Gemme di Primavera

di cassiana
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Diamanti pazzi ***
Capitolo 2: *** Di gatti e libri ***
Capitolo 3: *** Tre minuti ***
Capitolo 4: *** Parigi è sempre una buona idea ***
Capitolo 5: *** Un uomo migliore ***
Capitolo 6: *** Accordi e disaccordi ***



Capitolo 1
*** Diamanti pazzi ***


Titolo: Diamanti pazzi
Fandom: RPF BAND Pink Floyd
Rating: G
Note: Questa storia partecipa l’iniziativa #BLOSSOM BY BLOSSOM - THE SPRING BEGINS! @Non solo Sherlock - gruppo eventi multifandom FB col prompt La persona A cade durante un'esibizione. La persona B fatica a superare il resto della canzone perché sta ridendo così tanto.
Personaggi: Tutta la band
Warning: silly Floyd, slice of life band edition, missing moment
Sinossi: L’ultima data del tour americano del 1977 è particolarmente difficile tra caos, intemperanze del pubblico, lamentele di Roger e anche un piccolo incidente.




Diamanti pazzi




Roger era stato particolarmente sgradevole durante quel tour, persino per i suoi standard che erano piuttosto bassi e Richard poteva dirlo. Non che il tastierista potesse dargli tutti i torti, soprattutto le ultime date americane erano state faticose con un pubblico indisciplinato e rumoroso. Rick e non solo lui, a volte rimpiangeva i tempi prima di Dark Side in cui i Floyds potevano esibirsi persino in un’abazia sconsacrata o ai festival di musica classica e l’audience sedeva composta ascoltandoli quasi con reverenza. Tutto il contrario di quello che accadeva ora in quegli stadi affollati, con gli spettatori che urlavano e lanciavano fuochi di artificio e Roger aveva dovuto interrompere persino l’esibizione un paio di volte. Non c’era da stupirsi quindi che fosse nervoso. Certo da qui a prendersela con il resto della band e fare lo stronzo fuori dal palco ce ne correva! Nick, che era l’amico di più vecchia data, sapeva come rimettere a posto il bassista con la sua ironia irriverente. David passava da una rassegnata sopportazione alle risposte più insolenti sempre con quel suo modo di fare sornione per cui sembrava essere comunque dalla parte della ragione, cosa che faceva incazzare ancora di più il compagno di band. L’unico che non sapeva come reagire e quindi era finito per essere il pungiball di Roger era proprio lui. Rick eseguì un passaggio di Shine On rimuginando sulla questione e masticando amaro, mentre la potente voce di David riverberava sullo stadio. Roger che saltellava torturando il suo basso e torcendo la bocca concentrato, non si accorse che un lato del palco era ingombro di materiale e inciampò cadendo rovinosamente a terra e quasi rotolando giù. Si risollevò subito facendo cenno che non si era fatto niente e riprese come se nulla fosse accaduto. Per fortuna sua in quel punto lo spettacolo prevedeva una cortina di fumogeno e altri effetti pirotecnici per cui nessuno si rese conto dell’accaduto. Tra il pubblico. I suoi compagni se n’erano accorti eccome invece e ridacchiavano senza riuscire a fermarsi. Per David fu troppo e non riuscendo più a trattenersi scoppiò direttamente a ridere proprio sul finale del suo cantato: da quel punto in poi la canzone prevedeva la parte strumentale e riuscirono tra tutti a portare il brano fino alla fine senza altri incidenti. Ma Roger gliel’avrebbe fatta pagare. A tutti loro. Di questo Rick era più che certo, scambiò un sogghigno con David che sembrò aver avuto lo stesso pensiero: per vedere quel pallone gonfiato del bassista in difficoltà ne valeva la pena!


Angolo autrice:
Benvenuti alla mia seconda raccolta stagionale dedicata ai Pink Floyd! Questa volta partecipo all’iniziativa BLOSSOM BY BLOSSOM - THE SPRING BEGINS! @Non solo Sherlock - gruppo eventi multifandom FB e vediamo se riesco a fare almeno bingo! Questa ficlet s’ispira a questo momento (tra il minuto 19:50 e 20:50, se non volete ascoltarla tutta) dell’esecuzione di Shine on You Crazy Diamond del famigerato concerto di Montreal ‘77, quello dove Roger sputa a un fan (e che darà il via a tutta la gestazione che porterà a The Wall).

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Capitolo 2
*** Di gatti e libri ***


Titolo: Di gatti e libri
Fandom: RPF BAND Pink Floyd
Rating: G
Note: Questa storia partecipa l’iniziativa #BLOSSOM BY BLOSSOM - THE SPRING BEGINS! @Non solo Sherlock - gruppo eventi multifandom FB col prompt “Oh che simpatico libraio… OH, MIO DIO È UN GATTO. OH DIO SÌ, VOGLIO IL GATTO!”.
Personaggi: Roger Waters, Syd Barrett
Warning: friendly fluff, slice of life, BROTP
Sinossi: Syd e Roger hanno bisogno di comprare qualche suppellettile per la loro casa da studenti.




Di gatti e libri




Non era da molto che si erano trasferiti a Londra da Cambridge, Roger per frequentare il Politecnico e Syd la scuola d’arte e avevano deciso di prendere in affitto un appartamento insieme dalle parti di Camden. Tra le lezioni e le prove del gruppo che avevano messo su con altri ragazzi non avevano avuto molto tempo per finire di arredare casa. Non che ai ragazzi importasse molto, ma ora avevano proprio bisogno di qualche suppellettile. Judy aveva minacciato Roger che non sarebbe mai più venuta a trovarlo se non avesse trovato almeno un cuscino o una ciotola in più per fare colazione, santo cielo! Così ora i due amici vagavano con le mani in tasca discutendo sull’ultimo numero del Dottor Strange e del prossimo concerto da andare a vedere. O meglio Syd aveva le mani in tasca, mentre Roger stringeva i manici di cinque sacchetti pieni di candele, specchietti, drappi di stoffa e altre chincaglierie che l’amico aveva insistito per comprare perchè a suo dire indispensabili in una casa. Sembrava aver preso molto sul serio la minaccia di Judy.

“Lo faccio per la tua vita sentimentale, Georgie. Un bassista felice è un bassista produttivo.”

Aveva asserito infilando una ciotola di legno in uno dei sacchetti.

“E sai cosa altro serve in una casa? Libri! Entriamo qui, dai.”

Esclamò Syd passando davanti a una vetrina stipata di libri dall’aspetto vecchio e polveroso. Una campanella risuonò quando il ragazzo spinse la porta a vetri ed entrò seguito da Roger che ormai iniziava ad essere stanco di tutto quel peso. Appoggiò i sacchetti a terra mentre Syd si guardava intorno e mormorava tra se se:

“Prenderò giusto i Ching, ho lasciato la mia copia a casa e forse lo Hobbit…”
“E’ proprio necessario? Abbiamo le prove tra meno di due ore e siamo ancora infognati in questa stronzata della casa!”

La voce lamentosa di Roger distolse per un momento Syd dalle proprie elucubrazioni. Si voltò verso di lui e gli prese le mani:

“Ma è importante! Non capisci? Una casa non è una casa senza libri! Chiederò al libraio. Tu intanto pensa a quale vorresti prendere.”

Roger sollevò gli occhi al cielo, ma le labbra gli si incresparono in un minuscolo sorriso; non poteva fare a meno di farsi coinvolgere dall’entusiasmo dell’amico. Il quale stava ora gironzolando tra gli scaffali in cerca di qualcuno a cui chiedere. Si fermò di botto davanti a un bancone, anch’esso ingombro di libri:

“Oh che simpatico libraio… OH, MIO DIO È UN GATTO. OH DIO SÌ, VOGLIO IL GATTO!”

Roger lo raggiunse per cercare di capire da cosa fosse causato quell’ulteriore entusiasmo: un grosso felino tigrato era acciambellato tra i tomi e li guardava con gli occhi verdi inquisitori, come se fosse seccato che i due umani fossero così goffi da essere rimasti sorpresi dal suo evidente ruolo.

“Roger, dobbiamo assolutamente averlo. Voglio dire: guardalo!”
“Non credo che possiamo semplicemente prenderlo così, avrà un padrone, immagino.”

Si chinò a carezzare con le lunghe dita il mento del gatto che sembrò apprezzare perché aveva acceso il motorino interno. Syd osservava con occhi brillanti l’amico che provava un evidente piacere nell’interagire con il gatto e notò:

“Beh, non deve essere proprio lui. Voglio dire non credo nemmeno ce lo farebbero prendere. Ma dobbiamo adottare un gatto. Per forza, capisci? Gatti e libri fanno di una casa, una casa!”

Roger raddrizzò la sua lunga figura e sbuffò:

“Ascolta Sydney, non è che siamo una fottuta coppia sposata che deve mettere su il nido d’amore, ok? Siamo solo due studenti che dividono le spese.”

Syd mise il broncio e ficcò le mani in tasca, con un’alzata di spalle si diresse verso l’uscita della libreria e Roger fu lesto a raccogliere i sacchetti e a raggiungerlo:

“Va bene, va bene: prenderemo un gatto se se ne presenterà l’occasione!”

Syd arricciò il labbro in un sorrisetto compiaciuto mentre la campanella suonava dietro la sua schiena.


Angolo autrice:
E’ nozione universalmente riconosciuta nel fandom che Syd probabilmente fosse l’unica persona che piacesse davvero a Roger. Inoltre entrambi erano amanti dei gatti e tutti i Pink Floyd erano grandi fan del Dottor Strange. Oh e riguardo i nomi: il primo nome di Roger è George e quello di Syd era Roger…un casino!

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Capitolo 3
*** Tre minuti ***


Titolo: Tre minuti
Fandom: RPF BAND Pink Floyd
Rating: G
Note: Questa storia partecipa l’iniziativa #BLOSSOM BY BLOSSOM - THE SPRING BEGINS! @Non solo Sherlock - gruppo eventi multifandom FB col prompt Scrivere una canzone d’amore
Personaggi: tutti
Warning: solo i silly floyd in azione
Sinossi: Nel 1967 Mi chelangelo Antonioni rimase folgorato dai Pink Floyd durante uno dei loro eventi a Londra. Due anni più tardi decide di rivolgersi a loro per la colonna sonora del suo ultimo film Zabriskie Point.




Tre minuti




Richard non poteva crederci, se ne stava al piano a comporre il tappeto musicale per la scena d’amore e Roger e David avevano iniziato quella… cosa. Cristo, lo faceva sentire sporco. Il fatto era che erano tutti stanchi, quasi un mese che erano rinchiusi in quegli studi di Roma a registrare e comporre, ma il regista italiano, nonostante i complimenti, rifiutava di fatto tutte le loro proposte.

“Pensa che siamo dei fottuti jukebox.”

Si era lamentato Roger qualche sera prima. All’inizio era stato figo, il compenso era alto e Antonioni era strafamoso, una colonna sonora di uno dei suoi film avrebbe di sicuro portato loro più notorietà. E avevano bisogno di cambiamento, si erano impantanati in una specie di roba orchestrale ed erano reduci dall’uscita di Ummagumma per cui avevano dovuto lavorare piuttosto duramente. Come sempre d’altra parte, i ragazzi non prevedevano altro che la perfezione da loro stessi.
Così erano volati nella Città Eterna di cui avevano visto ben poco a dire il vero. Il management li aveva sistemati un albergo di lusso e aveva prenotato per loro delle sessioni notturne all’International Studios che erano bloccati già per mesi, ma la MGM aveva premura che la colonna sonora fosse terminata nel più breve tempo possibile. Così i ragazzi vivevano da vere rockstar, uscendo dalle proprie camere solo alle quattro del pomeriggio, passando il tempo a bere e a cazzeggiare nel bar dell’hotel, cenavano, bevevano ancora e poi andavano a suonare.
Il tastierista scoccò un’occhiata a Nick che sghignazzava senza ritegno dalla sua postazione e cercò di comporre il viso nella sua espressione più stoica: avrebbe dovuto scartavetrare il cervello e metterlo a bagno nella varecchina dopo quella notte, ne era certo. Era sicuro che i compagni di band non fossero lucidi a quel punto. Intanto, del tutto noncuranti, David e Roger si stavano producendo in una serie di gemiti e urla a simulare un amplesso. Doveva essere una scena d’amore, quella? Forse l’avevano presa un po’ troppo letteralmente. Rogers ansimò nel microfono, David urlò in falsetto facendo la parte della ragazza: sembravano più gli stridii di una scimmia che un orgasmo. Rick non ce la poteva fare, le dita si muovevano per conto loro sulla tastiera, mentre le spalle gli si scuotevano per una incontrollabile risatina. I ragazzi scoppiarono a ridere come stupidi e ciò pose fine alla sessione. David si asciugò le lacrime da un occhio e Roger esclamò:

“Tre minuti fottutamente lunghi e intendo fottutamente lunghi.”

David sospirò:

“Già, non sembra tanto lungo nemmeno quando lo faccio io!”

Rick si strinse nelle spalle con una risatina:

“Che facciamo: lo tiriamo fuori, ora?”


Angolo autrice:
Ebbene si, è accaduto davvero ed è una delle cose più…ehm cringe che abbia mai ascoltato: qui se volete rovinarvi le orecchie (e l’idea che i PF fossero un gruppo di gente altamente seriosa!). Attenzione! Assolutamente NSFW! Long story short, nel 1969 Antonioni, che era rimasto folgorato dai Pink Floyd, richiese loro alcuni brani per la colonna sonora di Zabriskie Point: a novembre volarono a Roma e produssero vari brani che però furono tutti scartati dal regista a parte tre. Per cui non se ne fece più nulla. Scommetto che Antonioni non era presente durante questa sessione! Eh si, le battute che si scambiano sono reali. Oh, David... *facepalm*

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Capitolo 4
*** Parigi è sempre una buona idea ***


Titolo:Parigi è sempre una buona idea
Fandom: RPF BAND Pink Floyd
Rating: G
Relazione: David Gilmour/OFC
Note: Questa storia partecipa l’iniziativa #BLOSSOM BY BLOSSOM - THE SPRING BEGINS! @Non solo Sherlock - gruppo eventi multifandom FB col prompt Fra un concerto e l’altro
Warning: fluff, fluffity fluff, tutti i clichè di Parigi sono presenti, time line tra il 69 e il 70, giovane e soffice David
Sinossi: Finalmente David ha trovato il modo di ritagliare un paio di giorni tutti per loro durante la sua tournè francese e invita la sua nuova ragazza a visitare Parigi con lui.




Parigi è sempre una buona idea




Le avevano detto che in quella stagione Parigi era stupenda ed in effetti Cora doveva convenire che fosse vero. Le prime gemme rosa e bianche e verdi iniziavano a spuntare sugli alberi in sboccio, l’erba tenera ricopriva le aiuole ben curate dei giardini e il cielo era del colore dei fiordalisi solcato solo da qualche nuvoletta bianca, ma l’aria rimaneva frizzante con ancora il ricordo dell’Inverno non ancora del tutto passato. Lei e David camminavano a braccetto sul lungosenna godendo dei teporosi raggi del sole e riempiendosi gli occhi della magnifica vista del fiume. David era riuscito a ricavarsi un paio di giorni tutti per loro e ne avevano approfittato per visitare la città e stare un po’ insieme comportandosi da perfetti turisti. Ieri erano saliti sulla torre Eiffel, avevano preso il sole nei giardini del Trocadero e passeggiato lungo le belle vie della città. Nel frattempo David ricopriva Cora di attenzioni, fermandosi ogni cinque minuti per baciarla e tenendo sempre allacciata la sua mano a quella della ragazza. Lei ridacchiava e corrispondeva le sue coccole con tutto il cuore. Erano arrivati davanti a Notre Dame e lei era rimasta sconvolta dall’imponente bellezza della cattedrale, erano entrati in un silenzio reverenziale nella cupa frescura del suo interno interrotta solo dai meravigliosi arcobaleni prodotti dal rosone di vetri colorati sul pavimento in pietra. David con un ghignetto tirò la ragazza all’ombra di una colonna e la baciò sulle labbra. I gargoyle sembrarono contrarre i già mostruosi volti in smorfie mentre si baciavano con passione sotto il loro sguardo severo. Cora sollevò un po' la testa e occhieggiandoli sussurrò con ironica preoccupazione:

"Ci stanno giudicando secondo te?"
"Sono solo invidiosi!"

Aveva risposto David ridendo, gli occhi che brillavano d'amore. Lei sarebbe rimasta una giornata intera ad ammirare ogni vetrata, ogni colonna decorata, ogni bassorilievo, ma David voleva farle vedere altre cose così erano usciti e avevano passeggiato ancora perdendosi lungo le strade del quartiere latino. Lei era rimasta deliziata dai pittoreschi negozietti di dischi e fumetti e libri e chincaglierie, mentre David che era già stato in città diverse volte le indicava le cose più interessanti. Al mercato si erano fermati a un chiosco che vendeva ostriche da asporto e si erano divisi una bottiglia di birra fredda. Lei non riusciva a smettere di guardare le belle labbra di David mentre ingoiava le ostriche e arrossì nel ricordare cosa David fosse capace di fare con quella bocca. Lui l’aveva colta mentre lo fissava e aveva imbronciato le labbra con sguardo interrogativo:

“Non ti piacciono?”

Le aveva chiesto indicando la sua coppetta di ostriche intatta e Cora si era riscossa con una risatina. David aveva allungato le labbra in una piccola smorfia compiaciuta e aveva baciato la ragazza sul capo, annusando il dolce profumo dei suoi capelli.
La sera erano tornati in camera esausti. Cora aveva subito buttato via le scarpe e si era sdraiata a stella sul letto. David le iniziò a massaggiare i piedi stanchi con le sue dita talentuose in molte maniere. Le aveva baciato con dolcezza il dorso e la caviglia di entrambi guardandola con gli occhi scintillanti e si era arrampicato sul letto accanto a lei. Aveva cercato le labbra di Cora e si erano allacciati in un dolce bacio. David si era sfilato la maglietta e aveva rovesciato Cora sulla schiena.
Il giorno successivo David voleva farle scoprire la Parigi un po’ meno convenzionale. Si svegliarono all’alba, con il cinguettio degli uccellini nelle orecchie e una luce indaco e dorata che bagnava il letto e fecero l’amore con lentezza e dolcezza. Ora i ragazzi si stavano inerpicando per una scalinata strettissima e ripidissima proprio vicino alla fermata Porte de Bagnolet della metro. David non voleva rivelare a Cora dove fossero diretti nonostante le domande insistenti della ragazza.

“Vedrai.”

Disse solo sibillino con un’espressione ermetica in volto all’ennesima rimostranza. Quando finalmente arrivarono in cima alla scalinata si ritrovarono ina una stretta viuzza acciottolata. Delle basse villette di pietra marrone ricoperte di lillà e edera costeggiavano la strada. Cora mosse qualche passo meravigliata e guardandosi intorno chiese:

“Siamo ancora a Parigi?”

Il volto di David era soffuso di compiaciuta gioia, raggiante che la sorpresa gli fosse riuscita. Annuì e rispose:

“La chiamano la campagna di Parigi. E’ strabiliante, vero?”

Lei aveva annuito: era davvero incredibile. Per un po’ passeggiarono lungo le stradine del quartiere, ammirando i balconcini in fiore e i lampioni vecchio stile. Mangiarono in un ristorante che vendeva solo crepes salate e dolci e Cora era deliziata, come sempre, nell’ascoltare la dolce voce di David colloquiare in francese con il cameriere.
Nel pomeriggio lasciarono quella parte della città e si arrampicarono lungo la collina di Montmartre.

“Non credevo che Parigi avesse tante salite!”

Si lamentò Cora arrancando lungo le scale. David le prese la mano e la cinse per il fianco per aiutarla a salire gli ultimi gradini:

“Mi dispiace cherie, mi sa che ti sto facendo stancare troppo.”
“Oh no: non badare alle mie lamentele! Sono felice di stare con te e dopo, quando torneremo in camera, ti sdebiterai facendomi un altro dei tuoi magnifici massaggi ai piedi.”

Sorrise e lui le baciò la mano rispondendo:

“Sarò più che felice di sdebitarmi massaggiando tutto il tuo stupendo corpicino.”

Le fece l’occhiolino. La piazza non era ampia come Cora aveva sempre immaginato, era circondata da locali e bistrot in uno dei quali si fermarono per un po’ a riposare sorbendo cafè au lait e dolci. A Cora piaceva imboccare David con il suo pain au chocolat e lui ricambiava sorridendo. I ragazzi trascorsero un po’ di tempo semplicemente così: ridevano e si prendevano le mani e si baciavano con il sole che brillava sui capelli, innamorati e ignari di tutto ciò che li circondava. Dopo un po’ David volle sorprendere Cora di nuovo:

“Lo sai che Montmatre ha ancora dei mulini e anche una vigna?”

Lei sgranò gli occhi e rispose entusiasta:

“Voglio vederli!”

Quella città davvero non finiva di stupirla. Ed era vero: dopo aver camminato per le stradine lastricate si erano affacciati su una vigna ancora verde data la stagione. E mentre si dirigevano verso Place du Tertre erano passati accanto a uno dei mulini ancora funzionante, ormai trasformato in ristorante. Cora si era soffermata per un momento a osservare con meraviglia le pale girare e tenne stretta la mano di David. Lui a sua volta guardava il suo viso emozionato con compiacimento, quasi fossero merito suo tutte quelle meraviglie e le chiese se dopo volesse cenare lì. La Place du Tertre pulullava di artisti che dipingevano il paesaggio o facevano ritratti ai turisti di passaggio. Cora rimase affascinata in particolare dai ritratti di un’artista dai lunghi capelli bianchi raccolti in una spessa treccia e si era fermata ad osservare. David le aveva preso per mano e si era voltato verso di lei chiamandola per nome:

“Ti piacciono? Vuoi fartene fare uno?”
“Mmmh, piuttosto saresti tu a meritare un ritratto!”

Esclamò invece lei rivolgendosi alla donna, mentre David arrossiva delicatamente. La pittrice sorrise:

“Visto che ti chiami come me bella signorina, ti regalerò un ritratto e disegnerò anche il tuo bel ragazzo.”

David non sapeva più dove guardare per l’imbarazzo, mentre Cora ridacchiava. Sarebbe stata la prima, così sedette di buon grado mentre la donna disegnava sul suo album. Lei e David iniziarono a chiacchierare fitto fitto in francese e anche se Cora non riusciva a capire tutto non le importava perché le piaceva così tanto ascoltare la voce morbida di David. Dopo qualche minuto la pittrice le consegnò il ritratto e Cora lo guardò con occhi emozionati.

“E’ bellissimo, grazie mille!”
“E’ merito della modella.”

Aggiunse David stringendola a sé per il fianco.

“Ora tocca a te!”

Gli ingiunse Cora spingendolo a sedere davanti all’artista che fece un sorriso indulgente verso i ragazzi, così giovani e così spensierati. Mentre lei lavorava Cora poteva osservare a tutto agio il magnifico profilo del suo ragazzo: il naso scendeva dritto sulle labbra carnose e le ciglia ombreggiavano delicatamente i suoi occhi celesti, la brezza leggera smuoveva delicatamente le frange della sua giacca e le ciocche biondo scuro che si abboccolavano sulle sue ampie spalle. Era magnifico da guardare oltre che da stare ad ascoltare e Cora aveva il cuore pieno d’amore per lui. Era pomeriggio inoltrato quando, con i ritratti arrotolati sotto braccio, la coppia compiva l'ultima arrampicata della giornata, inerpicandosi fino alla chiesa del Sacre Coeur. Il cielo si era fatto violetto con qualche sprazzo di arancione mentre il sole moriva all’orizzonte. Cora si appoggiò a uno dei parapetti del belvedere ad ammirare il paesaggio. David le si era avvicinato la teneva abbracciata. Una folata di vento gelido la fece rabbrividire tra le sue braccia.

"Tutto bene?"
"Si…solo che ho freddo."

David osservò con indulgenza il magliettina leggera indossata da Cora, le aveva consigliato di portarsi una giacca, ma lei non gli aveva dato retta:

"Ecco, tieni la mia giacca."

Si sfilò il suo giubbetto scamosciato e glielo drappeggiò sulle spalle rotonde. Cora si rannicchiò dentro la giacca inalando l'odore di David. Per un momento rimasero in silenzio ad osservare Parigi bagnata dalla luce del sole agonizzante:

“Il tramonto sui tetti di Parigi è davvero una vista magnifica!”
“Si e sai qual è una visione ancora migliore? Tu che guardi i tetti di Parigi al tramonto.”

Le disse David dolcemente mentre le scostava una ciocca di capelli dal viso. Cora sentì le guance farsi tutte calde e le labbra tremare non sapeva se per un sorriso o per la commozione. Lo amava con tutto il cuore e si annidò nel suo abbraccio mentre lui le baciava le labbra con tenerezza.


Angolo autrice:
Avevo bisogno di un po’ di romanticume con David. Cora è un OC che è già comparsa nella mia fic Short and Sweet di cui questa è un piccolo prequel volendo.

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Capitolo 5
*** Un uomo migliore ***


Titolo: Un uomo migliore
Fandom: RPF BAND Pink Floyd
Rating: G
Relazione: Roger Waters/Judy Waters
Note: Questa storia partecipa l’iniziativa #BLOSSOM BY BLOSSOM - THE SPRING BEGINS! @Non solo Sherlock - gruppo eventi multifandom FB col prompt "And if I were a good man, I'd talk with you more often than I do"
Warning: slice of life, un velo di angst
Sinossi: La siamese di Judy ha appena partorito i cuccioli e lei chiama Roger a conoscere i nuovi nati.




Un uomo migliore




Il gnagnulio dei gattini neonati si confondeva con l’odore della creta fresca in una sinestetica penombra del laboratorio ceramico annesso alla loro casa di Islington. Roger guardava con un minuscolo sorriso che gli tendeva le labbra Judy che a sua volta aiutava Pearl con i gattini appena nati. La siamesina aveva appena partorito cinque micetti e la moglie l’aveva chiamato emozionata per renderlo partecipe del grande avvenimento. Di norma Roger si sarebbe irritato nell’essere disturbato proprio nel bel mezzo del processo creativo. Ma la voce di Judy era così eccitata e lui era sinceramente affezionato alla gattina, perciò aveva ingoiato la risposta sgarbata e aveva seguito la moglie nel suo laboratorio, luogo che Pearl aveva designato come futura nursery. Erano inginocchiati entrambi accanto alla cesta dove i gattini miagolavano e ruzzolavano e Judy gli aveva posato la testa sulla spalla. Roger si era piegato a baciarle la fronte, lo conosceva così bene, da quando erano ragazzini ed era la sua migliore amica, anzi l’unica che aveva sempre avuto. Judy sospirò:

“Guarda quanto sono carini! Vorrei poterli tenere tutti.”
“Non ne avevi promesso uno a Gala?”
“Si, uno a lei e uno a Ginger… Peccato che Nick è allergico, so quanto Libby ne vorrebbe uno.”
“Possiamo regalarne uno a Peter. Penso che Naomi sarebbe contenta, sai?”

Judy battè le mani e si allungò a dargli un bacetto:

“E’ un’ottima idea!”

Roger si lasciò andare per terra allungando le gambe e prendendosi la moglie in grembo. Le tempestò il collo e le clavicole di piccoli baci e lei ridacchiò, sorpresa:

“Sei coccolone oggi? Sai potremmo…”

Roger storse la bocca, sapeva quello che Judy stava per dirgli: avrebbero potuto seguire l’esempio della gatta. Quasi tutti i loro amici avevano figli, persino David che era sposato da poco più di un anno. Eppure lui esitava ancora, avevano provato per un po’ all’inizio ma poi tra la sua carriera, l’impegno sempre crescente con la band e le sue stesse intemperanze…si sentiva in colpa. Non aveva il coraggio di confessarle che quando lei non lo seguiva in tour lui si lasciava andare a ben più che semplici affettuosità con le groupie che gironzolavano intorno alla band. Insomma l’aveva tradita, anzi la tradiva e non aveva il coraggio di confessarglielo, per quanto lei doveva averlo capito. Roger sospirò come unica risposta e vide Judy ingoiare le lacrime. Le labbra della ragazza tremolarono un momento, ma si distesero quasi subito in un sorriso stoico:

“Almeno Pearl e due gattini staranno con noi, giusto?”
“Va bene, tesoro. Ora devo tornare al lavoro…”

Roger si districò dall’abbraccio e srotolò le lunghe membra per rimettersi in piedi. Judy gli accarezzò una gamba lasciandolo andare e tornando a occuparsi dei gattini. L’uomo chiuse la porta dietro di sè, si chiese che fine avesse fatto il rapporto di complicità che avevano sempre avuto: se fosse stato un uomo migliore non avrebbe lasciato che i silenzi, le cose taciute, quelle nascoste, le mezze verità avvolgessero il loro matrimonio come un sudario d’ipocrisia, qualcosa che entrambi odiavano con tutte le loro forze. Scosse la testa mentre si accendeva una sigaretta, se fosse un uomo migliore le avrebbe parlato di più di sè, ma era solo un musicista e poteva scrivere quello che aveva dentro sperando che lei lo capisse.


Angolo autrice:
Il prompt è uno dei versi della canzone If dell’album Atom Heart Mother. A quello che ha detto Roger in una intervista il suo matrimonio con Judy iniziò a logorarsi già nel 1976. Judy poi gli rese pan per focaccia: famosa è la telefonata in cui lui scopre il suo tradimento tanto che diventerà uno dei mattoni che costruiranno The Wall.
In realtà non so se Nick sia veramente allergico ai gatti! Gala è la figlia di Richard, mentre Peter Watts, il padre dell'attrice Naomi, era uno dei roadies dei Pink Floyd.

E con questa fic ho fatto il mio primo Bingo!

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Capitolo 6
*** Accordi e disaccordi ***


Titolo:Accordi e disaccordi
Fandom: RPF BAND Pink Floyd
Rating: G
Note: Questa storia partecipa l’iniziativa #BLOSSOM BY BLOSSOM - THE SPRING BEGINS! @Non solo Sherlock - gruppo eventi multifandom FB col prompt Disaccordi artistici in sala di registrazione
Personaggi: tutti
Warning: slice of life, missing moment, silly floyd
Sinossi: La registrazione di quel brano stava andando per le lunghe, David e Roger come al solito si stavano insolentendo a vicenda e Nick e Rick trovano un modo per sbloccare la situazione.




Accordi e disaccordi




Erano alle solite, Nick rollò gli occhi al cielo osservando i volti tesi dei compagni di band. Erano bloccati su quel brano ormai da ore e non c'era verso che i due chitarristi si mettessero d'accordo. Scambiò un'occhiata con Rick che scosse la testa e gli offrì il pacchetto delle sigarette. Ne pescò una e disse:

"Quanto pensi andranno avanti questa volta?"

Rick sbuffò un anello di fumo e alzò le spalle. Sollevò il polso a osservare l'ora.

"Se ce ne andassimo a cena?"

Nick si grattò un baffo e annuì:

"Aspettiamo un altro po': non vorrei si ammazzassero a vicenda intanto."
"Sarebbe un sollievo."

Nel frattempo David era tornato a cantare, ma dopo pochi versi fu interrotto di nuovo da Roger che era al mixer:

"No, non mi piace come la fai."
"Allora vienila a cantare tu, avanti!"

Roger si masticò l'interno della guancia, ci aveva già provato e non era andata bene. Voleva dare un certo tono a quel brano, ma sembrava che nessuno dei due avesse la voce adatta. Di Rick neanche a parlarne. David aveva sbattuto seccato le cuffie da qualche parte e aveva raggiunto in sala controllo Roger che sospirò melodrammaticamente:

"È che non va bene come canti And did we tell you the name of the game, boy"
"È che quel verso è troppo lungo."
"Non è troppo lungo."
"Ascolta, la metrica è quella non ci puoi mettere tutte quelle parole, sono troppe."
"Non sono troppe parole, sei tu che non sai cantarlo."

Roger si appoggiò allo schienale della poltroncina con le braccia incrociate, un angolo del labbro sollevato. David lo fulminò con lo sguardo e si masticò la pellicina di un labbro. Guardò gli altri due compagni di band che si erano nel frattempo defilati, Rick si era messo al piano, suonicchiando qualcosa. David si calmò e riprovò più conciliante:

"Senti Rog, proviamo a farla a modo mio almeno."
"Lo abbiamo fatto e non ha funzionato."

David allargò le braccia col volto incredulo:

"Ma quando…quando l'avremmo provata?"
"L'ho fatto nella mia testa e non andava bene."
"Io te la spacco quella brutta testa di…"

Nick con il volto serissimo aveva iniziato a cantare sulle note della marcetta suonata da Rick:

"Siediti sulla mia faccia e dimmi che mi ami…

Dall’altra parte del vetro i due contendenti si zittirono, mentre la voce del batterista continuava:

Mi piace sentirti oralizzare
Quando sono tra le tue cosce…


Roger si era alzato e si precipitò nell’altra stanza bofonchiando tra sè. David lo seguì più lento ghignando.

“Ragazzi, non…”

Ma Nick e Rick, ora in preda alla ridarella, non smettevano di intonare quella buffa marcetta:

Siediti sulla mia faccia e lascia che le mie labbra ti abbraccino
Mi siederò sul tuo viso e lascerò che il mio amore sia sincero!


Roger li aveva raggiunti al piano e contorse il viso in una smorfia di disapprovazione:

“State solo sprecando tempo. Sapete quanti soldi ci costate?”

Eppure non riuscì ad evitare che un sorriso tremolasse sulle sue labbra. Nick lo aveva preso per il fianco e lo aveva avvicinato a sè:

“Dai Rog, meglio sprecarli così che litigando.”

Il bassista piegò la testa da un lato, il compagno aveva un suo punto lì. Intanto David si era appoggiato al pianoforte e scambiò un sorriso con Rick. Cantarono insieme:

La vita può essere perfetta se entrambi siamo a sessantanove… Dai Roger, unisciti per il gran finale!”

Il bassista si strinse nelle spalle e tutti e quattro terminarono la canzoncina ridendo sguaiatamente:

“...Se ci sediamo sulla faccia in tutti i posti e giochiamo
Finché non siamo spazzati via
…”

Risero per diversi minuti senza riuscire a fermarsi.

“Siete tutti una banda di idioti!”

Puntualizzò Roger tra le lacrime. Nick annuì e gli diede un colpetto tra le costole.

“Cena adesso?”

Propose Rick prendendo la giacca.


Angolo autrice:

In realtà immaginavo la vicenda svolgersi durante la registrazione di Wish You Were Here e in particolare che la lite riguardasse Have a Cigar che infatti poi non ha cantano nessuno dei due, ma Roy Harper. I Pink Floyd erano grandi fan dei Monty Phyton tanto che durante le registrazioni di Dark Side of the Moon spesso si interrompevano per guardare il Monty Phyton Flying Circus e hanno anche sovvenzionato in parte il film Monty Python e il Sacro Graal. Sit on my face è contenuta nell’album Monty Python's Contractual Obligation Album, uscito nel 1980, quindi tecnicamente c’è un piccolo anacronismo, ma appena ho scoperto questa canzone non ho potuto fare a meno di abbinarla a loro!

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