La cotta

di itsalixx
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Parte 1 ***
Capitolo 2: *** Parte 2 ***
Capitolo 3: *** Parte 3 ***



Capitolo 1
*** Parte 1 ***


Quel giorno avevo indossato i pantaloni neri comprati il giorno prima. Erano dei semplici leggins, che mi snellivano i fianchi e le gambe e avevano un piccolo spacco sul davanti all’altezza delle caviglie. Mi piacevano molto, e mi sentivo anche molto figa con quelli addosso.
All’ora di pranzo ci siamo messi su di un tavolo fuori a mangiare, chiacchierando del più e del meno, senza realmente intavolare una discussione seria, ma continuando le conversazioni che seguivano i diversi gruppetti tra loro.
Avevo le gambe accavallate verso di lui, senza nemmeno volerlo, e avevo notato come lui, dopo un po’, aveva aperto le gambe come fanno normalmente i ragazzi, però guardandomi negli occhi. Era sempre così con lui: quando parlavamo ci guardavamo negli occhi e io, molto spesso, mi ci perdevo. Era uno sguardo magnetico, liquido, che ti tratteneva, ma io ero (purtroppo) troppo timida per mantenere il contatto visivo per più di un minuto.
Aveva colpito la pianta del piede della mia gamba accavallata più di una volta, dopo aver disteso le gambe verso di me. Io mi giravo a guardarlo ma lui faceva finta di niente oppure mi chiedeva scusa per averlo fatto.
Avete presente quando si dice, nei film, che il corpo parla da sé? Ecco, tutte le nostre pose emanavano sesso da ogni poro: io avevo le gambe accavallate verso di lui, lui le gambe lungo distese fino ad avere i piedi vicino ai miei, tanto che (a detta sua senza volerlo) mi colpiva senza farmi male quando si muoveva.
All’ennesima volta che succedeva e mi chiedeva scusa, sono stata io che, senza fargli male, l’ho colpito scherzosamente sulla caviglia. Ci siamo guardati negli occhi con un leggero sorriso divertito, poi io ho distolto lo sguardo.
Dopo siamo andati a studiare tutti assieme, nonostante io volessi stare fuori, e ci siamo rifugiati in un’aula studio caldissima. Cercavo ogni scusa per uscire dall’aula e respirare, camminare o qualsiasi altra cosa mi distogliesse dallo studio e dal caldo.
Ad un certo punto siamo usciti io, lui e due altri ragazzi per andare a mangiare qualcosa alle macchinette.
All’aperto stavo molto meglio, avevo ripreso fiato e leggerezza e potevo parlare con gli altri tranquillamente.
La cosa che più mi aveva stupito, però, era che non riuscivo a stare troppo lontana da lui: eravamo sempre fianco a fianco, anche quando ad un certo punto ci eravamo fermati davanti ad una macchina e ci eravamo appoggiati insieme, vicinini, mentre parlavamo con gli altri.
Mi sentivo costantemente elettrica al solo pensiero delle sue mani su di me, che mi accarezzavano dolcemente.
Ho pensato molto spesso che fosse tutta nella mia testa, quest’aria di sesso tra di noi, ma poi vedevo come si comportava quando era vicino a me e mi rendevo conto che, forse, lo voleva anche lui.
 
Una mia amica mi aveva detto, davanti agli altri tre ragazzi, che ero molto sexy con i pantaloni che avevo addosso.
Avevo riso e poi ero arrossita, ringraziandola timidamente. Cosa avrei potuto dire? Ero imbarazzatissima.
Avevo pregato che cambiassero argomento prima che qualcuno potesse dire qualcosa, e quando lo fecero gliene fui immensamente grata. Avevamo continuato a ridere e scherzare finché non era tornato il momento di studiare, quindi eravamo saliti al piano di sopra.
Sulle scale, prima di arrivare all’ultimo piano, lui mi aveva preso per il polso, chiedendomi di accompagnarlo prima a prendere dell’acqua. L’aveva fatto d’improvviso, motivo per cui ero rimasta un momento interdetta prima di acconsentire.
Eravamo quindi tornati alle macchinette e avevo aspettato prendesse una bottiglietta d’acqua, poi l’avevo accompagnato fuori. Ci eravamo fermati davanti all’edificio dove si trovava l’aula studio ed avevamo chiacchierato del più e del meno, scherzando tra noi.
Io ero molto stanca, per cui ad un certo punto avevo poggiato la fronte sulla sua spalla, dopo avergli chiesto il permesso. Ero rimasta sorpresa quando, pochi secondi dopo, lui mi aveva circondato la vita con un braccio, mettendosi di fronte a me. Mi stava abbracciando.
Non avevo alzato la testa dalla sua spalla per non guardarlo negli occhi: ero già abbastanza imbarazzata. Poi lui aveva bevuto dalla bottiglietta con tranquillità, nel mentre che mi passava la mano sulla schiena, sfiorando sempre il fondo e lasciandomi un sacco di brividi. Io avevo poggiato la testa di lato sulla sua spalla, rivolgendo il viso verso l’incavo del collo, e lui mi aveva stretto di più quando aveva sentito il mio fiato su quella parte così sensibile. Forse gli facevo il solletico.
Dopo un po’ che eravamo così, in silenzio, a farci quelle coccole impercettibili, lui mi aveva sussurrato che era d’accordo. Quando io gli avevo chiesto su cosa, lui mi aveva risposto che era d’accordo con quello che aveva detto la mia amica: ero molto sexy con quei pantaloni.
Non avevo risposto, ma mi ero stretta di più a lui: ormai i nostri petti si toccavano e la mia vita era tenuta stretta dal suo braccio, avvicinandomi ulteriormente. Nel mentre, inspiravo il suo profumo e cercavo di imprimerlo nella mia mente.
Lui, intanto, nascosto dagli sguardi altrui, aveva iniziato a sfiorarmi delicatamente il sedere, solo con i polpastrelli di una mano, senza mai stringerlo. Andava su e giù, tracciando strani arabeschi su di esso. Mi faceva quasi il solletico, facendomi gemere delicatamente sul suo collo e inarcare ancora di più, se possibile, verso di lui.
Sentivo che l’eccitazione cresceva solo con quelle coccole e non sarei riuscita a trattenermi a lungo, credevo. Avevo posato una mano sul suo petto, respirando a fatica, quando avevo percepito qualcosa di duro all’altezza del suo cavallo dei pantaloni. L’altra mano era andata sulla sua schiena, circondandogli il fianco. Non avevo osato alzare lo sguardo, avevo paura che, a guardarlo negli occhi, sarebbe soltanto peggiorata la situazione.
L’avevo sentito piegarsi all’altezza del mio orecchio e, subito dopo, le sue labbra erano sul mio collo, a sfiorarlo alternando delicati e leggeri baci. Scostai la testa di lato per lasciargli spazio di manovra quando poi arrivò alla spalla, lasciando un delicato morso che (appurai più avanti) non avrebbe lasciato segni. Ormai sospiravo senza pudore, invitandolo a continuare anche se sentivo di stare per arrivare al limite.
Eravamo stati interrotti da dei passi che si avvicinavano. Ci eravamo staccati velocemente e io mi ero girata dal lato opposto al suo per non guardarlo in viso, allontanandomi di qualche passo, finendo dall’altro lato dello stretto viale nascosto dalle siepi.
Sentii passare qualcuno tra lo spazio che avevo messo tra noi e poi il suo sguardo su di me.
Quando finalmente mi girai verso di lui, la prima cosa che mi saltò all’occhio senza volerlo fu l’eccitazione che spuntava dai pantaloni. Mi ero guardata le scarpe probabilmente arrossendo e sul mio viso si era formato un sorriso divertito. Avevo trovato il suo sguardo poco dopo, scoprendo che aveva il fiatone anche lui.
Sorrideva timido, uno di quei sorrisi felici che ti scaldano il cuore.
Mi ero avvicinata a lui, guardandolo negli occhi lucidi di eccitazione. Mi ero alzata in punta di piedi e gli avevo poggiato una mano sul viso, lasciandogli un piccolo bacio tra la guancia e l’angolo della bocca.
Mi ero allontanata sorridendo, lasciandolo indietro ad aggiustarsi, ed ero tornata in aula studio.
Quando poi era tornato a sedersi al mio fianco, ci eravamo comportati come se non fosse successo niente, anche se avevo continuato a pensarci per tutto il pomeriggio e la sera dopo.

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Capitolo 2
*** Parte 2 ***


Quel giorno, invece, eravamo seduti vicini in aula studio.
Stavamo studiando la stessa materia, ma non potevamo parlare per cui ci limitavamo a farci i fatti nostri. Anche gli altri erano sulle proprie materie, tutti concentrati.
L’aula studio era la stessa degli ultimi giorni, la più calda in cui siamo mai stati e piena di quel gruppo di cristiani che gli altri chiamano “la setta”: è un modo scherzoso di chiamare il gruppo di cristiani della nostra università perché sono sempre così coinvolgenti, tentano di convertirti in quel loro modo strano…
Io ho degli amici lì, motivo per cui non mi faccio problemi a starci insieme.
Eravamo circondati, seduti al tavolo in mezzo alla sala, e stavamo studiando fianco a fianco. Lui era ad una sedia di distanza da me, in maniera tale da avere sufficiente spazio per i libri e il computer.
C’era un venticello fresco e leggero che veniva dalla finestra alla mia sinistra, incantandomi. Tirai giù la mascherina per poterne godere e rinfrescarmi, e presi diverse boccate d’aria.
Mi accorsi di una risatina leggera che veniva dalla mia destra solo dopo un po’. Mi girai e notai che mi stava guardando con un sorriso strafottente e divertito, una mano a reggere la testa.
Sbuffai e mi rimisi su la mascherina, guardando il mio foglio. Avevo caldo per la miseria, forse sembravo un cane mentre prendevo aria? Arrossi dall’imbarazzo.
Poco dopo sentii un rumore e mi girai. Si stava spostando sulla sedia al mio fianco, quella libera, muovendo anche le sue cose verso di me. Lo fissai.
Quando si accorse che lo guardavo, non disse nulla e indicò alla sua destra: un ragazzo si stava sedendo all’estremità del tavolo, dal nostro lato, e gli altri ragazzi stavano scalando per fargli spazio.
Annuii distrattamente e rivolsi nuovamente la mia attenzione verso il quaderno: dovevo concentrarmi e continuare a fare esercizi di organica.
Quando iniziai a scrivere nuovamente la reazione, tornò una fantastica e meravigliosa folata di vento a cui sospirai togliendomi la mascherina.
Sorrisi beata, e di nuovo sentii la risatina divertita di lui al mio fianco.
Lo guardai male e feci per tirargli una sberla sulla coscia, vicina alla mia mano, ma lui fulmineo me l’afferrò e la strinse. Rimasi per un momento imbambolata, guardando le nostre mani congiunte e poi lui, che scoprii guardare il computer. Lentamente, portò la mia mano sulla sua gamba e lì la lasciò, con la sua sopra la mia.
Sentii il cuore perdere un battito, soprattutto per la nonchalance con cui aveva compiuto quel gesto. Non riuscivo a muovere un muscolo, continuavo a fissare timidamente il quaderno davanti a me.
Ripresi a scrivere solo dopo un po’, mentre ancora la mia mano era fissa sulla sua gamba e la sua sopra la mia, accarezzandola distrattamente con un pollice.
Quando la sua mano lasciò la mia, molto tempo dopo, io non mi mossi da quella posizione, perché in realtà mi piaceva l’intimità che quel contatto stava generando.
Mossi lentamente la mano su e giù lungo la sua gamba, mentre con gli occhi seguivo le sue reazioni. Sembrava piuttosto indifferente a quello che stava succedendo, motivo per cui non smisi: la realtà è che ero curiosa di sapere fin dove era disposto a spingersi.
Usai ogni tanto i polpastrelli per accarezzarlo, nella speranza che gli facesse piacere.
Quando lo sentii muoversi leggermente sulla sedia, emisi un risolino leggero. Forse alla fine qualche reazione in lui la stavo provocando.
Non saprei definire quanto tempo rimanemmo in quella posizione, so solo che dopo un po’ ne presi l’abitudine e anzi, quasi senza accorgermene, avevo iniziato a muovere la mano con un determinato ritmo.
La mia mano però finì presto sulla parte superiore della coscia, dove incrociai con le dita, quasi saltando dallo spavento, quella che scoprii essere, nel tempo il cui l’accarezzavo, la sua erezione. Tolsi velocemente la mano, imbarazzatissima e più rossa che mai di averlo sfiorato proprio su un punto così intimo.
Infilai la mano colpevole tra le cosce, desiderando di sparire e ripetendomi mentalmente di aver esagerato.
Passarono alcuni secondi, nei quali rimasi immobile.
Poi sentii la sua mano raggiungere il mio polso. La mia mano, docile alla sua presa, venne portata alla sua altezza e poi poggiata direttamente lì, sul cavallo dei suoi pantaloni.
Mi guardai in giro per vedere se qualcuno ci stesse guardando, stesse guardando la cosa sconcia che stavamo mettendo in atto, ma erano tutti concentrati sui libri, come anche i nostri amici.
La mia mano era rimasta immobile, rigida, sopra quella insolita durezza, e la sua sopra la mia a trattenerla ma senza farmi male. Voleva che sentissi l’effetto che gli facevo e io, lo ammetto, ne rimasi sorprendentemente felice.
Non mossi un muscolo finché, come aveva fatto prima, non tolse la mano da sopra la mia, lasciandomi la libertà di fare quel che volevo. Allora attesi qualche secondo. Poi, sentii sotto la mano una cosa che mi eccitò molto: il sangue che pompava in quel punto, e il suo membro che si gonfiava per il contatto che stavamo avendo. Emozionata, strinsi leggermente la durezza che sentivo sotto la mano. Lo feci più volte, come un leggero massaggio, sentendo sempre più infiammato e pulsante un punto in mezzo alle cosce. Mi stavo bagnando.
Quando sentii un rumore delicato, di penna caduta, mi ritrassi di scatto, spaventata. La bolla che ci circondava era sparita, e diverse persone si girarono a guardare da dove provenisse il rumore.
Con divertimento e stupore, scoprii che era la penna con cui stava scrivendo e che aveva lasciato cadere dalla mano. Lo guardai per qualche secondo, osservando le sue condizioni probabilmente non migliori delle mie: l’erezione ora svettava tra le gambe, nascosta solo dal tavolo agli occhi indiscreti, il viso era rosso e gli occhi liquidi d’eccitazione, le guance un po’ arrossate e il respiro affannoso. Era bellissimo.
Allora, forse gli stava piacendo….
Guardai le mie mani incastrate tra le cosce, sfregandole tra loro. Una tenda di capelli ricci mi coprì il viso rosso ma sorridente.
Non osai girarmi per la successiva mezz’ora, cercando di concentrarmi su quello che stavo studiando, anche se invano.
Mi distrasse improvvisamente una mano calda che mi toccò l’avanbraccio nudo, sfiorandolo delicatamente. Mi stava accarezzando con il dorso della mano, provocandomi dei brividi impercettibili.
A quella parte dedicò qualche momento, per poi passare lentamente alla gamba, sul quale tenevo distrattamente appoggiato il braccio. Lo spostai per lasciargli spazio, poggiandolo sul tavolo mentre lui usava i polpastrelli per provocarmi la pelle d’oca su tutto il corpo.
Sospirai lentamente, in maniera impercettibile se non per lui, che in tutta risposta mi afferrò la coscia, stringendola, come a saggiarne la consistenza e morbidezza. La massaggiò per qualche secondo, mentre io gli rendevo le cose più difficili stringendo tra loro le gambe per l’eccitazione.
La sua mano, ora incastrata in quel punto caldo e accogliente, risalì senza difficoltà fino al punto tra di esse, sfiorandolo con un dito attraverso il tessuto dei pantaloni.
Sarei potuta tranquillamente esplodere in quel momento, per quanto lo desideravo e pulsava il mio centro del piacere.
Mi portai la testa tra le mani, coprendomi il viso coi capelli, e poi mi girai lentamente verso di lui. Lo scoprii osservarmi spavaldo, con una mano a sostenere la testa mentre era per tre/quarti girato verso di me a godersi lo spettacolo. Non scriveva nemmeno più per destare sospetti.
Restammo a fissarci negli occhi, la sua mano ferma e il singolo dito ancora ad accarezzarmi in quel punto. Come se fossimo riusciti a comunicarci qualcosa tramite sguardi, lui rimosse velocemente la mano da quel punto e io mi alzai in piedi producendo un forte rumore con la sedia, uscendo dall’aula.
Poco dopo, lui mi seguì.

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Capitolo 3
*** Parte 3 ***


All’uscita dell’aula si trovava un bagno, all’interno del quale vi era un tavolo.
Stavo quasi correndo verso quella stanza, e quando vi entrai attesi qualche secondo prima di sentire la porta chiudersi con uno scatto.
Le sue mani mi circondarono prima i fianchi e poi i seni, mentre la sua bocca in un millisecondo già si trovava sul mio collo a torturarlo con baci affamati.
Spinsi il bacino indietro, verso la sua erezione di nuovo preminente, sospirando mentre mi strusciavo contro di lui e lui mi rispondeva in maniera quasi violenta.
Non era stato facile trattenersi in quei pochi giorni che avevamo passato insieme, la tensione era alle stelle e doveva essere smaltita, lo sapevamo entrambi.
Restammo in quella posizione per qualche secondo, finché lui non mi fece girare per i fianchi e mi portò le braccia sulle sue spalle, dove mi aggrappai quando lui mi afferrò per il retro delle cosce e mi portò fino al tavolo, facendomici sedere. Sbattei la schiena contro un flacone di disinfettante per le mani che si trovava lì sopra, ma ben presto lui lo tolse di mezzo colpendolo con il dorso della mano.
Mi stringeva a sé e per un momento ci guardammo intensamente negli occhi, i volti vicinissimi e le labbra che si sfioravano. Non sapevamo cosa fare, perché non volevo arrivare fino in fondo ma il mio corpo mi stava portando a fare quello che la mia mente, lucida, non voleva.
Lui mi abbracciò i fianchi, stringendomi a sé per far aderire il mio corpo al suo, poi scese ad accarezzarmi le gambe, su e giù. Io gli stringevo il retro del collo, avvicinando il suo viso al mio, passando le dita tra i suoi morbidi capelli neri.
Il suo respiro affannoso si infrangeva sulle mie labbra, tanto che non riuscivo a staccargli gli occhi di dosso.
Rimanemmo immobili in quella posizione, ansimando per lo sforzo e l’eccitazione.
Lui mi chiese con gli occhi il permesso di baciarmi, ma io scossi la testa in segno di diniego.
Non si arrese: prese a baciarmi sul naso, sulla fronte, sulla guancia e sul mento facendomi ridere.
Quando mi accorsi che sorrideva anche lui, mi morsi il labbro. Desideravo davvero baciarlo, ma non potevo.
Lui sembrò comprendere con uno sguardo.
Nascose il viso nel mio collo, inspirando.
“Non ti bacerò, va bene, ma almeno non morderti il labbro… altrimenti mi farai impazzire.”
Mi strinse più forte, strusciando il suo bacino contro il mio per farmi sentire quanto fosse eccitato, poi mi lasciò un delicato bacio alla base del collo, indugiando su quel punto, facendomi sospirare di piacere e frustrazione.
Poi, pian piano, sciolse l’abbraccio in cui ci trovavamo e mi guardò nuovamente negli occhi mentre si allontanava e usciva dalla stanza.
E così rimasi lì, eccitata e insoddisfatta, dopo aver rifiutato una sana scopata che mi stava tormentando da giorni.

Perché, vi state chiedendo?
Perché sapevo sarebbe stato solo questo, una sana scopata.
E soprattutto perché sapevo che il mio ragazzo era più importante, per me, dei miei desideri carnali verso un’altra persona che non fosse lui.

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