La Parete di Sangue

di Huffelglee2599
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Arrivo al castello ***
Capitolo 2: *** Primo giorno (Parte 1) ***
Capitolo 3: *** Primo giorno (Parte 2) ***
Capitolo 4: *** Punizione ***
Capitolo 5: *** Attacco improvviso ***
Capitolo 6: *** Ricerca di risposte ***
Capitolo 7: *** Biblioteca ***
Capitolo 8: *** Sezione proibita ***
Capitolo 9: *** Sotterfugio ***
Capitolo 10: *** Sconvolgimento ***
Capitolo 11: *** Invasione ***
Capitolo 12: *** Ritorno a casa ***



Capitolo 1
*** Arrivo al castello ***


Arrivo al castello


Un cumulo di vapore si disperse nell’aria, mentre l’ennesimo fischio della locomotiva sollecitava i ritardatari a deporre nella stiva i loro effetti personali e ad affrettare i loro passi in direzione del primo vagone disponibile. Tuttavia, malgrado l’imminente partenza, vi era ancora chi indugiava tra le braccia dei propri genitori, in particolare i novellini del primo anno, ai quali sembrava interessare di più il bisbigliare confortevole di parole rassicuranti, piuttosto che il pungente stridio delle ruote che si stiracchiavano, oramai in procinto di mettersi in moto. Un penetrante cigolio di avvertimento a cui solo una ragazzina sembrava dare effettiva importanza: sostava d’innanzi al treno, con le braccia conserte, osservando con una smorfia di superiorità il convoglio che, finalmente, avrebbe condotto il suo sguardo a posare la propria attenzione sulla Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts, il luogo che suo padre detestava di più al mondo. Un piccolo sbuffo di avversione lasciò la sua bocca, prima di permettere al proprio corpo di muoversi, raggiungendo uno degli sportelli.
Il legno scricchiolava sotto il passaggio sicuro dei suoi piedi, accompagnando l’indifferenza dei suoi occhi scuri attraverso il lungo corridoio, alla ricerca della giusta cabina. Solo dopo un centinaio di metri i suoi passi si fermarono, attirati dal silenzio di un abitacolo alla sua destra, dove decise di entrare senza alcuna esitazione: prese posto sul lato sinistro, vicino al finestrino, attendendo il cambiamento di un panorama che aveva già iniziato a perdere la sua attrattiva, troppo caotico e rumoroso, quasi plebeo, per una persona della sua levatura. Sospirò, appoggiando la schiena contro il morbido tessuto della poltrona, innervosita dalla consapevolezza che la sua mente non si fosse presa la briga di ricordarle che sarebbe stato saggio prendere con sé un libro, data la lunghezza del viaggio che la attendeva, nonostante ciò, non poteva di certo arrabbiarsi più di tanto: con tutte le informazioni che aveva dovuto imprimere nella sua memoria, per essere in grado di raggiungere in solitudine la stazione di King’s Cross, era evidente che il suo cervello avesse eliminato quello che riteneva superfluo. Così lasciò che il suo capo si adagiasse sul vetro leggermente appannato della finestra, in attesa che quel tragitto senza significato trovasse la sua fine.

 

Il treno aveva lasciato Londra solamente da una trentina di minuti, tuttavia, malgrado l’abbondanza di tempo che rimaneva a disposizione, prima di avere la possibilità di scorgere la destinazione ultima, la lucentezza di una mantella nera risplendeva lungo la corsia centrale della locomotiva, risultando quasi avulsa rispetto alla normalità di un abbigliamento che ancora veniva indossato dalla maggior parte dei ragazzi. Eppure, la giovane studentessa non pareva curarsene, sistemando con la mano destra il nodo della sua cravatta e stringendo nella sinistra il libro degli Incantesimi di Priscilla Corvonero, uno degli innumerevoli testi che aveva letto quell’estate, in preparazione all’inizio delle lezioni.
Camminava rapidamente, con lo sguardo che vagava veloce da una cabina all’altra, alla ricerca di un altro posto di cui poter godere fino alla fine del viaggio: nell’istante in cui si era alzata, allontanandosi dal suo abitacolo, per raggiungere il bagno più vicino e poter finalmente assaporare la meravigliosa sensazione di essere a tutti gli effetti una allieva della scuola più rinomata di tutto il mondo, un gruppetto di ragazzi si era impadronito della sua postazione, non permettendole di riacquisire la sua ubicazione una volta ritornata. Malgrado, in un primo acchito, il suo istinto le aveva suggerito di rispondere al crudele ghigno che si era trovata d’innanzi, dando sfogo alla parte più irascibile del suo carattere, in un secondo momento, la sua accortezza le aveva fatto notare che non era il caso di entrare in conflitto con alunni più grandi di lei (frequentavano almeno il quinto anno), i quali sfoggiavano con orgoglio i maglioni della divisa da Quidditch di Serpeverde. Pertanto, era passata oltre il suo scompartimento, sperando di intercettare un vagone con un posto ancora libero.
Le sue gambe avevano percorso buona parte del convoglio, soffermandosi ogni tanto d’innanzi alle porte scorrevoli di alcune cabine, solo per riprendere il passo nell’attimo in cui i suoi occhi non avevano trovato il favore di uno spazio vuoto o di uno sguardo amichevole, quando, ormai arresa alla consapevolezza che avrebbe dovuto trascorrere le rimanenti ore di viaggio sui muscoli già indolenziti dei propri arti inferiori, l’attenzione del suo udito venne catturata dallo strano alone di silenzio che alleggiava in quella remota zona del treno, inducendola a rivolgere lo sguardo verso la sua destra.
Le sue sopracciglia si sollevarono leggermente, sorprese nel constatare che l’abitacolo fosse completamente deserto, fatta eccezione per la presenza di una ragazza, la quale, con la schiena addossata alla parete e le scarpe appoggiate sul sedile di fianco al suo, sembrava aver trovato la giusta posizione per abbandonarsi ad un pisolino.
La giovane alunna rimase immobile per alcuni istanti, indecisa su come procedere: avrebbe potuto introdursi di soppiatto nel vagone e prendere posto nel primo sedile, lontano dall’altra bambina, in maniera tale da non disturbare il suo sonno, oppure le sue nocche avrebbero potuto sbattere sulla superfice di plexiglass dell’ingresso, ridestando la ragazzina e rendendola partecipe della sua esistenza. In tutti e due i casi non si sarebbe meravigliata se, dando adito alla prima opzione, avrebbe dovuto tranquillizzare lo spavento di una ragazza che, allontanatasi dal suo risposo, si sarebbe scontrata con la presenza di un’estranea nella sua medesima carrozza, viceversa, seguendo la seconda possibilità, avrebbe potuto trovarsi d’innanzi ad un rimprovero, accompagnato da uno sguardo infuocato.
Prese un respiro profondo, prima di fare un passo in avanti. Le assi del pavimento scricchiolarono, offrendo alla bambina accovacciata sulla poltrona l’occasione di sapere che qualcuno si stava addentrando nel suo settore: dischiuse le palpebre, incontrando la figura di una sua coetanea che, bloccata sulla soglia d’ingresso, la osservava, in un misto di preoccupazione e nervosismo.
-“Ehm..scusami, ma..ecco..mi hanno rubato il posto..e il treno è tutto occupato. Ti dispiace se mi siedo?”-
Era insolito riscontrare un principio di insicurezza e timore nel tono con il quale era abituata a conversare, ciò nonostante, non ebbe la forza di infondere coraggio alla sua cadenza vocale, nel momento in cui le sue iridi avevano incrociato l’oscura freddezza di uno sguardo. Attese, con le piante dei piedi saldamente ancorate al suolo, malgrado nelle sue ginocchia si era diffuso un lieve tremore, diretta conseguenza della minuziosa ed accurata ispezione a cui il suo aspetto era sottoposto.
La ragazzina dagli occhi scuri non si era mossa di un millimetro, scrutando con sospetto la sua intrusa, nel vano intento di cogliere un qualche indizio che potesse indirizzare la sua indagine sul soggetto che si ritrovava di fronte, ma a parte la capacità di constatare il fatto che provenisse da una buona famiglia, data la stoffa pregiata con la quale era stata realizzata la sua toga, non era in grado di distinguere di quale ceppo si trattasse. Purosangue? Mezzosangue? Babbana? Rabbrividì al pensiero che potesse trovarsi d’innanzi ad una delle due ultime condizioni. Inoltre, non sapeva se quella novellina potesse fare parte della sua casata, anche se la vista di un libro nella sua mano sinistra allontanava completamente i suoi sospetti. Così, senza alcuno straccio di risposta, malgrado le numerose lezioni impartite da suo padre, si limitò a scuotere il capo, permettendo alla giovane studentessa di varcare la soglia e prendere posizione nel secondo sedile, al centro della poltrona.
Il silenzio non si fece attendere, nonostante il carattere loquace e spigliato della ragazza in divisa, in quell’istante sopraffatto da un tenue sentore di disagio che diveniva sempre più elevato ad ogni secondo che passava: sebbene la sua attenzione fosse rivolta ad accertare lo stato della rilegatura del volume che teneva sulle gambe era, comunque, in grado di percepire i suoi occhi continuare ad esaminare i propri lineamenti, alla disperata ricerca di qualcosa.
Spazientita dal suo indiscreto comportamento decise di mettere da parte quel senso di malessere e inferiorità che cominciava ad attecchire con insidia nella sua anima, sollevando il capo e posando le sue iridi in quella enigmatica tenebra.
-“Mi chiamo Quinn..comunque..Quinn Fabray”-
In un primo momento la ragazzina dallo sguardo indagatore rimase statica, nessun turbamento o imbarazzo sembravano risiedere nel suo volto, nonostante fosse stata colta in flagrante in quella che pareva una vera e propria scansione corporale, successivamente, una volta preso atto del nome della sua indesiderata ospite, il suo sopracciglio sinistro prese a sollevarsi leggermente, mentre il cognome della bambina d’innanzi a lei veniva ripetuto con rapidità nella sua mente, nel tentativo di stabilire quale potesse essere la sua posizione all’interno del mondo magico. Tuttavia, il suo nominativo non trovava alcun riscontro tra i personaggi illustri delle famiglie che suo padre le aveva indicato come punto di riferimento; oltretutto, i suoi tratti erano molto comuni: capelli biondi ed occhi verdi, nulla che avrebbe potuto definire quale fosse la sua appartenenza. Così, la giovane dal temperamento tutt’altro che amichevole, fu costretta a rivelare il suo nome, almeno per eliminare una delle due ultime possibilità rimanenti: stava parlando con qualcuno che faceva, anche se solo per metà, parte del suo universo, oppure si stava ritrovando a conversare con un estraneo?
-“Santana Lopez”-
I muscoli del corpo di Quinn si irrigidirono, mentre un tenue bagliore di consapevolezza attraversava le sue iridi, rendendola conscia di chi fosse la persona a pochi centimetri da lei o, se non altro, della rilevanza del cognome che portava.
Nonostante, Quinn avesse ereditato solamente dal ramo materno la possibilità di diventare una strega, le notizie sul mondo magico non erano mai state considerate un tabù all’interno della sua famiglia, pertanto, la giovane studentessa era sempre stata aggiornata sulle questioni economiche, politiche e sociali dell’istituzione a lei parallela, prendendo atto di quali fossero le figure di spicco e le casate di maggior influenza del suo adiacente universo. Ed una di quelle presentava proprio il nome dei “Lopez”. Tuttavia, la loro dinastia non era soltanto affiancata al potere che erano in grado di esercitare e alle ricchezze che possedevano: la maggior parte dei membri di quella rinomata discendenza erano stati seguaci del Signore Oscuro e giravano parecchie voci sul fatto che quel piccolo particolare non fosse affatto cambiato.
Si maledisse per non essere riuscita a cogliere i segnali con il giusto anticipo, in maniera tale da evitare di ritrovarsi costretta a viaggiare con qualcuno che, probabilmente, non la riteneva nemmeno degna di vivere. Per un momento prese in attenta valutazione la possibilità di alzarsi e uscire da quel vagone carico di freddezza, ma, in seguito, si rese conto che il suo gesto sarebbe stato la riprova di una paura che in quel momento non voleva mostrare. Così annuì distrattamente, riportando la concentrazione sul libro e cominciando a sfogliarlo, malgrado la sua memoria fosse in grado di anticipare ogni pagina, come se nessuno dei suoi pensieri avesse preso piede nella sua mente, come se i suoi sensi non riuscissero a percepire il ghigno divertito e consapevole che solcava le labbra di Santana.

 

Nonostante il convoglio riecheggiasse del vociare entusiasta e incontenibile delle centinaia di ragazzi presenti al suo interno risultava davvero difficile non riuscire a distinguere il frenetico ed angosciato passo che si dilungava attraverso lo stretto corridoio della locomotiva.
-“Fievel!”-  
Una ragazzina dalle lunghe trecce bionde correva a perdifiato in direzione della coda del treno, con l’affanno che scuoteva le sue spalle ed un inquieto allarmismo a fare da padrone al suo sguardo, il quale, non abbandonava mai il pavimento.
Si concesse una piccola pausa, appoggiando il palmo della mano destra contro ad uno stipite in legno che delimitava l’accesso ad una cabina, mentre le dita dell’altra mano si stringevano intorno all’orlo del suo maglione di lana. La sua bocca era dischiusa ed il suo caldo alito si mescolava all’aria circostante, in un momento di ricercata tregua che, tuttavia, non ebbe nemmeno il tempo di iniziare: una serie di altisonanti urla e colorite imprecazioni ridestarono la giovane inseguitrice dal suo breve attimo di riposo.
Riprese la sua folle corsa, rincorrendo il fragore di quelle grida che, ad ogni passo, divenivano sempre più distinte e terrorizzate, finché, dopo aver raggiunto l’ultimo scompartimento, la sua attenzione venne catturata da una carrozza alla sua destra, dove risiedeva l’origine di quel panico.
-“Levamelo di dosso! Levamelo di dosso!”- sbraitava una ragazzina dai lunghi capelli neri, rivolta alla bambina di fronte a lei, la quale, sventolando un libro verso il suo petto, tentava di rimuovere il piccolo intruso.
-“Fievel!”- la giovane padroncina si introdusse con rapidità nell’abitacolo, rivolgendo i propri passi in direzione del suo animaletto che, tuttavia, spaventato dal trambusto prese a zampettare sul torace della ragazzina dagli occhi scuri, la quale, in preda al ribrezzo, lo colpì, scaraventandolo sul pavimento, mentre, a tentoni, si alzava in piedi sul sedile, alla ricerca di un distacco che avrebbe considerato vitale.
Nel frattempo, la bambina dalle bionde trecce si era sporta verso il suolo, fino ad inginocchiarsi sulle stridenti assi di legno, nel disperato intento di acchiappare il suo topolino, ma la giovane bestiola era rapida e le minute mani della ragazzina faticavano a stare dietro ai suoi improvvisi scatti.
I versi di orrore e disgusto della ragazzina dalla pelle mulatta continuavano a risuonare nel vagone, cadenzati dal cigolio della struttura della poltrona che, sotto ai suoi rapidi e pesanti saltelli, dava l’impressione di essere sul punto di cedere; mentre, la bambina dagli occhi verdi rimaneva immobile, con i piedi leggermente sollevati e il suo libro stretto al petto.
-“Fa’ qualcosa!”- strillò la giovane mora, puntando per una manciata di secondi lo sguardo sulla ragazzina seduta all’altro lato della cabina, prima di ritornare ad esaminare con insistenza maniacale la superfice sottostante, terrorizzata dalla possibilità che quell’infido ratto avesse nuovamente invaso la sua area personale.
La bambina dai lisci capelli biondi prese a spostare con frenetica agitazione il capo da una parte all’altra della carrozza, alla ricerca di un modo che potesse aiutare la nuova arrivata a recuperare il suo animale, ma nulla di rilevante affiorava nella sua mente, ancora offuscata dal timore di un paio di occhi neri.
-“Che cosa vuoi che faccia?!”- le domandò, con il tono di voce strozzato dalla tensione e lo sguardo rivolto alla ragazzina chinata sul pavimento che continuava ad inseguire il suo topolino, malgrado fosse ben chiaro che tutti i suoi tentativi sarebbero stati un totale fallimento.
-“Non lo so! Sei tu che hai in mano un dannato libro degli Incantesimi!”- le fece notare la mora, stizzita dalla sua completa mancanza di raziocinio, mentre si cimentava in una danza impropria, con l’unico scopo di sfuggire alle grinfie di quella orripilante bestia.
Il precario respiro della giovane studentessa arrestò per un momento il suo affanno, giusto il tempo necessario per accendere un bagliore di vita nella sua mente, restituendo alla memoria della ragazza la miriade di formule a cui aveva prestato la sua attenzione per tutto il periodo estivo. Mosse con rapidità le palpebre, prima di deglutire e indirizzare lo sguardo verso la sua toga, sul lato sinistro, dove la sua bacchetta riposava tranquilla. Percepiva il proprio petto risuonare dei battiti del suo cuore, mentre, una volta estratta la sua arma, concentrava le sue fervide iridi in direzione del piccolo topo.
-“Impedimenta!”-
Il movimento della creatura si fece ad ogni secondo sempre più lento ed instabile, finché, fermatosi del tutto, divenne finalmente possibile riacquisire il controllo su di lui: la bambina dalla capigliatura curata lo racchiuse tra le sue mani, mentre mormorava al suo orecchio parole di conforto.
Intanto, le urla della mora erano cessate, sostituite da uno sguardo truce che non lasciava alcuna speranza di ripensamento nei confronti del moto di rabbia a cui la sua anima stava offrendo il suo appoggio.
-“Per la barba di quel vecchio idiota di Merlino! Come ti salta in mente di portare a bordo quella sudicia bestiaccia!?”- imprecò, rivolgendo alla causa del suo malessere una gelida occhiata, prima di orientare il suo totale interesse alla delicata stoffa del suo pullover nero, alla ricerca di qualche foratura o macchia che potesse averlo intaccato. Si rimise seduta composta sulla poltrona, senza badare al disappunto che comparve sul volto della ragazzina dalle bionde trecce.
-“Non è una bestiaccia. È un topolino delle risaie..e si chiama Fievel”- lo difese con decisione la sua proprietaria, mentre faceva scorrere con delicatezza i suoi polpastrelli tra i ciuffi del suo morbido pelo marroncino.
Le dita della ragazzina di fronte a lei si bloccarono, ponendo un freno alla sua ansiosa ispezione, solo per sollevare il capo e lasciare che il proprio sguardo vagasse, con un principio di avversione sempre più crescente, sulla figura di quella mocciosa che aveva osato contraddire le sue parole.
Il suo sopracciglio sinistro era inarcato verso l’alto, mentre le sue iridi scure si immergevano nel limpido bagliore di un audace azzurro, così temerario da credere di possedere il giusto coraggio per sostenere lo sguardo di una “Lopez”. Oppure era solamente ingenuo ed inesperto, una ipotesi alla quale la giovane mora dava molto più accredito.
Rimasero immobili, in un conflitto di sguardi a cui nessuna delle due voleva cedere terreno, dal momento in cui la ragazzina seduta sulla poltrona, con le mani ancora posate sul maglione, doveva mettere in chiaro la sua già evidente superiorità, mentre la bambina in piedi di fronte a lei, con i palmi impegnati a proteggere il suo animale, non voleva concedere alla sua coetanea il diritto di insultare il suo piccolo amico.
Nel frattempo, la ragazza in divisa sostava nella sua posizione iniziale, irrigidita dalla tensione che percepiva diffondersi in tutto l’abitacolo, un senso di inquietudine al quale voleva porre un rimedio, malgrado il timore che portava con sé quella sua decisione. Dischiuse la bocca, pronta a mitigare quello stato di turbamento, quando, un lieve cigolio irruppe nel silenzio del vagone, frenando il suo ardito intento.
-“Qualcosa dal carrello care?”-  
La giovane studentessa ripose lo sguardo sulla soglia della carrozza, avvertendo il proprio nervosismo diminuire, d’innanzi alla serenità che traspariva dal suo sorridente volto, malgrado fosse dissimulato da una serie di grinze e rughe.
-“No”- la voce lapidaria della mora fece riaffiorare quel sentore di oppressione che sembrava oramai saturare le pareti dell’abitacolo, dando vita ad una cappa di prevaricazione alla quale era necessario sottrarre valore.
-“Per me invece si”- accumulata la giusta dose di risolutezza la ragazzina dagli occhi verdi decise di alzarsi, dirigendo i propri passi verso l’anziana signora e il suo fedele carretto, ricolmo di una infinità di leccornie -“Direi..un paio di cioccorane..”- sollevò il braccio destro, puntellando il polpastrello del suo indice sul suo labbro superiore -“..e..due sacchetti di caramelle gommose. Ti va?”- si voltò in direzione della giovane dalle lunghe trecce bionde, in attesa che la sua inaspettata proposta trovasse il riscontro di una replica.
Le sopracciglia della bambina dagli occhi azzurri si innalzarono, mentre la sua bocca si schiudeva, in una espressione di inatteso stupore che, tuttavia, racchiudeva un sincero piacere: sorrise, inclinando leggermente il capo in avanti, in un gesto di assenso a cui l’altra ragazzina rispose con il suo stesso entusiasmo.
Si accomodarono sul soffice tessuto della poltrona, una di fianco all’altra, lasciando il posto di fronte alla giovane dalla pelle mulatta vuoto.
La ragazza dalle gote cosparse di lentiggini depose il suo topolino sulla sua spalla destra, dando così alle proprie mani la possibilità di muoversi con maggior destrezza.
-“Ti ringrazio molto..”- mormorò, mentre scartava il primo involucro di caramelle, aspettando che il tono sospeso della sua voce fosse colmato dà una risposta.
-“Quinn”- ribatté rapida la giovane in divisa, intuendo la sua implicita domanda. La bambina sorrise e portandosi alla bocca un pezzo di frutta gommosa diede forma al suo nome.
-“Piacere..io sono Brittany”-
 
Nessuno strumento di tortura avrebbe mai potuto provocare uno strazio simile a quello inflitto alle elitarie orecchie di Santana Lopez. Il solitario e silenzioso viaggio a cui la giovane aveva ispirato fin dal momento in cui era giunta nei pressi della stazione di King’s Cross aveva assunto le sembianze di un vero e proprio incubo.
Il suo illustre udito si era ritrovato costretto ad essere partecipe delle loro insulse e insignificanti conversazioni, dalle quali, l’unica cosa che era stata in grado di cogliere fu la tremenda constatazione che le sue indesiderate compagne di cabina fossero esattamente quel genere di individui di cui suo padre le aveva raccontato: una lurida mezzosangue dalla parlantina moralmente seccante e una che aveva passato la sua infanzia nel mondo dei babbani.
La mente di Santana si era domandata che cosa avesse fatto di male per essere stata sottoposta a quel penoso supplizio, tuttavia, nulla di rilevante era emerso dalla sua ricerca di risposte. Così, per la prima volta da quando era salita su quel treno, il suo corpo aveva percepito il remoto desiderio di raggiungere la fatidica meta.
Per quel motivo i suoi piedi non avevano atteso nemmeno un istante, nel momento in cui l'annuncio dell'imminente arrivo ad Hogwarts si era diffuso per l'intera locomotiva, prima di catapultarsi fuori dal vagone, senza degnare di uno sguardo le due novelline, alla ricerca di un luogo consono dove avrebbe potuto indossare la sua personale divisa.
 

 
Una volta che il cigolio delle ruote si era trasformato in un debole eco lontano gli sportelli del convoglio si schiusero, lasciando spazio alle centinaia di studenti che, ogni anno, si ritrovavano a percorrere quel medesimo sentiero. Un itinerario a cui i novizi avrebbero avuto il permesso di accedere solo al secondo anno: il loro primo ingresso al castello sarebbe avvenuto tramite le direttive della guardiacaccia.
-“Primo anno! Primo anno! Da questa parte!”- una voce poderosa irruppe nel frenetico vociare delle nuove reclute, riportandole all’ordine e facendo avvicinare i loro passi alla fioca luce di una lanterna, il cui bagliore illuminava i contorni di un paffuto volto. Un mormorio di stupore si levò dalle bocche inesperte dei giovani studenti, d’innanzi alla figura della donna che sovrastava di almeno una ventina di metri le loro teste.
Aveva i capelli corti e ricci, di un marrone scuro, in netto contrasto con il chiarore che traspariva dal suo sguardo gentile. Indossava un paio di grossi pantaloni verdi, colore che richiamava quello degli alberi che costeggiavano la fermata del treno, una maglietta bianca dalle lunghe maniche e un largo cappotto di pelliccia nero.
Brittany era meravigliata da quella creatura, così possente e massiccia, ma al tempo stesso priva di qualsiasi pericolosità: sorrise, dando adito a quel fervore che sembrava caratterizzare il viso della loro guida.
Al suo fianco, Quinn, osservava con interesse la fisionomia del soggetto, nel tentativo di collocare le sue fattezze in una delle categorie che aveva incontrato all’interno del suo libro di Enciclopedia Magica; mentre, Santana, in ultima fila, si sforzava di non esprimere un giudizio negativo sulla, alquanto discutibile, scelta degli indumenti.
-“Benvenuti. Io sono Shannon, ma potete chiamarmi anche Beiste..e sono la responsabile dell’area forestale e selvatica che circonda il castello..”- rimase per un momento in silenzio, forse in attesa che l’entusiasmo della sua presentazione venisse in qualche modo ricambiato, ma d’innanzi al suo sguardo vi erano solamente espressioni di sconcerto per l’immensità della sua statura, oppure di lieve timore.
-“Okay..seguitemi”- si arrese, voltando il proprio corpo e dirigendo i suoi pesanti passi verso la zona di attracco. Sotto le sue direttive i ragazzi presero posto sulle scialuppe che, attraversando il Lago Nero, li avrebbero condotti ad Hogwarts.
Espressioni di pura estasi solcavano i volti dei nuovi arrivati, di fronte alla maestosa struttura che si ergeva d’innanzi ai loro increduli occhi: incastonato tra le guglie di una montagna rocciosa si levava la Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts, un castello la cui magnificenza non era ancora stata eguagliata.
Tutti erano immersi nel suo splendore, tutti i cuori di quei bambini gioivano per essere parte di quel mondo. Tutti, tranne Santana.
Se ne stava con le braccia incrociate, lo sguardo fisso sul castello, lo stesso che venticinque anni prima aveva decretato la fine dei genitori di suo padre.
 


Terminata la traversata i giovani allievi vennero scortati nei pressi del portone principale, la cui successiva apertura, venne accompagnata da un sospiro generale di stupore: la grandezza del salone lasciava a bocca aperta, ma bisognava individuare nelle migliaia di quadri e nelle dozzine di scale la reale attrattiva a cui gli occhi di futuri maghi e streghe si stavano rivolgendo.
Tuttavia, il tempo per la contemplazione poteva attendere e, una volta esortati dalla guardiacaccia Beiste a procedere in direzione di una rampa di scale, i novizi si ritrovarono a fronteggiare una nuova figura.
Sulla cima della gradinata, ad aspettare il loro arrivo, vi era una giovane donna, con un cappello a punta nero ed una veste grigio scuro, ornata da una sottile linea di blu. Il colore dei suoi capelli rispecchiava le tipiche sfumature autunnali, mentre i suoi occhi offrivano alla mente l’immagine di un prato verdeggiante. Per un momento Brittany si ritrovò a pensare che potesse trattarsi della rincarnazione di Bambi.
-“Benvenuti ad Hogwarts giovani streghe e maghi. Fra qualche istante potrete accedere alla Sala Grande e godere del banchetto che è stato preparato per voi, ma prima..”- fece scorrere il suo sguardo da cerbiatta sulle reclute in piedi d’innanzi a lei, esaminando con cura e attenzione i volti dei suoi probabili futuri allievi, alla ricerca, forse, di una valida studentessa -“..verrete smistati nelle vostre case. Grifondoro, Tassorosso, Corvonero, di cui la sottoscritta detiene la direzione, e Serpeverde”- fece loro un breve sorriso, prima di voltarsi e raggiungere con decisione le grandi porte d’orate, al cui suo cospetto si spalancarono.
Un magnifico cielo stellato accompagnava il passo delle giovani reclute, talmente impegnate ad ammirare il risultato di quello straordinario incanto da non accorgersi delle centinaia di occhi puntati su di loro.
Una volta percorsa la stretta corsia che separava i due tavoli principali i futuri studenti arrestarono la loro camminata, trovando a qualche metro di distanza da loro un piccolo sgabello di legno, sul quale sostava un grande cappello marrone.
Dietro di esso, una schiera di insegnanti, disposti su un lungo tavolo, attendeva con trepidazione che la cerimonia di smistamento avesse inizio.
La donna, a cui era stato dato il compito di condurre i novizi all’interno del salone, si avvicinò alla solitaria sedia e, dopo aver estratto dalla sua toga il rotolo di una pergamena ed aver sollevato con la mano sinistra il copricapo, si rivolse nuovamente ai nuovi arrivati.
-“Quando sentirete chiamare il vostro nome dovrete fare un passo in avanti e raggiungere lo sgabello. Una volta seduti poserò il Cappello Parlante sulle vostre teste e sarete suddivisi in una delle quattro casate. Dopo essere stati collocati potrete accomodarvi vicino ai vostri compagni”-
Il silenzio che seguì le parole della giovane insegnante le diede la conferma per poter procedere con il tradizionale rito di iniziazione: srotolò la pergamena, prima di schiarirsi la gola e annunciare il primo nome.
-“Quinn Fabray”-
Il cuore della ragazzina dagli occhi verdi prese a battere con insistenza, mentre percepiva lo sguardo della professoressa vagare sul gruppo di studenti, in attesa che la persona chiamata venisse avanti.
Chiuse gli occhi, accumulando aria nei suoi polmoni, prima di rilasciare un lungo e silenzioso sospiro e indurre le proprie gambe ad eliminare la distanza dal suo destino.
Prese posto sullo sgabello, ingoiando a vuoto, nell’istante in cui il suo capo venne avvolto dal calore di un tessuto animato: il cappello cominciò a muoversi, ruotando di qualche centimetro il suo collo, mentre mormorava parole di indecisione al suo orecchio.
Quinn attendeva il responso, con le dita affossate nella stoffa dei pantaloni e i palmi a stringere il lembo di tessuto che eccedeva dalle ginocchia. Un senso di agitazione ghermiva il suo stomaco, dando alle sue mani un candido aspetto, intanto che il cappello continuava a muoversi, ritardando la sua scelta.
In cuor suo, Quinn, sapeva a quale casata avrebbe voluto appartenere e sperava che anche il Cappello Parlante fosse in grado di percepire il suo desiderio.   
Il ritmo dei suoi battiti divenne più intenso, mentre avvertiva il borbottio nelle sue orecchie cessare, segno che la sua sorte era stata appena decretata.
-“Corvonero!”- sentenziò il Cappello Parlante, facendo scaturire uno scroscio di applausi nel tavolo chiamato in causa e concedendo a Quinn la possibilità di tirare un sospiro di sollievo.
La giovane scese dalla sedia, dirigendosi verso la sua destra, dove la attendeva la sua nuova famiglia, mentre la professoressa rivelava il secondo nome.
-“Mercedes Jones!”-
Una bambina dai folti capelli ricci e la pelle scura fece un passo in direzione dello sgabello, imitando i movimenti di Quinn.
Una volta che il cappello venne posto sul suo capo impiegò solo una manciata di secondi, prima di decretare a gran voce la sua collocazione.
-“Grifondoro!”-
La nuova studentessa si diresse verso il tavolo festante dei suoi compagni, esattamente di fronte a quello di Quinn.
Uno schiarimento di voce fece acquietare il rumore degli applausi, restituendo alla sala il giusto silenzio per poter procedere con la cerimonia dello smistamento.
-“Santana Lopez!”-
Un lieve bisbigliare di voci sommesse prese piede tra i giovani allievi, mentre nel salone risuonava l’eco dei suoi passi, la cui sicurezza non venne mai meno, neanche quando la percezione di alcuni sguardi sembrava andare al di là di una semplice occhiata.  
Mantenendo la sua fierezza ed il suo orgoglio prese posto sullo sgabello, in attesa di una sentenza alla quale il suo nome era già stato associato da tempo: la mano della professoressa non ebbe nemmeno la possibilità di allontanarsi dal tessuto del cappello che, la sua voce, aveva oramai decretato la sua ubicazione.
-“Serpeverde!”-
Un sorrisetto consapevole ed altezzoso comparve sul suo volto, mentre, con un saltello, si riportava sulle due gambe, soddisfatta ed onorata di essere accolta dai suoi compagni con un frenetico battito di palmi sul duro legno del tavolo, proprio dietro a quello di Quinn.
Una volta che Santana ebbe preso posto e l’indesiderato rumore fatto cessare l’insegnante ripose la sua attenzione sulla pergamena.
-“Brittany Pierce!”-
Il corpo della ragazzina venne attraversato da un breve sussulto, mentre la consapevolezza di essere stata chiamata si univa alla incontrollata trepidazione dei suoi passi che, incuranti della presenza di un paio di scalini, si ritrovarono a scontrarsi con un ostacolo imprevisto.
Il suo equilibrio venne meno, portando il baricentro della sua figura a tendere verso il pavimento. Fortunatamente Brittany era dotata di buoni riflessi e, distendendo le mani in avanti, fu in grado di evitare che il suo viso venisse scalfito dalla pericolosa robustezza del suolo, tuttavia, non riuscì ad impedire al fragore delle risate di estendersi per tutta la sala, inducendo il suo volto a colorarsi di porpora.
-“Scusatemi”- mormorò imbarazzata, mentre risollevava il suo corpo dalla fredda superfice e indirizzava il suo cammino verso il piccolo sgabello.
Sorrise, avvertendo la sua anima scalpitare, intanto che il Cappello Parlante si muoveva sopra la sua testa, alla ricerca della risposta a cui la medesima Brittany si interrogava: non aveva idea di quale sarebbe stata la sua dislocazione, poiché non si era mai soffermata a riflettere sulle capacità che possedeva, né sui requisiti che le casate richiedevano. Pertanto, attendeva con euforica incoscienza un responso a cui il suo entusiasmo non sarebbe, in nessun caso, mancato.
La cadenza dei suoi battiti accelerò la propria andatura, mentre gli angoli della sua bocca si innalzavano senza alcun controllo, d’innanzi al silenzio che riecheggiava nelle sue orecchie, segno che una decisione era stata presa.
-“Tassorosso!”- esordì il Cappello Parlante, dando finalmente a Brittany la sua ricercata sistemazione.
Le corde vocali della ragazza vibrarono, eccitate e gioiose, di fronte al vociare esaltato dei suoi compagni che non sembrava volesse avere fine, nemmeno quando la ragazzina ebbe ormai preso posto, esattamente a due tavoli di distanza rispetto a quello di Santana.
 
La cerimonia dello smistamento procedette fino a che ogni novizio non venne accolto nella propria Casa di appartenenza. E, una volta che tutti i tavoli furono riempiti e la professoressa fece ritorno al suo posto designato, una figura si elevò dalla sua sedia, attirando su di sé gli sguardi degli studenti, in particolare quelli del primo anno, incuriositi dal luccicante manto bianco che rivestiva la minuta corporatura del Preside Figgins, esaltando la scura carnagione della sua pelle.
-“Buonasera cari studenti e benvenuti ad Hogwarts. Prima di cominciare con il banchetto vorrei ringraziare la Professoressa Pillsbury per il servizio reso..”- la donna sorrise, accennando un breve gesto di gratitudine con il capo, a cui il Preside rispose con altrettanta discrezione -“..e ricordare a tutti voi che l’accesso alla Foresta è proibito..così come quello ai sotterranei. Se infrangerete una di queste regole la vostra Casa perderà punti e il vostro soggiorno potrebbe essere messo a rischio..”- il Preside Figgins si prese un momento, prima di continuare, in maniera tale da sottolineare la serietà e l’importanza di quello che aveva appena comunicato -“..detto questo..diamo inizio al banchetto!”-
Una serie di mormorii e sospiri sorpresi si diffuse per tutta la Sala Grande, mentre lo spazio vuoto dei tavoli veniva colmato da centinaia di pietanze, dai primi piatti, ai secondi, fino ai dolci, e da una sequela di bevande zuccherate.  
Il salone era attorniato da una cappa di serenità e spensieratezza che rendeva la cena dei nuovi arrivati qualcosa di indimenticabile: le mani di Brittany vagavano da un cibo all’altro, riempiendo la sua bocca e quella di Fievel che, ogni tanto, sbucava dalla tasca della sua toga per reclamare un pezzettino di formaggio; mentre, la voce di Quinn non era mai stata apprezzata come in quel momento, dove, con irrefrenabile entusiasmo, descriveva a due suoi coetanei l’incantesimo che aveva permesso al soffitto di trasformarsi in un incantevole cielo stellato.
L’unica a cui quel banchetto non suscitava alcun entusiasmo era Santana. Le sue braccia restavano incrociate e di rado si allungavano per prendere qualcosa da mangiare. Aveva le sopracciglia aggrottate e lo sguardo concentrato, mentre esaminava i profili degli insegnanti, nel tentativo di accumunare le loro caratteristiche a quelle che suo padre le aveva comunicato e individuare la persona a cui si sarebbe dovuta affidare per l’intero anno scolastico.
Un ghigno prese forma sul suo volto, nel momento in cui i suoi occhi scuri si soffermarono su di lei.
 

 
Conclusa la cena gli studenti vennero scortati dai rispettivi Capo Scuola verso la Sala Comune delle relative casate. I Grifondoro si avviarono in direzione delle gradinate, alla ricerca del ritratto della Signora Grassa, i Corvonero rivolsero i loro passi nel senso opposto, percorrendo una scalinata che li avrebbe portati nella zona ovest del castello, nei pressi di una torre; i Tassorosso, invece, procedettero in direzione delle cucine, oltre i tunnel sotterranei, per giungere alla loro tana, infine, i Serpeverde, che, dopo aver attraversato buona parte dei sotterranei, si ritrovarono d’innanzi alle acque oscure del Lago Nero.
Appena giunta nel dormitorio, Quinn, si sedette a gambe incrociate sul suo letto, sfogliando con interesse il programma scolastico delle settimane successive, mentre il lieve battito d’ali del suo gufo accompagnava il resto della camerata nella spirale di un dolce riposo.
A centinaia di metri sotto di lei, Brittany, se ne stava in punta di piedi, con Fievel sul capo, ad osservare da una rotonda finestra il bagliore delle luci che ancora illuminavano le torri del castello, conferendo al paesaggio una sinistra aurea di pace.
Nel medesimo piano, dalla parte opposta, Santana era sdraiata su uno dei divanetti di pelle nera messi a disposizione per la loro Sala Comune, con lo sguardo rivolto alla parete di vetro, la cui trasparenza offriva la possibilità di ammirare le pericolose creature che ospitavano gli abissi del Lago Nero, e le dita impegnate a far scorrere i propri polpastrelli tra il manto corvino della sua gatta che, appollaiata sulle sue gambe, lasciava alla sua padrona il compito di eliminare lo stress accumulato durante il lungo viaggio.  
Santana sorrise, mentre, incrociando le sinuose movenze di una sirena, la sua mente si concentrava sulle parole di suo padre, oramai consapevole che il suo piano avrebbe trovato il proprio compimento.

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Capitolo 2
*** Primo giorno (Parte 1) ***


Primo giorno (Parte 1)


Il cielo era terso quella mattina e le aule della scuola risplendevano dei caldi raggi del sole, in particolare la classe di incantesimi della Professoressa Emma Pillsbury, la cui elevata ubicazione, offriva alla luce solare la possibilità di penetrare con maggior intensità fra le grandi vetrate che circondavano l’ampia stanza.
Il naturale silenzio, a cui quel luogo era soggetto, venne a mancare, dal momento in cui il rumore di passi e il suono elettrizzato di piccole voci avevano iniziato a prendere forma sulla insidiosa rampa di scale che anticipava la porta di ingresso.
I giovani studenti avanzavano rapidi, senza prestare troppa attenzione al numero di gradini che li separavano dalla soglia di entrata, da un lato, intimoriti dalle conseguenze che avrebbe potuto provocare anche un singolo minuto di ritardo, dall’altro, eccessivamente esaltati per essere in grado di contenere l’euforia generata dalla prima lezione.
La figura di Quinn fu la seconda a superare il varco di accesso, preceduta da una delle sue compagne di stanza, Tina, con la quale si era scambiata diverse opinioni in riferimento al sortilegio che aveva dato origine al particolare soffitto della sera precedente.
Per un momento, lo sguardo di entrambe rimase incollato ad osservare il retro della cattedra, dove spiccava il ritratto di Priscilla Corvonero, realizzato mediante le innumerevoli pagine dei suoi scritti, disposte con minuziosa diligenza in maniera tale da risaltare i caratteri austeri e ligi del suo volto, prima di essere riportate alla realtà dal vociare sempre più frenetico dei loro compagni.
Restituirono la loro attenzione al centro della stanza, catturate dal movimento di un braccio che tentava di attirare il loro interesse: Mike, un ragazzino dai tratti orientali, equiparabili a quelli di Tina, sua amica di infanzia, sostava in piedi, dietro ad un banco, in attesa che la sua compagna di avventure prendesse posto di fianco a lui.
Quinn sorrise, ricambiando il saluto del giovane Corvonero, mentre, insieme a Tina, si avvicinava alla sua postazione.
-“Hey Mike!”- la bambina dai caratteri asiatici ridusse in breve tempo qualsiasi distanza, avvolgendo le sue braccia intorno al corpo mingherlino del ragazzo, così lieto di ricevere quel tipo di attenzioni da non accorgersi del lieve rossore che aveva cominciato ad attecchire sulle sue guance.
Intanto, Quinn, aveva preso posto dietro alla loro scrivania, riponendo sul banco il libro inerente alla lezione che si sarebbe tenuta fra un paio di minuti: il suo sguardo ricadde sulla porta di ingresso, alla ricerca di una chioma bionda che, tuttavia, non aveva ancora varcato la soglia.
Un leggero sospiro abbandonò la bocca di Quinn, mentre il ricordo delle indicazioni che aveva fornito a Brittany quella mattina a colazione, con lo scopo di aiutarla a raggiungere il luogo della sua prima lezione, le ritornava alla mente, inducendola ad interrogarsi sulla correttezza delle sue parole.
Ciò nonostante, la sua memoria non portava con sé alcun errore, spingendo la ragazza a credere che la sua nuova amica si fosse persa.
Scosse il capo, ancora incredula del fatto che Brittany si fosse presentata nella Sala Grande con indosso il pigiama della Carica dei 101. Era per quel motivo che si erano dovute separare, dato che la giovane Tassorosso non poteva presentarsi a lezione con le vesti da notte.
Una lieve risatina si fece largo tra le corde vocali di Quinn, facendole vibrare di divertimento: quella ragazza era davvero particolare, ma in lei, la giovane Corvonero, aveva trovato una buona ascoltatrice, caratteristica rara da riscontrare in una persona, e un passato comune, data la presenza del mondo babbano nella loro infanzia.
Il suo sguardo rimase ad osservare il varco di accesso per qualche altro secondo, prima di allontanarsi e ritornare a concentrare la sua attenzione sui compagni d'innanzi a lei, giusto in tempo per evitare alla sua vista di incrociare la fisionomia di una figura conosciuta.
 
Un lieve strusciare di passi si fece strada tra le pareti dell’androne, mentre il mormorio di sommesse imprecazioni rimaneva confinato tra i suoi denti stretti.
Per l’ennesima volta, la sua lingua tagliente maledisse la mente di quel genio che aveva ritenuto una buona idea posizionare la classe di quella lezione in uno dei punti più elevati del castello, come se non fosse un problema dover percorrere un centinaio di gradini ogni volta.
I piedi di Santana si arrestarono sulla soglia, nel tentativo di concedere al proprio corpo un momento di riposo: dischiuse la bocca, respirando profondamente, intanto che la sua mano sinistra allentava il nodo della sua toga ed i suoi occhi stanchi si spostavano da un lato all’altro della stanza, alla ricerca di un posto dove poter recuperare le forze.   
Si accorse che erano stati lasciati liberi solamente due banchi: uno si trovava nella corsia centrale, esattamente d’innanzi a lei, a due scrivanie di distanza dalla cattedra della professoressa, mentre il secondo sostava in ultima fila, proprio alla sua sinistra.  
Nonostante i muscoli doloranti delle sue gambe le suggerivano che la scelta migliore sarebbe stata sicuramente quella più vicina al suo corpo, Santana, non poteva evitare alla sua mente di interrogarsi sulla persona che avrebbe avuto al suo fianco.
Una smorfia di repulsione prese forma sul suo volto, mentre il suo sguardo si soffermava su una chioma di capelli biondi ed una mantella nera, il cui interno blu non lasciava domande su chi potesse essere il soggetto privo di un compagno. Il brivido di orrore che si fece strada lungo la sua spina dorsale, al pensiero di ritrovarsi, ancora una volta, a pochi centimetri di distanza da una sporca mezzosangue, indusse i suoi occhi a cercare riparo da quella sensazione, spostandosi in direzione della corsia alla sua sinistra.
Le sue sopracciglia si incurvarono, disorientate e perplesse d’innanzi alla stramba capigliatura che faceva da padrona al capo del ragazzino seduto accanto al muro, portando la sua mente a soppesare, per un istante, la possibilità di sottomettersi alla tortura di condividere il proprio spazio con qualcuno che non aveva nemmeno il diritto di trovarsi in quel luogo. Tuttavia, il colore verde scuro della sua divisa non concesse a Santana ulteriore tempo di indecisione.
Così, diresse i suoi passi verso quel banco e senza alcun preambolo vi prese posto, appoggiando il capo sul palmo della sua mano sinistra, in apparente attesa dell’inizio della lezione.
Trascorsero solo una manciata di secondi, prima che il corpo di Santana iniziasse a percepire lo sguardo insistente del suo vicino.
-“Che c’è?”- domandò stizzita, mentre si distaccava dalla sua comoda posizione per rivolgere il suo sguardo al ragazzo seduto accanto a lei, il quale, malgrado la rapidità del suo gesto, non ebbe nemmeno un sussulto, rimanendo immobile a scrutare il viso della ragazza con i suoi occhi marroni.
-“Tu..sei Santana Lopez..giusto?”- il sopracciglio sinistro della mora si inarcò, mentre le sue iridi si spostavano dall’alto verso il basso, in una meticolosa scansione, il cui scopo ultimo, era quello di fornire alla giovane Serpeverde le informazioni necessarie per decretare se il soggetto preso in esame sarebbe stato una perdita di tempo o meno.
Come primo parametro di scelta, suo padre, le aveva indicato la divisa: era fondamentale conoscere le finanze della persona a cui si voleva concedere una conversazione, essere al corrente del ceto sociale di cui faceva parte. Pertanto, l’attenzione di Santana non poté che posarsi sulla divisa del ragazzo, esaminando la qualità della stoffa e i pregi delle rifiniture, in particolare i contorni dello stemma della casata.
Una volta accertata la rinomata origine del tessuto la ragazza diede adito al secondo metro di giudizio a cui suo padre si rifaceva: la purezza del sangue.
Era importante circondarsi di persone con le quali condividere caratteristiche comuni e medesimi principi, in maniera tale da generare comunità solide e fedeli, dove solo un certo tipo di valori trovavano il giusto consolidamento.
Il solo fatto che quel ragazzo fosse a conoscenza del suo nome dava a Santana la possibilità di escludere la sua vicinanza con i babbani, posizionandolo tra un insulso mezzosangue e un individuo di degno rispetto.
Santana era abbastanza combattuta a riguardo, ciò nonostante, decise di tollerare la richiesta del ragazzo: dopotutto apparteneva alla sua casata.  
-“Si..tu saresti?”- il suo sguardo indagatore non si fece da parte, accompagnando il tono di sufficienza e superiorità con cui pose il suo quesito.
-“Noah Puckerman..Puck per gli amici”- sorrise il giovane, offrendo a Santana la sua mano destra. La ragazza rimase ad osservare la sua proposta di stretta per diversi secondi, prima che il ragazzino ritirasse il suo invito, intuendo la diffidenza della sua interlocutrice.
Si schiarì la gola, passando distrattamente le dita tra la folta cresta del suo capo, mentre si rendeva conto che le smancerie non erano la soluzione migliore.
-“Sai..”- proseguì, restituendo il suo sguardo agli occhi scuri di Santana -“..io l’ha penso esattamente come te..come la tua famiglia..”-
Le sopracciglia della ragazzina si sollevarono con piacevole sorpresa, mentre la coraggiosa dichiarazione di Noah dava adito ai battiti del suo cuore, impreparati a ricevere una tale onorificenza: nel mondo magico il cognome della sua dinastia era temuto o disprezzato, di rado le persone coglievano l’occasione per testimoniare la loro vicinanza, nonostante ci fossero ancora diverse famiglie, la cui fedeltà, continuava ad essere rivolta al Signore Oscuro.
-“Anzi..noi..”- il giovane Serpeverde rivolse la sua attenzione al banco davanti al loro, dove due ragazzi, rivestiti della medesima toga, sorridevano beffardi in direzione di Santana.
Un ghigno sadico prese forma sul suo viso, consapevole delle conseguenze che avrebbe portato il loro incontro.
 


Le pareti del castello risuonavano del rapido ticchettio delle sue scarpe, mentre nel suo udito riecheggiava il fragoroso affanno del suo respiro.
Brittany correva a perdifiato lungo i distesi corridoi della scuola, alla disperata ricerca di una scala, la cui particolare forma a chiocciola, le avrebbe fornito la riprova che i suoi passi si stavano dirigendo nella giusta direzione.
Il suo sguardo vagava da una parte all’altra, nel tentativo di riscontrare sul suo cammino tracce delle indicazioni offerte da uinnQ Quinn quella mattina, quando, le aveva fatto notare il suo inconsueto abbigliamento, invitandola così a ritornare nel suo dormitorio, in maniera tale da cambiarsi, per poi raggiungerla nella classe della Professoressa Pillsbury.
Le guance della ragazzina si tinsero di porpora, al ricordo delle occhiate canzonatorie e delle risatine di scherno che avevano accompagnato la sua uscita dalla Sala Grande.  
Chiuse gli occhi, scuotendo leggermente il capo, intenta a liberare la sua mente da una serie di pensieri, la cui forza emotiva, non avrebbe fatto altro che distrarre la sua precaria concentrazione, inducendo i suoi passi a smarrire per la terza volta la corretta via.
Per fortuna, le parole della giovane Corvonero rimanevano chiare nella testa di Brittany, dando alla ragazzina la possibilità di raggiungere le fatidiche gradinate che la avrebbero condotta nei pressi della sua aula.
Trascorsero ancora un paio di minuti, nei quali, le gambe di Brittany non si erano lasciate sopraffare dal dolore dei suoi muscoli neanche per un istante, prima che il religioso silenzio della stanza venisse spezzato dal cigolio della porta.
Una serie di sguardi si puntarono su di lei, incuriositi dalla causa del rumore che era sopraggiunto alle loro spalle. I piedi di Brittany si fissarono al pavimento, intimoriti da quella eccessiva attenzione, la cui insistenza, rendeva inabile il suo corpo, mentre le sue iridi si muovevano frenetiche, alla ricerca di un volto amico.
-“Sei in ritardo”-
Il cuore della ragazza ebbe un sussulto, colto alla sprovvista dalla vicinanza di una voce, la cui provenienza, era rimasta celata fino a quel momento.
La sua attenzione venne catturata dalla figura che sostava alla sua destra, con le braccia incrociate e una espressione impassibile sul volto.
La lieve patina di sudore che ricopriva il corpo della giovane Tassorosso assunse le sembianze di un gelido brivido, portando i suoi muscoli ad irrigidirsi e la sua gola a chiedere un minimo di salivazione.
-“Mi..mi scusi professoressa..mi sono persa”- il mormorio sommesso della sua voce venne accompagnato da un leggero balbettio, risultato del lento avanzamento della donna di fianco a lei, la quale, non accennava a ridurre la compostezza del suo viso, dando alle pulsazioni cardiache di Brittany un altro motivo per accelerare la loro corsa.
Trattenne il fiato, nel momento in cui il perentorio procedere della Pillsbury venne meno, dando alla ragazzina il tempo di una attesa, a cui potevano seguire solo parole di condanna.
-“Non preoccuparti..succede la prima volta..”- le palpebre della studentessa si mossero con rapidità, mentre la sua bocca si schiudeva, totalmente impreparata ad accogliere il tono rassicurante e la dolcezza di uno sguardo che, fino a qualche tempo prima, pareva sul punto di incenerirla -“..ora va pure ad accomodarti”- in un primo istante Brittany rimase immobile, ancora interdetta nei riguardi del repentino cambiamento della sua espressione, in seguito, si fece condurre dalla direzione della sua mano che le indicava il solo posto libero, lasciandosi alle spalle, con un breve accenno del capo, il suo gentile sorriso. 
Mentre si avvicinava alla corsia centrale, diretta al terzo banco, dove ad attendere il suo lieve stato di turbamento vi erano un paio di inquieti, ma al tempo stesso, sollevati occhi verdi, un flebile risolino si fece largo tra le corde vocali del ragazzo seduto davanti a Santana.
Il giovane Serpeverde attese che la Professoressa Pillsbury oltrepassasse la sua cattedra, prima di voltarsi in direzione di Santana, il cui sguardo, non era ancora tornato a concentrarsi sul libro di testo, dato che, come tutti gli altri, aveva concesso la sua attenzione al rumore dietro di sé.
-“Ma l’hai vista oggi quella?”- le domandò il ragazzo, il cui nome, se ben ricordava doveva essere Sebastian Smythe.
La fronte di Santana si contrasse, confusa sulla circostanza a cui il giovane dai capelli castani si stesse riferendo, mentre le sue iridi si spostavano sugli altri due, attirate dalla lieve risatina che la richiesta di Smythe aveva scatenato in loro.
-“Si è presentata a colazione in pigiama”- concluse il bambino paffuto al fianco di Sebastian, dando origine ad una serie di sommesse risate, alle quali, solamente il vigoroso schiarimento di voce della Pillsbury, ebbe la forza di porre un freno.
-“Benedetto Salazar i Tassorosso sono proprio degli idioti”- sussurrò Noah all’orecchio di Santana che, ancora presa dal precedente momento di ilarità, si limitò ad annuire, tamponando con i polpastrelli della mano sinistra le piccole gocce salate che si erano formate agli angoli dei suoi occhi.
Ricordava le parole che suo padre aveva speso per descrivere la superflua presenza di quella casata all’interno della scuola: un branco di inetti, utili quanto un babbano durante una battaglia, dei sempliciotti a cui nessuno avrebbe mai affidato nemmeno uno zellino. E Santana sosteneva pienamente il suo discorso.
-“Hey ragazzi..”- il mormorio di Sebastian fece ricondurre la loro attenzione sul volto del ragazzino, il quale, sorrideva malevolo, tenendo tra i palmi delle mani un origami bianco a forma di uccello -“..guardate..”- il suo soffio travolse il pezzo di carta, facendo fremere il foglio, a cui bastarono solo pochi attimi prima di animarsi, dispiegando le ali e prendendo il volo, proprio in direzione di Brittany.
Santana osservava il piccolo volatile raggiungere senza difficoltà la sua prefissata destinazione, fino a posarsi sul banco della ragazza, il cui disinteresse nei confronti della lezione non si fece attendere: prese il foglietto, armeggiando con le dita, alla ricerca di parole contenute in esso.
Ancora una volta il silenzio della stanza venne bruscamente interrotto, tuttavia, la portata del suono che rappresentava il nuovo disturbo fu decisamente maggiore: la concentrazione degli studenti venne incanalata al centro della classe, dove aveva appena avuto origine un urlo improvviso.
Brittany teneva gli occhi serrati e le mani sollevate, a pochi centimetri di distanza dal suo volto, completamente ricoperto di inchiostro.
Il fragore di risate interruppe il breve momento di quiete che aveva posticipato la presa di coscienza di ciò che aveva causato quel forte grido, inducendo il respiro della giovane Tassorosso ad accelerare e i muscoli del suo corpo a tremare incontrollati.
La Professoressa Pillsbury raggiunse la ragazza, intimando alla sua compagna di banco di condurla presso i bagni del terzo piano, alla sinistra della rampa di scale che avevano dovuto affrontare per giungere alla sua lezione.
Quinn si mise al fianco di Brittany, avvolgendo il braccio sinistro intorno alla sua vita, in modo tale da sostenere i suoi incerti e traballanti passi.
Lo strepitio delle risa si era oramai affievolito, rimpiazzato da un sommesso sogghigno, il cui principio, non poteva che riscontrarsi nelle ultime due cattedre, proprio vicino al muro.
E fu esattamente in quel punto che lo sguardo severo di Quinn decise di soffermarsi prima di uscire.
 


Il rumore di acqua che scrosciava colmava il silenzio circostante, lasciando ai gesti il compito di mettere in evidenza lo stato di irritazione in cui sostava il corpo di Quinn e il senso di disagio che opprimeva l’anima di Brittany.
Le dita della giovane Corvonero tracciavano i contorni del volto di Brittany, indugiando sulle zone più scure, dove il chiarore della sua pelle faticava ad emergere. Il sottile strato di stoffa, con il quale era iniziata la meticolosa procedura di pulizia, si distaccava totalmente dal suo colore originario, oramai impregnato di nero inchiostro.
Nonostante, la concentrazione non abbandonasse lo sguardo di Quinn i suoi pensieri distraevano la mente della ragazza dal suo compito, inducendo i suoi polpastrelli ad accrescere la propria pressione e la velocità dello sfregamento.  
Il suo cervello non riusciva ad accantonare il ricordo delle loro espressioni compiaciute, né il suono dei sogghigni a cui i suoi passi avevano fatto da sottofondo, talmente oppresso dalla forza di quelle immagini e dallo stridore di quel malvagio ghigno da non essere in grado di contenere la sua ira: una smorfia di sofferenza prese forma sul viso di Brittany, portando le dita di Quinn ad allontanarsi dalla sua guancia destra.
-“Scusa”- il mormorio sommesso della sua voce lasciava trasparire il suo senso di colpa, derivato da un incontrollabile soccombere al sentimento della collera.
-“Tranquilla..non è niente”- sorrise Brittany, mantenendo le palpebre abbassate.
Un lieve sospiro si fece strada tra le labbra di Quinn, mentre il suo sguardo si soffermava sulla linea dei suoi occhi, completamente incrostata dal liquido nero, prima che la sua mano destra immergesse il bianco fazzoletto nella calura dell’acqua e riprendesse il suo procedimento di rimozione.
Nel frattempo, Brittany restava immobile, in piedi di fianco al lavandino, con le dita intrecciate nervosamente tra loro ed il labbro inferiore stretto tra i suoi denti. Un malessere attanagliava il suo cuore, una sensazione di sconforto a cui la sua anima non era nuova: la mente della ragazza doveva solo fare un passo indietro di qualche mese per rivivere le derisioni, le prese in giro e gli scherzi.
Per il mondo dei babbani lei era quella strana, una persona da evitare ed isolare, una bambina a cui i figli dei vicini avrebbero potuto dare una spinta senza subire alcuna conseguenza.
Il giorno in cui aveva ricevuto la lettera di ammissione il suo sorriso non aveva mai abbandonato il suo volto e il luccichio dei suoi occhi non aveva mai trovato la fine, ormai certa che la sua vita avesse trovato il giusto senso. Tuttavia, gli avvenimenti di qualche minuto prima erano stati in grado di destabilizzare quella sua convinzione.
Inoltre, il suo continuo distacco dalla realtà, il suo essere costantemente con la testa tra le nuvole, costringeva le persone attorno a lei a dover mettere da parte il proprio tempo per risolvere le sue problematiche.
-“Mi dispiace..non volevo farti perdere la lezione”- si ritrovò a sussurrare, consapevole del fatto che Incantesimi fosse una delle materie preferite di Quinn, alle quali non avrebbe mai mancato, nemmeno se fosse stata sotto tortura.
-“Non preoccuparti..la prima decina di capitoli li avevo già letti”-
Una lieve vibrazione prese il possesso delle corde vocali di Brittany, un leggero fremito a cui il corpo della giovane Tassorosso non ebbe la veemenza di porre un freno, trasformandosi in una vera e propria risata, alla quale, si aggiunse anche Quinn, oramai cosciente delle sue manie.

 

Una volta che il candido viso di Brittany era stato interamente privato dal nero dell’inchiostro le due ragazze si recarono verso la porta di uscita del bagno. Il corridoio era gremito di studenti e le scale pullulavano di volti famigliari, segno che le materie della prima ora erano giunte al termine.
Quinn e Brittany si diressero verso le gradinate, con lo scopo di recuperare i loro effetti, rimasti dentro alla classe della Professoressa Pillsbury, tuttavia, le intenzioni della giovane Corvonero subirono una leggera variazione, nel momento in cui, incrociando la stessa strada dei quattro Serpeverde, la spalla di Santana decise di scontrarsi con quella di Quinn, portando il corpo della ragazzina a ruotare con violenza.
Le sue palpebre si socchiusero, mentre un moto di rabbia cresceva inesorabile dentro la sua anima, arricchito dalla consapevolezza che, oltre a quella chioma di capelli neri, si celava un sorrisetto compiaciuto, dando così adito alla parte più irascibile del suo carattere.
Le sue unghie affondarono nella carne dei suoi palmi, in una soffocante stretta che portava con sé il ricordo di quel liquido, pericolosamente attiguo ai suoi occhi: contrasse la mascella, voltandosi in direzione dei responsabili.  
-“Siete impazziti per caso?!”-   
Il tono elevato della sua voce non passò inosservato, inducendo i passi di Santana a rallentare, fino a fermarsi, in un gesto a cui si accodarono anche i suoi nuovi amici.
Nel frattempo, Brittany, colta alla sprovvista dalla reazione di Quinn, aveva interrotto la sua avanzata, dirigendo lo sguardo verso di lei, nel tentativo di capire il motivo per il quale avesse pronunciato quella frase.
Le mani della giovane Tassorosso si ritrovarono a tremare, mentre i muscoli del suo corpo si irrigidivano, oramai consapevoli delle persone alle quali il grido di Quinn fosse rivolto.
Un paio di occhi scuri incrociarono le verdi iridi della giovane Corvonero, scorgendo in esse quella patina di collera, la cui necessità, alimentava lo sbeffeggio del suo sorriso: le sue braccia si incrociarono d’innanzi al suo petto, intanto che procedeva lentamente nella sua direzione.  
Per un istante, la compostezza della ragazza dai biondi capelli venne a mancare, travolta da un senso di superiorità che sembrava accompagnare ogni passo di Santana, rendendo fredda la superfice della sua pelle e azzerando il suo processo di salivazione. Ciò nonostante, malgrado il timore che attecchiva nella sua anima, i piedi di Quinn rimasero fissi al pavimento, così come il suo sguardo, il cui orientamento, non si distolse dalla glaciale oscurità delle sue iridi.
-“Qualcosa da ridire Fabray?”- il tono incalzante e altezzoso di Santana non fece altro che accentuare la asfissiante morsa in cui sostavano le sue dita e la durezza con la quale i suoi denti si sfregavano tra loro: dovette contare fino a dieci, prima di dare alla sua lingua il permesso di articolare una serie di parole che non fossero strettamente legate a delle ingiurie.
-“Potevate farle seriamente del male”- la voce di Quinn non lasciava trasparire alcuna titubanza, nemmeno ritrovandosi a pochi centimetri di distanza dal volto autoritario della giovane Serpeverde, conscia della portata del rischio in cui la sua amica poteva incorrere.
Il suo sguardo ricadde per un breve momento sulla figura di Brittany, la quale, si limitava a rimanere nascosta dietro la sua schiena, impaurita dalla situazione che si era venuta a creare.
Le labbra di Quinn furono accarezzate da un lieve sospiro, ricolmo di un senso di colpa a cui, tuttavia, non era stata in grado di dare il giusto peso, sopraffatta da una sensazione di ira, alla quale, il suo animo, non era riuscito a porre un freno, mentre la sua attenzione ritornava a focalizzarsi sui ragazzi di fronte a lei.
I quattro Serpeverde si scambiarono un’occhiata confusa, meditando nei riguardi di una attribuzione a cui nessuno di loro sembrava intenzionato ad affiancarsi: le spalle di Santana si sollevarono, in un gesto di finta ignoranza al quale si unirono i suoi compagni.
-“Non ho idea di cosa tu stia parlando”-
Santana scosse il capo, in maniera tale da enfatizzare la sua totale mancanza di consapevolezza, sicura che il risultato della sua azione avrebbe portato la sporca mezzosangue a reagire di impulso, accecata dalla furia del suo irritante comportamento.
Il sorrisetto malevolo della ragazza dalla pelle mulatta non fece altro che intensificarsi, dal momento in cui le sue iridi si posarono sulle bianche nocche di Quinn e sul rossore del suo volto, segni di un cedimento imminente.
Il respiro della giovane Corvonero riempiva il piccolo spazio che la separava dalla smorfia di scherno di Santana, creando uno stato di minacciosa attesa, la cui tensione, venne spezzata da uno stridulo schiarimento di voce.
Riportate alla realtà, le due ragazze, abbandonarono il contatto visivo, declinando il loro interesse a favore della figura che aveva messo a tacere il culmine del loro conflitto. Una donna sostava sul fondo del corridoio, con le mani nascoste negli avanbracci della sua tunica nera e una espressione impassibile sul volto. Nonostante i suoi capelli biondi ricadessero morbidi sulle sue spalle, conferendo una nota di dolcezza al suo aspetto, il rigido chiarore del suo sguardo non poteva ingannare la reale perfidia del suo animo.
-“Non dovreste essere a lezione voi?”-
La domanda risuonava lapidaria, non concedendo la possibilità di una effettiva risposta, né il tempo per poterla pensare: Quinn si limitò ad abbassare il capo, la rabbia ormai scemata, sostituita da un rimprovero nei confronti di sé stessa che, troppo impegnata ad ascoltare il proprio risentimento, non aveva badato allo scorrere inesorabile dei secondi, prima di prendere un respiro profondo e intimare Brittany di seguirla in direzione delle gradinate.
Anche i ragazzi ritornarono sui loro passi, allontanandosi dal centro del corridoio.
Solo Santana rimase immobile, consapevole delle intenzioni della Professoressa: la donna le fece un cenno del capo, invitandola a copiare i suoi movimenti.
Le gambe della giovane Serpeverde avanzavano rapide, nel tentativo di non perdere la visuale della sua schiena, mentre attraversavano la struttura labirintica del castello, fino a giungere in un’area remota dei sotterranei, dove la temperatura increspava di brividi la pelle di Santana, malgrado la pesante stoffa degli indumenti.
Una volta accertatasi della presenza esclusiva di solo due persone la Professoressa estrasse dalla sua manica un foglietto bianco, meticolosamente ripiegato su più lati, in maniera tale da celare il contenuto fino alla sua apertura, consegnandolo, con una lieve nota di incertezza, a Santana.
La ragazzina prese il pezzo di carta fra le sue mani, facendo scorrere i polpastrelli su quel messaggio, prova evidente che il piano di suo padre non era più solo una fantasia.
-“Sai cosa farne?”- il timore che emergeva dal tono di voce della donna fece irritare Santana: la sua preoccupazione era infondata, così come la sua partecipazione al progetto. Per la ragazza si sarebbe potuto anche fare a meno di un infiltrato, data la sua presenza, tuttavia, suo padre, non voleva ledere l’incolumità di sua figlia, soprattutto se il piano fosse stato scoperto: Santana non conosceva le parole che suo padre riceveva, né quelle che inviava, doveva solo fare da tramite.
-“Ma certo Terri”- rispose sicura, infilando il biglietto nella tasca della sua toga.
Malgrado lo sdegno nel sentire la voce di quella ragazzina viziata chiamarla per nome, la donna decise di limitare la sua reazione, concedendo a Santana un breve accenno del capo, prima di allontanarsi.
La giovane Serpeverde era in procinto di seguire i suoi passi, quando, una strana sensazione la fece desistere, bloccando sul nascere le sue intenzioni. Per alcuni istanti rimase immobile, travolta da un sentore di inquietudine, al quale, sembrava sostituirsi un senso di rinnegata potenza, prima di riscuotere il proprio corpo e incamminarsi verso la voliera dei gufi, senza prestare attenzione al leggero movimento della parete dietro di sé.   

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Capitolo 3
*** Primo giorno (Parte 2) ***


Primo giorno (Parte 2)


Brittany camminava con rapidità, intenta a non soccombere al ritmo frenetico dei passi di Quinn, la quale, sembrava nel pieno di un immaginario inseguimento: la lezione di Cura delle Creature Magiche avrebbe avuto luogo a momenti e la giovane Corvonero non poteva permettersi di arrivare in ritardo.
Tuttavia, la preoccupazione della ragazza di presentarsi nella classe del Professor Schuster con un giro di orologio in più, non pareva sfiorare nemmeno per un istante la mente di Brittany, ancora occupata a rimuginare sugli eventi di qualche minuto prima.  
La sensazione di paura continuava a sostare nella sua anima, rammentando al suo corpo la freddezza dei brividi che avevano increspato la sua pelle, accompagnata da un senso di impotenza che lacerava di rabbia il cuore della ragazzina: malgrado la naturalezza della sua reazione, Brittany, non riusciva a conferire una totale interpretazione al suo stato di immobilità, dopotutto le sue iridi avevano già avuto modo di scontrarsi con lo sguardo altezzoso e arrogante di Santana.
Era come se quella minima parte di risolutezza presente all’interno del suo carattere emergesse soltanto nei confronti di altre persone e non di sé stessa.
Un debole sospiro si fece strada tra le sue labbra, mentre percepiva un sentore di irritazione crescere dentro di lei, inducendo la sua gratitudine, nei riguardi del gesto di Quinn, a mischiarsi con il principio di nervosismo a cui la sua assenza di replica era legato: avrebbe voluto trovarsi al fianco della sua amica e non rimanere inerte dietro di lei.
Le sue gambe accelerarono la cadenza della loro andatura, in maniera tale da recuperare il metro di distanza che il passo solerte di Quinn aveva creato e raggiungere la medesima frequenza della sua corsa, così da non risultare più un peso a cui badare, ma un sostegno dal quale poter trarre forza.
Senza rendersene conto il movimento dei loro passi assunse una velocità maggiore, portando le due ragazze a percorrere in poco tempo la lunga distesa di pietra che anticipava la porta di ingresso, proprio in fondo al corridoio.
Il sollievo che si fece strada nel corpo di Quinn indusse la bambina a tirare un sospiro di conforto, nel constatare che la presenza del professore non fosse ancora pervenuta nella stanza.
Si prese un paio di secondi di riposo, prima di concedere al suo sguardo il vigore di soffermarsi sui banchi d’innanzi a lei, alla ricerca di due posti liberi: sorrise, mentre la sua attenzione veniva catturata dai suoi compagni di casata che, indicandole la cattedra vuota dietro di loro, invitavano lei e Brittany a prendere posto.
Quinn fece cenno alla giovane Tassorosso di seguirla, rincuorata dal fatto che le risate di Tina e Mike non si fossero accodate al momento di derisione, manifestatosi dopo il gesto di scherno, e che le persone coinvolte non avessero suscitato in loro quel timore che aveva il potere di rendere qualcuno invisibile.
-“Hey ragazzi”- gli angoli della bocca di Quinn non accennarono a ridurre la loro elevazione, mentre, salutando i suoi amici, si accomodava sulla sedia di legno, esattamente dietro alle spalle del giovane Corvonero, il quale, non attese nemmeno un istante, prima di ricambiare la sua accoglienza e rivolgere il suo interesse alla ragazzina dai lunghi capelli biondi.
-“Lei è Brittany”- intervenne Quinn, anticipando la domanda che intravedeva sorgere spontanea nella mente dei due bambini di fronte a lei.
-“Molto piacere..io sono Mike”- il ragazzino distese il braccio in avanti, accentuando l’ampiezza del suo sorriso, nel momento in cui la mano delicata di Brittany si avvolse intorno alla sua.
-“Il piacere è mio”- rispose la giovane Tassorosso, mentre la pelle del suo viso si illuminava di una strana euforia ed il suo cuore colmava il proprio petto di incontrollati battiti, talmente impreparata ad accogliere nuove persone nella sua vita da non essere in grado di contenere la propria emozione.
-“Io invece sono Tina..piacere di conoscerti”- la ragazza dalle accentuate lentiggini rivolse lo sguardo alla bambina seduta nel banco d’innanzi a lei, ricambiando con entusiasmo la sua stretta di mano e la sua presentazione.
-“Anche per me è un piacere”-
Il soave momento di incontro venne spezzato da un cupo rumore di passi, il cui eco si accompagnava al suono inconfondibile di un sommesso sogghigno: Brittany diresse le sue iridi in corrispondenza della soglia, non riuscendo a trattenere la potenza del brivido che si diffuse lungo la sua spina dorsale alla vista di quei ragazzi, la cui azione di sbeffeggio risiedeva ancora vivida nella sua mente.
La sua attenzione rimase concentrata sui loro movimenti, nel tentativo di coglierne le intenzioni: un sospiro di sollievo venne liberato dalla sua bocca, mentre i giovani Serpeverde prendevano posto nelle ultime due cattedre, rivelando la temporanea assenza di Santana.
-“Sono solo un branco di idioti..”- la voce di Mike fece ridestare Brittany dalla sua irrequieta osservazione, conducendo la ragazza a riportare lo sguardo verso di lui -“..non pensarci”- un breve sorriso fece da sfondo al suggerimento del ragazzo, le cui parole, trovarono sostegno nel lieve cenno di negazione di Tina e nel calore della mano sinistra di Quinn che, appoggiandosi alla sua spalla destra, diede alla giovane Tassorosso la solidarietà di cui necessitava. 
Brittany sorrise, mentre sentiva il suo animo abbandonare lo stato di tensione ed entrare in una condizione di pace, la cui origine, dimorava nelle persone attorno a lei.
Non sapeva se fosse stata la situazione di quiete nella quale vigeva, oppure il fatto che la sua concentrazione non si fosse mai rivelata una delle migliori, tuttavia, in quel momento, quando il Professor Schuster fece il suo ingresso nella classe, annunciando l’inizio della lezione, il suo udito non fu in grado di recepire nulla, offuscato da un nuovo calore che aveva il potere di accentuare l’intensità delle sue pulsazioni cardiache.


Le parole del maestro risuonavano tra le mura della stanza, trovando nella penna di Quinn la giusta rapidità per essere trascritte nella successione corretta, in una maniacale dedizione a cui la sua compagna di banco non sembrava nemmeno prestare la sua considerazione: con i gomiti posati sulla cattedra, Brittany, riponeva il suo totale interesse nei riguardi del piccolo rettile che sostava nella mano destra del professore, osservando con sguardo affascinato le verdi striature del suo corpo ed il modo in cui la sua coda si muoveva, alla ricerca di un significato nascosto.
Non era la prima volta che la mente di Brittany si soffermava a ragionare sul celato senso delle lievi movenze degli animali, infatti, essendo cresciuta all’interno di una fattoria, i suoi genitori le avevano insegnato a distinguere i comportamenti delle varie specie e ad interagire con quelle più diffidenti.
Pertanto, le sue iridi non riuscivano a distogliere la loro attenzione dallo strano movimento delle sue zampe che, allungandosi in avanti, parevano cercare una via di fuga, in un gesto a cui il rapido ed irregolare spostamento della sua estremità davano la loro riprova.
La base della sua condotta risiedeva in un crescente stato di paura e nervosismo che avrebbe portato la piccola lucertola a fare qualcosa di avventato, come mordere il dito indice del professore.
Brittany dischiuse la bocca, pronta a rivelare le possibili intenzioni della irrequieta bestiola, tuttavia, il suo proposito non ebbe il tempo di manifestarsi, troncato sul nascere dal fragoroso cigolio della porta di ingresso.
La figura di Santana si stagliava sulla soglia, una espressione di puro tedio a contornare i tratti del suo volto, risultato di una imposizione, alla quale, avrebbe fatto volentieri meno ad adempiere: il suo affetto per le creature animali si limitava ad Ombra, la sua gatta, tutte le altre categorie rientravano nella sua definizione di bestiacce.    
-“Oh..Santana..”- sorrise il Professor Schuster, rincuorato dal fatto che la giovane Serpeverde fosse riuscita a trovare la strada corretta per raggiungere la sua aula -“..per fortuna avete riacquisito il vostro orientamento..stavo per mandare qualcuno a cercarvi”-
Lo sguardo torvo, con il quale la ragazzina stava osservando l’insegnante, non fece altro che accentuarsi, nel momento in cui le sue sopracciglia si aggrottarono, conferendo alla fisionomia del suo viso interdizione e sdegno: la ragione del suo ritardo non era da associare ad una mancanza di conoscenza del luogo, ma ad una totale indifferenza nei confronti della materia.
-“Non mi sono persa..”- il tono indignato della sua voce lasciava trasparire il senso di irritazione che cresceva inesorabile nella sua anima, rimarcato da un ricordo, la cui somiglianza che faceva emergere, non poteva essere accostata a lei -“..non sono così stupida”- decise di precisare, volgendo le sue iridi in direzione del centro della stanza, proprio verso quelle di Brittany.
Un piccolo sussulto prese forma nel cuore della giovane Tassorosso, inducendo il ritmo delle sue pulsazioni ad omettere un battito: innumerevoli erano state le volte in cui quella parola si era fatta testimone della sua persona, ciò nonostante, le sue palpebre dovettero muoversi con rapidità, in maniera tale da contenere il rossore che si era formato nei suoi occhi, diretta conseguenza della durezza e del disprezzo con cui aveva fatto appello a quel termine.   
Brittany, malgrado la difficoltà di mantenere il contatto visivo, impose al suo sguardo di non cedere terreno, mostrando una forza ed una indifferenza che non le appartenevano, ma che risultavano necessarie per contrastare la cattiveria di Santana.
-“È per via di questa inutile lezione che mi sono presa il permesso di ritardare”- mise in chiaro la ragazzina, mentre dirigeva i suoi passi verso il banco alla sua sinistra, dove Puck e gli altri compagni la attendevano con un sogghigno impresso sul volto.
Il Professor Schuster rimase con la bocca dischiusa, talmente colto alla sprovvista dalle dichiarazioni della sua allieva da non essere in grado di proferire alcuna parola: si limitò a boccheggiare per alcuni istanti, prima di riprendere la spiegazione, come se nulla fosse accaduto, forse consapevole che una discussione non avrebbe portato a nulla.
Dalla visuale della sua ultima fila, Santana, ripose ancora una volta la sua attenzione su Brittany, conscia del fatto che la indegna babbana non avesse avuto la veemenza di opporsi alla veridicità della sua affermazione: un sorrisetto compiaciuto si fece strada sul suo viso, mentre godeva di fronte alla sua fragile volontà di sfidarla e allo sguardo minaccioso della sua amica.
Le sue corde vocali vibrarono, stimolate da un sommesso risolino, il cui eco, sperava sarebbe rimasto per l’intero anno.

 

Da quel momento in avanti la mattinata procedette senza ulteriori contatti: Brittany e Quinn si limitarono a rivolgere la loro attenzione alle parole dei professori, malgrado la costante percezione di uno sguardo che aveva imposto alle due ragazze un rigoroso autocontrollo, mentre Santana, insieme ai suoi compagni, non si era lasciata assuefare dalle spiegazioni degli insegnanti, indirizzando il suo interesse nei riguardi di un paio di chiome bionde.
Tuttavia, il tempo scorreva inesorabile, e ben presto, la leggera brezza mattutina si fece da parte, concedendo ai caldi raggi del primo sole pomeridiano di sfiorare il rigoglioso prato della scuola, dove i novizi si stavano radunando per la lezione di Quidditch con il Professor Tanaka.
-“Forza ragazzi! In fila! Mettetevi in fila!”- la mano destra dell’uomo si muoveva con frenetica impazienza, rispecchiando la smania dei suoi passi, la cui cadenza, cercava di raggiungere un ritmo troppo elevato per la sua corporatura. I muscoli delle sue gambe si contrassero doloranti, mentre tentava di sostenere la velocità di andatura dei suoi studenti, ciò nonostante, una volta che i ragazzi ebbero preso posizione, dividendosi in due file parallele, il professore mise un freno alla sua ansiosa avanzata, raddrizzando la schiena e camminando con sguardo altero tra lo spazio lasciato vuoto dai due schieramenti.
Le sue iridi non si allontanavano mai dalla linearità del percorso, in un vano intento di mostrare una autorità che, nella vita quotidiana, non possedeva, tuttavia, il suo rigido portamento, conferiva al suo aspetto quella patina di timore, sulla quale, avrebbe fatto affidamento per non essere messo in discussione dai suoi alunni.
Infatti, le dita di Brittany si stringevano nervosamente attorno al manico della sua scopa, alla ricerca di un appiglio che potesse sostenere il peso del suo tremante corpo, risultato di una paura che non trovava la sua origine solamente nella durezza del suo sguardo o nella sua imponente fisionomia, ma anche nella semplice consapevolezza di essere sul punto di dover allontanare i propri piedi da terra.
La giovane Tassorosso era spaventata, d’innanzi al pensiero di ritrovarsi a centinaia di metri dal suolo, oltre al fatto che il gioco del Quidditch fosse ben lontano dalla sua idea di divertimento.  
Al contrario, Santana fremeva sul posto, desiderosa di mostrare le sue abilità, acquisite con impegno e dedizione durante le innumerevoli sedute di addestramento tenutesi da suo padre.
Nonostante il suo occhio esperto avesse già individuato la mole di inettitudine che affiorava dai suoi compagni non poteva permettere alla sua concentrazione di vacillare, data la rilevanza che quel momento portava con sé: Ken Tanaka non era soltanto l’insegnante di volo e l’arbitro delle partite di Quidditch, ma deteneva anche la carica di responsabile della squadra dei Serpeverde, ovvero, aveva il potere di sostituire i membri del gruppo se qualcuno suscitava il suo interesse.
Ed era esattamente ciò che Santana voleva ottenere.
Dal canto suo, Quinn, si limitava a mantenere attiva la propria attenzione, senza lasciare che lo sguardo altezzoso del professore andasse ad intaccare la sua emotività, nel tentativo di preservare la sua preparazione e puntare a primeggiare nella sua disciplina.
Una volta raggiunta la fine di quella artificiale corsia, il Professor Tanaka, decise di rivolgere il suo interesse in direzione degli studenti: si voltò di scatto, cominciando ad esaminare le espressioni dei ragazzi, alla ricerca di qualcuno che si fosse intimidito di fronte al suo improvviso gesto, tuttavia, nessun allievo sembrava essere rimasto impressionato, così il docente non ebbe alcuna scusa per intrattenersi oltre.
-“Benvenuti alla vostra prima lezione di volo!”- esordì, non riuscendo ad evitare al suo tono di voce di risultare leggermente infastidito, dato lo scarso esito che la sua fiera camminata aveva portato.
-“Per cominciare è necessario prendere confidenza con il mezzo..”- i suoi passi ritornarono sulla strada appena percorsa, mentre comunicava le istruzioni ai suoi studenti -“..perciò..posizionatevi alla sinistra della vostra scopa e tendete la mano destra in avanti..”- attese che ogni alunno avesse eseguito i suoi ordini, prima di continuare con la spiegazione -“..poi..con voce forte e chiara dite..su!”- la sospensione del suo movimento, proprio al centro del corridoio, diede forma ad una sorta di enfatizzazione che indusse i bambini a sostare immobili, come se fossero rimasti affascinati dalla sua esclamazione.
-“Forza! Avanti!”- la voce tuonante del professore condusse le menti dei giovani novizi a risvegliarsi, portandoli a mettere in pratica le sue parole.
Una serie di grida si diffusero per tutto il giardino, accumunate da una medesima articolazione, ma da differenti intenzioni.
Santana diresse lo sguardo sulla sua scopa, mentre irrigidiva i muscoli della sua mano, pronta a pronunciare il comando con fermezza e decisione.
-“Su!”- il pezzo di legno si mosse con rapidità, raggiungendo il suo palmo senza un minimo di esitazione: sorrise compiaciuta, indirizzando la sua attenzione verso la mezzosangue di fronte a lei, curiosa di sapere se il mondo dei cervelloni andasse al di fuori dei libri di testo.
Quinn prese un respiro profondo, consapevole che un paio di occhi scuri la stessero osservando, come un avvoltoio in attesa dell’ultimo alito di vita della sua preda, prima di annunciare la formula.
-“Su!”- una sensazione di sollievo pervase la sua anima, nel momento in cui avvertì il mezzo volante impattare contro al palmo della sua mano, immediatamente sostituita da un senso di appagamento, derivato dalla lieve sfumatura di stupore che le sue verdi iridi scorsero nell’oscurità di Santana.
Il principio di tensione che trapelava dal loro contatto visivo venne spezzato dal rumore di un tonfo, seguito da un lamento di dolore: il manico della scopa di Brittany si era alzato troppo rapidamente, cogliendo alla sprovvista la giovane Tassorosso, la quale, si ritrovava con il naso nascosto tra le mani, nel tentativo di alleviare la leggera pulsazione.
Quinn si avvicinò alla sua amica, alla ricerca di qualche danno, mentre la risata di Santana e dei suoi compagni risuonava per l’intero giardino.
Una volta che tutti gli studenti ebbero impugnato il manico della loro scopa il Professor Tanaka diede ulteriori informazioni, guidando i ragazzi a posizionare le proprie gambe a cavalcioni del mezzo, in maniera tale da essere pronti per compiere il passo successivo.
-“Bene..ed ora..spingetevi verso l’alto”-
Le dita di Santana accentuarono la presa attorno alla sua scopa, mentre faceva leva sulle ginocchia, dando al suo slancio la giusta calibrazione per riuscire a mantenere i propri piedi sollevati dal suolo solamente di pochi centimetri.
Il suo corpo si contrasse, alla ricerca di un equilibrio che, non appena venne trovato, sospinse il suo sguardo a ricercare quella condizione di conflitto, indispensabile per incrementare il livello delle sue capacità.
Pertanto, le sue iridi si concentrarono sulla figura d’innanzi a lei, smaniose di scoprire fino a dove potesse spingersi la sua audacia. Il solito sorrisetto compiaciuto prese forma sul suo volto, nel constatare che i piedi della mezzosangue si libravano a qualche centimetro di distanza da terra, proprio alla sua medesima altezza.
Il sopracciglio sinistro di Santana si protese verso l’alto, mentre, rivolgendo i suoi occhi in direzione del viso di Quinn, si rese conto che lo sguardo della giovane Corvonero fosse già orientato verso il suo, in una implicita dichiarazione di sfida a cui rispose con il suo usuale ghigno.
Dal canto suo, Brittany, non si accorse minimamente del dissidio che stava prendendo piede di fianco a lei, troppo occupata a rimanere ancorata al suo manico di scopa per prestare attenzione a ciò che la circondava.
Una patina di freddo sudore rivestiva la pelle delle sue mani, segno di una evidente inquietudine che conduceva il suo stomaco a contrarsi in una timorosa morsa e le sue pulsazioni cardiache ad accelerare la loro cadenza.
Per quel motivo, nel momento in cui il Professor Tanaka decise di porre un freno al secondo esercizio un rumoroso sospiro di sollievo si fece strada tra le labbra di Brittany.
Tuttavia, la lezione di volo era appena iniziata e il docente, data la presa di consapevolezza che la maggior parte dei suoi studenti possedesse buone abilità di equilibrio, si convinse di poter elargire loro la possibilità di partecipare ad un gioco.
La competizione prevedeva la presenza di due squadre, in quel caso composte dalle file parallele di allievi, il cui obbiettivo, si basava sul raggiungimento di un punteggio maggiore rispetto al gruppo avversario. Per ottenere risultati, ogni membro del team, doveva scontrarsi con un componente della formazione opposta, attraverso un inseguimento che vedeva come protagonista un bolide in miniatura.   
Ciascun giocatore aveva lo scopo di catturare la palla prima del suo contendente, ritornando al proprio posto senza esserne privato.
Il fervore per la proposta del professore non si fece attendere, inducendo diversi ragazzi a staccare i propri piedi dal suolo, così da giungere ad almeno una trentina di metri da terra.
Santana fu la prima ad arrivare alla giusta altezza, subito seguita dalla figura di Quinn, oramai decisa ad affrontare la sua stessa provocazione, malgrado fosse a conoscenza delle innumerevoli improbabilità che, una sua eventuale vittoria, potesse portare la giovane Serpeverde a ritrarre la sua ostilità nei suoi confronti e in quelli di Brittany.
Ciò nonostante, Quinn desiderava dimostrare alla piccola Lopez che alla presunzione del suo atteggiamento, lei, fosse in grado di stabilire un limite.
Pertanto, quando il Professor Tanaka estrasse dalla tasca destra dei suoi pantaloni il piccolo bolide, conferendo all’oggetto il risultato di un incanto prodotto dalla sua bacchetta, la mente della ragazzina dai biondi capelli corse a contare i secondi che la separavano dal suo scontro con Santana.
Erano trascorsi una decina di minuti dall’inizio della gara e lo schieramento in cui sostava Quinn si ritrovava in vantaggio, tuttavia, la sfida successiva avrebbe visto come concorrenti Brittany e Puck, una combinazione che non lasciava alcun dubbio su chi potesse risultare vincitore.
La giovane Corvonero, consapevole della paura che tormentava l’animo della sua amica, si sporse leggermente nella sua direzione, sussurrando al suo orecchio parole di conforto e sostegno.
Il capo di Brittany si mosse, in un lieve accenno di assenso, la cui origine, era determinata da uno stato di catatonia, diretta conseguenza della cosciente situazione a cui stava per andare incontro.  
Per fortuna, il periodo della contesa si protrasse solamente per alcuni minuti, giusto il tempo di consentire a Puck di distaccarsi dalla sua linea, girare attorno alle due file un paio di volte e ritornare nella sua posizione, mentre la giovane Tassorosso si era limitata ad avanzare incerta, stringendo con mani tremanti il manico della scopa e mormorando a denti stretti preghiere di supplica, in un chiaro stato di terrore, d’innanzi al quale, la maggioranza dei suoi compagni non aveva espresso alcun tipo di comprensione, mostrandosi divertita.
Quinn prese un respiro profondo, rafforzando la propria aderenza al legno della sua scopa, intanto che il suo sguardo si spostava da Santana, il cui movimento rifletteva quello della sua avversaria, al professore che, dopo aver afferrato il bolide, lasciato cadere dalle mani di Puck, si apprestava a scagliare la palla verso il cielo, dando così il via all’ultimo round del gioco.
Il mento di Santana accarezzò il duro manico della sua scopa, prima di contrarre il proprio corpo, in un impercettibile movimento che le diede la giusta spinta per compiere un rapido scatto in avanti.
Quinn si allontanò dalla sua postazione solamente un millesimo di secondo più tardi, ritrovandosi ad inseguire la coda della sua rivale.
Il premio torreggiava esattamente sulla linea di tiro della giovane Serpeverde, inducendo la sua contendente ad accostare il proprio petto al manico del suo mezzo, in un necessario piegamento che ebbe la forza di incrementare la velocità della sua andatura, portando la figura di Quinn ad affiancarsi a quella di Santana.  
Lo sguardo della bambina dai capelli corvini si depose sulle verdi iridi di Quinn, accompagnato da un malevolo sogghigno, il cui principio di divertimento, celato dalla svolazzante movenza delle sue ciocche, sembrava inasprirsi ad ogni istante.  
Le dita di Quinn si serrarono attorno all’impugnatura della sua scopa, mentre i suoi occhi si socchiudevano, in un gesto, il cui scopo avrebbe dovuto riscontrare la sua ragione in un intento di infondere un minimo di timore, ma che, in realtà, nascondeva un bisogno di sicurezza al quale era difficile sottrarsi, in particolare d’innanzi alla tenebra del suo sguardo.
Tuttavia, la giovane Corvonero non si scompose, permettendo a quel contatto di prolungarsi, anche nel momento in cui le corde vocali di Santana vibrarono, dando vita ad una beffarda risata che portava con sé il motivo di un significato a cui non era in grado di offrire una spiegazione.
Almeno, fino a quando la parte sinistra del suo viso non venne oscurata da un preludio di ombra, la cui fonte, doveva trovarsi proprio sulla medesima traiettoria della sua direzione. Quinn indusse il suo sguardo a concentrare la propria attenzione nello spazio di fronte a sé, ritrovandosi a contemplare la durezza dei mattoni di pietra che costituivano la struttura della principale torre di Hogwarts.
Le sue iridi si spalancarono, colte alla sprovvista da una situazione che la giovane Corvonero non aveva considerato, a differenza di Santana, la quale, non perse tempo a virare, passando a pochi centimetri di distanza dal fianco della costruzione, in una rapida azione che le permise di raggiungere il bolide, racchiudendolo nella sua mano sinistra.
Quinn strinse i denti, mentre, aggrappandosi al manico della sua scopa, condensava tutta la sua forza nei muscoli delle braccia, in particolare nei polsi, in maniera tale da fornire al suo tentativo di deviazione una possibilità maggiore.
Trattenne il fiato, abbassando le palpebre, nel momento in cui decise di cambiare rotta, spostando totalmente il proprio asse sulla sinistra.
Le sue labbra rilasciarono un prolungato sospiro di sollievo, quando, una volta dischiuse le iridi, il riflesso della parete di mattoni si distaccava solamente di qualche millimetro dal suo volto, donando ai battiti di Quinn la giusta occasione per rallentare la loro folle corsa.
Ripristinato il regolare assetto, la sua attenzione, venne indirizzata al centro del campo, dove una serie di esultanze attendeva il ritorno di Santana.
Un principio di sconforto cominciò a prendere forma nel suo animo, tuttavia, non ebbe il tempo di attecchire completamente, frenato dalla presa di coscienza che la rapidità di avanzamento della giovane Serpeverde avesse subito un notevole calo.
Dopotutto, credeva che la vittoria fosse già sua.
Rincuorata dal fatto che la casata delle serpi peccasse troppo di presunzione, offuscando così la loro astuzia, Quinn aggirò la torre, disponendosi in diagonale rispetto al punto di arrivo di Santana, in maniera tale da coglierla di sorpresa, nonostante confidasse nella ragionevole eventualità che la sua arroganza la portasse a non voltarsi nemmeno.
Prese un respiro profondo, prima di scattare in avanti, diretta verso il bolide.  
Il braccio sinistro di Santana era sollevato, in una dimostrazione di inevitabile trionfo a cui nessuno avrebbe mai potuto aspirare: in fin dei conti lei era una Lopez, una purosangue, e la sua dinastia era nata per primeggiare in qualsiasi materia e disciplina.
Fu esattamente per quella convinzione che, nel preciso istante in cui la pelle del suo viso venne sfiorata dal calore di una brezza, la cui intensità, condusse i suoi capelli a coprire parte del suo volto, rimase immobile, prendendo atto solamente diversi secondi dopo che la vittoria non era più nella sua mano.  
Contrasse la mascella, mentre rivolgeva lo sguardo in direzione di quella lurida mezzosangue, oramai consapevole della sorte che le avrebbe donato.
Invasa dalla rabbia nei confronti di quell’ignobile essere sospinse il suo corpo in avanti, in uno scatto fulmineo che indusse la sua scopa a raggiungere con elevata rapidità il fianco di Quinn.
La giovane Corvonero non parve sorpresa nel trovare la sua avversaria già a pochi centimetri di distanza da lei, tuttavia, la sua espressione si fece disorientata, quasi impaurita, nel momento in cui il corpo di Santana si spinse del tutto contro di lei, portando la ragazzina a perdere per alcuni istanti il suo equilibrio.  
Le sue verdi iridi non attesero neanche un secondo, prima di posarsi su quelle della bambina al suo fianco, alla ricerca di una spiegazione per il suo pericoloso gesto, ciò nonostante, tutto quello che fu in grado di scorgere nella loro oscurità sembrava legato ad un sentimento di odio, un rancore che indusse Quinn a credere che il suo tentativo di inseguimento non avesse più a che fare con la conquista del bolide, ma con la vendetta.
La conferma di quella supposizione giunse qualche attimo dopo, quando il piede di Santana, staccatosi dal suo appoggio, si diresse verso il bacino della sua rivale, in una poderosa spinta che condusse il corpo di Quinn a perdere completamente la propria stabilità.
Tuttavia, le mani della giovane Corvonero rimasero aggrappate al manico della sua scopa, lasciando soltanto alle sue gambe la terribile sensazione di non avvertire nulla sotto di sé. 
D’innanzi a quella situazione la mano destra del Professor Tanaka si distese in avanti, mentre la sua lingua mormorava una formula latina, le cui parole, persuasero i due mezzi volanti a ridurre la propria quota, fino a toccare il suolo.
Il respiro di Quinn era affannato ed il suo corpo non pareva riuscire ad arrestare la serie di spasmi che aveva iniziato a ghermire i suoi muscoli, facendoli tremare.
Nonostante la paura di quello che avrebbe potuto trovare decise di rivolgere il suo sguardo alla ragazzina di fronte a lei, nel tentativo di mostrare ai suoi occhi il terrore che aveva provocato, ma anche la fermezza della sua scelta: malgrado la sua anima stesse annegando in un senso di inquietudine non si sarebbe tirata indietro.
Santana, comprese le sue intenzioni, non poté fare altro che indurire la sua espressione, consapevole che la guerra fosse appena cominciata.

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Capitolo 4
*** Punizione ***


Punizione


I raggi di un tiepido sole pomeridiano accarezzavano il limitare delle lunghe vetrate che costeggiavano le pareti esterne, riflettendo sulla loro superfice i tipici colori autunnali.
Innumerevoli foglie ricoprivano il giardino di calde sfumature, sottolineando un inevitabile scorrere del tempo a cui, tuttavia, non sembrava accostarsi nessun altro genere di cambiamento.
Un rapido zampettare risuonava tra le mura del castello, seguito da un silenzioso e solerte passo, il cui intento, pareva solamente essere legato ad un desiderio di svago, oltre che ad una frenetica brama di incutere un certo timore. Ciò nonostante, la preda di quel sadico gioco non poteva conoscere le reali intenzioni del suo cacciatore, limitandosi così ad accelerare la sua folle corsa, in attesa che la sua proprietaria giungesse in suo soccorso.
Con il respiro affannato e i muscoli delle gambe in procinto di accusare i primi dolori, Brittany, correva a perdifiato attraverso il disteso corridoio centrale, il cui termine, portava a raggiungere la zona verdeggiante interna alla scuola, alla disperata ricerca del suo topolino.
La preoccupazione della giovane Tassorosso era affiorata nel momento in cui, mentre passeggiava tranquilla sul lastricato di pietra dei sotterranei, in direzione della sua Sala Comune, il suo sguardo era stato attirato dal rapido movimento di una figura alla sua sinistra, la cui fisonomia non era passata di certo inosservata.
Tuttavia, la ragione per la quale i suoi passi non avevano proseguito lungo il rettilineo, ripiegando la loro attenzione verso quelle famigliari fattezze, era stata dovuta al fragoroso ed inquieto squittio che il suo udito aveva percepito, mettendo in evidenza il principio di un ennesimo inseguimento.
Così, per la terza volta in quella settimana, il suo corpo si era ritrovato a rincorrere l’eco del suo verso, nella ansiosa speranza che riuscisse a sfuggire al feroce miagolio alle sue spalle. 
Giunta al termine del corridoio, Brittany, mise un freno alla sua corsa, lasciando al frenetico vagare delle sue iridi il compito di intravedere un qualsiasi possibile movimento. La concentrazione dei suoi occhi si estendeva su ogni centimetro di quello spazio: dalle corsie laterali, al prato rivestito di foglie, fino agli angoli nascosti della lunga serie di muretti che recintavano il campo.
E fu proprio su uno di quei muriccioli che il suo sguardo intravide la punta di una coda, il cui dondolio, sottolineava uno stato di attesa.
Le labbra di Brittany vennero accarezzate da un lieve sospiro di sollievo, mentre i suoi passi si dirigevano alla sua destra, in direzione della causa di quel ripetitivo trambusto.
Socchiuse le palpebre, in una espressione di disappunto che celava il principio di un odio a cui, tuttavia, si imponeva di non dare credito: dopotutto, i comportamenti di quella gatta non erano altro che il riflesso del pessimo carattere della sua padrona.
Pertanto, decise di non prestare attenzione al suo sentimento di rancore, ma di rivolgere il suo interesse verso il punto in cui lo sguardo del felino sembrava essersi soffermato.
-“Fievel”- mormorò, in un sospiro di ritrovata consolazione a cui si univa un pizzico di riscoperta apprensione, data la precaria condizione in cui sostava il suo topolino: aggrappato ad una sbarra di ferro, il piccolo animale, si reggeva sulle sole zampe anteriori, mugugnando di paura.
Brittany non perse tempo a posizionare il proprio piede sinistro sulla superfice del muretto, in maniera tale da raggiungere una altezza che avrebbe consentito alla sua mano di fare da appoggio al suo amico.
Il respiro accelerato di Fievel divenne sempre meno intenso, dal momento in cui i suoi arti inferiori percepirono una soffice base di sostegno, il cui famigliare odore, indusse il suo corpicino a lasciarsi andare.
I polpastrelli della giovane Tassorosso percorrevano con ansiosa insistenza il suo morbido pelo, mentre le labbra si cimentavano in una scia di piccoli e rapidi baci, nella speranza di alleviare i lievi tremori del suo corpo.
Il cuore di Brittany si strinse in una morsa, addolorato nel vedere, ancora una volta, il petto del suo animale sollevarsi con così tanta velocità da suscitare in lei il dubbio di un possibile arresto cardiaco e il suo sguardo spaventato cercare i suoi occhi, in una disperata richiesta di protezione.
Racchiuse Fievel tra i palmi delle sue mani, avvicinando il suo capo nella zona superiore del collo, appena sotto la mandibola sinistra, dove il calore della sua pelle era maggiore e si poteva distinguere la frequenza dei battiti.   
Sapeva, infatti, che il modo migliore per tranquillizzare il suo piccolo amico fosse donare al suo corpo la sensazione della sua presenza.
Un altro sospiro venne rilasciato dalla sua bocca, oramai consapevole che il peggio fosse passato, tuttavia, nel momento in cui le sue iridi tornarono a posarsi sulla ragione delle sofferenze del suo topolino un moto di rabbia la pervase, accentuato dai ricordi del mese appena trascorso, durante il quale, non erano mancati episodi di sbeffeggio e bullismo a discapito suo e di Quinn.
Inoltre, Brittany era infastidita dalla maniera con cui la gatta grattava il suo orecchio, per poi leccare la sua zampa, come se fino a qualche attimo prima non avesse tentato di ghermire con i suoi artigli il corpo di Fievel, come se il fatto di aver suscitato in lui un senso di puro terrore, inducendo la sua mente a cercare una via di fuga che avrebbe potuto essergli fatale, fosse totalmente irrilevante.
Indifferenza, noncuranza, estrema apatia e cattiveria gratuita: erano esattamente le medesime sensazioni che la giovane Tassorosso avvertiva in quel momento, le stesse che percepiva ad ogni aggressione di Santana.
Contrasse la mascella, spostando la propria attenzione nei dintorni dell’ambiente circostante, in attesa che il suo sguardo incontrasse la sua fisionomia, oramai conscia della reale possibilità che il male non giungesse mai da solo.
Infatti, le sue iridi impiegarono solamente una manciata di secondi, prima di individuare la sua figura. Era sdraiata sul tronco di un albero, con la schiena appoggiata alla corteccia e la gamba destra a penzolare nel vuoto.
Così, senza attendere che il buon senso le impedisse di eliminare i metri che la separavano da lei, Brittany, decise di procedere nella sua direzione.
Il fruscio delle foglie accompagnava i suoi passi, ricolmi di una fittizia determinazione, la cui permanenza, era strettamente legata al tempo di decorso del suo stato di collera.    
Tuttavia, mentre avanzava spedita verso la sua carnefice, nella sua mente non si delineavano le probabili conseguenze della sua azione, ma la necessità di liberare la sua anima da una infinità di parole non dette.
-“La devi smettere!”- la carica di ira con la quale aveva pronunciato il suo grido ebbe la forza di riscuotere un piccolo gruppo di volatili che, spaventati da quella improvvisa irruenza, si librarono in aria, abbandonando i propri rami. Ciò nonostante, nemmeno una minima parvenza di sussulto prese forma sul corpo di Santana.
La ragazzina dai capelli corvini rimase immobile per un istante, come se il suo udito non fosse stato testimone di alcun suono, prima di sbuffare e raddrizzare momentaneamente la propria schiena, in un breve gesto di distensione a cui si unirono anche le sue braccia.
Un sospiro di ritrovato ristoro si fece strada tra le labbra della giovane Serpeverde, provocato dalla sublime sensazione di percepire i propri muscoli intorpiditi rilassarsi completamente.
La sua nuca rimase addossata al tronco dell’albero, nel momento in cui impose al suo sguardo di rivolgere la sua attenzione verso destra, in direzione di quella disturbante voce.
Un lieve risolino fece vibrare le sue corde vocali, scosse dalla figura di Brittany, il cui intento di risultare vagamente minacciosa, non faceva altro che suscitare in lei divertimento e derisione.
Il modo in cui le sue mani erano contratte, strette in un tremante pugno, e le sue iridi cercavano di rimanere ancorate alla sua oscurità, malgrado un principio di luccichio nei suoi angoli, mettevano in risalto la debole patina di risolutezza sotto la quale si stava nascondendo il suo inevitabile timore.
Le labbra di Santana si incurvarono in un ghigno appena accennato, mentre il suo interesse veniva rapito dalla piccola bestiola, il cui corpo, sostava sulla spalla sinistra della babbana, oramai conscia della ragione del suo inutile rimprovero.
-“Oh Pierce..andiamo..”- scosse leggermente il capo, mentre i suoi occhi si levavano in direzione del cielo, annoiati da una presa di posizione che riteneva alquanto eccessiva -“..non è colpa mia se il tuo stupido topo non sa riconoscere mezzo centimetro di questa scuola e si ritrova nella zona sbagliata”-
La durezza con la quale aveva espresso la sua affermazione lasciava intendere la presenza di una base di veridicità, tuttavia, la giovane Serpeverde conosceva la reale situazione in cui era coinvolta quella bestiaccia e la ferocia nel suo tono di voce era solamente la diretta conseguenza del proprio intento di intimorire il proposito di ribellione di Brittany, in maniera tale da indurre la ragazzina ad allontanarsi, permettendo così a Santana di concludere in pace il suo momento di riposo.
Malgrado, il suo brillante progetto avesse trovato un certo tipo di favore nelle precedenti occasioni, in quel preciso istante, il senso di sdegno e risentimento che attanagliava lo stomaco ed il cuore della bambina dalle bionde trecce era troppo intenso per essere ignorato ancora una volta.
-“Fievel sa benissimo come orientarsi. È la tua gatta che continua ad avvicinarsi alla mia Sala Comune”-
Le palpebre di Santana si mossero rapidamente, intanto che il suo capo ruotava con lenta incredulità in direzione di quel fastidioso individuo, fino ad incrociare il suo risoluto sguardo.
-“Scusami?”- le sue sopracciglia si innalzarono, esterrefatte di fronte a quella inaspettata replica, il cui tono accusatorio, non poteva di certo restare impunito.
Si sporse in avanti, appoggiando i palmi delle mani sul tronco in cui sostava, in maniera tale da conferire al suo corpo il giusto equilibrio per sbilanciarsi verso destra e scendere dal ramo.
I suoi piedi atterrarono sulla soffice distesa di foglie, a un paio di metri di distanza da Brittany, la quale, nonostante non avesse mostrato segni di cedimento a livello esteriore, rimanendo immobile sul suo posto, percepiva distintamente il ritmo dei suoi battiti accelerare ed un senso di inquietudine prendere il possesso del suo stomaco.
Per un istante, la sensazione di essere privata del proprio ossigeno la colse alla sprovvista, inducendo la sua bocca a dischiudersi, in un accenno di sussulto a cui non diede il tempo di manifestarsi completamente, spaventata dalla possibilità che le accorte iridi di Santana potessero scorgere il suo principio di paura.  
Lo sguardo di disprezzo della giovane Serpeverde non si fece attendere, osservando con una smorfia di superiorità la disdicevole figura d’innanzi a lei.
-“Ombra non metterebbe mai piede in quella sudicia catapecchia che avete il coraggio di chiamare casa..”- decise di puntualizzare, mentre le sue gambe si spostavano in avanti, riducendo in maniera inevitabile il distacco tra loro -“..conosce troppo bene la puzza di certa plebaglia per sbagliare”- la cattiveria di quelle parole venne sussurrata a pochi centimetri dal viso di Brittany, in modo che il fiato di Santana potesse sfiorare la sua candida pelle ed il nero dei suoi occhi avesse il giusto distacco per insidiarsi in quel limpido azzurro.
Nonostante, la realtà della circostanza fosse lontana da quanto affermato dalla ragazzina, la sua necessità di ammirare il cambiamento portato dalla sua perfidia non aveva alcun prezzo, soprattutto se la vittima in questione era la giovane Tassorosso, troppo ingenua e stupida per non cadere nella sua trappola.
Un sorrisetto compiaciuto comparve sul suo volto, mentre poteva distinguere ogni istante in cui la sua apparente patina di risolutezza si sgretolava, lasciando il posto ad un sentimento di agitazione e sconforto.
Il corpo di Brittany tremava leggermente, turbato da una vicinanza di cui il suo respiro non era in grado di reggere nemmeno un secondo, così affannato ed irregolare da obbligare la sua bocca a rimanere dischiusa. Inoltre, le sue iridi si erano rivestite di un sottile velo di umidità, una involontaria conseguenza al tono freddo e violento della sua voce.
Per un istante, il tempo parve arrestare la sua avanzata, sospeso in quel preciso momento, dove il suo sguardo rimaneva ancorato alla tenebra, malgrado la difficoltà di mantenere le palpebre sollevate, ed il suo udito veniva frastornato dal veemente eco delle sue pulsazioni cardiache.
Tuttavia, nonostante le lancette parevano essersi fermate, la consueta sensazione di paura si fece strada nella sua anima, inducendo il suo stomaco a soffocare nella vigorosa stretta di una morsa e la sua mente a domandarsi le ragioni della sua impulsiva condotta, dati i medesimi precedenti delle situazioni passate.
Ancora una volta, il bisogno di scappare da quella circostanza decise di insinuarsi con prepotenza nelle sue reali intenzioni, desideroso di ostacolare il suo proposito di rivalsa, diffondendo nel suo animo un senso di terrore, ma, il rancore accumulato in quel mese intero di spietato accanimento fisico e verbale eccedeva il suo livello di sopportazione.
Pertanto, nessuna ritirata venne presa in considerazione.
Così, le labbra di Brittany si chiusero, in modo tale da permettere alla sua gola di ritrovare la corretta dose di salivazione, prima di oltrepassare il limite.
-“Bè..allora credo sia il caso di ricordarglielo..dopo tutto questo tempo potrebbe essersi confusa”-
Le sue parole riecheggiarono nel piccolo spazio lasciato tra i loro volti, come una sorta di liberazione a cui, tuttavia, avrebbe dovuto affiancare il timore per le attese conseguenze.
La mascella di Santana si contrasse, in uno scatto così violento da provocare alle sue gengive una lieve sensazione di dolore, mentre le sue sopracciglia si aggrottavano, conferendo alla fisionomia del suo viso la sua usuale durezza, d’innanzi alla quale, il fiato di Brittany venne meno.
-“Come osi?”- il suo digrigno, ricolmo di indignata irritazione, si accompagnava al cieco furore che trapelava dal suo sguardo socchiuso, dove tutto quello che si poteva intravedere erano le torbide sfumature della sua oscurità.
La giovane Serpeverde fece un passo in avanti, costringendo Brittany ad indietreggiare spaventata.
-“Sei solo una stupida ragazzina dal sangue sporco..”- Santana si spinse ancora una volta verso di lei -“..con quale diritto ti permetti di paragonarti a me?”-
Il procedere della ragazza dai capelli corvini divenne sempre più rapido, obbligando le gambe di Brittany ad inseguire il suo incalzante ritmo, la cui imprevista cadenza accelerata, indusse i suoi piedi ad incespicare sul terreno, portandola a cadere di schiena.
Il suo petto si sollevava con incontrollato fervore, mentre il principio di un attacco di panico si rifletteva nelle azzurre venature dei suoi occhi, sotto il continuo incombere della figura di Santana, talmente carica di odio da non prendersi nemmeno il tempo di ridere della sua goffaggine.
-“Feccia del mondo magico”- le iridi di Brittany si sgranarono, mentre le sue dita affondavano nel lieve strato di fango, celato dalla coltre di foglie, d’innanzi al movimento della sua mano sinistra, la quale, scomparendo nelle pieghe della toga, aveva portato alla luce la sua bacchetta.
Santana rivolse la punta contro di lei, lo sguardo iniettato di disprezzo ed estrema avversione, pronta a colpire.
-“Ancora una mossa Lopez e giuro su Priscilla Corvonero che ti riduco ad un bavoso orco delle montagne”-
I muscoli della giovane Serpeverde si contrassero lievemente, impreparati a ricevere il suono della sua voce e a percepire l’estremità della sua bacchetta premere contro lo sterno.
Le sue braccia si sollevarono, in un lento movimento di finta resa, intanto che le sue iridi lasciavano quelle di Brittany per riporre la loro attenzione sulla figura dietro di sé.
-“Fabray..”- un sorrisetto divertito prese piede sulle sue labbra, nel ritrovare a pochi centimetri da lei la sua seconda fonte di inesorabile spasso -“..vedo che hai trovato il tempo di uscire da quella
topaia di biblioteca”-
I polpastrelli di Quinn si strinsero attorno all’impugnatura della sua arma, in un impercettibile movimento che, tuttavia, celava lo snervante sforzo di non cedere alle sue provocazioni: i denti della giovane Corvonero dovettero bloccare lo stato di avanzamento della sua lingua, conficcando parte della propria arcata superiore nel mucoso rivestimento di quel piccolo muscolo, in maniera tale da evitare alle parole di staccarsi dal suo volere.    
Per un istante, il suo sguardo rimase incatenato ai gelidi occhi di Santana, prima di spostarsi in direzione della sua amica, ancora distesa al suolo.
-“Tutto bene Britt?”-   
La bambina dalle bionde trecce mosse leggermente il capo in avanti, in un accennato gesto di assenso a cui, tuttavia, era legato un continuo stato di inquietudine, mentre, facendo leva sulle sue tremanti braccia, si rimetteva in piedi.
La concentrazione di Quinn venne di nuovo indirizzata alla persona di fronte a lei, la cui espressione di scherno, continuava a conferire al suo viso la sua consueta malvagità.
Nonostante, il ritmo sostenuto delle sue pulsazioni cardiache sottolineasse alla giovane Corvonero la presenza di uno stato di timore, d’innanzi al quale la sua anima si stava lasciando sottomettere, in quel momento, la forza del risentimento covato per un intero mese prevalse sulla abitudinale sensazione di paura, portando il suo corpo ad avanzare di un passo, in maniera tale da spingere la punta della propria bacchetta nel centro del suo petto.
Malgrado, da un punto di vista esterno la situazione avrebbe attribuito a Quinn una posizione di vantaggio, a livello interiore le circostanze erano alquanto differenti.
-“Cosa credi di fare?”- la domanda canzonatoria di Santana evidenziava la sua totale noncuranza del fatto che una ragazzina le stesse puntando un’arma addosso, consapevole che il suo intento non avrebbe mai trovato la giusta dose di audacia.
-“Lo sappiamo entrambe che ti manca il coraggio”-
Le dita di Quinn allentarono la loro pressione intorno al manico della bacchetta, mentre le parole della giovane Serpeverde si insidiavano nel suo animo, destabilizzando la precedente veemenza del suo costante proposito.
Sebbene, le sue capacità andassero ben oltre alla media, classificando la ragazzina dalla bionda chioma come la migliore studentessa del primo anno, accadeva che, nel momento in cui le veniva richiesto di abbandonare le pure nozioni teoriche per concentrare la sua attenzione nelle abilità pratiche, la sua mente non riuscisse a ricostruire in maniera efficace le medesime informazioni.
Così, uno stato di angoscia si impossessava di lei, un timore che la induceva a mettere in discussione le sue competenze, portandola a tirarsi indietro se nessuno le concedeva il suo appoggio.
Per una manciata di secondi, la fermezza del suo sguardo venne a mancare, conducendo le sue iridi ad allontanare la loro determinazione dagli occhi di Santana, la quale, non si fece sfuggire nemmeno un istante, prima di distaccare il suo corpo dalla pressione della bacchetta, con un rapido balzo indietro, ed allungare il braccio sinistro nella sua direzione, puntando la sua arma contro di lei.
Immediatamente, la presa di Quinn riacquisì la sua sicurezza, ma oramai il suo punto debole era scoperto e il ghigno vittorioso sul volto della giovane Serpeverde non lasciava trasparire nulla di buono.  
Una inquieta tensione si diffuse nella lieve brezza pomeridiana, accentuata dal rumore del respiro affannato di Brittany e da una piccola folla che si era radunata attorno a loro, in trepidante attesa dello scontro.
Tuttavia, nessun incantesimo venne evocato, interrotto sul nascere dal suono tuonante di una voce.
-“Che diamine sta succedendo qui?!”-
La modesta calca si fece da parte, permettendo alla Professoressa Pillsbury di prendere totalmente atto di quello che stava accadendo dentro al cerchio, intanto che le tre ragazze si voltavano in direzione di quell’improvviso ammonimento.
La bacchetta di Quinn fu la prima a ritornare distesa lungo il fianco della sua gamba destra, seguita da quella di Santana, il cui movimento, rasentava il medesimo ritmo della camminata di una tartaruga.
Lo sguardo della donna vagava sui volti delle tre ragazze, scosso e adirato, in particolare per il fatto che la sua migliore allieva fosse coinvolta in quello che doveva essere un vero e proprio duello.
-“È vietato rivolgere la propria bacchetta contro un altro studente”- la professoressa decise di rimarcare una delle direttive del regolamento, mantenendo la sua attenzione indirizzata alla giovane Corvonero, consapevole che la delusione espressa dal suo viso non avrebbe fatto altro che accentuare il suo già evidente dispiacere.
Prese un respiro profondo, nel tentativo di reprimere il senso di amarezza che si stava diffondendo nella sua anima, conscia del fatto che le conseguenze di tale situazione sarebbero rimaste incise sulla scheda di valutazione dei suoi alunni, danneggiando il loro percorso scolastico.
-“Fabray..Lopez..Pierce..siete in punizione”-
Le palpebre di Quinn si abbassarono, intanto che il suo petto si innalzava, carico della pesantezza di un sospiro che non perse tempo ad essere rilasciato: nemmeno una sola volta il suo cognome era stato associato ad un termine che prevedeva la presenza di una trasgressione.
Al contrario, Santana non si scompose, limitando il suo sguardo a soffermare la propria attenzione sulle verdi iridi della professoressa, prima di abbandonare un lieve sbuffo e rivolgere i suoi passi in direzione della irrisoria folla, la quale, non appena si rese conto della sua prossima vicinanza, si fece da parte, permettendo alla sua figura di non incontrare alcun intralcio.
Solo Brittany rimase immobile, da un lato, ancorata ad una sensazione di turbamento, provocata dal riverbero delle parole e dal ricordo del gesto della giovane Serpeverde, dall’altro, interdetta nei confronti delle ragioni, in base alle quali, doveva ritrovarsi in castigo.
Il leggero stato di catatonia in cui risiedeva venne interrotto dalla potenza vocale della Professoressa Pillsbury, la quale, incitava la piccola calca a disperdere il loro assembramento, richiamando la concentrazione degli studenti sui preziosi minuti di lezione che stavano perdendo.
La sua bocca si dischiuse, mentre il rapido movimento delle sue palpebre riportava il suo sguardo a posarsi sulla realtà, dove, per un breve attimo, la figura di Santana ne prese il possesso, rendendo Brittany partecipe del suo allontanamento insieme alla Professoressa Del Monico, prima che la sua attenzione venisse indirizzata alla persona di fianco a lei.
  

 
Il rumore dei suoi passi riecheggiava nel lungo corridoio di pietra, accompagnato dal concitato ticchettio di un paio di stivaletti, il cui materiale di vera pelle di pitone, rifletteva il carattere austero ed eccentrico della donna che precedeva il suo cammino.
Una volta oltrepassata la Sala Comune dei Serpeverde il ritmo sostenuto della loro andatura divenne sempre meno rapido, lasciando il posto ad un attento e silenzioso procedere.
Malgrado, la zona remota dei sotterranei non contasse il favore di numerose frequentazioni, il corpo della professoressa era in una condizione di tensione ed il suo sguardo non rimaneva mai fermo in un solo punto più del necessario.
Nel momento in cui giunsero nei pressi della consueta parete, Santana, estrasse dalla tasca della sua toga il solito foglietto bianco, ritirato quella stessa mattina dalle fedeli zampe del gufo di famiglia.
La corrispondenza tra suo padre e la docente di pozioni non aveva subito alcuna interferenza, conferendo alla ragazzina la possibilità di comprendere la finalità di quello scambio di parole: una incursione era stata pianificata, un esercito capeggiato dalla sua casata aveva il compito di infiltrare tra le mura del castello una schiera di seguaci del Signore Oscuro.
Pertanto, era indispensabile ispezionare ogni centimetro della scuola, alla ricerca di un passaggio, un varco segreto che avrebbe permesso alle truppe esterne di entrare senza essere notati, almeno inizialmente.
Il biglietto venne consegnato nelle mani della donna, la quale, non perse tempo a nascondere il messaggio tra le pieghe del suo mantello nero, prima di congedare la sua presenza con un lieve cenno del capo.
Lo sguardo di Santana rimase fisso sulla figura di Terri, intanto che nella sua mente si delineava il pensiero di una presunta incapacità, d’innanzi alla quale, non poteva fare altro che riporre la propria speranza nelle mani dei suoi genitori e di Salazar.
Le sue gambe erano sul punto di muoversi, quando, una famigliare sensazione avvolse la sua anima, inducendo i suoi piedi a restare immobili.
Esattamente come era accaduto nelle precedenti occasioni un sentore di inquietudine si fece strada dentro di lei, indirizzando la propria angoscia nelle viscere del suo stomaco, dove una soffocante morsa ne aveva preso il possesso, accompagnato da un senso di morbosa bramosia, il cui disperato volere, dimorava in un sentimento di rancore, dovuto ad un potere sottratto.
Ancora una volta, il suo sguardo venne attirato dalla parete alle sue spalle, principio da cui quella strana percezione sembrava scaturire.
Di nuovo, le sue iridi presero a scrutare ogni centimetro di quel muro, alla ricerca di qualcosa che potesse offrire a Santana un indizio sulle ragioni di tutto quel turbamento, tuttavia, proprio come in passato, nulla risaltava dalla attenta ispezione dei suoi occhi, tranne le varie sfumature di marrone che caratterizzavano il materiale da costruzione.
Di conseguenza, non vi era alcun valido motivo per sostare d’innanzi a quella parete, ciò nonostante, il corpo della giovane Serpeverde non pareva intenzionato ad allontanare la propria anima da quel sentore di perenne sofferenza, malgrado il timore che suscitava in lei.
Così, a dispetto della paura che si insidiava nei meandri del suo spirito, Santana, distese il braccio sinistro in avanti, appoggiando il palmo della mano sulla fredda superfice, sedotta da una misteriosa forza, il cui intento pareva essere legato ad una irrefrenabile sete di vita.
La sua bocca si dischiuse, lasciando andare un lieve sospiro tremolante, mentre la cadenza delle sue pulsazioni accelerava il proprio ritmo, d’innanzi ad una leggera brezza, il cui livello di realismo era in grado di far svolazzare le ciocche dei suoi capelli.
Santana rimase immobile, in attesa di qualche altro segnale, ma dalla parete di fronte a lei non sembrava scaturire niente che non fosse un delicato e caldo alito di vento.
Pertanto, la giovane Serpeverde decise di ritrarre la mano, concedendo al muro un ultimo sguardo, prima di indurre i propri passi a ritornare sulla strada principale.  
  

 
Il tempo trascorse con solerzia, abbandonando ben presto le dorate sfumature del cielo mattutino a favore di una serie di gradazioni, le cui tonalità regalavano lo spettacolo di un tramonto in via di estinzione.
Ed era proprio in direzione di quel sole calante che la Professoressa Pillsbury si stava rivolgendo, seguita dal rapido passo di tre studentesse.
Nelle ore precedenti, la docente si era interrogata sulla giusta punizione da attribuire al loro erroneo comportamento, riscontrando nella assegnazione di un servizio la soluzione più appropriata per redimere una inadeguata condotta.
Di conseguenza, la destinazione in cui erano indirizzati i loro passi si rifaceva ad una fatiscente casetta di pietra, ubicata all’esterno del castello, nei pressi della Foresta Proibita.
-“Passerete il castigo con la guardiacaccia Beiste”- le parole della professoressa incontrarono il medesimo stato di silenzio a cui la sua intimazione di procedere dietro la propria figura aveva dato il via.
Quinn si limitava a sostenere la risoluta camminata imposta dalla sua insegnante, rimuginando sulle ragioni che avevano spinto il suo animo ad assecondare uno stupido impulso e non il corretto sentiero della razionalità.
Al suo fianco, Brittany, mordicchiava il proprio labbro inferiore, avvolta da un profondo senso di nervosismo, legato al ricordo del suo Fievel, talmente smarrito di fronte al congedo inaspettato della sua padroncina da essersi abbandonato ad un angosciato squittio.
Infine, Santana, la cui figura sostava ad un paio di metri di distanza dalle sue coetanee, le braccia incrociate davanti al petto ed una espressione irritata dipinta sul volto, risultato di un tempo al quale avrebbe sicuramente conferito una rilevanza maggiore.
Nonostante, la presenza di un divario, ancora relativamente ampio, ad anticipare il loro arrivo, il distinto rumore di uno stridente cigolio faceva da sfondo al lento movimento della porta di ingresso, la cui apertura diede visione alle enormi fattezze della donna.
Le atletiche gambe della Professoressa Pillsbury accelerarono la loro cadenza, smaniose di giungere al punto di incontro, in maniera tale da porre una conclusione a quella estenuante giornata.
Al limitare della fatidica meta le labbra della donna si distesero in un genuino sorriso, diretta conseguenza del caloroso saluto della Signora Beiste.
-“Professoressa Pillsbury”- il capo della guardiacaccia si mosse in avanti, in un esteso gesto di benvenuto a cui si univano anche gli angoli della sua bocca, inevitabilmente indirizzati verso l’alto.
-“Guardiacaccia Beiste”- fece eco la giovane insegnante, rimarcando la sua medesima accoglienza, prima di lasciare andare un pesante sospiro e rivolgere il proprio interesse in direzione delle tre allieve, ancora confinate dietro le sue spalle.
-“Ho portato un aiuto..”- per un istante, il suo sguardo rimase fisso sulle espressioni leggermente smarrite dei loro volti, come se avesse voluto sottolineare, per l’ennesima volta, il retroscena che le aveva condotte fino a lì. In seguito, la sua attenzione venne riposta alla persona di fronte a lei -“..per il lavoro di questa sera”-
Un lieve movimento si fece strada sul viso della guardiacaccia Beiste, conducendo le sue sopracciglia ad innalzarsi e la sua bocca a schiudersi di quel tanto che bastava da essere in grado di cogliere la sua condizione di sorpresa.
Malgrado, il suo incarico non prevedesse nulla di effettivamente pericoloso, data la minuta corporatura della creatura che era necessario recuperare, non riteneva saggio permettere a dei bambini di addentrarsi nella Foresta Proibita, vista la presenza di altri animali, decisamente più nocivi.
Tuttavia, la richiesta stabilita da un superiore non poteva essere messa in discussione. Pertanto, la Signore Beiste si impose di annuire, limitandosi ad impugnare la propria balestra, mentre la Professoressa Pillsbury si congedava dalle sue alunne.
Una volta rimasta sola, la guardiacaccia, rivolse le sue azzurre iridi in direzione delle giovani studentesse, percependo le proprie gote arrossarsi, d’innanzi alla meticolosa analisi che sembrava essere portata avanti dalla piccola Corvonero, il cui stabile sguardo non pareva intenzionato ad abbandonare la sua corpulenta fisionomia, e alla espressione di pura meraviglia che risiedeva nel volto della ragazzina dai lunghi capelli biondi, nonostante fosse trascorso diverso tempo dalla sua venuta ad Hogwarts.
Solamente la giovane Serpeverde riservava la propria considerazione a favore di un indefinito punto sul terreno, senza degnare di una occhiata la maestosa figura di fronte a sé.
La Signora Beiste dovette prendersi quasi un intero giro di orologio, durante il quale cercava di ridurre al minimo il proprio livello di imbarazzo, prima di riuscire a schiarire la sua gola, a seguito della corretta riacquisizione della propria frequenza vocale.   
-“Allora..ehm..seguitemi”- così dicendo, il modesto gruppetto prese ad avviarsi in direzione della fitta boscaglia che costeggiava il deteriorato abitacolo della guardiacaccia.
Tuttavia, il loro stato di avanzamento non ebbe il tempo di superare nemmeno un paio di metri, spezzato dal brusco arresto del progredire dei passi di Quinn, nel momento in cui si rese conto della destinazione.
-“La Foresta Proibita?”- malgrado, in un istante successivo si sarebbe morsa la lingua per il tono angosciato con il quale aveva pronunciato quella domanda implicita, in quel preciso attimo la sua voce non poteva che risaltare la sensazione di inquietudine a cui il suo animo si stava piegando, consapevole delle numerose creature presenti al suo interno.
-“Ma..ci..ci sono i lupi mannari..e..e i nidi di acromantula. E..e poi è vietata agli studenti”-
Il modo in cui le sue verdi iridi rimasero ancorate allo sguardo della donna, alla disperata ricerca di una spiegazione che fosse in grado di giustificare la scelta della Professoressa Pillsbury, metteva in evidenza il forte senso di preoccupazione al quale era legato il loro imminente ingresso in quella intricata massa di alberi.
Nonostante, il turbamento della giovane Corvonero trovasse il favore della Signora Beiste, la guardiacaccia, non poteva trasgredire alle norme imposte dal regolamento della scuola, dove erano fissate, per ciascun livello di violazione, le rispettive conseguenze.
Pertanto, costrinse la sua espressione ad assumere i contorni di una fittizia sicurezza.
-“Non preoccuparti..”- le sue labbra si distesero in un sorriso appena accennato, nel tentativo di conferire al suo volto un ulteriore strato di apparente fiducia -“..non troveremo creature del genere con il sole ancora vivo nel cielo. Inoltre..”- mosse leggermente il braccio destro, facendo stridere gli ingranaggi della sua arma -“..quello che noi stiamo cercando è un drago”-
Non era affatto casuale il tono entusiastico con cui aveva fatto leva sul termine conclusivo, dopotutto cercava di distrarre le giovani studentesse dalle reali minacce nelle quali avrebbero potuto incorrere durante il cammino, eppure, malgrado le sue nobili intenzioni, soltanto le iridi della ragazzina dalle bionde trecce si sgranarono, accompagnate dalla incredula apertura della sua bocca.
-“Un drago?”- il fervore con il quale aveva esclamato la sua domanda si fece strada tra i muscoli del suo corpo, inducendo le sue gambe a scalpitare in avanti, esaltate da quella inaspettata notizia.
Gli angoli delle labbra della Signora Beiste si sollevarono di qualche centimetro, in una maniera così istintiva da risultare un effetto realmente percepito, intanto che rivolgeva la sua attenzione alla ragazzina.
-“Un cucciolo di drago per la precisione..”- decise di puntualizzare la guardiacaccia, mentre muoveva i propri passi in direzione della foresta, seguita dai saltelli eccitati di una inconscia Tassorosso -“..la sua presenza ha creato un certo trambusto..”- il suono delle sue parole divenne man mano sempre più debole, nel momento in cui la sua figura si introdusse nella densa coltre di vegetazione, lasciando alle proprie spalle il volto terribilmente allarmato di una consapevole Corvonero.
-“Paura Fabray?”- il derisorio sbeffeggio di Santana non si fece attendere, associato al suo consueto ghigno malevolo, la cui perfidia venne accentuata dalla lampante condizione di apprensione in cui vigeva il viso di Quinn.
Le sue corde vocali vibrarono, animate da un altezzoso sogghigno, il cui eco non perse tempo a disperdere la propria risonanza tra la corposa boscaglia, quando, anche le sue gambe si spinsero in direzione del sentiero.
Per un lungo istante, i suoi piedi rimasero ancorati al suolo, impauriti di fronte alla prospettiva di essere obbligati ad affrontare il labirintico ed imprevedibile percorso offerto dalla Foresta Proibita, tuttavia, le regole andavano rispettate e, oltretutto, se non avesse ceduto al suo impulso di collera non si sarebbe di certo ritrovata in quella situazione.
Inoltre, era necessario porre un freno alla irrazionale sicurezza che ostentava la presunzione di Santana.
Prese un respiro profondo, prima di abbandonare il contatto con il terreno ed iniziare a procedere verso il bosco -“E tu?”-
  

 
Una ventina di minuti erano intercorsi dal momento in cui il piccolo gruppo si era introdotto nella foresta ed ancora nulla di rilevante si era intromesso nel loro cammino.
La Signora Beiste era a capo della fila, insieme a Brittany, con la quale discuteva della sottile differenza di carattere che emergeva tra il Dorsorugoso Norvegese e il Grugnocorto Svedese.
Al seguito, vi era Santana, il cui sommesso borbottio stava acquisendo le sembianze di una annoiata cantilena, scandita da parole di irritazione e risentimento, mentre in ultima posizione non poteva che trovarsi Quinn, con il suo sguardo carico di accortezza ed il suo udito totalmente in tensione.
Il tragitto proseguiva senza alcun indugio, tra i tronchi possenti degli alberi e il lieve frusciare delle foglie, tuttavia, ad un certo punto, il relativo stato di silenzio che accompagnava il loro itinerario venne intralciato da un rumore improvviso, come di un grugnito frustrato.   
Lo stato di avanzamento della guardiacaccia fu soggetto ad un brusco arresto, talmente inaspettato da rischiare che facesse impattare il volto di Santana contro il grosso fondoschiena della donna, ma fortunatamente, malgrado la giovane Serpeverde non avesse mai abbandonato il monotono strato di sabbia grigia che ricopriva la superfice dello sterrato, la rapidità dei suoi riflessi le diede il tempo di frenare i propri passi, appena prima del fatidico impatto.
Il braccio sinistro della Signora Beiste era sollevato, in una implicita intimazione di non dare adito ad alcun rumore e di rimanere perfettamente immobili.
La bocca di Quinn era dischiusa, assoggettata ad una cadenza di respiro troppo affannata per essere in grado di mantenere le proprie labbra unite, intanto che la figura della donna si apprestava ad oltrepassare la poderosa radice, il cui vigoroso volume faceva da ostacolo al raggiungimento della sua fonte.  
La guardiacaccia procedeva sicura, la balestra stretta tra i palmi delle sue mani, il dardo già innestato nelle filature della corda, pronto ad addormentare qualsiasi tipologia di animale, nonostante la donna fosse a conoscenza delle ridotte dimensioni del suo bersaglio.
Infatti, non appena il suo campo visivo mise da parte la massiccia struttura del tronco che fungeva da inconsapevole nascondiglio, le sue iridi vennero attirate dalla esigua sagoma di un drago, il cui colorito verdognolo sottolineava la sua appartenenza alla specie del Gallese Verde.
Il dito indice della Signora Beiste fece una leggera pressione sul grilletto, mentre il suo occhio sinistro si chiudeva, alla ricerca della mira perfetta.
Inizialmente, il cucciolo di drago non si era accorto della estranea presenza che si ergeva a qualche metro da lui, troppo occupato a cercare qualcosa nella mediocre buca che aveva scavato per prestare attenzione a ciò che lo circondava, tuttavia, la famiglia da cui proveniva la sua razza si distingueva dalle altre in base al loro spiccato olfatto, talmente sviluppato da essere in grado di fiutare qualunque odore, anche a chilometri di distanza.
Pertanto, nel momento in cui una piccola goccia di sudore si fece strada lungo la tempia destra della donna, il neonato Gallese Verde non ci mise nemmeno mezzo secondo a riconoscere il tipo di aroma a cui era collegata.
Un inquieto verso di angoscia proruppe dalle sue minute fauci, accompagnato da un rapido battito d’ali, il cui dinamico movimento indusse il corpicino del drago a librarsi di un paio di metri, deciso a porre un certo distacco dalla causa del suo turbamento.
Nonostante, la notevole prontezza con cui la guardiacaccia fece scoccare la sua freccia, il piccolo drago non venne colto alla sprovvista, riuscendo a schivare il dardo insidioso, prima di incanalare tutta la sua energia nei muscoli delle proprie ali, alla ricerca di un rapido allontanamento.
Così, la Signora Beiste fu costretta ad abbassare la sua balestra, gettando il proprio corpo al suo inseguimento.
La improvvisa solerzia con la quale avvenne ogni singolo movimento non concesse il tempo di prendere alcuna iniziativa, né di cogliere le effettive conseguenze di quel repentino scatto, inducendo così le tre ragazzine a restare immobili, con l’immagine della loro guida che si allontanava senza esitazione.
Trascorse un intero minuto, prima che le palpebre di Quinn trovassero la forza di donare alle sue iridi un minimo di tregua e che lo spazio tra le sue labbra riuscisse ad ottenere la sua agognata fine.
-“D-dov’è finita?”- il suo balbettio rimarcava il senso di agitazione in cui sostava la sua anima, uno stato di profonda angoscia, la cui veemenza venne soggiogata ad un ulteriore incremento, derivato dal fatto che di fronte a lei non vi fosse più alcuna schiena dietro la quale potersi nascondere, solamente una zona vuota, dove nemmeno il vento agitava le foglie.
-“Non l’hai vista? Ad inseguire quello stupido drago”- rispose Santana, al limite dello sdegno, mentre, lasciando cadere il proprio corpo contro il medesimo tronco che aveva fatto da riparo al Gallese Verde, un sonoro sbuffo abbandonava la sua bocca, segno di un malumore a cui non pareva esistere alcun rimedio.
Malgrado, lo spirito della giovane Corvonero avesse già compreso ed elaborato le dinamiche degli avvenimenti, portando Quinn a cogliere il significato e la gravità del probabile esito, la sua mente non sembrava seguire lo stesso meccanismo del suo animo, bisognosa di una reale conferma.
-“Quindi..siamo sole..”- il tremante sospiro, a cui fece da sottofondo una rivelazione oramai palese, venne seguito da una istantanea accelerazione delle sue pulsazioni cardiache, le quali, indussero il suo respiro ad elevare il proprio ritmo, conducendo il suo petto a scuotersi con affanno.
Le sue iridi presero a vagare con disperata apprensione, alla ricerca di qualche indizio che avrebbe potuto determinare la direzione del percorso su cui i loro passi avevano indugiato, ma non vi era nulla a cui lo sguardo esperto di Quinn potesse aggrapparsi, soltanto radici, polvere, alberi ed ancora alberi.
-“Oh..Santa Cosetta..oh Santa Cosetta..”- mormorava, mentre le sue dita si intrecciavano tra i suoi biondi capelli, conferendo una evidente riprova del suo inquieto stato interiore.
Le braccia di Santana si incrociarono davanti al suo petto, intanto che il suo sopracciglio sinistro si innalzava, di fronte a quella puerile reazione a cui il suo sguardo non era mai stato abituato ad assistere.
-“Ma fai sempre così?”- la patina di disgusto, quasi fastidio, che trapelava dal tono della sua voce, lasciava intendere come il comportamento della giovane Corvonero fosse totalmente distante dalla cultura in cui lei era stata cresciuta, una rigida istruzione basata sul rigoroso controllo delle proprie emozioni.
Le parole di Santana interruppero il frenetico movimento di Quinn, inducendo le verdi iridi della ragazzina a posarsi sul suo nauseato sguardo, cariche di una tensione, il cui limite, era appena stato oltrepassato.
-“Senti..”- la pesantezza del suo respiro non fece altro che rimarcare la condizione di sofferenza in cui la sua anima era coinvolta, portando la sua frequenza vocale a risultare instabile ed isterica -“..potresti per un attimo scendere dal piedistallo della tua arroganza e renderti conto della situazione?!”-
Le sopracciglia della giovane Serpeverde sfiorarono l’attaccatura dei suoi capelli, sconcertate dal tono irruento con il quale si era espressa, ma soprattutto dalla mancanza di rispetto con cui si era rivolta a lei. La sua bocca si dischiuse, pronta a stroncare sul nascere il fiorire di un inammissibile oltraggio, tuttavia, non le venne dato il tempo di formulare alcuna parola, interrotta dal fiume in piena che scorreva impetuoso nel corpo di Quinn.
-“Siamo sole..nel bel mezzo della Foresta Proibita..alla mercè di mostri che potrebbero attaccarci in qualsiasi momento! Quindi scusami se la mia reazione non è conforme alla tua aurea di indifferenza!”-
Per un lungo momento, il silenzio si fece padrone dello spazio circostante, lasciando soltanto al respiro affannato della giovane Corvonero la possibilità di spezzare la sua apparente quiete.
In seguito, il suono delicato della voce di Brittany, la cui attenzione era indirizzata alla piccola buca lasciata dal cucciolo di drago, si intromise in quella parziale mancanza di rumori, nel tentativo di offrire un minimo di speranza.
-“Ma la Signora Beiste ha detto che..”- la sua intenzione venne bloccata dalla veemenza di una Quinn che non era più in grado di contenere il suo stato di preoccupazione.
-“Lo so cosa ha detto! Ma se osservi bene..”- il suo braccio destro si distese verso l’alto, inducendo i propri occhi a seguire la sua medesima direzione, insieme allo sguardo delle due ragazze, le cui iridi si scontrarono con una fitta coltre di ramificazioni e disadorni cespugli -“..manco si vede il cielo”-
Malgrado, il proposito di Brittany fosse orientato ad attribuire alle parole della guardiacaccia una certa dose di verosimiglianza, Quinn sembrava non dare ascolto alla sua infondata fiducia, facendo leva sulle sue precedenti dichiarazioni, in un inutile e ripetitivo borbottio a cui la pazienza di Santana non era programmata per resistere.
Così, decise di allontanarsi dal tronco, muovendo i propri passi sul sentiero, alla ricerca di qualcosa che potesse distrarre la sua mente dalla condizione di tedio in cui era stata scagliata, tuttavia, le sue gambe non percorsero più di un paio di metri, prima di essere obbligate ad arrestare il proprio progredire.
Un brivido percorse la schiena di Santana, mentre percepiva la sua anima venire soggiogata da quella sensazione, la stessa che avvertiva nel momento in cui il suo corpo affiancava una delle pareti dei sotterranei.
Senza conoscerne il reale motivo la sua figura venne spinta a voltarsi, richiamata da uno strano sentore.
-“Oh merda”-   

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Capitolo 5
*** Attacco improvviso ***


Attacco improvviso


La terra tremava sotto i loro piedi, scossa dal lento progredire di una sagoma nera, la cui pesantezza, era in grado di indurre la corteccia degli alberi a fremere e il robusto spessore delle radici a sgretolarsi, nel momento in cui quel peso immenso si posava con poca grazia su di esse.
Uno stridulo suono metallico accompagnava la sua avanzata, insieme ad un greve respiro, il quale, trovava un attimo di distensione, quando, il surreale silenzio in cui si era immersa la foresta, veniva spezzato da un minaccioso grugnito.
Data la presenza di una densa coltre di diramazioni, il cui contorto intreccio impediva alla luce lunare di penetrare nei meandri della fitta boscaglia, il sentiero su cui sostavano le tre ragazze era interamente avvolto nella penombra, concedendo solamente ai contorni della figura di emergere.
Tuttavia, malgrado la qualità della visuale fosse esigua, era possibile tracciare alcune componenti fondamentali del suo aspetto: prendendo in considerazione la sua significativa altezza, la cui stima non poteva che aggirarsi intorno ai dieci metri, e il notevole strato di grasso, la cui consistenza rappresentava la parte maggiore della sua massa corporea, una esorbitante superfice adiposa che rendeva il suo passo sgraziato e completamente asimmetrico, si era in grado di eliminare numerose eventualità, riducendo il probabile risultato a due plausibili soluzioni.
Difatti, intanto che il divario subiva una irrefrenabile diminuzione, il profilo della creatura assumeva una linea sempre più nitida, offrendo allo sguardo delle studentesse una parziale visione del suo volto.
Nel restante sottile velo di oscurità un paio di taglienti occhi gialli facevano la loro comparsa, messi in risalto dalla pelle olivastra del suo viso, una mescolanza di grigiastre e castane sfumature che resero la cute del suo corpo il risultato di una informe combinazione di tonalità.
Un lieve scintillio prese forma di fronte alle sue iridi, effetto della maniacale insistenza con la quale affilava i suoi canini inferiori, così lunghi da emergere dalle sue fauci e così acuminati da riflettere il loro vertice.
Trascorsero solamente una manciata di istanti, prima che la lontana e indistinta sagoma nera acquisisse le sembianze di un mastodontico e terrificante orco delle foreste, la cui usuale peculiarità riguardava il suo stretto legame con la sua arma, una possente scure di metallo da cui non era in grado di separarsi.
Infatti, il braccio destro della creatura non perse tempo a sollevarsi, insinuando nel volto delle tre alunne uno stato di puro terrore, il quale, indusse la cadenza delle loro pulsazioni cardiache ad accelerare e il fragore del loro respiro ad incrementare la sua intensità, mentre la possente bestia spalancava la propria bocca, mostrando la sua letale dentatura, in un agghiacciante grido di battaglia che diede alla mente delle ragazzine la ferrea conferma della sua reale presenza.
-“Correte!”- le corde vocali di Quinn tremarono, assoggettate alla veemenza del suo spaventato ed angosciato urlo, la cui ridestante forza, condusse le gambe di Brittany e Santana a sollecitare la loro rapidità.
Così, la folle corsa verso la salvezza ebbe inizio.
Nonostante, lo spazio che le circondava fosse avvolto da una cappa di semioscurità, la cui tenebra, concedeva una visuale limitata ai molteplici ostacoli che incorrevano sul loro cammino, e la stabilità del terreno non risultasse ottimale per una rocambolesca fuga, dato il costante e ponderoso procedere dei passi della creatura, le giovani studentesse avanzavano con solerzia tra le ombre, nel disperato intento di riuscire a seminare il mostruoso orco che incombeva alle loro spalle.
Le suole delle scarpe picchiettavano sul sottile strato di ghiaia che rivestiva il sentiero, talmente rapide nel loro movimento da essere in grado di percepirne solo il lontano eco, alla ricerca di preziosi metri che avrebbero potuto allontanare la minaccia.
Pertanto, malgrado il principio di una protesta a cui i loro muscoli si stavano affiancando, oramai sofferenti e attraversati da doloranti fitte, e la nascita di una soffocante sensazione di bruciore, proprio nel centro del loro petto, dove i polmoni asfissiavano, carenti della giusta dose di ossigeno, la movenza delle loro gambe non accennava a diminuire l’iniziale andatura.
Eppure, a dispetto dello smisurato sforzo a cui si stavano aggrappando con tutta la loro ansiosa foga, il temibile rumore del suo ringhio continuava sovrastare il fragore dei loro respiri affannati, ponendo in evidenza la totale vanità del loro intento di salvezza: nonostante, il progredire della bestia fosse relativamente fiacco, la sua spropositata statura attribuiva al suo passo una notevole distanza, sottraendo alle ragazze il misero spazio che erano riuscite ad acquisire tramite la corsa.
Sebbene, la mente di Quinn si era ripromessa di non rivolgere il proprio sguardo in direzione della orrida creatura, in maniera tale da evitare al suo animo di percepire un terrore maggiore e alla reale possibilità di morire di anticipare la sua venuta, un leggero spostamento d’aria costrinse la bambina a ruotare il suo capo.  
Le verdi iridi della giovane Corvonero si sgranarono, atterrite di fronte al bagliore di una lama, la cui affusolata punta, rifletteva la sagoma del suo bersaglio.
La sua attenzione venne indirizzata alla ragazzina al suo fianco sinistro, la quale, ignara del pericolo imminente, continuava a correre.
Per un istante, la concentrazione di Quinn rimase fissa sul suo profilo, domandando a sé stessa se non fosse il caso di lasciare che la scure si abbattesse su di lei, dopotutto per un intero mese si era divertita a rendere la sua vita, e quella di Brittany, un vero e proprio inferno.
Tuttavia, il fluire di quel pensiero ebbe una breve esistenza, immediatamente sostituito da un radicato valore di altruismo, insidiato nel suo cuore sin da bambina, nel momento in cui lo scintillio della mannaia diede ai suoi capelli corvini un barlume di lucentezza.
-“Santana attenta!”-
Senza concedere alla giovane Serpeverde il tempo di prendere coscienza della sua fatale sorte, il corpo di Quinn si sospinse verso di lei, circondando il suo torace con le proprie braccia, in maniera tale da allontanare la sua figura dalla traiettoria di tiro.
La lingua di Santana venne intrappolata tra i suoi denti, mentre la sua spalla sinistra impattava contro la fredda superfice, nel tentativo di contenere la sofferenza del gemito che percepiva affiorare con vigore dal profondo della sua gola.
Dal sottile spazio lasciato tra le sue labbra si innalzava il caotico strepitio del suo respiro affannato, accompagnato da una smorfia di dolore, le cui comuni contrazioni, subirono un lieve allentamento della tensione, trasformando i loro lineamenti in una espressione di pura confusione, quando, una volta dischiuse le palpebre, i suoi occhi si ritrovarono a qualche centimetro di distanza dal volto della mezzosangue.
-“Ma che diamine..?”- la sua richiesta non ebbe il tempo di conseguire la propria conclusione, stroncata a metà strada da un indistinto movimento del suo sguardo, il quale, distaccatosi dalla sua frontale visione, venne catturato dalla forsennata movenza dell’orco che, chinato sulla sua arma, con le grosse dita attorcigliate attorno al manico, cercava di estrarre la lama dalla stessa voragine che aveva creato, esattamente nel punto in cui Santana aveva avvertivo il suo corpo essere sospinto.
Per un fugace istante, le sue oscure iridi tornarono a posare il loro interesse sulla ragazzina di fronte a lei, la quale, con la bocca dischiusa ed il petto scosso dai tremori di un respiro troppo accelerato, ricambiava la sua attenzione, consapevole della ragione di quella interdetta occhiata.
Dalle sfumature dei loro occhi trapelava il medesimo interrogativo, solamente il soggetto risultava essere diverso.
Tuttavia, il tempo delle risposte non si collocava di certo in quel momento.
-“Forza ragazze! Dobbiamo andare!”- il grido disperato di Brittany raggiunse il loro udito, ridestando dal lieve stato di catatonia le loro annebbiate menti: il contatto visivo si dissolse, dando alla loro concentrazione la possibilità di rifocalizzarsi su quello che stava accadendo.
La creatura, ancora impegnata nella sua asportazione, concesse alle giovani studentesse secondi preziosi, durante i quali, le ragazzine cercarono di accrescere la distanza con la terribile bestia.  
Malgrado, le numerose ed intricate radici, la cui enorme grandezza conferiva al sentiero un principio di grande difficoltà, il ritmo della corsa non pareva intenzionato a rallentare, portando i loro passi a fremere di una inquieta angoscia, la quale, rendeva il loro procedere distratto e frenetico.
Le corde vocali di Brittany vibrarono, recise da un acuto urlo, la cui origine, si riscontrava in un labile pezzo di tronco che, troppo fragile per sostenere il peso della giovane Tassorosso, si era spezzato, imprigionando il suo piede sinistro ed inducendo le sue ginocchia a piegarsi, in una rovinosa e violenta caduta.
Quinn, richiamata dal grido della sua amica, condusse il suo sguardo a riporre la propria attenzione dietro di sé, in un rapido gesto che, tuttavia, diede alla bambina una chiara visione di ciò che era avvenuto.
Così, le sue gambe si arrestarono, ma solo per un breve istante, giusto il momento di consentire al proprio corpo di cambiare il suo senso di marcia, prima di rivolgere i suoi passi in direzione della sua compagna.
La cadenza delle sue pulsazioni cardiache riecheggiava in tutto il suo petto, facendo scuotere la sua cassa toracica, mentre il freddo delle sue mani si univa al lieve strato di polvere che ricopriva i palmi di Brittany, alla ricerca di quella corretta pressione che avrebbe fatto in modo di liberare il suo piede.
I denti della giovane Corvonero si digrignarono, nel tentativo di offrire ai muscoli del proprio corpo ancora un sentore di energia, quel necessario barlume di forza in grado di rendere utile il suo soccorso.
Eppure, nonostante il suo ostinato impegno, la caviglia di Brittany non accennava alcuna movenza, talmente incastrata nelle profondità della radice da risultare inamovibile.
Un lamento di frustrazione si fece strada nella gola di Quinn, intanto che le sue iridi si rivestivano di un leggero velo di lucidità, risultato dei sommessi e sofferenti gemiti a cui la bocca della giovane Tassorosso dava adito.
Con il respiro affannato ed un senso di speranza che abbandonava la sua anima, Quinn, rivolse il suo viso alla ragazzina alle sue spalle.  
-“Santana aiutami! Non riesco a liberarla!”-
Nel momento in cui, le orecchie della bambina dai capelli corvini si erano ritrovate a percepire quel lancinante grido, il suo avanzamento non aveva subito alcuna interruzione, conducendo il proprio corpo a generare un discreto divario tra lei e le altre ragazze.
Tuttavia, la solerzia del suo progredire venne meno, di fronte a quella richiesta.
Per una qualche strana ragione, il movimento delle sue gambe si interruppe, offrendo un minimo di tregua ai suoi inariditi polmoni.
Rimase immobile, mentre il suo udito si immergeva nel rumore assordante del suo affanno e la calda pelle del suo viso lasciava ad una goccia di sudore il tempo di lambire la sua tempia destra, prima di dirigere il proprio sguardo verso quella supplica.
Le sue oscure iridi scorsero la figura di Quinn che, inginocchiata a terra, con le mani avvolte intorno alle braccia di Brittany, cercava di allontanare il piede della giovane Tassorosso da una irregolare spaccatura, senza ottenere alcun successo.
A qualche metro di distanza da loro, il possente orco era sul punto di riacquisire il potenziale della sua arma bianca.
Di fronte a quella situazione, la mente di Santana si concesse un momento di riflessione, dato il fatto che in gioco vi era la sua vita, una esistenza decisamente assoggettata ad una rilevanza maggiore rispetto alla loro.
Dopotutto, la prematura dipartita di una fastidiosa mezzosangue ed una stupida nata babbana non avrebbe di certo suscitato un eccessivo clamore.
Probabilmente, se la giovane Serpeverde fosse tornata sui suoi passi, lasciando così al destino la possibilità di compiere il suo corso, sarebbe stata inondata dagli applausi di suo padre, forse anche da quelli di Voldemort stesso.
A suo malgrado, Santana doveva riconoscere il salvataggio imprevisto di quella Fabray, un gesto a cui non si poteva voltare le spalle, data la portata del debito che conseguiva, un obbligo morale che la giovane Corvonero avrebbe voluto sicuramente riscuotere una volta rientrate nella scuola.
Sottostare ad un vincolo non era di certo nel carattere di Santana, soprattutto se il creditore apparteneva ad una categoria inferiore alla sua. Inoltre, la sua permanenza a scuola si sarebbe rivelata alquanto noiosa senza la presenza di quelle idiote da tormentare.
Pertanto, decise di abbandonare il suo primordiale pensiero, il cui contenuto elargiva loro una sorte fatale, indirizzando la sua scelta verso il secondo espediente.
Con i muscoli doloranti ed il fiato ai limiti della sopravvivenza, Santana, rispose alla sua invocazione di aiuto.
Una smorfia di insofferenza prese forma sul suo viso, intanto che la pregiata stoffa della sua toga veniva intaccata dal sudiciume presente in quella polverosa ed infangata superfice.
Si impose di distogliere il proprio interesse da quella tragica constatazione, consapevole che in quel momento il livello di misurazione delle priorità fosse ben lontano dalla sua prospettiva.
Per un istante, il suo sguardo ricadde sul viso di Quinn, le cui verdi iridi erano già pronte ad attendere le sue, in un contatto visivo carico di incertezza e diffidenza, la cui durata venne stabilita da un singolo battito di ciglia. In seguito, ripose la sua attenzione sulla bambina dalla bionda treccia.
Brittany, il cui braccio destro penzolava attorno al collo di Quinn, cercava di mantenere sollevato il proprio corpo, in maniera tale da evitare alla sua bocca di assaporare le notevoli delizie che il lurido terreno celava.
Un lieve scintillio spiccava dalle sue guance arrossate, residuo di un silenzioso pianto a cui i suoi occhi non avevano ancora concesso una tregua, mentre le sue labbra venivano accarezzate dalla veemenza dei suoi angosciati sospiri.
Lo stato di terrore in cui sostava il suo animo era talmente intenso che, nel momento in cui le braccia di Santana si avvolsero intorno alla sua schiena, una sensazione di sollievo si diffuse nelle sue viscere, malgrado quella stessa mattina una simile vicinanza non avrebbe scaturito il medesimo effetto.
-“Okay..adesso ti tiriamo fuori”- il suo tono di voce non lasciava trasparire alcuna nota di dolcezza, né un intento di rassicurazione, era solamente concreto, basato sulla freddezza della pratica.
Il ginocchio sinistro della giovane Serpeverde aveva superato il leggero strato di fango che occupava la superfice, andando a conficcare la propria nocca in un livello inferiore, il destro, invece, non si era mischiato con il pantano, restando piegato in un angolo di novanta gradi.
Secondo la sua teoria, la pendenza portata da quella posizione sarebbe risultata ottimale per riuscire ad estrarre la caviglia di Brittany dalla insidiosa radice.
I muscoli di Santana si contrassero, pronti a sostenere il peso della ragazzina, giusto quella manciata di secondi che sarebbero serviti a sospingere il suo corpicino verso di lei.
Diede una rapida occhiata a Quinn, invitandola a procedere, prima di accentuare la presa attorno alla sua schiena, in modo tale da innalzare il suo baricentro e spostare il suo asse in avanti.
Un piccolo gemito proruppe dalla gola di Santana, affaticata da uno sforzo a cui le sue consuete energie non erano abituate, tuttavia, con il supporto di Quinn, impiegarono soltanto tre poderose spinte, prima di essere in grado di avvertire la pressione del tronco sfumare completamente, segno che il piede era stato liberato.
Ancora una volta, la giovane Serpeverde, fu costretta a fare i conti con il dolore provocato da una improvvisa collisione contro il suolo, in quel momento aggravata dalla presenza di un carico non richiesto.
A causa del contraccolpo, la figura di Brittany si era ritrovata ad essere scagliata con violenza in avanti, in un improvviso movimento che non aveva concesso ai rapidi riflessi di Santana il tempo necessario per evitare il contatto con il suo corpo.
Le corde vocali della ragazzina dalla pelle mulatta fremettero, scosse da un sofferente grugnito, la cui origine risiedeva nella pungente fitta alla quale il suo sterno aveva fatto da obbiettivo.
I suoi addominali erano irrigiditi, assoggettati ad un peso che induceva la sua bocca a dischiudersi, alla ricerca di una quantità maggiore di ossigeno.
Per sua fortuna, la condizione di indesiderata vicinanza non venne protratta oltre, spezzata da un minaccioso grido, il cui principio non poteva che trovare la propria dimora nella imponente creatura che sostava a qualche metro da loro.
Tramite il sostegno offerto da Quinn, la giovane Tassorosso, ebbe la forza di allontanare il proprio peso dal torace di Santana, in un movimento relativamente rapido che concesse allo sguardo della Serpeverde la possibilità di scorgere il fatidico istante in cui la scintillante lama della scure riemerse dal terreno.
Senza prestare attenzione ai lievi spasmi di supplizio, le cui contrazioni si estendevano lungo tutto il suo busto, indusse i muscoli del proprio addome a contrarsi ancora una volta, in maniera tale da conferire alla sua risalita uno stato di accelerazione, così da guadagnare preziosi secondi per un ulteriore tentativo di fuga.
Tuttavia, bastarono solamente una manciata di metri per rendere la mente delle bambine cosciente del fatto che il loro avanzamento non si avvicinava minimamente ai ritmi della precedente corsa, oramai contrassegnato da evidenti sentori di stanchezza e mancanza di fiato.
Al contrario, nessuna traccia di debolezza era stata in grado di scalfire la solida corporatura della bestia, anzi, il suo progredire aveva acquisito un dinamismo maggiore, rafforzato da un innegabile desiderio omicida che aveva spinto le giovani studentesse ad individuare nelle ombre di un albero caduto il loro temporaneo riparo.
Con la schiena appoggiata alla corteccia del voluminoso tronco e le gambe lasciate distese lungo la lurida superfice, come se fossero state private della loro linfa vitale, le tre ragazzine, davano riprova di una precaria condizione a cui non sarebbero mai riuscite ad attribuire un rimedio, almeno non nel tempo utile.
Pertanto, consapevole del fatto che non vi fosse alcuna premessa per dare il via ad uno spasmodico intento di corsa, Santana, decise di rivolgere il proprio sguardo alla sua destra, dove sapeva che ad attendere le sue oscure iridi ci sarebbero state quelle di Quinn.
Infatti, il volto della giovane Corvonero era orientato nella sua direzione, anche lei conscia del loro necessario agire, una scelta inevitabile se non vi erano aspirazioni di resa.
-“Qualche idea?”- la frequenza vocale di Santana dovette subire una lieve diminuzione, dettata da un inesorabile avvicinamento, d’innanzi al quale, era di primaria importanza preservare un basso profilo.
Le labbra di Quinn vennero accarezzate da un tremolante sospiro, risultato di un turbamento a cui il suo animo non era in grado di porre un freno.
La sua mente si era già abilitata nella ricerca di una soluzione, tuttavia, quello che aveva concepito richiedeva una conoscenza ottimale di un incanto, una competenza di cui lei possedeva le nozioni teoriche: a livello pratico si era esercitata solamente un paio di volte nella classe della Professoressa Pillsbury.
Un lieve singulto distrasse la sua riflessione dallo stato di inquietudine in cui vigeva, portando il suo sguardo ad abbassarsi, appena sotto il suo mento.
Con il capo appoggiato alla spalla sinistra di Quinn e le dita strette attorno al suo braccio, Brittany, cercava di reprimere la violenza di un terrore a cui il suo corpo si era completamente abbandonato.
Dentro di lei, la sua cassa toracica vibrava, soggetta ad una pulsazione cardiaca troppo elevata, ed il suo stomaco soffocava nella asfissiante spirale di una ansiosa morsa, mentre, al di fuori, la sua figura tremava, allarmata da una situazione che non era assolutamente in grado di gestire.
Al cospetto di una tale fragilità, un piccolo moto di risolutezza prese piede nelle intenzioni della giovane Corvonero, spingendo così le sue verdi iridi a ritornare sulla precedente richiesta.
-“Una, ma ho bisogno di un diversivo”-
Malgrado, il temperamento di Santana non fosse affatto benevolo nel tollerare imposizioni a suo carico, in particolare se elargite da individui di mediocre rispetto, in quel frangente doveva ricordare a sé stessa che le urgenze erano ben altre. Così, impose al proprio capo di annuire.
Le dita della sua mano sinistra si infilarono nelle pieghe della toga, sfiorando con i polpastrelli il duro legno della sua bacchetta, intanto che il suo corpo si accingeva a ruotare il proprio orientamento, in maniera tale da avere lo sguardo rivolto in direzione della creatura.
Il possente orco sostava a qualche metro dal loro nascondiglio, con la scure stretta tra le mani e le sue gialle iridi impegnate a setacciare ogni centimetro dello spazio che lo circondava, alla ricerca delle sue prede.
Per un breve istante, le sue palpebre si abbassarono, in un gesto che rifletteva la sua necessità di incanalare la concentrazione dei suoi sensi in un unico punto, il suo olfatto.
Le sue narici si mossero, intente ad annusare i differenti odori presenti nella foresta, così da isolare coloro che appartenevano a certe tipologie di piante e animali, ma conservando quello degli umani.
Pertanto, la creatura non dovette attendere più di un giro di orologio, prima di riuscire a stanare la scia di sudore: i suoi occhi si schiusero, indirizzando la loro sete di carne verso Santana.
La giovane Serpeverde, non appena lo sguardo della bestia prese di mira il suo succulento corpo, estrasse dalla manica della sua divisa la bacchetta, rivolgendo la punta in direzione del tronco alla sinistra del mostro.
-“Bombarda!”-
Solamente un millesimo di secondo si antepose al momento in cui le parole della sua formula si configurarono nella realtà.
La parte superiore della pianta esplose, causando un cedimento istantaneo della struttura, le cui massicce componenti non tardarono a concentrare la loro caduta sul possente cranio dell’orco.
Così, la creatura venne indotta a distogliere la sua attenzione dal nascondiglio delle ragazze, giusto il tempo sufficiente per permettere a Quinn di emergere dalle ombre del rifugio, senza ricevere alcuna occhiata indiscreta.
Per un momento, le sue verdi iridi ricaddero sul viso di Santana, segnate da un velo di stupore a cui, tuttavia, non diede la possibilità di manifestarsi nella sua interezza.
In seguito, i muscoli del suo braccio destro si irrigidirono, accentuando la presa attorno al manico della sua bacchetta, mentre il suo apparato olfattivo era occupato a raccogliere una ingente quantità di ossigeno.
Nella sua mente si susseguivano una serie di ricordi, cadenzati da un medesimo suono, una sorta di cantilena, le cui parole risultavano essere fondamentali per riuscire ad avere successo.
“Agitare e colpire”
“Agitare e colpire”
Trattenne il respiro, prima di pronunciare il fatidico sortilegio.
-“Wingardium Leviosa!”-
La mostruosa bestia, intenta a liberare il proprio corpo dalle intricate ramificazioni, venne colta alla sprovvista, nel momento in cui la sua scure non diede adito al suo movimento, rimanendo sollevata a qualche centimetro di distanza dal suo capo.
Una espressione di sgomento prese forma sul suo viso, immediatamente sostituita da una smorfia di apprensione, quando, la lama della sua stessa arma si rivolse contro di lui.
Di seguito, alla caduta del terrificante orco, un lungo minuto di silenzio ricadde sulla zona limitrofa, scandito dal rumore di sospiri affannati, il cui stato di perenne continuità sottolineava una irrequieta condizione di attesa, d’innanzi alla quale, era annidata la speranza di essere riuscite a scampare al pericolo.
Lo sguardo di Quinn non si allontanava mai dal corpo della creatura, così come quello di Santana.
Al contrario, le azzurre iridi di Brittany non trattennero la loro attenzione sul volto sfigurato della bestia, soffermando il proprio interesse sulla sudicia superfice, nel momento in cui la totale assenza di suoni aveva indotto la giovane Tassorosso ad emergere dal precario nascondiglio.
Nella staticità della loro apparente quiete, un inaspettato scricchiolio, come di un ramo a cui veniva sottratta la sua metà, fece sobbalzare il loro inquieto cuore, in un attacco di imminente angoscia che sospinse il volto delle ragazzine a scattare verso destra.
Tuttavia, malgrado un principio di terrore si stesse insinuando nelle viscere del loro animo, di fronte alla possibilità di essere costrette ad affrontare un ulteriore minaccia, il suo apice non venne mai raggiunto, spezzato sul nascere dalla visione della Guardiacaccia Beiste, la cui figura avanzava trafelata nella loro direzione.
-“Ragazze..eccovi qui. Vi ho cercato dappertutt-“- il movimento della sua lingua non ebbe la forza di continuare ad enunciare la sua venuta, obbligato a frenare il proprio intento di parola, d’innanzi alla imprevista situazione in cui si ritrovava.
Dal suo sguardo, il cui interesse non faceva altro che dislocare le proprie iridi dal viso delle giovani studentesse, nel tentativo di carpire le loro condizioni, data la presenza di sporcizia e lacerazioni sui pantaloni delle divise e di un intenso rossore a contornare le guance, al corpo inerme della bestia che sostava ad un paio di metri dalla loro posizione, affiorava uno stato di puro sgomento e terrore a cui non poteva concedere una manifestazione esterna.
Pertanto, dischiuse la bocca, limitandosi a prendere un respiro profondo, in maniera tale da ridurre il suo elevato livello di turbamento.
-“O-okay..ehm..direi che sia il caso di andare. Torniamo ad Hogwarts”-
Sulla via del ritorno, nessuna richiesta di spiegazioni venne sollevata dalla Signora Beiste, così come nessuna confessione su quanto fosse accaduto venne dispensata dalle ragazze, in quel momento troppo impegnate a restituire un senso alle miriadi di quesiti che frullavano nelle loro teste.
Per prima vi era Brittany, la cui mente si interrogava sulla possibile non dipartita di quella terrificante creatura, domandandosi se la Foresta Proibita celasse altre bestie di quel genere e se fosse ancora il caso di uscire dalle mura del castello.
Al suo fianco, Santana rivolgeva le proprie riflessioni al momento che aveva preceduto la comparsa di quel mostro, dove la medesima sensazione si era fatta strada nella sua anima, inducendo il suo corpo a percepire quel sentore di inquietudine, lo stesso che si insidiava in lei quando si trovava a ridosso di una parete. Vi era forse un collegamento con il mostrarsi improvviso di quell’orco?
Infine, Quinn, il cui stato di perplessità era legato ad una sola, ma fondamentale questione, scaturita da una scrupolosa analisi della bestia: come era possibile incontrare un esemplare di orco la cui specie non trovava vita sulla terra da almeno venticinque anni?

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Capitolo 6
*** Ricerca di risposte ***


Ricerca di risposte


Le ante della terza porta delle aule del primo piano vennero spalancate, in seguito al termine della seconda ora di lezione di quella mattinata, concedendo ad una mandria di giovani studenti la possibilità di riversare nel corridoio adiacente alle numerose classi il frenetico vociare delle loro conversazioni, accompagnato dal fragore di passi troppo affrettati.
Tra quelli, risuonava anche il rapido ticchettio delle scarpe di Quinn, la quale, muovendo con solerzia le proprie gambe, si accingeva a raggiungere la Biblioteca.
La sera precedente non era stata in grado di compiere alcun ulteriore sforzo, limitando il proprio corpo a prendere parte al banchetto, nonostante la sua mente non si fosse distaccata nemmeno un istante da ciò che era accaduto nella foresta.
Infatti, nel preciso istante in cui il suo udito era venuto in contatto con le parole del Preside Figgins, il quale, informato della situazione, aveva provveduto a rassicurare il corpo docente e gli alunni che nulla di rilevante era stato individuato nei labirintici sentieri della Foresta Proibita, la sua attenzione si era concentrata sulla figura di Brittany, ad un tavolo di distanza da lei, prima di dirigere il proprio interesse alle sue spalle, dove ad attendere il suo sguardo vi erano state le oscure iridi di Santana.
In quel momento, il desiderio di riconoscere il reale valore del quesito sui cui si era interrogata nelle ore passate aveva insidiato la sua anima, inducendo la ragione a lasciare spazio ad una eventualità che si scostava parecchio dalla ligia osservanza delle regole, come entrare di nascosto nella libreria dopo il suo consueto orario di chiusura.
Pertanto, la giovane Corvonero si era imposta di aspettare il giorno successivo, in maniera tale da evitare una aggiuntiva sanzione disciplinare.
Così, non appena il vano blaterare di cartomanzia, lettura della mano e foglie di tè da parte della Professoressa Holliday era riuscito a trovare la sua agognata fine, la figura di Quinn era scattata dalla sedia, facendo sussultare Brittany, la quale, con il capo appoggiato alla scrivania, si era abbandonata ad un piccolo sonnellino ristoratore.
Lungo il corridoio del primo piano riecheggiava il suo dinamico progredire, seguito da un leggero strusciare di piedi, conseguenza di un riposo a cui la giovane Tassorosso era stata sottratta: niente era servito, nemmeno contare le pecore, per riuscire ad allontanare i suoi pensieri dal ricordo di quel terrificante orco.
Un ampio sbadiglio fece dischiudere la sua bocca, intanto che trascinava le proprie gambe in avanti, nel tentativo di assecondare il ritmo della sua amica, malgrado le evidenti difficoltà a cui il suo non rettilineo procedere era sottoposto.
Nonostante, la pesantezza delle sue palpebre le ricordasse la necessità di impiegare la sola ora libera di quella giornata a cercare un posto dove poter recuperare le sue disperse energie, la sua coscienza rammentava a sé stessa la promessa che aveva rivolto a Quinn, proprio qualche ora prima, quando i muscoli del suo braccio destro non erano stati in grado di reggere il peso della sua testa, lasciando così alla pelle del suo viso la possibilità di affondare nella bagnata ed umida ciotola di latte della sua colazione.
-“Dove stiamo andando?”- la condizione di stanchezza in cui era avvolto il suo corpo annebbiava le tracce di informazioni raccolte nella sua mente, rendendo instabile la sua già precaria memoria uditiva.
La assidua cadenza dei passi di Quinn venne assoggettata ad una temporanea interruzione, indotta dal flebile tono di voce e dal lieve sbiascicare delle parole attraverso cui Brittany aveva espresso la sua domanda, segno di una lampante manifestazione di spossatezza, d'innanzi alla quale, la giovane Corvonero non poteva rimanere indifferente.
Una volta raggiunto il suo fianco destro, Quinn, avvolse il proprio braccio sinistro attorno a quello della sua amica, in maniera tale da fronteggiare il suo stato di sonnolenza con una buona dose di crescente fervore.
-"In biblioteca! Forza Britt..non possiamo attardarci!”- una lieve smorfia di sofferenza comparve sul volto della giovane Tassorosso, mentre la velocità della sua andatura accelerava, sotto le direttive di un entusiastico impulso esterno.
Sebbene, le opportunità di manovra fossero pressoché limitate, data la presenza di un elevato numero di allievi, i quali, soffermandosi nel centro del corridoio per uno scambio di chiacchiere con gli amici, ostacolavano la retta progressione dei loro compagni, il ritmo tenuto da Quinn non venne intaccato, troppo solerte e deciso per trovare qualcuno che potesse fermarlo.
Di conseguenza, nonostante la destinazione richiedesse un discreto impiego di tempo, vista la sua ubicazione al terzo piano, alle due ragazze bastarono solamente una manciata di minuti, prima di essere in grado di scorgere la rotondeggiante calligrafia della usuale insegna, a cui ogni lettera in rilievo forniva la giusta ragione per rendere il proprio ciarlare un delicato sussurro.  
Una totale assenza di rumori sottoscrisse il momento in cui le due giovani studentesse varcarono la soglia di ingresso, penetrando nelle silenziose aule della Biblioteca, dove serpeggiava uno stato di perenne quiete, modulato da un leggero sfogliare di pagine.
La giovane Corvonero, abituata a destreggiare la propria figura in quel complesso di intricati scaffali, non concesse nemmeno ad un istante la possibilità di arrestare la sua avanzata, portando i suoi passi a rivolgere la propria attenzione verso destra, alla ricerca di un ripiano la cui dicitura riportasse la scritta “Creature Estinte”.
Le sue gambe fremevano, ansiose di incontrare il favore delle sue verdi iridi, il cui vagare irrequieto dava riprova del suo incontrollato bisogno di risposte.
Per fortuna, la desiderata sezione non si distaccava più di qualche metro della porta principale, così da offrire allo sguardo attento di Quinn l’eventualità di una immediata soluzione.
Una rapida ispezione alle varie etichette presenti sulla costina dei molteplici volumi condusse i suoi occhi a concentrare il proprio interesse sulla quarta fila a partire dal basso, dove sostavano i manuali sulle creature, il cui nome citato, avrebbe elargito come prima lettera la “o”.
Il suo braccio sinistro venne allontanato dalla salda presa che attorniava il bicipite di Brittany, intanto che i polpastrelli della sua mano destra sfioravano il dorso di un libro, in maniera tale da sopperire al notevole peso, nel quale la sua misera forza sarebbe incorsa, nel momento in cui avrebbe estratto quel tomo.
Una volta asportato dalla mensola, Quinn, depose il massiccio testo sulla scrivania sottostante, così da agevolare la sua ricerca.
Al suo fianco, la giovane Tassorosso, riacquisito il possesso del suo assonnato corpo, decise di donare ai propri muscoli un istante di meritato riposo. Pertanto, le sue dita non si scomodarono ad afferrare lo schienale della sedia di fronte a lei, trascinando con poco garbo la sua fonte di supporto verso di sé.
Il rigoroso silenzio della Biblioteca venne annientato da un agghiacciante stridio, il cui inaspettato fragore, indusse le pulsazioni cardiache dei presenti a mancare un battito e la superfice della loro pelle a rabbrividire di inattesa tensione.
Una serie di taglienti occhiate travolse la figura di Brittany, la quale, conscia del proprio errore, distese le sue labbra, in un accennato sorriso di colpevolezza.
-“Scusate”- il debole suono prodotto dal suo sommesso mormorio non fece altro che accentuare il livello di irritazione generale, spingendo gli studenti a scuotere il proprio capo e a borbottare parole di indignazione.
Per evitare al suo corpo di coinvolgerla in ulteriori situazioni imbarazzanti, Brittany, impose ai suoi muscoli di limitare i propri movimenti, in maniera tale da scongiurare la venuta di un ennesimo indesiderato rumore.
Di conseguenza, mentre Quinn non sembrava intenzionata a distogliere lo sguardo dalle ingiallite pagine del volume sulle creature estinte, allontanando dalla sua percezione il mondo attorno a lei, la giovane Tassorosso, avanzava in punta di piedi, mantenendo una certa distanza dalla sedia, così da sottrarre i suoi passi ad un possibile scontro con il cigolante legno della seggiola.
Una volta acquisita la posizione ideale per consentire alle proprie gambe di abbandonare il peso del suo corpo, Brittany, concesse alla sua condizione di stanchezza di prendere il sopravvento.
Tuttavia, trascorse solamente una manciata di secondi, nei quali, un principio di benessere aveva trovato il giusto terreno per farsi strada nel suo intorpidito corpo, prima che la comparsa di quel sentore venisse strappata via da una tonante ed improvvisa esclamazione.
-“Trovato!”-
Di nuovo, una sequela di scricchiolii prese forma nel silenzio della stanza, conseguenza di un instabile sussulto a cui la figura di Brittany non era stata in grado di attribuire un contegno.
Come era accaduto in precedenza, una sfilza di espressioni stizzite venne indirizzata al punto in cui sostavano le due ragazze, eppure, malgrado entrambe fossero a conoscenza del probabile disturbo causato, la loro attenzione non si discostava dalle parole riportate sul manuale, almeno quella di Quinn.
-“L’Orcus Silvarum, detto anche orco dei boschi, risultava nella grande Enciclopedia delle Creature come una delle principali specie di Giganti presenti nel mondo magico..”- ad ogni informazione in cui il suo sguardo si imbatteva la sua frequenza vocale sembrava ridurre il volume del proprio tono, come se volesse celare il contenuto della sua ricerca -“..tuttavia, il suo ultimo avvistamento risale al 2 maggio 1998..”- il movimento della sua lingua non era ancora giunto al termine, nel momento in cui le sue verdi iridi si sgranarono, testimoni di una consapevolezza a cui la sua mente non poteva sottrarsi: la data presa in esame segnava il giorno in cui il Signore Oscuro era stato sconfitto.
Pertanto, quella creatura aveva partecipato allo scontro finale.
Bisognava solamente conoscere il suo schieramento -“..quando la sua intera categoria venne completamente estirpata dai membri dell’Ordine della Fenice..”-
Il volto di Quinn venne sollevato con rapidità dalla pagina del libro, mentre la sua capacità deduttiva innestava all’interno del suo cervello un articolato processo di congiunzione, il cui termine, indusse il nero delle sue pupille a dilatare la propria forma.
La sua bocca si dischiuse, trattenendo nel centro della sua gola un cosciente respiro.
-“Cosa c’è?”- malgrado, il livello di concentrazione della giovane Tassorosso non fosse riuscito ad oltrepassare la prima riga di spiegazione, il leggero fremito a cui il suo cuore era stato sottoposto, di fronte alla improvvisa reazione della sua amica, aveva spinto Brittany a porre quella domanda.
Le spalle di Quinn si abbassarono, segno di un sospiro al quale era stato concesso il permesso di accarezzare le sue labbra, prima che il suo sguardo trovasse il suo corrispettivo in un paio di azzurre iridi.
-“Dobbiamo parlare con Santana”-

 

Per la prima volta, da quando la scuola era cominciata, Quinn e Brittany si ritrovarono a percorrere il lungo corridoio di pietra che anticipava il lato ovest dei sotterranei, luogo in cui non era difficile avere l’occasione di incontrare un Serpeverde, data la presenza della loro Sala Comune, alla ricerca di colei a cui era stata rivolta la maggior parte dei loro pensieri durante il mese appena trascorso, in particolare in quelle infinite ore che avevano preceduto il tanto agognato riposo. 
Il solerte procedere della giovane Corvonero evidenziava lo stato di urgenza in cui sostava la sua anima, una condizione di incontrollata inquietudine, d’innanzi alla quale, era possibile fare fronte solo attraverso un autentico riscontro delle sue congetture.
In base alle informazioni riportate sul manuale, la mente di Quinn era giunta ad una plausibile conclusione che vedeva, nella bestia responsabile di quell’imprevisto attacco, il risultato di una presunta invocazione: qualcuno, probabilmente legato alla casata dei Serpeverde, aveva riportato in vita la medesima specie di orchi, con la quale, venticinque anni prima, il castello di Hogwarts si era ritrovato a combattere.
Pertanto, la sua conclusione non poteva fare altro che individuare in Santana Lopez, la cui famiglia dimostrava ancora una forte devozione nei confronti delle idee ed opinioni protratte nei secoli dal Signore Oscuro, la verosimile artefice di quel sortilegio.
Malgrado, il loro avanzamento fosse scandito da una serie di rapidi ed indiscreti passi, la differenza che trapelava a livello esteriore non passava di certo inosservata, inducendo alcuni sguardi a posare il proprio interesse sui volti leggermente spaesati delle due ragazzine.
In particolare, un gruppetto di novizi, la cui attenzione non perse tempo a puntare la loro perfidia nei riguardi di quelle povere pecorelle smarrite.
-“Hey Pierce! Hai ancora del latte sulla faccia!”- una sequela di sguaiate risate e fragorosi sogghigni invase il ristretto corridoio, risuonando tra le mura adiacenti, in un concerto di malevoli sinfonie a cui le guance di Brittany donarono il loro imbarazzato rossore.
Tuttavia, nonostante il temperamento di Quinn avrebbe spinto la bambina a reagire attraverso un sublime impiego delle migliori ingiurie e dei più ricercati improperi, in maniera tale da annientare quello stupido sbeffeggio, in quel momento, la precedenza era totalmente rivolta a rintracciare la figura di Santana.
Di conseguenza, la replica della giovane Corvonero venne limitata ad una smorfia di finto sarcasmo, indirizzata al ragazzino dalla insulsa cresta, il quale, crogiolandosi nella sua patetica derisione, non aveva ancora cessato di ghignare, evitando così di scorgere il rapido movimento della mano destra di Quinn che, posandosi sul braccio della sua amica, dissuase i suoi polpastrelli dal raggiungere la pelle del proprio viso.
A dispetto del progredire di quelle canzonatorie risa, le gambe delle due ragazze non si arrestarono, continuando a camminare con rapidità lungo il freddo ed austero corridoio, in un incessante procedere di passi, ai quali, venne data la possibilità di fermarsi.
Malgrado, le verdi iridi di Quinn fossero riuscite ad intercettare i caratteristici lineamenti di Santana, le sue sopracciglia non poterono fare altro che aggrottarsi, di fronte alla inconsueta direzione a cui la sua oscura sagoma si stava rivolgendo.
Un istante di attesa precedette il momento in cui le due ragazze cominciarono a seguire il suo ignoto tragitto.
In punta di piedi, con lo sguardo orientato alla schiena della giovane Serpeverde, Quinn, manteneva il suo corpo rasente al muro, nel tentativo di nascondere la propria presenza al cospetto del regolare voltarsi del suo capo, una rapida ed accorta movenza a cui sembrava essere associato il suo bisogno di non risultare visibile.
Dietro di lei, Brittany, si limitava a rimanere in silenzio, stringendo attorno alle sue dita la morbida stoffa della toga di Quinn, ancora confusa sulle ragioni che avevano spinto la sua amica a desiderare di incrociare il medesimo passo di quella crudele bambina.
In seguito, ad una ennesima svolta a destra, il loro taciturno e cauto avanzare fu soggetto ad un improvviso stato di fermo, diretta conseguenza di una mancata possibilità di proseguire oltre.
La guancia destra di Quinn venne incollata alla gelida pietra del muro che la affiancava, mentre le sue iridi si soffermavano ad osservare la figura di Santana, la quale, pareva non essere in grado di allontanare il proprio sguardo dalla spessa parete di mattoni che si ergeva d’innanzi a lei.
Il tempo fluiva nella totale immobilità, tra la giovane Serpeverde che procedeva nella sua attenta analisi, come se fosse alla ricerca di qualcosa, e Quinn, la cui attenzione restava ancorata alla linea visibile del suo profilo.
Il solo movimento che sembrava trovare la sua manifestazione in quello stato di apparente quiete proveniva dal corpo di Brittany, il quale, non smetteva di spostare il proprio baricentro, prima piegando il suo busto a sinistra, poi, appoggiando tutto il suo peso sulle punte dei propri piedi, in un ansioso intento di cogliere un qualche alito di vita.
La condizione di incertezza che capeggiava sulla corrugata fronte di Quinn non poté fare a meno di accentuarsi, quando si rese conto che il braccio sinistro di Santana si era innalzato, alla ricerca di una sorta di vicinanza con la superfice della parete.
-“Lopez!”-
I muscoli del corpo della giovane Serpeverde sussultarono, colti alla sprovvista da quella inaspettata esclamazione, la cui improvvisa comparsa indusse il cuore di Quinn a raggiungere il centro della propria gola e il palmo della sua mano destra a frenare il principio di un grido a cui Brittany avrebbe dato la sua voce.
Il braccio di Santana si era allontanato di scatto dalla facciata del muro ed in quel momento sostava d’innanzi al suo petto, conferendo alla sua postura la solita aria di presunzione.
-“Terri..qualche problema?”-  
La mente di Quinn, già traboccante di quesiti a cui sentiva la necessità di trovare una risposta, venne invasa da un ulteriore interrogativo, il quale, prendeva come riferimento lo scorretto utilizzo della seconda persona singolare, a discapito della terza, da impiegare con il corpo docente.
Inoltre, chiamare una professoressa con il corrispettivo nome era una totale mancanza di rispetto nei confronti del loro riconoscimento professionale.
-“Tuo padre ha delle informazioni?”- il fatto che la Professoressa del Monico avesse accantonato di proposito le modalità di sufficienza con la quale era stata accolta condusse Quinn a riflettere sulla possibilità che lo scambio di parole a cui stava assistendo non fosse affatto nuovo.
Una leggera nota di irritazione comparve sul volto della docente, di fronte al sottile cenno di negazione a cui il capo di Santana concesse il proprio attuarsi.
-“Il tempo scorre..non possiamo attendere oltre”-
E sulle note di quella irremovibile istanza il ticchettio delle scarpe della Professoressa del Monico si diffuse tra le pareti dei sotterranei, in una dipartita così inattesa da rendere meno imprevista la sua precedente comparsa.
Il flebile rumore di un irregolare respiro risuonava nel silenzio circostante, testimone di una conversazione a cui non si potevano elargire troppe interpretazioni: Hogwarts era in pericolo.
-“Mhmm..”-
Un mugolio sommesso distrasse la mente di Quinn dal profondo stato di riflessione in cui sostava, inducendo le sue palpebre a sbattere con rapidità ed il suo sguardo a rivolgere la propria attenzione verso sinistra, origine di quel soffocato mugugno.
Per un istante, le sue verdi iridi si sgranarono, d’innanzi alla consapevolezza che il palmo della sua mano non si era ancora distaccato dalla bocca di Brittany, ostacolando così la sua possibilità di inalare la giusta dose di ossigeno. In seguito, ritrasse con decisione la sua involontaria barriera, accennando con il capo un gesto di scuse.  
Un segno di positivo riscontro venne restituito da Brittany, la quale, una volta tornata a respirare in maniera corretta, aveva rivolto alla giovane Corvonero il proprio ringraziamento.
Quinn, accertata la condizione di ritrovato benessere da parte della sua amica, ricondusse la propria concentrazione oltre il margine del muro, alla ricerca di una delucidazione.
Tuttavia, il suo sguardo dovette posare il proprio interesse sul nulla.  
Di Santana non vi era alcuna traccia.
 

 
Le ore della giornata proseguirono senza ulteriori interruzioni, trascinando le ragazze in un continuo turbinio di lezioni, di fronte alle quali, Brittany cercava di tenere sollevate le proprie palpebre, mentre Quinn, al suo fianco, tentava di imporre alla sua mente di non perseguire altri infiniti ragionamenti ed ai suoi occhi di non soffermare troppo la loro attenzione su Santana.
In tutto ciò, la giovane Serpeverde non riusciva a distogliere i suoi pensieri dalla inquieta sensazione a cui la sua anima era stata soggiogata nelle vicinanze della parete, quel consueto sentore che rimandava la sua memoria alla sera precedente, nel tempo intercorso poco prima della comparsa della creatura.
Pertanto, vi era una effettiva connessione tra i due eventi, ma cosa si poteva celare dietro a quello spesso strato di mattoni?
Ogni intento di risposta non era in grado di manifestarsi, ostacolato da una percezione che spingeva Santana ad elevare il suo sguardo in direzione del centro della classe, nella corsia intermedia, dove le sue oscure iridi non potevano fare altro che indugiare sulla nuca di una irrequieta Corvonero, il cui capo sembrava assecondare lo stesso movimento di Santana, istigando i suoi occhi a ritornare sul proprio libro di testo, nel medesimo istante in cui la giovane Serpeverde rivolgeva a lei la sua attenzione.
Di conseguenza, lo stato di perplessità a cui la mente di Santana si era ritrovata a dover fronteggiare durante l’intero arco della giornata venne tradotto in un vero e proprio sentimento di irritazione, nel momento in cui, mentre percorreva la fredda superfice del solito corridoio, le cui pietre avrebbero fatto da sentiero per la sua Sala Comune, il suo udito aveva colto dietro di sé il rumore di irrequieti e frettolosi passi.
-“Che diamine volete?”-
Il suo solitario procedere venne assoggettato ad una improvvisa interruzione, così da attendere che la causa del suo pungente malumore facesse la sua apparizione.
Per alcuni istanti, il suo corpo venne obbligato a mantenere la stessa posizione, prima di avvertire il pavimento risuonare di nervosa incertezza.
Lentamente, la sua figura diede visione del proprio volto, il cui sguardo rimase impassibile, senza dimostrare alcuna nota di stupore, nel ritrovare ad un paio di metri da lei la asfissiante presenza di quella ficcanaso della mezzosangue, accompagnata, come di consueto, da una futile ombra, la cui esistenza lambiva l’inutilità.
Un profondo respiro fece sollevare il petto di Quinn, segno di un timore a cui, tuttavia, cercava di non dare adito, consapevole che nulla delle sue emozioni avrebbe fatto breccia nel freddo cuore della persona che sostava di fronte alle sue iridi, così come era conscia del fatto che Santana fosse un soggetto pericoloso.
Il suo coinvolgimento nella presunta invocazione della bestia appariva ancora una labile ipotesi, ciò nonostante, risultava evidente la sua implicazione in un illecito progetto, all’interno del quale, anche la Professoressa del Monico deteneva il proprio ruolo.
La mascella di Quinn si contrasse, intenta a preservare quella informazione, in maniera tale da possedere un piccolo vantaggio nel caso in cui la conversazione non sarebbe confluita verso la giusta rotta.
Il suo sguardo rimase fisso su Santana, mentre concedeva alla propria voce ancora una manciata di secondi, prima di trovare il coraggio di interrompere il silenzio.
-“Il mostro di ieri sera..sei stata tu. In qualche modo lo hai evocato..ne sono quasi certa”-
Le oscure iridi della giovane Serpeverde vennero irradiate da un impercettibile bagliore di coscienza, derivato dalla comprovata certezza che il contatto del suo palmo con la parete aveva dato vita ad un terrificante orco, una creatura la cui volontà poteva essere soggiogata al proprio controllo.
Di colpo, una illuminazione prese piede nella sua mente, una futuristica visione che vedeva in lei la sola ed unica protagonista della realizzazione del piano di suo padre.
Se lui desiderava creare un esercito, la mano di sua figlia sarebbe stata certamente onorata di cedere il proprio aiuto.
Tuttavia, a Santana, rimaneva un problema da affrontare: Quinn Fabray e il suo dannato bisogno di conoscenza.
Quella ragazzina non era in grado di contenere la sua eccessiva curiosità, non riusciva a mantenere il proprio naso al di fuori di questioni che non la riguardavano.
Eppure, la sua ossessiva necessità di indagare su ogni cosa la circondasse poteva rappresentare un fattore di guadagno per una persona come Santana, la quale, puntava ad ottenere il massimo, ma impiegando il minimo sforzo.
Pertanto, decise di concedere loro una versione dei fatti che stranamente sarebbe corrisposta alla verità, con la speranza di sfruttare il desiderio di sapere della giovane Corvonero per raccogliere il maggior numero di informazioni sul modo in cui il meccanismo della parete operava.
-“Hai ragione..sono stata io. Ma non era mia intenzione”-
Le sopracciglia di Quinn si sollevarono appena, in un tenue movimento a cui soltanto un occhio vigile avrebbe conferito uno stato di autentico stupore.
Per un istante, le sue sicurezze parvero vacillare, d’innanzi ad una risposta, la cui schiettezza, non sembrava appartenere al carattere puramente infido di Santana.
Tuttavia, malgrado diffidasse delle sue parole, impose ai propri passi di assecondare il suo volere, nel momento in cui la giovane Serpeverde aveva intimato loro di seguirla.
Dopotutto, il suo intento era quello di scoprire cosa si celasse dietro alla improvvisa manifestazione di quella creatura.
Così, nonostante il sussurrare preoccupato di Brittany al suo orecchio continuasse a mettere in dubbio la presenza di saggezza nella sua decisione, la giovane Corvonero, non si ritrasse dalla sua scelta, procedendo dietro alla schiena di Santana, fino a ritrovarsi di fronte alla fatidica parete.
Di nuovo, la ragazzina dai capelli corvini venne avvolta da una sensazione di inquietudine, la quale, indusse la sua bocca a dischiudersi, lasciando andare un tenue sospiro tremolante.
Per una frazione di secondo, la mente di Santana si chiese se potesse essere rilevante divulgare loro il consueto sentore che avvertiva ogniqualvolta si avvicinava a quel muro, tuttavia, non trovando sui volti delle ragazze la sua medesima condizione di nervosismo, decise di limitarsi ad indicare la facciata di mattoni.
-“C’è qualcosa lì dentro”-
Il cauto sguardo di Quinn rimase fisso sul profilo di Santana per alcuni istanti, prima di rivolgere la sua attenzione alla grande parete che si ergeva ad un passo da lei.
Estrasse la bacchetta, indirizzando la punta verso il muro.
-“Revelio”-
Il pallido colore marrone della parete prese a dissolversi, in un rapido e rumoroso gorgoglio, il cui caotico ed oscuro movimento, spinse le giovani studentesse ad indietreggiare di un paio di metri, colte da un profondo senso di paura che condusse il ritmo delle loro pulsazioni cardiache a risuonare di un incontrollato terrore.
Una espressione di vivido sgomento comparve sul volto delle tre ragazzine, di fronte al risultato di una trasformazione che aveva lasciato dietro di sé solo il ricordo di una normale facciata.
-“Che cos’è?”- il mormorio angosciato di Brittany parve riscuotere lo sguardo di Quinn dallo stato di inerzia in cui era avvolto, inducendo così le sue verdi iridi a contemplare la reale natura del vivido rossore che occupava la parete.
-“Sangue”-

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Capitolo 7
*** Biblioteca ***


Biblioteca


Ancora una volta, il silenzio della Biblioteca venne spezzato dal fragore di un tonfo, conseguenza di un principio di esasperazione a cui la mente di Quinn non era più in grado di porre un freno.  
Malgrado, il suo sguardo si fosse soffermato su migliaia di parole, nessuno dei tre volumi consultati sembrava elargire qualche informazione su una certa “parete di sangue”.
La sua bocca si dischiuse, lasciando andare il peso della sua frustrazione, mentre i suoi polpastrelli tamburellavano sulla pila di libri accanto al suo fianco destro, colti da una indecisione che vedeva la sua consueta indole di curiosità essere messa alla prova dallo stato di pura stizza in cui la sua anima si ritrovava a sostare.
Tuttavia, la sua etica le impediva di andare oltre, di allontanare dalle sue priorità una situazione che avrebbe potuto rivelarsi molto pericolosa.
Così, nonostante il sentore di stanchezza a cui le sue verdi iridi erano assoggettate, risultato di una assidua lettura, e il dolore che opprimeva la sua corteccia celebrale, in particolare nella zona delle tempie, la sua attenzione venne rivolta alla manciata di manuali di fronte a lei.
Le sue braccia si allungarono in avanti, in maniera tale da afferrare il quarto tomo di quella mattina, prima di riprendere posto sulla sedia e ritornare alle sue ricerche.
-“Perché rimane lì in piedi?”-
Il mormorio di Brittany al suo orecchio sinistro diede una brusca interruzione al suo intento di lettura, inducendo le dita della giovane Corvonero ad accentuare la presa sulla pagina a cui stava dedicando il proprio interesse, in un rapido movimento che condusse il sottile foglio a contorcersi, dando vita ad una serie di piccole pieghe.
Per un istante, le sue palpebre si abbassarono, nel tentativo di contenere la veemenza del sussulto di cui le sue pulsazioni cardiache si erano fatte testimoni, insieme al desiderio di comunicare alla sua amica di evitare qualsiasi genere di comportamento inatteso quando la sua concentrazione non era orientata direttamente verso di lei.
In seguito, sospinse il suo sguardo a distogliere le proprie iridi dal volume sottostante, così da riporre la sua attenzione sulla figura che sostava ad un paio di metri da loro, nascosta dietro ad uno dei tanti scaffali della Biblioteca.
Scosse il capo, intanto che le sue labbra vanivano accarezzate da un tenue sospiro di rassegnazione,  d’innanzi alla sua condotta ricolma di quella superbia ed arroganza a cui oramai non dava il proprio credito.
I suoi occhi si rivolsero in direzione del soffitto, prima di restituire loro la visione del nero inchiostro.
-“Si vergogna di noi”- rispose con noncuranza, limitando le proprie spalle a contrarsi.
Malgrado, la replica di Quinn non avrebbe dovuto suscitare in Brittany alcun sentore di turbamento, dato il fatto che, fin dalla prima volta, il suo modo di agire aveva mostrato solamente il suo disprezzo nei confronti delle sue origini non puramente magiche, un piccolo nodo di sconforto racchiuse il suo stomaco in una soffocante morsa, mentre la consueta sensazione di inadeguatezza prendeva forma nella sua anima, inducendo le sue dita ad attorcigliare il proprio tormento ed il suo sguardo a vagare in direzione del nulla.
Nel frattempo, Santana, non si muoveva dalla sua posizione, in maniera tale da celare la propria presenza da eventuali occhi indiscreti.
Per una come lei, non era saggio manifestare alcun tipo di coinvolgimento con quella categoria di persone, talmente distaccate dal suo mondo da raggiungere una impossibilità comunicativa.
Pertanto, restava a ridosso della scansia, in attesa che la voce della Fabray giungesse al suo udito, portando con sé le fatidiche informazioni, tuttavia, il nulla si era fatto strada in quello snervante silenzio da almeno un’ora.
Uno sbuffo carico di contrarietà venne rilasciato dalla sua bocca, accompagnato dal movimento delle sue braccia, le quali, incrociandosi di fronte al suo petto, cercavano di tenere a freno lo stizzito scalpitare delle sue gambe.  
Una smorfia di irritazione comparve sul suo volto, oramai consapevole che il suo bisogno di non essere vista fosse costretto a passare in secondo piano, a vantaggio di una necessaria sollecitazione nei riguardi di quella mezzosangue.
Di conseguenza, indusse il suo capo a sporgere le proprie iridi oltre al bordo della scaffalatura, così da perlustrare ogni centimetro dello spazio circostante, alla ricerca di qualcuno che avrebbe potuto diffondere la notizia della sua presenza, prima di assimilare la giusta dose di forza, alla quale si sarebbe aggrappata, per riuscire ad emergere dal suo essenziale nascondiglio.
Per sua fortuna, la casata dei Serpeverde non risultava particolarmente avvezza a frequentare la tediosità della Biblioteca. Inoltre, nessuno dei quattro studenti, sui cui il suo sguardo si era posato, le avevano dato modo di credere che si sarebbero accorti della sua esistenza se avesse tenuto un basso profilo.
Pertanto, le sue palpebre si abbassarono, mentre dalla sua bocca riecheggiava la profondità del suo respiro, un gesto indispensabile per essere in grado di imporre alla propria gamba destra di varcare la soglia del suo rifugio.
Le punte dei suoi piedi erano avanzate di un paio di passi, nel momento in cui i muscoli del suo corpo si irrigidirono, frenando il suo silenzioso procedere, di fronte ad una minuta figura che indugiava a pochi centimetri di distanza dalle sue scarpe.
Rimase immobile, speranzosa di evitare il contatto con quel sudicio topo, tuttavia, le intenzioni del ratto non sembravano avvicinarsi alla volontà della giovane Serpeverde, inducendo la sue corde vocali a vibrare di un disgustoso verso, quando le luride zampette della bestiaccia si ritrovarono a sfiorare la punta delle sue calzature.
Le suole delle sue scarpe cominciarono a sollevarsi a fasi alterne dal pavimento, intanto che le dita della sua mano sinistra si stringevano attorno alla mensola, alla disperata ricerca di una via di fuga.
Un intenso schiarimento di voce interruppe il caotico movimento delle sue gambe, portando il corpo di Santana ad arrestare ogni intento di movenza.
Per un lungo istante, la sua figura rimase avvolta nella totale staticità, conscia del fatto che la sua reazione non fosse passata inosservata. In seguito, una volta riacquisito il giusto contegno e la sua consueta dose di presunzione, decise di elevare il proprio sguardo.
Un paio di espressioni confuse e perplesse attendevano le sue oscure iridi: da una parte vi era Quinn, con il sopracciglio sinistro sollevato e la bocca incurvata in una smorfia di titubanza, come se i suoi occhi stessero dubitando della loro capacità visiva, dall’altro, Brittany, il cui capo era stato inclinato verso destra e la fronte contratta, in una sincera manifestazione di smarrimento.
Il viso di Santana non fece apparire alcun tipo di ripercussione nei confronti del pensiero che poteva celarsi dietro ai loro disorientati volti, limitando ad esibire il suo medesimo impassibile portamento.
Diede una leggera sistemata ai bordi della sua toga, prima di raddrizzare la schiena e proseguire in direzione del tavolo di fronte a lei.  
In uno stato di assoluto silenzio, la giovane Serpeverde, prese posto d’innanzi a Quinn, incrociando le braccia al petto e rivolgendo la propria attenzione alle sue verdi iridi.
-“Allora? Novità?”-
Malgrado, il tono sprezzante e carico di arroganza con il quale aveva presentato la sua richiesta fosse oramai indice della sua persona, in quel momento, sembrava come se avesse inasprito la sua voce solamente per tentare di estirpare dalla mente delle due ragazzine il ricordo della sua discutibile performance.
Una rapida movenza concesse alle palpebre di Quinn la possibilità di allontanare dal suo giudizio il singolare episodio avvenuto in precedenza, in maniera tale da incanalare la sua concentrazione sul superbo accento con cui si era rivolta a lei.
La giovane Corvonero contrasse la sua mascella, determinata a non cedere alle sue provocazioni, mentre il suo sguardo non accennava a spostare il proprio interesse dalla tenebra dei suoi occhi.
Per alcuni istanti, le iridi di Quinn rimasero inchiodate alle sue, in una taciturna sfida che racchiudeva una convinzione di conoscenza a cui, tuttavia, mancava una parte fondamentale per essere definita completa. Successivamente, il suo sguardo venne ricondotto alle parole riportate sul manuale.
-“No”-
La bocca di Santana si dischiuse, intanto che le sue sopracciglia si innalzavano, mettendo in evidenza il sentore di indignazione che il suo animo era stato costretto a subire, di fronte alla lieve nota di insolenza a cui la risposta della mezzosangue si era fatta portavoce.
A dispetto della sensazione di disappunto, la quale, invadeva con prepotenza il suo corpo, la lingua della giovane Serpeverde dovette arrestare il suo movimento, onde evitare che una probabile discussione richiamasse su di sé la concentrazione dei presenti.   
Pertanto, costrinse le sue iridi ad abbandonare quel principio di sfrontatezza, in un rapido gesto che diede al suo sguardo la nauseante possibilità di entrare in contatto con il volto della babbana.
-“E tu che cavolo vuoi?”-
Brittany, la cui attenzione non si era mai discostata dalla figura di Santana, venne colta da un veemente sussulto, conseguenza della fredda e tagliente intonazione con la quale, la ragazzina dai capelli corvini, aveva dato adito ad una domanda di cui non le importava conoscere la risposta.
Le labbra della giovane Tassorosso si dischiusero, mentre il solerte sbattere delle sue palpebre, eco della sua inattesa cattiveria, induceva l’azzurro dei suoi occhi a riporre il proprio interesse sulle grigie piastrelle di pietra che facevano da sfondo al pavimento della Biblioteca.
Ancora una volta, il mite e docile temperamento di Brittany era stato sopraffatto dalla sua irruenta aggressività, di fronte alla quale, il pacato spirito della bambina dai biondi capelli non era mai riuscito a trovare il coraggio di reagire, almeno nelle circostanze in cui si ritrovava a dover tutelare la propria persona.
Un malevolo ghigno si fece strada sul viso di Santana, rinvigorita dalla consapevolezza che il potere, derivato dalla sua innegabile supremazia, non avesse perduto la propria capacità di infondere quel senso di inquietudine ed oppressione nei riguardi di indegni individui.
Di conseguenza, la giovane Serpeverde non attese oltre la manciata di secondi, prima di lasciare alla sua perfidia la sublime opportunità di colmare le proprie parole con la esigua dose giornaliera di veleno, in seguito alla visione di una piccola e sozza bestiaccia, la cui sagoma, si era andata a posare sulla spalla sinistra di quella insulsa mocciosa.
Il torace di Santana si distese in avanti, fino ad appoggiare il proprio petto sul bordo della scrivania, in un gesto di vicinanza a cui, tuttavia, era legato solamente un intento di scherno e di incombente paura.
-“Se il tuo lurido topo incontra ancora il mio cammino..il semplice divertimento di Ombra cesserà”-  
Malgrado, la frequenza della sua voce si fosse limitata ad un flebile mormorio, il turbamento suscitato nel corpo di Brittany sembrava il risultato di un fragoroso grido.
La sua anima vibrava, assoggettata alla violenza delle sue pulsazioni cardiache, il cui incontrollato ritmo, rendeva la regolarità del suo respiro solo un ricordo lontano, mentre il suo stomaco veniva oppresso da una soffocante morsa, la quale, insinuava in lei una profonda sensazione di nausea.
La sua gola venne costretta ad ingoiare il grumo di saliva che gravava nel centro della sua trachea, in un misero intento di alleggerire la pressione a cui il suo animo era sottoposto, scosso dal velo di intimidazione che il suo glaciale sussurro aveva portato, una minaccia di cui la giovane Tassorosso riconosceva una verosimile attendibilità.
Pertanto, nonostante i muscoli del suo corpo fremessero di un inquieto sentore e le palpitazioni del suo cuore riecheggiassero di un impaurito battito, impose al proprio capo di ritrarre le sue iridi dalla solita tendenza remissiva, indirizzando la sua attenzione sul compiaciuto volto di Santana.
Di fronte alla sua appagata espressione un barlume di rabbia si accese tra la spirale di angoscia che affliggeva il suo spirito, tuttavia, quel sentimento di ira era troppo debole per riuscire ad indurre il proprio viso a mostrare la sua scarsa risolutezza.
Così, impose ai suoi lineamenti facciali di inasprire il proprio aspetto, dando vita ad una fittizia maschera di avversione a cui la giovane Serpeverde diede come primo atto di ossequio un lieve sbuffo di derisione.
-“Non puoi farlo”- il leggero tremolio della sua voce lasciava trapelare uno stato di apprensione che non sembrava intenzionato ad abbandonare la sua anima, malgrado la patina di fermezza con la quale si era opposta alla sua irremovibile dichiarazione.
Le oscure iridi di Santana si illuminarono, d’innanzi a quel disperato e sciocco tentativo di vantare una sicurezza di cui non si conoscevano nemmeno le basi, ricolme di un canzonatorio divertimento che condusse le sue corde vocali a risuonare di una beffarda risatina.  
Le sue braccia allentarono il loro incrocio, sollevandosi di quel tanto che bastava da permettere ai propri gomiti di posare le rispettive estremità sulla solida superfice in legno, in maniera tale da conferire al suo capo una buona struttura di appoggio.
-“E chi me lo impedirà? Tu?”- la melliflua cadenza con cui aveva pronunciato il suo interrogativo non aveva fatto altro che attribuire al proprio accento la sua usuale nota di sbeffeggio, oramai essenziale se il suo obbiettivo era quello di accrescere il relativo ego e, al tempo stesso, sottrarre risolutezza al proprio interlocutore.
Difatti, Brittany percepiva il suo animo contrito in un persistente stato di soggezione e vergogna, come se le parole di Santana avessero il potere di sminuire il suo essere interiore, rendendolo insignificante, tuttavia, il continuo tono irrisorio sul quale edificava la sua presunzione, tendeva a diminuire il livello di insicurezza a cui la giovane Tassorosso era abituata, inducendo la ragazzina ad agire di impulso.
-“Stanne certa”-
La bocca di Santana si schiuse, incredula di fronte alla determinazione della sua risposta, mentre il suo sopracciglio sinistro si innalzava, sfiorando le vette della meraviglia.  
La sua mente si dovette ricredere nei confronti di una sua precedente affermazione, la quale, aveva sostenuto la totale irrilevanza di una sporca esistenza: dopotutto la sua partecipazione risultava essere fondamentale per animare il proprio divertimento.
Un sogghigno si fece strada lungo le pareti della sua gola, conseguenza del lampate sforzo a cui la ragazzina stava sottoponendo la sua espressione, talmente corrucciata ed impassibile da apparire finta.  
-“Oh Pierce..hai paura della tua stessa ombra. In che modo vorresti fermare la prematura dipartita di quella insignificante bestiaccia?”-  
Il corpo di Brittany venne attraversato da un intenso tremolio, il cui inatteso vigore, indusse la sua mascella a contrarre i propri muscoli, in un instabile digrigno a cui il flebile sbattere dei suoi denti faceva da sottofondo, e la cadenza del suo battito cardiaco ad accelerare la propria andatura, in una violenta tempesta di pulsazioni che lasciarono la giovane Tassorosso senza respiro.
Come ogni volta, in presenza di Santana, la bambina dai biondi capelli veniva assalita da un lacerante senso di terrore, in quel momento accentuato dal tenebroso sguardo della giovane Serpeverde, la cui attenzione era totalmente incentrata su un ignaro Fievel che sostava placidamente sulla spalla sinistra della sua padroncina.  
Eppure, malgrado le sue azzurre iridi fossero pervase da un leggero strato di umidità ed il suo animo stesse annegando in un asfissiante sentore di sofferenza, la sua bocca si dischiuse, in un disperato tentativo di tramutare in parole una risposta che, tuttavia, non era in grado di formulare.
-“Io..io..”-
Di fronte, al fragile sussurro della sua voce, la perfidia di Santana non perse tempo ad accrescere il proprio fervore, sospinta dalla evidenza di un effetto, d’innanzi al quale, il suo stato di appagamento donava al corrispettivo spirito una buona dose di benessere.
Un ulteriore ghigno comparve sul volto della giovane Serpeverde, deliziata dal ridicolo balbettare di cui la tremolante voce della mocciosa era testimone.
-“Tu..tu..”- le fece eco, sogghignando di piacere, intanto che il suo sguardo scorgeva tracce di rossore nei suoi velati occhi.  
Un assordante boato, come di un tomo da duemila pagine che veniva abbandonato senza remore sul duro ripiano di un tavolo, costrinse il silenzio a prendere il sopravvento sui rumori circostanti, in particolare su un fastidioso ridacchiare.
-“Ora basta..”- lo sguardo tagliente di Quinn rivolse il suo furioso sibilo alle oscure iridi di Santana, conseguenza di un sentimento di collera, il cui apice era appena stato raggiunto.
La giovane Corvonero protese il proprio busto in avanti, in maniera tale da ridurre la distanza dal volto della ragazzina dai capelli corvini, nel tentativo di conferire alla sua persona una venatura di prevaricazione maggiore.
In seguito, il palmo della sua mano sinistra si distese sulla fredda superfice della cattedra, mentre il suo dito indice puntava il relativo polpastrello in direzione di Santana -“..se oserai rivolgerti a lei ancora in questo modo giuro che..”- la mente di Quinn corse a focalizzare la propria attenzione sul suo vantaggio, sulla ferrea consapevolezza che la giovane Serpeverde e la Professoressa del Monico non fossero una semplice studentessa ed una ordinaria insegnante, ma due fonti di pericolo per la sicurezza di Hogwarts.
Ciò nonostante, la rivelazione di quella conoscenza doveva attendere la giusta circostanza, quando, una volta ottenute tutte le informazioni, non solo sulla parete, ma anche sul loro piano segreto, la giovane Corvonero avrebbe avuto in scacco la vita di Santana Lopez.
Dal canto suo, malgrado Santana avesse percepito un chiaro intento di minaccia nei suoi riguardi, la sfrontatezza della sua espressione non era affatto vacillata, al contrario, aveva colmato i lineamenti del suo volto con una maggiore dose di arroganza.
-“Giuro che?”- il suo pungente sguardo non distolse la propria tenebra dalle verdi iridi di Quinn, in attesa di quella solenne promessa, di fronte alla quale, il fugace coraggio della piccola Corvonero non sarebbe mai stato in grado di dare adito.
Difatti, nessuna sensazione di stupore venne a manifestarsi sul suo viso, nel momento in cui il corpo di Quinn si ritrasse, facendo ritorno alla sua posizione iniziale.
Le labbra di Santana fremettero, scosse da un lieve sbuffare, risultato di un pronostico, il cui esito era già stato annunciato.
-“La tua audacia ti precede Fabray”-
Malgrado, il tono canzonatorio della sua dichiarazione, accompagnato da una beffarda smorfia, il cui intento di assomigliare ad un sorrisetto appariva alquanto lontano, la fisionomia del volto di Quinn rimase impassibile, e con essa, il suo sguardo, ancora stabile sulla medesima traiettoria.
-“Al contrario della tua presunzione”-
A dispetto della sua coscienza nei confronti del fatto che controbattere ad una sua provocazione era un equivalente di scavare la propria fossa, dato il modo in cui la sua cattiveria tendeva ad accrescere il suo sadismo, la giovane Corvonero, oramai abituata ai loro ricorrenti battibecchi, era in grado di trarre un esiguo beneficio, nel momento successivo alla sua volitiva risposta, quando la consueta indifferenza di Santana veniva scalfita da una leggera nota di turbamento.
Ed era esattamente ciò su cui le verdi iridi di Quinn si stavano soffermando.
Lo spazio circostante ricadde in un ostile ed inquieto silenzio, dove il culmine della tensione poteva essere rintracciato nel loro statico scambio di occhiate.
Nonostante, Quinn avrebbe voluto portare avanti quel taciturno giochetto, le circostanze non erano a loro favore, visto che la sua ricerca non aveva condotto a nulla.
Pertanto, era necessario rivolgere la propria attenzione ad una serie di volumi, la cui ubicazione, non risultava autorizzata ad un libero accesso.
Un profondo sospiro venne rilasciato dalla sua bocca, mentre i suoi polpastrelli picchiettavano sulla rigida copertina del manuale appena consultato.
-“In questi libri non si accenna ad alcuna parete di sangue..dobbiamo indagare nel reparto proibito”-
Benché, la certezza di ottenere qualche notizia in proposito non fosse accostata ad una evidente dimostrazione, la logica della giovane Corvonero la spingeva verso quella direzione, conscia del fatto che, probabilmente, sarebbe stata la loro unica occasione.
Di fronte alle sue parole, il sopracciglio sinistro di Santana si protese verso l’alto, dando vita ad una espressione di puro sconcerto, conseguenza di una affermazione a cui non credeva di essere riuscita ad assistere.
-“Da quando in qua i Corvonero trasgrediscono alle regole?”-
Per un breve istante, le verdi iridi di Quinn indugiarono sul volto della giovane Serpeverde, mentre il suo criterio di giudizio valutava se fosse il caso di elargire alla sua bacata mente retrograda una delucidazione sul fatto che il concetto di stereotipo risultasse oramai fuori moda. In seguito, decise di deviare la propria intenzione, concentrando il suo intelletto sulle opportunità che la scuola offriva, in maniera tale da eludere ogni sorveglianza ed evitare di essere scoperte.
Di conseguenza, la sua rapida meditazione condusse la ragazzina a trovare nel periodo di vacanza, dovuto alle festività natalizie, il momento migliore per mettere in atto la sua proposta, data la esigua presenza di studenti ed insegnanti.
Tuttavia, il suo suggerimento non avrebbe riscontrato il favore di Brittany, visto che la sua famiglia aveva deciso di andare in villeggiatura, senza lasciare a Quinn la possibilità di un rifiuto, dato il fatto che la giovane Corvonero si era sempre sottratta alle loro idee di viaggio, trascorrendo i giorni di svago in compagnia della nonna.
-“Io non infrangerò alcuna regola. Andrete voi nella sezione proibita..durante le vacanze di Natale”-
Per la prima volta, da quando si erano incontrate, Brittany e Santana si ritrovarono ad avvertire nella propria anima un medesimo sentimento di rifiuto, accompagnato da una sensazione di rancore nei confronti di Quinn.
-“Che cosa?!”- la quiete della Biblioteca venne spazzata via dal fragore di una doppia esclamazione, il cui tono di incredulità si rifletteva nelle atterrite espressioni dei loro volti, contrassegnate da iridi troppo sgranate e da bocche oltremodo spalancate.
Le corde vocali della giovane Tassorosso presero a vibrare, assoggettate ad un veemente balbettio di cui, tuttavia, non si era in grado di distinguere nemmeno una parola.
La sua lingua vagava, tra lo sfrenato desiderio di manifestare tutti i validi motivi per i quali la loro collaborazione non avrebbe portato alcun utile risultato e la necessità di domandare alla sua amica le ragioni della sua assurda decisione.
Al contrario, Santana era sprofondata in uno stato di catatonia, il quale, vedeva il suo capo racchiuso tra i palmi delle proprie mani, le sue dita intrecciate tra i suoi capelli corvini e un persistente moto di negazione da parte della sua testa.
In tutto ciò, Quinn non diede peso a nessuna delle due reazioni, determinata a conoscere la verità sulla provenienza di quella parete e sulle norme che regolavano la sua attivazione.
Pertanto, indusse il suo sguardo a rivolgere la propria attenzione alle nere lancette del grande orologio, la cui struttura pendeva dal soffitto della Biblioteca, prima di considerare il suo essenziale congedo, derivato da uno scorrere del tempo di cui la sua mente non si era accorta.
La soffocata voce di Brittany continuava a seguire ogni suo movimento, mentre Santana si limitava a rimanere seduta sulla sedia, borbottando oscuri sortilegi contro quella maledetta mezzosangue.

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Capitolo 8
*** Sezione proibita ***


Sezione proibita


La fredda brezza invernale sferzava sul viso di Quinn, accentuando il rossore delle sue gote.
Le sue dita si strinsero attorno al manico della sua scopa, sospinte da un profondo brivido, la cui veemenza indusse la sua pelle a rabbrividire, nonostante la parte superiore del suo corpo fosse avvolta dal pesante tessuto di lana, di cui il suo maglione da Quidditch era composto.
La mascella della giovane Corvonero si contrasse, segno di una risolutezza, di fronte alla quale, le rigide temperature di quella mattina non sarebbero state in grado di porre un freno.
Era la partita conclusiva della stagione, la seconda gara in cui Corvonero e Serpeverde concorrevano sulla scia della vittoria, una ricerca di trionfo in precedenza conquistata grazie alla scaltrezza ed astuzia della sua rivale, Santana Lopez.
Di conseguenza, non era contemplata nella mente della ragazzina dai biondi capelli la possibilità di concedere al proprio sguardo una ulteriore visione della superba e spocchiosa smorfia di arroganza che la giovane Serpeverde le aveva rivolto, esattamente dopo essersi impadronita del boccino d’oro.
Pertanto, il suo torace non perse tempo ad inclinare la propria angolazione in avanti, in maniera tale da lasciare che il suo petto sfiorasse la solida impugnatura del proprio mezzo volante, in un gesto, tramite il quale, la rapidità della sua avanzata venne assoggettata ad un notevole incremento, in seguito alla netta percezione di un indesiderato intento di vicinanza.
Solamente, una breve occhiata venne elargita dalle sue verdi iridi allo spazio che accostava il proprio fianco sinistro, tuttavia quel fugace movimento fu sufficiente a permettere ai suoi occhi di scorgere la parvenza del consueto ghigno di sfida a cui Santana non sembrava essere in grado di rinunciare.
La bocca di Quinn si dischiuse, liberando il proprio petto dalla profondità di un sospiro, sintomo di una crescente tensione, a fronte della quale, una lieve nota di irrigidimento avvolse i muscoli del suo corpo, mentre un deciso socchiudersi delle sue palpebre concentrava la sua intera attenzione sul rapido ed impercettibile battito d’ali che si librava ad un paio di metri di distanza da lei.
La sua Nimbus 2023 sfrecciava con determinata solerzia tra le varie Torri che circondavano il campo da gioco, alla ricerca della giusta andatura, la quale, avrebbe consentito alla sua scopa di ridurre lo spazio tra la propria mano destra ed il boccino e, nel frattempo, di seminare il caparbio inseguimento della giovane Serpeverde.
Eppure, nonostante il tempo trascorso nello studio e nella cura dei dettagli, a cui Quinn aveva offerto la propria dedizione per tutta la durata del precedente mese, nel tentativo di rafforzare le sue doti di volo, in maniera tale da riuscire a gareggiare allo stesso livello della sua avversaria, il suo progredire non era abbastanza veloce e le sue manovre non risultavano troppo imprevedibili.
Dunque, nemmeno un lieve sussulto incise nella veemente cadenza del suo cuore, così come la sua espressione non diede adito ad alcuna forma di stupore, nel momento in cui il versante sinistro del suo corpo venne colpito dalla furia di Santana.
I denti della giovane Corvonero digrignarono il proprio dolore, di fronte alle conseguenze portate dal prevedibile scontro, dove la sua spalla era stata la diretta interessata della violenta percossa, intanto che la presa attorno al manico del suo mezzo di trasporto trovava una accentuazione tale da rendere le nocche delle sue dita di una tonalità decisamente meno rosata.
La sua figura si contrasse, intenta a ristabilire uno stato di equilibrio a cui, tuttavia, non sarebbe stato concesso neanche un secondo di permanenza, dato il ripresentarsi della consueta strategia di Santana, la quale, si abbandonava ad un discreto periodo in cui sottoponeva il relativo nemico ad un aggressivo contatto fisico, il cui obbiettivo rifletteva la possibilità di annullare il suo ruolo nella partita, risultato di una eventuale collisione con le strutture che delimitavano il terreno di gioco o di una fortuita caduta dalla propria scopa, oppure di conseguire una perdita di orientamento tale da offuscare la necessaria linea di volo, tramite la quale era probabile raggiungere il fatidico premio.
Pertanto, il progredire di Quinn venne assoggettato ad una improvvisa manovra di salvataggio, una breve caduta in picchiata, grazie alla quale, la giovane Corvonero ebbe la rara occasione di schivare il brutale impatto che Santana le stava riservando.
Malgrado, la ragazzina dai capelli corvini non avesse tenuto fede alle proprie intenzioni, le sue labbra rimasero contratte nel loro malevolo ghigno, talmente ricolme di astio e divertimento da non essere in grado di contenere la lieve risata che il disperato gesto della sua rivale aveva generato nelle sue corde vocali.
Per un breve istante, la giovane Serpeverde mantenne invariata la posizione della sua scopa, giusto il tempo di percorrere con lo sguardo i lineamenti della figura sottostante, la quale, riacquisito il pieno controllo del proprio mezzo, si scagliava in direzione della preda.
In seguito, sospinse il suo corpo in avanti, rinvigorita dalle inaspettate sorti di una competizione, la cui vittoria, sembrava trovare una difficoltà maggiore rispetto alla gara precedente, forse dovuta alle ore di addestramento a cui la mezzosangue si era sottoposta negli ultimi due mesi.
Ancora una volta, Santana raggiunse il fianco sinistro della sua avversaria, dando così adito ad uno spericolato e caparbio inseguimento, i cui inattesi cambiamenti di rotta e le estreme virate a ridosso delle infrastrutture condussero il caotico vociare della folla ad innalzare il loro fervore nei confronti di quella sfida.
Solamente, Brittany non riusciva ad emettere alcun suono, terrorizzata dalla prospettiva che la sua amica potesse essere coinvolta in uno dei tanti casuali incidenti di cui si erano fatti testimoni i vari cercatori delle squadre opposte a quella dei Serpeverde.
Pertanto, le sue azzurre iridi non interrompevano mai il contatto visivo con la figura di Quinn, stando attente ad ogni suo minimo movimento.
Al contrario, la mente di Santana non si soffermava di certo a riflettere sullo stato di benessere della sua nemica, servendosi di tutta la sua abilità ed accortezza per tentare di eliminare la sua sgradita concorrente.
Tuttavia, nonostante i suoi numerosi sforzi, le mani della giovane Corvonero restavano incollate al manico della sua scopa, così come il suo sedere non si schiodava dal leggero rialzo del proprio telaio, inducendo il battito cardiaco di Santana ad accelerare la propria cadenza, in un irruento accumulo di pulsazioni a cui il suo respiro non era in grado di conferire il giusto ritmo di distensione.
Ad ogni intento fallito un moto di collera cresceva nel suo animo, portando la ragione del proprio agire a costruire la base del suo operato su un incontrollato e violento impulso.
Di conseguenza, il suo intelletto, accecato dal persistere di un desiderio di trionfo, di cui il suo spirito continuava a nutrirsi, non diede peso al sottile suggerimento che la sua coscienza aveva introdotto in quella spirale di ira, nel momento in cui la feroce ricerca di una glorificazione si era spinta nella parte inferiore del campo, tra le travi di legno della struttura portante, dove lo spazio di manovra risultava decisamente limitante.  
Dunque, malgrado il margine di spostamento fosse ridotto ad una larghezza tale da consentire il passaggio fisico di una sola persona, la solerzia del suo progredire non venne asservita ad alcuna restrizione, spingendo la scopa della giovane Serpeverde ad un estremo tentativo di sorpasso, così da ritrovarsi ad essere solamente obbligata ad allungare il proprio braccio sinistro per riuscire ad afferrare il boccino.
Eppure, il suo essenziale proposito di soddisfare la sua soffocante bramosia di vittoria non raggiunse mai la propria realizzazione, stroncato da una spessa asse trasversale, la cui improvvisa apparizione concesse soltanto alle sue oscure iridi il tempo di sgranare le proprie cavità oculari e alla sua bocca la possibilità di trattenere il respiro.
La mascella di Santana si contrasse, intenta a contenere la veemente vibrazione delle sue corde vocali, il cui intenso fremito avrebbe dato adito ad un profondo lamento di dolore, conseguenza del violento impatto che la sua spalla sinistra era stata costretta a subire, in seguito alla prontezza dei suoi riflessi, i quali, avevano condotto la direzione del suo mezzo volante ad intraprendere una strada diversa.
Per un istante, la giovane Serpeverde rimase immobile, con il respiro smorzato e le palpebre contrite in uno stato di crescente sofferenza, risultato di una afflizione, il cui principio non trovava più la sua dimora in una elitaria porzione del suo braccio.
Successivamente, il suo sguardo venne ricondotto alla penombra di quel circolare e indistinto sottosuolo, richiamato da un inatteso fragore di applausi e da una esaltata serie di grida, di fronte ai quali, la smorfia di supplizio, a cui il suo volto conferiva la propria espressione, non poté fare altro che tramutare la proiezione del suo tormento in una condizione di pura delusione, accompagnata da un sentimento di autentico odio.
Per una come Santana Lopez, la vittoria di quella sporca mezzosangue rappresentava un disonore, non solo nei confronti della sua persona, che non era stata in grado di fronteggiare un simile essere, talmente inferiore da rasentare il nulla, ma anche nei riguardi della sua famiglia, il cui prestigio sarebbe stato macchiato dal ricordo della sua inverosimile sconfitta.
Per sua fortuna, il notevole disprezzo di suo padre in relazione ad ogni aspetto di quella scuola lo dissuadeva dal prendere parte alle abitudinarie attività extrascolastiche e dal domandare alla giovane Serpeverde il suo rendimento accademico. Inoltre, durante le prossime vacanze natalizie la sua presenza nella villa dei Lopez non era stata richiesta.
Pertanto, oramai abbandonata ad un sentore di furente sconforto, sospinse la propria scopa a raggiungere il varco di entrata dello spogliatoio della sua Casata, in maniera tale da concedere un minimo di sollievo agli indolenziti muscoli del suo corpo e, al tempo stesso, evitare le espressioni adirate dei suoi compagni di squadra.
 

 
Le suole delle scarpe di Quinn si muovevano rapide sulla fredda superfice di pietra, in direzione della soglia di ingresso che consentiva il passaggio all’interno del lungo corridoio della Sala Grande.
Malgrado, la presenza di un peso non indifferente a fare da sottofondo al suo passo, date le notevoli dimensioni della sua valigia, il suo stato di avanzamento non era nelle condizioni di ridurre il proprio dinamismo, effetto di un senso di compiacimento, il cui continuo sostare nel suo animo, aveva  indotto gli angoli della sua bocca a rimanere sollevati durante l’intero arco della giornata.  
Una sensazione di appagamento avvolgeva lo spirito della giovane Corvonero, sintomo di un trionfo dal quale non era stata in grado di allontanare la propria mente, ancora immersa nel sublime sentore di essere riuscita a battere Santana al suo stesso gioco.
Di solito, la sua considerazione nei riguardi del Quidditch aveva sempre coinvolto la dimensione puramente didattica della materia, come era avvenuto in tutti i differenti insegnamenti: il suo scopo ruotava sul consueto proposito di apprendere al meglio le principali nozioni, così da essere in grado di primeggiare sia nella componente pratica che teorica della disciplina.
Tuttavia, la percezione di Quinn, in riferimento alle disposizioni di quel tradizionale meccanismo era venuta a mancare, sottratta da un inatteso stato di soddisfazione, di fronte al quale, il solito assetto di razionalità aveva ceduto il posto ad un genuino diletto.
Per la prima volta, la piccola Corvonero si era ritrovata a contrastare un principio di goduria che non sembrava predisposto ad andarsene.
La perenne espressione di beatitudine, a cui il suo volto aveva oramai affidato i propri lineamenti, divenne ancora più lieta, una volta constatata la presenza di Brittany, la quale, con la schiena a ridosso del muro e lo sguardo indirizzato alle proprie dita intrecciate, attendeva il suo arrivo.
Per un breve attimo, la solerzia del suo progredire diede spazio ad un momento di stallo, dove le sue verdi iridi non poterono fare a meno di indugiare sulla larghezza del giallognolo maglione di lana a tema natalizio che rivestiva la sua figura dalle spalle fino a metà coscia.
Le sue labbra si distesero in un divertito sorriso, mentre il suo capo si limitava ad un tenue accenno di negazione, dovuto alla bizzarra scelta di abbigliamento su cui il suo sguardo si era posato nelle ultime settimane.
-“Britt!”-
La giovane Tassorosso, richiamata da quel famigliare tono di voce, non perse tempo a rivolgere il proprio interesse alla porzione di spazio di fronte a lei, restituendo alla sua amica il medesimo tripudio di gioia con cui i suoi occhi erano stati accolti.
Le gambe di Brittany si sospinsero in avanti, annullando con un rapido slancio, il modesto divario che separava il suo corpo da quello di Quinn.
Le sue braccia si avvolsero attorno alla schiena della giovane Corvonero, intanto che il suo mento trovava la giusta collocazione sulla sua ossuta spalla sinistra, in un veemente contatto, la cui origine risiedeva nel suo animo, soffocato da un profondo stato di angoscia.
Malgrado, la ragazzina dalle bionde trecce aveva tentato di allontanare dalla mente della sua amica la decisione di abbandonarla alle grinfie di Santana, manifestando una certa preoccupazione nel rimanere da sola con lei, Quinn si era mostrata irremovibile, sottolineando una rilevanza strategica a cui i pensieri di Brittany non avevano rivolto nemmeno un secondo della loro attenzione, troppo impegnati a cercare di capire come riuscire a sopravvivere alla sua cattiveria.
Di conseguenza, a discapito dei quattro giorni, nei quali, la giovane Tassorosso aveva imposto alla propria lingua di tacere alla presenza di Quinn, risultato di quella scelta non condivisa, in quel momento, lo stomaco di Brittany non poteva evitare alla morsa che lo attanagliava di incrementare la propria asfissiante stretta.
Un velo di disperazione rimarcava la continua ricerca di una infinita vicinanza da parte della piccola Tassorosso, addolorata dalla imminente partenza della sola persona con cui il suo modo di essere non era mai stato costretto a nascondersi e spaventata dalle inevitabili ripercussioni che la sua assenza avrebbe scatenato contro la sua persona, a partire da Santana.
Le palpebre di Brittany si abbassarono, mentre i muscoli delle sue braccia tentavano di impedire a Quinn di allontanare il proprio corpo, almeno per un altro istante.
Dal canto suo, la giovane Corvonero lasciava alla sua amica la possibilità di cercare conforto in quella prolungata adiacenza, consapevole del turbamento che la sua dichiarazione aveva scaturito in lei, uno stato di timore ed incertezza, di fronte al quale, la sua mente non era riuscita a trovare la giusta soluzione, nonostante le innumerevoli rassicurazioni.
La pesantezza di un sofferente sospiro fece da sfondo alla fine del loro abbraccio, in un provato distacco che indusse le dita della mano destra di Quinn a posare i relativi polpastrelli sotto al mento di Brittany, alla ricerca della riprova di quella costante paura.
Un paio di arrossati occhi azzurri entrarono nel campo visivo della giovane Corvonero, portando la ragazzina a sporgere il proprio volto in avanti, così da imprimere sulla fronte della sua amica un delicato bacio dal sapore di consolazione.
-“Sei più forte di quanto credi”- il mormorio di Quinn, seguito dalla lieve distensione delle sue labbra, in un accennato sorriso ricolmo di un implicito sostegno, fu una delle ultime parole a cui lei concesse il proprio adito, prima di augurare a Brittany un felice Natale, quando, oramai lontana, la risposta della giovane Tassorosso ebbe qualche difficoltà a raggiungere il suo udito.
 


Una elettrizzante frenesia invadeva i lunghi corridoi di Hogwarts, sospinta dal fragoroso vociare di studenti, i cui smisurati bauli, sottolineavano il principio di due settimane, durante le quali, veniva data ai ragazzi la possibilità di trascorrere il periodo delle feste con le rispettive famiglie.
Era un intervallo dalle ore di lezione e dal consueto ambiente che caratterizzava le loro giornate, un momento in cui il silenzio diveniva parte integrante della scuola, oramai privata della maggior parte dei propri alunni ed insegnanti.
Ed era esattamente il genere di circostanza a cui Quinn aveva fatto riferimento nel suo piano, dove risultava fondamentale mantenere un basso profilo, in maniera tale da non essere scoperte.
Pertanto, mentre il varco di ingresso del castello si ritrovava ad essere oltrepassato da un notevole numero di allievi e docenti, pronti a godere del tempo di riposo di cui disponevano, un paio di figure rivolgevano i loro passi in direzione delle scale, la cui particolare funzionalità di movimento avrebbe consentito agli sguardi delle due ragazzine di posare la relativa attenzione sulla porta di entrata della sezione proibita.
Le labbra di Brittany vennero accarezzate da un leggero sospiro tremolante, effetto della improvvisa visione a cui le sue azzurre iridi avevano assoggettato il suo interesse.
In piedi, con le braccia incrociate e la parte inferiore della schiena sorretta da un esiguo parapetto, si stagliava la sagoma di Santana, la cui concentrazione era totalmente orientata ad osservare nulla di indistinto tra i blocchi di pietra del pavimento.
Come era accaduto in precedenza, in tutte le situazioni che avevano coinvolto la sua presenza, le pulsazioni cardiache della giovane Tassorosso non erano state in grado di impedire alla propria cadenza di accelerare il numero di battiti al secondo, così come il suo stomaco non si era nemmeno impegnato a tentare di ostacolare la venuta del solito senso di oppressione.
Ancora una volta, un sentore di inquietudine avvolse il suo animo, inducendo la pelle del suo corpo a rabbrividire di timore e il procedere delle sue gambe a diventare sempre meno stabile, soggetto ad una condizione di terrore che rendeva deboli i suoi muscoli.
Terminata miracolosamente la serie di scalini, Brittany, raggiunse il fianco sinistro di Santana.
Per un lungo istante, nessun accenno di vita diede la propria dimostrazione da parte della ragazzina dai capelli corvini, come se la sua percezione non si fosse accorta di una nuova presenza, talmente immersa in quella vuota contemplazione da negare ai suoi sensi il cospetto di qualsivoglia forma di esistenza.
Così, la figura di Brittany rimase immobile, in attesa di una fugace allusione al fatto che il suo arrivo fosse stato in qualche modo notato, tuttavia, le oscure iridi di Santana non sembravano intenzionate ad allontanare il proprio interesse dalla superfice del suolo, costringendo la giovane Tassorosso a dover richiamare la sua attenzione.
La bocca della bambina dalle bionde trecce venne dischiusa, nel tentativo di attribuire alla sua voce il compito di ridestare Santana dal suo stato di catatonia, ciò nonostante, la sua lingua non ebbe il coraggio di portare a termine la propria mansione, impaurita dalla brusca reazione che si sarebbe potuta trovare davanti.
Di conseguenza, la sua mente costrinse il proprio braccio destro ad essere assoggettato al pesante fardello di provare ad attirare la concentrazione della giovane Serpeverde, in un moto distensivo che diresse i polpastrelli della sua mano a giungere a pochi centimetri di distanza dalla lunga manica del suo nero pullover, ma, prima di riuscire a sfiorare il morbido tessuto di cashmere, le sue dita si ritrassero con rapidità, intimorite dal probabile esito del suo sconsiderato gesto.
Di certo, Santana non avrebbe gradito il fatto di essere toccata da qualcuno, soprattutto se quella persona sarebbe stata lei, un individuo a cui la piccola Serpeverde si era divertita ad affibbiare solo irrisori nomignoli.
Inoltre, il carattere scontroso ed irascibile di Santana avrebbe indotto la ragazzina a reagire in modo violento, in un impetuoso insorgere a cui la visione di Brittany aveva conferito uno scenario alquanto letale, come il suo corpo che veniva scaraventato giù dal terzo piano.
Pertanto, di fronte alla concreta possibilità di rimanere priva di qualche arto o della vita stessa, la giovane Tassorosso impose alla sua gola di persuadere le proprie corde vocali a vibrare, in un leggero schiarimento di voce.
Nonostante, il rumore prodotto dalla sua trachea non si fosse spinto troppo oltre, mantenendo una tonalità di volume piuttosto ridotta, la percezione uditiva della giovane Serpeverde parve avvertire quel tenue accenno di esistenza.
Un lieve sussulto condusse il suo corpo a scuotere la sua figura, portando la sua schiena a prendere le distanze dal proprio appoggio e le sue palpebre a sbattere con solerzia, di colpo rianimate dal loro stato di totale immobilità.  
Ancora leggermente spaesato, il suo sguardo venne indirizzato alla figura di fianco a lei, in una rapida movenza a cui, tuttavia, preso il posto una condizione di assoluta paralisi.
Il sopracciglio sinistro di Santana non perse tempo ad innalzare il proprio giudizio, intanto che le sue labbra si incurvavano in una smorfia di evidente ribrezzo, d’innanzi al colore di quel raccapricciante maglione.
Per un breve attimo, la sua mente si pose la questione se fosse il caso di esternare il proprio disgusto, in maniera tale da elargire a quella inetta Tassorosso un minimo di conoscenza sul raffinato mondo della moda, ma alla sua nobile intenzione non venne mai data l’occasione di attuarsi, subito sostituita da una maggiore esigenza, la quale vedeva, nella necessaria urgenza di trascorrere meno minuti possibili in sua compagnia, un presupposto migliore.
Di conseguenza, distolse la sua attenzione da quel surrogato di indumento, rivolgendo le sue oscure iridi al varco di entrata.
-“Andiamo”-
Il suono di un agghiacciante cigolio fece da sottofondo alla cauta apertura del grande e robusto portone in legno, il cui interno celava una infinita sequela di volumi, ai quali, era stato negato ogni tipologia di accesso da parte degli studenti.
Lo sguardo delle due ragazzine venne accolto da una totale assenza di luce, una inquietante tenebra che spinse le gambe di Brittany ad avanzare leggermente, in maniera tale da condurre il suo corpo a cercare una sorta di riparo dietro alla figura di Santana, la quale, prendendo atto di quel denso ed impenetrabile buio diresse la sua mano sinistra nella tasca opposta della propria toga, estraendo la sua bacchetta.
-“Lumos”-
Per un fugace istante, i loro piedi continuarono ad indugiare sulla soglia di ingresso, frenati dalla inconsapevolezza di quello che le attendeva. In seguito, la giovane Serpeverde fece avanzare i suoi passi, addentrandosi in quel tetro ignoto.
Così, accompagnate da quella flebile sorgente di illuminazione diedero inizio al loro cammino.
Nonostante, la maggior parte dello spazio circostante fosse offuscato da una corposa penombra, era comunque possibile distinguere i lineamenti dei numerosi scaffali che costeggiavano i lati del corridoio principale, dando vita ad una estesa serie di ripiani, la cui notevole altezza conferiva loro un principio di incombenza, di fronte al quale, il ritmo delle pulsazioni cardiache di Brittany non ebbe la forza di mantenere la propria cadenza.
Inoltre, la sezione proibita vantava la presenza di molteplici statue, le quali, erano ubicate tra le varie scansie, a ridosso delle pareti. Si trattava di antiche sculture, le cui particolari sembianze, in quel momento, venivano occultate dalla coltre di oscurità che attorniava ogni centimetro di quella stanza.
Tuttavia, in diverse occasioni, il fascio di luce generato dalla bacchetta di Santana aveva rischiarato le loro fattezze, portando la pelle della giovane Tassorosso a rabbrividire di terrore, al cospetto di austeri volti, i cui occhi sembravano seguire il suo lento progredire, ed incattiviti musi di animali, le cui zanne in rilievo infondevano nello spirito di Brittany un profondo senso di imminente pericolo.
Di conseguenza, il procedere dei suoi passi assunse una andatura più rapida, in modo tale da ridurre il tempo di permanenza in quel terrificante luogo, ciò nonostante, il suo intento non venne protratto oltre ad un paio di metri.
Un soffocato grugnito di irritazione interruppe il silenzio del corridoio, risultato di un indesiderato contatto a cui il temperamento suscettibile di Santana non poteva di certo passare sopra.
-“Dannazione Pierce..quello era il mio piede”- malgrado, il suo tono di voce rasentasse la frequenza di un sommesso mormorio, il violento sibilo che si era fatto strada tra il serrato digrigno dei suoi denti condusse il corpo di Brittany a trasalire, spaventato dalla ferocia con la quale si era espressa, sintomo di un nervosismo di cui la bambina dalle bionde trecce non conosceva la effettiva portata.
-“S-scusami”- la solerzia con cui si era affrettata a porgere la sua giustificazione non aveva concesso alla sua lingua la possibilità di articolare in maniera corretta la parola, dando vita ad un imbarazzante balbettio, sinonimo di una condizione di perenne angoscia a cui il suo animo non riusciva a porre un freno.
Le iridi della giovane Serpeverde ruotarono la propria frustrazione, dinnanzi alla sua goffaggine e al suo ridicolo farfugliare che rendeva la personalità di quella stupida ragazzina ancora più superflua.
Il corpo di Santana continuava a risentire dello sforzo a cui aveva sottoposto i suoi muscoli durante la partita di quella mattina, in un dolorante persistere di improvvise fitte che restituivano alla sua irruente indole un senso di intolleranza decisamente inferiore.
Era sfibrata, stizzita da una competizione che non era stata in grado di vincere e adirata nei riguardi di una situazione in cui mai si sarebbe voluta ritrovare: in compagnia di una insulsa babbana a cui, non solo mancava la capacità di prestare attenzione al suo medesimo passo, ma anche un minimo di raziocinio nel rendersi conto che la sua vicinanza non era affatto gradita.
Di colpo, lo stato di avanzamento di Santana venne meno, portando la ragazzina a rivolgere il proprio sguardo alle sue spalle, dove la figura di Brittany aveva appena sobbalzato, impreparata a ricevere quel brusco arresto.
-“Perché diamine mi stai appiccicata?”-
Le palpebre della giovane Tassorosso sbattevano rapide, intanto che la sua bocca si dischiudeva, colta alla sprovvista da una domanda a cui, tuttavia, non voleva concedere una risposta, soprattutto ad una persona come Santana, la quale, avrebbe sicuramente riso di lei.
Pertanto, le sue corde vocali si limitarono a boccheggiare, racchiudendo nei meandri della sua gola la verità, il fatto che il suo animo temesse le tenebre, il non sapere cosa si potesse celare dietro a quelle oscure sfumature.
Eppure, malgrado la sua voce non avesse proferito alcuna parola, lo sguardo di Santana non ebbe difficoltà a decifrare la ragione del suo assiduo intento di deviare il contatto con le sue iridi, principio di una condizione di vergogna a cui il suo costante intrecciarsi delle proprie dita offriva una evidente rimostranza.
-“Non dirmi che hai paura del buio? Benedetto Salazar..cos’hai due anni?”-
Le labbra della giovane Serpeverde vennero accarezzate da un esasperato sospiro, conseguenza di uno stato di ricorrente incredulità di cui non sembrava ammissibile raggiungere la fine: era snervata da quanto il carattere della mocciosa sfiorasse le vette della bambinaggine.
Scosse il capo, riprendendo il suo cammino.
Al contrario, la figura di Brittany rimase immobile, avvolta in un senso di profondo sconforto, dipeso dal tono acido e malevolo a cui Santana pareva attribuire ogni sua interazione con lei, mortificando di continuo il suo essere.
Lo stomaco della giovane Tassorosso si contrasse, mentre un velo di umidità rivestiva le sue iridi, esordio di un silenzioso pianto, al quale, non poteva concedere alcun adito.   
-“Fabray ti ha almeno detto che sezione dobbiamo controllare?!”-
Un fulmineo movimento delle sue braccia condusse i suoi polpastrelli in direzione dei propri occhi, in maniera tale da impedire alle prime gocce salate di ricadere sulle sue guance.
In seguito, eliminata ogni traccia esteriore di sofferenza, impose alla propria gola di riacquisire una normale frequenza e alle sue gambe di avanzare.
-“Stregoneria oscura”-
Per fortuna, impiegarono solamente una manciata di minuti ad individuare la corsia esatta, così come riuscirono a rintracciare la lettera a loro utile nello stesso lasso di tempo.
A causa del dolore di cui, la spalla sinistra di Santana, non aveva ancora cessato di soffrire, venne dato a Brittany il compito di allungare le proprie braccia ed afferrare il mastodontico volume, anche se il corpo della giovane Serpeverde non si fece di certo da parte, ripristinando la sua posizione, esattamente al centro, in modo da consentire al suo sguardo di prendere visione del contenuto di ogni pagina.
Le sue oscure iridi scorrevano con solerzia le parole marchiate di inchiostro, risaltate da quei bianchi pezzi di carta a cui i polpastrelli di Santana dedicavano una esigua attenzione, transitando senza particolare indugio alle informazioni successive.
Alla sua sinistra, Brittany, estromessa dalla consultazione, si limitava ad attendere la venuta di un responso, concedendo ai suoi occhi di rivolgere, ogni tanto, la loro concentrazione ai lineamenti di quel rigido volto, malgrado, ad ogni breve occhiata, il suo animo perdesse vigore, allentando il velo di resistenza che era stata obbligata a cucire attorno al suo essere.
Ancora una decina di silenziosi minuti dovettero trascorrere, prima di cedere allo sguardo di Santana la possibilità di soffermare il proprio interesse sulla vivida dicitura di un immacolato foglio.
-“Bingo”- le sue labbra si distesero in uno scaltro sorrisetto, intanto che il suono del suo estasiato mormorio aveva indotto il collo di Brittany ad allungare il relativo capo, nella speranza di intravedere qualcosa.
Tuttavia, alla sua entusiastica espressione non venne elargita la giusta opportunità di sostare sul suo viso, immediatamente spazzata via da un improvviso rumore.
Di colpo, le sue oscure iridi abbandonarono il libro sottostante, indirizzando la loro attenzione al centro del corridoio.
Per un breve istante, uno stato di totale immobilità avvolse i muscoli del suo corpo, in maniera tale da consentire al proprio udito di acuire la sua percezione, nel tentativo di cogliere il principio di quel cigolio.
Eppure, a dispetto della tombale quiete in cui la stanza era immersa, nulla di rilevante raggiungeva le sue orecchie, eccetto il respiro della Pierce, già scandito da un fragoroso affanno.
Di conseguenza, il suo capo sospinse la direzione dei suoi occhi a ritornare sulle formule espresse nel manuale, alla ricerca di una qualche informazione di cui, tuttavia, la sua mente non ebbe il tempo di leggere nemmeno una lettera, frenata da quel medesimo suono.
Come era accaduto in precedenza, il suo apparato sensoriale venne teso, in ascolto di ogni minimo fruscio, ma, a differenza del silenzio che ne era seguito pochi attimi prima, in quel momento, era possibile distinguere con certezza la natura del passato stridore.
Un distinto eco di passi risuonava nel corridoio antecedente alla Biblioteca, accompagnato da un regolare ticchettio, la cui origine risiedeva in una manciata di arcuate unghie, alle quali, non era stata restituita la giusta lunghezza.
La giovane Serpeverde rivolse il suo sguardo verso il volto di Brittany, dove ad attendere le sue iridi vi era la medesima condizione di consapevolezza a cui la sua coscienza era giunta.
La causa di quei rumori doveva essere rintracciata in Brad, il custode della sezione proibita, e nel suo fedele cane, Baldwin.
-“Merda”-
Santana indusse la sua concentrazione a riportare i suoi occhi sulle pagine del libro, in un misero intento di memorizzare la spiegazione che da esse trapelava, ma erano innumerevoli le parole da ricordare, così come erano incalcolabili le tonnellate di peso di cui si sarebbe dovuta assumere il carico, se si fosse impadronita del volume.
Pertanto, condusse i suoi polpastrelli ad afferrare il bordo del foglio, in maniera tale da strappare la sottile carta. In seguito, richiuse il manuale, intimando alla giovane Tassorosso di riporlo nella sua apposita mensola, mentre si avvicinava alla corsia principale.
Con prudenza, sospinse la parte destra del suo viso ad emergere dal limitare dello scaffale, in modo da offrire al suo sguardo il quadro della situazione.
Le sue labbra vennero accarezzate da un delicato sospiro di sollievo, risultato di una constatazione che vedeva, nella continua presenza di una densa coltre di oscurità, il sinonimo di un incontro a cui loro non avrebbero preso parte.
Probabilmente, il guardiano si stava cimentando nel suo abituale giro di ricognizione, evitando di soffermare la sua attenzione su ogni singola porta che costeggiava il corridoio esterno.
In base al ragionamento di Santana, lei e Brittany, avrebbero dovuto solamente attendere che il guardiano oltrepassasse la loro ubicazione, in maniera tale da sgattaiolare indisturbate in direzione del portone di ingresso, non appena il rumore dei suoi passi sarebbe risultato solo un lontano eco.
Di conseguenza, nel momento in cui la figura della giovane Tassorosso si dispose al suo fianco, le gambe della ragazzina cominciarono ad avanzare, in un cauto e circospetto progredire.
La destinazione a cui Santana indirizzava il suo interesse era una semplice porta, decisamente più piccola rispetto a quella di entrata, la quale, avrebbe permesso alle due studentesse di svignarsela senza lasciare alcuna traccia.
Tuttavia, la speranzosa supposizione elaborata dalla giovane Serpeverde non venne mai attuata, troncata sul nascere da un improvviso schiudersi di un paio di ante, le stesse dalle quali avrebbero dovuto fuggire.
Le punte dei loro passi si arrestarono, in un gesto talmente inatteso e brusco da rendere precario il loro equilibrio: Santana fu costretta ad appoggiare la propria schiena al bordo di una scansia, mentre il braccio sinistro di Brittany venne obbligato a distendere la propria mano in avanti, alla ricerca di un necessario appiglio.
Le sue azzurre iridi non poterono fare a meno di sgranarsi, di fronte alla consapevolezza che le sue dita avessero preso come punto di appoggio il retro della tunica di Santana.
Per un breve istante, il suo fiato rimase incastrato tra le pareti della sua trachea, intimorito da una sua probabile sfuriata.  
Ciò nonostante, la giovane Serpeverde non espresse nulla in riferimento a quel contatto, limitando la sua voce a bisbigliare una formula, il cui incanto ridiede alla stanza la sua tenebra originaria, e la sua mano destra a trascinare il corpo di Brittany dietro ad uno scaffale.
Ancora una volta, la fredda superfice del pavimento venne attraversata dal lento picchiettare di un paio di stivali, seguito dal solerte zampettare di un cane, il cui progredire, assecondava il tenue ed allegro fischiettare del suo padrone, dando vita ad un clima di spensieratezza, il cui raggio di azione trovava il suo arresto ad una decina di metri.
Difatti, esattamente a sette scaffali di distanza, lo spazio circostante era saturato da una soffocante patina di tensione, scaturita dal respiro affannato della giovane Tassorosso, dinnanzi al quale, la urgente necessità di non essere scoperte aveva costretto Santana a circondare la sua rumorosa bocca con il palmo della sua mano destra.
Per un tempo indistinto, le due ragazzine rimasero immobili, ascoltando il riverbero delle loro pulsazioni cardiache risalire il proprio petto, fino a soffermare il suo eco nelle loro vibranti tempie, ed avvertendo il loro stomaco soccombere in una asfissiante morsa, mentre attendevano che la flebile luce della lanterna allontanasse il suo barlume di illuminazione.
In seguito, ripristinata la consueta oscurità, la giovane Serpeverde non perse tempo a sciogliere la ferrea stretta attorno alle labbra di Brittany, indietreggiando di un paio di passi, in maniera tale da ristabilire la giusta distanza, in precedenza azzerata dalla inattesa comparsa del guardiano.
La ritrovata mancanza di pericolo indusse la figura di Santana ad emergere dal loro nascondiglio, restituendo alla sua ipotesi iniziale la possibilità di compiere la propria evoluzione.
In quei pochi istanti di cammino, nessuna parola venne pronunciata, risultato di un silenzio a cui non era stata attribuita alcuna ragione che lo portasse ad interrompersi.
Tuttavia, la circostanza alla quale era legato il loro normale distacco, tendenzialmente dovuto ad una lampante differenza caratteriale, in quel frangente, vedeva la sua origine in uno stato di assidua riflessione.
Da un lato, la mente di Santana era occupata ad interrogare il suo braccio destro sulla provenienza di un inaspettato formicolio, la cui intensità era riuscita ad intorpidire ogni centimetro del suo arto, dalla parte opposta, Brittany, cercava di interpretare le cause di uno strano calore a cui le sue guance avevano concesso terreno.  

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Capitolo 9
*** Sotterfugio ***


Sotterfugio


Ancora una volta, le verdi iridi di Quinn ripercorsero con attenzione il nero inchiostro, il quale, spiccando in quel singolo foglio bianco, non aveva concesso alcun dubbio sulla reale natura della cosiddetta “Parete di Sangue”.
La sua origine trovava il proprio riscontro in un antico ed oscuro sortilegio, in base al quale, la presenza di una notevole concentrazione di cadaveri, raggruppata in una univoca posizione, avrebbe potuto indurre il flusso di sangue, che continuava a sgorgare dai loro inermi corpi, a seguire la medesima direzione, in un intreccio di caldi e viscosi liquidi, il cui obbiettivo era strettamente legato ad una disperata ricerca di immortalità.
Difatti, nel caso in cui la concatenazione delle varie perdite sanguinee avrebbe ottenuto il successo desiderato, le anime dei defunti si sarebbero unite fra loro, permettendo così al corrispettivo spirito di rimanere in vita.
In seguito, la necessità di mantenere integra la riacquisita condizione di esistenza, costringeva il rianimato coagulo di sangue ad ancorare la propria essenza a qualcosa nelle vicinanze.
Pertanto, la parete dei sotterranei era intrisa di entità, la cui sostanza interiore si prodigava nel suo incessante pulsare, malgrado non avesse più un corpo in cui risiedere.
Tuttavia, il muro nel quale le differenti anime dimoravano, non rappresentava per loro una barriera, ma solo un luogo in cui sostare, in attesa di uno stimolo al quale rispondere.
In riferimento, alle dichiarazioni riportate sulla pagina del manuale, emergevano solamente due circostanze nelle quali lo spirito di un essere deceduto aveva la possibilità di affiorare dal proprio confinamento.
La prima, la cui presenza era già stata individuata dalla sagace mente di Quinn, consisteva in una invocazione, dinnanzi alla quale, un pezzo di quella sanguinosa materia veniva strappato dalla sua indistinta forma, recuperando la propria precedente fisionomia.
La creatura, ritrovata la sua reale sembianza, era assoggettata alla persona che aveva espresso la richiesta di avvalere il proprio fianco di un essere attraverso cui adempiere i relativi misfatti.
Al contrario, la seconda, riguardava la percezione di un pericolo, a fronte del quale, le anime erano allontanate dalla parete, in maniera tale da rintracciare la minaccia ed impedire ad essa di porre un freno alla loro rinascita.
In relazione, al contenuto manifestato in quella cinquantina di righe, risultava evidente, secondo la giovane Corvonero, il criterio adoperato, tramite il quale, era stato possibile condurre un orrendo orco nel cuore della Foresta Proibita.
Il suo sguardo venne distolto dal pezzo di carta, in modo da prendere visione della figura davanti a lei, la quale, seduta a terra, con la schiena appoggiata al massiccio tronco del Platano Picchiatore, le ginocchia piegate, vicino al suo petto, e le braccia intrecciate in corrispondenza del suo ventre, rivolgeva il proprio viso in direzione del cielo, alla ricerca di un misero raggio di sole.
Per un lungo istante, le verdi iridi di Quinn non abbandonarono i suoi lineamenti, intenta a trovare la risposta ad una serie di riflessioni su cui la sua mente si era interrogata nelle ultime settimane.
Durante il periodo di pausa, portato dalle festività natalizie, la giovane Corvonero aveva avuto la possibilità di fare ritorno dalla sua famiglia, nella città in cui era nata e cresciuta, un luogo, nel quale, il consueto mondo visibile veniva intrecciato allo straordinario universo della magia.
Pertanto, era abitudine ricevere delle notizie, oppure essere testimoni di un chiacchiericcio, la cui provenienza apparteneva ad una realtà parallela. Ed era stato proprio a causa di uno di quei soliti ciarlare che Quinn era venuta a conoscenza di una teoria, una supposizione a cui era strettamente connessa la famiglia Lopez.
Infatti, il suo udito era stato colmato da una voce, la quale, aveva sottolineato il manifestarsi di uno strano movimento da parte della casata del Signor Lopez, individuando come possibile ragione di una tale condotta la loro continua e lampante ricerca di restituire auge a quelle oscure e malevole ideologie a cui la battaglia di Hogwarts era stata in grado di non concedere altro adito.
La giovane Corvonero, dinnanzi alle congetture avanzate dai comuni cittadini, non aveva potuto fare a meno di ricordare il momento in cui, una volta seguita Santana nei sotterranei, si era ritrovata ad assistere ad una particolare conversazione tra lei e la Professoressa del Monico, dove vi era stata una sottile allusione ad una sorta di piano, il cui vertice era sembrato risiedere proprio nel padre della giovane Serpeverde.
Di conseguenza, il sentore di pericolo, avvertito in quella circostanza, si era rivelato essere veritiero.
Ancora una volta, la spirale del male emergeva dalla sua tenebra, intenzionata a destabilizzare ogni condizione di equilibrio, a partire dalla scuola.
Inoltre, la mente di Quinn era tormentata dalla questione della “Parete di Sangue”, in particolare dalla dichiarazione di Santana, la quale, non solo aveva rivelato la sua esistenza, ma anche affermato il proprio coinvolgimento nella comparsa della creatura, malgrado le sue parole avessero sostenuto uno stato di inconsapevolezza a cui la giovane Corvonero non riusciva a credere.
Difatti, era necessario articolare una formula evocativa, un incanto in cui era essenziale risultare cosciente ed attento.
Tuttavia, nonostante Quinn avesse avuto riprova delle capacità di Santana, la ragazzina era convinta che non fosse stata la giovane Serpeverde ad invocare direttamente il mostro, data la complessità del sortilegio, ma la Professoressa del Monico, sua alleata nel piano del padre.
Durante il tempo trascorso in villeggiatura, la piccola Corvonero non aveva fatto altro che abbozzare nella sua testa una sequela di ammissibili scorciatoie da percorrere, con il solo scopo di arrestare il meccanismo della parete e, nello stesso momento, incastrare Santana e la docente.
Dunque, era opportuno lanciare una piccola esca alla presunzione della giovane Serpeverde, in maniera tale da costringere la ragazzina a prendere una decisione, in base alla quale, le sue stesse mani avrebbero privato il relativo padre di un progetto segreto o la Professoressa del Monico del controllo della parete, qualcosa era obbligata a sacrificare.
Con una maniacale cura, le dita di Quinn ripiegarono il bianco foglio, prima di infilare il sottile pezzo di carta rimanente nella tasca destra della sua toga.  
Per un breve istante, la direzione del suo sguardo accolse nelle relative iridi la figura di Brittany, la quale, seduta a gambe incrociate, a qualche centimetro di distanza da lei, come lo era da Santana, con il volto orientato al terreno sottostante, era impegnata ad osservare il tragitto di una coccinella.
Le labbra della giovane Corvonero si distesero in un tenero sorriso, conseguenza della delicatezza con la quale i polpastrelli della giovane Tassorosso sollevavano un filo di erba, proprio nel momento in cui il piccolo insetto non era in grado di andare avanti.  
In seguito, la sua attenzione venne indirizzata al volto di Santana, ancora inclinato verso il cielo.
-“Dobbiamo annullare il sortilegio”-
Nonostante, il tono della sua affermazione apparisse deciso e risoluto, il suo animo celava una lieve nota di incertezza, derivata dal fatto che il suo sguardo fosse in attesa di una reazione da parte della giovane Serpeverde, nei riguardi di una sentenza, dinnanzi alla quale, la linearità del suo oscuro disegno avrebbe trovato un modesto principio di intralcio.
Tuttavia, a discapito delle aspettative di Quinn, nessuna traccia di alterazione comparve sui delicati lineamenti del suo viso, il quale, diede solamente alle sue palpebre il compito di dischiudersi, una alla volta, in maniera tale da riacquisire la corretta percezione visiva.
Una esigua morsa si fece strada nello stomaco della giovane Corvonero, ghermendo il centro del suo ventre, di fronte allo sguardo di Santana, il quale, sostando immobile sul suo volto, attendeva il proseguimento delle sue parole, senza mostrare alcun genere di turbamento.
Le pareti della sua gola si contrassero leggermente, obbligando la ragazzina a concedere alla propria trachea una piccola dose di saliva, risultato di una aspettativa a cui non era stato elargito neanche il principio di una soddisfazione.
Ciò nonostante, la figura di Quinn non venne assoggettata ad alcuno stato di apprensione, almeno a livello esteriore, dopotutto vi era ancora una dichiarazione da erogare.
-“Ci serve il Preside Figgins”-
Eppure, nemmeno in quel caso, la statica espressione della giovane Serpeverde venne indotta a subire una parvenza di cambiamento.
 

 
Una smorfia di sbeffeggio comparve sul viso di Santana, mentre le sue gambe orientavano i relativi passi in direzione dei sotterranei.
In seguito, alla disposizione impartita dalla mezzosangue, Quinn e Brittany si erano dirette verso le scale, intenzionate a raggiungere l’ufficio del Preside, al contrario, la giovane Serpeverde, non si era unita al loro proposito, in una scelta di rinuncia che aveva colmato le verdi iridi di Quinn di un lieve accenno di speranza.
Al ricordo, della scintilla di un ritrovato auspicio a cui il viso della giovane Corvonero aveva concesso la propria apparizione, le labbra di Santana non poterono fare a meno di schiudersi, abbandonando il suo fiato ad un leggero sbuffo di derisione.
Durante la sospensione delle lezioni, intervallo di tempo nel quale la ragazzina si era immersa nella sua abitudinaria solitudine, la mente di Santana non si era lasciata sopraffare dalle chilometriche decorazioni e dalle accecanti luminarie, emblematiche presenze del Natale ad Hogwarts, anzi, il suo cervello non si era mai mostrato così attivo.
Il singolare silenzio, a cui il suo udito era stato sottoposto ogni giorno, in quelle tre settimane, aveva dato vita ad una rara condizione di quiete, di fronte alla quale, le sue numerose riflessioni si erano ritrovate a concentrare il proprio interesse sulla questione Fabray.
La valutazione di Santana aveva posto un accento sulla volitiva determinazione della mezzosangue di mettere un termine alla stregoneria che incantava la parete, in relazione alla menzogna a cui credeva di essere stata soggetta: la giovane Corvonero non aveva mai ritenuto plausibile la non intenzionalità della sua azione, malgrado le circostanze fossero state effettivamente caratterizzate da uno stato di inconsapevolezza.
Di conseguenza, la ideazione del piano di Santana, il cui intento presentava la possibilità di offrire a suo padre un esercito di terrificanti creature, avrebbe trovato un notevole impedimento, data la prematura assenza della sua fantomatica milizia.
Pertanto, a discapito del suo medesimo volere, il quale, aveva tentato di dissuadere la sua ragione dal prendere realmente in considerazione quella eventualità, la giovane Serpeverde si era ritrovata costretta a rivelare la presenza della parete, così come lo scopo a cui avrebbe desiderato destinare le sue capacità, alla Signora Terri del Monico.
Ed era esattamente da lei che Santana si stava dirigendo.
La sua bocca si schiuse, lasciando andare un pesante sospiro, nel momento in cui intravide la sua figura, proprio davanti al fatidico muro.
-“Fabray ha abboccato..potrebbero arrivare”-  
La Professoressa del Monico, in attesa della venuta della ragazzina, non perse tempo ad indugiare, consapevole del proprio compito: estrasse la sua bacchetta, puntando il relativo vertice in direzione della parete.
In seguito, i suoi passi si allontanarono, indirizzando il loro cammino nel verso opposto a quello di Santana.
 


Un tenue fruscio venne a colmare il silenzio dei sotterranei, accompagnato da un rapido picchiettare di suole eccessivamente frenetiche.
La nera mantella di Quinn sventolava, sospinta dalla solerzia con la quale le sue gambe procedevano in direzione del luogo da lei indicato.
Malgrado, la sua confessione, seguita da risolute parole di condanna, avessero suscitato un lungo istante di confusione e incertezza, in particolare nella mente del Preside Figgins, la cui titubanza, nei riguardi della sua affermazione, era stata in grado di abbandonare il suo animo solamente nel momento in cui la Professoressa Pillsbury era intervenuta, sottolineando la presenza di un esile velo di plausibilità nella sua dichiarazione, la giovane Corvonero era riuscita a persuadere due delle figure maggiormente illustri ad assecondare il suo intento.
Di conseguenza, nonostante il suo volto tentasse di imporre alla propria espressione un certo genere di fermezza, il senso di soddisfazione a cui il suo spirito era assoggettato non concedeva alla sua bocca la possibilità di mantenere rigidi i rispettivi angoli.
La cadenza della sua andatura venne indotta ad accelerare il relativo ritmo, di fronte al consueto svincolo, al di là del quale si celava una doppia opportunità di rivalsa.
Quinn, non era a conoscenza della eventuale decisione presa da Santana, tuttavia, sapeva che, in un modo o nell’altro, la sua ammissione le avrebbe conferito un notevole vantaggio, mettendo a rischio il piano del padre.
Per un breve attimo, una sottile nota di meraviglia apparve sul suo volto, inducendo il suo zelante progredire ad essere soggetto ad un lieve istante di esitazione, dinnanzi alla consapevolezza che la giovane Serpeverde avesse scelto di proteggere la sua alleanza con la Professoressa del Monico, a discapito di una probabile supremazia a cui il palmo della sua mano avrebbe potuto attingere.
Una volta raggiunto il centro del corridoio, Quinn, condusse il suo braccio destro a dirigere la propria mano in direzione della parete, puntando contro di essa il suo indice.
In seguito, malgrado lo sguardo del Preside Figgins fosse ancora velato da un barlume di incertezza, la sua bacchetta concesse alle asserzioni della giovane Corvonero una possibilità di verifica.
Tuttavia, la bocca di Quinn dovette spalancare il proprio sbigottimento, intanto che le sue verdi iridi si ritrovavano costrette a sgranare il relativo smarrimento.
La parete era vuota, non vi era alcuna traccia di sangue.

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Capitolo 10
*** Sconvolgimento ***


Sconvolgimento


Il corridoio esterno risuonava del solerte e determinato avanzare di un paio di passi, i quali, cercavano nella ritrovata brezza di inizio primavera un minimo accenno di ristoro dallo stato confusionale in cui sostava la mente di Quinn.
Per un breve istante, le sue palpebre si abbassarono, mentre la pesantezza di un sospiro accarezzava le sue labbra, risultato di una furente angoscia di cui il suo animo si era fatto carico nel momento successivo alla sconvolgente rivelazione.
La sua mascella venne contratta con durezza, dinnanzi al ricordo della contrariata espressione che aveva solcato il volto del Preside Figgins, accompagnata da una intensa occhiata di sdegno da parte delle taglienti iridi della Professoressa Pillsbury.
La totale mancanza di una riprova nei confronti della sua precedente affermazione aveva privato le sue parole di qualsiasi genere di veridicità, lasciando alla formulazione delle sue accuse alcun tipo di sostegno.
Le sue dita si incurvarono, in un convulso e adirato gesto, di fronte al quale, la delicata pelle dei suoi palmi venne dolorosamente segnata dalla violenta pressione delle sue unghie, le cui acuminate punte si erano introdotte nella sua carne, lacerandone la morbida superfice.
Lo stomaco della giovane Corvonero si contorse, assoggettato alla spirale di una soffocante morsa, conseguenza di una profonda condizione di collera e nervosismo a cui non sembrava essere in grado di porre un freno.
La sua intera concezione degli eventi a venire era stata completamente spazzata via, stroncata da un oscuro stratagemma, a causa del quale, la sua persona aveva perso di fiducia, di credibilità.
La sua voce non avrebbe trovato il favore di nessun docente, abbandonando lo stato di pericolo in cui era avvolta la scuola nelle sue mani.
-“Dannata Lopez”- 
Un lieve tremito fece scuotere i muscoli del suo corpo, irrigiditi dal digrignare rabbioso dei suoi denti, sintomo di un accecante rancore al quale il suo logorato spirito stava concedendo il proprio terreno.
La mente di Quinn stentava a concepire la realtà della situazione, il fatto che il suo ragionamento avesse mostrato una serie di falle nella relativa costruzione, delle incrinature a cui il bacato cervello di quella presuntuosa si era ancorato, in maniera tale da anticipare la sua previsione.
Un ulteriore moto di irritazione avvolse il suo animo, in un veemente impeto che indusse la cadenza delle sue pulsazioni cardiache ad accelerare il proprio ritmo, conducendo così la frequenza del suo respiro ad incrementare il corrispettivo fervore.
Di conseguenza, le sue gambe furono costrette a rallentare la loro andatura, alla ricerca di un punto di appoggio. Pertanto, estenuata dalla situazione, sospinse i suoi passi in direzione del muretto che circondava il quadratico giardino, lasciando ricadere su di esso il proprio peso.
-“Quinn!”-
In lontananza, il suono di un affannato grido venne instradato tra la vasta estensione del corridoio, raggiungendo il suo destinatario a cui, tuttavia, il fragore di quel richiamo non diede adito ad alcuna replica.
Ciò nonostante, le azzurre iridi di Brittany non tardarono ad individuare la figura della sua amica, in una istantanea constatazione, la quale, non concesse al sostenuto progredire delle sue gambe il tempo di arrestare la loro corsa, inducendo il suo corpo a concentrare la propria direzione verso sinistra.
Le labbra della giovane Tassorosso vennero sfiorate da un leggero sospiro di sconforto, mentre, una volta sopraggiunta a qualche centimetro di distanza da lei, il suo sguardo entrava in contatto con il suo volto, la cui espressione, lasciava trapelare tutto il suo rammarico e dispiacere, ai quali, era associata una condizione di ira da cui Brittany aveva sempre mantenuto un certo distacco.
Il suo temperamento non si era mai mostrato incline alla discussione, ai litigi, così come il suo udito non aveva mai amato le urla e lo sbraitare di voci troppo squillanti.
Pertanto, in ogni circostanza, nella quale, si era ritrovata ad assistere ad un battibecco fra Quinn e Santana, oppure ad essere il bersaglio delle ingiurie della giovane Serpeverde, un costante velo di silenzio aveva attraversato il suo animo, prendendone il possesso, fino al momento in cui il diverbio terminava, in una riacquisita quiete, la cui apparenza celava il suo profondo malessere.
La sostenuta andatura della sua avanzata venne sospinta ad attenuare la relativa cadenza, in un rapido gesto che convenne ai suoi occhi solamente una ulteriore manciata di secondi a favore di un istante, dinnanzi al quale, le sue iridi ebbero la possibilità di soffermare la propria attenzione sulla patina di rabbia a cui i lineamenti del suo viso elargivano il loro credito, alla ricerca delle parole giuste da pronunciare, in modo tale da cancellare la sua collera.
Per un breve attimo, il corpo di Brittany rimase immobile davanti alla contrita figura di Quinn, in un taciturno pronostico del livello di reazione che il suo evidente stato di inasprimento avrebbe potuto scatenare nei riguardi del proprio sottile intento di conforto.
In seguito, il peso corporeo della giovane Tassorosso venne incanalato nei muscoli delle sue gambe, le quali, indirizzando il relativo baricentro verso il fondo, condussero le ginocchia della ragazzina a toccare il pavimento, in una genuflessione che permise al suo sguardo di intravedere il risentito rossore delle sue verdi iridi.
-“Vedrai che si sistemerà tutto”-
Il tenue accenno di un sorriso, a cui fece da sfondo la sua audace intenzione di donare al suo animo un minimo di sollievo, venne costretto a ritrarre il proprio principio di speranza, interrotto dal continuo movimento del capo di Quinn, il cui persistente moto di dinego non lasciava alcuno spazio ad eventuali aspettative future.
-“No..non sarà così..”-  
Ancora una volta, le sue dita affondarono dentro al palmo delle proprie mani, in una espressione di rancore che impresse sulla sua soffice pelle il ricordo di un altro marchio.
Di nuovo, la cadenza del suo respiro prese le distanze dalla consueta norma, in un irrequieto affanno a cui il suo petto cedeva il proprio riverbero.
-“Oramai nessuno mi crede..”-
Per un istante, il suo addolorato e stizzito sguardo rimase ancorato alle inquiete iridi di Brittany, le quali, seguivano con una nota di turbamento la costante crescita del suo stato di indignazione.
In seguito, la sua attenzione venne indirizzata verso il polveroso rivestimento di pietra, in un forzato declino che la sua indole non era in grado di accettare.
-“Non c’è modo di fermare Santana e la Professoressa del Monico..”-
Il serrato pugno, nel quale era stata racchiusa la sua mano destra, si distese, permettendo così alle sue dita di raggiungere la tasca della sua toga ed estrarre il bianco pezzo di carta, dove erano iscritte le informazioni relative alla cosiddetta “parete di sangue”.
-“È stato tutto inutile”-  
Con una adirata movenza del polso, i suoi polpastrelli si liberarono di quel futile foglio, scagliandolo lontano.
La pesantezza di un sospiro indusse le spalle di Quinn ad accentuare l’incurvatura della sua schiena, in una posizione di avvilimento a cui, tuttavia, non venne concesso il tempo di consolidare la propria condizione.
Difatti, le verdi iridi della giovane Corvonero avevano intercettato una figura, la quale, rivestita della divisa da Quidditch, stava rivolgendo il proprio cammino in direzione del campo da gioco, in vista di un probabile allenamento.
Di colpo, un improvviso irrigidimento da parte dei suoi muscoli, condusse il suo corpo ad eliminare ogni traccia di afflizione, sospingendo il suo stato di collera ad emergere con prepotenza.
Senza dare alla parte razionale della sua mente la possibilità di arginare la veemenza del suo fervore, le gambe di Quinn risposero al violento impulso che aveva investito il suo animo, nel momento in cui una inconfondibile chioma di capelli neri si era riflessa nelle venature dei suoi occhi, portando la sua figura a sollevarsi di scatto e ad indirizzare i propri passi verso di lei, malgrado la voce di Brittany tentasse di persuadere quel suo sconsiderato intento.
Ad ogni centimetro di pavimento a cui i suoi piedi facevano assaporare la rapidità delle sue suole, la cadenza delle sue pulsazioni aumentava, così come lo strato di rabbia che si annidava nel suo spirito, talmente radicato da essere in grado di contorcere il suo stomaco.
Una volta raggiunte le spalle del suo bersaglio, le sue dita afferrarono la manica della sua uniforme, costringendo il corpo di Santana ad orientare il proprio volto nella sua direzione.
-“Cosa diamine hai fatto?!”-
Nonostante, il brusco gesto di Quinn avesse colto alla sprovvista il cuore della giovane Serpeverde, portando il ritmo del suo battito ad accelerare la propria regolare andatura, il viso della ragazzina dai capelli corvini era rimasto immutato, lasciando alle sue oscure iridi il compito di soffermare il proprio sgomento sul rabbioso fervore che trapelava dagli occhi della mezzosangue.
Per un lungo istante, lo sguardo di Santana non venne indotto a subire alcun movimento, in una perenne condizione di immobilità a cui, tuttavia, non era stato concesso lo stesso favore nei riguardi del resto dei suoi lineamenti, i quali, non persero tempo a donare alla sua espressione le sembianze di una smorfia canzonatoria.
Le sue labbra, distese in un sorrisetto beffardo, erano testimoni di una consapevolezza, dinnanzi alla quale, la giovane Serpeverde non poteva fare a meno di compiacere la sua strabiliante scaltrezza.
Il momento di sconcerto a cui il volto della Fabray era stato costretto a dare forma, in seguito alla scoperta della totale assenza delle sue aspettative, era il desiderio di una immagine, dalla quale, la mente di Santana non riusciva ad allontanare il proprio pensiero.
Uno sbuffo divertito venne rilasciato dalla sua bocca dischiusa, di fronte alla coscienza del fatto che il suo stato di infinita superbia avesse trovato il relativo equivalente.
-“Hai peccato di presunzione Fabray..non è da te”-
Il sopracciglio sinistro della ragazzina venne innalzato, mentre suo il derisorio ghigno non faceva altro che accentuare la propria condizione di sbeffeggio.
Di nuovo, la giovane Serpeverde concesse alle sue oscure iridi il giusto tempo di restare inchiodate allo sguardo furente di Quinn, prima di interrompere quel suo continuo indugiare ed allontanare il proprio braccio sinistro dalla ferrea morsa della sua mano.
Il suo sguardo diede ancora una irrisoria occhiata al volto arrossato della giovane Corvonero, intanto che le sue gambe si apprestavano a ritornare sui loro passi.
Una rigida contrazione condusse la mascella di Quinn a digrignare i propri denti, in un violento gesto che faceva da testimone ad una condizione di sdegno, alla quale, non era stata convenuta nemmeno un minimo di tregua, costantemente alimentata dal suo atteggiamento denigratorio ed arrogante.
Tuttavia, il vortice di risentimento in cui era avvolto il suo animo, parve distendere la propria asfissia, improvvisamente colmato da uno stato di sapere, di fronte al quale, la sua supponente condotta avrebbe trovato la relativa fine.  
-“Tu credi? Sono a conoscenza del tuo piano..”-
Un intenso irrigidimento travolse i muscoli del corpo di Santana, inducendo il suo risoluto progredire ad arrestare la propria avanzata e le sue dita ad accentuare la stretta attorno al manico della sua scopa.
Una insolita sensazione di inquietudine venne a reprimere la regolare cadenza delle sue pulsazioni, costringendo la sua bocca a dischiudersi, in un lieve accenno di affanno, e a soffocare il suo stomaco in una opprimente spirale di turbamento, mentre il riverbero di una semplice domanda risuonava nella sua mente.
Eppure, malgrado il principio di una condizione di crescente tensione stesse affiorando nel centro del suo ventre, conducendo le pareti della sua gola a ridurre la loro distanza, nessuna nota di panico ebbe la forza di prendere il sopravvento sulla ragione.
Difatti, la rilevanza della sua conoscenza avrebbe dovuto scatenare la reazione del corpo insegnante, in particolare del Preside Figgins, ciò nonostante, nemmeno un castigo era stato ancora formulato, a conferma del fatto che la presunta accusa della mezzosangue fosse risultata del tutto vana.
Un gaudente sorrisetto comparve sul rilassato volto di Santana, la quale, cedette alle sue iridi un ulteriore istante di soddisfazione.
Pertanto, indusse il suo sguardo a restituire la propria attenzione alla figura dietro alle sue spalle.
-“Eppure sono ancora qui”-
Le sue corde vocali vibrarono, assuefatte da una perfida risatina di scherno che fece da sfondo al momento in cui i passi della giovane Serpeverde ripresero il loro cammino, lasciando lo spirito di Quinn a combattere contro la sua perseverante collera.
 

 
Nel frattempo, a qualche metro di distanza da quella provocatoria diatriba, le azzurre iridi di Brittany vagavano sul sottile pezzo di carta, del quale la sua amica si era liberata alcuni attimi prima, alla ricerca di una qualsiasi informazione a cui offrire il relativo interesse.
Tuttavia, lo sguardo della giovane Tassorosso non aveva mai soffermato la propria attenzione su quella singola pagina, da un lato, costantemente celata dalla tasca destra della toga di Quinn, preoccupata che potesse essere trafugata, dall’altro, la sua mente aveva preferito astenersi dal consultare le innumerevoli parole che trapelavano da quel bianco foglio, certa di non essere in grado di comprendere il loro significato.
Difatti, mentre i suoi occhi venivano inondati dalla complessità di quelle molteplici frasi, il livello di contrazione della sua fronte non riusciva a fare a meno di incrementare il corrispettivo stato di confusione, portando le sue tempie a pulsare doloranti.
Ciò nonostante, a discapito delle spasmodiche fitte a cui il suo capo era soggetto, la concentrazione delle sue iridi rimase ancorata alle ambigue nozioni espresse su quel logoro documento, giungendo così al trafiletto in cui la spiegazione si rivolgeva al meccanismo, attraverso il quale, le creature potevano trovare la loro indipendenza.  
Per un lungo istante, la percezione visiva di Brittany non venne distolta da quella porzione di testo, attirata da una ipotesi a cui non era stata elargita nemmeno una possibilità, ma che poteva risultare effettivamente plausibile.
Infatti, al contrario del pensiero di Quinn, la cui sostanza vedeva nella figura di Santana la presunta artefice della comparsa di quel mostruoso orco, le immagini, a cui la mente della giovane Tassorosso era stata costretta a concedere il proprio adito durante le lunghe ed insonni notti, successive allo scontro con la bestia, mostravano una realtà differente, dove il ricordo della acuminata scure che incombeva, ancora fulgido nella sua memoria, rendeva Santana il suo unico bersaglio.  
Di conseguenza, la dichiarazione di non intenzionalità, decantata in precedenza dalla ragazzina dai capelli corvini, conteneva in sé un attendibile fondo di verità.
Le azzurre iridi di Brittany abbandonarono il nero inchiostro, sconcertate dalla paradossale presa di coscienza che indicava Santana Lopez come la probabile vittima di quel malvagio sortilegio.
 
 

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Capitolo 11
*** Invasione ***


Invasione


La bocca di Brittany si dischiuse, lasciando al calore del suo fiato la possibilità di accarezzare le sue labbra, in un greve sospiro, la cui intensa pesantezza faceva da testimone allo stato di tensione che attanagliava il suo animo.
Per un breve istante, malgrado la mente della giovane Tassorosso fosse a conoscenza del modo in cui i tavoli erano disposti all’interno della Sala Grande, la ragazzina dalle bionde trecce concesse al suo sguardo di vagare inesperto tra le estese file di panche che affiancavano le lunghe cattedre al centro del salone, dove la maggior parte degli studenti era intenta a gustare la propria colazione, alla ricerca di una famigliare figura.
Una violenta spirale di apprensione avvolse il suo stomaco, inducendo il suo respiro ad infrangere la corrispettiva regolarità, in un rapido ed inatteso incremento, al quale, venne accostato il solerte accrescere delle sue pulsazioni cardiache, nel momento in cui le sue azzurre iridi incrociarono i rigidi lineamenti del volto di Santana.
Dal fatidico pomeriggio, durante il quale, la casuale lettura da parte di Brittany delle parole incise su quel pezzo di carta aveva condotto il suo intelletto a designare la giovane Serpeverde come la reale ragione del mortale trambusto nella Foresta Proibita, erano trascorsi due giorni, a fronte dei quali, il cervello della piccola Tassorosso aveva lavorato duramente, nel tentativo di individuare la sequela di espressioni più adeguate, in maniera tale da riuscire a comunicare a Santana la sua condizione di pericolo, evitando di balbettare o venire fraintesa.
Tuttavia, a dispetto delle varie prove a cui il suo discorso era stato sottoposto, una serie di ripetizioni di cui la sua mente si stava facendo portavoce, il sentore di angoscia, nel quale il suo spirito risiedeva, non aveva accennato a ridurre la propria veemenza, logorando la sua anima.
Inoltre, la totale assenza di Quinn al suo fianco non faceva altro che peggiorare il suo malessere, portando il pensiero di Brittany ad interrogare sé stessa sulle motivazioni a cui aveva dato adito per decidere di compiere quella impresa suicida, concedendo così alla possibilità di ritornare sul proprio cammino l’occasione di sfiorare il suo volere, e sul criterio, in base al quale, il suo brillante intelletto le avesse suggerito di non coinvolgere la sua amica, nonostante fosse evidente, in riferimento alle giornate appena passate, che il suo stato di sconforto non sarebbe risultato di grande aiuto.
Oltretutto, il timore di una verosimile azione di intralcio nei confronti del suo azzardato intento non era una eventualità così assurda.
Di conseguenza, la giovane Tassorosso aveva preferito mantenere la sua congettura solamente a disposizione del proprio sapere.
Pertanto, malgrado il ritmo dei suoi battiti non risultasse conforme alla norma, in una continua condizione di accelerazione che aveva sospinto le sue labbra a dischiudersi, alla ricerca di ossigeno da incanalare, ed il suo corpo fosse soffocato da un persistente senso di inquietudine, le gambe di Brittany avanzarono lungo la corsia laterale sinistra della Sala Grande.
Ad ogni centimetro di pavimento a cui le suole delle sue scarpe cedevano il loro contatto, il nevrotico intreccio delle sue dita incrementava il proprio groviglio, accentuato da un fragoroso vociare, la cui provenienza trovava la sua origine nella zona conclusiva della estesa tavolata, esattamente dove sedeva la giovane Serpeverde, accompagnata dal suo gruppo di amici.
Per una frazione di secondo, lo sguardo di Brittany rimase immobile, osservando irrequieto il perfido quartetto a cui i suoi passi stavano rivolgendo la loro direzione, prima che alle sue azzurre iridi venne imposto di distogliere la propria attenzione, ritornando a contemplare la grigia superfice di pietra che segnava il solerte procedere del suo cammino.
Così, con una densa coltre di profonda preoccupazione a ghermire il suo timoroso animo, il progredire della giovane Tassorosso raggiunse la propria fine.
Ancora una volta, il suo corpo concesse alla relativa parte interiore un momento di necessario conforto, dove il petto di Brittany venne colmato da una essenziale dose di coraggio, indispensabile per riuscire a sostenere la crudele tenebra dei suoi occhi. 
In seguito, avvolta da una apparente sensazione di audacia, condusse il suo capo ad indirizzare la propria attenzione dinnanzi a lei, ritrovando sulla medesima linea del suo sguardo il viso di Santana.
Tuttavia, prima di attirare il suo interesse, la ragazzina dalle bionde trecce diede alla sua frequenza vocale la possibilità di riacquisire una certa intonazione verbale, notevolmente attenuatasi durante il suo tormentato tragitto.
-“S-Santana..”-
Il caotico ciarlare, a cui il suo udito era stato assoggettato dal momento che la sua figura aveva oltrepassato il confine con il corridoio centrale, accedendo così alla Sala Grande, venne interrotto.
Una sensazione di nauseante asfissia avvolse lo stomaco di Brittany, inducendo la cadenza delle sue pulsazioni cardiache ad incrementare la loro andatura e le aride pareti della sua trachea a contrarre la relativa distanza, in maniera tale da contenere quel senso di terrore.
Un imbarazzato ed intimidito calore tinse di porpora il suo viso, dalle pallide gote fino alla punta delle orecchie, dinnanzi ad una manciata di taglienti ed infastiditi occhi scuri, i quali, senza celare la loro indiscrezione, scrutavano con un velo di ribrezzo i lineamenti di colei che aveva osato infrangere il loro divertimento.
La gola della piccola Tassorosso venne oppressa da un soffocante nodo, di fronte al diabolico ghigno a cui le labbra di Santana non avevano tardato a concedere la relativa forma, obbligando la pelle di Brittany a rabbrividire di pura inquietudine.
Il lento movimento delle braccia della giovane Serpeverde, ad incrociare i suoi arti davanti al proprio petto, unito alla consueta elevazione del suo sopracciglio sinistro, diede allo sguardo di Brittany la riprova del suo imminente commento sarcastico.
-“Pierce..ma che spiacevole sorpresa. Ti sei forse persa?”-
Una leggera contrazione colse il ventre della giovane Tassorosso, accentuando la dolorosa ed opprimente morsa in cui il suo stomaco era costretto a sostare, mentre il suo udito veniva invaso dallo stridio di un atteso risolino canzonatorio, la cui diffusione sembrava cogliere il favore anche del tavolo dietro di lei.
Per un istante, le sue azzurre iridi restituirono il loro interesse alle sbiadite striature che ricoprivano il pavimento sottostante ai suoi piedi, turbate da quel comune sbeffeggio a cui il suo animo non era in grado di opporre alcuna resistenza.
Al contrario, dinnanzi al derisorio sottofondo, di cui lo spazio circostante si era fatto testimone, un sentore di autentico appagamento pervase lo spirito di Santana, compiaciuta dalla condizione di comunitario scherno alla quale aveva dato adito.
-“Mi pare di ricordare che il tuo posto non sia qui..”-
Le labbra di Brittany vennero accarezzate da un lieve sospiro tremolante, intanto che le sue palpebre tentavano di reprimere la violenta patina di calore in cui i suoi occhi si stavano immergendo, in un rapido e caotico sbattere, il cui ritmo, assecondava il palpitare irregolare del suo battito cardiaco.
Una lacerazione dilaniava il suo animo, una spaccatura indotta dalle parole di Santana, il cui accento era stato posto sul termine ultimo, in maniera tale da sottolineare la sua inadeguatezza, non solo nei riguardi di quel singolo pezzo di stanza, ma anche nei confronti della intera scuola e di tutto il mondo magico.
Malgrado, la sua affermazione non presentasse alcuna novità, il cuore della giovane Tassorosso non poteva fare a meno di rimanere contrito nella sua umiliazione, ancora una volta mortificato da quella sottile e crudele allusione.   
Tuttavia, a dispetto della profonda condizione di disagio a cui il suo animo aveva ceduto il proprio credito, uno stato di intenso malessere che spingeva ogni centimetro del suo corpo a desiderare di eclissare la propria esistenza, le azzurre iridi di Brittany trovarono la forza di restituire il loro sguardo alla beffarda smorfia di Santana, ardite nel relativo intento di mettere in evidenza una situazione di pericolo.
-“Ho..ho bisogno di parlarti..”-
Un tenue moto di sorpresa sospinse le sopracciglia della giovane Serpeverde ad elevare la propria arcata, intanto che il suo capo veniva inclinato verso sinistra, in un gesto di divertito stupore.
Per una manciata di secondi, le oscure iridi di Santana rimasero ancorate alle irrequiete sfumature di cui erano ricolmi gli occhi della mocciosa, incuriosite sulla possibile ragione che avesse potuto condurre i passi di quella insulsa Tassorosso a rivolgere la loro direzione sulla scia del suo tavolo.
Difatti, non era di certo una consuetudine avere la possibilità di scorgere la figura di uno studente, la cui toga non deteneva il nobile stemma della casata dei Serpeverde, accostare il proprio cammino alla medesima linea di quel verdeggiante bancone.
Di conseguenza, lo sguardo di Santana venne coinvolto in una rapida ed accorta occhiata allo spazio che circondava la sagoma della ragazzina, acquisendo la consapevolezza della insperata mancanza di una fastidiosa presenza.
Dinnanzi, alla totale assenza della Fabray, la condizione di lieve meraviglia, a cui i lineamenti del suo volto avevano convenuto le rispettive sembianze, venne rimpiazzata da un principio di confusione, derivato dal fatto che la mezzosangue non avesse mai abbandonato il fianco della babbana.
Dunque, era accaduto qualcosa, una insolita circostanza aveva alterato il consueto equilibrio a cui le giornate non avevano ceduto alcuna rimostranza, obbligando la piccola Tassorosso a cambiare la direzione del suo abitudinario tragitto.
Eppure, nonostante la mente di Santana si stesse interrogando sul contenuto della questione che la mocciosa avrebbe voluto affrontare con lei, la giovane Serpeverde decise di concedere al suo animo un ulteriore momento di necessario benessere.
Ancora una volta, un sottile e beffardo ghigno prese forma sulle sue labbra, in un canzonatorio sorrisetto che indusse il volto dei suoi amici ad accentuare la loro espressione di divertimento, pronti ad assistere ad un altro atto dello spettacolo.
-“Non vedi? Sto facendo colazione”-
Il braccio sinistro di Santana venne liberato dal proprio incrocio, in una lenta distensione in avanti, la quale, permise alle dita della sua mano di afferrare la forchetta di metallo, appoggiata sul tavolo imbandito, ed infilzare un pezzetto di uovo.
Una pungente fitta fece contrarre il cuore di Brittany, costringendo la sua bocca a dischiudersi, alla ricerca di un accenno di vitale ossigeno, mentre una serie di sogghignanti risatine accompagnava il momento in cui la punta degli acuminati canini della ragazzina dalla pelle mulatta affondava nel bianco e morbido strato di albume.
Per un istante, il corpo della giovane Tassorosso venne attraversato da una inquieta condizione di angoscia, dettata da una percezione che individuava nella sua figura una sorta di giocattolino, di preda, dinnanzi alla quale, nasceva un irrefrenabile desiderio di sadismo.
Tuttavia, la rilevanza delle informazioni in suo possesso, induceva la bambina dalle bionde trecce a mettere da parte il suo stato interiore, lasciando alle sue malevole parole la possibilità di ledere il suo animo.  
-“È..è importante”-
Un minuto di attesa venne elargito dalla mandibola di Santana, tempo essenziale per consentire alle sue arcate dentali di spezzettare nel modo corretto quella porzione di cibo, così da essere in grado di deglutire senza alcuna preoccupazione, prima che la pesantezza di un sospiro portasse le sue guance a gonfiare la propria dimensione di un annoiato alito.
Malgrado, la giovane Serpeverde fosse a conoscenza del probabile velo di smarrimento che avrebbe solcato il viso dei suoi compagni, a seguito della sua azione, il bisogno di colmare la propria mente di una qualsiasi risposta era troppo elevato per riuscire ad essere ignorato.
Pertanto, sospinse le sue gambe ad innalzare la relativa figura, in un crescere di centimetri che diede al suo piede sinistro la giusta occasione, attraverso cui, posare il rispettivo peso sulla dura superfice di legno del tavolo e raggiungere il lato opposto.
Il movimento di Santana, una volta affiancata la sagoma della Tassorosso, non venne interrotto, conducendo i suoi passi ad accumulare una certa distanza dal gruppetto dei suoi coetanei, in modo da celare il tema della conversazione.
In silenzio, la figura di Brittany cedette al suo volere, assecondando la sua decisione di lontananza.
Oltrepassato il paio di metri, il solerte progredire della giovane Serpeverde venne meno, soddisfatto del distacco ottenuto.
Di conseguenza, le sue oscure iridi non tardarono a condurre la loro attenzione alla presenza dietro di lei.
-“Hai trenta secondi”- il suo piatto ed austero tono di voce, associato al rapido intrecciarsi delle sue braccia, sottolinearono un obbligo di urgenza, di fronte al quale, la lingua della giovane Tassorosso non aveva alcuna intenzione di disobbedire.
Un violento tumulto avvolse il suo petto, risultato di un inevitabile incremento a cui la cadenza delle sue pulsazioni cardiache si era fatta testimone, ed una morsa contrasse il centro del suo ventre, mentre la sua bocca si socchiudeva, oramai in procinto di condividere la sua conoscenza.
-“Quinn si sbagliava..”- un greve sospiro diede forma alle sue prime parole, faticose da pronunciare, dato il fatto che spalancavano le porte ad una presunta realtà a cui Santana non avrebbe conferito alcun credito -“..il meccanismo della parete non viene innescato tramite invocazione..ma attraverso la paura..”- il tremolio della sua frequenza vocale indusse il fiato di Brittany a riconoscere la necessità di una piccola pausa, conseguenza del penetrante ed affilato sguardo che la giovane Serpeverde le stava rivolgendo, a fronte di una sequela di informazioni, dinnanzi alle quali, i lineamenti del suo volto non potevano fare a meno di incrementare il loro stato di confusione -“..le creature hanno avvertito la presenza di un pericolo e sono emerse..”- un lieve momento di incertezza travolse le azzurre iridi della giovane Tassorosso, costringendo i suoi occhi ad abbandonare il gravoso contatto visivo con Santana, intanto che la condizione di angoscia in cui sostava il suo animo accentuava il proprio fervore, sospinta dalle attese conseguenze di cui la sua prossima affermazione si sarebbe resa una probabile artefice -“..la..la minaccia secondo loro..sei..sei tu”- concluse, trovando soltanto alla fine la forza di riportare la sua attenzione su quelle oscure iridi.
Per un lungo istante, lo sguardo della giovane Tassorosso rimase ad osservare il volto di Santana, alla ricerca di un qualche minimo cambiamento nella sua espressione, in maniera tale da essere in grado di cogliere la natura del suo stato d’animo.
Tuttavia, la rigida fisionomia del suo viso non lasciava trapelare alcun genere di emozione, dando a Brittany la sola possibilità di deglutire.
Dal canto suo, la giovane Serpeverde, a discapito della apparente mancanza di una reazione, non sostava affatto in una condizione di immobilità, almeno a livello interiore, dove il ritmo accelerato del suo battito cardiaco e la ferrea stretta nella quale il suo stomaco era stato contrito evidenziavano un moto di crescente collera, dovuto alla scandalosa insolenza che il suo udito era stato costretto ad ascoltare.
Difatti, in base alla dichiarazione di quella stupida ragazzina, lei, Santana Lopez, membro della nobile ed illustre casata dei Lopez, discendente di una delle famiglie più ricche dell’intero mondo magico, il cui modello di vita aveva sempre riscontrato i suoi valori nella legittima ideologia portata avanti dal Signore Oscuro, inducendo la sua stessa stirpe a combattere al suo fianco come Mangiamorte nella battaglia di Hogwarts, sarebbe stata la causa della comparsa di quella creatura, un mostruoso orco che aveva affiancato Voldemort nello scontro finale.
Di certo, la mente bacata della mocciosa non era riuscita a soffermare il suo vuoto cervello su quel fondamentale particolare, facendo la portavoce di una teoria a cui mancava la matrice di un degno supporto.
Con un violento scatto, Santana contrasse la sua mascella, mentre il movimento a negare del suo capo portava alla luce il suo rifiuto nei confronti di quella supposizione, la cui sostanza non era altro che il principio di un inammissibile affronto, il quale, designava la giovane Serpeverde come il risultato di una semplice e popolana dinastia, come qualcuno a cui il Signore Oscuro avrebbe dato la caccia e non annesso ai suoi ranghi, una banale e noiosa ragazzina da cui gli altri avrebbero tratto le loro canzonatorie risate e non subito il disagio della sua presenza.
-“Quanto sei stupida..”- il tono sprezzante della sua voce diede un brusco arresto al prolungato momento di silenzio di cui si erano fatte seguito le parole di Brittany, sospingendo il cuore della giovane Tassorosso a sobbalzare, colto alla sprovvista dalla veemente irruenza del suo accento, così tagliente e velenoso da indurre il respiro della bambina dalle bionde trecce ad arrestare la relativa cadenza -“..credi che io sia la vittima di un sortilegio oscuro? Io?!”- una dolorosa contrazione indusse lo stomaco di Brittany a soccombere nella sua asfissiante morsa, conseguenza di quel rabbioso ed improvviso incremento della sua intonazione vocale, la cui furente esplosione condusse il corpo della giovane Tassorosso a sussultare, spaventato dal suo aggressivo impeto, il quale, ebbe il potere di increspare la sua pelle di terrorizzati brividi.
Senza nemmeno rendersene conto, il suo piede destro aveva indietreggiato, allontanando di una manciata di centimetri il suo viso dal feroce sguardo di Santana.  
-“Se dipendesse da me..”- un deciso passo in avanti mise da parte la esigua distanza con cui Brittany era tornata a respirare, mentre il pungente polpastrello della giovane Serpeverde indicava il petto della ragazzina dinnanzi a lei, schiacciando su di esso il peso della propria ira -“..tu e la tua insulsa famigliola babbana verreste rinchiusi ad Azkaban e marcireste lì per il resto della vostra patetica ed inutile vita”-
Un intenso fremito travolse la bocca dischiusa della giovane Tassorosso, trascinando le sue labbra in un convulso tremore, la cui incontrollata forza indusse le pareti della sua gola a vibrare, colte dalla prepotenza di un singhiozzo, intanto che un denso strato di rossore contornava il bianco delle sue pupille, ricoprendo il limpido azzurro delle sue iridi di una spessa patina di umidità, la quale, non ebbe la fermezza di rimanere racchiusa nei suoi umidi occhi.
Con il cuore lacerato da stridenti pulsazioni cardiache, il corpo afflitto da violenti spasmi e le guance bagnate da una lunga scia di corpose gocce salate, Brittany corse via, allontanando la sua figura dalla soffocante presenza di Santana ed il suo udito dal principio di un derisorio eco.
 

 
Ancora una volta, lo sguardo di Quinn diede alle sue verdi iridi il giusto tempo di soffermare la loro attenzione sul vasto cortile interno, alla ricerca di Brittany.
Infatti, la giovane Tassorosso non aveva occupato il suo solito posto, al fianco della sua amica, nelle due lezioni mattutine, suscitando in lei un moto di preoccupazione.
Di conseguenza, nel momento in cui la campanella era suonata, determinando la fine della tediosa spiegazione del Professor Schuster, la giovane Corvonero aveva abbandonato la sua consuetudine di intrattenersi oltre il regolare orario, mettendo da parte il suo istinto di domandare un possibile approfondimento sul tema trattato, in maniera tale da condurre i suoi passi in direzione della porta di uscita senza perdere attimi preziosi.
Le labbra di Quinn vennero sfiorate da uno sconsolato sospiro, dinnanzi ad una attenta ispezione a cui, tuttavia, non era stato concesso alcun risultato: Brittany non era nemmeno lì.
Il preludio di una tenue fitta travolse il cuore della ragazzina, sospingendo il suo collo a chinare in avanti il relativo capo, in un gesto di profondo avvilimento che diede al suo stomaco una ferrea morsa nella quale asfissiare, ed i suoi denti ad affondare nella soffice ed umida parete interna della sua guancia destra, mentre la consapevolezza della sua erronea condotta attribuiva al suo animo uno stato di acuto malessere.
Difatti, durante i due giorni appena trascorsi, la mente di Quinn era stata completamente assorbita da una sequela di confuse ed indistinte domande, la cui essenza aveva richiamato alla sua attenzione la maniera, attraverso la quale, Santana e la Professoressa del Monico fossero riuscite a celare la presenza del sangue.
Tuttavia, le innumerevoli congetture, a cui il sagace intelletto della piccola Corvonero aveva offerto il loro adito, erano risultate vane, racchiudendo il suo essere in una condizione di perenne sconforto ed insofferenza, a fronte della quale, la comune indole di Quinn, loquace e briosa, era stata indotta a svanire, lasciando spazio ad un inquieto ed adirato silenzio.
Di conseguenza, malgrado il suo corpo non avesse mai effettivamente abbandonato il fianco della sua amica, continuando a seguire la normale ruotine come se nulla fosse accaduto, la sua presenza era stata oscurata da una miriade di assillanti pensieri, ai quali, non era riuscita a porre alcun freno.
Così, il mondo intorno a lei era scomparso, compresa Brittany.
Di nuovo, il suo caldo fiato diede alla propria bocca un accenno del suo avvilito sospiro, intanto che le sue gambe riprendevano il loro cammino, indirizzando il proprio progredire verso i sotterranei, nel tentativo di incrociare la sua figura nei dintorni della relativa Sala Comune.
Una manciata di metri era stata oltrepassata dal suo solerte avanzare, quando, il suono di un vago e lontano fragore raggiunse il suo udito, obbligando il rapido procedere dei suoi passi ad arrestare la sua leggera corsetta.
La direzione del suo sguardo venne rivolta alla soglia del corridoio di fronte a lei, appena un poco a destra rispetto alla sua figura, da dove quello strano ed ambiguo rumore sembrava essere risuonato.
Per un lungo istante, le sue verdi iridi rimasero ancorate al desertico varco di entrata, in attesa che la fonte di quel confuso trambusto si manifestasse.
Eppure, nonostante il riverbero del misterioso tumulto continuasse a riecheggiare tra le pareti del corridoio, uno stato di totale vuoto caratterizzava il punto di accesso di quella corsia, inducendo le sopracciglia di Quinn ad aggrottare la sua fronte, in una espressione di smarrimento a cui, tuttavia, non venne elargito il giusto tempo per consolidare le sue peculiarità.
Infatti, una condizione di assoluto sbigottimento travolse i lineamenti del suo volto, portando le sue labbra a dischiudere la propria paura ed i suoi occhi a sgranare il loro terrore, dinnanzi ad una folla urlante di studenti, il cui agghiacciante grido risiedeva nelle mostruose creature che incombevano alle loro spalle: orridi orchi ed enormi ragni, oltre ad un gruppetto di spietati ghermidori.
Un senso di panico invase il suo corpo, provocando un violento irrigidimento dei suoi muscoli, i quali, costrinsero le sue gambe a sostare immobili in quel punto ancora un paio di secondi, bloccate da un preludio di pura angoscia a cui il veemente accelerare delle sue pulsazioni cardiache aveva oramai offerto il proprio credito.
In seguito, malgrado la sua mente fosse offuscata da un profondo sentore di vertigine, la cui violenta diffusione aveva indotto la sua pelle ad accumulare la freddezza di un fastidioso calore, le sinapsi del suo cervello trovarono la forza di risvegliare la statica pianta dei suoi piedi, in un solerte ridesto che spinse la sua figura a scattare in avanti.
A dispetto della verosimile considerazione, a cui il pensiero di Quinn stava destinando parte del suo interesse, una supposizione, la quale, individuava nel meccanismo della parete, attivato da Santana e la Professoressa del Monico, la principale causa del terrificante clamore nel quale la scuola era stata costretta a soccombere, in quel momento, il motivo che aveva portato la giovane Corvonero ad orientare la sua corsa in direzione dei sotterranei non era affatto legato alla necessità di fermare la sorgente del pericolo, ma al bisogno di rintracciare Brittany.
Tuttavia, il suo disperato ed urgente intento di raggiungere la zona inferiore del castello, in maniera tale da avere una possibilità maggiore di riuscire ad individuare la sua amica, era in netto contrasto con il desiderio impellente dei suoi compagni di abbandonare Hogwarts.
Pertanto, il rapido progredire dei suoi passi venne obbligato a rallentare la propria risoluta andatura, di fronte ad una urlante ed affannata moltitudine di alunni che correvano nel senso opposto alla sua destinazione.  
Di conseguenza, nel giro di pochi istanti, il suo guardo non ebbe più alcun parametro di riferimento sul quale basare la propria avanzata, totalmente oscurata dalla presenza di numerosi allievi, la cui notevole altezza impediva alle verdi iridi di Quinn di cogliere il punto esatto nel quale la sua direzione sarebbe dovuta cambiare.
Ciò nonostante, sebbene la sua corporatura risultasse alquanto minuta, il considerevole senso di angoscia che ghermiva il suo animo indusse la figura della giovane Corvonero ad irrobustire la sua struttura muscolare, in maniera tale da essere in grado di allontanare dal proprio cammino eventuali ostacoli.
Così, tra lievi spintoni ed involontarie gomitate, i piedi di Quinn si ritrovarono a sostare sulla cima di una rampa di scale.
Per un breve istante, la ragazzina rimase immobile, concedendo al suo instabile respiro la possibilità di assimilare un essenziale quantitativo di ossigeno, prima di riprendere il dinamico procedere della sua irrequieta corsa.
Una volta raggiunto il centro del corridoio sottostante, ricolmo di una massa informe di studenti che tentava disperatamente di lasciare alle proprie spalle la mortale minaccia, lo sguardo della piccola Corvonero venne attirato dalla famigliarità di un paio di volti, dinnanzi ai quali, una rapida deduzione di Quinn sospinse il suo corpo a procedere verso di loro, nella speranza di ricevere una risposta sul luogo in cui Brittany avrebbe potuto trovarsi.
-“Tina! Mike!”-
Malgrado, la persistenza di un dirompente strepitio di assordanti grida facesse risultare parecchio complicato un intento di comunicazione, i destinatari di quel richiamo non ebbero alcuna difficoltà ad udire il loro nome, volgendo il proprio interesse in direzione di quella voce.
-“Quinn!”- una netta riduzione del loro frenetico progredire concesse alle gambe della ragazzina la possibilità di raggiungere i suoi amici senza compiere un ulteriore sforzo.
Il palmo della sua mano sinistra venne appoggiato alla fredda superfice di pietra che sostava al suo fianco, mentre dalla sua bocca dischiusa il fragore del suo affanno risuonava nello spazio limitrofo, in un fugace attimo di tregua.
-“Avete..avete visto Brittany?”-
Un rapido sbattere coinvolse le palpebre di Tina, intanto che nella sua mente affioravano i ricordi della mattinata appena trascorsa, nel tentativo di individuare un momento in cui fosse emersa la figura della giovane Tassorosso.
-“Stamattina a..a colazione..”- rispose titubante, indirizzando le sue iridi verso il volto di Mike, alla ricerca di una conferma della sua fragile memoria.
Dinnanzi, alle parole della sua amica, la corrugata fronte del ragazzo venne indotta a distendere il suo stato di riflessione, in un preludio di assenso a cui il suo capo diede il conclusivo adito, annuendo alla supposizione di Tina.  
-“Si..stava parlando con Santana..”- aggiunse, spostando la sua attenzione sullo sguardo di Quinn.
Per un istante, una condizione di smarrimento condusse le sopracciglia della giovane Corvonero ad incurvare il proprio lineare tratto, disorientate dalla inconsueta informazione di cui il suo udito era stato fatto testimone.
Difatti, il suo intelletto non riusciva a rintracciare una valida ragione, in base alla quale, la sua amica avrebbe dovuto intrattenere una conversazione con lei, dato il considerevole distacco caratteriale, accompagnato da una ricorrente sensazione di inquietudine, il cui principio, indicava come rispettiva fonte la sola consapevolezza da parte di Brittany della sua presenza.  
-“Santana?”-
Il velo di profonda incertezza, a cui il volto di Quinn continuava ad attribuire la fisionomia della sua espressione, venne costretto ad accentuare il proprio stato di spaesamento, dinnanzi al lieve cenno del capo che ricevette come risposta dai due ragazzini.
Ancora una volta, la mente della giovane Corvonero diede forma alle possibili motivazioni, di fronte alle quali, il costante timore di Brittany, nei riguardi della ragazzina dei capelli corvini, avesse potuto subire una sorta di repressione.
Il complesso intreccio di congetture, a cui Quinn stava sottoponendo l’attività dei suoi neuroni, non diede al suo sguardo la possibilità di prestare attenzione alla sofferente occhiata che Tina rivolse al suo amico, risultato di una reminiscenza, il cui trapelare, indusse la bocca della giovane Corvonero ad abbandonare un pesante sospiro.
-“Lei..”- immediatamente, le verdi iridi di Quinn ritornarono a rivolgere il loro interesse alla bambina davanti a lei, sospinte dalla eventualità di acquisire ulteriori notizie -“..è scappata via..piangendo”-
Una intensa contrazione prese forma nello stomaco della giovane Corvonero, soffocando nella sua asfissiante morsa le viscere del suo ventre, dinnanzi alla dolorosa immagine di cui il suo sguardo venne colmato, uno scenario che il suo intervento avrebbe potuto evitare.
Se solo fosse stata lì..
Di nuovo, un senso di rammarico invase il suo animo, portando le sue pulsazioni cardiache a stridere, avvilite da un preludio di colpevolezza, di fronte al quale, il suo addolorato spirito concesse il proprio favore.
Tuttavia, il tempo di meditare sulla propria inadeguata condotta non era di certo attinente alla pericolosa circostanza nella quale si erano ritrovati a sottostare.
Difatti, nel momento in cui una sequela di isteriche grida giunse al loro udito, riportando alla relativa attenzione il frenetico trambusto del corridoio, dove un gigantesco ragno nero avanzava spedito, alla ricerca di una preda da assaporare, i muscoli delle loro gambe non tardarono ad assecondare la folle smania che lambiva il rapido progredire dei rispettivi compagni.
Di conseguenza, il mingherlino corpo di Quinn venne inghiottito dalla violenza di una incontrollabile orda di impauriti studenti, il cui disperato bisogno di salvezza rendeva il loro tentativo di fuga un irrefrenabile ed irruento procedere che non lasciava spazio alla sorte dei rispettivi coetanei.
Ciò nonostante, malgrado il movimento dei suoi passi non fosse condizionato dal suo volere, ma trovasse il relativo agire nella incalzante e spasmodica pressione portata avanti da una soffocante presenza alle sue spalle, la necessità di attenuare la sensazione di angoscia, da cui il suo animo era ancora oppresso, indusse la giovane Corvonero a concentrare tutta la sua forza nei muscoli delle proprie gambe, in maniera tale da frenare la sua brusca avanzata e rivolgere la propria direzione verso sinistra, dove una lunga gradinata attendeva il suo passaggio.
Così, a dispetto delle innumerevoli difficoltà a cui il suo corpo dovette fare fronte, in particolare a livello di equilibrio, la gracile figura di Quinn ebbe la determinazione di sfuggire da quella infernale moltitudine di indomabile veemenza, colta da un impeto di adirato fervore, dettato dallo scorgere di una inconfondibile chioma di capelli neri, il cui dinamico movimento rasentava la fine di quella medesima scalinata.
Riacquisito il controllo sulla propria volontà di azione, la giovane Corvonero, sospinse i suoi passi a discendere con solerzia i numerosi gradini che la separavano dalla schiena di Santana.
-“Lopez!”- il suo furente grido, carico di collera e rancore, la cui potenza diede allo spazio circostante il riverbero del suo eco, giunse alle orecchie della giovane Serpeverde, la quale, nonostante il suo ultimo intento non avesse come proposito una superflua discussione con la mezzosangue, decise di rallentare il suo risoluto procedere, concedendo alla Fabray il tempo di una risposta.
Difatti, il principio di una evidente supposizione aveva colmato la mente di Santana, nel momento in cui il perforante strillo della piccola Corvonero era sopraggiunto al suo udito, una ovvia deduzione che vedeva in lei la diretta responsabile di ciò che stava accadendo.
Tuttavia, non era affatto come sembrava.
 -“Stavolta io non c’entro”- la sua concisa affermazione, sinonimo di una replica ad una implicita domanda, venne elargita senza rivolgere alcuna attenzione al rispettivo destinatario, conseguenza di una impellente urgenza di cui Santana non poteva di certo ignorare la rilevanza.
Pertanto, malgrado la sua coscienza la spingesse a credere nella venuta di una probabile richiesta di spiegazione da parte della seccante mezzosangue, la ragazzina dai capelli corvini non diede al suo camminare alcun motivo di arresto, lasciando alle sue gambe il compito di guidarla verso la parete.
Eppure, sebbene la sua figura avesse continuato ad avanzare, anche se ad un ritmo inferiore, il suo regolare progredire venne costretto ad interrompere la relativa marcia, ostacolato dalla improvvisa comparsa della figura di Quinn davanti a lei.
Un rapido movimento coinvolse le braccia della giovane Serpeverde, le quali, non tardarono ad incrociare la loro irritazione dinnanzi al suo petto, mentre la pesantezza di un sospiro abbandonava la sua bocca dischiusa.
-“Fabray..ti ho dett-“- tuttavia, il suo principio di nervosismo, determinato dalla brusca cessazione del suo necessario procedere, non ebbe la possibilità di concludere la propria attuazione, troncato dalla furente condizione di ira in cui sostava la giovane Corvonero.
-“Non me ne frega un accidente di te o del tuo stupido piano!”-
Per un istante, i lineamenti del volto di Santana rimasero ancorati alla sua precedente espressione di sdegno, talmente colti alla sprovvista dalla sua inattesa irruenza da non essere stati in grado di elaborare in tempo la reazione al suo furibondo grido.
In seguito, una notevole elevazione indusse le sue sopracciglia a trovare terreno nei pochi centimetri di distanza che le separavano dal preludio dei suoi capelli, accostata ad una consistente espansione delle sue oscure iridi, sconcertate dalla durezza del suo tono di voce.  
Un lieve cenno di smarrimento prese forma tra le pieghe della sua fronte, risultato del vivido rossore a cui il volto della giovane Corvonero aveva ceduto la propria superfice, in particolare sulle guance, dove una intensa manifestazione di livida rabbia faceva risaltare la furia del suo sguardo.
-“Che diamine hai fatto a Brittany?!”-
Di colpo, la condizione di perplessità, di cui la fisionomia del suo viso stava assumendo le sembianze, dato il persistere di una inconsapevolezza nei riguardi del suo adirato comportamento, a fronte del fatto che la causa della situazione circostante pareva non suscitare in lei alcun interesse, venne a mancare, sostituita da un tenue accenno di distensione, dettato dalla presa di coscienza a cui la sua condotta faceva riferimento.
Le labbra di Santana non poterono fare a meno di incurvare la loro lineare forma, dando adito al suo consueto sorrisetto, la cui perfidia divenne ancora maggiore, di fronte al ricordo delle sue lacrime, conseguenza di un dolore di cui lei era la sola responsabile.
-“Bè..”- il caldo fiato di un annoiato sospiro venne rilasciato dalla sua bocca, ancora contratta nella sua crudele smorfia, intanto che un leggero restringimento delle sue spalle sottolineava il suo stato di totale indifferenza -“..le ho solo ricordato il suo posto in questo mondo”-
Un veemente scatto indusse la mascella di Quinn ad irrigidire i muscoli del suo volto, in un furioso digrignare di denti che diede alla rabbiosa espressione della giovane Corvonero una nota maggiore di follia, mentre le sue dita venivano accartocciate all’interno dei suoi palmi, offrendo alle proprie unghie un soffice terreno nel quale affondare.
Ancora una volta, una sensazione di soffocamento travolse le viscere del suo stomaco, accentuando la cadenza delle sue pulsazioni cardiache, in un preludio di rinnovata ira a cui il repentino aumento della sua temperatura corporea faceva da testimone, dinnanzi al pensiero della circostanza scaturita dalle sue parole, una situazione nella quale Brittany non aveva potuto fare altro che subire la sua perfidia, lasciando alla tagliente lingua di Santana il potere di umiliare il suo essere.
Malgrado, la violenta spirale di collera, in cui il suo animo era contrito, fosse talmente intensa da spingere la bocca di Quinn a desiderare di gridare in faccia alla giovane Serpeverde tutto il disprezzo che nutriva nei suoi confronti, di fronte alla beffarda e divertita espressione del suo viso, la cui brama di ricevere una indomita sfuriata emergeva dal fervido luccichio di attesa riflesso nelle sue oscure iridi, la giovane Corvonero impose alla sua condizione di incontrollato sdegno di rimanere ancorata al suo animo, in modo tale da lasciare spazio a ciò che, in quel momento, contava davvero.
Di conseguenza, lo stato di risoluta contrazione, in cui sostavano i muscoli del suo corpo, non venne protratto oltre, obbligato a sopportare un rapido processo di apparente rilassamento, attraverso il quale, il suo vigoroso e convulso respiro ebbe la possibilità di cedere al petto di Quinn un attimo di tregua.
In seguito, una volta accertato il declino della sua condizione di collera, la piccola Corvonero indusse il suo sguardo a soffermare la propria attenzione sulla sua tenebra, limitandosi a scuotere il capo.
-“Sei una persona spregevole. E non ho idea di come tu possa guardarti allo specchio”-
E così, senza attendere il preludio di una risposta a cui non avrebbe elargito alcuna considerazione,
la sua figura venne avanti, oltrepassando Santana e rivolgendo i suoi passi verso la Sala Comune dei Tassorosso, in una inattesa e silenziosa reazione che costrinse il corpo della giovane Serpeverde a restare immobile, lievemente turbato dalle sue parole.
Di nuovo, un impeto di angosciata frenesia avvolse le gambe di Quinn, sospingendo la cadenza del suo passo ad incrementare la relativa andatura, in una inquieta ed affannata corsa a cui, tuttavia, il fragore di un acuto grido costrinse ad un brusco arresto.
Per un breve istante, le piante dei piedi della giovane Corvonero non diedero adito ad alcun segno di movimento, rimanendo statiche al centro del corridoio, al contrario delle sue verdi iridi, le quali, cominciarono a vagare irrequiete tra lo spazio circostante, accompagnate dalla accortezza del suo udito, alla ricerca di un indizio sul luogo di provenienza di quel terrorizzato urlo.
Eppure, malgrado la zona dei sotterranei non fosse condizionata dal medesimo trambusto delle aree al livello superiore, dando così alle orecchie di Quinn la possibilità di distinguere le varie fonti sonore, il fatidico rumore non parve accogliere il favore della sagacia prontezza della sua percezione uditiva, inducendo la figura della piccola Corvonero a procedere in direzione di una indistinta meta.
Ciò nonostante, a seguito di un accidentale incrocio con la porta del bagno delle ragazze, situata ad una manciata di metri dalla Sala Comune dei Tassorosso, la solerte avanzata di Quinn venne indotta ad interrompere il proprio progredire, persuasa da un arcano sentore, il quale, esortava il suo corpo a rivolgere la rispettiva attenzione dentro a quella stanza.
Così, assecondando il preludio di una indeterminata necessità, la condizione di stabilizzazione della giovane Corvonero non venne prolungata oltre, portando il palmo della sua mano sinistra a posare la propria incertezza sul ruvido legno della porta di ingresso, mentre le sue dita sfioravano la sottile fessura della tasca destra della sua toga, lambendo il manico della propria bacchetta.
Il velo di timore, a cui le sfumature delle sue verdi iridi avevano concesso il loro riverbero, non diede adito ad un ulteriore istante, rimpiazzato da una densa patina di terrore.
Difatti, dinnanzi al suo atterrito sguardo, la massiccia e corpulenta figura di un ghermidore avanzava con inquietante lentezza, come un cacciatore desideroso di agguantare la sua preda, in direzione di Brittany, il cui tremante corpo, limitava le sue gambe ad indietreggiare, in un vano intento di fuggire dalla sete omicida dell’uomo.
Un violento sussulto travolse la figura della giovane Tassorosso, obbligando il suo irrequieto respiro ad accelerare la propria cadenza, nel momento in cui la sua schiena venne in contatto con la fredda superfice del muro alle sue spalle, in un improvviso impatto che sospinse la solerzia del suo battito cardiaco ad incrementare il relativo fervore.
Il calore di una solitaria lacrima discese lungo la sua guancia destra, rimarcando il leggero strato di umidità di cui le sue gote erano ancora intrise, a seguito del precedente pianto, di fronte al costante progredire di quel malvagio individuo, il cui bramoso sguardo non allontanava il proprio interesse dal volto spaventato della ragazzina, ansioso di assaporare ogni attimo in cui sarebbe stato stravolto dalla sofferenza.
-“Brittany!”-
Per un istante, il rapido fremere del cuore della giovane Tassorosso venne meno, bloccato dal suono di una famigliare voce, il cui inatteso giungere, indusse il suo animo a colmare la propria condizione di angoscia di una debole coltre di conforto, dettata dalla sua presenza.  
Le labbra di Brittany vennero dischiuse, lasciando andare un tremante sospiro, intanto che le sue arrossate iridi incrociavano il panico nello sguardo della sua amica.
Solamente, una manciata di secondi, concesse ai loro impauriti occhi la possibilità di soffermare il relativo sgomento sulle reciproche venature, prima che la bacchetta del ghermidore trovasse il suo bersaglio nella figura di Quinn.
Il preludio di un soffocante nodo prese forma nel centro della sua gola, costringendo la ragazzina a spalancare la propria bocca, alla ricerca di un barlume di essenziale ossigeno.
Tuttavia, dinnanzi al rapido movimento del polso, di cui il brutale cacciatore si era fatto testimone, segno ineluttabile del sorgere di un incantesimo, il fiato di Quinn venne a mancare, stroncato dalla consapevolezza di una imminente probabilità di morte.
Ciò nonostante, malgrado il tempo di reazione non fosse a favore della giovane Corvonero, data la sola frazione di secondo nella quale il suo corpo avrebbe potuto agire, le sue gambe non tardarono a scattare verso destra, nel momento in cui la bacchetta ebbe terminato la propria rotazione.
Le corde vocali della giovane Tassorosso vibrarono, scosse dal fremito di un angosciato grido, la cui origine risiedeva nella violenta ed improvvisa esplosione che aveva coinvolto la parete alle spalle della sua amica, una intensa deflagrazione, la cui portata, aveva indotto la solida superfice di pietra, caratteristica della struttura di Hogwarts, a sfaldare la sua robustezza, in una profonda spaccatura, a seguito della quale, la resistenza del muro era stata obbligata a cedere, abbandonando al suolo un cumulo di voluminosi macigni.
Un veemente spasmo travolse il ventre di Brittany, asfissiando il suo stomaco in una inquieta spirale di supplizio, intanto che il sofferente movimento del suo petto decantava un inevitabile incremento del relativo ritmo cardiaco, risultato del futile vagare del suo sguardo atterrito tra la densa coltre di polvere determinata dalla irruenta caduta di una sequela di rettangolari blocchi di pietra, nel vano intento di scorgere la sagoma di Quinn.
Per un breve attimo, il corpo della bambina dalle bionde trecce venne sopraffatto dal sentore di un tragico presagio, la cui natura concentrava la propria attenzione sulle cause della sua impossibilità di riuscire ad individuare la fisionomia della giovane Corvonero, riscontrando nel brusco e fulmineo precipitare di quei massi una verosimile risposta.
La parvenza di un tenue singulto avvolse la sua sterile trachea, dinnanzi al disperato bisogno di una apparizione di cui, tuttavia, non vi era alcuna traccia.
Eppure, mentre il suo animo sprofondava in uno stato di irrefrenabile sconforto, il lieve cenno di un respiro affannato raggiunse il suo udito, spingendo le azzurre iridi di Brittany ad indirizzare il loro interesse alla destra di quel mucchio di macerie, da dove il leggero suono era scaturito.
Di fronte, al lento elevare della figura di Quinn, il cui peso trovava il proprio appoggio nella trave di legno che fungeva da primo stipite ad uno dei modesti gabbiotti presenti all’interno del bagno, ogni fibra del suo essere venne invasa da una autentica sensazione di sollievo, un inaspettato sentore di conforto a cui il suo spirito concesse tutto il proprio favore.
Tuttavia, il tempo di assaporare la fortuita condizione di ritrovato benessere non venne protratto oltre il millesimo di secondo, immediatamente spezzato dalla circolare movenza della bacchetta del ghermidore, sinonimo di un ulteriore attacco.
Difatti, nonostante la percezione di un esiguo dolore trafiggesse i muscoli delle gambe della piccola Corvonero, conseguenza del precedente ed inatteso scatto, il suo affaticato corpo venne costretto a lanciare il relativo stato di debolezza in avanti, in maniera tale da sfuggire alla rapida sequela di improvvise esplosioni che avevano cominciato a prendere forma nel momento in cui il sortilegio era stato scagliato.
Così, con le braccia incurvate sopra alla testa, in un misero tentativo di proteggere il proprio capo dai numerosi pezzi di legno scaraventati in aria dalla potenza delle detonazioni, e la vista appannata dal corposo strato di fumo e pulviscolo rilasciato dal fervore dei vari scoppi, il progredire incerto di Quinn ebbe la forza di raggiungere la figura di Brittany.
Per un fugace istante, la cognizione temporale parve arrestare il suo procedere, mentre le verdi iridi della giovane Corvonero soffermavano la loro attenzione sullo sguardo terrorizzato della sua amica, riconoscendo nelle sue arrossate sfumature la sua medesima paura.
In seguito, il corpo di Quinn venne indotto a subire una solerete rotazione, in modo tale da rivolgere i suoi intimoriti occhi al malevolo volto del ghermidore, sul quale solcava il preludio di un divertito sorrisetto di attesa, in un disperato intento di fermare il suo proposito omicida.
Eppure, nemmeno il barlume di un singolo attimo ottenne il permesso di convenire alla mano destra della ragazzina la possibilità di agitare il relativo polso, in una rapida privazione della bacchetta, di fronte alla quale, le tremanti dita della giovane Tassorosso si strinsero attorno alla manica della sua toga, alla ricerca di un appiglio.
Le pareti della piccola stanza riecheggiavano di un distinto rumore di respiri troppo affannati, segno di una condizione di angoscia ed inquietudine che individuava nel continuo avanzare del cacciatore una notevole ragione di crescita, in particolare nei riguardi delle loro pulsazioni cardiache, il cui incremento della relativa andatura colmava le loro tempie del fragore dei rispettivi battiti, e nella patina di freddo sudore a cui la loro gelida pelle aveva dato accesso.
Un debole singhiozzo venne abbandonato dalla bocca dischiusa di Brittany, dinnanzi al famigliare e progressivo innalzare di quella infernale bacchetta, sintomo del principio di un ennesimo incanto, il cui esito non avrebbe dato loro alcuna occasione di salvezza.
Di conseguenza, intanto che il ghermidore apprestava la sua lingua a formulare un oscuro maleficio, le azzurre iridi della giovane Tassorosso rintracciarono nel buio delle sue palpebre una condizione di attesa migliore ed i suoi polpastrelli un soffice terreno nel quale affondare il proprio terrore, al contrario di Quinn, il cui sguardo sgranato e le braccia leggermente sollevate, in uno sterile desiderio di proteggere sé stessa e la vita della sua amica, testimoniavano la presenza di un coraggio, al quale, era necessaria una valida motivazione per essere portato alla luce.
-“Petrificus Totalus!”-
Per un breve attimo, il fiato della giovane Corvonero non ebbe la forza di cedere adito alla propria mansione, lasciando il centro della sua gola sprovvisto della giusta dose di ossigeno, spezzato dalla inaspettata venuta della sua voce, un tagliente e risoluto suono che costrinse il corpo del cacciatore ad indurire la rispettiva struttura muscolare, fino al momento in cui, completamente immobilizzato, la sua figura cadde al suolo.
Ancora una volta, la risonanza di una irregolare respirazione avvolse il modesto spazio circostante, tuttavia, a dispetto della precedente occasione, il rumore che trovava credito tra le rovine del bagno non limitava la propria origine al cospetto di due fonti, ma rimarcava la partecipazione di una terza.
Difatti, a seguito di una solerte constatazione dello stato di totale messa in fuorigioco di quel crudele individuo, le verdi iridi di Quinn non tardarono a rivolgere il relativo interesse in direzione di quella inattesa sorgente.
Una tenue contrazione indusse le sopracciglia della giovane Corvonero ad arcuare la loro lineare forma, indice di un lieve accenno di confusione, il cui preludio individuava nel suo intervento la causa primaria della sua condizione di incertezza, mentre la parvenza di una leggera morsa ghermiva il suo stomaco, effetto di un remoto barlume di collera da cui il suo animo non era riuscito a liberarsi.
Di conseguenza, malgrado un insolito calore stesse prendendo forma nel suo petto, come il principio di un sentore di gratitudine nei confronti della sua provvidenziale comparsa, i lineamenti del volto di Quinn limitarono la relativa espressione, dando adito solamente ad uno stato di perplessità.
Ad una manciata di metri da lei, la figura di Santana concedeva alla fisionomia del suo viso uno strato di assoluta apatia, un velo della sua consueta durezza, in modo tale da celare allo sguardo indagatore della mezzosangue il motivo della sua venuta, una ragione su cui nemmeno la giovane Serpeverde era in grado di elargire una concreta risposta.
Difatti, a discapito della lieve incrinatura che il suo ego era stato costretto a subire, in relazione alla sfacciata sentenza enunciata con disprezzo dalla Fabray, le sue gambe non avevano indirizzato il loro cammino verso i sotterranei, dove era certa incontrare la Professoressa del Monico, autentica fautrice del ritorno alla vita di tutte quelle creature, ma erano semplicemente tornate indietro.  
Il momento di stallo, dettato dal lungo persistere di un contatto visivo, di fronte al quale, nessuna delle due ragazzine sembrava intenzionata a cedere terreno, in una sorta di taciturna sfida in cui le verdi iridi di Quinn tentavano di imprimere nella mente di Santana la concezione che il suo gesto non avrebbe di certo messo da parte il suo deplorevole comportamento, al contrario, il tenebroso sguardo della giovane Serpeverde era concentrato in una abituale dimostrazione di indifferenza nei riguardi di tutto ciò che era accaduto, venne indotto a subire una improvvisa interruzione, dovuta ad un brusco accrescere della ferrea morsa in cui il braccio destro di Quinn era coinvolto, una risoluta presa, alla quale, le dita di Brittany convennero un istante di necessario aumento, determinato dalla visione di un paio di occhi neri, a seguito del dischiudere delle sue serrate palpebre.
Di nuovo, il silenzio divenne padrone di quel piccolo ambiente, lasciando alle loro diffidenti occhiate il compito di colmare il solito vuoto comunicativo.
Tuttavia, il favore del tempo non era affatto dalla loro parte, costringendo le oscure iridi di Santana ad indugiare sullo sguardo della mezzosangue ancora un altro giro di lancette, in maniera tale da persuadere i suoi passi ad assecondare la direzione del suo cammino, prima di dirigere il suo corpo al di fuori del bagno.
Per un breve attimo, la figura della giovane Corvonero rimase immobile, immersa in uno stato di profonda indecisione, in un dissimile bivio, a fronte del quale, la mente di Quinn avrebbe dovuto effettuare una scelta, prediligere il desiderio di allontanare la sua presenza dalla scuola, insieme a Brittany, alla ricerca di una possibilità di salvezza, oppure, orientare il suo interesse sulla strada dei sotterranei, oramai consapevole della situazione in cui sarebbe andata incontro.
Malgrado, le sue verdi iridi non avessero tralasciato la visione del tremante corpo della sua amica, conseguenza di una condizione di terrore a cui il relativo animo continuava ad essere soggiogato, il suo intelletto era a conoscenza del fatto che la legittima idea di scappare non avrebbe cambiato nulla, a meno di un effettivo intervento, la cui giovane Corvonero rifiutava di cedere alle ambigue mani di Santana.
Così, nonostante il germoglio della paura non facesse altro che fiorire nel suo ventre, alimentato dalla costante preoccupazione nei confronti di Brittany, le gambe di Quinn iniziarono ad avanzare, conducendo il suo corpo in direzione della parete.
 


Una volta svoltato il consueto angolo, il rapido progredire dei piedi di Santana venne obbligato ad arrestare la sua solerte andatura, risultato di uno scenario a cui il suo atterrito sguardo non era stato in grado di attribuire eventuali particolari.
Difatti, sebbene la sagacia della giovane Serpeverde avesse indotto il suo ragionamento a focalizzare la propria attenzione sulla fondata probabilità che il principio di quella imprevista invasione andasse riscontrato nella figura della Professoressa del Monico, la cui impulsiva azione era stata determinata da un crescente timore, indotto dal presumibile tarlo che la futile denuncia della mezzosangue aveva comunque insinuato nella mente del Preside, il suo acume non aveva soffermato il relativo interesse sulla reale circostanza nella quale si sarebbe potuta imbattere.
Pertanto, la tenebra delle sue iridi non aveva perso tempo a colmare le rispettive sfumature di un intenso sentore di sgomento, dinnanzi al conturbante profilo della docente di posizioni, il cui viso, sostava rivolto in direzione del soffitto di pietra, con le palpebre abbassate, mentre le sue braccia trovavano la loro posizione ai lati del suo busto, innalzate di quel tanto che bastava da sembrare alla disperata ricerca di un sostegno, e la sua lingua sbiascicava una sequela di incomprensibili parole.
Tuttavia, non era solamente la visione del suo stato di evidente possedimento a suscitare nel corpo di Santana una sensazione di inquietudine, ma soprattutto la conseguenza della silenziosa formula a cui la Professoressa stava cedendo il proprio fiato.
Le dita della giovane Serpeverde non poterono fare a meno di accentuare la loro presa attorno al manico della sua bacchetta, di fronte al gorgogliare della parete, un incontrollato ribollire di vivido sangue dal quale fuoriuscivano sfavillanti fiamme rosse che saettavano lungo il vasto corridoio del sotterraneo, intente a raggiungere il piano superiore.
Un tremante sospiro, proveniente dal fianco destro di Santana, indusse lo sguardo della ragazzina ad allontanare la sua attenzione dal centro della corsia, in maniera tale da orientare il suo interesse verso la fonte di quel debole suono.
Per una manciata di secondi, le sue incerte sfumature incrociarono le verdi iridi della mezzosangue, riscontrando nel loro intimorito riflesso la medesima condizione di paura che affliggeva il suo animo, nonostante un precario tentativo di nasconderla, mediante una fittizia risolutezza, al contrario della babbana, il cui violento ed instabile respiro, accompagnato da uno sguardo alquanto terrorizzato, davano una lampante riprova della sua angoscia.
Ciò nonostante, a discapito dello stato di turbamento a cui il loro corpo era assoggettato, il bisogno di porre un freno a quel devastante assedio risultava essere di vitale importanza.
Pertanto, a seguito di un necessario e profondo sospiro, la statica posizione di Santana concedette al suo passo il permesso di avanzare.
Eppure, nemmeno un paio di metri venne costretto a subire il passaggio delle sue scarpe, forzate ad interrompere il loro procedere, dal momento in cui, appena la sua figura era entrata in linea con la parte iniziale del muro, il veemente fremito del sangue non aveva fatto altro che incrementare la sua agitazione, incentivando la rapida uscita dei frammenti di sangue.
Di colpo, le palpebre della Professoressa del Monico furono indotte a sbarrare il loro sbigottimento, dinnanzi alla percezione di una irrefrenabile perdita di controllo del suo stesso sortilegio, a fronte della quale, la mano destra della donna diede inizio ad un solerte e convulso movimento, nel vano intento di riprendere il comando della situazione.
Infatti, nonostante la sua bocca stesse formulando una serie di incantesimi di arresto, nulla pareva affiorare dalla sua bacchetta, limitata nel suo potere dal travolgente vortice di sangue a cui le fulgide fiamme avevano dato vita, una impetuosa ed incontenibile spirale che si era avvolta attorno alla sua figura, cominciando a trascinare il suo corpo verso il muro.
Così, sotto lo sguardo inorridito e spaventato delle tre ragazzine, le corde vocali della Professoressa diedero adito ad un acuto ed intenso grido, mentre la parte inferiore della donna veniva inghiottita dalla parete di sangue.
Tuttavia, prima di essere risucchiata completamente, un lieve cenno del suo capo concesse alle sue iridi la possibilità di scorgere il viso sconvolto di Santana, arrecando al suo attonito sguardo un velo di ritrovata consapevolezza.
-“Allora sei tu”- il suo tenue mormorio non ebbe l’opportunità di aggiungere altro.
Per un lungo istante, il tempo parve assumere una dilatazione differente, come se stesse andando a rallentatore, inducendo così lo stato di confusione nella mente di Santana a rendere il suo udito ovattato.
Di conseguenza, nel momento in cui il solerte procedere di una dozzina di passi raggiunse il centro del corridoio, con il solo obbiettivo di estinguere la causa di quel letale assedio, le orecchie della giovane Serpeverde riuscirono ad avvertire soltanto un indistinto eco, offuscate dalla accozzaglia di domande a cui la sua testa stava dando credito.  

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Capitolo 12
*** Ritorno a casa ***


Ritorno a casa


Due mesi erano trascorsi da quando il Preside ed il corpo docente avevano messo la parola fine al sortilegio di cui la parete dei sotterranei era stata la primordiale fonte.
Due mesi, durante i quali, la condizione di smarrimento in cui era sprofondata la mente di Santana non aveva ottenuto alcuna delucidazione.
Difatti, nonostante il suo continuo interrogare il relativo intelletto sul significato della dichiarazione enunciata dalla Professoressa del Monico, la sua ostinata riflessione non era riuscita a raggiungere nemmeno una parvenza di chiarimento, lasciando al suo intento di spiegazioni solamente uno sterile ammasso di indefiniti dubbi, la cui origine, aveva trovato adito nella consapevolezza che la sua risoluta sentenza non poteva essere legata al tacito sapere della possibile duplice attivazione del meccanismo della parete, data la totale mancanza di considerazione da parte della stessa giovane Serpeverde.
Di conseguenza, la natura della sua affermazione doveva celare una conoscenza da cui Santana era stata esentata, malgrado la netta evidenza di un suo coinvolgimento.
Così, dinnanzi ad una situazione dalla quale non aveva potuto trarre altro che il persistere di uno stato di incessante turbamento, da cui il suo animo non era stato in grado di distaccare nemmeno un frammento della propria essenza, la consueta condotta della ragazzina si era ritrovava a fare i conti con un preludio di reticenza comunicativa, un incontrollato bisogno di solitudine a cui Santana aveva ceduto la maggior parte del suo tempo, sempre alla ricerca del vero senso di quella frase.
Pertanto, il suo solito atteggiamento, carico di arroganza, presunzione e sbeffeggio, venne meno, sostituito da una condizione di perenne mutismo, di fronte alla quale, il periodo di permanenza a cui Quinn e Brittany erano state abituate non ottenne la possibilità di protrarre la propria usuale ruotine, concedendo alle due ragazzine intere settimane di respiro.
Sebbene, il lieve mormorio pronunciato dalla Professoressa del Monico aveva riscontrato il proprio credito anche tra le orecchie della giovane Corvonero, suscitando in lei la necessità di conoscere il reale valore di quella inaspettata rivelazione, la mente di Quinn aveva deciso di ignorare il rispettivo bisogno di consapevolezza, concentrando il proprio pensiero sulla preparazione degli ultimi esami e sul come trascorrere il tempo libero insieme a Brittany.
Dal canto suo, la giovane Tassorosso, aveva finalmente potuto assaporare il piacere di camminare lungo i corridoi della scuola senza il famigliare e stridulo eco di irrisorie risatine e parole di scherno ad accompagnare ogni suo passo, permettendo così alla bambina dalle bionde trecce di esplorare aree del castello a cui, in precedenza, non era stata in grado di convenire nemmeno una solerte occhiata, impaurita dalle conseguenze di un probabile incontro, dal quale, il suo animo ne sarebbe uscito distrutto.
 

 
Ancora una volta, il fragore di un penetrante sibilo diede allo spazio circostante il preludio di un crescente stato di agitazione, determinato da una invariabile condizione di imminente partenza, dinnanzi alla quale, un notevole numero di studenti tentava di ritardare il suo compimento.
Ciò nonostante, il tenue scricchiolio delle rotaie, sintomo di una essenziale distensione del congegno meccanico, prima del suo definitivo avviamento, sospinse il risoluto progredire delle gambe di Quinn ad accelerare la relativa avanzata, in direzione del vagone adibito al trasporto degli animali.
Le dita della giovane Corvonero vennero strette attorno al manico della gabbia, dove il suo gufo era impegnato in una manicale pulizia del proprio piumaggio, mentre i muscoli del suo braccio destro si contraevano, in un lieve accenno di estensione che condusse la bianca voliera tra le solide mani di un giovane facchino, il quale, introdusse la maniglia della uccelliera in un apposito gancio da viaggio.
Per un breve istante, le verdi iridi di Quinn soffermarono la propria attenzione sul suo barbagianni, alla ricerca di una qualche avvisaglia di nervosismo, ma il piccolo Gandalf sembrava non mostrare alcun segno di tensione, limitando il suo agire ad una dedita ispezione delle sue marroncine piume.
Di conseguenza, rincuorata dalla sua condizione di presunto benessere, la giovane Corvonero, diede al suo sguardo il compito di rivolgere il proprio interesse verso il ragazzo, in maniera tale da porgere a lui, con un tenue cenno del capo ed un sincero sorriso di ringraziamento, gratitudine nei riguardi del suo operato.
In seguito, la concentrazione di Quinn venne indirizzata alla caotica frenesia in cui il fianco sinistro della locomotiva era avvolto, intenta a rintracciare la figura della sua amica.   
Le labbra della giovane Corvonero vennero accarezzate da un leggero sospiro di benessere, unito ad un sottile innalzare degli angoli della sua bocca, dinnanzi al minuto corpo di Brittany che trovava un caloroso saluto di congedo tra le imponenti e vigorose braccia della Signora Beiste.
Difatti, nel corso del periodo primaverile, la giovane Tassorosso aveva trascorso diverso tempo nella casetta di pietra della guardiacaccia, conversando con lei sulle specifiche caratteristiche delle varie categorie di animali rappresentate nel manuale del Bestiario, la cui conoscenza risultava essere comune, ed arricchendo il proprio sapere enciclopedico sulle creature del mondo magico.
Lentamente, le gambe di Quinn avvicinarono la loro posizione a quel lungo momento di commiato, in maniera tale da lasciare alla sua amica il giusto intervallo di tempo e spazio, attraverso il quale, riuscire a colmare i successivi tre mesi di distacco.
Una volta terminato il loro abbraccio, un ampio sorriso comparve sul volto della donna, associato ad una delicata carezza sul capo di Brittany, segno di un inevitabile sopraggiungere alla conclusione del loro prolungato arrivederci.
Di conseguenza, intanto che le dita della giovane Tassorosso lambivano lo zigomo della sua guancia destra, in modo tale da permettere ai suoi polpastrelli di allontanare dalla sua pelle il calore di una lacrima, il progredire dei passi di Quinn assunse una cadenza maggiore, così, nel momento in cui la direzione del corpo di Brittany diede alle sue spalle la relativa attenzione, alla ricerca della giovane Corvonero, le sue azzurre iridi non tardarono ad incrociare lo sguardo della sua amica.
A dispetto, del trattamento a cui Brittany era stata costretta a sottoporre il relativo animo, uno stato di perenne bullismo, di fronte al quale, la sua fragile risolutezza non era riuscita a porre alcun freno, il cuore della bambina dalle bionde trecce non poteva fare a meno di stridere, oramai consapevole del preludio di un ineluttabile distacco.
Pertanto, malgrado la sua bocca dischiusa avesse rilasciato la tristezza di un debole sospiro, il suo braccio destro diede adito alla richiesta di Quinn, conducendo le sue dita ad intrecciare il loro fato con quelle della giovane Corvonero.
Salite sul treno, le due ragazzine, percorsero solamente un breve tratto, prima di incrociare il giusto vagone, nel quale, ad attendere il loro arrivo, vi erano Mike e Tina, già equipaggiati di una buona dose di leccornie, decisamente necessarie per affrontare il lungo viaggio.
Così, mentre Quinn e Brittany chiacchieravano amabilmente, degustando il sapore di zuccherate caramelle e stucchevoli dolci, Santana, ad una distanza di venticinque carrozze, era immobile, con la fronte appoggiata al finestrino ed il vitreo sguardo rivolto al paesaggio esterno, racchiusa nella sua consueta solitudine, dove il silenzio veniva colmato solamente dai suoi pensieri, il cui principale mantra, verteva sulle conseguenze a cui il suo corpo avrebbe dovuto sottostare appena fatto ritorno a casa.  








 
Hey! Eccovi giunti alla fine di questa storia.
Spero che vi abbia intrattenuto.
Tendenzilamente, non scrivo alla fine dei capitoli perché penso che porti il lettore ad interrompere bruscamente il suo stato immersivo.
Tuttavia, mi sono ritrovata a farlo poiché non sono certa della buona risucita di questo racconto, non sono sicura che abbia suscitato in voi il desiderio di conoscerne il seguito.
Quindi mi domandavo se dovessi mandare avanti il progetto, oppure interromperlo. 
Mi farebbe piacere sentire un vostro parere.
Grazie :)

Huffelglee2599



 

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