La reflector ricercata

di manga reader
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Nuova missione ***
Capitolo 2: *** La strana foresta ***
Capitolo 3: *** Una pessima strategia ***
Capitolo 4: *** Kaede ***
Capitolo 5: *** Ancora sulle tracce di “Midori“ ***
Capitolo 6: *** Un'idea folle ***
Capitolo 7: *** Comunicazione dalla sede centrale ***
Capitolo 8: *** Il primo scambio di sentimenti ***
Capitolo 9: *** Dove stavano sbagliando ***
Capitolo 10: *** L'arma delle emozioni ***
Capitolo 11: *** Solo la foto era vera! ***
Capitolo 12: *** Agire con meno leggerezza ***
Capitolo 13: *** Incontro ***
Capitolo 14: *** Come Kaede ottenne l'anello ***
Capitolo 15: *** Dialogo con le guardiane del Common ***
Capitolo 16: *** Rapporto ***
Capitolo 17: *** Quando non ti rendi conto di poter parlare ***
Capitolo 18: *** Venuta a dare una mano ***
Capitolo 19: *** Inseguimento ***
Capitolo 20: *** Messaggio e chiamata ***
Capitolo 21: *** Battaglia ***
Capitolo 22: *** Tirare le somme ***



Capitolo 1
*** Nuova missione ***


Piccola premessa
Questa storia è basata sul gioco "Blue Reflection", da cui è stato fatta anche una serie animata.
La storia però può essere compresa anche da coloro che non hanno né giocato ai giochi, né visto la serie. Non tutto apparirà subito chiaro. Però nel corso dei capitoli, tutto verrà spiegato.
Buona lettura.




La cittadina di Suwai distava meno di mezz’ora di treno dalla stazione vicino allaTsukinomimiya, se si prendevano le linee veloci. Indubbiamente il prezzo del biglietto poteva costituire un problema per due liceali, quale erano loro, ma il fatto che l’associazione coprisse le spese semplificava le cose.
Le ragazze scesero dal treno, incamminandosi per le vie cittadine.
“Aspetta, dove siamo?”
Disse Momo, picchiando ripetutamente sulla mappa nel cellulare, nel tentativo di orientarsi. L’ingrandimento aumentò abbastanza da permetterle di vedere il nome delle vie. Ripercorse quindi il breve tratto che avevano fatto dalla stazione.
“Perfetto!”
Una volta capito dove fossero tirò fuori l’indirizzo annotato su un pezzo di carta e individuato a quale punto corrispondesse non le ci volle molto a capire il percorso.
“Andiamo, non è molto lontana.”
Infatti bastò loro andare in fondo alla via, svoltare e imboccarne una seconda per scorgere l’edificio. Lesse i campanelli, per poi pigiare quello che interessava loro, mentre la fanciulla mora rimaneva in silenzio.
Pochi istanti e udirono una risposta dal citofono.
“Tanabe Momo e Hanari Ruka.”
Nel giro di un secondo la porta si aprì e le due entrarono all’interno. In quella costruzione la AASA aveva a disposizione un’intera ala e non dovettero capire molto dove andare per entrare nel luogo dove si era insediata la loro associazione. Si trattava di una sede nuova e non l’avevano vista prima.
Una volta dentro furono indirizzate a un ufficio all’ultimo piano. Salirono le scale, per poi bussare alla porta numero 4. A vedere gli interni quella sarebbe sembrata un’organizzazione come tante altre e formalmente lo era. Non poteva essere certo reso pubblico il vero motivo della loro attività.
La porta si aprì e si trovarono davanti a una donna dai capelli corti marrone chiaro, indossante un abito bianco da ufficio. Fece segno alle due di sedersi.
“Mi aspettavo di trovarmi Saiki Yuri!”
Esclamò Momo.
La donna parve giusto un attimo irritata. Aveva ben presente di chi stessero parlando. Pensare che avrebbero potuo mettere una stupida ragazzina a comandare lì, soffiandole il posto, non la rendeva di certo allegra! Aveva dovuto faticare non poco per ottenere di andare al posto suo. La ragazza prodigio di qua, la ragazza prodigio di là… dicevano tutti. Alla fine aveva ottenuto ciò che le spettava, ma sentire quel nome non la metteva di buon umore.
“Il fatto che abbiate sempre avuto lei come punto di riferimento non vuol dire che sia stata lei a contattarvi. Mi chiami Maemi Shio, sono la responsabile della struttura.”
Si presentò lei, leggermente fredda.
“Possiamo sapere il motivo per cui siamo state convocate qui?”
Domandò Ruka. Quella città non era il posto che le due ragazze magiche erano solite pattugliare. Se le avevano chiamate lì, doveva esserci un motivo.
“Ovviamente. Ho deciso di dirvelo personalmente perché è una questione un po’ delicata.”
Doveva sapere se le due fossero alle prime armi o ne sapessero qualcosa.
“Sapete bene che l’AASA si occupa di studiare la dimensione scaturita dagli stati d’animo umani, nota come "il Common". Così come alla nostra attività di ricerca si debba affiancare l’aiuto di certe persone che sono in grado di usufruire derivanti da quel mondo. Vi è tutto chiaro?”
Introdusse.
“Si, lo sappiamo benissimo.”
Rispose Momo, nel tentativo che l’altra non si dilungasse. La AASA si valeva di scienziati e di psicologi, ma anche di ragazze magiche in grado di utilizzare i poteri derivanti dai sentimenti e dalle emozioni, le Reflector. Costoro erano essenziali sia per esplorare il common, sia per sconfiggere i demoni che vivevano lì e che ogni tanto sconfinavano nel loro mondo.
“Ultimamente abbiamo cercato nuove candidate reflector. Abbiamo organizzato diversi colloqui.”
Riprese Maemi.
“Essendo questa una nuova sede, immagino che non disponiate di loro e che vi occorra una nuova squadra, di ragazze che vivono qua.”
Osservò la fanciulla dai capelli corvini. Ruka era senza dubbio introversa, ma ciò le permetteva di osservare meglio tutto e di fare i ragionamenti giusti.
“Esattamente. Dovete sapere che uno dei nostri membri aveva incontrato alcune candidate per dei colloqui preliminari, portandosi dietro un Blue Reflection. Ha parlato con loro in un posto distaccato dall’edificio, quando però è tornato alla sede ha scoperto di non avere più con sé l’anello.”
Ora capivano dov’era il problema. Un Blue Reflection era un anello incantato che permetteva alle maghette come loro di trasformarsi e usare i loro problemi. Fabbricarne uno non era facile. La perdita di uno di essi non era da prendere alla leggera.
“Avete idea di dove potesse stato smarrito?”
Domandò la ragazza silenziosa. La donna aprì una mappa.
“Questo è il luogo dove si sono svolti gli incontri”
Era abbastanza distante dalla sede. Lì c’erano uffici.
“Può averlo perso il tratto di strada da qui a quel posto o nella sala dei colloqui. In quest’ultimo caso c’è la possibilità che a prenderlo sia stata una delle candidate. Vorrei che ci aiutaste a contattare una di queste. Una certa Midori Takkanirr.”
Momo la interruppe.
“Per me è un problema: oltre a studiare, lavoro. Non posso occuparmi di qualcosa fuori dalla mia zona abituale.”
Potestò la bionda.
Maemi fu seccata.
“Si tratta solo di pochi giorni. Il problema può essere risolto brevemente.”
La zittì.
“Quali erano le altre candidate quel giorno?”
Domandò Ruka.
“Aika Tsubasa e Yuki Yuumi. Tuttavia siamo già riuscite a contattarle. Takkanirr invece non siamo ancora riuscite a trovarla. Non ci dovrebbe voler molto, si tratta solo di recarsi alle scuole della città e chiedere se una studentessa con quel nome la frequenta.”
Operazione non così semplice per due come loro.
“Pensa che possa essersene appropriata lei?”
Chiese di nuovo Ruka.
“Si tratta di una semplice ipotesi. Il blue reflection potrebbe essere stato smarrito lungo la strada oppure consegnato senza autorizzazione a una delle candidate. Ciò che dovete fare è scoprire dove si trova questa ragazza e chiederle cosa è successo durante il colloquio. Qui c’è una sua immagine, ripresa dalle telecamere dell’edificio dove si è recata per il primo incontro.”
Era una fanciulla della loro età, dai lunghi capelli marrone chiaro, più chiari di quelli di Maemi, raccolti in due trecce e dagli occhi anch’essi marroni.
“Ho capito. Potremmo usare Free Space per metterci in contatto con le nostre colleghe e chiedere loro una mano. Così faremo sicuramente prima. Con i nostri poteri, potremmo anche individuare la presenza dell’anello, se fosse nelle vicinanze.”
La donna parve un attimo perplessa.
“Niente Free Space. Si tratta di una faccenda che richiede un approccio discreto. Usate canali alternativi e solo per contattare me.”
Questa volta fu Momo a parlare.
“Ma Free Space è l’app che l’AASA ha sviluppato per permettere ai reflector di parlare tra loro e con le persone che hanno permesso loro di utilizzare l’energia dei loro sentimenti. Che io sappia è perfettamente sicura.”
Nonostante Free Space si presentasse come un semplice programma di chat, l’intento era appunto quello di permettere una comunicazione sicura tra le maghette ed eventuali alleati.
“Non abbastanza. Se una qualche malintenzionata scoprisse che un anello del genere è stato perso potrebbe cercare di impossessarsene. Per le comunicazioni vi contatterò io e vi dirò che servizi usare per contattarmi.”
Le due si guardarono e poi fecero cenno di aver capito.
“Se non avete domande, potete andare.”
Momo decise di chiedere qualcosa.
“Non sa dirci altro di questa Midori? Qualcosa che possa aiutarci nella nostra ricerca?”
Qualsiasi elemento poteva essere loro d’aiuto.
“Mi dispiace, non ho altre informazioni rilevanti. Ora andate pure, se vi è possibile iniziate la ricerca oggi stesso.”
Le due maghette lasciarono l’ufficio. Momo non nascondeva la sua irritazione. Si profilava un lavoro faticoso e che l’avrebbe costretta a inventarsi qualcosa per far sì che il capo dal quale lei lavorava le concedesse un orario compatibile con quella ricerca.
Sperò di risolvere la cosa in fretta. Ruka dal canto suo sapeva che quel compito potesse non essere semplice e sapeva che un aiuto sarebbe stato prezioso.

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Capitolo 2
*** La strana foresta ***


Mancavano pochi minuti alla pausa pranzo. La lezione però non sarebbe stata interrotta prima di allora, anzi probabilmente la professoressa avrebbe continuato per un altro po’ a parlare, spiegando loro le parti da studiare nel libro.
Una studentessa dai capelli marrone chiaro aspettava di poter uscire presto. Era seduta in una delle ultime file, proprio vicino al muro dove vi era la porta. La sua posizione, proprio a lato della sedia, lasciava intuire che era quasi pronta a scattare.
Certo, purtroppo avrebbe dovuto aspettare anche dopo l’inizio, fino a che l’insegnante non avrebbe dato il permesso di alzarsi. La professoressa Rei Takakoi era nota per essere severa. Non era una persona cattiva e non l’avrebbe annoverata neppure tra le frustrate, ma era eccessivamente rigida! La ragazza qualche volta l’aveva pure stuzzicata, così come era solita fare con tutti, ma sapeva che se avesse esagerato, la donna non si sarebbe limitata a brontolare e rimproverarla, ma avrebbe potuto prendere provvedimenti più seri. Soprattutto, non voleva entrare in conflitto in quel periodo, dato che ciò che le interessava era provare quell’anello magico che aveva trovato.
Finalmente arrivò la pausa pranzo e come previsto, la signora Takakoi li lasciò seguire le sue parole ancora per un po’. Finalmente disse che potevano andare e allora la fanciulla si precipitò fuori dalla porta. La sua destinazione era il bagno. Voleva capire come funzionava quello strano anello e il modo migliore era farlo dove non rischiava di essere vista. Continuò spedita, mentre la gente stava uscendo nei corridoi. Era stata la prima ad andarsene e le era parso di sentire persino Rei sospirare, presumibilmente perché non amava che fremesse di lasciare la scuola o l'aula per avere una pausa. In effetti non era mai piaciuto ai professori quella sua abitudine, ma lei non ci aveva mai fatto troppo caso.
Continuò per i corridoi, mentre le lunghe trecce si muovevano a ritmo dei suoi passi. Era curiosa di esplorare meglio il giardino fatato. Si era così stupita quando era finita lì la prima volta! Era riuscita a capire come entrare e come uscire. Ora però voleva conoscere meglio quel luogo.
Arrivata finalmente al bagno delle ragazze, andò dentro una delle stanze con il water e chiuse la porta.
Controllò l’anello all’indice, quindi chiuse gli occhi e si concentrò.
Quando riaprì le palpebre, non si trovò però nel giardino così pieno di fiori e grazioso, bensì in una foresta tetra. Qualcosa non andava! Come mai era finita lì quella volta? Il suo primo impulso fu quello di concentrarsi di nuovo per andarsene, la curiosità però fu troppa. Aveva provato solo poche volte ad usare l’anello e ancora non sapeva come funzionasse. Avrebbe fatto meglio ad esplorare quel posto, per capirci di più.
Si guardò introno. Gli alberi erano privi di foglie e dall’alto filtrava solo una tenue luce. Il suolo era coperto solo ogni tanto da erba secca. Prese una direzione andò avanti. Dopo un po’ intravide in lontananza degli strani esseri, ma decise saggiamente di tenersi lontano da essi.
La fanciulla dalle trecce marroni, svoltò a destra, camminando lungo un troco d’albero, per passare da un punto diverso da quello in cui si trovava, separato da un dislivello.
Ignorava che posto fosse quello, come da quale stato d’animo fosse dominato. Una reflector con un addestramento basilare lo avrebbe riconosciuto subito, così come avrebbe capito cosa fossero gli esseri che aveva giustamente evitato, per lei però tutto ciò era nuovo.
Dal canto suo la ragazza si era spesso chiesta se i suoi viaggi con l’anello fossero solo uno strano songo, eppure ogni volta le sembrava tutto così realistico da farle escludere che stesse sognando, sia le volte in cui era stata portata nel giardino, sia quando si era trovata inaspettatamente nella foresta.
Iniziò a sentirsi stufa, ma proprio allora qualcosa attirò la sua attenzione. Un oggetto luminoso, che fluttuava a mezz’aria. Si avvicinò. La forma ricordava quella di una stella, ma a vederlo poteva sembrare un cristallo. Se ci fosse stata una reflector esperta avrebbe potuto spiegarle che fosse un "fragment", ma la ragazza era da sola. La curiosità fu molta. Allungò la mano verso esso e quando le sue dita furono a pochi centimetri da quella strana stella, sentì una voce.
‹ Non posso permettermi di essere indulgente. Devo farmi rispettare. Devo fare rispettare le regole. Altrimenti finirà come l’altra volta. Devo far vedere chi comanda. ›
Indietreggiò di un passo. Gli occhi si spalancarono. Era a bocca aperta. Totalmente stupefatta dalla cosa.
“Professoressa?”
Quella era la voce della signora Rei Takakoi!
Lì per lì la ragazza fu indecisa sul da farsi. Le sarebbe piaciuto rimanere sul posto per capire meglio cosa stesse avendo davanti. Le venne però un dubbio. E se quella fosse una cosa che stava accadendo nella sua scuola?
Di nuovo si concentrò, chiuse gli occhi e si ritrovò nel bagno delle ragazze. Corse subito fuori. Doveva fare in fretta. Che cos’era quello che aveva appena sentito? Pensieri? Doveva verificare subito se stesse accadendo qualcosa che potesse corrispondere alle parole udite.
Col fiatone, la fanciulla arrivò presso la propria aula.
“Il manga non lo può portare a scuola, signorina Nao. Glielo ho già detto varie volte.”
Era proprio la sua insegnante e sembrava proprio in pieno di uno dei suoi rimproveri. La compagna di classe della fanciulla dai capelli marrone chiaro provò a giustificarsi, dicendo che non lo leggeva a lezione, ma solo nelle pause.
“Non mi interessa, me lo dia.”
Sembrava intenzionata a sequestrarglielo e lo avrebbe ritrovato solo nella sala dei professori. Non sarebbe stata un’esperienza piacevole per Nao. Insomma, tutte quelle storie per un manga.
“Ci sono delle regole qui. Vanno rispettate.”
Insistette la Takakoi.
Questa volta la tentazione di intervenire della ragazza con le trecce fu più forte della prudenza.
“Ma insomma, glielo lasci tenere!”
La professoressa di volse verso di lei.
“Signorina Fujita, non sto parlando con lei in questo momento.”
Tentò di zittirla freddamente. La donna avrebbe potuto iniziare a prendersela con lei e farle un cazziatone solo per quell’intervento.
La ragazza però non si lasciò intimorire e anzi sorrise in maniera beffarda.
“Lo so che le vengono i complessi di inferiorità se non riesce ad ottenere quel manga, ma non ha fatto niente di male.”
Forse stava facendo qualcosa di stupido. Non poteva essere certa di aver sentito i suoi pensieri e magari l’avrebbe fatto solo arrabbiare. La professoressa parve però esitare.
“Mica la rispettano di più se glielo porta via. Non ha senso un rimprovero del genere in questo caso. La regola dice che non si possono portare i manga perché la gente li legge a lezione, ma se lei li legge durante le pause rispetta in realtà il comportamento che si vuole indicare.”
Ormai, se l’aveva fatta arrabbiare, l’aveva già combinata grossa, quindi tanto valeva non trattenersi.
“Ho capito che non l’hanno rispettata in passato, ma non lo abbiamo fatto noi.”
Detto ciò uscì di nuovo dalla classe. I compagni lì presenti si guardarono l’un l’altro, aspettandosi che la professoressa prendesse provvedimenti. Pure la ragazza dai capelli marroni se l’aspettava, eppure la professoressa rimase immobile, come una statua. Solo dopo diversi secondi si destò e uscì dall’aula, senza proferire parola, dimenticandosi di requisire il manga.
Forse la studentessa aveva colto nel segno e forse era stata persino cattiva. Aveva probabilmente ferito quella brontolona e magari sarebbe stato meglio confortarla.

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Capitolo 3
*** Una pessima strategia ***


Lo sapeva che non fosse qualcosa che si sarebbe risolto in pochi giorni! Momo era furente. Appena poteva doveva recarsi presso le scuole superiori o medie, durante gli orari di uscita, di apertura o negli intervalli, chiedendo agli studenti se conoscessero una certa Midori Takkanirr. Si sentiva una stupida! Chissà cosa pensavano di lei i ragazzi a cui domandava?
I più, oltre al tempo e all’irritazione del proprio datore di lavoro, si sommavano i costi del dover andare lì ogni volta. Forse avrebbe potuto utilizzare il treno per raggiungere la nuova città, ma una volta lì bisognava anche percorrere il tragitto tra tutti gli edifici scolastici, per questo era più pratico usare il motorino con cui prima entrare nella cittadina, poi dirigersi nelle rispettive scuole e ciò si traduceva nell’utilizzo di benzina, che ovviamente doveva pagare lei!
Maemi l’aveva fatta tanto facile! Giusto, mica era lei che doveva andare in giro a chiedere, avendo solo una foto e un nome. Perché solo loro due dovevano occuparsi di quel problema? Possibile che non ci fosse un modo per risolvere la faccenda meno oneroso per loro?
Momo prese la curva e si diresse verso un parcheggio, dove si era data appuntamento con la collega.
Ruka era già lì, ad aspettarla. La ragazza parcheggiò, si tolse il casco e le venne incontro.
“Novità?”
Domandò Momo, prima che Ruka potesse dire qualcosa.
L’amica scosse la testa.
“Nessuna delle persone a cui ho chiesto sembra conoscerla.”
Ruka anche poteva visitare meno scuole, dovendo raggiungerle o a piedi o con i mezzi pubblici. Perciò si erano messe d’accordo in modo che lei avesse meno posti da visitare.
La ragazza che aveva parlato per prima sospirò.
“Cosa si fa, se continuiamo a non trovarla?”
L’altra rispose
“Dovremmo fare presente la cosa a Maemi. Può essere anche che l’anello non sia in mano a quella ragazza. Forse dobbiamo cambiare strategia.”
L’altra annuì.
“Vado a visitare altre sue scuole, tu vai pure. Per oggi hai fatto abbastanza.”
Una chiudeva al pomeriggio, l’altra aveva dei corsi serali.
“Va bene, ciao allora.”
Disse Ruka, avviandosi verso la stazione. Le dispiaceva che Momo dovesse rimanere ancora lì, ormai però era sul posto e tanto valeva andare in quei luoghi.

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Capitolo 4
*** Kaede ***


La ragazza con le trecce marroni era furente. Neppure lei però sapeva bene con chi avrebbe dovuto prendersela. Forse con se stessa, ma l’istinto la portava ad avercela con il suo anello, come se non avesse funzionato come previsto. Quasi l’avesse comprato da un imbroglione che le aveva promesso chissà cosa, per poi farle constatare di essere stata truffata!
Credendo di poter usare i suoi poteri per leggere la mente delle persone, la ragazza aveva pensato di sfruttare la cosa per scoprire le risposte del compito programmato, dalla mente del professore. Di conseguenza aveva studiato poco e quando si era trovata davanti al foglio aveva semplicemente usato l’anello per andare nel mondo magico e cercare la stella con i pensieri dell’insegnante. L’aveva effettivamente trovata, ma l’unica cosa che era riuscita ad ascoltare era che costui sperasse che la classe fosse preparata, così da poter correggere gli elaborati in fretta.
Non trovando altro non aveva avuto altra scelta che ritornare al mondo normale e provare a svolgere il test con quel poco che sapeva. Aveva consegnato il foglio mezzo bianco e ciò voleva dire che avrebbe preso un brutto voto in storia. Non le piaceva prendere brutti voti, soprattutto perché ciò voleva dire studiare di più, per prendere un voto migliore nel compito successivo.
Il professore li lasciò e la ragazza uscì poco dopo dalla classe. Ma perché non era riuscita a leggere le risposte? Che avesse sbagliato qualcosa? Effettivamente sapeva ancora poco di quell’anello. Forse doveva indagare più a fondo per conoscerne il funzionamento. Decise quindi di andare subito nel mondo magico, per fare delle prove.
Quando riaprì gli occhi si trovò sulle rive di un lago. Erano costituite da sabbia bianca, molto fine, oltre ad essa vi era l’acqua, innaturalmente calma.
Iniziò a muoversi, vino a che non intravide una di quelle stelle fluttuanti. Si avvicinò e la toccò, per capire meglio cosa sarebbe riuscita a sentirlo.
‹ Sono proprio patetica! Sto cercando dimostrare a me stessa che non commetterei di nuovo quell’errore, ma in realtà sto solo rendendo le cose difficili a tutti.›
Era la professoressa Takakoi.
‹ Per quanto detesti quel che ha detto la mia alunna. Ha centrato nel segno. Sono stata capace di farmi rispettare allora e ciò che faccio adesso non cambierà quell’errore.›
Stava ancora pensando a quel botta e risposta? Lei se ne era quasi dimenticata!
‹ Perché è successo? Il fatto è che ho paura, non che abbia bisogno di farmi rispettare.›
Disse la voce sconsolata.
La ragazza ebbe un’intuizione. E se quelle stelle non fossero esattamente i pensieri di qualcuno, ma alcuni dei suoi sentimenti? Doveva rintracciare la professoressa per sapere se fosse come aveva appena ipotizzato.
La fanciulla chiuse gli occhi e ritornò a scuola. La professoressa doveva essere nelle vicinanze. Guardò nel corridoio e nelle aule vicine, poi provò il bagno. Effettivamente lì sentì qualcuno singhiozzare. Poco dopo, una porta delle stanzine con gabinetto si aprì e lei vide Tatakoi. Aveva gli occhi rossi, come se avesse pianto.
“Professoressa?”
Chiese la ragazza, cercando di venirle incontro. Lei la ignorò.
“Perché stva piangendo?”
Lei negò.
“Ma io non stavo affatto piangendo.”
La fanciulla con le trecce insistette.
“Se è per quello che le ho detto qualche giorno fa, mi dispiace. Magari possiamo parlarne assieme e magari si sfoga e mi dice come mai si sente così.”
Rei si fermò. Questa volta, l’aveva irritata.
“Non sono affari tuoi, Kaede.”
Kaede però insistette.
“Se sono stata io a ridurla in questo stato, allora è mio dovere rimediare. In questo senso sono anche affare miei.”
L’altra stette qualche secondo a riflettere, poi la invitò a seguirla, fino alla biblioteca, dove non avrebbero potuto sentirle.
“Patetico, sto davvero accettando di sfogarmi con una mia alunna?”
Brontolò la professoressa.
“Meglio con un’alunna che con un suo collega. Anche se mi raccontasse tutti suoi segreti, chi crederà mai ad una come me?”
Effettivamente non aveva tutti i torti.
“Come hai intuito, sono diventata così severa, così rigida nel far rispettare le regole, per paura di non essere rispettata, per via di un evento che mi è accaduto in passato.”
Quello lo sapeva già.
“Le va di parlarne?”
A quel punto non aveva senso tenerlo nascosto, anche perché non vi erano altre persone.
“Cercherò di essere breve. Un tempo lavoravo in un’azienda che produce prodotti chimici. Ero responsabile di un intero laboratorio.
Un giorno due miei colleghi mi chiesero aiuto, dicendo che erroneamente avevano cancellato i registri dei loro esperimenti e per ricostruirli in fretta avevano bisogno dei database presenti nel mio computer. Era contro il regolamento fare accedere a due membri semplici ai dati contenuti nei computer di una responsabile, ma mi fidavo di loro due e non volevo metterli in difficoltà, dato che eravamo vicini alla scadenza di un lavoro e se non avessero avuto i registri pronti il direttore della sede avrebbe fatto loro una bella lavata di capo. Diedi loro le mie credenziali di accesso e loro ripristinarono i registri.
Tutto sembrò andare bene e ogni tanto uno dei due mi chiedeva di accedere ai miei dati, per facilitare il proprio lavoro e io glielo concedevo; ormai fidandomi.
Un giorno però un’azienda concorrente venne in possesso di informazioni avrei potuto avere accesso solo io e venni accusata di avergliele cedute.”
Fujita capì subito cosa fosse successo.
“Dev’essere stato uno di quei due! Ha fatto presente come stessero le cose?”
Uno dei due l’aveva tradita!
“Ci ho provato, ma i due negarono di aver mai avuto accesso al mio profilo e i loro amici e colleghi li coprirono. Sostennero di essere ingiustamente accusati di aver infranto il regolamento da me, per salvarmi.”
Kaede stette a riflettere. Si diceva che fosse importante il lavoro di gruppo e che un individuo si sentisse realizzato all’interno di una comunità, eppure potevano esistere dei gruppi costituiti da persone spregevoli, pronte a pugnalarsi l’un l’altra e ad accanirsi con un singolo elemento, pur di coprire le proprie malefatte.
“Venni licenziata e il mio nome fu macchiato.”
Capiva perché doveva starci così male.
“Doveva piacerle lavorare lì.”
Disse la ragazza con i capelli marroni.
“Molto. Inizialmente avevo mirato alla carriera accademica, ma finire a capo di un laboratorio non mi era dispiaciuto affatto.”
Quindi era una donna che si era fidata degli altri e inizialmente non era poi così rigida con le regole.
“L’unico lavoro che riuscii a trovare fu quello di insegnante. Mi assunsero in questa scuola e continuo a rimpiangere il mio errore.”
Concluse.
“Quindi ha deciso di essere più severa e pretendere più rispetto. Però non le sembra di star commettendo l’errore opposto? Si è mai chiesta di non essere troppo severa?”
Forse però avrebbe fatto lo stesso al suo posto.
“Certo che me lo sono chiesta, tuttavia mi sembrava il male minore comportarmi così, fino ad adesso.”
Probabilmente la studentessa non sarebbe intervenuta in quel modo, durante la storia del manga, se avesse saputo cosa era accaduto alla professoressa.
“L’avevo giudicata male. Tuttavia, forse sbaglia a pensare che sia tutta opera di un suo errore. Forse avrebbe potuto non permettere agli altri di accedere a quelle informazioni, ma chi ha la colpa maggiore è chi l’ha tradita.”
Rei sorrise.
“Grazie, hai detto una cosa bella.”
Poi guardò l’ora.
“Guarda che tra poco ricominciano le lezioni.”
Già era vero!
“Allora è meglio che vada.”
Prima però che la ragazza uscisse, Takakoi aggiunse questa cosa.
“Non mi sarei mai aspettata però che una come te, fosse così sensibile da preoccuparsi come si sentisse un professore.”
Kaede si fermò. Era così che l’aveva immaginata fino ad allora?
“Andiamoci piano. Sarò pure discola, ma non sono poi così stronza.”
Quindi uscì e tornò in classe.

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Capitolo 5
*** Ancora sulle tracce di “Midori“ ***


Sapeva che Hiori non le avrebbe detto di no, per questo si era recata da lei. L’amica e collega reflector era nota per cercare di aiutare gli altri ogni volta che glielo chiedevano. Era anche un modo per nascondere le sue insicurezze e provare a distrarsi. Era pur vero che era un po’ cambiata ultimamente e che adesso esternava un po’ più facilmente i suoi problemi, ma era comunque qualcuno che difficilmente si tirava indietro.
“Ho bisogno che qualcuno mi sostituisca in questa missione. Il mio capo è furente e minaccia di mandarmi perennemente al turno notturno se continuo a chiedere di sballare quando tocca a me lavorare.”
Spiegò Momo. La ragazza con i capelli marrone scuro capì che fosse davvero in difficoltà.
“Stai tranquilla, posso farlo. Si tratta solo di cercare qualcuno, da quello che ho capito.”
La rassicurò Hiori.
“Non è così semplice. Abbiamo cercato a lungo e ancora non l’abbiamo trovata!”
Hiori passò la mano sull’acconciatura che teneva fermi i suoi capelli, quel gesto la aiutava a riflettere.
“Perché non mi hai chiamata prima?”
Lo avrebbe fatto molto volentieri!
“Chi mi ha assegnato lo missione mi ha chiesto di mantenere un basso profilo.”
Già chiedendo il suo aiuto stava contravvenendo agli ordini.
“Tranquilla, posso muovermi già adesso.”
Disse l’amica.
“Grazie, chiedi a Ruka per i dettagli.”
Hiori fu un attimo perplessa. Di solito le due lavoravano assieme. Come mai non le aveva parlato della cosa?
“Lo faccio all’istante.”
Prese quindi il telefono.
“Una cosa: niente Free Space. Dicono che non sia sicuro.”
L’altra la guardò stupefatta.
“Sul Serio?”
Momo allargò le braccia.
“Pure io stento a crederci.”
Quindi potevano parlare solo di persona!


Maemi tirò fuori per l’ennesima volta la scheda compilata da Midori, alla ricerca del numero di telefono per contattarla. Di nuovo prese il telefono fisso sulla scrivania del suo ufficio e digitò il numero. Sentì degli squilli partire, ma nessuno rispose. Passarono diversi minuti, ma nessuno accennò a rispondere alla comunicazione. I tentativi fatti quel giorno erano già quattro. Riattaccò. Aveva provato chissà quante volte a contattarla! Prima o poi però avrebbe dovuto riuscire a farlo.

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Capitolo 6
*** Un'idea folle ***


Di nuovo Kaede entrò nel luogo misterioso, ovvero quello che tecnicamente era chiamato “Common”. Ormai stava iniziando a capire cosa fosse e come funzionasse. La zona vulcanica doveva rappresentare la rabbia, il lago la tristezza, il giardino fatato la felicità, la foresta la paura. Lì si potevano trovare i sentimenti delle persone, sotto forma di stelle fluttuanti.
Stava riuscendo a comprendere meglio i sentimenti delle persone, ma aveva scoperto anche che alla gente non piaceva sempre conoscerli e ciò aveva fatto si che dovesse abbandonare alcune delle sue intenzioni iniziali.
Camminò lungo gli spazi verdi del giardino, osservando i fiori, poi scorse un fragment, che lei era solita chiamare “stella fluttuante”. Si avvicinò ad esso, ma non lesse il suo contenuto, limitandosi a sedersi sul prato verde.
Il problema era che non sapeva bene cosa fare. Quel luogo aveva sempre meno segreti per lei o se ne aveva, avrebbero richiesto uno sforzo notevole. Le prime volte era entusiasta di doverlo esplorare, adesso stava iniziando ad annoiarsi!
Che avrebbe potuto fare? Provare a condividere il suo segreto con qualcuno? Chi le avrebbe creduto? Dubitava che qualcuno avrebbe preso sul serio la tesi che un anello magico potesse portarla in luogo misterioso. Certo, se fosse riuscita a dimostrarlo sarebbe stata la scoperta del secolo, ma il problema era farsi credere.
Fissò di nuovo i sentimenti che aveva davanti. Aveva capito quanto essi potessero determinare le scelte di una persona e le sue azioni. Poteva leggerli, ma non sempre le era utile. Possibile che, pur avendo davanti qualcosa di così importante non riuscisse in qualche modo a divertirsi o a trovare eccitante la cosa?
Di colpo spalanco gli occhi e le comparse un sorriso. Le era venuta in mente un’idea!

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Capitolo 7
*** Comunicazione dalla sede centrale ***


Il computer di Maemi, avvisò la donna di una nuova comunicazione da parte della sede centrale. Il testo era arrivato solo a lei, ma era segnato come materia prioritaria. Non consisteva in molte righe, ma era parecchio chiaro il messaggio.
 
Alla rispettabile Dottoressa Shio Maemi, responsabile della sede dell’AASA della città di Suwai,
La contattiamo perché abbiamo rilevato delle anomalie tra gli equilibri del Common e del nostro mondo, proprio nell’area da Lei sovraintesa e le chiediamo di eseguire delle verifiche per accertarsi che non possa esserci un’invasione di demoni nella città nel prossimo periodo.
Nel caso non avesse a disposizione un numero sufficiente di scienziati o di reflector, non esiti a contattarci. Rimango a disposizione per qualsiasi comunicazione da parte di Lei.
 
Dottor Jiro Oishi
 
 
La dottoressa chiuse il messaggio e allontanò la tastiera. Nervosa ed irritata. Aveva ben altre cose a cui pensare, oltre a quelle indagini di routine! A tal proposito, quel giorno non aveva ancora provato a contattare Midori. Già che c’era, perché non farlo?
Maemi compose ancora una volta il numero. Prima o poi avrebbero dovuto risponderle! Nuovamente udii gli squilli. Stava per mettere giù il telefono, quando finalmente qualcuno rispose.
“Qui è la Noun Erekushon. Come posso esserle utile?”
Era una voce maschile.
“Buongiorno, mi chiamo Maemi.”
Spiegò la responsabile, quasi avendo un sussulto, non appena capì che qualcuno le aveva risposto.
“Desidera?”
Rispose l’uomo.
“Giusto. Starei cercando una certa Midori Takkanirr.”
Per alcuni secondi l’uomo non rispose.
“Dovrebbe essere un’impiegata della nostra azienda? Mi perdoni, ma non la conosco. Sono solo un custode. L’impianto è stato chiuso per un po’ e i lavoratori torneranno tra qualche giorno.”
Quello era il numero che aveva fornito Midori per venire rintracciata. Doveva saperne di più.
“Avete detto che è la vostra azienda. Di che cosa vi occupate?”
Decise di registrare la conversazione.
“Impianti di illuminazione.”
Quindi questa Midori doveva lavorare in un’azienda di impianti di illuminazione o comunque avere a che fare con essa.
“Interessante. Quando potrò parlare con qualcuno che ne saprà di più?”
Aveva parlato che i lavoratori sarebbero tornati.
“Guardi, in questi giorni trova solo me, dalle tre alle quattro. Anche io sono comunque tornato da poco e sto cercando di mettere un po’ in ordine, prima del ritorno degli altri. Forse tra dieci giorni potrebbe arrivare qualcuno che conosce tutti gli operai.”
Non doveva perdere il contatto!
“Posso richiamarla di tanto in tanto, per sapere se ha avuto modo di incontrare quella persona?”
Il custode si chiese cosa volesse. Non sembrava essere una cliente.
“Certo, come le ho detto, mi trova a quell’orario.”
Per il momento non sembrava esserci altro da sapere.
“Grazie allora. Arrivederla.”
Disse lei.
“Buongiorno.”
Rispose.
La donna allora staccò la chiamata.
Dopo qualche secondo Maemi esultò. Finalmente stava venendo a capo della faccenda.

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Capitolo 8
*** Il primo scambio di sentimenti ***


Quel giorno la cittadina di Suwai era protagonista di un evento importante. Era stata designata come luogo dove si sarebbe svolta una conferenza per promuovere la pace e il pacifismo. Tale iniziativa veniva organizzata periodicamente, al fine di sensibilizzare i cittadini giapponesi al tema e far sì che non venissero attratti da idee guerrafondaie e formassero pericolosi movimenti.
Ogni volta l’iniziativa riusciva ad attirare un numero maggiore di persone e negli ultimi anni i media se ne erano interessati con un certo impegno, tanto che era finita anche nei telegiornali nazionali, oltre che in quelli locali.
La conversazione sarebbe stata senza dubbio animata, specialmente per via del clima politico del paese.
Ad aprire l’evento fu Hiroshi Suzuhio, come era stato già nelle edizioni precedenti.
“Sono lieto che la nostra iniziativa abbia attirato così tanta gente, anche perché mai come oggi è importante la consapevolezza dell’importanza della pace. Notiamo con rammarico che il nostro paese si stia riarmando e ciò porti a una situazione internazionale molto tesa. Ma a questo punto vorrei lasciare la parola al Professor Ikku Masayuki, che sicuramente sa più di me.”
Si trattava dell’ospite d’onore. Costui era un docente universitario laureato in storia, che più volte si era battuto per la pace, aveva militato per un certo tempo anche in politica, collaborando poi con diverse testate giornalistiche. A livello internazionale, era riconosciuto come uno dei più grandi promotori della pace e come persona calma e pacata.
“Grazie. Il nostro governo, come è stato appena detto, sta dando segni di non voler più battere la strada del pacifismo. La nostra costituzione è stata scritta per evitare di ripetere gli errori del passato e sta venendo via via ignorata. Ultimamente abbiamo assistito a un riarmo delle nostre forze, in particolare della marina. I partiti di maggioranza sostengono che sia per esigenze difensive e che l’intento non sia quello di fare una guerra. Però, anche se non è un atto di guerra diretto, tale riarmo è sbagliato, perché…”
Il professore si fermò, come fosse incantato.
“Perché…”
Ancora una volta si fermò. Gli altri al tavolo si guardarono. Cosa gli stava accadendo?
“Perché dovrebbero riarmare le forze di terra, anziché quelle di mare. Ci abbiamo già provato in quel modo. Se vogliamo sbaragliare il nemico, dobbiamo provare altre strategie.”
Disse, a un tono di voce decisamente più alto di prima. Gli altri presenti erano confusi.
“Poi non dovrebbe essere il governo a prendere questa iniziativa, dovei essere io a farlo, che so come muovermi.”
Ma che cavolo stava dicendo?
“Forze anfibie, dovremmo pensare prima di tutto a potenziare le nostre forze anfibie, in particolare i reparti meccanizzati. Una vola pronti potremmo lanciare un attacco su vasta scala all’Australia, prendendola in pochi mesi.”
Quindi si mise proprio a gridare.
“Allora potemmo usare l’Australia come base di lancio per attaccare l’Africa. Il nostro primo bersagli non saranno i paesi ricchi e potenti del continente, ma quelli poveri. Li conquistiamo, così aggiriamo quelli forti e li prendiamo alle spalle, con un attacco rapido che impedisca loro di reagire, dato che si aspettano di essere assaliti dal mare.”
Si alzò in piedi.
“Intanto in Giappone sviluppiamo nuovi tipi di caccia. Appena conquistata l’Africa, trasformiamo tutti i suoi abitanti in soldati.
Quindi attacchiamo l’Europa. I suoi paesi sono forti, ma non potranno reggere contro un esercito così numeroso come quello che avremo. Evitiamo però di colpire i paesi mediorientali, dato che così gli stati uniti possono continuare a fare loro la guerra.
Una volta conquistata l’Europa, le facciamo progettare e produrre dei missili a lunga gittata.”
I presenti erano esterrefatti. Nessuno riuscì a interromperlo, talmente era strano ciò che stava accadendo.
“I russi non dovrebbero fare niente, dato che a loro gli europei non stanno simpatici.
Poi attacchiamo un paese piccolo del Sudamerica, ma in realtà è un trucco. Ce ne andiamo via subito e attacchiamo l’India. Vi ricordate i caccia che abbiamo prodotto all’inizio? Li usiamo per coprire il nostro esercito. Ovviamente l’India è molto numerosa, ma noi siamo furbi, occupiamo i campi e sequestriamo il cibo. Prendendo così la popolazione per fame.”
Ma quanto cazzo voleva conquistare?
“Allora, forti di un esercito ancora più numeroso, attacchiamo sul serio il Sudamerica, tanto lo stato debole già attaccato, non dovrebbe essere sufficientemente forte da attaccarci mentre ci occupavamo l’India. Adesso che abbiamo il Sudamerica viene il bello.”
Si alzò sul tavolo.
“Attaccheremo allora la Russia da ogni lato. Circondati, verranno prima o poi sconfitti. Allora la Cina sicuramente reagirà, ma noi attireremo le sue truppe in Russia, quando è in inverno. Quindi sferreremo una controffensiva, facendo sbarcare le nostre truppe dal mare e il paese sarà sguarnito, perché ha le truppe in Russia. Prendiamo la capitale in fretta.”
Magari la guerra in Cina era un po’ complicata, l’avrebbe spiegata un’altra volta nel dettaglio.
“Appena sconfitta, prendiamo il medio oriente con le truppe rimaste. Senza il medio oriente, gli Stati Uniti si renderanno conto di quello che sta succedendo e cercheranno di riconquistare il mondo, a partire dall’America del sud.”
Probabilmente aveva un piano per quello.
“Ma non si aspettano che noi abbiamo un asso nella manica. Vi ricordate i missili a lunga gittata che abbiamo fatto produrre all’Europa? Glieli lanciamo da più punti, così non capiscono da quale parte noi li stiamo attaccando. Allora ammassiamo alcune forze in Spagna e allora pensano che in realtà il Sudamerica sia soltanto una distrazione, ma che in realtà vogliamo partire dall’Europa.
Quindi fanno per andare lì, ma mentre la loro flotta è in viaggio per l’oceano Atlantico, noi li attacchiamo da sud e da nord, prendendo l’Alaska. Gli spariamo tutti i missili che abbiamo e paracadutiamo molti uomini nelle loro città principali, per sabotare le comunicazioni e poi li ritiriamo. Invadiamo il Canada, ma non lo conquistiamo subito, così facciamo prima e prendiamo i primi stati uniti del nord, poco dopo prendiamo anche alcuni del sud. Allora la flotta cerca di tornare indietro. Proprio allora però noi conquistiamo il Canada e mandiamo tutte le nostre forze a finire l’invasione, così abbiamo vinto quando la flotta è a metà strada.”
I presenti iniziarono a reagire.
“Così avremo conquistato il Mondo e io sarò la persona che lo governerà.”
Il pubblico era ammutolito, mentre le altre persone che partecipavano alla conferenza chiedevano ai giornalisti di spegnere le telecamere e a volte cercavano di convincere il professore a scendere dal tavolo.
 
 
Kaede non riusciva a smettere di ridere, dopo avere visto il servizio alla televisione. Non credeva che scambiare i sentimenti di un pacifista con quelli di un veterano rancoroso potesse essere così divertente!

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Capitolo 9
*** Dove stavano sbagliando ***


“Professoressa Maemi, non potrebbe contattare le scuole e farsi dare l’elenco degli studenti?”
Insistette Momo.
“No, non mi è possibile.”
Le due erano al telefono. La ragazza non capiva proprio perché non potessero usare Freespace e invece potessero comunicare con le linee telefoniche, ben più facili da rintracciare.
“Ma la AASA è riuscita a farmi riammettere al liceo dopo che io avevo lasciato gli studi. Se è riuscita a fare ciò, perché non dovrebbe essere in grado di reperire gli elenchi degli studenti.”
Non potevano andare avanti a chiedere fuori dalle scuole se conoscevano quella ragazza.
“Si tratta di qualcosa di completamente diverso.”
Rispose Maemi. Momo non capiva.
“Ho capito. Riproveremo a cercare.”
Riattaccò furente. Avrebbe voluto andarsene e basta, ma quel giorno aveva appuntamento con Hiori, per discutere su come impostare la ricerca. Raggiunse quindi una piccola taverna di Suwai, dove le due si erano accordate per vedersi. Appena dentro però non mancò di esternare il suo stupore, appena vide la “sorpresa” preparatale dall’amica.
“Che ci fanno qui Mio e Nina?”
Domandò, non appena le vide sedute al tavolo.
“Sai, avevo problemi a fare tutto potendo contare solo su Ruka, così così ho chiamato anche loro.”
Rispose Hiori, sorridendo.
Momo non era affatto entusiasta: Mio poteva andare, ma Nina… Lei aveva tentato di invadere il common per controllare i sentimenti delle persone, una volta. Mio l’aveva aiutata all’inizio, ma mentre Momo era stata compagna di Mio per molto e sapeva che avesse agito così solo per via delle circostanze, conosceva decisamente meno bene Nina e non sapeva se potersi fidare.
Sospirò.
“Va beh, quel che è fatto è fatto.”
Era talmente stressata da quella ricerca, che non aveva voglia di insistere.
Nina continuava a guardare il telefono di Hiori. Poco fa aveva chiesto come mai un programma usato da così tante persone come Freespace, fosse così indicato per comunicare in sicurezza. Hiori le aveva così spiegato che l’azienda che l’aveva programmato fosse di proprietà della AASA e che le reflector utilizzassero una versione diversa del programma rispetto alla gente comune. Il fatto di usare un programma normalmente utilizzato da i ragazzi era un astuto stratagemma per mimetizzare le informazioni importanti in mezzo agli scambi di messaggio appartenenti alle conversazioni di tutti i giorni. Si sistemò i capelli tinti di biondo, per poi continuare ad esplorare quel misterioso programma.
Mio intanto leggeva un giornale.
“Li avete sentiti gli ultimi avvenimenti? Pare che da queste parti stiano accadendo cose strane: persone mansuete che si mettono a fare discorsi che infiammano la gente, leader carismatici che si scoprono tremendamente timidi, intellettuali seri che hanno improvvisi attacchi di euforia, persone pavide che diventano coraggiose come leoni e cose del genere.”
Disse Mio, la sorella di Hiori.
In effetti era un po’ che se ne parlava!
“Comunque durante le mie ricerche, ho percepito alcune reazioni da parte di un blue reflection.”
Continuò.
“Vi siete per caso trasformate o avete acceduto al Common”
Hiori rispose.
“No, non io almeno. Ho solo chiesto in giro.”
Era possibile che le due cose fossero collegate.
Momo intanto si sedette al tavolo, con l’intento di chiedere a Hiori e alle altre tre se avessero scoperto qualcosa.

Proprio allora, però, entrò nella taverna un’altra ragazza. Aveva i capelli neri di media lunghezza. Si diresse al tavolo dove erano sedute le altre.
“Scusatemi, sei tu Momo?”
L’altra fu stupita. Non le ricordava di averla vista prima di allora.
“Salve, mi chiamo Lina Yuori.”
Disse con un po’ disagio. Non era stato facile venire lì per lei e non stava facendo qualcosa prettamente alla luce del sole. Ciò si rifletteva dalla lieve esitazione delle sue parole. Forse alcuni avrebbero potuto pensare che fosse timida.
“C’è una cosa che devo dirvi.”
Era venuta lì di sua iniziativa, dopo essersi confrontata con il professor Kensaku.
“Dovete sapere che sono l’unica candidata reflector di Suwai, affilata alla Aasa. Lavoro al fianco del professor Juichi Kensaku, quello che ha effettuato i colloqui con le ragazze e dovrebbe aver perso l’anello.”
Tutte la guardarono, aspettandosi che avesse qualcosa di importante da dire.
“Io e il professore abbiamo ragione di credere che la ragazza che state cercando non si chiami Midori.”

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Capitolo 10
*** L'arma delle emozioni ***


Kaede uscì dal Common. Faticava ancora a capire cose era successo. Come al solito era andata in quello strano modo, a scambiare qualche sentimento. Si era imbattuta però in uno di quegli strani mostri da cui si era, saggiamente, tenuto alla larga fino a quel momento. Quella volta però lo strano essere l’aveva colta alla sprovvista e lei era caduta, perdendo quindi la possibilità di scappare.
Il mostro quindi l’aveva raggiunta, ma improvvisamente nella sua mano era apparso qualcosa. Senza neanche chiedersi cosa fosse, aveva istintivamente usato l’oggetto per prendere a randellate il mostro. Costui era stato confuso e la ragazza era riuscita a rimettersi in piedi, continuando a randellare il nemico fino a che questo non si era dissolto, emettendo una strana luce.
Solo allora era riuscita a pensare con sufficiente freddezza e a chiedersi cosa avesse in mano. Osservando l’oggetto, aveva capito presto che si trattasse di una balestra. Non che l’avesse usato come ci si aspettasse, ma l’importante era che non fosse più in pericolo.
Come mai però ce l’aveva in mano? Le ci erano voluti dieci minuti buoni per capire che fosse apparsa per via dei poteri dell’anello. Inutile dire che la cosa aveva entusiasmato non poco Kaede, che si era messa subito all’opera per capire come fosse accaduto. Dopo qualche tentativo, aveva capito che potesse evocare l’arma e richiamarla pensando a un ricordo che la coinvolgeva emotivamente. Del resto, ormai sapeva che in quel mondo regnavano le emozioni.
Adesso che era a conoscenza di un nuovo potere dell’anello le sarebbe piaciuto usarlo spesso. Un conto però era riuscire ad evocare quella balestra, un altro era saperla usare. Avrebbe dovuto allenarsi, tirare qualche freccia e documentarsi su come usare quel tipo di arma. Purtroppo però non aveva potuto farlo subito: aveva da poco scambiato i sentimenti di due persone e voleva vedere gli effetti della sua opera. Avrebbe avuto la possibilità di farlo dopo e con un po’ di pazienza, quei mostri non sarebbero più stati un problema.

La ragazza smise di pensare a quanto accaduto poco prima e accese il computer. Tra poco avrebbe potuto assistere alla figuraccia di quel personaggio pubblico.

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Capitolo 11
*** Solo la foto era vera! ***


Le reflector avevano chiesto un colloquio con Maemi e lei lo aveva concesso senza fare particolari storie, invitandole tutte nel suo ufficio. Anche se raggiungere il posto per parlare con il personale adibito alla ricerca della AASA era un po’ distante, quella volta le ragazze si erano recate lì più che volentieri.
Nina aveva ancora ben chiaro cosa avesse detto loro Lina, due giorni addietro.
Due giorni prima

Tutto il gruppo aveva guardato la nuova arrivata, sbalordita.
“Come non si chiama Midori?”
Esordì Nina.
“Il fatto è che dalla scheda che ha compilato la ragazza, abbiamo forti elementi per sospettare che non abbia inserito le sue vere generalità.”
Rispose Lina.
Quella conversazione poteva essere una svolta per tutte!
“Hai detto che il professore ha parlato personalmente con la ragazza. Può dirci altro su di lei?”
Intervenne Mio.
“Non molto, se non che dall’idea che si è fatto di lei confermi l’ipotesi che i suoi dati non siano veri. Del resto io e il professore siamo state mandate ad indagare sulle altre due candidate.”
Giusto, riguardo loro non avevano ancora pensato.
“C’è la possibilità che una delle due si sia appropriata dell’anello?”
Domandò Momo.
È estremamente improbabile: colloqui con le altre due si sono svolti prima di quelli di quella ragazza e in posti diversi e il professore prima di incontrarla aveva ancora l’anello. Lo può confermare un suo collega che l’ha visto prenderlo prima di uscire.
Spiegò Lina.
“Avete avuto modo di contattare le altre due?”
Chiese Mio.
“Diverse volte, come ci ha dette di Maemi. Ci ha anche mandato a controllare per giorni e giorni la strada fatta dal professore dalla sede dell’AASA al luogo del colloquio, per accertarsi che l’anello non gli sia caduto lungo la strada, nonostante ciò sia estremamente difficile.”
Mio voleva sapere i dettagli.
“Come mai?”
L’altra rispose prontamente.
“Perché l’anello e stato messo in una valigia chiusa con una combinazione e lo ha visto, come ho già detto, un collega. La valigia non può essersi aperta all’andata. Durante il colloquio invece è stata aperta e chiusa alla fine di esso, quindi il professore è tornato alla sede e si è accorto che l’anello non ci fosse più. A meno che l’anello non sia uscito, per qualche motivo, dalla valigia durante la conversazione e Kensaku non l’abbia inavvertitamente preso, portato con sé e perso al ritorno, non può essergli caduto durante la strada. Sarebbe troppo improbabile che non se ne fosse accorto.
Mio stette a riflettere.
“Quindi o il professore lo ha fatto inavvertitamente uscire mentre parlava con la ragazza ed è caduto sul pavimento del luogo dell’incontro o la ragazza deve averlo preso dalla valigia.”
Lina annuì.
“Siamo arrivati alle vostre stesse conclusioni.”
La ragazza dai capelli marroni parve dubbiosa.
“Delle altre due, avete avuto qualche elemento che potrebbe far ricadere su di loro sospetti, quando le avete rintracciate. Avete avuto difficoltà a farlo?”
Non volle subito scartare quell’ipotesi.
“No. È stato facilissimo contattarle e sembrano ragazze a posto.”
C’era qualcosa che non quadrava!
“Non capisco però. Perché Maemi vi ha fatto insistere su quelle due e cercare l’anello per la strada per così tanto, se è così improbabile che sia stato perso in quel modo?”
Domandò.
Domandò.
“Non lo so.”
Ammise Lina.


Ritorno al presente

La prima a rompere il ghiaccio fu Mio.
“Mi scusi dottoressa Maemi, come mai ha mandato due dei suoi assistenti ad interrogare delle ragazze, quando era estremamente improbabile che fossero state loro a prenderlo, così come era improbabile che fosse stato smarrito per la strada?”
La donna fu irritata dalla cosa. Non si aspettava che il gruppo fosse andato da lei per esporle delle lamentele.
“Primo non era detto che non lo avessero preso loro, poi volevo in ogni caso contemplare tutte le eventualità.”
Quindi passò al contrattacco.
“Adesso spiegatemi perché siete così tante. Mi pare di aver assegnato il compito solo a loro due.”
Disse, indicando Momo e Ruka.
“Eravamo troppo poche per effettuare le ricerche. Se avessimo iniziato con un gruppo già così numeroso, forse le nostre ricerche sarebbero già a buon punto.”
Rispose la bionda.
“Sono io a stabilire il numero adatto. Poi mi state parlando come se fossi io che ho causato il problema. Se il professore Kensaku non avesse portato con sé l’anello quel giorno ciò non sarebbe successo.”
La risposta arrivò immediatamente.
“Ma Professoressa Maemi, è stata lei a stabilire questo protocollo. In esso c’è scritto che chi le selezioni deve portarsi appresso l’anello.”
Rispose Kensaku, che aveva insistito per essere presente alla riunione.
“In ogni caso non siete stati in grado di risolvere il problema. Non si parla solo di un prezioso oggetto magico non più nelle nostre mani, ma qualcuno probabilmente lo sta usando. Non so se avete presente i recenti avvenimenti nella cittadina, è alquanto probabile che siano causati da qualcuno che ne è entrato in possesso.”
Tutti ormai avevano fatto il collegamento.
“E la nostra pista più probabile è quella ragazza.”
Commentò Mio.
“Fortunatamente sono riuscita ad arrivare da sola vicino alla risoluzione di questa faccenda.”
Tutti guardarono Maemi. Cosa poteva aver scoperto? Effettivamente aveva detto qualcosa di estremamente interessante. Come poteva averlo fatto?
“Leggendo la scheda conoscitiva compilata da Midori ho composto il numero per rintracciarla e mi ha risposto un’azienda, la Noun Erekushon. La ragazza è probabilmente una dipendente di essa o la figlia del titolare.”
Spiegò, porgendo dei fogli nei quali vi erano alcuni dettagli dell’azienda.
“Ma è dall’altra parte del Giappone!”
Notò Hiori, perplessa.
“Mi scusi, ha detto che lo ha trovato sul foglio conoscitivo di Midori. Potrei consultarlo?”
Domandò Mio e la dottoressa lo tirò fuori e glielo porse. Vi erano diverse voci.
Nome e cognome
Midori Takkanirr
Contatti
(Numero telefonico)

Interessi e hobby
Viaggiare nello spazio, rubare piani militari, lanciarsi col paracadute, acquisire i poteri dei personaggi del manga, salvare il mondo, cucinare.

Potresti descriverci brevemente te stessa?
Implacabile e risoluta, sono una leader modello. I nemici tremano al mio arrivo, imparo tutto in meno di un attimo e schifo il denaro e le comodità. Posso purificare anche il più cattivo degli antagonisti con le mie parole e riportarlo sulla retta via. Sono anche un’abile diplomatica, tuttavia ho il vizio di rompere il tavolo delle trattative con un pugno. Così bisogna trattare senza tavolo.

Descrivici brevemente la tua vita
Fin da piccola, mio padre mi ha addestrato sulle cascate nelle arti marziali. Così che potessi combattere le ingiustizie.
Ho partecipato a diversi tornei, dove ho visto varie volte. Poi ho viaggiato per il mondo e mi sono fermata in Giappone per prendere un gelato. Quindi ho vinto un mucchio di soldi a un concorso, ma essendo generosa ho regalato tutto ai poveri. Quindi sto cercando di iscrivermi a una società sportiva.



Mio Alzò gli occhi e guardò Maemi perplessa.
“Ma queste informazioni sono palesemente false!”
Ora capiva cosa intendesse Lina quando dicevano che sospettavano che non avesse inserito le sue vere generalità.
“Effettivamente la sua biografia e il suo carattere non corrispondono al vero. Tuttavia, gli altri dati dovrebbero essere giusti. Altrimenti non sarei riuscita a contattare quell’azienda. A proposito, perché dite che dovrebbe trovarsi dall’altra parte del Giappone. Non vi era mica un indirizzo nel volantino che vi ho mostrato.”
Spiegò Maemi.
“Ho guardato con il cellulare.”
Rispose Mio.
“Comunque deve trattarsi di una semplice omonimia. La ragazza non può certo abitare dall’altra parte del Giappone. Semplicemente c’è un’azienda da queste parti con quello stesso nome di quella lontana.”
Doveva abitare in quella cittadina, stando al racconto di Kensaku e di Lina.
Ruka guardò nel cellulare.
“Il numero dell’azienda è questo?”
Disse mostrandolo.
“Certo, è quello che sono riuscita a contattare.”
Spiegò Maemi, mentre Mio controllò di nuovo il cellulare.
“Allora è proprio l’azienda dall’altra parte del Giappone.”
Era estremamente improbabile che due aziende avessero lo stesso nome, si occupassero delle stesse cose e non potevano avere lo stesso numero.
“Il nome che la ragazza ha scritto non è il vero. Il foglio conoscitivo è totalmente inaffidabile.”
Maemi protestò.
“Ma allora perché sono riuscita a contattare quel numero?”
Lei credeva di aver risolto il problema.
“Perché la ragazza ha messo dei numeri a caso e senza volerlo ha composto il numero di quell’azienda.”
Allora Maemi si rese conto di aver sbagliato alla grande. Era estremamente difficile che quella ragazza abitasse da quelle parti.
“Comunque, non dobbiamo cercare di risolvere questa situazione?”
Disse la professoressa, alzando la voce, cercando di cambiare discorsi, vista figura imbarazzante.
“Ha Momo e Ruka ha mostrato un’immagine della ragazza. Ce la dia e ci baseremo su quella per le nostre ricerche.”
Questa volta Mio non riuscì a trattenere una certa irritazione. Comunque Maemi aprì l’immagine nel suo computer e la fece stampare.
Quindi il gruppo se ne andò, compreso il ricercatore e Lina. Almeno avevano un indizio valido, ora.

Poco dopo arrivò un collega di Maemi.
“Scusami, ho ricevuto una comunicazione riguardo a un’anomalia del Common.”
La donna rispose spazientita.
“Tranquillo, mi occuperò anche di quello.”
Quindi l’uomo se ne andò.

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Capitolo 12
*** Agire con meno leggerezza ***


Le tornava in mente una frase sentita una volta in un film, in cui veniva detto che ogni azione aveva una sua conseguenza. Kaede non ne aveva mai tenuto conto, agendo sempre come più le aggradava. Ogni tanto aveva fatto qualche piccolo danno, ma era sempre riuscita a rimediare. Sapeva di essere fatta così e di non avere un gran senso della disciplina. Tuttavia non aveva mai pensato che le sue azioni potessero produrre più di un fastidio agli altri. Insomma, non avrebbe agito come era solita fare, se non fosse stata convita di ciò. La ragazza stava ancora poggiata sul tavolo, sarebbe stata in quella posizione per un po’, con la guancia poggiata sulla tovaglia. La televisione era ancora accesa e il telegiornale era passato a un servizio diverso dal precedente. Mai avrebbe pensato che le sue azioni avrebbero potuto far soffrire qualcuno! Mai che fare qualcosa di divertente potesse nuocere agli altri!
Ancora una volta aveva scambiato i sentimenti delle persone. Tuttavia, in seguito a ciò, c’erano stati dei disordini. La polizia era dovuta intervenire. Fortunatamente non c’erano stati feriti, ma appunto per una serie di circostanze favorevoli. Persino una come Kaede capiva che, anche quando le conseguenze non erano state gravi, ma avrebbero potuto esserlo, bisognava rimproverarsi delle proprie azioni. Si chiedeva poi come si sentisse la persona a cui aveva scambiato i sentimenti. Era stato proprio a seguito di un discordo, dettato da emozioni non sue, che la folla si era infervorata.
Probabilmente si sentiva in colpa, ignorando che ad averlo indotto a fare quella cosa, era una stupida che si sentiva particolarmente spiritosa. Già, Kaede in quel momento si sentiva proprio una stupida! Ma perché non ci aveva pensato prima?
Solo che, prima di allora le persone avevano riacquisito i propri sentimenti dopo un po’ e dopo alcune scuse da parte loro, la loro vita era tornata tranquilla. Non aveva pensato che un personaggio pubblico, potesse fare danni se diceva delle cose sbagliate, specie se non piacevano alla gente. Probabilmente anche con la gente comune uno scambio di sentimenti portare a situazioni spiacevoli! Meno male che non l’aveva mai fatto.
Che fare allora? Lasciar perdere il suo gioco? Era pur vero che lo faceva decisamente meno spesso rispetto a prima, anche perché si era dedicata all’imparare ad usare la sua arma. Cosa poteva fare, però, con i suoi poteri, avendo la certezza di non coinvolgere gli altri in qualcosa come uno scambio di sentimenti? Tra l’altro sapeva ben poco sulla natura dei suoi poteri. Sarebbe stato comodo avere a disposizione qualcuno che le potesse spiegare i misteri di quel mondo e cosa volesse dire utilizzare i suoi poteri.
Era però certa che per un po’ non avrebbe scambiato i sentimenti degli altri.

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Capitolo 13
*** Incontro ***


“Sì, la conosco. Si chiama Kaede, Kaede Fujita.”
Rispose lo studente a cui Mio aveva mostrato la foto. Si era già recata in quella scuola a chiedere, ma questa volta con in mano la foto e non domandando di una ragazza dal nome falso.
“Davvero? Studia qui?”
Disse Mio, incredula che fosse così semplice trovarla, ora che aveva le informazioni giuste.
“Certo.”
Rispose lui, volgendo lo sguardo verso l’edificio scolastico, in cui a breve sarebbe dovuto entrare.
“Cos’altro sa dirmi di lei?”
Dopo aver ottenuto altre informazioni, lasciò andare l’alunno e contattò le sue compagne. Se non poteva usare Freespace, nessuno le aveva vietato di fare una chiamata ad ognuna di loro.
In poche ore tutte la raggiunsero.
“Quindi siamo d’accordo? Durante la pausa pranzo andremo a cercarla e proveremo a parlarci.”
Concluse Hiori, riassumendo ciò che le reflector avevano deciso di fare, discutendo un po’.
Le altre ragazze annuirono. Dopo un’ora arrivò la pausa pranzo e diversi studenti uscirono in giardino, per parlare e mangiare il pranzo al sacco che si erano preparati. Le ragazze oltrepassarono il cancello e si mossero in gruppo, dicendo che stessero cercando una certa Kaede Fujita e se sapessero dove si trovassero. Dopo qualche tentativo, vennero indirizzati in un luogo del giardino, tra il portone e la palestra, dove videro una ragazza dai capelli marroni, riuniti in due trecce, proprio come quella dell’immagine che avevano.
Una volta sufficientemente vicine, Mio si fece portavoce di tutte.
“Scusami, sei Kaede Fujita?”
La ragazza guardò, leggermente perplessa, le sconosciute.
“Sì, sono io.”
Perfetto, stava andando tutto bene!
“C’è una cosa che vorremmo chiederti, ma preferiremo farlo in privato.”
Continuò Mio.
Kaede le guardò, non sembravano persone sospette.
“Nella mia classe non dovrebbe esserci nessuno in questo momento.”
Anche quel posto poteva andare bene.
“Certo, fai strada.”
La ragazza allora si alzò, seguita dalle altre. Passarono la porta e salirono le scale.
Se il dialogo fosse stato breve difficilmente qualcuno avrebbe fatto caso loro. Non appartenevano a quella scuola e lo si poteva capire dalle loro uniformi, ma se fossero state veloci, sarebbero uscite prima che qualcuno segnalasse agli insegnanti la cosa.
“Mi hanno detto che ultimamente sei diventata famosa. Aiutavi gli altri a trovare il loro amore, se non erro.”
Disse Mio, mentre stavano percorrendo il corridoio. Glielo aveva riferito lo studente con cui aveva parlato all’inizio.
“Quello? Era un piccolo esperimento che ho provato a fare. Ma lo ho abbandonato dopo poco.”
All’inizio Kaede aveva provato a utilizzare i poteri dell’anello per mettere insieme le persone, dato che poteva leggere i sentimenti. Potendolo fare poteva capire a chi piacesse chi. Presto però aveva scoperto che alla gente non interessasse sapere se qualcuno fosse innamorato di loro, ma che le persone che piaceva loro, ricambiasse i propri sentimenti. Così l’iniziativa di Kaede non aveva avuto molto successo e lei aveva preso a fare altre cose, come scambiare i sentimenti, anche se non era certa che anche quella cosa fosse una buona idea.
Quindi raggiunsero la classe e chi guidava il gruppo aprì la porta, come previsto era vuota.
Kaede entrò e si sedette a un banco, le altre presero posto davanti a lei.
“Allora, di cosa volete parlare?”
Questa volta fu Hiori a prendere l’iniziativa.
“Ecco, non è che per caso hai recentemente trovato un anello un po’ strano?”
La tensione nell’altra divenne palpabile.
“No, non mi sembra. Avrò visto degli anelli, ma mi erano sembravi normali.”
Hiori credette che l’altra potesse non aver capito.
“Uno che quando lo tieni vicino hai come la sensazione di poter capire meglio gli altri. A volte anche quasi di poter sentire quello che provano?”
L’altra fu quasi certa di sapere dove volessero arrivare.
“Non capisco bene di cosa stiate parlando?”
Avrebbe dovuto prevederlo che, dopo tutto quello che aveva combinato, qualcuno sarebbe andato a svolgere delle indagini. Magari qualcuno che conosceva meglio di lei quei poteri.
Mio intanto sospettò che l’altra stesse facendo finta di non sapere. Se così fosse stato, doveva dare l’impressione che in realtà sapessero che fosse stata lei. Prese quindi la parola.
“Kaede, sai bene che ultimamente nella città in cui vivi siano accaduti dei fatti senza dubbio strani. Sei proprio sicura di non aver notato qualcosa di strano? Magari qualcosa di strano che riguarda te.”
La ragazza non volle mollare.
“Ogni giorno accadono cose strane. I telegiornali non fanno altro che parlare di cose fuori dall’ordinario.”
Continuò a fare finta di essere una persona normale, confusa dalle loro parole.
“Non fa un po’ caldo in classe? Possiamo andare fuori? Conosco un punto non frequentato.”
Continuò lei.
“Certo.”
Rispose Hiori ingenuamente. La ragazza si alzò e prese a camminare, ma appena ebbe la certezza di avere la via libera, subito scattò, correndo fuori dall’aula.
“Sta scappando!”
Esclamò Hiori, correndo in corridoio assieme ad alcune altre e guardando da che parte potesse essere andata.
“Ho appena percepito che qualcuno ha usato dei poteri da reflector.”
Le avvertì Mio, ancora in aula.
“Dev’essere andata nel Common.”
Ciò le dava qualche secondo di vantaggio rispetto a loro, che avevano dovuto capire cosa avesse fatto.
Ad ogni modo, anche se quel giorno fosse riuscita a fuggire, le ragazze adesso sapevano con certezza che fosse lei la persona che stavano cercando e colei che stava causando tutte quelle cose strane. Era un risultato enorme e primo o poi sarebbero riuscite a trovarla e di certo non avrebbe avuto modo di fare altri danni.

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Capitolo 14
*** Come Kaede ottenne l'anello ***


Come, però, Kaede era entrata in possesso dell’anello? Per scoprirlo, occorre fare un passo indietro.
 
Circa due mesi prima
Ultimamente a Kaede era venuta voglia di praticare il baseball. Tale sport era parecchio popolare in Giappone e bene o male chiunque ne sentiva, prima o poi, parlare. La ragazza non aveva chissà quali pretese, né in realtà era interessata a darsi a tale sport. Semplicemente le era venuta voglia di provare a colpire una palla con una mazza e aveva seguito desiderio, come era solito fare. Al parco vicino a casa sua c’era l’equipaggiamento necessario per fare pratica, così la ragazza aveva prenotato la postazione di allenamento per alcune ore.
Era finalmente lì, con la mazza in mano. Non aveva intenzione di raggiungere chissà quale livello, semplicemente si sarebbe dedicata alla cosa fino a quando si sarebbe divertita.
Le prime palle le mancò, pur essendo facili, ma mano a mano che provava, iniziò a colpirle sempre con maggior sicurezza.
Proprio in quel momento, passò da quelle parti Lina, la prima apprendista reflector del posto, che cercava altre ragazze adatte a ricoprire il suo ruolo. Il parco era molto frequentato dalle persone e quindi era il posto migliore per cercare candidati. Utilizzò quindi i suoi poteri e notò una forte affinità ed essi in una ragazza dalle trecce marroni, che stava facendo pratica di baseball.
Naturalmente non poteva andare da lei e chiederle se volesse diventare una maghetta, l’avrebbe presa per pazza. C’erano però dei protocolli per avvicinarsi a delle candidate sconosciute, conoscerle meglio e se si rivelavano idonee, rivelare loro la verità. Se non sbagliava in quel caso il protocollo suggeriva una strategia.
Lina si avvicinò alla ragazza.
“Ciao, vedo che ti piace il baseball.”
Kaede gettò giusto un attimo lo sguardo sulla nuova arrivata, per poi concentrarsi sulla palla successiva.
“Semplicemente sto provando ad imparare come si gioca.”
Rispose, sperando che presto la seccatrice se ne andasse.
“Davvero? Sai, stiamo cercando di mettere su una squadra. Ti andrebbe di unirti a noi?”
Doveva trattarsi di un membro di una qualche associazione sportiva. Non aveva alcuna intenzione di iscriversi a qualcosa del genere. Di certo le avrebbero rotto le scatole tipo due volte alla settimana, per dirle che dovesse venire agli allenamenti.
“Non mi interessa.”
Rispose in fretta.
“Come fai a dire che non ti interessa, se non provi prima?”
Insistette Lina.
“Io mi chiamo Lina.”
Non voleva mollare! A quel punto Kaede decise di prendersi gioco di lei.
“Midori.”
Per prima cosa non le disse il suo vero nome.
“Lieta di conoscerti, Midori. Come ti dicevo, perché prima non vieni a qualche allenamento o parli con il nostro allenatore?”
Adesso l’avrebbe sistemata.
“Facciamo così, lasciami tirare giusto ancora qualche mazzata e sono da te. Aspettami pure su quella panchina. Sarò da te tra qualche minuto.”
E ovviamente non avrebbe smesso così presto. Lina però sembrò crederci e andò a sedersi. Kaede si chiese quanto avrebbe resistito, prima di andarsene.
Arrivò quindi la sera. La ragazza si era divertita abbastanza, se era riuscita a rimanere lì tutto quel tempo. Stava giusto per provare di nuovo a tirare una nuova palla, quando sentì arrivare qualcuno alle sue spalle. Era Lina!
“Scusami, Midori, ma io dovrei andare.”
Era stata lì, ad aspettarla, per tutto quel tempo. Cercava così disperatamente un nuovo membro da aspettare così tanto?
“Se sei comunque interessata ad unirti a noi, contattami a questa mail.”
Le passò un foglietto.
“Ciao, allora.”
Disse Kaede, ancora perplessa.
“Ciao.”
Rispose Lina, sorridendo, per poi andarsene. La ragazza tirò ancora qualche colpo. Stette però a riflettere.
Quella ragazza aveva aspettato così tanto! Forse non avrebbe dovuto dire di aspettarla.
Dopo un po’ anche Kaede andò a casa.
 
Una settimana dopo
 
Kaede si alzò pigramente dal letto. Cosa poteva fare quel giorno? Aveva voglia di fare qualcosa di nuovo, ma non aveva idee. Ci avrebbe pensato a colazione. Neanche però quando mangiò le venne in mente qualcosa che potesse fare, tornò pigramente in camera e notò il foglietto datole da Lina quella volta.
Certo che era stata cattiva con lei! Forse poteva provare a contattarla e provare a vedere cosa volesse dire fare parte di una vera squadra di baseball, anche solo per scusarsi di come si era divertita. Magari era la volta buona che sarebbe riuscita a portare avanti qualcosa seriamente.
Con quale nome si era presentata a lei? Midori? Le sembrava proprio con quello. Non voleva però darle i suoi contatti. Se poi scopriva che giocare in quella squadra non faceva per lei, non avrebbe voluto trovarsi le mail di Lina che le chiedeva di andare agli allenamenti.
Decise di aprire quindi un nuovo account di posta elettronica, non annotò nemmeno la password, credendo che se la sarebbe ricordata e di cui si sarebbe dimenticata entro quattro giorni.
Contattò quindi la ragazza conosciuta al parco, presentandosi sempre come Midori. Le chiese se si ricordasse di lei e se era ancora interessata ad averla in squadra. Poche ore dopo Lina le rispose, dicendole che era felice che l’avesse contattata di nuovo e le propose di parlare col suo allenatore. Kaede accettò e propose un giorno e un’ora. Lina le inviò un indirizzo presso il quale si sarebbe dovuta recare, per il colloquio. Quindi salutò.
Kaede spense il computer. Ormai l’impegno l’aveva preso.
 
Il giorno del colloquio
 
Lina si era premurata di informare Kensaku, riguardo all’incontro conoscitivo che era riuscita ad accordare con la ragazza che aveva sostenuto di chiamarsi mitori.
“Proprio oggi? Alle quattro?”
Domandò il professore. Aveva già parlato con due ragazze quel giorno.
“Io al pomeriggio avrei una riunione.”
Iniziò a sfogliare l’agenda.
“Però, dovrei farcela. Il posto dove hai fissato il colloquio è lo stesso della altre due?”
Lina rispose.
“Certo, in quell’ufficio.”
La strada non era molto lunga da percorrere.
“Mi hai scritto il pretesto con cui l’hai contattata e le tue impressioni su di lei?”
Avrebbe dovuto studiarselo.
“Certo, ho scritto tutto qui.”
E gli passò un foglio, che il professore prese.
“Perfetto, direi che puoi andare. Se mi precedi nell’ufficio, mi fai un favore.”
La reflector se ne andò, mentre Kensaku lesse in fretta il foglio e fece una telefonata. Poi tornò il suo alvoro.
Quando arrivò il momento di andarsene preparò tutto, mettendolo accuratamente in una valigia. Tra le varie cose vi erano i moduli conoscitivi e l’anello. Nella stanza era presente un collega, che aveva lavorato con lui. Quindi salutò il ricercatore e uscì, dirigendosi verso gli uffici. Non era prudente parlare con le candidate alla sede della AASA, durante le prime volte.
Il professore entrò nell’edificio e si avviò verso lo spazio che avevano preso in affitto da circa una settimana. Lì trovò Lina ad aspettarlo. La salutò e preparò tutto.
“Entro dieci minuti la nostra Midori dovrebbe arrivare.”
Commentò, mentre la ragazza annuì. Passò però mezz’ora e la candidata non si era ancora presentata.
Kaede si era presa in ritardo, ma una volta arrivata si era trovata davanti a un grosso edificio, ospitante degli uffici amministrativi. Dubitava che una società sportiva potesse avere sede lì. Probabilmente si sarebbe trovata presso un campo da baseball o qualcosa del genere. Aveva quindi guardato nei dintorni, credendo di essersi sbagliata, ma non trovando un posto che somigliasse a una società sportiva, si decise ad entrare nell’edificio.
Lì parlò al portiere. Mi scusi, le risulta che in questo posto vi sia una società sportiva?
Quindi gli comunicò il nome, annotato.
“Non mi pare proprio di averla sentita.”
Si volse verso il computer.
“Aspetti che guardo.”
La ragazza credette di essere stata a sua volta presa in giro da Lina. Evidentemente aveva voluto vendicarsi per essere stata lasciata ad aspettare per tutto quel tempo.
“C’è. Deve andare al quarto piano ed entrare nell’ufficio 34, il quale ha il numero sulla porta.”
La ragazza ringraziò e riprese a camminare. Certo che era strano che quella società si trovasse in un posto del genere, per non dire sospetto.
Lina e Kensaku stavano, intanto, aspettando da parecchio, tanto che stavano iniziando a pensare che la ragazza non si sarebbe presentata. Erano in procinto di andarsene, quando qualcuno bussò alla porta.
“Professore, io avrei degli impegni.”
Disse la reflector. Fu allora però che si accorse che qualcuno volesse entrare.
“Avanti.”
Disse il professore, alzandosi e avanzando di due passi. Quindi Kaede entrò.
“Ciao Midori”
Kensaku si volse verso la ragazza che aveva spettato con lui.
“Direi che puoi andare.”
Sapeva che avesse anche lei delle cose da fare e una vita normale a cui stare dietro. Lina quindi salutò ed uscì, il professore se la sarebbe sbrigata da solo.
Quindi Kensaku si sedette a un tavolo e fece sedere Kaede davanti a lui.
“Come ti avrà già spiegato Lina, sono il suo allenatore.”
Quella era la sua copertura. Doveva prima capire chi aveva davanti, prima di decidere se spiegarle o no la verità.
“Sono lieto che tu voglia unirti alla nostra squadra di pallavolo.”
Circa un secondo dopo notò che la ragazza lo stesse guardando in maniera a dir poco stupefatta e sospettò che ciò fosse in contrasto con la sua copertura. Facendo finta di leggere degli appunti, sbirciò nel foglio di Lina.
“Cioè, volevo dire di baseball.”
Disse sorridendo. Come poteva essersi confuso su un dettaglio del genere?
“Comunque, prima di discutere riguardo all’iscrizione, vorrei che tu mi parlassi un po’ di te.”
Era quello che gli interessava.
Improvvisamente però, il suo cellulare squillò.
“Scusami un attimo.”
Non era il momento opportuno! Sperò di risolvere la faccenda brevemente e tornare il prima possibile a parlare con la candidata. Quando però vide chi lo stava chiamando, capì che difficilmente la chiamata sarebbe stata breve.
“Maemi? La riunione? Certo che me ne ricordo.”
Doveva stare attento e non usare parole che potessero rivelare qualcosa a quella Midori.
“Mi vuoi prima? Sì, posso. Dobbiamo sistemare delle cose, se ho ben capito.”
Quella non ci voleva! Avrebbe dovuto mandare tutto a monte e rinviare il colloquio che stava avendo. Maemi intanto continuava a parlare. Al professore, dal canto suo, dispiaceva andarsene di lì e non aver scoperto niente su Midori. Forse però avrebbe potuto trovare un modo per sapere qualcosa.
Aprì un po’ la valigia, situato su un tavolo adiacente e tirò fuori uno dei moduli conoscitivi, ma nella fretta, tirò fuori così velocemente il foglio, che questo fece uscire anche l’anello, senza che il professore se ne accorgesse.
Lo porse quindi a Kaede e coprendo per qualche secondo il cellulare con la mano, si rivolse a lei.
“Per favore, compilalo.”
Quindi tornò a parlare con la responsabile.
La candidata fu ancora più stupita. Non solo per quella situazione, ma per tutto quello che era successo prima. Per come era stata avvicinata da Lina, per il fatto che fosse stata mandata in un posto così insolito, perché chi aveva davanti le era sembrato che non sapesse a quale sport fosse interessata e per il fatto che le avesse dato un foglio da riempire con informazioni personali. Che fosse una sorta di frode?
Forse e anche se così non fosse stato, non le piaceva che la stesse piantando lì, per parlare con qualcuno al telefono.
Decise che avrebbe risposto solo come lei sapeva fare. Per prima cosa inserì dati falsi, poi scrisse cose in cui prendeva palesemente in giro loro.
Poggiò allora la penna e porse il foglio.
“Ho finito.”
Di nuovo il professore coprì il telefono.
“Grazie.”
Disse, rimettendolo subito nella valigia. Quindi la chiuse subito dopo.
“Certo, vengo subito. Giusto il tempo di fare la strada.”
Fece quindi segno a Kaede che poteva andare, per poi uscire dall’ufficio in tutta fretta.
Kaede rimase esterrefatta da quel che era successo. L’aveva lasciata da sola nell’ufficio! Non sapeva se mettersi a ridere per come erano andate le cose.
Stette qualche minuto a pensare come fossero andate le cose e dopo un po’ notò la presenza di un anello sul tavolo vicina a quello che stava lei. Che appartenesse a Kensaku?
Uscì dall’ufficio e tornò in portineria, con l’anello in mano.
“Scusi, per caso è ancora qui una persona di nome Kensaku?”
L’addetto rispose.
“Non ho presente il nome.”
Lo doveva aver visto.
“Ha presente l’ufficio dove mi ha mandata? Kensaku si trovava lì.”
Ora doveva aver presente.
“Non mi risulta che sia ancora qui.”
Kaede risolse che si sarebbe recata lì di nuovo, per consegnare l’oggetto al suo proprietario.
Si recò lì due giorni dopo, con l’anello.
“Mi scusi, oggi c’è Kensaku?”
Il lavoratore controllò. Non gli risultò più il nome sul computer, né quello dell’associazione sportiva.
“Com’è possibile? Due giorni fa c’era!”
Qualcosa non le tornava!
“Vede quegli sono spazi che mettiamo in affitto. Chi li utilizza dopo un po’ se ne va, anche dopo periodi brevi.”
Ecco spiegato il perché.
“Saprebbe dirmi come posso contattare chi ha utilizzato l’ufficio due giorni fa?”
Domandò lei.
“Purtroppo sono un semplice portiere. Non ho accesso alla lista degli affittuari.”
Kaede annuì.
“Grazie comunque.”
Aveva provato a restituirlo, ma non sapeva come ritrovare quel Kensaku. Allora si sarebbe tenuta lei quell’anello. Tanto dubitava valesse molto.
Qualche giorno dopo avrebbe scoperto, però, casualmente i suoi poteri magici. Mentre stava facendo qualcosa di ordinario.

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Capitolo 15
*** Dialogo con le guardiane del Common ***


Anche se erano riuscite a scoprire la reflector che stava causando quei problemi, riuscire a catturarla si era rivelato problematico. Si erano informate su dove vivesse, ma la ragazza adesso usciva solo quando doveva andare a scuola. Peccato che in quello stesso orario, loro stesse dovessero presentarsi alle lezioni e abitavano in una città diversa. Inutile dire che Maemi non fosse d’aiuto. Sosteneva che non fosse di sua competenza trovare qualcuno che potesse sorvegliare la casa della ragazza o che potesse entrare al suo interno e loro, pur essendo maghette, non avevano alcun’autorità nell’entrare nelle case altrui.
Quando poi riuscivano a tenderle un agguato, Kaede si rivelava sorprendentemente abile nel fuggire. Non solo era brava a correre, ma sapeva entrare nel Common e uscire da esso, rendendo l’inseguimento particolarmente problematico, dato che non sempre si capiva che fosse andata nel Common e quando ci andavano anche loro, Kaede si era allontanata abbastanza.
Nina aveva provato ad appostarsi, assieme a Mio, nei pressi della casa della sospetta, nella speranza che potesse uscire anche ad altre ore. Il loro tentativo si era rivelato infruttuoso, così le due ragazze avevano deciso di lasciar perdere quel giorno. Si erano quindi recate alla stazione Nina aveva accompagnato Mio, ma aveva deciso di non prendere il treno con lei, sostenendo di voler rimanere in quella città, così da conoscerla meglio.
Iniziò quindi a camminare per le strade, rimanendo presso la casa di Kaede. E se invece avrebbe provato ad entrare davvero di nascosto nella sua abituazione. Avrebbe avuto dei problemi legali, ma lei era sempre vissuta nell’illegalità e aveva buone possibilità di riuscire a prenderla. Di certo l’altra non se lo sarebbe aspettato. Come poteva fare, però? Forse sarebbe potuta entrare da una finestra aperta o avrebbe potuto forzare la porta.
Mentre era immerso in questi pensieri, Nina percepì la reazione tipica di una reflector quando entrava nel Common. Che fosse la ragazza che stava cercando? Valeva la pena entrare anche lei, giusto per tentare.
Quindi si concentrò, trovandosi pochi istanti nel mondo dominato dai sentimenti. Si guardò intorno e non notò Kaede delle vicinanze.
Poco dopo però vide due ragazze correre verso di lei. Una aveva i capelli biondi, riuniti in due trecce, un’altra aveva i capelli biondi sciolti. Le riconobbe: erano le due guardiane del Common, Yuzu e Lime.
Una delle due andò davanti a Nina, l’alta dietro. La guardavano con circospezione, quasi volessero capire ogni suo movimento.
“Dunque sei tu quella che sta scambiando i sentimenti delle persone?”
Domandò Yuzu.
L’altra non si stupì che sospettassero di lei. All’inizio aveva dato una mano a Mio a pianificare un attacco al Common. Alla fine sia lei, che la sua amica, avevano capito di star percorrendo una via sbagliata, ma era logico che le due guardiane non si fidassero di lei.
Non rispose subito.
“Abbiamo dovuto distogliere l’attenzione su voi reflector per rimettere a posto i sentimenti e ridarli ai loro proprietari. Qual è il tuo fine.”
Proseguì Yuzu. Aveva idea di quale seccatura fosse prendere un sentimento non appartenente a una persona, scoprire la persona a cui apparteneva, prendere da quella persona il sentimento che era stato sostituito e riportare tutto a posto?
“Non sono stata io.”
Si difese Nina, decidendosi a rispondere. Le altre due la guardarono scettiche.
“Stavo inseguendo proprio la reflector che scambiava i sentimenti.”
Le due guardiane si guardarono.
“Dovete credermi. Posso anche dirvi come si chiama: Kaede Fujita.”
Quindi gliela descrisse.
Le due si guardarono nuovamente e Yuzu riprese a parlare.
“Capirai che non possiamo fidarci ciecamente di te.”
Come dar loro torto. Neppure lei lo avrebbe fatto, se fosse stata al suo posto.
“Questa volta sono qui per aiutare.”
Riprese Nina, dubitando di venir accontentata.
“Se pensi che ti lasceremo andare in giro per il Common ti sbagli di grosso. Tu non vai da nessuna parte.”
Rispose Yuzu. Un atteggiamento sensato, anche se così la stava ostacolando, doveva ammettere che fosse la scelta giusta.
“Se desideri aiutarci, dovresti portare per noi un messaggio: tra qualche giorno il common entrerà, per breve tempo, in contatto con il vostro mondo e proprio nella città da cui sei entrata. Potresti avvertire le altre?”
Le propose Lime.
Nina non era particolarmente ferrata in materia, ma capì che dovesse essere importante. Come minimo doveva avvertire le altre reflector.
“D’accordo, le avvertirò.”
Disse la ragazza.
“Contiamo su di te.”
Rispose Lime. Le stavano dando una seconda possibilità.
Quindi la ragazza si concentrò ed uscì dal Common, trovandosi in città. Avrebbe contattato le altre.

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Capitolo 16
*** Rapporto ***


Nina aveva deciso saggio comunicare quanto le avevano detto le guardiane del common alle altre e anche a Maemi. Di certo una ricercatrice ci avrebbe capito meglio di lei e avrebbe potuto capire le cause del fenomeno e sapere cosa ciò potesse comportare e se vi fossero delle contromisure da prendere a riguardo. Il che sarebbe stato utile.
“Quello? Non capisco cosa tu intenda dire.”
La ragazza ripeté quanto sentito.
“Sai quante volte si pensa che il common entri in contatto, ma poi non accade?”
La ricercatrice aveva ben altre cose a cui pensare in quel momento.
“Invece credo che sia importante. Non credo che si sarebbero scomodate a dirmelo se non ci fosse un problema.”
Insistette Nina. Maemi però sembrava aver avuto un’idea.
“Comunque, mi hai parlato di quelle due guardiane del Common. La ragazza che stiamo cercando fugge, sia nella realtà, sia lì. Forse però se ci coordinassimo con loro potremmo riuscire a prenderla.”
Sembrava aver piani molto diversi.
“Dubito che le due guardiane del Common abbiano qualche interesse a coordinarsi con la nostra organizzazione.”
Ribatté Nina.
“Tentar non nuoce.”
Rispose Maemi e Nina trovò che valesse la pena accontentarla.
 
Qualche giorno dopo Nina tornò alla sede.
“Sono andata nel Common. Come mi aspettavo, non hanno alcun interesse a voler coordinarsi sotto le sue direttive.”
Spiegò Nina a Maemi.
“Com’è possibile? Non hanno idea della gravità della cosa?”
Domandò la dottoressa.
“Sostengono di star già facendo la loro parte e che si devono occupare di altre questioni.”
La ricercatrice scosse la testa.
“Ho fatto delle ricerche. Mi risulta che siano membri dell’Aasa. Contattale e di loro che una coordinatrice vuole che diano massima priorità a questo problema.”
Nina annuì, ma sapeva che non avrebbe funzionato. Le sembrava strano che le due guardiane del Common fossero due membri di quell’organizzazione.
 
 
Quando che le ebbe davanti di quanto era praticamente certa.
“Un tempo eravamo membre dell’Aasa. Adesso però che siamo diventate guardiane del Common non abbiamo più alcun legame con essa.”
Spiegò Lime.
“Quindi non ci può chiedere di fare alcunché, tantomeno una responsabile. Avrebbe dovuto capirlo di non poter avanzare richieste da noi.”
Proseguì Yuzu. Nina annuì e decise di andare, non proprio di ottimo umore, questa volta lasciando il common,
 
La ragazza tornò alla sede.
“Hanno detto che non hanno intenzione di seguire un qualche suo piano.”
Il membro dell’Aasa insistette.
“Ma hai spiegato bene? Avranno capito?”
Nina rispose.
“Certo, hanno capito perfettamente.”
La ricercatrice sospettò che invece non avessero proprio capito.
“Di loro che sono membre dell’Aasa e che io ho il compito di coordinare quelle come loro.”
Invece era la ricercatrice a non aver capito.
“Una volta erano membre di quest’organizzazione, ora sono diventate delle Guardiane del Common. Lei non ha alcun’autorità su di loro. Anzi, capiscono molto di più di quanto capiamo noi. Ecco il perché del loro comportamento.”
Spiegò Nina.
“No, non hanno capito bene. Devi tornare da loro.”
Riprese la ricercatrice.
“Hanno capito benissimo.”
Insistette Nina.
“Allora sei tu quella che non ha capito e non è riuscita a spiegarsi.”
Continuò la ricercatrice.
“No è lei quella che non ha capito niente. Non riesci proprio a capire, come non avevi capito che non erano dati veri quelli compilati nella scheda. Tu proprio non capisci un cavolo e ci hai fatto perdere tutto questo tempo perché non capisci.”
Rispose Nina, per poi andarsene.

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Capitolo 17
*** Quando non ti rendi conto di poter parlare ***


Kaede rientrò a casa, dopo essere uscita dal common. Casa e scuola erano tra i pochi posti in cui poteva stare tranquilla. Andò velocemente nella propria stanza. Non era una persona che amasse passare la propria vita in casa o davanti a uno schermo. Lei era una persona attiva, che voleva stare all’aria aperta e fare attività a casa solo quando desiderava riposarsi.
Eppure se la sentiva di rilassarsi solo a casa e a scuola. Anche perché il personale aveva presto notato la presenza di studentesse non appartenenti al liceo e le aveva allontanate.
Per il resto, doveva stare attenta a chi incontrava per la strada e a sfuggire a eventuali inseguimenti. Anche nel common, dato che ogni tanto quelle ragazze riuscivano a raggiungerla lì. In più si erano aggiunte altre due, una con le trecce e una con i capelli sciolti, pronte ad inseguirla ogni volta la vedevano passare per il common. Meno male che non sembravano voler continuare la loro corsa nel mondo normale. Il che era un bene, perché quelle due erano piuttosto veloci.
La ragazza stette a riflettere. Il suo intento era solo divertirsi un po’, non avrebbe pensato che le cose avrebbero preso quella piega! Si era resa conto che aveva combinato dei guai e per questo probabilmente quelle ragazze la inseguivano e aveva troppa paura per provare a parlarci e provare a trovare una soluzione in quel modo.
 
 
Maemi ricevette nuovamente la richiesta di indagare riguardo allo stato del common, in relazione alla città assegnata dalla sede. Il fatto era che stava impiegando quasi tutto il personale per risolvere l’altra questione. Forse avrebbe potuto semplicemente non svolgere le ricerche e scrivere che andava tutto bene. Insomma, quante volte accadeva che il common sembrava voler entrare in contatto con il loro mondo, ma poi si scopriva che era un falso allarme?

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Capitolo 18
*** Venuta a dare una mano ***


Era quantomai ovvio che Nina si sarebbe dovuta scusare. Lei stessa se ne era presto resa conto. Quando le altre ragazze avevano saputo di cosa era successo quel giorno e di come si era comportata, avevano preteso che si ripresentasse dalla dottoressa e che presentasse le sue scuse, per poi iniziare un riavvicinamento con la ricercatrice. Seppur con qualche difficoltà, Nina aveva accettato e si era presentata alla sede dell’organizzazione per scusarsi e ascoltare come la dottoressa proponesse di affrontare la questione.
Dopo una prima fase del colloquio, in cui la ragazza aveva ammesso i propri errori, finalmente erano passate a discutere riguardo l’indagine.
“Mi sono informata. Hiori mi ha spiegato che quelle due guardiane del common danno un determinato peso a una certa Shirai Hinako. La mia idea è quella di contattarla, così che possa convincerle a coordinarsi con noi.”
Se non altro aveva capito che le due non avrebbero dato alcun peso alla sua autorità nell’organizzazione.
“Chiaro.”
Rispose Nina.
“Perfetto. Voglio che tu la trovi. Ho reperito informazioni riguardo la città dove vive e la scuola che frequenta. Ti spiegherà tutto un mio collega all’entrata.”
Spiegò.
“Troverò questa ragazza.”
Rispose Nina, con neutralità.
“Ottimo, allora vai.”
La ragazza si alzò, fece quel che doveva fare all’entrata e uscì in giardino.
Non era certo felice di fare quel compito. Aveva già cercato per molto tempo la ragazza che aveva recentemente provocato quei disagi, non la entusiasmava doverne cercare un’altra.
Proprio allora percepì che qualcuno avesse appena effettuato l’accesso al common. Che fosse la ragazza che continuava a fuggire da loro? Dubitava che sarebbe riuscita a raggiungerla, ma comunque volle provare. Se fosse riuscita a farla ragionare avrebbe risolto in fetta il problema.
Si concentrò e si trovò quindi nella parte del common dove albergava la felicità. Si guardò intorno. La ragazza che avrebbe voluto trovare non si vedeva da nessuna parte, ma l’avrebbe cercata per un po’.
Dopo cinque minuti iniziò a sentire una voce.
“Hina, sei sicura che non vuoi questa fetta di torta?”
Ma quella era la voce di Yuzu! Subito si volse in quella direzione e cercò di capire dove fosse. La vide in lontananza e si avvicinò piano piano, nascondendosi dietro a un cespuglio, così da poter osservare meglio cosa stesse succedendo e ascoltare.
“No grazie, ho già preso abbastanza.”
Disse una sconosciuta a Yuzu.
Da lì si vedeva chiaramente un tavolo su cui vi erano diversi dolci e bevande. Su di esso sedevano le due guardiane e una ragazza che doveva avere più o meno la sua età. Yuzu continuava a chiamarla “Hina”.
Presto a chi osservava saltarono all’occhio diversi particolari: la ragazza misteriosa indossava la stessa uniforme delle due guardiane, sembrava conoscerle bene e “Hina” poteva benissimo essere un soprannome o meglio ancora un diminutivo. Che fosse quella la Shirai Hinako che avrebbe dovuto cercare?
Sfidava che le due guardine avrebbero ascoltato una come lei: pranzava persino con loro!
“Nina, esci pure fuori. Sappiamo che sei là.”
Disse Lime. La ragazza allora uscì da dietro al cespuglio. Perlomeno le due sembravano meno diffidenti nei suoi confronti, rispetto a prima.
Colei che non conosceva si alzò dal tavolo e le si avvicinò. Era una ragazza dai capelli scuri.
“Mi chiamo Hinako. Molto piacere.”
Immaginava che fosse lei.
“Nina.”
Si presentò l’altra, brevemente. Non era qualcuno che amasse perdersi in chissà quali discorsi.
“Yuzu e Lime mi hanno spiegato che state avendo un pochino di problemi.”
Evidentemente le due avevano capito e deciso di fare un passo avanti per venirle incontro.
“Effettivamente è qualcosa che non stiamo riuscendo a risolvere nel breve periodo.”
Iniziava ad essere curiosa di sapere in quale rapporto quella ragazza fosse con le altre due. Sembrava qualcosa che non fosse legato a una qualche forma organizzativa e che andasse oltre al semplice rispetto e alla fiducia.
“Mi hanno chiesto di venire a darvi una mano con quella ragazza che sta provocando disagi. Oltre per aiutarvi nel caso il nostro mondo e il Common entrino in contatto, il che sarebbe un problema ben più grande.”
Effettivamente una mano in più non avrebbe fatto male e se era stata mandata da quelle persone, doveva essere qualcuno che doveva saperci fare.
“Contiamo su di te allora.”
La guardò e l’altra sorrise.
“C’è altro che dovete dirmi?”
Probabilmente alla ricercatrice sarebbe andato bene anche quel tipo di aiuto.
“Semplicemente che vi raggiungerò tra pochissimo.”
Per il momento meglio di così non poteva andare. Doveva solo aspettare che la raggiungesse la nuova ragazza. Quindi salutò e tronò nel suo mondo.

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Capitolo 19
*** Inseguimento ***


Il piano era stato definito, occorreva una sintesi generale.
“Quindi, dato che la strategia di Kaede è quella di saltare dal nostro mondo al common per sfuggirci è importante che ad inseguirla sia qualcuno che sappia effettuare quel salto abbastanza velocemente da poter continuare ad inseguila lì.”
Iniziò Hinako.
“Non per vantarmi, ma penso di essere la più indicata per questo. Sono passata molto spesso tra il nostro mondo e il common e anche in fretta.”
Lo aveva dimostrato alle altre.
“Sappiamo che Kaede percorrerà più o meno questo tratto di strada per andare da casa a scuola.”
Ultimamente faceva piccole deviazioni per evitare di incontrarle, ma ormai avevano capito per quali aree passasse.
“Come sapete in quelle vie di sono alcuni punti di fuga ed è importante che tutte voi, anziché inseguirla, presediate quei punti, così da non permetterle di scappare da quella parte.”
Aveva contattato tutte per quella riunione.
“Ovviamente dovremo agire tutte insieme, trovate un modo per giustificare la vostra assenza scolastica.”
Non sarebbe stato qualcosa di semplice, ma si sarebbero inventate qualcosa.
“Durante l’inseguimento Kaede salterà più volte dal common al nostro mondo. Sarà essenziale che continui ad inseguirla fino a che non riesca a fala ragionare o allo sfinimento.”
Circoscrivere un’area in cui non potesse fuggire e continuare a starle dietro, quella era la strategia.
“Dovrò cercare di indurla a stare perlopiù nel common, fuori da esso, il mio ginocchio non reggerà per troppo tempo una corsa.”
Hinako aveva infatti avuto un grave infortunio al ginocchio, ma fortunatamente, poteva fale le cose della vita di tutti i giorni
“Hinako, ma se Kaede riesce attraverso il common, ad uscire in un punto del nostro mondo oltre alle uscite da noi presiedute?”
Intervenne Hiori.
“Continuerò ad inseguirla lo stesso e vi manderò un segnale col cellulare per avvertirvi di lasciare il nascondiglio e di unirvi semplicemente a me. Tuttavia penso che non accadrà: ho studiato a lungo le zone del common dove potrebbe andare e ho capito quali percorsi devo scoraggiarla da fare perché esca dall’area circoscritta.”
Era stata aiutata anche da un paio di loro due, nell’esplorazione.
“Come vi pare il piano?”
Tutte concordarono che andasse bene. Era sicuramente migliore della strategia precedente. Vi erano altri dettagli, ma non era necessario ripassarli.
 
 
 
La prima parte della strategia consisteva che Hinako si avvicinasse a Kaede mentre costei andava a scuola. Il vantaggio era che Kaede non l’aveva mai vista prima, quindi difficilmente sarebbe scappata, non identificandola come un’inseguitrice. Se fosse stata sufficientemente abile, Hinako avrebbe potuto chiarire tutto, senza bisogno di un inseguimento.
Kaede uscì da casa e percorse il primo tratto di strada, guardando con attenzione le altre persone, Hinako dopo un po’ sbucò nella sua stessa via, ma non si avvicinò subito.
Aspettò che la ragazza entrasse in una stanza dove non ci fosse nessuno, per fare la sua mossa.
“Scusa.”
Urlò Hinako, ma non vi fu risposta.
“Scusami.”
Riprovò. Sembrava che l’altra la stesse ignorando.
Accelerò di nuovo il passo, fino a quasi arrivarle dietro le spalle.
“Perdonami, potresti darmi una mano? Mi sono persa.”
Kaede si voltò di scatto. Squadrando l’altra.
“Mi spiace, ma vado di fretta.”
Tentò di liquidarla e di riprendere a camminare.
“Per favore, sono disperata. Non sono di questa città e dovrei raggiungere un posto.”
Quindi citò una via vicina alla scuola della ragazza.
“Non puoi chiedere a un altro?”
Era ovvio che fosse sospettosa. Dopo tutte le volte che le altre avevano cercato di intercettarla, poteva benissimo non fidarsi di nessuno.
“Al momento ci sei solo tu e poi siamo coetanee.”
Kaede si voltò di nuovo.
“Cosa ci vai a fare là?”
Domandò.
“Scusami, però sono un po’ private.”
Giusto, chiunque avrebbe risposto in quel modo.
“Forse posso darti qualche indicazione.”
Proprio allora però notò che l’altra tenesse il braccio dietro alla schiena. Una posizione abbastanza naturale, ma che poteva permettere di nascondere qualcosa che Kaede conosceva bene.
“Perché tieni il braccio lì?”
Hinako si rese conto che l’altra avesse colto un particolare importante. Si era messa così, perché non si vedesse il suo anello e l’altra doveva averlo notato.
“Perché è così tanto strano camminare con le mani dietro?”
Disse con un po’ di esitazione.
“Posso vedere le tue mani?”
Era messa alle strette.
“Perché pretendi di vederle?”
Era una risposta normale.
“Perché non vuoi farmi un favore così semplice? Stai nascondendo qualcosa?”
Quello era un problema. Se si fisse sfilata l’anello, l’altra avrebbe potuto intuire che l’avesse fatto, magari dal tempo impiegato. Forse però poteva farlo in fretta, magari con solo una mano, mentre parlava. Se poi ciò non fosse bastato, le avrebbe parlato semplicemente senza interpretare più il ruolo della ragazza persa.
“Va bene, adesso te le mostro. Non capisco perché, ma non mi costa accontentarti.”
Kaede però aveva capito e prima che l’altra completasse l’azione, si mise a correre. In quel caso bisognava inseguirla e trovare il modo di farla ragionare.
 
Come al solito Kaede corse più velocemente che poté e notò che Hinako avesse preso anche lei a correre. Attese qualche secondo, poi andò nel common. Di solito quello bastava a fuggire, il più delle volte, dato che le altre impiegavano un po’ ad andare lì e ciò permetteva alla ragazza di allontanarsi sufficientemente. Vero, ultimamente riuscivano a seguirla anche lì, ma lei alternando qualche passaggio tra common e mondo comune era riuscita a sfuggire loro.
Una volta raggiunto il mondo delle emozioni, si trovò in brevissimo tempo dietro una ragazza che correva e le ci volle un po’ per capire che fosse quella appena incontrato, dato che aveva cambiato completamente vestiario e anche alcune caratteristiche fisiche erano mutate. Tuttavia doveva per forza essere la ragazza di prima, dato che la stava inseguendo come aveva fatto lei. Continuò a correre, cercando di rendere più difficile raggiungerla, passando tra le piante del mondo, ma ciò che ottenne fu semplicemente che Hinako non riuscisse ad avvicinarsi ulteriormente.
Tornò nel suo mondo, ma ancora una volta, Hinako le riapparve dietro. Ora aveva la conferma che stata lei anche nel common, dato che era tornata nella forma nella quale l’aveva vista appena incontrata.
Kaede risolse di continuare a correre verso la scuola, ma presto trovò davanti a sé una delle ragazze che la stavano cercando. Prese una via laterale, anche se questa l’avrebbe ricondotta a casa, ma almeno avrebbe evitato di venire presa.
L’inseguimento continuò e la ragazza prese a passare più volte dal suo mondo al common, per poi tornare in quello normale, ma la ragazza che la inseguiva le era sempre dietro. In più trovava spesso le altre per le strade per le quali doveva passare per passare ad una zona diversa della cittadina. Comunque continuò a correre, nella speranza di sfuggirle, prima o poi.
Hinako, dal canto suo, cercava di farla rimanere nel common il più possibile, dato che lì il suo ginocchio poteva sopportare sforzi. Eppure, la corsa inevitabilmente si svolgeva, prima o dopo, anche nel mondo reale e il dolore iniziava a farsi sentire. Doveva trovare un modo di fermarla, altrimenti presto non sarebbe più stata in grado di essere sufficientemente vicina. Aspettò che Kaede andasse un’altra volta nel common.
Una volta che furono lì, fece la cosa più ragionevole che le parve: parlarle.
“Kaede, perché continui a fuggire?”
La corsa proseguì.
“Non vogliamo farti del male.”
Doveva cercare di trovare l’argomento giusto.
“Non è ancora accaduto niente, perlomeno di grave. Però devi ascoltarci.”
Sembrò rallentare, forse stava funzionando.
“Perché non provi prima ad ascoltarci, prima di decidere che è meglio scappare?”
Kaede sentiva di non aver fatto qualcosa di giusto, per questo scappava.
“Guarda che se continui a scappare, rischi di non capire cosa siano i tuoi poteri e di fare soffrire altri.”
L’altra rallentò, fino a fermarsi. Comparve però tra le sue mani un’arma, che puntò contro Hinako. Se trattava di una balestra.
Dunque aveva già imparato a evocare le armi da reflector! Hinako si fermò, ma decise di non evocare la sua, per farle capire che poteva fidarsi di lei.
“Kaede, voglio solo aiutarti, non ho intenzione di farti del male. Ci hai procurato dei disagi, ma si può ancora chiarire tutto.”
Spiegò, rimanendo a distanza.
“Io credevo che fosse divertente, non volevo fare male a nessuno, solo farmi due risate.”
Si giustificò.
“Immaginavo.”
Rispose Hinako.
“Avremmo agito diversamente, se avessimo pensato che avessi altri intenti.”
Continuò.
“So di aver sbagliato.”
Ammise.
“Già questo è importante.”
Osservò Hinako. Kaede abbassò l’arma.
“Cosa farai adesso?”
Domandò.
“Penso che proverò a conoscerti e a capire che tipo sei. Poi ragioneremo sul da farsi, riguardo la via più giusta da seguire.”
Era ormai ovvio che Kaede non avrebbe usato la sua balestra.
“Se però era solo questo. Perché mi avete inseguito tutte quelle volte?”
Non si fidava ancora del tutto.
“Perché era essenziale che ti spiegassimo cosa comporta avere i poteri dei sentimenti, prima che tu commettessi altri errori.”
Kaede annuì. Era finalmente disposta a parlare, a chiedere scusa per quanto fatto e a discutere su cosa avrebbe dovuto fare dopo.
Hinako capì che ce l’avevano fatta.

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Capitolo 20
*** Messaggio e chiamata ***


Non appena Hinako capì che poteva fidarsi di Kaede, prese il suo cellulare per comunicare la notizia alle altre tramite Freespace. Esatto, “Freespace”, l’applicazione che Maemi aveva più e più volte vietato alle altre di usare. Tuttavia Hinako non era a conoscenza della cosa e quindi aveva usato il programma per mandare un messaggio. Decise di usare il canale comune utilizzato dalle reflector, dove tra l’altro c’erano anche le sue amiche.
 


Hinako Shirai ha scritto
Ho come me la ragazza che ha preso l’anello. Sembra collaborativa e disposta ad incontrare le altre per parlare di ciò che è successo. La nostra ricerca sembra essere andata a buon fine. Le dispiace averci creato così tanti disagi in questo periodo. Ditemi dove siete, così possiamo incontrarci. Ciao!
 
Yuri Saiki ha scritto
Anello? Ricerca? Disagi? Hianko, ma di cosa stai parlando?
 

 
Esatto, a rispondere fu proprio Yuri, la ragazza che Maemi detestava perché aveva rischiato di perdere il posto, in suo favore.
 
In pochi minuti Hinako ricevette una chiamata sul cellulare.
“Pronto, sono la dottoressa Maemi. Colei che ha coordinato il gruppo di ragazze dell’indagine. Non inviare altri messaggi su Freespace.”
Sperò di sbrigare in fretta la telefonata. In sede c’era parecchia attività ed era richiesta la sua presenza.
“Perché?”
Era stata sorprendentemente veloce a reperire il numero della ragazza.
“Ti spiego dopo.”
Hinako era stupita.
“Va bene, però non capisco.”
L’altra venne al sodo.
“Ascolta. Fatti ridare l’anello da quella ragazza e portalo in sede. Hai l’indirizzo?”
Domandò.
“Non credo che sia una buona idea. La ragazza ha imparato a usare la propria arma e siccome a breve potrebbero arrivare dei demoni, una mano in più farebbe comodo.”
Spiegò.
“Si, lo sappiamo tutti. Vi è un’anomalia del Common e probabilmente arriveranno dei demoni. Lo sappiamo. Tu però riporta l’anello qui.”
Ormai era evidente anche per loro. Anche solo guardando gli strumenti che avevano in sede era evidente che sarebbe successo. Maemi si era dovuta ricredere e tutti si stavano predisponendo per l’attacco e di lì a poco avrebbero richiamato le maghette per istruirle su un piano di difesa.
“Non capisco però perché rinunciare all’aiuto di qualcuno.”
Non la conosceva e non poteva ipotizzarle le ragioni.
“Te lo ripeto. Ha importanza che l’anello torni qui.”
Forse Hinako aveva capito il fraintendimento.
“Posso portare la ragazza assieme all’anello. Così avrà modo di vederla e di capire se è adatta.”
Ciò che ad Hinako importava era che potesse dare una mano. La ricercatrice però ragionava su altri termini.
“No, la ragazza mandala via, porta solo l’anello.”
Voleva almeno una spiegazione.
“Perché però è così importante avere solo l’anello? C’è un piano dietro?”
Magari aveva le sue ragioni.
“Fai sul serio?”
Voleva che le spiegasse?
“Certo.”
Bastava che le spiegasse.
“Senti Hinako, io sono la responsabile della sede. Non ti sto chiedendo un favore, ti sto dando un ordine.”
Insistette lei.
“Ma io non faccio parte della AASA.”
Non aveva alcuna autorità su di lei.
“Ma quante reflector non ne fanno parte!”
Esclamò, esasperata.
“Io posso anche portare l’anello, ma voglio sapere il perché. Mi sembra insensato privarsi dell’aiuto della ragazza.”
Perlomeno voleva una spiegazione.
“Portalo qui e basta.”
La conversazione sembrava andare per le lunghe. Con una che voleva che lo portasse e l’altra che chiedeva perché.

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Capitolo 21
*** Battaglia ***


Le ragazze che avrebbero preso parte allo scontro dovevano essere già nella sala dove si sarebbe tenuta la riunione, assieme ai ricercatori. Maemi non era ancora arrivata. Doveva fare in fretta e sostituire la relazione in merito all’anomalia del common, in cui sosteneva che andasse tutto bene, con un’altra da lei preparata poche ore prima, in cui si era rivelato il pericolo. Avrebbe cercato di modificare la data in cui era stata registrata con quella a cui era stata sostituita. Non ci sarebbe voluto molto. Hinako, alla fine, aveva acconsentito a farsi dare l’anello da Kaede e si era impegnata a passare in sede a consegnarlo dentro una scatolina. Un collega le aveva infatti confermato che la ragazza fosse passata e che avesse depositato una scatolina. Non si era però fermata per dare una mano, andandosene subito dopo. Meglio, così non avrebbe avuto qualcuno che avrebbe potuto contestare le sue parole. Insomma, tutto sarebbe dovuto filare liscio, anche se i fatti a suo favore erano arrivati all’ultimo momento.
Appeno operato al computer, si precipitò alla sala.
“Allora, per chi non sia ancora esperto di questi fenomeni, farò un rapido ripasso.”
Iniziò il professor Kensaku.
“A breve il nostro mondo e il Common entreranno in contatto. Quando ciò avverrà si aprirà una breccia, che collegherà i nostri mondi. Fino a quando la breccia resterà aperta, nell’area circostante il tempo sarà come se si fosse fermato. Solo le reflector e noi all’interno del nostro edificio, che è stato costruito con una schermatura speciale, saremo immuni a questo effetto.”
Nella riunione non era presente Lina, ancora troppo inesperta per combattere.
“Ciò vorrà dire che le persone nelle città si fermeranno, diventando completamente vulnerabili. In più dalla breccia aperta passeranno probabilmente dei demoni del common, i quali potranno attaccare le persone immobilizzate.”
Per loro sarebbe stato come se il tempo si fosse fermato.
“Il vostro compito è posizionarvi davanti alla breccia e respingere i demoni fino a quando i nostri due mondi si distanzieranno di nuovo e la breccia si richiuderà.
State tranquille, vi seguiremo da qui. Tenete presente che abbiamo elaborato programma che ci permette, in questi casi, di accedere a tutte le telecamere della città. Quindi potremo vedervi molto facilmente e capire come stia andando lo scontro. In questa scatola ci sono delle cuffie e dei microfoni, vi pregiamo di indossarli, così da permetterci di comunicare con voi.
In ogni caso abbiamo anche parecchi altri strumenti e antenne per rilevare la vostra posizione e quella dei demoni. Non preoccupatevi, vi assisteremo durante tutto il tempo.”
Ad essere lì erano praticamente tutte le ragazze che avevano preso parte all’indagine. Meno la meno esperta e quella che si era unita per ultima.
Fecero cenno di aver capito.
“Questo è il punto che dovete raggiungere. Se non avete domande, partite subito. Se non conoscete la zona, non esitate a contattarci evi guideremo.”
Le maghette annuirono ed uscirono dall’edificio. Non ci volle molto per raggiungere il punto dove si sarebbe aperta la breccia. Si trattava di una strada, che terminava su una grande serra. Quindi aspettarono.
Maemi, nell’edificio, si assicurò che tutti fossero al loro posto. Fortunatamente c’erano ben tre telecamere nella zona, avrebbero potuto vedere bene cosa stesse accadendo.
 
La breccia si aprì e le ragazze evocarono le proprie armi. Quindi attaccarono i primi demoni che iniziarono ad arrivare. Alcuni avevano una forma umanoide, altri erano veramente strani. Comunque conoscevano bene le varie tipologie da affrontare.
Presto alcune di loro si trasformarono completamente, andando nella loro forma di maghette e quindi potendo sfruttare appieno i propri poteri.
“Mio, ti stai distaccando troppo. Torna indietro e riallineati con le altre.”
Disse Kensaku, via radio, alla ragazza. Lei capì e ritornò in formazione.
Le cose stavano procedendo bene. I demoni stavano venendo respinti e iniziavano ad arrivare in minore quantità. Era scontato che ce la facessero a contenere i demoni di quella breccia, anzi avrebbero potuto essere anche in numero minore per farlo.
“Attenzione, si sta per aprire una seconda breccia.”
Urlò un ricercatore, osservando i dati dal proprio computer.
“In che punto?”
Domandò Kensaku.
“Qui.”
Lo schermo indicò l’area su una mappa della città.
“Se avessimo condotto l’indagine, come ci avevano chiesto di fare, anziché perdere tempo dietro a quell’anello e alla ragazza, avremmo saputo che se ne sarebbe aperta una seconda.”
Disse Kensaku, rivolgendosi a Maemi.
“Non è il momento dei rimproveri, adesso.”
Disse la responsabile. In effetti aveva ragione.
“Dite ad alcune ragazze di spostarsi e di dirigersi all’area.”
Suggerì la ricercatrice.
“Vista la distanza ci metteranno abbastanza ad arrivare e lì ci sono dei civili nei paraggi. Sarà una strage!”
Osservò Kensaku.
“Trovami le telecamere che inquadrano il posto e accedi al loro video.”
Domandò poi al ricercatore che aveva segnalato la cosa. Presto Kensaku vide l’entrata di un parco, dall’esterno. Dopo qualche minuto la breccia iniziò ad aprirsi ed iniziarono ad uscire i primi demoni.
Erano tre, di forma umanoide. Questi iniziarono a percorrere la strada che conduceva al giardino pubblico. All’improvviso però una freccia colpì uno di essi. Che si piegò, subito costoro iniziarono a volgere la loro attenzione altrove.
“Selezionami la telecamera che inquadra il punto dove si stanno dirigendo.”
Quindi videro una ragazza armata di balestra. Kensaku ci mise un po’ a riconoscerla.
“Ma è la ragazza che fino ad oggi abbiamo cercato!”
Esatto, Kaede stava combattendo i demoni.
“Ma come fa a combattere senza l’anello?”
Osservò Maemi. Subito tirò fuori il cellulare ed effettuò la chiamata.
“Pronto? Mi avevi detto che la signorina Hinako aveva effettuato la consegna?”
Iniziò lei.
“Sì, la scatola.”
Disse, dopo aver ricevuto risposta positiva.
“Ti dispiacerebbe aprirla?”
Domandò la ricercatrice. Se davvero era stata effettuata la consegna, come poteva la ragazza combattere, o anche solo muoversi in quelle condizioni?
“In che senso è vuota?”
Domandò lei, dopo che il collega l’aveva aperto. Era stata ingannata! Quell’Hinako le aveva detto che le avrebbe dato l’oggetto, ma in realtà le aveva dato una scatola vuota.
Intanto Kaede stava continuando a combattere.
 
Non era facile però per lei affrontare i demoni. Aveva tirato qualche freccia per allenarsi con la sua balestra, ma era la prima volta che si batteva. Il problema era ricaricare e mantenere una certa distanza dai demoni. Vero che, se si avvicinavano troppo, poteva usare ciò che aveva in mano come oggetto contundente, ma non era poi così efficacie.
Dopo un po’ uno dei demoni riuscì a colpirla. Lei cadde a terra.
Un attimo dopo però un raggio colpì la creatura, che si dissolse nell’aria. Guardò nella direzione in cui la magia era provenuta e vide Hinako. Già nella sua forma completa di maghetta, con l’abito, i fiocchi e i capelli più chiari.
“Non te la cavi male, per essere il tuo primo vero e proprio scontro.”
La ragazza sapeva che i demoni sarebbero potuti arrivare, quindi si era tenuta nei paraggi. Aveva preferito però non rimanere nella sede della Aasa, per essere più libera nel decidere cosa fare in quelle circostanze.
“Stai dietro di me.”
Disse a Kaede.
Le due ripresero a combattere. Nonostante però l’esperienza di Hinako, i demoni iniziarono ad essere in quantità problematica, quand’ecco un’arma da lancio tipica dei ninja, colpire uno di loro. Era arrivata un’altra ragazza!
“Lina, ti unisci a noi?”
Domandò Hinako.
“Cercherò di aiutare come posso, ma sono ancora inesperta.”
Avvertì la maghetta, che non era stato in grado di rimanere in disparte.
Kensaku osservò la cosa dalla telecamera e ovviamente non approvò.
“Che ci fa Lina lì? Le avevo detto di non prendere parte alla battaglia.”
Disse, tra il furente e il preoccupato.
Le tre ripresero a battersi. Il numero di demoni iniziò gradualmente a diminuire. A breve forse non ne sarebbero arrivati altri.
Purtroppo però ne arrivò uno di dimensioni maggiori rispetto agli altri.
“Io sto davanti, con questo bisogna fare attenzione.”
Avvertì Hinako. Il gruppo, seppur con qualche difficoltà, fu presto in vantaggio sulla creatura mostruosa. Di quel passo lo avrebbero sconfitto. Proprio allora però arrivarono altri tre demoni di forma umanoide. Uno di essi prese di mira Lina, che dopo alcuni attacchi non fu più in grado di combattere. Kaede provò ad attirarli verso di sé, per proteggere la ragazza, ma anche lei presto non riuscì a stare più in piedi. Rimase Hinako a difendere le due. Purtroppo era in svantaggio numerico e dopo un po’ anche lei si ritrovò a subire colpi. Indietreggiò di qualche passo, poi le gambe non la ressero più e si trovò accovacciata a terra.
Maledizione, proprio in quel momento dovevano cedere? Quando ne mancavano così pochi! Proprio allora però una piccola meteora colpì il demone di grandi dimensioni, che si stava dirigendo pericolosamente verso Hinako.
Fu allora che la ragazza notò che fosse arrivata Mio. Evidentemente alcune delle ragazze si erano spostate per dar loro una mano. Subito dopo Hinako vide Momo, che col la sua spada sconfisse il demone più grande, che si dissolse. Poi arrivò anche una terza reflector e assieme alle altre due, dissolsero i tre demoni umanoidi. Proprio in quel momento, Mio ricevette, tramite il comunicatore, la notizia che il primo passaggio si era richiuso.
Hinako sorrise. Doveva ringraziare quelle tre. Guardò quindi in direzione della breccia e vide anch’essa richiudersi.
Ce l’avevano fatta!

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Capitolo 22
*** Tirare le somme ***


Erano passate alcune ore da quando le brecce si erano richiuse e le ragazze avevano già ricevuto le prime cure e si trovavano nell’edificio. Erano anche arrivati alcuni ricercatori dalla sede centrale, che avevano annunciato il loro arrivo subito dopo che l’emergenza era stata superata. Vi erano molte cose che non tornavano e volevano sapere cosa fosse successo. Tra essi vi era anche Yuri.
Venne quindi organizzata una riunione, a cui anche le ragazze parteciparono, seppur distanti da coloro che discutevano.
“Allora, dottoressa Maemi. Come mai non c’è arrivata la relazione riguardo lo stato del Common? Riconosco che la scadenza per inviarla non fosse ancora passata, tuttavia, come lei sa, nel caso ci siano alte possibilità dell’arrivo di demoni, la relazione va mandata subito. La scadenza vale solo nel caso le indagini portino a concludere che non vi sia pericolo.”
Iniziò il rappresentate dei ricercatori appena arrivati.
“Io infatti avevo scritto la relazione e avevo chiesto di inviarla, la persona però adibita a questo compito non deve aver svolto bene il suo lavoro.”
Si difese la dottoressa, aprendo il computer e facendo vedere il file della relazione presente sul server.
“Perdonami Maemi, ma io ho visto quella relazione qualche giorno fa. Non vi era scritto che si sarebbe aperta una breccia, ma che sarebbe andato tutto bene. Si menzionava un’indagine che non è mai avvenuto e i membri citati non ne hanno preso parte. Il testo è stato cambiato.”
Intervenne un collega che lavorava lì.
“Ma cosa dice?”
Rispose Maemi.
“Confermo, anche io ho letto qualche giorno fa quella relazione, diceva che sarebbe andato tutto bene.”
I ricercatori della sede centrale si guardarono.
“Perché non è stata svolta l’indagine?”
Domandò il rappresentate.
“In pratica eravamo tutti occupati a cercare un anello e la ragazza che l’aveva preso.”
Questa volta fu Kensaku a parlare. Lo stupore di coloro che venivano dalla sede centrale aumentò.
“Un anello magico? Noi non ne sapevamo niente.”
Non si sarebbero mai aspettati di scoprire quelle cose. Erano andati lì per dei chiarimenti, ma non pensavano che le cose non si limitassero ad errori umani o disorganizzazione.
“Dovete darci delle spiegazioni. Prima di tutto lei.”
Disse alla dottoressa Maemi, ma si rivolgeva anche a tutti quelli che lavoravano lì. Iniziarono a tempestarli di domande.
Dopo mezz’ora il rappresentate ebbe chiaro come fossero andate le cose, anche se non lo disse a Maemi.
 
In pratica Kensaku aveva smarrito l’anello e Maemi non aveva comunicato la cosa, cercando di risolvere la faccenda autonomamente. Non avrebbe fatto bella figura ad avere un problema appena aveva iniziato a dirigere il posto. Aveva quindi contattato personalmente alcune reflector, essendocene solo una in città, senza passare l’informazione alla sede centrale. Aveva sconsigliato loro di usare freespace, dato che alcuni ricercatori della sede centrale usavano dei canali in comune con le maghette e quindi sarebbero potuti venire a conoscenza della cosa, per lo stesso motivo non aveva ricorso ai contatti dell’organizzazione, che sarebbero potuti essere assai utili alle ragazze, nelle loro indagini.
L’anello era finito in mano a una ragazza, che si era divertita a scambiare i sentimenti di alcune persone, anche se poi qualcuno li aveva riassegnati ai legittimi proprietari.
Nella ricerca aveva deciso di trascurare l’indagine, concentrandosi sul problema che aveva.
Quando poi le ragazze erano riuscite a far ragionare la reflector che aveva preso l’anello, la dottoressa aveva insistito che la ragazza lo restituisse subito. In tal modo avrebbe potuto sostenere che l’anello non fosse mai stato smarrito e che gli scambi di sentimenti non potessero essere ricondotti al fatto che l’avessero perso.
Si erano poi aperte delle brecce e lei aveva cercato di sostituire la relazione che aveva preparato, in cui sosteneva che fosse andato tutto bene, con una in cui aveva rilevato la cosa.
Fortunatamente le ragazze erano state in grado di far superare l’emergenza.
 
Il rappresentante stette un po’ in silenzio. La decisione finale non spettava a lui, ma avrebbe sostenuto una data posizione, una volta tornato in sede. Quindi parlò.
“Dottoressa Maemi, visto come sono andate le cose, penso che lei debba ricominciare molte cose. Prima di tutto da una posizione che si addica maggiormente alla propria competenza e affidabilità.”
In poche parole era stata degradata. Non spettava a lui prendere tale decisione, ma le aveva annunciato cosa avrebbe proposto.
“Forse il ruolo di direttrice potrebbe essere assunto da un’altra persona, tipo da dottoressa Yuri.”
Propose.
“Ringrazio, ma non accetto. Non voglio lasciare la città dove vivo e le persone che mi sono care.”
Rispose Yuri. La ragazza che Maemi tanto temeva, in realtà non aveva mai avuto interesse a soffiarle il posto.
“Comunque questa sede sarà diretta da un’altra persona.”
Disse lui.
Quindi la riunione volse su altri argomenti. In particolare sulla ragazza che aveva tenuto l’anello per quel periodo.
“Dunque, se non sbaglio sei tu Kaede. Avvicinati pure.”
Disse il rappresentante. La ragazza si sedette al tavolo, mentre i ricercatori discutevano su di lei.
“Allora, è pur vero che la ragazza ha provocato alcuni incidenti, ha però l’attenuante di non essere stata messa al corrente di cosa comportasse gestire simili poteri. Non dimentichiamo poi che se non fosse stato per il suo aiuto, le cose forse non sarebbero andate così bene, durante l’apertura delle brecce. Deliberiamo quindi che possiamo, per questa volta, perdonarla e lasciarle tenere l’anello. L’accetteremo come reflector in prova.”
Concluse il rappresentante, sintetizzando le posizioni dei colleghi della sede centrale. Quel tipo di decisione la poteva prendere in autonomia.
 
La riunione stava finendo e la gente si stava alzando. Kaede però, anziché avviarsi verso l’uscita, andò dal rappresentante.
“Mi scusi, ho parlato con alcune delle ragazze e mi hanno detto che l’Aasa ha molti contatti in giro, soprattutto nella ricerca.
So che, dopo quello che ho fatto, dovrei solo chiedere scusa, ma vorrei chiedervi un piccolo favore.”
Il rappresentante sorrise.
“Sentiamo cosa hai da chiedere.”
Ovviamente non poteva prometterle che l’avrebbe accontentata.
 
 
 
Non vi erano altre lezioni quel giorno e gli studenti si stavano alzando per andare a casa, compresa Kaede. Alcuni si sarebbero fermati per i propri club, ma non era il caso della ragazza. Prima però che avesse modo di andarsene, la professoressa Takakoi la chiamò. Evidentemente aveva qualcosa da dirle e magari non in presenza di altri, dato che aveva chiamato specificamente lei.
La ragazza le si avvicinò.
“Kaede, sai cos’è successo? Qualcuno ha fatto una telefonata al laboratorio dove lavoravo e li ha indotti a riaprire le indagini riguardo alla fuga di dati e hanno scoperto in uno dei computer di quei due colleghi i dati che aveva preso senza autorizzazione, compresi quelli che non aveva ancora ceduto e ora il mio nome è stato riabilitato.”
Kaede sorrise.
“Sono contenta per lei.”
L’altra sembrava possibile.
“Non so come sia possibile. Non avrei mai creduto che dopo anni qualcuno si sarebbe interessato ancora alla cosa.”
Kaede sapeva perché. Era stata la Aasa ad indurli a indagare meglio. Avevano accettato la richiesta della ragazza.
“Tornerà a lavorare lì?”
Domandò la studentessa.
“Non credo. Il caso ha fatto notizia e qualcuno si è interessato a ciò che mi era successo e ora tre università mi hanno offerto una cattedra.”
Anche quello doveva essere stato opera della Aasa.
“Bellissimo, le auguro una splendida carriera universitaria.”
Disse la ragazza, sorridendo.
“Tranquilla, non la inizierò subito. Ho accettato, ma prima mi assicurerò di accompagnarti fino al diploma.”
Kaede parve perplessa.
“Grazie.”
Non era troppo entusiasta della cosa. Takakoi dava sempre molti compiti, le sarebbe piaciuto qualcuno che desse meno da studiare a casa.
 
 
 
 
Kaede uscì dalla scuola, trovando fuori dal cancello le ragazze che, fino a qualche giorno prima, l’avevano cercata.
“Benvenuta tra noi.”
Disse Mio.
“Mi dispiace, per avervi creato alcuni problemi.”
Rispose Kaede, sorridendo.
“L’importante è che tu abbia imparato.”
Rispose l’altra. L’aiuto che aveva fornito quel giorno, superava i disagi provocati da lei.
“Penso che andrò a casa. Oggi sono un poco stanca e andrò a riposare e forse a cercare altri modi divertenti per usare il mio anello.”
Le altre si guardarono.
“Che hai intenzione di fare?”
Domandò Mio, allarmata.
“Tranquille, ho imparato e non farò nessuno scambio strano.”
Le altre non sembravano più serene.
“Non avrai mica intenzione di combinare altri guai?”
Kaede sorrise, impertinente.
“E chi lo sa?”
Disse, per poi mettersi a correre, consapevole che le altre l’avrebbero inseguita.
“Kaede, fermati.”
Disse Mio, per poi prendere ad inseguirla, assieme alle altre.
Ci volle un po’ alle ragazze per insegnare a Kaede a contenere la sua vivacità e ad assicurarsi che usasse responsabilmente i suoi poteri e si divertisse solo in modi che non facessero male a nessuno, ma questa è un’altra storia.

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