Il duca e la sua sposa

di eddiefrancesco
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1 Capitolo ***
Capitolo 2: *** 2 Capitolo ***
Capitolo 3: *** 3 Capitolo ***
Capitolo 4: *** 4 Capitolo ***
Capitolo 5: *** 5 Capitolo ***
Capitolo 6: *** 6 Capitolo ***
Capitolo 7: *** 7 Capitolo ***
Capitolo 8: *** 8 Capitolo ***
Capitolo 9: *** 9 Capitolo ***
Capitolo 10: *** 10 Capitolo ***
Capitolo 11: *** 11 Capitolo ***
Capitolo 12: *** 12 Capitolo ***
Capitolo 13: *** 13 Capitolo ***
Capitolo 14: *** 14 Capitolo ***
Capitolo 15: *** 15 Capitolo ***
Capitolo 16: *** 16 Capitolo ***
Capitolo 17: *** 17 Capitolo ***
Capitolo 18: *** 18 Capitolo ***
Capitolo 19: *** 19 Capitolo ***
Capitolo 20: *** 20 Capitolo ***
Capitolo 21: *** 21 Capitolo ***
Capitolo 22: *** 22 Capitolo ***
Capitolo 23: *** 23 Capitolo ***
Capitolo 24: *** 24 Capitolo ***
Capitolo 25: *** 25 Capitolo ***
Capitolo 26: *** 26 Capitolo ***
Capitolo 27: *** 27 Capitolo ***
Capitolo 28: *** 28 Capitolo ***
Capitolo 29: *** 29 Capitolo ***
Capitolo 30: *** 30 Capitolo ***
Capitolo 31: *** 31 Capitolo ***
Capitolo 32: *** 32 Capitolo ***
Capitolo 33: *** 33 Capitolo ***
Capitolo 34: *** 34 Capitolo ***
Capitolo 35: *** 35 Capitolo ***
Capitolo 36: *** 36 Capitolo ***
Capitolo 37: *** 37 Capitolo ***
Capitolo 38: *** 38 Capitolo ***
Capitolo 39: *** 39 Capitolo ***
Capitolo 40: *** 40 Capitolo ***
Capitolo 41: *** 41 Capitolo ***
Capitolo 42: *** 42 Capitolo ***



Capitolo 1
*** 1 Capitolo ***


Inghilterra, 1816 Appollaiata sul bordo di un divano del suo salotto decorato con estrema opulenza, Lady Bodenham scruto' il Duca di Deighton. «Devo dire che l'aria dell'Italia sembra donarvi, cugino» osservò in tono materno. «Anche se la vostra carnagione è alquanto scura.» Scandi' ogni parola dando un colpetto al braccio di Galen con il suo delicato ventaglio di avorio. «Davvero scura» aggiunse accompagnando il commento con altri due colpetti. Per fortuna le sue braccia esili non avevano quasi muscoli, perciò i suoi colpi ebbero su di lui l'effetto che avrebbe avuto una piuma d'oca. Le labbra notoriamente sensuali del Duca di Deighton si curvarono in un sorriso e i suoi occhi nocciola brillarono divertiti mentre sosteneva tranquillamente lo sguardo indagatore della cugina. Eloise era abbigliata con lo stesso fasto con cui era arredata l'ampia stanza che in origine aveva fatto parte di una Abbazia medievale. La sua famiglia era venuta in possesso di quella proprietà durante il regno di Enrico VIII e da allora aveva subito diversi restauri, alcuni pregevoli, altri di dubbio gusto. Quella sera indossava un abito stile impero verde pallido ornato di pizzo, un colore che non le donava e faceva assumere alla sua carnagione una tonalità giallastra. I capelli piuttosto radi erano pettinati in una acconciatura talmente complicata da fare rabbrividire Galen al pensiero di quanto fosse stata maltrattata la sua cute per appuntarli in quel modo. «Non ho alcun dubbio che abbiate trascorso la maggior parte del tempo vivendo come un contadino» continuò Eloise con aria petulante. «In questo caso sarei stato un contadino davvero ricco ed indolente» replicò lui. «Ditemi, è tutti qui il cambiamento che notate?» «Perché, che altro dovrei vedere? Un tatuaggio o qualcosa di altrettanto disgustoso?» Galen non sapeva perché si era dato pena di farle quella domanda. Eloise non era stata mai famosa per la sua perspicacia. Quanto al suo aspetto, la cugina aveva ragione. Tranne per la pelle abbronzata e qualche ruga attorno agli occhi, non sembrava molto diverso da quando aveva lasciato l'Inghilterra dieci anni prima. Fece un profondo sospiro e si mise a osservare i numerosi ospiti di Eloise, la solita cerchia di amici e adulatori che approfittavano della generosa ospitalità della cugina. Vedendolo, alcuni di loro arrossirono e rivolsero la loro attenzione altrove. Galen non si sorprese più di tanto. Se solo la sua reputazione fosse morta con la sua partenza! Sfortunatamente non era stato così e lui se ne era reso conto nel momento stesso in cui era tornato a casa. Non gli erano sfuggiti i sorrisi untuosi, gli ammiccamenti, i tentativi di allontanare da lui mogli e sorelle... Durante la sua giovinezza si era comportato spesso come una vera canaglia. Era stato il tipo d'uomo che intrecciava relazioni amorose seguendo solo il suo capriccio. Si lasciava guidare dal suo istinto e non possedeva alcuna remora morale. Tutto questo fino alla notte in cui era accaduto qualcosa che aveva cambiato la sua vita. «Confesso di non capire perché avete trascorso dieci anni all'estero» dichiarò Eloise. Galen fu sul punto di rispondere che lo aveva fatto perché preferiva i contadini italiani alla sua famiglia e all'aristocrazia inglese in generale, ma non lo fece. Dopo tutto era ospite in quella casa e nessuno gli teneva una pistola puntata contro la tempia per obbligarlo a restare. «Perché l'Italia mi piace.» «Allora forse avreste dovuto restarci» replicò la donna, con tutta evidenza offesa dalla sua risposta vaga. «Lo avrei fatto, se mio padre non fosse morto.» Eloise arrossi' e, per dissipare quel momento di profondo imbarazzo, lui continuò a parlare con lo stesso tono casuale. «Per questo sono tornato. Ma come mai, cara cugina, non mi avete ancora chiesto il motivo per cui non sono ripartito?» «Dovete occuparvi della conduzione della tenuta» Replicò lei. «Oppure potrebbe trattarsi di una donna.» «No. Non ho bisogno di pensare all'amministrazione delle proprietà. Jasper sa farlo benissimo senza la mia supervisione» rispose Galen alludendo al soprintendente della tenuta. Si avvicinò a Eloise e abbassò la voce con un tono da cospiratore. «Ma avete ragione. C'è di mezzo una donna.» Eloise sgrano' gli occhi mostrando un'avida curiosità mentre lui faceva una pausa melodrammatica. «Ho deciso di trovare una moglie.» La cugina lo fissò stupita. «Una... una che cosa?» «Una sposa. Una moglie. Una donna con cui dividere il resto dei miei giorni e che mi dia anche un erede. Sono tornato a casa per sposarmi.» «Non riesco a capire...» Lui corrugo' le sopracciglia con aria preoccupata. «Devo chiamare un servitore perché vi porti un bicchiere d'acqua o i sali, Eloise? Sembrate sul punto di svenire.» «No! No! Non sto male. Sono solo sconvolta! Sorpresa! Deliziata! Voi, sposato!» Nonostante si rivolgesse a lui, il suo sguardo vagava già avidamente nella stanza. «L'ho trovata!» gridò poco dopo come se avesse scoperto l'Eldorado. Con il ventaglio gli indicò una giovane che indossava un abito bianco verginale bordato di rosa e delle roselline tra i capelli. Anche la sua carnagione era bianca e rosa e l'unico ornamento che portava era una semplice e sottile catenina d'oro che le pendeva dal collo lungo e flessuoso. La voce di Eloise si abbassò trasformandosi in un eccitato sussurro. «Lady Mary, la figlia del Conte di Pillsborough! La sua fortuna è immensa. Non potreste trovare di meglio, Galen. E come potete vedere è anche molto bella.» Non poteva negarlo, pensò lui. Tuttavia aveva conosciuto molte donne bellissime e sapeva che ci voleva molto di più dell'aspetto fisico per convincerlo a sposarsi. «È anche compita e raffinata. Suona, canta e ricama con...» Galen interruppe la cugina prima che lo considerasse già impegnato. «Non avevo in mente di fare la scelta proprio oggi.» Eloise diventò seria. «Non siete più giovanissimo, Galen. Ormai avete passato la trentina.» «So di avere perso molto tempo, Eloise. Ma avevo le mie ragioni.» «Quali?» «Sono private e personali, cugina.» Eloise corrugo' ancora di più la fronte. «Capisco.» «Tuttavia ho davvero bisogno delle vostre conoscenze di gran lunga superiori in materia.» disse Galen anche per placare i suoi sentimenti feriti. «Non vorrei essere preso in trappola da un viso grazioso o da modi affascinanti.» Eloise sorrise, tranquillizzata da quelle parole. «Sarò felicissima di potervi essere d'aiuto, Galen. Davvero felicissima!» Poi tornò a farsi seria. «Che cosa c'è? Forse tra i vostri ospiti c'è qualcuna con un viso grazioso e modi affascinanti che non è adatta a me?» «A dire il vero, si. Ma non per le ragioni che potreste pensare o che potreste sentire da altri.» «Mia cara cugina, ora avete risvegliato la mia curiosità» replicò Galen esagerando di proposito il suo tono. «Si tratta di una mia carissima amica, che conosco fin dai tempi della scuola.» Galen ricordava quale sciocca creatura fosse stata la cugina quando era molto più giovane e se l'amica le assomigliava, quell'avvertimento non era necessario. «Ora è vedova. Suo marito è morto due anni fa e da allora lei ha vissuto praticamente in totale eremitaggio.» Galen fece un sorriso ironico. «Credevo che gli eremiti fossero solo uomini.» Agito' il ventaglio come se volesse scacciare un attacco di falene e gli lanciò un'occhiata stizzita. «In completa reclusione, allora.» si corresse la cugina.

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Capitolo 2
*** 2 Capitolo ***


«In qualsiasi modo vogliate chiamarla, mi ci sono voluti due anni di inviti per indurla a venire a trovarmi.» proseguì Lady Bodenham. «Non vedo nessuna donna vestita di nero» osservò Galen dopo aver scrutato le signore presenti, tutte elegantemente abbigliate con abiti di seta di vari colori. «Non è ancora qui» replicò Eloise. «Dovrebbe scendere tra breve, a meno che sua figlia non faccia i capricci. Lei la ama svisceratamente e se non sta attenta la viziera'.» Il sorriso di Galen si fece teso in modo quasi impercettibile. «Sono sicuro che le avrete dato i vostri consigli in merito» commento' ironico. Le opinioni di Eloise erano quelle di una donna che non era mai stata madre. «È naturale, ma dubito che ne terrà conto. È stata sempre testarda.» «Allora rilassatevi, cugina. Io mi sono ripromesso di evitare le donne ostinate e le vedove testarde con dei figli mi riempiono di orrore.» «Vi prego di non parlare in questo modo in presenza della mia amica! Sono sicura che la fareste inorridire.» «E noi non vogliamo che nessuno dei vostri ospiti si scandalizzi» convenne Galen, convinto che non gli ci sarebbe voluto molto per sconvolgere la maggior parte di quelle menti benpensanti. «Perciò, dopo che saremo stati presentati, la ignorero'.» Il suo lieve sarcasmo non fu colto da Eloise. «So di non potermelo aspettare da voi. Tutti sanno che non siete in grado di lasciare in pace una donna. Cercate solo di non amoreggiare con lei, perché sono certa che in quel caso tornerà a Jefford in un baleno. Ha già sentito parlare di voi. A dire il vero temo...»Eloise arrossi. «Temo di avere fatto un ritratto fin troppo eloquente delle vostre avventure.» Galen non faticava a immaginare come la cugina avesse descritto lui e i suoi trascorsi amorosi. Era probabile che la vedova lo considerasse un vero e proprio demonio. «In ogni caso non è più così bella come era fino a due anni fa.» «La morte di suo marito ha avuto un effetto devastante sul suo aspetto?» «Ne rimase quasi uccisa. In tutta franchezza io ho sempre pensato che quell'uomo fosse troppo vecchio per lei. E tuttavia lei lo adorava e quando ebbero una figlia la loro felicità aumento', anche se non si trattava di un maschio.» Eloise si avvicinò di più inondandolo con la forte fragranza del suo profumo. «Ricordo che i parenti del marito erano furiosi. Per anni erano stati convinti che avrebbero ereditato i suoi soldi e invece non solo si era sposato, ma aveva anche messo al mondo un erede. Ho sentito dire che dopo la morte di Daniel Davis-Jones si fecero piuttosto agguerriti e suggerirono che fossero fatte delle indagini.» «Che cosa c'era di tanto misterioso nella sua morte?» «A dire il vero...» Eloise si fece ancora più vicina. «Fu piuttosto improvvisa. Il dottore però si dichiarò assolutamente sicuro che si trattasse di polmonite. Non so come qualcuno abbia potuto solo pensare che sua moglie fosse stata capace di...» Sollevò le ciglia ammiccando. «Omicidio?» «Non ditelo!» gridò la cugina, inorridita. «Quando la avrete conosciuta capirete anche voi che la sola idea è pazzesca. È la creatura più gentile del mondo!» «Siete voi a mettermi pensieri del genere in testa» osservò Galen. «Come avete fatto a sapere queste cose?» «Ho i miei informatori, Galen.» Non poteva essere altrimenti, considerando gli ospiti che affollavano continuamente la sua casa, i periodi trascorsi a Bath e a Baden-Baden a fare cure termali e la fitta corrispondenza che intratteneva con le sue conoscenze. Aveva una ampia rete di conoscenza che la tenevano continuamente al corrente di tutto e di tutti. «Santo cielo! Credo di aver appena commesso un grave errore a raccontarvi tutte queste cose» disse Eloise con un tono pieno di rimorso. «Ne sembrate affascinato.» «I pettegolezzi non mi hanno mai interessato e vi assicuro che le vedove con i figli non esercitano alcun richiamo particolare su di me, cugina.» «Bene. Adesso venite con me. Vi presento Lady Mary» disse Eloise facendo un cenno alla giovane. «Credo di avere bisogno di qualche momento di solitudine per ricompormi e prepararmi a questa importante presentazione» rispose lui dicendo una parziale verità. «Vogliate scusarmi, ma credo che una breve passeggiata nei vostri incantevoli giardini farà al mio caso.» Prima che Eloise potesse protestare, Galen si voltò e si diresse verso la terrazza. Una fugace occhiata dietro le spalle gli disse che la cugina non lo aveva seguito e sospirò di sollievo. Accolse con piacere l'aria fresca, lontano dai profumi delle signore e da quello della cipria proveniente dalle parrucche che alcuni anziani ospiti di Eloise ancora amavano indossare. Avrebbe dovuto riflettere prima di accettare l'invito della cugina a restare a Potterton Abbey per qualche tempo. Aveva dimenticato che lei reputava la sua casa vuota se non aveva almeno venti ospiti. E ora che le aveva rivelato i suoi progetti, si sentiva come se fosse appena stato messo all'asta. «Si vende un Duca usato, in condizioni ancora passabili» mormorò parlando a se stesso. Si fermò un istante a osservare il parco che circondava la proprietà della cugina. Poteva anche essere una ficcanaso intrigante, ma aveva dei giardini bellissimi. Respiro' profondamente inalando l'odore dell'erba e altri inconfondibili profumi che gli ricordarono che si trovava in Inghilterra. Non c'era niente in nessuna parte del mondo che potesse essere confrontato con la campagna inglese. Con un altro sospiro si diresse verso il boschetto dove sperava di trovare un po' di solitudine. Se per stare da solo doveva nascondersi, lo avrebbe fatto. «Attenzione, signore!» Allarmato dall'avvertimento, Galen si chino' mentre qualcosa gli volava sopra la testa. «Che cosa...?» «Scusatemi!» gridò una ragazzina correndo verso di lui. Raccolse la sua palla e si fermò a una certa distanza, arrossendo e fissandolo con un paio di occhi azzurri sgranati che brillavano sotto una folta massa di riccioli scuri. «Non mi ero accorta che ci fosse qualcuno nelle vicinanze quando l'ho calciata» continuò in tono di scusa. Avrebbe potuto avere dagli otto ai dodici anni. Indossava un abito blu senza ornamenti che suggeriva il lutto. La pregevole fattura e la buona qualità del tessuto gli dissero che doveva trattarsi della figlia di qualche ospite di Eloise. Galen provò un'ondata di simpatia per quella bambina con degli occhi così luminosi, costretta a indossare dei vestiti scuri e che invece avrebbe dovuto portare tinte pastello decorate di fiori e di nastri. Poi si chiese se non fosse proprio la figlia dell'amica di Eloise, l'ostinata vedova che aveva perso la sua bellezza. Se era così, sua cugina si sbagliava nell'affermare che la ragazzina era troppo coccolata. Lui aveva avuto modo di conoscere diversi ragazzini davvero viziati e la bambina che aveva davanti non aveva niente in comune con loro. Il suo fratellastro più giovane lo avrebbe fatto pentire amaramente di essergli capitato tra i piedi mentre giocava. «Va tutto bene» la rassicuro' sorridendole. I sorrisi di Galen Bromney non erano particolarmente rari. «Sono felice di sapere di non essere attaccato.» La bambina sgrano' gli occhi e strinse ancora di più la palla. «Vi siete trovato mai sotto attacco?» «Una volta o due» replicò lui riluttante. La bocca della ragazzina si spalanco' per lo stupore. «Ma a rischio della mia reputazione e per essere completamente onesto, anche in quei casi le armi erano parole e non spade» confessò. Alla notizia la bambina fece una faccia lunga e Galen provò una strana sensazione di vuoto. «Permettetemi di presentarmi. Io sono il Duca di Deighton» disse in tono formale facendo il suo migliore inchino. Rimase particolarmente compiaciuto nel vedere che la sua espressione era di nuovo incantata mentre piegava la testa con grazia. «Io sono la signorina Jocelyn Davis-Jones» «Come state, signorina Davis-Jones?» «Molto bene, grazie, Vostra Grazia.»

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Capitolo 3
*** 3 Capitolo ***


Galen rimase impressionato dalle buone maniere della bambina. «Siete qui tutta sola?» le chiese guardandosi attorno alla ricerca di altri bambini. «Si.» rispose la ragazzina con aria quasi di sfida. La sua espressione perplessa la indusse a proseguire. «Gli altri non sono voluti uscire, così sono venuta io. Non mi importa di stare da sola.» «Una indipendenza davvero ammirevole, signorina Davis-Jones.» «Preferirei essere a casa mia. Qui non mi trovo bene.» «Mi dispiace sentirvi dire una cosa del genere.» La bambina arrossi'. «Lady Bodenham è molto gentile, la sua tenuta è meravigliosa e la sua cuoca prepara dei budini buonissimi, ma mi manca casa mia.» «Anche a me» confessò Galen. «La mia si trova in Italia.» Lei corrugo' le sopracciglia. «Siete italiano?» Lui fece cenno di no con il capo. «No, ma ho vissuto là per dieci anni e ormai la considero la mia vera casa.» Molto più di quanto non lo fosse mai stata la sua dimora di famiglia, anche se era altrettanto solitaria. «Suppongo di dover tornare dentro per il tè adesso.» «Non credo sia ancora ora» disse Galen. Indicò con un cenno la palla che lei teneva tra le mani. «Non gioco a pallone da molto tempo. Vi piacerebbe fare due tiri?» Jocelyn Davis-Jones chino' la testa di lato e lo scruto' con aria scettica. In quel momento lui si rese conto che voleva che quella ragazzina lo trovasse simpatico, anche se non sapeva perché. «Potreste sporcarvi i vestiti.» Galen sospetto' che quella raccomandazione le veniva fatta spesso. «Accetterò le conseguenze» dichiarò con coraggio. La bambina gli rivolse un sorriso prima di mettere a terra la palla. Mentre Galen si stava chiedendo se quei folti riccioli fossero naturali, lei all'improvviso e senza una parola di avvertimento calcio' il pallone lanciandoglielo addosso. Con un abile balzo lui lo schivo' e poi cercò di colpirlo con il piede. Lo tirò a Jocelyn e si accovaccio' per attendere la risposta, incurante della piega dei suoi calzoni e di ciò che avrebbe potuto dire il suo cameriere personale. La ragazzina era agile e ben presto riprese la palla tra i piedi scagliandola a fianco di Galen che allungò una gamba nel tentativo di fermarla. Ma con un gemito di orrore e di dolore finì a terra. «Vi siete fatto male?» gridò Jocelyn preoccupata. «No» borbotto' lui afferrando la palla e rialzandosi abbastanza in fretta, nonostante i muscoli delle sue gambe protestassero. La tenne sollevata e la colpì a mezz'aria con la punta di un piede mandandola qualche metro oltre l'avversaria. La bambina corse a raccoglierla e Galen ne approfittò per togliersi i fili d'erba dai calzoni. Al rumore del calcio sollevò la testa e poi si lanciò in avanti per cercare di intercettare il pallone. Quando riuscì a colpirlo al volo lanciò un grido di trionfo. Jocelyn fece per bloccarlo, ma lo vide sparire sotto un cespuglio prima di riuscirci. «Chissà dove è andato a cacciarsi!» esclamò chinandosi per scrutare in mezzo alle foglie. Galen si affretto' a raggiungerla per aiutarla a cercarlo. Stavano entrambi frugando tra i rami quando udirono una donna che chiamava Jocelyn. La bambina si rimise in piedi. «È la mamma. Deve essere l'ora del tè.» Guardò preoccupata verso il folto fogliame che sembrava avere inghiottito il suo giocattolo. «Sarà molto dispiaciuta quando saprà che ho perso la palla.» «Allora io rimarrò qui fino a quando non la avrò trovata.» Si offrì Galen. «Sono sucuro che non può essere andata lontano anche se l'ho colpita con un tiro prodigioso.» «Era un tiro piuttosto storto, altrimenti l'avrei intercettata» dichiarò Jocelyn. «Il pallone è andato esattamente dove intendevo mandarlo» replicò lui sulla difensiva. L'espressione della ragazzina tradì i suoi dubbi. «Volevate che sparisse tra i cespugli?» «No, certo che no. Io miravo a voi.» «Ma io mi trovavo dall'altra parte!» «Io...» Galen non riuscì a impedirsi di sorridere. «La mia mira era sbagliata, ma voi vi stavate muovendo in quella direzione. Non è vero?» «Jocelyn?» Galen e la sua piccola amica si voltarono e si accorsero che una giovane donna li stava guardando con aria interrogativa. Verity Escombe. Riconobbe immediatamente il suo viso e un miscuglio di emozioni lo assali'. Provò gioia, sgomento, collera ed eccitazione, tutti nello stesso momento. Fece un passo avanti, poi ci ripenso'. Aveva fatto di tutto per non rivederla. Durante i dieci anni trascorsi in Italia aveva sperato di non doverla mai più incontrare. Del resto perché avrebbe dovuto farlo? Erano trascorsi dieci anni e tuttavia Verity Escombe era ancora la stessa, con quegli occhi azzurri dall'aria interrogativa che la figlia aveva ereditato e le labbra socchiuse come se stessero per fare una domanda o se fossero in attesa di un bacio. Notò il semplice abito nero tagliato a vita alta, come dettava la moda del momento. Un sottile scialle di pizzo dello stesso colore le copriva le esili spalle. I capelli castano chiaro erano pettinati in modo semplice e non indossava guanti. Galen guardò la sua mano sinistra e notò l'anello nuziale. «Questo è il Duca di Deighton, mamma» annunciò Jocelyn avvicinandosi alla madre e prendendola per mano per portarla verso di lui. «Stavamo giocando.» Lui guardò la piccola. Nonostante quello che provava per Verity sapeva che avrebbe ferito la bambina comportandosi in modo rude. Perciò fece un elegante inchino e parlò come se non avesse mai incontrato Verity Escombe prima di allora. Come se dieci anni addietro lei non lo avesse sedotto e abbandonato. Con il cuore che le batteva all'impazzata per lo stupore e una sottile vena di eccitazione che nemmeno il timore riusciva a soffocare, la mente di Verity tornò all'ultima volta che aveva visto il Duca di Deighton. Lui era seduto nel suo letto, completamente nudo, e la stava supplicando di dirgli che cosa avesse. Lei aveva continuato a singhiozzare per il rimorso dell'atto lussurioso e avventato che aveva appena compiuto e non aveva risposto. Era corsa via con le gambe tremanti e i piedi nudi. In seguito, sperando disperatamente di non dover più incontrare Galen Bromney, aveva lasciato in fretta la casa dove entrambi erano ospiti, accampando con Lord Langley la scusa che la desideravano a casa. Ora lui era lì e aveva lo stesso aspetto elegante e affascinante di quando lo aveva visto per la prima volta dieci anni prima. I suoi occhi brillavano con la stessa luce che denotava apprezzamento e sicurezza e il suo sorriso era aperto e noncurante. E anche dopo tutto quel tempo continuava a portare i capelli neri lunghi a dispetto della moda corrente. Prima di conoscerlo aveva sentito diversi pettegolezzi sul Duca di Deighton e sul vezzo di tenere l e chiome fluenti sulle spalle senza per questo perdere un briciolo della sua virilità. Anzi, a dire il vero quell'aspetto gli conferiva un'aria selvaggia, suggerendo che fosse capace di provare passioni primitive e indomite. Lo aveva percepito la prima volta che aveva posato gli occhi su di lui e con il cuore in gola si rese conto che provava le stesse emozioni anche in quel momento. Quanto alle doti sessuali del Duca, sapeva per certo che non c'era alcuna esagerazione nella fama che lo precedeva. Verity guardò la figlia, del tutto ignara del rapporto esistente tra la madre e quell'uomo. Jocelyn doveva continuare a ignorare quella circostanza e così anche tutti gli altri. In caso contrario le loro vite sarebbero rimaste travolte dallo scandalo e dai pettegolezzi e la bambina avrebbe dovuto affrontare un futuro di immeritata notorietà. «Sono felice di conoscervi» disse il Duca con quella voce profonda e seducente che nessun altro uomo possedeva. «Voi dovete essere la signora Davis-Jones, se questa è vostra figlia» aggiunse con un altro piccolo inchino. «Proprio così, Vostra Grazia. Vieni, Jocelyn. Dobbiamo congedarci e rientrare per il tè» disse Verity evitando di incontrare il suo sguardo. «Venite anche voi?» gli domandò Jocelyn. «No.» Verity riprese a respirare.

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Capitolo 4
*** 4 Capitolo ***


«Ho intenzione di fare un altro giro in giardino prima di tornare nella gabbia dei leoni» aggiunse il Duca. «Davvero ci sono i leoni?» chiese Jocelyn eccitata. Era evidente che si aspettava di trovare un serraglio situato da qualche parte nella tenuta di Eloise. Il Duca ridacchio' e Verity notò le piccole rughe attorno ai suoi occhi. «Temo si tratti solo di una metafora.» Verity afferrò la mano di sua figlia. «Andiamo, Jocelyn. Faremo tardi per il tè.» Sentì la riluttanza della bambina e la ignoro'. «Non dobbiamo fare aspettare gli altri e sono sicura che il Duca desidera...» Lui sorrise vedendo che non terminava la frase. «È stata una compagnia molto piacevole.» «La mia palla!» gridò all'improvviso Jocelyn liberandosi dalla stretta della madre e correndo a recuperare il giocattolo che spuntava da sotto un cespuglio alcune decine di metri più avanti. Verity rimase per qualche istante sola con il Duca di Deighton, un uomo sorridente, seducente e ancora incredibilmente desiderabile. Si affretto' a seguire la figlia e a prenderla di nuovo per mano. «Arrivederci, Vostra Grazia» disse conducendo via Jocelyn con tutta la dignità che riuscì a radunare. «È molto più di quanto avete detto l'ultima volta, dolcezza» mormorò il Duca di Deighton osservandole sparire dalla sua vista. «Non capisco. Siamo appena arrivate» borbotto' con enfasi Nancy Knickernell obbedendo alla richiesta della sua signora di preparare i bagagli. Seduta davanti alla graziosa toeletta di mogano dove stava finendo di acconciare i capelli prima di scendere per unirsi a Eloise, a Lord e Lady Bodenham e agli altri ospiti prima di cena, Verity riusciva a vedere Nancy e la sua espressione frustrata attraverso lo specchio. A dire il vero, il tono di Nancy era sempre sopra le righe e la sua espressione sembrava spesso seccata, tanto che quando Verity era andata a vivere con Daniel Davis-Jones aveva temuto di non piacerle. Aveva impiegato parecchi giorni per rendersi conto che quell'atteggiamento spesso esagerato e disgustato era tipico della donna. «Questo è un posto incantevole e Lady Bodenham è stata gentile a invitarci, ma credo sia ora di andare» replicò Verity. «Jocelyn è ansiosa di tornare a casa e anch'io. Inoltre Lady Bodenham spetta altri ospiti e io non amo vedere tanta gente. Non sono ancora pronta a trovarmi in mezzo a tutti questi estranei.» Nancy sollevò il viso pieno di lentiggini e incorniciato da una massa di capelli rossi e si affretto' a prendere una mano della giovane vedova accarezzandola con affetto. «Non fate caso a me. Ho parlato senza pensare.» «No. Mi dispiace di creare tanto disagio» mormorò Verity. Non era neanche contenta di mentire alla donna che era più un'amica e una sorella che una serva, tuttavia non aveva scelta. Proprio come non le rimaneva che portare via Jocelyn al più presto da quel posto riconducendola al sicuro nella loro casa. Nonostante quel fervido desiderio non osava restare nella sua stanza quella sera, anche se la tentazione era grande. Se lo avesse fatto avrebbe suscitato parecchi interrogativi e non voleva attirare più attenzione del necessario. «Come sto?» chiese voltandosi lentamente verso Nancy e fingendo di essere contenta dell'abito sobrio che indossava e dell'acconciatura semplice. A dire il vero, avrebbe tanto voluto vestirsi e pettinarsi in modo diverso. «Graziosa come un quadro e senza nemmeno un capello fuori posto» disse Nancy. «Forse è un bene che andiamo via lontano da questi nobili e dai loro servitori» continuò con un sospiro pensoso. «Parola mia, alcuni di loro sono arroganti come i loro padroni. Quel cameriere personale che è arrivato oggi riesce a mettermi proprio di malumore. Ha cercato di convincermi che il suo nome era Claudius Caesar Rhodes. Gli ho risposto che se era vero, allora io ero la regina di Saba.» Verity sorrise e provò pietà per quell'ignaro malcapitato, dal momento che immaginava con quale accento velenoso Nancy avesse fatto quel commento. «È il servitore del Duca di Deighton. Perciò, che cosa ci si può aspettare da lui?» Nancy lanciò un'occhiata penetrante alla sua padrona. «È a causa sua che volete andarvene?» Verity fece del suo meglio per non tradirsi. «Per quale motivo credi che voglia partire solo perché è arrivato il Duca di Deighton?» «Perché siete una bellissima donna, ecco perché. Tutti conoscono la fama del Duca in merito. Ho sentito dire che ha avuto talmente tante amanti da non riuscire nemmeno a ricordare i loro nomi.» «Forse non vuole darsi la pena di rispondere a delle domande tanto impertinenti. In ogni caso, non credo sia interessato a una vedova della mia età.» «Buon per voi!» L'espressione di Nancy si trasformò in avida curiosità. «È vero che tra molte donne che ha avuto c'erano alcune attrici di Parigi e anche una favorita del Principe Reggente?» «Nancy!» «Voi conoscete Lady Bodenham da tanto tempo e lei è sua cugina. Forse vi ha raccontato...» La serva ammutoli quando vide l'espressione della sua signora. «Stavo solo pensando a voce alta» borbotto' tornando a preparare i bagagli.«Scusatemi.» Verity sospirò. Non poteva prendersela con Nancy per le sue domande. A dire il vero Eloise aveva spesso intrattenuto le sue curiose amiche con succosi racconti sulle supposte relazioni amorose del cugino. Se così non fosse stato lei non sarebbe rimasta tanto affascinata da lui e non si sarebbe sentita tanto emozionata al loro primo incontro, pensò con profonda amarezza. «Vi tremano le mani» notò Nancy in tono preoccupato e accusatorio nello stesso tempo. «Siete malata? È per questo che volete tornare a casa?» «No, sono solo esausta» rispose Verity. «Trovo stancante restare alzata fino a tardi. Non sono abituata ai ritmi della nobiltà.» «E neppure alla lingua lunga di Lady Bodenham, scommetto» disse Nancy iniziando a piegare una delle semplici sottovesti di Verity. «Vi ha fatto venire solo perché era curiosa di vedervi in gramaglie, secondo me.» «Nancy!» «È così» rispose la serva in tono di sfida. «In parte, forse» convenne lei. «Perciò non deve sembrarti strano se voglio andare via.» «Per niente. Anzi, dovete scusarmi per avere fatto tante storie. Quando partiremo?» «Chiederò a Eloise se domani mattina presto può farci attaccare la carrozza. Riuscirai a preparare tutto in così poco tempo?» «Certo» confermò Nancy. «Grazie. Non resterò alzata fino a tardi.» Dopo che la serva ebbe annuito Verity andò nella stanza accanto. Doveva essere uno spogliatoio, ma invece che far dormire Jocelyn nella nursery, lei aveva chiesto a Eloise di trasformarla in camera da letto. Anche Nancy si era sistemata lì, perciò non c'era molto spazio. Jocelyn si era già lavata e si era infilata sotto le coperte. Una candela ardeva sul tavolino accanto al letto. «Siete molto graziosa, mamma» mormorò la ragazzina con un sorriso soddisfatto. «Grazie.» Verity le rimbocco' le coperte attorno alle spalle. «Cerca di dormire, piccina. Dovremo alzarci molto presto domani mattina.» «Io non voglio andare via.» Presa alla sprovvista, lei si sedette sul letto. «Pensavo che non ti piacesse stare qui.» «Questo era prima che incontrassi il Duca.» Verity si finse occupata a sistemare le coperte. «Non sei felice di tornare a casa?» «Mi è simpatico. È stato divertente. Non credevo che un Duca potesse esserlo. Non è molto bravo a giocare a pallone, ma ha tentato. Non piace anche a voi?» «Sembra gentile.» «Pensavo che non partissimo fino a venerdì. Mancano ancora quattro giorni.» «Lo so, cara. Tuttavia Lady Bodenham ha molti altri ospiti e io provo nostalgia di casa, perciò credo sia meglio andare via. Adesso fai la brava bambina e cerca di dormire. Abbiamo un lungo viaggio davanti a noi.» Jocelyn non sembrava ancora convinta, ma annuì e si accovaccio' sotto le coperte. «Vorrei poter salutare il Duca.» «Nancy sta preparando i bagagli. Se hai bisogno di lei la troverai nell'altra stanza» disse Verity ignorando il commento della figlia. Spense la candela e la luce della luna inondo' la camera del suo chiarore.

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Capitolo 5
*** 5 Capitolo ***


Una volta nel corridoio Verity fece un profondo respiro prima di dirigersi nel lussuoso salotto di Eloise. C'erano già altri ospiti e tra questi non poté fare a meno di notare il Duca di Deighton che, appoggiato al caminetto, stava sorridendo alla giovane Lady Mary. Si ripromise di non degnarlo della minima attenzione fino a quando avesse potuto evitarlo e continuò a guardarsi attorno alla ricerca della padrona di casa. Galen era troppo attraente ed elegante nell'abito da sera nero e con quell'atteggiamento che le ricordava un leone addormentato al sole. Un leone in grado di braccare e intrappolare la sua preda, se lo voleva. Sfortunatamente Eloise non era in vista. Forse era ancora di sopra a pregare il marito di indossare l'abito da sera. Non era un segreto che Lord Bodenham detestasse i ricevimenti di qualsiasi tipo, a meno che non fossero battute di caccia a cavallo insieme ai suoi amatissimi cani. In ogni caso non poteva indugiare sulla soglia come una statua, pensò Verity dirigendosi verso il gruppo di signore più vicino alla porta. «C'è stata quell'attrice del Royal Theatre e poi la ballerina di Parigi» stava dicendo eccitata la moglie del generale Ponsonby mentre lei si avvicinava alle dame che indossavano abiti preziosi e colorati. Erano adornate di gioielli e portavano perle, piume e nastri tra i capelli. Verity si disse che non doveva sentirsi fuori posto. Aveva tutti i diritti di essere lì e dopo tutto era in lutto. Però non voleva neanche attrarre l'attenzione di tutti su di sé. «E la duchessa di...» L'esile signora di mezza età ammutoli' non appena la vide e poi le lanciò un'occhiata ironica. Verity istintivamente strinse le labbra chiedendosi se la donna la stesse condannando per la sua mancanza di eleganza o per il suo passato. «Vi prego, non vi interrompete solo perché sono arrivata io» disse usando il tono più gentile che riuscì a trovare. La moglie del generale lanciò un'occhiata al Duca. «Non era importante.» «State parlando del Duca di Deighton?» suggerì Verity. Si avvicinò con aria cospiratrice a Lady Smurston, una donna dalla enorme mole che indossava un abito di seta viola troppo aderente sul seno straripante e sullo stomaco prominente. «Confesso che mi spaventa» continuò Verity. «Ha un'aria così feroce che sono sicura sverrei se mi rivolgesse la parola.» «Suppongo che non abbiate niente di cui preoccuparvi» replicò Lady Smurston. «Adesso ha rivolto le sue attenzioni a Lady Mary e lei sembra piuttosto compiaciuta di rivestire l'oggetto del suo interesse. Immagino stia già pensando al suo abito di nozze.» «Di sicuro non è così sprovveduta!» disse con voce stridula Lady Percy, una signora di mezza età con gli occhi scuri e i capelli grigi. «Quei ragazzacci Bromney non si sistemeranno fino a quando non avranno almeno cinquant'anni, se mai lo faranno!» «Non sapevo che il Duca avesse dei fratelli» commento' una delle altre donne. «Li ha eccome» rispose Lady Percy. «Suo padre ha avuto due mogli. Deighton è della prima, la figlia del Conte di Hedgeford. Dopo la sua morte il vecchio duca sposò Lady Crathorn, una vera bellezza, che nel corso del matrimonio si dimostrò piuttosto insofferente versi i suoi doveri. E che nomi scelse per i figli! Sembrava decisa a rammentare a tutti la storia della sua famiglia. Per ciascuno di loro adottò il titolo di una famiglia nobile con cui le donne Crathorn si sono imparentate sposandosi nel corso dei secoli.» Un'altra giovane donna, talmente pallida che Verity poteva vedere tutte le venuzze sotto la sua pelle trasparente, si avvicinò al gruppo. «Come si chiamano?» chiese incuriosita. «Buckingham, che ora è in marina, Warwick, che è un aiutante di Wellington e Huntington, il più giovane e scellerato. Si trova a Harrow con mio figlio. Poco tempo fa ha bruciato il mantello del preside, rischiando di mandare in fumo l'intera scuola. Ha combinato talmente tanti guai che non è possibile enumerarli tutti.» «Come le amanti del fratello» disse la signora Ponsonby. «Perché non è stato espulso?» esclamò la signorina Pale. «Perché appartiene a una famiglia molto ricca e ha tanti amici influenti» replicò Lady Percy. «Se io fossi una persona maligna consiglierei a Lady Bodenham di mettere una guardia fuori dalla porta di Lady Mary» disse la signora Ponsonby con un sorriso maligno. «Non credo che una sola persona basterebbe a fermare il Duca se fosse davvero intenzionato a entrare» notò Lady Smurston. Il sorriso della signora Ponsonby si fece ancora più maligno mente si rivolgeva a Verity. «Perdonate se vi abbiamo scandalizzata. Ma forse non è così...» Lasciò cadere l'insinuazione scrollando le spalle. «Ho sentito parlare del Duca e della sua reputazione, così come di certi pettegolezzi che a quanto pare per alcune persone sono vitali come l'aria che respirano» replicò Verity mettendosi sulla difensiva. «Tuttavia se credete che le attenzioni del Duca nei confronti di Lady Mary non siano onorevoli dovreste avvertire lei, non noi.» Prima che la signora Ponsonby potesse chiudere la sua bocca spalancata Lady Smurston arrossi'. «Silenzio! Sta venendo da questa parte» sussurro'. «Chi?» si informò Verity con forzata serenità, percependo che il Duca si avvicinava come se fosse circondato da un'aura. Trattenne il respiro e non si mosse fino a quando Eloise non comparve al suo fianco, con il Duca al seguito. «Credo che siate stato già presentato a tutti, Vostra Grazia» disse Eloise. «Tranne che alla signora Davis-Jones.» Verity non ebbe altra scelta che girarsi verso di lui e fare un breve inchino. «Vostra Grazia, permettetemi di presentarvi la signora Davis-Jones. Verity, questo è il Duca di Deighton.» «Sono felice di fare la vostra conoscenza, Vostra Grazia.» Lui le tenne incatenato lo sguardo come se stesse tentando di affascinarla. Poteva scorgere le pagliuzze dorate nei suoi incredibili occhi. L'ultima volta che li aveva visti da così vicino aveva pensato che quella sfumatura fosse dovuta al riflesso della luce delle candele, la stessa che faceva risplendere anche la sua pelle nuda. Il Duca allungò un braccio e le prese la mano guantata. Lui si limitò a sfiorarle le nocche con le labbra. Verity non riuscì comunque a impedire al suo cuore di cominciare a battere all'impazzata mentre un senso di calore pervadeva il suo corpo facendole provare eccitazione e imbarazzo nello stesso tempo. «Mi hanno riferito che siete un'esperta in materia di felicità coniugale, signora Davis-Jones» commento' il Duca con arrogante sarcasmo sollevando la testa e tornando a fissarla. Nessuno doveva capire qual era il suo stato d'animo, perciò mentre ritirava la mano mostrò solo un blando interesse per il suo commento. «Temo che il Duca sia in errore. Io non sono esperta in niente.» Eloise lanciò un'occhiata ai due agitando con grazia il ventaglio. Verity si chiese se anche la sua amica sentisse caldo come lei. In ogni caso non si sarebbe stupita se ogni singola donna presente nella sala si fosse sentita accaldata semplicemente per l'eccitazione suscitata dalla virile presenza del Duca. «A quanto sembra il mio caro cugino ha finalmente deciso di mettere la testa a posto e sposarsi» annunciò Eloise. Le altre signore non avrebbero potuto sembrare più sorprese e sgomente se lui avesse mostrato all'improvviso un bruciante desiderio di diventare un circense. «È tutto vero» disse il Duca con un sospiro e un lampo di ironia nei suoi occhi. «Ho deciso di infilarmi il cappio matrimoniale al collo, così come hanno fatto altri prima di me.» Fissò Verity negli occhi. «Lady Bodenham mi ha detto che voi e vostro marito eravate molto uniti, anche se lui era molto più anziano di voi. Bene, suppongo che si debba cercare di prendere tutto il possibile da qualsiasi tipo di unione matrimoniale.» Di fronte a tanta insolvenza, Verity raddrizzo' le spalle e sollevò il mento. «Io amavo mio marito, anche se era più vecchio di me.» «Certo. Tutte le vedove affermano di avere amato i loro consorti.» «Mi state accusando di mentire, Vostra Grazia?» La punta delle orecchie del Duca di Deighton si tinsero di rosso. «Non accuserei mai una signora di mentire.» «Forse faremmo meglio ad abbandonare questo argomento» mormorò la signora Pale. Il Duca la ignoro' e continuò a punzecchiare Verity. «Confesso di essere affascinato dalla vita e dalla felicità matrimoniale. Quindi, secondo voi, una marcata differenza di età è una buona cosa?» Non gli avrebbe permesso di tormentarla. Aveva imparato molto presto a ignorare tutti quelli che si divertivano a stuzzicarla. «Non sapevo che l'amore dipendesse dall'età.» «Tutti noi dipendiamo dall'età.» «A quanto pare alcuni più di altri.» Piegò la testa da un lato e lo scruto' con aria meditabonda. «È vostra intenzione sposarvi senza amore? In tal caso forse dovremmo desumere che il Duca di Deighton ritiene necessario assicurarsi la felicità matrimoniale senza coinvolgere i sentimenti.» «Più che altro la baserei sulla somiglianza di condizioni sociali, di interessi e... » Le rivolse un sorriso con ironia. «Somiglianza di età.» «Sembra che il Duca abbia una grande esperienza di matrimoni infelici. Quanto a me e a mio marito, pare che costituiamo l'eccezione alla regola. Siamo stati molto felici fino a quando la morte non me lo ha portato via.» Lasciò che il silenzio che si era creato attorno a lei durasse qualche istante prima di continuare. «Naturalmente i matrimoni senza amore sono molto comuni tra la nobiltà, non è vero?» «Non credo che il nostro caro Duca debba preoccuparsi di questo» intervenne Lady Smurston con un sorriso affettato. «Le donne sono tutte fin troppo ansiose di innamorarsi di lui.» «O di fare l'amore con me, per lo meno.» Poiché tutte le signore intorno tranne Verity sembravano scandalizzate, Eloise diede un colpetto al cugino con il ventaglio.«Galen! Che modo di parlare!» «Perdonatemi, Eloise» disse lui senza mostrare il minimo accenno di pentimento. Verity spero' che il Duca reputasse fosse giunto il momento di andare da altri ospiti, invece Galen tornò a fissarla con la sua espressione sardonica. «Davis-Jones è un nome gallese, vero?» «Mio marito veniva dal Galles» «Davvero? Allora senza dubbio era anche un bravo cantante.» «Proprio così.» «Eseguiva canzoni d'amore, suppongo.» Dove voleva arrivare? «A volte.» «Anche voi cantate?» Le sue labbra si curvarono in un sorriso che sembrava istigarla oltre misura a mentire e a dire che era brava in quell'arte. «No, Vostra Grazia.» Lui inarco' un sopracciglio. «No?» «No.» «Che peccato.» Si rivolse a Eloise. «Lady Mary canta?» «Naturalmente. Come vi ho detto, ha ricevuto un'ottima educazione.» «Proprio come pensavo.» Si rivolse a tutte le signore, compresa Verity. «Se volete essere tanto gentili da scusarmi, cercherò di convincere Lady Mary a mostrare le sue doti.» Si diresse verso la giovane che sembrò diventare l'oggetto esclusivo del suo interesse e che arrossi' violentemente quando si rese conto che lui si stava avvicinando. «Non credo che sia proprio la musica che ha in mente» esclamò con un ghigno la signora Ponsonby. Verity fu molto felice di avere deciso di partire il mattino successivo. Non avrebbe più dovuto sopportare i pettegolezzi di quelle donne né di altre persone. Galen disse a se stesso che avrebbe preferito dimenticare che Verity Escombe fosse mai esistita. Dopo tutto, qualsiasi cosa essi avessero condiviso in passato era stata molto breve e non si era trattato di amore. Nonostante il suo fermo proposito, non poté impedirsi di chiedersi quando e come la ragazza timida e paurosa che aveva conosciuto un tempo era diventata la donna vibrante e risoluta capace di tenerlo a bada in uno scambio di battute e anche di fargli provare una imbarazzante confusione. Dannazione! Erano passati anni dall'ultima volta che aveva provato rimorso per qualcosa che aveva detto senza pensare. Forse era stato il matrimonio a trasformarla. E se era così, doveva essere stata davvero felicemente sposata, un fatto molto raro in tempi come quelli. «Povera signora Davis-Jones» commento' Lady Mary seguendo la direzione del suo sguardo. «So che una volta era molto bella.» La voce della ragazza non nascondeva alcuna malizia. Nondimeno lui si voltò a guardarla con grave intensità. Lei arrossi' per l'imbarazzo e portò la mano alla catena d'oro che le pendeva dall'esile gola. «Che cosa c'è? Qualcosa non và?» «Niente» replicò Galen. Non sarebbe stato educato rivelare che stava cercando di capire se Lady Mary ci vedesse bene, perché se Verity era stata graziosa nella sua giovinezza adesso era una vera bellezza. La maternità aveva addolcito le linee del suo corpo e conferito al suo carattere una affascinante sicurezza di se stessa. «Volete unirvi a me al piano, Vostra Grazia?» chiese Lady Mary. «Lady Bodenham possiede alcuni duetti eccellenti. Sono sicura che deve essercene uno che conosciamo entrambi.» Mentre aspettava la sua risposta, sorrise tremula come se parlargli fosse un grande atto di coraggio da parte sua. Era una reazione che gli era capitato di incontrare anche troppo di frequente. Nella sua giovinezza spesso quell'esitante aria di aspettativa aveva agito da stimolo. Adesso la trovava stancante. «Mio Dio! Temo di non essere bravo a cantare» replicò con sincerità. Non come il marito gallese di Verity. Si chiese se la piccola Jocelyn avesse ereditato la voce di suo padre, perché i gallesi erano cantanti davvero eccellenti. Doveva avere i capelli neri di suo padre. Quei lucidi riccioli scuri non venivano da Verity. «Forse allora potreste girare le pagine dello spartito mentre suono» suggerì Lady Mary. Se il suo sorriso non fosse stato tanto innocente, Galen avrebbe sospettato che lo voleva al suo fianco per mostrare a tutti di avere fatto una conquista. Bene. Perché non voltarle le pagine? Non aveva nient'altro con cui occupare il suo tempo e quando aveva confidato a Eloise che voleva sposarsi diceva la verità. Era tornato in Inghilterra deciso a prendere moglie e Lady Mary non era la peggiore delle scelte possibili tra quelle che aveva incontrato. Dopo essersi accomodata al piano, Lady Mary cominciò a suonare. Per una volta sembrava che Eloise non avesse esagerato quando si trattava di tessere le doti di una giovane da marito. La ragazza possedeva una stupenda voce da soprano ed era capace di una eccellente esecuzione, oltre a suonare molto bene. Diversamente da molte altre signore che Galen conosceva, non sembrava scegliere i brani con lo scopo di impressionarlo servendosi della sua conoscenza dell'italiano o del tedesco. Le mancava solo una cosa, si rese conto. Il suo coinvolgimento emotivo mentre cantava era quasi inesistente. Quando terminò, lo guardò con un'espressione carica di aspettative. «Era incantevole» disse lui. «Volete concederci il piacere di sentirvi ancora? Magari con qualcosa di più allegro che si adatti al mio umore.» Lei fece un luminoso sorriso e immediatamente si lanciò in un brano gioioso suonando così energicamente da far quasi temere che cadesse dal sedile. La velocità fuori del comune con cui Lady Mary eseguiva il pezzo avrebbe dovuto impedire a Galen di distogliere l'attenzione dallo spartito durante l'esecuzione e tuttavia lo fece. Si chiese di che cosa Verity ed Eloise stessero parlando tanto seriamente nell'angolo. Forse discutevano di lui? Era possibile che la cugina stesse ancora cercando di scusarlo per il suo comportamento? No, doveva trattarsi di qualcosa di diverso, perché raramente gli era capitato di vedere Eloise tanto contrariata. Voltò una pagina con solerte obbedienza e poi l'occhio gli cadde sul grande specchio ornato situato sopra il camino. Buon Dio! Osservò il suo aspetto riflesso come se lo vedesse per la prima volta. I capelli scuri che si arricciavano sulla fronte, la linea del mento a cui non aveva mai prestato particolare attenzione a meno che non si stesse radendo, la forma del naso. Quell'espressione sorpresa e sospettosa. Quanti anni aveva Jocelyn? Qualcuno glielo aveva detto? Doveva avere circa dieci anni, si disse. I suoi capelli, il suo mento gli ricordavano qualcosa. Era sua figlia? No! Non poteva essere. Verity avrebbe dovuto... Che cosa? Avrebbe dovuto forse venire singhiozzando da lui affermando di essere stata seduta? Oppure avrebbe dovuto seguirlo in Italia per reclamare un matrimonio riparatore? Visto l'uomo che era allora, non faceva fatica a immaginare perché lei non si era nemmeno sognata di farlo. Questo comunque non la giustificava per avere mantenuto il segreto. Lui avrebbe avuto il diritto di sapere che era diventato padre. Si rese conto che Lady Mary si era fermata a voltare pagina da sola. «Perdonatemi» mormorò sorridendole con il suo sorriso affascinante. Le sfiorò un ricciolo che le ricadeva su una tempia. «Ero... distratto.» Lady Mary arrossi' fino alla radice dei capelli. Con aria frustrata Galen si diresse verso la camera che Eloise gli aveva riservato durante la visita. Come tutte le stanze della casa della cugina, anche quella era arredata con i mobili più costosi, anche se forse non del gusto più raffinato. Erano massicci e piuttosto cupi, con dei fregi dorati che non incontravano il suo gusto. «Puoi ritirarti, Rhodes» disse al suo cameriere personale che lo stava aspettando alzato. Cercò di non tradire l'impazienza che provava e di non mostrare il minimo segno del fatto che sentiva che il suo mondo era cambiato all'improvviso e per sempre.

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Capitolo 6
*** 6 Capitolo ***


Galen avrebbe voluto rincorrere Verity quando lei aveva lasciato la sala poco prima di cena. Naturalmente poteva anche sbagliarsi su Jocelyn. Anzi, aveva trascorso gran parte della sera a cercare di convincersi che qualsiasi somiglianza nei lineamenti fosse una mera coincidenza. Il suo cameriere assunse un'espressione ferita come solo Rhodes poteva fare. Arriccio' le labbra assomigliando a un bimbo stupito prima di parlare. «Ritirarmi, Vostra Grazia? Adesso? Prima che siate andato a letto?» «Si, Rhodes. Adesso. Credo di essere ancora capace di spogliarmi da solo» replicò Galen. «Vostra Grazia» cominciò il cameriere con dignità. «Mi duole farvi notare che probabilmente voi disseminerete i vostri abiti in giro e domani mattina io dovrò fare il doppio del lavoro per renderli di nuovo presentabili. Ho già avuto abbastanza problemi con le macchie d'erba. Credo davvero che dovreste ripensarci.» «Rhodes, ti prometto che non buttero' i vestiti sul pavimento o sopra una sedia. Inoltre qui non c'è pericolo di chiazze d'erba.» L'espressione di Rhodes si fece ancora più cospiratrice. «C'è forse una signora...?» «Per quanto mi dispiaccia deluderti, vista la vita eccentrica che senza dubbio eri convinto avrei condotto una volta tornato a Londra, devo dirti che non c'è nessuna signora. Non ci sono nemmeno il gioco d'azzardo, il bere o altro. In breve, Rhodes, la mia vita è proprio noiosa come quella di qualsiasi uomo normale e questa sera ho intenzione di leggere.» Galen rivolse un'occhiata penetrante al suo servitore. «Buonanotte.» Rhodes si diresse verso la porta con l'aria di chi si aspettava da un momento all'altro di essere informato che era stato vittima di uno scherzo oltraggioso. «Volete dire che resterete seduto a sfogliare il Times?» Galen chiuse la porta alle spalle del cameriere emettendo un suono tra un sospiro e un risolino, poi guardò l'orologio sul caminetto. Era quasi mezzanotte. Si diresse verso le finestre che davano sull'ampio prato e sul viale che conduceva all'ingresso principale. La luna era alta e la sua luce illuminava il paesaggio oscurato solo da qualche nube occasionale. L'aria era umida e si sentiva odore di pioggia in arrivo. La veduta da lì era molto diversa da quella che si godeva dalla sua camera da letto nella dimora di Lord Langley quando dieci anni prima era andato a fargli visita nello Yorkshire. La casa era stata costruita in un luogo piuttosto angusto, nel vano tentativo di ripararla dai venti e dalle piogge che sferzavano la valle. Quella sera il vento soffiava forte facendo gemere e piegare l'unico albero vicino alla casa. Fissando il cielo notturno senza vederlo Galen ricordò gli eventi di quella notte come aveva già fatto almeno un migliaio di volte. Dopo una serata trascorsa in compagnia del noioso Lord Langley, durante la quale aveva notato a malapena la timida fanciulla che era seduta in silenzio in un angolo, era andato a letto e si era svegliato quando aveva sentito il sommesso rumore della porta che si apriva. Qualcosa di strano nel chiarore che era arrivato dal corridoio lo aveva fatto sollevare a sedere di scatto, incurante dello spiffero di aria gelida che lo aveva colpito sul petto nudo. Con una candela in mano, i lunghi capelli castani sciolti e una semplice camicia da notte bianca, Verity era entrata nella stanza. Lui non sarebbe stato meno sorpreso se si fosse trattato di uno spettro. Si era chiesto se non fosse una sonnambula e aveva aspettato per vedere che cosa avrebbe fatto. Aveva sentito dire che non era saggio svegliare qualcuno che si trovava in quello stato e dal momento che portava una candela, non voleva spaventarla e rischiare che la sua camicia da notte prendesse fuoco. La stoffa molto sottile lasciava vedere il suo corpo nudo. L'allacciatura era rappresentata da un semplice laccio attorno al collo. Sarebbe bastato tirare per fare cadere l'indumento. Lei si era diretta subito verso il letto e aveva posato la candela sul tavolino da notte prima di guardarlo negli occhi. In quel momento Galen si era reso conto che era perfettamente sveglia. Preso alla sprovvista, aveva aperto la bocca per parlare, ma Verity si era allungata verso di lui e gli aveva messo un esile dito davanti alle labbra. Poi aveva gentilmente seguito la loro linea con un polpastrello. Si era trattato di un gesto semplice e tuttavia aveva avuto un effetto devastante. Il sangue aveva cominciato a pulsargli velocemente nelle vene accendendo il suo desiderio molto più di quanto avessero mai fatto le più audaci carezze di una donna. Il lieve profumo della sua pelle nuda gli era penetrato nelle narici mescolandosi con quello della cera delle candele mentre fissava il tessuto sottile teso contro i suoi seni. Quando Verity si era tirata indietro aveva provato una incredibile sensazione di perdita e smarrimento, fino al momento in cui lei non aveva sciolto i lacci della camicia da notte e aveva cominciato a sfilarla. Presto l'indumento era caduto ai suoi piedi. Senza dire una parola Galen aveva allungato le mani e aveva aiutato l'agile bellezza a salire sul letto. Poi sempre in silenzio avevano cominciato ad accarezzarsi. Non c'era stato bisogno di dire nulla perché era come se lui avesse aspettato tutta la vita per tenerla tra le braccia. Guidato solo dal suo caldo respiro e dai gemiti sommessi, le aveva dato piacere ricevendone a sua volta. Mai prima di allora e nemmeno in seguito aveva avuto la sensazione di essere tanto desiderabile e irresistibile come Verity Escombe lo aveva fatto sentire quella notte. Nessun atto d'amore era mai stato tanto eccitante e dolce nello stesso tempo. Quando la ragazza aveva dischiuso le gambe lui era entrato in lei gentilmente reprimendo a stento l'impazienza fino al momento in cui non aveva incontrato la barriera della sua verginità. Allora incerto aveva esitato, ma Verity lo aveva stretto con forza maggiore e aveva allacciato le gambe attorno alla sua vita attirandolo ancora di più dentro di sé. Galen non aveva avuto bisogno di ulteriore rassicurazione o incoraggiamento. Muovendosi come se fossero un corpo solo erano arrivati presto all'acme della passione. Dopo, sazi e appagati, erano rimasti a lungo in silenzio uno accanto all'altro. Alla fine, spinto da una tenerezza che non credeva di possedere, lui aveva sussurrato il suo nome e aveva allungato una mano per afferrarla. Ma Verity era saltata giù dal letto, si era infilata la camicia da notte ed era corsa fuori dalla stanza. Nonostante Galen la avesse pregata di dirgli qual era il problema, lei lo aveva lasciato ed era fuggita. Come se avesse avuto la peste. Per dieci anni aveva continuato a chiedersi che cosa la avesse indotta a penetrare nella sua camera e a gettarsi tra le sue braccia. Per dieci anni aveva cercato di convincersi che non aveva importanza. Si era imposto di dimenticare quello che era accaduto e aveva ripetuto a se stesso che quell'atto d'amore non aveva avuto conseguenze per nessuno dei due. Adesso sapeva che non era così e questa volta non avrebbe lasciato scappare Verity senza ottenere prima una spiegazione. «Mamma?» Verity si sollevò a sedere. Jocelyn era in piedi sulla soglia della porta che divideva le loro camere. «Che cosa c'è?» le chiese dolcemente. Trattenne il respiro e alzandosi in fretta corse a piedi nudi verso sua figlia. Si inginocchio' al suo livello e le passò le braccia attorno alle spalle. «Stai male? Hai fatto un brutto sogno?» Per settimane, dopo la morte di Daniel, Jocelyn aveva avuto degli incubi. Ormai quel problema sembrava superato da diverso tempo, ma forse il trambusto di quel viaggio li aveva riportati indietro. Ecco un'altra buona ragione per tornare a casa. Jocelyn scosse la testa. «Mi sono svegliata quando siete rientrata e adesso non riesco a riaddormentarmi.» «Capisco.» rispose Verity.

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Capitolo 7
*** 7 Capitolo ***


Verity prese la sua bambina per mano e la condusse verso il suo enorme letto a baldacchino con le lenzuola di seta. «Avevi freddo?» «Un poco.» «Allora salta su e stringiti a me» disse Verity infilandosi sotto le coperte di raso insieme alla figlia. «Ecco. Va meglio così?» Jocelyn annuì. «Dormirai senza problemi non appena saremo a casa.» «Volete cantare per me, mamma?» «Certo, piccola» rispose lei con un sorriso pieno d'amore. «Quella delle tre navi, mamma» replicò Jocelyn con uno sbadiglio. Verity intono' sotto voce la canzone preferita della figlia fino a quando le sue palpebre non si chiusero e il lento sollevarsi e abbassarsi del suo piccolo petto non le fece capire che si era addormentata. Quando dormiva Jocelyn sembrava ancora più piccola e indifesa, con i riccioli bagnati di sudore e le ciglia scure. Chissà se anche il Duca sembrava più giovane, si chiese Verity. In qualche modo sapeva che era così e forse nel sonno la somiglianza tra lui e la figlia naturale era ancora maggiore. Quel pensiero la rese ancora più determinata a scappare prima che qualcun altro notasse quanto Jocelyn fosse simile al Duca. Doveva riportare la bambina nel suo letto oppure al suo risveglio Nancy si sarebbe spaventata trovando il lettino vuoto. Verity si alzò, infilò le scarpe e tornò a fissare la figlia, il ricordo vivente della notte appassionata con un uomo che conosceva a malapena. Come sempre, provò vergogna e rimorso al pensiero del suo egoistico desiderio. Avrebbe dovuto biasimare solo se stessa se su di sé e sulla sua bambina si fosse abbattuto il disastro. Tuttavia ogni volta che si rimproverava per quello che aveva fatto pensava a Jocelyn e si ripeteva che non la avrebbe avuta se non fosse stato per il Duca. Per questo motivo non poteva condannarsi del tutto per le sue azioni. Sollevò delicatamente la figlia e cercò di portarla nel letto dell'altra camera evitando di svegliarla. Non era facile, visto che oramai era piuttosto grande, ma ci riuscì e la depose sotto le coperte senza farsi sentire da Nancy. Compiaciuta per il suo successo, torno' nella sua camera e si chiuse la porta alle spalle. Quando si voltò andò quasi a sbattere con Galen Bromney. Lui la afferrò per le spalle impedendole di cadere. Rammentava bene la forza di quelle dita, la sensazione di quelle mani sul suo corpo, il desiderio di essere tenuta stretta tra le sue potenti braccia, ricordi che doveva ignorare a qualsiasi costo. Ansimando lievemente si divincolo' e lotto' per riguadagnare un certo autocontrollo. «Andate via!» gli ordinò a bassa voce, consapevole che Nancy e Jocelyn erano solo a pochi passi da lì. I lineamenti decisi del suo viso risaltavano alla luce della luna facendolo assomigliare a uno spettro demoniaco che era venuto a tentarla. «Non è un saluto molto educato, considerando quello che siamo stati l'uno per l'altro.» Lei si allontanò dalla porta e dal Duca. «Io credo che ci sia stato molto poco tra noi.» «Voi vi sottovalutate, Verity» replicò lui in tono basso e seducente, seguendola con il suo sguardo penetrante. «Ricordo tutto di quella notte, specialmente il modo in cui fuggiste. Poi partiste dalla casa di Lord Langley prima che io scendessi per colazione.» Era tentata di spiegargli perché lo aveva lasciato in quel modo, ma a che cosa sarebbe servito? «Vi prego, Vostra Grazia, andate via. Non devono scoprire che siete stato qui» disse lei consapevole di indossare solo la camicia da notte. «Questo perché non volete che qualcuno indovini che sono io il padre di Jocelyn.» Verity impallidi' e lo fissò incredula. «È vero, non è così?» continuò Galen inesorabile. «La sua età è giusta e mi assomiglia molto.» Lei gli passò di fianco e attraverso' la stanza. «Andatevene vi prego, Vostra Grazia.» «Ho il diritto di sapere se la bambina è mia oppure no.» «Andate» lo supplico' Verity con un sussurro. «Vi dirò tutto domani mattina.» «Parlate ora.» «È tardi...» «Sono d'accordo. È davvero tardi per sapere se è mia.» Fece un passo verso di lei. «È mia figlia, vero?» le chiese in un sussurro allungando una mano e prendendola di nuovo per le spalle. «Non avete bisogno di ammetterlo. So che è così.» La attirò nel suo abbraccio e Verity cercò di ricordare perché tutto questo era sbagliato. «Un uomo con maggiore forza di volontà e nobiltà d'animo vi avrebbe mandato via dalla sua camera da letto quella notte. Sfortunatamente io fui debole.» La sua voce si abbassò fino a diventare un sospiro infuocato. «Siete voi a rendermi debole. Anche ora.» Poi la bacio'. Nonostante le sue parole, non c'era niente di debole in quel bacio. Proprio come era accaduto quella notte di tanto tempo prima, le sue labbra si chiusero su quelle di lei con un appassionato senso di possesso, ordinando quasi che si arrendesse al suo potere e soccombesse al suo desiderio. La tentazione era troppo forte e Verity si sentì pericolosamente vicina a cedere. Ma aveva imparato a sue spese quali sarebbero state le conseguenze. Mise fine al bacio e lo allontanò. «Vi prego, Vostra Grazia, andate. Vi spiegherò tutto domani.» Si trattava di un'altra menzogna. Avrebbe preferito finire in una gabbia di leoni affamati piuttosto che trovarsi di nuovo da sola con il Duca di Deighton. La sua espressione si induri'. «Mi sembra di capire che qualsiasi attrazione io possa avere esercitato su di voi in passato, adesso non esiste più.» «Allora ero molto giovane e sciocca.» «Anch'io, signora.» Si inchino' con affettata formalità. «Sia come volete. Parleremo di nuovo domani mattina. Incontriamoci in biblioteca alle nove. Sono sicuro che a quell'ora sarà deserta. Gli ospiti di Eloise non sono tipi da amare la lettura.» Alle nove. A quell'ora sarebbe già stata lontana. Desiderando con tutte le sue forze mettere una certa distanza tra loro, annuì. Poi corse verso la porta e scruto' sul corridoio. «Adesso potete uscire senza che nessuno vi veda.» Sentì che si avvicinava e si affretto' a spostarsi per lasciarlo passare. Nel frattempo Galen le sfiorò brevemente una mano. Verity trattenne il respiro e si impose di restare coerente con il suo desiderio che se ne andasse. Doveva solo impedirsi di guardare quegli occhi affascinanti. Non doveva dargli modo di baciarla ancora. Ma un istante dopo lui era andato via. Galen si vesti alle prime luci dell'alba senza l'aiuto del suo cameriere personale. Non voleva disturbare nessuno e non essendo per niente affamato andò diretto in biblioteca, che era silenziosa come la sua villa in Italia nei pomeriggio dei giorni festivi. Decise che si sarebbe messo a leggere, come faceva di solito durante le sue silenziose domeniche. Scorse i titoli sugli scaffali e alla fine decise per un volume di sonetti di Shakespeare. Tuttavia quando lo aprì scoprì che vi erano annidati umidità e alcuni insetti, un'altra prova che i libri nella biblioteca di Eloise servivano più che altro come elementi decorativi. Chiuse il volume, lo rimise al suo posto e cominciò a camminare avanti e indietro lanciando frequenti occhiate all'orologio d'oro sul caminetto. Che cosa avrebbe detto a Verity? Si chiese. Doveva essere deciso, perché era determinato ad ascoltare la verità dalle sue labbra. Tuttavia non doveva essere troppo duro, se voleva rivelarla. Avrebbe rovinato per sempre quella possibilità, se la avesse spaventata. E sapeva che quando era in collera poteva incutere davvero timore. Decise come avrebbe iniziato e il tono che avrebbe usato e alla fine arrivarono le nove. E passarono. Le concesse quindici minuti. Quindici minuti durante i quali cercò di convincersi che Verity non era fuggita di nuovo e che lui non era stato un pazzo a fidarsi di lei. Quindici minuti per prepararsi al suo arrivo. Per essere seccato e poi speranzoso, infine seccato di nuovo. Per cercare di controllare le sue emozioni in modo da non spaventarla o darle motivo di fuggire.

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Capitolo 8
*** 8 Capitolo ***


Dopo quei lunghi quindici minuti, Galen si diresse nel salone e fermo' il primo valletto in livrea che incontrò. «Ho un messaggio da farti portare alla signora Davis-Jones.» «La signora Davis-Jones?» ripeté il giovane con aria ottusa «Sì, la signora Davis-Jones.» «Ma Vostra Grazia...» Il servitore si interruppe abbassando lo sguardo imbarazzato. «È partita, Vostra Grazia.» «Partita?» ringhio' quasi Galen. «Sì, Vostra Grazia. È andata via questa mattina alle sei, insieme alla figlia e alla sua domestica.» «Grazie» rispose lui in tono piatto tornando in biblioteca e chiudendo la porta alle spalle. Si diresse alla finestra e fissò senza vederli i giardini di Eloise e il boschetto sul limitare. Verity lo aveva fatto ancora, accidenti a lei. Era corsa via come una ladra nella notte, senza una spiegazione e senza preoccuparsi affatto di lui. Dieci anni fa non le era corso dietro. Questa volta però le cose erano diverse. Questa volta aveva un'ottima ragione per inseguire Verity. Si chiamava Jocelyn. La carrozza presa a nolo si fermò fuori dalla casa di Verity, situata poco lontano dal villaggio alla fine di un sentiero appartato. «Bene. Eccoci arrivate sane e salve, anche se la mia schiena non sarà più la stessa» dichiarò Nancy. «Questi sedili diventano sempre più piccoli.» «O forse sei tu che diventi sempre più grassa» suggerì Jocelyn. Nancy le lanciò un'occhiata severa, ma una improvvisa sbandata del veicolo dirotto' la sua attenzione sul conducente, un giovane alto e smilzo, tutto gambe e braccia. «Stai attento, imbecille!» gridò Nancy. Il suo rimprovero fece ridacchiare Jocelyn e Verity lanciò alla donna una mite occhiata di rimprovero. Avevano già discusso più di una volta del modo di parlare di Nancy, con risultati alterni. Almeno questa volta il suo linguaggio non era stato così scurrile. Scrollando le spalle Nancy sollevò le gonne e si accinse a scendere mentre Verity si soffermava a guardare con affetto la sua confortevole dimora, metà in legno e metà muratura. Daniel era stato un ricco mercante di lana che forniva il materiale ai tessitori locali perché confezionassero capi di pregevole qualità nei loro cottage. Aveva comprato quella casa per la sua sposa prima del matrimonio. Daniel amava la compagnia di lei a quel tempo e tuttavia aveva gentilmente acconsentito al suo desiderio di vivere fuori dal villaggio, lontano da vicini curiosi, anche se ben gentili e cordiali. Verity aveva sempre amato l'isolamento di quella casa, così ben nascosta dalla strada e circondata da un muro di pietra oltre che da alte querce e castagni. Un boschetto attraversato da un ruscello delimitava la proprietà sul retro. Le foglie dei castagni stavano ingiallendo e quelle dei faggi erano ormai rosse. Presto Jocelyn avrebbe potuto raccogliere le bacche di sambuco e anche i funghi di cui andava ghiotta. A Verity sembrava già di udire il canto dei fringuelli e il lontano gracchiare di un corvo. Confinavano con le sue terre gli ampi possedimenti di Sir Myron Thorpe, un uomo di circa trent'anni i cui più grandi interessi nella vita sembravano essere la caccia e la pesca. Erano semplici conoscenti, perché a Verity non piaceva partecipare a occasioni mondane e in ogni caso Sir Myron prediligeva la compagnia degli uomini con cui poteva praticare le sue attività preferite. Jocelyn amava quella casa almeno quanto la madre . Poco dopo la morte di Daniel, Verity aveva suggerito che forse sarebbe stato meglio per loro trasferirsi in città, ma sua figlia si era sciolta in lacrime alla sola idea. A dire il vero, lei aveva provato un certo sollievo, perché non le piaceva l'idea di lasciare quel rifugio sicuro. «Andare in visita è molto bello» disse con un sospiro sollevando le braccia per aiutare Jocelyn a scendere. «Ma non c'è niente come la propria casa.» «Ho fame» annunciò la bambina posando i piedi a terra sul vialetto. «Ti preparerò qualcosa mentre Nancy si occupa del bagaglio» replicò Verity prendendo la figlia per mano e conducendola a casa. Dall'esterno sembrava esattamente come la avevano lasciata. Ma quando posò una mano sul chiavistello della pesante porta intarsiata, si rese conto che era già aperta. Cercando di restare calma, lasciò andare la mano di Jocelyn e fece un passo indietro. «Vuoi per favore chiedere a Nancy se ha bisogno di aiuto?» disse sorridendo alla figlia. «Ma...» «Ti prego, Jocelyn.» La bambina assunse un'aria imbronciata, ma obbedi' alla madre. Non appena la ragazzina ebbe ridisceso i gradini, lei spinse la porta lentamente e scruto' con cautela nell'atrio. «Eccovi finalmente, mia cara Verity!» grido' Clive Blackstone comparendo sulla porta del salotto con le labbra piegate in un sorriso tirato che lasciava intravedere i denti rovinati. Verity sarebbe stata di gran lunga più contenta di trovarsi davanti un ladro, o anche il Duca di Deighton, invece del suo ossequioso cognato. «Si, eccovi qui» gli fece eco tranquillamente alle sue spalle Fanny, la sorella di Daniel. Il corpo magro avvolto in un mantello grigio scuro e gli occhi sgranati sul viso pallido la facevano assomigliare a uno spettro nell'ombra, in stridente contrasto con l'abbigliamento colorato del marito. Clive, un uomo di circa cinquant'anni con i capelli di stoppa, indossava infatti una giacca quasi arancio, un panciotto rosso con ricami dorati e un paio di calzoni a righe marroni. Ai suoi piedi c'era un bagaglio che aveva l'aria di straripare di vestiti. «Siamo venuti in visita e siamo rimasti molto sorpresi nel constatare che non eravate a casa» disse Clive aspettando che Verity si avvicinasse. Si comportava come se quella fosse la sua proprietà. Lei cercò di non lasciare trasparire il fatto che era seccata e si sforzo' di sorridere. «Mi dispiace di non essere stata qui quando siete arrivati» disse in tono piatto. Cercava sempre di parlare con calma quando era alla presenza dei Blackstone, specialmente dopo la morte di Daniel. Non voleva dare loro alcun motivo per discutere. «Come avete fatto a entrare?» «Non sapevate che abbiamo una chiave? Il caro Daniel ne aveva data una a Fanny prima di morire. Non avevamo mai avuto occasione di usarla prima d'ora, ma per fortuna la abbiamo portata con noi.» Verity continuò a sorridere. «Spero che non aspettiate da molto» disse lanciando un'occhiata al mantello di Fanny ancora sulle sue spalle. «No. A dire il vero siamo venuti a piedi dalla locanda e siamo arrivati solo pochi momenti fa. Ad averlo saputo, avremo potuto attendervi là.» E venire con la carrozza che lei aveva affittato, pensò Verity cupa. Clive poteva permettersi di noleggiare un mezzo quanto e più di lei, nonostante continuasse a lamentarsi di avere investito tutto il suo denaro nei cotonifici. Era solo troppo avaro per risparmiare quella lunga camminata alla moglie. «Se mi aveste scritto facendomi sapere le vostre intenzioni in anticipo...» «Nancy non vuole alcun aiuto» dichiarò Jocelyn entrando dall'ingresso principale. Felice dell'irruzione che le aveva evitato di dire qualcosa di cui avrebbe potuto pentirsi, Verity si voltò verso la figlia ferma sulla porta con un'espressione tra lo stupore e lo sgomento. Le lanciò un'occhiata penetrante inducendola a essere cortese con i loro ospiti. La bambina sapeva che doveva esserlo con tutti, non importava se non erano i benvenuti. «Saluta lo zio Clive e la zia Fanny, Jocelyn.» «Buongiorno, zio Clive» disse Jocelyn obbedendo senza entusiasmo. «Salve, zia Fanny.» «Adesso vai nella tua camera e togliti il mantello e il cappellino. Poi puoi aiutare Nancy a disfare i tuoi bagagli.» Jocelyn annuì. Tutta la gioia del ritorno era svanita sia per lei che per la madre. «Questo è davvero un caso fortunato» continuò Clive mentre la bambina si avviava lentamente verso le scale situate alla destra dell'atrio. «Stavo proprio dicendo che avremmo dovuto andare alla locanda e prendere una stanza lì, vero Fanny?» La moglie annuì. Uno sbuffo sdegnato proveniente dall'ingresso attirò la loro attenzione.

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Capitolo 9
*** 9 Capitolo ***


Nancy rimase sulla soglia. Teneva un piccolo baule sotto ciascun braccio e una borsa in mano e fissava i Blackstone con un ghigno malevolo. Verity si affretto' ad andarle incontro voltando le spalle a Clive e Fanny in modo che non potessero vedere la sua espressione, determinata e implorante nello stesso tempo. «Guarda chi è arrivato!» «Li vedo!» «Ti prego, Nancy!» sussurro' Verity. Dopo aver lanciato un'occhiata rassegnata alla sua padrona, Nancy fece una smorfia che assomigliava solo lontanamente a un sorriso. «Come state, signor Blackstone e signora Blackstone?» Si informò con gelida educazione. Prima che i due potessero rispondere, si affretto' a seguire Jocelyn su per le scale. «Bene. Basta chiacchiere. Ho parecchio da fare. Non posso fare come l'imperatore della Cina e fermarmi a parlare con gli ospiti come se avessi tutto il tempo del mondo.» «Se volete scusarmi solo un momento, vorrei riporre i miei abiti da viaggio» disse Verity precipitosamente affrettandosi a seguire Nancy senza attendere una risposta dai suoi congiunti. «Quelle cornacchie arrivano ogni volta che fa loro comodo» borbotto' Nancy raggiungendo il pianerottolo e accingendosi a salire al piano superiore. «Sembrano convinti che questo sia un albergo. Vanno e vengono continuamente e pensare che lui si ritiene un uomo d'affari. Se lo è sul serio, presto farà bancarotta!» Verity lasciò che Nancy continuasse a borbottare fino a quando non arrivarono nella sua camera da letto. Mentre la cameriera posava i bagagli a terra, chiuse accuratamente la porta alle sue spalle. «Devo chiederti ancora una volta di rivolgerti a Blackstone con maggior rispetto, Nancy.» «Io ci provo. Solo che non ci riesco» confessò Nancy guardando la padrona. Verity cominciò a sciogliere i lacci del suo cappellino nero. «Allora ti prego di provarci con maggior costanza. Sono miei parenti e devo chiederti di rispettare i miei desideri.» Nancy sospirò. «Per voi, farò del mio meglio. Ma non posso promettervi altro. Mi fanno accapponare la pelle!» «Sai che neanche a me piacciono, tuttavia dobbiamo essere gentili con loro per Daniel e anche per Jocelyn» continuò Verity togliendosi il mantello. «Dopo tutto sono i soli congiunti che abbiamo.» «E il sangue è più denso dell'acqua» disse Nancy sospirando come se quella discussione si fosse già svolta parecchie volte e infatti era proprio così. «Sì. Jocelyn può sentirti parlare male di loro e la tua influenza su di lei è molto forte. Sfortunatamente, se dovesse succedermi qualcosa, sarebbero loro i suoi tutori. Perciò dobbiamo fare molta attenzione e assicurarci che sia gradita agli zii.» «Già, lo so» ammise Nancy in tono pieno di rimorso. «E cercherò con tutte le mie forze di contenermi. Giuro che lo farò.» Verity sorrise. «Ne sono convinta. Adesso vuoi per favore andare a vedere che cosa sta facendo Jocelyn? Non deve scendere immediatamente, se non vuole.» «Sono sicura che non ne avrà voglia» affermò la domestica. «Ma farò del mio meglio per convincerla.» «Grazie, Nancy.» «Quanto tempo pensate che resteranno questa volta?» «Ho visto solo una valigia, perciò forse questo sarà un soggiorno breve.» «Prego il cielo che abbiate ragione!» dichiarò Nancy con un brusco cenno del capo prima di dirigersi verso la porta. «In caso contrario probabilmente finirò per scoppiare cercando di tenere le mie idee per me.» Una volta uscita la domestica, Verity fece ruotare il collo sentendo la tensione che Clive sempre produceva in lei. Sembrava che avesse lasciato una situazione che le creava ansia per trovarne subito un'altra, ma almeno questa le era familiare e sapeva come gestirla. Nondimeno, Verity avrebbe preferito nascondersi di sopra come la figlia fino a quando Clive e Fanny non si fossero stancati e avessero deciso di andare via. Ma sapeva che quel comportamento sarebbe stato troppo sgarbato, così si soffermo' solo un momento a sistemarsi i capelli. «Chiudi quella bocca e smettila di lamentarti!» ordinò Clive alla moglie in un aspro sussurro. Fece scorrere un dito lungo il camino di marmo fermandosi quando incontrò il pesante candeliere di metallo. «Ora siamo qui e non ce ne andremo fino a quando non lo dirò io.» «Ma, amore mio...» cominciò Fanny indugiando vicino la porta. La bocca di Clive si piegò per la collera e il disgusto. «Sei così idiota da non riuscire a ricordare niente di quello che dico? Sono sicuro che nella visita a quella donna ci deve essere molto più di un semplice cambiamento di ambiente.» «Che altro...?» «Qualcosa» rispose Clive cupo. «E io voglio sapere di cosa si tratta.» Fanny aveva voglia di piangere, ma suo marito non sopportava di vederla singhiozzare, perciò gli volse le spalle e si asciugo' di nascosto le lacrime prima che le solcassero le guance. Mentre lo faceva desidero' con tutto il cuore ancora una volta che il padre di Verity non avesse mai incontrato suo fratello Daniel. Poi, quando quell'uomo era morto senza un soldo, il suo generoso e gentile fratello aveva speso tutto il denaro che aveva per comprare quella graziosa casa, tanto più bella della triste e scialba abitazione che lei condivideva con Clive. Il suo sguardo vago' sulle pareti tinteggiate di pallido verde, sul prezioso broccato del divano e delle tende, sul ritratto di Daniel sopra il camino, sui candelieri d'argento che sapeva Clive desiderava con cupidigia e infine sul folto e lussuoso tappeto su cui posava i piedi. Mai, neanche nei suoi sogni più audaci, Fanny aveva supposto che il suo tranquillo fratello avrebbe sposato Verity Escombe, una giovane senza dote e senza famiglia la cui perduta ricchezza proveniva da una fonte che lo riempiva di ripugnanza. Tanto meno aveva creduto possibile che da quella unione sarebbe nata una bambina e che questa le avrebbe portato via l'eredità. E sapeva che nemmeno Clive lo aveva previsto. «Che cosa stai facendo curva in quel modo?» le domandò il marito lamentoso.«Stai dritta.» Lei obbedi' docilmente al suo ordine. «Ecco che arriva. Adesso sorridi, per l'amor del cielo. E cerca di scoprire il vero motivo per cui è andata da Lady Bodenham.» «Sì, Clive.» Sfortunatamente per Fanny, Verity era andata da Eloise solo per una visita amichevole e per nessuna altra ragione. Quanto all'arrivo inaspettato del Duca di Deighton, Jocelyn non parlò mai di lui e Verity aveva un'esperienza lunga dieci anni in materia di tenere un segreto. Quindici giorni più tardi, seduto su una poltrona di pelle e circondato da libri che non aveva mai letto e quadri a cui non si era mai sognato di dedicare più di un'occhiata, con i suoi cani preferiti accovacciati ai suoi piedi, Sir Myron Thorpe stava sorseggiando un brandy. Era stata una giornata lunga e noiosa e lui sarebbe stato un uomo felice solo quando avesse avuto compagnia per la stagione di caccia. Sbadigliando prodigiosamente si mosse per prendere un altro pezzo di ananas dal piatto sul tavolo vicino al suo gomito, quando si ritrovò a guardare fuori dalla finestra del suo studio. Raddrizzo' la schiena di colpo scattando all'erta come un segugio. Anche i suoi cani sollevarono la testa e annusarono l'aria. «Charles, portami il mio cannocchiale» gridò a un anziano servitore che stava tentando di pulire il camino. Mentre Charles si alzava tanto velocemente quanto gli permettevano le sue ginocchia scricchiolanti e si dirigeva verso la scrivania a prendere lo strumento, Myron ordinò ai cani di restare seduti, si infilò il pezzo di ananas in bocca e andò alla finestra. Non aspetto' di ingoiare il cibo prima di rivolgersi ancora a Charles. «Forse dopo tutto non è lui. Lo ho invitato qui ogni anno da quando abbiamo lasciato Harrow. Ormai ho perso tutte le speranze.» Charles trovò il cannocchiale e lo porse a Sir Myron che se lo portò all'occhio. Poi per poco non lo lasciò cadere. «Buon Dio! È proprio il Duca di Deighton, quanto è vero che io vivo e respiro. E guarda quel cavallo. Dove diavolo li trova? Sarei disposto a darne sei dei miei per uno come quello.» «Pensate che il gentiluomo resterà per il tè?» chiese Charles abituato alle reazioni spesso spropositate del suo padrone. «Tè? Galen Bromney che si ferma solo per il tè? Sei matto? No, ha finalmente accettato il mio invito di venire a caccia con me. Per quale altro motivo dovrebbe essere qui?» «Allora sarà meglio che avverta la signora Minnigan.» «Certo che devi informare la governante! Fallo subito! Deve preparare la stanza migliore per lui.» «Molto bene, sir» rispose Charles facendo un piccolo inchino e lasciando la stanza. Il suo padrone gettò il cannocchiale sulla poltrona più vicina, afferrò la sua giacca di tweed e si affretto' a uscire seguito dai cani eccitati che senza dubbio già pregustavano un'altra scorreria tra i boschi a caccia di conigli o di cervi. «Dannazione! Non vedo Deighton da almeno quindici anni» borbotto' Myron in un eccitato soliloquio. «Ho sentito dire che dopo Harrow si è fatto la fama di seduttore, ma niente altro! Mio Dio! Guarda che sella! Suppongo che il suo servitore arriverà tra poco con i suoi bagagli. Ehi, voi!» Galen non avrebbe potuto ignorare Myron neanche se avesse voluto. Era stato sempre così, fin dal primo giorno di scuola. Per una sua peculiare dote di natura, la voce di Myron era alta anche quando bisbigliava, il che significava che nessuno dei ragazzi si era mai sognato di farlo partecipe a qualcuna delle loro bravate. Non che fosse capace di mentire. Anzi Galen era davvero convinto che non esistesse la minima disonestà nella sua natura, fiduciosa e onesta. Sfortunatamente questo significava che spesso veniva trattato come l'idiota del villaggio. Tutto però era cessato quando Galen aveva stretto amicizia con lui, una cosa di cui Myron gli era stato immensamente grato. All'inizio la sua riconoscenza, a volte patetica, era stata una seccatura. Poi il Duca aveva scoperto che era utile avere un lacchè su cui poter sempre contare perché pronunciasse qualche frase di ammirazione nei suoi confronti. Dopo aver lasciato la scuola Galen si era quasi dimenticato di Myron, fino a quando non era venuto a sapere dall'ignara Eloise dove viveva Verity e si era ricordato che anche il suo amico dei tempi di scuola abitava a Jefford. Inoltre Myron lo aveva invitato a caccia ogni anno, anche se lui doveva ancora accettare la sua offerta. Nonostante fosse tentato di correre a Jefford il giorno successo alla partenza di Verity da Potterton Abbey, non lo aveva fatto. Aveva imparato a frenare i propri impulsi, con l'eccezione del bacio che aveva dato a Verity nella camera da letto in casa della cugina. Non appena le loro labbra si erano sfiorate, la passione e il desiderio si erano immediatamente risvegliati dentro di lui, come se fosse stato destato all'improvviso da un lungo sonno o come se non fosse passato neanche un giorno da quando avevano condiviso quell'abbraccio appassionato. Aveva dovuto fare ricorso a tutto il suo autocontrollo per uscire dalla stanza senza baciarla di nuovo. Anche il semplice sfiorare la sua mano aveva suscitato nel suo intimo emozioni che in tutti quegli anni sembravano sopite. Mentre faceva arrestare il suo cavallo davanti alla casa di Myron che gli sorrise senza trascurare di accarezzare la testa dei suoi enormi cani da caccia, Galen riflette' sul fatto che una volta non avrebbe provato un briciolo di rimorso nell'usare il suo amico in quel modo. Quei giorni erano passati, si disse smontando di sella e andando a stringere la mano al padrone di casa che era solo un po' robusto di quanto non fosse durante la scuola, ma per il resto non sembrava essere stato toccato dal trascorrere del tempo. Era ancora alto e muscoloso, con i capelli castani senza alcun filo grigio e un viso florido. «Benvenuto nel mio umile casino di caccia, Vostra Grazia!» Gridò felice Myron. Galen guardò con ammirazione il maniero in pietra. «Grazie per l'invito, Myron, anche se nessuno si riferirebbe a questa splendida dimora chiamandola casino di caccia.» Myron arrossi' come una timida fanciulla che aveva appena ricevuto il suo primo complimento a un ballo. «È una sciocchezza, davvero» disse nel tentativo di sminuire con la modestia il suo evidente senso di orgoglio. «Si tratta solo di un posto dove mettere in mostra i trofei e riporre i fucili. Tutto qui.» «Se è vero che si fa così buona caccia nei dintorni di Jefford sarei dovuto venire molto prima.» Myron scoppiò a ridere contento e batte' una mano sulla spalla di Galen così forte da farlo sobbalzare. «Faccio quello che posso per tenere sotto controllo la popolazione indigena. Dovete essere assetato. Bevete qualcosa? Gli domandò. «Con molto piacere» rispose Galen seguendo il suo ospite nell'atrio della casa, decorato con un numero impressionante di armi. I cani li seguirono e poi sparirono lungo il corridoio. «Non ti starai per caso preparando per un assedio, spero!» Esclamò Galen passando in rassegna i vari archi, frecce, lance, spade e picche. «Fino a ora no, ma adesso sì!» replicò Myron lanciandogli un'occhiata compiaciuta. «Dannazione! Il tempo è stato clemente con voi, Deighton! Siete più affascinante che mai. Dovremo respingere l'assalto di parecchie donne non appena sapranno che siete qui.» Galen sospirò con aria afflitta mentre entravano in quello che doveva essere lo studio di Myron, rivestito di pannelli di quercia e di linea decisamente maschile. Ritratti di cani e cavalli ricoprivano le pareti e Galen dedusse che i cani si erano diretti lì perché adesso giravano attorno a una sedia particolarmente consumata. La loro presenza e l'evidente familiarità col posto spiegava il pesante odore di animale presente nella stanza. «Questa è la storia della mia vita. Sempre assediato e braccato quando tutto quello che cerco è un po' di divertimento» commento'. Myron sorrise versandogli una generosa quantità di brandy. «Credo che molte di loro cerchino la stessa cosa.» Galen non poté dissentire. «Hai ragione, Myron. Nondimeno io sono stanco di vuote relazioni amorose. Ho deciso di sposarmi. Perciò se conosci qualche signorina graziosa, ricca e titolata, sarò felice di fare la sua conoscenza.» Thorpe gli si avvicinò senza curarsi di far cadere a terra alcune gocce di liquido a ogni passo. Galen prese in mano il bicchiere non senza notare che il prezioso tappeto ai suoi piedi recava più di una prova della sbadataggine del suo proprietario. «Sposarvi? Voi?» domandò al suo ospite. Galen si accomodo' sul divano consumato e lanciò un'occhiata divertita a Myron. «Spero di non essere tanto ripugnante.» L'altro rise in modo così fragoroso da far cadere quasi la metà del suo brandy. «Ripugnante? Il Duca di Deighton? Sarò anche un credulone, ma non fino a questo punto!» «Mi è stato fatto presente da parte di diversi benpensanti che non sono più molto giovane e che è ora che prenda moglie. Perciò, se hai qualche suggerimento, sono tutto orecchi.» Myron si schiari la gola e un'espressione seria gli comparve sul viso simpatico. «Bene, lasciatemi pensare... C'è Lady Alice de Monfrey, ma è troppo vecchia. Oppure potrebbe andare bene la figlia della Duchessa di Tewkesbury, però assomiglia a una strega e ha i denti cariati.» Si strofino' il mento. «Ci sarebbe Verity David-Jones... no, lei no.» «Che cosa ha che non va?» si informò Galen con aria noncurante. «È vedova.» «Una vedova ricca potrebbe essere l'ideale. O forse è anziana?» Myron fece una smorfia. «No, ma non è ricca né importante. Sua figlia erediterà una somma considerevole quando sarà maggiormente, ma la madre possiede solo una rendita. Quanto alla ragazzina, quella è una che combina parecchi guai!» «Santo cielo, Myron! Da quando hai cominciato a dare ascolto ai pettegolezzi?» «Non lo faccio! Una volta quella bambina ha messo in fuga una mandria di mucche lungo la via principale del villaggio.» Galen freno' un sorriso. «Trovo difficile crederlo.» «Si è giustificata dicendo che il cancello del pascolo era già aperto, ma rideva talmente tanto che nessuno tranne sua madre e quella bisbetica della loro governante le ha creduto» Galen si chiese se avrebbe mai avuto la possibilità di domandare di persona a Jocelyn come si era svolto l'incidente. Anche così, sentiva già di credere alla sua versione dei fatti. Myron si schiari la gola. «E si dice che il decesso del marito sia stato piuttosto... improvviso.»

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Capitolo 10
*** 10 Capitolo ***


Galen osservò il suo ospite mostrando un interesse apparentemente causale. «È stato un incidente? C'è qualche sospetto di omicidio?» «Non da parte di chi abbia avuto modo di conoscere la vedova. È assurdo anche solo immaginare che possa commentare qualcosa di male! Tuttavia una settimana prima della sua morte il marito era in perfetta salute.» «Era giovane?» «Buon Dio, no! Doveva avere circa cinquant'anni, ma era sano come un pesce.» «Che cosa ha detto il dottore?» «Polmonite.» «C'è qualche motivo per credere che il dottore abbia potuto mentire?» Myron scosse il capo. «Il dottor Newton è molto rispettato nella contea. Ma sapete quanto chiacchierano le donne! Lo fanno sempre quando il marito è molto più anziano della moglie. Io li ho visti insieme poche volte, ma non c'era alcun dubbio che lei lo amasse molto. Non lo lasciava mai, nemmeno quando stava bene.» Myron sospirò. «Saremmo molto fortunati se avessimo una donna di quel tipo ad accudirci nei nostri ultimi giorni!» «La fai sembrare più come una infermiera che una moglie» «Mi adatterei senza problemi a una infermiera come quella!» esclamò l'altro con una risatina. «E poi c'è la bambina. Quell'uomo stravedeva per la figlia.» «Un tipo davvero paterno.» Myron gli lanciò un'occhiata interrogativa, poi sorrise. «Santo cielo, perdonatemi! Voi non volete sentire parlare di vedove e di marmocchi!» «Non voglio nemmeno trascorrere tutto il mio tempo con il gentil sesso, quando potrei impiegarlo meglio andando a caccia con te. Mi pento sul serio di non essere venuto prima, amico mio. Ma gli ultimi dieci anni li ho passati in Italia.» «Lo sapevo» dichiarò Myron. «Justbury mi tiene informato di tutto quello che fanno i vecchi compagni di scuola.» Avrebbe dovuto indovinarlo, si disse Galen. Il più giovane dei ragazzi Justbury era il peggiore pettegolo che avesse mai conosciuto. Persino Eloise impallidiva al confronto. «A ogni buon conto dovrò dare almeno una festa. In caso contrario le vostre ammiratrici non me lo perdoneranno mai» Galen sorrise con appropriata modestia e chino' la testa. Poi si fece serio. «Non stasera, spero.» «No! Non stasera e nemmeno domani sera, perché il tempo promette di essere bello. Andremo a caccia e poi a pesca, perciò le signore dovranno aspettare qualche giorno.» «Come meglio credi.» Sollevò il bicchiere. «Bevo alla tua salute, Myron, e alla nostra rinnovata amicizia.» Myron arrossi'. «Sono così contento che siate venuto, Vostra Grazia. Mi siete mancato.» Galen si rese conto di essersi privato per troppo tempo di qualcosa di molto prezioso. «Basta con questo titolo e dammi del tu. Noi siamo amici, Myron, e non c'è alcun bisogno di tutte queste formalità. Spero anche che non dispiaccia se approfittero' a lungo della tua ospitalità, per rifarmi di tutti gli anni in cui non sono venuto.» «Naturalmente, Vostra... Galen. Naturalmente.» Verity guardò la lettera che teneva in mano. Il piccolo foglio di carta con il suo indirizzo scritto con grafia semplice e chiara era arrivato con la posta del mattino. Suppose che si trattasse di qualche conoscenza che non aveva saputo della scomparsa del marito. Sospirando ruppe il sigillo di cera. Guardò la firma e subito dopo allungò una mano alla cieca cercando la sedia per lasciarsi cadere a sedere. - Cara signora, spero che stiate bene e che la vostra improvvisa partenza dalla dimora della nostra comune amica non sia stata provocata da una qualche seria indisposizione. Se così fosse stato, spero sinceramente che vi siate rimessa abbastanza da permettermi di farvi visita. Dal momento che abbiamo un interesse in comune, sono davvero desideroso di incontrarmi con voi. Verrò oggi a mezzogiorno. Distinti saluti, Deighton. - Il sangue cominciò a pulsarle nelle orecchie mentre il cuore le batteva all'impazzata nel petto. Lui stava per arrivare lì, a casa sua. Lo avrebbe fatto oggi e senza curarsi delle convenienze né darle l'opportunità di rifiutarsi di vederlo. L'interesse in comune di cui parlava poteva essere solo Jocelyn. Non poteva rischiare che il Duca di Deighton venisse lì. Non osava immaginare che cosa sarebbe successo se qualcuno lo avesse visto. Poteva sempre dire una parte di verità, cioè che lo aveva conosciuto da Lady Bodenham. Forse avrebbe funzionato con qualsiasi altro nobile, ma non con lui, data la sua reputazione. Lei era giovane ed era vedova. La gente sarebbe di sicuro saltata alla più meschina delle conclusioni. E guardando Jocelyn avrebbe indovinato... Il suono della voce allegra di Jocelyn la raggiunse dalla cucina accompagnato dalla risata gutturale di Nancy. Grazie al cielo Clive e Fanny erano tornati a casa loro. Il Duca doveva trovarsi a Jefford se aveva intenzione di farle visita quel giorno stesso. Forse era ospite di Sir Myron, oppure alloggiava alla locanda. Anche se avesse saputo dov'era non poteva mandargli un biglietto. Avrebbe provocato ancora più pettegolezzi. Perché Galen Bromney era venuto fin lì? Che cosa voleva da lei? Non c'era niente di cui discutere. Jocelyn era una sua responsabilità. Non voleva niente da lui, né ora né mai. In ogni caso lui non avrebbe potuto avere niente a che fare con la vita della loro bambina. Nessuno avrebbe dovuto mai scoprire che Jocelyn era la figlia del Duca di Deighton. Verity non voleva che la piccola fosse costretta a convivere con la vergogna e l'umiliazione di essere una bastarda. Ed era sicura che se Clive avesse scoperto il suo segreto avrebbe utilizzato quell'informazione per cercare di portare via l'eredità a Jocelyn senza il minimo rimorso e senza darsi pensiero per il dolore che avrebbe provocato. Guardò l'orologio e cercò di calmarsi. Era quasi l'una. Forse il Duca ci aveva ripensato. Subito dopo le si bloccò il respiro in gola perché in fondo al vialetto vide comparire un cavaliere dall'aria familiare. Avrebbe riconosciuto dovunque quel modo spavaldo di cavalcare con la schiena eretta. Non doveva entrare in casa! In qualche modo lo avrebbe tenuto lontano da Jocelyn e da Nancy. Con quell'idea fissa in testa, si affretto' a uscire. Mentre lo aspettava ferma sui gradini davanti all'ingresso si allaccio' le braccia attorno al corpo. Sebbene la giornata fosse fresca e umida, non era quella la ragione per cui stava tremando. Il Duca fece fermare il cavallo e la guardo'. Nonostante la volontà di farlo andare via, Verity si sentì assalire da un desiderio colpevole. Era davvero attraente, con l'abito da cavallerizzo fatto su misura che metteva in risalto le ampie spalle, la vita sottile e le cosce muscolose. Ogni parte della sua figura sembrava incarnare l'essenza della virilità. Cercò di scuotersi. Come poteva essere così folle dopo tutto quello che era accaduto? «Vostra Grazia, non dovreste...» «Invece dovrei» replicò lui in tono deciso mentre smontava. La guardò e lei notò una incredibile determinazione nei suoi occhi nocciola. «E vi assicuro, signora, che questa volta non me ne andrò fino a quando non avrete risposto alle mie domande.» «Questa è la mia proprietà, Vostra Grazia, e voi state abusando della mia ospitalità.» Galen sorrise lentamente in un modo che le fece accelerare o battiti del cuore. Doveva essere forte e non permettergli di confonderla. «Pensavo che la proprietà fosse passata a vostra figlia alla morte di vostro marito. Devo chiedere a Jocelyn se posso restare?» «No!» replicò Verity brusca maledicendo mentalmente la lingua lunga di Eloise. Avrebbe dovuto indovinare che tutto quello che la riguardava sarebbe passato senza troppi problemi dalla bocca dell'amica all'orecchio di Galen. «Prendete il vostro cavallo e venite con me.» Lui acconsentì annuendo. Così con passi veloci e decisi lei lo condusse attraverso il lato della casa più lontano dalle cucine fino alla piccola capanna per le carrozze situata sul retro, in fondo al prato. Poi aprì la pesante porta cigolante sperando che nessuno dall'abitazione potesse sentire il rumore.

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Capitolo 11
*** 11 Capitolo ***


All'interno della capanna per le carrozze la luce penetrava dalle finestre impolverate e il pulviscolo danzava nell'aria. Sebbene non venisse più usato dalla morte di Daniel, l'ambiente odorava ancora di fieno e di cavalli. Nonostante il fastidio e la trepidazione, non appena si chiuse la porta alle spalle Verity si sentì come se stesse lasciando fuori tutto un mondo di invidie e pettegolezzi. Si trattava di un'umanità che non avrebbe mai compreso che cosa poteva indurre una giovane donna a dimenticare il dovere e l'onore per trascorrere una notte di passione tra le braccia del Duca di Deighton. Mentre lo osservava sistemare il cavallo pensò che forse alcune donne avrebbero potuto comprenderla. Infatti se almeno metà delle storie che Eloise le aveva raccontato erano vere, diverse donne avevano avuto la sua stessa tentazione. Non la confortava il pensiero di avere qualcosa in comune con le molte amanti del Duca e non avrebbe più permesso a se stessa di essere tentata di nuovo da lui. Nemmeno lì. Dove erano da soli. Galen la guardò mentre legava il suo stallone nero in un angolo della stalla. «Non è esattamente il posto che sceglierei per questa conversazione, ma temo di non avere scelta.» «Deve andare bene. Nessuno a Jefford sospetta che ci siamo mai incontrati.» Lui la osservò. «Dovete solo dire che ci siamo conosciuti da mia cugina.» Verity si strinse nervosamente le mani fino a far diventare bianche le nocche. «Devo chiedervi ancora una volta di andarvene, Vostra Grazia.» Lui piegò le labbra in un accenno di sorriso. «Questa volta non c'è nessuna falsa offerta di un incontro a un'ora più tarda?» I suoi occhi vagarono sull'edificio in disuso soffermandosi qualche istante sulla porta chiusa. «Un posto perfetto per un appuntamento clandestino, anche se piuttosto polveroso.» «Il nostro non è un appuntamento clandestino!» «Che peccato.» Lei fece una smorfia. «Tutto questo può essere divertente per voi, Vostra Grazia. Ma vi assicuro che una vostra visita può avere gravi ripercussioni su di me, se la cosa si viene a sapere.» L'espressione di Galen si addolci' inaspettatamente. «So tutto sui pettegolezzi. È per questo che sono venuto passando tra i boschi invece che prendere la strada.» «Grazie al cielo!» esclamò Verity incrociando le braccia al petto e ripromettendosi di non farsi commuovere dal cambiamento del suo atteggiamento. Non si sarebbe dovuto auto invitare lì, non sarebbe dovuto restare solo con lei e non sarebbe dovuto essere così... così gentile. «Tuttavia non avevo intenzione di arrivare dal retro come un mendicante.» Si spostò per bloccare l'unica uscita. «Inoltre non me ne andrò da qui e non vi permettero' di scappare fino a quando non avrete risposto alle mie domande» proseguì con decisione. «La prima cosa che voglio sapere è se Jocelyn è mia figlia.» Verity lesse una severa determinazione in quegli occhi nocciola che la fissavano in attesa della sua risposta. Se fosse stata quella l'unica emozione presente avrebbe potuto anche mentirgli. Ma c'era di più. Riconobbe uno sguardo ansioso e implorante e una vulnerabilità che toccarono le corde più profonde della sua anima. Se lo ingannava ora, avrebbe fatto qualcosa di più grave che nascondergli la verità. Gli avrebbe rubato qualcosa di prezioso e meraviglioso. Lentamente annui.«Sì.» Mentre Galen ricominciava a respirare, Verity raddrizzo' le spalle con rinnovato vigore. «È per questo che non potete più venire qui. La somiglianza è troppo evidente. Chiunque vedendo voi due insieme può indovinare la verità e noi non possiamo correre il rischio che accada.» «Potrei citare i nomi di parecchie persone di mia conoscenza che sono illegittime, che si sappia o no» disse lui. «Certi... sbagli... sono piuttosto frequenti. L'importante è che l'erede venga assicurato.» «Forse tra la nobiltà. Ma noi non apparteniamo alla vostra classe. Inoltre per un uomo è diverso. Anzi i figli nati fuori dal matrimonio sono spesso considerati come una prova di virilità.» «Sono consapevole del fatto che la società ha diversi standard di comportamento accettabile che dipendono dal livello di ricchezza, dalla condizione sociale e dal sesso.» «Voi siete stato protetto per tutta la vita dal denaro e dal ceto a cui appartenete, Vostra Grazia. Perciò non potete sapere che cosa significherebbe per me e per Jocelyn uno scandalo. Se posso evitarlo, non voglio che mia figlia venga considerata illegittima.» «Quindi avete accettato come marito un uomo anziano per avere protezione, piuttosto che venire da me.» «Che cosa sarebbe successo se lo avessi fatto?» gli chiese lei. «Vi sareste offerto di sposarmi, nonostante non avessi alcuna fortuna né una famiglia onorevole? Tra noi non sono mai state pronunciate parole d'amore.» Galen continuò a sostenere il suo sguardo. «È vero e probabilmente avete ragione. Io non vi avrei sposato. Ma mi sarei preso cura di voi, per il bene della bambina che portavate in grembo.» «Questo lo dite ora.» Lui corrugo' le ciglia con aria severa e i suoi occhi lampeggiarono di collera. «Vi dico che mi sarei preso cura di voi e di Jocelyn, anche se...» Tacque. «Anche se mi ero infilata nel vostro letto senza esservi stata invitata, come se fossi stata una donna della peggiore specie?» terminò Verity per lui. «Si.» «Non avevo modo di sapere che cosa avreste fatto se ve lo avessi detto.» «Perciò non mi deste la minima possibilità di fare qualcosa. Non fu un comportamento molto onesto da parte vostra.» «Onesto? Io avevo già disonorato me stessa e la responsabilità di quello che è accaduto è mia, Vostra Grazia. Fui io a venire da voi quella notte.» «Ricordo» rispose lui tranquillo. «Perciò non vi avrei mai addossato la responsabilità delle conseguenze» continuò Verity dopo un momento in tono teso. Galen distolse lo sguardo. «A ogni modo di sicuro pensavate che sarebbe stato inutile.» «Forse. Ma tutto questo è successo dieci anni fa e ormai non ha più senso recriminare.» «Per me non è così.» «Dobbiamo pensare a Jocelyn» disse lei rammentandolo a se stessa prima che a lui. «Dobbiamo considerare quello che sarebbe meglio per lei. Sono certa che non volete che tutti conoscano la sua vergogna.» «Le circostanze della sua nascita non sono vergognose. Mi piacerebbe farle sapere che ha un padre naturale e che lui non la abbandonerà, ora che sa della sua esistenza.» «Lei è mia figlia, Verity» continuò con decisione. E io voglio far parte della sua vita. Non ho più una famiglia da quando morì mia madre. Ho dei parenti, ma non è la atessa cosa.» «Vi ho spiegato...» «Perché lo faceste, Verity?» le domandò con un tono misurato. «Perché decideste di infilarvi nel mio letto?» «Che cosa importa ora?» «Importa a me!» Una strana fiamma bruciava nei suoi occhi, ma non era semplice desiderio. Era qualcosa di più. Lei fu toccata da quel disperato bisogno di sapere e non poté tacere. «Avrei sposato un uomo abbastanza vecchio da poter essere mio padre entro un mese e volevo sapere come sarebbe stato sperimentare la passione con un uomo giovane, almeno una volta» rispose bruciando per l'umiliazione. «Quindi io fui il fortunato mortale che ebbe il privilegio di soddisfare la vostra curiosità. Dato che dopo scoppiaste in lacrime fuggendo dalla stanza, devo dedurre di essere stato una delusione per voi.» Verity scosse il capo. «No, non lo siete stato.» «Allora forse dovrei essere compiaciuto, visto che quell'esperienza non fu del tutto negativa.» «Quell'esperienza mi ha dato Jocelyn.» Galen colmo' la distanza tra loro fermandosi a pochi passi. «Perché mi lasciaste in quel modo?» Verity indietreggio'. «Non è ovvio? Perché provavo vergogna.» Per fortuna lui non si avvicinò più. «Quindi decideste di portare da sola questo fardello.» «No, non da sola. Lo dissi a Daniel.» Galen la fissò incredulo. «Lo rivelaste a vostro marito?» «Non era ancora mio marito quando gli confessai quello che avevo fatto e le conseguenze che ne erano derivate. Non ero così spregevole.» «Non posso fare altro che lodarvi per la vostra onestà, ma devo ammettere di essere sorpreso che lui acconsentisse ugualmente a sposarvi.» «Daniel mi amava e mi perdono'» replicò lei. «E quando nacque Jocelyn la amò come se fosse figlia sua.» «Non vi rinfaccio' mai la vostra colpa?» «No.» «Quel tipo doveva essere un santo, qualcuno troppo perfetto per essere vero.» «Era un uomo buono e in cambio da me non ricevette altro che delusioni.» «Forse non avreste dovuto sposarlo.» «Invece lo feci» rispose Verity. «A quel tempo avrei accettato di diventare sua moglie anche se non avessi aspettato un figlio.» «Perché avevate trascorso un'ora o due nel mio letto?» «Perché lo amavo! Daniel mi aveva salvato. Mi aveva dato una casa quando non ne avevo. Mio padre era un ubriacone che aveva perso al gioco ogni centesimo della sua fortuna e quando morì mi lasciò senza un soldo. Se non fosse stato per mio marito avrei dovuto vivere sulla strada come una mendicante.» «E così Daniel Davis-Jones aiutò la povera bimba orfana e ne ricevette in cambio una moglie giovane e bella.» «Lo fate sembrare così sordido. Ma non andò così. Quando andai a vivere con lui si comportò in modo gentile e paterno. Io gli volavo molto bene. Fu solo molto più tardi che mi confessò che i suoi sentimenti nei miei confronti erano cambiati.» «E che mi dite dei vostri sentimenti per lui? Erano cambiati anch'essi da affetto filiale ad amore passionale? Io non credo, altrimenti non sareste stata tentata da me.» Verity arrossi fino alla radice dei capelli. «Volete conoscere tutta la mia vergogna, Vostra Grazia? Volete che vi confessi che ogni volta che mi toccava penavo a voi? Che quando faceva l'amore con me era il vostro viso che vedevo, le vostre labbra che baciavo, il vostro corpo che abbracciavo?» «È vero?» ««Sì!» mormorò lei mentre le lacrime sgorgavano dai suoi occhi. «Vi siete mai chiesta come mi sono sentito quella notte, Verity?» Colta di sorpresa, lei lo fissò stupita. «Io credevo... credevo che mi avreste ritenuta una donna immorale» balbetto'. «E avreste avuto ragione. Non sarei mai dovuta entrare nella vostra camera da letto.» «Non era questo che intendevo. Vi siete mai domandata come mi avete fatto sentire?» Verity arrossi evitando di incontrare il suo sguardo. «No» ammise piano. «Mi avete fatto sentire come una prostituta. Mi avete fatto vergognare come non era mai accaduto prima di allora.» Lei chino' la testa come se stesse sopportando il peso del mondo sulle sue spalle. «Mi sono scusata con Daniel e ora lo faccio con voi. Mi pento amaramente per ciò che ho fatto quella notte. Non è passato un solo giorno da allora in cui non me ne sia rammaricata.» Poi sollevò il viso. «Ma non mi pento di avere avuto Jocelyn.» Galen le prese le mani fredde tra le sue. «Quello che avete fatto quella notte mi ha salvato, Verity.» Il suo sguardo gli cercò febbrilmente il viso sentendo sorgere una debole luce di speranza. «Salvato? Da che cosa?» «Da me stesso. Dalla strada che conduceva alla rovina verso cui mi stavo avvicinando a grandi passi. Avevo bisogno di rendermi conto di quale canaglia egoista e senza cuore ero. Dovevo averlo ben chiaro in mente in modo da non poterlo più negare. Se voi non foste venuta nella mia stanza quella sera, ora sarei un mascalzone ancora peggiore di quanto non fossi allora. Voi mi avete salvato, Verity e per questo io vi sarò per sempre grato.» «Ne sembrate davvero convinto» mormorò lei con aria stupita. Lui annuì rivolgendole un sorriso appena accennato. «Confesso che imparare quella lezione non mi piacque, ma grazie a ciò sono un uomo migliore.» Lentamente le fece scivolare le mani lungo le braccia. «Non credo che sia trascorso un giorno senza che abbia pensato a voi. All'inizio lo facevo per maledirvi» le confessò. «Ma dal mio ritorno mi sono visto rinfacciare il mio passato almeno un centinaio di volte e adesso posso vedere con chiarezza che terribile egoista ero.» «Anch'io ho pensato a voi, tuttavia ho sempre maledetto solo me stessa.» «Dovete promettermi che non lo farete più.» Avvicinò la bocca al suo orecchio. «Io avevo bisogno di essere salvato, Verity. E voi lo avete fatto. Mi sentirò sempre in debito con voi e anche felice di esserlo.» Con estrema cautela, come se temesse che lei potesse frantumarsi in mille pezzi tra le sue braccia, la attirò a se. «Grazie, Verity» mormorò piegando la testa per baciarla. Quel bacio si rivelò diverso da qualsiasi altro avessero condiviso. Fu tenero ed esitante, come se fossero entrambi degli adolescenti e quella fosse la loro prima effusione. Non volendo che quella sensazione terminasse, Verity gli passò le braccia attorno al collo e si abbandonò al piacere e al desiderio che la consumava. Se solo si fosse trattato davvero del loro primo bacio. Se solo non si fosse sposata per disperazione e per timore della povertà. Se solo non avesse passato gli ultimi dieci anni soffocata da un misto di pentimento e di timore che il suo segreto potesse venire scoperto dal cognato e da tutti quelli che la conoscevano. Tuttavia quella era la scelta che aveva fatto, la scelta con cui doveva convivere e non poteva essere altrimenti. L'alternativa sarebbe stata la vergogna, il ridicolo, la disgrazia. Verity si sciolse dall'abbraccio con riluttanza ignorando il senso di vuoto negli occhi di Galen che rispecchiava la stessa sensazione nascosta nel suo cuore. «Non baciatemi più, vi prego.» «No?» «No. Io sono una rispettabile vedova ora.» «Mentre io sarei ancora una canaglia impudica e libidinosa?» «Io... io non sono sicura di ciò che siete.» Se la sua risposta lo aveva contrariato non lo diede a vedere. Si limitò a fare un sorriso tirato e a mettersi una mano sul cuore. «Sono ai vostri ordini, signora Davis-Jones. Vi prometto che non farò niente che possa nuocervi.» Poi il suo sorriso fu rimpiazzato da uno strano struggimento. «Sempre che mi diate il permesso di vedere Jocelyn. Dopo tutto lei è mia figlia.» Verity cercò di calmare il ritmo impazzito dei suoi battiti, mentre la sua mente gridava che farlo tornare sarebbe stata una pura follia che poteva finire in disastro. E tuttavia... e tuttavia era il padre naturale di Jocelyn. Gli aveva taciuto l'esistenza della bambina per dieci anni e quando la guardava così, con una tale aria speranzosa, come poteva rifiutargli qualcosa? Forse... se fossero stati molto attenti... «Potete venire da noi sabato mattina. Se la giornata è bella ci incontreremo nel bosco, come per caso.» Galen annuì e lei si rilasso' un poco, felice che avesse accettato le sue condizioni. «Dove risiedete?» «Da Sir Myron Thorpe, in quello che lui chiama il suo casino di caccia.» «Conoscete Sir Myron?» «Siamo andati a scuola insieme. Mi ha detto che voi due vi siete incontrati solo poche volte.» «Lui e io non abbiamo niente in comune.» Le labbra del Duca si piegarono in un debole sorriso mentre andava a slegare il cavallo. «Nemmeno io, a parte il periodo della scuola. Ho sentito dire che Jocelyn lo ha contrariato facendo scappare una mandria di mucche.» «Si è trattato di un incidente.» «Ne ero certo.» Si interruppe e accarezzo' la testa del suo destriero con le dita. «E se il tempo non è bello?» Verity distolse gli occhi dalla sua mano. «Dovrete aspettare fino al sabato successivo.» Galen annuì e cominciò a condurre il cavallo verso la porta. «Molto bene» «Apprezzo il fatto che anche voi comprendiate che è necessario essere cauti.» «Credo di non avere molto scelta.» Lei non poté negare quella verità. Si affretto' a precederlo all'ingresso e scruto' fuori attraverso la finestra. «Non vedo né Jocelyn né Nancy, perciò potete tornare passando da dove siete venuto. Che cosa direte a Sir Myron sabato?» Lui sciolse le redini. «Che devo andare al villaggio.» «Perché?» «C'è bisogno di una spiegazione?» «Dovete trovare una scusa valida.» «In questo caso dirò che devo andare dal fabbro a fare controllare i ferri degli zoccoli. Sono sicuro che Myron apprezzerà la mia preoccupazione.» «Spero che abbiate ragione.» Il Duca condusse il cavallo alla porta. Verity stava per aprirla quando lui le posò una mano sulla sua. Alla sensazione della calda pressione delle sue forti dita lei gli lanciò un'occhiata interrogativa. «Verity, io farò del mio meglio per mantenere il segreto su Jocelyn, dal momento che me lo avete chiesto. Avete la parola del Duca di Deighton e mentre questo poteva non avere alcun significato dieci anni fa, adesso è molto diverso. E lo è grazie a voi.» Per un momento lei pensò, anzi spero', che stesse per baciarla di nuovo. Ma Galen non lo fece. Spalanco' la porta e fece uscire il cavallo. Verity non lo seguì immediatamente. Non poteva. Doveva riguadagnare il controllo sulle sue emozioni messe a dura prova da quell'incontro. Si premette le dita sulle labbra, quelle labbra che lui aveva baciato con tanta tenerezza facendole perdere la nozione di tutto ciò che si conveniva a una donna onesta. Riflette' sul modo in cui il suo tocco e i suoi baci le facevano perdere la razionalità e si chiese se non avesse appena commesso un altro errore che poteva rivelarsi disastroso.

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Capitolo 12
*** 12 Capitolo ***


"Stai aspettando che qualcosa cada dall'alto?» gli chiese Myron con aria gioviale distogliendo bruscamente l'attenzione di Galen dalla contemplazione del cielo. Con i soprabiti che strusciavano contro gli stivali, il calcio dei fucili infilato sotto le braccia e le lunghe canne che puntavano al terreno, si stavano dirigendo verso casa dopo una mattinata trascorsa a caccia. Alle loro spalle i guardiacaccia portavano i fagiani e il gallo cedrone che Myron aveva ucciso e l'unico uccellino che era stato abbattuto da Galen. «Mi stavo semplicemente chiedendo se domani sarà bello o pioverà.» Il giorno successivo aveva appuntamento con Verity e Jocelyn per cui il tempo doveva essere bello. In caso contrario avrebbe dovuto attendere un'altra settimana prima di rivedere sua figlia, a causa delle restrizioni poste da Verity. Stava cercando con tutte le sue forze di adeguarsi a quelle condizioni. Dopo tutto era comprensibile che lei volesse evitare lo scandalo. Ma a quale prezzo? I suoi timori gli erano già costati dieci anni in cui aveva ignorato l'esistenza della bambina. «Dovrebbe essere bello, se l'orizzonte al tramonto sarà rosso come ieri» affermò fiducioso Myron. «Spero che tu abbia ragione. Avevo in mente di andare al villaggio a far controllare i ferri del mio stallone.» «Quindi vai a Jefford dal fabbro, vero? O forse è la bella figlia del nostro artigiano che ti interessa?» Galen si morse un labbro per impedirsi di replicare con troppa asprezza. Myron andava dicendo cose del genere dall'inizio della sua visita e non era un prezzo lieve da pagare in cambio della sua ospitalità. «Non sapevo nemmeno che il fabbro avesse una figlia.» «Ce l'ha.» «Credimi, Myron. Non ho alcun interesse per la figlia del fabbro, che sia bella oppure no.» Era evidente che non era riuscito a nascondere la sua irritazione come aveva sperato. «No, perdonami per la mia irascibilità. Mi sono acquistato una solida reputazione di seduttore dieci anni fa e temo che mi seguirà fino alla tomba, nonostante in tarda età il mio comportamento sia cambiato.» «Tarda età... Questa è buona!» esclamò Myron ridacchiando. «Non credo che tu debba lamentarti per la tua reputazione. Molti uomini farebbero qualsiasi cosa per avere la tua fama.» Il suo tono lasciava intendere chiaramente che lui era tra questi. «Forse, ma ti assicuro che è molto duro far dimenticare le follie e le azioni istintive della propria giovinezza.» Myron annuì pensieroso, come se stesse cercando di ricordare le sue pazzie e avventatezze. Qualsiasi cosa avesse fatto, Galen era certo doveva trattarsi di peccati veniali, perché era un ragazzo troppo onesto e buono per commettere qualcosa di veramente immorale. Se si fosse trovato al suo posto avrebbe mandato via Verity dalla sua camera, o sarebbe stato lui a scappare a gambe levate. Certo si sarebbe comportato da gentiluomo. «Sono certo che le signore saranno felici di sapere del tuo mutamento» notò Myron. Nonostante restasse in silenzio, una smorfia scettica comparve sulle labbra di Galen. Lui era di opinione del tutto opposta, perché non era solo il suo cameriere personale ad aspettarsi che il suo padrone riprendesse le sue abitudini libidinose. Diverse dame sposate con cui aveva avuto dei trascorsi in gioventù avevano reagito con aria sorpresa e indignata quando aveva respinto i loro approcci dopo il suo ritorno. Ma Galen intendeva davvero quello che aveva detto a Verity. Era cambiato e non si sarebbe più svilito. Sarebbe diventato il Duca più rispettato del regno. Lo avrebbe fatto non per se stesso me per il bene di Jocelyn, perché un giorno, quando sarebbe stata più grande, sperava di poterle rivelare la verità e quel giorno non voleva che sua figlia si vergognasse di lui. Pensandoci bene non sarebbe stato difficile diventare il Duca più rispettabile del regno. Doveva solo non sprecare il suo denaro mettendosi a giocare d'azzardo, non ubriacarsi e non avere amanti. Doveva cercare di essere retto e rispettabile come... come era stato il marito di Verity. Accidenti a Daniel Davis-Jones! Come faceva a competere con un morto? «Deve essere bello possedere quel certo non so che capace di fare accorrere le donne come i falchi al loro richiamo» continuò Myron pensieroso. «Deve essere bello avere una mira tanto eccellente» replicò Galen e non si trattava di un complimento di circostanza. L'amico aveva catturato con facilità le sue prede, sempre con un solo colpo e con un sangue freddo che lui all'inizio aveva trovato stupefacente. Non avrebbe mai creduto che il volubile Myron Thorpe fosse capace di una tale silenziosa concentrazione e di altrettanta attenzione. L'espressione di Myron si illumino' di piacere. «Basta fare pratica, questo è tutto. Io mi esercito ogni giorno in cui il tempo me lo permette.» «Vorrei poter dire altrettanto nel mio caso, ma sfortunatamente per me si è trattato solo di una questione di nascita. Sono sicuro che se non fossi un Duca lo sciame di donne che mi perseguita sarebbe considerevolmente più esiguo.» «Sciocchezze! Tu sei un tipo molto attraente.» «Un'altra casualità di nascita. Come hai visto, qui non è arrivato nessuno sciame. Per tutta la settimana ci siamo comportati come una vecchia coppia di scapoli. La sola compagnia che abbiamo avuto è stata la tua servitù.» Myron sorrise come se stesse per dare a Galen la più bella notizia del mondo. «Ma non sarà così ancora per molto!» Entrarono dall'ingresso posteriore dell'edificio e il rumore dei loro stivali echeggio' nell'ampio atrio. Del tutto ignaro del fango che lasciava sul pavimento di pietra, Myron si sedette su una panca di legno con gli occhi che luccicavano di piacere. «Non immagini a che cosa alludo?» «Lasciami indovinare» replicò Galen reprimendo un sospiro mentre osservava il suo amico e porgeva il fucile a uno dei domestici che comparvero in risposta alla voce tonante di Myron che risuono' ancora più forte nel vasto ingresso. «Tu hai delle cugine che stanno per arrivare a trovarti. Se è così, devono avere fatto dei preparativi piuttosto rapidi per giungere in così breve tempo.» Myron ridacchio'. «Non mi stavo riferendo alle mie cugine. Sarei davvero stupido se dicessi loro che sei mio ospite, visto che si tratta di alcune delle più sciocche creature che abbia mai incontrato. Tutte tranne Charity, a dire il vero. Ma lei preferisce i suoi libri. Odia gli uomini.» Galen non prestò particolare attenzione alla descrizione che Myron stava facendo delle donne della sua famiglia. «Mi stai forse dicendo che stanno per arrivare alcuni dei miei congiunti?» «Esatto!» gridò Myron felice sollevando un piede per permettere a un servitore di sfilargli gli stivali infangati. «Si tratta di Lady Bodenham.» Galen soffoco' a stento un gemito. «E George?» «Certo che verrà anche lui! E porterà anche i suoi segugi migliori. Sono anni che gli chiedo di vendermene uno.» «Non sapevo che lo conoscessi.» «Ci siamo incontrati a Newmarket qualche mese fa. Forse è un po' troppo attaccato ai suoi cani, ma questo è comprensibile.» Galen non pensava che la troppo spesso trascurata Eloise sarebbe stata d'accordo, ma le condizioni del matrimonio della cugina erano per lui meno importanti di quello che la sua visita avrebbe potuto significare per lui. Di certo lei avrebbe voluto vedere Verity e forse Myron la avrebbe invitata nella sua casa. «Tua cugina ha chiesto anche di poter condurre la sua affascinante giovane amica, Lady Mary» continuò Myron con un sorriso malizioso. «Naturalmente io ho risposto che era la benvenuta. Ma non credo che venga per il desiderio di conoscere me.» Galen cercò di sembrare felice per queste notizie. Lui voleva davvero una moglie, voleva una famiglia e non vedeva nessuna ragione per cui non avrebbe dovuto prendere in seria considerazione Lady Mary. Sembrava dolce e gentile, aveva un titolo, era ricca e suo padre era molto influente. «Quando arriveranno?» «Sei impaziente, vero? Martedì pomeriggio.» Grazie al cielo mancava ancora qualche giorno.

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Capitolo 13
*** 13 Capitolo ***


«Stai lontana dalla sponda e cerca di non bagnarti» Verity ammoni' Jocelyn mentre la figlia faceva galleggiare un altro ramoscello nel piccolo ruscello che si inoltrava nel bosco. Le foglie degli alberi sopra le loro teste frusciavano e grosse nuvole grigie si muovevano veloci spinte dalla frizzante brezza. Tuttavia non stava ancora piovendo, per cui lei aveva deciso di portare la bambina all'incontro con il Duca. Ma era stata vaga circa l'ora e l'aria era piuttosto fredda, perciò sperava che sarebbe arrivato presto. Si sfrego' le mani coperte dai guanti. Si era ripromessa di restare calma e tranquilla, ma doveva ammettere che non ci riusciva. Non aveva mai conosciuto un uomo che avesse su di lei l'effetto che le faceva il Duca, anche prima di averlo incontrato di persona. Era rimasta affascinata dai piccanti racconti fatti da Eloise durante la scuola sulle avventure dall'affascinante cugino, che nella sua immaginazione si era trasformato quasi in un eroe e non sarebbe stato fuori posto alla tavola rotonda di Artù. Quando lo aveva inaspettatamente conosciuto nella dimora di Lord Langley si era sentita talmente eccitata da non riuscire quasi ad aprire bocca. Poi si era resa conto che in confronto all'affascinante erede del ducato di Deighton il suo futuro marito era anziano e poco interessante. Per questo aveva preso quella avventata decisione ed era entrata da Galen. Con sua grande sorpresa quando si era sollevata a sedere sul letto, ovviamente nudo, non la aveva guardata con arrogante soddisfazione o piacere libidinoso, ma con una interrogativa vulnerabilità. Se vi avesse visto prepotenza o lussuria forse sarebbe fuggita via. Invece quel dubbio e quella meraviglia nei suoi occhi, quelle morbide labbra che si erano piegate quasi incredule la avevano spinte a restare. In silenzio lui la aveva accarezzata ed eccitata con tenerezza e urgenza, una potente combinazione a cui era stata incapace di resistere. Anzi si era abbandonata senza riserve al piacere che le stava dando. Lo aveva accolto nel suo corpo voglioso che si trattasse del suo vero marito e quella fosse la loro notte di nozze. Solo dopo, quando Galen si era ritratto gentilmente, si era resa conto fino in fondo della gravità di quello che aveva fatto. Si era data a un uomo che non era suo marito, un uomo che conosceva a malapena, come se fosse stata la peggiore delle sgualdrine. Un bruciante rimorso la aveva quasi soffocata ed era corsa via. «Credo che qualcuno avrà gli stivali bagnati.» Verity sobbalzo' come se un serpente si fosse appena posato sul collo del suo mantello e quando si voltò di scatto vide il Duca che stava arrivando dal sentiero. Era in groppa al suo meraviglioso e scalpitante stallone nero e lei non dubito' neanche per un istante che fosse necessario un eccellente cavaliere per controllare un animale di tal genere. «Vi prego di perdonarmi» disse il Duca legando le redini a un ramo. «Non intendevo spaventarvi.» «Stavo... pensando» replicò evitando di incontrare il suo sguardo. Jocelyn si voltò e i suoi occhi si spalancarono per la sorpresa. Cominciò a correre verso di lui poi si fermò indecisa a breve distanza dal cavallo. «Salve, Vostra Grazia. Che cosa fate qui?» «Questa è davvero una splendida sorpresa! Sono in visita da Sir Myron, un mio amico.» Il suo destriero nitri' facendo fare un balzo all'indietro a Jocelyn. « Non fate caso ad Harry. Appare più feroce di quanto non sia. State pescando?» «No!» gridò la bambina terrorizzata. «Non sopporto di toccare i vermi.» «Santo cielo!» replicò serio il Duca. Guardò Verity che non poté impedirsi di sorridere. «Credo di aver bisogno di riposare» affermò Galen sedendosi su un tronco. Strano a dirsi però il suo aspetto non era quello di un uomo stanco e affaticato. I suoi scuri capelli lunghi, le ampie spalle e il portamento regale lo facevano assomigliare a un sovrano medievale. «A Jocelyn piace fare delle barchette intrecciando rami e foglie e poi farle navigare» piegò Verity. «Mi dispiace ammetterlo, ma io soffro sempre di mal di mare ogni volta che mi capita di salire su un'imbarcazione» confessò il Duca con un sorriso imbarazzato. Jocelyn lo fissò sgranando gli occhi. «Avete navigato?» «Poche volte. Se posso, preferisco viaggiare via terra.» «Il Duca ha vissuto in Italia.» «Me lo ha detto quando ci siamo incontrati da Lady Bodenham» rispose Jocelyn sorridendole. «Oh!» mormorò Verity lanciando un'occhiata furtiva a Galen e incontrando la stessa espressione allegra e maliziosa. Uno strano calore si impossesso' di lei. Non era desiderio ma affetto. Sorpresa cercò di giustificarsi dicendosi che il suo crescente attaccamento al Duca era solo il riflesso del profondo amore che aveva per la figlia di cui lui era il padre naturale. «Temo di essermi perso. Sono nella direzione giusta per tornare da Sir Myron?» chiese lui. Jocelyn ridacchio'. «No. Lui vive proprio dalla parte opposta.» Poi si fece seria. «Ma io sarei cauta, Vostra Grazia. Quel signore non fa altro che sparare in giro.» «Non alle persone, spero.» «No, non alla gente» convenne Jocelyn. «Ma potrebbe colpirvi per errore.» «Assomiglio dunque così tanto a un contadino?» Jocelyn ridacchio' e anche Verity sorrise. «Certo che no» replicò la bambina. «Anzi, siete molto attraente.» «Jocelyn!» la riprese la madre con un sussulto. Il Duca si voltò verso di lei con finto sdegno. «Non siete d'accordo?» «Anche la mamma pensa che siate bello. Vero, mamma?» «Io credo che il Duca sia stato favorito dalla sorte e sono certa che lo sa benissimo, senza doverlo sentire da me.» Jocelyn spalanco' gli occhi e Verity desidero' di non essere stata così brusca. «Io credo che tua madre sia molto graziosa, Jocelyn, quasi quanto te. Scusami se ti ho chiamato per nome, ma spero che ormai siamo diventati amici.» La ragazzina sorrise dimostrando di essere contenta della loro intimità e guardò la madre con orgoglio. «Devo dire che in Italia il clima è molto più mite in questo periodo dell'anno» disse il Duca stringendosi sul petto la giacca da cavallerizzo fatta su misura e Verity fu contenta che avesse terminato le adulazioni. «Se vieni a sederti sul tronco a fianco a me, Jocelyn, ti racconterò del villaggio dove vivevo. Sempre che ti interessi.» La bambina annuì con vigore e fece come lui le aveva suggerito. Il Duca guardò Verity. «C'è posto anche per voi.» Lei sollevò il cesto che le pendeva dalle braccia. «Sto andando a raccogliere funghi.» «Allora fate buona caccia.» Non sembrava importargli che lei non lo ascoltasse, pensò Verity allontanandosi lungo il sentiero. Che altro poteva aspettarsi? Lui era lì per Jocelyn, non per lei. Fece qualche altro passo e poi si voltò a guardare indietro. Sua figlia era seduta accanto al Duca, lo guardava con aria adorante e lo ascoltava pendendo dalle sue labbra mentre Galen le sorrideva teneramente. Sembrava quasi che la amasse proprio come un padre avrebbe amato la figlia. Verity comunque non poteva credere che le volesse bene, così come era convinta che non fosse più lo scanzonato libertino protagonista dei piccanti racconti di Eloise. Tuttavia era forse anche più attraente di dieci anni prima e la attraeva ancora di più adesso che era un uomo con un profondo senso dell'onore. Fece qualche altro svogliato tentativo di cercare funghi e poi tornò verso di loro, attirata dalla sua voce profonda e affascinante oltre che dalla curiosità riguardo alla vita che aveva condotto in Italia. Sembrava che fosse vissuto in modo semplice e tranquillo insieme a pochi amici sinceri che andavano a trovarlo di tanto in tanto. Si chiese che cosa facesse per passare il tempo, perché di sicuro era un uomo troppo vitale per accontentarsi di restare seduto al sole. Poi Galen parlò degli abitanti del villaggio delineando i loro caratteri con poche parole ben scelte che le permisero facilmente di immaginare come erano fatti, a partire da Guido, il suo agitato vicino con una moglie altrettanto focosa, fino al distratto prete locale, padre Paolo.

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Capitolo 14
*** 14 Capitolo ***


Galen era un meraviglioso cantastorie e se le avesse confessato che aveva cominciato a scrivere libri da quando si era trasferito all'estero non avrebbe fatto fatica a credergli. «Quindi nonostante la mia villa sia piuttosto piccola e arredata in modo semplice, è abbastanza vicina al villaggio da permettermi di sentire ogni parola quando Guido litiga con Angela» concluse mentre Verity si avvicinava. «Discutono spesso?» chiese Jocelyn. «Quasi ogni giorno.» La bambina fece una smorfia. «È orribile.» Il Duca sorrise. «Non si arrabbiano sul serio e fanno pace ogni notte. Riesco a sentire anche quello.» Verity lo fissò, inorridita dall'implicazione delle sue parole. «Cantano pezzi d'opera ogni volta che si sono rappacificati. Le nozze di Figaro è la loro preferita. Ne intonerei un'aria per te, ma come ho detto a tua madre, non sono un bravo cantante.» Si interruppe e guardò Verity sollevando le ciglia con aria interrogativa. Lei arrossi' con violenza rendendosi conto solo in quel momento di essergli molto vicina. «Non ne avete trovato nessuno?» si informò Galen. «Nessun...?» «I funghi.» «Oh, no. Non ho avuto fortuna.» «Ne ho visti alcuni laggiù» disse Jocelyn indicando una piccola radura tra gli alberi situata poco lontano. Allungò un braccio per prendere il cestino. «Andrò a prenderli io, mamma» dichiarò. «Io riesco sempre a trovarli» affermò poi rivolta a suo padre. «Possiede una vista molto acuta» confermò Verity. «Allora vai. Io farò compagnia a tua madre.» Jocelyn prese il cesto vuoto e scappò via. «Resta nella radura» le gridò la madre alle spalle. «Non andare tra gli alberi dove non posso vederti.» La bambina annuì e Verity tornò a rivolgere la sua attenzione al Duca che le indicò il tronco dove fino a poco prima era stata seduta la bambina. «Volete accomodarvi?» «Preferisco restare in piedi.» «Non mordo, sapete.» «Lo so.» «Non vi bacero' nemmeno.» «Bene.» Finalmente lei decise che poteva sedersi accanto a lui senza che ci fossero ripercussioni. «Avete detto a Sir Myron che sareste andato dal fabbro?» «Sì.» Guardò la figlia. «Presumo che Jocelyn conosca la differenza tra un fungo buono e uno velenoso.» «Naturalmente.» «Non vogliamo che qualcuno si ammali.» C'era qualcosa nel suo tono che indusse Verity a lanciargli un'occhiata interrogativa. «No.» «Perdonatemi per la domanda impertinente» replicò Galen serio. «Ho sentito che ci sono stati dei... sospetti dopo l'improvvisa scomparsa di vostro marito.» Notò che il petto di Verity si sollevò e si abbassò con un pesante sospiro. Vista la sua riluttanza a lasciargli vedere Jocelyn, sarebbe stato più saggio non menzionare quell'argomento. «Le sole persone che hanno avanzato dei dubbi sulla morte di Daniel sono state la sorella e il cognato» rispose lei prima che lui potesse scusarsi. «Nessun altro.» «Ne sono felice e mi dispiace di avere sollevato un argomento tanto doloroso.» «Ditemi, Vostra Grazia» gli chiese Verity dopo un istante di pausa. «Come trascorrete il tempo quando siete in italia?» «Leggo. Vado alla taverna e mi metto a discutere degli argomenti più vari, come la politica. E poi...» «Intrattenete?» Lui la guardò ironico. «Non le donne.» «Non è questo che intendevo.» «Non voglio dire di essere stato un monaco in questi dieci anni. Le mie relazioni amorose sono state sempre piacevoli per tutti e due, ma non hanno mai avuto lunga durata né intenzioni serie e le signore in questione ne erano ben consapevoli.» «Questi non sono affari miei, Vostra Grazia.» «No» concordo'. «Ma volevo che lo sapeste.» Lei non replicò e lui si chiese se non avesse dovuto mantenere il silenzio anche su questo. Non sapeva neanche perché glielo aveva detto. Invece lo sapeva. Voleva che fosse chiaro che era libero da qualsiasi legame affettivo. «Quando non ho ospiti, scrivo lettere per la gente e aiuto i giovani che frequentano l'università a studiare l'inglese.» «Non mi sembra poi una grande attività per un uomo della vostra età e della vostra energia.» «No, e mi piacerebbe fare di più» replicò compiaciuto, anche se non era del tutto certo che le sue parole fossero un complimento. «Sfortunatamente, per qualche ragione, agli uomini del villaggio non piace che io stia molto a parlare con le donne, così mi capita più spesso di restare entro i confini della mia proprietà. Inoltre ho anche diversi affari di cui occuparmi, per corrispondenza.» Verity non ricambio' il suo sorriso. «Tornerete presto in Italia?» «Questo dipende da quello che succede qui.» Si schiari' la gola e alzò la voce facendo un cenno in direzione di Jocelyn. «Ha l'aria di una la cui vita intera dipenda da quanti funghi riesce a trovare oggi, non è vero?» «È molto diligente, la maggior parte delle volte.» «Myron mi ha raccontato la sua versione sulla fuga del bestiame.» Con sua grande delizia Verity accenno' un sorriso. «Ah, si. Povero Sir Myron. È caduto in una pozzanghera mentre mentre cercava di togliersi dalla strada.» «Questa parte me l'ha taciuta.» «Forse si tratta di un ricordo troppo umiliante.» Galen si chiese se con quel commento intendesse qualcos'altro. «Ho sentito dire che voi viziate Jocelyn.» Verity lo fissò con un'espressione piena di collera. Ma prima che potesse parlare lui sollevò una mano per placarla. «Stavo per aggiungere che io non sono d'accordo. Ho avuto modo di vedere dei bambini viziati sul serio e lei non assomiglia loro nemmeno lontanamente. Avete fatto un lavoro meraviglioso nell'allevarla, Verity. Dovete esserne davvero orgogliosa.» Lei si rilasso' visibilmente. «Non l'ho allevata da sola, Galen. Daniel è stato il padre migliore che una figlia potesse avere.» «Gliene sono grato.» La donna gli lanciò un'occhiata fugace. »Non sapevo che aveste contatti con dei bambini.» «Mi stavo riferendo ai miei fratellastri.» «Oh, si. Ho sentito parlare di loro da vostra cugina. Il più giovane sembra piuttosto irruento.» «Hunt è quello che è stato coccolato più di tutti.» Verity piegò la testa da un lato e lo scruto' pensierosa. «Non posso dire di avere mai sentito qualcuno descrivere voi come viziato.» «Non credo di esserlo stato. In caso contrario non sarei stato così indulgente con me stesso nel periodo della giovinezza.» «Perché i vostri fratelli sono stati tanto coccolati e voi no?» «Fratellastri» la corresse lui automaticamente. «Per saperlo dovreste chiederlo a mio padre e ora lui è morto.» «Mi dispiace. Non avevo intenzione di rattristarvi.» Chiedendosi come avrebbe potuto interpretare la tensione e il timore che erano stati il suo pane quotidiano durante la fanciullezza, Galen scrollo' le spalle. «Dovrei essere in grado di reagire con maggiore calma dopo tutto questo tempo.» «Le ferite della giovinezza sono molto profonde» mormorò Verity piano, come se comprendesse. Indotto dal suo tono gentile e dalla consapevolezza che lei avrebbe potuto capirlo, il Duca di Deighton fece qualcosa che non aveva mai fatto in vita sua. Le parlò dei suoi genitori. «Non sono mai stato il preferito di mio padre, anche se ero il suo erede» cominciò Galen in tono realistico. «Credo gli sarei piaciuto di più se fossi stato più incline alla carriera militare oppure se fossi diventato uno studioso... O forse se lui non avesse sposato la mia matrigna.» «Non le piacevate?» «No, per niente. Mi mandò in collegio appena ne ebbe l'occasione e mi dispiace dire che lo fece con la benedizione di mio padre. Mi prese in antipatia dal primo momento che posò gli occhi su di me quando avevo sei anni.» «Perché?» chiese Verity dolcemente. «Temo di averle fatto una cattiva impressione.» «Come può un bambino tanto piccolo fare una cattiva impressione? Non credo che abbiate potuto ferirla.» Galen fece un sorriso forzato. «No, non lo feci. Ma non ero esattamente entusiasta all'idea del suo arrivo... Ho amato molto mia madre. Lei non era così gelida e distante come mio padre. Quando vidi la mia matrigna e compresi che l'unica cosa che le interessava era il titolo di duchessa, ne fui profondamente ferito.

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Capitolo 15
*** 15 Capitolo ***


Il Duca proseguì con il suo racconto. «Fu terribile vedere quella strana donna che si aggrappava al braccio del marito come una sanguisuga. Tuttavia cercai di non piangere. Mio padre detestava la vista delle lacrime.» «Ma di sicuro lei avrebbe potuto comprendere i timori di un bambino di sei anni» protesto' Verity. «Invece non fu così. Mi trovò imbronciato e scontroso e mio padre si arrabbiò con me. In seguito le cose tra noi non migliorarono.» «Ma eravate solo un bambino!» «Ed ero l'erede, mia cara» replicò Galen con un tono venato di amarezza. «E gli eredi non sono scontrosi, non piangono e non sentono la mancanza delle loro madri. Gli eredi mantengono sempre un'espressione distaccata, non hanno gli incubi né sentono la nostalgia di casa quando sono in collegio. Gli eredi non abbracciano i loro genitori né i servitori. Loro vivono senza avere il minimo degradante contatto umano.» «Mi spiace tanto, Galen!» Lui piegò lebbra in un sorriso sardonico. «Vi chiedo scusa. Un erede non dovrebbe mai accampare scuse per se stesso.» Il suo sguardo vacillo'. «Sfortunatamente a volte anche un eroe è tentato di farlo se incontra un paio di comprensivi occhi azzurri.» Lei gli prese una mano. «Sono felice che me lo abbiate detto, Galen» sussurro'.«Entrambi abbiamo avuto un'infanzia tutt'altro che felice. Io non ho mai conosciuto mia madre. Morì subito dopo la mia nascita. Quanto a mio padre...» «Mi avete già parlato di lui. Non dovete riaprire altre ferite.» «Voi mi avete raccontato dei vostri genitori. Ora lasciate che vi parli dei miei. Mi... mi piacerebbe farlo.» Galen chino' la testa in segno di tacito assenso. «Vi ho già detto che mio padre era un ubriacone che si giocò a dadi tutto il patrimonio della famiglia. Per fortuna io non avevo modo di vederlo spesso. Quando ero piccola avevo una bambinaia e dopo anch'io fui mandata in collegio. Tuttavia nel mio caso credo che fosse per il mio bene» continuò pensierosa. «La scuola costituì per me un rifugio sicuro, specialmente dopo che Eloise mi prese sotto la sua ala protettrice. Era anche confortante sapere che cosa ci si aspettava da me e come dovevo comportarmi.» Fece un sorriso affascinante e malizioso. «Sfortunatamente non mi comportavo sempre bene.» «Nemmeno io ad Harrow. E dopo la scuola andò anche peggio.» «Io invece migliorai, fino...» «Fino alla notte che avete trascorso con me.» «Sì.» Lui le strinse la mano e poi le accarezzo' la guancia. «Forse è ora che entrambi perdoniamo noi stessi per quell'episodio.» Continuando a guardarlo lei annuì. «Forse.» Galen ritrasse la mano con riluttanza e cercò di alleggerire la tensione che si era creata tra loro. «Dovrò chiedere a Eloise notizie sulla vostra cattiva condotta quando arriverà da Myron.» Verity sgrano' gli occhi. «Sta per venire da Sir Myron?» «Il mio amico è eccitatissimo all'idea che George porterà i suoi segugi. Probabilmente la prossima volta che mi vedrete odorero' di cane. Sono convinto che George dormirebbe anche con loro se Eloise glielo permettesse.» Si fece serio. «Quando mia cugina verrà a farvi visita non la accompagnero'. Così non mi vedrà insieme a Jocelyn, se è questo che vi preoccupa.» «Mi dispiace. Tuttavia credo sul serio che dovremo essere cauti. Eloise è un'amica affettuosa e gentile, ma lei ama...» «Spettegolare? Lo so!» Verity gli rivolse un sorriso riluttante «Se non fosse stata così brava a raccontare le sue storie nessuno sarebbe più tentato di starla ad ascoltare. È stata lei a farvi apparire una canaglia incredibilmente romantica ai miei occhi, sapete.» «Una canaglia forse sì» confessò Galen. «Ma quanto a romantico... No, ero troppo egoista.» I suoi luminosi occhi azzurri lo fissarono. Sarebbe stato meraviglioso poterla avere sempre vicina, vedere quello sguardo e sapere che aveva una persona che riusciva a comprenderlo. E tutto questo dopo essere stato sempre solo e affamato di affetto. «Quando arriveranno?» «Martedì» rispose lui scuotendosi dai suoi sogni a occhi aperti. «Porteranno anche Lady Mary.» Lei si chino' a togliere un filo d'erba dagli stivali. «Davvero?» «Temo sia colpa mia. Ho detto a Eloise che intendevo prendere moglie e sembra che lei abbia già deciso per me quale sarà la mia promessa sposa.» Verity raddrizzo' la schiena. «E voi che cosa pensate della candidata?» Sapeva che era assurdo, ma il suo tono pratico lo secco'. «Suppongo che possa andare.» «Non sembrate molto entusiasta.» Eloise lo è abbastanza per tutti. È convinta che Lady Mary sia la donna che dovrei sposare.» «E voi cosa ne pensate?» «Potrei scegliere donne peggiori, se è questo che intendete.» «Voi non la amate.» Il cuore di Galen accelerò i battiti. «No.» «Allora non avete cambiato opinione da quando vi ho sentito parlare dell'argomento a casa di Eloise.» «Sfortunatamente io penso che l'amore nel matrimonio sia un lusso quasi sempre negato alla nobiltà. Dobbiamo pensare alle ricchezze e al lignaggio prima che ai sentimenti.» «Quindi si tratta di un contratto e niente di più.» «Proprio così» replicò lui a disagio. «Perdonatemi per avervi insultato quella sera.» «Siete stato davvero spiacevole.» «Allora ero in collera con voi.» Verity all'improvviso saltò in piedi. «Jocelyn!» gridò correndo verso la radura. «Jocelyn!» «Che succede?» le domandò Galen alzandosi altrettanto in fretta e seguendola. «Non la vedo più!» «Jocelyn!» la chiamò forte lui. Sentendosi afferrare da un panico che non aveva mai provato, affretto' il passo e oltrepasso' Verity. E se fosse andata vicino al ruscello e fosse caduta in acqua? Il nipote di Guido era annegato in un fiumiciattolo ancora più piccolo di quello. «Sono qui!» Jocelyn sbuco' fuori da dietro un enorme tronco di quercia. Lui le corse accanto e la sollevò tra le braccia, sentendosi felice almeno quanto prima era preoccupato. La bambina rise mentre Galen la faceva roteare in aria. «Mi fate cadere i funghi!» «Ti aiuterò a raccoglierli.» «Non ti avevo detto di non allontanarti dalla mia vista, Jocelyn?» la rimprovero' Verity. «Mi hai fatto spaventare!» «Volevo vedere se potevo trovarne di più e...» «E non ti avevo detto di non muoverti dalla radura?» ripeté la madre. Il suo tono era calmo ma fermo, e la sua espressione severa. Mentre Galen si chinava a recuperare il cesto e raccoglieva i funghi, si sentì ridicolmente felice che lei non stesse rimproverando lui. Era contento anche di non dovere essere lui a riprendere Jocelyn. «Avete detto che non dovevo allontanarmi» rispose Jocelyn con una voce tremula. «Ti rendi conto che mi hai spaventata?» «Si» replicò la bambina tirando su con il naso. Galen si rimise in piedi. «Ma ora è sana e salva, anche se qualche fungo è un po' acciaccato» disse allegramente non volendo che la sua visita finisse con una nota triste, visto che si stava facendo tardi. Il sorriso di Verity era tirato. «Si, va tutto bene. Purché Jocelyn capisca che non deve disobbedire.» «Mi dispiace, mamma.» Verity si addolci'. «Lo so, piccola, lo so.» «Mamma!» la imploro' la ragazzina con un tono e uno sguardo che assomigliava a quello di sua madre solo pochi istanti prima. «Il Duca!» La faccia di Verity si contorse con la più comica espressione di rimorso che Galen avesse mai visto. «Vi prego di perdonarmi» disse rivolgendosi a lui in tono serio. «Non è una bambina, Vostra Grazia. Jocelyn è una giovane signorina.» «Stavo per correggere il vostro errore, perché per me è piuttosto ovvio» replicò Galen con la stessa gravità, come se si trattasse di un argomento da discutere nella Camera dei Lord. «Adesso però devo lasciarvi, anche se con grande rammarico.» Una strana espressione attraverso' il viso di Verity e lui credette di leggervi un certo dispiacere. Si chino' e prese la mano guantata di Jocelyn. «Addio, signorina Davis-Jones.» «Non verrete a trovarci di nuovo?» «Forse, se il Duca non ha altri impegni, potrebbe venire sabato» suggerì la madre. «E resterete per il tè?» Galen inarco' le sopracciglia con aria interrogativa e guardò Verity.

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Capitolo 16
*** 16 Capitolo ***


Verity esitò per un momento che sembrò un'eternità. «Credo che il prossimo sabato il Duca possa restare per il tè.» Lui non sarebbe stato così compiaciuto nemmeno se fosse dovuto andare a cena dal principe reggente. Avere ricevuto quell'invito lo fece sentire felice come non era mai stato. «Bene, mamma!» gridò Jocelyn piena di gioia, e Galen resto' deliziato dal suo evidente entusiasmo. «Comincia a tornare a casa, Jocelyn. Io mi fermo solo un istante a salutare il Duca. Comunque resta sul sentiero dove posso vederti» la avvertì. Galen provò un tuffo al cuore. «Volete ritirare il vostro impegno per il tè?» le chiese piano mentre la bambina correva via attraverso il prato. «Nancy aiuta a pulire la chiesa una volta al mese e il prossimo sabato sarà il suo turno. Credo che possiate venire senza problemi se passate dal bosco, ma vorrei la vostra parola che non direte a nessuno dell'appuntamento» «Non lo farò.» «Suggeriro' anche a Jocelyn che voi potreste essere in imbarazzo se dirà a Nancy o a qualsiasi altro di avervi incontrato oggi perché vi siete smarrito nei boschi. Io... io non voglio metterla in condizione di mentire.» «Nemmeno io.» Si avvicinò come se fosse attirato da una forza irresistibile. Sapeva che non avrebbe dovuto baciarla di nuovo e tuttavia... Verity lo osservò come se anche lei provasse lo stesso bisogno, lo stesso irresistibile desiderio. «Mamma?» «Sto arrivando, Jocelyn» rispose ad alta voce girando sui tacchi e correndo via. Il martedì mattina Galen e Sir Myron andarono a pescare e il Duca fu contento di quella decisione. Se Myron era silenzioso quando erano a caccia, lo era ancora di più mentre cercava di fare abboccare i pesci. Nonostante il desiderio di Galen di essergli amico, la voce tuonante di Myron a volte era stancante. Sarebbe stato diverso se avesse avuto un qualche interesse oltre alla caccia e alla pesca. A quanto sembrava però non era così. Per una volta nella sua vita Galen stava aspettando l'arrivo di George con impazienza, perché lui e Myron avrebbero di sicuro trovato molti argomenti in comune di cui parlare. Anche questa volta i guardiacaccia seguivano il loro padrone e il suo ospite mentre tornavano verso casa, solo che quel giorno portavano le trote che Myron aveva pescato. «La prossima volta avrai migliore fortuna» cercò di consolarlo Myron battendogli una mano sulla spalla. «Le trote saranno più numerose dopo la pioggia.» «Temo di non essere un bravo pescatore, Myron» rispose Galen onestamente mentre si avvicinavano al giardino. «A te piace pescare altre cose, non è vero?» notò il suo compagno facendogli l'occhiolino. Era seccante che Myron non si rendesse conto che lui non era più lo spensierato e leggero giovane intento a sedurre l'intera popolazione femminile d'Inghilterra. «Ti ho detto che non sono più quello di un tempo, Myron.» «Ehi, Vostra Grazia, Sir Myron! Eccovi, finalmente!» gridò Eloise apparendo da dietro una serra come per magia. Indossava un cappellino da cui pendevano una piuma di struzzo e una giacca dal taglio che non donava alla sua figura. «Siamo arrivati poco fa e io ho detto a George che se lui insisteva ad andare subito dalla sua muta di cani io e Mary saremmo venute a passeggiare tra le serre fino a quando voi non foste tornati.» «Da quando vi interessate alla coltivazione degli ananas?» Le domandò Galen in tono serio. Lei fece una smorfia prima di voltarsi. «Vi ho detto che sarebbero arrivati da questa parte» disse rivolta a qualcuno che gli uomini non riuscivano a vedere. Nondimeno Galen era sicuro di sapere di chi si trattasse. E aveva ragione, perché Lady Mary uscì timidamente da dietro la serra dove crescevano le piante di ananas. Era abbigliata in modo perfetto per un giorno d'autunno. Indossava un mantello con cappuccio di una gradazione di azzurro simile al colore del cielo, bordato di velluto scarlatto. Aveva un'aria fresca, giovane e innocente. Lo faceva sentire vecchio, mentre con Verity si sentiva... maturo. «Salve, Vostra Grazia» lo salutò lei con un sorriso timido. «Sir Myron, permettetemi di presentarvi Lady Mary Seddens, la figlia del Conte di Pillsborough» disse Galen notando che l'amico arrossiva come un giovinetto timido e ritroso. Myron prese la piccola mano di Lady Mary mentre lei faceva un inchino, poi esitò e si tirò indietro. «Temo di puzzare di pesce» borbotto' scusandosi. Lady Mary mormorò che non era vero. «Così stavate vagando alla nostra ricerca, cugina?» disse Galen distogliendo l'attenzione delle signore dall'imbarazzato Myron. «Devo dire che si tratta di una piacevole coincidenza che abbiate deciso di arrivare qui nello stesso periodo in cui sono venuto anch'io.» «Non siate sciocco, Galen!» replicò Eloise in tono stridulo, anche se la sua espressione non sembrava affatto scandalizzata. «È una giornata splendida, questo è tutto. Lady Mary e io abbiamo trascorso parecchio tempo in carrozza, perciò perché non fare una passeggiata per venirvi incontro? Quanto alla nostra visita, dovremmo essere noi a stupirci, visto che voi non siete mai venuto a trovare Sir Myron Thorpe prima di ora.» Galen si rese conto che avrebbe dovuto tenere la bocca chiusa circa la tempestività della loro apparizione. «Mi rendo conto di essere stato davvero negligente.» «Ho ordinato alla mia governante di preparare il pranzo. Sono sicuro che la signora Minnigan sarà pronta ormai.» Myron sorrise allegro e poi guardò Lady Mary prima di rivolgersi a Eloise. «Sarò felicissima di camminare al vostro fianco e poi non odorate per niente di pesce» rispose la dama. Si avviò lasciando a Galen il compito di scortare Lady Mary. La giovane osservò Eloise e il suo cavaliere per un momento, poi sollevò gli occhi con una timida espressione d'attesa verso il Duca che si affretto' a offrirle il braccio. «Non stavo vagando in giardino senza meta» si giustifico' posandogli con fare esitante la mano sul gomito. «Non avevo mai visto una serra di ananas prima d'ora ed ero curiosa. Se avessi saputo che voi sareste arrivati da quella parte...» La sua voce si affievoli' in una tosse imbarazzata. Galen dovette rammentare a se stesso per quale ragione era tornato in Inghilterra. Voleva una moglie e voleva una famiglia. Quella donna era giovane, ricca ed era figlia di un Conte. «Volete dire che mi avreste evitato di proposito?» le chiese imprimendo alla voce un tono intimo e seducente. «Devo confessare che questa notizia è molto dolorosa per me.» Un lieve rossore coprì le guance di Lady Mary e le sue dita aumentarono la stretta sul braccio di Galen. Sfortunatamente quel tocco non gli fece alcun effetto e non gli ispirò il minimo desiderio sensuale. Forse avrebbe dovuto metterci maggiore impegno, si disse. «Non può essere vero, Sir Myron!» esclamò all'improvviso Eloise con tale veemenza che anche i guardiacaccia si voltarono. «Che cosa hai detto per offendere in questo modo mia cugina, Myron?» Dopo aver lanciato un'occhiata severa al suo cavaliere, Eloise si rivolse al cugino. «Sir Myron mi dicendo di non avere mai invitato la signora Davis-Jones nel suo casino di caccia. Anzi a quanto pare non la vede da mesi.» «Parlate della vostra amica vedova? Vive qui vicino?» Chiese Galen con falsa ingenuità. «Mi sembra di avervelo accennato una volta.» «Ne siete proprio sicura? Forse si trattava di qualcun altro.» Non era esattamente una bugia, ma a giudicare dall'espressione confusa di Eloise, quella insinuazione bastò a farla dubitare della sua memoria. «In ogni caso non credo che sarebbe venuta se la avessi invitata» borbotto' Myron con l'aria di essere profondamente a disagio. «Ci conosciamo, naturalmente. So che aspetto ha e ho qualche notizia della sua famiglia.» Galen decise che doveva intervenire in soccorso dell'amico. «Siete stata voi a dirmi che la signora Davis-Jones non accetta inviti, Eloise.» «Ma questo non significa che non avrebbe dovuto chiederglielo!» dichiarò la cugina che sembrava determinata a ricordare a Thorpe i suoi doveri.

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Capitolo 17
*** 17 Capitolo ***


Eloise sembrava determinata a ricordare a Thorpe i suoi doveri di buon vicinato da parte della sua amica Verity Davis-Jones, anche a costo di dimenticare che era un'ospite. «Adesso che ho compagnia la chiamerò di sicuro. Darò una cena e lei sarà inventata» replicò Myron con estrema risolutezza. Il cuore di Galen fece un balzo al pensiero di vedere Verity un'altra volta. Anche il suo braccio doveva essersi mosso perché Lady Mary gli lanciò un'occhiata sorpresa. «Si è trattato di uno spasmo nervoso» le sussurro' lui in tono confidenziale. «Ho una profonda avversione per le vedove.» Lady Mary annuì. «Anch'io. Fanno sembrare tutto malinconico e la signora Davis-Jones è così... severa.» ammise. Era l'impressione che Verity poteva fare a chi non la conosceva bene, riflette' Galen. «Non ha avuto una vita facile» disse Eloise con un accenno di rimprovero nel suo tono. Galen applaudi' in silenzio la cugina per avere preso le difese dell'amica. Odiava non poterlo fare di persona. Ma sfortunatamente la determinazione di Verity nel nascondere i loro rapporti lo obbligava a tenere a freno la lingua. «Vi assicuro che era molto diversa quando era giovane» continuò Eloise. «Escogitava sempre delle trovate davvero ingegnose per vendicarsi delle nostre insegnanti a scuola. Per esempio fu lei a farsi venire l'idea di spargere della melassa per le scale come se si fosse versata per caso e poi di gridare "Al fuoco! Al fuoco!" Con quanto fiato aveva in gola. Mio Dio! Non potete immaginare il trambusto che seguì quando tutte cominciarono a correre, chiamandoci perché scappassimo, e scivolarono sui gradini!» Mentre Eloise rideva al ricordo, Galen immagino' Verity da bambina, con gli occhi azzurri che brillavano maliziosi come quelli di Jocelyn. «Mi sembra spaventoso» disse Lady Mary. «Io non avrei mai fatto niente di tanto terribile.» No, acconsentì Galen mentalmente. Non credeva che quella giovane timida e ingenua fosse capace di ideare e portare a termine uno scherzo del genere. Non aveva dubbi sul fatto che fosse stata una bambina tranquilla, obbediente e piuttosto noiosa. Probabilmente sarebbe stata una moglie altrettanto tranquilla, obbediente e noiosa. «Sarò felice di invitarla» disse Myron. «Meraviglioso! Ero certa che foste un gentiluomo» approvò sorridendo Eloise. «E sarò ben lieta di portare l'invito di persona, non appena deciderete il giorno e l'ora.» «Quando vi aggrada, Lady Bodenham» replicò Myron con galanteria. «Non so niente di cene e feste, perciò spero di poter contare sul vostro aiuto, e anche su quello di Lady Mary, naturalmente» concluse lanciando un'altra timida occhiata alla dama al braccio di Galen. «Molto bene» rispose Eloise, dal momento che non era mai così felice come quando doveva organizzare una festa. «Insistero' perché intervenga. Non credo sia un bene per una donna gettarsi via solo perché suo marito è morto.» «Forse preferisce rimanere da sola con i suoi ricordi» suggerì Lady Mary mentre si avvicinavano alla casa. «Se una moglie è molto innamorata del marito, dopo la sua morte non ha voglia di intrattenere rapporti sociali.» Rivolse un altro sorriso timido a Galen e lui sentì che il cappio attorno al suo collo si stringeva. «Allora deve essere spronata a farlo» dichiarò Eloise. «Non è salutare stare rinchiusi tutto il giorno e quando penso a come sapeva essere divertente Verity mi convinco sempre di più che non deve esserle permesso di annegare nel proprio dolore.» «Non avevo idea che foste un'esperta nel curare la sofferenza, cugina» disse Galen incapace di restare in silenzio, anche se riuscì a mantenere un tono tranquillo in contrasto con tutta la sua collera interiore. «A dire il vero, non lo sono! Se lo fossi stata non vi avrei permesso di segregarvi lontano da tutti per tutto quel tempo» replicò la cugina lanciandogli un'occhiata piena di sottintesi. «Eloise» la mise in guardia Galen. «E va bene, non vi critichero'. Ma almeno Verity aveva una valida ragione per allontanarsi dalla società. Non lo ha fatto solo per un capriccio.» Galen sorrise, ma solo con le labbra. «A quanto pare mi conoscete davvero bene, cugina. Così io sarei vissuto dieci anni in Italia per un semplice ghiribizzo?» «Perché avete lasciato l'Inghilterra, allora?» Mentre Lady Mary e Myron si scambiavano degli sguardi stupiti, Galen si maledi' per avere permesso a Eloise di stuzzicarlo. «Come avete detto, per un capriccio. Una volta lì la sola idea di tornare mi metteva sempre un gran pensiero e solo la morte di mio padre mi ha persuaso a farlo.» «Questo mi ricorda quella volta in cui il Duca mise dello sterco di cavallo sul chiavistello della porta del preside» esordì all'improvviso Myron. «Poi nascose tutte le candele costringendo il poveraccio ad avanzare a tentoni lungo il corridoio. Quando posò la mano sulla maniglia emise il grido più terribile che io abbia mai udito. Sembrava un toro imprigionato in un recinto.» Lady Mary arriccio' il naso ed Eloise si acciglio'. «Avresti potuto scegliere un episodio più divertente, Myron» disse Galen ringraziando mentalmente il suo amico per avere cercato di cambiare argomento anche se aveva raccontato una storia poco adatta alle orecchie di due dame. «Ero molto giovane» aggiunse come per scusarsi con le signore. «Avevi quindici anni!» protesto' Myron. «Proprio così» convenne Galen. «È evidente che ero un quindicenne davvero immaturo.» «Rabbrividisco al pensiero di quello che avreste potuto escogitare voi e Verity se vi foste conosciuti allora» osservò Eloise. «Già» replicò il cugino allegro mentre salivano i gradini che conducevano alla terrazza davanti all'ingresso. «E se credete che ne valga la pena, invitate pure la vostra amica vedova, Eloise. Non sembrava trovarsi molto a suo agio in compagnia quando l'ho incontrata a casa vostra, ma naturalmente qui ci sarà un gruppo di persone molto più ristretto e selezionato» disse implicando che Verity avrebbe rovinato la serata se Eloise avesse insistito a volerla lì e sperando di distruggere qualsiasi minimo dubbio la cugina potesse avere avuto sul fatto che fosse venuto da Myron a causa di Verity. «Adesso se voi signore volete scusarmi, andrò a lavarmi e a cambiarmi.» «Anch'io. Vi porgo le mie scuse» gli fece eco Myron con un inchino. «Io invece credo di dovere andare a vedere che cosa sta facendo George» commento' Eloise con un lungo sospiro. Lady Mary restò così sola e meditabonda a passeggiare sulla terrazza. Il sabato pomeriggio Verity era seduta nel suo salotto e faceva finta di rammendare un paio di calzini in attesa dell'arrivo di Galen. A dire il vero non fingeva. Stava cercando sul serio di prestare attenzione al compito che si era prefissa. Sfortunatamente i punti irregolari che aveva messo assomigliavano molto ai primi titubanti tentativi di Jocelyn. Lanciò un'occhiata alla figlia. Era seduta sul divano con i piedi penzoloni e stava leggendo un libro, ma i suoi occhi sempre più di frequente erano rivolti verso la finestra, come quelli di Verity del resto. Il che significava che stava agendo in modo immaturo, come se fosse una ragazzina di dieci anni, si disse severa. E come la figlia, anche lei aveva deciso di indossare uno dei suoi abiti migliori. Era nero naturalmente, ma aveva un taglio alla moda e le maniche lunghe aderenti, a differenza della maggior parte dei suoi vestiti da lutto. L'abito di Jocelyn era bianco e Verity le aveva permesso di mettere un nastro rosa tra i capelli. Erano trascorsi più di due anni dalla morte di Daniel, perciò un po' di colore non era negato. Inoltre Jocelyn lo aveva chiesto con tanta dolcezza, affermando che voleva avere il suo aspetto migliore per il Duca, che lei non aveva avuto cuore di negarglielo. Ancora una volta tentò di concentrarsi sul rammendo. «Pensate di risposarvi, mamma?» Verity sobbalzo' e si punse con l'ago. «Come mai mi fai questa domanda?» le domandò. «Me lo stavo solo chiedendo.» Verity tornò a concentrare l'attenzione sul suo lavoro.

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Capitolo 18
*** 18 Capitolo ***


«No, non credo che mi risposero'.» rispose Verity alla domanda di sua figlia. «Perché no?» Le guardò di nuovo la figlia, questa volta con estrema calma. «Tu amavi tuo padre e non pensi che qualcuno possa prendere il suo posto, vero?» Jocelyn si strofino' il naso. «Certo che no, mamma» disse dopo averci riflettuto a lungo. «Ma io so che vi sentite sola» «Ho te e Nancy e questo mi basta.» «Il Duca è terribilmente simpatico» disse la ragazzina con impazienza. «E poi è attraente. Io credo che voi gli piacciate molto e anch'io. Inoltre è ricco. Se vi chiedesse di sposarlo, lo fareste?» «Non me l'ho chiederà mai» replicò Verity con un con un sorriso tirato. «Credo che stia per domandare in moglie Lady Mary Seddens, la giovane ricca figlia di un Conte.» Jocelyn corrugo' la fronte con profondo disappunto. «Oh!» «Voglio che tu mi prometta che non farai al Duca nessuna domanda su questo argomento quando arriverà, Jocelyn.» «Ma...» «Jocelyn?» «Va bene, lo prometto.» «Bene.» Verity cercò di infilare l'ago. Continuò a provare fino a quando sentì l'impellente bisogno di gridare per la frustrazione. «Ma lui vi piace, vero mamma?» «Chi, cara?» le chiese bagnando l'estremità del filo tra le labbra. «Il Duca, naturalmente.» Lei si rese conto di avere più problemi del previsto con quel dannato filo e si chiese se la sua vista non cominciasse ad affievolirsi. «Mi piace.» «Se doveste sposarvi di nuovo, non vorreste qualcuno come lui?» Verity si arrese e guardò sua figlia. «Sì, se lo amassi.» «Se voi sposaste qualcuno come il Duca, noi non dovremmo essere più gentili con lo zio Clive e la zia Fanny.» «Noi dovremmo sempre essere gentili con lo zio Clive e la zia Fanny» replicò lei mettendo il calzino rammendato nel cestino da lavoro ai suoi piedi. «Loro sono i nostri unici congiunti.» Poi udirono il rumore che stavano aspettando di sentire da almeno un'ora. Un cavallo stava avanzando sul vialetto. La bambina mise via il suo libro e corse alla finestra. «È lui! È il Duca!» Verity si alzò in piedi. «Vieni via dalla finestra, Jocelyn.» «Ma io voglio vedere...» «Vieni via dalla finestra. Una signora deve cercare di moderare la sua eccitazione.» Belle parole di cui avrebbe dovuto cercare di tenere conto lei stessa, si rammarico' Verity mentre la figlia obbediva senza curarsi di nascondere la sua espressione imbronciata. «Fatti vedere» le disse osservando l'abbigliamento e la pettinatura della bambina. «Ti sei lavata le mani e dietro le orecchie?» «Perché il Duca dovrebbe guardare dietro le mie orecchie?» Domanda eccellente. «Voglio solo essere sicura che ti sia preparata con cura. Lascia che ti sistemi la fascia attorno alla vita.» «Ma mamma...!» «Ci vorrà solo un momento e il Duca dovrà legare il suo cavallo. Inoltre ricorda le raccomandazioni che ti ho fatto riguardo alle domande che non devi mai fargli.» Con evidente riluttanza, Jocelyn si sottomise alle cure della madre. Quando ebbe finito, la ragazzina fece una piroetta e la guardò con gli occhi azzurri pieni di eccitazione. «Credete che gli piacerà la crostata?» «Sono sicura di sì. Hai fatto davvero un buon lavoro» la lodo' lei. Si sentì bussare all'ingresso principale. «È lui!» gridò Jocelyn cominciando a correre verso l'atrio. «Jocelyn» la chiamò la madre sentendosi la gola arida mentre seguiva la figlia a un'andatura più calma. «Una signora non corre.» Se fosse stata onesta avrebbe dovuto aggiungere che dubitava di riuscire a correre anche se avesse voluto, dal momento che le tremavano le ginocchia. «Buongiorno!» esordì Jocelyn spalancando la porta e guardando Galen Bromney con un'espressione raggiante. «Buongiorno, signorina Davis-Jones. Buongiorno signora Davis-Jones» rispose lui facendo un inchino. «Entrate, vi prego» replicò Verity rigida cercando di mantenersi calma. Mentre lui oltrepassava la soglia, lei ebbe l'impressione di avere appena permesso a un uragano di entrare. «Complimenti. Avete una casa davvero incantevole.» «Grazie. Volete accomodarvi in salotto, Vostra Grazia?» «Con immenso piacere.» Jocelyn corse avanti, mentre Verity lo precedette indicandogli la strada e assumendo un contegno dignitoso nonostante fosse conscia della presenza dell'uomo alle sue spalle. Gli indicò un divano davanti alle finestre. L'attenzione di Galen si fissò sul ritratto di Daniel che pendeva sopra il caminetto tra due candelabri d'argento. «Quello è il mio papà» gli spiegò Jocelyn. «Sembra... simpatico» commento' Galen sedendosi. Verity occupò la sedia di fronte a lui. «Era molto simpatico» preciso' la bambina. «Volete vedere il mio libro?» gli chiese sollevandolo. Verity desidero' che Galen focalizzasse lo sguardo altrove, invece che continuare a spostarlo da lei al ritratto. Mi piacerebbe molto e tu potresti spiegarmi di cosa si tratta» rispose lui. «Siediti accanto a me, così potrò vedere anche i disegni.» Con un sorriso allegro e senza la minima traccia di timidezza o esitazione, Jocelyn fece come Galen le aveva suggerito. Gli si accoccolo' vicino e Verity lo vide irrigidirsi. «Non infastidire il Duca, Jocelyn.» «Va tutto bene» replicò lui con una punta di asprezza. Lei si pentì all'istante delle sue parole. Non voleva fargli credere che non approvava quella vicinanza con la sua bambina. Jocelyn aprì il suo libro prediletto, un dono che gli aveva fatto Daniel poco prima di morire. «Si tratta di Alì Baba'.» «Perché non me lo leggi?» le suggerì Galen tornando ad occuparsi di sua figlia. La ragazzina gli rivolse un altro luminoso sorriso e poi cominciò a leggere. Nel frattempo Verity non provò nemmeno a cucire. Si mise invece a scrutare Galen che ascoltava attento, con la testa scura vicino a quella di Jocelyn, mentre osservava le illustrazioni. Lei aveva sempre pensato che Galen Bromney sarebbe stato fuori dal suo elemento quando si fosse trovato in compagnia di una bambina. Tuttavia il suo comportamento a Potterton Abbey e quello di adesso dimostravano che si era sbagliata. Era meraviglioso con Jocelyn ed era evidente che anche lei era felice di trovarsi insieme a lui. Che c'era di tanto sorprendente? Si chiese. Avevano lo stesso sangue, anche se Jocelyn non lo sapeva. Forse tra loro esisteva un legame che neppure la non consapevolezza e la distanza potevano distruggere. Se solo lei e Galen avessero potuto ricominciare tutto da capo! Se solo non fosse stata così impetuosa e avventata. Ma in quel caso non avrebbe avuto Jocelyn e se non fosse stato per la bambina lui non sarebbe tornato nella sua vita. Tuttavia il Duca non sarebbe potuto essere per loro niente di più che un amico occasionale. Cercò di scuotersi dai suoi pensieri e si alzò. «Vado a preparare il tè. Gradite una fetta di crostata, Vostra Grazia? L'ha fatta Jocelyn.» Galen rivolse un sorriso deliziato alla figlia. «Sarebbe meraviglioso. Sono sicuro che è buonissima.» «Lo è» replicò la bambina con sincerità. «Però ho versato un po' di marmellata e Nancy si è arrabbiata.» «Nancy? Ci è Nancy?» domandò il Duca con un tono severo che indusse Verity ad attendere prima di uscire dalla stanza. «Nancy è la nostra domestica.» «Che cosa fa quando si arrabbia con te?» «Mi fa sedere in un angolo per molto tempo.» «Nient'altro?» «A volte, se sono stata molto cattiva, non mi fa mangiare la marmellata con il pane a cena» si lamento' Jocelyn guardandolo con fare timido e indignato nello stesso tempo, come se volesse appellarsi al suo senso di giustizia e tuttavia non fosse certa della sua solidarietà. Le spalle del Duca si rilassarono. «Io cerco di essere quasi sempre buona» si affretto' ad aggiungere la bambina. «Ma a volte sento di dover fare qualcosa e non mi fermo a pensare se mi sto comportando bene oppure no. Quando me ne rendo conto, è troppo tardi e non c'è nient'altro che possa fare se non dire che mi dispiace.» «Mi sembra un discorso molto serio.» Jocelyn lo osservò con un'espressione interrogativa.

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Capitolo 19
*** 19 Capitolo ***


«Non vi capita mai di fare qualcosa che altre persone possono considerare cattiva? Non sentite di doverle fare se non volete scoppiare? Chiese Jocelyn al Duca. «Devo confessarti che anch'io sono colpevole di avere agito spesso in modo avventato senza fermarmi a riflettere» disse Galen con estrema onestà lanciando a Verity un'occhiata che le fece accelerare i battiti del cuore. «Quali cose cattive avete fatto?» Jocelyn si acciglio' e piegò la testa. «Non voglio dirvelo!» «Spero che non si tratti di tradimenti o crimini del genere.» «No!» «Sei forse un pericoloso bandito?» «No.» «Fai irruzione nelle case altrui o sfili borsellini dalle tasche?» «No.» rispose lei ridendo. Lui tirò un sospiro di sollievo. «Sono molto felice di sapere di non essere in compagnia di una incallita criminale» commento' serio. «E credo che Nancy ti sia molto simpatica, anche quando è arrabbiata.» «Io le voglio bene!» dichiarò Jocelyn con enfasi. Galen cercò di convincersi che non aveva il diritto di essere geloso. Jocelyn non aveva neanche sentito parlare di lui fino a un mese prima, mentre era probabile che conoscesse Nancy fin dalla nascita. «So che non è educato lasciare un ospite da solo, ma avrei bisogno dell'aiuto di mia figlia per portare il necessario per il tè» disse Verity. «Vi offro la mia umile assistenza» disse lui alzandosi. «So come far bollire l'acqua e mi piacerebbe venire con voi in cucina.» «Molto bene» replicò lei con il sorriso tipico di una ragazzina abituata a fare scherzi alle sue insegnanti. «Sono curiosa di vedere un Duca in cucina.» Per tutta risposta Galen fece un elegante inchino. «Cercherò di comportarmi in modo da non gettare la vergogna su di me, se mi mostrerete la strada.» «Seguitemi, Vostra Grazia.» «Con gioia» mormorò lui obbedendo. «Possiamo usare il servizio migliore?» chiese Jocelyn schizzando davanti a loro lungo il corridoio. «Per un Duca non potremmo usare niente altro.» «Saltella sempre in quel modo che sembra danzare?» chiese tranquillo Galen. Verity cercò di non pensare a quanto fosse vicino. «Lo fa quando è felice. A quanto pare, voi avete questo effetto su di lei.» «Sono contento di sapere che Jocelyn non mi trova insopportabile.» «È probabile che arrivi il giorno in cui potreste pentirvi delle vostre parole» replicò Verity con una punta di malinconia. «A volte sa essere davvero molto ostinata.» «Anch'io.» Le posò una mano sul braccio per farle rallentare il passo e le sue dita si strinsero attorno al suo avambraccio. «Non mi ha dato fastidio che mi si sia seduta così vicina.» «Vi siete irrigidito» replicò lei desiderando che comprendesse il motivo per cui aveva ripreso Jocelyn. «È vero che non sono abituato a una tale familiarità.» Le rivolse un sorriso sardonico e doloroso nello stesso tempo. «La sola intimità che abbia mai conosciuto durante i miei trent'anni di vita è quella che abbiamo condiviso anche noi due.» Una intimità che Verity ricordava anche troppo bene. «Mi dispiace per voi.» «Vi assicuro che è stato ancora più spiacevole vivere in questo modo.» I loro sguardi si incontrarono e rimasero allacciati per un breve istante e in quel momento lei si sentì come se il mondo si fosse capovolto. Comprese che l'amore, un sentimento tenero e devoto, si era fatto strada nel suo cuore superando le barriere create dagli anni e dalle esperienze. La mano di Galen le lasciò il braccio e Verity si sentì sul punto di perdere l'equilibrio. «Perché ci mettete così tanto, mamma?» chiamò Jocelyn. Sentendosi come se fosse stata svegliata di colpo, lei si affretto' a entrare in cucina, un'ampia stanza con le pareti candide, fornita di tutte le comodità, dove Nancy di solito regnava con dispotica autorità. La visione che comparve davanti ai suoi occhi la fece sussultare. Sua figlia era in bilico sopra uno sgabello e stava tentando di afferrare un vassoio situato sul ripiano superiore di una credenza. «Jocelyn!» gridò Verity affrettandosi ad aggirare il grande tavolo da lavoro di legno di pino per afferrarla alla vita. «Che stai facendo?» «La crostata di lamponi è quassù.» «Avresti dovuto aspettare. La prenderò io quando sarà il momento di servirla» le disse lei depositando la bambina sul pavimento di pietra. «Volevo solo prenderla per farla vedere al Duca» mormorò Jocelyn chinando la testa. «Saresti potuta cadere» disse Galen severo fermandosi al fianco di Verity. Vedendo che il labbro della bambina cominciava a tremare, lui si piegò su un ginocchio. «Se fossi caduta avresti potuto ferirti e io sarei stato molto triste, soprattutto perché ti saresti fatta male cercando di prendere un dolce da offrire a me.» Si alzò e prese il vassoio coperto. «E che sarebbe accaduto se fosse finita a terra anche questa delizia frantumandosi in mille pezzi? Sarebbe stata una vera tragedia!» Quel commento fece sorridere Jocelyn, mentre Verity ricordò all'improvviso il motivo per cui si trovavano in cucina e andò a riempire d'acqua il bricco. «Fermatevi!» All'ordine di Galen, lei si immobilizzo' con il braccio a mezz'aria. Poi lui fece l'occhiolino alla bambina facendo dissolvere la tensione che per un momento aveva riempito la stanza. «Se mi permettete, signora, penserò io a far bollire l'acqua» disse in tono che non ammetteva repliche. «Ve bene» acconsentì lei. Galen le tolse di mano il bricco e nel farlo le loro dita si sfiorarono. Lui si schiari' la gola. «Bene. Come ho detto, so fare bollire l'acqua» osservò. «Sfortunatamente questa è l'unica cosa che so fare.» «Se sapete far bollire l'acqua, allora dovete essere capace anche di far bollire un uovo» notò Jocelyn. «A dire la verità nessuno me lo ha mai insegnato e quando penso a tutte le volte che ho desiderato un uovo lesso e mi sono ritrovato senza neanche un servitore che me lo cucinasse...» Sospirò con aria afflitta. Tuttavia nei suoi occhi luccicava una luce canzonatoria mentre metteva il bricco sul fuoco. «Io so come fare bollire un uovo» disse Jocelyn con orgoglio. «È difficile?» Chiese il Duca. Verity soffoco' un sorriso mentre preparava le tazze, il vassoio e tutto il necessario per il tè. «Per niente! Possiamo cuocere un uovo per il Duca, mamma?» «Sì, certo» replicò Verity. «Vai a prenderne uno in dispensa. Io intanto preparo la casseruola.» Jocelyn corse fuori dalla stanza mentre Verity si avvicinava alla fila di lucide pentole appese al muro e ne sceglieva una adatta per un solo uovo. Lanciò un'occhiata a Galen da sopra le spalle e si accorse che stava osservando la batteria e l'adiacente forno. «Tutta questa attrezzatura sembra molto moderna» commento' lui. «Daniel voleva il meglio.» «Oserei dire che lo aveva.» Verity prese una casseruola e si voltò a guardarlo. «Nondimeno le nostre abitudini debbono sembrarvi piuttosto rozze e campagnole.» «Al contrario, io vi invidio.» «Voi invidiate me?» Lui annuì lentamente. «Invidio la vostra incantevole dimora e la vostra vita semplice. Invidio i vostri amici, perché anche Eloise è dalla vostra parte e non sono molte le persone per cui sarebbe disposta a farlo.» Girò attorno al tavolo per avvicinarsi. «Più di ogni altra cosa, vi invidio tutto il tempo che avete trascorso insieme a Jocelyn.» Lei arrossi' e la sua presa sul manico della pentola si fece più serrata. Le sembrava quasi di sentire quelle labbra sensuali sulle sue e la forza delle sue braccia che la stringevano. «Galen, io...» «Ho portato il più grande che sono riuscita a trovare!» annunciò Jocelyn sulla porta. «Che cosa dobbiamo fare ora?» chiese lui avvicinandosi alla ragazzina dopo avere schivato un cesto di patate posato accanto alle gambe del tavolo. «Per prima cosa prendiamo una casseruola.» «Prendo la casseruola» ripeté Galen. Afferrò quella che Verity gli porgeva senza guardarla e lei gli fu grata per averle risparmiato un altro momento imbarazzante.

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Capitolo 20
*** 20 Capitolo ***


Jocelyn proseguì con i suoi insegnanti al Duca. «Adesso riempite la casseruola con l'acqua del secchio fino a quando non basterà per ricoprire completamente l'uovo.» «Abbastanza acqua da ricoprire l'uovo» recitò lui serio come se si trattasse di istruzioni per la preparazione di un medicamento. Allungò la pentola verso Jocelyn che teneva ancora l'uovo in mano. «Adesso vi metto l'uovo e poi portiamo la casseruola sul fuoco. Aspettiamo che l'acqua cominci a bollire e dopo qualche minuto immergiamo l'uovo lessato nell'acqua fredda del secchio» terminò con aria trionfante. «Ho capito» disse Galen facendo come gli era stato detto e posando la pentola sul fornello a carbone. «Quindi adesso dobbiamo attendere che l'acqua cominci a bollire.» «Nel frattempo, io e Jocelyn sistemeremo la crostata e il necessario per il tè su un vassoio da portare in salotto.» «Non possiamo restare qui?» chiese Galen speranzoso. «Sono stanco di formalità.» «Ma voi siete un Duca!» protesto' Jocelyn. «Può essere, ma non ho mai avuto il piacere di prendere il tè in cucina.» «Ma non credo...» «Jocelyn, il Duca è nostro ospite. E io che cosa ti ho sempre detto a proposito degli ospiti?» «Va bene.» Galen non aveva idea di quali precise istruzioni Verity avesse dato alla figlia in merito al trattamento degli ospiti, ma sospettava che fosse qualcosa circa il dovere di soddisfare qualsiasi loro desiderio e di questo fu felice. Aveva detto la verità. Non aveva mai avuto il piacere di prendere il tè in cucina. Inoltre quella particolare stanza gli piaceva molto, con la sua aria comoda e informale. Gli piaceva il modo in cui era attrezzata, gli piacevano gli odori del prosciutto affumicato e delle cipolle che pendevano dai travi. Gli piacevano i vasi di fiori sul davanzale della finestra. Ma più di tutti gli piaceva la compagnia, anche se era sconcertato come non lo era mai stato. Aveva creduto di non rischiare nulla a tornare in Inghilterra dopo dieci anni. Era sicuro che ormai la sua reputazione fosse stata dimenticata. Invece aveva scoperto che nel momento stesso in cui era ricomparso le sue imprese erano tornate sulla bocca di tutti. Tuttavia avrebbe anche potuto imparare a conviverci. Si era anche convinto di avere cancellato molte cose del suo passato. Aveva creduto di avere scordato il modo in cui si era sentito quando Verity era entrata nella sua camera, la morbidezza della sua pelle, la dolcezza delle sue labbra. Era certo di non ricordare il suo mormorio roco di desiderio quando la aveva baciata per la prima volta o il calore che aveva attanagliato il suo corpo quando lei si era sfilata la camicia da notte. Pensava di aver dimenticato i suoi occhi azzurri infiammati di passione o il modo in cui il suo sorriso timido sembrava penetrare fino in fondo alla sua anima per riportarla a una vita vibrante. Che pazzo era stato! E desiderava di non avere mai visto il ritratto di Daniel Davis-Jones. Se lo immaginava vecchio e fragile, oppure grasso e flaccido. Invece lo aveva turbato rendersi conto che Daniel Davis-Jones era un uomo asciutto e ben fatto con degli amichevoli occhi scuri sotto le ciglia grigie. Quel tizio aveva spalle ampie, nessun accenno di grasso e delle mani virili. Mani che avevano accarezzato Verity. E lo avevano fatto intimamente. Galen si alzò con un movimento brusco. «Credo che sia ora di controllare l'acqua» disse alle sue stupite compagne, a mo' di spiegazione per il suo strano comportamento. «Non voglio essere negligente proprio la prima volta che faccio bollire un uovo» Jocelyn e Verity si scambiarono un sorriso e un'altra fitta di dolore gli attanaglio' il cuore. Che cosa non avrebbe dato perché quella potesse essere la sua casa, pensò avvicinandosi ai fornelli. E quelle sua moglie e sua figlia, quest'ultima consapevole che lui era suo padre. I suoi occhi si annebbiarono mentre scrutava l'acqua nella pentola. "Cerca di darti un contegno, Galen", si disse in silenzio. "I gentiluomini non piangono". «Sta bollendo?» chiese Jocelyn posando il vassoio con la crostata e leccandosi con un gesto furtivo un po' di marmellata dalle dita. «Non ancora, ma credo che l'acqua per il tè sia ormai pronta. Vi dispiace se apro la finestra?» domandò a Verity. «Sento piuttosto caldo.» «Anch'io» mormorò lei, senza alzare gli occhi a incontrare il suo sguardo. «Il bricco bolle, mamma!» gridò Jocelyn e Verity si affretto' verso il fornello come se fosse felice di quella distrazione. «E anche l'acqua per l'uovo» osservò. Galen si scosse. «Allora adesso lo tolgo e...» «Aspettate!» lo fermò Verity mentre lui stava per afferrare il manico della pentola con la mano nuda. «Così vi brucerete.» «Buon Dio! Quanto sono stupido» borbotto' lui mentre lei, minuta di uno strofinaccio, stava per occuparsi dell'uovo. «No, vi prego. Datemi solo il panno» le disse. «Mi piacerebbe fare tutto da solo, se non vi dispiace. In caso contrario mi sentirei un totale incapace, come se non mi restasse altro che condurre la vita del tutto inutile di un aristocratico.» Verity gli porse il pezzo di tessuto. «Non credo sia possibile per voi sentirsi inutile.» «Perché no?» le chiese lui avvolgendosi la mano con lo strofinaccio. «Fino a questo punto della mia vita non sono stato poi molto utile.» «Ma voi siete un Duca!» esclamò Jocelyn vicino alla crostata. «E tu sei una ragazzina che si troverà nei guai se continuera' a infilare le dita nella marmellata» osservò Verity severa. «Non l'ho fatto!» protesto' la bambina. «Non ti crediamo, non è vero, Vostra Grazia?» «Certo» replicò pronto lui, incapace di resistere a quella certa complicità che si era creata tra loro, anche se non era affatto contento di sentirsi chiamare con il suo titolo nobiliare. «Tuttavia, Jocelyn, devo precisare di non avere fatto niente per guadagnarmi il titolo tranne essere il figlio maggiore di mio padre» continuò sollevando con attenzione la pentola e sistemandola sulla mensola. «Due dei miei fratellastri hanno ricevuto un'educazione più raffinata della mia e sono più giovani. Adesso che cosa devo fare?» «Prendete quel cucchiaio di legno e sollevate l'uovo, poi mettetelo con attenzione nel secchio» ordinò Jocelyn. Galen annuì e mordendosi un labbro eseguì alla lettera le istruzioni della bambina. Quando l'uovo fu depositato nell'acqua fredda, guardò la sua giovane insegnante. «È tutto?» «È tutto! A parte prenderlo e togliere il guscio.» «Certo, naturalmente» lui sollevo' l'uovo e lo mise in un piatto prima di sedersi sulla panca. Madre e figlia avevano preparato la tavola con delicati piatti e tazze di porcellana, tovaglioli candidi e cucchiaini d'argento. «Il tè è pronto ora» disse Verity sedendosi di fronte a lui e accanto a Jocelyn che si trovava vicino alla crostata la cui marmellata era stata con tutta evidenza già assaggiata da dita golose. Verity prese una tazza. «Tè, Vostra Grazia?» domandò con un tono così formale che sembrava si trovassero a Buckingham Palace e lei fosse la duchessa. Una duchessa. «Sì, grazie» replicò lui con altrettanta cerimoniosita'. «Gradite lo zucchero?» «No, grazie.» «Latte?» «No, preferisco berlo al naturale.» Lanciò un'occhiata a Jocelyn. «Semplice» sussurro' con un angolo della bocca facendola ridere. Mentre gli porgeva il tè, Verity lanciò alla figlia una occhiata penetrante indicandole la crostata. «Gradite una fetta di dolce, Vostra Grazia?» chiese la ragazzina. «Ne sarei deliziato. Ha un aspetto incantevole» rispose Galen con sincerità allungando la mano e scegliendone un pezzo vicino a quello che sembrava essere stato oggetto di esplorazione da parte del dito della bambina. «Nancy mi ha aiutato, ma io ho fatto la maggior parte del lavoro» disse Jocelyn orgogliosa mentre la assaggiava. Il Duca di Deighton aveva mangiato molte pietanze sopraffine in Inghilterra e all'estero, ma era convinto di non avere mai assaggiato niente di così buono come la crostata della figlia e la lodo' con sincero affetto.

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Capitolo 21
*** 21 Capitolo ***


Jocelyn arrossi' di piacere al complimento ricevuto da Galen, ma lui si rese conto che Verity aveva un'espressione sconcertata. La guardò con aria interrogativa mentre Jocelyn mordeva la sua fetta di crostata con genuino appetito. «Quando avrai finito di mangiare puoi andare a prendere dell'altro latte in dispensa, Jocelyn. Poi ti permettero' di bere un po' di tè» le disse la madre. La ragazzina ingoio' un altro pezzo di dolce e poi fissò Galen con un'occhiata incuriosita. «Avete dei fratelli?» gli domandò. «Non con la bocca piena» la riprese Verity tranquilla, in modo completamente diverso dal tipo di rimprovero che lui aveva spesso ricevuto dal padre. «Ho tre fratellastri» rispose allungando la mano per prendere un'altra fetta di crostata. «Si chiamano Buckingham, Warwick e Huntington. Buckingham è in marina, Warwick nell'esercito e Huntington va ancora a scuola.» «Sono nomi piuttosto buffi» commento' Jocelyn pulendosi la bocca con il tovagliolo. «Insoliti» la corresse Verity con dolcezza e ancora una volta Galen fu colpito dal suo gentile metodo di emendare gli errori della figlia. «È vero» replicò lui. «La mia matrigna li ha scelti perché sono collegati alle famiglie nobili con cui è imparentata.» «Mi piacerebbe avere un fratello o una sorella» affermò Jocelyn un po' rattristata. «Forse un giorno il tuo desiderio verrà esaudito.» «Com'è possibile, dal momento che mio padre è morto? A meno che la mamma non si risposi...» «Vai a prendere il latte per favore, Jocelyn» la interruppe Verity mentre un lieve rossore le imporporava le guance. Continuò ad arrossire per tutto il tempo che la bambina impiegò a uscire dalla stanza. «Non avevo intenzione di rammentarle della sua perdita» disse Galen chiedendosi nel frattempo che cosa avrebbe pensato Jocelyn se si fosse offerto di sposare la madre. Non sembrava trovare irragionevole l'idea che la madre si risposasse e a quella consapevolezza lui provò un sincero piacere. Poi si rese conto che il rossore di Verity era scomparso e lei lo stava guardando con un'espressione critica. «Non dovreste adularla.» «Quando lo avrei fatto?» «Quando le avete detto che la sua crostata era il dolce più buono che aveste mai assaggiato.» «È vero» protesto' Galen. Lei gli lanciò un'occhiata scettica. Era passato molto tempo dall'ultima volta che qualcuno aveva guardato il Duca di Deighton senza deferenza o soggezione e la cosa gli piaceva. Avrebbero potuto essere una qualsiasi coppia di marito e moglie che stava discutendo di un semplice disaccordo domestico. Pensò a Guido e ad Angela e provò un improvviso desiderio di mettersi a cantare. «I cibi semplici mi piacciono molto di più di quelli troppo elaborati» disse invece. «E sono sicuro che Jocelyn ha preparato la sua crostata con la stessa attenzione del pasticcere che ha fatto la torta di nozze per il principe reggente. Inoltre sono convinto che questo dolce abbia un ingrediente speciale che purtroppo manca nelle portate che mi vengono servite tutti i giorni.» «Che cosa potrà mai essere?» «L'amore » «Oh!» Verity non riuscì a sostenere il suo sguardo fermo. Per fortuna prima che il silenzio diventasse ancora più imbarazzante Jocelyn tornò portando un bricco di latte. Verity ne versò una generosa quantità in una tazza e poi aggiunse un po' di tè. La bambina tornò a sedersi al suo posto con l'aria piuttosto compiaciuta per quello stato di cose. «Vostro fratello è capitano di una nave?» «No. Il mio fratellastro è un luogotenente. L'ultima volta che l'ho sentito, Buck si era ammalato e stava trascorrendo la convalescenza a Gibilterra.» «Spero che non fosse niente di serio» disse Verity. La voce del Duca si veno' di freddezza. «Presumo che stia meglio. Non ho avuto altre notizie. Se fosse morto ne sarei stato informato.» «Oh!» sussulto' Jocelyn, colta alla sprovvista dalla insensibilità delle ultime parole del Duca. Anche Verity sembrò stupita. Galen si pentì immediatamente di ciò che aveva detto. Nondimeno l'espressione nei suoi occhi confermava che il rapporto con i fratellastri non era molto stretto. «Anche l'altro vostro fratello è un ufficiale?» chiese Jocelyn prima di bere un altro sorso di latte. «È un aiutante del Duca di Wellington.» «Davvero?» esclamò la piccola, chiaramente impressionata. «È stato a Waterloo?» «Sì, perciò puoi vedere anche tu che avevo ragione affermando che hanno fatto tutti molto più di quanto non abbia concluso io. Tranne Huntington, forse» si corresse con un sorriso. «Ma lui è sulla buona strada per distinguersi ad Harrow per la qualità dei suoi scherzi.» Fissò lo sguardo in quello di Verity. «Mi hanno riferito che anche tua madre aveva una discreta reputazione per quel tipo di cose.» «È vero?» chiese Jocelyn fissando rapita la madre. «Lady Bodenham vi ha forse raccontato alcune delle mie... imprese?» chiese Verity con fare sospettoso. «A dire il vero sì. Mi è piaciuta in particolare quella con la melassa.» Al ricordo lei non riuscì a impedirsi di sorridere. Era stata punita con l'obbligo di restare chiusa nella sua camera ogni sera per un mese, ma ne valse la pena. Le era bastato vedere la faccia della signorina Mintlety quando era rimasta quasi incollata nella sostanza dolce e collosa per sentirsi soddisfatta. «Che cosa c'entra la melassa?» chiese Jocelyn con avida curiosità. «Oh, no» obietto' Verity scuotendo la testa e tornando seria. «Non ho intenzione di confessare niente che possa dare a una certa bambina delle idee pericolose, specialmente se si tratta di qualcuna che non ha problemi a cacciarsi nei guai per proprio conto.» «Allora quello che mi ha raccontato Sir Myron Thorpe è vero?» domandò Galen senza nascondere il profondo stupore nella sua voce e con uno strano luccichio negli occhi. «È vero che questa giovane damigella che ha un futuro così promettente come pasticcera ha fatto scappare una mandria di bestiame lungo la via principale di Jefford?» Jocelyn ridacchio'. «No» si limitò a rispondere appoggiando la tazza sul tavolo con un rumore secco. «Il cancello era aperto e le mucche sono fuggite da sole» Spiegò Verity. Poi, con grande delizia di Galen, quel luccichio malizioso illumino' i suoi occhi azzurri. Lei guardò la figlia come se fossero due complici. «Sfortunatamente ha anche deciso di dare sfogo al suo grido di guerra indiano.» «Il suo grido cosa?» «Il mio grido di guerra indiano. Come questo.» Jocelyn gettò indietro la testa ed emise l'urlo più agghiacciante che Galen avesse mai sentito. «Non c'è da meravigliarsi se la mandria è scappata» disse il Duca non appena la figlia si interruppe e lo guardò con orgoglio. «Stavo quasi per darmela a gambe da qui io stesso.» Rivolse un sorriso ironico a Verity. «Suppongo sia una buona cosa che viviate così appartate, o ai vostri vicini potrebbe venire un colpo apoplettico.» Torno' a rivolgersi a Jocelyn. «Dove hai imparato a farlo?» «Lo zio di una mia amica è capitato su una nave che ha fatto rotta più volte per l'America. Lui lo ha insegnato alla nipote e lei a me.» «A volte sembra che sia scoppiata la guerra nel nostro giardino» disse Verity. «Dobbiamo gridare in quel modo quando giochiamo agli indiani.» «A patto che non proviate di nuovo a bruciare niente legandolo a un palo» la ammoni' sua madre. Galen sgrano' gli occhi. «Prego?» «È successo solo una volta» lo rassicuro' Jocelyn. «E poi non volevamo mandare a fuoco il bosco. Ma facevamo finta che fosse il giorno della festa di Guy Fawkes e così abbiamo cominciato a correre attorno al fantoccio che bruciava lanciando le nostre grida. È stato davvero divertente.» «Dal momento che non mi hanno mai permesso di fare tanto rumore da bambino, devo fidarmi della tua parola.» «Non potevate fare rumore?» gli chiese Jocelyn sbalordita. «E come vi divertivate?» «Non credo di avere giocato agli stessi giochi che fai tu.» Le spiegò il Duca.

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Capitolo 22
*** 22 Capitolo ***


«Gradite ancora tè?» si informò Verity reputando fosse meglio abbandonare l'argomento relativo all'infanzia di Galen. «Con molto piacere e prenderò anche un'altra fetta di crostata, se posso.» «Naturalmente» replicò lei. Lui sorrise di nuovo sollevando lentamente gli angoli della bocca fino a quando la sua faccia si illumino', mentre i suoi occhi... «Avete il viso tutto rosso, mamma.» «Sì?» esclamò lei mettendosi i palmi sulle guance. «Deve essere colpa del calore del carbone sui fornelli.» «Io credo che sia eccazionalmente... caldo in questa stanza» notò Galen in tono basso e roco. Chissà se si sentiva come lei in quel momento, come se fossero legati a un filo rosso di desiderio che si tendeva ogni volta si trovavano insieme. La porta della cucina si spalanco' all'improvviso come se fosse stata colpita da una violenta folata di vento. Invece si trattava di un'altra forza della natura. Era Nancy. La donna cominciò a parlare senza degnare di uno sguardo le persone attorno al tavolo mentre chiudeva la porta. «Che cosa sta succedendo in questo mondo?» esclamò più agitata e accaldata del solito, anche considerando il suo passo solitamente svelto. «Stavo proprio pensando a quanto fossi felice di non dover vedere quei Blackstone per un pezzo, quando chi ti incontro se non quel Rhodes, o comunque si chiami quell'odioso piccolo ciccione di un cameriere!» Verity si alzò in piedi di scatto combattendo contro l'impulso di ordinare a Galen di uscire dalla sua casa e a Jocelyn di salire in camera sua, in modo che la sua domestica non si accorgesse della somiglianza che c'era tra loro e indovinasse la verità. Non che non si fidasse di Nancy. Anzi, riponeva in lei tutta la sua fiducia. Ciò su cui non poteva fare assegnamento era sulla sua capacità di mantenere un segreto. La donna spesso parlava senza pensare e avrebbe potuto lasciarsi sfuggire la verità. «Credo che vi riferiate a Claudius Caesar» disse il Duca calmo, alzandosi anche lui in piedi. Nancy si voltò di scatto e lo fissò. «Voi chi diavolo siete?» «Nancy!» esclamò Verity, inorridita per il suo linguaggio, mentre Jocelyn si portava una mano davanti alla bocca per soffocare un risolino. «Questo è il Duca di Deighton.» Continuò Verity rassegnandosi al fatto che non poteva cambiare le cose e facendo del suo meglio per comportarsi come se non ci fosse niente di insolito in quella situazione. «Il padrone di quel... come lo avete chiamato?» si informò Galen in tono piatto. «Quel piccolo ciccione?» Nancy diventò così rossa che Verity temette stesse per avere un attacco. «Vostra Grazia, questa è Nancy Knickernell, mia domestica... e mia amica.» La considerevole fiducia in se stessa di cui Nancy era sempre stata provvista la aiutò a riprendersi. «Perdonatemi per avere parlato a sproposito, Vostra Grazia» disse senza che una particolare nota di contrizione trapelasse dal suo tono. «Ma quel tipo si è rivolto a me in modo davvero impertinente.» «Mi dispiace di sentire una cosa del genere e mi scuso a nome suo» disse il Duca usando un tono oltremodo conciliatorio. Verity osservò stupita l'espressione della sua domestica che si addolciva proprio davanti ai suoi occhi. In circostanze normali, Nancy sarebbe stata in collera per giorni. Era sempre irritata durante le visite di Clive e Fanny. «Il Duca si è fermato a farci visita» le disse a mo' di spiegazione. Poi Jocelyn andò a mettersi a fianco di Galen e i due si scambiarono un sorriso provocandole un brivido di terrore lungo la schiena. Visti i loro riccioli scuri e la linea quasi identica del mento, Nancy avrebbe di sicuro notato la somiglianza. Ma dal momento che non era a conoscenza del loro incontro avvenuto nel castello di Lord Langley, Verity sperava che attribuisse quella somiglianza a pura casualità. Tuttavia come sarebbe riuscita a spiegare la presenza del Duca in cucina e la situazione informale? In seguito avrebbero dovuto incontrarsi di nuovo nel bosco, come per caso. «Lo abbiamo conosciuto da Lady Bodenham» le disse Jocelyn. «Così mi ha detto tua madre» replicò Nancy senza il minimo accenno di avere notato qualcosa in comune tra il Duca e la bambina. Verity iniziò a respirare con maggior tranquillità. «Sono davvero felice di averti conosciuto, Nancy» disse Galen. «Temo di essermi trattenuto troppo a lungo e ora devo tornare. Forse la signorina Jocelyn vorrebbe accompagnarmi alla porta?» «Dovete andare?» mormorò la ragazzina imbronciata. «Purtroppo sì.» «Tornerete a trovarci, vero?» chiese Jocelyn. «Probabilmente il Duca non ha tempo. È in visita e Sir Myron...» «Sono sicuro che potrà fare a meno di me per qualche ora. Mi piacerebbe tornare a trovarti, ma a una condizione.» «Quale?» «Che tu mi prepari un'altra crostata.» La piccola sorrise e si affretto' ad annuire. «Mi sono presa la libertà di mettere Harry nella vostra rimessa delle carrozze» disse. «Si tratta del mio cavallo» aggiunse a beneficio di Nancy mentre si dirigeva verso la porta posteriore. Posò la mano sul chiavistello e poi si voltò. «A ogni modo credo che Lady Bodenham vi farà una visita questo pomeriggio.» «Sì?» mormorò Verity. «Porterà un invito a unirvi a noi per cena da Sir Myron alla fine di questa settimana, se non mi sbaglio. Spero che possiate venire.» «Dovrò...» «Possiamo andare, vero mamma?» la imploro' Jocelyn. «Temo che questa volta l'invito sia solo per tua madre» le disse lui gentilmente. «L'ora per te sarebbe troppo tarda.» La bambina si scuri' in volto. «Ma spero che tu e la tua amica mi permettiate di venire a giocare agli indiani con voi almeno una volta finché sarò a Jefford. Sono sicuro di riuscire a emettere un grido decente.» Poi il Duca di Deighton si lasciò uscire di bocca un urlo che indusse Nancy a fissarlo come se fosse diventato matto all'improvviso, mentre Verity e Jocelyn spalancarono le bocche stupefatte. «Ti chiedo scusa, Nancy» disse Galen con un inchino. «Mi stavo allenando per il mio grido di guerra. Non intendevo spaventarti. A presto, signorina Davis-Jones, signora Davis-Jones.» Il suo sguardo sostenne quello di Verity per un momento prima di aprire la porta. Un istante dopo era andato via. «Per tutti i diavoli!» borbotto' Nancy. «Avevate un Duca in casa della gli avete servito il tè in cucina?» «Ha detto che preferiva prenderlo qui» spiegò Verity. «Perche? Per rendersi conto di come vivono i poveri?» «Ha detto che non aveva mai bevuto il tè in cucina prima d'ora» replicò Jocelyn. Nancy tirò su con il naso. «Non è difficile crederlo.» Si infilò un enorme grembiule con aria alquanto ammansita. «Bene. Chi siamo noi per dire no a un Duca quando chiede qualcosa?» «Non ci ho visto niente di male» si difese Verity. «Io credo che il Duca sia piuttosto attraente. Non sei d'accordo?» domando' Jocelyn. «Ha un sorriso simpatico, ma ha bisogno di tagliarsi I capelli.» «Deve essere molto cauto» commento' Nancy sarcastica pulendo le briciole dal tavolo. «Non lascerei avvicinare quel Rhodes alla mia testa con qualcosa di affilato ne' per amore ne' per denaro.» «E' anche divertente» continuo' Jocelyn. «Ha giocato a pallone con me da Lady Bodenham. Non era bravo, ma si e' dato da fare.» «Chi ha fatto bollire l'uovo?» «Il Duca» rispose la bambina sorridendo. «Non e' possibile!» «Invece si» confermo' Verity. «Ha detto che non aveva mai lessato un uovo e cosi' Jocelyn gli mostrato come fare. Inoltre e' rimasto molto impressionato dalla crostata.» «Ha affermato che era la migliore che avesse mai assaggiato!» Nancy non ebbe il minimo dubbio sulla sincerita' del Duca, visto che aveva appena lodato uno dei suoi piatti. Il suo viso si illumino'. «Bene. Allora spero che torni. Solo che la prossima volta assaggera' la mia torta di mele.» Poi ridivento' seria. «Adesso uscite dalla mia cucina, voi due, o non ci sara' niente di pronto per cena. Devo preparare parecchie cose.» Contenta di lasciare Nancy a governare nel suo regno e ansiosa di evitare ogni ulteriore discussione sul Duca, Verity obbedi'.

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Capitolo 23
*** 23 Capitolo ***


Piu' tardi durante il pomeriggio, Verity era seduta nella sua camera da letto a pensare a Galen, a Jocelyn, a se stessa e alle volte che si erano incontrati. Sfortunatamente, una volta che il piacere della sua compagnia e l'euforia nel rendersi che Nancy non sembrava avere notato niente di strano erano scomparse, era arrivata alla conclusione che non potevano continuare a vedersi. Era troppo rischioso. Anche se la sua domestica questa volta non sembrava essersi accorta della somiglianza, avrebbe potuto cominciare a fare delle domande se Galen fosse diventato un visitatore abituale. Nancy sapeva anche che Verity era stata in collegio con la cugina del Duca, percio' poteva ipotizzare che si fossero incontrati in precedenza. Si rendeva conto che Jocelyn sarebbe rimasta delusa della sua decisione, ma non poteva rischiare di far venire ancora Galen in quella casa. Avrebbe potuto spiegare alla figlia che I nobili avevano molti impegni sociali e si augurava di riuscire a farle dimenticare presto la delusione. Sperava anche che lui avrebbe compreso I motivi della sua decisione e sarebbe stato d'accordo con lei. Quanto ai suoi sentimenti, questi ora non avevano importanza. La futura felicita' di Jocelyn era l'unica cosa che contava. «Un uomo con una giacca di velluto color porpora sta bussando alla nostra porta, mamma!» la chiamo' la figlia dal salotto. Mentre Nancy andava ad aprire, Verity si avvicino' alla finestra e guardo' fuori. Galen aveva previsto giusto. Eloise era venuta a farle visita. Era seduta con aria regale su un calesse, come se stesse partecipando a una sfilata per le vie di Londra. Indossava un cappellino arancio, adorno di piume gialle, che doveva essere di sicuro considerato all'ultima moda, e una lunga cappa bordata di pelliccia del giallo piu' brillante che Verity avesse mai visto. Grazie alla sfumatura del copricapo e al colore del mantello, la sua amica assomigliava in modo impressionante a un canarino gigante. Felice di essere stata avvertita e avere avuto cosi modo di prepararsi a quella visita, Verity si affretto' a scendere le scale e arrivo' in fondo proprio nel momento in cui Eloise entrava. Nancy stava fissando Lady Bodenham con aria impassibile. Visti da vicino, gli indumenti dell'amica erano ancora piu' fuori dal comune, specialmente se si consideravano le ore che dovevano esserci volute per cucire I nastri verdi e arancio, per fare le asole e applicare le piume. Qualunque cosa lei potesse pensare dell'abbigliamento di Eloise, dal sorriso soddisfatto di Lady Bodenham era chiaro che quest'ultima si considerava molto elegante. «Santo cielo, mia cara! Non avevo idea che la tua casa fosse cosi caratteristica e confortevole!» esclamo' Eloise non appena scorse Verity. Avanzo' fluttuando verso di lei come una falena distratta che si soffermava di tanto in tanto ad ammirare la pregiata carta da parati. «Ma e' talmente fuori mano! Ero sicura che il conducente avesse preso la via sbagliata quando finalmente ha imboccato il tuo vialetto.» «Che piacevole sorpresa, Eloise. Puoi chiudere la porta ora, Nancy. E prendi la cappa di Lady Bodenham.» Eloise si tolse il mantello giallo rivelando un abito di una sfumatura piu' tenue dello stesso colore, sempre ornato con nastri verdi e arancio. Porse l'indumento bordato di pelliccia alla domestica insieme al cappellino e ai guanti di capretto. «Preparo il te'?» chiese la serva, incerta sul comportamento da tenere con una simile visitatrice. «Sarebbe meraviglioso. Grazie. Da questa parte, Eloise» disse Verity affrettandosi a condurre l'amica in salotto prima che Nancy menzionasse la visita di Galen avvenuta in mattinata. «Che cosa ti conduce a Jefford?» «Sono ospite del tuo affascinante vicino, Sir Myron Thorpe. George lo ha incontrato qualche tempo fa a Newmarket e hanno subito cominciato a parlare di cani. Di che altro avrebbe potuto discutere mio marito?»commento' Eloise con un sospiro. «A ogni modo, il buon Sir Myron ci ha invitati a casa sua e io ho pensato, perche' no? In questo modo sarei stata in grado di rivedere anche la mia cara amica Verity. Quindi, eccomi qui!» «Sono felice che tu lo abbia fatto» mormoro' lei. «Vuoi sederti?» Eloise si appollaio' sul divano. «Devo confessarti che la mia non e' una visita del tutto disinteressata.» «No?» «No. Mio cugino, il Duca di Deighton, si trova qui gia' da qualche giorno e quando l'ho saputo ho creduto che lo avesse fatto per inseguire te. Percio' ho costretto George a scrivere immediatamente accettando l'invito. Naturalmente Myron e' stato felicissimo del nostro arrivo e cosi ora siamo qui.» «Eri preoccupata che tuo cugino fosse interessato a me?» «Tu sei ancora molto bella, Verity. Per fortuna Galen si ricorda appena di te e ti considera una povera vedova inasprita dal dolore. Questo prova che non ti ha degnato di grande attenzione» termino' trionfante. «Sono felice di saperlo» disse lei provando un genuino sollievo, sebbene non per la ragione che Eloise senza dubbio le attribuiva. Era evidente che Galen aveva avuto successo nel fuorviare la cugina circa la ragione della sua venuta a Jefford sviando cosi I suoi sospetti. All'improvviso Eloise agito' il suo lungo indice verso l'amica. «Adesso devo insistere perche' tu confessi tutta la verita'. Tu mi hai nascosto molte cose, birichina!» Verity si porto' istintivamente una mano alla gola per soffocare un gemito di sgomento. «Ti ho nascosto delle cose?» «Non avevo idea che la tua dimora fosse cosi grande e confortevole» disse Eloise con un espressione scherzosamente indignata. «Confesso che ti immaginavo sistemata in un cottage fuori moda, tanto diverso da questo delizioso nido.» Verity non riusci' a nascondere un sospiro di sollievo. «Grazie. Qui ci troviamo molto bene.» «Ci credo e adesso comprendo meglio perche' sei tanto restia ad allontanartene. Pero' continuo a essere convinta che non dovresti vivere tanto rinchiusa e segregata.» «So che anche Sir Myron e' molto interessato ai cani da caccia» disse Verity cambiando argomento. «Avete portato con voi qualcuno dei vostri segugi?» «George ha condotto I suoi cani.» Fece un sorriso beato. «Io invece Lady Mary.» La giovane che secondo Eloise il Duca avrebbe dovuto sposare. La donna che anche lei avrebbe dovuto desiderare di vedere accanto a Galen, si disse. Una ragazza graziosa e dolce, proveniente da una famiglia ricca e titolata con una reputazione senza macchia.«Davvero?» La sua amica si sporse in avanti con aria eccitata e poi si guardo' attorno come se temesse che qualcuno le stesse spiando. «Mio cugino, il Duca, mi ha confidato che sta cercando moglie e io ritengo che Lady Mary sarebbe perfetta per lui!» Punto' di nuovo il dito verso Verity. «Lo so a cosa stai pensando. Quale donna sana di mente sposerebbe una canaglia come lui? Ma io credo che Galen sia cambiato. Ormai e' tornato in Inghilterra da piu' di un mese e fino a ora non e' trapelata alcuna notizia di un qualche legame sentimentale con una donna. Nessun marito in collera ha minacciato di denunciarlo per tradimento, nessuna attrice si e' detta decisa a uccidersi, nessun padre infuriato lo ha sfidato a duello per avere attentato alla virtu' della propria figliola.» Verity sorrise. «Che delusione.» Gli occhi di Eloise brillarono divertiti. «Tu sai benissimo che io non sono l'unica persona che trovava interessante la sua precedente vita! Ricordo bene che anche tu pendevi dalle mie labbra quando raccontavo le sue avventure.» «Allora ero molto piu' giovane.» «Capisco.» Verity avrebbe voluto mordersi la lingua, specialmente perche' Eloise aveva ragione. «Sto solo dicendo che non reputerei piu' un uomo del genere affascinante, adesso che lo conosco meglio. Una canaglia puo' essere eccitante per un breve periodo, tuttavia sospetto che si lasci dietro piu' dolore che felicita'.» «Probabilmente hai ragione». E che donne, poi! Ti assicuro, mia cara Verity, che non so dove le trovava!» Prosegui Eloise.

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Capitolo 24
*** 24 Capitolo ***


«Sono certa che Galen, facesse del tutto per cadere il piu' in basso possibile.» Eloise si chino' verso l'amica. «Non credo che gli importasse niente di loro. Voleva solo contrariare suo padre. Il precedente Duca era molto severo con Galen. Non ricordo di averlo mai sentito rivolgersi al figlio con una frase che non fosse un rimprovero. Non era cosi con I bambini avuti dalla seconda moglie.» Le stesse cose che aveva detto anche Galen. Il suo cuore si strinse per quel ragazzino a cui non mancava niente, ma che avrebbe dato qualsiasi cosa per una parola gentile. C'era da meravigliarsi se aveva cercato l'affetto dove aveva potuto? «Di sicuro Galen e' molto piu' serio dopo il suo ritorno» continuo' Eloise. «Ed e' stato un perfetto gentiluomo con Lady Mary. Non credo che l'abbia mai nemmeno sfiorata, tranne per scortarla a cena.» Se il tocco di Galen aveva su Lady Mary lo stesso effetto che aveva su di lei, di sicuro la giovane stava sperando con tutto il cuore di diventare la Duchessa di Deighton. E nel suo caso, una eventualita' del genere non era impossibile. Ma Verity non poteva essere gelosa. Non aveva il diritto di esserlo. Nancy entro' con il vassoio del te' e lo poso' sul tavolino accanto alla padrona. All'improvviso Eloise noto' il dipinto sopra il caminetto. «Buon Dio! Quello e' tuo marito?» «Si, e' Daniel.» «Non ne avevo idea!» Eloise scruto' il ritratto. «Devo dire che era un tipo molto attraente.» «Si, lo era. I candelabri d'argento gli furono regalati come dono di nozze dai suoi tessitori. Gli volevano tutti bene, perche' non era solo un bell'uomo. Era gentile e anche un eccellente datore di lavoro. Sono stata molto fortunata a incontrarlo.» Una volta terminato il suo compito, Nancy raddrizzo' la schiena e guardo' dritta in faccia a Eloise. «Era il padrone migliore che avessi mai potuto avere!» «Si, certamente» mormoro' Eloise, chiaramente stupita dalla sfrontatezza e dalla disinvoltura della serva. «Puoi lasciare tutto qui, Nancy.» «Si, signora Davis-Jones» replico' la donna con grande formalita'. Apparentemente soddisfatta della reazione che aveva suscitato nell'ospite, la domestica marcio' con aria trionfante fuori dal salotto. «E' insieme alla famiglia di mio marito da molto tempo» spiego' Verity come per scusarsi mentre serviva il te'. «Si, capisco. E in quale campo faceva affari tuo marito? Si trattava del cotone, vero?» «Daniel era un mercante di lane. Aveva iniziato anche a trattare il cotone, ma poi vendette I suoi stabilimenti al cognato prima che noi ci sposassimo.» Eloise sgrano' gli occhi. «Con tutto il denaro che si puo' fare in quel campo in questi giorni, lui decise di vendere? Ma la tessitura oggi rappresenta una vera miniera d'oro.» «Quando si rese conto delle deplorevoli condizioni on cui lavoravano I tessitori e vide che non riusciva a migliorare nemmeno in minima parte la loro situazione, preferi' lasciare.» «Mi sembra una posizione piuttosto estrema!» esclamo' Eloise presa alla sprovvista. «Pensavo che tu avresti compreso meglio di tanti altri perche' io non desideravo avere niente a che fare con un tipo di sfruttamento cosi bestiale, Eloise» mormoro' Verity. «E perche' non avrei mai sposato qualcuno che avesse ricavato dei guadagni da un'attivita' del genere.» Eloise ripenso' alle vicende che avevano caratterizzato l'infanzia dell'amica e subito sul suo viso comparve un'espressione indulgente. «Si, certamente» convenne. «Avevo dimenticato.» Sospiro' lanciando un'occhiata alla crostata posata sul vassoio e appoggio' il tovagliolo su un ginocchio. «Comunque penso ancora che la tessitura del cotone costituisca l'affare del futuro.» «Anch'io lo temo. Per questo do tutto il denaro che riesco a risparmiare a coloro che si stanno dando da fare per cambiare le cose.» Si rese conto che l'amica non la stava ascoltando e soffoco' un altro sospiro. Eloise trovava noiosa qualsiasi discussione seria. «Gradisci una fetta di dolce?» «Ha un aspetto eccellente» disse Eloise servendosi. Ne assaggio' un pezzetto e poi si puli' le dita con un sorriso compiaciuto. «Adesso devo darti una splendida notizia! Sir Myron desidera che ti inviti a partecipare alla cena che dara' per I suoi ospiti mercoledi prossimo a casa sua.» Il primo impulso di Verity fu di rifiutare. Non voleva vedere Galen insieme alla donna che aveva notevoli probabilita' di diventare sua moglie. Poi pero' il suo senso pratico ebbe il sopravvento. La cena le avrebbe di sicuro offerto l'opportunita' di fissare un incontro con il Duca durante il quale avrebbe dovuto comunicargli che non avrebbe potuto andare piu' a trovarle. Non sarebbe stato saggio informarlo alla festa, naturalmente. Per prima cosa, non osava parlare con lui in privato per piu' di un momento. In secondo luogo non dubitava che sarebbe stato addolorato quando avesse compreso quello che lei gli stava chiedendo. O forse sarebbe stato meglio aspettare... «Non devi avere nessun timore. Sir Myron mi ha detto che sara' felice di mandare la sua carrozza a prenderti.» la lusingo' Eloise. «Devi venire e basta! Temo di avere dato al povero Sir Myron una bella strapazzata per non averti invitato prima. E se non verrai, sara' il piu' infelice degli uomini.» Verity non aveva alcuna difficolta' a credere che l'amica avesse rimproverato il suo sventurato vicino. «Non mi sognerei mai di procurare tanta infelicita' a Sir Myron.» «Meraviglioso! E non devi nemmeno temere qualche comportamento sconveniente da parte di Galen. Lady Mary sara' presente, e ci sara' anche George, naturalmente» le rammento'. «Ti prego, riferisci a Sir Myron che e' stato molto gentile a invitarmi e che saro' lieta di accettare.» «Il Signore ci salvi!» borbotto' Nancy il mattino del giorno in cui Verity doveva cenare da Sir Myron. «Che cosa c'e'?» si informo' Verity alzando gli occhi dalla calza che stava rammentando. La domestica era affacciata alla finestra del salotto. «Sono di nuovo qui» disse Nancy rivolta alla sua padrona con un espressione di totale disgusto. «Almeno questa volta il meschino ha noleggiato un calesse alla locanda.» Quel tono e quello sguardo potevano significare solo una cosa. Clive e Fanny erano tornati per un'altra visita. Ma perche' cosi presto e perche' quel giorno, tra tutti I possibili? Con loro li' si rendeva ancora piu' necessario dire a Galen di stare lontano. Tuttavia non sarebbe potuta andare alla cena di Sir Myron, visto che aveva degli ospiti. «Prima quel tale Rhodes, di seguito il Duca, poi quella donna e adesso loro. Chi sara' il prossimo, il Duca di Wellington?» sbuffo' Nancy con le mani poggiate sugli ampi fianchi, come se si aspettasse davvero una risposta da Verity. «Non so come fare per riuscire ad avere maggiori provviste. Dal macellaio riesco a malapena a farmi notare adesso che Sir Myron ha tutti quegli invitati a casa sua. La sua cuoca ha ordinato abbastanza carne da sfamare un intero reggimento. Lo stesso succede al mercato del pesce. Vien da pensare che Sir Myron non abbia mai avuto ospiti prima d'ora» «Prepara la stanza per I signori Blackstone per favore, Nancy. Io andro' ad aprire.» «Con molto piacere, se questo significa non saro' costretta a salutarli subito.» disse Nancy uscendo in fretta dalla stanza. Verity sospiro' togliendosi il grembiule e sistemandosi I capelli. Avrebbe dovuto inviare un biglietto a Sir Myron esprimendo il suo rammarico. Era un vero peccato che non potesse scrivere anche a Galen, ma questo era assolutamente impossibile. Il familiare secco colpetto alla porta di Clive risuono' nell'ingresso e lei si affretto' ad andare a rispondere. «Cosi questa volta siete a casa» dichiaro' con aria gioviale l'uomo entrando con una valigia in mano, mentre Fanny avanzava zoppicando dietro di lui come una servetta. Verity strinse le labbra. Dal piano superiore udiva Nancy sprimacciare I cuscini con estrema veemenza e desidero' di poter fare la stessa cosa per scaricare la tensione.

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Capitolo 25
*** 25 Capitolo ***


«Sembrate piuttosto di malumore, cara sorella» osservo' Clive con un accenno di offesa, come se fosse un insulto non provare un naturale piacere al solo vederlo. «Spero che non siate ammalata.» «No, sono solo stanca» replico' Verity. Mentre Clive si toglieva il cappello e lo teneva in mano le sue labbra si tesero in un ampio sorriso privo di qualsiasi attrattiva. «Dov'e' Nancy?» «Di sopra. Pensero' io a questo» disse Verity afferrando il suo copricapo di castoro. Dopo un'occhiata piena di deferenza al marito, Fanny si tolse il suo mantello grigio e lo porse alla cognata. Clive si diresse in salotto senza aspettare un invito. Accigliandosi Verity poso' gli indumenti sulla piccola sedia che teneva nell'atrio perche' Jocelyn la usasse quando indossava gli stivali. «Sono felice di sapere che non state male» disse suo cognato quando lei li raggiunse. «Sir Myron sarebbe molto dispiaciuto se foste impossibilitata a partecipare alla sua cena stasera.» «Come fate a sapere della cena e che io sono stata invitata?» chiese Verity cercando di non assumere un atteggiamento sospettoso. «Abbiamo incontrato Sir Myron al villaggio» le spiego' lui. «Ed e' stato cosi gentile da estendere l'invito anche a noi.» Lei avrebbe voluto gemere per la disperazione. Nonostante la possibilita' di non partecipare alla serata e di non avere l'opportunita' di fissare un incontro con Galen fosse seccante, la prospettiva di andare insieme a Clive e Fanny era infinitamente peggiore. Fu tentata di fingere una indisposizione, ma questo probabilmente non avrebbe impedito al cognato di andare ugualmente. Percio' sarebbe stato piu' saggio accompagnarli. «Ha detto qualcosa a proposito del fatto che voi eravate stata gia' invitata, nonostante dovreste essere ancora in lutto. Naturalmente questi sono tempi degenerati.» «Tempi degenerati » si avventuro' a ripetere Fanny. «Ho pensato che fosse un vicino troppo importante per rischiare di offenderlo» replico' Verity. «Giusto. Sir Myron si aspetta che voi siate li, percio' dobbiamo andare.» Lancio' un'occhiata severa alla moglie. «Siediti, Fanny!» Lei obbedi', affrettandosi a sistemarsi sul divano. Clive passeggio' fino al camino con le mani dietro la schiena. «Che cosa vi porta a Jefford cosi presto?» si informo' lei. «Volevo riferirvi di persona quanto stanno andando bene gli stabilimenti tessili e darvi un'altra opportunita' di investire I vostri capitali in questo settore.» «Non posso permettermelo.» Con sua grande sorpresa, la bocca di Clive non si piego' con l'abituale ghigno che sempre assumeva quando lei gli dava una risposta di quel tenore. «Bene. Vuol dire che sarete voi a rimetterci, non io.» La sua replica enigmatica creo' solo nuovi sospetti e il suo commento successivo li confermo'. «Chiedero' a Sir Myron e ai suoi ospiti se sono interessati a fare dei buoni guadagni con un piccolo investimento iniziale.» Verity allora seppe che qualsiasi cosa fosse accaduta, quella serata non sarebbe stata un'occasione piacevole. Mentre cercava di fare un nodo appropriato alla sua cravatta immacolata Galen non pote' fare a meno di pensare che non ricordava di essersi mai sentito tanto in ansia prima di cena. Naturalmente aveva sperimentato una verieta' di sensazioni nel corso degli anni. Nella sua giovinezza aveva provato eccitazione quando sapeva che ci sarebbe stata una donna che sperava di sedurre. A volte aveva pregustato un genuino divertimento quando la compagnia prometteva di essere ridicola. Dal suo ritorno in Inghilterra tuttavia il sentimento predominante era stata la noia per le conversazioni vuote a cui avrebbe dovuto prendere parte senza provare un reale interesse per le persone presenti. L'unica eccezione era stata Verity, la sera in cui la aveva incontrata a Potterton Abbey. Allora aveva aspettato quell'incontro con un misto di emozioni che andavano dall'eccitazione alla curiosita', dalla collera alla frustrazione. Adesso si chiedeva che cosa stesse provando Verity. Se avesse accettato l'invito doveva sentirsi piu' fiduciosa che la gente non sospettasse niente riguardo alla paternita' di Jocelyn e questo gli faceva piacere. Odiava l'idea che fosse agitata. Avrebbe dovuto essere felice e libera da qualsiasi preoccupazione. Se lo meritava dopo tutte le sue vicissitudini e soprattutto con quei congiunti da sopportare. Gli era bastata un'occhiata a Clive Blackstone durante la breve conversazione che lui e Myron avevano avuto con quell'uomo alla locanda del villaggio per farsi una precisa idea del suo carattere. Adulatore, era il termine che meglio gli si addiceva, visto che quando lo avevano incontrato era quasi caduto ai loro piedi a forza di inchinarsi. Poi era stato cosi ossequioso da superare qualsiasi altro leccapiedi Galen avesse conosciuto. E pensare che aveva avuto a che fare con individui del genere per tutta la vita. La moglie era il tipo di donna che dipendeva totalmente dal marito e sembrava quasi non riuscire a respirare da sola, figurarsi se era in grado di pensare. Fanny Blackstone guardava il suo sposo come se fosse al centro dell'universo, mentre lui la aveva presentata solo dopo che gli era stato chiesto di farlo. Blackstone la trattava come molti uomini avrebbero trattato il loro cavallo o il loro cane e Galen non dubitava che quell'uomo si ritenesse per natura superiore a qualsiasi donna, anche a Verity. Il bisogno di mantenere il loro segreto contribuiva a renderlo nervoso. Avrebbe fatto tutto quanto era in suo potere per impedire a qualcuno di sospettare che lui e Verity si erano conosciuti anni prima. Ma la cosa piu' difficile di tutte era mascherare I suoi sentimenti per lei. Avrebbe dovuto nascondere l'affetto che ormai si era radicato nel profondo del suo cuore e celare il suo desiderio. Si chiese che cosa provasse Verity per lui. Aveva il fondato sospetto di non essergli indifferente ed era consapevole che esisteva una potente attrazione fisica tra loro. Tuttavia non sapeva se da parte di lei era forte come quella che sentiva crescere dentro di se'. Doveva scoprirlo. Quella sera avrebbe trovato il modo di parlarle in privato. Non per cercare di accertare la natura dei suoi sentimenti, ma solo per fissare un incontro, un appuntamento segreto. Poi avrebbe tentato di scoprire... «Avete bisogno di aiuto, Vostra Grazia?» gli chiese Rhodes. Galen aveva dimenticato che il suo cameriere personale era li. «Si, grazie. A quanto sembra non riesco a fare il nodo a questa dannata cravatta.» Nonostante la sua offerta di assistenza, Rhodes si avvicino' lentamente come se stesse per essere condotto alla ghigliottina. «Che succede, Rhodes? Hai l'aria di uno che sta per affrontare il plotone di esecuzione.» «Stavo solo pensando, Vostra Grazia» replico' grave Rhodes mentre Galen sollevava il mento e il cameriere afferrava le estremita' della cravatta. «Sembrano pensieri di natura molto seria.» «Lo sono, infatti.» «Spero che tu non abbia grossi problemi.» «Ho scoperto il vostro piccolo segreto.» Galen senti' un nodo in gola come se stesse per soffocare e dovette tossire. «E' un po' stretta» disse come scusa. «Di che segreto puo' mai trattarsi?» «Mi stavo chiedendo il motivo per cui siete venuto da Sir Myron, ma adesso e' tutto chiarissimo.» «Ho accettato l'invito perche' Myron era mio amico ad Harrow. Sono stato davvero negligente a non rispondere prima alla sua cortese richiesta.» «Se lo dite voi, Vostra Grazia. Ma non puo' essere una semplice coincidenza il fatto che Sir Myron abiti nello stesso villaggio dove si trova quella graziosa vedova.» osservo' Rhodes facendo un passo indietro per controllare il suo lavoro. «Io non do la caccia alle vedove, Rhodes.» «Pensavo che poteste fare un'eccezione» replico' il valletto andando a prendere la giacca da sera di Galen. «La signora e' molto bella.» «Non sono venuto per la signora Davis-Jones» replico' lui, il che non era esattamente una bugia. Era arrivato a Jefford per rivedere Jocelyn.

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Capitolo 26
*** 26 Capitolo ***


Galen si infilo' la giacca. Rhodes, vedo che la mia risposta non ti ha reso felice» commento'. «Se non vi interessate alle vedove, allora state corteggiando Lady Mary?».» «La questione piuttosto e' un'altra. Lady Mary e' interessata a me? E' stata lei a seguirci qui, Rhodes, non il contrario.» Il cameriere non sorrise. «Io vorrei semplicemente sapere come stanne le cose in relazione al mio futuro, Vostra Grazia. Se ci sara' una moglie, mi piacerebbe avere un po' di tempo per prepararmi e fare tutto cio' che posso per riuscirle gradito.» «Se mi sposero' tu sarai il primo a saperlo. Questo ti basta?» Rhodes si rilasso' visibilmente. «Si, Vostra Grazia. Mi basta.» «Solo per soddisfare la mia curiosita'. Che cosa pensi di Lady Mary?» Il cameriere comincio' a spazzolargli la giacca con vigore. «Graziosa, dolce e di buon carattere. Almeno cosi mi hanno detto. Credo che siano delle ottime qualita' per una moglie. Ecco fatto, Vostra Grazia. Siete a posto.» Galen controllo' la sua immagine riflessa nel lungo specchio situato in un angolo della camera. Che cosa voleva in una moglie? Voleva una donna come Verity, che fosse amabile, gentile, appassionata, intelligente, oltre che una madre eccellente e un amante meravigliosa. In definitiva voleva Verity, aveva bisogno di lei. Lui la amava. Mentre lasciava la sua camera e si dirigeva verso l'ampia scalinata di pietra Galen poteva gia' sentire la voce tonante di Myron che proveniva dal salotto. In fondo alle scale si fermo' un momento per raddrizzare le spalle e prepararsi a essere l'oggetto delle attenzioni di Lady Mary, cercando nello stesso tempo di prestare pochissima attenzione a Verity fino a quando non avesse avuto l'opportunita' di parlarle da sola. Gli sarebbe bastato trovarsi nella stessa stanza con lei. No, era una bugia. Tuttavia, poiche' gli veniva negato il banchetto, si sarebbe dovuto accontentare delle briciole che fosse riuscito a racimolare. «E' stato proprio in quel preciso instante che mi sono reso conto di avere catturato quella bestia una volta per tutte!» dichiaro' Myron mentre Galen faceva il suo ingresso nel salone decorato con I ritratti degli antenati dell'amico che si alternavano a quelli di cavalli e cani. Abbigliata con un grazioso e fresco abito di raso rosa e con I capelli acconciati in uno stile semplice, Lady Mary stava guardando il padrone di casa con aria rapita facendo diventare il poveretto rosso. «Eccoti qui, Galen!» esclamo' l'amico cogliendo al volo l'occasione per sottrarsi all'ammirazione della giovane. «E cosi e' riuscito a portare a riva una trota enorme» termino' Galen, sicuro che stesse dando la sua versione della battuta di pesca di quella mattina. «Io la avrei persa di sicuro. Mie care signore, devo dire che il nostro ospite e' l'uomo piu' abile che abbia mai incontrato con una lenza in mano.» Era la pura verita'. Galen era stato a pescare solo un'altra volta nella sua giovinezza e aveva odiato cosi tanto quel passatempo da non curarsi di ripetere l'esperienza fino a quel momento. «Vi ho detto che mio cugino non ci avrebbe fatto attendere a lungo, Mary» disse Eloise allegra. Adagiata su un divano, la dama indossava un abito di mussola blu stampato con delle figure che Galen supponeva dovessero essere degli uccelli. Piu' che altro pero' sembravano macchie di vino rovesciato su una tovaglia. I suoi capelli erano acconciati in una complicata pettinatura composta da trecce e riccioli e adorna di nastri. Galen si diresse verso Lady Mary. Nonostante non gli piacesse l'idea di ingannarla, le serviva come alibi per sviare qualsiasi sospetto sul reale oggetto del suo interesse. Doveva anche fare I conti con l'eventualita' estremamente spiacevole che Verity non ricambiasse il suo affetto e rifiutasse la sua offerta di matrimonio. In quel caso sarebbe stato costretto a ripiegare su qualche altra. «Il fatto che foste impaziente di vedermi arrivare mi lusinga.» Quando Lady Mary ricambio' il suo sorriso, lui si rese conto che se le avesse chiesto in quel momento di diventare sua moglie, lei avrebbe probabilmente accettato. Ma sarebbe stata cosi desiderosa di farlo se avesse saputo che si trattava solo di un ripiego? Si rivolse a Eloise. «Dov'e' George?» «Il suo cane preferito ha il raffreddore e lui ha espresso il desiderio di stargli vicino» rispose lei. «Mi ha promesso che ci raggiungera' per cena, dopo essersi lavato e cambiato.» La sua aria irritata fece venire a Galen il sospetto che avessero avuto una discussione a tale proposito, anche se non era chiaro chi fosse stato il vincitore, se George che aveva ottenuto di restare con il suo cane fino all'ultimo momento oppure la moglie che gli aveva fatto promettere di essere presente a cena. «Il signore e la signora Blackstone, la signora Davis-Jones» annuncio' un domestico in livrea. Clive Blackstone irruppe nella sala come se fosse stato spinto da una forza soprannaturale e si diresse subito a portare I suoi omaggi al Duca di Deighton invece che al padrone di casa. La sua indefinibile moglie lo segui' con passo strascicato e subito dopo apparve Verity. Indossava un severo abito nero senza alcun ornamento e portava I capelli acconciati in un semplice nodo sulla nuca. Tuttavia agli occhi di Galen non sarebbe potuta essere piu' bella nemmeno se fosse stata abbigliata come una regina. I suoi occhi azzurri brillavano e le guance rilucevano di vitalita'. Per un brevissimo istante lei incrocio' il suo sguardo e lo tenne allacciato. Quel momento pero' termino' troppo presto. «E' meraviglioso rivedervi, Vostra Grazia!» esclamo' Blackstone come se fossero vecchi amici che non si vedevano da anni. «Davvero» rispose Galen. Lancio' un'occhiata a Lady Mary e si rese conto che la giovane non sarebbe stata piu' inorridita se le avessero presentato il Minotauro invece che Clive Blackstone. Si affretto' ad allontanarsi dai nuovi arrivati cercando rifugio vicino a uno stupefatto Myron. Nel frattempo Eloise ignoro' I Blackstone e ando' diretta a Verity. «Signore e signora Blackstone, permettetemi di presentarvi Lady Mary Seddens, la figlia del Conte di Pillisborough» disse Galen conducendoli verso la dama e il loro ospite. «Lady Mary, il signore e la signora Blackstone.» «Lieto di fare la vostra conoscenza, Lady Mary» alito' Clive quasi in estasi. «Felicissima» mormoro' la moglie. Lady Mary allungo' una mano rigida che Blackstone si affretto' ad afferrare, come se si trattasse di una borsa piena di denaro. Spaventata, la giovane la ritiro'. Nel frattempo Galen non pote' fare a meno di chiedersi di che cosa stessero parlando Eloise e la sua amica. Ma visto che erano piuttosto lontane e non aveva modo di scoprirlo, doveva accontentarsi di ascoltare la voce di Verity. Un valletto sulla porta chiamo' sua cugina e lei resto' momentaneamente sola. Il Duca penso' che forse era arrivato il suo momento. Ma subito dopo Lady Bodenham si rivolse ai presenti. «La cena e' servita e a quanto pare mio marito non si unira' a noi» dichiaro' senza nascondere di essere seccata. «Il suo cane non sta affatto meglio.» Si avvicino' al cugino. «Temo di dovervi chiedere il braccio, Galen. O forse Sir Myron sarebbe disposto ad accompagnarmi?» Inarco' un sopracciglio e lo guardo'. «Io... certo. Saro'... saro' felice di farlo» balbetto' Sir Myron. «E io faro' da scorta a Lady Mary» annuncio' Galen lottando contro l'impulso di chiedere a Verity di raggiungerlo. «Per me sara' un piacere dare il braccio a mia cognata» si offri' Blackstone. A Galen non piacque il sorriso con cui l'uomo pronuncio' quelle parole mentre la moglie chinava la testa con rassegnata sottomissione da far pensare che non possedeva un briciolo di amor proprio. La sua mascella si induri'. Poteva senza dubbio essere il tipo di donna che avrebbe perdonato qualsiasi cosa al marito, anche la sua insana passione per un'altra. «No, no. Non importa» replico' Verity e la sua vivacita' formo' uno stridente contrasto con la remissivita' di Fanny Blackstone.

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Capitolo 27
*** 27 Capitolo ***


Cosi Sir Myron e I suoi ospiti si prepararono per la cena. Eloise prese il braccio di Myron, Galen scorto' Lady Mary, poi seguirono I Blackstone e infine Verity, da sola. Mentre la cena proseguiva con un numero impressionante di portate e diversi tipi di vino, Verity continuo' a desiderare di essere rimasta a casa. Ormai era certa che il Duca stesse corteggiando Lady Mary e che lei fosse piu' che incline ad accettare le sue profferte. Cerco' di rammentare a se stessa che non poteva permettersi di soffrirne. Lei e Galen non avrebbero potuto mai stare insieme, percio' doveva essere contenta di saperlo sposato a un'altra in grado di farlo felice. Non poteva fargliene una colpa se voleva una moglie e altri figli. Non poteva nemmeno colpevolizzare Lady Mary perche' era affascinata da lui, visto che anche lei provava gli stessi sentimenti. Essere li' con Clive e Fanny non faceva che accrescere il suo tormento. Il cognato chiacchiero' senza tregua profondendosi in un fiume di elogi per Sir Myron e la sua casa, per I suoi servitori e la cena, fino a quando Verity soffoco' a stento l'impulso irresistibile di ordinargli di stare zitto. Nel frattempo, Eloise continuava a parlare senza tregua a una apatica Fanny dei suoi autorevoli legami familiari. Verity provo' un tuffo al cuore sentendo il nome di Lord Langley, ma il momento successivo Eloise aveva gia' cambiato argomento. Nondimeno quell'accenno la aveva messa in estrema agitazione. Chissa' che cos'altro avrebbe potuto inavvertitamente dire la sua amica, offrendo cosi ulteriore materia per alimentare I sospetti del cognato. Sarebbe dovuta restare a casa! Avrebbe dovuto trovare un'altra opportunita' per parlare con Galen. Come se le sue ansie non fossero sufficienti, Lady Mary si informo' innocentemente degli affari di Clive Blackstone. «Cotonifici, Lady Mary» replico' l'uomo illuminandosi come se gli fosse appena stato conferito un premio. Non c'era alcun dubbio che fosse cosi, perche' gli era finalmente stata offerta l'opportunita' che aspettava da tutta la sera. «In precedenza mi occupavo della tessitura delle lane, adesso invece solo di cotone. Come continuo a dire a mia cognata, la tessitura e' il campo per eccellenza dove investire e non potrebbe esserci un momento migliore di questo per farlo.» «Io e la signora Davis-Jones stavamo parlando proprio di questo l'altro giorno, quando ho preso il te' da lei nella sua incantevole casa» dichiaro' Eloise. «Non mi avete detto niente» la rimprovero' Clive. «Non pensavo che la conversazione con una mia amica rivestisse alcun interesse per voi.» «Ti ricordi quel tipo che era nella nostra classe a scuola, quello con sei sorelle? Mi sembra che suo padre avesse degli interessi nei cotonifici» disse Myron rivolto a Galen. «Thompkins?» rispose lui mostrando solo un tiepido interesse. «Era da li' che veniva la fortuna della sua famiglia?» «Credo, o forse dalle spezie» replico' Myron inarcando le sopracciglia come per concentrarsi. «Non sarei affatto sorpreso se avesse fatto I soldi con il cotone» dichiaro' Clive. «Un piccolo investimento ora fruttera' di sicuro enormi dividendi in futuro.» «Confesso di non capire niente di affari» mormoro' Lady Mary guardando Galen con un sorriso timido. «Non ne avete bisogno» rispose lui con un amabile sorriso. Sir Myron si strofino' il mento con aria meditabonda. «Gli investimenti possono essere difficili da comprendere.» «Sarei felice di spiegarvi tutto quello che volete sapere» si offri' Clive. «E' davvero molto semplice.» Verity riconobbe il luccichio avido negli occhi del cognato. Non sarebbe stata sorpresa se fosse riuscito a persuadere Sir Myron a investire una somma considerevole prima della fine della serata. Concentro' la sua attenzione sul loro ospite. «Voi investite il vostro denaro e lui costruisce un cotonificio dove assumera' povera gente e anche bambini, che vi lavoreranno come schiavi per almeno diciotto ore al giorno e che avranno in cambio un salario da fame.» Le guance di Clive si imporporarono per l'irritazione, ma Verity non si lascio' impressionare. «Siete mai stato in un cotonificio, Sir Myron?» Lui sgrano' I suoi occhi bovini. «No, mai.» «Le condizioni dei lavoratori sono orrende» continuo' lei senza prestare attenzione al viso pallido di Fanny, all'espressione timida di Lady Mary ne' alla fronte corrugata di Eloise. «Sono stipati in quegli enormi edifici come animali e lavorano per lunghe ore nel caldo asfissiante senza un momento di pausa.» «Verity!» la mise in guardia Clive. Ma non aveva alcun diritto di zittirla. Galen accenno' un sorriso e lei si chiese se fosse di approvazione. Subito dopo si disse che non poteva pensare a lui in quel frangente. Era piu' importante che Sir Myron comprendesse che prendere parte agli affari di Clive significava molto di piu' che ottenere un potenziale profitto. «Non avevo intenzione di sollevare l'argomento, ma se Sir Myron sta pensando seriamente di investire nelle vostre fabbriche allora dovrebbe venire a conoscenza di tutti I dettagli.» «Lei vorrebbe che I proprietari facessero alloggiare gli operai in comodi palazzi e li nutrissero di ambrosia» commento' Clive in tono tagliente. «Io vorrei che ai vostri lavoratori venissero pagati salari decenti e avrei vergogna di arricchirmi grazie a un processo di sfruttamento che obbliga bambini piccoli come Jocelyn a lavorare giorno e notte in un ambiente malsano e rumoroso, senza poter respirare un filo di aria fresca.» «Avete delle idee molto chiare e le esprimete con estrema decisione» osservo' Lady Mary con tranquillo stupore. «Soprattutto per qualcuno la cui famiglia si e' arricchita con il traffico degli schiavi» scatto' Clive. Verity percepi' lo sguardo di Galen fisso su di lei e si senti' assalire da una violenta ondata di vergogna. «Quello che la mia cara cognata sembra dimenticare e' che noi paghiamo I salari e per farlo dobbiamo ottenere dei profitti. Inoltre I nostri operai non sono schiavi. Sono liberi di lasciare il lavoro in qualsiasi momento. Ce ne sono molti altri pronti a prendere il loro posto e non sarebbe cosi se le condizioni fossero davvero tanto orrende come lei afferma.» «Il signor Blackstone ha posto una questione essenziale» intervenne Sir Myron «Nessuno li obbliga a restare, dopo tutto.» «Nessuno offre loro un'alternativa decente» replico' Verity. Sentendo il bisogno di trovare un alleato, lei poso' istintivamente il suo sguardo serio su Galen. «Voi non avete espresso la vostra opinione, Vostra Grazia.» «Forse perche' non ne ho una» replico' lui in tono piatto. «Non mi sarei aspettata di sentire una cosa del genere da un uomo della vostra influenza.» Lui si appoggio' alla spalliera della sedia e la guardo' pensieroso. «Credete che io sia un uomo influente?» «Voi siete un Duca. Certo che lo siete. Non potete non essere d'accordo sul fatto che lo sfruttamento del lavoro di donne e bambini rappresenti una falsa crescita economica» insistette Verity senza nascondere il suo disappunto per quella risposta. «Concordo nel ritenere che lavoratori troppo giovani e mal pagati non possano dare una buona resa.» «Sia come sia, io non capisco tutto questo parlare di fabbriche e falsa economia e non credo che siano argomenti adatti a noi signore» disse Eloise alzandosi. «Lasceremo voi uomini a sorseggiare un bicchiere di brandy e a fumare un sigaro. Vero Verity, mia cara?» Termino' lanciando un'occhiata severa e penetrante all'amica che pero' non ne rimase minimamente impressionata. Le faceva piu' male la reazione di Galen alle sue parole e non provava piacere neanche per il fatto che il passato della sua famiglia fosse stato portato alla luce. Forse Galen Bromney non era l'uomo che voleva far credere di essere, penso' Verity, se non riusciva a comprendere le tremende condizioni dei lavoratori nei cotonifici o peggio ancora, se le comprendeva e non se ne curava.

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Capitolo 28
*** 28 Capitolo ***


«Perdonatemi, Sir Myron, per avere parlato con tanta veemenza» disse Verity alzandosi a sua volta da tavola. «Dopo tutto questa e' un'occasione mondana, non un dibattito parlamentare.» Dopo che le signore furono uscite in un fruscio di sete e velluto, Blackstone sospiro' con aria di condiscendenza e si rivolse al suo ospite. «Le donne! Vorrebbero che il mondo fosse simile a un giardino di rose e non si rendono conto che per farle crescere e' necessario potare e concimare.» «E alcuni di noi hanno maggiore familiarita' di altri con il letame» osservo' Galen. «Non possiamo essere tutti aristocratici. Qualcuno deve pur sporcarsi le mani con il commercio» disse Blackstone continuando a sorridere con le labbra. Tuttavia l'animosita' era evidente in fondo ai suoi occhi e Galen provo' quasi pieta' per lui. Se voleva avere successo nel mondo degli affari doveva imparare a controllare meglio le sue emozioni. Non che volesse che Blackstone e altri come lui si facessero davvero strada, non quando questo significava sfruttare I lavoratori. Se non fosse stato per le restrizioni che gli aveva imposto Verity circa I loro rapporti sarebbe stato felice di dire al cognato che cosa pensava di lui e del suo sistematico abuso sui piu' deboli. Anzi, sarebbe stato davvero contento di vedere fallire un uomo avido come quello e non solo a causa del modo in cui conduceva I suoi affari. Era sempre piu' evidente che I sentimenti di Clive Blackstone per la cognata erano tutt'altro che fraterni. Solo per quel motivo Galen lo avrebbe volentieri confinato nelle regioni piu' impervie della terra. Sfortunatamente era anche convinto che Verity fosse troppo ingenua per rendersene conto. Lui invece aveva trascorso molto tempo con canaglie del genere e ormai sapeva riconoscere a prima vista la natura della luce lussuriosa negli occhi piccoli di Clive. Tenuto a freno dal timore di Verity per uno scandalo, non poteva fare altro che limitarsi a osservare l'uomo e rimanere in silenzio, oltre che a fare la corte a Lady Mary come ci si attendeva da un suo pretendente. In ogni caso, era grato a Blackstone per una cosa. Gli aveva rivelato l'ombra nel passato di Verity, quella macchia che le faceva temere lo scandalo e la vergogna. Anche se il mercato degli schiavi era ancora fiorente, erano ormai molti anni che la gente lo considerava un modo disgustoso di accumulare denaro. «Se si vogliono fare degli ottimi guadagni in questi giorni, non c'e' modo migliore che investire nelle fabbriche tessili» continuo' Blackstone. «Dopo tutto, niente vale di piu' della ricchezza. Non siete d'accordo, Vostra Grazia? E voi, Sir Myron?» «No, suppongo di no» borbotto' incerto quest'ultimo alzandosi. «Ancora brandy?» Blackstone annui' e si allontano' dal tavolo. «Qualche volta e' meglio essere poveri che guadagnare denaro in modo disonorevole» disse Galen unendosi a loro vicino alla caraffa. Le labbra di Blackstone si piegarono in un sorriso ironico. «Un concetto davvero interessante, considerando che viene dal rappresentante piu' titolato di una di quelle famiglie che ottenne I suoi immensi possedimenti ai tempi di Enrico VIII, grazie alla confisca dei beni della chiesa cattolica.» «Questo accadeva in un periodo molto lontano da me» replico' il Duca per niente impressionato che Blackstone fosse a conoscenza di quelle vicende. Il passato del suo casato non era un segreto e molte famiglie nobili dovevano le loro ricchezze alla dissoluzione di monasteri, abbazie e conventi cattolici. «E infatti voi siete un perfetto esempio di onore aristocratico.» Myron si frappose tra I due sollevando due bicchieri pieni che luccicarono alla luce delle candele. «Il vostro brandy, signori.» «Grazie» borbotto' Clive mentre Galen lo accetto' con un cenno del capo. «Credo che sia ora di raggiungere le signore» suggeri' il padrone di casa dopo avere vuotato il suo bicchiere con un unico sorso. «Non sei d'accordo, Galen?» «Nel modo piu' assoluto» replico' lui bagnandosi le labbra. Non voleva bere troppo. Non osava perche' era sicuro che in quel caso avrebbe detto a quel maledetto Blackstone che osava mettere gli occhi su Verity, quello che pensava di lui e poi lo avrebbe sfidato a duello. Uscendo dalla sala da pranzo Myron li precedette in salotto senza esitare. Clive si affretto' a seguirlo, mentre Galen si prese qualche momento per riguadagnare calma e autocontrollo. Quando arrivo' nella stanza, istintivamente cerco' Verity. La scorse seduta al pianoforte di Myron, un pezzo di arredamento del tutto incongruente con il suo casino di caccia. Lui sospettava che fosse li' da parecchio tempo e che non veniva suonato da anni perche' aveva con tutta evidenza bisogno di essere accordato. Nondimeno trovo' piacevole guardare Verity mentre suonava, anche se pote' farlo solo per un breve momento. Il suo viso era illuminato da un candelabro e la luce soffusa la faceva sembrare simile a una Madonna. Muoveva le dita con grazia e agilita' mentre eseguiva un aria allegra senza nessuno spartito che la guidasse. Avrebbe potuto restare ad ammirarla per ore, in attesa di vedere le occasionali piccole rughe di concentrazione che le comparivano tra le sopracciglia delicate o le ombre che la fiamma fluttuante delle candele disegnava sulle sue guance incantevoli. Reprimendo un sospiro, Galen si diresse verso Il gruppo delle altre signore. Fanny Blackstone sedeva rigida come se avesse un attizzatoio infilato nel corpetto. Clive si aggirava li' vicino e Myron era appoggiato al camino come se non fosse sicuro di cosa fare, anche se quella era la sua casa. Eloise era adagiata sul divano e giocava con un nastro del suo abito mentre Lady Mary si era accomodata su una sedia vicina e sorrideva timidamente. Lei sorrideva sempre timidamente. «Non ho mai avuto il piacere di ascoltare la signora Davis-Jones suonare a Potterton Abbey» osservo' Galen. Lo sguardo di Clive si fisso' sulla cognata. «Non mi avete mai detto che il Duca si trovava a Potterton.» Verity sollevo' la testa. «No?» «Le viene chiesto regolarmente di riferirvi tutto quello che fa e chi incontra durante I suoi viaggi?» «No, naturalmente no.» «Mi scuso, ma cosi mi sembrava di avere capito.» «Incantevole, proprio incantevole!» esclamo' Eloise mentre la musica terminava. «A George dispiacera' di non averla potuta ascoltare.» «C'e' qualcun altro che come me trova l'aria di questa stanza piuttosto consumata?» chiese Galen. «Lady Mary?» «Si» azzardo' lei con le guance in fiamme. Eloise lancio' al cugino un'occhiata compiaciuta che gli fece venire voglia di digrignare I denti. Invece si diresse verso la portafinestra che dava sulla terrazza e che si trovava proprio dietro il pianoforte. «Myron, perche' non parli alle signore della tua coltivazione di ananas?» suggeri'. «Ma certo!» esclamo' felice l'amico. E quindi si lancio' nel suo argomento preferito dopo la caccia, la pesca, I cani, I cavalli e le armi. Mentre Galen si avvicinava le dita di Verity armeggiarono confuse sui tasti, ma nessun altro sembro' notarlo. Anche lui sentiva uno strano disagio. Esserle cosi vicino e non poterla toccare era una tortura. Dopo avere socchiuso la porta che dava sul terrazzo si volto' e il suo sguardo si poso' sull'esile linea della nuca di Verity. In quel momento provo' la sorprendente e improvvisa tentazione di baciarle il collo. Forse era stato un errore arrivarle cosi vicino e tuttavia quella poteva essere l'unica occasione che aveva per parlarle da solo. Dopo essersi assicurato che Myron avesse ancora l'attenzione degli altri con il suo racconto sulla coltivazione degli ananas, fece un altro passo verso di lei. Tuttavia prima che potesse dire qualsiasi cosa, lo fece Verity. «Devo parlarvi, Vostra Grazia» sussuro'. «In privato. Domani, se possibile.» «Naturalmente.» Anche se era proprio l'obiettivo che aveva sperato di raggiungere quella sera, Galen provo' un brivido di timore al suo tono solenne.

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Capitolo 29
*** 29 Capitolo ***


«Possiamo incontrarci nel bosco subito dopo mezzogiorno?» le chiese Galen. «Si» confermo' Verity. «Davvero interessante, Sir Myron!» esclamo' Eloise meravigliata. «Non avevo idea che gli ananas fossero un frutto tanto affascinante! Adesso perche' non fate portare le carte?» «Carte?» replico' il loro ospite, preso alla sprovvista. «Si. Che ne dite del whist?» «Mi piacerebbe giocare a whist» la assecondo' Lady Mary. «E' un gioco che conosco» disse Myron. «Faro' preparare un tavolo. Signore e signora Blackstone, volete unirvi a noi?» Clive rispose accennando il suo sgradevole sorriso. «Ne siamo felici.» «Siamo troppi per un solo tavolo di whist» osservo' Galen allontanandosi dal pianoforte con riluttanza. «E non abbastanza per due.» «Mia moglie non giochera'» disse subito Blackstone. «Io preferirei continuare a suonare questo delizioso strumento» affermo' Verity. «Non sono brava a carte.» «Io invece mi accontentero' di seguire il gioco di Lady Mary» dichiaro' Galen. «Sempre che lei riesca a sopportare la mia presenza.» «Vi sarei grata del vostro aiuto, Vostra Grazia» rispose la giovane dama. «Nemmeno io sono molto esperta con le carte, temo.» «Forse siete piu' brava in altri tipi di giochi?» suggeri' il Duca mentre un cameriere sistemava il tavolo e le sedie per I giocatori. Lady Mary arrosi' e Verity continuo' a suonare come se fosse cieca e sorda a qualsiasi altro rumore che non venisse dal piano. Il giorno successivo, Galen si affaccio' alla finestra della sua camera mentre infilava gli stivali perfettamente lucidi. Grazie al cielo il tempo si era schiarito. Aveva piovuto tutta la notte e quel mattino c'era solo nebbia e umidita'. Non aveva detto a Rhodes che sarebbe uscito ne' che avrebbe preso il cavallo. Sarebbe sgattaiolato fuori di casa dalle scale di servizio e avrebbe fatto di tutto per evitare qualsiasi servitore. Non sapeva per quale motivo Verity voleva vederlo, ma era certo che dovesse trattarsi di una cosa importante per correre quel rischio. Per tutta la notte aveva fatto che rigirarsi nel letto, chiedendosi se lei volesse confessargli che I sentimenti che nutriva nei suoi confronti erano cambiati, proprio come era accaduto a lui. Sfortunatamente c'erano anche altre possibili spiegazioni per la sua richiesta. Poteva trattarsi di qualcosa di semplice come un cambiamento della data della sua successiva visita a Jocelyn, visto che I Blackstone erano a Jefford. Forse avrebbe portato anche la bambina all'appuntamento. Forse Jocelyn non stava bene. No, questo non era possibile. In quel caso Verity non sarebbe venuta alla cena. Quale che fosse la ragione, dopo che lei gli aveva proposto quell'incontro non aveva fatto che dibattersi tra impazienza, speranza e timore. Comunque ora era arrivato il momento di partire e mettere fine a domande e incertezze. Assicurandosi che il corridoio fosse vuoto, usci' chiudendo a chiave la porta della camera. Al suo ritorno avrebbe detto che era stanco e che ne aveva approfittato per fare un sonnellino in modo da essere fresco e riposato per la sera. Quanto alla serratura, si sarebbe giustificato affermando che aveva chiuso a chiave per non essere disturbato. Il suo piano funziono' alla perfezione, tanto da fargli pensare che forse nella sua giovinezza avrebbe potuto prendere in considerazione una carriera come spia in un paese straniero. Sfortunatamente pero' al tempo non aveva nutrito alcuna ambizione che potesse spingerlo a una vita piu' attiva di quella che stava conducendo. Rifiutandosi di rimuginare su quello che sarebbe potuto essere, Galen si affretto' a seguire il sentiero che conduceva attraverso I boschi fino a quando non riusci' a distinguere la casa di Verity in lontananza. Temendo che se si fosse avvicinato di piu' avrebbe potuto essere scoperto, usci' dal sentiero e si fermo' ad aspettare dietro ad alcuni cespugli di sambuco. Memore anche di Rhodes e del suo desiderio di tenere nascosta quell'uscita, fece attenzione a non strusciare contro le foglie e le bacche bagnate. In caso contrario il suo cameriere personale lo avrebbe di sicuro notato. L'odore della terra umida e del fogliame gli rammento' un cimitero, ingigantendo la sua sensazione che qualcosa di negativo stesse per accadere. Guardo' gli alberi che sgocciolavano e vide una mela selvatica che scivolava sul terreno soffice. Protetto dal cuscino di foglie secche ammorbidite dalla pioggia, il frutto non fece quasi alcun rumore. Poco lontano un picchio comincio' la sua ricerca di insetti. Altri uccelli cantavano mentre una lieve brezza agitava I rami che lentamente si asciugavano dalle gocce di brina. Il loro lento cadere a terra gli fece pensare a un rintocco funebre. Perche' era assalito da tanti cattivi presagi? Doveva essere colpa del clima. Non era abituato a quei cieli grigi e al tempo umido dopo tutti gli anni trascorsi in Italia. Di sicuro sotto il sole Italiano si sarebbe sentito piu' ottimista. Un ramoscello si ruppe accanto a lui inducendolo a guardarsi attorno. Niente. Probabilmente si era trattato di uno scoiattolo o di un tasso. Era incredibile! Si trovava in un bosco Inglese in un freddo giorno di pioggia e stava sudando! Si domando' che cosa stessero facendo Guido e gli altri abitanti del villaggio in Italia. Avevano avuto un buon raccolto? Stavano ancora discutendo sull'opportunita' di mettere una statua al centro della piazza? Erano anni che non riuscivano a decidere di quale santo dovesse trattarsi, nonostante l'opinione popolare pendesse in favore di San Michele. Chissa' se menzionavano mai il solitario Duca inglese o si domandavano quando avrebbe fatto ritorno. Neanche lui lo sapeva e non poteva decidere niente se prima non sapeva che cosa provava Verity per lui. Poi il suo amore comparve. Era avvolta in un lungo mantello scuro e aveva un espressione seria e preoccupata. Jocelyn non era insieme a lei e sebbene Galen fosse sempre felice di vedere la bambina, era contento che fosse sola. Non voleva fare una dichiarazione d'amore in pubblico, soprattutto dal momento che non era assolutamente sicuro del modo in cui sarebbe stata accettata. «Verity!» la chiamo' a bassa voce. Lei sobbalzo' e poi sollevo' una mano per fermarlo prima che si facesse avanti. «Sara' meglio che restiate li', in caso venga qualcuno lungo il sentiero» rispose piano. «Puo' succedere? Forse dovremmo andare da qualche altra parte.» Penso' alla rimessa delle carrozze e al bacio che si erano scambiati. «Andra' bene qui, ma dobbiamo stare attenti. Mi mettero' seduta sul ciglio del viottolo dandovi la schiena.» Scelse una pietra per sedersi, tenuta asciutta da un albero che la riparava. Sentendo il suo tono gelido un brivido di timore gli corse lungo la spina dorsale. «Non voglio parlare senza potervi guardare negli occhi.» «Sara' piu'... semplice» rispose lei in un sussurro tanto che Galen dovette tendersi per udire le sue parole. «Perche'?» Verity sollevo' e abbasso' le spalle con un sospiro. «Galen, sono arrivata alla conclusione che e' un rischio troppo grande continuare a vederci.» Lo stomaco del Duca si strinse per il timore. «Che cosa significa?» «Penso che non dovreste piu' venire a trovarci.» Le sue parole lo colpirono con maggiore violenza di un pugno. Le giro' attorno per guardarla negli occhi. «Perche' no?» lei si alzo' di scatto. «E' troppo pericoloso! La gente puo' sospettare.» «La vostra domestica non si e' comportata come se si fosse accorta di qualcosa di strano e nemmeno I vostri cognati. Se non lo pensano loro...» «Non questa volta, forse. Ma potrebbero insospettirsi se voi continuaste a venire a casa nostra.» Distolse lo sguardo e la sua voce divento' poco piu' di un sussurro. «Assomigliate a Jocelyn, sapete.» «Forse ci vogliono gli occhi di una madre per accorgersene.» Verity sollevo' la testa e una ferma risolutezza lampeggio' nei suoi occhi. «Oppure piu' di un incontro.» «Forse no.»

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Capitolo 30
*** 30 Capitolo ***


Verity continuo' a tenere il suo freddo contegno. «Anche in questo caso, non posso correre il rischio. Avete visto anche voi I miei congiunti e non vi sara' difficile immaginare come agirebbe Clive se scoprisse la verita'.» «Che cosa pensate che farebbe?» chiese Galen. Nonostante nei suoi occhi continuasse a brillare uno sguardo di sfida le sue labbra tremarono. «Voi siete un uomo. Come credete che si comporterebbe se scoprisse che la cognata dietro cui sbava come una bestia in calore non e' cosi virtuosa come immaginava? Cosa pensate che chiederebbe di fare in cambio del suo silenzio?» «Non credevo che vi foste accorta del modo in cui lui...» «Mi desidera? Non sono una sciocca, Galen. E sapete qual e' l'unico scudo che mi ha protetto dopo la morte di mio marito? E' stata la mia supposta virtu'. Se questa difesa dovesse cadere, lui non esiterebbe a usare il mio segreto contro di me e anche contro Jocelyn.» «Tuttavia se sua moglie sapesse...» «Avete visto anche voi quali sono I loro rapporti. Clive puo' raccontarle qualsiasi tipo di bugia gli venga in mente, tanto lei non si sognerebbe mai di mettere in dubbio la sua parola.» «Non c'e' modo di liberarsi di Blackstone?» Lei scosse il capo. «No. Se accade qualcosa a me, saranno loro I tutori di Jocelyn. I piu' stretti congiunti viventi che abbiamo.» «Non mi piace l'idea che possa accadervi qualcosa.» Verity fece un respiro profondo. «Faro' tutto quello che posso per impedirlo, ve lo prometto.» «Ma se dovesse succedere, Jocelyn avrebbe sempre me.» «Non legalmente.» «Cambierei le cose se potessi farlo. Quell'uomo e' solo una canaglia avida e viscida.» «Non sembravate trovare niente di riprovevole nel modo in cui conduce I suoi affari ieri sera.» «Sono rimasto in silenzio solo per assecondare il vostro desiderio di evitare ogni accenno a qualsiasi rapporto tra noi due, ma vi assicuro che non approvo tutto cio' che sta avvenendo nel nome del guadagno, Verity. Anzi mi sono rifiutato di investire in quel campo per anni e aiuto finanziariamente chi cerca di migliorare le condizioni dei lavoratori.» Lei si rilasso' un poco. «Sono felice di saperlo e apprezzo il fatto che abbiate cercato di mantenere il nostro segreto. Nondimeno non possiamo continuare in questo modo.» «Io vi ho perso una volta e mi sembra gia' abbastanza» disse Galen con una voce roca per le emozioni che stava cercando di tenere a freno. «Non voglio piu' separarmi da voi e da Jocelyn, Verity. Io vi amo. Voglio che stiamo insieme, come una famiglia, con nostra figlia.» Lei gli poso' un dito guantato sulle labbra, come aveva gia' fatto una volta. Ma l'espressione nei suoi occhi ora era molto diversa. Allora erano pieni di desiderio e passione. Adesso in fondo a quell'azzurro si leggevano solo angoscia e ferma risolutezza. «Vi prego, Galen, non fatelo.» «Mi state chiedendo di non amarvi? Buon Dio, Verity! Non credete che non ci abbia provato? Mi avete lasciato senza una parola di spiegazione e cosi sono vissuto per dieci anni. Avete tenuto in grembo un figlio mio senza nemmeno dirmelo. Avete sposato un altro uomo. Come potevo non amarvi?» Gli occhi di Verity si riempirono di lacrime. «Allo stesso modo in cui vi amavo io» mormoro' lei. «Nonostante il mio lato razionale continuasse a ripetermi che non avrei dovuto farlo.» Galen la fisso' sentendosi scoppiare di felicita'. «Voi mi amate? Santo cielo, Verity! Anch'io vi amo!» Con un sussulto di gioia la attiro' tra le braccia e la bacio' appassionatamente con tutto l'ardore che lei aveva risvegliato in lui. Verity si divincolo'. «No, Galen! Non rendetemi tutto piu' difficile. Non possiamo piu' vederci.» «Perche' temete lo scandalo e I pettegolezzi. Lo so.» La prese gentilmente per le spalle e la fisso' con grave intensita'. «Io sono un Duca, Verity. E come vi ho gia' detto una volta, sono influente. Posso proteggervi...» «No, non potete!» «Verity» riprese lui, deciso a farsi ascoltare e a farla capitolare. «So che dovete convivere con una certa fama poco lusinghiera a causa del fallimento di vostro padre e degli affari di famiglia, ma...» «Una certa fama?» ripete' lei sottraendosi al suo tocco. «A causa del coinvolgimento della mia famiglia nel commercio degli schiavi?» «Si, e...» «Oh, Galen! Se fosse davvero tutto qui! Invece non e' questa la cosa peggiore.» «C'e' dell'altro?» le chiese lui, mentre un orribile presentimento lo afferrava. Forse il suo non era stato il primo letto dove si era infilata... oppure c'erano stati altri uomini dopo, altri amanti. «Io sono una bastarda, il frutto di una relazione adulterina.» Galen attese un lungo momento. «Tutto qui?» «Come sarebbe tutto qui?» ripete' lei guardandolo con un espressione interrogativa. «Non e' forse...?» Poi comprese I suoi timori e arrossi' mentre I suoi occhi lampeggiavano di collera. «Perdonatemi. Io mi ero... spaventato.» disse Galen. «Spaventato di che cosa? Di esservi innamorato di una donna che non era molto meglio di una sgualdrina?» «No» dichiaro' lui piano guardandola con ferma risoluzione. «Spaventato di non poter reggere il confronto con altri uomini, a parte il mio titolo e la mia fama.» «Galen, io ho amato solo due uomini in vita mia, voi e Daniel. E a lui ho voluto bene piu' come a un padre che come a un marito.» «Se mi amate io non temo nulla, Verity.» La tenerezza nel suo sguardo rischio' di farla cedere, tuttavia lei si costrinse a continuare. Un Duca non poteva immaginare che cosa significasse essere un bastardo nella conservatrice e puritana societa' inglese e doveva convincerlo che sapeva di cosa stava parlando. «Vi raccontero' come e' stata la mia vita prima che sposassi Daniel, Galen. Altre persone erano a conoscenza del mio stato molto prima che io fossi messa a parte del segreto di famiglia. E queste persone non facevano altro che bisbigliare, puntare il dito, denigrare come se ci fosse qualcosa che non andava in me, come se avessi commesso un enorme e terribile peccato e non stessi facendo niente per riparare.» «Ma come avrei potuto farlo?» domando' mentre tutta la frustrazione e il risentimento che aveva provato in quegli anni rischiavano di travolgerla. «Io non sapevo che cosa avessi di sbagliato. Poi, a poco a poco, venni a sapere tutto quello che la mia famiglia stava cercando di nascondermi. Scoprii perche' mio padre non mi aveva mai amato, perche' quasi non sopportava di posare lo sguardo su di me e perche' cercava rifugio in una bottiglia.» Strinse le mani l'una con l'altra. «Io so che cosa vuol dire trovarsi sempre ai margini della societa', Galen, sentirsi messi da parte senza avere alcuna colpa. Voi affermate che il fatto che siete un Duca ci proteggera', ma dovreste sapere anche meglio di me quanto possano essere sottili, insinuanti e crudeli I pettegolezzi. E quando Jocelyn sara' una giovane donna, che cosa penseranno gli uomini di lei? Io lo so molto bene. Tale madre, tale figlia. Le verranno fatte continuamente profferte poco onorevoli e verra' perseguitata come se fosse una donna di malaffare.» La sua voce si trasformo' in un sussurro. «Alla fine potrebbe anche convincersi di esserlo davvero e concedersi a un uomo non per amore, ma per passione o per cercare sicurezza.» Gli si avvicino' e lo guardo' fisso in faccia con una incredibile determinazione nei suoi occhi azzurri. «Non esporro' mia figlia a un pericolo del genere. Se vi importa davvero qualcosa di lei, non dovete volerlo neanche voi.» «Io mi preoccupo per Jocelyn ed e' per questo che non posso farla uscire dalla mia vita. Sono disposto a giocare il ruolo dell'amico di famiglia, se questo puo' andarvi bene.» «E io vi ho spiegato che la gente puo' indovinare con facilita' che una volta per me eravate piu' di un amico.» Il suo sguardo lo imploro' di cercare di comprendere. «Voi dovete fare quello che vi chiedo, per il bene di Jocelyn» «Non c'e' modo che io possa vederla, neanche a scuola?» «Io non mandero' mai mia figlia in collegio.»

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Capitolo 31
*** 31 Capitolo ***


Galen fu stupito da quello che Verity gli aveva appena detto riguardo a sua figlia, di non volerla mandare in un collegio. «Ma e' una bambina intelligente e dovrebbe avere tutte le opportunita' che il mio denaro puo' darle, Verity. Daro' il mio contributo finanziario per la sua educazione senza che si venga a sapere e la sua relazione con me restera' segreta.» «No. Io non la mandero' via. Ha gia' avuto anche troppi sconvolgimenti nella sua vita.» La sua risolutezza vacillo'. «Inoltre mi sentirei troppo sola senza di lei. Jocelyn e' tutto quello che ho.» «Tuttavia non ci pensate due volte a condannare me alla solitudine. Senza...» Esito' un momento. «Senza Jocelyn io non ho nessuno.» «Voi avete parecchi amici e molti interessi» replico' Verity. «E io credo che presto avrete una moglie. Poi, piu' in la', altri bambini. Dimenticherete...» «Voi e Jocelyn? Mai! Non vi ho dimenticato fino a ora, anche se ho tentato. Adesso che so dell'esistenza di mia figlia non la cancellero' dalla mia vita.» Lei gli prese una mano. «Ma dovete cercare di farlo. Dovete rifarvi una vita, Galen e scordare il passato.» Le sue dita si strinsero attorno a quelle di lei mentre le cercava il viso con gli occhi. «E' voi? Anche voi vi rifarete una vita, oppure continuerete a nascondervi con la sola compagnia di Jocelyn e di Nancy?» Verity chino' il capo e una lacrima cadde sul terreno. «Io vi amo, Verity! Io non voglio vivere una nuova vita se voi non ne farete parte! Vi prego, non mandatemi via. Io vi amo. Ho bisogno di voi. Voglio sposarvi!» La prese tra le braccia e la bacio'. Le labbra tenere e tuttavia insistenti di Galen si mossero sulle sue e lei si arrese per un breve momento al desiderio nascosto nel suo cuore e alla passione che provava per quell'uomo che era anche il padre di sua figlia. Un gemito soffocato tradi' il suo profondo coinvolgimento. «Mio Dio, Verity» mormoro' lui sfiorandole le guance infuocate con la bocca. «Vi ho appena ritrovato.» Ci vollero il ricordo di ogni singolo velato insulto, ogni maliziosa insinuazione e ogni sguardo di scherno per indurla a ritrarsi. «Per il bene di nostra figlia non puo' esserci altra possibilita', Galen» disse. «Non mi sposerete?» «No.» La voce del Duca si trasformo' in un doloroso sussurro. «Avete detto di amarmi e tuttavia volete abbandonarmi un'altra volta.» Verity sollevo' la testa e lo guardo' con gli occhi velati di lacrime. «C'e' solo una persona che amo quanto voi, Galen. E questa e' Jocelyn. Ve lo chiedo per il suo bene. Solo per lei sono disposta a vedere il vostro cuore spezzato al pari del mio.» «Verity!» «Vi prego, Galen. Andate.» sussurro' lei facendo ricorso a tutto il suo autocontrollo per non cedere. Lui la afferro' per le spalle. «Se non dobbiamo vederci piu' per proteggere nostra figlia, allora permettetemi di dirvi ancora una volta che vi amo.» «Vi prego, Galen. E'... e' troppo» balbetto' Verity tenendolo lontano con le mani. «Non riesco a sopportarlo.» Lui pero' riusci' a baciarla per un ultima volta. Non avrebbe avuto la forza di rifiutare. Non voleva farlo. Quel bacio fu gentile e aveva il sapore salato delle lacrime. Con un sospiro aspro lui si tiro' indietro. «Posso scrivervi?» «Non sarebbe saggio.» «Almeno mi scriverete a Londra per dirmi come state voi e Jocelyn?» la imploro'. «Nessun componente della mia servitu' si meravigliera' vedendo che ricevo una lettera scritta dalla mano di una signora.» Udendo quella richiesta dolorosa che veniva dal profondo del cuore, lei non pote' rifiutare. «Vi scrivero', Galen. Ma non potra' accadere spesso. Dovro' trovare un modo di spedire le lettere in segreto, ma lo faro'. Vi do la mia parola.» Galen le afferro' la mano e se la porto' alle labbra. «In questo caso mi accontentero'. O almeno cerchero'.» «Altrettanto dovro' fare io.» Ritiro' la mano. «Che ne sara' di Lady Mary?» «Gia'. Lady Mary.» Il Duca scrollo' le spalle. «Forse con il tempo, quando saro' in grado di prendere in considerazione il matrimonio con qualcuna che non siate voi...» All'improvviso si volto' e fece qualche passo allontanandosi. Poi si fermo' e la guardo'. «Arrivederci, Verity. Porgete I miei affettuosi saluti a Jocelyn.» lei annui' Galen si avvio' lungo il sentiero e poco dopo scomparve dietro la curva. E dalla sua vita. Di nuovo e per sempre. Avrebbe voluto gemere per la disperazione o gridare per il dolore. Avrebbe desiderato piangere e strillare, digrignare I denti. Ma piu' di qualsiasi altra cosa avrebbe voluto richiamarlo perche' tornasse da lei. Invece non fece nessuna di queste cose, perche' non voleva far soffrire sua figlia anche a costo della sua felicita'. Percio' dopo diversi minuti si asciugo' gli occhi, fece un profondo sospiro, raddrizzo' le spalle e riprese la via di casa. Non si accorse dell'uomo, nascosto dietro una quercia sull'altro lato del sentiero, che aveva osservato e ascoltato tutto mentre un cupo cipiglio deturpava I suoi lineamenti famigliari. «Londra?» esclamo' Myron sbuffando e facendo un salto sulla sedia quando Galen, con cui stava condividendo un momento di calma in salotto prima che scendessero le signore per cena, gli diede la notizia. «Proprio cosi. Mi dispiace, Myron, ma temo di dovermene andare subito. Partiro' domani mattina. Devo sbrigare degli affari di cui mi sono ricordato solo ora, senza dubbio perche' sono stato molto bene qui da te.» «Grazie a Lady Mary, suppongo.» Lui si sforzo' di stamparsi in faccia un sorriso non impegnativo e resto' in un enigmatico silenzio. «Bene. Se devi andare, vai pure. In ogni caso ti sono immensamente grato per essere venuto.» «Sono io che ti ringrazio, Myron» replico' Galen con sincerita'. «E mi dispiace anche moltissimo di non aver accettato il tuo invito fino a ora.» Forse se lo avesse fatto avrebbe incontrato Verity e Jocelyn prima e forse avrebbe potuto trovare un modo per fare parte della loro vita. Per un verso o per l'altro. Purtroppo non sarebbe piu' potuto tornare, perche' non pensava che avrebbe avuto la forza di restare lontano da loro stando nelle vicinanze. «Devi promettermi di venirmi a trovare quando verrai a Londra» disse Galen. Adesso che aveva ripristinato la sua amicizia con Myron e la vedeva nella luce in cui avrebbe dovuto tenerla da sempre, non voleva perdere anche quella. Inoltre Myron poteva dargli notizie aggiornate su Verity e Jocelyn, di tanto in tanto. «Sei molto gentile a invitarmi» replico' Myron. Era talmente contento che lui provo' un'altra fitta di rimorso per non averlo fatto prima. Poi l'amico si fece serio. «Le signore resteranno di sicuro molto deluse quando sapranno che domani te ne andrai.» «Io credo che tu sopravvaluti il mio fascino.» «Dici? Sono sicuro che Lady Mary ha cominciato a nutrire qualche speranza.» «Spinta dalla mia cara cugina, senza dubbio. Comunque non sto dicendo che le sue aspettative debbano per forza restare deluse.» «Io invece mi stavo chiedendo se non ti stessi interessando alla graziosa vedova» disse Myron. Galen gli rivolse un sorriso ironico. «No, nessuna vedova per me, grazie.» Myron sembro' sollevato e Galen fu colto da un pensiero improvviso. Forse il suo amico si era invaghito di Verity. No, non poteva essere. Non doveva essere. Tuttavia se lei avesse sposato qualcuno, anche Myron, questo la avrebbe affrancata dall'influenza dei suoi congiunti. Anzi, se voleva davvero che fosse libera, avrebbe dovuto incoraggiare una sua decisione in questo senso. Quanto a Myron, era senza alcun dubbio un uomo buono, gentile e generoso. Nonostante tale ragionamento, provo' un dolore quasi fisico al pensiero che Verity potesse sposare qualcuno che non fosse lui. Forse stava saltando a delle conclusioni in modo troppo affrettato e inopportuno. «Naturalmente la signora Davis-Jones e' graziosa» osservo'. «Ti sei per caso innamorato di lei?» «Certo che no!» grido' Myron genuinamente inorridito.

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Capitolo 32
*** 32 Capitolo ***


Myron arrossi come un ragazzo che si accingeva a raccontare una storiella piccante. «Pensavo che non credessi ai pettegolezzi sulla morte del marito della signora Davis-Jones» commento' Galen cercando una possibile spiegazione alla eccessiva reazione dell'amico. «Oh, quello. Certo che non ci credo.» «Allora che cosa c'e'?» «Lei non e'... Cioe', sua madre...» La mascella di Galen si tese. «Qual e' il problema?» «Nella mia ultima lettera al nostro vecchio compagno di scuola Justbury Minor gli ho comunicato che eri venuto a trovarmi e ho accennato anche alla mia bella vicina in lutto. Oggi ho ricevuto la sua risposta. Temo di avere riservato troppe gentilezze a qualcuno verso cui non avrei dovuto e devo dire che sono piuttosto stupito che tua cugina le sia tanto affezionata, anche se suppongo che I legami contratti a scuola restino forti nel tempo anche per il sesso debole.» «Di che diavolo stai parlando, Myron?» Il suo amico arrossi. «Sembra che la signora Davis-Jones non sia la figlia legittima del marito di sua madre.» Nel profondo del suo cuore Galen aveva voluto credere che Verity stesse esagerando la macchia della sua nascita illegittima. Ma se il buono e gioviale Myron aveva l'aria di uno che aveva appena scoperto che Verity era una assassina, che cosa potevano pensare persone piu' maliziose e maligne di lui? E gli altri uomini? «Dal momento che sembra essere una donna gentile e schiva e siccome so, per averlo sperimentato sulla mia pelle, come I pettegolezzi possano gonfiarsi anche senza bisogno di incoraggiamento, spero che tu tenga per te la notizia che hai ricevuto» replico'. «C'e' anche una bambina innocente da considerare.» «Si, si. Hai ragione» riconobbe Myron e Galen represse a stento un sospiro di sollievo. Se impediva anche a una sola persona di divulgare la storia del passato di Verity, sarebbe gia' stato qualcosa. Il frusciare degli abiti di seta e le esclamazioni di Eloise indussero Myron ad alzarsi e a schiarirsi la gola. «Ti lascero' il piacere di deludere le signore comunicando loro che stai per lasciarci.» «Grazie.» Con un sospiro soffocato Galen si accinse a salutare Eloise che entro' svolazzando nella sala circondata da una nuvola di trine e profumo. Indossava un abito verde pallido che rivelava generosamente le sue forme. La seguiva Lady Mary. Il suo vestito di seta rosa pallido e l'unica rosa che le ornava I capelli rivelavano un gusto infinitamente piu' raffinato di quello dell'amica. «Siete entrambe incantevoli» si complimento' il Duca. Il sorriso di Lady Mary si fece piu' accentuato mentre si avvicinava con cautela. A giudicare dal suo comportamento quando era con lui, si sarebbe potuto pensare che lo considerasse un lupo pronto a saltarle addosso, penso' Galen senza riuscire a nascondere la sua improvvisa irritazione. «Grazie Galen!» esclamo' con entusiasmo Eloise sedendo sul bracciolo del divano e aggiustando un guanto. «George non mi ha mai fatto un complimento del genere. A dire il vero, potrei mettermi davanti a lui completamente nuda senza ottenere la minima reazione da parte sua.» A quell'affermazione anche Galen, che pure era avvezzo ad atteggiamenti disinvolti da parte di molte dame di sua conoscenza, rimase ammutolito. «Dov'e' vostro marito?» si informo' dopo qualche istante. «Sta ancora cercando di annodarsi la cravatta in modo conveniente» replico' la cugina. «Il vostro cameriere personale Rhodes si e' offerto di aiutarlo, percio' ormai dovremmo avere il piacere di vederlo scendere.» Galen decise che sarebbe stato meglio fare il suo annuncio subito. «Con grande rammarico devo comunicarvi che domani mattina presto partiro' per Londra. Se voi signore avete qualche commissione da affidarmi o desiderate che inoltri qualche vostro messaggio, saro' felice di rendermi utile.» Lady Mary sembro' stupita ed Eloise assunse un espressione cupa e accigliata. «Non c'e' bisogno che vi dica che voi potete restare tutto il tempo che desiderate, Lady Bodenham e Lady Mary» si affretto' ad aggiungere Myron. «Devo confessarvi che dopo queste splendide giornate trascorse con una compagnia cosi meravigliosa, se ve ne andate anche voi diventero' cupo e brontolone come un orso!» «Che cosa puo' esserci di tanto urgente da farvi partire cosi in fretta?» si informo' Eloise. «Affari che riguardano il ducato» rispose lui con semplicita'. Meno diceva, meglio era. «Pensavo che si occupasse di tutto Jasper, il vostro soprintendente.» «Lui non puo' mettere la mia firma sui documenti legali» replico' Galen asciutto. Era la verita', anche se non aveva niente a che fare con il suo ritorno a Londra. «Bene, allora» disse Eloise imbronciata sdraiandosi sul divano. «Ci mancherete, Vostra Grazia» si azzardo' a dire Lady Mary. «Sono sicuro che avremo modo di rinnovare pesto la nostra conoscenza, Lady Mary» rispose lui con cerimoniosa galanteria. Vedendo il suo sorriso compiaciuto il cappio che si sentiva attorno al collo si strinse ancora di piu'. Il mattino successivo Verity si sforzo' di dare una pulita al pavimento della cucina prima che Nancy tornasse dalla sua visita giornaliera al mercato del villaggio. Doveva fare qualcosa per cercare di non pensare a Galen e ai suoi tentativi culinari, l'ultima volta che era venuto in visita. Non doveva sciogliersi in lacrime spostando il piccolo recipiente in cui aveva fatto bollire un uovo e non poteva permettersi di cedere ai sentimentalismi mentre usava lo strofinaccio che lui aveva adoperato per proteggersi le dita dal calore. La porta si spalanco' interrompendo il filo dei suoi ricordi e Nancy irruppe nella stanza. Poso' il cesto della spesa sul tavolo, poi con le mani sui fianchi e il cappellino di traverso guardo' la sua padrona come un sorvegliante avrebbe fatto con un operaio insolente. «Che cosa pensate che sia successo questa volta?» «Non ne ho idea» rispose Verity appoggiando la scopa alla parete. «Ma per favore parla piano. I Blackstone dormono ancora.» Nancy lancio' un'occhiata sprezzante verso il soffitto e poi torno' a rivolgere la sua attenzione a Verity. «Non indovinereste mai.» «Credo che tu abbia ragione. Percio' ti prego di dirmelo.» «Quel tizio ha fatto I bagagli ed e' partito!» Verity si avvicino' al tavolo e comincio' a vuotare il cesto che conteneva I pochi articoli che la domestica aveva acquistato. «Chi?» «Il Duca di Deighton e il suo prezioso cameriere personale Claudius Caesar Rhodes, o come diavolo si chiama!» A giudicare dal modo in cui aveva gettato le cose nel cesto, Nancy di sicuro si era arrabbiata non appena arrivata al mercato. «E perche' questo dovrebbe interessarti?» si informo' Verity. «Hai preso la farina?» «Perche' la gente questa mattina sembrava non riuscire a smettere di parlare di questo fatto, anche se io stavo aspettando di pagare con denaro sonante! Per non parlare poi di quella Jill, al mulino!» Nancy rivelo' I suoi sentimenti nei confronti degli abitanti del villaggio sollevando un dito e scuotendolo in direzione di Jefford. «Non ha fatto che gridare allo scandalo. Sembrava quasi che la avesse abbandonata davanti all'altare!» «Chi, il Duca o il suo valletto?» «Uno dei due, o forse entrambi! Mi ci e' voluta un eternita' per convincerla a pesarmi quel sacchetto di farina.» «Ah, si. Eccola.» Verity riporto' il cesto vuoto al suo posto vicino alla porta. «Bene. Se e' andato via le cose dovrebbero presto tornare alla normalita'. Lady Bodenham e' ancora ospite di Sir Myron?» «Suppongo di si. Non mi sembra di avere sentito che anche lei o la sua amica siano partite. Sono sicura che un tale avvenimento non sarebbe passato inosservato, a meno che alle signore non fossero spuntate le ali e fossero partite volando sopra le loro teste!» «E' Nancy?» chiamo' Jocelyn dal salotto. «Si. E' tornata a casa.» «Bene. Il Duca vorrebbe parlare anche con lei» annuncio' la bambina. Verity fu costretta ad appoggiarsi al tavolo per non cadere. «Chi?» «Il Duca. L'ho appena fatto entrare.»

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Capitolo 33
*** 33 Capitolo ***


Come poteva Galen farle questo? Dopo tutto gli aveva spiegato con estrema chiarezza le sue ragioni. Come poteva ignorare in modo tanto evidente la sua volonta'? Che sarebbe accaduto se avesse continuato a comportarsi cosi? Lui era un Duca, un uomo ricco e potente e lei non avrebbe avuto molti mezzi per impedirgli di farlo. Guardo' Nancy e sul suo viso scorse un espressione altrettanto stupita e sospettosa. «Bene. Questa e' davvero una enorme sorpresa» disse con forzata gaiezza. «Un Duca viene a prendere congedo da me!» Abbasso' la voce fino a quando divento' un sussurro confidenziale. «Sai, temo che avessi ragione su di lui. Sono cosi contenta che stia andando via da Jefford!» «Non c'e' dubbio che Jill pensera' che si stia attardando nei dintorni del villaggio a causa sua, nonostante I suoi incisivi sporgenti.» «Allora salutiamolo in fretta.» Si affretto' ad andare in salotto seguita da Nancy. Per la prima volta la vista di Galen e del suo sorriso affascinante non riusci' a commuoverla. Tutto quello che riusciva a pensare era che aveva deliberatamente ignorato tutti I rischi che gli aveva prospettato venendo li. «Buongiorno, Vostra Grazia» lo saluto' fredda entrando in salotto. «Buongiorno. Vi prego di perdonarmi per la mia visita» «Mi ha detto che e' venuto a salutare» disse Jocelyn e Verity noto' le lacrime che velavano gli occhi della figlia. Stava facendo tutto il possibile per non scoppiare a piangere. Verity lancio' un'occhiata dura a Galen e in quel medesimo istante la sua collera svani'. Stava guardando Jocelyn con incredibile intensita' e un profondo tormento interiore, come se stesse cercando di memorizzare I suoi lineamenti sforzandosi nello stesso tempo di non piangere. Si rese conto che non era venuto per fare minacce o per implorarla di cambiare idea. Lo aveva fatto solo per vedere sua figlia per quella che avrebbe potuto essere l'ultima volta. «Non potevo andarmene senza prendere congedo da tutte voi. Non dimentichero' mai la vostra gentilezza e la squisita ospitalita'.» disse il Duca. Sorrise, ma si trattava di un sorriso vuoto e senza gioia. «Bene, allora. Prego e arrivederci!» esclamo' Nancy dalla porta, da dove lo stava scrutando con un evidente aria sospettosa. «Tornerete, vero?» lo imploro' Jocelyn. «Verrete di nuovo a trovare Sir Myron? La prossima volta vi insegnero' a tostare il pane.» «Vedremo.» «Il Duca ha molti impegni, Jocelyn.» «E di sicuro ormai e' ora che si metta in cammino» termino' la domestica. «Ci saranno molte persone ad attenderlo, proprieta' da amministrare, feste a cui partecipare, la Camera dei Lord dove russare indisturbato.» «Sono cosi felice che ci sia anche tu, Nancy. Ho un grande favore da chiederti» disse Galen sorridendole con genuino buonumore e non senza un accenno di indulgenza. «Un favore a me, Vostra Grazia?» replico' lei dubbiosa. «Mi piacerebbe moltissimo avere la ricetta della vostra crostata. So che nessuno sara' capace di farla come voi due, ma forse il mio cuoco a Londra riuscira' ad avvicinarsi abbastanza. Saresti cosi gentile da farmela avere?» «Non e' scritta da nessuna parte. Io la tengo qui» rispose la donna toccandosi la tempia. «Forse allora potresti scriverla quando avrai tempo e poi mandarmela a Londra. Ecco il mio indirizzo.» Infilo' una mano in tasca e ne tiro' fuori un biglietto. «Signora Davis-Jones, volete essere cosi gentile da dare questo a Nancy?» Ma certo! Penso' Verity mentre allungava una mano per prendere il foglietto e le loro dita si toccarono per un brevissimo momento. Per scrivergli avrebbe dovuto avere il suo indirizzo. In caso contrario sarebbe stata costretta a chiederlo a Eloise oppure a Sir Myron, e questo avrebbe implicato altri sotterfugi e complicazioni. Era molto piu' semplice leggere il biglietto e memorizzare la via prima di porgerlo a Nancy. «Forse il Duca gradirebbe un pezzo di crostata da mangiare durante il viaggio. Jocelyn e Nancy ne hanno fatto un infornata proprio ieri.» «Ne sarei felicissimo.» «E' anche piu' buona di quella che avete assaggiato l'altra volta» gli assicuro' la bambina. «Saresti cosi gentile da preparare qualche fetta, Nancy?» La domestica annui. «Va bene. Allora vi saluto, Vostra Grazia. Arrivederci.» «Arrivederci, Nancy.» Lei fece un cenno vivace e poi usci dalla stanza lasciando Galen solo con Verity e Jocelyn. Sapeva che sarebbe stato meglio andare via subito. Non dubitava che piu' indugiava, maggiore sarebbe stato il dolore del distacco. Ma era venuto per assicurarsi che Verity conoscesse il suo indirizzo di Londra e perche' non riusciva a sopportare il pensiero di non dare un ultimo saluto a Jocelyn. Con un sorriso mesto guardo' la bambina negli occhi che erano cosi simili a quelli di sua madre e sfioro' un ricciolo scuro che tanto assomigliava ai suoi. «Adesso devo andare, Jocelyn» mormoro' dolcemente. «Mi aspetta una lunga giornata di viaggio, anche se la tua crostata me lo fara' sembrare meno pesante.» «Non abbiamo mai giocato agli indiani.» «No.» La ragazzina gli rivolse un'occhiata seria e attenta. «Qual e' il vero motivo per cui partite?» Lui udi' il respiro aspro e affettato di Verity, ma lo ignoro'. «Perche' devo. Talvolta le persone devono fare delle cose che non vorrebbero fare.» «Ma voi siete un Duca e siete anche ricco.» Prima che Verity potesse dire qualsiasi cosa, Galen rispose. «Questo non vuol dire che non abbia degli obblighi, Jocelyn. Mi piacerebbe restare qualche altro giorno, ma non posso.» All'improvviso udirono dei rumori sopra le loro teste. Lui guardo' Verity e si rese conto che si era irrigidita. «Non credo che si tratti di un topo» azzardo'. «Sono lo zio Clive e la zia Fanny» annuncio' Jocelyn. «Stanno ancora dormendo.» «Non sono nemmeno le dieci» le rammento' sua madre. «Volete prendere congedo anche da loro, Vostra Grazia?» «Purtroppo temo di essermi fermato anche troppo a lungo» replico' Galen. Non voleva rivedere I Blackstone, specialmente Clive, perche' non si fidava molto del proprio autocontrollo. Era sicuro che non avrebbe resistito dal mettere l'uomo in guardia perche' stesse lontano da Verity se non voleva fare una brutta fine. Si accovaccio' fino a quando non fu all'altezza degli occhi della figlia. «Arrivederci, Jocelyn. Spero di poter sentire ancora il tuo grido di guerra, un giorno.» Il labbro della bambina inizio' a tremare. «Arrivederci» mormoro'. Poi corse fuori dalla stanza. Udirono il rumore dei suoi piedini che salivano le scale e poi il colpo secco di una porta che si chiudeva. «Mi dispiace, Galen» sussuro' Verity mentre lui si rimetteva in piedi. «Ma non ci sono alternative.» Lui fece un profondo sospiro e cerco' di sorriderle. «Lo so.» Allungo' un braccio e le prese la mano. «Vorrei solo...» comincio' roco, come se le parole gli uscissero di bocca nonostante I suoi sovrumani sforzi di restare in silenzio. «Pensate che un giorno, quando sara' abbastanza grande per capire, le direte la verita'?» Verity annui lentamente. «In questo caso vi prego di non farmi sembrare una vera canaglia, se non e' chiedere troppo.» «Le diro' che il suo padre naturale era un uomo buono e altruista» gli promise lei. Nancy comparve sulla porta con un fagotto in mano e Galen si porto' le dita di Verity alle labbra. «Arrivederci, signora Davis-Jones.» «Addio, Vostra Grazia» sussurro' lei con un inchino. Poi lui si diresse verso la domestica, prese il pacchetto e dopo avere lanciato un ultima ed enigmatica occhiata a Verity usci'. «Finalmente ci siamo liberate di lui!» esclamo' Nancy precipitandosi a chiudergli la porta alle spalle. «Quel tipo e' tutto fascino e adulazione.» La sua padrona apri' la bocca per dirle che si sbagliava e che in lui c'era molto di piu' di questo. Ma ormai era andato via. Se ne era andato per sempre. «Non mi sembra poi cosi attraente come dicono» continuo' a borbottare Nancy dirigendosi verso la cucina. «Con quei capelli troppo lunghi e quei modi affettati. E poi vi guardava come se volesse mangiarvi con un solo morso.»

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Capitolo 34
*** 34 Capitolo ***


Verity ando' a prendere lo scialle appeso a un pomo vicino alla porta. «Vado a fare una passeggiata fino al ruscello, Nancy. Non staro' via molto.» Non aspetto' di sentire la risposta della sua domestica. Si diresse quasi correndo verso l'agognata solitudine che riusciva a trovare solo al riparo del boschetto dietro casa. Qualche giorno piu' tardi Galen era seduto nella biblioteca della sua abitazione di Mayfair e stava fissando senza vederle le fiamme che danzavano nel camino. Pesanti tendaggi di velluto color prugna coprivano le finestre impedendo ai rumori che provenivano dalla strada di rompere il silenzio. Non si era dato pena di accendere nessuna candela e I servitori sapevano che era meglio non disturbarlo quando si trovava in quella stanza. Tra la tappezzeria scura, I pannelli di castagno alle pareti e la mancanza di illuminazione, la biblioteca era buia come una tomba e a Galen piaceva cosi. Sospiro' e si fece passare una mano sulla barba incolta. Quel giorno non era uscito e non lo avrebbe fatto nemmeno la sera. Preferiva restare seduto da solo in biblioteca. Lancio' un'occhiata alla lettera di Eloise, aperta sulla scrivania. A quanto pareva, Lady Mary sarebbe stata a Londra il mese successivo. Si alzo' di colpo, si verso' un brandy e lo bevve d'un fiato. Dannazione! Lui non voleva sposarla! Non voleva sposare nessuna che non fosse Verity. Non avrebbe mai amato un'altra donna come amava lei. Si diresse alla scrivania e afferro' la missiva della cugina. Provando un gusto quasi diabolico appallottolo' il foglio e lo getto' nel camino. La pallina colpi' un alare di ottone e fini' tra le fiamme. Sorridendo soddisfatto, Galen osservo' I lembi della carta che venivano catturati dal fuoco, si arricciavano, si annerivano e poi si disintegravano in cenere. Poi sospiro'. «Un gesto davvero maturo» borbotto' sardonico. «E pensare che credevi di essere diventato piu' saggio.» Avrebbe tanto voluto essere un uomo assennato! In quel caso non si sarebbe trovato in quell'infernale esilio che si era costruito con le proprie mani. Sarebbe stato degno dell'amore di Verity fin dal principio e forse lei non avrebbe sposato... Quei ragionamenti erano senza senso. Il passato era passato. Non poteva disfare quello che aveva fatto e nemmeno lei avrebbe potuto farlo. Doveva cercare di andare avanti. Prese l'altra lettera aperta sulla scrivania, scritta dalla mano familiare, e ancora debole, di Buck. C'era stato un tempo in cui Galen non avrebbe mai scritto al suo fratellastro, nemmeno per chiedergli come procedeva la sua convalescenza. Tuttavia avere perso Jocelyn e Verity gli aveva fatto cambiare idea. Si era messo in contatto con tutti e tre I fratellastri non appena tornato a Londra. Buck era stato molto malato e si stava riprendendo lentamente dalla febbre. Non sapeva quando sarebbe tornato in Inghilterra e il tono della sua scrittura tremolante indicava con chiarezza che non pensava che al fratello importasse sul serio. Invece Buck si sbagliava. Galen era stato davvero contento di sentire che stava migliorando e presto sarebbe rientrato in patria. Avrebbe aspettato il suo arrivo prima di ripartire per l'Italia e avrebbe anche fatto visita a War e Hunt che si trovavano a Londra. Se solo avesse potuto aggiungere Verity e Jocelyn a quella riunione di famiglia! «Vostra Grazia?» «Che c'e'?» borbotto' rivolto alla porta. «Ho... ho bussato, Vostra Grazia» balbetto' un domestico in livrea con in mano un vassoio d'argento dove era posato un biglietto da visita. «Non voglio vedere nessuno.» «Dice che e' molto importante, Vostra Grazia. Ed e' stato davvero insistente.» «Insistente?» ripete' Galen con una risata di scherno mentre afferrava il biglietto. «Chi osa essere insistente con il Duca di Deighton?» Quando lesse il nome alla luce tremolante delle fiamme la sua fronte si corrugo'. Si trattava di Clive Blackstone. Non aveva alcun desiderio di vedere o di parlare con quell'uomo ossequioso e sgradevole. Probabilmente era li' per chiedergli ancora una volta di investire nei suoi stabilimenti per la tessitura, una cosa che lui non avrebbe mai fatto. «Ditegli che non sono in casa.» «Mi dispiace, Vostra Grazia» replico' il domestico impallidendo sotto lo sguardo irritato di Galen. «Ha detto che se vi foste rifiutato di vederlo, avrei dovuto riferirvi che si tratta di una importante questione personale... circa una vedova, Vostra Grazia.» Galen senti' un nodo stringergli la gola. «Fatelo venire qui.» Non appena il valletto fu uscito cerco' di ricomporsi. Si disse che era naturale che Blackstone avesse nominato Verity. Lei era stata a scuola con sua cugina Eloise. Clive Blackstone entro' in biblioteca. I modi umili e adulatori che aveva usato a Jefford erano spariti. Adesso l'uomo oso' ignorare Galen e lascio' che il suo sguardo scorresse insolente sulla moltitudine di volumi riccamente rilegati allineati alla parete, sul tappeto e sui mobili in legno di ciliegio e pelle, come se fosse un banditore d'asta e stesse valutando il prezzo di ogni articolo. Galen non disse nulla. Comprese pero' che questo diverso atteggiamento non faceva presagire niente di buono. Una volta concluso il suo esame accurato, Clive guardo' il Duca e con un sorriso si inchino'. «Sono davvero compiaciuto che abbiate voluto ricevermi, Vostra Grazia.» «Mi e' sembrato di capire che la vostra visita riguarda un importante questione personale» replico' Galen usando un tono gelido. Blackstone si limito' a sorridere con aria maliziosa e si sedette senza neanche essere stato invitato a farlo. «Che cosa vi porta qui?» gli domando' il Duca. «Affari, Vostra Grazia. Affari di una natura molto particolare.» A Galen non piacque nemmeno il tono dell'uomo. Era troppo compiaciuto e intenzionale e implicava una intimita' che non condividevano. «E quali sarebbero?» Il sorriso furtivo di Clive si fece piu' aperto. «Riguardano mia cognata e la sua piccola.» «Devo confessarvi che non riesco a comprendere perche' tutto questo dovrebbe interessarmi.» «Sapete anche voi quanto tenga alla bambina, Vostra Grazia» replico' Blackstone. «La ama proprio come un genitore dovrebbe amare un figlio.» Pronuncio' quelle parole in un modo che indusse Galen a stringere gli occhi e serrare la mascella. «Si, sono convinto che voglia davvero molto bene alla figlia» disse. «Ma che cosa a che fare tutto questo con me?» Blackstone rispose alla sua questione con un'altra domanda. «E il padre della bambina quanto tiene a lei?» Galen senti' una gelida goccia di sudore corrergli lungo la schiena. «Questa e' una strana domanda, signor Blackstone. Il padre della piccola e' morto.» Il sorriso di Clive si fece, se possibile, ancora piu' insinuante. L'uomo si appoggio' alla spalliera della sedia come se fosse il padrone. «Ne siete sicuro?» «Non crediate di giocare con me, Blackstone» rispose lui in tono tranquillo e serio. Blackstone raddrizzo' le spalle, ma il suo sorriso ironico non scomparve. «Non sono venuto fino a Londra per giocare, Vostra Grazia. Posso assicurarvi che il mio scopo e' molto serio. Serissimo.» «Quale sarebbe questo scopo?» «Sedetevi, Vostra Grazia. Cerchiamo di discutere civilmente come due uomini d'affari dovrebbero fare, con calma e razionalita'.» «Chi credete di essere per darmi degli ordini?» Blackstone degluti', ma non abbasso' lo sguardo. «Credo di essere un uomo che conosce il vostro piu' grande segreto, proprio come conosco quello di mia cognata.» Galen lotto' per non mostrare alcun accenno di collera, disgusto o sgomento, ne' di quella sensazione tanto terribilmente familiare di impotenza che provava da piccolo. Ma non era piu' un bambino. «Sedetevi, Vostra Grazia.» «Preferisco stare in piedi.» «Molto bene. Credo che arriveremo a un accordo abbastanza presto.» «Accordo? Quale accordo? Per che cosa?» «Un accordo su quanto mi pagherete per il mio silenzio.» «Un ricatto. Avrei dovuto prevederlo» borbotto' Galen mentre il suo odio per quell'uomo diventava maggiore ogni minuto di piu'.

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Capitolo 35
*** 35 Capitolo ***


L'odio di Galen verso Blackstone diventava maggiore ogni minuto in piu' che trascorreva in sua presenza. «Un ricatto, una parola cruda, ma appropriata» riconobbe Blackstone. «Che cos'e' che credete di sapere?» «So che Jocelyn Davis-Jones e' vostra figlia e non del mio caro defunto cognato.» Lui fece una smorfia derisoria. «Questo e' assurdo.» «L'ho saputo da fonte sicura.» «Quale fonte?» replico' Galen ironico. «Un genio, una veggente, o forse una zingara?» «Me lo ha detto Verity.» Per un istante lui si senti' come se fosse stato colpito allo stomaco da un pugno violento. Poi le sue labbra si piegarono in una smorfia sardonica. «Voi signore siete il peggiore bugiardo che io abbia mai avuto la sfortuna di incontrare.» Blackstone non si lascio' intimidire. «E voi ne siete a conoscenza, dal momento che lo avete confermato quel giorno nel bosco. E che abbracci appassionati!» Il sorriso di Clive assunse un'aria animalesca. Galen strinse le mani a pugno. Era possibile che fossero stati visti e uditi? Ricordo' il rumore del ramoscello che si spezzava. Dannazione! Era stato troppo avventato! «Vi invidio davvero molto per quella intimita', Vostra Grazia. Ma soprattutto vi invidio per quello che accadde dieci anni fa. Oppure ci sono stati altri incontri di cui non sono a conoscenza?» «Mi sembra di capire che se cosi fosse stato, vi sarebbe dispiaciuto molto non avere avuto l'opportunita' di assistere?» «Volete negare che Jocelyn e' vostra figlia?» Galen gli rivolse un sorriso che avrebbe dovuto far riflettere Clive. «No.» «Ne sono felice.» «Perche' dovrei negarlo? Non e' un crimine mettere al mondo un bastardo.» «Ma Verity non vuole che si venga a sapere. Percio' quanto siete disposto a pagare per convincermi a non rivelare quello che so?» «Questo dipende. Quante persone avete gia' messo a parte della ghiotta notizia?» «Non l'ho detto a nessuno ancora. Nemmeno alla dolce e incantevole Verity.» Lei non lo sapeva. Grazie al cielo, ignorava le sordide macchinazioni del cognato. «Ma lo raccontero' a tutti quelli che mi capitera' di incontrare, Vostra Grazia» continuo' Clive. «Quale prova avreste? Si tratterebbe della vostra parola contro la nostra.» «Anche senza prove mi crederebbero tutti. Dopo tutto sua madre era una adultera e voi siete sempre stato un dongiovanni. Pensate davvero che la gente abbia bisogno di un documento legale per dare credito a un pettegolezzo?» Galen non pote' negare la verita' della sua affermazione. «Inoltre la bambina vi assomiglia come una goccia d'acqua. Vostra Grazia.» «Come avete messo bene in chiaro, io non ho alcuna reputazione da proteggere, percio' non c'e' ragione per cui dovrei pagare il vostro silenzio.» «Tranne per il bene delle persone che amate.» Galen aveva temuto il matrimonio sentendolo come un cappio stretto al collo. Adesso era stato catturato in una trappola anche piu' terribile perche' Blackstone aveva scoperto l'unica ragione per cui lui avrebbe fatto quello che ogni particella del suo essere si rifiutava di accettare. Per proteggere Verity e Jocelyn sarebbe stato disposto a fare qualsiasi cosa, anche a mettersi nelle mani di quell'uomo odioso e ripugnante. Ma non ancora. Non fino a quando non fosse stato sicuro che non c'era un altro modo. «Anche se distruggeste la reputazione di Verity, che profitto ne ricavereste? Secondo la legge Jocelyn sarebbe ancora la figlia legittima di Daniel Davis-Jones e per voi non ci sarebbe alcun guadagno.» «Forse. O forse I miei avvocati riuscirebbero a spuntarla. In ogni caso ci vorrebbero degli anni e alla luce di queste novita' anche l'improvviso decesso di mio cognato potrebbe venire riesaminato.» «E' morto di polmonite.» Il ghigno di Clive era diabolico. «Davvero?» «Lo sapete bene quanto me. Il dottore non ha trovato niente di sospetto.» «Una giuria di dodici persone potrebbe essere disposta a credere che una donna cosi poco virtuosa sia stata capace anche di altre orribili azioni. In ogni caso, il coinvolgimento di un Duca nel processo creerebbe un caso di risonanza nazionale. I giornali ci si tufferebbero senza alcuno scrupolo. Non siete d'accordo?» «Non osereste. Potrei assumere I migliori legali d'Inghilterra per difenderla.» «Certo che potreste farlo» replico' Blackstone mentre il suo ghigno si trasformava in una smorfia sarcastica. «Ma nel frattempo pensate allo scandalo, mio caro Duca. Verity lo farebbe. Conoscete la sua avversione a qualsiasi tipo di pettegolezzo e il suo incredibile senso di protezione nei confronti della bambina. Io mi sono limitato a darvi la possibilita' di fare il cavaliere senza macchia e senza paura. Un ruolo nuovo per il Duca di Deighton, non credete?» Ridacchio' soddisfatto. «Comunque, se non mi pagherete voi, lo fara' lei. In un modo o nell'altro.» Con un grugnito di collera Galen si avvento' sull'uomo, lo costrinse ad alzarsi dalla sedia tenendolo per il bavero e gli strinse una mano attorno al collo impedendogli di respirare. «Se solo tentate di sfiorarla con un dito, vi uccidero', per Dio!» Clive cerco' di liberarsi dalla stretta di Galen. «Volete forse aggiungere anche l'assassinio alla vostra gia' dubbia reputazione?» ansimo' quasi senza fiato. Il Duca lo lascio' andare spingendolo all'indietro in modo da mandarlo contro gli scaffali e far cadere diversi volumi rilegati per il contraccolpo. Clive si copri' la testa con le braccia rannicchiandosi a terra mentre Galen cercava di calmare il respiro che si era fatto affannoso. Si senti' un lieve bussare alla porta. «C'e' qualcosa che non va, Vostra Grazia?» si informo' con voce esitante un domestico. «Sono caduti alcuni libri. Niente di grave» replico' lui continuando a fissare serio Clive Blackstone che si alzo' in piedi barcollando sempre tenendosi la gola. «Questa non e' stata una mossa saggia» mormoro' rauco. Galen si limito' a lanciargli una gelida occhiata. Tutto il suo essere avrebbe voluto dirgli di andare al diavolo, ma non poteva. Proprio come Verity non era mai stata in grado di fare. Non la aveva mai ammirata tanto come in quel momento. Adesso si rendeva conto di quanto bisognasse essere forti per trattare con quell'odiosa creatura e riuscire a mantenere sangue freddo e determinazione. «Quanto mi costera' spedire fuori dal paese voi e vostra moglie?» «Dal paese?» ripete' Clive riassettandosi I vestiti. «Mi avete sentito bene. Quanto mi costera' fare in modo che lasciate l'Inghilterra e non vi ritorniate mai piu'?» «Ho gli stabilimenti tessili a cui pensare...» «Li comprero'. Quanto?» Gli occhi dell'uomo luccicarono avidi mentre rifletteva sulla somma da chiedere. «Trentamila sterline.» Galen si senti' quasi mancare il respiro. Era ricco, questo era sicuro, ma la maggior parte della sua ricchezza consisteva in proprieta' di diverso tipo. Quella cifra avrebbe prosciugato quasi del tutto I suoi depositi bancari. Ma non poteva mercanteggiare con quell'uomo. La sicurezza di Verity sarebbe stata in pericolo. «Molto bene.» Galen si diresse verso la scrivania. «Vi daro' la meta' ora e spediro' l'altra meta' del denaro a voi personalmente sulla nave che vi portera' via dal paese.» Preparo' in fretta I documenti necessari. «Ho scritto al mio banchiere che ho intenzione di investire negli stabilimenti per la tessitura del cotone.» Non sapeva come avrebbe potuto fare a spiegare quella temporanea acquisizione a Jasper, il suo sovrintendente. Ma ora non gli interessava. Adesso la cosa piu' importante era proteggere Verity e Jocelyn. Con una smorfia ironica gli rese le carte come se fossero appestate e l'uomo le accetto' di buon grado. «Non pensate nemmeno di parlare con Verity prima di andarvene. Non ho bisogno di rammentarvi che ho un amico a Jefford e posso sempre scoprire da Sir Myron se lei ha avuto dei visitatori. Adesso sparite dalla mia vista.» Blackstone esamino' attentamente I documenti, poi li piego' e li ripose nella tasca della giacca. «E' un vero piacere fare affari con voi, Vostra Grazia. Non che non avrei gradito l'altenativa...»

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Capitolo 36
*** 36 Capitolo ***


Galen fece un passo minaccioso verso Clive Blackstone. «Non dimenticate mai che state trattando con un Duca, Blackstone. E uno che ha trascorso molto piu' tempo di quanto gli piaccia ricordare in locali dove ha incontrato diversi individui senza scrupoli dei bassifondi di Londra. Se mi forzate la mano anche solo scrivendo a Verity, vi giuro che vi faro' desiderare di non essere mai nato.» Clive impallidi', poi si volto' e sgattaiolo' via dalla stanza come un ratto. Dopo che fu uscito, Galen comincio' a camminare avanti e indietro sul tappeto con lo sguardo fisso sul tessuto sotto I suoi piedi, come se fosse un tessitore che stava valutando ogni singolo filo di seta. A dire il vero, non vide nulla. La sua mente era focalizzata interamente su Blackstone e sulla minaccia che costui rappresentava non per lui, ma per Verity e Jocelyn. Continuo' a chiedersi se Clive sarebbe rimasto davvero lontano da loro. Era sicuro di averlo spaventato, ma piu' avanti la sua estrema sicurezza nella forza del segreto di cui era a parte avrebbe potuto renderlo audace e indurlo ad andare dalla cognata. E visto che il premio era Verity, Galen temeva che sarebbe stato tentato. Tuttavia trentamila sterline avrebbero dovuto costituire un motivo valido per attenersi ai suoi ordini. Ma aveva sentito raccontare piu' di una volta di ricattatori che avevano preteso una certa somma e poi avevano continuato con richieste sempre maggiori. Blackstone si sarebbe accontentato dei suoi soldi, oppure sarebbe andato anche da Verity a esigere...? Quell'ipotesi non era poi cosi inverosimile. Forse Clive avrebbe corso il rischio e avrebbe fatto una visita alla cognata, fiducioso nella determinazione di Verity a evitare lo scandalo e a mantenere segreto il loro incontro. Doveva correre da lei e metterla al corrente di quello che era accaduto. E se invece si sbagliava? Se Blackstone avesse seguito il suo avvertimento e si fosse limitato a prendere il denaro? In quel caso andare da Verity sarebbe servito solo a farla preoccupare per niente. Quella rivelazione avrebbe anche potuto spaventarla a tal punto da indurla a fuggire insieme a Jocelyn in un posto dove lui non sarebbe piu' riuscito a trovarla. In tali circostanze probabilmente lei non avrebbe neanche osato scrivergli. Sarebbe rimasto del tutto solo al mondo, piu' triste di prima, perche' ora sapeva quello che aveva perso. Galen si senti' confuso e disorientato e non sapeva come comportarsi. «Ti prego, Signore! Dimmi che cosa devo fare» mormoro'. «Desidero con tutto il cuore che loro siano al sicuro, ma non voglio ritrovarmi solo.» Poi sollevo' la testa e un espressione risoluta comparve sul suo viso. Galen Bromney, Duca di Deighton, che era fuggito in Italia e aveva evitato di affrontare I fantasmi del suo passato per dieci anni, adesso sapeva esattamente come agire. Doveva avvertire Verity. Doveva dirle che Clive conosceva il loro segreto e che avrebbe potuto tentare di usare quell'arma contro di lei. Non aveva altra scelta, anche se questo poteva significare che non avrebbe piu' rivisto le due persone che piu' amava. Doveva correre comunque il rischio. La avrebbe liberata da Clive Blackstone, non importava a quale prezzo. Scostandosi via un ciuffo di capelli degli occhi, Verity strizzo' lo straccio e poi torno' a strofinare il pavimento dell'atrio vicino alla porta del salotto. Non le importava delle gocce di sudore che le correvano lungo la schiena ne' del dolore che sentiva alle ginocchia per essere costretta a stare carponi sul duro pavimento di legno. Da quando Galen era partito da Jefford aveva pulito, strofinato e lucidato come se tutta la sua vita dipendesse da una casa linda e brillante. In qualche modo era proprio cosi, perche' pulire teneva la sua mente occupata e di notte era talmente stanca che cadeva in un sonno profondo e senza sogni. In caso contrario sarebbe rimasta sveglia a pensare a Galen e a come avrebbe potuto essere la loro vita. Al rumore inaspettato di una carrozza smise di strofinare e si alzo' in fretta, nonostante le ginocchia doloranti. Non aspettava visite. Fece qualche passo e si affaccio' alla finestra del salotto. Il visitatore era Clive. Indossava un cappotto e un cappello nuovo ed era seduto su un calesse guidato dal figlio del padrone della locanda. Verity distolse lo sguardo. Era evidente che gli affari del cognato stavano prosperando. Forse era venuto a sbatterle in faccia I suoi successi, oppure a offrirle un altra possibilita' di fare degli investimenti. Naturalmente lei non lo avrebbe assecondato nemmeno se fosse arrivato sulla carrozza del principe reggente. Quanto avrebbe voluto che comprendesse una volta per tutte che cosa pensava dei suoi affari! Tuttavia, quale che fosse la ragione della sua venuta, visto che era arrivato senza Fanny, Verity avrebbe preferito che Nancy e Jocelyn fossero in casa. Invece la domestica era andata al villaggio a trovare un'amica e la bambina era a scuola. Sperando che prima o poi Nancy sarebbe tornata, si tolse il grembiule, srotolo' le maniche e sistemo' al suo posto la ciocca di capelli che era sfuggita dal nodo sulla nuca. Si guardo' le mani umide e arrossate e poi le asciugo' sul grembiule prima di andare ad aprire. «Clive, siete tornato» lo accolse con scarso entusiasmo. Lui sorrise mostrando I denti giallastri e rovinati, poi la scruto' dalla testa ai piedi con uno sguardo incredibilmente insolente, mentre un luccichio libidinoso gli illuminava gli occhi. Un brivido di timore le corse lungo la schiena vedendo che il calesse era stato rimandato indietro e stava uscendo dal vialetto. Lotto' contro l'impulso di richiamare il ragazzo, ma farlo avrebbe significato far capire a Clive che riusciva a intimidirla e quella era l'ultima cosa che voleva. «Buongiorno, sorella. Posso entrare?» Verity esito' prima di spostarsi per farlo passare. «Dov'e' Fanny? Spero non sia ammalata.» «No. E' rimasta a casa.» Lei senti' l'odore del vino e arriccio' il naso con aria furtiva. Non che fosse ubriaco. Anzi sembrava energico come non lo aveva mai visto. «Avete bagaglio?» gli domando' facendo un passo indietro. Non era proprio un invito a entrare, ma questo non sembro' preoccupare minimamente Clive che le passo' di fianco. «No. Non intendo restare a lungo.» «Capisco.» Verity provo' un senso di sollievo che fu pero' subito rimpiazzato da un certo fastidio al vedere come il cognato entrava in salotto sfoggiando la sua solita aria da padrone. Arrivo' vicino al camino e quando si volto', lei noto' ancora quello sguardo libidinoso nei suoi occhi. «Perche' siete venuto, Clive?» «A trovarvi, naturalmente.» Sorrise. Solo che questa volta anche il suo sorriso le sembro' diverso. Lo aveva sempre odiato e aveva temuto le sue visite, ma prima d'ora non si era mai sentita cosi spaventata per quello che avrebbe potuto fare. «E quanto resterete?» «Qual e' il problema, mia cara sorella?» Lei raddrizzo' le spalle. «Credo che dovreste andarvene, Clive.» Lui strinse gli occhi sospettoso e incrocio' le braccia. «Come mai siete cosi scontrosa, oggi?» Verity non rispose. «Venite a sedervi, cognata.» «Preferirei che ve ne andaste, Clive» replico' lei a labbra strette. Lui non si mosse. Solo il suo sorriso si accentuo' procurandole un altro brivido di terrore lungo la schiena. «Io invece penso che dovreste essere gentile con me, in caso contrario potreste pentirvene.» Comincio' ad avvicinarsi e il suo passo strusciante le ricordo' l'avanzare di un serpente. «Vedete, io conosco la verita', mia cara Verity.» «Quale verita'?» domando' lei ritraendosi. Il cuore comincio' a pulsarle all'impazzata nel petto mentre il rumore del sangue le rimbombava nelle orecchie.

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Capitolo 37
*** 37 Capitolo ***


Clive Blackstone sapeva! Ecco spiegato il cambiamento nei suoi modi, la sua incredibile arroganza e le liberta' che si prendeva nei suoi confronti. Ma come aveva fatto? «Non avreste dovuto essere cosi avventata da discutere di un simile argomento nel bosco, dove qualsiasi passante avrebbe potuto sentire che Jocelyn non e' la figlia di Daniel Davis-Jones.» Verity scopri' di non riuscire quasi a respirare mentre tornava con la mente all'incontro con Galen nel bosco. Non aveva sentito niente di strano, ma tutti I suoi pensieri allora erano per il Duca e per I propri problemi. La probabilita' che ci fosse qualcuno nascosto a spiare era concreta. Come era plausibile che quel qualcuno fosse proprio suo cognato. «Devo comunque confessarvi che sono rimasto profondamente colpito dal fatto che siate stata capace di mantenere un segreto del genere tanto a lungo» mormoro' avvicinandosi ancora. «Sapete anche voi che tipo di scandalosa reputazione aveva il Duca durante la sua giovinezza. Gli uomini come lui hanno sempre amato sbandierare ai quattro venti le loro conquiste, a volte anche piu' della conquista stessa. Siete stata fortunata che sia rimasto per tutti questi anni all'estero. Non che io gliene farei una colpa se volesse divulgare la notizia che siete stata sua, mia cara» Continuo' con la sua voce rauca e orribile. «Personalmente saro' tentato di gridarlo dal tetto dell'edificio piu' alto del villaggio quando verra' il mio turno.» Quell'affermazione ebbe su di lei un effetto piu' devastante di qualsiasi sottile insinuazione le fosse mai stata rivolta, forse perche' veniva da un uomo che detestava con tutte le sue forze. «Andatevene» gli ordino' indicando la porta con la mano che tremava non per la paura o la vergogna, ma per pura collera. Come osava guardarla in quel modo? Come osava anche solo supporre che si sarebbe lasciata sfiorare dalle sue mani disgustose? Non era piu' indifesa e abbandonata. Clive aveva dimenticato che ora non doveva piu' combattere da sola contro coloro che avevano intenzione di ferire lei o la sua bambina. Adesso aveva Galen. «Uscite da casa mia» ripete' usando un tono di imperioso comando. Gli occhi del cognato diventarono due fessure e le sue mani si chiusero a pugno. «Ancora quel vostro maledetto orgoglio! E osate anche ordinarmi di andarmene. Questa sarebbe dovuta essere casa mia. Tutto quello che avete avrebbe dovuto essere mio. Per quale altro motivo credete che abbia sposato quella sciocca di Fanny? Forse per il suo aspetto?» «Qualsiasi cosa pensiate, questa e' la mia proprieta' e voi ve ne andrete immediatamente.» «Dove' Nancy?» le domando' lui. Poi fece un sorriso compiaciuto. «E' qui? Io credo di no. In caso contrario si sarebbe gia' fatta vedere.» Verity si senti' la gola secca. «Quindi siamo soli e la vostra casa e' cosi provvidenzialmente fuori mano. Scommetto che potreste gridare fino a non avere piu' voce e nessuno vi sentirebbe.» Verity si volto' e comincio' a correre verso la porta, ma Clive la afferro' alla vita e la costrinse a tornare in salotto. «Non credo, mia cara. Non pensate che vi lasci andare via cosi facilmente.» Lei lotto' per liberarsi, ma lui era piu' forte di quanto si aspettasse. «Capisco quanto debba essere penoso per voi scoprire che io conosco il segreto che vi unisce al Duca. Deve essere ancora piu' doloroso, considerando la reputazione gia' scandalosa della vostra famiglia.» «Tenete le mani lontane da me!» Lui la spinse verso il divano. «Perche' dovrei farlo proprio adesso che finalmente sono riuscito a mettervele addosso e che voi state cominciando a capire che dovete compiacermi se volete che mantenga il vostro segreto?» «E come farete con Fanny?» «Lei non sa niente. Il vostro segreto e' al sicuro con me.» «Non ci credo.» «Vi assicuro che e' cosi, bellezza, almeno per ora. Vi conosco abbastanza da essere certo che farete tutto quello che vorro' per comprare il mio silenzio.» «Siete disgustoso!» «Lo raccontero' a tutti» la minaccio' costringendola a guardarlo mentre il suo respiro puzzolente di vino le alitava sulla faccia. «Tutti sapranno che Jocelyn e' una bastarda, la figlia illegittima di una madre anch'essa illegittima.» «Avete considerato come reagira' il Duca di Deighton se ci farete del male?» domando' Verity con il respiro mozzo. «Dovete aver sentito anche lui nel bosco. Lei e' sangue del suo sangue. Credete che un uomo come lui rimarra' in disparte senza fare niente mentre sua figlia, o la madre di sua figlia, vengono minacciate?» «A quel tipo non importa di nessuno tranne che di se stesso.» Clive non aveva visto l'espressione di Galen quando lei gli aveva chiesto di lasciarle sole. Non era stato testimone del suo cuore che si spezzava. «Toccate un solo capello di Jocelyn o usatemi violenza e lui vi fara' impiccare!» Le sue parole sembrarono penetrare solo in quel momento nel suo cervello. L'uomo si fece meditabondo per un attimo. Poi quel terribile sorriso torno'. «Stupro? Voi mi avete frainteso, mia cara cognata. Io non vi prendero' contro la vostra volonta'. Sarete voi a concedervi a me.» «Voi dovete essere impazzito!» «Senza scrupoli, forse, ma non pazzo» replico' lui mentre I suoi occhi si incupivano per il desiderio. «Datemi quello che desidero e io manterro' il vostro segreto» borbotto' chinando la testa per baciarla. Verity gli sputo' in faccia. Clive sollevo' la testa e la colpi' con violenza. «Dannata sgualdrina ingrata!» impreco'. «Chi credete di essere? Siete solo una donnaccia che ha trovato un pazzo deciso a fare di voi una donna onesta. Dovreste essere felice che io sia disposto a mantenere il vostro segreto, a qualsiasi costo!» La sua stretta si accentuo' e lei si morse il labbro per non gridare di dolore. «Perche' fate tanto la difficile?» le domando' costringendola ad allungarsi sul divano. «Del resto alla vostra virtu' avete gia' rinunciato tanto tempo fa. E poi lo fareste per la vostra preziosa Jocelyn. Concedetevi a me e io manterro' il segreto. Pensate a vostra figlia e sottomettetevi.» Verity si irrigidi'. «Se vi lascio fare quello che volete, mi date la vostra parola che non direte ad anima viva che il Duca di Deighton e' il padre di Jocelyn?» La stretta dell'uomo si rilasso' impercettibilmente. «Si.» «Andate all'inferno, Clive.» Con tutta la forza che riusci' a raccogliere, lei sollevo' un ginocchio e lo colpi' all'inguine. Con un gemito soffocato lui si rannicchio' su se stesso. Verity balzo' in piedi. «Blackstone!» Lei sussulto' per la sorpresa e quando si volto' vide Galen fermo sulla porta. Provando un sentimento di profondo sollievo gli corse incontro e si getto' tra le sue braccia. Mentre il suo abbraccio la circondava con fare protettivo, lui la guardo' serio e preoccupato. «Vi ha fatto del male?» Verity scosse il capo. Lo sguardo di Galen allora si fisso' su Clive, pieno di collera a malapena repressa. «E' una fortuna per voi che sia arrivato in tempo, Blackstone, altrimenti ora sareste gia' morto» disse torvo e a giudicare dal suo tono nessuno avrebbe osato mettere in dubbio che stava dicendo sul serio. «Dubitavo che trentamila sterline bastassero a impedirvi di venire a insidiare Verity e a quanto pare avevo ragione.» «Trentamila sterline!» grido' lei allontanandosi per poterli guardare entrambi. «Questa e' la somma che ha chiesto quando e' venuto da me a Londra. E io ho acconsentito, a condizione che stesse lontano da voi e lasciasse il paese.» «Perche' non avreste dovuto pagarmi?» domando' Clive. «Del resto e' il denaro che avrei ereditato se Daniel non avesse sposato questa sgualdrina.» Galen attraverso' la stanza in un istante. Afferro' Blackstone e lo attiro' vicino fino a quando non si trovarono a meno di un palmo di distanza. «Chiamatela di nuovo cosi e io vi uccidero', quanto e' vero Dio!» «Lasciatelo andare, Galen» gli disse Verity. Lui la guardo' e dopo un lungo momento fece quello che gli aveva chiesto.

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Capitolo 38
*** 38 Capitolo ***


Verity si frappose fra Galen e Clive Blackstone e prese le mani del Duca tra le sue prima che le usasse sul nemico. Un nemico che ormai non temeva piu'. Un nemico che non aveva piu' alcun potere su di lei. Un nemico che poteva affrontare e sconfiggere con Galen al suo fianco. «Fareste meglio a restituire il denaro al Duca, Clive, se non volete essere accusato di ricatto.» «Voi... Voi non potete dire sul serio!» farfuglio' il cognato. «Sapete che la gente parlera' e potete immaginare come tratteranno vostra figlia.» «Non sara' certo facile. Nessuno lo sa meglio di me. Ma niente puo' essere piu' difficile e spiacevole che avere a che fare con voi. Ho sbagliato a non rendermene conto prima e a nascondermi per il timore e la vergogna.» Galen le strinse le mani e la guardo' con gli occhi pieni di amore. «E Jocelyn e' la figlia di un Duca. Di sicuro questo contera' qualcosa.» Poi rivolse il suo sguardo trionfante a Clive. «Sono davvero convinto che dovreste ripensarci, Blackstone. Se Verity acconsente a far conoscere la verita', saro' felicissimo di dire al mondo che ho una figlia. Naturalmente sarebbe piu' saggio per voi mantenere il segreto.» Il suo sorriso si fece piu' ampio. «A dire il vero mi sento piuttosto magnanimo, percio' se terrete chiusa quella boccaccia vi lascero' le quindicimila sterline che vi ho gia' dato come pagamento per I vostri stabilimenti tessili e come compenso per la vostra partenza dall'Inghilterra.» La sua espressione divento' ancora piu' determinata. «A condizione di non vedervi ne' sentire piu' parlare di voi.» Clive li scruto' con un'espressione piena di rabbia per un momento. Poi tutta la sua sicurezza sembro' svanire non appena si rese conto che I due parlavano sul serio. «Saro' felice di liberarmi di voi!» esclamo'. «Spero che bruciate all'inferno, insieme a quella sfacciata ragazzina.» Si affretto' a uscire dalla stanza e poco dopo Galen e Verity udirono la porta d'ingresso sbattere. Lui le fece passare un braccio attorno alle spalle. «Potrebbe non essere l'ultima volta che lo vediamo.» «Non importa. Preferirei che non ottenesse niente e di sicuro non le vostre quindicimila sterline.» «Se e' questo il prezzo da pagare per liberarci di lui, saro' felice di dargliele.» «Sia che Clive tenga la bocca chiusa oppure no, adesso siamo liberi, Galen» disse Verity sorridendo gentilmente. «Liberi davvero.» lui la attiro' a se'. «Si, lo siamo. In ogni caso lo faro' controllare fino a quando non salpera' per un paese straniero.» Si chino' e le sfioro' la bocca con un tenero bacio. «Inoltre ho pensato a quello che avete detto» mormoro' accarezzandole le guance con le labbra. «Forse dovrei cercare di fare qualcosa di piu' per I lavoratori delle fabbriche tessili, iniziando per esempio con il dimostrare che uno stabilimento del genere puo' essere diretto in modo da ottenere buoni guadagni senza pero' sfruttare gli operai. Se non altro credo che sarei un padrone migliore di Clive e questo aggiunge parecchio sapore alla nostra vittoria.» Verity rise piano. «Proprio cosi.» Poi udirono un rumore di zoccoli. Galen la lascio' e si avvicino' alla finestra. «Ha preso Harry.» «Oh, Galen! Mi dispiace.» «Non importa. Lasciamolo andare.» La porta principale si spalanco'. «Ho appena visto quel Blackstone...» Quando Nancy scorse Galen si fermo' di colpo rischiando di far cadere il cappellino. «Santi del cielo! Che diavolo sta facendo lui qui?» «Siediti, Nancy» disse Verity calma. «Ho qualcosa da dirti.» «Non sara' venuto a creare dei problemi, per caso?» Domando' sospettosa la domestica. «Si tratta di qualcosa che riguarda Jocelyn?» «Perche' proprio lei?» «Perche' e' sua figlia, ecco perche'» replico' Nancy senza smettere di fissare Galen mentre chiudeva la porta. «Se credete che vi lasceremo venire qui a...» «Tu sai di lei?» domando' lui mentre Verity cercava una sedia a tentoni e vi si lasciava cadere. Si sentiva debole come se avesse corso per miglia. «Vuoi dire che hai sempre saputo del Duca e me?» «Certo. Il signor Davis-Jones non aveva segreti per me. Me lo rivelo' prima che vi sposaste. Voleva che comprendessi che dovevo essere buona con voi. "Nancy" mi disse. "Io l'ho perdonata perche' la amo con tutto il cuore, e tu devi fare lo stesso." Cosi ho fatto.» Tiro' su con il naso e poi sorrise. «Non e' stato difficile. Non ho mai visto ne' conosciuto una moglie piu' devota di quella che siete stata voi per il mio padrone.» «Perche' non mi hai mai detto niente?» «Perche' vi vergognavate gia' talmente tanto, e a ragione devo aggiungere. Se cosi non fosse stato, avrei reso la vostra vita un vero inferno. In ogni caso non ho mai veduto la necessita' di accrescere la vostra pena. Avevo solo paura che Blackstone potesse scoprirlo. Ogni volta che veniva qui stavo sulle spine, dovete credermi!» Questo probabilmente spiegava I suoi frequenti scatti d'ira durante le visite dei congiunti. «Galen non ha intenzione di interferire» spiego' Verity. «Vuole conoscerla, dato che ora sa della sua esistenza.» «Io amo mia figlia e voglio solo quello che e' meglio per lei. Te lo assicuro, Nancy.» «Aveva deciso di restare lontano da noi perche' io pensavo che sarebbe stato meglio cosi.» confermo' Verity. «Allora che cosa sta facendo qui?» domando' la donna. «E' tornato ad avvertirmi che Clive ha scoperto la verita'. E' arrivato appena in tempo. Se proprio devi arrabbiarti con qualcuno, fallo con mio cognato. E' venuto da solo e voleva servirsi del mio segreto per... per indurmi a...» «Posso indovinarlo» borbotto' Nancy mentre I suoi occhi lampeggiavano di comprensione e solidarieta'. «Sapevo che quella lurida canaglia stava solo aspettando il momento opportuno.» Agito' il pugno verso il vialetto. «Vorrei che fosse ancora qui. Lo farei pentire amaramente per quello che ha cercato di fare!» «Non dubito che ci riusciresti» convenne Galen. «Sono davvero felice di sapere che Verity ha una amica tanto fedele. Tuttavia spero sinceramente di non rivedere mai piu' il signor Blackstone. Stava partendo, di sicuro per sempre.» «Grazie al cielo! E spero che abbiate ragione.» Li guardo' entrambi con fare sospettoso. «Quindi mi state dicendo che il Duca non creera' problemi?» «No, non creera' problemi» affermo' Verity. «Te lo prometto, Nancy. Le amo troppo per fare loro del male.» Il viso della domestica si illumino' all'improvviso con un ampio sorriso. «Vi credo» dichiaro' con un breve cenno del capo. «Posso vederlo nei vostri occhi. Adesso che cosa ne dite di una buona tazza di te'? Credo sia il caso di prepararne un po'.» «Si, grazie, Nancy.» rispose Verity. Nancy si diresse verso la cucina fermandosi sulla soglia per guardare Galen. «La piccola Jocelyn e' la vostra immagine sputata, sapete. Tranne per i suoi occhi, naturalmente. Ma nessuno crederebbe che la signora Davis-Jones abbia mai avuto un solo pensiero disonorevole nella sua vita, meno che mai chi la conosce, percio' credo che il vostro segreto sara' al sicuro ancora per qualche tempo.» «Spero che tu abbia ragione» sospiro' il Duca mentre la donna usciva dalla stanza. «Lei lo sapeva, Galen!» esclamo' Verity incredula. «Lo sapeva da sempre e non ho mai saputo niente, nemmeno per un momento, ne' avrei mai creduto che Nancy sarebbe stata capace di tenere per se' una cosa del genere.» «Un'altra rivelazione sconcertante in un giorno pieno di sorprese.» «Siete molto pallido» commento' lei conducendolo verso il divano. «Siete ammalato?» «Sono solo esausto. Sono venuto via da Londra in fretta e furia e Harry ha anche perso un ferro. Temevo di non riuscire ad arrivare qui in tempo e contemporaneamente ero preoccupato per il fatto che avrei potuto farvi agitare per niente.» «Perche' avevate pagato per assicurarvi la nostra sicurezza.» lui annui. «Spero solo che basti.» «Se anche cosi non fosse non avrei piu' paura in ogni caso. Dico sul serio, Galen» lo rassicuro' Verity. «Sono stanca di farmi spaventare. Non faro' vivere Jocelyn nel timore, come e' accaduto finora.»

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Capitolo 39
*** 39 Capitolo ***


Galen la bacio' teneramente, quasi con riverenza. Verity lo guardo' con occhi innamorati. «Jocelyn ha un padre che la ama e non le neghero' piu' il diritto di conoscere la verita' su di lui.» «E io te ne saro' riconoscente, mia cara. Adesso pero' sara' meglio che me ne vada prima che qualcuno si accorga che sono qui. Suppongo di potermi fermare da Myron stanotte, anche se il poveretto di sicuro si chiedera' se non sia impazzito ad andare avanti e indietro tra Londra e Jefford in cosi poco tempo.» Lei lo tenne stretto nascondendo la testa contro il suo petto. «Oppure potrebbe pensare che siate tornato a essere il tipo impetuoso e passionale dei vecchi tempi.» «Forse. Vorrei essere stato un uomo migliore prima di incontrarvi.» «Se io fossi stata piu' forte dieci anni fa...» Galen scosse il capo. «Eravate giovane e sola. Se io fossi stato piu' forte vi avrei mandato via, o almeno vi avrei cercato prima del vostro matrimonio. Abbiamo fatto entrambi degli errori, Verity. Basta con le recriminazioni. Quello che e' stato e' stato.» Verity annui con un sospiro, sentendosi finalmente al sicuro. Lui le accarezzo' una guancia. «Se Nancy mantiene il nostro segreto non c'e' motivo che la verita' su Jocelyn si venga a sapere.» «Puo' anche essere che Clive lo racconti a tutti quelli che incontra.» Piego' la testa da un lato per guardarlo. «Non mi importa piu' di avere tutto il mondo contro. Sarebbe peggio dover vivere senza di voi. Adesso lo so.» Le braccia di Galen si strinsero attorno al suo corpo. «Potrebbe anche succedere che le mie minacce funzionino inducendo quel tipo odioso a tenere la bocca chiusa. Speriamo per il meglio.» «Qualsiasi cosa accada, un giorno Jocelyn conoscera' la verita', come e' giusto che sia» gli promise Verity. «Confesso di non essere esattamente entusiasta all'idea di ammettere quello che ho fatto, ma lei ha il diritto di sapere che voi siete suo padre.» «Bene. Affronteremo il problema a tempo debito, amore mio» le sussurro' lui chinando il capo. Le sue labbra incontrarono quelle di lei con affettuosa urgenza, dando finalmente sfogo alla passione non piu' tenuta a freno da segreti e passati errori. «Mamma?» Verity sobbalzo' e guardo' verso la porta da sopra le spalle di Galen con gli occhi sgranati e la bocca spalancata. Un libro sotto il braccio e il fango sugli stivali rivelavano che Jocelyn aveva preso la scorciatoia tra I boschi per arrivare a casa prima. «Poi arrivera' il re» borbotto' lui ironico mentre si separavano, ma sempre tenendosi per mano. «Buongiorno, signorina Davis-Jones.» «Siete tornato.» «Mi e' stato impossibile restare lontano.» «Stavate baciando la mamma.» «Confesso di si.» «Anch'io stavo baciando il Duca» osservo' Verity decisa a fare in modo che sua figlia comprendesse che quella era una buona cosa. Jocelyn avanzo' lentamente nella stanza. «Volete sposare mia madre?» Galen guardo' Verity e riconoscendo l'amore nei suoi occhi splendenti, lei senti' il suo cuore accelerare I battiti. «Si, lo voglio tanto.» La bambina scoppio' a ridere e getto' il libro sul divano con un balzo gioioso. Poi emise un terribile grido di guerra indiano. «Jocelyn» comincio' Verity sentendo di dovere dire qualcosa, o perlomeno agire come una persona adulta e responsabile. Nel suo intimo pero' avrebbe voluto mettersi a gridare anche lei. «Vi prego, mamma, dite si!» la imploro' la figlia. «E' cosi gentile. Mi piace tanto e so che anche a voi e' simpatico. Voglio che siate felice, mamma. E quando siete con il Duca voi siete felice.» Verity si volto' verso di lui con gli occhi che le brillavano di lacrime di felicita'. «Non voglio deludere Jocelyn in alcun modo» disse Galen prima che lei potesse parlare. Si inginocchio' su una gamba e le prese con gentilezza una mano tra le sue. «Volete farmi l'onore di diventare mia moglie, Verity?» «Dite di si, mamma. Dite si!» grido' la bambina. «Guardate, si e' pure messo in ginocchio proprio come un principe delle favole!» «In questo caso, come potrei dire di no?» replico' dolcemente lei. «Amore mio» grido' Galen attirandola tra le braccia e baciandola appassionatamente. Gli ci volle un momento per ricordare che non erano soli e interrompere il bacio. Poi allungo' una mano e incluse Jocelyn nell'abbraccio. «Galen!» grido' Eloise entrando nel salotto della sua casa di Londra cinque giorni piu' tardi. «Che deliziosa sorpresa! Non e' da voi passare nel pomeriggio.» Galen sorrise e si accinse con grande entusiasmo a darle le notizie che sapeva sarebbero state qualcosa di piu' di una sorpresa per lei. «Buongiorno, Eloise.» Nonostante fosse deciso a comunicare alla cugina le novita' e a sopportare la sua prevedibile reazione di stupore, esito'. «Dov'e' George?» Eloise si fece seria mentre si sedeva sul divano di broccato e appoggiava un braccio sulla spalliera ricurva di pregiato mogano. «E' nel suo studio. Mi ha detto che doveva scrivere una lettera a un tizio per chiedere notizie su un cane che voleva comprare, ma sono sicura che e' andato li per schiacciare un pisolino.» «Capisco.» «Perche'? Devi parlare con lui?» «No» confesso' Galen sedendosi sulla preziosa sedia di fronte a lei. «Sono venuto a dare a entrambi una notizia meravigliosa, ma se sta dormendo non voglio disturbarlo.» Eloise raddrizzo' le spalle. «Notizia? Che tipo di notizia?» «Sto per sposarmi.» «Mio caro cugino, come sono contenta!» esclamo' lei applaudendo. «Lady Mary sara' una moglie perfetta per voi! Cosi affascinante, dolce e accomodante!» «Non sposero' Lady Mary.» «Cosi educata, graziosa e...!» Eloise si interruppe di colpo sbattendo le palpebre. «Che cosa avete detto?» «Ho detto che non sposero' Lady Mary.» «Allora... allora chi?» «Sto per prendere in moglie Verity Davis-Jones.» Eloise scopri' di fare fatica a respirare e annaspo' come un pesce fuori dall'acqua. «Verity... Verity Davis-Jones? Non potete dire sul serio!» «Sono serissimo» replico' lui in tono solenne. Poi sorrise. «Io la amo, Eloise, e lei mi ha assicurato che il sentimento e' reciproco.» «Voi... la amate?» «Non intendevo farvi agitare. Devo chiamare un valletto?» «No, no!» grido' lei facendosi aria con una mano. «Solo che... e' stata davvero una sorpresa! Voglio dire, Verity! Quando vi siete incontrati? Come avete fatto a...?» «Pensavo che lei vi piacesse.» «Certo che mi piace! E' una donna deliziosa, ma non e'...» «Ricca e titolata?» termino' Galen per lei. «Si!» «Non mi importa.» La cugina corrugo' la fronte. «Certo che non vi importa. Voi siete un uomo e un Duca. Ma la gente parlera' e poi c'e' una figlia...» Eloise si interruppe di colpo vedendo l'espressione negli occhi del cugino. «Che cosa c'e' che non va in sua figlia, Eloise?» le chiese in tono piatto. Lei arrossi' e fece un profondo respiro prima di alzare la testa e sostenere il suo sguardo. «Niente, Galen. Non c'e' niente, a parte il fatto che esiste.» «Si e da ora in poi fara' parte anche della mia vita.» «Certo, capisco» replico' Eloise sorridendo. «E voi potete contare su di me, cugino.» Si alzo' e gli diede un bacio sulla guancia prima di tornare a sedersi. «Sono davvero molto felice per entrambi.» Galen si rese conto solo in quel momento di avere trattenuto il respiro. Era stato davvero in ansia per la reazione di Eloise alla sua dichiarazione e si era chiesto piu' volte se avesse indovinato di Jocelyn. Per fortuna sembrava che avesse capito che lui non intendeva permettere a nessuno di mettere in discussione la paternita' della bambina. «Grazie, Eloise.» «Sono sicura che sarete molto felici insieme.» «Sono certo di si.» «Dove andrete a vivere? In Italia?» Galen scosse il capo. «Sappiamo che ci saranno parecchi pettegolezzi e pensiamo di doverli affrontare, cugina. Siamo gia' scappati troppo a lungo in passato.» Eloise annui in segno di approvazione.

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Capitolo 40
*** 40 Capitolo ***


«Decisione molto saggia, Galen, davvero molto saggia. Affrontare la societa' a testa alta. Quando avranno luogo le nozze? Naturalmente io daro' una festa e...» «Eloise...» «Ditemi.» «Forse non cosi a testa alta. Dateci un po' di tempo, volete? E poi ci piacerebbe un matrimonio intimo, solo amici e familiari. Il che significa che voi e George siete invitati, naturalmente.» «Questa notizia destera' in ogni caso un grande scalpore, Galen.» «Lo sappiamo e ne' io ne' Verity ne siamo molto contenti.» Poi le rivolse un sorriso che sapeva il fatto suo. «Ma a voi non importa di suscitare scalpore, vero cugina? Pensate che gusto proverete nel raccontare alle vostre amiche che mi sono innamorato a prima vista e ho dovuto faticare moltissimo per guadagnarmi la mano della mia sposa. Anzi, a un certo punto, credendo di non avere alcuna possibilita', ero talmente disperato da pensare anche al suicidio.» Eloise lo fisso'. «Suicidio?» «Forse la mia reazione non e' stata proprio cosi drastica, ma non vedo alcun bisogno di lasciare che questo rovini la vostra storia. Potete raccontare quello che volete, ma sempre entro limiti ragionevoli» aggiunse. «L'importante e' che mettiate bene in chiaro che sono perdutamente innamorato di Verity e non sopporterei commenti poco lusinghieri e insinuazioni su di lei.» «Se l'occhiata che mi avete lanciato poco fa avra' sugli altri l'effetto che ha avuto su di me, credo che abbiate molto poco da temere riguardo ad accenni poco garbati o malignita'. Almeno non lo faranno apertamente.» «So che ci saranno pettegolezzi alle nostre spalle» ammise lui. «Per questo non possiamo farci niente.» «Tranne tenere fede a quello che avete detto e affrontare tutti a testa alta. Sono convinta che andra' tutto per il meglio. D'altra parte non c'e modo di fermare le chiacchiere. Se penso a quello che dicevano di voi quando partiste per l'Italia! Diverse persone erano convinte che foste stato rinchiuso in un manicomio.» «Davvero?» «Alcuni pensavano che la probabilita' che vi trovaste in una prigione straniera fosse piuttosto forte.» «Io ero in prigione, Eloise, ma mi ero creato da solo le sbarre.» Lo sguardo della cugina si addolci'. «Sono convinta che ora siate finalmente libero» disse rivolgendogli un sorriso materno. «Sono davvero felice per tutti e due.» All'improvviso salto' in piedi. «Devo dirlo a George!» Si affretto' a dirigersi verso la porta, poi si fermo' sulla soglia e lancio' a Galen un sorriso complice da sopra le spalle. «Questo dovrebbe distoglierlo dal pensiero dei suoi amati cani almeno per qualche istante.» Mentre Eloise usciva arrivo' un domestico in livrea alla ricerca del Duca. «C'e un signore che chiede di voi, Vostra Grazia. Dice che si chiama Franklin.» Si trattava dell'uomo che aveva assunto per controllare Clive e assicurarsi che salisse a bordo della nave che doveva portarlo lontano dall'Inghilterra. Che accidenti faceva li? Quasi nello stesso momento Verity stava salendo I gradini che portavano a casa di Fanny, a Heathrow. Prima che potesse bussare, la cognata spalanco' la porta e cadde singhiozzando tra le sue braccia. «Oh, Verity! Sono cosi felice che tu sia venuta! Non so che cosa fare! Si tratta di Clive.» Verity abbraccio' Fanny con gentilezza. «Ho ricevuto la tua lettera e sono partita non appena ho potuto. Adesso entriamo, Fanny, cosi ti preparero' una tazza di te'.» Tirando su con il naso la donna permise a Verity di prenderla per mano, come se fosse poco piu' grande di Jocelyn, e condurla all'interno della casa piccola e buia. Continuo' a piangere mentre la cognata si toglieva il mantello e preparava l'acqua per il te' nella stretta cucina. Non sapeva dove fosse andata la domestica, ma non le sembro' il momento piu' adatto per chiederlo. Una volta sistemato il bollitore sul fuoco, si sedette vicino al tavolo e si rivolse alla donna disfatta e addolorata che aveva davanti. «Non avete ancora avuto notizie di lui?» «Non una parola, nemmeno un rigo, dal giorno in cui e' partito per Londra! Temo che gli sia accaduto qualcosa di terribile. Io... io so che mio marito non ti e' mai piaciuto, Verity. Ma sono cosi spaventata.» Con un sospiro lei le prese una mano tra le sue. Non sarebbe stato facile, ma doveva farlo. «Ho qualcosa da dirti, Fanny.» «Riguarda Clive?» domando' lei sospettosa. «Si, riguarda Clive.» «E' morto?» chiese in un sussurro. Verity scosse il capo e l'aria tormentata negli occhi di Fanny si affievoli'. «Ma devo confessarti che non credo tornera'.» «Non tornera'?» ripete' la donna disorientata. «Vuoi dire che non e' andato a Londra e che e' venuto da te? Che cosa e' accaduto? Che cosa gli hai fatto?» «Io non ho fatto niente, Fanny, e credo che tu lo sappia. Ma Clive voleva fare qualcosa, qualcosa di spregevole.» Il viso di Fanny si imporporo' mentre altre lacrime le solcavano le guance. «Glielo ha impedito il Duca di Deighton.» Lei impallidi'. «Il Duca?» «Che cosa sai a proposito dei rapporti di Clive con il Duca?» «Io non so nulla dei rapporti di Clive con nessuno. Non mi ha mai parlato di queste cose. Mi ha detto solo che partiva per Londra per concludere degli affari.» «E' andato dal Duca di Deighton per cercare di ricattarlo.» Fanny resto' a bocca aperta per lo stupore. «Sto dicendo sul serio. Ha scoperto qualcosa e ha pensato di usarlo contro Galen e contro di me.» La sua stretta sulla mano di Verity si fece convulsa. «Non mi dire che e' venuto a sapere di Jocelyn» sussurro'. «Temevo che potesse farlo un giorno.» Verity la fisso' sbalordita. A quante altre persone Daniel aveva detto di Jocelyn? «Lo sapevi?» «Non ne ero certa. Ma la bambina non assomigliava per niente a mio fratello e nemmeno a te, cosi cominciai a sospettare qualcosa. Naturalmente pero' non avevo prove. Inoltre tu eri talmente affezionata a Daniel e lui amava tanto tutte e due...» Ricomincio' a singhiozzare inducendo Verity ad alzarsi e ad andarle vicino. «Non hai mai parlato dei tuoi sospetti a Clive» mormoro' rendendosi conto che doveva essere cosi. In caso contrario suo cognato gia' da tempo avrebbe usato senza scrupoli anche un semplice sospetto contro di lei. «No.» «Per questo hai la mia piu' profonda gratitudine, Fanny. Ma come sapevi che il padre di Jocelyn era il Duca?» «Non ne avevo idea fino a quando non l'ho visto. A quel punto ho notato la somiglianza e il modo in cui ti guardava.» Sollevo' gli occhi pieni di lacrime. «Dov'e' Clive? Il Duca lo ha fatto arrestare?» Fece per alzarsi. «Devo andare da lui.» «No, non lo ha denunciato» replico' Verity meravigliandosi della profondita' dei sentimenti di Fanny sia per il fratello che per il marito, anche se nel primo caso meritati, mentre nel secondo del tutto sprecati. «Il Duca gli ha dato il denaro che voleva a condizione che lasciasse il paese» le spiego' con riluttanza sapendo che le sue parole la avrebbero ferita. La consapevolezza che Clive era vivo e stava bene, ma che non era tornato da lei penetro' lentamente nella mente di Fanny. «Mi dispiace di darti tanto dolore, Fanny.» «Mi ha lasciato?» «Cosi sembra.» La cognata nascose la testa tra le sue braccia, mentre I suoi singhiozzi disperati riempivano la stanza. Cosi fece anche il fischio dell'acqua che bolliva nella teiera e Verity non fu mai tanto felice di sentire quel suono. Si affretto' a preparare il te' e ne verso' una tazza a Fanny. «Bevine un sorso, per favore» le disse gentilmente. Quando la cognata sollevo' la testa, la sua espressione denotava una profonda disperazione. «Dove andro'? Che cosa faro'? Senza Clive io... io non ho niente!» «Questo non e' vero, Fanny. Tu hai la tua famiglia, Jocelyn e me.» «Ma siamo stati cosi scorretti nei tuoi confronti.» Verity scosse il capo. «Non tu, Fanny. Inoltre se puoi perdonarmi come ha fatto tuo fratello, io posso fare altrettanto per quello che e' accaduto in passato.» «Ho cercato di non farlo» confesso' la donna. «Se non fosse stato per te avrei avuto quel denaro e Clive mi avrebbe amato.»

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Capitolo 41
*** 41 Capitolo ***


Verity guardo' la cognata con simpatia. «Clive non era degno del tuo amore, Fanny.» «Ma io lo amavo. Non amero' mai nessun altro.» Lei comprese che era arrivato il momento di incoraggiarla. «Tu puoi avere una seconda occasione. A me e al Duca e' stata concessa. Perche' non a te?» «Una seconda occasione?» «Stiamo per sposarci.» Fanny comincio' di nuovo a piangere. Verity non sapeva che cosa dire o fare, percio' lascio' che si sfogasse. Proprio mentre I singhiozzi di Fanny si acquietavano qualcuno busso' alla porta facendole sobbalzare entrambe. «Andro' io a vedere chi e'» si offri Verity. Percorse lo stretto corridoio e apri la porta per trovare Galen fermo sullo scalino. Lui sembro' sorpreso almeno quanto lei. «Galen! Non avete ricevuto la mia lettera?» «No.» Lui entro' e chiuse la porta. «Perche' siete qui? Dov'e la signora Blackstone?» «Clive non e' piu' tornato a casa dopo essere venuto da voi a Londra. Fanny era disperata e mi ha scritto implorandomi di venire, povera donna.» «Oh, Dio!» sospiro' il Duca appoggiandosi alla porta e scrutandola mestamente. Lei noto' che era pallido. «Che c'e? Che cosa e' accaduto?» «Suo marito e' morto. Lo hanno trovato in una taverna vicino al porto. C'e stata una discussione e poi una rissa. Se aveva con se il denaro che gli ho dato, e' sparito.» Entrambi udirono un gemito simile a quello di un animale ferito. Verity si volto' di scatto e vide Fanny che cadeva a terra svenuta. Quando si riebbe, Verity aveva ormai messo a parte Galen di tutto quello che le aveva riferito la cognata. Insieme suggerirono a Fanny di permettere al Duca di occuparsi del funerale di Clive e di tutti gli aspetti burocratici. Quest'ultima acconsenti' in silenzio e Galen se ne ando'. Verity resto' seduta accanto al letto della cognata. «Ti prego, Fanny. Vieni a vivere con me a Jefford. Dovresti stare con la tua famiglia.» Lei le rivolse un sorriso tremulo. «Grazie, Verity. Mi piacerebbe davvero molto.» Tre mesi dopo Galen apri lentamente la porta della sua camera da letto. «Verity?» chiamo' piano chiedendosi se la sua sposa fosse gia' sotto le coperte o si stesse ancora spogliando. Myron e George lo avevano trattenuto a lungo con I loro brindisi in onore della lieta occasione. Ma considerando che George aveva abbandonato I suoi adorati segugi per presenziare alle nozze del Duca di Deighton e che lui era stato ospite a casa di Myron fino a una settimana prima della cerimonia, non aveva ritenuto educato lasciarli troppo presto, anche se avrebbe voluto farlo. Nancy aveva portato gia' da un pezzo Jocelyn a letto, dopo che la bambina, al settimo cielo, si era ingozzata di dolci. Non molto piu' tardi anche le altre dame si erano ritirate. «Verity, sei qui?» Forse si trovava nella sua stanza da letto che comunicava con quella del Duca attraverso lo spogliatoio. Era stata una lunga giornata iniziata con le nozze al mattino nella chiesa di St. George a Grosvenor Square, proseguita poi con il pranzo a casa di Eloise, per finire con una cena piu' frugale li da lui insieme a Jocelyn, Fanny, Rhodes e Nancy. Galen si avventuro' ancora piu' all'interno. Solo una piccola candela rischiarava lo spogliatoio lasciando al buio la camera padronale. Il letto era immerso nell'ombra. Forse Verity si stava assicurando che Jocelyn dormisse. Non aveva mai visto sua figlia cosi felice ed eccitata, ma tutti I presenti alle nozze gli erano sembrati contenti. «Sono qui, Galen» mormoro' dolcemente Verity. I battiti del suo cuore subirono una improvvisa accelerazione mentre lui si chiudeva la porta alle spalle. «Non riesco a vederti.» «Sono a letto.» Non aveva mai sentito niente di piu' eccitante in tutta la sua vita. «Non farmi aspettare.» Si sbagliava. Era questa la frase piu' eccitante che avesse mai sentito. Consapevole che la donna che adorava lo stava guardando, si libero' in fretta della giacca e la getto' su una sedia. Poi inizio' a sciogliersi la cravatta e scopri' che le sue dita erano piuttosto maldestre. «Jocelyn sembra davvero felice.» «Lo e'. Non la vedevo cosi serena da molto tempo.» «Hai pensato a quando sara' il momento di dirle che sono il suo vero padre?» «Quando avra' qualche anno in piu'. Queste poche settimane per lei sono state piuttosto emozionanti. Preferirei aspettare che le cose si calmino e che lei sia piu' matura.» «Dovrai farlo solo quanto lo riterrai opportuno. Tu la conosci meglio di me.» «Mi dispiace per questo, Galen. Mi dispiace davvero.» Dopo essere finalmente riuscito a sciogliere il nodo della cravatta sollevo' gli occhi per guardare Verity, o quello che riusciva a scorgere nell'ombra. «Ricorda, amore mio. Niente piu' recriminazioni. Stiamo iniziando una nuova vita. Devo dire che non lo ritengo giusto» disse poi per alleggerire l'atmosfera. «Io non ho potuto guardare mentre ti spogliavi.» «Invece si. Lo facesti dieci anni fa. Adesso e' il mio turno.» Galen rise. Dopo tutto, lei aveva ragione. «Spero di non deluderti.» «Non credo che sara' possibile, sebbene debba dire che mi dispiace che ti sia tagliato I capelli.» «Rhodes ha insistito tanto. Ha detto che un promesso sposo non doveva sembrare sciatto e trascurato.» Galen ridacchio' roco. «Ricresceranno.» Si libero' della cravatta e la getto' sulla sedia. «E' un vero peccato che Buck e War non siano potuti venire.» «Si, ma sono stata contenta di conoscere Hunt. Immagino che alla sua eta' tu dovevi assomigliargli molto.» Galen si diresse verso il letto e comincio' un'altra lotta, questa volta con I bottoni della camicia. Si sentiva nervoso come un ragazzo, o forse tremava pregustando quello che sarebbe seguito. «Sfortunatamente e' sulla buona strada per diventare un giovane sciagurato proprio come ero io» replico'. «L'ho sorpreso nella dispensa con una delle cameriere.» «Davvero?» «Proprio cosi. E pensare che ero convinto che Nancy avrebbe diretto la mia servitu' con un pugno di ferro.» «Dalle tempo. Nel frattempo non dirle nulla della cameriera. Lascia che parli io prima alla ragazza.» «Con gioia. Sono sicuro che tu sarai piu' indulgente.» «Devo esserlo. Non sei d'accordo?» «E io parlero' a Hunt prima che torni a scuola.» Sospiro' «Spero che ascoltera' la voce dell'esperienza.» «Fanny mi ha fatto una buona impressione, anche se ci vorra' ancora un po' di tempo prima che si riprenda.» «Si e' liberata di Clive e non e' poco.» «Lo so, Galen, e credo che con il tempo se ne rendera' conto anche lei. Eloise e' stata molto carina a invitarla a casa sua.» «Non credo che accettera' di andare.» Verity si mosse nel letto. «Perche' no?» «Sembra che preferisca restare con noi.» «Dici?» lei fece una risata sommessa. «Adesso che ci penso, non posso dire di essere sorpresa. Rhodes e' molto sollecito nei suoi confronti. Credo che si sia affezionato a lei e ho l'impressione che Fanny non sia poi cosi indifferente alle sue attenzioni.» «Preferirei che si fosse affezionato a Nancy. Che dira' la gente? La cognata della moglie del Duca di Deighton sposata al suo cameriere personale.» «Sembri Eloise e le sue amiche tanto amanti dei pettegolezzi.» Galen ridacchio'. «Lo so. In ogni caso io non ci troverei niente di strano se Fanny e Rhodes si innamorassero.» «Bene, se dobbiamo spettegolare allora che mi dici di Myron e Lady Mary?» disse Verity in tono divertito. «Eloise mi ha assicurato che presto si fidanzeranno.» «Credo che la mia cara cugina abbia ragione. Myron sembrava affascinato da lei fin dal loro primo incontro. E una volta che io mi sono dichiarato fuori dal gioco si e' dato da fare con successo. E' davvero un buon cacciatore, e non solo di animali.» «Io credo che tu sottovaluti Lady Mary. Lei e' innamorata di Myron. Ne sono certa e sono anche convinta che insieme saranno felici. Lui e' un uomo buono e gentile.» Confermo' decisa Verity.

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Capitolo 42
*** 42 Capitolo ***


Galen si tolse lentamente la camicia cercando di indovinare la sagoma della sua sposa sotto le coperte. «Stai cercando di farmi ingelosire?» «E questo tuo spogliarti lentamente mira ad accrescere il mio desiderio?» «Forse. Sta funzionando?» «Devo confessare di si» rispose con una voce bassa e appassionata che lo fece eccitare ancora di piu'. «Hai un fisico davvero notevole» continuo' con quel tono incredibilmente seducente. Quelle parole bastarono a fargli desiderare di essere gia' sotto le coperte insieme a lei. «Anche tu.» Porto' le mani sui calzoni e li sfilo', questa volta piu' velocemente, gettandoli sulla sedia piu' vicina. «Cosi li rovinerai.» «Adesso mi sembra di sentire Rhodes» replico' lui avvicinandosi al letto. «Non hai ancora finito di spogliarti.» Galen arrossi'. «Ti prego, moglie. Il mio pudore.» «Molto bene. Guardero' altrove, anche se devo dire che sono sorpresa di scoprire che sei pudico.» «Questo e'... diverso.» «Perche'?» Dopo essersi liberato dei mutandoni lui scivolo' tra le lenzuola. «Perche' non voglio deluderti.» «Dimentichi che abbiamo gia' fatto l'amore.» «Ti assicuro che non l'ho mai scordato, mia signora.» La senti' avvicinarsi e con enorme sorpresa e delizia si rese conto che era nuda. «Quindi non ci sono segreti tra noi.» Galen rise e le fece scorrere una mano lungo la gamba fino alla curva dei fianchi. «E nemmeno vestiti.» «Sdraiati, tesoro.» «Che cosa?» «Sdraiati un momento. Devo fare una cosa.» Lui percepi' che il materasso di piume si sollevava. «Non starai infilando una camicia da notte, spero.» «No.» Verity torno' a letto. «Hai fatto presto» osservo' Galen. «Dovevo solo prendere una cosa.» Lui quasi salto' giu' dal materasso quando senti' le dita di lei che gli accarezzavano il torace. Erano appiccicose. «Che accidenti...?» Un profumo familiare lo assali' alle narici. «E' miele?» «Mi era sembrato che avessi trovato divertente il mio scherzo con la melassa quando ero in collegio.» La sensazione di quei polpastrelli che vagavano sulla sua pelle soffermandosi a tormentare I capezzoli gli impediva quasi di pensare. E quando Verity gli mise una gamba sopra la sua si accorse di non riuscire ad articolare nessun pensiero coerente. «Quindi e' melassa?» Era cosi eccitato che avrebbe potuto trattarsi di qualsiasi cosa. Non aveva la minima importanza. «E' miele» confermo' lei abbassando la testa. «Non amo il sapore della melassa.» «Non ne avevo idea...» gemette Galen mentre lei cominciava a leccargli la pelle. «Non ti piace?» La sua sola risposta fu un altro gemito. Verity scivolo' piu' vicina e lui senti' I suoi seni sfiorargli il braccio. Incapace di restare immobile, allungo' una mano per accarezzarle la pelle di seta iniziando dalla spalla e scendendo lentamente. Il tessuto delle lenzuola struscio' contro la sua nudita' intensificando la sua eccitazione. Poi ci fu ancora miele e le dita di lei continuarono a tracciare una linea che dal ventre scese sempre piu' in basso. Galen si morse un labbro per impedirsi di gridare mentre la tensione dentro di lui cresceva a dismisura. All'improvviso Verity si interruppe.«Santo cielo!» Lui emise un gemito inorridito. «Che c'e'?» «I miei capelli!» «Ti e' andato il miele tra I capelli?» «Non si tratta solo di questo. Mi sono appena resa conto di avere sporcato tutte le lenzuola con le ciocche appiccicose.» «Mia cara e dolce moglie, io sono un Duca e I duchi hanno diversi servitori. Percio' non e' il caso che ti preoccupi. Tutto quello che voglio e' che adesso pensi a noi.» La attiro' a se' e le impresse un bacio rovente sulle morbide labbra addolcite dal miele. Lei gli si adagio' contro, appassionata e piena di desiderio. Immediatamente sembro' dimenticare tutte le preoccupazioni per la pulizia e con un gemito di passione socchiuse le labbra. Senza bisogno di ulteriori lusinghe, Galen le fece scivolare la lingua nella sua bocca calda. Poi, sempre continuando a baciarla, la fece adagiare tra I cuscini e passo' a sfiorare la curva del mento e l'incavo del collo. «Qui sembra esserci qualcosa di ancora piu' dolce della tua pelle, amore mio» mormoro' incontrando una macchia di miele sul suo seno. La sua sola risposta fu un altro gemito e lui comprese perfettamente quello che provava. Non si era mai sentita cosi prima di allora. Quell'unica notte trascorsa con Galen era stato solo un piccolo assaggio dell'appassionato desiderio che ora stava nascendo in lei. Allora si era trattato di un momento troppo breve e fuggevole, adesso c'era amore e passione insieme. Dieci anni prima Verity aveva rubato solo un abbraccio che le aveva procurato vergogna e paura. Ora era sua moglie e il loro amore era stato suggellato davanti alla famiglia e agli amici perche' tutti ne venissero a conoscenza. Non c'erano piu' segreti ne' bugie. Era libera di amarlo come desiderava, di mostrargli senza bisogno di parole che gli apparteneva per sempre. «Moglie mia. Mia amatissima moglie.» mormoro' Galen. Verity si spinse piu' vicina accogliendo con gioia le sue carezze. Il suo respiro si fece piu' affrettato. Quella prima volta lui non aveva fatto niente di tutto cio' e lei non credeva di poter sentire crescere quella deliziosa tensione fino a quando divento' quasi insopportabile. Sentiva che tutto era giusto e perfetto. Galen aveva sognato tutto questo molte volte e tuttavia il sogno non si era mai avvicinato tanto alla realta'. Nemmeno nelle fantasie piu' sfrenate aveva immaginato di sperimentare un'emozione cosi forte. Arrivarono insieme all'acme della passione che esplose e dilago' in deliziose e ritmiche ondate di brividi che scossero I loro corpi sudati. I suoi movimenti rallentarono e poi si fermarono e lui si accascio' su di lei respirando affannosamente. Solo in quel momento si rese conto che Verity stava ansimando. «Ti amo» mormoro', strofinandole una guancia contro il collo. «E io amo te, Galen» rispose lei sollevando una mano per accarezzargli I capelli bagnati di sudore. Con l'altra lo tenne vicino. Era tutto perfetto e lei era felice. «Credo che avremo bisogno di un bagno domani mattina.» Mormoro' lui assonnato. «Potremmo farlo insieme.» Lui sollevo' la testa e la fisso' negli occhi. «Stai dicendo sul serio?» Verity sorrise. «Sono serissima.» «Buon Dio, Verity! Da dove ti vengono queste idee?» «Non ti aveva avvertito Eloise? Pensavo ti avesse detto che ero dotata di parecchia immaginazione.» «A dire il vero, suppongo lo abbia fatto. Ma io non avevo idea...» Lei lo bacio' sulla fronte, accoccolandosi vicino. «Se non vuoi, allora...» «Non ho mai detto questo.» Appoggio' il capo sui suoi morbidi seni e sorrise beato. «E dire che pensavo che non mi sarebbe piaciuto essere sposato.» --------------------------------------FINE----------------------------------------------

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