The rain knows about our love

di Lis4_88
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Solo ragazzi in una casa famiglia ***
Capitolo 3: *** La svuota-cervello ***
Capitolo 4: *** Mail Jeevas il frocietto ***
Capitolo 5: *** Criminali ***
Capitolo 6: *** Innocenti ***
Capitolo 7: *** Smile at life! ***
Capitolo 8: *** Lacrime di vodka ***
Capitolo 9: *** Run boy run ***
Capitolo 10: *** La pioggia sa del nostro amore ***
Capitolo 11: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


•23 marzo 2007•
Winchester, Inghilterra

"È arrivato, è arrivato!"
Linda spalancò la porta della camerata, all'epoca molto più spaziosa e con solo sei letti al suo interno.
"Il bambino nuovo è arrivato!"
Io e Mikami ci guardammo per un istante e dopo lanciammo all'aria le riviste che stavamo leggendo, e con una corsa sfrenata ci precipitammo fuori dalla stanza. Dietro di noi seguivano a ruota L e Light, quest'ultimo saltellante su un piede intento a mettersi un calzino.
Ci spiaccicammo tutti quanti sulla finestra del corridoio, che dava sul viale davanti l'ingresso.
Eravamo stati avvisati la settimana prima, che un nuovo bambino proveniente dalla Germania stava per entrare a far parte della nostra famiglia. Ci elettrizzava da morire la cosa, e non vedevamo l'ora di avere un nuovo compagno di giochi provenienti da un'altro Paese del mondo.
Fino a quel momento io ed L eravamo gli unici stranieri, e la cosa ci faceva sentire le pecore nere del gruppo.
"Secondo voi come sarà?" chiese Light, con il naso appiccicato alla finestra.
"Spostati L non vedo!" sbraitai io, tirando una gomitata al corvino in modo che mi lasciasse qualche centimetro di spazio.
"Speriamo non sia un cafone".
Mi dispiace Linda, lo speravamo tutti.
Una macchina nera si fermò davanti il vialetto e volarono altri spintoni e gomitate, perché ognuno di noi voleva essere il primo a vedere l'aspetto del nuovo arrivato.
Un uomo con degli enormi baffi scese dall'auto, e andò a stringere la mano a Watari e Roger.
"Sono tutti così in Germania?" disse Mikami, provocando varie risate.
"Saprà parlare inglese quello nuovo?"
"Io l'ho imparato in poco tempo"
"Lo sappiamo cervellone"
"Zitti! Eccolo che scende!"
L'uomo tedesco aprí la portiera della volante e ne uscì un bambinetto che da lassù ci sembrava microscopico. Aveva una matassa di capelli biondi, che arrivavano quasi alle spalle. Aveva la testa china e reggeva uno zainetto azzurro che teneva stretto al petto, circondandolo con le sue esili braccia.
Watari si chinò su di lui e gli accarezzò il cuoio dorato, ma la sua mano venne scostata da uno schiaffo che il bambino vi tirò sopra.
Tutti noi facemmo un verso di stupore e aprimmo la bocca a forma di O.
"Che caratterino!" esclamò Light ridendo.
"Questo ci darà filo da torcere me lo sento." constatò L sconsolato, affermazione che in futuro si rivelò veritiera.
"Stanno entrando!" urlò Linda quando vide i tre uomini e il diavoletto dai capelli biondi incamminarsi verso la porta.
Tutti ci voltammo subito a sinistra e iniziammo a correre per raggiungere il piano di sotto. Io (che ero il secondo in fila) non frenai in tempo e andai a sbattere contro la schiena di L, che si era fermato all'improvviso a metà scala.
"Ma che diavolo-?!" sbraitò Mikami venendomi addosso, innescando una reazione a catena di scontri.
"Shhhh!" ci fece eco L mettendosi l'indice sulla bocca.
Davanti la porta d'ingresso c'erano gli uomini che parlavano, e dietro quello con i baffi c'era il bambinetto che teneva stretto lo zaino.
Nessuno sembrava essersi accorto della nostra presenza, e l'uomo sconosciuto stava parlando in tedesco con Roger.
"Da quando Roger sa il tedesco?" bisbigliò Linda dal fondo della fila. Come risposta le giunse un coro di "shhh".
Volevamo stare tutti in ascolto, anche se in realtà nessuno di noi stava capendo una parola.
In quel momento Watari si voltò e notò una mandria di cinque ragazzini acquattati sulle scale.
"Oh ragazzi siete già scesi vedo! Forza venite a conoscere il nuovo arrivato."
Tutti ci guardammo in silenzio, cercando conferma negli sguardi degli altri, e dopo esserci annuiti a vicenda scendemmo le scale tutti insieme.
"Ma quanti siete! Sembrate tutti molto simpatici!" esclamò il terzo uomo, parlando un inglese quasi perfetto se non fosse per la pronuncia terribilmente marcata.
"Lui è Mihael Keehl, e starà con voi d'ora in poi" continuò indicando il ragazzino che si cercava di nascondere dietro le sue gambe.
Calò un silenzio imbarazzante, e sembrava che nessuno di noi volesse dire qualcosa per romperlo.
"Mello, saluta i tuoi nuovi amici." disse l'uomo baffuto, palesemente a disagio.
"Ich will nicht mit diesen Schwachköpfen leben"
Finalmente sentimmo la voce di Mihael, che era piuttosto bassa per essere quella di un ragazzino di 10 anni, e dal suo tono sembrò essere molto arrogante.
Ricordo che tutti noi lo guardammo confusi, mentre Roger fece una faccia sconvolta e guardò il tutore di Mello come se lo stesse rimproverando.
"Che cos'ha detto?" chiese Linda.
"Cose molto brutte piccola." rispose Roger, facendosi il segno della croce sul petto. Anche lui aveva compreso che la Germania ci aveva spedito una bella gatta da pelare.
Comunque scoprimmo tempo dopo che la frase di Mihael significava: "Non voglio vivere con queste teste di cazzo". Che carino.
Watari fece uno dei suoi sorrisi che ti sciolgono il cuore e accompagnò tutti gli adulti in cucina per offrire una tazza di the al nostro ospite. Erano le cinque di pomeriggio, bisognava rispettare le tradizioni. Disse a tutti noi di mostrare a Mihael la camera mentre loro dovevano compilare alcuni moduli.
"Da questa parte" disse Light piuttosto diffidente nel portare quel diavolo della Tasmania nel nostro piccolo regno.
Mello ci seguì al piano di sopra e posò il suo zainetto sul letto che gli era stato predisposto.
Tutti noi lo fissavamo in semicerchio, aspettando un qualche gesto o una frase da parte sua. Ammetto che io mi sarei sentito in soggezione, e forse lo era anche Mihael.
"Così vieni dalla Germania eh?" chiese L, facendo una delle tipiche domande da copione con il solo scopo di rompere il silenzio. Ma il silenzio rimase, perché Mello sembrava intenzionato a voler solo svuotare il suo zaino da magliette e pantaloni.
"Sei cresciuto in orfanotrofio?" provò Linda, ma anche lei non ottenne nessuna risposta.
"Io sono Matt comunque!" tentai allora io, e tutti colsero la mia idea come la migliore, dato che uno ad uno iniziarono a presentarsi.
"Es ist mir egal, wie du heißt" Fu la risposta di Mihael. Che per la cronaca, significa: "Non mi interessa sapere come vi chiamate".
Noi ci guardammo attoniti e la pazienza di Mikami aveva già superato il suo limite piuttosto basso.
"Questo qui mi ha già rotto." E andò a buttarsi sul suo letto, riprendendo la rivista che stavamo leggendo insieme mezzora prima.
Ma io non volevo demordere, sono sempre stato un tipo estroverso e volevo davvero fare amicizia con quel ragazzino.
"Ascolta, non so se tu non capisci quello che ti diciamo o ci prendi per i fondelli, ma fatto sta che se hai bisogno di lezioni d'inglese posso aiutarti io. Vengo anch'io da un'altro paese sai? Hai presente dov'è la Romania?"
A quella parola finalmente Mihael si girò e mi fissò incuriosito.
"Capisco poco l'inglese" disse dopo un po' "Lo so un po' parlare perché ce lo insegnavano all'orfanotrofio dove vivevo."
Gli sorrisi soddisfatto e anche tutti gli altri erano di nuovo interessati a sostenere una conversazione. Ma tutto si rovinò con la frase che pronunciò dopo.
"Quindi non mi serve prendere lezioni da uno stupido come te!"
Se ci fosse stato Beyond di sicuro avrebbe riso a una cattiveria del genere, ma dato che nessuno dei presenti era così sadico, tutti rimasero a bocca aperta. Perfino quella di Mikami sbucava dalla rivista che fingeva di leggere, perché in realtà voleva ascoltare ogni singola parola del discorso.
Non mi offese quel commento anzi. Non so perché mi fece provare ancora più curiosità nei suoi confronti e senza accorgermene, un ghigno apparì sul mio viso.
"Va bene allora, fa come vuoi." dissi a mani alzate, raggiungendo Mikami nel letto.
Per una settimana, il biondo non parlò con nessuno e ogni giorno scappava di casa andando a intrufolarsi nei buchi più luridi del nostro quartiere, già abbastanza malfamato.
La svolta avvenne un lunedì pomeriggio, mentre io ero in camera che leggevo uno di quei libricini che ti davano le insegnanti alle elementari per esercitarti nella lettura. La storia era più o meno sempre quella, una famiglia che andava in vacanza o un gruppo di amici che viveva un'avventura. Però mi piacevano quei libri.
A un certo punto entrò il nostro amato tedesco e mi fece piombare sul materasso una decina di libri di antologia pieni di storielle. Lo guardai accigliato e lui si sedette davanti a me emettendo un grugnito.
"Ci sono parole che non capisco."
Un sorriso molto simile a quello dello Stregatto mi tagliò il volto in due.
"Chiudi il becco." disse Mihael iniziando a sfogliare uno dei libri.
Gongolai per la mia vittoria e lo aiutai con i verbi e gli aggettivi che non riusciva proprio ad assimilare, e dopo di quella ci furono numerose altre volte in cui lo aiutai a studiare, che diedero il via alla nostra amicizia.

 

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Capitolo 2
*** Solo ragazzi in una casa famiglia ***


•5 maggio 2014•
Winchester, Inghilterra

Mello bussava ripetutamente alla porta del bagno, impedendomi di rimanere concentrato sulla mia immagine riflessa nello specchio. Che rompi coglioni.
"Un secondo cazzo!" urlai, mentre cercavo di tener ferma la ciocca di capelli fra le mie dita.
Le forbici tremavano leggermente ma poi con un taglio netto troncarono la lunghezza dei miei capelli rossi che ricaddero nel lavandino, dove ne era presente un'altra matassa.
"Devo farmi la doccia" disse il biondo entrando, non curante del fatto che gli avessi detto di aspettare "Di nuovo?"
"Avevo voglia di cambiare"
"Diventerai pelato fra meno di un mese. Ora fila via che devo lavarmi"
Mi diedi un'ultimo sguardo nella lastra di vetro, arruffandomi i capelli e facendo poi l'occhiolino. Non erano così male.
"Divertiti a pulire il lavandino"
Afferrai i miei goggles e sgusciai fuori dal bagno, seguito da un urlo di Mello che diceva "No Matt col cazz-"
Scesi le scale a due a due e andai in sala da pranzo, dove Light stava apparecchiando la tavola insieme ad L.
"Nuovo taglio eh?" disse quest'ultimo.
Gli sorrisi fiero del mio lavoro e sorpassai Light dandogli una pacca sulla spalla ed entrai nel cucinotto.
Mi misi al fianco di Watari, che era intento a versare un qualche sugo in una pentola, per curiosare su quali pietanze ci sarebbero spettate quel giorno. Il mio tutore legale non ci pensò due volte a passarmi il mestolo e mi fece cenno di farlo girare dentro al pentolone. La pasta non aveva un aspetto invitante.
"Tutti a tavola!" urlò Roger rivolto ai piani di sopra.
Misa, Linda e Mikami scesero le scale spintonandosi, arrabbiati in seguito a uno stupido litigio riguardo una cosa inutile letta su una rivista. Matsuda dietro di loro li seguiva tranquillo e rise quando Misa afferrò una ciocca dei lunghi capelli di Mikami e glie la tirò facendogli emettere un urlo strozzato.
"Dov'è Nate?" chiese Roger appoggiando la pentola di pasta al centro dell'enorme tavolata. Light fece spallucce prendendosi la sua porzione.
Poco dopo arrivò Mello, nudo se non per un accappatoio mezzo aperto sul torace, che trascinava il ragazzo albino per il bavero.
"Devi smetterla di frugare fra le mie cose pezzo di merda!"
"E tu smettila di rubare i miei giocattoli!"
Il più piccolo della casa famiglia si stava divincolando con braccia e gambe, quando in realtà quest'ultime non toccavano neanche terra per quanto fosse basso.
"Perché cazzo giochi ancora con i Transformers a 16 anni?"
"Mihael, linguaggio!" lo richiamò Roger, cattolico fortemente convinto che le parolacce fossero il peccato di Dio.
Io risi di gusto e passai il mestolo per servire la pasta a Teru, che si era seduto vicino a me.
Sebbene quel tizio fosse terribilmente strano ed inquietante, mi stava simpatico. Sembravamo andare d'accordo.
Quando sono arrivato nella casa famiglia lui era già lì da due anni, e fu il primo ad avvicinarsi a me.
La prima volta che mi rivolse la parola mi chiese come mai indossavo quelli che lui definì degli occhiali strani.
"Hai problemi di vista?" mi disse.
"Non sono occhiali da vista, sono goggles." risposi io.
Non ricordo bene il seguito ma so che mi disse che erano stupidi e io allora ribattei dicendo che i suoi capelli erano da emo depresso. Ci prendemmo a calci per qualche minuto e da lì in poi fummo inseparabili.
"Non manca qualcuno?" chiese Watari con tono di rimprovero guardando L.
Tutti ci girammo verso di lui e dopo un minuto di silenzio, il corvino sbuffò e uscì dalla stanza.
Tornò poco dopo seguito da un'altro moro che sembrava gli stesse scagliando le maledizioni più diaboliche.
"Dove l'hai chiuso sta volta?" chiese Linda divertita.
"In giardino. Aveva iniziato a inseguirmi con un pezzo di vetro" rispose Lawliet con il suo solito tono pacato.
"La prossima volta ti taglio la gola nel sonno!" sbraitava Beyond con gli occhi iniettati di sangue. Quel giorno era messo peggio del solito, ed era una cosa particolarmente pericolosa per noi in quanto suoi coinquilini. Specialmente per L, il quale non si sa il motivo ma è sempre stato il suo bersaglio preferito.
Si sedette al suo posto e ingurgitò le due pillole che aveva a fianco il suo piatto aiutandosi con un sorso d'acqua, nel mentre che Watari gli accarezzava la testa.
"Matt, ti sei tagliato di nuovo i capelli?" chiese Misa, seduta di fronte a me.
"Sono sexy vero?" risposi indicandomi la testa.
Roger roteò gli occhi e mi guardò dalla sua posizione di capo tavola, con l'unica espressione che probabilmente mi ha rivolto per tutta la mia vita: commiserazione.
"Mail dovresti smetterla con queste pratiche di bellezza. Per punizione dopo pulirai il salotto dal disordine che avete fatto ieri."
"Ma che due coglio-!" 
"Linguaggio!" 
Mi zittii e piegai la boccuccia a U rovesciata, mentre tutti gli altri ridevano.
"Suvvia Roger, alla fine è ancora il nostro bel ragazzo! Matsuda ti darà una mano." disse Watari porgendomi un sorriso, che io ricambiai subito. Era sempre pronto a schierarsi dalla mia parte quando ce n'era bisogno.
Finito di pranzare andai dunque in salotto per risistemare il disordine che c'era dopo la battaglia con i cuscini che si svolse la sera prima.
Era partito tutto da Beyond che se ne uscì dicendo: "Misa è una puttanella"
Gli arrivò un cuscino dritto in faccia da parte di Linda, la sua migliore amica, mentre Light (il ragazzo che Misa sosteneva essere innamorato di lei) non mosse un muscolo. Anzi, stava sonnecchiando appoggiato al bracciolo del divano.
"Lascialo stare Linda, deve ancora prendere le medicine." disse Nate mentre costruiva una torre di dadi.
"Le ho prese le medicine!" gridò Beyond, sapendo perfino lui che non era vero. O forse lo sapeva e non se ne rendeva conto, non lo so. Nessuno capiva la mente di quel ragazzo, e fummo avvertiti al suo arrivo che era un ragazzo "speciale".
Fatto sta che Beyond non gradì il colpo ricevuto, così afferrò un altro cuscino e lo scagliò addosso al suo aggressore.
Iniziarono a lanciarsi qualsiasi cosa capitasse loro vicino, e nessuno di noi aveva intenzione di fermarli. Eravamo troppo pigri e troppo divertiti dalla cosa.
Dopo 5 cuscini, un caricabatterie, un vaso e 3 libri, Misa andò in soccorso dell'amica e seguimmo tutti a ruota.
Sembrava che nel nostro salotto si fosse svolta la Guerra dei Cent'Anni.
Matsuda era piegato in una posizione buffa per cercare i dadi di Near finiti sotto il divano. Allungò il braccio come Mister Fantastic, ma estrasse dal tunnel nero solo una Pringles risalente con molte probabilità al Natale dell'anno prima.
Io stavo raccogliendo un vaso che fino alla sera prima era posizionato sul davanzale della finestra vicino il televisore. O meglio, stavo raccogliendo ciò che ne rimaneva del vaso.
"Oh lo sapevi..." disse Matsuda attirando la mia attenzione, mentre metteva in una scatola i dadi che aveva trovato "...che Linda e Mello sono intimi?"
Lo guardai stranito e scossi la testa.
"È da un mese che Linda sgattaiola ogni notte nel suo letto, penso tu fossi l'unico a non essertene accorto." Cercai di nascondere il più possibile il tono amareggiato della mia voce, ma tanto Matsuda era troppo stupido e troppo sorpreso per accorgersene.
"Vuoi dirmi che lo sanno tutti?!"
Risi alla sua ingenuità e continuai a raccogliere i cocci di ceramica, anche se quella situazione faceva tutto tranne che divertirmi.
Quando venne fuori quella notizia, agli inizi di aprile, tutti pensammo fosse uno scherzo per il primo del mese. Io in particolare.
"Ha ha ha, buon pesce d'aprile anche a te Linda." aveva detto Mikami con il naso immerso in un fumetto di Red.
"Volete dirmi che non avete sentito nulla stanotte?" chiese la ragazza castana parecchio stizzita.
"Sai com'è, dormivamo." disse L, ricevendo un verso di assenso da parte di tutti.
Ma dovemmo crederci quella stessa notte quando un tonfo ci fece svegliare di soprassalto.
Quando la luce si accese, Mello era sul pavimento avvolto nel lenzuolo con Linda sopra di lui che stava per sfilarsi la maglietta.
Ci concedemmo due giorni di tempo per prendere in giro Mello e dopo tornò tutto alla normalità. L'unico lato negativo è che abbiamo una camerata unica, quindi i due interessati non hanno uno straccio di privacy. Anche se con tutta onestà la parola "privacy" non aveva mai fatto parte del nostro vocabolario. Eravamo 10 orfani sgangherati che si sono ritrovati sotto lo stesso tetto nella zona più malfamata di Winchester. Non ce ne facevamo nulla della privacy.
Come dice il proverbio "si parla del diavolo e spuntano le corna", in quel momento sbucò Mello dalla cucina con indosso il suo chiodo di pelle, intento a contare delle banconote che aveva in mano.
"Dove vai Mick?" chiese Matsuda.
"Watari mi ha detto di comprare delle cose al mini market. E smettila di chiamarmi Mick coglione, non mi chiamo Mickey."
Matsuda ignorò la correzione del biondo (come aveva sempre fatto) e disse solo: "Mi compri le haribo alla frutta?"
Mick roteò gli occhi e fece per uscire.
"Vengo con te." esclamai saltando oltre il divano e afferrando al volo il mio smanicato di pelo. Mi ero stufato di pulire il salotto.
Uscimmo dalla piccola abitazione dove ci ritrovavamo a vivere e ci incamminammo verso il supermercato che distava pochi metri. Il cielo sembrava un lenzuolo grigio stirato alla perfezione e c'era una leggera nebbia, tipica di Winchester. O forse era solo lo smog delle macchine.
Arrivammo al mini market e salutammo Jabar, il simpatico ometto indiano che stava dietro la cassa, probabilmente pedofilo.
Mihael estrasse dalla tasca del giubbotto un foglietto stropicciato con elencati dei prodotti nella calligrafia elegante di Watari.
Da quando siamo diventati numerosi i due gestori della nostra casa famiglia hanno iniziato a dividerci i compiti, in modo che loro potessero lavorare il meno possibile. Inizialmente ci eravamo fatti delle tabelle con i turni di ognuno, e per una settimana la cosa funzionò. Quell'armonia si ruppè quando uno di noi (non ricordo chi, probabilmente io) disse di essere stanco e di non voler fare il proprio lavoro, innescando una catena di: "Non mi va, lo puoi fare tu al posto mio?"
Adesso i lavori da sbrigare si dividevano con tornei di sasso-carta-forbice.
Io reggevo la lista ed elencavo in maniera abbastanza svogliata le cose da comprare.
"Pasta bresaué?"
Mihael si sporse in avanti per leggere.
"Pasta brisé, idiota."
Dopo anni avevo smesso di provare a spiegargli cosa fosse la dislessia, quindi incassavo il colpo e facevo finta di nulla.
Depennato anche l'ultimo cibo passammo a quelle che noi chiamavamo: "le aggiunte".
Ovvero cose assolutamente non richieste e proibite ad esempio birra, patatine, caramelle e sigarette.
Il biondo aprí la porta scorrevole dei frigoriferi e ne estrasse una scatola di Fuller's Imperial.
"Fai due." dissi.
Quando fu estratta anche la seconda confezione, il frigorifero fu chiuso e passammo ai dolciumi e alle schifezze.
"Jabal hai finito i Twix?" urlai dal fondo del piccolo negozio.
"Si, quei mocciosi della Eastgate. Ho degli Skittles se vuoi."
Mi accontentai delle caramelline dolci alla frutta dopo aver imprecato un vaffanculo.
Prima di uscire comprai 3 pacchetti di Marlboro. Ero stufo di fumare le Winston Blue di Light, sono troppe leggere.
Uscimmo dal market e Mihael si incamminò reggendo una delle casse di birra.
"Aspetta, voglio fumare." esclamai.
Quella Marlboro rossa sembrava una benedizione. Me la fumavo seduto sul muretto fuori il negozio, mentre Mello era in piedi a fianco a me a braccia conserte, che muoveva la gamba scocciato.
In quel momento dal fondo della via arrivarono tre ragazzini, con il cavallo dei pantaloni fino alle ginocchia e una palla da basket sotto braccio.
"Avete dell'erba?" chiese quello che sarebbe dovuto essere il capo della "banda". Sinceramente mi ricordava il cugino di Harry Potter.
"Smammate pidocchi."
E proprio come una magia, i tre scomparirono dopo che Mihael aprí bocca.
Quella scena ormai tipica di quando Mello usciva, mi faceva ridere ogni volta.
Non so perché tutti fossero convinti che il mio amico avesse dell'erba, ma l'idea di Mihael spacciatore mi eccitava parecchio.
Quando rientrammo la maggior parte della combriccola era radunata in salotto.
La TV era accesa ma nessuno la stava seguendo veramente. C'è un verbo che si usa per spiegare situazioni del genere, ovvero: "cazzeggiare."
"Mi avete preso le Haribo?" chiese Matsuda, che in realtà stava già mangiando dei noodles istantanei.
"Non le avevano." rispose secco Mick prima di sparire in cucina con le borse.
Avrei potuto dire che non aveva neanche provato a cercarle, ma sapete com'è: "chi fa la spia non è figlio di Maria..." e bla bla bla.
Mi tolsi lo smanicato e lo buttai sopra tutti i vestiti appesi all'attaccapanni.
"Che guardate?" cinguettai buttandomi sul divano, in mezzo tra Misa e Matsuda.
"How I Met Your Mother" rispose la ragazza, porgendomi un Mikado alla fragola dal pacchetto che aveva in mano.
"Qualcuno di voi idioti potrebbe venire ad aiutarmi?" echeggiò un urlo dalla cucina.
"Mello c'è How I Met Your Mother in TV!"
Si sentirono delle borse cadere sul tavolo e il biondo si precipitò in salotto.
Guardammo la sitcom finché Watari e Roger non ci chiamarono per la decima volta, dicendo che la cena era in tavola.
In realtà avevamo già visto quella serie 3 anni prima, e poi ancora l'estate scorsa. Ma insomma...è di How I Met Your Mother che parliamo. Il mio preferito è sempre stato Barney. Quello di Misa Marshall, perché diceva che voleva un marito come lui. Invece Mikami aveva una cotta per Robin ma si vergognava ad ammetterlo. Anche a me piaceva Robin, era una gran figa.
Cenammo con una triste torta di spinaci fatta con quella pasta bresaué che avevo comprato con Mello.
La polemica di quella sera fu tra quali fossero le migliore sitcom anni 2000. L era l'unico a preferire Friends. Stramboide.
Dopo una lotta sfrenata per i turni del bagno, andammo tutti a dormire nella nostra camerata.
L'edificio in cui stavamo era piccolo per 12 persone. Aveva un cucinotto con la sala da pranzo adiacente, un salotto con due divani, un piccolo bagno e due stanze al piano di sopra. Si, avete sentito bene. Due. Eravamo tutti più che certi del fatto che Roger e Watari scopassero.

 

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Capitolo 3
*** La svuota-cervello ***


Le settimane trascorsero come al solito, se vivere in una casa in disordine con due vecchi e nove adolescenti si potesse definire il solito.
Mello e Linda consumavano il loro amore quasi ogni settimana, sempre nel letto di lui. A quel punto avrebbero anche potuto scopare in cucina, perché dover aspettare che le luci venissero spente?
Diversi di noi avevano chiesto a Linda se i due avessero una relazione.
"È solo sesso! Siamo giovani e viviamo sotto lo stesso tetto da tutta la vita." rispondeva "La nostra é attrazione fisica."
Se invece chiedevi a Mihael o ti arrivava un pugno in faccia, oppure se fosse stato calmo, un: "La scopo perché è figa. Nient'altro."
La notte stava diventando molto difficile da superare.
Adesso oltre a Nate che si girava nel letto come uno spiedino sulla brace, Beyond che parlava nel sonno ed L e la sua maledetta insonnia che teneva più svegli noi che lui, si aggiungevano i due scopinquilini che si auguravano la buonanotte facendo cigolare le molle del materasso.
Una mattina, mentre io e altri eravamo seduti al tavolo a bere il caffè, Light piombò dal piano di sopra avvolto in una coperta. Era pallido, aveva due occhiaie che sembravano crateri di un asteroide e la sua fronte aveva le cosiddette: "rughe da stress".
"Adesso basta." disse con voce stridula, consumata dalla mancanza di sonno.
"Non dormo da una settimana. Portatevi il materasso nella mansarda e scopate lì per favore."
Ci lasciò tutti di sasso e finito di parlare ruotò su se stesso tornando al piano di sopra, ricordando molto Piton che volteggia il suo abito in giro per Hogwarts.
Gli sguardi di tutti si posarono su Linda e Mello, che erano seduti in fondo al tavolo a mangiare waffle e marmellata.
"E va bene, andremo in mansarda." disse Linda dopo un minuto intero di sguardi silenziosi.
Sapevo che nessuno voleva mettersi a ballare e ad esultare sul tavolo alle 8 di mattina, ma se avessimo avute le forze vi assicuro che l'avremmo fatto.
In fondo al corridoio del primo piano c'erano delle scale che portavano a quella che aveva preso il nome universale di: "la svuota-cervello"
Era una camera sottotetto, che fungeva da soffitta e da deposito di cianfrusaglie. Roger e Watari non ci salivano da anni ormai, e questo la rese il nostro covo segreto.
C'erano le decorazioni di Natale, il vecchio televisione, una bici rotta e un catorcio di condizionatore che si accendeva ogni tanto se eri fortunato, che era diventato il nostro frigo per le birre. La maggior parte delle volte le bevevamo tiepide, ma non ci importava. Bastava fosse birra.
C'era anche una finestra quadrata che era la via di fuga per il nostro cervello. Quando uno di noi aveva una giornata no, si sedeva sul davanzale e spalancava le ante, osservando la città dall'alto e buttando fuori i pensieri insieme al fumo di una sigaretta.
Io mi spingevo ancora più in là, uscendo all'esterno e distendendomi sulle tegole verdastre. Io e Misa abbiamo consumato pacchetti interi di Marlboro su quel tetto.
Neanche il tempo di mettere le tazze nel lavello, che il salotto venne occupato da quella marea di adolescenti annoiati, chiusi in una casa famiglia. Era sabato quindi quelli di noi che lavoravano part-time in piccoli negozi o quelli che frequentavano corsi scolastici, avevano la giornata libera.
Mello aveva preso possesso del televisore, impegnato a fucilare qualche bot su Call of Duty. Linda era seduta vicino a lui e stava facendo dei codini a Matsuda, che intanto riscriveva i suoi appunti di criminologia. Era sempre stato un'appassionato e diceva che una volta uscito da lì sarebbe diventato un poliziotto. La cosa ci faceva ridere parecchio.
Misa era seduta sull'altro divano che leggeva una rivista tutta rosa con una tizia cotonata e un tipo senza maglietta in copertina. Devo ammettere però che era un gran pezzo di ragazzo.
"Sapevate che Jennifer Lawrence e Nicholas Hoult si sono lasciati?" cinguettava ogni tanto. No Misa, e non ce ne frega un cazzo. Io occupavo l'altra metà del divano con la mia psp, ammazzando un boss su Star Bound.
Nate era sul tappeto che faceva un puzzle che aveva già completato minimo 8 volte, ma diceva che gli piaceva la figura che veniva quando tutti i pezzi erano uniti.
Mikami e Beyond guardavano video splatter su YouTube, con tanto di telecronaca in diretta da parte di quest'ultimo, che ogni tanto diceva: "Forza, forza ammazzalo! Strappagli le budella! Oh oh oh guarda quanto sangue!"
Light stava russando nella camerata, Watari e Roger chiusi nella loro stanza-ufficio ed L probabilmente in cucina a finire gli ultimi avanzi di torta. Tutto regolare.
Quando Linda finí la sua opera e quindi Matsuda sembrava Saiki Kusuo ma con due pom-pom neri, si distese appoggiando la testa sulla spalla di Mihael. Guardava in silenzio la partita al televisore e fece scivolare la sua mano sulla coscia del biondo.
Mello sembrò infastidito dalla cosa, ma non rimasi abbastanza a lungo per confermarlo perché scappai al piano di sopra, lasciando il mio personaggio da solo contro un alieno a tre teste.
Sollevai leggermente il mio comodino, e sfilai dal fondo uno dei pacchetti di Marlboro che avevo comprato al mini market. Anzi in realtà era l'ultimo.
Dietro c'era un pacchetto di Winston e due di Camel.
Era stato deciso due anni prima a votazione il luogo in cui avremmo dovuto nascondere le sigarette, e dato che io ero il primo che aveva iniziato a fumare usufruirono del nascondiglio che usavo quando ancora ci nascondevo le mezzine rollate nei bagni della scuola.
"Aggiungerei un'altra regola." disse Beyond "Chi nasconde se ne assume la completa responsabilità. Niente spie."
Tradotto: "Se Roger o Watari ci scoprono Matt è l'unico che se la prende nel culo."
Andai alla mansarda, spalancai la finestra e mi sedetti sul davanzale con la schiena appoggiata al muro. Winchster risplendeva di una forte luce gialla, ma quella notte aveva piovuto, quindi c'era una brezza rinfrescante che mi scompigliava i capelli rossicci. L'erba del prato sottostante la casa era umida e l'odore di bagnato saliva fino alla mia altezza.
Mi arrovellavo nel pensare cosa ci trovasse in lei. La lista fu molto lunga. Era una bella ragazza, gentile, simpatica, non aveva paura di dirti le cose in faccia e aveva quell'atteggiamento da sorella maggiore.
Probabilmente se non fossi stato ossessionato da quella testa di cazzo bionda, me ne sarei innamorato anch'io.
Ma Mello non ne era innamorato giusto? "Solo sesso." Così dicevano entrambi.
Ma mi sarei fidato di più di Beyond con un coltello in mano che delle parole di Mihael. Quel ragazzo era un muro invalicabile. Un cancello ferrato che il nostro ariete da battaglia non riusciva ad aprire.
Per anni ho portato il cartellino di suo migliore amico, e almeno un poco ero riuscito a scalfire la superficie di quell'iceberg che era il suo vero carattere. Quando dicevo agli altri che la risata di Mihael era simile a una sirena non ci credevano. Pensavano che il gesto di ridere fosse stato privato al biondo dalla nascita.
Comunque a Mello non piaceva dire quello che provava davvero. Piuttosto ti accontentava con un'enorme stronzata ma  mai si sarebbe permesso di mostrarti il suo lato vero. Quando c'era una situazione particolare, al bivio "affrontala" e "scappa", Mello correva dritto verso l'ultima strada. Dire ciò che provava lo terrorizzava.
Tutto si deteriorò l'anno prima, dopo che gli raccontai che io e Nate ci eravamo fatti una sega a vicenda in bagno.
Lui voleva scoprire il piacere sessuale che si provava strofinando un pene e io ero solo in piena crisi ormonale. Il giorno dopo a entrambi sembrò solo un brutto sogno e non se ne parlò più.
Ma dopo quella vicenda, Mihael non fu più lo stesso. Non capivo perché da quando glie lo raccontai iniziò a prendere le distanze e a diventare sempre più arrogante nei miei confronti. Sembrava che il nostro rapporto fosse ritornato al livello dei primi mesi in cui Mello arrivò nella casa famiglia.
Una porta che si apriva mi fece risvegliare da quel viaggio nei ricordi e mise in pausa l'ingranaggio del mio cervello che stava andando in cortocircuito.
"Oh, posto svuota-mente occupato. Ripasso dopo." disse L in tono gentile, richiudendosi la porta alle spalle.
"Tranquillo puoi restare. Più che svuotarla sto sovraccaricando la testa."
Il corvino chiuse la porta e si sedette vicino a me estraendo una sigaretta dal suo pacchetto di Camel bianche.
"Cosa ti porta quassù avventuriero?" chiesi imitando la voce del narratore di quel videogioco a cui giocavo sempre. World of Warcraft o qualcosa del genere.
"Beyond e Mikami a dir la verità." rispose l'avventuriero soffiando via il fumo dalla finestra quadrata.
"Hanno iniziato a menarsi e non voglio perdere un'altra ciocca di capelli nel tentativo di separarli."
Risi al ricordo di Mikami con in mano un ciuffo nero che aveva accidentalmente strappato da L, convinto che fossero i capelli della persona che stava pestando.
"Stavolta toccherà a Misa mi sa." dissi ridendo. Pausa tirata di tabacco e dopo riprendemmo a parlare.
"E tu...avventuriero?"
Distolsi lo sguardo dai suoi pozzi neri comunemente chiamati "occhi" e osservai un piccione che si era appoggiato al palo della luce sul marciapiede vicino. Credevo che avrei evitato quella domanda, ma la bastarda si é presentata comunque.
Ci fu una lunga pausa, dove anche L iniziò a guardare fuori dalla finestra (forse anche lui il piccione), e le nostre bocche soffiavano fuori nuvolette di fumo immerse nel silenzio.
"Pensi che sia normale se una persona ama un'altra persona dello stesso sesso?"
Niente sguardi. Solo verso il piccione.
"Chi decide che cos'è normale?" arrivò di tutta risposta "Perché è normale amare una persona del sesso opposto ma del proprio no? Non me lo spiego. O entrambe le cose sono normali o nessuna delle due lo è."
"Penso che nessuna delle due lo sia." dissi restando immobile, mentre la sigaretta si consumava nella mia mano destra.
"L'amore non é normale."
"Concordo."
Un'aspirata in simultanea e due mozziconi volarono dalla finestra quadrata finendo sul marciapiede.
"Prova a chiederlo a questa persona." disse L alzandosi e raggiungendo la porta "Chiedigli se per lui è normale."
Mi sorrise ed uscì dalla mansarda. Guardai la porta per qualche istante e mi girai di nuovo, con la mente più incasinata di prima. Il piccione se n'era andato.

 

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Capitolo 4
*** Mail Jeevas il frocietto ***


Quella mattina di fine maggio decisi che le mura di quell'abitazione in cui eravamo striminziti mi avevano stufato. Non è che me ne resi conto appena sveglio, ma a un certo punto guardare Dragon Ball ogni mattina mi stava facendo venire la nausea. Soprattutto perché avevo già visto tutte le stagioni quando avevo 10 anni.
Finalmente l'aria iniziava un po' a scaldarsi, cosa molto rara a Winchester. Non ricordo un'estate nella quale non dovetti mettere la felpa.
Mi misi una t-shirt grigia di un gruppo famoso di Liverpool che avevo comprato a una bancarella.
Non dovrebbe esserci scritto Beatles?
Si ma il tipo che me l'ha venduta era cinese quindi andai in giro con la maglia di una band di nome "Boatles".
Un paio di jeans verde militare pieni di tasche, e i miei goggles lasciati a penzoloni sul collo completarono l'opera.
Trascinai fuori con me Mihael, Linda e Mikami e vagammo tutta la mattinata senza una meta precisa.
"Andiamo al parco?" propose Linda mentre Mikami finiva di imbrattare il muro di un vicolo con una bomboletta spray azzurra: The queen is a queer
Che cazzone.
Andammo nel piccolo parchetto del nostro quartiere malfamato, dove la parola "erba" stava a significare due bustine di marijuana e non i fili verdi attaccati al suolo.
Ci sedemmo su quella che una volta poteva essere chiamata "panchina" e ci facemmo il primo giro di sigarette. Poi il secondo, e ci concedemmo anche il terzo.
"Matty, va' a chiedere a quelli là se hanno della roba buona per sballarsi" disse Linda pestando l'ultimo mozzicone.
"È ovvio che ce l'hanno, dipende a quanto la vendono." puntualizzò Mikami "Vai tu e mostra loro le tette, così ci fanno uno sconto."
Linda mi guardò con un ghigno e io sospirai dicendo un "No vado io".
Una settimana prima la mia amica aveva detto a Watari che era stata lei a far esplodere il microonde, beccandosi una punizione di quelle che ricorderà per tutta la vita e dovette comprarne uno nuovo a suo spese. Volevo cuocermi dei biscotti, e il forno non funzionava, cazzo ne so io che la teglia è come nitroglicerina.
Mi avvicinai ai tre brutti ceffi girati di spalle, che parlavano con dei ragazzini probabilmente ancora fermi alla terza media. Quello al centro estrasse una bustina dalla tasca dei jeans e la diede a uno dei mocciosi, che ringraziò con un cenno del capo e schizzò via.
"Hey" dissi iniziando a tirare fuori le banconote dalla tasca. I tre si voltarono in simultanea confermando quanto fossero brutti.
"Jeevas?" disse quello al centro, con una canotta nera con il simbolo dei Rolling Stones.
"Merda" sibilai rimettendomi i soldi in tasca e facendo dietro front.
"Mail Jeevas il frocietto?"
Terry Milkovich. Un coglione che era alle medie nella mia stessa scuola. Bocciato tre volte. Soprannominato da tutti "Broken Tooth", perché mandò un sacco di ragazzini dal dentista. Mi affibbiò il nomignolo "frocietto" per tutta la terza media perché uno stronzo aveva messo in giro la voce che io e Bill Termans ci fossimo toccati nelle parti intime nel bagno. Non erano voci, il suo pene l'ho toccato davvero. Ma questo non dovevano saperlo.
"Me ne sto andando in pace Terry" dissi alzando la mano in segno di saluto.
"Quanti cazzi hai succhiato oggi Jeevas?"
"Due. Dì a tuo padre e tuo nonno che faccio loro uno sconto la prossima volta".
Neanche il tempo di congratularmi con me stesso per la mia uscita geniale, che due mani  mi afferrarono e girarono di forza e un montante destro mi arrivò dritto sulla guancia. Il colpo mi scaraventò a terra e il mio aggressore si gettò sopra di me e iniziò a mitragliarmi di cazzotti. Dopo il decimo smetti di sentire dolore.
Iniziai a vedere sfocato ma riconobbi una sagoma dai capelli biondi che spinse Terry per terra, liberandomi dal peso del suo corpo.
Mihael iniziò a strattonarlo e a sferrargli qualche pugno e Terry di tutta risposta gli tirò una ginocchiata nelle costole. Mello si piegò in due e approfittando del suo momento di debolezza, Milkovich lo afferrò per il colletto della sua maglia, pronto a dargli il colpo definitivo. Nel farlo però, strappò il rosario che Mello aveva sempre al collo, e sebbene non avevo una visione completa della scena, potevo immaginare le grosse perle nere che si disperdevano nel prato e la croce che finiva sul ghiaino.
Calò il silenzio per pochi istanti,(probabilmente anche gli amici di Terry si resero conto di quanto fosse grave la situazione) finché un boato non fece saltare a tutti i timpani.
"TI AMMAZZO BASTARDO!"
Tutti noi ricevemmo al nostro ingresso alla casa famiglia un rosario con perle nere e una croce ornata di pietruzze rossastre. Già all'epoca Roger era vecchio e bigotto, e diceva che il signore ci avrebbe salvato.
Mello era l'unico a portare quell'accessorio orribile, tutti noi altri l'avevamo abbandonato in un qualche cassetto o perso in giro per la casa. O scaricato volutamente nel water, come aveva fatto Beyond.
In realtà Mihael non credeva in Dio, non ci aveva creduto neanche per un istante.
"È impossibile che esista un uomo sulle nuvole che ci ami e ci salvi. Se è così perché sono un orfano che vive in un quartiere di merda, e non il figlio di papà che si fa portare al college in limousine?" Diceva sempre. "Però il rosario è figo. Quindi me lo tengo."
Credo che avesse un valore sentimentale per lui, ma come ho già detto, Mihael é un cancello ferrato e noi un'inutile ariete da battaglia.
Poco dopo l'urlo del biondo, nel mio campo visivo rivolto al cielo azzurro comparve un nuovo volto, con la pelle giallastra e i capelli neri, schiariti da qualche mash blu qua e là, dovuta a un sabato sera particolarmente noioso.
"Matt ma che cazzo fai?"
Sentii il mio corpo come fluttuare, finché il mio braccio non venne appoggiato intorno ad una spalla e il mio busto sorretto da un braccio.
"Linda prendi Mello e filiamocela"
Riuscii a distinguere in mezzo alle sfocature la ragazza castana che sollevava un corpo disteso a terra e se lo caricava anche lei in spalla.
"Sei un coglione Mail!" sbraitò camminando a gran passo davanti a noi. Ancora oggi non mi spiego come mai erano tutti convinti che la colpa di quell'avvenimento fosse mia.
Del tragitto ricordo solo il marciapiede che si trascinava sotto i miei piedi stanchi, e qualche gocciolina di sangue che cadeva ogni tanto dal mio viso. Avrei voluto alzare la testa per vedere in che condizioni si trovasse Mello, ma il dolore non me lo permetteva.
"Che diavolo è successo?!" esclamò Misa quando vide rientrare Mikami e Linda sorreggendo due corpi moribondi.
La ragazza biondo platino era sul divano in reggiseno e pantaloni scozzesi del pigiama, che si metteva lo smalto sui piedi mentre un turbante le sorreggeva la matassa di capelli appena lavati.
"Matsui prendi il ghiaccio!" urlò alzandosi di scatto e chiudendo la boccetta del prodotto per le unghie con ancora più rapidità.
L'aspirante poliziotto fece capolino dalla cucina, con una ciotola di Lucky Charms in mano.
"Cofa fé?.....Oh caffo!"
Rumore di vetri che si frantumavano e i nostri corpi vennero gettati di peso sul divano. Ricordo solo che mi faceva male tutto e non riuscivo a tenere gli occhi aperti. Intravedevo solo uno spiraglio di luce passante per due fessure.
Subito dopo qualcosa di gelido mi toccò la pelle facendomela rabbrividire e provocandomi altri dolori.
"Serve qualcosa per pulire il sangue. Portami delle garze e disinfettante."
"Oddio quanto sangue! Guarda quanto sangue!"
"Muovi il culo Matsuda!"
Roteai piano la testa alla mia sinistra e sentii la presenza di Mihael vicino a me, che però non dava segni di vita. Temevo che le sue condizioni fossero ancora più gravi delle mie.
Light ed L accorsero dal piano di sopra, attirati da tutto quel trambusto.
"Qualcuno chiami Roger svelti!" disse Linda totalmente nel panico.
Ovviamente non potevo sapere com'era la mia faccia in quel momento, ma sono sicuro che ci fosse un sorriso su di essa, perché sentire i miei compagni di vita così in pensiero per me mi provocava una gioia immensa.
"Che é successo?" chiese L, tastandomi delicatamente il viso. Riconoscerei il tocco delle sue dita affusolate anche in mezzo a una tempesta.
"Terry Milkovich. Matt l'ha stuzzicato."
"Coglione."
Ripeto, ancora non capisco perché la colpa fosse mia. E soprattutto non capisco perché Matsuda ci mise così tanto a prendere delle cazzo di garze e una boccetta di disinfettante.
"Oh madre dei cieli!"
Dalle parole usate e dal tono di voce anziano, capii che Roger era entrato nella stanza.
Da lì fu un susseguirsi di urla, panico, dolore, bende e disinfettante che bruciava, Matsuda che piangeva e Beyond che rideva perché è un sadico del cazzo.
Finalmente riacquisì la vista e mi ritrovai le facce di tutti che mi fissavano preoccupati. Non avrei mai pensato di vedere Mikami preoccuparsi per qualcuno prima della mia morte.
"Che brutte facce che avete" dissi.
"Ha parlato."
Risate e una sberla sulla nuca da parte di Roger perché ero stato avvertito più volte di non andarmene a zonzo nei dintorni di quel parco.
Mi sarebbe piaciuto dirgli che "i dintorni di quel parco" erano le strade fuori casa nostra e che se non andavo lì sarei dovuto stare chiuso nel negozietto di Jabar, ma avevo già abbastanza mal di testa.
Mi venne detto solo dopo che nella versione raccontata a Watari e Roger era stato tralasciato il dettaglio dell'erba, e ne fui immensamente grato.
Anche Mello era messo piuttosto male, con il naso e gli zigomi fracassati e pieno di lividi su tutto il corpo. Io me l'ero cavata con il viso rigonfio e due denti in meno.
Ebbi un mal di testa insopportabile, ma almeno venni trattato come un principe per una settimana.

 

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Capitolo 5
*** Criminali ***


Il giorno dopo il tragico evento mi svegliai tutto dolorante, con la faccia gonfia e viola. Fu un'impresa olimpica alzarsi dal materasso, ma quando finalmente ci riuscii nessuno mi diede una medaglia.
Mi stropicciai gli occhi e una fitta di dolore alle tempie mi fece piegare su me stesso.
Quando i due trapani che mi stavano perforando la testa cessarono, mi piegai in slow motion per afferrare il primo pacchetto di sigarette che trovai da sotto il comodino. Camel classiche. Poteva andare peggio.
Arrancai fino alla mansarda con indosso solo dei pantaloni della tuta di Mikami, perché non avevo trovato i miei, come non avevo trovato la voglia di cercare una maglietta, e il mio clipper di fiducia tra le mani.
Aprii piano la porta cigolante e polverosa e notai che un altra figura occupava già la stanza.
Mihael era disteso sul materasso sgualcito che lui e Linda avevano posizionato al centro del vano, con un braccio dietro la testa e una Camel alla bocca. Mello non fumava, se lo faceva era per evitare di prendere a pugni un muro mentre gridava a pieni polmoni.
Nell'assoluto silenzio lo scavalcai passando in mezzo a una nuvola di fumo e andai a sedermi al mio solito posto davanti la finestra già spalancata.
L'unico rumore che si udì per un istante fu la rotella del clipper che fece uscire la fiammella, e le sirene di un camion dei rifiuti che scaricava immondizia dall'altra parte della strada. Era domenica mattina, una vera rottura di palle.
Posso dire che quello non era un silenzio imbarazzante. Era un momento di pace in cui due amici ricoperti di lividi si fumavano una sigaretta, senza bisogno che uno dei due parlasse. Ma Mihael lo fece.
"Sei ridotto male."
"Potrei dire lo stesso di te."
Lo guardai ma non ricambiò la mia occhiata. Fece un verso stizzito e soffiò via una nuvola grigia. 
"Però intanto ti ho salvato il culo."
Guardai la sigaretta fra le mie mani e la feci girare un paio di volte, mentre la brace infuocata l'accorciava sempre di più.
"Grazie, a proposito."
"Aveva rotto il mio rosaio, mica l'ho fatto per te." Quella testa calda bionda continuava a fissare il soffitto e a soffiare fuori il fumo sempre con più forza, come se volesse che quest'ultimo arrivasse fino in cima.
"Il tuo rosario si é rotto dopo che hai attaccato Terry." Gli feci notare con un ghigno.
Lui non rispose e continuava a fissare le travi di legno, trovandoci non so cosa di così interessante.
Ritornò il silenzio accompagnato dalle sirene del camion. Incredibile quanta spazzatura ci sia in quartieri del genere.
"Come va con Linda?" chiesi guardando fuori dalla finestra, cercando un qualche piccione su cui focalizzarmi.
"Che cazzo di domanda è?"
Non gli avrei mai posto un quesito del genere se non fossi stato innamorato di lui e soprattutto se Mihael non fosse stata una di quelle persone con le quali non potevi parlare di nessun argomento senza essere insultato.
"Quando siete insieme sul divano sembrate intimi."
"E tu giudichi il rapporto di due persone in base a come stanno sul divano?"
"Non lo so, dimmelo tu."
Capii che non gli piaceva quando gli parlavo con tono di sfida perché questo lo fece voltare, e se fossimo stati in un videogioco la mia figura sarebbe stata polverizzata da  due laser usciti dagli occhi di Mello.
"È solo sesso."
Grazie Mihael, cervellone dell'anno, lo so anch'io che scopate e basta. La mia domanda voleva intendere se ci fosse qualcos'altro. Ma in fondo cosa mi aspettavo, è biondo.
"Lei ti piace?"
Sentivo la schiena bruciare, non dalla pomata che mi aveva messo Light la sera prima per i lividi, ma per gli occhi azzurri di Mells che probabilmente avrebbe voluto spingermi giù dalla finestra.
"Ti ho detto che è solo sesso, cazzo."
Vidi un mozzicone volarmi a due centimetri dalla faccia e cadere in una parabola sul marciapiede sottostante. Devo ammettere che è stato un lancio perfetto che ha aggiunto ancora più spettacolarità alla sua risposta. Uno a zero per Mihael.
Lanciai anch'io la mia sigaretta consumata e con un tempismo impeccabile Linda ci chiamò dal piano di sotto.
"Mells, Matty venite giù di corsa!"
Con un salto scavalcai Mello e gli porsi la mano per aiutarlo ad alzarsi, che venne mandata via da uno schiaffo.
Scesi i gradini saltando come un coniglio e potevo sentire la vocina nella testa del biondo che diceva: "Fagli lo sgambetto così si fracassa un femore."
In salotto ad attenderci, c'erano Linda ed L alla porta, mentre le teste di Matsuda e Near sbucavano dal divano, fissandoci piuttosto preoccupati.
Sull'uscio c'erano due poliziotti che si tenevano la cintura con aria composta. Mi facevano abbastanza ridere a dir la verità: cosa ci trovavano di figo in quel gesto?
Inoltre avevano entrambi gli occhiali da sole e il viso corrucciato. Esilaranti.
"Agenti per l'ennesima volta, è Kermit l'ubriacone a lanciare carta igienica in strada non noi." Dissi ridendo per il ricordo di quel vecchio che ci svegliò tutti alle 3 di notte perché stava srotolando carta igienica in mezzo alla via, urlando: "Karen io ti amo!"
"A dir la verità siamo qui per voi due." disse il primo poliziotto facciadacazzone, muovendo il dito a destra e sinistra per indicare me e Mello.
"C'è un genitore con cui possiamo parlare?" disse il secondo agente posadaidiota.
"HAHA! Genitore!" esclamò Beyond, che era seduto sul tappeto probabilmente a disintegrare qualche bambola.
Come fosse stato chiamato, Watari arrivò dalla cucina con indosso un grembiule a cui potrei attribuire di nuovo l'aggettivo di "esilarante".
"È successo qualcosa agenti? Problemi nel quartiere?"
"Lei è il padre di questi ragazzi?" chiese facciadacazzone, stavolta muovendo il dito in cerchio per ampliare l'area e indicare tutti quelli presenti.
"Oh no, ma sono il tutore legale. Quillish Wammy" rispose Watari con un sorriso dolce. Quanto mi manca quell'uomo.
"Signor Wammy, dovremmo portare il signorino Mail Jeevas e il signorino Mihael Keehl in centrale per alcune domande. C'è una denuncia di aggressione fisica a loro carico."
Gli occhi di tutti i presenti nella stanza uscirono dalle orbite, e la bocca di Linda quasi toccò per terra.
Di sicuro quella fighetta di Terry Milkovich era andato a dire a Miss Rinoplastica (detta anche "sua madre") che io e Mello per un qualche assurdo motivo avevamo iniziato a picchiare lui e i suoi amici. Se avessi avuto quel coglione davanti a me in quel momento, eccome se glie le avrei date.
"Dev'esserci un errore, sono stati loro ad attaccare per primi!" esclamò Matsuda.
I due poliziotti avanzarono ed entrambi tirarono fuori due paia di manette, pronti per mettercele ai polsi.
"Sono proprio necessarie quelle?!" chiese Linda, risvegliatasi dal suo stato di shock.
Non opposi resistenza, perché sapevo che avrei peggiorato la situazione, ma Mihael non fu così furbo e iniziò a divincolarsi appena ai suoi polsi fu tolta la libertà di movimento.
"Ragazzi perché c'è una volante della polizia sul vialetto? Kermit ha di nuovo pisciato nei cespugli? Vi ricordate quella volta di-" Light si interruppe quando si trovò davanti a quella scena inaspettata, con in mano le chiavi e una borsa della spesa.
"Forza andiamo." disse posadaidiota, tenendo Mihael il più fermo possibile.
Ci trascinarono all'interno dell'auto, con tutti che ci guardavano dall'uscio della porta senza poter fare nulla.
"Non temete ragazzi, voi siete innocenti! Vi tireremo fuori da lì!" Gridò Watari.
La volante partí e la facciata di casa nostra venne sostituita da tante case ed edifici che si susseguivano a gran velocità, mentre ci dirigevamo alla stazione di polizia. E vorrei ricordare che in tutto questo, io ero ancora a petto nudo.
Quando arrivammo a destinazione, il mio stomaco brontolava già da un bel po'. Dopo la pausa sigaretta avevo intenzione di mangiare una torre di pancake ricoperti di sciroppo d'acero e una ciotola di Lucky Charms, ma la polizia mi batté sul tempo.
Ci fecero entrare ammanettati, sotto lo sguardo confuso dei presenti. Ho sempre avuto un fisico invidiabile. O forse guardavano il tatuaggio con scritto fuck off sopra il capezzolo.
Ci misero a sedere in un corridoio fuori un ufficio e ci dissero di aspettare.
Mihael sembrava sul punto di esplodere, e digrignava i denti come un cane rabbioso. Sembrava quel bulldog che c'era sempre nei DVD di Tom e Jerry. Io avevo una cotta per Tom.
In tutta quell'attesa pensai a qualcosa da dire ma era mattina, avevo fame e Mello avrebbe potuto schiacciare una mosca con il pensiero.
"Ma guarda te che situazione del cazzo..." borbottava ogni tanto.
Dopo quelle che ci sembrarono ore arrivò un detective seguito da facciadacazzone, con in mano una cartella.
"Qualcuno dia una maglia a questo disgraziato!" esclamò ruotando la testa, come se stesse parlando con tutti i poliziotti nelle vicinanze.
Indossai una felpa grigia, probabilmente recuperata dagli oggetti sequestrati a qualche ladro, e chiusero me e Mello nella cosiddetta "Stanza degli Interrogatori". Mi sentivo in Criminal Minds. Il detective era pure nero e senza capelli.
Il pelatone da una parte del tavolo e io e Mihael ammanettati dall'altra. Inizia il duello.
"Ve lo dico chiaro e tondo, non ho tempo da perdere. Perché avete aggredito Terry Milkovich?"
"Non l'abbiamo picchiato!" "Non siamo stati noi!" "Sono stronzate!" "È lui che ha attaccato per primo!"
Tutte queste frasi vennero dette in simultanea da me e Mello e il risultato furono delle urla confuse.
Il detective richiamò il silenzio alzando una mano e dopo spostò la sua attenzione su Mihael.
"Signorino Keehl lo chiedo a lei, può spiegarmi perché avete fatto a botte con il signorino Milkovich?"
"È lui che ha fatto a botte con noi, non abbiam-!"
"Mihael!" lo richiamai.
Ripeto: era mattina, avevo fame e un nero pelato voleva sbatterci in prigione. E l'avrebbe fatto subito se quella testa dura avesse perso le staffe.
Mello mi guardò di striscio e si mise composto, assumendo un'aria apparentemente più tranquilla.
"Non abbiamo aggredito noi Terry, è stato lui il primo ad alzare le mani."
Il detective aprí la cartella con un gesto fulmineo e ci guardò entrambi con quell'aria di chi era convinto di avere il coltello dalla parte del manico.
"Qua dice che Terry Milkovich afferma di essere venuto da voi, in quanto il signorino Jeevas era una sua vecchia conoscenza, e l'avete aggredito perché volevate rubargli dei soldi."
"CHE ENORME STRONZA-"
Sferrai una pedata sul polpaccio di Mihael che si irrigidì per il dolore. Non solo dovevo cercare di spiegare a quel pelato di merda che eravamo innocenti, ma dovevo anche tenere a bada quel chihuahua inferocito.
"Allora mi racconti la sua versione dei fatti signorino Keehl."
Il detective allungò le mani sul tavolo e incrociò le dita, incitando Mello a parlare.
Anche Mihael appoggiò le mani ammanettate davanti quelle del nostro interlocutore e si sporse in avanti per sfidarlo. Questo gesto mi fece eccitare e non poco. 
"Io e il mio amico siamo andati da Terry perché l'abbiamo visto spacciare droga a dei ragazzini. Lui si è incazzato e ce le ha suonate."
Alla parola "amico" un milione di farfalle uscirono dal loro bozzolo e iniziarono a svolazzare per tutto il mio stomaco.
"Il signorino Milkovich è figlio della signora Strauss, non credo sia il tipo di persona-"
"Che spaccerebbe droga? Solo perché sua madre è una riccona che vende tonno in scatola allora il signorino Terry non toccherebbe mai la marijuana? Invece io che sono un cazzo di orfano cresciuto nei quartieri malfamati amo andare al parco a picchiare le persone?"
Mello sembrava non volersi fermare più, ma lo fece rendendosi conto che stava iniziando a perdere di nuovo le staffe.
Per la cronaca, la mamma di Terry era un canotto con due gambe che aveva un'azienda che inscatolava e produceva tonno. La chiamavano: "La Queen del Pesce dei Bassifondi". Patetico vero?
Il detective guardò Mihael un po' sconcertato e sospirò.
"Interrogheremo Terry di nuovo. Lei cos'ha da dire signor Jeevas?"
Balzai sulla sedia quando mi resi conto che era arrivato il mio turno per parlare.
Fissai il biondo seduto alla mia destra che annuí leggermente con il capo, che interpretai come un suo gesto per darmi sicurezza.
"Confermo la versione del signorino Keehl, come lei vede io e il mio amico siamo ricoperti di lividi dalla testa ai piedi. Provi a chiedere ai nostri fratelli che erano lì con noi."
Il pelato sembrò incuriosito da questo nuovo dettaglio e aggrottò le sopracciglia nere e folte.
"I vostri fratelli? I ragazzi che erano in casa quando vi hanno arrestato?"
"Oh, fratelli per scelta." dissi con un sorriso "Il posto in cui viviamo è una casa famiglia. Con noi erano presenti il signorino Mikami e la signorina Linda."
Il mio interrogatore sembrava poco convinto, e dopo qualche minuto di silenzio si alzò in piedi.
"Chiameremo in centrale i due nuovi testimoni e dopo aver sentito cos'hanno da dire interrogheremo di nuovo il signor Milkovich. Per ora dobbiamo tenervi sotto osservazione fino a nuovi riscontri."
Con "sotto osservazione" intendeva dietro le sbarre. Ci chiusero in una di quelle celle munite solo di panche, dove di solito ci mettono per qualche notte gli ubriaconi e i tossici. Sono sicuro che in una di quelle ci sia il segno del culo di Kermit.

 

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Capitolo 6
*** Innocenti ***


Le celle della stazione di polizia erano più fredde di quanto pensavo. Sia a livello termostatico sia di mobilio.
I muri erano grigi e spogli, praticamente tutti con l'intonaco che cadeva a pezzi e le panche erano dure come il vibranio.
In fondo al corridoio c'era una scrivania con un agente che risolveva le parole crociate, e che sbadigliava ogni due per tre. Io sarei contentissimo di risolvere enigmi su un giornaletto ed essere pure pagato.
Ovviamente non c'erano orologi nelle vicinanze, ma a giudicare da quanto stava brontolando il mio stomaco eravamo chiusi lì dentro da circa due ore.
Io camminavo avanti e indietro in quel piccolo spazio quadrato, mettendomi le mani dietro la nuca, in tasca, incrociando le braccia al petto e poi di nuovo ripetendo la sequenza.
"Puoi stare fermo? Mi stai dando ai nervi." sbraitò Mihael, seduto su una delle panche anche lui con le braccia incrociate.
"Ho fame. E sono stufo di aspettare." risposi appoggiandomi alle sbarre di ferro, in modo che almeno le mie mani potessero avere accesso a un po' di libertà.
In quel momento a smuovere gli animi, arrivò un poliziotto che teneva ammanettato un ragazzo, probabilmente mio coetaneo, e lo rinchiuse nella cella di fronte la nostra.
Aveva i capelli castani con delle mash schiarite, un accenno di barba e una canotta marrone scollata che faceva intravedere il tatuaggio di un serpente che andava a nascondersi dietro il fianco sinistro. Al collo portava una collana con un pendente a triangolo e aveva un orecchino a cerchio sul lobo destro.
Per un attimo misi da parte i miei sentimenti per Mihael e mi concentrai su quella divinità criminale appena messa dietro le sbarre proprio di fronte a me. Iniziai a immaginare come sarebbe stato il suo tatuaggio senza quella canottiera addosso, e altri posti in cui avrei voluto vederlo ammanettato.
Quando il ragazzo fu messo in sicurezza, il poliziotto se ne andò, lasciandomi una visuale completa su quel gran figo.
Quest'ultimo notò subito la mia attenzione nei suoi confronti, e fece un ghigno divertito leccandosi le labbra. Si appoggiò anche lui alle sbarre e mi squadrò dalla testa ai piedi. In quel momento oltre a sentirmi accaldato, pregai che la polizia ci lasciasse in quella cella tutto il pomeriggio.
"Come può un bel faccino come te essere finito dietro le sbarre?" chiese l'angelo rinchiuso, con una voce che non aiutò la mia erezione a placarsi.
"Me lo chiedo anch'io, ma se la compagnia è questa incriminatemi pure." risposi squadrandolo a mia volta.
"Siamo in prigione non su Tinder cazzoni!"
Ero pronto a urlare un vaffanculo di rimando, credendo che l'insulto arrivasse da uno degli ubriaconi presenti nelle altre celle, ma mi accorsi che la voce era terribilmente vicina. E troppo familiare.
Mi girai, e Mello ci stava fissando con l'aria di chi ti avrebbe volentieri rotto la mascella.
"Avresti dovuto dirmelo che anche il tuo fidanzato è un criminale!" esclamò divertito tatuaggio a serpente.
"Non sono il suo fidanzato, e non siamo criminali come te mezza sega!"
Mihael si alzò di colpo e si appiccicò alle sbarre, puntando il dito verso il ragazzo di fronte a noi.
Per quanto quello scontro tra ragazzi sexy mi stesse portando ai limiti dell'eccitazione, fui felice quando arrivò un agente a interrompere il litigio che stava per scatenarsi. Il poliziotto estrasse delle chiavi dalla cintura e aprí la cella in cui eravamo rinchiusi.
"Siete liberi. Forza andate."
Io e Mello ci guardammo un po' increduli, ma sguisciammo fuori subito dopo senza farcelo ripetere due volte. Non mi sfuggì il dito medio che il biondo rivolse al ragazzo del tatuaggio prima di uscire.
Davanti la porta girevole della stazione di polizia, c'erano Watari e i nostri due salvatori che ci aspettavano frenetici.
Appena le nostre figure comparvero dal corridoio, Linda si gettò tra noi due contornandoci con le sue braccia snelle.
"Sono così felice di vedervi!" disse.
Sprofondai con la testa nell'incavo del suo collo e odorai quel profumo che sapeva tanto di casa. Fino a quel momento il mio naso aveva sentito solo piscio e odore di Maccallan.
Watari sembrava commosso e ci abbracciò con la sua forte stretta che riusciva a farmi sentire al sicuro ovunque mi trovassi. Dietro di lui c'era Mikami, che aveva il suo solito viso spento e serio, ma spero che anche lui sia stato felice di vederci.
"La testimonianza di Linda e Teru è stata fondamentale! Hanno accusato Terry di spaccio e aggressione fisica, starà chiuso in riformatorio per un bel po'!" Spiegò Wammy tutto contento.
Anche noi eravamo felici che quella carogna avesse ciò che meritava. Già vedevo i titoli sui giornali e le foto di Miss Rinoplastica con sotto scritto: "Mio figlio è innocente, la verità verrà a galla!" L'unica che rimarrà a galla sei tu con quei due canotti che chiami labbra.
Il nostro amato tutore ci riportò a casa con la sua vecchia Fiat color senape, che emetteva piccoli scoppi dal motore poco rassicuranti. Quella macchina sarebbe stata l'unica cosa a sopravvivere all'apocalisse, insieme agli scarafaggi.
Durante tutto il tragitto Mikami ci tartassò di domande su cosa ci avevano chiesto e di com'erano fatti i brutti ceffi in cella con noi.
"Per la terza volta, eravamo da soli in cella." disse Mello con una pazienza che non gli apparteneva.
"Però di fronte a noi c'era un figo da pau-"
Il mio commento fu interrotto da una gomitata che mi arrivò dritta nella milza, facendomi contorcere dal dolore.
"Ahia! Fanculo! Sei solo geloso perché non sei bello quanto lui."
Giusto il tempo di un ragazzi state buoni da parte di Watari, che Mihael mi afferrò per i capelli e iniziò a strattonarmi, seguito da me che gli infilai due dita in un occhio.
Tornati alla nostra abitazione, un po' più ammaccati di prima, venimmo accolti da un boato di grida, esaltazioni ed abbracci.
Avevano apparecchiato la tavola meglio del solito, e vi erano presenti pietanze di ogni tipo. Piatti di pasta, carne, verdure, una torta e dei pancake. Finalmente affondai i denti in quelle prelibatezze allo sciroppo d'acero.
"Vi hanno interrogati? Com'è stato?" chiese Matsuda esaltato, mentre inforcava un pezzo di carne succulento.
"Il tipo era un nero pelato, convintissimo di avere in mano la situazione." spiegai io divertito, mentre gesticolavo con le mani che reggevano una un bicchiere di succo d'ananas e una un pezzo di torta alle fragole. "E vi hanno messo in una cella? Com'era?" aggiunse Light.
"Una merda. Preferirei dormire nello stesso letto con Beyond."
Il commento di Mello fece ridere tutti, tranne il diretto interessato che afferrò un coltello ma venne fermato in tempo da Roger che gli porse le sue pillole.
Ci sono stati tanti bei momenti all'interno della casa famiglia, ma questo lo tengo particolarmente a cuore perché rappresenta il dolce sapore della vittoria.
Mentre aiutavo a sparecchiare, Misa mi passò a fianco reggendo una pila di piatti e mi sussurrò: "Stasera festeggiamo a modo nostro." Strizzò un'occhietto azzurro e sparì in cucina. Non mi ci vollero altri indizi per capire quali fossero le loro intenzioni.
Finalmente potei tornare al mio amato videogioco che avevo lasciato in pausa per troppo tempo, e mi stravaccai sul divano in uno dei pochi momenti in cui ricordo il salotto completamente vuoto. Tutti gli altri erano probabilmente o in camera a litigare o in mansarda a fare fuori pacchetti di sigarette. O entrambe le cose.
Mentre sferravo una raffica di colpi a un mutante con sei braccia, qualcosa di terribilmente freddo mi atterrò sulla coscia facendomi sobbalzare. Scoprii che la cosa che mi era arrivata addosso era un pacchetto di piselli surgelati e la persona che me l'aveva lanciata era niente popò di meno che Mihael.
Il biondo si sedette con noncuranza sul divano affianco mentre sorseggiava una Pepsi, e accese il televisore. Lo continuavo a fissare perplesso, reggendo il pacchetto di surgelati. Di sottofondo solo un presentatore di un qualche programma trash che Mello segretamente amava e il rumore del mio personaggio che veniva fatto saltare in aria dal boss alieno. Era la quinta volta che provavo a sorpassare quel livello.
Quando Mells finalmente si accorse che lo stavo scavando con lo sguardo si voltò e indicò la busta di piselli con il medio.
"Per la botta di prima" spiegò.
Dire: "Per la gomitata che ti ho sferrato perché ero geloso" costava troppo.
Ringraziai con un cenno del capo e abbassai lo sguardo perché sentivo che le mie guance iniziavano ad arrossarsi. Prima di raccontare queste cose non mi rendevo conto di quanto sembrassi una ragazzina in calore. Addirittura peggio di Misa.
Misi il sacchetto sul punto colpito e spinsi via la psp, dopo aver visto la scritta GAME OVER sullo schermo. Spostai la mia attenzione sul televisore, dove Mello stava guardando una gara di moto trasmessa in diretta da Parigi. Io ero sempre stato più affascinato dalle macchine, ma Mihael giurava che appena uscito dalla casa famiglia si sarebbe comprato una BMW S 1000 RR.
"Non era poi tanto bello."
"Chi?" chiesi, precipitando dalle nuvole.
"Il tizio della cella. Non era un granché."
Bevve un enorme sorso dalla bottiglia di vetro e appoggiò i piedi sul tavolino, distendendo meglio la schiena.
"Sei solo geloso." dissi scavalcando i braccioli che separavano i due divani e andandomi a sedere vicino a Mihael.
"Tu te lo sogni un tatuaggio del genere."
"Che cazzo me ne frega del tatuaggio."
Mi porse la bottiglia e bevvi anch'io un sorso di Pepsi. Odiavo la Pepsi, ma avevo letto che se bevi dalla stessa bottiglia di un'altra persona è come se vi foste dati un bacio indiretto. Ero giovane e stupidamente innamorato, non giudicatemi.
"Ce la siamo vista brutta" dissi.
"Non vedo l'ora che Milkovich esca dal riformatorio così gli rompo quella faccia da cazzo che si ritrova."
Risi di gusto, anche se sapevo che Mihael era più serio di un infarto. Semplicemente non volevo pensare in quel momento a cose dannose che Mello avrebbe fatto in futuro.
Restammo in salotto a bere Pepsi, guardare la TV e parlare di qualsiasi cosa fino al tramontar del sole. Per tutto quel tempo nessuno osò minimamente interferire con quell'armonia che si era creata, e tutti se dovevano uscire o andare in cucina passavano in assoluto silenzio, come ombre solitarie.
Venni a sapere molto tempo dopo che mentre io e Mihael guardavamo Will Coyote mangiando pop-corn, Misa, Light ed L erano acquattati sulle scale e scommettevano su come sarebbero andate le cose.
"Tempo una settimana e si baciano"
"Una settimana? No con Mihael é impossibile. Un mese e mezzo, e farà lui la prima mossa."
"Ma dai! Matt è innamorato di lui da anni, secondo me tra un mese annunciano il fidanzamento."
E io ingenuo che ero convinto che fossi bravo a nascondere i miei sentimenti. A quanto pare Mello era l'unico a non esserne a conoscenza.
La sera mi feci una doccia paradisiaca, strofinandomi per mezzora i miei capelli rossi con lo shampoo alla cannella che aveva comprato L. Il fatto di essere stato chiuso per ore in una cella, mi faceva sentire sporco e lurido.
Uscii dal bagno con una felpa a righe nere e bianche lasciata aperta e dei pantaloni comodi che di sicuro avevano indossato tutti in quella casa. Vista la mania del disordine di Misa, la nostra cassettiera sembrava una metropoli dopo un uragano e Light puntualmente passava ore della giornata a imprecare e cercare di mettere a posto. Un giorno però si stufò, e così i vestiti iniziarono a mischiarsi e a inglobarsi tra loro, senza più distinzioni tra intimo e pigiami o felpe e magliette. Più di una volta mi ritrovai a indossare una canottiera con un ricamo rosa di pizzo. 
Non feci neanche mezzo passo fuori dal bagno che mi ritrovai Mihael davanti, più scocciato del solito.
"Mells è mezzanotte cosa-?"
"Gli altri ci vogliono di sopra."
Non aggiunse altro e iniziò a dirigersi verso i gradini che portavano alla mansarda. Suppongo gli desse fastidio essere disturbato a quell'ora. Anche se in realtà a Mihael dava fastidio quando si rivolgevano a lui in qualsiasi orario della giornata.  Mi concessi un minuto per ammirare quel culo fantastico incorniciato in quei fuseaux aderenti che Mello amava, e poi lo seguii.
Varcata la soglia del vano polveroso, venimmo accolti da tutti gli altri, che ci guardavano sorridendo in semicerchio. Sulle travi della mansarda erano state attaccate le lucine di Natale, e sul balcone appoggiate casse di birra e il vecchio stereo che avevamo in soggiorno.
"Credevate che non avremmo dedicato una festicciola ai nostri piccoli criminali?" disse Linda in tono dolce.
Senza aggiungere altro ci fiondammo tutti sulle birre e accendemmo lo stereo tenendo la musica a volume ambiente, per non svegliare Roger e Watari che dormivano al piano di sotto.
Stappammo prima una, poi due, poi tre, poi quattro e poi cinque bottiglie ciascuno e finimmo le scorte di sigarette che ci rimanevano. Il tutto era accompagnato dalla musica, dalle nostre risate e dalla luna che rischiarava il cielo notturno all'esterno della finestra quadrata.
Avrei preferito non scoprire più avanti, che quella sarebbe stata solo la quiete prima della tempesta.

 

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Capitolo 7
*** Smile at life! ***


L'estate arrivò ancora prima che ce ne accorgessimo, dopo un mese passato a uscire la sera, fare after, bere, fumare e ridere tra di noi. Potemmo vedere la prima vera sbronza di Near, fu esilarante. Esiste anche un video a riguardo ma per la mia incolumità eviterò di parlarne.
Era da un bel po' che mancava quell'armonia in casa, o forse non c'era mai stata.
Facemmo il rewatch di The Office e ogni tanto prendevamo un pulmino che ci portava fino a Southampton, una località marittima sulle coste sud dell'Inghilterra.
Ci piaceva tantissimo il mare, specialmente quando avevi nove fratelli a cui poter tenere la testa sott'acqua più a lungo possibile. Io avevo resistito un minuto e mezzo quando Mikami aveva provato ad affogarmi. Con Nate questo gioco non lo potevamo fare perché una volta ci é quasi crepato davvero.
La sera andavamo sempre a prendere dei tacos ai furgoncini lungo la spiaggia, e poi salivamo sul pulmino di ritorno pronti per tornare a casa sazi e accaldati.
Una volta successe che eravamo così stremati, che uno ad uno ci addormentammo sui sedili convinti che Winchester fosse il capolinea. Non vi dico le nostre facce quando ci siamo risvegliati in una cittadina a 50 km.
Quella mattina di metà giugno mi svegliai come sempre nella camerata vuota, visto il tardo orario, circondato dai letti sfatti e i vestiti buttati sul tappeto. I cassetti del comò erano tutti aperti e lo specchio sopra il mobile completamente distrutto.
Appena vidi quello scenario sospirai, e presi una canotta rossa dal mucchio, scendendo di sotto in mutande. Quell'estate era particolarmente calda per l'Inghilterra, e ci eravamo muniti di ventilatore che sparava aria fredda 24 ore su 24. Difatti quando scesi le scale il marchingegno era già acceso e posizionato di fianco la TV.
Tutti quanti erano schiacciati sul primo divano, tranne Light messo sul pavimento che mangiava cereali, perché una figura con una matassa di capelli neri dormiva sull'altro divano avvolto in una coperta.
"Beyond ha avuto un'altra crisi?" chiesi.
"Si orsacchiotto" rispose Misa, alludendo ai calzini con i panda che indossavo. Amavo i calzini con le fantasie bizzarre, li rubavo sempre a Nate.
Sul televisore Jack Torrance stava spaccando una porta con un ascia, mentre sorrideva come uno psicopatico. Avevamo già visto Shining cinque volte, ma dopo la terza lo guardavamo solo perché ci divertiva vedere Near terrorizzato. Infatti stava nascondendo il suo visino pallido nell'incavo del collo di Linda, che gli accarezzava i capelli color latte.
"L'ho trovato alle 5 di mattina che lanciava i cuscini del divano." disse L, sbrodolandosi con lo sciroppo d'acero che c'era sui suoi waffle preconfezionati.
"Gli ho dato le medicine, un sonnifero, un calmante e dopo é crollato."
Guardai i capelli di Beyond che sbucavano da sotto la coperta. Mi chiedevo come facesse a non morire di ipertermia.
"Chi cazzo ha rotto lo specchio in bagno?! Devo farmi la piastra."
Il nostro biondino ciclato scese le scale con dei pantaloni dell' Adidas  lunghezza ginocchia e una canottiera nera aderente che gli fasciava il fisico snello e la pancia perfettamente piatta. Rovinavano l'opera i suoi calzini di Angry Birds, pescati probabilmente dal cassetto di Nate perché non trovava i suoi, in cui c'era l'uccello giallo e triangolare che sembrava proprio Mihael. La pelle scoperta era piena di goccioline e i capelli sembravano uno straccio bagnato. Aveva un asciugamano blu al collo, che lo faceva sembrare un atleta appena finito di correre la maratona. Quello che stava sudando però ero io. È stata una delle visioni più sexy che io abbia mai visto. E sì, il meraviglioso caschetto di Mihael non si tiene a bada da solo. Preferirebbe morire piuttosto che vivere senza piastra.
Comunque reputai la sua domanda piuttosto stupida, perché gli unici in quella casa che avrebbero potuto rompere uno specchio senza motivo, erano lui durante una crisi di rabbia o Beyond durante una crisi psicotica.
Gli altri pensarono la mia stessa cosa perché nessuno gli rispose, tranne Linda che si alzò lasciando Nate allo scoperto e disse: "Te la faccio io la piastra tesoro." E sparì al piano di sopra insieme a quella drama queen.
Non so se mi fece più male quel nomignolo smieloso o il fatto che Mihael avesse fatto entrare nella sua sfera permesso di toccarmi i capelli un'altra persona. Ero sempre stato io l'unico a cui aveva concesso di accarezzare quei fili dorati che aveva in testa.
Col cuore che pesava nel petto mi sedetti sul divano e afferrai un waffle dal piatto di L, sperando che il cibo mi distraesse.
"Dove sono Roger e Watty?"
"Non lo sappiamo, non c'erano quando mi sono svegliato." bofonchiò Light con la bocca piena di Corn Flakes.
Ripensare adesso al posto in cui si trovavano quelli che per me erano due genitori mentre io facevo colazione e guardavo un film horror mi fa ancora venire i brividi.
Lo venimmo a sapere non molto tempo dopo, quando sullo schermo c'erano i titoli di coda la porta si aprì facendo entrare Roger e Watari.
"Ragazzi, vi dobbiamo parlare." disse il primo con la voce più sconsolata che io abbia mai sentito. Subito in tutti noi si attivò un campanello d'allarme.
Ci fecero radunare in sala da pranzo, chiamando anche Linda e Mello dal piano di sopra, che arrivò con un caschetto piastrato alla perfezione.
Da lì in poi penso che il mio cervello abbia preferito eliminare i dialoghi, ma ricordo bene che qualcuno pianse, qualcuno urlò e qualcuno rimase paralizzato come me alla notizia che a Watari era stato diagnosticato un cancro al pancreas.
È difficile descrivere a parole cosa si prova quando ti viene data una notizia del genere, ma ricordo che non riuscivo a muovere un muscolo. Avevo gli occhi sbarrati e piano piano si stavano inumidendo sempre di più, mentre scossoni di brividi facevano su e giù per tutto il mio corpo. Sentivo i suoni ovattati ma riuscii a distinguere il pianto di Misa e i passi di L che correva al piano di sopra, non riuscendo ad accettare la cosa.
Anche la sezione di tempo successiva il mio cervello decise di eliminare, ma so che fu molto dolorosa. I miei ricordi ritornano lucidi a fine estate, in un pomeriggio particolarmente arido.
Stavo salendo le scale con in mano una ciotola piena di zuppa bollente con un odore nauseabondo, e giocavo a fare l'equilibrista per non far cadere il cucchiaio al suo interno.
Attraversai il corridoio e mi fermai davanti la porta spalancata della nostra camera, quando una scena che avrebbe dovuto commuovermi mi procurò una fitta di gelosia, come se una lama mi avesse trafitto il petto.
Linda era in lacrime aggrappata al collo di Mello, che le accarezzava i lunghi capelli color legno di abete. Anche Mihael sembrava giù di morale, lo eravamo tutti in quei mesi, ma cercavamo di evitare l'argomento il più possibile. Parlarne ci provocava solo ulteriore dolore.
Sebbene non avessi fatto alcuno rumore, il biondo alzò la testa e incatenò i suoi occhi azzurri con le mie iridi verde smeraldo. Il suo sguardo sembrò spegnersi ancora di più quando mi vide e non riuscendo a mantenere quel contatto visivo devastante, io me ne andai continuando per la mia strada.
Diedi due piccoli colpetti sulla porta di legno, e la spalancai piano con la spalla, tenendo la ciotola ben salda.
"Roger ti ha fatto la tua preferita." dissi sedendomi sul bordo del letto.
"Ringrazialo, e grazie anche a te Matt." mi disse Watari con un filo di voce. Il suo viso era smunto, pallido, decisamente più ossuto rispetto a due mesi prima e la sua voce ti arrivava alle orecchie come un sospiro lontano. Era appoggiato alla testiera del letto sopra una pila di cuscini, e sul comodino aveva un baby monitor con una luce rossa accesa. Era ridicola come cosa, ma Roger la considerò l'idea migliore per far comunicare a tutti quando Watari aveva bisogno di assistenza.
Tirai su col naso e cercavo di concentrarmi sul vortice di zuppa provocato dal cucchiaio che stavo facendo girare nella ciotola, e non dal mio amato tutore legale che mi guardava disteso nel braccio della morte. Inoltre c'era anche la scena che avevo visto poco prima, che mi stava logorando dentro come ormai i miei sentimenti per Mello facevano da anni.
Avvicinai il cucchiaio alla bocca di Watty aspettando che la aprisse, ma quando lo fece decise di parlare invece che ingoiare il boccone.
"Matt ragazzo mio, c'è qualcosa che ti turba."
Avrei voluto dirgli che stavo cercando di non dare di matto da due mesi, che volevo solo piangere, che avrei preferito avere io quell'orribile malattia e che sarei voluto essere io il ragazzo che Mello coccolava.
"Penso che siamo tutti un po' turbati ultimamente..." risposi invece con un sorriso amaro, che di sicuro Watari notò.
"No Mail, c'è qualcos'altro. C'è altro che ti sta facendo star male."
Odiavo la sua bravura nel percepire i nostri sentimenti nascosti e la sua capacità di leggere fra le righe. Però ad essere sincero ogni tanto mi provocava sollievo. Sentivo che le mie emozioni non erano impossibili da decifrare.
Giusto il tempo di appoggiare la zuppa sul comodino che scoppiai in un pianto disperato e affondai la testa sulle gambe di Watari, che mi accarezzò i capelli in modo dolce. Quella fu l'ultima volta che le sue mani toccarono il mio cuoio ramato.
"Vorrei solo che lui mi amasse. Vorrei solo che tu guarissi. Perché le due persone più importanti della mia vita non possono starmi accanto?"
Pronunciai quelle parole in modo straziante, tra un singhiozzo e l'altro, mentre si formava una pozzanghera sulle lenzuola di velluto azzurro.
Watari mi massaggiava i capelli e rimase in silenzio aspettando che io mi sfogassi. Non mi chiese a chi mi riferivo, ma credo che lo sapesse già da molto tempo.
Non so per quanto piansi accovacciato sulle sue ginocchia, quanto basta per far raffreddare la zuppa però.
Dopo un po' mi alzai e mi asciugai gli occhi che erano diventati due grosse palle da tennis rosso fuoco. Watari mi accarezzò la guancia e mi porse un sorriso paterno, che nessun altro mai mi rivolgerà in vita mia.
"Matt sei un bravo ragazzo. Sono sicuro che anche la persona di cui sei innamorato lo sa."
Lo guardai nelle sue iridi marroni e sentii come se quelle due pupille mi stessero scavando dentro e tirando fuori sentimenti di cui non ero neanche a conoscenza.
"Mail, la mia situazione insegna che la vita è troppo corta per fare qualsiasi cosa. Ti prego, dí a quel ragazzo che lo ami. Te ne pentirai altrimenti."
Detto questo prese la sua zuppa fredda e iniziò a mangiarla con calma, come se io non fossi lì a fissarlo con gli occhi consumati dal pianto.
Stare in quella stanza stava diventando un macigno nel petto che non riuscivo a sopportare. Avevo bisogno d'aria.
Uscii dalla camera di corsa e mi fiondai a prendere delle sigarette.
Quando entrai nella camerata c'era solo Mihael al suo interno, che ripiegava delle magliette nella cassettiera. Per la prima volta in vita mia non diedi peso alla presenza del biondo, perché avevo un serio bisogno di nicotina. Iniziai a sgarfare sotto il comodino alla ricerca di qualsiasi pacchetto mi sarebbe capitato sotto mano.
"Come sta Watari?" sentii chiedere alle mie spalle.
Mi alzai trionfante con una confezione di Marlboro in mano e me ne misi subito una in bocca.
"Come cazzo vuoi che stia?"
Non volevo essere sgarbato, anche perché non c'è l'avevo con lui, ma mi sentivo come una pentola a pressione lasciata per due mesi sul fornello acceso.
"Gli hai dato da mangiare?"
All'epoca non me accorsi, ma Mihael per la prima volta in vita sua non aveva risposto a una provocazione con un cazzotto o un insulto. Ogni volta che posso ritiro fuori questa vicenda perché mi diverte tantissimo vederlo diventare rosso e negare la cosa.
"Sí, non ho perso tempo io." Non avevo il controllo delle mie parole e iniziai a tastare le tasche dei jeans alla ricerca del mio clipper.
"Scusa cosa?" Sentii Mihael avvicinarsi.
Oh oh, avevo acceso la miccia.
"Intendo dire che non ho perso tempo a coccolarmi e sbaciucchiarmi la mia fidanzatina!"
Come non detto. Mello mi sferrò un pugno dritto in faccia che mi fece uscire cascate di sangue dal naso.
"Fanculo Jeevas! Fottiti cazzo!"
Approfittando del fatto che ero caduto per terra, mi sferrò un calcio nell'addome che mi fece piegare in due.
"Non sei l'unico che sta soffrendo pezzo di merda! Siamo tutti sulla stessa barca! E indossa i tuoi goggles del cazzo perché non stavo sbaciucchiando Linda, ma la stavo consolando da una crisi di pianto!"
Detto questo mi guardò storto e se ne andò sbattendo la porta. Me lo ero proprio meritato.
Mi rialzai lentamente tenendomi lo stomaco, e afferrai il pacchetto caduto a pochi centimetri da me.
Presi una t-shirt di Nate comprata alle bancarelle dal mucchio dei vestiti sporchi con sopra scritto: Smile at Life! (frase abbastanza inopportuna vista la situazione)
e la usai come borsa del ghiaccio per il sangue che mi stava uscendo dal naso. Quell'indumento era orribile, gli ho fatto solo un favore.
Camminai verso la mansarda tenendo la testa alta e la maglietta appallottolata sulla mia narice.
Quando aprii la porta cigolosa neanche mi stupii di trovare L seduto sul davanzale che buttava fuori piccole nuvolette di fumo. In quei due mesi lo vedevamo di rado, stava il più possibile fuori casa o rinchiuso nella svuota-cervello. Sapevamo che per lui il dolore era doppio perché era stato il primo ad essere stato adottato da Watari, che lo aveva cresciuto come un figlio. Era l'ora più calda della giornata, e dalla finestra entravano i raggi del sole che illuminavano quella stanza vecchia e polverosa.
Si voltò lentamente e nemmeno lui si stupì più di tanto quando vide le mie condizioni.
"Mello?" chiese soltanto. Io annuii e andai a sedermi vicino a lui.
Rimasi molto più stupito nel vedere una sottile lacrima che scendeva dal suo occhio destro, percorrendo la guancia e lo zigomo.
Lawliet guardava fuori dalla finestra e fumava una Camel, probabilmente una fra tante perché sulle sue ginocchia c'era un pacchetto semivuoto. Di sicuro puzzava di fumo come una ciminiera, ma menomale che il mio naso era troppo distrutto per sentirlo.
Il corvino era a petto nudo con dei jeans a vita troppo bassa che facevano intravedere l'elastico delle sue mutande Nike e i piedi scalzi. Un'altra gocciolina iniziò a scendere dall'occhio sinistro.
"Che merda." disse soltanto, facendo una lunga aspirata.
"Già." concordai io accendendo la mia Marlboro.
"Vorrei solo svegliarmi" continuò L con una voce che finalmente faceva trasparire una sola e unica emozione: la tristezza.
"Questo dev'essere per forza un incubo".
Fece una pausa e fissò la sigaretta che teneva fra il medio e l'anulare. Non ho mai capito perché la reggeva in quel modo.
"Ho sentito Roger al telefono con gli avvocati ieri. Rischiano di spedire ciascuno di noi al nostro paese Natale, in un qualche orfanotrofio."
"Non possono farlo!" esclamai.
L'ultima cosa di cui avevamo bisogno in quel momento era dividerci.
"Non so niente di quelle merde legali, ma a quanto pare possono." Fece un'altra pausa "Non voglio tornare in Giappone."
E io non volevo tornare a Vaslui. I ricordi degli orfanotrofi di quel paese sono immagini che non voglio rivivere, e che mi hanno fatto svegliare ogni notte sudato e terrorizzato. Ricordo che Linda si svegliava sempre quando mi succedeva e mi portava in cucina tenendomi per mano, camminando entrambi in punta di piedi con le dita scalze che toccavano il parquet gelido. Ci facevamo sempre il latte caldo e ogni tanto rubavamo qualche biscotto dalla credenza e puntualmente quel fanatico di dolci di L se ne accorgeva sempre.
"Ieri c'era 20 biscotti nella scatola" diceva "Perché adesso ne mancano 8?"
Il latte caldo mi aiutava a dimenticare temporaneamente le botte e le cinghiate che mi davano i gestori di quel posto infernale.
"Perché Mello ti ha picchiato?" chiese il mio interlocutore guardandomi il naso sanguinante.
Gli raccontai brevemente la storia e quando finii la mia spiegazione emise una risatina divertita.
"Se continuate a rincorrervi in questo modo non vi troverete mai. Smettila di correre. Diglielo."
"Non penso lui ricambi" dissi con una nota acida di sarcasmo nella voce, togliendomi la maglia appallottolata sul naso che ormai era piena di chiazze di sangue "Perché tutti avete questa fretta che io mi dichiari? Creerei solo casini"
L mi guardò, tirò il mozzicone dalla finestra e prese l'ennesima Camel dal pacchetto senza togliermi gli occhi di dosso.
"Fà come vuoi Jeevas. Ora se non ti dispiace vorrei stare da solo".
Buttai anch'io il mozzicone e me ne andai in silenzio, con un dolore lancinante al setto nasale.

 

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Capitolo 8
*** Lacrime di vodka ***


Non penso che nella mia vita ci sarà mai un evento più triste del funerale di Watari. È stata la prima volta che indossai uno smoking, ma avrei preferito fosse stato in circostanze migliori, come poi fu invece la seconda volta.
La celebrazione si svolse in una chiesetta graziosa alla periferia di Winchester, costruita in mattoni grigi e ornata da cespugli di fiori viola. Aveva anche un cocuzzolo con un'apertura da cui si intravedeva una campana di ottone. Il batacchio suonò 10 volte a intervalli regolari quella mattina, quando la bara che conteneva il mio amato tutore uscì dalla chiesa e venne riposta nel retro del veicolo funebre, che seguimmo fino all'uscita della città.
Inutile dire che piansi tantissimo, come tutti del resto. Chi internamente e chi esternamente. Quando dovemmo incamminarci a ridosso della macchina, L si posizionò in fondo alla fila di persone e camminò a passo lento in modo da stare distante almeno due metri dal chiudi fila.
Sembrava che semplicemente non accettasse la cosa, e vedere la cassa di legno rendeva il tutto troppo concreto. A dargli però uno schiaffo di realtà fu Misa, alla fine del funerale. Schiaffo in tutti i sensi, perché gli scagliò una manata sulla guancia destra.
"Credevi che metterti infondo alla fila avrebbe cambiato qualcosa?!" urlava in preda al pianto "Dovevamo stare tutti insieme davanti. Noi dieci, la sua famiglia."
Tralascio i dettagli ma dopo una conversazione carica di dolore, Misa venne allontanata da Light ed L da Nate e i due non si parlarono per quasi tre settimane. Pochi di noi si parlarono in realtà, in quel periodo di tempo. Il silenzio ci sembrava la via di guarigione più veloce. Una delle poche persone con cui ebbi una conversazione fu Mihael. Il che era assurdo, dato che una settimana prima la morte di Watari mi aveva fracassato il naso dopo che io gli avevo spiattellato in faccia la mia gelosia nei confronti di Linda.
Erano passate circa due settimane dal funerale, ed era una sera di settembre troppo silenziosa per quella casa, con tanto di accompagnamento di grilli che frinivano all'esterno. Era un periodo in cui eravamo particolarmente stressati, Roger più di tutti, perché doveva stare dietro a milioni di fogli e questioni legali che ci spaventavano. Il solo pensiero di venire divisi ed essere spediti in parti
diverse del mondo, ci faceva gelare il sangue nelle vene. Quindi visto lo stress e ancora il dolore della perdita di Watari che alleggiavano nell'aria non era certo il momento ideale per sostenere una conversazione con Mihael tispaccolafacciasemirivolgilaparola Kheel. E soprattutto, non una conversazione di quello spessore.
Ero messo prono nel mio letto, con i piedi appoggiati sul cuscino dove in teoria ci andava messa la testa.
Stavo giocando con la mia psp, a un gioco che avevo già completato quattro volte. Ero troppo triste per concentrarmi su un nuovo videogame. Le mie dita si muovevano in automatico, sapendo perfettamente quali tasti premere: X + triangolo mossa speciale, cerchio salto e quadrato attacco a sorpresa. Finito il livello.
Light e Matsuda erano nel letto di fronte al mio a studiare casi archiviati trovati online nei database della polizia. Si scambiavano opinioni e l'aspirante poliziotto era esaltato al pensiero che un giorno quello sarebbe stato il suo lavoro.
"Secondo me è stato il fidanzato!"
"Matsui, il fidanzato era fuori città. Più probabilmente è stato il padre."
"Ma ha un alibi!"
"Non è detto che regga!"
Le successive tre notti Matsuda le passò con una torcia sotto le coperte a rileggersi gli appunti per scovare il colpevole. Alla fine era stata la madre. Mi mancano quei due babbei.
Intanto Misa e Linda erano su un'altro letto a mettersi lo smalto a vicenda.
In quel momento si sentì pronunciare un: "Tutti fuori. Devo parlare con Matt."
Alzai subito lo sguardo, e quando le mie iridi si scontrarono con due lapislazzuli azzurri mi mancò il fiato.
I due criminologhi presero di corsa le matasse di fogli che c'erano sparsi sul letto e se la svignarono. Misa e Linda chiusero le boccette del prodotto per unghie e presero anche una spazzola e qualche elastico dalla cassettiera, e anche loro lasciarono la stanza chiudendo la porta. Poco prima che le loro figure sparissero vidi Misa che mi rivolse un pollice alzato strizzando l'occhio. Io ero terribilmente confuso.
Non passò neanche un secondo, che la porta cigolò di nuovo facendo sbucare il faccino pallido di Nate.
"Fuori parassita!" gridò Mihael.
"Devo prende-" tentò di dire il ragazzino indicando una macchinina lego lasciata sul tappeto.
"Ho detto fuori!"
E così la porta venne chiusa di nuovo, stavolta da un biondo particolarmente incazzato. In tutto ciò io mi alzai dal letto, lasciando la psp accesa.
Quando calò finalmente il silenzio, Mello fece un lungo sospiro e iniziò a girare per la stanza, mentre si teneva con due dita il ponte del naso.
"Volevo solo scusarmi" disse dopo aver disegnato un infinito con i suoi passi "Per averti rotto il naso".
"Sei in ritardo di circa..." inizia a contare sulle punte delle dita "...3 settimane".
"Vaffanculo!" sbottò subito Mihael.
Faceva bene ad arrabbiarsi, dato che per una volta non era stato lui a iniziare.
Però volevo togliermi lo sfizio di essere io lo stronzo qualche volta.
"Sei tu che mi hai trattato in quel modo, dicendomi quelle cose!"
Non capivo se il suo intento fosse davvero scusarsi o se voleva sbattermi in faccia tutte le cose che avrebbe voluto dirmi quella mattina. Comunque mi aveva colpito e affondato, così abbassai lo sguardo.
"Ti chiedo scusa anch'io."
Seguirono minuti interminabili di silenzio e poi aggiunsi "Ma comunque questo non giustifica la tua violenza!"
Mello roteò gli occhi e si avvicinò a braccia conserte.
"Non capisco perché ti ossessiona tanto il mio rapporto con Linda."
Perché ti amo, forse? Ma sopravvalutavo Mihael credendo che potesse collegare una cosa del genere a un concetto come l'amore.
"Davvero non ti viene in mente nulla?" Lo sollecitai avvicinandomi.
"Cosa dovrebbe venirmi in mente scusa?"
Alzai gli occhi al cielo bisbigliando un "Watty aiutami tu".
"Sei proprio un idiota." dissi incastrando i miei occhi con i suoi.
"Ti spacco la facc-!"
Lo zittì posando le mie labbra sulle sue, afferrandogli i fianchi.
Ancora adesso, mi complimento con me stesso ogni giorno per il coraggio che ho avuto. Watari, l'ho fatto per te. E per me stesso, perché bramavo quelle labbra da anni.
La bocca di Mihael era come quello spazio che si crea tra un mobile e il muro e la mia lingua era un braccio che cercava di afferrare qualcosa finito sul fondo di quel vicolo troppo stretto. Dopo un po' qualcuno spostò il mobile, e Mello mi permise di entrare con la lingua e mi contornò il collo con le braccia. Dire che avevo i brividi sarebbe troppo riduttivo. Sentivo tutto il mio corpo in fermento, finalmente a contatto con la sua altra metà e non me lo sarei lasciato sfuggire.
Intensificai il bacio e strinsi forte i fianchi di Mihael, che iniziò ad avanzare fino a farmi ricadere sul mio letto. Sentii qualcosa di duro che mi perforò la schiena e che mi continuava a premere sulle scapole. Afferrai la psp e la scagliai per terra. Avevo ben altro a cui pensare.
Spostai una mano da uno dei fianchi e la feci strisciare sotto la t-shirt oversize che Mello indossava. Quel petto così liscio e piatto era stata un'opera d'arte per me da troppi anni. Ammiravo la sua straordinaria bellezza ma non potevo toccarla. E invece adesso le mie dita accarezzavano con calma quella pelle così liscia, senza tralasciare neanche un centimetro. Ma si sa, le cose belle non durano per sempre. Però il destino è stato uno stronzo con me, non mi ha fatto gustare quella meraviglia neanche cinque minuti.
Poco prima di arrivare al suo capezzolo, Mello si staccò dal bacio e mi guardò qualche istante con occhi che trasparivano paura.
"Tutto questo è sbagliato."
Si alzò di scatto e si mise l'indice e il medio delle mani sulle tempie, come se stesse comunicando telepaticamente con qualcuno.
"Ma che cazzo Mells!" sbottai io, parecchio scocciato dalla situazione. Dopo cinque anni di attesa avevo finalmente quel corpo sopra di me e neanche il tempo di spogliarsi che lui se ne va via? No, non esiste.
"Tutto ciò è sbagliato" ripeté di nuovo il biondo.
Mi alzai anch'io dal letto e mi avvicinai rabbiosamente a lui.
"Si può sapere cosa ti prende adesso? Sembrava ti stesse piacendo"
"Non è questo il punto!"
Mihael alzò la voce di scatto facendomi sobbalzare, ma sentivo il mio corpo fremere di rabbia. Anzi il termine più corretto sarebbe "frustrazione".
"E quale sarebbe il punto?! È perché ti scopi Linda?!"
"Smettila con Linda cazzo! Lei non c'entra nulla!"
Un rumeno e un tedesco che litigano in una stanza. Sembra l'inizio di una barzelletta.
"Mells davvero non capisco quale sia il problema" dissi a voce più bassa, dopo aver fatto un lungo respiro. Mihael per la prima volta in vita sua si era scusato con me e stavamo anche limonando, non volevo litigare di nuovo.
"Tu, tu sei il problema." rispose il biondo, anche lui con un tono di voce calmo, cosa che rese la frase ancora più dolorosa. La sua voce era sul punto di spezzarsi e pensavo che stessi per assistere a uno dei rarissimi pianti di Mello.
Anche la mia voce si spezzò dal pianto, proprio come il cuore, che potei udire sgretolarsi in minuscoli frammenti.
"I-io?...Sarei io il problema...?"
Sentii una lacrima scendermi lungo la guancia, poi un'altra, poi un'altra ancora.
Stentavo a crederci.
"Matt sei...sei un ragazzo."
Gli occhi di Mello erano bagnati e sul punto di far scendere enormi cascate d'acqua. Deglutiva spesso e a fatica, ma malgrado questo continuava a fissarmi con i suoi lapislazzuli corrosi dal dolore.
"È sbagliato. È tutto sbagliato."
"Mello..." dissi tentando di frenare le lacrime. "Non c'è nulla di sbagliato...io sono innamorato di te."
E in quel momento successe una cosa che non mi sarei mai aspettato di vedere: Mihael crollò. Copiose lacrime iniziarono a scendere dai suoi occhi, tante da farlo singhiozzare.
"Non posso Mail." riuscii però a distinguere fra i singhiozzi.
Sentivo che ero anch'io sul punto di crollare, ma non volevo che il biondo lo vedesse.
Spalancai la porta e iniziai a correre per il corridoio e poi giù per le scale. La mia vista era annebbiata dalle troppe lacrime, quindi fu una fortuna che non mancai un gradino, fracassandomi poi le ossa.
Non presi il giubbotto e neanche i miei goggles, ma aprii solo la porta di casa e me ne andai fuori. Poco prima di uscire udii solo un "Matt cos'è succes-" pronunciato da Matsuda, che venne interrotto dallo sbattere della porta.
Iniziai a camminare pulendomi il viso con gli avambracci, ma le lacrime continuavano a uscire.
Non so quanto passeggiai, fin troppo però, perché mi ritrovai nella vecchia stazione ferroviaria ai confini della cittadina.
Arrivato lì il fiume di lacrime si era un po' calmato, adesso avevo il viso rosso e gli occhi gonfissimi.
Mi sedetti sul bordo delle rotaie e successivamente lasciai andare il mio corpo, distendendomi a pancia all'aria sui binari. Il cielo stava iniziando a sfumare verso l'azzurro ciano, con ancora qualche sprazzo di luce gialla che sfiorava il terreno. Sopra di me due rondini volavano in cerchio, rincorrendosi l'un l'altra. Forse erano innamorate. Fanculo l'amore. In quel momento avrei voluto solo una sigaretta. Anzi, un intero pacchetto.
Come una manna dal cielo, sentii dei passi avvicinarsi e capii che qualcuno era fermo in piedi davanti a me, ma non mi interessava sapere chi fosse.
"Cristo se hai camminato."
Riconobbi dal tono monocorde e sempre scocciato che si trattava di Mikami.
Si distese sui binari a fianco a me e iniziò a fissare il cielo blu spoglio di nuvole.
"So che ne hai bisogno".
Mi porse un pacchetto di Marlboro, che io afferrai di scatto e me ne accesi subito una. Non lo ringrazierò mai abbastanza, e non ringrazierò mai abbastanza il potere rilassante della nicotina. Voi non fumate però mi raccomando.
"Hai intenzione di tornare a casa?" chiese il corvino, anche lui soffiando via nuvole di fumo.
"Non lo so" risposi sinceramente "Forse non stanotte".
"Sai che Jabar potrebbe farti strane cose nel sonno se dormi da lui?"
Una risata sincera uscì dalle mie labbra e mi fece dimenticare per un istante il dolore che stavo provando. Penso che questa sia una delle caratteristiche che amo di più di Teru. Non si mostra interessato a quello che ti succede, e riesce a non farti pensare al problema.
Finimmo di fumarci le sigarette nel totale silenzio, e quando divennero due mozziconi ormai il sole era bello che tramontato. La luna rischiarava leggermente il cielo notturno, ed era la nostra unica fonte di luce dato che in quella vecchia ferrovia non c'era più l'elettricità da anni.
"C'è della vodka nella camera di Roger" disse Mikami "Credo lo aiuti a superare lo stress. E penso che possa aiutare noi a superare la notte."
Mi voltai verso di lui con degli occhi da cerbiatto e lo vidi che mi sorrideva in maniera dolce. Altra cosa assurda che probabilmente non rivedrò mai. Avrei voluto non provare sentimenti per Mello e limonarmi lui in quell'istante.
Quando tornammo a casa erano le undici passate, e stranamente tutti quanti erano già coricati a letto. Sono sicuro che nessuno di loro stesse dormendo, ma era quello che volevano far credere.
Mikami si intrufolò nella camera di Roger prestando attenzione a non fare il minimo rumore, e sfilò la vodka da dentro l'armadio. Ma tanto anche se avesse sbattuto il mignolo sullo spigolo della porta, Roger dorme con due palle da tennis che lui considera "tappi per orecchie" e ingurgita tre sonniferi che stordirebbero un elefante.
Salimmo sul tetto dalla finestra della mansarda e seduti sulle tegole verdi, ci passavamo la bottiglia di quell'alcolico particolarmente scadente. Era al sapore di melone, una vera merda. Ma quando si ha il cuore spezzato andrebbe bene anche l'olio del motore a costo di sballarsi.
La città era silenziosa, buia, avvolta in un'atmosfera che definirei quasi inquietante. Era come se tutta Winchester sapesse del mio dolore e per solidarietà si era messa a tacere.
"L'amore fa schifo" dissi dopo un sorso dalla bottiglia, che poi passai a Mikami.
"Grazie a Dio sono nato aromantico" concordò lui. Tutti noi sapevamo che Mikami non provava attrazione verso nessun essere umano già prima di scoprire il significato di quel termine.
Ci finimmo tutta la bottiglia, e una volta bevuto l'ultimo sorso mi tolsi lo sfizio di scagliarla il più lontano possibile urlando un: "Vaffanculo Mihael!"
Ero ubriaco e con il cuore in frantumi.
Rischiammo di cadere da 20 metri di altezza quando rientrammo dalla finestra, perché la stanchezza aveva fatto fare all'alcool ancora più effetto del solito. Appena i piedi di Mikami toccarono le assi di legno scricchiolanti, si portò una mano alla bocca e corse fuori dalla stanza. Poco dopo sentii il suo vomito che si riversava in bagno.
Io vedevo tutto annebbiato e mi girava la testa. I muri ruotavano e si contorcevano e poco dopo caddi a terra in un sonno profondo.

 

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Capitolo 9
*** Run boy run ***


Il mattino dopo venni svegliato dai raggi del sole che puntavano dritti dritti nelle mie pupille, mandandomele a fuoco. Era come se quella stella nel cielo mi stesse urlando: "Matt forza svegliati! È passato mezzogiorno!"
Mi alzai con gli occhi semichiusi e mi sentii come l'uomo di latta di quel film che vedevo sempre da bambino, Il Mago di Oz. La mia schiena scricchiolava e le mie articolazioni sembravano arrugginite. Dopo un po' capii il perché, dato che mi trovavo sul pavimento. Da bravo giapponese, L mi aveva detto che era una cosa benefica per la schiena, ma a me sembrava solo che me l'avesse fracassata. Cercai di ricordare gli avvenimenti di quella notte, e stranamente era tutto impresso nella mia memoria. Quindi Mikami o stava dormendo appoggiato alla tazza del water, o era riuscito ad arrancare fino al suo letto.
La testa mi pulsava, come faceva sempre dopo una sbronza, ma malgrado quello avrei voluto bere altro alcool.
L'ubriacatura era passata, il dolore no. E credevo che non sarebbe mai finita quella tortura. Credevo che il mio cuore sarebbe rimasto in frantumi per sempre.
Venni travolto da un velo di depressione e mi accasciai sul materasso che c'era al centro della stanza da mesi, ormai inutilizzato da molto tempo grazie a Dio.
Mi coprii con il lenzuolo e ruotai la testa verso la finestra aperta, fissando il cielo azzurro per non so neanche quanto.
Dopo un tempo indeterminato bussarono alla porta, e qualcuno entrò senza che io ebbi dato il permesso di farlo.
"Sei sveglio pasticcino?" Era Misa ovviamente.
"Mikami ci ha raccontato di stanotte. Siete degli stronzi, la vodka si condivide!"
Un sorriso mi spuntò sulle labbra e alzai la testa voltandomi, per farle vedere che ero contento di vederla. Era l'unica persona bionda che avrei tollerato in quel momento.
Misa aveva in mano una tazza piena di caffè e nell'altra un piatto con sopra bacon e uova, che emanavano un odore squisito per tutta la stanza. Non so come mai, ma io e lei eravamo sempre stati una sorta di "supporto per cuori infranti" l'uno per l'altra. Tutte le volte che l'ennesimo ragazzo spezzava il cuore alla mia principessa la riempivo di coccole e cibo buono, e così lei fece con me quelle poche volte che avevo messo da parte il biondo e mi ero preso una cottarella per qualche ragazzo visto a scuola.
"Tu non hai idea di quanto ti ami" dissi tirandomi su a sedere con l'acquolina in bocca. E lo pensavo davvero. Ero molto grato per quello che gli altri stavano facendo per me.
La ragazza sorrise e mi posò il piatto sulle gambe e la tazza sul pavimento a fianco il materasso e mi diede un bacio sulla guancia.
"Grazia mille Misa, davvero."
"Tutto per il mio orsacchiotto." E così dicendo si sedette sulla punta del materasso, mentre mi guardava abbuffarmi di quelle leccornie.
Se ci fosse stato chiunque altro al suo posto l'avrei mandato via, ma lei no. E Misa sapeva che poteva restare.
"Vodka al melone eh?" disse con un sorriso "Roger lo credevo un tipo da Brandy."
"Sarebbe stato di sicuro più buono di quella roba che ho bevuto." risposi sputacchiando pezzi di uova sul materasso. Quella colazione mi sembrava cibo degli Dei.
Misa ridacchiò e continuò a fissarmi con i suoi occhioni dolci, con uno sguardo materno che mi faceva sentire al sicuro. Forse perché mi ricordava quello di Watari.
"Come sta Mikami a proposito?"
"Beyond l'ha trovato in bagno stanotte, non oso immaginare cosa ci facesse lui sveglio, ma fatto sta che l'ha messo a letto."
"Gesto insolito da parte sua."
"Lo so, nemmeno io ci credevo."
Ridemmo entrambi e quando finii di bere anche il caffè, la ragazza mi appoggiò una mano su una gamba e pronunciò la fatidica domanda.
"Ti va di parlarne?"
Avrei preferito raccontare la mia prima volta davanti Buckingham Palace con tutta la famiglia reale in ascolto, piuttosto che riaprire quella questione. Ma sapevo che Misa me lo chiedeva perché era preoccupata per me, non solo per sentire un nuovo pettegolezzo da spiattellare in faccia a chiunque.
"C'è poco da dire in realtà" raccontai con un sorriso amaro, come quello di un giocatore che non ha preso l'oro ma non vuole ammettere la sconfitta "Ha detto che io sarei il problema, perché ho il pisello."
Misa mi guardò in silenzio e mi prese per mano, dandomi sicurezza e spronandomi a continuare.
"È solo che non capisco...insomma...la lingua in bocca me l'ha messa giusto?"
La ragazza sorrise dolcemente e mi cinse entrambe le mani.
"Matt, lascia che ti chieda una cosa."
I suoi occhi azzurro mare mi fissarono.
"Tu sai perché Mello è stato cacciato di casa?"
Rimasi un po' interdetto e quando aprii la bocca per rispondere mi stoppai, rendendomi conto che non ne avevo idea. Il mio cervello ricorda il momento in cui io raccontai a Mihael la mia storia, ma non so perché era come se avesse creato uno scenario finto in cui anche Mello mi racconta la sua. Una sorta di falso ricordo.
Guardai Misa in cerca di aiuto, e lei sorrise ancora di più notando il mio panico nel non saperne nulla.
"Mihael é spaventato." disse soltanto "È spaventato da ciò che prova."
Si alzò di corsa e afferrò il piatto e la tazza, dirigendosi verso la porta.
Allungai un braccio per fermarla, ma non uscirono parole dalla mia bocca. Quel braccio rimase lì sospeso a mezza'aria.
"Devo andare al lavoro." disse aprendo la porta con l'aiuto del gomito "Quando entrambi sarete pronti, sosterrete questa conversazione. Adesso non è il momento."
Sparì fuori dalla stanza lasciandomi in posa come una statua greca, con il braccio alzato e la bocca mezza aperta. Sembravo un idiota.
Dopo la colazione restai nella mansarda ancora un oretta, a fissare il muro e a piangere. Una volta contate tutte le assi del soffitto e rimembrato le mie figure di merda a partire dal 2010, decisi che forse era arrivato il momento di uscire. E comunque anche se non avessi voluto, le mie uniche scorte di cibo là sopra erano delle birre tiepide. Oppure sarei morto di tanfo nel giro di due ore, perché puzzavo come una ciminiera imbevuta nella vodka.
Dopo una lunga preparazione psicologica, aprii la porta di pochi centimetri e feci uscire solo il naso e un occhio, riuscendo a vedere  le scale che portavano al corridoio.
Feci un lungo respiro e iniziai a scendere i gradini quatto quatto, come farebbero i personaggi di Mission Impossible, e proprio come Tom Cruise mi attaccai al muro e sporsi solo la testa in modo da vedere il corridoio. Restò vuoto per un istante, prima che la testa di Beyond sbucò dalle scale salenti dal piano di sotto.
Quando il corvino si voltò le sue iridi rosse mi penetrarono facendomi venire i brividi, tantè che pensai di scappare anche se non si trattava di Mello.
"Non c'è il tuo fidanzato gay" disse, mentre stava cercando di aprire un barattolo di marmellata.
Quella parola mi provocò un turbinio di farfalle nello stomaco, ma avrei voluto ci fosse stato il nome Mihael vicino.
"Sta occupando il divano da tutta la mattina. Sembra depresso. Spero che si muova a tagliarsi le vene perché é scomodo stare per terra."
Sorvolai su quell'affermazione inquietante, che usata da Beyond sembrava una cosa normalissima, ed entrai nella camerata per raccattare qualche vestito pulito.
"Puoi fare in modo che resti di sotto finché mi faccio la doccia?" chiesi, frugando nei cassetti del nostro mobile ormai in comune per tutti.
"E io cosa ci guadagno?" Ora era appoggiato allo stipite della porta e si mordicchiava un'unghia.
"L'apertura di quel barattolo"
Sorrisi sapendo di averlo in pugno e lui mi fissò per un attimo, per poi spostare lo sguardo sul contenitore che teneva in mano.
"Quindici minuti" E uscì dalla stanza, dopo che io gli gridai anche: "Portami le patatine e la Coca-Cola!"
Mi feci la doccia, fissando di continuo il piccolo orologio azzurro appoggiato sul davanzale. Quando le lancette indicarono le 15:30 aprii la porta, trovando Beyond sulla soglia che reggeva un pacco enorme di Cipster, una bottiglia di Coca-Cola e il suo barattolo di marmellata.
Mantenni la mia promessa svitandogli il tappo, e se fosse stato un cane il corvino avrebbe iniziato a scodinzolare e a leccarmi la faccia.
Mi dileguai nella mansarda dopo aver preso anche la psp e un pacchetto di sigarette. Non c'è cura migliore per un cuore spezzato.
Per quel pomeriggio, divenni una sorta di paziente 0 di un virus letale, e restai isolato da tutti senza neanche chiedermi cosa stesse succedendo nei piani sottostanti.
Giocavo, mangiavo, piangevo, bevevo, giocavo, fumavo, piangevo, fumavo e bevevo. Andai avanti così fino a sera.
A coronare quei momenti di tristezza e solitudine, iniziarono a scendere gocce d'acqua dal cielo che piano piano divennero un vero e proprio temporale.
Quando le mie scorte finirono, mi sedetti sul davanzale con la finestra spalancata a contemplare il panorama cittadino avvolto nell'oscurità e bagnato dall'acqua.
C'era un silenzio tombale, solo il rumore della pioggia accompagnava i miei pensieri infelici.
A rompere quella quiete, fu lo sbattere di una porta che attirò subito la mia attenzione. Mi sporsi in avanti e girai la testa a sinistra, in modo da scorgere il marciapiede davanti la porta d'ingresso. Metà della mia testa stava ricevendo una doccia gratis e i miei capelli iniziavano ad appiccarsi al viso, ma era l'unico modo per avere una visuale quasi completa sul davanti della casa.
Una figura stava camminando a grandi falcate, con dei capelli a caschetto appiccicati alla pelle per quanto erano bagnati e solo una felpa nera addosso. Era il mio Mihael, che si allontanava dall'abitazione asciugandosi qualcosa sul viso. Lacrime suppongo.
Mi risvegliai di colpo dal mio stato di ibernazione e mi precipitai fuori la stanza. Scesi le scale due a due e afferrai al volo il mio smanicato di pelo, pronto per partire all'inseguimento. Era molto incoerente la cosa, visto che l'avevo evitato per una giornata intera, ma la mia mente reagì d'istinto, come se sentisse che se non lo raggiungevo Mihael non sarebbe più tornato.
Stavo quasi per gettarmi all'esterno sotto la pioggia, quando una figura acquattata in cucina attirò la mia attenzione. Dovetti strizzare gli occhi per metterla a fuoco, dato che tutti le luci erano spente, eccetto quella della cappa per cucinare. Avvicinandomi, mi resi conto che si trattava di Linda. Era seduta per terra, con la schiena appoggiata a uno dei mobili in legno, che indossava solo una canottiera rosa e dei pantaloni larghi della tuta. I capelli castani erano disordinati e lasciati ricadere sulla spalle, gli occhi erano rossi e su tutto il viso aveva cascate di mascara sciolto che ricordava un fiume con la foce a delta. In mano reggeva una sigaretta, che stava creando un piccolo mucchietto di cenere sulle piastrelle, mentre la finestrella sopra il lavandino era aperta in modo da far uscire l'odore di fumo e far entrare il suono della pioggia scrosciante.
Appoggiai lo smanicato su uno dei banconi adiacenti la porta e mi avvicinai a passo lento. Quando Linda captò la mia presenza, alzò la testa che fino a quel momento era appoggiata sulle ginocchia, e a mia sorpresa mi rivolse un sorriso.
"Linda...cos'è...cos'è successo?" chiesi cercando di non sembrare frettoloso, dato che nella mia testa in quel momento c'era solo l'immagine di un biondo che si allontanava sempre di più sotto la pioggia.
La ragazza castana mi fissò e si leccò le labbra, prima di fare una lunga tirata dalla sigaretta.
"Ora so come ti sei sentito tu Jevy"
Mi ero dimenticato di quello stupido soprannome.
"Non capisco cosa intend-"
"Mello."
Rabbrividii quando quel nome venne pronunciato, era diventato un po' come Voldermort.
Rimasi in silenzio, spaesato e senza sapere che pesci prendere. In quella situazione la parola "Mello" poteva racchiudere una dozzina di argomenti diversi. 
Adesso Linda si era girata e stava fissando il forno a microonde, appoggiato su un bancone alla sua destra.
"Non credevo che un cuore spezzato facesse così male."
Sebbene dopo una frase del genere era abbastanza semplice collegare i puntini, il mio cervello proprio non riusciva a fare due più due vista la miriade di pensieri che mi frullavano in testa.
Linda mi vide confuso e ridacchiò, pulendosi senza successo il mascara colato, che semplicemente sbavò verso sinistra creando una sorta di curva.
"Per lui quel sesso non significava niente. Ma per me...."
La frase venne interrotta dalle lacrime, che iniziarono a scendere copiose dagli occhi verde salvia della mia amica.
"Ero così felice Matt. Una piccola parte di me sapeva benissimo che per lui era solo sesso, ma cercavo di ignorarla perché stavo ottenendo quello che volevo."
Sentii gli occhi inumidirsi e la gola mi si chiuse in una stretta. Tutto il mio corpo era tormentato dai brividi e il mio stomaco si contorceva su se stesso. Se fossi stato un'impalcatura, sarei crollato sotto il peso di tutti quei mattoni.
"Tu lo ami?" chiesi, anche se la risposta era assai ovvia.
Linda mi guardò di nuovo e scoppiò a ridere, una di quelle risate infelici che ti fai quando sai di non avere più speranza.
"Siamo due idioti Matty. Ci sono persone stupende nel mondo e ci siamo innamorati della prima testa di cazzo che ci è capitata davanti."
Ridacchiai anch'io, mentre una lacrima sottile iniziava a scendermi per la guancia.
Era una situazione così surreale.
Linda fece un'altra lunga aspirata e sembrò tentennare per un istante, pronta per dire quella frase che non voleva accettare.
"Però la testa di cazzo ama te."
Un vuoto. Solo quello sentii. Quella sensazione di quando sei sulle montagne russe e all'improvviso i vagoni si gettano per una ripida discesa, facendoti sentire quel risucchio allo stomaco.
"Lui...lui cosa?"
Linda alzò il braccio e spense la sigaretta sul bordo del lavandino, poi tornò a sedersi tenendosi le ginocchia con le braccia.
"Me l'ha detto prima di uscire." Mi rivolse un'altro sorriso, fin troppo dolce vista la situazione.
"Sei ancora in tempo Matty. Vai a prenderti il tuo uomo."
E ovviamente, non me lo feci ripetere due volte.
Iniziai a correre e uscì dalla porta saltando, dimenticando il mio giubbotto in cucina. Me ne accorsi subito, perché il freddo mi si riversò addosso tutto di un colpo, come la pioggia, che mi bagnò immediatamente dalla testa ai piedi.
Una parte di me sapeva che avrei dovuto abbracciare Linda, ringraziarla e starle accanto. Ma sapevo anche, che prima avevo un'altra priorità.
Corsi nella direzione in cui avevo visto andare Mihael poco tempo prima, mentre il mio maglione rosso e nero mi si appiccicava al torace provocandomi brividi di freddo. Malgrado una miriade di lampioni affiancavano il marciapiede, predominava il buio accentuato dalla pioggia e dai miei capelli bagnati che mi stavano oscurando la vista. Sentivo il fiato corto e i polpacci dolenti, ma continuavo a correre senza sapere se stavo andando dalla parte giusta. Se avessi corso così ai test di ginnastica delle medie, adesso avrei una serie di medaglie appese in camera.
Dopo quasi dieci minuti di corsa dovetti fermarmi perché iniziava a girarmi la testa e soprattutto perché non mi stavo avvicinando a Mihael. Creai una mappa mentale della nostra zona e dei dintorni, pensando in quale vicolo si sarebbe potuto essere cacciato. A un certo punto, una lampadina mi si accese nel cervello.
Avevo eliminato quel posto dalla mia memoria, ma prima del distaccamento fra me e Mihael in seguito alla vicenda con Near, era il nostro rifugio preferito.
Si trattava di una vecchia fabbrica abbandonata, a pochi isolati da dove abitavamo. Ormai era diventato un covo pieno di bottiglie vuote, graffiti e siringhe.
Ogni volta che io e Mello ci andavamo c'era sempre un barbone che dormiva, un tossico che pisciava e un ubriacone che accendeva un falò.
Io e Mells li ignoravamo e salivamo sul tetto, dove potevamo avere una panoramica su tutta la baraccopoli. Era una merda, ma ci sentivamo i padroni del mondo.
Il biondo lo usava come nascondiglio, dato che i primi mesi in casa famiglia li passava più fuori che dentro. Diciamo che non ha gradito subito la nuova vita che il destino aveva scelto per lui.
Un giorno io lo seguii e rimasi incantato da quel posto, e sebbene Mihael mi minacciò con alcune parolacce in tedesco di andarmene, dopo un sigaretta fumata insieme diventò il nostro regno. Da lassù si poteva vedere chiaramente uno Strip Club dall'altra parte della strada, con un'enorme vetrata che dava libera visione ai balletti osé delle spogliarelliste. Io, in quanto ragazzino bisessuale delle medie in crisi ormonale, le ammiravo con entusiasmo, mentre Mihael le snobbava e diceva che non erano attraenti. Nessuno dei due si rese conto che era un coming out in piena regola. Inoltre quello fu anche il posto in cui diedi il mio primo bacio. Si è vero non è il luogo ideale in cui portare una ragazzina, ma nella mia mente da ragazzo dei quartieri malfamati era romantico.
Arrivai al posto bagnato fradicio, ma ormai il mio corpo si era abituato al freddo e i vestiti erano diventati un tutt'uno con la mia pelle.
Salii fino sul letto, e lì lo vidi, seduto per terra che guardava il panorama, mentre la pioggia si mischiava alle sue lacrime.

 

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Capitolo 10
*** La pioggia sa del nostro amore ***


Mihael era lì, come un angelo caduto dal cielo, che contemplava la città buia e silenziosa immersa nell'acquazzone.
Il ragazzo dai capelli d'oro si girò lentamente, rivelando un viso cupo, con due occhi così gonfi che non davano modo di capire se l'acqua sulla sua faccia fosse pioggia o lacrime. Non diede segni di stupore nel vedermi, in realtà sembrava come se mi stesse aspettando.
"Grazie di essere venuto." bisbigliò, prima di girare di nuovo la testa.
Io non risposi e andai semplicemente a sedermi vicino a lui, appoggiando poi il capo sulla sua spalla.
Restammo così nel silenzio, che io avrei voluto rompere con un bacio. Ma sapevo che non era quello di cui Mihael aveva bisogno in quel momento.
"Pioveva anche quel giorno" esortò di nuovo il biondo, con un tono monocorde.
"Che giorno?" chiesi io, parecchio confuso da quell'affermazione.
"Il giorno in cui mia madre mi abbandonò"
Era arrivato quel momento, e io stentavo a crederci. Mihael si stava finalmente aprendo con me, dopo 7 anni di amicizia.
Anch'io aprii le mie orecchie e mi voltai verso di lui, tenendo comunque la testa appoggiata sulla sua spalla.
"Ero così felice quel giorno. A scuola avevo baciato Bernd Weber. Sí, un ragazzo. Ero un bambino, pensavo non ci fosse nulla di male. Invece il mio patrigno mi picchiò ancora più forte di quanto facesse di solito e mia madre mi disse che non voleva crescere un essere come me. Mi lasciò sulla MuLeiBerl alle 10 di sera, pioveva a dirotto. Hai idea di quanto sia lungo quell'autostrada da fare a piedi?"
Fece una pausa, che diede il tempo anche a me di assimilare le nuove informazioni che stavo ricevendo. Per tutto quel tempo ero convinto che Mihael fosse solo stronzo, non traumatizzato.
Per quasi cinque minuti restammo in silenzio, accompagnati solo dal suono della pioggia, che ci stava continuando a bagnare come se fossimo sotto enormi cascate d'acqua. Il nostro corpo si era abituato ormai, il problema erano i nostri polmoni. Restammo a letto con l'influenza per una settimana.
"Non sei mai stato tu il problema" riprese finalmente il biondo "Sono sempre stato io. Avevo paura che se mi fossi dichiarato qualcuno mi avrebbe abbandonato di nuovo, e non volevo che quel qualcuno fossi tu. Credevo che facendo sesso con Linda mi sarebbe passata la cosa."
"L'hai ferita molto..." biascicai, ripensando alla mia migliore amica seduta sul pavimento della cucina.
"Lo so, mi sento una merda anche per questo." Fece una pausa "E mi sento una merda per essermi allontanato da te dopo la vicenda di Nate. Ero semplicemente geloso e ferito."
Mi esplose il cuore quando disse quella frase, e un sorriso involontario fece capolino agli angoli della mia bocca.
"Mihael Keehl, mi stai forse dicendo che sei innamorato di me?"
Mihael si voltò di colpo, incastrando i suoi occhi con i miei. Il buio e la pioggia non mi permettevano di vedere quelle iridi azzurre, ma il mio cervello riusciva perfettamente a immaginarsele belle com'erano.
"Ti lascerò con il dubbio" disse, svelando uno dei suoi sorrisi più belli.
"Capisco, allora intanto andrò a trovare tatuaggio a serpen-"
Un pugno (amichevole questa volta) mi arrivò sulla spalla, accompagnato dal più bel suono che le mie orecchie possano mai sentire, la sua risata. Il mio corpo rimbalzò, staccandosi dall'appoggio che avevo sulla spalla del biondo e mi rimisi dritto prendendomi le ginocchia con le braccia e fissando il panorama.
"Grazie Matt." pronunciò un sussurro che si disperse subito nel vento "Grazie per tutti questi anni."
Ci girammo in simultanea e in entrambi i nostri visi erano presenti due sorrisi dolci, l'uno rivolto all'altro. Ci sorridemmo per pochi istanti, finché io dissi: "Bhe..? Mi hai fatto aspettare 5 anni e adesso che siamo qua non mi dai neanche un bacio?"
Mello rise di nuovo, coprendosi la bocca con il dorso della mano, come una ragazzina delle medie, e successivamente si sporse in avanti per annullare quei centimetri che ci separavano.
Il bacio fu lento, semplice ma allo stesso tempo pieno di significato. Era il coronarsi del nostro amore, dopo lunghi anni di attesa. Mihael appoggiò la mano destra sulla mia guancia e iniziò ad accarezzarmela lievemente con il pollice.
Dopo poco ci staccammo di pochi millimetri, lo spazio bastava solo per vedere gli occhi e il naso dell'altro.
"Ti amo" disse Mihael a bassa voce, dettaglio che la rendeva ancora più sensuale.
Mille farfalle si erano liberate nel mio stomaco e la stessa cosa avrebbe voluto fare il mio cazzo dai boxer, ma non era quello il momento.
"Ti amo anch'io."
Ci baciammo di nuovo, e stavolta anch'io gli accarezzai la guancia.
"Ma ti amerei di più sotto un tetto asciutto." dissi una volta staccati.
Mihael rise e si alzò in piedi porgendomi la mano, che io afferrai senza esitazione.
Una volta che anch'io mi fui alzato le nostre dita non si separarono, ma si legarono in una stretta ancora più salda e iniziammo a camminare verso casa, rivolgendoci sguardi dolci come gli innamorati nei film per adolescenti, quelli per i quali Misa andava matta.
"Geloso di Nate eh? Questa te la rinfaccerò a vita." dissi mentre scendevamo le scale dell'edificio diroccato.
"Chiudi il becco idiota."
Una volta varcata la porta di casa e creato un lago sullo zerbino, una miriade di passi che si sovrapponevano ci distrussero i timpani e trenta secondi dopo tutti i nostri compagni erano in piedi davanti a noi.
"Eravamo preoccupati." disse Nate avvolto nel suo pigiama a righe, mentre reggeva il suo peluche marrone.
Lo sguardo di tutti si posò sulle nostre dita ancora intrecciate e sorrisero in contemporanea.
"Ce l'avete fatta finalmente" disse L "Eravamo stufi di nuotare in mezzo alla tensione sessuale che c'era tra di voi."
Ridemmo tutti, e in quel momento dal fondo della stanza avanzò Linda. Non era più sporca di mascara e indossava una felpa grigia sopra la canotta.
I nostri sguardi si incrociarono, mentre tutti gli altri presenti stavano parlando fra di loro (prendendo in giro Mihael per la precisione). La ragazza castana mi sorrise e annuí leggermente con la testa, provocandomi una sensazione di sollievo enorme. Io e Mello non saremmo qui se non fosse stato per lei, e le sono grato ogni giorno per questo.

 

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Capitolo 11
*** Epilogo ***


•3 aprile 2032•
Los Angeles, Stati Uniti

L'anno che seguii fu troppo pieno e troppo bello per essere raccontato per bene.
La serenità si era impadronita della casa, e io e Mello finalmente portavamo la targhetta di "fidanzati."
Il biondo non aveva più paura dei suoi sentimenti, non aveva paura di baciarmi in pubblico o ammettere che provava gelosia nei miei confronti.
Potrei raccontarvi di quella volta che per sbaglio demmo fuoco al divano, o di quando Mikami si ruppe il braccio, o quando Mihael ha fatto a botte con il postino, ma dovremmo stare qui seduti per giorni interi.
Purtroppo gli anni dovettero passare per tutti, e le nostre strade iniziavano a dividersi.
Misa partì per l'America e iniziò a lavorare per varie agenzie di moda e ad apparire in molti spot pubblicitari. Quando vado al lavoro la mattina, vedo sempre la sua faccia su una qualche copertina di una rivista esposta all'edicola. Ogni volta che può prende il primo volo da Miami e viene a trovarci, e come sapete porta sempre un sacco di regali.
Anche Light lavora per una grande azienda, in una città vicino Tokyo. È sempre fasciato in un qualche completo elegante, e sempre troppo impegnato per rispondere al telefono. Ma anche lui quando non ha una riunione d'affari ci manda sempre dei messaggi per darci la buonanotte e chiederci come stiamo. Il problema è che quando arrivano quegli SMS da noi sono le sei di mattina, quindi mentre lui viaggia nel mondo dei sogni noi facciamo colazione e gli rispondiamo.
Non becchiamo mai un momento in cui siamo entrambi sintonizzati.
L è rimasto a Winchester e udite udite, lavora in una pasticceria. Quando ce lo disse sembrava la notizia del secolo, ma non sorprese nessuno di noi. Ci spedisce sempre dolci di ogni genere, motivo per il quale mi dovrebbe circa cinque sedute dal dentista.
Mikami è diventato un avvocato o qualcosa del genere. La cosa mi fa parecchio ridere dato che era sempre lui quello che commetteva un torto, ma mi fa piacere che adesso sia dalla parte della giustizia.
Nate ha un negozio di giocattoli in Svezia. Sorprendente anche questo vero? L'ha aperto con uno che ha conosciuto lì, Jevanni mi pare si chiami. Ed è questo il motivo per il quale avete gingilli di ogni tipo.
Anche Linda è in America, ma un po' più a Sud, sulle coste dell'Argentina. Quel paese si adatta perfettamente alla sua personalità. Fa l'insegnante d'asilo, e amo quando mi manda le foto di lei insieme alla sua classe di mocciosi. È sposata da 3 anni e vive in una casa a due piani che affaccia sul mare. Sono felice che abbia trovato il vero amore della sua vita, era improbabile che fosse Mihael.
Per Beyond purtroppo non c'è un vero lieto fine, dato che si trova in una clinica a Londra. Ci siamo stati male tutti quando l'abbiamo scoperto, ma sappiamo anche che è il posto in cui deve stare. So che gli stanno dando le migliori cure e che adesso sta vivendo in un ambiente più adeguato alla sua situazione. Vista la distanza non posso andarci spesso, ma quando posso gli faccio sempre una visita. Anche lui è contento di vedermi.
Roger è ancora più vecchio e vive anche lui a Winchester, in un ospizio. Ogni volta che andiamo a trovare L facciamo una tappa anche da lui. E da Watari ovviamente, per lasciargli un nuovo mazzo di fiori.
Quasi dimenticavo, c'è anche Matsuda. Incredibile ma vero, è diventato un poliziotto della omicidi. E mica in un posticino qualunque, lo conoscono tutti a New York. Per quanto possiamo averlo preso in giro, sapevamo tutti che ce l'avrebbe fatta. Bhe...quasi tutti. Ho dovuto dare 20 sterline a Mikami.
Anche se adesso siamo adulti e tanto distanti, i fili del legame che ci lega sono troppo forti per essere spezzati. Sono le persone a cui tengo di più in tutta la mia vita.
Insieme a voi e a Mihael ovviamente. Il mio amato biondo, con cui finalmente dopo troppi anni di attesa posso condividere una splendida casa a Los Angeles, facendo il lavoro dei miei sogni nella progettazione di videogiochi e lui aggiustando motociclette di ogni genere.
Sebbene la nostra storia sia tortuosa e piena di alti e bassi, sono contento che si sia svolta in questo modo, perché è molto più divertente da raccontare.
Perché questa ragazzi, è la storia di come ho conosciuto vostro padre.

 

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