Alla
menzione del suo
nome Lenny si voltò verso di Joel e alzò le
spalle, annuendo debolmente.
«Lo
sai che è sempre
stato il mio idolo, Midge! Perché non me lo hai presentato
prima?» Si inumidì
le labbra secche, sintomo dell’incontenibile emozione che lo
aveva assalito al
cospetto del suo comico prediletto.
Midge
si lasciò cadere
sul materasso, esternando la sua insofferenza.
Susie,
invece, si avviò
rapidamente nella direzione in cui si trovava Joel soltanto per
sbattergli la
porta in faccia.
«Scusa
tanto eh, ma qui
si sta cercando di avviare una conversazione privata! Sai che vuol
dire?»
Sbottò impazientemente. Il volume della sua voce fu attutito
dal limite fisico
della parete, riuscendo a comunicare comunque la forza del messaggio
che recava
con sé.
All’improvviso
nella
stanza piombò il silenzio.
«Non
vorrei aver
frainteso, quindi scusami se ti chiedo cosa cavolo siamo venuti a fare
qui. Se
è per farci una bella dormita, allora preferisco di gran
lunga il letto del mio
nuovo appartamento. Per lo meno non è affollato come
questo.» Di fronte alla progressiva
tensione dei muscoli del viso di Midge, Susie si precipitò a
chiarire, «E no,
Miriam. Sai che non era un’offesa.»
«Quindi,
cos’è di preciso
che vorresti che ci dicessimo? Sono io quella all’oscuro di
tutto.»
«Non
possiamo farlo dopo
aver mangiato? La cena si raffredderà e Zelda
andrà su tutte le furie. Sono
sicura che avrà speso tutta la giornata per preparare non
meno di cinque
portate. E poco importa se in sostanza è sempre gulash.
È una
fottuta artista della cucina quella
donna! Ci avrà messo il cuore e io non ho intenzione di
spezzarglielo.»
«Se
fossi in te prenderei
qualche appunto, Midge.» Lenny non riuscì a
trattenersi e le chiese con gli
occhi il permesso di occupare il posto accanto al suo.
Lei
lo guardò con estrema
consapevolezza.
Soltanto
dopo un cenno di
assenso le si accostò in maniera estremamente seducente e
intima, sfiorandole
la coscia con il ginocchio: nonostante gli strati di stoffa che
separavano la
sua pelle da quello più superficiale del suo abito color
rosa salmone, le gambe
di Midge tremavano quasi impercettibilmente. Nella speranza di
dimostrarsi
padrona di sé, cercò di evitare il contatto
visivo pur essendo cosciente del
fatto che Lenny sapeva perfettamente quali sensazioni stesse suscitando
in lei.
Indecisa
su dove poter
appoggiare gli arti superiori – considerata la pericolosa
vicinanza del corpo
di Lenny – Midge incrociò le mani al petto e
dichiarò con una leggera asprezza:
«Sto ancora aspettando che uno dei due scavi a fondo nella
propria coscienza
alla ricerca di un briciolo di coraggio per spiegarmi il reale motivo
di questa
visita improvvisata. L’ultima volta che abbiamo parlato siete
stati molto
chiari, ve lo assicuro.»
Susie
deglutì a fatica
prima di parlare, «Beh, Miriam. È ora di mettere
da parte qualsiasi cosa sia
successa tra di noi e rimboccarti quelle costose maniche che ti ritrovi
per
cercare nuove occasioni di lavoro. Ti ho perdonata e ora sono pronta a
ricredermi su di te. Ho ancora delle belle carte da giocare.»
«L’importante
è che non
siano quelle di Alfie!»
«Divertente!
Vedo che sei
in forma, quindi direi che possiamo dimenticare tutto e ricominciare
daccapo.»
Midge
scosse la testa, «È
giusto che me lo ricordi, invece. Ho sbagliato e sto imparando la
lezione.»
Si
voltò finalmente verso
di Lenny, inclinando il viso da un lato per guardarlo meglio. Poi,
posò
esitante una mano candida sul suo ginocchio e la sensazione che quel
contatto
produsse a entrambi fu come un sorso di liquore in una gelida notte
invernale.
Lenny
la fissò con
un’espressione molto indulgente, «Hai aperto gli
occhi, uh? Era ora! Credo che
ti piacerà quello che vedranno adesso che non sono
più appannati dalla paura e
dall’orgoglio.»
«Mi
ci è voluta una
tempesta di neve per capirlo. Sai, ho avuto la fortuna di prendermi una
ramanzina dal signor Bruce in persona nel momento del suo trionfo.
Hanno
persino ridipinto le pareti della sua stanza di blu! Sapevi che forse
è il suo
colore preferito?»
Lenny
sollevò le mani in
aria in segno di discolpa, «Carnegie
Hall…»
Rimasero
immobili, presi l’uno
dall’altra, per quella che sembrò essere
un’eternità, come se il reciproco
sguardo potesse spogliare loro di qualsiasi indumento avessero addosso.
Susie,
in piedi di fronte
al letto matrimoniale su cui erano seduti i due comici,
guardò loro
esterrefatta, «Wow, wow, wow…»
«Cosa?!»
Dissero
all’unisono girandosi di scatto, colti in flagranza.
«È
chiaro. Ma certo, come
ho fatto a non accorgermene? Sono evidentemente di troppo in questa
stanza.»
Lenny
nascose un ghigno dietro
la mano, divertito come non mai nel vedere l’aria imbarazzata
di Midge.
«Mi
sembra di capire che
la prossima volta che un giornalista mi chiederà se la mia
cliente è la ragazza
di Lenny Bruce la mia risposta non potrà più
essere la stessa. Andranno in
brodo di giuggiole, soprattutto ora che il tuo bel fusto qui non se la
passa
affatto bene. Quegli avvoltoi amano il dramma e temo
che…» Si bloccò
all’istante, indecisa se rivelare ad alta voce le sue
preoccupazioni riguardo
al danno di immagine che la resa pubblica della loro relazione avrebbe
potuto
comportare a Midge. Iniziò a balbettare, cercando un modo
giusto per uscire da
quella spiacevole situazione.
Lenny
comprese perfettamente
dove Susie volesse andare a parare e la sua espressione si
oscurò in modo
repentino: si fece malinconica, sebbene risoluta. Guardò
Midge, «Susie ha
ragione. Non ho nessuna intenzione di trascinarti giù con
me. Hai la tua strada
da fare e la mia presenza sarebbe un ostacolo alla tua carriera. Non
hai idea
della merda che mi è caduta addosso ultimamente...»
Quindi
si levò dal letto
e si aggiustò la cravatta, pronto per andarsene.
Midge,
tuttavia, non
aveva alcuna voglia di lasciarlo libero così presto.
Allungò il braccio e lo attirò
di nuovo a sé, costringendolo a riprendere posto accanto a
lei.
«Ah,
quindi fammi capire:
dovrei semplicemente voltarti le spalle e far finta che non ti stia
accadendo
nulla? Vorresti che io chiuda gli occhi ogni volta che ti vedo indifeso
e
vulnerabile sul ciglio di una strada e lasciare che la polizia ti
sbatta dentro
per l’ennesima volta? Vuoi dirmi che dovrei bermi le tue
stronzate e assecondare
le tue dipendenze premiandoti con uno stupido applauso a fine serata? E
tutto
questo nonostante avermi letteralmente dimostrato che tu non lo faresti
mai a
parti invertite. Dopo “quella cosa molto carina”
che hai fatto aprendo per me
al Gaslight quando Sophie Lennon mi aveva bannata da qualsiasi locale;
dopo avermi
proposta per l’ingaggio al Copa e aver trattato per ben tre
volte con lo scopo
di farmi avere una paga dignitosa. Lenny, dopo quello che
c’è stato quella
notte… Come puoi pensare che io possa essere così
ingrata?» Si sedette sul suo
grembo, accarezzandogli una guancia perfettamente rasata.
«Non
ho fatto nulla di
tutto questo per avere un ritorno da te.»
«Lo
so. Ho compreso il
motivo per cui lo hai fatto mentre eravamo sul palco della Carnegie
Hall. Adesso,
vorrei che anche tu comprendessi il motivo per cui ho deciso di darti
ascolto. Non
voglio deluderti per nulla al mondo. Abbiamo ancora diverse cose da
chiarire, ma
prima di tutto voglio che tu mi prometta che in futuro le mie orecchie
non ascolteranno
una seconda volta quello che il tuo cervello ha imposto alla tua
adorabile
bocca di esprimere ad alta voce poco fa.»
Fece
una pausa,
respingendo le lacrime che minacciavano un diluvio emotivo.
«Quel
giorno, il giorno
dello Yom Kippur, ero una casalinga dell’Upper
West Side ridotta a
pezzi e sola. Tu non hai visto un bel vaso distrutto da sorpassare con
indifferenza o da compatire, ma una persona vera da incoraggiare a
tirarsi su
da sola, ad avere fiducia in sé stessa e a lavorare,
lavorare e lavorare.
Quindi, sappi che il mio ombrello sarà sempre pronto a
difenderti dalla pioggia
o dalla prossima bufera di neve in cui ti troverai coinvolto.»
Susie
ascoltò in
religioso silenzio. Non pensava di avere il diritto di lasciare che il
suo
cinismo oscurasse la bellezza e l’intensità di
quelle parole. Anche lei lo
ammirava per la generosità e la premura con cui aveva sempre
trattato Midge,
senza aspettarsi nulla in cambio.
«Ma
è da stupidi, Midge!»
«Quando
due persone leali
si incontrano è inevitabile che si sentano stupide rispetto
a buona parte della
gente che bazzica nel mondo. Se ti può rincuorare, mio padre
pensa che tu sia
una persona brillante e credo di avergli sentito elogiare anche un
passaggio del
mio ultimo monologo l’altro giorno. Ho una grande
considerazione del suo
giudizio, sai?»
Lenny
scrollò le spalle, «Beh,
se ne è proprio così
sicuro…» Avvicinò il suo viso a quello
di Midge,
contemplandole le labbra con desiderio.
«È
un critico di
spettacolo per il Village Voice già da
un po' di tempo. Il che rende le
sue idee ancora più scientifiche del solito.»
Susie
decise che era
giunto il momento di intervenire, «Fate finta che io non ci
sia, mi raccomando!
È tutto così romantico e melodrammatico, e sono
sicura che il rabbino sarebbe
pronto a celebrare il vostro matrimonio anche tra un’ora, ma
il mio stomaco è
saturo di zuccheri per oggi.»
Si
rivolse direttamente a
Midge con un dito puntato nella sua direzione, «Vorrei
soltanto sapere a quale
monologo ti riferivi prima, dato che non mi risultano tue recenti
esibizioni
nell’agenda che Dinah non fa altro che ficcarmi sotto al naso
ogni santo
giorno.»
«Giusto.
Allora, potresti
non capirlo immediatamente, ma sappi che ho lavorato pur non lavorando.
Restando a casa per di più! Ho tutto nella mia mente,
Susie.»
«Cioè?»
«Non
sono stata in
panciolle e ho creato qualcosa di geniale, se posso dirmelo da
sola.»
«Tu
ci hai capito qualcosa?
Tra voi comici dovreste capirvi…»
Supplicò Lenny in preda ad un attacco acuto
di impazienza.
«A
parte quanto il mio
ego sia infinitamente più modesto del suo?»
Susie
si lasciò cadere
sulla sedia della scrivania.
«Cosa
aspetti a parlare
in maniera meno criptica?»
«Ho
scritto un intero
spettacolo! Anzi, ad essere precisi si tratta di un’idea per
un programma
televisivo che ho intenzione di proporre a Gordon Ford.»
Midge
si tirò su e aprì
uno dei cassetti del suo comodino, finendo con l’estrarre una
pila di fogli
scritti in maniera molto fitta e rapida. La penna, evidentemente, aveva
fatto
fatica a stare al passo della sua mente in fermentazione.
«Calma,
ragazza. Frena un
po' l’entusiasmo. Capisco l’ottimismo, la fiducia
in te stessa e l’idealismo
che ti hanno ispirata, ma hai pensato a come fare arrivare questo nelle
mani di
Ford?» Indicò il faldone che Midge, nel frattempo,
aveva passato a Lenny.
«Ho
pensato che potresti
pensarci tu. Mi hai detto che hai delle conoscenze nella
produzione.»
«In
effetti, dal momento
che non ti esibisci più da nessuna parte mi sembra
l’unica possibilità… Così
sapranno che esisti e che non sei una mia allucinazione.»
Susie
lasciò che Midge la
stringesse in un abbraccio soffocante, scegliendo però di
ricambiare il suo
impeto con cauta partecipazione. Mentre il suo soffocamento procedeva
senza
pietà, Susie diresse la propria attenzione
all’uomo seduto con le gambe
accavallate e la testa china sulle carte, assorbito dalla lettura del
soggetto.
Finalmente, quando Lenny sollevò gli occhi su di lei non fu
necessario
aggiungere altro: l’orgoglio che leggeva in quello sguardo
bastava a infonderle
l’energia per riscaldare i motori e ricominciare a far
partire l’ingranaggio.
|