Apologia degli eroi nascosti

di Nessuno_Presente
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Trascinarsi dispersi ***
Capitolo 2: *** Gesti bruschi e ordinarie follie ***
Capitolo 3: *** Scatto di serenità ***
Capitolo 4: *** Reviviscenza ***



Capitolo 1
*** Trascinarsi dispersi ***


A Hogwarts l'anno scolastico era ricominciato come stabilito, sereno ma con la trepidazione che anima ogni nuovo inizio, nelle premesse di pace che erano state raggiunte dopo anni di sempre crescente oscurità. Nessuna ombra sembrava più turbare il castello e nessuna minaccia incombeva sui suoi abitanti. Grazie ai lavori di ricostruzione, estenuanti ma bene organizzati, il primo settembre gli studenti avevano ripreso a popolare il castello. Lo smistamento dei nuovi alunni era avvenuto con grande cerimonia fra le casate, mentre nuove amicizie si stringevano fra i corridoi e nelle aule, se ne ritrovavano di passate, mentre alcuni piangevano quelle perdute, ringraziandone il sacrificio grazie al quale la normalità era stata ristabilita.

Le lezioni scandivano le giornate a Hogwarts e ogni cosa sembrava funzionare con perfetta coordinazione, gli insegnati insegnavano, gli studenti si impegnavano verso il futuro con promesse di dedizione allo studio, gli elfi lavoravano e i fantasmi sospiravano come sempre fra i corridoi.

Come gli anni passati, tutti quelli sereni non gli ultimi, gli insegnanti la sera si trovavano a conversare della giornata e a lamentarsi dei propri problemi, nella sala insegnanti, ingombra di chiacchiere, tazzine di thè e innumerevoli pile di libri. La sala comunque non era disordinata, ben illuminata e per lo più frequentata da persone di buon umore. Infatti, negli ultimi anni, quelli in cui le ombre di Voldemort avevano regnato sul castello e Piton, coi suoi fantocci, vigeva su Hogwarts come preside col regime malevolo che aveva imposto su tutti, in quei momenti gli insegnanti raramente avevano voglia di uscire dai propri alloggi, e se lo facevano non erano certo di buon umore, preoccupati dal futuro minaccioso che si prospettavano tutti davanti. E infatti dopo Piton, un'oscurità ben peggiore era calata su Hogwarts, una guerra in cui molti erano morti, mentre altri si erano trovati a sopravvivere gravati dalle conseguenze.

Ora che il peggio era passato, nonostante il peso e la stanchezza, ripresero a trovarsi nella Sala insegnanti a lamentarsi delle proprie giornate e a raccontarsi le proprie vite.

Hagrid diceva che la Foresta proibita era quasi deserta, Madama Chips inveiva contro il Ministero che tardava a rifornire le dispense dell'infermeria, mentre Filius disapprovava aspramente la smorfia presuntuosa della Umbridge.

Il piccolo uomo si agitava sulla sedia, con un dito alzato, e accusava la Umbridge di essere una influenza dannosa per l'intera Hogwarts, con la sua perfidia ministeriale.

Minerva annuiva gravemente, senza scomporsi dava ragione al collega, perchè in effetti la presenza della Umbridge, forzatamente integrata nel corpo insegnanti dal Ministro, era uno dei suoi principali problemi. Detestava quella odiosa donna e in quanto preside Minerva non aveva intenzione di cederle un solo briciolo di autorità in più del suo dovere di insegnante di Difesa contro le arti oscure.

Lumacorno nel mentre sonnecchiava, vedendo allontanarsi sempre più ogni prospettiva di pensione. Lo si vedeva affaticarsi con aria abbattuta nei sotterranei cupi e scomodi per l'età, mentre si augurava che qualche studente decidesse di applicarsi alla nobile arte della pozionistica, così da finalmente sostituirlo.

Quella sera Filius era particolarmente indispettito e continuava a gesticolare animatamente, con la Sproute che gli annuiva a seguito.

“Mi chiedo con che diritto...!”

“Nessun diritto, si parla di legge...” Minerva commentò severamente e con tacita rassegnazione “temo di non avere l'autorità di cacciarla”

“La detesto!” esclamò Pomona Sprite, che raramente aveva da ridire sui colleghi, poi subito abbassando la voce, guardandosi circospetta attorno per assicurarsi che la Umbridge non fosse nei paraggi.

Hagrid nel mentre rallegrava la fiamma nel camino,muovendosi con impaccio nella stanza. “Certo che Hermione è proprio mogia... chissa che ci sarà successo qualcosa”

“Non è nemmeno lontanamente qualificata all'insegnamento... i suoi metodi sono a dir poco retrogradi, non dimentichiamo che ha torturato fisicamente degli studenti!”

“Mogia mogia, secondo me gli mancano Harry! E Ron certo”

“Hagrid ma di cosa stai parlando?” si interruppe Minerva guardando verso il mezzogigante che si dondolava sul posto davanti al camino, mentre gli altri colleghi sembravano impegnati in questioni ben più rilevanti.

“Eh! Di Hermione parlo, se ne sta sempre sola, mogia mogia” spiegò di nuovo Hagrid, che infatti spesso la vedeva in sala grande e a giro per le rive del Lago con espressione, evidentemente, mogia e sconsolata.

“Per l'appunto!” esclamò Filius “La Umbridge ha una pessima influenza sugli studenti!”

“Filius abbiamo capito!...La Umbridge è senza dubbio un problema” tentò di acquietarlo Minerva, notando che il timido ometto stava cominciando ad infervorarsi della riprovazione che provava “Tuttavia anche io ho notato che quest'anno il rendimento di Hermione è drasticamente calato”

“Sì, la signorina Granger sembra piuttosto distratta in questi giorni...”

“Ho dovuto metterle due T di Troll... non lo faccio mai volentieri, per carità, ma quelle sue pozioni erano impresentabili” commentò Lumacorno annuendo con convinzione fra sé.

“Strano!” disse Madama Chips “quando ha preparato le scorte di dolcesonno per l'infermeria durante l'estate, ha fatto uno splendido lavoro”

“Ma infatti, è senza dubbio una delle studentesse più brillanti che abbiamo avuto in questi anni” convenne Filius.

Minerva ascoltò i colleghi discutere del rendimento di Hermione, ed in effetti nonostante le riconoscesse qualità fuori dal comune ed una caparbia ed eccezionale dedizione allo studio, si era trovata lei stessa preoccupata da quel peggioramento. Minerva si appuntò mentalmente di parlare ad Hermione.

Dopo qualche minuto Filius e Pomona avevano ripreso il tracciato di improperi contro la Umbridge, mentre Lumacorno si era assopito sulla poltrona.

“perseguitati.. ha perseguitato gli studenti, ha proibito loro di riunirsi!”

“è una rovina per Hogwarts, deve andarsene...”

La Umbridge era sicuramente una persona detestabile e il suo metodo di insegnamento era superficiale, ma le imposizioni che il Ministero esigeva su Hogwarts non erano pesanti come gli anni passati e sembravano non gravare sugli studenti, i quali erano tutti per lo più sereni e dediti allo studio. Minerva purtroppo non poteva licenziare un insegnante solo per essere detestabile.

“E il professor Piton...?” chiese in quel momento Madama Chips attirando l'attenzione di Minerva sulla loro conversazione “Dov'è finito?”

“Eh già! Perchè non ha accettato la cattedra di Difesa contro le arti oscure?”

“Non di difesa, di pozioni” rivendicò Lumacorno con la voce sonnecchiante.

In effetti l'assenza di Piton da Hogwarts non era passata in sordina come probabilmente il soggetto in questione si auspicava. Gli ex colleghi, molti dei quali erano anche stati suoi insegnanti, erano stati sorpresi di non vederlo aggirarsi per i suoi amati sotterranei, offrendo la sua ostilità a chiunque provasse ad atteggiargli troppe confidenze.

Eccetto Minerva forse, nessun altro sembrava avere più alcun rapporto con lui, se mai ne aveva avuto alcuno. Piton era sempre stato ostile con tutti, mai aveva maturato rapporti più profondi di una stima professionale. Poi da quando, durante l'ultimo oscuro anno scolastico, l'ostilità di Piton si era tramutata in vera e propria soggezione, nel clima di paura che aveva suo malgrado instaurato, seguendo piani più alti e segreti, nessuno lo aveva più incontrato, se non di sfuggita e tutte le conversazioni erano state piene di formalità e timori.

“Penso che per Severus al momento sia improbabile tornare ad Hogwarts” aggiunse Minerva dopo qualche istante, nel silenzio che era calato nella comune degli insegnanti e che continuò a riecheggiare nella stanza anche dopo la sua chiarificazione, come in attesa. Ma la preside si guardò intorno senza accennare ad altre spiegazioni.

“Comunque sarebbe meglio della Umbridge”

“Io credo invece che il suo genio pozionistico non debba andare sprecato, io gli cedo volentieri il posto...” disse Lumacorno.

“Comunque la Umbridge deve andarsene” mormorò timidamente la Sproute.

La mattina seguente Minerva si sentiva ancora frastornata dalle chiacchiere dei suoi colleghi la sera prima, e solo lanciando un sguardo alla scrivania del suo ufficio, imponente ed ingombra di scartoffie d'ogni sorta, si trovò a non essere troppo in disaccordo con Lumacorno e i suoi vaneggiamenti sulla pensione.

Era stanca, avrebbe voluto trascorrere qualche mese in campagna con i suoi nipoti, ma la sua dedizione alla scuola persisteva incrollabile, e nonostante l'età e il gravoso peso di due guerre, Minerva non aveva alcuna intenzione di cedere o delegare la protezione di Hogwarts ad alcuno di cui non si fidasse. Gli anni passati l'avevano resa diffidente, e non aveva nessuna fiducia nel Ministero, ancor meno nella Umbridge. Non poteva fare a meno di essere preoccupata, nonostante i tentativi di Albus di rincuorarla dal suo dipinto, Minerva non era affatto serena. Accarezzò con due composte carezze il gufo reale in procinto di volare fuori dalla finestra e si assicurò che recasse con sè la lettera che aveva appeno scritto.

Insieme a Minerva un'altra delle rare persone a non esser serene nel castello era Hermione. Gli insegnanti avevano notato come fosse stranamente silenziosa, e infatti studiava senza grande slancio e sembrava esser sempre stanca. Non che dormisse poco: Hermione trascorreva molte ore a letto, ma non riposava per nulla serenamente.

Si svegliò presto e silenziosamente, e come ogni mattina cominciò a prepararsi meccanicamente con meste e fugaci occhiate allo specchio, che riflettevano bene la sua espressione un po' persa. Sbuffò contrariata mentre sistemava l'imponente manuale di pozioni nella borsa insieme a qualche pergamena, poi guardandosi un ultima volta intorno, nel dormitorio ancora immerso nel silenzio con Ginny che ancora dormiva profondamente, si avviò verso la Sala grande.

Come ogni mercoledì, dopo una colazione a base di caffe e pensieri amari, si incamminava dalla sala grande fino agli umidi e familiari sotterranei dove Lumacorno avrebbe tenuto una lezioni di due interminabili ore. Come per Lumacorno, per cui i sotterranei erano un luogo scomodo e complicato, anche per Hermione scendere quei gradini ripidi verso l'aula di pozioni non era affatto piacevole.

“Oh buongiorno signorina Granger... che piacere vederla” commentò con aria mesta il professore quando la vide entrare nell'aula.

Hermione salutò educatamente ma anche lei senza particolare allegria e prese posto al suo solito banco.

“Buongiorno accomodatevi, prego... buongiorno signorina Weasley, prego” elencava senza enfasi Lumacorno indicando i banchi ed invitando gli studenti che via via arrivavano a prendere posto, riempiendo l'aula di brusii.

Hermione osservò in mesto silenzio Lumacorno mentre come ogni mercoledì tentava senza tanta convinzione di svolgere la lezione di pozioni, o quanto meno di mantenere il controllo della situazione. Vedendo come gli studenti lo degnassero di poca attenzione, distesi in chiacchiere, Hermione si trovò a pensare di nuovo a Piton.

Nonostante si fosse imposta di non pensarci, le si intrufolò nei pensieri il suo volto severo quando era solito raggelare con lo sguardo chiunque osasse respirare troppo rumorosamente durante le sue lezioni. Piton riusciva ad imporre sulla classe una soggezione generale che, nonostante gli anni di esperienza di Lumacorno, in quel momento sembrava irraggiungibile. Ma era stato un bravo professore Piton, per quanto umanamente scostante e complicato ed Hermione pensò di esser stata una brava alunna, saccente ma mossa da innocente curiosità.

Fu riscossa nel notare i suoi compagni alzarsi dai banchi per andare a prendere gli ingredienti, mentre Lumacorno si limitò a indicare il manuale, esortandoli a seguire i passaggi e completare in quelle due ore una pozione corroborante, un compito estremamente semplice.

Nonostante i passaggi fossero elementari, Hermione riuscì in poco più di un'ora a mandare in fallimento l'intera preparazione. Il colore della pozione non stava assumendo la giusta gradazione, constatò Hermione imprecando sommessamente ma con estrema irritazione.

“Secondo me è morto” le bisbigliò Ginny, indicando col capo Lumacorno che seduto comodamente nell'attesa che gli studenti finissero i propri elaborati, si era appisolato col gomito in bilico sul bracciolo dell'enorme poltrona che si era fatto portare in classe.

“Non è così vecchio” si limitò ad osservare Hermione mentre si rassegnava a consegnare a Lumacorno l'ennesima pozione desolante.

Era irrecuperabile, ma comunque Hermione riprese a lavorare ed ultimare l'ultimo passaggio della pozione, continuò ad affettare il bruco da aggiungere in ultimo al procedimento, anche se con molta più veemenza di prima tanto che Ginny si soffermò ad osservarla con aria perplessa.

“Non hai notizie di...?” chiese titubante Ginny dopo qualche istante, lasciando in sospeso quel nome che sapeva esser diventato come un taboo e continuando a guardarla mentre si accaniva sull'inerme e povero bruco.

“No” Hermione rispose seccamente, troncando sul nascere quella conversazione che sapeva l'avrebbe solo turbata ulteriormente.

“Maledetto” Ginny la sentì mormorare dopo poco in direzione del bruco che sgusciava al suo coltello.

“Maledetto il bruco o...?” si azzardò a chiedere Ginny, la quale da qualche giorno aveva cominciato genuinamente a preoccuparsi per l'umore Hermione.

“Maledetto il bruco e questa stupida materia” sibilò Hermione di rimando, memore di tutti i fallimenti che aveva collezionato negli ultimi mesi.

Infatti a partire dai suoi tentativi di eseguire la complicata pozione che avrebbe dovuto riportare la memoria ai suoi genitori, che erano disastrosamente naufragati, aveva cominciato a dubitare seriamente delle proprie capacità di pozionista, tanto da convincersi che forse i voti mediocri che Piton le aveva sempre assegnato non fossero poi così immeritati. Era profondamente scoraggiata, non aveva più né gli ingredienti né l'autostima necessaria a provare di nuovo la pozione della memoria, ma d'altra parte se non era in grado di portare a termine una basilare pozione corroborante, come poteva pensare di avere qualche possibilità di riavere i suoi genitori?

Osservò di nuovo il colore pallido che aveva assunto la sua pozione e fu con grande autocontrollo che si trattenne dal mettersi a urlare o peggio, piangere. Non era il colore giusto ergo doveva aver sbagliato qualcosa, ma per quanto si sforzasse non aveva idea di cosa, constatò Hermione mentre stringeva il manico del coltello fino a farsi sbiancare le nocche, con gli occhi lucidi di rabbia e il bruco malamente affettato sul tagliere davanti a lei.

“Su Granger non piangere, è solo un bruco” la schernì Draco Malfoy da un banco poco distante, facendo ghignare i suoi compari che iniziarono a scrutarla con sufficienza.

“Taci Malfoy” sibilò Hermione furiosa, mormorando poi fra sé e sé qualche imprecazione, mentre gettava malamente il bruco sulla pozione ormai compromessa e dopo averla rimestata due volte, la consegnò in una provetta al professore ancora rintontito dal riposino, prevedendo un'altra T. Radunò velocemente le sue cose nella borsetta e uscì dalla classe imboccando il corridoio decisa ad uscire il prima possibile da quei maledetti sotterranei.

Inizialmente si rintanò fra gli scaffali della biblioteca, che a dir la verità erano ridotti solo a qualche decina, perchè le altre centinaia era stati irrimediabilmente compromessi dai danni barbari della guerra. Hermione si guardò attorno con una smorfia di amarezza, certo Hogwarts era tornata una scuola, ma una scuola con una misera ombra di biblioteca.

Insoddisfatta e sconsolata, decise di andarsene poco dopo e salutata a bassa voce Madama Pince che stava riordinando dei libri con un sorriso e la stessa amarezza di Hermione impressa sul volto, si mise a vagare per i corridoi.

“Granger ” la richiamò un voce fastidiosamente strascicata e nota alle sue spalle. Hermione si voltò verso la faccia seccata di Draco mentre le si stava avvicinando.

“Malfoy, cosa vuoi?”

“Mia madre mi ha detto di riferirti che sei la benvenuta al Manor” dichiarò Draco senza dissimulare il suo malcontento.

“Quando?” chiese sorpresa Hermione.

“No la domanda è perchè?” sibilò Draco squadrandola con un'espressione a metà fra il confuso e l'irritato.

“Dovresti saperlo, io sono appena stata messa al corrente... da te per l'appunto, che sei il messaggero...”

“Non sono un maledetto messaggero Granger... mia madre ha solo detto di invitarti uno di questi pomeriggi” le riferì Draco “Mentre mio padre dice che hai preso dei libri dalla nostra biblioteca e devi ancora restituirli”

“Non li ho finiti...! Ma considerato che sono l'unica persona che frequenta la vostra biblioteca, non credo che qualcuno abbia immediato bisogno di averli”

“Sì invece, Piton ieri cercava un manuale di teoretica che hai preso un mese fa”

“Che bravo Draco, perchè non vai a fare la candidatura a madama Pince!”

Draco non gradì di esser paragonato né a un gufo né a un bibliotecario, ma si mise a ghignare nel vedere un lampo di comprensione sconvolgere l'espressione di Hermione.

“Piton è...?”

“è?” gli fece eco Draco con scherno.

Hermione chiuse gli occhi e sospirò, piuttosto stizzita dall'arroganza di Draco, ma anche per la propria curiosità avventata. Si impose di non congetturare su Piton.

“Perchè ti interessa Granger?”

“Ero solo curiosa, dato che ho notato l'assenza del professor Piton a Hogwarts” rispose Hermione molto compostamente, senza sbilanciarsi ma allo stesso tempo senza tradire il suo interesse.

“Beh, si dal il caso che Piton sia passato ieri a far visita al manor” disse Draco fingendosi comprensivo, ma continuando a tenerla sulle spine.

Hermione serrò le labbra per il fastidio, ma si trattenne dal fargli altre domande su Severus Piton, anche se ne avrebbe avute innumerevoli.

“Puoi dire a tuo padre che riporterò i libri che ho preso in prestito” gli concesse Hermione per concludere il prima possibile quella sgradita conversazione.

“Se vuoi ti fisso un incontro con Piton nella biblioteca, così potete parlare...in intimità” ghignò Draco dando sfogo alla sua migliore espressione strafottente.

Hermione si trovò a spalancare platealmente gli occhi, sorpresa dalla sfrontatezza di Malfoy ed incapace di ribattere. Da quando Lucius Malfoy si era lasciato sfuggire con il figlio che fra lei e Piton vi era stato qualcosa, Draco sembrava provare gusto nel metterla in imbarazzo e vederla in difficoltà.

“Molto spiritoso Draco... questo gusto per la ciarlataneria l'hai ereditato da papà?”

“Come osi... dare del ciarlatano a mio padre” Draco sibilò rabbiosamente sforzandosi di sembrar minaccioso, ma Hermione constatò che senza Tiger e Goyle alle spalle, non le risultava più credibile.

Stupeficium

Hermione deviò senza difficoltà, con un fluido movimento della bacchetta l'incantesimo di Draco, anche se in realtà era stata colta di sorpresa.

“Ma cosa fai?” esclamò Hermione stizzita “Ti sembra il luogo per un duello?”

“Non fare più il nome di mio padre” si ricompose Draco rinfoderando la bacchetta ma continuando a guardarla male “e riporta quei maledetti libri”

“Va bene... e puoi dire a Narcissa che andrò a trovarla giovedì pomeriggio” in effetti nonostante trovasse piuttosto fastidiosi sia il marito che il figlio, non aveva alcun risentimento per Narcissa ed anzi le avrebbe fatto sinceramente piacere parlarle.

Draco fece un cenno di assenso e saluto col capo e fece per andarsene. Ma poco dopo si voltò nuovamente verso Hermione, come ricordandosi di qualcosa.

“Dimenticavo... Piton ti saluta!”

Hermione si trovò per la seconda volta incapace di controbattere, aprì per un'istante le labbra come per dire qualcosa, ma le richiuse senza proferir parola, indecisa.

“Mi saluta?” chiese Hermione rimanendo per qualche istante a contemplare l'idea, si sforzò di non sembrar patetica, anche se in effetti pendeva dalle labbra di Malfoy. Non vedeva Severus Piton da quasi un mese ed eccetto una lettera, che Hermione aveva più volte accartocciato rabbiosamente su se stessa, non aveva avuto sue notizie, se non indirettamente.

“Esattamente, ti saluta” Draco allargò le braccia con una smorfia di sufficienza e le diede di nuovo le spalle allontanandosi per il corridoio.

“Draco!” Hermione lo raggiunse con passo furioso e lo fece malamente voltare. “Cosa vorrebbe dire?”

Draco si scansò dal suo tocco e ripristinò la distanza di sicurezza, mantenendo però un atteggiamento di provocazione “Cosa vorrebbe dire cosa?”

“Godric quanto sei fastidioso! ...” Hermione si trattenne dall'essere manesca e tentò di ritrovare la calma “Hai incontrato Piton... che ha detto? Sta bene?”

“Sta bene, ha detto che ti porge i suoi migliori saluti”

“Migliori saluti!? Cosa mi rappresenta la parola saluti senza un contesto! puoi sforzarti di definire meglio? Santo Godric...” strillò Hermione con tono piuttosto saccente “...che saluti?”

“Stavo scherzando Granger... Piton non ha detto nulla su di te calmati, Salazar, sei una schizzata” Draco si allontanò ulteriormente, forse memore del pugno che aveva in passato ricevuto, le riservò un'ultima occhiata indefinita e la lasciò spiazzata in mezzo al corridoio.

Hermione era basita, non tanto per la bastardaggine di Draco, quanto al fatto che pensava avesse ragione: si sentiva leggermente squilibrata nell'ultimo periodo. Schizzata le parve esagerato, ma in sostanza Draco aveva ben colto la sua situazione e non aveva perso occasione per prenderla in giro. Si sarebbero parlati meglio, forse, se Hermione non avesse avuto così tanta paura di sbilanciarsi e di assecondare le provocazioni di Draco e così ammettere a voce alta che qualcosa effettivamente vi era stato.

C'era stato qualcosa con Piton, si erano conosciuti, avvicinati senza maschere e intimamente, il ricordo le risuonava ancora nel petto e fra i pensieri come un conforto. Ma alla fine Piton si era comportato da Piton, da bastardo. Aveva liquidato tutto quel che c'era stato in poche righe recapitate tramite gufo, in una lettera di parole fredde, cariche di formalità. Piton diceva di aver preso atto della propria mancanza di giudizio e che la leggerezza con cui si era lasciato travolgere dagli eventi era a dir poco indecente, le aveva scritto che era stato avventato e ragionando lucidamente, lontano da lei, aveva capito che sarebbe stato meglio troncare tutto sul nascere. E così aveva fatto, senza lasciarle voce in capitolo, non si era fatto più vedere. Hermione constatò che forse fosse presuntuoso ritenere che Piton non fosse tornato ad Hogwarts solo per evitarla, ma non poteva fare a meno di continuare a pensarci.

Durante le sue giornate Hermione lo malediceva fra sé e sé, molte volte e piuttosto veementemente, ma allo stesso tempo, la sera avvolta fra le lenzuola fresche e profumate dei dormitori, era preoccupata e continuava a non sperare altro che tornasse.

La notte Piton barcollò verso l'uscita di quel fetido luogo, imprecando fra sè mentre tentava di riallacciarsi la cintura e darsi un contegno dignitoso. Non fu impresa facile, dato che continuava a sbandare contro le pareti del corridoio mentre il suo volto scarmigliato non esprimeva che vergogna e disprezzo, in primo luogo verso se stesso.

"Arrivederci Severus" lo salutò la proprietaria del bordello.

Piton rispose con un cenno disinteressato della mano e si appoggiò con tutto il peso al portone spingendolo fino a incontrare l'aria fredda e pungente di Nocturne Alley. Si avviò col portamento di un ubriaco, quale in effetti era, per la via deserta data la tarda ora.

"Arrivederci Severus?" borbottò fra sè e sè Piton, chiedendosi quando quella vecchia donna di facili costumi si fosse presa la libertà di chiamarlo per nome. In effetti forse nell'ultimo periodo la sua presenza in quei luoghi era diventata più assidua, quasi abitudinaria, anche se non trovava mai il conforto che cercava, continuava a trascinarsi insoddisfatto e senza una meta fra gli edifici scarsamente illuminati.

La sua meta era sempre stata Lily, ogni atto che si era costretto a commettere era stato in nome suo. Constatò che la sua vita aveva decisamente assunto una piega deprecabile, ma pensò che in fondo far girare l'economia nel mercato della prostituzione non fosse poi così riprovevole come le notti trascorse a torturare babbani. Constatato di non essere ancora abbastanza ubriaco, Piton decise di avviarsi verso il pub Night Fright.

Anche lì lo chiamavano per nome, infatti non ebbe nemmeno bisogno di parlare che il locandiere vedendolo entrare subito gli servì il solito whisky incendiario senza ghiaccio. Piton apprezzò il gesto e trovandosi a pensare che non fosse poi male quella confidenza, raggiunse il bancone e afferrò il bicchiere senza proferire parola.

"Qualcosa da mangiare?" gli chiese il barista, soppesando il volto provato di Piton che aveva già tracannato l'intero bicchiere. Piton annuì, frugandosi nelle tasche e sentendosi già rinvigorito dall'alcool che gli bruciava nella gola. "Salato"

"Arriva"

Piton si guardò attorno e a quella tarda ora, non si sorprese di trovare solo due uomini, silenziosi, seduti da soli coi volti stanchi e provati dalla vita, come del resto lo era lui. La guerra lo aveva consumato, non che avesse mai provato particolare voglia di vivere, ma in quei giorni di apparente pace ogni energia sembrava essersi esaurita. Il peso dei segreti e dei ruoli e che che aveva faticosamente sostenuto per anni gli avevano precluso ogni ombra di socialità. Si era costretto ad una totale solitudine, fatta di diffidenze, maschere e segreti troppo oscuri per essere condivisi. Pochi potevano dire di aver realmente conosciuto Piton, ma ora nessun segreto lo legittimava più ad esser ostile e solo.

Le maschere erano cadute nel momento in cui la Skeeter aveva pubblicamente rivelato le sue memorie più intime, esplicitando ogni ambiguità, la natura di Piton era stata finalmente chiarita. Harry Potter la prima volta che le aveva viste, nel pensatoio di Silente mentre Voldemort era alle porte di Hogwarts, si era fidato, tanto da convincersi di andare a morire per esse, come una bestia da macello. Piton nei suoi pensieri gli riconosceva una ragguardevole stupidità, ma segretamente anche un grande coraggio. Nessuno avrebbe potuto mai negare il contributo cruciale che Harry Potter aveva avuto nella guerra: il ragazzo era legittimamente considerabile un eroe.

Ma chi poteva stabilire i meriti di quelli che avevano agito in prima linea nell'ombra? Il confine non è chiaro, perchè anche se la legge lo aveva perdonato, Piton continuava a sentirsi colpevole.

Il cameriere tornò con un piatto, pane nero con formaggio abbrustolito e lo allungò sul bancone davanti a Piton, il quale assorto nei suoi pensieri dai risvolti esistenziali, non lo degnò di uno sguardo. Essendo ormai abituato agli avventori cupi e pensierosi, spesso poco sobri, il cameriere tornò ad armeggiare dietro al bancone.

Piton era abituato a non concedere confidenze, poche persone lo avevano visto sinceramente e non ne era quasi mai risultato nulla di buono. La visione del momento in cui aveva visto Lily Evans fredda sul pavimento davanti agli occhi impauriti del suo neonato, continuava a farlo rabbrividire e precipitare in un abisso di rimorso.

E dopo ogni crepa che aveva sempre di più compromesso la sua integrità morale ogni volta che uccideva un uomo, il ricordo dello sguardo di Silente che si faceva vitreo per mano sua lo aveva definitivamente spezzato.

Aveva deciso che tenersi lontano fosse la cosa più buona che potesse fare.

Eppure c'era quel tarlo che non lo lasciava in pace, quello spiraglio che aveva scorto, per poco tempo, del tutto inaspettato e che tuttavia rimaneva in sospeso fra i suoi pensieri.

"Sta lontana...via" lo sentì ringhiare il cameriere dopo poco, si voltò a guardare distrattamente Piton che aveva puntato lo sguardo verso la vetrina che dava sul vicolo buio "Insopportabile"

Il cameriere stava per riposare lo sguardo sul lavoro quando effettivamente vide anche lui una luce che si avvicinava dalla via. Non era una persona, ma un incanto patronus, fatto di luce argentea che aveva assunto la forma di un colibrì, che illuminava flebilmente la stanza intorno a sè fino a che arrivò al bancone. Il cameriere constatò anche che il patronus non sembrava recare alcun messaggio, infatti pochi istanti dopo aver raggiunto l'avventore cupo si dissolse in una nebbiolina argentea a pochi centimetri dal suo volto impassibile.

Piton allungò il bicchiere al cameriere esortandolo con lo sguardo a riempirlo nuovamente.

"Nessuna nuova, buona nuova?... mi pare si dica così" commentò il cameriere nel rimettere a posto la bottiglia.

Ma Piton aveva recepito eccome il messaggio, quell'insopportabile patronus gli si era presentato, muto, già altre volte.

"In ogni caso...non è affar suo" disse con voce bassa Piton, tornando pensieroso.

La realtà sembrava suggerirgli che la felicità continuava ad esistere, tangibile, una speranza che persisteva lontana. Non si sarebbe permesso di cedere, tuttavia Piton continuava a sentirsi chiamato ed i tratti delicati di Hermione ogni giorno continuavano ad affacciarsi nei suoi pensieri.

"Ostinata" lo sentì mormorare il cameriere, senza badargli dato che aveva capito che Piton non aveva alcun desiderio di intraprendere una conversazione, lo lasciò vaneggiare.

Piton si alzò dalla sedia per sedersi stancamente su uno dei divanetti, abbandonò la testa sullo schienale, socchiudendo gli occhi. Se a quell'ora insolita anche lei non riusciva a dormire, con quella traccia lasciata dal suo patronus muto, stava pensando a lui? Il pensiero gli risuonò nel petto con una strana vibrazione, piacevole.

“Si fredda eh!” disse il cameriere indicando il piatto che Piton aveva a mala pena assaggiato e poi abbandonato sul bancone.

Piton non sembrò nemmeno udirlo o comunque fece finta di non averlo sentito e continuò a cercare di riposarsi, con gli occhi chiusi, leggermente stordito dal whisky e dagli eventi, si sentì quasi precipitare nel sonno, ma solo per scherzo perchè come ogni notte sentiva il sonno gravargli addosso e tuttavia non riusciva mai ad abbandonarcisi, come per scherno del suo corpo. E la cosa più simile a dormire che poteva augurarsi era cadere in un piacevole torpore da ubriaco.

"All'alba chiudiamo" gli ricordò il cameriere, poi indicando un desueto orologio a pendolo "Un'ora"

Piton annuì, senza chiedersi dove sarebbe andato dopo, poiché non ne aveva idea.

La sua presenza ad Hogwarts era sconveniente, oltre che indegna di aggirarsi ancora per quei luoghi profanati dalla guerra, era del tutto inadatto alla serenità. Aveva portato danni irreparabili, aveva guidato Hogwarts sotto influenze senza scrupoli e sentiva di non potersi permettere di tornar a far parte di quel mondo, e traviare con le sue disgrazie il sereno equilibrio degli studenti, di una in particolare, che in realtà serena non lo era affatto. Ma questo Piton non lo sapeva e non si azzardava nemmeno a immaginarlo.

Non poteva correre il rischio che Hermione venisse compromessa dalla sua oscurità, avrebbe lasciato che l'attrazione giovanile e avventata della ragazza fosse scemata da sé e che la sua continuasse a tormentarlo da lui stesso negata.

Eppure certe sere quel patronus gli veniva incontro fiducioso, come per assicurarsi che Piton non si scordasse della sua fastidiosa ed ostinata esistenza.

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Capitolo 2
*** Gesti bruschi e ordinarie follie ***


Salve,
Lo so che i miei tempi di aggiornamento sono biblici, tuttavia a mia discolpa... Nulla, semplicemente non avevo molta ispirazione, se così vogliamo chiamarla, nè tempo e quindi ho preferito non scrivere, piuttosto che scrivere qualcosa di insoddisfacente. Ho avuto un periodo piuttosto impegnato, ma ora penso di riuscir ad aggiornare con più regolarità, i prossimi capitoli sono già scritti.
Intanto vi auguro buona lettura e spero che nonostante sia passato molto tempo dal capitolo precedente, la storia sia compresibile.

Severus Piton detestava sentirsi affaticato, come del resto detestava quasi ogni attività fisica che implicasse di perdere il proprio contegno. Con un incantesimo non verbale ma molto stizzito, tranciò di netto un rovo che al suo passaggio gli si era impigliato nella stoffa dei pantaloni, neri, eleganti e del tutto inadatti all'ambiente boschivo in cui si stava aggirando. Continuando ad imprecare sottovoce, mentre il fiato gli si faceva corto per la fatica, Piton proseguì sul sentiero che già da due ore si alzava verso la vetta. Si stava inerpicando già da abbastanza tempo per essersi totalmente annoiato e anche se in realtà quella escursione non aveva un preciso obiettivo, dato che gli ingredienti crescono dove capita che crescano, continuò la sua ricerca. Procedeva con passo guardingo fra le radici o allungando lo sguardo fra gli alberi in controluce, in attesa di incontrare l'ingrediente che stava cercando.

***

Nell'aula di difesa della arti oscure invece nessuno aveva molto chiaro esattamente cosa stesse facendo, allo scoccare della seconda ora trascorsa a trascrivere meccanicamente le lavagne fitte della scrittura appuntita della Umbridge, senza fare fare nessuno sforzo razionale, se non lo sforzo di riuscir a decifrare la grafia così piccola e sgraziata.

Hermione si era sapientemente seduta dietro all'enorme corporatura di Tiger, così da evitare che la Umbridge dal suo scranno in fondo all'aula potesse notare che aveva ben altro da fare che sprecare il suo tempo a ricopiare frasi. Aveva invece scritto due lettere e allo scoccare della seconda ora le stava rileggendo con aria soddisfatta, quasi sorridente. La campana suonò il tocco e gli studenti cominciarono a riordinare le proprie cose e defluire dall'aula, verso la sala grande per il pranzo.

“Draco” lo richiamò Hermione facendo qualche passo in sua direzione, cercando di non pentirsi di già per quello che stava facendo.

“Che c'è Granger?” Draco e i suoi amici si voltarono a guardarla con la loro congenita smorfia di superiorità.

“Volevo chiederti se per caso puoi consegnare questa... per favore” disse porgendo a Draco una lettera col retro bianco se non per la sua firma senza cognome, solo Hermione.

“A chi?” chiese Draco con aria fintamente confusa guardando Zabini e la Parkinson, come se non sapesse perfettamente a quale uomo stava alludendo Hermione.

Lei serrò le labbra fulminando prima Draco poi i suoi amici che cominciavano ad esser a loro volta sinceramente confusi. “Lo sai benissimo, per favore Draco non fare lo stupido”

Draco socchiuse gli occhi, un po' minaccioso ma anche molto curioso di vedere a cosa la sua schiettezza avrebbe costretto Hermione. Con un gesto della mano fece cenno ai suoi amici di avviarsi in Sala Grande senza di lui.

“Allora? La consegnerai?”

“Che ci guadagno?”

Hermione sospirò infastidita “potresti farlo solo come favore spassionato... Non è necessario sempre guadagnarci qualcosa”

“Diciamo un mese di relazioni di incantesimi e pozioni”

“Ma non se ne parla!”

“Due settimane solo di pozioni”

“Non provare a contrattare!” Hermione riprese la lettera, ma Draco appena se ne accorse la riafferrò strappandogliela brutalmente dalle mani.

“Una settimana di pozioni e incantesimi”

Hermione sfoderò la bacchetta e con un rapido movimento appellò a sé il conteso foglio di carta.

“Granger, in punizione nel mio ufficio” strillò la voce della Umbridge alle loro spalle “Via le bacchette!”

Hermione alzò gli occhi al cielo, ma per cautela non contestò e decidendo d'istinto di lasciare la lettera sul banco con un'ultima occhiata significativa a Draco, seguì la Umbridge.


***

Due ore dopo l'ambientazione di Piton era radicalmente differente, il pavimento liscio e lustrato del Malfoy Manor con innumerevoli salotti tutti egualmente signorili e arredati con eleganza. Anche i nobili dipinti nei quadri erano uomini raffinati e distinti, e lo soppesavano con sufficienza ma fortunatamente erano molto meno propensi alle chiacchiere di quelli che ingombravano ogni parete di Hogwarts, quindi rimanevano in rispettoso silenzio.

Camminò austeramente, tentando di orientarsi con metodo fra le sale deserte, con le braccia rigide lungo il corpo, il braccio sinistro dolorante, poiché in effetti supponeva qualche osso fosse leggermente fuori posto.

Lucius in quel momento non si aspettava di incontrarlo, ad aggirarsi nella sua abitazione con aria torva come se fosse stato invitato, tuttavia se lo trovò davanti.

“Severus si può sapere...”

“Mi ha invitato Narcissa”

“Ottimo... ormai invita chiunque” Lucius si soffermò qualche istante a pensare con disprezzo ai Weasley e alle riunioni dell'ordine “Ieri il mezzogigante ha staccato dalla sede uno dei lampadari vittoriani”

“Davvero un danno irrimediabile Lucius... sai dirmi dove dovrei andare?” chiese Piton che ormai stava cominciando ad innervosirsi, dato che era da venti minuti ormai che si aggirava per il manor in cerca della stanza in cui lo stava aspettando Narcissa.

“Ancora non ti sai orientare? Sono anni che vieni qua...”

“Saprei orientarmi se tua moglie mi avesse detto in quale dei venti salotti l'avrei trovata”

“Pensa te...” commentò intanto Lucius, con sguardo assorto

“Cosa dovrei pensare? Non ho idea del perchè voglia vedermi, Lucius ti avverto... se si tratta di qualche faccenda del Ministero-”

Bilky

Piton serrò le labbra con frustrazione, un po' perchè quell'elfo gli era piuttosto antipatico, un po' perchè Lucius gli parve un po' troppo evasivo. E il braccio ogni tanto continuava a mandargli fitte di sordo dolore, come per ricordargli che era ancora rotto. Per non parlare del suo umore generale, che era di norma pessimo.

Dopo qualche istante l'elfo domestico si stava inchinando al suo padrone e a Piton.

“Porta Severus dalla signora Malfoy... io vi raggiungo fra poco”

Lucius salutò Piton con un cenno del capo e si avviò per il corridoio mentre Piton si lasciò guidare da Bilky per i corridoi del Manor.

Non aveva particolarmente voglia di esser lì e nemmeno di parlare con Narcissa, ma non è che avesse molte altre opzioni. D'altra parte continuò a chiedersi perchè Narcissa avesse tutta quella voglia di parlargli, dato che la conosceva abbastanza bene per sapere che non era una donna sentimentale, sebbene fossero amici dai tempi di Hogwarts, sicuramente doveva aver qualcosa in mente.

Ma Piton era piuttosto stanco di continuare a congetturare sui possibili sotterfugi altrui, dato che lo aveva già fatto per molti anni, in quel momento non ne sentì alcuna necessità. Così, noncurante, arrivò nel salotto in cui Narcissa lo stava aspettando composta ma visibilmente spazientita.

“Ciao Severus” Narcissa lo soppesò con lo sguardo per qualche istante “Ti trovo... provato”

“è il modo aristocratico per dire che ho un aspetto terribile?”

Narcissa non si scompose, dando l'impressione che fosse proprio così, e in effetti Piton convenne di non dover avere un bell'aspetto. I capelli corvini probabilmente in disordine, i vestiti sporchi di terra e sudore e probabilmente lacerati sugli orli a causa di quei maledetti arbusti spinosi. Nonostante ciò Piton manteneva il suo portamento elegantemente rigoroso.

“Dove eri finito?” chiese Narcissa con un'occhiata perplessa.

“Prima posso sapere il motivo di tutta questa urgenza di parlarmi Narcissa?” ribattè Piton con la voce leggermente roca, perchè in effetti era da due giorni che non parlava ad un essere umano, ad accezione forse del locandiere che gli serviva da bere e degli improperi che mormorava fra sé, a nessuno in particolare.

“Deve per forza esserci un motivo?”

“Mi auguro di sì” Piton cominciò a vagare per la stanza con passo lento, scrutando a occhi socchiusi la mobilia intorno a sé “Spero tu non mi abbia fatto venire fin qui inutilmente”

“Eri a cercare ingredienti?” chiese la donna non riuscendo a trovare un'altra spiegazione all'aspetto disordinato e inusuale di Piton.

Piton annuì distrattamente, mentre afferrava una bottiglia che aveva notato su un ripiano e la osservava in contro luce, solo per rendersi conto che era vuota e quindi riposarla dove l'aveva trovata, con un'occhiata infastidita.

“Se hai bisogno di soldi per le tue pozioni sai benissimo che possiamo aiutarti... non c'è bisogno di ridursi in questo stato” commentò Narcissa soppesandolo con severità e forse un po' di compassione.

“Non se ne parla” disse Piton in modo categorico, riprendendo a passeggiare per la stanza.

“Fermati, mi fai venire il mal di testa...”

Piton si fermò a pochi passi da Narcissa, per guardarla dritto negli occhi con un sopracciglio inarcato “Narcissa cosa c'è?” chiese di nuovo con tono perentorio, deciso a venire al dunque di quella visita.

Narcissa sospirò sommessamente, chinando per qualche istante lo sguardo sul pavimento “Sono molto angosciata... Lucius” guardò fugacemente verso la porta, come temendo che il marito potesse sentirla “Si comporta in modo strano... mangia poco, beve troppo e mi sembra...”

“Ti sembro forse uno psicoterapeuta?” la interruppe bruscamente Piton.

“Come prego...?” Narcissa lo guardò con aria confusa, poiché nella sua nobiltà probabilmente non aveva mai sentito nemmeno nominare quella parola babbana.

“Non ho tempo di sorbirmi le tue ansie o la depressione di tuo marito, ho già abbastanza problemi” Piton riprese a camminare per la stanza, cercando da qualche parte, uno di quei tavolini colmi di bottiglie pregiate che Lucius aveva sapientemente predisposto in quasi ogni salotto.

“Che problemi?” gli chiese Narcissa, cogliendo quell'affermazione che Piton aveva detto senza dargli peso, certo non desiderando di mettersi a parlare del suo umore.

Piton infatti fece un cenno della mano per liquidare la conversazione e continuò a vagare nella stanza.

“è evidente che entrambi non state passando un bel periodo” commentò Narcissa notando le analogie che abbattevano entrambi, dalle occhiaie pronunciate a quel principio di alcolismo strisciante. “Non c'è da stupirsi in effetti... Non hai più lo stipendio di insegnante, la tua casa è attualmente rasa al suolo per colpa di Bella e non mi risulta che tu sia nemmeno lontanamente benestante”

“I miei risparmi non sono certo una tua competenza Narcissa, se proprio vuoi esercitare le tue abilità di matrona, fallo a casa tua... coi conti di tuo marito” sbottò Piton fulminando la donna.

Narcissa incassò gelidamente l'offesa, nascondendo il risentimento e astenendosi da ribattere, si limitò a osservare meglio Piton e si confermò di aver colto un tasto dolente.

“Qualcosa non va al braccio?” chiese avendo anche notato una smorfia dolorante contrarre il volto dell'amico.

“Nulla di grave, ma se avessi dell'ossofast andrebbe meglio... ed un bicchiere di whisky eventualmente”

“Si può saper-”

“Ho fatto un gesto brusco, sono inciampato in una radice... deve essersi rotto”

“Sei inciampato in una radice?”

Dopo qualche momento di silenzio, Narcissa esordì con gravità:

“Penso proprio che dovresti tornare ad insegnare”

“Cosa c'entra Narcissa? Cosa nel fatto che sono inciampato ti fa possibilmente dedurre che dovrei tornare ad insegnare?...Illuminami”

Nel mentre Lucius fece la sua comparsa nella stanza, quasi ignorando la loro presenza, senza dire nulla si avvicinò verso una parete ed a un suo movimento del bastone un servito da alcolici comparve dalla parete. Narcissa distolse la sua attenzione da Piton e cominciò a squadrare suo marito con un malcelato risentimento ed una lieve apprensione.

“Severus è inciampato e si è rotto un braccio...” lo ragguagliò Narcissa per renderlo partecipe.

Ma Lucius non alzò nemmeno lo sguardo, mormorò distrattamente qualcosa tipo “eroico” mentre continuava a riempire tre bicchieri.

Bilky comparve qualche istante dopo portando l'ossofast a Piton, il quale lo mandò giù in un sorso trattenendo il disgusto, mentre Narcissa continuava ad esser pensierosa.

“Hermione?” chiese d'un tratto Narcissa facendo voltare entrambi i due uomini, nel silenzio più assoluto.

Piton si immobilizzò sul posto, contraendo i tratti del volto e stringendo i pugni, mentre Lucius si fermò con la bottiglia a mezz'aria per osservare la reazione dell'amico con un ghigno stampato in faccia, curioso di sapere cosa avesse da dire.

Dato che Piton non sembrava accennare a dir nulla, Narcissa continuò ad incalzare:

“Come sta? L'hai sentita ultimamente?”

“Non ho idea di come stia la signorina Granger” rispose Piton mantenendosi formale ed impassibile, nonostante una strana morsa gli si fosse stretta nel petto solo a sentire quel nome pronunciato ad alta voce.

“Coglione” commentò con grande eloquenza Lucius, sorseggiando il suo whisky.

“Spero davvero che tu sia stato garbato con lei... è una così brava ragazza”

“Certo... garbato è proprio l'aggettivo adatto” ghignò Lucius in direzione dell'amico che rimaneva immobile con lo sguardo un po' perso verso la libreria.

Piton era sempre stato restio a confidare le proprie faccende private persino ai Malfoy, ma ciò non aveva mai impedito loro di fare supposizioni o domande. Entrambi i coniugi sapevano, o meglio intuivano, che ciò che era accaduto fra Hermione e Severus era svanito con la stessa rapidità con cui era nato, ma non avevano affatto chiare le dinamiche di quella rottura. Lucius, come aveva appena affermato, riteneva che Piton fosse un coglione, forse per essersi lasciato sfuggire una donna così giovane ed attraente, Narcissa dal canto suo si chiedeva se lo stato pietoso in cui versava in quel momento Piton avesse qualcosa a che fare con Hermione.

“Non è affar vostro, o sbaglio?”

“No, comunque mi auguro che tu non l'abbia fatta soffrire...” commentò severamente Narcissa “e che non ti sia preso gioco della sua giovane età”

“Scommetto sul contrario...” si intromise Lucius, che aveva appena ritrovato un po' di verve “Scommetto che la Granger è rinsavita, deve aver capito con che razza di uomo aveva a che fare... e si è decisa a lasciarlo a bocca asciutta” insinuò Lucius, nemmeno sicuro di quel che stava dicendo, ma volendo provocare una reazione nell'amico.

“è andata così?” chiese Narcissa guardando Piton, affatto convinta.

“Guarda come è messo!” continuò ad infierire Lucius, indicandolo.

“Da che pulpito...” ringhiò Piton a voce bassa, afferrando malamente il bicchiere che gli stava porgendo Lucius, il quale non smetteva di ghignare in sua direzione.


***

Nell'ufficio della Umbridge, Hermione si guardava attorno piuttosto tesa.

“Signorina Granger gradisce del thè?”

“No!” rispose di brusco istinto Hermione ricordando i vecchi ed illeciti metodi della Umbridge “No, grazie” aggiunse schiarendosi educatamente la voce.

“Si sieda” ordinò con la sua voce sempre insopportabilmente stizzita ed al contempo fredda “Non pensi che sia disposta a tollerare nella mia aula i vostri sotterfugi!”

Hermione che si era appena seduta si trovò a corrugare la fronte, travolta dalle urla stridule della Umbridge che evidentemente aveva nei suoi confronti qualche sfogo regresso dal quinto anno “Non lo tollero! Quegli scriteriati dell'Ordine...e tutte le vostre sette”

“E mi sono occupata personalmente di far bandire quelle bestie dal castello!”

“I mangiamorte intend-”

“Quei bruti della foresta!” continuò a strillare imperterrita la Umbridge “Lei ha idea di quel che mi hanno fatto?!”

“I centauri?!” Hermione sospirò inarcando entrambe le sopracciglia, prefigurandosi davanti una conversazione ben poco piacevole, dato che aveva in larga se non completa parte contribuito a quel piccolo inconveniente. Era chiaro che la Umbridge non avesse grande simpatia per lei.

“Si consideri avvertita signorina Granger... un altro solo dei vostri scherzi adolescenziali e provvederò personalmente a farla espellere dal Ministro”

Hermione constatò che la Umbridge doveva decisamente aver perso il lume della ragione, le parve un po' folle che quella donna si sentisse ancora minacciata da Silente, l'esercito e tutto ciò che esso aveva rappresentato.

Subì passivamente lo sproloquio della Umbridge che continuò per molti minuti a sospettare trame alle sue spalle a causa di Eserciti, Ordini e sette varie, a suo dire.

“Cosa ha consegnato a Malfoy?”

“Malfoy è il prefetto di serpeverde, gli ho consegnato gli orari delle ronde settimanali” disse in sua discolpa Hermione, guardando la Umbridge negli occhi un po' spiritati.

“Mi faccia vedere” ordinò la Umbridge senza ammettere obiezioni.

Hermione non contestò, tuttavia non si mosse e la professoressa, se si poteva definire tale, si ricompose ad un atteggiamento più conciliante. “Ricordo le spiacevoli circostanze degli anni passati... ci sono state molte incomprensioni fra noi, tuttavia mi auguro che lei non si senta più minacciata” disse solennemente la Umbridge con una compassione falsa e ostentata.

“Ora svuoti la borsa signorina Granger” disse la Umbridge sorridendo e piegando la testa di lato, mentre mescolava il the nella sua tazzina rosea.

***

Nel salotto dei Malfoy nel mentre era calato un silenzio carico di pensieri, dato che Piton non si decideva a dir nulla di interessante, Lucius aveva scrollato le spalle e richiudendosi nel suo mutismo, sotto lo sguardo preoccupato della moglie, si allontanò da loro uscendo nel cortile esterno. Narcissa lo osservò attentamente attraverso la vetrata, lanciando occhiate di disapprovazione alla bottiglia che Lucius stringeva in mano. Le sembrava che ogni ombra di divertimento o dileggio fosse svanita dal volto del marito. Per lo meno quando prendeva in giro Piton lo riconosceva.

Narcissa oscillò lo sguardo dal marito a Piton, che era egualmente abbattuto su un divanetto, tenendosi il capo su una mano, col volto crucciato e severo.

“Non è andata come ha detto Lucius vero? Sei stato tu ad allontanarla” constatò la donna.

Piton non potè fare a meno di aprire gli occhi, e alzare leggermente il capo dallo schienale, poi con lo sguardo puntato verso Narcissa, annuì.

“Come mai?”

“é meglio così” rispose secco Piton, passandosi una mano sugli occhi, sentiva la stanchezza della giornata cominciare a gravargli addosso e sentiva la pozione che iniziava a fare effetto nel suo braccio che pulsava di dolore.

“Meglio per chi?” chiese Narcissa guardandolo con la fronte aggrottata, dato che su una cosa non poteva che concordare col marito: Piton non sembrava passarsela bene.

Rimasero in silenzio per qualche istante, mentre Narcissa continuava a lanciare di tanto in tanto occhiate verso Lucius che passeggiava con aria sconfortata nel patio esterno, Piton invece sembrava cercare qualcosa nella tasca del mantello.

“Guardalo... non gli si addice per nulla quel portamento depresso”

Piton annuì col capo “Per nulla”

“Non sei preoccupato, Severus? È tuo amico!”

“è mio amico” sembrò confermare Piton, tuttavia senza nessun colore nella voce, quasi restando impassibile “Ma non posso aiutarlo, né puoi farlo tu Narcissa... quindi lascialo in pace... e soprattutto lascia in pace me”

“Non sei credibile Severus”

Piton la fissò con un sopracciglio inarcato “Cosa vorresti dire?”

“Dico che a giudicare dal tuo aspetto non mi sembra che essere lasciato solo ti abbia giovato molto...”

Piton sembrò non ascoltare le argomentazioni di Narcissa, evitò di ribattere, perchè in effetti aveva poco da ribattere. Era consapevole di avere un aspetto orribile e un portamento decisamente depresso, inoltre non aveva argomentazioni che non fossero ridicole o grottesche.

“Proverò a far avvicinare Lucius all'Ordine...”

“Un'idea pessima” commentò Severus accendendosi una sigaretta, mentre Narcissa continuava a parlare senza badare alle sue considerazioni ciniche.

“Potrebbe aiutarlo a sanare... certe colpe” continuò a spiegare Narcissa, per convincere Piton e soprattutto se stessa “I Weasley sono brave persone, e in passato hanno agito molto meglio di noi”

Rimasero in silenzio, con quella constatazione che aleggiava nella stanza, mentre Narcissa tornava ad osservare la finestra e Piton con un braccio immobilizzato per il dolore lancinante delle ossa che gli stavano ricrescendo, l'altra mano con un bicchiere stretto. Continuava ad osservare di tanto in tanto le tasche del mantello.

“L'hai vista di recente?”

Narcissa si immobilizzò nell'atto di infiammare il tabacco nella pipa, a sentire la domanda inaspettata di Piton.

“Hermione?” chiese Narcissa pensando per qualche istante alla risposta “Credo che la vedrò domani, dev'esser il suo compleanno... Minerva mi ha invitata ad Hogwarts per un piccolo festeggiamento con alcuni membri dell'Ordine” rispose tentando di carpire dall'espressione di Piton un qualche accenno a ciò che gli passava per la testa “Come mai?”

“Se ne hai modo consegnale questa” disse Severus mantenendosi distaccato e tirando finalmente fuori dalla tasca l'oggetto che da ore gli gravava addosso, nonostante fosse solo una piuma. Narcissa afferrò con le sopracciglia corrucciate la piuma azzurra e un po' spelacchiata che Piton le stava porgendo.

“Una piuma...? Severus... Se è il tuo modo di riconquistarla, posso dirti che è abbastanza discut-”

“Non voglio riconquistare nessuno” la interruppe prontamente Piton “Tu consegnagliela e basta, possibilmente senza accennarne il mittente...”

“Senza nemmeno un incarto?” lo ammonì Narcissa continuando perplessa a rigirarsi la piuma fra le dita, cercando di capire perchè fosse così importante e soprattutto così brutta “Via Severus, per lo meno un messaggio”

“No, nessun messaggio... nessun mittente, per cortesia Narcissa”

“Come vuoi” Narcissa ripose la piuma da parte senza sperare di avere da Piton altre chiarificazioni “Un'idea pessima”

***

Hermione uscì dall'ufficio della Umbridge con un'espressione alquanto sconcertata. Non riusciva a prendere sul serio gli ultimi folli sproloqui della Umbridge, e sebbene non avesse passato una bella mezz'ora, tentando di non assecondare l'istinto di risponderle a tono o peggio affatturare la professoressa, non sentiva alcuna autorità davanti a quella detestabile donna. Aveva avuto modo di appurare che doveva aver definitivamente perso il senno.

“Cosa voleva la Umbridge?” disse Draco scostandosi dalla parete del corridoio. Hermione, superando rapidamente la sorpresa di vedersi Draco davanti, subito colse l'occasione di sfogare tutta la frustrazione che aveva maturato a sentire la Umbridge strillarle contro.

“Deve aver avuto qualche trauma, è psicologicamente instabile Godric! Mi chiedo come possa essere un'insegnante!”

“Instabile?”

“mi ha perquisito la borsa!... ovviamente non ha trovato nulla, ma è comunque un metodo folle e opinabile...ciao Ginny!” esclamò Hermione vedendo la chioma rossa dell'amica che si stava loro avvicinando, con la faccia preoccupata.

“Che succede Hermione? Cosa ti ha fatto la Umbridge” chiese poi guardando gelidamente Draco, quando li ebbe raggiunti. “Malfoy tu cosa vuoi?”

“Tranquilla Ginny, gli stavo giusto raccontando della Umbridge...”

“Cosa vuoi tu Weasley? Sempre fra i piedi... Salazar”

“La Umbridge mi ha accusata di tramare contro di lei, dice che siamo tutti compromessi... insieme a quei balordi dell'Ordine, testualmente”

“Ma che dici Herm?”

“Mi ha perquisito la borsa perchè pensava avessi qualche messaggio segreto! Sospetta complotti fra l'Ordine della fenice ed i Malfoy”

“Sì e davvero matta se pensa che i Malfoy potrebbero mai allearsi coi Weasley” costatò Draco con un ghigno indirizzato a Ginny.

Prima che Ginny decidesse di aggredire l'ultimo e unico erede dei Malfoy, Hermione si mise nel mezzo ai due e, allargando gentilmente le braccia, li sospinse entrambi verso la sala grande per il pranzo.

“Quindi una settimana di pozioni e incantesimi?”

“Non se ne parla”


***

Piton aveva il capo reclinato sullo schienale del divano, con una smorfia velatamente dolorante, un braccio immobile sul bracciolo che gli lanciava fitte piuttosto insistenti.

“Penso che dovresti prendere in considerazione l'idea di rinnovare il tuo guardaroba” constatò in sottofondo la voce di Narcissa “Non solo perchè il tuo vestiario è troppo...monotono: è anche poco funzionale. Pensavi di cercare ingredienti nei boschi con il froak coat?”

“Il mio guardaroba non è tua competenza” ringhiò distrattamente Piton, stringendosi il braccio e soffocando i gemiti di dolore recati dall'Ossofast.

“Monotono, non funzionale e decisamente poco accattivante”

“Non ho alcuna voglia di sembrare accattivante”

“questo è evidente” commentò Lucius indicando Piton col bastone, il quale aprì gli occhi per raggelarlo con lo sguardo.

“Il nero è un colore piuttosto impegnativo e sinistro, potresti smorzare con un grigio scuro” proseguì Narcissa figurandosi una camicia dai tagli accuratamente stirati.

“Decisamente accattivante” Nel frattempo Piton aveva smesso di ascoltare i loro vaneggiamenti stilistici, stordito dalla pozione e dal whiskey.

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Capitolo 3
*** Scatto di serenità ***


Hermione non sapeva minimamente cosa aspettarsi, mentre camminava con passi nervosi verso l'ufficio della preside. Ginny era introvabile, e sebbene Minerva le fosse amica, era pur sempre la preside di Hogwarts e se aveva deciso di convocarla nel suo ufficio con tanta urgenza, sicuramente doveva esserci un motivo. Hermione era abbastanza intelligente per rendersi conto che i suoi voti nell'ultimo periodo non erano affatto conformi alla sua intelligenza, e che la sua voglia di applicarsi allo studio era scarsa, il suo rendimento in pozioni desolante. Un familiare e opprimente senso di stress le appesantì il petto, per quanto amasse studiare, le aspettative e le scadenze l'avevano sempre tesa come una corda, e se negli anni passati aveva sempre reagito con organizzata razionalità, in quel momento appariva sconfortata e particolarmente emotiva.

“virtus perfectas ratio”

I Gargoyle di pietra che sorvegliavano l'ingresso all'ufficio, rimasero immobili e ad Hermione quasi sembrò che pure loro la stessero guardando con a malapena la sufficienza stampata sui tratti di pietra.

Hermione continuò ad oscillare lo sguardo da uno all'altro, aspettando che qualcosa si muovesse “virtus perfecta ratio” ripetè le parole d'ordine a labbra strette.

I Gargoyle ruotarono su stessi nelle proprie nicchie e le si aprì davanti la via per la scalinata a chiocciola che si stava innalzando dal terreno fino all'ufficio, sulla cima della torre.

Quando Minerva vide comparire Hermione sulla soglia dell'ufficio, la trovò perplessa e con un sorriso amaramente ironico.

“Buongiorno Hermione... va tutto bene? Prego, accomodati” la salutò con sincero affetto Minerva, invitandola su una delle due poltrone poste davanti all'imponente scrivania che era appartenuta a Silente, nei tempi in cui era fisicamente esistente. Ora il suo quadro era appeso, senza soggetto, sulla parete in mezzo alle vetrate ad arco dell'ufficio, illuminato dal sole che rischiarava quel 20 settembre.

“Buongiorno preside, desiderava parlarmi?” sorrise Hermione accomodandosi sulla poltrona di fronte a Minerva, che nel frattempo aveva fatto levitare loro davanti due tazze da tè.

“oh su Hermione, non c'è bisogno delle formalità... come stai?”

“Sto abbastanza bene” Hermione non si sbilanciò, per non destare alcuna preoccupazione in Minerva, si sforzò di nascondere e celare la sua vera espressione che in realtà non sarebbe stata affatto allegra, ma piuttosto mesta e propensa a distogliere lo sguardo e meditare silenziosamente sui problemi che la inquietavano.

“è vero?” chiese severamente Minerva, soppesandola con sguardo critico, mentre ripensava ai commenti degli altri professori nella sala insegnanti poche sere prima.

“Se si tratta del mio rendimento... io-”

“Non si tratta del rendimento Hermione... mi stavo chiedendo, come del resto i miei colleghi, Hagrid, Filius, Horace... se per caso c'è qualcosa che ti turba?” disse Minerva con aria grave e reale apprensione, continuò: “In ogni caso, se pensi ci sia un modo in cui noi insegnanti possiamo venirti incontro, quale che sia il motivo della tua preoccupazione....saremo lieti di sostenerti”

Hermione guardò Minerva negli occhi, e fu grata della fierezza e sincerità che intravide dietro i suoi occhiali squadrati, tanto che sentì subito di potersi fidare di lei incondizionatamente.

“In verità... sono molto preoccupata per i miei genitori” ammise Hermione abbassando ogni guardia e ogni sorriso, per scoprire un'espressione enormemente triste e provata.

“Ho saputo che sono vivi, le ricerche del Ministero lo hanno confermato, ma non hanno ancora avuto buon esito?” chiese Minerva

“Non ancora... ma gli auror mi hanno assicurato d'esser vicini”

“Non dubito che li troveranno” la esortò Minerva, che in effetti non poteva permettersi il lusso di dubitare del Ministero.

“Sì li troveranno, tuttavia non avrò modo di... riaverli”

Sopra la nota amara che accompagnò il silenzio dopo l'affermazione di Hermione,

l'attenzione di entrambe fu attirata dal crepitio di un incantesimo nel camino.

“Minerva, Hermione!” li salutò la voce di Remus, sorridendo verso le due donne mentre si spolverava di dosso la polvere e chinava il capo per uscire dall'antro.

“Remus!” esclamò Hermione sorpresa e interrogativa.

“Come stai Hermione?” Remus le si fece incontro allegramente per poi abbracciarla “Ancora auguri!”

“Grazie Remus! Ma cosa-”

“Ciao Hermione!!” esclamò energicamente Harry uscendo con un balzo dall'antro del camino e stringendo Hermione in un abbraccio, mentre dietro di lui un susseguirsi di teste rosse faceva la sua comparsa nella stanza, salutando con calore Hermione e Minerva.

“Ciao ciao, come stai cara? Di nuovo auguri!” disse Molly stringendola in una morsa materna, che Hermione ricambiò leggermente disorientata, con la sorpresa stampata in faccia.

Stretta nell'abbraccio di Molly, intravide George e Arthur, e allo stesso tempo Ginny che entrava dalla porta dell'ufficio e Hagrid che si apprestava sulla scala a chiocciola dietro di lei.

“Sorpresa!” esclamò l'amica.

Ed appunto Hermione era piuttosto sorpresa. Per quanto amasse ogni persona lì dentro, in quel momento non aveva grande desiderio di sentirsi così al centro dell'attenzione, ed un leggero rossore era comparso sulle sue guance, accompagnato dalle sopracciglia visibilmente inarcate.

In pochi attimi l'ufficio ampio e quieto, fu inondato di chiacchiere e semplici risate, Hermione salutava tutti con aria un po' imbarazzata. Arrivarono poche altre persone, e tutti si diffusero in abbracci e saluti.

“Sto bene grazie, te?” mentì Hermione sforzandosi di sembrare allegra, mentre sosteneva lo sguardo furbo e gioviale di George.

“Non mi freghi... prendi questa, una bacca di buona sorte!” disse indicandola con un dito e poi lasciandole cadere in mano quello che pareva essere un innocuo frutto di bosco. Hermione se la rigirò sospettosamente nella mano “Credo che passerò” concluse dopo qualche istante, nel tentativo di renderla a George, ma lui si era già allontanato e le fece di lontano il pollice alzato.

Hermione sorrise fra sé e si mise il frutto di bosco nella tasca della gonna, continuando a guardarsi intorno, cercando di ambientarsi in quella inaspettata situazione.

Nel frattempo Molly aveva sistemato una colossale torta fatta da lei apposta per l'occasione e George aveva cominciato a fissare su di essa delle candele dalle forme eccentriche, mentre Minerva faceva posto sulla scrivania ordinando i libri e le pergamene nei cassetti.

“Allora Hermione, che mi racconti?” le si avvicinò Remus porgendole un calice di spumante roseo e frizzante.

“Non me lo aspettavo!... è così bello vedervi, te come stai? e Teddy?”

“Stanco... ma abbastanza felice! Anche Teddy... ma in realtà lui è piuttosto instancabile, è un bambino pieno di energia!” rispose Remus che seppur si fosse animato nel parlare del figlio, non fu abbastanza convincente per lo sguardo attento di Hermione, che infatti scorse nell'amico un malcelato svigorimento.

“E la luna...?”

“La luna continua a girare!.. su Hermione non ti preoccupare, è un giorno di festa... venti anni sono un numero importante!”

“è solo un numero... A dir la verità non mi sento molto rallegrata da questo periodo” ammise Hermione quasi mormorando le ultime parole.

Remus la guardò per qualche momento, con un sorriso divenuto amaro, poi si decise a non desistere da quel tentativo di rallegrarsi e porse ad Hermione una busta.

“Forse questo ti tirerà su il morale... un piccolo pensiero”

Hermione lo ringraziò con un sorriso, ma quando fece per aprirla Remus le fermò gentilmente la mano.

“Aprila dopo con calma, ora c'è la torta!” infatti George aveva appena dato fuoco alle sospette candeline che per l'appunto avevano iniziato a fiammeggiare con esagerata esuberanza, tanto da sembrare fuochi d'artificio. Hermione contemplò quel piccolo spettacolo con stupore, Fanny invece si era allontanata sdegnata in volo dal suo trespolo.

I momenti che seguirono trascorsero come sospiri di sollievo, Hermione tanto fu coinvolta dalla serenità che animava i volti familiari degli amici che avevano accompagnato da sempre la sua ordinarietà, che quasi si dimenticò delle sue preoccupazioni.

Ma poi la sua attenzione fu catturata dalla figura di Narcissa Malfoy mentre si stava materializzando in una fiamma di metropolvere nel camino. La signora Malfoy, seppur con distinta eleganza, si inserì bene in quel contesto, poiché in effetti le sue intenzioni erano sinceramente buone, i suoi modi certo affettati e un po' freddi, tuttavia venne ben accolta da tutti, persino i coniugi Weasley.

“I miei migliori auguri Hermione” si avvicinò Narcissa, salutandola con un cortese e composto abbraccio “Come stai? Come procedono i tuoi studi?”

“Molto bene” rispose Hermione senza tanta convinzione, tornando di nuovo gradualmente a rabbuiarsi.

“Come sai, nel caso dovessi aver bisogno la biblioteca del Manor è a tua disposizione”

Hermione al solo pensare a Lucius Malfoy, che mai si era dimostrato molto disponibile nei suoi confronti, non si sentì particolarmente accolta al manor. Ma sapeva che le parole di Narcissa erano velate delle migliori intenzioni, Narcissa era sincera e se avesse potuto parlarle altrettanto sinceramente, di Piton, di Severus e quel che c'era stato e che Hermione continuava a sostenere esistesse, forse allora avrebbe trovato un po' di conforto e magari qualche risposta.

“Draco mi ha riferito dell'invito al manor... mi farebbe molto piacere”

“Ottimo! Mi ha detto giovedì, giusto?”

Si accordarono per incontrarsi giovedì nel pomeriggio, chiacchierarono per un po',poi dopo che Narcissa le ebbe rinnovato l'invito ad usufruire della biblioteca del Manor, Ginny venne loro incontro con aria raggiante.

“Hermione i regali! Questo è da parte mia e di Harry” le porse un parallelepipedo molto voluminoso che Hermione ipotizzò subito fosse un libro.

“Dai, aprilo!” esclamò Harry raggiungendole, mentre Narcissa osservava la scena con un sorriso.

Hermione si sedette sulla poltrona e posandosi il tomo sulle ginocchia cominciò a scartare grossolanamente avvolta intorno. Si sorprese di constatare che in realtà non era un libro, ma piuttosto un album. Sapeva come fosse usanza nel mondo magico regalarsi album fotografici, ma notando la mole di quello in particolare, Hermione pensò che forse Harry e Ginny si fossero lasciati sfuggire la mano.

“Abbiamo radunato tutte le foto che erano nei bauli in soffitta dal trasloco, guarda a pagina quarantatrè!”

Hermione con un'espressione divertita aprì l'album a quella pagina e scoppiò istintivamente a ridere. La foto era stata scattata ad Hogwarts e ritraeva il volto comicamente sconvolto della Umbridge quando durante il loro quinto anno, Fred e George avevano interrotto gli esami Gufo con i loro eclatanti spettacoli pirotecnici.

Hermione guardò nella pagina seguente e trovò la vecchia sala delle necessità nello scatto che vedeva l'appena nato esercito di silente. Continuando a sfogliare casualmente l'album, Hermione ritrovò alcuni scatti della sua infanzia, magici, alcuni immobili, non tutti felici ma alcuni fra i più cari.

“Ne abbiamo trovate alcune...!” continuò a cantare allegramente Ginny, mentre Harry la assecondava anche lui alquanto esaltato:

“Le abbiamo riordinate per anno, fin dal primo!”

I lineamenti di Hermione andavano oscillando in una metamorfosi di espressioni, divertimento, scaltrezza, serenità, malinconia. Ma fu su una foto che l'espressione di Hermione si immobilizzò, turbata, persa per molti momenti. Lo scatto magico aveva colto Piton quando durante il secondo anno, in una sequenza di pochi secondi aveva duellato con Gilderoy Allock. Colin aveva colto anche l'accennato ghigno di divertimento sul volto di Piton ed Hermione, nel vederlo, si trovò a sorridere a sua volta.

“Grazie” Hermione richiuse l'album e lo ripose sul tavolino, poi si avvicinò ai due amici per abbracciarli, i quali la accolsero con calore.

Molly le aveva cucito un nuovo mantello foderato di rosso e oro ed una sciarpa, Minerva un libro di poesie, Fleur e Bill una ricercata e sottile catenina di argento. Non si era minimamente aspettata nessuno di quei regali, ma ne fu enormemente grata.

Fino a che, in un momento di tranquillità, Narcissa le si avvicinò di nuovo affianco, con compostezza.

“C'è un altra cosa che dovresti avere, in realtà” le porse una scatolina rettangolare, tanto leggera che Hermione prendendola pensò subito fosse vuota.

“Grazie....”

“Oh non è me che devi ringraziare tesoro, non è da parte mia”

“Da parte di chi...?”

Narcissa non disse niente, la guardò per qualche istante come invitandola ad aprire la scatolina, intimamente incuriosita da quella strana premura che mai si sarebbe aspettata da Severus Piton.

Hermione con la fronte aggrottata, a sua volta inevitabilmente incuriosita, sfilò delicatamente il nastro verde che chiudeva la custodia e ne svelò il contenuto ed il significato. Con aria concentrata e mano leggermente tremante Hermione afferrò fra pollice ed indice l'estremità della piuma azzurrina e la sollevò davanti agli occhi per osservarla in controluce, ancora più accigliata di prima.

Narcissa parve delusa, aveva in effetti sperato che almeno Hermione comprendesse cosa ci fosse di tanto interessante o significativo in quella piuma, che Severus le aveva chiesto così stranamente di consegnarle.

Ma non fece in tempo a dire niente che sentì Hermione trattenere il respiro e poi la vide riposare di scatto la piuma nella scatola foderata, deglutendo pensierosa.

“Lui... dov'è?”

“Non ne sono sicura Hermione, a dir il vero... penso che Severus al momento sia estremamente perso” rispose francamente Narcissa, senza tuttavia scomporsi troppo.

“L'ho trovato male”

“Male?” chiese Hermione in un sospiro, senza riuscire a mascherare la propria apprensione.

“Si, decisamente... non so quale sia il motivo del suo stato, anche se posso azzardare qualche ipotesi” continuò Narcissa facendo una pausa per guardare Hermione dritta negli occhi per qualche istante, in un'occhiata che esplicitava chiaramente le sue supposizioni “Tuttavia non ricordo di aver mai notato che Severus facesse regali di compleanno”

“Hai detto sta male...?” tentò di rallentarla Hermione, desiderando tornare a soffermarsi a quale fosse il motivo della sofferenza di Piton.

“Regali di compleanno decisamente discutibili...” continuò Narcissa osservando di nuovo la scatolina “Una piuma? Immagino sia un ingrediente...per una qualche pozione”

“è una piuma di jobberknoll, sì un ingrediente molto raro...” assentì Hermione rispondendo quasi automaticamente a quella metodica spiegazione “viene utilizzata per distillare il veritaserum e... pozioni della memoria”

“Capisco” Narcissa corrugò la fronte colta da un incerto ragionamento che cominciava a dare chiarezza ai gesti di Piton, la donna parve ad Hermione, per qualche istante, sorpresa e pure lei si addolcì di quella gentilezza che aveva scorto in Severus.

“...una pozione decisamente avanzata, che io non ho le minime competenze di distillare” continuò Hermione ridandosi un'aria di serietà “è meglio che la riprenda”

Hermione porse a Narcissa la scatolina richiusa, rifiutando gentilmente il dono.

“Perchè mai? È così raro che Severus faccia regali... non ne disprezzerei il tentativo”

“Ad esser raro è questo ingrediente, dato che io non saprei usarlo, è meglio che Severus ne faccia un uso migliore... io non me ne faccio di niente, non sono una pozionista”

Narcissa osservò Hermione meravigliata di quella franchezza, poi annuendo e allungando una mano verso di lei, si decise a riprendere la piuma.

“è più sensato che ne parli direttamente con lui, io ne so poco e niente di pozioni. ed essendo tanto raro... non è il caso di sprecarlo sconsideratamente” concluse Narcissa col proposito di riportare il messo al suo codardo mittente.

“Perchè non ha potuto incontrarmi di persona? In che senso lo hai trovato male...” chiese Hermione con fervore, sperando di riportare la conversazione sui suoi iniziali svolgimenti “...perso?”

“L'ho trovato male, sì... molto stanco, a tratti agitato e dolorante... ma questo è possibile che fosse per gli effetti dell'ossofast... o del whiskey, in ogni caso mi è parso molto simile a Lucius, triste e insoddisfatto...”

Hermione era rimasta a guardare Narcissa, quasi ammaliata da quella chiarezza di dettagli, ne stimò l'esaustività e annuì convintamente, esortandola a continuare la sua spiegazione.

“Turbato da un qualche rimorso, pensieroso e sempre così melodrammatico vestito di nero, avrebbe decisamente bisogno di tagliarsi i capelli...un po' cupo, come al solito”

Hermione si riscosse abbastanza da comprendere le contingenze “Ossofast? Come mai?”

“Deve essere inciampato in una qualche radice... ad ogni modo, se vorrai incontrarlo posso fare in modo che giovedì sia invitato anche Severus”

Un immediato cenno di intesa balenò sul volto di Hermione e quindi dopo poche altre parole, Narcissa rinnovò nuovamente l'invito e la salutò con effetto.

Hermione osservò Narcissa sparire fra le fiamme verdi della metropolvere.

Narcissa ricomparve in un elegante atrio dalle volte vittoriane, arredato di mobili molto costosi ma anche sobri, arazzi e tappeti con una lampante propensione per i toni verde smeraldo. Era ancora riflessivamente meravigliata degli sviluppi cui aveva assistito nelle ultime ore, e stranita da i suoi stessi inaspettati pensieri.

Non aveva mai nascosto i suoi dubbi, velati di rimprovero, riguardo tutta quella situazione sconveniente che rappresentava il suo vecchio amico, col suo passato oscuro, alle prese con la sua ex alunna, una brillante ragazza che probabilmente da mesi soffriva penosamente per lui. Era negativamente colpita dalla vigliaccheria che aveva dimostrato Piton, e senza trovare una scusa ai suoi comportamenti verso Hermione, tuttavia non credeva che la storia finisse così. A dispetto della sua disapprovazione era tendente a credere che fra tutti i comportamenti scontrosi di Piton, quello strano gesto gentile, quella piuma, rivelasse ancora un tratto di strada su cui proseguire.

Scosse la testa, ma ripose la scatolina in un cassetto e si mise in cerca di una pergamena, per avvertire Severus e offrirgli un'occasione.

Forse in effetti Lucius non era cambiato, era lei ad esser diventata inutilmente sentimentale.

“Sembri decisamente turbata” la riscosse la voce di Remus, il quale ancora nell'ufficio della preside, si era avvicinato a Hermione, con un'espressione scherzosa ma anche un po' preoccupata.

Hermione rispose con una smorfia rassegnata e mesta e si strinse nelle spalle, poiché la suggestione creata dalla conversazione avuta con Narcissa era ancora troppo vivida fra i suoi pensieri per concederle di sembrare spensierata.

“Andiamo a fare due passi, ti va?” chiese Remus non potendo fare a meno di ricordare quel timido tentativo di Hermione poco prima, di dire che in realtà i suoi pensieri non erano allegri come lo era la circostanza “Tra poco le giornate non saranno più così luminose, arriva l'autunno, il parco sembra tranquillo”

Hermione acconsentì e dopo aver nuovamente ringraziato tutti, si affiancò a Remus verso il parco, per pensare e discorrere in tranquillità.

In realtà Hermione rimase molto silenziosa durante il tragitto, ma Remus non fu turbato da quel silenzio, ed anzi si immerse a sua volta nelle sue riflessioni.

“Sembra di nuovo Hogwarts” constatò mentre attraversavano il cortile interno del castello.

“Insomma... manca qualcosa”

“Non saprei... a me sembra che sia tutto esattamente come prima” ribattè Remus indicando allegramente intorno a sè, indicando i portici ricostruiti ed il prato rigermogliato durante l'estate.

“Sì... sembra” Hermione annuì senza tanta convinzione “Anche la Umbridge è la stessa detestabile donna di prima”

Remus ebbe un sussulto, come ragguagliandosi d'improvviso della presenza della Umbridge ad Hogwarts, riprese a camminare guardandosi attorno.

“Non vorrei incontrarla...”

“Nemmeno io Remus, è diventata piuttosto delirante nell'ultimo periodo...”

“Cosa fa... vi tortura?” chiese Remus circospetto, anche se Hermione lo guardò con un sorriso divertito chiedendosi perchè bisbigliasse dato che la Umbridge si trovava al terzo piano a fare lezione e di certo non poteva sentirlo.

“Tranquillo perchè bisbigli? non ci tortura... anche se le sue lezioni si possono benissimo definire una forma di tortura intellettuale”

“Sai, se dovesse oltrepassare il limite puoi sempre parlarne alla riunione dell'ordine”

“no, non voglio rischiare di agit-” Hermione si arrestò bruscamente in mezzo al sentiero che dal cortile interno dava sul parco e si guardò intorno con la fugace e sospettosa sensazione di essere osservata. Dopo qualche istante riprese a camminare, Remus la osservò perplesso, ma lei si impegnò ad ignorare quell'improvvisa circospezione e a finire la frase.

“Non voglio rischiare di agitare le acque... la Umbridge già sospetta che io parli con l'Ordine alle sue spalle, è meglio ignorarla e lasciare che le sue congetture restino tali”

“Giusto, molto avveduta, ma se dovesse oltrepassare il limite...”

Hermione non accolse quell'invito ma continuò a sfogarsi con Remus del disprezzo che nutriva per quella donna che si trovava disgraziatamente ad esserle insegnante e dei suoi criticabili metodi di insegnamento, da cui non aveva nulla da imparare, fino a che arrivarono all'esterno del castello nel parco che circondava Hogwarts.

“Cosa ti ha regalato la signora Malfoy, ti ho visto sconvolta” chiese Remus mentre costeggiando i confini della foresta e tenendosi ben lontani da essa, proseguivano sulle rive del lago nero.

“Nulla, mi ha solo mostrato una cosa, una piuma”

“Una piuma”

Remus annuì un po' confuso ma notando che Hermione si era un po' rabbuiata, non volle insistere su quella curiosità.

Continuarono quindi a parlare delle cose belle, Remus le raccontò delle dolci stravaganze del piccolo Teddy, che aveva appena cominciato a camminare, ma era già capace di arrampicarsi e gettare un giocoso scompiglio intornò a sé. Andromeda si affaticava, con amore, dietro al bimbo che già a quella età mostrava una notevole potenza magica. Nel parlarle di Teddy, Remus sorrideva paternamente ma non poteva fare a meno di nascondere una certa malinconia, poiché vedere i radi capelli del figlio mutare colore, così come mutavano le sue emozioni, gli recava ogni volta una fitta al petto.

Continuarono a conversare e camminare per un po', fino a che iniziò a tramontare, ovvero molto presto dato che le giornate cominciavano ad accorciarsi. Scendeva il sole e il crepuscolo nell'umida aria autunnale intorno ad Hogwarts e mentre si avviavano per la via del ritorno, si beavano dello spettacolo naturale dei giochi di luce del sole che tramontava sullo specchio di acqua piatta.

“Ti accompagno al portone, poi temo di doverti salutare, Teddy mi aspetta!”

“Non ti preoccupare Remus, vai da Teddy, salutamelo! Io rimango qui un altro po' finchè c'è un po' di luce”

Così quando ebbero raggiunto i cancelli del parco, si salutarono con la promessa di incontrarsi presto anche con Teddy e Remus varcati i confini, si smaterializzò a Diagon Alley. Hermione si sedette sul prato e quando si fu stancata di contemplare poeticamente il paesaggio, si ricordò dell'album che le era appena stato regalato e cominciò a frugare nella borsetta di perline.

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Capitolo 4
*** Reviviscenza ***


Allora, parlando onestamente, non sono sicura di avere il pieno controllo della storia e non sono nemmeno particolarmente entusiasta del capitolo. In generale penso che molte cose avrei potuto svolgerle diversamente e su vari aspetti narrativi mi sono solo complicata la vita. Tuttavia ho intenzione di portare a termine la storia, coi miei tempi, questo posso assicurarlo con certezza. Per il momento buona lettura.

[breve refresh= il capitolo precedente terminava coi festeggiamenti per Hermione, dopo insieme a Remus entrambi passeggiano sulle rive del lago nero. Poi Remus se ne va ed Hermione rimane sola]

Hermione si sistemò il pesante volume sulle gambe, si accomodò con la schiena contro il tronco solido di uno dei pini che costeggiavano le rive del lago nero e si immerse in quella preziosa raccolta di ricordi.

Le immagini erano per lo più magiche, poche rimanevano immobili davanti agli occhi di Hermione, mentre gli scatti magici si animavano con risolutezza. Hermione riconobbe nelle prime pagine i volti ancora infantili di Harry e Ron, il suo cespuglio di capelli ed i suoi denti così grandi rispetto i tratti ancora minuti della tenera età.

Ammise a se stessa che in effetti ricordava un castoro e con un sorriso divertito, che ora non aveva più nulla di sproporzionato, voltò pagina incontrando subito le stesse rive in cui si trovava, ma otto anni prima, in uno scatto che mostrava un paesaggio immoto, colto con il cielo plumbeo e luminoso e dietro montagne pressochè identiche a quelle che aveva davanti Hermione, quasi intatte da ogni cambiamento.

Scoppiò a ridere fra sé e sé, quando aprendo per caso su un'altra pagina il suo occhio cadde su un vivace furetto che si agitava in aria, e Malocchio con una certa maligna nell'occhio finto che si adoperava per farlo levitare fra le risate mute di alcuni studenti.

Hermione strinse le labbra corrucciata, sentendosi un po' in colpa per aver appena riso, dato che pensando nella prospettiva del furetto non doveva esser stata poi un'esperienza molto piacevole.

Dopo un po' cominciò a sfogliare le pagine con più frenesia, non riuscendo a resistere alla tentazione di scoprire quali altri scatti avessero colto Piton.

Si imbattè in una foto del vecchio ordine, l'unico che aveva vissuto, il quale oltre a loro che erano le nuove reclute, ritraeva Remus e Sirius, Tonks e Malocchio, Fred e George, ma nessuna ombra di Severus.

Distolse lo sguardo sul prato, mise da parte l'album e avvicinando a sé la borsetta, con un incantesimo appellò il pensiero che le aveva regalato Remus. Era una busta che conteneva due spessi rettangoli di carta babbana, lucida ed inconfondibile col logo di una compagnia aerea intercontinentale. Hermione osservò i biglietti aerei indecisa su come reagire, con un'aria combattuta fra sensazioni multiformi quali la felicità e la gratitudine, lo stupore e la malinconia. Quel che la separava dai suoi genitori era più difficile da superare che un oceano, avrebbe potuto raggiungere l'australia ma non sapeva come superare le barriere che occludevano i loro ricordi, manomessi e offuscati, che lei stessa aveva creato per proteggerli.

Hermione guardò di nuovo dentro la busta e trovò un altro foglio, fitto della familiare grafia di Remus ed una locandina magica.

Ma distolse improvvisamente l'attenzione da entrambi, per scrutarsi di nuovo intorno, turbata da quella strana sensazione. che più che un sentire, sembrava un presentimento.

“Hominum revelio” quindi dopo che si fu guardata un'ultima volta intorno circospetta, non vedendo nessuno, si impose una regolata sulle ansie inutili. Perchè i presentimenti non reggono molto di fronte alla ragione.

***

Poco prima Minerva, nell'ufficio della presidenza, non riusciva a far altro che passeggiare avanti ed indietro, dato che sedersi sulla sedia che era appartenuta a Silente le risultava piuttosto scomodo. Ogni tanto lanciava occhiate significative verso l'uomo in piedi, immobile, davanti alla vetrata, e lo ammoniva con voce piuttosto alterata rispetto la sua consueta rigidità, sperando di ottenere una qualche reazione. Ma Piton con le braccia conserte, non accennava a cambiare espressione, annuiva sistematicamente di tanto in tanto, ma a mala pena ricambiando lo sguardo di Minerva, pareva impassibile.

“Insomma, queste ferie non mi pare ti abbiano giovato molto... sei sparito per quasi un mese e sei tornato peggio di quando sei partito!”

Piton a questo punto cambiò un po' espressione, inarcando un sopracciglio abbastanza da far cadere la propria indifferenza.

“Ti ringrazio Minerva, in effetti anche tu non splendi... siamo nervosi?”

“Sai benissimo perchè non posso stare tranquilla con la Umbridge a Hogwarts...tu d'altro canto sei appena arrivato”

Piton incassò gelidamente e tornò a guardare oltre la finestra, ristabilendo la sua fredda compostezza “Piuttosto... trovo inverosimile che la Umbridge lasci vagare il mannaro a suo comodo per il castello”

“Non ti rispondo nemmeno Severus”

“Come mai il mannaro è ancora ad Hogwarts?”

“Sei un'uomo veramente detestabile quando fai così, abbi un po' di rispetto”

“Perchè Lupin è a zonzo nel parco di Hogwarts?”

“Severus penso che tu possa deporre il tuo istinto investigativo ora... o quanto meno indirizzarlo verso il reale problema al momento”

“E quale sarebbe esattamente?”

“La Umbridge! Non Remus di certo, ha il mio permesso di restare ad Hogwarts ogni volta che ne abbia necessità...”

“Molto caritatevole Minerva complimenti”

“Come del resto lo hai tu... i tuoi alloggi nei sotterranei sono intoccati, Lumacorno ha voluto gli alloggi al primo piano”

“Non mi tratterrò a lungo”

Minerva lo guardò con poca comprensione, non perchè si aspettasse un qualche aiuto da Severus nella gestione di Hogwarts, riteneva che quell'uomo avesse già patito abbastanza costretto dai ruoli, tanto che nessuno aveva il diritto ora di negargli il riposo, ma quel che la preside non capiva era perchè Piton apparisse ancora così infelice “E posso chiederti dove andrai? Hai trovato un'alternativa a Spinner End?”

“In effetti sì”

“Ed un altro impiego?”

“Non sono qui per raccontarti dei miei progetti esistenziali Minerva. Per l'appunto sono qui per riprendere i miei effetti, chiudere qualche faccenda”

“Capisco...” Minerva si sistemò gli occhiali con aria seria “In ogni caso, qualunque siano i tuoi progetti, sai che ci sarà sempre un posto per te ad Hogwarts”

Piton guardò Minerva negli occhi con un cenno di gratitudine che si nascondeva dietro il suo orgoglio serpeverde, lo stesso orgoglio che gli suggeriva di non accettare quel prezioso favore e segno di affetto.

Piton non aveva idea di quali fossero i suoi progetti, procedeva in incognita, ed osservava quella mirabile variabile che intravedeva oltre il vetro nel parco, chiedendosi cosa ne sarebbe risultato. Non sapeva come chiamarlo, se non un dissidio interiore ineludibile, che per quanto si imponesse d'agir secondo ragione, nelle sue riflessioni maturava sempre più fantasie e speranze. Si sentiva ancorato ai suoi passati patti, al marchio sbiadito ma tuttavia indelebile, ai giuramenti che aveva stretto e che avevano irrimediabilmente compromesso la sua morale, gli occhi di Silente e quelli freddi di Lily, che ancora lo trafiggevano di un sordo terrore. Era una responsabilità pesante, di cui nessun uomo con un briciolo di umanità si sarebbe facilmente alleggerito, e tuttavia Piton aveva sentito un meraviglioso sollievo nel vederla passeggiare di lontano nel parco di Hogwarts.

Per quanto Severus fosse razionale per natura, non sfuggiva alla contemplazione e continuava a chiedersi cosa, ipoteticamente, poteva essere stato.

Rimase a parlare con Minerva fin che, tramontato il sole, decise fosse giunto il momento di salutarla e tornare nei suoi sotterranei.

***

Hermione riposta la busta in tasca e afferrata la borsa, si avviò sulla via del ritorno ripercorrendo il sentiero che attraverso il parco conduceva fra i portici di Hogwarts.

Ormai il sole era tramontato e solo un ultimo fascio di luce serale era sfumato sull'orizzonte, il frinire degli insetti notturni cominciava a sostituire i brusii del giorno. Le vetrate del castello erano illuminate ed Hermione in pochi minuti le raggiunse, attraversando i portici del cortile interno, si incamminò fra i corridoi di pietra, con le armature nelle nicchie ed i quadri che conversavano fra loro, fino alla sala comune di Grifondoro.

“Hermione svegliati! C'è la partita!” Hermione aprì gli occhi con aria perplessa, notando la luce mattiniera ravvivare la stanza, che per il resto era un totale disordine, eccetto la scrivania di fronte al letto di Hermione, quella era l'unica eccezione all'entropia che regnava sovrana nella stanza, fra vestiti, pile di libri e pergamene.

“questa stanza è un caos” mormorò Hermione con la voce ancora assonnata, mentre si guardava intorno per delucidare i sensi.

“Dai, fra due ore c'è la partita contro Serpeverde”

“Chi gioca?”

“Ma come chi gioca!? Corvonero, quest'anno Carter ha fatto proprio una bella squadra... hanno un nuovo cercatore niente male”

Hermione annuì alle chiacchiere di Ginny, seppur non particolarmente interessata agli eventi sportivi, cominciò a prepararsi per la giornata e iniziò facendosi una doccia.

Ricordandosi della giornata prima, del festeggiamento che le avevano organizzato, immediatamente si rallegrò e nel pensare a quelle persone che le erano così care e così essenziali, pensò di esser stata sciocca a sentirsi sola in tutto quell'ultimo periodo, troppo concentrata su ciò che le era andato male aveva finito per trascurare quei rassicuranti affetti, che amava come una famiglia, cari amici e figure paterne, materne e rincuoranti.

Uscendo dalla doccia con aria pensierosa meditò sull'Australia ed il regalo di Remus, quella busta che conteneva la possibilità di rivedere i suoi genitori. Era agitata all'idea e subito concluse di aver bisogno di parlare con Remus, ringraziarlo, forse rifiutare quel dono così impegnativo e sperare che lui la convincesse ad accettare, con argomentazioni migliori delle sue.

Evitò di proposito di pensare a quella scomoda piuma, consegnata anonimamente ma senza che fosse chiaro che Piton aveva, inaspettatamente, compiuto quel gesto. Hermione si sentiva finalmente forte nella disillusione e non aveva intenzione di illudersi di nuovo. Sarebbe restata ai fatti, ed i fatti erano le persone che aveva intorno, che la amavano e che amava, e che avevano piacere di starle vicino, senza nascondersi.

“Ginny, grazie ancora dell'album... è bellissimo davvero”

“Sì, è stata un'idea di Harry... sapevo ti sarebbe piaciuto! E George che ti ha regalato? Non mi fiderei”

“Una bacca, ha detto che porta fortuna”

“Possibile! Ho sentito che sta sperimentando qualche nuovo progetto... che aveva iniziato con Fred” Ginny dopo qualche attimo di silenzio, ritornò alla carica con entusiasmo “E Remus? Aspetta! Ho visto che anche la signora Malfoy ti ha regalato qualcosa...?”

“Non lei... in verità Piton” Hermione si sforzò di non far sentire la sua incertezza nel pronunciare quel nome, ma ovviamente finì col fare una smorfia strana.

“Ancora Piton...?” chiese Ginny, tastando cautamente il terreno, poiché l'ultima volta che si erano addentrate in quell'argomento spinoso, un'Hermione decisamente bisognosa di insultarlo si era lasciata andare ad un veemente e colorito sfogo con la povera amica, la quale alla fine si era trovata coinvolta al punto di insultarlo a sua volta. Ma dopo qualche giorno Hermione era tornata tetra.

“Mi ha fatto un regalo di compleanno, credo...”

“Molto carino!” commentò sarcasticamente Ginny.

“Non lo capisco! Perchè fa così!? Secondo te mi prende in giro?”

“Non lo so, non ha avuto nemmeno il coraggio di consegnartelo di persona...”

“Appunto... Io devo vederlo Ginny!”

“No calma, non credo proprio sia il caso... finisce che ci scappa il morto o il figlio”

“Ma ti pare! Voglio solo parlarci, civilmente e sperando che anche lui sia civile”

“Secondo me ci sei ancora sotto”

Hermione fece finta di non aver sentito, alzò il mento perchè ciò era lapalissiano

“Vedremo”

Mentre camminavano per uno dei corridoi principali del primo piano, dirette verso il campo da quiddich, Ginny sventolando una sciarpa di corvonero e saltellando allegramente, cantava dei motti contro la nobile casata da Salazar.

Hermione sorrideva ma si trovò a voltare la testa quando vide Draco, in tenuta da cercatore e con una nimbus 2002 in pugno, superarle e ghignare verso Ginny.

“I corvi non hanno speranze”

“Non credo proprio... a meno che tu non abbia pagato l'arbitro!” ribattè Ginny con enfasi, puntando un dito verso Draco.

“Scommetto che prenderò il boccino prima che voi possiate arrivare a cinquanta punti”

Draco e Ginny continuarono a provocarsi sulla partita di quiddich, con Hermione che sorrideva ed ogni tanto dava manforte a Ginny. Ma poi quando Ginny ebbe ripreso a canticchiare i suoi cori, facendo finta di non vederlo, Draco si avvicinò ad Hermione e accostandosi al suo orecchio, chiese in un sussurro:

“Che non vai a fare un salutino nei sotterranei?”

“Che dici Draco?”

“Piton è a Hogwarts, ho messo la lettera nel suo ufficio prima di venire qua”

“è a Hogwarts?! … Godric, la lettera!” strillò Hermione raggelando nel ricordare quello scomodo particolare “Devo riprenderla”

“Di che state parlando?” si interpose Ginny, guardandoli interrogativa.

“Ginny, hai ancora la mappa del malandrino o ce l'ha Harry?”

“Ma che suc-”

“Ha scritto una lettera d'amore al nostro professore e si sta pendendo” spiegò Draco indicando Hermione, la quale nel realizzare che Piton era a Hogwarts, aveva iniziato a borbottare fra sé con aria agitata

“Sì, devo riprenderla... Ginny, la mappa..?”

“è nel cassetto del mio comodino... ma Hermione-”

“Ginny, tu vai e non ti preoccupare, appena risolvo questo problema ti raggiungo... forza corvonero!”

Salutò Ginny e Draco e lì lasciò interdetti in mezzo al corridoio, cominciando a correre indietro verso i dormitori. Pronunciò la parola d'ordine col fiato corto e si lanciò verso le scale a chiocciola fino alla loro stanza, frugò energicamente nel cassetto e ne tirò fuori la vecchia pergamena dei Malandrini.

“Giuro solennemente di non avere buone intenzioni”

Hermione nell'osservare fremente l'inchiostro che prendeva forma sulla mappa, storse le labbra, perchè in realtà aveva le migliori intenzioni di preservare la propria dignità.

Draco negli ultimi giorni sembrava essere fin troppo bravo nel cogliere la sua molto destabilizzata emotività, perchè in effetti aveva scritto una chiara ed inequivocabile dichiarazione d'amore al suo vecchio professore, appena tornato a Hogwarts, e sì, si stava enormemente pentendo.

Subitò sfogliò fra gli inserti della mappa cercando i sotterranei, ma non ebbe bisogno di trovarli, poiché trovò quel che cercava al settimo piano.

Severus Piton in quel momento passeggiava avanti ed indietro per il corridoio, ma dalla mappa non risultava apparire nessuna camera delle necessità.

Ripiegò velocemente la mappa e se la infilò in tasca, si buttò a capofitto per le scale e poi di nuovo per i corridoi del castello, procedendo poi con cautela quando giunse ai ripidi gradini dei sotterranei, in cui non desiderava lasciare l'osso del collo.

Entrò nell'ufficio umido e deserto senza problemi e col batticuore che sembrava rimbombare nella stanza, si affrettò verso la scrivania in cerca della lettera. Vedendo la scrivania sgombra si voltò e cominciò a guardarsi intorno.

La trovò per terra di fronte alla porta, dove evidentemente Draco l'aveva fatta passare, quindi subito la prese in pugno e finalmente, trovato un senso di sollievo, si fermò qualche istante per riflettere e ritrovare un battito regolare.

Si avvicinò all'uscio, coi sensi in allerta, cercando di captare qualche movimento. Il corridoio sembrava esser vuoto, quindi gettandosi un'ultima occhiata intorno sperando di non aver lasciato tracce del suo passaggio, uscì dall'ufficio richiudendo saldamente la porta dietro di sé.

Si sentiva più tranquilla, quindi non corse, ma con una camminata leggera e affrettata ripercorse la via che usciva da quei maledetti luoghi. Si sarebbe sentita realmente calma solo quando fosse giunta al primo piano.

E poco dopo vi giunse, traendo un sospiro di sollievo, riprese a camminare e respirare regolarmente.

Trasse dei profondi respiri, si sentiva quasi stordita, ma totalmente immersa negli eventi carica di una nuova energia, forse adrenalinica.

Si era lamentata fino a quel momento di non sapere dove fosse Piton e di quanto volesse vederlo, che in quel momento la cosa più sensata e coerente che le venne in mente di fare, fu di imboccare uno di quei passaggi segreti per il settimo piano.

Atteggiò una calma che non aveva e si avviò su per una scala a chiocciola, poi imboccò uno stretto corridoio nascosto dietro un arazzo fino ad arrivare ai luminosi spazi agli ultimi piani del castello, dove ampie vetrate che mostravano i boschi, le montagne e le vallate verdi del Nord dell'Inghilterra.

Si fermò di colpo a sentire vibrare fra i corridoi una voce bassa e familiare, che le mandò subito brividi lungo tutta la schiena, fino alla testa, quasi fino ad ottunderle la lucidità. Si avvicinò circospetta, per poter distinguere chiaramente le parole del discorso, ma la voce di Piton smise e si alternò ad essa una molto più sgradevole e acuta, che ruppe subito ogni incantamento.

“Questi luoghi devono essere perlustrati!” stava strillando la Umbridge “Io non scordo i precedenti! Quei balordi...-”

“Pensa che quei balordi abbiano ripristinato l'Esercito di Silente?” chiese Piton con fredda insinuazione, mentre Hermione con l'udito teso si rifugiava dietro una nicchia.

“Certo! Stanno tramando qualcosa e mi creda Piton, scoprirò di cosa si tratta”

“A chi si riferisce di preciso...?”

“Alla Granger ovviamente, e la Weasley! Paciock e quella stramba della Lovegood”

“Crede che senza Potter ne siano capaci? Sono solo un branco di ragazzini smarriti” ribattè Piton mollemente, ed Hermione si immaginò il suo volto impassibile mentre diceva quelle parole e sorrise. Se non avesse avuto tanta paura di essere scoperta, avrebbe sbirciato nel tentativo di vederlo.

“Non faccia l'errore di sottovalutarli. La Granger ha cospirato coi centauri per farmi catturare e torturare”

“Come prego?”

“Mi ha quasi fatta uccidere da un gigante! Quella ragazzina è pericolosa Piton...mi creda”

“Le credo, davvero pericolosa...” Hermione ascoltò meravigliata l'uomo, mentre assecondava la Umbridge col suo solito tono impassibile.

“Per caso... ha del veritaserum?” chiese la Umbridge con tono viscido e malevolo.

“Al momento no... ma certamente posso far in modo di procurarglielo”

Hermione sorrise ammaliata nel sentirlo parlare, quasi scordandosi della circostanza in cui si trovava.

“Molto bene Piton... di certo il Ministro ne terrà conto”

“Me lo auguro... buona giornata”

Hermione si ritrasse di scatto nell'antro, rifugiandosi nel buio della nicchia, sentì la Umbridge salutarlo con voce insopportabilmente acuta e pretesa cortese, poi i suoi tacchetti che si allontanavano lontano da Hermione.

Rimase in attesa, poi non udendo che silenzio, suppose che pure Piton se ne fosse andato col suo passo da spia e quindi si arrischiò fuori dal suo nascondiglio.

Il corridoio era deserto, Hermione si affacciò al corridoio laterale, quello da cui erano provenute le voci della Umbridge e di Piton, e lo trovò anch'esso vuoto.

Decise di ritornare al dormitorio, e poi da lì decidere se avesse voglia di andare alla partita di quiddich, quindi si avviò continuando a ripercorrere la conversazione che aveva appena origliato, e soprattutto la voce di Piton che non aveva sentito per così tanto tempo.

Era una voce che aveva l'ineludibile potere di incantarla, e di suscitarle sensazioni che solo poche sonate classiche erano in grato di creare. Amava quella voce e lui, era maledettamente bravo, la modulava con maestria, scandendo le parole e orientando la conversazione abilmente dove lui voleva. Era tanto bravo che per qualche momento persino Hermione aveva creduto che Piton si trovasse d'accordo con la Umbridge. Ma lo conosceva troppo intimamente per non capire che l'uomo aveva giocato con la Umbridge come un predatore con un ingenuo topo.

“Quindi ha ragione la Umbridge... sei particolarmente problematica”

Hermione si immobilizzò all'istante, coi nervi improvvisamente tesi e la pelle percorsa da brividi. Si voltò con lentezza e trattenendo il respiro nel tentativo di non mostrare alcuna sorpresa, si soffermò a guardare il volto di Piton, che la stava scrutando con uno sguardo strano e tuttavia indecifrabile, che Hermione non riuscì a comprendere.

“Buongiorno...” riuscì ad articolare con abbastanza sicurezza, mantenendo lo sguardo in su e constatando che si era quasi scordata di quanto l'uomo fosse alto.

“Non ti hanno insegnato che non si origliano le conversazioni altrui?”

“Io non... non sapevo fosse ad Hogwarts in realtà, è un piacere vederla”

Piton non disse niente, e si prese qualche momento per studiarla con occhi indagatori, probabilmente interdetto da quella formalità che Hermione ostentava come una maschera e che invece lui percepiva come una sorta di farsa.

“Non ho origliato nulla... lei come sta professore?”

“Sì hai origliato... e non sono più professore”

“No... quando è arrivato? Ha trascorso una piacevole vacanza?” chiese Hermione con un sorriso a cui non era abituata: poco spontaneo, tanto da apparire sfrontato, che in realtà celava una certa rabbia sofferente.

“Me ne andrò a breve”

“Ah!.. mi dispiace” Hermione sorrise un'ultima volta e fece per andarsene con noncuranza. Ma Piton le afferrò il braccio per farla di nuovo voltare e scandì con tono autoritario: “Non così in fretta... vorrei esser chiaro, dal momento che senza dubbio hai origliato” Hermione alzò lo sguardo su di lui in ascolto, per nulla intimorita dal tono categorico dell'uomo, ma piuttosto dalla profondità del suo sguardo, che per quando apparisse insondabile ad Hermione fece solo desiderare di avere qualche momento in più per osservarlo di nuovo da vicino “Stavo simulando ovviamente, non appena ne avrò l'occasione riferirò a Minerva le parole di quella psicopatica”

“Lo so!” Hermione fece un sorriso di intesa, realmente ammirata ma battendo un paio di colpetti sulla mano dell'uomo che ancora le stava stringendo un avambraccio “è stato davvero abile, ora mi scusi ma dovrei-”

“Lo sai?” chiese sorpreso Piton quasi in un ringhio, lasciando immediatamente la presa su di lei quasi si fosse scottato.

“Era ovvio, ora dovrei andare...buona giornata professor Piton!”

“Smettila con questo contegno, è insopportabile e artificioso!” tuonò Piton con un'irritazione visibile che ruppe la sua impassibilità, lasciando spazio di nuovo a quel bagliore strano che gli aveva visto negli occhi poco prima ed una certa veemenza, che quasi la intimidì.

“Buona giornata!” Hermione lo schivò con un balzo e superandolo iniziò a camminare frettolosamente per il corridoio.

“No” disse Piton raggiungendola e parandosi di fronte per ostruirle la via “Ferma”

Hermione si voltò e riprese a camminare per il verso opposto.

“Vorrei parlarti Hermione”

E lei non potè fare a meno di rallentare, senza guardarlo, in attesa che le parlasse ma sempre pronta a proseguire per la sua via.

“Mi chiedo perchè non hai accettato la piuma, ricordo che mi hai pregato in lacrime di trovarla affinchè potessi finire la pozione per i tuoi genitori"

“Ho abbandonato quel progetto” tentò di liquidarlo Hermione, con un cipiglio severo e malinconico “Sarebbe un inutile spreco di tempo ed ingredienti”

“Non ti ricordavo così arrendevole Granger” esplicitò senza tante riserve Piton, chiedendosi dove fosse finita la sua insopportabile e insistente determinazione. Non scordava di quanto sapesse esser testarda, abbastanza da rubare ingredienti preziosi dalle scorte del presente e senza farsi scoprire concludere una distillazione avanzata e della durata di mesi, dentro un laboratorio rudimentale come era un bagno, per altro infestato da fantasmi estremamente fastidiosi.

“E a me non risultava che Piton facesse regali di compleanno”

“Infatti non era un regalo, ma solo un aiuto puramente professionale”

“Certo!”

“Ad ogni modo spero che il tuo abbattimento non sia causato da me”

Hermione lo guardò con le sopracciglia inarcate, stupita dalla supposizione che per quanto suonasse così presuntuosa per come Piton l'aveva detta, in realtà aveva ben colto nel punto.

“Non ha proprio nulla a che fare con lei, comunque la ringrazio per il pensiero” mentì freddamente Hermione, dato che in realtà l'abbattimento che nell'ultimo mese aveva precipitato il suo umore ed equilibrio, aveva molto se non tutto a che fare con lui e la sua assenza.

Piton, intimamente sconcertato, oltre che enormemente infastidito e affranto da quel tono formale che Hermione si ostinava ad usare, fu colpito di sentire quella frase, tanto da rimanere immobile e privo di espressione.

“è tutto?” chiese Hermione alzando il mento verso di lui.

“No” Piton puntò gli occhi nei suoi “Come procede il resto?”

“Il resto di cosa?... se mi sta chiedendo della mia vita sto benissimo, grazie... lei? La cicatrice è peggiorata?”

Piton sembrò quasi sorpreso, si portò distrattamente una mano sul collo. Perchè nonostante negli ultimi mesi, come del resto negli anni si fosse abituato ad ignorare il dolore fisico, quel marchio che gli solcava la pelle rimaneva là e continuava a mandargli sorde fitte.

“Si vede, è arrossata”

“Ora siamo pure medimaghi Granger?”

“No, appunto le direi di andare da Madama Chips... ma essendo che nessuno rifornisce più le sue scorte, non credo troverebbe alcun balsamo”

“La cicatrice non mi crea alcun fastidio” provò a sviare Piton, ma Hermione scoprendosi enormemente divertita dal metterlo a disagio, continuò:

“E il braccio, si è ristabilito?”

Si destreggiò nella sua migliore espressione cortese ma distaccata e vedendo che Piton non accennava a ribattere, si prese il permesso di andarsene.

“Buona giornata”

Si ritenne soddisfatta del volto interdetto di Piton quasi disorientato di fronte a tutte quelle domande e constatazioni sul suo stato di salute. Peccato che la dichiarazione d'amore che aveva in tasca, fresca e sincera avrebbe reso ridicola ogni ostentata formalità. Hermione si confermò di aver fatto bene a recuperare la lettera, per evitare di esporsi ridicolmente, decise che avrebbe aspettato. Piton non aveva fatto cenno alla loro situazione, come a definire come essa fosse storia chiusa, ma non le era sembrato nemmeno troppo distaccato. Lei, d'altra parte, non poteva che ammettere a se stessa di essere ancora irresistibilmente in suo potere. Sebbene rapita, non si sentiva impotente, percepiva a sua volta, nel parlargli e nel sottostare al suo sguardo, un certo potere di seduzione cui l'uomo non riusciva a sottrarsi.

Non si sentiva così entusiasta da giorni, settimane e nonostante le esteriorità, non poteva nascondere a se stessa il motivo.

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