Inversione

di Missmilkie
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Vuoi una mano ad apparecchiare? ***
Capitolo 2: *** Ti piacerebbe ***
Capitolo 3: *** Chiamami tesoro ***
Capitolo 4: *** Ce la puoi fare ***
Capitolo 5: *** Preferisco i cani ai gatti ***
Capitolo 6: *** Quanto mi conosci? ***
Capitolo 7: *** Il nostro posto ***



Capitolo 1
*** Vuoi una mano ad apparecchiare? ***


CAPITOLO 1 – Vuoi una mano ad apparecchiare?

 
Casa Tendo, sabato mattina.

La camera del vecchio Happosai era ancora avvolta dall’oscurità. Aveva trascorso la nottata ad armeggiare intento a preparare il leggendario infuso dell’inversione, l’ennesimo intruglio descritto da una antichissima pergamena cinese di cui in qualche modo, sicuramente poco lecito, si era impossessato anni addietro.

Si narra che la suddetta sostanza, se bevuta contemporaneamente da due persone situate nel raggio di un metro l’una dall’altra, abbia il potere di trasferire la mente nel corpo dell’altra e viceversa.
Il piano era semplicissimo: sarebbe bastato scambiare la tazza di thè, precedentemente corretto con l’infuso, con quella di Ranma perché lui Happosai, il più grande maestro di arti marziali al mondo, recuperasse la giovinezza e la tanto decantata bellezza ormai sfiorita di cui, è bene precisare, non esisteva alcuna prova tangibile.

Il corpo di Ranma aveva innumerevoli vantaggi: dai più nobili quali mettere un fisico prestante ed allenato al servizio di un’esperienza ultracentenaria per creare l’artista marziale perfetto, allo sfruttare quello stesso fisico per far cadere ai suoi piedi tutte le giovani donzelle di Nerima. Per non parlare degli effetti benefici che poteva avere sul corpo, e su quel corpo in particolare, una bella doccia fredda. Il solo pensiero rischiava di distrarlo e mandare tutto a monte. Adesso doveva restare concentrato.

Spense il fornelletto elettrico e travasò il liquido fumante in un flacone con tutta l’attenzione di cui era capace.

“Finalmente è pronto…”
 

La veranda del soggiorno era già stata spalancata da una Kasumi mattiniera intenta a preparare la colazione. Quella del finesettimana era la sua preferita, perché poteva sbizzarrirsi in ricette più elaborate senza la fretta imposta della campanella del liceo Furinkan.

Akane fu la prima a scendere e presentarsi nell’ampia sala da pranzo, avvolta dal suo nuovo vestito bianco. Era una splendida mattina primaverile, di quelle che ti fanno sentire in pace con il mondo e per di più era sabato. Il che significava niente scuola e tempo libero per allenarsi e più tardi uscire con le sue compagne di classe. E poi quella sera ci sarebbe stata l’inaugurazione della fiera di primavera, un'occasione perfetta per indossare il suo adorato kimono.

“Buongiorno Akane, dormito bene?” chiese Kasumi iniziando ad apparecchiare la tavola.

“Benone, aspetta che ti do una mano” rispose un’Akane sorridente.

“Maledetto di un panda non ho chiuso occhio da quanto hai russato, ma perché non posso avere un genitore normale!?” evidentemente anche Ranma si era alzato e si stava stancamente strascicando nella stanza.

“Figlio degenere, è questo il rispetto che porti al padre che ti ha cresciuto e ti ha reso l’uomo che sei oggi?” e Genma lo seguiva borbottando come al solito.

“Intendi forse dire questo uomo?” Nabiki Tendo fece il suo ingresso sfoggiando nelle mani le foto appena sviluppate di una Ranma-chan piuttosto svestita. Proseguì diretta verso l’ingresso inforcando una borsetta a un paio di occhiali da sole all’ultimo grido, probabilmente acquistati con i proventi del suo giro di affari.

“Ah ah ah molto simpatica” fece Ranma di rimando sedendosi vicino ad Akane.

“Nabiki suvvia smettila non sta bene, ma piuttosto non fai colazione con noi?” esclamò Kasumi sorpresa dal fatto che qualcuno potesse uscire di casa saltando il pasto più importante.

“Non posso sorellina, prendo un caffè con un potenziale nuovo cliente. Buona giornata gente!” urlò la mezzana ormai sulla porta di casa.

Nel frattempo anche Soun aveva preso il suo solito posto a tavola ed iniziato a mangiare. Happosai sedeva praticamente ad un millimetro da Ranma, sorseggiando il thè che si era gentilmente offerto di versare lui per tutti i commensali. Adesso si trattava solo di aspettare pazientemente i minuti necessari a scatenare la magia.

La colazione a casa Tendo, come del resto tutti gli altri pasti, veniva consumata velocemente e, in men che non si dica, la sala da pranzo iniziò a svuotarsi. Kasumi tornò in cucina a rassettare, mentre Soun e Genma si avviarono verso la palestra per discutere delle tecniche che avrebbero insegnato agli allevi la prossima settimana.

Akane fece per salire le scale, diretta verso la sua camera, quando un lamento la fece rabbrividire e bloccare alla base della scalinata.

“No, no, no…” sentì arrivare dalla porta tra il soggiorno e le scale dove aveva appena lasciato Ranma.

Il suo cuore perse un battito. C’era qualcosa di sbagliato in quella voce, di profondamente sbagliato.
 
Happosai, rimasto in soggiorno a guardare distrattamente la televisione, lanciava continue occhiate all’orologio. A quanto pareva il suo infuso se la prendeva con calma.
 
“Hey Ranma va tutto bene? Cosa succ…” Akane non riuscì a proseguire oltre poiché le parole le morirono in gola, mentre a rallentatore si voltava in direzione del fidanzato.

“No, no, no, non è possibile, non a me, non di nuovo…” Ranma fissava con occhi sgranati le proprie mani improvvisamente così piccole e candide con le dita sottili che terminavano in uno smalto rosa chiaro un po’ sbeccato. E quella voce, che diavolo era quella voce? O forse sarebbe stato meglio dire di chi diavolo era quella voce, sicuramente non la sua.

Lentamente girò la testa in direzione di Akane. Ma la sua mente fu più veloce e, così come aveva subito ricondotto la propria voce a quella inconfondibile della fidanzata, allo stesso modo aveva immaginato quello che avrebbe visto di lì a poco.

Ed infatti, a qualche metro di distanza, con un piede già sul primo scalino ed una mano appoggiata al corrimano, c’era un bel ragazzo alto con i capelli corvini raccolti in un codino e due occhi blu che lo guardavano terrorizzati.

“AAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAHHHHHHHHHHH!” il ragazzo urlò con tutto il fiato che aveva in corpo guardando verso la morettina con i capelli corti altrettanto scioccata.

Akane stava gridando a se stessa.

“AAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAHHHHHHHHHHH!” Ranma gridò a sua volta con una voce che decisamente non gli apparteneva.

Ma l’urlo più lancinante e disperato fu quello di un povero vecchietto che aveva appena realizzato che quella mattina di primavera aveva commesso un errore madornale nella distribuzione del thè.
 
 

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Capitolo 2
*** Ti piacerebbe ***


CAPITOLO 2 – Ti piacerebbe


Casa Tendo.

A quelle grida strazianti tutta la famiglia si precipitò nella stanza per capire che cosa fosse successo.

Eppure a colazione era filato tutto liscio: nessuna frecciatina da parte di Ranma sul sex appeal della fidanzata, nessuna improvvisa incursione in casa delle ALTRE fidanzate, nessuna scenata da parte di Akane.

“Ragazzi va tutto bene? Mi avete spaventata!” Kasumi fu la prima ad affacciarsi scostando la tendina della cucina.

Ranma girò lo sguardo in direzione della maggiore delle sorelle. No, non andava affatto tutto bene. La sua mente venne violentemente catapultata a quel giorno maledetto quando, uscito dall’acqua della Nannichuan, aveva visto il suo corpo cambiare sembianze per la prima volta.

“Bambina mia ti prego parlami!” piagnucolò Soun afferrando in modo apprensivo quelle che erano le mani di Ranma.

Akane osservava la scena dall’esterno. Che cosa avrebbe dovuto rispondere a suo padre? Di quanto fosse strano vedere il mondo dalla sua nuova altezza? Oppure del bicipite muscoloso che si ritrovava attaccato al corpo e che non poteva fare a meno di ammirare?

“Ranma che cosa le hai fatto stavolta?” fece eco Genma puntando subito il dito contro il figlio. Evidentemente dava per scontato che la colpa fosse in qualche modo sua.

Akane e Ranma continuavano a fissarsi impalati trattenendo il respiro.

Era una situazione davvero assurda e dire che per loro le situazioni assurde erano all’ordine del giorno. Ma quella specie di inversione mente-corpo era stata talmente improvvisa che nessuno dei due riusciva a capacitarsi di come fosse potuto accadere.

Il loro silenzio non faceva che accrescere il pathos della situazione e, con questo, la preoccupazione dei membri della famiglia intorno a loro. Ma i loro sguardi in realtà si stavano parlando, mandandosi mute richieste di aiuto e tentativi di pianificare il da farsi.

(Non sono sicuro che sia una buona idea raccontargli quello che è successo)

(No infatti si creerebbe solo ulteriore entropia)

(Entro-che?)

(Significa confusione idiota)

(Sempre carina tu eh)

(Prima cerchiamo di capirci qualcosa noi)

Ranma fece un cenno di assenso in direzione di Akane, prima di sorpassarla con uno scatto e salire velocemente le scale.

“Sai quanto me ne frega se hai un appuntamento con Shampoo! Anzi sai che ti dico? Divertitevi!” le urlò dal piano superiore.

Ranma concluse la sua performance chiudendosi nella camera della fidanzata e sbattendo la porta.

 
Akane rimase un attimo interdetta a riflettere su quelle parole.

Com’è che la prima cosa che era passata per la mente di Ranma era stata quella gattaccia? Ma ci avrebbe pensato più tardi, perché adesso tre paia di occhi tra l’interrogativo e il deluso la stavano fissando. Doveva stare al gioco.

“E tu smettila con queste scenate di gelosia, sempre a fraintendere!” gridò a sua volta per poi dirigersi a grandi falcate verso il giardino.

“Amico com’è che si dice? Ah sì, l’amore non è bello se non è litigarello ahahah” scherzò Soun con Genma, sollevato dal fatto che si trattasse solo di ordinaria amministrazione. Era più che sicuro che i due avrebbero presto fatto pace, come accadeva sempre dopo i loro litigi. Il futuro della palestra non era in pericolo e non c’era motivo di preoccuparsi oltre.
 

Giardino di casa Tendo.

“Ma bene bene, e così l’infuso è finito nella tua tazza di thè, eh?” Happosai arrivò con facilità alle spalle di Akane. Non era del tutto sicuro che il suo infuso avesse davvero fatto effetto, ma quella poteva essere la spiegazione dietro al siparietto appena conclusosi tra i fidanzatini.

“Maestro ma di cosa sta parlando, cioè volevo dire, che diavolo vuoi vecchio?” si rigirò Akane sforzandosi di atteggiarsi come Ranma.

Non era per niente a proprio agio nel rivolgersi alla gente in modo così sgarbato. È vero che si trattava di un vecchio maniaco, ma le avevano da sempre insegnato a portare rispetto agli anziani, a maggior ragione se si trattava di un maestro di arti marziali.

“Akanuccia mia non fare la finta tonta, so benissimo cos’è appena successo anche perché sono stato io ad architettarlo… solo che non doveva andare a finire così maledizioneee!” si lamentò Happosai prima di scoppiare a piangere come un bambino.

Proprio come quando veniva scoperto con le mani nella marmellata, dove la marmellata era un sacco pieno di biancheria intima femminile.

A quell’uscita Akane drizzò le antenne. Forse c’era una spiegazione all’inspiegabile.

“Tu cosa? In che senso saresti stato tu ad architettarlo? E che cosa c’entra adesso il thè?” chiese smarrita mentre cercava di afferrarlo.

Ma il vecchio fu più veloce. Con una delle sue mosse riuscì a scapparle via dalle mani e, saltando di tetto in tetto, scomparve dalla visuale.

Akane maledisse le abilità del maestro. Nemmeno il corpo di Ranma poteva niente contro di lui.

Le era sfuggito, è vero, ma almeno aveva carpito un’informazione utile: quel disastro non era successo per caso ma era opera di Happosai. Questo significava che poteva esserci un modo per far sì che le cose tornassero a posto. Esisteva sempre un antidoto, no?

 
“Questi fianchi sono ancora più larghi di quanto non sembrassero” appurò Ranma facendo capolino dalla veranda.

“Ranma, ma insomma!” Akane si voltò verso di lui con sguardo accusatorio.

“Ci troviamo in una situazione letteralmente tragica! Cerchiamo di fare commenti costruttivi e…oh adoro il modo in cui mi cade questo vestito. Ho fatto proprio bene a fidarmi di Yuka, tu pensa che stavo per lasciarlo in negozio” constatò subito dopo guardando il suo corpo con occhio critico.

“Commenti costruttivi dicevi, eh?” chiese Ranma sollevando un sopracciglio mentre incrociava le braccia sotto il seno.

A quella mossa Akane si precipitò verso il fidanzato.

“Hey tu, vedi di non toccarmi le tette!” lo accusò Akane. E con uno schiaffetto ben assestato sulle mani, costrinse Ranma a sciogliere la posizione.

“Stai scherzando spero!” domandò Ranma scioccato.

“Beh c’eri andato molto vicino maniaco!” urlò Akane di rimando mettendo il broncio.

“Se, ti piacerebbe” le rispose sfidandola.

“Scusami!?” Akane serrò i pugni offesa.

“Ti ricordo che convivo da anni con un corpo femminile. Mi sono visto e toccato un sacco di volte e ti assicuro che un paio di tette non mi fa nessun effetto. E poi, detto tra noi, il tuo fisico non lega neanche le scarpe al mio in versione femm…”

Ranma non fece in tempo a vedere il suo braccio contrarsi, né a vedere Akane caricare il pugno, né infine a schivare quel colpo perfettamente piazzato nello stomaco con una precisione chirurgica.

Come in un incontro di pugilato trasmesso a rallentatore, una bella ragazza con il caschetto strabuzzò gli occhi piegandosi in avanti per poi finire a pancia in su sul prato curato.

Ranma giaceva dolorante ad almeno cinque metri di distanza dalla casa.

“Ommioddio scusami non volevo!” Akane riaprì gli occhi portandosi le mani sulla bocca preoccupata.

“Ma sei sce…” Ranma fece per tossire, cercando di ricordare come si respirasse.

Akane lo raggiunse con un salto chinandosi su di lui.

“Come minimo mi verrà un livido adesso, forza fammi vedere” disse Akane iniziando a sbottonare il bel vestito che nel frattempo si era sgualcito.

“Ferma stupida!” Ranma ansimò interrompendo quel contatto.

“Hai idea di cosa sembri tutto questo visto da fuori? Vuoi farmi passare per un mostro!?” continuò mentre, con non poca fatica, cercava di mettersi seduto sull’erba e ricomporsi come meglio poteva.

“Io… mi dispiace davvero è che lì per lì non ci ho visto più e non ho pensato che adesso… beh mi dispiace” Akane appariva realmente mortificata.

“E così è questo che si prova a stare dall’altra parte di un incontro contro il sottoscritto, eh? Cavoli, giuro che non l’ho visto nemmeno arrivare il tuo pugno, o meglio dovrei dire il mio pugno!” esclamò Ranma compiacendosi della propria forza fisica. Se non altro quel povero corpicino si stava riprendendo dal piccolo indicente.

“Ranma non è il momento di auto-elogiarsi adesso, dobbiamo trovare Happosai. Subito!” disse Akane concentrata.

“Che c’entra il vecchio adesso?” domandò Ranma confuso.

“Tutto questo casino è opera sua. Me lo ha confessato prima che tu scendessi, deve averci fatto bere uno dei suoi intrugli” le spiegò lei.

Ranma rifletté su quella spiegazione, ma restava comunque una domanda.

“Ma scusa, a che scopo invertire i nostri corpi?” chiese.

“Non lo so e non mi interessa più di tanto in questo momento. La cosa importante è trovarlo e con lui trovare il modo di tornare normali. Su avanti, è scappato da quella parte!” concluse Akane.

Fece quindi per spiccare un salto sulle mura del giardino, ma si fermò un attimo prima di sollevarsi da terra.

Ranma era già in vetta alle mura, anche se non era riuscito a salirci con un unico salto come al suo solito. C’era arrivato vicino, ma aveva dovuto riprendersi aiutandosi a salire con le braccia.

“Certo che hai l’agilità di un comodino… ma che ci fai ancora lì?” le domandò squadrandosi dall’alto verso il basso.

“Ecco io…” tentò Akane. Era visibilmente in difficoltà.

“Avanti, col mio corpo sarà un gioco da ragazzi saltare. Ci riusciresti anche ad occhi chiusi. Anzi no evita, la tua innata goffaggine potrebbe mettere in difficoltà persino il mio fisico” la stuzzicò Ranma.

“Ranma, esattamente quante tazze di thè hai bevuto a colazione?” chiese Akane senza osare guardarlo negli occhi.

“Eh?”

“Uff non penso di resistere…” si lamentò Akane.

“Ma si può sapere che ti prende adesso?” domandò Ranma corrugando la fronte.

“Ecco io… oh maledizione… non so come dirlo… io insomma… devo fare pipì!” confessò lei stringendo le gambe l’una contro l’altra e nascondendo la faccia tra le mani.

Akane era il ritratto della sofferenza.

“Ok vai in bagno, io ti aspetto qui” commentò Ranma non capendo il motivo di tutte quelle moine.

“Ma dico sei scemo? Secondo te come dovrei fare a… sì insomma hai capito, non farmelo dire ti prego!” proseguì Akane.

Per lei era così evidente il motivo del proprio imbarazzo, possibile che Ranma fosse così tonto?

Con un balzo Ranma scese accanto a lei continuando a fissarla.

“Ho intenzione di toccare questo corpo il meno possibile e, di certo, non dalla cintura in giù!” mormorò Akane gesticolando con le mani in modo eloquente tra lo schifata e l’imbarazzata.

Più esplicita di così.

“Hai capito quello che ho detto?” chiese dubbiosa.

“BUAHAHAHAHAHAHA!” Ranma scoppiò in una fragorosa risata rotolando sull’erba del prato. Finalmente aveva compreso.

Quella situazione era davvero spassosa, non aveva mai visto Akane tanto in difficoltà. Per una cosa così sciocca poi.

“Smettila! Guarda che io sono seria uff!” lo riprese Akane mentre si mangiucchiava un’unghia vergognosa.

“Ok ok scusami, è solo che è troppo divertente… e togli subito quella mano dalla bocca! Non farmi fare versi da femminuccia!” la rimproverò stavolta lui.

“Sì ma io sto scoppiando…” continuò a lagnarsi Akane.

“Lo capisco, però dovresti proprio andare in bagno. Voglio dire… è imbarazzante anche per me, ma non vedo davvero altre soluzioni” rispose Ranma grattandosi la nuca.

Che strano sentire finire i capelli all’altezza del collo. Forse doveva prendere in considerazione l’idea di tagliarli. In fondo il baffo di drago non costituiva più un problema da tempo, però il codino era pur sempre un suo tratto distintivo…

“Ranma, torna sulla terra e ti prego fa qualcosa!” lo chiamò Akane che ormai stava praticamente piangendo.

“Cosa? Ah sì, fammi pensare…” Ranma si guardò intorno alla ricerca di un’idea qualsiasi.

“Non ho tutto questo tempo…” adesso Akane aveva preso a saltellare.

SPLASH!

Una secchiata di acqua fredda investì Akane in pieno.

“È freddaaa!” gridò lei colta di sorpresa.

“Però, fa un certo effetto vederlo da spettatore” constatò Ranma mentre teneva in mano un secchio vuoto.

Non era male assistere alla sua trasformazione senza doverla subire.

“Oddio grazie!” gridò Akane volando in casa in direzione del bagno.

Ranma osservò la fidanzata correre via mentre rifletteva sul fatto che il primo problema era stato risolto.

Quanti altri ne avrebbe portati la loro inversione?

 

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Capitolo 3
*** Chiamami tesoro ***


CAPITOLO 3 – Chiamami tesoro

 
Giardino di casa Tendo.

Ranma se ne stava appollaiato su una delle rocce intorno al laghetto, osservando la carpa koi nuotare, attento a non bagnare la gonna del vestito. E poi non si dica che non sapesse essere premuroso. Quando voleva.

“Ma quanto ci mette?” si chiese ad alta voce.

Era trascorso un quarto d’ora abbondante da quando Akane si era chiusa in bagno.

Ranma si alzò per incamminarsi dentro casa alla ricerca della fidanzata. A mano a mano che si avvicinava, riusciva sentire un ronzio ovattato aumentare di volume.

TOC TOC

“Hey va tutto bene? Sei caduta nel bagno?” le chiese da dietro la porta.

Nessuna risposta.

“Sto entrando!” disse infine Ranma, con una mano già sulla maniglia.

Aperta finalmente la porta, gli occorse qualche secondo per mettere a fuoco la scena che si ritrovò davanti.

Akane se ne stava in piedi, piegata in avanti a testa in giù, cercando di domare una cascata di capelli rossi con una spazzola tonda in una mano e un phon nell’altra.

Sentendo aprire la porta lei si era scostata una ciocca fluente, scoprendo un bell’occhio blu.

“Ah eccoti, dammi ancora un minuto e ci sono” rispose Akane con tutta la tranquillità di questo mondo.

“Ma si può sapere cosa stai facendo?” chiese Ranma allibito mentre si avvicinava.

Con il rumore di quell’aggeggio non era riuscito a cogliere quello che aveva detto Akane.

“Mi sto asciugando i capelli naturalmente, non potevo mica lasciarli bagnati. Non vorrei mai farti prendere un raffreddore” cinguettò la bella ragazza.

“E mi spieghi esattamente quante volte mi hai visto usare un phon?” domandò lui grattandosi una tempia stranito.

Akane lo ignorò del tutto, spense l’apparecchio e rovesciò la testa all’indietro. I capelli voluminosi le ricaddero sulle spalle ai lati del viso.

“Hai le punte piuttosto sfibrate, sai? Dovresti proprio usare un balsamo” disse seria mentre controllava il risultato allo specchio scrutandosi con attenzione.

“Certo, come no. Sarebbe la volta buona che mia madre mi costringe a fare seppuku. Del resto come darle torto, se mi mettessi ad impiastricciarmi i capelli con quella roba. Dai muoviti, andiamo” scuotendo la testa Ranma fece per guadagnare l’uscita.

“Guarda che il balsamo si usa in base al tipo di capelli e non certo al genere, quanto sarai scemo…” commentò lei, benché certa che Ranma non la stesse più ascoltando.

Akane finì di intrecciare le ciocche nel solito codino che portava il fidanzato. Quando arrivò a chiuderlo, si fermò un attimo guardando in direzione di Ranma con sguardo di sfida.

Lui socchiuse gli occhi studiandola con fare interrogativo.

Akane tolse quindi le mani, rivelando un adorabile fiocchetto in fondo alla treccia.

“Sciogli subito quell’obbrobrio! Io non vado in giro in queste condizioni!” la riprese Ranma offeso nella sua virilità.

La risata cristallina di Akane arrivò a sciogliere la tensione.

“E dai, non sai proprio stare allo scherzo tu” commentò ancora sorridente.

Akane tornò seria di colpo aguzzando i suoi nuovi sensi. Percepiva una presenza avvicinarsi.

“Sciagurato di un figlio, riappropriati delle tue sembianze e vieni in palestra. Cos’è si batte la fiacca il finesettimana?” Genma infatti irruppe rumorosamente nel bagno richiamandola all’ordine.

“Ma io veramente…” Akane guardò automaticamente in direzione di Ranma.

Non se la sentiva proprio di affrontare il signor Saotome in un incontro di arti marziali. Sapeva bene quanto poteva essere subdolo nei confronti del figlio e, nonostante lei fosse fisicamente in vantaggio, aveva come la sensazione che lo scontro non sarebbe stato leale.

Ranma decise di intervenire in soccorso della fidanzata.

“Grassone di un panda lasciala in pa...cioè volevo dire che oggi Ranma aveva promesso che si sarebbe allenato con me, non è vero tesoro?” rimontò all’ultimo Ranma.

Non appena pronunciate quelle parole si maledisse da solo. Tesoro? E questa da dove gli era venuta fuori? Nell’impeto di recuperare la gaffe aveva fatto di peggio.

Akane sollevò un sopracciglio come a chiedergli se facesse sul serio. Non sapeva se essere più sorpresa dell’appellativo o del fatto che, per una volta, le avesse chiesto di allenarsi insieme.

“Ma questa mi sembra un’ottima idea! Giusto giusto, spazio ai giovani ahahah!” Genma continuava ad annuire sprizzando gioia da tutti i pori. In realtà non aveva la benché minima voglia di sudare e gli allenamenti con il figlio si facevano ogni giorno più faticosi per lui. E poi era fantastico, per quanto insolito, che i due promessi sposi passassero del tempo insieme a praticare le arti marziali. In fondo un giorno avrebbero dovuto gestire una palestra. Con questi pensieri in testa, se ne andò a dare la bella notizia all’amico Soun.

Akane tornò a fissare Ranma con gli occhi ridotti a una fessura.

“E da quando esattamente io ti chiamerei tesoro!?” gli chiese con aria scettica.

“Beh… potresti sempre iniziare! Chi arriva ultimo esce con Kuno!” le urlò Ranma già sulle scale.

Nel bagno era rimasta solo un’Akane incredula.

 
Palestra Tendo.

Due belle ragazze in divisa da combattimento avevano appena finito i loro esercizi di riscaldamento.

“Ranma non posso allenarmi con un karategi di tre taglie più grandi” si lamentò Akane tirando su per l’ennesima volta l’enorme giacca che, puntualmente, le scivolava sotto la spalla al minimo movimento.

“Senti un po’ già è strano che io mi alleni da ragazza, ci manca solo che mi vesta anche come una di voi” l’ammoni Ranma.

Sull’abbigliamento era stato intransigente.

“E poi, se ti dà tanto fastidio, va’ a farti un bagno caldo” la provocò con un sorrisetto.

“No grazie, preferisco stare così” borbottò Akane. Era troppo a disagio nel corpo maschile di Ranma. Per quanto quel corpo fosse assolutamente splendido, preferiva cento volte ammirarlo dall’esterno.

“Comunque, ora che ci penso, ti sei allenato a lungo nelle tue sembianze femminili quando abbiamo affrontato insieme Natsume e Kurumi…” continuò lei ripensando a quell’episodio.
Avevano davvero rischiato grosso quella volta, però ne erano in qualche modo usciti più uniti.

“Beh, avevo un buon motivo per farlo” rispose la moretta con uno sguardo indecifrabile.

Akane schiuse le labbra sorpresa. Quindi Ranma era intervenuto davvero per lei, nonostante più volte avesse giurato il contrario? Ma questo lo pensò - e sperò – soltanto, senza trovare il coraggio di domandarglielo ad alta voce.

“Ok, sei pronta?” Ranma assunse la posizione di difesa.

“Ma quindi vuoi davvero combattere?” domandò Akane ancora convinta che la scusa di allenarsi insieme fosse - appunto - solo una scusa per liberarla dall’imbarazzo con suo padre. Mai avrebbe pensato che volesse farlo per davvero. Le rare volte in cui lei gli aveva buttato lì l’idea aveva sempre ricevuto come risposta una risata umiliante. Così aveva smesso di chiedere.

“Ma certo! Le arti marziali non sono solo forza fisica o velocità: la mente e la tecnica possono fare la differenza. Avanti, attaccami!” le rispose Ranma con un luccichio eccitato negli occhi.

Akane si morse l’interno della bocca. Adesso le era tutto chiaro: per lui quella era una solo l’ennesima sfida. Voleva sondare se, nonostante lo svantaggio fisico, sarebbe comunque riuscito a vincere come sempre. Era così che lui la vedeva dunque? Uno svantaggio da gestire?

Era delusa, ma per nulla al mondo lo avrebbe lasciato trasparire. L’orgoglio ostinato era un difetto di entrambi del resto. Se Ranma voleva battersi, lei gli avrebbe dato del filo da torcere.

“Prima le signore” ribatté Akane mentre stringeva i pugni assumendo la sua stessa posizione. Anche così, immobile, poteva sentire irradiarsi nel corpo una potenza a lei sconosciuta.

Ranma incassò la provocazione offeso. Quello era un davvero colpo basso. Già la faccia di Ranko era la cosa che più odiasse al mondo, se poi si metteva pure a provocarlo…

Ranma scattò controllando bene l’affondo, in modo da non rischiare di far male alla fidanzata. Oppure doveva dire… all’aria? Sì, perché quello fu tutto ciò che riuscì a colpire.

Con uno sforzo minimo Akane aveva infatti schivato il colpo.

Ranma esaminò la sua fidanzata concentrato. Ok, forse c’era andato eccessivamente piano.

Attaccò di nuovo, questa volta con un calcio, ma anche questo andò miseramente a vuoto. E ancora, ancora e ancora, ma il risultato non cambiava di una virgola. In qualche modo Ranma se lo aspettava dal suo fisico super allenato ma - maledizione - non riusciva neppure a sfiorarla!

Completamente rapita dalle sue nuove abilità in termini di riflessi e velocità, Akane continuava a schivare quei miseri tentativi. Si stava però avvicinando pericolosamente a una delle pareti della palestra. E Ranma non tardò ad accorgersene.

“Mi spiace Akane, ma era già scritto che sarebbe finita così!” urlò lui caricando l’ultimo colpo.

Fu un attimo, un fruscio di vestiti e della bella ragazza col codino non c’era più traccia.

Un secondo dopo Ranma avvertì una leggera pressione alla nuca. E capì. La stessa identica scena, di cui quella palestra era stata testimone anni fa, si era appena ripetuta.

Akane aveva schivato abilmente anche quell’ultimo attacco e, atterrata senza peso alle spalle del fidanzato, gli aveva appoggiato un dito tra i capelli. Esattamente come aveva fatto lui il giorno in cui si erano conosciuti.

Con la mente Ranma tornò a quel momento. I raggi del sole che filtravano nella sala da pranzo, lo sguardo di sufficienza di Nabiki, quello di compassione di Kasumi, il signor Tendo che non riusciva a capacitarsi del fatto di aver promesso in sposa una delle figlie a quella che, evidentemente, non era un uomo.

“Ti va di venire a vedere la palestra?” Akane con un sorriso lo aveva salvato da quella che per lui era stata una situazione mortificante. Ancora non poteva saperlo, ma lei lo avrebbe salvato molte altre volte.

“Ahhh era una vita che sognavo di farlo!!!” esultò Akane ridendo di gusto.

Ranma serrò i pugni offeso tornando con la testa al presente. Maledizione, lui odiava perdere. Più dei gatti, più della sua metà dai capelli rossi, più di suo padre quando gli rubava la cena da piccolo.

Oh no, non si sarebbe arreso così facilmente.

“Non cantare vittoria così presto, noi due non abbiamo ancora finito!” gridò infatti in direzione di Akane.

Conosceva a memoria le potenzialità del suo corpo in versione femminile e stava velocemente scoprendo quelle del corpo di Akane. Forse aveva ancora una possibilità. E l’avrebbe sfruttata.

O forse no.

La fine dei giochi venne presto sancita dalla voce melodiosa di Kasumi che annunciava che, di lì a poco, avrebbe iniziato a cucinare.

“Chiunque avrebbe perso con intrappolato in un fisico del genere!” si lamentò Ranma annaspando reggendosi alle assi della parete.

“Quindi stai ammettendo la sconfitta, tesoro?” gli domandò Akane con un sorriso.

Ranma si voltò per guardarla negli occhi. Maledetta, non si era dimenticata dell’uscita di prima nel bagno. E va bene, si sarebbe vendicato anche lui.

“Come prevedevo… tempi di recupero imbarazzanti” constatò Ranma contando i propri battiti con una mano poggiata sul cuore.

“Ma allora è un vizio!? Mi sembrava di averti già detto di tenere le mani lontano dalle mie tette!” urlò Akane puntando alla mano del fidanzato sul suo petto.

Fece quindi per scagliarglisi addosso per l’ennesima volta in poche ore, quando Ranma le si avvicinò rapido, facendo esattamente quello che lei gli aveva appena intimato di non fare.

Akane si arrestò sentendosi le mani del fidanzato addosso. Lentamente abbassò la sua faccia inorridita sulla zona incriminata.

Ranma teneva una mano poggiata sul cuore di Ranko e due dita alla propria carotide.

“Ovviamente il mio battito è già regolare, ragazzi che fisico!” e prima che Akane sbottasse di nuovo “E questa tecnicamente è la mia tetta quindi non c’è nulla di male giusto?” le chiese marcando l’aggettivo possessivo.

Touché.

“Io… io me ne vado ad aiutare Kasumi” disse contrariata lasciandolo lì da solo.

“Io invece credo che andrò a farmi un bagno. Sono tutto sudato e non vorrei mai farti prendere un raffreddore” le sorrise Ranma cattivo.

“SCUSAMI!?” si girò di scatto un’Akane color bordeaux.

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Capitolo 4
*** Ce la puoi fare ***


CAPITOLO 4 – Ce la puoi fare

 
Casa Tendo.

Akane entrò in cucina, non prima di aver letteralmente volato Ranma nel laghetto del giardino. Dopo tutto lui voleva farsi un bagno, no? E lei lo aveva accontentato. Col cavolo che gli avrebbe permesso di vederla nuda! O almeno non in quel modo, cioè magari ecco sì in altre condizioni… oddio ma che stava pensando? Riuscivano ad imbarazzarla addirittura i suoi stessi pensieri.

Comunque, parlando di cose serie, quella mattina lei aveva sconfitto Ranma Saotome, l’artista marziale imbattuto! La felicità di Akane era quasi tale da farle dimenticare che era già ora di pranzo e non avevano fatto alcun progresso riguardo la loro inversione. E di Happosai non c’era nessuna traccia.

“Ahhh ma è bollente!!!” gridò dolorante.

Era così sovrappensiero che non aveva fatto caso a sua sorella.

“Oh scusami tanto Ranma, in realtà è della stessa temperatura di sempre” si giustificò Kasumi che sperava di aver fatto cosa gradita restituendole le sembianze maschili.

“Va tutto bene, non preoccuparti” si riprese subito Akane. Non voleva mortificare la sorella animata, come sempre, da nobili intenzioni. Ma davvero Ranma era solito usare dell’acqua tanto calda per tornare normale? In effetti si era sempre chiesta se ci fosse una temperatura precisa al di sopra o al di sotto della quale la maledizione degli sciagurati si attivasse. Magari avrebbe fatto delle prove più tardi.

Un braccio intorno alle spalle interruppe i suoi pensieri trascinandola nell’altra stanza. Era suo padre.

“Ranmaaa, un uccellino mi ha detto che hai passato tutta la mattinata chiuso in palestra con la mia bambina, eh?” le domandò con tono inquisitore.

Akane rabbrividì. Oddio e adesso che cosa stava insinuando suo padre? Sentiva già il volto andarle a fuoco.

“Ehm, ma non è successo assolutamente niente n-noi ci stavamo s-solo allenando, lo giuro papà... cioè intendevo dire Soun!” una risposta balbettata in perfetto stile Ranma imbarazzato.

“Ahahah figliolo ma non devi giustificarti con me, in fondo siete fidanzati, no? Per quanto mi riguarda potete fare quello che volete, purché ciò avvenga col consenso della mia piccina naturalmente!” si fece talmente serio nell’ultima parte della frase e che per un attimo Akane temette di ritrovarselo nella sua terribile versione Oni.

“E comunque mi piace questa cosa che adesso mi chiami papà” aggiunse Soun dalla sala da pranzo.

Akane cercò di riprendersi da quello scambio. Non riusciva a credere che suo padre stesse esplicitamente dando a Ranma il permesso di fare certe cose con lei. Ok che aveva precisato la parte del consenso, ma suvvia erano discorsi da farsi al giorno d’oggi!?


Ranma scostò le tende della cucina in cerca di Akane, che di tanto in tanto orbitava intorno ai fornelli.

“Oh eccoti qua finalmente. In realtà non vedendoti arrivare mi sono portata avanti, ma i contorni sono ancora da preparare. Così come il dolce, quello lo lascio interamente a te!” e così dicendo Kasumi porse a Ranma un grembiule da cucina.

“C-che significa?” lui davvero non capiva.

“Ti avevo promesso che oggi avremmo preparato il pranzo assieme, ricordi? Puoi pensare alle verdure?” sorrise lei di rimando disponendo tagliere e coltello sul tavolo.

Ranma fissava con orrore il grembiule che aveva in mano. Aveva delle galline e delle uova ricamate dappertutto. Col cavolo che lo avrebbe indossato!

Notando lo smarrimento sulla faccia della sorella, Kasumi le si avvicinò prendendole entrambe le mani.

“Oh Akane non temere, ci sarò io a guidarti passo passo. So che ce la puoi fare!” la incoraggiò.

L’ottimismo di Kasumi non aveva limiti. Eppure di occasioni Akane ne aveva avute tante in cucina e tutte le volte c’era qualcosa da temere.

Ranma maledisse il tempismo con cui era entrato in cucina. Sarebbe stato meglio farsi quel bagno dopotutto. E ora come faceva a tirarsi indietro? Dov’era il maschiaccio quando c’era bisogno di lei?

 
Poco più tardi la maggiore e la minore di casa fecero il loro ingresso in sala da pranzo con le mani piene di vassoi.

Tutta la famiglia aveva già preso posto, inclusa la mezzana di rientro da una mattinata economicamente proficua, e guardava con un velo di terrore in direzione di quello che in realtà era Ranma. Akane era la più stupita di tutti e, alla vista del fidanzato con quel grembiule puccioso, non riuscì a trattenere le risate.

Un cazzotto in testa da parte del padre di Ranma la interruppe, costringendola a portarsi le mani nel punto in cui era certa sarebbe presto spuntato un bernoccolo.

“Non fare il cafone brutto idiota e prova ad essere riconoscente una volta tanto alla tua fidanzata che ha cucinato per noi!” lo rimproverò Genma.

Akane si voltò stupita verso di lui pensando che allora anche il signor Saotome sapeva essere premuroso alle volte.

Genma si avvicinò quindi al figlio, proseguendo a bassa voce per non farsi sentire dagli altri.

“Devo forse ricordarti che, continuando ad offendere la cucina di Akane, rischi di mandare all’aria il fidanzamento con la conseguenza che noi ci ritroveremmo in mezzo alla strada? È vero che le sue pietanze sono immangiabili ma sii uomo e affronta le sfide che la vita ti mette davanti!” concluse con una sonora pacca sulla schiena di Akane.

Come non detto.

“Akane è stata semplicemente strepitosa oggi!” la celebrò Kasumi davanti a tutti “Non ne ha sbagliata una, su assaggiate le sue verdure!”

A quel commento Akane spostò lo sguardo prima su Ranma e poi sulle pietanze appena servite. Decise quindi di essere la prima ad effettuare il test e - caspita - le verdure erano deliziose. Ranma l’aveva nuovamente umiliata in cucina, proprio come quella volta in cui cucinarono con la zia Nodoka. La rabbia era tale da farle dimenticare la vittoria di prima in palestra.

“Che cosa c’è Ranma, non sei contento dei progressi di Akane?” indagò Nabiki.

Non le sfuggiva proprio niente a quella.

“Quanto a te, sorellina, che cos’è quella faccia? Devo ammettere che sei stata bravissima e sai che non sono il tipo che dispensa complimenti gratuiti” aggiunse ora in direzione di Ranma.

“Non credo che tu abbia mai dispensato niente gratuitamente” constatò Ranma a bassa voce prendendo posto.

La vittoria culinaria che aveva portato a casa lo faceva solo vergognare ancora di più. E la dolce Kasumi rincarò la dose.

“Akane torni come me di là a finire di decorare il dolce? Avreste dovuto vedere come ha montato a neve le uova e tutto a mano!” commentò sorridente la maggiore delle sorelle.

Nel frattempo la vera interpellata spezzò le bacchette di legno con sguardo assassino. Pure il dolce si era messo a fare quello!?

Terminata l’agonia del pranzo, i due fidanzati si alzarono contemporaneamente annunciando che sarebbero usciti per raggiungere degli amici.
 

Per le vie di Nerima.

Un po’ di aria fresca era decisamente quello che ci voleva per raccogliere le idee ed escogitare qualcosa per uscire da quella situazione.

“E così sai montare le uova a neve, eh? C’è forse qualcosa che non sai fare?” domandò acida Akane.

“Oh senti, non infierire. E comunque è tutta colpa tua: sei tu che ti eri accordata con tua sorella per cucinare con lei oggi” rispose Ranma dall’alto della ringhiera a ridosso del torrente dove era solito camminare.

“Ti sarei molto grata se non facessi vedere le mie mutandine a tutta Nerima. Scendi subito di lì!” lui indossava nuovamente il vestito bianco di stamattina.

Il cambio d’abito era stato un affare non da poco fatto di “chiudi gli occhi” e “faccio io”.

“Tranquilla tanto sarei sceso comunque, non mi sento per niente al sicuro con il tuo equilibrio” disse portandosi di fianco ad Akane “dove pensi sia andato il vecchio?”

“Non ne ho la minima idea, ma suggerisco di iniziare la ricerca dai suoi percorsi della “pesca grossa”. Ormai li conosco a memoria, considerate tutte le volte in cui ho riportato la biancheria alle ragazze derubate da quel depravato” rispose lei metodica.

“Akaneee siamo qui!”

I due si bloccarono per voltarsi nella direzione di quel richiamo. Yuka e Sayuri erano ad un centinaio di metri da loro e si stavano sbracciando per salutare Akane.

Akane si picchiettò la testa, ricordando solo in quel momento l’impegno preso con le amiche.

“Non dirmi che dovevi vederti con loro” le chiese Ranma sconsolato.

“Ehm, in effetti sì” ammise la fidanzata “avevo promesso che avrei aiutato Yuka a scegliere l’outfit per il suo appuntamento di stasera. Non posso darle buca” disse girandosi verso di lui con aria supplichevole.

“Akane ti prego non farmi questo, abbiamo altre priorità oggi” tentò Ranma.

Ma sapeva bene quanto valeva la parola di Akane. Lei non avrebbe mai lasciato un’amica in difficoltà, anche se la difficoltà in questione consisteva nello scegliere degli stupidi vestiti.

“Ci vorrà pochissimo vedrai! Non deluderla e non deludermi” lo pregò Akane giungendo le mani.

Ranma la osservò in silenzio. E come poteva dirle di no?

“Uff e va bene. Ci vediamo tra mezz’ora esatta al parco al solito posto” si arrese Ranma andando incontro alle ragazze che nel frattempo lo avevano quasi raggiunto.

Akane lo ricompensò con uno dei suoi migliori sorrisi. Anche se i connotati erano decisamente diversi, lui riusciva comunque ad avvertirne il solito calore.

Mentre il fidanzato si allontanava, Akane fece per dirigersi verso il parco quando un versetto familiare attirò la sua attenzione.

“P-chan!” esclamò con un sorriso.

 
Grandi magazzini di Nerima.

Ranma se ne stava seduto fuori dai camerini insieme a Sayuri aspettando che l’amica uscisse. Che stress, Yuka aveva già provato cinque cambi diversi ma nessuno di quelli - a quanto pareva - la faceva sentire seducente-ma-non-troppo. E poi quelle due non gli erano mai state simpatiche, sempre a dubitare di lui e a giudicarlo anche quando non era colpa sua. Sperava solo non mettessero strane idee in testa ad Akane.

“Siete pronte ragazze?” chiese Yuka da dietro la tenda del camerino “questo l’ho pensato per il dopo-cena non so se mi spiego...” concluse con un risolino.

Ranma incrociò le braccia al petto. No non si era spiegata, ma chi se ne importava. Guardò l’orologio. Altri cinque minuti al massimo e avrebbe levato le tende.

Ma proprio in quel momento la compagna di classe spalancò la porta del camerino con fare scenografico.

A Ranma per poco non venne un colpo quando la vide uscire avvolta solo da una micro sottoveste di pizzo. Non tanto per lei, sebbene Yuka fosse una ragazza discretamente carina, non gli faceva il benché minimo effetto. Ma - chissà perché - non poteva fare a meno di immaginarsi Akane conciata in quel modo. E quell’immagine sì che gli faceva effetto.

“Tesoro sei una bomba! Non sei d’accordo con me Akane?” la incitò l’altra.

“Ehm sì stai bene, adesso però devo proprio andare. In bocca al lupo per il tuo appuntamento” salutò Ranma dandosi alla fuga.

La sua parte l’aveva fatta.

“Akane aspetta un momento, perché prima di andare non provi qualcosa del genere anche tu?”

Ranma si bloccò preso in contropiede.

“C-cosa? Io? Guarda che non devo andare a nessun appuntamento” rispose smarrito guardando le due ragazze.

“Ma certo lo sappiamo che sei fidanzata sciocchina! Intendevo dire, perché non prendi un completino da indossare quando sei con Ranma?” la presero in giro le arpie come se fosse la cosa più ovvia del mondo.

“In c-che senso quando sono con R-Ranma?” se continuava così si sarebbe fatto scoprire. Akane non era il tipo da balbettare in quel modo imbarazzato. Lei se l’era sempre cavata molto meglio di lui in quelle situazioni.

“Akane, per favore, non prenderci per delle ingenue. Vivi da anni col tuo fidanzato, che per inciso è un gran pezzo di figo, e vorresti farci credere che tra voi non è mai successo niente?” insinuarono le amiche con fare eloquente.

In effetti no. O comunque non quello che intendevano loro e che Ranma era riuscito ad afferrare solo in quel momento. Ad ogni modo, sbagliava o gli avevano appena dato del gran pezzo di figo? Forse quelle due non erano poi così antipatiche.

“Ehm noi veramente… io preferirei non parlarne” farfugliò lui imbarazzato.

Genio, era riuscito ad uscirne alla grande. Nessuno avrebbe potuto sindacare sul desiderio di privacy di una pudica ragazza.

“Cosa cosa? Però non hai negato! Hai sentito Yuka la nostra Akane ci nasconde qualcosa!” sghignazzò Sayuri dando una gomitata all’amica ancora mezza svestita.

“Su dicci la verità: fino a che punto vi siete spinti?” lo incalzò Yuka avvicinandosi famelica.

Ranma indietreggiò di un passo.

Ma che diavolo, quelle due erano peggio di Hiroshi e Daisuke! Di solito erano loro a fare quelle domande a lui, ma non erano comunque così insistenti. Forse c’entrava qualcosa il fatto che Ranma minacciasse spesso di pestarli. Oggi avrebbe dovuto inventarsi un’altra via d’uscita.

“Io proporrei una terza base, dico bene*? Allora ci ho preso? Oppure siamo addirittura già alla quarta?” Yuka non mollava.

“Cosa??? Akane, se sei arrivata in quarta base senza dirci nulla, giuro che non ti rivolgo più la parola! Queste sono cose da condividere obbligatoriamente con le tue migliori amiche” esclamò con un’espressione eccessivamente offesa l’altra.

Ok, non ci stava ufficialmente capendo più niente. Peraltro lui disprezzava il baseball, era Akane quella brava in quello sport. Aveva trovato un’altra cosa in cui lei era migliore di lui nel giro di pochi minuti. Quanto adorava guardarla di nascosto durante l’ora di educazione fisica quando gli altri non lo vedevano. Ricordava ancora la prima pallina che lei gli aveva piantato in faccia. Che figuraccia che aveva fatto, i suoi super riflessi di artista marziale messi al tappeto da un bel visino in calzoncini corti.

In realtà non era sicuro che stessero ancora parlando di baseball ma decise di accontentarle. Tutto pur di togliersi velocemente di lì.

“Direi piuttosto una seconda” sparò a caso.

Sperava tanto che quello sarebbe stato sufficiente.

“Ahhh ne ero sicura! Però mica male, hai capito la nostra Akane” le due adesso annuivano quasi sollevate, come se ricevere quella conferma fosse stato di vitale importanza.

Bene, era libero.

“E dai dacci qualche dettaglio in più! Tipo com’è messo Ranma senza maglietta?”

“Scommetto che ha degli addominali da urlo… tutti quegli allenamenti daranno i suoi frutti, eh?”

No, non lo era.

E mentre sperava in un aiuto dall’alto, non poté fare a meno di chiedersi: era di questo che parlavano di solito con la vera Akane?

 
 
* riferito all’associazione delle fasi di un rapporto con le basi del baseball diffusa in America.

 

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Capitolo 5
*** Preferisco i cani ai gatti ***


CAPITOLO 5 – Preferisco i cani ai gatti

 
Il porcellino si voltò incrociando lo sguardo con quello di Ranma.

Fantastico ci mancava solo lui, ora chi lo sentiva più. Era già pronto alle prese in giro sul suo miserabile senso dell’orientamento. Anche perché solo il giorno prima lo aveva salutato dicendo che sarebbe partito per Hokkaido.

“Oh P-chan sei proprio tu, vieni qui piccolino! Sai ti aspettavo ieri sera, chissà dove hai dormito! Ma guardati sei tutto bagnato” Akane lo prese in braccio portandoselo al petto come suo solito.

Ryoga, inorridito e impotente, dovette cedere all’abbraccio dell'amico. Come osava Ranma prenderlo in giro a quel modo facendo il verso ad Akane? E poi che schifo starsene spiaccicato contro quei pettorali.

Agitando le zampine riuscì, con un enorme sforzo, a liberarsi dalla morsa di ferro.

Akane lo osservò sparire dietro a un cespuglio mentre si chiedeva che cosa fosse preso al suo adorato animaletto. Ma sì certo, doveva averla scambiata per Ranma. Poverino, ovvio che fosse andato a nascondersi. Avrà sicuramente temuto per la sua incolumità, considerati gli scherzi di cattivo gusto che gli giocava puntualmente quell’antipatico.

“P-chan vieni fuori ti prego, non voglio farti del male!” gridò per strada.

Un attimo dopo Ryoga sbucò dallo stesso cespuglio. Sembrava furioso e si stava dirigendo in direzione di Akane con fare minaccioso.

“Maledetto, ti prendi gioco di me comportandoti come farebbe la dolce Akane! Te ne farò pentire!” e con queste parole si scagliò contro di lei.

Akane trasalì. Da dove era uscito Ryoga? E perché le stava andando incontro a tutta velocità pronto a centrarla con uno dei suoi colpi micidiali?

Doveva fare qualcosa per difendersi prima che fosse troppo tardi. Senza contare il fatto che Ranma non avrebbe sicuramente apprezzato, se lei lo avesse fatto perdere contro Ryoga.

SBAM!

Il polverone, che si stava lentamente dissipando, rivelò un ragazzo con la bandana steso a terra. Ancora in piedi, c’era un ragazzo col codino con un braccio teso che terminava in un pugno e l’altro a coprirsi la faccia.

Akane aprì un occhio chiedendosi come potesse essere ancora viva.

“Oddio Ryoga, stai bene? Non ti ho fatto troppo male vero?” chiese preoccupata soccorrendo l’amico.

Le dispiaceva per Ryoga ma - caspita - adorava quel corpo sempre di più. Non era una sorpresa il fatto che Ranma fosse molto forte, ma mai avrebbe immaginato una potenza simile. E non era solo una questione di mera forza fisica, tutto era amplificato dalla velocità ai riflessi per non parlare della tecnica impeccabile. Riusciva a percepire perfettamente tutti quegli anni di duro addestramento a cui il padre lo aveva sottoposto.

“Adesso mi deridi pure? Non ti permettere sai…” Ryoga arrancò per rimettersi in piedi ma non ce la fece e, controvoglia, dovette appoggiarsi all’amico.

 
Parco di Nerima.

Akane sedeva su una panchina, dopo aver aiutato Ryoga a trascinarsi nel breve tragitto. Ancora non capiva da dove fosse sbucato o meglio, da dove lo sapeva, perché si trattava proprio del cespuglio dove si era nascosto P-chan un attimo prima di sparire nel nulla. Non capiva dove potesse essere finito il suo porcellino ma, una cosa era certa, Ryoga non poteva non averlo visto.

Adesso quello era andato a prendere qualcosa di fresco da bere per entrambi. Per quanto non sopportasse Ranma il suo codice d’onore gli imponeva di sdebitarsi con chi lo aveva aiutato, anche se quello era il suo miglior nemico.

Il suono di un nuovo messaggio ricevuto distrasse Akane dai suoi pensieri.

Sbloccò il telefono e aprì la notifica. Le amiche l’avevano appena taggata in una foto davanti al loro negozio preferito con le mani piene di buste. Ranma evidentemente stava guardando da un’altra parte, che buffa faccia che aveva. Però era stato di parola. Non poté fare a meno di sorridere immaginandolo a fare shopping con quelle due.

Non fece in tempo a riporre il telefono che questo squillò nuovamente avvisandola di un messaggio da parte di Yuka.

La foto allegata ritraeva l’amica in un locale che si era evidentemente avvantaggiato con l’happy hour in compagnia della sola Sayuri. La didascalia recitava: “Un brindisi alla nostra seconda base! Akane sei tutte noi!” con una sfilza di emoji ambigue a seguire.

Akane sbatté più volte le ciglia perplessa. A cosa si riferivano? O meglio, conosceva quelle due e sapeva benissimo che cosa intendessero con quel linguaggio, ma perché uscirsene con una frase del genere adesso? Possibile che c’entrasse qualche cosa detta da Ranma? Lo avrebbe letteralmente ucciso se solo avesse osato inventarsi cavolate su di loro, soprattutto in quel frangente! E lo avrebbe fatto molto presto visto che lui non era più insieme alle sue amiche, questo significava che a momenti l’avrebbe raggiunta al parco.

“Ah Ryoga eccoti… io mi stavo chiedendo se tu per caso prima non avessi visto P…” ne approfittò subito Akane.

“Sta’ zitto dobbiamo finire il discorso dell’altra sera” Ryoga si sedette accanto porgendole un brick di thè freddo. Quel gesto gentile stonava col suo tono brusco.

Akane lo guardò smarrita. Quale discorso? Uff lei voleva sapere di P-Chan.

“E ribadisco quello che ti ho già detto: tu non la meriti” continuò secco Ryoga.

E adesso con chi ce l’aveva?

“A chi ti riferisci?” domandò lei curiosa.

“Ad Akane brutto deficiente. La tua meravigliosa, bellissima, fantastica fidanzata” rispose Ryoga infervorandosi di nuovo.

Akane arrossì. Non si era mai sentita descrivere così da qualcuno che non fosse Kuno e i suoi complimenti esagerati e anacronistici - diciamocelo pure - lasciavano il tempo che trovavano. Quindi Ranma aveva parlato di lei con Ryoga di recente? A che proposito esattamente?

“Oh grazie Ryoga…” si lasciò sfuggire Akane sinceramente colpita da quelle parole, dimenticando per un attimo il suo attuale aspetto.

“Grazie dovresti dirlo a lei che - nonostante tutto - non ti ha ancora lasciato, brutto ingrato. E già che ci sei ci sarebbe anche qualcos’altro che dovresti dirle, dico bene?” aggiunse mentre con un’unica mano accartocciava la sua lattina.

“Tipo?” Akane sgranò gli occhi in trepidante attesa.

Che cosa sapeva Ryoga che lei non sapeva?

Automaticamente pensò al peggio, anche se non voleva credere che Ranma le avesse fatto qualcosa alle spalle. Però, se non glielo aveva detto, doveva trattarsi di qualcosa di brutto. Magari c’entrava una delle sue altre fidanzate…

“Tipo quello che provi per lei. Pare che se ne siano accorti tutti tranne voi” rispose con tono amaro centrando il cestino con la lattina.

Ad Akane per poco non andò di traverso il suo thé.

Fermi tutti, cosa cosa cosa? Questo non era affatto qualcosa di brutto. Quindi Ranma provava dei sentimenti per lei? E si era confidato col suo migliore amico? Allora lei non se lo era solo immaginata! Non riusciva mai a capire se fosse la sua speranza a farle travisare i fatti ed immaginarsi significati nascosti dietro ai gesti del fidanzato.

Un momento però, Ryoga non aveva precisato “che cosa” provasse per lei.

Akane sospirò reprimendo i sensi di colpa. Odiava essere così subdola approfittando dell’amico fidato in quella situazione, ma non poteva farsi scappare quell’unica occasione. Lei doveva saperne di più. Ne andava della sua sanità mentale.

“Accorti di cosa?” domandò Ranma con le mani dietro la schiena e la bocca piegata in un sorrisino “Ma ciao Ryoga, non pensavo che Hokkaido fosse così vicina!”

Akane era rimasta così assorta nei suoi pensieri, che non aveva sentito arrivare Ranma.

A questi invece non sfuggì la faccia della fidanzata con le guance arrossate e lo sguardo colpevole di chi viene beccato in una situazione sconveniente.

“Spero di non aver interrotto qualcosa…” aggiunse sospettoso e contrariato allo stesso tempo.

Ranma studiò i volti dei due. Pure il suino sembrava a disagio. Qui c’era decisamente qualcosa sotto.

“Oh Akane ciao, anche tu qui eheh!” commentò scioccamente Ryoga grattandosi la nuca con una mano.

“Già. E se non ti dispiace noi due adesso abbiamo da fare, vero Ranma? Ci vediamo!” e così dicendo Ranma prese per mano Akane cercando di trascinarla via con lui.

Ma non aveva fatto i conti con quella differenza di muscoli, che tra loro c’era sempre stata, adesso ribaltata. Akane infatti non si era mossa di un millimetro e non pareva intenzionata a farlo.

“Cosa? No! Noi non… ecco noi veramente… stavamo parlando di una cosa molto importante” annaspò Akane evitando il suo sguardo e maledicendo il tempismo del fidanzato.

“Oh beh, se è così importante continuate pure” rispose Ranma offeso.

Mollò quindi la presa e si mise ad attendere in piedi di fronte a loro. Le mani sui fianchi e le gambe leggermente divaricate a mo' di sfida.

Ryoga se ne stava in silenzio spostando lo sguardo ora su Ranma ora su Akane. Avrebbe giurato che ci fosse qualcosa di strano tra quei due, anche se non riusciva a capire che cosa.

“Ehm veramente… questa sarebbe una conversazione privata” sussurrò Akane a testa bassa.

“Ah sì? E sentiamo per quale motivo io non potrei partecipare?” Ranma ora stava davvero perdendo la pazienza.

Non esisteva proprio che lei lo mettesse in disparte in favore di Ryoga.

Dalla faccia sconvolta che aveva fatto la fidanzata vedendolo sbucare all’improvviso avrebbe quasi detto che si stesse approfittando del suo aspetto per qualche fine che - al momento - gli sfuggiva. Lui del resto era il mago indiscusso di quella tecnica, negli ultimi anni si era aperto più porte grazie a Ranko che ai suoi bicipiti.

In tutto ciò notò che quel rimbambito di Ryoga non si era accorto di niente.

“Perché ecco… perché… perché è una cosa da uomini” concluse Akane meravigliandosi delle sue stesse parole.

Non riusciva a credere di averlo detto davvero. Lei Akane Tendo, femminista convinta, che se ne usciva con una frase così infelice. Se in quel momento si fosse trovata nel suo corpo e si fosse sentita propinare una giustificazione simile, gliene avrebbe sicuramente dette quattro a quei due. Peggio di quando le tagliarono per sbaglio i capelli.

“Se la metti così, visto che Ryoga è un caro amico di entrambi, non c’è motivo per cui non dovremmo raccontargli come stanno le cose” le rispose Ranma stizzito. Per poi proseguire questa volta in direzione dell’amico “Sai Ryoga devi sapere che a causa di qualche strana magia io e Akane ci siamo scamb…”

“Scusa Ryoga noi adesso dobbiamo proprio andare!” Akane lo interruppe in tempo trascinando via il suo corpo tra le braccia, come faceva sempre Ranma per salvarla da un qualche pericolo.

 
Di nuovo per le vie di Nerima.

“Mettimi giù! Guarda che io non sono P-chan!” sbraitò Ranma arrabbiato mentre cercava di ricomporsi. Non era abituato ad essere sballottato in giro come un sacco di patate.

Akane se ne stava a fissarlo in silenzio. Nella sua testa poteva ancora sentire le parole di Ryoga. Aveva perso un’occasione d’oro. Non avrebbe mai avuto il coraggio di chiedere spiegazioni al diretto interessato.

“Senti Akane, non so cosa sia successo al parco tra te e Ryoga ma pretendo delle…”

Akane smise di ascoltarlo affilando l’udito per concentrarlo altrove.

La sua attenzione venne catturata dal rumore dei raggi di una bicicletta in lontananza che si avvicinava. Quello che accadde dopo potrebbe essere raccontato con dei fotogrammi: una bicicletta che viene abbandonata malamente ad un lato della via, la proprietaria che spicca un salto in aria, una cascata di capelli color lavanda che riempiono la visuale, quella stessa ragazza che atterra contro… il muro di una casa.

Akane si era scansata all’ultimo.

“Ailen! Ahahah che fai mi scappi?” lo salutò Shampoo cercando di nascondere la sorpresa per quel piccolo oltraggio. Ranma non si concedeva mai chiaramente a lei, ma nemmeno le sfuggiva in quel modo.

“Ciao Shampoo, ci mancavi solo tu oggi” rispose Akane voltandole le spalle per incamminarsi verso casa.

Shampoo piantò due occhi indagatori sulla schiena del suo futuro marito. Com’è che l’aveva ignorata del tutto senza degnarla neanche di uno sguardo? Aveva pure lasciato al ristorante il suo grembiule da lavoro per mostrarsi più in ordine. Nel caso lo avesse incontrato.

Quell’atteggiamento freddo doveva essere colpa della ragazza violenta. Povero Ranma, forse lei aveva minacciato di buttarlo fuori di casa se solo avesse rivolto la parola ad altre donne.

“Tu…” dimenticò Ranma e girò la testa verso Akane con fare minaccioso.

“Ehm aspetta Shampoo, non saltiamo a conclusioni affrett…” indietreggiò Ranma gesticolando con le mani, come a giustificarsi non sapeva neanche lui di cosa. La forza dell’abitudine.

Non fece in tempo a finire la frase che Shampoo gli aveva già scagliato contro uno dei suoi terribili bombori.

Ranma afferrò l’arma al volo restituendola prontamente al mittente che se ne riappropriò con una faccia sconcertata. Di sicuro Shampoo non si era aspettata una reazione del genere da parte della fidanzata debole.

“Mhf dovrai fare di meglio se vuoi battermi” Ranma sentiva di nuovo l’adrenalina in circolo, desideroso più che mai di mettersi alla prova con quel corpo ancora una volta. Akane avrebbe potuto ringraziarlo più tardi, le avrebbe fatto fare bella figura con l’odiata rivale.

Come se avesse sentito i suoi pensieri, Akane si voltò verso le due ragazze intente a combattere. Che cosa aveva in mente Ranma? Perché per una volta non poteva semplicemente ignorare la cinesina e tornare a casa con lei?

Shampoo attaccò di nuovo e, per la seconda volta, si ritrovò a colpire l’aria rischiando anche di perdere l’equilibrio. Akane aveva schivato pure questo attacco. La bella amazzone non riusciva a capacitarsi: da quando l’altra era così abile?

Venne quindi il turno di Ranma.

Preparò il suo attacco impegnandosi al meglio pensando che, con Shampoo, non fosse necessario andarci troppo piano. Si avvicinò a lei senza darle il tempo di riprendere la posizione di guardia. La mossa che stava per sferrare non le avrebbe fatto troppo male, ma sicuramente l’avrebbe atterrata e… sconfitta?

No no no no no! Lui non poteva battere Shampoo nel corpo di Akane! Le tradizioni del villaggio delle amazzoni, che quella rispettava ciecamente, le imponevano di uccidere la donna capace di sconfiggerla. E comunque, nel caso degli uomini, la sorte non era tanto migliore considerato che la conseguenza era il matrimonio. Akane non aveva speranze contro una cresciuta dalla bisnonna a pane e kata.

Sempre meglio avere un’ulteriore fidanzata tra i piedi da tenere a bada, che la vera fidanzata morta per mano di questa.

Shampoo riaprì gli occhi, aveva temuto il peggio ma non era accaduto niente.

“Preferisco non battermi con te, non mi va di perdere…” ammise Ranma allontanandosi da lei. Non era abituato a sventolare la bandiera bianca, ma era per la sicurezza di Akane.

“Cosa!?” urlarono contemporaneamente Shampoo e Akane.

Per la prima era considerata una grande umiliazione vedersi rifiutare una sfida, ma d’altronde la sfidante aveva anche ammesso il suo timore per la sconfitta certa. Si poteva equiparare ad una rinuncia. Quindi, sebbene un po’ stranita, poteva ritenersi soddisfatta. Non lo avrebbe mai ammesso ma, per la prima volta dopo tanto tempo, si era trovata seriamente in difficoltà contro una donna.

Anche per la seconda si trattava di un’umiliazione, ma in questo caso senza alcuna soddisfazione. Come aveva potuto Ranma arrendersi in quel modo plateale, addirittura ammettendo che avrebbe perso?

Così come l’umore di Akane, anche il cielo si stava oscurando e piccole gocce d’acqua iniziarono a scendere aumentando rapidamente d’intensità.

“Senti un po’ tu” continuò Akane correndo arrabbiata verso di loro. Ad ogni passo rischiava di inciampare nelle scarpe divenute nel frattempo troppo grandi per lei.

“Meow!” dal cumolo di vestiti cinesi abbandonati a terra una gattina rosa e viola spiccò un salto verso di lei.

Ranma sbiancò all’istante e, con passo tremolante, si allontanò cercando di diventare un tutt’uno con il muro.

Akane abbassò lo sguardo sul musino appollaiato sul suo seno.

“Mi spiace mia cara, ma ho sempre preferito i cani ai gatti” e con queste parole afferrò Shampoo per la collottola appoggiandola a terra.

Nel rialzarsi si voltò verso il fidanzato ormai in iperventilazione.

“Che stai facendo? Ti ricordo che dovrei essere io quella che ha paura dei gatti, tu cerca di comportarti normalmente” le sussurrò all’orecchio cercando di calmarlo.

“N-non ce la faccio, non c-ce la faccio” Ranma scuoteva la testa continuando a tenere gli occhi chiusi.

Shampoo non ci stava capendo più niente, sapeva solo che la voglia di battersi con la ragazza violenta non le era ancora passata. Con un balzo le si scagliò contro tirando fuori gli ugnelli.

Percependo il suo peggior incubo che si avvicinava, Ranma spalancò di colpo gli occhi mostrando le pupille ridotte a due fessure verticali.

Akane indietreggiò allarmata da quella visione. Sapeva perfettamente quello che stava per accadere e quello non era proprio il momento.

Mentre guardava il fidanzato incurvare la schiena per assumere la posizione a quattro zampe nella terribile Neko-ken, pensò che doveva agire in fretta.

E così fece.

In un attimo Shampoo si ritrovò avvolta nei propri ingombranti vestiti. La gattina impiegò solo qualche secondo per riuscire a disfarsene con le sue zampine, ma furono comunque troppi. Davanti a sé non c’era più traccia della strana coppia, solo una strada vuota sotto la pioggia battente.

“Eccoti qua, sapevo che a quest’ora avrei trovato una bella micina al posto della mia Shampoo” Mousse se ne stava in piedi all’incrocio poco più avanti con un ombrello in una mano e un thermos di acqua calda nell’altra.

 
Camera di Akane Tendo.

Akane sedeva sul suo letto singolo con la schiena poggiata alla parete. Si era liberata della solita casacca di Ranma ed era rimasta in canottiera con un asciugamano intorno al collo. Suo malgrado aveva dovuto recuperare le sembianze maschili.

Dopo essere rientrati in casa completamente fradici, aveva infatti trascinato entrambi nella vasca piena di acqua calda ancora vestiti.

Sorrise pensando che, a quanto pareva, non era vero che i gatti odiavano l’acqua.

Raggomitolata sulle sue gambe c’era una ragazza coi capelli corti che aveva iniziato a fare le fusa. Bene, era un buon segno. Significava che si stava calmando e che presto sarebbe tornato in sé. Continuò ad accarezzargli la testa dolcemente, tamponando con un altro asciugamano le goccioline d’acqua che dai capelli gli scendevano sul viso. Non immaginava che il suo corpo potesse apparire così piccolo e fragile agli occhi di Ranma. Ora capiva perché si preoccupava tanto per lei. Chissà se lui vedeva qualcos’altro quando la guardava oltre alla sua fragilità. Quanto avrebbe voluto che l’incantesimo si sciogliesse proprio in quel momento e ognuno tornasse nel proprio corpo. Cosa non avrebbe dato per starsene così cullata tra le sue braccia preferite.

Un movimento di Ranma la riportò con i piedi per terra. Lui alzò la testa avvicinando il viso a pochi centimetri dal suo mentre sbatteva più volte le palpebre.

Rimasero così immobili a fissarsi per istanti interminabili.

“Prima eravamo per strada… io sono… e tu mi hai… grazie” Ranma non ricordava niente di quello che succedeva quando era gattizzato, ma dalla situazione aveva capito che doveva appena essersi “risvegliato”.

“Figurati” sussurrò Akane con gli occhi ancora incatenati ai suoi.

Ranma si scostò con uno scatto brusco spostandosi sulla sedia di fronte a lei.

Akane constatò ferita come il fidanzato avesse ripristinato quella distanza di sicurezza che, più o meno tacitamente, i due si erano imposti nel tempo.

“Non c’è bisogno di fare tutte queste scene adesso, non mi sembrava che starmi vicino ti disturbasse tanto fino a due minuti fa” si rabbuiò subito Akane.

“Non c’è bisogno neanche di origliare, dico bene Nabiki?” Ranma afferrò un cuscino lanciandolo contro la porta che era rimasta socchiusa.

La mezzana li osservava col suo solito sorrisino.

“Tranquilli piccioncini non era certo mia intenzione interrompervi, e dire che non ho scattato neppure una foto per non rovinare il momento” commentò annoiata Nabiki allontanandosi “e comunque, per la cronaca, il bagno non si fa vestiti!”

A quell’ultima battuta Ranma si voltò in direzione della sua fidanzata confuso.

Akane non aveva voglia di raccontargli di come lo avesse portato via di peso da Shampoo, di come lo avesse scaldato nel bagno e infine di come lo avesse calmato.

Era stanca di quella giornata.

“La verità è che io non ne posso più di tutta questa situazione” protestò Akane stendendosi sul letto e portandosi il cuscino giallo sopra la testa come a volersi proteggere “Vattene, ho bisogno di starmene in pace da sola” concluse.

Anche se non poteva vederlo, con i suoi super sensi riusciva a percepire chiaramente la presenza di Ranma che non si era mosso dalla sedia.

Akane riemerse dal suo rifugio, in attesa che lui si alzasse per andarsene.

“Akane ecco, come dire… temo che questa sia camera mia” constatò Ranma con un’espressione mortificata.

Lei alzò gli occhi al cielo sbuffando. In quella casa non c’era un maledetto angolo in cui poter stare tranquilli.

 

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Capitolo 6
*** Quanto mi conosci? ***


 

CAPITOLO 6 – Quanto mi conosci?

 
Casa Tendo.
 
Ranma rientrò nella camera di Akane dopo aver perlustrato in lungo e largo la stanza del vecchio Happosai. Aveva sperato di scovare almeno un indizio utile alla loro causa ma non aveva trovato niente, a parte una montagna di mutandine e reggiseni sparsi in un angolo in cui non avrebbe mai messo le mani.
 
Akane si era chiusa nella camera che lui condivideva col padre e adesso riposava sul suo futon. Si ritrovò a sperare che il suo profumo rimanesse sul cuscino, sarebbe stato bello addormentarsi così più tardi. Sempre che fosse tornato nel suo corpo prima di andare a letto ovviamente.
 
Tra poco sarebbe dovuto andare a svegliarla.
 
La famiglia si stava infatti preparando per andare alla tradizionale fiera di primavera, avrebbero cenato con qualche prelibatezza locale alle bancarelle, fatto un giro tra gli stand di prodotti tipici e magari provato a vincere qualcosa ai banchi dei giochi a premi.
 
TOC TOC
 
Senza attendere la risposta, Nabiki fece irruzione nella stanza di Akane con la sottoveste del kimono semi aperta che lasciava intravedere pezzetti di biancheria.
 
Ranma distolse subito lo sguardo imbarazzato.
 
Sbagliava o quel reggiseno aveva lo stesso motivo di un paio di mutandine che aveva visto poco fa in camera del vecchio? Che si fosse messo a rubare l’intimo anche alla vipera?
 
“Sorellina aiutami a chiuderlo per favore” disse mentre rovesciava sul letto il kimono di seta con i suoi accessori.
 
Come no, che ne sapeva lui di come si chiudeva un kimono?
 
Nabiki fissò con diffidenza la faccia smarrita di Ranma riflessa nello specchio mentre iniziava la complicata procedura di vestizione. Non le erano sfuggiti gli strani comportamenti della sorella.
 
Akane parlava da giorni di quella fiera, non vedeva l’ora di avere un’occasione per indossare i vestiti tradizionali. Dov’era finito adesso tutto il suo entusiasmo? E perché se ne stava seduta in quel modo scomposto con le gambe divaricate? Non era certo da lei. E ancora, sbagliava o era arrossita quando l’aveva vista entrare in camera mezza svestita?
 
Sua sorella e il cognatino si comportavano in modo strano da tutto il giorno. Se non fosse stato impossibile avrebbe quasi pensato che quei due si fossero invertiti i corpi! Ma era davvero così impossibile, considerate tutte le assurde peripezie in cui spesso si erano ritrovati coinvolti?
 
Lanciò una rapida occhiata all’orologio per valutare quanto tempo avesse per togliersi quel dubbio. Troppo poco. Se voleva indagare non era il caso di prendere il discorso alla lontana.
 
E così sganciò la bomba.
 
“Sorellina odio doverti dare un dispiacere ma se fossi in te io vorrei saperlo…” buttò lì Nabiki con aria innocente.
 
Dietro quella maschera c’era la miglior stratega di Nerima pronta a scorgere anche la minima reazione sulla faccia di Akane. Sempre che quella fosse davvero sua sorella.
 
“Uhm di che si tratta?” chiese Ranma tranquillo. Nabiki faceva spesso la commedia.
 
“Ricordi l’altro giorno quando ti sei trattenuta a scuola per il comitato studentesco? Ecco io ho visto Ranma al parco e… non era solo” continuò quella.
 
A quelle parole Ranma sollevò le sopracciglia e si perse un attimo a guardare nel vuoto mentre faceva mente locale. Che cosa aveva fatto quel pomeriggio?
 
Ah sì, era passato a salutare U-chan al suo ristorante e lei gli aveva gentilmente offerto la sua okonomiyaki preferita. Poi era tornato a casa ad allenarsi senza fare ulteriori deviazioni. Sì, era abbastanza certo che quello era tutto ciò che aveva fatto quel giorno. Di sicuro non era passato dal parco.
 
“Mmh sei proprio sicura che fosse lui?” domandò non capendo dove volesse andare a parare Nabiki.
 
“Akane, non sarei qui a dirtelo se non ne fossi sicura. E, inoltre, non ti darei mai questa informazione senza chiedere nulla in cambio se non tenessi così tanto a te” rispose lei dandogli le spalle.
 
Addirittura?
 
Ranma pensò che quello era decisamente un brutto segno.
 
“Oh Akane lui era in compagnia di una ragazza” continuò Nabiki con tono melodrammatico.
 
Ma quando mai. Chissà chi aveva visto quella.
 
“Si tratta di Shampoo e… Akane loro si stavano baciando appassionatamente contro un albero!” concluse con voce spezzata.
 
“COSA!? Ma non è assolutamente vero! Si può sapere da dove ti è uscita questa Nabiki, ma dico sei impazzita!?” Ranma esplose letteralmente, dimenticandosi per un attimo di occupare il corpo della fidanzata.
 
“Lo so, io per prima non volevo crederci e sono corsa via subito… oh se solo quell’albero potesse parlare… comprendo perfettamente il tuo shock sorellina ma…” disse Nabiki portandosi le mani sulle guance con fare teatrale.
 
“Ma niente! Non sono affatto sotto shock dal momento che questa idiozia è frutto della tua fervida immaginazione!” ribatté Ranma che non accennava a calmarsi.
 
Come le era venuta in mente una roba del genere? E perché poi andare a dirlo ad Akane? Nabiki sapeva bene quanto ci sarebbe rimasta male la sorella. Questa ridicola storia - per quanto inventata - non doveva assolutamente arrivare alle sue orecchie. O avrebbe dovuto passare l’intera serata e i giorni seguenti a giustificarsi di qualcosa che non aveva fatto.
 
Da quella posizione Ranma non poteva vedere il sorrisino che era spuntato sulle labbra di Nabiki.
 
Prima di inveire ulteriormente contro di lei, Ranma si soffermò a riflettere. Quel racconto non aveva il benché minimo senso. Però la cognata non era il tipo che agiva senza un motivo preciso.
 
Bene, avrebbe scoperto il suo bluff.
 
“In ogni caso Nabiki, anche immaginando che quello che dici sia vero, come mai me lo stai dicendo solo adesso?” chiese cercando di mantenere un tono di voce calmo.
 
“Volevo dare prima la chance a Ranma di confessartelo, naturalmente. Questa è una cosa che riguarda solo voi e io non volevo certo impicciarmi. Ma, evidentemente, il vigliacco non lo ha fatto e quindi ho sentito il dovere di agire. Sei la mia sorellina e non potevo lasciare che lui ti offendesse oltre” rispose lei fintamente amareggiata.
 
Ranma serrò i pugni.
 
Maledetta, era impossibile coglierla in fallo. Non si era per niente scomposta a quella domanda e adesso continuava la farsa dandogli pure del vigliacco. Questo era davvero troppo. Doveva tentare il tutto per tutto.
 
“Benissimo allora offro 5000 yen per vedere le foto di questa fantomatica scena!” disse con sguardo di sfida certo, da una parte, che Nabiki non le avrebbe mai avute e, dall’altra, che la cifra proposta avrebbe suscitato il suo interesse.
 
Finalmente lei si girò per guardarlo negli occhi. Nel frattempo aveva finito di vestirsi. Da sola per fortuna.
 
“Akane, capisco che in questo momento tu sia confusa e ferita ma cerchiamo di comportarci da adulti. Vado a chiamare Ranma, è giusto che la verità tu la senta direttamente da lui” e con queste parole si avviò verso la porta.
 
“NO!!!” si tradì Ranma afferrandola per un polso.
 
Nabiki abbassò prima lo sguardo sulla mano per poi spostarlo sulla faccia della sorella. Tombola!
 
“Che cos’è che volete da me?” Akane comparve in piedi sulla porta.
 
Fortunatamente non aveva fatto caso alla mano di Ranma.
 
“Un parere sulla nostra Akane” rispose prontamente Nabiki “non trovi che sia bellissima stasera?” domandò voltandosi nella sua direzione con un sorrisino.
 
E mentre Ranma lanciava un’occhiata confusa a entrambe, Akane decise di cogliere l’assist di sua sorella per prendersi una piccola rivincita sulle ripetute offese che riceveva dal fidanzato.
 
“Stasera? Akane è sempre bellissima” rispose ammiccante in direzione di Ranma sollevando e abbassando le sopracciglia.
 
“Cosa? Ma non è vero! Cioè nel senso…” la necessità di negare subito era stata più forte di lui.
 
Nabiki lo fissò assottigliando gli occhi.
 
“Certo che è vero, perdonami se non te lo dico spesso come vorrei” continuò Akane avvicinandosi con sguardo provocante.
 
Quel corpo aveva il potere di farla sentire invincibile e sfacciata come il suo inquilino abituale. Per nulla al mondo si sarebbe lasciata sfuggire la possibilità di sfidare il suo fidanzato. Adesso lei era Ranma no? Quindi non avrebbe perso.
 
Ranma arrossì e indietreggiò di un passo solo per accorgersi che aveva già raggiunto la scrivania.
 
Era in trappola, in tutti i sensi.
 
Lanciò uno sguardo preoccupato verso Akane chiedendosi che cosa si fosse messa in testa. Non vorrà forse…? Impossibile, non così, non con i loro corpi invertiti, non davanti alla vipera.
 
Adesso Akane era a un solo passo da lui.
 
Mentre manteneva lo sguardo incollato a quello di Ranma si chiese perché quello stupido non reagisse. Lei lo stava sfidando e non poteva arrendersi tornando indietro. Ma nemmeno andare fino in fondo! Che strano poi vedersi così indifesa e spaurita in un angolo.
 
Ranma deglutì spostando nervosamente lo sguardo da una parte all’altra della stanza.
 
Akane sorrise impercettibilmente e, approfittando della distrazione del fidanzato, gli puntò l’indice sulla fronte con facilità.
 
“Hai abbassato la guardia!” gli disse scoppiando a ridere.
 
Ranma strabuzzò gli occhi incredulo con le mani ancora serrate sul bordo della scrivania.
 
Maledetta, gliel’aveva fatta.
 
Nabiki decise che era arrivato il momento di uscire dalla stanza, non prima di aver lanciato un’ultima eloquente occhiata ai due piccioncini.
 
 
Qualche minuto più tardi Akane stava armeggiando nel suo armadio per prendere il kimono che quella sera avrebbe indossato per lei il suo fidanzato.
 
“Comunque hai dimenticato di dirmi una cosa…” la voce di Ranma la raggiunse alle spalle.
 
“Cioè?” chiese lei distratta mentre cercava di sfilare la preziosa veste dalla scatola.
 
“…che quando sorrido sono molto più carina” concluse Ranma a bassa voce.
 
Akane rimase voltata mentre il suo cuore perdeva un battito.
 
Se n’era ricordato. Allora quella volta non lo aveva detto solo per dire?
 
 
Alla fiera di primavera.
 
Il profumo del cibo preparato al momento si mescolava nell'aria con quello dei fiori. Le grida dei bambini che si rincorrevano, insieme a quello dei proprietari dei banchi che richiamavo i clienti, creavano quella tipica confusione delle sagre di paese.
 
I membri della famiglia Tendo-Saotome si stavano già disperdendo verso gli stand preferiti di ognuno.
 
Ranma camminava avvolto in un kimono, incespicando nei sandali tradizionali di legno. Alla fine aveva dovuto cedere, sarebbe stato strano se non si fosse vestito così considerata la passione di Akane per indossare quegli abiti in quelle occasioni.
 
Passò oltre la bancarella con le vasche dei pesciolini da pescare con le palette di carta. Il suo allenamento per padroneggiare la tecnica delle castagne modificata era passato anche da lì.
 
Ad un certo punto la sua attenzione venne richiamata da un tizio che stava sponsorizzando un qualcosa legato alla Cina. Quel paese era diventato il suo chiodo fisso dal giorno funesto in cui col padre era stato maledetto. Non riusciva ad afferrare tutto quello che diceva, ma nel vocio riuscì a cogliere le parole “vincere”, “viaggio“ e “Cina”.
 
Per poco non gli cadde di bocca il delizioso spiedino di polpette che si stava gustando. Quelle tre parole nella stessa frase erano il suo biglietto per la felicità.
 
Akane, vedendo il fidanzato precipitarsi verso la bancarella più stramba di tutte, lo seguì a ruota chiedendosi che cosa potesse aver catturato la sua attenzione.
 
Quando finalmente riuscì a farsi spazio tra le persone, poté scorgere un piccolo palco sul quale poggiavano un tavolino e due sedie posizionate una di fronte all’altra.
 
Come avrebbe scoperto di lì a poco, si trattava del set di un contest riservato a coppie di innamorati dove uno, rispondendo ad una serie di domande, doveva dar prova di conoscere l’altro indovinando le risposte che avrebbe dato la sua dolce metà. Il premio in palio era un viaggio in Cina per due persone.
 
Adesso capiva perché Ranma vi si fosse fiondato. Quella era un’occasione davvero incredibile per loro, soprattutto nella condizione in cui versavano! In pratica uno di loro avrebbe dovuto indovinare le proprie stesse risposte.
 
Avrebbero vinto a mani basse, il premio era praticamente già loro.
 
“Questa coppia sta andando benissimo signore e signori. Veniamo quindi alla domanda numero quattro: qual è il dessert preferito di questa bella signorina?” gridò dal microfono uno strano tizio in un completo viola e un enorme cappello pieno di glitter.
 
Il ragazzo seduto su una delle due sedie fece un sorriso d’intesa a quella che doveva essere la fidanzata e, con tutta la sicurezza del mondo, rispose “Ma la creme brûlé naturalmente”.
 
A quella risposta lei batté un pugno sul tavolo stizzita. Evidentemente il suo ragazzo aveva toppato.
 
“Purtroppo la risposta è sbagliata caro il mio bel giovanotto. Vuole rivelare lei al pubblico qual è in realtà il suo dessert preferito, signorina?” continuò soddisfatto il presentatore rivolgendosi questa volta alla ragazza.
 
I partecipanti non erano riusciti ad arrivare nemmeno a metà del gioco.
 
“Sono i dorayaki brutto scemo. Come hai potuto sbagliare!? Quante volte mi hai vista mangiare la creme brûlé!?” rispose piccata la ragazza mentre scendeva dal palco a grandi falcate.
 
Ranma lanciò uno sguardo di solidarietà al ragazzo che la rincorreva mortificato. Lui conosceva bene quella sensazione. Ma non quella sera, quella sera lui e Akane avrebbero sbancato. E lui sarebbe potuto finalmente tornare in Cina.
 
Si voltò di scatto per andare a cercarla, ma lei era già dietro di lui.
 
“Pensi quello che penso io?” si chiesero a vicenda con una nuova luce negli occhi. La risposta a quella prima domanda l’avevano indovinata entrambi.
 
 
Dopo essersi iscritti al volo al concorso, attesero seduti su una panchina che arrivasse il loro turno.
 
“Che colpo di fortuna! Non riesco a credere che potrò davvero andare in Cina!” commentò Ranma euforico.
 
“Ehi tu frena la fantasia, dobbiamo ancora vincerlo quel viaggio” lo riprese Akane.
 
“Ma va Akane, sarà un gioco da ragazzi. In pratica devi indovinare da sola qual è il tuo dolce preferito! Che ci vuole? Stasera il fidanzato provetto potrebbe anche indovinare la tua marca di balsamo preferita ahaha! Non vedo l’ora che ci chiamino faremo un figurone!” adesso Ranma sembrava proprio un esaltato.
 
“Però scusa ora che ci penso, per quanto le domande possano essere difficili, questo gioco è facilmente raggirabile” constatò Akane pensierosa portandosi l’indice alle labbra.
 
“Che vuoi dire?” domandò Ranma corrugando la fronte contrariato.
 
“Voglio dire che la ragazza di prima, per esempio, avrebbe ben potuto fingere che la risposta sbagliata del fidanzato fosse in realtà quella giusta. Che ne sapeva il pubblico? In questo modo io potrei rispondere qualsiasi cosa e tu potresti semplicemente confermare. Mi sembra un po’ troppo facile, no?” continuò lei.
 
Ranma si fermò a soppesare quelle parole. Per quanto lo infastidisse sentirsi spegnere l’ottimismo a quel modo, doveva ammettere che Akane aveva ragione. Non fece in tempo però a domandarsi quale fosse il meccanismo di sostenibilità del gioco, che il presentatore lo richiamò all’ordine.
 
“Akane Tendo?” chiese l'uomo affacciandosi dal suo banco.
 
“Presente!” rispose d’istinto Akane alzandosi in piedi.
 
Per poi correggere il tiro indicando Ranma “nel senso che lei è proprio qui eheh”.
 
Ranma l’ammonì con lo sguardo. Ci mancava solo che si facessero scoprire ancor prima di iniziare.
 
“Fantastico, da questa parte signorina per le risposte di controllo!” la incitò quello strano tizio.
 
Ma certo, ovvio. Il partner che restava in silenzio avrebbe dovuto prima blindare le risposte giuste scrivendole in anticipo, in modo da evitare ripensamenti e tentativi di agevolare l'altro. Era così che gli organizzatori del gioco potevano verificare la correttezza delle risposte.
 
E ora come avrebbero fatto?
 
Ranma lanciò uno sguardo che gridava aiuto in direzione della fidanzata.
 
(Oh no e adesso?)
 
(Di che ti stupisci - scemo - era ovvio che non potesse essere così semplice!)
 
Notando l’espressione spaventata della ragazza, il tizio col cappello intervenne per tranquillizzarla poggiandole una mano sulla spalla.
 
“Ehi fanciulla, di che ti preoccupi? Guarda che questa è la parte facile! Aspetta di essere seduta a quel tavolo quando il giocò sarà tutto nelle mani del tuo cavaliere! Ahahah!” e così dicendo lo trascinò via.
 
 
Akane attendeva sulla stessa panchina. Quella per lei era la giornata delle panchine. Con la mente tornò alla conversazione avuta qualche ora prima con Ryoga. Se solo Ranma non si fosse intromesso interrompendoli proprio sul più bello, avrebbe scoperto che cosa provava per lei. Non poté fare a meno di chiedersi che cosa avrebbe fatto se le sue speranze fossero state confermate dalle parole di Ryoga. Andare da Ranma e dirgli con nonchalance: “sai ho saputo che provi qualcosa per me e volevo dirti che anche per me è lo stesso”. Mmh anche no. Uff come l’aveva ridotta l’amore, si stava addirittura facendo dei film sui suoi stessi film.
 
 
Il presentatore piazzò sotto il naso di Ranma una lista di dieci domande.
 
“Hai cinque minuti a partire da adesso per rispondere. Scrivi pure le soluzioni a fianco” 
 
Ranma studiò l’elenco di domande scorrendole una ad una. Erano ordinate per difficoltà crescente e - cavoli - alcune erano impossibili. O meglio erano impossibili per loro. Forse una vera coppia che non aveva i loro problemi di comunicazione, il loro orgoglio, la loro immaturità ce l’avrebbe anche potuta fare.
 
Una cosa era certa però: Ranma Saotome non si sarebbe mai tirato indietro di fronte a una sfida. Dopo anni di sofferenze, avrebbe potuto disfarsi della sua formosa metà dai capelli rossi in soli cinque minuti.
 
 
“Bene bene bene signore e signori ci siamo! Un’altra coppia di giovani è pronta a mettere alla prova il loro amore tentando il tutto per tutto! Ricordo che stasera i fortunati vincitori si aggiudicheranno un fantastico viaggio in Cina!” urlò l’uomo iniziando a scaldare il pubblico.
 
Akane e Ranma erano posizionati dietro al palco, alle due estremità, pronti ad entrare in scena. La regola prevedeva infatti che i partecipanti non potessero comunicare dopo la consegna delle risposte di controllo, onde evitare suggerimenti last minute. Pena la squalifica.
 
Ranma lasciò la sua postazione per avvicinarsi ad Akane, ma venne prontamente bloccato da uno degli organizzatori che gli si parò davanti.
 
“Ma insomma che modi, voglio solamente augurare buona fortuna al mio fidanzato!” rispose Ranma indispettito facendo gli occhi dolci al tipo.
 
Akane lo guardò con fare interrogativo. Che si era messo in testa quello, voleva perdere ancor prima di iniziare?
 
Ma Akane non poteva sapere che quella domanda silenziosa, formulata nella sua mente, avrebbe presto lasciato il posto ad altre mille. Ranma infatti si avvicinò alla fidanzata e, alzandosi in punta di piedi, le stampò un bacio sulla guancia pericolosamente vicino alla bocca.
 
La morettina non fece in tempo a vedere la faccia sconvolta del ragazzo col codino mentre, soddisfatta, tornava velocemente in posizione per fare il suo ingresso.
 
Col cervello completamene in pappa, Akane salì a sua volta sul palco. E adesso come avrebbe fatto a far funzionare i neuroni e articolare delle risposte sensate? Ok che era sulla guancia, ok che non erano nemmeno nei loro corpi ma Ranma, il suo timidissimo fidanzato - nelle sue piene facoltà mentali - l’aveva appena baciata!
 
 
“Ebbene ci siamo signore e signori, che la nuova coppia di sfidanti prenda posto! Prima di iniziare voglio ricordare velocemente le regole del gioco al fantastico pubblico di stasera: sottoporrò a Ranma dieci domande e lui avrà un minuto di tempo per rispondere a ciascuna di queste indovinando la risposta di Akane. È ammessa una sola ed unica risposta per ciascuna domanda e la prova si considera superata solo se si risponde correttamente a tutte e dieci. Le soluzioni sono contenute in questa busta e sono note soltanto a me e ad Akane. Bene, non perdiamo altro tempo e che la sfida abbia inizio!” uno scroscio di applausi seguì quell’introduzione.
 
Akane e Ranma sedevano l’una di fronte all’altro.
 
La prima cercò di liberare la mente dimenticando quello che era appena successo. Come se fosse facile dimenticare il gesto che sogni da una vita.
 
Il secondo la fissava concentrato, pregando di aver dato le risposte giuste.
 
Avevano sperato che la situazione in cui si trovavano sarebbe stata un vantaggio in quel gioco e invece la difficoltà era doppia, considerato che Akane doveva immaginare cosa Ranma immaginava che lei avrebbe risposto.
 
“Domanda numero uno: qual è il colore preferito di Akane?” chiese l’uomo in viola.
 
“Giallo” rispose la protagonista senza esitazione.
 
Elementare. Lo sapevano anche i muri. A proposito di muri, perché non tinteggiare le pareti della sua stanza di quel colore? Ah, ma cosa andava a pensare in quel momento. Su su concentrazione!
 
“Seconda domanda: qual è lo sport preferito di Akane?” proseguì il presentatore.
 
“Le arti marziali” rispose convinta. Ovvero l’unica passione che avevano in comune lei e Ranma.
 
Akane lanciò un sorriso in direzione del fidanzato. Forse era stata troppo pessimista poco fa, il gioco si stava rivelando più facile del previsto.
 
“Molto bene ragazzi, passiamo alla domanda numero tre: come si chiama l’animaletto da compagnia preferito di Akane?”
 
Akane si concentrò sulla domanda. Un porcellino poteva essere definito un animale da compagnia? Che fosse una domanda a trabocchetto?
 
Ranma alzò le sopracciglia, stupito del fatto che Akane non avesse indovinato al volo come aveva fatto nelle due prove precedenti. Se fosse andata in crisi a quella domanda insignificante, che cosa avrebbe fatto più avanti?
 
“P-chan” rispose dopo aver trovato conferma negli occhi sorpresi del fidanzato.
 
“Bravissimo! Siamo arrivati ad una domanda un po’ scomoda, promettete di non litigare eh!” scherzò lo showman “Ranma qual è la cosa in cui Akane è proprio negata?”
 
Akane rimase un attimo spiazzata da quella quarta domanda. Cercò aiuto nello sguardo di Ranma ma tutto quello che vi lesse fu il terrore. Non ne capiva ancora il motivo, ma poteva stare tranquillo. Nel caso la risposta non le fosse piaciuta lo avrebbe ucciso più tardi, in privato.
 
Fece mente locale pensando a che cosa avrebbe risposto la vera Akane. Nonostante i numerosi tentativi non era mai riuscita ad imparare a nuotare. Sì, lei avrebbe risposto così. E Ranma non poteva che pensarla allo stesso modo, avendo assistito a tutti i suoi fallimenti in quell’ambito, inclusa la volta in cui il preside si fissò di volerle insegnare a tutti i costi.
 
Prima di aprire la bocca, si fermò a concentrarsi sulla risposta che poteva aver scelto Ranma. In che cosa lui non la considerava affatto brava? Beh, in molte cose a pensarci bene. Come lavorare a maglia per esempio, cosa che le aveva detto senza troppi giri di parole lo scorso Natale quando lei gli regalò l’orribile sciarpa gialla con ricamate le sue inziali. Però quella stessa sciarpa lui se l’era messa al collo senza esitazione. E poi si era avvicinato a lei guardandola serio. Se chiudeva gli occhi poteva ancora sentire l’odore di quella vecchia soffitta illuminata solo da un debole raggio di luna, il respiro accelerato di Ranma a un soffio da lei. Se solo quelle vecchie assi di legno non avessero ceduto proprio in quel momento…
 
Stop! Stava divagando.
 
Tornando alla domanda pensò che anche le sue abilità di artista marziale erano spesso messe in discussione dal fidanzato, ma non al livello da dire che fosse addirittura negata. Le diceva anche che non aveva gusto estetico, che non sapeva mantenere la calma e… ma certo. Come aveva fatto a non pensarci prima?
 
“Cucinare” rispose a denti stretti con lo sguardo fisso su Ranma.
 
Ranma le sorrise colpevole e lei lo ringraziò con un calcio sotto il tavolo.
 
Il presentatore annunciò un’altra risposta esatta. Questa volta con meno entusiasmo, probabilmente compatendo il ragazzo.
 
Fu Akane che, contrariata, lo incoraggiò in malo modo a proseguire.
 
“Ehm ma certo, domanda numero cinque: qual è la persona di cui Akane sente di più la mancanza?
 
A quelle parole Akane sgranò gli occhi e sul palco calò il silenzio. La persona che le mancava di più...
 
Sentiva già le lacrime raccogliersi pronte ad uscire.
 
Ranma la fissava con un sorriso dolce e rassicurante. Immaginando i pensieri che in quel momento occupavano la mente della fidanzata, allungò una mano sul tavolo per sfiorare delicatamente quella di lei.
 
E lei capì che lui sapeva.
 
“La mamma. È la sua mamma la persona che più le manca al mondo” disse Akane con voce incredibilmente ferma nonostante l’emozione.
 
Nascosta tra il pubblico, Kasumi si strinse contro suo padre che le circondò le spalle in un abbraccio.
 
“Una bellissima prova di conoscenza reciproca” commentò rispettoso il presentatore dopo un attimo di esitazione “ma non perdiamo tempo e andiamo diretti alla sesta domanda: se domandassi ad Akane chi è l’amore della sua vita che cosa risponderebbe?”
 
Eccola lì. Akane si era aspettata qualche domanda su di loro.
 
Considerato che si trattava di un concorso per coppie di innamorati c’era una sola risposta giusta. Ma - caspita - quella era la prima volta che ammetteva ad alta voce i suoi sentimenti, doveva farlo proprio davanti a tutti? Quello che provava per Ranma non era mai riuscita ad ammetterlo nemmeno a se stessa…
 
A disagiò spostò lo sguardo sul pubblico. La faccia di Ranma - o comunque la propria - in quel momento era l’ultima che volesse vedere. Oh no, aveva visto male o c’era pure la sua famiglia tra gli spettatori?
 
“Avanti figliolo tu conosci la risposta!” si sentì urlare dal signor Saotome.
 
Akane chiuse gli occhi sofferente. Certo che la conosceva. Il punto era che Ranma non la conosceva e lei non voleva farglielo sapere così su un ridicolo palco di una fiera davanti a mezzo quartiere.
 
Nel frattempo una signora in prima fila si era pure procurata dei popcorn mentre seguiva appassionata la loro performance.
 
“Ancora trenta secondi giovanotto” le ricordò una voce dal microfono “se non rispondi in tempo perderete entrambi. Anche se immagino che la risposta sia abbastanza scontata, non è vero?”
 
Ranma si schiarì la gola. Non poteva parlare ma la stava chiaramente sollecitando a rispondere.
 
“Venti secondi! Oh-oh non è che qui si scoprono gli altarini!? Non sarebbe la prima volta che una coppia scoppia su questo palco! Allora chi è il nome della misteriosa persona di cui Akane è innamorata se questa non è il qui presente fidanzato?” commentò il presentatore con fare eccessivamente teatrale.
 
Akane spalancò gli occhi sbigottita. Ma che stava dicendo quello?
 
“Colpo di scena signore e signori, pare che Akane in realtà sia innamorata di qualcun altro! Lo stiamo scoprendo proprio qui proprio adesso su questo palc…”
 
Oh ma insomma!
 
“Mio candido fiore di loto, troppo a lungo hai taciuto i tuoi sentimenti, urla pure al mondo intero che il tuo cuore puro batte solo per me!” si sentì giungere dal pubblico.
 
Oddio ci mancava solo quello svitato di Kuno!
 
“Ranma Saotome!” urlò Akane con lo sguardo fisso sul tavolo e le guance arrossate.
 
A quelle parole Ranma si lasciò sfuggire un sospiro di sollievo accasciandosi sulla sua sedia. Tra la tensione e quel maledetto kimono stava facendo la sauna. Sapeva che quella risposta era solo un gioco, però non poté fare a meno di pensare che faceva proprio un bell’effetto sentirlo dire ad alta voce.
 
“Ed è la risposta esatta! Voglio ricordarvi che con questa abbiamo superato la metà! Non tutte le coppie riescono ad arrivare fin qui, direi proprio che è il caso di fare un bell’applauso di incoraggiamento a questi due giovani!” li celebrò il presentatore.
 
Il pubblicò lo accontentò mentre una parte di questo lanciava frasi di incitazione. Fantastico, oltre alla famiglia adesso si erano uniti pure i loro compagni di classe.
 
Ma non c’era tempo di preoccuparsene perché il gioco stava già andando avanti.
 
“Settima domanda: qual è il posto che Akane considera solo vostro?” si sentì riecheggiare con uno stress particolare sull’ultima parola.
 
A quanto pareva le domande più intime non erano ancora finite.
 
Il primo posto che venne in mente ad Akane fu la palestra. Entrambi adoravano passare del tempo in quel luogo e spesso si trovavano lì insieme nello stesso momento, anche se poi in realtà ognuno si allenava per conto proprio.
 
Aveva perfettamente senso, eppure non era convinta. Potevano considerarlo un posto solo loro?
 
Cercò aiuto sulla faccia di Ranma che prontamente abbassò lo sguardo sul tavolo. Conosceva troppo bene il suo fidanzato ed era pronta a giurare che lui in quel momento fosse in imbarazzo. Era la risposta che aveva scelto, e che sperava Akane indovinasse, a metterlo a disagio o la situazione in generale?
 
Akane escluse la palestra. Quel posto non avrebbe mai potuto metterlo in difficoltà, era il suo elemento. La palestra stava a Ranma come l’acqua stava ad un pesce rosso.
 
Un momento, dov’è che lei gli aveva visto più spesso quell’espressione? Un posto familiare ma al tempo stesso lontano dalla loro invadente famiglia. Un posto da dove osservare albe, tramonti, cieli stellati. Un posto in cui litigare, scusarsi, fare la pace.
 
“Il tetto…” sussurrò Akane con un filo di voce abbassando anche lei lo sguardo.
 
E sul palco calò il silenzio.

Dal pubblico, invece, si stava levando un mormorio di domande su quale fosse stata la risposta che nessuno era riuscito ad afferrare.
 
Ci pensò il presentatore a porre fine ai loro dubbi avvicinandosi ad Akane.
 
“Come hai detto? Il LETTO? Ahahah signore e signori tappate le orecchie ai vostri bambini che il gioco sta prendendo una piega piccante!” esclamò fingendo un tono scandalizzato.
 
Cosa!? Akane e Ranma sollevarono contemporaneamente la testa scioccati.
 
Il pubblico reagì quindi con fischi e battutine. La signora in prima fila si portò una mano alla bocca.
 
“Ahhh ragazzi io lo sapevo!” sbraitò Yuka.
 
“Ranma sei il solito marpione!” gli fece eco Hiroshi.
 
“Altro che seconda base, eh Akane!” aggiunse Sayuri.
 
No, non stava succedendo per davvero. Akane si guardò intorno spaesata e desiderosa di scappare via da lì. Ma doveva trovare il modo di recuperare la situazione, prima che questa degenerasse ulteriormente.
 
“Ho detto il tetto! Tetto! T-E-T-T-O! Non letto!” urlò quindi con tutto il fiato che aveva in corpo e il volto paonazzo.
 
“Ragazzo placa i bollenti spiriti che siamo in pubblico!” continuò l’uomo in viola ridendo e ignorando le sue giustificazioni.
 
Akane spostò lo sguardo cercando supporto nel fidanzato.
 
Dal canto suo Ranma era così sorpreso che non si capiva se fosse sul punto di scoppiare a ridere per quella scena o a piangere per il premio che stava sfumando.
 
“Sei proprio figlio di tuo padre!” esclamò Genma un po’ alticcio appoggiandosi a Soun.
 
Akane incrociò per sbaglio lo sguardo con quello interdetto di suo padre. Sembrava indeciso tra la felicità per il coronamento del progetto di fusione delle scuole di arti marziali e lo smarrimento nello scoprire che la sua bambina era cresciuta. E meno male che a pranzo gli aveva praticamente dato la sua benedizione!
 
Ci vollero diversi minuti per riuscire a calmare il pubblico e spiegare agli organizzatori che la risposta data da Akane era, in effetti, quella giusta.
 
“Va bene va bene, però la prossima volta voglio sentire un tono di voce più alto. Vi avverto che non vi verrò incontro di nuovo. E spero che non abbiate in serbo per noi altre risposte a luci rosse ahah” scherzò il presentatore.
 
Ancora?
 
“Domanda numero otto: Ranma qual è stato il momento in cui ti sei innamorato di Akane?”
 
Akane aprì la bocca sorpresa.
 
Fermi tutti, come come? Questa domanda era formulata in modo diverso dalle altre.
 
“Ma come…?” tentò Akane confusa in cerca di spiegazioni dal presentatore.
 
“Ma niente. Qui le domande le faccio io ragazzo, tu devi solo rispondere. Chiaramente non basta che tu dica quando ti sei innamorato della tua fidanzata sarebbe troppo facile…”
 
Facile un corno.
 
“…devi pensare a quando lei pensa che tu ti sia innamorato di lei!” concluse marcando particolarmente i pronomi.
 
Altro che sessanta secondi, per una domanda del genere non sarebbero bastati sessanta giorni. Anche perché la loro storia andava avanti da molto più tempo e non si erano mai soffermati a pensarci. Sul fatto che quel momento ci fosse stato però nessuno dei due aveva dubbi anche se non lo avevano mai confessato all’altro.
 
Akane si sentì persa. Come quando ti avvicini alla cattedra per l’interrogazione ma la tua mente è una pagina bianca e non sai da che parte cominciare.
 
“Cinquanta secondi!”
 
Ok doveva calmarsi e cercare di vederla da un’altra prospettiva, senza immaginarsi chissà quale significato importante. Dopo tutto quello era solo uno stupido gioco dove non aveva importanza né la domanda né la risposta, ma solo vincere il premio. Doveva comportarsi come nella recita di Romeo e Giulietta mettendo da parte l’imbarazzo e tirando fuori lo scotch.
 
Ranma aveva avuto poco tempo per scrivere la sua risposta e sapeva che lei ne avrebbe avuto altrettanto poco per provare ad indovinare. Doveva essere per forza qualcosa di semplice. E cos’è la cosa più semplice che ti può venire in mente senza doverci nemmeno pensare?
 
“La verità” le disse una vocina dentro di sé che prontamente scacciò.
 
“Quaranta secondi!”
 
Ripercorse i momenti trascorsi insieme dall’inizio nella speranza di trovarne alcuni più significativi di altri.
 
C’era stato il loro incontro ovviamente, ma Ranma era una ragazza quando entrò a casa Tendo per la prima volta in braccio ad un panda. No, lui non avrebbe mai scelto un episodio in cui aveva le sembianze femminili. Anche se, poco più tardi, Akane lo avrebbe visto anche nelle sue vere sembianze… e che sembianze.
 
Akane arrossì di colpo catturando l’attenzione di Ranma. Lui la guardò aggrottando le sopracciglia mentre si chiedeva a cosa stesse pensando la sua fidanzata.
 
Akane tentò di ricomporsi.
 
Ma cosa andava a pensare, Ranma non poteva essere così pervertito da credere di essersi innamorato di lei nel momento in cui l’aveva vista nuda nel bagno. Peraltro questo avrebbe significato che il loro era stato amore a prima vista. E no, era abbastanza sicura che le cose tra loro non stessero esattamente così.
 
“Trenta secondi!”
 
Doveva velocizzarsi. Allora, c’era stata quella volta a scuola in cui lui l’aveva vista combattere con i compagni di classe all’entrata. Per un appassionato di arti marziali quella doveva essere una scena abbastanza intrigante. Poi quella in cui lui l’aveva salvata dalla spada di Kuno, quando erano finiti in punizione fuori dalla classe con i secchi di acqua in mano. E ancora, quando lui le chiese se voleva che le portasse la cartella o quando per prendere tempo con Ranma alle prese con una teiera sull’albero lei aveva sfidato Kuno. A ripensarci in quella occasione era stata davvero gentile con quello che ancora era quasi un estraneo per lei.
 
“Venti secondi!”
 
Poi c’era quello che si sarebbe potuto definire un “momento”. Quel giorno avevano litigato di nuovo, Ranma l’aveva accusata di essere poco femminile, lei aveva promesso a Kasumi che non avrebbe più picchiato nessuno, ma poi lui l’aveva provocata ed era finito dritto dal dottor Tofu.
 
Il dottore aveva fatto un non so cosa alle gambe di Ranma, fatto sta che gli si erano tipo addormentate, e lui non riusciva più a camminare. Sorrise a ripensare alle sue lamentele su quanto fosse svilente per un uomo accettare di farsi portare in braccio da una donna.
 
Ranma continuava a osservare le montagne russe di espressioni che passavano sul volto della ragazza mentre quella si arrovellava per cercare la soluzione. Eppure non era stato così difficile per lui rispondere a quella domanda, nonostante non se la fosse mai posta prima. Ricordava ancora il profumo dei suoi capelli lunghi mossi dal vento mentre lui stava appoggiato contro la sua schiena. Aveva delle spalle così piccole che aveva quasi paura a reggersi a lei.
 
“Dieci secondi!”
 
Akane tentennò. E se aveva preso un abbaglio? Magari per Ranma c’era stata un'altra partentesi più importante di quella.
 
“Nove!”
 
Tipo quando lui le disse che era carina quando sorrideva. In effetti glielo aveva ridetto poco prima a casa mentre si preparavano. O quando lui l’abbracciò su quell’albero per salvarla dall’ombrello di Ryoga o, ancora, quando poco dopo le disse quanto stesse bene coi capelli corti. Avrebbe giurato di aver scorto una gelosia nei confronti del dottor Tofu quella volta.
 
“Otto!”
 
O il loro bacio nella scena finale della recita. In fondo Ranma non sospettava dello scotch e, se lei non lo avesse messo, lui l’avrebbe baciata per davvero.
 
“Sette!”
 
Eppure tutte quelle occasioni le sembravano troppo recenti.
 
“Sei!”
 
Non avrebbe saputo spiegarsi il perché, ma in qualche modo sentiva che la scintilla tra loro doveva essere scattata prima.
 
“Cinque!”
 
Akane pregò di aver indovinato.
 
“Quattro!”
 
E se invece avesse frainteso tutto quanto?
 
E se la risposta giusta era che quel momento doveva ancora arrivare perché lui NON era innamorato di lei!?
 
“Tre!”
 
Non c’era più tempo per i dubbi.
 
“Due!”
 
A noi due Ranma.
 
“Uno!”
 
“La volta in cui mi hai riportato a casa sulle tue spalle” rispose finalmente con lo sguardo incatenato a quello di Ranma.
 
Lui sgranò impercettibilmente gli occhi. Non riusciva a credere che lei avesse indovinato ancora una volta. Aveva risposto correttamente all’unica domanda che contasse qualcosa in quel ridicolo gioco. La sua Akane l’aveva capito e lo aveva capito.
 
I due restarono a fissarsi negli occhi come se non ci fosse nessun altro intorno, prima di sentire qualcuno schiarirsi rumorosamente la voce.
 
“Non vorrei rovinare il momento, ma devo avvertirvi che la risposta è giusta e con questa siamo giunti alla domanda numero nove!” li interruppe il presentatore.
 
“Ranma, cos’è la cosa che Akane ama più di te?”
 
Akane alzò le sopracciglia mostrandosi di nuovo impreparata. Sperava che il peggio fosse passato ma non era così. Un’altra domanda spinosa.
 
Notò che invece Ranma sembrava stranamente più rilassato rispetto alla domanda precedente.
 
Che cosa amava lei di Ranma. “Tutto” valeva come risposta? Forse no, ma era la verità. Adesso però in quel tutto doveva scegliere la cosa principale.
 
Partendo dall’aspetto fisico di Ranma, non c’era niente che non fosse semplicemente perfetto ed Akane non era - ahimè - l’unica ad essersene accorta.
 
Amava i suoi occhi color mare in tempesta capaci di farle tremare le gambe. Amava il suo profilo che sembrava scolpito da un’artista dalla fronte, al naso, la bocca, il mento. Amava i suoi capelli spesso scompigliati, anzi li amava soprattutto quando erano scompigliati. Tipo quando finiva di allenarsi e aveva la frangetta appiccicata alla fronte sudata o quando aveva appena fatto il bagno e le ciocche gli ricadevano addosso ancora umide. Amava le sue spalle grandi e le sue braccia forti e ben definite, enfatizzate dalle canottiere che spesso indossava. Fosse stato per lei avrebbe potuto benissimo girare per casa a petto nudo, perché anche quello era - ovviamente - da mozzare il fiato. Per non parlare dei suoi addominali scolpiti e… ok il concetto dell’aspetto fisico era chiaro. Peraltro lei aveva avuto modo di vedere lo spettacolo completo.
 
Non poté fare a meno di sorridere immaginando le sue amiche impiccione chiederle se si fossero mai visti nudi. “Sì in effetti, poche ore dopo esserci conosciuti”. Se solo l’avessero scoperto l’avrebbero fatta morbida.
 
“Trenta secondi, metà del tempo è andata ragazzo!”
 
Va bene adesso basta fare la pervertita, che diamine. Doveva concentrarsi sulle cose importanti, sulla bellezza interiore per esempio!
 
Ranma era una delle persone più determinate che lei conoscesse, la sua forza di volontà non aveva limiti. Era anche una persona integra e con dei valori, non tradiva mai la sua parola una volta data. Era un amico generoso e fidato, di quelli che non ti lasciano in difficoltà. E alle volte sapeva anche essere premuroso. Persino con lei.
 
“Il tempo sta per scadere!” la interruppe il cappello sbrilluccicante.
 
Akane sospirò impotente mentre alzava gli occhi su Ranma. Non riusciva proprio a decidersi.
 
Lui le rispose con un mezzo sorriso spavaldo.
 
A quel piccolo gesto Akane per poco non si strozzò con la sua stessa saliva.
 
No, non poteva crederci. Se conosceva Ranma quell’espressione, sommata al suo ego, poteva voler dire una cosa sola.
 
“Lei ama tutto di me” rispose Akane con faccia rassegnata.
 
Ranma la guardò di nuovo sorpreso.
 
Sì, perché lei quella sera lo stava davvero sorprendendo e non era solo questione di risposte giuste o sbagliate. Akane stava dando prova di conoscerlo più di quanto lui non avesse mai immaginato.
 
“La risposta è giusta, per quanto incredibile devo ammettere, siamo modesti qui eh?” chiese il presentatore in direzione di Akane.
 
Akane scosse la testa e Ranma sollevò le spalle arrendevole.
 
“Ma non è il momento di adagiarvi sugli allori sul finale perché questa domanda, per quanto apparentemente banale per una coppia, nasconde delle insidie! Soprattutto quando le risposte dei partecipanti non coincidono eheh…
 
Decima ed ultima domanda: quando è stata l’ultima volta in cui vi siete baciati?”
 
Akane aprì la bocca in un moto di stupore misto alla consapevolezza di chi all’improvviso è riuscito a connettere i puntini.
 
Avevano vinto.

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Capitolo 7
*** Il nostro posto ***


CAPITOLO 7 – Il nostro posto

 
Tetto di casa Tendo.
 
Una brezza leggera scompigliava dei capelli neri legati in un codino.
 
Akane se ne stava seduta su quello che, a quanto pareva, entrambi reputavano il “loro posto”.
 
Sorrise pensando che, quella volta, non le era servita neanche la scala per salirci. Forse un po’ le sarebbe mancato quel corpo, sempre che prima o poi fossero riusciti a tornare ognuno nel proprio.
 
La serata alla fiera era stata un turbinio di emozioni.
 
Lei e Ranma erano stati talmente concentrati sulla gara, che non si erano preoccupati troppo di aver gridato al mondo intero di essere innamorati l’uno dell’altra. Anche se per finta, s’intende. Cosa alquanto difficile da spiegare agli altri però.
 
Erano stati un po’ ingenui infatti a pensare che non vi avrebbero dato peso. Nel momento della proclamazione della vittoria non erano mancate le battutine degli amici ma, soprattutto, le pretese dei loro genitori per “cogliere l’attimo” e arrangiare subito un matrimonio. Un altro.
 
E in tutta quella confusione aveva perso Ranma.
 
Quello stupido era riemerso solo quando si erano calmate le acque, tutto sorridente e con in mano i due biglietti per la Cina. Che sciocca era stata a pensare che ci fosse stato qualcosa di vero tra loro quella sera. Pure quel bacio prima di iniziare era stato studiato a tavolino da Ranma con l’unico obiettivo di vincere il gioco. “Per augurare buona fortuna al mio fidanzato” aveva detto lui. Si certo, come no.
 
“Ma sei qui maschiaccio?” chiese l’oggetto dei suoi pensieri – e desideri – mentre cercava di arrampicarsi sul tetto senza scivolare di sotto.
 
Per quanto Ranma trovasse adorabile quel corpicino, non gli sarebbe mancato abitarlo. Anzi, non vedeva l’ora di vederlo di nuovo addosso alla sua legittima proprietaria.
 
“Beh dovresti saperlo che mi piace questo posto, no? Domanda numero sette” rispose Akane acida.
 
“Va tutto bene?” chiese Ranma inarcando un sopracciglio. Non gli era sfuggito il tono risentito della fidanzata.
 
“Benissimo, sono solo un po’ stanca” concluse lei con la classica risposta di chi non vuole rispondere.
 
“Ci credo, hai mangiato pochissimo stasera. Guarda che per mantenere tutti questi muscoli ti servono più calorie” tentò Ranma mentre le tastava i suoi adorati bicipiti “Oddio, non che tu di solito ti riguardi troppo ad abbuffarti eh”
 
“Hai finito di insultarmi? Ti ho detto che sono stanca” gli rispose secca Akane scansandosi dalla sua presa per voltarsi dall’altra parte.
 
Ranma, ancora accovacciato alla sua altezza, si avvicinò all’orecchio di lei.
 
“Allora dovresti proprio andare…nel nostro posto” le sussurrò con un sorriso malizioso marcando particolarmente l’aggettivo possessivo.
 
A quelle parole Akane si voltò di scatto verso di lui con la faccia scioccata.
 
“Sei il solito deficiente!! Ancora non capisco come abbiate fatto tutti a travisare la mia risposta!” replicò ferita alzando la voce.
 
Non voleva tornare con la mente a quel momento, era stato troppo imbarazzante. Anche se, almeno apparentemente, la figura del maniaco l’aveva fatta fare a Ranma.
 
Alla reazione della fidanzata Ranma scoppiò a ridere di gusto.
 
“Aspetta, ma tu avevi capito bene vero?” chiese ancora lei, questa volta con un tono preoccupato. Aveva dato per scontato che Ranma avesse compreso sin da subito la risposta esatta. In fondo erano stati seduti a meno di un metro l’una dall’altro durante il gioco.
 
Ranma decise di tenerla sulle spine per un po’. Adorava quando Akane arrossiva per lui, doveva solo provare a immaginare di avere davanti il suo solito faccino invece della propria faccia da schiaffi.
 
“A dire il vero anch’io, all’inizio, ho pensato che tu avessi detto letto, ma non mi sono stupito troppo considerati i discorsi da depravate che siete solite fare tu e le tue amiche…” commentò lui guardandola di sottecchi.
 
“Cosa vorresti dire scusa? Anzi, mi hai appena fatto ricordare della frecciatina di Yuka… non hai detto qualcosa di strano su di noi quando eri a fare shopping, vero?” chiese Akane sempre più allarmata.
 
“Potrei aver detto qualcosa sul baseball sì… uhm seconda base se non ricordo male” rispose Ranma pensieroso grattandosi il mento. Aveva già dimenticato lo scambio di battute avuto con le loro compagne di classe, ricordava solo che desiderava scappare da tutti quei vestiti e da quelle domande invadenti.
 
Akane però sembrava prendere quella storia molto seriamente. Lei infatti lo stava fissando con la faccia inorridita.
 
Con un sospiro Akane chiuse gli occhi portandosi l’indice e il pollice all’attaccatura del naso, come per riflettere bene su come spiegare una cosa molto difficile a un bambino.
 
“Ranma, tu sai almeno cosa significa?” gli chiese rassegnata.
 
“Che cosa?” domandò lui non seguendola.
 
“La storia della seconda base” rispose lei paziente sempre con gli occhi chiusi.
 
“Mmh in effetti no, ma mi è bastato per levarmi dai piedi le tue amiche. Ho forse detto qualcosa di male?” le chiese lui genuinamente interessato a capirci qualcosa.
 
Akane non poté fare a meno di pensare a quanto fosse ingenuo alle volte il suo fidanzato.
 
“Beh, dipende. In pratica hai detto loro che noi, ecco… che noi ogni tanto ci baciamo, appassionatamente diciamo pure e… magari ci tocchiamo anche, cioè accarezziamo, con le mani sai… mentre ci baciamo intendo” concluse Akane riuscendo miracolosamente a non strozzarsi.
 
Non era certa di aver partorito una frase di senso compiuto, ma dal calore che sentiva sulle sue guance era più che certa di essere arrossita.
 
“Cosa!?” esclamò Ranma assumendo all’istante la stessa tonalità della fidanzata.
 
“I-io non lo sapevo! Non lo avrei mai d-detto se solo lo avessi saputo. Voglio dire, non potrei mai fare niente di simile con…” lasciò la frase sospesa senza sapere bene come continuare.
 
Le tegole del tetto erano diventate improvvisamente molto interessanti per lui.
 
“Sì lo so. Non potresti mai fare niente di simile con un maschiaccio come me, tranquillo” concluse Akane per lui.
 
Era delusa, ma tanto se lo aspettava.
 
Ranma rimase in religioso silenzio. Desiderava correggere il tiro per non offenderla, ma non poteva ammettere di voler fare quelle cose con lei per quanto, in realtà, lo desiderasse eccome. Da quel punto di vista loro erano talmente indietro, che non osava sperare tanto. Gli sarebbe bastato potersi avvicinare a lei senza beccarsi un pugno in faccia o sentirsi dare del maniaco.
 
Restarono lì seduti a osservare le stelle per un po’, vicini ma allo stesso tempo lontani.
 
Fu Ranma il primo a spezzare quella tranquillità solo apparente.
 
“Comunque non mi hai colpito così forte stamani” se ne uscì lui dal nulla.
 
“Che vuoi dire?” chiese Akane voltandosi verso il fidanzato.
 
“Voglio dire che, quando mi hai tirato quel pugno in giardino, non intendevi davvero farmi male. E questo è un bene considerata la situazione. Se ci avessi messo tutta la mia forza in quel colpo, di certo ora non saremmo qui a chiacchierare come se niente fosse” constatò Ranma serio.
 
“Può darsi” Akane non capiva dove volesse andare a parare.
 
“Quindi…” continuò Ranma con un sorriso trionfante “tutte le volte che mi colpisci non lo fai mai con l’intenzione di farmi davvero male, anche quando sei molto arrabbiata!”
 
Beccata.
 
“Beh, non sono mica un mostro” rispose Akane distogliendo lo sguardo dalla faccia sorridente di Ranma. E come avrebbe potuto desiderare di fargli del male?
 
Un altro dei loro silenzi. Di quelli autoinflitti nonostante la voglia di chiedere, sapere, capire.
 
“Akane, senti…” cominciò lui.
 
“Ranma, io…” tentò lei nello stesso momento.
 
Si fermarono entrambi a studiarsi nel gioco dei convenevoli codardi.
 
“Prima tu” l’anticipò Ranma.
 
“No, avevi iniziato tu” replicò prontamente Akane. Per una volta che lui sembrava aver preso l’iniziativa, lei non lo avrebbe di certo scoraggiato.
 
Tra le dieci domande in cui si erano misurati quella sera ce n’era una in particolare che non riusciva ad abbandonare la mente dei due. E questo nonostante avessero dato entrambi la stessa risposta. Anzi, era proprio per via di quella stessa risposta che provavano emozioni forti e confuse.
 
Ranma decise nuovamente di farsi coraggio.
 
“Io mi stavo chiedendo come hai fatto prima a… ecco… indovinare la risposta alla domanda numero nove” riuscì a chiederle congratulandosi mentalmente con se stesso per aver trovato la forza di porle quella domanda così difficile.
 
Akane lo guardò stranita. Per un attimo aveva davvero pensato che lui volesse affrontare il suo stesso discorso.
 
Fece un sospiro sconsolato prima di parlare.
 
“Quella sul fatto che io amerei tutto di te? Facile, perché ti conosco e so che sei un pallone gonfiato pieno di sé” gli rispose lei col tono di chi spiega l’ovvio.
 
“No, non quella! Ho sbagliato numero, io mi riferivo a quella sul… sul momento in cui noi c-ci siamo… o meglio ci saremmo i-innamorati” rispose lui con un filo di voce.
 
Finalmente.
 
Akane si morse il labbro inferiore mentre cercava di rallentare i battiti del suo cuore. Nonostante desiderasse con tutta se stessa fare chiarezza tra loro una volta per tutte, non era sicura di essere davvero pronta ad affrontare quel discorso. E se Ranma stesse per confermarle che quello era stato solo un gioco?
 
“Non c’era questa nella lista: la domanda era sul momento in cui TU ti sei innamorato di ME” replicò lei spregiosa.
 
Non voleva fare l’antipatica in quel momento, ma nemmeno che lui si nascondesse dietro a un dito.
 
“Sì vabbè quello che era, figurati se mi ricordo le domande di quel rimbambito del concorso” rispose lui senza il coraggio di guardarla in faccia.
 
Il cuore di Akane non accennava a rallentare. Maledizione l’aveva messa con le spalle al muro.
 
La verità era che lei, al tempo di quella scena accaduta fuori dallo studio del dottor Tofu, era già cotta a puntino. Dopo la litigata fatta quel giorno, non ci avrebbe pensato due volte a tornarsene a casa lasciando che l’altro si arrangiasse. Sì, si sarebbe comportata così con chiunque, del resto anche la sua rinomata gentilezza aveva un limite. Con chiunque ma non con Ranma. Quando c’era di mezzo lui tutto il suo raziocinio andava a farsi benedire. E così si era chinata per caricarselo sulle spalle. E, per la prima volta, aveva percepito qualcosa fare breccia nella loro barriera invisibile. C’era stata una sorta di intimità tra loro in quel momento che, paragonata al ritrovarsi nudi nel bagno, non era niente. Quel giorno si era sentita vicina a Ranma come mai prima di allora e avrebbe giurato che anche per lui fosse stato lo stesso.
 
Mentre continuava a torturarsi il labbro si chiese come avrebbe reagito lui se lei gli avesse semplicemente rivelato quei pensieri. Si sarebbe messo a ridere? Si sarebbe vantato del fatto che tutte le ragazze prima o poi cadevano ai suoi piedi?
 
“Se proprio ci tieni a saperlo, io ho solo pensato a un momento a caso” mentì infine.
 
Era concesso anche a lei di scappare ogni tanto, no?
 
“E hai indovinato così come se nulla fosse? Un bel colpo di fortuna non c’è che dire” commentò Ranma girandosi verso di lei per guardarla negli occhi.
 
Non se l’era bevuta neanche un po’. Quella risposta non gli bastava, voleva capire come diavolo avesse fatto lei a leggergli dentro come nemmeno lui sapeva fare.
 
Tornò con la mente a poche ore prima, sul retro del palco con una lista di domande assurde in una mano e una penna nell’altra. Quella era stata la prima volta in cui era riuscito, non solo ad ammettere a se stesso di essersi innamorato di Akane, ma anche a determinare il momento in cui se ne era reso conto. Ed era stato maledettamente semplice a ripensarci.
 
“Bugiarda” la incalzò lui speranzoso “com’è che hai pensato proprio a quel momento?”
 
A quel punto Akane finalmente si voltò verso il fidanzato, piantandogli due occhi blu addosso.
 
“Ranma, che cosa mi stai chiedendo esattamente?”
 
E mentre gli porgeva quella domanda, pregò con tutta se stessa che lui trovasse la forza per entrambi senza scappare come aveva fatto lei poco prima.
 
La resa dei conti era arrivata.
 
Ranma deglutì mentre sosteneva lo sguardo di lei. Aveva capito benissimo che cosa intendesse Akane con quelle parole. Sarebbe bastato dirle la verità una volta per tutte.
 
E se lei avesse davvero pensato al primo momento pseudo-romantico tra loro che le era venuto in mente? Considerata la coppia inconsueta che formavano, occasioni come quella della fatidica risposta si contavano sulle dita di una mano. Era probabile che lei, a differenza sua, non avesse dato alcuna importanza a quel gesto. D’altronde Akane era sempre così gentile con tutti, probabilmente lo avrebbe fatto per chiunque.
 
“I-io non ci riesco così, è troppo assurdo tutto questo, mi sembra di parlare davanti a uno specchio!” Ranma si alzò in piedi frustrato maledicendo i propri limiti.
 
Akane sospirò spostando lo sguardo verso i tetti delle case in lontananza. Niente da fare, Ranma si stava dando alla fuga.
 
Prevedibile. Anche se lei fino all’ultimo aveva sperato in una reazione diversa.
 
“Io me ne vado a letto” disse alzandosi a sua volta e, prima che il fidanzato potesse replicare, “in camera mia sì tanto a quest’ora non mi vede nessuno. Buonanotte Ranma, sono felice che potrai finalmente tornare in Cina”.
 
Con un agile balzo lasciò il tetto per infilarsi nella sua camera.
 
 
Casa Tendo.
 
Ranma si strascicava verso la sua stanza col morale a terra. E questo nonostante la vittoria grazie alla quale aveva ottenuto quello che aveva sempre desiderato. Eppure si sentiva come svuotato e, in qualche modo, sconfitto. Improvvisamente l’idea di partire per la Cina non era più così allettante per lui.
 
Ma era davvero il passaporto per tornare un ragazzo al cento per cento la cosa che desiderava più di tutte? Era diventato così normale per lui abitare part-time un corpo femminile, che quasi quasi si stava già abituando anche a quello di Akane.
 
“Notte cognatino” lo salutò Nabiki incrociandolo nel corridoio.
 
“Notte” rispose lui sovrappensiero con la testa altrove.
 
“Cosa!? Aspetta come mi hai chiamata? Nabiki temo tu sia parecchio stanca stasera se non riconosci neanche tua sorella eheh” cercò di recuperare, troppo tardi, Ranma.
 
La mezzana finì di ripulirsi alcuni glitter rimasti tra i capelli con un sorriso soddisfatto sul volto.
 
Ranma osservò quei movimenti sgranando gli occhi a rallentatore. Come quando in un giallo capisci finalmente chi è il colpevole e realizzi che, nel corso della storia, avevi avuto un sacco di indizi.
 
No, non era possibile. E invece sì che lo era conoscendola.
 
Ranma ripercorse con orrore le ultime ore della giornata. Quand’è che aveva visto Nabiki l’ultima volta? Poco dopo essere arrivati alla fiera, lei non aveva nemmeno cenato con loro. E poi, un concorso con in palio un viaggio in Cina che se ne esce dal nulla… tra tutte le mete sul mappamondo perché proprio la Cina? E quel misero palco con solo un tavolo e due sedie di fortuna, era palese che fosse stato arrangiato all’ultimo. E perché, tra tutti gli iscritti, era toccato subito a loro? Anche le domande, ripensandoci, sembravano cucite addosso a lui e ad Akane. E ancora, ecco perché l’unica domanda in cui il presentatore non aveva fatto il buffone era stata quella sulla loro madre.
Beh, se non altro questo significava che anche Nabiki aveva un cuore.
 
Sotto lo strambo cappello si era nascosta la vipera per tutta la sera.
 
“Vedo che stai iniziando a capire, eh? Se è così, dovresti anche aver capito che l’ho fatto solo per voi. A proposito, scusa tanto per il premio fittizio ma, d’altronde, che ti aspettavi? Non avete sborsato uno straccio di yen per iscrivervi alla gara” con queste parole Nabiki si congedò lasciando nel corridoio una ragazza incapace di ribattere.
 
 
Mezz’ora più tardi Ranma giaceva disteso sul suo futon. Ovviamente non riusciva a prendere sonno e non per via del russare di suo padre stavolta.
 
Si alzò per andare in bagno a sciacquarsi la faccia, a quel punto tanto valeva cercare di stancarsi per bene allentando la tensione in palestra. Troppe emozioni quella giornata.
 
Girato l’angolo vide un’ombra, piccola ma velocissima, spostarsi nel corridoio. Che fosse un ladro?
 
Sì lo era, ma di biancheria intima femminile.
 
“Lurido vecchiaccio è tutta colpa tua!” gli urlò in faccia spalancando la porta della sua stanza.
 
“Shhhh abbassa la voce o sveglierai tutti! Se vuoi dormire con me Akanuccia cara non devi neanche chiedermelo” ripose il vecchietto fintamente innocuo gettandosi a braccia aperte sul suo petto.
 
Ranma lo bloccò a terra. Quando il maestro abbassava la guardia non era poi così invincibile.
 
“Che fai ti prendi gioco di me? Guarda che lo so che sai benissimo che non sono Akane! E so anche che questo disastro è opera tua! Adesso dimmi come facciamo a tornare nei nostri corpi!” lo incalzò Ranma schiacciandolo contro il pavimento.
 
“Mh non so se ne ho voglia…” sghignazzò il vecchietto di rimando.
 
A quella risposta Ranma fece per afferrarlo per la gola, ma Happosai non si fece prendere una seconda volta.
 
“Ok va bene, calmati te lo dirò. A una condizione però” rispose serissimo il maestro mimando il numero uno con la mano.
 
“Sentiamo” lo incitò Ranma serrando i pugni.
 
Happosai lanciò uno sguardo veloce all’orologio appeso in camera.
 
“Fammi prima vedere il reggiseno che sta indossando Akane” chiese il maniaco con le mani a mo’ di preghiera.
 
Ranma strabuzzò gli occhi. Questo era davvero troppo.
 
“Stai scherzando spero! Prova a dire un’altra bestialità del genere e giuro che io ti…” disse mentre si scagliava contro il vecchietto con tutta la forza di cui era capace con quel corpo.
 
Ma rimase letteralmente bloccato ad un passo da Happosai.
 
“Avanti Ranma, non dirmi che anche tu non ci hai fatto un pensierino?” gli domandò il maestro tenendolo a distanza con la sua pipa senza mostrare la benché minima fatica.
 
Certo che ci aveva fatto un pensierino, ma non lo avrebbe mai ammesso. Ma soprattutto non lo avrebbe mai fatto in modo così subdolo, approfittandosi della situazione e della sua fidanzata.
 
“Non ti permetto di mancarle di rispetto in questo modo!” urlò di nuovo Ranma fregandosene del fatto che fosse notte fonda.
 
“Oh e va bene, quante storie per una cosetta così da nulla. Se veramente vuoi il mio aiuto, devi promettermi che mi farai fare un bel bagnetto con…”
 
Troppo tardi. L’orologio scattò la mezzanotte.
 
Fu un attimo, proprio come era successo quella mattina: la stazza di Ranma aumentò di colpo, il seno scomparve e sulla spalla spuntò il suo amato codino.
 
“Sono… sono tornato normale!” disse Ranma toccandosi il volto con le mani e tastandosi soddisfatto il resto del corpo. Sì, era tutto al suo posto finalmente.
 
Fortuna che dopo essersi disfatto del kimono aveva rimesso i suoi soliti vestiti. E nessun reggiseno era incluso.
 
Girò lo sguardo truce in direzione del vecchio.
 
“Tu… tu non dovevi fare proprio nulla, eh? L’inversione si sarebbe comunque interrotta a mezzanotte?” gli domandò mentre gli andava incontro scrocchiandosi le nocche delle mani.
 
“Ranma non fare cose di cui potresti pentirti, io sono solo un povero…” indietreggiò il maestro cercando di placare la furia del suo allievo.
 
“E hai pure osato chiedermi quelle oscenità in cambio!?” con quest’ultima frase si scagliò contro di lui.
 
“Aspetta Ranma, non vuoi prima sapere perché l’ho fatto?” cercò di guadagnare tempo Happosai.
 
Ranma si fermò.
 
“Non mi dirai che il tuo obbiettivo era quello di scambiare il tuo di corpo con quello di Akane?” gli chiese con fare minaccioso afferrandolo per i vestiti.
 
“Veramente…” cercò di spiegarsi Happosai indeciso se confessare o meno.
 
“Cosa?”
 
“Veramente io volevo scambiarlo con te” rispose infine il vecchietto con un sorriso candido.
 
Ranma mollò la presa all’istante, inorridito e al tempo stesso sollevato per lo scampato pericolo.
 
Non avrebbe saputo dire se temeva di più ritrovarsi in quel corpo avvizzito o immaginare Happosai nel proprio corpo.
 
Ranma rabbrividì un’ultima volta prima di lasciare la stanza col suo ospite - momentaneamente - illeso. Oh lo avrebbe fatto a pezzi per quel tentativo infame, ma un altro giorno. In quel momento aveva una cosa più importate e decisamente più piacevole in programma.
 
Avrebbe cancellato presto quel broncio triste che aveva lasciato prima sulla faccia della fidanzata.
 
 
Camera di Akane Tendo.
 
Ranma non provò neanche a bussare, certo che lei stesse dormendo profondamente. Aprì e richiuse la porta facendo attenzione a non fare il minimo rumore.
 
Le tende della finestra non erano tirate del tutto e dei raggi di luna filtravano nella stanza illuminando il volto della sua fidanzata.
 
Ranma rimase a guardarla qualche secondo prima di avvicinarsi silenziosamente a lei.
 
Sì era proprio lei. Bella come sempre.
 
“Ehi Akane, svegliati sono io” le sussurrò all’orecchio.
 
Due occhi ambrati si aprirono all’istante, come se lo stessero aspettando da sempre.
 
Akane sbatté più volte le palpebre, giusto il tempo di mettere a fuoco la vista e con essa le idee.
 
Ranma se ne stava seduto sul bordo del letto. Non aveva aggiunto altro limitandosi a sorriderle, certo che lei avrebbe capito subito quello che era successo semplicemente guardandolo.
 
Ma si sbagliava di grosso.
 
Una mano con cinque dita ben aperte si stava dirigendo a tutta velocità verso la sua guancia.
 
“Brutto maniaco cosa stavi…” fece infatti per gridare Akane.
 
Ranma la bloccò prontamente con una mano sul polso e l’altra a tapparle delicatamente la bocca.
Ci mancava solo che tutta la famiglia facesse irruzione nella stanza.
 
“Akane ma non mi vedi sono io! Sono tornato normale, siamo tornati normali! Volevo dirtelo subito è per questo che sono venuto qui a quest’ora. Scusa se sono entrato così” spiegò lui cercando di calmarla.
 
Solo in quel momento Akane, immobilizzata e ancora un po’ frastornata dal sonno, realizzò che quella che stava osservando era, in effetti, proprio la sua faccia preferita.
 
Ranma la liberò dalla sua presa salda, nella speranza di essere ormai fuori pericolo.
 
Lei scostò le coperte di scatto per controllare che anche il proprio corpo fosse finalmente al suo posto. Ed eccoli lì i suoi adorati fianchi, le erano proprio mancati. Al diavolo il fisico da urlo di Ranko!
 
“Ma allora è vero!? È tutto risolto?” bisbigliò Akane confusa cercando un’ultima conferma negli occhi del fidanzato.
 
“Eh già” le rispose lui con uno dei suoi soliti sorrisi sghembi.
 
Senza pensarci due volte, Akane si gettò su di lui per abbracciarlo.
 
Ranma rimase un attimo interdetto dall’intraprendenza della sua fidanzata, prima di ricambiare goffamente quell’abbraccio.
 
Perché a lui non venivamo mai naturali quelle cose? Si sentiva sempre tremendamente impacciato.
 
Esaurito il tempo socialmente appropriato per esultare, entrambi sciolsero l’abbraccio ripristinando un minimo di distanza.
 
“Scusami io… ecco volevo solo festeggiare il nostro ritorno alla normalità” sussurrò Akane vergognosa raccogliendo le gambe al petto.
 
“Tranquilla… stasera è tutto un festeggiare, eh?” le fece eco Ranma tentando invano di smorzare la tensione.
 
“Già” Akane puntò di nuovo gli occhi su di lui.
 
Quegli occhi da cerbiatta sembravano in attesa di qualcosa e sembravano chiedere a Ranma di non deluderli stavolta.
 
E lui stavolta era pronto.
 
“Avevi ragione sai, c’era il vecchiaccio dietro tutto questo… in ogni caso a mezzanotte l’effetto sarebbe finito e infatti eccoci qui nei nostri corpi” disse Ranma mentre guardava altrove grattandosi la nuca.
 
Non così pronto dopotutto. Come in un telefono senza fili malfunzionante, la frase formulata nella sua testa si era storpiata in una banalità appena era arrivata alla bocca.
 
“Ok bene, allora è tutto risolto” sentenziò Akane con un sospiro.
 
Non era quella la spiegazione di cui era in attesa.
 
“Mh così pare sì” aggiunse Ranma percependo impotente la delusione di lei.
 
La conversazione era finita. Akane iniziò mentalmente il conto alla rovescia prima di veder uscire di scena il suo fidanzato.
 
Però il desiderio di riprendere il discorso miseramente interrotto sul tetto era troppo forte. E si dice che la fortuna aiuti gli audaci, giusto?
 
“Certo che hai corso un bel rischio con l’ultima domanda…” buttò lì lei con nonchalance e lo sguardo fisso sulle coperte.
 
“In che senso?” chiese Ranma colto di sorpresa.
 
“Nel senso che, prima di salire su quel palco, avrebbero potuto fermarti per davvero. In quel caso tu non avresti avuto modo di baciarmi e io non avrei risposto correttamente” continuò lei sempre con lo sguardo basso e le guance rosa.
 
“Oh beh, io ormai lo avevo scritto. Avrei fatto qualsiasi cosa per darti quel bacio” le sussurrò Ranma.
 
Akane alzò la testa di scatto ritrovandosi a pochi centimetri dal suo volto.
 
A quel gesto Ranma rispose abbassando meccanicamente lo sguardo sulle labbra di Akane.
 
Sentiva il sangue pulsargli rumorosamente nelle tempie. Altro che fisico allenato e frequenza cardiaca a riposo, ancora qualche secondo e gli sarebbe venuto un infarto.
 
Lei rimase a fissarlo. Immobile, benché desiderasse con tutta se stessa rubare qualche centimetro a quell’insopportabile distanza.
 
Ultima chiamata per Ranma Saotome.
 
“A-Akane, riguardo quello di cui stavamo parlando prima sul tetto…” riuscì ad articolare infine recuperando il controllo.
 
“Si?” chiese lei incitandolo con lo sguardo ad andare avanti.
 
Si era già allontanato un poco da lei, però non era scappato.
 
“Ecco io, prima della gara, avevo poco tempo per dare le risposte a quelle domande assurde e quindi… io ho semplicemente scritto la prima cosa che mi veniva in mente” le confessò sperando di suscitare una qualsiasi reazione nella fidanzata.
 
Lei lo fissava con uno sguardo neutro che non osava lasciar trapelare emozioni. Temeva che, alla minima reazione, lui sarebbe fuggito nuovamente. Come un paguro nel suo guscio.
 
“E quindi… beh, lo sanno tutti che il tuo colore preferito è il giallo. E che ti piacciono molto le arti marziali. E che adori quello stupido maiale” riprese Ranma.
 
La fissò per controllare se lei avesse colto la provocazione. Quel silenzio lo metteva tremendamente a disagio.
 
Ad Akane non era certo sfuggita l’offesa al suo adorato porcellino, ma P-chan in quel momento passava decisamente in secondo piano. Tutto, in quel momento, sarebbe passato in secondo piano.
 
“E, ti prego non mi picchiare, ma è chiaro che la cucina non sia proprio il tuo forte” aggiunse Ranma arrendevole provando a sorriderle.
 
Anche in quel caso Akane riuscì, saggiamente, a non reagire.
 
“Poi so che la tua mamma ti manca moltissimo…” proseguì Ranma, questa volta abbassando il tono della voce.
 
Akane deglutì.
 
“E beh, quanto all’amore della tua vita, chiaramente non potevo che scrivere il mio nome. Ma era solo per il gioco eh, non è che io stia insinuando che tu, ecco… Poi il tetto mi sembrava un buon posto, voglio dire da lì c’è una bella vista, è spazioso e comodo… e soprattutto lì possiamo stare un po’ in pace da s-soli senza che nessuno venga a darci fastidio” riuscì a concludere in palese difficoltà.
 
Non appena il gioco si faceva duro ecco che balbettava come un perfetto idiota. Ma doveva andare fino in fondo quella volta. Lo doveva ad Akane, lo doveva a loro.
 
“Poi su quella domanda, quella sul momento ecco…”
 
Eccoci per davvero.
 
“…io ho pensato che quel giorno tu fossi proprio c-carina. Cioè, mi avevi picchiato poco prima a dire il vero, però poi sei stata gentile ad offrirti di aiutarmi. E io ricordo di aver pensato a te, per la prima volta, come a una ragazza… cioè, no scusa, mi sono espresso male. Volevo dire la mia r-ragazza” continuò Ranma a fatica.
 
Salvato in corner. Stava per rovinare tutto.
 
“E ricordo anche di aver pensato che, in fondo, non era così male dover subire un fidanzamento impostomi da altri se quel fidanzamento era, ecco sì, con te” concluse miracolosamente il suo monologo.
 
Dall’altra parte regnava il silenzio.
 
“Ma t-tu come hai fatto a capirlo? Guarda che non ci credo che hai sparato a caso” chiese nuovamente Ranma cercando di non perdere lo slancio.
 
Akane non aveva ancora detto una parola.
 
Dentro di lei però la sua testa urlava. Le urlava che non era stata una pazza ad essersi immaginata certe cose, che quello che aveva colto in determinate situazioni era vero, che effettivamente Ranma provava qualcosa per lei e che non c’era bisogno di estorcere quell’informazione a nessun’altro. Finalmente stava ascoltando la verità dall’unica persona da cui desiderava sentirsela raccontare.
 
Mancava solo un ultimo passo.
 
E così, per la seconda volta da quando si conoscevano, Akane gli fece quella fatidica domanda.
 
“Tu mi ami, vero Ranma?”
 
Ranma smise di respirare per un attimo.
 
Di colpo si ritrovò a diversi mesi fa, in quella stessa camera. Quella volta però era giorno e c’era il sole. Akane indossava l’abito da sposa ed era la cosa più bella che lui avesse mai visto.
 
La richiesta della sua fidanzata era troppo però, lui si era già sbilanciato abbastanza senza ricevere alcun cenno di conferma dall’altra parte. Una cosa era essere coraggiosi, ma lui in quel momento stava precipitando senza paracadute.
 
Alzò lo sguardo su Akane, ma si pentì un attimo dopo averlo fatto.
 
Lei era così perfetta, così vicina, così raggiungibile finalmente.
 
Meno di un minuto all’urto contro il terreno.
 
Akane non aveva lasciato trasparire nessuna emozione, nemmeno mentre gli poneva la domanda più importante di tutte. Ma a quel punto Ranma sapeva che lei stava aspettando solo lui.
 
Di nuovo.
 
Lui che aveva passato una vita intera a lamentarsi delle scelte prese al suo posto da altri. Adesso la scelta era solo nelle sue mani. E forse, scegliendo bene, avrebbe fatto felici tutte le persone presenti in quella stanza.
 
Ranma deglutì mentre prendeva la sua decisione.
 
Pochi secondi all’impatto.
 
Scostò una ciocca di capelli dietro all’orecchio di Akane senza distogliere gli occhi da lei.
 
“Sì, maschiaccio”.
 
E la caduta libera finì.
 
Con grande sorpresa da parte di Ranma però non ci fu nessuno schianto. Era infatti bastata quell’unica vitale conferma perché Akane lo salvasse.
 
Quanto può essere distratto un grande artista marziale per lasciarsi superare la guardia con tanta facilità? Parecchio evidentemente, perché Akane lo stava già baciando mentre con le braccia andava a circondargli il collo.
 
Quanto si può essere scemi per essersi negati per anni un piacere simile che, per tutto quel tempo, era sempre stato a un passo da te? Immensamente, perché sentire le labbra di Akane sulle sue era la sensazione più incredibile del mondo. Meglio di vincere qualsiasi sfida.
 
Quando finalmente il cervello di Ranma smise di farsi domande, lui riuscì a rispondere a quel bacio con una naturalezza che non credeva potesse appartenergli.
 
E mentre abbracciava la sua fidanzata, non poté fare a meno di pensare a quanto fosse piccola e delicata la schiena di Akane tra le sue mani. Proprio come quella volta in cui, tanto tempo prima, realizzò che quella ragazza col caschetto lo aveva fregato per bene.
 
E quanto si era sbagliato a prenderla in giro per la sua “vita larga” pensò mentre continuava a tenerla stratta a sé. Quel corpicino era semplicemente perfetto e lui lo aveva sempre saputo.
 
Si staccarono entrambi per riprendere fiato e sondare reciprocamente il terreno.
 
Akane lo guardava in silenzio con gli occhi lucidi. Aveva ancora quell’espressione indecifrabile sul volto.
 
Ranma sarebbe impazzito se non avesse parlato chiaramente anche lei. Ma caspita, lo aveva appena baciato. Doveva pur voler dire qualcosa, no? Oddio, doveva davvero chiederglielo?
 
“Ma quindi questo s-significa che…?” indugiò Ranma.
 
“Ti amo anch’io, stupido” rispose Akane senza alcuna indecisione.
 
E finalmente lei gli sorrise.
 
La stanza per Ranma si illuminò a giorno.
 
Un attimo prima che i suoi soliti dubbi spuntassero puntuali a farlo tentennare.
 
“Sai però, ecco, se tu me lo stai dicendo adesso per via del viaggio… cioè quella era tutta una finta, io non tornerò in Cina, almeno non a breve… e quindi io resterò così ancora per un po’ temo” farfugliò Ranma preso dal panico.
 
Non le aveva ancora rivelato lo scherzo di Nabiki.
 
Né la sua ansia di non essere mai abbastanza per lei. Per lui era inconcepibile che Akane potesse accettarlo così com’era. Il solo pensare che non avrebbe mai potuto baciarla sotto la pioggia lo uccideva.
 
“Ranma…” fece per tranquillizzarlo Akane prendendogli una mano.
 
“Ma, gioco o non gioco, ti prometto che un giorno io…” continuò lui spostando nervosamente lo sguardo da una parte all’altra della stanza. E se lei si fosse trovata di nuovo nei guai e lui fosse stato a corto di acqua calda? Come avrebbe potuto proteggerla?
 
“Ranma…” tentò di nuovo lei.
 
“N-non è giusto che tu non possa avere al tuo fianco un vero...” era completamente in tilt.
 
“Ranma, vuoi stare un po’ zitto e baciarmi?” lo riprese Akane mentre lo tirava a sé sorpresa dalla sua stessa audacia.
 
E mentre lui abbassava la testa su di lei incredulo e felice, ripristinando quel contatto sublime, pensò che forse si sbagliava. Che forse, incredibilmente, lui le bastava.
 
 
Akane chiuse gli occhi sopraffatta dalle emozioni. Quando quella mattina si era accidentalmente ritrovata nel corpo del suo fidanzato, mai avrebbe immaginato un epilogo del genere.
 
Che sensazione divina starsene tra le braccia di Ranma. Non era la prima volta che succedeva tra un salvataggio eroico e l’altro, ma quella era decisamente tutta un’altra storia! E com’è che Ranma sapeva baciare così bene? Certo che quello se la cavava proprio in tutto.
 
Mentre cercava di aggiustare l’abbraccio come meglio poteva, incespicava con le mani insicure tra il collo e le spalle di lui. Con quella maledetta canottiera, nemmeno a farlo apposta, le capitava sotto mano la sua pelle nuda di continuo. Era così calda e tesa e – diamine – era proprio una ragazza fortunata.
 
Si ritrovò a domandarsi se anche Ranma stesse pensando a lei negli stessi termini, mentre sentiva le sue mani spostarsi dalla sua nuca alla schiena, muovendosi delicate sopra la stoffa di… dei suoi vestiti da uomo!
 
Akane si bloccò inorridita, maledicendosi mentalmente per non essersi cambiata. Indossava ancora la canottiera e i boxer di Ranma! Ma come avrebbe potuto prevedere che quella notte: uno, sarebbe tornata normale, due, che l’uomo della sua vita si sarebbe infilato in camera sua?
 
Sentendo la fidanzata irrigidirsi, Ranma si staccò da lei preoccupato. La scrutò per un attimo per sondare la situazione.
 
Akane, col respiro lievemente affannato e la faccia arrossata, si era portata le mani sul petto come a volersi proteggere.
 
Quella reazione di chiusura fu sufficiente a ripristinare in Ranma tutto l’imbarazzo che, fino a quel momento, era miracolosamente riuscito a mettere da parte. Iniziava a temere che si fossero spinti un po’ troppo in là per essere la prima volta in cui si baciavano. Forse lui avrebbe dovuto tenere le mani a posto. Chissà poi se era quella la famosa seconda base…
 
Tentò quindi di smorzare la situazione con una misera battuta sui suoi vestiti, che aveva notato solo in quel momento. Anche se era tremendamente difficile pensare a qualcosa di diverso da quanto fosse attraente la sua fidanzata in quella mise. Altro che sottovesti di pizzo.
 
“Sai i miei vestiti addosso a te sono proprio…” cominciò Ranma sorridendo impacciato.
 
“Orribili lo so!” concluse Akane prima di lui “Forse dovrei toglierli!” aggiunse velocemente.
 
Questo prima di ingoiarsi la lingua da sola, non appena si rese conto di come suonassero le proprie parole in quella precisa situazione.
 
Ranma sgranò gli occhi perplesso indietreggiando appena. Questa non se l’era aspettata proprio. E lui che temeva che stessero andando troppo veloce.
 
Akane, ancora pietrificata, non riusciva a richiudere la bocca rimasta semiaperta.
 
Proprio lei, così pudica e riservata, doveva uscirsene con una frase del genere in quel momento? Perché la terra non si apriva per inghiottirla?
 
“Cioè, io non intendevo dire… non volevo mica…  oddio non è proprio la mia serata!” piagnucolò avvolgendosi nelle sue coperte come una bambina.
 
Se la terra non l’aiutava, si sarebbe seppellita da sola. Possibile che ultimamente riuscisse solo a collezionare una gaffe dietro l’altra? Come aveva potuto rovinare in modo così stupido il momento che sognava da una vita? Ci avevano messo tre anni solo per darsi un bacio e lei, dopo neanche cinque minuti, gli proponeva di spogliarsi!?
 
Dal suo rifugio sentì qualcuno scostarle le lenzuola.
 
Ranma si abbassò su di lei avvicinando nuovamente il suo viso.
 
Akane spalancò gli occhi domandandosi cosa avesse in mente il suo fidanzato. Aveva capito vero che lei si era sbagliata e che il suo non era un invito a…?
 
“Se vuoi te li tolgo io” le disse Ranma con la voce roca a un centimetro dalle sue labbra.
 
Akane aprì la bocca ma non ne uscì nessun suono. Era talmente incredula, imbarazzata ed emozionata che non sapeva se picchiarlo o lasciarlo fare.
 
A quell’espressione da pesce lesso Ranma non seppe resistere e scoppiò letteralmente a riderle in faccia.
 
“Ahahaha guarda che io stavo scherzando, scema” le disse lui non riuscendo a tornare serio.
 
Il sollievo di Akane lasciò subito spazio all’offesa.
 
“Tu brutto…”
 
Ma non riuscì a portare a termine la sua minaccia che Ranma le stampò un bacio sul naso.
 
“Buonanotte maschiaccio” le sorrise mentre si alzava per raggiungere la porta “e comunque non stai affatto male conciata così, sai?”
 
Eh? Il suo fidanzato le aveva veramente fatto un complimento?
 
“G-grazie…” rispose lei dopo essersi schiarita la voce.
 
“Aspetta, c’è un’ultima cosa che volevo chiederti” le disse lui con una mano già sulla maniglia.
 
Cosa poteva esserci ormai di più imbarazzante?
 
“Ami davvero proprio tutto di me?” le chiese quindi con un sorriso sornione.
 
“Oh va' al diavolo Ranma!” rispose Akane lanciandogli dietro il cuscino.
 
Dalla porta che si richiudeva veloce riuscì a cogliere la risata soddisfatta di Ranma.
 
 
Una volta rimasta sola in camera, Akane si alzò dal letto per spalancare la finestra. Si era fatto decisamente troppo caldo in quella stanza.
 
Si interrogò mentalmente per valutare come la facesse sentire quello che era appena successo. Quindi, ricapitolando: era tornata nel suo corpo, il ragazzo di cui era perdutamente innamorata da anni le aveva appena confessato di amarla e poi le aveva dato il bacio più incredibile del mondo. Cioè, tecnicamente quello era stato il suo unico bacio, ma ciò non toglieva il fatto che fosse il migliore.
 
E mentre osservava la luna quasi piena, con un sorriso stampato sulle labbra, pensò che forse quella ridicola gara non era stata solo un gioco, che forse quel loro fidanzamento non era poi così sbagliato e che forse, un giorno non troppo lontano, avrebbero avuto davvero un nuovo posto preferito.
 
 
FINE
 
 

Ringrazio tutti coloro che sono giunti fin qui e soprattutto chi ha trovato il tempo per lasciare una recensione. Sono sempre molto apprezzate! Questa era la prima volta che mi cimentavo nella scrittura di una fanfiction e non potevo che farlo con uno dei miei manga preferiti di sempre. Nonostante questa passione, ho sempre “sofferto” il fatto che la divina autrice ci abbia lasciati a bocca asciutta sulla svolta tanto attesa tra i due protagonisti.
Spero tanto di avervi tenuto compagnia! 😊
 
P.S. mentre scrivevo quest’ultimo capitolo, ho rivisto i primi sei correggendo qualche refuso qua e là (che odiooo), se doveste trovarne altri non esitate a segnalarmeli!

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