Storia di una morte sospetta

di Alexis Cage
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** L'uscita al bar ***
Capitolo 2: *** Domande ***
Capitolo 3: *** Riunione ***
Capitolo 4: *** Un aperitivo ***
Capitolo 5: *** Al funerale ***
Capitolo 6: *** Colleghi ***



Capitolo 1
*** L'uscita al bar ***


Aveva cominciato a prepararsi presto per l’uscita della sera, come sempre. Le piaceva essere già pronta almeno mezz’ora prima l’orario di ritrovo: la considerava una cortesia minima verso le altre persone. Questo aveva causato infiniti litigi con la sua migliore amica, che evidentemente non era capace di leggere gli orologi per organizzarsi in anticipo; ma quella volta non sarebbe stata lei ad accompagnarla, per cui era un problema suo.
Per passare il tempo nell’attesa si ritrovò a giocare a scacchi con suo fratello: di qualche anno più piccolo ma infinitamente più intelligente, anche se nessuno in famiglia a parte lei sembrava volerlo ammettere, l’unico momento in cui lei aveva almeno una chance di batterlo in una sfida tattica era proprio quando poteva declamare lo scacco matto… anche se vedeva quanto lui migliorasse di partita in partita, e temeva che un giorno avrebbe iniziato a lasciarla vincere per non ferire l’amor proprio della sorella maggiore.
“Perché questa uscita di domenica?” le chiese Phil, sempre pronto a distrarla mentre lei rifletteva sulla mossa da fare; la ragazza si concesse ancora qualche secondo, poi spostò un alfiere e rispose (lentamente, così da essere lei a distrarlo): “Ci saranno un po’ di persone e tutti sono già impegnati di sabato. E quasi nessuno lavora, a parte la sottoscritta sfigata”.
“Che brutto portare il pane a casa, eh?” notò il ragazzino, con gli occhi puntati sulla scacchiera, e lei sbuffò in modo sfacciatamente esagerato:
“Che brutto tornare a casa di notte e svegliarsi prima dell’alba, pure alla stessa ora della mamma.”
Non era una vera e propria tragedia, ma considerò il fatto che in effetti la mattina dopo avrebbe dovuto sfoderare le sue migliori capacità d’attrice per evitare che la madre le rifilasse una ramanzina per lo stato in cui si sarebbe trovata. Non che fosse nello stile della donna, però: di solito preferiva far finta che la figlia non facesse assolutamente niente degno di nota, sorda anche ai pettegolezzi che circolavano in paese quando combinava qualcosa di più eclatante del solito (almeno agli occhi dei bigotti concittadini).
Phil mosse una torre, esattamente come lei aveva previsto, e la sorella non riuscì a trattenersi dal fare un ghigno mentre spostava un pedone, bloccando così ogni via d’uscita al re bianco.
“Scacco matto.”
Phil aggrottò la fronte, come sempre faceva quando non si accorgeva di essere stato fregato. Lei preferiva quando capiva di essere condannato: era più divertente.
“Ah.”
“E siamo tre a uno per la settimana” gli ricordò amabilmente lei. Il fratello aveva ancora gli occhi fissi sulla scacchiera, la fronte aggrottata nel cercare di capire cosa fosse esattamente successo (ed era quello che la convinceva del fatto che prima o poi sarebbe stato lui a detenere le vincite settimanali), poi sospirò leggermente e chiese:
“Un’altra?”
“No, tra poco devo andare.”
“Non esci con Lily?” domandò Phil, ben conscio dell’incapacità patologica dell’amica della sorella di arrivare in orario, cosa che gli aveva concesso spesso un’altra possibilità di rivincita a scacchi.
“Sì, ma mi accompagna qualcun altro, lei sarà già lì.”
“… per la questione Andy?” chiese il ragazzino; la sorella sorrise leggermente, pensando che l’animo drammatico della migliore amica aveva fatto arrivare le sue lamentele pure a Phil, e annuì:
“Sì, ci sarà anche lui.”
“Scommetto che questa volta ce la fa a convincerlo.”
“Io dico di no. L’ha esasperato così tanto che non mi sorprenderei se l’ammazzasse.”
“Comunque ti sei vestita bene, dov’è che andate?” domandò all’improvviso Phil, tenendo gli occhi sulla scacchiera e cominciando a giocherellare con la testa di un pedone; le strappò un sorriso, un po’ ironico e un po’ intristito, e replicò:
“In un posto dove la legge ti impedirebbe di entrare, penso. Giuro che alla prossima uscita non in un bar ti trascino con me, ok?”
“Non so” fece lui, richiudendo subito in sé quella speranza che l’aveva portato a chiederle se poteva uscire con lei. Vederlo dall’ottica della sorella maggiore la distruggeva, perché si sentiva totalmente inerme; andare a fare una ramanzina ai compagni di scuola del fratello, perché loro lo ignoravano come se non esistesse, avrebbe di certo peggiorato la situazione. E lui ogni volta diceva che andava bene, che non era fatto per andare alle feste e stare con tanta gente, ma poi tirava fuori quelle domande per provare a vedere se avesse una speranza di uscire e, quando non c’era, subito si ritirava in sé.
Calò tra di loro un silenzio di qualche secondo, che percepirono entrambi come di troppo; per fortuna in quel momento il campanello di casa trillò, facendoli sobbalzare.
“Questa è la mia chiamata d’uscita” disse lei, alzandosi di scatto e prendendo la sua borsa; Phil non sollevò gli occhi dalla scacchiera, per cui la ragazza provò a tirargli su il morale aggiungendo “Ho un po’ di erba sulla scrivania sotto libri di scuola, se ti va di provare l’emozione di esser figo.”
“Idiota” sbuffò lui, ma dopo fece un sorrisetto che la convinse ad uscire di casa col cuore più leggero. Dopo il ‘non tornare troppo tardi’ paternalistico di Phil, raggiunse la porta d’ingresso e la aprì ancora distratta dall’ansia per il fratellino, dimenticandosi completamente che non si sarebbe trovata davanti Lily.
“Perfettamente puntuale, strano” disse, chiudendosi la porta alle spalle e sollevando solo dopo lo sguardo per scoprire di avere davanti una sconosciuta. Questa replicò, con un sorrisetto tranquillo:
“Mi piace essere in orario, scusa. Comunque bella tuta.”
Lei si rese conto della gaffe fatta, richiamando la sconosciuta per essere stata puntuale, e non riuscì a tirar fuori niente di meglio da un misero “Anche il tuo vestito ti sta bene”. L’altra ragazza continuò a sorridere, poi fece un cenno verso la macchina parcheggiata di fronte e chiese:
“Andiamo?”
S’incamminarono in silenzio, fino a quando lei si rese conto di stare raggiungendo nuovi livelli di maleducazione e subito disse:
“Comunque scusa, non mi sono presentata: io sono Mia.”
“Io Josie” replicò la sconosciuta; poi, arrivate alla macchina, fece il giro dell’auto e aprì lo sportello all’altra ragazza con fare galante: “Benvenuta sulla mia umile locomotrice”.
Mia si sedette al posto del passeggero, ringraziando e ridendo assieme. Guardò l’altra mentre tornava sui suoi passi raggirando l’auto per raggiungere il volante, e pensò che forse non sarebbe stata così male quella serata. Si era arrabbiata con Lily quando le aveva detto che sarebbe venuta a prenderla una persona che lei stessa conosceva di vista e, oltre la normale preoccupazione, aveva sentito una stretta allo stomaco pensando che si sarebbe trovata, sia in macchina che dopo al bar, con persone che conosceva solo superficialmente o che non vedeva da molto tempo: mentre si sentiva libera e festaiola quando stava con amici, paradossalmente si richiudeva a riccio nella situazione contraria. Ma per Lily, e l’amore smisurato che l’amica declamava per Andy, era disposta a tutto.
Josie avviò il motore e la macchina cominciò a muoversi per le strade del paese, diretta alla città; Mia notò che non c’era il navigatore impostato e domandò:
“Sei già venuta da queste parti?”
“Abito a qualche chilometro da qua. Poi, questi paesini sotto tutti uguali.”
“Io sono riuscita a perdermi, una volta. Ma era molto tardi e stavo dormendo in piedi” ammise Mia, guardando la notte scura fuori dal finestrino mentre percorrevano la strada circondata da campi che le avrebbe portate sulla via principale.
“Fortunata a non essere finita fuori strada, allora” replicò Josie. Mia rimase in silenzio e dopo poco tempo l’altra le chiese se le avrebbe dato fastidio la musica, prima di accendere la radio; passarono il resto del viaggio senza dire altro, ma non le sembrò a causa di un imbarazzante non sapere cosa dire. Anzi, lei preferiva di gran lunga una situazione del genere ai soliti convenevoli detti per cortesia.
Arrivarono davanti al bar in poco tempo, ma Josie ci passò davanti e si allontanò di qualche centinaio di metri per raggiungere un parcheggio sicuro. Lasciata l’auto indietro, si incamminarono verso il ritrovo con gli altri e Mia domandò:
“Conosci altre persone del gruppo, a parte Lily?”
“Solo un paio bene. Tu sei la sua migliore amica, invece, giusto?”
“Già. Subisco con gioia tutti quei suoi piani malvagi per riuscire a tornare con Andy” sospirò la ragazza, rovistando nella borsa per trovare il pacchetto di sigarette; poi si accorse di quello che aveva detto e gettò un’occhiata preoccupata all’altra mentre aggiungeva “… sei amica di Andy?”
Josie scoppiò a ridere e Mia fu sorpresa di quanto il viso le si illuminò in un istante; poi l’altra replicò:
“Sì, ma so come sono le cose tra loro. Se lo merita, ha fatto un po’ lo stronzo con lei.”
“Davvero?” chiese Mia, accendendo una sigaretta; tese il pacchetto verso Josie in una muta domanda, ma lei rifiutò, e dopo aver dato il primo tiro la ragazza continuò: “Io pensavo fosse Lily troppo assillante. L’ho vista così in passato.”
“Lui però l’ha un po’ illusa, e anche io so come si comporta di solito. Ma penso che presto la scaricherà definitivamente, quindi starà a lei decidere se lasciarlo perdere o se continuare a tartassarlo. Non che lui non se lo meriti...”
Arrivarono in quel momento davanti al bar, per trovarsi dinnanzi un gruppo di una decina di persone fra cui, ben lontani l’uno dall’altra, quei due di cui stavano parlando fino a qualche istante prima; tutti impegnati a chiaccherare, tra loro fu Lily l’unica ad accorgersi dell’arrivo delle due ragazze e subito fece un sorrisone:
“Eccole, finalmente! Grazie di avermela portata qua, non sapevo a chi rivolgermi.”
“Nessun problema” rispose Josie, poi qualcun altro si accorse del loro arrivo e lei si allontanò per salutare le altre persone che conosceva; Mia ne approfittò per abbracciare la migliore amica, fingendo di salutarla in modo esagerato, e percepì subito quell’odore dolciastro che aveva sospettato di sentire da quando aveva messo gli occhi su di lei qualche istante prima.
“Di già?” le domandò a denti stretti per non farsi sentire dagli altri, non sapendo quale fosse la loro idea riguardo le droghe leggere. Lily roteò gli occhi in modo esagerato e sbuffò:
“Solo una, dai. Non vorrai tu farmi la predica…”
“Pensavo fossimo d’accordo di fumare sempre assieme” replicò Mia; non che avesse l’animo ferito per quel tradimento del patto che avevano fatto, ma sapeva che Lily tendeva a lasciarsi andare e odiava saperla in quello stato quando non c’era lei a tenerla d’occhio; forse era troppo protettiva. L’amica le gettò un’occhiata esasperata, prima di concederle:
“Non lo farò più, ok? Volevo solo rilassarmi.”
Qualcuno degli altri del gruppo annunciò che all’interno si era liberato un tavolo per loro e, salvata dall’inchiesta, Lily fu la prima ad entrare per sedersi subito e stare a guardare come si sarebbero sistemati gli altri. Sosteneva che già dalla disposizione si potessero capire molto di un gruppo, e ogni volta si divertiva a cercare di anticipare come sarebbero andate le cose; ma la sua espressione, quando Andy si sedette a un paio di sedie da lei e quindi troppo lontano per avere un qualunque contatto, non fu di una persona che se lo aspettava. Provando un po’ di pietà per lei, Mia la perdonò per quello che aveva fumato da sola tradendo il loro patto, e le si sedette accanto nel posto più vicino alla ragazza tra quelli che la dividevano da Andy: se non fosse riuscita a convincerla a parole a stargli lontana, l’avrebbe fatto fisicamente. Alla sua sinistra, tra lei e il ragazzo, si sedette Josie; quando Mia, sentendo il movimento accanto a lei, si voltò, le rivolse un sorriso d’intesa che le fece provare immensa gratitudine. Josie si voltò verso Andy e cominciò a chiaccherare con lui; Mia tenne gli occhi su di lei per qualche secondo, poi Lily le diede una gomitata per avvisarla dell’arrivo del cameriere e solo in quel momento si accorse di avere tanta, forse troppa voglia di bere.

 
*
 
Parecchi drink più tardi, Mia sospirò soddisfatta dopo aver finito di bere quello che aveva davanti e si abbandonò sullo schienale della sedia, rilassata. La  testa aveva cominciato a girarle già da un po’, in quel modo che la faceva sentire come se non avesse punti di contatto con l’orizzonte naturale; dio, se le piaceva.
Con quella convinzione propria degli ubriachi di non dare nell’occhio e di non essere visti mentre fanno cose imbarazzanti, Mia iniziò a soffermare lo sguardo su tutti gli altri amici seduti al loro tavolo. Come aveva previsto prima di arrivare, conosceva solo superficialmente la maggior parte di loro, e la sua pessima memoria le impediva pure di ricordare quali fossero i loro nomi: solo Andy e Lily si salvavano dall’oblio nella sua mente, e ovviamente Josie.
Puntò gli occhi su Martha, seduta esattamente di fronte a lei, e cercò di ricordare dove si fossero conosciute: forse al corso di teatro ai tempi della scuola? O in un contesto più recente? In ogni caso, la ricordava come una ragazza con un’espressione sempre seria, cosa che aveva anche in quel momento, e Mia si chiese per quale motivo sembrava sentirsi a disagio in una serata fuori con gli amici: era infastidita da qualcosa? Si annoiava? Forse la stava facendo andare a nervi a fior di pelle il suo vicino di tavolo, Mia non aveva idea di chi fosse, un biondino tutto risate e movimenti esagerati, che parlava con Lily ma era rivolto completamente verso la ragazza alla sua sinistra (anche lei sconosciuta a Mia, o forse non si ricordava di averla mai vista), che però sembrava più interessata alla birra che aveva di fronte che alle attenzioni del biondo. Mia fece scorrere lo sguardo sugli altri e notò che un’altra persona era totalmente concentrata verso il biondo estroverso: il ragazzo seduto accanto a Lily e con un’espressione malinconica che lei comprese subito; storse le labbra in un sorriso di compassione, visto che a lei pareva evidente che l’interesse del biondo non fosse per gli uomini. Quel ragazzo (ok, forse lo conosceva: Jonathan? Josè? O forse confondeva il nome con Josie?) sarebbe stato più fortunato con qualcun altro, in un’altra occasione.
Lily era tutta impegnata a parlare col biondo, cercando di apparire naturale mentre teneva il tono di voce alto in modo che tutti potessero sentire quanto fosse felice del nuovo progetto a cui l’avevano messa a capo nel laboratorio di ricerca dove lavorava, di quanto fosse stressante avere così tanti impegni e dover gestire assieme la vita sociale, a cui però lei non rinunciava mai, e l’aveva già detto del barista del locale sotto casa con cui era uscita già un paio di volte? Sicuramente non con un tono abbastanza forte, visto che lo stava ripetendo ancora.
Andy era sordo, o si fingeva tale, a tutti gli annunci che rilasciava Lily: chiaccherava tranquillo con Josie riguardo un loro vecchio viaggio e il progetto di un altro da fare, ma l’unico elemento che Mia colse appieno fu l’allusione del ragazzo a una conquista dell’amica fatta in una città sperduta, conquista che magari era ancora lì ad aspettarla.
“Mia” la richiamò una voce da lontano. Si voltò verso Lily, quasi non aspettandosi fosse stata lei a chiamarla con quel tono così basso, e l’amica la guardò con gli occhi scuri spalancati e supplichevoli:
“Un’altra, una soltanto? Con te ovviamente. Non lo farei mai senza di te.”
“L’hai fatto appena prima che arrivassi qui.”
“Non lo farei mai senza di te dopo quella volta. Dai, non ne hai voglia? Non devi neanche guidare!”
Quello era vero, ma non voleva stare troppo male, non quella sera con sconosciuti e pure col lavoro il giorno dopo; ma era abbastanza resistente per sopportare una mezza sigaretta farcita, per cui annuì e si alzò per uscire con Lily. Anche perché era convinta che, se non l’avessero fatto lì assieme, l’amica avrebbe tradito di nuovo il loro patto… forse doveva cominciare a prendere in considerazione una lavata di capo da farle, o almeno capire se andasse tutto bene. Non poteva essere così seria la questione Andy, vero?
Fuori, abbastanza distante dall’ingresso e dalla strada poco trafficata, non c’era nessuno a parte loro: nonostante fosse fine maggio la temperatura era ancora fastidiosamente bassa e Mia avrebbe dovuto decisamente pensarci prima di mettere quella tuta dalla schiena scoperta.
“Sai che non mi ammalo da quattro anni?” domandò a Lily, che nel mentre aveva già preparato la sigaretta e stava cercando di accenderla con l’accendino morente; Mia le tese il suo e, malsicura in quel mondo instabile dato dai drink, si sedette sul basso muretto accanto a loro e proseguì: “Quanti gradi ci saranno, ora? Se mi ammalo sarà colpa tua.”
“Perché ti ho trascinata qua fuori con la forza, sì” borbottò Lily, aspirando la prima boccata.
“Voglio che venga detto al mio funerale. È stata tutta colpa di Lily. Ricordati di dirlo.”
“Me lo segno…” replicò aspirando ancora, e Mia le prese la sigaretta di mano prima che potesse continuare senza spartire; sì, avrebbe sicuramente discusso con lei della questione, quando sarebbero state lucide e in un posto dove non avrebbe avuto vie di fuga.
“Non ci alterniamo più?”
“Dio, Mia! Che palle, vedi tutto come un campanello d’allarme” sbottò Lily, quasi facendola sobbalzare. Pensava di essere più brava a fingere da ubriaca, ma a quanto pareva l’amica aveva capito subito cosa le passava per la testa. Fumare era un raro sfizio e in quel momento non ne aveva la minima voglia: era già stordita dall’alcol, perché infierire quando voleva restare lucida e vigile? Meno l’avesse fatto lei, però, più ne avrebbe avuto Lily, per cui…
“Cosa c’è?”
Mia sobbalzò per davvero quella volta; non si era accorta di essersi distratta nei suoi pensieri confusi. Guardò Lily e si accorse che non si era rivolta a lei, ma a qualcuno che le aveva raggiunte dal bar: Josie. Josie, che aveva una giacca leggera sotto il braccio e un’espressione tranquilla in volto.
“Ho visto che siete uscite senza cappotti e a quest’ora fa freddo, per cui...”
“Andy?” domandò Lily senza curarsi delle sue parole. Come se se lo fosse aspettato, Josie fece un cenno verso l’interno:
“Ancora lì.”
Mia puntò gli occhi sull’amica e le sembrò di vedere in diretta ogni pensiero che le stava passando per la testa in quel momento: Andy aveva chiaccherato tutto il tempo con Josie, per cui se lei si era allontanata significava che lui non avrebbe avuto scuse per non parlare con Lily… oppure era già impegnato con qualche altra ragazza del bar, e a quell’ipotesi gli occhi le si spalancarono e subito cominciò a camminare, diretta all’interno.
“Ma” fece soltanto Mia, guardando l’amica abbandonarla lì con in mano la sigaretta che lei aveva voluto fumare. Josie fece un sorrisetto, e la ragazza si sentì in dovere di dirle:
“Di solito non è così, davvero. Mi dispiace.”
“Tranquilla, lo so. Non è in sé e il cuore spezzato peggiora solo la situazione.”
Mia la guardò per qualche istante e si rese conto che l’altra non sembrava sorpresa dal comportamento di Lily, per cui le chiese:
“Perché sei uscita dal bar?”
“Perché sono stanca di vedere Andy fare lo stronzo, quindi o la situazione resta pesante com’è oppure si parlano e va come va, ma almeno cambia. E perché fa davvero freddo, per come sei vestita se resti così ti ammalerai di certo.”
E le tese la giacca che aveva portato con sé, con quel modo galante che aveva avuto quando le aveva aperto la portiera della sua auto. Mia l’accettò volentieri, continuando però a fissare l’altra ragazza e riflettendo su quanto aveva detto.
“Non so se sono d’accordo su questa strategia.”
“Accompagnarla fuori a fumare mentre non sta evidentemente bene mi sembra perfetto, allora” replicò Josie, sedendosi accanto a lei sul muretto. Mia si mise la giacca sulle spalle, facendola aderire a sé, e si accorse che aveva il profumo della ragazza; poi si ricordò di avere ancora la sigaretta in mano, prossima a spegnersi.
“Non volevo essere maleducata” fece Josie dopo qualche istante, equivocando il silenzio di Mia. “Ma penso davvero che dobbiamo cercare di fargli risolvere la questione. Non so te, ma io sono piena delle lamentele di Andy riguardo Lily mentre le scrive per trovarsi da qualche parte.”
“E io di Lily che corre subito da lui. Ma pensavo fosse ossessione di livello base, non una cosa così seria da dover intervenire...”
“Almeno la questione si chiude subito senza spargimenti di sangue, no?”
Mia fece una risata sarcastica, e distrattamente si portò la sigaretta alle labbra; si ricordò appena in tempo del suo contenuto e la allontanò un poco, poi si voltò verso Josie con un sorrisetto.
“Visto che ti piace risolvere problemi, secondo te cosa ne devo fare di questa?”
“Non fumi?”
“Ora non ne ho voglia. Te la offrirei, ma devi guidare, e non vedo gente a cui mollarla a caso.”
Josie fece spallucce, come se la questione nemmeno si ponesse:
“Buttala.”
“Ma sarebbe uno spreco. Ed è di Lily.”
“Buttala e dille che ti è caduta.”
“Sempre uno spreco.”
Una folata di vento fece ondeggiare i capelli biondi di Josie; lei si risistemò la ciocca fuggitiva dietro un orecchio mentre rideva per la conversazione stupida, e Mia sentì una stretta allo stomaco che la fece tornare un poco più lucida.
“Sei sempre così tirchia o solo quando sei ubriaca?”
“Non sono ubriaca” ribattè Mia, sincera nel suo diniego. Josie fece un sorrisetto:
“Ringrazia che non sia io quella tirchia, perché ti potrei chiedere un pagamento per averti portata qua.”
Mia restò in silenzio, sorpresa: non aveva minimamente pensato di pagarle la benzina, e si sentì divisa tra l’imbarazzo per la sua maleducazione e il pensiero che era davvero una cosa da spilorci chiedere soldi per il passaggio. Lei non l’avrebbe mai fatto.
“Ho qualche banconota dentro, se vuoi...”
“Oppure mi darai tu un passaggio, la prossima volta” la interruppe Josie, sorridendo ancora “sperando ci sarà una prossima volta.”
Anche Mia sorrise leggermente, ma in modo un po’ incerto:
“Pensi che Lily e Andy si ammazzeranno e quindi non ci vedremo più? O vuoi evitare di uscire con noi alcolizzate?”
Le uscì peggio di quanto si fosse aspettata, come un’accusa poco velata che lei non aveva inteso di fare; guardò Josie, preoccupata, ma l’altra ragazza sembrava ancora tranquilla come prima, e pure divertita.
“Ah, sì, siete proprio delle cattive compagnie. L’offerta di una sigaretta è ancora valida?”
Senza rispondere, Mia prese il pacchetto nella borsa che aveva portato con sé e gliene consegnò una delle poche rimaste, che l’altra prese con le dita affusolate, poi cercò l’accendino ma si accorse che non c’era più. Forse Lily se lo era portato dentro, nella foga di tornare all’interno per tallonare Andy.
“Niente accendino, mi dispiace.”
Josie le ridiede la sigaretta perché la rimettesse a posto, poi disse:
“Quindi ora mi devi la promessa di una sigaretta.”
“Ma è solo una sigaretta” notò Mia, ridendo; Josie sorrise ancora, poi prese il suo cellulare e guardò lo schermo con un’espressione assorta.
“Andy mi dice di rientrare a salvarlo. Forse la mia tattica non è servita a tanto.”
“Forse.”
“Tu resti qua?” domandò a Mia; allungò una mano per posare le dita sulla parte bassa della schiena di lei, ancora scoperta nonostante la protezione della giacca “Finirai davvero per ammalarti.”
Mia perse qualche secondo, la mente totalmente sconnessa per l’attenzione focalizzata sul contatto delle dita di Josie sulla sua pelle; forse stava diventando proprio troppo sensibile quando le veniva toccata la schiena. Forse aveva davvero freddo, o forse era più ubriaca di quanto avesse pensato. Oppure…
“Rientro tra poco” rispose alla fine, sperando che Josie non si fosse accorta del suo momento di blackout cerebrale. “Vai a salvare Andy.”
“O vado a salvare Lily” notò l’altra, staccandosi dal muretto, e le voltò le spalle per tornare all’interno del bar. Così Mia restò da sola, seduta su quel muretto che stava tornando a essere più stabile di quanto non fosse prima; almeno dal suo punto di vista. Si ricordò di avere ancora in mano la sigaretta, ormai definitivamente spenta: la guardò per qualche istante prima di ficcarla in uno scomparto della borsa, decidendo che sarebbe stato uno spreco fin troppo grande. Poi sospirò leggermente, preparandosi ad affrontare qualunque cosa fosse successa all’interno mentre era lì, e anche lei si staccò dal muretto per raggiugere tutti gli altri.

 
*
 
La situazione non era così drammatica come si era immaginata: Lily era seduta al posto della ragazza precedentemente oggetto delle attenzioni del biondo, il quale ora guardava il cellulare come se avesse la mente altrove; accanto a Lily c’era ancora l’anonimo J-qualcosa, di cui Mia non riusciva a ricordare il nome, intento a chiaccherare con lei su un argomento di cui non importava nulla a nessuno dei due. Martha aveva un bicchiere di chissà cosa in mano, lo sguardo assorto puntato verso un orizzonte indefinito, mentre la ragazza a cui Lily aveva rubato il posto si era messa dall’altra parte del tavolo, accanto a Andy, che rideva con lei come se si stesse divertendo al massimo. Josie, vicino a lui, lo osservava con occhi esasperati, e quando si accorse che Mia era entrata le gettò uno sguardo tra il divertito e l’arreso.
“Tutto bene?” domandò Mia, sedendosi al posto più vicino a Lily e al ragazzo con lei. “Cosa mi sono persa?”
“Nulla” disse l’amica con tono leggero e vagamente isterico, “perché non è successo nulla e non succederà nulla, come sempre, no?”
Mia guardò il ragazzo, che di rimando guardò lei, poi fece spallucce e borbottò:
“Lui l’ha schivata dicendo che non hanno niente di cui parlare, tutto qua.”
“Sì, tutto qua” fece eco Lily, poi spostò di scatto gli occhi sul ragazzo e chiese, come riprendendo il filo di una conversazione: “Quindi, questo Connor non risponde ai messaggi? E non hai ancora pensato a un’incursione a casa sua? Dove abita?”
“Ma non ce n’è bisogno” ribattè subito lui, gettando un’occhiata a Mia come per intendere che quelle erano tutte idee di Lily e lui non c’entrava niente, “siamo usciti solo un paio di volte, non mi deve niente.”
“Già, niente. Sempre niente” notò Lily con tono acido. “Non ci devono mai niente, sicuro.”
Dall’altra parte del tavolo, Andy si alzò e si diresse al bancone, dove era appena arrivata una ragazza della loro età; Josie vide che Mia se ne era accorta e la guardò con un’espressione tra il divertito e il disperato per la situazione tragicomica che si stava creando: Lily sembrava più che propensa a perdere le staffe e Andy pareva intenzionato a trovare ogni modo con cui non evitarlo. Allora Mia si ricordò dell’approccio attivo che aveva adottato Josie proprio poco prima (fallendo, evidentemente, ma a quello non pensava) e quindi decise di provarci anche lei: si alzò di scatto, controllando il giramento di testa che seguì, e annunciò:
“Vado a prendermi un drink, volete qualcosa?”
Senza aspettare risposta, raggiunse anche lei il bancone e si posizionò accanto a Andy. Si accorse che la ragazza appena entrana nel bar era già scomparsa, e lui era lì solo in silenzio ad aspettare chissà cosa.
“Come va la serata?”
“Andrebbe meglio se qualcuno non volesse tagliarmi la gola” replicò lui, senza nemmeno avere la pretesa di fingere che Lily non lo stesse guardando in cagnesco proprio in quel momento. Comparve davanti a loro il barista ed entrambi ordinarono un paio di drink, per poi restare in silenzio; attorno a loro le altre persone ai tavoli chiaccheravano e gridavano, e a Mia cominciava a rimbombare la testa in eco ai bassi della musica trasmessa in quel momento nel locale.
“Sarebbe meglio, se tu le parlassi” disse infine Mia, decidendosi a iniziare il discorso. “Se mettessi in chiaro come stanno le cose. La conosco, fa così perché le hai montato la testa e non avete definito la relazione. Se tu mettessi in chiaro...”
“Perché, secondo te non l’ho già fatto?” ribattè lui, esasperato. “Le avrò detto cinque volte che non la voglio più sentire. Cinque solo questa settimana.”
“Josie mi ha detto altre cose” notò Mia, rendendosi conto dopo di stare mettendo nei guai la ragazza col suo amico; Andy fece un sorriso amaro:
“E certo, vuole fare bella figura con te e ti dà ragione.”
L’arrivo del barista coi loro bicchieri distrasse Mia dall’ultima frase che aveva pronunciato il ragazzo: davvero Josie le aveva dato ragione solo per darle il contentino? Ma perché?
“Comunque un po’ è vero” borbottò Andy, assaggiando il suo drink. “Dopo che ci siamo lasciati l’ho sentita un po’ di volte, più del consentito. Ma è da qualche settimana che non ci provo più. Ti giuro, Mia.”
“Raccogli quei frutti che hai seminato nei mesi scorsi” notò la ragazza; Andy ghignò:
“Quanta saggezza. Mi è mancato averti alle uscite, comunque. Sembra che io e Lily abbiamo divorziato, lei si è presa gli amici in comune.”
“Stasera c’è un po’ di gente.”
“Sì, dopo mesi che non ci trovavamo” disse lui. Mia lo osservò, pensando che in fondo aveva ragione: conosceva Andy da non poco e ogni volta che uscivano con gli amici erano praticamente sempre assieme; e da prima che lui e Lily cominciassero a frequentarsi. Forse lei aveva sbagliato a giudicare l’amica come unica voce da considerare in capitolo, dopotutto.
“Josie però non l’ho mai vista alle nostre uscite” disse distrattamente, giusto per cambiare conversazione. “Mi sembra comparsa dal nulla”.
Andy le gettò un’occhiata di sbieco, ghignando:
“Ecco, lo sapevo.”
“Cosa?”
“Niente. È la mia coinquilina, si è trasferita da poco da me.”
“Mike alla fine è stato arrestato?” chiese ironica Mia, ben ricordando il vecchio coinquilino di Andy; quasi si strozzò bevendo quando lui annuì:
“Eh, sì. Detenzione illegale di armi. Io nemmeno lo sapevo. A parte, beh, lo sai, la sua aria inquietante… non l’avrei mai detto.”
“Mi prendi in giro.”
“Vorrei farlo, ma sono arrivati davvero in casa a prenderlo. Per questo Josie è stata un dono dal cielo, si era sparsa la voce e non è venuto nessun altro a parte lei. Poi ci conoscevamo già, quindi sapeva che non potevo essere coinvolto.”
“Beh, la gente cambia” notò Mia e poi, riluttante, gli chiese: “Ti sembra che Lily sia peggiorata molto, dal vostro casino? A parte l’atteggiamento psicopatico...”
“Non fuma più di quanto non fumasse già, se è quello che intendi” rispose Andy; allo sguardo sospettoso di Mia, lui aggiunse: “Ho alcuni contatti. Anche io mi preoccupo, non in modo folle come fa lei. Prima di uscire eravamo amici, non è che si cancella tutto in un attimo.”
Mia lo guardò per qualche istante; sarà stato l’alcol che tornava in circolo, ma gli sembrava davvero di vederlo sotto una nuova luce… come era stato prima di tutto il casino.
“Stando tutto il tempo con Lily mi ero quasi fatta convincere che sei una merda, ma ora mi ricordo perché mi stavi simpatico” gli disse, intendendo la frase come un complimento; Andy lo colse e alzò il bicchiere verso di lei come ringraziamento ironico, poi chiese:
“Da quanto non parlavamo, qualche mese? Come ti va la vita? Ti sei decisa da che parte stare e hai trovato qualcuno con cui sistemarti?”
“Non è che mi decido, Andrew” rispose lei, ricordando in quel momento perché non era stata una gran perdita il non vederlo più. “Anche se mi sistemo con qualcuno mi piacciono comunque sia maschi che femmine, a prescindere.”
“Scusa, dimenticavo. Stupidità etero” fece lui, dando ancora più fastidio a Mia per la leggerezza con cui aveva preso la cosa, poi però Andy aggiunse: “Quindi ti piacciono ancora le ragazze, giusto?”
“Stai per caso cercando di sistemarmi con qualcuno?” domandò Mia, guardandolo con sospetto. Lui fece spallucce con noncuranza:
“Cerco solo di comprendere il tuo orientamento. Sai, sempre per la stupidità etero. Tutto qui, era solo per acculturarmi. Torniamo al tavolo?”
Mia dovette sbattere un paio di volte le palpebre, per cercare di capire se si stesse immaginado la stupidità toccata da Andy in quel momento; non aveva idea se Josie gli avesse chiesto di indagare per lei o se lui stava agendo di testa sua (più probabile questo), ma in ogni caso lo stava facendo proprio male.
“Ho un’ultima domanda, prima di tornare lì” disse all’improvviso Mia, ricordando un’altra questione che doveva risolvere. “Non prendermi in giro, ma non conosco quasi nessuno di quelli al tavolo. Non riesco a tirare fuori il nome di quello con cui parla Lily, e com’è che ci siamo conosciute io e Martha?”
Andy scoppiò a ridere, attirando l’attenzione di chi era loro vicino e, Mia lo percepì come una pugnalata alla testa, anche lo sguardo di Lily; ma l’amica sapeva che lei non sarebbe mai stata interessata in modo romantico a Andy, per cui la paranoia le sarebbe passata presto.
“Allora. Sei proprio un caso perso. Jason è quello nero che fa compagnia a Lily, l’ha portata qua lui, hanno fatto l’università assieme. Lui, il biondo, è Alan, lavora con me nell’agenzia… non penso tu l’abbia mai visto, sei scusata. Anita invece lavora con Josie, l’ho conosciuta poco tempo fa e non aveva niente da fare stasera. Martha la conosciamo dal primo anno delle medie, davvero non te lo ricordavi?”
Fu come se una molla fosse scattata nella sua mente: ah, certo, ecco perché le dava così fastidio non ricordarselo: Martha era Martha, dalle medie alle superiori e poi ritrovata poco tempo prima dopo il vuoto dell’università. Si sentiva parecchio stupida per non essersene ricordata, ma decise di perdonarsi finendo in pochi sorsi il contenuto del bicchiere che aveva in mano così da poter portare l’altro al tavolo.
“Grazie, te ne devo una.”
“Me ne devi un po’, guarda che la mia memoria funziona meglio della tua. Per pegno ti chiamerò per un’uscita di rimorchio, tanto siamo entrambi single...”
“Sì, e Lily mi stacca direttamente la testa” notò Mia ridendo, pensando anche che non era l’unico con cui aveva contratto un debito quella sera.
Come se l’avesse evocata, in quel momento comparve al loro fianco Josie: Mia non si era nemmeno accorta di essersi girata dando le spalle al loro tavolo e sobbalzò leggermente.
“Lily se ne è andata, pensavo volessi saperlo” le disse, rivolgendosi a lei come se Andy non ci fosse; Mia aggrottò la fronte, girandosi verso il tavolo e chiedendo:
“Da sola?”
“No, con Jason. Per fortuna lui ha una pazienza infinita, non penso ci saranno problemi. Solo che mi è sembrato strano che se ne sia andata senza salutarti né niente.”
“Aspetta…” disse Mia, prendendo il suo cellulare: come si era aspettata, vi trovò un messaggio non letto da parte di Lily, in cui lei si scusava per lasciarla lì con sconosciuti e poi le intimava di riferirle, appena possibile, grazie per lo sforzo, ogni sillaba che si erano detti lei e Andy riguardo la loro questione irrisolta. A parte la chiusura un po’ aggressiva, a Mia non sembrò ci fosse vero astio nel messaggio, per cui fece un sorrisetto e disse:
“Tutto bene, anzi, forse è meglio che sia andata a casa: ha bisogno di riposare un po’.”
Io ho bisogno di riposare” borbottò Andy al bicchiere che stava ancora sorseggiando, conquistandosi due occhiatacce; poi Josie guardò Mia e chiese:
“Vuoi tornare a casa anche tu? Domani lavori, giusto?”
Non le sarebbe dovuto importare il fatto che lei si ricordasse dei suoi impegni, ma le importò comunque; come risposta prese il suo secondo bicchiere e ne bevve la metà in pochi sorsi, gustandosi la freschezza del ghiaccio accompagnata dal calore rovente dell’alcol.
“La notte è giovane, noi siamo giovani e c’è ancora tanto da bere, no?”
“Patetica” fece Andy, scuotendo la testa.
“Davvero” disse Josie, ma sorridendo mentre guardava Mia e lei la guardava di rimando; poi fece spallucce e continuò: “Un drink leggero non farà male nemmeno a me, direi.”
Si voltò per tornare al tavolo dove prendere qualche banconota per comprarsi da bere; mentre camminava Mia non riuscì a trattenersi dall’osservare la sua figura slanciata e come il vestito che indossava le cadesse bene addosso. Poi si accorse che Andy l’aveva guardata per tutto il tempo e gli lanciò un’occhiataccia, a cui lui rispose finendo di bere il suo drink e alzando un sopracciglio in un’espressione d’inequivocabile vittoria.

 
*
 
Mia si svegliò in ritardo, com’era prevedibile. Forse avrebbe dovuto ascoltare più spesso Phil quando le diceva che dopo i vent’anni lei non sarebbe più stata in grado di reggere quei ritmi: troppo vecchia.
In qualche modo riuscì a prepararsi in tempo per non arrivare tardi a lavoro, schivando anche la ramanzina della madre che, per non perdere l’occasione, aveva pure deciso di arrivare con una mezz’ora di ritardo al suo, di lavoro.
Nonostante la caoticità con cui affrontò tutto il percorso e l’arrivo in ufficio, seguiti dal tentativo inutile di mantenere un’espressione serafica mentre cercava di recuperare il più velocemente possibile il quantitativo di lavoro di mezz’ora, una parte della sua mente riuscì comunque a tornare di tanto in tanto alla sera precedente.
Non era successo nulla di eclatante, per fortuna: quando Lily se n’era andata la situazione si era distesa e le persone del tavolo avevano riso e scherzato assieme – anche grazie a Andy, l’unico che conosceva tutti. A una certa ora si erano salutati, Josie aveva accompagnato Mia a casa e le aveva chiesto il numero di telefono per “assicurarmi che tu non soffochi nel tuo stesso vomito questa notte”: Mia non avrebbe mai pensato di provare tanta felicità nel sentire una frase del genere.
Si era trovata bene con lei, sì. Però, quando arrivò la pausa pranzo, si sorprese di vedere sul cellulare un messaggio da parte di un numero sconosciuto: dall’anteprima lesse velocemente “Mia, sono Josie” e nonostante la felicità del momento si impose di non aprire il messaggio all’istante per risponderle immediatamente.
Poi arrivò un secondo messaggio. Ne aprì l’anteprima mentre un sorrisetto iniziava a crescerle sulle labbra, curiosa di scoprire cos’avrebbe letto.
 
“Mia, sono Josie.
Non so se lo sai già, me l’hanno detto solo ora, non so come dirti quanto mi dispiace.
Andy è morto.”

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Capitolo 2
*** Domande ***


“Da quello che leggo lei e il signor Sullivan vi conoscevate da tempo. Le mie condoglianze.”
“… grazie.”
“Eravate compagni di scuola?”
“Da quando avevamo dieci anni. Io, Lily… la dottoressa Lunden, intendo. E Martha McCoy.”
Rumore di penna sulla carta.
“E domenica sera vi siete recati al locale e siete tornati a casa da soli. È corretto?”
“Noi quattro non eravamo insieme. Io sono andata e tornata con Josie… Sullivan? Sì, Sullivan. L’ho conosciuta quella sera.”
“Si è fatta accompagnare da una sconosciuta?”
“Ci siamo organizzati così. Lily, la dottoressa Lunden…”
“Può chiamarla per nome senza specificare, se vuole: si senta libera di raccontarmi tutto.”
“Grazie. Lily spesso mi accompagna in macchina perché non vivo in città. Io condivido la macchina con mio padre, lavora di sera, per cui spesso quando usciamo mi accompagna lei. Questa volta però voleva bere qualcosa, non si metterebbe mai alla guida in stato alterato, per cui ci siamo organizzate in modo diverso.”
“Ciò non toglie che si è affidata a una completa sconosciuta per gli spostamenti.”
“Completa no, è la coinquilina di Andy.”
Una pausa.
“Era. Era la coinquilina di Andy. Forse avrei avuto più dubbi se fosse stato un uomo, sa meglio di me i rischi… sicuramente avrei detto di no se fosse stato il suo vecchio coinquilino.”
“Siamo a conoscenza dei trascorsi. Continui pure a dirmi come vi siete organizzati.”
“Josie è passata a prendermi, so solo questo per certo. Lily si è fatta portare dal suo vecchio compagno di università, Jason…”
“A noi risulta sia un collega di Lily.”
“Ah, davvero? Mi ha detto Andy che erano ex compagni, deve essersi confuso. Comunque lei è andata al bar ed è tornata a casa con Jason. Mentre Josie accompagnava me, Andy è andato a prendere il suo collega, Alan.”
“Il signor Sanders.”
“Sì, penso di sì.”
“Perché non vi siete organizzati con un solo guidatore, invece di far spostare due auto?”
“Io e Alan abitiamo molto distanti, da quello che ho capito. Si faceva più in fretta così.”
Ancora rumore di penna.
“Per gli altri, sinceramente, non lo so. Mi è sembrato di vederli andare via con le loro macchine, per cui presumo siano arrivati così.”
“Si riferisce ad Anita Harlan e Martha McCoy?”
“Sì, restano solo loro. Martha è una nostra vecchia amica, ci siamo un po’ perse di vista… ieri nemmeno ricordavo come ci fossimo conosciute. Anita l’ho vista ieri per la prima volta, mi sembra sia una collega di Josie.”
“Esatto. Ci è stato confermato dai suoi parenti che lei è tornata a casa nell’orario indicato. Dopo è rimasta lì?”
“Sì, sono andata a dormire quasi subito. Ieri mi sono alzata presto per andare a lavoro, sono pure arrivata un poco in ritardo…”
“Ci è stato confermato anche questo.”
“Da mia madre?”
“Dal suo manager.”
“Ah. Ok.”
Un momento di pausa: sembrava che Mia stesse pensando velocemente.
“Senta, io non so se siate già al corrente della cosa, ma mi sento in dovere di dirvela. Anche perché di certo verrà fuori. Voglio però chiarire che quello che dico non è un’accusa ma la semplice realtà dei fatti. Lily e Andy hanno avuto una relazione, l’anno scorso, e lui l’ha lasciata: Lily non l’ha presa bene, gli scriveva spesso e lui all’inizio le dava corda, me l’ha detto lui stesso, ma quando siamo usciti ha detto che si era un po’ stancato della situazione.”
“Apprezzo molto che lei abbia voluto condividere queste informazioni…”
“Ma sono convinta che Lily non avrebbe mai fatto nulla di avventato. Ha bevuto molto, sicuramente si è addormentata non appena è arrivata a casa. E anche se sembrava avere un infinito rancore verso Andy, di certo questo non è un movente sufficiente per essere certi che sia stata lei. Non potrebbe mai fare una cosa del genere.”
“La ringrazio per queste informazioni e per la sua collaborazione, signorina Collins. La contatteremo non appena ci saranno sviluppi.”
“… grazie.”
A Mia sembrava di aver messo in chiaro la situazione di Lily, spiegandola così da far capire l’innocenza della migliore amica. Eppure in quel momento sentì una stretta allo stomaco, come se in forndo sentisse di averla appena tradita.
 
*
 
“Da quanto mi è stato riferito, lei ha conosciuto il signor Morden come collega di lavoro e ha mantenuto i rapporti anche dopo aver lasciato quel posto; si era trasferita sette mesi fa a casa sua, è corretto?”
“All’incirca. Lui è lì in affitto e da quel che so ha sempre avuto qualche coinquilino, per cui non è casa sua. Sono stata fortunata nelle tempistiche: si è liberato il posto quando ne avevo bisogno, sette mesi fa, per cui ho preso la stanza libera.”
“Mi sembra di intuire, quindi, che non aveste legami se non una semplice amicizia.”
“Sì, nessuno di noi due era interessato ad altro. Ci trovavamo bene, quello sì.”
“Ha conosciuto anche la dottoressa Lunden?”
“Lily? Non prima di domenica sera. Io e Andy non eravamo così amici da coinvolgermi nella relazione quando loro due stavano assieme, sapevo soltanto che aveva una fidanzata. Dopo che si sono lasciati ha iniziato a parlarne spesso, lamentandosi delle insistenze di lei ma continuando ad alimentarle…”
“Quindi lei ha avuto l’impressione che l’attaccamento dimostrato da Lunden sia stato favorito dallo stesso Morden?”
“Assolutamente. Sono abbastanza certa che la relazione sia andata avanti dopo la rottura, sempre con la dinamica di Lily che lo contattava per vedersi e lui che la assecondava. Da qualche mese però aveva smesso, si era stancato, e lei giustamente se l’è presa.”
“La ringrazio per questi dettagli. Mi può elencare le sue azioni dopo aver lasciato il bar in cui vi eravate recati?”
“Dovreste già saperlo: ho accompagnato a casa Mia Collins e sono tornata a casa mia. Non ricordo l’orario esatto, sicuramente prima delle due. Sono andata subito a dormire, la mattina dopo avrei dovuto studiare prima di un seminario e poi andare a lavorare… e invece no.”
“Lavora in un negozio di botanica assieme ad Anita Harlen?”
“Esatto. Era l’unica che conoscevo a parte Andy, lei non aveva nulla da fare e le ho proposto di venire.”
“Da quanto la conosce?”
“… mi sembra un anno, forse poco più.”
“E degli altri presenti al bar non sapeva nulla, nemmeno che sarebbero venuti?”
“Sapevo di Lily e Mia, ovviamente. E del collega di Andy, Alan. Per il resto no, non sapevo ci sarebbero stati.”
“Va bene, è sufficiente. La ringrazio per la sua collaborazione, la contatteremo non appena ci saranno sviluppi.”
Rumore di una sedia che si sposta. Un paio di passi, poi il silenzio.
“Avete trovato l’arma del delitto?”
Una pausa precedette la risposta dell’ufficiale, la cui voce suonò leggermente esasperata:
“No, non ancora.”
“E non sapete di cosa si tratta? Un coltello, un pugnale, qualcosa di specifico?”
“Non sono informazioni che possiamo divulgare.”
“Va bene. Grazie comunque.”
 
*
 
“Vorrei un po’ d’acqua.”
“La nostra conversazione durerà poco tempo: le chiederei di aspettare, se non è strettamente necessario.”
Una breve pausa, prima che Martha rispondesse:
“Va bene.”
“Grazie, dottoressa McCoy. Ho letto della sua carriera, attualmente ricopre il ruolo di ricercatrice presso la stessa università in cui si è laureata: è corretto?”
“Sì.”
“Ho letto anche che non conosceva tutte le persone presenti la sera di domenica.”
“Esatto.”
“So che è stata compagna di classe di Morden, Collins e Lunden: me lo può confermare?”
“Sì, è esatto.”
“Ma vi siete persi di vista quando avete finito le scuole. Per quale motivo ha deciso di accettare l’invito di vedervi domenica sera?”
“Avevo voglia di uscire, penso sia normale.”
Un momento di silenzio anticipò il leggero sospiro dell’ufficiale; affermò:
“Mi dispiace dovermi soffermare su questioni che lei ha tutto il diritto di voler tenere private, ma per la situazione in cui siamo sono costretta a parlare chiaramente: sappiamo del suo disturbo, di ciò che ne consegue e della terapia a cui è sottoposta. Per questo posso ipotizzare che sia stata la sua psichiatra a consigliarle di uscire, quella sera?”
“Come fate a sapere che mi segue una psichiatra donna?”
“Nei casi di omicidio abbiamo la libertà di indagare a fondo riguardo le persone coinvolte. Ribadisco che ha tutto il diritto di voler mantenere la sua privacy, ma per mandare avanti questa indagine dobbiamo avere informazioni il più possibile vicine alla realtà. Può aiutarmi?”
Quella volta la pausa durò un tempo che sembrò eterno.
“Va bene.”
“La ringrazio. Mi può confermare, quindi, che è stata la sua psichiatra a consigliarle di partecipare a quella serata?”
“Sì. Le sembrava un buon modo per uscire dalla mia area sicura, restando in un ambiente protetto grazie agli altri che conosco.”
“Però non li vedeva da molto tempo.”
“Sì, ci siamo visti poche volte dalla fine della scuola. Ma andavamo d’accordo. Io e Andy siamo stati assieme, prima dell’università; poi abbiamo preso strade diverse e non è andata.”
“Questo non poteva generare dell’imbarazzo?”
“Siamo rimasti amici, lui è sempre stato una bella persona.”
“Sapeva di lui e Lily?”
“Sì. Anche io so usare i social. È passato così tanto tempo, da quando stavamo assieme, che questa cosa non mi ha toccata.”
“E sapeva che si erano lasciati da un po’ di tempo?”
“Non per certo, ma avevo notato che sui social non condividevano più foto assieme.”
“Perfetto, grazie. Domenica sera si è recata da sola al locale, ed è tornata a casa da sola?”
“Sì. Sono tornata nello stesso orario di tutti gli altri, tranne che per Lily e il suo collega che sono andati via prima.”
“Sapeva che si erano organizzati tra di loro per gli spostamenti in auto?”
“No, ma non vedo come questo possa essere rilevante…”
“Ha ragione, era una mia curiosità. Quindi alle due della notte tra domenica e lunedì lei si trovava nella sua abitazione, è corretto?”
“Sì, stavo già dormendo. Non ho nessuno che possa confermarlo.”
“Non è necessario. Bene, per ora mi ha fornito tutte le informazioni di cui avevo bisogno: la ringrazio. Può andare.”
“Sapete che medicine prendo?”
“… sì.”
“Quindi sapete che uno degli effetti collaterali sono i black-out nella memoria.”
“Sì, lo sappiamo.”
“Non mi sono mai capitati, e non ho mai avuto problemi del genere. Volevo dirglielo, per quanto possa valere la mia parola.”
“La ringrazio per avermi informata, ma le assicuro che terremo conto di queste informazioni con la massima discrezione e accortezza.”
“Certo.”
 
*
 
“Conoscevo Andy da un po’, siamo usciti spesso assieme e ci trovavamo bene. Si è offerto lui di passare a prendermi, spesso facciamo a turno su chi deve guidare alle nostre uscite e chi può bere senza preoccuparsene. Si è offerto lui, poi mi ha riaccompagnato a casa.”
“Lei è andato direttamente a casa, signor Sanders?”
“No, no. Ci siamo fermati al bar là sotto, per chiaccherare del più e del meno. Ci trovavamo bene, gliel’ho detto. Poi siamo usciti da lì, io sono rientrato in casa e sono andato a letto. È l’ultima volta che l’ho visto.”
“Bene, bene. Da quanto tempo lavoravate assieme?”
“Un paio d’anni. Era bravo nel suo lavoro, anche io lo sono. Collaboravamo bene, spesso ci mettevano in coppia per questo.”
“Sì, il suo superiore ci ha parlato di questo. Ci ha anche parlato di una divergenza riguardo i meriti per la chiusura di un certo progetto…”
“Divergenze lavorative, capitano sempre.”
“Non al punto da parlarne al bar sotto casa dopo essere usciti con gli amici.”
“A volte se ne parla anche fuori dall’ufficio.”
“Da cosa hanno riferito i testimoni sembrava più di un se ne parla.”
Risatina nervosa.
“Quali testimoni? C’erano due anime a essere generosi a quell’ora nel bar.”
“Ha detto che siete andati lì prima dell’una: non è l’orario migliore, ma nemmeno quello del deserto. In che orario siete andati al bar?”
“Ve l’ho già detto. E abbiamo solo parlato di quella questione, è normale parlarne se oltre a essere amici si è colleghi.”
“Dopo cos’ha fatto?”
“L’ho già detto, sono tornato a casa a dormire. Dalla mia ragazza. Anche lei ha confermato.”
“Beh, certo, la conferma della fidanzata…”
“Queste insinuazioni non stanno né in cielo né in terra, agente. Voglio parlare con la sua collega, ho visto che gli altri hanno parlato con lei.”
“Si calmi, si calmi. La mia collega è competente tanto quanto me e le farebbe le stesse domande.”
“Moderi i toni o andrò dal suo superiore.”
“Va bene. Le chiedo la gentilezza di un’ultima domanda.”
Il rumore stridente della sedia spostata all’improvviso turbò ancora di più l’atmosfera già pesante, ma Alan non se ne andò subito.
“L’ultima.”
“Lei possiede una macchina, signor Sanders?”
“Sì. Sì, la possiedo.”
“La ringrazio per la pazienza. L’aggiornerò di eventuali sviluppi, ora può andare.”
 
*
 
“Non conosco nessuno a parte Josie delle persone che c’erano quella sera, lo giuro. Mi aveva detto di unirmi a loro perché non avevo nulla da fare e ho accettato, mai avrei pensato di finire in questo casino.”
“Lo sappiamo, signorina, si tranquillizzi. Dobbiamo farle alcune domande per la procedura standard e per avere il quadro completo.”
“… va bene.”
“Lei e la signorina Sullivan lavorate nello stesso negozio: da quanto tempo?”
“Poco più un anno, mi sembra. Non lavoriamo sempre assieme, facciamo i turni e lei si organizza in base alle sue lezioni all’università. Però andiamo più che d’accordo, può chiedere alla proprietaria.”
“Quindi ha accettato volentieri di partecipare a questa uscita, anche se non conosceva nessun altro.”
“Ma sì. Non sono asociale, mi piace incontrare gente nuova.”
“Da quello che ci è stato riferito, però, non ha trovato un’atmosfera molto rilassata.”
“No, quello no. Non so i retroscena ma mi sembrava evidente che ci fosse qualcosa tra Andy e Lily. Josie cercava di sciogliere la tensione, anche la migliore amica di Lily, Mia, e il suo compagno di scuola… Jason?  Sì, lui…”
“Sono colleghi. Lei ha avuto interazioni dirette col signor Morden?”
“Andy? Giusto qualche chiacchera. Ah, ricordo che Lily mi ha guardato malissimo per tutto il tempo in cui ci ho chiaccherato. Una gelosia assurda. E a un certo punto, prima, si è messa a parlare col collega di Andy, Alan, di quanto lei sia una donna di successo con una vita perfetta.”
“Le è sembrato che volesse attirare l’attenzione di Morden?”
“Altroché. A lui sembrava importare meno di niente. A un certo punto è andato al bancone, ha scambiato letteralmente due parole con una tizia a caso e Lily sembrava voler implodere. Poi Mia è andata a chiaccherarci, Lily pareva ancora fuori di sé.”
“Anche quando è andata l’amica a parlare con Morden?”
“Sì, ma è stata così per tutto il tempo. Non credo si sia inc… arrabbiata con Mia. Era al limite, ecco, e infatti dopo se n’è andata con Jason.”
“Invece tutti voi siete rimasti ancora, per poi andarvene nello stesso orario.”
“Sì. Io e la ragazza, Martha, da sole, mentre Mia e Josie sono andate assieme e anche Andy e Alan. Ehi, avete già interrogato Alan?”
“Sì, gli abbiamo fatto qualche domanda come con lei e con gli altri. Lei quindi è tornata a casa da sola…”
“Non a casa mia, dal mio ragazzo. Lui può confermare, c’è anche il suo coinquilino ma non so se mi ha sentita; di certo mi ha vista uscire lunedì mattina.”
“Va bene, la ringrazio della sua collaborazione. Può andare.”
“Ah, di già? Bene.”
“La aggiorneremo di eventuali progressi…”
“No. No, no. Non voglio avere nulla a che fare con questa storia.”
 
*
 
“Lei è collega della dottoressa Lunden, è corretto?”
“Sì, lavoriamo assieme da quasi un anno.”
“Perché ha accettato di partecipare a quella serata, se non conosceva nessun altro?”
“Non avevo nulla da fare. Può capitare.”
“Certo. Ha anche accettato di accompagnare la sua collega, andata e ritorno.”
“Sì, non abitiamo molto distanti e lei mi ha detto che aveva voglia di bere. Nel limite del consentito, ovviamente, ma com’è giusto non voleva mettersi alla guida in stato alterato e quindi me l’ha chiesto.”
“In passato è già capitata una situazione simile?”
“No, di solito uscivamo al massimo dopo il lavoro con altri colleghi o solo noi due, ma per serate tranquille.”
“Quella di domenica sera non è stata tranquilla?”
“Purtroppo no. Penso siate già al corrente dei trascorsi tra Lily e Andy. Io sapevo già la versione di lei, me ne parlava ogni tanto a lavoro, ma avevo intuito che non era esattamente la realtà dei fatti.”
“Cosa intende?”
“Che la sua era la versione della persona lasciata dal fidanzato che non riesce a superare la relazione. È abbastanza comune, direi. Ci stava male, quello sì, ma all’inizio mi sembrava che Andy le desse corda anche dopo che si erano lasciati… poi lui ha smesso, ma lei ormai si era illusa e se l’è presa ancora di più. Sempre, com’è normale in una situazione del genere.”
“Certo. Lei quindi non conosceva il signor Morden?”
“Mai visto prima, sapevo chi era solo tramite Lily.”
“E lei gli ha parlato spesso di lui.”
“… sì, l’ho già detto.”
“Dov’era dopo che ha accompagnato a casa Lunden?”
“Sono uscito di nuovo, con Connor Dewer. Le posso dare il numero, se serve la conferma.”
“A che ora è rientrato a casa?”
“… mi sembra verso le 5, non ne sono sicuro. Comunque durante quelle ore ero con lui.”
“Sì, lo sappiamo. Lei ha interagito con Morden mentre eravate al bar?”
“Mi sembra di no, cercavo di tenere d’occhio Lily e basta…”
“E come le è sembrato vedere Morden per la prima volta dopo averne sentito parlare così tanto? Corrispondeva alla descrizione data da Lunden?”
“No, ma come ho già detto avevo già capito che Lily mi dava un parere filtrato da…”
“Intendo anche fisicamente: come le è sembrato?”
Una pausa prolungata. Quando rispose, la voce di Jason era decisamente più secca rispetto a pochi istanti prima.
“Avete fatto queste domande anche agli altri? Gli avete chiesto se hanno trovato Andy carino?”
“Le conversazioni con le altre persone coinvolte rimangono riservate, dottor Solber.”
“Ovviamente.”
“Quindi… mi ha detto del suo rapporto con Lunden, con la vittima, e dov’era nell’orario dell’incidente. È sufficiente, può andare.”
“Bene.”
“Ah, un’ultima cosa: dia alla collega in ufficio il numero di telefono del signor Dewer.”
“Certo.”
 
*
 
“Le vogliamo solo fare un paio di domande per avere un quadro globale della situazione che ha portato a questa tragedia.”
“Lo so.”
“Ci è stato riferito che si è recata e ha lasciato il bar assieme al suo collega, il dottor Solber: è giusto?”
“Sì, ci eravamo organizzati. Lui abita poco distante da me.”
“Una scelta corretta: lui ci ha riferito che lei sapeva di voler bere alcolici e non voleva mettersi alla guida.”
“Beh, sì. Te lo insegnano pure alle elementari, no? Non sono così stupida da guidare dopo aver bevuto.”
“Purtroppo molti non sono responsabili come lei. Dopo essere stata riaccompagnata a casa è andata subito a dormire?”
“Sì. Non ci sono testimoni.”
“Non è importante. Ci è stato raccontato che lei e il suo collega avete lasciato il bar prima degli altri: c’è un motivo particolare per questo?”
“Non mi andava più di stare lì, l’atmosfera era brutta. So che sapete già della mia relazione con Andy, non voglio mentire: stavo male a stare lì con lui che mi ignorava totalmente, anzi, sembrava detestarmi. Ho chiesto a Jason di andarcene e lui ha accettato.”
“Capisco. Posso sapere da quanto tempo la vostra relazione è terminata?”
“… dieci mesi, più o meno. Ci sono state alcune occasioni in cui ci siamo visti, dopo, però. Ero io a scrivergli ma lui accettava di vederci, credevo fosse ancora innamorato di me. Poi si è stancato.”
“Deve esserne rimasta delusa.”
“Beh, sì. L’ho capito molto dopo, in realtà. Prima continuavo a illudermi che ci fosse ancora qualcosa, anche dopo che ha iniziato a non rispondermi più. Ora ho capito che si è solo voluto divertire ancora un po’ prima di stancarsi dell’ex pressa gelosa.”
“E per questo ha deciso di andarsene. Dopo che la sua amica, la signorina Collins, è andata a parlare con lui al bancone?”
“Sì. Erano abbastanza amici prima del casino, ma mi ha fatto un po’ male vederli assieme… è come se io avessi rovinato il loro rapporto.”
“Non crede sia stato Morden a rovinarlo, comportandosi come ha fatto?”
“Però ha rotto con me. Sono io ad averlo stancato. Mia ha preso le mie parti ma ha perso un amico, e ora l’ha perso per davvero.”
Una lunga pausa, prima che l’ufficiale continuasse:
“Ci è stato riferito che lei è stata turbata anche dal vedere Morden parlare con Anita Harlen: vorrei sentire la sua versione su questo dettaglio.”
“Sì, ero turbata. Lo sono stata tutta sera, ma in quel momento mi ha dato sui nervi vederlo così rilassato davanti a me. Ora se ci penso riconosco che non ci stava provando con lei…”
“Come fa a esserne certa?”
“Ci conosciamo da anni, so quando ci prova. Stava solo chiaccherando e io me la sono presa per questa scemenza.”
“Ha detto che vi conoscete da anni: lui, Collins e Martha McCoy, giusto?”
“Sì. Con Martha abbiamo un po’ perso le tracce, in realtà.”
“Sapeva che lei e Morden hanno avuto una relazione prima dell’università?”
“Sì, lo sapevamo tutti. Si sono lasciati di comune accordo… molto meglio di come ci siamo lasciati noi. Martha è sempre stata quella più intelligente del gruppo.”
“Non ha pensato che lei potesse non approvare la vostra relazione, quando è iniziata?”
“Beh, no. Non la vedevamo già da anni, e dato che si sono lasciati in modo pacifico non mi è sembrato di fare nulla di male.”
“Va bene. Per ora è tutto, grazie della sua collaborazione.”
“Davvero?”
“Sì. Abbiamo interrogato tutti voi per avere un quadro completo di quella sera e dei trascorsi, come bisogna fare in queste situazioni. La aggiorneremo subito se ci saranno eventuali sviluppi e se avremo ancora bisogno di lei.”
“… grazie. Grazie, davvero.”

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Capitolo 3
*** Riunione ***


Le sembrò strano ritrovarsi lì, sul ciglio della strada di fronte casa sua, ad aspettare che Josie arrivasse: un inquietante déjà-vu di qualcosa avvenuto in qualche realtà parallela in cui la domenica precedente lei non aveva giocato a scacchi con Phil, era uscita in anticipo dalla sua abitazione e aveva atteso l’arrivo dell’altra ragazza nell’aria fresca della sera.
In quella realtà parallela magari Andy era tornato a casa a dormire e tutti avevano continuato la loro ordinaria e noiosa vita.
Josie arrivò in perfetto orario: si erano organizzati per vedersi in un momento comodo per tutti, così da non essere costretti a correre fuori dal proprio posto di lavoro per partecipare a una riunione a cui nessuno sarebbe voluto andare.
La radio dell’auto era già accesa e la salvò dal silenzio pesante che aveva temuto di dover condividere con Josie. In qualche modo però Mia non si sentì schiacciata da quello che era successo quando la vide e, al contrario, le sembrò di liberarsi del peso di dover apparire posata e ragionevole nel suo dolore così da evitare le attenzioni di troppo della famiglia.
“Hai sentito Lily?” domandò Josie con voce tranquilla. Mia si sorprese di avere lo stesso tono, quando rispose:
“Sì, qualche volta nei giorni scorsi e un paio oggi. Sono felice che Jason sia con lei… è assurdamente calma.”
“Può darsi che stia reagendo così” notò l’altra, “ma anche io sono felice ci sia Jason. Stasera va lui a prenderla?”
“Sì, per quanto sia scomodo fare avanti e indietro da casa sua. Non penso di riuscire a ringraziarlo abbastanza per essersi messo a disposizione per… questo. Io ho tutta la mia famiglia, anche mio fratello, non avrei proprio potuto.”
Gettò un’occhiata veloce al volto di Josie, prima di chiedere:
“Tu stai bene? Sei ancora là?”
“Sì, sì” rispose lei, limitandosi ad aggrottare leggermente la fronte per un istante. “Non ne sono turbata, lo temevo anche io. Però non volevo costringere Lily a tornare nella casa di Andy per fare questa riunione strana.”
“Ci avevo pensato anche io.”
Restarono in silenzio per un po’ di tempo: ancora quel silenzio non disteso, ma nemmeno pieno di ansia come Mia aveva pensato. Josie guidava sicura per le vie che conducevano in città, verso l’abitazione di Jason che avevano selezionato dopo aver deciso di vedersi; o, meglio, dove Lily aveva chiesto di vedersi e nessuno aveva avuto il coraggio di tirarsi indietro.
“Credi che ci saranno tutti?”
“Ho visto Anita questo pomeriggio e mi ha detto che verrà. Preferirebbe essere dall’altra parte del mondo e non la biasimo, non c’entra niente con questa storia, nemmeno lo conosceva. Per gli altri spero di sì: lo conoscevano tutti, no?”
“L’unico che non ho sentito è Alan, era un suo collega. Martha mi ha scritto un paio di messaggi, giusto per sapere come stiamo e tutto il resto.”
“Era una vostra vecchia compagna di scuola, no?”
“Esatto, ci eravamo perse di vista” rispose Mia, e le sfuggì una risatina amara, “avrei preferito un altro modo per riallacciare i rapporti.”
Josie le gettò un’occhiata di sbieco, prima di svoltare in un’altra strada:
“Tu come stai?”
“Bene, credo. Non lo so” rispose Mia. Era sincera: in quei pochi giorni la preoccupazione per Lily le aveva occupato la mente; apprezzava davvero che ci fosse Jason con lei, che l’amica non fosse sola. Il non poterla vedere di persona, però, anche se per poco tempo e per impegni obbligati come il lavoro, l’aveva lasciata in un costante stato di ansia. La sua parte razionale le fece realizzare che in quel modo era riuscita a evitare di pensare alla causa di tutta quella situazione, una situazione impensabile e assurda che non percepiva come vicino a lei. Non aveva pianto e si chiese se avesse dovuto sentirsi in colpa per quello.
Sentì una stretta improvvisa e abbassò lo sguardo: Josie aveva allungato un braccio per stringerle una mano con la propria; fu una stretta leggera e breve, ma riuscì a consolare un poco Mia. Quando alzò lo sguardo e vide l’espressione dell’altra, realizzò che anche lei era preda di quei pensieri e si sentì meno sola.
“Forse siamo arrivati” annunciò Josie; Mia si guardò attorno e riconobbe una delle strade vicine a quella in cui viveva Lily, per cui doveva essere l’indirizzo dell’abitazione di Jason.
“Non sarà una bella serata” si ritrovò a dire, non riuscendo a trattenersi, mentre si voltava verso Josie. Lei accenno un sorriso, il primo da quando si erano salutate domenica notte:
“No, non lo sarà.”
 
*
 
“Ora mi devi spiegare nel modo più logico possibile come cazzo ti è venuto in mente di portare qui tutta questa roba” fu la frase che le accolse quando aprirono la porta dell’appartamento di Jason: erano tutti lì tranne Martha, che le stava raggiungendo dopo averle incrociate all’ingresso ed aver scelto le scale. Jason stava al centro del modesto salotto in cui quasi tutti erano in piedi, Anita ancora con la giacca e, soprattutto, Alan con le braccia cariche di bottiglie di birra e qualche pacchetto di schifezze varie. Jason ce l’aveva con lui, e Mia non faticò a capire il motivo.
“Pensavo voleste fare una piccola commemorazione tra di noi, sta’ calmo!” replicò Alan, che sembrava non riuscire a cogliere perché l’altro fosse così irritato.
“La commemorazione non la faccio coi quattro tizi con cui la polizia mi ha interrogato.”
“Eh, pazienza allora, ma almeno dimmi dove mollare queste cose che iniziano a pesare.”
“Vieni con m-non lasciarle sul divano, cristo!”
“Non mi sono persa granché, eh?” intervenne Martha sottovoce, arrivata alle loro spalle: Mia e Josie erano ancora ferme all’ingresso, distratte dallo scambio di battute tragicomico appena avvenuto, e si apprestarono a spostarsi per farla passare e per avvicinarsi agli altri mentre Jason e Alan scomparivano nella cucina lì accanto.
Mia andò subito da Lily, ormai incapace di trattenersi ancora dallo starle lontana. Era seduta su una poltroncina nell’angolo del salotto, illuminata dalla lampada lì accanto; quando alzò il visto, il cui pallore spiccava sulla sua carnagione scura, la luce appianò ogni ruga e lineamento del volto rendendolo simile a una maschera di cera.
Mia si sedette sul bracciolo della poltrona e la avvolse subito tra le sue braccia, stringendola per qualche secondo e un po’ aggrappandosi a lei.
“Grazie” le sussurrò Lily, prima che si staccasse. Si rivolse totalmente verso di lei con uno sguardo sfibrato e il viso stanco, ma Mia fu felice che avesse perso quell’espressione immobile. La totale freddezza che aveva percepito in lei nei giorni precedenti l’aveva fatta preoccupare per quanto fosse distante dalla Lily che lei conosceva e da come si era aspettata avesse reagito: urla, lacrime, quel volto esausto; qualunque cosa, ma non quella freddezza. Il poterla vedere davanti a sé e l’aver appurato come stesse davvero Lily la liberò da un peso che nemmeno si era resa conto di quanto l’avesse schiacciata fino a quel momento.
Le diede una leggera carezza sul volto, poi tornò a rivolgersi verso il resto del salotto dove gli altri si stavano ancora sistemando, spostando alcune sedie dalla cucina per far sedere tutti, e chiaccherando: Josie era poco distante da lei e Lily e accanto ad Anita, l’unica rimasta a conoscerla da più di solo qualche giorno; Martha era di fronte a loro, in silenzio, mentre gli altri continuavano a parlare.
“Io ho beccato uno stronzo, non era la vostra signora tutta carina e coccole che vi ha trattate con i guanti” disse Alan, facendo capire a Mia che stavano discutendo riguardo gli interrogatori cui si erano sottoposti tutti loro.
“Anche io ho beccato lo stronzo” fece Jason; sembrò voler aggiungere qualcos’altro, ma Anita lo anticipò intervenendo:
“Io non capisco perché abbiano chiamato anche me, nemmeno lo conoscevo!”
“Eri comunque con noi quella sera” notò Josie, ma l’altra aveva un’espressione che lasciava intendere quanto fosse felice della situazione:
“Queste sono cose che si segnano e saltano fuori anche nel futuro. Se rischio di non trovare più lavoro per una stronzata del genere…”
“Stiamo parlando di un omicidio, non una stronzata” la interruppe Jason, forse ancora irritato da quanto capitato prima. “E che disturbo possono aver dato a te, eh? Ti avranno fatto due domande a caso e basta, sai che disturbo.”
“Non mi fido dei poliziotti, mia nonna è spagnola e so che hanno pregiudizi.”
Non fosse stata per la situazione, Mia si sarebbe messa a ridere: sia per l’espressione convinta di Anita, il cui aspetto rientrava perfettamente nello standard caucasico; sia per lo sguardo che le lanciarono Jason e perfino Lily, probabilmente gli unici tra loro ad aver sperimentato sulla propria pelle quel genere di pregiudizi.
“Ma se sei una sottilett…”
“Anita” intervenne Josie, interrompendo brutalmente Jason prima che finisse la frase, “pensaci un attimo: sei tra le ultime persone che ci hanno parlato, domenica sera, come noi. È per questo che ti hanno chiamata, tu hai risposto alle loro domande e va bene così.”
“Potevano lasciarmi in pace” replicò lei, forse soltanto per avere l’ultima parola. Restarono tutti in silenzio per qualche istante, non sapendo cosa dire; erano un gruppo così disomogeneo e in una situazione così assurda che Mia quasi si pentì di quell’incontro. Fu ancora Josie a intervenire, rivolgendosi ad Alan e Jason:
“Quindi vi è sembrato che il vostro ufficiale sia stato stronzo? Secondo voi è perché hanno una qualche idea su cosa sia successo?”
Di nuovo Jason aprì la bocca e venne interrotto ancor prima di parlare, dato che Alan rispose subito:
“Non so, mi ha chiesto solo cos’ho fatto. Andy mi ha riportato a casa, siamo stati per poco tempo in un bar lì vicino, poi lui è andato e io sono rientrato a casa. C’era la mia ragazza, l’ho pure svegliata.”
“Quindi sei l’ultimo che l’ha visto vivo” notò Mia. Una parte della sua mente le ricordò che stavano parlando di Andy, del loro Andy, ma la zittì subito. In risposta Alan fece spallucce e Anita disse:
“Da brividi, se ci pensi.”
A Mia non piacque il tono che aveva: come se fosse una cosa suggestiva e non semplicemente orribile.
“Tu, Jason? A te che impressione ha dato quel poliziotto?”
“Non è stato apertamente stronzo, no” rispose lui. “Mi ha chiesto cos’ho fatto e dov’ero quella notte. Però da qualche domanda mi è sembrato stesse cercando di capire se io avessi una cotta per Andy.”
Dopo un istante di silenzio, Anita domandò:
“E ce l’avevi?”
Jason le lanciò un’occhiata esasperata, come se non l’avesse sorpreso ricevere una domanda così stupida da lei:
“Certo, avevo una cotta per un tizio conosciuto quella sera. Anche tu l’hai conosciuto quella sera: a te l’hanno chiesto?”
“No, ma…”
“Non è che se sono gay allora in automatico mi prendo una cotta per ogni uomo che incontro. Ma forse alla polizia non lo sanno.”
Dopo quelle parole ad Alan partì una risatina, e nemmeno quella piacque a Mia perché le parve un po’ di scherno, un po’ di scetticismo per quello che aveva raccontato Jason.
“Mi sembra una cosa grave” notò Josie, rivolta totalmente a Jason; ma Alan si sentì in dovere di intervenire, come se lei avesse parlato con lui:
“Ma dai, è una reazione esagerata. Sei gay, ovvio che ti piacciono gli uomini, dovevano chiedertelo per capire se magari l’avevi approcciato quando era tornato a casa.”
“Quindi perché l’avrei ucciso? E perché questo discorso non vale per nessuna delle donne qui presenti, o per te?”
“Io ho una ragazza” notò Alan con uno sbuffo, e Jason fece una risata:
“Sai quante volte l’ho sentito.”
“Senti…”
“Ragazzi, dai” fece Mia; si era un po’ stancata di quelle mezze litigate basate sul nulla. “Pensavo avessimo deciso di vederci per cercare di capire cos’è successo, almeno alla lontana. Jason, mi dispiace per come ti ha trattato quel poliziotto… davvero.”
“Fa niente, è andata così. Comunque io dopo sono andato dal tizio con cui mi sto vedendo, per cui potete escludermi dal quadro del cos’è successo quella notte” notò Jason, con tono già più tranquillo. Subito Alan intervenne:
“E io ero dalla mia fidanzata.”
“Beh, a questo punto togliete pure me” fece Anita, conquistandosi gli ennesimi sguardi perplessi per la sua incapacità di comprendere la logica che stavano cercando di seguire.
“L’unico modo in cui possiamo escludere totalmente uno di noi è che abbia un alibi solido” affermò Martha; erano le prime parole che pronunciava da quando avevano iniziato a discutere. “Al momento gli unici ad averlo sono Alan e Jason. Anche se, volendo essere scettici, la loro versione è confermata solamente da ciò che dicono i loro partner.”
Alan si agitò sulla sua sedia, scattando subito:
“Io ho detto la verità.”
“Però ha ragione lei” notò Jason, sincero. “Alla fine chiunque può dire una piccola bugia per dare al compagno un modo per avere meno sospetti su di sé, no?”
“Comunque la mia fidanzata non ha mentito” continuò imperterrito Alan. Nessuno ebbe la volontà di  rispondergli, per cui Mia si rivolse a Martha:
“Io non ho un alibi, sono andata a dormire e basta. Sarei potuta uscire senza farmi sentire, a quell’ora mio padre era a casa e quindi avevo pure la macchina.”
“Anche io non ho un alibi” continuò Josie, seguendo l’esempio dell’altra. “Ho lasciato Mia a casa sua, sono tornata all’appartamento e sono andata a dormire. Sarei potuta uscire tranquillamente per andare incontro a Andy che tornava dal parcheggio. Dio, avrei anche potuto ammazzarlo in salotto e dopo portarlo fuori per sviare tutti…”
“No, avresti lasciato qualche traccia” la interruppe Martha, per poi fare un fugace sorriso. Mia ebbe un breve lampo dei tempi della scuola, di quelle occasioni in cui la logica e l’acume di Martha si erano manifestati e lei si era lasciata andare in uno di quei rari sorrisi; in qualche modo, quel ricordo le diede un senso di sicurezza che la confortò.
Anche Josie accennò un sorriso:
“Mi piace come ragioni. Forse è meglio fare così, come se fossimo tutti possibili colpevoli. Chi è il prossimo?”
Nessuno le rispose subito. Del resto, pensò Mia, quasi tutti avevano dato la loro versione: Jason era andato dal tizio con cui stava uscendo, Alan dalla fidanzata, lei e Josie erano a dormire. Poi Lily parlò, dopo un tempo infinito:
“Io.”
“Solo se vuoi” disse subito Martha, conquistandosi la gratitudine di Mia. Lei si rivolse a Lily, stringendole leggermente un braccio:
“Solo se te la senti.”
“Me la sento, non dovete trattarmi come un fiorellino delicato” disse lei, senza astio nella voce. Poi tentennò per un istante, prima di continuare: “So che sono quella nella situazione peggiore, qua. Jason mi ha accompagnata a casa prima di voi, ho la macchina, so dove abita, avrei avuto tutto il tempo di faree qualunque cosa. E ho un movente bello grosso. Ma non l’ho ucciso. Gli volevo bene, anche se so che sembrava volessi strozzarlo ogni volta che mi faceva incazzare. Ma non avrei mai potuto fargli del male.”
“Però hai il movente e non hai un alibi” notò Alan, e dopo qualche istante si voltò verso Martha come a cercare la sua approvazione. “Se vogliamo tenere un ragionamento più logico possibile, no?”
Martha gli diede uno sguardo quasi di sufficienza, per il tentativo dell’uomo di non concedere il beneficio del dubbio a Lily appellandosi alla logica; poi disse:
“Tra di noi sei quella con più implicazioni, sì. Ma a rifletterci siamo tutti sospettabili.”
Alan sbuffò sonoramente e Jason rispose:
“Per gli alibi abbiamo detto che sono manipolabili. Per il movente, chi può dire che sia successo qualcosa che uno di noi non vuole dire? Anzi, tu, Lily, forse sei quella di cui possiamo fidarci di più: il tuo movente è davanti agli occhi di tutti. Magari qualcuno ha visto quanto eri sconvolta e ti ha voluta sfruttare per coprire il suo, di movente.”
“Così però possiamo inventarci qualunque cosa e tutto diventa valido” notò Mia. “Io magari ci ho litigato poco prima? Ho iniziato a odiarlo per quello che è successo con Lily? L’ho sempre amato in segreto? Dai.”
“Beh, sì” fece Anita, non cogliendo l’ironia di Mia, “e magari Jason se n’è innamorato da quello che gli raccontava Lily al lavoro e ha detto o mio, o di nessuna…”
La sonora risata di Jason la interruppe all’improvviso, accompagnata da quelle di Josie e, sorprendentemente, di Lily.
“E tu? Cosa ci nascondi?” fece Jason dopo aver ripreso fiato, rivolto a una Anita molto offesa. “Lo conoscevi già, avevate una relazione che avete nascosto a tutti e quando se n’è stancato l’hai ucciso? Facciamo a gara a chi spara più cazzate?”
“Io nemmeno dovrei essere qua” borbottò Anita, piccata, ma non aggiunse altro.
Avendo riacquistato tutti la calma, per quanto fosse possibile, Martha decise di rivolgersi ad Alan:
“Tu ci lavoravi assieme, no? Andava tutto bene tra voi?”
“Certo che andava tutto bene” rispose subito lui, “era bravo nel suo lavoro, anche io lo sono. Collaboravamo bene… spesso ci mettevano in coppia per questo.”
“Una  relazione idilliaca” fece Jason, “sicuro che non ci fosse del tenero?”
Alan non rispose a parole, così Martha continuò rivolgendosi a  Josie:
“E voi due convivevate?”
“Sì, non abbiamo mai avuto problemi. Non di quelli da ammazzarsi, del resto.”
“Se non fosse in carcere, avrei pensato subito a Mike” intervenne Mia. Josie le sorrise, sapendo bene della fama dell’ex coinquilino di Andy, prima di spiegare agli altri:
“Era quello che abitava lì prima di me. Non un bel soggetto.”
“Sempre andando nel fantastico, potremmo anche immaginare che ci sia stato un regolamento di conti” intervenne Alan. “Magari qualcuno ha scambiato Andy per quel Mike, oppure qualcuno ha pensato che anche Andy fosse coinvolto in qualcosa, e l’ha aspettato fuori casa.”
“Sai” fece Martha con tono serio, “forse per una volta non hai detto un’idiozia. Ma è una cosa troppo elaborata, e la polizia avrebbe già trovato qualche indizio.”
Restarono in silenzio. Mia immaginò che anche gli altri, come lei, stessero ripassando tutto ciò che avevano detto, alla ricerca di un filo rosso che avesse potuto condurli alla verità; verità che però sembrava ancora irraggiungibile. Troppe variabili, troppa poca fiducia. Come potevano fidarsi della parola degli altri? Quella riunione non aveva portato a nulla; a parte, quello era palese, a divergenze e maggiore sospetto tra di loro.
Nonostante fossero tutti occupati a rielaborare le informazioni ricevute, fu proprio Mia la prima a parlare:
“Ma tu, Martha? Tu cos’hai fatto quando sei andata via?”
“Sono tornata a casa. Non ho alibi, non ho movente, come tutti noi” rispose lei.
“Però sei l’unica che è venuta senza alcun motivo” intervenne Lily. Aveva ancora la stessa voce stanca di prima, ma qualcosa nello sguardo era cambiato.
“Cosa intendi?” domandò subito Alan.
“Non ci vedevamo da tanto” rispose Martha, prima che avesse potuto farlo qualcun altro. “Noi quattro ci conoscevamo da prima dell’università, ma ci siamo persi di vista…”
“Tu e Andy siete stati assieme” la interruppe Lily. Si chinò in avanti, appoggiando i gomiti alle gambe, come per osservare più da vicino la vecchia amica di fronte a lei.
“Questo non ce l’hai detto” disse Anita con tono pungente, rivolta a Martha; evidentemente non le era piaciuto l’approccio logico dell’altra, secondo cui tutti loro, anche lei, erano da sospettare.
“Ci siamo lasciati di comune accordo poco dopo aver iniziato l’università, si parla di anni fa” notò Martha; non stava guardando Anita, ma Lily. “Sapevo della vostra relazione, ok, ma non mi ha dato fastidio.”
“Non mi importa di quello” disse Lily. “Ti ha invitata lui? Così, all’improvviso?”
“Sì. Mi ha contattata poco tempo fa, forse per riallacciare i rapporti.”
“E casualmente quando ti presenti per riallacciare i rapporti lo trovano morto il giorno dopo” fece Alan. Martha aprì la bocca per ribattere, ma Jason notò:
“Sei tu che hai voluto usare la logica fino ad ora. Ammetti che la tua posizione è uan delle più scomode, al momento.”
“Sì, lo ammetto. Ciò non toglie che anche voi…”
“E delle medicine ne hai parlato alla polizia?”
Un silenzio surreale seguì le parole di Lily. Tutti puntarono gli occhi su di lei e dopo qualche istante li spostarono su Martha. Tutti, tranne Mia, che continuò a fissare l’amica come se non avesse potuto credere di aver sentito davvero quelle parole pronunciate da lei.
Quali medicine?” chiese Alan. Lily tornò a sedersi dritta, appoggiando la schiena alla poltrona e incrociando le gambe; Martha, di fronte a lei, sembrò piegarsi leggermente su se stessa, come un riflesso al contrario.
“Vuoi rispondere in ordine alfabetico?” fece Lily con voce ironica; a quel punto Mia non riuscì più a trattenersi e sbottò:
“Lily!”
“Cosa? Lo sai anche te, non ci si può fidare…”
“Sei una stronza” la interruppe Martha all’improvviso. La sua voce era stranita, totalmente differente da quella che aveva usato fino a pochi minuti prima.
“Ma…” fece in tempo a dire Jason, prima che Martha si alzasse di scatto:
“Me ne vado.”
Prima che qualcuno avesse potuto fare qualsiasi cosa, raccolse giacca e borsa, si girò e rispettò quanto aveva appena detto. Mia si voltò di scatto verso Lily, ancora incredula per quanto era appena accaduto, e quello che vide per un istante le tolse il respiro.
L’amica aveva dimostrato spesso di non essere la persona più buona e gentile del mondo; i dispetti, la gelosia, le scenate e modi più subdoli di generare caos, Mia poteva raccontare un episodio per tutto e anche altro. Ma mai si sarebbe aspettata di vedere un’espressione del genere sul volto di Lily: crudeltà e soddisfazione, come se fosse felice di aver ferito Martha parlando di qualcosa che solo lei e Mia sapevano quanto avesse fatto soffrire la vecchia amica negli anni.
E, Mia realizzò, qualcosa che aveva spostato totalmente l’attenzione di tutti su Martha. L’attenzione, e i sospetti.
 
*
 
Fu Josie, ancora una volta, a riportarla a casa. Trascorsero il tragitto nel silenzio più totale: Mia non aveva la forza di parlare ancora, dopo il tempo passato con gli altri, e l’altra rispettò questa sua muta richiesta.
Era stata costretta a raccontare dei disturbi di Martha a tutti gli altri. Si sentiva una persona orribile, non solo per la vecchia amicizia che le aveva unite: sapeva quanto Martha avesse sofferto per lo stigma che la accompagnava per delle malattie che non aveva scelto di avere, che la società vedeva ancora come un problema. O, ciò che temeva Mia ed evidentemente anche Martha, come un possibile movente in un caso di omicidio.
Ma quella che l’aveva più distrutta era stata Lily: aveva scelto di mettere Martha in quella situazione, sapendo quanto ne soffrisse. L’aveva scelto, senza preoccuparsi delle conseguenze, facendole del male… e quella era la parte migliore di tutta la questione. Mia non riusciva a togliersi dalla testa l’ipotesi che Lily avesse deciso di giocare quella carta nel momento in cui tutti i loro discorsi stavano portando anche alla conclusione che lei era quella col movente più forte: la più sospettabile, fino a quando non aveva accusato Martha di star nascondendo loro informazioni importanti. E, in effetti, chi degli altri aveva parlato di Lily, dopo che Martha se n’era andata?
Mia aveva deciso di partecipare a quella loro riunione per confrontarsi, sì, ma anche per trovare conforto e riuscire a spegnere un sospetto che stagnava nella sua mente: il sospetto che Andy fosse stato ucciso da uno di loro.
In quel momento tornava a casa senza quel sospetto, perché si era tramutato in conferma.

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Capitolo 4
*** Un aperitivo ***


Quel giorno l'aria era tiepida e riscaldata dal sole. Mia si sentiva bene come capitava sempre in quelle giornate primaverili, e per la prima volta dal lunedì precedente riusciva a non sentirsi troppo in colpa.
Lei e Josie erano sedute a uno dei tavolini esterni di un bar che entrambe conoscevano, nel centro storico della città: molte persone avevano approfittato del clima mite e del tempo libero del venerdì pomeriggio per invadere quelle strade esenti dal traffico urbano, dando all'ambiente un guizzo di vita che contribuiva a far crescere quella sensazione pacifica di Mia.
La voce di Josie riportò al loro tavolo la sua mente, distratta a seguire i passanti affaccendati:
"Mi chiedo se passerà mai il senso di colpa."
Mia si voltò verso l'altra ragazza, sorpresa da quanto i loro pensieri fossero simili. Riflettè un attimo, poiché anche lei si era soltanto posta la domanda senza trovare risposta, prima di dire:
"Non credo passerà mai, soprattutto perché era... Andy. Però non possiamo nemmeno restare in lutto per sempre, non vivendo più: lui non l'avrebbe voluto."
"E di certo non l'avrebbe fatto, se fosse toccato a qualcun altro" notò Josie, ridendo pacatamente. Mia sorrise di rimando:
"Di certo. Però, dai, non siamo andate a fare una vacanza ai Caraibi appena l'abbiamo saputo. Ci stiamo solo godendo un paio di drink al sole."
"Vero."
Josie si concesse qualche sorso dalla sua birra, prima di continuare:
"E non siamo solo qua a goderci i nostri drink. Hai più sentito Lily?"
Mia fece un misto tra un sospiro e uno sbuffo; ormai le importava poco nascondere cosa pensava degli altri coinvolti in quella storia, e soprattutto di Lily.
"Ci ho provato. Non mi risponde al telefono, ai messaggi solo con monosillabi. Dice che non le importa più niente di tutto questo, vuole solo che gli altri e che la polizia non se la prendano con lei."
"Ma ha trattato Martha davvero male. Anche quello è stato perché non vuole che ce la prendiamo con lei?"
"Secondo me sì" rispose Mia, convinta. "Dio, se mi ha fatto incazzare. Martha non ha mai avuto problemi con la sua malattia, ma aveva paura di parlarne per la cattiva fama che gira attorno a chi ha disturbi. Lily non doveva permettersi di dirlo agli altri, e non così."
"Sì, in pratica ha fatto in modo che tutti iniziassimo a sospettare di Martha" mormorò Josie, sovrappensiero; riportò gli occhi su Mia e l'altra seppe in anticipo cosa stava per dire. "Questa è una cosa davvero sospetta, se si guarda dall'esterno."
"Lo so" replicò Mia, ben consapevole della cosa. "E capisco assolutamente se dubiti di lei. Ma la conosco da anni e ha sempre avuto questo comportamento di merda. Farebbe di tutto per risolvere una situazione a lei scomoda, anche se significherebbe fare un torto a qualcun altro. Io resto convinta che abbia voluto sviare l'attenzione da sé per evitare problemi, non perché sia lei la colpevole."
"Dubito di lei, ma mi fido di te. Del resto la conosci da anni" riconobbe Josie; Mia fu felice di sentire quelle parole.
Josie aprì la bocca per dire qualcos'altro, ma si interruppe sul nascere quando accanto a loro passò un cameriere. Avvicinò leggermente la sedia al tavolo, guardandosi attorno, prima di tornare a rivolgersi a Mia e chiedere:
"Quindi? Secondo te chi è stato?"
"Tu pensi sia uno di noi, quindi?" rilanciò Mia. Josie strinse le labbra in una piccola smorfia:
"Sarebbe strano altrimenti. Questa è una zona tranquilla, mi sembra assurdo sia stato un tizio a caso che l'ha assalito per chissà quale motivo."
"C'era il suo ex coinquilino, Mike. Magari qualche suo conoscente l'ha scambiato per lui..."
"Ma perché colpire dopo così tanto tempo? È un'ipotesi troppo forzata" notò Josie. Dalla strada giunse la risata di un bambino e per un istante entrambe si distrassero, realizzando l'assurdità dei loro discorsi in quel tenue pomeriggio primaverile. Mia non riuscì a trattenere una risatina:
"Assurdo."
"Già."
Bevvero ancora dai loro bicchieri, rimettendo in ordine i pensieri. Poi Mia riprese:
"Uno di noi, quindi. Io andrei per esclusione, stavolta, piuttosto che usare la logica dell'altra volta. Escluderei sicuramente Anita e Jason."
"Loro non c'entrano niente, sì" concordò Josie, e sorrise continuando "Anita sarebbe molto felice di sentirtelo dire."
"Lo immagino" disse Mia ridendo leggermente. Dopo un sorso veloce dal suo drink, continuò:
"Non lo dico perché sono io, però mi escluderei dai sospettati. Tu che ne pensi?"
"Alla fine non lo vedevi da tanto tempo, e sarebbe forzato vedere un movente in quello che ha fatto Lily" concordò Josie, prima di sorridere. "E non ti ci vedo proprio ad ammazzare qualcuno, scusa."
"Sono cintura gialla di karate, potrei sorprenderti."
"Non vedo l'ora."
Risero assieme per qualche istante, prima di tornare al discorso principale. Mia non riuscì a non soffermarsi di nuovo su come il volto dell'altra si illuminasse quando rideva, ma fu solo un istante.
"Quindi. Diciamo che tu sei poco sopra Jason: anche il suo unico movente sarebbe odiare Andy per come ha trattato Lily, però tu lo conosci da più tempo" notò Josie. Mia annuì leggermente:
"Sì, infatti. Poi ci sono Alan e Martha, e non so come metterli tra di loro. Martha ha più trascorsi, ma è passato molto tempo, e non hanno mai avuto problemi gravi."
"Però è ricomparsa proprio quella sera" fece Josie. Mia strinse leggermente il suo bicchiere, non sapendo se dire cosa le stava frullando nella testa; alla fine si decise:
"Ci ho pensato un po', i giorni scorsi, e mi è venuto in mente che a volte in terapia consigliano di tornare in contatto con le persone del passato, no? Per chiudere questioni irrisolte, o per scoprire che cose a cui si ripensava continuamente in realtà non erano state importanti per le altre persone. Magari chi segue Martha le ha consigliato una cosa del genere, in una situazione protetta come l'uscire in gruppo con persone che già conosceva."
"Quindi dici che è stata una coincidenza molto sfortunata" concluse Josie, riflettendo. Mia sorrise leggermente:
"So che è un po' forzato. Però non vedo alcun motivo per cui avrebbe voluto ammazzarlo, davvero."
"Allora proviamo a classificare Alan" disse Josie. "Erano colleghi. Andy ci è uscito qualche volta dopo il lavoro, e a volte si è lamentato di lui. Diceva che era un po' leccaculo e che sembrava cercasse di competere con Andy a lavoro, anche se lui non gli dava corda."
"Questo è importante" notò Mia, seguendo distrattamente con gli occhi un barboncino che passava a qualche metro da loro tra i passanti. "Alan è l'ultimo ad averlo visto. Andy l'ha accompagnato a casa, ha detto che si sono fermati a bere ancora: più alcol, più azioni sconsiderate. E non mi fido molto dell'alibi della fidanzata."
"L'ha ripetuto giusto un centinaio di volte, l'altra sera" notò Josie, facendosi scappare una risata.
"In realtà questa situazione potrebbe far schizzare Alan in cima alla classifica, accanto a Lily."
"Non penso, sai?" fece Josie. "Dovrebbero aver bevuto ancora: Alan ubriaco sarebbe riuscito a spostare il corpo con tanta facilità? Portandolo dove l'hanno trovato, lasciando la macchina nel parcheggio e tornando a casa a piedi?"
Mia dovette darle ragione.
Furono interrotte dall'arrivo di un cameriere, che chiese se volessero altro; Josie ordinò una seconda birra. In quella breve pausa Mia si ritrovò a pensare a come si sentisse a suo agio con lei, come se non stessero discutendo dell'omicidio di un loro caro amico; come se non la conoscesse da meno di una settimana. Eppure non credeva che Josie potesse essere una dei sospettati, anche se effettivamente era quella più vicina alla zona dove Andy era stato ritrovato, a dove aveva lasciato la sua macchina.
"Non abbiamo ancora classificato te" notò Mia all'improvviso; non tanto perché trovasse sospetto che Josie non avesse affrontato la questione, ma più perché la riteneva ben al di sotto di Alan nella lista immaginaria che stavano creando.
"Sì, è vero" replicò Josie. "Ci conoscevamo ed eravamo coinquilini, ma non abbiamo mai avuto litigi seri e non c'era motivo per me di scegliere proprio quella sera per farlo."
"Quindi direi sopra Anita e Jason, sotto di me, giusto?"
"Più noi due a parimerito" corresse Josie, "e Martha sopra di noi, ma soltanto perché non aveva motivi per venire quella sera dopo così tanto tempo; possiamo solo fare ipotesi. Poi Alan, non mi è sembrata una persona così tranquilla e c'erano dei trascorsi a lavoro... l'unico dubbio è come abbia fatto, ma ha più motivi di noi."
Restò in silenzio per qualche secondo, così fu Mia a completare la lista:
"E in cima c'è Lily."
In quel momento arrivò la birra di Josie, che ringraziò distrattamente il cameriere prima di ripetere, dopo che lui se ne fu andato:
"E in cima c'è Lily."
"Non l'ha ucciso lei" disse Mia, con voce pacata. "Non lo dico perché è mia amica, ma perché la conosco. Si è comportata in modo sospetto, come se volesse sviare le nostre accuse, ma lo fa per difendersi. Non per nascondere la verità."
"E non avrebbe avuto senso per lei ucciderlo quella sera" notò Josie, "in un modo così palese, dopo averlo guardato male tutto il tempo. Si può anche ipotizzare che abbia perso la testa e l'abbia fatto senza pensarci, ma da ubriaca e dopo aver fumato non credo proprio che sarebbe riuscita a raggiungerlo e ucciderlo senza alcun problema. No, non regge, e anche la polizia dovrebbe pensarlo."
"Quindi ci resta solo Alan?" domandò Mia. Josie fece spallucce e bevve qualche sorso dal suo bicchiere, cercando di riorganizzare i pensieri. Poi sospirò, scuotendo leggermente la testa:
"Non ha senso fare tutto questo. Non conosciamo così bene gli altri che sono coinvolti, non sappiamo se nascondano qualcosa o no. Possiamo solo ragionare su quello che abbiamo, ed è nulla."
Mia si mise a ridere leggermente. Vedendo la sorpresa sul volto di Josie, spiegò:
"Lo diceva anche mio fratello Phil. Continuiamo a incontrarci per discutere e cercare di capire chi sia il colpevole, ma alla fine è quello che deve fare la polizia. Mi sono messa in testa di risolvere il caso per trovare una qualche pace interiore e se continua così finirò soltanto per morire sola sospettando di tutti."
Josie rimase in silenzio per un tempo prolungato. Mia sorseggiò la sua bevanda, provando un tenue senso di sollievo per quello che aveva appena detto: sentiva di aver confessato quello che non voleva confessare nemmeno a se stessa, ovvero il sapere che non avrebbero trovato risposta a quella faccenda ma la convinzione che il capire cos'era successo, chi era il colpevole, avrebbe risolto tutto. Come se fosse stata una caccia al tesoro il cui premio sarebbe stato ritrovare Andy lì, alla fine del percorso, con un'espressione come a dire "ce ne avete messo di tempo".
"Io mi sento in colpa" disse, infine, Josie. "Perché mi sono addormentata. Ho scoperto che è stato pugnalato con un coltello, è morto dissanguato. Non mi sono accorta che non era rientrato, se non mi fossi addormentata magari sarei uscita a cercarlo e l'avrei trovato ancora vivo. Era così vicino..."
"Ragionare con i magari non porterà a niente se non sensi di colpa insensati" la interruppe subito Mia, allungandosi per stringerle una mano; la pelle pallida era assurdamente fredda sotto il sole primaverile che le abbracciava. "E tu non devi provare colpa, assolutamente. L'unico che deve provarla è chi l'ha ammazzato, non noi."
Josie sorrise leggermente, lo sguardo ancora turbato. Mia si chiese in che quantità tutta quella faccenda le aveva colpite davvero, in un modo di cui non si rendevano ancora conto; quanto le avrebbe influenzate in futuro, per tutta la loro vita.
Andy era morto, era davvero morto. Ucciso da qualcuno, forse da uno di loro. A volte Mia riusciva a realizzarlo, a volte sentiva che la sua mente rifiutava quei pensieri e li chiudeva fuori.
"Ti squilla il telefono" notò Josie. Mia abbassò lo sguardo sullo schermo del cellulare, posato sul tavolino da quando si erano sedute: era un numero sconosciuto e non aveva minimamente voglia di affrontare una chiaccherata con qualche sconosciuto convinto di poterle vendere qualcosa.
Lo schermo si spense dopo pochi secondi; quasi immediatamente, dall'altra parte del tavolo quello di Josie iniziò a squillare. Lei scambiò un'occhiata con l'altra ragazza prima di prendere in mano il cellulare per rispondere, perché entrambe avevano riconosciuto il numero: era lo stesso che aveva appena cercato di contattare Mia.
"Sì?" rispose Josie, irrigidendo il volto quasi subito ascoltando cosa le veniva detto. "Sì, sono io."
Restò in silenzio per qualche istante e Mia assistette a ogni cambiamento che attraversò il suo viso in quel breve tempo, mentre l'altra realizzava cosa le stava venendo detto. Poi Josie puntò gli occhi su di lei e disse, ripetendo quello che aveva sentito:
"Martha è... morta?"

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Capitolo 5
*** Al funerale ***


Si ritrovarono tutti insieme ancora una volta. Mia non aveva mai detestato qualcuno come in quel momento: voleva soltanto non pensare più a quella situazione. Soprattutto, odiava che l’unico luogo tranquillo a cui avevano pensato per vedersi fosse stato il giardino di casa sua.
“Resta qui” ripetè per l’ennesima volta a Phil. Lui parve voler aprire la bocca per dire qualcosa, ma rinunciò subito.
Josie entrò in quel momento nel salotto che dava sul giardino della casa e, cogliendo l’aria tesa tra i due, domandò con voce cauta:
“Tutto bene? Noi ci siamo sistemati…”
“Sì, sì” la interruppe subito Mia mentre Phil si voltava per tornare al tavolo a cui si era posizionato per studiare: troppo vicino a loro, abbastanza per sentire il caos che si sarebbe potuto scatenare. Mia non era riuscita ad ottenere di più dal fratello e lo conosceva abbastanza per sapere che non voleva stare lì solo per accertarsi che la sorella stesse bene, come aveva dichiarato in sua difesa.
In quel momento odiava un po’ anche lui. Odiava Josie, li odiava tutti.
Di certo odiava Lily, pensò mentre seguiva l’altra donna alla tavola del giardino a cui si erano sistemati gli altri. Lily e quella sua espressione chiusa e arrabbiata, come se fosse stato fatto un grave torto a lei e a lei soltanto.
“Eccovi” le accolse Alan con una punta di esasperazione che non sorprese Mia: lui non conosceva Martha, anzi, l’aveva conosciuta come quella che aveva fatto troppe domande qualche sera prima. A lui non importava nulla del tragico incidente che se l’era portata via, no?
“Eccoci” disse Josie, sempre con quel tono pacato e pratico. Le due si sedettero agli unici posti liberi, poi tutti restarono in silenzio per un po’. Infine, fu Jason a interrompere quel momento:
“A voi hanno fatto domande strane, questa volta?”
“No” rispose subito Anita. “No, solo dov’ero quando è successo.”
“Non mi hanno dato l’idea che stiano cercando un assassino” disse Josie, “volevano solo parlarci per confermare che non c’entra con Andy. Secondo me sono certi che sia stato solo un incidente.”
“Una tragedia” intervenne Mia con voce distaccata. Tutti si voltarono verso di lei e apparve loro evidente quanto quella situazione la stesse stressando; non tutti se ne preoccuparono molto, concentrati sui propri problemi e sulle noie scaturite sin dalla morte di Andy.
“Beh, certo…”
“Come hanno detto in televisione” continuò Mia. “Una tragedia. Hanno detto che non guidava spesso, che hanno trovato le sue medicine nel suo corpo. Ed è uscita di strada. Proprio una tragedia.”
“Siamo tutti sconvolti dalla situazione. È orribile quello che le è successo, ma siamo tutti sconvolti” notò Jason, sfregandosi una mano sulla guancia. Poi Anita disse:
“E sappiamo che era sotto farmaci, per cui…”
“Sta’ zitta” la interruppe suibito Josie. Anita vide l’espressione dell’amica e seguì quanto le aveva intimato; quasi tutti gettarono un’occhiata veloce su Mia, che però non si sentiva scossa come avrebbe pensato a causa della supposizione di Anita. Forse se l’era aspettato, in fondo.
Perché erano tutti così preoccupati di quello che pensava lei? Anche Lily era stata legata a Martha, e anche a Andy. Perché lei poteva stare lì, con lo sguardo puntato sul tavolo, con un’espressione chiusa e arrabbiata, senza che nessuno le dicesse niente?
“Comunque è morta” notò Mia, facendo sobbalzare Anita. “E a me sembra molto strano che sia capitato così.”
“Dicevate che non vedeva Andy da anni, è davvero possibile che la sua morte l’abbia sconvolta a tal punto?” notò Jason. Lily parlò per la prima volta, con voce bassa:
“Stava male di testa, non possiamo immaginare cos’abbia pensato. Magari ci ha pensato troppo e basta.”
“E basta, perché pensi che qualcuno qui creda ci possa essere di più?” domandò Josie. Mia spostò gli occhi su di lei e la trovò con lo sguardo puntato su Lily, attenta.
Cosa aveva voluto dire? Anche lei credeva che ci fosse una possibilità – una piccola, remota possibilità – che non fosse stato un incidente? Non era l’unica con la mente attanagliata da quel sospetto, quindi?
Lo sguardo che Lily lanciò a Josie fu così pregno di fastidio e rabbia che riuscì a distrarre Mia dai pensieri che le erano passati come un lampo nella mente.
“Perché dobbiamo stare qui a pensarci, eh? Siamo tutti stanchi, è morto Andy e ora anche lei. Io voglio solo starmene a casa mia e non pensarci più, e non credo di essere l’unica.”
“Esatto” le diede man forte Alan mentre Anita annuiva con forza: Mia avrebbe trovato divertente quella scenetta, se non ci fosse stata tutta quella storia di mezzo. Jason, accanto a Lily, le appoggiò la mano su una spalla nel vano tentativo di tranquillizzarla; lei però era ancora alterata:
“Quindi perché siamo qui? Diccelo, Josie.”
“Volevo sapere se alla polizia vi hanno fatto domande brutte come l’altra volta, tutto qui” rispose subito l’interpellata, mantenendo una voce calma. “E mi fa sentire meglio parlare di tutto questo con chi ci sta passando come me. Scusatemi, credevo fosse lo stesso per voi.”
“Evidentemente no” replicò Lily con tono aspro. “E per me questa riunione finisce qui. Statemi bene.”
Mantenne subito la parola, sorprendendo tutti: si alzò e si diresse a passo sostenuto verso l’interno della casa.
Jason si alzò subito per correrle dietro, dicendo un “mi dispiace” veloce rivolto più a Mia che agli altri. Lei lo sentì salutare anche Phil mentre attraversava il salotto a passo sostenuto, e pensò di odiarlo meno degli altri; di certo meno di quello che stava provando verso Lily.
Erano rimasti in quattro. Alan e Anita impiegarono poco tempo per avvisare che anche loro si sarebbero tolti dai piedi e per uscire dal giardino come tutti gli altri, lasciando Mia e Josie da sole: era accaduto tutto nel lasso di pochi minuti, a malapena due, eppure Mia non si sentì sconvolta più di tanto; Josie, invece, sembrava molto arrabbiata.
“Io cerco di capire le ragioni di Lily e degli altri, davvero, hanno il diritto di essere sotto shock. Però mi fa comunque incazzare.”
“Anche a  me” concordò Mia; senza gli altri di mezzo si sentiva già molto più tranquilla.
“Soprattutto perché io sono davvero preoccupata per quello che è successo… ho paura che non sia stato un incidente. Che ci sia qualcuno che ci sta prendendo di mira, e ha colpito Martha perché stava ragionando troppo.”
Mia perse qualche secondo a osservare il giardino, nascosto al sole dalla struttura della casa. La somiglianza tra i suoi pensieri a quelli di Josie le stava trasmettendo una tale serenità che nemmeno si sarebbe aspettata, riuscendo ad allontanare un poco di angoscia.
“Mia” la chiamò Josie, stavolta con tono ansioso. “Mia, guardami, per favore.”
Lei obbedì alla richiesta dell’altra, e si rese conto solo in quel momento di non averla guardata – non per davvero – fino a quel momento, da quando era arrivata a casa sua. Questo la riscosse ancora di più e disse, ancor prima che Josie lo domandasse:
“Sto bene. Tranquilla. Gli altri mi hanno messo un po’ di angoscia, ma sto bene.”
Dopo pochi istanti, aggiunse:
“E credo anche io che non sia stato un incidente.”
Il sollievo che vide sul volto di Josie fu lo stesso che immaginò di aver provato lei poco prima, e ne fu felice.
“Però non so se è una mia preoccupazione irrazionale” si affrettò ad aggiungere. “Ne avevamo parlato l’altra sera, no? Nessuno ha un vero movente né un alibi infallibile.”
“Io ho dubbi per un’altra cosa” fece Josie. “Se è vero che è stato qualcuno di noi ad uccidere Andy… se è vero, la vedrei come un’azione improvvisa. La stessa persona sarebbe stata capace di uccidere Martha per farla stare zitta, di premeditarlo?”
“Secondo te non è possibile che qualcuno abbia avuto una specie di raptus con Andy, e abbia pianificato di togliere Martha di mezzo? Non può averlo fatto la stessa persona in due momenti diversi?” chiese Mia, confusa da quel ragionamento. Josie fece per dire qualcosa, poi le sfuggì una risata e si coprì il volto con le mani mentre parlava:
“Mi sento idiota a dirlo, ma stavo pensando ai polizieschi che guardo quando non ho niente da fare e lì direbbero che è strano che un assassino agisca in modo così diverso.”
“Non è una cosa così idiota” fece Mia, sentendo nascere un sorrisetto mentre metteva una mano sull’avambraccio dell’altra per farle abbassare le mani; vide dal suo volto che la risatina di Josie non era isterica ma una semplice risatina, come già aveva capito. Quell’improvvisa allegria non nata dallo stress che attanagliava entrambe le sembrò quasi stonata, ma decisamente piacevole.
“Certo, è strano che siamo davvero invischiate in degli omicidi con un assassino, come in un film” notò Mia. “Però è anche assurdo che Martha abbia fatto un incidente così vicino alla morte di Andy. Era sconvolta, sì, ma come tutti noi. E non credo proprio che le medicine siano una scusante.”
“Tirare in ballo le medicine sembra più una scusa per chiudere la questione e non parlarne più” notò Josie. Dopo qualche istante aggiunse: “Non volevo dire che è quello che ha fatto Lily…
“Ma in effetti è esattamente quello che ha fatto” concordò Mia. Iniziò a grattare un piccolo graffio nel legno del tavolo, sovrappensiero.
“Avevi detto che eri convinta che lei non c’entrasse con la morte di Andy” notò Josie, senza polemica nella voce. Mia restò in silenzio per qualche secondo, poi replicò:
“Ora non so più di cosa sono convinta. La conosco e so che è pronta a dire le cattiverie più crudeli quando si sente minacciata, e questa è la peggiore situazione in cui ci siamo mai trovate. Ma non penso che questo la potrebbe portare ad ammazzare, pur di difendersi.”
“Anche perché questo significherebbe che è stata lei ad uccidere Andy” aggiunse Josie.
All’improvviso suonò il campanello di casa. Mia si alzò subito e l’altra la seguì in soggiorno: trovarono solo Phil, stringeva una busta delle lettere tra le mani.
“Era uno delle pompe funebri” spiegò subito, tendendo la lettera a Mia. “È per il funerale di Martha. Ha detto che manderanno un messaggio sul cellulare a breve.”
Mia aprì subito la busta e mostrò a Josie cosa conteneva: un biglietto bianco, semplice, con riportate le indicazioni per presenziare a un breve rinfresco dopo il funerale, in onore del ricordo di Martha. In qualche modo seppe che anche Josie stava ripensando al funerale di Andy di qualche giorno prima: avevano solo potuto accompagnare la salma fino alla chiesa, la famiglia di lui non aveva voluto nessuno all’interno. Mia si era sentita tremendamente in colpa, perché era stata felice di restare fuori.
Non avrebbe mai voluto ritrovarsi di nuovo in quella situazione. Non dopo pochi giorni.
Alzò lo sguardo verso Josie; lei le chiese:
“Vuoi che venga con te, se si può fare?”
Pensò di non aver mai provato gratitudine verso qualcuno come in quel momento; e, soprattutto, era felice che sarebbe stata Josie ad andare con lei.
“Solo se vuoi.”
Le sembrò che Josie si fosse bloccata prima di rispondere, prendendosi qualche secondo, e dentro di sé si illuse che quello che avrebbe voluto dire fosse “per te, sì”; ma lei disse soltanto:
“Va bene.”
 
La casa dei genitori di Martha era grande; nonostante ciò, il salone d’ingresso e le stanze adiacenti sembravano invase da persone vestite di nero e di tutte le età. Mia notò che per la maggior parte erano coetanei dei loro genitori e sospettò che fossero perlopiù conoscenti dei genitori di Martha, non di Martha stessa: come se il rinfresco fosse stato organizzato per loro, per essere circondati da amici e parenti e non restare soli nel silenzio che li avrebbe costretti ad affrontare tutto.
Non poteva immaginare com’era per un genitore dover seppellire il figlio, ma pensò a Phil e sentì crescere il malessere solo a quell’idea.
Lei e Josie avevano già raggiunto la madre di Martha per darle le loro condoglianze; Mia fu sorpresa che la donna si ricordasse così bene di lei, nonostante gli anni di distanza, e fu sorpresa anche di vederla così in sé. Certo, sconvolta, ma ancora padrona di se stessa.
“È davvero forte” concordò Josie quando Mia le riferì quell’impressione. Si erano posizionate in un angolo del salone per non disturbare le altre persone e avere un poco di respiro.
“Ho sentito che suo padre si è sentito male, l’hanno portato al piano di sopra” continuò Josie. Mia gettò un’occhiata verso scale, rigirandosi il bicchiere d’acqua tra le dita.
“Sua madre mi ha detto che c’è anche il suo ragazzo. Non sapevo nemmeno che avesse un ragazzo, sai?”
“È normale, non vi vedevate da tantissimo tempo” notò Josie. “Sai come si chiama? Magari l’hai conosciuto a scuola.”
“Matt, no, non lo conosco. Un po’ sono felice che lei abbia avuto qualcuno accanto in questi anni… ma in fondo so che è felice anche da sola, era felice. Aveva la nostra età.”
“Lo so” disse soltanto Josie, accarezzandole leggermente un braccio. Notarono entrambe quando un giovane uomo scese le scale da solo, e non furono le uniche: la madre di Martha gli si avvicinò subito per sentire, probabilmente, come stava il marito. Mia sentì una stretta allo stomaco per tutto il tempo, prima di vedere la donna annuire e tornare a parlare con chi aveva accanto: il marito stava ancora semplicemente riposando, quindi. Stava bene per quanto poteva stare bene in quel momento.
Sapendo che Josie l’avrebbe seguita, Mia si avvicinò leggermente verso dov’era il fidanzato di Martha. Attese che lui finisse di parlare con un paio di persone, e che finisse di bere l’acqua che si era versato in un bicchiere del piccolo tavolo messo a disposizione per quello, prima di avvicinarsi ancora di più e rivolgergli la parola. Scoprì che, a differenza sua, Matt la conosceva già: Martha l’aveva nominata qualche volta, raccontando dei tempi della scuola passati con lei, Andy, Lily.
Mia si sentì disconnessa per tutta la durata di quelle chiacchere tra sconosciuti, mentre lui le parlava di quanto Martha fosse brillante, dei progressi fatti con la terapia, di come fosse emozionata la domenica precedente per la rimpatriata con i vecchi amici che non vedeva da anni. Aveva altri amici, certo, ma il ricordo di loro tre in particolare era sempre stato forte.
Era lui che l’aveva convinta ad andare ed era rimasto scioccato sapendo cos’era accaduto quella notte. Anche Martha, ovvio, ma era stato fiero di lei per come era riuscita a gestire quella situazione così stressante. E per quanto potesse sembrare assurdo, Matt aveva pensato che fosse molto più sconvolta quando era rientrata a casa, qualche sera prima, dopo essersi trovata con lo stesso gruppo di domenica.
In tutti gli anni in cui erano stati assieme, quella sera fu la prima volta in cui Martha gli aveva chiesto chiaramente di tenere lui le sue medicine; di ridargliele solamente quando erano assieme, negli orari in cui doveva assumerle. E lui così aveva fatto: forse, disse mentre la voce faticava a uscire dalla gola, forse era stato quello a farla stare male mentre era alla guida. Forse aveva avuto una crisi che avrebbe potuto controllare assumendo le sue medicine, ma non l’aveva potuto fare perché lui aveva accettato di costudirle per lei.
Matt si allontanò in fretta, non potendo continuare.
Lasciò Mia e Josie lì, confuse e inquietate, con lo stesso pensiero in mente: la polizia aveva detto loro che avevano verificato e Martha aveva preso le sue medicine; troppe, e quello l’aveva fatta uscire di strada.
Nel momento in cui, secondo la polizia, Martha aveva preso una quantità troppo alta delle sue medicine, quelle medicine erano nelle mani di Matt. Non di Martha.
“Questo è strano” riuscì soltanto a dire Mia, sapendo che anche Josie era arrivata alla sua stessa conclusione; con le stesse domande che vorticavano, frenetiche, nella testa.

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Capitolo 6
*** Colleghi ***


Erano sedute nel salotto della casa di Josie, in cui Mia non andava da tanto tempo. La memoria, purtroppo, funzionava benissimo: si aspettava che da un momento all’altro Andy aprisse la porta della sua stanza per piombare lì e rubare qualche boccone del cibo d’asporto che avevano ordinato e già finito di mangiare per pranzo.
Josie si accorse di cosa distraeva l’altra e disse, pacata:
“I suoi genitori hanno già portato via tutto. Sono stati gentili, mi hanno lasciato i mobili in comune.”
“Immagino non sia semplice, adesso che devi trovare un nuovo coinquilino.”
“No” rispose Josie, facendo una risatina amara, “la voce si è già sparsa. Da una parte i più superstiziosi non vogliono dormire nella camera di un morto, dall’altra quello che è successo non è una buona pubblicità riguardo la sicurezza del quartiere.”
Mia si riscosse leggermente, rendendosi conto di quello che significava quell’ultima osservazione: ogni tanto si dimenticava del fatto che il caso era stato chiuso come una rapina a mano armata finita nel modo peggiore. La sicurezza che ci fosse altro era così radicata in lei che iniziò a temere di avere la mente offuscata dai sospetti che nutriva verso chiunque.
“Quindi” esordì dopo qualche istante, mentre Josie raggruppava le confezioni vuote del pranzo. “Martha ha preso troppe medicine e, fuori di sé, è andata fuori strada.”
“È mai capitato qualcosa del genere in passato?” domandò l’altra, e Mia scosse la testa:
“Non che io sappia. Le è stato diagnosticato presto questo disturbo, lei diceva anche di essere stata fortunata. A volte era strana, ma solo quando cambiavano i dosaggi per trovare l’equilibrio giusto. Per dire: gli ultimi due anni di superiori non ha avuto alcun problema.”
“Quindi è strano che all’improvviso abbia sbagliato dosi” notò Josie, prendendo uno stuzzicadenti e iniziando a mordicchiarlo, mentre rifletteva, per evitare di accannirsi sulle unghie; Mia aveva già notato quanto fossero più corte rispetto alla sera in cui si erano conosciute. “E quindi sembra vera l’ipotesi che ne abbia volontariamente ingerite troppe.”
Mia si dondolò un poco, pensando in fretta:
“Io sinceramente non so come funzioni per qualcuno nella sua situazione che ha subìto un trauma del genere. Mi sembra assurdo, ma può darsi che la morte violenta di Andy l’abbia portata in uno stato di depressione tale da fare una cosa del genere… no?”
“Non lo so” rispose Josie con un sospiro. “Tu dici che era tranquilla da anni, no? Allora perché una ricaduta così pesante, se era seguita e aveva una terapia che funzionava?”
“Non si è mai trovata a fronteggiare la morte” notò Mia, ma sembrava una ipotesi debole anche a lei. Poi si riscosse leggermente e aggiunse: “Potremmo chiedere a Matt. Chi meglio di lui saprà come stava?”
“Magari lasciamogli qualche giorno” disse Josie, inarcando un angolo della bocca in un sorriso amaro. Mia annuì leggermente: lei si sentiva devastata per la morte di due vecchi amici; non poteva immaginare come si sentisse chi aveva perso la persona che amava, con cui progettava un futuro assieme. Le sarebbe crollato tutto addosso.
In qualche modo quei pensieri la portarono a Lily. La detestava ancora per come si era comportata, come aveva trattato Martha; serpeggiava in lei il fatto che, se quanto ricostruito dalla polizia riguardo l’incidente fosse stato vero, allora Lily sarebbe stata un agente attivo della confusione e della morte di Martha. Colpevole, indirettamente, della morte della loro vecchia amica.
Però in quel momento si ritrovò a pensare al trauma della morte di Andy per lei: non stavano più assieme, è vero, ma avevano condiviso tanto, e anche dopo il tempo passato dalla fine della relazione lei sembrava esserne ancora innamorata. La morte di lui doveva essere stata un colpo pesantissimo, forse come lo era stato per Matt.
Ma forse Matt non si sarebbe ritrovato a piangere Martha, se Lily non si fosse comportata com’aveva fatto la sera in cui si erano visti.
Rimasero in silenzio per un po’, riflettendo. Fu Josie a romperlo, con voce pacata e in qualche modo rilassata:
“Quindi? Cosa facciamo, ora?”
Mia si lasciò sfuggire una mezza risata:
“Sono felice di vedere che anche tu non ti dai pace.”
“La polizia pare convinta della sua versione” rispose Josie, ma anche lei con un sorriso. “E tu mi sembri convinta quanto me che qualcosa non torni. Fossi stata da sola mi sarei data della pazza, ma tu conoscevi entrambi più di me e ti dici convinta di quello in cui credi. Per tutto questo: cosa facciamo, ora?”
Mia si ritrovò ad apprezzare, più di quanto si sarebbe mai aspettata, quella incredibile fiducia che Josie riponeva in lei. Forse era malriposta: si stava muovendo in preda alla paranoia e a sospetti nati da sensazioni. Magari, e si ritrovava a sperarlo con tutta se stessa, la polizia aveva ragione; ne sarebbe stata più convinta se fosse morto soltanto Andy. Ma con la morte di Martha non riusciva, forse non voleva, placare quelle sensazioni: e avere accanto un’altra persona in accordo con lei la faceva sentire meno folle.
“Ora dobbiamo convincere a raccontarci tutto chi fino ad ora si è nascosto in modo fin troppo palese dietro un alibi di ferro” rispose dopo aver riflettuto. Josie capì subito, e la cosa le diede una nuova sferzata di sicurezza.
 
Erano entrambe d’accordo che, se fosse stato Alan ad uccidere Andy, allora il corpo di lui sarebbe stato trovato vicino a casa dell’altro, o al bar poco distante in cui erano stati visti prima di rincasare – o di provarci, nel caso di Andy. Questo sembrava allontanare Alan dai più sospettati, dato che avrebbe dovuto uccidere Andy e trasportarlo fino al suo appartamento, oppure ucciderlo prima che entrasse nel palazzo: troppi spostamenti sospetti e troppo sangue freddo per una persona che era sembrata a entrambe poco paziente. Eppure aveva ripetuto così tante volte di essere dalla sua fidanzata, nell’orario in cui avevano rimandato la morte di Andy, da aver lasciato in loro il seme del dubbio; non che l’avesse ucciso, ma che non avesse raccontato la verità. Era l’ultimo ad averlo visto vivo, al bar, e questo non potevano ignorarlo.
Si accordarono per andare al suo appartamento nella prima mattina del giorno successivo. Mia fu sorpresa della semplicità con cui Josie chiamò al lavoro di Alan, fingendosi una giornalista interessata ad intervistarlo: fissò una data della settimana successiva e si fece dare il suo indirizzo con un tono di voce loffio che generò qualche risata soffocata malamente da parte di Mia, come fossero state ragazzine intente a fare scherzi telefonici.
Mia prese un permesso dal lavoro e si rivelò uno spreco: quando passarono la mattina non rispose nessuno al citofono. Grazie alla telefonata per la finta intervista, avevano avuto la conferma che lui non tornava a casa per pranzo: si diressero così verso mezzogiorno all’indirizzo indicato, di nuovo; sapevano di dover mantenere un basso profilo, fingendosi vecchie amiche di Andy che, venute a conoscenza della sua morte, avevano deciso di voler chiaccherare con chiunque gli fosse stato vicino nell’ultimo periodo. Per raggiungere la pace interiore, dissero alla fidanzata di Alan quando lei aprì loro l’ingresso di casa sua.
Helen sembrava una persona cortese e poco sospettosa: le fece entrare subito senza porsi problemi e offrì loro qualcosa da bere. Raccontò del fatto che conosceva poco Andy, l’aveva visto un paio di volte in uscite in cui aveva accompagnato Alan. La notizia di quello che era successo l’aveva sconvolta, sì, come aveva sconvolto lui: era tornato a casa proprio dopo averlo salutato, avevano bevuto un po’ nel bar lì vicino. Beh, non sapeva per Andy, ma di certo Alan aveva bevuto. E il giorno dopo aveva saputo che Andy era morto poco dopo il momento in cui si erano divisi…
“Ci hanno detto che quello… quello che è successo… è avvenuto in piena notte” fece Mia, tenendo un tono di voce debole e abbassando lo sguardo, dirottando il discorso verso l’informazione a cui miravano lei e Josie. Si sentiva orribile a fingere uno sconvolgimento così grande da non riuscire quasi a parlare, ma in fondo aveva davanti una persona che nemmeno conosceva Andy; e le riusciva assurdamente semplice usare quella voce, in riflesso alla cadenza naturale di Helen.
“Sì, sì… Alan mi ha detto alle due. Così poco da quando si sono salutati! Pochi minuti, Alan avrebbe potuto trattenerlo a parlare per poco, e sarebbe ancora tra noi. Che cosa orribile!”
Mia dovette irrigidire tutti i muscoli del collo per costringersi a non voltarsi verso Josie. Con la coda dell’occhio vide che l’altra ebbe un breve, impercettibile scatto della testa, come a confermare involontariamente che anche lei aveva notato lo stesso che aveva intuito Mia.
Alan aveva accennato al fatto di essere tornato presto, molto presto, dal bar in cui si erano trattenuti lui e Andy: e invece era uscito fuori che secondo Helen sarebbe bastata una manciata di minuti in più per evitare a Andy di ritrovarsi nel posto sbagliato al momento sbagliato; alle due di notte, non prima.
“Erano andati a un bar assieme, no?” domandò Josie. “Almeno gli ultimi momenti è stato con un amico, un grande amico. Erano colleghi, giusto?”
“Sì, da anni. Si trovavano così bene, Alan diceva sempre che erano una squadra vincente… erano, purtroppo. Lui sta malissimo, mi ha detto che non voleva nemmeno accettare la promozione che gli hanno offerto. Ha accettato per me, per inziare a costruirci un futuro assieme” fece Helen, non trattenendo una punta di felicità nel sorriso cordiale che aveva sul volto pallido; come se non fosse più riuscita a evitare di parlar loro di quella buona notizia riguardo la sua vita. “Una tragedia a volte può portare cose buone. Ma certo avrei preferito non fosse successo nulla, per Alan e per tutti voi che conoscevate Andy.”
Mia ne era certa: si poteva intuire da quanto Helen si era trattenuta dallo spiattellare loro in faccia la notizia della promozione, cosa che evidentemente non vedeva l’ora di fare; senza sapere che era un’informazione per loro molto, molto importante. All’improvviso Alan era diventato la persona senza un alibi ferreo e con un movente bello grosso.
Si trattennero ancora a lungo, cercando di dissimulare in chiacchere generiche le domande che avevano posto per trarre le informazioni di cui avevano bisogno: quando lasciarono l’appartamento potevano ritenersi entrambe soddisfatte e sicure che Alan avrebbe trovato magari strana quella visita di due sconosciute, ma nulla di più.
Mentre Mia guidava, diretta al negozio in cui Josie lavorava nel pomeriggio, l’altra cercò di riassumere tutto quello a cui erano venute a capo dopo la loro conversazione con Helen. Non erano prove, dovette riconoscerlo, ma dimostravano che Alan aveva raccontato alla polizia una versione diversa dalla realtà; e la polizia era a conoscenza di quella promozione? Fino a che punto Alan sarebbe stato disposto a spingersi pur di ottenerla? Avrebbe voluto andare a chiedere direttamente al loro lavoro, per sapere se il rapporto tra i due fosse stato davvero così idilliaco, ma disse subito che sapeva sarebbe stato troppo rischioso: di certo Alan avrebbe capito cosa stavano facendo, e non ne sarebbe stato per nulla contento.
Poi Mia, quando Josie finalmente si chiuse in un silenzio pensoso, disse:
“Non credo sia stato lui.”
Josie si voltò subito verso di lei, sorpresa, e dopo qualche istante replicò:
“Non sono certo delle prove, ma devi riconoscere che è strano che abbia mentito alla polizia.”
Mia scosse leggermente la testa:
“Helen ha detto che Alan aveva bevuto. Non sarebbe riuscito ad andare in macchina fino al vostro appartamento per ammazzarlo lì vicino, e non sarebbe riuscito ad ucciderlo lì al bar e trasportarlo dove l’hanno trovato.”
Josie restò in silenzio per qualche secondo, mordicchiandosi l’unghia del pollice, prima di affermare:
“Ti direi che Helen ha mentito per proteggerlo, ma in questo caso avrebbe mentito anche sul resto. Ci ha detto senza problemi dell’orario e della promozione.”
“Infatti.”
“Quindi? Alan ha mentito soltanto per evitare qualunque sospetto e continuare la sua vita?”
“Beh, con Andy fuori dai piedi la promozione sarebbe stata sua di sicuro: avrà pensato che un’accusa di omicidio, anche se smentita subito, sarebbe potuta non piacere ai suoi superiori. Ha chiesto a Helen di coprirlo con la polizia, o magari l’ha convinta di essere rincasato prima delle due; lei non ha dato peso alla cosa ed eccoci qua.”
“Eccoci qua” ripetè Josie, mentre l’auto di Mia accostava poco distante dal negozio dove avrebbe lavorato nelle ore successive. “Al punto di partenza.”
“Ma con una persona in meno su cui sospettare” notò Mia con un sorriso leggero. Josie non le rispose: aveva un’espressione preoccupata.
“Se Alan voleva così tanto quella promozione, è possibile che abbia deciso di togliere di mezzo Martha perché aveva iniziato a farsi troppe domande?”
Mia restò in silenzio. Non aveva considerato la questione, ma dopo aver riflettuto rispose:
“Secondo me no. No, non credo. So che è poco sicuro affidarsi alle impressioni e non alla pura logica, ma ho la sensazione che lui non sia il tipo da spingersi così in là. Ha mentito perché era la cosa più semplice da fare, non si sarebbe sporcato le mani così tanto.”
“Può darsi. Ma non voglio comunque depennarlo dalla lista dei sospettati” notò Josie; poi fece un lieve sorriso. “Abbiamo già visto a cosa porta la logica, comunque. Nessuno è innocente, tutti hanno mentito e non si può trovare risposta. Forse farsi guidare dalle impressioni e dalle sensazioni è davvero l’unica risposta.”
Forse, si disse Mia. Si salutarono velocemente e Josie uscì dalla macchina per raggiungere in fretta il negozio, a cui rischiava di arrivare in ritardo. Forse, sì. Ma sentiva che quelle sensazioni la stavano logorando. Era per colpa loro che non si dava pace, che aveva la certezza che le morti dei suoi due amici non erano state semplici e tragiche coincidenze: se fosse stata logica e basta allora in quel momento si sarebbe ritrovata in pausa pranzo, magari triste, ma comunque intenta a chiaccherare con qualcuno senza preoccuparsi di risolvere un mistero che forse nemmeno esisteva.
Ma le sue sensazioni le dicevano diversamente.

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