finalmente riuscirono a dare un'occhiata a quello che si trovava al suo interno.

 

"Aaah! Benvenuti, stolti invasori!" disse una voce nasale ed acuta proveniente da una piattaforma sopraelevata. Albion, alla testa del gruppo, vide che a parlare era stata una creatura insettoide simile ad una sorta di vespa umanoide alta non più di un metro, coperta da una corazza chitinosa di colore verde brillante, un paio di corte antenne piegate sulla testa, e vestito di una tunica violacea ancora macchiata del sangue delle sue vittime. Due paia di ali semitrasparenti si spiegavano dalla sua schiena, e i suoi grandi occhi compositi dardeggiavano malignamente verso gli intrusi. Tra le mani, il mostruoso insettoide teneva una falce dal manico di legno nodoso, la cui lama ricurva scintillava alla luce delle fiamme che ardevano accanto alla creatura. "Vedi che siete venuti con l'intenzione di disturbare i nostri sacrifici al sommo Deskari. Ma la verità è che siete venuti qui per offrire le vostre vite e le vostre carni mortali al Signore della Schiera delle Locuste!"

 

Una serie di urla isteriche si levò dalla piccola folla di gnefri cultisti raccolta attorno alla piattaforma, ed Albion riuscì a vedere un orrido scorpione gigante che si avvicinava lentamente, le tenaglie sollevate e la coda armata di pungiglione e pronta a colpire!  Uno gnefro armato di lancia e protetto da un'armatura di piastre di ferro messe assieme alla meno peggio era a cavalcioni sullo scorpione, e agitava minaccioso la sua arma in direzione degli avventurieri.

 

Ma quello che allarmò Albion e i suoi compagni più di ogni altra cosa fu vedere due persone inginocchiate sulla piattaforma sulla quale si trovava l'uomo-vespa armato di falce - due uomini abbastanza giovani, che recavano evidenti segni di prigionia e di percosse, legati mani e piedi, e con addosso soltanto dei calzoni strappati. I due individui alzarono debolmente il capo in direzione degli avventurieri, con un'espressione che faceva capire che non riponevano alcuna speranza in loro.

 

"Come immaginavo... cultisti di Deskari!" esclamò Albion con un grugnito rabbioso. Il dragonide paladino contò almeno una dozzina di gnefri, escluso il cavaliere di scorpioni, e in più c'era il mostruoso sacerdote armato di falce. Non era una situazione in cui l'attacco diretto era consigliato... ma non voleva dire che lui non potesse prendere un po' di tempo. "Lasciate andare immediatamente i prigionieri, e andatevene da qui! Se ve ne andate ora e promettete di non fare più del male a nessuno, prometto che non faremo più nulla contro di voi!"

 

"Lurido! Invasore! Lui volere prendere nostra terra!" ringhiò uno gnefro, prima di scagliare contro Albion una manciata di rifiuti. Il dragonide argentato si protesse con un gesto del braccio, mentre il sacerdote insettoide esplodeva in una risata di scherno.

"Hah! Disgustosi invasori, con quale diritto ci parlate così? Malgrado siete stati voi a venire qui e a decidere che questa terra era vostra!" sghignazzò il sacerdote. "Io, Isrizzed, umile servitore del sommo Deskari, porterò la devastazione sulle vostre città, e voi e i vostri miseri compagni diventerete cibo per le orde di locuste del nostro signore!"

 

"Vedo che è inutile parlare con questi qui! In tal caso..." ringhiò Draig, per poi prendere fiato per un attimo... e scagliare una ruggente palla di fuoco dalle fauci, puntando dritto verso lo scorpione gigante! Lo gnefro cavaliere sgranò gli occhi sorpreso e tirò rapidamente le redini... e la sfera di fuoco sfrecciò al suo lato e colpì un altro gnefro, che si incendiò e morì stridendo.  

 

"Un po' avventata come mossa..." commentò Damiàn sgranando gli occhi. "Ma del resto... ho l'impressione che non si possa discutere con gli scagnozzi di Deskari!"

Albion tenne pronta la sua alabarda, mentre il sacerdote insettoide di nome Isrizzed sollevava la sua falce imperiosamente. "Seguaci del sommo Deskari! Sciame della Schiera di Locuste! Scendete sulle vostre prede e divoratele fino all'osso! Sommo Deskari, concedi al tuo sciame la forza di prevalere contro chi vorrebbe annientarlo, e concedi a tutti noi un lauto pasto! Benedizione Oscura!"   

 

Il sacerdote insettoide mosse la lama in aria e tracciò un arco di pura oscurità che si scompose in innumerevoli luci nere, per poi piovere sugli gnefri cultisti che si sentirono rinvigoriti e si gettarono all'assalto con grida raccapriccianti. Pepa reagì con prontezza e scagliò una freccia che trafisse l'enorme testa dello gnefro più vicino, che crollò a terra morto. La ranger scoccò un'altra freccia, cercando di ridurre quanto più possibile il numero di quei mostriciattoli prima che giungessero allo scontro corpo a corpo.

 

"Che il nemico venga trafitto dai miei strali di luce!" esclamò Damiàn, per poi puntare l'ndice contro il mostruoso sacerdote. "Dardo Incantato!"

Una frazione di secondo dopo, un dardo di energia magica scaturì dall'indice del mago mezzelfo e colpì Isrizzed ad una spalla. L'insettoide lanciò un breve stridio di dolore e fece un passo indietro... ed Albion immaginò che fosse il momento giusto per cercare di salvare i due prigionieri. Non poteva farcela da solo a portarli entrambi, ma c'era qualcuno che poteva sicuramente dargli una mano...

 

"Draig!" esclamò il dragonide argentato.

Il suo migliore amico ghignò. Questo voleva dire che era giunto finalmente il momento di scatenarsi... e Draig non se lo fece dire due volte. Con un lungo ruggito, il dragonide rosso sollevò la lancia in aria, e i suoi già possenti muscoli sembrarono irrobustirsi di colpo, quasi emergendo dalla sua pelle squamosa! Con un passo possente, Draig si fece largo nell'orda di gnefri, alcuni dei quali strillarono per la paura e cominciarono a battere in ritirata malgrado la netta superiorità numerica.

 

Altri gnefri, tuttavia, cercavano di raggiungere i membri meno prestanti del gruppo, e tre di essi si gettarono addosso a Serena, mentre il cavalcatore di scorpioni e due suoi subordinati puntavano contro Hipolito. La giovanissima warlock fu rapida a tirare fuori la sua morningstar e colpì ad una spalla il primo gnefro, che crollò a terra gridando di dolore e afferrandosi l'arto offeso. Un altro assalitore si tenne a distanza e pronunciò una parola incomprensibile in uno strano linguaggio gutturale, mentre i suoi occhi rigonfi si spalancavano per mezzo secondo. Per un attimo, la ragazzina sentì un'ondata di energia sinistra che le passava attraverso e cercava di assalire la sua mente, ma la sua naturale calma ebbe la meglio su quell'effetto soprannaturale, che si dissolse senza farle nulla.

 

"Ora li blocco!" esclamò Hipolito. "Le forze della natura ascoltino la mia preghiera e blocchino i nostri nemici! Intralciare!"

L'halfling druido mosse una mano davanti a sè... e un attimo dopo, dalle fenditure del pavimento emersero delle liane verdeggianti coperte di foglie, che crebbero con rapidità mozzafiato e si avvinghiarono attorno ai due gnefri che lo prendevano di mira! I mostriciattoli strillarono per la paura e il disappunto mentre cercavano di sbrogliarsi dalle liane, ma lo scorpione gigante non ebbe altrettante difficoltà e usò le tenaglie per recidere le liane che cercavano di agguantarlo.

 

Con uno stridio acuto, lo gnefro sul dorso dello scorpione gigante lanciò un giavellotto contro il gruppo, e la punta graffiò Hipolito sul trapezio destro, a metà tra il collo e la spalla. Il piccolo halfling strinse i denti per il dolore e cercò di allontanarsi, premendosi una mano sulla ferita per arrestare la perdita di sangue.

"Messer Hipolito!" esclamò Damiàn. Con rapidità, il mezzelfo si girò verso il cavaliere e scagliò un quadrello dalla sua balestra, ma il mostriciattolo riuscì a scansarsi, appiattendosi di colpo sulla schiena della sua mostruosa cavalcatura. Lo gnefro cavaliere squittì un ordine, e lo scorpione scattò in avanti e protese una delle sue chele per afferrare Damiàn.

 

"Attenti!" esclamò Serena. Si liberò con un calcio di uno gnefro che cercava di piantarle un pugnale nello stomaco, e puntò la mano, avvolta da un nembo di luce nera, contro lo scorpione gigante. Un attimo dopo, un fascio di energia oscura partì dalla mano protesa di Serena e colpì la chela dello scorpione, che ritrasse l'arto offeso e fece due rapidi passi indietro. Hipolito, nel frattempo, aveva avuto il tempo di riprendersi e si fece avanti, scagliando una pietra dalla sua fionda. Il proiettile andò a segno, centrando lo gnefro cavaliere all'anca destra... e il folletto maligno ringhiò di dolore e cercò di scagliare un altro giavellotto contro i suoi nemici. Prese di mira l'halfling, ma Damiàn si piazzò davanti ad Hipolito e lanciò un altro incantesimo.

 

"Scudo!" esclamò il mezzelfo. Uno schermo di energia semi-trasparente apparve davanti a ui e ad Hipolito con un ronzio acuto, e l'arma dello gnefro rimbalzò su di esso prima di abbattersi a terra senza forza. Un attimo dopo, Serena apparve da dietro e scagliò un altro raggio di energia oscura, questa volta mirando al cavaliere e colpendolo al torace. Lo gnefro barcollò e sputò un piccolo fiotto di sangue verdastro, ma lo scorpione gigante avanzò imperterrito, agitando le chele nel frenetico tentativo di afferrare uno degli avventurieri.

 

"Tu prende! Prende ora!" stridette lo gnefro cavaliere. Prese una fialetta di pozione curativa dalla cintura e la bevette tutta d'un fiato, in modo da recuperare un po' di forze. Serena sferrò un colpo con la sua morningstar e allontanò da sè una delle tenaglie dello scorpione, poi si scansò quando vide la coda che sfrecciava verso di lei, gocciolante di veleno!

 

"Tienili indietro, Serena!" esclamò Damiàn, mentre cercava di ricaricare la sua balestra. "Io ed Hipolito pensiamo a sistemare questo aracnide troppo cresciuto."

 

"Mi fa piacere che hai usato il termine giusto, amico!" scherzò Hipolito. Il pugnale di uno gnefro gli graffiò una gamba, prima che Hipolito rispondesse con un pugno sotto il mento che mandò a terra il folletto maligno.

 

 

oooooooooo

 

 

Pepa incoccò un'altra freccia nel suo arco e la scagliò contro il sacerdote insettoide, che però si difese con efficacia facendo un rapido giro su sè stesso e mandando a vuoto il dardo, che andò a schiantarsi contro il muro. Tuttavia, questo lo aveva costretto ad allontanarsi dai due prigionieri, ed Albion cercò di approfittarne per avvicinarsi a lui quanto più possibile e tentare di liberare le vittime destinate al sacrificio.

 

"Serena! Damiàn!" esclamò Pepa, voltandosi di scatto e vedendo che il resto del gruppo aveva un po' di difficoltà con tutti gli gnefri che stavano attaccando. Con rapidità, la ranger scagliò un'altra freccia, che trafisse lo gnefro più vicino, poi si mosse per cercare di raggiungere il resto del gruppo. "Albion! Draig! I nostri amici e quel ridicolo halfling sono nei guai. Vado a dare una mano... ce la fate qui?"

"Certo che ce la facciamo! RAAAAAARRRRGH!" Con un profondo ruggito, Draig sollevò di peso due gnefri che cercavano di colpirlo con le loro lance e fece scontrare le oro teste l'una sull'altra, mettendoli fuori combattimento. Ringhiò di dolore quando un terzo gnefro lo raggiunse e lo colpì ad un fianco con la sua lancia, ma la ferita si dimostrò meno grave di quanto potesse sembrare all'inizio e Draig reagì colpendo il suo assalitore con la coda e mandandolo a terra!

 

Nonostante fosse un po' impacciato dall'armatura, Albion era riuscito a raggiungere i gradini che raggiungevano la piattaforma dalla quale Isrizzed stava attaccando. Vedendo il dragonide che si avvicina, il sacerdote insettoide imbracciò la sua falce con entrambe le mani e lanciò su di sè quello che sembrava essere un incantesimo di potenziamento.

 

"Che la forza del sommo Deskari scorra nel suo servitore, e che io possa divorare i suoi nemici! Favore Divino!" esclamò Isrizzed con voce stridula. Albion afferrò saldamente la sua alabarda e si piazzò con determinazione a metà della scala, mentre il chierico di Deskari iniziava a rilucere di un'inquietante aura rosso porpora e sollevava la sua terrificante arma! "Hahahaaa! E adesso fatti sotto, cane di Bahamut! Era tempo che la mia lama non assaggiava il dolce sangue di un paladino!"

 

"E non lo assaggerà ancora, schiavo di Deskari!" ringhiò Albion. "Bahamut, padre di tutti noi!Conferisci al tuo umile figlio la forza di debellare questa malvagità e salvare quelle anime innocenti!"

Il corpo di Albion venne circondato da una baluginante aura dorata, e le pupille scomparvero dai suoi occhi, che si accesero dello stesso sacro bagliore. Isrizzed stridette con rabbia, come se la presenza di un accolito del Bene nel suo santuario lo indignasse, e alzò le braccia per sferrare un colpo micidiale! Albion sollevò la sua arma ed intercettò il colpo dell'adoratore di demoni - e le lame sollevarono un assordante clangore quando si scontrarono a mezz'aria! Una pioggia di scintille scaturì dal punto dell'impatto, e i due combattenti spinsero furiosamente l'uno contro l'altro prima di separarsi. Entrambi si      rimisero rapidamente in guardia, ed Albion sferrò un fendente con la sua alabarda, nel tentativo di colpire Isrizzed prima che potesse lanciare qualche altro incantesimo.

 

Il sacerdote insettoide scansò abilmente il colpo, che aprì una grossa fenditura nel marmo della piattaforma, e rispose passando una mano sul piatto della falce. La lama ricurva venne circondata per un breve istante da una cupa luce violacea, e Isrizzed si lanciò di nuovo all'attacco, mirando alla gola di Albion!     

 

Albion reagì prontamente e riuscì a deviare la lama della falce... ma Isrizzed recuperò molto più velocemente del previsto e sferrò un altro fendente, che questa volta riuscì a raggiungere il dragonide argentato al braccio destro. Albion grugnì per l'improvviso dolore e si rimise in guardia, stupito dal fatto che un essere così piccolo possedesse una tale forza. Certo, in parte doveva essere grazie al favore del suo patrono demoniaco, ma certo non soltanto grazie a lui...

 

"Arrenditi, paladino!" sghignazzò Isrizzed. "Sei in gamba, lo riconosco, ma non puoi sperare di vincere! Anche se dovessi abbattere me, i seguaci del Signore della Schiera delle Locuste sono innumerevoli! E un giorno la vostra tanto decantata civiltà dovrà soccombere all'inesorabile Caos!"

Albion ringhiò e spalancò le fauci, nelle quali brillò per un attimo una tenue luce bianco-azzurrina... e una raffica di vento gelido misto a minuscoli, taglienti cristalli di ghiaccio scaturì da esse e investì Isrizzed, che cercò di proteggersi come meglio poteva alzando un lembo della tunica davanti al viso. Il tessuto cominciò immediatamente a coprirsi di brina, e la vespa umanoide emise un ronzio furioso mentre indietreggiava, dando così  ad Albion la possibilità di raggiungere gli ostaggi e liberarli.

 

"Tu... tu non sei..." mormorò uno dei due con voce roca, non osando ancora credere di essere stati salvati. Albion gettò una rapidissima occhiata ai suoi compagni, e constatò con sollievo che stavano avendo la meglio sugli gnefri. Con un rapido e deciso movimento con la lama della sua alabarda, tagliò le corde che tenevano fermo il primo dei due malcapitati, e l'ostaggio salvato guardò con meraviglia e rinnovata speranza. "Ah! Un... un paladino di Bahamut! Questo è un miracolo!" esclamò, schermandosi gli occhi dalla luce dorata attorno al corpo del dragonide.

 

"Presto! Libera il tuo compagno e cercate di mettervi al riparo! Il più lontano possibile da me!" esclamò Albion. Il suo avversario si era ripreso dall'attacco precedente, e adesso cercava di tornare all'attacco con un poderoso colpo di falce dall'alto verso il basso. Albion si ritrasse appena in tempo, e la lama ricurva della falce strisciò il pettorale dell'eroico guerriero, sollevando una pioggia di scintille! La vittima appena liberata non perse tempo e si chinò per dare all'altro una mano a liberarsi.

 

"Non andranno lontano comunque!" esclamò Isrizzed. "E comunque, il sommo Deskari apprezzerà molto di più te come sacrificio! Le tue carni nutriranno le sue orde di locuste... e la tua anima precipiterà per sempre nelle Fenditure Stridenti!"

"Prima dovrai sacrificarmi, infame!" ringhiò Albion. "E ti informo che non sarà tanto facile!"

 

 

oooooooooo

 

 

Lo scorpione gigante si ritirò sotto una pioggia di frecce scagliate da Pepa, che era tornata indietro per aiutare i suoi compagni. Due dardi rimbalzarono sulla spessa corazza chitinosa che copriva il mostruoso aracnide, ma un altro riuscì a ferire la bestia, infilandosi tra due delle piastre che coprivano il suo fianco destro, mentre un'altra si piantò tra due sezioni della sua coda, un colpo che la giovane donna aveva sferrato nel tentativo di impedirgli di usare il suo letale veleno.

 

"Oh? Grazie dell'aiuto, signorina Pepa. Anche se credo ce la saremmo cavata in ogni caso." disse Serena con tutta calma, abbattendo la sua morningstar sul cranio di uno gnefro.                       

“Tenete alta la guardia.” Esclamò Pepa, usando la sua scimitarra per tenere lontani due gnefri. “Questi mostriciattoli non sono un granchè, ma ce ne sono tanti.”

 

“Noi odiare rossa!” strillò uno gnefro armato di una primitiva lancia di selce intagliata. Spalancò i suoi enormi occhi e scagliò una piccola ondata di energia magica contro la ranger, che venne assalita da un accesso di paura e si sentì gelare il sangue nelle vene. Per un attimo, allentò la presa sulla sua arma, e indietreggiò di un paio di passi.

 

“Signorina Pepa, che succede?” chiese Damiàn allarmato, subito dopo aver colpito uno gnefro con un incantesimo Raggio di Gelo scagliato dalla punta di un indice. Il folletto maligno rabbrividì e si ritirò mugolando, mentre Serena ed Hipolito cercavano di tenere impegnato lo scorpione gigante e lo gnefro che lo cavalcava.

“Non… non ne ho idea…” rispose Pepa, cercando di mantenere la calma. “All'improvviso ho provato paura… è stato quando quel mostriciattolo ha aperto gli occhi. Dev'essere una specie di maledizione…”

"Un residuo delle magie che gli gnefri usavano quando erano ancora gremlin a tutti gli effetti..." riflettè tra sè il mago. Scagliò un quadrello contro lo gnefro che aveva attaccato Pepa, e riuscì a colpirlo mortalmente, mentre la giovane donna prendeva fiato e, trattenendo quanto più possibile il senso di timore che l'aveva pervasa, tornava a combattere.

 

Ma lo gnefro sullo scorpione gigante continuava a dare problemi ad Hipolito e a Serena. Anche lui usò la stessa magia che Pepa aveva subito, e questa volta prese come bersaglio Hipolito, che esitò per qualche secondo quando sentì un brivido gelido percorrere il suo corpo. Serena cercò di intervenire e colpire il cavaliere gnefro con un altro lampo di energia oscura, ma lo scorpione reagì con prontezza e si voltò di scatto, in modo da sottrarre il suo padrone alla mira della warlock.

 

"Serena!" esclamò Hipolito, mentre evitava per un pelo le chele della bestia. "Forse è meglio lasciar perdere il cavaliere. Facciamo fuori lo scorpione!"

"Va bene." disse la ragazzina. Con un colpo di morningstar allontanò da sè il pungiglione velenoso dello scorpione e cercò di concentrarsi per scagliare un altro lampo di energia oscura... ma un colpo di pietra proveniente dallo gnefro in sella la raggiunse alla fronte, interrompendo la sua concentrazione e strappandole un breve grido. "Ah! Okay, questa non me l'aspettavo..."

 

Lo scorpione gigante sembrò moltiplicare i suoi sforzi, usando le tenaglie per cercare di agguantare Hipolito mentre Serena doveva vedersela con la coda e con gli attacchi del cavaliere. Sapendo quale delle due minacce fosse la peggiore, Serena teneva continuamente d'occhio la coda, anche se questo voleva dire essere più esposta ai colpi dello gnefro.

 

Hipolito, da parte sua, cominciava a perdere colpi. Doveva stare attento a scansare entrambe le tenaglie dello scorpione, e stava anche cercando di trovare un momento in cui lanciare un incantesimo o attaccare. Quella mortale danza non poteva durare a lungo. Prima o poi, Hipolito si sarebbe stancato e avrebbe rallentato... con il risultato che lo scorpione lo avrebbe agguantato.

L'halfling strinse i denti e si scansò ancora una volta, evitando la chela dello scorpione, poi lanciò un proiettile dalla sua lancia. Ma la bestia si difese con abilità insospettabile e alzò l'altra tenaglia davanti al muso, in modo da deviare l'attacco. Lo gnefro sghignazzò malignamente e diede alla sua cavalcatura un ordine con voce aspra, e lo scorpione estese la chela contro il druido, che cercò di scansarsi con uno scatto improvviso.

 

"Ti sei distratto, amico!" esclamò Pepa. Con agilità, la ranger dai capelli rossi riuscì a liberarsi dagli gnefri che la assalivano e si gettò contro lo scorpione gigante. La sua scimitarra saettò verso la bestia con uno scintillio metallico, e la lama si infilò tra due piastre della sua armatura chitinosa, trapassando l'arto da parte a parte.

 

"Pepa!" esclamò Serena con un piccolo sorriso. Lo scorpione indietreggiò e cercò di colpire Pepa con il suo pungiglione, ma la giovane riuscì a deviare i colpi con la scimitarra. Hipolito tirò un sospiro di sollievo e scagliò di nuovo un proiettile con la sua fionda. Questa volta, il colpo andò a segno e centrò lo scorpione gigante alla testa. Serena sferrò un colpo poderoso con la sua morningstar, poi scagliò un altro raggio di energia oscura che colpì la bestia corazzata al torace, facendola barcollare. Lo gnefro cavaliere stridette in preda al panico e cercò di scagliare alcune pietre contro i suoi nemici, ma i suoi tentativi riuscirono soltanto a rallentare i tre avventurieri, che intensificarono i loro sforzi per raggiungere il loro bersaglio.

 

Finalmente, Pepa riuscì a cogliere il momento giusto. Con rapidità, la giovane ranger evitò un affondo della coda dello scorpione e sferrò un fendente micidiale, passando in mezzo alle piastre chitinose dello scorpione e trafiggendo finalmente qualche organo vitale. Lo scorpione gigante perse quasi subito le forze e si accasciò al suolo, le zampe che ancora per un po' si agitavano convulsamente nei suoi ultimi istanti di vita. Con uno strillo acuto, lo gnefro cavaliere scivolò giù dalla sua groppa e finì a terra con un grugnito; si rialzò quasi subito, ma solo per trovarsi con la morningstar di Serena a pochi centimetri dal volto.

 

"Ed ora arrenditi, per favore." disse Serena, tornando al suo tipico tono piatto e quasi svagato. "Sarebbe una bella seccatura doverti far fuori."

"E... e va bene! Io arrendere!" esclamò frettolosamente il folletto maligno. "Voi non fare male! No colpa nostra! Uomo insetto fatto tutto!"

Serena alzò gli occhi al cielo e tenne l'arma puntata contro lo gnefro, mentre Pepa teneva lontani i mostriciattoli sopravvissuti, ed Hipolito riprendeva fiato e cominciava a legare il prigioniero. "Sì, certo, come no." commentò la warlock. "Come ho detto, non mi va di uccidere se non è necessario. Quindi, chiamati fortunato."

 

"Come stanno andando Draig ed Albion?" si chiese Hipolito, distraendosi per un attimo. Lo gnefro cercò di divincolarsi e fuggire, ma l'halfling lo bloccò appena in tempo e strinse di nuovo le liane con le quali cercava di tenerlo fermo. "Forse dovremmo andare a dare loro una mano. Quel sacerdote mi dava tutta l'aria di un osso duro..."

"Non credo che ce ne sarà bisogno." disse Damiàn mentre finiva di legare gli gnefri catturati. Con lo sguardo, indicò la piattaforma sulla quale i due dragonidi continuavano la loro battaglia contro il mostruoso chierico...

 

"Credo che messer Albion e messer Draig se la stiano cavando piuttosto bene." commentò il mago mezzelfo con un sorriso compiaciuto. "Non credo che questo covo di adoratori di demoni resisterà ancora a lungo."              

 

 

ooooooooo

 

 

La falce di Isrizzed e l'alabarda di Albion si scontrarono ancora una volta con un assordante rumore metallico, sprizzando scintille nere e dorate tutt'attorno... ed Albion cercò di approfittare di quel momento per sferrare un poderoso calcio al torace dell'insettoide, facendolo barcollare ed impedendogli di lanciare un altro incantesimo. Deciso ad avvantaggiarsi il più possibile, il paladino avanzò con baldanza e cercò di sferrare un altro colpo con la sua alabarda... ma il mostruoso sacerdote demoniaco si riprese più in fretta del previsto e sferrò un fendente mirando agli occhi di Albion. Quest'ultimo si accorse appena in tempo del pericolo e riuscì a scansare il fendente, ma la lama della falce riuscì comunque ad aprirgli una dolorosa ferita sanguinante nel braccio destro, che gli strappò un ringhio di   dolore.

 

"Attento, Albion!" ringhiò Draig. La rabbia aumentò le sue forze, e il dragonide barbaro si sbarazzò con un pugno di uno gnefro che gli restava aggrappato, per poi caricare con la sua lancia contro il sacerdote di Deskari. Quest'ultimo si allontanò di un passo e scansò il primo affondo... poi, prima che Draig potesse tentare un altro attacco, Isrizzed alzò una mano e riuscì a lanciare un incantesimo.

 

"Sommo Deskari, il tuo servitore ti chiede un aiuto per distruggere i tuoi nemici!" esclamò. "Dalle Fenditure Stridenti vengano a me le forze della distruzione!"

 

Una nebbia violacea e maleodorante scaturì di colpo tutt'attorno ad Isrizzed, e alcune forme cominciarono subito a delinearsi all'interno di quella foschia innaturale. Un attimo dopo, la nebbia si compattò e da essa apparvero due mostruosi millepiedi giganti, molto simili a quelli che il gruppo aveva affrontato nella giungla... con la differenza che la loro corazza chitinosa era di un colore nero lucido, e sui loro "volti" brillavano un paio di occhi compositi che sembravano due tizzoni ardenti! Non c'era bisogno di troppa fantasia per immaginare che quelle bestiacce provenivano dai meandri delle Fenditure Stridenti, la regione dell'Abisso sotto il dominio di Deskari.

 

Ad un ordine gestuale di Isrizzed, i due millepiedi demoniaci si lanciarono contro Draig, emettendo un ticchettio infernale ad ogni passo. Il dragonide rosso ringhiò furiosamente e scagliò una fiammata dalle fauci, colpendo in pieno il millepiedi più vicino... ma rimase agghiacciato e stupito quando il proiettile andò a segno... lasciando il mostro quasi del tutto illeso! Soltanto qualche bruciatura segnò la corazza chitinosa della creatura, che si fece avanti e morse Draig ad un braccio!  L'altro mostro evocato scivolò rapidamente verso la gamba di Draig e mise a sua volta a segno un morso, e il dragonide rosso grugnì per l'improvviso dolore, sentendo un poco rassicurante torpore che cominciava a diffondersi lungo il braccio e la gamba colpiti.

 

Albion alzò la sua alabarda appena in tempo per parare un altro colpo di Isrizzed, ma il sacerdote insettoide si fece avanti con feroce determinazione e cercò di colpire con un altro fendente della sua falce. Ringhiando, il dragonide paladino raccolse le sue forze e si scagliò contro il malvagio sacerdote, spingendo furiosamente contro di lui.....

 

"Arrenditi, cane di Bahamut!" stridette Isrizzed. "Il divino Deskari consumerà ogni cosa, compresi i draghi e il tuo patrono! Non c'è forza al mondo che possa opporsi a lui!"

"Perchè servi un mostro come Deskari?" esclamò il paladino, forse sperando di potersi appellare ad un minimo di umanità o coscienza che quell'essere ancora possedeva. "Credi davvero che ti sarà grato in qualche modo? Che non vorrai divorato assieme al resto dei mortali quando verrà il momento? Io combatto per impedirgli di fare del nostro mondo il suo prossimo pasto!"

 

"Povero stupido! La tua battaglia è persa fin dal'inizio!" esclamò il crudele insettoide. Infranse il contrasto e cercò di sbilanciare Albion usando il manico della falce, ma dopo aver barcollato per un attimo, il dragonide paladino riuscì a restare in guardia e deviare il colpo successivo. "Non ci può essere battaglia contro il sommo Deskari e la Schiera delle Locuste! Tutti verranno divorati, tranne coloro che entreranno a far parte del suo sciame! Servendolo, io mi assicuro che quando rinascerò, sarà tra le fila dei suoi demoni! Sarò tra i divoratori, piuttosto che tra i divorati! E i primi ad essere divorati sarete voi e il vostro ridicolo ammasso di tuguri, invasori!"

 

"Davvero? Beh, non ti aspettare che io ti lasci fare quello che vuoi!" ringhiò Albion. Le armi dei due contendenti ripresero a scontrarsi, e il paladino si ritrovò ad indietreggiare di due passi davanti alla forza inaspettata del suo avversario. “Ugh… e che cosa vuoi dire quando parli di invasori? La mia gente vuole solo stabilire delle colonie su quest'isola. Non vogliamo aggredire voi, né nessun altro!”

 

Isrizzed fece una breve, stizzita risata di scherno. “Hah! Non avete la più pallida idea di cosa sta accadendo, vero? E sfortunatamente per te, morirai nell'ignoranza!” Con un movimento rapido e deciso, il chierico di Deskari sollevò la sua falce e cercò di sferrare un colpo fatale al collo di Albion, che riuscì a scansarsi all'ultimo momento. Il dragonide argentato strinse i denti quando la lama ricurva gli aprì un taglio superficie alla base del collo.

“Che stai dicendo? Cosa sta accadendo da queste parti?” esclamò. “Per favore, dicci di cosa si tratta… e se abbiamo fatto qualcosa di male senza rendercene conto! Se non sappiamo nulla, non possiamo trovare una soluzione che vada bene ad entrambe le parti!”

“L'unica soluzione che mi andrà bene sarà la vostra distruzione!” esclamò Isrizzed. “Supremo Deskari, infondi in me la tua forza, che io possa annientare questo miscredente!”

 

Un inquietante suono stridente riecheggiò attorno ai due contendenti, e per un attimo Albion ebbe l'impressione che Isrizzed fosse diventato un po' più alto e che i suoi muscoli si fossero gonfiati. Certamente, non si trattò di un'impressione se Albion cominciò a sentire che i colpi di Isrizzed aumentavano di vigore. Un incantesimo Forza del Toro, senza dubbio...

Il dragonide argentato strinse i denti quando un poderoso fendente minacciò di infrangere la sua guardia ed infliggerli un colpo serio. Appena in tempo, Albion interruppe il contrasto e si ritirò a distanza di sicurezza, decidendo che era molto meglio cambiare tattica. Isrizzed, inebriato da quella che ormai riteneva una vittoria assicurata, si fece avanti con ancora maggiore determinazione e cercò di sferrare un fendente al collo di Albion... ma quest'ultimo, deciso a non opporsi più alla forza con la forza, si scansò e fece in modo che l'attacco andasse a vuoto. Prestando estrema attenzione ai movimenti del suo avversario, Albion si tenne appena fuori dalla sua portata e si guardò attorno, in modo da non rischiare di cadere dalla piattaforma o di coinvolgere i due prigionieri appena salvati - che si erano messi in un angolo e stavano guardando lo scontro con il fiato sospeso, non osando allontanarsi. Draig era ancora impegnato a lottare contro i millepiedi abissali evocati da Isrizzed...

 

Albion scansò il colpo successivo, che tuttavia gli passò pericolosamente vicino ad un orecchio, poi si spostò di lato e cercò di cogliere il momento giusto in cui il sacerdote insettoide si sarebbe scoperto. Isrizzed cominciava ad irritarsi per la persistenza del paladino, e i suoi colpi si stavano facendo più affrettati e meno controllati. Era solo questione di tempo prima che un attacco male indirizzato lo lasciasse scoperto. Il trucco stava nel resistere fino a quel momento, e Albion avvertiva la fatica...

 

Un altro fendente... poi un altro, che sfortunatamente Albion non riuscì a schivare del tutto - la punta della falce gli fece comunque un taglio su una gamba, e il dragonide strinse i denti, ben sapendo che se avesse reagito con un po' più di ritardo avrebbe rischiato di perdere l'arto. Isrizzed stridette frustrato e alzò nuovamente la falce...

 

Ecco! Quello era il momento giusto!

 

Chiamando a raccolta tutte le sue forze e il potere divino che continuava a scorrere in lui, Albion accorciò le distanze e sferrò un poderoso fendente che colpì Isrizzed ad un fianco, ferendolo seriamente! Il chierico demoniaco stridette per il dolore e si allontanò con un'esclamazione di rabbia e panico, cercando disperatamente di rimettersi in guardia. Ma Albion, con uno scatto deciso, si avvicinò di nuovo e sferrò un altro abile affondo con la sua alabarda, che superò la corazza dell'insettoide e lo trafisse in pieno petto!

 

Gli occhi compositi di Isrizzed si spalancarono mentre la luce divina che circondava Albion penetrava nel suo corpo. Il chierico insettoide agitò freneticamente le mandibole, e un fiotto di sangue verdastro uscì dalla sua bocca mentre Isrizzed crollava in ginocchio, ferocemente aggrappato all'arma che lo aveva colpito a morte.

 

"Voi... voi... non avete ancora... visto..." ansimò Isrizzed. La morte lo colse prima che potesse terminare la frase, e il sacerdote di Deskari crollò a terra senza vita, mentre una pozza di sangue verdastro si allargava sotto di lui. Albion estrasse la lama della sua alabarda dal corpo dell'avversario, e l'aura dorata che lo circondava si affievolì fino a spegnersi. Sentendo di colpo il dolore delle ferite subite nello scontro, Albion barcollò per un istante, poi si voltò per vedere come se la stessero cavando Draig e gli altri...

 

E vide Draig infilzare uno dei millepiedi abissali con la sua lancia, inchiodandolo al pavimento! Il mostruoso artropode si contorse come un serpente e agitò freneticamente le sue numerose zampe in aria... ma l'altro millepiedi si lanciò sul dragonide rosso che, rallentato dai colpi subiti e dal veleno delle creature, non riuscì ad evitare di essere morso al fianco. Con un grugnito, Draig estrasse la lancia dal millepiedi ormai morto, il cui corpo si stava già dissolvendo in una pozza di liquido nero simile a pece, e si scrollò di dosso il secondo assalitore, poi sferrò un altro poderoso affondo che trafisse la testa della creatura abissale! Con uno stridio agghiacciante, il millepiedi immondo si contorse spasmodicamente e crollò al suolo dopo alcuni istanti, immobilizzandosi per sempre. Senza fiato, Draig si allontanò dal corpo del mostro mentre questo si scioglieva a sua volta e diventava niente più che una pozza di denso liquido maleodorante.

 

Gli gnefri sopravvissuti vennero presi dal panico alla vista della morte di Isrizzed. In una cacofonia di vocine stridule, i folletti maligni si dispersero, andando a sbattere gli uni contro gli altri nella frenesia di salvarsi la pelle. Da parte loro, i prigionieri salvati esultarono debolmente per la vittoria del gruppo, ed Albion si preoccupò immediatamente che fossero al sicuro prima di dare un'occhiata a Draig. Il dragonide rosso era rimasto indebolito e rallentato dal veleno dei due millepiedi giganti, ma riuscì comunque a fare un ghigno di vittoria e un segno dell'okay mentre si avvicinava al suo compagno.

 

"Hey, ottimo lavoro, Albion! Sei stato in gamba!" esclamò Draig massaggiandosi il braccio sinistro. Si succhiò un po' di sangue da una ferita sul braccio sinistro e lo sputò per terra in modo da eliminare un po' di veleno dalle vene, poi controllò a sua volta che gli ostaggi stessero bene. "Voi due, come state? Non siete feriti, vero?"

"Ci sono altri prigionieri da qualche altra parte del tempio?" chiese Albion, una volta appurato che i due fossero in condizioni accettabili.

 

Uno dei due ostaggi, un uomo sulla trentina d'anni con i capelli lunghi e la barba incolta per il tempo passato in prigionia, cercò di coprirsi come meglio poteva con i pochi stracci che gli erano rimasti addosso. "Ecco... in effetti, ci sono altri tre ostaggi, oltre a noi..." rispose, ancora sconvolto da quello che aveva visto in quel luogo sacrilego. "Ce n'era anche un'altra, ma... quel sacerdote l'ha sacrificata poco fa..."  

 

Albion e Draig si fecero contriti. "Ah... mi dispiace..." sussurrò il dragonide argentato, guardando verso il terreno mentre il resto del gruppo, ora che gli gnefri erano tutti morti o fuggiti, raggiungeva lui e Draig. "Davvero... se solo avessimo saputo che c'erano degli ostaggi, sicuramente avremmo almeno cercato di fare prima."

"Mi dispiace per la vostra compagna." disse Damiàn raggiungendo il gruppo. "Voi... da che colonia venite?"

 

"Siamo di Tarago..." disse l'altro individuo, un uomo un po' più vecchio con una larga cicatrice da ustione sulla spalla destra. "Siamo... siamo stati portati qui da un gruppo di fanatici che si fanno chiamare... l'Ordine dello Sciame... non so per quale motivo abbiano scelto noi... o se ci sia un motivo..."

"L'Ordine dello Sciame? Hmm... no, non credo di averne mai sentito parlare." disse Hipolito dopo averci pensato su un momento. "Messer Damiàn, voi avete già sentito di questa organizzazione?"

 

Il mezzelfo scosse la testa e guardò il resto del gruppo, ma nessuno di loro aveva mai sentito quel nome. Serena alzò le spalle, mentre Pepa restò a pensarci su per qualche istante e poi aprì le braccia e mostrò i palmi delle mani. "Spiacente. Anch'io è la prima volta che sento questo nome."

 

"Beh, ragazzi... penso che la prima cosa da fare sia di andare a liberare il resto dei prigionieri." disse infine Albion, mentre applicava un po' di pomata medicinale sulle sue ferite e su quelle di Draig. "Poi cercheremo di scoprire di più su questo Ordine dello Sciame. Se sono loro i responsabili di questi attacchi di insetti giganti, allora è meglio cercare di scoprire quello che vogliono. Quello che ha detto quel sacerdote mi dà da pensare..."

 

"Che cosa avrebbe detto, Albion?" chiese Serena incuriosita.

 

Il paladino alzò le spalle, strizzando un occhio quando il gesto gli provocò una fitta di dolore lungo la schiena. "Ow! Beh, ha detto... che noi saremmo degli invasori, e che non abbiamo idea di cosa stia accadendo da queste parti. Ma... purtroppo si è rifiutato di spiegare oltre. Non so che pensare, sinceramente... Credevo che quest'isola fosse disabitata, fino a poco tempo fa. Che non ci fossero altre civiltà da queste parti, oltre a noi di Estania."

 

"Questo... potrebbe essere un problema." ammise Serena. "Non appena avremo liberato i prigionieri e li avremo aiutati a tornare a Tarago, dovremo fare delle ricerche in proposito..."

 

Pepa sospirò e alzò gli occhi al soffitto della grande sala. Quel problema era stato risolto, ma adesso ne saltava fuori un altro, potenzialmente peggiore...       

 

 

 

 

oooooooooo

 

 

CONTINUA...

 

 

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Capitolo 9
*** Ritorno alla normalità ***


Pathfinder: L'Isola degli Insetti Giganti

Una fanfiction di Pathfinder scritta da: Justice Gundam

 

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Capitolo 9 - Ritorno alla normalità

Gli ostaggi appena liberati avevano guidato i loro salvatori verso un'ala laterale della terribile sala dei rituali, dove il resto dei cittadini di Tarago catturati venivano tenuti prigionieri in attesa di essere sacrificati. Alla fine di un corto corridoio, illuminato con alcune pietre luminose assicurate ai muri, il gruppo si trovò davanti quello che si aspettavano: un portone in legno robusto incassato in un solido muro di granito, con soltanto uno sportellino nella parte superiore a permettere ad eventuali carcerieri di guardare all'interno. Con un'attenzione dettata da una sana paranoia - non si può mai sapere cosa si trova, in un tempio dedicato ad un principe demoniaco - il gruppo raggiunse la porta, e Albion diede un'occhiata all'interno. Esattamente come era stato loro comunicato, tre individui (un uomo, una donna e uno gnomo) erano seduti sul pavimento di quella cella buia e spoglia, e davano l'impressione di avere ormai perso ogni speranza di essere salvati... almeno finchè non sentirono il lieve suono dello sportellino di legno che si spostava, e alla fioca luce delle pietre attaccate alle pareti, sollevarono lo sguardo per vedere di chi si trattava.

Albion si permise un sorriso sollevato - nessuno dei tre, malgrado gli evidenti segni di esaustione, sembrava ferito o seriamente denutrito. Chiaramente, Isrizzed voleva che fossero tutti in condizioni decenti prima di sacrificarli, ritenendo che Deskari non avrebbe gradito delle offerte scadenti.

"Un... un dragonide?" esclamò lo gnomo, un piccoletto dai capelli biondi ormai pieni di sporcizia, con una barbetta dello stesso colore. "Voi... voi chi siete...? Da dove... venite?"

"C'è qualcuno qui?" rispose l'uomo, un tipo dai capelli neri che sembrava avere circa una trentina d'anni. "Ma come... sono venuti a salvarci?"

La donna, i cui segni distintivi erano la lunga e ormai annodata treccia di capelli neri, e una benda ingrigita sull'occhio destro (forse perduto quando era stata catturata), assunse un'espressione spaventata e fece cenno ai suoi compagni di cella di non parlare. "S-state zitti, per favore!" sussurrò. "Se... se quel sacerdote ci sente, verrà qui e..."

"Potete stare tranquilli. Abbiamo già eliminato il sacerdote. E i suoi scagnozzi sono morti o si sono dati alla fuga." li rassicurò il paladino. "Ora vi tiriamo fuori di qui."

I prigionieri reagirono con stupore e contentezza, e i loro modi si fecero più vivaci. "Dite... dite davvero? Oh, che Pelor misericordioso sia lodato! Siamo salvi!" esclamò l'uomo, alzando le mani e gli occhi al cielo.

"Okay, restate indietro, signori. Adesso provo a far saltare questa serratura..." disse Albion, un attimo prima che Damiàn lo interrompesse con un cenno dalla mano.

"Aspettate, paladino Albion. Ho io un sistema." disse il mezzelfo. Fece un rapido gesto con la mano, puntando alla serratura, e bisbigliò qualcosa che il dragonide non riuscì a sentire. Un attimo dopo, si sentì uno scatto, e la serratura cedette, permettendo alla porta della cella di aprirsi e al gruppo di entrare per salvare i prigionieri.

"Grazie, Damiàn. Questo ci risparmia un bel po' di tempo." disse Albion con un cenno di approvazione.

In breve tempo, tutti gli ostaggi erano stati salvati, e il gruppo stava già condividendo con loro un po' di provviste, in modo che potessero recuperare un po' di forze per il viaggio verso Pasiega.

"Noi... non sappiamo davvero come ringraziarvi." disse la donna con la treccia, addentando una galletta salata che Serena le stava offrendo. Notò che gli altri due ostaggi salvati nella sala principale erano con il gruppo, e anche loro stavano ricevendo le dovute cure ed attenzioni. "Io... non so esattamente come sia successo. Siamo... siamo stati catturati... da questo gruppo di persone che si fa chiamare... l'Ordine dello Sciame. Io... non sono come sia successo... qualche notte fa stavo dormendo nel mio letto, a Tarago... e poi all'improvviso..."

"Sì, anche i vostri compagni ci hanno parlato di questo Ordine dello Sciame." disse Hipolito. "Ma non sapete per caso di che si tratta? Cos'hanno in mente di fare?"

Lo gnomo scosse la testa. "Purtroppo no... li abbiamo sentiti parlare di un certo leader, e di una certa sorella... adesso non mi ricordo neanche il nome... e li ho sentiti, di tanto in tanto, fare dei discorsi su una punizione... ma non ho sentito abbastanza da poter dire che so cos'hanno in mente." rispose. "Mi dispiace..."

"Non importa, quello che conta, per adesso, è che siate salvi. E quei cultisti di Deskari sono stati sgominati. Per adesso, possiamo stare tranquilli da questo punto di vista." rispose Draig. "Ma... sarà meglio essere vigili e tenere d'occhio questo "Ordine dello Sciame". Certo non stanno architettando nulla di buono."

"Per adesso, vi aiuteremo a raggiungere Pasiega, e lì potrete finalmente recuperare le forze e riposarvi." continuò Albion. "Poi ci occuperemo di farvi tornare a Tarago... e con il permesso del comandante Verdugo, faremo qualche ricerca su questo... Ordine dello Sciame. Per il momento... ragazzi, prendiamo da qui tutto quello che potrebbe essere utile per le indagini, e poi riavviamoci verso Pasiega. Credo che ci sarà parecchio da fare, una volta che avremo scoperto chi sta dietro a questa storia."

"Prendiamo anche quello che c'è di valore, no?" continuò Draig con un cenno di intesa. "Dopotutto... abbiamo sgominato un culto demoniaco, e un premio ce lo meritiamo!"

Serena annuì lentamente e fece un piccolo sorriso di decisione. "Sono d'accordo. E' una tradizione onorata, tanto quanto combattere i goblin." affermò. Gli altri la guardarono con espressione interrogativa, chiedendosi cosa volesse dire, e la ragazzina proseguì senza perdere un colpo. "Anzi, credo che sia il caso di verificare se dopo questa spedizione, il nostro livello si sia alzato. Non vi eccita l'idea?"

Pepa sbattè gli occhi stupita. "Penso... penso di sì... quando avrò capito che diamine vuoi dire, Serena..."

Albion sorrise con decisione e fece cenno ai suoi compagni di proseguire. "Bene. Credo che qui non abbiamo più niente da fare. Raccogliete tutto quello che c'è da raccogliere, e scortiamo questa gente verso Pasiega." La sua espressione si fece di nuovo seria e concentrata. "Una volta che saremo arrivati, dovrò fare un rapporto dettagliato al comandante Verdugo. Se la presenza di questi cultisti è un indizio, credo che più avanti ci aspetterà un'altra spedizione, e questa volta più pericolosa."

"Credi che questi cultisti e gli insetti giganti che abbiamo incontrato siano in qualche modo legati all'Ordine dello Sciame, vero?" chiese Pepa.

Albion alzò le spalle. "A questo punto, non mi sento proprio di escludere nulla." rispose Albion. "Ma adesso non è il momento di seguire questa traccia."

"Giusto. E' più importante riportare al sicuro queste persone. Ne hanno già passate abbastanza." rispose Serena, per poi rivolgersi agli ostaggi appena salvati. "Non vi preoccupate, signori. Adesso siete al sicuro... e noi ci occuperemo del resto."

 

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Era ormai quasi notte quando il gruppo di esploratori tornò alla loro colonia, portandosi dietro le persone salvate. La reazione degli abitanti di Pasiega era stata di unanime gioia e sollievo, e la colonia aveva messo su degli improvvisati ma calorosi festeggiamenti per il ritorno dei loro eroi e il salvataggio degli ostaggi. L'unica nota negativa, che gettava un'ombra di malinconia e rammarico sulle celebrazioni, era il fatto che una dei prigionieri era già stata sacrificata prima che il gruppo di Albion potesse fermare il culto di Deskari. Tuttavia, rispetto a quello che sarebbe potuto accadere, era senz'altro una risoluzione meno drammmatica.

L'indomani, tuttavia, il dovere chiamava di nuovo - per l'esattezza, era il momento di fare rapporto al comandante Verdugo. Mentre Albion e i suoi compagni erano fuori dalla colonia in missione, il minotauro e la sua seconda in comando avevano svolto un meticoloso lavoro, organizzando pattuglie con turni ben ponderati, partecipando loro stessi a diverse perlustrazioni, e anche addestrando alcuni cittadini volonterosi e fisicamente abili in modo da formare una piccola milizia cittadina. I risultati erano stati innegabili, e Pasiega era stata in grado di difendersi da alcuni sporadici attacchi degli insetti giganti che popolavano le parti più interne dell'isola. Per il momento, la colonia era tranquilla... ma Verdugo e Torreblanca avevano il timore che se fossero stati attaccati da uno sciame più nutrito o da insetti giganti più grandi e potenti, sarebbe stato un problema serio.

Adesso, tuttavia, era il momento di ascoltare quello che i suoi subordinati avevano da dire. E di fronte ai rapporti di Albion e Pepa, Verdugo non potè che lodare il gruppo per i loro sforzi.

"E così, una volta eliminato il sacerdote di Deskari, siamo riusciti a liberare tutti i suoi prigionieri, tranne una che purtroppo era stata già sacrificata all'infame principe demoniaco prima che arrivassimo." stava dicendo il dragonide argentato.

"Abbiamo portato via dal tempio tutto quello che ritenevamo utile, e abbiamo ricondotto i prigionieri liberati qui a Pasiega, in modo che possano in seguito essere ricondotti alla loro colonia." continuò Pepa. "Questo... conclude il nostro rapporto sulla spedizione."

Verdugo annuì con approvazione. "Voi e i vostri compagni avete reso merito ai vostri compatrioti." affermò. "Avete condotto la vostra missione con serietà ed abnegazione, e siete riusciti a salvare delle vite innocenti, ed impedire ad un culto malvagio di minacciarne altre. Purtroppo, però, come vi sarete resi conto, questo culto rappresenta soltanto un sintomo. Questo Ordine dello Sciame resta una minaccia, resa ancora più pericolosa dal fatto che non sappiamo nulla di loro." 

"Capitan Verdugo, se posso dare la mia opinione... penso che al momento, non possiamo organizzare delle operazioni di ricognizione su lungo raggio. Rischieremmo di lasciare la nostra colonia indifesa." affermò la vice-comandante Torreblanca. "Credo che la cosa migliore da fare sia concentrarci sulla difesa. Preparare delle barricate o delle fortificazioni, in modo da essere preparati ad un attacco più massiccio da parte di questi insetti abnormi."

"Hm. Credo che sia la cosa più avveduta da fare, in questo momento." rispose il fiero minotauro dopo averci pensato su per un po'. "D'accordo. Paladino Albion, esploratrice Vallesteros. Credo che sarà richiesto anche il supporto vostro e dei vostri compagni per formare meglio la nostra milizia. Sono tutti giovani volonterosi ed audaci, ma l'entusiasmo non può esattamente competere con l'esperienza sul campo. Credo che avremo bisogno anche del vostro aiuto, se vogliamo fare sì che diventino una forza armata efficace."

Il dragonide argentato non ebbe esitazioni. "Come desidera, capitano Verdugo. Le mie responsabilità vanno come sempre verso il mio paese e la mia gente." affermò.

"Credo che anche gli altri saranno d'accordo." rispose Pepa, chinando il capo e provando tra sè un certo orgoglio per essere riuscita a procacciarsi le lodi del capitano Verdugo.

"Molto bene... per quanto riguarda voi, signori, credo che vi siate meritati una gratifica per la vostra condotta esemplare." affermò Verdugo. Con un lieve sorriso, fece cenno alla sua seconda in comando di andare a prendere qualcosa... e poco dopo, la donna tornò portando con sè un piccolo forziere, mentre altri soldati Estaniani la seguivano recando delle armi che erano chiaramente di ottima fattura.      

"Il regno di Estania ricompensa i vostri servigi." disse Orsola. "Oltre al giusto pagamento per il vostro lavoro, da dividere equamente tra i membri della spedizione, vi consegniamo anche alcuni armamenti e protezioni che sperabilmente renderanno più agevole il vostro lavoro. Avete dimostrato di avere la responsabilità necessaria per usare questi strumenti, e confido che potremo ancora contare sulla vostra competenza ed abnegazione."

Albion sgranò gli occhi meravigliato quando uno dei soldati gli consegnò un'alabarda, molto simile alla sua ma chiaramente meglio forgiata, e con un'aura magica che aleggiava attorno ad essa. Non era nemmeno necessario specificare che era stata costruita con la magia. "Ah... ehm... vi siamo estremamente riconoscenti, capitano Verdugo... vice-capitano Torreblanca... e sapremo dimostrarci degni della vostra fiducia quali che siano le difficoltà a cui andremo incontro."

"Sono convinta che anche gli altri apprezzeranno." rispose Pepa con un lieve sorriso, mentre riceveva una scimitarra dall'elsa argentata e dalla lama elegantemente incurvata.

Verdugo fece un'espressione fiera e annuì. "Ottimo. Grazie mille del vostro operato. Ora potete andare. Prendetevi pure un po' di tempo libero... ma tenetevi comunque pronti ad intervenire nel caso ci sia qualche emergenza."

"Vi siamo grati per la fiducia, comandante Verdugo." rispose Albion con un inchino. "Vi auguriamo buon proseguimento di giornata."

Il minotauro sorrise lievemente mentre osservava i suoi due fidati sottoposti che si allontanavano con la dignità di due perfetti soldati. Una volta che Albion e Pepa furono usciti dal suo ufficio, Verdugo diede il permesso anche ai suoi soldati di uscire.

"Sono troppo indiscreta se le chiedo cosa ne pensa lei di tutto questo?" chiese Orsola, avvicinandosi di due passi appena alla scrvania del suo superiore.

"Mentirei se dicessi che non sono preoccupato." rispose Verdugo dopo un po' di silenzio. "Ancora non sappiamo che cosa si celi nelle regioni più interne del Confine dell'Oceano, e temo che quello che abbiamo visto finora sia soltanto l'inizio. E il fatto che il paladino Albion abbia menzionato un tempio dedicato all'infame Deskari, e un culto che lo controllava..."

Orsola scosse la testa con un brivido di disgusto. La vice-comandante aveva combattuto la sua brava dose di battaglie, ed era sopravvissuta a pericoli che avrebbero fatto tremare uomini molto più grandi e robusti di lei, ma l'idea di culti dedicati ai principi demoniaci, agli arcidiavoli o ad altre mostruosità immonde di questo tipo la faceva ancora rabbrividire. Che razza di persona poteva scegliere deliberatamente il male, soprattutto un male che non aveva altro scopo che la distruzione come il Signore della Schiera di Locuste?

"Comunque, agiremo come voi avete suggerito, vice-comandante." continuò Verdugo. "Ho l'impressione che il nostro diretto coinvolgimento sarà inevitabile, giunti ad un certo punto. Fino ad allora... cercheremo di velocizzare quanto più possibile la costruzione di opere per la difesa di Pasiega. Non possiamo lasciare che i nostri timori ci impediscano di prendere in mano la situazione e gestirla il meglio possibile."

Orsola annuì e tirò un sospiro. "Sono d'accordo. Non saranno tempi facili, ma dobbiamo fare fronte comune a qualsiasi cosa possa minacciarci." rispose. "Il nostro paese e Sua Maestà si aspettano molto da questa spedizione."

 

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I giorni successivi videro un incremento di attività nella colonia. Un messaggio era stato inviato a Tarago per comunicare il destino dei loro concittadini. E tutti i coloni che erano in grado di farlo, senza distinzione di sesso, avevano cominciato ad addestrarsi per imparare ad usare armi e tattiche di difesa, nel caso ce ne fosse stato bisogno. Il clima che si respirava a Pasiega era di attesa e di tensione... ma non c'era mai l'impressione che i coloni avessero paura. Gli abitanti della nuova città la consideravano come una nuova sfida, una alla quale avrebbero fatto fronte come a qualsiasi altra.

Mentre il sole cominciava ad inabissarsi all'orizzonte, Damiàn guardò con attenzione le grandi palizzate di legno che venivano rinforzate ai confini della colonia. Albion e Draig si erano presto uniti ai lavori, e anche il resto del gruppo stava dando una mano, ciascuno secondo le loro capacità. Damian stesso aveva partecipato ai lavori, non fisicamente data la sua scarsa prestanza, ma certamente dando un'occhiata ai piani, individuando i punti deboli della palizzata e fornendo le sue conoscenze di ingegneria perchè il lavoro fosse quanto più solido ed affidabile possibile.

Adesso che era scesa la sera, il mezzelfo stava facendo una passeggiata per le vie di Pasiega. Muovere un po' le gambe lo aiutava ad organizzare i suoi pensieri e scaricare lo stress, in modo che il giorno dopo sarebbe stato più attento ed agile di pensiero. E ora che la giornata giungeva al termine, Pasiega era piombata in una calma rilassante, interrotta soltanto da qualche imprecazione proveniente da qualche stradina, o dalle risate e dalla musica proveniente dalla taverna vicino alla riva. Damiàn si incamminò verso il porto improvvisato al quale erano attraccate la Reina del Viento e la Orgullo del Marinero, e verso la spiaggia che sorgeva al suo fianco. Faceva uno strano effetto, adesso, vedere quelle due navi sulle quali lui e i suoi compagni erano arrivati nella colonia. Ancora oggi, malgrado si fosse già abituato alla sua nuova vita nella colonia, il mezzelfo provava una strana emozione al pensiero dell'avventura in cui si era letteralmente imbarcato - proprio lui a cui piaceva pensare di essere così logico e padrone di sè.

Il suono di risate e voci provenienti dalla spiaggia attirò la sua attenzione. Alcuni dei coloni, decisi a godersi il più possibile quei momenti di libertà, avevano deciso di andare in spiaggia per rilassarsi e sguazzare un po' tra le onde - stando sempre ben attenti a non spingersi troppo al largo, considerato quanto potenti fossero le onde dell'oceano. Alcuni bambini restavano con i piedi a mollo o giocavano nella sabbia, mentre gli adulti li osservavano perchè non si cacciassero nei guai, cantavano qualche canzone, o semplicemente si rilassavano, godendosi lo spettacolo del sole al tramonto e del cielo tinto di arancione.

Il mago mezzelfo tirò un sospiro e discese verso la spiaggia, guardandosi attorno ed osservando tutti gli esempi di umanità che la frequentavano. In quel momento, sembrava che le preoccupazioni del mondo diventassero così evanescenti, fino a sparire del tutto. Anche quelle persone, a modo loro, stavano combattendo... e la loro vista ricordò a Damiàn che era soprattutto verso quelle persone che andava il loro dovere.

"Non immaginavo di trovarvi qui, messer Damiàn." disse una fresca voce femminile che non tradiva molte emozioni. Sorpreso nel sentire quella voce, Damiàn volse le sue attenzioni alla persona che aveva parlato... e sgranò gli occhi in un misto di incredulità ed imbarazzo quando si rese conto che si trattava di Serena, e che stava indossando niente di più che un paio di strisce di stoffa, uno attorno al petto e uno attorno ai fianchi, mettendo in mostra un fisico sorprendentemente agile e robusto per la sua età. Non la turbava per niente il fatto di essere quasi nuda davanti ad un suo compagno di viaggio - o davanti a tutte quelle persone, che in effetti non sembravano in alcun modo disturbate.

"L-Lady Serena..." rispose Damiàn con calma, volgendo lo sguardo altrove. "Non mi aspettavo nemmeno io di trovarla qui. Anche se mi fa piacere constatare che lei si sta godendo questo posto."

Serena prese un bel respiro, godendosi il profumo della salsedine. "Sì. Trovo che questo ambiente sia... molto suggestivo." affermò con la sua solita calma serafica. "Speravo di vedere qualcosa di particolare, come una viverna o un sahuagin. Ma a quanto pare non hanno voglia di farsi vedere. Poco male. Sarà per un'altra volta."

Damiàn fece una breve risata nervosa - quella ragazza era così stravagante e distaccata che a volte gli sembrava che non si rendesse davvero conto del pericolo che avrebbero comportato certi incontri. Ma per certi versi, questo la rendeva un membro insostituibile della squadra.

"Com'è Pasiega? E' come ve la siete aspettata, Lady Serena?" chiese il mezzelfo dopo qualche secondo di silenzio.

Serena scavò nella sabbia con un piede nudo. "Mi piace. Davvero. Non sento la mancanza della mia villa, o di tutti quegli agi in cui vivevo." affermò. "Mi sembra... di aver cominciato a vivere davvero soltanto adesso. Anche se ci sono dei rischi, e a volte mi sento incerta su quello che potrebbe accadere in futuro... sono contenta di essere qui. Dico davvero. So che non sembro una ragazza molto emotiva, ma... vi assicuro che quello che dico corrisponde alla verità."

Damiàn non ne dubitava. Serena era un po' eccentrica, ma non aveva malizia e non aveva motivo di mentire. Certo, era piuttosto strano che una giovane proveniente da una famiglia così altolocata preferisse la dura vita del pioniere a quella agiata di una futura ereditiera. Ma Damiàn non era tipo da guardare a questi dettagli. Finchè Serena si trovava bene, non vedeva perchè interferire... e poi, se si era allontanata volontariamente dalla sua famiglia, ci doveva essere un buon motivo.

"E voi, messer Damiàn?" chiese Serena dopo aver passeggiato un po' in tondo. "Cosa vi ha spinto ad entrare a far parte di questa spedizione?"

Il mezzelfo guardò verso l'orizzonte, nella direzione da cui erano provenute le loro caravelle. Incredibile pensare che Rioruna, e con essa l'università in cui si era formato, fosse ora al di là di quell'immenso oceano. E per quanto riguarda cosa lo aveva spinto a tanto...

"La curiosità, immagino. Il desiderio di sapere cosa ci sia oltre il mare." rispose Damiàn dopo averci pensato su. "Ho sentito spesso parlare delle civiltà che hanno popolato il nostro mondo, Nexos, secoli fa. I faraoni di Nila. L'impero di Rema. Le lotte tra il regno dei draghi di Arkosia e i tiefling di Bael Turath. Le Streghe del Peccato. E ho sentito dire che anche qui, nelle isole del Confine dell'Oceano, c'è la possibilità di trovare dei reperti delle antiche civiltà che le popolavano. Almeno... stando a quanto ho sentito dire, una volta non erano disabitate. Sarebbe bello scoprire di più su chi viveva qui tanto tempo fa. Quel tempio di Deskari, dopotutto, non è venuto qui da solo."

"Comprendo." rispose tranquillamente Serena. "In tal caso, cercherò di darle una mano come posso. Ho il presentimento che faremo qualche scoperta davvero interessante. Qualcosa di cui potrà fregiarsi quando tornerà a Rioruna."

Damiàn sorrise leggermente e guardò verso le grandi montagne che dominavano l'isola di Abundancia. "Se a Boccob piacesse... sarebbe davvero un grande privilegio portare alla luce questi segreti." affermò, facendo il nome della divinità della magia.

 

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Hipolito fece qualche gesto in aria con la mano libera e creò una piccola sfera di luce, più che sufficiente a consentire al vivace halfling druido di proseguire il suo lavoro. Davanti a sè, erano ordinatamente disposti dei mucchietti di foglie, bacche, fiori e altra materia vegetale, al momento sotto il suo studio... assieme a qualche rimasuglio dei giganteschi insetti ed artropodi che lui e i suoi compagni avevano abbattuto nel corso della loro spedizione. Accantonata vicino a lui, si trovava una zampa di quegli scorpioni giganti di colore del tutto inusuale che avevano abbattuto nel tempio di Deskari. Tra tutte le cose assurde che aveva visto in quel covo di malvagità, quella lo aveva colpito in modo particolare, oltre all'apparizione di quel sacerdote insettoide.

"Questo colore... uno scorpione, o comunque un aracnide con questa colorazione non avrebbe nessuna possibilità di passare inosservato in natura. A meno che lo scopo non sia quello di farlo immediatamente riconoscere come una preda non appetibile... ma considerando che gli scorpioni sono cacciatori, la cosa non avrebbe senso." disse tra sè, ricordando tra sè gli insegnamenti dei druidi del suo circolo - in particolare, di quando gli avevano insegnato di certe rane o farfalle velenose che sfoggiavano colori vivaci, avvertendo del fatto che cercare di cibarsi di loro sarebbe stato un errore fatale.

"No, no... senza ombra di dubbio, si tratta di un mutamento indotto artificialmente. Forse utilizzando delle tecniche di mutacarne, o iniettando quelle creature di icore abissale... in ogni caso, una perversione del ciclo della natura." continuò l'halfling con disgusto. "Un po' come quei mostruosi millepiedi evocati da quel sacerdote demoniaco. Non riesco ad immaginare i loro scopi, ma sicuramente non sono nulla di edificante."

Con un sospiro, Hipolito appoggiò la sua penna vicino al suo libro di appunti e si distese sul suo giaciglio di paglia, posto appena sotto una finestra che consentiva una spettacolare visuale del cielo notturno. Il piccolo druido aveva scelto una vita modesta, e quell'abitazione piccola e spoglia di tutto ciò che non fosse indispensabile era per lui una sistemazione più che sufficiente. Tra l'altro, gli permetteva di stare da solo quando ne aveva il desiderio, e di avere tutto il tempo di meditare, riflettere e comunicare con gli spiriti della natura. Non era un concetto facile da capire per chi non facesse parte di un cerchio druidico... ma era una parte importante del suo compito di difensore del mondo naturale.

Il piccolo halfling, non sentendosi per nulla assonnato, decise che in quel momento fare un po' di meditazione avrebbe potuto aiutarlo a rilassarsi. Con tutta calma, Hipolito si mise seduto sul suo giaciglio ed incrociò le gambe, poi mise le mani sulle ginocchia, chiuse gli occhi e cominciò a respirare profondamente, ispirando con il naso e buttando fuori l'aria dalla bocca.

"Quando hai dei dubbi... ricorda che tutto parte dal respiro." sussurrò, ripetendo gli insegnamenti dei suoi mentori. "Niente respiro, niente vita."

Hipolito prese di nuovo fiato, poi buttò fuori l'aria in un soffio prolungato, tenendo gli occhi chiusi e cercando di concentrarsi sulla natura selvaggia che circondava la colonia. Anche dalla sua dimora, i suoi sensi soprannaturali riuscivano a percepire chiaramente quello che i druidi come lui definivano "la voce del pianeta". E in quel momento, Hipolito riusciva a percepire una strana sensazione. Non gli sembrava che la natura stesse davvero soffrendo. Tuttavia, percepiva un malessere di sottofondo. Un disagio, come se gli spiriti della natura volessero dirgli che stava per accadere qualcosa di brutto. Purtroppo, con le sue attuali capacità, Hipolito non era in grado di sapere di più. Cercò di concentrarsi di più, ma ottenne l'effetto opposto, e non riuscì a mantenere la sua meditazione, destandosi di colpo e mettendosi seduto sul suo pagliericcio.

"Ah... cavolo... ancora non ci sono... non ho imparato a mantenere lo stato di trance..." sospirò, per poi tergersi il sudore dalla fronte con il dorso di una mano. "Niente da fare, per adesso... senza sapere di più di cosa stia succedendo qui, non posso dire più di quanto non sappiano già i miei compagni e la gente di Pasiega. Si stanno già preparando il meglio possibile per eventuali problemi, e non aiuterei con il pessimismo. Credo che la cosa migliore da fare, per il momento, sia di fare la mia parte al meglio e sostenere i miei concittadini quanto più possibile."

Soffocò uno sbadiglio e si distese sul pagliericcio, tirandosi dietro una coperta leggera un po' consunta. Poi, cercando di scacciare i pensieri almeno per quella notte, l'halfling druido chiuse gli occhi e si risolse di dormire qualche ora, in modo da essere fresco per la giornata di lavoro che lo attendeva l'indomani...

 

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"E questo conclude il mio rapporto." disse la minuta figurina insettoide, inchinata umilmente davanti ad un essere insettoide più grande, assiso su un seggio di legno intagliato con delle complesse geometrie. Accanto a lui, era appoggiato il martello in miniatura che aveva cercato di usare per sabotare la bottega del fabbro a Pasiega, una missione che non aveva avuto il successo sperato. "Ho avuto modo di vedere che gli esploratori degli invasori sono riusciti ad abbattere Isrizzed. Il culto di Deskari ha fallito su tutta la linea."

"Capisco..." disse una voce nasale proveniente dall'insettoide più grande. "E sanno qualcosa sull'Ordine dello Sciame o sugli altri nostri... collaboratori?"

L'insettoide più piccolo scosse la testa. "Non credo sappiano molto, potente Kadox." affermò. "Potrebbero sapere dell'Ordine dello Sciame, ma non credo proprio abbiano idea della connessione tra loro e noi."

L'insettoide più grande di nome Kadox annuì pensieroso. "In ogni caso, si sono rivelati più abili del previsto. Poco male, Isrizzed e i suoi miseri gnefri sono sempre stati sacrificabili. Ma questo vuol dire che dobbiamo muovere più forze di quanto ritenessi necessario. Dobbiamo spezzarli prima che possano diventare una minaccia seria."

Si alzò dal suo seggio e si incamminò verso un'arcata scolpita nella roccia, sotto la fioca illuminazione di alcune luci magiche poste sulle pareti. "Chiederò permesso di iniziare subito l'attacco. Credo che si convinceranno quando presenterò le mie ragioni." affermò, per poi volgersi di nuovo verso il messaggero. Il suo volto da vespa non era atto ad esprimere emozioni, ma l'insettoide più piccolo potè giurare di aver visto una gioia maligna scintillare negli occhi compositi di Kadox.

"E tu, fedele messaggero, avverti i nostri guerrieri." affermò. "La nostra guerra contro l'umanità è appena iniziata, e quello che ci è stato sottratto tornerà nostro!"                            

  

oooooooooo

 

CONTINUA...

 

 

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Capitolo 10
*** La fine di Pasiega ***


Pathfinder: L'Isola degli Insetti Giganti

Una fanfiction di Pathfinder scritta da: Justice Gundam

 

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Capitolo 10 - La fine di Pasiega

Erano già passati diversi giorni dalla spedizione di Albion e dei suoi compagni nell'entroterra.

Da quel giorno, le truppe di stanza a Pasiega avevano rafforzato la sorveglianza. Il comandante Verdugo, non volendo correre rischi, aveva istituito alcune pattuglie che si occupavano di tenere d'occhio il perimetro della colonia, in modo da avvistare con buon anticipo eventuali minacce. Albion, Draig e i loro compagni si erano offerti volontari per fare anche loro dei turni, e avevano già partecipato a diverse ronde. Ma fino a quel momento, la situazione era rimasta la stessa - calma ma tesa, come se da un momento all'altro la cittadina coloniale si aspettasse che apparisse qualcun altro di quegli insetti giganti e attaccasse i coloni.

Quel giorno, Draig stava partecipando alla ronda che percorreva il confine nord della cittadina. Diversi soldati, ognuno di essi vestito dell'uniforme dell'esercito estaniano e armato di alabarda e balestra,tenevano d'occhio i confini della loro terra, e in mezzo a quel gruppo di uomini così compiti e disciplinati, il dragonide barbaro si sentiva quasi fuori posto. Certo, con il suo fisico possente e il suo abbagliamento minimale, spiccava enormemente tra le guardie.

Il possente guerriero tenne ben stretta la sua lancia in una grande mano artigliata, mentre il suo sguardo acuto spaziava da un lato all'altro dell'orizzonte e lungo la macchia verde smeraldo della giungla che sorgeva a non più di un chilometro da lì. Draigsi sentiva un po' combattuto, in quel momento. Da un lato, non gli sarebbe dispiaciuto che qualcuno di quegli insetti giganti attaccasse – sarebbe stato una piacevole diversione dalla noia di quella ronda in cui non accadeva nulla.D'altro canto, il fatto che non si presentasse nessuno di quei mostri voleva dire che Pasiega poteva ancora dormire sonni tranquilli, e per Draig questo voleva dire che poteva benissimo sopportare un po' di noia. E poi, doveva ammettere che gli sguardi ammirati dei soldati estaniani stuzzicavano la sua vanità, anche se nessuno di loro finora aveva avuto il coraggio di parlargli.

Beh, lui non era certo il tipo che aveva problemi a dare inizio ad una conversazione.

Quando un soldato dai capelli castani, con barba e baffi dello stesso colore, si piazzò vicino a lui, davanti all'ingresso della palizzata che proteggeva Pasiega, Draig si schiarì la voce e cercò di intavolare un discorso. Sarebbe bastato un argomento qualsiasi...

"Buongiorno." disse Draig, rivolgendo al soldato un sorriso quanto più rassicurante possibile. Certo, un possente uomo-rettile sputafuoco non poteva essere troppo rassicurante, non importa quanto ci provasse... ma Draig cercò comunque di metterlo a suo agio, e a giudicare dall'espressione del soldato, ci stava riuscendo abbastanza bene. "Come stanno andando le cose? Vi sta piacendo Pasiega?"

"Oh, senza dubbio, signor Draig." rispose il soldato, facendo un cenno con la testa e un lieve sorriso. "Devo ammettere che all'inizio ero un po' scettico riguardo questa iniziativa del nostro beneamato sovrano... ma vedo che la colonia sta prosperando, e possiamo ritenerci fortunati ad avere lei e i suoi compagni a proteggerci."

Draig rise giovialmente, un suono gutturale e possente. "Hohohohoo! Mi fa piacere sentirvelo dire!" affermò. "Ma potete chiamarmi semplicemente Draig! Non sono certo uno che si formalizza tanto!"

"Beh, in questo caso... sentiti libero di darmi del tu! Tristàn Fajardo, piacere!" rispose il soldato. "Sai... fino a pochi mesi fa ero di stanza a Nueva Bendiciòn, dove facevo parte del contingente assegnato al Mastro Inquisitore Najara. Ma... come potrai immaginare, non era esattamente un posto divertente. Nè un posto dove ci siano tante possibilità di fare carriera."

"Davvero?" chiese Draig. "A uno verrebbe da pensare che fare da guardia del corpo ad una figura così importante nella Chiesa di Estania apra un bel po' di possibilità."

Tristàn alzò le spalle. "Sì, verrebbe da pensarlo. Ma... non credere che il Mastro Inquisitore sia tanto disposto a raccomandare la gente. Tra l'altro, non ero proprio una guardia del corpo... più che altro un soldato al suo servizio. No, quando gli servono guardie del corpo, Najara evoca qualche creatura da chissà quale luogo... I soldati sono lì più che altro per fare scena e per essere carne da macello in caso succeda qualche casino."

Il dragonide alzò gli occhi al cielo. Questa era una cosa che lui, cresciuto nella società meritocratica dei dragonidi, non aveva mai apprezzato della società degli umani - in cui persone meno capaci e meno forti potevano comandare a bacchetta altri che, pur essendo più abili, non avevano lo stesso status sociale. "Quand'è così, hai fatto bene a farti trasferire. E da quanto sei qui?"

"Da sette mesi, più o meno." rispose Tristàn. "Certo, è stato un po' duro all'inizio abituarsi a questa nuova vita. Ma penso di poter dire tranquillamente che Pasiega è diventata la mia seconda casa. Ho un buon lavoro, e guadagno abbastanza da poter supportare la mia famiglia, lì nella nostra madrepatria."

"Mi fa piacere saperlo." disse Draig, senza mai distogliere la sua attenzione dall'orizzonte. Ancora una volta, non si vedeva nulla di pericoloso o sospetto, e il dragonide tirò tra sè un sospiro di sollievo, pensando che anche quella ronda sarebbe stata tranquilla...

Un suono improvviso, uno snervante ronzio amplificato di centinaia di volte, giunse improvvisamente alle orecchie del dragonide rosso, la cui attenzione scattò su all'istante. Tristàn, allarmato, vide Draig afferrare la sua lancia e mettersi in guardia, mentre cercava di capire da che parte provenisse quel suono. Il dragonide serrò gli occhi... e un attimo dopo, qualcosa andò a sbattergli contro con abbastanza forza da costringerlo a fare due passi indietro! Con un grugnito, il dragonide alzò la testa per guardare di cosa si trattava... appena in tempo per vedere l'enorme mosca rigonfia che fluttuava in aria, pericolosamente vicina alla sua testa!

Immediatamente, i soldati estaniani afferrarono le loro armi. I più lontani puntarono le loro balestre contro il repellente insetto - una mosca di colore verde metalizzato grande come un umano adulto - e cominciarono a fare fuoco, colpendolo in diversi punti e facendo schiantare al suolo. La mosca gigante agitò le zampe in aria e ronzò per qualche istante prima di immobilizzarsi... ma altre mosche della stessa risma e delle stesse dimensioni apparirono dalla boscaglia con un ronzio infernale e si scagliarono sui difensori di Pasiega! Alcune di loro approfittarono che i difensori erano impegnati e volarono oltre la palizzata, e i soldati riuscirono solo in parte a falciarle a colpi di quadrelli!

"Da... da dove sbucano fuori, questi mosconi schifosi?" ringhiò Draig, vedendo una delle mosche giganti calare su di lui. Con un ringhio gutturale, il dragonide vibrò un colpo con la sua lancia ed infilzò uno di quegli insetti mostruosi, uccidendolo all'istante per poi scagliarlo via... ma un altro soldato non fu altrettanto fortunato e venne agguantato da un'altra mosca, che lo sollevò in aria mentre il malcapitato si agitava e cercava di liberarsi. Altre due mosche si gettarono su di lui e lo agguantarono con le loro proboscidi, cominciando a succhiargli il sangue!

"Attenti! Mirate giusto! Abbattetele!" esclamò una voce, mentre un altro soldato afferrava il corno legato alla sua cintura e soffiava tre volte in esso in rapida successione, in modo da dare l'allarme e dare il segnale ai coloni di rifugiarsi e concentrarsi sulla difesa. Draig prese a sua volta il suo corno e ci soffiò dentro tre volte, poi lo gettò via e si voltò verso le mosche giganti che volavano oltre la palizzata. Alcune lingue di fuoco guizzarono agli angoli della sua bocca, un attimo prima che il dragonide barbaro aprisse le fauci e scagliasse una palla di fuoco che incendiò una delle mosche giganti, trasformandola in breve tempo in un mucchio di cenere!

"Sono troppe! Non possiamo fermarle tutte qui!" ringhiò Draig... un attimo prima che un'altra forma strisciasse fuori dalla vegetazione vicina! Un gruppo di scarafaggi grandi come cavalli, i cui corpi oleosi sembravano quasi riverberare alla luce del sole! Altri insetti mostruosi apparvero uno dopo l'altro... e con orrore, in rapida successione, Draig vide arrivare una vespa gigante... poi due millepiedi giganti molto più grandi di quelli affrontati durante la spedizione... e subito dopo, con un frastuono da incubo, uno scarabeo dalle mandibole orribilmente lunghe e seghettate volò sopra i guardiani, oscurando il sole per un attimo! Altri insetti si stavano lanciando sui soldati di Estania, che si misero in formazione, formando un piccolo muro di lame con le loro alabarde, e cercarono di fare il possibile per difendersi!

"Restate uniti! Come un sol uomo!" ruggì Draig, aggrappandosi con tutte le sue forze alla sua lancia e vibrando un colpo che infilzò uno scarafaggio grande come un cane da caccia. "Cercate di rallentarli il più possibile, e ritiriamoci verso l'interno! Se restiamo qui verremo massacrati!"

Come a voler dare ragione a Draig, un soldato estaniano cadde a terra, trafitto dalla mandibole di un millepiedi gigantesco... e un altro soldato crollò al suolo agonizzante dopo che una vespa gigante lo aveva trafitto alla gola con un pungiglione grande come un pugnale! I ranghi dei soldati di Pasiega cominciavano a sfaldarsi, e gli uomini stavano rapidamente cedendo al panico e al terrore nel vedere i loro commilitoni che morivano in maniera atroce attorno a loro. Una soldatessa arrivò di corsa brandendo un archibugio, un primitivo fucile con meccanismo a ruota, e lo puntò rapidamente contro uno degli insetti più pericolosi, un'enorme vespa che sembrava in procinto di trafiggere Draig con il suo pungiglione velenoso. Con rapidità e sangue freddo, la soldatessa prese la mira e premette il grilletto, esplodendo un colpo assordante! Il proiettile sfrecciò in aria e colpì il mostruoso insetto al torace, facendolo abbattere al suolo con un ultimo spasmo.

"Grazie!" esclamò Draig voltandosi verso la soldatessa. Quest'ultima annuì e poi mise a terra il fucile e sfoderò uno stocco finemente forgiato, che usò per trafiggere una formica gigantesca che stava cercando di morderle un ginocchio! Ma altri insetti continuavano ad arrivare da tutte le direzioni, e i soldati stavano per essere sopraffatti dalla superiorità numerica. "Ma non possiamo restare qui! Il nostro villaggio è sotto attacco! Dobbiamo andare ad aiutare i nostri compagni e i cittadini!"

"Presto! Prendete bene la mira! Ricaricate quelle balestre!" esclamò Tristàn. La donna con l'archibugio tirò fuori dalla cintura una pistola a pietra focaia e la lanciò a Tristàn, che prese al volo l'arma, la caricò in tutta fretta e sparò un colpo che falciò un mostruoso scarabeo gigante con le elitre arancioni striate di nero. Lo scarabeo-tigre crollò al suolo con un ultimo frullo d'ali, ma lo sciame di insetti giganti, sia volanti che striscianti, era fin troppo fitto e numeroso perchè i difensori di Pasiega potessero sperare di affrontarlo. I soldati superstiti, tra cui Tristàn e la donna con l'archibugio, iniziarono un'ordinata ma rapida ritirata, sperando di poter ricevere un po' di supporto dal resto delle truppe...

 

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Damiàn stava sfruttando quel po' di tempo libero che aveva per scrivere una lettera ad una persona cara che era rimasta nella madrepatria... ma era arrivato appena a metà quando la quiete e il silenzio erano stati improvvisamente infranti da una sequela di urla di terrore e da un ronzio assordante simile al rombo di un tuono caduto pericolosamente vicino! Nel giro di pochi secondi, tutto era precipitato nel caos, e il mezzelfo arcanista, ansioso e spaventato, si era precipitato fuori casa per vedere di cosa si trattasse.

L'orrore lo aveva travolto non appena aveva messo piede fuori dalla porta di casa. Uno stuolo enorme di mostruosi insetti si era riversato su Pasiega e si era dato alla distruzione indiscriminata, demolendo gli edifici e lanciandosi contro le persone e gli animali! Le strade erano già ingombrate di morti e feriti, sia estaniani che insetti... e agli attaccanti si erano aggiunti diversi umanoidi simili ad insetti antropomorfi, che stavano attaccando gli abitanti di Pasiega senza alcuna distinzione tra uomini, donne e bambini!

"Ma... cosa... onnipotente Boccob, che sta succedendo qui?" boccheggiò il mezzelfo, sentendosi come se all'improvviso si fosse ritrovato all'inferno. Era talmente sconvolto e spaventato che si accorse solo all'ultimo momento dell'enorme insetto che stava per atterrare su di lui e schiacciarlo al suolo - una locusta enorme, di colore marroncino con le ali vivacemente colorate e delle orride mascelle che sembravano capaci di sminuzzare un albero! Damiàn alzò le braccia per istinto, troppo sconvolto per difendersi, e tutto davanti ai suoi occhi sembrò rallentare...

Improvvisamente, due frecce attraversarono l'aria e colpirono la gigantesca locusta al torace e ad un occhio, piantandosi nel suo corpo con un fruscio agghiacciante. Damiàn riuscì a riscuotersi dal suo shock e si guardò attorno, vedendo Pepa che arrivava di corsa con una terza freccia già incoccata nel suo arco, mentre la locusta mostruosa crollava al suolo e agitava convulsamente le zampe nei suoi ultimi istanti di vita.

"Damiàn!" esclamò Pepa, evidentemente sollevata nel vedere che il suo compagno era ancora vivo. Lo raggiunse e controllò che non fosse ferito - per fortuna stava bene fisicamente, anche se era comprensibilmente scioccato. "Damiàn, stai bene?"

"S-sì... credo di sì... se non altro, non sono ferito." mormorò il giovane arcanista, cercando di non far vedere il tremitio delle sue mani. "Ma ora... dobbiamo trovare gli altri. Cercare di difendere i civili, e... capire cosa sta succedendo!"

Mentre attorno a loro altri insetti ed artropodi giganti scendevano in picchiata o si lanciavano all'attacco, Damiàn vide avvicinarsi a gran velocità un'orrida creatura di colore marroncino simile ad un ragno - con la differenza che aveva dieci zampe e le sue mandibole erano orrendamente ipersviluppate, al punto da raggiungere la lunghezza della sua testa! Con uno scatto quasi impossibile da seguire, la creatura si lanciò su Pepa, che si scansò appena in tempo per evitare di essere ghermita da quelle terrificanti fauci. Ma la punta di una delle mandibole riuscì comunque a prenderla di striscio, aprendole una dolorosa ferita sotto la spalla destra. Con un grugnito, la ranger si scansò e cercò di sfoderare la sua arma, ma Damiàn, che ora sembrava essersi ripreso dallo spavento, alzò una mano e scagliò contro la bestia un fiotto di acido giallastro, che investì la testa e le zampe anteriori di quell'orrendo aracnide e gli strappò un innaturale sibilo di dolore! La bestia cominciò a correre alla cieca avanti ed indietro, agitando a vuoto le mandibole e dando a Damiàn e Pepa il tempo di allontanarsi e cercare di portare quanti più civili possibile al sicuro.

"SCUDO!" esclamò il mezzelfo. Alzò una mano e creò uno scudo di energia scintillante davanti a sè, poi si frappose tra due scarafaggi giganti e una famiglia - padre, madre e tre bambini - che cercava disperatamente di fuggire. Gli insetti giganti indietreggiarono dopo aver sbattuto contro un ostacolo invisibile, ma ripresero testardamente ad avanzare, non capendo perchè andavano a sbattere contro qualcosa che non vedevano. "Presto, scappate! Raggiungete un luogo sicuro! Non riusciremo a tenerli fermi a lungo!"

"Guardate!" esclamò Pepa, fermatasi giusto un istante per tamponarsi il braccio ferito. "Sta arrivando qualcos'altro, che cosa...?"

Con orrore, la giovane ranger si accorse che delle strane creature di forma umanoide ma con fattezze da insetto si erano unite agli attaccanti di Pasiega. Alcuni di loro erano degli uomini-vespa alti poco più di un metro, terribilmente simili ad Isrizzed, l'insettoide sacerdote di Deskari che il gruppo aveva sconfitto non tanto tempo prima in quel tempio sacrilego. Ma altri, un po' più rari, erano più o meno delle dimensioni di un umano, forse anche un po' più alti, e ricordavano parecchio delle mantidi religiose dalla livrea marroncina che cercavano in qualche modo di imitare un essere umano, con quattro braccia dotate di mani a quattro dita ciascuna, teste affusolate e un paio di robuste gambe che terminavano in piedi a tre dita.

"Ma che diavolo...?" sussurrò Pepa, un attimo prima che due degli uomini-vespa caricassero verso di lei, costringendola a difendersi con dei frenetici fendenti sferrati con la sua scimitarra.  Una sciabolata colpì uno dei due uomini-vespa ad un braccio, e l'insettoide si allontanò con uno stridio acuto, ma l'altro si avventò su Pepa e cercò di trafiggerla ad un fianco con la sua lancia!

"DARDO INCANTATO!" esclamò Damiàn, lanciando un altro incantesimo e scagliando uno strale di luce argentata che attraversò il torace della vespa umanoide, che si immobilizzò con un fremito di dolore ed incredulità prima di accasciarsi al suolo senza vita. "Ora tocca a me aiutare lei, signorina Pepa."

"Grazie, signor Damiàn." disse la ragazza, per poi sferrare un rapido e letale fendente che abbattè il secondo uomo-vespa. Ma altri insetti ed insettoidi stavano arrivando da varie direzioni, costrigendo i due coloni ad una rapida ritirata, seguendo la famiglia e il resto dei civili che cercavano disperatamente di mettersi in salvo. Gli insetti giganti stavano falciando un abitante dietro l'altro, e le strade erano ormai ingombre di cadaveri - uomini, donne e bambini, senza distinzione. Alcuni soldati estaniani stavano accorrendo, spade sguainatee archibugi e balestre carichi, ma era una battaglia persa in partenza contro un nemico così numeroso ed implacabile.

"Maledizione... dobbiamo dare loro una mano!" esclamò Pepa, per poi scagliare due frecce, una delle quali trafisse una mosca gigante. "E dobbiamo anche trovare i nostri amici! Dove saranno adesso?"

"Messer Draig era alla palizzata! Spero che se la sia cavata..." affermò ansiosamente Damiàn, attingendo a tutta l'energia magica del suo corpo in un frenetico tentativo di rallentare quell'orda mostruosa...

 

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"Hey, voi! Si può sapere che state facendo? Che volete da noi?" ringhiò Albion, riprendendo fiato dopo un violento corpo a corpo con un uomo-mantide che teneva tra le mani artigliate una strana arma, una sorta di asta da combattimento con una lama frastagliata ad entrambe le estremità. Accanto a lui, Serena stava cercando come poteva di rallentare altri insetti giganti, scagliando raggi di energia oscura con una mano, mentre con l'altra si tamponava una ferita alla pancia che uno degli uomini-vespa le aveva inflitto con la sua lancia prima di essere abbattuto da un deciso colpo di mazza. Il piccolo halfling druido, Hipolito, stava cercando di evacuare una casa dietro di loro, aiutando una bambina mezzelfa, i suoi genitori ed un gattino bianco a raggiungere un posto più sicuro.

L'uomo-mantide (un thri-kreen, se Hipolito non ricordava male) rispose ad Albion con un secco schiocco delle sue mandibole e una serie di fischi acuti. Sembrava voler attendere che Hipolito finisse di mettere al sicuro i civili, prima di riprendere lo scontro... e quando ormai la famiglia era sana e salva, si scagliò di nuovo all'attacco e tentò un affondo con quella sua strana arma. Albion scansò abilmente il colpo, e la lama rimbalzò sulla sua armatura con un tintinnio metallico... e Serena, cogliendo il momento giusto, si lanciò all'attacco con rapidità notevole malgrado la sua ferita, e sferrò un colpo con la sua mazza, raggiungendo il thri-kreen al fianco.

Con uno stridio acuto, il guerriero mantide cadde in ginocchio e riuscì per un pelo ad evitare di perdere la presa sulla sua arma. Con un cenno di assenso, Albion sferrò un altro attacco e colpì a morte il suo avversario, che finamente crollò al suolo schioccando le mandibole. Per un attimo, Albion riprese fiato, ma non c'era il tempo di fermarsi a lungo. Hipolito si avvicinò a Serena che strizzò un occhio per il dolore della ferita e si chinò leggermente, in modo che il piccolo druido potesse farle un incantesimo curativo.

"Okay, resta ferma un attimo... Spiriti della Natura, alleviate il dolore di questa giovane figlia dell'uomo." esclamò. "CURA FERITE LEGGERE!"

La mano di Hipolito brillò di una calda luce dorata che scorse rapidamente nel corpo della giovane warlock, la cui ferita si ridusse di dimensioni. Non era guarita del tutto, ma se non altro era molto più sopportabile. "Grazie, Hipolito." sussurrò la ragazzina, mentre riprendeva in mano la sua arma e si preparava a sostenere un nuovo assalto. Stavolta, dai vicoli vicini stavano arrivando zanzare grandi come gatti, molte delle quali avevano già il ventre ingombro di sangue. "STate attenti! Restate indietro, qui faccio io!" esclamò Serena, per poi cominciare a scagliare dei raggi di luce viola dal palmo della mano libera. I raggi letali andarono a segno ed abbatterono due delle zanzare giganti, che si schiantarono al suolo in un groviglio di zampe ed ali... ma ormai gli insetti e gli insettoidi incombevano da tutte le parti!

"Presto, ritirata!" ordinò a malincuore Albion. "Concentratevi sull'evacuare quante più persone possibile!" Tra sè, il paladino mandò un augurio e una speranza di buon ritorno a Draig, che sicuramente era stato di ronda fuori dal perimetro di Pasiega. Poteva solo sperare che gli insetti giganti e quegli orridi insettoidi non lo avessero ucciso.

In una situazione normale, l'idea che qualcuno potesse far fuori il suo tenace e combattivo compagno d'armi gli sarebbe sembrata ridicola. Adesso, con Pasiega presa d'assalto da un'orda apparentemente inarrestabile, questa terribile possibilità non era più tanto remota. In ogni caso, dovevano ritrovare Damiàn e Pepa, oltre a cercare di salvare quanta più gente possibile... e se la cosa era fattibile, dovevano anche ritrovare il comandante Verdugo e la vice-comandante Torreblanca.

Alcune formiche giganti apparirono da una strada laterale, schiaccando le mandibole con espressione famelica mentre avanzavano contro di loro. Serena scagliò un altro paio di raggi di energia oscura e riuscì ad abbattere una delle formiche, mentre Albion apriva le fauci e scagliava un raggio gelido di energia bianco-azzurrina che colpì un'altra delle formiche e la intorpidì. Con abbastanza tempo a sua disposizione per lanciare un incantesimo, Hipolito si appellò nuovamente agli spiriti della natura e creò un groviglio di liane che avvinghiò le formiche superstiti e le tenne ferme al loro posto.

"Okay, questo le tratterrà per un po'... ma non possiamo sprecare tempo! Si libereranno tra non molto!" esclamò l'halfling. "Signorina Serena, siete in grado di proseguire?"

Nonostante la dolorosa ferita, Serena non mostrò paura nè esitazione. "Posso farcela. Non sono ferita gravemente." affermò. Albion tirò un momentaneo sospiro di sollievo, poi lui e Serena seguirono Hipolito verso l'ufficio del comandante Verdugo...

 

oooooooooo

 

Mentre la battaglia attorno a lui infuriava, il tosculi alchimista Varshod restava fermo accanto al muro di un'abitazione, sconvolto dal terrore e da un senso di colpa che non lo aveva mai davvero lasciato, e che ora si ripresentava più feroce che mai. Tenendo tra le mani una sfera di vetro contenente qualche sostanza chimica che lui aveva distillato solo poche ore prima, l'uomo-vespa osservava con crescente orrore i suoi simili che si davano alla distruzione indiscriminata, uccidendo chiunque osasse pararsi loro davanti. Gli abitanti di quella colonia di umani stavano combattendo con disperata determinazione, ed erano riusciti ad abbattere diversi dei suoi simili... ma questo non riusciva certo a tranquillizzare Varshod, che non vedeva altro che uno spreco di vite da entrambe le parti.

Gli era stato detto che stavano semplicemente andando a rubare del cibo e dell'equipaggiamento da Pasiega, il villaggio degli invasori che erano approdati sulla loro isola. Ma al momento di agire, Varshod aveva visto un esercito di insetti giganti, tosculi suoi simili, thri-kreen e persino alcuni trox che si lanciavano contro la città degli umani assetati di sangue. Varshod aveva sentito le grida di terrore e dolore degli esseri umani che venivano mssacrati, e aveva visto alcuni dei suoi compagni che restavano impietriti di fronte alla violenza che gli altri stavano perpetrando. Non poteva fare a meno di pensare che i cosiddetti intrusi non fossero poi tanto diversi da loro. E in quel momento, tutte le storie che molti dei suoi superiori raccontavano sulla crudeltà degli invasori e sulla loro "diversità" gli apparivano come ridicole scuse per fare la guerra.

Sicuramente, in quel momento, gli abitanti di Pasiega consideravano lui e i suoi simili come dei mostri... e non poteva dare loro tutti i torti.

"Che stai facendo lì, Varshod?" esclamò, nella loro lingua dal timbro nasale, un tosculi armato di una scimitarra ancora insozzata di sangue. Tenendo in un'altra mano una boccetta piena di liquido rossastro, si avvicinò all'edificio presso il quale Varshod si stava rifugiando, e altri due dei suoi simili arrivarono a loro volta, anche loro armati di ampole di quel liquido che Varshod riconobbe fin troppo bene.

"Non... non starete pensando di..." mormorò Varshod. Malgrado il suo volto da vespa non lasciasse trasparire molte emozioni, il modo in cui le sue antenne si muovevano riusciva fin troppo bene a comunicare paura e confusione.

La sua domanda non ebbe risposta. Come rispondendo ad un unico ordine, i suoi tre simili scagliarono le loro ampolle attraverso le finestre dell'edificio... e una frazione di secondo dopo ci fu un'esplosione, e l'interno dell'edificio venne invaso dalle fiamme! Il ruggito dell'incendio venne per qualche terribile secondo sovrastato dalle urla agonizzanti delle persone che si erano rifugiate là dentro e che ora morivano arse vive... e Varshod rabbrividì per l'orrore, allontanandosi in tutta fretta dall'edificio in fiamme. Le sue mandibole si mossero spasmodicamente, come se il tosculi cercasse disperatamente di non vomitare... e Varshod provò un minimo di sollievo quando i tre suoi simili si allontanarono senza badare troppo a lui, permettendogli di allontanarsi senza attirare attenzioni sgradite. Il tosculi alchimista restò a guardare l'edificio in fiamme, dal quale non provenivano più urla... e guardò verso il terreno, sentendosi improvvisamente svuotato.

Era questo quello che volevano davvero i suoi superiori? Volevano la guerra, finchè una delle due parti non fosse stata sterminata? Disgustato e spaventato, il tosculi si allontanò lentamente, fermandosi solo quando andò a sbattere con la schiena contro qualcosa che era apparso all'improvviso dietro di lui. Con un'esclamazione di paura, Varshod si voltò e sfoderò un pugnale dalla lama larga e ricurva da un fodero assicurato ad una bandoliera, e si trovò davanti un thri-kreen che teneva alzate le sue braccia superiori, mentre con quelle inferiori teneva ben stretta una di quelle strane armi ad asta che anche gli altri della sua razza usavano.

"Hey, Varshod! Sono io!" esclamò l'uomo-mantide con aria allarmata. A giudicare dal linguaggio del suo corpo, anche lui dava l'impressione di voler essere da tutt'altra parte in quel momento. Volse lo sguardo verso l'edificio in fiamme, e poi al resto di Pasiega che veniva travolta dall'esercito di insetti ed insettoidi, e ne rimase agghiacciato. "Che sta succedendo...? Sono stati... loro a fare questo?"

"Credevo... che fosse soltanto una spedizione per rubare del cibo e dell'equipaggiamento agli invasori, Ikkotha." affermò mestamente Varshod. "La mia divisione era appena entrata in azione, quando ho visto questa marea di insetti e un esercito di nostri simili... e ho capito quale fosse il vero scopo di tutto questo!" L'uomo-vespa scosse la testa e guardò in lontananza, forse sperando di trovare un modo di fuggire da lì. "Non... non possiamo restare qui! Non... non voglio rendermi complice di questo massacro!"

"Nemmeno io." rispose Ikkotha con voce nasale, per poi fare cenno al suo compagno più piccolo di seguirlo. "Presto, vieni! Qerus dovrebbe essere qui in giro... dobbiamo trovarlo e convincerlo a lasciar perdere questa pazzia, prima che sia troppo tardi! Ma lo sai bene che se ce ne andiamo, non ci sarà posto in tutta l'isola dove potremo nasconderci!"

Varshod seguì il suo compagno più alto nella vegetazione fitta, mentre il frastuono della battaglia e le urla dei morenti continuavano a riecheggiare sinistramente. Ikkotha sferrò una serie di fendenti con la sua arma, falciando la fitta vegetazione che impediva loro di proseguire... e finalmente raggiunsero una radura appartata, dove ebbero una sorpresa un po' più gradita: un altro insettoide li stava aspettando lì - un colosso alto più di due metri, simile ad un muscoloso scarabeo umanoide dalla corazza grigia, con un volto dall'espressione stranamente umana affiancato da un paio di enormi mandibole a forma di falce, sei braccia - due delle quali erano più muscolose e terminavano in un paio di enormi mani che reggevano un impressionante martello da guerra - e un paio di gambe robuste terminanti in una sorta di zoccoli chitinosi. Dava l'impressione del classico bruto tutto muscoli e niente cervello... ma il modo in cui si rivolse a Varshod ed Ikkotha faceva capire che c'era qualcosa di più dietro il suo aspetto.

"Che... succede, compagni?" chiese il colossale uomo-scarabeo, con una voce che suonava stranamente melodica, quasi femminile. Parlava lentamente, facendo delle pause anche di qualche secondo ogni volta che pronunciava alcune parole. "Mi sembra di capire... che non sta andando molto bene."

"Noi... non vogliamo partecipare a questa pazzia, Qerus." rispose Ikkotha. "E' il momento di andarcene. Anche se... sinceramente credo che sia una scelta impulsiva ed imprudente."

La guerriera-scarabeo non sembrò per nulla perturbata da quello che aveva sentito - piuttosto, si sfregò la fronte con una delle sue mani più piccole e guardò i suoi due compagni più piccoli come se avesse bisogno che loro le spiegassero cosa stava accadendo. "Ehm... non sono sicura... di cosa volete fare voi due..." rispose disorientata. "Ma... quando lo sapranno, ci puniranno tutti, e tu lo sai... loro sono duri... con chi... tradisce l'alveare."     

Ma con una rapida occhiata, e un momento in cui i tre insettoidi restarono a guardarsi, Qerus si rese conto che i suoi compagni facevano sul serio... e senza chiedersi altro, abbassò la testa e fece cenno ad Ikkotha di guidarli dove lui volesse. Il guerriero mantide ringraziò con un cenno della testa e un cenno amichevole della mano, poi prese la testa del terzetto e cominciò a guidarli verso una destinazione di cui nessuno di loro era sicuro... Era stata una decisione che sicuramente avrebbe avuto delle conseguenze enormi per ognuno di loro, e che avrebbe potuto presto voler dire che non erano più i benvenuti nell'Alveare...

Ma in quel momento, a Varshod ed Ikkotha importava molto di più fare i conti con la loro coscienza... e cercare di pensare ad un modo di aiutare le persone che avevano perso le loro case e i loro cari a causa di quella pazzia...

 

oooooooooo

 

Con un muggito terrificante, Dmitros Verdugo sferrò un devastante fendente, tenendo salda in entrambe le mani la sua enorme ascia bipenne. La terribile lama tranciò in due il suo bersaglio, e le due metà del ragno gigante che Verdugo stava affrontando si afflosciarono inerti al suolo... ma altri insetti ed insettoidi arrivavano da ogni parte, e i suoi uomini si riducevano ad ogni istante che passava. Represse un'esclamazione di orrore quando una soldatessa venne afferrata da uno scorpione grande come un cavallo, che le trafisse il collo con il suo pungiglione e la stritolò nelle sue chele. Con la forza della disperazione, Verdugo riuscì ad arrivare in aiuto di un'altra cadetta e abbattè l'uomo-vespa che le stava addosso... ma non prima di aver ricevuto dalla creatura una pugnalata alla gamba destra, che contribuì a rallentare i suoi movimenti. Un torpore inquietante si impadronì quasi subito dell'arto, e Verdugo si accorse con suo sommo rammarico che il pugnale doveva essere stato avvelenato.

"Restate uniti! Non date a questi mostri la minima apertura!" esclamò Verdugo. Strinse i denti e afferrò una boccetta di pozione curativa dalla cintura, per poi vuotarla d'un fiato e unirsi ai soldati che proteggevano alcuni gruppi di superstiti. Con un fendente della sua ascia, il minotauro abbattè un enorme millepiedi che si stava avvicinando, ma un attimo dopo, una vespa gigante scese in picchiata su di lui e cercò di trafiggerlo con il suo pungiglione...

Una figura femminile agile e scattante si piazzò accanto al minotauro e sferrò un abile affondo con il suo stocco, colpendo a morte la vespa gigantesca in mezzo agli occhi. La vice-comandante Orsola Torreblanca strinse i denti e fece un passo indietro sotto la spinta dell'insetto gigante, ma riuscì a restare in piedi e fece cadere il corpo senza vita ai suoi piedi.

"Comandante Verdugo!" esclamò la donna, pulendo rapidamente la sua lama dai fluidi corporei che la insozzavano.

"Vice-comandante Torreblanca." rispose il suo superiore, senza nascondere il suo sollievo nel vedere la sua seconda in comando. Ma gli insetti giganti non diedero loro molto tempo per rallegrarsi e ripresero l'assalto, soffocando ogni suono con il loro infernale ronzio. "Tsk... qual è la situazione? Dove possiamo far rifugiare i civili?"

"Temo... che l'intera colonia sia ormai invasa, comandante!" esclamò Orsola. Un thri-kreen si fece avanti e lanciò contro di loro due proiettili di cristallo dai bordi affilati come lame, colpendo Orsola di striscio ad un fianco prima di passare alla carica brandendo una scimitarra. La donna scansò abilmente un fendente dall'alto verso il basso, poi rispose con una finta, un fendente e infine un affondo all'addome del nemico, che si accasciò a terra agonizzante. "Tutto quello che possiamo fare... è cercare di evacuare quanti più civili possibile!"

Verdugo strinse i denti, un attimo prima che una raffica di colpi di pistola sovrastasse il frastuono della battaglia. Alcuni soldati estaniani avevano aperto il fuoco con delle pistole a pietra focaia, abbattendo diversi degli insetti giganti. Ma anche così, gli invasori erano talmente numerosi e determinati che la colonia aveva solo guadagnato un po' di tempo.

"Dobbiamo fare qualcosa per guadagnare tempo, almeno..." disse tra sè Verdugo. Un altro colpo d'ascia abbattè un tosculi che stava cercando di colpirlo da un lato, poi il possente minotauro si voltò verso tre ragni giganti e riuscì ad abbatterne due in breve tempo... ma uno di loro riuscì a sfuggire ai colpi e morse Verdugo al fianco. La ferita iniziò immediatamente a bruciare come una marchiatura a fuoco, e il minotauro ringhiò di dolore per poi afferrare il mostruoso aracnide, sollevarlo con tutte le sue forze e scaraventarlo via!

"Comandante, siete ferito!" esclamò Orsola, tamponandosi una ferita al braccio sinistro dopo aver trafitto una formica gigante con il suo stocco. "Per favore, state indietro! Prendetevi almeno un po' di respiro..."

"Vice-comandante Torreblanca!" esclamò una soldatessa dopo aver scagliato un quadrello dalla sua balestra. "Non riusciamo più a trattenerli! Sono troppo numerosi!"

"RAAAAARGH!" Un ruggito tonante sovrastò il frastuono della battaglia, e una possente figura umanoide si scagliò contro uno scorpione gigante che si stava avvicinando pericolosamente alla vice-comandante. Mezzo secondo dopo, un massiccio dragonide dalle squame scarlatte, il corpo muscoloso segnato da graffi, tagli e contusioni, abbattè la sua lancia sul bestione corazzato, infilando la punta tra le placche della corazza e trafiggendo la testa! Immediatamente,  le zampe dello scorpione gigante cedettero, e la bestia agitò scompostamente le chele in aria prima che la vita lo lasciasse. Ma il dragonide rosso non aveva finito. Facendo appello a tutte le sue forze, Draig prese fiato, si voltò verso il nemico e scagliò una palla di fuoco che esplose in mezzo a quell'orda mostruosa, dando alle fiamme diversi degli invasori e costringendone altri a retrocedere!

"Comandante Verdugo! Vice-comandante Torreblanca!" esclamò Draig, scendendo dal corpo del nemico abbattuto e rimettendosi in guardia. "Siamo spiacenti! Non siamo riusciti a trattenerli, erano troppo numerosi!"

"Soldato Draig! Siamo contenti di vedere che siete vivo..." disse Verdugo, raggiungendo il dragonide rosso, che nonostante le ferite riuscì ad abbozzare un sorriso. "Gli altri, sapete per caso dove sono?"

"Vorrei saperlo..." rispose il dragonide barbaro, vibrando ancora un paio di colpi con la sua lancia e abbattendo un altro nemico. "In questo momento, tutto quello che ho potuto fare è stato portare qui tutti i superstiti... e non sono tanti, nè tantomeno bene armati, temo."

A fianco di Draig arrivarono i pochi soldati superstiti della ronda - soltanto cinque, tra cui Tristàn e la soldatessa con l'archibugio. E nessuno di essi aveva un aspetto troppo combattivo. Il desiderio di difendere la loro città era evidente nelle loro espressioni, ma erano tutti troppo esausti ed indeboliti per poter apportare un aiuto concreto.

"Avete fatto quello che potevate con abnegazione, soldato Draig." disse Torreblanca, mentre i soldati formavano una barriera umana per impedire agli insetti giganti ed agli insettoidi di proseguire oltre. "Siamo orgogliosi di poter contare su un guerriero del vostro calibro."

Draig sorrise amaramente mentre si apprestava ad affrontare la marea di artropodi assassini. Non che le lodi gli dispiacessero... ma se solo avessero avuto qualche modo per ribaltare questa pessima situazione, sarebbe stato ancora meglio. E in tutto ciò c'erano anche il rimpianto di non aver potuto salvare più abitanti di Pasiega, e di non aver potuto vedere un'ultima volta il suo migliore amico.

Oh, beh. Se non altro, sarebbe morto gloriosamente in battaglia. Stringendo i denti, Draig si apprestò a sostenere l'assalto finale degli insettoidi, deciso a portarsene dietro quanti più possibile prima di cadere. Il nemico si avvicinò sempre di più, e alcuni thri-kreen puntarono le loro lance contro il dragonide rosso, forse pregustando il sapore delle sue carni...

Due frecce sibilarono in aria, trafiggendo un thri-kreen e un tosculi, e facendoli abbattere al suolo con due brevi stridii di dolore... e l'esercito degli insetti esitò per un attimo, il tempo necessario ad altre due figure di unirsi all'ultima linea di difesa della colonia! Pepa si piazzò accanto a Tristàn, tenendo una freccia incoccata e mirando ad uno degli insetti più grandi, pronta a scagliare un colpo alla testa del mostro... e subito dopo, anche Damiàn raggiunse Draig e il resto dei difensori. La sua veste era lacerata in diversi punti, e aveva un taglio sulla fronte che aveva da poco smesso di sanguinare, ma il giovane mago era comunque pronto a combattere fino alla fine, le mani sollevate ed avvolte da una tenue aura verdina.

"Pepa! Damiàn!" esclamò Draig sollevato. "Meno male, ci siete anche voi..."

"E non sono da soli!" esclamò la voce di una ragazza. Un raggio di luce violacea balenò contro l'esercito di insettoidi e colpì in pieno un'ape delle dimensioni di un cane. Ci fu una piccola esplosione di luce viola, e l'ape si schiantò a terra, quasi spezzata in due dal colpo. Un istante dopo, con un possente ruggito, un familiare dragonide dalle squame argentate trafisse un altro nemico con la sua alabarda, poi si voltò e scagliò dalle fauci un altro raggio di energia gelida, mentre un terzo individuo, più piccolo ma non per questo meno combattivo, si piazzò vicino ai difensori di Pasiega, tenendo tra le mani tre grossi sassi.

"Spiriti della natura, conferite la vostra forza a queste pietre, che possano respingere il nostro nemico! PIETRE MAGICHE!" esclamò Hipolito. Le pietre che teneva nelle mani vennero avvolte da una tenue aura magica per qualche secondo... e il piccolo halfling ne mise una nella sua fionda, la fece girare e poi scagliò il colpo, centrando uno scarafaggio gigante con abbastanza potenza da farlo finire a zampe all'aria!  

Mentre Serena si ritirava verso i suoi compagni, scagliando ogni tanto un altro raggio energetico, Albion si piazzò accanto a lei per difenderla e usò la sua alabarda per mandare via gli avversari più vicini. In tutta fretta, il gruppo si riunì, rinsaldando il muro di vite che proteggeva gli abitanti di Pasiega in fuga.

"Albion!" esclamò Draig con evidente gioia - un po' disturbata dal fatto che anche il dragonide argentato era chiaramente ferito. "Hah! Dovevo immaginare che non saresti morto così facilmente!"

Albion rivolse al suo amico un mezzo sorriso. "Ho preso un po' di lezioni da te, in quanto a testardaggine." affermò, una mano premuta sopra una ferita alla spalla. "Ma... temo che non saremo in grado di fare più di tanto. Siamo troppo pochi... e i nostri nemici sono troppi... e troppo forti..."

Un ronzio infernale coprì le sue parole, e quando Albion alzò lo sguardo vide due giganteschi calabroni dalla livrea gialla e rossa che volavano sopra di loro, gli occhi compositi che passavano ogni cosa in rassegna in cerca di vittime. Alcuni soldati estaniani tirarono verso il calabrone più vicino, ma la maggior parte dei quadrelli mancarono il bersaglio, e anche quei pochi che lo raggiunsero rimbalzarono sulla sua corazza chitinosa. 

Gli insetti, temporaneamente rallentati dall'attacco a sorpresa, ripresero l'assalto con rinnovato vigore, ma i primi a farsi avanti caddero sotto i disperati affondi della lancia di Draig. Il barbaro mostrava chiari segni di esaustione, dovuta al fatto che stava spingendo il proprio corpo oltre i suoi limiti combattendo in preda alla furia, ma per fortuna il resto del gruppo provvide a dargli una mano. Verdugo e Torreblanca si piazzarono al suo fianco, sferrando una serie di colpi contro gli invasori... ma altri nemici si fecero avanti, e un thri-kreen riuscì a sferrare un affondo che colpì Verdugo ad un fianco!

"Comandante!" esclamò Torreblanca. Rapida come un lampo, la donna estrasse un pugnale dalla cintura e lo scagliò con letale precisione, trafiggendo la gola dell'uomo-mantide, che barcollò per qualche secondo e crollò al suolo. Stringendo i denti per il dolore, Verdugo afferrò l'arma a doppia lama del suo avversario e la scagliò come un giavellotto contro un tosculi armato di scimitarra, infilzandolo e inchiodandolo a terra!

"Comandante, tutto bene?" chiese Torreblanca, mentre con il suo stocco teneva a bada due nemici. Due soldati di Estania caddero morti accanto a lei, sfoltendo ulteriormente le file dei dfensori... mentre i tosculi e i thri-kreen indietreggiarono, in modo che gli insetti giganti potessero andare all'attacco. Alcuni degli uomini-mantide lanciarono dei dardi di cristallo, alcuni dei quali andarono a segno, ferendo civili in fuga, soldati ed avventurieri in maniera indiscriminata.

Verdugo afferrò saldamente la sua ascia insozzata di sangue. Si guardò attorno, e si rese subito conto che ormai non c'era più niente da fare. Per quanto lo addolorasse ammetterlo, Pasiega era perduta. Gli insetti giganti e gli insettoidi avevano ormai occupato quasi tutto, e gran parte della popolazione era stata uccisa o catturata - e Verdugo non era sicuro se il secondo sarebbe stato un destino migliore del primo. Il gruppo di Albion stava ancora lottando con tutte le loro forze, nonostante le ferite e la fatica... ma per quanto ancora sarebbe durato?

...

...

No. Non poteva finire così. Forse oggi questo sarebbe stato il suo fallimento... ma questo non voleva dire che ogni speranza doveva morire in quell'infausto giorno.

"Torreblanca." disse Verdugo, sentendo gli effetti del veleno che si diffondeva nel suo corpo - anche a causa del notevole sforzo fisico che stava facendo. "I civili superstiti... sono stati fatti evacuare? Dove sono in questo momento?"

"Una prim divisione si sta dirigendo verso ovest, verso la strada che conduce a Tarago." rispose la donna, infilzando la testa di una mosca gigante con il suo fioretto. "Dovrebbero essere già abbastanza lontani da qui..."

"Bene. Paladino Albion!" esclamò il possente minotauro. Quando il dragonide argentato volse a lui la sua attenzione, non prima di aver abbattuto un orrendo aracnide dalle mascelle uncinate e dalle zampe piene di spuntoni, Verdugo diede il suo ordine. "Ascoltatemi bene! Vi ordino di prendere con voi il vostro gruppo e un po' di soldati, e raggiungere il gruppo di civili in fuga verso est, verso Tarago! Torreblanca! Voi eseguite una ritirata strategica e raggiungete il gruppo di civili che hanno evacuato Pasiega da ovest! Guidateli verso un luogo sicuro! Cercate di farne sopravvivere il più possibile!"

"Comandante Verdugo!" esclamò Albion allarmato. "E voi, cosa farete?"

Il minotauro non si voltò nemmeno verso Albion. Restò fermo al suo posto con la sua ascia ben stretta tra le mani, guardando il nemico con cupa determinazione.

"Io resto. Il mio posto è qui."

"C-Comandante!" esclamò Damiàn, riprendendo fiato dopo aver lanciato un incantesimo Dardo Incantato. Ormai, anche le sue riserve di magia erano agli sgoccioli... "Ma... se lei dovesse restare..."

"La ucciderebbero! Non avrebbe nessuna possibilità di uscire vivo!" esclamò Serena, la cui espressione stoica era svanita, mostrando ora allarme ed apprensione. Anche gli altri membri del suo gruppo, chi più chi meno, erano scioccati da quello che Verdugo aveva detto.

"Credete che non lo sappia?" esclamò Verdugo severamente. "Ma ho giurato, quando ho indossato questa uniforme, che avrei servito la mia patria e il suo popolo, fino a dare la vita per essi. E adesso... è il momento di mantenere la mia promessa. Ma voi... voi dovete sopravvivere! In questo momento... voi siete gli unici che possano fare da guida alla nostra gente e tenere viva la speranza che un giorno... Pasiega possa ritornare quello che era!"

"N-Noi?" esclamò sconvolto Draig. "Ma come... come possiamo fare? Senza la sua guida, noi... che possibilità abbiamo?"

Un sorriso rassicurante apparve sul volto severo del minotauro. "Io... ho visto che ognuno di voi può fare molto." affermò. "Sapevo che un giorno mi avreste superato, e che ci saremmo dovuti separare. Purtroppo, la separazione è avvenuta prima di quanto avremmo voluto... ma sono sicuro che voi ce la farete! Io... vi affido la mia gente e le speranze del nostro popolo. Questa è la mia ultima missione per voi."

"Sì... ricevuto, comandante Verdugo." rispose Orsola, nascondendo un tremitio nella voce.

Albion prese un bel respiro per trattenere le sue emozioni, e fece un saluto militare. "Voi... siete il guerriero più coraggioso che io abbia mai conosciuto."

"E tu il più lento." tagliò corto Verdugo. "Su, forza! Sbrigatevi!"

Albion si prese giusto un istante per fare ordine nei suoi pensieri... poi, ricacciando indietro le sue emozioni, il dragonide paladino strizzò gli occhi e lanciò un ordine ai suoi compagni. "RITIRATA! Ritirata, amici! Andiamo verso est, raggiungiamo i civili in fuga!"

"Avete sentito anche voi!" esclamò la Torreblanca. "Ritirata! Ci ricongiungiamo al gruppo di civili in fuga da ovest!"

Alcuni dei compagni di Albion ebbero qualche resistenza... ma quando divenne ormai chiaro che l'unica alternativa alla fuga era morire inutilmente, decisero che era il momento di scegliere il male minore, e sopravvivere per combattere un altro giorno. Con riluttanza, voltandosi di tanto in tanto per scagliare qualche ultimo attacco, i sei avventurieri e un piccolo drappello di soldati si dileguarono verso un passaggio che ancora non era caduto sotto il controllo degli insettoidi... e la comandante Torreblanca fece lo stesso con il gruppo di soldati a lei assegnato, mentre Verdugo e il grosso dei suoi uomini formavano un muro difensivo, facendo a pezzi tutti gli insetti giganti che cercavano in sfondare e raggiungere i fuggiaschi. Verdugo tagliò in due un'ape gigante con la sua ascia e si fermò a prendere fiato per un attimo, fissando il muro di arti chitinosi ed occhi compositi che si ergeva davanti a loro, una macchina di distruzione senza rimorsi nè pensieri...

Verdugo mise ordine nei suoi pensieri e trattenne un moto di paura. La morte incombeva, e in quel momento, il possente guerriero doveva ammettere di non aver mai provato tanta paura prima di allora. Con uno sforzo di volontà, mise a tacere il suo istinto di autoconservazione che gli gridava di fuggire... e serrò gli occhi con determinazione.

"Uomini e donne di Estania. Vi ringrazio per tutto quello che avete fatto per il nostro paese." affermò. "E vi chiedo perdono per avervi trascinati in tutto questo."

Un soldato parlò, con voce un po' tremante ma decisa. "Sapevamo... a cosa stavamo andando incontro, comandante Verdugo." affermò. "Come ha detto lei... ora è il momento di mantenere la nostra promessa."

"Siamo con lei, comandante Verdugo." affermò una soldatessa, tamponandosi una profonda ferita ad un fianco.

Il minotauro sorrise gentilmente mentre afferrava la sua ascia. "Sappiate, valorosi soldati di Estania, che sono orgoglioso di essere stato il vostro comandante." affermò. "Grazie di tutto. E ora, andiamo a mietere, prima di cadere. E cerchiamo di fare un buon lavoro. Ogni insetto che abbattiamo qui è uno di meno a cui i nostri ragazzi dovranno sfuggire."

I rimanenti soldati di Estania, come rinvigoriti da quell'esortazione, alzarono le armi e gli scudi, caricarono balestre e pistole, e si prepararono a ricevere per l'ultima volta la carica degli insetti, che già incombevano nuovamente su di loro...

 

oooooooooo          

 

Tra il frastuono della battaglia e il ronzio dell'esercito di insetti giganti che si allontanavano sempre di più, i pochi superstiti della colonia di Pasiega proseguivano la loro fuga disperata, fermandosi solo di tanto in tanto a gettare uno sguardo angosciato a quelle che fino a poche ore prima erano state le loro case, i loro cari, le loro speranze per il futuro.

Quel flagello inaspettato si era abbattuto su di loro, cancellando ogni cosa in un attimo... e ora, tutto quello che rimaneva era qualche decina di profughi e quel poco che erano riusciti a sottrarre alla furia di quei mostruosi insetti.

Di nuovo alla testa dei suoi compagni d'avventura, Albion strinse i denti, frustrato ed addolorato. Se solo fosse stato più forte... o forse più previdente o più capace... chissà, forse si sarebbe potuto salvare qualcun altro. Forse Pasiega non sarebbe caduta così. Mentre i suoi compagni di gruppo si raccoglievano attorno a lui, ognuno fissando la loro colonia che crollava in lontananza.

Ma non c'era il tempo di restare lì a piangere i loro morti. La decisione di Albion, il suo senso di responsabilità verso la sua gente, gli diede la forza di riscuotersi, e il dragonide paladino si volse verso i superstiti confusi ed angosciati, cercando di spronarli ad andare avanti. "Presto! Presto, gente di Estania!" esclamò. "Dobbiamo allontanarci da qui! Non gettiamo via le vite che siamo riusciti a salvare!"

Nonostante la situazione apparentemente disperata, le parole del paladino riuscirono a scuotere qualcosa nell'animo dei fuggiaschi, che ripresero ad avanzare. Serena restò sulla retroguardia, e si volse ancora una volta verso la colonia ormai in rovina, quel luogo che lei sperava sarebbe stato l'inizio di una nuova vita anche per lei. La sua espressione era neutrale e distaccata come sempre... tranne per una singola lacrima che scese lungo la sua guancia.

"Addio, Pasiega." sussurrò la warlock, per poi voltarsi e raggiungere il resto dei fuggiaschi. 

 

oooooooooo

 

Verdugo grugnì e cadde in ginocchio esausto e sanguinante, usando la sua ascia bipenne ormai grondante del sangue degli invasori per reggersi ancora per qualche istante. Il possente minotauro e i suoi soldati avevano lottato con tutte le loro forze, e lui stesso aveva contato almeno una dozzina di invasori cadere sotto la sua mortale lama... ma la superiorità numerica del nemico si era presto rivelata schiacciante, e ora i soldati estaniani cadevano uno dopo l'altro, trafitti dalle armi degli insettoidi o tra le fauci e i pungiglioni degli insetti giganti. La vista gli si stava annebbiando, risparmiandogli la vista dello scempio che veniva fatto... e il comandante riuscì appena a distinguere la figura di un piccolo ma letale tosculi che lo caricava brandendo una lancia.

Con un supremo sforzo di volontà, il comandante riuscì ad alzarsi, ma la fatica e le ferite avevano rallentato molto i suoi riflessi, e non riuscì ad evitare la punta affilata che lo trafisse allo stomaco, quasi uscendo dalla schiena. Un dolore lancinante attraversò tutto il suo corpo mentre Verdugo cadeva in ginocchio, sputando sangue dalla bocca e dalle narici... e l'uomo-vespa spinse con tutte le sue forze, cercando di finirlo. 

Il dolore sembrò risvegliare le ultime forze di Verdugo, che afferrò l'asta della lancia che stava penetrando nel suo corpo e tirò verso di sè, costringendo l'incredulo tosculi ad avvicinarsi. Il comandante sfoderò un pugnale dalla cintura e lo piantò nella gola dell'avversario, che rabbrividì e crollò a terra in fin di vita, in una pozza di sangue verdastro.

Verdugo mollò la presa, e il suo pugnale cadde a terra accanto al corpo del tosculi. Le forze gli stavano venendo meno, e non riusciva quasi più a vedere o sentire nulla. In effetti, ormai non riusciva più neanche a sentire dolore, ma solo un'esaustione che gli penetrava fin nelle ossa. Ormai era alla fine, e lo sapeva.

Lentamente, il minotauro si afflosciò a terra, tirando ancora qualche flebile respiro mentre una pozza del suo sangue si allargava sotto di lui. Attorno a lui, i soldati estaniani che erano rimasti a difendere la fuga dei civili giacevano morti o morenti.

"Beh... almeno... me ne porto dietro uno in più." disse tra sè Verdugo, accettando la fine. "E con questo... credo proprio di aver finito. Albion... soldati... il resto lo affido a voi..."

Chiuse gli occhi, sentendosi come se si stesse addormentando. "Padre... madre... ho cercato di vivere con onestà e rettitudine, come mi avete insegnato." mormorò. "Spero... di esserci riuscito...  ora verrò da voi... credo che... abbiamo molto di cui parlare..."

E Dmitros Verdugo morì, con un ultimo sorriso sulle labbra.

 

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CONTINUA...

 

 

 

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Capitolo 11
*** Coloni in fuga ***


Pathfinder: L'Isola degli Insetti Giganti

Una fanfiction di Pathfinder scritta da: Justice Gundam

 

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Capitolo 11 - Coloni in fuga

 

Il mattino seguente, il sole che brillava sopra le rovine di quello che fino al giorno prima era stato il villaggio di Pasiega sembrava quasi beffardo mentre illuminava quel panorama desolante. Molti edifici erano stati dati alle fiamme, molti erano stati abbattuti dalla furia cieca degli insetti giganti che erano scesi sulla cittadina come un flagello. Le stradine del villaggio erano ricoperte di sangue e dei pezzi di coloro che avevano perso la vita nello scontro, e i pochi superstiti catturati erano stati legati e condotti fuori dalle rovine di Pasiega, chiaramente destinati ad essere niente più che schiavi e bottino di guerra. Persino molti degli insettoidi sembravano a disagio nel muoversi in mezzo a quello spettacolo desolante.

Nel giro di mezza giornata, Pasiega aveva cessato di esistere.

Un tosculi dall'aspetto particolarmente arcigno e crudele, il corpo chitinoso ricoperto di piastre di colore blu cobalto, con un'antenna mozzata e gli occhi compositi che si muovevano vividi mentre scandagliavano i rimasugli della colonia, si fece avanti tra le case distrutte, forse ancora alla ricerca di qualche ultima sacca di resistenza da stroncare. Uno sdrucito mantello porpora svolazzava dietro di lui ad ogni passo, e in una mano teneva una lunga asta da combattimento, un capo della quale era stato intagliato in modo da assomigliare alla testa di un insetto mostruoso. Al suo passaggio, gli insettoidi supersiti si mettevano sull'attenti in segno di rispetto, tranne quelli feriti troppo gravemente per stare in piedi.

Il potente tosculi negromante Kadox avanzò nelle strade devastate di Pasiega, indifferente allo spettacolo di morte e distruzione che lo circondava. Finalmente, giunse alla piazza principale della ex-colonia, dove un gruppetto di insettoidi armati lo stava attendendo con ansia. Kadox si fermò davanti a loro - un altro tosculi, un uomo-mantide molto più alto degli altri con una corazza nera dalle sfumature grigie... e un'altra creatura che ricordava uno scarafaggio grande come un uomo che si reggeva in piedi sulle zampe posteriori e teneva tra le mani una lunga lancia dalla punta gocciolante di un denso liquido giallastro.

I tre insettoidi graduati deglutirono nervosamente prima che lo scarafaggio bipede prendesse coraggio e cominciasse a fare il suo rapporto con voce un po' esitante. "Potente Kadox, comandante..." esordì infine lo scarafaggio umanoide con una voce stranamente melodica. "Siamo... lieti di comunicarle che l'attacco a Pasiega ha raggiunto l'obiettivo che ci eravamo proposti. C'è stata resistenza, e abbiamo perso più soldati di quanti ci saremmo aspettati, ma il risultato finale è stato la rotta dei colonizzatori e il controllo completo della zona."

"Bene. Un buon risultato." rispose Kadox, serrando i suoi occhi compositi con aria non troppo convinta. "Ma... mi sembra di capire che alcuni gruppi di coloni sono riusciti ad allontanarsi."

"Purtroppo sì, comandante Kadox." disse l'altro tosculi, un insettoide alto circa un metro e venti con un esoscheletro rossastro che lo faceva assomigliare ad una formica rossa gigantesca. Quando Kadox spostò la sua attenzione su di lui, il tosculi rossastro si schiarì la voce e proseguì. "Siamo riusciti ad individuare due gruppi di umanoidi che si allontanavano dal villaggio assediato, ognuno dirigendo in una direzione diversa. Nel corso della battaglia non c'era tempo di inseguirli, ma non appena avremo la sicurezza che tutto sia sotto controllo, ci assicureremo di ritrovare entrambi i gruppi e neutralizzarli. Sempre che i pericoli dell'isola e i nostri agenti indipendenti non svolgano il lavoro per noi."

Kadox annuì severamente. "Iniziate il prima possibile." affermò. "Finchè questa colonia non sarà stata soggiogata in una maniera che il potente Echthrois riterrà soddisfacente, non possiamo permetterci di sottovalutare quei superstiti. Date loro una caccia spietata, ed assicuratevi che non rimanga più nessuno a cercare vendetta."

I tre luogotenenti di Kadox si rimisero sull'attenti con decisione ed un pizzico di apprensione. "Sì... sarà fatto, potente Kadox. Cercheremo di non farceli scappare." affermò l'uomo-mantide dalla corazza nera. Sembrava un thri-kreen, ma a parte le dimensioni maggiori (era alto poco meno di tre metri), aveva un aspetto per certi versi più elegante e raffinato. Al momento, mentre stava in piedi in mezzo alla devastazione provocata dagli insetti giganti e dagli insettoidi, non dava esattamente l'impressione che gli facesse piacere quello che era successo...

"Tsk... non è un po' tardi per pentirsene, Zak-Nakim?" si rimproverò con il pensiero. "Dopotutto... anche tu vuoi che il Dominio di Isthmos torni ad essere quello che era un tempo, no? E non potevamo certo sperare che gli umanoidi comprendessero le nostre ragioni... i nostri signori ci avevano avvertito fin dall'inizio che non c'era possibilità di dialogo tra le nostre razze. I nostri modi, la nostra natura... sono semplicemente troppo diversi dai loro. Detto questo... non mi fa piacere che siano morte delle persone che non ci hanno fatto niente di male, e che probabilmente non sapevano neanche che esistiamo."

Zak-Nakim, il tohr-kreen al comando di un'intera guarnigione di insettoidi del Dominio di Isthmos, si guardò attorno, sempre restando sull'attenti. Alcuni tosculi stavano raccogliendo i corpi degli insetti giganti e degli insettoidi, mettendoli su delle carriole in modo che venissero riportati alla base. Non ci sarebbero state onoranze funebri per loro. I soldati sarebbero stati gettati in una fossa comune e cremati senza tante distinzioni... mentre i corpi degli insetti sarebbero semplicemente diventati cibo per le larve. Tuttavia, ciò che lasciò un po' sorpreso Zak-Nakim fu vedere che i tosculi stavano caricando su un trasporto separato anche i corpi di alcuni soldati di Pasiega - e in particolare, quelli che erano stati divorati soltanto in piccola parte o per nulla dagli insetti giganti. La cosa gli sembrò strana - come mai recuperare i corpi degli umanoidi? A cosa potevano servire? Forse avrebbero fatto anche loro da cibo per le larve?

Scosse la testa e scacciò quel pensiero dalla mente. Il suo compito era obbedire, non fare domande. La loro razza era ormai avviata sul viale dell'estinzione, e l'unico modo per salvarla era affidarsi alla guida dei loro potenti signori. Non poteva lasciarsi prendere la mano dalla compassione o dalla curiosità - la sua lealtà la doveva prima di tutto ai suoi sottoposti e al suo popolo.

"Per adesso cercate con attenzione in tutti gli edifici. Prelevate tutto quello che può essere utile. Cibo, oggetti preziosi, utensili... non mi interessa se sembra inutile, raccattate ogni cosa. Ci occuperemo in seguito di identificarla. E mettete tutto in sicurezza." ordinò Kadox. Mentre i tosculi e gli altri insettoidi si prodigavano per obbedire ai suoi ordini, il tosculi blu raggiunse il carro dove alcuni thri-kreen e un imponente trox si stavano occupando dell'ingrato compito di disporre i cadaveri degli umani e degli umanoidi.

"Bene. Vediamo un po' cosa abbiamo qui..." disse tra sè Kadox, notando che tra i corpi rimasti più o meno interi ce n'erano alcuni piuttosto interessanti... e che avrebbero potuto tornargli molto utili.

 

oooooooooo

 

Pepa tese il suo arco ed uscì con passo sicuro dall'erba alta, guardandosi attorno con attenzione e rimanendo sempre pronta a scoccare una freccia nel caso ci fosse stato qualche pericolo. Per adesso, non sentiva il ronzio assordante degli insetti giganti, nè altro che facesse presagire un agguato... e dopo aver tirato un sospiro di sollievo, ma senza mai permettersi di abbassare la guardia, la ranger si voltò verso i suoi compagni e il gruppo di profughi che stavano guidando.

"Qui tutto a posto. Presto, prima che la fortuna ci volti di nuovo le spalle." esclamò. Uno sparuto gruppetto di non più di una quarantina di persone, spaventate e confuse, che portavano con sè quel poco che erano riuscite a salvare dall'attacco degli insettoidi. Su un paio di carretti erano raccolte le loro provviste e gli strumenti che avrebbero potuto essere loro utili nel corso del loro cieco arrancare verso una remota speranza di salvezza... e l'unico motivo per cui non avevano ancora ceduto alla disperazione era il fatto che c'erano quei sei avventurieri esperti a proteggerli al meglio delle loro possibilità.

Ogni membro del gruppo aveva reagito a modo suo alla tragedia della fine di Pasiega - e del gruppo, Draig era stato quello più esplicito. Il dragonide barbaro si sentiva come una bomba pronta ad esplodere, riuscendo a malapena a trattenere un cieco furore e un senso di colpa e disprezzo per sè stesso per non essere riuscito a salvare più persone. Un paio di volte, quando il gruppo di rifugiati si era imbattuto in un paio di insetti giganti, questa rabbia era esplosa, e Draig si era trasformato in un vortice di furia che aveva fatto a pezzi gli attaccanti in un attimo.

Albion aveva preso la situazione con un po' più di calma - ma questo non voleva dire che il dragonide paladino non si sentisse in colpa e non avesse la sensazione di aver potuto fare qualcosa di più per evitare quella catastrofe. Una volta di più, le parole del comandante Verdugo riecheggiavano nella sua mente, affidando a lui e ai suoi compagni la responsabilità di tenere viva la speranza e i superstiti... e ciò nonostante, Albion era amareggiato all'idea di essere sopravvissuto mentre Verdugo era quasi sicuramente morto sotto i colpi degli insettoidi.

Il dragonide argentato scosse la testa, cercando di scacciare quei pensieri tossici. Purtroppo, quello che aveva detto Verdugo era la verità. Restare lì a combattere sarebbe stato un autentico suicidio. E in quel momento, lui aveva ancora il suo dovere nei confronti delle persone che erano riusciti a salvare da quell'inferno.

Imponendosi di restare ancorato alla realtà, Albion raggiunse il carro dove erano riusciti a stivare un po' di provviste, e al cui fianco camminava Damiàn. Il giovane mezzelfo arcanista aveva mantenuto il controllo in maniera ammirevole, ma Albion percepiva che stava semplicemente cercando di ancorarsi ad una spiegazione razionale per quanto era avvenuto, e che in quel momento si trovava in un territorio a lui del tutto ignoto... e non solo dal punto di vista fisico.

"Com'è la situazione, Damiàn?" chiese il dragonide argentato.

Damiàn sembrò non sentire la domanda, visto che non rispose subito. Albion stava per ripetere, ma si fermò quando il mezzelfo tirò un breve sospiro e diede la risposta. "Per adesso possiamo sopravvivere." affermò, non vedendo motivo per addolcire la pillola. "Ma dovremo presto fermarci a riposare. Queste persone... sono ormai esauste, e ben presto dovremo fare le razioni."

"Dovremo anche cercare un riparo. Un posto dove passare la notte." rispose Hipolito, avvicinandosi a sua volta ad Albion. "E purtroppo non ho idea di dove possiamo trovare un luogo sicuro. Temo che quegli insetti giganti stiano per invadere tutta l'isola."

"Maledizione... da dove sono spuntati fuori, tutti in una volta?" ringhiò Albion. "Certo non credevo che quel culto di Deskari fosse l'unico dei nostri problemi, ma... ma... un attacco così massiccio non può essere stato organizzato in una settimana! Doveva per forza essere stato pianificato in anticipo!"

Il piccolo halfling druido scosse la testa. "Non ne ho idea... certo, ha ragione quando fa queste affermazioni, paladino Albion. Anzi... non vorrei che questo attacco a cui siamo sopravvissuti... fosse soltanto una parte di un'offensiva ben più massiccia contro le colonie estaniane su Pasiega." affermò.

L'idea era troppo terribile perchè Albion si fermasse a pensarci, e il dragonide argentato decise di interrompere lì il discorso. "Beh... preoccupiamoci dei nostri problemi nell'ordine in cui si presentano." affermò. "Per adesso... cerchiamo un luogo dove i nostri compaesani possano passare la notte... e in seguito vedremo il da farsi. Voi restate qui, io dò un'occhiata al resto della fila, e vedo come se la stanno cavando Draig e Serena."

Hipolito e Damiàn annuirono rapidamente mentre Albion si muoveva verso la retroguardia. La gente di Pasiega, ancora sconvolta ed attonita, marciava in linea retta, cercando di mantenere i pensieri fissi sulla sopravvivenza - fare un passo dopo l'altro per allontanarsi dal luogo della tragedia. Albion passò accanto ad un famiglia - un uomo, una donna, un bambino e una bambina, quest'ultima con in braccio un gatto bianco, e si fermò per verificare che stessero bene. 

"Ah... grazie, paladino Albion, noi... stiamo bene, per adesso." disse l'uomo, cercando di apparire presentabile. "Certo... non ci aspettavamo che succedesse tutto questo..."

"Non abbiamo molto da mangiare, vero?" chiese la bambina con aria depressa, mentre accarezzava il gatto bianco che faceva le fusa tra le sue braccia. "Dovremo... mangiare Paquito?"

"Ma... ma no, Milena, come ti viene in mente questa cosa?" replicò immediatamente la sua mamma, cercando di mantenere un minimo di ottimismo in quella situazione terribile. "Vedrai... che andrà tutto bene. Ci sono... il nobile Albion e i suoi amici a vegliare su di noi, e loro... loro troveranno il modo di aiutarci tutti, ne sono sicura..."

Era evidente che la signora non era del tutto convinta di quello che diceva, e non stava facendo altro che cercare di rassicurare la sua bambina. Ma la scena, nonostante tutto, scosse qualcosa in Albion e riaccese la determinazione del paladino. Era suo sacro dovere, come figlio di Bahamut, aiutare quella gente... non solo a sopravvivere ma anche a ricostruire le loro case, le loro famiglie... la loro felicità. Ridare loro un futuro, una dignità. Quello era il suo compito, e la vista di quella famiglia che ancora, nonostante tutto, cercava di andare avanti, glielo aveva ricordato.

"Sì, la tua mamma ha ragione." affermò Albion, per poi fare una carezza al gatto bianco, che emise un miagolio un po' infastidito. "Il mio compito è di aiutarvi, e vedrete che io e i miei amici troveremo una soluzione. Ricostruiremo le case di tutti voi, e troveremo il modo di sistemare quegli insetti cattivi che ci hanno costretti a fuggire. Lo giuro davanti al divino Bahamut, il padre di tutti noi!"

"Grazie, paladino Albion. Voi... state facendo così tanto per noi..." affermò il padre, cercando senza troppo successo di mascherare le sue emozioni.

"Paladino Albion!" disse il bambino, che sembrava un po' più grande della sorella. "Io... quando diventerò grande sarò un paladino! Sarò anch'io un eroe come voi!"

"Ma insomma, Felipe! Non ti sembra troppo presto per dire queste cose?" esclamò la madre. Albion riuscì a sorridere e a fare una breve risata, per poi strizzare un occhio al ragazzino e proseguire il suo giro.

"Per adesso, piccolo, pensa ad aiutare la tua famiglia. E ricorda, non è necessario essere un paladino, per essere un eroe." rispose. Ora che l'umore era migliorato almeno un po', il dragonide argentato si diresse verso la retroguardia del gruppo di rifugiati, dove Draig e Serena stavano tenendo d'occhio la situazione. "Hey! Draig, Serena, com'è la situazione? Avete visto qualcosa? Altri insettoidi in giro?"

"No, altrimenti mi avresti sentito ruggire come Tiamat!" esclamò rabbiosamente Draig. "Tsk... adesso si stanno trastullando con il bottino del nostro villaggio, quei bastardi! Se solo fossi stato più forte, li avrei potuti fermare! Ah, ma la prossima volta che li piglio..."

"Se fossi stato un po' più forte, Draig, non sarebbe cambiato nulla!" lo rimproverò Albion. "Erano troppi. Troppi e troppo forti. Anch'io avrei voluto poter fare di più, ma... purtroppo, la realtà è che siamo stati colti di sorpresa, e ci siamo trovati in una situazione più grande di noi. E non è stata colpa di nessuno di noi."

Serena non diede segno di voler partecipare alla discussione. La giovanissima warlock si guardava attorno, e la sua espressione era impenetrabile come quasi sempre, ma dentro di sè, sentiva di doversi tenere impegnata per non pensare a quello che era successo a Pasiega. Draig rivolse a lei la sua attenzione e sospirò - immaginava che fosse giusto cercare di distrarre anche lei e non lasciare che si perdesse in pensieri negativi.

"Hey, Serena..." disse il dragonide rosso dopo un attimo di esitazione. Se Serena lo aveva sentito, non diede segno di averlo fatto e continuò a guardare verso il cielo, osservando qualcosa che solo lei riusciva a vedere.

Draig sospirò e si sfregò la fronte con una mano. A volte non riusciva davvero a seguirla, quella ragazza... tutti i warlock erano così? "Signorina Serena... chiedo scusa per il disturbo, ma mi sembrava che tu fossi... alquanto svagata. Stai bene?" chiese.

Questa volta, Serena rispose con un cenno della testa. "Credo di sì." rispose semplicemente. Abbassò lo sguardo appena un po', poi lo alzò di nuovo come se stesse seguendo qualcosa che volava sopra di loro. "Forse è meglio se ci rifugiamo da qualche parte. Un posto dove non ci possa vedere."

"Cosa?" esclamò Albion allarmato, e la colonna di rifugiati si fermò quando la warlock puntò infine lo sguardo verso un punto in lontananza. Pepa afferrò il suo arco ed incoccò una freccia mentre i civili si rifugiavano dove potevano, dietro i carri o dietro le rocce ai lati della strada. La ranger dai capelli rossi pregò che non si trattasse di un avversario che richiedesse troppe frecce per essere abbattuto. Stava già esaurendo le frecce...

Finalmente, anche gli altri cominciarono a vedere qualcosa di più definito. La sagoma di un enorme rettile alato dal muso affusolato e dall'espressione acuta, ricoperto di squame nere e con una lunga coda terminante con un pungiglione, simile a quello di uno scorpione.

"Oh, che Boccob ci aiuti!" sussurrò Damiàn, mentre cercava di pensare ad un incantesimo che potesse dare loro una mano in quel momento. "Quella è una viverna!"

Era proprio così, in effetti: non appena la creatura alata si avvicinò ancora, tutti i membri del gruppo riuscirono a vedere il suo corpo da rettile lungo quasi cinque metri, le robuste zampe armate di artigli simili a pugnali, e soprattutto, la totale mancanza di arti anteriori. Al posto delle "braccia", aveva un paio di grandi ali membranose simili a quelle di un pipistrello, e diversi spuntoni grigi fuoriuscivano dalle giunture della bestia draconica, dandole un aspetto ancora più formidabile.

Una viverna, senza ombra di dubbio. Una sottospecie di drago nota per la sua ferocia, il carattere bellicoso, la fame quasi insaziabile e il pungiglione velenoso sulla coda. Un avversario pericoloso e letale... e certo non uno con cui il gruppo aveva voglia di combattere in quel momento!

"Oh, merda..." sussurrò Hipolito. "Questo non va bene, non va per niente bene! Non mi piace l'idea di finire nella pancia di una viverna, nossignore!"

"Presto, cercate di nascondervi! Speriamo che non ci abbia ancora visti!" Albion cercò di istruire i membri della colonna di rifugiati, ma si rendeva conto che le possibilità di non essere notati dalla viverna erano esigue, nella migliore delle ipotesi. E allo stesso tempo, si rendevano conto che sopravvivere ad uno scontro diretto con una creatura così forte e possente erano ancora più esigue, almeno nella loro situazione attuale. Potevano solo cercare di prendere tutte le precauzioni necessarie e sperare in bene...

La viverna si avvicinò ancora, agitando rumorosamente le sue maestose ali. Era talmente vicina che riusciva ad oscurare il sole, proiettando una sinistra ombra sul terreno, e dalla sua posizione Serena riusciva a vedere gli occhi della creatura - la viverna aveva uno sguardo penetrante ed incisivo, con due occhi che sembravano quasi due sfere di luce che distaccavano dal nero delle sue robuste squame.

Per qualche motivo, la warlock non si sentiva impaurita dalla vicinanza di quella terrificante creatura. Anzi, Serena restò per qualche istante a guardare rapita la viverna che si avvicinava sempre di più, fino quasi a riempire del tutto il suo campo visivo. Sentiva le esclamazioni di paura e di allarme dei suoi compagni e degli altri membri della colonna, ma in quel momento, non riusciva a concentrarsi che sull'aspetto maestoso di quella creatura e sulla combinazione di potenza ed agilità che esprimeva. E pensò che sarebbe stato meraviglioso poterla cavalcare, anche se immaginava che la viverna non sarebbe stata molto d'accordo...

Fu solo dopo qualche secondo che un'esclamazione di avvertimento da parte di Albion scosse Serena dalla sua meraviglia e la costrinse a concentrarsi su cosa stava accadendo in quel preciso momento. La warlock indietreggiò, cercando un nascondiglio... e quando vide che ormai non poteva sperare di sfuggire allo sguardo della viverna, restò ferma dov'era e la guardò di rimando.

Per qualche secondo, Serena e la viverna rimasero ferme a guardarsi in silenzio, come se fossero state impegnate in una conversazione silenziosa o stessero prendendo le misure l'una dell'altra. Serena guardò dritto negli occhi la creatura, e riuscì a vedere un vivo bagliore di intelligenza nel suo sguardo - una cosa che la warlock riteneva affascinante ed inquietante al tempo stesso. Allarmati, Albion, Draig e Pepa si prepararono ad intervenire, e la ranger dai capelli rossi incoccò una freccia e puntò verso le fauci della viverna. Un colpo difficile, con tutte quelle squame, dure come quelle di un coccodrillo, che coprivano ogni singolo centimetro del corpo della bestia...

Ma proprio quando Pepa cominciava a sudare freddo, la viverna fece qualcosa di inaspettato. Fece un grugnito, come se stesse a malincuore accettando una sconfitta... poi riprese quota e si allontanò battendo rumorosamente le ali. Serena la sentì emettere un ruggito sommesso ed agitare la coda armata di pungiglione, come se la viverna volesse dimostrare di essere pericolosa... e infine, il rettile alato si dileguò e scomparve all'orizzonte a velocità impressionante.

Per quasi due minuti, il gruppo di avventurieri e i rifugiati rimasero fermi al loro posto, come se non osassero credere alla loro fortuna e volessero essere sicuri che la viverna nera non tornasse indietro all'improvviso. Invece niente. Per qualche motivo, la bestia non era interessata a loro.

"Se... se n'è andata?" chiese Pepa, abbassando finalmente l'arco, e contenta di non aver dovuto sprecare un'altra freccia. Tirò un sospiro di sollievo e si avvicinò a Serena per verificare che stesse bene. "Serena? Tutto bene?"

"Pazzesco... non credevo che quella viverna se ne sarebbe andata così. Ringrazio Bahamut che sia andato tutto bene..." affermò Albion. "Come stai, Serena?"

"Io sto bene, grazie." rispose Serena con la calma che le era propria. "Ho fatto un incontro ravvicinato con una viverna. E' stato... emozionante." La ragazzina fece un piccolo sorriso che lasciò non poco interdetti i suoi compagni di squadra.

Draig sbattè gli occhi stupito. "Ehm... beh, immagino che trovarsi faccia a faccia con una viverna ed uscirne interi non sia un'esperienza di tutti i giorni." commentò. "Le viverne sono conosciute per essere aggressive e territoriali."

"Ma questa se ne andava in giro e sembrava quasi che fosse a caccia di prede." affermò Damiàn. "Forse era allarmata da qualcosa o è stata mandata via dalla sua tana? Certo... quest'ultima ipotesi è particolarmente inquietante, visto che presuppone l'esistenza su quest'isola di una creatura in grado di sovrastare una viverna in uno scontro fisico."

"Detto questo, il fatto che ci sia una viverna qui attorno potrebbe spiegare come mai non abbiamo visti molti insetti giganti da un paio d'ore a questa parte. Quel lucertolone se li è mangiati." azzardò Hipolito.

Pepa si schiarì la voce. "Mi piacerebbe molto restare qui a discutere su come mai non abbiamo incontrato quegli insetti troppo cresciuti, e quanto di questo sia merito di quella bestiaccia squamosa." affermò la ranger con acredine. "Ma adesso preferirei allontanarmi quanto più possibile da questo posto, prima che alla viverna vengano dei ripensamenti e decida di tornare a mangiarci."

Serena sbattè gli occhi imbarazzata. Ancora una volta, si era fatta prendere la mano e si era persa nel suo mondo. "Sì. Giusto. Dobbiamo pensare a mettere in salvo i nostri concittadini e trovare un luogo dove passare la notte." affermò. "Preferibilmente, al sicuro dagli insettoidi."

Albion annuì, e il gruppo di rifugiati riprese la sua lenta marcia verso una speranza di salvezza che, almeno per il momento, sembrava più solida di qualche ora prima...

 

oooooooooo

 

"Ecco, ci siamo. Non sarà proprio il massimo della comodità... ma almeno per qualche giorno dovremmo essere in grado di fermarci qui." affermò Hipolito. Il piccolo halfling druido stava guardando compiaciuto i rifugi che era riuscito a trovare per il gruppo di superstiti di Pasiega - un gruppo di caverne scavate in un grande costone di roccia che torreggiava per più di una ventina di metri sul gruppo. "Ovviamente, è il caso di dare un'occhiata alle caverne e verificare se sono sicure... ma a parte questo, credo proprio che abbiamo trovato il nostro rifugio per la notte."

Dapprima un po' spiazzato alla vista di quei ripari improvvisati, Albion diede un'occhiata al gruppo di fuggitivi - erano tutti esausti, provati dal viaggio, e molti di loro avevano perso delle persone a loro care o un luogo a cui tenevano. Non sarebbe stato ragionevole chiedere loro di proseguire il cammino, soprattutto ora che si stava facendo buio - già avevano avuto qualche altro incontro con gli insetti giganti che cominciavano ad infestare l'isola. E stando a quanto diceva Hipolito, era proprio durante la notte che molti artropodi si muovevano per andare a caccia. I coloni sarebbero stati delle prede fin troppo facili per i mostruosi insetti.

"Hmm... va bene, sembra che almeno per adesso possiamo fermarci qui." disse Albion. "Se qualcuno di voi ha qualche obiezione, in ogni caso, sono qui per ascoltarla e darle la giusta considerazione."

Pepa alzò le spalle. Una volta tanto, non le dispiaceva dare ragione a quel fastidioso halfling. "Va bene. Mi sembra giusto. Abbiamo ancora molta strada da fare... e abbiamo idea di dove dobbiamo andare per raggiungere Tarago?" chiese.

Damiàn indicò una mappa che teneva arrotolata nel suo zaino, e che sporgeva appena un po' dalla tasca principale. "Buon per voi che ho avuto l'accortezza di prendere con me qualche mappa, prima che questo esodo iniziasse." affermò con un sorriso accomodante. "Domattina dovrei avere il tempo di studiare meglio le mappe e tracciare un percorso relativamente breve che ci porterà fino a Tarago. Lì almeno, dovremmo essere più al sicuro."

"Sperando che quei dannati insetti non abbiano già fatto una strage da quelle parti. E temo che da quando riprenderemo il cammino, ce li avremo presto addosso... ma adesso non è il momento di pensare a queste cose." rispose Albion. "Forza, amici. Diamo un'occhiata alle grotte, e se sono sicure facciamo accomodare i nostri concittadini."

Dal gruppetto di rifugiati si sentirono dei sospiri di sollievo, e i sei avventurieri si diressero ognuno verso una delle aperture nella roccia, in modo da assicurarsi che non ci fossero inquilini indesiderati o pericoli. Hipolito raggiunse per primo l'apertura a lui assegnata... e non appena ne varcò l'ingresso si rese subito conto che c'era qualcosa di strano. Sparsi a terra all'interno della caverna, c'erano i resti di alcuni degli insetti giganti che piagavano l'isola! Con suo grande stupore, Hipolito vide la zampa di una locusta gigante... poi la testa di una formica enorme... le ali di una mosca e i resti dell'esoscheletro di un ragno gigante, tutti fatti a pezzi da qualcosa che aveva una forza pazzesca. E un attimo dopo, un forte odore di animale colpì Hipolito come un pugno sul naso, lasciandolo interdetto ed allarmato...

Una creatura enorme e muscolosa, coperta da un'irta pelliccia, apparve dalla semioscurità della caverna, i suoi occhi gialli che brillavano rabbiosi mentre fissava il piccolo halfling come se fosse stato una bistecca ben cotta. Sulle prime, Hipolito credette che si trattasse di un orso, ma ad un'occhiata un attimo più attenta, si rese conto che non era così. Quella creatura aveva una pelliccia un po' più folta, e la struttura del suo corpo era meno massiccia, per quanto comunque muscolosa. Il muso era un po' più affusolato rispetto a quello di un orso, e le orecchie un po' più piccole...

Hipolito fece un passo indietro, e la creatura uscì allo scoperto con un sordo ringhio. L'halfling sobbalzò allarmato quando vide che si trattava di un ghiottone, il più grande ed impressionante che lui avesse mai visto. Quasi tre metri di pelliccia ispida, muscoli possenti, denti affilati e ferocia, la bestia si avvicinava all'halfling con espressione famelica. Adesso sì che era chiaro chi si fosse mangiato quegli insetti giganti.

"Accidenti, ma su quest'isola è tutto più grande?" si chiese Hipolito, lo sguardo fisso sul ghiottone gigante in modo da non mostrarepaura e non dare al predatore la benchè minima apertura. Il druido fece un piccolo passo avanti, lentamente ma con sicurezza, ricordando tutti gli insegnamenti che gli erano stati dati quando era un novizio del suo circolo druidico. Si trovava di fronte ad un animale feroce... ma se avesse mantenuto il sangue freddo e si fosse comportato nella maniera corretta, c'era sempre la possibilità di calmare anche un animale così terrificante. Tutto stava nel prenderlo nella maniera corretta.

L'halfling iniziò a parlare al ghiottone, in un linguaggio che a chiunque altro sarebbe parso incomprensibile. Il linguaggio segreto dei druidi, quello che i suoi mentori gli avevano tramandato in lunghe ed estenuanti lezioni, fluì dalle sue labbra e raggiunse le orecchie del ghiottone, che sembrò esitare per un istante. La bestia non aveva certo rinunciato alla sua preda, ma adesso sembrava un po' meno convinto, e stava osservando il piccolo halfling con quello che poteva addirittura sembrare rispetto.

Hipolito riprese a parlare con calma e fermezza al gigantesco ghiottone, per mostrargli che non aveva paura e che allo stesso tempo lui non aveva niente da temere. Comprendendo per istinto quello che Hipolito stava dicendo, il ghiottone indietreggiò ma emise ancora un paio di ringhii di ostilità. Ovvio, pensò tra sè Hipolito. Non aveva gradito l'intrusione nella sua tana, e i resti di quegli insetti (ed aracnidi) giganti che giacevano disseminati sul terreno la dicevano lunga sul trattamento riservato agli intrusi.

Con lentezza, il piccolo druido cercò di fare un passo in avanti... e il ghiottone gigantesco reagì con uno scatto improvviso, una zampa artigliata che sfrecciava in avanti con la velocità di un fulmine. I riflessi pronti di Hipolito gli permisero di ritirare la gamba appena in tempo per evitare di restare ferito, ma gli artigli del ghiottone gli strapparono comunque via un lembo di pantaloni, come se fossero stati fatti di carta velina.

"Okay, questa è stata una mossa mooolto azzardata." bisbigliò Hipolito tra sè. "Meglio non farlo più."

Cercando di riprendere il controllo della "conversazione", il druido prese un bel respiro e si affrettò a scusarsi per la sua mossa improvvisa, poi riprese a parlare con decisione, in modo che il ghiottone capisse che non aveva nulla da temere da lui e dai suoi compagni.  

Ancora per diversi, snervanti secondi, l'halfling e la belva continuarono a guardarsi, impegnati in una discussione che solo loro due erano in grado di seguire. Albion e Serena si erano fermati sull'entrata della caverna, e la ragazzina stava già caricando un lampo di energia nel palmo della sua mano destra, pronta a scagliarlo addosso al ghiottone nel caso quest'ultimo avesse cercato di attaccare Hipolito.

"E adesso... che succede?" si chiese Albion, le mani che stringevano con forza l'asta della sua alabarda.

Finalmente, la tensione cominciò a dissolversi, e il ghiottone, emettendo qualche altro ringhio sordo, cominciò a rilassarsi. Incoraggiato, Hipolito riprese a parlare alla belva in quella lingua sconosciuta, con il tono di qualcuno che voleva fare amicizia. E finalmente, dopo altri momenti di tensione, il ghiottone cessò le ostilità e si allontanò da Hipolito, per dire che lui e i suoi compagni avevano il permesso di dividere la tana con lui.

Hipolito tirò un sospiro di sollievo tra sè e sè. Ad essere sincero, non era sicuro che la sua capacità di empatia animale sarebbe riuscita a calmare un animale così possente e famelico, e si impose di procurare al ghiottone qualche preda appetibile, in modo da ringraziarlo e tenerlo buono. Poi, si voltò verso i suoi compagni e fece un segno dell'okay.

"Va tutto bene, Hipolito?" chiese Albion, ancora non del tutto sicuro.

L'halfling annuì amichevolmente e si avvicinò al ghiottone, accarezzandolo su un fianco per far vedere che non era più pericoloso. "Tutto a posto. Adesso lui è tranquillo." affermò. "Anche questa caverna è sicura. Dite pure ai rifugiati di prendere posto qui... e questo simpaticone ci farà da guardia."

Un sottile sorriso graziò il volto normalmente poco espressivo di Serena. Vedere Hipolito che faceva amicizia con una creatura così feroce le faceva pensare che un giorno anche a lei sarebbe potuto capitare...

Pepa, che stava per intervenire con una freccia incoccata, guardò meravigliata il ghiottone che ora si comportava come un fedele cane da guardia... poi scosse la testa e rivolse uno sguardo astioso al piccolo halfling.

"Stregoneria. Lo giuro." bisbigliò mentre riponeva l'arco e infilava nuovamente la freccia nella faretra. Il gruppo di rifugiati di Pasiega, da parte loro, non avevano nessuna remora ad accettare quella sistemazione temporanea, e Hipolito fece loro cenno di accomodarsi al meglio. Diversi dei civili di Pasiega cercarono di sistemarsi a ridosso della parete più vicina, a distanza di sicurezza rispetto al loro terrificante guardiano.

"State tranquilli. Ora lui è innocuo." disse Hipolito per tranquillizzare i rifugiati, che stavano facendo qualche commento a bassa voce - per la maggior parte, erano impressionati dal modo in cui Hipolito era riuscito a domare quella belva e a farsela amica, ma alcuni esprimevano dei ragionevoli timori. Sarebbe stato davvero sicuro dormire là dentro, nella tana di un predatore simile?

"Davvero è riuscito a farselo amico?" chiese una donna con un bambino piccolo in braccio. "Non credevo che i druidi fossero capaci di questi prodigi!"

"Non... non lo so..." rispose un ragazzo alto e snello con il volto cosparso di efelidi. "Io... credo che mi terrò sempre accanto il mio coltello. Se mai riuscirò a dormire."

"Beh, se proprio dovesse essere... preferisco essere mangiato da un animale in carne ed ossa che da qualche ammasso sferragliante di zampe ed ali..." commentò rassegnato un elfo.

Hipolito alzò una mano e sorrise con tono pacificatorio. "Va tutto bene, amici. Non avete nulla di cui preoccuparvi." rispose. "Gulo ci farà da guardia... e in cambio, gli porteremo qualcosa di buono in cui affondare le zanne... ti va bene così, vero, Gulo?"

"Gulo? Lo hai chiamato così?" chiese interdetto Albion. Il ghiottone stesso non obiettò e si limitò ad un grugnito affermativo. Il dragonide alzò le spalle e scosse la testa, pensando che alla fine, l'importante era che i rifugiati fossero al sicuro. "Beh, immagino che adesso sia inutile discutere. Ragazzi, fate le razioni. Dobbiamo farcele bastare... e poi, nei prossimi giorni, andremo a caccia e cercheremo di fare un po' più di provviste per il viaggio. Non sarà facile arrivare fino a Tarago... e dobbiamo fare in modo che almeno gli stomaci non siano vuoti."

"Ricevuto, Albion." rispose Draig, sentendo che gli stava tornando almeno in parte la fiducia in sè stesso. "Okay, ognuno prenda una caverna e cerchi di tenere l'ingresso ben sigillato. Domani ci aspetta un'altra giornata dura... e dobbiamo cercare di fare abbastanza provviste da arrivare a Tarago. Nella speranza che nel frattempo quei dannati insetti non abbiano distrutto anche quella..."

"Già... ho paura che da adesso in poi, la strada sarà tutta in salita..." commentò Damiàn. Il mezzelfo fece entrare un po' dei rifugiati nella caverna che lui aveva scelto, poi raccattò un po' di legna per accendere un fuoco a tenerli caldi. Albion controllò che tutti fossero a posto e fece loro un augurio di buona notte, poi si ritirò nella sua caverna, dove il suo gruppo di superstiti si era messo su giacigli improvvisati, attorno ad una lanterna ad olio che forniva un po' di luce e di calore.  Con sua grande sorpresa, vide che tra loro c'era anche la famiglia con cui aveva parlato quel pomeriggio. La piccola Milena sembrava un po' più allegra, e ora stava giocando con il suo gatto mentre il resto della sua famiglia sedeva attorno alla lanterna e cercava di parlare un po', per scacciare le preoccupazioni e maantere un po' di ottimismo.

"Molto bene, signori." disse il paladino, mentre appoggiava la sua alabarda ad una parete della caverna e si avvicinava ai civili raggruppati lì intorno. "Per adesso siete al sicuro. Se volete chiedermi qualcosa, o comunque parlare con me prima di dormire, io sono qui per ascoltarvi."

"Dove pensate di andare, esattamente?" chiese un uomo barbuto e tarchiato. "Voglio dire, so che stiamo cercando di raggiungere Tarago, ma che strada faremo?"

Albion decise di essere franco con loro. Glielo doveva, con tutto quello che avevano passato. "In realtà, il nostro obiettivo, almeno per oggi, era di allontanarci quanto più possibile da... beh... dal luogo in cui si è svolta la tragedia. La nostra priorità era di sfuggire agli insettoidi e agli insetti giganti. Detto questo... la prima cosa che faremo domattina sarà tracciare un percorso, in modo da trovare la strada che comporta meno rischi, e non appena avremo le risorse che ci servono, inizieremo la camminata verso Tarago."

"Prima... prima di dormire, paladino Albion... potrebbe raccontarci una storia?" chiese uno dei bambini del gruppo, cogliendo di sorpresa il dragonide argentato.

"Sì! Per favore, paladino Albion? Ha qualche avventura da raccontare?" chiese una bambina bionda con un braccio legato al collo.

Alcuni degli adulti cercarono di contenere l'esuberanza dei piccoli, ricordando loro che il loro difensore era anche lui stanco e provato per il lungo viaggio e le battaglie che aveva sostenuto... ma Albion, anche lui desideroso di un po' di svago, decise che non c'era nulla di sbagliato nell'accontentarli, e si sedette anche lui vicino alla lanterna.

"Va bene, ragazzi. Penso che il tempo di raccontarvi una storia ci sia." rispose, cercando di mettersi più comodo possibile. "Bene. Vediamo un po', cosa potrei raccontarvi... Ah, già! Magari volete sentire di quella volta che io e Draig abbiamo arrestato i banditi della Ruta Arena Blanca?"

"Com'è andata, signor Albion?" chiese la piccola Milena. "Ci racconti!"

Tra le braccia della bambina, il suo gatto bianco emise un miagolio compiaciuto, come se anche lui volesse sentire la loro storia...

 

oooooooooo

 

CONTINUA...        

                  

 

    

        

 

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Capitolo 12
*** La selva dei conigli ***


Pathfinder: L'Isola degli Insetti Giganti

Una fanfiction di Pathfinder scritta da: Justice Gundam

 

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Capitolo 12 – La selva dei conigli

 

Il cielo notturno terso ed illuminato sembrava quasi prendere in giro Pepa durante il suo turno di guardia. La giovane ranger passeggiava nervosamente su e giù vicino alle caverne in cui i superstiti di Pasiega avevano finalmente trovato rifugio. Dando un'occhiata all'interno della grotta più vicina, vide i due dragonidi, Albion e Draig, che dormivano seduti per terra, schiena contro schiena e con le armi tra le mani, tenute ben salde in caso i due guerrieri fossero stati costretti a combattere. All'interno della caverna, distesi su materassi improvvisati di foglie e stoffe, gli abitanti di Pasiega dormivano, finalmente mostrando un minimo di serenità dopo la distruzione del loro villaggio. Se non altro, la presenza di Albion, Draig e il resto del loro gruppo faceva sì che i loro compaesani avessero almeno l'illusione di essere protetti.

Pepa non riusciva ad essere così ottimista sulle loro possibilità. Non credeva che quello che avevano visto fosse anche soltanto una decima parte di ciò che quei maledetti insettoidi avevano in serbo  per loro... quei nemici erano arrivati alle porte di Pasiega con incredibile furtività, e avevano colpito con una rapidità e spietatezza che la giovane donna non poteva che attribuire a persone che avevano molta esperienza di simili attacchi. La milizia cittadina che il capitano Verdugo e la vice-comandante Torreblanca (che la Regina Corvo accogliesse le loro anime valorose) erano riusciti a mettere assieme si era rivelata quasi del tutto inutile davanti alla forza dimostrata dagli insettoidi... come potevano sperare loro, un piccolo drappello di sopravvissuti raffazzonati, di sfuggire a questi spietati persecutori? Pepa doveva ammettere che ammirava i due dragonidi per il modo in cui cercavano con tutte le loro forze di tenere viva la speranza nei loro compagni... ma forse, rifletteva la giovane donna, quella speranza non era altro che una crudele illusione.

Sospirando, Pepa passò davanti alla caverna nella quale dormivano quel ridicolo halfling e quell'ammasso di muscoli e pelliccia che in qualche modo era stato convinto a fare loro da guardia del corpo. Un altro di quei trucchetti da halfling? O magari era una stregoneria da druido? In ogni caso, Pepa non sapeva esattamente cosa pensare. Quel ridicolo halfling era stato utile, su questo non ci pioveva... ma il carattere sospettoso e paranoico di Pepa non le permetteva di abbassare del tutto la guardia. Aveva il presentimento che quell'infido halfling avrebbe potuto sfruttare la situazione per farsi scortare in un luogo sicuro, e poi abbandonare la gente di Pasiega al loro destino. O forse avrebbe potuto condurli verso un'imboscata, e prendersi quello che di prezioso avevano addosso una volta che gli insettoidi avessero finito con loro. O magari farli divorare nel sonno da quel ghiottone gigantesco che ora dormiva accanto a lui...

Con un brivido, Pepa si impose di non lasciarsi prendere la mano, e guardò di nuovo nella caverna, dove Hipolito dormiva tranquillamente accanto al massiccio Gulo. Il gigantesco ghiottone era acquattato sul terreno, con gli occhi chiusi, come se fosse stato un vecchio cane da guardia che si rilassava assieme al suo padrone, ma le sue orecchie scattavano ancora di quando in quando, cogliendo tutti i suoi della notte. E poco più in là, anche Serena e Damiàn si stavano godendo un po' di riposo, avvolti nelle loro coperte improvvisate. La ragazzina dai capelli neri era acquattata contro il muro, e dormiva con un'espressione pacifica che suscitava in Pepa un misto di invidia ed allarme. Aveva visto di persona di cosa fosse capace quella ragazzina - i suoi poteri arcani avevano qualcosa di misterioso ed inconoscibile, e a volte anche soltanto guardandola negli occhi sentiva che c'era qualcosa di strano nel suo modo di pensare e di fare. Del resto, non aveva tenuto a bada quella mostruosa viverna con la pura e semplice forza di volontà? Se Pepa non lo avesse visto con i suoi occhi, non ci avrebbe creduto...

La ranger scosse la testa e abbassò il suo arco. Forse si stava davvero lasciando prendere la mano dalla paranoia. In fondo, era stato anche grazie alla capacità di Hipolito di parlare con gli animali che erano riusciti a trovare quella sistemazione per la notte... e se Serena non avesse sfruttato le sue abilità occulte, non sarebbero riusciti a sfuggire a quella viverna nera. Forse sarebbe stato più giusto da parte sua deporre i suoi sospetti e comportarsi in maniera più aperta e collaborativa verso di loro...

"E così... eccomi qui in quest'isoletta sperduta nel bel mezzo del Pelagius, dove accompagno un gruppo di baldi esploratori e sopravvissuti disperati in quella che potrebbe facilmente trasformarsi in una trappola mortale." riflettè con malinconia. "Già... sinceramente, non credevo che sarei arrivata a questo. Quando ho cominciato l'addestramento, avevo dei sogni e delle speranze anch'io... e adesso invece, ho l'impressione di essere l'unica a capire davvero quanto sia disperata la situazione in cui ci troviamo. Tristàn... che cosa diresti, se vedessi quello che sono diventata? Come ho preso i sogni che avevamo... e li ho trasformati in cenere e polvere?"

La ranger sentì delle lacrime salirle agli occhi e le ricacciò indietro. Non poteva perdere tempo con queste sciocchezze sentimentali. Non avrebbero certo migliorato le loro già esigue possibilità, e non poteva lasciare che il suo dolore la influenzasse. Doveva concentrarsi e fare il suo turno di guardia con il massimo dell'impegno. Per fortuna, fino a quel momento non si erano verificati tentativi di attacco da parte di quei disgustosi insetti giganti... forse avevano deciso di stare alla larga dalla tana di Gulo, visto che il gigantesco ghiottone se ne era mangiati un bel po'. Comunque, meglio non abbassare la guardia. Quelle bestiacce potevano apparire in qualsiasi momento, e sicuramente la notte era il momento migliore per tendere un agguato ai superstiti di Pasiega...

Comunque, almeno fino a quel momento, non era successo niente. Cercando di rilassarsi e concentrarsi sul suo compito di vedetta, Pepa soffocò uno sbadiglio e si costrinse a prestare più attenzione a ciò che la circondava. Incoccò lentamente una freccia e si incamminò lungo il pendio di roccia che cominciava a scendere verso le praterie ricoperte di erba rigogliosa. Doveva ammettere che quella visione della natura era impressionante, a modo suo...

Forse era emblematico del potere della natura e di cosa fosse capace quando non c'era l'uomo a rovinare tutto...

"No, no... basta con questi pensieri assurdi, Pepa! Non sei qui per pensare a queste cose... se non ti dai da fare anche tu, finiremo tutti i nostri giorni qui... divorati da qualche mostro. E anche se credo che andrà proprio così... devo fare del mio meglio per riportare a casa quante  più persone  possibile. Almeno in questo non ho concorrenti o gente che potrebbe avere secondi fini, stiamo tutti collaborando a fare sì che sopravvivano quante più persone possibile..."

La ragazza dai capelli rossi sospirò e voltò la testa dall'altra parte, cercando di scacciare i flashback che minacciavano di presentarsi alla sua mente. Era da parecchio tempo che non li aveva più... ma evidentemente, non abbastanza per poter dire di essersene sbarazzata del tutto.

"Dobbiamo concentrarci... e cercare di raggiungere Tarago, sperando che non sia troppo tardi..."

Un fruscio sinistro, proveniente da una formazione rocciosa alla sua destra, scosse Pepa dai suoi cupi pensieri. D'istinto, senza badare al fatto di essere ancora immersa nell'oscurità, la ranger dal capelli rossi imbracciò il suo arco ed incoccò una freccia, per poi puntarla verso quel disgustoso ammasso di zampe sferraglianti che era apparso all'improvviso. L'insetto gigante non era ben visibile alla sola luce delle stelle e della luna, ma Pepa riuscì a vedere un corpo basso e slanciato, con una sorta di tenaglia a fare da coda...

La ranger attese un attimo... e non appena vide la bestia strisciare verso di lei, mollò la corda e scagliò il dardo con precisione mortale. Un fruscio sinistro segnalò che la freccia aveva colpito il suo bersaglio, e la forbicina gigante si contorse brevemente per poi immobilizzarsi del tutto. Fu in quel momento che Pepa vide altri due insetti della stessa specie che cominciavano ad emergere dall'oscurità... ma la fine della loro "collega" convinse le due forbicine giganti a ritirarsi e a cercare altre prede. Pepa restò pronta con un'altra freccia incoccata e l'arco pronto a scattare... e tirò un breve sospiro di sollievo quando vide quegli strani insetti che si ritiravano, scomparendo nelle crepe tra le rocce e nell'oscurità della notte.

"Ecco, bravi... andate a cercare altrove il vostro spuntino di mezzanotte, insetti maledetti..." bisbigliò la donna tra sè. Quando fu sicura che quelle bestiacce se ne fossero andate, la giovane donna ripose l'arco e annuì tra sè. "Bene. Per stavolta è andato tutto liscio. Spero che la nostra fortuna duri ancora un po'. Se solo avessimo la fortuna di raggiungere Tarago, allora forse..."

Pepa sospirò di nuovo, sentendo che lo stress di quella giornata la stava logorando. Cercò di farsi coraggio, e si impose di tenersi vigile per il resto del suo turno di guardia. Aveva ancora un paio d'ore davanti, due ore durante le quali sarebbe potuto accadere di tutto...

"Sto facendo quello che posso, Tristàn..." sussurrò. "Per favore, proteggimi... Ehlonna, madre del verde, proteggi tutti noi..."

 

ooooooooooo

 

L'indomani mattina, non appena i primi raggi del sole cominciarono ad emergere, Albion terminò il suo turno di guardia e diede al resto del gruppo la sveglia. I suoi compagni e i rifugiati di Pasiega si misero in moto con rimarchevole velocità, e Pepa e Damiàn si prodigarono per trovare qualcosa da mangiare per tutti. Alla fine, si erano dovuti accontentare di un po' di frutti selvatici e di acqua fresca ciascuno... mentre Draig si era allontanato un po' per cercare una preda un po' più consistente per Gulo. Era stato un suggerimento di Hipolito - un gesto di gratitudine verso il possente animale, in modo da ricambiare ciò che l'enorme ghiottone aveva fatto per loro.

"Uff... ecco fatto! Ho avuto fortuna, e mi è capitata una bella preda!" grugnì Draig, trascinando la carcassa di una grossa capra selvatica e piazzandola davanti alla tana di Gulo. Con un ringhio gutturale, l'enorme ghiottone uscì dalla sua tana ed annusò la capra morta, per poi cominciare a lacerarla e divorarla. "Heh... vedo che se la sta già godendo. Buon appetito, Gulo... devo ammetterlo, mi stai piacendo. Sei simpatico, per essere un ghiottone grande come un orso!"

Gulo ringhiò nuovamente e immerse il muso nel corpo della capra, divorando le parti più grasse e carnose in modo da accapparrarsi subito quante più sostanze nutrienti possibile. Hipolito fece un sorriso di approvazione e accarezzò il fianco dell'enorme ghiottone comese fosse stato un cagnone affettuoso, poi si rivolse a Draig. "Gulo si è rivelato un amico fedele ed affidabile... ma torniamo a noi. Draig, possente guerriero, hai avuto modo di vedere qualcosa di interessante o di allarmante durante la caccia?"

Draig corrugò la fronte prima di dare una risposta - cosa che Albion sapeva volerdire che, in effetti, il suo focoso compagno d'avventura aveva visto qualcosa che lo preoccupava. "Per la verità, Hipolito... ho visto qualcosa di strano, in effetti. Si trovava di là, nelle foreste ad ovest di qui, subito dopo che ho acchiappato questa preda." rispose, voltando leggermente lo sguardo verso la capra che ormai Gulo aveva divorato quasi per metà, rompendo le ossa con il suo poderoso morso per succhiarne il midollo.

"Altri di quei temibili invertebrati giganti, signor Draig?" chiese Damiàn, mentre rimetteva a posto un piccolo libro nel quale erano scritti gli incantesimi da lui conosciuti.

Ma con sorpresa di tutti, Draig scosse la testa. "No, non loro... e neanche quei maledetti insettoidi che hanno attaccato il nostro villaggio." rispose, senza nascondere una certa ansia. Immediatamente, i suoi compagni d'avventura drizzarono le orecchie, a loro volte preoccupati di quello che avrebbe detto di lì a poco. "Ero appena riuscito ad abbattere quella capra... che ho sentito avvicinarsi qualcuno che non dava l'impressione di avere belle intenzioni. Per un attimo ho pensato di restare lì e combattere... poi però mi sono reso conto che si trattava di un gruppo di non meno di sei individui, e... ho dovuto ammettere, con riluttanza, che la scelta più onorevole era di tenersi nascosto."

Serena annuì in segno di approvazione. Conoscendo Draig, immaginava che per un guerriero orgoglioso ed impulsivo come lui sarebbe stato piuttosto umiliante nascondersi ed evitare uno scontro... e il fatto che ciò nonostante si fosse affidato al buon senso era un punto a suo favore.

"E di chi si trattava, allora?" chiese Abion.

Draig si schiarì la voce, ancora un po' incerto. "Ecco... so che potrà sembrare incredibile, se te lo dico adesso, ma..." rispose, ripensando a quell'incontro inaspettato. "Si trattava... di un gruppo di umanoidi con fattezze da coniglio... e credetemi, non davano l'impressione di essere carini e in vena di coccole."

"Uomini-coniglio? Ne sei sicuro, Draig?" esclamò stupita Pepa. Attorno a loro, alcuni stavano cominciando a parlottare, e un paio di rifugiati aveva anche trovato la verve di ridere di quella notizia. "Questa... mi giunge nuova. Non ricordo di aver mai sentito parlare di uomini-coniglio in tutti i miei viaggi... e lei, signor Damiàn?"

Il mezzelfo scosse la testa dispiaciuto. "Mi cogliete del tutto impreparato, temo." rispose.

"E... ti sono sembrati ostili? Pericolosi?" chiese Serena.

Draig annuì lentamente. "Tu non li hai visti, Serena, ma io ho avuto modo di osservarli da vicino... per fortuna senza essere osservato." rispose. "Ora che ve ne parlo così potrà sembrare impossibile che degli uomini-coniglio siano inquietanti... ma credetemi, ho visto quelle loro pellicce luride ed arruffate, e quei loro occhi iniettati di sangue. Non credevo che mi sarei mai sentito minacciato... ma la verità è che quei tipi mi sono subito apparsi pericolosi, e ho pensato che fosse meglio evitarli, almeno per il momento."

"Diamine... non bastavano quegli insetti giganti, adesso siamo minacciati anche dai conigli! Certo che è bizzarro... in quest'isola, le creature che ci sono state più amichevoli, sono state quella viverna di ieri e questo ghiottone troppo cresciuto." commentò Pepa gettando un'occhiata a Gulo. Il ghiottone delle dimensioni di un orso alzò la testa dal suo sanguinoso pasto e grugnì, come se si fosse leggermente offeso per le parole della ranger.

"Beh, non siamo obbligati ad attraversare il territorio di quei roditori troppo cresciuti." affermò Albion, gettando un'occhiata compassionevole ai superstiti di Pasiega, che si stavano riunendo e si stavano presentando davanti al gruppo. Hipolito storse il naso e si trattenne a malapena dal fargli notare che tecnicamente i conigli non erano roditori... "Signorina Pepa, è meglio che approfittiamo di questi momenti per pianificare le nostre prossime mosse. Dobbiamo evitare di imbatterci in questi pericolosi abitanti dell'isola."

"Certamente." rispose prontamente la ranger. "Ragazzi... voi restate di guardia, date un'occhiata in giro per vedere se i nostri compagni hanno bisogno di qualcosa, o se qualcuno è ferito o malato. Cercheremo di muoverci entro un'ora... e dobbiamo coprire quanta più strada possibile."

Anche tra la preoccupazione dei rifugiati e il sentore che c'era un ostacolo di più tra loro e la salvezza, Draig, Serena, Damiàn ed Hipolito si attivarono prontamente e cominciarono a fare il giro tra la gente di Pasiega, in modo da tranquillizzare tutti e raccogliere le loro opinioni ed eventuali lamentele, mentre Albion e Pepa si sedevano su una roccia vicina e cercavano di pensare a quale sarebbe stata la strada più sicura - anche a costo di allungare il percorso di un paio d'ore...

 

ooooooooooo

 

Un'ora dopo, la decisione era stata presa. Il gruppo aveva raccolto provviste, utensili, tutto ciò che avrebbe potuto essere utile nella fuga dagli insettoidi... e Hipolito si era intrattenuto per un po' con Gulo, per salutarlo e promettergli che sarebbe tornato prima o poi a trovarlo... e magari a portargli qualche altra succulenta preda.

"E' stato... un grande onore e piacere dividere la tana con un possente predatore come te." l'halfling druido parlò in questo modo al gigantesco ghiottone, accarezzandolo su un fianco come avrebbe fatto con un cagnone fedele. Il possente mustelide accettò di buon grado le attenzioni di Hipolito e fece un cenno con la testa come se fosse perfettamente in grado di comprendere quello che stava dicendo. "Che Ehlonna, la grande madre del verde, ti conservi e ti conceda una vita lunga e prospera. Ora le nostre strade si dividono. Vivi secondo la tua natura."

"Grrrrowl..." Gulo emise un ringhio sommesso. Forse Hipolito era un sentimentale, ma aveva la netta sensazione di aver sentito un pizzico di malinconia in quel verso.

"Devo riconoscere che sono impressionato..." sussurrò Albion a Draig. "Avevo sentito spesso parlare delle capacità dei druidi di comunicare con gli animali, e a volte anche con le piante. Ma sinceramente, non credevo potessero arrivare a tanto."

Draig fece un sorriso un po' stentato, forse contento di essere lui, una volta tanto, a dare le spiegazioni. "Albion, vecchio mio, i druidi sono i sacerdoti e i guardiani della natura. Loro riescono a capire gli animali come nessun altro." affermò. "Ovviamente, a volte ci riesce anche il sottoscritto, soprattutto quando ha in corpo qualche pinta di birra di quella buona!"

Albion non riuscì a trattenere una breve risata, e gettò uno sguardo di intesa a Serena, che osservava Hipolito con un misto di curiosità ed invidia. "Beh, no, questo non è un talento di cui ci sarebbe tanto da vantarsi..." affermò, per poi farsi un po' più serio. "Però... mi fa piacere sentire che mantieni ancora il tuo buon umore. In una situazione così difficile, credo proprio che ne avremo bisogno."

Draig sospirò e guardò in lontananza, verso la strada che ancora si estendeva davanti a loro. C'era ancora molta strada da coprire, e le loro prospettive erano alquanto cupe. "Beh... anch'io cerco di fare quello che posso... per fare in modo che questa gente non perda del tutto la speranza. E cerco... di non farmi prendere dai sensi di colpa."

Il dragonide argentato sbattè gli occhi con evidente rammarico. "Sensi... di colpa? Hai dei sensi di colpa... per cosa?" chiese. Si rese conto con stupore che stava per dire qualcosa come 'anche tu hai dei sensi di colpa'... e decise di tenere per sè queste considerazioni.

"Continuo a pensare... che avrei potuto fare di più per impedire... che le cose andassero così." ringhiò Draig. Fece uno sbuffo, e una lingua di fuoco scarlatto saettò brevemente dalle sue narici. "Forse avrei dovuto... prendere più sul serio quei dannati insetti. Fare delle ronde più ampie. Allenarmi meglio... insomma, mi viene da pensare che... che avrei potuto... avrei dovuto... fare qualcosa di più! Non chiedermi perchè... e anche se vieni a spiegarmi che in realtà non c'era nulla che io potessi fare... dentro di me io continuo a pensare che invece ci poteva essere qualcos'altro."

Albion ascoltò con attenzione le parole del suo amico e annuì cupamente. Anche se Draig a volte poteva sembrare uno sventato e un pallone gonfiato... quello che stava dicendo suonava così terribilmente familiare ad Albion. Non poteva biasimare il suo compagno per quel sentore irrazionale ma ineludibile. Anche Albion, in fondo, aveva il suo cruccio che lo rodeva.

"Ti capisco, Draig... ancora adesso, mi chiedo come è possibile che un soldato onesto, coraggioso e leale come il comandante Verdugo sia morto... e un umile servitore del divino Bahamut come me sia sopravvissuto, malgrado non avessi le sue qualità." pensò il paladino. "Io... forse è una prova alla quale il divino Bahamut mi sta sottoponendo? Avrò quello di cui ci sarà bisogno per salvare queste persone? Ma... no... no, non devo cominciare a dubitare. A volte ci capitano delle responsabilità senza che noi le richiediamo, e dobbiamo avere la forza e la decisione di occuparcene. Quello che devo fare... è cercare di impegnarmi al massimo, per salvare quante più persone possibile."

"Sì... ti capisco, Draig." affermò infine Albion, sentendosi un po' più sereno, per quanto ancora insicuro. "Ma... ora come ora, dobbiamo pensare al presente, e aiutare la gente di Pasiega a sopravvivere. Chissà, forse incontreremo anche il vice-capitano Torreblanca più avanti. Se la fortuna ci sostenesse, e riuscissimo a riunirci con lei e i suoi uomini... allora avremmo delle possibilità più concrete. Ma ora è meglio sbrigarsi. Abbiamo tracciato un percorso attraverso le terre selvagge... sperando di non imbatterci in quegli uomini-coniglio di cui parlavi."

"E se dovessimo incontrarli..." affermò Draig con decisione. "Ci penseremo noi a tenerli a bada! Vero, Albion? Serena?"

Serena fece un piccolo sorriso, guardando distrattamente verso le vette più alte che si ergevano maestose alle loro spalle...

 

oooooooooo

 

Alcune ore dopo...

"Ah, certo! Credo di sapere di cosa si tratta!" esclamò Damiàn con un misto di eccitazione e timore reverenziale, mentre evitava con inaspettata agilità l'attacco del mostruoso insetto che si era parato davanti al gruppo - una creatura davvero inusuale, simile ad un misto tra una mosca verdastra e una vespa, con due artigli uncinati simili a quelli di una mantide religiosa. "Una mantispa gigante! Un particolare tipo di insetto predatore che..."

Del tutto disinteressata alle spiegazioni, la gigantesca mosca-mantide spiegò le ali e si lanciò all'attacco, cercando di agguantare il mago mezzelfo con i suoi artigli. Damiàn sgranò gli occhi in un'espressione stupita e alzò la sua asta per lanciare un incantesimo protettivo, con il risultato che una baluginante sfera di energia azzurrina si accese attorno al suo corpo! Gli artigli della mantispa gigante fendettero la protezione, sollevando uno stridio agghiacciante e una pioggia di scintille azzurrine... e Pepa si lanciò all'attacco dal fianco sinistro dello strano insetto. Con un fendente della sua spada, la ranger inflisse una profonda ferita nel fianco chitinoso della creatura, che emise un ronzio assordante e rispose con un poderoso fendente dei suoi artigli.

Pepa gridò di dolore e barcollò all'indietro, con il sangue che colava da una ferita appena sotto la spalla destra... e Serena ripartì all'attacco, scagliando un paio di raggi di energia violacea contro la mantispa gigante, che riuscì ad evitare il primo colpo... ma il secondo la centrò al torace e la fece barcollare.

"Non mi va di uccidere una creatura così bella." disse la giovanissima warlock, con la stessa calma distaccata con cui diceva quasi ogni cosa. "Per favore, mosca-mantide, potresti andare via e catturare... che so, un bruco gigante, per esempio?"

"Non credo che ti capisca, Serena..." Hipolito cercò di avvertirla.

Ma, che la mantispa gigante avesse capito o meno, il risultato fu quello che tutti speravano: lo strano insetto predatore spiegò le ali e riprese il volo, tenendo le zampe raptatorie sollevate davanti a sè in atteggiamento intimidatorio. Con un brusio inquietante, lo strano insetto si allontanò quanto più rapidamente possibile, e i membri del gruppo riuscirono a tirare un sospiro di sollievo quando lo strano insetto si dileguò e scomparve all'orizzonte.

"Uff... ottimo lavoro, ragazzi." disse Hipolito. Si avvicinò ad una riluttante Pepa e lanciò un semplice incantesimo curativo che ebbe l'effetto di far richiudere almeno in parte la ferita sotto la spalla. Con un piccolo sforzo, la ranger dai capelli rossi mormorò un ringraziamento. "Tutto bene da voi? Draig, Albion?"

I due possenti dragonidi erano rimasti indietro per proteggere i rifugiati, cosa che erano riusciti a fare con abilità quando altri insetti giganti erano apparsi dal sottobosco e avevano cercato di agguantare i superstiti di Pasiega. Diverse formiche grandi come cani danesi erano a terra ai piedi del dragonide rosso, mentre quello argentato se l'era dovuta vedere con una vespa gigante particolarmente aggressiva. Non che la cosa le fosse servita a molto in ogni caso, visto che adesso la vespa gigante giaceva a terra con il torace squarciato da un micidiale colpo di alabarda. Gli abitanti di Pasiega, dal canto loro, stavano uscendo dai nascondigli improvvisati che avevano usato per ripararsi dal combattimento. Per fortuna, nessuno si era davvero fatto male, tranne per un paio di graffi di poco conto.

Albion gettò uno sguardo alla folla di rifugiati che si era riunita in quella piccola radura. Tutti loro osservavano con terrore e timore reverenziale le carcasse degli insetti giganti sui quali il loro paladino aveva visitato giustizia sommaria. "Beh... come posso dirle... non è stato facilissimo, ma siamo riusciti a difenderli tutti!" rispose fieramente. "Ma ora è meglio scappare, prima che il rumore della battaglia attiri altri di quegli insetti mostruosi."

"Anche scappare ha i suoi lati positivi." affermò Serena, un po' svagata come sempre. "Se non si combatte, non si può perdere."

"E' un modo alquanto codardo di vederla... ma lasciamo perdere!" tagliò corto Draig, tirando poi un calcio al corpo senza vita di una di quelle formiche giganti, mentre Albion si premurava di spiegare la situazione ai rifugiati e far loro capire cosa stesse accadendo. "Okay, gente! Dobbiamo andare avanti, non possiamo restare qui a farci massacrare! Passo svelto, e lasciamo che siano gli altri predatori a spazzare via i loro corpi!"

"Ri... Ricevuto!" esclamarono alcuni dei rifugiati, mentre acceleravano il passo e cominciavano a lasciarsi dietro anche quella radura. Da quando la marcia era cominciata quella mattina, si  erano fermati appena il tempo di mangiare e bere, e poi erano ripartiti di gran carriera. Più di una volta, il gruppo aveva rischiato di imbattersi in qualche altra pattuglia in insettoidi...

Ma ancora una volta, la perizia e l'abilità del gruppo di viaggiatori avevano mantenuto tutti al sicuro, e l'abilità in combattimento degli avventurieri aveva fatto sì che nessuno rimanesse indifeso ed in balia di quei mostri.

 

oooooooooo

 

Erano passati pochi minuti da quando il gruppo era fuggito da quella radura, lasciandosi dietro gli insetti giganti che avevano eliminato. Come Albion temeva, in effetti c'erano già diverse pericolose creature che si erano accorte della battaglia. E tra queste, un gruppetto di feroci cacciatori dagli occhi inettati di sangue, il cui aspetto contrastava non poco con i cipigli minacciosi che recavano una promessa di furia cieca.

Con circospezione, una di quelle strane creature si avvicinò ad una formica gigante che giaceva morta sul terreno, e la mosse lentamente, aiutandosi con il piatto di una minacciosa ascia bipenne che recava con sè. Erano creature dall'aspetto strano, inquietante... forse, per certi versi, le si sarebbe potute facilmente definire degli scherzi della natura: avevano fattezze umanoidi, con un corpo muscoloso alto poco più di un umano adulto, due braccia e due gambe, ed erano coperti da una corta ed ispida pelliccetta grigia - ma la parte sicuramente più strana era il fatto che avevano la testa di un coniglio, con lunghe orecchie dai bordi frastagliati, e un paio di lunghi incisivi affilati come pugnali che fuoriuscivano dalla bocca, accompagnati da un paio di occhi rossi che scintillavano malignamente, formando una smorfia furiosa sui loro volti. Ognuno di loro era vestito di niente più che un paio di pantaloni corti e stracciati, e alcuni feticci rozzamente scolpiti fatti di legno ed osso. Anzichè avere un aspetto carino, come ci si sarebbe potuto aspettare da un gruppo di conigli antropomorfi, queste creature apparivano feroci e sanguinarie, con espressioni rabbiose e fameliche... e le asce che tenevano tra le mani o assicurate sulla schiena non aiutavano di certo.

Il primo degli uomini-coniglio tirò un calcio al corpo senza vita della formica gigante, mandandolo a rotolare tra i cespugli. Si voltò verso i suoi simili ed esclamò qualcosa in una strana lingua fatta di stridii, fischi e squittii... e gli altri uomini-coniglio risposero con un acuto coro di esclamazioni apparentemente inarticolate. Uno di loro, tenendo un paio di accette da lancio ben strette tra le mani, avvicinò il muso al terreno e cominciò a fiutare... e quando fu sicuro di aver trovato una traccia, un ghigno trionfante apparve sul suo muso da coniglio, e le sue orecchie si drizzarono in un'espressione di eccitazione maligna.

L'uomo-coniglio cacciatore disse qualcosa ai suoi compagni, in quella strana lingua che ricordava uno squittio modulato in una serie di parole incomprensibili... e il resto del gruppo cominciò a seguire la traccia, assetati del sangue di chi stava profanando il loro territorio.

 

oooooooooo

 

Il gruppo di rifugiati di Pasiega, dopo una lunga ed estenuante marcia lungo i bordi della foresta, era finalmente giunto ad una radura che appariva facilmente difendibile in caso di attacco. Questa volta, Serena aveva insistito per fare il primo turno di guardia, immaginando che Draig ed Albion fossero esausti per la lunga veglia che erano stati costretti a sostenere. I due dragonidi avevano cercato di insistere, ma di fronte alle insistenze e alle premure avanzate anche dai rifugiati di Pasiega, alla fine si erano convinti a riposare un po', mentre il resto del gruppo si occupava di un po' di attività quotidiane, necessarie affinchè il gruppo di fuggiaschi potesse proseguire il viaggio senza rallentamenti. C'era chi preparava un po' di cibo, chi riparava gli strumenti, chi metteva a buon uso le sue nozioni di erboristeria per preparare qualche medicina, o si occupava di medicare le ferite degli altri. I bambini sopravvissuti erano raccolti in un'area protetta nel bel mezzo del campo, e in quel momento stavano giocando, cercando di distrarsi dalla situazione difficile in cui si trovavano.

Mentre Albion e Draig, rimosse le armature, si riposavano sotto una tenda improvvisata, Pepa si stava occupando di affilare un po' le sue armi, e stava intagliando qualche freccia improvvisata, preoccupata di rimanere senza al momento del bisogno. Con aria circospetta, la ranger gettò uno sguardo ad Hipolito, che era seduto a gambe incrociate su un tappetino di foglie e stava lavorando a qualcosa - Pepa era troppo lontana per poter dire con precisione di cosa si trattasse, ma aveva la netta sensazione che l'halfling druido stesse tessendo. A cosa sarebbe servito, poi? Pepa decise di non interessarsi oltre. Le bastava che quel nanerottolo non sabotasse le loro possibilità di uscire vivi da quell'isola infernale.

"Qui tutto bene. Sono le quindici, e tutto va bene." le arrivò la voce monotona di Serena. La giovane warlock era scivolata, silenziosa come un gatto, alle spalle di Pepa, e aveva annunciato l'ora come una brava guardia. La ranger fece un piccolo sobbalzo, e Damiàn non potè fare a meno di ridacchiare brevemente della scena.

"Serena." rispose Pepa. Diede un'ultima controllata alle frecce che stava intagliando. Erano venute abbastanza bene, tutto sommato, ma sperava che una volta giunti a Tarago sarebbe riuscita a fare scorta di frecce fatte in modo un po' più professionale - o di diventare più brava a farle entro breve. "Mi sembra di capire che la situazione è ancora sotto controllo... ma cosa sta facendo il nanerottolo, là seduto?"

"Lui si chiama Hipolito, non nanerottolo." rispose prontamente la giovanissima warlock. "Comunque... mi aveva detto qualcosa su un leshy... non so esattamente cosa sia, ma credo che stia cercando di costruirlo in questo preciso momento."

"Un leshy, eh?" rispose Damiàn. "Si tratta di piante intelligenti che fanno da guardiani e da assistenti per i druidi che sono in grado di crescerle. Credo che il nostro amico stia cercando di crearne uno."

"Davvero? Questo sì che è eccitante." rispose Serena con un sorriso appena accennato. "Sono curiosa di vedere come verrà fuori."

Pepa si sfregò la  fronte e sospirò. "Non sarò certo io ad impedirtelo... ma confesso che non capirò mai certe vostre questioni magiche." affermò. "Detto questo... ho l'impressione che il morale dei nostri concittadini sia buono, tutto sommato. Credo che... se non altro, abbiamo delle buone possibilità di raggiungere Tarago, se le cose continuano di questo passo."

Damiàn gettò uno sguardo comprensivo a due abitanti di Pasiega - due giovani donne che si stavano occupando di fare delle razioni d'acqua. "Fino ad adesso, abbiamo avuto fortuna nella sfortuna." commentò il mezzelfo. "Facciamo in modo che continui così..."

"Aspettate." sussurrò improvvisamente Pepa, e la sua mano si chiuse nervosamente sul suo arco, mentre con l'altra prendeva una freccia dalla sua faretra. Immediatamente, Serena impugnò la sua mazza ferrata e guardò nella stessa direzione della ranger... ma non vide nulla di allarmante.

"Che succede, signorina Pepa?" chiese Damiàn, preparando già un incantesimo. "Abbiamo... compagnie indesiderate?"

"Non ne sono sicura..." rispose Pepa a bassa voce. Stava per dire altro, ma sentì un fruscio provenire da un arbusto vicino, ai bordi della radura... e si voltò rapidamente, scoccando la sua freccia, che andò a piantarsi con un suono secco contro qualcosa che era nascosto tra le fronde!

Il caos esplose un istante dopo. Con uno stridio agghiacciante, una figura simile ad un mostruoso coniglio antropomorfo con la pelliccia grigia ed ispida, gli incisivi affilati come pugnali e gli occhi rossi luccicanti di ferocia uscì dalle fronde, spezzando i rami con il suo impeto! Solo in quel momento Pepa si rese conto che la sua freccia si era piantata nello scudo di legno di forma ovale che la creatura impugnava nella mano sinistra... mentre nella destra, l'essere brandiva una rozza ascia da battaglia dalla lama insozzata di sangue rappreso. L'arma aveva perso il filo per la mancata manutenzione, ma veniva brandita con una tale potenza che ormai l'affilatura non era più necessaria.

Davanti agli occhi sbalorditi di Serena, Pepa e Damiàn, altri uomini-coniglio armati di asce di varie dimensioni apparvero dalla foresta, sapientemente mimetizzati tra le fronde e gli arbusti. Con grida di furia, le creature si lanciarono all'attacco, prendendo di mira gli avventurieri e i rifugiati di Pasiega... e gli avventurieri scattarono in piedi, cercando come potevano di rispondere a quell'attacco inaspettato!

"Aaaah! E quelli cosa sono?" strillò una donna, gli occhi sgranati per l'orrore mentre uno degli uomini-coniglio incombeva su di lei. Fece in tempo a vedere una luce crudele brillare nei suoi occhi sanguigni... prima che l'ascia dell'aggressore si abbattesse su di lei, spezzandole il collo e facendola crollare al suolo come una bambola diroccata. In preda all'orrore, Hipolito si distrasse dal suo lavoro e si alzò di scatto, prendendo la sua fionda e facendo partire un proiettile che centrò il primo degli uomini-coniglio alla spalla destra e lo fece barcollare.

Nello stesso momento, anche Albion e Draig si erano alzati, svegliati di colpo dalle grida e dal fragore degli aggressori. Rapidamente, il paladino e il barbaro agguantarono le loro armi e si alzarono, senza perdere tempo a mettersi l'armatura.

"Sono... sono quelli di cui vi dicevo!" ringhiò Draig. Vedendo che uno degli uomini-coniglio stava correndo verso i bambini, tenendo sollevata una terrificante ascia bipenne, il dragonide rosso sgranò gli occhi per l'orrore e si lanciò in difesa dei piccoli terrorizzati! Arrivò appena in tempo e sollevò la sua lancia, parando un tremendo fendente con il quale il famelico uomo-coniglio stava per abbattere una bambina mezzelfa.

"SKREEEEEEECH!" L'aggressore lanciò uno stridio inumano, colmo di indignazione per quell'infame rettile che aveva osato negargli la preda, e rivolse a Draig tutta la sua furia.

"Ugh... presto, piccoli, mettetevi in salvo! Lo sistemo io!" esclamò Draig. Un fendente gli aprì una ferita al torace, ma per fortuna la lama non aveva leso organi importanti, e il dragonide barbaro reagì con determinazione, agguantando per la gola il suo avversario! "E TU! Resta lontano da loro, schifoso bastardo!"

L'uomo-coniglio ribattè qualcosa in quella loro strana lingua stridente e cercò di tornare all'attacco, ma Draig, spinto dalla rabbia e dalla determinazione di non lasciare che mietessero vittime, spinse via l'avversario, che si rimise subito in guardia e brandì furiosamente la sua ascia bipenne. Draig impugnò la sua lancia e ricevette l'attacco, scansando per pochi centimetri la lancia dell'uomo-coniglio, e poi rispondendo con un devastante affondo al torace! La punta della lancia penetrò nel corpo del mostruoso uomo-coniglio con abbastanza potenza da fuoriuscirgli dalla schiena, e il nemico si abbattè al suolo in un lago di sangue.

"Attenti! Mirate giusto!" esclamò Pepa. In tutta fretta, scagliò una freccia contro un altro aggressore, colpendolo al pettorale destro... ma la punta non penetrò abbastanza in profondità, e il possente uomo-coniglio se la strappò dalle carni e la spezzò. Albion intervenne, spalancando le fauci e scagliando un raggio bianco-azzurrino di energia congelante... e Damiàn usò il suo incantesimo Dardo Incantato per scagliare una raffica di proiettili energetici argentati contro altri due nemici, uno dei quali restò a terra. Anche Serena continuava a scagliare raggi violacei di energia distruttiva, coprendo i suoi amici e cercando di impedire agli uomini-coniglio di avvicinarsi alla gente di Pasiega.

"Presto! I civili si ritirino! Formiamo una barriera, impediamo a questi mostri di avvicinarsi a loro!" esclamò Draig, brandendo la lancia gocciolante di sangue mentre teneva a bada un altro uomo-coniglio. Un'ascia da lancio volò verso la sua testa, ma venne intercettata da un raggio distruttivo che Serena aveva scagliato con precisione millimetrica... mentre altri due uomini-coniglio emergevano dalla vegetazione, prendendo il gruppo da entrambi i lati! Una freccia scagliata da Pepa colpì il suo bersaglio e attraversò la gola del primo uomo-coniglio, ma l'altro riuscì a raggiungere Damiàn, che si scansò rapidamente di lato per evitare un mortale fendente dell'ascia dell'avversario. Ma non riuscì ad evitare l'attacco successivo - il suo avversario spalancò la bocca e lo morse ferocemente, affondandogli nel trapezio gli incisivi affilati come pugnali!

Il mago strinse i denti per il dolore e perse l'incantesimo che stava per lanciare... ma per fortuna, l'uomo-coniglio fu costretto a mollare la presa quando Hipolito arrivò di corsa e lo colpì al fianco con una piccola scimitarra.

"Uff... grazie, messer Hipolito!" ringraziò Damiàn. Si tamponò la ferita per un paio di secondi, poi richiamò alla mente l'incantesimo che stava per usare prima. "Che il potere della folgore scorra nella mia mano! STRETTA FOLGORANTE!"

Damiàn estese la mano e toccò la schiena del suo aggressore prima che quest'ultimo potesse voltarsi ed attaccare di nuovo... e un attimo più tardi, una scintillante scarica elettrica si dipartì dalla mano del mezzelfo e penetrò nel corpo del suo avversario, che stridette per il dolore per un istante prima di crollare al suolo senza vita. Immediatamente, un altro degli aggressori puntò la sua ascia contro il mezzelfo mago e stridette qualcosa in quella loro strana lingua. Ancche se nessuno di loro la conosceva, non ci voleva molto per capire cosa stava dicendo...

Un altro degli aggressori lanciò la sua accetta contro Damiàn, che si scansò appena in tempo... ma la lama ricurva gli passò comunque abbastanza vicino da fischiargli vicino ad un orecchio. Ringhiando, un altro uomo-coniglio cercò di raggiungerlo ed abbatterlo con la sua ascia... ma Albion si scagliò con tutta la sua forza contro l'avversario e lo gettò a terra, per poi mettersi a lottare selvaggiamente con lui! IL nemico spalancò la bocca e morse ferocemente Albion, che strinse i denti per il dolore ma tenne duro e agguntò la testa dell'avversario, poi la sbattè con forza sul terreno.

"No, io... non lascerò che muoia nessuno, se posso impedirlo!" esclamò. "Io sono... Albion, paladino al servizio del divino Bahamut... e il mio dovere è chiaro!"

"Facciamo pure il nostro dovere, Albion!" esclamò Draig. Vide uno dei nemici che si stava scagliando contro Damiàn, e prese fiato... poi scagliò dalla bocca una ruggente palla di fuoco grande come un pugno umano, che centrò in pieno il mostruoso uomo-coniglio ed esplose su di lui. Con uno stridio atroce, il mostro prese fuoco e bruciò, trasformandosi in un pochi istanti in uno scheletro annerito.

"Grazie, amici! E ora... Scudo!" esclamò Damiàn, riuscendo finalmente a creare uno scudo di energia scintillante attorno al suo corpo. Imbracciò una balestra e fece fuoco, colpendo uno degli uomini-coniglio al braccio destro... mentre Pepa continuava a scagliare frecce ben piazzate, una delle quali attraversò il cranio di uno dei nemici, facendolo crollare a terra.

"Ora tocca a me." disse Serena. La warlock alzò una mano, e i suoi occhi cambiarono di colpo, trasformandosi in due terrificanti pozze di oscurità, mentre la sua voce chiara e giovanile assumeva di colpo un timbro innaturale e terrificante, come se provenisse dai più neri meandri dell'Abisso. "TEMETE LA COLLERA DELLE FORZE ARCANE, ABIETTE CREATURE! CHE LA PAURA SI IMPOSSESSI DI VOI!"

Due degli uomini-coniglio vennero improvvisamente colti dal panico nel vedere Serena avvolta da una gelida aura di pura oscurità, che protendeva una serie di eterei tentacoli verso di loro, come se la warlock fosse bramosa di divorarli. Immediatamente, si voltarono e scapparono, dileguandosi nuovamente nella foresta con terrificanti stridii di orrore... e anche gli altri nemici esitarono, cosa che diede al gruppo la possibilità di contrattaccare e ribaltare l'esito dello scontro. Hipolito scagliò una serie di proiettili dalla sua fionda, ed Albion riuscì ad avere la meglio sul suo avversario, sbattendogli la testa sul terreno con abbastanza forza da fargli perdere i sensi. Albion si alzò di scatto e recuperò la sua alabarda, pronto ad affrontare i feroci uomini-coniglio...

Ma, con suo grande sollievo, vide che gli aggressori superstiti avevano deciso di lasciar perdere e si stavano ritirando in disordine, scomparendo uno dopo l'altro nella vegetazione. Decisa a non fargliela passare liscia tanto facilmente, Pepa scagliò altre due frecce, una delle quali colpì uno degli uomini-coniglio in mezzo alle scapole, facendolo crollare al suolo con uno strillo assordante. La ranger dai capelli rossi incoccò un'altra freccia... ma decise di non scagliarla, visto che ormai gli attaccanti stavano fuggendo, e non avrebbe avuto senso incalzarli.

"Stanno scappando. Restate in guardia, ma non inseguiteli! Proteggete i civili!" esclamò Albion. Gradualmente, i versi animaleschi e il frastuono della fuga si ridussero fino a cessare del tutto... e solo quando Albion e i suoi compagni furono sicuri che non ci fosse più nessuno di quei mostri lì attorno, si permisero di tirare il fiato e rilassarsi.

"Se ne sono andati... maledizione, non credevo ci avrebbero seguiti fin qui..." ringhiò Draig. "Ragazzi... come state, tutto ok? I nostri concittadini! Stanno tutti bene?"

"Per... per la maggior parte..." rispose cupamente Hipolito. Il piccolo halfling era chinato su un giovane che aveva ricevuto un colpo d'ascia all'addome da un uomo-coniglio, e stava cercando di lanciare un incantesimo curativo... ma quando vide che l'energia guaritrice non riusciva a fluire nel corpo dell'uomo, si rese conto che era arrivato troppo tardi. "Maledizione... temo che... abbiamo perso alcune persone..."

Serena non cambiò molto la sua espressione, ma Albion riuscì a vedere il suo grazioso volto che si rabbuiava per il rammarico e il rimpianto. Pepa scosse la testa, chiaramente dispiaciuta per quello che era successo... e Damiàn, da parte sua, stava confortando un ragazzo e una donna in lacrime per la morte della donna caduta sotto le asce degli aggressori. Dando un'occhiata all'accampamento improvvisato, Albion sospirò nel constatare che tre dei rifugiati erano stati uccisi, e altri cinque erano rimasti feriti - e di questi, uno aveva perso il braccio sinistro, tagliato all'altezza del gomito dall'ascia di un uomo-coniglio.

"Presto, occupatevi dei feriti. Non lasciamo che muoia qualcun altro oggi." esclamò Albion. Il dragonide argentato cercò di ignorare la fatica e il dolore, e si mise subito al lavoro. "Poi... poi dobbiamo levare le tende, e cercare di allontanarci il più possibile. Se... se quei dannati roditori si sono spinti fin qui, allora possono farlo di nuovo, e stavolta saranno più numerosi e meglio armati!"

"Certamente, paladino Albion! Provvediamo subito!" esclamò Serena, per poi correre ad aiutare chi era rimasto ferito nello scontro. Tutt'attorno nell'accampamento improvvisato si sentivano i lamenti dei feriti e quelli di coloro che erano rimasti scioccati e spaventati dall'apparizione di quei misteriosi e feroci uomini-coniglio, che certamente avevano ben poco a che spartire con le creature graziose ed innocue sulle quali si basavano.

"Cosa... cos'è successo? Da... da dove venivano quei mostri?" chiese un bambino, tenendosi aggrappati ai pantaloni del padre, che cercava in qualche modo di fargli coraggio.

"Non... non c'è nessun posto su questa dannata isola dove saremo al sicuro?" esclamò una giovane donna, piegata sul corpo dell'uomo che Hipolito aveva cercato di aiutare. In lacrime, la donna si voltò verso Albion e lo afferrò come se si stesse aggrappando ad un relitto galleggiante durante una tempesta. "Mio... mio fratello è morto... quando... quando toccherà a noi? Noi... noi.. siamo perduti? Non... non ce la faremo?"

Il dragonide paladino abbracciò delicatamente la donna in lacrime, cercando di darle almeno un minimo di conforto... anche se, osservando la paura e lo shock delle persone attorno a loro, si rendeva conto di quanto delicata fose la loro situazione, e che i loro concittadini erano comprensibilmente spaventati - le loro speranze di uscirne vivi avevano subito un duro colpo, e alcuni sembravano in procinto di arrendersi.

E come paladino di Bahamut, era suo dovere tenere viva la speranza, anche quando tutto sembrava contro di loro...

"Mi rendo conto... che questo incidente abbia sconvolto tutti noi. E non pretendo di non essere io stesso scioccato." affermò. "Ma... abbiate fiducia. Il nostro obiettivo non è cambiato... dobbiamo muoverci più velocemente, e fare in modo di allontanarci il più possibile da qui prima che quei mostri ci attacchino di nuovo."

"Raccoglieremo i nostri morti e daremo loro una degna sepoltura..." affermò Damiàn contrito. "E poi... ci occuperemo dei feriti, e ci affretteremo verso Tarago, cercando di evitare il più possibile quei dannati insetti giganti. So che... purtroppo può sembrare un'impresa assurda, ma... dobbiamo tentare, non possiamo arrenderci e lasciarci sopraffare."

"Non era questo che il comandante Verdugo avrebbe voluto..." mormorò Serena. Albion guardò verso il terreno, ancora sentendosi a disagio all'idea che un guerriero forte e valoroso come Verdugo si fosse sacrificato al suo posto.

Non c'era molto da fare, in realtà. Restare lì sarebbe stato inutile, se non per prestare soccorso ai feriti e raccogliere tutto il necessario per proseguire il viaggio...

"S-Signor Draig?" chiese un bambino, aggrappandosi con tutto il vigore di cui era capace alla coda del possente dragonide rosso. Preoccupato, Draig si voltò verso il piccolo e gli accarezzò i capelli in modo da confortarlo... e rimase sorpreso quando vide che il piccolo si passava il braccio sugli occhi per asciugarsi le lacrime, e gli rivolgeva uno sguardo deciso. "Io... ho fiducia in voi! Voi... siete più forti di quei mostri! E sono sicuro... che alla fine ce la caveremo! Troveremo un altro posto in cui abitare!"

Dapprima colto di sorpresa dalla determinazione del piccolo rifugiato, Draig annuì e gli arruffò i capelli, poi si rivolse con decisione al resto degli abitanti di Pasiega. "Sì, è proprio così!" affermò, ritrovando almeno in parte il piglio che lo contraddistingueva. "Abbiamo di fronte delle difficoltà, questo è vero. E purtroppo, ne hanno fatto le spese molti di coloro che conoscevamo e che chiamavamo nostri amici. Ma è proprio per non rendere vano il loro sacrificio che abbiamo il dovere di resistere... e di andare avanti."

"Sì, il mio compagno ha ragione." rispose Albion. Serena gli passò una mano sulla schiena e lanciò un incantesimo curativo, che fece rimarginare in pochi secondi gran parte delle sue ferite. "Noi... siamo l'ultima speranza di tenere in vita lo spirito di Pasiega su questa terra lontana, e non abbiamo neanche la possibilità di tornare indietro. Quello che dobbiamo fare ora... è prenderci un attimo di tempo per commemorare i nostri caduti... e poi, proseguire il nostro cammino, e raggiungere Tarago il prima possibile."

Il discorso ebbe l'effetto di dare un po' di coraggio ai superstiti, che si affrettarono a medicare i feriti e a recuperare i corpi dei caduti. Pepa tirò un piccolo sospiro di sollievo, e ringraziò tra sè Albion e Draig per essere riusciti a risollevare il morale dei loro concittadini e salvarli dalla disperazione... ma per quanto sarebbe durato? La gente di Pasiega ne aveva già passate fin troppe, e tutte le persone hanno i loro limiti.

"Detto questo..." disse tra sè la rossa arciera. "Mi chiedo da dove siano spuntati fuori, quei dannati uomini-coniglio? Prima che Draig ne parlasse, stamattina... non avevamo mai visto niente del genere! Da dove diavolo verranno?"                

Alzò le spalle e si accinse ad unirsi ai lavori. Quella sarebbe stata una domanda per quando... e se... fossero riusciti a trovare la loro nuova casa...         

 

oooooooooo

 

CONTINUA...        

                  

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Capitolo 13
*** Pericoli e momenti di quiete ***


Pathfinder: L'Isola degli Insetti Giganti

Una fanfiction di Pathfinder scritta da: Justice Gundam

 

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Capitolo 13 - Pericoli e momenti di quiete 

 

Varshod strinse i suoi occhi compositi mentre sollevava lentamente una piccola fiala contenente un denso liquido verde-giallino, e la inclinava lentamente per farne cadere alcune gocce in un piattino di ceramica che aveva piazzato davanti a sè, e sul quale aveva già posto un miscuglio di erbe tritate. L'effetto fu immediato, e la miscela di ingredienti cominciò quasi subito ad amalgamarsi in un denso fluido verdastro, che l'insettoide non perse tempo a riversare in un contenitore di vetro colorato. Agitò lievemente l'alambicco, in modo da essere sicuro che la miscela fosse stabile... e nel momento in cui il miscuglio avesse finì di gorgogliare e ribollire, mise giù il contenitore e tirò un sospiro di sollievo.

"Bene. Cessato pericolo." disse il tosculi, per poi cominciare a radunare tutti gli strumenti del suo piccolo laboratorio alchemico. Ora che la situazione era sotto controllo, Varshod alzò lo sguardo e fece un cenno di assenso ad Ikkotha, il thri-kreen che lo aveva accompagnato in quel suo incredibile colpo di testa. "Tutto a posto, Ikkotha. E' stato un po' rischioso, ma sono riuscito a miscelare un estratto. Spero che ci sarà utile."

"Ottimo lavoro, amico mio." disse Ikkotha. Era difficile vedere un qualche tipo di emozione sul suo volto da mantide religiosa, ma chiunque avesse potuto vederlo in quel momento, avrebbe potuto giurare che stava sorridendo. "Una volta che avremo finito di riposarci, credo proprio che potremo proseguire il nostro viaggio. Ovviamente... tu sai quale sarà la nostra prossima destinazione, vero?"

Nonostante tutto, il tosculi non potè trattenere una gioviale risata. La domanda non aveva nessuna connotazione negativa, o almeno, nulla che Ikkotha intendesse. I thri-kreen come lui avevano la fama di vivere alla giornata e decidere sul momento... mentre i tosculi erano invece conosciuti per la loro tendenza a pianificare ogni cosa con attenzione e avere sempre qualche alternativa sulla quale ricadere nel caso la situazione degenerasse.

"Certamente... il tempio di Brelm, non molto lontano da qui." disse l'uomo-vespa, mentre cominciava ad ordinare le fiale piene di liquidi colorati e le assicurava alla cintola che gli circondava il torace. "Sono sicuro che i nostri... simili... non sono ancora arrivati fin lì. Forse lì potremo trovare qualcosa di utile... qualcosa che ci permetta di mettere un po' di ordine in questo casino."

Ikkotha sospirò e guardò in lontananza, oltre le folte cime degli alberi e verso il cielo terso nel quale il sole dardeggiava implacabile. "Mi chiedo se non stiamo facendo una pazzia, Varshod. In fondo... noi non dobbiamo nulla agli umani... agli invasori di Pasiega, come li chiamano." affermò. "E adesso... siamo qui, dopo aver disertato l'esercito dei nostri compagni di sciame, e stiamo cercando... noi, delle semplici reclute... di trovare un modo per mettere fine ad una guerra... un modo che potrebbe non esistere nemmeno. Non so te, ma io solo adesso mi rendo conto dell'enormità di quella situazione in cui siamo finiti..."

"Mi rendo conto che non è facile, Ikkotha." rispose Varshod con un sospiro preoccupato, per poi gettare un'occhiata al terzo membro del loro gruppetto di ribelli. la guerriera-scarabeo di nome Qerus, che in quel momento si stava aggirando con circospezione attorno ai suoi due compagni più piccoli, tenendo il suo enorme maglio appoggiato sulla schiena. "Io... ho preso una decisione improvvisa. So che non è da me, ma... se devo essere sincero, non sono mai stato troppo convinto di quello che il comandante Kadox sta facendo. Dice che corrisponde alla volontà del potente Echthrois, ma... se è davvero così, allora che ne è stato del dominio di Isthmos? Ci siamo ridotti a questo?"

Ikkotha fece un cenno di assenso e attese che Varshod raccogliesse i suoi pensieri e si organizzasse la parte successiva del discorso. Non ci volle molto tempo - il tosculi alchimista sospirò e grattò con un dito sul terreno. "In ogni caso, seguendomi state compromettendo la vostra posizione agli occhi del comandante Kadox e del comandante Zak-Nakim. Forse ho fatto male a coinvolgervi in tutto questo. Se volete andarvene, siete liberi di farlo. Forse... siete ancora in tempo per evitarvi una severa punizione. Basta che vi inventiate una scusa per cui non vi siete riuniti all'armata principale."

"Hm? Che cosa dice amico Varshod?" chiese Qerus con quella sua voce dolce e melodica, che sembrava così fuori posto proveniente da una creatura così possente. "Noi... qui perchè amici, no? Capo Zak-Nakim... non arrabbiare con noi, vero?"

Ikkotha annuì lentamente. Qerus non era mai stata una grande pensatrice, e semplificare la situazione fino a questo punto era probabilmente il modo migliore di chiarirle le cose senza confonderla. "In realtà, Qerus... ho l'impressione che il comandante Zak-Nakim non la prenderebbe troppo bene se venisse a sapere quello che abbiamo fatto. Non so neanche se lui sia d'accordo o meno con quello che il comandante Kadox sta facendo..." affermò. "Ma... non divaghiamo. Il punto, Varshod... è che io e Qerus ti stiamo seguendo di nostra volontà, non perchè tu ci hai costretto. Io... sono pienamente consapevole che quello che stiamo facendo avrà delle conseguenze per noi. Ma non ce la facevo più, in tutta coscienza, a fare quello che il comandante Kadox voleva."

"Qerus vuole stare con suoi amici." affermò la guerriera trox, puntando fieramente per terra il suo enorme martello.

Varshod sollevò le mandibole, un gesto che poteva essere interpretato come un sorriso. "Grazie, amici. Non riesco neanche ad immaginare quanto debba costarvi tutto questo... ma non ce la faccio proprio a vedere il nostro popolo che si macchia di simili atrocità." affermò. "E spero... spero che potremo fare qualcosa per fermare questa pazzia."

"E... speri di trovare qualcosa nel santuario di Brelm?" chiese il thri-kreen.

Varshod si sfregò la fronte con una mano. "E' un po' una scommessa, questa che sto facendo." rispose. "Ma... sapendo che i chierici di Brelm una volta si occupavano anche dell'archiviazione di importanti documenti storici, penso che almeno lì avremo la possibilità di capire qualcosa di più di cosa sta accadendo... e del perchè siamo arrivati a questo."

"CApisco, capisco..." disse Ikkotha. "In effetti avrebbe senso... ma non ho idea di cosa potremmo fare, anche se riuscissimo a trovare qualche informazione utile."

"Una cosa alla volta..." affermò Qerus con un cenno della testa.

Varshod annuì in tono di approvazione. "Sì, Qerus ha ragione. Ci sono parecchie cose che non sappiamo... e anche se mi rifiuto di credere che tutti i nostri compaesani siano convinti di ciò che stiamo facendo... resta il fatto che non possiamo rivelare i nostri sospetti in questo momento. Per adesso, concentriamoci su un obiettivo a breve termine."

Ikkotha fece un cenno di approvazione e raccolse la sua strana lancia, per poi indicare con lo sguardo la fitta foresta che si estendeva davanti a loro. I pendii si stavano facendo più scoscesi, e il paesaggio più aspro man mano che si addentravano nella parte più interna dell'isola. "Molto bene. Se voi due mi aspettate qui per un po', proverò a fare un giro di esplorazione, e se riuscirò a trovare qualche indizio su dove si trova il santuario di Brelm, tornerò e ve lo farò sapere il prima possibile." affermò.

Varshod fece un cenno con la testa... ma prima che potesse dire altro, si sentì un brusio assordante, e il tosculi drizzò le sue corte antenne in segno di allarme. Qualcosa si stava avvicinando ad alta velocità...

"Presto! Noi tutti giù!" sussurrò Qerus. La trox prese i suoi due compagni per le spalle e li fece stendere a terra, trascinandoli giù con la sua forza taurina. L'esoscheletro di Ikkotha cambiò rapidamente di colore, assumendo un tono verde acceso come l'erba nella quale erano sdraiati... e dopo alcuni secondi, la fonte di quel suono assordante ed inquietante apparve nei cieli sopra di loro. Due vespe gigantesche e dall'aria feroce, il corpo a strisce gialle e rosse, l'addome armato di un affilatissimo pungiglione velenoso grande come un pugnale, stavano pattugliando i cieli sopra di loro, forse alla ricerca di qualche superstite del villaggio di Pasiega.

Varshod deglutì nervosamente e afferrò con una mano una della provette di vetro riempite di reagenti chimici che portava inserite nella sua bandoliera. Per diversi secondi pieni di tensione, i due giganteschi calabroni continuarono a volare in cerchio sopra il punto in cui l'uomo-vespa e i suoi due compagni si erano nascosti, e Varshod pregò con tutte le sue forze che le fronde e gli arbusti tra i quali si trovavano li tenessero nascosti agli occhi di quei due bestioni...

Finalmente, dopo diversi secondi, i calabroni giganti persero interesse e volarono via, il ronzio infernale che si smorzava man mano, finchè non furono scomparsi all'orizzonte. Ikkotha tirò un sospiro di sollievo e il suo esoscheletro tornò del suo solito colore marroncino, mentre Qerus si alzava lentamente e stringeva tra le robuste mani il suo enorme maglio, pronta a combattere nel caso i calabroni fossero tornati indietro.

"Cessato pericolo. Siamo salvi, per adesso." sospirò Varshod.

Ikkotha annuì con aria preoccupata. "Già. Per adesso. Il comandante Kadox avrà già sguinzagliato i suoi occhi e le sue orecchie per tutta Abundancia. Dobbiamo raggiungere il santuario, e sperare in bene." affermò. "Qerus, vieni con noi. Non siamo in condizioni di combattere se dovessero scoprire che siamo qui."

La guerriera-scarabeo, obbediente come sempre, ripose immediatamente il suo martello da guerra sulla schiena e aiutò Varshod a rialzarsi. "Noi... facciamo presto." affermò. "Veloce, piccolo amico. Noi andiamo."

"Grazie, Qerus. Siamo già in una posizione molto difficile... e dobbiamo allontanarci quanto prima." affermò. "Spero solo che in quel santuario ci sia qualcosa che possa esserci utile."

I tre insettoidi controllarono che il loro equipaggiamento fosse a posto, e Qerus, sentendosi un po' affamata, si chinò di colpo e afferrò un topo che stava cercando di sgattaiolare tra le sue robuste gambe. Spezzò il collo al roditore con un gesto deciso della mano e cominciò a mangiarlo, lasciandone solo le ossa nel giro di appena un minuto. I due insettoidi più piccoli attesero che finisse e sparpagliasse le ossa spolpate sul terreno vicino a lei, poi il terzetto di insettoidi riprese ad addentrarsi nella foresta, stando bene attenti a restare nascosti sotto le fronde degli alberi...

Se il presentimento di Varshod era giusto, non potevano permettersi alcuna distrazione, e soprattutto non potevano permettersi di fallire. Il futuro della razza degli insettoidi, la sopravvivenza del Dominio di Isthmos... e forse il destino di tutto Nexos dipendevano dalla riuscita o dal fallimento della missione in cui erano impegnati...         

 

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Per i rifugiati di Pasiega, dopo l'inaspettato e micidiale attacco degli uomini-coniglio di pochi giorni prima, il viaggio si era fatto più arduo e snervante. Albion e Draig si erano fatti ancora più attenti e si permettevano di dormire ancora meno, con grande preoccupazione dei loro compagni. Serena sembrava in grado di mantenere un invidiabile sangue freddo nonostante la delicata situazione, ma di tanto in tanto, Pepa la vedeva guardare in lontananza, in preda a chissà quali pensieri.

Anche Hipolito, il vivace halfling druido, si era fatto più introverso e concentrato, e passava quei pochi momenti di tempo libero che si voleva concedere immerso nella tessitura di un leshy, senza voler chiarire di cosa esattamente si trattasse. In quel momento, Hipolito aveva raccolto un pugno di foglie di ortica, e le stava cucendo tra loro come se volesse intessere un abito in miniatura. Toccava le foglie a mani nude, apparentemente insensibile al bruciore che provocavano.

Damiàn, da parte sua, si prendeva un po' di tempo tra una tappa e l'altra per fare qualche annotazione su un libriccino da viaggio, e di tanto in tanto, i suoi compagni lo vedevano fare dei disegni che rappresentavano gli insetti giganti che avevano incontrato nel corso di quel pericoloso viaggio.

Dopo qualche giorno di marce forzate, in cui il gruppetto aveva dovuto ancora difendersi da attacchi di insetti giganti e uomini-coniglio, avevano finalmente ricevuto delle notizie promettenti quando Pepa era tornata da una spedizione, leggermente ferita a causa di un incontro un po' troppo ravvicinato con quello che la ranger dai capelli rossi aveva descritto come "un bombo delle dimensioni di un cavallo da tiro". Seduta su una roccia mentre Serena le lanciava un incantesimo curativo, Pepa aveva bevuto una fialetta di antitossina, mitigando gli effetti del veleno paralizzante che le scorreva nelle vene... e una volta che si era sentita meglio, aveva raccontato quello che aveva visto.

"Ascoltate... c'è un accampamento non troppo lontano da qui." disse la ranger dai capelli rossi. Serena sbattè gli occhi senza cambiare espressione, e incanalò un flusso di energia curativa nella ferita sulla spalla sinistra di Pepa, facendola rimarginare parzialmente e diminuendo il gonfiore. "A quanto ho potuto vedere... si tratta di estaniani come noi!"

"Cosa? Ne siete sicura, signorina Pepa?" chiese Damiàn, la cui espressione speranzosa era specchiata in quella dei suoi compagni e dei profughi più vicini.

Pepa annuì con decisione. "Assolutamente. Sono sicura di non sbagliarmi. Ho visto alcune uniformi... sono quelle del nostro esercito. Ho l'impressione che fossero alcuni soldati superstiti della divisione del comandante Verdugo." affermò.

Albion sgranò gli occhi e provò una sensazione di sollievo e al tempo stesso di ansia. Gli uomini del comandante Verdugo... allora qualcuno di loro era sopravvissuto alla strage di Pasiega! Forse tra loro c'era anche la vice-comandante Torreblanca! E al tempo stesso... si sentiva quasi in colpa nei confronti di quegli uomini. La sensazione di essere sopravvissuto a discapito del comandante Verdugo non era ancora scomparsa...

"Allora credo... che sarebbe una buona idea raggiungere l'accampamento." affermò Serena, con un sorriso speranzoso.

Draig annuì con decisione. "Bene! Dopo tutte le traversie che abbiamo passato... era finalmente ora di ricevere delle buone notizie!" affermò.

"Già, ma non abbassiamo la guardia." continuò Pepa, ora sentendosi un po' meglio. Serena le fece cenno di restare seduta finchè l'effetto del veleno non si fosse smorzato, ma in quel momento Pepa sentiva di essere di nuovo in grado di affrontare un intero sciame di quelle bestiacce ronzanti. "Gli imprevisti possono capire in qualunque momento, anche quando siamo ormai a due passi dalla meta."

"Allora affrettiamoci..." continuò Hipolito. Il vivace druido ripose attentamente il leshy a cui stava lavorando in un contenitore di legno e lo chiuse, facendo in modo che rimanesse al sicuro. Tra i rifugiati cominciò a diffondersi una prudente speranza. Forse la loro situazione non era più così disastrosa...

 

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Alcune barriere improvvisate, dei recinti fatti di catene e alcune scatole di legno erano le uniche fortificazioni di cui il campo nel bel mezzo della prateria poteva disporre. Mentre Albion, il suo gruppo e i sopravvissuti di Pasiega si avvicinavano, videro che un discreto numero di civili e un numero decisamente più contenuto di soldati, tutti di varie razze, si avvicendavano attorno a delle tende e dei ripari messi su alla meno peggio. L'arrivo del gruppo era stato accolto con sorpresa e speranza, nella consapevolezza che almeno qualcuno di Pasiega oltre a loro si era salvato... e che la speranza di sopravvivere in un mondo che sembrava impazzito si era fatta più concreta.

"Guardate! Quelli non sono... il paladino Albion! La signorina Serena!" esclamò un ragazzino elfo, i cui grandi occhi neri scintillavano gioiosi alla vista degli eroi di Pasiega.

"Sì, sono loro!" esclamò una giovane donna in uniforme militare estaniana, i lunghi capelli neri legati in una treccia, tenendo tra le mani una lancia. "Sono coloro che hanno affrontato il culto di Deskari!"

"Che Heironeous sia lodato! Allora la speranza non ci ha lasciato del tutto!" esclamò un minotauro vestito di un paio di pantaloni e una camicia bianca macchiata di carbone.

"Siamo noi!" esclamò Draig, sentendosi finalmente un po' meglio e recuperando il suo spirito. "Siamo riusciti a sopravvivere... quasi tutti... e siamo qui per darvi una mano!"

Immediatamente, i rifugiati si prodigarono per assistere i nuovi arrivati. Alcuni corsero a preparare un po' di cibo, mentre altri mettevano a disposizione le loro conoscenze di medicina per curare le loro ferite. Albion alzò una mano per salutare gli occupanti dell'accampamento, e vide avvicinarsi uno dei soldati - una mezzorca dalla tipica pelle verde e con i capelli blu notte legati in una lunga treccia. Era alta e robusta, e indossava un'uniforme ormai consunta, con una spada appesa al fianco e uno scudo di metallo rotondo legato ad un braccio. La soldatessa mezzorca fece un saluto agli avventurieri, che ricambiarono con evidente sollievo.

"Caporale Leriana Guardarez, dell'esercito di Estania. Al servizio di Sua Maestà Salvador II, almeno per quello che può valere in un caso simile..." disse la mezzorca, scambiandosi un saluto militare con Albion.

Draig sfoderò uno dei suoi sorrisi arguti. "Caporale Guardarez, avete fatto uno splendido lavoro, date le circostanze! Siete... siete voi la comandante di questo accampamento, vero?" chiese il dragonide rosso.

Leriana scosse gentilmente la testa mentre il gruppo si avvicinava ad una delle tende più grandi. "No, non sono io la comandante... o meglio, lo sono in via provvisoria." affermò. "E' impressionante che siate riusciti ad attraversare quelle terre selvagge e ne siate usciti vivi. Non molti dei nostri compaesani hanno avuto la stessa fortuna. Noi... abbiamo dovuto difenderci da quei dannati insetti giganti e da dei mostri sanguinari che ricrdavano parecchio uomini con la testa di coniglio... non chiedetemi da dove diavolo sono saltati fuori, perchè non ne ho la più pallida idea."

"Non facciamo fatica a crederci, visto che ci siamo imbattuti in simili pericoli anche noi." rispose tranquillamente Damiàn, aggiustandosi gli occhiali. "Ma, scusate se insisto, caporale, ma avremmo bisogno di parlare con il vostro ufficiale superiore. E' disponibile in questo momento?"

"Se è proprio necessario... va bene, seguitemi. Vi farò parlare con la comandante Torreblanca." rispose Leriana. Appoggiò la sua lancia vicino all'entrata della grande tenda e guardò all'interno, per poi fare un cenno di assenso e guardare verso il gruppo. "Sì... va bene, la comandante Torreblanca ha detto di voler parlare con voi. Potete entrare."

"Allora anche la comandante Torreblanca si è salvata!" affermò con evidente gioia Hipolito. "Meno male... sembra che almeno adesso non saremo più soli ad affrontare le insidie di quest'isola!"                 

"Sono curiosa di sentire cos'ha da dirci." rispose Serena con un sorriso appena visibile. Ma il cauto entusiasmo che si stava diffondendo nel gruppo di avventurieri si smorzò sensibilmente quando Albion per primo entrò nella tenda e si rese conto che si trattava di un'infermeria, e per giunta ridotta in uno stato pietoso. Diversi uomini e donne gravemente feriti erano riversi su dei materassi improvvisati, le ferite coperte con bende macchiate di sangue. I loro gemiti di dolore risuonavano sinistramente tutt'attorno, accompagnati da un penetrante odore ferroso che rendeva la scena ancora più cupa.

Anche il resto della tenda era immerso nel caos. Era più che evidente che la tenda era stata messa su alla meno peggio, dando priorità alla praticità piuttosto che all'efficienza. Una scrivania improvvisata era stata piazzata al lato opposto della tenda, con uno sgabello posto lì accanto, e su di esso era seduta una figura che Albion riconobbe subito - Orsola Torreblanca, la vice-comandante della milizia di Pasiega.

O meglio, lì si trovava la maggior parte di lei, dal momento che la gamba destra della giovane donna terminava appena sotto il ginocchio in un moncherino coperto di bende insanguinate. La spadaccina cercava di mantenere il suo contegno e la sua espressione seria ed attenta, anche se il suo volto era pallido e i suoi occhi tradivano la sua esaustione. Era evidente che la vice-comandante aveva perso molto sangue per quella tremenda menomazione...

"Ah, chi si rivede." affermò Torreblanca, forzando un sorriso e appoggiandosi alla scrivania improvvisata. "Siete... siete tutti qui, vedo. Mi fa molto piacere."

"Vice-comandante Torreblanca." disse Albion, tenendo a freno le sue emozioni. "Sono... sono anch'io contento di vederla. Anche seavrei preferito che accadesse in circostanze più favorevoli."

"Vice-comandante, cos'è successo?" chiese Serena, sgranando leggermente gli occhi in un'espressione apprensiva. "Come... come mai quella gamba...?"

Torreblanca cercò di rimettersi in piedi, ma era ancora esausta per il trauma e l'emorragia, e fu costretta a sedersi di nuovo. Immediatamente, Hipolito fu al fianco della donna e usò un incantesimo curativo per farle riprendere un po' di forze. "Grazie... messer Hipolito." sospirò la soldatessa . "Va... va tutto bene. Mi scuso per lo stato in cui mi vedete. Soltanto qualche ora fa siamo stati attaccati da alcuni di  quegli insetti giganti a nord di qui. E uno scarabeo grande come una carriola si è fatto la mia gamba destra per colazione. Il nostro medico da campo non è sopravvissuto all'agguato... e quindi abbiamo dovuto fare quello che potevamo per medicare i feriti. Ma... non preoccupatevi per me... ormai l'emorragia è stata arrestata, e tutto quello che devo fare è aspettare di riprendere le forze... e farmi mettere una gamba di legno o cose del genere."

"Allora, con il vostro permesso..." disse Hipolito. "Io mi occuperei di usare i miei incantesimi curativi sui feriti qui presenti."

"Ti do una mano io." disse Serena.

Torreblanca annuì gentilmente, mentre l'halfling druido e la warlock si piazzavano accanto ai feriti più gravi e lanciavano tutti gli incantesimi curativi che avevano a disposizione in modo da stabilizzarli. Draig annuì in segno di approvazione e tirò un piccolo sospiro, sentendosi un po' inutile in una situazione simile.

"Vice-comandante Torreblanca..." iniziò Pepa, ma la sua superiore la fermò con un cenno della man, correggendola gentilmente.

"Adesso non sono più la vice-comandante, signorina Pepa." disse. "Anche se non sono sicura di esserne all'altezza, adesso sono la comandante di questo gruppo di superstiti."

"Giusto." si corresse rapidamente Pepa. Si schiarì la voce e riformulò la domanda. "Comandante Torreblanca, qual è la situazione su Abundancia? Questi insetti giganti... stanno attaccando i coloni ovunque su quest'isola?"

"E... per caso sapete anche di certi uomini-coniglio che attaccano i coloni?" chiese Damiàn. "Siamo stati attaccati da quelle creature solo pochi giorni fa. Abbiamo perso alcuni dei nostri compagni a causa di quell'attacco."

"E' difficile avere un quadro completo di quanto sta accadendo su quest'isola." rispose Torreblanca, asciugandosi il sudore dalla fronte con il dorso della mano. Nonostante la sua fragilità fisica, la comandante cercò di mettersi in una posizione abbastanza elegante e dignitosa, distraendo l'attenzione degli altri dalle sue lesioni. "Stiamo ancora cercando di farci un'idea delle perdite e dei danni che le colonie hanno subito... ma per quanto siamo riusciti a sapere, pare proprio che si tratti di un incubo diventato realtà. Tutte le colonie sono sotto attacco. Centinaia di vittime, sia civili che militari. Gli insetti giganti sembrano agire guidati da una sorta di intelligenza esterna, e gli insettoidi, pur non essendo controllati, obbediscono a tale intelligenza. Purtroppo non so dirvi di più... a parte il fatto che abbiamo avuto la possibilità di dare un nome a diversi tipi di insettoidi."

"Davvero?" chiese Draig. "Come quei nanerottoli che sembrano vespe che stanno in piedi su due zampe?"

"Sì... quelle creature si chiamano tosculi, o almeno, questo è il nome che abbiamo sentito usare." rispose Torreblanca. "Quegli uomini-mantide più grandi vengono chiamati thri-kreen, mentre gli uomini-scarabeo, che per quanto ne sappiamo sono i membri di maggiori dimensioni delle forze nemiche, vengono chiamati trox. In questo momento, stiamo cercando di studiarli quanto più possibile per farci un'idea di cosa è capace il nostro nemico."

"Certo... certo, capisco." affermò Pepa. "E... per quanto riguarda gli uomini-coniglio? Si sa qualcosa di loro?"

"Siamo riusciti a sapere qualcosa in più di loro." disse Torreblanca, annuendo senza cambiare espressione. "Intanto, anche per loro siamo riusciti a scoprire il nome della specie. Si fanno chiamare... achaan-waapush. O semplicemente achaan. Di solito usiamo questo nome, è un po' più semplice da ricordare."

"Certo... posso capirlo." rispose Albion con un cenno della testa. "C'è altro che dovremmo sapere su di loro? E magari... avete scoperto cosa c'entrano loro con gli insettoidi?"

Torreblanca proseguì il discorso. "Abbiamo scoperto che queste creature vivono in tane sotterranee, ma fanno incursioni nel mondo di superficie per fare razzie. Sembrano essere un popolo che pone enfasi sull'abilità in combattimento, un po' come gli orchi... ma non sembrano essere organizzati come gli hobgoblin. Hanno un udito molto fine, riescono a vedere anche in condizioni di luce ridotte... ma non hanno problemi ad uscire alla luce del sole, al contrario degli orchi... e come potete immaginare, sono in grado di eseguire dei salti in alto e in lungo stupefacenti. E usano questa loro capacità per avvicinarsi rapidamente alla preda e farla a pezzi con le loro asce."

"Asce?" chiese Damiàn, sempre curioso di sapere qualcosa in più. "Sono le armi che usano di solito, mi pare di capire. In effetti, anche quelli che abbiamo inc ontrato noi facevano uso di tali armi. Beh... detto questo, mi resta ancora una domanda. Sapete per caso da dove vengono questi achaan? Nel senso, quali siano le loro origini?"

"Magari lo sapessimo... una cosa però è sicura, non sono dalla parte degli insettoidi." continuò Torreblanca. La donna si mise una mano sulla fronte e si terse un po' di sudore, sentendosi improvvisamente debole e confusa. La perdita di sangue doveva averla indebolita più di quanto non immaginasse...

"Comandante Torreblanca, non si sforzi." affermò Albion. Il dragonide paladino e il suo migliore amico si prodigarono per sostenere la donna, che si afferrò al bordo della sua scrivania improvvisata e riprese fiato.

"Ce la faccio... adesso... mi prenderò un po' di riposo..." disse infine, sentendosi già un po' più salda sulla gamba rimanente. "E dovreste prendervi un po' di riposo anche voi. Avete combattuto bene... e avete salvato le vite di molte persone."

Draig sospirò. "Avremmo potuto salvarne molte di più. Se solo fossimo stati più attenti, o più preparati..."

"Non essere troppo presuntuoso, soldato." lo riprese Torreblanca, recuperando un po' della sua energia. Sorpreso, il dragonide rosso alzò lo sguardo e sbattè gli occhi, mentre la comandante riprendeva il suo discorso. "Siamo in guerra, in questo momento. So che non fa piacere ammetterlo, ma è così. Gli insettoidi, o almeno coloro che li manovrano, stanno cercando di spazzarci via dal Confine dell'Oceano... e quello che noi dobbiamo fare è difenderci e cercare di sopravvivere. Quindi sì, direi proprio che siamo in guerra. E in una guerra ci saranno sempre delle perdite. Ci sono morti innocenti, distruzione e sofferenza. E non c'è nulla che possiamo fare per evitarlo. Possiamo soltanto fare il possibile per ridurre le perdite quanto più possibile."

"Comandante..." mormorò Albion.

Immaginando quello che passava per la mente del dragonide argentato, Torreblanca voltò lo sguardo verso di lui e fece un mesto sorriso. "Anche il comandante Verdugo si rendeva conto di questa verità. Lui ha scelto di restare indietro per dare a noi una possibilità. Lui... sapeva quali fossero i rischi. Sapeva che un giorno avrebbe potuto essere chiamato a dare la vita per la sua patria... e quel giorno è arrivato."

La donna non riuscì a tenere a freno del tutto le sue emozioni e lasciò scorrere alcune lacrime lungo le guance, che si asciugò con un gesto sicuro della mano. "Quindi non datevi la colpa per quanto è accaduto." concluse. "Il nostro dovere è proteggere queste persone e fare in modo che questa tragedia non si ripeta. Ma per farlo... abbiamo bisogno dell'aiuto di tutti."

Draig tirò un sospiro e guardò pensieroso verso il pavimento. Se non altro, quello che la Torreblanca stava dicendo aveva senso...

"E non sareste d'aiuto a questa gente esausti come siete." continuò Torreblanca. "Abbiamo... tutti quanti bisogno di un po' di riposo. Non vi preoccupate, i miei uomini di fiducia stanno facendo buona guardia. Finchè non saremo pronti a muoverci di nuovo, potete prendervela comoda."

"La ringraziamo, comandante." rispose Pepa dopo un attimo di esitazione, facendo un saluto militare. "Faremo come lei ci suggerisce. Le auguriamo buon riposo... e di riprendersi rapidamente."

"Ringrazio per il pensiero. Altrettanto a voi." rispose la comandante con un lieve sorriso di incoraggiamento. Hipolito e Serena avevano fatto quello che potevano per i feriti, ma ormai avevano esaurito le magie curative, e non c'era molto altro che potessero fare. In ordine, il gruppo uscì dalla tenda dopo aver fatto un ultimo saluto alla comandante ferita, e Albion sospirò e si sgranchì una spalla guardandosi attorno.

L'atmosfera era quanto meno agrodolce. Da un lato, c'era la consapevolezza di quello che era andato perduto, e di tutte le vite che erano state perse nell'attacco a Pasiega e nella disperata fuga attraverso le terre selvaggie, unita all'evidenza che non erano ancora al sicuro e avrebbero dovuto fare ancora molta strada per arrivare a Tarago, esposti agli attacchi degli insettoidi e dei misteriosi achaan. Dall'altro, era innegabile che almeno adesso ci fosse qualche speranza in più, e che avrebbero potuto contare su un appoggio un po' più concreto.

"Credo... che avevo davvero bisogno delle parole che la comandante mi ha rivolto." affermò Draig, con una serietà che raramente Albion aveva visto nel suo esuberante amico e commilitone. "Io... forse mi sono montato un po' troppo la testa, e mi sono assunto delle colpe che non avevo. Credevo davvero che se mi fossi impegnato di più, se fossi stato più forte... non dico che avrei potuto fermare quei dannati insetti, ma almeno avrei potuto salvare molta più gente."

"Forse avremmo potuto salvare qualcuno in più... ma nella confusione e nell'angoscia di quei momenti, tutti quello che si può fare è tentare di sopravvivere, e se possibile aiutare gli altri a fare lo stesso. So che sembrerà cinico, ma non si può aiutare nessuno quando si è morti." rispose Damiàn con solennità. "Noi... abbiamo cercato di fare quello che potevamo, e siamo riusciti a salvare delle persone, questo non lo si può negare. Avremmo potuto fare di meglio? Forse. Servirà a qualcosa darci la colpa e perderci nei rimpianti? Solo ad occupare i nostri pensieeri... e a renderci meno efficaci nel proteggere chi è rimasto in vita. Adesso è verso di loro che abbiamo la nostra principale responsabilità."

"Mi sembra giusto." ammise Hipolito con un sospiro. Pepa guardò il piccolo druido halfling con espressione indecifrabile, forse non sapendo nemmeno lei come la pensava. In quel momento, tutte le sue preoccupazioni e i suoi pregiudizi le sembravano meschini e futili, rispetto alle difficoltà che avevano di fronte... ma non poteva neanche fare finta che non esistessero.

Alla fine, si disse la ranger dai capelli rossi, era meglio mettere da parte simili considerazioni, e pensare a come risolvere i problemi che ancora si trovavano ad affrontare. In seguito, ci avrebbe pensato...

 

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La strada si era fatta tortuosa e difficile da seguire, mentre Varshod e i suoi due compagni si addentravano sempre di più all'interno della foresta nel tentativo di raggiungere il loro prossimo obiettivo e mettere quanta più distanza possibile tra loro e il resto degli insettoidi. Qerus faceva strada ai suoi due compagni più piccoli, usando le sue possenti braccia per spostare e rompere i rami che ostacolavano il passaggio, mentre Ikkotha si guardava attorno con i suoi occhi compositi, attento a qualsiasi movimento. Varshod, da parte sua, sfruttava la sua taglia più piccola per infiltrarsi tra i rami e le fronde.

"E' un bel po' che stiamo facendoci strada in questo posto, Varshod. Sei sicuro che il santuario della divina Brelm sia da queste parti?" chiese l'uomo-mantide, dopo un falso allarme dovuto ad un grosso pipistrello che aveva preso il volo da un albero vicino, e che per un attimo Ikkotha aveva scambiato per un predatore.

Varshod annuì e si prese un attimo di tempo per sedersi su un tronco d'albero caduto, in modo da riprendere fiato. Immediatamente, la possente Qerus fu al suo fianco per assicurarsi che stesse bene. "Sì, Ikkotha... ne sono sicuro. Mi rendo conto che... non è un luogo molto accessibile. Immagino che una volta... quando Isthmos esisteva ancora... fosse molto più facile raggiungerlo. Molte cose sono cambiate... sono passati più di ottomila anni da allora."

"Ottomila anni..." mormorò il thri-kreen. Anche se da un punto di vista puramente intellettuale comprendeva l'enormità di quel lasso di tempo, dal punto di vista emotivo si sentiva ancora spiazzato. "Non riesco a credere che abbiamo dormito per quasi ottomila anni... e ora ci troviamo in questo casino."

"Non avevamo... molta scelta..." disse Qerus lentamente. "Il nostro popolo..."

"Sì, lo so... me ne rendo conto... ma questo non rende la cosa molto più facile da mandare giù." rispose prontamente Ikkotha, speerando di non offendere la trox. "Siamo ricorsi a simili metodi per salvarci... e adesso, siamo in guerra con coloro che hanno invaso il nostro territorio. Senza neanche volerlo, ne sono sicuro. I nostri capi ci dicono che gli esseri umani ci stanno minacciando, ma... io ho l'impressione che ci stiano mentendo, a questo punto. Ci hanno mentito sulla spedizione a quel villaggio, perchè non dovrebbero farlo anche per altre cose?"

"Io credo... che almeno alcuni dei nostri capi siano stati ingannati. Magari il comandante Kadox non ha idea di cosa stia veramente accadendo." affermò Varshod con evidente scetticismo. "E' anche per questo che vorrei trovare il santuario della divina Brelm. Sperabilmente lì ci saranno degli archivi che ci aiuteranno a dare un senso a questa pazzia."

Qerus, che aveva cercato di seguire il discorso, sospirò stancamente. Non era sicura di aver capito tutto, e sarebbe stata la prima ad ammettere la sua limitatezza di intelletto... ma che i suoi amici fossero decisi a proseguire con le loro scelte, e che non si sarebbero fatti convincere altrimenti... questo almeno le era chiaro. Come le era chiaro cosa avrebbe fatto lei.

"Qerus... aiuterà i suoi amici." affermò, una mano artigliata solennemente stretta sul petto in segno di giuramento. I suoi due compagni più piccoli la guardarono in segno di gratitudine...

...ma prima che potessero dire qualcosa, Qerus colse un movimento alla propria destra e si voltò di scatto, tenendo stretto tra le mani il suo martello da guerra. Si sentì un clangore metallico quando l'arma di Qerus si scontrò contro qualcosa che era stato lanciato contro di loro... e la trox si accorse che si trattava di un'accetta, che volteggiò in aria per un secondo per poi cadere a terra inerte. Una serie di urla bellicose risuonarono attorno ai tre insettoidi, che imbracciarono rapidamente le loro armi e si misero in guardia. La foresta che fino ad un attimo prima era stata calma e silenziosa sembrò quasi sollevarsi in un'ondata di caos e terrore... e un gruppetto di achaan armati di asce e lance si lanciò all'attacco contro di loro!

"Attenti!" esclamò Ikkotha, brandendo la sua lancia ed intercettando il colpo del primo degli uomini-coniglio, che aveva già coperto la distanza che lo separava dal thri-kreen e stava cercando di trafiggerlo. Ikkotha puntò i piedi a terra e spinse a sua volta, incrociando gli occhi rossi e assetati di sangue del suo aggressore!

"E questi cosa sono?" esclamò Varshod. Con prontezza di riflessi, il tosculi afferrò un'ampolla di vetro dalla sua bandoliera e la lanciò contro un altro achaan - un terrificante colosso dalla pelliccia irsuta e con diversi piercing su un orecchio. L'ampolla si infranse sul corpo dell'assalitore e riversò su di lui un liquido chiaro... e lo achaan indietreggiò con un acuto strillo di dolore, una nuvoletta di vapore bianco che si levava dal punto colpito. Qerus non si fermò neanche a pensare ad una risposta - si stava già lanciando alla carica contro i due uomini-coniglio più vicini, agitando furiosamente il suo maglio.

"Nemici!" esclamò la possente trox. "Ma con me non si passa!"

Da dietro gli achaan, nel fragore della battaglia, apparvero altri tre aggressori, che si scagliarono contro i tre insettoidi come belve feroci . Cosa che in effetti erano, per certi versi. Si trattava di tre conigli dall'ispida pelliccia bruna, che non avevano nulla di diverso da un coniglio normale se non le dimensioni - erano grandi più o meno come lupi - e le loro espressioni di ferocia, con gli occhi dardeggianti di furia e le macchie di sangue rappreso sulle zampe e sul muso! Era una visione terrificante, resa ancora più terribile dal fatto che Varshod e i suoi compagni vedevano queste perversioni della natura che si stavano lanciando su di loro a testa bassa!

Varshod, Ikkotha e Qerus furono costretti ad indietreggiare, e la trox emise un grugnito di dolore quando la lama di un'ascia la colpì di striscio ad un fianco. Uno dei conigli mutati balzò verso di lei, mirando alla gola... ma Qerus riuscì a deviarlo con un potente colpo del suo maglio. Il coniglio mostruoso emise uno stridio acuto e venne scaraventato di lato, ma riuscì a rialzarsi, un po' stordito.

Con un'esclamazione soffocata in una strana lingua fatta di ronzii e cinguettii, Varshod estrasse altre due fialette di vetro, e le scagliò davanti ai loro assalitori. Le ampolle esplosero, e da esse scaturì una nube di fumo grigiastro che offuscò la vista a diversi dei nemici, che arretrarono disorientati... ma altri aggirarono l'ostacolo e cercarono di prendere i tre insettoidi ai lati!

"Stai indietro, Varshod!" esclamò Ikkotha. Con un abile gesto, il thri-kreen estrasse dalla sua bandoliera due strane armi che assomigliavano a lame di cristallo, e le lanciò con precisione contro gli assalitori. Una di esse colpì un achaan al torace, strappandogli uno stridio di dolore... mentre un altro si piantò nella gola di uno dei conigli carnivori, che venne scagliato all'indietro per un breve tratto e si contorse a terra per qualche secondo prima di esalare l'ultimo respiro. Un istante dopo, il guerriero-mantide imbracciò la sua lancia e si preparò a combattere.

"Sono troppi!" esclamò Qerus. Il suo maglio si abbattè su uno dei suoi assalitori, che crollò al suolo con il collo spezzato... ma un altro le fu addosso e la morse ad un braccio con degli incisivi affilati come lame. Qerus ringhiò e venne colta da un accesso di collera, allungò il braccio verso il suo assalitore e lo afferrò saldamente al collo, per poi sollevarlo di peso! Lo achaan stridette incredulo prima che Qerus lo scaraventasse verso i suoi compagni, mandandolo a terra assieme a due dei suoi simili.

"Cerchiamo di resistere!" esclamò Varshod. Il tosculi afferrò una piccola balestra e caricò un quadrello, per poi spararlo con precisione verso un achaan... ma il mostruoso uomo-coniglio si scansò all'ultimo momento, e il quadrello gli si piantò nel bicipite destro - una ferita seria ma tutt'altro che mortale. Il tosculi era comunque riuscito a guadagnare un po' di tempo, e frugò nella sua bisaccia per tirare fuori una piccola ampolla piena di un fluido dal vivace colore rosso. La stappò con le mandibole e la vuotò d'un fiato, e il suo corpo cominciò a sbiadire e ad apparire sfocato agli occhi degli avversari, che indietreggiarono sorpresi. Uno di loro cercò di prendere la mira e lanciare un'accetta contro Varshod, ma non riuscì ad inquadrarlo, e il colpo andò a vuoto.

Ikkotha aveva appena ricevuto un fendente ad un fianco da un achaan, oltre che un morso alla gamba destr da parte di uno dei conigli mutanti, e cercava in qualche modo di districarsi, usando la sua lancia per parare i colpi degli avversari che gli stavano addosso. Riuscì a superare la guardia di un achaan e ferirlo ad una spalla, ma l'altro abbattè rabbiosamente la sua ascia bipenne su di lui, e solo per un pelo Ikkotha alzò la sua lancia in tempo per parare il colpo. Conuno stridio rabbioso, il thri-kreen sferrò un calcio all'addome del mostruoso uomo-coniglio, mandandolo a terra... ma fu costretto a ritirarsi quando l'altro achaan sferrò un colpo d'ascia che minacciava di tagliarlo in due metà! La terribile lama fischiò a pochi centimetri dall'addome del thri-kreen, ma lo achaan si riprese in fretta e cercò di attaccare di nuovo...

Ma l'imprevisto venne in aiuto dei tre insettoidi.

Un'ombra enorme e minacciosa passò improvvisamente sul campo di battaglia... e con un ronzio assordante, una libellula gigantesca, lunga almeno tre metri e con un corpo esile ma robusto dagli sgargianti colori verdi, scese in picchiata e afferrò lo achaan che stava attaccando Ikkotha in quel momento. L'uomo-coniglio lanciò uno stridio incredulo e cominciò a dibattersi tra le zampe del micidiale predatore, che riprese quota e lo trascinò con sè... per poi scaraventarlo via con violenza e mandarlo a schiantarsi in lontananza.

Gli altri achaan stridettero per la rabbia e la sorpresa, e due di loro presero le loro accette e le lanciarono contro la libellula gigante. Una di esse andò a vuoto, ma l'altra colpì il gigantesco insetto al torace...

...e rimbalzò su di esso senza fare alcun danno.

Stupefatti, Varshod e i suoi compagni restarono come ipnotizzati a guardare mentre la libellula gigante, dimostrando un sorprendente livello di intelligenza, scattava da una parte all'altra, rendendosi un bersaglio difficile per i feroci uomini-coniglio. Non appena vide un'apertura, l'insetto predatore scese di nuovo giù in picchiata e afferrò uno dei conigli carnivori rimasti tra le sue mandibole. Si sentì un orribile suono di ossa frantumate... e il coniglio mostruoso stridette e sussultò per un istante prima di giacere immobile. Un achaan tentò di approfittare di quel momento per colpire al fianco la libellula gigante con la sua ascia bipenne... e questa volta l'attacco andò a segno, ferendo l'enorme insetto, che emise un ronzio acuto e si contorse per un attimo.

Varshod si riscosse dalla sorpresa e scagliò un'altra fiala di liquido corrosivo contro l'achaan che aveva appena colpito la libellula gigante. Il terrificante uomo-coniglio stridette, la schiena irritata dal liquido caustico, e corse via freneticamente, abbandonando sul posto la sua ascia. A quel punto, i pochi assalitori superstiti decisero che non era il caso di insistere e si ritirarono in disordine, zigzagando tra gli alberi in modo che la libellula gigante non riuscisse ad inseguirli.

"Ikkotha! Qerus! Tutto bene?" esclamò l'uomo-vespa, raggiungendo i suoi compagni ancora doloranti per la battaglia. Ikkotha annuì, un po' incerto... ma Qerus si era già rimessa in guardia, ringhiando un'esclamazione di sfida verso la libellula gigante. Chiaramente, la trox era convinta che sarebbero stati loro i nuovi bersagli del famelico insetto...

Invece, la libellula gigante, anch'essa ferita e dolorante, si limitò a prendere con sè il corpo di uno di quegli enormi conigli mutanti, e riprese quota trasportandolo con sè, probabilmente per andare a mangiarselo da qualche parte al sicuro. I tre insettoidi restarono fermi dov'erano, osservando l'insetto predatore dapprima con trepidazione... e infine con sorpresa e dubbio, mentre la libellula si dileguava con la sua preda, e ben presto scompariva in direzione della grande montagna che dominava l'isola di Abundancia.

"E questo... che significa?" si chiese stupefatto Varshod. "Questa... questa proprio non me l'aspettavo..."

Ikkotha strinse i suoi occhi compositi mentre le sue mani strofinavano l'asta della sua lancia, e Qerus inclinò la testa da un lato con aria confusa. C'erano molte cose che non sapevano... e non avevano la situazione sotto controllo come credevano.

 

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CONTINUA...        

                  

 

 

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Capitolo 14
*** Situazione tesa su Abundancia ***


Pathfinder: L'Isola degli Insetti Giganti

Una fanfiction di Pathfinder scritta da: Justice Gundam

 

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Capitolo 14 - Situazione tesa su Abundancia 

 

"E così, hanno cominciato..."

La calma e il silenzio in cui il piccolo altopiano era immerso vennero disturbati solo per un attimo da una voce dal timbro aspro e stoico al tempo stesso... e la giovane donna seduta in meditazione sul costone di roccia in una posizione del loto aprì gli occhi di scatto. Le sue pupille brillarono per una frazione di secondo di una luce verde che aveva ben poco di naturale... ma la donna li chiuse di nuovo, si concentrò per un attimo, e i suoi occhi tornarono normali.

"Ne sei sicuro, amore mio?" chiese lei mentre si alzava e si voltava verso la persona che aveva parlato per prima, con la grazia letale di un serpente che si avvicinava alla preda. La sua pelle bronzea, resa lucida da un po' di sudore, sembrava quasi brillare sotto la luce del tramonto, in contrasto con la casacca e i pantaloni di colore neutro che indossava. Le gambe erano nude, a parte delle fasce attorno alle caviglie e ai talloni che le davano l'aria di una combattente. I suoi capelli erano verdi e scarmigliati, e sembravano quasi tanti serpenti aggrovigliati tra loro, mettendo in risalto il suo volto duro e dallo sguardo penetrante, e la sua bellezza fredda e distante. "Non credevo che avrebbero iniziato le loro operazioni così presto. Credevo che avessero bisogno di un altro po' di tempo per organizzarsi."

Quando la giovane donna cominciò ad avvicinarsi al suo compagno, i suoi splendenti capelli verdi sembrarono muoversi per un momento... e subito dopo, alcune teste di serpentelli verdi, con tanto di lingue biforcute, emersero dalla capigliatura.

E fu allora che apparve tutto fin troppo evidente - al posto dei capelli, quella bella e giovane donna aveva davvero un groviglio di serpentelli vivi!

"Lo so. Era quello che avevano detto anche a me." rispose il suo compagno - un mezzorco dall'aspetto rude, vestito di pelli di animali conciate sorprendentemente bene, protetto da un corpetto di cuoio borchiato che gli copriva il torace, l'addome e le spalle. Un paio di schinieri di pelliccia avvolgevano la parte inferiore delle sue gambe, e i suoi lunghi capelli neri, che certamente non erano stati lavati da qualche giorno, scendevano selvaggi sulla sua schiena, mentre un grosso bastone di legno duro, la testa rinforzata da chiodi di ossidiana, era appeso sulla sua schiena. Dava l'impressione di una persona indurita e disillusa, acuita anche dal cipiglio minaccioso che aveva quasi perennemente stampato in faccia. "Credevo che volessero attendere. Almeno finchè l'Ordine dello Sciame non avesse una presenza stabile a Tarago e non avesse portato dalla sua parte abbastanza coloni. Ma a quanto pare, alcuni eventi molto recenti li hanno costretti a passare direttamente alla fase finale."

"Capisco..." disse la giovane con i serpenti al posto dei capelli - chiaramente una medusa, una creatura in grado di trasformare le sue vittime in statue di pietra semplicemente guardandole negli occhi. Dopo averci pensato su un momento, la medusa alzò le spalle, pensando che in fondo non avrebbe fatto alcuna differenza. "In ogni modo, mio caro Gaderis, la cosa non dovrebbe cambiare il piano in generale. Ci sarà bisogno di aggiustare qualche elemento, ma alla fine tutto tornerà sotto controllo."

"Io... spero soltanto che il supremo Echthrois sappia quello che sta facendo." rispose il mezzorco druido di nome Gaderis, guardando verso il terreno e tormentandosi quel po' di barba incolta che gli cresceva sul mento. Non sembrava minimamente preoccupato dai pericoli insiti nello sguardo della medusa. "Ho sentito dire da alcune delle nostre truppe che alcuni rifugiati di Pasiega sono riusciti a sfuggire all'armata principale, e adesso il comandante Kadox sta inviando alcune truppe in ricognizione per scovarli e distruggerli."

"Potremmo unirci alle squadre di ricognizione. Dubito che tra i coloni ci siano combattenti in grado di tenerci testa." propose la medusa. "Così non avremmo problemi ad eliminare il resto degli intrusi."

Gaderis sospirò e guardò in lontananza, verso il sole che tramontava. "Sì, mia cara Sidal, potremmo. Ma il supremo Echthrois non ci ha dato ordini in questo senso." affermò. "Sai che lui ci ha dato il compito di sorvegliare questo snodo e fare in modo che nessuno dei coloni si avvicini. Se dovesse accadere qualcosa mentre noi non ci siamo, non ce la farebbe passare liscia."

La medusa di nome Sidal strisciò un piede sulla roccia levigata. "Certo, hai ragione. Scusa, mi sono lasciata prendere la mano." affermò.

Il mezzorco si avvicinò a Sidal e la abbracciò con affetto. E dopo un attimo di sorpresa, la medusa ricambiò il gesto, e i serpenti sulla sua testa si mossero delicatamente, esprimendo lo stato d'animo rilassato della loro proprietaria. "Volevi soltanto dare una mano, Sidal. E ti sono grato per questo." affermò. I due restarono abbracciati ancora un po', prima che Gaderis si staccasse, con un po' di riluttanza, e raggiungesse il bordo del costone di roccia sul quale si trovavano. Il mezzorco sospirò e guardò verso la pianura incontaminata che si estendeva sotto di loro, la foresta e le formazioni rocciose che formavano un impressionante panorama, e che dalla loro posizione, i due potevano ammirare in tutta la sua grandosità.

"Guarda, mia cara." disse Gaderis, quasi trasognato. "Quest'isola. Questa natura incontaminata, mai sfiorata dalla mano della cosiddetta civiltà che corrompe tutto quello che tocca. E adesso, un gruppo di rappresentanti dell'arrogante umanità è arrivato qui, pretendendo di strapparlo ai loro legittimi proprietari e di fare di quest'isola un'altra delle loro conquiste. Tutto in nome della loro insaziabile sete di ricchezza e della loro illusione che la natura si pieghi ai loro voleri."

"E' un luogo stupendo, e non permetteremo mai che venga profanato." rispose Sidal, cingendo il suo amato. "I legittimi proprietari di quest'isola sapranno fare tesoro della sua natura e della sua purezza molto meglio di quando non facciano... queste cosiddette razze civilizzate."

"Pazienza, amore mio, pazienza." si raccomandò il mezzorco druido, mentre ricambiava l'abbraccio della medusa. "Echthrois e i suoi fedeli stanno già facendo quello che devono per liberare questo luogo dalla presenza degli invasori. E una volta che gli antichi artefatti di Isthmos saranno stati recuperati, non ci sarà più nulla ad impedire al potente Echthrois di portare la sua crociata oltre l'oceano. E noi saremo al suo fianco, perchè l'umanità comprenda qual è il suo posto."

Sidal sospirò, e alcuni dei suoi capelli-serpenti si strusciarono affettuosamente sul braccio muscoloso del mezzorco. Per un attimo, i due restarono dov'erano, godendosi la brezza e ammirando il paesaggio che si estendeva maestoso davanti ai loro occhi. In quei momenti, Gaderis e la sua amata Sidal erano esattamente dove avrebbero voluto - solo loro due, in quel luogo abbandonato da tutti, circondati dalla natura più selvaggia.

"Su, è il momento di cercare qualcosa da mangiare." disse infine la medusa. "Andiamo a cercare un po' di quella deliziosa frutta, come l'altro giorno?"

Gaderis si permise un raro sorriso. "Per me va bene. Basta non prenderne troppo e lasciarne abbastanza affinchè la natura possa continuare a fare il suo corso." rispose. "A proposito... quel frutto si chiama mango. Giusto perchè tu lo sappia."

"Si impara qualcosa ogni giorno." rispose la medusa alzando le spalle.

 

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Pepa si era svegliata dopo qualche ora di sonno, un sonno leggero e tormentato dai ricordi di ciò che aveva visto da quando Pasiega era caduta sotto l'assalto degli insettoidi. Con attenzione, la ranger dai capelli rossi cercò la sua arma e il suo arco, assicurandosi che fossero ancora al loro posto sotto il suo letto. Sentendosi un po' più tranquilla, la giovane donna si passò una mano sulla faccia e si alzò, infilando i piedi negli stivali e gettandosi una giacchetta sulle spalle a causa del freddo della mattina. Anche se il clima era decisamente più clemente che in Estania, le prime ore del mattino erano fredde come ci si sarebbe potuti aspettare da una giornata autunnale.

La ranger si guardò attorno, vedendo che Damiàn ed Albion stavano dormendo su due giacigli vicini. Anche loro avevano finito per soccombere alla stanchezza, dopo intere giornate passate a guardarsi le spalle, con i nervi tesi per ogni possibile minaccia.

"La comandante Torreblanca ha ragione... tutta questa tensione avrebbe finito per distruggerci se non fossimo riusciti a riposare." disse tra sè mentre si rivestiva. A questo punto, dubitava che sarebbe riuscita a riprendere sonno, e pensò che tanto valeva andare a muovere qualche passo e fare una perlustrazione.

Una ventata fresca la colpì in piena faccia quando fece il primo passo fuori dalla tenda, e la giovane ranger serrò leggermente gli occhi mentre cercava di riabituarsi alla luce. Dopo aver preso fiato, Pepa si guardò attorno, vedendo che già alcuni miliziani stavano facendo i loro turni di guardia. Sicuramente, pensò Pepa, alcuni di loro erano rimasti svegli quella notte, in modo da poter vegliare su di loro e sul resto dei superstiti.

"Buongiorno." li salutò Pepa, avvicinandosi a loro. I due miliziani, due giovani che dovevano avere passato da poco i vent'anni, entrambi vestiti con uniformi estaniane che sicuramente avevano visto giorni migliori, ricambiarono il saluto con delle espressioni di gratitudine. "Vedo che... siete già all'erta. Non vi dispiace se mi unisco alla pattuglia, vero?"

"Signorina." disse uno dei due miliziani con un sorriso cordiale. "Certo non ci dispiace. Ma non pretenda troppo da sè stessa. Sappiamo bene che viaggio avete fatto lei e i suoi compagni."

"Non vi preoccupate, ho dormito abbastanza." rispose Pepa, riavviandosi i capelli con un gesto della mano. "Spero... che non si siano visti troppi di quei dannati insetti, questa notte."

"Abbiamo tenuto i fuochi accesi, signorina Pepa. E alcuni membri di questa spedizione sono pur sempre dotati di infravisione." disse l'altro miliziano, che Pepa riconobbe essere un mezzelfo grazie alle orecchie leggermente appuntite. "In effetti, poco prima dell'alba abbiamo visto alcuni di quei millepiedi giganti che cercavano di entrare nell'accampamento... e abbiamo visto anche alcune di quelle forbicine giganti. Ma per fortuna erano soltanto un gruppetto. Non avevano altri di quei maledetti insettoidi al seguito."

"Meno male. Ma ho l'impressione che non potremo restare qui a lungo. Dobbiamo cercare di raggiungere Tarago, è la nostra unica speranza di uscire vivi da questo incubo." affermò la ranger. Mentre si guardava attorno, Pepa riuscì a vedere che non era l'unica dei suoi compagni ad essersi svegliata presto. Hipolito, il vivace halfling druido, era seduto accanto ad una tenda, ed era ancora intento a cucire quella strana bambola che gli aveva visto intessere soltanto un paio di giorni prima. Sicuramente una delle sue stranezze da druido. Pepa non voleva saperne di più. Già era un po' un sacrificio per lei cercare di non farsi prendere la mano dalla sua animosità verso gli halfling, e gli eventi degli ultimi giorni non avevano migliorato il suo umore.

Tuttavia, quello che sorprese un po' Pepa fu vedere Serena, la giovanissima warlock, che sedeva accanto ad Hipolito, guardando con attenzione il suo lavoro. La ranger alzò le spalle e fece un sorriso un po' amaro. Serena era sempre stata un po' bizzarra... il fatto che adesso si mostrasse interessata a qualcuna delle invenzioni di quel druido svitato non avrebbe dovuto sorprenderla più di tanto.

Mentre riprendeva il giro di ispezione, la giovane donna osservò attentamente i rifugiati che già si erano svegliati e cercavano di contribuire a modo loro alla difesa e alla sicurezza dell'accampamento. Alcuni di loro stavano cucinando, in modo che ci fosse almeno un po' di colazione per tutti. Altri stavano intagliando alcuni strumenti in legno, e altri si occupavano di medicare i feriti, o facevano pratica con le armi per tenersi pronti per ogni evenienza.

"Okay! Adesso... alzate la guardia, avanzate e colpite!" esclamò una voce possente che Pepa riconobbe ancora prima di vedere chi stesse parlando in quel momento. La giovane donna vide che un possente e muscoloso dragonide dalle squame rosse si era messo alla testa di un gruppetto di miliziani, e stava brandendo con abilità una lunga lancia, facendo loro vedere come si usava. I miliziani osservavano attentamente le sue mosse, e cercavano come potevano di imitarle - alzavano le braccia, in modo da proteggersi con l'asta delle loro lance, poi sferravano degli affondi.

"Più forte! Con più energia! Dovete trafiggere il nemico, non punzecchiarlo!" esclamò Draig, tenendo ancora più stretta la sua lancia. "Guardate, si fa così! HAH!"

Con sorprendente agilità per un guerriero così muscoloso, Draig alzò la lancia e la fece volteggiare sopra la testa per mezzo secondo, per poi sferrare un affondo tremendo contro un manichino da addestramento. La punta della lancia penetrò nella stoffa e uscì dall'altra parte, perforando il manichino... e infine, Draig lanciò un ruggito furioso, che esprimeva perfettamente la frustrazione che lo aveva tormentato per tutto quel tempo, e tirò verso l'alto, sradicando il manichino da terra! Lo sollevò in aria, ancora impalato sulla lancia, e poi lo fece schiantare per terra con un frastuono terrificante, sparpagliando tutt'attorno paglia e trucioli di legno. Draig riprese fiato un paio di volte... e poi scagliò una palla di fuoco dalla bocca, dando fuoco ai resti del manichino da allenamento!

"Uff... uff... ecco, così si fa! Non fatevi scrupoli. Quando quei fottuti insetti vi aggrediscono, nessuna pietà. Fateli fuori, e tutti i sistemi sono buoni!" esclamò. "Okay, ragazzi! Riprendiamo gli allenamenti! Non ci faremo più cogliere di sorpresa da quei dannati ammassi di zampe e antenne, vero?"

"Per Estania!" esclamarono tutti assieme i miliziani, mentre riprendevano l'addestramento sotto la guida di Draig.

Pepa guardò con attenzione le mosse del dragonide barbaro, la cui espressione severa e decisa era ben diversa da quella sicura di sè e gioviale che aveva di solito quando si trovavano lì a Pasiega. La ranger aveva la netta impressione che Draig desse la colpa a sè stesso per non essere riuscito a fare di più o a salvare più persone... e adesso che aveva preso a cuore le parole della comandante Torreblanca, stava cercando di dare una mano ai miliziani rimasti, in modo che diventassero abbastanza forti di proteggere i loro compatrioti quando fossero stati attaccati di nuovo. Un modo per aiutarli a difendersi quando lui non fosse stato in grado di salvarli tutti...

Un lieve sorriso apparve sul muso da rettile di Draig quando vide i miliziani gettarsi nell'addestramento con ancora maggiore zelo, e riuscire ad avvicinarsi alla velocità e alla potenza che lui aveva mostrato. Pepa si sentì un po' più tranquilla - quel sorriso le ricordava quell'atteggiamento spaccone ed amichevole per il quale Draig si era fatto subito conoscere a Pasiega. Sulle prime, la ranger aveva trovato quel suo modo di fare irritante e sconveniente per un soldato di Estania. Ma adesso, vedere Draig che sembrava recuperare un po' della sua sicurezza le dava l'impressione che le cose un giorno avrebbero potuto tornare ad essere quelle di un tempo...

Pepa si sgranchì la schiena e fece cenno ai due miliziani a cui si accompagnava. C'era ancora una bella camminata da fare per assicurarsi che non ci fossero altri insetti nei dintorni...

 

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Gli occhi violetti e profondi di Serena seguivano attenti i movimenti di Hipolito, mentre il druido halfling continuava il suo lavoro di tessitura. Una sorta di strano pupazzo fatto di foglie di ortica, ramoscelli e giunchi di edera stava prendendo forma tra le abili mani del piccolo druido, che sedeva a gambe incrociate per terra, con la schiena appoggiata ad una recinzione di legno grezzo. Alto circa una trentina di centimetri, aveva un corpo bulboso simile ad una patata verde, con una testa che univa in sè le caratteristiche di quella di un rospo e quella di uno sparviero, tutta verde con due piccoli occhi neri che sembravano già scrutare attentamente il druido che lo stava intessendo. Quattro foglie di ortica particolarmente grandi erano attaccate alla sua schiena, in modo da fargli da ali, e le mani erano dei ramoscelli alla fine dei qual erano state attaccate delle piccole foglie ancora verdi.

"Ecco qua... adesso cucio qui sul davanti... e faccio in modo che le ali siano ben assicurate... sì sì sì, un gran bel lavoro! Una volta cucite le ali, il resto non è difficile! Ma... quanta pratica che bisogna fare perchè venga un bel lavoro!" affermò Hipolito con evidente orgoglio per la sua opera. Ormai, il corpo di quella strana bambola vegetale era praticamente completato, e non rimaneva che concludere il rituale con gli incantesimi adatti...

"Allora... la creazione del tuo leshy sta andando bene, vedo." disse Serena a bassa voce, come se avesse paura di distrarre il druido. "Però non è un tipo di leshy che conosco."

"Conosce abbastanza bene i leshy, mi sembra di capire, signorina Grijalva." commentò Hipolito distraendosi dal suo lavoro quel tanto che bastava per rispondere alla domanda.

La giovanissima warlock annuì con un sorriso appena accennato. "Non proprio, se devo essere sincera. Il signor Damiàn mi ha spiegato qualcosa su di loro, ed ero curiosa di vedere cosa fossero." affermò.  "Che tipo di leshy è, esattamente? So che ne esistono di vari tipi, a seconda della pianta che viene usata per crearli."          

Hipolito sospirò e guardò con orgoglio quasi paterno il manichino di foglie di ortica e ramoscelli che aveva quasi ultimato. Le sue mani erano arrossate e piene di piccole vesciche a causa delle foflie urticanti che aveva maneggiato, ma il suo orgoglio per il lavoro svolto era tale che sembrava non sentire neanche il pizzicore. "Questo... in realtà è un nuovo tipo di leshy. Esistono leshy fungo, leshy alga, leshy girasole... ma questa è la prima volta, che io sappia, che qualcuno cerca di creare un leshy a partire dalle ortiche."

Questo stuzzicò la curiosità della warlock. "Interessante... quindi, signor Hipolito, lei sta cercando di fare qualcosa di nuovo, qualcosa che non è mai stato tentato prima." affermò. "Sono davvero curiosa di vedere come andrà."

"Tra non molto, se ne avrò la possibilità, completerò il rituale. Questo dovrebbe dare vita al leshy." concluse Hipolito, cercando senza troppo successo di non far vedere il suo entusiasmo. "E tra le altre cose, spero che avere un alleato come questo al nostro fianco ci possa aiutare a sopravvivere in quest'isola. Un leshy può essere molto utile come esploratore, o come vedetta, e gli insettoidi avrebbero più problemi ad individuarlo."

"Comprensibile." rispose Serena, ormai completamente assorbita nella contemplazione del lavoro di Hipolito. Per un attimo, la sua curiosità la portò quasi ad allungare una mano e toccare il corpo della creatura, ma si ritrasse temendo che avrebbe potuto rovinare tutto il processo. "Per quanto riguarda il resto... la comandante Torreblanca ha ricevuto delle notizie importanti dagli esploratori che sono tornati da nord-est. Riguarda dei potenziali ostacoli che potremmo incontrare nel cammino verso Tarago."

"Dite davvero, signorina Grijalva?" chiese Hipolito, un po' allarmato. "Di cosa si tratta? Gli insettoidi... hanno previsto le nostre mosse e stanno preparando un agguato?"

Serena scosse lentamente la testa. "Non proprio. Ma il risultato è quello, più o meno." affermò. "Sembra che gli insettoidi abbiano costruito un alveare lungo la strada per Tarago. Non siamo in grado di aggirarlo senza allungare troppo il percorso, e dobbiamo per forza passargli vicino."

"In pratica, dobbiamo pensare a qualche strategia per eliminarlo." affermò l'halfling storcendo il naso. "Beh, io dico che la cosa migliore da fare, adesso come adesso, è cercare di mantenerci mobili quanto più possibile. Anche se immagino che prima di muoverci dovremo assicurarci che tutti i feriti si siano ripresi, o almeno siano in condizioni di riprendere il tragitto."

Serena disse di sì con la testa. Anche lei, come Hipolito ed Albion, disponeva di alcune magie curative, e nel tempo che avevano passato all'accampamento, ne aveva fatto uso per aiutare i feriti a riprendersi più rapidamente. "Certamente. Conta anche su di me." rispose la warlock.

Hipolito terminò di intessere alcune foglie di ortica attorno al corpo del leshy che stava creando, poi ricompose con attenzione la sua opera e la infilò attentamente in una scatola di legno il cui fondo era cosparso di terra grezza. Chiuse con cura il contenitore e si alzò, spazzandosi i pantaloni con le mani, e seguì Serena verso le tende dove si trovavano i feriti.

Con loro grande sollievo, i due compagni notarono che il numero di persone era diminuito - molti dei feriti si erano ristabiliti abbastanza, grazie anche alle magie curative e alle pozioni che avevano ricevuto, e anche la maggior parte di quelle rimaste nella tenda davano l'impressione di stare meglio. Purtroppo, c'erano i casi di alcune vittime che avevano perso arti o che soffrivano di sepsi a causa delle ferite, per le quali purtroppo l'unica possibilità era alleviare le loro sofferenze e sperare che il loro fisico reggesse.

"Buongiorno, signori." disse un infermiere, mentre si occupava di medicare un esploratore estaniano che era tornato con un braccio rotto. "Sono contento di vedere che siete ancora con noi. Stiamo facendo tutto il possibile per occuparci dei feriti, ma siamo molto indaffarati e stiamo cercando di lavorare il più velocemente possibile..." Un grugnito di dolore da parte dell'esploratore ferito lo riportò immediatamente al suo compito attuale, e l'infermiere si adoperò come meglio poteva per risistemare l'arto e tenerlo fermo con delle steccature. "Okay... un po' di pazienza, so che farà male, ma è necessario. Adesso... si regga forte e cerchi di resistere. Sarà solo per qualche istante."

"C-certamente..." mormorò l'esploratore. Si morse una manica ed emise un rantolo quando l'infermiere risistemò l'osso del braccio e cercò di fargli una steccatura, usando due pezzi di legno levigato che aveva a disposizione. Con fare esperto, riuscì ad immobilizzare il braccio del giovane, bendarlo ed assicurarlo al collo, e l'esploratore, dopo aver ripreso fiato, strizzò un occhio per il dolore e cercò di rialzarsi...

"Aspettate. Provo a dare una mano anch'io." disse Serena. La misteriosa ragazzina chiuse gli occhi, si concentrò e intonò una breve litania, mentre una tenue luce dorata avvolgeva la sua mano destra. "Riemergi dal dolore, non è ancora la tua ora. Curare."

Con tocco delicato, Serena appoggiò la mano risplendente sul braccio rotto dell'esploratore, che sentì immediatamente il dolore attenuarsi e un minimo di sensibilità tornare alle sue dita rattrappite. Il giovane tirò un sospiro di sollievo - provava una sensazione di liberazione, come se il suo corpo e il suo braccio fossero diventati di colpo più leggeri. "Uff... adesso mi sento molto meglio. Grazie, signori."

"Non c'è di che. Cerchi di tenere fermo quel braccio e non si sforzi di tornare troppo presto al suo lavoro." disse l'infermiere con un cenno della testa. "I nostri guaritori si renderanno disponibili con le loro magie di recupero, ma è comunque meglio non fare sforzi."   

"E se c'è bisogno di una mano... prego, si rivolga pure a noi." continuò Hipolito, indicando sè stesso con un gesto amichevole del pollice. "Certo, le nostre magie curative non sono illimitate, ma... conosco un po' di ricette di decotti, medicine e altre amenità di questo tipo!"

Il giovane esploratore chinò la testa in segno di ringraziamento, e i due avventurieri videro arrivare la comandante Torreblanca, che camminava zoppicando lentamente, una gamba di legno al posto dell'arto che aveva perso nel corso del viaggio. Immediatamente, Serena ed Hipolito si misero sull'attenti e fecero un saluto militare, anche se la warlock non dava l'impressione di essere altrettanto frettolosa.

"Signorina Grijalva. Signor Hipolito. Mi fa piacere vedervi qui." esordì la donna con un sorriso. Anche se non si era ancora ripresa del tutto dalla grave menomazione, la comandante Torreblanca cercava di non dare a vedere il dolore e la debolezza, ma Hipolito non poteva non notare il colorito pallido e l'aria affaticata della donna. Le circostanze non le avevano dato la possibilità di riposare a lungo. "Grazie dell'aiuto che ci state fornendo. Ritrovarvi è stato davvero provvidenziale."

"Siamo onorati di renderci utili al nostro paese, comandante Torreblanca." rispose Hipolito, gettando uno sguardo alla gamba di legno dell'ufficiale. "Ma voi dovreste restare ancora a letto. Mi sembra ovvio che sentite ancora le conseguenze di quella terribile ferita."

"Non vi preoccupate, signori. Non mi impedisce di fare il mio dovere." affermò la donna. Ciò nonostante, non resistette alla tentazione di sedersi su uno sgabello libero che si trovava provvidenzialmente vicino. "Piuttosto... Non vi ho ancora aggiornato sulle notizie che ci portano i nostri esploratori. Immagino... che abbiate già sentito parlare di quella sorta di gigantesco alveare che blocca la strada verso Tarago."

"Abbiamo già sentito questa notizia, sì." rispose Serena. Ancora una volta, la warlock non sembrò troppo preoccupata... ma del resto, ormai si erano quasi tutti abituati al fatto che Serena mostrava molto di rado le sue emozioni. "Ammetto che è un po' preoccupante. Allo stesso tempo, penso che vedere da vicino un alveare costruito da una popolazione di insettoidi potrebbe essere affascinante."

"Credo... che avremo l'occasione di vedere l'alveare molto da vicino, signorina Grijalva!" rispose Hipolito con un sorriso divertito. "E ammetto che anche a me piacerebbe vedere da vicini questi insettoidi... ma la curiosità può passare in secondo piano, per adesso. La cosa fondamentale è cercare un modo per neutralizzare l'alveare e passare oltre."

"In realtà, signori, penso che l'alveare potrà attendere." intervenne la Torreblanca, alzando una mano con fare deciso, per fare in modo che quei due non si disperdessero in chiacchiere. "Piuttosto, gli esploratori mi hanno comunicato un'altra notizia interessante. Pare che nel profondo della giungla, a non più di due o tre giorni di cammino da qui, si trovi un tempio abbandonato."

L'umore di Hipolito peggiorò di colpo, ricordando fin troppo bene il tempio sconsacrato dedicato a Deskari. "In nome degli Spiriti Primevi, un altro santuario demoniaco?" chiese il druido. "Speravo di non dover più avere a che fare con quelle mostruosità..."

La comandante provvide subito a rassicurarlo. "No, non si tratta di un tempio demoniaco, almeno a quanto mi è stato comunicato." affermò. "Stando ai rapporti dei miei scout, aveva un'architettura un po' particolare, uno stile che non ricorda nulla che sia stato visto nel Primo Continente a memoria d'uomo."

Serena serrò gli occhi in maniera quasi impercettibile. "Questo... è uno sviluppo interessante. Pensate che da quelle parti potremmo trovare qualcosa che ci aiuterà a scoprire cosa sta accadendo su quest'isola?"

"Non solo. Stando ad un rapporto di un esploratore che era riuscito ad avvicinarsi abbastanza... da quelle parti si trovano dei personaggi particolari." continuò la Torreblanca. "Ma forse sarebbe meglio che vi facessi parlare direttamente con l'esploratore che ha fatto questo avvistamento. Lui vi saprà spiegare tutto con maggior dovizia di particolari."

Hipolito si sfregò il mento sbarbato. "Va bene... credo che aspetteremo che anche i nostri compagni siano disponibili." affermò. "Nel frattempo... faremo un giro di perlustrazione, e cercheremo di verificare che non ci siano altri insettoidi in giro. Voi... per favore, tenetevi ben riguardata."

"Farò quello che posso..." rispose la comandante. "Ammetto che la gamba mi fa ancora molto male... ma è solo questione di abituarsi."

Serena annuì lentamente. "Capisco. Va bene, ma cercate di non sforzarvi. Ci vediamo più tardi."

 

oooooooooo

 

Albion si svegliò con la sensazione di non aver mai dormito tanto a lungo in vita sua... o forse era soltanto l'impressione che gli veniva dall'esaustione. Comunque fosse, adesso si sentiva più riposato e più disteso, e mentre si alzava dal suo giaciglio e cominciava a guardarsi attorno, il dragonide argentato si sgranchì le ossa.

"Hmm... sia lode a Bahamut..." mormorò, passandosi una mano sul muso allungato. "Siamo ancora qui, a quanto vedo... non ci sono stati problemi..."

"Hah! Forse perchè quei dannati insetti hanno visto che c'era il sottoscritto a fare la guardia, e non hanno avuto il fegato di attaccare." rispose una voce baritoneale. Albion sorrise ironico. Non aveva bisogno di essere del tutto sveglio per riconoscere la voce del suo migliore amico. "Ehilà, Albion. Ti sei fatto una bella dormita questa volta! Allora, ti senti meglio adesso?"

"Non credo di essere mai stato tanto contento di essere svegliato dal tuo vocione, Draig." affermò Albion. Il paladino scese dal suo giaciglio e diede una pacca sulla spalla al dragonide barbaro. "Allora, come va? Un po' meglio, adesso?"

Draig ghignò, ma Albion vide che c'era ancora un po' di malinconia nella sua espressione. "Insomma. Diciamo che la facciamo andare. Non c'è il tempo per cedere allo sconforto o per darsi la colpa." rispose Draig, e il suo compagno annuì mestamente in segno di assenso. "So che ti sei appena svegliato, ma Hipolito mi ha detto che la comandante Torreblanca ha degli aggiornamenti per noi. Sembra che... ci sia qualcosa di interessante da queste parti."

"A non più di tre giorni di cammino da qui." intervenne una voce da dietro una tenda. Una mano scostò il tendaggio, e da dietro essa apparve Damiàn, vestito di una camicia bianca che lasciava intravedere un fisico abbastanza ben piantato, un paio di pantaloni scuri e un paio di stivali da viaggio. Nella mano sinistra teneva un piccolo libro dalla copertina verde le cui pagine erano ricoperte di simboli magici e frasi scritte in grafia elegante. "Buongiorno, signori. Mi sono svegliato circa un'ora prima del signor Albion qui presente, e ho approfittato del momento per studiare il mio libro degli incantesimi. Credo di poter dire con sicurezza di aver appreso delle magie che potrebbero esserci utili. Ma... in questo momento stiamo parlando del fatto che la comandante Torreblanca vorrebbe parlare con noi, sono nel vero?"

"Sì, a quanto pare ci sono delle novità importanti che..." cominciò a rispondere Draig, un attimo prima di cogliere una serie di voci concitate, e un rumore di persone che cominciavano a correre avanti e indietro appena fuori dalla tenda. Ogni vestigia di sonno scomparve immediatamente dall'espressione di Albion, e il paladino rivolse la sua attenzione all'esterno della tenda. Vide che la sua alabarda era stata appoggiata lì vicino e la afferrò rapidamente, temendo che ci potesse essere un attacco.

"Che succede là fuori?" esclamò Damiàn allarmato. Chiuse di colpo il suo libro e lo appoggiò sulla prima superficie che gli capitò. Le esclamazioni allarmate si stavano facendo più forti e più concitate...

"Signori! Signori!" esclamò un giovane miliziano, entrando di botto nella tenda con una balestra ancora scarica in una mano. Riprese fiato per un istante prima di dire cosa stava accadendo. "Un... un attacco! Uno sciame di api gigantesche! Stanno per arrivarci addosso!"

"Quante sono? Lo sapete, per caso?" chiese Albion, sperando tra sè che non fossero troppe, altrimenti la situazione si sarebbe fatta disperata.

Il miliziano prese finalmente fiato. "Sembra... che siano circa una ventina, paladino Albion."

L'espressione tesa di Damiàn si distese un po'. "Capisco. Allora penso che abbiamo qualche possibilità." affermò. "Signori... sarà meglio uscire e prepararsi a ricevere un eventuale attacco. Io vi aiuterò con le mie magie."

"Bene. Avvertite anche gli altri, e organizzate le posizioni dei difensori. Non dobbiamo lasciare che venga fatta neanche una sola vittima!" esclamò Albion, tenendo stretta la sua alabarda. Non c'era il tempo di mettersi l'armatura, e il dragonide paladino decise di uscire così com'era e sperare che le sue scaglie fossero abbastanza resistenti da vanificare i pungiglioni delle api giganti. Un attimo dopo, i due dragonidi e il mago mezzelfo uscirono dalla tenda, proprio mentre si cominciavano a sentire i primi ronzii delle api giganti... e in lontananza, Damiàn riuscì a vedere un piccolo sciame di corpi di insetto che volavano in formazione compatta - una ventina di api grandi come cani da caccia, che si dirigevano senza alcun indugio verso l'accampamento, ad una velocità folle! Ancora un minuto al massimo, e sarebbero scese in picchiata...

Albion imbracciò la sua alabarda e si concentrò, sperando di poter cogliere almeno un paio di api giganti nell'area d'azione del suo soffio di ghiaccio, e Draig afferrò un giavellotto e lo soppesò tra le mani, mentre Damiàn e il miliziano che li aveva avvertiti caricavano le loro balestre. I miliziani e i soldati estaniani avevano già pronte balestre ed archi, nella speranza di abbattere quante più possibile delle api prima che potessero giungere allo scontro fisico...

"Signor Damiàn!" esclamò la voce di Pepa. La ranger dai capelli rossi arrivò di corsa, tenendo ben stretto il suo arco e con la faretra riempita di frecce... e poco più in là, Serena attendeva con tutta calma l'arrivo delle mostruose api, restando vicino al piccolo Hipolito che stava mettendo un proiettile nella sua fionda. Il ronzio dello sciame si faceva sempre più assordante, e i temibili insetti stavano scendendo di quota, pronti a lanciare il loro assalto...

"Aspettate. Non attaccate subito. Ancora troppo lontane." avvertì Albion. "Dobbiamo essere sicuri di non sprecare nemmeno un colpo."

Diversi miliziani annuirono cupamente, le balestre già cariche e pronte a sparare. Dietro la linea di difesa, alcuni civili stavano cercando di condurre i bambini al sicuro, e questa vista diede ulteriore sprono ad Albion e a Draig a fare tutto quello che potevano per difendere i loro compaesani. E sapere che potevano contare sui loro commilitoni in questa battaglia era un vero sollievo...

Le api si erano avvicinate e ormai non distavano che poche decine di metri di distanza... ed Albion ringhiò un ordine, facendo in modo che una scarica di frecce si abbattesse sulle api giganti! Alcuni colpi andarono a vuoto, ma la maggior parte dei dardi raggiunse un bersaglio, e non meno di sei delle api giganti caddero a terra senza vita, trasformate in grotteschi puntaspilli. Draig attese un attimo, stringendo i denti nel sentire il ronzio infernale che aumentava sempre di più... e quando le api giganti giunsero alla distanza giusta, aprì la bocca e scagliò una fiammata che sfrecciò verso gli attaccanti e colpì le due api giganti più vicine, trasformandole in palle di fuoco.

Pepa e Serena aprirono il fuoco a loro volta. Due frecce ben mirate da parte della ranger abbatterono altrettante api, e Serena scagliò un raggio di energia dal palmo di una mano, abbattendo al volo un altro degli insetti. L'ondata delle api assassine era stata dimezzata in breve tempo, ma le superstiti si dispersero, in modo da offrire un bersaglio un po' meno facile ai coloni, e iniziarono a volare in traiettorie apparentemente casuali.

"Attenti, tra un attimo torneranno alla carica!" li avvertì Damian. Il mago stava ancora tenendo la balestra puntata, in attesa che una delle api giganti si avvicinasse... e dopo qualche secondo, i temibili insetti scesero in picchiata da varie direzioni. Confidando nel suo istinto, Damiàn premette il grilletto della sua balestra e fece partire un quadrello che colpì in pieno un'altra ape gigante e la fece precipitare a terra... ma un'altra ape fu più veloce del previsto e scese in picchiata su di lui!

"Signor Damiàn!" esclamò Pepa, lanciandosi in aiuto del giovane mago. Riuscì a spingere via Damiàn, che atterrò poco lontano con un grugnito, ma l'ape non si ffermò e vibrò un affondo con il suo pungiglione, colpendo l'arciera alla spalla sinistra. Pepa sentì un dolore bruciante, come se le avessero conficcato nella spalla un pugnale arroventato, e gridò di dolore mentre l'ape gigante riprendeva il volo... e il pungiglione si staccò dall'addome dell'insetto, assieme ad una serie di disgustosi filamenti bianchi. Con orrore, Pepa si rese conto che si trattava di una parte degli organi interni dell'ape gigante, che si schiantò al suolo morente... ma non  ebbe il tempo di pensarci su a lungo, prima che il braccio cominciasse a bruciatle come se avesse preso fuoco! "AAAAARGH!"

"Signorina Pepa!" esclamò Hipolito, per poi correre a darle una mano, zigzagando nel frenetico tentativo di evitare le api che stavano cercando di attaccare i difensori. Una delle api giganti stava per colpire il piccolo druido con il suo pungiglione... ma Serena intervenne, calando sull'insetto un devastante colpo con la sua mazza. Serena non restò ferma neanche un attimo e riprese a scagliare lampi di energia violacea contro le api giganti, cercando di costringerle alla fuga... e Hipolito corse verso Pepa per darle una mano. La donna dai capelli rossi era riuscita a strapparsi il pungiglione dalla ferita e a gettarlo via, mentre Albion si parava davanti a lei per farle scudo con il suo corpo. Le api giganti presero di mira il dragonide argentato e cercarono di trafiggerlo con i loro pungiglioni, ma Albion si difese efficacemente, facendo volteggiare la sua alabarda e facendo a pezzi un altro dei temibili insetti.

Un altra scarica di frecce e quadrelli da parte dei miliziani estaniani abbattè molte delle api rimaste... e un'altra venne incenerita da una fiammata scagliata con precisione letale da Draig. "Cercate di abbatterle tutte! Se ne resta anche una sola, potrà condurre le altre api alle nostra posizione!" esclamò Hipolito, chinato accanto a Pepa per cercare di medicarla. Il piccolo halfling tirò fuori un coltellino per incidere la ferita e far scorrere fuori un po' di sangue avvelenato.

"Sono convinto di potercela fare, signori." disse Damiàn. Ormai erano rimaste solo tre api... e due di esse erano a portata dei suoi incantesimi. Prima che gli insetti giganti potessero mettersi a distanza di sicurezza, il mezzelfo aveva già completato la sua formula e stava puntando l'indice contro i suoi bersagli. "Che la mia magia trafigga i nostri nemici... Dardo Incantato!"

Dall'indice di Damiàn partì un dardo di luce argentata che trafisse una delle due api, abbattendola sul colpo... e poi il mago cambiò bersaglio e colpì anche l'altra ape, facendole fare la stessa fine. Prima che l'ultima ape potesse allontanarsi, venne investita da una raffica di strali di ghiaccio che Albion aveva scagliato dalla bocca aperta... e finalmente, anch'essa si schiantò al suolo e cessò di muoversi.

Albion fece cenno ai difensori di restare fermi e tenersi pronti nel caso ci fosse stato qualche altro pericolo... ma dopo qualche minuto, ancora non si erano fatte vedere altre api giganti, e i miliziani si azzardarono ad uscire dalle loro posizioni difensive. La situazione era tornata sotto controllo, e il gruppo si rilassò e tirò un sospiro di sollievo, per poi dedicarsi ad assistere i feriti. Per fortuna, la loro reazione efficace e tempestiva aveva fatto sì che la api giganti venissero sconfitte rapidamente e non avessero fatto che pochi danni. A parte Pepa, della quale ora si stava occupando Hipolito, soltanto tre miliziani erano stati punti dalle api giganti. In quel momento, stavano già ricevendole cure del caso.

"Sembra... che questa volta ce la siamo cavata abbastanza bene, tutto sommato." disse Draig. "Signorina Pepa, come vi sentite? Siete rimasta ferita..."

"Ah... io... ce la farò. Ho visto di peggio in vita mia... anche se in questo momento non mi viene in mente cosa..." disse la ranger. Un rivoletto di sangue cominciò a scorrere sul suo braccio quando Hipolito le incise la ferita e cominciò a medicarla. Il braccio ferito tremava visibilmente, e la pelle era diventata calda ed arrossata.

"Stia tranquilla, signorina Pepa. Sto cercando di attenuare gli effetti del veleno." disse Hipolito. Passò una mano sulla ferita, in modo da far scorrere un po' di energia curativa nel corpo della giovane donna. "Ecco... per adesso dovrebbe bastare. Devo andare a vedere gli altri soldati, quindi almeno per adesso resti a riposo. Così eviterà che entri in circolo una maggiore quantità di veleno."

"So... so come funziona, piccolo. Non hai da darmi lezioni." affermò Pepa, guardandosi la mano arrrossata. Le dita si stavano ancora contraendo a causa dei movimenti involontari, e non aveva recuperato sensibilità ai polpastrelli, ma era sicuramente un miglioramento piuttosto che sentirsi come se il suo braccio avesse preso fuoco. Forse pensando di essere stata troppo sgarbata, Pepa sospirò e fece un piccolo sorriso. "Comunque grazie, mi sento già meglio."

"Questo modo di comportarsi non è certo tipico delle api." commentò Damiàn, guardando il corpo senza vita di uno degli insetti. "Se si trattasse di vespe, forse sarebbe stato comprensibile, ma le api non sono così aggressive. Dovrebbero attaccare soltanto se il loro alveare viene minacciato."

"Questo dimostra una volta di più che il comportamento di questi insetti giganti è influenzato da qualcosa. Probabilmente dalla stessa mente che sta dietro agli attacchi degli insettoidi." affermò Albion, mentre Serena si occupava di Pepa. Con espressione ansiosa, il dragonide paladino raggiunse Damiàn. "Questa volta ce la siamo cavata, ma è solo questione di tempo prima che ci arrivi addosso uno sciame troppo grande per noi, o qualcosa di troppo grosso perchè possiamo fermarlo. Non c'è davvero tempo da perdere."

"Allora... è meglio se andiamo a parlare subito con la comandante Torreblanca e sentiamo cosa ha da dirci." affermò Draig. "Prima riusciamo a capire cosa sta succedendo e a raggiungere Tarago, meglio sarà per tutti."

Albion annuì cupamente. Se anche un tipo esuberante come Draig si rendeva conto di quanto difficile fosse la loro posizione, questo la diceva lunga...                 

 

oooooooooo

 

"Hey, e voi... chi diavolo sareste?" ringhiò il mezzorco, incredulo e furente davanti ai mostruosi uomini-coniglio che gli sbarravano la strada.

Gaderis non riusciva a credere ai suoi occhi. Lui e la sua amata Sidal erano semplicemente andati a prendersi un po' di frutta per la cena, e di punto in bianco si erano trovati davanti due di quei selvaggi dalle orecchie lunghe che avanzavano minacciosi, armati di asce mal tenute.

"Stai attento, amore mio!" esclamò Sidal. La medusa si mise in guardia, nella posizione di una maestra di arti marziali, mentre il mezzorco afferrava il suo enorme randello chiodato e lo usava per intercettare il primo attacco di uno degli achaan. Con uno stridio agghiacciante, il coniglio umanoide calò la sua arma su Gaderis, ma quest'ultimo reagì con abilità e sferrò un colpo circolare che intercettò l'ascia e fece barcollare il mostruoso coniglio, dando a Gaderis il tempo di lanciare un incantesimo.

"Spiriti della natura, il vostro umile servitore chiede il vostro aiuto, che il suo corpo diventi solido come le antiche sequoie." esclamò. "PELLE CORIACEA!"

Gaderis si passò la mano libera sul petto, e per un attimo, la sua pelle sembrò diventare ruvida e rugosa come il tronco di un albero. Lo achaan si laanciò nuovamente su di lui e vibrò un colpo d'ascia che raggiunse il mezzorco al torace... ma la mortale lama rimbalzò su di lui come se il suo corpo fosse davvero diventato solido come un albero, e il mostruoso coniglio barcollò all'indietro, sorpreso ed incredulo, quasi facendo cadere la sua arma. Gaderis non esitò a sferrare il suo contrattacco - brandendo il suo randello con entrambe le mani, il druido sferrò un devastante colpo dall'alto verso il basso che colpì lo achaan sul trapezio, a metà tra il collo e la spalla destra, con un agghiacciante suono di ossa che si rompevano.

Lo achaan stridette in preda al dolore e cadde su un ginocchio, facendo cadere l'ascia e cercando disperatamente di fuggire... ma Gaderis fece roteare il suo randello e colpì un'altra volta, questa volta centrando la base del cranio dell'avversario. L'effetto fu immediato e devastante - l'uomo-coniglio si abbattè al suolo come una bambola rotta, gli arti che ancora guizzavano in un ultimo fremito post-morte prima di immobilizzarsi per sempre.

Sidal, da parte sua, stava prolungando lo scontro. In posizione di guardia, con le braccia alzate davanti al busto come un pugile, i serpenti che si contorcevano inferociti sulla sua testa, la medusa si muoveva a scatti, attendendo quasi l'ultimo momento e scansandosi quel tanto che bastava per evitare di essere colpita dall'ascia dell'avversario. Irritato, lo achaan cercò di sferrare colpi più veloci, mirando ai punti vitali dell'avversaria, ma quest'ultima non fece altro che velocizzare il suo gioco di gambe e riuscì ancora una volta ad evitare tutti i colpi.

Finalmente, un fendente andato a vuoto lasciò scoperto il mostruoso coniglio, e Sidal ne approfittò immediatamente, sferrando un poderoso calcio alto e colpendo lo achaan alla testa con abbastanza potenza da farlo cadere di lato. L'avversario riuscì in qualche modo a rimettersi in piedi, ma la medusa era di nuovo in guardia e riuscì ad evitare altri due fendenti.

Ancora una volta, Sidal approfitto del breve istante in cui l'avversario non era in guardia. Si avvicinò di scatto, in modo che lo achaan non potesse attaccarla con la sua ascia da battaglia, e afferrò saldamente l'avversario, per poi sferrare una poderosa ginoccchiata al costato che mozzò il fiato in gola al nemico. Sidal proseguì con altri due colpi prima che lo achaan riuscisse in qualche modo a sfuggirle e si acquattasse al suolo per riprendere un po' di fiato. Alzò lo sguardo verso di lei... e quello fu l'ultimo errore della sua vita.

Sidal chiuse gli occhi per un secondo... e poi li riaprì, scintillanti di una strana luce verde. Nel momento in cui lo achaan incrociò lo sguardo di Sidal, venne percorso da un brivido improvviso... e il suo corpo si irrigidì, assumendo in pochi istanti il colore e la consistenza della pietra! Nel giro di due secondi, lo achaan era stato trasformato in una statua, per sempre bloccata nell'espressione di rabbia ed incredulità in cui era stato colto.

"Amore mio, tutto bene?" chiese Gaderis, che aveva appena eliminato il suo avversario.

Sidal chiuse di nuovo gli occhi per un attimo, e quando li riaprì, non erano più illuminati. Dopo essersi assicurata di avere di nuovo il suo sguardo pietrificante sotto controllo, la medusa si voltò verso il suo amato e fece un cenno con la testa. "Sì, tutto a posto. Questi due non erano certo avversari alla nostra altezza." rispose, per poi gettare uno sguardo ansioso alla statua che fino a poco prima era stata un uomo-coniglio assetato di sangue. "No, quello che mi lascia sorpresa... è che non avevo mai visto prima creature simili su quest'isola. Da dove diavolo vengono? Dove si trovavano? Il sommo Echthrois e gli altri non ce ne avevano mai parlato!"

"Forse non ne sapevano nulla neanche loro... questa è una situazione che richiede tutta la nostra attenzione." affermò Gaderis, mentre dava un'occhiata al corpo dell'avversario sconfitto. No, non gli ricordava nessun altra creatura che lui avesse mai visto. D'accordo, era un umanoide con le fattezze di un coniglio mostruoso... ma a parte questo, non c'era nulla che potesse dire su queste bizzarre creature.

Comprendendo che non sarebbe riuscito a capirci qualcosa semplicemente restando lì a guardare, Gaderis decise che ne avrebbe discusso con chi di dovere alla prima occasione. Forse si trattava semplicemente di un equivoco, e quegli strani uomini-coniglio avrebbero potuto essere alleati per proteggere l'isola dai colonizzatori. "Comunque, adesso quello di cui ci dobbiamo preoccupare è far sparire questa statua. Se la lasciassimo qui, solleverebbe dei sospetti. Come mai hai deciso di usare il tuo sguardo pietrificante, se potevi facilmente eliminarlo a mani nude?"

"Ehm... ammetto che mi sono lasciata prendere la mano..." rispose Sidal, rimproverandosi per la sua leggerezza. "In effetti, se vedessero una statua abbandonata qui, e senza neanche un segno di usura, si farebbero delle domande."

"Poco male. Adesso pensiamo ad eliminarla... Oh, issa!" Gaderis e Sidal si misero accanto alla statua dello achaan e la sollevarono assieme, mettendoci tutta la forza di cui disponevano. La trasportarono fino all'orlo di una rupe vicina e poi la fecero cadere oltre il bordo, restando poi ad osservare la statua che rotolava giù e si sgretolava in tanti pezzi, sperabilmente irriconoscibili. Il mezzorco e la medusa restarono a riprendere fiato per un po', affaticati dal peso che avevano dovuto portare.

"Uff... accidenti... la prossima volta... cercherò di stare più attenta..." sospirò Sidal. "Chiedo scusa..."

"Non fa niente, cara..." rispose Gaderis con tono comprensivo. "Non è successo nulla, quindi siamo a posto... piuttosto, per quanto riguarda quell'altro..." Il mezzorco guardò verso lo achaan che lui aveva ucciso e si sfregò la barbetta incolta che gli cresceva sul mento, mentre Sidal lo guardava con espressione dubbiosa.

Infine, Gaderis fece un sorrisetto e annuì in segno di approvazione. "Stavo pensando che sarebbe uno spreco lasciare lì quel corpo." rispose. "Che ne dici, proviamo a scoprire se è buono da mangiare?"

Sidal sorrise come una bambina contenta. "Hmmm! In effetti, variare un po' la dieta è una buona idea! Sono d'accordo, amore mio!"   

 

 

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CONTINUA...        

                  

 

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Capitolo 15
*** Un nuovo obiettivo ***


Pathfinder: L'Isola degli Insetti Giganti

Una fanfiction di Pathfinder scritta da: Justice Gundam

 

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Capitolo 15 - Un nuovo obiettivo

 

"Mi sembra... abbastanza evidente. Non c'è tempo da perdere. Dobbiamo raccogliere tutto quello che possiamo trasportare, e riprendere quanto prima la strada per Tarago." La risposta della comandante Torreblanca alla domanda di Albion fu chiara e netta. "Spero soltanto che i nostri uomini riescano a continuare. Le condizioni non sono delle migliori, e abbiamo anche diversi feriti che non possono muoversi con le loro forze."

"Io e Lady Serena ci occuperemo di quelle persone, comandante Torreblanca." rispose Hipolito con un cenno della testa, indicando anche la giovanissima warlock dai capelli neri, che annuì silenziosamente. "Quanto ci vorrà da qui per raggiungere Tarago, più o meno?"

"Se facciamo abbastanza in fretta... prevedo fra i cinque e gli otto giorni. Ovviamente, simili previsioni non tengono conto del fatto che in qesti viaggi potrebbe accadere di tutto... ugh!" La comandante fece una smorfia di dolore quando si alzò e cercò di muovere qualche passo - la gamba che aveva perso durante il viaggio era stata sostituita alla meglio da una gamba di legno fissata al ginocchio, e la donna stava cercando di abituarsi all'arto artificiale, ma la menomazione non era ancora guarita del tutto, e ancora adesso le inviava delle tremende fitte di dolore. Torreblanca cercò di muovere qualche passo, e Draig si prodigò per aiutarla quando ebbe l'impressione che stesse per cadere.

"Grazie, soldato Draig... ce la posso fare." rispose Orsola con un sorriso accomodante. "Come stavo dicendo, ci vorranno tra i cinque e gli otto giorni per raggiungere Tarago, alla velocità con cui ci siamo mossi finora. Tuttavia, c'è un elemento che mi dà da pensare... e credo che si tratti di qualcosa che il vostro gruppo può gestire, paladino Albion."

Il dragonide argentato alzò la testa, pronto ad eseguire gli ordini. "Ci dica, comandante Torreblanca." affermò. "Di che cosa si tratta?"

"Se si tratta di un potenziale pericolo, la nostra squadra farà tutto il possibile per neutralizzarlo." continuò Damiàn.

Accettando finalmente un po' di aiuto da parte di Draig, Orsola si sedette su uno sgabello e si massaggiò quello che rimaneva della sua gamba menomata. "Apprezzo il vostro zelo, signori. Ma in realtà non sono sicura che si tratti di una cosa così pericolosa. Almeno, non tanto quanto lo era stato quel tempio demoniaco..." disse, riferendosi al culto di Deskari che Albion e i suoi compagni avevano scovato ed annientato nelle rovine nascoste dalla foresta. "No, i nostri esploratori hanno riferito di aver visto una bizzarra costruzione su un luogo sopraelevato. Una costruzione che sembra essere abbastanza ben tenuta, il che fa pensare che ci viva qualcuno, da quelle parti. E' a circa tre giorni di cammino da qui. Vorrei che, nel momento in cui passeremo vicini a quella zona, il vostro gruppo andasse in esplorazione in quel luogo, in modo da assicurarci che, se davvero qualcuno vive da quelle parti, non rappresenti per noi una minaccia."

"Ai suoi ordini, comandante Torreblanca." replicò prontamente Albion, per poi rivolgersi al resto del gruppo. "Tutto chiaro, ragazzi? Signorina Pepa, se lei non dovesse sentirsi bene, può tranquillamente chiedere di essere esonerata dalla spedizione."

La ranger dai capelli rossi si gurdò il braccio nel quale aveva ricevuto una puntura da una delle api giganti che avevano aggredito il campo solo poche ore prima. La ferita era gonfia ed arrossata, e l'arto non si muoveva ancora bene, ma Pepa faceva del suo meglio per non far vedere il suo disagio. "Grazie, paladino Albion, ma... credo che tra qualche giorno il mio braccio sarà di nuovo abbastanza saldo da tirare con l'arco come prima." affermò con un lieve sorriso.

"Se è necessario, posso dare una mano io." propose Hipolito con decisione. "So abbastanza di erbe e rimedi naturali da poterla aiutare a neutralizzare gli effetti del veleno."

Pepa si ritirò di un passo, con un moto quasi involontario. "Ehm... Grazie, ma... non ce ne sarà bisogno, Hipolito. Riservate le vostre cure a chi è ferito più gravemente di me." affermò. Sperò tra sè di non essere stata troppo frettolosa nel suo rifiuto. Ma ancora non riusciva a fidarsi di un halfling...

"Va bene..." rispose Hipolito, un po' deluso. Ma il rifiuto di Pepa non lo scoraggiò a lungo, e il piccolo druido tornò rapidamente al suo solito entusiasmo. "D'accordo, quando passeremo vicino a quel posto, andremo a dare un'occhiata! Che ci sia qualche creatura interessante che vive da quelle parti?"

"Nulla che voglia mangiarci a colazione, vorrei sperare." rispose Damiàn con un pizzico di ironia.

Draig serrò gli occhi e riuscì a sfoderare un ghigno arguto. "Se ci dovesse provare, ci penso io ad arrostirla e a mangiarla a colazione." rispose prontamente. "E va bene, cercheremo di muoverci il prima possibile. Albion, credi che riusciremo a partire tra due giorni?"

Albion si sfregò il mento con una mano. "Hmm... forse anche domani, se siamo abbastanza rapidi." rispose il paladino dalle squame argentate. "Va bene. Cominceremo subito a fare i preparativi,  e vi faremo sapere quando siamo pronti."

"E io mi occuperò di farlo sapere ai fedeli sudditi di Estania." affermò Serena. La sua espressione non era cambiata dalla sua classica espressione distaccata, ma Albion aveva la netta impressione che ci fosse un po' più di energia nelle sue parole.

Orsola Torreblanca annuì in segno di approvazione, permettendosi di sperare per il meglio per la prima volta da quando Pasiega era stata messa a ferro e fuoco. Quei ragazzi erano stati senza dubbio tra i più devoti ed entusiasti difensori del loro popolo - tra quelli che erano ancora vivi, per lo meno.

Guardandoli così, aveva almeno la speranza che ci fosse una possibilità per i rifugiati di sopravvivere e tornare alla loro terra natale...

 

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Una volta che il messaggio della comandante Torreblanca era stato comunicato a tutto l'accampamento, i rifugiati non avevano perso tempo a prepararsi al viaggio che li aspettava. Tutti coloro che potevano muoversi con le loro forze si erano adoperati per raccogliere lo stretto indispensabile, smontare le tende e caricare tutto sui carri. I feriti che non erano in grado di muoversi da soli erano stati caricati a loro volta su delle carrozze, e un gruppo di medici - quelli che erano sopravvissuti e che erano in grado di medicare i pazienti - erano stati affiancati a loro. Albion, Draig e i loro compagni si erano prodigati fino a sera per fare in modo che i preparativi proseguissero senza intoppi e il più rapidamente possibile. Finalmente, non appena il sole fu sceso oltre l'orizzonte, il gruppo di avventurieri aveva consumato un pasto adeguato e si era coricato, godendosi qualche ora di riposo prima della marcia forzata che li attendeva

Il giorno dopo, una volta ultimati i preparativi, i rifugiati di Pasiega e delle altre colonie estaniane si erano mossi e avevano ripreso la strada per Tarago, dirigendosi verso un passo tra le montagne e sperando di atraversarlo prima che i mostruosi insetti che infestavano Abundancia fossero loro addosso. All'inizio, per fortuna, non c'erano stati intoppi. La strada era pianeggiante, e il gruppo di rifugiati avanzava spedito verso il loro obiettivo, protetti dal gruppo di avventurieri che avevano vegliato su di loro fino a quel momento.

All'alba del secondo giorno di viaggio, la strada aveva cominciato a farsi più accidentata, man mano che i rifugiati cominciavano ad avvicinarsi alle montagne... e come se non bastasse, gli insetti giganti avevano ripreso i loro attacchi. Prima che il sole fosse alto nel cielo, le carovane erano state aggredite da un paio di mostruosi coleotteri grandi come carri, emersi di colpo dalla fitta vegetazione... e che in quel momento stavano cercando di farsi largo tra i difensori di Pasiega per raggiungere le carovane!

"Avvicinati a me, Serena! Gli impedirò di colpirti!" ringhiò Draig, cercando di opporsi alla carica di un mostruoso scarabeo con un lungo corno sulla fronte, che cercava di sfondare la muraglia vivente che Draig ed Albion gli stavano opponendo. Il dragonide argentato afferrò con entrambe le mani la sua alabarda e mormorò una preghiera a Bahamut, la sua divinità protettrice, prima di scontrarsi con il corno dell'insetto gigante. L'impatto fu tremendo, ma il dragonide paladino piantò a terra i piedi artigliati e spinse con tutte le sue forze per trattenere la dirompente carica della bestia... mentre dal lato opposto, un cervo volante non meno grande del primo assalitore si avventava su Pepa e cercava di stritolarla tra le sue enormi mandibole frastagliate.

"Attenta, signorina Pepa!" esclamò Damiàn. "Globo di Fuoco!"

Il mago mezzelfo puntò la sua asta contro il gigantesco cervo volante e scagliò una sfera di fuoco scarlatto mentre Pepa si scansava e passava pochi centimetri sotto le mascelle del mostruoso insetto. Il globo di fuoco raggiunse il cervo volante gigantesco ad un fianco, provocandogli delle dolorose bruciature e costringendolo a ritirarsi... ma dal profondo della foresta, altre creature partirono all'attacco! Un piccolo sciame di mosche lunghe quasi un metro e mezzo emersero dalla vegetazione... con alla testa una mosca ancora più grande con il ventre rosso e l'esoscheletro di un bizzarro colore verde metallizzato.

Pepa puntò rapidamente il suo arco contro lo sciame di mosche e scoccò un paio di frecce in rapida successione, infilzando altrettante di quelle bestie disgustose, che si schiantarono al suolo un attimo dopo. La mosca più grande lanciò un ronzio assprdante e si lanciò contro la ranger, mentre Damiàn cercava di tenere l'attenzione del cervo volante su di sè, in modo da dare ad Hipolito e a qualcun altro la possibilità di coglierlo di sorpresa.

"Maledizione, ne arrivano altri!" esclamò Draig. "Aspettate, ci penso io!"

Serena annuì e scagliò un raggio di energia violaceo contro lo scarabeo rinoceronte, che riuscì a far barcollare per un attimo il gigantesco insetto corazzato e permise ad Albion di sferrare un poderoso fendente con la sua alabarda. Draig si voltò di scatto verso le mosche giganti, che già stavano per gettarsi contro i rifugiati, e scagliò dalle fauci una grossa palla di fuoco che colpì il primo insetto dello sciame. La mosca gigante prese fuoco all'istante e si ridusse in un mucchio di cenere, mentre il dragonide rosso volgeva la sua attenzione al resto dello sciame, inenerendole una alla volta.

"Attenzione, Draig! Alcune stanno passando!" esclamò Hipolito. Alcune delle mosche giganti, tra cui quella verde più grande delle altre, riuscirono a passare oltre le fiammate e fecero per scendere in picchiata sui rifugiati, dai quali provennero una serie di urla di terrore!

Almeno finchè un grosso dardo di balestra non volò da uno dei carri, colpendo alla testa una delle mosche giganti ed abbattendola all'istante. Gli altri insetti, compresa la mosca più grande, si dispersero per qualche secondo... e dal carro uscì la comandante Torreblanca, imbracciando una pesante balestra a ripetizione, un'arma dall'aspetto inquietante, dotata di un particolare meccanismo che consentiva di ricaricare i quadrelli immediatamente dopo averne scagliato uno. Nonostante non fosse ancora del tutto ristabilita dalla mutilazione che aveva subito, la comandante si era armata e si era schierata a fianco dei suoi compatrioti per difenderli nel limite delle sue possibilità.

Molti dei rifugiati guardarono con stupore la comandante che puntava nuovamente la sua balestra contro le mosche giganti, e questa volta mirò alla bestia più grande, il cui vivace colore verde metallizzato la rendeva un bersaglio molto più immediato rispetto agli altri insetti. Il quadrello d'acciaio si piantò nell'addome gonfio di sangue della mosca verde con un angosciante rumore di chitina che scricchiolava. La bestia non era stata ferita mortalmente, ma aveva comunque subito un duro colpo, e perse quota con un ronzio acuto.

"Non fatevi spaventare, valoroso popolo di Estania!" esclamò la comandante, decisa nonostante il sudore che le imperlava la fronte e i capelli ancora in disordine. "I nostri difensori stanno facendo tutto il possibile per proteggerci... aiutiamoli anche noi! Mostriamo che siamo con loro!"

Con queste parole, Orsola scagliò un altro quadrello che raggiunse lo scarabeo rinoceronte, riuscendo quasi ad infilarsi tra le piastre chitinose che lo proteggevano. Il dardo penetrò nei tegumenti, ma la solida corazza naturale del mostruoso coleottero gli evitò ferite gravi. Ma questa azione riuscì a dare un po' di coraggio ai rifugiati, alcuni dei quali si mossero per raccogliere qualche arma improvvisata da usare contro i mostruosi insetti. Alcuni presero delle pietre da terra e cominciarono a lanciarle, altri si fecero passare degli oggetti da usare come armi improvvisate.

Vedere il popolo di Estania che lottava contro la paura e cercava di dare loro man forte ebbe a sua volta l'effetto di dare maggior vigore ad Albion e a i suoi compagni. Lo scarabeo rinoceronte partì alla carica e riuscì a colpire Albion di striscio alla spalla destra con il suo enorme corno... ma il dragonide paladino strinse i denti e vibrò un poderoso affondo con la sua alabarda, mirando al ventre relativamente scoperto della bestia e cercando di rovesciarla sulla schiena. Con uno stridio agghiacciante, lo scarabeo cercò di spingere via la sua preda e travolgerla, e riuscì a superare la guardia di Albion e chiudere le sue orride mandibole sulla sua spalla. Albion ringhiò di dolore, e per un attimo temette di cedere ma Serena intervenne, alzando la mano libera e pronunciando una formula magica in direzione di Albion.

"Che i poteri occulti aiutino il mio compagno. Che egli schiacci i nostri nemici sotto la sua statura!" esclamò la warlock. Immediatamente, Albion si sentì più forte, ed ebbe l'impressione che il mostruoso scarabeo si stesse rimpicciolendo... almeno finchè non si rese conto che era lui che stava diventando più grande! Il dragonide argentato stava crescendo sempre di più, fino a raddoppiare la sua già ragguardevole statura, e con le sue dimensioni aumentò di molto anche la sua forza. Con un ultimo sforzo, Albion riuscì a sollevare da terra lo scarabeo rinoceronte e lo rovesciò sulla schiena con un potente schianto!

"Wow! Guardate, quella ragazza ha fatto crescere il paladino Albion!" esclamò uno dei bambini dal carro in cui si era rifugiata la sua famiglia.

Serena riprese l'attacco, scagliando una raffica di lampi di energia violacea contro lo scarabeo rinoceronte... e poi voltandosi di scatto quando una delle mosche giganti più piccole cercò di gettarsi su di lei in picchiata. Un altro raggio di luce viola colpì la minaccia alata e la falciò all'istante, mentre Albion balzava sullo scarabeo gigante e lo trafisse in pieno petto con la sua alabarda. Il gigantesco coleottero mosse spasmodicamente le zampe per qualche istante, e infine si immobilizzò, mentre Draig riprendeva a tenere a bada lo sciame di mosche gigante. Due di esse erano già cadute sotto la sua lancia, ma la mosca verde più grande riuscì ad atterrargli addosso e lo colpì al petto con la sua proboscide, trafiggendo la pelle squamosa e cominciando a succhiare sangue.

Draig ringhiò di dolore e afferrò strettamente la faccia della mosca gigante, per poi torcere la proboscide e cercare di costringere la bestia a mollare la presa. Il mostruoso tafano lanciò un ronzio furioso e cercò di ancorarsi a terra con tutte e sei le zampe... ma Draig non si arrese, e i suoi occhi si illuminarono per un attimo di una terrificante luce arancione! Con un tremendo ringhio, il dragonide barbaro si alzò, i muscoli che si gonfiavano fino a farlo sembrare ancora più grande di quanto già non fosse... e Draig staccò da sè la proboscide della mosca verde, che cominciò a sbattere le ali in preda ad un cieco istinto di sopravvivenza.

"Ti sei saziata, bestiaccia?" ringhiò Draig. Piegò le ginocchia e afferrò nuovamente la sua lancia con la mano libera, mentre un rivolo di sangue scorreva liberamente dalla ferita al torace. "Spero che ti sia piaciuto, perchè è stato il tuo ultimo pasto! RAAAAAARGH!"

Il possente dragonide sferrò un devastante affondo con la sua lancia, la cui punta penetrò nel corpo dell'insetto rigonfio e lo trafisse da parte a parte. Il mostruoso tafano si contorse furiosamente e cercò di aggredire Draig con le sue ultime forze, ma il dragonide rosso estrasse la sua lancia dal corpo del mostruoso insetto... e poi cominciò a sferrare una tremenda raffica di colpi con la sua lancia, trafiggendo più e più volte il suo avversario in un impeto di furia! Quando Draig si fermò ansimante, la bestia succhiasangue aveva già smesso di muoversi da un pezzo, e tutto quello che rimaneva di lei era un corpo crivellato di buchi, con la testa separata dal corpo, e pezzi di zampe ed ali sparsi in giro.

Il cervo volante gigantesco, da parte sua, non sembrò nemmeno accorgersi che gli altri insetti giganti erano morti, e continuò inesorabile ad avanzare verso gli altri tre membri del gruppo. Questa volta aveva preso di mira Hipolito, che stava facendo del suo meglio per sfuggire a quelle orride mascelle.

"Ah! Oh, misericordia... se questo bestione mi prende, mi taglierà in due come un fuscello!" esclamò Hipolito, e si ritirò appena in tempo per evitare che le mascelle simili a forbici si chiudessero su di lui. "Okay... io mi appello agli spiriti primevi, che intralcino il mio nemico e gli impediscano di colpire me e i miei compagni! INTRALCIARE!"

Hipolito puntò una mano aperta contro il mostruoso coleottero, e dal terreno sotto le sue zampe crebbero all'improvviso delle lunghe e flessuose liane verdi che si avvinghiarono rapidamente attorno a lui, rendendogli difficili i movimenti. Il cervo volante mostruoso emise un trillo assordante e distolse la sua attenzione da Hipolito per cercare di tagliare le liane che cercavano di afferrarlo, il che diede a Pepa e al resto del gruppo il tempo che serviva per sferrare il contrattacco decisivo.

"Ottimo lavoro, messer Hipolito!" esclamò Damiàn. Si avvicinò al gigantesco coleottero quel tanto che bastava per prendere bene la mira, e alzò il suo bastone per lanciare un incantesimo d'attacco. "Ed ora... signorina Pepa, con me! Spiriti del fuoco, venite a me! GLOBO DI FUOCO!"

Pepa imbracciò di nuovo il suo arco e scoccò due frecce contro il mostro insettoide. Una di esse si spuntò sulla spessa corazza chitinosa della bestia, ma l'altra riuscì a colpire il cervo volante in un punto critico e lo fece barcollare per un istante. Con un ampio gesto del braccio, Damiàn creò una sfera di fuoco scarlatto grande come un pallone da calcio appena sopra il palmo della sua mano, e lo scagliò contro il mostro.

Si sentì il suono di un'improvvisa fiammata quando il colpo andò a segno, e il cervo volante venne avvolto da un'intensa fiamma scarlatta. Indietreggiò per un attimo, muovendo spasmodicamente le zampe... poi crollò al suolo e bruciò miseramente, trasformandosi ben presto in un mucchietto di cenere, mentre altri quadrelli di balestra, scoccati con abilità e precisione dalla comandante Torreblanca, abbattevano altre mosche giganti. Il terreno era ormai disseminato di insetti morti e dei fluidi che stavano uscendo dai loro corpi infranti, e i sei avventurieri, che per fortuna non avevano subito ferite gravi, riprendevano fiato davanti alle carcasse. Le poche mosche giganti sopravvissute ripresero il volo e si staccarono dalla carovana, disperdendosi in lontananza.

"Paladino Albion! Signori, state bene?" chiese Torreblanca. La comandante appoggiò accanto a sè la balestra e fece qualche passo incerto verso il gruppo, non ancora abituata a muoversi sulla sua gamba di legno. Uno dei suoi attendenti fece per sorreggerla, ma la donna rifiutò gentilmente e cercò di trovare una posizione stabile.

Albion tirò il fiato, mentre il suo corpo si rimpiccioliva fino a tornare delle sue pur sempre ragguardevoli dimensioni normali. "Stiamo tutti bene, comandante Torreblanca. Sono rimasto ferito lievemente, ma non è nulla che un incantesimo curativo non possa rimediare."

"Aspetta, ora ci penso io." affermò Serena. La warlock si concentrò per un istante, e un'aura di luce violacea avvolse la sua mano destra, che poi Serena avvicinò alla spalla lesa del paladino. "Riemergi dal dolore, non è ancora la tua ora. Curare!"

Come una sorta di fluido, l'aura violacea strisciò letteralmente dalla mano di Serena fino alla spalla di Albion e gli coprì la ferita. Per qualche istante, Albion provò una strana sensazione di freddo e guardò con un po' di sospetto la strana luce viola che penetrava nel suo corpo... e quando scomparve del tutto, la ferita si era ridotta ad un piccolo taglio vicino al trapezio.

"Bella mossa, Serena!" esclamò Draig con tono divertito, mentre Hipolito provvedeva a lanciare anche a lui un incantesimo curativo. "Un giorno però dovrai lanciarlo anche su di me quell'incantesimo che fa diventare dei giganti! Dì la verità, Albion, è stato divertente!"

Damiàn fece una breve risata, e anche la più seriosa Pepa non riuscì a trattenere un sorriso, mentre Albion sospirava e guardava da un'altra parte come se fosse stato imbarazzato. "E' stato... un incantesimo molto utile, che ci ha permesso di uscire vincitori da questo scontro con minore difficoltà." affermò.

"Non sono ancora molto abile a gestire i miei poteri occulti." affermò Serena. "Al momento, non sono in grado di lanciare tanti incantesimi. Spero comunque di potermi rendere più utile in fretta."

"State tutti facendo la vostra parte, signori, come meglio non potremmo chiedere. E i miei complimenti anche a voi, valoroso popolo di Estania. Oggi avete reso onore ai vostri compatrioti." rispose Torreblanca, mentre rivolgeva uno sguardo di gratitudine a coloro che avevano collaborato in quella breve ma intensa battaglia. "Ma ora è meglio proseguire, prima che arrivino altri insetti giganti, magari attratti dall'odore delle carcasse."

"Giusto... dobbiamo sbrigarci..." affermò Draig. Il gruppo si affrettò a rimettersi a posto, ripulire le proprie armi e sistemare a dovere il loro equipaggiamento prima che il viaggio riprendesse. I pendii cominciavano già a farsi più scoscesi, e il gruppo di rifugiati avrebbe dovuto coprire quanta più distanza possibile, prima che scendesse la notte...

 

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Il giorno dopo fu privo di eventi significativi, per fortuna. Nonostante il viaggio fosse difficile, e nonostante lo shock di aver perso le loro case e aver visto molti dei loro compatrioti cadere prede degli insetti giganti e degli insettoidi, un cauto ottimismo cominciava a farsi strada nei rifugiati di Pasiega. La presenza di Albion e dei suoi compagni, il sangue freddo e il carisma della comandante Torreblanca e la competenza dimostrata da tutti loro in quelle difficili circostanze avevano dato un po' di speranza al popolo di Estania.

Finalmente, all'alba del terzo giorno, la carovana di rifugiati era arrivata ad una ragionevole distanza dal luogo che la comandante Torreblanca aveva chiesto al gruppo di Albion di investigare. I rifugiati si erano fermati in un canyon all'ombra, in un luogo facilmente difendibile e che non avrebbe potuto essere aggredito facilmente da insetti volanti. I soldati avevano formato rapidamente un perimetro attorno ai rifugiati, che avevano visto di buon occhio l'idea di fermarsi, riposarsi un po' e magari discutere sul da farsi per quando il viaggio fosse ripreso.

Per il gruppo di Albion, era il momento di prepararsi e partire in avanscoperta. Il dragonide paladino e i suoi compagni si erano radunati e avevano aiutato i loro compatrioti a preparare il campo, per poi raggiungere la comandante Torreblanca e farsi dare tutte le dovute indicazioni.

"Molto bene, signori... ecco quello che vi posso dire del luogo che vi sto mandando ad esplorare." iniziò la donna, mostrando al gruppo una mappa un po' approssimativa dei dintorni. Il punto in cui si trovava la costruzione era stato segnato con un lapis rosso, così come il punto in cui i rifugiati si erano accampati. "Si trova a circa tre ore di cammino da qui, in cima all'altura che potete vedere già da qui. I nostri esploratori ci hanno detto che sembra esserci attività al suo interno, ma non sono stati in grado di confermare di cosa si trattasse esattamente. Quindi vi consiglio prudenza... e se vi rendete conto che la situazione è al di là del vostro controllo, non esitate a tornare indietro."

"D'accordo, comandante Torreblanca. Immagino... che dovrò cercare di trattenere il mio entusiasmo, se dovesse essere così!" affermò Draig alzando le spalle. Albion ridacchiò tra sè - era il primo a poter dire che il suo amico a volte era un po' troppo entusiasta di gettarsi in battaglia.

"C'è... altro che dovremmo sapere di quel luogo, comandante Torreblanca?" chiese Pepa. La ranger controllò la sua faretra e contò le frecce che le erano rimaste. Non più di una dozzina. La carovana aveva un altro po' di frecce nelle sue riserve, ma sarebbe stato meglio conservarle, per quanto possibile.

Orsola ci pensò su per un attimo. "Hmm... niente di particolare, se non che, stando a quello che mi hanno comunicato gli esploratori, si tratta di un tempio dedicato ad una divinità da noi sconosciuta. Non hanno potuto avvicinarsi oltre un certo limite, ma sono stati in grado di rilevare tutti questi elementi." affermò. "Considerata la nostra posizione, possiamo considerarci fortunati che siano riusciti a scoprire tutto questo."

"A proposito, comandante Torreblanca..." affermò Damiàn, alzando educatamente una mano. "Non ci saranno problemi se il gruppo si allontana, vero? Non vorremmo lasciare indifesi i nostri compagni."

"Apprezzo la preoccupazione, ma non sarà un problema se andate via per un po', messer Damiàn." rispose Torreblanca. Un accenno di sorriso apparve sul volto duro della soldatessa. "I nostri soldati sono abbastanza numerosi e ben addestrati da fare da difesa, e in ogni caso, siamo in una posizione facilmente difendibile, e in cui quei dannati insetti non saranno in grado di raggiungerci tanto presto. Possiamo restare qui due o tre giorni senza problemi."

"D'accordo. Allora... cercheremo comunque di tornare in giornata, o al massimo entro domani." rispose Albion. Il dragonide paladino ricevette dalla comandante la mappa, e la consegnò a Pepa, che era probabilmente la più abile ad orientarsi nelle terre selvagge. "Signorina Pepa, qui ci sono tutte le indicazioni per arrivare al nostro obiettivo. Riesce a tracciare un percorso a partire da qui?"

La rossa ranger annuì prontamente. "Ho solo bisogno di un po' di tempo." affermò.

Draig annuì soddisfatto, scambiandosi un segno di assenso ed intesa con il suo migliore amico. "Perfetto. Allora credo che non dobbiamo fare altro che aspettare che la signorina Pepa abbia finito... e poi possiamo andare. Che ci sia la possibilità di dover affrontare qualcosa di grosso, ricoperto di squame e armato di zanne ed artigli?" chiese il dragonide rosso.

Serena sorrise leggermente, lo sguardo apparentemente perso tra le nuvole. "Di solito questi dungeon sono popolati da bestie strane." affermò. "Attenti agli scrigni del tesoro. Magari in quel posto vive qualche mimic, o cose del genere."

"Ah, già, i mimic... creature affascinanti! Sarei curioso di incontrarne uno, in realtà! Chissà come hanno fatto ad adattarsi così bene all'ambiente dei dungeon... che tra l'altro forse non dovrei neanche definire un ambiente, dal momento che è stato costruito, ma... ecco, avete capito quello che voglio dire, no?" Hipolito sembrava essersi infervorato all'idea di vedere delle forme di vita nuove ed insolite, e si era perso nelle sue fantasie.

"Sì, sì... abbiamo capito anche troppo bene." mormorò Pepa, cercando senza troppo successo di nascondere la sua animosità verso il druido halfling. Scosse la testa e si concentrò sulla mappa, per poi guardarsi attorno e cercare di prendere dei punti di riferimento. Damiàn rivolse alla sua collaboratrice uno sguardo preoccupato - non era certo la prima volta che Pepa mostrava i suoi pregiudizi verso gli halfling, sui quali il mago mezzelfo non riteneva nèrispettoso nè saggio indagare. Ma la paura di Damiàn era che questa riluttanza a fidarsi di Hipolito, e una crescente ostilità nei suoi confronti, avrebbero potuto minare il goco di squadra che rappresentava la loro migliore arma in un territorio ostile in cui erano circondati da pericoli di ogni genere.

 

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Un tortuoso sentierino di montagna si inerpicava verso la vetta dell'altura sulla quale il misterioso santuario era stato individuato. La stradina sembrava diventare sempre più contorta e dissestata man mano che la vetta si avvicinava, e il gruppo di avventurieri aveva la netta sensazione che il clima si facesse più rigido, e l'atmosfera più minacciosa ad ogni passo. Finalmente, dopo aver messo più tempo a percorrere l'ultimo quarto di strada che non a coprire gli altri tre quarti, il gruppo riuscì a raggiungere il loro obiettivo - una grande costruzione in pietra che per certi versi ricordava un gigantesco alveare, con le pareti suddivise in numerose cellette esagonali, anche se l'ingresso era una normale arcata come quella che si sarebbe vista nel tempio di una qualsiasi divinità delle terre del Primo Continente. Nonostante fosse chiaramente antico di almeno qualche secolo, e malgrado l'atmosfera poco rassicurante che aleggiava là attorno, era evidente che l'edificio era stato mantenuto bene.

Tuttavia, alcuni particolari inquietanti accolsero Albion e i suoi compagni mentre riprendevano fiato ed entravano nel recinto di granito grigio che circondava l'edificio. Era stata combattuta una battaglia da quelle parti - alcuni corpi senza vita, appartenenti ad alcuni achaan, giacevano a terra sparpagliati qua e là, trafitti da alcune lance o lacerati da alcune orride ferite che certamente li avevano condannati a morte per dissanguamento. Uno di questi cadaveri, decapitato e privato del braccio destro, era accasciato contro una delle colonne che sorreggevano l'arcata d'ingresso, e Draig corrugò la fronte mentre si avvicinava guardingo, la lancia ben stretta tra le mani.

"Vedo... che non siamo esattamente gli unici ad aver scoperto questo posto..." affermò Damiàn. Si mise una mano davanti alla bocca quando passò accanto al corpo senza vita di un achaan che era stato evidentemente ucciso da una pesante arma contundente, il torace e il collo deformati da un colpo secco e vibrato con ferocia.

"Ancora quegli uomini-coniglio." disse Serena, apparentemente indifferente al massacro che si era compiuto da quelle parti. La warlock si avvicinò al corpo di uno di essi e lo osservò attentamente, fissandosi nella mente i lineamenti sorprendentemente brutali e il sudicio mantello grigiastro della creatura. Sembrava che Serena avrebbe fatto qualche altro commento stravagante... invece, volse quasi subito la sua attenzione al tempio e corrugò la fronte quando cominciò a sentire degli strani suoni.

Sulle prime, Serena ebbe l'impressione che si trattasse del vento. Poi, concentrandosi, ebbe l'impressione che quel mormorio stesse formando delle parole... ma non riuscì a distinguerle, e alle sue orecchie non arrivò altro che un vociare indistinto.

"Lady Serena...?" chiese Albion. "Lady Serena, non si distragga. Qualunque cosa abbia ucciso questi... achaan... potrebbe ancora essere da queste parti, e non ho idea se sia ostile o meno."

La giovane nobildonna non volse nemmeno lo sguardo ad Albion, e restò a guardare come incantata l'ingresso del tempio. Ora che era più vicina, la ragazzina riuscì a distinguere alcuni elementi un po' particolari - per l'esattezza, appena sopra l'arcata d'ingresso, Serena aeva visto la raffigurazione di una donna vestita di un abito lungo e con due paia di delicate ali da insetto che le spuntavano dalla schiena. Non era abbastanza vicina da poter distinguere altri  particolari, ma già questo le era sembrato strano ed interessante.

"Sta chiamando..." mormorò Serena.

Draig sbattè gli occhi, colto di sorpresa dalla dichiarazione della giovane warlock. "Hm? Come dice, scusi?" chiese. "Chi è che sta chiamando?"

Hipolito chiuse gli occhi e si concentrò sul vento che soffiava, cercando di ignorare l'odore dei corpi senza vita sparsi per il cortile. Anche lui all'inizio ebbe l'impressione che non si trattasse d'altro che dell'ululato del vento... ma ora che lo ascoltava meglio, l'halfling druido si accorse che stava effettivamente sentendo delle parole. Erano confuse, appena percettibili... ma erano delle parole, su questo non c'erano dubbi.

Poi, con sua grande sorpresa, Hipolito cominciò a distinguere qualcosa nel confuso mormorio.

"Ma... cosa succede?" si chiese il piccolo halfling, che sembrava quasi non accorgersi più dei suoi compagni che gli si erano radunati attorno. "Sento... sento delle parole...sono un po' confuse, ma le sento... Diplomazia... Amicizia... Pace..."

"Riuscite a distinguere le parole, messer Hipolito?" chiese Albion sgranando gli occhi.

In un raro momento di sorpresa ed incredulità, Serena si voltò verso il druido halfling e gli rese la spalla, scuotendolo per mezzo secondo. "Riesci... ehm... riuscite a sentire quello che dicono, messer Hipolito?" chiese la ragazzina. "Come... come avete fatto? Avete lanciato qualche incantesimo?"

Hipolito aprì gli occhi di scatto e si riscosse dalla sua trance. Non appena riuscì a concentrarsi su quello che gli stava attorno, il druido si schiarì la voce e cercò di rispondere come meglio poteva senza confondere le idee ai suoi compagni. "Non... non sono proprio sicuro di come ho fatto, in realtà..." affermò. "Spero... spero che quello che vi sto dicendo non vi suoni assurdo, ma... ho semplicemente teso le orecchie e ascoltato il vento, e in qualche modo... sono riuscito a distinguere le parole."

"Dite davvero?" chiese Albion, per poi gettare un'occhiata all'ingresso del santuario. "E' strano... come mai nessuno di noi è riuscito a sentire nulla, tranne voi due? Voglio dire, Lady Serena e messer Hipolito?"

"Sei sicuro che non si tratti di un'impressione, Hipolito?" chiese Draig, piuttosto scettico riguardo simili questioni soprannaturali. "Voglio dire, se si ha un po' di fantasia, si può sentire qualsiasi cosa nel vento..."                

"Draig, non essere insolente..." replicò Albion. "Messer Hipolito sta cercando di rendersi utile, come tutti noi!"

Draig alzò le spalle e mostrò i palmi delle mani. "Chiedo scusa, ma sapete come sono fatto io... non sono uno che si accontenta di voci ed impressioni."

Pepa non riuscì più a trattenere la lingua e sbottò. "Io ho l'impressione che voi due stiate diventando matti. Dico sul serio. Secondo me, tutto quello che abbiamo passato, da quando siamo entrati in quel maledetto tempio di Deskari, vi ha fatto perdere la testa!" esclamò.

"Signorina Pepa, non mi sembra il caso di mancare di rispetto ai nostri compagni mettendo in discussione la loro salute mentale." affermò Damiàn, anche se privatamente doveva ammettere che Serena non dava l'impressione di una persona troppo ancorata alla realtà. Che fosse un problema dei warlock, con tutti i contatti con entità extraplanari che avevano?

"Io sto solo dicendo quello che mi sembra. E no mi sembra proprio che stiate smarrendo il lume della ragione!" replicò Pepa con un gesto di stizza. "State dando troppo ascolto a quella ragazzina mezza matta e a quel ridicolo halfling! E non andremo da nessuna parte se continuiamo così!"

"Hey! Un momento, signorina Pepa!" esclamò improvvisamente Hipolito, con un tono minaccioso che sembrava incredibilmente fuori luogo in un piccolo halfling. "Perchè all'improvviso tutta questa ostilità nei nostri confronti? Non credo che nè io nè Lady Serena abbiamo fatto mai nulla per offenderla o per ostacolare i nostri compagni!"

"State parlando davvero... di ascoltare il vento? Di... sentire parole nel suo soffio? Non diciamo assurdità! Seguendo queste ridicole superstizioni, finiremo per farci annientare da quei dannati inetti giganti... o da questi conigli troppo cresciuti! Abbiamo fin troppi problemi, e non possiamo affidarci a queste... farneticazioni!"

"Cosa? Farneticazioni? Ma come vi permettete?" esclamò il druido, punto sul vivo. "Posso capire che non sia facile da comprendere per i non iniziati, ma quelle che voi definite farneticazioni... sono delle filosofie molto importanti per l'ordine dei druidi di Estania!"

"Beh, chiamateli pure come volete, per me sono soltanto parole a vanvera!" fu la risposta di Pepa. La ranger si voltò di scatto e guardò in direzione del tempio. E ora, basta perdere tempo! Se dobbiamo dare un'occhiata a questo tempio e verificare se ci sono possibili minacce o cose utili, andiamo! Altrimenti, tanto valeva restare con la carovana! Senza di noi, sono a rischio in ogni momento!"

"No, un momento, signorina Pepa!" esclamò Albion, calmo ma deciso. "Non mi sembra davvero il caso di rivolgersi così a dei nostri compagni. Anche loro stanno cercando di dare una mano, nella situazione difficile in cui ci troviamo. E non credo che questo vostro modo di fare sia costruttivo!"

Malgrado le sue riserve riguardanti Serena e le sue stranezze, Draig si pronunciò a favore suo e di Hipolito. "Mi dispiace, signorina Pepa, ma sono d'accordo con Albion su questo punto." affermò il dragonide barbaro. "Finora si sono sempre rivelati dei compagni affidabili, e non vedo perchè dovremmo cominciar ora a dubitare di loro."

"Dite pure quello che volete, ma io non mi posso fidare di loro!" ribattè Pepa, spinta alla rabbia di constatare che gli altri membri del suo gruppo sembravano essere tutti contro di lei. "E anch'io sono preoccupata per i nostri compatrioti! Non possiamo affidarci a qualcosa di vago, ma alla pura e semplice realtà dei fatti!"

"Ehm... mi dispiace interrompere questo... vivace scambio di idee, ma... temo che non possiamo restare qui a lungo!" esclamò improvvisamente Damiàn, mentre con un braccio indicava il cielo. Un'ombra minacciosa sfrecciò rapidamente sopra il cortile del tempio, accompagnata da un ronzio inquietante... e quando Albion alzò appena lo sguardo, vide che l'ombra apparteneva ad un altro di quei mostruosi insetti, che in qualche modo era persino più terrificante degli altri!

Una libellula gigantesca, lunga non meno di sei metri dalla testa alla punta dell'addome, e con un'apertura alare proporzionata, stava volteggiando in cerchio sopra di loro, avvicinandosi come un avvoltoio che si prepara a scendere su una carogna. Nonostante la corporatura relativamente esile, aveva una testa voluminosa, apparentemente priva di antenne, sulla quale svettavano i suoi occhi compositi dagli innumerevoli colori, mentre il suo corpo, sul quale predominavano dei vivaci colori rossi e gialli, era molto allungato e si teneva in aria grazie a due paia di ali.

"Ah! Da dove salta fuori quella mostruosità?" esclamò Draig.

"E' una libellula gigantesca!" rispose Hipolito. "Trovate un riparo, presto! Le libellule sono predatori micidiali!"

Draig non si lasciò convincere. "Al riparo? Non ce ne sarà bisogno, gente! Adesso la arrostisco io!" ringhiò. Alzò la testa e scagliò una fiammata contro l'enorme libellula... ma quest'ultima, dimostrando una velocità incredibile per una creatura della sua stazza, si scansò con prontezza e mandò a vuoto l'attacco. "Cosa? Dannazione, ma come fa ad essere così veloce?"

"Quando Hipolito dice che è meglio ripararsi... lo dice perchè lo sa!" esclamò Albion. Afferrò per una spalla il suo più testardo amico e lo trascinò con sè, mentre l'enorme libellula si gettava in picchiata e cercava di agguantare una vittima con le sue zampe segmentate. Pepa non ebbe nemmeno il tempo di incoccare una freccia - la libellula gigante le era già addosso.

Un paio di mascelle frastagliate colpirono la giovane donna al braccio destro come un paio di tenaglie di ferro, aprendo una larga ferita sanguinante. Pepa urlò per il dolore e fece cadere l'arco e la freccia, poi si abbattè al suolo e cercò di strisciare via per sfuggire al mortale predatore. Ma la libellula gigante si spostò rapidamente, con una tale sicurezza e precisione che Albion avrebbe giurato che aveva calcolato alla perfezione la reazione della sua preda.

Serena intervenne a sua volta, pronunciando un breve incantesimo e poi scagliando un altro raggio di energia negativa dal palmo della sua mano. Questa volta, il colpo riuscì a raggiungere la libellula gigante e la costrinse a salire di nuovo, ma l'insetto predatore riprese a volare in circolo sopra il cortile, squadrando il gruppo con i suoi occhi compositi. Approfittando del momento, Serena si avvicinò a Pepa per lanciarle un incantesimo curativo...

Ma la libellula gigante reagì con una rapidità quasi innaturale. Non appena vide che Serena si stava avvicinando alla compagna di squadra, l'insetto scese di nuovo in picchiata, con una tale velocità che Serena e Pepa vennero improvvisamente percosse dalla folata di vento che aveva scatenato. Prima che Serena potesse reagire, la libellula gigante l'aveva già morsa alla gamba sinistra e stava cercando di trascinarla a terra.

Serena strinse i denti e si lasciò cadere a terra, non volendo rischiare che l'insetto gigante le staccasse la gamba con le sue mandibole. Un istante dopo, Damiàn scagliò una raffica di Dardi Incantati, tre proiettili di energia argentati che sfrecciarono verso la libellula gigante e la colpirono in pieno, costringendola a mollare la presa su Serena. La warlock, cercando di ignorare il dolore della gamba ferita, rotolò su un fianco in modo da guardare verso il cielo e scagliò un altro lampo magico contro la libellula.

Ma ancora una volta, il gigantesco insetto si dimostrò un avversario scaltro. Evitò senza eccessivi sforzi l'attacco di Serena e si lanciò di nuovo in picchiata... ma questa volta, Draig si lanciò al contrattacco, ringhiando come un animale inferocito e scagliandosi con tutto il suo peso contro la libellula gigante. I due contendenti finirono a terra in un groviglio di arti squamosi e chitina, ma la libellula gigante si rialzò per prima e cercò di tenere il dragonide barbaro bloccato a terra ed azzannarlo alla gola.

Finalmente, pepa riuscì ad afferrare il suo arco, incoccare la freccia e tirare. Il colpo raggiunse la libellula gigante al torace e la fece barcollare, ma l'esoscheletro chitinoso della libellula riuscì ad assorbire parte dell'impatto, e la punta non riuscì a ferire mortalmente la bestia, che riprese il volo e schivò abilmente un'altra freccia di Pepa. Albion si era piazzato accanto a Pepa e Serena, tenendo pronta la sua alabarda per il successivo attacco, ma a giudicare dalla velocità di quell'insetto, dubitava che sarebbe davvero riuscito a colpirla.

"Draig, signorina Pepa, con me!" esclamò Albion. "Lady Serena, cercate di riguadagnare il vostro riparo! Lei e messer Damiàn, tenete pronto un altro incantesimo!"

"D'accordo!" esclamò il mago mezzelfo, passando in rassegna tutti gli incantesimi che aveva memorizzato per la giornata. Sapeva di poter lanciare Dardo Incantato ancora una volta, e si impose di scegliere bene il momento, in modo da assicurarsi di abbattere la mostruosa libellula una volta per tutte...

"Okay, vedo che attaccarla a distanza non serve a molto... Quella bestiaccia è così veloce che sarebbe tutta una perdita di tempo." commentò Draig, mentre continuava a tenere d'occhio la libellula che continuava a girare attorno a loro, sempre più vicina...

 

oooooooooo   

 

CONTINUA...     

                  

 

 

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