Lovesick Shanties

di Vento di Levante
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1. Romeo and Juliet ***
Capitolo 2: *** 2. Macbeth ***
Capitolo 3: *** 3. Hamlet ***



Capitolo 1
*** 1. Romeo and Juliet ***


 

1. Romeo and Juliet

 


"NO!"

"NOOO FERMO!"

"Oh no oh no oh no-"

"Bevo al mio amore!" lesse Stede, premendosi una mano sul cuore. "E così, sollevata la fiala, Romeo beve. Ah, onesto speziale, le tue droghe sono rapide. Così, con un bacio, io muoio."

"OH NOO-"

"E adesso, quando Giulietta si sveglierà..!gemette Black Pete, nascondendo la faccia sulla spalla di Lucius.
Lucius, gli occhi lucidi, lo cinse con un braccio.

Non capitava spesso di leggere Shakespeare a un pubblico completamente vergine.
Stede sollevò per un istante lo sguardo dalla pagina e trovò gli occhi di tutti ansiosamente puntati su di lui.
Anche un paio di brillanti occhi neri.

Stede sentì un fiotto di calore affluirgli al viso; tornò rapidamente a nascondere il naso nel libro e proseguì la lettura, cercando di rendere il più possibile giustizia alla scena.

Alle ultime battute di Giulietta, però, lo sconforto generale raggiunse il culmine.

"Caro pugnale; questa è la tua guaina." lesse Stede, con voce carica di pathos. "Arrugginisci qui, e fammi morire."

"AVEVATE DETTO CHE ERA UNA STORIA D'AMORE!" esplose Wee John, il faccione rosso rigato di lacrime.

Stede sollevò di nuovo gli occhi con aria colpevole. "Lo è." confermò timidamente. "Una delle più belle mai scritte."

"FIGURIAMOCI LE ALTRE!" tuonò Wee John nascondendo il volto fra le mani prima di scoppiare in lacrime. Frenchie gli battè cautamente qualche colpetto di conforto sulla schiena.

Anche Black Pete singhiozzava silenziosamente fra le braccia di Lucius, mentre Mr. Buttons si asciugava gli occhi. "E' la preferita di Karl." spiegò, commosso.

The Swede guardava Stede come se avesse appena preso a calci un cucciolo, sentimento che Stede stava iniziando a condividere.

"...E insomma finisce che sono tutti morti." fece Roach con una smorfia, strappando un ululato di angoscia dal petto di Wee John. Stede si sentiva inspiegabilmente colpevole. Fece per aprire la bocca, quando-

"No." si intromise Ed, apparentemente lui per primo sorpreso di avere parlato. Quando tutti gli occhi si rivolsero a lui, carichi di attesa, si schiarì la voce e si alzò in piedi. "Fingere la propria morte non funziona bene, quando ci sono dei testimoni." osservò, allargando le braccia. "E quel frate? Dite un po', voi vi sareste fidati del frate?"

Tutti scossero la testa.

Stede rimase in silenzio, perplesso, ma curioso di scoprire dove Ed sarebbe andato a parare.

Edward incontrò il suo sguardo e alzò le sopracciglia, "Ecco perché hanno dovuto mettere su una farsa infallibile. Una frottola a prova di bomba. Si sono finti morti, di nuovo, finché non li hanno davvero lasciati in pace." disse. "Una farsa al quadrato."

I presenti pendevano dalle sue labbra.

"Quindi ce l'hanno fatta?" chiese The Swede, trepidante.

"Ci puoi scommettere i denti che ti restano," confermò Ed, e un boato di sollievo esplose tutto intorno, sormontato dallo strozzato "oh, grazie al cielo" di Black Pete.

"Sono fuggiti per mare e hanno avuto nove figli, sei maschi e tre femmine," proseguì Edward, annuendo con aria saputa. "E nessuno lo ha mai scoperto, nemmeno il tizio che ha scritto la storia."

"...E invece lo sabes tu." commentò asciuttə Jim, che non aveva ancora detto una parola.

Edward gonfiò il petto. "Naturalmente," replicò, "sono cresciuto nella vecchia Inghilterra."

E con questa sorprendente rivelazione Edward lanciò a Stede un'occhiata che lui, se non si fosse trattato di Ed, non si fosse trattato di Stede, avrebbe definito quasi implorante.

"Oh, sì, è assolutamente andata così." si affrettò a farfugliare Stede, quando ebbe finalmente mangiato la foglia. "C'è un sacco di disinformazione sulla Londra elisabettiana. Sono vissuti per sempre felici e contenti. Naturalmente."

"...naturalmente." mormorò Edward abbassando lo sguardo con un timido sorriso, prima di guardare Stede con un luccichio negli occhi scuri.

E chissà perché, nella mente di Stede Shakespeare ripeté, "C'è più pericolo nei tuoi occhi che in venti delle loro spade."

 


 

NB, headcanon numero uno: sono innamorata dell'idea che Ed sia nato a Bristol, come potrebbe essere secondo alcune ipotesi

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Capitolo 2
*** 2. Macbeth ***



2. Macbeth

 


 

"...e dite un po', Mr. Buttons," esordì Stede un pomeriggio, in piedi accanto al timoniere.
Allacciò le mani dietro la schiena e guardò in alto, verso il cielo che prometteva pioggia. "Com'era, laggiù?"

Buttons volse lentamente gli occhi stralunati sul capitano.
"Laggiù?" ripetè.

"Oh, la buona cara madrepatria," offrì Stede facendo un gesto vago della mano verso oriente. "La vecchia Inghilterra."

"Ah, quello non saprei proprio dirvelo, Capitano," replicò Buttons tornando a sprofondare lo sguardo nell'orizzonte. "Casa mia, quella era in Scozia."

"Uh," fece Stede, increspando il labbro, meditabondo. "Una delle prossime sere potremmo leggere il MacBeth, allora."

"Ay. Fatemi allora la cortesia di avvisarmi prima, volete? Invito Karl e Olivia." disse Buttons gravemente. "Si è molto risentita di aver perso Shakespeare, l'altra volta."

A Stede occorse un istante prima di ricordare che anche Olivia era un gabbiano, ma poi annuì con tutta la convinzione che gli riuscì, "Certo, certo! Naturalmente."

Un'altra pausa di silenzio, mentre in lontananza rumoreggiavano i primi tuoni.

"Non so come mai, ma la immagino sempre così," disse accennando con un ampio gesto al cielo grigio. "L'Inghilterra, intendo. E anche la Scozia, e tutte le isole, insomma. Grigie e un po' - un po' polverose, credo..?"

"Grigie, sì, e azzurre, e verdi, tanto verde quanto questo è blu," assentì Buttons, indicando il mare intorno a loro. "E bianche, bianche da diventarci ciechi, quando nevica."

Stede tacque, cercando di formarsi nella mente l'immagine di un paesaggio candido come l'avorio, come il latte, come la schiuma sulla cresta delle onde.

Spesso aveva sognato di visitare il vecchio mondo, le sue meraviglie che nella sua mente assumevano contorni favolosi: le città immense, le chiese, le piazze adorne di fontane, l'inconcepibile peso di secoli e millenni inciso in ogni pietra.
Da ragazzo, Stede aveva passato ore a cercare sui libri illustrazioni delle rovine di Roma, delle cattedrali francesi, delle brughiere e delle foreste inglesi: sudando nella torrida estate tropicale aveva cercato di immaginare il freddo inverno nelle lande dell'estremo nord, il profumo dei mirti di un Mediterraneo mai veduto.

Gli era sempre sembrato un mondo lontano tanto quello delle fiabe - e forse proprio per questo non avrebbe dovuto sorprenderlo che anche Edward venisse proprio da lì.

"E avete mai visitato Londra, Mr. Buttons? Avete visto il Re?"

"Ah, nay, mi sono imbarcato appena ho saputo fare un nodo a una cima." rispose Buttons inclinando il capo da una parte. "Ma sono stato a Edinburgo, una volta. Per una fiera. Nonna aveva da vendere Lizzie."

"Lizzie..?" indagò cautamente Stede, e Buttons proseguì in tono discorsivo, "Lizzie era la capra di mia nonna. Ogni primavera nonna la vendeva e ogni estate lei risbucava nella stalla. Avevano un accordo, capite."

"Uhm." fece Stede, chiedendosi se non fosse il momento di interrompere la conversazione.

"Mai andato d'accordo con la vecchia Lizzie," proseguì Buttons, meditabondo. "Irritabile. E con quel senso dell'umorismo che si ritrovava. Avete presente, Capitano," disse, "quando avete la sensazione spiccata e sputata di parlare con qualcuno che è - con rispetto parlando..." roteò su Stede due occhi sbarrati "...fuori come un pollaio?"

Stede rimase per qualche istante in silenzio, valutando le possibili risposte, e alla fine sospirò pesantemente.

"Non posso dire di averlo presente, Buttons, no." disse in tono sconfitto. "Forse sono soltanto un po' invidioso di non aver mai conosciuto altro che le colonie."

"Mmmh," assentì Mr. Buttons, come se la questione gli fosse divenuta improvvisamente chiara, forse troppo chiara..?
Stede gli lanciò un'ansiosa occhiata di sottecchi, ma il timoniere continuava a guardare l'orizzonte.

"...Fa un poco strano, vedete." disse dopo un po', a mezza voce. "Ci si sente un po' come spaccati in due. Sembra tutto morto e sepolto e come mai successo, e poi una notte apri gli occhi sicuro di aver sentito bramire il cervo dal bosco vicino alla fattoria, e ti ricordi che non ci sono cervi, nè boschi, nè niente."

Mr. Buttons fece una pausa, mentre il suo sguardo allucinato prendeva una tinta malinconica. "La luna, però, quella c'è sempre, ed è una." disse infine, ciondolando il capo.

Rimasero entrambi in silenzio, mentre dalle nuvole che si erano lentamente addensate caddero le prime larghe gocce di pioggia.
Si preparava un temporale.

"Oi!" Chiamò d'improvviso Edward saltando sul ponte, il riso nella voce. "Stede! Ti si restringeranno i vestiti addosso, se te ne stai lì sotto la pioggia!"

Era bello, pensò d'improvviso Stede, nell'aria grigia e già satura d'acqua.

"E tu portami un'incerata..!" riuscì a rispondere con un sorriso, mentre guardandolo si domandava se era quello il suo elemento, quelli i suoi cieli, se era nato laggiù dove Stede non era stato mai, nella nebbia e nell'aria sporca, nel tuono, nel lampo e nella pioggia.

 

 


 

NB: salgono a due i miei headcanon impliciti, che Edward sia nato a Bristol come ipotizzano certe fonti, e che Mr. Buttons sia stato cresciuto in una congrega di streghe.

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Capitolo 3
*** 3. Hamlet ***


3. Hamlet

 



Pete entrò con passo deciso nella cabina del capitano e si richiuse la porta alle spalle.
Stede posò la penna mentre lo osservava marciare fino al suo scrittoio, piantarci entrambe le mani sopra - stampando impronte di catrame sulla sua preziosa carta da lettere - e prendere fiato per parlare.


Poi però lo sguardo di Pete cadde sul sofà al centro della stanza, dove Ed stava sonnecchiando, e il marinaio richiuse la bocca con uno scatto; fece dietro front e si diresse verso la porta alla stessa velocità con cui era entrato.

"...Pete?"

"Sì Capitano!", rispose automaticamente Pete facendo un mezzo giro su se stesso e rimanendo sull'attenti davanti alla porta.

Stede aggrottò le sopracciglia. "Che cos'è stato..?" chiese, accennando allo scrittoio e alla sua carta piena di ditate.

"Stavo- Mi son - Mi sono ricordato che devo fare una cosa." si attorcigliò Pete, gesticolando verso il ponte sopra di loro. "Devo - ah - c'è il fiocco che non -" I gesti delle sue mani divennero sempre più complicati, finché finalmente intrecciò le dita e si fermò. "...Capito, no?", concluse, tirando su col naso.

Stede strinse le labbra. "E prima di ricordarti che..." e con un arabesco indicò il ponte sopra di loro, " - quello che è. Prima, voglio dire, cosa eri venuto a chiedermi?"

Pete divenne rosso come un'aragosta. "NIENTE." dichiarò, con sguardo improvvisamente vitreo. 

Stede allacciò le mani in grembo. "Pete," ritentò in tono più  conciliante, "Lo sai che puoi sempre parlare al Capitano, vero..?"

"Eraperunbiglietto," rotolò fuori dalla bocca di Pete. 
Stede attese che elaborasse. Quando ciò non avvenne, gli fece cenno di avvicinarsi.

Pete lanciò un'occhiata nervosa prima al capitano, poi alla sagoma addormentata di Ed; infine spiegò, abbassando lo sguardo, "C'è una cosa che volevo chiedervi di scrivere." E poi, sottovoce: "...su un pezzetto di carta."

"...D'accordo?" replicò Stede, abbassando la voce a propria volta, "...ma perché stiamo bisbigliando..?"

Pete si esibì in una nuova serie di gesti, questa volta all'indirizzo del sofa. 
"Per non svegliare Ed?" sussurrò Stede, e il marinaio annuì rapidamente. "Molto cortese da parte tua, Pete-"

"...Ma io sono già sveglio." intervenne Edward, facendo capolino oltre lo schienale del sofa. "Che combinate?"

"Oh!" fecero in coro i due allo scrittoio, l'uno con un sorriso, l'altro con tracce di panico.
"A Black Pete occorre uno scrivano!" annunciò allegramente Stede, mentre Pete emetteva un suono simile al cigolio di una porta male oliata.

Stede però non vi fece caso, perché in quel momento Ed si stava alzando dal sofa.  

Aveva gli occhi ancora pieni di sonno, i capelli sciolti e arruffati; la sua giacca giaceva abbandonata sul divano, così quando si stiracchiò, allungandosi come un gatto, l'attenzione di Stede fu completamente assorbita dalla pelle abbronzata delle sue braccia, dal movimento grazioso delle spalle - e dal sollevarsi della maglia che rivelò per un momento l'ombelico.

La distrazione di Stede doveva essere stata particolarmente evidente, perché quando finalmente alzò gli occhi per incontrare quelli di Ed, vi trovò una scintilla di riso.

Stede tornò precipitosamente a dedicarsi allo scrittoio, schiarendosi la voce. "E quindi, Pete." disse pareggiando aggressivamente una risma di carta; "che cosa volevi scrivere?"

"Ah, non è importante, Capitano, tolgo il disturbo." rispose il marinaio in tono supplichevole, ma Stede già agitava una mano riprendendo la penna. "Nessun disturbo!" 

"Erm..." 

"Meglio approfittarne, dato che siete già ai posti di combattimento," intervenne Ed, prima di avvicinarsi al tavolo con aria blandamente interessata. Ciò mise definitivamente fine alle proteste di Pete. "...è solo una frase, ecco." disse debolmente.

"E la frase sarebbe..?" domandò Stede intingendo la penna nel calamaio.

La risposta si fece attendere alquanto; quando però sia Edward che Stede alzarono lo sguardo su di lui, Pete deglutì, li fissò come se gli avessero appena ordinato di camminare sulla tavola, e finalmente disse: "Vorrei una delle frasi della storia che avete letto l'altra sera". Poi si affrettò ad aggiungere, contegnoso: "Quella dove alla fine muoiono tutti." 

Stede offrì un sorriso di scuse. "Mi rendo conto che ne abbiamo lette almeno due o tre con lo stesso esito."

"Quella con il tizio che parla con il teschio."

"Oh! Certo." si illuminò Stede, "Ti ricordi più o meno quale..?"

Black Pete strinse le labbra, guardò prima Stede, poi Ed, e poi si chinò per bisbigliare all'orecchio del capitano.

Stede si trovò a sorridere suo malgrado."...oh; quindi non si tratta di un biglietto qualsiasi," mormorò, sfogliando la sua copia di Amleto fino al secondo atto. "Non chiederò a chi è diretto," assicurò; anche se, nel momento stesso in cui parlava, si rese conto che a bordo poche altre persone avrebbero saputo leggerlo.

Rivolse al foglio un sorriso ancora più ampio e trascrisse la frase a grandi lettere nitide.

Mentre l'inchiostro asciugava, Ed si sporse a guardare chinandosi sopra la spalla di Stede. I suoi capelli sciolti sfioravano la pagina.

"Leggila," chiese, a voce bassa.

Stede si voltò a guardarlo; era così vicino da potergli contare le ciglia. Fortunatamente, i suoi occhi scuri erano abbassati sul foglio; catturavano in caldi riflessi il sole che entrava dalla finestra. 

Stede si schiarì la gola e fece del suo meglio per recitare:

"Dubita che le stelle siano fuoco, dubita che il sole si muova. Dubita che la verità sia bugiarda, ma non dubitare mai del mio amore."

La voce lo tradì con un tremito proprio sulle ultime parole. Tacque, senza osare alzare lo sguardo dal luccichio dell'inchiostro fresco.

Si ricordò dell'esistenza di Pete quando tirò rumorosamente su col naso, anche lui con gli occhi lucidi fissi sul foglio.

"Be', Pete, amico, hai scelto l'artiglieria pesante." borbottò Ed tirandosi indietro; Stede avvertì immediatamente una folata fredda, quasi si fosse nascosto il sole.

"E' - è sdolcinato, vero?" fece Pete, mortificato. "Era una cattiva idea, lo sapevo, non è nient-"

"Non è sdolcinato, è Shakespeare!" protestò Stede proprio malgrado; ma dal fondo della mente sentiva già avanzare la familiare eco - ragazzino ricco, viziato, viola mammola-

"Credi a me, Pete, se qualcuno si presentasse a dirmi in faccia una cosa del genere..." intervenne Ed piantando una mano sulla spalla del marinaio, e sia Stede che Pete trattennero il fiato, aspettando l'abbattersi del colpo letale.
"...cadrei subito in ginocchio a fargli la mia proposta, se capisci cosa intendo." concluse Ed con una strizzatina d'occhi.

Stede e Pete si scambiarono per un istante uno sguardo incredulo, prima di esplodere in una tremula risata di sollievo.
Lo spettro gelido dell'umiliazione, che stava già stringendo fredde dita sul cuore di Stede, allentò la presa.

"E' solo che - avevo pensato di provare a ricopiarla," sospirò Pete, "Ma forse è un po' troppo difficile."

"Sono sicuro che qualsiasi cosa fatta da te sarà apprezzata." disse Stede in tono incoraggiante. 

"Be', ho una buona mano con l'intaglio," borbottò fra sè il marinaio; e poi esclamò, "Sapete cosa, proverò a fare così. Con le mie mani. Lasciamo stare il tizio con il teschio." E poi, lanciando a Stede una rapida occhiata: "...forse sarà più utile a voi che a me." 
E filò via prima che il capitano, improvvisamente purpureo, trovasse qualcosa di sensato da replicare.

"Insomma, un favoloso sonnellino interrotto per niente," osservò Ed, mentre si appoggiava allo scrittoio a braccia conserte.

"...Be', suppongo che sia un bell'esercizio di calligrafia," rispose Stede con una piccola risata; cercò di non fermarsi a guardare la forma della schiena di Ed, leggermente curva in avanti, difesa appena da quel tessuto di cotone impossibilmente fine.

Stava piegando il foglio per metterlo via quando sotto i suoi occhi apparve la mano bruna di Ed, palmo in su, in attesa. "...Allora lo prendo io," borbottò, guardando in alto. "Non c'è dubbio che potrebbe servirmi migliorare la mia, di calligrafia."

"Oh," (...e perché Stede stava arrossendo, adesso?) "Possiamo fare qualche esercizio, se vuoi," offrì. "Scegliamo insieme cosa vuoi ricopiare?"

"Ti va di leggere per me?" chiese Edward, inclinando il capo per posare su Stede uno sguardo quasi timido; e davvero, se non si fosse trovato seduto allo scrittoio, Stede sarebbe caduto in ginocchio, subito, per mettere ai suoi piedi tutta la sua totale conoscenza teatrale, letteraria, e anche di più.   

 


 

NB, headcanon numero tre: Edward sa leggere, probabilmente, ma non sa scrivere

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