Raider King - Il mistero della Fonte di Vita

di Inquisitor95
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo - Il giorno della partenza ***
Capitolo 2: *** Capitolo Uno - Risveglio ***
Capitolo 3: *** Capitolo Due - Fuori dal tempo ***
Capitolo 4: *** Capitolo Tre - La via verso l'ignoto ***
Capitolo 5: *** Capitolo Quattro - Il vuoto tra i portali ***
Capitolo 6: *** Capitolo Cinque - L'incontro col direttivo ***
Capitolo 7: *** Capitolo Sei - Cordoglio o speranza ***
Capitolo 8: *** Capitolo Sette - Due storie uguali ***
Capitolo 9: *** Capitolo Otto - La missione ***
Capitolo 10: *** Capitolo Nove - La chiave misteriosa ***
Capitolo 11: *** Capitolo Dieci - L'interrogatorio ***
Capitolo 12: *** Capitolo Undici: La memoria dell'acqua ***
Capitolo 13: *** Capitolo Dodici - Il Giudizio della Fonte Azzurra ***
Capitolo 14: *** Capitolo Tredici: Immersione ***
Capitolo 15: *** Capiitolo Quattordici: Collaborazione non richiesta ***
Capitolo 16: *** Capitolo Quindici: Rivelazioni ***
Capitolo 17: *** Capitolo Sedici: Pausa di riflessione ***
Capitolo 18: *** Capitolo Diciassette: La vista dallo spazio ***
Capitolo 19: *** Capitolo Diciotto: La ricerca della verità ***
Capitolo 20: *** Capitolo Diciannove: Nei condotti ***
Capitolo 21: *** Capitolo Venti: Rotta di collisione ***
Capitolo 22: *** Capitolo Ventuno: La storia della Lega ***
Capitolo 23: *** Capitolo Ventidue: Prima della partenza ***
Capitolo 24: *** Capitolo Ventitré: Squadra ***
Capitolo 25: *** Capitolo Ventiquattro: Freddo e ostile ***
Capitolo 26: *** Capitolo Venticinque: Un attimo di respiro ***
Capitolo 27: *** Capitolo Ventisei:: Il Lago delle Ceneri ***
Capitolo 28: *** Capitolo Ventisette: Onore ai morti ***
Capitolo 29: *** Capitolo Ventotto: Un volto familiare ***
Capitolo 30: *** Capitolo Ventinove: Casa ***
Capitolo 31: *** Capitolo Trenta: Il dolore del Campione ***
Capitolo 32: *** Capitolo Trentuno: Il giudizio ***
Capitolo 33: *** Capitolo Trentadue: Il Gran Ballo d'Inverno ***
Capitolo 34: *** Capitolo Trentatré: Un nido di serpi ***
Capitolo 35: *** Capitolo Trentaquattro: Il nobile pomposo ***
Capitolo 36: *** Capitolo Trentacinque: L'invito a ballare ***
Capitolo 37: *** Capitolo Trentasei: Il Grande Duello ***
Capitolo 38: *** Capitolo Trentasette: L'ultma danza ***
Capitolo 39: *** Capitolo Trentotto: Festa di compleanno ***
Capitolo 40: *** Capitolo Trentanove: Il pianeta gravitazionale ***
Capitolo 41: *** Capitolo Quaranta: Salto tra le epoche ***
Capitolo 42: *** Capitolo Quarantuno: Oscurità contro fuoco ***
Capitolo 43: *** Capitolo Quarantadue: Testa a testa ***
Capitolo 44: *** Capitolo Quarantatré: L'equilibrio stabilito ***



Capitolo 1
*** Prologo - Il giorno della partenza ***


Prologo

Il giorno della partenza

 
 
 
 
 
 
 
Anno Stellare 2110°
Stazione Spaziale Utopia-22 – dintorni di Plutone
 
Il grande giorno era finalmente arrivato, era questo l’unico pensiero che lo scienziato riusciva ad avere in testa durante il viaggio fino alla base spaziale ai confini del Sistema Sol. C’erano voluti ben trent’anni per permetterne la realizzazione; fin da quando era entrato a far parte dell’Organizzazione Spaziale Terrestre, non aveva desiderato altro che approfondire ciò che si trovava oltre i pianeti conosciuti.
Le sue idee avevano naturalmente trovato un seguito visto che alla OST c’erano molti sognatori come lui, gente che avrebbe voluto capire cosa riservava l’universo e il resto della galassia, ancora sconosciuta per l’uomo che da pochi anni aveva fatto i primi passi in quello che veniva definito comodamente ammasso locale.
Lo scienziato ripensò a tutti i suoi contrasti, mentre si versava una coppa di vino bianco frizzantino che era stato messo a sua disposizione per allietare il viaggio: sarebbe durato solo poche ore, vista la velocità spedita della navicella.
“Avevano paura di cosa avremmo potuto trovare, eppure oggi abbiamo finalmente realizzato il nostro sogno: mandare l’uomo fuori dal Sistema Sol con tutti i mezzi per poter vivere e colonizzare.” Si disse debolmente con un sussurro, sorrise, poi bevve poggiando il bicchiere mentre il dolce liquido freddo gli bagnava i baffi e gli bruciava la gola.
Quando la navicella si fermò, lo scienziato vide dal suo finestrino, che si affacciava direttamente sullo spazio oscuro dell’universo, la lontana stella madre dell’ammasso locale che brillava di luce bianca e brillante come faceva sulla Terra.
“Dottor King. Abbiamo appena iniziato la fase di aggancio. Tra cinque minuti potrà uscire dal portellone alla sua destra.” Disse la voce della IV che echeggiava nella cabina dell’uomo.
“Grazie, mi preparo subito.” Disse il Dottor King educatamente rispondendo alla IV della nave, prese le sue poche cose e face come aveva detto: si alzò dal suo posto bevendo l’ultimo sorso di vino dal calice, poi uscì dalla stanza e si avvicinò al portellone destro.
Lo sbarcò avvenne nel tempo previsto: cinque minuti dopo la porta si era aperta introducendo lo scienziato nella camera di depressurizzazione; egli vi entrò e attese il tempo necessario mentre la porta si chiudeva alle sue spalle: il debole tremito delle pareti gli faceva ancora un po’ di stranezza, provocando dei brividi alla schiena.
“Depressurizzazione in corso. Attendere prego.”
La voce della IV della nave era metallica e femminile, era un modello che aveva impostato lui visto che tra le tante voci, era disponibile quella della sua attrice preferita. Attese con piacere che la successiva porta si fosse aperta rivelando il corridoio della stazione spaziale.
“Benvenuto su Utopia-22, dottore. È un piacere averla con noi in questo giorno speciale.” Disse una voce che lo aveva accolto subito dopo l’apertura delle porte, un giovane assistente in tuta spaziale bianca e viola aveva accolto l’uomo all’interno della stazione chiamandola con il suo nome scientifico. Nome che aveva scelto il Dottor King.
“Grazie ehm…” il dottore si trovò in difficoltà non riconoscendo subito il volto del ragazzo che lo aveva accolto. Cercò abilmente di camuffare la sua incertezza con il disorientamento. “Non riesco mai ad abituarmi del tutto alla depressurizzazione.”
Con una rapida occhiata, il dottore vide la targhetta del giovane assistente che mostrava il nome e la sua funzione all’interno della stazione: Davide Velasco, assistente meccanico.
“La capisco benissimo, dottore. Si figuri che dopo quasi un anno ancora non mi sono abituato all’idea di stare nello spazio. Ho sempre vissuto a Pangea, la prima colonia su Marte. C’è mai stato?” chiese il giovane assistente facendo strada per primo all’interno del corridoio.
La stazione spaziale era divisa in vari settori, c’erano aree comuni e in quel momento stavano attraversando gli hangar di attracco tramite una serie di corridoi dai pannelli bianco sterile e dai neon brillanti al tetto che conducevano nell’area principale.
“No, non ci sono mai stato. Ho sentito però dire che Pangea è una località molto ambita e che gli affitti sono esorbitanti.” Disse il dottore ripensando all’ultimo drone-giornale che aveva letto. Parlava dei rincari delle abitazioni su quella che era stata la prima colonia umana al di fuori della Terra, in effetti, se ne festeggiavano i primi cinquant’anni.
“Sì, i miei nonni facevano parte della prima spedizione di coloni. Era un grande onore per loro partecipare, mi raccontavano sempre di come si erano conosciuti su Marte e del loro primo bacio. Dev’essere stata un’esperienza molto romantica per loro.” Rispose l’assistente annuendo e ridacchiando, sembrava trovarsi a suo agio e sicuramente era qualificato per il ruolo di assistente che ricopriva.
La sala comune quel giorno era ancora vuota, il Dottor King sapeva che era arrivato in anticipo sulla preparazione del lancio e che in effetti, non sarebbe avvenuto esattamente quel giorno, i preparativi però richiedevano la sua presenza lì prima degli altri.
Riconobbe alcuni dei volti degli altri assistenti che avevano lavorato con lui nella OST da quando era stato lanciato il progetto, lo salutarono amichevolmente con la mano in aria e lui rispose loro con un cenno. Lo scienziato e l’assistente non si fermarono però nella sala comune e procedettero verso le aree riservate al personale primario.
“Dove stiamo andando esattamente?” chiese il dottore.
“Osservatorio privato, Dottor King. Come da sua richiesta.” Disse l’assistente meccanico, tra le braccia stringeva un tablet che mostrò al dottore al suo fianco. Sembrava tutto molto strano visto che lui non aveva fatto alcuna richiesta di un osservatorio privato.
Quando lesse il nome di chi aveva davvero fatto la richiesta, il Dottor King fece un sorriso e gli parve di sentire gli occhi pesanti: Mila Prevett, la firma di sua moglie era impossibile da non riconoscere, lei pensava sempre ai dettagli al quale lui non pensava: sfuggivano sempre all’uomo ma mai alla saggezza di una donna e lui era molto fortunato.
“Mia moglie mi ha fatto un regalo, giovane Davide. E tu? C’è una donna nella tua vita che ti aspetta su Pangea?” chiese lo scienziato sorridendo al giovane assistente, quello però scosse il viso negando.
“No, Dottor King. Sono partito donando il mio cuore e votandolo interamente alla scienza e al bene dell’umanità. Non c’è posto per l’amore nella mia vita.” Disse il giovane assistente meccanico, a quelle parole, naturalmente il dottore fece un sorriso amaro.
Era ancora troppo giovane per poter capire cosa potesse essere l’amore vero. Aveva ancora tanto da apprendere, ma al momento faceva bene a sognare in grande. Anche lui alla sua età aveva sempre sognato di realizzare il sogno della vita e finalmente si stava avverando.
Quando la porta dell’osservatorio privato si aprì, il Dottor King si focalizzò sull’ambiente piacevole che si era: l’aria era riscaldata, di qualche grado leggermente sopra la media terrestre per renderlo confortevole; c’era un grande divano che si affacciava direttamente sulla parete interamente in fibra di vetro per permettere a chiunque di godersi lo spettacolo di quello che vi era oltre.
“Quest’area è tutta sua, dottor King. Sua moglie ha detto che l’avrebbe raggiunta tra qualche minuto, aveva alcune cose da sbrigare anche se non ha specificato cosa.” Disse il giovane assistente.
Lo scienziato però sapeva benissimo cosa doveva fare, il suo sorriso e il suo buon umore svanirono così come erano apparsi da quando aveva messo piede su Utopia-22, lasciandolo con l’amaro in bocca.
“Le serve qualcosa?” chiese l’assistente ancora. L’uomo non rispose subito, il suo sguardo era rapito dalla vista oltre il vetro della parete finestrata e i suoi occhi brillavano per l’emozione.
L’Arca Syramo era proprio là davanti ai suoi occhi in tutta la sua bellezza ed immensità: era una gigantesca nave i cui propulsori iperluce erano lunghi almeno trenta metri e con la larghezza di un palazzo; quella magnifica struttura era distante diversi chilometri da Utopia-22 e lui poteva vederla per intero dal punto in cui si trovava.
Era una distanza di sicurezza, l’Arca Syramo avrebbe ricevuto una spinta dai suoi ben quindici motori che con la sua forza poteva spazzare via una città intera; un’opera di ingegneria perfetta che avrebbe viaggiato a quasi un milione di chilometri all’ora. 
“Non è meravigliosa? Non è un’autentica bellezza?” chiese lo scienziato, naturalmente la sua era una domanda sognante; il suo sguardo si spostò sulla superficie della gigantesca arca che aveva la forma di un largo proiettile. Una forma che l’avrebbe aiutata durante il viaggio verso l’esterno del Sistema Sol.
I propulsori erano in modalità di risparmio energia, ma visibilmente attivi visto il leggero strato di luce provocato dalle vibrazioni che li avvolgevano del tutto. Non vi erano finestre sulla sua superficie, d’altronde non erano necessarie per poter vedere l’esterno.
“La più grande opera mai costruita dall’uomo, in campo ingegneristico, dottore.” Disse l’assistente, aveva tirato fuori un sorriso, probabilmente essendo parte di tutto quello, doveva sentirsi molto importante. Lui come molti, avevano lavorato al progetto dell’Arca Syramo. “Speriamo un giorno di poterne inviare ancora.”
“Sai quante anime riposeranno al suo interno?”
“Cinquemila anime, signore. Le liste che ho visto classificano una varietà di persone elevata ma possiamo suddividere in tre grandi reparti: scienziati, tra cui geologici, meteorologi e meccanici; le forze militari della OST alla quale si aggiungono un numero di civili per la colonizzazione; infine i diplomatici, una mia vecchia amica ha aiutato a stilare il Protocollo di Primo Contatto.” Disse il giovane assistente facendo un elenco rapido delle persone presenti, cinquemila coloni dentro la sua arca: il Dottor King non poteva che esserne fiero.
“Questa sarà solo la prima Arca a raggiungere il Sistema Bael. Le scannerizzazioni a lungo raggio ci hanno permesso di individuare un paio di mondi abitabili ma Naxos è perfetto, la prima metà che raggiungerà la Syramo.” Disse il Dottor King, i suoi occhi continuarono a fissare l’Arca nella sua immensità, poi finalmente si decise a distogliere lo sguardo dalla finestra ma solo perché un suono intermittente stava echeggiando nell’angolo della stanza distante da lui.
“Dovresti rispondere.” Disse una nuova voce di donna che aveva fatto il suo ingresso nella stanza, sia il dottore che l’assistente si voltarono verso l’ingresso dell’osservatorio vedendo una donna sulla cinquantina d’anni, con lunghi capelli biondo scuro a contornarle il volto chiaro e due occhi azzurri e penetranti.
“Dottoressa Prevett, buonasera. Vi lascio da soli allora.” Disse il giovane assistente meccanico salutando la donna appena arrivata.
Ella indossava la stessa tuta spaziale, i colori bianco e viola le donavano molto vista la carnagione, per di più, la tuta aderente le forniva delle linee fisiche morbide, come se le disegnassero il corpo. Era una donna alta e bella, con un fisico allenato e tonico. L’espressione era sicura di sé, determinata così come il modo in cui adesso fissava il Dottor King con le braccia incrociate al petto.
Lo scienziato annuì restando serio in volto, nonostante fosse comunque molto contento che la moglie lo fosse venuto a trovare, senza aggiungere altro, si spostò verso l’angolo della stanza arrivando quindi a premere il pulsante dell’interfono che lo avrebbe messo in collegamento con chiunque lo stesse chiamando.
“Signora Presidente, immagino di poterle dire buonasera. È un peccato che anche lei non sia qui a godersi lo spettacolo…” disse il Dottor King rispondendo con sagace sarcasmo. La conversazione fu molto breve, soprattutto visto che l’uomo aveva fretta di terminare per poter parlare con la moglie: erano passati sei mesi dell’ultima volta che si erano visti. Un tempo molto lungo.
Quando la conversazione con la Presidente terminò, il Dottor King si voltò verso la Dottoressa Prevett aspettandosi che lei lo baciasse o gli desse un abbraccio, ma nulla del genere accadde.
Lei aveva evitato il suo sguardo fino a quel momento, cercando di guardare altrove, aveva focalizzato ogni punto della stanza per capire cosa guardare. Nel momento in cui lui aveva terminato la chiamata, lei si voltò definitivamente verso di lui.
“Nemmeno più una dolce parola d’amore?” chiese lo scienziato.
“Non sono qui per scherzare, Richard!” disse lei con determinazione nella voce, persino a distanza di pochi metri tra loro, lo scienziato aveva modo di sentire il dolce profumo floreale della donna, era il suo preferito e lui glielo regalava ogni anno per il loro anniversario. Un pensiero piccolo e semplice, che lei apprezzava molto.
“Lo so tesoro, sei ancora arrabbiata con me. Non ci parliamo ormai da parecchie settimane ormai, come se fossi un mostro che ha pensato solo a sé stesso. Sai benissimo che non è così.” Disse lui cercando di mantenere un tono calmo, era evidente che la donna fosse già incollerita, il tono aggressivo che aveva usato era abbastanza esplicativo e non c’era margine d’errore.
“Nostro figlio è solo un ragazzo! Non capisco come non hai potuto dissuaderlo a partire! Dovrebbe restare qui con la sua famiglia, cercando di migliorare le cose nel Sistema Sol e invece tu lo vuoi spedire a cinque dannati anni luce dalla sua casa!” disse lei con tono accusatorio piegando leggermente in avanti la schiena e mantenendo un’espressione di pietra.
“Non è come credi, tesoro. Nostro figlio è grande abbastanza per decidere cosa vuole fare dalla vita. Lui non è uno scienziato, eppure il suo ruolo sarà molto importante; avrà l’occasione di fare quello che chiunque alla sua età vorrebbe fare.”
“No, Richard. Non è per niente così! Lui sta facendo quello che tu volevi fare, andare in quel maledetto sistema e giocare a fare l’esploratore. È il tuo sogno e mi rifiuto di credere che il mio bambino voglia andare così tanto lontano, c’è il tuo zampino!”
Il Dottor King respirò profondamente pensando a quali parole poter usare senza rischiare di far esplodere la donna. Ma lui conosceva bene la verità e non c’era per niente il suo zampino.
“Il nostro bambino ha venticinque anni. Ha l’età adulta per prendere decisioni e per assumersene le conseguenze; lui vuole andare in missione. Dopo quello che ha passato l’anno scorso, questa è la sua grande occasione per rimettere a posto la sua vita. E io sono più che d’accordo con lui su quanto questo possa aiutarlo, cambiare aria gli farà bene.” Disse il dottore, l’utilizzo dell’ultima frase però gli fece subito rendere conto che la donna era irata.
“Cambiare aria? Se voglio cambiare aria mi trovo una casa ai tropici anziché in montagna. Lui sta per affrontare un viaggio di SETTE anni in un sonno criogenico per andare in un luogo sconosciuto!” disse la moglie dello scienziato, in quel momento se avesse potuto, Richard King si sarebbe rimangiato volentieri quello che aveva detto.
“Ci tengo a precisare che, non entrerà nel sonno criogenico prima di un mese e che si sveglierà un mese prima dell’arrivo.” Disse il dottore, aveva utilizzato un tono più professionale, quasi come se stesse spiegando l’argomento ai suoi tirocinanti, ma era evidente che la moglie non lo avrebbe appoggiato e lo guardò torvo.
“Non trattarmi come una di quei ragazzini che stravedono per te. Si parla del futuro di nostro figlio. È vero che ha sofferto, ma non posso credere che abbia preso questa decisione, non avendone mai parlato, senza che tu ci avessi messo lo zampino!”
“Gli ho solo detto il mio parere al riguardo. Ha sempre saputo di questo progetto, ha sempre saputo che questa poteva essere un’occasione per cinquemila persone di cambiare la loro vita e di venire a contatto con mondi che non immaginiamo neanche.” Disse ancora il dottor King avvalorando le sue tesi ed esponendole tranquillamente alla moglie. “Il Sistema Bael è lì che aspetta di essere esplorato, nostro figlio è un soldato ed è preparatissimo ad affrontare tutto quello che proverà a fermarlo. Ha un impianto nella sua testa che gli permette di fare cose che molti altri non potrebbero mai. È dotato, è intelligente, è forte.”
A quei tre aggettivi, la dottoressa parve immobilizzarsi, come se si fosse resa conto di qualcosa: di certo, entrambi i genitori stimavano il loro figlio in tutto quello che era o che faceva. Nel momento di rabbia di quando il loro figlio aveva comunicato la volontà di voler partire per il Sistema Bael, più di otto mesi prima, la dottoressa non aveva visto con lucidità. Adesso si trovava di fronte la verità.
“Ho solo paura che possa mancarmi.” Disse lei rivelando finalmente i suoi sentimenti; il marito la guardò attentamente: era raro che la donna mostrasse ciò che sentiva e quando si trattava dei figli, sembrava sempre molto vulnerabile alle emozioni.
“Mancherà molto anche a me. Ma presto lo raggiungeremo, quando le cose si saranno sistemate. Inoltre le comunicazioni saranno online, tesoro. Potremo vederlo, sentirlo e scriverci costantemente, anche se con qualche giorno di ritardo. E chissà, un giorno nostro figlio potrebbe essere definito un pioniere.”
Era così che il Dottor King vedeva il futuro del proprio figlio: magari vicino alla persona che più lo avrebbe amato, così com’era successo a lui quando aveva cominciato a lavorare nella OST e aveva conosciuto la sua attuale moglie, era stata la passione per il lavoro ad unirli.
Non era certo di quale reazione avrebbe avuto la moglie, sembrava scossa e arrabbiata, ma la donna bionda si limitò semplicemente e fare un pesante sospiro buttando fuori tutta la rabbia che aveva dentro di sé avendo capito che le parole del marito erano veritiere.
“Hai parlato con lui, non è vero?” chiese il marito ancora.
“Sì, ho cercato di dissuaderlo. Ma la verità è che nostro figlio sa benissimo quello che fa ed è certo della sua decisione. Hai ragione tu, mi sbagliavo prima di oggi.”
A quel punto la donna era tranquillizzata, Richard King si avvicinò alla moglie Mila alzando le mani in modo da congiungersi con quelle della donna e afferrandogliele dolcemente, entrambi si guardarono in viso e lui le sorrise cercando di farla sentire bene; lei di tutta risposta gli passò una mano sulla guancia ricoperta dalla folta barba castano scuro.
“Non ti preoccupare, tesoro. Andrà tutto bene, vedrai.” Disse lui carica di positività ed energia, la donna a quel punto annuì, si scambiarono un leggero bacio sulle labbra per poi separarsi ancora una volta, lei si avvicinò alla porta d’ingresso dell’osservatorio.
“Tra poco cominceranno ad arrivare i Passeggeri.” Disse la dottoressa nominando i futuri coloni del Sistema Bael, se quella spedizione fosse andata come previsto, ce ne sarebbero state altre e un giorno lei stessa avrebbe potuto ricongiungersi col figlio. “Ti aspetto in sala controllo, va bene?” disse, il marito annuì e lei uscì.
Il dottor King si avvicinò ancora una volta alla finestra d’osservazione dove l’imponente Arca Syramo risplendeva colpita dai lontanissimi raggi solari, anche se, immersa nel buio della regione del sistema più esterna, sembravano inesistenti.
“Andrà tutto bene.” Si ripeté soddisfatto il dottore. Poi con un ultimo sorriso, si mise alle spalle la finestra per raggiungere la moglie.






Angolo Autore:
Buonasera a tutti, o buongiorno lettori e lettrici amati del Sci-fi. Questo piccolo spazio serve per darvi il benvenuto, nella speranza che queste pagine siano state di vostro gradimento. Sono uno ragazzo di 26 anni con la passione della scrittura. Non pubblico da molto qui su EFP e voglio tornare a farlo così da far leggere quanto ho da raccontare. Spero che la lettura sia stata piacevole e chiedo perdono in anticipo per tutti gli errori di grammatica/ortografia che potrete o avete incontrato, faccio editing da solo per il puro amore della scrittura.
Per oggi, pubblicherò i primi tre capitoli di questa mia storia (ho già scritto tutto il racconto, in realtà) e mi accingo a pubblicarne almeno uno al giorno, impegni permettendo. Fatemi sapere che ve ne pare e se mi consigliare di pubblicare tutto in una volta o di fare un capitolo alla volta. Ogni consiglio è più che gradito. Buon proseguimento da qui in poi.

E grazie a tutti voi che scegliere di seguire il giovane Raider nelle sue avventure spaziali.

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Capitolo 2
*** Capitolo Uno - Risveglio ***


 

Capitolo Uno

Risveglio


 
 
 
 
 
 
 
Settore Sconosciuto
Stazione Spaziale misteriosa
 
Un suono echeggiava all’interno dell’orecchio del giovane soldato, era acuto e fastidioso e non sembra voler finire. Era difficile cercare di capire a cosa fosse dovuto o se semplicemente fosse nella sua testa, di fatto, il giovane soldato non poté fare altro che aprire gli occhi di scatto venendo improvvisamente investito da una luce bianca e forte.
Ogni suo senso era completamente oscurato, persino quel suono era scomparso e la vista non gli funzionava correttamente, nella confusione più totale cercava di muoversi per riprendere la corretta funzionalità del suo corpo ma ogni movimento era impossibile.
“Che diavolo mi sta succedendo?” si chiese il soldato senza poter capire, poi una valanga di ricordi gli sovvenne alla memoria.
Si trattavano per lo più di immagini: una larghissima sala dall’aspetto cilindrica, centinaia di capsule nella quale le persone stavano aspettando il proprio turno per poter entrare nel sonno criogenico; lui era un Passeggero dell’Arca, quello lo ricordava perfettamente.
Dei dottori lo avevano fatto sedere su quella che sembrava una stazione medica improvvisata, poi gli avevano fatto dei test e delle analisi, un prelievo di sangue e una serie di iniezioni endovena. Lo avevano fatto distendere su un lettino all’interno della sua capsula; l’ultimo ricordo era quello del vetro che si posizionava davanti ai suoi occhi e il sonno criogenico che sarebbe iniziato di lì a poco.
Ricordava di aver sorriso con la consapevolezza che quando avrebbe aperto gli occhi sarebbero passati quasi sette anni dall’ultima volta che lo aveva fatto e che si sarebbe trovato in un altro sistema solare.
“Il Soggetto Ventisette si sta svegliando. Chiamate la Dottoressa Von’Darock, presto!” disse una voce, probabilmente rivolgendosi al giovane soldato che si trovava disteso nella sua capsula. Difficile dire chi fosse visto che la luce era ancora abbagliante.
“Raider. Ho un nome, non sono un numero!” disse il giovane soldato con la consapevolezza di averlo semplicemente pensato, avrebbe tanto voluto urlarlo, ma il fastidioso mal di testa sembrava non poterglielo permettere quindi rimase in silenzio.
“Resto con lui. Potrebbe essere meglio così…” disse una seconda voce, sembrava piuttosto inquieto, sicuramente un infermiere o qualcosa del genere. Questo fece sovvenire altri ricordi.
Raider ricordava che, passati i sette anni di viaggio, i primi Passeggeri ad essere svegliati sarebbero stati i membri stretti dell’entourage del capitano e i medici di bordo; successivamente sarebbe toccato ai soldati e quindi lui era tra i primi che avrebbero visto il Sistema Bael in avvicinamento, a quattro settimane di distanza.
Quel tempo sarebbe servito per l’arrivo nel Settore Levante dove erano stati rilevati dei pianeti abitabili e adatti quindi ad ospitare la vita organica. Da lì avrebbero poi contattato la base dell’Organizzazione Spaziale Terrestre per la riuscita missione.
Eppure, qualcosa dentro di lui gli diceva che non era così semplice.
Piano piano, la vista cominciò a riprendere il suo funzionamento e allo stesso tempo, il mal di testa dovuto all’impianto neurale che aveva installato sembrava essere cessato. Raider si trovò finalmente a focalizzare ciò che aveva davanti e si accorse di non essere più imprigionato nella capsula del sonno criogenico.
“Non dovresti alzarti. Se lo fai la Dottoressa Von’Darock se la prenderà con me perché non ti ho tenuto fermo.” Disse la voce accanto a lui, a quel punto Raider si rese conto di essere completamente in posizione seduta, riacquisendo tutti i suoi sensi.
C’era qualcosa che non andava: non si trovava più nel grande cilindro che ospitava le altre capsule come la sua, era in una sorta di stanza d’ospedale privata, con alcuni mobili che la rendevano meno sterile.
“Siamo riusciti ad arrivare a Bael. Non ci credo!” disse Raider con un sussurro e un sorriso che gli si stava aprendo sul volto mostrando la bianca dentatura. Sentiva gli occhi pesanti, si sentiva fiero e felice della riuscita del viaggio. E lui ne aveva fatto parte.
“Sì, siamo arrivati nel Sistema Bael, ti ricordi della tua missione?” chiese la voce al suo fianco, a quel punto Raider si voltò verso l’infermiere che se ne stava seduto fissandolo con incertezza.
La sua domanda era normale, probabilmente prassi comune. C’era qualcosa che non tornava però: quel ragazzo sembrava guardarlo come se fosse successo qualcosa. Il suo volto non era familiare per Raider, ma ricordarsi di cinquemila volti era impossibile.
“Sono un soldato, naturalmente. La nostra missione è quella di far sì che il Protocollo di Primo Contatto venga rispettato. Proteggiamo i nostri diplomatici.” Rispose Raider, quel dettaglio gli era come sfuggito, come se lo avesse ricordato al momento. I diplomatici sarebbero stati tra gli ultimi a doversi risvegliare.
L’infermiere annuì silenziosamente mantenendo lo sguardo di confusione e imbarazzo. Raider pensò di avere qualcosa di strano in faccia o addosso.
Si tamponò con le mani non trovando nulla che non fossero i suoi abiti con il quale era stato messo nella capsula, un pantalone comodo e un paio di scarpe, sopra una canottiera che lasciava scoperte le spalle larghe e le braccia toniche di Raider. Tutto il vestiario naturalmente richiamava lo stile e i colori bianco e viola della OST.
Raider si toccò il viso: aveva il volto completamente liscio, privo di barba o imperfezioni, il naso leggermente arcuato, gli zigomi un po’ scavati e i capelli biondi in ordine tirati verso l’alto e morbidi mentre i laterali erano quasi del tutto rasati.
“Non riesco a capire. Dove mi trovo?” chiese Raider cercando di essere amichevole, era un ragazzo solare e spesso tranquillo e riusciva a legare con tutti quelli che aveva intorno, come se fosse una qualche specie di dono.
Il giovane infermiere sembrò non riuscire a rispondere finché il suo sguardo non viaggiò oltre la capsula dove si trovava la porta d’ingresso: Raider si voltò rapidamente verso i pannelli a scorrimento.
Era entusiasta, improvvisamente gli si gelò il sangue nelle vene.
Davanti a lui, una creatura si muoveva con sinuosità inumana, nonostante i suoi tratti e il suo aspetto lo fossero, era evidente che quella creatura dalla pelle blu intenso non apparteneva al genere umano.
“Devo essere ancora addormentato… o forse è uno scherzo!” disse Raider non riuscendo a credere ai propri occhi.
La Dottoressa Von’Darock si trovava proprio davanti ai suoi occhi, indossava una tuta in lattice molto aderente che mostrava e disegnava il suo corpo con tutte le curve: dalle gambe slanciate al seno morbido e gentile fino alle lunghe e affusolate dita. Indossava un paio di stivali neri mentre la sua tuta era bianca e reticolata da un simbolo che sembra ripetersi su tutto il tessuto.
Il volto della creatura aliena era simile a quello degli umani: il mento leggermente appuntito, labbra carnose e sensuali di una tonalità più scura di blu, mascella marcata e decisa con zigomi appena accennati. Gli occhi le brillavano di un intenso viola. I capelli invece erano argentati e le ricadevano dietro le spalle, sembravano lunghi e mossi e tra di essi saltavano fuori delle orecchie leggermente allungate che finivano a punta.
“Nessuno scherzo, soldato. In genere amo l’umorismo, ma immagino che la tua confusione sia normale.” Disse la creatura aliena che con grande stupore di Raider sembrava parlare perfettamente la sua stessa lingua lasciandolo a bocca aperta. “E non tenere la bocca aperta come un golokor. Non è di bell’aspetto e ti fa sembrare sciocco.”
Raider di riflesso chiuse la bocca anche se avrebbe voluto fare mille domande alla creatura aliena. Di certo, doveva esserci qualcosa che non andava con i suoi occhi, o forse con il suo impianto neurale.
“Me lo avevano detto. L’impianto in grado di controllare l’energia oscura avrebbe potuto portare allucinazioni. Col tempo, avrebbe potuto sviluppare anche tumori al cervello inguaribili, forse la mia capsula aveva qualcosa che non andava e la mia condizione è degenerata.” Pensò Raider riuscendo a darsi una spiegazione alla vista della creatura dalla pelle blu.
“Non ho capito… cosa sembro con la bocca aperta.” Disse lui.
La Dottoressa Von’Darock si avvicinò, su un braccio teneva un tablet che fungeva da cartella clinica del soldato, vi fece alcune annotazioni passando le dita sopra lo schermo come se vi scrivesse. Poi, arrivata accanto alla capsula, tirò fuori dalla sua cintura una piccola torcia che emetteva una luce intermittente.
“Riflesso pupillare ottimo, direi. Anche le facoltà motorie sembrano essere perfette, nonostante avessi detto che non doveva muoversi.” Disse la dottoressa aliena parlando con l’infermiere al fianco di Raider, quello parve alzarsi di scatto sull’attenti.
“L’ho comunicato al Soggetto Ventisette, signora. Ma non ha voluto sentire ragioni. Sembra che abbia la memoria non sia stata intaccata. Ricorda perfettamente la sua missione." disse lui in risposta.
"Raider. Il mio nome è Raider King.”
Alle parole del giovane soldato, la Dottoressa Von’Darock lo fissò negli occhi come se in qualche modo potesse accertarsi delle sue condizioni. Ci fu un lungo istante di silenzio prima che lei potesse riprendere a parlare mantenendo la stessa espressione di durezza che aveva avuto fino a poco prima.
“Sì, Raider King.” Si limitò in un primo istante continuando a fissarlo senza sbattere le ciglia. “Immagino che non hai ben chiaro dove ti trovi. Vorrei non essere io a doverlo fare, ma sono il tuo medico curante.” Disse ancora la dottoressa, fece cenno ai due infermieri umani di uscire dalla stanza e lei si allontanò di qualche passa verso la scrivania mettendovi sopra il tablet che aveva tra le braccia.
“Non capisco: chi o cosa è lei?” chiese Raider, poteva sembrare sgarbato il tono che aveva usato ma non era nella lista delle sue priorità cercare di essere gentile.
Cercò di alzarsi scoprendo che il pavimento era solido come lo ricordava e che riusciva a tenersi in piedi. La Dottoressa Von’Darock gli passò un piccolo tubetto quasi lanciandoglielo tra le mani, Raider ci mise un istante per accorgersene e riuscì ad afferrarlo.
“Ottimi riflessi, Raider.” Disse lei trattenendo un sorriso e incrociando le braccia al petto. Raider osservò il tubetto aprendone il tappo e scoprendo che vi erano delle pillole all’interno.
“Queste le ricordo bene: sono per le emicranie dell’impianto neurale. Almeno queste sono reali?” si disse, eppure qualcosa dentro di lui gli disse di non prenderle e di aspettare che la dottoressa aliena parlasse.
“Capisco la tua confusione e la tua diffidenza, Raider. Probabilmente al tuo posto anch’io sarei confusa e piena di domande. E vorrei che fosse qualcuno della mia stessa specie a dirmi la verità, ma purtroppo il vostro Centro Operativo ha lasciato la cosa nelle mie mani.” Disse la dottoressa, sembrava essere a conoscenza delle dinamiche della OST come se fosse uno dei suoi membri.
“Che succede? Non capisco.” chiese Raider lentamente.
“C’è stato un problema, qualcosa che non è andato nella tua capsula del sonno criogenico. La tua e altre nove capsule si sono dimostrate danneggiate, forse a causa di un guasto elettrico o di una manomissione non autorizzata. Di fatto, non è stato possibile risvegliarvi insieme agli altri come doveva essere programmato.”
La Dottoressa Von’Darock fece una pausa lasciando il tempo a Raider di assorbire la notizia; da bravo soldato qual era, ci mise qualche istante prima di reagire e affrontare la confusione.
“Ma io mi sono risvegliato. Voglio dire, tutto questo è reale e non sta accadendo nella mia testa, giusto?” chiese il giovane speranzoso in una risposta positiva, la dottoressa aliena annuì lentamente lasciando a Raider la possibilità di fare un pesante sospiro di sollievo.
“Sì, Raider. Ma non è stato così facile riuscire a risvegliarti. Alcuni non ce l’hanno fatta e le loro capsule sono diventate le loro tombe. Abbiamo fatto tutto il possibile per cercare di salvare quanti più di voi ma non sapevamo cosa avesse esattamente causato il guasto e questo ci ha dato non pochi problemi per cercare di agire.”
“Quanti di noi sono sopravvissuti a questo… evento?” chiese Raider senza sapere esattamente come definirlo. Nella sua testa risuonava solo la parola disastro che però non lo faceva sentire bene.
La dottoressa dalla pelle blu parve sorpresa nel sentirsi porre quella domanda, come se non fosse esattamente quella che si aspettava.
“Tu e un’altra ragazza, Raider. Ma non è questo il nocciolo della questione e adesso viene la parte peggiore…” disse lei cambiando tono e argomento; le sue movenze ricordavano molto quelle degli umani, si morse il labbro come per placare l’agitazione, poi rilassò le braccia lasciandole scivolare davanti a sé per gesticolare.
“Non so esattamente come potrei rendere la cosa meno difficile quindi sarò diretta: sono passati esattamente trent’anni da quando la vostra spedizione è partita verso il Sistema Bael.” Disse la dottoressa facendo una pausa più lunga sulle sue parole. “Il tuo sonno criogenico avrebbe dovuto essere interrotto ventitré anni fa, quando è avvenuto il Primo Contatto tra le nostre specie. Mi dispiace…” disse infine la dottoressa scusandosi di qualcosa che non era in suo potere.
Raider riflette attentamente sulle sue parole.
Erano passati trent’anni dalla sua partenza dal Sistema Sol. Non era solo appena arrivato in un nuovo sistema, ma in una nuova era.

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Capitolo 3
*** Capitolo Due - Fuori dal tempo ***


Capitolo Due

Fuori dal tempo


 
 
 
 
 
 
 
Settore Sconosciuto
Stazione Spaziale misteriosa
 
Le parole della Dottoressa Von’Darock non avevano alcuna logica, per chi non volesse vedere la verità e in qualche modo, Raider sapeva che quello che gli era stato detto era vero. Cercò di immaginare cosa potesse essere accaduto in quel tempo, ma non c’era nessuna spiegazione che potesse servirgli per immaginarlo.
“La mia famiglia…” disse il soldato con un debole sussurro, era difficile pensare a cosa fosse successo loro. I suoi genitori avrebbero dovuto avere circa ottant’anni in quel momento, e considerando che l’aspettativa di vita media ormai arrivava ai cento, era probabile che fossero vivi e forse anche loro a Bael.
C’era anche suo fratello minore, col quale si differiva di sette anni e che aveva da poco terminato la scuola militare, ben presto anche lui si sarebbe dovuto iscrivere al programma spaziale della OST. Adesso era sicuramente un uomo adulto, che avrebbe potuto avere persino una famiglia, ovunque lui si trovasse.
"Non so cosa sia successo loro. Anche se immagino che tu sia imparentato con il Direttore King? È stato lui a promuovere la spedizione delle arche nel Sistema Bael, lo ricordi?” chiese la dottoressa aliena, l’uso del plurale non era sfuggito a Raider che aveva subito colto quella parola lasciandola echeggiare dentro di sé.
“Arche? Vuol dire che oltre la Syramo ne sono arrivate altre?” chiese il giovane soldato, la dottoressa aliena a quel punto sospirò pesantemente, socchiuse gli occhi lentamente.
“Ci sono tanti eventi del quale devi essere messo a conoscenza, Raider. Non posso fornirti tutte le informazioni del quale hai bisogno, ma penso di poterti aiutare a recuperare i tasselli maggiori.” Disse la dottoressa mostrandosi comprensiva nonostante il tono ancora duro. Rivolse uno sguardo alla porta poi nuovamente sul soldato. “Puoi chiamarmi Seeryn. Possiamo darci del tu visto che geneticamente abbiamo circa la stessa età.” Disse lei, si allontanò dal lettino avvicinandosi alla porta.
L’aliena blu di nome Seeryn fece segno al giovane soldato di alzarsi così da raggiungerla, in effetti Raider sentiva il suo corpo e i suoi muscoli indolenziti, ma la cosa del quale aveva veramente bisogno era qualcosa da mangiare: improvvisamente il suo fisico gli stava urlando la sua fame facendogli brontolare lo stomaco.
“Tranquillo, è normale che tu sia affamato. Il nostro primo passo è quello di passare dalla mensa. Hai bisogno di fare colazione.” Disse lei avvicinandosi ancora di un passo alla porta, quella si aprì facendo scorrere i pannelli che la componevano all’interno del muro. “A proposito, benvenuto nella Stazione Spaziale Valar.”
Raider annuì distrattamente, senza però assimilare davvero quell’informazione. Decise di seguire la dottoressa Seeryn sapendo in qualche modo di potersi fidare di lei, nonostante il suo carattere duro e il suo aspetto così deciso, sembrava volerlo aiutare davvero. Inoltre, la presenza di due infermieri umani lo tranquillizzava.
“Stazione Spaziale Valar. Non sembra un nome da umani.” Rifletté Raider cominciando a guardarsi intorno non appena entrò nel corridoio e si trovò in quello che era un evidente reparto medico.
Gli ambienti erano molto larghi, sebbene sterili e la fila di porte che appartenevano alle stanze dei pazienti erano tutte chiuse, su alcune vi brillava una luce rossa, a significato che chiunque fosse all’interno non voleva essere disturbato perché magari riposava. Dal lato opposto alle stanze invece, una serie di grandi finestre si affacciavano sul resto della stazione spaziale e oltre di essa l’immensità dello spazio trapuntato di stelle: milioni di luci brillavano lontane, la più vicina e grande invece brillava di un forte chiaro bianco.
“Si tratta di Bael?” chiese Raider avvicinandosi incuriosito alla finestra, la dottoressa Seeryn si fermò al centro del corridoio voltandosi verso il suo ospite che era fermo in attesa di risposta.
“No, quella che vediamo da questa stazione è Parra, la stella minuta. Come sai il nostro sistema solare ha due stelle che brillano, ma tutto gravita intorno a Bael, la stella maggiore. Se guardi con attenzione puoi vederla proprio dietro di essa.” Rispose la dottoressa Seeryn attendendo che il giovane soldato si muovesse.
Raider cercò di fare come gli aveva detto l’aliena, ma la luce ultravioletta del sole più piccolo era così accecante da rendergli impossibile la visione dietro di essa. Il giovane soldato rinunciò all’impresa con una certa amarezza.
“Noi umani non possiamo vedere direttamente la luce solare. Quantomeno se non vogliamo dire addio alla nostra retina!” disse lui cercando di fare del sarcasmo anche per vedere la reazione della creatura aliena: con sua sorpresa, la dottoressa sorrise.
“Neanche noi etéren possiamo. La mia era solo una prova. Sei una vera rivelazione, Raider.” Disse lei proseguendo poi lungo il corridoio che terminava in un’altra porta, quella si aprì prima che potessero avvicinarcisi loro visto che l’infermiere umano di prima aveva fatto il suo ingresso dirigendosi alle loro spalle.
Raider lo aveva fissato attentamente come per cogliere un qualche segno di pericolo o di avvertimento, ma il ragazzo sembrava totalmente in pace e neanche aveva fatto caso al soldato.
“La tua specie… etéren, hai detto?” chiese Raider varcando la porta del successivo corridoio insieme alla dottoressa, stavolta lei lo attese e camminarono insieme spostandosi fino ad una grande area centrale che sembrava collegare tutta la stazione ai suoi vari reparti.
La Stazione Spaziale Valar appariva decisamente non umana, la sua struttura era molto diversa da quelle che Raider aveva visitato durante la sua carriera militare: decorazioni che ricordavano molto l’architettura gotica sembravano in qualche modo richiamare delle divinità; quei disegni erano bassorilievi formati da pannelli di metallo che erano stati aggiunti successivamente.
Erano come dei quadri, delle pitture. Ma quelle sculture erano ben diverse dalla forma d'arte conosciuta sulla Terra.
Etéren, esatto. Hai usato la corretta pronuncia. Mi è capitato di parlare con molti umani che non sapevano esattamente come dirlo, immagino che la nostra linguistica sia più complessa della vostra.” Rispose la dottoressa Seeryn facendo passare Raider attraverso un arco che conduceva ad un corridoio molto più largo.
Qui le forme di vita eteren e quelle umane si mischiavano tra di loro, si salutavano amichevolmente rivolgendosi dei cenni. In un angolo vicino la successiva porta, Raider poté osservare persino una coppia che si teneva mano nella mano: lei visibilmente umana, lui di razza eteren, anche gli esemplari maschi avevano pelle blu e lineamenti più duri rispetto a quelli femminili della dottoressa Seeryn.
“Aspetta: io capisco perfettamente quello che dici. Com’è possibile?” chiese Raider, ci aveva già pensato ma in quel momento di totale lucidità gli sembrava la domanda più ovvia da fare.
La dottoressa Seeryn sorrise ancora, assumendo uno sguardo che appariva come seducente dal movimento delle labbra e degli occhi.
“Abbiamo installato un traduttore universale quando eri ancora nel criosonno.” Disse lei in risposta, si fermò prima di varcare la successiva porta, con un’espressione quasi incerta. “Non preoccuparti: questa pratica ormai è approvata dal vostro direttivo. Comprendersi facilità la riuscita di una pacifica convivenza, tutto qui.”
Raider annuì lentamente, capendo che la dottoressa aveva appena fatto dell’ironia, non se la sentì di riprenderla quindi non disse nulla lasciando che lei lo accogliesse nella nuova sala.
Per quanto l’arredamento e lo stile della grande camera fosse diverso, Raider non ebbe alcun dubbio nel capire che quella era una sorta di mensa. C’erano alcuni umani che stavano mangiando seduti ad un tavolo, accanto a loro un altro tavolo di eteren in disparte. Poco distante, un umano col camice da dottore si trovava seduto da solo, un’altra dottoressa di natura eteren gli era poi passata accanto, aveva detto qualcosa che aveva fatto ridere l’uomo e poi si erano allontanati.
“Direi che hai ragione.” Disse Raider ammettendo la veridicità di quanto detto dalla dottoressa poco prima. Lei gli fece cenno di accomodarsi al banco non molto distante così da prendere tutto quello di cui avrebbe avuto bisogno mentre lei si accomodava ad un tavolo.
Raider si trovò da solo per la prima volta da quando pochi minuti prima si era risvegliato, sentiva le gambe molli ma nonostante quello, si fece forza spostandosi verso il lungo bancone e cercando di capire cosa avrebbe potuto mangiare e cosa no.
Prese un vassoio tra le mani, poi cominciò a percorrere il corridoio naturale che delineava una sorta di fila, non c’era nessuno oltre lui quindi poté muoversi tranquillamente avanti e indietro.
C’erano numerose pietanze del quale non aveva idea di cosa fossero: persino i loro colori variavano dalle tonalità più fosforescenti a quelle più normali, il blu e l’arancione comunque dominavano nella maggior parte dei piatti e poi in un angolo c’era qualcosa che sembrava ricordare l’alimentazione degli umani. Raider si avvicinò a quello.
Uno chef di razza eteren lo fissava con i suoi grandi occhi in attesa che quello proferisse parola. Raider però non sapeva esattamente cosa chiedere senza risultare sgarbato: era evidente che le due specie vivevano in pace, ma non sapeva cosa dire.
“Ehm… queste sono uova?” chiese il giovane soldato indicando quella che ad occhio e croce sembrava una frittata. Anche quella non appariva totalmente normale per come la conosceva.
Lo chef eteren abbassò lo sguardo intuendo che fosse la prima volta che il soldato davanti a lui vedeva quella specie di frittata, il colore predominante era il verde, per cui Raider poteva immaginare che vi fossero anche delle verdure miscelate nel mezzo.
“Uova di ragoven mischiate a purea di alga malakili. Solitamente voi umani vi accoppiate l’estratto di pressalanca. Non capisco come si faccia ad accoppiare due sapori così tanto diversi ma contenti voi…” disse lo chef descrivendo nel dettaglio le pietanze, solo che Raider non aveva minimamente idea di quello che gli era appena stato detto.
Il giovane soldato si guardò intorno, poi tornò a fissare lo chef. “E tutto questo è commestibile, giusto?” chiese con il suo pungente sarcasmo, l'eteren lo guardò torvo e allora Raider capì che il suo intervento non era stata apprezzato.
“Prendo quello che prendono gli altri umani, allora.” Disse il giovane soldato senza ulteriore indugio, sperava in cuor suo che la sua razza e la sua umanità non lo tradissero proprio nel momento del bisogno.
Il suo vassoio venne preso dallo chef che si apprestò a tagliare una grossa porzione di quella strana frittata con alghe di qualcosa; poi si avvicinò al banco successivo e prese dei filetti che dall’odore sembravano ricordare molto il bacon e la carne alla brace.
Raider avvertì il suo stomaco brontolare così forte che sembrava sul punto di logorarlo dentro, persino lo chef si rese conto del mal di pancia e una volta consegnato il vassoio al giovane soldato, intervenne.
“Sembri stare male. Forse hai ingerito una qualche creatura che ora ti sta mangiando dentro. Vedi di non sporcare, il sangue degli umani mi impressiona con quel colorito tutto rosso!” disse lo chef facendo un’espressione di disgusto, era come se avesse appena avuto i brividi alla sola idea di pulire il sangue umano.
“Non proprio, il mio stomaco sta bene. E non schiatterò qui. Quindi non dovrà pulire il mio sangue, spero.” Disse Raider cercando di rassicurarlo, l’eteren non disse nulla limitandosi a mettere una mano davanti la bocca e indicando con l’indice un’ulteriore postazione dove sembrava possibile poter prendere estratti ed altre bevande.
Raider notò che gli eteren avevano a loro volta cinque dita, un dettaglio che gli era sfuggito nella sua analisi della dottoressa Seeryn. Si allontanò finalmente dal banco avvicinandosi alla postazione delle bevande, poggiò il suo vassoio pieno su un ripiano e prese un bicchiere di una sorta di fibra plastica. Premette il pulsante che gli sembrava familiare con quello che aveva detto lo chef.
La bevanda che ne uscì era molto calda e profumata, aveva un aroma dolciastro che ricordava la cioccolata, doveva essere un estratto di pianta di cacao ma molto più dolce di quello naturale sulla Terra.
“Direi che sono pronto per mangiare, finalmente.” Si disse il giovane soldato, si voltò indietro cercando con lo sguardo la dottoressa.
La donna aliena dalla pelle blu si trovava non molto distante da lui, teneva una gamba accavallata sull’altra con fare molto simile a quello degli umani, eppure, la sua movenza appariva molto più sensuale e il suo corpo aveva una linea più armoniosa.
Raider si sedette proprio davanti a lei cominciando ad assaggiare quello che gli era stato messo nel vassoio sotto l’attento occhio dell’aliena, era sull’attenti, come se si aspettasse qualcosa.
“Devo dire che il vostro mangiare è molto buono. Sono sapori molto simili a quelli nostri.” Disse Raider cercando di apparire amichevole, la dottoressa annuì lentamente senza scomporsi. “Prima hai detto che somigliavo ad un golokor. Che roba è?” chiese lui.
La dottoressa fece un mezzo sorriso mostrando la dentatura bianca e lucente. “Una tipologia di creatura acquatica. Forse nel vostro sistema li conosci come pesci. Anche se i nostri golokor hanno dimensioni più notevoli e spesso riempiono i nostri oceani con intere colonie.”
“Quindi nel Sistema Bael ci sono pianeti con interi oceani? Le scansioni di mio padre avevano ragione, accidenti!” disse il giovane soldato ad alta voce, non riusciva a credere a quanto fosse straordinaria quella notizia.
L’Arca Syramo, la prima arca degli umani era stata un successo, e così come le altre spedizioni al quale aveva fatto riferimento la Dottoressa Seeryn poco prima. “Quante arche sono arrivate dal Sistema Sol? E voi come avete reagito? Ci stavate aspettando?”
Le domande che Raider avrebbe voluto porle erano infinite, voleva sapere tutto quello che era successo dal loro arrivo nel sistema inesplorato e per i successivi trent’anni che aveva perso. Per un istante si fermò credendo di apparire strano alla dottoressa aliena.
Lei si limitò a guardarlo sorridente. “Anche l’altra ragazza ha fatto tante domande. A molte di queste però non potevo dare una risposta. Così l’ho presentata direttamente al centro del vostro direttivo. Hanno costruito una stazione spaziale in pochissimo tempo.”
“Dopo quanto tempo siete riusciti a svegliare me?”
“Dieci mesi fa si è svegliata. Avevamo meno problemi con la sua capsula dal momento in cui lei non aveva in innesto neurale. Per te è stato… più complicato.” Disse la dottoressa rispondendo con sincerità, stavolta però si avvicinò con la schiena curvandosi in avanti e abbassando la gamba che teneva incrociata all’altra.
“Come si chiama? Forse potrei conoscerla…”
“Allyson Morgan. Anche lei un soldato, ma quando le abbiamo mostrato la tua capsula, non sembrava riconoscerti.” Disse la dottoressa rispondendo ancora una volta, sul suo volto comparve un’espressione di dubbio come se voleva dire qualcosa e allo stesso tempo non era certa di poterlo fare.
“Ho dello sporco sul viso? Capita quando mangio velocemente!”
“Finisci di fare colazione. Devo portarti prima possibile al Centro Operativo. Manderò una comunicazione interstellare ma hai bisogno di vedere e capire…” disse la dottoressa senza neanche dare la possibilità a Raider di replicare, la donna aliena si alzò dal proprio posto e nonostante lui continuasse a chiamarla, lei parve ignorarlo lasciando quindi solo nel tavolo tutto per lui.
Raider si guardò intorno, accorgendosi che gli altri gruppi sparsi per la stanza sembravano uscire ignorandolo, come se non lo vedessero davvero. Qualcuno gli aveva fatto un cenno per poi riprendere normalmente a parlare con la persona o l’eteren che avevano al fianco.
A quel punto il ragazzo divorò ciò che aveva sul vassoio con velocità riuscendo finalmente a dare sazio alla propria fame: era giunto il momento di scoprire cosa lo aspettava nella realtà.

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Capitolo 4
*** Capitolo Tre - La via verso l'ignoto ***


Capitolo Tre

La via verso l’ignoto


 
 
 
 
 
 
 
Settore Levante
Stazione Spaziale Valar
 
“Dunque alla fine siamo arrivati al Settore Levante come stabilito.” Disse Raider quando raggiunse nuovamente Seeryn. La giovane dottoressa aliena lo aspettava nella sua stanza di infermeria, ora che poteva osservarla meglio, Raider aveva notato la presenza di alcuni ninnoli che probabilmente erano stati lasciati da qualcuno che lo era venuto a trovare. Gli venne subito in mente che fosse qualcuno della sua famiglia, forse sua madre.
“Chi ha lasciato questi qui?” chiese.
“Uno strano tizio. Si è presentato al ricevimento con un’identità contraffatta. Lo abbiamo scoperto quasi subito, non sappiamo quali fossero le sue intenzioni e non siamo riusciti a catturarlo purtroppo. Ci è sfuggito di mano quando ha utilizzato il Crocevia.”
Raider osservò Seeryn con sguardo interrogativo, lei se ne accorse qualche istante dopo alzando gli occhi al cielo e portandosi una mano sulla fronte per l’esasperazione.
“Benedetti Spiriti Primordiali! Prima che io ti porti al Centro Operativo ci saranno un paio di cose che dovresti vedere.” Disse lei nominando qualche entità divana, fece cenno di seguirla e Raider non aspettò oltre, uscì dalla stanza ma non prima di aver lanciato uno sguardo ai ninnoli sul mobile accanto alla sua capsula ormai inattiva.
Non c’era nulla che gli ricordasse un membro della sua famiglia o qualsiasi altra persona. Quegli oggetti non avevano un valore per lui così li lasciò lì dove si trovavano seguendo la dottoressa di corsa.
“Il Crocevia è la rete di trasporti più importante del Sistema Bael. È un modo per viaggiare in sicurezza a velocità della luce, con la capacità di spostare materia senza disintegrarla nel processo.” Cominciò la donna aliena, Raider ascoltava senza proferire parola e limitandosi a seguirla attraverso i corridoi, dalle indicazioni presenti sembrava che ci fosse una sorta di hangar dal quale riuscire a spostarsi con delle navette.
“Il Crocevia naturalmente non può essere usato da tutti ma occorrono delle autorizzazioni e delle registrazioni e il tutto viene fatto tramite scansione della retina. Questo permette al sistema di essere sicuro e di tenere sotto controllo gli spostamenti di ogni essere vivente sensiente all’interno dei due Settori più vasti: Levante e Ponente.” Continuò la dottoressa, le sue ultime parole fecero sovvenire un ricordo nella mente di Raider, uno dei brienfing prima di partire.
Suo padre, il grande Dottor Richard King aveva tenuto una conferenza stampa nel quale annunciava la grande partenza e la presentazione dell’Arca Syramo a tutto il Sistema Sol. Raider quel giorno era nervoso e in ansia, lo ricordava come se fosse ieri; mentre camminava insieme alla dottoressa poteva rivivere quelle sensazioni e una punta di amaro gli comparve in bocca insieme ad un sorriso bieco.
“Ricordo qualcosa adesso; dalle rilevazioni avevamo diviso il Sistema Bael in due Settori: Levante, con al centro la stella Parra, Ponente con al centro la stella primaria, ma ricordo altre aree più piccole. Dovevamo viaggiare verso il Settore Levante per atterrare su Naxos, era il punto di arrivo più vicino.” Disse Raider cercando una conferma nello sguardo della donna. Lei annuì lentamente e fece un sorriso ricordando qualcosa a sua volta.
“Non puoi saperlo, ma trent’anni fa avevo finalmente concluso il mio ciclo di studio. Avevo presentato una tesi sulle forme di vita extrasivanuriane portando alla luce una scoperta: una grossa nave di origine ignora che stava viaggiando verso di noi…” disse fermandosi al centro del corridoio poco prima di varcare la grande porta dell’hangar navette.
“Aspetta, non è possibile. Non sembri così vec…” Raider si morse la lingua prima di terminare la frase, quello provocò una grossa risata nella donna aliena, ormai troppo tardi per correggersi. “Scusami, Seeryn. Non volevo dirlo davvero!”
“Nessuna offesa, Raider. Noi eteren non siamo persone che badano al pensiero degli altri, per noi non esiste una presa in giro. Però capisco il tuo sconcerto: in rapporto alla vostra età, potresti dire che sono nata circa quando siete arrivati voi umani; ma in realtà ho la bellezza di cento anni tondi tondi.” Disse Seeryn.
“Cento anni? Accidenti! Vuol dire che potete vivere per millenni interi, voi eteren?” chiese il giovane soldato, la dottoressa però scosse il viso facendo una mezza smorfia mischiato al sorriso.
“No, solitamente riusciamo a vivere per almeno cinque dei vostri secoli umani. Abbiamo una lunghissima vista rispetto alla vostra, questo sì. Sono ancora una giovane dottoressa in fondo.” Disse Seeryn incrociando le braccia al petto e sistemandosi i lunghi capelli d’argento in modo di spostarli dal viso.
La porta dell’hangar si aprì permettendo l’uscita di un eteren che sembrava appena arrivato alla stazione, doveva avere la stessa età di Seeryn e pareva che i due si conoscessero: si scambiarono un saluto e questo permise alla dottoressa di entrare nell’hangar insieme al giovane soldato che ammirò l’area intorno a sé.
Era un’area piccola, predisposta per accogliere il personale e i visitatori di quella che doveva essere una sorta di stazione spaziale medica; la linea di attesa segnava l’ingresso di almeno cinque portelloni per l’attracco di alcune navette che si muovevano a corto raggio. Probabilmente appena necessarie per raggiungere la misteriosa rete di trasporti appena nominata da Seeryn.
Mentre la dottoressa si era avvicinata al desk informazioni per parlare con la guardia lì presente, Raider continuava ad osservare l’ambiente tenendo lo sguardo alto e aspettandosi in qualche modo di svegliarsi, o che qualcuno gli dicesse che era tutto uno scherzo.
In mezzo a quell’esaltazione, aveva dimenticato le sue preoccupazioni: i suoi genitori dovevano essere da qualche parte nel Sistema Bael e lui doveva trovare il modo di contattarli presto. E suo fratello? Non aveva idea di cosa potesse aver fatto dopo la sua partenza. Avrebbe voluto parlare con tutti loro.
“Aggiungo anche questo sulla lista di cose da fare nonostante non abbia idea di come cominciare.” Disse Raider, un lieve mal di testa lo colpì nella parte posteriore, appena sopra il collo, dove sapeva fosse stato impiantato l’innesto neurale.
Era un dolore appena percettibile ma comunque presente; Raider sapeva bene a cosa era andato incontro nel momento in cui aveva scelto che strada intraprendere all’accademia spaziale: non erano tutti che avevano abbastanza coraggio per accettare un innesto dentro di sé.
“Ti fa male, non è vero?” chiese improvvisamente Seeryn come se avesse potuto leggergli la mente, Raider si voltò verso di lui scuotendo il viso. Lei si accorse della sua bugia e rise. “Non capisco perché voi umani non avete rinunciato. I vostri impianti non sono adatti per carpire appieno le capacità psioniche: il risultato è questo, danni cerebrali a lungo termine e spesso e volentieri, la morte prima del tempo.”
“Sei gentile a preoccuparti per me.” Disse Raider con sarcasmo, non era però certo che Seeryn avesse davvero capito cosa lui intendeva. “Anche voi eteren siete in grado di utilizzare le arti psioniche?”
La dottoressa annuì mentre allungava le mani con prepotenza, gli prese il braccio mettendogli al polso quello che sembrava una sorta di orologio digitale. “Questo è uno scanner. Ho caricato i tuoi dati così che tu possa spostarti in giornata, ma dobbiamo registrarti al Centro Operativo così che non avrai più bisogno di portarlo. Sarà tutto caricato all’interno del tuo sguardo.”
Raider alzò gli occhi incrociando quelli della dottoressa e cercando di fare un sorriso, il modo in cui lo aveva detto era poetico. Seeryn appariva disponibile, diretta e chiara nelle spiegazioni, come se fosse abituata a parlare con persone risvegliate dal sonno criogenico.
“Per rispondere alla tua domanda, noi eteren sappiamo usare i Doni, sì. Ma noi abbiamo la facoltà di usarlo fin da quando siamo infanti e non abbiamo bisogno di impianti e innesti per controllarlo.” Disse Seeryn facendo una breve pausa, rilasciò il polso del giovane soldato che lo lasciò cadere lungo il proprio fianco.
“Grazie, immagino.” Disse lui.
“Di nulla. Tu hai un impianto neurale molto complesso. Non ho mai visto nulla di simile, inoltre la tua attività cerebrale è a livelli incredibili. Persino per me sembra difficile da credere, nessun’altra scansione mostrava qualcosa del genere nella mia razza.” Disse lei, era evidente che avesse una domanda da porre e Raider le fece cenno come se restasse in attesa. "Chiaramente sei diverso dagli altri. Hai un Dono particolare. Ti andrebbe di dirmi qual è?” chiese lei.
Raider ci pensò qualche istante prima di rispondere, affrontare quell’argomento con gli altri umani era sempre motivo di disagio: alcuni non erano felici di aver scelto quella via, subire operazioni e impianti per degli innesti di quel tipo avrebbe cambiato diverse cose.
Alcune meno gravi delle altre: c’era chi restava sterile, chi aveva dolori ossei, ad alcuni si sviluppavano malattie gravi anche se controllabili tramite ciclo costanti di medicine. Poi chi era più fortunato, che se la cavava semplicemente con dei mal di testa.
“Noi umani la chiamiamo Materiaoscura. È una forma di energia in grado di controllare la massa energetica dell’universo.” Disse infine il soldato rispondendo alla domanda con sincerità. Seeryn parve non mutare espressione, come se non sapesse di cosa stesse parlando. “Non so per voi eteren se la traduzione è la stessa.”
“Capisco perfettamente cosa intendi. Solo che non credevo che qualcuno fosse ancora in grado di controllarla. Noi eteren abbiamo ormai perso quel Dono molti secoli fa, quando si rivelò fatale controllarlo per coloro che ne facevano uso.” Disse la donna blu spostando lo sguardo in modo da allontanarlo da quello di Raider, sembrava essere una vera esperta della storia della propria specie e il giovane soldato se ne sentiva incuriosito.
Tuttavia, tenne a bada la curiosità, almeno in quel momento.
“Dunque procediamo. Non vedo l’ora di ritornare nello spazio.” Disse lui concludendo il discorso, a quel punto la donna blu fece un sorriso e annuì accompagnandolo.
Entrambi si spostarono verso il portellone più vicino, oltre di esso, Raider poteva sentire un leggero tremore, come qualcosa che vibrava intensamente. Poi ci fu un suono sordo, la navetta era attraccata e il portellone si aprì qualche istante dopo. Ovunque dovessero andare, il Crocevia necessitava di un viaggio nello spazio per essere raggiunto.
“Sei stata molto vaga su questo Crocevia. Ancora non ho capito di cosa si tratta e del perché ci voglia una navetta per essere raggiunto.” Disse ancora il giovane soldato, passò il proprio bracciale davanti lo scanner ottico al quale aveva fatto riferimento Seeryn poco prima.
“Buon viaggio, soldato d’elité King.” Lo salutò amichevolmente la voce della IV di bordo. Sia Raider che Seeryn si accomodarono su uno dei sedili disponibili, erano tutti vuoti e quindi avevano l’intera navetta libera per poter parlare tranquillamente.
“Come ti ho detto, è meglio che te lo mostri. Il Crocevia non è una stazione o un luogo come tanti altri. Di fatto, non esiste sul piano fisico.” Disse la dottoressa, ci fu un leggero sussulto e la navetta cominciò a muoversi, Raider ne poté avvertire lo spostamento fluttuante nello spazio immenso, affacciandosi dal finestrino, vide le lontanissime stelle muoversi intorno a lui.
“Tipo una sorta di collettività virtuale?” chiese Raider, aveva pochissima esperienza in fatto di Intelligenze Virtuali o Artificiali, era un campo molto ben lontano da quello che aveva seguito. Infatti, durante l’accademia, aveva seguito i corsi di specializzazione militare, rendendolo preparato per affrontare una guerra.
Ma ad eccezione di qualche bandito nel Sistema Sol, Raider non aveva mai avuto modo di mettere in gioco tutto sé stesso.
“No, Raider. Il Crocevia è un luogo di passaggio. Di base, sfrutta la meccanica di quelli che voi chiamate wormhole. Lo abbiamo modellato, creando un luogo con decine di porte e ognuna di esse, se saputa decifrare, ti può portare in un luogo differente del nostro sistema.” Disse Seeryn sorridendo, probabilmente aveva creduto di essere stata molto esaustiva. Raider invece non era certo di poter capire.
"E allora perché ci stiamo andando con una navicella?” chiese. Gli sembrava la domanda più sensata da fare anche se nulla aveva senso. Nel Sistema Sol, gli umani avevano da poco ideato il motore iperluce in grado di far spostare le navi spaziali in ogni angolo del sistema.
E nonostante quell’invenzione che avrebbe poi permesso a suo padre di sviluppare un motore in grado di trasportare gli umani in un sistema planetario vicino, c’erano ancora angoli del sistema locale che non erano stati esplorati, con l’eccezione dei mondi conosciuti.
“C’è un punto d’accesso vicino che ci permetterà di raggiungere il Crocevia. La maggior parte delle strutture e delle porte sono regolate da manufatti antichi creati dalla mia gente oltre un millennio fa.” Disse Seeryn, per tutto il tempo aveva mantenuto una posizione comoda e rilassata anche se teneva la schiena dritta.
“Costruite stazioni spaziali, navicelle e il vostro problema è lo spostamento attraverso i Settori?” insistette lui.
Quella domanda stranì visibilmente Seeryn che per la prima volta aveva aggrottato le ciglia, un movimento comune tra le due specie. “Il Sistema Bael è grande almeno cinque volte quello vostro, Raider. Vale a dire che per diametro, misura almeno dieci anni luce. Ti ringrazio per la fiducia se pensi che siamo così tecnologicamente avanzati, ma abbiamo raggiunto le stesse conoscenze.” Aggiunse insieme ad un mezzo sorriso.
Raider annuì profondamente, non poteva immaginare che il Sistema Bael potesse essere così grande. Era evidente che le scansioni di suo padre avevano una visione limitata. Per quanto ricordava, erano stati trovati diversi pianeti abitabili, ma Naxos era il più vicino. Se quello che diceva Seeryn era vero, allora i telescopi a lungo raggio avevano visto solo una porzione minima del sistema planetario intero.
“Wow, è solo che non sono ancora abituato all’idea. Il Sistema Bael è molto più grande di quello che pensavo. Ci saranno decine di pianeti!” Disse con voce emozionata, spostò lo sguardò fuori dal finestrino della navetta sentendo il ronzio dei motori sempre più forte. Qualche istante dopo ci fu la spinta dei propulsori e abbandonarono la stazione definitivamente viaggiando fuori dal suo campo.
“Hai entusiasmo, Raider, mi piace. Goditi il viaggio. Impiegheremo pochi minuti per arrivare alla base. Per te sarà un’esperienza mistica.” Disse infine sorridendo, lasciando che il silenzio dilagasse tra i due viaggiatori e che i loro pensieri prendessero forma.

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Capitolo 5
*** Capitolo Quattro - Il vuoto tra i portali ***


Capitolo Quattro

Il vuoto tra i portali


 
 
 
 
 
 
 
Settore Levante
Base del manufatto L-31
 
La navetta si era fermata interrompendo così i pensieri di Raider, per tutto il viaggio, durato in totale dieci minuti, il giovane soldato si era accertato che tutto fosse apposto e con la scusa aveva approfittato per andare nel bagno. Non aveva idea di che genere di mobilia avrebbe trovato, ma fu lieto di constatare che umani ed eteren avevano un concetto molto simile per fare i propri bisogni.
Raider era rimasto fisso a guardare la parete davanti a sé, poi quando la IV lo aveva avvisato che erano pronti per attraccare, si era tirato su le braghe e dopo essersi lavato le mani era tornato al proprio posto. Seeryn invece aspettava in piedi, accennando un sorriso una volta che lui fu tornato a sedere.
Il giovane soldato attese qualche istante, alzò gli occhi in cerca di qualcosa sul quale concentrarsi ma non vide nulla che catturo la sua attenzione. La voce della IV poi, informò i due viaggiatori che erano appena atterrati nella base del manufatto, nominando un codice che apparentemente non aveva senso per l’umano.
“Ogni manufatto ha attorno a sé una costruzione. Genericamente si tratta di piccole stanze a gravità planetaria in modo che chi ci entra non fluttui sbattendo la testa sul tetto.” Disse Seeryn, l’aliena blu gli dava le spalle e quando il portellone si aprì gli fece cenno con gli occhi di seguirlo. Raider non attese oltre.
“Vediamo se ho capito: ogni base, contiene un manufatto. Questa nello specifico, è quella più vicina alla Stazione Valar, giusto?” chiese Raider, non era certo che fosse corretto eppure la eteren annuì soddisfatta di quello che lui aveva appreso.
I due viaggiatori si avvicinarono al desk dove si trovava nuovamente lo scanner ottico. Seeryn si era semplicemente avvicinata ad esso e la sonda le aveva sparato un fascio di luce direttamente negli occhi. Sembrò riconoscerla visto che le aveva dato il benvenuto.
La dottoressa attese oltre la linea di confinamento che anche Raider facesse lo stesso, lui però avvicinò il bracciale che aveva al polso e la IV parve riconoscere anche lui.
“Si goda la visita, soldato d’elité King. Le ricordiamo di procedere al più presto possibile con la sua immatricolazione presso il Centro Operativo dell’Organizzazione Spaziale Terrestre, grazie.”
Raider si avvicinò quindi alla dottoressa.
“Le vostre IV hanno delle voci spaventose. È il mio traduttore che ha qualcosa che non va o semplicemente lo sentivo io strano?” chiese Raider provocando le grasse risate della dottoressa blu. Quella gli fece cenno di avanzare mentre cercava di riprendersi.
“Essendo una IV è stato caricato il vostro intero linguaggio e quindi lo riproduce. Ma se il risultato è quello di essere spaventoso anziché ospitale, vuol dire che non abbiamo fatto un buon lavoro.” Disse Seeryn lasciando che il soldato le fosse al fianco, oltrepassarono un gruppo di eteren che parlavano tra di loro, nel momento in cui Raider li aveva osservati, si erano come interrotti.
“Gli stranieri non sono i benvenuti?”
“Non farci caso. Credo sia per causa mia: sapevano che stavo lavorando alla tua capsula, diciamo che doveva essere una sorta di punizione. Sono semplicemente stupiti dal fatto che io ti abbia davvero risvegliato anziché ucciso; mia zia sarebbe sconcertata tanto quanto loro visto che si aspettava un fallimento.” Disse Seeryn, il tono di voce le si era abbassato diventando più cupo nel parlare della donna.
“Solitamente tra noi umani, le famiglie si sostengono a vicenda sperando nel successo dell’altro, piuttosto che nel fallimento.” Disse Raider mentre i due si avvicinavano alla grande doppia porta, qualche passo ancora e i pannelli idraulici si aprirono scomparendo nella parete per permettere loro l’accesso.
“In genere, è così anche nelle nostre famiglie. Ma la mia ha una storia non molto piacevole. Ad ogni modo, questo è il manufatto.” Disse Seeryn cambiando argomento e senza approfondire sul proprio passato, Raider osservò quindi l’interno della stanza dove erano presenti già due persone che sembravano addetti alla manutenzione.
Il manufatto si trovava a mezz’aria grazie ad un sistema di sospensione formato da due grosse braccia metalliche le cui estremità terminavano con due lunghe antenne che sembravano regolare il flusso gravitazionale dell’oggetto: era difficile per Raider stabile che forma potesse avere, era come un agglomerato di cristalli grandi quando due pugni uniti e chiusi e aveva l’aspetto metallico con una superficie che risplendeva a secondo di come lo si guardava.
“Tutto qui?” chiese Raider sarcasticamente. La donna eteren fece un mezzo sorriso quasi aspettandosi lo scetticismo del soldato. Seeryn si avvicinò quindi ad un lato della parete.
Un terminale olografico comparì e lei vi digitò sopra qualcosa, poi delle luci dal tetto della stanza si accesero illuminando il manufatto. Una strana melodia cominciò a riecheggiare all’interno della camera facendo venire i brividi lungo la schiena del giovane soldato.
Quella melodia riusciva a toccare delle corde dentro di lui facendolo rilassare, persino l’ombra dei mal di testa precedenti era scomparsa, anche se doveva essere collegato al fatto che non meno di un’ora prima aveva assunto il farmaco per placare il dolore.
La musica ebbe effetto sul manufatto che cominciò a vibrare come se risuonasse a sua volta di quella stessa melodia; il flusso gravitazionale poi si frammentò rendendo l’aria come una parete di vetro rotta, delle increspature comparvero tutte intorno al manufatto e una luce nera brillò da esso aumentando sempre più di intensità.
Ci fu uno scoppio che fece sobbalzare Raider, poi la luce nera si espanse nella stanza inghiottendo il manufatto e le due braccia metalliche che lo sostenevano a distanza. Quello che era appena successo aveva lasciato sconvolto il giovane soldato che percepiva una “via” all’interno dell’oscurità prodotta da quella luce.
“Com’è possibile? Noi umani non abbiamo nulla di simile nel nostro sistema natale!” disse Raider sconvolto, con fare guardingo si avvicinò alla luce oscura e Seeryn fu subito dietro di lui per accompagnarlo. Sembrava divertita dalla curiosità del soldato.
“Questi manufatti reagiscono a determinate frequenze. È frutto di uno studio di molti secoli che la mia gente ha fatto per riuscire ad imbrigliare l’energia oscura.” Disse lei rispondendo e facendo una breve pausa subito dopo. “Più o meno, è lo stesso concetto che usate voi umani per controllare l’arte della Materiaoscura. Quando abbiamo capito che c’era un uso migliore e pratico, lo abbiamo sfruttato; con questi portali riusciamo a raggiungere la dimensione del Crocevia e in esso possiamo spostarci in qualunque altro manufatto.”
“Dicevi che ce ne sono decine. Ogni manufatto ha una stazione che lo circonda quindi?” chiese Raider incerto.
“No, solo alcuni. Molti sono stati implementati alle stazioni o ai pianeti stessi per fornire un migliore punto di transito. Al vostro Centro Operativo vi è una sala adibita appositamente quindi si arriva direttamente nel cuore della stazione.” Rispose ancora una volta Seeryn, la curiosità di Raider si poteva dire soddisfatta. “Vogliamo andare? Non hai ancora visto la parte migliore.” Continuò.
Era difficile immaginare qualcosa di ancora più bello per Raider. Ma se il Sistema Bael era così immenso come credeva, allora il minimo che si potesse fare era proprio quello di creare un modo più rapido per spostarsi. Di certo la tecnologia iperluce aveva aiutato gli eteren ad espandere i loro territori, ma se c’erano luoghi sconosciuti persino per loro, figuriamoci all’umanità.
“Sono pronto allora. Spero di poter indossare ben presto qualcosa di più confortevole.” Disse il soldato commentando ad alta voce, l’aria nella stanza era decisamente più fredda rispetto alla Stazione Valar e se ne era reso conto solo in quei pochi minuti.
I due viaggiatori cominciarono ad avanzare camminando direttamente nel bel mezzo della luce oscura, vennero completamente circondati e Raider si guardava intorno per capire se sarebbe stato per lui mortale o no.
“In effetti, non ci avevo pensato. Appena ti sarai registrato ti verrà fornito tutto quello di cui hai bisogno. Non temere.” Disse la dottoressa eteren rispondendo con gentilezza. Si incamminò di qualche passo più avanti precedendo quindi Raider.
Il giovane soldato non vedeva altro che la luce nera a circondarli, poi dopo qualche ulteriore passo, quella diventò una sorta di nebbia che sparì poco dopo rivelando un luogo totalmente diverso da quello che si era lasciato alle spalle: avanzando di qualche passo ancora, Raider vide alle proprie spalle il passaggio oscuro tra i due portali.
Non esisteva luogo che Raider avesse visitato fino a quel momento, che somigliava anche solo vagamente al Crocevia: era come trovarsi in una radura debolmente illuminata dalla tenue luce del sole, con alberi i cui lineamenti erano sfocati e composti da un reticolato di linee, come immagini di realtà virtuale; la natura che predominava quel luogo era verde in buona parte, così come il muschio che il giovane soldato sentiva sotto i propri stivali che pestavano il terreno.
C’erano diverse piante, nessuna che gli avrebbe ricordato gli arbusti sulla Terra o le coltivazioni sulla colonia Pangea su Marte. La vegetazione virtuale si snodava in tutto il Crocevia e sopra di essa una sottile nebbia dovuta all’umidità di quel posto; nascosti tra gli arbusti poi, c’erano dei portali dall’aspetto antico e costruiti in pietra, formavano degli archi tenuti insieme da un’attenta progettazione, anch’essi apparivano come un reticolato di linee agli occhi del soldato.
Alle spalle di Raider, il condotto oscuro si era dissipato totalmente senza lasciare traccia della base del manufatto; al suo posto adesso appariva uno di quei portali in pietra alti il doppio di lui e dall’aspetto vuoto. La superficie ricordava una sorta di specchio anche se opaco e quindi ogni riflesso era oscurato, annerito, come se fosse usurato.
Alzando gli occhi al cielo, Raider non trovò il blu sereno o la stella brillante, ma neanche le chiome degli alberi che sembravano celare la luce. Era semplicemente un ammasso di nebbia informe. Nonostante tutti quegli elementi di natura ostile, il Crocevia infondeva nel soldato un senso di quiete e pace.
“Questo è il Crocevia. Una regione astratta e oscura che i miei avi studiano ancora oggi per comprendere come spostarsi nel Sistema Bael senza la velocità iperluce.” Disse Seeryn con fierezza, avanzò di alcuni passi spostandosi verso uno dei portali non troppo distanti, Raider nel frattempo notò la presenza di altre persone che stavano usando il Crocevia per raggiungere altri luoghi.
Anche loro venivano inghiottiti dalle luci oscure che esplodevano dai portali; Raider notò la presenza di alcuni umani e degli eteren e una terza specie che fino a quel momento non aveva visto. La creatura era alta quanto un bambino di dieci anni ma con la muscolatura di un adulto, per lui fu impossibile scorgere altri dettagli visto che l’alieno era stato inghiottito nell’oscurità del passaggio ed era scomparso l’attimo dopo.
“Un tempo la mia gente credeva che questo luogo portasse ad altre dimensioni. A diversi tempi storici. Ci sbagliavamo però. I manufatti attivi ci portarono in altri mondi che cominciammo a studiare e ad esplorare credendo che si trattasse di Sivanuria.” Disse ancora la dottoressa.
“Il vostro pianeta natale, immagino.” Alle sue parole, Seeryn annuì.
“Sivanuria oggi è il centro della nostra cultura. La culla della vita degli eteren. La linfa vitale del pianeta pare che abbia effetti miracolosi, ma nessuno lo ha mai studiato. Ti piacerebbe molto vederlo, ma non molti umani hanno possono atterrarvi.”
“Sembra un bel posto però. La Terra è ancora oggi il centro della nostra cultura, ma è un mondo malato e chissà, tra qualche secolo, potrebbe esaurire per sempre le sue risorse.” Disse Raider con un velo di tristezza, uno degli intenti del padre era proprio quello di trovare una nuova abitazione per gli esseri umani, un piano ambizioso che aveva visto il suo futuro dopo trent’anni.
“Non perdere mai la speranza, Raider. Il vostro mondo forse un giorno potrà essere curato, dovete solo cercare attentamente.” Disse Seeryn voltandosi verso di lui e ammiccando, il giovane soldato fece un mezzo sorriso, stupendosi che la sua prima conoscenza nel Sistema Bael fosse proprio una donna aliena di razza eteren.
Raider e la dottoressa attraversarono il Crocevia rapidamente, svoltando un angolo in una strada che andava poi a salire, come un grande parco a tema; arrivato al successivo portale, esso cominciò a risuonare della stessa melodia che il soldato aveva sentito nella base del manufatto. Il portone venne quindi inghiottito dall’oscurità svanendo quasi del tutto per permettere l’ingresso.
Il soldato avanzò oltre Seeryn accertandosi però che lei fosse subito dietro di lui, non se la sentiva ancora di restare da solo visto quante cose aveva scoperto in pochissimo tempo dal suo risveglio. Non sapeva ancora come muoversi e non sapeva esattamente a chi si sarebbe dovuto rivolgere dopo aver incontrato il direttivo.
Senza aspettare ancora, Raider avanzò nell’oscurità del passaggio ritrovandosi in poco tempo in un’altra sala completamente diversa da quella del Crocevia, questa era interamente tecnologica e le pareti erano costituite da pannelli metallici e rivestimenti in lega.
“Benvenuti al Centro Operativo della OST.” Salutò la IV della stazione.
I due viaggiatori si spostarono via dal centro della sala e ancora una volta Raider si voltò per osservare l’oscuro passaggio svanire e il manufatto prendere il suo posto: non si trattava dello stesso oggetto, questo reperto sembrava una sorta di scettro dall’aspetto sacrale, come se fosse un qualche elemento di un culto sconosciuto.
“Non pensavo di poterlo dire, ma mi sento incredibilmente a casa.” Disse Raider quasi con un sussurro, essendo Seeryn accanto a lui lo aveva comunque sentito e fatto un cenno d’assenso. Nella sala del manufatto c’erano due operatori, ma questi erano decisamente umani, voltandosi verso Raider lo squadrarono confusi senza però dire nulla.
Il giovane soldato vide che indossavano corazze di Classe C e che al loro fianco avevano dei fucili d’assalto, naturalmente a clip fotonica, visto che i proiettili con polvere da sparo erano esauriti ormai da diversi decenni. Raider continuò ad osservarli pensando che presto anche lui avrebbe potuto prendere il loro posto.
Un senso di confusione lo pervase poco dopo aver lasciato la sala ed essersi incamminato nel corridoio. “Se il Primo Contatto è già avvenuto, allora quale sarà la mia missione adesso?” si chiese nella testa.
Ansia e angoscia cercarono di prendere il sopravvento, ma Raider soffocò quei sentimenti negativi scacciandoli via nonostante la preoccupazione per lui fosse reale.

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Capitolo 6
*** Capitolo Cinque - L'incontro col direttivo ***


Capitolo Cinque

L’incontro col direttivo


 
 
 
 
 
 
 
Settore Ponente
Centro Operativo OST – Sala centrale
 
Raider sapeva bene che la sala centrale della stazione era il cuore pulsante del Centro Operativo; come la maggior parte delle strutture di quella dimensione, presentava una grande area con una fontana centrale; il giovane soldato fece qualche passo in avanti superando Seeryn che lo lasciò procedere tranquillamente.
Si appoggiò al bordo di metallo sporgendosi appena oltre di esso, guardando la grande piscina del quale sarebbe riuscito a toccare il fondo senza problemi. Il sistema idraulico non mostrava tubature essendo tutte interne alla stazione, uno dei briefing di suo padre gli passò nuovamente per la mente insieme a nuovi ricordi.
Il Centro Operativo avrebbe dovuto essere il cuore della civiltà umana nel Sistema Bael, si era parlato a lungo di quale sarebbe stata la sua locazione: una stazione in mezzo allo spazio o una struttura sulla prima colonia umana. Il grande Dottor King credeva che piantare solide radici sarebbe stato un compromesso migliore di altri.
La sua proposta da leader e fondatore dell’impresa, era quella di stabilire una base operativa su un pianeta. La co-direttrice invece non era d’accordo e credeva che una stazione orbitale sarebbe stata una scelta migliore. Alla fine, come da accordo, lei aveva avuto la meglio.
“Possiamo anche fermarci se vuoi.” Disse Seeryn arrivando alle spalle del soldato, si sedette sul bordo della fontana osservando un punto distrattamente. “Tra il risveglio e il viaggio attraverso il Crocevia non hai ancora avuto modo di riprenderti bene.”
Raider però scosse la testa, non si sarebbe fermato proprio in quel momento perché avrebbe ricominciato a pensare al suo destino.
“Sto bene, davvero. Sono pronto ad incontrare la direttrice esecutiva. Se i programmi non sono cambiati, dovrebbe ancora essere Cordelia Cross, o sbaglio?” chiese Raider cercando di fare qualche conto alla mano, la direttrice avrebbe avuto circa settant’anni nel suo attuale presente. A meno che non era stato scelto un diverso direttivo.
“Esattamente, ha svolto le sue mansioni egregiamente da quando voi umani siete arrivati nel nostro sistema. La cooperazione è stata possibile anche grazie ai suoi interventi.” Rispose la dottoressa eteren, i due viaggiarono si allontanarono quindi dalla fontana avvicinandosi al terminale direzionale.
L’ologramma che forniva indicazioni si trovava al centro di una sorta di sala d’attesa non molto distante dalla fontana, un piccolo giardino avvolgeva l’intera area facendo passare le aiuole tra le varie panche dispose in maniera millimetrica l’una dall’altra. Due soldati stavano seduti fianco a fianco, la ragazza sembrava contrariata da qualcosa e quindi alzava la voce, battendogli i pugni sul petto.
“Anche lei è stata tradita. So bene come ti senti, e fa davvero schifo!” Si disse Raider con un pizzico di sarcasmo e amarezza. Era successo anche lui, ma nonostante questo evento fosse accaduto ormai trent’anni prima, per lui era passato soltanto un anno.
Alla fine, Raider scelto di cambiare aria, che fosse meglio dare un senso a qualcosa di più grande, il Sistema Bael con la promessa dell’esplorazione spaziale sembrava volergli dare tutto quello di cui aveva bisogno. Nonostante sua madre non fosse d’accordo con quella decisione, suo padre lo aveva appoggiato pienamente.
“D’altronde era chiaro che il figlio del Dottor King non potesse non seguire le sue orme. E a me sta bene così, sono fiero di mio padre e non rimpiango la mia scelta.” si disse ancora.
Seeryn si era avvicinata al terminale olografico al centro di quel giardino, Raider quindi ignorò la coppia di soldati lì presente e vide la donna eteren pigiare il tastierino. “Buongiorno, Dottoressa Seeryn Von’Darock. Come posso aiutarla la sua permanenza al Centro Operativo?” chiese la voce della IV. L’ologramma mutò rapidamente e il gioco di luci che lo componeva raffigurò il volto di una persona.
Raider non riconobbe naturalmente quel volto essendo un prodotto artificiale. Attese che fosse la dottoressa a parlare al suo posto anche se lui stesso aveva familiarità con quella tecnologia.
“Ufficio della Direttrice Cross. Non abbiamo un appuntamento ma è abbastanza urgente…” disse Seeryn rivolgendosi all’interfaccia, pigiò ancora una volta i tasti olografici inserendo un qualche genere di codice che specificava la natura della visita.
“Molto bene. Abbiamo inviato la vostra richiesta alla Direttrice Cross. Attualmente è in elaborazione. Il tempo di risposta stimato è: due minuti. Prego il Soldato d’elité Raider King di avvicinare il proprio bracciale identificativo visitatore per farsi riconoscere.”
Raider ascoltò la richiesta della IV senza ribattere: avvicinò il polso e lasciò che il fascio di luce emesso successivamente riconoscesse il numero che gli era stato assegnato. Ci fu un suono d’approvazione e una luce verde brillò sull’espressione dell’interfaccia.
“Molto bene. La Direttrice Cross è pronta a ricevervi. Seguite le indicazioni verso il suo ufficio al Terzo piano. Buona permanenza!”
Raider fece un cenno distratto all’interfaccia che comunque non avrebbe risposto oltre quello per cui era stata progettata. Un fascio di luce illuminò uno specifico percorso sui pannelli di metallo del pavimento, sembravano indicare la via da seguire. Il soldato si scambiò un’occhiata con la dottoressa al suo fianco ed entrambi si mossero nella direzione indicata dalla IV.
L’ascensore li condusse direttamente al piano dove si trovava l’ufficio della direttrice esecutiva, Raider e Seeryn non ci impiegarono molto per trovarsi davanti la porta dell’ufficio attendendo che i pannelli si aprissero in modo da farli entrare. Quando finalmente accadde, Raider poté entrare nella stanza insieme alla dottoressa.
L’ufficio era di modeste dimensioni, suddiviso in due principali aree: la prima era una sorta di sala riunioni nel quale si trovava un tavolo allungato con una decina di sedie intorno; alla parete era appesa un largo televisore che attualmente mostrava il simbolo della OST: una navicella che solcava i cieli stellati.
Raider passò lentamente attraverso quella stanza entrando in quella successiva che era separata da una parete costituita da pannelli in vetro opaco. La seconda stanza era molto più simile ad uno studio, con mobili in legno dall’aspetto curato, un largo tappeto al centro dell’ufficio, targhe commemorative e svariate foto presenti che ricordavano per lo più la sua famiglia: aveva avuto una figlia e una nipote a sua volta.
Una gigantesca finestra, alle spalle della grande scrivania e della direttrice, mostrava un paesaggio dall’aspetto terrestre: il cielo artificiale creato dai pannelli simulatori brillavano dei toni dell’arancione tipico del tramonto delle giornate autunnali.
“Buon pomeriggio, dottoressa Von’Darock. E anche a te, soldato semplice King. Accomodatevi pure, prego.” Disse la voce della direttrice con pacatezza, Raider guardò distrattamente l’orologio poggiato sulla scrivania, segnava che era tardo pomeriggio.
Cordelia Cross era seduta proprio dietro la scrivania su una comoda poltrona di pelle nera. La donna si era alzata per salutare i due ospiti mostrandosi a Raider; il soldato aveva un ricordo vago della donna di quando erano partiti, eppure vedendola adesso non sembrava per niente cambiata: era chiaro che gli anni avevano influito sulla sua pelle, ancora chiara ma solcata da alcune rughe intorno gli occhi castani chiari.
I capelli un tempo della stessa tonalità degli occhi, adesso erano spenti e quasi del tutto ingrigiti, sotto la luce bianca dei neon sembravano risplendere d’argento proprio come l’acconciatura di Seeryn; li portava lunghi fin sotto le spalle, con alcune ciocche che le ricadevano sulle spalline decorative che mostravano il suo rango elevato all’interno della OST.
Raider aveva notato che indossava la divisa delle alte cariche dell’organizzazione e che anche suo padre un tempo l’aveva indossata, questa però, a differenza delle corazze o della tuta bianca e viola che indossavano i soldati, era interamente del colore più scuro con solo alcune rifiniture ai polsi che richiamavano il chiaro.
Seeryn fece cenno al soldato di avanzare per primo, lei non si sarebbe intromessa se non gli fosse stato espressamente chiesto. Raider aveva capito che era la prima volta che la dottoressa eteren metteva piede sul Centro Operativo, anche se sembrava a suo agio.
“Buon pomeriggio anche a te, Cordelia. Ricordo che avevamo superato le formalità negli otto mesi che abbiamo passato per la preparazione al viaggio.” Disse Raider alla direttrice, quella gli fece un largo sorriso, come se avesse ritrovato un vecchio amico. Nonostante quello, Raider si sedette in maniera composta sulla sedia.
Subito dopo averlo fatto, anche Cordelia si accomodò.
“Per grazia di Dio, o qualunque entità tu possa credere, ti abbiamo ritrovato, Raider. Bentornato tra noi.” Disse lei mostrandosi amichevole, c'era qualcosa nella sua postura che però non convinceva del tutto il soldato. Lei sembrava molto tesa. “Come ti senti?”
“Una domanda di routine. Cordelia non era brava a nascondere la sua tensione, nonostante questo, mio padre l’aveva scelta come co-direttrice dell’impresa. E a sentire Seeryn, pare che abbia fatto bene a farlo.” Pensò tra sé e sé il soldato, si prese qualche secondo per rispondere e poi emise un pesante sospiro.
“Fisicamente? A parte qualche mal di testa, sto molto bene.” Disse lui in un primo momento, non era certo di potersi sbilanciare troppo visto che non sapeva come era cambiata la direttrice. Un tempo era una persona leggera, ma era chiaro che era diversa.
Nel Sistema Sol tutto era diverso e in trent’anni quella che adesso era più che una donna adulta, sembrava aver maturato esperienze e un carattere con una tempra molto più forte.
“Sono molto felice che ti sia risvegliato. Devo dirti la verità, avevo ormai perso le speranza, Raider. Per te e per miss Morgan, sembrerà tutto molto strano; è stato solo grazie alla collaborazione con gli eteren che siamo riusciti a mantenere le vostre capsule attive. Molti non ce l’hanno fatta…” disse la direttrice oscurandosi in volto, i suoi occhi si abbassarono sulla scrivania per un lungo istante di silenzio.
“Non capisco una cosa: com’è possibile che ci siano voluti tutti questi anni per risvegliarmi? Potrei pensare che la mia capsula era praticamente distrutta!” disse Raider riflettendo su quello che la direttrice aveva detto, tuttavia, la risposta arrivò da Seeryn.
“Non è stato facile per noi eteren aiutarvi. Abbiamo studiato per lungo tempo le vostre capsule in cerca del problema e ne abbiamo trovati almeno una quindicina. Tra malfunzionamenti vari, instabilità tecniche e dei valori corporei, abbiamo cercato di strapparvi alla morte per molto tempo.” Disse Seeryn fissandolo con i suoi occhi violacei, ci fu un leggero bagliore in essi.
“E si è scoperto cosa ha causato questo disastro?” chiese Raider con una punta di sarcasmo, stavolta la domanda era rivolta ad entrambe.
“Abbiamo ipotizzato una manomissione.” Rispose la dottoressa, tuttavia Cordelia sembrava essere già a conoscenza di quello che era successo essendo il secondo Passeggero tornato alla vita. “L’intervento è stato effettuato quando eravate nel Sistema Sol, alla vostra partenza. Non è possibile che sia stato un errore di calcoli, su cinquemila Passeggeri, ci sarebbero state più capsule problematiche.”
Raider ci mise qualche istante per assorbire la notizia. Sembrava assurdo, come se fosse il frutto di una cospirazione. Eppure, non erano pochi quelli che all’interno della OST vedevano l’impresa del Dottor King con negatività.
“Alcuni credevano che mio padre fosse un pazzo. Un visionario che non riusciva a concentrarsi sul presente. Salvare la Terra era la priorità del programma spaziale, la OST era nata per quello in successione ai precedenti enti. Ma addirittura sabotare delle capsule…” il giovane soldato si interruppe non sapendo come continuare, se così fosse stato, qualcuno aveva svolto il suo lavoro egregiamente.
Quel pensiero però sollevava una domanda ancora più importante.
“Aspettate un attimo. Mio padre doveva raggiungerci con la seconda arca che era in costruzione, lui doveva essere presente qui al Centro Operativo per collaborare con te, Cordelia.” Disse Raider ritrovandosi con metà corpo rivolto alla dottoressa e l’altra metà alla direttrice.
Per la prima volta da quando era lì, Raider poteva dare un motivo alla tensione che la direttrice aveva sulle spalle. Il suo sguardo infatti si era leggermente spalancato e la sua espressione si era indurita.
“Mi dispiace, Raider. Tuo padre è effettivamente partito tre anni dopo di noi, ma quando l’Arca Rabbonath è arrivata al Sistema Bael, si sono scontrati contro una perturbazione spaziale…”
Improvvisamente, il mondo attorno a Raider stava rallentando, come se la gravità sparisse e fosse un corpo senza più ossigeno. Non riusciva a credere a quello che la direttrice Cordelia gli stava dicendo.
“Vuoi dire che è morto!?”
Gli occhi azzurri di Raider si riempirono rapidamente di lacrime, cominciando a bruciare come se stessero guardando il sole direttamente. Strinse i pugni arrivando a graffiare con le unghie i braccioli della poltrona sul quale si trovava.
“Non lo sappiamo, Raider. Abbiamo perso i contatti con l’Arca Rabbonath e non siamo mai più riusciti a trovarli. Abbiamo studiato per molto tempo la perturbazione che li aveva colpiti ma non siamo riusciti a stabilire la direzione che potrebbero aver preso. Per quanto ne sappiamo, sono dispersi nello spazio profondo.” Disse Cordelia evitando gli occhi del soldato, non riusciva a guardarlo in faccia nonostante lei non c’entrasse nulla con quella storia.
Raider emise un gemito di dolore, come se qualcosa gli avesse appena colpito lo stomaco con una forza micidiale, si morse le labbra evitando di urlare e cacciò indietro le lacrime, non voleva piangere. Non poteva farlo o si sarebbe dimostrato debole davanti la direttrice.
Il mal di testa riprese però a battere nelle sue tempie, era come se l’impianto neurale dentro di lui si muovesse da solo nuotando dentro il cranio e naturalmente non era possibile. In aggiunta al dolore emotivo, anche quello fisico riempì il soldato.
“Voglio parlare con la mia famiglia. Devo contattare mia madre e mio fratello. Saranno preoccupatissimi per quello che mi è successo. Devono sapere che mi sono risvegliato, non importa altro!” disse Raider cercando di farsi forza, il suo sguardo vagava tra la direttrice e Seeryn che guardava la finestra con gli occhi che le tremavano e la luce che li faceva brillare.
“Dovremmo fare una pausa, direttrice. Raider non è pronto per assimilare tutte queste informazioni in un solo momento, abbia misericordia se tiene al suo soldato!” disse lei con voce decisa, sembrava quasi un avvertimento ma la direttrice la ignorò.
“Tuo fratello è partito con la terza arca, Raider. È arrivato cinque anni fa e ha lavorato nei campi agricoli del pianeta colonizzato Alantarea. Ma ha lasciato quella vita per unirsi ad una banda di pirati spaziali. C’è una taglia per chiunque riesca a trovare lui o altri del suo gruppo, vivi o morti.” Disse ancora Cordelia.
Sembrava tutto così assurdo: Raider se ne stava seduto in silenzio ascolto le parole della direttrice, Seeryn aveva cercato di fermarla ma era inutile e lui voleva comunque sapere quello che era successo. La sua famiglia si era completamente disgregata nel giro di pochi anni, il primo a scomparire era stato lui, vivendo la criostasi per un tempo troppo lungo; poi la scomparsa di suo padre e della seconda arca inviata; poi suo fratello che aveva raggiunto Bael e si era dato alla pirateria, forse era completamente uscito di senno.
“E mia madre?” chiese ancora Raider, si sentiva svuotato di tutti i sentimenti, rabbia, paura e odio ormai erano sostituiti al lancinante mal di testa che gli stava per esplodere. Sentiva le mani bruciare come se stessero andando a fuoco, preda delle sue emozioni, sentiva l’energia oscura sfrigolare sulle dita.
“Sono pronto ad accettare qualsiasi cosa sia accaduta anche a lei. Non c’è nulla che potrebbe spezzarmi in questo momento!” si disse. Una bugia che serviva per dargli la forza che non aveva più.
“Tua madre è ormai in pensione. Ha deciso di vivere tranquillamente su Marte, a Pangea. Si trova bene e ogni tanto ci fornisce consulenza. È la migliore biologa della storia, ricordalo.” Disse Cordelia riuscendo finalmente a dare una bella notizia al soldato. Raider di fatto emise un respiro pesante col quale buttò via tutta l’aria nociva che aveva dentro.
Ci fu un lungo istante di silenzio nel quale Raider si guardò le mani che adesso teneva poggiate sulle ginocchia, le gambe gli tremavano, così come la testa che gli faceva male. Il dolore si era leggermente alleviato e non avvertiva più quello sfrigolio dovuto all’energia incanalata.
Sentiva lo sguardo di compassione di Seeryn, la dottoressa se ne stava in piedi appena dietro di lui, si mosse di qualche passo in avanti allungando poi il braccio; Raider avvertì la mano di lei sulla spalla con le dita che si muovevano lentamente, come una carezza.
“Hai perso tanto, Raider. Sono però certa che gli Spiriti Primordiali abbiano per te in serbo una vita migliore di quella che hai lasciato indietro, in ogni cosa che può sembrare brutta, c’è sempre un lato migliore.” Disse la donna eteren, le sue parole stranamente furono di conforto per il giovane soldato.
“Ti ringrazio.” Disse lui.
“Credo che avresti bisogno di qualche giorno per riposare e assimilare queste informazioni, Raider. Avrei proprio bisogno di soldati esperti ma nelle tue condizioni, credo che la cosa migliore da fare sia aspettare prima di farti tornare in servizio.” Disse Cordelia, a quelle parole, Raider scattò con la testa in aria.
“Io sto bene!” disse sapendo di mentire, nonostante non piangesse, aveva il cuore spezzato a metà. “Sono pronto per qualunque missione tu abbia da assegnarmi, Cordelia. Sai che sono un elemento valido e sai benissimo di cosa sono capace.” Disse Raider riferendosi al suo addestramento e alle sue capacità. Nonostante quello, la direttrice non sembrava abbastanza convinta.
“Sono lieta che tu sia ben disposto a prestare servizio. Ma qui la questione è diversa: non credo che tu sia nello stato emotivo per affrontare un incarico. Preferirei che tu aspettassi.” Disse la direttrice, sembrava convinta e che nulla potesse dissuaderla.
Raider stava per intervenire ancora ma lo fece prima la dottoressa alle sue spalle facendosi avanti e lasciando scivolare via la mano dalla spalla del giovane soldato.
“Se per te va bene, direttrice, potrei tenerlo sotto osservazione per qualche giorno. Sarei anche ben lieta di accompagnarlo per una valutazione tattica sul campo. Ho esperienza militare, so badare a me stessa in caso di rischio o pericolo.” Disse Seeryn proponendo quell’idea con piena convinzione, un sorriso le era comparso sul volto, certa delle sue capacità e delle sue intenzioni.
“Sei proprio sicura, Dottoressa Von’Darock? Avrai di meglio da fare che badare ad un soldato e dovrai trovare impiego su Alantarea.” Chiese la direttrice incerta, i suoi occhi esprimevano una sorta di disappunto, ma Seeryn non si lasciò condizionare.
“Ne parlerò con i miei superiori. Non ci saranno problemi.” Disse la donna eteren, poi lanciò uno sguardo a Raider ammiccando; il giovane soldato si sentì arrossire, apprezzando silenziosamente l’aiuto.

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Capitolo 7
*** Capitolo Sei - Cordoglio o speranza ***


Capitolo Sei
Cordoglio o speranza
 
 
 
 
 
 
 
 
Settore Ponente
Alantarea – colonia di “Terranova”
 
La luce brillava debolmente sullo schermo del dispositivo, segnando che un nuovo messaggio era arrivato alla casella di posta elettronica di Raider. Il soldato aveva appena aperto gli occhi e aveva avuto il tempo di andare in bagno per lavarsi il viso; quando si era visto allo specchio non aveva notato nulla di diverso rispetto a quando era partito.
Raider si era toccato il volto, la mascella marcata, il mento a punta, come se cercasse un dettaglio fuori posto. Era ancora difficile abituarsi a tutto quello, erano passati solo pochi giorni da quando si era risvegliato ritrovandosi in quella che sembrava una nuova realtà.
Ma Bael era la sua nuova abitazione e avrebbe dovuto cominciare come tutti gli altri Passeggeri svegliati prima di lui. Aveva già contattato sua madre, vista la distanza degli anni luce, era molto difficile per loro comunicare in tempo reale, così erano costretti a mandarsi dei video-messaggi di pochi minuti.
Raider si era lavato i denti, aveva preso il pettine sistemandosi il ciuffo di capelli biondi che gli ricadevano sul viso spostandoli indietro. Emise un sospiro poi si fece un sorriso allo specchio e ammiccò al suo riflesso. 
Uscì dal bagno ritrovandosi nel disimpegno collegato alla cucina-soggiorno: la sua unità abitativa era formata da due grandi stanze che comprendevano la zona giorno piena di ogni bene e servizio per cucinare e fare altro, e la zona notte, la sua camera da letto dove prima di dormire si dedicava a qualche lettura sul tablet fornitogli dalla OST.
Si sistemò la canottiera all’interno della tuta aderente, facendo strisciare i piedi sul pavimento freddo, poi raggiunse il proprio letto e vi si buttò tra le coperte afferrando il dispositivo di comunicazione. Al suo fianco c’era il bracciale che gli era stato donato da Seeryn, ormai non aveva più motivo di usarlo essendo stato registrato, tuttavia aveva il piacere di tenerlo come un ricordo.
“In fondo non si sta così male qui. È piacevole, ma vorrei davvero tornare in servizio e rendermi utile alla comunità.” Si disse Raider, premette il tasto di avvio del messaggio e lo lasciò scorrere ignorando il video dove era certo che sua madre sarebbe stata inquadrata.
Piuttosto preferì avvicinarsi alla larga finestra.
“Raider, tesoro, capisco che tu voglia stare a Bael. Sono passati così tanti anni per noi che siamo rimasti svegli, ma vorrei davvero invitarti e riflettere su cosa sia davvero meglio per te…” 
Il giovane soldato non sapeva cosa fosse meglio per lui, ma tornare indietro sarebbe significato accettare di essere stato sopraffatto dai suoi sentimenti e non ne aveva voglia. Non aveva nulla per cui tornare, se non sua madre stessa. Lui aveva bisogno di costruirsi una nuova vita.
“Sai, l’altro giorno pensavo allo splendido ragazzo che sei sempre stato. La forza è la tua virtù, non ho mai conosciuto qualcuno con il tuo stesso animo e la tua tempra. E so bene che per quanto io possa ripetertelo, tu non tornerai indietro qui a Pangea…” 
Raider sorrise mentre osservava fuori dalla grande finestra: era una bellissima giornata su quella che era la prima colonia degli umani sul Sistema Bael. Alantarea era un pianeta molto simile alla Terra nelle sue giornate migliori: aveva un clima tropicale con temperature che variavano intorno ai venti gradi. Inoltre l’asse su cui ruotava il pianeta era inclinato, questo permetteva il susseguirsi delle quattro stagioni, anche se Raider stava ancora vivendo quella che doveva essere la primavera. L’aria era fresca e pulita, piena di ossigeno grazie alla vegetazione rigogliosa del pianeta verde.
“Io voglio solo dirti che sono fiera di te e che qualunque cosa sceglierai di fare, io ti appoggerò. Dopo la morte di tuo padre, o meglio, la sua scomparsa, non ho smesso di pregare affinché lui tornasse da me. E chissà, mio piccolo tesoro, forse come hai fatto tu, anche lui ritornerà alla luce…”
La luce della stessa Bael era calda e batteva con forza sul viso di Raider, aveva una colorazione più chiara rispetto a quella del Sole, ma grazie all’azoto presente nell’atmosfera, il cielo appariva dello stesso azzurro cielo che sembrava tanto familiare.
Il nome scelto per l’insediamento, Terranova, era adattissimo.
“Spero che starai meglio e se Cordelia continua a non ritenerti pronto, ricordale che mi deve un favore grande quanto Giove, lei saprà di cosa parlo. Ti voglio un’infinità di bene, a presto tesoro.” Il video-messaggio si concluse poco dopo con un bip acustico che costrinse Raider a voltarsi in modo da impedire che fosse riprodotto ancora.
Si sedette sul letto, pensando a quello che avrebbe voluto dirle, non c’era molto da rispondere visto che le aveva già detto che le voleva bene. Aspettava con ansia di poter tornare in servizio, ma questo lei lo sapeva; il giovane soldato decise quindi di spostarsi in salotto, ignorando al momento il tablet e avvicinandosi alla televisione.
“TV: accendi.” Disse Raider con decisione, impartendo il comando vocale, il grande televisore appoggiato alla parete si accese e le immagini che comparirono furono le stesse della sera precedente. “TV: riproduci documentario.” Disse lui ancora.
Le immagini sullo schermo mutarono rispetto a quelle precedenti: la gigantesca arca comparve con delle immagini digitalizzate seguite da scatti provenienti direttamente dal Sistema Sol per la produzione del documentario: Raider aveva saltato volontariamente quella parte, credendo di non essere ancora pronto. Seeryn era stata davvero gentile a fornirglielo insieme ad alcuni film di produzione eteren con sottotitoli e audio nella lingua comune degli umani. L’aveva ringraziata anche se avrebbe voluto fare qualcosa per dimostrarle quanto avesse apprezzato il gesto, di certo non sarebbe mancato il tempo visto che lei lo avrebbe seguito nel percorso di riabilitazione.
“Anno Stellare 2117. A seguito del grande successo della prima arca, la nave generazionale Syramo, l’Organizzazione Spaziale Terrestre lancia la sua seconda arca in quell’impresa che avrebbe portato altri cinquemila coloni nel Sistema Bael in supporto a coloro che erano già arrivati.
“Le comunicazioni con l’Arca Rabbonath subiscono dell’interferenze circa tre mesi prima dell’arrivo e temporaneamente viene perso il controllo sulla rotta impostata: Terranova sul pianeta Alantarea.
“Viene risvegliato il personale essenziale per la correzione della rotta. Tra di essi, il fondatore del progetto, il grande Dottor Richard King che ristabilisce le connessioni con il Sistema Sol. Tuttavia, gli interventi del personale non bastano ad evitare il disastro: l’Arca Rabbonath viene investita in pieno da una perturbazione spaziale.
“La tempesta viene identificata come un fenomeno sconosciuto persino agli eteren: dalle ultime registrazioni effettuate e ricevute dalla Rabbonath, pare che il flusso di energia oscura della tempesta abbia distorto il radar spaziale, interrompendo per l’ultima volta i collegamenti con la seconda arca del progetto.
“Ad oggi, Anno stellare 2140, non si sono ancora trovate tracce o segni dell’Arca Rabbonath. Nonostante gli studi con i telescopi celestiali e l’aiuto fornito dalla collaborazione con gli eteren, risulta impossibile stabilire dove la perturbazione abbia mandato l’arca umana. Presumibilmente al di fuori del Settore Ponente, nello spazio oscuro.
“L’Arca Rabbonath viene ufficialmente dichiarata scomparsa nell’autunno dell’anno 2122. Si ipotizza che l’arca abbia esaurito carburante ed energia almeno un anno dopo questa data. Questo fa sì che, tutti i coloni e le anime che vi riposavano all’interno hanno perso la vita nelle loro capsule per assenza di energia. Nell’ipotesi migliore: il personale che era già sveglio ha esaurito le scorte alimentari nello stesso anno; vale a dire che la sopravvivenza di coloro che vi erano dentro ha probabilità pari a zero.
“Richard King ha dato la sua vita credendo in quello che era il suo più grande sogno e la cosa che amava più in assoluto: l’esplorazione spaziale. Tutto il genere umano gli sarà per sempre riconoscenza della grande possibilità che lui ci ha donato. Richard King, un eroe per tutti noi.” Concluse la voce.
Il documentario mostrò delle immagini di quello che era stato definito un grande eroe per l’umanità mentre un ultimo commento mostrava la sua data di nascita e la presunta data di morte. Tutto questo contornato da una serie di fotogrammi che rappresentavano l’uomo mentre era a lavoro o mentre era con la sua famiglia.
Erano fotogrammi che Raider ricordava bene, come se li avesse impressi nella memoria. Il giovane soldato non ebbe la forza di respirare mentre gli occhi osservavano lo schermo immobili, si era ripromesso di non piangere, e in qualche modo cercava la forza di non farlo.
“Avrei dovuto essere sveglio. Forse le cose sarebbero andate diversamente.” Si disse Raider con tono di voce normale, addossandosi la colpa della morte del padre, impartì il comando di spegnimento alla televisione semplice con un sussurro.
Si passò le mani sul viso e tra i capelli, senza riuscire ad ordinare i pensieri; si limitò a tirare sul col naso, poi si fece forza alzandosi dal divano con decisione, si avvicinò al lavabo azionando il tasto che fece scorrere l’acqua fresca, prese le pillole lì vicine per l’emicrania e con una sorsata le buttò giù per la gola.
Si prese qualche istante di pausa.
“No. Se fossi stato sveglio non sarebbe cambiato nulla. Mio padre sarebbe partito lo stesso con l’Arca Rabbonath e sarebbe incappato nella perturbazione.” Disse ancora parlando a voce normale, non c’era nessuno che potesse sentirlo, ma farlo lo faceva stare bene. Era una cosa che gli aveva consigliato Seeryn ma lui non le aveva dato retta fino a quel momento pensando che se qualcuno lo avesse sentito parlare da solo, lo avrebbe scambiato per un mentecatto.
Proprio in quel momento al pensiero della dottoressa, il campanello della porta di casa suonò una volta. Il giovane soldato non aveva ricevuto visite in quei giorni, nonostante fosse uscito di casa assaporando la deliziosa colonia creata su Alantarea. Impartì il comando alla porta di aprirsi per dare il benvenuto alla sua ospite, sapendo che si trattava della dottoressa eteren.
Seeryn indossava abiti ben diversi dalla stretta e aderente tuta sagomata che indossava quando si erano incontrati al suo risveglio; Raider aveva avuto modo di notare che, per mischiarsi in mezzo alla popolazione unicamente umana dell’insediamento, aveva indossato abiti che ricordavano molto quelli umani.
La donna eteren infatti indossava una camicetta di lino bianco, dal quale risaltava la pelle blu visto che il tessuto era morbido e leggero. Aveva anche un pantalone sui toni del marrone che le snelliva ancora di più le gambe. Indossava un paio di scarpe comode e basse e fece qualche passo all’interno della stanza.
“Non pensavo di trovarti già sveglio. Spero di non averti disturbato ma ho grandi notizie da dardi dopo il nostro ultimo incontro.” Disse Seeryn, il suo sguardo balenò sullo schermo, poi le sue labbra carnose si incrinarono in un sorriso amaro. “Hai visto il documentario che ti ho dato?” chiese, naturalmente si riferiva a quella parte che lui non aveva avuto il coraggio di vedere fino a quel momento.
Raider se ne stava appoggiato al bancone della cucina con entrambe le mani e il bacino, con lo sguardo rivolto alla dottoressa.
“Lo hai… sentito in qualche modo? Ho appena staccato.” Disse lui rispondendo sinceramente, Seeryn annuì senza però mutare espressione, anzi, sembrava pienamente comprensiva.
“Sì, diciamo che noi eteren riusciamo a sentire le vibrazioni dell’aria. Tu e gli altri umani non potete saperlo visto che tramite i traduttori non potete sentire la nostra vera voce.” Disse la donna rispondendo, si mosse all’interno della stanza avvicinandosi al divano e accomodandosi senza chiedere di poterlo fare. 
Mosse la mano sul posto a sedere accanto battendo con il palmo un paio di volte, per chiedere a Raider di avvicinarsi a lei. Il giovane soldato fece come gli era stato richiesto e si sedette accanto alla donna.
“La vostra vera voce? Come sarebbe?” chiese lui, naturalmente sapeva bene che grazie ai dati di traduzione della sua lingua, Raider poteva capire quello che diceva Seeryn come se stesse parlando nella lingua comune mantenendo la stessa tonalità della voce.
La dottoressa eteren sorrise indossando quella smorfia di fierezza e malizia. “Te lo spiegherò meglio quando ti avrò mostrato questo.” Disse la dottoressa avvicinando al soldato il proprio braccio, premette il tasto centrale del bracciale che la donna indossava e ne apparvero degli ologrammi, a prima vista, sembravano dossier.
“Il mio ultimo rapporto ha convinto la Direttrice Cross ad assegnarti un incarico su Cratere Viandante. Io ti accompagnerò per valutare definitivamente la tua condizione psicologica.” Disse lei, negli occhi violacei era comparsa una luce intrepida, come se non vedesse l’ora di partecipare. “Questa è la tua grande occasione, soldato. Pronto per tornare in pista?” chiese infine.
C’era solo una risposta che Raider le avrebbe dato: un sonoro sì.

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Capitolo 8
*** Capitolo Sette - Due storie uguali ***


Capitolo Sette
Due storie uguali
 
 
 
 
 
 
 
 
Settore Ponente
Centro Operativo della OST – sala addestramento
 
Raider terminò la sessione di allenamento sentendo i muscoli doloranti e tremanti, gli allenamenti che aveva seguito fino a quel giorno erano piuttosto basilari e fatti in casa, servivano semplicemente a riattivare il suo corpo. Inoltre si era concesso alcuni minuti per correre non appena si svegliava, questo gli permetteva di vivere l’alba che sorgeva su Terranova, l’insediamento umano del pianeta Alantarea.
Il vero allenamento però Raider lo fece nelle sale d’addestramento del Centro Operativo; lì seguivano percorsi a ostacoli con varie aree di indirizzo: l’intera sezione era divisa in varie stanze nel quale i soldati potevano dare sfogo a qualunque necessità.
Vi erano le sale dedicate alla simulazione in ambienti ostili, questo includeva aree molto calde, ambienti tropicali come foreste e giungle e naturalmente luoghi più freddi e ghiacciati. C’erano a disposizione tutta una serie di set di corazze che Raider però non amava utilizzare. Le successive stanze, facevano focus sul combattimento a distanza, quello ravvicinato con le armi bianche e svariate sfide di resistenza.
C’era anche una palestra, dal quale Raider era passato solo per qualche minuto, non si era reso conto che erano già alcune ore che era chiuso all’interno della sala, ma il tempo era passato velocemente. I suoi pensieri venivano distratti in questo modo dalla sua missione, assegnata a lui qualche giorno prima mentre ne parlava con la dottoressa eteren.
Seeryn gli aveva passato il dossier di un agente della OST scomparso su Cratere Viandante, Raider aveva capito che si trattava di una sorta di stazione rattoppata e complessa nello spazio oscuro dall’altro lato rispetto alla OST ma anche quella collegata al Crocevia.
L’agente in questione si chiamava Edmond Stein e il suo compito era riservato a chiunque. In privato, Cordelia però gli aveva detto che stava indagando sulle tracce di alcuni terroristi. La sua scomparsa era sospetta e si deduceva fosse stato catturato; il modo più veloce e silenzioso per raggiungerlo era quindi passare attraverso i portali di energia oscura.
“Ormai ho imparato ad utilizzare la via dei wormhole. Seeryn diceva che c’erano voluti secoli per costruire quella dimensioni. Gli avi degli eteren erano sicuramente dotati di tecnologie molto avanzate per poterlo fare.” Pensò lui debolmente in un attimo di pausa, si era concesso qualche istante nella sala ristoro presente nelle camere d’addestramento.
Quel giorno c’erano pochi soldati, probabilmente perché lui aveva scelto di andarci di mattina presto. Si godeva la tranquillità del suo addestramento solitario mentre Seeryn avrebbe rifinito i dettagli della missione e i trasporti. Lei lo avrebbe dovuto valutare alla pratica.
Se ne stava seduto comodamente a gambe larghe su una sedia, poggiandosi allo schienale senza rilassarsi troppo, tra le mani stringeva un frullato proteico che gli avevano consigliato per riprendersi. Il suo impianto neurale aveva smesso di dargli fitte, avendo ricominciato la cura di medicinali e i mal di testa erano ormai rari.
Per tutto il tempo aveva guardato un punto nel vuoto limitandosi ad osservare gli altri soldati, uomini e donne di ogni età, fare avanti e indietro per concedersi anche loro una pausa nell’area relax.
Improvvisamente davanti ai suoi occhi comparve una figura che indossava la tuta d’addestramento della OST con i colori bianco e viola e che sembrava volergli parlare.
“Raider King, giusto? Quello che diceva il plotone di ricognizione allora è vero. L’elité della OST si è risvegliato!” disse la ragazza, teneva le mani ai fianchi dando ai gomiti un’inclinatura perfetta, l’intera postura della soldatessa era rigida e il giovane soldato la osservò meglio.
La ragazza aveva uno stile particolare: capelli che le ricadevano su una parte del volto mentre l’altra era completamente rasata; era di un acceso blu con sfumature di verde; era ovvio che i suoi capelli fossero tinti, di certo si distingueva.
Aveva forme gentili, un seno morbido e piccolo, spalle non troppo larghe anche se era visibilmente tonica e allenata. Di poco più bassa di Raider probabilmente; i suoi occhi verdi si presentavano al naturale e un sottile strato di sudore le copriva la fronte, aveva l’espressione gioiosa e gli occhi le brillavano, Raider si sentiva confuso.
“Ehm… sì, in effetti faccio parte del programma d’elité. Sono Raider, tu chi sei?” chiese il ragazzo senza scomporsi più di tanto, aveva un volto familiare, ma era difficile dirlo, sembravano avere la stessa età. La ragazza fece un sorriso divertito.
“Scusami, avrei dovuto presentarmi. Sono Allyson Morgan; non so se ti ricordi di me, ma siamo partiti insieme sull’Arca Syramo.” Rispose la ragazza gentilmente, il suo nome mandò in allarme i sensi del soldato: lei era l’unica che si era risvegliata dal loro sonno durato troppo tempo, gli unici due sopravvissuti fuori dal tempo.
“Oh ciao! In realtà non ci crederai ma ero curioso di conoscerti. Seeryn mi ha parlato di te, quando mi sono risvegliato.” Disse Raider, c’era tanto che avrebbe voluto chiederle, ma sembrava difficile che lei avesse le risposte di cui bisognava lui.
“Sì, immagino. Posso sedermi con te?” chiese facendo cenno nel posto accanto e naturalmente Raider annuì. La soldatessa si accomodò sedendosi vicina a lui, tenendo la schiena curva in avanti. “Ero curiosa anch’io di conoscerti, Raider. E non posso non pensare a quanto io sia sollevata nel non essere l’unica sopravvissuta.”
“Posso capire come ti senti. Mi sono risvegliato da circa due settimana e mi sembra di essere un totale estraneo. Anche la direttrice Cross, è così diversa. È tutto diverso!” disse Raider voltandosi con il corpo verso la sua interlocutrice. Lo stesso movimento lo fece Allyson.
“Non passerà mai, posso assicurartelo. Mi sento così piccola e impotente certe volte. Siamo in ritardo di ventitré anni, Raider. Ci sono persone che sono entrate nel progetto insieme a noi che adesso ricoprono cariche e ruoli superiori. Noi siamo rimasti indietro.” Disse la soldatessa, sembrava pienamente a suo agio nel parlare delle sue sensazioni e in effetti anche Raider lo era.
Era l’unica che potesse capirlo! Insieme, erano erranti tra le stelle.
“Avremmo dovuto essere dei cinquantenni ormai. Per essere così adulti, ci stiamo mantenendo bene, no?” disse Raider facendo una battuta, la ragazza rise chiudendo gli occhi e lasciandosi andare. “Ho dovuto recuperare un po’ di eventi. Ventitré anni qui sono tanti.”
“Tu hai perso molto più di me, Raider.” Disse Allyson interrompendo il soldato, aveva un’espressione triste e addolorata, spostò i suoi occhi verso quelli azzurri del soldato. “Ho saputo dell’Arca Rabbonath e di tuo padre. Mi dispiace, so che magari te lo avranno detto in altri mille, ma sono sincera.”
Raider annuì scrollando le spalle. “L’ho superato. Fa male, certo. Ma mio padre ha combattuto fino alla fine per quello che amava di più: esplorare le stelle. Forse avrebbe fatto grandi cose qui su Bael.” 
Ci fu un lungo istante di silenzio tra i due, non c’era nessun imbarazzo, anzi, era quasi piacevole. Poi fu la soldatessa stessa a spezzarlo ponendo un’altra domanda.
“Ho letto qualcosa sul tuo dossier. Impianto neurale: riesci a controllare la Materiaoscura. Pare che rispetto alla nostra partenza a nessuno venga innestato quell’impianto; una delle otto arti andata perduta per sempre.” Disse lei cercando di improvvisare una battuta a sua volta, Raider fece un mezzo sorriso e annuì.
“Ho saputo. All’epoca in effetti erano veramente pericolosi, io stesso non so se potrei morire per cancro o chissà che altro nei prossimi tre anni. Ma stando ai medici, quando sono partito stavo benissimo e avevo una lunga prospettiva di vita. Anche Seeryn lo ha confermato!” disse il soldato, non aveva problemi nel chiamare la dottoressa eteren per nome, ma alla ragazza parve strano.
“Seeryn? Sembrate molto intimi!” disse Allyson a mo’ di battuta.
“No, no. Solo che si è presentata in quel modo. Sai, un anno fa sono uscito da una relazione molto difficile e ho scelto di partire per Bael per dedicarmi totalmente a me e al mio lavoro…” Raider si rese conto che tecnicamente era sbagliato dire un anno fa visto che ne erano passati molti di più. “Devo ancora farci l’abitudine, ma hai capito il senso!”
“Posso chiederti cosa è successo? Non vorrei sembrare troppo curiosa.” Disse mostrandosi riflessiva, Raider era tranquillo nel parlare della sua relazione passata, anche se non voleva perdersi nel dettaglio, come per non rievocare eventi spiacevoli.
“Stavamo insieme da tre anni, ma un giorno ci siamo resi conto che non ci amavamo più. E lui mi aveva tradito.” Rispose il soldato, la soldatessa annuì restando quindi in silenzio, aveva capito che non voleva darle i dettagli e aspettò che fosse lui a parlare. “E tu invece? Ho letto che anche tu sei nelle classi elité ma non ci sono dettagli al riguardo. Il tuo fascicolo è estremamente riservato.”
Allyson rimase in silenzio ancora qualche istante prima di rispondere, lo fissò con i suoi occhi brillanti e verdi e alla fine si guardò intorno prima di parlare, accertandosi che non ci fosse nessuno ad ascoltarli lì vicino. Si chinò leggermente in avanti verso di lui con la schiena.
“Non dovrei dirtelo, Raider. Ma il mio impianto è unico nel suo genere ed è pericoloso per me…” disse lei restando vaga, come per valutare quanto potesse fidarsi del soldato appena conosciuto.
“Pensi che sia per questo che ci siamo risvegliati dopo tutto questo tempo? Dieci capsule in avaria, siamo sopravvissuti solo in due. Credi che sia una coincidenza?” chiese lui, aveva studiato lo schema dell’Arca Syramo nel tempo libero scoprendo che le capsule mal funzionanti erano collegate, in fila su piani diversi. Poteva anche essere una coincidenza.
“Credo di sì! Qualcuno sapeva del mio impianto, Raider. E credo che quel qualcuno sia venuto fin qui nella speranza di finire il lavoro.” disse lei con gli occhi tremanti, doveva sapere delle cose se la paura era così tanto annidata nel suo sguardo.
“Che cosa sai?” disse il soldato avvicinandosi a sua volta a Allyson e restandole più vicini, i loro sussurri erano talmente bassi che faticava persino lui a capirla.
“Credo si tratti di alcuni terroristi. Forse qualcuno che non vedeva di buon occhio il lavoro svolto e credo che c’entri in qualche modo con le spedizioni di tuo padre. L’Arca Syramo è stata sabotata da qualcuno che conosceva esattamente chi o cosa colpire!” disse Allyson, sembrava esserne fermamente convinta e poteva anche avere ragione: erano molti a non vedere il lavoro del grande dottor Richard King di buon occhio.
“Hai mai detto di questi tuoi sospetti a Cordelia? Lei forse ha analizzato le capsule insieme agli eteren. Seeryn ha cercato di capire da dove venissero i malfunzionamenti ma…” non ci fu modo per lui per continuare visto che la soldatessa lo interruppe.
“Non so di chi fidarmi qui, Raider!”
Le sue parole lasciarono un vuoto nella mente del soldato, era evidente che Allyson aveva atteso a lungo che Raider si svegliasse dal suo sonno criogenico; non c’era nessuno di cui riusciva a fidarsi, consapevole del fatto che colui che aveva cercato di ucciderli erano insieme a loro nel Sistema Bael, da qualche parte.
E forse c’entrava la ricerca dell’Agente Stein e il gruppo di terroristi. Ma se Allyson non riusciva a fidarsi neanche della direttrice, allora lui avrebbe dovuto fare lo stesso facendo attenzione durante le indagini.
“Non capisco, che genere di impianto hai per essere diventata il bersaglio di… qualcuno?” era difficile per lui quantificare chi o quale organizzazione potesse essere riuscita ad infiltrarsi nella OST e nel programma spaziale che portava all’esplorazione del pianeta.
“Tuo padre mi aveva fatto giurare di non dirtelo, eliminando tutti i dossier sulla mia condizione clinica. Voglio rispettare la sua volontà, forse perché aveva paura che potessi metterti in pericolo in questo modo. Ma… non riesco più a trattenermelo dentro!” 
“Di che si tratta?” chiese ancora lui.
“Un impianto di potenziamento. Letteralmente posso aumentare le capacità degli altri poteri e di chi mi sta intorno, Raider. Qualcuno forse pensava fosse sbagliato, o che potesse essere usato per scopi ben peggiori. Come la conquista e l’eliminazione di qualunque razza non si fosse sottomessa agli umani.”
“Ma allora perché cercare di ucciderti?” non aveva senso, il soldato non riusciva a collegare i fili di quella situazione intrecciata.
“Non credo siano i cattivi che abbiano cercato di ucciderci, ma i buoni. Proprio per evitare che qualcuno usasse male il mio potere.” Disse infine lei, da lì, Raider poteva anche capire perché lei non sapeva più di chi fidarsi. Ma l’unica persona che poteva avere accesso a quel genere di informazioni era suo padre, o forse la direttrice Cross.
“Non dirlo a nessuno, ti prego. Ho bisogno di qualcuno con cui potermi confidare. Promettilo.” Disse ancora Allyson. Raider assorbì il discorso e le informazioni ricevute, erano bersagli che qualcuno non era riuscito ad uccidere. Ma se fosse stata Cordelia, sarebbe stato tanto crudele da arrivare ad uccidere il figlio del suo mentore?
Raider spostò lo sguardo incrociando gli occhi della soldatessa.
“Te lo prometto.” Disse infine lui.

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Capitolo 9
*** Capitolo Otto - La missione ***


Capitolo Otto
La missione
 
 
 
 
 
 
 
 
Settore Ponente
Cratere Viandante – distretto del mercato
 
Migliaia di luci colpirono immediatamente l’occhio di Raider che ebbe come l’impressione di trovarsi in un luogo in cui erano state fatte esplodere migliaia di bombe. Il giovane soldato si ritrovò a camminare per primo facendo qualche passo in avanti, raggiungendo quello che gli doveva essere il punto di controllo.
Lui e Seeryn erano appena arrivati usando il manufatto che dal Crocevia aveva permesso loro di entrare in quella che, stando alle parole della dottoressa eteren, era la stazione spaziale più grande di tutto il Settore Ponente e probabilmente dell’intero sistema planetario.
Raider si guardò intorno sentendosi stranamente a disagio, come se le persone che c’erano lo stessero esaminando dalla testa ai piedi: per l’occasione, il soldato aveva dovuto indossare la corazza spaziale della OST: gambali, pettorina, braccioli e spallacci. Era la stessa che aveva quando si trovava nel Sistema Sol ed era lieto di vedere che non era cambiata di una virgola anche se, notava un aggiornamento nei sistemi.
Su Cratere Viandante non aveva bisogno di indossare il casco, a detta di Seeryn, la stazione orbitava nello spazio profondo ma aveva migliaia di sistemi di aerazione e di ossigenazione. Ogni distretto aveva un proprio supporto vitale che, se ci fosse stato anche solo un insignificante guasto, la squadra d’intervento avrebbe subito riparato.
“Sai Seeryn, forse non ho capito io, ma esattamente chi è che gestisce questo posto?” chiese Raider ignorando gli sguardi dei presenti: gli addetti alla sicurezza nel Punto di Controllo avevano due altezze differenti ma la stessa corazza improvvisata.
Per la prima razza, era difficile capire se si trattasse di umani o eteren visto che fisicamente erano molto simili, indossando corazze, era praticamente impossibile definirne i dettagli di specie. La seconda razza invece era più bassa, quasi un metro e venti o meno.
“Gestione? Su Cratere Viandante? Ti sbagli di grosso, Raider. Questo è l’unico luogo in tutto il Sistema Bael a non essere assoggettato dalle leggi dei nostri governi. Alcuni però sono soliti parlare di una figura misteriosa, di non si sa quale razza, che abbia preso in mano la situazione quando la stazione è stata creata.” Disse in risposta la donna blu.
Raider si era voltato alle spalle: Seeryn aveva indossato nuovamente la sua tuta stretta bianca a nera che le delineava il corpo, di certo, aveva la piena e completa fluidità dei movimenti. Anche il soldato poteva vantare una certa mobilità, le corazze spaziali di ultima generazione che la OST aveva brevettato erano di gran lunga migliori e si adattavano al fisico di chi la indossava con una tecnologia in nano-fibra.
“Quindi questo luogo è una terra di nessuno. Non esiste legge se non quella della criminalità organizzata.” Sentenziò Raider, non ci voleva molto per capirlo, nessun governo aveva potere lì. Il fatto che lui indossasse una corazza con i colori bianco e viola della OST lo rendeva troppo appariscente per quello che erano venuti a fare. 
“Non ne andiamo fieri, nessuno ha il controllo sul Viandante, questo lo rende un posto comodo per alcuni e scomodo per altri.” Disse Seeryn avanzando per prima verso il Punto di Controllo, gli alieni di guardia la scrutarono attentamente poi le fecero cenno di poter passare attraverso il metal detector.
Seeryn si mosse lentamente superando il portone cavo e non ci fu nessun suono particolare, si mise in attesa del soldato dall’altro lato. Anche Raider quindi fece lo stesso spostandosi dietro di lei.
Com’era prevedibile, quando fu il suo turno di passare, il metal detector entrò in allarme illuminandosi di rosso. Un alieno dalla statura bassa e dalla voce grossolana si avvicinò pesantemente a Raider, indossando un casco era impossibile vedere i lineamenti del volto.
“Tu, umano. Il mio scanner dice che hai una grossa pistola con te. Qui su Viandante non ne avrai bisogno, quindi adesso diventa mia!” disse quello, la sua voce, nonostante fosse tradotta in lingua comune, appariva gracidante e con difficoltà Raider lo aveva capito.
Seeryn stava per intervenire quando il giovane soldato le fece segno con la mano di lasciarlo fare. Raider prese quindi la pistola che effettivamente teneva al suo fianco nella fondina. Era un modello di ultima generazione, una Starlight V. Quella non rientrava nel materiale fornito dalla OST e lui l’aveva comprata come personalizzazione del proprio equipaggiamento. Una cosa che solitamente non si poteva fare ma al quale nessuno prestava attenzione.
Era uno dei suoi più importanti e preziosi beni, non se ne sarebbe mai separato così facilmente. Raider fece quindi una rapida analisi della guardia che lo stava minacciando: indossava una corazza di una fattura inferiore alla sua, probabilmente munita di uno strato ablativo per proteggerlo dai primi colpi ad impatto.
Il problema sarebbe stata la reazione degli altri, che magari non avrebbero mai mosso un dito contro un soldato con quel tipo di corazza. L’alieno non doveva essere molto sveglio.
“Spero che tu intenda un altro tipo di pistola. Perché se così non fosse, se la desideri tanto, potrei scaricare l’intero caricatore fotonico sulla tua armatura. Chissà se i tuoi scudi resisterebbero.” Disse Raider senza preoccuparsi di apparire sfacciato, se in quel luogo non esisteva legge, allora quell’alieno non avrebbe decisamente avuto la sua pistola.
Il controllore nel portellone accanto si avvicinò a due litiganti mentre Raider si girava la pistola tra le mani, poi poggiò una mano sulle spalle del collega e scosse il viso. “Calma, gente. Il mio amico terrestre può tenersi la sua arma, chiamiamola fraternizzazione.” Disse la guardia.
L’uomo intervenuto aveva un accento che Raider riconobbe subito come appartenere alla lingua comune, sotto quel casco protettivo, si trovava un altro umano. Quello infatti gli fece cenno di poter passare e Raider si ricompose posando la pistola nella fondina.
Il soldato e il controllore nano si fissarono, poi quello lo fece passare senza ulteriori problemi e Raider poté raggiungere Seeryn che per tutto il tempo era rimasta a guardare. 
“Accidenti. Forse non avrei dovuto. Seeryn è qui per valutarmi e per fare rapporto sul mio modo di gestire la situazione.” Pensò Raider, temeva di aver fatto un errore, ma la dottoressa eteren gli fece un sorriso e annuì mordicchiandosi il labbro, per poi ridacchiare.
“Impari in fretta, qui sul Viandante è meglio usare la forza bruta, altrimenti quelli ti mettono i piedi in faccia. Solo non sferrare mai il colpo letale, l’omicidio è reato persino qui!” disse lei con sarcasmo, poi si incamminò lungo il viale che fiancheggiava il belvedere.
Raider ascoltò le parole di Seeryn come se fossero parte di un sussurro nel vento: Cratere Viandante era immenso, molto più grande del Centro Operativo a occhio e croce, dalla vista che aveva, il soldato capì che c’era una suddivisione in vari distretti, tutti delineati da quelle che sembravano delle muraglie. Ovviamente, essendo una struttura che si estendeva per diversi chilometri sopra e sotto di lui, ne aveva soltanto una parziale visione, immaginando così ci fosse ai piani superiori.
“Ti sei bloccato a fissare il panorama?” chiese Seeryn, senza accorgersene, il soldato aveva arrestato la sua camminata. Il gioco di luce di migliaia di lampioni e impianti al neon non facevano sentire la mancanza del cielo stellato né di quello artificiale.
“Una struttura niente male. Mi chiedo quanto tempo ci sia voluta per costruirla e per renderla così abitabile!” disse Raider con sarcasmo e riprendendo a camminare, non sapeva nulla della cultura o del governo degli eteren e ancora meno di quello della seconda razza extraterrestre che aveva incontrato al Punto di controllo.
Era però certo che il crimine organizzato aveva quel tocco di umano che solo la propria specie avrebbe potuto dare nel Sistema Bael. Seeryn fece segno di incamminarsi nella via e una volta svoltato l’angolo, il belvedere dei distretti scomparve. Alla vista di Raider comparvero palazzi e strutture di medie dimensioni che sembravano costruiti con tutti i pezzi di scarto possibili e immaginabili.
Per un attimo, fu come tornare nelle grandi metropoli della Terra: i quartieri più confusionari erano pieni di negozi ai piani terra o nella maggior parte dei casi erano ristoranti. Questa zona infatti, sembrava essere una sorta di mercato, ma alla vista di Raider comparvero anche svariate bancarelle che vendevano pezzi di cambio, abiti le cui sete venivano da mondi inesplorati e cibarie di vario genere a prezzi bassissimi per una manciata di crediti spaziali.
“Offerta del giorno, quattro uova di ragoven ad un prezzo che non potete rifiutare. Se le comprate tutte vi offro uno speciale liquore proveniente dal cuore pulsante di una stella!” disse un uomo dalla pelle blu, l’eteren aveva lineamenti marcati e un colorito più scuro rispetto a quello di Seeryn.
“Renderla abitabile è stato probabilmente uno dei più grandi affari della storia del sistema. Naturalmente, per chi non segue le regole. Viandante è stata costruita all’interno del cratere esploso di una meteora. Questo è ciò che rimane di essa dopo un lungo viaggio, qualcuno ha pensato di farne casa sua.” Rispose la donna blu, alla sua sinistra una creatura bassa dalla pelle giallognola le si era avvicinata porgendole quello che sembrava uno scialle pieno di diamanti che brillavano sotto le luci al neon di Viandante.
“Pregiata stoffa proveniente dalle gelide terre del pianeta Frelm. Si tratta di cristalli di ghiaccio puri venenti dal Lago delle Ceneri, mia signora.” Disse l’alieno, a dispetto della guardia che lo aveva fermato al Punto di controllo, questo aveva una voce leggermente più profonda e cupa.
L’alieno dalla pelle gialla aveva una corporatura bassa, il resto del corpo però ero grosso e tozzo, aveva anche una pancia pronunciata che riusciva a stento a coprire con i suoi abiti logori, aveva il viso che sembrava composto da squame, le linee però che tracciavano quel reticolato erano leggerissime e i suoi occhi erano ricordavano molto quelli di un rettile: la sclera di una tonalità di verde palude e la strettissima pupilla invece era nera e penetrante.
L’assenza del naso lo faceva sembrare un serpente ma le sue labbra invece erano definite come quelle degli esseri umani e degli eteren. Aveva un paio di orecchie piuttosto sporgenti e la totale assenza di capelli, ma era difficile dire se fosse una sua scelta o un tratto di razza.
“No, grazie. Non sono qui per fare acquisti.” Rispose lei. Si voltò verso Raider facendogli cenno di starle vicino. Lui gettò un’ultima occhiata al venditore alieno. “Frelm è un pianeta nel Settore Levante, i suoi ghiacciai sono impenetrabili e difficili da scavare persino con i laser minerari. Non credo proprio che lui sia riuscito a procurarsi veri cristalli di ghiaccio.” Disse lei, insieme svoltarono un ulteriore angolo riuscendo finalmente a sviare dalla confusione.
“Ci sono altre razze aliene che abitano il Sistema Bael?” chiese incuriosito, stando ai conti erano già tre le razze che aveva visto. Il sistema planetario era vasto, ma per lui risultava difficile credere che tutte queste specie potessero coesistere insieme.
“No, hai conosciuto tutti. Gli obàkon sono arrivati qui solo nove anni fa, anche loro a bordo di un’arca generazionale. Non so esattamente come sia possibile che tanti siano attratti dal nostro sistema. Ci dev’essere qualcosa di magico.” 
Raider rifletté sull’ipotesi formulata dalla dottoressa, per quanto ne sapeva lui, il Sistema Sol e Bael distavano pochissimi anni luce rispetto agli altri che lo circondavano per questo motivo suo padre aveva optato per il viaggio verso questo luogo.
“Ci sono però tante cose che mio padre era costretto a tenermi nascosto. Pensandoci, forse ha trovato più di quanto sapessi io.” Si disse Raider nella mente, poi decise di non distrarsi pensando finalmente alla missione che gli era stata assegnata, camminarono in silenzio per qualche via ancora fino a quando non raggiunsero il punto indicato.
“Cordelia ci ha mandato queste specifiche coordinate. Se il suo agente aveva un campo qui, allora dovremmo trovare un qualche genere di traccia.” Disse Raider guardandosi intorno; apparentemente il posto sembrava abbandonato: doveva essere una sorta di magazzino, era in una strada non troppo distante dai mercati ma i palazzi erano notevolmente più bassi e alzando gli occhi al cielo, il soldato poteva vedere gli altri piani dell’enorme cratere.
“Qui sul Viandante vige la regola dell’onore, Raider. Il vostro uomo non aveva alcun potere e non avrebbe potuto parlare in nome della legge. Se ha pestato i piedi di qualcuno è impossibile che ci siano tracce, e credo che questo la Direttrice Cross lo sappia.” Affermò Seeryn incrociando le braccia al petto, si era avvicinata alle spalle di Raider analizzando la porta del magazzino, spalancata.
Tra le ombre all’interno non si scorgevano profili di alcun genere, doveva essere vuoto. Eppure Raider aveva il sentore che lì ci fosse la risposta alle domande della direttrice.
“Credi che Cordelia mi abbia dato un incarico impossibile?” chiese il soldato alla dottoressa, quella non rispose subito e controllò che la zona fosse pulita, poi si voltò verso l’umano e scrollò le spalle.
“Non lo so. Sto ancora cercando di capirlo. Potremmo incontrare resistenza. Le tue abilità sono pronte, in caso di pericolo?” chiese Seeryn avvicinandosi insieme a Raider alla porta del magazzino, lui la osservò con ironia sbuffando una mezza risata.
“Guarda che tra i due sono io quello armato, non preoccuparti. Sono pronto sia a fare fuoco, sia ad utilizzare i miei poteri.” Disse lui tagliando corto, in quei giorni si era allenato sia a casa che in palestra, aveva ripreso a fare movimenti fisici per aumentare la resistenza alternando ai pesi.
Il suo impianto neurale funzionava alla grande, aveva sperimentato qualcosina facendo attenzione a non distruggere la palestra del Centro Operativo. Alle sue parole, Seeryn fece una risata a mo’ di presa in giro.
“Raider, non giudicarmi solo perché sono una dottoressa. Noi eteren saremo anche una razza di ingegneri e scienziati principalmente, ma sappiamo lottare e abbiamo squadre di elité pronte a massacrare interi plotoni di voi umani!” disse la donna blu a mo’ di scherno, Raider ridacchiò insieme a lei guardandola mentre si addentrava all’interno dello scuro magazzino.
Seeryn prese qualcosa dalla tasca nella cintura che indossava e ne estrasse una sorta di globo, premette un pulsante sulla punta e quello si aprì in due metà senza separarsi: uno strato a led si illuminò intensamente e quando fu in alto illuminò l'intera zona.
“E poi, io sono armata e pronta tanto quanto te.” Disse Seeryn mettendosi sotto la luce creata dal globo lanciato in aria; si portò una mano alle spalle e quando portò il braccio in avanti, Raider poté osservare che stringeva uno oggetto cilindrico stretto e lungo che poteva essere impugnato con entrambe le mani comodamente. 
La donna eteren fece scattare un clic in quello strano oggetto e improvvisamente si allungò da entrambe le estremità così che Raider potesse ammirare l’arma della donna: un lungo bastone metallico e con delle scanalature brillanti, quando Seeryn lo poggiò per terra, l’altezza raggiunta dall’arma era superiore a lei.
“Tutto…” Raider non ebbe il tempo di finire la frase che una grossa lama spuntò dalla cima del bastone, allungata e ricurva, gli ricordava molto una falce, come spesso il soldato aveva visto nelle raffigurazioni dell’angelo della morte della mitologia cristiana. “…qui!” terminò la frase sentendo il fiato mozzato in gola.
Seeryn fece una risata, poi con un ulteriore clic fece ritornare la sua falce meccanica alla sua forma di partenza e con comodità la ripose nella cavità del pezzo di armatura che si trovava alle sue spalle.
“La chiamiamo Falce di Zael. Secondo la nostra religione, egli è lo Spirito che conduce le anime dei morti al cospetto degli altri due grandi Spiriti Primordiali. Sono le nostre tre divinità maggiori. Naturalmente è solo un appellativo per la somiglianza.” Spiegò brevemente Seeryn. Il soldato era ancora colpito dalla maestria e dalla bellezza dell’arma.
Raider avrebbe voluto chiedere di più quella che era la loro religione, ma la luce del globo lanciato dalla donna eteren aveva rivelato qualcosa tra le ombre e il soldato si concentrò sul ritrovamento: era una tenda, recava il simbolo della OST, la navicella sul cielo stellato, quindi era sicuramente di proprietà degli umani.
“Pare che il tuo agente non abbia avuto modo di levare le tende, sbaglio di dite così?” disse Seeryn non accorgendosi del gioco di parole fatto, Raider si lasciò sfuggire un sorriso ma non le rispose subito. Si avvicinò piuttosto alla tenda localizzando ciò che vi era dentro.
Un letto. Un piccolo tavolo. Un tablet. In un angolo vi era anche un piccolo mobiletto che doveva contenere le scorte alimentari, Raider decise di indagare su quello per primo, aprì l’anta singola e vide che vi erano ancora alcuni beni.
“Trovato qualcosa di interessante?” chiese Seeryn.
“Solo le sue scorte. Non ha avuto modo di finirle. Ipotizzerei che lo abbiano catturato dopo soli due giorni.” Una rapida analisi bastava a capire che mancava poco mangiare dal mobiletto. Tuttavia, le vere risposte le avrebbe potute trovare solo all’interno del tablet.
Sia il soldato che la dottoressa si avvicinarono. Raider prese l’oggetto tra le mani che al momento del suo tocco, chiese l’identificazione oculare; il soldato fece un tentativo con il suo ma come era prevedibile, non ci fu modo di sbloccarlo.
“A meno che non ritroviamo l’occhio dell’agente, non avremo modo di sbloccarlo. E non ci tengo a ritrovare solo un pezzo di lui.” Disse Raider passando l’oggetto nelle mani della dottoressa, lei cominciò a fare diversi tentativi poggiando l’oggetto sul tavolo e giocherellando con il suo bracciale e con il tablet allo stesso tempo.
Raider continuò a guardare dentro la tenda, certo che qualcosa gli stesse sfuggendo. Osservò le coperte disfatte del letto; ogni volta che lui usciva dal letto era solito liberarsi come se fosse uscito da una trappola gettando tutto di lato o per terra. Le coperte invece sembravano messe in modo tale da coprire il centro, dove normalmente una persona avrebbe riposato.
“Nulla da fare. È impossibile accedervi. Potremmo portarlo al Centro Operativo; o forse potrei riuscire ad hackerarlo nel mio ufficio sulla Stazione Valar, ma rischiamo di perdere almeno il 70% dei dati. Che ne dici?” chiese Seeryn voltandosi verso il soldato, ma quello era distratto da altro in quel momento.
Raider si avvicinò al letto con decisione, prese le coperte e le tirò via di getto, rivelando una chiave quadrata proprio nel mezzo. Il soldato cercò di trattenere un sorriso, soddisfatto della sua deduzione. “Sarebbe stato uno sciocco ad affidarsi totalmente alla tecnologia. Lo hai detto tu stessa che potresti hackerarlo e recuperare una parte dei dati.”
La donna blu si avvicinò a sua volta al letto raccogliendo la chiave e mettendola davanti gli occhi. “Interessante, voi umani avete davvero mille risorse. Credi che abbia nascosto le informazioni che ha raccolto.” Disse, la sua era un’affermazione e Raider annuì.
“Sembra la chiave di un armadietto. Forse appartiene ad un deposito. Hai qualche idea su un posto del genere qui su Viandante?” chiese Raider alla dottoressa, la donna fece un sorriso fissandolo coi suoi occhi viola.
“So dove dobbiamo andare!” disse infine.

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Capitolo 10
*** Capitolo Nove - La chiave misteriosa ***


Capitolo Nove
La chiave misteriosa
 
 
 
 
 
 
 
 
Settore Ponente
Cratere Viandante – distretto delle finanze
 
Per spostarsi all’interno della gigantesca stazione, Raider e Seeryn avevano dovuto ricorrere al più comodo utilizzo di una navetta, se il soldato avesse potuto fare un esempio, gli ricordava molto il sistema dei taxi sulla Terra. La dottoressa si era poi promessa di pagare il conto dei crediti che dovevano per l’utilizzo del mezzo.
Non vi era nessuno autista all’interno, era tutto automatizzato e la rotta era stata già impostata dalla donna che aveva cliccato sullo schermo olografico apparso non appena furono saliti. Quando le porte del taxi si chiusero, Raider sfruttò l’occasione del viaggio per dare un’occhiata fuori dal finestrino.
Viandante sembrava grande quanto una città, una stazione così tanto organizzata però non poteva non avere qualcuno al comando. Le guardie stesse del Punto di controllo dovevano essere lì perché qualcuno le aveva posizionate. Sicuramente la figura che in qualche modo controllava che tutto funzionasse correttamente.
“Hai detto che non vi sono controlli sul Viandante. Nessuna polizia locale o forze armate. Mi sembra impossibile: se una cosa del genere accadesse sulla Terra o su una delle colonie, sarebbe il terrore assoluto.” Disse Raider cercando di parlare del più e del meno, il viaggio sarebbe durato solo qualche minuto, aveva però piacere di parlare con colei che lo aveva risvegliato dal suo sonno lungo trent’anni.
“Voi umani siete una specie incline alla violenza, Raider. Spero che tu non la prenda come un’offesa ma è la semplice verità.” Disse Seeryn alzando gli occhi al cielo, fino a qualche istante prima stava controllando i propri messaggi attraverso gli ologrammi del bracciale.
“Credo che tu abbia ragione.” Disse ancora il soldato. “Il Primo Contatto tra le nostre razze: com’è stato?” chiese lui incuriosito. 
Seeryn fece un mezzo sorriso. “Non ci eravamo accorti subito del vostro arrivo, o meglio, io sì, visto che nella mia tesi di studio aveva parlato della vita fuori dal nostro sistema. Ma le forme di governo non le avevano tenute in considerazione. Ci avete colto alla sprovvista e pensavamo si trattasse di una sorta di invasione."
“Con una sola nave? Capisco che gli scanner a lungo raggio avessero visto la mole dell’arca, ma parlare di invasione…” rispose lui. La dottoressa eteren annuì confermando le sue parole.
“Eravamo spaventati, Raider. Non sapevamo cosa avreste voluto. E c’era stato piccolo incidente: la vostra arca e i segnali che lanciava avevano disturbato le nostre comunicazioni. Per mesi interi siamo stati isolati e divisi in due Settori. Credevamo che il Settore Levante fosse caduto sotto il vostro attacco.” Disse lei, Raider poteva supporre che durante la rotta dell’arca non erano stati rilevati sistemi elettromagnetici che avrebbe potuto urtare durante il tragitto.
“E come è successo che ci siamo incontrati? Voglio dire, la Syramo viaggiava verso il pianeta Naxos; dalle scansioni era disabitato e perfetto ad ospitare la vita. Com’è che invece siamo finiti su Alantarea?”
“Corretto, Naxos ruota intorno all’orbita di Parra, è ospitale certo. Avevamo rintracciato le comunicazioni dell’arca e sfruttando il Crocevia, a vostra insaputa vi abbiamo raggiunto.” Seeryn fece una pausa, vedendo che il taxi stava atterrando proprio nella meta. Raider guardò fuori dal finestrino ancora una volta.
Le abitazioni erano molto diverse da quelle rurali che vi erano nel distretto del mercato, erano certamente più alte, ma comunque abbastanza fatiscenti anche in questa zona. Era difficile dire se fossero andati verso l’alto o verso il basso, Raider aveva localizzato una sorta di rotazione del grande cratere, non troppo lenta ma neanche veloce.
“Ci avete preso alle spalle!”
“Questo è quello che vi era sembrato e ci avete puntato le armi contro. Voi umani non vi siete fidati, noi invece lo abbiamo fatto. Anche se ci è costato tanto… abbiamo chiuso i ponti che collegavano i due Settori primari, cercando di isolarvi all’interno di Levante. Per non farvi arrivare al nostro pianeta madre. Sivanuria è la gemma della nostra civiltà.” Disse Seeryn alzandosi dal proprio posto e avvicinandosi al portellone d’uscita.
Raider le fu subito dietro riflettendo sulle sue parole. “Lo avremmo fatto anche noi se qualcuno si fosse anche solo avvicinato al campo di asteroidi che separa Marte da Giove. La Terra… per quanto sia un pianeta malato, è pur sempre la nostra casa.”
Seeryn cambiò espressione mostrandosi pienamente sorpresa e facendo un lieve sorriso mentre avanzavano lungo il viale. “Grazie per la comprensione, Raider. Parlando con altri umani, alcuni avevano la presunzione di dire che non lo avrebbero fatto. Non erano sinceri, tu invece lo sei stato.” Disse lei.
Raider si limitò a scrollare le spalle non sapendo cosa aggiungere. Poi seguì la donna blu fino alla loro meta.
Il luogo in cui dovevano essere nascoste le informazioni dell’agente sembrava essere una grande banca, la struttura però non era sorvegliata da telecamere o altri sistemi di sicurezza, i due viaggiatori entrarono senza problemi all’interno anche se per un breve attimo, Raider aveva avuto l’impressione di essere osservato.
“Da dove possiamo cominciare a cercare?” chiese Raider una volta dentro la banca dati, prese la chiave dalla tasca dei gambali e se la girò ancora tra le mani: aveva una forma quadrata, probabilmente non avrebbe aperto una vera serratura. Non sembravano esserci altri riferimento o numeri che ne indicavano la posizione.
“Forse c’è un modo se ci rivolgiamo all’Archivista.” Disse Seeryn, si voltò verso Raider afferrando la chiave dalle sue mani senza chiedere il permesso, lui la inseguì mentre le si muoveva a passo svelto superando i lunghi corridoi della banca.
Essi erano stretti, sufficienti per il transito di appena due persone nello stesso momento; le pareti ricordavano molto un labirinto e dentro di sé, Raider sentiva una sorta di nausea, non gli piaceva molto la sensazione di trovarsi imprigionato dentro quelle mura. Gli armadietti per lo più erano disposti su tre file che si snodavano in lunghezza verso il tetto, alto almeno una decina di metri e con i neon che rendevano impossibile volgere lo sguardo contro di essi.
Seeryn si era avvicinata al centro della grande sala dove sembrava che tutti i corridoi convergessero; Raider vi arrivò soltanto per secondo ritrovandosi a guardare almeno una decina di passaggi. La donna eteren digitò i tasti dell’interfaccia e la IV si materializzò davanti ai loro occhi con un gioco di luci.
“Come posso servire?” chiese con voce robotica.
“Dobbiamo localizzare cosa possa essere aperto da questa chiave.” Disse la dottoressa posizionando la chiave metallica davanti l’unità ottica della IV. Dei fasci di luce vennero sparati rapidamente contro l’oggetto e in pochi istanti venne fatta la diagnosi del sistema.
“Prego, seguite il fascio di luci. Vi porteranno alla cabina richiesta, buona permanenza.” Salutò la IV con educazione. 
Raider e Seeryn si mossero insieme raggiungendo lo scompartimento che si era illuminato, non sembrava esserci nessuno nella banca a parte loro. La dottoressa eteren passò la chiave magnetica al soldato al suo fianco e la mise tra le sue mani.
“Tocca a te.” Disse facendosi di lato.
Raider inserì la chiave metallica all’interno dell’incavo: ci furono dei leggeri ronzii che indicavano la lettura del disco ottico all’interno della serratura dell’armadietto. Quando il ronzio e i fasci di luce terminarono, ci fu un sonoro clic che fece aprire lo sportello lentamente. Il soldato si sporse lateralmente così da vedere cosa vi era all’interno e un piccolo led si accese nel momento in cui si era avvicinato di più.
L’armadietto era molto capiente ma all’interno c’erano pochi oggetti: Raider riconobbe un registratore vocale, un fucile a proiettili fotonici simile alla sua pistola preferita, vi era poi una fotografia digitale che raffigurava l’agente con la sua famiglia. Uno zaino vuoto all’apparenza e alcuni parti di ricambio per corazze, oltre che ad un nuovo caricatore.
“Noi non abbiamo nulla di simile, sai?” disse Seeryn indicando la fotografia, Raider si voltò quasi di scatto. “Penso che sia estremamente bello, avere una foto dei propri cari. Puoi avere un’immagine di loro sempre con te, in ogni momento… anche quando i ricordi sono sbiaditi.” Disse Seeryn spiegando. 
Per il soldato era chiaro che la donna eteren alludeva alla propria famiglia, doveva aver perso anche lei qualcuno e ora riusciva a capire che nei suoi sguardi più tristi, c’erano le immagini dei suoi affetti.
“Non credevo avessi avuto delle perdite. I tuoi genitori…” 
“Non è il momento di parlarne, Raider. Abbiamo una missione, svolgiamola per favore!” tagliò corto lei indossando nuovamente una maschera da guerriera. Raider prese l’oggetto che più aveva senso all’interno dell’armadietto: il registratore vocale.
Si trattava di un modello che conosceva bene, ultima generazione, tecnologia non approvata dalla OST però. Era in grado di registrare intere conversazioni anche a distanza di parecchie miglia, se i dispositivi erano collegati tra di loro. Questo era solo un pezzo del meccanismo.
L’auricolare doveva averlo l’agente nel suo corpo.
“Potrebbe fornirci dettagli utili. Magari svela la sua ultima posizione. È una prova di grande valore, Raider.” Disse Seeryn, il soldato si diede un’occhiata intorno accertandosi che non ci fosse nessuno. Poi azionò il dispositivo collegandolo ai sistemi della propria corazza e al bracciale della donna eteren in modo che entrambi potessero ascoltare le registrazioni al suo interno senza che altri facessero lo stesso.
Vi erano solo tre registrazioni, la prima erano un gruppo di constatazioni sull’ambiente di Viandante e la sua geografia. La seconda registrazione invece era più interessante, anche se di breve durata.
“Possiamo lanciarlo in qualunque parte del Settore Levante, giusto? Non vi è un limite di portata?” chiese la prima voce, Raider sentiva l’evidente distorsione in essa, come se la frequenza fosse stata disturbata da qualcosa. Chiunque avesse parlato, era attento.
“Esatto anche se io consiglio la sua attivazione in prossimità di almeno due anni luce. Certo, c’è la possibilità di rimanere investiti dalla forza gravitazionale, i danni sono incalcolabili.” Disse la seconda voce, anch’essa era distorta e appariva più fredda e distaccata.
“Ci sono sempre dei rischi. L’importante è che funzioni e che non possa essere fermato. Questo giorno, questa invenzione, rappresentano la più grande scoperta scientifica e la più potente arma di distruzione della storia dell’intera umanità.” Raider e Seeryn si guardarono negli occhi strabuzzandoli, era impossibile capire a chi appartenesse la voce, ma di chiunque si trattava era ben oltre il terrorismo spaziale.
“Il nostro piano è sicuramente funzionale. Non c’è modo di essere fermato; tuttavia è impossibile stabilire con certezza l’entità dei danni. Per quanto ne sappiamo, l’intero Settore Levante potrebbe essere risucchiato dalla forza gravitazionale oppure no.” 
“Siamo persone pragmatiche, Artificiere. E in questo momento, quello che ci serve è scuotere la situazione; il danno che subiranno gli obakon sarà disastroso. Dobbiamo solo scegliere il pianeta d’impatto.” A dispetto del primo interlocutore, il secondo sembrava molto più cauto nel parlare di quello che sembrava un ordigno, qualunque fosse la sua natura, i due stavano parlando di qualcosa di pericoloso.
“Inizierà una guerra in tutto il Settore Ponente. Le comunicazioni dell’intero sistema salteranno per diversi mesi come accadde quando la Syramo arrivò qui. Il caos dilagherà in ogni mondo o colonia.”
“Molto bene. È proprio ciò che mi serve per permetterci di assumere il controllo. Sono fiera del tuo lavoro, sapevo che quando ci siamo incontrati avremmo realizzato grandi cose e…” la registrazione improvvisamente venne riempita con un fastidioso segnale acustico che segnalava l’imminente pericolo di un’intromissione, infine terminò con un’ultima imprecazione da parte dell’agente stesso, segno che probabilmente lo avevano scoperto.
Raider e Seeryn rimasero qualche istante a guardarsi senza avere nulla da dirsi. Era assurdo ed insensato che quello che avevano ascoltato potesse essere un piano per distruggere un intero pianeta e forse il Settore Levante. Chiunque fosse l’Artificiere, era l’ideatore.
“Dobbiamo subito fare rapporto alla direttrice. Questa registrazione è di due giorni fa Raider, prima agiremo prima potremo fermarli. Dobbiamo tornare al Centro Operativo e riferire quello che abbiamo scoperto!” disse Seeryn, la sua calma e contenimento sembravano essere stati messi da parte e un velo di agitazione le riempiva gli occhi.
“Usciamo immediatamente. Ascolteremo la terza registrazione mentre torniamo allo spazioporto. Utilizziamo il Crocevia e andiamo alla OST.” Concordò Raider, i due viaggiatori si spostarono nuovamente verso il centro della banca dal quale erano passati poco prima in modo da raggiungere l’uscita.
Tuttavia, quando fecero la comparsa nella sala centrale della IV, videro che non erano più soli: c’erano delle figure al centro della sala, Raider ne contò nove. Indossando corazze e pezzi di armature, era difficile stabilirne il sesso o la razza. Seeryn si fece avanti per prima bloccandosi però nel momento in cui uno dei nove le puntò un’arma addosso e lei si arresto subito.
Raider si era portato una mano alla pistola in modo da estrarla ma un gelido tocco lo aveva sfiorato appena sotto il mento, poggiandosi sul collo. Sembrava una lama affilata.
“Avanti. Provaci pure, biondino. Dammi un motivo per fare scattare la mia spada e farti affogare nel tuo stesso sangue!” disse una voce maschile alle spalle di Raider, un decimo uomo sembrava averlo messo alle corde minacciandolo alle spalle. Il soldato sentiva il corpo dell’altro avvicinarsi al suo e con la mano ricercare la pistola a fotoni, Raider rifletté in un istante decidendo di lasciargliela prendere. Sentì le dita guantate del suo assalitore stringersi attorno all’arma.
“Hai proprio un bel coraggio a prendermi alle spalle. Avresti almeno potuto offrirmi un pranzo prima.” Disse Raider spronando il suo assalitore con un doppio senso malizioso; era rischioso visto che non sapeva con chi aveva a che fare. Dovevano essere le stesse persone della registrazione, li stavano sicuramente seguendo.
“Non farti strane idee. Non fare un passo falso o giuro che ti ammazzo senza pensarci due volte.” disse l’assalitore con serietà all’orecchio di Raider, il soldato si morse quindi il labbro temendo il peggio, ma gli occhi di Seeryn sembravano indicare sicurezza, lei sembrava avere un piano in mente.
“Chi siete?” chiese Raider, ma non si aspettava una risposta.
“Cammina e non fare passi falsi. Non costringermi a farti del male biondino, non è nel mio stile uccidere le persone alle spalle!” disse l’assalitore, aveva un tono risentito, forse per la frecciatina che gli aveva fatto Raider poco prima.
Il soldato fece come gli era stato chiesto, avanzò uscendo dal corridoio e ritrovandosi anche lui nella sala centrale della banca. Seeryn gli lanciò un’altra occhiata, spronandolo a fare qualcosa che avrebbe turbato quell’equilibrio anche a costo delle loro vite.
Raider avrebbe potuto usare i suoi poteri per liberarsi solo di un avversario per volta mentre loro erano circondati da altri nove. Li avrebbero crivellati di colpi se lui avesse fatto un passo falso, eppure Seeryn sembrava voler rischiare.
“Questo è un ottimo bottino, ci hanno venduto delle buone informazioni davvero! Una dottoressa eteren e un soldatino umano!” disse uno dei nove uomini rivolgendosi apparentemente all’assalitore che stava puntando la spada contro il collo di Raider. “Dai sul serio, Hunter. Che razza di soffiata hai ricevuto!?” chiese ancora.
A Raider non interessava approfondire il discorso, si diede una rapida occhiata in giro in modo da concentrare i suoi poteri su qualcosa che potesse essergli utile da lanciare contro gli avversari: concentrò la propria energia attraverso il palmo delle mani sentendole sfrigolare sotto i guanti; cominciarono le vibrazioni al proprio impianto sentendosi la testa totalmente libera dai pensieri e infusa con l’energia del vuoto, la materia oscura che modella l’universo.
Raider chiuse gli occhi per un attimo, quando li aprì, gli oggetti intorno a lui erano ricoperti da aure dalle sfumature di viola e nero; mosse di scatto la mano contro i mobili al centro della sala e col pensiero li fece sollevare avvertendo la materia oscura che li circondava, poi li lanciò contro due degli avversari che sbalorditi vennero travolti cadendo a terra privi di sensi. 
A quel punto gli altri ci misero un istante prima di decidere: fare fuoco. Raider non avrebbe potuto controllare con rapidità la pioggia di proiettili che si stava per riversare loro addosso, apparentemente non avevano scampo se non fosse stato per la donna eteren.
Seeryn si impose in avanti, alzando un braccio e urlando contro i loro avversari, una barriera di energia azzurrina comparve tra di lei e i colpi avversari frenando la loro avanzata, Raider aveva già visto qualcuno tra i suoi compagni soldati utilizzato il potere del proprio impianto per generare una barriera simile, loro la chiamavano Protezione.
La donna eteren aveva eretto la barriera dalla forma sferica respingendo tutti i proiettili e assorbendone gli urti. Il soldato a quel punto ne approfitto per liberarsi del suo assalitore: si voltò di scatto verso di lui caricando ancora l'energia oscura tra le sue mani.
“Ma che diavol…” 
Raider colpì con forza l’avversario, l’energia oscura esplose sul suo petto col risultato di lanciarlo indietro di alcuni metri. Il giovane soldato recuperò la sua pistola a fotoni e sotto la protezione della barriera di Seeryn fece fuoco sugli avversari.
“Uccidete questi due bastardi!” urlò uno dei loschi tipi che aveva evitato il lancio degli oggetti della stanza, aveva effettivamente preso il fucile cercando un nuovo riparo, la mossa di Raider però aveva eliminato qualunque possibile nascondiglio rendendo le cose difficili per loro.
Raider sparò contro di lui per primo colpendolo direttamente nella corazza, cercò di mirare ai punti non letali come gli era stato insegnato, ma quando il fuoco degli avversari piombò ancora su di lui, dimenticò qualunque genere di cortesia da soldato.
Mirò anche lui per uccidere spostando il suo obiettivo ai loro caschi, allo stesso tempo, Seeryn rilasciò l’energia della propria barriera gettandola contro i nemici con la forza di un treno in corsa, alcuni di loro caddero all’indietro, altri volarono per diversi metri scontrandosi contro gli alti armadietti della sala, per poi cadere a terra con un tonfo.
La donna eteren prese poi la propria falce meccanica lottando corpo a corpo contro un avversario per disarmarlo del fucile. Raider fece un sorriso, scoprendo che si stava divertendo: alternò altri colpi di pistola a proiettili di energia oscura, riuscendo a seminare il caos tra le file degli avversari che furono costretti alla ritirata.
“Andiamocene via o ci faranno il culo!” urlò uno di loro che si era già allontanato correndo. Raider puntò per l’ultima volta la pistola contro i loro piedi, sparando un colpo di minaccia ma senza l’intenzione di colpire qualcun altro.
Si voltò poi verso Seeryn che aveva riposto la propria arma e si stava sistemando la chioma argenta dietro le spalle. Aveva il fiato pesante, come anche Raider visto l’impeto dello scontro.
“Complimenti! Sono colpito.” Disse lui facendole un sorriso, Seeryn si limitò ad annuire per poi tornare seria: si voltò alle loro spalle dove Raider aveva spinto via l’assalitore con la spada. Era ancora a terra, svenuto. “Portiamolo alla OST. Avrà tanto di cui rispondere!”

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Capitolo 11
*** Capitolo Dieci - L'interrogatorio ***


Capitolo Dieci
L’interrogatorio
 
 
 
 
 
 
 
 
Settore Ponente
Centro Operativo OST – reparto di reclusione
 
Gli occhi azzurri di Raider erano rivolti contro l’enorme specchio, sapeva che dalla stanza nel quale si trovava lui, l’assalitore non avrebbe potuto vederlo mentre lui lo avrebbe osservato tranquillamente. Raider si guardò un attimo intorno, osservando i bordi dello schermo-specchio, c’erano dei dati olografici su di esso che comparivano e scomparivano mostrando nuove informazioni sul soggetto.
L’assalitore era stato analizzato tramite scansione della retina e rispondeva al nome di Jayson Powell, anche se nel rapporto compariva che più volte aveva urlato di chiamarsi semplicemente Hunter. Raider osservava il ragazzo incuriosito dalla sua evidente agitazione.
Si trovava seduto, bloccato alle caviglie e alle mani con delle manette sul quale brillava una luce rossa, un modo per bloccare i suoi impianti e innesti di potenziamento. Questo valeva a dire che, un tempo prima di unirsi ai “cattivi ragazzi” doveva aver servito sotto la OST.
“Vuoi entrare anche tu?” chiese improvvisamente una voce dietro di lui, Raider si voltò osservando colui che avrebbe condotto l’interrogatorio. Il soldato annuì, spostandosi insieme al suo collega attraverso la porta a scorrimento. Lui aveva un volto familiare, ma su cinquemila Passeggeri era difficile ricordarsi di tutti.
Hunter alzò la testa di scatto osservando i due appena entrati: sembrava di alcuni anni più grande rispetto a Raider, aveva una mascella marcata e coperta da un leggero strato di barba, una peluria non troppo corta che copriva anche il mento e il contorno delle labbra sottili. Aveva il viso con tratti decisi, zigomi gonfi, un naso affilato che sembrava avere il setto rotto. Gli occhi erano di una gradazione di castano talmente tanto scura da far confondere le sue iridi con la pupilla.
Infine, portava i capelli cortissimi, rasati quasi a pelle, anche quelli scuri come il resto della barba. Sembrò ignorare il primo a fare l’ingresso nella stanza concentrandosi su Raider.
“Ah! Sei tu.” Si limitò a dire, probabilmente ferito nell’orgoglio dal basso colpo che aveva ricevuto dal giovane soldato. Raider si avvicinò ancora di qualche passo ma senza farlo troppo.
Anche da seduto, l’assalitore aveva un aspetto massiccio: teneva le spalle ricurve insieme alle braccia e, una volta spogliato della sua corazza nera e rossa, era rimasto con abiti comodi che come alla OST venivano indossati sotto. Attualmente, l’assalitore indossava una canottiera che lasciava scoperte le braccia allenate e le spalle larghe e sembrava alto.
“Questo è il modo di salutare un vecchio amico, immagino?” disse Raider stuzzicando l’assalitore e tenendo le braccia incrociate. Ora che ci faceva caso, sotto la pelle rosea dell’altro vi erano delle venature blu che andavano ben oltre dall’essere vene di sangue.
“Si tratta di un impianto sottocutaneo. Migliorie fisiche alle articolazioni, è forte e veloce. E questo spiega perché è il doppio di me!” si disse Raider constatando le differenze fisiche. L’assalitore non rispose alla sua provocazione ignorandolo del tutto.
“Ciao, Jayson Powell. Oggi spero che tu sia in vena di rispondere a qualche domanda o sarò costretto a portarti nuovamente in prigione. Tra i tuoi diritti, devi essere a conoscenza del fatto che io possiedo un impianto di Auspicio. Vale a dire che posso leggere lo spettro delle tue emozioni. Inoltre, hai il diritto di restare in silenzio fino a che non ti verrà assegnato un avvocato. Non che qualcuno potrebbe prendere le tue difese… detto ciò, possiamo iniziare.” Disse l’interrogatore.
Jayson Powell guardò torvo l’uomo che aveva appena parlato, con i suoi occhi scuri pareva flagellarlo. “Mi chiamo Hunter!” disse.
“Come preferisci. Allora figliolo: abbiamo analizzato i tuoi dati, che naturalmente erano criptati e nel momento in cui non avevamo la chiave di lettura, sono andati distrutti. Quindi ci dirai tu cosa tu e il tuo gruppo stavate cercando in quella banca dati.” 
Raider aveva deciso di restare in silenzio, aspettando che l’interrogatorio fosse mandato avanti dall’esperto. Il giovane chiamato Hunter però sembrava non voler rispondere e guardò altrove.
“Forse stavate cercando la Dottoressa Von’Darock e il soldato King. Forse tu e il tuo gruppo siete responsabili della scomparsa del nostro agente segreto!” chiese ancora l’uomo. Ma ancora una volta sembrava che Hunter non avesse intenzione di rispondere. Tuttavia, qualcosa nel suo volto parve rivelare i suoi sentimenti.
“Sei preoccupato. Hai paura. Leggo la tua aura. Di cosa hai paura, di noi? Della tua punizione?” chiese ancora l’uomo.
A quel punto Hunter si voltò verso i due soldati della OST e spostando gli occhi da uno sguardo all’altro disse: “Non mi fate paura. E non tradirò i miei compagni. Andate a farvi fottere tutti e due!” 
Raider sbuffò con un mezzo sorriso.
“Non mi sembra che stia andando bene. Questo tipo sa il fatto suo.”
L’esperto emise un sospiro pesante, poi prese il proprio tablet che fino a quel momento aveva tenuto stretto tra le braccia come se fosse la cosa più preziosa che avesse. Lo poggiò sul tavolo mostrandolo al ragazzo e fece scorrere delle immagini; Raider cercò di allungare il collo per capire di cosa si trattava.
“Vi chiamano Stargazer. Siete un gruppo noto di pirati spaziali. Tra i vostri crimini, oltre furti, assalimenti e rapimenti, vi sono anche le accuse di terrorismo spaziale. La registrazione che stavate cercando di preservare nella banca dati su Cratere Viandante vi è costata molto. Quattro del tuo gruppo sono morti.” Disse ancora l’esperto.
Raider non era del tutto certo di quella teoria: Cordelia era convinta che ci fosse quel gruppo, dietro la sparizione dell’agente e che le voci registrate appartenessero ad alcuni pezzi grossi. Eppure c’era un tassello che non riusciva a collegare: dai loro discorsi, sembrava che non fossero loro i veri bersagli della loro bravata.
Hunter assimilò la notizia della morte di quattro dei suoi compagni restando in silenzio, aveva un’espressione indecifrabile come un vero giocatore da poker. Ma per l’esperto invece era diverso.
“Sei addolorato. Non vuoi che altri subiscano il loro destino. Ecco di cosa hai paura, temi la morte, Jayson Powell?” chiese l’esperto, all’udire il suo nome completo, il ragazzo cercò di alzarsi dalla sedia con l’intento di afferrare la gola dell’uomo seduto davanti a lui.
Era stato rapido ma di certo le catene che limitavano i suoi impianti lo avevano rallentato moltissimo: Raider scattò insieme a lui muovendo il braccio e concentrando l’energia oscura, serrò la sua presa invisibile sul pugno di Hunter che rimase quindi sospeso a mezz’aria.
“Stai buono, non aggrevare la tua situazione, per favore.” Chiese gentilmente Raider parlando con l’assalitore, quello gli lanciò un’occhiata, tentò di fare ancora forza e poi smise ritornando a sedersi.
Cercò di mettersi comodo sulla sedia ma era impossibilitato nei movimenti e la sua espressione era visibilmente amareggiata. Raider si voltò verso l’esperto assicurandosi che oltre allo spavento, stesse bene.
“Sai, genio, penso che provocarlo non ti servirà a niente. Vi fanno dei corsi specialistici per essere stronzi?” chiese Raider restando il più serio possibile in volto. L’esperto non disse nulla, anche se era più grande del soldato, aveva riconosciuto il suo errore.
“Io ci rinuncio. Lo faccio sbattere in cella e lo faccio marcire là dentro, così in un modo o nell’altro raggiungerà i suoi compagni!” disse l’uomo alzandosi dalla sedia e spostandoci per uscire dalla camera dell’interrogatorio. Era andato decisamente male, ma aveva da biasimare solo sé stesso, per quanto la lettura delle emozioni non era riuscita a facilitare il suo compito. Raider lo fissò mentre se ne andava probabilmente aspettando oltre lo specchio che dall’interno mostrava semplicemente il riflesso dei due presenti nella stanza.
Il soldato si voltò poi verso il pirata spaziale, sapeva ben poco sugli Stargazer e per quanto ne sapeva, la cosa che più gli interessava in quel momento non era capire il perché della loro missione alla banca dati o se in qualche modo era collegati con quell’attacco terroristico.
“Conosci un certo Ryan King?” Raider disse il nome di suo fratello a denti stretti, quasi come un sibilo. Pensare al fratello gli dava una stretta al cuore. Ma doveva sperare bene.
Hunter ritornò con gli occhi sul soldato, i due poi si scambiarono un’occhiata fissandogli per un lungo istante. Non c’era motivo per Raider di esporsi più di tanto. Ma l’altro parve tranquillizzarsi.
“Abbandoniamo i nostri nomi quando entriamo negli Stargazer. Rappresentano il nostro passato e quindi un ostacolo. Non ti saprei dire chi sia questo Ryan.” Rispose Hunter, dalla sua espressione e dal modo in cui guardava Raider negli occhi, sembrava dire la verità.
Il soldato annuì più volte facendo una mezza smorfia con le labbra.
“Ti ringrazio per la sincerità.” Disse, non c’era altro che avrebbe voluto chiedergli, la sua missione era terminata recuperando la registrazione dell’agente quindi si mosse uscendo dalla stanza per raggiungere l’esperto che era già uscito.
 
*** 
 
Poco più tardi, Raider era stato convocato nell’ufficio della direttrice; aveva preso l’ascensore per il terzo piano e seguito il corridoio come la prima volta. L’ufficio di Cordelia era lì davanti e lui sembrava non voler entrare; emise un respiro e poi decise di entrare. Cordelia era dall’altro lato dell’ufficio, nella seconda stanza, che parlava con un gigantesco omone che indossava la divisa della OST, anch’essa come quella della direttrice era totalmente viola, segno che l’uomo aveva un ruolo importante all’interno dell’organizzazione.
“Ti ho solo dato il mio consiglio, Cordelia. Quello che vorrai farne, dipenderà da te. Naturalmente.” Disse l’omone proprio nel momento in cui Raider stava entrando, i due si erano poi accorti del ragazzo e ci fu un momento di imbarazzante silenzio. “Direi che abbiamo finito.” Disse infine lui, spostandosi per la stanza per uscire.
Raider evitò il suo sguardo anche se si sentiva osservato.
La direttrice sembrava piuttosto agitata, Raider le si avvicinò lentamente nel mentre lei sembrava perdersi nei suoi pensieri.
“Tutto bene, Cordelia?” disse lui chiamandola per nome, davanti agli altri aveva imparato a nominarla Direttrice Cross ma quando erano solo loro due aveva il permesso di chiamarla per nome.
Cordelia annuì più volte anche se non ne era certa. “Michael è spesso troppo freddo. Non mi piace il suo modo di fare, ma tuo padre doveva averci visto qualcosa di buono. Erano grandi amici.” Disse lei distrattamente, Raider in effetti aveva riconosciuto il grande omone solo adesso: Michael Venberg, ma non ne sapeva molto.
“Sembra uno stronzo!” disse lui sinceramente. Cordelia sorrise.
“Volevo congratularmi con te, la Dottoressa Von’Darock ha compilato un rapporto straordinario. Hai dimostrato controllo e decisione, Raider. Inoltre hai risolto un mistero, nella terza registrazione, sono presenti gli ultimi momenti di vita di Edmond Stein.” Disse la direttrice scandendo le parole lentamente.
Raider non disse nulla, aspettò che la direttrice accendesse l’audio premendo un tasto del proprio terminale così da poterlo ascoltare in vivavoce tutti e due.
“Non rivedrò più la mia famiglia. Mi hanno spedito nello stramaledetto spazio oscuro! Presto questa capsula finirà l’ossigeno e io morirò. Il supporto vitale non mi sosterrà. La mia unica speranza è che qualcuno trovi il mio registratore in tempo; questi terroristi sono pericolosi e non ho potuto vedere le loro identità. Mi spiace…”
La registrazione giunse al termine e Raider ascoltò i respiri silenziosi dell’uomo mentre cercava di trovare pace e la forza di non piangere davanti la morte. Il giovane soldato spostò gli occhi su Cordelia aspettando che lei dicesse qualcosa in merito.
“Possiamo risalire alle coordinate, ma ormai Edmond sarà morto. Voglio recuperarne il corpo, era un vero soldato.” Cordelia fece un’ulteriore pausa e alzò il suo sguardo su quello del soldato. “Considerati reintegrato, soldato King. Tuo padre sarebbe molto fiero di come hai gestito la cosa.” Disse lei concludendo.
Raider era molto felice della cosa, neanche per un momento aveva pensato di non essere pronto o adeguato e fino all’ultimo lo aveva detto alla direttrice. Le lodi di Seeryn erano sincere e lui si sentiva davvero molto apprezzato, essendo lei di un’altra razza.
“Grazie, Cordelia. Sono molto preoccupato per quello che abbiamo scoperto nella registrazione. Di che cosa si tratta? Una bomba in grado di devastare l’intero Settore, è possibile?” chiese lui, non aveva dimenticato le parole della registrazione e quella missione si sarebbe rivelata molto più grande di quando lui si aspettava.
La direttrice lo fissò per un lungo istante, riflettendo su quando avrebbe potuto dirgli. Si spostò dalla propria posizione avvicinandosi alla poltrona dietro la scrivania e mettendosi comoda.
“Sembra trattarsi di un ordigno di origine ignora, Raider. L’unica cosa che potrebbe funzionare con effetto di gravità, equivale alla forza della singolarità stessa. Sai cosa vuol dire?”
Raider rimase in silenzio, poi annuì.
“Vogliono lanciare un buco nero contro un pianeta colonizzato dagli obakon?” chiese infine lui, solo dirlo sembrava un’idea assurda, talmente tanto che gli era venuta fuori con tono di scherno. Cordelia parve capirlo ma annuì pesantemente anziché negarlo.
“Così sembra, Raider. Un buco nero, per quanto piccolo, potrebbe risucchiare un intero mondo. Le dimensioni di quest’ordigno sembrano notevolmente più grandi se può spazzare tutto ciò che vi è intorno nel diametro di due anni luce. Equivale all’intero Settore Levante.” 
“E pensi che gli Stargazer siano responsabili, giusto?” chiese il soldato, era la migliore vista che la donna potesse avere. Di fatto Cordelia annuì. Raider rifletté qualche istante in silenzio ripensando all’interrogatorio nel pomeriggio andato veramente male. “Qual è la nostra mossa quindi?” 
“Ho già diverse idee, Raider. Ho avvisato il Consiglio dei Saggi obakon. Se il loro mondo è in pericolo dobbiamo comunque fare qualcosa: abbiamo diverse navi da ricognizione venute con noi insieme all’Arca Syramo e all’Arca Caitan. Non sono forti quanto un’intera flotta, ma possiamo fronteggiare questo nemico.” Rispose la direttrice, c’era qualcosa che la preoccupava, nonostante la OST avesse forze armate da mandare in soccorso, c’era un altro problema.
“Come facciamo a sapere cosa colpiranno? Lo spazio intorno a Naxos è molto grande per circondarlo del tutto. Sempre se gli obakon crederanno alle nostre prove.” Rispose Raider.
Gli occhi castani di Cordelia assunsero una tonalità scura e una nuova ombra le comparve sul viso. “Dovranno farlo, Raider. Nel frattempo, sottoporremo il prigioniero al Giudizio della Fonte Azzurra.”
Raider non sapeva di cosa avesse appena parlato la direttrice, la sua espressione infatti si fece più confusa e gli occhi più piccoli. “Giudizio della Fonte Azzurra? Che cos’è?” chiese lui.
“Forse la nostra unica soluzione al problema. Ma per il momento, puoi andare.” Rispose Cordelia in maniera misteriosa, era come se volesse in qualche modo escludere Raider, il soldato recepì il messaggio e annuì, uscendo fuori dalla porta dell’ufficio a passo spedito.

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Capitolo 12
*** Capitolo Undici: La memoria dell'acqua ***


Capitolo Undici
La memoria dell’acqua
 
 
 
 
 
 
 
 
Settore Ponente
Nave da ricognizione – spazio attorno Thapsos
 
L’ultima volta che Raider era stato nello spazio profondo era stato molto tempo fa, quando aveva affrontato il viaggio dalla Terra fino alla stazione spaziale Utopia-22. Il viaggio che stava affrontando adesso, in un certo qual modo, glielo ricordava ma non per le sensazioni.
Raider era agitato durante l’ultimo volo, era salito su una nave da ricognizione della OST che lo aveva portato fino alla stazione nel quale sarebbe stato ibernato. Era a tutti gli effetti una nave militare e questa nel quale si trovava adesso era molto simile, fatta su modello di tutte quelle che aveva già visto in precedenza.
La sala controllo era posizionata in alto, nell’ultimo piano della nave dal quale Raider poteva osservare lo spazio oscuro e tutto il cielo stellato semplicemente alzando la testa. Fece un profondo sospiro assorbendo tutta l’aria che poteva, l’ossigeno era puro grazie al supporto vitale della nave spaziale e sembrava di stare in un ambiente aperto.
Non percepiva alcun malessere dovuto al volo spaziale, per completare il viaggio iperluce in poche ore infatti, la nave viaggiava ad una velocità in chilometri orari che Raider non avrebbe saputo pronunciare. Quel miracolo della scienza risaliva a diversi decenni prima quando era stato brevettato il primo modello iperluce, era storia passata e non apriva i libri di storia per conoscerne i dettagli da molto.
Al suo fianco, seduta davanti una postazione olografica con tastiera e schermo, Seeryn si trovava a studiare il profilo del pirata che li aveva assaliti e che stavano conducendo sulla luna del pianeta Thapsos, la cui ellisse era vertiginosamente obliqua rispetto agli altri pianeti del settore.
“Potresti spiegarmi come hai convinto Cordelia a farti partecipare? Non per male, davvero. Anzi, trovo che tu sia bravissima nel tuo lavoro e una grande combattente, ma è un’operazione del quale si stava occupando lei e non credevo che accettasse aiuti.” Disse Raider, avvicinandosi alla donna, lei si voltò verso di lui fissandolo con un sorriso.
Indossava la sua tuta elastica che aderiva al corpo, la cintura con delle tasche per i suoi gadget e aveva un piccolissimo zaino simile ad un pezzo della corazza di Raider. Aveva indossato la sua divisa pochi minuti prima, così come aveva fatto il soldato indossando la corazza completa.
“La direttrice Cross ha trovato molto interessante la nostra collaborazione. Ha detto che sono una valida risorsa, così ho fatto in modo che il nostro Commando Stellare si interfacciasse con il Centro Operativo degli umani ed eccomi qui. Facile facile, come dite voi.” Disse Seeryn assumendo un’espressione compiaciuta del proprio operato, in effetti, essendo concluso il programma di riabilitazione dei due sopravvissuti delle capsule, lei era senza occupazione.
Una scienziata così brillante avrebbe trovato facilmente un impiego. Ma qualcosa doveva averla davvero incuriosita nel modo di affrontare le missioni da parte degli umani.
“Sono felice che tu sia qui. Mi aspettavo di trovare anche Allyson, ma pare che abbia avuto un imprevisto alla fine e non è potuta partire.” Disse Raider parlando sinceramente con la dottoressa. Lui teneva le braccia incrociate, lanciando ogni tanto qualche occhiata all’immenso spazio sopra di lui e ogni tanto voltandosi intorno.
C’erano solo umani, lì sulla nave da ricognizione, il capitano stava in un angolo parlando con uno dei sottoufficiali, poi vi era il navigatore che stava guardando Seeryn visibilmente preoccupato. Quando si era accorto che il soldato lo stava fissando, aveva cambiato rapidamente il suo bersaglio abbassando gli occhi sul tablet che stringeva tra le mani, fingendo di fare qualcosa che aveva interrotto.
“Se qualcuno ti dà problemi, vorrei che me lo dicessi. Certo volte gli umani sono davvero stupidi e ho notato che la collaborazione tra le nostre razze non è così forte come credevo!” disse Raider.
Fino a quel momento, l’unico luogo che aveva visitato era Cratere Viandante che nella sua spensieratezza rappresentava un autentico punto di incontro tra le civiltà, ma il Viandante era un luogo diverso da quello che accadeva nel resto del Sistema Bael.
Seeryn ridacchiò voltandosi con gli occhi viola sullo schermo. “Non preoccuparti, soldato. So difendermi anche dalle parole e dagli sguardi. Piuttosto, sei già andato a trovare il pirata?” chiese lei.
Raider scosse il viso.
L’interrogatorio successivo non aveva portato a buoni risultati, Raider aveva presenziato aspettando fuori dalla camera e osservando i dati sulla figura di Jayson Powell. Il pirata spaziale sembrava intenzionato a non rivelare nulla di quello che sapeva, né tantomeno della sua presenza alla banca dati sul Viandante. Gli Stargazer erano persone con grande coraggio, ma la Convenzione di Pace firmata nel 2133 proibiva categoricamente qualunque forma di violenza o tortura sui prigionieri di qualsiasi specie fossero.
Hunter, come preferiva farsi chiamare, era umano, ma per questo motivo non c’era nulla che Cordelia potesse fare per obbligarlo a parlare. Eccetto un’ultima risorsa.
“Lui sa che sta per affrontare un processo. Lo chiamano Giudizio della Fonte Azzurra, è la Fonte della Vita. Da quella singola venatura, hanno avuto origine miliardi di stelle e forse la vita organica per come la conosciamo oggi.” Disse Seeryn muovendo le mani sullo schermo olografico, davanti ai suoi occhi, comparve Thapsos, il pianeta verde lussureggiante, la sua unica luna era Leonna e sembrava che gli obakon avessero trovato lì quel luogo mistico.
“La Fonte della Vita. Voi eteren ci credete sul serio? Voglio dire, se stiamo alla nostra mitologia, l’universo è dato da una grande esplosione, fuoco e fiamme inghiottirono tutto generando i mondi e le stelle.” Disse Raider chiedendo alla dottoressa, era interessato a conoscere le varie culture col quale si sarebbe approcciato nella sua vita.
“Ognuno di noi ha il proprio punto di vista. Io personalmente sono una persona che vorrebbe combinare scienza e fede, Raider.” Disse la dottoressa facendo una breve pausa. Con la punta delle dita fece zoom sulla luna presso il quale sarebbero arrivati mostrando una grande struttura costruita sulla sua superfice. “Il nostro libro sacro lascia intendere che l’universo sia nato dall’acqua e che un tempo tutto fosse cristallizzato nel tempo eterno del ghiaccio. Forse non hai mai sentito dire che “l’acqua ha una memoria”: ebbene quella memoria è la vita stessa.” Concluse lei.
“Quindi questa venatura non è solo uno specchio d’’acqua.”
“Precisamente. Non saprei come spiegarlo, Raider. Una scoperta troppo recente e non siamo ancora riusciti a comprendere a pieno cosa potrebbe essere. Sappiamo che è una venatura, un ricordo della creazione stessa. Gli scienziati hanno provato a darle un nome, ma è superfluo.” Disse Seeryn, gli occhi le brillavano con ardore, come se credesse ciecamente in quello che stava raccontando.
“Interessante, per noi umani il creato è iniziato nel fuoco. Per voi eteren invece è iniziato nel ghiaccio.” Constato il soldato annuendo più volte, Seeryn fece spallucce, limitandosi ad un sorriso.
“Gli obakon ne hanno fanno un culto. O meglio, alcuni di essi. Si fanno chiamare Seguaci di Stolas; si tratta di una sorta di religione degli obakon, molto diversa dalla loro vera fede e molto più simile a quella di noi eteren col Culto degli Spiriti Primordiali.”
“I vostri tre grandi dei. Me ne parlavi sul Viandante. Zael è tipo il dio della morte, per intenderci.” Ripeté Raider e vide la risposta affermativa nel volto della dottoressa eteren.
“Il Secondo Spirito Primordiale è Sitrah, lei guida i fili del destino che collegano tutti gli esseri viventi. È come un gigantesco ragno, che intreccia la sua invisibile ragnatela e collega tutti noi. L’universo è di fatto un ammasso dei nostri pensieri, dei nostri ricordi, come l’acqua.” Disse Seeryn spiegando con passione. “Il Terzo Spirito Primordiale è Malphas, egli è il padrone del tempo e del suo scorrere. Si tratta dell’Spirito Primordiale che ha vegliato sulle ere della nostra razza senza mai interferire, donandoci la forza e il coraggio del libero arbitrio.”
“Sembri crederci davvero molto. Non direi che sei una donna di scienza, se posso dirla tutta!” disse Raider con tono scherzoso, lei lo capì e fece una mezza risata, le labbra carnose le si incresparono, sembrava sempre così seriosa, ma quando era col soldato no.
“Solo perché credo che qualcosa abbia creato questo universo? Dev’esserci qualcuno, Raider. La nostra galassia è solo una minuscola parte di un universo composto da altri milioni: come può tutto questo essere capitato… per caso!? Questo non toglie ovviamente, il fondamentale ruolo che la scienza ha nella nostra vita. Il viaggio iperluce è reso possibile perché siamo riusciti ad imbrigliare l’energia oscura e a renderla nostra. Tra l’altro, è la prima volta che viaggio su una nave umana, è un’esperienza molto interessante.” 
Raider aveva ascoltato con attenzione le parole della dottoressa provando una sorta di appagamento per la semplicità con il quale Seeryn aveva parlato del suo punto di vista. “Io non ho mai creduto in un dio. Però hai ragione: qualcosa deve pur esserci da qualche parte nascosto.” Aggiunge lui con un mezzo sorriso.
“Richiesta di attracco confermata presso lo spazioporto di Leonna. Prego squadra di sbarco prepararsi all’atterraggio.” Chiamò improvvisamente la IV della nave interrompendo il discorso tra i due. Seeryn alzò gli occhi annuendo alla voce computerizzata.
“Ottimo. Per oggi ho già compilato il mio rapporto sul prigioniero, sarebbe però interessante se ci parlassi anche tu. Inoltre, mi pare che sia sotto la tua custodia quindi tocca a te andare a prenderlo.” Disse Seeryn rivolgendosi ancora al giovane soldato.
“Suppongo che lo spiacevole compito di intrattenerlo tocchi a me quindi?” chiese sarcasticamente il soldato, la dottoressa a quel punto lo sguardo confusa come se non sapesse di cosa parlava.
“No, Raider. Non è qui per divertirsi e non credo che tu sia preparato per uno spettacolo di recitazione.” Disse lei, vedendo poi l’espressione silenziosa del soldato, parve comprendere. “Oh. Eri sarcastico. Scusami, non ci sono abituata. Stendili tutti allora! Ci vediamo nella stiva di carico.” Disse lei congedandolo definitivamente.
Il soldato fece come gli era stato chiesto dalla donna eteren salutandola prima di uscire dalla sala controllo dove gli altri marine si stavano accomodando e il capitano stava dando ordine di preparare l’attracco della nave. Raider sapeva bene che erano ancora nella fase di decelerazione ma dovevano essersi avvicinati molto all’orbita lunare di Leonna per mettersi già ai propri posti.
Raider si spostò attraverso la nave come se la conoscesse, evitò di prendere l’ascensore e scese lungo le scale secondarie che si muovevano ai fianchi della nave collegando tutti e tre i piani. Appena sotto la sala controllo, vi era il ponte dell’equipaggio con tutte le stanze per i soldati e gli ospiti presenti; vi era una sala comune nel quale vi era una mensa. Il soldato aveva anche avuto modo di esplorare quella che sembrava una sala giochi con un tavolo da biliardo, bersaglio da freccette e tutto quello che serviva per rilassarsi durante il viaggio.
Chi lavorava sulle navi da ricognizione aveva bisogno di momenti di svago quando non era in servizio e passando proprio davanti quella porta, Raider si ricordò di quando nel Sistema Sol era lui ad avere quel compito, assegnato ad una delle tante navi in esplorazione.
Oltrepassò il ponte d’osservazione per raggiungere all’altra scalinata che lo portò infine nel terzo e ultimo piano della nave scendendo verso il basso: quel piano conteneva i servizi igienici comuni, una grande stiva di carica dal quale sarebbero scesi attraverso il portellone e nel quale solitamente i soldati si allenavano nel tempo libero. Le aree private dove solo il personale autorizzato poteva accedere: il supporto vitale, il nucleo della IV comprendeva circuiti elettrici e alimentazione generale e infine il motore iperluce, dove solo gli ingegneri accedevano.
Il loro prigioniero era stato messo in fondo alla nave, vicino i motori in quella piccolissima area riservata ai prigionieri di guerra: si trattava di due singolari stanza che si affacciavano su un corridoio. Vi era una piccola finestrella nel quale dall’esterno si poteva vedere chi vi fosse dentro; Raider si avvicinò al terminale di scansione retina per poter accedere e la porta scorrevole si aprì per il suo passaggio.
Hunter si trovava disteso sulla branda con la coperta buttata per terra, dall’altro lato della sterile e stretta stanza vi era un cubicolo minuscolo dove si trovava il gabinetto. Il resto della prigione era completamente vuoto e non appena la porta si aprì, il pirata spaziale mosse i suoi occhi scuri contro il nuovo arrivato.
“Non mi aspettavo una tua visita, biondino. Credevo che ti fossi dimenticato di me. Neanche un abbraccio da amici?” chiese Hunter sistemandosi seduto non appena riconobbe Raider e allargando le braccia come per invogliare un saluto.
Il soldato notò subito la presenza delle manette ai polsi del pirata, non erano legate tra di loro ma erano ancora chiuse e attive in modo da bloccare le sue capacità e limitare i movimenti del suo corpo. Hunter infatti rimase seduto con la schiena dritta nonostante i suoi tentativi di allargare le gambe e sbracarsi.
“Magari la prossima volta, oggi non sono affettuoso. Stiamo quasi per arrivare. Dovresti seguirmi, se non ti dispiace senza opporre resistenza, visto che quando siamo partiti mi hai quasi tirato una testata!” disse Raider incrociando le braccia al petto, il suo cinismo fece ridacchiare il pirata che si grattò la peluria sul viso.
“Okay scusami per prima. Stavolta farò il bravo.” Disse lui, Raider non ci avrebbe creduto finché non avrebbe portato a completamente la missione, fece cenno al pirata e quello si alzò avvicinandosi alla porta per poter uscire dalla sua prigione.
Quando Raider incrociò i suoi occhi con quelli dell’altro, quello gli fece un mezzo sorriso e gli fece l’occhiolino lasciando il soldato ammaliato da quel gesto così naturale e amichevole. “Con permesso…” disse lui come per cercare di far spostare il soldato.
Quello si mise quindi di lato osservando le spalle larghe del pirata e sorridendo tra sé e sé, tanto l’altro non avrebbe potuto vederlo. “Se proprio devi…” si disse sarcasticamente. Poi si incamminarono fianco e fianco lungo la stiva della nave.

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Capitolo 13
*** Capitolo Dodici - Il Giudizio della Fonte Azzurra ***


Capitolo Dodici
Il Giudizio della Fonte Azzurra
 
 
 
 
 
 
 
 
Settore Ponente
Nave da ricognizione – orbita di Leonna
 
“Quindi, da quanto tempo sei nella OST? Sembri parecchio giovane per essere un veterano. La direttrice ormai si affida ai ragazzini?” chiese Hunter cercando di spronare una reazione negativa nel soldato, Raider si fermò qualche istante fissandolo torvo. “Ehi amico, sto solo scherzando. Intendo dire che non sembri… vecchio. Anzi, sembri molto più piccolo di me.” Disse lui quasi scusandosi, sembrava sincero stavolta, così Raider finse di credere alla sua buona curiosità senza mettersi lì a fare i conti sulla loro differenza di età.
“Subito dopo l’accademia militare sono entrato a far parte del programma spaziale. Avevo circa diciannove anni. Quindi immagino di poter dire da poco tempo, se non tengo conto dell’ibernazione di circa altri trenta.” Disse Raider guardando un punto nel vuoto.
“Caspita! Quindi sei il soldato d’elité rimasto intrappolato nel tempo.” Disse il pirata spaziale, Raider si voltò verso di lui guardandolo stranito, non convinto di avere una qualche nomina nel Sistema Bael e la cosa lo faceva sentire a disagio. “Ho sentito solo voci di corridoio, se posso definirle così. Sono un pirata, quindi viaggio in questo spazio e sento moltissime storie. La tua è quella che ho sentito più spesso negli ultimi giorni, prima di essere catturato!” disse ancora.
“Non credevo di essere così tanto famoso. Sai, pensavo più qualcosa tipo cavia da laboratorio o un nomignolo simile a Risorto.” Disse in risposta il soldato facendo una battuta, Hunter fece un mezzo sorriso e annuì più volte, quasi come se fosse soddisfatto.
“Anch’io ero nel programma spaziale. Sono partito con l’Arca Caitan e sono arrivato cinque anni fa: eravamo molti, per lo più coloni. Meccanici, cuochi e tanti altri. Avete reso il Sistema Bael ospitale per il nostro arrivo.” Disse Hunter rispondendo a sua volta, erano ormai arrivati davanti il portellone d’ingresso.
Da quella gigantesca apertura erano soliti uscire i rover d’esplorazione con il quale i soldati e il personale adibito potevano compiere grandi distanze via terra là dove la nave non avrebbe potuto portarli. La struttura costruita attorno alla Fonte della Vita ospitava una grande pista d’atterraggio e a quando sembrava, non erano molti i visitatori di quel luogo. Di fatto, non vi era un collegamento col Crocevia che potesse portarli sulla superfice lunare.
“Io non ho reso ospitale un bel niente. Mi sono risvegliato da meno di un mese e mi sembra ancora tutto nuovo.” Rispose Raider, una volta che si erano fermati si era voltato verso le tute spaziali messe a disposizione per l’esplorazione.
Tra di esse vi erano delle maschere che permettevano la respirazione in assenza di ossigeno, Raider ne prese una lanciandola al volo verso il prigioniero che mosse le mani con rapidità per afferrarla appena in tempo. “Ottimi riflessi, nonostante le manette.”
“Quella cosa che hai fatto… sul Viandante; quella sorta di magia con il quale mi hai spinto via, che roba è?” chiese Hunter indossando la maschera proprio sul viso, metà del suo volto era quindi coperta lasciando scoperti solo gli zigomi e gli occhi scuri.
“Materiaoscura. Ho un impianto neurale. Uno vecchio stile, stando alle parole della Dottoressa Von’Darock. Ormai gli umani non lo usano più visto che ha causato parecchi decessi.” Rispose Raider incrociando le braccia al petto e aspettando l’arrivo della squadra di sbarco, tra di loro ci sarebbe stata anche la donna eteren.
“Ne ho sentito parlare. Pensavo però fosse soltanto una leggenda…” disse il ragazzo restando vago, Raider esaminò a distanza le venature dell’impianto di Hunter, percorrevano le braccia e un leggero bagliore blu veniva emesso da esse.
“Anche tu hai un impianto, mi sembra.” Si limitò a dire.
“Esatto. Potenziamento fisico. In generale, sono più forte, più veloce, più reattivo. Sono il soldato da guerra perfetto; anch’io ero nel programma elitè: una volta qui le cose sono andate diversamente.” Disse Hunter muovendo le braccia e il corpo come per farsi ammirare, aveva un fare spavaldo, cinico pensando al fatto che aveva le catene e quindi non avrebbe potuto fare nulla per difendersi.
“Brutalità.” Disse Raider, era il nome che nel gergo militare era stato assegnato a quella categoria di impianto, non tanto per l’aumento effettivo della forza, ma perché gli innesti erano inseriti nel corpo con una serie di interventi. Erano estramamente invasivi, visto che una volta inseriti, si sarebbero estesi a tutti i muscoli e i tendini. “Qualcuno tempo fa aveva scritto un articolo nel quale diceva che questi innesti erano violenti e contro-natura.” 
Hunter a quel punto sorrise, nonostante la maschera, era possibile capirlo da come gli occhi si erano piegati. “Me lo ricordo anch’io, ma all’epoca avevo solo dieci anni. Col tempo gli impianti sono diventati meno invasivi. Non ha fatto tanto male…” Disse il pirata facendo l’occhiolino al giovane soldato, dal tono che aveva usato, era facile capire che stesse mascherando molto più sull’argomento.
“O forse ci stai scherzando sopra.” Si disse il soldato.
Ci fu un momento di silenzio piuttosto imbarazzante nel quale il soldato non smetteva di guardare il pirata, i due si fissarono per quella che sembrava l’eternità finché Hunter non interruppe il silenzio.
“Ho qualcosa in faccia?” chiese divertito, Raider scosse il viso distogliendo lo sguardo per nascondere il velo d’imbarazzo.
In quel momento la squadra di sbarco arrivò al completo, Seeryn capeggiava i quattro soldati pronti a scendere, loro indossavano già le corazze e i caschi rendendo impossibile vedere i loro volti. Raider fece lo stesso premendo un tasto nella parte della corazza che fungeva da giuntura per il collo.
Il casco si materializzò lentamente in seguito ai movimenti meccanici della corazza racchiudendo la sua testa e permettendogli la vista tramite il visore a schermo che gli forniva dettagli sull’ambiente e sulle persone che aveva di fronte. A seconda degli spostamenti, Raider poté vedere i nomi degli altri soldati e naturalmente quello di Seeryn che spiccava con una scritta blu. Poi vi era quello di Jayson Powell, alias Hunter, che invece era colorato di rosso.
“Siamo pronti per lo sbarco. Gli obakon ci stanno aspettando per il processo.” Disse Seeryn, si voltò poi verso Hunter, aveva uno sguardo più severo rispetto al solito. “Sono qui per valutare la tua condizione mentale, qualora ce ne fosse bisogno come prova.” Gli spiegò lei.
Hunter annuì silenziosamente e quando Raider si voltò alle spalle verso il portellone, nessuno della squadra aggiunse altro lasciando che la nave da sbarco completasse l’atterraggio sul satellite.
 
***
 
Quando il portellone si aprì, Raider vide che effettivamente la nave da ricognizione aveva già poggiato i carrelli di attracco sulla grande pista d’atterraggio; man mano che quello si spalancava, il soldato poté vedere l’ambiente del satellite del pianeta Thapsos.
Oltre la linea dell’orizzonte che aveva di fronte a sé, lo spazio oscuro riempiva con le sue stelle la visione di Raider; il soldato fece qualche passo in avanti con titubanza sentendo da subito l’effetto della gravità zero sul proprio corpo: si sentiva ondeggiare, fluttuava ad ogni passo nonostante cercasse di restare ancorato al pavimento.
“I recenti aggiornamenti al sistema hanno inserito una valvola di emergenza che impedisce di lega alla gravità della luna. In caso tu dovessi saltare o venire spinto, non ti ritroverai a volteggiare verso lo spazio infinito, Raider.” Disse la voce di Seeryn all’interno del casco del soldato, lei gli stava parlando attraverso il microfono del quale erano dotati il suo casco e il respiratore di lei.
“Grazie, Seeryn. Me ne ricorderò quando deciderò di battere il record di salto nello spazio più in alto!” disse lui in risposta, alcuni tra i soldati ridacchiarono e in mezzo a loro gli era sembrato che anche Hunter avesse riso, nonostante stesse per affrontare un processo, sembrava al pieno delle sue forze.
L’accoglienza dei soldati e del pirata prigioniero non fu solo determinata dalla vista dello spazio stellato della luna: due alieni, chiaramente di razza obakon avanzavano lungo la pista d’atterraggio in maniera più rapida di quanto avrebbe potuto fare Raider; nonostante le parole rassicuratrici di Seeryn, lui aveva davvero il terrore di volare via.
Le creature aliene che si erano avvicinate a lui erano entrambe basse, indossavano delle corazze molto simili a quelle della OST: ad un occhio esperto come quello di Raider, non gli ci volle molto per riconoscere una buona corazza dotata di scudi energetici. Inoltre, erano armati di fucili d’assalto di una marca evidentemente aliena, visto che il modello sembrava un agglomerato di pezzi messi a caso.
Gli obakon avevano corazza i cui colori brillavano sul dorato, anche se a seconda della luce, le sfumature tendevano ad un rosso simile al ramato. Nonostante quello, apparivano molto leggere da indossare con spallacci notevolmente grossi e larghi e un casco sferico.
“Benvenuti al Monastero Awanki; solitamente non riceviamo molte visite e vorrete scusarci se ci è voluto molto per…” il primo obakon si era dimostrato garbato e gentile anche nel tono, tuttavia venne bruscamente interrotto dal secondo presente col lui.
“Sì sì, meno leccamento di culo e più camminare! Avanti, non vado in bagno da quando mi sono messo questa dannata corazza e la mia vescica non è più quella di un tempo!” disse il secondo obakon, la sua voce era più rozza rispetto a quella del compagno e alle altre che Raider aveva ascoltato sul Cratere Viandante.
Raider era rimasto colpito dal modo di fare impaziente dell’alieno corazzato che li aveva ricevuti, chiedendosi se lui avesse davvero a che fare con l’idea di monastero che era valido anche per gli umani. “Vedo che non siamo i soli ad essere scorbutici quando abbiamo urgente bisogno del bagno e non abbiamo la possibilità di andare.”
Era un problema al quale Raider era stato messo di fronte più volte, ma aveva sempre resistito al bisogno di farsela sotto. Indubbiamente poi, certi modelli di corazza includevano anche uscite d’emergenza.
“Nessun problema. In effetti, vi ringraziamo per averci ricevuto con così poco preavviso. Immagino che la procedura del Giudizio della Fonte Azzurra non sia così frequente, ma il vostro Consiglio di Saggi ha ritenuto fosse il migliore modo di agire.” Disse Raider.
Naturalmente si era documentato sul processo che avrebbe atteso il pirata spaziale; l’acqua di quella che si dicesse fosse una venatura della Fonte della Vita aveva capacità mistiche, avrebbe rivelato la verità, cristallina come uno specchio.
Il gruppo per intero avanzò lungo la pista d’atterraggio sotto la guida dei due guerrieri obakon che li portarono ai piedi della gigantesca altura della luna; scavata in essa, la bellissima facciata di un’immensa struttura padroneggiava la scena con le sue arcate lineari e decise. 
Raider osservava con meraviglia l’architettura della razza alinea, notando similitudine con quello che era lo stile antico sulla Terra; gli obakon però, a differenza degli umani, sembravano totalmente ignorare la cura per i dettagli e di fatto appariva sterile.
Quando le porte del gigantesco monastero nella roccia si aprirono, il gruppo si trovò in un ambiente totalmente nuovo composto da pannelli di metallo che andavano a realizzare la camera di depressurizzazione per stabilizzare l’atmosfera esterna da quella interna.
Raider attese in silenzio, avvertendo qualcosa crescere dentro di sé, come una sensazione di benessere che non provava da molto. Quando la depressurizzazione ebbe termine, le luci della stanza mutarono e da bianche e luminose diventarono azzurre e fredde ma stranamente accoglienti, come l’interno di una caverna marina.
I due obakon si tolsero i caschi premendo il medesimo pulsante nella loro corazza restando con il viso scoperto: come ormai aveva imparato, le creature aliene avevano la colorazione della pelle giallastra, il più delle volte con sfumature nelle squame simili ad arancio o marrone.
“Seguiteci e vedete di non perdervi, altrimenti toccherà a me andare a ripescare i vostri culi rosa dalle profondità del monastero!” disse l’obakon con la voce rozza, Raider lo osservò meglio memorizzando i dettagli fisici: la creatura aliena era bassa e tozza, i suoi capelli castani erano intrecciati tra di loro formando varie trecce scure rivolte indietro e che terminavano sul collo.
Raider non poté non notare la profonda cicatrice che l’alieno aveva sul volto: un’antica ferita che dalla parte destra del labbro risaliva verso il naso passandolo di netto e alzandosi ancora fino ad incrociare l’occhio sinistro e arrivando appena alla fronte. Il soldato non riusciva a pensare a che genere di arma avesse potuto infliggergli una ferita del genere senza ucciderlo! Doveva essere un miracolo.
Gli occhi avevano una forma più assottigliata ma mantenevano l’aspetto simile a quello dei rettili, la sclera completamente rosso sangue e la pupilla più scura dei capelli.
“Il mio nome è Kellan Indios, in caso doveste morire! Potrebbe essere l’ultimo nome che pronuncerete nel momento in cui un pericoloso refect dovesse mangiarvi il cranio!” disse ancora l’obakon presentandosi, in un certo senso, Raider non capiva se fosse sarcastico o meno e si avvicinò a lui per scoprirlo.
“Refect? Si tratta di un animale o di un altro simpatico obakon?” chiese Raider cercando di fare del sarcasmo e camminando vicino alle due creature più basse, il suo sguardo era rivolto in avanti, certo che il corteo lo stesse seguendo.
L’obakon di nome Kellan rispose con una sonora risata. “Non ti preoccupi dalla morte ma di cosa potrebbe causartela? Mi piaci, umano. La tua lista di priorità è simile alla mia!” disse continuando a ridere, tuttavia non rispose alla domanda lasciando Raider con l’incertezza di quale creatura potesse esserci sulla luna.
Ipotizzò che doveva essere uno scherzo.
I corridoi del monastero erano impregnati di quell’aura sacrale che in qualche modo faceva stare bene il giovane soldato, c’erano effettivamente dei monaci, razza obakon, che indossavano delle vesti sacerdotali, nessuno di loro aveva la corazza da guerriero che Kellan Indios e il suo alleato indossavano. Erano certamente membri di un ordine di combattenti, forse l’equivalente della OST o del Commando Stellare degli eteren. Ma non voleva indagare al momento.
Il soldato rimase in silenzio finché non raggiunsero il corridoio che li portò nella sala del processo, una volta aperte le porte il gruppo poté entrare: Raider ebbe un attimo di esitazione paralizzandosi come gli altri soldati, era come se la stanza fosse profonda diversi metri arrivando in un’enorme luce azzurra sul suo fondo.
Poi però notò il vetro spesso e i pannelli di esso che fungevano da pavimento, permettendo di vedere tutto ciò che c’era in basso. Al centro della sala c’erano delle ringhiere, quindi Raider immaginò che fosse più piccola di quel che sembrava.
“Disponetevi come meglio credete, basta che non fate confusione come mocciosi al quale soffiare il naso!” disse Kellan Indios con un grugnito, poi lasciò la piena libertà ai soldati di disporsi nella sala.
Raider approfittò dell’attesa del giudice che avrebbe presenziato il Giudizio della Fonte Azzurra per dare un’occhiata in giro: la sala era sospesa proprio sulla grande venatura del quale gli aveva parlato Seeryn. Il pavimento interamente costruito in vetro permetteva a chi era presente su di esso di vederne il fondo e il gioco di migliaia di sfumature di blu che brillavano intensamente. 
Le onde dell’acqua sembravano muoversi con forza, sbattendo contro le pareti rocciose tutte intorno; era come se la marea le rendesse agitate. “Immagino che dipenda dalla vicinanza a Thapsos. Come sulla Terra, la Luna influisce sulle maree.” Pensò Raider attentamente.
Al suo fianco, Hunter si era sportò leggermente in avanti oltre la ringhiera di vetro in modo da vedere il corso d’acqua azzurra della venatura, ebbe poi i brividi, come se avesse paura di qualcosa.
“Paura di cadere?” chiese Raider. 
Il pirata si voltò verso il soldato scuotendo più volte il viso. “No, figurati. Però l’idea di restare intrappolato lì mi preoccupa: non ci sono scale o modi per salire e non vedo cavità nelle grotte. Preferisco stare con i piedi piantati qui, al sicuro.” Disse in risposta, il soldato fece un leggero sorriso alle parole dell’altro e poi aspirò una boccata d’aria.
Era fresca e pulita e adesso Raider poteva senz’altro affermare che fosse proprio grazie a quello specchio d’acqua e non per il supporto vitale della stazione. 
“Non sentivo il suono delle onde da molto…” disse Raider con un debole sussurro, Hunter però era molto vicino quindi lo sentì.
“Sei della Terra, vero? Io vengo da Pangea, su Marte. Ci credi che l’unico suono di acqua che scorre l’ho sentito nei film?” disse Hunter quasi retoricamente al soldato, Raider lo fissò per un lungo istante.
“Sì, Terra è casa. Non ci sei mai stato? È un bel posto, se eviti le metropoli. Anche Alantarea non è male. Se non ti fossi dato alla pirateria magari avresti avuto anche tu una bella casa come la mia. Forse con vista mare.” Disse sarcasticamente il soldato, l’altro alzò gli occhi al cielo e sbuffò disgustato cercando di nascondere un mezzo sorrisetto. 
“No, mai stato sulla Terra…” disse Hunter.
Non poté aggiungere altro visto che il giudice obakon fece il suo ingresso seguito dagli altri monaci che, come quelli che avevano visto nei corridoi, indossavano delle toghe sacerdotali di colori diversi.
“Presenzia l’udienza, il giudice Gorah Doreon, Granmaestro del Culto!” disse Kellan Indios; l’obakon aveva rivolto uno sguardo ai soldati umani e Raider si era voltato indietro come per vedere le reazioni degli altri: tutti stavano osservando l’ingresso del Granmaestro nella Sala dell’Acqua; Seeryn invece stava appuntando delle scritte sul suo tablet, sembrava piuttosto distratta.
Il giudice indossava una tunica nera che copriva interamente la bassa statura del suo corpo, i monaci al suo fianco invece avevano delle toghe più semplici e vestivano di sfumature di azzurro. Il processo stava per avere finalmente inizio, Raider voleva essere totalmente vigile su quello che sarebbe successo e rimase in silenzio.
Non aveva notato prima di ora che il Granmaestro aveva tra le mani una brocca che dal colorito sembrava terracotta dipinta a mano, le raffigurazioni erano troppo piccole per essere visibili per Raider nonostante quello strizzasse gli occhi.
“Umani, obakon, eteren. Le tre razze oggi sono unite sotto il segno della Fonte della Vita: noi tutti veniamo dalla vena del mondo, dall’acqua nasciamo e nel ghiaccio ritorniamo.” Disse il Granmaestro sollevando la brocca, i quattro monaci attorno a lui cominciarono a recitare una solenne preghiera, Raider non ne capiva le parole.
Il suo traduttore non sembrava riconoscere nessuno di quei caratteri. “Questa è una preghiera obakon. Forse è segreta e per questo le parole che pronunciano non riesco a capirle.” Si disse; qualunque fosse il significato, aveva l’aria di essere un testo importante.
“Avvicinati, fratello che hai abbandonato la via della Fonte Azzurra. Brinda alla verità, e che essa possa guarire il male che attanaglia il tuo cuore e dissipare le tenebre che occultano la tua mente!” disse ancora il Granmaestro, invitando il pirata spaziale ad avvicinarsi. Hunter fece come gli era stato detto nonostante per la prima volta sembrava veramente contrariato a farlo.
Ci fu un leggero spostamento d’aria alle spalle di Raider e voltandosi si trovò Seeryn alle spalle che si era avvicinata. “L’acqua della Fonte Azzurra è pura, questo gli impedirà di dire bugie. I casi documentati sono rarissimi, Raider. Non vi è certezza che funzioni, indipendentemente da quanto qualcuno possa essere credente o meno.”
Raider annuì. “Quindi in cosa consiste il giudizio: gli verranno fatte delle domande e lui dovrà dire la verità? Che cosa succede se mente?” chiese il soldato, la macchina della verità era stata la peggiore delle invenzioni della storia degli umani durante il diciannovesimo secolo.
Seeryn fece una mezza smorfia di scetticismo, come se fosse contrariata. “Vuoi la leggenda o la verità?” chiese. Il soldato alzò le sopracciglia come riflesso involontario facendo sorridere l’aliena blu. “La verità scientifica: potrebbe avere qualche malessere allo stomaco.”
Raider per poco non scoppiava a ridere, ma nella sua risata c’era molta amarezza: basare il processo sugli effetti di un comune mal di stomaco era assurdo. Pensare che Cordelia potesse essersi affidata a quel metodo così bambinesco era anche peggio. Probabilmente però, un fondo di verità doveva pur esserci.
Il soldato ritornò con le attenzioni sul processo e aveva notato che il pirata si era effettivamente avvicinato al giudice, i due guerrieri obakon lo tennero d’occhio assicurandosi che non facesse sciocchezze, poi Hunter bevve dalla brocca della Fonte Azzurra. Apparentemente sembra normale, come se non fosse successo nulla. Ma il pirata fece un’espressione di disgusto, forse per il cattivo sapore dell’acqua calcarea che si trovava nelle profondità del satellite.
“Che schifo!” disse Hunter, probabilmente era la verità!
“Jayson Powell, oggi sei purificato dalla Fonte Azzurra e sei chiamato a testimoniare contro gli Stargazer, associazione piratesca del quale fai parte. Le prove raccolte, indicano che la vostra associazione maligna vuole compiere un attentato terroristico ai fini della patria, Naxos. È così o non è così?” chiese il Granmaestro.
Raider osservò la reazione di Hunter cercando di sbirciare il suo volto, c’erano alcuni rivoli di acqua azzurra nello strato di barba che copriva il suo viso, il pirata parve aprire bocca per parlare, ebbe un attimo di incertezza e poi effettivamente disse qualcosa.
“Noi non c’entriamo nulla con quell’attentato. La mia missione era ricercare delle prove del tradimento di uno dei nostri agenti che aveva venduto informazioni al nemico. I miei informatori, mi hanno indicato la banca dati su Cratere Viandante!” rispose Hunter, strabuzzò gli occhi, stupito del fatto che avesse ammesso quella verità.
“Stando alle tue parole, gli Stagazer volevano scoprire una combutta ai loro danni. I tuoi informatori avevano prove che ti avrebbero portato a scoprire la verità nella registrazione dell’agente Edmond Stein, razza umana. È così o non è così?” chiese il Granmaestro.
“Mi hanno detto di seguire quella pista: Edmond Stein era un agente segreto della OST. Aveva trovato delle prove che dimostravano la combutta del nostro agente con qualcuno di questa misteriosa Lega!” ammise Hunter, ancora una volta sembrava la verità. 
“Capisco. Un’ultima domanda: questa Lega di cui parli, sembra essere una nemica della vostra associazione di pirati. Eravate a conoscenza dell’ordigno e del pericolo ai fini del Settore Levante, è così o non è così?” chiese infine l’obakon.
Hunter ci mise qualche istante prima di rispondere, forse qualcuno di troppo, come se ci stesse pensando. “Questa Lega è un gruppo di persone pericolose, ma non abbiamo mai raccolto abbastanza prove per definirne il consolidamento, pensando che fossero semplici rivali. No, non sapevamo nulla dei loro piani prima della mia cattura…” ancora una volta, sembrava aver detto la verità. Gli Stargazer erano innocenti.
Proprio in quell’istante, un tremore scosse l’intera stazione, facendo un rumore simile ad un’esplosione, poi scattò l’allarme.

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Capitolo 14
*** Capitolo Tredici: Immersione ***


Capitolo Tredici
Immersione
 
 
 
 
 
 
 
 
Settore Ponente
Monastero Awanki – Sala dell’Acqua
 
Raider si guardò intorno, cercando l’origine dell’allarme come se avesse potuto dargli maggiori informazioni. Quello strano tremore era sicuramente causata da un’esplosione, se fosse di natura geologica o provocata da altri fattori era difficile da dire all’interno del monastero. I suoi occhi azzurri puntarono comunque i due guerrieri obakon.
“Qui Capitano Kellan, per la Sacra Roccia che cosa sta succedendo là fuori!?” urlò la creatura dalla pelle gialla parlando con il proprio microfono, le comunicazioni sembravano avere dei problemi e lui era visibilmente innervosito da questo.
“Mi sembri piuttosto sorpreso. Non era nei programmi? Pensavo che il discorso di prima servisse anche a questo.” Disse Raider sarcasticamente, ricordando gli avvertimenti che gli erano stati dati durante la traversata dei corridoi fino alla Sala dell’Acqua.
Nel frattempo, Raider non aveva notato che i quattro monaci e il Granmaestro erano usciti dalla camera abbandonando la loro posizione. L’altro guerriero obakon li aveva raggiunti lasciando indietro quello che si era rivelato essere il suo capitano.
“Certo che non è normale! Siamo su una dannata luna, se c’è un problema, le teste grosse vengono da me a lamentarsi!” disse il Capitano Kellan parlando subito dopo nel proprio microfono, ci fu poi un’altra scossa, stavolta il rumore era più forte e sembrava anche più vicino rispetto al precedente. Sembrava un attacco missilistico!
Raider si guardò indietro vedendo gli altri soldati avvicinarsi alla porta d’uscita, uno di loro si era però avvicinato ad Hunter in modo da scortare il pirata spaziale fuori dalla camera, anche la dottoressa eteren era uscita ritrovandosi nel corridoio e voltandosi per cercare il soldato umano con lo sguardo.
“Usciamo prima che…” Raider non ebbe il tempo di finire la frase che un’altra scossa tormentò il monastero, stavolta l’esplosione era chiaramente dentro la struttura e l’allarme si fece sempre più intenso echeggiando in ogni corridoio e inneggiando al pericolo.
“Supporto vitale gravemente compromesso. Numerose aree a rischio. Falle nelle pareti. Ossigeno in diminuzione.” Tuonò la voce della IV della stazione. Per riflesso, Raider si portò una mano al collare della corazza premendo il pulsante in modo da indossare il casco.
Ebbe appena il tempo di farlo che il pavimento cominciò a creparsi, tutto intorno a lui come una ragnatela che lo aveva messo in trappola. Il giovane soldato rimase immobile cercando rapidamente una soluzione, lui e il Capitano era gli unici rimasti nella sala e non c’era tempo di pensare, Raider provò a muoversi.
Il vetro si incrinò maggiormente e questo lo costrinse ad arretrare dove la ragnatela si faceva meno fitta, ma quel reticolo sembrava quasi inseguirlo fino a dove si era spostato. Raider lanciò un’occhiata al Capitano che stava armeggiando con un terminale olografico appena generato dalla sua armatura. Digitava velocemente i tasti.
“Avvicinati a me, ragazzo! Stai vicino la ringhiera e tieniti stretto o cadrai giù come una mela!” gli urlò il Capitano seguendo per primo il consiglio che aveva dato, anche Raider cercò di fare come gli era stato detto ma ogni movimento non faceva altro che incrinare di più il pavimento. Si gettò quindi contro la ringhiera facendo dei passi laterali che sotto il peso di una persona, cominciarono a far crollare il vetro: Raider si aggrappò appena in tempo prima di vedere la sezione crollare verso l’acqua azzurra e luminosa della fonte.
“Non era così che mi aspettavo di finire la missione!” urlò Raider parlando in generale, il Capitano parve ignorare le sue parole o semplicemente non riuscì a rispondere a tono.
Un’altra esplosione cambiò ancora la situazione della Sala dell’Acqua: sotto il peso di Raider che si era aggrappato alla ringhiera, quella sezione parve cedette quasi per intero; il soldato scivolò a causa di uno scossone del pavimento facendolo ritrovare a penzoloni con i piedi sospesi sul vuoto e le braccia aggrappate con tutta la forza che aveva.
“Maledizione, ragazzo! Tirati su o cadrai in quella dannata pozza d’acqua! E sono certo che non sia sicuro per la tua salute!” urlò il Capitano insinuando fosse colpa del soldato.
Raider non rispose visto che era troppo concentrato a non cadere, evitò di guardare in basso, non aveva paura dell’altezza ma di certo l’idea di cadere nella venatura di quell’acqua così strana e luminescente lo preoccupava, inoltre, non avrebbe saputo come uscire da là senza l’attrezzatura da scalata adatta.
"Ci. Sto. Provando!” disse il soldato a denti stretti, ma ad ogni tentativo di alzarsi pareva che la ringhiera cedesse ancora un po’ abbassandosi sempre di più, la sezione nel quale si era aggrappato era quasi del tutto piegata e pronta a spezzarsi. 
Il Capitano gli lanciò un ultimo sguardo, cercando di avvicinarsi a sua volta, poi allungò la mano verso di lui, Raider si sporse in avanti per cercare di afferrarla, ma quell’ultimo movimento provocò il crollo della ringhiera: si spezzò di netto cadendo verso il fondo.
“Raider!” 
Il soldato non riuscì a capire chi avesse urlato il suo nome, era solo un eco distante visto che la sua mente era solo concentrata sulla caduta che stava per fare, fu come se il tempo si bloccasse: il Capitano obakon si fece sempre più distante mentre lui cadeva sempre più in basso verso la venatura d’acqua azzurra, ci fu un lungo fischio nelle sue orecchie, poi il suo corpo si ritrovò completamente immerso.
Era avvolto da una luce accecante che mischiava insieme i colori dell’acqua, era protetto dal casco ma la luce quasi lo accecava; sentiva il suo corpo cadere sempre più in basso, come se fosse trascinato da qualcosa, nonostante i suoi sforzi di tornare a galla, sembrava inutile.
 
***
 
C’era qualcosa di strano: il soldato sapeva di essersi immerso in quella grande vasca scavata tra le rocce che aveva visto dalla Sala dell’Acqua, tuttavia, non aveva la sensazione che il suo corpo fosse circondato da alcun liquido. Era come trovarsi nello spazio, circondato da una gravità assente e da luci azzurre. 
“Dove diavolo mi trovo?” pensò cercando di scorgere i movimenti tra le onde dell’acqua, era bastato qualcosa per distrarlo dal tentativo di risalire, anche se in effetti, non era certo di essere cosciente. “Forse sono svenuto? Il casco non ha fatto entrare l’acqua. Quindi non può essere!” pensò ancora cercando di darsi una spiegazione, ma nulla aveva senso.
Improvvisamente, la luce azzurra svanì lasciandolo in uno stato di semi-oscurità, i toni chiari si trovavano alle sue spalle e lui sembrava immerso nello spazio profondo ora; riusciva a vedere le stelle lontane come se fossero accanto a lui, e anche i pianeti, mondi che non aveva ancora esplorato. Accanto a lui, una nave da guerra passò a tutta velocità. Gli gettò un rapido sguardo e capì che i suoi sistemi erano spenti, come se si fosse lasciata andare.
Raider osservò l’immagine con confusione, la nave da guerra non aveva nessun colore che gli ricordasse la sua provenienza eccetto quello di un volto sbarrato diagonalmente da linee rosse; la sua avanzata era diretta contro un pianeta blu elettrico che sembrava fatto di cristalli brillanti, anche se da quell’altezza poteva vedere lo strato di nubi delle perturbazioni atmosferiche che lo circondavano. Poi ci fu l’impatto.
L’esplosione di fuoco e fiamme non si limitò a squarciare il cielo sopra il pianeta in questione, dalle sue ceneri lentamente, Raider vide comparire un disco che di pura energia nera, avvicinandosi mentre fluttuava, il soldato realizzò che il disco si stava trasformando in un cerchio e ancora più attentamente in una sfera che sembrava bucare lo spazio vero e proprio.
Raider aveva sentito parlare molto dei buchi neri ma non ne aveva mai visto uno con i suoi occhi visto che nel Sistema Sol non esistevano luoghi di quel genere. Il buco nero aveva completamente eroso il pianeta sul quale la nave da guerra si era abbattuta trasformandolo in cenere che aveva formato l’anello di detriti tutto intorno ad esso.
Continuando ad osservare, il buco nero risucchiò le tre lune intorno al pianeta, poi l’intero Settore parve collassare su sé stesso venendo risucchiato in quel punto oscuro della galassia. Non c’era nulla che il soldato avrebbe potuto fare ma cercò un modo per raggiungerlo.
L’universo attorno a Raider scomparì ancora una volta, stavolta il luogo nel quale si ritrovava era diverso da quello che aveva appena visitato ed ebbe la possibilità di tornare in piedi. Era un corridoio elegante, pieno di mobilia antica e lussuosa. Vi erano grandi lampadari e una porta molto alta ornata di arazzi che raffiguravano la razza eteren, come ormai aveva imparato a riconoscerli.
Raider venne spinto all’interno di quella porta da una forza invisibile e quasi si sentì il corpo indolenzito ritrovandosi in una gigantesca sala completamente oscurata, vi era una luce fioca che sembrava provenire dall’esterno, le alte finestre che mostravano il cielo. I deboli raggi di luce sembravano appartenere alla luna e col il suo chiarore, Raider riuscì a vedere degli oggetti tra le ombre.
“Non sono oggetti. Sono cadaveri!” pensò cercando di avvicinarsi, aveva ripreso la piena coscienza del proprio corpo e gli sembrava di percepire ogni dolore della caduta da impatto. Indossava sia la corazza che il casco anche se non si azzardava a toglierlo.
I cadaveri erano combattenti, soldati dalla pelle blu che vestivano corazze imperiali, armati di pistole e spade come se fosse una corte medievale. Raider non sapeva di che luogo si trattasse ma continuando a camminare, la sua vista trovò la meraviglia in fondo alla sala.
Un magnifico trono, gigantesco e composto da decorazioni e ornamenti fatti d'oro si trovava appena sopraelevato da alcuni gradini; Raider si avvicinò al trono con gli occhi sbarrati, aveva il desiderio di toccare quelle decorazioni con le mani, come se avessero un qualche potere nascosto. Poi, notò la presenza di una corona su di esso.
Era leggermente appoggiata ad un bracciolo ed era visibilmente insanguinata, ma non era rosso come quello degli umani, bensì blu come quello che dai cadaveri dei soldati eteren era sparso per la sala. “Questa corona apparteneva a qualcuno. Un re o una regina?” si chiese senza poter capire, neanche quel luogo era reale.
“Ehi tu, ragazzo! Sono qui!” disse qualcuno alle sue spalle, Raider si voltò sentendosi chiamato e vide il Capitano Kellan fissarlo con i suoi occhi rossi mentre gli correva contro. Quell’immagine appariva diversa dal mondo che lo stava circondando, sembrava reale. “Avanti, non possiamo restare qui! Questo luogo non esiste!” gli urlò ancora.
Raider non sapeva esattamente cosa fare, ma raggiunse la consapevolezza che l’obakon aveva ragione e che doveva trovare il mondo di andare via da quella sala. Si apprestò a correre contro il guerriero e la sua immagine scomparve l’istante dopo. Questo non frenò la corsa del soldato che cercò l’uscita.
Si ritrovò circondato ancora una volta dalle tenebre oscure, per poi ritrovarsi immerso nella luce azzurra dell’acqua della Fonte; il suo corpo aveva ripreso a fluttuare nel vuoto, poi nuovamente qualcosa parve trascinarlo via, due mani che lo avevano afferrato dal braccio strattonandolo con forza verso l’alto.
Infine la luce si dissolse facendo ritrovare Raider con il visore del casco schiacciato contro la parete di roccia.
Passò un lunghissimo istante prima che il soldato riuscisse a ritrovare la piena coscienza, per lui era difficile capire se si trovasse o no ancora immerso in quella sorta di visione. Tuttavia, i suoni di allarme del monastero e la voce rozzo del Capitano Kellan sembravano dei buoni motivi per credere che fosse in qualche modo “tornato alla realtà” anche se non si capacitava di quello che aveva visto.
“Andiamo, Pasticcino! Non posso mica trascinarti per queste grotte! Te l’ho detto: restami vicino e non verrai divorato!” disse il Capitano prendendo il giovane soldato per la spalla e strattonandolo con forza, fu sufficiente per far capire a Raider di essere davvero cosciente.
“Ho visto qualcosa…” furono le prime e più sensate parole che riuscì a dire, aveva lentamente ripreso sensibilità agli arti e con le mani stava cercando di aggrapparsi a qualcosa di solido per potersi tirare su, le dita gli facevano stranamente male. “Delle visioni.” Disse lui, poi una fitta lancinante alla testa quasi lo immobilizzò.
Si fece forza come poteva riuscendo a mettersi in piedi con le ginocchia saldate sulla roccia del satellite, cominciò a mettere a fuoco l’ambiente intorno a lui e sembrava che si trovassero in una grotta molto larga e completamente buia se non fosse per la luce del casco di Kellan che illuminava l’intero corridoio.
“Dove siamo finiti?” chiese Raider. Il suo impianto probabilmente era stato danneggiato visto che le pillole che aveva preso prima di scendere lo avrebbero fatto stare bene almeno per diverse ore. Il soldato si accertò che la sua pistola fosse ancora nella fondina e la ritrovò semplicemente affidandosi al tatto delle mani guantate. 
“Sei caduto nella Fonte della Vita. E mi sono tuffato come un idiota per salvarti il culo, Pasticcino.” disse il Capitano Kellan in tono elusivo, Raider ricordava che anche lui era presente nella grande sala del castello dove si trovavano tutti quei corpi degli eteren. “Non ho mai fatto nulla di simile, ma devo dire che mi ha dato una scarica di adrenalina fino al cavallo!” aggiunse lui cercando di ridacchiare, come se l’esperienza fosse stata davvero divertente. Raider non era d’accordo.
“Tu eri nella visione con me!” disse ignorando le sue parole, l’obakon a quel punto si immobilizzò nel mezzo del passaggio, il soldato lo stava seguendo avendo attivato a sua volta la torcia elettrica nella parte superiore del casco per illuminare la grotta.
L’espressione di Kellan era impossibile da vedere visto che il suo visore aveva una pellicola cromatica che dall’esterno impediva di vedere il volto di chi lo indossava. Ma l’incertezza nei suoi movimenti, fu una chiara conferma da parte di Raider.
“Anche tu hai visto l’esplosione? E tutto quel sangue? E il trono?” chiese rapidamente il soldato cercando di condividere con l’altro la sua incertezza, tuttavia l’obakon scosse il viso.
“Per ora non abbiamo tempo per pensarci. Usciamo da qui prima che ci trovino i nostri nemici!” disse Kellan, stavolta sembrava meno esuberante di prima, come se si fosse reso conto della gravità della situazione. Le esplosioni erano generate da un assalto.

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Capitolo 15
*** Capiitolo Quattordici: Collaborazione non richiesta ***


Capitolo Quattordici
Collaborazione non richiesta
 
 
 
 
 
 
 
 
Settore Ponente
Monastero Awanki – grotte della Fonte
 
Il Capitano Kellan si fece avanti all’interno della grotta che sembrava non aver subito alcun intervento da parte delle creature: l’erosione dovuta alla Fonte della Vita aveva creato quel reticolo di corridoi naturali e grotte che nessuno aveva mai esplorato fino a quel momento. Raider si sentiva un pioniere, anche se la situazione sembrava più critica di quello che pensava.
“Il bagliore della Fonte sparisce in questo punto, ci siamo allontanati troppo.” pensò Raider debolmente voltandosi alle spalle, avevano appena girato l’angolo mettendosi dietro la Sala dell’Acqua, tuttavia, un dubbio più grande assaliva il giovane soldato.
“Dove ci porta questa strada? C’è un modo per ricongiungerci agli altri?” chiese Raider al Capitano. Kellan però fece spallucce, lasciando il soldato con un misto di preoccupazione e confusione. “Stiamo avanzando alla cieca!?” chiese ancora, stavolta una stonatura di paura gli aveva riempito la voce mentre il suo respiro era affannato.
A quell’accusa, il Capitano parve reagire come se l’avesse considerato un insulto personale voltandosi verso il soldato e rivolgendo la luce del casco e l’indice contro di lui.
“Ehi! Ti sembra che io sia una guida turistica? E poi non siamo ciechi. Abbiamo la luce e sappiamo che sbucheremo da qualche parte. Forse nello spazio profondo o forse vicino la tua nave!” disse Kellan in risposta, era evidente che le razze aliene nel Sistema Bael non avevano appreso cosa fosse l’umorismo umano con i suoi modi di dire.
“Non intendevo dire che eravamo ciechi… Ah! Lascia perdere.” Disse infine il soldato, un rumore in fondo alle gallerie riportò entrambi all’attenzione facendoli voltare verso l’origine del suono. Non ci fu il tempo di aggiungere parole che subito un altro suono simile al primo echeggiò all’interno delle gallerie costringendo i due a guardarsi.
“Per la Roccia Sacra che roba è?” sussurrò Kellan al soldato, dava molto l’impressione di un’imprecazione. Raider gli fece segno di fare silenzio in modo da tendere l’orecchio e ascoltare attentamente.
I suoni erano di origine meccanica e si facevano sempre più vicini come se stessero avanzando alla caccia di qualcosa, Raider aveva realizzato che loro erano le prede intrappolate come topi nel reticolo delle grotte e che li avevano trovati.
“Tieniti pronto!” disse il soldato, non ci fu effettivamente il tempo di aggiungere altro visto che la parete rocciosa alla loro sinistra esplose costringendoli a separarsi, Raider si gettò all’indietro estraendo allo stesso tempo la propria pistola a fotoni mentre Kellan si gettò in avanti nel tunnel estraendo il suo fucile d’assalto.
Raider aveva visto ben poco della tecnologia degli obakon e tantomeno aveva appreso nozioni sui loro armamenti: il fucile d’assalto era più grosso rispetto a qualunque altro, aveva due impugnature per una presa salda e un caricatore a fotoni come quello che il soldato aveva nella sua pistola; anche la canna da fuoco era più larga e vi erano quattro uscite supplementari, come se potesse sparare cinque colpi insieme.
“Maledizione chi è che ci sta attaccando? C’è troppa polvere!” urlò il Capitano obakon continuando una serie di imprecazioni che però il traduttore di Raider non riusciva a capire, con sua fortuna. Il soldato si concentrò sull’effetto dissipato della roccia e vide i loro avversari.
I droidi da combattimento avevano l’aspetto umanoide, interamente rivestiti da piastre metalliche e con le aperture per gli occhi coperte da un vetro di colorazione gialla, come se fosse in allerta, nel momento in cui i droidi uscirono dalla cavità e videro i loro bersagli, la colorazione del vetro divenne rossa segnando un pericolo.
“Credo siano nemici! Distruggiamoli prima di morirci qua dentro!” disse Raider rivolgendosi al compagno di sventura, avrebbe dovuto fare molta attenzione: i droidi non avevano necessita di ossigeno e avrebbero mirato per uccidere, se lui avesse subito danni al casco sarebbe morto nel giro di pochi istanti senza aria.
“Bersagli agganciati: presenza del Soggetto Alpha assente. Confermato l’ordine di eliminazione!” disse la voce metallica di uno dei droidi che si era avvicinato a Raider, erano almeno in tre e tutti armati, chi con una pistola, chi con un fucile e chi invece con due lame al posto degli avambracci. Iniziò lo scontro!
Raider mirò al primo dei suoi bersagli scegliendo quello al centro con il fucile: fece fuoco con la pistola a fotoni e i proiettili di luce volano direttamente contro il suo bersaglio andando a perforare le braccia e il petto senza però colpire punti vitali, il liquido funzionale nero scorreva fuori dal droide che però non fece fuoco a causa dei danni.
Raider si mosse rapidamente sfruttando il potere della Materiaoscura con la mano libera: concentrò la potente energia cosmica sferrandone un colpo contro l’altro droide armato e sprigionandolo a tutta velocità come un proiettile; l’energia oscura esplose sul volto del robot che cadde a terra, decapitato e lamentandosi del mal funzionamento dei propri impianti.
L’ultimo droide corse sferrando i suoi colpi di lama contro Raider che subì dei danni agli scudi, in un primo momento impossibilitato a respingerli; il soldato evocò ancora l’energia oscura scagliandola contro il bersaglio ma quel robot fu più veloce ed evitò il colpo che si andò ad infrangere contro la parete di pietra.
“Vuoi danzare? Bene, allora balliamo!” gli disse Raider sfidando il robot, anche se quello non avrebbe potuto capirlo. Il soldato ebbe abbastanza prontezza per sparare i colpi fotonici che presero in pieno petto il droide che cadde su un fianco per la ferita.
La creatura metallica mosse l’avambraccio cercando di colpire il soldato alle gambe e danneggiando la totalità degli scudi che impedirono alla lama di raggiungere la corazza e i punti vitali. Il soldato sferrò un calcio al robot facendogli volare via il braccio, poi con la forza dell’energia oscura caricò il proprio pugno che si infranse contro la testa del droide devastandolo e spegnendolo all’istante.
“Elimina-re. Ucci-dere. Bersa-glio.” Le parole confuse del drone ancora rimasto in vita riportarono il giovane soldato alla realtà facendolo voltare e sparando gli ultimi colpi nel caricatore, eliminandolo all’istante, questo gli permise di vedere lo scontro del Capitano.
L’arma di Kellan in effetti era modificata e veramente portentosa: l’obakon danzava in maniera goffa evitando i colpi dei droidi armati con le lame che si infrangevano contro le pareti, lui poi caricava il colpo di fucile e sparava cinque colpi nello stesso istante, seguendo la raffica di proiettili che ne seguiva dopo. Aveva ucciso l’ultimo dei suoi bersagli.
“Sei. Ne ha fatti fuori più di me e in meno tempo.” Si disse Raider, aveva il fiatone pesante, nonostante gli addestramenti seguiti, era solo la seconda volta da quando era su Bael ad aver partecipato ad uno scontro a fuoco e il suo impianto si era rivelato ancora una volta all’altezza.
Kellan lo guardò ridacchiando e facendo una sorta di danza della vittoria sui corpi dei robot. “Accidenti, Pasticcino! Io e te siamo stati grandi! Nessuno della mia squadra ha combattuto come hai fatto tu e quel potere!? Mai visto nulla di simile!”
Raider in effetti si era davvero divertito nonostante avesse pensato di essere in difficoltà. Era abituato a lavorare nelle squadre ma mai in un duo di persone. Così come era successo con Seeryn nella banca dati su Cratere Viandante, Raider si era goduto ogni istante della lotta.
“Sei stato bravo anche tu. Ma non capisco perché mi chiami Pasticcino; io ho un nome!” disse il soldato avvicinandosi al Capitano obakon, nello stesso tempo, i due si trovarono davanti l’apertura creata dai droidi avversari che sembravano aver scavato un passaggio tra le grotte per scendere fin là sotto.
“Boh. Voglio dire, voi umani siete fragili e avete le ossa morbide come quelle di una torta, non come noi obakon. E poi hai i capelli color miele e mi ricorda che oggi non ho fatto colazione. Direi che è tutto.” disse Kellan entrando per primo all’interno del tunnel, Raider lo guardò quindi alle spalle scuotendo il viso e avendo un’espressione confusa.
“Ma questo non ha senso!” Disse Raider con un mezzo sorriso, in fondo non se ne sentiva offeso visto che il nomignolo affidato dalll’obakon aveva un qualcosa che lo rendeva più amichevole.
“Pensiamo ad uscire da qui! Se questi droidi ci hanno trovato qua sotto, allora non metto in dubbio che ce ne saranno altri pronti a darci la caccia!” disse Kellan, il soldato fu subito dietro di lui.
“C’è qualcosa che non mi torna: quel robot ha detto qualcosa sull’identificazione. È la mia impressione o stanno cercando qualcuno per catturarlo vivo se dovessero trovarlo?” chiese Raider posando la propria arma nuovamente nel fodero, la grotta fece un’improvvisa curva facendo ritrovare i due in uno spazio cavo che sembrava scavato su livelli. 
“Hai ragione, non ci avevo pensato. Forse sono gli Stagazer che stanno cercando quell’umano dalla testa pelosa: la sua barbetta è insidiosa e nasconde la sua vera espressione.” Disse l’obakon voltandosi verso Raider come per cercare una conferma nel suo sguardo. “Mio nonno diceva sempre di non fidarmi di chi nasconde il proprio sorrisetto. Nasconde la verità della propria anima alla Roccia Sacra. Tutte stupidaggini, però è un tipo che nasconde dei segreti!”
Raider ne era certo, c’erano tante cose della personalità di Jayson Powell, o Hunter come voleva farsi chiamare, che lo rendevano molto sospetto. Eppure, nei brevi momenti in cui avevano parlato, sembrava essere un ragazzo simile a lui.
“Non credo che siano gli Stagazer. Ne avremo la conferma solo una volta che saremo usciti da queste caverne suppongo; a proposito: dove si va adesso?” chiese Raider guardandosi intorno, c’erano degli altri tunnel che sembravano portare verso l’alto, il problema era capire quale li avrebbe portati all’esterno.
“Se il mio istinto è giusto, e solitamente non lo è, dovremmo andare da questa parte!” disse Kellan indicando una delle aperture, Raider lo fissò per un lungo istante tendo un sopracciglio alzato e fissandolo con sarcasmo. “Che c’è?” chiese innocentemente l’obakon con la sua voce rozza e roca. Il soldato però scosse il viso.
“Non ho idea di dove potrebbe condurci. Quindi mi affido a te sperando che non mi porti a morte certa!” disse Raider, anche se non ne era così tanto certo della riuscita della loro evasione. Kellan ridacchiò ancora una volta e prima che potesse aggiungere altro, i suoni meccanici dei droidi echeggiarono nella grotta.
“Sono ancora loro. Localizziamo da dove stanno arrivando a prendiamo quella via." Disse Raider, il soldato si trovò spalle contro spalle dell’obakon che stringeva il suo fucile modificato tra le mani pronto a colpire al minimo movimento nemico.
I robot li assalirono da un corridoio sulla destra, in una direzione che nessuno dei due sventurati compagni stava sorvegliando; si trovarono incerti nei primi istanti quando due droidi fecero il loro ingresso sparando a tutta forza contro chiunque fosse nella grotta.
Raider si gettò ancora una volta di lato subendo una minima perdita degli scudi e con la corazza effettivamente danneggiata dai proiettili che lo avevano preso di striscio; altri droidi entrarono nella grotta e il soldato fece fuoco con la sua pistola concentrandosi su uno.
Gettando un’occhiata di lato, Kellan stava muovendo il fucile con maestria, i suoi cinque colpi sparati nello stesso istante investirono i droidi riuscendo ad abbatterne uno dopo aver perso l’uso delle gambe, poi la successiva raffica ne distrusse l’integrità ed eliminò un secondo. Il Capitano ridacchiò e proprio mentre si stava concentrato con un nemico, un robot gli comparve alle spalle cogliendolo di sorpresa.
Raider non esitò limitandosi ad agire: con l’uso dell’energia oscura concentrò la sua forza nella gravità che circondava il droide sollevandolo da terra, i suoi proiettili colpirono il vuoto della grotta. Il soldato strinse la presa attorno al robot e con forza lo tirò verso il basso facendolo schiantare al pavimento.
Kellan si voltò appena in tempo per vedere Raider che sparava due colpi in testa distruggendo il cranio del droide. “Grazie, Pasticcino!” disse amichevolmente, stavolta Raider si lasciò sfuggire un sorriso e tornò a concentrarsi sullo scontro.
Impiegarono pochi minuti a sopravvivere allo scontro con i robot assalitori, stavolta il numero era stato superiore ma Raider aveva già ripristinato i propri scudi cinetici attraverso l’input d’emergenza. Anche la corazza di Kellan sembrava aver subito parecchi colpi, ma non aveva ulteriori scudi a difenderlo ormai.
“Aspetta un attimo: voglio vedere se riesco ad estrarre dei dati dal loro nucleo. Forse possiamo capire chi o cosa stanno cercando!” Disse Raider facendo segno di aspettare al Capitano. Quello si limitò ad annuire facendo come gli era stato chiesto; Raider non era un esperto tecnologico ed era più bravo con le armi, ma nella sua esperienza aver avuto buoni amici nel Sistema Sol che gli avevano insegnato alcune cosette ed era il momento di metterle in pratica.
“Fatto. Possiamo andare!” disse una volta che ebbe estratto l’unità dati del drone, erano una serie di calcoli probabilmente, ma i suoi comandi avrebbero potuto rivelare altro.
L’ultimo corridoio scavato nella roccia andava finalmente in salita. Dopo quelle che sembravano diverse ore nell’oscurità dissipata dalla luce dei caschi, Raider e il Capitano raggiunsero l’apertura che dava sull’esterno. Il soldato corse rapidamente verso la cima oltrepassando l’apertura sentendo il cuore alla gola, loro avevano avuto diversi problemi con i droidi dentro di sé sapeva che non erano i soli in pericolo e che anche gli altri sulla nave avrebbero dovuto lottare.
L’apertura si affacciava ad una decina di chilometri di distanza dalla nave da ricognizione che avevano utilizzato per atterrare su Leonna, Raider poteva vederla nella pista d’atterraggio che si stava apprestando alla partenza: i motori erano accesi.
“Vogliono lasciarci qui! Ci dimenticheranno su questo buco di luna!” urlò il Capitano Kellan in preda al terrore, Raider non si fece distrarre dal suo negativismo; non molto distante dalla nave, sulla superfice di Leonna, delle navette stavano lasciando il territorio alzandosi in volo verso una nave d’assalto maggiore a diversi chilometri di altezza.
Raider riconobbe subito la nave della sua visione visto il simbolo del volto sbarrato da linee rosse sulla fiancata!
“Resta calmo. Provo a contattarli.” Disse il soldato in risposta, ci aveva provato durante tutto il percorso nelle caverne ma l’assenza di segnale aveva limitato le comunicazioni. Fino a quel momento.
“Sono Raider King, sono qui con il Capitano Kellan della compagnia obakon. Siamo sul versante della montagna. Richiediamo l’estrazione immediata, passo.” Disse il soldato parlando con decisione nel suo microfono, ci fu un lungo istante di silenzio che fece credere a Raider di essere rimasto solo.
Poi le interferenze spaziali svanirono e una voce femminile rispose alla chiamata del soldato. “Qui dottoressa Seeryn. Mi fa piacere sentirti, Raider. Credevamo di averti perso. Ti veniamo a prendere subito.” Rispose lei, quelle parole fecero sospirare di sollievo il giovane soldato che si sentì le spalle pesanti.
“Perfetto. Ci sono state perdite?” chiese ancora.
“Alcuni, sì. Soprattutto i monaci obakon. Hunter è ancora con noi.” disse Seeryn e Raider si sentì quasi sollevato sapendo che sia la dottoressa che il pirata stavano bene. 
Non vedeva l’ora di lasciare quella luna!

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Capitolo 16
*** Capitolo Quindici: Rivelazioni ***


Capitolo Quindici
Rivelazioni
 
 
 
 
 
 
 
 
Settore Ponente
Nave da ricognizione – direzione Centro Operativo
 
Lo schermo bluastro mostrava quella luce piatta, snervante nell’attesa che la direttrice potesse finalmente essere contattata. Raider se ne stava al centro di tutto, nella sala operativa della nave. Il comandante gli aveva lasciato spazio mentre si dedicava al rientro nella base della OST a distanza di alcune ore dalla posizione attuale.
Il volto di Cordelia comparve poi sullo schermo, aveva i capelli sciolti e i fili d’argento le ricadevano sul volto in mezzo al castano chiaro, la sua espressione era incerta ma anche decisa, pronta ad ascoltare quello che aveva potuto leggere nel rapporto inviato da Seeryn. 
La dottoressa eteren se ne stava in un angolo, tenendo le braccia al petto e una gamba che incrociava l’altra poggiando solo la punta dello stivale sul pavimento. Il suo sguardo violaceo era perso nel vuoto, quando la comunicazione era iniziata, sembrava essersi risvegliata da una specie di sonno.
“Buonasera, Raider. Sono lieta di sapere che stai bene, un assalto di questa portata al monastero è stato sicuramente organizzato, non può essere opera di dilettanti.” Disse la direttrice, indossava la solita divisa dalla colorazione totalmente viola e tra le mani stringeva il proprio tablet. Raider vide che alle sue spalle, la finestra mostrava un ambiente scuro e un cielo stellato. “Dal vostro rapporto, mi pare di capire che gli Stargazer sono fuori da questa storia, ma ciò non toglie che Jayson Powell è comunque colpevole di pirateria spaziale!”
Raider spostò il suo sguardo verso Hunter che se ne stava in un non molto distante, era seduto per terra con le gambe incrociate sotto il suo peso come se fosse in meditazione. Teneva le mani davanti al viso e la schiena curva in avanti, mascherava la sua espressione anche se i movimenti sul suo volto indicavano un certo grado di agitazione, o forse solo stanchezza per la battaglia affrontata.
“Seeryn mi ha detto che ha collaborato con le nostre unità salvando anche il comandante. Questo ci può far mettere il beneficio del dubbio sulle sue azioni.” Disse diretto Raider.
“Con un’arma non autorizzata, soldato King.” Precisò la direttrice trattandolo con freddezza e distacco. “Il prigioniero si è impossessato di una spada e con quella lama avrebbe potuto scegliere di trafiggere i nostri, se non avesse avuto buon senso.” 
“Confido comunque nelle sue intenzioni. Ma non siamo qui per parlare di questo, direttrice. Abbiamo fatto scoperte che potrebbero cambiare la situazione in tutto il Sistema Bael!” disse Raider dirottando le attenzioni della donna sul vero tema del rapporto; con un ultimo sguardo, il soldato vide che Hunter era privo di armi da quando era salito ancora a bordo della nave e che indossava ancora le manette per limitare il suo innesto totale. Il pirata alzò lo sguardo incrociando quello di Raider e limitandosi ad ammiccare tranquillamente.
“La Fonte della Vita è sacra per gli eteren, direttrice umana. Ma per i monaci della mia specie lo è ancora di più!” disse il Capitano Kellan avvicinandosi finalmente allo schermo, si era spogliato della sua corazza da guerriero restando con indumenti più comodi e scuri che presentavano degli aloni di sudore. La pelle squamosa dell’alieno ricopriva anche le sue braccia, oltre il viso, e una leggera peluria fuoriusciva da alcune squame come la barba degli umani.
“La visione sul futuro.” Ripeté Cordelia, a quel punto l’intervento di Kellan andò di pari passo con quello di Raider che parlò subito dopo.
“Non saprei dirti se è davvero il futuro prossimo, direttrice. Ma quello che abbiamo visto è cristallino: il pianeta sul quale si schianta l’ordigno che genererà un buco nero immenso! Nei piani di questa organizzazione malvagia c’è anche quello di uccidere la Regina degli eteren sul suo stesso palazzo. Non sono semplici avvertimenti!”
“Non avrei mai creduto di poterlo dire, ma Pasticcino ha ragione!” disse il Capitano Kellan rivolgendosi al soldato, lo guardò sarcasticamente lasciandosi poi sfuggire una mezza risata soffocata dall’idea di essere in presenza della direttrice. “Non sono un vero fedele e penso che pure la storia della Roccia Sacra sia una stupidaggine; ma quello che ho visto… era incredibilmente reale!”
“E c’è dell’altro, direttrice.” Intervenne Seeryn spostandosi anche lei in avanti, stavolta raggiunse i due già presenti davanti lo schermo. Mise mano al proprio braccio evocando una serie di ologrammi e digitando velocemente i tasti tra di essi. “Raider è riuscito a recuperare una parte dell’unità di memoria dei droidi d’assalto. Stavano cercando una persona per catturarla: Allyson Morgan.”
Quando Raider era salito sulla nave da ricognizione, si era subito affidato alla donna blu per cercare di estrapolare qualsiasi informazione potesse essere d’aiuto. Ma Seeryn aveva conoscenze molto limitate su quella tecnologia e l’aiuto vero e proprio era venuto proprio da Hunter, che in quanto pirata, aveva impiegato pochi minuti prima di trovare la risposta alle loro domande.
“Anche in questo caso, l’aiuto del prigioniero è stato fondamentale, direttrice. Avrebbe potuto sabotarci e invece ha scelto di aiutarci fornendoci quello di cui avevamo bisogno.” Disse Raider schierandosi ancora una volta dalla parte del pirata, era giusto che gli fossero riconosciuti dei meriti, Raider ne era convinto.
“Anche se tecnicamente le sue conoscenze sono dovute agli anni di pirateria in tutto il sistema. Ma ci sono tornate utili.” Pensò tra sé e sé Raider senza curarsi di esternare quel pensiero. La direttrice era già abbastanza restia nei confronti del pirata, e con buone ragioni.
Di fatto, i pensieri di Cordelia le si leggevano in viso e tra di essi spiccavano preoccupazione e rabbia. Raider inoltre rifletté sulla missione dei robot giungendo alla stessa conclusione della direttrice: se stavano cercando Allyson era a causa della sua abilità segreta della quale aveva parlato diversi giorni prima con Raider prima che partisse per il Cratere Viandante, quando si erano incrociati nella sala d’addestramento.
Allyson gli aveva parlato della sua capacità di potenziamento e del fatto che credesse che qualcuno voleva ucciderla. La ragazza aveva avanzato l’ipotesi che potesse essere qualcuno di interno alla OST di conseguenza anche gli altri nove che erano collegati allo stesso server di capsule avevano rischiato la vita con lei.
“Allyson è stata riassegnata ad un’altra missione. Come ti dicevo, ho creduto che fosse meglio che fossi tu a seguire questa missione fino alla fine del processo. E non mi pento della mia decisione. Mi chiedo che genere di informazioni possano volere da una ragazza come lei…” disse Cordelia con incertezza nella voce, Raider aveva cercato di analizzarla, ma per trarre conclusioni aveva bisogno di parlare con Allyson e l’unico modo per farlo era aspettare che avesse concluso i suoi doveri.
“Questa organizzazione ha basato l’assalto su informazioni certe, direttrice. Sapevano che Allyson sarebbe stata presente, ma non sapevano di questo cambio improvviso. Credo che qualcuno all’interno della OST stia collaborando insieme a questa fantomatica Lega!”  disse schiettamente Raider, non voleva tenere i propri pensieri segreti, ma allo stesso tempo non si fidava di Cordelia, la donna che aveva conosciuto durante l’addestramento prima della partenza era cambiata.
Adesso aveva altre necessità e altri ideali ma Raider non credeva che sarebbe stata in grado di ordire un complotto del genere. L’immagine del cranio umano sbarrato da linee rosse era ancora impressa nella sua mente: la stessa nave della visione era venuta fino a Leonna per trovare la ragazza che aveva l’impianto di potenziamento?
“Calma, soldato King. Non possiamo fare false accuse. Chiaramente c’è stata una fuga di informazioni. Metterò tutti i nostri server sotto controllo, forse si tratta di un’infiltrazione nei sistemi e hanno dirottato il segnale. Sarà mio compito indagare al riguardo!” disse la direttrice, Raider dovette mordersi le labbra, non aveva prove certe dei suoi sospetti e poteva anche essere vero quello che diceva Cordelia.
“E per quanto riguarda il resto?” chiese improvvisamente Kellan, l’obakon era rimasto per tutto il temo in silenzio limitandosi a confermare le parole del soldato annuendo distrattamente quando poteva. “Se le vostre informazioni sono corrette, l’ordigno esploderà nel Settore Levante con la possibilità di distruggere Naxos e inghiottire la mia gente nel nulla! Dobbiamo fare qualcosa!”
“Anche impedire che la nostra Regina muoia sarebbe un bel modo per evitare che il caos dilaghi nel Settore Ponente. A Sivanuria, le caste nobili sono in agitazione per la Guerra di Confine; la nostra flotta non può fare retromarcia proprio adesso!” disse a sua volta Seeryn, sul suo volto si era dipinta un’espressione di preoccupazione.
“Guerra di Confine?” 
“Sì, Raider. In effetti non ne abbiamo parlato, ma è in corso una guerra ai confini del sistema, ancor più distante dello spazio conosciuto oltre i due Settori. C’è stato un Terzo Contatto. Ma questa razza non è amichevole.” disse Seeryn spiegando brevemente, ma il punto della situazione non era quello e Raider tornò ancora con le attenzioni rivolte alla direttrice.
“Per queste due situazioni, cercherò di mettermi in contatto con i vostri leader. Il Consiglio dei Saggi obakon e la Regina Naraisha degli eteren troveranno tutto questo… difficile da capire. Ma non dobbiamo creare allarmismo, vi ricordo che la pace è ancora un filo sottile e questa guerra contro un nemico sconosciuto preoccupa tutti noi.” 
“Quindi dovremmo semplicemente limitarci ad aspettare?”
“Te lo sto chiedendo, soldato King. Lascia la politica a me e sarai informato appena ci sarà da entrare in azione!” rispose ancora freddamente Cordelia, Raider le rivolse un’occhiata in cagnesco sentendo i muscoli tremare per la rabbia, era irritato, ma capiva che fosse l’unica cosa da fare al momento.
“Come ordini!” si limitò a dire lui. “Se non c’è altro allora sono in congedo. E per quanto riguarda il prigioniero?”
“Per le accuse contro gli Stargazer è innocente. Ma per il resto, ho rivalutato la mia sentenza in base alle informazioni che mi hai dato, visto che sembri tenerci tanto!” disse Cordelia, quasi a voler alludere ad un qualche genere di pressione fatta dal soldato per poterlo rilasciare. “Sarà affidato al servizio sotto custodia, lavorerà su Alantarea per la comunità in modo da scontare la sua pena. E tu lo terrai d’occhio!”
A quelle parole, Raider scattò quasi in allarme, sgranò gli occhi incredulo per la missione che la direttrice gli aveva assegnato. “Io? Dovrei fargli da balia in pratica?”
“Visto che sembri tanto convinto delle sue buone intenzioni, voglio che sia tu a sincerartene. Non ho altro da aggiungere, Raider!” disse Cordelia concludendo, l’aver utilizzato il nome del soldato indicava che aveva davvero perso la pazienza e la cosa fece sorridere amaramente il soldato pensava che tutto quel tempo passato a fare la direttrice l’avevano proprio resa una stronza.
“Va bene. Accetto. Passo e chiudo.” Disse il soldato limitandosi a concludere la comunicazione con la direttrice prima che lei potesse aggiungere altro, premette il pulsante e lo schermo si spense. Appena fatto, Seeryn si avvicinò a lui dolcemente allungando una mano per poi poggiarla sulla spalla del soldato.
“Andrà bene, Raider.” Disse lei con un sorriso. Il soldato annuì in maniera distratta, per ringraziarla ma senza dire nulla, sfuggì alla sua mano muovendosi contro il pirata che se ne stava ancora seduto in tranquillità fissando il soldato che si avvicinava.
“Potresti stare buono per qualche ora? Te ne sarei grato.” Disse Raider cercando di controllare il tono di voce, essere messo a guardia di qualcuno ai lavori sociali sembrava più una punizione che un reale merito. “Ho bisogno di riposarmi.” Disse infine, si sentiva stanco e non aveva neanche fatto una pausa dopo l’assalto al monastero. La struttura era stata evacuata del tutto e i restanti monaci obakon si trovavano sulla loro nave, in attesa di sapere dove andare.
Hunter alzò gli occhi guardandolo in volto e facendo spallucce. “Puoi contare su di me. Me ne starò qui buono.” Disse, non c’era inflessione di sarcasmo nella sua voce, Raider apprezzò che l’avesse preso sul serio e si trascinò verso la sua camera senza rivolgere a nessuno di quelli che incontrava la parola.
Il ponte dell’equipaggio era comunque silenzioso, qualcuno era fermo in sala mensa piangendo in maniera solenne i caduti, erano morti tre membri dell’equipaggio durante la battaglia contro la fantomatica Lega col Teschio Sbarrato, se così potevano essere chiamati.
Il soldato arrivò quindi in camera, spogliandosi della corazza e degli indumenti per poter entrare in doccia e ripulirsi di terra e liquido scuro dei droidi che lo avevano imbrattato. Gli parve di muoversi con lentezza, poi una volta che uscì si premurò di tenere l’asciugamano attorno alla vita, cadde tra le coperte del proprio letto e senza neanche avere la forza di vestirsi si addormentò in un sonno profondo.
 

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Capitolo 17
*** Capitolo Sedici: Pausa di riflessione ***


Capitolo Sedici
Pausa di riflessione
 
 
 
 
 
 
 
 
Settore Ponente
Alantarea – colonia di “Terranova”
 
Quella mattina, il sole splendeva alto nel cielo, come la maggior parte di quei giorni che Raider aveva il piacere di passare sulla colonia. Bael illuminava tutto con la sua luce bianca e pura, infrangendosi contro l’atmosfera del pianeta, questa assumeva una colorazione più intensa rispetto alla stella del Sistema Sol; però quella leggera differenza non importava a nessuno degli umani presenti nell’insediamento.
Il soldato si incamminò attraversando la colonia lungo la via principale, costeggiata delle costruzioni edili sviluppate in altezza; erano tutte somiglianti all’esterno e anche la mobilia standard era la stessa negli interni: come la sua abitazione, ogni unità aveva un soggiorno con cucina, un bagno e una camera da letto. Naturalmente, qualcuno aveva acquisito il diritto di costruzioni più grandi, visto che negli anni a seguito del loro arrivo, erano nate anche delle famiglie.
“Chissà se un giorno toccherà anche a me. Non mi dispiacerebbe metter su famiglia. Forse posso pensare a nuovi progetti, avendo trovato la mia nuova normalità.” Pensò tra sé e sé Raider. Svoltò l’angolo della strada per avvicinarsi al centro d’addestramento, il luogo in cui i soldati come lui si ritrovavano al mattino per prendere servizio.
Inoltre, Hunter era stato spostato all’interno di una delle celle di detenzione nella struttura, avendo comunque un posto molto migliore di quello che aveva sulla nave da ricognizione durante il loro viaggio verso la luna di Thapsos.
Quando entrò nel centro d’addestramento, Raider avvertì subito un profumo diverso, simile a quello di un prodotto per ambienti e per lavare il pavimento, misto all’odore metallico dei pannelli. Era piacevole e l’ambiente aveva la stessa temperatura esterna. Davanti il banco del ricevimento, Raider con sua sorpresa trovò una figura femminile che non vedeva da prima di partire.
“Allyson. Non ci vediamo da un po’.” Disse lui amichevolmente, la ragazza dai capelli verde acqua si voltò lentamente fissando il giovane soldato biondo con i suoi occhi chiari e brillanti.
“Raider! Sono rientrata ieri sera in effetti. Come stai? Non sapevo che prestassi servizio a Terranova.” Disse la ragazza incuriosita, probabilmente le notizie non giravano rapidamente e nessuno l’aveva informata del nuovo compito del soldato.
Allyson indossava la divisa della OST avendo però lasciato la corazza da qualche altra parte: una canottiera femminile che le metteva in risalto il busto e una tuta che aderiva alle gambe, un paio di stivali comodi, tutto sui toni bianco e viola e con lo stemma sul petto.
“Tutto bene, ho avuto un po’ da fare. In effetti, Cordelia mi ha assegnato un incarico di urgenza massima: fare da balia al pirata degli Stargazer che ho catturato sul Viandante.” Disse lui in risposta, lei annuì come se non fosse del tutto sorpresa di quell’evento. Qualcosa che fece pensare a Raider che lo avesse fatto qualcosa di simile anche con lei.
Il soldato nel frattempo si avvicinò al banco del ricevimento, prese uno dei tablet confermando la sua identità tramite scansione della retina e inizializzando il programma sul quale avrebbe dovuto appuntare a fine giornata i processi e i rendimenti del prigioniero: era il primo giorno che avrebbe lavorato accanto al pirata.
“Ho saputo dell’assalto su Leonna. Al Monastero Awanki. Sono felice che tu stia bene, mi spiace che ci siano state delle perdite!” disse lei commentando con tono grave, sul viso le comparve un alone scuro, come se percepisse un dolore.
“Non ti nascondo che è stata dura: devo ringraziare il Capitano Kellan se sono riuscito a salvarmi. O sarei rimasto intrappolato nelle caverne della luna, o peggio…” disse Raider vago, aveva appreso che il Capitano degli obakon era rimasto al Centro Operativo per parlare con la direttrice. Ma Raider non aveva indagato oltre.
“Cosa è successo?” chiese lei, voltandosi e abbandonando insieme al soldato la postazione, entrambi seguirono il corridoio all’interno del centro d’addestramento che li portava nel blocco delle celle, con sorpresa di Raider, alcune erano già con degli ospiti. Lui sapeva che il suo prigioniero era in fondo al corridoio.
“Sono caduto nell’acqua della Fonte della Vita. Non so se credere o meno alla roba spirituale che dicono su di essa, ma posso dirti… che ho avuto una specie di visione!” disse Raider, parlarne con Allyson era liberatorio, visto che anche lei aveva forti sospetti, come se qualcuno stesse muovendo fili di una trama più complessa.
“Cosa hai visto?” chiese ancora. Raider aveva quelle immagini impresse nella memoria, e se insieme a lui non le avesse viste anche il Capitano obakon, avrebbe pensato di esserselo completamente sognato, o che fosse impazzito. Le disse quindi della nave che si schiantava sul pianeta generando quel buco nero, le parlò della visione della sala del trono insanguinata e delle preoccupazioni dei suoi alleati.
“E non è tutto.” Disse lui con pesantezza nella voce poco prima di arrivare alla cella. “I droidi stavano cercando una persona. Lo abbiamo letto tramite i dati recuperati delle loro unità di memoria. Cercavano te!” disse infine, ci aveva pensato a lungo se dirle o meno delle sue scoperte, ma la ragazza era stata sincera con lui fin da subito  e quindi avrebbe ricambiato evitando i segreti.
Allyson si fermò in mezzo al corridoio e guardò un punto vuoto nella parete di fronte a lei, per la preoccupazione, cominciò a mordicchiarsi il labbro. “Qualcuno sa del mio potere, Raider. E forse ho messo in pericolo anche te parlando del mio segreto.” Disse, era come se il panico le avesse inghiottito lo sguardo, ma riusciva comunque a mantenere una compostezza e una tranquillità di ghiaccio.
“Nessuno di noi è in pericolo. Ma questa situazione è molto strana, Cordelia ci sta nascondendo qualcosa. All’improvviso sei stata assegnata ad un’altra missione ma qualcuno deve aver detto alla Lega che saresti stata sulla luna di Thapsos.” Disse il soldato cercando di essere convincente, la ragazza lo fissò negli occhi e annuì, lasciando da parte ogni dubbio e incertezza. Improvvisamente poi il suo bracciale squillò.
“Devo andare, Raider. È una chiamata importante. Ci vediamo presto allora, okay?” disse lei allontanandosi nel frattempo dal soldato, lui le annuì salutandola con un cenno di mano per poi tornare ancora una volta al suo compito.
Raider si avvicinò al terminale per la scansione della retina sbloccando in questo modo la porta che teneva Hunter al suo interno: il tablet si era illuminato mostrando per intero il fascicolo di Jayson Powell che veniva descritto in maniera diversa.
Quando il soldato entrò dentro la stanza, vide il pirata chinato sul terreno intento a fare delle flessioni, si era naturalmente accorto dell’apertura della porta e aveva rivolto un breve cenno ma non si interruppe in modo da non perdere il conto: Raider rimase a fissarlo, incuriosito e allo stesso tempo interessato.
Quando Hunter ebbe terminato ritornò quindi in piedi accorgendosi di essere stato sotto l’occhio vigile del soldato: aveva un fisico tonico, con maggiore definizione nella zona addominale e nei pettorali. Non aveva sudato molto ma il ragazzo si era affrettato e riprendere la maglietta da dove l’aveva lasciata come per coprirsi.
“Piaciuto lo spettacolo?” chiese lui sarcasticamente, Raider sbuffò continuando a fissare il pirata nei suoi movimenti. Quello si mise gli scarponi che gli erano stati messi in dotazione, essendo un prigioniero, la sua tuta aveva una colorazione nera, con un preciso codice identificativo impresso sul braccio in bianco.
“Anch’io mi alleno la mattina. È salutare fare qualche serie per tenersi in movimento. Lo rispetto.” Disse Raider molto tranquillamente, il pirata parve imbarazzato da quella forma di cortesia, il soldato aveva abilmente evitato la domanda la cui risposta sarebbe stata positiva.
“Mi aspettavo almeno una tua visita, in due giorni non ti sei fatto vedere. Devi proprio avermi preso ad antipatia!” disse Hunter uscendo dalla porta e restando vicino al soldato, Raider indossava la corazza completa e sembrava più grosso del pirata ma comunque alla stessa altezza visto che entrambi erano sul metro e ottanta.
“Sono stato impegnato!” disse Raider, era parzialmente una menzogna e sembrava che la cosa non fosse sfuggita al pirata, i due si incamminarono fuori dalla struttura dirigendosi al primo mezzo di trasporto che li avrebbe portati nell’area degli scavi.
“Sei un pessimo bugiardo, te l’hanno mai detto?” chiese il pirata, ma a quell’affermazione Raider non voleva neanche rispondere, nonostante il suo modo di fare estroverso, era come se Hunter fosse in qualche modo in difficoltà. “Certamente neanche a lui piace stare qui.” Pensò il soldato continuando ad avanzare.
“In realtà sì, ma è sempre bastato il mio sorriso per fare in modo che gli altri perdonassero le mie bugie!” disse Raider voltandosi verso il pirata e facendogli un sorriso più ampio possibile, in quel momento però sembrava più una smorfia che altro e fece ridacchiare l’altro.
“Che mi tocca fare per espiare le mie colpe? Nessuno ha saputo darmi una spiegazione e ho cominciato a preoccuparmi.” Disse Hunter con tono lapidario, la sua camminata era decisa e nonostante il fastidio delle manette sembrava muoversi liberamente.
“Daremo una mano agli scienziati nel sito degli scavi: hanno trovato nuovi minerali e hanno bisogno di assistenza nella classificazione.” disse Raider mantenendosi vago, cercò di guardare in alto ma il viso di Hunter gli comparve quasi davanti costringendolo a fermarsi prima di scontrarsi contro il petto dall’altro. 
“Devo fare il galoppino. Questo è la vostra idea di servizio sociale?” chiese lui con l’espressione infastidita, per poco Raider non gli sbuffava a ridere in faccia ma il tentativo non servì a molto.
“Puoi ancora scegliere in realtà: o aiuti gli scienziati, o pulisci i bagni chimici. Il drone addetto ha avuto qualche problema e pare che non siano ancora riusciti a sistemarla.” Disse Raider cercando di restare serio ma il sorriso gli spuntava sulle labbra senza che lo volesse, Hunter aveva comunque capito che le sue possibilità erano ridotte quindi si lasciò portare fino alla stazione dei mezzi di trasporto.
Il viaggio fino al sito fu tranquillo e silenzioso.
Passò circa mezz’ora prima di arrivare agli scavi dove erano già presenti i ricercatori; Raider aveva saputo che erano cominciati diversi mesi prima quando avevano trovato un materiale simile alla ferrite ma che sulla tavola periodica degli elementi conosciuti non era mai stato visto prima d’ora. La scoperta poteva essere sensazionale in presenza di un giacimento grosso specialmente visto che fruttava la possibilità di nuove risorse naturali per la costruzione.
Il Capo dei ricercatori si trovava in mezzo agli altri ma senza spiccare, l’intera equipe era di razza umana, si trattava di una decina di coloni e alcuni stavano semplicemente dando una mano; un uomo alto e dalla pelle scura si avvicinò per dare loro il benvenuto, aveva l’espressione amichevole e rilassata.
“Ben trovati. Sono il dottor Carlaile, sono il capo dei ricercatori e la mia unità è assegnata alla ricerca geologica. Immagino che il nostro aiutante sarai tu?” disse lui ai due arrivati, sembrava una persona felice, aveva una sessantina d’anni almeno.
“Sì, mi chiamo Hunter.” Rispose lui.
“Qui sulla cartella aspettavo un certo Jayson. Immagino che poco importa quale sia il tuo nome. Tu sei il soldato King, giusto?” chiese il dottore, Raider annuì silenziosamente fissandolo negli occhi. “Ho conosciuto tuo padre, tempo fa. Mi spiace per la tua perdita, il suo ricordo si trova nel cuore di tutti noi.” Disse il dottore cambiando espressione, era dispiaciuto. 
“La ringrazio, dottore.” disse Raider tranquillamente, aveva ormai superato da tempo la morte di suo padre, la scomparsa dell’Arca Rabbonath era parte della storia. Il soldato si trovò sotto lo sguardo indagatore di Hunter che però non disse nulla attendendo le nuove istruzioni da parte del dottore.
“Bisogna fare l’inventario del laboratorio. Non è pericoloso e non sarà chissà quale avventura, ma almeno avrete da fare per qualche ora. Prediligiamo l’ordine alfabetico, per te sarà anche più semplice. Fai attenzione ai campioni, sono importanti!” Disse lui trattando Hunter come se fosse uno dei coloni, il pirata non rispose limitandosi ad assorbire il comando con muto silenzio. Poi il dottore andò via. I due ragazzi si guardarono all’unisono e Raider gli fece segnale.
“Dopo di te allora.” Disse con un sorriso. Hunter ricambiò senza farselo ripetere due volte e si avvicinarono alla struttura.
Il laboratorio non distava molto dal sito degli scavi, aveva una forma cubica ed era sviluppato su due piani, dall’esterno se ne potevano vedere le finestre ma il riflesso non lasciava vedere cosa ci fosse dentro; quando i due ragazzi entrarono, furono accolti da un pesante e forte odore di sostanze chimiche, Raider storse il naso ma ben presto si era abituato a quella puzza. 
“Credo che possa cominciare da qui.” Disse Hunter avvicinandosi al tablet che era stato posizionato e rivolgendo lo sguardo alla prima sezione di parete: c’erano svariati campioni e microscopi biologici di forma avanzata, svariate lenti di ingrandimento che funzionavano a laser e altri oggetti tecnologici che Raider non aveva idea di cosa fossero.
“C’è parecchio disordine per essere un laboratorio.” Commentò il ragazzo, c’erano pochissime etichette ad indicare cosa fossero i vari oggetti, questo suscitò la curiosità di Raider. “Riesci a distinguere tutte queste cose le une dalle altre?”
“Più o meno. Ti ricordo che ho fatto anch’io l’accademia militare. Ero nel settore biologico in effetti.” Disse Hunter, il soldato annuì senza aggiungere altro e limitandosi a guardare intorno. “Ti manca tuo padre?” chiese improvvisamente il pirata, quella domanda colpì Raider.
“Che intendi?”
“Richard King è stato un modello, un esempio per tutti quelli che hanno creduto nella luce che ha emesso. Anche dopo la sua morte, ha ispirato un sacco di persone, giovani della tua età che magari si erano persi nella strada e non sapevano cosa fare della loro vita!” disse Hunter rispondendo a sua volta, Raider si voltò verso di lui, era chiaro che stesse parlando di qualcosa di più personale.
“Sembri parlare di una sensazione che conosci bene. Prima di iscriverti nel programma spaziali non eri una brava persona?” chiese lui, in effetti, guardando la sua alleanza con gli Stargazer non sembrava che il frutto fosse caduto tanto lontano dall’albero.
“Sono stato tante cose, Raider. Andavo male a scuola, andavo male nella vita, ho dato ai miei genitori un sacco di dispiaceri.” Disse Hunter parlando con lo sguardo fisso nel vuoto, si muoveva intorno alla stanza indicando delle spunte sul tablet. “Ho fatto uso di droga, ho rubato, sono stato in prigione per pochi mesi, riformatorio. La mia vita era un vero disastro. Poi la morte di Richard King mi ha scosso… ho deciso che volevo cambiare aria.”
“Come mai la morte di mio padre di ha colpito così tanto?” chiese educatamente Raider, apprezzava il fatto che il pirata si stesse in qualche modo aprendo con lui. Si fermò quindi sedendosi su una scrivania vuota piegando leggermente la schiena in avanti in modo da poggiare i gomiti sulle proprie ginocchia.
“Non lo so. Lui era così grande, una leggenda bloccata nel tempo. Dovevo fare qualcosa. Così decisi di iscrivermi al programma spaziale.” Disse Hunter facendo una breve pausa, in quel momento si voltò verso il soldato fissandolo con i suoi occhi scuri. “Ho passato due anni ad addestrarmi prima di partire verso il Sistema Bael. Ho accettato gli innesti per dimostrarmi che potevo essere chiunque volessi. Ma una volta qui, le cose sono cambiate.” Disse ancora.
“Non capisco infatti, sei partito per fare del bene e ti sei unito agli Stagazer, non hai fatto molta carriera!” rispose Raider con sarcasmo, quello provocò un sorriso amaro sulle labbra dell’altro.
“Esatto. Le vecchie abitudini sono dure a morire. Non saprei dirti perché mi sono unito ai pirati; forse la promessa di una libertà e di esplorare lo spazio. Non sono un pioniere, Raider. Ero un soldato come tanti altri prima di unirmi a loro, mi hanno dato tanto.”
“Sembri rispettare il tuo vecchio gruppo come se ti consideri ancora parte di loro. Devo forse preoccuparmi?” disse Raider alzando le mani prima di far parlare l’altro. Hunter scosse il viso debolmente, non sembrava sentirsi accusato di qualcosa.
“Faccio ancora parte di loro. Ma devo dire, che restare qui per ora non mi dispiace. La verità è che cerco qualcosa che non mi annoi e che mi faccia battere il cuore.” Disse Hunter facendo una breve pausa, osservava attentamente il soldato e ci fu un lungo istante di silenzio nel quale Raider lo fissò interessato. 
“Ad ogni modo, non mi hai detto come ti senti riguardo tuo padre.”
“Mi manca. Vorrei aver trascorso più tempo con lui, ma forse la verità è che quando muore uno dei nostri cari, non siamo mai abbastanza saturi del tempo trascorso con loro. Ma sto bene, davvero.” Disse Raider in risposta, avrebbe voluto ringraziarlo, nonostante si conoscessero da poco, Hunter sembrava davvero dispiaciuto.
“Hai ragione. Ad ogni modo, se hai bisogno di parlarne, sappi che mi piace ascoltare le persone.” Rispose il pirata sinceramente. Raider lo fissò per un lungo istante sentendosi stranamente coinvolto ma si limitò  ad annuire e tra loro calò il silenzio. 

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Capitolo 18
*** Capitolo Diciassette: La vista dallo spazio ***


Capitolo Diciassette
La vista dallo spazio
 
 
 
 
 
 
 
 
Settore Levante
Osservatorio Andromeda – area ristoro
 
La pubblicità del programma spaziale illuminava il grande spiazzo nel quale le persone camminavano lentamente, si trattava di un’area verdeggiante; Raider infatti si era fermato ad aspettare proprio vicino un’aiuola, non era certo che quei fiori fossero veri visto che non aveva mai visto nessuno annaffiarli, tuttavia l’odore che emettevano era buono.
Era passato più di un mese dal suo risveglio e le cose sembravano essersi stabilizzate, nonostante la sua preoccupazione riguardo i piani della malvagia Lega che li aveva attaccati sulla luna di Thapsos.
Quel pomeriggio, Raider aveva avuto la piacevole idea di inviare Allyson fuori per mangiare qualcosa insieme. Il loro rapporto era strano, in qualche modo potevano parlare delle loro preoccupazioni ma allo stesso tempo, potessero parlare anche di altro.
Il giovane soldato avrebbe tanto voluto indossare qualcosa di diverso dalla tipica divisa bianca e viola della OST ma l’assenza di negozi d’abbigliamento gli faceva sentire la mancanza della Terra. Sulle colonie, l’ultima cosa del quale si aveva bisogno erano le frivolezze e ormai Raider sapeva cosa fosse più importante.
“Un giro al centro commerciale. Fare il giro dell’Osservatorio Andromeda è la cosa più simile che ci sia.” Pensò tra sé e sé il giovane soldato.
L’Osservatorio era una delle stazioni spaziali maggiori, in orbita costante nel confine del Settore Levante, l’umanità aveva bisogno di un posto che le avrebbe permesso di svagare i problemi in modo da perdersi nello spazio profondo e nella visione dei suoi tesori. Forse  non tutti avrebbero trovato piacevole quel passatempo, ma per Raider era un posto speciale.
“Raider, sono qui.” Disse una voce femminile all’improvviso, il giovane soldato si voltò ignorando la campagna pubblicitaria e alzandosi per andare in contro alla sua nuova amica.
La ragazza indossava la divisa della OST e teneva il ciuffo blu-verde rivolto dietro l’orecchio in modo che non le portasse impaccio sul volto; i due coetanei si vennero contro e si salutarono come se si conoscessero da molto più tempo.
“Finalmente. Stavo morendo dalla fame e credevo che mi avessi dato buca. Non mi è mai capitato di ricevere una buca da una ragazza ma immagino sia un’esperienza anche questa!” disse Raider facendo una battuta e ridacchiando, insieme a lui anche Allyson ridacchiò.
“E quindi dai ragazzi sì?” disse lei debolmente. “C’è stato un problema nella Base S-14. Il manufatto ha cominciato a brillare in maniera strana, è insolito visto che non è uscito nessuno. Ma ho dovuto segnalare le sue anomalie.” Disse ancora avanzando per prima verso l’area ristoro, c’erano dei ristoranti aperti, e poca gente al loro interno. 
Tra il personale in servizio, Raider vide che c’era un obakon che non sorrideva a nessuno, degli eteren invece erano seduti al tavolo ridendo.
“Pensavo che questo luogo fosse frequentato solo da noi umani. Fa piacere sapere che le altre specie fanno parte della nostra esistenza qui.” Disse Raider simpaticamente, entrambi si avvicinarono quindi al tavolo sedendosi all’unisono, Allyson accavallò una gamba sull’altra poggiandosi allo schienale e osservando il menù.
Proprio davanti il suo posto, uno schermo impiantato nel tavolo le dava immagini di tutto quello che avrebbe potuto ordinare, anche Raider dalla sua aveva lo stesso schermo, anche se aveva già idea di cosa voleva mangiare quel giorno. 
“Sai, non ho mai avuto molto tempo per frequentare questi posti. Mi sono sempre dedicata al lavoro, in modo da convivere con la mia esistenza serenamente. Ma non parliamo della OST! Oggi si parla del più e del meno.” Disse lei alzando il volto e puntando i suoi occhi chiari su quelli azzurri del soldato. “Come ti trovi, Raider? Ti sei ripreso totalmente dal criosonno, ci hai messo meno tempo di me.”
“Sto abbastanza bene. Avevo davvero bisogno di staccare la spina. Lavorare accanto ad Hunter non è così male. È un tipo loquace e non si lamenta del lavoro che deve svolgere. Almeno per ora.” Disse Raider facendo una breve pausa, selezionò alcune voci sullo schermo in modo da finalizzare l’ordine che si era unito insieme a quello di Allyson e lo schermo si era poi spento.
“Ad essere sincera, è un bel tipo. Mi piacciono molto i ragazzi scuri e sembrate particolarmente in sintonia!” disse lei ridacchiando, Raider fece spallucce, anche lui in effetti aveva un qualche genere di attrazione fisica per il ragazzo e conoscendolo lo trovava una compagnia piacevole.
“Non è malaccio. Piuttosto, ti ho vista scherzare con quel tipo strano, come si chiama… quel soldato che lavora nei confini della colonia? Emerald? Rubin?” disse il ragazzo scherzando con lo stesso tono usato dall’altra, lei rise più forte. In quel momento il cameriere obakon portò loro le bevande che avevano ordinato.
“Mi sento giudicata da te. Zafìr è un tipo silenzioso, è vero. Ma è molto profondo e simpatico se lo conosci bene. Anch’io sembro una grande stronza dall’esterno. Non rivolgo la parola a nessuno, ma la verità è che sono abbastanza timida.”
“Con me ti sei aperta subito direi.” La corresse Raider sorseggiando la bevanda energetica al gusto di liquirizia che aveva preso. Gli ricordava molto il caffè vista la sua consistenza e il retrogusto che lasciava.
“Sono situazioni diverse.” Rispose lei. “Che mi dici di te? Mi ricordo che mi avevi accennato ad una storia finita male…” chiese lei, alla vista dello sguardo del soldato però parve correggersi. “Se non vuoi parlarne posso capirlo.” disse farfugliando velocemente.
“No, va bene. Non c’è molto da dire; è successo tempo fa e sono partito con la consapevolezza di non provare più nulla.” Disse Raider facendo una pausa, non c’era nessuno al quale avesse raccontato la storia, specialmente visto che c’era rimasto male i primi tempi. “Si chiamava Erik, stavamo insieme da tre anni ti avevo detto. Le cose sembravano andare bene tra di noi, eravamo come una di quelle vecchie coppie da film. Ci siamo conosciuti scontrandoci, letteralmente!”
Per la mente di Raider passarono quei ricordi, lontani nel tempo ma era come se fossero accaduti da poco per lui. Erano sbiaditi da lacrime di gioia e di dolore nello stesso tempo. “Pensavo che fossimo felici. Ma dopo qualche anno, le varie divergenze hanno cominciato a dare problemi. Per il mio lavoro, per la distanza, per molte cose.” 
“Si frequentava con un altro ragazzo da qualche mese; quando l’ho scoperto ero davvero arrabbiato con lui. L’ho odiato con tutto me stesso perché avrei preferito che me ne avesse parlato; avrei accettato la nostra rottura con difficoltà. Ma avrei capito” disse Raider, nei suoi occhi passarono i ricordi più dolorosi di quel periodo, la rottura con Erik era stata brusca. Nonostante lui lo pregasse di restare.
Allyson osservava il soldato attentamente aspettando che lui facesse una pausa per poter intervenire. “Anche mia sorella è stata tradita dal suo fidanzato. Ricordo che piangeva per delle ore e io non riuscivo a consolarla; è stato terribile per me sentirmi così impotente.”
“Posso dirti che ci sono rimasto male, ma la mia vita è andata avanti lo stesso. Ho preso la decisione più importante di tutte con la consapevolezza di non amarlo più.” Disse Raider cercando di ricordare ciò che aveva provato, ma il sentimento era svanito da molto tempo e lui si sentiva pronto per mettersi in gioco.
“Quindi Bael è la tua occasione di riscatto?” chiese lei educatamente, il soldato annuì intensamente fissandola con i suoi occhi azzurri.
“Precisamente. Cambiare vita era quello che mi serviva. Mio padre non faceva altro che parlare del suo programma e dell’idea di colonizzare altri mondi abitabili. Forse è riuscito in qualche modo ad ispirare anche me.” Rispose Raider, i ricordi dei litigi tra i suoi genitori gli vennero alla mente portandogli un sorriso sulle labbra. “Mia madre ha urlato quando le ho detto che volevo partecipare al programma che avrebbe portato l’Arca Syramo fino a Bael. Se ci penso adesso mi viene da ridere…” disse ancora il soldato cercando di trattenere una risata.
In quel momento, il loro pranzo arrivò servito dallo stesso cameriere di prima. I due soldati si guardarono negli occhi allo stesso tempo e con un silenzioso assenso decisero di continuare a parlare dopo aver mangiato. Dopo essersi finalmente riempiti, si avvicinarono alla cassa per pagare i crediti della loro consumazione e continuarono a passeggiare.
L’Osservatorio era posizionato in modo che le due file di camere d’osservazione fossero rivolte agli opposti: sulla sinistra si poteva ammirare il Settore Levante con Parra al centro, mentre alla destra le sale si affacciavano sul gigantesco Settore Ponente e i suoi mondi. Allyson fece strada in una di quelle porte.
“Ripensando al discorso di prima, sembra che tu avessi un buon rapporto con i tuoi genitori, ti volevano bene e volevano il meglio per te. Sei fortunato.” Disse lei con espressione grave mentre entravano nella stanza: la stanza presentava una grande finestra che si affacciava sullo spazio, tranne Bael però era impossibile ad occhio nudo definire che pianeti fossero visibili.
“Mi sento con mia madre regolarmente. E vorrei sapere in che razza di guaio si è cacciato mio fratello. Ho persino chiesto ad Hunter, se fosse in qualche modo in contatto con Ryan, ma non lo conosceva.” Disse Raider avvicinandosi ai divani che erano stati posizionati davanti la finestra, si sedette per primo spaparanzandosi su di esso in maniera comoda. Allyson invece si mise composta su una poltrona.
“Credevi che fosse entrato a far parte degli Stargazer? Mi sono scontrata qualche volta con loro nei giri di ricognizione. Sono un gruppo piccolo e pare che abbiano nomi in codice.” 
“Proprio quello che mi ha detto anche Hunter. Facendomi due conti in mente, quando sono partito mio fratello aveva compiuto diciott’anni da pochi mesi; adesso ne avrebbe circa quaranta, fisicamente parlando. Non credo che potrei mai riconoscerlo anche incontrandolo.” 
“Credo di sì, invece. È partito con l’idea che avevamo tutti: un futuro migliore, magari nel suo futuro c’eri anche tu e ha cercato in qualche modo di mettersi in contatto. Non puoi saperlo.” Disse Allyson spostando lo sguardo verso il vuoto cosmico, mosse la mano contro lo schermo di vetro e in quel momento alcuni pianeti si illuminarono e brillarono, un gioco di luci poi creò una loro proiezione vicina.
“Sivanuria, la culla della civiltà eteren. Un pianeta blu nella fascia abitabile della stella Bael. Le guerre civili del passato lo avevano reso sterile, ma gli eteren sono riusciti a guarire il loro mondo.” Lesse nella mente il giovane soldato, ne aveva parlato tempo fa con Seeryn durante il suo risveglio, quando parlavano del Crocevia.
“Com’erano i tuoi genitori?” chiese istintivamente Raider parlando alla soldatessa, quella aveva già fatto click su un altro mondo che aveva zoomato al posto del precedente, nel frattempo si era voltata verso di lui con l’espressione incerta.
“I miei erano sempre assenti, Raider. Molto lontani dalla famiglia-tipo per come l’hai descritta tu. Erano spaziali, certo, ma questo non dovrebbe giustificare la loro assenza; ho visto mia madre solo pochi mesi quando ha avuto mia sorella minore, il tempo che io mi fossi abituata all’idea e poi venne mia nonna ad occuparsi di noi.” L’espressione di Allyson era piena di dolore con gli occhi leggermente scuriti dai ricordi del suo passato. “Quando ho compiuto dodici anni, la nonna è morta. Allora pensai che qualcuno si sarebbe occupato di noi e invece no; ho dovuto crescere mia sorella da sola per sei anni e anche oltre, nonostante seguissi l’accademia militare nel mentre.”
La soldatessa alzò lo sguardo sull’ologramma del pianeta, Alantarea appariva in tutta la sua magnificenza, un altro pianeta blu e verde nella fascia abitabile, sede della prima colonia umana e col tempo chissà, sarebbe stato possibile colonizzarlo per intero.
“Come si chiama tua sorella? La senti spesso?”
“Margot. Lei è proprio una dura, ci sentiamo spesso sì. Adesso è lei la maggiore tra le due ed in qualche modo sembra persino più responsabile di me. Quando sono partita ero molto insicura, ma lei mi disse che dovevo farlo, che mi avrebbe resa felice. Forse ha ragione.” Rispose Allyson annuendo più volte, era come se avesse lo sguardo assente, bloccato nella visione di quel ricordo.
Raider sorrise, lui ed Allyson avevano tante cose in comune e anche l’effetto che provavano per i propri fratello o sorella. 
“Non volevo ammorbarti con i miei vecchi ricordi.” Disse improvvisamente la ragazza alzandosi dal divanetto, scattò in piedi come se l’avessero morsa. “Accidenti, doveva essere un pomeriggio tranquillo e invece abbiamo parlato di cose tristi.”
“Nessun problema. Sono felice di aver parlato anche di questo. Perché invece non ti siedi e ci godiamo la vista?” disse Raider con mezzo sorriso sul volto indicando lo spazio oscuro oltre il vetro, la soldatessa gli rivolse un’occhiata, poi indietreggiò fino a sedersi di nuovo.
“Sì, credo sia un’ottima idea.” Disse convinta del tutto.

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Capitolo 19
*** Capitolo Diciotto: La ricerca della verità ***


Capitolo Diciotto
La ricerca della verità
 
 
 
 
 
 
 
 
Settore Ponente
Arca Syramo – moli di sbarco
 
Il viaggio sulla navetta era stato piuttosto comodo, anche se Raider non aveva dormito bene quella notte e aveva un leggero dolore alla testa che stava già andando a scemare grazie alle medicine che assumeva regolarmente. Una volta abbandonata la navetta si guardò indietro, accertandosi di non dimenticato nulla, la sua era una sensazione basata sul nulla visto che l’unico bene che aveva con sé era la sua pistola nella fondina, non che ne avesse bisogno visto il luogo in cui era.
“Non ci sei stato finora, ma immagino che in qualche modo questo posto debba avere un sapore dolceamaro di casa, Raider.” Disse Seeryn che era poco più avanti rispetto a lui, la donna blu non si guardava indietro e si diresse verso i metal detector per il riconoscimento.
Raider la vide muoversi con grazia avvicinandosi al soldato umano che la fissò meravigliato, era evidente che fosse stranito dalla bellezza della dottoressa. Quella gli fece un sorriso ammiccando, consegnando la propria arma, il proprio tablet e facendosi scansionare la retina.
“In realtà, credo di poter dire che questa è la seconda volta che vengo qui. Anche se non ricordo benissimo quando ci hanno ibernato. Non ricordo neanche questa parte della stazione…” disse Raider con tono vago, si avvicinò anche lui al desk per il riconoscimento della retina, il soldato sembrava non essersi accorto della sua presenza e continuava a fissare Seeryn che si era spostata più avanti.
Per richiamare l’attenzione dell’uomo, Raider gli fece schioccare le dita praticamente davanti gli occhi. “Scansione della retina o total body!?” chiese sarcasticamente, posò la propria pistola sul nastro trasportatore che passando attraverso lo scanner non fece scattare allarmi di alcun tipo.
“Tutto in regola. Dottoressa Von’Darock, Soldato King, benvenuti sulla Prima Arca umana, la Syramo. Godetevi il giro.” Disse la soldatessa che era seduta davanti il computer addetto allo scanner. La proiezione della IV che aveva accanto era accesa di una luce blu che indicava uno stato di tranquillità, aveva l’aspetto umano.
“Probabilmente dev’essere a causa dei farmaci che vi avevano fatto assumere. Abbiamo imparato molto dalla vostra criostasi. Per noi, il viaggio spaziale e la crescita nei Settori si è sviluppata in maniera differenza grazie al Crocevia.” Disse Seeryn avanzando con Raider subito al suo fianco dopo aver ripreso la pistola.
“Hai ragione, siamo partiti Utopia-22. Poi abbiamo completato l’ibernazione una volta entrati sull’Arca. Ci è voluta qualche settimana.” Disse Raider facendo una pausa, uscirono quindi dall’area dei moli ritrovandosi nel punto centrale della gigantesca arca. “Credo di ricordare dettagli…”
L’Arca Syramo aveva schiuso tutte le sue capsule molti anni prima, nel 2118, l’anno dopo il loro arrivo aveva completato l’ultimo sbarco; in quei conteggi, non si teneva conto delle dieci capsule che erano rimaste ibernate a causa dei malfunzionamenti. Eppure, Raider aveva effettivamente degli sprazzi di ricordi: la sala grande nel quale si trovava era divisa su tre piani e ogni piano aveva tutto quello del quale i coloni del futuro avrebbero avuto bisogno prima dell’atterraggio.
Sale gioco, centri ricreativi, mense e ristoranti, cabine per il pernottamento. Le cinquemila anime che avevano viaggiato sulla Syramo avevano avuto modo di risvegliarsi tranquillamente prima di fare stazionamento su Bael con la rotta impostata verso Naxos, successivamente il piano era cambiato. 
Raider non aveva avuto modo di provare tutto quel divertimento e quella gioia, ma ormai era abituato all’idea. Ricordava ancora il passaggio che lo portava alla gigantesca area a forma di cilindro nel quale si trovavano le capsule.
“Non sembri essere a tuo agio.” Disse Seeryn parlando sinceramente e interrompendo i pensieri del giovane, Raider però scosse il viso più volte. “Se non vuoi indagare, posso capirlo. Non c’è problema, posso farlo da sola.”
“No, voglio aiutarti. Anche se non capisco perché lo fai. Voglio dire, io e Allyson siamo vivi, questo è quello che conta.” Rispose Raider facendosi strada attraverso il grande corridoio, sulla sinistra vi era una larga scalinata che portava ai piani superiori ma i due la ignorarono.
“Vedi, Raider, il mio compito da ricercatrice e dottoressa è quello di conoscere ogni aspetto del mondo intorno a me. Questo è uno dei miei lati migliori, in effetti. E concordo pienamente con la tua teoria: un contatto interno alla OST ha fornito informazioni alla Lega!” disse la donna blu, nei suoi occhi vi era una fiamma di ardore e in parte di rabbia, come se avesse preso la cosa sul personale.
“Cosa hai scoperto?”
“Il sabotaggio potrebbe essere avvenuto prima della vostra ibernazione. Potrei analizzare i codici d’accesso utilizzati. E se il responsabile che ha cercato di uccidervi è finito qui su Bael… allora dev’essere catturato e fermato!” disse Seeryn era evidente che la sua preoccupazione in merito alla Lega non fosse solo per una questione di giustizia, aveva pensato molto alla visione di Raider.
Mentre camminavano attraverso la sala, i due superarono una gigantesca arcata che si affacciava su un largo tunnel completamente buio, luogo dove venivano tenute le capsule. Migliaia di cavi scollegati scendevano dal soffitto come rampicanti di una giungla. Raider per primo si avvicinò al carrello che li avrebbe portati avanti nel tunnel vuoto.
La navetta partì a velocità quando anche la dottoressa si sedette al suo posto, il vento provocato dallo spostamento le agitava i capelli argenti spingendoglieli all’indietro.
“Anticamente, anche noi umani avevamo forme di governo basate sulla monarchia. Un re uomo che dominava su tutto il suo impero; naturalmente c’erano sempre oppositori, ma pensavo che fosse una cosa tipicamente degli umani.” Disse Raider durante lo spostamento della navetta, la dottoressa lo guardò facendo un sorriso debole.
“Ma oggigiorno avete comunque un Presidente per ogni vostra nazione. Qualcuno che prende decisioni per il bene del paese. La nostra Regina ha la stessa funzione e naturalmente intorno a sé ha dei consiglieri che le danno indicazioni. Mia zia è una di loro.” 
“Non sapevo che la tua famiglia avesse un così importante ruolo. Da come ne hai sempre parlato, sembrate essere influenti.” Disse Raider piacevolmente sorpresa, l’espressione di Seeryn tornò leggermente distaccata e i suoi occhi viola si fecero scuri.
“Sì, siamo una famiglia influente e questo come tanti altri ci rende partecipi del pericoloso Grande Duello che si tiene in ogni avvenimento degno di nota che accade al Palazzo di Cristallo.” Disse la donna blu, tutti quei termini apparivano senza significato per il giovane soldato che doveva ancora apprendere molto sulla cultura eteren.
“Grande Duello? Non sembra che tu stia parlando di un vero e proprio combattimento.” Rispose il ragazzo con incertezza, la dottoressa annuì lentamente.
“No, infatti. Il Grande Duello fa riferimento ad una serie di azioni, parole, atti e relazioni che condizionano il mondo politico della nostra razza. Spiegarlo in questa maniera è un po’ fuorviante, ma rende bene il senso, Raider; ogni parola detta ha un peso uguale al silenzio, spesso, conflitti sono stati evitati da semplici scambi di sguardi. Sarebbe più facile vederlo, chissà, magari un giorno avrei il piacere di assistervi.” rispose Seeryn lasciando Raider con qualche spiegazione, il soldato però non era certo di voler prendere parte a quel gioco.
“Credo di capito il senso: i vostri nobili sono delle carogne che vogliono accaparrarsi più potere possibile. E c’è qualcuno che cerca di impossessarsi del trono, è da sempre così!” disse Raider esponendo la sua idea con semplicità, la dottoressa annuì quasi soddisfatta.
“Il Palazzo di Cristallo è il castello reale dove abita la Regina Naraisha. Se qualcuno vuole ucciderla, noi dobbiamo scoprirlo. E possiamo farlo capendo in che modo questi avvenimenti sono collegati tra di loro!” disse infine Seeryn, il carrello che li trasportava si era ormai fermato in quello che doveva essere il blocco delle capsule dove si trovavano i soldati d’elité come lo erano Raider ed Allyson.
Era strano ritrovarsi lì, il soldato sapeva di esserci stato molto tempo prima, ma per lui il tempo era passato in maniera differente. Sorrise al pensiero di un ricordo che gli sfiorò la mente: era appena entrato nella sua capsula, aveva visto numerosi soldati intorno a lui e aveva pensato che sarebbero stato i suoi nuovi amici magari. Tra di loro, una ragazza risaltava tra molti, ma all’epoca non aveva i capelli blu-verde ma di una normale tonalità di castano chiaro. “Allyson.”
Non sapeva esattamente da dove quel ricordo fosse venuto e perché lo avesse seppellito tanto in fondo, di fatto, non ci pensò ulteriormente visto che la dottoressa cominciò ad analizzare i circuiti.
“Pensavo che magari avresti potuto ottenere dei risultati analizzando le capsule. Cosa pensi di trovare qui?” chiese Raider, la zona era debolmente illuminata, gli ultimi neon spenti facevano sembrare quel luogo una sorta di santuario.
“Nelle capsule ho già cercato risposte che non potevo avere, Raider. Troppi errori, troppi mal funzionamenti. La tua capsula, l’ultima che ho studiato, mi aveva permesso di capire che qualcosa non andava. Ma le vere risposte le posso trovare qui…” disse Seeryn, si era avvicinata ai cavi elettrici dal quale sembrava aver estratto un terminale, lei aveva pigiato un tasto sul proprio bracciale facendone comparire un ologramma e una tastiera con schermo.
La diagnostica degli eventi sembrava che stesse funzionando a ritroso concentrandosi su un flusso di dati non ben distinto. Sicuramente non sarebbe stato un processo veloce. “Puoi risalire veramente a chi ha manomesso le capsule?” chiese ancora Raider.
“Sì, ci vorrà del tempo ma posso farcela. Sarò pure una dottoressa ma sono un’esperta di tecnologia.” Disse lei, in effetti sembrava sapere il fatto suo, la donna blu fece un largo sorriso e le sue labbra morbide si mossero in maniera sensuale. Il soldato si limitò ad annuire.
Rimasero qualche minuto lì fermi, Raider perse la cognizione del tempo e si limitava a guardarsi intorno. “Non capisco perché l’Arca Syramo non sia stata rottamata. Nel programma iniziale, doveva fornire energia per il primo insediamento, oggi invece resta in orbita sopra Alantarea come se fosse un monumento.”
“A questo posso risponderti io. Per molto tempo è rimasta spenta in effetti, ma qualcuno all’interno della OST ha pensato di utilizzarla per un eventuale viaggio di ritorno; mi pare che si tratti del sergente logistico Michael Venberg, credo sia partito insieme a te.” Disse Seeryn, quel nome era abbastanza familiare per Raider.
Recentemente lo aveva incontrato mentre usciva dall’ufficio della direttrice e sembrava molto contrariato con qualcosa. L’uomo aveva anche detto di essere grande amico di suo padre, ma non aveva più alcun valore per lui. Ora che ci pensava bene, ricordava di averlo conosciuto durante i mesi di addestramento e di preparazione al viaggio verso Bael; quale fosse il suo ruolo attuale non era importante. 
“Tornare indietro? E perché dovremmo farlo?” disse Raider.
“Non hai mai pensato di farlo da quando ti sei risvegliato?” chiese Seeryn evitando lo sguardo del soldato, in effetti Raider ci aveva fatto un mezzo pensiero, ma era impossibile da attuare alla pratica e quindi aveva rapidamente abbandonato il pensiero. Inoltre, lui era proprio nel posto in cui doveva essere in quel momento.
“Sì, ci ho pensato. Ma sono venuto qui per restare, per migliorare le cose qui e per iniziare una nuova vita. Immagino che altri non la pensino come me, però.” Disse Raider.
“Questa potrebbe essere l’ultima occasione che abbiamo per analizzare questi dati. Quando l’Arca Syramo sarà pronta per partire, potremmo non rivederla per altri trent’anni.” Disse Seeryn continuando ad armeggiare col terminale olografico. “Da qualche anno ormai stanno lavorando ai motori iperluce che avete usato per arrivare, l’intento è quello di aumentare la velocità delle arche successive.”
“Questo spiegherebbe perché l’Arca è in orbita. La tengono attiva in caso di necessità, riattivarla da spenta impiegherebbe qualche settimana almeno, forse anche mesi.” Disse Raider, stava per continuare quando Seeryn si alzò improvvisamente in piedi con un sorriso sul volto.
“Ci siamo, Raider. Sono riuscita a trovare i codici che hanno manomesso la fila delle vostre capsule: le scansioni mi portano ad un numero di matricola che sembra appartenere ad un certo Davide Velasco. Ti dice niente?” chiese Seeryn in un primo momento.
Raider cercò di ricordare qualcuno che avesse quel nome nel programma spaziale al quale aveva partecipato, in effetti, ricordava di aver visto un nominativo simile, ma tra tanti non ci avrebbe mai fatto caso visto che era emozionato per la partenza.
“C’è altro?” chiese lui. La dottoressa annuì.
“In effetti rilevo altre letture, si tratta di ordini criptati scritti nella vostra lingua. Messaggi per lo più. Imposto il traduttore basandomi sulle similitudini tra i nostri vocabolari e…” digitò rapidamente dei tasti e a seguito di un suono parve trovare quello che cercava. “…fatto! La traduzione è in corso. Pare che abbia ricevuto indicazioni specifiche.”
“Fammi leggere.” Disse Raider, la dottoressa inviò i dati al bracciale del soldato in modo che anche lui potesse leggere quando scoperto chiamando a sé il terminale olografico.
“Si ripete più volte il nome di questo Velasco; sembra che fosse l’unico a potersi avvicinare tanto all’Arca senza destare sospetti. L’unico del quale mio padre non avrebbe chiesto al momento del suo arrivo. Lo hanno insediato come un virus per fare danni!” pensò il soldato leggendo i messaggi criptati, la figura che conversava con il sabotatore si riferiva a sé stessa come una sorta di Guardiano e faceva riferimento anche ad una Lega Guardiana che aveva un modus operandi simile a quella che stava fronteggiando attualmente.
“Difficile pensare che non siano collegate. Già nel 2110 era in perfetta operatività. A distanza di trent’anni, questa fondazione è riuscita ad arrivare fino a Bael e qualcuno deve averla mantenuta attiva.” Disse ancora Raider continuando a leggere gli altri messaggi che erano comparsi.
L’ordine iniziale era quello di impedire la partenza del soldato d’elité Allyson Morgan in modo tale che i suoi poteri non avessero raggiunto Bael. “Pare che questo Guardiano avesse paura che qualcuno avrebbe sfruttato negativamente i poteri di Allyson. Voleva che restasse nel Sistema Sol, non voleva che morisse. Velasco quindi ha fatto di testa sua e a modificato i suoi ordini.”
“Guarda questo, Raider. È la risposta ai nostri dubbi…” disse improvvisamente Seeryn quando nuove corrispondenze comparvero sullo schermo. “Velasco ha disobbedito all’ordine originale. Doveva uccidere Allyson Morgan infettando la sua capsula con un virus, ma questo hack informatico deve aver colpito anche le vostre capsule.”
I dati erano chiari, cristallini. “Non è possibile che questo Guardiano non avesse considerato l’eventualità. Qualcuno era pronto a sacrificare altri, ad uccidere anche me se necessario.”
Da quanto si evinceva dai dati però, il Guardiano aveva dato un ordine, ma altri avevano agito in maniera differente, e probabilmente erano le stesse persone che volevano catturare Allyson sulla luna di Thapsos e che ambivano alla distruzione di Frelm o dell’assassinio della Regina eteren.
“Chi è questo Guardiano? Riesci a scoprirlo? Se trovassimo un collegamento con l’attuale Lega, forse potrebbe scoprire chi sono gli altri e fermarli prima che sia tardi!” disse Raider spostando lo sguardo verso la donna blu, la sua espressione era sbarrata, come se avesse già scoperto chi aveva dato il primo ordine.
“Sembra che gli ordini iniziali siano venuti da qualcuno che aveva autorizzazioni di classe S. Gli unici che potevano averle, erano il direttore esecutivo e il suo vice…” Raider non ci mise molto a comprendere chi aveva dato l’ordine iniziale, quello che avrebbe successivamente permesso agli altri di manomettere le capsule con il virus che avrebbe quasi ucciso dieci persone.
“Cordelia Cross.” Era l’unica che avrebbe potuto usare la propria autorizzazione per permettere a Velasco di arrivare fino al centro di controllo delle capsule. Con quella, il sabotatore avrebbe poi ricevuto i nuovi ordini per uccidere Allyson e tutti quelli a lei collegati.
Seeryn non ebbe il tempo di rispondere che improvvisamente la voce della IV si annunciò in tutta la struttura echeggiando nella grande camera nella penombra nel quale si trovavano i due. “Attenzione: l’Arca Syramo è in movimento. Rotta impostata: Terranova. Pericolo: l’eccessiva vicinanza al pianeta non favorisce l’atterraggio. Rischio di collisione contro la colonia del 90%. Attenzione…” 
“Rischio di collisione!?” urlò Raider incredulo, si guardò negli occhi con la dottoressa eteren che si affrettò a chiudere il proprio programma in modo da potersi allontanare senza perdere i dati. “Chi diavolo ha messo in moto questo rottame?!” urlò ancora mentre di voltava, i due si trovarono però la strada sbarrata da un plotone di robot.
“Mech di sicurezza. Dovrebbero attivarsi in caso di necessità ma questi non sembrano qui per aiutarci!” disse Seeryn senza perdere tempo e prendendo la propria falce meccanica, Raider estrasse a sua volta la pistola tenendo pronti i suoi poteri mentre i droidi avevano già levato le loro armi in aria per attaccare.
I proiettili dei mech volarono contro di loro all’unisono mentre quelli armati di lame si lanciarono all’assalto; Raider non aveva la corazza né i propri scudi, pensando subito che sarebbero stati spacciati; tuttavia, Seeryn si fece avanti con la mano levata in aria invocando una barriera protettiva fatta di energia pura, i proiettili impattarono per poi cadere giù, allo stesso tempo, la donna blu fece un giro su sé stessa sferrando un colpo con la propria falce che tranciò di netto uno dei mech.
Raider entrò in azione evocando l’energia oscura e sferrando un colpo contro il primo dei mech che gli erano venuti addosso, la sua corazza metallica venne deformata dal forte impatto, poi venne colpito dai proiettili a fotoni della pistola del soldato e crollò per terra.
“Cerchiamo un riparo!” urlò Raider alla sua compagna, quella effettivamente si spinse di lato avvicinandosi ad una delle colonne, lui si buttò su un aggroviglio di cavi sparando dei colpi di pistola quasi alla cieca e trovando dei bersagli sparsi tra i mech. Due di loro caddero a terra essendo stati colpiti alle gambe.
Seeryn evocò ancora una volta la propria barriera protettiva avvolgendola però attorno ad uno dei droidi e stritolandolo fino a farne esplodere i circuiti, rilasciò il proprio potere facendo crollare le macerie che esplosero ulteriormente disperdendo gli altri droni. Rimase nascosta dietro il pilastro visto che c’erano ancora alcuni con armi da fuoco.
“Maledizione! Che cosa vogliono questi cosi da noi!?” urlò Raider al vento, si sporse appena per controllare la situazione ma dovesse abbassarsi prima che la raffica successiva di proiettili lo colpisse in testa, sentiva il sudore scendergli sulla fronte.
Poi appena sentì i robot ricaricare, fece capolino sparando dei colpi a fotoni in modo da disperderli ulteriormente, aveva però dovuto mirare alla cieca visto che non poteva rischiare; il suo sguardo ricercò quello di Seeryn che sembrava aver avuto un’idea geniale.
“Affrontarli con la Materiaoscura. Ti proteggerò io!” urlò lei mentre l’allarme sovrastava la sua voce, Raider era comunque riuscito a sentirla e si convinse che fosse l’unico modo per fronteggiarli.
Seeryn allungò entrambe le mani contro il soldato avvolgendolo in una barriera che sembrava modellata attorno al suo corpo, Raider uscì quindi dal suo nascondiglio abbandonando la sua pistola nella fondina e avendo una chiara visione della posizione dei suoi nemici: i droidi ripresero a sparare contro di lui e per riflesso il soldato alzò le mani davanti al volto come per proteggersi.
Tuttavia i colpi impattavano contro la barriera senza ferirlo minimamente, la protezione di Seeryn era forte e stabile e il ragazzo abbassò le braccia concentrando i propri poteri: le sue mani si riempirono di un alone violaceo, caricate con l’energia oscura che il suo innesto gli permetteva di modellare e sfruttare.
Raider mosse la mano destra contro uno dei droidi avvolgendolo in una spira energetica che strinse all’altezza del collo con tale forza da staccare i fili che collegavano la testa al resto dell’unità, poi caddero a terra fumanti. Con la mano sinistra rilasciò un’esplosione energetica contro i due mech più vicini, caddero a terra gravemente danneggiati per poi non rialzarsi, ormai inattivi.
“Resisti, Seeryn. Posso farcela.” Incitò il ragazzo alla donna blu, i droidi avevano avuto il tempo di ricaricare preparandosi ad un’altra scarica di proiettili che lanciarono contro il soldato e ancora una volta la barriera resse il colpo, stavolta Raider non ebbe paura di essere ferito e si limitò a caricare ancora l’energia oscura.
Sfruttò il suo potere per spingere uno dei droni con forza contro la parete facendolo poi esplodere, prese un altro alterando la gravità intorno a lui, lo spinse in alto e poi giù di botto contro il pavimento accartocciandolo come una lattina.
Nuovi mech comparvero alle loro spalle e stavolta Seeryn fu costretta a spostare la barriera allontanandola da Raider e piazzandola davanti ai nuovi arrivati in maniera da proteggere entrambi dalla successiva scarica di proiettili, questo però lasciò Raider scoperto sul fronte dove i tre mech erano pronti per un nuovo assalto.
“Beccatevi questo, brutti bastardi!” urlò una voce rozza proveniente dalle ombre oscure della sala, Raider avrebbe riconosciuto quella voce nonostante l’avesse sentita solo in un’occasione, soprattutto ne colse la stonatura appartenente agli obakon.
Le raffiche del fucile d’assalto erano rapide e sparavano cinque proiettili per volta, i tre droidi crollarono crivellati dai colpi senza riuscire a rendersi conto di chi li aveva attaccati; il salvatore sbucò poi dalle tenebre brillando nella sua scintillante armatura da guerriero obakon e rivolgendo i suoi occhi rossi contro Raider.
“Ehi Pasticcino. Ti sono mancato?” chiese Kellan, il Capitano della squadra che Raider aveva di recente incontrato sulla luna di Thapsos. Il soldato non ebbe il tempo di rispondere che l’obakon si spostò oltre di lui caricando la propria arma modificata e fucilando i restanti mech che erano comparsi alle loro spalle. 
Se ne liberò in un batter d’occhio, poi ci fu il silenzio nella stanza lasciando solo l’odore di bruciato provenire dai mech devastati. Seeryn uscì dal suo rifugio in quel momento, stringendo la falce meccanica ancora tra le mani, in caso di comparsa di nuovi pericoli.
Raider si avvicinò finalmente all’obakon, essendo più basso di lui dovette abbassare lo sguardo mentre la creatura dalla pelle giallastra a squame alzò il volto ridacchiando fiero della propria comparsa a sorpresa. “Com’è che quando ci sono questi tipi a fare danni, in giro ci sei sempre tu?” chiese il soldato sarcasticamente.

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Capitolo 20
*** Capitolo Diciannove: Nei condotti ***


Capitolo Diciannove
Nei condotti
 
 
 
 
 
 
 
 
Settore Ponente
Arca Syramo – blocco delle capsule
 
“Non so perché ci incontriamo sempre con questi robot, ma quello che so è che ti ho appena salvato le chiappe, Pasticcino.” Disse Kellan ridacchiando. Si mise con una mano al fianco, le gambe ricurve e leggermente allargate per mostrare fierezza, poi si portò il fucile alla spalla tenendolo con l’altra mano. 
“E com’è che quando ci sei tu in giro invece le stazioni tendono a collassare? Non sono uno scaramantico, ma credo che tu abbia l’ombra della Roccia che ti perseguita!” disse ancora l’obakon.
Raider non aveva idea di cosa potesse significare, ma non sembrava di certo una cosa bella. In effetti, i loro due incontri sembravano essere legati agli attacchi della Lega, sempre se c’entravano loro con quello che stava accadendo all’Arca e alla sua nuova direzione.
“Che ci fa un obakon qui sull’Arca umana? Non sei un ingegnere né uno scienziato, la tua presenza qui sembra… fuori luogo.” Disse Seeryn cercando di contenere il tono di voce, non voleva sembrare sgarbata ma allo stesso tempo non si era preoccupata di addolcire la domanda.
L’obakon la guardò dal basso con l’espressione incuriosita.
“Anche tu sei fuori luogo. No, non è vero. Però se vuoi possiamo conoscerci meglio se dovessimo sopravvivere all’esplosione imminente e ad una morte lenta e dolorosa!” rispose a sua volta Kellan, il Capitano poi ridacchiò cercando l’approvazione nello sguardo di Raider.
Il soldato però lanciò un’occhiataccia all’obakon alzando un sopracciglio quando i loro occhi si incrociarono. “E va bene l’umorismo non è il vostro forte. Sono di stazione qui, i nostri ricercatori stanno prendendo i dati dei vostri motori iperluce per poter creare anche noi qualcosa di simile da poter utilizzare nelle nostre Navi Generazionali.”
Raider annuì lentamente, probabilmente era per quel motivo che l’obakon era scomparso andando al Centro Operativo quando si erano lasciati a seguito della fuga da Leonna; l’allarme della IV continuò a risuonare richiamando le attenzioni di tutti i presenti.
“Attenzione: contatto con l’atmosfera di Alantarea nei prossimi dieci minuti. Si consiglia l’immediata evacuazione o riavvio dei sistemi. Pericolo: rischio di collisione su Terranova pari al 90%. Attenzione…” 
“Pare che non abbiamo molto tempo.” Disse Raider rivolgendosi ai due alieni che lo guardarono come se stessero aspettando un piano elaborato da lui. Il ragazzo li fissò di rimando non sapendo esattamente cosa dire. “Nella sala controllo ci saranno i comandi dell’Arca. Possiamo impostare una nuova rotta.” Disse mantenendo la calma.
Quelli si guardarono negli occhi, increduli di quando folle potesse sembrare quell’idea, eppure era l’unica cosa da fare altrimenti il danno sarebbe stato gravissimo e l’intera colonia sarebbe stata spazzata via dall’arca o dal suo impatto sul terreno.
“Non abbiamo idea di dove sia la cabina di pilotaggio, Raider. Dobbiamo anche trovare un modo per tornare indietro. I comandi della navetta sono bloccati.” Disse la donna blu una volta che si avvicinò al terminale del carrello, l’unica via rapida per tornare indietro era ovviamente senza energia elettrica.
“Com’è possibile che in una situazione di emergenza come questa non passi l’elettricità? E se ci fosse da evacuare?” chiese sarcasticamente il giovane soldato, non aveva rivolto la sua domanda a nessuno ma avrebbe tanto voluto avere una risposto allo stesso tempo.
“Non disperarti, Pasticcino. Possiamo sempre passare attraverso i condotti. È la stessa strada che ho utilizzato io. Possiamo arrivare da qualunque altra parte.” Disse l’obakon facendo voltare i due più alti, per quanto assurdo sembrasse, appariva come la soluzione migliore.
“Andiamo allora. Facci vedere dove si trova il condotto più vicino.” Disse Raider lasciando la guida del trio all’obakon, l’alieno dalla pelle squamosa fece un mezzo sorriso poi si spostò lateralmente nella grande stanza facendo avvicinare gli altri due ad una larga apertura quadrata nella parete, la grata di sicurezza era stata spinta via con la forza.
“Dove ci porta? Da dove stai venendo?” chiese ancora Raider.
“L’area più vicina è quella della manutenzione, dove si trovano i motori iperluce dell’Arca. La cabina di pilotaggio sarà molto più distante però dalla Manutenzione potremo procedere a piedi attraverso i corridoi.” Rispose l’obakon avvicinandosi all’apertura ed entrando senza curarsi di essere seguito, anche Raider si spostò all’interno desiderando ora più che mai di avere una luce. “Sempre che quei mech di sicurezza non ci inseguano o sbarrino la strada!”
“Sono stati riprogrammati. Qualcuno deve aver sfruttato l’avvenuta accensione dell’Arca per metterci le sue difese interne contro.” Disse Seeryn chiudendo la fila ed entrando per ultima nel condotto, da lì in poi anche la donna blu appariva come un ammasso di ombre. 
Sembrava molto pensierosa e naturalmente Raider non poteva non farglielo presente, specialmente alla luce delle recenti scoperte. “Credi che c’entri la Lega? O qualcun altro…” il suo era un velato riferimento a Cordelia, ma decifrare l’espressione dell’eteren da un angolo all’altro era veramente difficile, anche se i suoi occhi viola brillavano nell’oscurità più di ogni altra cosa.
“Sono certa che sia la Lega. Non possiamo fare altre supposizioni per ora.” Disse Seeryn in risposta, prima che potesse aggiungere altro intervenne Kellan con la sua voce rozza.
“Occupiamoci di uscire vivi da questi condotti. Se la temperatura dell’Arca sale eccessivamente, noi moriremo carbonizzati qui sotto! Dopo discuteremo di chi sia la colpa.” disse lui; da quel poco che aveva appreso su di lui, Raider aveva capito che Kellan non solo era il Capitano di una squadra, ma aveva anche ottime conoscenze nel combattimento e nell’ingegneria aerospaziale. 
Svoltarono gli angoli dei condotti camminando quatti: mentre Kellan riusciva a passarci piegandosi leggermente in avanti, Raider e Seeryn dovettero mettersi carponi in modo da riuscire a passare; nella mano sinistra il soldato stringeva la propria pistola in caso di pericolo. Non appena svoltarono l’ultimo angolo, il gruppo si ritrovò di fronte l’uscita, direttamente catapultati in una nuova stanza.
“Questa è la sala della manutenzione dei motori. Non l’avevo mai vista da così vicino. Mio padre me ne aveva parlato tempo fa, era molto fiero del lavoro che aveva svolto, il suo progetto che si stava finalmente realizzando.” Disse debolmente Raider, era stata una delle più belle conversazioni con il padre, e proprio in quel periodo il soldato aveva capito che forse la soluzione alla sua rottura con il suo ex fidanzato stava in quel magico viaggio a Bael.
“Quindi sei figlio dell’uomo che ha portato l’umanità su un altro sistema solare? Accidenti, devi avere un grande peso sulle spalle da portare. Immagino che nessuno ti faccia dimenticare il suo nome di famiglia.” Disse Kellan con sarcasmo mentre avanzava lungo la passerella metallica, in effetti, non aveva torto.
C’erano tante persone intorno a lui che gli ricordavano costantemente che era il figlio del grande Richard King, persone che non facevano altro che esclamare le loro condoglianze. Ma Raider stava bene e non aveva bisogno di chi glielo ricordasse.
“Immagini bene…” disse il soldato con tono vago, Seeryn gli passò accanto poggiandogli una mano sulla spalla e rivolgendogli un sorriso leggero prima di passare oltre superandolo.
Raider fu l’ultimo della fila mentre il gruppo si muoveva all’interno della sala: dalla loro posizione, riuscivano a vedere solo una minima parte dei grossi motori dell’arca, ma il soldato lì immaginò nella loro immensità mentre passava accanto ad un terminale; Raider vide che i comandi erano completamente bloccati e sullo schermo vi era un avviso che invitava a rivolgersi alla sala controllo.
“Suppongo che tutte queste misure d’emergenza fossero previste in caso di pericolo durante il viaggio. Nessuno avrebbe potuto pensare che sarebbero servite invece all’arrivo nel sistema inesplorato.” Disse il soldato, Kellan si fermò ancora facendosi superare dalla dottoressa che arrivò alle porte d’ingresso della Manutenzione.
“Il tuo viaggio com’è stato? Movimentato?” chiese Kellan senza alcuna inflessione nella voce, si limitava a guardare il soldato con i suoi occhi rossi e le pupille leggermente dischiuse.
“Non saprei dirlo. Credo sia stato piacevole, se non considero il fatto che la mia capsula di stasi è rimasta bloccata per altri ventitré anni. In tutto, il mio viaggio è terminato da circa un mese e mezzo.” Rispose Raider facendo una mezza smorfia di amarezza e abbandonando il terminale di controllo, non c’era nulla che potesse aiutarli.
“Meglio del nostro. Noi tutti abbiamo affrontato il viaggio da svegli. Ci abbiamo messo due secoli per arrivare fin qui. Mio nonno non ha mai visto Bael con i suoi occhi visto che è morto sulla Nave Generazionale, mio padre, io, siamo invece nati e cresciuti su di essa. Lui è morto dopo un anno dal nostro arrivo.” Disse Kellan parlando lentamente. “Che fortuna che hai avuto…” aggiunse come se la cosa non gli procurasse il minimo dolore, il Capitano obakon si voltò lui verso la porta e si apprestò a superarla.
“Non so quale dei due destini sia peggio. La nostra tecnologia ci ha permesso un viaggio di sette anni in linea generica, gli obakon non erano pronti per affrontare il viaggio iperluce. Come noi umani esattamente due secoli fa non avevamo neanche esplorato la Luna!” disse tra sé e sé il soldato, poi si affrettò a seguire gli altri due compagni.
Nel corridoio gli echi degli spari si fecero improvvisamente più forti, il pesante e incessante ronzio dei motori copriva qualunque altro suono all’esterno dell’area manutenzione coprendo i pericoli dovuti ai mech di sicurezza che avevano intercettato il combattimento contro le forze armate della OST presenti nella struttura.
Raider si fece avanti per aiutarli in modo da cogliere di sorpresa i mech quando Kellan lo prese per il colletto della maglia quasi strattonandolo. “Che stai facendo!? Questa è la nostra occasione per sgusciare direttamente fino alla cabina di pilotaggio!”
“Non abbandono dei soldati che hanno bisogno di aiuto. Per quanto ne sappiamo, sono quasi morti!” disse Raider strattonando l’obakon a sua volta, poi non aggiunse altro spostandosi verso la sala principale e senza voltarsi per vedere chi lo stava seguendo.
Raider si avvicinò all’angolo del corridoio con la pistola in mano, facendo attenzione a non fare movimenti bruschi così da farsi scoprire, vide gli spari e sentì la puzza di bruciato di metallo di alcuni mech che stavano esplodendo a causa dei colpi ricevuti. Il soldato si sporse per vedere la situazione vedendo i soldati della OST oltre la barricata.
“Ti proteggo io. Creerò una barriera che non gli permetterà di colpirti.” Disse improvvisamente la voce di Seeryn al suo orecchio, la donna blu si era avvicinata e subito dietro di lei anche Kellan teneva il fucile pronto anche lui per fare fuoco.
Il ragazzo annuì senza aggiungere altro, poi si sporse oltre il muro avvicinandosi con la pistola levata in aria, l’obakon fu ancora accanto a lui e la barriera bluastra che si generava a distanza da loro. Fecero fuoco contro i mech insieme abbattendo i primi due senza che gli altri se ne fossero resi conto; Raider caricò la mano di energia oscura che rilasciò contro uno dei droidi spingendolo contro il tetto della sala e sfasciandolo per l’impatto mentre Kellan faceva fuoco su un altro bersaglio.
In pochi istanti tutti i mech di sicurezza nella stanza erano caduti o completamente inattivi mentre Raider sistemava la propria pistola e Kellan puliva la canna del fucile modificato. Uno dei soldati della OST si avvicinò a Raider in modo da fare il rapporto sulla situazione attuale dell’Arca e la sua prossima collisione.
“Sono il soldato King. Cosa sta succedendo qui? Avete già mandato qualcuno in cabina di pilotaggio?” chiese Raider, ma il soldato in carica scosse il viso negativamente.
“Negativo, signore. Abbiamo circoscritto l’area. Vi è mancanza di ossigeno e di gravità, il rischio di incappare in mech della sicurezza è troppo alto. Abbiamo inviato un messaggio alla direttrice Cross e al centro addestramento su Alantarea, la colonia deve essere evacuata subito prima della collisione!”
“Cosa? Ma se non ci provate neanche a raggiungere la sala comandi allora perderemo l’Arca, la colonia e chissà quante altre vite!” urlò Raider senza riuscire a capire, non aveva senso che quella decisione fosse stata presa così rapidamente. 
“Sono ordini della direttrice Cross! È tutto perduto, non possiamo fare altro per salvare…” il soldato stava parlando iniziando a balbettare quando Raider sbottò avendo perso la pazienza, la decisione era stata presa con troppa facilità.
“Naturalmente sono ordini di Cordelia, non mi stupisce. Chissà se stava cercando di nasconderci le informazioni… o di seppellirci insieme ad esse!” disse Seeryn incrociando le braccia al petto, la sua espressione era scura a carica di risentimento, Kellan non poteva capire ma non era il momento delle spiegazioni.
“Andrò io nella cabina di pilotaggio. Cercherò di salvare l’Arca o morirò provandoci!” disse Raider spostandosi indietro, il soldato gli fu subito alle costole urlando ancora una volta gli ordini limitanti della direttrice Cross, gli poggiò poi una mano sulla spalla strattonandolo per farlo voltare, a quel punto Raider perso il controllo.
“Non me ne frega niente se Cordelia non vuole che salviamo l’Arca. Io ci proverò lo stesso!” urlò lapidario Raider strattonando a sua volta il soldato che aveva cercato di fermarlo, quello gli lanciò un’imprecazione lasciandolo poi al suo destino.
Al suo posto si avvicinarono Seeryn e Kellan. “Non hai le conoscenze per poter hackerare il sistema di pilotaggio di questa enorme stazione. Io vengo con te, Raider.” Disse la donna eteren, non sembrava ammettere un no come risposta alla sua affermazione.
Raider si voltò quindi verso il Capitano, anche lui piuttosto incerto. “Non penso di volermi perdere questi fuochi d’artificio. Che la Roccia Sacra possa schiacciarmi se lasciò tutta la gloria a voi due!”
“Va bene, allora andiamo. La cabina di pilotaggio dovrebbe essere dall’altro lato della nave. Tenetevi pronti ad affrontare altri mech!” ordinò Raider, in quel momento si era sentito come un vero leader, i due compagni di squadra annuirono e si spostarono insieme.
Come aveva sperato, non era rimasta più alcuna resistenza e non si sentivano altri suoni di spari o di mech in attivazione, nonostante ciò, camminavano lungo i corridoi fiancheggiando le pareti in modo da coprirsi da un eventuale attacco a sorpresa.
Dopo alcuni minuti passati a camminare sotto l’allarme di pericolo, la squadra si trovò finalmente con gli occhi rivolti alla porta della sala controllo. Raider si avvicinò lentamente, aspettandosi che si aprisse improvvisamente risucchiandoli via tutti quanti. 
“Sarà pericoloso il nostro ingresso.” Disse Kellan osservando la porta da lontano. “Lo sbalzo potrebbe far esplodere la stanza. Sei sicuro di voler correre questo rischio, Pasticcino?” 
Raider si voltò verso di lui annuendo. Si avvicinò al pannello di controllo della porta indossando la maschera per poter respirare quando l’avrebbe aperta; il giovane soldato staccò la piastra metallica premendo alcuni pulsanti e ricollegando i cavi scollegati.
A quel punto la porta della sala controllo si aprì.

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Capitolo 21
*** Capitolo Venti: Rotta di collisione ***


Capitolo Venti
Rotta di collisione
 
 
 
 
 
 
 
 
Settore Ponente
Arca Syramo – sala controllo
 
Ci furono dei suoni sordi che sembravano esplodere all’interno dell’orecchio di Raider, poi ci fu il vuoto più totale e una serie di echi distanti di quei boati spenti all’improvviso. Il giovane soldato aveva tenuto gli occhi chiusi per tutto il tempo restando aggrappato alla maniglia di sicurezza del terminale accanto alla porta. Poi lentamente decise di aprirli in modo da vedere cosa era successo.
Il suo corpo si trovava sospeso in aria in balia della gravità zero, quell’avvenimento lo fece riflettere: non erano ancora entrati nell’atmosfera del pianeta; Raider lanciò un’occhiata all’interno della stanza, dopo essersi accertato che Seeryn stesse bene e che il Capitano Kellan fosse ancora dietro di lui.
In quel momento, stava osservando la cabina di pilotaggio immaginando i primi soldati che erano stati risvegliati e che avevano attraversato lo spazio oscuro così come adesso stavano facendo loro: dalle spesse finestre situate dell’altro lato della sala si poteva vedere l’oscurità del Sistema Bael e le migliaia di stelle lontane.
“Non sono qui per godermi la vista. Dobbiamo avvicinarci ai comandi.” Si disse Raider cercando di ignorare le voci nella testa che gli dicevano che avrebbe fallito, condannando sé stesso e gli altri due.
Il soldato avanzò all’interno della stanza fluttuando a causa dell’assenza di gravità; non fu difficile per lui localizzare la voragine che aveva sicuramente causato l’esplosione che aveva risucchiato via la maggior parte delle sedie e degli armadietti sparsi nella stanza. Erano rimasti solo i terminali, attaccati al pavimento.
Seeryn gli passò accanto superandolo in modo da raggiungere la console dei comandi primari e, cercando di mettersi comoda, iniziando ad armeggiare con i tasti olografici. Comparvero degli allarmi rossi su uno schermo non molto distante, Raider seguì quel movimento di luci e lesse nella mente la scritta.
“Rotta impostata: Terranova.” l’autopilota era stato inserito e la IV dell’Arca sembrava essere stata disabilitata manualmente, era difficile stabilire quale fosse la causa quindi Raider si avvicinò al successivo terminale cercando di leggere le informazioni.
Il silenzio continuava ad echeggiare. “Proprio vero quello che dicono: se urli nello spazio, nessuno ti può sentire. Non ci sono abbastanza onde per trasmettere i suoni.” Si disse il soldato, finalmente riuscì ad accedere alla diagnostica degli ultimi comandi.
Si avvicinò allo schermo per leggere meglio ma non ebbe il tempo di volarci fluttuando accanto che subito un secondo allarme comparì sullo schermo, segnalando la presenza di un virus limitava le funzioni della IV di bordo in quel settore.
“Necessario riavviare la IV. Certo, al momento abbiamo problemi ben più gravi di questo però!” si disse Raider leggendo il messaggio, si voltò quindi verso Seeryn ritornando alla postazione di comando. Lei sembrava indicargli qualcosa e Raider cercò di capirlo con il solo sguardo.
Si trattava di un terminale non distante dalla console primaria, il soldato fece come gli era stato indicando e volteggiò fino al terminale vicino Kellan; l’obakon era immobile, sembrava terrorizzato dal suo volteggiare senza gravità e per questo rimase di ghiaccio come una statua, quasi rannicchiato su sé stesso.
“Contatto imminente con l’atmosfera di Alantarea. Pericolo.” Si disse Raider leggendo il messaggio di sicurezza sul terminale, una volta raggiunta l’atmosfera sarebbe stato difficile riprendere i comandi. Forse quasi impossibile. “Riavvio manuale richiesto. Forse abbiamo una speranza dopotutto.” Lesse ancora il successivo messaggio.
Raider cominciò a premere le sequenze di codici che comparivano sullo schermo e che venivano inviate dalla console principale, se non ci fosse stata Seeryn avrebbe dovuto fare avanti e indietro per inviare tutti quei codici, in questo modo stavano risparmiando tempo. 
“Richiesta azione manuale sulle leve di emergenza per ultimare il ripristino dei comandi…” si disse ancora Raider leggendo il terzo messaggio che era arrivato nel terminale al quale lavorava, si guardò intorno cercando le leve che erano state menzionate dal programma di sicurezza e ne trovò una a distanza di qualche metro.
Fece segno a Seeryn indicandole quella che si trovava dall’altro lato della stanza, la dottoressa blu si allontanò quindi dal terminale dei comandi principali dell’Arca fluttuando con grazia verso la seconda leva; la donna eteren si ritrovò a volteggiare fino ad essa mentre Raider l’aveva raggiunta qualche istante prima.
Non vi erano indicazioni sul come premere le leve, ma Raider diede per scontato che si sarebbero dovute attivare nello stesso istante, si coordinò insieme a Seeryn e con lo sguardo si intesero abbassando le tue leve. In un primo momento non accadde nulla.
Tutti i terminali nella stanza però si avviarono di nuovo e proprio in quell’istante la luce del sole di Bael filtrò dalle finestre in maniera perpendicolare illuminando tutta la stanza, ci fu un leggero attimo di silenzio, poi i colori comparvero all’esterno insieme ai suoni.
Raider dovette coprirsi le orecchie per quanti allarmi stavano suonando e per quando fosse assordante il suono della caduta della stazione: lo scafo dell’Arca sembrava graffiato da mille lame, suono causato probabilmente dalla pressione atmosferica.
“Raider, dobbiamo arrivare ai comandi oppure…” le parole di Seeryn furono coperte da altre esplosioni e suoni che non sembravano avere un’origine ben definita. Il soldato sapeva bene che l’unico modo per salvare l’Arca e la colonia era quello di raggiungere la console centrale prima che fosse troppo tardi.
Tuttavia, in assenza del supporto vitale e della posizione sfavorevole dell’Arca, il suo corpo sarebbe stato spinto contro il tetto della sala al minimo movimento. 
Raider si guardò intorno cercando una soluzione e osservando il cielo azzurro ormai comparso alla finestra, l’oscurità si era dissipata e le stelle erano svanite nell’atmosfera del pianeta. “Devo farmi forza. Forse potrei arrivare ai comandi usando i miei poteri…” si disse il soldato, era l’unica soluzione.
Cercò quindi di isolare ogni suo pensiero chiudendo gli occhi, concentrandosi solo sull’energia oscura che avvolgeva ogni cosa, in particolare si soffermò sul proprio corpo. Sentiva sfrigolare le proprie mani e quando ne ebbe il controllo aprì gli occhi sprigionando il potere.
La gravità stessa lo avvolgeva in un aggroviglio di fili sottili che sembravano incatenarlo al pavimento, Raider però non si sentiva immobilizzato: cominciò ad avanzare gattonando in maniera incerta non appena aveva lasciato la leva e il suo supporto, dopo aumentò il ritmo del proprio strisciare finché non si sollevò in piedi davanti la console.
“Allarme di collisione. Terranova in vista. Si consiglia l’immediata evacuazione dell’Arca.” Echeggiò la voce della IV.
“Dannazione a te, Raider. Fa qualcosa o finirai per ammazzarci tutti!” urlò a seguire Kellan senza utilizzare nessuno strano appellativo; l’obakon era rimasto appeso fino a quel momento quando poi aveva perso la presa a causa della console che si era staccata dal pavimento facendogli mancare il sostegno; era finito per schiantarsi contro il tetto della sala controllo mentre Raider era arrivato finalmente ai comandi.
“Ci sono quasi!” disse lui con fermezza, si piegò in avanti, non sapeva esattamente come si pilotava l’Arca ma con il riavvio dei motori primari avrebbe potuto eliminare gli ultimi comandi impostati e persino modificare la rotta in modo da atterrare in un punto diverso.
Cominciò a premere velocemente gli ologrammi, sperando di giungere ad una conclusione, sentendo il cuore in gola che stava come per esplodere. Poi le luci rosse si spensero e l’allarme cessò lasciando il silenzio per qualche istante prima che la IV annunciasse il passato pericolo e la correzione di rotta.
Raider non riusciva a credere di essere riuscito in quell’impresa, continuava a fissare la linea azzurra dell’orizzonte e del cielo che si era trasformato in un arancione brillante: il tramonto che segnava la giornata ormai al termine sulla colonia. 
Avendo ripristinato la normale navigazione dell’Arca e arrestato il suo precipitare, Raider poteva anche interrompere il controllo dei suoi poteri che lo incatenavano al pavimento, sia Seeryn che il Capitano Kellan si avvicinarono a lui col fiato in gola mentre le ancore di stazionamento stavano uscendo dai loro ancoraggi.
“Manovra di atterraggio riuscita, complimenti Raider!” disse la donna eteren con un largo sorriso soddisfatto sul volto, il soldato però non rispose subito lasciando che l’aria pulita potesse ritornare a circolare normalmente dentro i suoi polmoni.
“Ho bisogno di qualche istante per sgranchirmi le gambe. Devo uscire da qui.” Disse Raider voltandosi e dando le spalle ai due compagni di squadra; si spostò attraverso il portellone di uscita che aveva già chiamato meccanicamente una pedana per la discesa.
Il soldato si sentiva le gambe tremare senza sapere perché, forse per la paura, forse perché non riusciva a credere di aver davvero salvato l’Arca e la colonia umana. Di certo, era stata l’esperienza più importante della sua vita e non riusciva a crederci!
Per questo aveva bisogno di camminare sulla distesa di terra verde di Alantarea, quasi considerandola come una benedizione. Aveva voglia di baciare per terra se non fosse che se si fosse abbassato, non sarebbe più tornato in piedi. Poi le gambe cedettero definitivamente e cadde sulle ginocchia sul morbido terreno.
“Ci sono riuscito davvero!” si disse a voce normale alzando lo sguardo contro il sole che si abbassava sempre di più oltre le lontane catene montuose. C’era qualcosa che non andava però: Raider vide quell’immensa sfera davanti a Bael coprendone la luce come un’eclissi totale, solo la corona stellare era visibile e non capiva.
Improvvisamente un muro di fiamme si innalzò dal terreno quasi avvolgendolo del tutto in quella colonna di fuoco che lo aveva intrappolato; Raider si guardò intorno cercando la propria pistola ma senza trovarla, probabilmente caduta sulla nave.
“Che succede?” chiese incerto, non si aspettava una risposta che però arrivò da una voce oltre il muro di fiamme.
“Resta fermo, soldato King. Il Fiammarespiro è uno dei poteri più letali che esistano nell’ordine delle arti psioniche. Certi individui, possono arrivare persino ad entrarti dentro i polmoni e bruciarti dall’interno. E tu non vuoi morire!” disse la voce, apparteneva ad una donna senza dubbio, il muro di fiamme poi si aprì lasciandola entrare in quel cerchio di fuoco.
Raider continuava a guardarsi intorno, i suoi occhi vagavano dal corpo celeste che aveva coperto Bael a quella figura femminile che avanzava contro di lui; si era reso conto che non era una vera eclissi, ma una grande astronave che si era parcheggiata sopra di lui.
“Chi diavolo sei tu?!” chiese il soldato tenendo pronti i suoi poteri, l’energia oscura cominciò a brillargli tra le mani, minacciando la donna che aveva appena parlato.
“Puoi chiamarmi Lady Shadow, non ti serve conoscere il mio vero nome, Raider King.” Disse la donna avvicinandosi sempre di più con passo sicuro di sé; arrivata così vicina, il soldato poteva vederne persino i lineamenti morbidi del volto: la donna aveva gli occhi visibilmente meccanici, cybernetici a causa di un impianto di Auspicio, che le permetteva di vedere l’aura delle emozioni degli altri. “Sei arrabbiato, posso capirlo. Ci sono tante domande che vorrei farci, ma non posso rispondere a nessuna di queste, al momento.” Aggiunse Lady Shadow fissandolo con intensità, aveva una linea a mandarla che le rendeva gli occhi più simili a quelli di un serpente.
Raider improvvisamente riconobbe quella voce come se l’avesse sentita il giorno precedente. “Lei è la donna che parlava nella registrazione dell’agente Stein. Lei ha creato la bomba. Lei è la Lega!” si disse Raider, avrebbe tanto voluto mascherare la sua consapevolezza ma sapeva bene che era difficile ingannare la vista del dono Auspicio.
“Comprendo che tu voglia seguire le orme di tuo padre, Raider. Ma voglio che tu capisca che tu e la tua amica, Allyson Morgan non siete altro che degli errori. Ma se starete al vostro posto e non vi intrometterete, allora mi assicurerò che non ti venga fatto del male, da me…” disse Lady Shadow indicando sé stessa, le sue movenze nascondevano una delicatezza e un controllo fisico incredibile, come se avesse tutto perfettamente sotto il proprio volere. “…o dai miei compagni.” Disse ancora indicando l’esterno del cerchio di fuoco, Raider cercò di indagare ma era impossibile per lui vedere qualcosa che non fossero le loro tre ombre oltre il fuoco. 
Raider cercò di carpirne i dettagli, ma le fiamme erano dense e lui vedeva solo i loro contorni, uno tra tutti sembrava alto e grosso; altre due figure avevano dimensioni ridotte ma era evidente che appartenessero ad un uomo e una donna.
“Che cosa vuoi tu e la tua dannata Lega? Perché distruggere Terranova e l’Arca!?” chiese lui a denti stretti, non era certo di ottenere una risposta ma sentiva di doverlo urlare, era l’unico modo per distrarsi dalla rabbia che lo stava consumando.
Lady Shadow si chinò leggermente su Raider restando a debita distanza, i suoi capelli scuri le ricaddero davanti, li teneva sciolti mentre dietro la nuca erano legati in un complesso chignon stile orientale. La sua eleganza non si limitava solo all’aspetto fisico ma anche al completo da ufficio che indossava, un abito con giacca e cravatta che terminava con una gonna e un tacco scuro.
“Serve da monito, Raider. Spesso la paura è l’unico modo per ricordare alla gente di stare al proprio posto. Tu non sei qui per essere un eroe, perciò smettila di provarci o perderai molto più di quello che pensi, non puoi vincere contro di me.” Disse Lady Shadow, quella risposta non fece altro che alimentare la fiamma della rabbia di Raider che però dovette soffocarsi ancora una volta.
“Non capisco… volete il potere? Volete il caos? Che cosa volete da tutti noi!?” le sue domande sembrava non avere senso, erano passati solo pochi istanti da quando lo avevano accerchiato e nessuno si era ancora accorto della presenza della Lega su Alantarea.
Lady Shadow rimase seria, come se non riuscisse a credere al fatto che le fosse stata davvero posta quella domanda. “Noi abbiamo sempre voluto l’ordine, Raider. E tra tutte le altre cose, la superiorità della razza umana. Il controllo è potere e il tuo defunto padre lo sapeva. La sua sete di potere però lo ha portato alla morte!”
“Che cosa… sai sulla morte di mio padre!?” chiese ancora il giovane soldato, un nuovo pensiero si era insinuato nella mente, che la Lega potesse aver orchestrato la tempesta che fece perdere il controllo dell’Arca Rabbonath. Ma la donna orientale scosse il viso.
“Noi non siamo responsabili della sua morte, giovane soldato. La sua morte, non avrebbe giovato in alcun modo all’umanità qui su Bael; ma lavorava con le persone sbagliate che volevano far inchinare l’umanità agli eteren.” Disse Lady Shadow, nel frattempo lo sguardo di Raider sembrava viaggiare in ogni direzione come per carpire ogni possibilità di scoprire qualcosa. Ma le tre figure all’esterno sembravano godersi lo spettacolo senza fiatare.
“Sta cominciando una guerra, Raider. Stanne lontano o tu e i tuoi amici sarete i primi a cadere. Dillo anche a Cordelia, stavolta ha perso la partita.” Disse Lady Shadow ancora, alzando lo sguardo contro l’orizzonte e la grossa nave sferica che copriva Bael. “Qui le nostre strade si separano, spero che non si incrocino più.” 
Quelle furono le ultime parole che la donna pronunciò, uscendo l’attimo seguente dal cerchio di fuoco. Ci fu un bagliore di luce e poi il vuoto, le fiamme si dissolsero del tutto e non vi era più traccia dei quattro membri della Lega scesi sulla colonia.
“Raider! Per gli Spiriti Primordiali, cosa è successo?!” aveva urlato Seeryn in lontananza. Il soldato sentì i loro passi avvicinarsi mentre correvano sul terreno, ma lui non riusciva più a restare sveglio, l’improvviso mal di testa e la realizzazione del pericolo imminente furono troppo da sopportare.
Semplicemente chiuse gli occhi, abbandonandosi alla stanchezza.

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Capitolo 22
*** Capitolo Ventuno: La storia della Lega ***


Capitolo Ventuno
La storia della Lega
 
 
 
 
 
 
 
 
Settore Ponente
Alantarea – colonia di “Terranova”
 
Quella mattina Raider si era svegliato molto presto, prima che la sua sveglia suonasse. Aveva quindi eseguito la sua normale routine cercando di isolare quanto successo durante l’incursione della Lega. Il loro piano, cercare di distruggere l’Arca e la colonia, non era altro che un avvertimento contro chiunque si mettesse sul loro cammino. Senza sapere come, Raider li aveva incrociati e più di ogni altra cosa era determinato a fermare i loro piani.
Riflettendoci tra una pausa e l’altra di una serie di esercizi per tenersi in allenamento, Raider non sapeva dire per quale motivo lo stesse facendo: forse per un senso di giustizia, forse per rivendicare quello che suo padre aveva iniziato con le più benigne delle intenzioni.
E pensando a ciò, era impossibile non tenere conto dell’implicazione di Cordelia che trent’anni aveva orchestrato qualcosa ai suoi danni. Per la direttrice con il quale aveva stretto un rapporto durante i mesi d’addestramento, Raider aveva in serbo un tribunale di tutto rispetto per farla confessare.
Improvvisamente, qualcuno aveva bussato alla porta del blocco abitativo e il soldato si era spostato velocemente in modo da sbloccare manualmente la serratura: si era praticamente chiuso un giorno in casa senza uscire né vedere nessuno.
“Ho creduto di poter fare qualcosa contro la Lega quando mi hanno bloccato nel cerchio di fuoco. Ma non dipendeva da me. Verrà il tempo della resa dei conti e verranno smascherati uno dopo l’altro.” Si promise silenziosamente mentre la porta elettronica si apriva rivelando la presenza di una ragazza in divisa.
“Credevo che fossi pronto. Cordelia arriverà tra poco passando per il Crocevia. Dobbiamo andare al centro d’addestramento.” Disse Allyson con una innaturale freddezza nella voce, rimase sull’uscio della porta semplicemente accarezzandosi il braccio mentre il soldato prendeva le sue poche cose assicurandosi di avere tutto in ordine.
“Potevi anche entrare. Non ti avrei mangiato mica!” disse lui cercando di spezzare il momento di silenzio, era evidente che Allyson era provata nello spirito: in qualche modo si era sentita responsabile per le morti degli altri otto soldati le quali capsule avevano avuto malfunzionamenti. Era molto silenziosa.
“Cordelia ci darà delle spiegazioni, non temere. E dopo di lei, toccherà alla Lega stessa pagare per tutto quello che hanno fatto e che vorrebbero fare.” Disse ancora Raider mentre camminavano lungo la via principale della colonia, il soldato nel frattempo si guardava intorno.
I coloni sembravano ancora molto allarmati, altri si comportavano regolarmente, spostandosi da un punto all’altro per le loro mansioni giornaliere, poi c’erano anche alcuni soldati che pattugliavano le strade. Ma la tensione e la paura erano tangibili nell’aria, d’altronde non capitava tutti giorni che l’Arca di stazione sopra il pianeta rischiasse di schiantarsi proprio sulla prima colonia.
Mentre camminavano, i due soldati svoltarono l’angolo arrivando così al viale che li portava al centro d’addestramento; ci sarebbero stati anche Seeryn e Kellan ad attenderli e in effetti, per l’occasione anche Hunter aveva insistito tanto per vedere lo spettacolo. Il giovane soldato non era certo delle intenzioni del pirata, ma era ormai convinto di potersi fidare e che non avrebbe fatto casini.
“Mi sento così in colpa, Raider. Non puoi neanche immaginare come io mi senta. Forse non sarei dovuta partire… forse era meglio che io morissi nella capsula: ho messo a rischio la colonia solo perché abbiamo scoperto delle cose che non avremmo dovuto.” Era evidente che la soldatessa avesse il morale a terra, teneva lo sguardo abbassato e gli occhi vuoti contro il nulla, camminando in maniera imbarazzata e mettendo un passo avanti all’altro.
Raider si fermò quasi davanti l’ingresso del centro osservando la ragazza con forte decisione. “Tu non hai colpa di nulla! La Lega ha scelto di sacrificare l’arca, Terranova e chissà che altro per i loro piani. Ma adesso abbiamo la possibilità di rivoltarci contro di loro.” 
Allyson annuì distrattamente anche se non sembrava del tutto convinta, i due entrarono nella struttura, passarono la scannerizzazione e si diressero verso l’aula convegno dove avrebbero incontrato la direttrice stessa.
Si trattava di una piccola sala con alcune sedie disposte davanti un piccolo palco, vi era un leggio messo sopra con un microfono per amplificare la voce nella stanza. Seeryn era già lì che guardava fuori dalle finestre, la luce del sole filtrava attraverso le tende che teneva alzate e che le faceva brillare la pelle bluastra.
“Oh eccovi. La direttrice è arrivata qualche minuto fa. Stavamo aspettando solo voi per il rapporto ufficiale. Di certo visto quello che ha rischiato la colonia, era il minimo che lei venisse a vedere.” Disse la dottoressa eteren allontanandosi dalla finestra e avvicinandosi, lei era fondamentale in quella operazione visto che aveva estrapolato i dati e i consensi dall’Arca. “Ti senti bene?” chiese gentilmente ad Allyson.
Raider si allontanò dalle due donne lasciando che parlassero tra di loro; il soldato si avvicinò al palco oltrepassando Kellan e Hunter: il pirata se ne stava seduto su una sedia rivolto però allo schienale, teneva le gambe larghe e aveva un’espressione pensierosa, nel momento in cui aveva visto passare il soldato, aveva abbandonato la sua posa comoda per avvicinarsi alle sue spalle.
“Non ho avuto ancora modo di dirtelo, ma hai fatto una cosa molto coraggiosa e l’intera colonia ti deve la vita. Io avrei abbandonato tutto e tutti per cercare di salvare la mia pelle!” disse Hunter distraendo il soldato dai suoi pensieri, Raider infatti si voltò verso di lui.
“Grazie, immagino. Non sono sicuro che mi spetti un riconoscimento ufficiale, ma non disdegno una bella medaglia. Magari dorata, da appendere in salotto.” Disse con sarcasmo, rimase serio ma osservando l’espressione del pirata non poté non scoppiare a ridere, sentiva la tensione spezzarlo in due. “Stavo scherzando.”
“Io invece no. Davvero, Raider. Non so se tu sia semplicemente pazzo o abbia una fortuna incredibile, o forse entrambe. Ma dovresti pensare a tenerti stretta la vita o ti farai male!” disse Hunter ancora insistendo, aveva finito di ridere ed era tornato serio in volto.
“Ti preoccupi per me? Devo dedurre che ti sia affezionato?” chiese Raider in maniera spassionata, davanti l’incertezza del pirata però sentì una sensazione di stranezza attraversarlo. “Se non l’avessi fatto, la colonia sarebbe stata distrutta. L’Arca Syramo rappresenta un simbolo, per me forse molto più degli altri. È il grande lavoro di mio padre. E le vite che ho salvato… non tutti erano riusciti ad evacuare.” disse Raider tornando sul punto, c’erano tante altre cose che avrebbe voluto dire, ma quelle gli erano venute sul momento.
“Lo so. Io ero tra quelli che non erano riusciti a scappare. Io e alcuni ricercatori. Si è attivato un allarme e i sistemi sono andati a fanculo! Eravamo rimasti chiusi dentro. Tra tutte le vite hai salvato anche la mia, credo di aver perso il conto delle volte in cui l’hai fatto…”
“Diciamo che mi devi una bella bottiglia di vino. Non mi aspetto un vigneto terrestre, ma qualcosa di buono sì.” Disse Raider, si sentiva di poter scherzare, nonostante il fatto che dovesse affrontare Cordelia che non fosse passato in secondo piano.
"Certamente. Ti devo la mia vita e ti seguirò ovunque finché non ti avrò contraccambiato. Questo è il mio onore a dirmelo e la promessa di uno Stargazer, e forse non lo sai, ma le nostre promesse vengono sempre mantenute!” disse Hunter avvicinandosi al soldato e mettendogli una mano sulla spalla, il contatto con il pirata era caldo e soprattutto pieno di sicurezza.
Raider gli fece un sorriso, aveva ricevuto una bella sensazione da quelle sue parole e in fondo non gli dispiaceva il tempo passato col pirata. Era entrato in sintonia come con Allyson, e tra maschi non sempre era fattibile con così tanta facilità. C’era poi una luce nei suoi occhi che lo rendeva diverso, autentica ammirazione.
“Ti ringrazio, Hunter.” Disse il soldato poggiando a sua volta la mano su quella del pirata, i due rimasero qualche istante in silenzio finché la porta dell’aula non si aprì lasciando entrare la direttrice.
Cordelia si trovò ad osservare la sala, era parecchio stranita in volto, come se sentisse che c’era qualcosa che non andava. Era sconvolta dagli eventi: aveva un velo d’ombra intorno i suoi occhi castani e una luce triste anche se riusciva comunque a trasmettere quelle sensazioni che un vero leader avrebbe dovuto.
“Soldato King, posso sapere perché il pirata è qui?” chiese Cordelia incerta, sul viso si poteva leggere la sua contrarietà. Hunter rimase in silenzio lasciando scivolare la mano sul proprio fianco, come se toccare la spalla di Raider fosse una cosa che non avrebbe mai fatto sotto gli occhi degli altri presenti.
“Ti aspettavo, Cordelia. Come puoi vedere, lo stato della colonia è perfettamente integro e le attività sono riprese più o meno tutte con lo stesso ritmo di prima. Terranova è salva!” disse Raider, aveva completamente ignorato la domanda della direttrice e lei sembrava stizzita dal fatto che l’avesse chiamata per nome davanti ad altre persone, tra cui un altro soldato.
Allyson rimase in silenzio, fissando la direttrice con tutto l’odio che poteva avere nel cuore che aveva sostituito la tristezza.
“Lo vedo, soldato King. Sono davvero fiera delle tue azioni, anche se avevo esplicitamente dato l’ordine di abbandonare l’Arca e di non provare a salvarla.” Disse la direttrice, in effetti, Raider aveva volontariamente ignorato l’ordine, c’era ben altro di cui parlare. “Mi vedo costretta a sospenderti, soldato. Pare che in queste ultime settimane, seguire gli ordini sia ormai diventato un passatempo per te. Questo comportamento non è più tollerato!” disse lei.
Raider avrebbe tanto voluto sbatterle in faccia la verità, ma essendo una persona riflessiva, avrebbe voluto fare le cose per bene e ne aveva già parlato con Seeryn e Allyson. “Con le mie azioni ho salvato delle vite, Cordelia. Terranova non aveva ancora evacuato tutti quanti, ho salvato la colonia dalla distruzione. Il lavoro di una vita di mio padre e la sua prima Arca, il nostro mezzo; eri davvero pronta a sacrificare tutto?”
“Hai rischiato la tua vita, quella di un guerriero obakon e di una dottoressa eteren. Con tutto il rispetto per i presenti, ovviamente, ma hai messo la loro vita nelle tue mani. Mani irresponsabili!” disse Cordelia continuando a mantenere la calma, il suo tono di voce era distaccato, era solo il ricordo della persona che Raider aveva conosciuto.
“Hanno scelto loro di seguirmi e senza il loro aiuto non avrei potuto invertire la rotta della Syramo parcheggiandola a dovere. Questo non cambia quello che la Lega ha fatto e per te sembra più grave che io abbia disobbedito ad uno stupido ordine!” 
“La Lega… i nostri agenti sono già sulle loro tracce, Raider. Hanno fatto un passo falso nel mostrarsi e possiamo tracciare i loro movimenti. Ma quello che hai fatto tu…” era giunto il momento giusto per mettere finalmente le cose in chiaro, Raider interruppe la donna nel parlare sovrastandola con la sua voce.
“E quello che hai fatto tu? Vogliamo forse parlarne? Dottoressa Seeryn, perché non mostri alla nostra direttrice cosa abbiamo scoperto analizzando le capsule danneggiate?” disse Raider con voce ferma, in un primo momento la direttrice non disse nulla, ma il suo volto di ghiaccio era una chiara rivelazione di quello che era successo.
“Di cosa stai parlando?”
“Sta parlando del sabotaggio, direttrice.” Cominciò Seeryn, premette dei tasti nella sua interfaccia olografica accendendo un grande schermo che si trovava dall’altro lato della stanza, proprio sopra il palchetto. La maschera di pietra di Cordelia stava cominciando a crollare preda della paura.
“C-cosa sono?” disse con voce incerta, non era mai successo che Cordelia mostrasse emozioni che non fossero decise, Raider voleva essere certo che tutto quello che aveva da chiederle fosse detto.
“Sono i permessi accordati di livello superiore. Dati ad un certo Davide Velasco, un ingegnere tecnico che è rimasto nel Sistema Sol e che pare dalla corrispondenza, avesse ricevuto ordini di sabotare una capsula, quella di Allyson Morgan.” Disse Raider parlando lentamente, non voleva mangiarsi le parole e alzò un braccio indicando la soldatessa, Cordelia non si voltò di un millimetro. “Ma tu sei perfettamente a conoscenza di questo ordine, visto che sei stata tu stessa ad emanarlo. Ma qualcuno ne ha approfittato: anziché sabotarla, Velasco ha inserito un virus che aveva provenienza da qualcuno che attualmente lavora per la Lega. Immagino che si tratti di questa misteriosa Lady Shadow. Ne sai qualcosa?” Disse facendo una pausa e avvicinandosi alla direttrice.
“Questo virus, avrebbe ucciso Allyson e tutte le capsule ad essa collegata. Ma forse per un fortunato caso del destino, anche la Lega ha commesso un errore e solo otto di noi sono morti. Due sono sopravvissuti e sono qui oggi a chiederti il Perché delle tue azioni.” Disse Raider soffermandosi e incrociando le braccia al petto, teneva i suoi occhi azzurro-ghiaccio rivolti contro Cordelia come se potesse impalarla lì stessa, ma la direttrice si mantenne fiera.
“Le tue supposizioni sono…” 
“Infondate?” chiese Seeryn interrompendo la direttrice prima che potesse finire la frase. “Non mi offenda, direttrice Cross. Sono una dottoressa, ma ho studiato tecnologia. Non c’è alcun margine di errore: questi documenti sono reali.”
“Mi dispiace, Cordelia. Ma a tua insaputa ho presentato queste prove al resto del direttivo della OST e è stato già emanato un ordine di arresto. Siamo qui non per mera formalità, ma perché voglio capire le tue ragioni. E come hai potuto tradire la fiducia dell’uomo che ha creduto in te fin dal primo istante!” disse Raider sentendo l’amaro in bocca, le sue labbra si mossero in un’espressione di disgusto continuando a guardare la direttrice negli occhi.
Ci fu un lungo istante di silenzio nel quale solo la direttrice avrebbe potuto parlare e spiegare quello che era successo. Ormai non c’era altro da fare, le prove del suo coinvolgimento con la Lega erano inevitabili.
“Io credo ancora nel progetto di Richard King; tuo padre era un genio, Raider.” Iniziò Cordelia, anche se sembrava una di quelle frasi fatte dette tanto per dirsi. “Lui era a conoscenza del potere di Amplificazione di Allyson, come immagino anche tu lo sappia. Era convinto che questo avrebbe potuto essere d’aiuto in un sistema inesplorato, che avrebbe potuto avvantaggiare l’umanità in caso di fallimento del primo contatto.”
“Fallimento?”
“Non sapeva chi o cosa fossero gli eteren. Né cosa i mondi ci avrebbero riservato. Naxos era la nostra meta iniziale e per quanto ne sapevano vi era presente una fauna al pari dei nostri dinosauri. Lui era convinto che servisse una forza armata, ma Richard stesso non avrebbe mai potuto sfruttare un potere simile così come non avrebbe mai potuto controllare la tua Materiaoscura.” Disse Cordelia ancora, ma sembrava una menzogna, sia Allyson che Raider scossero il viso.
“Mio padre sapeva di cosa ero capace di fare!”
“C’è un motivo per cui la Materiaoscura non è un impianto che si utilizza. È pericoloso, Raider. E così come l’Amplificazione, un impianto mai realizzato in tutti questi anni di ricerca. Lui avrebbe voluto sfruttare questo potere per fare grandi cose. E in quel momento, era come se vedessi un folle visionario, più che un uomo grandioso!” disse ancora la direttrice, la stonatura nella sua voce e la mancanza di compostezza sembravano rivelare un fondo di verità nelle sue intenzioni.
“Quindi hai pensato di sabotare la mia capsula per uccidermi!?” disse Allyson a metà tra una domanda e una certezza.
Cordelia scosse il viso. “No, la mia intenzione era proteggerti. Perché sapevo che qui su Bael l’equilibrio per il potere sarebbe stato incredibilmente fragile. Ho fondato la Lega come un progetto che aiutava le persone. E tu, soldato Morgan, saresti stata in pericolo perché chiunque avrebbe ambito al tuo potere.” 
“Non ha senso…” sbottò Raider.
“Tu dici? Pensa a quante persone ti conoscono qui in soli due mesi in cui sei tornato alla luce. La notizia dell’unico umano di tutto il sistema che possa controllare la Materiaoscura. Sei un bersaglio facile, ricercato sia dagli Stagazer che dai Razziatori che da qualunque altra banda di pericolosi assassini, mercenari, pirati spaziali eccetera!” disse Cordelia alzando il tono di voce, Raider si sentì colpito dalle sue parole ma strinse i denti mascherando il senso di disagio. “Volevo proteggerti, per questo ti ho messo di stazione qui a Terranova. Perché ti sei esposto fin troppo contro la Lega e ormai loro sanno. Così come sanno di Allyson e per questo motivo hanno cercato di uccidervi!”
“Intendi dire con l’Arca?” chiese Allyson prima che potesse farlo Raider, la direttrice annuì alle sue parole.
“Quando mi sono resa conto che i miei codici erano stati utilizzati in maniera impropria era troppo tardi: l’Arca Syramo era ormai partita e ci stavamo addormentando tutti. Una volta arrivata qui ho capito che avevo perso il controllo della Lega e che presto, quando sarebbe venuto Richard, io sarei stata finita!” 
“Suppongo che quando l’Arca Rabbonath è stata dichiarata dispersa hai tirato un sospiro di sollievo. Nessuno avrebbe scoperto quello che avevi fatto. Ma le prove erano comunque sulla Syramo. Per questo hai dato ordine di non salvarla insieme alla colonia… volevi spazzare via le prove prima che potessimo arrivarci noi!” disse ancora Raider indicando prima sé e poi Seeryn, a quell’accusa la direttrice annuì.
“Il cuore mi si è spezzato quando il mio mentore è morto, Raider. Tuo padre ha rappresentato un padre anche per me. E non ero pronta ad assumermi il peso delle mie azioni, considerando che anche tu eri imprigionato nel coma criogenico. Sarei stata la sua più grande delusione. Ma le cose sono andate diversamente e tu non ti sei risvegliato più, così come Allyson fino ad un anno fa.” 
Raider non sapeva esattamente cosa dire, le azioni di Cordelia avevano dato il via ad una piccola organizzazione che voleva aiutare le persone, qualcuno aveva pensato che Allyson fosse un pericoloso talmente grande da dover essere eliminato. 
“Chiunque lavorasse con te ha sfruttato l’occasione ha orchestrato gli eventi in modo che noi due oggi fossimo qui e tu sotto accuse che non possono essere ignorate, Cordelia.” Disse il soldato sentendosi parzialmente in colpa, tutto quello non sarebbe successo se la direttrice fosse rimasta al suo posto, o magari avesse esposto la questione in diverso modo a Richard King.
“Lo so, Raider. A causa mia, oggi la Lega è un nemico e una minaccia al quale io ho dato potere e animo. Non posso aiutarti nel fermarli dato che neanche io conoscevo la loro vera identità.” Disse Cordelia, in quel preciso istante i soldati che stavano di guardia fuori entrarono all’interno dell’aula avvicinandosi alla direttrice.
“Procediamo con l’ordine di arresto?” chiese uno di loro, l’unica risposta possibile era affermativa e nel processo che avrebbe seguito si sarebbero messo in discussione le motivazioni di Cordelia.
“Sì. Procedete.” Disse infine Raider con risolutezza.

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Capitolo 23
*** Capitolo Ventidue: Prima della partenza ***


Capitolo Ventidue
Prima della partenza
 
 
 
 
 
 
 
 
Settore Ponente
Centro Operativo OST – giardini coperti
 
Raider se ne stava seduto tranquillamente sulla panca, aspettando che il Capitano Kellan terminasse il suo incontro; aveva molto di cui discutere con il direttivo visto che l’organizzazione era la cosa fondamentale in quel momento e che il flusso delle informazioni doveva essere limitatissimo, visto che la Lega aveva braccia e appigli anche all’interno della OST, capire chi fosse la talpa non era facile ma al momento era anche ignorabile.
Il giovane soldato osservava l’ambiente intorno a sé cercando una sorta di pace interiore, in fondo si sentiva abbastanza bene, anche se non aveva forza o volontà di andare a trovare Cordelia. Al momento la ex direttrice era l’ultimo dei suoi problemi. 
Era determinato più che mai a stanare la Lega e a capire cosa volessero davvero. Per farlo aveva due piste, una che lo avrebbe portato a Frelm nel pianeta ghiacciato nel Settore Levante e l’altra che lo avrebbe invece buttato nella fossa politica di Sivanuria, patria degli eteren.
Dietro di lui ci fu un movimento rapido e il ragazzo non fece in tempo a voltarsi che Hunter aveva scavalcato la panca per mettercisi seduto in maniera comoda tenendo le gambe spalancate e rivolgendo il suo sguardo al giovane soldato.
“Te ne stai qui tutto solo a pensare? Pensavo che le cose stessero andando per come volevi tu.” Disse lui incominciando un discorso, Raider in effetti annuì, l’ultima parola che avrebbe utilizzato per descriversi al momento era proprio soddisfatto.
“In realtà avevo bisogno di un attimo di pace. Kellan sta parlando col direttivo e questo vuol dire che ci verrà assegnata una nave da ricognizione per andare su Frelm. Stando alla nostra visione, sarà quello il mondo che verrà colpito dalla nave-bomba e che distruggerà tutto quello che c’è nell’intero Settore.” Disse Raider cercando di usare un tono più leggero, si spinse leggermente indietro con la schiena poggiando le mani sul freddo metallo.
Dall’altro lato dei giardini, alcuni soldati si stavano muovendo in gruppo per controllare la situazione, naturalmente c’era stato di allarme generale e il fatto che l’Arca Syramo fosse stata stazionata su Alantarea fino a tempo indeterminato sembrava aver agitato le acque.
“Sì, ho sentito qualcosa. La dottoressa… Seeryn, mi ha parlato di un evento molto importante tra alcune settimane. Dice che non c’è occasione migliore di quella per avvicinare la Regina e ucciderla. Credi che abbia senso?” chiese Hunter, per la prima volta da quando si era seduto, Raider si voltò verso il pirata fissandolo negli occhi scuri.
Hunter ricambiò lo sguardo restando in attesa. “Sono d’accordo con lei. La Regina non dev’essere un bersaglio facile e nonostante l’avvertimento, sembra che l’evento non possa essere rimandato.”
Solo in quel momento Raider sentì il bisogno di alzarsi dalla panca per sgranchire le gambe, poi si voltò ancora verso il pirata e si piegò leggermente in avanti ritrovandosi ancora faccia a faccia con lui; Hunter aveva fatto lo stesso movimento.
“Ho saputo di strane trasmissioni radio. Ipotizzavano che c’entrassero gli Stargazer. Hai ancora contatti con loro?” chiese Raider a sangue freddo, si aspettava una qualche risposta sincera da parte del pirata che parve colpito nello sguardo di fronte a quella rivelazione.
“Potrei aver omesso una cosa, ma non per male, solo non ci conoscevamo abbastanza bene. Non sono solo un membro degli Stargazer… ma li controllo.” Disse Hunter allontanandosi e spostando lo sguardo da un’altra parte, nel farlo si era passato una mano sulla testa soffermandosi a grattare le tempie. “Sono il loro capo, diciamo. Anche se è un avanzamento di grado piuttosto recente. E nonostante gli screzi, sanno dove riporre la loro lealtà.”
“Ma questo non risponde alla mia domanda.” Disse Raider, la sua accusa fece ridacchiare il pirata e fece spallucce prima di tornare serio in volto e alzando gli occhi contro l’altro.
“Sì, ho dei contatti ma nulla che in qualche modo possa danneggiare te o la OST! Siamo un gruppo piccolo e il loro supporto mi permette di capire come vanno le cose nel resto del Sistema.” 
Raider non voleva credere al fatto che il pirata avesse ancora dei contatti, come se si sentisse tradito. La cosa lo turbata, cominciando a pensare che forse aveva fatto un errore a fidarsi di lui. Come se lo potesse sentire, Hunter gli afferrò il polso e il soldato si rese conto che si stava allontanando senza volerlo.
“Devi credermi, per favore, quando ti dico che non intendo intralciarti in alcun modo! Noi Stargazer possiamo essere molto utili, Raider. Abbiamo informazioni e se tu me lo permetterai posso metterli su qualunque traccia che ci porti alla Lega!” disse Hunter stringendo ancora il polso, il suo tocco era deciso ma anche delicato, Raider non se ne dispiaceva anche se era ancora incerto.
“Dovrei quindi credere che loro non sanno nulla di quello che è successo da quando ti abbiamo catturato?” 
“Non che sia successo qualcosa eh!” disse Hunter scherzosamente, i suoi occhi scuri avevano una luce che brillava che fece credere al soldato che ci fosse un fondo di verità in quello che diceva. Utilizzare gli Stargazer, l’alleanza con uno di loro, Raider non si sentiva tanto diverso da Cordelia in quel momento.
“Voglio fidarmi di te, Hunter. Credo che tu sia un bravo ragazzo. Perciò se hai delle informazioni fruttuose sulla Lega, vorrei che tu le condividessi con me.” Disse Raider annuendo. A quel punto Hunter si alzò dalla panca e dalla stretta al polso prese la mano del soldato unendo poi i gomiti delle loro braccia.
“Così si fa. Non ti deluderò, non preoccuparti. Sono dalla tua parte, anche se so che è difficile avere fiducia in me!” disse ancora con sincerità, Raider ricambiò la stretta come un patto solenne e annuì soddisfatto. 
“In caso dovessi ricevere un colpo di spada alle spalle, saprò a chi dare le colpa!” disse lui sciogliendo poi la stretta di mano e restando fermo davanti al pirata, l’altro lo guardò negli occhi e lui per istinto ammiccò al pirata. Raider non era molto bravo nel flirtare e si era sentito piuttosto impacciato. 
Nonostante quello, Hunter lo fissò facendo un sorriso a denti scoperti, sincero e buono. Altro motivo per sentirsi in imbarazzo.
“Vogliamo… andare avanti!?” chiese Raider balbettando e guardando dall’altra parte e il pirata scoppiò a ridere come se avesse intuito l’imbarazzo del prima ma non disse nulla in proposito. 
I due ragazzi si incamminarono fuori dall’area dei giardini.
Raider aveva un passo lento teneva le braccia penzolanti lungo i fianchi, Hunter gli stava accanto e aveva le mani infilate nelle tasche, lasciando le spalle leggermente sollevate e ricurve. Aveva abbandonato la divisa anonima da prigioniero e aveva ripreso i suoi abiti scuri: un pantalone largo e con delle tasche grandi che si restringeva alle caviglie dove aveva un paio di scarponi. Sopra indossava una maglia le cui maniche erano alzate fino a quasi il gomito e aveva anche un cappuccio che al momento teneva abbassato.
“Sai, mi viene in mente il giorno in cui ho preso il comando degli Stargazer. Lo stesso giorno in cui il precedente capo era morto: un obakon fastidiosissimo di nome Rekpali. Era uno stronzo ma aveva tempo per ascoltare tutti i suoi alleati. Un po’ me lo ricordi.”
“Perché sono uno stronzo?” chiese Raider lentamente.
Hunter però scosse il viso sbarrando gli occhi, non si era neanche accorto di quello che aveva detto, ma la cosa era abbastanza divertente per il soldato. “Ma no che hai capito! Tu sei una persona che ascolta chi ha intorno. Mi piace!” disse balbettando parole a caso.
“Bene, mi fa sentire sollevato allora. “Com’è morto Rekpali? Se ti senti di parlarne.” Chiese educatamente l’altro.
“Eravamo appena usciti da uno scontro tra bande. Per quanto gli Stargazer siano un piccolo gruppo, quando ti ritrovi a fare danni in zone controllate da altri gruppi allora scoppiano le guerre.” Disse Hunter riprendendosi e parlando con più tranquillità. I due ragazzi continuarono a camminare dritto finché non si trovarono nella sala centrale.
“I Razziatori ci avevano praticamente fatto il culo. Avevamo perso un sacco dei nostri e anche qualche nave. Ci avevano persino rubato il bottino. Ricordo che il loro capo si era scontrato col nostro. Era un omone con una corazza nera e un casco inquietante!” continuò Hunter con l’espressione scura in volto. “Rekpali era stato ferito gravemente e io avevo appena fatto in tempo a fuggire con lui attraverso il Crocevia…”
“Un gigante in nero. Non vi hanno seguiti?” chiese Raider.
“Avevano catturato il secondo in comando mentre noi fuggivamo. Si è sacrificato a sua volta; Rekpali mi passò il comando quando fummo in un luogo sicuro e inesplorato di questo sistema.” Disse Hunter, ancora una volta catturando l’attenzione del soldato.
“Un mondo inesplorato? Senza alcun insediamento eteren?”
“Esatto. Lui lo considerava una sorta di casa, non aveva mai denunciato il ritrovamento di quel manufatto e quindi nessuno sa le coordinate da inserire per trovarlo.” Disse sinceramente in risposta. “Rekpali mi disse che aveva fondato gli Stargazer per scoprire le stelle e che avrebbe voluto che le sue ossa fossero sepolte lì.” Disse Hunter facendo una breve pausa, il soldato rimase in ascolto senza interromperlo, era affascinato dal racconto del pirata e dalla sua concentrazione. 
“Hai mantenuto la promessa?”
“Non ancora. Credevo che quello fosse il posto migliore dove seppellirlo, ma il problema è che non riesco ancora a distaccarmene. Prima di essere catturato, mi capitava di parlare con l’urna dove si trova e chiedere consiglio. Naturalmente non ha mai risposto.” Aggiunse ridacchiando e guardando in basso.
“Hai ancora tempo per superarlo.  Se mai ti servisse una spalla sul quale piangere, allora sono ti sono vicino.” Disse il soldato parlando con sincerità, i due si guardarono negli occhi e Hunter fece un altro bel sorriso che illuminò il suo volto. “Stavo pensando…” 
Non ci fu il tempo di esterna quei pensieri, in quel momento Kellan si stava avvicinando di corsa, serio in volto, era quasi comico vederlo muoversi goffamente all’interno della sua corazza da guerriero; nonostante la sua bassa statura aveva comunque una larghezza che incuteva un certo timore.
“Ehi tu! Sgomma via! Devo parlare con Pasticcino qui presente. Trovati qualcun altro da disturbare, ragazzino!” disse l’obakon parlando in maniera burbera mentre si rivolgeva ad Hunter, quello si mise con le braccia incrociate al petto osservando con sfida il Capitano obakon.
“Ragazzino? Ma se ho trentatré anni. E poi sono più alto e grosso di te!” disse Hunter sfidando Kellan, il soldato rimase a fissarli incredulo dalla strana confidenza di insulti che i due non si facevano problemi a rivolgersi nonostante non si conoscessero.
“Ti darò una lezione da vero maschio quando avrai finito di prendere il latte dalle tette secche della tua tutrice. Ora via, che devo parlare con Pasticcino.” Disse Kellan parlando con tono di voce normale, erano in mezzo alla sala centrale e molti soldati si erano voltati per osservare la scena tra i due, Raider era sprofondato nell’imbarazzo.
“Ehm Kellan, per va bene che mi chiami Pasticcino. Sul serio, lo trovo molto affettuoso e carino… anche se potresti tranquillamente chiamarmi per nome che è molto più semplice.” Cominciò Raider facendo una breve pausa per puntualizzare l’evidenza. “Ma potresti evitare di urlarlo in mezzo ad altri soldati? Sai, non ci faccio una bella figura!” disse ancora lui.
Hunter aveva ridacchiato, dopo aveva deciso di allontanarsi guardando ancora con sfida l’obakon. “Parleremo un’altra volta, Raider.” Disse il pirata, deluso dal non poter restare ancora. In effetti, anche il soldato avrebbe voluto continuare ad avere il piacere della compagnia del pirata. Il Capitano gli fece un segno con le mani come per scacciare via Hunter quando quello si era già allontanato.
“Non preoccuparti, Pasticcino. Farò esattamente come mi hai chiesto. Adesso però dobbiamo parlare di cose da adulti!” Disse Kellan alzando la mano e dando una pacca sulla bassa schiena di Raider come per invitarlo a seguirlo.
Il ragazzo provò una fitta di dolore per la forza che l’altro aveva usato, poi senza dire nulla si avvicinò a lui massaggiandosi il punto colpito. “Sembri scuro in viso. È successo qualcosa?” chiese Raider arrivando dritto al punto, l’obakon era decisamente pragmatico e di fatto annuì pesantemente osservando la sala davanti a sé.
Raider riconobbe la strada che stava utilizzando, sembrava volerlo portare alla camera del manufatto per utilizzare il Crocevia così da spostarsi rapidamente. Il soldato seguì il Capitano.
“Abbiamo ricevuto strani segnali radio su Naxos. Come saprai, lì è presente la nostra colonia e capitale Hannak’Tara. Il nostro osservatorio ha rilevato onde gamma nello spazio, abbiamo provato ad inviare un segnale ma non abbiamo ricevuto alcuna risposta dal corpo celeste in movimento… ci sono due possibilità, ma ne escludo una!” disse Kellan rispondendo alla domanda, anche Raider avrebbe escluso subito la possibilità di un corpo celeste vagante.
“La nave-bomba è già in movimento. Siete riusciti a tracciarla?” chiese carico di entusiasmo, se così fosse stato, sarebbero riusciti a fermare la sua avanzata appena in tempo. Ma Kellan scosse il viso.
“Qualcosa disturba il nostro segnale e lo fa rimbalzare da punto all’altro del Settore Levante. Vale a dire che per i nostri scanner, la nave-bomba potrebbe essere in qualsiasi punto.” Disse ancora l’obakon. Durante i suoi anni in accademia, Raider aveva però imparato che c’erano svariati modi per localizzare bersagli invisibili.
“E se usassimo dei sonar? Un po’ come i sottomarini…” dovette fare una pausa visto che il Capitano non sembrava capirlo. “Sono navi che vanno sott’acqua. Sono molto utili." 
"I segnali di questo tipo sono buoni in ambienti chiusi. Siamo ciechi e allo stesso tempo non possiamo scandagliare tutto il Settore in questo modo. Se la nave-bomba è localizzata, vuol dire che abbiamo poco tempo, cinque giorni al massimo, in base alla sua posizione in orbita.” Disse Kellan e il ragazzo annuì pesantemente.
“Immagino ci sia altro, dunque. Avete una soluzione?”
“Certo, Pasticcino. Ho incontrato il tuo direttivo con queste informazioni, il Consiglio dei Saggi ci ha fornito un aiuto.” Disse il Capitano grattandosi il mento e riprendendo a camminare, Raider gli fu subito dietro. “Quanto conosci Frelm?”
Raider non aveva idea di cosa potesse aspettarsi su quel mondo, ma quando era andato sul Viandante, i mercanti cercavano di vendere merce che doveva provenire da quel pianeta. Seeryn gli aveva detto che si trattava di un pianeta cristallizzato nel ghiaccio.
“So che è molto freddo.” Rispose riduttivamente lui. “Il clima è instabile e dalle scansioni geologiche che ho studiato, l’aria è rarefatta. So che la fauna locale è pericolosa.”
“Esatto! Parliamo di mostri enormi e pericolose creature che solo la Roccia Sacra sa quanto siano bestiali! Un tempo, Frelm aveva l’asse come quello di Naxos, inclinato in modo da avere il cambio delle stagioni, ma nei millenni qualcosa lo ha mutato e adesso c’è un inverno senza fine.” Rispose rapidamente l’obakon.
“Non capisco il punto però. Questo come ci aiuta con la nave-bomba?” chiese Raider insistendo.
“Noi obakon abbiamo costruito una Stazione Meteologica… o come diamine si dice, insomma! Con quella riusciamo a studiare e a controllare piccole porzioni di tempesta in modo da studiare più aree intorno alla essa.” Il modo di parlare di Kellan rispecchiava la sua personalità rozza e diretta ma era anche comprensibile. “Per qualche motivo non riusciamo a controllarla da Naxos, ma noi potremmo scendere fin là e indirizzare la tempesta in modo da rivolgerla contro l’esterno del pianeta. Quando la nave-bomba sarà abbastanza vicina potremo schermare la tempesta contro di essa per dirottarla.”
Il piano sembrava terminare lì. Raider attese qualche altro istante nel mentre erano arrivati al posto di controllo, entrambi effettuarono il riconoscimento oculare e oltrepassarono i soldati. “Tutto qui? Volete scagliare qualche fulmine contro una nave che se dovesse esplodere provocherebbe un buco nero capace di uccidere un Settore?!”
Era l’idea più assurda che Raider avesse sentito e nella sua breve vita ne aveva sentite tante. Era anche vero che sembrava assurdo viaggiare da un sistema all’altro, ma suo padre vi era riuscito.
“Non è proprio così semplice e tu non conosci le tempeste di Frelm. Sarà pericoloso già per noi attraversare le lande ghiacciate!” disse Kellan, quella informazione era sfuggita a Raider che sembrava colto alla sprovvista.
“Aspetta, intendi dire attraversare il pianeta per via terra? Abbiamo una nave da ricognizione a disposizione. Possono portarci direttamente sulla Stazione Metereologica degli obakon.” Ma a quelle sue parole Kellan scosse il viso con forza e decisione.
“Come ti dicevo, non riusciamo a controllare la tempesta con la lunga distanza. Dobbiamo passare al controllo manuale ma atterrare vicino la stazione sarà impossibile visto che attualmente la tempesta è posizionata sopra la struttura.”
“Capisco, rischiamo di rimetterci la vita. Da un lato i fulmini, dall’altro l’essere divorati dalla fauna locale. Che ardua scelta!” disse il soldato, gli sembrava una missione suicida senza possibilità di ritorno.
“Non è il migliore dei piani, ma è l’unico che potevamo presentare al direttivo, visto l’immediato pericolo. La stra-maledetta Lega si muove veloce e noi dobbiamo esserlo di più!”
“Già. Hanno fatto prima di quanto pensassi. Ma avevano questo piano pronto da tempo, stanno solo affrettando i tempi quindi dobbiamo agire rapidi e partire prima possibile.” Disse Raider, avrebbe dovuto pensare a chi portare con sé visto che sarebbe stato lui a condurre quella missione nelle tempeste del pianeta ghiacciato.
Certo del fatto che Kellan lo avrebbe seguito, non poteva far altro che scegliere un’altra persona da portare con sé. Un gruppo ristretto avrebbe attirato meno attenzioni di uno numeroso.
“Pare che abbiamo del lavoro da fare. Prepariamoci al viaggio. Dobbiamo raggiungere Frelm prima possibile.” Disse infine Raider, raggiungendo il Crocevia con Kellan e separandosi una volta all’interno: dovevano agire.

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Capitolo 24
*** Capitolo Ventitré: Squadra ***


Capitolo Ventitré
Squadra
 
 
 
 
 
 
 
 
Settore Levante
Nave da ricognizione – spazio profondo intorno Frelm
 
“Non prendertela sul personale, ma credo di aver bisogno dell’aiuto di Allyson. C’è rimasta male dopo aver scoperto la verità sui piani di Cordelia e sulle sue intenzioni. Ha bisogno di qualcosa che la riscatti e che la motivi. Credo che sia la sua occasione per dare una vera lezione alla Lega: per lei è molto personale. Non so se capisci…” 
Raider aveva guardato fisso negli occhi Hunter, ma il pirata degli Stargazer sembrava esserci comunque rimasto male all’idea di non poter scendere sul pianeta lui stesso. Anche se da un lato sembrava anche capire la motivazione che aveva spinto Raider a scegliere Allyson.
“Certo che capisco. Solo che mi avrebbe fatto piacere scendere con te. Darti una mano in questa missione folle. Perché sai che è un piano folle e con tutti quei mostri morirai, vero?” chiese Hunter, ma tra le sue parole vi era un tono sarcastico che sembrava in qualche modo intenzionato a fargli scegliere il suo aiuto.
“La Brutalità dei tuoi impianti mi tornerebbe parecchio comodo, non immagini quanto. Ma tre siamo già sufficienti e ho bisogno della conoscenza di Kellan sul pianeta. Non farmi sentire in colpa… avrai modo di aiutarmi la prossima volta, va bene?” chiese Raider quasi scherzando col il pirata, quello gli diede un calcetto all’altezza del ginocchio ma senza fargli male e facendo il movimento con la minima forza. Hunter poi si sedette a gambe spalancate.
Con l’arresto di Cordelia, era stato facile riassegnare Hunter alla squadra e in quel modo avrebbe comunque sfruttato la sua riabilitazione e fatto servizio civile su una nave da ricognizione. Il pirata aveva però deciso di stare lontano dalla sala controllo preferendo le aree comuni del ponte dell’equipaggio che essendo fuori orari di pasto era vuoto.
“Non c’entra nulla il fatto che io sia il capo degli Stargazer, vero?” chiese Hunter con tono curioso, Raider lo fissò stranito da quella domanda. “Certe volte sembri fidarti totalmente di me, altre invece mi sembra che quasi mi ignori…” disse il ragazzo.
Raider in realtà apprezzava molto la compagnia di Hunter, forse fin troppo visto quello che stavano passando. Senz’altro, il pirata era di bell’aspetto e aveva un carattere particolare che gli faceva sempre venire il buon umore. Con lui si sentiva bene.
“Mi spiace che ti senti ignorato. Vedrò di rivolgerti più spesso le mie attenzioni, se questo ti fa sentire bene.” Rispose il soldato ridacchiando, voleva fare una battuta, ma in cuor suo sapeva di provare un qualche genere di attrazione per il pirata.
“Sì, ora in effetti mi sento più sicuro. Sei circondato sempre da belle donne, se non ti conoscessi, direi che sei fortunato!” disse Hunter spronando l’altro prendendolo in giro, sul suo viso gli si era aperto un sorriso largo e Raider aveva ricambiato. 
“Credi davvero di conoscermi così bene?” 
“Forse il giusto! E ricordo che una volta ti ho persino visto che sbavavi sui miei muscoli. Vuoi toccare?” disse Hunter con tono provocatore, l’altro lo guardò mordicchiandosi il labbro e scuotendo il viso più volte, non gli avrebbe dato quella soddisfazione.
“Ho visto molto di meglio. Ho avuto diversi partner. Tu sei nella discreta media.” disse Raider alzandosi dalla sedia, aveva bevuto un drink energetico visto che mancava poco all’atterraggio, si era preso una piccola pausa e gli aveva fatto bene scherzare con Hunter, nonostante l’argomento lo stava in qualche modo facendo agitare.
“Nella media, dici? Comunque nessun problema, guarda pure la prossima volta…” disse Hunter salutando amichevolmente il soldato. A cosa alludesse, Raider non sapeva dare una risposta e preferiva non pensarci o si sarebbe fatto strane idee sul loro rapporto.
Il ragazzo si allontanò dal tavolo al quale era seduto il pirata, prima di voltare l’angolo, Raider diede un’occhiata alle proprie spalle.
Hunter lo stava ancora fissando, come se fosse bloccato nel tempo e nel momento in cui Raider lo aveva fissato stranito come a chiedergli cosa stesse guardando, Hunter gli fece un largo sorriso increspato tra lo strato di barba, un sorriso sincero.
Poi tornò a mangiucchiare quello che aveva nel vassoio, i rimasugli della sua cena e Raider si freddò: “Non dovrei farmi strane idee. Siamo amici, colleghi. Non c’è altro tra noi.” Ma nel momento in cui le porte dell’ascensore principale si erano chiuse, i suoi pensieri erano semplicemente seppelliti più in basso.
Nella sala controllo vi era l’equipaggio al completo con il comandante della nave che era stata assegnata loro, Raider superò l’equipaggio arrivando nell’angolo della sala dove si trovava Kellan.
L’obakon curiosamente si stava sistemando le trecce dei capelli e sul viso aveva applicato una sorta di tintura scura che gli copriva parzialmente la cicatrice profonda che dalla bocca saliva fino all’occhio dividendogli il volto in due metà esatte.
“Che stai facendo? Se posso chiedere…” disse Raider avvicinandosi ancora di più. Ora che ci faceva caso, sembrava grasso dei vecchi motori combustibili e ne aveva le mani sporco. 
L’okakon prese una pezza che aveva vicino a sé e si pulì lo sporco in eccesso per poi rimettersi i guanti alle mani in modo da sistemare il proprio fucile meccanico modificato. Contò quanti proiettili avesse nei caricatori, prima di rispondere.
“Questa? Diciamo che è una sorta di rituale. L’ordine dei guerrieri obakon è molto fedele e crede che tramite i simboli possa essere infusa la forza necessaria. Come sai, noi non disponiamo dei Doni…” rispose Kellan quando finalmente incrociò gli occhi azzurri di Raider. “Sono simboli che sono stati ritrovati nella Roccia Sacra, nel nostro sistema natale. È un po’ come il vostro dio immaginario che si trova sopra ogni cosa, o come gli Spiriti Primordiali e l’Acqua della Vita…” 
“Io non sono religioso. Ma credo comunque negli atti di forza. Se è un simbolo che per te ha importanza allora fallo, magari funziona davvero. Cosa rappresenta esattamente?” chiese Raider interessandosi alla cultura obakon, per la prima volta poteva parlare con un loro esponente in tranquillità e non tramite info ricevute da altri.
Kellan parve sogghignare, incredulo dal fatto che gli stessero rivolgendo delle domande così personali.
"Sono simboli di protezione. Io sono un guerriero molto combattente, molto aggressivo e agisco d’istanto. Questo simbolo compensa tutto questo dandomi una sorta di benedizione; magari se ne avessi fatto uno non ti avrei tirato fuori dalla vasca della Fonte della Vita su Leonna e ti avrei lasciato lì ad annegare!” disse lui. 
Sembrava crederci molto, per la sua cultura e per i guerrieri obakon come lui dovevano avere un’importanza con profonde radici.
“Ti ringrazio per non averlo fatto. Ci tengo a vivere ancora qualche anno e non vorrei di certo perdermi il resto.” Disse Raider mettendosi comodo sulla scrivania che c’era accanto al Capitano, l’altro lo guardò facendo una mezza risata divertita e vera.
“Immagino di sì. Anch’io la penso come te: la nostra vita è lunga poco più di quella della vostra specie eppure, mi sembra di essere qui su Bael da un'infinità di tempo. E forse se ne vedono i segni." Disse Kellan con lo sguardo perso nel vuoto, Raider cercò di seguirlo capendo che stava semplicemente osservando la tecnologia presente.
“In effetti sembri molto vecchio.” Disse Raider con sincerità, questo gli costò un pugno diretto sul braccio da parte dell’obakon che però rise di sé stesso. “Il vostro ordine di guerrieri è simile alla nostra organizzazione? Siete come dei soldati?”
“Non proprio, Pasticcino. Le nostre forze armate sono al pari di voi soldati. Noi guerrieri invece facciamo parte di un vero e proprio Ordine sacro, conosciuti tra le nostre genti come Campioni della Pietra. Essere un Campione rappresenta una vera onorificenza.” Disse Kellan in risposta.
“Quindi la tua nomina come Capitano della squadra sulla luna di Thapsos è una sorta di promozione, se ho capito bene.” Chiese ancora il giovane soldato, l’altro annuì profondamente.
“Vedi, per me crescere sulla Nave Generazionale è stato difficile. Come per chiunque altro. Tutti si aspettavano grandi cose dai nostri geni, questo perché prima di lanciare una nave del genere nello spazio oscuro, abbiamo passato decenni per selezionare le famiglie i quale figli avrebbero portato grandi cose su Bael.” Lo sguardo di Kellan sembrava perdersi nei suoi ricordi, probabilmente pensando a qualcosa che lo aveva caratterizzato nel passato.
“Dicevi che il vostro viaggio era durato due secoli. Sei nato e cresciuto sulla Nave Generazionale. Immagino quindi che l’ordine dei Campioni della Pietra si sia spostato con voi.” Disse ancora il soldato e ancora una volta l’altro annuì.
“Esatto. Diciamo che come te, anch’io facevo parte dell’elitè. Tu hai il tuo dono di controllare la gravità, usare magia o che altra roba, io ho un’eccellente forza bruta e ardore che solo la Roccia Sacra conosce!” disse Kellan pieno di fierezza, in effetti aveva spiegato abbastanza bene le similitudini con la società umana e la OST.
“Quindi tu non hai mai visto il tuo pianeta natale. Come ti fa sentire questa cosa?” chiese Raider cercando di capire le sensazioni che provava l’altro, ma quello fece spallucce come se non gli importasse.
“Il mio pianeta natale? Per me la Konkuadora, la Nave Generazionale, è la mia vera patria. Così come lo è stata per mio padre e tutti quelli delle nostre generazioni. Il resto non vale nulla. Non ha significato.” Disse ancora Kellan, poi finalmente spostò il suo sguardo sul soldato. “Tu hai conosciuto il tuo pianeta. Il tuo sistema natale. Perché hai deciso di abbandonarlo? Voglia di avventura?” 
In effetti Raider non era certo che l’altro potesse capire le sue motivazioni. Per Kellan non esisteva una vita su un mondo prima dell’arrivo su Bael; nonostante ci provasse, il soldato non riusciva proprio ad immedesimarsi in quelle sensazioni.
“Avevo bisogno di costruirmi una nuova vita. Avevo dovuto interrompere una relazione con un tizio. Avevo bisogno di cambiare aria e la promessa di Bael e dei suoi misteri mi faceva sentire appagato.” Disse Raider parlando con sincerità.
Il guerriero lo fissò per un lungo momento come se cercasse di capire il senso delle sue parole. “Sai, nella nostra società anticamente, i Campioni facevano sesso con le donne solo per procreare mentre tra gli uomini lo facevano per piacere; oggi le cose sono diverse ma c’è ancora chi come te…” Kellan interruppe la frase a metà. “Insomma, hai capito ecco, gioca a fare lo spadaccino!”
Silenzio. Un lungo istante, poi Raider cominciò a ridere divertito da come Kellan aveva definito il rapporto tra due uomini. “Possiamo simpaticamente dire di sì.”
“Ottimo, Pasticcino. Il sesso e l’amore devono essere consumati in ogni dove e in ogni momento. Solo una cosa però: fai attenzione, non sempre questo sentimento è ricambiato o sincero.” disse ancora Kellan, la sua espressione mutò, era serio.
Raider la prese sul personale, come se in qualche modo lui avesse capito di quella confusione di sentimenti che provava per Hunter. L’obakon aveva uno spiccato senso dell’osservazione.
“Credo dovremmo prepararci. Siamo quasi arrivati, grazie per la chiacchierata!” Disse il soldato in risposta e sfuggendo prima che quello potesse rispondere. Doveva pensare alla missione. Raider se lo ripeté dieci volte prima di quietare i suoi pensieri.

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Capitolo 25
*** Capitolo Ventiquattro: Freddo e ostile ***


Capitolo Ventiquattro
Freddo e ostile
 
 
 
 
 
 
 
 
Settore Levante
Frelm – mare di cristallo
 
La navetta si alzò velocemente sfuggendo alla vista e lasciando dietro di sé solo il fumo dei propulsori in mezzo alla tempesta di freddo e gelo. Nonostante il casco indossato, Raider poteva avvertire l’aria quasi cristallizzarsi, la propria corazza era leggermente più fredda rispetto alla temperatura normale che manteneva quella corporea e questo gli provocava qualche brivido, nulla che desse davvero fastidio.
“Neve. Proprio come sulla Terra. Vuol dire che un tempo questo mondo era davvero abitabile e che l’acqua era presente allo stato liquido. Chissà quante migliaia di anni fa.” pensò Raider nella sua mente mentre i suoi piedi lo portavano ad esplorare lo strato di neve.
Era morbida, ma riusciva a percepire la lastra di ghiaccio sul quale erano dovuti atterrare. Era la migliore delle opzioni per poter arrivare alla Stazione Metereologica senza rischiare di entrare in contatto con la tempesta. Eppure, nascosti nella nebbia del gelo, Raider poteva avvertire le creature che li osservavano.
“Sembra sicuro, Raider. Rilevo forme di vita sotto lo strato di ghiaccio. Immagino che siano pesci molto grossi…” disse alle sue spalle Allyson, la ragazza aveva indossato la stessa corazza del soldato, su di lei però veniva disegnata una linea sensuale che le risaltava i fianchi, così come quella di Raider invece metteva in risalto la muscolatura e le spalle.
“Speriamo che questi grossi pesci allora non decidano di risalire proprio adesso…” disse Raider parlando attraverso il microfono nel casco, se non fosse stato per quello, avrebbe sentito solo il suono della tempesta e il freddo e gelido suono simile alla morte.
“Non siamo soli, Pasticcino. Le bestie di Frelm sanno che siamo qui. Spostiamo in fretta prima che decidano di banchettare con noi!” dichiarò Kellan serio in voce, anche lui indossava un casco che copriva il suo volto visto lo strato opaco e riflettendo sul visore.
“Qui, Raider a nave da ricognizione. La navetta sta tornando indietro. Per ora non siamo in pericolo ma tenete pronti i cannoni della nave in caso di perdita di segnale.” Disse il soldato parlando con chiunque lo ricevesse, non ci fu risposta se non un confuso segnale. Raider ci riprovò quietandosi quando capì che non dipendeva da lui. “La tempesta interferisce con il nostro segnale. Siamo soli.” Disse infine.
Il paesaggio era l’unica cosa che Raider avrebbe voluto vedere, ma quel velo di nebbia e neve gli impediva di farlo; teneva la pistola pronta all’azione in caso di pericolo e cercava costantemente di concentrarsi così da utilizzare i suoi poteri in caso di bisogno.
Anche Allyson e Kellan alle sue spalle avevano i fucili già imbracciati e pronti a far fuoco alla prima occasione: lei si guardava intorno ma sembrava piuttosto a suo agio. “Ha già affrontato diverse missioni nei mesi in cui io stavo ancora dormendo. Non potrei sentirmi più tranquillo.”
Kellan invece era un po’ più guardingo, forse perché per la sua esperienza sapeva bene quali creature si nascondessero tra le insidiose vette gelide e le pianure cristallizzate. Fu allora che Raider cercò di ricordare i vecchi insegnamenti ricevuti nella preparazione spaziale.
Una parte del corso preparava tutti i soldati ad affrontare pericoli che andavano oltre il Protocollo di Primo Contatto. Comunicare con la fauna locale dei mondi sarebbe stato impossibile, quindi al minimo cenno di aggressività l’ordine era di sparare. Indipendentemente dalla taglia della creatura affrontata. Almeno finché questa non superava di due volte l’altezza media di un essere umano.
“In caso contrario, cerca il riparo più sicuro che trovi ma tieniti sempre pronto: gli animali si affidano all’istinto e alla loro natura ferale per cacciarti. Sono predatori, quindi fai attenzione.” Si disse Raider, certo applicarlo alla pratica sembrava parecchio complesso in una situazione come quella.
Echi di ruggiti vennero portati dal vento fino ai tre esploratori e questo li costrinse a fermarsi al centro della tempesta dopo un lungo camminare nella landa ghiacciata. Raider aveva alzato il braccio con un pugno stretto per lanciare un segno silenzioso. Rimase qualche istante in attesa stringendo la pistola e puntandola contro il gelido strato di neve ma senza ricevere risposta.
“Dicevi che le creature lottano per gli spazi vivibili, Kellan. Ma non riesco proprio ad immaginare quale razza di spazio vivibile si possa trovare su un pianeta ghiacciato!” chiese sarcasticamente il soldato, l’obakon guerriero fece una mezza risata.
“Vuoi forse chiederglielo tu di persona a quegli animali? Se vuoi vi lascio soli a parlare. Sei un buon antipasto per loro, Pasticcino.” Fu la risposta di Kellan, di sottofondo Allyson sbuffò nel microfono ma senza dire nulla in proposito. “Dev’esserci uno scontro distante. Non ci avviciniamo e saremo al sicuro." Decretò l’alieno.
Raider annuì facendo segno di spostarsi verso destra in direzione opposta all’eco dei ruggiti. Il terreno sembrava mantenersi pianeggiante: Seeryn aveva studiato la zona decretando insieme al guerriero obakon che quello potesse essere il punto migliore per la discesa.
Avrebbero raggiunto la Stazione Metereologica a piedi dovendo però risalire la scogliera alla fine del percorso. Raider e la squadra avevano tutto il necessario ovviamente anche se il suo problema erano i rischi delle creature. Tutto andava bene finché la terra non tremò.
“Fermi tutti. C’è qualcosa che non va.” Disse Raider guardandosi intorno, era impossibile che si trattasse di scosse di terremoto, la sua paura era che avessero svegliato qualcosa che dalle profondità del mare ghiacciato stava per risalire.
“Rilevo forme di vita al carbonio in avvicinamento. Da sopra il livello del mare, Raider. Ci hanno trovato!” disse Allyson controllando ancora una volta i suoi scanner a rilievo di calore. 
“Da dove arrivano?” chiese il soldato stringendo ancora di più la pistola nella mano, richiamò a sé la concentrazione preparando la Materiaoscura per avere l’energia vuota al suo comando. “Allyson?” chiese ancora quando la soldatessa non rispose.
“Siamo circondati. Venti forme di vita, almeno.” Disse lei dopo qualche istante, poi alzò di scatto il volto appena in tempo per vedere la creatura che balzava contro di lei con le fauci spalancate; la soldatessa fece fuoco scaricando i proiettili del fucile contro la bestia e Raider si voltò lanciando un dardo di energia oscura nella stessa direzione colpendo l’animale in pieno petto e spingendolo ancora nella nebbia.
Probabilmente ormai morto, non sarebbe tornato.
Al suo posto però vennero camminando lentamente i suoi simili; erano creature il cui corpo era allungato e dal loro strisciare ricordavano molto i serpenti, ma le loro dimensioni erano più simili a quelle di un leopardo. La creatura si muoveva su quattro zampe e aveva le fauci che si aprivano interamente come se la mascella fosse separata dal resto del cranio, due lingue arcuate ne uscirono fuori mostrando denti aguzzi e assottigliati. Gli occhi delle creature erano iniettati di sangue e desiderosi di carne fresca.
“Mi sembra chiaro che non seguono una dieta vegetariana!” disse Raider osservando le creature, erano veramente circondati e il soldato si avvicinò con le spalle fino a toccare quelle di Allyson. Gli serviva un piano d’azione e un modo per sfuggire all’assalto.
“Ora si balla. Non risparmiatevi i colpi o diventerete presto cacca di mankustus!” disse Kellan urlandolo ai due esseri umani, poi si voltò con il fucile caricato contro le creature che reagirono a quel movimento: due di loro si mossero per attaccarlo e lui fece fuoco.
Raider annuì, convenendo silenziosamente che anche le altre creature li avrebbero presto attaccati, cominciò a sparare contro il primo nemico che lo stava assalendo muovendosi in maniera troppo rapida per i suoi colpi di pistola, a quel punto decise di attaccare con i suoi poteri prima che potesse raggiungerlo.
Caricò un colpo di energia con tutta la sua concentrazione, arrivando a stringerla nel pugno come se avesse una consistenza propria, dura come l’acciaio; Raider rilasciò il pugno facendo scoppiare l’energia oscura contro il cranio dell’animale feroce, fratturandogli le ossa, la creatura infatti vomitò del sangue per poi arretrare spaventata.
Gli altri mankustus però non si fecero intimorire dalla potenza del colpo del soldato e attaccarono in gruppo. Quello che Raider poteva fare era semplicemente sparare contro di loro per separarli.
Un urlo femminile alle sue spalle lo fece voltare temendo che la sua compagna potesse essere in pericolo.
Allyson aveva tra  le mani il suo fucile d’assalto, anche quello caricato a proiettili fotonici e sembrava perforare la carne delle creature uccidendone rapidamente due mentre gli altri si disperdevano per cercare di assalirla da più punti. Ma la ragazza scattava sfruttando la sua agilità e quando una creatura la raggiunge mordendola al braccio, lei urlò tirandogli un colpo di fucile in piena testa, appena in tempo per difendersi da un’altra creatura che saltava contro di lei.
Raider rispose a quell’attacco sfruttando il suo potere e intrappolando la creatura in aria, la forza di gravità attorno alla belva era in suo controllo ma dovette limitarsi a spingerla via, ancora una volta contro il banco di nebbia della tempesta.
“Che ne dici di un potenziamento, Raider? Avanti: scatena la tua forza!” gli urlò Allyson, aveva il tono di voce divertito, non potendone vedere l’espressione in volto, era l’unico modo per dirlo.
Raider non rispose sapendo che la ragazza avrebbe utilizzato il suo Dono e che lui l’avrebbe visto per la prima volta: Allyson allungò la mano verso di lui e in un primo momento non accadde nulla, poi dei fili evanescenti partirono dalle sue dita schiantandosi contro il soldato che in un primo momento temette di provare un qualche dolore.
Ma quando i fili dorati si intrecciarono al suo corpo, si moltiplicarono all’infinito e sentì una nuova forza scorrere tra le sue vene. “Non mi sono mai sentito così forte e pieno di energia!” pensò il soldato, sentiva quell’energia muoversi nel suo corpo come se avesse una forma di vita dentro, raggiunse il cranio dove era situato il suo impianto e fu lì ce sentì l’infusione del potere oscuro.
“Vediamo cosa possiamo fare…” si disse Raider non sapendo cosa sarebbe cambiato, Allyson lo aveva rassicurato che non sarebbe successo nulla in apparenza. Ma i suoi poteri sarebbero stati amplificati. Troppo vaga per poterlo capire alla pratica.
Raider si voltò contro le belve che stavano preparando il nuovo assalto, poi dai meandri della sua testa, ebbe l'impulso che aspettava: stringe l’energia oscura nel palmo della sua mano e quando si caricò, esplose in decine di piccoli barlumi di luce viola che il soldato diresse contro i suoi nemici semplicemente spostando la mano contro di loro.
Erano decine di proiettili minuscoli che impattarono sulla carne dei mankustus perforandoli da parte e parte senza possibilità di fuggire. Un attacco che colpì almeno quattro di loro ma che non fu letale per quanto le creature persero sangue che bagnò la neve.
“Diamoci dentro!” disse ancora, stavolta avvertendo l’energia oscura in maniera differente, come se fosse una sfera di cristallo: Raider intrappolò i quattro nemici in una sorta di gabbia invisibile e li costrinse a fluttuare, poi strinse la mano stritolandoli in una morsa che li soffocò spezzando loro le ossa e lasciandoli morti.
I quattro corpi esanimi delle belve caddero sulla neve, ma quello non scoraggio ancora i presenti; l’eccessivo frastuono dei colpi che continuavano a volare in aria risvegliò qualcosa dal profondo del lago ghiacciato: la terrà tremò ancora.
“Beccati questo! Vi faccio il culo!” disse Kellan ridendo e urlando mentre continuava a fare fuoco con il suo fucile a cinque colpi, quando il ghiaccio divenne troppo instabile però dovette fermarsi.
A distanza di qualche decina di metri da loro, la nebbia si diramò con l’esplosione di ghiaccio e la creatura che si allungava da esso; Raider ne vedeva il contorno nella tempesta non potendo focalizzare i dettagli, era simile al tipico aspetto dei draghi marini del folclore e delle leggende. Ma questo sembrava ancor più feroce ed enorme!
“E quello che caspita sarebbe!?” urlò Raider, la sua era una domanda retorica ma fronteggiare in tre una creatura simile era pura follia, persino i mankustus sembravano temere l’enorme drago marino.
“Lui dev’essere Mankuar; è il Re dei mankustus! Pensavo fosse una dannata leggenda e invece guardate che bello. In tutta la sua magnificenza si presenta a noi il sovrano di questi bastar…” Kellan non poté finire la frase che il gigantesco drago marino batte i colpi delle sue zampe sulla lastra di ghiaccio facendo tremare ancora la terra.
Raider dovette poggiare le mani sul ghiaccio per cercare di tenersi in piedi e restare rannicchiato, ma poteva avvertire le vibrazioni instabili che quei colpi avevano sulla loro terraferma.
“Dobbiamo scappare. Prima che quel mostro venga qui a mangiarci tutti! Altro che belve normali!” urlò Raider, il suo era un ordine e nessuno dei due compagni pensò di contraddirlo. Ma il gruppo si trovava ancora in mezzo alla nebbia e alle belve.
“Raider usa ancora i tuoi poteri! Liberaci di questi mostri…” disse Allyson con tono vago, non sapeva neanche lei di cosa era capace il ragazzo e Raider non aveva mai sfruttato tanta energia avendo sempre combattuto contro esseri umani e poche belve.
Ma in quell’occasione doveva rilasciare tutto il suo potere.
“Il controllo è potere. Ma se lasci andare il controllo, allora libererai un potere in grado di distruggere i mondi!” rifletté Raider sulle parole che i suoi istruttori gli avevano detto.
Erano passati molti anni da quando aveva accettato l’impianto neurale per il controllo della Materiaoscura; pochissimi soldati potevano contare sui benefici di quell’impianto rispetto agli altri. Serviva molta forza di volontà e spesso anche un fisico adatto: non tutti potevano tenersi un impianto nel cervello e Raider era tra i pochi nel Sistema Sol ad avere le carte in regola.
In quell’occasione, le parole dei suoi insegnanti gli furono d’aiuto: fu come se il tempo si fermasse nella sua mente, chiuse gli occhi e raccolse tutta l’energia che poteva, stavolta non concentrandola sul pugno o in una singola parte del corpo bensì su tutto sé stesso.
L’energia oscura lo avvolse completamente e in quel momento sentì il suo corpo levarsi in aria, sentì le braccia leggere e fluttuare come le sue gambe, poi pian piano assunse il controllo di quell’immensa mole di energia che lo avvolgeva a poté aprire gli occhi.
Riusciva a vederla come dei fasci di energia scura che lo avvolgevano e che sfrigolavano come fossero pronti ad esplodere, intrecciati ad essi, i fili dorati del potere Amplificazione di Allyson sembravano creare una danza di energie: certo dei suoi bersagli, Raider rilasciò l’esplosione del suo potere contro le belve.
L’esplosione generò un campo gravitazionale attorno al quale le creature rotearono rapidamente, sollevandosi da terra e venendo compresse nello stesso istante dalla pesante massa che l’energia rappresentava: avvolti in una morsa letale, poi ci fu l’esplosione vera e propria che disintegrò le creature in aria tramutandole in cenere e facendole svanire insieme alla neve.
Raider cadde pesantemente al suolo sentendo un improvviso dolore alla testa che sembrava quasi stare per ucciderlo. Sentiva decine di aghi che entravano a uscivano da una parte all’altra mentre lui non poteva fare altro che tenersi le tempie col timore che esplodessero.
“Raider!” urlò Allyson avvicinandosi, era evidente che neanche lei sapeva cosa avrebbe comportato utilizzare una tale massa di energia oscura, ma la soldatessa spezzò il contatto del suo potere con quello di Raider lasciandolo improvvisamente svuotato di quelle sensazioni. 
“Dobbiamo caricarcelo. Vai tu avanti e liberati delle belve ancora vive. Solo quando saremo alla scalata potremo tirare un sospiro di sollievo e vedere come sta!” urlò Kellan in risposta, lui stava per avvicinarsi e con la sua forza prendere il soldato in braccia, ma Raider allungò la mano per fermarlo.
“Posso camminare da solo…” disse lasciando la frase in sospeso, non gli sembrò il caso di aggiungere che si sentiva di stare per morire. Avrebbe dovuto prendere la pillola contro le emicranie e ne portava sempre con sé nella sua armatura.
Ma non poteva ingerirla in quel momento di pericolo. “Corriamo al riparo, se c’è ne almeno uno!” disse ancora, ignorando gli aghi che entravano nel suo cervello e la sensazione di spilli su tutto il corpo, come se avesse perso ogni sensibilità.
Gli altri due non dissero nulla in contrario, sfruttando quel momento di vantaggio per raggiungere la scogliera sotto la Struttura Metereologica prima che la grande belva potesse trovarli ancora.

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Capitolo 26
*** Capitolo Venticinque: Un attimo di respiro ***


Capitolo Venticinque
Un attimo di respiro
 
 
 
 
 
 
 
 
Settore Levante
Frelm – grotta nella scogliera
 
Togliersi il casco fu una benedizione per Raider che non vedeva l’ora di prendere la pillola contro le emicranie, gli ci volle qualche istante prima di stare bene anche se dovette arrivare a mordersi la lingua per non urlare dal dolore: era al limite della sopportazione e arrivò persino a sentire il sapore del sangue tra le labbra provando sollievo.
Ci vollero due minuti e furono i più lunghi della sua vita, essersi liberato del casco gli permise anche di respirare ossigeno buono e puro che nella grotta abbondava rispetto all’aria rarefatta esterna, questo aiutò a placare i dolori: si sentiva con la mente annebbiata non potendo pensare con lucidità, ma dopo qualche istante sembrava come essere svanito nel nulla, la paura che aveva avuto era più che reale.
“Quando tornerò a Terranova mi farò un bel controllo. Per quanto ne so, in questo momento il mio cervello si è fuso e reggerò solo per qualche minuto ancora.” Pensò sarcasticamente Raider concedendosi con i suoi compagni di squadra qualche istante necessario per riposare.
Anche Allyson e Kellan si erano liberati dei caschi, una volta entrati nella profondità di quella grotta, sembravano aver trovato un luogo dove il gelo non ghiacciava l’aria e dove l’ossigeno era a livelli di saturazione standard per la vita umana. Incredibilmente, Allyson aveva fatto una battuta secondo il quale avrebbero persino potuto viverci, se non fosse stata per l’assenza di acqua allo stato liquido per svariati metri di ghiaccio congelato superficiale.
“Quando Mankuar è uscito dal mare non ci avrete fatto caso ma l’acqua si è ghiacciata pochi istanti dopo. Questo ci ha aiutato nella fuga, ma la prossima volta non saremo tanto fortunati!” disse Kellan, a poco a poco il soldato si era ripreso e si era concentrato sulle parole del Capitano come se gli fossero rimaste impresse.
“Prossima volta? Non ci tengo ad affrontare quel drago marino. Piuttosto, ci troviamo nel posto giusto? O siamo andati fuori traiettoria?” chiese Raider che ormai si era completamente ripreso, si voltò verso Allyson che gli fece un cenno positivo. 
“Sì, ho fatto un controllo della grotta e non ci sono vie che risalgono, anche se ci stavo realmente sperando…” Allyson lasciò la frase in sospeso ma toccò al soldato completarla.
“Dobbiamo scalare lo stesso, come immaginavo.” Ci fu qualche istante di silenzio nel quale la soldatessa fissò il ragazzo con espressione preoccupata. “Sto bene, Allyson. Non preoccuparti, anche se ci provi in più modi non riuscirai mai ad uccidermi!” disse il ragazzo cercando di sdrammatizzare sulla situazione, lei però rimase seria.
“Non è il caso di scherzare, Raider. Non pensavo che potesse accadere una cosa del genere. Non mi capita spesso di usare il mio potere come supporto a qualcuno che usa la Materiaoscura… in effetti è la prima volta che mi capita.” disse lei, Raider stesso avrebbe dovuto prevedere risvolti poco piacevoli per le sue attuali condizioni.
“Io trovo che sia stato grandioso. Hai polverizzato quelle creature e hai lanciato le altre con l’onda d’urto! E tutto questo senza uccidere anche me e Testina Blu!” disse Kellan rivolgendosi ad Allyson, era facile intuire l’origine dell’appellativo legato al colore di capelli della ragazza.
“Grandioso? E se Raider fosse morto?”
“Ma non è successo, Allyson.” Disse il ragazzo con un pesante sospiro. Entrare nel dettaglio delle sue sensazioni l’avrebbe messa ancora più in crisi. “Ho avuto solo un leggero mal di testa. Sono arrivato qui con le mie gambe, lo hai visto. Nulla di diverso dal solito, te lo giuro!” disse lui, una chiara bugia, ma Allyson parve decidere di crederci lo stesso e tanto bastò per farla annuire.
“Va bene, mi fa piacere che tu stia bene allora.” Disse lei.
“Risolta anche questa, sono pronto per la scalata!” disse in risposta Raider, la missione doveva continuare.
 
*** 
 
La Struttura Metereologica si trovava proprio in cima a quella grande scalata che attendeva i tre membri della squadra di sbarco; Raider si era ripreso piuttosto velocemente e l’assenza di pericoli fuori aveva reso il tutto più semplice. Il drago marino doveva comunque essere uscito dalla sua tana quindi c’era da restare all’erta. 
Una volta che Raider si trovò davanti le porte della Struttura, Kellan inserì i codici di sblocco e poterono finalmente attraversare l’entrata in modo da trovarsi dentro. C’era uno strano e piacevole calore che il soldato non si aspettava di certo di trovare. Essendo controllata a distanza, era improbabile che ci fosse qualcuno al suo interno.
“Rilevo condizioni di ossigeno ottimali. Il supporto vitale è attivo.” Disse Allyson intervenendo prima che potesse farlo qualcuno degli altri, si tolse per prima il casco restando senza. “Mi viene da pensare che qualcuno si sia rifugiato qui." 
“Non ci sono segni di effrazione, se possiamo dire così. Dubito che qualcuno si sia introdotto illegalmente nella struttura.” Disse Raider in risposta all’affermazione. Si mise al centro della stanza riflettendo sulle loro opzioni e grattandosi il mento. “Forse un vostro scienziato?” chiese rivolgendosi infine all’obakon.
In un primo momento neanche se n’era accorto. 
Kellan lo guardò torvo quando si voltò. “E io che ne posso sapere. Questo luogo non dovrebbe ospitare nessuno. Non ci sono neanche posti letto. Questa struttura viene gestita direttamente da Hannak’Tara su Naxos, forse la Lega!?” disse lui.
Raider entrò in allarme, poteva avere ragione. Ma sacrificare uno di loro per assicurarsi che la bomba arrivasse su Frelm sembrava poco credibile. “Non ci resta che scoprirlo. Con le armi pronte. Potrebbe trattarsi di qualche bandito. C’è una lista troppo ampia dal quale scegliere.”
Lui per primo avanzò con la pistola levata in aria e facendo segnale agli altri due di seguirlo restando in silenzio, si mosse lentamente in modo da non fare rumore attraverso i corridoi, svoltando nella struttura e infiltrandosi sempre più in fondo.
Come al Monastero Awanki sulla luna di Thapsos, anche questa struttura aveva lineamenti semplici, uno stile architettonico basato su linee rette e oblique tracciate in maniera divisoria. Non vi erano decorazioni, pochissimi mobili e null’altro che potesse presagire la presenza di un essere vivente finché non passarono attraverso la mensa.
Raider si avvicinò lentamente al cumulo di spazzatura che era stato messo in un angolo e analizzò a distanza quello che c’era sul tavolo. “Qualcuno ha mangiato di recente. Stamattina stesso, credo.” Pensò tra sé e sé. C’era ancora l’odore della cottura.
“A meno che gli animali non sappiano prepararsi da mangiare e avere la capacità di attivare il supporto vitale, direi che non c’è alcun dubbio.” Disse Raider, rivolge lo sguardo ai due compagni, erano tutti senza casco e potevano vedere la sua espressione poco convinta.
“Assicuriamoci di completare la missione. Una volta coordinate le Torri Meteo, potremo controllare manualmente la tempesta e stabilire un contatto radio. Non c’è tempo da perdere.” Disse Allyson con grinta, il soldato non ebbe nulla da ridire quindi annuì in silenzio e procedettero uscendo dall’altro lato rispetto al punto d’ingresso.
I corridoi continuarono a susseguirsi senza che il gruppo potesse sentire alcun suono finché non arrivarono alla loro meta: la sala controllo distava pochi metri e fino a quel momento i sospetti erano rimasti senza risposta finché non sentirono della musica provenire dall’interno della stanza. Tutti e tre si guardarono, certi della presenza di qualcuno anche dal suo canto stonato.
“Riesci a capire quanti sono?” chiese Raider alla compagna.
“No, qui le interferenze al termo-scanner sono eccessive. Finora sento solo una voce però…” rispose lei, il soldato fece una mezza smorfia non sapendo cosa pensare. Per primo però si portò in avanti avvicinandosi all’entrata spalancata della sala.
Raider respirava piano e lentamente, come se chiunque fosse all’interno avesse potuto sentirlo. Poi quando fu abbastanza vicino alla porta, affrettò il passo facendosi forza della presenza dei suoi scudi energetici sulla corazza: il suo ingresso nella sala controllo fu accolto dalla musica messa ad un volume alto. Un brano piuttosto familiare.
“Questa è musica degli umani. Ma chi diavolo c’è qui?” pensò.
Il soldato si trovò a percorrere la sala controllo che era completamente messa a soqquadro e con l’aspetto di una vera camera da letto: un giaciglio era stato organizzato con diverse coperte e cuscini presi chissà dove. Anche qui resti di spazzatura di mangiare, provviste che qualcuno doveva essersi portato di tasca sua.
Infine, Raider localizzò il qualcuno che abitava nella Struttura Metereologica: la bassa statura e la sua stazza non potevano far altro che indicare l’appartenenza alla razza obakon, anche questo individuo come gli altri della sua specie aveva la pelle giallastra a scaglie e dava loro le spalle. Raider ne poteva vedere il collo e la nuca nuda, completamente senza capelli, con le piccole orecchie che sporgevano.
“E tu chi saresti?” chiese il soldato poggiando la punta della pistola contro la nuca dell’alieno, quello si immobilizzò e smise di cantare le note fuori tempo della canzone, allo stesso tempo, Allyson si avvicinò al dispositivo di riproduzione e lo spense lasciando la stanza nel silenzio.
“Questo dev’essere un attacco! Maledetta Lega sapevo che sarebbero venuti a prendermi. Ma io non me ne andrò senza combattere! Dovrete prendermi morto!” disse l’obakon in risposta, a quel punto si avvicinò Kellan con il fucile puntato contro la creatura della sua stessa specie. Si spostò fino ad avercelo davanti gli occhi.
L’espressione del Capitano mutò da aggressiva a sorpresa. “Per tutti i frammenti della Roccia Sacra! Balis, che cosa ci fai qui!?” urlò il Capitano riconoscendo l’alieno, sembrava molto felice di vederlo, quasi come se si conoscessero da molto tempo.
L’obakon chiamato Balis scattò in piedi incurante del fatto che aveva la pistola di Raider puntata contro e abbracciò il suo simile chiamandolo per nome. I due si fecero festa dandosi pugni e pacche su petto e spalle e dicendo degli insulti che il traduttore di Raider non riconosceva.
“Mi sembra di capire che tu lo conosci, Kellan. Vuoi procedere alle presentazioni ufficiali?” chiese Raider parlando con più tranquillità nella voce, i due obakon smisero di ridacchiare e il Capitano si voltò insieme al suo ritrovato amico contro il soldato.
L’obakon chiamato Balis aveva un’espressione grottesca, come se fosse stato mangiucchiato e poi sputato via, Raider rimase colpito da quella visione, ma aveva visto di peggio quindi non si era scomposto più di tanto. Gli occhi rettiliani della creatura erano tinti di giallo brillante che lo faceva sembrare un coccodrillo.
“Questa testa calda è Balis Antov. Lui è un’arma. Puoi usarlo come vuoi, mettilo in un posto e lui ti ci muore pur di proteggerlo.” Disse Kellan, si voltò verso il suo amico e sul volto si insinuò un’’espressione di dubbio, come se non ne fosse tanto certo. “Balis, questo qui è Pasticcino. È un pezzo grosso dell’umanità quindi vedi di portare rispetto!” disse infine.
La presentazione di Kellan era ovviamente eccessiva, ma Raider non volle contraddirlo. “Scusami se te lo chiedo, ma cosa ti è successo al viso?” chiese quello stranito e quasi ipnotizzato; ancora una volta i due obakon si guardarono e scoppiarono a ridere festeggiando.
“Sono sopravvissuto agli scontri contro le belve di Naxos. Quando la Nave Generazionale è atterrata, c’era una bella sorpresa ad attendere noi ricognitori. Da allora ho deciso che avrei cercato un posto più tranquillo. E dopo qualche anno sono finito a fare da guardia a questo luogo. Mi viene da pensare che il Consiglio dei Saggi si sia dimenticato di me.” Disse Balis scoppiando a ridere, Raider restò serio non riuscendo a capire l’umorismo degli obakon, poi si sforzò di ridacchiare con una smorfia non del tutto convinta.
Al suo fianco comparve Allyson che aveva la sua stessa espressione, i due umani si guardarono negli occhi per poi ridacchiare sul serio. Poi Raider rifletté sulle parole dette dall’obakon prima che si riconoscesse con Kellan come se lo avessero colpito di nuovo.
“Aspetta: hai detto che pensavi fossimo della Lega. Proteggi questa stazione da loro?” chiese Raider incerto.
L’obakon si oscurò in volto e la sua espressione grottesca lo fece apparire più simile ad un gargoyle dell’antica architettura umana. “Ho ricevuto dei messaggi da alcuni ex compagni di guerra. Quando ho saputo della nave-bomba ho pensato che sarebbero venuti in qualunque mondo colonizzato da noi obakon.” Disse Balis facendo una breve pausa e guardandosi intorno. “Sempre se possiamo definire questo come colonizzato.” Aggiunse lui.
“Noi lavoriamo contro la Lega!” disse Kellan rispondendo al guardiano della Struttura. “Abbiamo un piano per dirottare la nave-bomba prima che si schianti su Frelm. Oh sì, perché è qui che esploderà distruggendo tutto quello che c’è di vicino!”
“Per la Roccia Sacra, non voglio mica morire in questo modo! Quale sarebbe il vostro piano?” chiese l’obakon parlando al Capitano, Kellan tuttavia indicò Raider in modo che fosse lui a spiegare.
“Utilizzeremo questa stazione per schermare il pianeta con la tempesta. La nave-bomba dovrebbe andare fuori rotta. Se le previsioni di calcolo sono corrette, non dovrebbe trovare ostacoli e successivamente potrà essere disarmata.” Disse Raider, il piano era semplice, ma c’erano tante incognite che potevano variare. Il peggio probabilmente doveva ancora arrivare.
L’espressione di Balis parve dimostrare il fatto che anche i piani più semplici avevano delle falle: era visibilmente preoccupato.
“Cosa? Che ti prende?” chiese Kellan che si era accorto per primo del cambio d’umore del suo amico. L’altro si voltò senza dire una parola, cominciò a premere i tasti della tastiera davanti al computer centrale e una serie di allarmi in rosso cominciarono a comparire, avvisi di sicurezza e di mancata manutenzione.
“Vedete tutti questi pop-up? Tutti gli avvisi di sicurezza della Struttura sono stati completamente ignorati. Non so per quale motivo, è come se tutte le informazioni fossero state cancellate o deviata da un’altra parte e quindi il Consiglio non ha idea di cosa stia succedendo.” disse Balis facendo una pausa e destreggiandosi tra le varia pagine dello schermo. “La Struttura è offline da sette mesi ormai e loro non ne sapevano nulla. Sono certo che c’entri la Lega: hanno cancellato tutto e sabotato la stazione in modo da impedire di usare le Torri Meteo, forse proprio per sabotare in anticipo il vostro piano.”
Raider assorbì le informazioni poco alla volta. Il piano era fallito prima ancora di poter avere inizio, non c’era nulla che potessero fare all’apparenza. E non aveva dubbio alcuno che il sabotaggio fosse ad opera della Lega, dovevano aver studiato la nave-bomba da mesi e mesi ed era stato sciocco da parte loro credere che sarebbe stato semplice.
“Dev’esserci un modo per riattivare la Struttura. Anche se il Consiglio dei Saggi non ne sa nulla… possiamo contattarli magari!” propose Allyson, ma l’obakon scosse il viso.
“Vorrei capire come sia possibile che questa cosa sia sfuggita al vostro Consiglio. Avevo capito che ci fossero dei problemi, ma questi…” disse Raider indicando tutti gli avvisi sullo schermo. “Qui sta andando tutto in malora!”
“Una soluzione ci sarebbe in verità, ma non mi arrischio ad andare in quel luogo!” le parole di Balis furono come uno schiaffo sul viso, Raider si fece avanti in modo da guardare negli occhi l’obakon.
“Che soluzione?” chiese con prepotenza. Non c’era tempo da perdere, loro dovevano agire più velocemente possibile.
“Il problema è che non arriva alimentazione da parte delle Torri Meteo. Se riuscissimo però a riavviarne una manualmente, potremmo sistemare anche le altre, una reazione a catena.” Disse Balis, sembrava sensato, era evidente che alludesse alla possibilità di dover uscire all’esterno, ma per Raider non era un problema.
“Mi sembra un piano troppo perfetto. Dov’è la fregatura?” chiese il soldato con decisione.
“La Torre Meteo può essere attivata solo impostando un programma che ho qui e che potreste inserire nel magnete costruito sotto il ghiaccio. E quello più vicino si trova a distanza di una decina di chilometri. C’è un rover che vi ci può portare, ma ha dei problemi al motore e non so ripararlo.” Balis fece una pausa lasciando che il gruppo assorbisse pian piano le informazioni. “Il viaggio a piedi è impossibile visto che dovrete andare sotto terra e il rover è l’unico mezzo che può portarvici direttamente.” Concluse infine.
“Perché non c’è nulla di semplice in questa missione!?” disse Raider a denti stretti, ma a lui non importava di che imprevisto o prova si trattasse. Aveva l'urgenza di riparare il rover e raggiungere il magnete prima dell’arrivo della nave-bomba.
Ci fu un lungo istante di silenzio nel quale i due compagni di squadra attesero le disposizioni del soldato. “Ci saranno dei razzi di segnalazione da qualche parte qui. Cerchiamo di comunicare con la nostra nave. Ho bisogno di Hunter, credo sia l’unico in grado di riparare il rover!” ordinò Raider, ci fu un assenso generale e i due compagni si spostarono nella stanza mentre lui osservava lo schema del magnete comparso sullo schermo tra gli avvisi di sicurezza.

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Capitolo 27
*** Capitolo Ventisei:: Il Lago delle Ceneri ***


Capitolo Ventisei
Il Lago delle Ceneri
 
 
 
 
 
 
 
 
Settore Levante
Frelm – Struttura Metereologica obakon
 
Raider si avvicinò al rover chiuso nell’hangar dei veicoli, differentemente da qualunque altra stazione, quel luogo sembrava come un cimitero e un magazzino allo stesso tempo. Il caos presente nella stanza riguardava per lo più materiali di ricambio con il quale Hunter riusciva a destreggiarsi nelle riparazioni. Erano passate almeno due ore dalla conversazione avuta con l’obakon e ce ne sarebbero volute altrettante prima di raggiungere il magnete, a cinquanta chilometri sotto lo spesso strato di ghiaccio e neve del pianeta.
“Sei sicuro di saperlo fare? Forse avevo troppe aspettative.” Chiese con un sorrisetto il soldato mentre si avvicinava al pirata, quello sbucò dall’interno del mezzo con l’espressione imbronciata e il viso sporco di uno strano liquido scuro.
“Mettiamola così: sono l’unico nel raggio di diversi anni luce che potrebbe capirci qualcosa. Spero di poter soddisfare le tue esigenze.” disse lui rientrando all’interno del mezzo, Raider ridacchiò debolmente, poi si avvicinò alla scaletta del rover e vi si arrampicò.
Raggiunse in fretta l’apertura dal quale era saltato fuori il pirata che si trovava sulla cima del mezzo, l’ingresso per i soldati sembrava più simile a quello dei vecchi carri armati usati nei Tempi Bui, il secolo che aveva visto le guerre devastare la Terra.
Raider si affacciò da sopra l’apertura per poi calarsi al suo interno dove in un angolo trovò Hunter alle prese con diversi tubi di varie dimensioni, sembrava essercisi bloccato nel mezzo, come se fossero serpenti che lo avvolgevano nella loro spira. Teneva la gambe leggermente divaricate e la maglietta gli si alzava lasciando intravedere appena la linea dell’addome.
“Forse ti serve aiuto.” Si propose Raider, ma la risposta fa una smorfia e un ghigno da parte dell’altro ragazzo.
“Ho quasi fatto. Non mi serve il tuo aiuto, ma apprezzerei un po’ di compagnia, mi fa bene parlare mentre lavoro. Mi aiuta a concentrarmi.” Disse il pirata; Raider si sentiva bene insieme ad Hunter e voleva anche ignorare quella sorta di intesa tra di loro. Anche se non gli riusciva bene visto che non gli era indifferente.
“Non credo di avere altri impegni quindi posso restare. Quando hai imparato a riparare i rover? Non mi sembra che lo insegnino nel corso d’addestramento base della OST.” Gli chiese Raider mettendosi comodo su uno dei sedili più vicini. Hunter doveva aver seguito un percorso molto vario nella sua vita non solo come persona ma anche nelle conoscenze che aveva acquisito.
“Stare con gli Stagazer ha aiutato. Ho imparato un sacco di cose con loro, siamo un gruppo piccolo e non abbiamo grandi risorse, quello che non riusciamo a prendere dobbiamo ripararcelo!” disse in risposta lui e senza neanche voltarsi verso l’interlocutore.
“Ha incluso sé stesso nel gruppo. D’altronde ne è a capo. Mi chiedo se quando questa storia sarà conclusa, saremo nuovamente nemici.” Pensò silenziosamente Raider, d’altronde era impossibile sapere come le cose si sarebbero evolute; la prima volta che si erano incontrati erano nemici che si erano sparati quasi addosso.
Il silenzio di Raider venne notato dal pirata che si era voltato con un’espressione preoccupata. “Ehi tutto bene? Mi sembri preoccupato per qualcosa; pensi che non ce la faremo?” chiese Hunter, goffamente il soldato annuì nascondendo le sue reali preoccupazioni.
“Non per la tempistica. Tra qualche ora, se non ci saranno altri impedimenti, riusciremo a schermare il pianeta. Quando arriverà la nave-bomba potremo respingerla e disarmarla come da programma. Ma se dovessimo fallire… la Lega avrà vinto e noi saremo morti!” disse Raider aggrappandosi al resto delle sue preoccupazioni, quelle tre figure intorno al fuoco, Lady Shadow con i suoi occhi cybernetici, erano immagini che lo tormentavano ancora adesso nei suoi sogni.
“Sembra un rischio costante, quando si ha a che fare con te. Ma tu sei un duro da abbattere e lasciatelo dire da uno che è stato messo a terra dalle tue abilità!” rispose Hunter facendo riferimento proprio al loro primo scontro. Nel mentre che parlava armeggiava con i tubi e le chiavi inglesi che lo circondavano, ci fu una scintilla e poi le luce dell’abitacolo di spensero.
“Ti prego: dimmi che non hai peggiorato la situazione!” disse Raider con tono esasperato, non ci fu neanche il tempo di aggiungere altro che le luci si accesero ancora una volta, ma insieme ad esse ci fu anche un ronzio nuovo, i motori in accensione.
“Sono un grande! Avanti, ammettilo!” disse Hunter con spavalderia mettendosi in piedi e tenendo le mani sui fianchi, quasi assumendo una posa da super eroe.
“Non mi caverai mai dalla bocca queste parole!” disse Raider scherzandoci sopra, avendo riparato il rover, potevano finalmente procedere per il sottosuolo.
 
*** 
 
L’interno del rover era largo e spazioso ma comunque aveva il tetto molto basso, essendo un mezzo adatto agli obakon e vista la loro altezza ridotta, Raider e i suoi compagni di squadra dovettero tutti mettersi chini e viaggiare in quella maniera attraverso le lande di ghiaccio.
Vi erano dei finestrini molto piccoli che permettevano a chi si trovasse all’interno di poter osservare fuori. Raider aveva gli occhi puntati sul bianco velo di neve mentre i suoi compagni restavano in silenzio, controllando le proprie armi e i propri averi: Kellan stava sistemando i caricatori del fucile a cinque colpi, Allyson invece stava calibrando la propria arma. Seeryn era impegnata a tenere sotto-controllo il percorso che era stato impostato nel rover e che a breve sarebbe sceso lungo il passaggio che li conduceva al magnete.
Hunter invece era distante, teneva le braccia incrociate al petto, avendo indossato la sua corazza da Stargazer. Raider si era soffermato qualche attimo per studiarla trovandola molto simile a quella dei soldati della OST, era evidente che la fattura fosse diversa oltre la colorazione scura e i riflessi rossi che richiamavano il casco.
Gli occhi dei due ragazzi si incrociarono ma nessuno disse qualcosa all’altro, semplicemente si guardarono complici, poi Hunter fece un sorriso mentre Raider tornò a guardare fuori vista l’improvvisa oscurazione dovuta al fatto che stessero scendendo tra i ghiacci.
“Le mappe forniteci da Balis indicano la presenza di una massiccia quantità di acqua che sembra essere allo stato liquido. Si tratta di una caverna gigantesca. Mi è impossibile stabilire la profondità ma credo che il rover ci potrà nuotare sopra, se modifichiamo l’assetto.” Disse Seeryn rivolgendosi a Raider, essendo a capo della squadra.
Il soldato si voltò verso la dottoressa, avvolta nella sua tuta aderente bianca e nera, con gli spallacci e alcuni pezzi di corazza che la proteggevano nei punti in cui era più esposta.
“Frelm si rivela una continua sorpresa. Si tratta di un lago sotterraneo conosciuto. Perché non è segnato in qualunque altra mappa fornita dal Consiglio dei Saggi?” chiese Raider rivolgendosi all’obakon, quello si voltò fissando il soldato con i suoi occhi rossi.
“Non vorrei dire una scemenza, ma credo che stiamo per raggiungere il Lago delle Ceneri.” Disse Kellan senza inflessione nella voce, lo sguardo interrogativo da parte dei tre umani lo spinse a continuare la spiegazione. “Alcuni pensano che si tratti di una vena della Fonte della Vita, ma è impossibile fare degli studi a causa delle interferenze. Non stupitevi se tutti i vostri sistemi elettronici smetteranno di funzionare.”
“Perché lo chiamano Lago delle Ceneri?” chiese Allyson chinandosi in avanti con la schiena e poggiando un gomito sul ginocchio per tenersi la testa con la mano.
“Questa ve la risparmio, vi sembrerà una stupidaggine e non intendo in alcuna maniera farmi prendere in giro da voi umani!” disse Kellan stringendo le braccia al petto e correndo subito sulla difensiva, Raider quasi rise della reazione strana avuta dall’obakon, poi si rivolse ancora alla dottoressa blu.
“Rilevo quantità discrete di ossigeno. Se vuoi prendere una boccata d’aria, possiamo farlo tranquillamente.” Disse Seeryn guardando negli occhi il soldato, neanche lei sembrava sapere di cosa si trattasse, la curiosità di Raider era tanta arrivato a quel punto.
Ci fu un brusco suono e il rumore delle ruote che si muovevano verso l’esterno, come predetto dalla dottoressa, il rover avrebbe potuto tranquillamente compiere il viaggio sullo specchio di acqua liquida anche se questo avrebbe rallentato il percorso non potendo contare sulla spinta dei propulsori ad impulsi.
“Vediamo di cosa si tratta.” Disse Raider.
Il soldato si avvicinò quindi alla scaletta che portava all’alto verso l’uscita, girò con attenzione la manopola per sbloccare la serratura e poi aprì il portellone verso l’esterno uscendo senza casco.
In effetti l’aria era respirabile anche se il soldato subì una sorta di contraccolpo sentendo una fitta ai polmoni: la quantità di ossigeno era comunque rarefatta e se ne poteva sentire l’effetto quasi istantaneamente. Raider si trovò in piedi sul rover ad ammirare il lago.
Sembrava l’ambientazione di un film inquietante, la superficie del lago era immobile, quasi cristallina ma non abbastanza da poter vedere il fondo, la grotta sembrava non avere fine ma le stalattiti che scendevano dal soffitto riflettevano una luce azzurrina che fungeva da illuminazione tutto intorno al rover che aveva i suoi fari puntati in avanti.
Un leggero strato di nebbia galleggiava sull’acqua in maniera placida e silenziosa, impedendo di scrutare oltre la linea dell’orizzonte. Alle sue spalle, Raider avvertì il movimento dei suoi compagni e per primo fuoriuscì Hunter che si mise al fianco del soldato.
“Trovato qualcosa di interessante?” chiese il pirata.
Raider stava per parlare quando la sua attenzione venne catturata da un movimento oltre la nebbia. Subito scattò in allarme mettendo mano alla pistola, in attesa del pericolo del quale Kellan non sembrava intenzionato a parlare. Fu allora che il giovane soldato vide un altro movimento, stavolta più vicino.
“Che cos’è?” chiese ancora Hunter, non c’era nessuna spiegazione che gli potesse dare Raider visto che lui stesso non credeva ai suoi occhi: erano tre ombre dalla forma umana che sembravano danzare sull’acqua e camminare nella nebbia fissando in avanti.
“Credevo fosse una leggenda eteren, ma a questo sembra le nostre culture hanno davvero molto in comune con la religione degli obakon.” Disse Seeryn facendo sobbalzare i due ragazzi che si trovavano fuori, la donna blu uscì dall’abitacolo ritrovandosi accanto a loro e spostandosi in uno degli angoli del rover.
Altre ombre comparvero intorno al mezzo di trasporto a distanze varie, c’erano alcune molto lontani mentre altre vicine, così tanto che Raider avrebbe potuto allungare il braccio e il busto di poco in modo da sfiorarle. Ma la sensazione di gelo che lo pervase nella schiena gli impedì anche solo di fare quel tentativo.
“Che cos’è il Lago delle Ceneri?” chiese ancora Raider, stavolta l’unica che poteva rispondergli era la dottoressa che sembrava concentrata su qualcosa, i suoi occhi viola erano persi nel vuoto come se stesse osservando un obiettivo che Raider non vedeva.
“Queste sono le anime dei morti. Si dice che in questi luoghi, gli spiriti siano visibili e il velo è talmente tanto sottile da lasciar vedere queste ombre. Quelle più lontane, sono echi di persone perdute da tempo. Spesso può capitare di vedere i propri affetti…” disse Seeryn in risposta, le comparve un sorriso amaro sul viso, poi si voltò dall’altra parte come per dimenticare quello che aveva visto.
Raider non riusciva a crederci, era ben lontano da qualunque mitologia religiosa del genere umano e allo stesso tempo aveva davanti a sé quelle ombre scure e misteriose. Nessuna di loro in effetti sembrava intenzionata a voltarsi verso gli ospiti di quel luogo, semplicemente camminavano avanti senza fermarsi.
Improvvisamente poi due ombre distanti colsero l’attenzione di Raider: erano due figure familiari, si stringevano vicine tra di loro in un abbraccio colmo d’affetto. Da ombre scure che erano, esse assumevano lentamente una forma e lineamenti simili ai suoi.
“Riesco a vedere mio padre…” disse con la mente in balia di quel pensiero, suo padre era proprio lì: alto, col petto fiero, con la sua barba e i suoi baffi curati, i toni del castano scuro del quale erano tinti anche i gli occhi. Era così simile a suo fratello Ryan, che quasi per lui fu come rivedere il suo fratellino.
Ma c’era qualcosa che non andava e che era sbagliato: accanto a lui, una bella donna dai lunghi capelli biondo scuro si abbracciava in serenità e al solo vederla, Raider poteva persino sentirne il delizioso profumo floreale che era il preferito dalla madre.
“Mamma?” chiamò il soldato quasi a bassa voce, eppure le due figure parvero sentirlo e si voltarono verso di lui. Non c’era alcun dubbio che quelli fossero i suoi genitori. “Non riesco a capire, questo ombre non possono…” Raider non sapeva esattamente cosa dire.
Il tocco della mano di Hunter risvegliò il soldato da quella strana catarsi, la sua espressione però era scura e aveva gli occhi tristi. Scosse il viso, come se c’era qualcosa che non andava.
“Ricordi che ti avevo parlato di Rekpali? Era l’ex capo degli Stargazer. Io vedo lui tra le ombre…” disse il pirata cercando di aprire gli occhi di Raider, ma quello era cieco e incapace di vedere la verità.
“Ma io vedo mia madre insieme a mio padre. Questo vorrebbe dire che…” i suoi occhi azzurri si rivolsero ancora una volta alla coppia, i suoi genitori continuavano a fissarlo, sorridendo debolmente in reazione. Entrambi sembravano così felici di vederlo, alzarono una mano all’unisono e la mossero leggermente come per salutarlo. C’era solo una spiegazione che poteva spiegare come mai Raider riuscisse a vedere anche sua madre nel mare delle ombre.
“Mamma!?” chiamò ancora una volta Raider, sul suo volto era comparso il seme del dubbio, cercò di controllare il panico che si stava dipingendo nella sua espressione ma senza poterne avere veramente alcuna influenza. “Il controllo è potere.” Quelle parole gli tornarono alla memoria come se gliele avessero spinte a forza.
“Mamma!?” urlò, stavolta più forte, muovendosi verso sinistra sul rover così da raggiungere Seeryn per poi superarla fino ad arrivare all’angolo del mezzo, tra lui e l’acqua del lago vi erano solo il mezzo metro delle ruote che erano piegate orizzontalmente.
Le due figure abbassarono la mano, continuando a sorridere mentre si facevano sempre più distanti, il rover galleggiava sempre più verso la sua meta allontanandosi dalle ombre circostanti fino a che il loro profilo quasi non sembrava scomparire; tra le loro labbra scivolarono delle parole che Raider parve udire come un eco.
“Ti vogliamo bene.”
Qualcosa si mosse all’interno dei suoi pensieri, bloccando tutto il resto come se non ci fosse altro modo se non agire per istinto: Raider fece un passo in avanti restando quasi sospeso a mezz’aria sopra la ruota, pronto per fare il successivo passo così da tuffarsi nel lago per poterli raggiungere, non gli importava di quanto fosse profondo.
Ma le braccia di qualcuno lo avvolsero completamente stringendolo con forza per impedirgli di andare avanti; Raider cercò di liberarsi da quella stretta salda come l’acciaio, ma le braccia di Hunter lo bloccarono in vita finendo per fargli muovere i piedi sospesi nel vuoto.
“Non puoi fare nulla per loro, Raider. Sono morti! Se sono qui sono solo echi. Sono solo ombre!” disse la calda voce di Hunter all’orecchio, il suo respiro era pesante, preda dell’ansia dell’aver agito con velocità per bloccare il salto del soldato. Ma quello continuava a scalciare.
“Lasciami andare, Hunter! Devo raggiungerli. Mia madre non può essere morta. L’ho sentita solo pochi giorni fa! Lasciami o ti faccio male!” digrignò tra i denti lui, continuando a dare calci e pugni al pirata che lo stringeva talmente tanto forte da fargli mancare il respiro, ma Raider non riusciva neanche a sentire dolore.
“Ti prego, smettila! O finirai per perderti anche tu. Questo non è un luogo in cui le persone vive possono camminare. Lo capisci!?” gli disse ancora Hunter, quelle parole sembravano essere urlate nelle mente del giovane soldato che non voleva arrendersi.
“Non è giusto!” urlò Raider per poi rendersi conto che le ombre dei suoi genitori erano effettivamente svanite, lasciate indietro. Fu quello a risvegliarlo dal dolore all’animo e solo adesso si era reso conto delle lacrime che gli rigavano il viso, bruciandolo come ferite aperte.
“Lo so e ti sono vicino! Non posso perdere anche te, capito?” disse ancora Hunter aumentando di più la stretta, non in quanto a forza; le loro corazze si toccavano, ma Raider riusciva a sentire l’abbraccio confortevole del pirata come se non ci fossero.
Si sentiva improvvisamente vuoto. Poi smise di fare forza e di agitarsi. Non c’era nient’altro per cui lottare. Solo le lacrime che continuavano a scendere e a bruciarlo. “Rientriamo nell’abitacolo. Sarà meglio per lui.” Disse Seeryn, la sua voce era solo un eco distante rispetto a quella confortevole di Hunter.
E Raider era lì. Immobile a lasciarsi trascinare via.

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Capitolo 28
*** Capitolo Ventisette: Onore ai morti ***


Capitolo Ventisette
Onore ai morti
 
 
 
 
 
 
 
 
Settore Levante
Frelm – Lago delle Ceneri
 
L’abitacolo era piacevolmente caloroso, Raider sentiva la differenza di temperatura rispetto a quella esterna, o forse semplicemente avvertiva ancora l’eco della morte e delle ombre attorno a sé. Una volta che Hunter ebbe chiuso il portellone, ci fu un innaturale silenzio nella squadra; Raider evitò lo sguardo di chiunque, persino quello di Allyson che si era avvicinata a lui e che aveva prestato aiuto all’esterno del rover. L’unico a non essere uscito era Kellan.
“Ve lo avevo detto che non mi avreste creduto.” Disse freddamente, aveva le braccia ancora incrociate al petto, ma la sua espressione stavolta era rivolta al soldato e sembrava quasi volerlo rimproverare. “Non sei pronto ad affrontare i morti, Pasticcino.” Disse lui ignorando i sentimenti del soldato.
Raider si voltò verso di lui risvegliandosi del tutto e guardandolo in cagnesco. Avrebbe tanto voluto tirargli un pugno, ma danneggiare il rover accartocciandolo attorno all’obakon era l’ultima cosa da fare, o non sarebbero mai riusciti a tornare indietro.
“Fino a qualche giorno fa mi sono scritto con mia madre. Stava poco bene ma non avrei mai pensato che potesse morire. E soprattutto che potessi scoprirlo in questo modo!” disse Raider, sentiva la bocca amara, come se avesse ingerito un qualche veleno, ma l’obakon sembrava ancora fissarlo con biasimo.
“Ci credo, forse è meglio scoprire che la tua famiglia è stata massacrata da un gruppo di criminali. E vedere i loro corpi martoriati e dati al fuoco in modo da distruggerli; probabilmente tu hai visto tua moglie e tua figlia, il centro del tuo universo, in uno stato così pietoso da far essere quasi irriconoscibile!” disse Kellan rispondendo con la freddezza di pochi attimi prima, il soldato lo guardò dritto negli occhi, sembravano assumere una luce diversa, colorati dalle lacrime trattenute.
“No, Pasticcino. Tu hai avuto modo di vedere i tuoi genitori in buona salute, e sicuramente è doloroso non avere un ricordo recente di loro. Ma è molto meglio averlo distante nel tempo, piuttosto che aver visto i loro cadaveri nelle condizioni in cui io ho trovato mia moglie e mia figlia. Ecco perché non mi azzardo a guardare fuori dal finestrino!”
Kellan sembrava rievocare ricordi della propria famiglia in una maniera tale che Raider poteva come vederli nella sua mente: una sorta di empatia strana, e l’immagine lo rattristava ancora di più.
“Non sapevo che tu avessi una famiglia…”
“Perché non ne parlo quasi mai! Perché il dolore mi consuma ancora dentro e la voglia di trovare quel bastardo che gli ha fatto questo è l’unica ragione che mi spinge a vivere. Vendicarmi di quel maledetto umano bastardo!” disse Kellan, stavolta la sua voce ebbe una stonatura di tristezza, ma comunque celava la sua disperazione.
“Va bene, Capitano. Ora basta così. Raider sta già abbastanza male senza che tu gli dica queste cose! Ognuno affronta la tristezza e la sofferenza come vuole!” disse Hunter spingendosi in avanti e mettendosi tra i due, Raider stava seduto guardandosi gli scarponi, ma in quel momento alzò lo sguardo.
“Grazie.” Disse silentemente nei suoi pensieri, non aveva voglia di parlare in quel momento, ma una volta compiuta la missione e avendo raggiunto la quiete degli alloggi nella nave da ricognizione, forse sì.
“Tranquillo, è tutto finito adesso. Ti siamo vicini.” Sussurrò Allyson con dolcezza nella voce, la sua mano accarezzava lo spallaccio dell’armatura di Raider e quello annuì in maniera distratta, la soldatessa fece un sorriso, poi si mise composta incrociando la gamba sull’altra e attendendo la fine del loro traghettamento. 
Raider non guardò più fuori dal finestrino finché il loro rover non giunse a destinazione, a quel punto fu il momento di aprire nuovamente il portellone per poter uscire con la squadra. Sarebbe anche potuto scendere da solo, ma il soldato non disse nulla agli altri, forse un po’ di aiuto gli sarebbe servito in quel luogo pieno di spiriti.
Il grosso magnete era una gigantesca colonna cilindrica del quale non si poteva vedere né la fine né la base, era come incastonata nel ghiaccio e sembrava allungarsi in entrambe le direzioni entrando ancora più in profondità nel pianeta e avanzando verso la superficie. Di fatto, lì davanti ai loro occhi era presente una console di controllo.
Allyson per prima si avventurò nello spiazzo di ghiaccio che fungeva da attracco per il rover, tenne il fucile levato in aria in caso di pericolo, ma non sembrava esserci traccia di animali o altri pericoli.
Raider non poté non notare i chiari segni del passaggio di qualcuno: sicuramente quell’appostamento era stato creato proprio dagli obakon per poter controllare manualmente il magnete in caso di estrema emergenza come quella che si era verificata.
“Sembra assurdo che la Lega sia arrivata fin qui. Hanno sabotato il magnete per impedirci di attuare il nostro piano.” Disse Raider risvegliandosi dallo stato di silenzio nel quale era stato fino a quel momento, la sua affermazione venne ascoltata da tutti.
Nel mentre, il soldato si era avvicinato alla console per connettere il dispositivo che gli era stato affidato da Balis, così da installare il programma di riparazione e far fronte al guasto nella maniera più veloce possibile, così da poter tornare indietro.
“Non credo che sia recente, Raider.” Disse Seeryn analizzando non molto distante da lui le tracce in zona. Per quello non poteva non affidarsi a lei visto che era stata di aiuto prezioso sul Viandante quando lui stava affrontando la sua prima missione, quella missione lontana del tempo si era rivelata qualcosa di molto più grande! 
“Sospetto che la Lega avesse pensato tempo fa di sabotare questa struttura. Così facendo, se qualcuno avesse cercato di fermarli sarebbe stato impossibile. La nostra fortuna è che Balis è rimasto qui bloccato. Altrimenti non avremmo saputo come fare.” Continuò la donna blu.
“Mi ricorderò di offrirgli la cena la prossima volta che ci beccheremo sul Viandante allora!” disse Raider con sarcasmo, in quell’istante poi il dispositivo di riparazione si connesse al grande magnete, le scritte che comparvero sugli schermi rappresentavano solo una frase.
“Diagnostica dei danni in esecuzione. Attendere.” 
Non c’era altro che potessero fare, dovevano aspettare affinché le riparazioni non fossero state completate, in modo da procedere al riavvio delle Torri Meteo. 
“La nave-bomba potrebbe essere qui da un momento all’altro. Non c’è un modo per velocizzare il procedimento?” chiese Kellan ritrovando le parole, dopo il loro scontro sul rover non aveva più aperto bocca. Ma la sua domanda era più che lecita in quel momento.
“Non possiamo fare nulla contro il tempo. Dobbiamo solo aspettare nella speranza di averli preceduti!” rispose Hunter all’obakon.
Ma il processo si rivelò più lungo di quel che Raider potesse immaginare, lui e la squadra rimasero a lungo in attesa di ricevere un segnale di aggiornamento. “Ho perso tutti nel momento in cui ho scelto di partire per il Sistema Bael. Credevo che potesse essere quella, la fine del mio passato, ma ho scoperto che può capitare di peggio." 
La mente del soldato viaggiava ancora sulle ombre dei suoi genitori, quasi come se potesse ancora sentirli in quel mare di nebbia. Per Raider era difficile accettare la morte della madre, non così improvvisamente. Una parte di lui voleva rifiutarsi. Forse la sua malattia si era aggravata, lui voleva scoprirlo anche se al momento doveva costringersi a pensare solo alla missione e cercare di non cedere ancora.
Fin dal momento in cui erano atterrati era andato tutto per il verso sbagliato. La missione poteva anche andare peggio visto che non era ancora giunta a conclusione. I pensieri del soldato poi vennero interrotti da Seeryn che si spostò al suo fianco.
La donna dalla pelle blu gli fece un sorriso prima di parlare. “Ricordi che ti parlavo di quando arrivaste voi umani? Avevo fatto delle ricerche. La mia tesi di diploma. Ti avevo accennato che nessuno mi aveva creduto e che pensavano che le mie teorie fossero prive di fondamenta…” disse lei, i suoi occhi brillavano tristemente rivolti al soldato. Quello annuì.
“Sì, mi hai accennato qualcosa quando ci siamo conosciuti. Ma non hai mai detto com’è finita dopo.” Disse Raider.
“Presentare le prove del vostro arrivo fu problematico per la mia famiglia. Non credo di essere scesa nel dettaglio, ma come ti dicevo abbiamo importanti collegamenti nella corte reale. Mia zia Vaerys, la sorella di mio padre è l’attuale consigliera della Regina. La mia tesi venne screditata in ogni maniera possibile, come per nascondere la verità.”
“Perché? Non dirmi che lo avevano fatto per salvaguardare la sua immagine…” provò ad indovinare il soldato, lo sguardo di Seeryn era però incerto, la storia non finiva di certo lì.
“Quasi. Mia zia era l’unica che avrebbe potuto fare qualcosa. Alla morte di mio padre durante gli studi della Materiaoscura, lei si era presa cura di me, cercando in ogni modo di farmi apparire nella loro società. Zia Vaerys aveva paura non solo della sua immagine, ma anche dell’impatto che una tale notizia avrebbe potuto dare. Quindi cercò di insabbiare la mia scoperta.”
“Non capisco, tua zia avrebbe potuto aiutarti e invece ha cercato di affossarti? Non ha completamente senso!” disse Raider, nella sua mente comparve il momento in cui lui e la donna eteren parlavano delle loro famiglie, lei aveva accennato a momenti spiacevoli.
“Lo so, forse per questo grande nostro ritardo nel farci trovare pronti nel ricevervi le cose hanno subito gravi rallentamenti. Come ti dicevo, quando arrivaste nel Settore Levante dovemmo isolare tutto il sistema e interrompere la possibilità di viaggiare con il Crocevia.” Disse Seeryn, era piuttosto scura in volto adesso, parlare della sua famiglia le provocava fastidio e disagio, ma non c’era tristezza nei suoi occhi.
“Immagino che sarà per questo motivo che sarà difficile farci ricevere dalla vostra regina.” Disse Raider giungendo a conclusione. “Posso chiedere cosa è successo a tua madre?” chiese ancora il soldato, il volto di Seeryn cambiò ancora espressione, era serena.
“Purtroppo è morta dandomi alla luce. Crescere col suo ricordo è stato difficile, ma mio padre non mi ha mai fatto mancare l’affetto, le attenzioni e l’amore nonostante il suo lavoro  e i suoi studi lo assorbissero quasi del tutto.” Rispose Seeryn sinceramente, poi i suoi occhi brillarono rivolgendosi a quelli del soldato. “Se te lo stai chiedendo, ho visto entrambi tra gli spiriti. Per questo era certa che ciò che vedevi non fosse un’illusione.”
“Volevo chiedertelo in effetti, ma non mi sembrava cortese. Grazie per esserti aperta con me.” Disse Raider facendo una breve pausa e guardandosi i piedi, era stanco di stare seduto ad aspettare. “Che strano gruppo che siamo: abbiamo tutti perso le nostre famiglie. Allyson è l’unica ad avere ancora i suoi genitori vivi.” 
“Un antico scrittore della mia gente disse che era necessario liberarsi degli affetti, per chiunque aspiri al proprio destino. E il destino non ci appare mai chiaro, e per quanto possiamo chiederci il perché delle nostre disgrazie, non potremo avere mai risposta” La citazione colpì Raider facendolo sentire più triste. Liberarsi del passato per il futuro. “Io non so se condivido queste parole, ma di certo voglio migliorare le cose nella nostra società. E soprattutto voglio fermare la Lega!” 
Entrambi annuirono guardandosi ancora, poi un suono venne riprodotto dal dispositivo che fece brillare una nuova scritta sullo schermo: Raider si alzò di corsa per raggiungere il magnete e poggiando una mano sul freddo metallo, si chinò in avanti.
“Guasto risolto. Il controllo ambientale ritorna alla Struttura Meteorologica." lesse Raider nella propria mente, si voltò quindi verso i propri compagni di squadra con decisione, aver parlato con Seeryn lo aveva liberato di quel senso di oppressione che aveva da quando aveva visto le ombre dei suoi genitori.
“Torniamo indietro e portiamo a termine la nostra missione.” 
 
*** 
 
Quando il rover si fermò, Raider poteva vedere che erano nuovamente all’interno del piccolo hangar della Struttura Metereologica e una volta sigillato del tutto, l’ambiente si era illuminato con i neon. Un segnale indicava al gruppo che potevano finalmente uscire, il viaggio di ritorno era durato di meno rispetto all’andata anche grazie al fatto che Balis doveva aver schermato la tempesta isolandola in un altro punto del pianeta e permettendo loro un viaggio piacevole.
“Non vedo l’ora di tornare sulla nave. Ho bisogno di un bagno caldo. Vedere tutto questo bianco intorno mi ha davvero stufato!” disse Raider scendendo per ultimo dal mezzo di trasporto, la prima cosa che voleva fare però era di ringraziare Balis per l’aiuto.
Nel frattempo, Allyson aveva già mandato un segnale alla nave di ricognizione in modo da inviare una navetta per il recupero. Con l’assenza della tempesta sarebbe stato facile per loro superare la coltre di neve e ghiaccio nell’aria.
Non appena Raider mise piede nel corridoio fuori dall’hangar, qualcosa gli infastidì l’olfatto: c’era uno strano odore, come se qualcosa stesse bruciando, l’odore simile a quello della plastica ma allo stesso tempo viscose e nauseante.
“C’è qualcosa che non va. Questo cattivo odore… non è normale.” Disse Hunter fiancheggiando il caposquadra, Raider non poté che annuire: non vi era fumo però, né segnali di pericolo dovuti ad un incendio nella struttura.
“Puzza di benzina. Come se avessero cosparso l’intera struttura!” disse Kellan inalando a pieni polmoni quell’odore nell’aria; Raider si era stupido del fatto che anche gli obakon fossero a conoscenza della miscela che per anni l’umanità aveva prodotto nelle raffinerie fino a quasi distruggere l’ambiente della Terra.
Il gruppo si spostò di qualche metro all’interno del corridoio tenendo le armi pronte all’azione, c’erano diverse bombole antincendio sparse su delle postazioni in ogni corridoio o stanza, quindi al minimo fuoco avrebbero potuto reagire.
“Non c’è nessun crepitio. Vuol dire che o siamo distanti, oppure l’incendio è stato già spento. Balis deve aver fatto saltare i combustibili dell’intera struttura!” disse sarcasticamente Hunter, ma quello venne subito corretto dall’obakon che gli tirò una sberla sul braccio.
“Balis non è un idiota! E se non sentiamo il fuoco che brucia vuol dire che c’è solo un posto da dove potrebbe venire la puzza!” 
“La sala controllo. Balis è in pericolo!” rifletté Raider, il suo istinto non poteva sbagliarsi e cominciava ad avere il forte sospetto che la Lega li avesse raggiunti.
“Corriamo da Balis.” Disse Raider ordinandolo agli altri quattro, un nuovo faccia a faccia contro la Lega era proprio quello di cui aveva bisogno. Ma se loro erano lì, voleva dire che il piano per salvare il pianeta e dirottare la nave-bomba era in pericolo.
I cinque corsero attraverso i corridoi fino alla sala controllo, quando vi furono davanti le porte si aprirono rilevando la loro presenza nelle vicinanze e permettendogli di vedere l’interno della sala.
Uno spettacolo orribile gli si presentava ai loro occhi, tra fuoco e fiamme, il cadavere di Balis riposava per terra e il suo assassino era in piedi proprio accanto a lui. Voltandosi leggermente verso i nuovi arrivati, quello si schiarì la gola.
“Ti stavo aspettando, Raider.”

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Capitolo 29
*** Capitolo Ventotto: Un volto familiare ***


Capitolo Ventotto
Un volto familiare
 
 
 
 
 
 
 
 
Settore Levante
Frelm – Struttura Metereologica
 
Era come se una coltre di nebbia si fosse parata davanti gli occhi di Raider che in quel momento non poteva far altro che focalizzare i dettagli: c’erano dei droidi i cui led degli occhi brillavano di giallo, erano in allarme, ne poteva contare almeno cinque oltre la figura nascosta dalla nebbia che lo aveva chiamato. Il corpo di Balis invece riposava esanime ai piedi della console fumante dietro di lui.
“Lo hanno assassinato brutalmente!” pensò tristemente, era stato dilaniato da vari colpi di arma da fuoco, i bussolotti infatti erano ancora accanto al suo cadavere. Stringeva un fucile tra le mani e prima di cadere vittima dei nemici si era portato con sé altrettanti mech di sicurezza.
Gli occhi del soldato risalirono trovando l’origine della puzza che aveva sentito per tutta la struttura, il fumo usciva dalla console quasi del tutto sciolta. Era difficile capire chi avesse appiccato l’incendio, ma a giudicare dalle posizioni, sembrava essere stata proprio opera di Balis che aveva cercato di distruggerla. Riuscendo a danneggiarla in maniera irreparabile, forse per impedire alla Lega di accedere.
Le parole di quella figura avvolta nella nebbia echeggiarono ancora una volta nella mente di Raider. “Ti stavo aspettando. Ma non è possibile, dev’essere un’altra allucinazione. Gli spiriti mi hanno seguito fin qui?” rifletté debolmente, era l’unica spiegazione che voleva darsi e sapeva allo stesso tempo che era una menzogna.
La nebbia intorno alla figura era frutto della sua fantasia, man mano che i dettagli della stanza e la puzza sembravano passare in secondo piano, essa di dileguava rivelando il volto dell’uomo che lo aveva chiamato e che lo stava aspettando.
“Ditemi che non lo vedo solo io…” disse Raider a voce bassissima, era rivolto ai suoi compagni di squadra naturalmente che però non dissero nulla in un primo momento. Forse in senso di affermatività.
L’uomo era abbastanza alto, la corazza che indossava impediva di vedere i dettagli del suo corpo ma sembrava avere spalle larghe e braccia toniche come le gambe. Avrebbe avuto un fisico da soldato se non fosse che Raider ne aveva ricordi troppo vecchi.
“Non mi saluti? O forse non mi riconosci?” chiese l’uomo della Lega, fece un leggero sorriso e delle increspature gli comparvero attorno agli occhi castani scuri; insieme alle sue labbra sottili, anche la sua barba si mosse e i baffi che le contornavano si spostarono leggermente all’insù. 
“Lo vediamo anche noi…” disse Hunter alla destra del soldato, sembrava sull’attenti e pronto a sfoderare la sua spada, che in occasione della missione gli era stata riassegnata.
Raider si era sentito dire da tutta la vita di somigliare più alla madre che al padre e lui era consapevole che fosse la verità. Avrebbe riconosciuto dovunque il volto di suo padre così come lo aveva appena visto nel Lago delle Ceneri. Eppure, il viso del rappresentante della Lega aveva dei lineamenti differenti, soprattutto per gli zigomi.
Non era possibile che suo padre fosse vivo.
“Ryan? Sei tu?” chiese titubante il giovane soldato chiamando il nome di suo fratello minore.
L’uomo della Lega fece sorriso ancor più largo, se possibile. Socchiuse leggermente gli occhi, poi la sua espressione cambiò come se tornasse serio di botto. “Posso capire che tu non mi abbia riconosciuto. Sono passati trent’anni dall’ultima volta che ci siamo visti. Adesso sembro io il maggiore tra i due. Sono più vecchio di te…”
Mille pensieri si ammassarono nella mente di Raider cercando di trovare una spiegazione logica, ma ogni processo era bloccato dalla gioia dell’aver ritrovato il proprio fratellino, anche se come lui stesso aveva detto, adesso era il più adulto d’aspetto fisico. 
La differenza di età era stata colmata con i ventitré anni passati nel sonno criogenico da quando Raider era arrivato sul Sistema Bael. Suo fratello era cresciuto, anche contando i suoi sette anni di viaggio; aveva l’aspetto di un quarantenne.
“Credevo che fossi morto anche tu! Quando mi hanno detto che ti eri unito ad una banda di criminali pensavo che non ti avrei ritrovato. E invece…” le parole gli morirono sulle labbra, Raider si era spostato in avanti di qualche passo avendo subito le armi dei droidi del fratello puntate addosso. 
In risposta, Allyson e Kellan puntarono i loro fucili in alto pronti a far fuoco al minimo segnale. Raider rimase un attimo intorpidito, poi venne spinto di botto in quella nuova realtà.
“Stai con la Lega?” chiese direttamente, era evidente, ma sentiva di aver bisogno della sua conferma. Non ci avrebbe potuto credere fino a quel momento; aveva ritrovato suo fratello ma allo stesso tempo non era davvero lui. Non era cambiato solo d’aspetto fisico.
“Non riuscivo neanche io a credere che tu fossi vivo. Ci avevo perso le speranze all’idea di poterti incontrare, ma due mesi fa Lady Shadow venne da me preoccupata con questa notizia. Anche se lei aveva immaginato fin da subito che il nostro incontro non sarebbe stato piacevole come mi sarei aspettato.”
“Incontro piacevole, lo chiami questo? Sei implicato anche tu nell’assurdo piano di far schiantare una nave-bomba e lo definisci incontro piacevole!? Sei uscito fuori di testa?" chiese Raider allargando le braccia e fissando il fratello come se fosse impazzito. L’altro parve non rispondere subito alla domanda, come se cercasse le parole adatte.
“La vedi così perché non puoi ancora capire quando noi umani siamo in pericolo. La situazione è ben peggiore, fratello: Bael è in un equilibrio precario e per poterlo ristabilire serve un nuovo ordine. La Lega ha questo obiettivo: far emergere una nuova società dalle ceneri della vecchia, non ci può essere cambiamento senza qualcosa di drastico.” Disse Ryan con ardore e un brillio negli occhi.
Di fronte a quella reazione, Raider scattò alzando il tono di voce. “Non ci credo! Questo è contro tutto quello che voleva nostro padre. Voleva la pace e una nuova possibilità per gli umani, non la guerra e migliaia di morti e mondi distrutti sulle spalle!” 
Ryan parve colpito dal fatto che suo fratello avesse alzato la voce, la sua espressione non era contenta, aspettandosi qualcosa di diverso dal suo incontro col fratello. “Tu non vuoi capire, Raider. Lady Shadow aveva ragione quindi; sei un ostacolo per la nostra causa e rappresenti un pericolo. Devi essere fermato…” disse debolmente voltando le spalle al fratello e agli altri nella sala.
Gli androidi accanto a lui caricarono i colpi dei propri fucili mirando i loro bersagli; Raider però era troppo preso dalla discussione col fratello per poter pensare a loro, avrebbe voluto dargli uno schiaffo in faccia tanto forte da farlo rinsavire.
“Non ti azzardare a volarmi le spalle!” urlò in preda alla rabbia, quelle parole fecero voltare Ryan il cui sguardo però era inflessibile, anche lui in preda all’ira. “Non c’è più nulla da fare per la vostra bomba. Siamo riusciti ad evitare che impatti su Frelm. Deviando la sua traiettoria in modo che venga spedita nello spazio oscuro. Ben presto la OST e i Commando eteren indagheranno su tutti i segreti in essa contenuti.” 
Ryan sembrava ascoltare in maniera assente, con la mente ancora in preda alla confusione. “Avete vinto una battaglia ma non la guerra, fratello. Credevo di poterti fare ragionare, ma i nostri piani sono grandi e presto la società degli eteren vivrà il momento più buio della loro storia. Il loro castello di carte cadrà…” 
Anche se dette in maniera criptica, Raider aveva capito che suo fratello faceva riferimento all’assassinio della Regina Naraisha e il conseguente crollo del loro impero. Lui però lo aveva visto.
“Non posso dirgli quello che so. Abbiamo un vantaggio su questo e possiamo sfruttarlo per salvare la Regina!” si disse debolmente il giovane soldato, non c’era motivo per farlo presente alla Lega.
“Fermerò Lady Shadow ad ogni costo. E se questo significa che dovremo combattere, allora sarò pronto per lo scontro, fratello.” Disse infine Raider, erano in una situazione di stallo dal quale non poteva esserci una via d’uscita se non quella della violenza: il soldato osservò i cinque mech armati cercando di capire come batterli.
L’unico modo per riprendere un vantaggio era quello di sfruttare i suoi poteri per un attacco preventivato: Raider caricò l’energia oscura nel palmo della propria mano e con rapidità andò a scagliarlo contro i cinque avversari generando un’onda che li colpì nello stesso momento.
Gli androidi della Lega vennero storditi ma allo stesso tempo fecero fuoco con i loro proiettili sparando raffiche in tutta la stanza. Prima che Raider potesse difendersi con le braccia, la barriera di energia protettiva generata da Seeryn li avvolse come una sfera modellata attorno loro.
I due si scambiarono uno sguardo di intesa, poi con la stessa rapidità di un falco, Hunter si mosse contro il primo dei suoi avversari: i colpi della sua lama erano veloci e imprevedibili grazie al suo impianto nonostante quello cercasse di sparare ancora.
Kellan ed Allyson si misero distaccati dal gruppo e con la visuale libera fecero fuoco contro gli avversari abbattendo gli scudi cinetici, ma quelli si ripresero in fretta nascondendosi dietro i tavoli e i computer disattivi della sala controllo come se fossero trincee. 
Anche Raider si spostò in un punto riparato notando che i suoi scudi erano stati danneggiati, prese la sua pistola e fece fuoco di copertura contro i droidi per dare l’occasione a Seeryn di nascondersi insieme a lui in modo da aver diviso il gruppo per concentrare il fuoco contro i nemici in maniera ottimale.
Con una rapida occhiata, Raider vide che suo fratello era uscito dalla stanza sfruttando una porta secondaria dal lato opposto.
“Devi seguirlo e fermarlo!” disse Seeryn urlando attraverso il suono dei proiettili e delle urla di colluttazione tra Hunter e l’agente che aveva ingaggiato. Il soldato si voltò verso la donna blu fissandola negli occhi.
“Non posso lasciarvi da soli qui.” Disse lui in risposta, anche se la situazione sembrava sotto controllo, avrebbe avuto delle difficoltà nell’aggirare i suoi nemici ma con l’aiuto della sua squadra ci sarebbe potuto anche riuscire.
Prima che Seeryn potesse rispondere ancora, proprio dall’ingresso che avevano utilizzato loro comparve un altro plotone di droidi della Lega che si trovarono davanti la donna eteren e il soldato. Levarono i fucili in aria facendo fuoco tra i loro suoni meccanici. Seeryn fu nuovamente veloce così da evocare la barriera difensiva per proteggerli anche se l’improvviso sforzo sembrava farle male.
Raider concentrò ancora una volta le proprie forze per generare energia oscura nel palmo delle proprie mani, abbandonando la pistola nel fodero e lanciando i globi di energia violacea contro due dei nuovi avversari appena entrati.
L’esplosione del colpo infranse gli scudi cinetici dei suoi nemici e questi gli permise di riprendere la pistola per sparare direttamente contro un droide, colpendolo alla testa e mettendolo fuori uso. 
Seeryn allo stesso modo infranse la propria barriera armandosi con la sua falce meccanica, si mise in piedi e con un rapido fendente allungo del tutto la propria arma nel mentre squarciava il petto di un secondo droide che cadde in mezzo al fluido scuro.
Quella postazione però non era più sicura vista la vicinanza ai nuovi droidi quindi i due compagni di squadra dovettero spostarsi sul fianco sinistro passando lateralmente attraverso la stanza sotto il fuoco di copertura di Allyson che si era accorta della presenza dei nuovi arrivati.
“Devi andare. Segui tuo fratello prima che sia troppo tardi! Deve avere una navetta da qualche parte o non sarebbe potuto scendere fin qui. Presto!” urlò ancora Seery per risvegliare la mente del soldato.
Raider alzò la testa qualche istante vedendo che Hunter si era fatto strada attraverso il primo gruppo di mech e ne aveva già eliminati due, anche il terzo però era caduto vittima della colluttazione e la spada gli aveva trapassato il petto da parte a parte disattivandolo sul colpo. Con la stessa rapidità aveva raggiunto il quarto e ultimo mech di sicurezza, con un pugno sul petto lo aveva stordito gettandolo a terra, lo aveva afferrato poi per la testa strappandola di netto.
Una nuova raffica di colpi raggiunse Raider disattivando i suoi scudi e costringendolo ad abbassarsi visto che li aveva esauriti. In quel momento comparve insieme a loro Allyson che faceva fuoco di copertura per poi abbassarsi con loro.
“Che state facendo qui!?” urlò la ragazza.
“Devo seguire mio fratello. Ma non posso uscire un attimo la testa che quelli mi mirano. Credo che io sia il bersaglio numero uno!” disse sarcasticamente Raider, anche se era evidente che stessero cercando lui per primo. Una soluzione però ci doveva pur essere.
“Non posso creare una barriera che si sposti con te. Richiederebbe uno sforzo eccessivo. Le barriere protettive sono generate attraverso un oggetto e il campo che esercita in una determinata aria!” disse Seeryn intuendo il piano del soldato dal solo sguardo che le rivolse.
Allyson aveva però la battuta già pronta. “Posso potenziare i tuoi poteri con il mio. Fidati di me.” Disse la soldatessa, si scambiò uno sguardo con Raider, sembrava sicura di quello che faceva. “Non ripeteremo l’errore di questa mattina, tranquillo.” Sorrise debolmente.
Raider osservò prima Seeryn, poi Allyson e annuì ad entrambi.
Il soldato si alzò di scatto cominciando a correre attraverso la stanza cercando di restando più laterale gli fosse possibile; attorno a lui la barriera di Seeryn sembrava un velo che lo avvolgeva, ma anziché avere una colorazione bluastra come già visto in passato, aveva sfumature di rosso e arancio che si mischiavano tra di loro in maniera frenetica, probabilmente a seguito dei poteri amplificatori di Allyson, la barriera resse i colpi ricevuti dai fucili in lontananza finché Raider non scomparì dietro la porta usata dal fratello per scappare.
Raider corse con tutto il fiato che aveva in corpo e tutte le energie che gli erano rimaste: era stanco e i suoi poteri mentali sembravano essere più deboli, riprese quindi la propria pistola assicurandosi di essere armato in caso di un ulteriore scontro. 
I corridoi della Struttura sembravano tutti uguali ma Raider si affidò all’istinto ipotizzando che suo fratello fosse effettivamente andato verso il tetto. Raggiunse quindi le scale e mentre le saliva a tre gradini alla volta premette il pulsante della corazza per indossare il casco per ripararsi dal gelido freddo esterno alla stazione.
Arrivato in cima al tetto vide suo fratello camminare verso il ciglio della struttura e una navetta di trasporto non molto distante, levata in aria di qualche metro. “Ryan fermati subito o sparo!” urlò il soldato rivolgendosi al fratello, quello gli rivolse un’occhiata ma non disse nulla e continuò a camminare verso il ciglio.
“Fermati, maledizione a te!” urlò nella sua mente Raider, impugnò la pistola con entrambe le mani, pronto per sparare e sentendo l’adrenalina avvolgergli il corpo.
Ryan era arrivato al bordo del tetto, allargò le braccia e il suo corpo cominciò a levitare in aria camminando fino a raggiungere la navetta. Solo allora si voltò verso il fratello, osservandolo in maniera distaccata.
“Addio fratello.” disse Ryan in maniera appena impercettibile, il portellone della navetta si chiuse appena vi poggiò i piedi. Raider rimase incredulo osservandola mentre usava i propulsori per allontanarsi rapidamente dal pianeta scomparendo attraverso le nubi di neve.

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Capitolo 30
*** Capitolo Ventinove: Casa ***


Capitolo Ventinove
Casa
 
 
 
 
 
 
 
 
Settore Ponente
Alantarea – colonia di “Terranova”
 
Raider aveva gli occhi rivolti contro la televisione nel soggiorno della propria casa, osservando le ultime notizie che venivano trasmesse: in via del tutto eccezionale era in onda una diretta televisiva che portava una nuova e lieta notizia: una squadra di artificieri di razza umana avevano collaborato con un noto scienziato eteren e il Campione della Pietra obakon Kellan Indios.
Al soldato sfuggì un sorriso vedendo il suo alleato sul grande schermo, anche se non era stato lui a parlare durante l’intervista bensì il capo artificiere Michael Venberg, noto membro della comunità umana e pezzo importante dell’Organizzazione Spaziale Terrestre che recentemente Raider aveva incrociato spesso al Centro Operativo.
“Siamo lieti di annunciare, che i nostri sforzi hanno sventato quello che si sarebbe rivelato il più grande disastro dal nostro arrivo qui sul Sistema Bael. Le nostre tre specie hanno collaborato nel disinnescare un ordigno di origine ignota piazzato su una nave.” Disse Venberg guardando dritto nella telecamera. La sua espressione sembrava vuota, come se non riuscisse a provare emozioni di alcun genere.
Era un uomo adulto, con i tipici segni dell’invecchiamento e i tratti ingrigiti, persino la pelle era più chiara del normale tono roseo.
“Qualche idea sui responsabili? Magari qualche noto gruppo di pirati? Razziatori? Stargazer?” chiese invece la giornalista. Ma Venberg scosse il viso mantenendo una postura retta.
Raider chiuse gli occhi per un istante, riflettendo su quanto aveva appreso sulla morte di sua madre: quando l’Arca si era quasi schiantata su Terranova aveva colpito diversi satelliti in orbita. Questo aveva causato dei disagi con la ricezione di dati e anche di nuove mail.
Prima della sua partenza verso Frelm il guasto non era stato ancora riparato e solo al momento del suo ritorno aveva appreso di nuovi messaggi inviati dall’ospedale in cui sua madre era stata ricoverata: a causa di un problema cardiaco che aveva peggiorato la sua condizione, era stata ricoverata, ma era ormai troppo tardi.
Raider non avrebbe potuto fare nulla per salvarla!
Il campanello della porta suonò e il ragazzo si voltò distrattamente ricordandosi che aspettava una persona col il quale pranzare insieme. 
Era stato parecchio insistente, rifletteva Raider mentre si alzava dal divano per avvicinarsi all’ingresso, ma gli faceva piacere. Premette la sequenza di sblocco e la porta rivelò il suo ospite che aveva tra le mani una bottiglia di quello che sembrava un liquore scuro e corposo.
“Sono venuto un po’ in anticipo ma vedo che non è un problema.” Disse Hunter rivolgendo un largo sorriso al soldato di fronte a lui. Si guardò intorno incerto. “Posso entrare?” chiese.
Per l’occasione, il pirata aveva indossato abiti che lo contraddistinguevano dal suo solito outfit scuro, aveva il bianco e il viola della OST in un pantalone aderente e con una maglia a maniche corte che lasciava intravedere i muscoli delle braccia.
“Non aspettavo altri ospiti. Ti ringrazio per essere venuto, davvero. Avevo bisogno di un po’ di pace e calma dopo quello che è successo su Frelm.” Disse Raider accogliendo l’ospite dentro casa; Hunter stava sorridendo sinceramente e nel momento in cui entrò si guardò ancora intorno come per cercare qualcosa.
“Casa tua è molto è molto più grande della mia. Mi hanno relegato in un piccolo cubiculo. Non ho pareti che separano la mia camera da letto dalla cucina, sai?” disse Hunter, non sembrava una battuta ma il fatto che stesse ridendo mentre lo diceva fece pensare a Raider che per l’altro non doveva essere un grande problema.
La porta d’ingresso si chiuse dopo qualche istante e Raider ne approfittò per controllare quello che stava cucinando. Aveva pensato di preparare qualcosa di semplice per l’occasione. In fondo voleva essere un momento tranquillo tra due amici e compagni di squadra.
Hunter poggiò il vino sul bancone della cucina. “Dove sono i bicchieri? Bisogna stappare e bere per potersi rilassare!” disse lui molto allegramente, i suoi occhi scuri erano gioiosi, come se non aspettasse altro, inoltre sembrava come sempre a suo agio.
“Sono su quella credenza. Prendili pure. Non è ancora pronto il pranzo, possiamo sederci qualche istante sul divano.” Disse Raider accertandosi che non ci fosse nulla di bruciato, si spostò per primo verso il divano osservando i movimenti di Hunter.
Il ragazzo gli dava le spalle mentre prendeva i bicchieri tra le dita della mano sinistra, nell’altra mano invece stringeva la bottiglia dal collo, già stappata prima ancora di chiederlo. Si sedette insieme a Raider poggiando i calici e versando il vino fino a metà di essi.
“Sono un vero gentlemen. Spero che sia di tuo gradimento. I miei contatti l’hanno rubato dalla riserva di un ricco signore eteren, ho dovuto faticare molto per averlo!” disse Hunter poggiando poi la bottiglia sul tavolo, Raider alzò lo sguardo incuriosito.
“Sul serio hai chiesto agli Stargazer di rubare del vino per te?”
“Spero che questo non turbi il tuo animo da buon samaritano. Lui è molto ricco e non sentirà la mancanza di questo. Inoltre, io l’ho utilizzato per una buona causa, per un’occasione speciale.” Disse Hunter in risposta ammiccando al soldato, quello fece un sorriso.
“Spero che non vengano ad arrestarmi solo per il vino allora.”
“Puoi sempre dire che l’ho rubato io. Zero colpa per te, io posso tranquillamente fuggire via dalla finestra come ho fatto spesso durante i miei appuntamenti disastrosi!” disse in risposta il pirata, il suo sarcasmo pungente fece ridere il soldato.
“Capisco. Non credo sarà necessario che tu fugga via.” Disse Raider, o almeno era quello che sperava visto che finalmente aveva l’occasione di stare solo con Hunter.
Si fece avanti per prendere il bicchiere e poi lo avvicinò a quello dell’ospite facendoli toccare e producendo un tintinnio. “Alla nostra allora. E alla bella compagnia.” Disse Raider nel brindisi e poi bevvero nello stesso momento, lui cercava il contatto visivo dell’altro e quello non sembrò negarglielo mentre ghignava.
“Che te ne pare? Ho fatto brutta figura?” chiese un Hunter mettendosi poi con la schiena poggiata sul divano e rilassato; teneva le gambe larghe e molli e un braccio penzolante.
“Neanche sulla Terra ho mai assaggiato qualcosa di così buono.” Rispose Raider sinceramente. “Prima accennavi ad appuntamenti andati a male. Non sono mai fuggito dalla finestra durante un appuntamento, ho scelto attentamente i ragazzi che mi interessavano.” Aggiunse tranquillamente, con lui poteva parlare molto schiettamente.
“E non ti auguro mai di doverlo fare. Sono lento nello studiare le persone. Cerco di capirle prima di approcciarmi a loro. Sia nell’amicizia, che in qualunque altro genere di relazione…” disse Hunter lasciando la frase in sospeso, c’era una sorta di tensione, come uno strano tira e molla, aveva gli occhi persi nel vuoto.
“Hai avuto molte relazioni, Hunter?” 
“Solo avventure di una notte, sia quando ero su Pangea che da quando sono qui. Sono stato con molte donne, sia umane che eteren e ti assicuro che preferisco il sesso inter-specie. Diciamo che ho avuto altri pensieri e non mi sono mai sentito pronto per avere una storia seria.” Disse lui in maniera vaga. “Mi avevi accennato al tuo passato invece ma non sei sceso nel dettaglio. Ti va di parlarne?” 
“Non c’è molto da dire. Ci amavamo, ma lui ha scelto qualcun altro e io non sono riuscito a perdonarlo. In fondo, credo sia stato meglio così. Mi ha permesso di dedicarmi alla mia vita.” Disse Raider sinceramente, bevve un altro sorso di vino e Hunter lo accompagnò.
“Non sembri soffrirne. Sei probabilmente più maturo di quello che sembri. Anche per come hai affrontato la storia di tuo fratello…” disse Hunter con tono incerto, si erano incontrati anche per quello ed era ovvio che finissero per parlarne.
L’espressione di Raider divenne vuota, poi gli sfuggì un sorriso pieno di amarezza e seguì un altro sorso di vino. “L’unico membro della mia famiglia ancora in vita è un mio nemico. Sai, mi aspettavo di provare qualcosa, ma una volta che lo avevo davanti gli occhi non ho sentito nulla di nulla dentro di me.” 
“Che vuoi dire?” chiese Hunter stranito.
“Non sono pronto a percepirlo in questo modo. Per me Ryan è un diciottenne che mi pregava di non partire perché gli sarei mancato. Qualcuno che non sapeva cosa fare della propria vita dopo il diploma e che mi ha tenuto il broncio per settimane prima della mia partenza nella speranza che cambiassi idea.” Disse Raider perdendosi con lo sguardo nei ricordi, un salto indietro nel tempo di trent’anni.
Il Ryan che gli si era presentato oggi era uno sconosciuto.
“Gli vuoi ancora bene però, te lo leggo in faccia. Sei una persona troppo buona per questa vita. Io non avrei esitato a sparargli un colpo in piena faccia. Sono arrabbiato per te!” disse Hunter carico di grinta, anche lui bevve dei sorsi di vino.
“Perché una parte del Ryan che conosco vive ancora in quello che ho incontrato una settimana fa.” Disse Raider. Attese qualche istante pensando a quell’uomo ormai adulto, si sarebbero dovuti affrontare e forse uno dei due sarebbe dovuto morire. “Se poi ci metto anche l’aver scoperto che mia madre è morta… mi sembra di impazzire davvero! Che situazione di merda.”
“So che è una frase scontata, ma se hai bisogno di una spalla sul quale piangere, io ci sono. Avevi un bellissimo rapporto con i tuoi ed è giusto che tu li pianga serenamente!” disse Hunter.
Raider annuì incerto, aveva già pianto sua madre. Aveva pianto anche suo padre e ora avrebbe dovuto piangere anche per Ryan. Il pensiero che la sua morte potesse dipendere dalle loro fazioni era straziante.
“Al momento giusto saprò cosa fare con Ryan. Non voglio neanche pensarci adesso. Sono in bella compagnia, quindi voglio rilassarmi.” 
Quel complimento era voluto a Hunter parve compiacersene. “Davvero pensi che sia bello? Accidenti, non ero preparato per un simile complimento. Sei una continua sorpresa, Raider King.” Disse sarcasticamente, i due ragazzi ridacchiarono insieme vuotando quasi del tutto i bicchieri nello stesso momento.
“Prima dicevi che eri lento nello studiare le persone. Eppure di me ti sei fidato subito, mi è sembrato. O sbaglio?” chiese Raider riprendendo l'argomento di prima, per mettersi comodo mise una gamba sotto di sé voltandosi col busto verso l’ospite.
“Tu non lo sai forse, ma traspari fiducia. C’è una luce, una sorta di aura. Io non posso vederla perché non ho un impianto per farlo ma sono sicuro che ci sia. Chiunque vorrebbe far parte di una luce tanto splendente. E mi hai difeso in più occasioni.” Disse Hunter parlando con sincerità, sembrava nuovamente in difficoltà vista la profondità del discorso intrapreso.
“Non dev’essere una persona abituata a parlare dei propri sentimenti. Glielo si legge in faccia. Ha un muro davanti a sé, però con me sembra abbassare la guardia. Più lo conosco, più vedo le nostre somiglianze.”
“Mi trovo bene con te, Hunter. Sinceramente, era da tanto che non mi capitava.” disse infine il soldato, la cosa sembrava aver spiazzato l’altro che però fece un sorriso di vero compiacimento.
“Mi sono sempre ritenuto una sorta di arma. Avere un impianto in grado di renderti più forte, resistente e veloce ti fa venire voglia di essere considerato un oggetto.” Disse Hunter debolmente portandosi una mano sul volto, si massaggiò la mascella passando le proprie dita sulla barba scura con un movimento lento.
Il pirata chiuse gli occhi per qualche istante riprendendo il discorso. “Quando ti senti abbandonato e trovi qualcuno che apprezza le tue abilità e capacità, non puoi far altro che ripeterti che sei solo questo: uno strumento di forza. È sempre stato così, per questo ho sempre avuto paura di relazionarmi seriamente con qualcuno.”
Raider ascoltò attentamente prima di intervenire. “Tu non sei un oggetto. Sei una persona vera, con delle qualità speciali.”
“Ti ringrazio, significa tanto per me che tu lo dica.” Rispose Hunter in sincerità, i suoi occhi sembravano persi nel vuoto, sicuramente dovuti a ricordi tristi. “Quando mi hanno dato gli innesti di Brutalità ho provato molto dolore, ti ho mentito. Ho subito una serie di interventi per svariate incompatibilità, ma ero stanco di essere debole. Volevo uno scopo, volevo rendermi utile. Come si addice ad un oggetto.” Continuò lui versando altro vino in entrambi i calici e bevendone un gran sorso.
“Per questo motivo hai cercato di fare il bravo ragazzo. Ma non ti soddisfaceva essere un soldato. Nella tua mente, lo strumento non veniva utilizzato come voleva." Giunse Raider a conclusione, l’altro annuì.
“C’è una porta nella mia mente che tengo sempre chiusa. Direi che è una sorta di linea di confine tra la mia sanità mentale e quella follia di una macchina. Non voglio essere utilizzato mai più e allo stesso tempo voglio rendermi utile. Voglio sentirmi vivo!”
Ci fu un lungo istante di silenzio nel quale Raider guardò negli occhi di Hunter credendo di poter vedere la sua anima e quella porta del quale gli stava parlando. Una metafora vivida. 
“Io non permetterò che qualcuno lo faccia. Né potrei mai farlo io, te lo prometto!” disse debolmente Raider, sentiva il cuore battergli più intensamente come se stesse per esplodergli. Lo sguardo di Hunter esprimeva mille emozioni e allo stesso tempo una grande confusione.
Il pirata allungò la mano lentamente alzando il braccio e poggiandolo sulla spalla di Raider, aveva un tocco deciso e tremante allo stesso tempo, come se avesse paura di quello che gli accadeva. “Non mi sono mai aperto così tanto con un ragazzo. Sei la persona più straordinaria che io abbia mai conosciuto, Raider.” Disse Hunter parlando ancora con sincerità, la voce gli tremava e le sue dita si staccarono per qualche momento dalla spalla per avvicinarsi al volto di Raider.
Il suo tocco sulla guancia era caldo, tremante e incerto. Gli occhi scuri di Hunter tremavano mentre Raider imitava il gesto dell’altro poggiandogli una mano sul collo risalendo lentamente per accarezzare la barba che contornava la mascella dell’altro.
“Mi sento il cuore esplodere!” si disse il soldato, i due ragazzi si avvicinarono lentamente continuando a guardarsi negli occhi, quando i loro visi furono abbastanza vicini, Raider poteva sentire il pesante e caldo respiro dell’altro che aveva schiuso le labbra.
Poi in un attimo di esitazione, il pirata ritrasse il viso, lasciò che la mano gli scivolasse sul petto dell’altro e si voltò da un’altra parte. Un segnale abbastanza chiaro per Raider. Erano stati a tanto così dal baciarsi? Troppo difficile immaginarlo col cuore che batteva forte.
“Ho una fame da lupi. Che ne dici se mangiamo qualcosa? Ne avrei davvero bisogno!” disse Hunter pensieroso alzandosi dal divano e dando le spalle al giovane soldato, attese qualche istante prima di fare un passo in avanti, come per decidere davvero cosa voler fare. 
Raider vide il pirata allontanarsi verso la cucina e rimase per qualche istante seduto, immobile come se il tempo stesso non avesse influenza su quello che era successo.
“Che cosa provo per lui? E che cosa prova lui per me?” si disse mente fissava il pirata che si destreggiava in cucina. Con grande fatica, Raider riuscì ad alzarsi dal divano, cercando di quietare i pensieri.
Non era il momento di parlare di quello che era successo e per godersi il resto del pranzo in tranquillità, segretamente i due ragazzi seppellirono quel momento intimo sul divano come se non fosse mai successo, come un tacito accordo.

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Capitolo 31
*** Capitolo Trenta: Il dolore del Campione ***


Capitolo Trenta
Il dolore del Campione
 
 
 
 
 
 
 
 
Settore Potente
Cratere Viandante – Pub “Black Lavinia”
 
L’invito ricevuto portava ad un indirizzo specifico, alzando lo sguardo, Raider non poté non notare la grande insegna che mostrava neon dai colori scuri che rappresentavano una figura di donna dalle forme piuttosto confuse in modo che non se ne capisse la razza. Ciò che contava, era che aveva il seno scoperto e pochi abiti a coprirla, a giudicare dall’apparenza del locale, quello doveva essere un luogo frequentato da maschi che avevano bisogno di ammirare un genere di meraviglie che a Raider non interessavano.
“Sei in lista o no, soldatino?” chiese il buttafuori facendo sobbalzare Raider, perso nei suoi pensieri si era completamente dimenticato di essere in fila per entrare; davanti a lui si trovava un eteren dall’aspetto imponente con spalle larghe e muscoli minacciosi.
“Suppongo che la prenotazione sia a nome di Kellan? O forse Indios? È un obakon con le treccine ai capelli. Dovrebbe essere già qui…” disse in maniera vaga il soldato, il buttafuori eteren mosse le proprie lunghe orecchie come un animale, come se avesse detto qualcosa di male.
Mise mano al proprio bracciale dal quale aprì un terminale di controllo con una lista di nomi. Raider poteva vederli al contrario ma essendo scritti in lingua eteren non poteva leggerne i complessi caratteri musicali che gli ricordavano tanto la scrittura su spartiti ideata nel Sistema Sol.
“Tavolo numero ventuno. Fai casini e giuro che ti mangio a colazione!” disse il buttafuori ignorando la buona educazione che Raider aveva dimostrato fino a quel punto, il ragazzo era piuttosto infastidito, ma non disse nulla per evitare una rissa a mano armata.
Indossava i tipici abiti comodi dell’organizzazione, aveva con sé la pistola nella fondina e i suoi impianti si erano ripresi del tutto dopo l’abuso che ne aveva fatto su Frelm. Kellan sembrava aver insistito tanto per combinare quell’incontro, Raider non credeva che l’obakon fosse quel genere di persona da frequentare certi posti.
All’interno il locale aveva un odore piacevole ben diverso dal puzzo di fogna esterno, il Viandante era diviso su vari livelli e quello nel quale si trovava il locale era uno dei più alti. Raider aveva visto solo un paio di volte la grande stazione abitata nel quale le leggi del Sistema intero sembrava piegarsi, per lo più le sue visite erano state di lavoro.
“Diamo il via alle danze quindi!” disse il ragazzo spostandosi lungo la passerella principale, avvolto da quel profumo dolciastro e floreale che ricordava tanto le rose terrestri. 
Raider si guardò intorno, c’erano svariate tende di un rosso intenso e acceso che fiancheggiavano quelle che sembravano delle colonne, le incisioni sulle strutture erano sinuose e movimentate, chi le aveva disegnate era evidentemente di razza eteren vista la delicatezza dei segni. 
Il soldato arrivò ben presto nella camera principale, una larga stanza che sembrava un vero e proprio teatro dell’opera con quei tendoni rossi sparsi lungo i fianchi della struttura, le stanze private erano posizionate lateralmente, i clienti che pagavano di più potevano intrattenersi con le ballerine dopo la loro esibizione.
Al centro vi era poi la pista da ballo circondata da decine e decine di tavoli, la maggior parte erano tutti occupati e una passerella collegava la grande pedana centrale ad un palco poco distante. Quattro ballerine stavano eseguendo la coreografia mentre la protagonista al momento eseguiva una danza movimentata e sensuale col sottofondo di una musica molto ritmata che entrava nelle orecchie di Raider quasi facendole esplodere per quanto fossero intense e invadenti le vibrazioni.
Il ragazzo continuò a guardarsi intorno cercando il tavolo che gli era stato indicato e trovando Kellan già seduto e bere da un grosso e largo boccale che lo costringeva a stare in piedi per poterlo sorseggiare tranquillamente. Quando i due si riconobbero, l’obakon gli fece segnale di avvicinarsi rapidamente.
“Ciao, Kellan. Grazie per l’invito, immagino.” Disse Raider piuttosto a disagio, la ballerina si muoveva non molto distante dal loro tavolo, dovette parlare per tutto il tempo a voce alta in modo da farsi sentire dall’alieno. Stessa cosa fece l’altro ovviamente.
“Figurati, Pasticcino. Spero che non abbia avuto difficoltà a trovarlo. So che non è il tuo genere di posto, ma è un locale dove mi sento a mio agio, ed avendo fatto io l’invito mi sembrava sensato…” disse Kellan in risposta, rispetto al perché del nomignolo Pasticcino era già una spiegazione più che esaustiva.
“Non è male. Immagino dunque di dovermi unire a te.” Disse Raider sfogliando gli ologrammi che raffiguravano il menù per ordinare.
“Prendi tutto quello che vuoi. Sei mio ospite per stasera.” Disse ancora Kellan, l’ultima volta che si erano visti era stato durante la missione su Frelm e da allora avevano avuto molti impegni. Erano passati almeno una decina di giorni. “Come stai? Ancora dolorante per la morte di tua madre?” chiese lui; Raider non si aspettava di certo una domanda diversa, scosse il viso negativamente.
“Diciamo che fa male. Ma è una cicatrice, quelle restano sempre mentre il dolore vero sparisce.” Rispose il soldato guardando la sclera rossa e intensa dell’obakon, aveva le pupille più dilatate a causa dell’alcol che doveva aver già assunto. “Non penserai che mi sono offeso per quello che ci siamo detti al Lago delle Ceneri, spero…” disse Raider cercando di usare un tono più scherzoso possibile: in un primo momento aveva detestato l’aggressività del Campione, poi a mente lucida ci aveva riflettuto e ci aveva messo una pietra sopra.
Kellan abbassò leggermente lo sguardo sull’enorme boccale, poi lo inclinò verso di sé ingurgitando una grande quantità del liquido arancione che vi era presente: sembrava frizzante come la birra, o almeno era quello che Raider poteva immaginare dai rivoli che scendevano sulla bocca dell’obakon e sulla sua cicatrice.
“Non ci so fare con le persone e tu sei un vero Pasticcino. Se ti do un morso troppo forte ti strappo un pezzo e ci resti male. Ti rispetto e non voglio che le mie parole siano viste come un’offesa.” Disse Kellan tranquillamente, alzò gli occhi incrociando quelli di Raider che restava con le mani incrociate davanti a sé.
In quel momento venne un cameriere quasi del tutto privo di vestiti, anche lui di razza eteren, poggiò il bicchiere con il distillato alcolico ordinato dal giovane soldato. Quando quello si era avvicinato, Raider aveva potuto ammirare la bellezza del corpo dalla pelle blu e la definizione dei muscoli simile a quella degli esseri umani; l’alieno guardò il soldato facendogli l’occhiolino e sorridendo.
“Puoi ancora dire che questo posto non sia un bel posto?” chiese Kellan accorgendosi delle occhiate maliziose che Raider aveva lanciato al cameriere quando quello si era allontanato. Entrambi ridacchiarono, poi il soldato alzò il calice per fare un brindisi.
“Ai piaceri di questa vita, tra molti dolori, almeno resta questo.” Disse l’obakon e anche Raider fu d’accordo facendo il brindisi senza aggiungere nulla. 
Bevvero entrambi e poi quando fu l’ora di abbassare i bicchieri, Raider parlò. “Se non sono indiscreto, vorrei sapere un po’ della tua famiglia. Di quello che è successo. Se ti va di parlarne.”
Kellan bevve ancora, assumendo un’espressione pensierosa, contrasse le labbra in maniera strana, proprio come un rettile, poi sospirò pesantemente, l’odore della bevanda arancione arrivò fino alle narici di Raider che storse il naso visto il puzzo acre.
“Non c’è molto da dire. Un giorno avevo una famiglia, il giorno seguente i Razziatori avevano attaccato e distrutto la colonia. Sono state aperte delle inchieste, ma nessuno riesce a fermare un gruppo così pericoloso. Sono inarrestabili e si muovono nelle ombre.” 
“Sono umani?” chiese Raider.
“Umani. Obakon. Eteren. È sempre così, Pasticcino. E poco importa di che razza o etnia siano loro. Chi fa del male, lo fa sempre consapevolmente e per il proprio interesse personale. Ricordo però che il loro capo era un uomo alto e che indossava una corazza…” il racconto ebbe una pausa nel quale l’obakon rifletté silenziosamente. “Era in casa mia, o meglio quello che ne restava. Aveva devastato i corpi di mia moglie e mia figlia, la mia piccolina…”
Raider poteva sentire il dolore del Capitano semplicemente guardandolo negli occhi. “Non ci sarà mai nessuna giustizia in quello che mi è successo, se non quella che mi farò da solo quando avrò quel bastardo tra le mie mani!” disse ancora Kellan. “Gli voglio prendere la testa, voglio stringerla forte con le mie mani e voglio ficcargli le dita negli occhi così da farglieli uscire di fuori! E poi giuro sulla Roccia Sacra, stringerò così tanto forte da fargli esplodere quella merda di cranio!” 
Kellan aveva battuto un pugno con tutta la forza che possedeva facendo sobbalzare quello che vi era sul tavolo, solo grazie ai suoi riflessi Raider riuscì a salvare il proprio drink.
“Sei molto arrabbiato, Kellan. Non so se potrò mai capire questa tua rabbia ma se dovessimo mai incontrare questo essere, allora mi assicurerò che tu possa avere la tua vendetta.” Disse Raider con sincerità, non era un tipo rancoroso, ma se fosse stato al posto di Kellan, probabilmente non avrebbe voluto che qualcuno gli impedisse di eseguire la sua vendetta e nel modo in cui la voleva.
“Questa cicatrice, me l’ha fatta lui quando l’ho attaccato. Il bastardo era alto e veloce e sputava fiamme. Mi ha sopraffatto, abbiamo lottato, poi con una lama nascosta nel braccio mi ha preso in piena faccia e mi ha lasciato là a morire. Pensavo che sarei morto dissanguato, ha deciso di non darmi il colpo di grazia. Carogna e codardo fino all’ultimo pezzo di pelle!” disse Kellan a mo’ di insulto.
“Non mi sarei mai aspettato un combattimento leale, sembra un tipo di cui non fidarsi.” Disse ancora Raider, la descrizione di Kellan era molto approssimativa naturalmente. Il soldato rifletté sull’abilità appena descritta dall’altro: “Le fiamme che sputava, fanno parte di una delle Otto Arti psioniche, lo chiamiamo Fiammarespiro. Si è fatto mettere un impianto nei polmoni e nella gola per fare fuoco come un drago.” 
“Non so che roba sia questo drago di cui parli. Ma ora che mi hai detto questa cosa ho voglia di fargli ancora più male: gli faccio esplodere la testa, poi gli apro il petto a mani nude e gli strappo via i polmoni e me li porto a casa come se fossero un trofeo!” aggiunse Kellan ridacchiando, il suo ghigno era bieco, come se fosse pienamente ubriaco. “Non penso che sia davvero così violento. Ma avrei paura ad averlo come nemico in questo istante.” Pensò Raider con un mezzo sorriso.
“Ad ogni modo, facciamo un altro brindisi. Ai nostri nemici, che possano tremare di terrore dinnanzi alla tua forza, Pasticcino. E che possano invocare i loro Dei quando capiranno di essere spacciati!” disse Kellan cambiando tono di voce, cercando di essere allegro e di buon umore, prese il proprio boccale e lo alzò in aria, evidentemente più leggero rispetto a prima.
“Ai nostri nemici, dunque.” Ripeté anche Raider.
 
***
 
Quando il soldato uscì dal Black Lavinia sentiva i piedi tremargli, aveva perso il conto di quanto avesse davvero bevuto, l’ultimo drink che ricordava di aver contato era il quinto, poi ne erano seguiti un numero non ben identificato. Riguardo Kellan invece, lo aveva lasciato lì a godersi qualche istante di pace con le ballerine. Anche se, visto quanto fosse ubriaco, era più probabile che avrebbe pagato per dormire che per qualunque altra cosa.
Eppure, Raider aveva ancora la piena concezione di quello che aveva intorno a sé, per questo motivo, mentre tornava verso il Crocevia e i moli d’attracco, gli parve strano trovare Allyson che parlava con un giovane soldato e sembravano persino conoscersi.
Raider la osservò attentamente, poi probabilmente, lei si rese conto della sua presenza e aveva spostato lo sguardo verso di lui. Quando si incrociarono, lei fece un mezzo sorriso ritornando con le attenzioni al soldato al quale sembrava aver dato appuntamento.
Rapidamente Allyson raggiunse Raider che aveva deciso di poggiarsi ad un muretto lì vicino con le spalle, tenendo le gambe e le braccia incrociate, dopo l’apparente stato di ubriachezza, si sentiva più leggero. Osservava la soldatessa cercando di non ridacchiare ma fu dura resistere quando lei gli si parò davanti.
“Appuntamento galante?” chiese Raider ironicamente, alzò gli occhi sentendo le guance esplodergli per il calore che emanavano. Di tutta risposta, la soldatessa gli diede un pugno sul braccio ed entrambi scoppiarono poi a ridere.
“Zafir. Non so se ti ricordi, lavora su Terranova, ogni tanto si vede in giro per le ronde mattutine.” Disse vagamente lei, quel nome era molto familiare nel soldato che si ricordo di averne parlato.
“Sì, certo che mi ricordo. E com’è andata?” chiese lui simpaticamente, la soldatessa alzò gli occhi al cielo e fece una smorfietta con le labbra, le stava sorridendo lo sguardo anche se voleva cercare di non darlo a vedere.
“Direi bene. Siamo usciti per la terza volta, in realtà. Potrebbe essere una frequentazione piacevole.” Disse Allyson in risposta, poi abbassò lo sguardo come per tornare con i piedi per terra. “Tu piuttosto, da dove stai venendo che sei ubriaco fradicio? Sei stato con Hunter?” chiese lei a bruciapelo, per reazione Raider cominciò a balbettare.
“Cosa? No, figurati. Che ti viene in mente. Ero con Kellan. Perché pensi che io passi del tempo con Hunter? Abbiamo lavorato insieme mica significa qualcosa!” disse il giovane soldato in maniera confusa; a quella reazione la ragazza assunse un’espressione profondamente sorpresa e i suoi occhi verdi le brillarono ancora più intensamente se possibile. 
“So che siete stati a pranzo insieme. E che avete pure bevuto del vino.” Disse facendo cenno al soldato di avanzare prima di lei, come un invito per tornare entrambi a casa. La postazione del manufatto per attraversare il Crocevia era solo a pochi metri; Raider aveva bisogno di stendersi sul letto per smaltire comodamente la sbronza.
“Te lo ha detto lui?” chiese istintivamente.
“Non sei stato tu a dirmelo e direi che non ho una microspia in casa tua, quindi suppongo di sì.” Disse lei in risposta. “Ad ogni modo, non volevo sembrarti contrariata, anzi, credo ti faccia bene uscire in questo periodo. Fai cose che ti fanno rallegrare, stai con chi vuoi. Non eri venuto su Bael proprio per questo?” 
“Che intendi?” 
“Intendo che hai bisogno di farti una nuova vita, Raider. Mi hai detto che ti eri lasciato, non sprecare questa tua nuova occasione. Goditi ogni momento, e non pensare troppo alle conseguenze.” Disse Allyson, era evidente che si stava riferendo a quando successo su Frelm.
“Strano, è come se avesse percepito i miei dubbi. Vorrei parlarle di quello che è successo tra noi.” Si disse il ragazzo ritrovando quelle sensazioni di confusione nei propri ricordi.
“Non sono sicuro di quello che provo. Volevo baciarlo e credo che anche lui volesse farlo, ma non penso che sia molto tranquillo nell’affrontare i cambiamenti.” Rispose lui convinto di potersi fidare.
“Vi siete quasi baciati? Direi che è un grande passo avanti!” disse lei interessata, ma la verità è che Raider non aveva nulla da dire, non sapeva neanche come affrontare l’argomento.
 In un attimo di silenzio si voltò verso la soldatessa cambiando argomento. “Hai mai perso qualcuno?” 
La sua domanda lasciò Allyson incerta: i suoi genitori erano distanti, sua sorella era viva. La sua famiglia era perfettamente integra anche se distante di diversi anni luce. “Una volta. Durante una missione di ricognizione su Giove. Stavamo esplorando una regione preda delle eruzioni e ho fatto una scelta sbagliata. Ho perso due uomini, due fratelli d’arme.” Ammise con titubanza.
“Non avevano altro che l’uno e per l’altro. Erano orfani da tutta una vita ma avevano sempre potuto contare su di loro. E a causa di una mia scelta, sono morti entrambi. Non passa giorno che non sia addolorata per la loro morte. Forse è per questo che sono voluta venire fin qui; avevo ancora molto da imparare e dovevo migliorare.”
Raider annuì di fronte alla sincerità della ragazza.
“Per questo motivo ti sei pentita di aver unito i nostri due poteri. Avevi paura di uccidermi?” chiese Raider riflettendo sugli eventi di Frelm, quella scarica di potere lo aveva fatto sentire incredibilmente forte, ma forse non era pronto per controllarne tanto tutto in una volta. 
Allyson annuì.
“Puoi biasimarmi? Spesso ripercorro quella missione nei miei pensieri: siamo sulla superfice di Giove. Dico ai miei uomini di avanzare, che andrà tutto bene. Che le letture sono instabili ma possiamo portare a termine le scansioni. Poi esplode il terreno e loro due crollano in un inferno di vapori e gas letali.” Disse Allyson con lo sguardo triste. La ragazza si morse il labbro e sorrise amareggiata.
“Fortunatamente, non mi hai ucciso. Ho ancora tanto per cui lottare, quindi la prossima volta andrà bene!” disse Raider cercando di essere motivazionale e poggiandole una mano sulla spalla.
Allyson fece un largo sorriso in risposta, poi annuì. “Va bene, se ti fidi di me, allora posso fidarmi di me stessa.” Disse in conclusione. Senza aggiungere altro, i due soldati si diressero oltre il blocco dei controlli per attraversare il Crocevia, tornando quindi a casa.

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Capitolo 32
*** Capitolo Trentuno: Il giudizio ***


Capitolo Trentuno
Il giudizio
 
 
 
 
 
 
 
 
Settore Ponente
Centro Operativo della OST – sala delle udienze
 
Cordelia scese dal piano rialzato nel quale era stata fatta accomodare, vi era una piccola sedia con schienale e un avvocato al suo fianco, qualcuno che aveva dovuto prendere in carico la sua situazione. D’altronde, le prove della sua colpevolezza erano tangibili, ma quando l’ex direttrice scese i gradini di quella sorta di piedistallo, lo avrebbe fatto come una donna libera dalle sue colpe.
Erano passate diverse settimane da quando Cordelia Cross era stata accusata di aver creato la Lega e di aver agito alle spalle di tutto quello che era stato costruito da Richard King e contro ogni ideale dell’iniziativa aveva rappresentato moltissime speranze.
Nonostante fosse libera, il suo verdetto la giudicava comunque colpevole di tutte le accuse che le erano state assegnate; la sua buona condotta negli anni successivi e la sua guida alla OST erano stati considerati ai fini del suo giudizio.
La donna quel giorno indossava un abito grigio molto elegante, un completo composto da giacca e gonna con una camicia bianca e una cravatta che richiamava i colori della OST. Nel momento in cui il giudice scelto dal direttivo l’aveva dichiarata colpevole doveva aver creduto di essere spacciata. 
“Forse un dio esiste, Cordelia. O Forse sono gli Spiriti Primordiali degli eteren. Qualcuno comunque ti ha voluto tanto bene!” si disse Raider nella mente, come se potesse raggiungere la donna che stava scendendo gli scalini, Cordelia si era di fatti voltata mantenendo una postura e uno sguardo serioso, ma quando aveva incrociato gli occhi azzurri di Raider, quell’espressione fredda era venuta meno.
“Forse dovresti parlarle.” Disse Seeryn al fianco del soldato, per l’occasione anche la donna blu si era vestita in maniera formale e aveva raccolto i lunghi capelli argentei in una coda intrecciata. “Sta arrivando.” Disse ancora in segno di avvertimento. 
Raider si alzò per avvicinarsi a Cordelia che sembrava parecchio stanca di quello che era successo. I suoi occhi erano spenti, d’altronde quella giornata doveva esserle sembrata infinita: il processo era iniziato alle dieci del mattino terrestre. L’orologio invece ora segnava che erano le sei del pomeriggio.
“Buonasera, Raider. Non mi aspettavo di certo di vederti qui. Dottoressa Von’Darock è un piacere vedere anche lei.” Disse educatamente la donna, allungò la mano in maniera amichevole, formalmente Raider la strinse per un saluto. “Sembri scontento. Ti aspettavi che marcissi in prigione, suppongo.”
Raider scosse il viso, senza rendersene conto doveva aver cambiato espressione, in realtà era parecchio tranquillo.
“Non volevo nulla di tutto questo, Cordelia. Ma giustizia dev’essere fatta. Credo che tu non volessi creare realmente la Lega, adesso stiamo piangendo i tuoi errori.” Disse Raider con freddezza, il fatto che suo fratello fosse un alleato dei cattivi andava a confermare quell’idea. Naturalmente la donna non sapeva nulla, e così doveva essere.
“Ho saputo che avete impedito alla nave-bomba di schiantarsi. Venberg ha guidato un’operazione splendida, ne sono certa. Ma sono davvero soddisfatta di come tu hai guidato la missione dal principio. Tuo padre sarebbe molto fiero di te.” Disse Cordelia, aveva un tono di voce dispiaciuto e pareva sincera, questa netta differenza tra il tono di voce e l’espressione distaccata avrebbe confuso persino la mente più abile nel capire i reali sentimenti della donna.
“Ti ringrazio per le tue parole.” Rispose il ragazzo.
In fondo, in quella serie di eventi che avevano portato all’arresto dell’ex direttrice si erano verificate tante situazioni. Adesso lei era una donna libera, ma aveva perso il suo posto e non lo avrebbe più ottenuto. Su questo il giudice era stato esaustivo. Avrebbe dovuto quindi seguire un programma di riabilitazione facendo servizio civile. 
C’erano molte navi da ricognizione sulla quale avrebbe potuto prestare giuramento fino a che la sua pena non sarebbe stata scontata del tutto. Raider era amareggiato, non voleva una punizione per la donna, non lo avrebbe fatto sentire bene. I veri responsabili erano quelli della Lega e Lady Shadow che ne era a capo.
“Ti auguro ogni bene, Raider. Spero che le nostre strade si incrocino ancora. Bael è grande e pieno di occasioni e potremmo anche non vederci per diversi anni.” Disse Cordelia pronta finalmente per uscire dalla sala dei giudizi. Raider annuì profondamente.
“Questo è un arrivederci, dunque.” rispose lui, le fece un cenno con la testa che venne ricambiato dall’ex direttrice; poi la donna si affrettò ad uscire dalla sala e poco dopo anche Raider con Seeryn.
Si trovarono a percorrere i corridoi della OST senza una meta. Aveva chiesto un giorno di permesso per poter presenziare il giudizio della donna, in fondo lui era l’accusatore principale e se ne sentiva responsabile. Quando furono abbastanza lontani, Raider poté finalmente tirare un sospiro di sollievo per liberarsi di quel peso.
“Eri piuttosto in ansia. Durante tutto il processo hai tenuto la schiena dritta come se l’avessi di legno. Ti senti bene ora?” chiese Seeryn con voce interessata, la donna eteren aveva gli occhi compassionevoli e un sorriso confortante.
“Sì, sto bene. Credo che le cose siano davvero andate per il meglio. Cordelia mi è stata vicina durante la preparazione al viaggio nonostante lei fosse già più grande di me ed è stata quasi un mentore. Adesso dobbiamo pensare al futuro e alla prossima mossa della Lega…” disse Raider lasciando la frase in sospeso, anche Seeryn parve essere della stessa idea: la visione avuta sulla luna di Thapsos era molto distante nel tempo e l’evento si sarebbe tenuto tra poche settimane.
“Come ti avevo accennato, si terrà una grande festa al Palazzo di Cristallo in onore delle stagioni. Per questo avvenimento saranno presenti moltissimi nobili della nostra specie, è un evento molto esclusivo e rappresenta il fulcro degli eventi dell’anno corrente.” Seeryn fu rapida e diretta, i loro passi nel frattempo li avevano condotti ai giardini coperti. In quel momento, dalle alte finestre a schermo era rappresentato il cielo stellato della sera.
“Parlami del Grande Duello. Avevi detto che questa è una sorta di sfida politica. La Lega sfrutterà questa occasione per uccidere la Regina Naraisha e far piombare la vostra società nel caos.”
“Stiamo vivendo un periodo molto difficile, Raider. Gli eventi con la Lega, le minacce di morte, la Guerra di Confine. Il nostro popolo è in crisi e questo evento deve andare bene a qualunque costo, serve per dare speranza e per far sentire le persone al sicuro. Noi abbiamo ottenuto la possibilità di partecipare. Ho un biglietto per tutti e cinque.” Disse Seeryn mantenendo un’espressione seria, sembrava una grande notizia ma i suoi occhi erano cupi.
“Non sembri felice. C’è qualche problema immagino?”
“Come ti avevo detto, mia zia fa parte della cerchia dei consiglieri della Regina. Lei teme che le nostre azioni al ballo e la nostra presenza possano indispettire la nobiltà.” Fece una breve pausa continuando a camminare e guardare avanti. “Non so se avete eventi del genere sulla Terra, è difficile da spiegare a parole! Ci sono nobili che cadono in disgrazia solo per non essere stati invitanti, altri in passato si uccidevano per l’affronto subito!” disse la donna blu spiegando quella parte di storia eteren mentre Raider provava ad immaginarsela.
“Sul serio? Nei nostri tempi medievali avevamo delle corti, ma non credo che ci sia nulla di simile al vostro ehm… modo di interpretare la nobiltà.” Disse lui con sincerità, ancora una volta la donna blu annuì con forza per rimarcare quello che era stato detto.
“Ad ogni modo, mia zia non è felice della nostra presenza. Non ci ha voluto aiutare. Temevo che potesse accadere ma ho fatto leva sul buon nome di mio padre e della mia famiglia per riuscirci. Qualcuno di vicino alla Regina deve aver risposto alle mie preoccupazioni.”
“Probabilmente la notizia della nave-bomba ha smosso gli animi. Forse abbiamo suscitato l’interesse della tua Regina, se è disposta a metterci in lista per partecipare a questo evento.” Disse Raider quasi sbuffando con un ghigno sul volto, Seeryn ebbe una reazione di ghiaccio: si fermo davanti Raider per guardarlo negli occhi.
“Ho piena fiducia in te. Come mai in nessun altro prima d’ora, sei secondo solo a mio padre. Ma ti prego: non prendere questo evento alla leggera. Nel momento in cui entreremo nel Palazzo di Cristallo, diventeremo dei partecipanti al Grande Duello. Nessuno farà caso ad un obakon ubriaco o ad un pirata da quattro soldi, così come se gli importerà di una soldatessa qualsiasi.” 
“Che vuoi dire?” chiese il giovane ragazzo, dalla lista dei cinque nomi presenti, tre erano stati praticamente declassati al nulla.
“Che io sono la figlia di uno dei membri più importanti della nostra società. Ma mio padre mi ha addestrata al Grande Duello e so come comportarmi, cosa dire, cosa rispondere. Tu invece sei un umano, sei un novello in questo mondo. Le parole possono uccidere!” disse Seeryn, sembrava fin troppo seria, per questo motivo Raider non se la sentì di scherzarci sopra.
“Tranquilla, capisco che per te è importantissimo. Non ti deluderò. Piuttosto, se hai delle dritte da darmi sono tutto orecchie. Anche se ancora non capisco cosa ho di speciale rispetto agli altri.” Disse sinceramente il ragazzo, la donna blu fece un mezzo sorriso.
“Tu sei il figlio del promotore della specie umana. Tuo padre ha portato voi da noi. Nella nostra cultura, tuo padre è paragonabile ad un Re. E con la sua morte, tu sei il Principe che ne eredita l’impero. La OST, le colonie umane; per la Regina tutto appartiene a te indipendentemente dal fatto che tu non vi abbia a che fare davvero!”
Al solo pensiero, Raider sentiva già il peso del suo retaggio sulle spalle, non avrebbe mai pensato che la società degli alieni potesse essere così tanto legata al potere. Come per gli umani, aveva appreso che la loro spiritualità discerneva dalla loro brama, era evidente che il Palazzo di Cristallo fosse un nido di serpi e Raider era carne fresca.
“Questo mi fa agitare un pochino ma so che posso farcela. So parlare con le persone, ho carisma e posso sfruttare questa cosa per fronteggiare la nobiltà della tua specie.” Disse Raider, era realmente convinto di quello che diceva e riuscì a trasmettere quella stessa fiducia anche in Seeryn i cui occhi erano più rilassati.
La dottoressa ritornò con le spalle composte e sospirò pesantemente anche lei. “Scusami, in effetti non credo di averti alleggerito la cosa. Volevo farti presente che la nostra società ti considera un loro pari. Non ho dubbi che ti comporterai bene.”
“Tu hai mai partecipato al Grande Duello?” chiese il ragazzo.
“Sì, solo una volta in vita mia. Molto prima che voi umani arrivaste nel nostro sistema. È un’esperienza che può essere divertente per alcuni. Molti vorranno parlarti per capire come sei. Quindi sii te stesso e sono certa che li conquisterai come hai fatto con me.” Disse lei, un leggero velo d’imbarazzo le passò sul volto e le sue guance divennero di una tonalità più scura di blu. “In amicizia, intendo!”
Raider ridacchiò scuotendo il viso e insieme ripresero a camminare. “Avevo capito, anche tu sei un’amica preziosa e ti ringrazio di avermi dato la possibilità di essere ancora vivo.” Disse il ragazzo, stavolta si era lasciato sfuggire un mezzo sorriso in modo da alleggerire la situazione, Seeryn aveva ricambiato abbassando lo sguardo.
“Hai bisogno della loro approvazione e collaborazione se vogliamo smascherare l’assassino.” Rispose Seeryn in maniera lucida, ma sembrava davvero convinta che Raider avrebbe saputo recitare la sua parte. 
“Cosa faremo una volta che l’avremo smascherato? E soprattutto, come faremo a capire di chi si tratta? Chiunque può avvicinare la Regina in quest’occasione.” Chiese Raider proseguendo per la via che passava attraverso i giardini, l’odore dei fiori era davvero piacevole, un piccolo cespuglio accanto al quale i due passarono era contornato da arbusti che ricordavano le rose sulle Terra.
“Un nobile che vuole uccidere la Regina. Qualcuno si lascerà degli indizi alle spalle, noi dobbiamo solo trovarli e comprenderli. Quanto a quello che faremo, sei tu che devi decidere. Se ci fosse tuo fratello Ryan sapresti ucciderlo o lo arresteresti?”
La domanda della donna blu lasciò Raider con la mente confusa, anche se naturalmente ci avrebbe riflettuto sopra. Dentro il suo cuore, Raider sapeva che suo fratello aveva ucciso delle persone per trovarsi nel posto in cui si trovava ora e avrebbe continuato a farlo.
“Se dovessi trovarmi Ryan davanti, lo fermerò. Costi quel che costi.” Si disse il giovane soldato, ma Seeryn era già più avanti quindi non ne parlarono ancora, lei aveva sicuramente altro per la testa e riguardava certamente il ballo al Palazzo di Cristallo.

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Capitolo 33
*** Capitolo Trentadue: Il Gran Ballo d'Inverno ***


Capitolo Trentadue
Il Gran Ballo d’Inverno
 
 
 
 
 
 
 
 
Settore Ponente
Sivanuria – Palazzo di Cristallo, Via dei Dorati
 
La carrozza si muoveva in maniera lenta, trainata da cavalli dall’aspetto alieno che Raider non aveva mai visto prima d’ora. Li osservava muoversi senza che nessuno li guidasse, semplicemente sapevano cosa dovevano fare e il percorso da seguire. Il giovane soldato osservò ancora una volta fuori dal finestrino, osservando la stella Bael tramontare lentamente su Sivanuria e donando uno spettacolo di luci: a differenza del forte arancio del tramonto terrestre, lì la stella donava colorazioni di azzurro e tutte le sue sfumature.
Era come se la sera fosse scesa di botto, d’altronde per la stagione nel quale il pianeta stava attraversando era pieno inverno e questo spiegava anche il freddo presente. Raider respirò a pieni polmoni l’aria pulita e fresca che entrava dallo spiffero che aveva lasciato leggermente aperto, godendosela più che poteva.
“Come sulla Terra. Il mondo natale degli eteren offre una concentrazione di vegetazione che lo riveste quasi del tutto, tranne nelle aree edificate.” Constatò il giovane soldato, poi le sue attenzioni vennero catturate dal percorso che la carrozza aveva preso.
Un gigantesco viale nel quale sarebbero potute passare almeno cinque carrozze in fila, ma al momento solo la sua e quelle dei suoi compagni lo stavano attraversando; Seeryn l’aveva chiamata Via dei Dorati in nomi degli antichi Re e Regine che avevano dominato l’impero degli eteren nel corso di migliaia di secoli da quando era stato costruito il Palazzo di Cristallo. Era uno spettacolo.
Imponenti statue dorate si ergevano a distanza di pochi metri l’una dall’altra seguendo una geometria precisa al centimetro. Erano tutte diverse in pose, vesti e rifiniture dei dettagli. Le più antiche naturalmente erano quelle più vicine alla grande scalinata del Palazzo di Cristallo mentre i sovrani più recenti chiudevano quella fila all’inizio della Via dei Dorati. Sembrava che andasse avanti da almeno un’ora in quella passerella di volti silenziosi e tetri.
“Stai benissimo con questo completo. Perfettamente in linea con il nostro stile. Il sarto ha fatto un ottimo lavoro, ne sono molto lieta.” Disse Seeryn chiamando il giovane soldato all’attenzione, quello si voltò verso l’unica ospite nella sua carrozza.
Seeryn era bellissima quella sera. Aveva il volto illuminato da una sorta di patina brillantina simile al trucco delle donne terrestri, l’acconciatura era raccolta in uno chignon complesso che le lasciava il collo scoperto ed accompagnava la scollatura del suo abito. 
Lo stile della moda eteren era particolare, pensava Raider. Sembrava quasi di essere tornati nel medioevo antico; abiti imponenti e lussuosi con elementi di caratterizzazione di metallo. Accessori, collane, bracciali, orecchini. Per non parlare dell’enorme fermacapelli che la donna blu indossava, aveva una pietra nera incastonata su di esso, sembrava onice.
La dottoressa per l’occasione aveva commissionato i loro vestiti da quello che si diceva essere il miglior sarto di tutta Sivanuria; ognuno di loro indossava un colore che si adattava meglio ai loro tratti distintivi, per esempio lei indossava una colorazione di porpora che le risaltava gli occhi violacei; al suo fianco era poggiata la maschera di quello che lei aveva detto essere il suo animale guida: sembrava un cigno.
“Ancora i miei complimenti, Seeryn. I nostri abiti sono bellissimi. Nessuno sulla Terra fa un lavoro simile.” Disse Raider con sincerità, anche il suo abito era antico e allo stesso tempo ricordava gli intrecci di una vecchia cotta di maglia.
Raider poggiò le mani sui pantaloni del proprio abito sentendo il tessuto morbido attraverso i guanti bianchi che aveva. Il colore che la dottoressa eteren aveva scelto era il viola scuro della OST, probabilmente abituata ormai a vederlo in quel modo. Al soldato non dispiacque quella scelta per lui, gli risalvata la pelle, aveva detto Seeryn.
“Indossa la maschera non appena arrivi alla grande scalinata. Entreremo in coppia ma tu sarai da solo. Verrà fatta una presentazione ufficiale una volta che saremo nel grande salone da ballo.” Disse ancora la donna blu indicando con lo sguardo la maschera che il soldato teneva accanto a sé sul morbido velluto del sedile.
Raider spostò lo sguardo verso il basso soffermandosi sui dettagli: l’animale che era raffigurato era simile ad un leone e aveva i lineamenti ferini della possente belva. Anche per gli eteren doveva rappresentare un segno di forza e coraggio, oltre all’essere il simbolo di un leader.
“Ci siamo quasi…” disse Raider annuendo e dandole conferma, la carrozza aveva ormai percorso tutta la Via dei Dorati arrivando alle statue più antiche, queste avevano un aspetto più semplice e anche usurato, nonostante l’oro fosse comunque curato e tenuto bene.
Il soldato guardò ancora una volta il sole che tramontava, prese poi un orologio da taschino che Seeryn gli aveva fatto incorporare nei dettagli dell’abito e che segnava fossero le sette del pomeriggio in punto. La dottoressa aveva precisato quanto fosse importante la puntualità in eventi di quel genere, ma allo stesso tempo anche un lieve ritardo era considerato un segno di desiderata attesa.
Tutto procedeva secondo i piani. Raider premette quindi il tasto di avvio del timer e una lancetta minuscola cominciò a scorrere. “Il nostro tempo è contato. A mezzanotte l’evento sarà quasi giunto al termine e la Regina terrà un discorso per salutare gli ospiti prima di ritirarsi nelle sue stanze. A quel punto verrà scortata dalla sua guardia e non sarà più un bersaglio. Il piano della Lega sarà fallito.” Pensò Raider tra sé e sé. Mancavano quindi cinque lunghissime ore alla fine di tutto.
Sapeva bene che sarebbero state le cinque ore più lunghe della sua vita, non sapeva come avrebbe reagito al Grande Duello e alle sfide che il Palazzo di Cristallo gli avrebbe imposto. Ma con forza e coraggio avrebbe dovuto affrontarle tutte.
“Siamo pronti. Possiamo scendere.” Disse Raider parlando con la dottoressa al suo fianco. Abbandonarono quindi la carrozza ritrovandosi in una grande piazza con una fontana imponente al centro. L’acqua fuoriusciva dagli spruzzi raggiungendo un’altezza notevole.
Gli occhi di Raider però si abbassarono ancora per posarsi sui suoi compagni che dall’altra carrozza erano usciti, il suo sguardo venne in particolare catturato dalla bellezza di Hunter. Il pirata indossava il suo completo regale con un mantello piumato che gli arrivava fino agli stivali, la colorazione scelta per lui era un nero corvino che brillava di blu sotto la luce dei fari che avevano intorno. La sua maschera, che teneva sul viso, aveva il becco di un corvo infatti.
Allyson invece aveva un abito sui toni del blu che richiamava i suoi occhi e i suoi capelli, era acceso e intenso e le sfumature che aveva il tessuto ricordavano molto le onde del mare azzurro. Sembrava che il suo abito fosse vivo e che si muovesse con lei; la maschera rappresentava invece un animale che ricordava un incrocio tra un cane e lupo. Aveva l’aspetto minaccioso, come d’altronde anche la soldatessa.
Kellan per ultimo sembrava un'altra persona, l’obakon era molto a disagio in quel suo abito ma Seeryn aveva dato il massimo: i suoi abiti ricordavano lo stile di un’armatura, anche quella dorata come la corazza che era solito indossare in missione mentre la sua maschera raffigurava un volto semi-umano e molto lugubre. Raider non sapeva che genere di animale potesse essere, ma era davvero spaventoso e sperava di non avere ma il piacere di incontrarlo.
“Stai benissimo. Ma io sono più figo, ho più stile di te.” Disse Hunter ridacchiando e dando un leggero pugno sul braccio di Raider, quello sorrise mentre gli altri si stavano avvicinando.
“Fate attenzione. Non sappiamo che genere di pericoli possano esserci. Questa missione è diversa da ogni altra affrontata. Diffidate dai nobili eteren, diffidate da chi vi sorride dicendo di volerci aiutare e capite chi sono le persone sincere.” Disse Raider, gli sembrava la cosa più sensata da dire in quella situazione visto che non sapeva che altro genere di raccomandazioni avrebbe potuto fare.
Kellan si grattò la testa, pareva confuso anche se era difficile da leggere la sua espressione vista la maschera sul volto. “Come facciamo a vedere i loro sorrisi se indossano maschere?” chiese innocentemente con la sua voce rozza.
“Era un modo di dire, ovviamente.” Rispose Allyson al suo posto, la ragazza poi si voltò verso il capo-squadra e fece un cenno di intesa. “Fai attenzione anche tu, Raider. Quando la Lega saprà che siamo qui saranno un passo avanti a noi, loro ci riconosceranno ma noi non vedremo loro. Anche tu sei un bersaglio stanotte.” 
Raider annuì pensieroso, non ci aveva pensato. Ma avrebbe saputo difendersi. Erano tutti e cinque bersagli quella notte. “Se qualcuno prova a farmi del male gli spezzo le ossa, non preoccuparti.” Disse il soldato, a quel punto si voltò verso l’imponente scalinata e annuì, salendo la scalinata per primo con un ritmo simile ad una marcia.
Dietro di lui, Seeryn si prese a braccetto con Hunter mentre Allyson camminava al fianco di Kellan, tutti vicini ma a rigorosa distanza di un metro dalla successiva persona, come l’etichetta imponeva.
Davanti ai suoi occhi e in cima alla larga e vasta scalinata, Raider vide il Palazzo di Cristallo per la prima volta, la sua espressione di stupore era nascosta dalla maschera leonina anche se i suoi occhi non ingannavano: ai piedi dei mille gradini si ergeva una struttura immensa le cui torri di pietra sembravano toccare il cielo e graffiarlo.
La facciata presentava ornamenti e stendarti su tutta la sua superficie, erano realizzati in quello che pareva vetro, ma non ci voleva un ingegnere per capire il motivo per il quale quel luogo era chiamato Palazzo di Cristallo; il prezioso minerale rifletteva la luce blu del tramonto facendo somigliare il castello ad una struttura di diamante freddo e durevole.
La torre più grande si ergeva da quello che probabilmente era il giardino del Palazzo e sulla cima di essa si poteva vedere una campana dorata che stava scandendo i suoi rintocchi.
Raider avanzò superando le guardie del Palazzo che sembravano immobili statue grigie che vegliavano armate di fucili e lance nei foderi ai fianchi o sulla schiena. Quei guardiani di pietra li osservarono mentre passavano e Raider fece lo stesso con loro, non dissero nulla ma un piccolo laser partì dagli occhi di uno di loro catturando lo sguardo del soldato. “Scanner rapido. Così sanno chi siamo e che abbiamo un invito. Astuto e veloce.” Si disse Raider, a tal proposito Seeryn si sporse leggermente in avanti mentre procedevano all’interno del Palazzo.
“I nobili non gradiscono di essere interrotti nella loro passerella. Sarebbe un affronto mortale essere fermati. Vuol dire che il loro invito non è valido e presenta degli errori. Immagina la vergogna di far formare una fila dietro di sé.” Disse la dottoressa, poi ritornò al proprio posto e Raider voltò il viso in avanti.
Non riusciva ad immaginarlo. Gli sembrava troppo assurdo, ma doveva avere rispetto di quelle tradizioni quindi si limitò ad annuire. Era parte del Grande Duello, doveva assecondarli.
L’atrio era molto grande e spazioso e molti eteren si erano soffermati lì a parlare, ridendo e scherzando mentre i camerieri portavano vassoi di calici riempiti di liquidi di colori diversi tra loro, probabilmente alcolici. Altri invece avevano vassoi con del mangiare sopra e passavano porgendoli ai nobili.
“Io ho fame. Voglio mangiare.” Disse Kellan alle spalle di tutti, lui ed Allyson chiedevano la fila e sembrava che lui si stesse per avvicinare a uno dei camerieri interrompendo il loro ingresso nell’atrio. Ma la soldatessa sembrava determinata ad impedirglielo e si sentì un leggero schiocco, come se lei gli avesse dato uno schiaffo sulle mani.
“Non ti azzardare a muoverti. Ci stai facendo fare brutta figura!” disse lei un tono di voce contenuto ma abbastanza furioso da far capire che era un rimprovero. 
“Mi hai fatto male, pazza e violenta!” disse Kellan in risposta, ancora una volta Raider però non disse nulla e si limitò a ridacchiare di quella scena mentre la loro avanzata li aveva portati di fronte il portone del grande salone da ballo.
La sala era in linea con le dimensioni del castello: immensa, spaziosa nella larghezza e lunga alcune decine di metri, faceva sembrare che la torre campanaria si trovasse proprio sopra di loro ma il tetto costruito a spiovente lo faceva escludere a priori.
Raider osservava le grosse colonne di marmo e pietra che si ergevano come i sostegni di un gigante e si levavano al tetto, sorreggendo le grandi arcate di legno scuro e il rivestimento del soffitto che pareva fatto di vetri che mostravano il cielo esterno. La luce solare era quasi del tutto svanita e di fatto le luci del salone erano accese.
“Chissà quanta roba che potrei rubare. Persino le posate sui tavoli sembrano fatte di diamante. Posso portarmi solo una forchetta? Non se ne accorgerebbe nessuno!” disse con un sussurro Hunter, probabilmente aveva posto la domanda alla dottoressa.
Sia Raider che Seeryn si voltarono verso il pirata all’unisono. “No, non puoi.” Dissero insieme, poi il soldato guardò gli occhi scuri del pirata attraverso la sua maschera da corvo. “Siamo qui per una missione. Non per arricchirci. E tra poco verremo presentati…” aggiunse lui.
Il ciambellano di corte infatti li avvistò non appena ebbero varcata la prima fila di colonne, l’eteren si schiarì la gola parlando attraverso un amplificatore della sua voce in modo che tutta la sala da ballo potesse sentirlo e in particolare catturando l’attenzione della Regina.
“La Corte di Cristallo dà il suo benvenuto a Raider Leonard King, figlio del noto ricercatore Richard Oscar King, il promotore dell’iniziativa che ha portato gli esseri umani sul Sistema Bael. Egli ha di recente sventato un attacco terroristico che avrebbe coinvolto il pianeta Frelm e ha salvato migliaia di vite con le sue azioni.”
Ci fu un lungo e sonoro mugolio di voci che la musica degli archi non era riuscito a coprire, era evidente che tutti i nobili presenti non si aspettavano di certo la sua presenza in un evento del genere. Mentre avanzava verso il Trono di Cristallo, Raider sentiva gli sguardi di tutti su di lui e in particolare quello della Regina.
Naraisha sedeva sul suo Trono in maniera silente, tenendo una postura composta, in mezzo al brillare di cristallo, il suo abito nero e diamantato sembrava che fosse fatto di squame di animale, la maschera che indossava era molto grande e piena di dettagli, Raider notò la somiglianza con il volto di un drago ma era difficile da capire visto che non era neanche arrivato a metà sala.
“Dietro di lui, segue la nota ricercatrice e dottoressa Seeryn Von’Darock, figlia di Edmir Von’Darock, nipote della consigliera Vaerys Von’Darock. Ella è una donna di scienza e di recente ha pubblicato una tesi sull’energia dell’Acqua della Vita.” 
Seeryn mugugnò qualcosa di incomprensibile, la musica sembrava quasi mischiarsi alle sue parole e il traduttore non aveva funzionato.
“Jayson Powell meglio noto come Collezionista, egli ha di recente regalato una quantità di opere d’arte al museo nazionale e ha fatto una donazione per stanziare ricerche e migliorie belliche nella Guerra di Confine, tutti noi gli siamo grati della sua presenza.” Disse il ciambellano, Raider tese l’orecchio quando sentì il commento del pirata.
“Mi hai fatto passare per uno di questi pomposi nobili? Ma con quali soldi poi avrei potuto fare una donazione simile? Sono povero e in miseria e guido un gruppo di ladri…” disse Hunter in preda all’agitazione, Raider non distoglieva lo sguardo dal Trono di Cristallo ma sentì comunque la risposta della dottoressa.
“Non potevo di certo dirgli che ti fai chiamare con un nomignolo da pirata e che sei un pregiudicato. O e dimenticavo, che sei in libertà vigilata. Vogliono spettacolo e io glielo sto dando!” disse Seeryn in risposta, stavolta le sue parole furono più chiare, Raider intuì quindi che la donna blu aveva imprecato nella sua lingua originale qualche istante prima e per questo non era riuscito a capirla.
“A seguire, Allyson Morgan, soldatessa di elité, ella fa parte della prima spedizione dell’Arca Syramo degli umani. Ha offerto il suo contributo nello sventare l’attacco terroristico.” Disse brevemente il ciambellano passando alla prossima presentazione, Raider ridacchiò immaginando che Allyson avesse detto qualcosa del tipo: “Due righe di presentazione. Molto più di quanto mi aspettassi.” 
Avevano ormai percorso più di metà sala e la Regina Naraisha sembrava essersi poggiata sul bracciolo del Trono di Cristallo tenendo la testa sul palmo della sua mano; da questa distanza, Raider vide che la donna aveva capelli simili all’oro e la sua acconciatura sbucava fuori dalla maschera di drago in un complesso reticolo di trecce.
“Infine, Kellan Indios della compagnia obakon dei Campioni della Pietra. Anch’egli ha fornito il suo contributo nello sventare l’attacco ai danni del Settore Levante fornendo assistenza in seguito alle operazioni di disinnesco della nave-bomba.” Disse il ciambellano nominando l’ultimo membro della squadra che aveva stava attraversando il salone da ballo. Di fronte alla presenza di un obakon, la corte dei nobili sembrava nuovamente colpita e fece quel suono di stupore che echeggiò sopra la musica.
“Perché si stupiscono tanto? Sei brutto come la fame, Kellan. Fortunatamente stai indossando una maschera o avresti fatto scappare tutti. A proposito, stai puzzando di piedi!” disse la voce di Hunter alle spalle del capo-squadra, Raider non riuscì a trattenere una risata pensando che gli insulti erano rivolti all’obakon in base a qualche lamentela che l’alieno aveva ovviamente fatto.
Il resto della loro processione proseguì nel silenzio finché il soldato non si trovò ai piedi dell’ultima scalinata, composta da pochi gradini che portavano poi alla Regina Naraisha e alla sua corte. Accanto al Trono di Cristallo c’erano numerose persone, anche loro fermi e immobili come le guardie all’ingresso e che erano sparse per la sala.
Raider naturalmente ci aveva fatto caso mantenendo sempre lo sguardo rivolto in avanti per non distoglierlo dalla Regina che era sembrata interessata per tutto il tempo che lui aveva percorso il salone.
Tra di loro era sicuramente presente anche la zia di Seeryn ma non conoscendola non poteva sapere chi fosse; tuttavia, una donna con un pomposo abito marrone e dalle rifiniture simili al legno aveva catturato la sua attenzione: indossava una maschera da volpe e aveva capelli argentei che le ricadevano sul viso. Doveva essere lei.
“Miei cortesi ospiti, per noi è un onore avervi qui, siete tanto graditi. La Corte di Cristallo apprezza la vostra missione e il vostro impegno nel sostenere la pace che i miei avi hanno creato. Il Palazzo è di vostro gradimento? Il viaggio è stato piacevole?” chiese gentilmente la Regina Naraisha, aveva una voce giovanile e sensuale, sembrava decisa a giocare la partita del Grande Duello come Seeryn lo aveva avvertito.
“Sa perfettamente perché siamo qui. Non ha potuto annullare il ballo e non sembra voler menzionare i pericoli nel quale si trova. Probabilmente fronteggia questo genere di minacce ogni giorno in questo covo di serpi.” Pensò Raider riflettendo su cosa rispondere.
“Non ho mai visto una simile meraviglia, mia Regina. Nessuna delle strutture del mio mondo natale può essere paragonato al Palazzo di Cristallo. Nei miei sogni più dolci, questo castello sarà il luogo in cui potrò trovare riposo.” Rispose Raider come se fosse preparato.
La Regina parve sorridere con lo sguardo, i suoi occhi dorati come i capelli si incresparono, poi si portò una mano davanti la maschera dragonica e sogghignò piacevolmente.
“Voi siete lusinghiero, Principe. Non posso credere che non abbiate mai visto una simile costruzione. Di fatto però, i vostri complimenti provocano in me una gioia infinita.” Disse la Regina, non sembrava per niente lusingata, ma Raider aveva capito che stava recitando quella parte perché il Grande Duello lo imponeva. “Parlatemi del vostro viaggio, vi prego. Voi umani siete così affascinanti e coraggiosi, pronti a sfidare il destino per raggiungere stelle lontane.”
Raider non si sarebbe potuto opporre e sentiva in qualche modo la presenza di Seeryn a confortarlo, come se una mano invisibile gli fosse poggiata sulla spalla. Il soldato si sforzò di sorridere per dare un tono più colloquiale alle sue parole che echeggiavano tramite la maschera.
“Una sfida notevole, mia Regina. Ho sfidato la morte in questo viaggio che mi avrebbe per sempre lasciato in un sonno criogenico. Forse sarei potuto morire ma è solo merito della Dottoressa Von’Darock se sono sopravvissuto. Devo la vita a voi eteren, sono io a ringraziarvi!” disse Raider, sentì alle sue spalle un cenno di approvazione e Seeryn si fece leggermente in avanti per avvalorare le parole dette del soldato.
“Un’impresa ardua. Ho lavorato io personalmente al far risorgere il Principe Raider e la sua collaboratrice, Miss Morgan dalla loro stasi.” Disse brevemente e senza troppi dettagli. Quella cosa Raider l’aveva capita: dettagli troppo cruenti o poco interessanti avrebbero annoiato la Corte di Cristallo che finora sembravano colpiti.
Allyson non disse nulla e la Regina mosse le braccia per fare un leggero applauso. Batté tre volte le mani.
“Sono fiera della collaborazione tra le nostre specie. Per un futuro prossimo pieno di gioia e felicità nel nostro cuore. Più tardi brinderemo a questo momento storico, Principe Raider.” Disse la Regina facendo un cenno leggero col capo, poi la donna si alzò in piedi facendo scivolare la sua veste sul pavimento, un abito che sembrava infinito. 
Lo scialle che teneva sulle spalle le cadde sul Trono e lei alzò le braccia in segno di potenza in quello che pareva un abbraccio.
“Vorrei poter parlare ancora con voi, Principe. Ma le sabbie del tempo sono nostre nemiche e questa serata sta passando fin troppo in fretta. Vi prego, servitevi al nostro buffet e bevete con noi fino a che questa notte non sia passata e l’alba tornata. Più tardi avremo anche modo di danzare insieme, se gradite.” Disse la Regina congedando i suoi ospiti, abbassò poi le braccia avvicinandole nuovamente ai fianchi, congiunse le mani sul ventre e fece un mezzo inchino.
Anche Raider imitò quel gesto spostando un piedi all’indietro per accompagnare l’inchino, col capo leggermente in avanti e poi ritornando con lo sguardo sulla Corte di Cristallo. “Ne sarei onorato.” Disse lui tranquillamente, sperando di riuscire a salvarla.
Col congedo di Naraisha, il gruppo si spostò verso sinistra dove il buffet era stato preparato per intrattenere gli ospiti durante le danze. Prima di raggiungerlo, Raider diede un’ultima occhiata ai consiglieri della Regina e vide che tutti lo stavano fissando eccetto la zia di Seeryn che mantenne lo sguardo in avanti.
“Che il Grande Duello abbia inizio. Sono pronto a giocare.”

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Capitolo 34
*** Capitolo Trentatré: Un nido di serpi ***


Capitolo Trentatré
Un nido di serpi






 
Settore Ponente
Sivanuria – Palazzo di Cristallo, Sala da ballo

L’orologio da taschino segnò le ore 20.00 e la campana suonò.
Raider e i suoi compagni di squadra si avvicinarono al buffet una volta che vennero poggiate tutte le pietanze. C’erano decine e decine di piatti e vassoi con colorazioni di cibo differenti, alcune sembravano più liquide come se fossero dei brodi. Altre invece somigliavano più a delle verdure e nei punti più grandi del buffet vi erano portate di animali enormi cotti al forno con una doratura delle carne perfetta.
Il miscuglio di odori fece impazzire Raider che improvvisamente si ritrovò come Kellan ad avere notevole fame. Ma allo stesso tempo, sentiva un po’ lo stomaco chiuso. Mentre l’obakon si fiondò sul buffet non appena gli fu possibile, gli altri rimasero tra le colonne per parlare del loro ingresso nella sala da ballo.
“Sei stato eccezionale, Raider. Neanche sembrava che per te fosse la prima volta all’interno della corte; la Regina non ti ha tolto gli occhi di dosso neanche per un secondo e così i consiglieri. Sono fiera di te!” disse Seeryn complimentandosi con ardore mentre sorseggiava dal calice di liquido azzurro che aveva preso da un vassoio.
“Devo dire che è stata una bella esperienza. Non so come ma le parole mi venivano in mente senza neanche pensarci. In fondo si tratta di fare buon viso a cattivo gioco e il Grande Duello non è diverso.” Disse Raider parlando con tranquillità, la Regina era ancora seduta sul Trono di Cristallo ed era lontano il momento in cui avrebbero danzato.
“Secondo me ci stava provando con te. Hai intenzione di ammaliare la Regina col tuo modo di fare, Principe?” chiese sarcasticamente Hunter, il soldato si voltò verso di lui ridendo con leggerezza, gli occhi scuri dell’altro incrociarono i suoi.
“Sento della gelosia nella tua voce, Jayson?” chiese Raider chiamando il pirata col il suo vero nome per la prima volta da quando si erano conosciuti; era strano ma anche piacevole. Di certo era un onore che il pirata non riservava a nessuno.
“Non ne avrei motivo. Anche fosse così, lei non avrebbe alcuna speranza.” Disse Hunter rispondendo con sincerità, Raider non era certo di come interpretare quella risposta e il suo sguardo incerto in qualche modo lo fece capire anche al pirata. “Cioè, io sono un maschio e quindi ti potrei piacere. Cioè, non voglio dire che ti piaccio, ma che potrei avendo qualcosa che a lei manca. Aspetta! Non voglio dire che ti pensi solo a certe cose ma che comunque…”
“Ehi genio! Stai diventando imbarazzante!” disse Allyson interrompendo il pirata prima che potesse continuare ancora, questo provocò la risata di Raider e Seeryn che erano ancora rimasti ad ascoltare le parole che il pirata accampava.
Raider si ritrovò a guardare il pirata negli occhi scuri sentendosi strano, attratto e felice di quel malinteso di parole.
“Mi dileguo, prima di mettermi ancora in imbarazzo. Vediamo che c’è di buono sul buffet.” Disse Hunter riprendendosi dal momento di incertezza. Si avvicinò poi all’orecchio di Raider sussurrandogli: “Se hai bisogno di me fammi un fischio e sarò da te in un lampo.” Poi si allontanò seguendo le scale che aveva già percorso Kellan.
Raider si sentiva molto bene circondato dai suoi amici, un’improvvisa sensazione di freddo però lo pervase alla schiena costringendolo a voltarsi, era come se gli avessero aperto una finestra dietro le spalle, ma dietro di lui trovò invece la zia di Seeryn.
A distanza ravvicinata, Raider vide che il vestito marrone della donna era un composto di varie pellicce di animali, sembrava essere il manto di un orso, ma una creatura così grande e grossa da farci un intero abito e mantello di certo era più imponente.
“Dolce nipote, sono lieta che tu sia riuscita a venire. Temevo che non avresti partecipato. La Regina ci teneva tanto a conoscere i nostri ospiti; anche se allo stesso tempo, ciò ha destato molti sospetti e malumori nella Corte di Cristallo.” Disse Vaerys Von’Darock presentandosi all’attenzione del soldato e della nipote.
Allyson parve dileguarsi facendo un cenno di intesa e anche lei si ritrovò nel mare di persone che stavano andando al buffet. Vaerys aveva un fisico esile probabilmente e come gli altri eteren aveva tratti del viso spigolosi visibili in quanto la sua maschera da volpe copriva solo la parte superiore del volto: il mento era affilato, gli zigomi bassi e marcati, orecchie appuntite e rivolte verso l’alto. Gli stessi occhi viola della nipote che sembravano essere un tratto distintivo della sua famiglia.
“Dama Vaerys, sono lieta di vederti.” Salutò Seeryn educatamente e accennando un inchino, il fatto che non l’avesse chiamata zia doveva significare qualcosa per Raider. “Immagino che come la Regina e il resto della corte, saprai benissimo perché siamo qui.”
“Naturalmente. I pericoli di questa corte sono all’ordine del giorno ed è mio compito scovarli. Nonostante io non sia per niente tranquilla nell’avere soldati, pirati e quell’obakon ubriacone nel Palazzo di Cristallo, non posso che avere fiducia in te, Seeryn.” Disse Vaerys fissando la nipote come se potesse lapidarla con il solo sguardo, Raider non riusciva a comprendere il motivo di tanto astio.
“Non abbiate timore, Dama Vaerys. Sono assolutamente rispettoso della vostra privacy e delle vostre credenze. Questo evento è molto importante e non mi sognerei mai di rovinarlo; dovremmo tutti goderci questa festa e l’arrivo dell’inverno, no?” disse Raider in maniera diplomatica, stava partecipando al Grande Duello e aveva appena lanciato quella sorta di sfida alla zia della sua amica blu.
Vaerys Von’Darock sorrise, la mezza maschera permetteva di vedere la parte inferiore del viso. “Gradirei parlare con voi, Principe Raider. Posso rubarvi alla vostra compagna?” chiese educatamente, sembrava che ci tenesse a parlare da sola con lui in privato e aveva pienamente accettato quella sfida.
Raider sorrise di rimando anche se lei non avrebbe potuto vederlo. “Sarei onorato di passeggiare dunque. Mostratemi il Palazzo di Cristallo nella sua magnificenza. Ho saputo che i giardini della Regina sono i più maestosi di tutta Sivanuria!” disse il soldato.
Seeryn annuì, facendo capire che era la cosa migliore. Avrebbero avuto modo di parlare dopo di quello che sua zia gli avrebbe detto. Il giardino sembrava il luogo più adatto per poter parlare in tranquillità, con le ombre della sera che li avrebbero anche coperti.
“Perfetto, dunque vi accompagnerò ad ammirare i nostri giardini.” Disse Vaerys in risposta, i due si spostarono verso le porte laterali della sala abbandonandola e sentendo la musica diventare sempre più flebile finché non furono troppo lontani per poterla ascoltare ancora.
Il corridoio che attraversarono aveva delle porte sul lato destro mentre sul fianco sinistro c’erano delle ampie finestre ad arco che si affacciavano proprio sul giardino esterno che si trovava al piano inferiore. In una rientranza poco più avanti si trovarono le scale che permisero ai due di scendere mettendo ancora più distanza tra la sala e il giardino con i pochi ospiti presenti che cercavano tranquillità.
Raider aveva letto pochissimo sul Palazzo di Cristallo, aveva fatto delle ricerche prima della partenza ma aveva scoperto che il giardino della Regina era stato ristrutturato con l’avvento di Naraisha almeno cento anni prima. L’area era stata diversificata ed era stato realizzato un labirinto interno che sembrava convergere proprio nel punto in cui la torre campanaria si stagliava imponente. 
Il soldato aveva alzato lo sguardo per controllare che l’orologio segnasse gli stessi numeri del suo orologio da taschino. “Direi che ci siamo." Parlò nella propria mente. La dama si fermò non appena furono arrivati accanto a un cespuglio di fiori dai petali di varie sfumature di giallo, rosso e blu. Aveva un buon profumo floreale.
“Mai come ora abbiamo fronteggiato una simile situazione. La Regina riceve minacce di morte almeno due volte al mese e ogni volta con prove fondate puniamo i responsabili. Ma ci troviamo ad eventi che sfuggono alla nostra comprensione, Principe.” Disse Vaerys, stavolta sembrava aver usato un tono dispregiativo nel chiamarlo.
“Sarebbe a dire?”
“Io sono una dei consiglieri della Regina. Naraisha mi ha nominata suo capo delle spie. Ogni corte ovviamente ne ha uno e ho sempre svolto il mio lavoro egregiamente. Sono certa che tra i tanti leccapiedi e finti nobili ci sia il nostro responsabile: la Lega.” Disse ancora, il tono che aveva usato era comunque sufficiente, come se avesse profondi dubbi sulle intenzioni del gruppo.
“Sembrate incerta: o non siete convinta delle azioni della Lega, o non siete convinta delle mie.” Disse Raider arrivando direttamente al nocciolo della questione. Il Grande Duello procedeva con toni più accesi, un nuovo sviluppo che il soldato avrebbe fronteggiato.
“Il mio lavoro è formato principalmente da numerosi dubbi, Principe. Se non li avessi, mi fiderei di chiunque e avremmo una regina rieletta ogni due settimane. Quindi ho dei dubbi su di te e su quello che mia nipote vede in te.” Disse sinceramente. “Ciononostante, dobbiamo collaborare se vogliamo sventare questa minaccia. Potenzialmente, ci sono due principali sospettati ma le mie spie non possono arrivare a loro o verrei scoperta.”
Raider annuì immaginandone le motivazioni, Vaerys aveva influenza sulla corte ed essendo a capo delle spie era tenuta d’occhio dalla Lega. Ora che avevano saputo della presenza di Raider e dei suoi compagni di squadra anche loro erano tenuti d’occhio ma erano certamente meno prevedibili rispetto alla donna.
“Chi sono e come possiamo fare per smascherarli.” Chiese Raider con un tono affermativo, non erano informazioni che aveva chiesto ma voleva che gli fossero date. Vaerys rispose con la stessa decisione.
“Orobas Midgalan. Quel pomposo idiota è il cognato della Regina. Sua moglie è morta tempo fa e questo ha allontanato bruscamente Orobas dalla nostra corte. Per molto tempo abbiamo pensato che ambisse al Trono di Cristallo, tuttavia non ha alcun diritto sulla corona. Vuole solo il potere e rappresenta un male per la nostra società.” Disse Vaerys nominando uno dei nobili, sarebbe stato difficile capire a pieno le sue motivazioni, di certo però la Lega avrebbe avuto un interesse nel far crollare la corte per poi insediare uno di loro al comando. “Ha una maschera d’ape. Lo troverai probabilmente a bearsi dei suoi possedimenti e a bere vino scadente.”
“Ape. Capito. Qual è l’altro nome?” chiese Raider.
“Zagania Kur’Malis. Se esiste una serpe in questa corta, lei ne è la personificazione. È abile, astuta e molto vecchia. Conosce il Grande Duello da tutta una vita, quella mummia ha almeno quattro secoli e non si è ancora decisa a morire. Suo figlio è il promesso sposo di Naraisha, ma credo che lei non approvi la loro unione.” Disse ancora Vaerys fornendo un nuovo nome e nuove motivazioni. Per Raider non aveva molto senso che la madre del promesso sposo arrivasse a tanto per fermarlo. Ma la Lega avrebbe potuto giovarne lo stesso. “Ha una maschera di pesce. Lei è molto solitaria e veste di grigio come i suoi capelli. Non sarà facile avvicinarla.”
“Ape e pesce. Due simpaticoni quindi; posso essere abile nell’avvicinarli ma non mi rivelerebbero mai le loro intenzioni. Quindi devo capire come pensi che io possa far a smascherarli.”
Vaerys assunse un’espressione titubante e i suoi occhi viola diventarono più scuri come accadeva a Seeryn quando era preoccupata. Zia e nipote erano più somiglianti di quanto sembrassero.
“No, infatti. Tu e la tua squadra dovete essere agili e collaborativi. Muovervi tra le ombre e intrattenerli. Posso far passare due sole persone per andare negli alloggi privati di queste persone, ma gli altri tre dovranno restare nella sala. Inoltre sappi che non puoi perdere troppo tempo. La tua presenza è stata notata, la tua assenza non sarà da meno. Nessuno può coprirti, neanche io.” 
Raider sapeva bene cosa questo potesse significare. Era sua intenzione dividere i compiti della sua squadra e per farlo avrebbe dovuto organizzarsi in due momenti prima della mezzanotte. Sfruttare le occasioni della festa per allontanarsi negli alloggi e successivamente lasciare che fosse lui a parlare con la persona in questione. 
“Ho capito, ti ringrazio dell’aiuto, Dama Vaerys.” 
“Non ringraziarmi, Principe. Da qui in poi sei solo e per il Grande Duello sono pronta a schierarmi contro di te nel caso in cui tu fallisca. Quindi vedi di non fare stupidaggini!” disse lei con tono aggressivo, poi senza salutare il giovane soldato si allontanò camminando dal lato opposto alla scalinata che avevano percorso insieme.
Era giunto il momento di tornare in sala da ballo.

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Capitolo 35
*** Capitolo Trentaquattro: Il nobile pomposo ***


Capitolo Trentaquattro
Il nobile pomposo
 
 
 
 
 
 
 
 
Settore Ponente
Sivanuria – Palazzo di Cristallo, Alloggi privati
 
L’orologio da taschino segnò le ore 21.00 e la campana suonò.
Gli alloggi privati erano situati nella distante ala ovest del castello e Raider ci aveva impiagato almeno dieci minuti per arrivarci seguendo il percorso che uno dei membri della servitù gli aveva indicato. In un primo momento il giovane soldato aveva dovuto accertarsi che il ragazzo eteren fosse d’accordo con Vaerys. Una volta accertatosi di questo gli venne indicata la via, dietro di lui c’era anche Allyson ed entrambi si muovevano come ombre nella notte.
“Mi sembra di essere un fantasma in un castello infestato. Quanti film che mi sono visto di questo genere, accidenti.” Disse con un sussurro il soldato, era da escludere l’idea di parlare nei corridoi a voce normale visto che il minimo rumore poteva fungere da avvertimento per farli nascondere.
C’erano pochissimi nascondigli nel castello e Raider cercava di localizzarli man mano che si spostavano nei corridoi: un gruppo di armature, delle tende molto pesanti che arrivavano fino al pavimento, gruppi di colonne larghe. Persino la mobilia sparsa come armadi poteva servire per l’occasione.
“Le campane stanno suonando. Fermiamoci qualche istante così da non rischiare di farci scoprire. Una volta che il suono si sarà interrotto avremo la possibilità di continuare.” Suggerì Allyson: da quanto avevano appreso, ad ogni scosso dell’ora le guardie completavano le ronde, quindi loro dovevano poi trovare un rifugio per un lungo minuto, il soldato annuì aspettando.
I rintocchi durarono sessanta ed eterni secondi, calcolati insieme all’orologio che Raider teneva nel proprio abito, quando quello tornò in posizione iniziale venne suonato l’ultimo rintocco che lasciò un eco simile a quello della morte nel cuore della notte.
“Credi che troveremo resistenza?” chiese ancora Allyson.
Il loro pellegrinaggio tra le ombre era ripreso spedito e finalmente erano giunti nella grande ala riservata agli ospiti del Palazzo di Cristallo, una grande porta chiusa ne bloccata l’accesso, ma stando alla consigliera, Raider avrebbe trovato la porta aperta. Era questione di tempo prima di scoprirlo e sperava proprio di non trovare guardie.
“Stiamo a vedere se Vaerys è così utile come credo.” Disse lui scetticamente, mise la mano sulla maniglia di metallo freddo, poi girandola verso il basso poté aprire le porte così da trovarsi in un piccolo atrio che si snodava ancora in molteplici corridoi.
“Questa parte di alloggi è riservata ai membri più stretti della corte. Le camere di Orobas dovrebbero trovarsi alla fine di questa sezione.” Disse Raider gettando un’occhiata all’interno.
Lo stile dei corridoi richiamava tutta l’architettura del Palazzo di Cristallo: essi erano larghi, adornati di quadri e tappeti lunghissimi che si interrompevano in prossimità degli incroci con altri corridoi, al centro di essi vi erano poi dei tavolini rotondi interamente fatti di cristallo con sopra dei bellissimi vasi fioriti.
Il tutto appariva alla vista con un’esplosione di colori scuri e freddi come il verde, il marrone e il blu che Raider aveva avuto modo di scoprire essere i colori della casta al quale apparteneva la Regina Naraisha con il simbolo di un drago sullo sfondo. Come la maschera che indossava, dettagli importanti della cultura eteren.
“Cos’è questo odore? È strano. Sembra bruciato…” chiese incerta e titubante Allyson, il soldato al suo fianco si fermò prima del successivo incrocio che avevano incontrato assaporando anche lui il profumo.
Era un odore acre e in effetti poteva percepirne l’odore di bruciatura, c’era anche una fragranza dolciastra che pungeva il naso, a Raider ricordava molto il sapore del peperoncino, con un misto di vaniglia e qualcosa di fruttato. 
“Credo che sia incenso. Non lo vedo in effetti. Certo che gli eteren non si fanno mancare proprio nulla eh?” chiese lui sarcasticamente, era sgradevole ed era così forte che quasi gli faceva girare la testa. Avrebbe voluto allontanarsi più in fretta possibile da quell’odore.
Il reticolo dei corridoi e il labirinto formato da essi però non furono la sola cosa ad impedirgli di raggiungere la destinazione: Raider si accorse delle figure tra le ombre quasi troppo tardi, spingendo Allyson contro la parete e schiacciandosi contro di lei in modo da essere entrambi coperti dal pesante tendone della finestra.
La luce lunare brillava su entrambi facendo apparire l’abito azzurro di Allyson ancora più inteso, così come i suoi capelli che sembravano emanare la stessa luce. “Forse ci hanno visto!”
Ci furono dei passi più decisi e veloci e dei borbottii confusi, nel momento in cui le guardie raggiunsero il punto in cui si trovavano loro prima, Raider ebbe la sensazione di averli proprio dietro le spalle. Non aveva il coraggio di guardare indietro.
“Mi è sembrato di vedere qualcuno! Ho visto due figure.” Disse la prima voce, entrambe le guardie sembravano di sesso maschile e questa voce era leggermente più distante.
“Con questo buio avrai sicuramente avuto un abbaglio. Dobbiamo terminare la ronda, Lord Orobas ci ha detto di assicurarci che nessuno entri nelle sue stanze e di controllare anche i domestici che portano il vino!” questa seconda voce invece sembrava notevolmente più vicina, sarebbe bastato che il tizio facesse un passo indietro per scontrarsi contro la schiena del soldato, ne era sicuro.
“Forse hai ragione tu. Forse è vero quello che dicono su questo luogo: il Palazzo di Cristallo è infestato dalle anime morte durante la sua edificazione. Torniamo indietro!” disse ancora una volta la prima guardia, passato qualche minuto e accertatosi che i due fossero distanti, Raider decise finalmente di uscire dal nascondiglio.
Non c’era più nessuno nei corridoi.
“Secondo te perché Lord Orobas è così preoccupato per i domestici? Crede che qualcuno possa rubargli qualcosa?” chiese Allyson sottovoce, i due soldati erano rimasti fermi nel corridoio cercando di calmare il proprio battito e la loro ansia.
Raider rifletté qualche istante prima di rispondere: c’era qualcosa nel tono usato dalle guardie che lo insospettiva. Se Lord Orobas non avesse avuto qualcosa da nascondere probabilmente non si sarebbe preoccupato davvero dei domestici in giro per i suoi alloggi. Ma qualcosa nel suo istinto lo stava pizzicando.
“Svoltiamo qui. Dovremmo esserci quasi.” Disse Raider indicando l’ennesimo corridoio che si affacciava sull’incrocio più vicino a loro, senza dire altro, Allyson si mosse insieme a lui arrivando finalmente alla porta della sua camera da letto.
All’interno l’ambiente era caloroso, merito del camino che era stato lasciato acceso e che era composto da una serie di laser che ricordavano il fuoco vero. Un imponente lampadario scendeva poi dal tetto e le sue luci erano tutte accese, illuminavano con una colorazione arancione e i led spari sul tetto erano invece spenti.
“Controlliamo la scrivania. Rivoltiamo ogni angolo della stanza se necessario. Qualsiasi cosa potrebbe rivelarsi utile.” Disse Raider una volta che si chiuse la porta alle spalle, c’erano tanti nascondigli nel quale sarebbe stato possibile nascondere delle prove. Ma il problema era comunque capire cosa servisse per mascherare i piani della Lega.
“Che ne dici nel suo computer? Potrebbe essere il luogo migliore dal quale iniziare.” Disse Allyson sporgendosi in avanti sopra la scrivania, in effetti sarebbe stata una buona idea se non fosse per la scritta bianca a caratteri eteren che sembrava chiedere una password.
“Non ho idea di quale password possa aver inserito. E non ho un programma di decriptazione con me. Dovremo cercare qualcos’altro di utile nella stanza.” Disse Raider a sé stesso, quasi preda dello sconforto abbandonò la scrivania e l’idea della sua amica.
Raider si mise a cercare in ogni angolo della stanza, persino sotto il grande letto a baldacchino dove però non vi sarebbe stata la reale possibilità di nascondere qualcosa. Controllò anche nel bagno privato, infine nell’armadio tra i vestiti personali del nobile. Ma non c’era nulla che potesse aiutarlo o potesse servire.
“Forse possiamo portarlo ad Hunter per farlo decriptare. Potrebbe essere una soluzione migliore di quanto speriamo. Se Seeryn è brava nel Grande Duello come fa credere sono certa che riuscirà a strappare delle informazioni al nostro nobile e a distrarlo abbastanza affinché possiamo portare via il computer per poi rimetterlo al suo posto.”
Era rischioso, Raider non si sentiva al sicuro nel prendere un oggetto personale dalla stanza. Il computer aveva comunque le dimensioni dei moderni tablet che usavano anche nella OST e lui o Allyson avrebbero potuto facilmente occultarlo tra i loro vestiti.
Il soldato guardò la porta, come se ci fosse scritta la soluzione al problema. Poi si voltò ancora verso il computer e senza dire nulla si avvicinò a passo spedito per afferrarlo per nasconderlo nei suoi abiti.
A quel punto i due ragazzi tornarono nel salone da ballo.
 
***
 
“Avete davvero rubato il computer di quel nobile eteren? Voi due siete forse impazziti? E se vi avessero scoperto!?” disse Hunter quando i due soldati lo avevano raggiunto nella sala da ballo, lo avevano cercato a lungo tra gli invitati ma già da quando era iniziato il grande buffet, Raider lo aveva perso di vista senza riuscire a ritrovarlo. Per questo motivo aveva chiesto ad Allyson di accompagnarlo negli alloggi, altrimenti avrebbe scelto senz’altro lui.
“Tu piuttosto dove sei stato per tutto questo tempo? Ti ho cercato e avevo bisogno del tuo aiuto. Alla faccia del fischio!” disse Raider con un cenno di fastidio, non gli era piaciuto il modo in cui era stato rimproverato, specialmente detto da lui che era uno Stargazer e che era un ladro per professione.
Hunter però scosse il viso più volte. “Contatti. Nuove alleanze. Affari.” Fu la sua risposta, era evidente che si riferiva al suo vero lavoro e non a quello finto di copertura che Seeryn aveva creato per lui come collezionista di opere d’arte. “Hai sentito la mia mancanza, eh?” chiese lui ammiccando amichevolmente, vedendo che Raider era serio però si affrettò ad aggiungere: “Quanto ti arrabbi ti brillano gli occhi, sai? Cosa abbiamo qui?” chiese ancora una volta.
Hunter sembrava realmente dispiaciuto, e comunque non era intenzione di Raider farne una questione di stato. Il soldato si era avvicinato al pirata sfruttando l’occasione della stanza nel quale erano: si trattava di una saletta fuori dal grande salone, una piccola balconata si affacciava poi su una delle biblioteche private nel quale gli ospiti del ballo potevano comunque intrattenersi.
Loro si erano nascosti proprio in un angolo per rivelare il computer.
“Si tratta del computer personale di Lord Orobas. Riesci a superare i firewall delle password?” chiese Raider passando l’oggetto al pirata, quello gli rivolse un’occhiata sarcastica con un ghigno divertito.
“Gioco da ragazzi.” Disse lui mettendosi seduto sul pavimento in modo da restare più nascosto; Raider nel frattempo si scambiò un cenno con Allyson che avrebbe fatto da guardia in caso stesse arrivando qualcuno che non doveva passare da lì. “Ti stai divertendo?” chiese nel frattempo il pirata, Raider lo guardò confuso.
“Che intendi?”
“Voglio dire che è un ballo in maschera. Dovrai anche dedicarti qualche momento di piacere alla fine di questa sera. A chi concederai il tuo ultimo ballo sulla pista?” chiese Hunter, sul suo volto era rappresentato un misto di serietà e divertimento. Le increspature della barba nascondevano quel ghigno che Raider trovava intrigante.
“Non credo che avrò tempo per ballare. Né la compagnia giusta. Non ho visto molti uomini ballare tra di loro stasera, per quanto sono stato effettivamente nella sala ad ammirare il panorama.” Rispose con sincerità il soldato, in quel momento il ballo era l’ultimo dei suoi pensieri: era troppo concentrato sulla sua missione, salvare la vita della Regina Naraisha era ovviamente la priorità.
“Capisco. Sai stavo pensando che questa Regina ha tanti nemici. Comincio ad avere dei dubbi sulla sua persona. Forse, è giusto che lasciamo che gli eventi scorrano per come devono… anche se vorrei tanto sapere in che modo i membri della Lega potrebbero avere un riscontro della sua morte.”
Raider rimase in silenzio ascoltando le parole del pirata, poi prima che potesse dire qualcosa in risposta, Hunter spostò lo sguardo verso di lui catturandolo con i suoi occhi. “Dimenticavo che stavo parlando con il buon samaritano. Tu aiuti tutti e io sono il lupo cattivo. Solamente una cosa ti chiedo: cerca di non farti male. E la prossima volta aspetta a me per infiltrarti in luoghi bui!” disse tagliando l’argomento.
Hunter spostò la mano verso l’alto in maniera rapida, tanto che il soldato credeva che gli stesse per tirare un pugno, invece il pirata poggiò la mano sulla fronte del ragazzo passando le dita tra i suoi capelli biondi.
“Proverò a non farmi male ma non ti assicuro nulla.” Disse Raider continuando a guardare il ragazzo, poi dal computer venne un suono intermittente che richiamò il pirata sull’attenti.
“Ci sono quasi. Ancora cinque secondi… e fatto. Accesso completo.” Disse Hunter, quel momento di vicinanza tra i due si interruppe così come era iniziato, Raider ritrovò quindi la concentrazione cercando tra le email private e nei suoi file.
“Qui non c’è nulla che abbia senso. I suoi conti bancari indicano l’acquisto di un grande lotto di terreno su un pianeta del Settore Ponente, si chiama Carnan. Ha pagato un’ingente somma di denaro per delle ricerche di tipo archeologico ma pare che tutte le operazioni siano state bloccate per un imprevisto…” disse Raider, la cosa non gli interessava particolarmente e non sembrava nulla che potesse collegarlo alla Lega e ai suoi membri.
“Aspetta, provo a fare un’operazione.” Disse ancora Hunter.
Nuove informazioni e documenti comparirono nel momento in cui il pirata armeggiò con la tastiera olografica del tablet. Raider lo osservò mentre compiva le sue magie e lesse le nuove mail che erano comparse: i suoi occhi scorrevano velocemente tra le pagine.
“Ha fatto causa ad una certa società. Pare che gli abbiano espropriato il terreno e bloccato tutti i lavori. Ha fatto delle indagini su questa EvenTerrace senza però riuscire a trovare contatti di alcun tipo: è come se non esistesse neanche. Questo deve averlo irritato molto!” disse Raider facendo un riassunto di tutto quello che era scritto, l’espressione di Hunter come la sua si fece confusa.
“EvenTerrace? Non credo di averne mai sentito parlare. Credi che si tratti di una società fantasma della Lega?”
“Potrebbe essere. Se hanno acquistato questo lotto dev’essere per delle buone ragioni. Cosa potrebbe esserci che interessa a loro?” chiese Raider pensieroso senza aspettarsi una risposta, stando alle prove nel computer, Lord Orobas non sembrava avere dei collegamenti con la Lega se non per rivalità di affari.
Questo lo escludeva dall’equazione dei colpevoli.

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Capitolo 36
*** Capitolo Trentacinque: L'invito a ballare ***


Capitolo Trentacinque
L’invito a ballare
 
 
 
 
 
 
 
 
Settore Ponente
Sivanuria – Palazzo di Cristallo, Biblioteca
 
Hunter si era accertato di aver cancellato tutti i dati delle ultime ricerche e tutte le operazioni che aveva fatto nel tablet prima di spegnerlo e riportarlo allo stato in cui lo avevano trovato. Quando Raider porse in avanti la mano per prenderlo, lui ritrasse l’oggetto osservandolo mentre scuoteva il viso.
“Dobbiamo riportarlo nella sua stanza, non puoi tenerlo. E non credo che scopriremo nulla di nuovo. Lord Orobas potrebbe essere un rivale della Lega e non un colpevole.” Rispose Raider senza capire il perché di quella mossa da parte del pirata.
“Lo porto io indietro. Sono un ladro se ben ricordi, so come muovermi in un palazzo di questo genere, ho scassinato banche molto più grandi.” Disse Hunter con leggerezza tale che sul suo viso si era dipinta quella smorfia di finta innocenza. “Tu hai altro a cui pensare nella sala da ballo. Vai al prossimo obiettivo e non preoccuparti di me.” 
“Come preferisci. Vedi di non farti catturare allora o la tua nomina da buon collezionista di oggetti potrebbe rovinarsi, Jayson.” Disse il soldato punzecchiando l’altro, aveva un ghigno divertito sul volto che venne ricambiato dal pirata che strinse a sé il computer.
“Tu sei l’unico che potrebbe chiamarmi così. Anche se ovviamente lascerò a te la scelta di chiamarmi nel modo che ti piace di più. E ricorda che…” improvvisamente il ragazzo dovette interrompersi: dalla sala da ballo la musica si era fatta più alta di volume e le persone stavano borbottando colme di gioia. “Sono iniziate le danze.” 
“Questo potrebbe essere il momento perfetto per poter parlare con Lady Zagania: la zia di Seeryn ha detto che lei ha degli affari in sospeso con la corona. Devo capire se ha dei collegamenti con la Lega e se sono bravo abbastanza potrei smascherarla. Forse lei c’entra con questa misteriosa EvenTerrace.” Disse Raider e la risposta da parte dell’altro fu di un cenno col capo.
Entrambi i ragazzi rimasero ancora qualche istante nascosti dietro la libreria, quasi non curanti del tempo che scorreva. Si scambiarono un’occhiata imbarazzata. Poi Allyson comparve dall’angolo richiamando i due ragazzi. “C’è gente. Avete finito!?” chiese lei con un sussurro.
“Sì, torniamo in sala da ballo. Abbiamo fatto un buco nell’acqua. Proverò a parlare direttamente con Lady Zagania.” Rispose Raider, poi per primo abbandonò la loro postazione di ricerca per ritrovare la luce della biblioteca. 
Si scambiarono un cenno tutti e tre e nuovamente si separarono, Raider ed Allyson si mossero quindi verso il salone da ballo. Poi ci fu ancora il suono delle campane della torre che echeggiarono in tutto il Palazzo, preso di soprassalto, Raider prese l’orologio da taschino vedendo l’ora segnata: erano le 22.00.
“Abbiamo poco tempo. Temo che il nostro assassino non tarderà ad agire.” Disse Raider riponendo l’oggetto nel suo abito e affrettando il passo per fare nuovamente l’ingresso nella sala da ballo.
L’illuminazione della stanza era leggermente minore, alcuni fari si erano spenti dando la giusta atmosfera per l’inizio delle danze: quella musica era molto simile a quella degli umani nei tempi rinascimentali, non proprio il genere del soldato.
Lui ed Allyson si separarono per compiere la loro ricerca. Seeryn era sicuramente occupata nel distrarre il Lord del quale avevano appena perquisito le stanze; Kellan era scomparso alla sua vista, parecchio difficile visto che era l’unico che fosse così basso. Non essendoci bambini sarebbe stato facile trovarlo.
Raider allungò il collo muovendosi attraverso gli eteren nobili che si trovavano sulla parte più esterna del salone cercando di localizzare il bersaglio: una donna che indossava una maschera da pesce. Era una solitaria, da quanto descritto da Vaerys quindi sarebbe stato più facile. 
“State cercando qualcuno, Principe Raider?” chiese improvvisamente una voce alle spalle del soldato, quello si voltò colto da una strana sensazione ritrovandosi davanti una maschera da pesce.
La donna era alta quanto lui o forse poco più, indossava un abito di fattura eccezionale con merletti e un piumaggio che l’avvolgeva quasi del tutto, lunghi guanti grigi come il resto del vestito le arrivavano fino al gomito mostrando le lunghe e affusolate dita. La maschera del pesce era inequivocabile, ma Raider doveva stare al Grande Duello.
“Solo la mia compagna di ballo. Pare che mi abbia dato il benservito e non possa più danzare con nessuna. E voi sareste?” chiese Raider accennando ad un inchino, chinò la schiena in avanti che segno di rispetto, una delle tante cose in comune tra umani ed eteren.
“Mi chiamo Lady Zagania Kur’Malis.” Disse la donna, era che ci faceva caso, la sua voce era più pesante e profonda, come si addice ad una persona anziana. Eppure la Lady aveva una postura eretta e la fierezza del petto in fuori, mostrando un seno scarno ma comunque coperto dalle sue vesti. Allungò la mano verso l’alto. “Vorrei avere io questo onore. Sono certa che la vostra compagna non ne sarà gelosa.” Disse la donna in maniera educata, con la stessa educazione, Raider accettò avendo trovato il suo obiettivo.
“Come potrei rifiutare.” Disse lui afferrando la mano della donna e insieme si spinsero verso il centro della sala da ballo. “Vi avevano descritta come una donna silenziosa e solitaria. Sono incuriosito dal fatto che siate venuta proprio a me in questo momento di bisogno.” Disse Raider recitando la sua parte: c’era un motivo se Lady Zagania si era presentata a lui proprio quando la stava cercando.
“Non può essere una coincidenza.” Pensò il soldato, quindi non aveva senso fingere di non conoscerla almeno di nomina.
“Vi ho osservato parecchio stasera. Nelle vostre azioni, nel vostro modo di comportarvi. Inoltre, siete scomparso per parecchio tempo!” disse la Lady quando finalmente raggiunsero il centro del salone da ballo dove altri ballerini erano presenti. Si misero in posizione seguendo la fila di cavalieri e di dame; Raider non sapeva nulla del modo di ballare degli eteren e cercò di seguire i passi della sua partner avvicinandosi a lei.
“Mi conoscono tante persone, a quanto sembra, salvare il Settore Levante impegna le conversazioni meglio di quando credessi. Però adesso mi avete trovato e avete scelto questo momento per parlarci.” Constatò Raider, così come la sua interlocutrice, anche lui fece delle affermazioni, più che delle domande e questo lei lo notò.
“Quando si danza, nessuno ascolta quello che viene detto e i segreti possono finalmente essere rivelati. So perfettamente perché siete qui e so che qualcuno vi ha indicato dei sospetti!” disse la Lady senza perdersi nel dettaglio, la stessa strategia l’avrebbe utilizzata anche Raider.
“Sono qui per l’ottimo pesce che la Regina ha fatto servire. La sua cucina fa onore al suo regno. E come avrei potuto perdermi un evento così tanto importante? Vi offende la presenza di non-eteren?” chiese lui.
Lady Zagania sorrise attraverso la maschera, lui ne sentì il sogghignare durante una posa di ballo nel quale si erano avvicinati e le loro parole furono nuovamente comprensibili sopra il volume della musica. “E perché dovrebbe offendermi? Una collaborazione tra le nostre due razze è ora più che mai importante. Combattiamo due guerre molto simili tra loro, mio Principe.”
“Voi dite? So che la Guerra di Confine prosegue senza sosta da ormai diversi mesi. Forse più di un anno se non ricordo male. La guerra che combattiamo noi umani è la mera esplorazione spaziale, vogliamo nuovi mondi e prosperità. Tempi di pace, insomma.” 
“Tempi minacciati dalla presenza di alcune ombre.” Disse Lady Zagania in maniera più diretta, i suoi occhi si incrociarono con quelli del soldato, la loro colorazione era vitrea come se fosse cieca se non per la pupilla con un brillio di vera determinazione. “Sappiamo entrambi che la Lega è un pericolo reale, non credete che io sia stupida.” 
Raider accompagnò la sua dama in un’altra posa da ballo nel quale separarono i loro corpi aprendo del tutto la coppia e le braccia rivolte all’esterno, poi si trovarono nuovamente vicini. “Come conoscete la Lega?” chiese lui direttamente e serio.
“Perché minacciano i nostri affari da molto tempo. Sono sicura che voi sapete anche di cosa sto parlando. Sono vicini al trovare qualcosa di molto potente che potrebbe metterci in pericolo.” Disse la Lady, sembrava un’informazione da poter ricollegare a quanto Raider aveva appena scoperto nel computer di Lord Orobas.
“Cosa stanno cercando? Un’informazione così riservata… mi sembra poco credibile che voi ne siate venuta a capo.” Indagò Raider avvicinando le proprie labbra al collo della donna, aveva un profumo pesante e dolce, simile a quello della mobilia di un salotto.
“L’Orbe degli Spiriti. È un manufatto di grande valore e forse dai grandi poteri. Ma è perso nel tempo ormai e non so dirvi altro. Di certo la Lega è interessato al potere e potrebbe essere un modo per raggiungerlo in fretta.” Rispose la donna con tranquillità. “Queste informazioni sono il risultato di vari sussurri. Chiedete al vostro amico di indagare, intendo il pirata degli Stargazer.” 
Era in una posizione difficile, il soldato non voleva darle conferma di nessuna delle sue parole e avendo scoperto la vera natura di Hunter, aveva timore di metterlo nei guai.
“E che mi dite di voi? Mi è giunta voce che non approviate il matrimonio tra vostro figlio e la Regina. Siete pronta a sfidare la corte. Vorrei proprio sapere le motivazioni.” Disse lui accompagnandola in una giravolta; Raider si sentiva sotto gli occhi di tutti come se nel centro della sala ci fosse solo lui e la Lady a ballare e tutti gli altri erano eclissati.
“Abbiamo perso tutto. La mia casata è stata sconfitta in affari e siamo caduti in disgrazia. Con una simile situazione, la Regina non può scegliere mio figlio come pretendente ma agli occhi altrui non può essere lei a rifiutarlo, dev’esserci una motivazione differente.” Disse la Lady apparentemente parlando in sincerità.
Le sue parole colpirono Raider come un pugno in pieno stomaco. “Quindi state recitando la parte della madre che non vuole che il figlio venga ceduto in sposa alla Regina?” chiese, e la dama annuì.
“Il Grande Duello è un gioco spietato, Principe. Voi l’avrete ormai capito e non ci vorrà molto prima che la mia famiglia perda tutto quello che ci è rimasto. Uscire di scena per noi è l’unica soluzione. Siamo tutti contenti in questo modo. O quasi, vista la sciagura che gli affari hanno portato alla mia famiglia. E riflettete… chi poteva guadagnarci?”
Raider proseguì il ballo in piena catarsi, il mondo parve rallentare il suo scorrere così come il tempo che si fermava: sconfiggere in affari il pretendente della Regina avrebbe potuto giovare solamente alla Lega visto che, in caso di dipartita di lei, il trono avrebbe comunque avuto un sovrano in carica fino a nuova reggenza.
“Hanno acquistato terreni e sconfitto in affari i loro nemici. Una volta che il matrimonio è stato annullato, la Regina è sola ed ucciderla non porterà alcun problema nel loro piano di far piombare gli eteren nel caos.” Disse a sé stesso il soldato, gli sembrava la migliore spiegazione che potesse darsi, non aveva alcun dono per scoprire la verità, ma Lady Zagania sembrava realmente preoccupata.
“Capisco che è difficile fidarsi. La mia famiglia è rovinata. Chiedete pure a chiunque dei consiglieri della Regina, se ve lo diranno. Vaerys Von’Darock è il capo delle spie e zia della vostra amica. Sicuramente lei potrà confermare le mie parole.” Disse ancora Lady Zagania, la musica da ballo giunse finalmente a conclusione segnando la fine di quella danza, i due si tennero ancora a braccetto mentre uscivano dalla pista da ballo muovendosi verso i bordi e Raider rifletté.
“Proprio Vaerys mi ha detto di indagare su voi due. Eppure queste piste non mi hanno portato a nulla che incertezza. Che neanche lei sappia del reale motivo di rottura del matrimonio?” si chiese, poi la verità gli sbatté in faccia con violenza. E improvvisamente la zia di Seeryn era in cima alla lista dei suoi sospetti.
“Sono tempi duri, Lady Zagania. Farò in modo di fermare e punire coloro che hanno fatto del male. Sarà meglio per voi quindi, che siate stata sincera.” Disse a mo’ di sfida, la donna chinò il volto mentre si avvicinavano sempre di più alla scalinata del Trono di Cristallo.
Passarono davanti la Regina che però era impegnata con altri. Effettivamente, Vaerys non era presente. Ma quei suoi sospetti erano pericolosi, doveva prima parlarne con Seeryn.
“Stanotte la Regina è in pericolo. Resta poco tempo prima che lei si congedi nelle sue stanze. Fate la scelta più corretta, mio Principe. E che gli Spiriti Primordiali possano assistervi.” Disse infine la donna prima di allontanarsi, abbondonò Raider lasciandolo pieno di dubbi e di sospetti.
D’altronde l’aveva già detto: non poteva fidarsi di nessuno.

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Capitolo 37
*** Capitolo Trentasei: Il Grande Duello ***


Capitolo Trentasei
Il Grande Duello
 
 
 
 
 
 
 
 
Settore Ponente
Sivanuria – Palazzo di Cristallo, Sala da ballo
 
Raider rimase in un punto ben visibile della sala, cercando di stare lontano dal gran buffet principale dove non si vedeva neanche più Kellan. L’obakon sembrava non essere più nella sala, ma probabilmente sfuggiva semplicemente alla vista del giovane soldato che attese che Seeryn si approcciasse a lui in modo da dirle quanto aveva scoperto.
Quando la donna eteren lo trovò, le spiegò nel dettaglio quello che era riuscito a scoprire riguardo il matrimonio della Regina e le motivazioni di Lady Zagania, anche la dottoressa parve assumere un’espressione di confusione senza capire cosa stessa succedendo.
“Entrambe le piste si sono rivelate un buco nell’acqua. Ma di Lady Zagania non abbiamo prove della sua non colpevolezza. Sembra però sensato quello che ha detto.” Disse lei, i suoi occhi erano colmi di incertezza e si toccava il mento pensierosa.
“Hai visto Kellan per caso? Non lo vedo da quando sono stato negli alloggi del castello, comincio a pensare che gli sia successo qualcosa.” Disse Raider incamminandosi attraverso la balconata laterale della sala, alla sua sinistra vi era l’immensa sala da ballo.
I suoi occhi erano posati lì, alla ricerca di qualcuno che non riusciva a vedere, alla ricerca di un qualunque indizio che avrebbe potuto dirgli come si stavano sviluppato gli eventi del Palazzo di Cristallo. I suoi pensieri vennero poi interrotti da un brusco spintone ricevuto da un nobile eteren, anche lui indossava una maschera ma l’impatto era stato così tanto veloce che Raider non ne aveva visto i lineamenti.
“Tutto bene?” chiese Seeryn soffermandosi al fianco del soldato e poggiandogli una mano sulla spalla. Raider era stranito e sentiva una presenza all’interno della tasca della giacca del suo abito.
“Credo…” disse incerto, mise la mano dentro l’apertura per sentire qualcosa a contatto con le sue dita, sembrava freddo e un corpo piccolo avvolto in un foglio di carta. 
Col cuore che gli batteva a mille, Raider estrasse l’oggetto davanti la dottoressa rigirandoselo tra le dita delle mani per studiarlo meglio: era un pezzo di qualcosa, aveva l’aspetto di un artiglio ed era nero all’esterno mentre più chiaro nella parte interna e cava. Il messaggio invece recitava poche parole ma essenziali per comprendere meglio.
“Vieni nella terrazza stellare tra trenta minuti. Non avvisare nessuno. O il tuo amico morirà.” Lesse Raider nella propria mente.
I suoi pensieri per un breve istante furono in confusione, poi ritrovò la lucidità di azione e riconobbe il becco della maschera da corvo di Hunter. Alzò la testa di scatto voltandosi in modo da ritrovare quel nobile che evidentemente doveva averlo urtato per un motivo.
“Hanno preso Hunter. La Lega sa che siamo sulle loro tracce. Devo raggiungerli e vedere cosa vogliono. Prima che sia troppo tardi!” disse il soldato sentendo un peso profondo sulle spalle, stava per voltarsi incamminandosi verso una delle porte della sala quando la dottoressa lo fermò stringendolo dalla giacca.
“Sei pazzo!? Non puoi andarci da solo. Per quanto ne sappiamo c’è un’intera squadra di assassini che ti aspetta. Devo venire con te!” disse la donna blu, Raider stava per aprire bocca per farla ragione ma lei lo fermò prima ancora che ne avesse la possibilità. “E non dirmi di no. Allyson farà attenzione che nessuno si avvicini alla Regina. Per quanto ne sappiamo si tratta di un diversivo.”
“Ha ragione. Non posso andare da solo e qualcuno deve restare qui nel salone da ballo. Allyson è adatta al compito. Nessuna traccia ancora di Kellan, maledizione!" pensò tra sé e sé il soldato, alzò lo sguardo per incrociare quello di Seeryn.
“Va bene, dobbiamo essere rapidi allora.” Disse tagliando corto.
 
***
 
L’orologio da taschino segnò le ore 23.00 e la campana suonò. 
Il suo eco era come un lontano ricordo che però poteva essere udito in ogni angolo del castello. I corridoi erano sempre più silenziosi e una volta abbandonata la sala da ballo, la musica si fece sempre più lenta man mano che i due si allontanavano da essa fino a che il silenzio più oscuro non li avvolse. Raider sapeva come spostarsi all’interno del castello ma con l’aiuto di Seeryn fu più facile trovare il luogo dell’incontro.
Al loro arrivo, quando la campana smise di suonare l’ultimo rintocco, Raider vide con i propri occhi la presenza di una figura al centro della grande terrazza; era un luogo di pace che si affacciava direttamente sulla maestosità del cielo stellato. Gli impianti elettrici donavano una luce soffusa bianco sporco che rendeva la vista ancora più bella.
Raider si avvicinò di pochi passi insieme a Seeryn, nessuno dei due aveva delle armi con sé ma la donna eteren avrebbe potuto usare i suoi poteri per creare barriere, il soldato invece li avrebbe usati per attaccare i nemici. Erano una buona combinazione.
“Hunter.” Disse il giovane soldato con un sussurro quando finalmente fu abbastanza vicino da osservare l’ombra al centro della sala, chiamò il suo nome come se esalasse l’ultimo respiro. Non indossava più la maschera e aveva un dispositivo che sembrava avvolgergli la bocca.
Non c’era traccia di altri nella terrazza.
“Ti stavo aspettando, Principe. Mi spiace che tu non abbia potuto goderti il ballo come credevi. Ma entrambi sapevamo che sarebbe finita così fin dal momento in cui ci siamo guardati negli occhi.” Disse la voce di donna che proveniva da un angolo alle loro spalle, Raider e Seeryn si voltarono verso l’origine di quella voce e la donna eteren uscì dalle ombre della notte facendosi sempre più vicina.
La mezza maschera da volpe che indossava non avrebbe di certo nascosto la sua vera identità, così come i capelli d’argento che le cadevano sulla schiena coperta dal suo abito di pelliccia marrone. Non c’era alcun dubbio su chi fosse l’alleato della Lega: Vaerys Von’Darock.
“Questo è impossibile… zia!?” chiese Seeryn in preda all’orrore di quella scoperta, Raider in un certo senso ne era sorpreso ma allo stesso modo non più di tanto. Come se ne avesse una sensazione. “Perché?”
Il soldato ascoltò passivamente la risposta della donna spostando lo sguardo sull’intera terrazza per cercare di capire di quanti fossero in minoranza numerica: c'erano dei soldati che stavano mirando verso il centro della balconata dove si trovava Hunter. 
Raider contò almeno due soldati per lato. Quindi sette nemici, contando anche Vaerys che si trovava però insieme a loro. “Qualcun altro si troverà certamente nel Palazzo di Cristallo. Sono le sue spie, o almeno quelle che lavorano per la Lega.”
“Perché credo in un ideale più grande, nipote cara. Dopo anni e anni di servizio in questa corte, ho potuto capire che il nostro sistema è fragile e soggetto alla rottura. La Lega invece può stabile un nuovo ordine in tutta Bael e prosperare con essa.” Fu la semplice risposta della zia di Seeryn; Vaerys infatti continuò la sua traversata uscendo del tutto dalle ombre della sera e venendo illuminata dai neon mentre tra le mani si rigirava una daga ornata.
I suoi occhi violacei apparivano oscuri, brillanti di malvagità uniti ad un ghigno diviso in due metà; una parte del viso illuminata dal bianco neon, l’altra invece nella penombra.
“C’eri anche tu quel giorno su Alantarea, non è vero? Quando avete quasi fatto schiantare l’Arca su Terranova. Non siete stati molto coraggiosi a prendermi in cerchio. Come sta mio fratello?” disse Raider cercando di sfidarla, tuttavia la donna sembrava mantenere la tranquillità e serenità nello sguardo, stava ancora partecipando al Grande Duello.
“Sta bene, Raider. Ricordo anch’io quel giorno e la tua determinazione nello sguardo che avevi. Nonostante gli avvertimenti di Lady Shadow, non hai voluto prestare attenzione, ci hai davvero creato non pochi problemi nell’aver fermato il nostro piano con la nave-bomba.” Disse Vaerys fermandosi nel mezzo tra loro due e Hunter. Era fiera nello sguardo ma anche arrabbiata. “Ti abbiamo sottovalutato, non credevamo che saresti stato un simile problema. Ma io non commetterò più questo errore e mi assicurerò che moriate oggi.”
“Zia! Saresti pronta ad uccidere la tua unica nipote?” scattò Seeryn in avanti, era determinata e arrabbiata, Raider vedeva la donna stringere i pugni e le braccia tremare come per appellarsi ai poteri.
“Hai scelto la parte sbagliata, nipote. Te l’ho sempre detto, che le tue scelte non ti avrebbero portata lontano. Ma ti devo chiedere scusa: avevi proprio ragione quando dicevi l’arca umana ci avrebbe cambiato per sempre… ci ha portato la Lega e con essa una nuova speranza.”
Raider cercò in fretta una soluzione, un modo per uscirne vittorioso e si mise e riflettere con lucidità mentre la donna blu parlava: Hunter era a pochi metri da lui, ma la barriera di Seeryn non avrebbe potuto salvare tutti e tre visto che erano distanti.
“Saresti pronta ad uccidere Seeryn? È l’unica tua familiare. Dovresti proteggerla e invece stai collaborando con coloro che voglio far crollare Bael nel caos.” Disse Raider cercando di arrivare ai sentimenti della donna, ma la consigliera della Regina non disse nulla scuotendo il viso.
“Ti fermeremo, zia. Non importa quanti siete. Non riuscirete nel vostro intento.” Disse Seeryn con determinazione, sembrava credere davvero che avessero una possibilità di farcela.
Raider voleva avere fiducia nella sua amica; poi dall’alto della balconata ci furono degli spari rapidi e una risata rozza e pesante che non poteva non appartenere ad un obakon. E c’era solo un individuo che potesse essere tanto folle da agire in quel modo.
“Beccatevi questo, brutti idioti. Non preoccuparti Pasticcino, ci penso io a salvarti le chiappe!” urlò Kellan dal piano superiore della balconata, uno dei corpi delle guardie cadde infatti nella terrazza a pochi metri da loro. L’espressione di Vaerys fu di pura rabbia.
“Uccideteli tutti quanti!” urlò, poi cominciò a correre via, Raider provò a seguirla ma non in un batter d’occhio quella scomparve e una raffica di proiettili volò verso di loro e da tutte le parti.
Seeryn evocò una barriera attorno in modo da proteggere entrambi mentre altri colpi del fucile a cinque proiettili di Kellan volavano in aria nella balconata, era difficile capire se avesse o meno trovato un bersaglio; Raider si voltò verso Hunter concentrando i suoi poteri sulla massa gravitazionale che aveva intorno: il pirata si era alzato in piedi ma il soldato gli diede una spinta indietro in modo da toglierlo dal fuoco nemico che stava piombando addosso a tutti loro.
Ci furono altri colpi di fucile e Kellan trovò un bersaglio stavolta, altre guardie però stavano facendo il loro ingresso nella terrazza come se avessero atteso il segnale di Vaerys del quale si erano perse tutte le tracce. Mentre la dottoressa eteren continuava a mantenere la barriera, Raider sfruttò i suoi poteri per attaccare i nemici.
Lanciò due proiettili di energia oscura contro uno dei soldati più vicini così stordirlo per poi concentrarsi sugli altri. Le urla di Kellan sembravano di gioia mentre rideva ed uccideva una terza guardia che dalle balconate stava facendo fuoco su di lui.
“Muori, cumulo di merda che non sei altro! E ne ho anche per te, per te e soprattutto per te!” 
Raider trovava quasi divertente quel momento di battaglia con i suoi amici; al momento adatto Seeryn direzionò la sua barriera in modo da usarla come attacco e non più per proteggersi, una volta che fu certa che non correvano pericoli gravi.
La donna blu intrappolò uno dei soldati della Lega modellando le sue energie intorno alla vittima. Mentre Raider e gli altri fungevano da distrazione per i nemici, Hunter era persino riuscito a liberarsi afferrando il fucile di uno dei soldati stessi e facendo fuoco a sua volta contro gli ultimi rimasti.
Quando tutti i nemici furono messi a terra, erano privi di sensi o morti. Tutti e quattro i membri della squadra si trovarono insieme una volta che Kellan si catapultò giù dalla balconata.
“Per la Roccia Sacra! Volevate togliermi tutto il divertimento eh? Finalmente. La parte migliore di questa noia di ballo!” disse lui imbronciato e col fiato pesante, la cosa fece ridacchiare Raider che però non ebbe molto tempo per distrarsi visto il brusco rientro alla realtà.
“Dobbiamo tornare nel salone da ballo. Vaerys cercherà di uccidere la Regina e noi dobbiamo fermarla.” Disse il soldato con determinazione, prima di lasciare la terrazza però si voltò verso Seeryn. “Pensi di poter affrontare tua zia?” le chiede con dolcezza.
Seeryn annuì senza aggiungere altro. Carica e determinata. 
Quando il gruppo rientro nella sala, l’aria di festività e di bellezza sembrava continuare come se nulla fosse. Raider avvertiva i muscoli indolenziti per lo scontro improvviso e com’era successo, ma quando rivolse lo sguardo al Trono di Cristallo e vide che la Regina vi sedeva serena scherzando con uno dei nobili vicini, poté tirare un sospiro di sollievo, erano ancora in tempo.
“Dobbiamo trovare Vaerys e fermarla a ogni costo. Abbiamo pochissimo tempo prima che il suo piano venga attuato. Manca poco a mezzanotte.” Disse Raider sporgendosi in avanti e camminando sulla balconata vicino al buffet, era ormai vicino al trono.
“Fermati a riflettere. Stiamo ancora partecipando al Grande Duello, non puoi attaccarla davanti a tutti. Rifletti e affrontala davanti alla Regina con la diplomazia. Anche se sei un soldato sarai capace di farlo, ormai ne sono sicura!” disse Seeryn intervenendo prima che lui potesse fare qualcosa, i due si guardarono, poi Raider annuì.
“Hai ragione. Credo di avere qualche idea in mente. Ma devo comunque trovare Vaerys e sono certo che non sia lontana.” Disse Raider, si separò quindi dal gruppo vedendo che Allyson si trovava dall’altro lato della sala da ballo, i due si scambiarono un segno di intesa e lui continuò ad avvicinarsi al Trono.
Come se si fosse materializzata dalle tenebre, Vaerys era lì, a pochi passi dal Trono di Cristallo con le braccia incrociate dietro la schiena e le labbra dure, ferme in una smorfia di divertimento. Il fatto che fosse così calma rendeva Raider molto ansioso. Ma quando lui si trovò di fronte alla Regina, la donna non poté non vederlo. 
“Principe Raider, che onore vedervi. Vi avevo perso di vista e temevo che aveste lasciato la nostra festa prima di avermi concesso un ballo. Sarebbe stato molto scortese.” Puntualizzò la Regina, la sua voce era fredda, lei sapeva del piano ai suoi danni ma l’eccessiva assenza del soldato sembrava averla messa in agitazione.
“Vogliate perdonarmi,” cominciò Raider parlando dinnanzi alla corte, la musica da ballo continuava a suonare anche era più quieta. “ho danzato in questo frangente. Ma la mia dama mi ha lasciato prima che potesse finire la musica, non è vero Lady Vaerys?” 
Fu come se un’onda di gelo calasse sui presenti. Naraisha non mutò la propria espressione, rimase tranquilla e si voltò lentamente verso la propria consigliera. Il resto della corte attorno alla Regina sembrava interessata mentre gli altri nobili proseguivano le danze.
“Di cosa sta parlando il Principe Raider?” chiese la sovrana.
“Non ho proprio idea, mia signora. Dev’esserci un errore. Forse il Principe Raider ha abusato del buon vino della nostra cantina. Non so a cosa faccia riferimento.” Disse Vaerys mostrando indifferenza, fece qualche passo in avanti così da trovarsi a distanza ravvicinata con Raider. Fu allora che il giovane guardò la propria amica.
Seeryn si avvicinò alla corte facendo un cenno di intesa. “C’è stato trambusto nella terrazza, mia Regina. Come diceva il Principe, le danze si sono interrotte bruscamente. Mia zia ne è la responsabile.” Disse lei rivolgendo un’occhiata sprezzante alla consigliera. Quella si morse le labbra per la rabbia.
“Le vostre parole mi lasciano molto perplessa. Sarei tentata di chiedervi che prove avete delle vostre accuse; Vaerys è una mia cara amica da molto tempo ormai.” Disse la Regina con tono indagatore, c’era solo una prova nel quale Raider confidava.
Il soldato incrociò le braccia al petto spostando il suo sguardo verso la donna. “Ha cercato di manipolarci mettendoci contro persone che non avevano cattive intenzioni contro la corte. Lady Vaerys, saresti così gentile da mostrarci la daga che avete con voi? È un notevole pezzo d’arte, dev’essere… un regalo, forse?”
La consigliera fece finta di nulla ma la mezza maschera da volpe non poteva coprire il leggero tremolio al labbro, come uno spasmo quasi impercettibile che però faceva presagire la verità. “Come vi permettere di accusarmi di una cosa del genere? Non so di cosa state parlando. Naraisha è mia amica e io sono fedele a lei soltanto.”
“Non avevo capito il vostro piano, finora.” Disse Raider. “L’assassino non avrebbe mai potuto raggiungere la Regina così davanti a tutti. Voi eravate l’unica che avrebbe potuto raggiungerla nei suoi alloggi, in quanto membro della corte.” Proseguì. La consigliera parve sorpresa. Il suo sguardo si spostò quindi sulla Regina eteren.
“Maestà, non potrei mai fare una cosa simile. Queste persone sono chiaramente intenzionate a gettare scompiglio nella nostra corte. Permettetemi di farle arrestare subito!” chiese educatamente Lady Vaerys, ma la Regina non sembrava convinta abbastanza.
“Coraggio, mia lady. Se le vostre intenzioni sono sincere e il vostro buon cuore pure, vuotate le tasche, se non avete nulla da nascondere.” Disse la sovrana, quella risposta lasciò spiazzata la Lady che parve incredula. Tutto intorno a loro la corte parve confabulare qualcosa.
“Mi rifiuto di accettare ancora un simile affronto. Me ne vado nelle mie stanze. Domani mattina, quando avrete la mente lucida allora ne riparleremo!” disse Lady Vaerys mostrandosi infuriata, ci furono dei mormorii e bisbigli nella sala, alcuni ospiti sembravano essersi accorti che qualcosa stava accadendo davanti la corte.
Lady Vaerys se ne andò in quel modo, dando le spalle a tutti e percorrendo l’intera sala di gran carriera, come se stesse fuggendo. Raider era certo che la donna non sarebbe mai andata nelle sue stanze ma avrebbe cercato un modo per disfarsi della daga. Raider avanzò di qualche passo ma Seeryn lo fermò.
“Non è una nostra preoccupazione. Guarda attentamente.” Disse la donna eteren, i suoi occhi violacei erano impassibili, freddi e duri e rivolti contro un punto distante: dall’altro lato rispetto a Vaerys, delle guardie si stavano muovendo di corsa.
Raider si voltò quindi verso la Regina per avere l’ultima certezza della serata e lo trovò nei suoi occhi dorati, attraverso la maschera del drago di Sivanuria e la certezza che le sue azioni erano corrette. Le guardie avrebbe presto raggiunto la Lady e l’avrebbero fermata all’oscuro di tutti gli ospiti, senza dare alcuno spettacolo.

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Capitolo 38
*** Capitolo Trentasette: L'ultma danza ***


Capitolo Trentasette
L’ultima danza
 
 
 
 
 
 
 
 
Settore Ponente
Sivanuria – Palazzo di Cristallo, Gran balconata regale
 
L’orologio da taschino segnò che era passata mezzanotte. Le campane avevano suonato, forse quei suoni coprirono persino le urla della cattura di Vaerys, o la sua morte. Di certo Raider non avrebbe più sentito parlare della donna, nonostante questo, Seeryn sembrava totalmente insensibile di fronte alla fine di sua zia.
Raider sfiorò il braccio della donna, erano rimasti fuori ad aspettare che la Regina Naraisha si presentasse a loro dopo aver tenuto il discorso di saluti per tutti i suoi ospiti, così aveva chiesto di aspettarla nella grande balconata dal quale si poteva vedere il mare splendente e una delle due lune alta nel cielo. Era così simile alla vista della Terra, che il soldato avvertì la mancanza della sua casa su Alantarea.
“Ti senti bene? Posso immaginare sia difficile. Capisco bene cosa si prova a perdere qualcuno che si ama; nel tuo caso, Vaerys ha tradito la tua fiducia.” Disse Raider parlando con la dottoressa.
Seeryn alzò gli occhi, si era liberata della propria maschera così come aveva fatto lui, gli zigomi marcati di lei erano ricolmi di un leggero sorriso, non c’erano lacrime tra di esse. Sembrava aver ritrovato una qualche serenità che Raider non capiva.
“Io sto bene, Raider. Mia zia è sempre stata una donna difficile, si è sempre considerata superiore a tutti. Avrei dovuto capire che si trattava di lei fin dal principio; certo, fa male sapere che l’ultimo membro della mia famiglia è morto!” disse con un velo di freddezza, c’era ironia nel suo tono, non pensava che potesse esserci un altro destino per quello che era successo alla donna.
Improvvisamente dietro di loro comparve la Regina Naraisha, splendida nel suo lungo abito da sera nero, continuava ad indossare la maschera del drago per mantenere la sua regalità. Dietro di lei c’erano due guardie armate di fucili e Raider vide che oltre di esse ancora vi era Hunter che stava osservando la scena appoggiato al muro. Il pirata gli fece un cenno, come se lo stesse aspettando.
“Non credo che potrò mai sdebitarmi a sufficienza con voi. Il servizio che avete reso alla mia nazione è grande. L’intera esistenza eteren vi ringrazia, Principe Raider.” Disse la Regina con tono educato e accennando un inchino, il soldato non seppe esattamente cosa dire o cosa fare visto che si sentì imbarazzato.
“Non c’è di che, Regina. Mi spiace non avervi potuto concedere un ultimo ballo. Purtroppo c’erano circostanze avverse, ma non mancherò di invitarvi al prossimo evento che sarà organizzato.” Disse lui, la Regina rise deliziosamente portandosi una mano davanti la bocca anche se era coperta dalla maschera. Poi tornò seria.
“Vaerys ultimamente era interessata a delle ricerche archeologiche in un sito misterioso su Carnan, si tratta di un pianeta del Settore Ponente. So che avete incrociato il nome di questo pianeta stasera e che la Lega potrebbe pensare di aver trovato l’Orbe degli Spiriti… potrebbe essere la pista per la prossima loro mossa.”
“Cos’è davvero quest’Orbe?” chiese Raider.
“Parliamo di un manufatto antico di eoni, Principe. Le leggende narrano che sia un’arma invincibile che ha permesso agli eteren di comandare sugli Spiriti stessi. Ma non so che genere di prove abbiano trovato per organizzare tutto questo” disse la Regina con l’espressione scettica, neanche Seeryn era a conoscenza di quella leggenda. “Nulla sfugge alla mia corte, anche se mi sono fidata troppo di Vaerys. Credevo che fosse mia amica, invece voleva solo piantarmi una daga nel cuore!” rispose colma di tristezza. 
Poi si voltò verso Seeryn e si avvicinò a lei porgendole le mani. La dottoressa si avvicinò così da afferrarle.
“Quando vorrai, avrei piacere di avere ancora un membro della famiglia Von’Darock nella mia corte. So che sei impegnata ad assistere il Principe Raider, perciò vieni da me quando la tua missione sarà compiuta. Se lo vorrai." Disse la Regina con sicurezza nella voce, quella notizia sembrava grandiosa per Seeryn. Lei rimase di sasso.
“Ci penserò, mia sovrana.” Disse la dottoressa, con quelle parole parve perdersi nel regno dei suoi pensieri mentre la Regina si congedò formalmente salutando i due ospiti nella balconata. Raider si voltò verso la sua compagna di squadra che sembrava ancora sconvolta.
“Mi sembra una grande occasione. Dovresti coglierla al volo.”
“Prima devo aiutarti. Carnan è apparso anche negli appunti che hai trovato negli alloggi come sappiamo. Smuoverò delle conoscenze, cercando di capire cosa si aspettano davvero di trovare…” disse Seery facendo presagire la fine del discorso, alzò gli occhi puntandoli contro la porta della balconata dov’era fermo Hunter. “Torna alla festa, Principe. Questa notte è ancora lunga per te, devi finalmente festeggiare.” Disse lei, Raider si voltò verso il pirata e sorrise annuendo.
Il soldato si incamminò verso la sala da ballo incrociando Hunter sul suo percorso, lui aveva perso al sua maschera durante la sua cattura ma i suoi abiti erano ancora intatti. Raider gli si poggiò sopra la spalla col braccio come per cercare un sostegno.
“Ho bisogno di qualcuno che mi tenga su di morale. Questa è stata la notte più lunga e dura della mia vita. Non credo di essere mai stato così stanco come oggi.” Disse il soldato scatenando una risata da parte del pirata. Quello gli fece cenno di spostarsi nuovamente verso il salone da ballo. Raider quindi lo seguì.
“Non hai bisogno di sostegno. Tu sei grande e forte così come sei. Ti sei comportato bene stasera. E mi hai nuovamente salvato la vita.”
“Non credo che tu fossi davvero in pericolo. Non rappresentavi nulla per Vaerys e per la Lega. Sono io quello che vogliono eliminare a che sta dando problemi.” Disse Raider superando il Trono di Cristallo, ormai quello era vuoto e la corte si era dissolta, molti invitati stavano cominciando a lasciare la sala ma tanti altri erano ancora fermi al buffet per bere e altri ballavano.
Le note della musica di sottofondo erano piacevoli, allegri e invogliavano tantissimo ad unirsi a quelle coppie. Donne e uomini eteren che ridevano e gioivano, chi aveva una maschera completa, chi ne aveva mezza ma tutti comunque belli da vedere. Raider si fermò poggiandosi ad una colonna non molto distante e Hunter con lui.
“Pensandoci, credo di poter dire di aver vinto il Grande Duello. Sono fiero delle mie azioni. Ho salvato la Regina, accidenti!” disse il soldato carico di emozione ed eccitazione nella voce, si voltò verso Hunter che annuiva mentre gli sorrideva.
“Già, hai vinto. E credo che ti sia meritato di goderti la festa. Finalmente puoi toglierti la scopa dal culo e divertirti, quindi mi sembra giusto che sia io a chiedertelo...” Disse Hunter, senza preannunciare le sue azioni, il pirata allungò la mano verso Raider e si sporse verso il salone da ballo.
“Che vuoi fare?” chiese il soldato guardandolo sarcasticamente.
“Mi sembrava ovvio che ti stia invitando a ballare. Suvvia, non pensavo che per te fosse un problema ballare con un altro maschio. O forse non ti piaccio così tanto da accettare la mia mano?” chiese Hunter con fare spavaldo e un largo sorriso sul volto, Raider rimase come in bilico non potendo credere alla proposta ricevuta.
“Ma dai, è assurdo. E che penseranno i nobili di noi?” non che gli importasse davvero; aveva voglia di lasciare la sua mente libera e quell’occasione gli permetteva di stare vicino ad Hunter.
“Che pensino quello che vogliono. Pensavo di averti fatto capire che sono fottutamente fuori di testa. E visto che nessuna donna ballerà con me stasera, speravo almeno tu mi concedessi l’onore dell’ultima danza.” Disse ancora con tono dolce e uno sguardo intenso.
Raider sentì il cuore battergli più forte, poi annuendo decise di prendere la mano dell’altro lasciandosi trasportare verso il centro della sala. Era da tanto che non provava una sensazione simile, i loro corpi non si unirono come quelli delle altre coppie, le danze eteren erano troppo diverse e quello che potevano fare al massimo era ondeggiare con le braccia levate in aria.
“Ti ringrazio, avevo proprio bisogno di un momento di calma. È come quando finisci un allenamento e senti tutta la fatica addosso e di botto. Credo che appena tornerò a casa mi addormenterò subito.” Disse Raider parlando sinceramente, il suo tono di voce era addolcito dal fatto che Hunter lo guardava fisso con i suoi occhi scuri. 
Sul suo viso si dipinse un sorriso più ampio. “Non te ne vorrai già andare? Stiamo iniziando solo adesso a ballare. Sono così un cattivo ballerino che non vuoi starmi vicino? O forse puzzo, dimmi la verità!” disse ancora scherzandoci su e facendo il gesto di annusarsi le braccia.
Raider fece una risata e si lasciò trasportare nella giravolta.
“Non direi che puzzi. Non fai mai cattivo odore, il che è strano!” rispose il soldato punzecchiando l’altro. “Sei un tipo simpatico e finché non mi pesti i piedi possiamo ballare per tutto il tempo che vuoi.” aggiunse, alcuni nobili probabilmente si erano accorti della sua presenza sulla pista da ballo, magari erano meravigliati dal vederlo ballare con un altro uomo o forse non ci facevano neanche caso. 
A Raider non importava. Gli interessava solo di godersi quel momento insieme al ragazzo che gli piaceva.
“E ti piaccio, vero?” chiese Hunter, la sua sembrava una domanda fatta per scherzare, ma Raider l’aveva presa sul serio tramutando il suo volto in una maschera bianca senza volerlo. “Mica mi aspetto una risposta seria, eh! Sto ancora pensando a quello che è successo sul divano qualche settimana fa in casa tua. E non sono sicuro di averlo ancora realizzato, sai?” disse lui ancora.
“Non so di cosa stai parlando.” Rispose Raider elusivo, confuso, in preda ai suoi sentimenti. Le mani di Hunter sembravano improvvisamente più sudate, forse anche lui agitato.
“Non sono bravo al gioco del Facciamo finta di nulla. Solitamente ero io quello che scappava.” Disse Hunter in risposta, c’era un tono tranquillo nella sua voce, come se non si aspettasse quel genere di rifiuto. “Non ho mai avuto molta fortuna nella vita, ma almeno posso dire di essere felice di aver incontrato una persona come te. Tengo molto a te, Raider. Sul serio.” Ammise.
Il soldato dovette quasi mordersi le labbra cercando di trattenere le proprie parole, ma tutto quel tempo passato insieme ad Hunter gli aveva fatto scoprire sensazione dimenticate. “Vuoi la verità? Come potrei essere sincero su quello che provo se ho il terrore di essere rifiutato. E dopo l’ultima volta che ci siamo quasi baciati…”  
“Non hai mai avuto paura prima d’ora? Io sto riflettendo tanto sulla mia vita. Sugli Stargazer, sulle mie amicizie e sul come ho affrontato le cose finora. E se credi che non abbia paura, allora hai una stima troppo alta di me.” disse Hunter, sul suo viso le emozioni passavano ad una tale velocità che per Raider era impossibile riuscire a leggerle tutte. Specialmente nel momento in cui a lui stava battendo così forte il cuore per l’emozione.
“Tu non sembri mai avere paura. E quelle volte che credo di capirti, mi stupisci sempre di più. Mi chiedo se questo ballo non fosse una scusa per parlarmi con la musica di sottofondo.” Disse Raider scherzosamente, Hunter fece una mezza risata e alzò gli occhi al cielo, quasi incerto se rispondere o meno a quella frase.
“Ovvio, è un modo per rimorchiare. Solitamente con le ragazze funziona, con te… devo ancora imparare. Sicuramente mi tieni testa.” Disse in risposta spingendo il soldato a fare un altro giro e poi imitando lui stesso quel gesto. “Mi sono trovato con te fin da subito. Una sensazione che non ho mai avuto con nessuno o nessuna. Questo deve pur significare qualcosa, no?” chiese tornando alla domanda che Raider aveva posto poco prima.
“Sono una persona lenta e non posso dire di essere un esperto in questo genere di questioni.” Disse il soldato, non sapeva come comportarsi e la situazione non lo aiutava a restare calmo. Il loro ballo si fece sempre più lento finché non divennero pochi passi quasi fermi sul posto, i due ragazzi si trovarono a guardarsi ancora negli occhi.
La musica si faceva sempre più lenta e parte di una melodia che Raider riusciva solo a definire come l’immensità dello spazio, profonda e sentimentale. “Quindi vuoi che sia io a fare il primo passo.”
La sua sembrava un’affermazione e a quella vicinanza sembrava che il tempo si fosse fermato: le mani di Hunter poggiarono sui fianchi duri dell’altro mentre Raider gli fece passare le braccia in modo da completare quell’abbraccio, sfiorandogli i gomiti con le dita.
Il giovane ragazzo si ritrovò a soffocare i suoi pensieri e si disse semplicemente di agire, senza permessi, senza rifletterci ancora: spinse il suo viso in avanti piegandolo leggermente in modo da sfiorare quello di Hunter. Entrambi chiusero gli occhi, continuando a sorridere ingenuamente di fronte a quello che stavano facendo. 
Poi i loro volti cominciarono a sfiorarsi, il respiro pesante mozzato dall’emozione, come se il cuore potesse esplodere nel petto. Raider sentì le labbra tiepide e ruvide di Hunter che toccavano le sue, premendo con una certa forza in opposizione. Un bacio ingenuo che richiese ancora di più, trasformandosi in qualcosa di più desirato e passionale, mentre Hunter fece passare le dita della mano tra la nuca bionda dell’altro. Uniti con i respiri caldi.
Raider si separò da Hunter lentamente mentre l’altro si leccava le labbra come per assaporare ancora quel bacio. “Direi che è stato piacevole. No?” chiese il pirata. Non fu necessaria una risposta poiché ovvia. La serata si era svolta nel migliore dei modi.

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Capitolo 39
*** Capitolo Trentotto: Festa di compleanno ***


Capitolo Trentotto
Festa di compleanno
 
 
 
 
 
 
 
 
Settore Ponente
Alantarea – colonia di Terranova
 
“Tanti auguri al più spericolato dei soldati della OST. Nessuna persona potrà mai anche solo avere la tua luce. Sono felice di essere qui per farne parte.” urlò Hunter con un largo sorriso sul volto, alzando un boccale con del liquido scuro al suo interno, sembrava lo stesso che Raider aveva visto bere a Kellan quando si erano incontrati al Black Lavinia sul Viandante tempo prima.
Sembrava trascorsa un’eternità, ma la verità è che era soltanto passato un mese da quando gli eventi al Palazzo di Cristallo erano giunti al termine. Raider si ritrovò a sorridere imbarazzato mentre l’obakon sprofondava il volto in quello che somigliava ad un calderone pieno di un liquido alcolico che emetteva una strana puzza.
Il soldato bevve un sorso del vino che era stato portato da Seeryn come dono per la sua festa, Kellan però aveva preso la bottiglia decidendo di sua volontà di aprirla: non avrebbe mai pensato di lasciare una bottiglia pregiata come quella solo per una collezione. L’espressione della donna eteren quando lui l’aveva stappata, era di puro orrore e sconcerto con gli occhi sbarrati.
“Quella bottiglia vale centinaia di Unità! E tu l’hai aperta così senza neanche pensarci troppo!” era stato l’unico commento che era riuscita a fare; Raider aveva già assaggiato il vino eteren prima di allora, ma quella bottiglia aperta nell’occasione del suo compleanno era davvero squisita.
“Tantissimi auguri, Pasticcino. Non capisco che senso abbia festeggiare l'invecchiamento. Voi umani avete delle usanze davvero assurde!" disse Kellan in un momento di sobrietà nel quale si era separato dal suo intruglio alcolico.
“Grazie, non dovevate davvero. Immagino che c’entri tu in tutto questo, vero Allyson?” chiese Raider con l’espressione imbarazzata voltandosi verso la soldatessa, lei si trovava in un angolo a ridacchiare, divertita della festa a sorpresa organizzata.
“Non c’è di ché!” rispose lei scrollando le spalle e alzando il suo calice di vino a mo’ di brindisi.
“Ma come avete fatto ad entrare in casa mia? Voglio dire, non che io abbia da nascondere qualcosa. Ma devo dire che è piuttosto preoccupante." Chiese Raider camminando per il salotto della propria abitazione e ammirando le decorazioni.
Si erano impegnati molto, lui era certo che fosse merito di Hunter ed Allyson di tutto quello che erano riusciti a fare: c’erano dei festoni su tutte le finestre del salotto, una scritta di buon compleanno olografica era stata sistemata e proiettata in modo che colpisse la parete attrezzata. C’erano degli stuzzichini sul tavolo della cucina, mentre su un banco più piccolo c’era la torta di compleanno.
Seeryn non era pratica dell’usanza del fare un regalo ai festeggiati, ma Allyson gli aveva consigliato di prendere qualcosa da collezione, e lei aveva ben pensato ad uno dei migliori vini eteren. Kellan non aveva capito che il regalo doveva essere per Raider, si era quindi portato il calderone per il suo intruglio, pensando che andasse bene.
“Abbiamo faticato per trovare delle cose che ricordassero gli addobbi. Ma ho gli Stargazer e ho i contatti giusti. Sul Viandante puoi trovare qualunque cosa che ti piaccia.” Rispose Hunter avvicinandosi con la pinta tra le mani, il suo sguardo era addolcito e l’espressione divertita. Fu Raider a tirargli un pugnetto sulla spalla, ancora un po’ imbarazzato dopo tutto il tempo che avevano trascorso insieme.
C’erano state delle occasioni tra loro, momenti di relax tra un lavoro e l’altro; Raider aveva avuto degli impegni e Hunter aveva invece ripristinato del tutto la sua rete di contatti per cercare di capire cosa fosse l’Orbe degli Spiriti e cosa la Lega potesse trovare su Carnan. In quel mese, non avevano neanche avuto modo di scambiarsi un altro bacio: Raider lo conservava come se fosse il ricordo più prezioso che avesse nella sua memoria.
“Non mi piace molto festeggiare i compleanni. Mi mettono abbastanza a disagio, ma devo dire che in compagnia delle persone giuste, potrebbe essere divertente.” Disse Raider commentando l’impegno di tutti quanti per organizzare la festicciola.
Seeryn si spostò sedendosi sul divano e incrociando le gambe in maniera elegante, per l’occasione indossava un abito di seta eteren che si intonava al viola degli occhi e che aveva sfumature di bianco. “Potrebbe essere la migliore occasione per stare tutti insieme prima della partenza per Carnan. La Regina Naraisha ha detto che per ringraziarci ci assisterà con delle squadriglie. Purtroppo non può fare di più, il massimo delle nostre forze sono impegnate in battaglia.”
Raider si spostò nel salotto allontanandosi di qualche passo da Hunter ma quello gli fu subito vicino, volenteroso di stargli al fianco. E in fondo, a lui non dispiaceva la sua vicinanza.
“Credo che sia grandioso. Davvero, non potrei sperare di più. Anche il nostro consiglio ha pensato di fornirci assistenza. Possono mandare diversi soldati e verremo scortati con una nave da ricognizione. Accerchiare il pianeta sembra la nostra priorità.” Disse il soldato in risposta, dall’altro lato della casa, Kellan emerse ancora una volta dal calderone per commentare.
“I nostri Saggi hanno pensato di fornire alcune squadre per assistenza. Tutti i presenti e tutte le nostre specie ti sono debitrici, Raider. Hai fatto tanto per noi e per le nostre vite. Fermare la Lega è una priorità che ci permetterà di creare un’alleanza senza eguali.” Disse lui con solennnità, era strano sentirlo parlare in quel modo così plateale senza sbagliare nessuna parola.
“Che cosa c’è in quell’intruglio, Kellan? Sembra quasi renderti una persona normale e gradevole alla compagnia!” disse Allyson punzecchiando l’obakon, il suo intervento fece scoppiare tutti quanti a ridere mentre Kellan non sapeva come contraddirla.
“Basta parlare di lavoro. Oggi siamo qui per festeggiare. Neanche per noi eteren i compleanni sono così importanti. Questa usanza degli umani è così peculiare. Affasciante!” disse Seeryn sorseggiando a sua volta il vino, la sua espressione mutò in godimento. “Mi dispiace dirlo, ma questo vino è davvero delizioso. Vale ogni Unità.” Commentò ancora. 
Tutti sembravano aver preso posto nella casa: Kellan nell’angolo della cucina, col suo calderone e gli stuzzichini per mangiare; Seeryn sul divano e Allyson che l’aveva raggiunta standole accanto. Raider voleva stare in piedi, essendo forse il protagonista della serata si sentiva in qualche modo di dover stare vicino a tutti.
Hunter si spostò passando davanti i suoi occhi e sistemandosi in uno sgabello che aveva preso e spostato vicino la televisione.
“Sapete cosa mi manca davvero? E non intendo le razzie.” Cominciò Hunter parlando con gli occhi persi nel vuoto. “Mi piacerebbe riprendere a fare arrampicata. Nella colonia di Pangea su Marte, c’era un bellissimo centro sportivo; ci andavo ogni giorno e solo da quando sono venuto qui a Bael non ho potuto fare altro che allenamenti basici.”
“Aspetta, non sapevo che tu facessi arrampicata. Pensavo che fossi più un tipo da palestra.” Commentò Raider, l’altro quindi annuì.
“In realtà il bello era la possibilità di scalare montagne e asteroidi. Vedere lo spazio e la sua immensità all’orizzonte mentre il Sole brilla, i suoi raggi caldi attraverso il visore… è una bella sensazione!” ammise il ragazzo con lo sguardo perso nei ricordi, la sua espressione era concentrata e le labbra leggermente arcuate. Quando si accorse che Raider lo fissava si limitò a fare l’occhiolino.
“Sai più parli e più mi affascina il modo in cui ti hanno permesso di scontare la tua pena in totale libertà.” Commentò Allyson con sarcasmo, la sua espressione era molto contrariata, ma questo perché lei era più ligia al dovere e al senso di giustizia.
“E a te cosa manca della tua vita di prima, onorata soldatessa?” chiese Hunter punzecchiandola, il suo intervento provocò una risatina generale, persino Allyson fece un mezzo ghigno cercando di nasconderlo nel suo calice di vino.
“Io dipingevo. Ero molto brava e riuscivo sempre a trovare uno spazio tra un turno e l’altro per poterlo fare. Quando avevo dei giorni liberi, sfruttavo l’occasione per visitare i posti più belli e immersi nella natura della Terra, come per immortalarli.” Rispose la soldatessa, nei suoi occhi azzurri si poteva vedere una luce diversa, come di un’amara mancanza. “Ero sempre in giro con la mia tavola grafica. E quando c’era l’ispirazione, mi bastava chiudere gli occhi per disegnare il mondo che immaginavo. Era bello.”
“Perché non torni a farlo? Ci sono paesaggi che non hai mai visto qui nel Sistema Bael. Persino i nostri cieli spesso sono differenti. A Naxos, le aurore boreali solcano i cieli e le nubi assumono sfumature di colori.” le chiese Seeryn interessandosi al lato artistico della donna.
“Quando la nostra caccia alla Lega sarà finita e non ci saranno pericolosi imminenti, forse sì. Mi piacerebbe proprio disegnare un bel paesaggio di mare.” Rispose Allyson sinceramente, a quel punto la donna eteren si voltò verso Raider. “E tu? Che mi dici di te?”
Raider finì di bere dal suo bicchiere vuotandolo del tutto per poi ritrovare la concentrazione adatta per rispondere. 
“Io non ho un vero e proprio hobby. Mi sono sempre sentito vicino all’esplorazione spaziale, ho sempre pensato che fosse tutto per me. Per questo mi sono iscritto al programma, perché volevo volarre per le stelle. Viaggiare verso il Sistema Bael è stata un’occasione, ma fin da piccolo alzavo gli occhi al cielo e lo fissavo chiedendomi quando sarei andato lì.”
Ci fu un lungo istante di silenzio nel quale i presenti rimasero attenti per ascoltare come avrebbe continuato.
“Oggi compio ventisei anni. Posso dire di aver raggiunto il mio traguardo molto presto. E sto vivendo un’avventura che mi permette di vedere nuovi mondi. Anche se sono spaventato e arrabbiato nei confronti della Lega, sento di vivere una grande occasione.” 
“Sei troppo idealista, Pasticcino. Ma è questo quello che mi piace di te. Mi hai fatto rivalutare gli esseri umani, prima credevo che foste buoni come stuzzichino, ma tu sei il migliore di tutto. Specialmente migliore di quel buono a nulla di Hunter!” urlò Kellan sbraitando contro il pirata, quello gli urlò di rimando contro creando confusione tra gli insulti che si stavano lanciando.
“Avanti Mister Lattina, fatti sotto e vediamo chi è lo stuzzichino. Ti rompo le ossa e ti aggiusto quella faccia!” provocò Hunter con tono sbruffone, Kellan sembrava voler rispondere agli insulti e si alzò dalla sedia abbandonando il calderone, i suoi passi però erano confusi e barcollanti, non era per niente in grado di affrontare un incontro.
“Potreste evitare di distruggermi la casa? Non sono certo che la OST possa assegnarmene un’altra, ci sono tante altre cose importanti da fare e al momento trovarmi un’abitazione non rientra nelle loro priorità.” Disse Raider cercando di separare i due litiganti ma senza troppo impegno, si stavano solo divertendo e lui aveva bisogno di un po’ di positività nel gruppo. Quindi li lasciò giocherellare tra loro.
Qualche ora più tardi, dopo aver mangiato gli stuzzichini e la torta che era stata preparata da Hunter come regalo, Kellan si era definitivamente abbandonato a sé stesso addormentandosi sul pavimento in un angolo distante della stanza mentre gli altri quattro si trovarono ancora una volta attorno al tavolo della cucina.
“Quale sarà secondo voi il prossimo passo della OST? Hanno inviato l’ultima arca cinque anni fa. Pensate che ne potrebbero inviare un’altra?” chiese Hunter rivolgendo la domanda ai due soldati, anche Seeryn sembrava interessata all’argomento.
“Mio padre diceva che dovevano essere cinque le arche che dovevano arrivare a Bael così da permettere l’espansione dell’umanità in tranquillità arrivando persino a spedire coloni.” Rispose Raider ripercorrendo ricordi di molto tempo prima, una delle ultime volte che aveva visto suo padre prima di partire dal Sistema Sol.
“Syramo, Rabbonath e Caitan sono le arche conosciute. Non credevo che ce ne fossero altre due in costruzione. Come cavolo avete trovato tutto questo spazio per costruirne addirittura cinque?” chiese Allyson stranita, nonostante lei fosse del programma spaziale diretto verso Bael, era ovvio che molte cose non le fossero concesse.
Raider le conosceva solo perché suo padre ne era il direttore.
“Elysium e Lebarog. Le ultime due arche sarebbero dovute arrivare molto tempo dopo le precedenti tre. Non so come si svilupperà adesso il programma; mio padre era certo che con cinque arche si potesse ricreare quello che avevamo sul Sistema Sol e permetterci un domani di estenderci anche oltre. Tutto questo nel corso di almeno cento anni, quando i coloni avrebbero già avuto figli e anche nipoti.”
Seeryn era la più affascinata da tutto questo, probabilmente perché la sua razza non aveva mai pensato di affrontare i viaggi interstellari oltre il loro sistema natale. Ma come lei aveva detto tempo prima, Bael era esteso cinque volte il sistema solare. 
C’era tanto spazio e molto da scoprire. “I miei avi non avrebbero mai pensato di lasciare il sistema. Avevano bisogno di comprendere prima il nostro territorio. Creare la dimensione del Crocevia non è stato facile per loro. Mi chiedo se non siano queste le intenzioni della Lega…” 
I dubbi di Seeryn colpirono anche Raider che fino a quel momento non si era mai preoccupato di quali fossero le loro intenzioni. Avevano minacciato la sua vita, la sua nuova casa, i suoi amici. Non gli importava se volevano migliorare le cose, per lui erano nemici pericolosi.
“Forse con l’Orbe avranno la possibilità di controllare il Crocevia. Immagino che chiunque abbia il controllo di un tale potere possa mettere in ginocchio il sistema. Se erano pronti ad eliminare gli obakon e a distruggere gli eteren, di certo rappresentano un ostacolo alla collaborazione delle nostre specie.”
“Senza tenere conto della Guerra di Confine. L’ultima volta che ho seguito la cronaca diceva che gli scontri sembravano non avere una fine. I wekaeni sembrano disposti a tutto, anche loro come tanti altri attratti qui su Bael.” Disse Allyson incerta.
“Che abbiano un accordo con la Lega?” chiese Hunter.
Alla sua domanda nessuno seppe trovare una risposta, semplicemente il silenzio che riempiva il salone, intervallato dal profondo russare di Kellan. “Lo scopriremo presto, ne sono certo.” Disse infine Raider guardando negli occhi il pirata, i due si scambiarono anche un sorriso sotto lo sguardo delle due ragazze del gruppo. 
Hunter socchiuse gli occhi. “Finiamo a parlare sempre di lavoro. Siamo il tipico gruppo di colleghi. Però mi trovo bene con voi, siamo diversi, eppure tanto uniti da sembrare di conoscerci da una vita. Mi dispiacerebbe dirvi addio.” Il suo sguardo era intrappolato in quello di Raider che lo fissava incerto.
“Questo non è mica un addio. Abbiamo ancora della strada da fare. E la faremo tutti insieme, senza lasciare nessuno indietro.”
“Giusto. Direi di fare un ultimo brindisi al festeggiato: Raider ci ha uniti tutti quanti, e tutti insieme sconfiggeremo la Lega.” Rispose Allyson sollevando il proprio bicchiere, erano rimasti gli ultimi sorsi, necessari per concludere la serata.
“A tutti noi dunque. E a mille di queste sere.” Disse Seeryn a sua volta; Raider si sentiva carico di energie e pronto a sfidare la Lega in qualsiasi momento, non vedeva proprio l’ora di trovarsi di fronte a Lady Shadow per sconfiggerla una volta per tutte.

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Capitolo 40
*** Capitolo Trentanove: Il pianeta gravitazionale ***


Capitolo Trentanove
Il pianeta gravitazionale
 
 
 
 
 
 
 
 
Settore Ponente
Carnan – alture intorno al sito archeologico
 
Raider camminava attraversando la landa di terra bruciata, pensando che quella sarebbe stata la battaglia finale contro la Lega. O almeno era quello che sperava: alzò gli occhi al cielo osservando le navi da ricognizione che avanzavano fermandosi appena sopra di loro a distanza una cinquantina di chilometri da terra.
“Non può essere penetrata in alcun modo. Ogni fonte radio, ogni tecnologia viene messa fuori uso, eccetto i loro droidi. Se le navi provano a passare, cadranno come pioggia dal cielo.” Disse Seeryn facendo voltare indietro il soldato, era stato allestito un campo militare e lui era arrivato nella linea di confine per pensare in solitudine.
La grande sfera di energia violacea era generata dall’interno del sito archeologico, stando ai rilievi, al suo centro si trovava un tempio disseppellito dal tempo e dalla terra rossa di Carnan, che era stato definito il pianeta gravitazionale. Seeryn era stata vaga al riguardo.
“Credi che dipenda dal pianeta? O dalla Lega?” chiese lui.
La donna eteren rifletté qualche istante prima di rispondere, perdendo il suo sguardo oltre il Velo, come lei aveva nominato quella sfera di energia. L’unica nave dentro il Velo era proprio quella della Lega, quell’enorme nave sferica che sembrava levitare appena, ma osservandola attentamente se ne potevano vedere gli agganci proprio sopra le torri decadenti e antiche del tempio eteren.
“Carnan ha un asse particolare. I miei avi lo hanno studiato per intere epoche non riuscendo a capire a cosa fosse dovuto. Probabilmente, coloro che hanno creato il Crocevia hanno fallito diverse volte, distorcendo la realtà stessa del pianeta. Fino a ridurlo a quello che oggi possiamo vedere…” disse la dottoressa, la sua voce usciva ovattata a causa del casco protettivo.
Il pianeta gravitazionale era di fatto fuori dalla fascia abitativa che lo rendeva ospitale, la sua eccessiva vicinanza a Bael ne aveva parzialmente danneggiato l’atmosfera che era carica di biossido di carbonio e quindi irrespirabile, specialmente se ad un’esposizione prolungata, la temperatura superficiale però era stabile sui quaranta gradi celsius. 
Raider pensava ironicamente all’idea di morire soffocato; alzò gli occhi al cielo cercando di osservare oltre la nube tossica e le radiazioni simili a fasci di luce; Bael era gigantesca, appariva con una luminescenza tale da non poterla vedere neanche attraverso il casco anche se quello era dotato della membrava oscurante.
“Quindi dev’essere stata la Lega. Forse un qualche dispositivo tecnologico? Hanno creato una bomba capace di sprigionare un buco nero. Forse possono fare anche questo.” Disse Raider, finalmente vide la donna eteren annuire e concordare con lui.
“C’è di buono che le onde radio all’interno del Velo sono nulle. Neanche loro possono usare la tecnologia finché è attivo. Ipotizzo che il dispositivo misterioso si trovi dentro la loro nave; difficile dire quante siano le forze dei droidi all’interno. Fuori dal tempio invece ce ne sono moltissimi.” Disse lei con voce grave.
Alle loro spalle, un suono di passi si fece sempre più vicino, Raider vide il resto del suo gruppo avvicinarsi; Allyson in tuta spaziale da combattimento, Hunter con la sua corazza da Stargazer, Kellan che indossava la sua armatura da Campione della Pietra. Tutti e tre aspettavano il segnale di Raider per poter avanzare, ma quell’imprevisto non era stato calcolato da nessuno. L’unica soluzione apparentemente era avanzare a piedi con fucili e lame per fronteggiare i nemici.
“Non ci resta altra scelta che combattere. Se tutte queste forze sono concentrate in questo punto, forse esiste davvero l’Orbe…” disse vegamente Raider rivolgendosi ad ognuno di loro, nessuno sembrava potergli dare una risposta. “L’Orbe con il quale gli antichi eteren dominavano. Ma su chi? Che ci fosse un’altra specie insieme a loro?” si chiese attendendo anche il minimo sospiro.
Hunter si fece poi avanti in maniera incerta.
“Per qualunque cosa siano venuti, noi siamo qui per mettere fine ai loro piani.” Il pirata fissò negli occhi il soldato ed entrambi annuirono all’unisono in segno di complicità. 
Raider tornò a guardare in lontananza immaginando di raggiungere il tempio col pensiero: Carnan era un pianeta troppo instabile per rischiare la vita, persino la Lega avrebbe dovuto avere delle certezze nelle sue ricerche, inoltre pareva che quanto Bael emettesse dei brillamenti solari il pianeta veniva colpito almeno tre volte su cinque. 
"Hai ragione, Hunter. Siamo qui per un fermarli, e potrei avere un’idea in mente...” Disse Raider stringendo i pugni, aveva già proposto ai generali capi delle squadriglie inviate dagli obakon o dagli eteren di assalire il tempio. Loro però si erano dimostrati contrari con l’ovvio appoggio da parte della OST. Considerando la missione troppo pericolosa per essere completata.
“Che hai in mente, Pasticcino?” chiese Kellan incuriosito.
C’era solo un modo ma Raider aveva timore che fosse rischioso e non si sentiva pronto per mettere ulteriormente in pericolo la vita dei suoi amici. Da quando si era risvegliato erano passati quasi cinque mesi e aveva trovato una sua tranquillità, dei nuovi amici e forse anche qualcuno per cui provare qualcosa. Non voleva rischiare tutto.
“Andrò da solo. Mi infiltrerò nel tempio in maniera furtiva. Ho i miei poteri e la mia pistola; posso crearmi una via fino alla loro nave e da lì spegnere il dispositivo per permettere a tutti voi di avanzare e assaltarli!” disse il soldato carico di grinta, la sua espressione era seria e cupa, sapeva che quella sarebbe stata una missione suicida, ma d’altronde aveva già fatto molte altre cose pericolose per chiunque avesse un minimo di amor proprio. Il pirata scosse il viso con decisione.
“Sei pazzo. Non ti lascerò andare da solo. Ti uccideranno e sarà stato tutto inutile. Io vengo con te e non voglio un no come risposta!” disse Hunter avanzando e superando gli altri, Raider lo rimproverò con lo sguardo ma l’altro sembrava più deciso che mai a seguirlo. 
E in fondo, il soldato sentiva di aver bisogno di lui al suo fianco.
“Ehi! Se voi due volete prendervi tutta la gloria ve lo sognate! Io sono un Campione, i nomi di coloro che hanno partecipato a questa impresa oggi verranno scritti sulla pietra. Io vengo con voi!” disse anche Kellan, il gruppo stava già diventando numeroso e prima che Raider potesse dire di no, fu Allyson a parlare.
“Vogliamo tutti esserti vicini, Raider. Siamo qui perché ci hai supportato e aiutato. Moralmente, fisicamente. Non puoi aspettarti che non siamo pronti a fare lo stesso per te.” Disse la ragazza, i suoi occhi azzurri erano carichi di determinazione e certezza.
“Io non so cosa dire…” 
“Ci sarebbe una soluzione differente.” Disse Seeryn col tono di chi aveva appena fatto una scoperta, i suoi occhi erano rivolti all’ologramma prodotto dal suo bracciale. “Ci sono due passaggi che possiamo sfruttare; possiamo dividiamoci in due squadre.” 
Raider non era totalmente convinto ma voleva comunque ascoltare quello che la dottoressa aveva da dire. “Una squadra andrà sulla nave e disattiverà il congegno; così che le nostre forze possano avanzare contro i mech, l’altra squadra fermerà la Lega all’interno del tempio.”
Il soldato annuì lentamente, ascoltando le parole della donna blu con attenzione lasciandosi quasi convincere. Con la squadra divisa avrebbero potuto agire su due punti diversi e bloccare definitivamente la ritirata dai nemici. Ma il tempo a disposizione stava scadendo e avrebbero dovuto agire in fretta.
“Va bene. Hunter viene con me. Voi tre invece vi infiltrerete all’interno della nave e spegnerete il congegno. Siete i più esperti di tecnologia e io non potrei fare molto.” Disse Raider assicurandosi che tutti i suoi compagni di squadra fossero d’accordo, ci fu un assenso generale senza bisogno di parlare.
Il soldato si voltò nuovamente verso il tempio. “Stiamo arrivando. E siamo pronti per la battaglia finale.” pensò dentro di sé, il suo però voleva essere un avvertimento ai suoi nemici, certo che in qualche modo li avrebbe raggiunti.
 
***
 
Le forze del nemico all’esterno del tempio erano superiori a quelle che Raider aveva ipotizzato, ciononostante, infiltrarsi al suo interno senza farsi scoprire non fu difficile. Hunter era rapido e poteva spostarsi in fretta grazie ai suoi impianti che sembravano non essere influenzati dal Velo in alcun modo. 
Quelli di Raider invece sembravano malfunzionanti, per quanto si sforzasse di usarli era come se non riuscisse a sentire più l’energia gravitazionale e la massa oscura, si era trovato di fronte ad una difficoltà pericolosa. “Non so se da solo avrei potuto farcela…” si disse vago rivolgendo ogni tanto un’occhiata ad Hunter durante l’avanzata. 
Dopo quasi un’ora a percorrere il sentiero solitario e con pochi rischi designato da Seeryn, i due ragazzi si ritrovarono finalmente ad oltrepassare il perimetro del tempio ammirandone la struttura decadente e silenziosa.
“Siamo dentro finalmente…” Disse Hunter quando poterono tirare un sospiro di sollievo, le rovine del tempio li circondavano e Raider si era perso nella bellezza della struttura per poi essere richiamato dal compagno di avventure. “Sono felice che mi hai scelto. Ammetto di essere stato un po’ preoccupato. Così almeno posso assicurarmi che non ti metti nei casini!” disse ridacchiando.
“Forse, la verità è che volevo stare con te. E se questi fossero i miei ultimi momenti di vita, almeno li spenderei bene.” Ammise Raider sentendo quasi arrossire le guance, l’altro fece una mezza risatina ed entrambi si misero ad osservare il tempio.
Difficile dire se la struttura fosse eteren, le incisioni nella pietra erano bruciate e rovinate: i dipinti un tempo fatti da mosaici sembravano aver perso i colori. Raider era un amante dell’architettura e delle bellezze che proponeva; era poi tornato coi piedi per terra quando aveva passato la mano sulla superficie illuminata da un raggio di Bael scoprendo che poteva avvertirne l’alta temperatura.
Si voltò verso Hunter che lo fissava con i suoi occhi scuri attraverso il vetro del casco. “Lo so, nessuna bellezza è pari a me. Puoi tranquillamente ammetterlo, a questo punto!” disse Hunter a mo’ di battuta per cercare di spezzare l’agitazione della missione.
“Se all’inizio mi avessi detto che mi sarei fidato di te, ti avrei riso in faccia. E guarda invece dove siamo dopo tutto questo tempo.” Si limitò a dire il soldato con un sorriso amaro.
“Ti ho fatto ricredere. E contro ogni possibilità, adesso siamo qui.” Disse Hunter in risposta. Il pirata si avvicinò poi di qualche passo, facendo per alzare un braccio e lasciandolo in sospeso nel vuoto prima di abbassarlo, quello provocò una risata in Raider che era servita per spezzare la tensione.
“Non capisco se volevi darmi il cinque o una pacca sulla spalla.” Disse il soldato spostando poi lo sguardo altrove. Aveva paura di fallire, e se così fosse stato, non gli sarebbe piaciuto lasciare le cose in sospeso.
“Forse entrambe.” Disse il pirata debolmente. Poi l’eco di alcune voci provenire dal tempio richiamò i due soldati spezzando quel momento tra di loro ed entrambi si voltarono verso i corridoi scuri. 
Attraverso le porte di pietra, Raider vide la conca che gli ricordava un teatro dell’opera nei secoli scorsi con gli spalti rivolti al centro dove gli attori, in questo caso i membri della Lega, stavano recitando la loro parte nel grande spettacolo.
Erano tre figure e dall’altezza al quale si trovavano, Raider poteva riconoscere la donna come Lady Shadow nonostante il casco, la sua corporatura era piuttosto singolare tra le due figure maschili; al suo fianco vi era un omone alto almeno due metri dalla corazza scura e dai segni rossi che ricordava la descrizione fatta da Kellan quando parlava dell’uomo che aveva ucciso la sua famiglia.
Dall’altro lato, Raider riconobbe il mantello e la corazza di Ryan di quando si erano incontrati su Frelm, i tre membri della Lega al completo nella stessa stanza, un’occasione perfetta.
"Mio fratello è qui. Cosa stanno facendo?” chiese Raider incerto, la sua domanda non ebbe risposta da parte del pirata, poterono semplicemente osservare la scena cercando di capire.
Lady Shadow era la più vicina all’oggetto delle loro attenzioni: era una minerale dalla forma ricurva, somigliava ad una gigantesca radice d’albero che si intrecciava in tutta la parete della stanza risalendo fino al tetto di pietra del tempio, era come se fosse spezzata in quel punto e da essa ne usciva una linfa bluastra che donava la stessa colorazione allo strano corpo fluorescente.
“Credo che sia un’altra venatura della Fonte di Vita. Com’era su Leonna, la luna di Thapsos.” Disse Hunter al fianco del soldato, quello gli rivolse un’occhiata non potendo che annuire. Per quanto ne sapeva, l’esistenza di una venatura era una scoperta sensazionale, ma due nello stesso sistema era un evento leggendario.
“Ci siamo riusciti, compagni. Finalmente possiamo quietarci: i nostri sforzi sono stati ripagati. Adesso dobbiamo solo procedere all’estrazione l'Orbe e avremo tutto il potere necessario.” Disse Lady Shadow, la sua voce era distante e ne arrivavano solo echi, Raider fece cenno al suo compagno di avvicinarsi attraverso la scalinata mentre lei continuava il suo discorso.
“Abbiamo subito delle perdite e siamo stati sconfitti in più occasioni. Ma adesso è arrivato il momento della rivalsa e riusciremo a portare un nuovo ordine nel sistema rimodellandolo per come noi vogliamo…” 
I due ragazzi scesero i gradini silenziosamente fino a raggiungere il piano sottostante. Il gigantesco omone in armatura avrebbe potuto anche essere l’Artificiere della registrazione, il tono di voce sembrava lo stesso, da quanto Raider ricordasse. “Sei certa che sia l’unico modo? Potrebbe essere rischioso. Nessuno ha mai provato a spezzare una venatura. E se ci uccidesse?” 
“Gli antichi eteren ci hanno provato e hanno devastato questo pianeta nel tentativo di studiare il Crocevia. Noi non siamo tanto sprovveduti.” Disse in risposta Ryan, sembrava conoscere bene l’argomento e il suo sguardo era perso nel vuoto cristallino della venatura. Lady Shadow annuì.
“L’Orbe dev’essere nascosta in un reame di dimensioni collegato al Crocevia. Questo è l’unico modo per potervi accedere.” Disse lei, poi allungò il braccio indicando un punto della venatura e si rivolse ancora all’Artificiere. “Avanti Michael, usa il Fiammarespiro.” 
L’omone si avvicinò alla venatura seguendo l’ordine che gli era stato imposto e avvicinandosi alla luce, Raider ne poté vedere meglio i dettagli: la sua corazza era pesante, quasi impenetrabile, forgiata sicuramente dalla mano degli obakon. Non si tolse la maschera restando quindi col volto coperto; l’Artificiere chiamato Michael, aveva un modo di camminare familiare per il soldato; si avvicinò alla venatura e prese un profondo respiro, poi da un’apertura simile ad una bocca sputò un flusso di fiamme che investì la grossa radice fluorescente.
“Vogliono fonderla. Dobbiamo impedirgli di proseguire con la loro missione.” Pensò Raider stringendo i pugni, si voltò verso Hunter. “Spostati in quella direzione e facciamo fuoco incrociato. Mira a quel tizio sputafuoco.” Disse lui incerto.
Hunter annuì senza replicare, il pirata aveva portato con sé anche un fucile d’assalto in caso di bisogno anche se la sua specialità erano le armi bianche; Raider tornò ad osservare la scena attendendo il momento in cui il suo compagno fosse stato in posizione. 
Se Artificiere aveva un impianto era probabile che facesse parte della OST e da quanto ne sapeva, non erano in molti ad avere quell’innesto; le persone con quella stazza poi, si potevano contare sulle dita della mano e c’era solo uno che venisse alla mente di Raider: Michael Venberg, colui che aveva provveduto a disinnescare la nave-bomba e che probabilmente, era sempre stato il contatto interno.
Raider sentì una morsa allo stomaco pensando a quante persone erano avevano tradito suo padre e gli ideali del viaggio. Il ragazzo fece un cenno al suo compagno già messo in posizione, poi si sporse dalla balaustra di pietra dietro il quale era nascosto e insieme fecero fuoco.
La pioggia di proiettili cadde sopra i tre membri della Lega che parvero disperdersi e l’Artigliere dovette interrompere le sue fiamme contro la vena della Fonte di Vita che appariva carbonizzata e disciolta per più di metà. Lady Shadow invece si ritrovò difesa da Ryan che utilizzando il suo impianto di Levitazione fece fluttuare via entrambi dall’area centrale portandola in un colonnato superiore.
“Questi vermi sono riusciti ad arrivare fin qui!” urlò Michael Venberg divertito. I due ragazzi fecero una pausa dovendo ricaricare.
“Scusate se vi abbiamo fatto aspettare. Abbiamo avuto un piccolo imprevisto. Carina l’idea del Velo, opera tua?” urlò il giovane soldato cercando di sporgersi appena, era difficile vedere dove fosse Lady Shadow, il suo bersaglio primario.
“Avanti vieni fuori moscerino. Ti schiaccerò come ho fatto con quelli prima di te. Sei pronto ad assaggiare il mio fuoco?” chiese Artificiere con tono minaccioso e freddo.
Raider era appena diventato un bersaglio, ma almeno era riuscito a spostare le attenzioni dell’omone lontane dalla venatura, il problema era il non farsi colpire: una fiammata di quel genere avrebbe potuto sciogliere la roccia e colpirlo in pieno.
Il soldato fece capolino creando un diversivo, le attenzioni di Venberg furono subito su di lui e nel momento in cui si era reso conto da dove provenissero i colpi, caricò i suoi polmoni e sputò la colonna di fuoco contro il punto nel quale si era nascosto Raider; il giovane soldato nel frattempo aveva cambiato postazione correndo via mentre Hunter continuava a sparare contro il bersaglio. 
“Chiudi la bocca! Hai un alito che puzza di merda!” gli urlò Hunter per prendere in giro il suo avversario, poi dovette ripiegare ancora visto che dall’altro lato della sala arrivò il fuoco incrociato da parte di Ryan, quella mossa permise a Raider di vedere dov’erano nascosti.
Lui e Lady Shadow sembravano vicini, stretti in un abbraccio protettivo simile all’amore. E fu in quel momento che Raider capì per quale motivo suo fratello era un membro della Lega: la sua mente parve entrare nel caos, ma cercò un’altra spiegazione!
Raider fece fuoco contro la colonna dietro il quale era nascosto suo fratello sparando tutti i colpi che aveva ma senza colpire nessuno vista l’eccessiva distanza. Questo però li costrinse a nascondersi ancora e diede la possibilità ad Hunter di cambiare riparo.
Ancora una volta il soldato fu costretto a cambiare postazione cercando di avvicinarsi sempre di più a suo fratello e a Lady Shadow, osservando di tanto in tanto la scena centrale di quell’opera teatrale: l’intero tempio andava a fuoco, le fiamme sembrava incontrollabili e vive, come se non avessero modo di esaurirsi, anzi, danzavano di vita propria incendiando e dilagando.
“Dov’è Hunter? Non lo vedo più.” Si disse Raider sentendosi il cuore in gola, non avrebbe potuto chiamarlo visto che le comunicazioni radio non avrebbero funzionato.
Raider fece ancora capolino, stavolta mirando attentamente alla testa di Venberg e facendo fuoco ripetutamente: distrusse il casco dell’uomo che però si voltò verso di lui e i loro occhi si incrociarono.
Dovette nuovamente nascondersi visto che le fiamme del respiro dell’Artificiere inghiottirono la piattaforma nel quale si trovava, era appena sopra la venatura e nuovamente la grossa radice fluorescente venne colpita dal fuoco. Il soldato si trovò così investito dalle fiamme del nemico e dall’acqua che fuoriusciva dalle radici dietro di lui.
“Ne hai abbastanza, moscerino? Perché abbiamo appena iniziato!” urlò l’omone muovendo i suoi passi lenti e pesanti sul pavimento, poi il tempio cominciò a tremare con forza.
Ci fu uno scossone che parve venire dall’interno del pianeta e le pareti cominciarono a cedere; il soldato cercò invano di aggrapparsi alla balaustra ma fu inutile: la balconata cadde verso il basso dove la venatura della Fonte di Vita era esplosa: un flash di luci gli coprì gli occhi e un suono acuto le orecchie, poi la luce bianca diventò azzurra e Raider ebbe la sensazione di perdersi nel mare profondo com’era accaduto già su Leonna: venne avvolto dall’acqua e tutto divenne buio.

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Capitolo 41
*** Capitolo Quaranta: Salto tra le epoche ***


Capitolo Quaranta
Salto tra le epoche
 
 
 
 
 
 
 
 
Piano ultraterreno
Dimensione sconosciuta
 
Se l’acqua avesse avuto un profumo e un sapore, era sicuramente simile a quello: odorava di tranquillità, di dolcezza, di purificazione. Faceva bene allo spirito e Raider ne era completamente avvolto, come l’abbraccio di una candela profumata.
Quando Raider riaprì gli occhi si trovava in un luogo diverso dal tempio su Carnan, e avendo già provato in passato quell’esperienza, il soldato sapeva di trovarsi in una sorta di limbo o visione, dentro di sé aveva la sensazione di essere in un posto nel quale era già stato.
Era uno studio, molto elegante e con ogni moderna tecnologia. La porta a scorrimento era chiusa e l’ufficio era vuoto. Le finestre sembravano affacciarsi su palazzi colossali e grattacieli che Raider aveva visto solo nelle città terrestri. Si avvicinò ad esse cercando di osservare l’esterno e si trovò davanti la visione del cielo al tramonto.
Le strade sopraelevate erano percorse da autovetture elettriche e non c’era il minimo suono dei loro motori, se non talvolta qualche colpo di clacson. Vi erano poi i marciapiedi e delle persone che vi camminavano sopra, da qualche parte lungo le traverse, Raider poteva persino vedere un parco e gli alberi verdi e rigogliosi del pianeta Terra.
“Dove mi trovo?” chiese incerto con un sussurro. Poi improvvisamente la porta alle sue spalle si era aperta permettendo l’ingresso di un uomo al suo interno: Raider si voltò e per un lungo istante sentì il cuore fermarsi di fronte a quella persona che sembrava parecchio sorpreso di vederlo lì.
“Che ci fai qui figliolo? Credevo che fossi in missione su Titano-9.” Disse la calda voce di Richard King, il padre del soldato aveva un aspetto roseo, sembrava stare bene, curato come sempre nella barba e nel taglio di capelli. I suoi tratti caldi erano stranamente sfocati.
“Papà… riesci a vedermi?” chiese incerto.
Il giovane soldato venne colpito dagli spasmi, come se il suo corpo volesse muoversi ma la sua mente gli impone di non farlo. Alla fine, quella barriera che gli avvolgeva la mente si era dissolta e Raider aveva ripreso il controllo dei suoi movimenti: si spostò in avanti prima che suo padre potesse rispondergli e corso contro l’uomo.
Aprì le braccia gettandole attorno al padre stringendolo più forte che poteva, mise la testa nell’incavo tra la spalla e il collo dell’uomo sentendo la ruvida barba graffiargli la testa. Quelle sensazioni erano vere così come il profumo che emanava l’uomo, non era ben distinto, somigliava semplicemente a casa, non c’era altro modo per descrivere quell’odore.
“Ti senti bene figliolo? Mi sembri un po’ frastornato. È successo qualcosa durante la missione?” continuò a chiedere Richard King, suo figlio a quel punto distolse l’abbraccio, sentendosi gli occhi pesanti e la voglia di scoppiare a piangere quasi al limite.
Ma si trattenne perché era forte. La sua mente aveva ripreso a funzionare e aveva ritrovato lucidità: la missione su Titano-9 era reale, Raider era ancora fidanzato quando era partito. Era successo almeno due anni prima della partenza dell’arca.
“Sì, è solo che c’è stato un problema e non sono più partito.” mentì Raider, suo padre fece un’espressione stranita, era evidente che non se l’era bevuta e avrebbe potuto chiedere spiegazioni. “Avevo voglio di vederti. Mi sembra di essere partito così tanto tempo fa.” Disse ancora Raider, balbettava incapace di contenere le sue emozioni.
Richard King osservò il proprio figlio cercando di capire cosa c’era che non andasse. Poi alzò il braccio e poggiò la mano sulla guancia del giovane soldato accarezzandola dolcemente.
“Sembra che questo viaggio ti abbia stancato parecchio. Te lo leggo negli occhi…” disse Richard con tono comprensivo, era chiaro che qualcosa non andava e lo sapevano entrambi: aveva riconosciuto suo figlio ma sapeva bene che era diverso.
Raider sbuffò tristemente. “Sì, questo viaggio mi ha cambiato parecchio.” Ammise il giovane soldato, la venuta nel Sistema Bael aveva cambiato così tante cose che Raider si sentiva un’altra persona. Era cresciuto non appena aveva riaperto gli occhi.
“Ti va di parlarne?” chiese imbarazzato Richard, non sapeva cosa dire o come comportarsi di fronte a quello che era suo figlio ma che non poteva immaginare che fosse venuto dal futuro.
“No, papà. Vorrei semplicemente stare qui e chiederti cosa stai facendo di bello…” disse Raider, avrebbe dato tutto per poter parlare con suo padre o sua madre, aveva affrontato così tante difficoltà che il fatto di poterlo toccare e sentirne l’odore sembrava una ricompensa.
“Sembra che tu stia fuggendo da qualcosa, figliolo. Non ti ho forse detto che bisogna sempre affrontare i problemi a testa alta?” chiese Richard King; il giovane soldato si morse il labbro pensando che non poteva mentire a suo padre, neanche parlare con mezze frasi avrebbe nascosto la verità agli occhi dell’uomo.
“Sì, papà. Me lo dici sempre. Però adesso vorrei solo godermi questo momento prima che sia troppo tardi!” disse lui in risposta, non sapeva quanto sarebbe durato quello strano evento, la Fonte della Vita non gli stava mostrando visioni di un futuro, ma il passato reale. 
Richard fece cenno a suo figlio di sedersi alle sue spalle dove si trovavano due poltrone davanti ad un tavolinetto con una bottiglia d'acqua in vetro sopra di esso. Raider si accomodò per primo sprofondando nella morbidezza dei cuscini, suo padre gli fu accanto.
“E di cosa possiamo parlare? Le Arche sono quasi pronte. Il grande lavoro di tutto una vita finalmente è realizzato. Sono così felice!” disse Richard King stando al gioco di suo figlio: era molto meno imbarazzato e nel momento in cui stava parlando del progetto, gli occhi castani gli si erano illuminati di una luce di speranza. “Cordelia e io abbiamo lavorato molto per la riuscita. Stiamo già radunando i coloni e tra due anni dovremmo riuscire a partire. Servirà molta preparazione e tanto lavoro.” Disse Richard con tono deciso.
“Sembra fantastico. Un giorno potrei farne parte magari.” Disse Raider cambiando posizione: aveva le spalle poggiate allo schienale ma a quel punto si era sporto in avanti. “Anche tu partirai, giusto?”
“Certamente. L’Arca Syramo sarà la prima e Cordelia avrà il compito di coordinare la OST nei primi anni dell’umanità su Bael. Arriverò sulla Rabbonath prima di quanto possa sembrare.” Rispose Richard.
A quelle parole, un campanello d’allarme scattò nella testa di Raider e il cuore cominciò a battergli così forte che sembrava quasi scoppiargli. “E se invece partissi con la Syramo? Sono certo che Cordelia avrà bisogno di te, papà. Non puoi lasciarla da sola!” disse lui.
Raider aveva tanto spesso sentito parlare delle leggi della fisica e del tempo, naturalmente tutto era sempre puramente rimasto nella teoria. Nonostante la tecnologia avanzata, le leggi dell’universo impedivano all’uomo di tornare indietro nel tempo e quindi di cambiarlo. Almeno, per quanto era conosciuto all’umanità.
La Fonte della Vita aveva capacità incredibili e con essa Raider era riuscito a tornare indietro di trentadue anni al momento migliore che potesse sperare. Non gli importava nulla delle conseguenze, voleva solo cercare di salvare suo padre.
Richard fece un sorriso amaro, guardò gli occhi del figlio in maniera incerta e poi abbassò il volto. “Non vedrò mai la luce di Bael toccarmi il viso, vero?” chiese improvvisamente; il soldato fu colto alla sprovvista da quella domanda e nessun pensiero avrebbe potuto mascherare la propria emozione di stupore.
“Cosa significa?” cercò di deviare le attenzioni del padre ma quello scosse il viso, prese la bottiglia di vetro e si riempì il bicchiere d’acqua per sorseggiarlo come se fosse un vino. 
“So che non sei mio figlio. Almeno, so che non sei quello che conosco io. Un genitore sa sempre quando ha suo figlio davanti.” Disse Richard spiazzando il giovane soldato, prima che quello potesse dire qualcosa, lo scienziato continuò. “Sei così cresciuto, sembri diverso. Il Raider del mio presente è un ragazzo spensierato e felice; tu invece hai così tanto dolore nel tuo sguardo, hai affrontato mille battaglie. Mi viene naturale credere che arrivi dal futuro…” 
Raider rimase ad ascoltare la teoria dell’uomo, non poteva mentire ancora, ancora una volta Richard King aveva dimostrato di avere una mente brillante e lui non l’aveva mai apprezzato davvero mentre era in vita. Era un lato del tutto nuovo di suo padre.
“Vengo dal 2140. Su Bael esiste un modo per viaggiare tra le epoche. Sono già stato nel futuro e ho salvato delle vite. Ora sono tornato nel passato e sento di poter salvare la tua.” Disse Raider senza preoccuparsi di mentire ancora, avrebbe parlato col cuore in mano e dicendo tutto quello che era necessario per salvare suo padre.
Richard ascoltò con attenzione. Poi intervenne.
“Bael non è la stella più vicina al nostro Sistema. Ma questo lo sai già. Probabilmente nessuno si chiederà mai perché ho scelto proprio quel sistema. Ebbene, c’è qualcosa di magico in esso che da qui non riesco a vedere; e se ci penserai bene, capirai a cosa mi riferisco. Come un magnete che attira le onde cosmiche lì!” 
Raider rifletté sulle parole del padre pensando che probabilmente aveva ragione: gli eteren abitavano da eoni nel Sistema Bael. Erano arrivati per primi gli umani, poi gli obakon e infine i wekaeni con il quale era scoppiata la Guerra di Confine. Tutte queste specie erano attirate da qualcosa e quel qualcosa doveva essere la Fonte della Vita.
“Papà, ti prego: non partire con la Rabbonath. Parti prima, vieni con me e forse riuscirò a salvarti!” disse Raider con tono supplicante allungando la mano verso quella del padre per afferrarla.
Ma l’espressione di Richard sembrava impassibile, come se avesse pienamente accettato l’idea della morte. “I problemi vanno affrontati a testa alta, Raider. Non sappiamo ancora in che modo i cambiamenti del tempo possano influire sul tuo presente. Questa scienza è puramente teorica e salvarmi oggi, potrebbe portare a catastrofi ben peggiori in futuro. La teoria del caos…” 
“Non mi importa nulla di una stupida teoria! Alla pratica, tu sei mio padre e farò di tutto per salvarti! Non posso sopportare l’idea di perderti ancora, ora che ti ho visto e che ti ho sentito, come posso tornare nel mio presente?!” chiese Raider scattando in piedi, l’espressione di Richard non era severa ma tranquilla, come se volesse lasciar sfogare il proprio figlio.
“Questo è un momento che hai rubato al tempo, figliolo. Non so come hai fatto o cosa ti ha portato qui. Ma è giunto il momento che tu lo restituisca e che fai quello che è giusto nel tuo presente.” Disse Richard annuendo più volte. “Sembri così forte, non credo che potrei essere più orgoglioso di te. Lo sarò sempre e non importa quale confine la morte possa mettere tra di noi. Ti vorrò sempre bene.” 
Raider assorbì quelle parole come lame che entravano dentro il suo cuore, facevano male e gli bruciavano, dandogli una sensazione di calore piacevole. “Anch’io ti voglio bene.” Disse con un nodo alla gola, sentiva le lacrime scorrergli sul viso senza poterle controllare, fu allora che Richard sorrise amaramente.
“Sono pronto ad accettare la morte e ti ringrazio del dono che mi hai fatto. Avrò modo di amarvi ancora di più sapendo che il mio tempo è limitato e vivrò ogni istante come fosse l’ultimo.” 
Raider alzò lo sguardo cercando di rispondere, ma la figura di suo padre si era trasformata, si stava dileguando lentamente, come lo specchio di un lago d’acqua frantumato dalle onde di una pietra scagliata sopra di esso. La superfice di quelle immagini sembrava danzare davanti gli occhi del soldato, quando allungò la mano però non poté più afferrarlo, sentendo la freschezza dell’acqua.
“Conserverò questo ricordo nel mio cuore per l’eternità. Addio, papà.” Si disse Raider. Lo studio scomparve del tutto e al suo posto vi fu l’immensità del cielo stellato e le nebulose che brillavano di sfumature di colori, era come trovarsi nel vuoto cosmico.
Ma Raider non provava paura, anzi, si sentiva bene.
“Sono pronto per affrontare i miei nemici.” Si disse ancora e, come se qualcuno lo avesse sentito, Raider si ritrovò immerso ancora nei colori e nella luce bluastra della venatura fluorescente.
La luce era così intensa che il soldato fu costretto a chiudere gli occhi per poi riaprirli quando essa si era spenta ritrovandosi nel tempio su Carnan osservando il suo nemico con gli occhi fiammeggianti per la determinazione.
Sentiva un forte potere scorrergli nelle vene e sembrava che venisse dalla sua testa, si sentiva forte e carico di energia. Schioccò le dita delle mani avvertendo il potere della massa oscura sulle punte: il Velo era stato disattivato e lui aveva nuovamente i suoi poteri.

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Capitolo 42
*** Capitolo Quarantuno: Oscurità contro fuoco ***


Capitolo Quarantuno
Oscurità contro fuoco
 
 
 
 
 
 
 
 
Settore Ponente
Carnan – Tempio dell’Orbe
 
 All’interno del teatro Raider non riusciva a vedere più dove si trovasse il suo alleato e i suoi nemici con l’eccezione dell’Artificiere: Venberg sembrava essere stato investito dall’onda esplosiva d’acqua che aveva spento tutte le fiamme del tempio e il luogo era immerso nelle ombre e illuminato dalla debole luce che filtrava dal soffitto a causa del crollo di prima che aveva danneggiato la struttura.
“Pare che il vostro giocattolo sia stato messo fuori uso. Adesso dovrebbe essere un combattimento alla pari, non credi?” chiese Raider una volta che si fu reso conto del buon operato dei suoi alleati: aveva perso la pistola tra le macerie e non poteva permettersi di cercarla, doveva fare affidamento sui suoi poteri.  
L’omone osservò il suo nemico con superiorità, come aveva fatto fino a quel momento. I suoi occhi grigiastri erano carichi di una luce malvagia. “Disprezzi la nostra opera. Ma la Orbe è in mano nostra. I tuoi amici non possono fare nulla per fermarci. E tu sarai il primo di loro a cadere!” disse minacciosamente, poi si mise in posa da battaglia avvicinando le mani al volto.
L’Artificiere aprì le labbra e da esse venne generata una fiammata che danzò attraverso la pietra del tempio fino a raggiungere Raider: il ragazzo si tenne pronto e scattò lateralmente in modo da evitarlo, il raggio di fuoco colpì la venatura ormai spenta e più simile ad una radice rinsecchita che prese fuoco.
“Si è esaurita del tutto.” Si disse Raider mentre balzava a lato, preparò i suoi colpi concentrando l’energia oscura in dardi che direzionò contro il nemico: essi volarono fino ad impattare contro la sua armatura.
L’energia oscura si dissolse in fumo e nient’altro. Tra le risate dell’Artificiere, egli spostò la fiammata che stava producendo muovendosi alla ricerca del soldato. Raider concentrò le forze tutte intorno a sé in modo da sollevarsi e darsi lo slancio per raggiungere nuovamente gli spalti trovandosi al piano superiore.
“Ti diverti a saltare di qua e di là? Posso andare avanti tutto il giorno e prendere a fuoco l’intero pianeta.” Disse l’Artificiere che nonostante avesse perso il casco, non sembrava minimamente infastidito dalla presenza delle polveri nell’aria e respirava tranquillamente, Raider giunse presto alla conclusione che il suo impianto lo stava aiutando.
“D’altronde nei suoi polmoni avviene la produzione di fuoco, quindi respirare i solfati del pianeta non lo danneggia. Ma dev'esserci un modo per penetrare la sua armatura.” Si disse Raider, non aveva ancora una risposta ma quello di cui era certo era che il tempio era un luogo troppo angusto in cui combattere e le fiamme lo avrebbero inghiottito ancora prima di avere una soluzione al problema.
“Mi sto solo riscaldando. Non preoccuparti!” disse sarcasticamente rispondendo alla provocazione del suo nemico; si voltò alla propria sinistra dove le macerie riposavano sugli spalti. Concentrò la propria energia attorno ad esse così da sollevarle in aria.
I muscoli di Raider bruciarono visto l’eccessivo peso ma ne ebbe il pieno controllo: si voltò contro il suo nemico e glieli lanciò addosso urlando per lo sforzo. Ma l’Artificiere sembrava preparato anche a quello: dalla bocca dell’uomo le fiamme inghiottirono le pietre più piccole disciogliendole mentre quelle più grandi si carbonizzarono e sgretolarono a tal punto che quando colpirono l’uomo furono appena sufficienti per fermare l’attacco.
Raider sfruttò quel momento per utilizzare la propria energia per avvolgere l’Artificiere in modo da sollevarlo, avvertì la stretta delle sue mani sull’armatura fredda e resistente e cercò di schiacciarlo con tutta la forza che aveva ma quella non sembrava cedere.
“Credevi che ti avrei affrontato con quei giocattoli che ci rifila la OST? La mia armatura è forgiata dagli obakon che ho schiavizzato con i materiali più durevoli di tutto il Sistema Bael. I tuoi trucchi di magia non funzionano con me!” urlò Venberg sogghignando freddamente. A quel punto tornò a fare fuoco e fiamme in tutta la sala costringendo ancora una volta il soldato alla ritirata attraverso le scalinate.
“Maledizione. Non funziona.” Si disse Raider avendo trovato un nuovo riparo, non c’era abbastanza spazio per continuare a lottare e le fiamme stavano risalendo lentamente. Il fuoco danzava di vita propria inghiottendo tutto quello che c’era nel teatro.
“Forse un modo ci sarebbe!” si disse ancora il soldato, i suoi occhi erano rivolti al tetto di pietra che in più punti sembrava cedere sotto il peso dell’astronave nemica, gli ancoraggi avevano danneggiato il soffitto che grazie al terremoto di prima poteva fungere da ausilio.
“Ehi. Perché non chiudi quella dannata bocca e ti mangi un po’ di pietre!” urlò il ragazzo così da farsi sentire dal nemico per essere localizzato. L’Artificiere interruppe il suo attacco e per un breve istante cessarono le fiamme: Raider sfruttò quell’occasione per il suo piano.
Con tutta la sua forza impattò contro il tetto del tempio penetrando le crepe con l’energia scaturita dalla materia, sentiva le sue dita allungarsi e insidiarsi nel soffitto, i suoi pugni erano stretti e quando li aprì avvertì l’esplosione energetica liberarsi.
Ci fu una serie di tonfi ed infine il tetto esplose come se fosse stata usata una bomba: grosse macerie crollarono al centro della sala, tutto il tempio cominciò a tremare e le pareti caddero una dopo l’altra destabilizzando il terreno. Venberg aveva alzato la mano verso il cielo prima di essere inghiottito dal soffitto per poi scomparire sotto il peso di esso. Presumibilmente morto.
Raider ebbe un breve momento di pace, sentendo le sue forze quasi allo sfinimento: guardò le pareti che lente si accartocciavano come fogli di carta, poi una mano lo risvegliò dal suo stato di pietrificazione e vide gli occhi scuri di Hunter davanti al viso.
“Dobbiamo scappare prima di morirci! Seguimi, presto!” urlò il pirata, non ci fu occasione per Raider di dirgli quanto fosse sollevato di rivederlo. Si affidò semplicemente a lui per fuggire attraverso uno dei corridoi che portavano verso una parte del tempio ancora integra.
Hunter lo aveva preso per la mano, stringendo le sue dita attorno ad essa e trascinando il giovane all’esterno una volta raggiunto il colonnato. Tutta la struttura collassò su sé stessa rivelando la grande nave sferica della Lega in cielo e i suoi ancoraggi che si stavano ritraendo. I motori si erano attivati impedendone il collasso.
Quando Raider e Hunter si fermarono fuori dalla struttura, i due si guardarono per un lungo istante prima che il soldato allargasse le braccia gettandole attorno al pirata; lo strinse più forte che poteva avendo paura che fosse un’illusione, ma il suo tocco era reale.
“Temevo che ti fosse successo qualcosa!” disse semplicemente il giovane soldato, sciolse l’abbraccio restando comunque legato ad Hunter che lo fissava con un sorriso divertito. L’altro alzò quindi la mano poggiandola sul casco di Raider come per accarezzargli il volto.
“Ho inseguito tuo fratello e Lady Shadow. Ma li ho persi di vista e sono venuto a cercarti. Scusami se ti ho fatto preoccupare.” Disse lui con un leggero ghigno, poi si avvicinò a Raider inclinando la testa verso il basso e toccando col vetro del casco quello dell’altro.
Raider stava per ringraziarlo quando dalle macerie del tempio comparvero altre due figure, il soldato sciolse quell’abbraccio vedendo che Ryan e Lady Shadow erano ancora vivi. Suo fratello aveva tra le mani un oggetto somigliante ad una sfera di pietra decorata.
“Che immagine toccante. Vedere le vostre aure così innamorate… mi fa sciogliere il cuore. Mi spiace deludervi, ma è tempo per noi di lasciare questo posto infernale.” Disse Lady Shadow sogghignando, aveva un sorriso vittorioso sul volto, troppo sicura di sé.
Raider sentiva il bisogno di strapparle quel ghigno dalla faccia con le unghie delle mani se fosse stato necessario. Attraverso il vetro protettivo del casco della donna poteva vedere la sua espressione di gloria; strinse quindi i pugni evocando i propri poteri.
“Se non te ne sei accorta siete rimasti solo in due. Le forze armate del nostro esercito stanno arrivando e i vostri droidi verranno spazzati via…e poi non siamo mica soli!” disse Raider che in quel momento aveva adocchiato altre tre figure avvicinarsi alla zona del combattimento finale.
Allyson guidava il trio e subito dietro di lei c’erano Seeryn e Kellan. I cinque membri del gruppo si scambiarono un cenno di intesa, avevano circondato i nemici superstiti pronti per combatterli quando la terra continuò ancora a tremare con forza.
“Che succede…?” si chiese Raider, la risposta venne subito dopo qualche istante quando il tempio esplose in un tornado di fuoco, una colonna che si levò fino al cielo per poi svanire così com’era venuta. 
Le macerie esplose del tempio si erano sollevate per diversi chilometri in aria per poi cadere ancora una volta verso tutti loro, la scena avvenne rapidamente: Allyson si voltò verso Seeryn e la donna eteren si sporse di pochi passi in avanti, allungò una mano verso il cielo ed evocò la sua barriera protettiva usando il suo Dono.
I resti del tempio impattarono contro la barriera appena evocata infrangendosi e trasformandosi in cenere che scivolò via fino a che il pericolo non fu scampato. Ancora una volta le fiamme si levarono dal centro del tempio come lo sputò di un drago. Raider le osservò vedendo che avevano assunto una forma che sembrava viva e al centro di esse vi era una persona: Michael Venberg era tra di esse e guardava la scena in basso con l’aria furiosa.
“Pensavi di esserti liberato di me, Raider King? Non ti lascerò scappare, dovessi dare fuoco a tutto il pianeta fin da dentro il suo nucleo, ho detto!” ripeté l’Artificiere con tutto il fiato che aveva in gola, l’eco della sua voce sembrava grottesco ed era offuscato dal suono delle fiamme che ardevano sempre più in alto nel cielo.
La forma delle fiamme che avevano accerchiato l’Artificiere era somigliante ad un enorme uccello, con le ali che sembravano un prolungo delle braccia dell’omone e la grande testa allungata in cima a tutto il resto. L’enorme Fenice evocata spalancò completamente le sue ali facendo piovere del fuoco sull’area del tempio.
Il gruppo dovette disperdersi ancora per evitare di essere colpiti, Raider si separò da Hunter per ritrovarsi nascosto insieme ad Allyson mentre Seeryn cercava di proteggere tutti dalla pioggia di fuoco. 
“Non penso di essermi esercitato abbastanza da affrontare quell’enorme bestia fiammeggiante. Che roba dovrebbe essere!?” urlò Raider cercando di farsi sentire dalla sua compagna. La soldatessa abbassò la testa di scatto, i capelli azzurri le ricaddero sul viso e poi una volta che la pioggia di fuoco ebbe termine si rialzò.
“Credo che definire cosa sia è l’ultimo dei nostri problemi. Dobbiamo impedire a Lady Shadow di portare sulla nave l’Orbe degli Spiriti o avranno un’arma potente e pericolosa.” disse Allyson con l’espressione agguerrita. Entrambi si sporsero oltre le rocce. 
Dal punto in cui si trovava, Raider non aveva più la visione della pericolosa donna e di suo fratello ma sentiva comunque i rumori della battaglia. C’era uno scontro a fuoco e pareva che i droidi li avessero trovati e circondati. Adesso erano in minoranza.
Un’altra pioggia di fuoco cadde sul campo di battaglia mentre il caos sembrava essersi scatenato tra le forze degli alleati e quelle del nemico. La grande Fenice rappresentava un ostacolo per le altre navi spaziali e il suo getto di fuoco aveva sfondato lo scafo di una nave facendola esplodere in aria pochi istanti dopo, con le urla dei soldati all’interno disperati per l’imminente impatto. 
Raider osservò la scena con lo stomaco che si contorse per la rabbia: doveva trovare un modo per fermarlo.
“Se non mi libero di Venberg finirà per ucciderci tutti. Le nostre forze, le nostre navi, verremo spazzati via.” Disse il giovane soldato facendo il punto della situazione alla sua amica, Allyson lo guardò ancora negli occhi e in qualche modo lui ebbe la risposta al problema. “Usa i tuoi poteri su di me per potenziarmi e potrò affrontarlo!” urlò.
L’espressione di Allyson era totalmente contrariata. 
“Non lo farò! Sai cos’è successo l’ultima volta, Raider. Ho quasi rischiato di ucciderti. Non sappiamo quanto dovresti spingerti in avanti per poter affrontare quel demone di fuoco!” disse la ragazza scuotendo il viso più volte, a quel punto Raider le si parò davanti restando al coperto dalle macerie e le mise le mani sulle spalle.
“Ho bisogno di te per affrontarlo. Non abbiamo altre possibilità. Devo essere disposto a tutto per fermarlo!” le disse Raider con lo sguardo fisso negli occhi ma lei continuava a scuotere il volto.
Un’altra pioggia di fuoco cadde dal cielo, stavolta i colpi arrivarono fino a dove si trovavano loro e furono costretti a fuggire. Trovato un nuovo riparo, Raider incrociò ancora lo sguardo della ragazza.
“Allyson!” la chiamò urlando.
“Va bene, hai ragione tu. È la nostra sola possibilità.” Disse in risposta. Ci fu un lungo istante di silenzio nel quale i due soldati si guardarono con intensa, poi la soldatessa alzò la mano.
I fili dorati del suo potere si mossero nell’aria come la tela di un ragno, avvolgendo completamente il giovane soldato, Raider si sentì carico di nuova potenza e si sentì invincibile: quella sensazione lo faceva sentire talmente tanto forte che gli pareva di poter controllare il pianeta stesso e i suoi effetti gravitazionali.
“Vedi di non farti uccidere!” disse lei con sarcasmo. 
“Vedi di fare lo stesso.” Le rispose lui con un ghigno, poi si separò dalla soldatessa sentendo l’energia materializzarsi tutta intorno a lui.
Raider tenne lo sguardo fisso contro il proprio avversario, la gigantesca Fenice che era levata in aria volteggiando nel cielo rosso di Carnan; un’altra pioggia di fuoco cadde materializzandosi dalle ali dell’enorme creatura mentre Venberg vi volteggiava dentro.
“Non sei il solo a giocare con i grandi poteri!” disse Raider, le sue parole non potevano essere udite dal pericoloso Artificiere che sembrava ignaro del potenziamento del soldato. “Sono pronto per affrontarlo.” Si disse ancora, un incoraggiamento che non ammetteva repliche nonostante il cuore gli battesse a mille.
Raider camminò lentamente cominciando a caricare l’energia oscura intorno alle sue mani e con essa si sollevò dal terreno come se salisse una scala invisibile che lo portava in alto. L’enorme massa di potere gravitazionale volteggiò tutta intorno a lui, convogliata attraverso le sue mani. Fu allora che urlò contro il suo nemico.
“Venberg! Sono qui se vuoi uccidermi. Facciamola finita!” 
Sentendosi chiamare, l’enorme Fenice si voltò verso il soldato che si trovava di fronte ad essa a distanza di alcuni chilometri. Entrambi erano sollevati in aria uno contro l’altro; poi la Fenice sprigionò un getto di fiamme che puntò contro il soldato.
Raider concentrò il suo potere avvicinandosi le mani al petto, poi quando lo sentì sotto il pieno controllo, lo rilasciò spingendolo in avanti: un raggio di oscurità pari a quello di fiamme della Fenice volò nel cielo scontrandosi contro l’attacco del nemico. Ci fu una grande esplosione e un’onda d’urto che fece tremare il pianeta.
“Non puoi battermi, Raider. Smettila di lottare e muori come l’eroe che fingi di essere!” urlò l’Artificiere, la sua voce tuonava nelle orecchie del soldato come se fosse accanto a lui, ma il ragazzo non aveva intenzione di cedere a quelle intimidazioni.
“Ti sbagli, io posso batterti adesso.” Gli rispose Raider.
Spinse i suoi poteri oltre il limite come aveva già fatto su Frelm, avvertì tutta l’energia oscura unirsi al fuoco nel punto in cui i due grandi raggi convergevano e lo trasformarono: le fiamme parvero estinguersi permettendo al raggio oscuro di avanzare rapidamente contro il nemico finché non gli fu sempre più vicino.
A quel punto Raider allargò le braccia facendo esplodere il raggio energetico e modellandolo tutto intorno alla Fenice: l’omone venne avvolto dalla materia oscura generata dai poteri di Raider rinchiudendolo in una bolla di tenebra, il soldato strinse la morsa intorno all’armatura disintegrandola lentamente.
“Non può resistermi!” si disse il soldato, digrignò i denti sentendo il sapore del sangue sulla sua bocca, avvertendo la testa esplodergli per il potere che stava controllando. Rivoli di sangue gli fuoriuscirono dal naso e dalle orecchie, pareva che bruciasse. “Dovessi anche morire. Ti porterò con me.” Si ripeteva ancora e ancora.
La bolla di energia oscura aveva completamente avvolto il suo nemico e questo aveva consumato tutto l’ossigeno intorno a Venberg: le fiamme si estinsero spegnendo la Fenice mentre l’omone stava cominciando a boccheggiare in assenza di aria da respirare.
Poi i suoi poteri si interruppero bruscamente. Raider sentì un dolore lancinante al petto, come se lo avessero trapassato con un colpo al cuore. Il ragazzo perse il controllo dei suoi poteri e si ritrovò a cadere in aria lentamente verso il pianeta a causa della gravità di Carnan.
Raider respirò più che poteva per sopperire la fatica mentre gattonava cercando di trovare un minimo di forza per mettersi in piedi ma senza riuscirci.
“Cosa sta succedendo…?” si chiese il giovane soldato alzando lo sguardo giusto in tempo per poterlo vedere con i suoi occhi: il petto di Allyson trapassato da una lama e la vita che le si spegneva lentamente sul viso mentre con le sue labbra balbettavano in cerca di aiuto.
 

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Capitolo 43
*** Capitolo Quarantadue: Testa a testa ***


Capitolo Quarantadue
Testa a testa
 
 
 
 
 
 
 
 
Settore Ponente
Carnan – Landa bruciata
 
Il volto di Allyson era privo della sua espressione, Raider l’aveva vista tante volte sorridere mentre erano insieme e in un attimo fu come se potesse rivivere i momenti con lei: fin dal loro primo incontro nel centro d’addestramento della OST e per tutta la loro avventura. 
Era stata la sua prima vera amica su Bael.
La soldatessa aveva balbettato qualcosa, le sue labbra si erano mosse mentre un rivolo di sangue le scorreva sul mento, ma per lui era impossibile sentire cosa avesse detto. Troppo distante, troppo rumore intorno, anche se il tempo sembrava essersi fermato.
Poi la lama venne estratta dal petto di Allyson, la sua corazza macchiata dal sangue, su di essa era visibile la voragine lasciata dall’arma mentre la ragazza si accasciava sulla terra rossa di Carnan, prima cadendo sulle ginocchia, poi sedendosi su un fianco per stirarsi, alzò un braccio in maniera debole, come per aggrapparsi alla vita.
I suoi occhi avevano però perso la luce della coscienza nel momento in cui aveva toccato per terra.
“Sarebbe dovuta andare così fin dall’inizio, Raider. Il dono di Allyson Morgan rappresentava un’arma che qualcuno avrebbe potuto usare contro l’umanità. Andava fatto.” Disse la voce di Lady Shadow apparendo vincitrice, gli occhi del soldato si alzarono dal corpo senza vita della sua amica incrociando gli occhi cybernetici della donna.
Era immobile con la spada in mano, prese un tovagliolo di stoffa preso da una tasca della sua corazza per ripulire l’arma dal sangue di Allyson. Nulla sembrava avere senso e il modo superficiale con il quale aveva parlato faceva salire la rabbia di Raider.
“Te la farò pagare…” disse lui con un sussurro. Si sentiva la voce roca, strozzata nella da un nodo talmente tanto stretto che gli impediva persino di respirare. Mentre gli occhi si facevano sempre più pesanti e le lacrime scivolavano via, Raider sentiva di non poter piangere.
“Io e Cordelia volevamo che l’umanità avesse un futuro miglior su Bael. Che la nostra espansione potesse avvenire senza problemi. Allyson Morgan doveva morire durante il viaggio, lei però non era disposta a fare quell’estremo sacrificio. Io sì!” disse ancora Lady Shadow come se cercasse di giustificare le sue azioni, ma dal suo tono si capiva che non era dispiaciuta, anzi, era fiera del suo operato.
“Non ti lascerò vincere…” disse ancora il soldato, stavolta con un tono di voce più alto, deglutì con forza il pesante nodo ingoiandolo come se fosse metallo duro. Era allo stremo dei suoi poteri ora che non aveva più il potenziamento degli impianti di Allyson.
Raider fece qualche passo in avanti cercando di raccogliere le sue energie ma Lady Shadow stava sorridendo soddisfatta, il soldato non poteva capire perché finché non sentì una forza immane trascinarlo via e sollevarlo di peso fino a fargli mancare il terreno.
Il soldato si trovò schiacciato a pancia in giù ritrovandosi a fissare gli occhi vitrei di Allyson a pochi metri di distanza mentre la forza colossale sembrava schiacciarlo; tentò di divincolarsi quando qualcuno lo fece girare verso l’alto e ricevette un pugno proprio sul visore del casco il cui vetro di frantumò. Le schegge volarono sul viso e sulle guance di Raider graffiandole mentre guardava il suo assalitore.
Il volto invecchiato di Michael Venberg gli si parò davanti, con la sua pesante stazza lo aveva del tutto immobilizzato: le gambe e il busto erano completamente bloccati e non poteva nulla contro la mole dell’omone. L’Artificiere estrasse poi un coltello levandolo in aria e fu allora che Raider temette per la sua vita.
Ma il colpo che ricevette non fu letale: l’omone conficcò il coltello nella mano destra del soldato inchiodandola al terreno per impedirgli di muoverla. Raider scattò ad urlare per il dolore lancinante e la sensazione della lama conficcata nella propria carne.
“Non ti darò una morte veloce, moccioso.  Meriti di soffrire per quello che hai fatto a Vaerys!” disse Venberg nominando la zia di Seeryn. Il suo smascheramento a corte ovviamente era arrivato anche alle orecchie della Lega.
Raider cercò di resistere al dolore, digrignò i denti e concentrò le ultime forze rimaste dei suoi poteri nella mano sinistra che però colse l’attenzione dell’uomo e la tenne bloccata al terreno con una mano mentre con l’altra estrasse via il casco strappandolo dalla corazza.
L’aria di Carnan era pesante, quasi irrespirabile, la forte presenza di ceneri non creava problemi al suo avversario ma Raider avvertì subito la fatica e lo sforzo dei suoi polmoni nel cercare di continuare a respirare. Aprì la bocca raccogliendo quantità di aria più che poteva, un tentativo che però venne bloccato da Venberg.
L’Artificiere gli strinse il collo con la mano che aveva libera proprio sotto il mento in modo da strozzare la gola e limitare ancora di più la poca aria che il giovane soldato riusciva a respirare. Gli occhi di Raider cercarono di muoversi per trovare una soluzione che potesse fare al caso suo: l’assenza di ossigeno però limitava i suoi pensieri ad un’unica frase che la mente gli urlava echeggiando nei timpani.
“Ho bisogno di aria!” non riusciva a smettere di pensarci e per quanto provasse a restare lucido non c’era nulla che potesse fare. Con la mano inchiodata e l’altra bloccata al terreno non c’era modo per liberarsi.
“Per te è finita, giovane King. Salutami tuo padre quando lo rivedrai all’Altro mondo!” disse Venberg con un ultimo sospiro di gloria, il suo volto continuava ad essere inespressivo, severo e distaccato. Raider avrebbe tanto voluto dirgli di andare al diavolo, ma sentiva lentamente il suo corpo perdere le ultime forze rimaste.
Improvvisamente poi Venberg venne spinto via con forza da una scarica di proiettili che lo fece voltare, non abbastanza in tempo però visto che si ritrovò a rotolare al fianco di Raider proprio vicino a dove la sua mano era stata inchiodata.
“Sapevo che ti avrei ritrovato…” disse una voce che Raider non riuscì a distinguere in maniera chiara subito. Il suo petto si riempì nuovamente di aria che per quanto fosse satura di ceneri conteneva pur sempre dell’ossigeno. Vide un’ombra muoversi sopra di lui, ignorarlo e passare oltre per sovrastare a sua volta il corpo di Venberg.
“Hai ammazzato mia moglie. Hai massacrato mia figlia. Hai preso le loro vite e ora mi prenderò la tua svarkbhok di testa!” disse la stessa voce che aveva salvato Raider dal soffocamento. Il soldato cercò di riprendere con il controllo sui muscoli e si spostò su un fianco cercando di afferrare il coltello con la mano libera.
Fu allora che vide Kellan che si era seduto proprio sul collo dell’uomo, l’unica parte libera della sua corazza quasi disintegrata e lo teneva bloccato: era seduto sul collo dell’uomo, aveva poi usato il suo fucile per bloccargli un braccio mentre l’altro si muoveva in vano contro il viso dell’obakon protetto dal casco.
Ma Kellan non se ne rese neanche conto visto che era concentrato sulle sue mani tozze che avvolgevano il volto dell’Artificiere.
“Kellan…” Raider cercò di chiamare l’obakon non gli diede ascolto e le sue mani gli avevano preso il cranio. Le sue dita scavarono poi all’interno degli occhi e il soldato si ritrovò a chiudere i suoi con tutta la forza che aveva per non guardare.
Venberg urlò di dolore mentre Kellan continuava a dire insulti nella sua lingua nativa, dopo pochi istanti che parvero durare un’ora, Raider sentì le urla cessare e un suono che gli fece venire il voltastomaco; capì che il loro avversario era morto proprio come l’obakon aveva sempre voluto vendicarsi. Fu allora che il coltello venne estratto dal terreno liberando Raider.
“Lo so, Pasticcino. Non è bello da vedere. Ma quello schifoso ha avuto ciò che meritava. La mia famiglia può finalmente vivere in pace. Meglio che non guardi.” disse Kellan, sembrava essersi calmato e con le sue mani insanguinate stava cercando di far tornare Raider in piedi, il soldato si aiutò anche grazie a lui riaprendo gli occhi solo quando era tornato in piedi. Non si azzardò a guardarsi indietro.
“Che motivo avrebbe avuto Venberg di attaccare gli obakon e di uccidere la famiglia di Kellan? Aveva detto che aveva fatto costruire la sua armatura dagli obakon. Che fosse solo per quello?” Si chiese Raider nella mente mentre camminava allontanandosi dal corpo dell’Artificiere ed avvicinandosi a quello della sua amica.
Allyson riposava quasi serena, ci furono dei passi tutto intorno a loro e Raider si voltò per vedere arrivare Hunter e Seeryn che si fermarono anche loro alla vista della scena del massacro.
“Allyson…” disse debolmente Seeryn, sconvolta dalla sua morte. Non era sicuramente la prima volta che la donna eteren vedeva qualcuno morire, ma era la prima che accadeva in battaglia. I suoi occhi viola erano sbarrati e l’espressione incredula.
Come tutti, anche Raider restò immobile nell’osservare il corpo della sua amica mentre il suo corpo veniva colto dagli spasmi, cominciò a tossire pesantemente a causa delle ceneri di Carnan; Hunter si avvicinò al corpo di Allyson, le tolse la sicura del casco togliendoglielo con delicatezza per poi avvicinarsi a Raider.
“A lei non può servire. Tu ne hai bisogno per respirare. Non permetterò che tu muoia in questo modo, non prima di aver fermato Lady Shadow!” gli disse Hunter con tono duro e l’espressione corrucciate, come se volesse trattenere la rabbia.
Raider restò immobile mentre il suo amico inseriva il nuovo casco nell’apposito alloggiamento, con un movimento secco lo collegò al resto della corazza e l’aria pulita riprese a scorrere all’interno della sua tuta, permettendo al giovane soldato di respirare meglio. La tosse terminò in pochi istanti anche se una volta tornati a casa avrebbe dovuto fare una bella cura di antibiotici visto quanta aria tossica aveva respirato.
“Sembrano stare bene. Sono vivi…” Il primo pensieri di Raider fu quello di osservare i propri compagni per capire in che stato erano: Seeryn aveva perso i suoi scudi e la corazza era danneggiata, anche quella di Hunter e Kellan erano messe male ma nessuno sembrava aver subito ferite mortali e ciò lo fece sentire sollevato.
Affrontare la morte di Allyson era già troppo per lui. 
La dottoressa eteren si apprestò a fermare l’emorragia della sua mano che aveva quasi dimenticato a causa della perdita di sensibilità. Con la prontezza e freddezza di spirito, la dottoressa riuscì rapidamente a disinfettare e medicare.
“Avrai bisogno di maggiori cure, servirebbe un ospedale. Ma possiamo salvarla, non sembra aver colpito nulla di irrimediabile.” Disse Seeryn osservando l’arto in maniera superficiale.
Raider però non le prestava attenzione, i suoi occhi erano rivolti verso l’ombra che camminava contro di loro: zoppicava debolmente e anche lui come Hunter stava guardando la nave sferica della Lega che prendeva il volo allontanandosi dal pienata chilometro dopo chilometro, Lady Shadow doveva essere riuscita ad arrivare alla sala comandi.
“Ti ha abbandonato qui: non è una persona pronta a sacrificarsi per la squadra, eh?” chiese Raider spostandosi contro la figura e lasciando alle spalle gli altri tre del gruppo. 
Suo fratello aveva un’espressione di sconfitta, gli occhi abbassati e il volto rabbuiato. Era difficile da credere persino per lui che Lady Shadow stesse abbandonando il pianeta, Raider avrebbe tanto voluto inseguirla, ma quello era il momento del confronto con suo fratello e non poteva sottrarcisi per alcun motivo.
“Credevo che ci fosse qualcosa di speciale tra noi. Ma il modo in cui mi ha guardato quando mi ha abbandonato, mi ha fatto capire di no.” Disse Ryan, la sua voce era così calda, molto differente da quella che suo fratello maggiore ricordava: il giovane diciottenne si era fatto uomo ed era veramente cambiato in tutto.
Raider e Ryan si guardarono per un lungo istante: gli occhi di ghiaccio del primo incrociarono quelli caldi del secondo e annuirono allo stesso tempo. Ryan depose le armi che aveva addosso gettandole al terreno, poi mise la mano all’interno della sua corazza estraendo un oggetto sferico e lo fece rotolare di qualche metro in avanti per poi mettere le mani dietro la testa in segno di resa. Socchiuse gli occhi e poi attese di essere arrestato, ormai arresosi.
Raider osservò l’oggetto che rotolava e si mosse di pochi passi in avanti per afferrarlo quando ebbe toccato i suoi stivali: rigirò la sfera tra le mani capendo che si trattava del manufatto antico che la Lega stava cercando nel tempio e che non erano riusciti a portar via.
L’Orbe degli Spiriti sembrava un comune sasso levigato e decorato, era impossibile pensare che avesse chissà quali poteri mistici, Raider strinse il manufatto tra le mani promettendosi di consegnarla solo a qualcuno del quale avrebbe avuto piena fiducia.
I soldati della OST furono dietro di Ryan per prenderlo in custodia prendendogli i polsi e legandoli con le manette che avrebbero limitato il suo impianto. Anche se non conosceva questo nuovo fratello, Raider era certo che non avrebbe fatto sciocchezze e non avrebbe opposto resistenza al suo arresto.
“Si è consegnato di sua volontà. Trattatelo bene.” Disse come raccomandazione, si scambiò un’ultima occhiata con suo fratello che però tenne gli occhi abbassati, quasi vergognandosi di quello che aveva fatto per amore di una donna che lo aveva abbandonato.
Raider si voltò verso la nave sferica che si stava levando in alto e mentre essa si allontanava dall’atmosfera di Carnan, il giovane soldato pensò che la Lega non era stata sgominata del tutto visto che Lady Shadow era ancora in libertà, anche se le navi da ricognizione l’avrebbero cercata in ogni angolo del sistema finché non l’avessero trovata ed arrestata.
Aveva perso tutto: non aveva più risorse, non aveva più i suoi compagni di lotta, aveva perso i suoi agganci e tutto per l’Orbe che Raider stringeva tra le mani, certo anche del fatto che non si sarebbe arresa, qualora avesse trovato un riparo da qualche parte. Era solo questione di tempo prima che venisse fermata, d’altronde tutta Bael era sua nemica. Raider quindi sorrise.
“Credo che sia il momento giunto il momento di una vacanza.” Si disse pensando che era riuscito a sgominare le Lega con l’aiuto dei suoi amici; abbassò lo sguardo ritrovando gli occhi di Hunter e il ragazzo gli fece un largo sorriso mentre si avvicinava a lui, come se avesse capito quello che aveva pensato.
 Per la prima volta dopo tanto tempo, Raider si sentì sollevato.

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Capitolo 44
*** Capitolo Quarantatré: L'equilibrio stabilito ***


Capitolo Quarantatré
L’equilibrio stabilito
 
 
 
 
 
 
 
 
Settore Levante
Naxos – Palazzo dei Saggi, colonia di Hannak’Tara
 
Helena Milgford era una donna sicura di sé, questo traspariva dalla sua camminata a dal suo sguardo acceso mentre saliva sul palco della grande sala delle udienze. La conferenza era trasmessa in diretta e collegata a tutte le reti delle specie sensienti che abitavano nel Sistema Bael. Chiunque avrebbe visto quello che sarebbe stato chiamato successivamente il Giorno dell’Unione.
Raider osservava la scena lateralmente, si trovava insieme ad altri soldati, adornati delle loro corazze e messi uno di fianco all’altro. Lui aveva avuto un posto in prima fila per poter osservare la scena: la nuova direttrice Milgford era salita sul palco per raggiungere uno dei rappresentanti del Consiglio dei Saggi obakon, che per l’occasione avevano ospitato l’evento nel loro palazzo.
La struttura era alta e imponente, formata principalmente da linee dritte che si muovevano verso il cielo. Aveva una forma rettangolare e il soffitto sembrava perdersi all’occhio umano, Raider non riusciva ad immaginare a cosa potesse servire un tempio così tanto alto finché non lo aveva effettivamente chiesto prima della cerimonia: il Culto della Roccia Sacra degli obakon imponeva grandi spazi per la preghiera.
Il giovane soldato ritornò con lo sguardo verso il basso, dove le bare dei caduti erano state posizionate al centro della sala in modo da poter essere viste da chiunque. L’ultimo assalto contro la Lega era stato pieno di perdite da tutte e tre le fazioni. Tra quelle tombe, c’era anche quella di Allyson che ormai riposava serenamente.
“Buongiorno a tutti, o forse buonasera, per chi attualmente vede la luna con i propri occhi levati al cielo.” Cominciò la nuova direttrice, era stato necessario, quella carica non poteva rimanere a lungo scoperta e benché Raider trovasse difficile sostituire suo padre o Cordelia, Helena Milgford sembrava avere una carriera brillante.
“In questo grande giorno, le nostre tre razze sono più unite che mai. Eteren, umani, obakon. Abbiamo dovuto affrontare una pericolosa associazione che in più occasioni ha rischiato da farci cadere nell’abisso più oscuro. Ma tutti noi abbiamo resistito.” Gli occhi di Raider si muovevano mentre ascoltava passivamente il discorso; dall’altro lato della sala tra i guerrieri obakon, vi era anche Kellan che sembrava sonnecchiare in piedi, al soldato venne quasi da ridere.
“Questa battaglia ci ha fatto perdere molte persone: amici, compagni d’arme, familiari. Il loro tributo contro la Lega non sarà vano, poiché hanno permesso la realizzazione della più grande alleanza della storia. E oggi ci uniamo nel cordoglio. Ricordate chi è caduto, ricordate chi ha sofferto e soprattutto, ricordate chi ha combattuto affinché la pace e la libertà fossero difese!” 
Raider incrociò lo sguardo di Seeryn che si trovava invece sul palco; non aveva la sua solita suite bianca e nera, per l’evento aveva indossato un tailleur simile ai modelli umani sulle colorazioni del rosa e del viola come i suoi occhi. La facevano sembrava una vera dea, un contrasto di colori perfetto con la sua pelle blu. Aveva le spalle scoperte e il collo nudo se non per una collana con un pendente.
I due si scambiarono un cenno di saluto ritrovandosi dopo l’ultima battaglia: da quando aveva accettato il ruolo proposto dalla Regina come sua consigliera avevano avuto poco tempo per parlare, ma Seeryn meritava di stare su quel palco più di ogni altra persona.
“Quando vi sembra di cadere nella disperazione, ricordate che c’è chi lotta per voi ogni istante per fermare i malvagi. Unitevi anche voi alla battaglia e avremo salvato la nostra civiltà!” disse infine la direttrice Milgford, il suo discorso era giunto a conclusione ma Raider era sovrappensiero in quel momento: c’erano tanti pensieri che gli frullavano per la testa ma voleva semplicemente staccare la spina e immaginare che, almeno per qualche giorno, avrebbe potuto dimenticarsi del resto.
La sua battaglia forse era finita o forse no, al momento non gliene importava molto. Qualcun altro avrebbe dato la caccia alla pericolosa Lady Shadow; lui voleva solo godersi la sua meritata licenza.
Alla fine dell’evento, Raider uscì dal Palazzo dei Saggi scendendo la lunga scalinata, era uno degli ultimi che stavano lasciando la grande struttura, aveva concesso un ultimo saluto ad Allyson pensando che finalmente lei aveva raggiunto un posto migliore e che un giorno anche lui l’avrebbe raggiunta.
Alla base della scalinata lo stava aspettando Hunter: era poggiato alla colonna bassa indossando abiti da civile scuri, teneva un ginocchio leggermente piegato in modo da tenere il piede sulla colonna. Aveva poi le braccia incrociate e i suoi occhi che guardavano il lento scendere delle scale di Raider, come se lo stesse studiando.
Quando i due ragazzi si trovarono faccia a faccia ci fu un lungo attimo di silenzio, poi entrambi allargarono le braccia per unirsi in un abbraccio; quale che fosse il sentimento che li legava, Raider si sentiva bene come non lo era da molto tempo.
“Mi sarei unito a voi, ma pare che non c’era posto per un pirata spaziale di malafede. Magari all’anniversario di questo giorno potrò partecipare.” Disse sarcasticamente lui grattandosi la barba sul mento e ridacchiando. Raider fece un mezzo sorriso e annuì.
“Sarebbe stato bello averti. Ho sentito la tua mancanza, sai?” chiese Raider mentre i due camminarono fianco a fianco; il soldato lasciò le mani penzolare ai fianchi, Hunter le aveva infilate nelle tasche della propria giacca.
Un leggero vento si innalzò portando con sé il profumo dei fiori, trascinato dalla brezza della stagione primaverile che stava per iniziare su Naxos. Sembrava un paradiso più bello della Terra, con la stella secondaria Parra a brillare sopra di esso e ancora più lontana Bael, che splendeva di una luce più tenue come un puntino nella volta celeste.
Dietro di loro ci furono dei passi veloci, quando Raider si girò per vedere di chi fossero, vide Seeryn e Kellan che li avevano raggiunti. I quattro si fermarono nel largo viale che portava al Palazzo dei Saggi le cui porte erano ormai state chiuse.
“Mi sembra passata una vita da quando ti sei risvegliato. Sono cambiate tantissime cose, ma non sono altro che pochi mesi.” Disse Seeryn allungando una mano verso Raider e poggiandogliela sulla spalla, il suo tocco era delicato come quello di una carezza.
“Abbiamo fatto tutti tanta strada. Tu più di chiunque altro. Sei diventata la consigliera della Regina adesso, questo è un grande onore.” Disse il soldato sorridendo alla sua amica blu, lei fece lo stesso.
“Ci sono battaglie all’orizzonte, Raider. C’è ancora tanto da fare e finché la Guerra di Confine non avrà termine, saremo ancora tutti in pericolo. Abbiamo fermato la Lega, ma siamo ai limiti di quella che potrebbe essere definita come un’invasione.” Disse Seeryn facendo una breve pausa, i suoi occhi si abbassarono. “Non dovrei dirtelo, ma sappiamo che alcune navi da ricognizione dei wekaeni sono riuscite a superare il Confine. Potrebbero essere atterrati su qualche pianeta.”
Gli occhi di Seeryn assunsero una tonalità scura e lugubre. “Vuol dire che affronteremo una nuova guerra. Molto più vicina di quel che pensiamo. Sappiamo cosa vogliono da noi?” chiese il soldato, ma la risposta di Seeryn fu negativa scuotendo il viso.
“No, ma immagino che se perderemo lo scopriremo presto.” Disse lei in risposta, poi però alzò ancora lo sguardo e fece un largo sorriso carico di pensieri positivi. “Non dobbiamo però soffermarci su queste cose. Ora che le nostre tre specie sono unite, ho sentito dire che permetteranno l’arrivo di una quarta arca degli umani!” 
Raider annuì, aveva sentito poche cose al riguardo, tutto quello che sapeva era semplicemente il programma spaziale definito dal padre. Ma tutto quello che accadeva intorno, non gli riguardava. “Sì, parrebbe di sì. Elysium è pronta a partire, ma ci vorranno ancora cinque anni prima che possano arrivare. Pare che nel Sistema Sol abbiano fatto progressi e chissà, magari riusciremo a collegare il Crocevia con la nostra casa.” Disse il soldato nominando la quarta arca sulla lista.
“Altre facce rosa con il quale trovarsi ad andare d’accordo? Voi umani siete i più privilegiati non c’è dubbio!” intervenne Kellan spingendosi in avanti, affettuosamente tirò una pacca sul braccio di Raider che cercò di mantenersi in equilibrio per la forza che aveva usato l’obakon, poi scoppiò a ridere.
“Immagino che per voi sia difficile poter inviare un’altra Nave Generazionale. Ci avete messo molto tempo per arrivare fin qui. Ma ricordo che stavate studiando i motori della Syramo; novità?” chiese Raider, si ricordava bene quel giorno visto che si era scontrato per la prima volta con i membri della Lega. Era stata la prima volta che Lady Shadow era apparsa a lui e da allora erano cambiate tante cose.
“No, Pasticcino. Progettare un motore di quella portata da questa parte è più facile. Ma il problema è quello di spostare le persone dal nostro sistema originario fin qui. Ci vorrà ancora del tempo, ma abbiamo trasmesso i dati necessari.” Disse l’obakon.
“E tu cosa farai nel frattempo?” chiese ancora Raider.
“Voglio proprio farmi una bella vacanza nel buco più isolato di Naxos. Dicono che nella fascia tropicale ci siano delle bestie alte quando il Palazzo dei Saggi stesso! Voglio cavalcarne una o due!” disse Kellan ridacchiando in maniera incontrollata, di certo il suo ideale di vacanza era differente da quello che aveva in mente Raider.
“Da come lo hai descritto sembra l’opposto dell’essere tranquillo. Vedi di non sparire, Kellan. Ormai mi ero quasi abituato alla tua presenza e mi mancheresti.” Disse Raider, quelle sue parole suonavano come un vero e proprio addio. Bael con i suoi problemi e misteri aveva unito le loro strade ma era pronto a separarle ancora.
“Non ti libererai di me così facilmente, Pasticcino. Tu, piuttosto, vedi di fare attenzione. Queste terre spaziali sono piene di malintenzionati questo screanzato qui!” disse l’obakon rivolgendosi ad Hunter, tirò una pacca sul braccio anche a lui ma visibilmente più forte, il pirata riuscì quasi ad evitarla senza farsi troppo male mentre l’obakon scoppiò ancora una volta in una grassa risata soddisfatta.
“Sei instabile ma simpatico. Qualche giorno ci faremo una vera e propria bevuta insieme, sono certo che ti batterò!” disse Hunter a sua volta, tutti e quattro poi scoppiarono a ridere all’unisono quando dei nuovi passi fecero voltare Raider.
Helena Milgford si trovava in piedi a pochi passi di distanza tenendo le mani incrociate al ventre, aspettando che lui si accorgesse della sua presenza. Gli fece un mezzo sorriso e un cenno e Raider capì che voleva parlare con lui. “Forse la mia persona è richiesta dalla direttrice.” Disse il giovane soldato rivolgendosi ancora una volta ai suoi amici.
A quel punto, Seeryn si avvicinò allargando le braccia e senza chiedere abbracciò il soldato a sé. "Mi pare di avervi visto fare così. Si chiama abbraccio, giusto?” disse lei, stringeva troppo forte ma Raider non si sentì di correggerla. L’abbracciò in risposta e poi salutò anche Kellan con un cenno.
“Ti aspetto qui. Non posso mica lasciarti da solo.” Disse Hunter quando i loro occhi si incrociarono, Raider non poteva che esserne felice quindi annuì e si spostò verso la nuova direttrice.
“Le congratulazioni sono dovute. Un ruolo che richiede molta pazienza e tanto sacrificio: Cordelia Cross ha avuto il controllo per trent’anni quasi e le cose sono andate più o meno bene. Con questo nuovo accordo, ci aspettano anni di pace.” Disse Raider cercando di superare l’imbarazzo iniziale, non sapeva esattamente che tipo di persona fosse la nuova direttrice, lei sorrise amichevolmente.
“Tutto merito tuo, soldato King. Anche se noi capoccioni abbiamo siglato una pace e una serie di accordi, nulla è confrontabile a quanto hai fatto tu per Bael. Hai fermato la Lega prima che potessero diventare un problema maggiore!” disse la Milgford, sembrava parlare sinceramente anche se Raider non concordava con lei.
“Non ero da solo nella mia battaglia. Ho perso un’amica che ha combattuto con valore affinché noi potessimo vincere. E nonostante tutto, Lady Shadow è comunque riuscita a scappare.” Disse in risposta il soldato, aveva assunto un’espressione seriosa mentre fissava gli occhi della sua interlocutrice.
“Capisco. Avrei voluto averti sul palco, credo che fosse giusto ringraziare pubblicamente chi ha unito una squadra a permesso comunque questa pace. Ma alcuni dicevano che la trasmissione sarebbe parsa troppo umano-centrica ed ho evitato.” Disse lei ancora. Ma sembrava che ci fosse dell’altro che voleva dire. “Quanto a Lady Shadow, qualunque sia la sua vera identità ha ormai ogni strada chiusa. Possiamo rintracciarla facilmente.”
Raider si trovò ad annuire e con i pensieri vagava con la mente su quale sarebbe stato il destino di suo fratello. “E Ryan King? Ha collaborato e si è costituito. È stato lui a consegnarci l’Orbe, qualunque cosa faccia quell’oggetto, la Lega era interessata.”
Il suo ovviamente era un tentativo di difendere suo fratello, anche se non gli doveva nulla, restava comunque l’ultimo membro in vita della sua famiglia. La direttrice parve capire a cosa stava facendo riferimento. 
“Non so se posso concedere il perdono a tuo fratello, Raider. Ora che il mio mandato è appena iniziato, non posso dimostrarmi flessibile. Ma il suo processo non avverrà prima di sei mesi almeno. Quindi abbiamo tutto il tempo per pensarci. Nel frattempo, dovrà scontare una pena restando in prigione.” Disse lapidaria.
Sicuramente era un’informazione che nessuno avrebbe potuto dare così alla leggera, la nuova direttrice sembrava ben disposta nei confronti del soldato. “Capisco. La ringrazio dunque.” Disse Raider sinceramente, lei poi fece un mezzo sorriso.
“Sarà meglio che vada, non voglio rubarti ancora tempo e ho un sacco di scartoffie nel mio ufficio. Tutti arretrati!” disse lei voltandogli le spalle, fece qualche passo in avanti e poi si voltò ancora. “Torna nel mio ufficio quando avrai terminato la tua licenza, o quando ti sarai stancato di riposarsi.” Disse con un leggero sorriso amichevole.
“In pratica, quando sarò stanco di non fare nulla posso tornare da lei per essere integrato di nuovo.” Si disse il giovane soldato, anche lui diede una rapida occhiata alle sue spalle, aveva bisogno di una pausa dal lavoro ma soprattutto avrebbe voluto godersi il tempo con Hunter e voleva finalmente parlare a cuore aperto con lui.
Il pirata lo fissò facendo spallucce, come se non avesse capito il perché di quello sguardo. Poi Raider si voltò ancora verso la direttrice che si stava allontanando sempre di più. “Certo, ci vedremo prossimamente.” Disse lui in maniera vaga, poi girò sui tacchi dando le spalle alla donna per ritrovarsi col suo amico.
“Eccomi, finalmente ci siamo. Che ne dici se torniamo su Alantarea? Ho proprio bisogno di farmi una doccia lunga almeno tre ore!” disse sarcasticamente il soldato, tuttavia Hunter parve ricordarsi di qualcosa che aveva dimenticato di fare.
“Mi piacerebbe portarti in un posto prima di tornare a casa. Nessuno ne è a conoscenza e devi promettermi che resterà un segreto tra noi due.” Disse il pirata con l’espressione allegra, i suoi occhi brillavano con una luce diversa apparendo sereno.
“Va bene, allora ti seguo ovunque tu voglia.” 
“Bene. Dobbiamo passare attraverso il Crocevia.” Disse Hunter in risposta, si mantenne sul vago anche lui. Raider si affidò al suo amico osservandolo alle spalle visto che si trovava di pochi passi dietro. “Non so se ricordi, ti avevo accennato qualche tempo fa delle ceneri di Rekpali. Volevo portarle in quel posto speciale ma non aveva ancora avuto la forza. E ti sei ripromesso di aiutarmi, giusto?”
Raider fece un mezzo sorriso e annuì. “Sì, certo che mi ricordo. Se sei davvero pronto allora sono al tuo fianco.” Disse sinceramente.
Ci volle un po’ prima di arrivare al Crocevia dovendo spostarsi con un taxi alla stazione del manufatto; quando lo oltrepassarono lasciando chiudere il passaggio alle loro spalle, Raider vide che non c’erano guardie o soldati di nessuna razza a difesa della stazione, inoltre, attorno a lui si presentava un paesaggio simile ad una foresta e in quel momento era piena notte visto che la luna splendeva alta in cielo.
Le foglie avevano una colorazione bluastra e violacea ben differente dal verde donato dalla clorofilla; c’era un profumo dolce, piacevole, ricordava molto le notti estive in cui Raider era in licenza sulla Terra, aveva un odore simile alla brezza di campagna, vicino al mare frizzante e salato. Quel posto odorava di libertà.
“Ma dove siamo?” chiese Raider continuando a guardarsi intorno.
“Rekpali lo chiamava Minaervhe e lo considerava la sua casa, o meglio, il rifugio degli Stargazer.” Spiegò brevemente il pirata mentre camminava a zonzo per la stazione. Fece cenno al soldato di seguirlo all’esterno della struttura. “Si tratta di un pianeta extrasolare… fuori dai due Settori conosciuti. Non molto distante dal Confine di Bael in effetti.” Spiegò brevemente il ragazzo, mise la mano all’interno della propria giacca tirandone fuori una brocca stretta e allungata, Raider immaginò che al suo interno vi fossero contenute le ceneri.
“Quando Seeryn mi aveva parlato dei due Settori, non potevo immaginare quanto realmente fosse grande il sistema. In che area siamo?” chiese il soldato, la presenza di piante indicava anche la presenza di acqua e aria in abbondanza, anche senza casco, Raider non sentiva alcuno stato di debolezza derivante dall’assenza. 
“Non penso che abbia un nome ufficiale. Semplicemente conosciuto come Settore Fantasma; gli eteren lo avevano scoperto molti secoli fa ma le sue coordinate sono andate perdute.” Spiegò brevemente il ragazzo, poi fece un sorriso socchiudendo gli occhi. “Rekpali diceva sempre che qui ci avrei dovuto portare una bella ragazza e che le avrei dovuto chiedere di sposarla. Lo considerava una sorta di luogo romantico e qui aveva chiesto alla sua compagna di sposarlo. Poi lei è morta e lui è diventato più freddo.”
Mentre Hunter parlava teneva lo sguardo perso nel vuoto, le sue mani però si muovevano da sole: aveva preso il tappo del vaso funebre del suo maestro e con un movimento elegante ne aveva cosparso le ceneri sul terreno morbido non molto distante dalla stazione dal quale erano arrivati finché l’urna non fu vuota.
Raider aveva osservato il pirata dalle spalle per tutto il tempo, ascoltando con muto silenzio e rispetto. Quella scena somigliava proprio ad un funerale. Alla fine Hunter aveva pure poggiato per terra il vaso dimenticandolo lì, come una sorta di effigie. 
Si era voltato verso il soldato muovendosi contro di lui e soffermandosi a qualche passo di distanza mentre i due continuavano a guardarsi intensamente. Poi lui rise imbarazzato e Raider con lui.
“Spero che non stai per chiedermi di sposarti perché non credo di essere pronto per un passo del genere.” Disse Raider scherzosamente, la sua suonava come una battuta, ma forse visto l’imbarazzo di quegli sguardi e della situazione che stavano vivendo, era normale che ci fossero delle risatine tra loro.
“No, nulla di così complicato.” Disse Hunter ritornando serio in volto e guardando il ragazzo negli occhi: si fece avanti afferrandogli le mani e tenendole sollevate. Le loro dita si intrecciarono con dolcezza, come se fosse un contatto naturale tra loro. “Pensavo di essere pazzo, forse sento ancora di esserlo. Ma tu hai sempre creduto in me e mi hai aiutato a fare chiarezza su alcuni aspetti della mia vita.” 
Raider ascoltava, voleva intervenire a parole ma non poteva far altro che annuire e muovere appena il volto, chiudere gli occhi, accennare un sorriso. Come se le sue parole non servissero.
“Ho cominciato a pensare a te e a come forse, questa sia la risposta a molte delle mie domande. Forse eravamo in qualche modo predestinati, anche se non credo in queste cose. Ma sento di essere completo, di non essere più un semplice oggetto da usare!”  disse Hunter continuando a fissare il ragazzo negli occhi, Raider si sentiva il cuore battere più lentamente e con esso era come se il tempo stesso scorresse in maniera diversa.
“Se vuoi aggiungere qualcosa puoi farlo, mica di fermo.” Disse Hunter scherzosamente.
“Quando ho rotto con Erik, credevo che non avrei mai più pensato all’idea di conoscere un ragazzo o di relazionarmi in quel modo. Volevo solo concentrarmi sul lavoro e trovare la mia identità in un nuovo sistema.” Disse Raider parlando lentamente, le sue pause erano lunghe in modo da ponderare ogni parola per darle il giusto spessore e significato. “Ho sentito qualcosa tra noi, qualcosa che ci legava man mano che ci conoscevamo e le nostre avventure si facevano più pericolose. E quando ci siamo baciati al Palazzo di Cristallo, ho sentito un sentimento forte dentro di me.”
“Ti piaceva chiamarmi per nome, non è vero?” chiese Hunter scherzando ancora per spezzare la tensione, a quella battuta in effetti Raider sentì il peso delle sue parole più leggero e piacevole.
“Forse, anche se ho imparato a conoscerti come Hunter. Per te potrà anche non significare nulla o ricordarti un passato oscuro, ma trovo che sia comunque una parte di te. Una parte importante che non dovresti dimenticare.” Disse Raider in risposta, l’altro sorrise ampiamente.
“Se vuoi, puoi essere il solo che può chiamarmi con quel nome.” Disse Hunter, era la prima volta che dava quel permesso a qualcuno e doveva significare qualcosa di speciale. Poi il giovane pirata si avvicinò col viso all’altro ragazzo. “E sempre se vuoi, puoi anche avvicinarti a me.” 
Raider fece un’altra risata, poi le loro mani si separarono lasciando scorrere le mani lungo le braccia fino a quasi toccarsi i fianchi mentre i loro corpi si avvicinavano. Ad un palmo dal viso Hunter, il soldato chiuse gli occhi lasciandosi cullare dalle sue sensazioni e avvertì le fredde e dure labbra dal pirata unite alle sue.
Fu un bacio timido e impacciato, da parte di entrambi. Ma Raider avvertì dentro di sé la sicurezza e la tranquillità qualche istante dopo che le loro labbra si erano unite; la mano di Hunter si spostò verso l’alto sfiorando il collo del ragazzo con la punta delle dita. Poi le loro labbra si separarono e fu come strappare qualcosa di netto; Raider avvertì quella sensazione nel profondo del proprio petto, con dolore.
“Direi che non è andata male. Anche se come si usa dire, il primo bacio non si scorda mai.” Disse Hunter restando comunque vicino al volto di Raider, il soldato allora prese la palla al balzo per scherzarci su.
“Ah sì? Io non sono tanto convinto. Forse dovremmo provarci ancora, magari non lo abbiamo fatto nel modo giusto!” disse scatenando la risata dell’altro, i due ridacchiarono insieme lasciando che le loro mani scivolassero via in modo da liberarsi di quell’abbraccio.
“Forse hai ragione. Ma adesso vorrei godermi questo attimo di pace con te.” Disse Hunter mettendosi al fianco del soldato, gli poggiò un braccio sopra le spalle e lo spinse a sé. “Non sei d’accordo anche tu?” chiese accertandosi delle intenzioni dell’altro.
“Abbiamo tutto il tempo.” Disse infine Raider, a quel punto chiuse gli occhi senza pensare ad altro che non fosse quel piccolo momento ritagliato per entrambi.
I due ragazzi fissarono la luna per quello che parve essere un momento infinito; col il cuore che pulsava a mille, Raider sentiva di aver trovato qualcuno che lo avrebbe reso felice. Ed era certo che fosse lo stesso anche per Hunter, visto come i suoi occhi sembravano sereni mentre fissava la luna nel cielo.
“Andiamo a mangiare qualcosa? Ho una fame da lupi.” Disse Hunter, stavolta Raider si limitò ad annuire e insieme tornarono indietro di qualche metro dove si trovava il passaggio per il Crocevia. Aprendo la porta per andare in nuovi mondi. 
Uniti e felici.






Angolo dell'Autore:
Buon pomeriggio a tutti, dopo tanto tempo riesco finalmente a pubblicare l'intero libro. Sono stato molto impegnato in queste settimane ed ho pensato di pubblicare "per missioni" in modo da avere una sorta di continuità. Spesso a distanza di diversi giorni, ma alla fine ci sono riuscito. Ringrazio tutti i lettori e coloro che seguono la mia storia, chiedo scusa per eventuali errori, frasi poco chiare e altre cose che potrebbero disturbare la lettura; spero che il contenuto vi sia però piaciuto e che vi abbia portato fino a questo momento. Il libro è autoconclusivo, anche se il finale è molto aperto e ci sono tante cose ancora in sospeso. Chissà, forse ci sarà un secondo volume che continuerà gli eventi che sono stati iniziati in questo primo racconto.
Spero che lascerete almeno un piccolo commento per sapere quali personaggi vi sono piaciuti, quali momenti sono stati più appassionati e cosa non vi è piaciuto. PS: ci sono state delle citazioni nel corso di quest'opera, qualcuno che ne ha scovate? Al nostro prossimo incontro.

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