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Lista capitoli: Capitolo 1: *** Cap. 1: To the sky and back *** Capitolo 2: *** Cap. 2: The sorrow path *** Capitolo 3: *** Cap. 3: Silence between the words *** Capitolo 4: *** Cap. 4: The promise *** Capitolo 5: *** Cap. 5: Reborn *** Capitolo 6: *** Cap. 6: Animus *** Capitolo 7: *** Cap. 7: Don't pray for me *** Capitolo 8: *** Cap. 8: Never say never *** Capitolo 9: *** Cap. 9: Jezebel *** Capitolo 10: *** Cap. 10: Army of Dreamers *** Capitolo 11: *** Cap. 11: Cherish my memory *** Capitolo 12: *** Cap. 12: Save a prayer *** Capitolo 13: *** Cap. 13: Angels in disguise *** Capitolo 14: *** Cap. 14: These are the words *** Capitolo 15: *** Cap. 15: Embrace the night *** Capitolo 16: *** Cap. 16 e ultimo: I'll reach you ***
Memories to save my heart
All my fears should fall apart
Departure's approaching
The metals rotate
Commanders are coaching
They're closing the gate
When the engines start again
Rivers flow and flowers grow
On my own when winds attack
Riding to the sky, to the sky and back.
(“To the sky and back” – Moonsun)
La Sala Grande di
Kattegat era piena di gente ed era addobbata come ai vecchi tempi, quando
Ragnar Lothbrok tornava dalle sue avventure e festeggiava con i suoi amici e la
famiglia. Al tavolo d’onore, però, sedevano i nuovi sovrani, Bjorn e Gunnhild,
e accanto a loro Lagertha, tornata dal suo villaggio per l’occasione. C’era
anche Ingrid, che rimaneva comunque la vedova del Re dei Norreni, poi Ivar, Aethelred,
Hvitserk e Helgi. Bjorn aveva chiesto anche a Erik di sedere al tavolo d’onore
con loro, in fondo era il suo primo consigliere ed aveva riacquistato la sua
mansione subito dopo aver ritrovato la vista, ma l’uomo aveva ringraziato
spiegando che preferiva starsene ad uno dei grandi tavoli insieme ai guerrieri
tornati sani e salvi dal Wessex. Helgi, sempre pronto a trovare il buono in
tutti, aveva commentato che era stato un gesto generoso, che probabilmente
sapeva che Tiago non avrebbe potuto sedere al tavolo dei sovrani e che, quindi,
preferiva stare con lui… più avanti si sarebbe visto quanto Helgi, con il suo
buon cuore, continuasse ad avere anche una preoccupante tendenza a idealizzare
le persone e le situazioni.
Bjorn prese la parola
e nella Sala Grande si fece silenzio.
“Siamo qui riuniti
questa sera per due ragioni” annunciò. “La prima è onorare e ricordare i nostri
caduti, i guerrieri e le shieldmaiden che
sono morti durante le battaglie in Wessex. Primo tra tutti il Re dei Norreni,
Harald Finehair, che ha dimostrato un coraggio ammirevole nell’affrontare la
morte, come ci hanno raccontato coloro che lo hanno visto cadere.”
Bjorn si voltò verso
Ivar, invitandolo a raccontare quello che aveva visto.
“Io e Harald non
siamo mai andati molto d’accordo e ammetto che non ero contento di averlo come
Re dei Norreni” disse Ivar, “ma ho visto in che modo è morto e posso dire che,
se mai qualcuno può averlo messo in dubbio, Re Harald era un vero Vichingo. È
stato assalito a tradimento da quel Vescovo sassone, ma, sebbene ferito a
morte, è riuscito a rialzarsi in piedi e a sgozzarlo. Sono certo che Odino e
Thor sono stati orgogliosi di accoglierlo nel Valhalla!”
“E allora brindiamo a
Re Harald e a tutti i nostri compagni perduti che adesso stanno banchettando
con tutti gli dèi nel Valhalla!” esclamò Bjorn, alzando il suo boccale. “Skål!”
“Skål!” brindarono tutti i
commensali, ricordando Harald e tutti coloro che erano morti in Wessex.
Aethelred alzò il boccale
come tutti gli altri, ma non bevve e non partecipò alla celebrazione generale
che, a suo parere, festeggiava in modo sbagliato coloro che erano morti da
eroi. Per lui la morte di Harald e di tanti altri Vichinghi (e Sassoni) durante
quell’assurda guerra in Wessex non era affatto qualcosa di glorioso da
celebrare, bensì una perdita, un dolore che, in realtà, sarebbe stato molto
meglio non aver subìto.
“La seconda ragione
per cui ci troviamo qui a festeggiare questa sera è perché, nonostante le gravi
perdite, abbiamo raggiunto un obiettivo molto importante, la creazione di un
Regno Norreno in Inghilterra che sarà chiamato Danelaw” riprese Bjorn tra le acclamazioni
e le grida di gioia dei commensali. “Questo Regno rappresenta un nuovo inizio
per i Norreni: la nostra espansione non avverrà più tramite razzie e violenze,
ma attuando politiche commerciali, di scambio e collaborazione con gli altri
popoli.”
Gunnhild, al fianco
del marito, sorrise compiaciuta e annuì.
“Dobbiamo quindi
festeggiare i nostri guerrieri e condottieri che hanno conseguito risultati
così importanti e storici per Kattegat e per tutti i Norreni” intervenne
Lagertha, sollevando il boccale e guardando con orgoglio i giovani che sedevano
al tavolo del Re. “Brindiamo ai nostri vincitori: Aethelred, che ha ottenuto
con diplomazia dal fratello queste terre, e il valore di Ivar e Hvitserk. Skål!”
“Skål! Evviva i nostri eroi!”
“Ai nostri vincitori!”
Grida ed esclamazioni di giubilo
riecheggiarono per tutta la Sala Grande, i Vichinghi brindarono e bevvero e
festeggiarono ancora di più quando i servitori iniziarono a portare i piatti ai
vari tavoli. Il banchetto ebbe inizio, tutti mangiavano, bevevano, scherzavano
tra loro e annaffiavano di entusiasmo la festa con continui brindisi.
Bjorn, Gunnhild e gli altri seduti
al tavolo reale iniziarono a mangiare, soddisfatti, e mentre banchettavano
parlavano tra loro di ciò che era accaduto in Wessex e di quello che avrebbe
significato per Kattegat.
“Il Re dei Norreni è morto, quindi
immagino che saranno indette nuove elezioni per sceglierne un altro” disse
Gunnhild. “Dovresti essere tu, Bjorn, avresti dovuto essere eletto già la prima
volta, Harald vinse perché comprò i voti.”
“Parteciperò alle elezioni, se i
Norreni lo vorranno. Credo che i soli candidati saremo io e Ingrid, che è
comunque la vedova di Harald” replicò Bjorn. “Chissà, magari i Norreni vorranno
una Regina invece di un Re. Questa volta non ci dovranno essere imbrogli e
accordi sottobanco, i Norreni dovranno scegliere liberamente.”
Ingrid sorrise, grata. Non era così
scontato che Bjorn accettasse di essere candidato insieme a lei e, sebbene la
donna sapesse che i Norreni non avrebbero mai votato per lei che non
conoscevano e che Bjorn aveva già la corona
in tasca, per così dire, tuttavia apprezzò la correttezza dell’uomo che,
solitamente, dimostrava la sensibilità di un pachiderma. Si vede che stare con
Gunnhild gli aveva davvero giovato sotto ogni punto di vista!
“E chi sarà a regnare nel Danelaw?”
domandò Ivar. “Dovremo aspettare l’elezione del Re dei Norreni per saperlo?”
“Penso che il Regno Norreno del
Danelaw dovrebbe avere un sovrano il prima possibile, per questo volevo
consultarmi con voi questa sera” rispose Bjorn. “Se sarò io il Re dei Norreni,
anche il Re del Danelaw sarà confermato, altrimenti il nuovo sovrano potrà
sempre sceglierne un altro, se lo riterrà opportuno.”
“Ah, ecco una bella sorpresa!”
commentò Ivar, provocatorio. “E tu chi avresti scelto, Bjorn?”
“Ritengo che il Re del Danelaw
dovrebbe essere Hvitserk” dichiarò il Vichingo.
Per un istante calò un silenzio
colmo di sorpresa al tavolo reale. E il più allibito di tutti era proprio
Hvitserk!
“Io? Ma… non so, non credo di
meritarmi un simile privilegio e non so neanche se sarei in grado di governare
quelle terre” obiettò. “Ci hai pensato bene?”
Hvitserk si sentiva turbato: in
tutta la sua vita era sempre stato il
fratello di mezzo, si era limitato a seguire gli altri senza mai prendere
iniziative personali, sapeva di essere abile e valoroso in battaglia, ma non
aveva mai pensato a se stesso come ad un Re. E poi, da qualche parte dentro di
sé, si sentiva ancora in colpa per ciò che aveva commesso nei primi mesi dopo
la riconquista di Kattegat, quando non era stato capace di prendersi le sue
responsabilità, non aveva aiutato Bjorn e Ubbe nel governo della città e, anzi,
si era abbandonato all’alcool, alla dipendenza dai funghi e alle allucinazioni.
Com’era possibile che adesso Bjorn riponesse una tale fiducia in lui?
“Hai commesso molti errori in
passato, Hvitserk, non lo nego e di certo non l’ho dimenticato” ribatté Bjorn,
“tuttavia chi di noi può dire di non aver mai sbagliato? Io stesso sono incorso
in molti sbagli durante tutta la mia vita e anche come Re di Kattegat, ma sono
riuscito a superarli grazie all’aiuto delle persone più importanti per me che
mi hanno guidato per la giusta strada. Sono sicuro che per te sarà lo stesso.”
Il Re disse queste parole
stringendo affettuosamente la mano di Gunnhild, dimostrando che era stato
soprattutto per merito suo se adesso si avviava a diventare un vero sovrano,
saggio e giusto, e non più solo Bjorn La Corazza, il grande e invincibile
condottiero.
“Quello che è accaduto in questi
difficili mesi ti ha cambiato, Hvitserk, ti ha reso più forte, maturo e
responsabile e penso che potresti essere la persona più adatta per regnare sul
Danelaw” riprese Bjorn. “Anche nella spedizione in Wessex hai dimostrato
coraggio e un grande cuore e, comunque, avrai sempre Helgi accanto e io non
potrei nominare un consigliere migliore.”
Quella era davvero una serata piena
di colpi di scena, Bjorn non aveva mai detto tante parole belle e incoraggianti
al suo prossimo!
“Io ho combattuto valorosamente,
questo è vero, ma è soltanto questo che so fare” disse Hvitserk, ancora
imbarazzato e turbato. “Sono un guerriero, non un governante.”
“Era quello che pensavo anch’io di
me stesso quando sono diventato Re di Kattegat” replicò semplicemente Bjorn.
“Ma io… Bjorn, credimi, ti sono
molto grato per quello che stai dicendo di me e per l’onore che vuoi farmi, ma
ti assicuro che non sono io il sovrano migliore per il Danelaw. Ivar… ecco, voi
non sapete cosa ha fatto Ivar durante la nostra ultima battaglia contro i
Sassoni. Quando ha visto che Harald era stato ucciso, Ivar si è gettato nella
mischia, ha cercato di attirare i soldati di Alfred per dare a me, a Helgi e a
Aethelred la possibilità di metterci in salvo. Lui era disposto a morire per
noi e per i nostri uomini e credo che… credo che sia proprio questo che
dovrebbe fare un vero Re.”
“Oh, ma io non ho nessuna
intenzione di tornare in Wessex e tanto meno di diventare Re” dichiarò subito
Ivar. “Sono stato Re di Kattegat e non mi è piaciuto, non è quella la mia
strada. Volevo salvarti proprio perché pensavo che tu avresti potuto fare
grandi cose, Hvitserk, e lo penso ancora. Mi secca dirlo, ma anche stavolta
credo proprio che Bjorn abbia ragione.”
Bjorn e Gunnhild si scambiarono uno
sguardo, soddisfatti. Erano felici di vedere i due giovani Vichinghi che, una
volta tanto, si mostravano disposti a pensare all’altro prima che a se stessi,
erano davvero cresciuti e maturati entrambi.
“E a me secca ammetterlo, ma devo
dire che Ivar è stato veramente un eroe sul campo di battaglia” replicò Bjorn.
“Per anni l’ho considerato un abile stratega, ma anche un egocentrico e un
ingannatore. Nella battaglia finale del Wessex, al contrario, ha dimostrato un
grande valore. Tuttavia continuo a pensare che, come Re del Danelaw, tu sia
molto più adatto, Hvitserk, soprattutto con Helgi al tuo fianco. Non sarà
semplice governare un Regno Norreno in una terra straniera e non basteranno
coraggio e astuzia, ci vorranno doti di pazienza e diplomazia che, purtroppo,
Ivar non possiede.”
“E perché purtroppo? A me non importa un bel niente di essere paziente e diplomatico!”
commentò Ivar, con la consueta faccia tosta.
Bjorn ridacchiò,
mentre fu Gunnhild a intervenire.
“Anch’io sono
convinta che Hvitserk sarebbe un perfetto sovrano per questo nuovo Regno
Norreno” disse. “Tu che cosa ne pensi, Aethelred? In fondo quello è il tuo
Paese. Ritieni che Hvitserk potrebbe essere un buon Re e collaborare in modo
proficuo con tuo fratello Alfred?”
Aethelred trasalì
rendendosi conto che si stavano rivolgendo proprio a lui. Non aveva partecipato
ad alcun festeggiamento, non aveva bevuto con gli altri e aveva mangiato solo qualche
boccone del cibo che aveva nel piatto, limitandosi perlopiù a giocherellarci
per non dover guardare negli occhi i suoi commensali o ascoltare le loro
conversazioni. In quel momento, tuttavia, non poteva più esimersi dal
rispondere ad una domanda diretta.
“Credo che Hvitserk
sarà un ottimo Re per il Danelaw e che saprà cooperare con Alfred. Mio fratello
si fida di lui e Hvitserk era presente anche agli accordi di pace di due anni
fa, inoltre ha già amici e persone care tra i coloni” rispose, senza però
alzare gli occhi dal piatto e con voce atona. “E sicuramente la presenza di
Helgi accanto a lui sarà un valido aiuto e sostegno.”
“Beh, ti ringrazio,
Aethelred” disse Hvitserk, sorpreso dallo scarso entusiasmo dimostrato dall’amico.
Era strano, proprio lui sarebbe dovuto essere felice alla prospettiva di creare
un Regno Norreno pacifico e collaborativo. “Comunque sarà meglio aspettare
ancora qualche giorno prima di dare la notizia, così avrò modo di rifletterci…
e magari Bjorn di ripensarci!”
“Non cambierò idea,
Hvitserk” ribadì Bjorn. “Tuttavia non intendo dare la notizia questa sera, ne
riparleremo insieme domattina.”
Se Hvitserk e Bjorn
erano soprattutto interessati all’argomento riguardante il nuovo Re del
Danelaw, Helgi, Gunnhild e Lagertha si erano invece accorti dello strano
comportamento di Aethelred e iniziavano a preoccuparsi.
“Aethelred, ti senti
bene?” gli domandò Lagertha. “Non hai mangiato quasi niente.”
“Hai l’aria stanca”
disse Gunnhild.
“Sto bene, vi
ringrazio ma non dovete preoccuparvi per me, sono solo… ecco, sono molto stanco”
replicò il giovane Sassone. “Gli ultimi giorni in Wessex sono stati duri, poi c’è
stato il viaggio e ora credo di avere soprattutto bisogno di riposare. Se
volete scusarmi, vorrei ritirarmi nella mia stanza.”
“Ma come? La festa è
appena cominciata” si stupì Ivar.
“Lo so. Tu rimani
pure, se vuoi, ma io sono veramente sfinito e desidero soltanto dormire” disse
Aethelred, respingendo il piatto e alzandosi da tavola. “Vi chiedo di
perdonarmi.”
“Non c’è problema,
vai pure a riposare se ti senti così stanco” ribatté Bjorn. “Ci saranno molte
altre feste e banchetti nei prossimi giorni e spero di rivederti in forze già
domattina.”
Aethelred ringraziò
Bjorn e Gunnhild, diede la buonanotte a tutti e si congedò.
“Aspettami, vengo con
te” lo richiamò Ivar, appoggiandosi alla stampella per alzarsi. “Bjorn ha
ragione, avremo altri momenti per festeggiare e, se tu non te la senti, nemmeno
io voglio restare qui senza di te.”
Il giovane Vichingo
passò un braccio attorno alle spalle del compagno e, appoggiandosi a lui e alla
stampella, si diresse verso la stanza che condividevano.
“Ivar è davvero
cambiato in meglio, anche se mi farei squartare piuttosto che dirglielo in
faccia” commentò Bjorn, sogghignando. “Non l’avrei creduto capace di rinunciare
a una serata di banchetti e bevute per accontentare qualcuno: Aethelred è
davvero speciale per lui!”
Gunnhild e Lagertha
sorrisero, contente di vedere quanto fosse profondo il legame tra i due ragazzi
e fino a che punto avesse fatto crescere quell’impunito di Ivar. Helgi, invece,
rimase perplesso. Aethelred si era comportato in modo strano non solo quella
sera e, soprattutto, lui aveva notato nei suoi occhi un’espressione che
conosceva fin troppo bene… l’espressione che aveva avuto lui per tanto tempo,
dopo la morte della moglie incinta e, soprattutto, dopo il traumatico
assassinio di tutta la sua famiglia per mano di Kjetill. Ma perché Aethelred
stava soffrendo così? Non aveva subìto una vera perdita, era forse possibile
che la paura di perdere Ivar lo avesse straziato tanto?
Mentre la festa
riprendeva senza Ivar e Aethelred, Helgi si ripromise di parlare in privato con
il Principe Sassone e scoprire che cos’era a tormentarlo così. Purtroppo aveva
sperimentato dolori e traumi e sapeva bene quanto fosse difficile uscirne. Se
Aethelred aveva bisogno di lui, lui ci sarebbe stato.
Taking a
breath in the morning
Thinking about what to say
When you’ll be back from your fight
And be back home
Confidence
slept while I was there
Between illusion and dream
As I found a way back
Hope was still there with me
But I lost it through the fall
Fate wields its knife to cut the thread…
(“The sorrow path” – Nocturna)
C’era anche un’altra persona che, quella
sera, non aveva potuto godersi i festeggiamenti nella Sala Grande: Tiago, il
giovane spagnolo. All’inizio aveva pensato che Erik avesse scelto di
banchettare in mezzo ai guerrieri e alle shieldmaiden
invece che al tavolo reale per poterlo avere vicino ma, ben presto, si era
dovuto rendere conto che le cose non stavano affatto così. Erik lo aveva
ignorato completamente e si era diretto verso una lunga tavola, poi si era
seduto sulla panca accanto ad una shieldmaiden
dai lunghi capelli castani e l’aveva abbracciata e baciata in mezzo agli
applausi e alle grida degli altri Norreni.
Tiago era rimasto di sasso e si era sentito
una lama gelida conficcata nel cuore, poi si era ricordato che Erik aveva
conosciuto quella giovane guerriera tre giorni prima, quando le navi norrene di
ritorno dal Wessex erano giunte al porto di Kattegat. Erik si trovava al porto,
aveva salutato Ivar, Hvitserk e gli altri, aveva chiesto notizie di Harald e
dei guerrieri caduti e poi aveva attaccato discorso con la ragazza, che era
sembrata subito molto interessata a lui. Il ragazzo rammentò anche che la shieldmaiden si chiamava Grethe e che,
dopo quel primo incontro, lei e Erik erano stati inseparabili: non c’era da
stupirsi, dunque, che anche quella sera volessero festeggiare insieme.
Ecco, il momento è arrivato, pensò Tiago tra sé. Soffriva molto, ma allo stesso tempo
comprendeva che quello che stava accadendo era ciò che si era sempre aspettato.
Sapevo bene che Erik, una volta riavuta
la vista, non avrebbe più avuto bisogno di me e che avrebbe trovato una persona
con cui stare. Finora si era accontentato di serve e contadine, ma questa è una
guerriera, una sua pari e… credo che con lei vorrà fare sul serio.
Tuttavia, prima di arrendersi, voleva essere
sicuro che quella non fosse la solita storia di una notte, come Erik era solito
fare. Si avvicinò timidamente alla tavolata e si rivolse all’uomo.
“Erik… posso sedermi anch’io qui con voi a
festeggiare?” domandò.
Erik lo squadrò da capo a piedi come se non
lo avesse mai visto prima, poi strinse più forte a sé Grethe, sghignazzò e
parlò a voce alta, rivolgendosi a tutti i Vichinghi che potevano sentirlo.
“Ma guardate, questo ragazzino crede di poter
approfittare della serata di festa per guadagnarsi qualche privilegio. Che
impudente!” esclamò. “Chi ti credi di essere? Sei solo uno schiavo e anche
straniero, per giunta. Non hai alcun diritto di sederti con i veri Vichinghi. Perché piuttosto non vai
nelle cucine e ci porti un bel piatto di arrosto, invece di startene in ozio?”
Gli altri Norreni risero sguaiatamente e
anche Grethe rise di Tiago, ma nel loro caso non c’è da giudicarli: loro si
trovavano in Wessex a combattere i Sassoni quando il giovane spagnolo aveva
salvato prima la vista e poi la vita a Erik, quindi non potevano sapere niente
del legame che c’era stato tra loro. Per loro Tiago era un servitore qualunque
e Erik aveva tutto il diritto di dargli degli ordini…
“Non puoi chiamarmi schiavo” insisté il ragazzo. “Sai bene che Re Bjorn ha abolito la
schiavitù in tutta Kattegat.”
“Oh, e va bene, se ci tieni tanto” sbuffò
l’uomo. “Va bene, non sei uno schiavo, sei comunque un servitore e, come tale,
devi renderti utile portandoci da bere e da mangiare. Cosa aspetti? Voi servi
mangerete dopo, in cucina.”
“Come desideri, signor Erik” replicò allora Tiago. Si allontanò dalla tavolata tra
le risate di scherno dei guerrieri e finse di dirigersi verso la cucina, ma non
si sarebbe certo messo a servire Erik e i suoi nuovi amici. Non era il suo
schiavo, non era il suo servitore, adesso era chiaro che non era più niente per lui… ma non era neanche un
servo qualsiasi, lui era un guaritore, sapeva usare le erbe e l’energia della
natura e, se Erik non aveva più bisogno di lui, sapeva che molte persone,
invece, avrebbero avuto bisogno del suo aiuto. Invece che nelle cucine, si
diresse verso la stanza che fino a poche notti prima aveva diviso con Erik. Un
dolore sordo gli pulsava nel cuore e in tutta l’anima e lacrime bollenti gli
solcavano il viso, ma cercava di farsi forza ripetendosi che non doveva
stupirsi, che sapeva che quel momento doveva arrivare, prima o poi, e che
poteva comunque fare qualcosa di importante nella sua vita, anche senza Erik.
Prese dalla stanza le erbe e i medicamenti che vi teneva e i pochi vestiti che
possedeva, mise tutto in un piccolo involto e poi uscì dal palazzo usando una
porticina laterale. Sapeva già dove andare, aveva adocchiato quella casupola
già da tempo, immaginando che prima o poi gli sarebbe servita: era la casetta
in cui Aethelred aveva tenuto segregato Hvitserk per disintossicarlo, ormai
quasi un anno prima, e dove Helgi aveva vissuto nei suoi primi mesi a Kattegat.
Ora non la usava più nessuno e Tiago aveva deciso che quella sarebbe diventata
la sua casa e anche la sua bottega, dove la gente sarebbe potuta venire
liberamente a farsi curare da ferite e malattie.
Il giovane spagnolo iniziò a sistemare la
piccola casa, a spazzare per terra, a pulire i tavoli e il cassettone per
poterci poi sistemare le sue erbe, i medicamenti, le ciotole e i pestelli per
preparare decotti e tisane. Lavorare fisicamente e concentrarsi per organizzare
gli spazi della sua nuova abitazione lenivano il dolore che lacerava il suo
cuore: Tiago si era sempre in un certo qual modo preparato ad un futuro senza
Erik ma, ora che il momento era giunto, non poteva impedirsi di soffrirne e
sentirsi morire dentro. Sperava solo che il tempo e la cura delle persone che
avrebbero avuto bisogno di lui potessero servire da balsamo per le ferite che adesso
bruciavano nel suo animo.
Il ragazzo si dedicò anche alla piccola
stanzetta attigua nella quale avrebbe dormito, la ripulì ben bene, rifece il
letto con coperte e pellicce che si era portato via dalla stanza che aveva
condiviso con Erik e alla fine, stanchissimo, si gettò sul giaciglio appena
fatto, riuscendo ad addormentarsi grazie alla stanchezza fisica dopo qualche
minuto e qualche altra lacrima…
Quella notte, tuttavia, non fu drammatica
soltanto per Tiago. Aethelred, infatti, si svegliò nel cuore della notte con un
grido disperato, tremando e piangendo e per poco non fece venire un colpo a
Ivar. Non appena capì cosa stava accadendo, il giovane Vichingo prese tra le
braccia il suo compagno, lo strinse al petto, gli accarezzò il viso e i capelli
e gli parlò dolcemente e pacatamente per tranquillizzarlo.
“Va tutto bene, Aethelred, sono qui insieme a
te, non ti lascio solo” mormorò baciandolo sulla fronte e sui capelli. “Che ti
succede? Ti senti male o hai avuto un incubo? Non preoccuparti, io sono qui.”
Il calore del corpo di Ivar, la forza del suo
abbraccio e la tenerezza delle sue parole riportarono Aethelred alla realtà,
strappandolo alle immagini orribili del sogno che lo aveva straziato.
“Ho sognato… ho sognato la battaglia contro i
Sassoni” singhiozzò. “Tu ti gettavi nella mischia e attiravi i soldati, ma io…
io non… io non arrivavo in tempo per salvarti!”
La disperazione nella voce del Principe era
evidente, tuttavia Ivar non riusciva a comprendere perché Aethelred continuasse
a pensare a quei momenti, a sognarli quasi tutte le notti, a torturarsi il
cuore con quei ricordi. Era andato tutto bene, no? Adesso erano a Kattegat,
insieme, e i Norreni avevano anche ottenuto un Regno in terra inglese di cui
Hvitserk sarebbe diventato Re. La battaglia era passata, non era proprio il
caso di starci a pensare tanto, visto che probabilmente ne avrebbero avute
altre da affrontare di lì a poco.
“Aethelred, mi dispiace che quello che ho
fatto quel giorno ti abbia sconvolto tanto, ma non dovresti pensarci più,
adesso è tutto passato” gli disse Ivar, cercando di rassicurarlo. “Vedi cosa
succede poi? A furia di ripensarci hai degli incubi in cui non riesci a
salvarmi, ma tutto questo dolore non serve a niente. È passato tutto, io sono
qui, sto bene.”
“C’è mancato tanto così, tantocosì, Ivar,
possibile che non te ne renda conto?” protestò Aethelred. “Se solo fossi
arrivato un attimo più tardi, se solo un soldato mi avesse fermato, se solo…”
“Se, se, se… ma ti ascolti, Aethelred? Stai
rimuginando su qualcosa che, per fortuna, non è accaduto” lo interruppe Ivar,
sempre più perplesso. “Ti fai del male senza motivo immaginando mille scenari
in cui le cose sarebbero potute andare
male, ma non ha senso, non è andata così e tu mi hai salvato. Così facendo
ti distruggi, finirai per ammalarti o per impazzire e non c’è neanche un
motivo!”
“Io ho avuto paura di perderti!” esclamò
Aethelred. “Possibile che tu non lo capisca, che non comprenda quello che ho
provato?”
“Lo capisco, invece” lo corresse il Vichingo.
“È proprio quello il motivo per cui ho compiuto quel gesto che ti ha tanto
sconvolto: quando Harald è morto e io mi sono guardato intorno, ho visto i
Sassoni che stavano schiacciando i nostri guerrieri, ho visto Hvitserk ferito,
non riuscivo a vedere più Helgi… Ho temuto di perdere tutti voi ed è per questo
che ho preferito attirare i Sassoni su di me.”
“Non mi era mai successo prima” mormorò
Aethelred, ancora stravolto e confuso. “Insomma… non ti avevo mai visto
combattere. Quando siamo venuti a riconquistare Kattegat tu davi gli ordini,
guidavi i guerrieri, ma non combattevi e alla fine sei scappato. Lo stesso hai
fatto quando hai combattuto al fianco dei Rus’ e nelle prime battaglie contro i
Sassoni: restavi indietro e pianificavi le strategie, e io… io sapevo che eri
al sicuro. Certo, se i nemici ci avessero annientati tutti saresti morto anche
tu, ma allora io sarei caduto al tuo fianco… non ho mai dovuto temere per la
tua vita e invece… invece quel giorno…”
Ivar strinse Aethelred ancora più forte. Era
buffo: da una parte non capiva l’ostinazione del giovane nel ripensare a quella
battaglia e ai modi in cui sarebbe potuta andare storta, dall’altra però
condivideva la sua paura e la sua disperazione, perché era stato proprio quello
a spingerlo a tentare una mossa disperata temendo che i soldati Sassoni
avrebbero finito per uccidere Hvitserk e Aethelred. Anche lui quel giorno per
la prima volta aveva sentito nel cuore la paura più terribile e dolorosa,
quella di veder morire le persone amate, quindi poteva comprendere cosa avesse
provato Aethelred.
Ciò di cui non riusciva a capacitarsi, però,
era il motivo per cui il suo compagno continuava a straziarsi. Aveva avuto
paura di perderlo, d’accordo, ma non era successo, erano insieme. Perché doveva
torturarsi così?
“Io sono qui, Aethelred. Sono qui proprio
grazie a te e non ho intenzione di lasciarti. Non mi perderai mai, staremo
sempre insieme. Va bene così?” gli disse, prendendogli il viso tra le mani per
guardarlo bene negli occhi. Erano due pozze così chiare e limpide, ma in quel
momento in fondo si muoveva qualcosa di oscuro, un terrore paralizzante che non
aveva ragion d’essere ma che spezzava il cuore e dilaniava la mente del giovane.
Ivar voleva far scomparire quelle ombre dagli occhi del ragazzo che amava. Lo
avvolse nel cerchio caldo e protettivo delle sue braccia e lo baciò a lungo e
profondamente, perdendosi sulle labbra di quel giovane affettuoso e dolce che lo
amava tanto da non poter neanche concepire una vita senza di lui. L’amore di
Aethelred gli aveva cambiato la vita fin nel profondo, lo faceva sentire
importante e prezioso per qualcuno, e lui non voleva che quel ragazzo così
sensibile e meraviglioso soffrisse, voleva spazzare via le sue paure e i suoi
pensieri dolorosi. Lo accarezzò a lungo, lo baciò ancora con più intensità,
lungamente e profondamente. Aderì totalmente al suo Aethelred, desiderando un
contatto più intimo possibile, godendo del tepore della sua pelle e della
morbidezza del suo corpo. Si perse completamente dentro di lui, cercando di
fondersi con il suo amante come se potesse scacciare la tristezza e la disperazione
attraverso l’unione dei loro corpi. Portò il giovane Principe al culmine della
passione e ancora oltre per poi esplodere con lui nell’estasi totale che lasciò
entrambi sfiniti e ansimanti.
Alla fine, tuttavia, Ivar non si accontentò
dell’amplesso e sentì il bisogno di tenere ancora stretto tra le braccia Aethelred.
Sentì che il Principe Sassone si aggrappava convulsamente a lui, che aveva
ancora bisogno del calore del suo corpo, dell’odore della sua pelle, di
sentirlo sano e salvo, vivo e incollato a lui, di perdersi tra le sue braccia,
di smarrirsi completamente nel suo abbraccio avvolgente e dimenticare le
terribili immagini che aveva visto in sogno. Doveva sentire che Ivar era lì,
che non gli sarebbe accaduto mai nulla, che sarebbero rimasti insieme per
sempre. Il Vichingo non comprendeva del tutto l’angoscia del suo compagno, ma
era ben felice di tenerlo abbracciato e di fargli sentire che era lì con lui,
che non lo avrebbe mai perduto, che loro due non si sarebbero mai separati. Lo
avvolse nel suo abbraccio, lo baciò dolcemente sui capelli arricciandoseli tra
le dita, continuò a mormorargli parole tenere.
“Sono qui, Aethelred, sono con te, non mi perderai
mai…”
E, piano piano, i loro corpi allacciati e
incollati si rilassarono, il tepore e il languore del loro amore li vinse e li
fece scivolare finalmente in un sonno profondo e pacifico.
E, almeno per quella notte, per Aethelred non
ci furono altri incubi.
Capitolo 3 *** Cap. 3: Silence between the words ***
Cap. 3: Silence
between the words
Was I not there when I told I needed you And you told me we're through?
And was I not there when you needed someone new
To hand yourself over to?
Two of a hearts now oceans apart
Maybe we'll heal but carry the scars
It isn't easy, it's something we must do
The meaning is found in the silence between the words
No love and no lust, lets do what we must though it hurts
Gone is the face of beauty I found in you
Gone is the grace and gone are the days we knew.
(“Silence between the
words” – The Dark Element)
“Maledizione! Cosa diamine sta succedendo
qui?”
Tiago fu svegliato bruscamente dal suo sonno
inquieto da una voce rabbiosa e da rumori per nulla rassicuranti, pugni che
sbattevano contro il tavolo, ciotole e vasetti che s’infrangevano sul
pavimento… ma che accadeva? Il povero spagnolo riuscì appena ad aprire gli
occhi prima di essere investito da un violento ceffone che lo sbatté per terra.
Disorientato, confuso e con la guancia dolorante, si rese conto che era Erik: era
entrato nella piccola casetta dove lui aveva deciso di abitare e di lavorare
come guaritore e adesso stava facendo un macello vero e proprio.
“Ma… ma… cosa fai? Perché stai distruggendo
tutto?” mormorò Tiago, cercando di rialzarsi in piedi. Gli girava la testa e
non capiva cosa stesse succedendo e perché Erik fosse tanto infuriato.
“Osi anche chiedermelo, stupido schiavo? Come
ti sei permesso di andartene dalla dimora regale senza dirmi niente e, peggio
ancora, di prenderti la libertà di abitare per conto tuo?” ringhiò l’uomo,
mentre con uno sguardo carico di rabbia fulminava il povero ragazzo.
Tiago aveva affrontato molte volte Erik e lo
aveva visto anche arrabbiato, ma non gli aveva mai fatto tanta paura come in
quel momento, forse perché non riusciva a comprendere la sua furia e cosa
avesse fatto di sbagliato per scatenarlo così.
“Non credevo che fosse un problema” provò a
rispondere, intimorito. “Tu hai trovato una persona con cui stare, la shieldmaiden che ho visto alla festa, e
così ho pensato che non avessi più bisogno di me. Ho pensato che…”
Erik lo afferrò per le braccia e lo sbatté
contro il muro. Altri vasetti che stavano su una mensola lì accanto caddero a
terra in mille pezzi.
“Gli schiavi non devono pensare!” gli urlò in faccia. “Devono solo obbedire!
Riesci a immaginare la figura che ho fatto con Grethe e con i miei amici
quando, ieri sera, non sei tornato a portarmi l’arrosto come ti avevo ordinato?
O quanto ha riso Grethe stamattina quando sono stato per un sacco di tempo a
chiamarti perché ci portassi l’acqua calda per il bagno? Tu sei il mio schiavo e il fatto che ora non abbia
più bisogno di te come schiavo da letto non significa che tu non mi serva per
le cose normali!”
Per un attimo a Tiago parve di vivere un
incubo: ciò che stava accadendo non poteva essere reale. Aveva immaginato molte
volte che Erik, tornato ad una vita normale, prima o poi avrebbe trovato una
donna che gli piacesse davvero e che avrebbe voluto vivere con lei,
dimenticandolo. Lo sapeva e lo accettava, non aveva mai creduto veramente che
l’uomo fosse innamorato di lui. Però non aveva nemmeno pensato che potesse
trattarlo con tanta cattiveria o che volesse tenerlo come suo servetto
personale! Perché gli stava facendo questo? Aveva già dimenticato che era solo
grazie a lui se ci vedeva di nuovo? Che era stato lui a salvargli la vita
quando Ingrid aveva mandato la sua serva ad ucciderlo? Come poteva, adesso,
comportarsi in quel modo?
“Io non sono il tuo schiavo, non ci sono più
schiavi a Kattegat” provò a spiegare. Era allibito, spaventato e lacerato da un
dolore tanto fisico quanto morale e la voce gli uscì in un sussurro. “Me ne
sono andato per non disturbare te e Grethe e ho deciso di avere un piccolo
spazio tutto mio dove fare il guaritore per la gente della città.”
“Ma che razza di idee ti sei messo in mente?”
ruggì Erik, schiaffeggiandolo di nuovo. “Certo che sei uno schiavo e, tra
l’altro, non sei neanche un Norreno, per cui sei ancora più inferiore degli
altri schiavi! Non hai alcun diritto di prendere decisioni per conto tuo. Devo
forse marchiare anche te per farti
capire che cosa sei realmente?”
Tiago era agghiacciato e lacrime silenziose
cominciarono a scorrergli sulle guance. Intanto, attorno a lui, tutto ciò per
cui aveva lavorato e si era impegnato tanto era distrutto e Erik… Erik sembrava
impazzito, avrebbe potuto fargli qualsiasi cosa in quel momento. Lo avrebbe
marchiato? O forse lo avrebbe addirittura ucciso di botte? Il giovane spagnolo
sapeva che in certi casi, quando era ancora un trafficante di schiavi, Erik
aveva effettivamente ammazzato alcuni dei ragazzi e delle ragazze di sua
proprietà a forza di percosse e maltrattamenti… Sarebbe successo lo stesso
anche a lui?
Tuttavia, per fortuna, Erik era sempre lo
stesso che prendeva decisioni d’impulso senza minimamente pensare alle
conseguenze e, difatti, aveva fatto irruzione nella casetta lasciando la porta
aperta e aveva esclamato a voce alta tutte le sue bestialità, così da attirare
l’attenzione dei cittadini di Kattegat che, pian piano, si erano avvicinati per
capire cosa stesse accadendo. E, tra di loro, i primi ad arrivare erano stati
Hvitserk e Helgi. I due giovani, non appena si resero conto di quello che Erik
aveva fatto a Tiago, entrarono anche loro nella piccola casa e, mentre Helgi si
precipitava a confortare e rassicurare Tiago, Hvitserk sguainò un pugnale e lo
puntò alla gola di Erik senza tanti complimenti.
A dirla tutta, a Hvitserk non dispiacque
avere un motivo per strapazzare l’uomo. Non gli era mai piaciuto, lo trovava
ambiguo e non capiva come avesse fatto Bjorn a dargli tanta fiducia, facendolo
addirittura suo primo consigliere.
“Non azzardarti nemmeno per scherzo ad
avvicinarti a Tiago” gli sibilò in faccia. “Non so chi ti abbia fatto credere
diversamente, ma il ragazzo è stato catturato da Bjorn e da me durante una
spedizione nella penisola iberica, anni fa, pertanto caso mai è un servitore
della famiglia reale, non certo il tuo. E, comunque, adesso è stato liberato e
quindi può andare a vivere dove gli pare e piace!”
Erik fremeva di rabbia repressa, ma sapeva di
non poter reagire colpendo o, peggio, aggredendo con un’arma il fratello del
Re.
“Tiago è stato il mio schiavo per tanti mesi
e a voi non è mai importato niente, cosa vi cambia adesso?” si limitò a
rispondere, in tono brusco.
“Ma allora non capisci proprio, devo farti un
disegno? Tiago non è di tua proprietà e può fare quello che vuole” replicò
Hvitserk, sempre più innervosito dall’arroganza di quell’uomo.
Intanto erano giunti anche Ivar e Aethelred
e, ancora una volta, la voce del Principe Sassone risuonò calma e pacata per
riportare la pace e la tranquillità in una situazione che stava per degenerare.
Non aveva affatto paura di Erik e, del resto, dopo aver affrontato disarmato
l’intero esercito Sassone e suo fratello Alfred per difendere Ivar, non c’era
più niente che potesse intimorirlo.
“Non ci sono più schiavi a Kattegat” disse,
come spiegando cose ovvie in un convegno di imbecilli. “Re Bjorn ha liberato
tutti gli schiavi di Kattegat ormai da mesi e quindi Tiago ha ogni diritto di
scegliere come vivere la sua vita.”
Nonostante adesso la situazione fosse completamente
ribaltata, Erik non perse la sua arroganza. Fece un passo indietro per allontanarsi
dal pugnale di Hvitserk e scoppiò in una risata.
“Oh, sì, va bene, Re Bjorn ha dato la libertà
agli schiavi di questa cittadina” disse poi, “ma uno schiavo resta schiavo per
sempre, anche se lo chiamate con un nome diverso. È un essere inferiore e non
ha alcun diritto, tanto meno uno come quel ragazzino spagnolo, che non è neanche
un Vichingo!”
Un lampo passò negli occhi di Aethelred.
“Molto bene” disse, in un tono freddo che in
pochi gli avevano sentito. “Se è così che la pensi, allora faremo meglio ad
andare tutti a parlare con Re Bjorn, così potrai spiegargli quello che hai combinato.
Vedremo cosa dirà lui. Avanti, portatelo al cospetto del Re.”
Dopo un primo attimo di incredulità, perché
in effetti Aethelred sembrava davvero molto arrabbiato e non era una cosa
consueta per lui, Hvitserk e Helgi furono ben lieti di assecondarlo e,
afferrato Erik per le braccia, uno da una parte e l’altro dall’altra, lo
spinsero fuori in malo modo dirigendosi verso la dimora regale.
“Chi ti credi di essere? Bjorn è amico mio,
non tuo, ascolterà me e non te!” urlò Erik mentre i due Vichinghi lo portavano
via. “Neanche tu sei un Norreno, non puoi prenderti tutte queste libertà a
Kattegat, sei un Sassone, uno dei nostri nemici, mi ascolti?”
Ma Aethelred non aveva nessuna intenzione di
ascoltarlo. Mentre gli altri cittadini di Kattegat cominciavano a disperdersi,
visto che lo spettacolo sembrava essere finito, il Principe entrò nella casetta
e si avvicinò a Tiago, aiutandolo a rialzarsi.
“Stai bene?” gli disse, controllando che non
avesse ferite. “Non preoccuparti, sistemeremo tutto e poi ti aiuteremo a
rimettere in ordine qui, così potrai usare questa casetta come abitazione e
come luogo per esercitare il tuo mestiere di guaritore. Erik non potrà più
farti del male, Re Bjorn non glielo permetterà.”
Tiago sembrava più tranquillo. Si guardò
intorno tristemente, il cuore gli doleva sia per il disastro che vedeva per
terra sia per come lo aveva trattato Erik, ormai era chiaro che non ci sarebbe
mai più stato niente tra di loro, da quel punto non si poteva tornare indietro.
Sarebbe stato molto più facile rimettere a posto erbe medicinali e infusi
piuttosto che il suo cuore spezzato… ma il giovane spagnolo aveva affrontato
tante difficoltà nella sua vita e sarebbe sopravvissuto anche a questa.
“Grazie, io… ringrazio davvero tutti voi,
credo che mi abbiate salvato la vita” mormorò. “Non preoccupatevi, qui riordino
io, mi farà bene tenermi occupato.”
“Preferisci restare qui, dunque? Te la senti
di restare da solo?” gli domandò ancora Aethelred.
“Sì, anzi, preferisco darmi da fare, così non
avrò tempo per… per pensare… insomma, ecco…”
“Va bene, allora noi raggiungiamo gli altri
alla dimora regale” disse il Principe. “Comunque, se avrai bisogno di qualcosa,
non farti problemi a chiedere. Quello che Erik ha detto è una colossale
idiozia: chiunque abiti a Kattegat è un cittadino di Kattegat, Norreno o
straniero che sia, e ha gli stessi diritti di tutti. Ne ho già sentiti
abbastanza di discorsi del genere e, almeno qui, non voglio mai più sentirne
parlare!”
Aethelred sembrava ancora molto irritato
quando si avviò verso la dimora regale insieme a Ivar, che lo aveva aspettato
guardandolo in modo strano. Lo prese sottobraccio, appoggiandosi a lui e
stringendolo a sé.
“Lo sai che mi ecciti quando fai il duro, vero?” gli sussurrò all’orecchio.
“Però non ti avevo mai visto così, c’è qualcosa che devi dirmi?”
Aethelred si abbandonò all’abbraccio caldo e
rassicurante di Ivar, tuttavia non era ancora del tutto tranquillo e l’ombra
nei suoi occhi non scomparve.
“No, niente di particolare, è solo che non
sopporto le ingiustizie e tanto meno i discorsi come quello che ha fatto Erik,
mi ricordano fin troppo le chiacchiere di Elsewith contro i pagani” replicò.
“Non voglio sentire sciocchezze del genere a Kattegat, qui chiunque è il
benvenuto e a tutti è data una seconda opportunità.”
“Ah, questo è vero, se non lo so io…” scherzò
Ivar. Si rendeva conto che Aethelred non gli stava dicendo tutto e che c’erano
cose che lo ferivano nel profondo, ma non voleva insistere e preferì buttarla
sul ridere. “Sbrighiamoci a raggiungere gli altri, non vedo l’ora di godermi lo
spettacolo di Bjorn che si infuria con qualcuno che non sono io, per una
volta!”
E Ivar aveva tutte le ragioni per essere
compiaciuto, perché in effetti Bjorn era molto arrabbiato. Quando lui e
Aethelred raggiunsero la Sala Grande, Hvitserk e Helgi avevano già raccontato
tutto al Re di Kattegat che era rimasto particolarmente deluso e addolorato
perché aveva sempre concesso grande fiducia e anche privilegi a Erik e non era
per niente contento di vedere che lo ripagava così.
“Io ho combattuto contro i Rus’ e ho
rischiato la mia vita per te”
protestava Erik, “e tu adesso vuoi rimproverarmi o magari punirmi per uno
stupido schiavo che non vale niente?”
Anche Gunnhild, seduta accanto al marito,
aveva lo sguardo affranto visto che anche lei si era fidata di Erik. Ingrid, al
contrario, che si trovava poco distante, cercava di apparire imperturbabile ma
un sorrisetto le si era disegnato sulle labbra: ancora una volta Erik
dimostrava di essere uno sciocco presuntuoso e si rovinava da solo con le sue
stesse parole!
“No, Erik, non avrei voluto punirti per
quello che hai fatto al giovane Tiago, anche se non ne avevi alcun diritto”
replicò Bjorn, con una rabbia gelida nella voce, “ma perché proprio adesso hai messo
in discussione un mio ordine. Sono mesi, ormai, che ho abolito la schiavitù a
Kattegat e tu continui a riferirti al ragazzo come a uno schiavo: significa che non tieni in alcun conto un mio preciso
decreto.”
Lo sguardo di Bjorn era penetrante e Erik
comprese che, come al solito, aveva fatto tutto da solo. Si diede mentalmente
dell’idiota, se l’era presa fin troppo per una scelta di Tiago perché si era
sentito ferito nell’orgoglio, quando avrebbe dovuto fregarsene e lasciarlo
fare. Voleva diventare un guaritore? Che lo facesse pure, a lui non importava
più, aveva già trovato di meglio… Invece aveva voluto riaffermare il suo potere
su di lui e, così facendo, si era messo tutti contro. Ora non ci sarebbe stato
più posto per lui a Kattegat, aveva deluso Bjorn e Gunnhild, non lo avrebbero
più accettato come primo consigliere. Gli altri non erano mai stati dalla sua
parte, poteva vedere anche da lì Hvitserk e Ivar che sorridevano soddisfatti
per la sua caduta in disgrazia, per non parlare di Ingrid, quella maledetta
strega… Era inutile insistere, sarebbe riuscito soltanto a innervosire ancora
di più Bjorn.
“Ti chiedo perdono, Re Bjorn” disse allora,
cercando di salvare il salvabile. “Tu e la tua Regina siete stati fin troppo
generosi con me e io ho abusato della vostra magnanimità e vi ho mancato di
rispetto. Ma, in fondo, tu sapevi fin dall’inizio che non sono una brava
persona, che ho commesso molti crimini. È stato nobile da parte tua offrirmi
una seconda possibilità e io l’ho sprecata. Forse non sono fatto per vivere a
corte e per comportarmi onestamente.”
Hvitserk e Helgi si scambiarono uno sguardo
perplesso, mentre Ivar fissava l’uomo cercando di capire dove volesse andare a
parare con quel discorso.
“Ti sarò sempre grato per quello che hai
fatto per me e per il resto della mia vita sarò fiero di aver servito il grande
Re Bjorn di Kattegat” riprese Erik. “Adesso, però, è giunto il momento che
parta di nuovo e che riprenda la mia vita di prima, con alcuni dei miei
compagni di razzie e… con Grethe, la donna che ha deciso di restare al mio
fianco.”
“Io non ti sto cacciando da Kattegat” precisò
Bjorn.
“Lo so, ma sono io che non posso rimanere e
forse era il mio destino. Sono stato accanto a te quando ne hai avuto bisogno,
ma adesso ci sono altri che possono prendere il mio posto e io sono pronto a
salpare per nuove avventure” replicò Erik. Insomma, alla fine era riuscito a
cadere in piedi e a far credere a tutti che andarsene da Kattegat fosse una sua
decisione. Oppure chissà, forse lo era veramente, forse aveva fallito troppe
volte nella sua scalata al potere, era stato umiliato da Ingrid, aveva capito
di non essere tagliato per gli intrighi di corte.
“Vuoi dire che riprenderai a fare il pirata?”
domandò Gunnhild.
“Pirata, mercenario, quello che capiterà”
rispose Erik, scrollando le spalle. “In fondo sono un Vichingo, ho bisogno di
azione e di avventura. Esplorerò altre terre, combatterò per chi mi pagherà
meglio… insomma, quello che facevo prima. L’unica cosa che vi prometto, Re
Bjorn e Regina Gunnhild, è che mai e poi mai combatterò contro di voi e contro
la vostra gente. Per questo mi dirigerò verso terre lontane, forse in Islanda.”
“Ah, bene, ci manca soltanto che lui e
Kjetill diventino amici” mormorò Helgi, cupo. Hvitserk lo strinse
affettuosamente a sé.
“Non sappiamo neanche se Kjetill sia davvero
in Islanda o se sia ancora vivo. Non devi più preoccuparti di lui, te l’ho
detto un milione di volte” gli disse.
“E sia, allora” decretò Bjorn. “Erik
Thorvaldsson, sei libero di partire da Kattegat e di dirigerti dove vorrai, con
tutti coloro che desidereranno unirsi a te. Ti sono comunque grato per aver
combattuto al mio fianco contro i Rus’ e per esserci stato quando ne avevo
bisogno. Non lo dimenticherò, ma forse gli dèi hanno deciso che le nostre
strade debbano separarsi. Che Odino ti protegga.”
Erik si inchinò davanti ai sovrani e poi si
congedò, lasciando la Sala Grande. Si sarebbe dedicato ai preparativi necessari
e sarebbe partito il mattino successivo, all’alba. Del resto, già da qualche
giorno aveva parlato di questa possibilità con Grethe e con qualcuno dei suoi
antichi compagni e l’incidente con
Tiago aveva semplicemente affrettato le cose.
Sì, già, perché lui non era affatto pentito
di quello che aveva fatto a Tiago e, a dirla tutta, non ci pensava nemmeno più.
Gli scocciava aver fatto brutta figura davanti a Bjorn, ma riteneva di essersi
difeso bene e adesso avrebbe ricominciato la sua vita da vagabondo e
mercenario, magari era proprio questo che gli dèi volevano per lui. Non avrebbe
avuto alcun rimpianto, non era tipo da rimuginare sul passato.
“Mi sembra che se la sia cavata fin troppo
bene” obiettò Ivar, dopo che Erik ebbe lasciato la Sala Grande. “Insomma,
Bjorn, gli permetti di andarsene così?”
“Cosa avrei dovuto fare, farlo impiccare per
aver picchiato un ragazzo che, fino a poco tempo fa, era al suo servizio? Se
così fosse dovrei giustiziare mezza Kattegat” replicò Bjorn. “Non approvo
quello che ha fatto, ma la sua decisione di andarsene è la cosa migliore per
tutti. Non posso dimenticare che è stato uno dei pochi a rimanere al mio fianco
anche nei momenti peggiori, quando tu
hai portato qui i tuoi amici Rus’ per invaderci.”
“Dovevi proprio dirlo, vero?” ribatté Ivar,
indispettito. Probabilmente la sua reazione sarebbe stata anche più furiosa, ma
colse lo sguardo impaurito e addolorato di Aethelred e tutta la sua collera
svanì come portata via dal vento. Voltò le spalle al fratello e strinse il
compagno tra le braccia: non capiva ancora perché Aethelred continuasse ad
essere così cupo e dimostrasse tanta insofferenza verso ogni forma di violenza,
ma non sarebbe stato lui a ferirlo iniziando una discussione con Bjorn. Del
resto, cosa gli importava della sua opinione? Per lui contava solo Aethelred,
il suo affetto e il suo amore.
“Comunque sia, Erik non piaceva a nessuno qui
a Kattegat, staremo tutti meglio quando se ne sarà andato” commentò Hvitserk,
per chiudere lì la faccenda.
“Ad ogni modo, ci sono diverse questioni
molto più importanti di cui devo discutere con voi” disse Bjorn, “e, se anche
non fosse accaduto questo spiacevole episodio con Erik, vi avrei convocati
comunque per parlarvene.”
Un silenzio carico di tensione calò sulla
Sala Grande, mentre Erik svaniva dalla mente di tutti come se non fosse mai
esistito. Bjorn avrebbe parlato del Danelaw e della sua decisione di affidarne
il governo a Hvitserk o c’erano fatti più gravi che loro ancora ignoravano?
Ivar sentì che Aethelred tremava leggermente
tra le sue braccia e, ancora una volta, si sentì impensierito per lui. Da
quando avevano fatto ritorno dal Wessex non era più il giovane determinato e
sereno che conosceva, sembrava sempre tormentato e angosciato per qualunque
cosa. Che gli stava succedendo?
Sometimes I wonder Could I have known
About their true intentions
As the pain stayed the same
I'm going to haunt them down all the way
I made a promise to revenge his soul in time
One by one they were surprised
I held you tight to me
(But) you slipped away
You promised to return to me
And I believed!
(“The promise” – Within Temptation)
Le parole di Bjorn avevano creato molte
aspettative, preoccupazioni e curiosità e, a dire il vero, a Erik e alla sua
uscita di scena nessuno ormai pensava più.
“Come vi avevo anticipato al banchetto, dovrà
esserci una nuova elezione per scegliere il Re dei Norreni, perciò io e Ingrid
domani partiremo per Tamdrup e convocheremo Re, Regine e Jarl come la volta
scorsa. In mia assenza sarai tu, Hvitserk, a governare Kattegat, così ti
eserciterai per quando sarai Re del Danelaw” spiegò Bjorn. “Comunque non
preoccuparti, ci saranno Gunnhild, Lagertha, Helgi e Aethelred se avrai bisogno
di consigli e di appoggio.”
“Ci sarei anch’io, nel caso ve ne foste dimenticati”
fece Ivar, sarcastico.
“Sì, ma non so se Hvitserk farebbe bene a
seguire i tuoi, di consigli” ribatté Bjorn, ma questa volta si vedeva che
scherzava e ridacchiava. Anche lui si divertiva a stuzzicare Ivar!
“Va bene” acconsentì Hvitserk, che rimaneva
comunque poco convinto della propria capacità di regnare su Kattegat o su
qualsiasi altro posto. Helgi gli strinse affettuosamente la mano, facendogli
sentire il suo calore e la sua vicinanza.
“In realtà, però, ci saranno subito dei
problemi molto gravi da affrontare, anche se spero che non si presenteranno
fino a che non sarò tornato da Tamdrup” riprese il sovrano di Kattegat.
“Abbiamo saputo che un Re Danese, un certo Egil, ha accolto mesi fa nel suo
Regno un missionario cristiano che lo ha convertito. Questo missionario, però,
è diventato talmente influente presso il Re da convincerlo a convertire
forzatamente tutti i suoi sudditi e far giustiziare quelli che si rifiutavano. E,
sempre più ossessionato da questo cristiano, ha deciso di convertire a modo suo prima tutta la Danimarca e
poi la Scandinavia intera.”
“Ma ci sarà qualcuno che prima o poi si
deciderà a far fuori lui e il suo missionario, magari con un paio di frecce ben
assestate, no?” commentò Ivar. “I Norreni non accetteranno mai di piegarsi al
Dio dei cristiani…”
“Questo non è il Dio dei cristiani” mormorò
Aethelred, livido in volto. “Quel missionario è un folle, il nostro Dio è un
Dio di amore, non vuole le guerre e tanto meno convertire a forza le persone.
Bjorn, pensi… pensi che arriveranno anche qui a Kattegat?”
L’incubo peggiore di Aethelred si stava
drammaticamente avverando.
“Che vengano pure, gli mostreremo noi cosa
sanno fare i veri Vichinghi!” esclamò
Hvitserk.
Helgi, questa volta, gli lanciò un’occhiata
severa. Come poteva parlare così? Non si era accorto di quanto la prospettiva
di nuove battaglie imminenti sconvolgesse Aethelred, che sembrava ancora
provato da ciò che era accaduto in Wessex?
“Il piano di Re Egil è chiaro, anche se non è
detto che riesca veramente a raggiungere Kattegat” rispose Bjorn. “Proprio per
questo, comunque, è necessario eleggere al più presto un Re dei Norreni per
organizzare tutti i Vichinghi in un grande esercito contro questi fanatici, un
po’ come abbiamo fatto contro i Rus’. Nel frattempo, tuttavia, mi sono giunte
voci di gente che è riuscita a sfuggire alla conversione forzata e che sta
cercando di rifugiarsi in Norvegia e, in particolare, a Kattegat.”
“Per forza, la tua fama ti precede” scherzò
Ivar, che proprio non riusciva a prendere sul serio la faccenda e soprattutto
non si rendeva davvero conto di quanto questo straziasse il suo compagno.
“C’è stato un episodio in particolare, una
storia molto dolorosa che ci colpisce più da vicino” soggiunse Gunnhild. “Una
ventina di anni fa circa un giovane Jarl Norreno, mi pare che si chiamasse
Einar, con sua moglie, il figlio di dieci anni e alcuni dei suoi amici
partirono dai loro possedimenti per creare una colonia nel nord della
Danimarca. Trovarono delle terre favorevoli e vi si stabilirono, in pace e
armonia con i Danesi che vivevano da quelle parti, e lui diventò Re di quella
colonia. Ecco, quella colonia è stata una delle prime terre che Re Egil ha
attaccato, visto che si trattava di Norvegesi. Non si sono voluti piegare e il
Re ha massacrato Einar, sua moglie e un suo figlio ancora bambino, oltre a
molti cittadini che hanno rifiutato la sua conversione.
Non so cosa ne sia stato del figlio maggiore, forse è riuscito a scappare…”
“Se ci è riuscito, probabilmente tenterà di
rifugiarsi qui o a Tamdrup” commentò Bjorn.
Ivar sembrava immerso in una profonda
riflessione e poi, all’improvviso, parlò.
“Ma io lo conosco quell’uomo!” esclamò. E,
siccome gli occhi di tutti si puntarono su di lui come se avesse parlato in
sanscrito, il giovane pensò bene di spiegarsi meglio. “Hvitserk, Helgi, via, lo
conoscete anche voi. Era nell’esercito di Re Harald ed era venuto a razziare
con loro in Wessex, ci abbiamo parlato diverse volte, un tipo grande e grosso,
una specie di orso biondo… Asvard, ecco come si chiamava.”
“Sì, è vero, si era unito agli uomini di
Harald ma veniva dalla Danimarca” precisò Helgi. “Ho parlato anch’io con lui,
diceva che, siccome suo padre era un Re molto saggio e ancora forte e in
salute, lui si divertiva a viaggiare, esplorare, razziare… prima di mettere la
testa a posto e comportarsi da erede al trono.”
“Ma sì, Asvard!” rammentò Hvitserk. “Lo
conosci anche tu, Bjorn. Si unì alla nostra spedizione, più di cinque anni fa, nella
Spagna islamica, quando c’era anche Floki, ti ricordi? Mi ricordava molto te,
per tanti versi: figlio di un Re, ma che preferiva vivere la vita del Vichingo
piuttosto che fare il Principe…”
Bjorn annuì: quella era proprio la spedizione
durante la quale i Norreni avevano fatto prigionieri molti spagnoli e islamici,
tra i quali Tiago. Era triste pensare che quel giovanottone che allora era così
spensierato e desideroso di avventure adesso fosse in fuga dopo aver perduto
tutta la sua famiglia.
“Allora è quasi certo che, se potrà, verrà a
Kattegat in cerca di aiuto” disse.
La malinconia per la sorte di un giovane uomo
che molti di loro conoscevano era palpabile, ma nessuno notò che Aethelred,
alle parole di Bjorn, era impallidito ancora di più e il suo sguardo si era
fatto cupo e pieno di dolore. Se Asvard avesse chiesto aiuto a Bjorn e ai suoi,
era quasi certo che avrebbe attirato in quei luoghi Re Egil e il suo fanatismo
e… e sarebbe stata di nuovo guerra.
Asvard faceva effettivamente parte della spedizione di
Harald e compagni in Wessex e, proprio quando si trovava là, aveva ricevuto un
messaggio da un consigliere del padre che, mentre cercava di mettere in salvo i
suoi cari, gli aveva chiesto aiuto. L’uomo, sconvolto per la notizia del
massacro della sua famiglia, aveva preso con sé il gruppetto dei suoi uomini e
aveva abbandonato le razzie per far ritorno alla sua città. Arrivato alla
colonia, aveva scoperto che Re Egil, dopo aver ucciso suo padre, sua madre e il
suo fratellino di dodici anni, era partito per altre spedizioni del genere,
lasciando suo figlio, il Principe Thorir, a governare quel poco che era rimasto,
insieme a un piccolo gruppo di soldati. Asvard e i suoi uomini si erano
nascosti nei boschi attorno al villaggio per spiare i movimenti del Principe e
dei suoi guerrieri e organizzare un piano senza essere scoperti, poi l’uomo
aveva deciso di farsi catturare per avere modo di entrare in città e nel
palazzo reale. Aveva finto di essere un vagabondo e Thorir, che non lo
conosceva personalmente, lo aveva fatto catturare come schiavo.
Lì la fortuna di Asvard aveva iniziato a girare. Si era
accorto che il giovane Thorir, un ragazzo di sedici o diciassette anni, non
aveva proprio niente del vero Vichingo: si divertiva a vedere i suoi amici e i
soldati combattere e addestrarsi, ma lui non era abile né con la spada, né con
l’ascia o il pugnale e tanto meno nel corpo a corpo, minuto e delicato com’era.
Aveva anche notato che non si interessava alla compagnia delle giovani donne
della colonia, come invece facevano i soldati, eppure lui era il Principe e
avrebbe potuto obbligare chiunque a sottomettersi a lui. Infine, si era reso
conto del fatto che Thorir trovava qualsiasi scusa per venire da lui, magari
per prenderlo in giro, insultarlo, farsi valere in modo petulante e spocchioso…
però, a conti fatti, gli girava sempre intorno. Aveva persino deciso di
promuoverlo a capo dei servitori di palazzo e così se lo teneva nei paraggi. *
E Asvard aveva fatto due più due e aveva capito quale
sarebbe stata non solo la sua via di fuga, ma anche la vendetta perfetta contro
Re Egil.
La sera precedente la notte scelta per la fuga aveva
mandato una serva a portare un messaggio ai suoi uomini nascosti nel bosco,
dicendo loro che sarebbe stata quella la notte decisiva: i guerrieri, dunque,
avrebbero aggredito nottetempo le guardie e le sentinelle lasciate da Re Egil, poi
si sarebbero recati al porto a requisire una nave. Asvard aveva deciso che
avrebbe lasciato a governare la colonia quelli che fossero voluti rimanere, chi
magari aveva moglie e figli che adesso erano ridotti in schiavitù, mentre gli
altri sarebbero partiti con lui verso Kattegat. Alla cospirazione avrebbero
partecipato anche i servitori di palazzo che, ovviamente, erano i sudditi di
suo padre che avevano finto di accettare la conversione per salvarsi la vita,
ma che ora erano ben lieti di vendicarsi. Quella notte, mentre fuori tutto
sembrava tranquillo e quindi Thorir se ne era andato a dormire, Asvard aveva
dato il via all’azione e, in silenzio, i suoi uomini e i servitori a lui fedeli
avevano assalito e tagliato la gola ai soldati invasori. Lui, invece, si era
recato nella camera dove dormiva Thorir, che era la camera reale in cui avevano
dormito i suoi genitori. Questo pensiero lo fece ribollire di rabbia e, per un
momento, pensò di ammazzare quel Principe che osava usurpare il letto dei veri
sovrani... ma in realtà Thorir non aveva fatto niente, gli unici veri
responsabili erano Re Egil e quel folle missionario cristiano, e lui aveva in
mente un modo più efficace per straziare il crudele Re prima di ucciderlo.
Si spogliò e si mise nel letto del Principe, gli mise una
mano sulla bocca per impedirgli di gridare (caso mai gli fosse venuto in mente)
e con l’altra iniziò a spogliare anche lui e ad accarezzarlo in modo sempre più
intimo e audace. Il ragazzo, svegliatosi di soprassalto e colto del tutto alla
sprovvista, sussultò e trasalì, i suoi occhi verdi si fecero immensi e pieni di
terrore quando vide l’uomo sopra di sé, ma poi il suo corpo cominciò a
tradirlo: le carezze e i tocchi sempre più spinti e sensuali gli annebbiarono
il cervello, si sentì il sangue bollire e sciogliersi nelle vene e le gambe
farsi tremanti. Mentre Asvard lo dominava e lo sovrastava con il peso del suo
corpo riuscì solo ad aggrapparsi alle sue spalle possenti e a lasciargli fare
tutto ciò che voleva, intimidito ma anche accogliente e docile, tanto che
l’uomo smise anche di tenergli chiusa la bocca visto che Thorir, al massimo, si
limitava a qualche sospiro e gemito spezzato.
“Non preoccuparti, Principe Thorir” gli aveva detto dopo
averlo posseduto. “Io non sono davvero uno schiavo o un vagabondo, sono un
Principe come te. Sono Asvard, il figlio del Re che tuo padre ha massacrato!”
Thorir era stravolto, ma gli era rimasta ancora un po’ di
energia per spaventarsi.
“Quindi vuoi uccidermi?” aveva mormorato, gli occhi verdi
di nuovo sgranati.
“Se avessi voluto ucciderti lo avrei già fatto, invece mi
sembra di averti dato proprio quello che volevi” lo prese in giro l’uomo. “E lo
farò ancora, perché non è di te che voglio vendicarmi, non sei stato tu a
sterminare la mia famiglia e i consiglieri di mio padre. Ti osservo da un pezzo
e posso dire con sicurezza che non hai mai ucciso nessuno, non ne saresti
neanche in grado. Ma mi servi per distruggere tuo padre prima di ucciderlo.”
Thorir continuava ad essere confuso e travolto dagli
eventi. Il contatto con il corpo dell’uomo lo faceva ancora tremare, ma non
capiva cosa veramente volesse da lui.
“Io ti ho capito in poche settimane meglio di quanto tuo
padre abbia fatto in sedici o diciassette anni di vita” riprese Asvard. “Tu fai
il prepotente e lo spocchioso con i servi e con chi non può difendersi perché
hai paura di quelli davvero forti. Non hai mai partecipato a razzie, non ti
interessano le ragazze del villaggio e di sicuro non hai la grinta e il carisma
per governare. Forse tuo padre lo sa ma finge di non vederlo. Per me invece va
bene così, quello che conta è che tu ti metta dalla mia parte, che tradisca tuo
padre per la mia causa e la mia vendetta. Credo che tu non abbia davvero
approvato quello che Re Egil ha fatto in questa colonia e, tanto meno, la sua
ossessione per il missionario cristiano. Immagino che tu abbia finto di
convertirti, come fingi per tante altre cose.”
Thorir annuì.
“Io non ho mai rinnegato i nostri dèi. Forse non riuscirò
mai a guadagnarmi il Valhalla, ma è quello il luogo a cui aspiro” ammise. “E
questo Dio ipocrita che dovrebbe portare pace e fratellanza ma poi fa fare alla
gente… beh, quello che ho visto fare qui, non fa per me.”
“Allora sei dalla mia parte” concluse spiccio Asvard, “e
sarà questo il dolore più grande che darò a tuo padre prima di ucciderlo. Lui
mi ha tolto la mia famiglia e io gli metterò contro il suo stesso figlio e
erede. In cambio tu con me non dovrai fingere di essere ciò che non sei e io mi
guadagnerò la tua sottomissione ogni volta che vorrò… come ho già fatto.”
“Aspetta, io… va bene, non approvo il Dio di mio padre e
detesto il suo missionario, ma non sono un traditore, io…” provò a protestare
Thorir, ma Asvard riprese ad accarezzarlo e a toccarlo in modo provocatorio, lo
dominò ancora, lo possedette ripetutamente e la protesta del ragazzo finì lì.
Non riusciva neanche a respirare o a pensare lucidamente, travolto com’era
dall’ardore dell’uomo, figuriamoci se era in grado di obiettare qualcosa.
Ottenuto ciò che voleva, Asvard si alzò dal letto e si
rivestì.
“I miei soldati dovrebbero aver requisito una nave al
porto con cui scappare da qui e rifugiarci a Kattegat, dove chiederò l’aiuto di
un vecchio amico, il grande guerriero Bjorn La Corazza” spiegò l’uomo. “Adesso
vado a organizzare tutto per la partenza e poi tornerò a prenderti.”
“Ma… come?” il giovane Principe iniziava a sentirsi un
po’ usato… il che era esattamente quello che Asvard voleva.
“Non preoccuparti, non ti farò mancare quello che vuoi da
me, solo non ora, non ho altro tempo da spendere con te” lo interruppe. “Verrò
a prenderti prima dell’alba per partire.”
E, senza dire altro, uscì dalla stanza lasciando il
ragazzo smarrito e scombussolato per il caos di emozioni che lo sopraffacevano.
Mentre raggiungeva i suoi uomini, Asvard pensò che anche lui aveva dovuto
fingere e mostrarsi duro e insensibile con Thorir, lo aveva preso quanto aveva
voluto ma senza indulgere in baci o altre effusioni, anche se… anche se quel
Principe arrogante e petulante lo aveva intrigato non poco e il suo corpo
liscio, delicato e minuto era stata una fonte di piacere che non si aspettava.
Gli sarebbe piaciuto poterselo godere di più e meglio di così, ma non poteva
permetterselo: la vendetta era ciò che contava davvero e lui non doveva lasciarsi
trascinare dai sentimenti o, peggio, sviluppare un vero affetto per il
Principe. Forse più avanti sarebbe stato costretto a ucciderlo e non voleva
trovarsi a esitare neanche un istante.
La sua promessa di vendetta doveva essere una priorità
assoluta. Sarebbero arrivati a Kattegat e Bjorn e i suoi fratelli lo avrebbero
aiutato, solo quello aveva importanza.
Aethelred non aveva torto a preoccuparsi,
visto che la scelta di Asvard avrebbe condotto Re Egil e quelli che era
riuscito a portare dalla sua parte dritti a Kattegat. Quella notte un vento
gelido parve turbarlo nel sonno e il Principe Sassone si strinse di più a Ivar,
nel rifugio caldo e sicuro delle sue braccia… ma non riuscì a sciogliere il
gelo che si era infiltrato nelle sue ossa.
Ancora una volta qualcosa di molto grave si profilava
all’orizzonte per i Norreni di Kattegat…
Fine capitolo quarto
* Ho
preso i personaggi di Asvard e Thorir quasi pari pari dal film “The Northman”,
che racconta la vicenda a cui si è ispirata la tragedia di Amleto. Ovviamente
qui la storia è diversa, perché il padre del protagonista è stato ucciso da un
Re rivale (e in questo modo ho potuto legare la vicenda a quello che accade in
Vikings). Ho cambiato nome al protagonista (Asvard invece di Amleth, troppo legato
al personaggio shakespeariano), ma Thorir fa davvero parte della storia ed è
davvero come lo rappresento qui. Nel film Amleth/Asvard decide di vendicarsi
dell’assassino di suo padre uccidendogli il figlio, mentre qui la sua vendetta
è molto più… sottile, ma anche più potente! Per chi non conosce il film, può
vedere Asvard e Thorir nell’aestethic all’inizio del capitolo.
You
will never take it from me now You will not destroy what I lived for You will never force me to sell my soul I will not give up on my freedom Rising up all the way From this hell I will not give up I will not stand down I try to find my way It's never enough I close my eyes now There is no turning back It's the end but I'll be reborn…
(“Reborn” – Xandria)
I giorni successivi a quell’incontro con
Bjorn erano stati frenetici ed era vero che venti di guerra sempre più
impetuosi soffiavano verso Kattegat, tuttavia c’era stata almeno una buona
notizia: Bjorn e Ingrid non avrebbero dovuto lasciare Kattegat per partecipare
all’elezione del nuovo Re dei Norreni. Infatti, non appena la notizia della
morte di Re Harald si era sparsa tra i Vichinghi, quasi tutti i Re, le Regine e
gli Jarl di Norvegia erano andati personalmente a Kattegat per ribadire che
Bjorn era l’unico e il solo vero Re dei Norreni, che avrebbero dovuto votare
per lui fin dal principio e che tutta la nazione era pronta a unirsi sotto la
sua egida. Visto il pericolo imminente rappresentato dal Re Danese Egil e dalla
sua smania di convertire al Cristianesimo o uccidere, anche Ingrid aveva
accettato la scelta dei Norreni e aveva acclamato Bjorn come Re. In cambio,
Bjorn l’aveva eletta ufficialmente Regina di Tamdrup, in quanto vedova di Re
Harald, e sia i nobili che il popolo della capitale avrebbero dovuto accettarla
senza obiezioni e senza pretendere che si risposasse, a meno che non fosse
stata lei stessa a desiderarlo: questo era un ordine preciso del nuovo Re dei
Norreni e nessuno avrebbe potuto disobbedire.
Dunque molte cose sembravano tornate al loro
posto: Bjorn era il nuovo Re dei Norreni, Ingrid la nuova Regina della capitale
Tamdrup e Hvitserk il Re del Danelaw, le colonie Vichinghe in Wessex.
Quel giorno, però, Aethelred sedeva da solo
sulla spiaggia di Kattegat, nei luoghi che avevano visto l’inizio del suo amore
con Ivar, e rifletteva sempre più turbato e preoccupato su quello che sarebbe
potuto accadere già entro poche settimane, se non giorni. Il Principe Norreno
Asvard, quello di cui Bjorn e Gunnhild avevano parlato qualche giorno prima,
non era ancora giunto a Kattegat e non si sapeva nulla di lui, ma altri erano
riusciti a scappare dalla Danimarca e avevano chiesto aiuto e protezione al
nuovo Re dei Norreni. Proprio il giorno prima, per esempio, era arrivata una
nave da cui erano sbarcati degli esuli guidati da un giovane di nome Leif e da
sua sorella Freydis: anche loro venivano dalla Danimarca e anche la loro storia
era tragica. Il padre di Leif e Freydis era un Re Danese che non si era voluto
piegare alla conversione forzata di Re Egil e così era stato ucciso, ma prima
aveva dovuto assistere alla flagellazione di Leif e allo stupro di Freydis, che
poi era stata sfregiata dalla spada del Re che le aveva inciso una grande croce
sulla schiena. Il Principe e la Principessa erano stati dati per morti e Re
Egil aveva ordinato che venissero buttati in un fosso fuori dalla loro città e
lasciati lì in pasto a lupi e orsi, poi aveva affidato il governo di quel Regno
ad un altro dei suoi nobili fedeli, manipolato anche lui dal missionario
cristiano. Per fortuna dei due giovani, alcuni abitanti della città erano
riusciti a nascondersi nei boschi e a sfuggire ai soldati di Re Egil e, non
appena le cose si erano calmate, erano accorsi per cercare di salvare quelli
che consideravano i loro veri sovrani. Avevano curato e medicato le ferite di
Leif e Freydis, li avevano portati in un piccolo villaggio di pescatori lì
accanto dove i due si erano lentamente ripresi e poi, una volta rimessi in
forze, Leif e Freydis con i loro compagni si erano fatti prestare una barca per
raggiungere Kattegat.
Una storia orribile, certo, Aethelred non
poteva negarlo e tanto meno poteva accettare che simili atrocità si compissero
in nome del Dio che lui sapeva essere Amore infinito… ma la loro presenza a
Kattegat avrebbe probabilmente attirato l’ira di Re Egil. Lui non aveva paura
di combattere contro i Danesi, in questo caso non aveva conflitti di interesse
come era avvenuto in Wessex perché quelli per lui non significavano niente, non
li considerava neanche dei veri cristiani, ma era terrorizzato all’idea che
Ivar decidesse ancora una volta di partecipare attivamente alla battaglia come
aveva fatto in Wessex, quando per poco non era rimasto ucciso.
La cosa peggiore, però, era che quello era
l’unico argomento del quale non poteva proprio parlare con Ivar e non perché il
suo compagno non volesse parlarne, ma perché Ivar non riusciva a comprendere i
timori di Aethelred e, di conseguenza, non era in grado di placarli. Sarebbe
bastato che il giovane Vichingo promettesse al compagno di non fare imprudenze,
di non gettarsi nella mischia e di limitarsi a pianificare strategie e a
scagliare frecce dal suo carro da guerra… ma Ivar non aveva nessuna intenzione
di farlo, perché non ne vedeva il motivo. Quella era la prima volta in cui la
differenza di mentalità, tradizioni e costumi divideva i due giovani amanti,
scavando un abisso che nessuno dei due voleva ma che straziava il cuore di
Aethelred.
E, a proposito di Ivar, il giovane giunse
proprio in quel momento sulla spiaggia, trascinandosi sulla stampella e
arrivando alle spalle del Principe.
“Ehi, ti ho cercato dappertutto, ma avrei
dovuto immaginare che ti avrei trovato qui” gli disse, in tono affettuoso e
scherzoso. “È un luogo molto importante e pieno di bei ricordi… per tutti e
due. Mi piacerebbe restare qui con te, magari spogliarci nudi e rotolarci nella
sabbia, ma in realtà ti stavo cercando perché volevo presentarti una persona,
una persona che non avrei mai pensato di rivedere e che è stata molto
importante per me quando ero un ragazzo.”
Aethelred arrossì violentemente. Ecco,
un’altra cosa in cui erano molto diversi era proprio quella: Ivar, come tutti i
Vichinghi, non aveva falsi pudori e parlava di sesso (e lo metteva in pratica!)
anche nei luoghi più impensabili, mentre Aethelred, cresciuto in una corte
cristiana e oppressiva, pensava che certe cose fossero da fare e da nominare
solamente in un contesto intimo e privato e soltanto tra le due persone
interessate!
“Davvero? Chi è questa persona?” domandò
comunque, interessato suo malgrado. Si alzò in piedi, si spolverò abiti e
mantello dalla sabbia e si affiancò al suo compagno, che gli si appoggiò stringendolo
dolcemente e lo condusse verso il porto.
“Eh, no, deve essere una sorpresa” replicò
sorridendo Ivar. “Stamattina sono venuto al porto perché a quanto pare è
sbarcato quel Principe di cui ci aveva parlato Bjorn, Asvard, e io sono andato
a salutarlo perché lo conoscevo dalla spedizione in Wessex. L’ho trovato molto
scosso ma anche determinato a vendicarsi, lui e i compagni che sono venuti con
lui. La cosa strana è che ha portato con sé un ragazzetto, il figlio del Re
Egil, dice di averlo preso come ostaggio ma mi è sembrato strano… Comunque non
è di lui che volevo parlarti.”
Aethelred, istintivamente, rabbrividì e si
strinse di più a Ivar. Perché quell’Asvard aveva rapito il figlio del Re e lo
aveva portato proprio a Kattegat? Sì, razionalmente poteva capirlo: Re Egil gli
aveva strappato tutta la sua famiglia e adesso lui gli portava via il suo unico
figlio… ma questo voleva dire attirare ancora di più la collera di Re Egil
verso Kattegat. Non sarebbe finita bene, non poteva finire bene…
Al porto c’era una gran confusione, la gente
di Kattegat si era riunita attorno alle navi giunte da ogni dove e, in
particolare, molti avevano fatto capannello intorno a un uomo che non si
riusciva a scorgere in mezzo ai cittadini festanti. Aethelred riuscì per un attimo
a dimenticare le sue pene, vinto dalla curiosità. Chi poteva essere quella
persona misteriosa che Ivar e anche molti cittadini di Kattegat dimostravano di
amare e rispettare tanto? Possibile che lui non ne avesse sentito parlare?
Eppure erano ormai più di due anni che viveva con i Vichinghi e un anno e mezzo
almeno da quando si era trasferito a Kattegat…
“Avanti, avanti, lasciate passare Ivar
Senz’Ossa che vuole abbracciare il suo vecchio amico… e presentargli il suo
compagno!” disse ad alta voce il giovane Vichingo per farsi largo tra la gente
che circondava l’uomo che desiderava raggiungere.
A quelle parole i cittadini di Kattegat
iniziarono a fare qualche passo indietro per lasciare al figlio di Ragnar
Lothbrok la possibilità di vedere finalmente l’amico che pensava non avrebbe
mai più incontrato.
Aethelred rimase un tantino deluso quando
vide l’uomo per la prima volta: dopo tutto quello che aveva detto Ivar, dopo
l’entusiasmo che aveva notato tra la gente di Kattegat per il suo ritorno si
sarebbe aspettato… beh, non sapeva neanche lui che tipo di uomo, ma di certo
non quello che si trovava davanti. Quello che vedeva era un uomo molto magro,
con una lunga barba bianca che lo faceva sembrare senza dubbio più anziano di
quanto non fosse realmente, gli occhi bistrati, delle rune tatuate sul cranio
calvo e vestito di abiti di foggia strana, né Norrena né Sassone. Quando, però,
l’uomo vide Ivar e lo riconobbe i suoi occhi brillarono e un sorriso gli
illuminò il volto, rendendolo improvvisamente più giovane. Aethelred si rese
conto che, in effetti, non avrebbe potuto dare un’età a quell’uomo e che in lui
c’era veramente qualcosa di speciale, un’energia e una potenza che catturavano…
non era uno qualunque, questo era certo, e adesso cominciava a capire perché Ivar
ci tenesse tanto a farglielo conoscere.
“Ivar!” esclamò l’uomo, spalancando le
braccia verso il giovane Vichingo. “Ma guardati, adesso cammini praticamente da
solo con quell’armatura di ferro. Ricordo ancora il primo carro da guerra che
ti costruii per permetterti di partecipare alle battaglie, ma devo ammettere
che questo è molto meglio.
Ivar rise a si getto tra le braccia del
vecchio amico, un secondo padre per lui. A quel tempo, Floki era stato l’unico
a credere in lui e ora il giovane Vichingo era fiero di mostrargli quanto fosse
stato coraggioso e determinato.
“Solo un testardo come te ci poteva riuscire,
in questo sei proprio come tuo padre Ragnar e forse è per questo motivo che lui
credeva in te” riprese Floki.
“Ma anche tu sei un testardo” replicò Ivar,
prendendolo affettuosamente in giro. “Ti credevamo morto in Islanda e invece rispunti
fuori dopo più di due anni e sei risorto come Odino! Hai anche acquisito la
conoscenza delle rune come lui?”
Floki fissò Ivar con un sorrisetto furbo che
era già di per sé una risposta.
“Magari non la conoscenza delle rune, ma in
questi anni credo di aver imparato molte cose, mi sono affidato agli dèi e loro
mi hanno condotto fino alla Terra Dorata dove un popolo di nativi, pacifici e
legati alla natura, mi hanno curato e guarito” spiegò. “A proposito, devo
portare a tutti i saluti di Ubbe, Torvi e del gruppo che è arrivato fin là e si
è perfettamente integrato con i nativi di quella terra, fondando una nuova
colonia in pace e prosperità.”
Ivar era rimasto a bocca aperta: Ubbe dunque
ce l’aveva fatta, era giunto in una terra lontanissima che nessun Norreno prima
di lui aveva mai visto, e vi aveva fondato una colonia! Davvero stava iniziando
una nuova era per il mondo Vichingo…
Assistendo a questa scena, Aethelred comprese
quanto veramente l’uomo che era appena sbarcato a Kattegat fosse stato e fosse
tuttora importante nella vita del suo compagno e provò una grande commozione,
ma allo stesso tempo anche una punta della sua antica insicurezza. Chiaramente
per Ivar l’opinione e l’approvazione di quell’uomo erano molto importanti… e se
lui non fosse piaciuto a questo Floki? Se l’uomo avesse pensato che Ivar
dovesse avere una moglie e dei figli, oppure un compagno Vichingo come lui e
non certo un Sassone cristiano? Per un istante Aethelred desiderò scappare,
scomparire, seppellirsi… poi Ivar si voltò verso di lui con il suo immenso e
bellissimo sorriso magnetico, con gli occhi azzurri brillanti come il mare di
Kattegat illuminato da scaglie di sole, e si avviò verso di lui conducendo
Floki con sé per fare le presentazioni.
In effetti Aethelred avrebbe avuto anche
ragione di dubitare della simpatia di Floki per i Cristiani, visto che, ormai
molti anni prima, era stato proprio lui a uccidere il monaco Athelstan, il vero
padre di Alfred, quando aveva temuto che la sua amicizia troppo stretta con
Ragnar potesse condurre il Vichingo verso una conversione. In realtà, però,
Floki aveva vissuto moltissime esperienze devastanti da quel giorno ormai
lontano e queste lo avevano cambiato profondamente. Era ancora l’uomo legato ai
suoi dèi molto più di qualsiasi altro abitante di Kattegat, ma ora gli dèi non
gli chiedevano più di razziare, uccidere e massacrare ma, al contrario, lo
avevano condotto in terre lontane dove aveva appreso che i popoli potevano
vivere insieme, aiutandosi e collaborando e non per forza combattendo gli uni contro
gli altri; gli avevano insegnato a rinunciare a ogni ambizione e desiderio di
potere e cercare invece la pace, l’armonia, l’amore e la compassione per gli
altri. E così, pur senza saperlo e pur essendo devoti a divinità diverse, sia
Floki sia Aethelred avevano compiuto un cammino simile, si erano evoluti e
adesso erano molto più simili di quanto chiunque avrebbe mai potuto immaginare!
“Immagino che avrai migliaia di storie da
raccontare a tutti noi, Floki, e lo farai più tardi quando saremo nella dimora
regale di Bjorn” disse Ivar, compiaciuto, “ma adesso è il momento delle
presentazioni. Aethelred, questo è Floki, il miglior amico di mio padre Ragnar
e il più grande e geniale costruttore di navi di tutto il mondo Norreno… e
anche un po’ folle, a dirla tutta, ma in questo somiglia a me! E lui è
Aethelred, originariamente un Principe Sassone, ma adesso è anche lui un vero e
proprio Vichingo e anche il mio compagno di vita. Sai che è proprio grazie a
lui se abbiamo ottenuto delle terre nel Wessex dove abbiamo fondato delle
colonie? Aethelred ha convinto il Re Sassone, che poi è anche suo fratello, e ci
ha fatto acquisire questo Regno Norreno nel Wessex, il Danelaw, dove Vichinghi
e Sassoni vivranno fianco a fianco in pace e collaborazione.”
Con grande stupore di Aethelred, Floki lo
fissò con ammirazione.
“Allora è per questo che gli dèi mi hanno
mandato Ragnar a disturbarmi” disse. “Sai, Ivar, tuo padre veniva da me tutte le
notti a chiedermi di costruirgli una nave e io gli chiedevo cosa volesse farne,
visto che ormai era morto… poi però l’ho costruita e lui mi ha detto che non la
costruivo per lui ma per me, per tornare a Kattegat. Io non capivo, comunque mi
sono imbarcato lo stesso e adesso comprendo il perché: Ragnar sapeva che Ubbe
era ormai al sicuro nella sua nuova terra e voleva che vedessi che anche gli
altri suoi figli stavano costruendo un nuovo tipo di mondo Norreno a Kattegat!
Un mondo non più fondato sulla violenza e l’oppressione, bensì sulla collaborazione
pacifica tra i vari popoli, una cosa che solo i veri Vichinghi possono fare
perché solo loro hanno spirito di avventura, curiosità e mente aperta.”
Ivar sembrava perplesso, ma Floki era
entusiasta di Aethelred e per lui questo poteva bastare.
“Sono molto felice di conoscerti, Aethelred…
non avrei mai pensato di dirlo di un Sassone e tanto meno di un Principe del
Wessex, ma le cose cambiano davvero tanto” esclamò Floki, stringendo con
entusiasmo la mano del giovane Sassone. “Immagino che tu sia cristiano, non è
così?”
“Sì, ma questo non mi impedisce di rispettare
i vostri dèi, i vostri costumi, usi e tradizioni e di… e di amare Ivar e
sentirmi a casa mia in questa città” rispose Aethelred, arrossendo. “Anch’io
sono onorato di conoscerti.”
Ivar sorrise. Era compiaciuto nel vedere che
le persone più importanti della sua vita avevano già trovato dei punti in
comune e cominciava a pensare che, nonostante le difficoltà che si profilavano
all’orizzonte, le cose sarebbero tuttavia migliorate presto a Kattegat!
Climb
way higher, free your fire Never looking down below Aim for the top, keep in motion Get ready sometimes to fall Light the embers, make it happen Dare to fight against the odds Be the one to shape your future Just unleash you inner force Unleash your inner force! Animus!
(“Animus” – Moonlight Haze)
Non fu una cosa semplice arrivare dal porto
alla dimora regale, sebbene la strada non fosse poi lunghissima. Ma la voce del
ritorno inaspettato di Floki si era sparsa rapidamente per tutta Kattegat e,
lungo il tragitto, tutti volevano vederlo, salutarlo, parlargli e l’uomo era
felice di sentire l’affetto dei suoi concittadini dopo tanto tempo. Gli pareva
anche di percepire un’atmosfera nuova a Kattegat, qualcosa che non c’era ai
tempi in cui aveva deciso di partire con il gruppo dei suoi seguaci per fondare
la colonia in Islanda… Ma non ebbe il tempo di formulare appieno il pensiero,
perché Ivar lo obbligò a una deviazione prima di giungere alla dimora regale.
“Prima di andare da Bjorn voglio farti una
sorpresa” gli disse, con fare misterioso. “Sono sicuro che non immagini neanche
chi sto per farti incontrare…”
Ivar, infatti, si era accorto che Hvitserk e
Helgi si trovavano presso la casetta in cui Tiago aveva deciso di abitare e di
svolgere il suo mestiere di guaritore. Il giovane spagnolo in quel momento non
c’era, si era recato nei boschi per raccogliere erbe e radici che gli sarebbero
serviti per i suoi decotti e medicamenti… visto che Erik, nella sua furia da
orso impazzito, aveva distrutto praticamente tutte le sue scorte. Ma Hvitserk e
Helgi si erano presi particolarmente a cuore il ragazzo dopo ciò che gli era
successo e avevano deciso di aiutarlo: così, in quel momento, si trovavano
nella piccola e modesta abitazione per rimettere in ordine e riparare tutto ciò
che Erik aveva fatto a pezzi. Quando Ivar condusse Floki e Aethelred nella
casetta, Hvitserk stava montando delle nuove scaffalature di legno fatte con
delle assi lunghe, sulle quali Tiago avrebbe potuto sistemare i suoi rimedi;
Helgi invece aveva riparato le sedie che Erik aveva rotto e stava aggiustando
il tavolo.
“Immagino che non avrai dimenticato Hvitserk…
e nemmeno Helgi, non è vero?” domandò, mentre gli occhi gli brillavano.
“Floki? Non credo ai miei occhi… allora è vero,
gli dèi ti hanno protetto e ti hanno riportato da noi!” esclamò Hvitserk,
dimenticando quello che stava facendo e correndo incontro al vecchio amico.
“Sono così felice di riabbracciarti e di trovarti sano e salvo!”
Floki abbracciò Hvitserk, ma i suoi occhi
erano fissi su Helgi, che aveva lasciato cadere gli strumenti con i quali
riparava il tavolo ed era rimasto immobile, impietrito e senza fiato.
Uno sguardo d’intesa passò tra Ivar, Hvitserk
e Aethelred che decisero di lasciare ai due un po’ di privacy: non potevano
neanche immaginare la tempesta di sentimenti ed emozioni che stava travolgendo
entrambi, le esperienze che li avevano legati e poi separati erano state
talmente terribili ed estreme da rischiare di togliere loro il senno e pareva
un sogno ritrovarsi a Kattegat, vivi e al sicuro, come se nulla fosse accaduto.
Floki si avvicinò lentamente ad Helgi, con
cautela, come se temesse di spaventarlo o di vederlo svanire all’improvviso.
“Sei vivo… Helgi, io… non riesco a crederci…
sono stati gli dèi a proteggerti, ti hanno salvato!” mormorò l’uomo.
“Sì, credo… credo che siano stati gli dèi”
rispose Helgi, tremando, “perché io non so neanche come sia riuscito a fuggire,
come abbia fatto a ritrovarmi su una nave diretta a Kattegat…”
Vedendo il suo compagno così turbato e
spaventato, Hvitserk avrebbe voluto correre da lui e stringerlo tra le sue
braccia, ma Ivar gli posò una mano sulla spalla per trattenerlo: quello non era
il momento, era chiaro che l’incontro era sconvolgente sia per Helgi sia per
Floki, ma era anche necessario che i due potessero parlarsi e realizzare ciò
che era accaduto.
Floki fu il primo a riprendersi dal
turbamento e, con le lacrime agli occhi per la commozione, si avvicinò per
abbracciare il ragazzo.
“Sono così felice che tu sia salvo e che sia
tornato a Kattegat, Helgi, io… era un mio immenso rimorso quello di non essere
riuscito a proteggere te i tuoi cari!” esclamò. Helgi, però, non sembrava molto
propenso ad accettare quell’abbraccio e, anzi, fissò Floki con un’espressione
che sembrava quasi terrorizzata.
Per un attimo, e con grande dolore, l’uomo
temette che Helgi fosse arrabbiato con lui per non averlo salvato e per aver
lasciato morire la sua famiglia, ma no, non era quello…
“Se tu… Floki, ma se tu sei riuscito a
tornare a Kattegat, allora… allora anche Kjetill… anche lui può… può tornare a
cercarmi, a uccidermi!” fece il giovane con una voce così spezzata dal pianto e
dall’orrore da trafiggere il cuore di Hvitserk.
Floki comprese subito tutto ciò che aveva
attraversato la mente di Helgi: se lui era riuscito a tornare non solo
dall’Islanda ma da chissà quali terre lontane, allora cosa avrebbe impedito a
Kjetill di imbarcarsi anche lui per Kattegat e cercare Helgi per ucciderlo?
In realtà, però, l’uomo aveva una risposta
per tranquillizzare Helgi una volta per tutte e il cuore gli si riempì di gioia
nel riferirgliela.
“Helgi, no” gli disse con dolcezza, come se
parlasse a un bambino spaventato. “Kjetill è morto, gli dèi lo hanno punito per
tutto il male che ha fatto, che alla fine gli si è ritorto contro.”
Helgi non sembrava in grado di credere alle
parole di Floki, forse nemmeno le ascoltava, continuava a scuotere il capo e a
stringersi le braccia, come in preda a un attacco di panico. Hvitserk di nuovo
tentò di staccarsi dalla presa di Ivar per correre da lui, si sentiva strappare
il cuore dal petto nel vederlo così, ma questa volta fu anche Aethelred a
fermarlo stringendogli delicatamente un braccio e facendo cenno di no. Anche
gli occhi del Principe Sassone erano due pozze immense di dolore, ma lui
comprendeva quanto quel momento fosse importante per Helgi: se lo avesse
superato, poi finalmente sarebbe stato bene… almeno lui.
“Helgi, credimi, Kjetill è morto davvero”
ripeté Floki. “Ascoltami, sono riuscito a raggiungere la Terra Dorata e là dei
nativi si sono presi cura di me, poi qualche tempo fa sono arrivati anche Ubbe,
Torvi con il piccolo Ragnar e gli altri che erano partiti con loro. Adesso
stanno tutti bene e anche loro hanno fondato una colonia in pace con i nativi
di quella terra, ma io ho avuto modo di parlare con Ubbe e lui mi ha raccontato
di aver conosciuto Kjetill, di averlo incontrato in Islanda, nella prima tappa
del suo viaggio. Kjetill e la sua famiglia hanno deciso di lasciare l’Islanda e
di seguire Ubbe nella sua spedizione esplorativa…”
“Lo sapevo, lo sapevo, io lo avevo detto a
Ubbe di non andare in Islanda, che là c’era Kjetill, che avrebbe fatto del male
a lui, a Torvi, glielo avevo detto!” lo interruppe Helgi, disperato, ma questa
volta Floki lo prese per le braccia e con dolce fermezza lo obbligò a starlo a
sentire.
“Avevi ragione a mettere in guardia Ubbe da
Kjetill e io posso dirti che lui ha ascoltato i tuoi consigli” lo
tranquillizzò. “Ubbe non si è mai fidato di Kjetill, sebbene abbia accettato di
viaggiare con lui, lo ha sempre tenuto d’occhio. Quando sono giunti in una
nuova terra, che hanno chiamato Vinland,*
Kjetill ha iniziato a dimostrarsi ostile, voleva essere lui a prendere le
decisioni e non accettava di sottomettersi a Ubbe. Da quello che Ubbe mi ha
raccontato, Kjetill ha iniziato a comportarsi esattamente come nella nostra
colonia in Islanda: la terra non era fertile come avevano sperato, i coloni
hanno cominciato a lamentarsi e Kjetill si è mostrato sempre più duro e avido.
Quando un’enorme balena si è arenata sulla spiaggia, Kjetill ha rifiutato di
condividere questa ricchezza con gli altri coloni e, anzi, ha iniziato a
ucciderli per proteggere la carcassa. Questa volta, però, lui e la sua famiglia
hanno avuto la peggio e Ubbe, mentre riusciva a imbarcarsi con Torvi e pochi
altri per fuggire da quel luogo divenuto pericoloso, ha visto Kjetill e suo
figlio cadere sotto i colpi dei coloni.”**
Helgi fissò Floki, apparentemente senza
capire ciò che aveva appena udito.
“Kjetill è morto, Helgi. Ubbe lo ha visto morire,
lui e la sua famiglia. Non tornerà mai più, non ti tormenterà più, è finita”
ripeté ancora l’uomo, in tono sempre più incoraggiante.
A quelle parole sembrò davvero che l’atmosfera
della piccola casetta di Tiago si fosse rischiarata: il viso di Helgi parve
illuminarsi, l’ombra che aveva sempre appannato il suo sguardo scomparve
improvvisamente e fu come se dalle spalle del giovane fosse caduto un peso di
millenni. Helgi aprì la bocca per parlare, ma le parole gli si spezzarono in
gola, uscì solo qualcosa che sembrava un lamento, ma era una specie di
esclamazione di gioia per il terrore che, finalmente, lo abbandonava. Si gettò
tra le braccia di Floki e scoppiò in un pianto dirotto, ma era un pianto che
faceva bene perché, insieme alle lacrime, si scioglievano il gelo della paura,
il dolore della perdita, l’ansia e l’angoscia che avevano torturato il povero
ragazzo per tutto quel tempo.
“Va bene, va bene, Helgi, puoi piangere, puoi
sfogarti, adesso” gli disse con tenerezza Floki, proprio come un padre che
rassicura il figlioletto, “sfogati e poi non pensarci più. Adesso sei al sicuro
a Kattegat, con i tuoi amici, con tutte le persone che ti vogliono bene e
nessuno ti farà mai più del male. Andrà tutto bene, Helgi, andrà tutto bene.”
L’uomo lasciò che il giovane liberasse
finalmente tutta la sua sofferenza in quel lungo pianto convulso e continuò a
tenerlo stretto e ad accarezzargli i capelli, poi, vedendo che Hvitserk si
avvicinava timidamente (finalmente Ivar e Aethelred parevano avergli dato il
permesso!), accolse anche lui tra le braccia e poi si slacciò da quella
stretta, lasciando che fosse il giovane Vichingo ad abbracciare, coccolare e
confortare il suo compagno.
Anche Floki aveva le lacrime agli occhi, ma
le asciugò subito con la mano.
Pian piano Helgi riuscì a calmarsi e allora
fu Hvitserk ad accarezzargli il viso e i capelli e a parlargli in tono dolce e
tranquillizzante.
“Hai sentito? Te l’avevo detto, Helgi, non
hai più niente da temere. Kjetill è morto come meritava e adesso tu devi solo
pensare alla vita che avremo insieme” gli disse, sorridendo.
Helgi pareva trasfigurato, era finalmente
ritornato il ragazzo sereno e dolce che Floki aveva conosciuto ma che Hvitserk,
in realtà, non aveva mai potuto vedere: un giovane senza più paura, senza più
demoni che lo laceravano, dagli occhi limpidi e dal sorriso buono.
“Sì, Hvitserk, adesso andrà tutto bene. Io
sarò con te e ti aiuterò nel difficile compito di governare le colonie del
Wessex. Scusami se per tutti questi mesi sono stato…” provò a dire Helgi, ma
Hvitserk lo interruppe abbracciandolo più stretto.
“Non dirlo neanche per scherzo, tu non devi
scusarti di niente” affermò deciso. “Sono solo felice per te, perché adesso non
hai più timori, e potremo iniziare la nostra vita senza che niente ci separi.”
La cosa si stava facendo intima ed era chiaro
che i due innamorati avrebbero desiderato avere un po’ di tempo per restarsene
da soli in quella piccola casetta… tanto Tiago non sarebbe tornato ancora per
un bel po’! Ivar prese sottobraccio Floki e lo guidò fuori dall’abitazione con
un sorrisetto storto.
“Bene, bene, ora che questa faccenda è
risolta lasciamo un po’ da soli quei due, che ne dite?” fece, rivolto a Floki e
Aethelred. “Adesso andiamo nella dimora regale, immagino che ne avrai di cose
da raccontare anche a Bjorn… e lui sarà contento di ascoltarle. Mi piace questa
cosa, siamo tutti di nuovo insieme come ai tempi di Ragnar!”
Floki sorrise e anche Aethelred si sforzò di
farlo. Era sinceramente contento di vedere che Ivar aveva ritrovato un uomo
che, per lui, era come un secondo padre ed era felice anche per Helgi che si
era liberato delle sue peggiori paure. Una parte di lui, però, provava una
sottile invidia per il giovane Vichingo: Helgi aveva vissuto nel terrore e nell’angoscia
per tanto tempo e questo per poco non l’aveva distrutto, era giusto che
finalmente potesse vivere libero e sereno. Però… però quando Aethelred aveva
visto l’ombra della sofferenza abbandonare Helgi non aveva potuto fare a meno
di chiedersi se questo sarebbe mai potuto accadere a lui. Sapeva bene come
fosse terribile vivere tormentato da paure e ansie, perciò poteva comprendere
così bene Helgi, ma per lui era bastato sapere che il suo nemico, Kjetill, era
morto. Cosa avrebbe potuto sollevare Aethelred dalle sue pene, dal terrore di
nuove guerre, dall’incubo di perdere Ivar, di vederlo morire davanti ai suoi
occhi?
Mentre si dirigeva con Ivar e Floki verso la
dimora regale, il Principe Sassone continuava a sentire il pungiglione del
dolore e della paura che gli straziava il cuore e sapeva che le cose sarebbero
potute solo peggiorare, visto che il Re Danese Egil non avrebbe rinunciato al
suo proposito di conquistare e convertire al Cristianesimo tutto il mondo
Norreno e che presto ci sarebbero state nuove guerre e battaglie da affrontare.
Fine capitolo sesto
* Terra effettivamente scoperta dai Vichinghi, nella
serie TV sono Ubbe e i suoi a sbarcarvi per primi. Vinland è l’attuale nome di
una grande isola che fa parte della Groenlandia.
** In realtà nella serie TV Kjetill non si vede morire,
Ubbe vede che i coloni uccidono suo figlio… ma siccome poi Kjetill non tornerà
mai più nella vicenda e di lui non si saprà più niente, mi è sembrato meglio
far morire anche lui e dare finalmente pace al povero Helgi.
I'm lost in the dark
I'm not blind to what I see
I know the river is wide and the water is deep
I feel the cold, my heart skips a beat
I don't need your absolution, so don't hold that sword over me
For my confessions I don't need a church
I don't need salt to know where it hurts
Don't pray for me, no
I cannot breathe for you
You're trying over and over, denying what I feel
And every time you bow down your head to pray
Don't pray for me, don't pray for me!
(“Don’t pray for me” –
Within Temptation)
In pochi giorni dal suo ritorno a Kattegat,
Floki aveva avuto modo di vedere quanto la cittadina fosse cambiata rispetto a
quando era partito, anche se erano trascorsi forse tre anni o poco più: adesso
Kattegat era fiorente e popolosa e, cosa che rendeva l’uomo ancora più
soddisfatto, era più simile alle colonie che Ubbe avrebbe fondato nella Terra
Dorata che ai villaggi Vichinghi di quando era giovane. Si reggeva molto più
sul commercio con i popoli della Via della Seta e quindi aveva meno bisogno di
conquiste, razzie e scorrerie; aveva stretto alleanza con il Wessex, dove
esisteva un nuovo Regno che Hvitserk e Helgi avrebbero governato, e una ancor
più stretta e solida con i Rus’; era stata abolita la schiavitù e accoglieva
gente di ogni provenienza. Floki ridacchiava compiaciuto tra sé e, nel suo
discorrere notturno con l’ombra del vecchio amico Ragnar, lo prendeva
scherzosamente in giro.
Mi hai giocato davvero un bel tiro, amico mio. Hai fatto
in modo che mi imbarcassi nuovamente per Kattegat, rischiando la vita, perché
volevi che vedessi con i miei occhi che non era solo Ubbe ad aver iniziato un
nuovo capitolo della storia Norrena, volevi che vedessi tuo figlio Bjorn Re dei
Norreni e capace di instaurare rapporti commerciali con altri popoli, gli altri
tuoi figli finalmente riappacificati e in posizioni prestigiose, Helgi sano e
salvo, quel giovane Sassone come uno dei punti di riferimento della cittadina…
Sì, sono felice che tu abbia insistito tanto perché costruissi quella nave, sono
felice di aver visto tutte queste cose anche a Kattegat!
In realtà, però, anche Floki sapeva della
minaccia che Re Egil voleva portare a tutto il mondo Norreno e questo non lo
rendeva tranquillo, a volte temeva di vedere a Kattegat lo stesso massacro a cui
aveva dovuto assistere in Islanda (Egil non era poi così diverso da Kjetill,
purtroppo) e allora iniziava a pensare che, forse, Ragnar lo aveva fatto
tornare anche perché c’era bisogno del suo aiuto per contrastare quel nuovo e
grave pericolo. Il rischio era tale che Bjorn aveva deciso che, per il momento,
Hvitserk e Helgi sarebbero rimasti anche loro a Kattegat, invece di partire per
il Danelaw, poiché non poteva privarsi di nessuno dei suoi uomini in vista di
possibili imminenti battaglie. Invece Aethelred aveva scritto a Alfred
spigandogli la situazione e sottolineando che, chiaramente, l’intento di Re
Egil non era davvero quello di cristianizzare
i Norreni, bensì quello di conquistare quanti più Regni possibile. Anzi,
era anche probabile che, se avesse avuto la meglio, poi si sarebbe rivolto
proprio contro le terre inglesi per distruggere i Regni Sassoni e instaurare
invece un dominio che fosse al contempo sia
Norreno che Cristiano. La cosa, ovviamente, non era piaciuta affatto a
Alfred che aveva promesso di inviare il prima possibile dei contingenti di
soldati Sassoni in difesa di Kattegat e dei Regni Norreni, contingenti che lo
stesso Aethelred avrebbe comandato.
Quel giorno Aethelred stava giusto informando
Ivar, Hvitserk, Helgi e Floki sulle ultime novità dal Wessex e sull’aiuto che
Alfred aveva promesso di mandare.
“Ma questa è una buonissima notizia,
Aethelred!” esclamò Ivar. “Perché ce la stai dicendo con questa faccia da
funerale?”
“Ivar ha ragione” convenne Floki. “Anzi, è
qualcosa senza precedenti: Sassoni e Norreni che si vengono in aiuto a vicenda.
È proprio questo che sta accadendo nelle colonie della Terra Dorata e sono
certo che segni un nuovo inizio dell’era Vichinga, è questa la volontà degli
dèi.”
Sì, beh, di certo non era quello il momento
di far sapere a Floki che Alfred era giusto il figlio di quell’Athelstan che
lui aveva ammazzato tanti anni prima… un giorno sarebbe giunta anche quella
rivelazione, ma non era quel giorno!
“Sì, certo, sono felice che Alfred si stia
concretamente impegnando per una collaborazione tra i Sassoni e i Norreni, ma…”
iniziò a dire Aethelred, che sicuramente poteva sentirsi rassicurato pensando a
un numero maggiore di soldati in difesa dei Regni Vichinghi, ma allo stesso
tempo avrebbe tanto preferito che di quell’aiuto non ci fosse bisogno e che
nessuna guerra fosse all’orizzonte. Non poté terminare la frase, però, perché
il gruppetto era giunto presso la casetta di Tiago e tutti si stupirono molto
nel vedere il giovane spagnolo che parlava amichevolmente con il Principe
Thorir, il figlio di Re Egil che era stato rapito e portato a Kattegat da
Asvard per la sua vendetta… e anche per qualche altro scopo, a quanto pareva,
visto ciò che gli faceva tutte le notti!
Thorir, dopo i primi giorni in cui era parso
scostante e intimorito, sembrava essersi aperto soprattutto con altri ragazzi
che, come lui, erano giovani, sperduti e che non lo mettevano a disagio, come
Helgi, Aethelred e, soprattutto, Tiago. Il Principe Danese non si era mai
sentito a suo agio accanto al padre, che avrebbe voluto come figlio un vero
guerriero, un uomo forte e spietato, mentre lui era delicato, amava le vesti
eleganti e gli piaceva più che altro giocare
a fare il Principe, ma non era sicuramente in grado di governare un Regno. A
Kattegat tutti lo avevano accettato senza tante storie e non pretendevano
niente da lui e Thorir si era sentito subito meglio, nonostante la sua
condizione non meglio precisata di ostaggio di Asvard. Quando Aethelred e gli
altri li avevano trovati a parlare, Tiago stava giusto spiegando a Thorir l’uso
di alcune erbe per curare le ferite e le infezioni e il Principe sembrava
affascinato dalla sapienza di quel ragazzo della sua età.
A dirla tutta, Tiago aveva anche un motivo
personale per cercare di stringere amicizia con Thorir: saputa la sua storia e
vista la sua situazione ambigua con Asvard, aveva subito ripensato a ciò che
era accaduto a lui con Erik, alla sua bruttissima esperienza, e avrebbe voluto
tenere il giovane Principe lontano da quell’uomo grande e grosso che,
purtroppo, fisicamente gli ricordava fin troppo Erik.
In realtà Asvard non era affatto come Erik,
sebbene lo ricordasse nell’aspetto: era un vero Principe, leale, onesto e
coraggioso, come Bjorn e i suoi fratelli avevano avuto modo di sapere, era solo
che in quel momento era totalmente concentrato sulla vendetta e, per questo,
non si apriva con nessuno, era freddo e distaccato con Thorir (anche se ci
faceva sesso ogni notte…) e poteva sembrare molto più brutale e spietato di
quanto non fosse in realtà. Ma, questo, Tiago non poteva saperlo.
Comunque, l’incontro con i due giovani fu per
Ivar l’occasione per presentare a Floki altri due amici.
“Floki, questo ragazzo è il Principe Thorir,
è il figlio del Re che ha causato tutti questi massacri, ma lui non è d’accordo
con suo padre e anzi vuole aiutarci a sconfiggerlo” disse quindi il giovane
Vichingo, facendo le presentazioni. “E lui è Tiago, il nostro guaritore. È… ma,
Floki, tu forse lo conoscevi già!”
A queste parole tutti rimasero stupiti. Come
poteva Floki conoscere Tiago?
Ivar notò la sorpresa negli occhi di tutti e
si affrettò a spiegarsi meglio.
“Cioè, magari tu non ti ricordi di lui, è
passato tanto tempo e comunque Tiago era in mezzo a tanti altri ragazzi e
ragazze” disse, “ma Tiago viene da Algeciras, il luogo in cui eri andato a
razziare con Bjorn e Hvitserk e da dove riportaste molte ricchezze e un bel
numero di schiavi. Tiago è uno di loro, soltanto che ormai da mesi Bjorn ha
abolito la schiavitù qui a Kattegat e quindi è diventato libero. Beh, è normale
se non te lo ricordi…”
Floki fissò il giovane spagnolo in silenzio
mentre emozioni ormai lontane gli sommergevano il cuore e, ancora una volta, il
pensiero che fossero stati proprio gli dèi a ricondurlo a Kattegat si faceva
più insistente. Tiago, un piccolo schiavo spagnolo di Algeciras… gli dèi
volevano davvero che tutte le questioni che Floki aveva in sospeso da anni si
chiudessero in modo positivo e, nel suo cuore, li ringraziò con fervore.
“Non ricordo questo ragazzo in particolare”
ammise Floki, “ma sarei veramente curioso di conoscere la sua storia e di
sapere come ha appreso il mestiere di guaritore. Voi andate pure, se volete, io
vorrei trattenermi un po’ di tempo a parlare con Tiago, se al ragazzo non
dispiace.”
“No, certo che no. Accomodati pure nella mia
casa” lo invitò Tiago. “A dirla tutta neanch’io mi ricordo di te, c’era tanta
confusione in quei giorni e quando ci avete portati via… beh, non avrei saputo
distinguere un Vichingo da un altro! Ti interessano le erbe medicinali?”
“Sì, mi interessano, e comunque volevo
parlare con te anche di… altre cose, se non ti disturbo” rispose Floki che
sembrava piuttosto in confusione.
“No, certo, mi fa piacere, però…” Tiago si
voltò verso Ivar e gli altri che avevano preso in disparte Thorir e sembravano
volerlo condurre via con loro, “aspettate, perché Thorir non può rimanere? Gli
stavo spiegando delle cose che mi aveva chiesto e credo che lui desideri
restare.”
Non era tutta la verità, ma Tiago voleva
evitare il più possibile che Thorir fosse riportato alla dimora regale dove
avrebbe ritrovato Asvard.
“Credo che sia meglio che tu e Floki parliate
da soli” replicò Hvitserk, che sembrava l’unico ad aver capito il motivo che
aveva spinto il vecchio amico a volersi confrontare con Tiago. “Thorir potrà
tornare a trovarti un altro giorno, adesso deve venire con noi, ci sono delle
cose importanti che Aethelred deve comunicarci ed è bene che anche lui le
ascolti.”
Thorir non sembrava affatto convinto e
neanche Tiago, ma non si poteva fare altrimenti. Così il giovane spagnolo fece
entrare Floki nella sua casetta e dovette lasciar andare il Principe Danese che
pareva molto abbattuto all’idea di tornare alla dimora regale…
Mentre Hvitserk conduceva via Thorir, Ivar
gli si rivolse incuriosito.
“Di che parlavi, Hvitserk? Perché Floki e
Tiago devono parlarsi da soli? Hanno detto di non conoscersi, no?”
“Ma dai, Ivar! Tu non eri con noi nella
spedizione ad Algeciras, ma davvero non ricordi cos’è accaduto in seguito a
Floki? E proprio per via degli schiavi che avevamo portato via da là?” ribatté
Hvitserk, sorpreso.
“Come posso ricordarmi di fatti accaduti
quando non c’ero? Io non sono venuto ad Algeciras con voi, come hai detto anche
tu, e subito dopo siamo partiti tutti insieme per vendicare la morte di nostro
padre” disse Ivar.
Ora la questione si era fatta interessante e
anche Aethelred, Helgi e lo stesso Thorir si erano incuriositi.
“Insomma, cos’è successo a Floki, si può
sapere? E che c’entra Tiago?” domandò Helgi.
Intanto Ivar sembrava aver avuto un’illuminazione.
“Ah, sì, ora me lo ricordo, è assurdo che lo
avessi dimenticato, ma a quel tempo era giunta la notizia che nostro padre era
morto e noi stavamo preparando la nostra vendetta e poi…”
Hvitserk lo interruppe per rispondere a
Helgi, altrimenti ci sarebbe voluta tutta la giornata!
“Quando portammo a Kattegat gli schiavi che
avevamo catturato ad Algeciras, tra i quali c’era Tiago, la moglie di Floki,
Helga, notò una ragazzina di nome Tanaruz e decise di prenderla in casa con
loro” spiegò. “Floki non era d’accordo, probabilmente aveva già notato qualcosa
di strano nella ragazzina, ma alla fine accontentò la moglie, solo che… beh,
Tanaruz riuscì a impossessarsi di un coltello e pugnalò la donna. Il suo odio
per i Norreni che l’avevano rapita non era stato in grado di distinguere tra
chi le avrebbe solo fatto del male e Helga che invece la voleva tenere come una
figlia. Anzi, sembrava quasi che quella ragazza odiasse Helga più ancora degli
altri Vichinghi, non ho mai capito perché. Comunque poi Tanaruz si suicidò, ma
Floki non era più lo stesso. Distrutto dal dolore, quando tornammo a Kattegat
dopo aver vendicato nostro padre decise di imbarcarsi su una nave, da solo,
lasciandosi guidare dagli dèi.” *
Ivar annuiva, adesso ricordava tutto, anzi,
lui era stato uno dei più insistenti nel cercare di convincere Floki a non
partire da Kattegat. Helgi e Aethelred erano sconvolti.
“Ora capisco perché ha voluto riunire un
gruppo di persone per fondare una colonia in Islanda” commentò Helgi,
meditabondo. “Voleva staccarsi dai ricordi dolorosi e cercare un luogo dove si
potesse vivere pacificamente e invece… chissà quanto è stato straziante per lui
vedere la colonia che sognava distrutta dalle ambizioni di Kjetill e assistere
ancora a violenze e cattiverie gratuite… Lui non ci ha mai raccontato quello
che gli era accaduto, ma ora riesco a comprendere il suo dolore e la sua
terribile delusione.”
Hvitserk lo abbracciò, commosso dalla
sensibilità del compagno che, in quel momento, sentiva come proprio il dolore
lacerante che aveva provato Floki.
Ivar notò che il volto di Aethelred si era
rabbuiato, anche se non aveva detto niente. Gli passò un braccio attorno alle
spalle e lo strinse a sé.
“Sei davvero dolce, lo sai? Non conoscevi
neanche Floki, ma ti sei rattristato per lui come se fosse un tuo vecchio
amico” gli disse, intenerito.
Aethelred si abbandonò all’abbraccio
affettuoso di Ivar, ma era consapevole di non meritare del tutto quel
complimento. Certo la storia di Floki e Helga era stata atroce, ma lui poteva
comprendere lo strazio di Floki soprattutto perché aveva rischiato di vedere
Ivar pugnalato a morte davanti a lui, quella era la scena che lo perseguitava
nei suoi incubi e che non riusciva a cancellarsi dalla mente. Poteva capire
benissimo cosa avesse provato il povero Floki vedendo la persona amata
assassinata davanti ai suoi occhi, il suo terrore più grande era che potesse
succedere di nuovo ad Ivar e che, questa volta, non sarebbe riuscito a salvarlo
in tempo, proprio come era successo al Vichingo. Com’era riuscito Floki a
superare un trauma simile? Lui sapeva che non ne sarebbe mai stato in grado,
che sarebbe andato in mille pezzi, impazzito, probabilmente si sarebbe ucciso…
“Torniamo alla dimora regale” propose Hvitserk,
“così Aethelred potrà informare anche Bjorn del fatto che Alfred invierà dei
contingenti di soldati Sassoni per combattere contro Re Egil.”
Il gruppo di giovani si avviò verso la dimora
di Bjorn e Gunnhild, tuttavia Aethelred non riusciva a pensare ad altro che
alla storia tragica che aveva appena ascoltato. Non lo rassicurava il fatto che
Alfred avrebbe mandato dei soldati e che, con ogni probabilità, anche dai vari
Regni Norreni sarebbero presto giunti eserciti in risposta alla convocazione di
Re Bjorn: questo significava soltanto che molto presto ci sarebbero state altre
battaglie, altre stragi, altre uccisioni… e il panico lo invadeva al solo
pensiero del pericolo che tutto ciò avrebbe rappresentato per Ivar. Possibile
che non ci fosse modo di vivere in pace senza dover continuamente temere per le
persone amate? Lui aveva imparato a combattere giovanissimo e, all’inizio, le
battaglie lo emozionavano, suo padre era fiero di lui e del suo spirito
guerriero e Aethelred era felice di avere questo legame speciale con il
genitore. Ora, però, era tutto diverso, il pensiero di poter perdere Ivar era
un’ossessione che non lo lasciava quasi respirare e che lo lacerava giorno dopo
giorno.
I giovani erano quasi giunti alla dimora
regale quando Ivar fece una domanda alla quale nessuno era in grado di
rispondere.
“D’accordo, ma, in tutto ciò, per quale
motivo Floki ha voluto parlare con Tiago? Lui non c’entrava niente in questa
storia, non era neanche con noi quando Tanaruz uccise Helga. Questa cosa
proprio non me la spiego” disse.
E non era il solo!
Fine capitolo settimo
* La
tragica storia di Floki e Helga è vera, accade nella quarta stagione di Vikings.
Take me, take me,
you'll wish it didn't end
Have me and let it all to circumstance
Never say never
Let me show you my real face
Never say never
Would you take a ride to
see my secret place?
(“Never say never” –
The Big Deal)
In realtà nessuno avrebbe potuto capire
perché Floki aveva sentito di dover parlare con Tiago, era stato un richiamo
irresistibile per l’uomo, come se avesse sentito la voce degli dèi. Floki era
entrato nella casa del giovane spagnolo e si sforzava di ascoltare le sue
spiegazioni, ma i suoi pensieri andavano in tutt’altra direzione. Ancora una
volta, così com’era accaduto durante l’incontro con Helgi, si sentiva come se
gli dèi lo avessero guidato a Kattegat per aiutarlo a guarire tutte le sue
ferite, a chiudere tutte le questioni rimaste in sospeso e a riprendere la sua
vita finalmente in pace.
“È molto bello da parte tua aver deciso di
usare le conoscenze che la tua amica Inés ti ha trasmesso per aiutare la gente
di Kattegat” commentò ad un certo punto Floki. “In fondo i Norreni ti hanno rapito
e ti hanno fatto schiavo e tu, invece di odiarli, hai scelto di aiutarli. Sei
un ragazzo molto generoso, Tiago.”
Il giovane spagnolo sorrise e si strinse
nelle spalle.
“Inés mi ha trasmesso le sue conoscenze
perché le usassi per il bene, per aiutare le persone che hanno bisogno, e ora
sono qui, perciò mi sento in dovere di fare tutto quello che posso per guarire
la gente di Kattegat” spiegò con semplicità. “È vero, i Vichinghi sono quelli
che mi hanno rapito e fatto schiavo, ma in realtà non mi hanno mai trattato
male, sono stato preso come servitore da Re Bjorn e lui è sempre stato un
padrone giusto e generoso con me e con gli altri schiavi. Poi ha perfino deciso
di liberare tutti gli schiavi di Kattegat e io… insomma, ormai mi sento come se
facessi parte di questa città. E molti dei giovani Norreni sono diventati miei
amici e mi hanno aiutato in dei momenti in cui… beh, in cui ho corso veramente
dei seri pericoli… Diciamo che non tutti i Vichinghi sono persone corrette e
gentili come la famiglia Lothbrok e i loro amici.”
Floki continuava a rimanere incantato
dall’altruismo e dalla semplice generosità di Tiago e gli sembrava sempre di
più che, attraverso il ragazzo, gli dèi gli stessero inviando un messaggio.
“E, nonostante le brutte esperienze con
qualcuno dei Norreni, hai voluto comunque mettere a disposizione la tua
conoscenza delle erbe per guarirli?” insisté, quasi incredulo.
“Non è un caso se ho questi poteri, se sono
in grado di usare le erbe e l’energia della natura per curare le persone e se
sono stato cresciuto da una curandera come
Inés dopo essere rimasto orfano” replicò Tiago. “Per me è stato Dio a condurmi
qui, per te sono gli dèi Norreni, non ha importanza, quello che conta è che un
potere buono e al di sopra di noi ha fatto in modo che finissi qui e che avessi
le capacità per guarire le persone ed è questo che voglio fare della mia vita.”
Floki aveva le lacrime agli occhi e, in quel
momento, come una luce improvvisa, gli apparve chiarissimo il motivo per cui
lui e Tiago erano destinati ad incontrarsi.
“Tiago, sono veramente felice e onorato di
averti conosciuto e adesso vorrei raccontarti una cosa di me, un fatto della
mia vita che, forse, gli dèi hanno permesso perché fossi tu, oggi, a guarirlo
come fai con le ferite e le malattie” esordì. Dopo di che iniziò a raccontare a
Tiago quello che era avvenuto dopo che i Vichinghi avevano razziato Algeciras e
preso molti prigionieri per tenerli come schiavi, spiegò di Helga e Tanaruz e
di come il tentativo generoso e spontaneo di sua moglie avesse portato a una
tragedia. Alla fine del racconto anche gli occhi di Tiago erano pieni di
lacrime.
“Mi… mi dispiace così tanto… io… non so, non
conoscevo quella ragazza, c’erano tanti prigionieri insieme a me e io ero
confuso, non riesco neanche a ricordare bene ma… ma… non capisco perché hai
voluto raccontarlo proprio a me. Credevi forse che conoscessi quella giovane e
che potessi spiegarti il perché del suo gesto folle? Purtroppo non la ricordo
nemmeno, non posso aiutarti…” il ragazzo spagnolo sembrava davvero costernato,
neanche fosse stato lui in persona ad accoltellare la povera Helga!
Floki gli prese affettuosamente le mani e gli
fece una rapida carezza sul viso, asciugandogli le lacrime.
“No, Tiago, non è questo. Gli dèi hanno vie
misteriose per risolvere le situazioni in sospeso e in questo caso hanno
mandato te sulla mia strada perché potessimo chiudere un cerchio rimasto
aperto, portassimo l’ordine dove erano rimasti l’odio e il rancore” cercò di
spiegargli, anche se Tiago restava piuttosto confuso. Ma era l’effetto che
Floki faceva a molti… “Io e Helga avevamo una bambina, anni fa, si chiamava
Angborda ed è morta per una febbre. Quando Helga vide Tanaruz, probabilmente
sentì il desiderio di farle da madre, un desiderio che non si era mai spento in
lei… ma Tanaruz non ha capito, non ha voluto accettare il dono di Helga e ha
distrutto tutto. Ha spezzato un equilibrio che avrebbero potuto creare come
madre e figlia adottiva. Ma ora ci sei tu e ci sono io: tu sei un giovane
rapito dai Vichinghi proprio in quella razzia, proprio in quella città, per
diventare schiavo, ma a differenza di Tanaruz tu non hai odiato i tuoi rapitori
e, anzi, adesso ti adoperi per curarli con le tue conoscenze. E io… io sono
stato spinto a tornare a Kattegat proprio adesso per incontrarti, perché
anch’io ho imparato alcuni metodi curativi vivendo con il popolo della Terra
Dorata, metodi che magari tu non conosci, là mi consideravano uno sciamano un
po’ folle.”
Il volto di Tiago si illuminò, evidentemente
anche lui cominciava a capire.
“E mi potresti insegnare questi metodi?
Purtroppo sono stato rapito prima che Inés potesse trasmettermi tutte le sue
conoscenze, ma adesso potrai farlo tu” disse, entusiasta, “e insieme potremo
aiutare ancora più persone, soprattutto adesso che c’è una terribile guerra
all’orizzonte.”
“Sì, è proprio questo che intendevo. Potremo
collaborare per il bene degli abitanti di Kattegat e di chiunque chiederà il
nostro aiuto e così anche aiutarci a vicenda” assentì Floki. “È così che
ripareremo l’equilibrio spezzato da Tanaruz. Potrei anche… beh… potrei
considerarti mio figlio, visto che siamo entrambi rimasti soli?”
Tiago era commosso e la sua risposta più
immediata e spontanea fu un abbraccio affettuoso.
“Sarò felicissimo e onorato di averti come
padre e di imparare da te come facevo con Inés!” esclamò.
In quell’abbraccio tante ferite si sanarono e
veramente gli equilibri spezzati vennero riparati. Tiago sentiva nel cuore un
calore e un senso di protezione che non aveva più provato dopo che era stato
strappato da Inés e che aveva invano creduto di poter trovare in Erik; Floki
era inondato da una luce meravigliosa nella quale vedeva Helga e Angborda che
gli sorridevano e annuivano e comprendeva che la sua vita trovava finalmente il
suo senso lì, a Kattegat, dove tutto era iniziato, anche se lui era andato a
cercarselo fino alle Terre Dorate. Per Tiago era Dio che aveva fatto in modo
che trovasse un padre adottivo in un momento così particolare, per Floki era
stato un percorso che gli dèi gli avevano fatto compiere… ma quello che contava
era che tutto si stava risolvendo per loro, che sarebbero stati una famiglia e
che avrebbero usato le loro conoscenze per aiutare gli altri.
Mentre nella modesta ma accogliente casetta
di Tiago si apriva un nuovo e positivo capitolo della vita del giovane spagnolo
e di Floki, Ivar, Aethelred e gli altri avevano raggiunto la dimora regale e
Aethelred aveva informato il Re e la Regina della promessa di Alfred di inviare
al più presto contingenti di soldati Sassoni per difendere Kattegat e i Norreni
dalle mire di Re Egil.
“Un Re cristiano che si offre di mandare
soldati per combattere contro un altro Re cristiano?” aveva obiettato Leif.
Dopo quello che era accaduto a lui e alla sorella Freydis per mano di Re Egil e
dei suoi uomini non aveva nessuna fiducia nei Cristiani e non si faceva
scrupoli a dirlo. “Non credo che possiamo fidarci della sua promessa.”
Aethelred gli lanciò uno sguardo duro.
“Sono Cristiano anch’io e vivo e combatto con
i Vichinghi da molto tempo” chiarì. “Alfred è mio fratello e, per quanto a
volte sia stato mal consigliato dalla Regina sua moglie, nel cuore è d’accordo
con me e pensa che non debbano esserci divisioni tra popoli che vogliono vivere
in pace con le loro famiglie, chiunque sia il loro Dio o i loro dèi. E,
comunque, Re Egil in realtà vuole il potere e la religione per lui è solo una
scusa. Un Regno Norreno dominato da lui e da altri fanatici come lui non si
fermerebbe alla Scandinavia e potrebbe benissimo voler attaccare anche l’Inghilterra,
perciò è anche nell’interesse di mio fratello collaborare con noi.”
Ancora una volta Ivar ammirò la capacità di
Aethelred di mostrarsi determinato e perfino autoritario quando ce n’era
bisogno, pur rimanendo il giovane dolce, gentile e fin troppo sensibile che lui
amava tanto. Leif, che non era un cattivo ragazzo ma una testa calda che a
volte parlava prima di pensare, si pentì subito di ciò che aveva detto e chiese
scusa a Aethelred.
“Non preoccuparti, capisco quello che provi
nei confronti dei Cristiani dopo ciò che hanno fatto a te e a tua sorella”
rispose il Sassone, riprendendo il suo sorriso gentile. “Quegli uomini malvagi
saranno puniti come meritano e tu e Freydis riavrete il vostro Regno.”
“Molto bene, è una buona notizia sapere che
arriveranno anche dei soldati Sassoni per combattere con noi” disse Bjorn. “Io,
come Re dei Norreni, ho convocato i governanti di tutti i Regni per unirsi e
difendere ancora una volta la nostra terra dagli invasori, come facemmo contro
i Rus’. Dovrei ricevere le risposte entro pochi giorni, almeno dai Regni più
vicini.”
“La Regina Ingrid ha già inviato un nutrito
contingente di soldati da Tamdrup, dovrebbero essere qui domani” aggiunse
Gunnhild. Era bello pensare che, di fronte a questa nuova minaccia, anche
persone che fino a qualche tempo prima erano state nemiche, come Ingrid, adesso
diventavano preziose alleate. Peccato che ci volesse sempre una guerra per
smuovere le coscienze!
“Io ho scritto al Principe Igor” annunciò a
sorpresa Ivar. “Il Principe Dir e la Principessa Katja sono disposti anche loro
a inviare dei battaglioni Rus’ se ne avremo bisogno, però ci vorrà un po’ più
di tempo perché riescano ad arrivare.”
Bjorn apparve piacevolmente stupito dall’iniziativa
di Ivar.
“Beh, era l’ora che anche tu ti rendessi utile
per questa famiglia e questa città. Hai fatto molto bene, Ivar, in effetti se
la guerra durasse a lungo potremmo avere bisogno anche dell’appoggio dei Rus’”
convenne. Ivar fece finta di niente, ma dentro di sé esultò perché il fratello
era stato costretto a elogiarlo
pubblicamente per una sua iniziativa personale. Chissà che mal di stomaco era
venuto a Bjorn mentre pronunciava quelle frasi!
In quel momento un servitore si presentò e,
scusandosi per l’interruzione, annunciò che c’era un messaggero che doveva
parlare urgentemente con Re Bjorn.
“Fallo entrare” ordinò Bjorn, mentre tutti si
chiedevano di chi potesse trattarsi.
“Forse è un messaggero Sassone che ci informa
della partenza dei soldati mandati da mio fratello” commentò Aethelred.
“Sì, ma potrebbe anche essere uno qualsiasi
dei Re o delle Regine di Norvegia che ha risposto all’appello di Bjorn”
ipotizzò Hvitserk.
Grande fu la delusione di Bjorn e di tutti
quando il messaggero si presentò e disse di essere stato mandato non da uno dei
tanti alleati dei Norreni, bensì proprio da Re Egil. Asvard, che sedeva accanto
a Gunnhild, si irrigidì subito e anche Leif e Freydis apparvero molto turbati.
“Re Bjorn, il mio signore Re Egil mi ha
mandato in pace per proporre un accordo” disse l’uomo. “Re Egil è un uomo
giusto e devoto e fa quello che fa per la gloria di Dio, non vuole combattere
se non sarà necessario.”
Ivar vide Aethelred impallidire e,
istintivamente, lo strinse a sé per confortarlo. Le parole del messaggero
somigliavano in modo inquietante a quelle che aveva pronunciato Alfred durante
il colloquio di pace fallito, nel Wessex, quando la Regina Elsewith lo aveva
indotto a respingere gli accordi proposti dai Vichinghi.
Il mio Dio è amore e pace mentre i tuoi dèi sono crudeli
e vogliono solo morte e sacrifici, non posso accettare accordi con un mostro
come te, aveva detto Alfred a Ivar e, il giorno
dopo, Ivar aveva dovuto gettarsi nella mischia e offrirsi di morire per i suoi
uomini pur di ottenere la fine delle ostilità. Il giovane Vichingo non poteva
dimenticare quei momenti drammatici, ma Aethelred ne aveva sofferto ancora più
di lui e adesso lo sentiva tremare nel suo abbraccio, sconvolto dalle parole
del messaggero che potevano solo portare nuove tragedie.
“Eppure è stato il tuo Re a iniziare questa
guerra, distruggendo molti Regni Danesi e uccidendo tanta gente” commentò
Bjorn, gelido. “Perché dovrei credere che non farà lo stesso con noi?”
“Il mio Re Egil ha dovuto punire coloro che
si ribellavano all’unico vero Dio, non l’ha fatto per avere i loro Regni”
replicò il messaggero.
Leif avrebbe azzannato alla gola il
messaggero lì su due piedi e solo l’intervento di Freydis, Helgi e Hvitserk che
stavano accanto a lui riuscì a distoglierlo dai suoi propositi di fronte a una
simile provocazione. Un lampo passò anche negli occhi di Asvard e il suo volto
si fece di pietra, ma mantenne la calma sapendo che non era quella la vendetta
che cercava e che il messaggero riportava solo le parole del suo Re. Doveva
controllarsi se voleva punire quel bastardo come meritava…
“Appunto. Anche noi seguiamo gli dèi Norreni
e non abbiamo alcuna intenzione di convertirci al suo Dio” chiarì Bjorn,
caustico. “Quindi, ripeto: perché dovrei credere che non ci farà guerra?”
“Perché voi avete suo figlio” rispose il
messaggero. “Voi avete il Principe Thorir e Re Egil è disposto a mostrarsi
misericordioso come il suo Dio se gli restituirete il figlio sano e salvo. Non
appena potrà riabbracciare il suo adorato figlio ed erede, il mio Re rinuncerà
a qualsiasi tentativo di guerra e conquista. Ha convertito la Danimarca, che la
Norvegia resti pure in mano ai suoi dèi pagani, ha detto.”
Le parole del messaggero furono ancora più
sconvolgenti e tutti presero a guardarsi l’un l’altro, chiedendosi cosa volesse
veramente Re Egil e cosa fosse più conveniente fare. Qualcuno lanciò un’occhiata
anche al Principe Thorir che, bisogna dargliene atto, era rimasto impassibile e
non aveva mostrato alcun segno di turbamento, sicuramente sperando che il
messaggero non lo conoscesse e che quindi non fosse in grado di individuarlo in
quel salone in mezzo a tanti guerrieri.
“Sarebbe molto vantaggioso, se solo fosse
vero” disse Bjorn, “ma io come posso fidarmi? Forse Re Egil vuole suo figlio
solo per metterlo al sicuro prima di attaccare la nostra città.”
“Re Egil è un sovrano Cristiano e deve
bastarvi la sua parola” ribatté il messaggero, risentito.
“Ah, certo, come no” borbottò Ivar,
abbastanza forte da farsi udire. Ma nessuno lo rimproverò, nemmeno Bjorn,
perché alla fine era ciò che tutti avevano pensato.
“Molto bene” concluse il Re dei Norreni. “Dovrò
riflettere sulla proposta del tuo sovrano e discuterne con la mia Regina e i
miei consiglieri: ti darò la risposta entro tre giorni. Nel frattempo i nostri
servitori ti accompagneranno nelle cucine dove potrai rifocillarti e sarai
nostro ospite. Se alla fine deciderò di restituire il Principe a suo padre,
potrai ripartire da qui insieme a lui per far ritorno in Danimarca.”
Il messaggero ringraziò, si inchinò e seguì i
servitori che Bjorn aveva fatto arrivare.
“Bjorn, non avrai davvero intenzione di
accontentare quel Re folle, vero? È chiarissimo quello che vuole e tu stesso lo
hai detto: rivuole Thorir per poi poterci attaccare liberamente!” esclamò Ivar,
non appena il messaggero fu fuori portata.
“Non hai intenzione di accordarti con quel Re
fanatico, Bjorn, non è così? Stai solo cercando di prendere tempo” rincarò
Hvitserk.
“Prendere tempo, fratelli, è proprio questo
il punto” rispose allora Bjorn, in modo così enigmatico che tutti gli sguardi
si fissarono su di lui e cadde un silenzio spaventoso nella Sala Grande…
Midnight, it's
time to put your face on
Game set, a killer shark in heels
I'm just the first shot on your hit list
High kicks, a predator on wheels
Woke up with bruises on my body
Hands tied, like Jesus on the cross
Your name's in lipstick on the mirror
Jezebel
I don't know how you got in my blood
Was it the dangerous things you do?
You always wanted to be a star…
(“Jezebel” – The Rasmus)
Bjorn aveva parlato di prendere tempo riguardo alla richiesta di Re Egil di riavere suo
figlio in cambio della pace… ma cosa voleva dire? Ivar pareva innervosirsi,
come al solito quel testone del fratello maggiore non voleva ascoltare le sue saggissime parole per partito preso, pur
di non dargli ragione… invece Hvitserk sembrava aver capito che Bjorn, in
realtà, aveva un piano. O, perlomeno, così sperava!
“Come ben sapete tutti voi” riprese Bjorn,
guardando i fratelli, la moglie, i consiglieri e i Danesi che si erano
rifugiati a Kattegat per ottenere protezione, “come Re dei Norreni ho richiesto
a tutti i Re, le Regine e gli Jarl di Norvegia di inviarci degli eserciti, come
già accadde quando combattemmo contro i Rus’. Anche questa volta ho ricevuto
molte risposte positive, nessun Norreno vuole che un Re Danese arrivi a imporre
il suo dominio e la sua religione. Purtroppo, però, le truppe sono in viaggio e
ci metteranno dei giorni ad arrivare, se non anche qualche settimana. La stessa
cosa vale per i soldati Sassoni che Re Alfred ci invia dal Wessex: sono in
viaggio e non saranno qui almeno fino alla prossima settimana. In questo
momento il nostro esercito è vulnerabile e, se Re Egil decidesse di attaccare
Kattegat domani, noi saremmo quasi sicuramente sconfitti.”
“E chi lo dice? Noi siamo molto più forti di
loro” replicò Ivar con un’arroganza e un ottimismo non del tutto giustificati,
tanto che persino Aethelred impallidì e parve molto angosciato. Lui si rendeva
conto del fatto che, purtroppo, Bjorn aveva ragione.
“Quindi tu vorresti accontentare Re Egil e
rendergli suo figlio?” intervenne Leif, nervoso. “Ma non puoi fidarti di lui,
ti muoverebbe guerra lo stesso, credimi, io lo conosco bene e ti assicuro che
non manterrà mai la sua parola.”
“Lo so benissimo” ribatté Bjorn, che sembrava
sapere molto più di ciò che diceva. “Non mi aspetto affatto che Egil rinunci
davvero alla guerra in cambio di suo figlio.”
“E allora perché vuoi renderglielo, se tanto
sai già che non servirà a niente?” esplose Ivar. “Perché ormai è chiaro che hai
intenzione di ridare Thorir a suo padre, non è così?”
A quelle parole Thorir impallidì e sgranò gli
occhi e… e Asvard fece qualcosa di inaspettato: circondò la vita del giovane
Principe con un braccio e lo strinse a sé, in un gesto di protezione affettuosa
che non aveva mai neanche pensato prima di quel momento! Lui non sembrava
affatto d’accordo con Bjorn sul fatto di restituire Thorir al padre… e non
soltanto perché ciò avrebbe sminuito la sua vendetta.
“Ho detto al messaggero che avrà la sua
risposta entro tre giorni” spiegò Bjorn, “per dare tempo ad almeno alcuni degli
eserciti che ci sono stati promessi di arrivare. Se tra tre giorni giudicherò
che siamo abbastanza in forze per combattere, rifiuterò la proposta di Re Egil;
se, invece, non saranno ancora arrivati soldati in numero sufficiente, allora
dirò al messaggero che accetto e che Thorir potrà partire con lui… cercando di
guadagnare ancora qualche giorno.”
“Sei consapevole del fatto che, non appena
avrà riavuto suo figlio, Egil muoverà guerra a Kattegat, vero?” insisté Leif.
“Ti ho già detto che lo so benissimo” replicò
il Re dei Norreni, “ma, nel frattempo, avrò guadagnato almeno una settimana e
magari gli eserciti che attendiamo saranno arrivati. A quel punto non mi
importa che Egil attacchi, noi saremo pronti a rispondere.”
Il piano di Bjorn, in effetti, non era
affatto male e neanche Ivar riuscì a trovare buoni motivi per opporsi a questa
sua spiegazione. Inaspettatamente, però, quello che fece un’appassionata
obiezione fu Asvard, che fino a quel momento non aveva detto niente… aveva solo
stretto più forte Thorir a sé.
“Re Bjorn, il tuo ragionamento è saggio”
disse l’uomo. “Tu però sembri dimenticare il fatto che il ragazzo è parte
integrante della mia vendetta e che io voglio che suo padre lo veda combattere
al nostro fianco contro di lui. In
nome della nostra vecchia amicizia io ti imploro di non restituirglielo!”
“Comprendo le tue ragioni, Asvard, ma
purtroppo Re Egil ci ha mandato un ultimatum e io posso solo cercare di
guadagnare tempo prezioso” rispose Bjorn. “Se rispondessi subito che rifiuto di
rendergli Thorir, Re Egil potrebbe attaccarci già nei prossimi giorni e per
Kattegat sarebbe una catastrofe.”
Una luce parve illuminare lo sguardo
solitamente cupo di Asvard.
“Ma potrebbe esserci anche un altro modo che
consenta di non rimandare Thorir da suo padre e, allo stesso tempo, di impedire
che Egil muova guerra a Kattegat finché non saremo pronti per respingerlo”
disse, seguendo il filo dei suoi pensieri. “Io potrei scappare con il ragazzo
nei boschi, nascondermi con lui nei posti più introvabili e tu potresti dire al
messaggero che Thorir non è più qui e che, se vuole, Re Egil può mandare
qualcuno a cercarlo in tutta Kattegat e dintorni.”
“Ma non sarà pericoloso? E se Re Egil si
infuriasse e decidesse di distruggere Kattegat?” chiese Aethelred, che
ultimamente vedeva le cose nel modo più pessimistico possibile.
“Rischiando così di uccidere il suo stesso
figlio? Non credo proprio” ribatté Asvard. “Thorir è l’unico erede di Egil e,
nonostante il Re sia un uomo spietato e malvagio, tiene alla vita di suo
figlio. Se non fossi stato certo di questo non glielo avrei portato via.”
“È vero” ammise Ivar. Si era preoccupato
vedendo l’ansia e la paura sul volto di Aethelred e adesso cercava un modo per
rassicurarlo. “Egil tiene a suo figlio, altrimenti non ci avrebbe proposto
questo accordo, anzi ci avrebbe attaccati già da tempo. Sicuramente aspetta
solo di averlo con sé per poi muoverci guerra ma, finché Thorir non sarà con
lui, non ci attaccherà.”
Bjorn osservò con attenzione l’amico.
“Ma tu sei certo di poterci far guadagnare
giorni preziosi e, magari, perfino una o due settimane? Se facciamo come
suggerisci Egil manderà davvero alcuni suoi soldati a cercare Thorir per tutta
Kattegat e nei boschi attorno e, se dovesse trovarvi, riprenderà il figlio, ti
ucciderà e poi si vendicherà nel modo peggiore su tutti noi” disse in tono
cupo.
Ivar strinse a sé Aethelred e si accorse che
tremava. Questo lo fece davvero impensierire. Certo, la situazione era grave,
ma non più di molte altre che il Principe Sassone aveva affrontato assieme ai
Vichinghi. Perché adesso la prospettiva di una guerra lo terrorizzava tanto?
Aethelred non aveva mai temuto le battaglie, pur cercando sempre di accordarsi
per la pace, era pronto a combattere se e quando fosse stato necessario. Ora
sembrava così fragile e indifeso… Era forse malato?
Un sorriso storto si dipinse sulle labbra di
Asvard, e molti si stupirono perché chi non lo conosceva prima che arrivasse a
Kattegat era sicuro che quell’uomo non sapesse nemmeno cosa volesse dire sorridere!
“Non preoccuparti per questo, non ci troverà
mai, nemmeno se dovesse mandare tutto il suo esercito a battere i boschi palmo
a palmo” dichiarò, fiero. “E, ovviamente, non può permettersi di farlo, non
vorrà sguarnire le sue preziose forze. In questo periodo ho avuto modo di
perlustrare i boschi attorno e mi ricordano molto quelli nei quali mi sono
nascosto in Danimarca, mentre mettevo a punto i miei piani. So bene come
rendere me e Thorir introvabili e, nel frattempo, tu potrai riunire gli
eserciti da tutta la Norvegia e anche il contingente del Wessex.”
Bjorn rimase per lunghi attimi in silenzio a
riflettere, mentre Gunnhild gli prendeva la mano e la stringeva. Poi scambiò
uno sguardo con la moglie, che annuì.
“E sia. Tratterrò il messaggero di Egil per
un solo giorno per darti il tempo di fuggire e nasconderti nei boschi con il
giovane Principe” disse poi il Re. “Dopo di che dirò al messaggero che non
posso consegnargli Thorir perché il ragazzo non è qui con noi e a quel punto…
potremo solo sperare che l’affetto o l’interesse che Egil nutre per suo figlio
sia più forte del desiderio di rivalersi su Kattegat.”
“Te lo posso assicurare, Re Bjorn: Egil non
muoverà guerra alla tua città finché sarà convinto che Thorir sia qui, nascosto
da qualche parte” affermò con decisione Asvard.
L’uomo si alzò in piedi e fece alzare anche
Thorir, prendendolo per un braccio con più gentilezza del solito.
“Andrò subito a fare i preparativi per la
nostra fuga in modo da poterci allontanare già stanotte” aggiunse poi, “così tu
potrai convocare il messaggero domani mattina e riferirgli la tua risposta.”
Bjorn annuì e tese la mano, che Asvard gli
strinse con forza.
“Buona fortuna, amico mio” disse il Re.
“Ti ringrazio, Re Bjorn. Stai tranquillo, gli
eserciti che attendi arriveranno prima del previsto e allora tutti noi potremo
prenderci la nostra rivincita su quell’uomo maledetto dagli dèi!”
Detto questo, Asvard uscì dalla Sala Grande
conducendo Thorir con sé.
Ivar, Hvitserk e gli altri rimasero a
scambiarsi sguardi perplessi.
“Spero proprio che Asvard non sopravvaluti l’attaccamento
di Egil al figlio” disse Leif.
“Non credo che possa sopravvalutarlo”
commentò Hvitserk. “Conosce bene quel Re e, se non fosse così, allora perché
avrebbe rapito il Principe? Lo ha fatto perché sapeva di colpirlo nell’unico
punto vulnerabile.”
“E poi è vero quello che ha detto: se a Egil
non importasse di suo figlio, avrebbe già attaccato Kattegat o qualche altra
parte delle coste norvegesi” aggiunse Ivar. “Sono settimane che raduna gli
eserciti danesi per la battaglia, ma non ha ancora mosso guerra: chiaramente
non vuole rischiare che Thorir resti ucciso. Non conosco Re Egil e non posso
sapere se ami o meno suo figlio, ma di certo non vorrà conquistare tutta la
Danimarca e la Norvegia e poi perdere l’unico erede che ha.”
“Va bene, per adesso non abbiamo altro da
fare” concluse Bjorn. “Il messaggero di Re Egil passerà qui la notte, mentre
Asvard si nasconderà nei boschi con Thorir, e domattina io gli riferirò che non
possiamo consegnargli il Principe perché non è qui. Poi… non ci resta che
aspettare.”
Aspettare. Aspettare che Re, Regine e Jarl
della Norvegia inviassero truppe.
Aspettare l’arrivo del contingente di soldati
Sassoni.
Aspettare un eventuale invio di truppe da
parte di Dir e Igor da Kiev.
Aspettare la guerra…
Ivar decise di portare in camera Aethelred
che appariva sempre più pallido e turbato e il giovane Sassone lo seguì senza
una parola, come se non riuscisse più a fare niente di propria iniziativa. Ivar
chiuse la porta della stanza mentre Aethelred sedeva malinconicamente sul
letto, poi gli si mise accanto.
“Aethelred, vuoi spiegarmi cosa ti prende? Mi
rendo conto anch’io della gravità della situazione, non lasciarti ingannare
dalle mie battute e provocazioni a Bjorn… però credo che questo sia il piano
migliore. Asvard è un tipo in gamba e troverà senza dubbio un nascondiglio
perfetto per sé e Thorir e, nel frattempo, gli eserciti alleati avranno il
tempo di raggiungere Kattegat” gli disse, prendendogli il volto tra le mani.
Gli occhi chiari di Aethelred, tuttavia,
continuavano ad essere colmi di angoscia.
“Re Egil si sentirà oltraggiato dalla
risposta di Bjorn” disse. “Certo, manderà una parte dei suoi soldati a cercare
Thorir per tutta Kattegat e i luoghi attorno, ma chi ci assicura che non ne
approfitteranno per fare del male alla gente? Potrebbero vendicarsi dell’offesa
bruciando case, uccidendo donne e bambini… potrebbero attaccare il villaggio di
Lagertha o cercare di uccidere Bjorn o qualcuno di voi figli di Ragnar
Lothbrok. Come puoi essere così tranquillo?”
Ivar, nonostante la preoccupazione, sorrise
dolcemente per rassicurare il suo compagno.
“Sono tranquillo perché ho affrontato queste
situazioni centinaia di volte e sono ancora qui. Re Egil non è il nemico più
pericoloso che abbiamo mai affrontato, ti assicuro che Oleg, ad esempio, era
molto peggio di lui e anche molto più folle… eppure lo abbiamo sconfitto”
rispose, accarezzando le guance lisce e morbide del giovane. “Noi siamo più
forti di lui e, cosa ancora più importante, siamo uniti, combattiamo per la
nostra terra, non per un dio qualsiasi o per il potere. Questa è la nostra
forza. Adesso non pensarci più, Aethelred, te ne prego, altrimenti finirai per
farti del male e logorarti ben prima che si arrivi ad una guerra vera e
propria.”
Distese Aethelred sul letto e si mise sopra
di lui, iniziando a spogliarlo e a spogliarsi lentamente, tra carezze e lunghi
baci. Voleva che Aethelred dimenticasse del tutto le minacce, le possibili
battaglie e gli ultimatum almeno per quella sera. Così il giovane Vichingo
baciò Aethelred profondamente, con passione, quasi volesse divorarlo, mentre le
mani sempre più audaci lo accarezzavano e lo stringevano sulla vita, i fianchi,
le gambe. I loro corpi nudi si fusero in un intreccio di pura sensualità,
mentre le mani di Ivar percorrevano il corpo del Principe Sassone, stuzzicando
tutti i suoi punti più sensibili con carezze sempre più audaci e intime, baci
appassionati e giochi di seduzione fino a invaderlo totalmente, riempiendolo di
sé, entrambi avvinti in una deliziosa tortura amorosa. Dopo infiniti assalti
appassionati, i due innamorati vennero insieme con un grido, in un orgasmo
violento che li sfinì. Tuttavia Ivar non si staccò comunque da Aethelred, anzi,
rimase adagiato su di lui, i corpi come fusi insieme, perduto con il suo amante
in un abbraccio appassionato che li incatenava e li allontanava da tutto il
resto. Era questo che voleva, strappare Aethelred ai suoi pensieri tormentosi e
dolorosi, a ciò che lo straziava e che lui non capiva, a ogni preoccupazione e
ansia ingiustificate. Voleva che, almeno per quella sera, il resto del mondo
scomparisse per tutti e due e che potessero finalmente riposare sereni e
appagati nella bolla del loro amore.
Ma, se Ivar e Aethelred erano riusciti a
ritagliarsi il loro momento d’amore e dolcezza in quella situazione
preoccupante, lo stesso non valeva per il giovane Principe Thorir. Aveva
seguito Asvard nella stanza che condividevano e lo aveva guardato in silenzio,
rimanendo in piedi in un angolo, mentre l’uomo raccoglieva abiti e coperte e li
infilava in due sacchi di tela, badando bene a prendere tutto ciò che sarebbe
loro servito per nascondersi ma anche per sopravvivere nei boschi gelidi e
nelle caverne. Thorir non era preoccupato per la loro fuga né temeva che gli
uomini di suo padre potessero scovarli: sapeva bene, per esperienza personale,
quanto Asvard fosse abile nel celarsi nei boschi e diventare un fantasma agli
occhi di tutti.
No, quello che lo turbava e lo spaventava era
l’idea di passare giorni e notti esclusivamente in sua compagnia, loro due da
soli, ogni attimo, ogni istante. Asvard, così imponente e serio, lo sovrastava
e gli incuteva soggezione e comunque fosse non era ancora riuscito a capire
cosa realmente volesse da lui. Tiago gli aveva consigliato di allontanarsi da
quell’uomo, ma ora non sarebbe stato possibile, al contrario sarebbero rimasti
sempre insieme, da soli, senza separarsi mai affinché nessuno potesse
rintracciarli… e questo pensiero lo sgomentava e lo impauriva.
Cosa ne sarebbe stato di lui? Non credeva che
Asvard gli avrebbe fatto del male, ma… non sapeva cosa pensare! Quella notte
stessa si sarebbero inoltrati nei boschi e Thorir non riusciva a non
angosciarsi alla sola idea di essere del tutto vulnerabile, indifeso e fragile
in balìa di quell’uomo.
You didn't trust anyone
For as long as you can remember
Surrounded by their voices
Whispering lies
Join us dreamer
Don't be scared
We are here
We are your tribe
All we are is an army of dreamers
Proud and strong ready to strike
All we know is made up by strangers
When we wake up we will never remember
We are an army of dreamers!
(“Army of Dreamers” –
Russell Allen, Anette Olzon)
Dopo che Bjorn aveva dato la sua risposta
negativa a Re Egil, riferendo al suo messaggero che il Principe Thorir non si
trovava a Kattegat e che, quindi, lui non poteva restituirlo al padre, il Re
Danese aveva fatto la mossa che in molti si aspettavano: aveva inviato dei
soldati a Kattegat per cercare il figlio, ma il contingente che aveva mandato
era composto da una quindicina di uomini perché non poteva permettersi di
indebolire il suo esercito. Nel frattempo, invece, avevano iniziato a giungere
in città alcuni degli eserciti che si sarebbero uniti ai Norreni di Bjorn e
così nuovi soldati e Principi affollavano la Sala Grande e brindavano rumorosi,
festeggiando in anticipo quella che immaginavano sarebbe stata una grande
vittoria contro i Danesi.
Quella sera c’era di nuovo un banchetto nella
dimora regale e Bjorn e Gunnhild avevano accolto al loro tavolo, oltre ai
consueti amici e consiglieri, anche un Principe giunto da un Regno Norreno
chiamato Rogaland *: era un giovane
affascinante e carismatico, riusciva a rendersi amico di tutti, tuttavia non
nascondeva la sua ambizione, che era quella di vincere la guerra insieme a Re
Bjorn non solo per sconfiggere il pericolo Danese, ma anche per ottenere, poi,
dal Re dei Norreni, la possibilità di farsi Re al posto di suo fratello Olaf.
Bjorn era sempre contento di conoscere persone che avessero motivi personali
per combattere le loro battaglie, come appunto questo Principe che si chiamava
Harald (sì, anche lui, non è colpa mia se i Vichinghi usano sempre gli stessi
nomi! XD), o Leif e Freydis che cercavano vendetta così come Asvard… era molto
meglio che i suoi alleati avessero delle motivazioni valide per stare al suo
fianco, così poi sarebbe stato più difficile venir tradito da loro.
E, a proposito di Asvard, che stava facendo?
Non aveva mentito quando aveva affermato di
conoscere molto bene i boschi nella zona di Kattegat e anche più all’interno,
poiché li aveva perlustrati attentamente durante i primi giorni del suo arrivo
per trovare luoghi in cui nascondersi in caso di bisogno. E adesso era andata
proprio così. Lui e Thorir erano partiti la sera stessa in cui Asvard aveva
parlato con Bjorn, ben prima che i soldati di Re Egil avessero raggiunto
Kattegat. Ma la zona che Asvard aveva scelto non l’avrebbero mai raggiunta,
erano troppo pochi e senza alcuna conoscenza del territorio. L’uomo aveva
trovato una piccola grotta in mezzo a una macchia di alberi e il cui ingresso
era ben celato da grossi cespugli: nessuno, a meno che non lo avesse saputo
prima, avrebbe mai pensato che potesse esservi un nascondiglio lì. Fin dalla
prima notte si era sistemato lì con Thorir e aveva allestito il piccolo rifugio
con tutto ciò che aveva preso dalla loro stanza, coperte, pellicce e ciotole
per il cibo e l’acqua.
“Le provviste sono abbastanza ma, siccome non
posso sapere quanto tempo dovremo rimanere nascosti, ho scelto un posto in cui
potrò anche cacciare piccoli animali e pescare” spiegò Asvard al giovane
Principe, che continuava a fissarlo intimorito e confuso. “Non lontano c’è anche
un fiume che ci servirà sia per pescare che per bere e lavarci. Immagino che tu
non sappia pescare… no, non importa che lo dica, lo farò io per entrambi.”
Stranamente, ora che si trovavano davvero in
pericolo, Asvard era diventato meno cupo, più pacato e rassicurante e anche la
battuta sul fatto che Thorir non sapesse pescare l’aveva detta con un sorriso
intenerito e non certo in tono giudicante o di disprezzo. Evidentemente poter
agire concretamente lo calmava… però Thorir continuava ad essere in soggezione
e timoroso trovandosi con lui in un luogo solitario e non aveva neanche il
coraggio di parlargli!
“Non accenderò fuochi attorno alla grotta,
perciò di notte dovremo stare al buio e al freddo” riprese a spiegare l’uomo. “Non
posso rischiare che i soldati di Re Egil sentano l’odore del fumo e vengano
attirati da queste parti. Accenderò il fuoco solo di giorno, accanto al fiume,
per cuocere il cibo e così poi potrò spegnerlo e distruggerne le tracce
facilmente.”
Thorir annuì, ma ancora una volta non aprì
bocca.
“Dovrai abituarti al buio della notte” gli
disse Asvard, “ma non preoccuparti per il freddo: io ho vissuto nei boschi per
molto tempo e quindi posso sopportarlo bene, perciò tutte le coperte e le pellicce
che ho preso sono per te, potrai usarne quante ne vorrai.”
“Grazie” mormorò Thorir, stupito da quel
pensiero gentile che non si sarebbe mai aspettato… però continuava ad essere
spaventato e intimidito da quella convivenza forzata!
Trascorsero così più di tre giorni e le cose
andarono bene, proprio come Asvard aveva pianificato, si vedeva che aveva
pensato a tutto. I soldati di Re Egil stavano perlustrando tutt’altre zone e
con ben poco impegno, a dirla tutta, visto che non conoscevano affatto quei
luoghi e avevano paura di finire in un dirupo o di essere aggrediti da qualche
belva feroce. Asvard cacciava, pescava e… si occupava di Thorir, aspettando che
il pericolo fosse passato per poter tornare a Kattegat. In quei giorni,
tuttavia, si rendeva sempre più conto di non poter più tenere a freno il calore
del sentimento che provava per il giovane Principe. Per troppo tempo si era
ripetuto che non doveva affezionarsi a lui, che era solo un ostaggio, che era
sacrificabile… ma ora che stava con lui ogni minuto del giorno e della notte e
doveva occuparsene in tutto (perché Thorir era imbranato e completamente
inadatto alla vita fuori da un palazzo!) si sentiva sempre più vicino a lui e
non più solo attratto fisicamente, vederlo così buffo e maldestro gli faceva
tenerezza, gli scaldava il cuore e desiderava non solo far l’amore con lui, ma
anche stringerlo, baciarlo, coccolarlo come se fosse davvero il suo compagno.
Thorir, ovviamente, non si era accorto di
niente e anzi continuava a mostrarsi sempre più in soggezione, tanto che un
pomeriggio fu Asvard a decidere di buttare al vento tutta la sua prudenza e
avvicinarsi a lui.
“Thorir, sono giorni che siamo qui e tu non
mi hai mai rivolto la parola” gli disse. “Eppure a me sembra di aver fatto
tutto ciò che posso per farti stare bene, per quanto possibile in questa
situazione. Cosa c’è che non va? Sei in collera con me? Saresti voluto tornare
da tuo padre?”
“No” rispose il ragazzo, scuotendo
decisamente il capo, “questo l’ho detto fin dall’inizio. Odio il missionario
cristiano di mio padre, non voglio seguirlo, non voglio convertirmi e detesto
questa sua stupida guerra. Non mi importa cosa ne sarà di lui, non mi ha mai
trattato con affetto, anzi mi faceva sentire sciocco e sbagliato, un incapace.
Sarei pronto a combattere contro il suo esercito, al fianco di Re Bjorn e dei
suoi se solo… se solo sapessi combattere. Purtroppo non ho mai davvero imparato
a cavarmela nelle battaglie e… e sono un codardo, sì!”
Asvard sorrise, ancora più intenerito, e si
avvicinò al giovane passandogli un braccio attorno alle spalle.
“Non devi preoccuparti di questo” lo
rassicurò, “nessuno ti chiederà di combattere veramente. Io voglio solo che tuo
padre ti veda in armi accanto a me e a Re Bjorn, voglio che veda che perfino
suo figlio lo ha rinnegato e che è rimasto solo come me. Voglio spezzarlo prima
di ucciderlo. Ma farò in modo che ci siano sempre dei guerrieri attorno a te e
che non ti accada niente di male, te lo prometto.”
Asvard gli era ora vicinissimo,
paradossalmente quasi più vicino di quanto gli fosse mai stato le notti in cui
lo possedeva.
“Ma… ma… io lo so che tu non mi proteggerai,
non ne hai motivo” replicò Thorir, dando finalmente voce alle sue paure più
profonde. “Io non credo che mio padre mi ami e quindi non gli importerà di
vedermi combattere contro di lui. L’unica
cosa che potresti fare per spezzarlo sarebbe… uccidermi davanti ai suoi occhi…
e per questo penso che sarà ciò che farai e…”
Asvard lo strinse tra le braccia come
desiderava fare da troppo tempo e gli accarezzò il viso e i capelli. Non lo
aveva mai fatto prima, non se lo era mai permesso.
“No, no, no, Thorir, non devi pensare questo”
mormorò. “È vero, quando ti ho preso come ostaggio l’ho pensato ed è proprio
per questo che ho cercato di non avvicinarmi troppo a te, di trattarti con
freddezza, non volevo affezionarmi, non volevo provare… quello che provo…
perché pensavo che forse sarei stato costretto ad ucciderti e non avrei dovuto
esitare. Ma adesso io… io so che non potrei mai ucciderti, non potrei più
vivere senza di te. Ucciderò tuo padre e riprenderò ciò che è mio, questa sarà
la mia vendetta. Ma non avrebbe senso riavere il mio Regno se… se non ti avessi
al mio fianco.”
Thorir era completamente allibito e stravolto
dalle parole dell’uomo, tutto si sarebbe aspettato meno che una rivelazione del
genere! Ma non ebbe neanche troppo tempo per stupirsi: Asvard strinse il suo
Principe tra le braccia e iniziò a baciarlo impetuosamente, con foga e
passione, continuando mentre lo spogliava e si liberava delle sue vesti, i baci
che si facevano più profondi e infuocati mentre per la prima volta si concedeva
di inebriarsi delle labbra morbide di Thorir, del suo sapore, del tepore del
suo respiro... Non lo aveva mai baciato prima, proprio perché sapeva che dopo
non si sarebbe più potuto staccare da lui. Per la prima volta, quando Asvard
penetrò Thorir, fu veramente un’unione di entrambi e le loro membra si
allacciarono in un’intensa danza d’amore; l’uomo continuò a possedere il
giovane Principe senza staccarsi da lui ma, questa volta, in modo tenero e
lento, come aveva sempre voluto fare, mentre i loro corpi si fondevano come se
fossero nati per quello e una luce calda e dolcissima invadeva entrambi. Non
era mai stato così, e dopo di questo Asvard non sarebbe mai più potuto tornare
indietro. Infine Asvard avvolse Thorir e se stesso in una delle pellicce che si
trovavano nella grotta per coprire i loro corpi nudi mentre rimaneva incollato a
lui, accarezzandogli i capelli, baciandolo teneramente e pensando che avrebbe
desiderato restare così per sempre, dimenticando persino il suo desiderio di
vendetta. Ma lo incoraggiava la consapevolezza che, una volta ucciso Re Egil e
riottenuta la pace e il suo Regno, avrebbe portato con sé Thorir e allora lo avrebbe
avuto per sempre, non si sarebbero più lasciati. Aveva trovato in quel ragazzo
tutta la sua vita e la sua gioia, come non avrebbe mai neanche potuto
immaginare.
Thorir era esausto, disfatto e completamente
incredulo per ciò che era accaduto e che continuava ad accadere. Era stato
davvero in balìa di Asvard come mai prima, ma aveva sentito il suo corpo
rispondere a ogni bacio, carezza, spinta dell’uomo e aveva provato emozioni
indicibili che quasi lo avevano spezzato… e adesso, confusamente, perduto tra
le braccia possenti di Asvard, pensava anche lui che non c’era altro posto in
cui si sarebbe voluto trovare!
L’arrivo del piccolo contingente di soldati
Danesi aveva turbato moltissimo anche Aethelred. Si era tranquillizzato vedendo
che erano davvero troppo pochi per causare danni ai cittadini di Kattegat e dei
villaggi vicini, inoltre non sembravano nemmeno prendere poi molto sul serio il
loro compito di ritrovare il Principe Thorir. Tuttavia il fatto stesso di
vederli, la loro presenza lì, rendeva più concreta la prospettiva sempre più
imminente di una guerra e questo angosciava il Principe Sassone. Alla fine
anche Ivar, che le aveva provate tutte per distrarlo, si rese conto che la cosa
era più grave del previsto e che esulava dalle sue capacità. Una mattina lo
prese sottobraccio e lo condusse senza tanti complimenti alla casetta in cui
vivevano Tiago e Floki.
“Amici miei, vi devo chiedere aiuto” disse
subito, appena entrato nella piccola abitazione. “Aethelred sta male, io non
riesco a capire cos’abbia ma non ce la faccio più a vederlo sempre così
abbattuto, malinconico e apatico. Non so se la sua malattia sia della mente o
del corpo, ma penso che solo voi potete aiutarlo. Tiago, forse tu puoi
preparare una pozione o un rimedio che restituisca a Aethelred la sua energia e
la sua determinazione… e tu, Floki, magari parlandoci capirai cosa turba il suo
cuore. Io ho provato tutto ciò che era in mio potere ma devo ammettere di non
essere in grado di aiutarlo.”
Tiago e Floki si scambiarono uno sguardo, poi
entrambi guardarono Aethelred e bastò loro ben poco per comprendere che il
giovane Principe soffriva nel cuore e nell’animo, c’era un’aura oscura attorno
a lui che risucchiava le sue energie e che, andando avanti così, lo avrebbe
addirittura ucciso. I due erano comunque consapevoli del fatto che non potevano
dire una cosa del genere in faccia ad Ivar e che era necessario comprendere da
dove nasceva l’oscurità che stava logorando Aethelred.
“Hai ragione, Ivar, il Principe ha bisogno di
rimedi che gli restituiscano energia e forza” disse Tiago al Vichingo. “Vieni
con me, ti mostrerò le erbe che adopererò per preparare un tonico adatto al suo
male e poi ti spiegherò quando dovrà assumerlo.”
Così dicendo, Tiago condusse Ivar nella
stanzetta adiacente dove preparava i suoi rimedi, dando così occasione a Floki
di parlare da solo con Aethelred e cercare di scoprire quali fossero le sue
angosce.
“Il tuo dolore è qui e anche qui” gli disse
piano Floki, sfiorando prima la fronte e poi il petto di Aethelred, vicino al
cuore, “ma Ivar non riesce a comprendere. E tu non riesci a spiegarti veramente
con lui. Vuoi provare a parlarne con me?”
Aethelred guardò sgomento l’uomo che, in
pochi attimi, aveva letto tutto il dolore del suo cuore e le immagini che gli
straziavano la mente e poi, senza quasi rendersene conto, iniziò a raccontare
tutto, le parole che fluivano fuori come un’infezione.
“È iniziato tutto in Wessex durante l’ultima
battaglia” disse. “So bene che Ivar non si è mai tirato indietro e che, anzi,
ha fatto di tutto per partecipare ai combattimenti fin da ragazzo e lo ammiro
per questo, ma in Wessex… in Wessex è stato diverso. Lui non ha usato il suo
solito carro da guerra, anzi, si è gettato nella mischia anche se le gambe non
lo reggevano più perché voleva morire, pensava che, se lui fosse stato ucciso,
Alfred avrebbe fermato la battaglia e risparmiato Hvitserk e gli altri. E io…
io per la prima volta mi sono reso conto che Ivar poteva morire, che lo avrei
perduto e che non avrei potuto vivere senza di lui!”
“Ma lo hai salvato e tutto è finito bene” commentò
Floki in tono dolce e rassicurante.
“Sì, ma quella mossa mi ha terrorizzato”
ammise Aethelred. “Ivar voleva morire,
era disposto a sacrificarsi. Non si trattava più dei pericoli che ogni
guerriero corre durante una battaglia, lui era… e se succedesse di nuovo io… È
per questo che temo tanto una nuova guerra, e se Ivar vedesse in pericolo
Hvitserk, o qualcun altro che gli è caro, e si esponesse di nuovo per
distogliere l’attenzione dei nemici? Finora Ivar non aveva mai corso davvero
dei rischi, era quello che pianificava con freddezza le strategie migliori e
poi combatteva protetto dal suo carro, ma… ma forse ora non sarà più così e lui
non può combattere come gli altri, non può… Io non posso perderlo!”
Aethelred scoppiò in un pianto dirotto e
Floki lo abbracciò teneramente, come un padre.
“Tu vorresti che Ivar ti promettesse che sarà
prudente, che combatterà nel suo solito modo, con l’astuzia piuttosto che con
la forza, ma lui non si rende conto di quanto questo sia importante per te”
disse. “Ivar è stato abituato per anni a gestirsi da solo, a non avere nessuno
che si preoccupasse davvero per lui e che avrebbe sofferto davvero per la sua
perdita e, anche se ora ci sei tu e lui ti ama, non riesce a cambiare il suo
modo di pensare.”
Aethelred, ancora più sorpreso, si asciugò le
lacrime e fissò Floki con gli enormi occhi chiari pieni di stupore e ammirazione.
“Deve comprendere che la sua vita non è più
solo sua, che siete legati e che questo comporta dei cambiamenti” dichiarò
Floki. “Non temere, gli parlerò io e ti assicuro che a me darà ascolto. Ivar è
un testardo, ma io lo conosco da quando era ragazzino e ho la testa più dura di
lui!”
La calma di Floki aveva avuto effetto su
Aethelred e quella battuta riuscì perfino a strappargli un sorriso. Quando
Tiago e Ivar tornarono nella stanza con il tonico, il giovane Principe Sassone
sentì che le cose stavano davvero per cambiare e che Floki avrebbe saputo
aiutare lui e Ivar a capirsi.
Per la prima volta, dopo mesi e mesi di
angoscia e logoramento, riusciva a intravedere una luce di speranza.
Fine capitolo decimo
* È un Regno che esisteva realmente nel periodo Vichingo,
posto nella parte sud-ovest del Paese e quindi, ho immaginato, non lontano da
Kattegat. La storia di Harald e Olaf è più o meno quella di Vikings: Valhalla,
ma qui ho dovuto cambiare alcune cose per renderle verosimili e adattare i
personaggi alla mia storia, quindi qui Harald non vuole diventare Re di
Norvegia al posto del fratello, ma prendere il suo Regno (appunto Rogaland
nella mia ff).
In my hair I felt a thousand suns
Clouds kept me warm and carried me through the sky
I've finally got the sign
The lights of souls are glowing like gold
Storm is rising, the calm is gone
My ship is sailing
Talk to me, speak to me
Tell me your story
Look at me, watch me
See and behold
Remember me, think of me
Picture me, never forget me
Cherish my memory!
(“Cherish my memory” –
Amberian Dawn)
Tiago approfittò della scusa del tonico per
riaccompagnare Aethelred alla dimora regale, dicendo che gli avrebbe spiegato
come e quando prenderlo e in che modo lo avrebbe aiutato… tutto, ovviamente,
per dare modo a Floki di parlare con Ivar da solo.
“Floki, che cosa mi devi dire?” gli domandò
immediatamente il giovane Vichingo, non appena furono rimasti soli. “Guarda che
ho capito benissimo che Tiago ha allontanato apposta Aethelred. Allora, cosa c’è?
Aethelred ha qualcosa di grave, di incurabile, è per questo che vuoi parlarmi
da solo?”
Floki nascose un sorrisetto perché non voleva
che Ivar si sentisse preso in giro, ma in realtà era molto felice che il
ragazzo, per la prima volta, manifestasse tanta angoscia per qualcun altro:
significava che teneva davvero moltissimo a Aethelred e questo era un bene,
avrebbe permesso a Floki di trovare più facilmente le parole per convincerlo.
“Aethelred non ha niente che non possa essere
curato” rispose dunque lo sciamano, “ma dovrai essere tu a guarirlo.”
“Io? Ma che stai dicendo? Io non sono uno
stregone come voi due, non so pasticciare con le erbe o che altro…”
“Aethelred non ha bisogno di pozioni e
decotti, il suo male sta nella mente e nel cuore e si chiama paura” lo interruppe Floki. “Vive nel
terrore e nell’angoscia dal giorno in cui, sul campo di battaglia del Wessex,
ha temuto di perderti per sempre e, adesso che si sta avvicinando un’altra
guerra, è ancora più straziato perché teme che succederà di nuovo.”
Ivar sembrava non comprendere.
“Ti ha detto questo? E allora? Lo ha detto un
sacco di volte anche a me, ma io non capisco come posso aiutarlo. Non sono
stato io a volere questa guerra, c’è quel Re folle con il suo missionario
Cristiano… ma in ogni caso che c’entra? Questa è la vita dei Vichinghi, noi
esistiamo per razziare, esplorare, combattere e morire gloriosamente in
battaglia, è così che viviamo ed è così che moriamo, altrimenti come potremmo
andare nel Valhalla?” protestò Ivar.
“Aethelred mi ha detto anche questo: tu non
lo ascolti e non lo capisci ed è per questo che lui soffre tanto” replicò
Floki. “Ivar, possibile che tu non voglia comprendere che, nella vita, si
cambia, si matura e non si resta sempre gli stessi? Tu dici che solo con una
morte gloriosa in battaglia si può andare nel Valhalla… e allora pensi che tuo
padre Ragnar o tua madre Aslaug, che sono stati uccisi, non siano nel Valhalla?
E neanche la mia Helga, uccisa a tradimento, o la mia Angborda, morta di
malattia?”
“Ma che domande fai, Floki? Io non sono uno
sciamano, sei tu a sapere queste cose, sei tu che parli con gli dèi!” Ivar
sembrava seccato, era venuto lì per aiutare concretamente Aethelred e adesso
Floki gli parlava di religione e di altre cose astratte.
“Hai ragione, e io ti posso dire che, in
questi lunghissimi anni, ho avuto modo di riflettere, di ascoltare la voce
degli dèi e di comprendere quello che volevano da me” riprese l’uomo. “Gli dèi
non accolgono nel Valhalla soltanto i guerrieri che muoiono valorosamente in
battaglia, altrimenti come potrebbero mai entrarvi i bambini come Angborda, o
le donne che non diventano shieldmaiden?
Gli dèi accolgono nel Valhalla chiunque viva la sua vita cercando di seguire la
loro volontà, che per alcuni può essere diventare moglie e madre, come per
Aslaug e Helga, per altri invece combattere e morire per la propria terra.
Guarda me, per esempio. Io ho passato molti anni combattendo e razziando
accanto a Ragnar, poi ho perduto mia figlia e anche mia moglie e non capivo
perché gli dèi mi avessero punito così. Non ero sempre stato un guerriero
coraggioso? Non avevo combattuto in ogni battaglia possibile? Perché allora? E
la risposta era… che non mi avevano punito, Helga è morta per la vendetta e la
follia di Tanaruz, non per il volere degli dèi, però la sua perdita mi ha fatto
iniziare un cammino che mi ha portato dove sono oggi, qui, ad aiutare le
persone come te.”
“Quindi gli dèi volevano da te che fossi un
guaritore e non un guerriero? Ti guadagnerai il Valhalla facendo del bene al
prossimo… ironico, questa tua nuova visione degli dèi assomiglia in modo
impressionante a quello che dice Aethelred del suo Dio Cristiano, anche se poi
ci sono quelli che scatenano le guerre usando il loro Dio come scusa!” fece
Ivar, caustico. “Vabbè, come ti ho detto non sono qui per parlare di religione,
bensì per capire come aiutare Aethelred. Forse devo diventare un guaritore anch’io?
Sarebbe da ridere, visto che non ho mai saputo guarire me stesso!”
“No, Ivar, tu non devi diventare un guaritore
o uno sciamano, gli dèi ti hanno elargito altri doni: sei arguto, intelligente,
furbo, sei uno dei più abili strateghi del mondo Vichingo, migliore anche di
Ragnar Lothbrok, ed è questo che devi fare: pianificare le battaglie,
organizzare le difese, gestire le strategie di combattimento per portare i tuoi
uomini alla vittoria… e non gettarti
nella mischia per morire da eroe.”
“Ma io…”
“Sì, sì, lo so cosa ti racconti, Ivar, ti
conosco troppo bene, lo hai dimenticato?” lo interruppe di nuovo Floki. “Tu ti
ripeti che hai solo cercato di sacrificarti per salvare Hvitserk, Aethelred e i
tuoi uomini, in Wessex, ma è davvero questo? È stato solo un estremo atto di
generosità? Hai pensato anche solo per un attimo a quello che avrebbero provato
per tutto il resto della vita Aethelred e Hvitserk sapendo che tu eri morto per salvare loro? Era questo ciò
che avrebbero voluto, secondo te?”
Davanti agli occhi azzurri e sgranati del
giovane Vichingo riapparve quella giornata tragica e tumultuosa. Ivar rivide
come se fosse presente in quel momento la morte di Harald, i Sassoni che
colpivano i Norreni, Hvitserk che cadeva a terra… e poi lui in mezzo alla
battaglia, che si offriva come bersaglio perché, caduto lui, Alfred avrebbe
ordinato la tregua.
Ma rivide anche lo sguardo di Hvitserk, il
suo volto disperato mentre gli diceva di non farlo, le sue lacrime e le sue
parole angosciate; e vide Aethelred impietrito dall’orrore e dal dolore,
agghiacciato alla prospettiva di vederlo morire. Davvero aveva cercato di
sacrificarsi per loro? O non lo aveva fatto, invece, per se stesso, per
sentirsi un eroe come suo padre e anche di più, per essere ricordato per
sempre?
Cosa ne sarebbe stato di Hvitserk, sapendo di
essere vivo solo perché suo fratello si era immolato?
Cosa ne sarebbe stato di Aethelred, privato
dell’uomo che amava, costretto a una straziante solitudine?
No, Ivar non poteva più mentire, né a se
stesso né a nessun altro.
“Hai ragione, Floki, non ho pensato davvero
alle persone care e a chi avrebbe sofferto per la mia morte, ho solo pensato
che sarei stato ricordato come un eroe e come il salvatore dei Norreni” ammise
Ivar. “Ma questo cosa c’entra con la salute di Aethelred? Va bene, lo ammetto,
in Wessex ho sbagliato, ma è passato tanto tempo e ci saranno altri nemici da
affrontare, non possiamo stare a torturarci su ogni battaglia!”
“Hai mai detto a Aethelred che non
combatterai in questa nuova guerra? Che ti limiterai a pianificare le strategie
e a guidare i guerrieri come hai sempre fatto dal tuo carro da battaglia, senza
correre rischi inutili?” gli chiese Floki, fissandolo dritto negli occhi.
“Perché avrei dovuto dirglielo? È così che ho
sempre fatto, a parte quella volta in Wessex, lui lo sa che io sono lo stratega
dietro le linee, ho agito così durante l’assedio di Kattegat e quando ho
guidato l’esercito dei Rus’ e…” Ivar si interruppe, colpito da un pensiero
improvviso. “Aethelred non lo sa? Ha bisogno che io glielo spieghi e che lo
rassicuri?”
Floki sorrise.
“Magari a te sembra ovvio, adesso, perché sai
come ti comporti in battaglia, ma non è ovvio per Aethelred, dopo quello che
hai fatto in Wessex”, disse.
Era dunque così semplice? Ivar non riusciva
quasi a crederci, ma lo sguardo di Floki sembrava incoraggiarlo sempre di più.
Lentamente si alzò in piedi, appoggiandosi alla sua stampella.
“Ho dato troppe cose per scontate” mormorò
Ivar, “e a causa di questo Aethelred si è lacerato il cuore per tanto tempo. Io
parlo, parlo, ma spesso non dico niente… questa volta gli dirò quello che deve
sentire, finalmente ho capito. Grazie, Floki, ero sicuro che solo tu mi avresti
potuto aiutare e lo hai fatto, come sempre. Ti sono davvero grato!”
Mentre il giovane Vichingo usciva dalla
piccola abitazione, cercando di muoversi più veloce che poteva per raggiungere
il suo compagno, Floki lo seguì con uno sguardo affettuoso e fiero.
“No, Ivar, non sono stato io, sei stato tu ad
aiutare te stesso e Aethelred, perché per la prima volta hai capito di dover
mettere la persona che ami davanti a tutto il resto” mormorò tra sé. “Ora sei
davvero un uomo, figlio di Ragnar.”
Ivar cercava di camminare più in fretta che
poteva e non vedeva niente attorno a sé, non si accorse neppure di aver
incrociato Tiago che stava facendo ritorno a casa sua, né i guerrieri che si
addestravano per la battaglia ormai imminente, né Asvard e Thorir che, dopo
tanti giorni trascorsi nei boschi, erano rientrati a Kattegat e adesso sembravano
più vicini e complici… Niente e nessuno esisteva per Ivar, soltanto lo sguardo
addolorato e pieno di paura del suo Aethelred e il desiderio sempre più
impellente di stringerlo, baciarlo e alleviare finalmente la sua lunga pena.
Non appena raggiunse la dimora regale, Ivar
si precipitò verso la stanza che condivideva con Aethelred, incurante del fatto
che Bjorn e Hvitserk cercassero di parlargli. Entrò nella camera e chiuse la
porta alle sue spalle, poi andò a sedersi sul letto, accanto al suo compagno.
“Aethelred, mi dispiace tanto, sono stato un
idiota” disse, e si rese conto che era la prima volta nella sua vita che si
scusava davvero con qualcuno. “Tu cercavi di farmi capire, ma io non ascoltavo,
ero sordo e cieco. Sono stato un egoista, lo sono sempre stato, ma prima dovevo
preoccuparmi solo di me stesso e ora invece… Aethelred, non sono un veggente e
non posso prevedere come andrà questa guerra che il Re Danese vuole portarci,
ma una cosa posso assicurartela: io organizzerò i piani di battaglia, studierò
le strategie migliori, consiglierò Bjorn e tutti i guerrieri e seguirò le
battaglie dal mio carro per capire e anticipare ogni mossa, ma non mi butterò
nella mischia come un folle, non giocherò a fare l’eroe. Se dovessi rimanere
ucciso, sarà perché i Danesi hanno vinto e allora avranno massacrato non solo
me, ma anche te, Bjorn, Hvitserk e tutta Kattegat… ma io spero che non sarà
così, perché voglio vivere ancora una vita molto lunga e molto felice insieme a
te, perché stare con te è più importante di qualsiasi altra cosa e non c’è
altro al mondo che io desideri di più. Io ti amo, Aethelred, e mi dispiace se
troppe volte ho dato tutto questo per scontato. Tu sei il regalo più bello e
inaspettato che la vita potesse farmi e io… io non voglio perdermi neanche un
istante della gioia di stare insieme a te.”
Aethelred era talmente incredulo, attonito e
commosso da non trovare le parole, mentre sentiva che il ghiaccio e il dolore
che per tanti mesi gli avevano trafitto il cuore si stavano sciogliendo ad ogni
parola di Ivar. Gli occhi gli si colmarono di lacrime di gioia… e poi non
riuscì a capire più niente. Ivar gli si distese addosso sul letto, si spogliò e
lo spogliò freneticamente, coprendogli il viso di piccoli baci. Cominciò ad
accarezzarlo, a percorrere tutto il suo corpo con mani avide mentre lo baciava
ancora e ancora, con sempre maggior desiderio, esplorandogli la bocca senza
riuscire a saziarsi di lui. Poi iniziò a penetrarlo lentamente, senza staccare
le labbra dalle sue, si fuse con il suo corpo e si mosse dentro di lui con spinte
sempre più profonde e intense, eccitandosi ulteriormente quando sentì che
Aethelred lo assecondava e soffocava i gemiti di piacere contro la sua bocca.
Portò il giovane Sassone al culmine della passione e ancora oltre per poi
esplodere con lui nell’estasi totale che lasciò entrambi sfiniti e ansimanti.
Dopo l’amore, i due giovani restarono allacciati
insieme come se fossero una persona sola, finalmente liberi da preoccupazioni e
angosce e consapevoli soltanto della forza del loro amore che avrebbe vinto
ogni insidia. Era vero, la guerra contro Re Egil e i suoi eserciti era ormai
vicinissima, ma Ivar e Aethelred erano adesso resi più forti dall’amore che
avevano riscoperto nei loro cuori ed erano pronti ad affrontare qualsiasi
difficoltà.
You saw me standing by the wall,
Corner of a main street,
And the lights are flashing on your window sill.
All alone ain't much fun,
So you're looking for the thrill,
And you know just what it takes and where to go.
Don't say a prayer for me now
Save it 'til the morning after
No, don't say a prayer for me now
Save it 'til the morning after!
(“Save a prayer” – Duran Duran)
La battaglia dei Norreni contro i Danesi di
Re Egil risultò molto meno devastante del previsto e, soprattutto, di quanto
avesse temuto Aethelred in quelle settimane di tormento. Il giovane Sassone,
questa volta, era reduce dai dolorosi traumi vissuti in Wessex e quindi non
riuscì ad essere l’abile consigliere e stratega che era stato accanto a Bjorn e
Gunnhild sia durante l’assedio a Kattegat occupata da Ivar sia durante la
guerra contro i Rus’. Tuttavia le esperienze vissute e l’aiuto di nuovi e
validissimi alleati consentirono comunque a Bjorn di organizzare e pianificare
al meglio ogni battaglia. Gunnhild e la sua nuova amica, la valorosa shieldmaiden Freydis, organizzò le
difese con i guerrieri e le altre shieldmaiden
del villaggio di Lagertha e delle zone circostanti. E anche Lagertha, in
quell’occasione, dimenticò di essersi messa in
pensione e riprese in mano spada e scudo per difendere la sua terra. Così,
nelle zone presidiate dai contingenti guidati da Gunnhild, Freydis e Lagertha,
i soldati di Re Egil non trovarono modo di sfondare e, al contrario, furono
costretti a ritirarsi con gravi perdite.
Una parte della flotta Danese, invece, tentò
di aggirare Kattegat mandando alcune navi a sbarcare sulla spiaggia e altre
alla foce del fiume, così come avevano fatto i Rus’ ormai tanto tempo prima…
ma, purtroppo per loro, questa volta Ivar stava dalla parte dei Norreni e
indovinò subito che i Danesi avrebbero cercato di sfruttare il piano che era
stato ideato da lui. Fu proprio Ivar, quindi, ad organizzare la difesa sia
della spiaggia che della foce del fiume, guidando i guerrieri giunti da Tamdrup
e da altri Regni Norreni in appoggio a Kattegat e, sfruttando al meglio gli
arcieri, massacrò i Danesi che avevano tentato quella sortita con un nugolo di
frecce. Hvitserk e Helgi si erano uniti ai contingenti dei soldati e il loro
contributo era determinante per le sorti della battaglia, tutte chiaramente a
favore dei Norreni. A dargli man forte c’era anche Aethelred che comandava il
contingente giunto dal Wessex e che, adesso che si era chiarito con il suo
compagno, era ritornato il capitano coraggioso che era sempre stato e,
accertatosi che Ivar fosse al sicuro dietro gli arcieri, si batté strenuamente
respingendo ogni assalto Danese fino alla loro resa incondizionata.
Tuttavia il vero scontro, quello decisivo, si
combatté nelle strade e nelle piazze di Kattegat. Bjorn aveva deciso di non
allestire le difese sulle mura della città e di lasciare piuttosto che i
soldati di Re Egil entrassero, per poi trovarsi intrappolati in un luogo che
non conoscevano e bersagliati da frecce e assalti di guerriglia da parte degli
uomini e delle shieldmaiden del Re
dei Norreni e dei suoi alleati, che invece conoscevano ogni angolo della
cittadina e sbucavano fuori dai luoghi più inaspettati per colpire e uccidere.
Molti guerrieri Danesi morirono, ma una buona parte di essi, che era stata
costretta con la forza a convertirsi al Cristianesimo e a lottare per Re Egil,
vistisi a mal partito reagirono afferrando e facendo a pezzi il missionario che
li aveva accompagnati anche in battaglia e che era stato l’origine di tutti i
loro problemi; dopo di che, si arresero senza tanti complimenti a Bjorn e ai
suoi!
Re Egil in persona guidava i suoi uomini
dentro Kattegat e, una volta che si fu ritrovato senza più difese, Bjorn
avrebbe potuto ucciderlo, ma lasciò che fosse Asvard a confrontarsi
personalmente con il suo nemico. Gli aveva promesso che avrebbe avuto la sua
vendetta e gliela concesse.
Asvard si presentò sulla piazza di Kattegat
di fronte a un Egil scarmigliato e ferito, senza più il suo esercito, mentre
Thorir era insieme ai soldati Norreni, tenuto al sicuro dallo stesso Asvard che
non aveva voluto rischiare la sua vita lasciandolo combattere: ormai sapeva che
non era un guerriero!
Quando vide il figlio, il volto di Re Egil
divenne una maschera di rabbia.
“Lo sapevo che Bjorn mi aveva mentito, Thorir
è sempre stato nelle vostre mani, luridi pagani!” ruggì, al colmo del furore. “Fatti
vedere, Bjorn, se hai coraggio, e combatti con me!”
Asvard sorrise soddisfatto. Quella era
proprio la vendetta che aveva desiderato, vedere Egil spezzato e devastato
prima di ucciderlo.
“No, non è stato Bjorn a portare via tuo figlio”
gli disse, con voce trionfante, “sono stato io a strappartelo e a portarlo a
Kattegat come tu hai strappato a me i miei genitori e mio fratello.”
Egil era ferito e indebolito, ma quando vide
Asvard sembrò riprendere energia.
“Allora vieni tu a batterti con me, e solo
uno di noi sopravvivrà” urlò, infuriato. “Ma prima libera mio figlio, lui non
c’entra, non è colpevole di niente e non deve pagare per questo.”
“Ma non sono io a trattenere qui Thorir” rise
Asvard. “Chiedilo a lui direttamente, è tuo figlio che non vuole avere più
niente a che fare con te!”
E allora Thorir si fece avanti, mettendosi al
fianco di Asvard a testa alta e con un’aria determinata che nessuno gli aveva
mai visto prima.
“È proprio così. Io ho scelto di partire con
Asvard perché non volevo essere cristiano, non volevo rinnegare i veri dèi dei
Norreni e non volevo essere tuo figlio” esclamò, sicuro. “Tu non mi hai mai
accettato per ciò che sono, ma Asvard sì e anche i Norreni, e io resterò al
loro fianco.”
“Allora sei un inetto e un pagano, un
peccatore che non merita niente. Non mi importa niente di te, non sei più mio
figlio!” ruggì Egil con cattiveria.
Questa reazione Asvard non se l’era
aspettata, lui aveva voluto quel confronto per spezzare il cuore di Egil, ma
quando vide l’espressione stupita e addolorata di Thorir sentì che adesso aveva
un motivo in più per uccidere il crudele Re Danese: non solo per vendicare la
sua propria famiglia, ma anche per Thorir, che troppe volte era stato ferito e
mortificato dal padre. Quella sarebbe stata l’ultima.
La furia di Asvard si abbatté su Egil, che
poté fare ben poco per difendersi: già ferito e spossato per gli altri scontri,
dovette cedere anche a causa del vigore fisico e dell’età più giovane del suo
avversario. Dopo un breve duello cruento, Asvard trapassò Egil con la sua
spada.
Dopo mesi di sofferenze, tormento e incubi la
sua vendetta era compiuta. Adesso poteva iniziare una nuova vita… e non da
solo, perché nel frattempo aveva capito di amare il giovane e delicato Principe
Thorir e lo avrebbe tenuto per sempre con sé, al suo fianco, come compagno e
non più come ostaggio.
La grande minaccia di un’invasione Danese era
dunque stata spazzata via con facilità. Fra i Norreni, sia di Kattegat che
degli altri Regni, c’erano state pochi morti e anche tra i guerrieri e le shieldmaiden feriti ben pochi avevano
subito lesioni molto gravi o profonde. I feriti di maggiore gravità furono
trasportati nella piccola casa che Tiago e Floki usavano sia come abitazione
che come luogo di lavoro e i due guaritori allestirono dei giacigli per quelli
che sarebbero dovuti restare a riposo per qualche giorno; per fortuna,
comunque, la maggior parte di loro aveva solo tagli o lacerazioni superficiali
che Tiago o Floki medicarono subito, rimandando poi il ferito a casa sua.
Ci fu però un’unica eccezione, anche se,
paradossalmente, non era legata alla battaglia contro i Danesi, o meglio lo era
solo marginalmente.
Bjorn e Gunnhild avevano organizzato un
banchetto quella sera stessa per festeggiare una vittoria così schiacciante e
con così poche perdite e, oltre tutto, la cena avrebbe dato modo ai Norreni di
Kattegat di salutare anche i nuovi amici e alleati che sarebbero ripartiti nei
giorni seguenti. Asvard, ad esempio, aveva deciso di tornare a prendere possesso
del suo Regno in Danimarca; in teoria, Thorir avrebbe potuto rivendicare il
Regno appartenuto a suo padre, ma non lo avrebbe fatto perché aveva scelto di
restare accanto ad Asvard e di governare al suo fianco, perciò i due sarebbero
ripartiti insieme. Anche Leif e Freydis sarebbero tornati in Danimarca al più
presto per riprendere possesso del trono che Egil aveva usurpato loro… ma al
banchetto ci sarebbe stata un’assenza importante, quella di Harald del
Rogaland. Era proprio lui l’unico che era rimasto gravemente ferito durante lo
scontro con i Danesi, ma non era stato l’esercito nemico a colpirlo, bensì due
dei suoi soldati che erano stati corrotti da suo fratello Olaf!
Le cose erano andate così: Harald aveva
sperato che, partecipando alla guerra contro i Danesi, avrebbe ottenuto il favore
di Bjorn che, in quanto Re dei Norreni, avrebbe potuto deporre Olaf ed eleggere
lui come Re del Rogaland. Il problema era che Olaf, in qualche modo, era venuto
a saperlo e così, per evitare qualsiasi complicazione, aveva mandato due sicari
a confondersi tra i guerrieri di Harald per ucciderlo… in modo che sembrasse
che l’uomo fosse rimasto vittima dei Danesi! Harald era uno dei guerrieri che
aveva combattuto al fianco di Bjorn a Kattegat, nelle strade della città ma, ad
un certo punto, i due uomini mandati da Olaf, approfittando della confusione,
lo avevano accerchiato in un vicolo e avevano tentato di farlo fuori. Harald
non si aspettava certo un tradimento simile, ma era un combattente forte e
valoroso e, nonostante fosse da solo contro due uomini, era riuscito a
trafiggerne uno e a tagliare la testa all’altro. Tuttavia non era uscito illeso
da quell’imboscata, poiché uno dei due sicari lo aveva colpito con l’ascia alla
schiena e al fianco prima di venire decapitato. Harald era stato appena in
grado di eliminare i due traditori, poi aveva fatto qualche passo verso l’imboccatura
del vicolo ed era crollato a terra privo di sensi. Sarebbe morto dissanguato se
Hvitserk e Helgi non si fossero imbattuti nel suo corpo per puro caso.
I due avevano lasciato Ivar, Aethelred e gli
altri guerrieri a presidiare la spiaggia e la foce del fiume, dopo che l’attacco
era stato respinto con successo, ed erano corsi a Kattegat per riferire a Bjorn
di come la difesa era stata un successo, quando videro il corpo esanime del
guerriero vichingo e si fermarono subito, accorrendo in suo aiuto.
“Questo è Harald” mormorò Helgi, cercando di
sentire se l’uomo respirava ancora. “È ancora vivo ma guarda, Hvitserk, le sue
ferite alla schiena e al fianco sono molto profonde.”
Hvitserk osservò perplesso il ferito.
“Dovremo trasportarlo a casa di Tiago e
Floki, credo che loro possano guarire anche delle lacerazioni così gravi e poi
Tiago ha quella sua energia che trae dalla terra e da non so che… insomma, loro
possono aiutarlo, però…” il giovane Norreno sembrava indeciso.
“Qui c’è un sacco di tela grezza, è
abbastanza robusto per sostenere il peso del suo corpo se gli togliamo l’armatura”
spiegò Helgi, più pratico. “Useremo il sacco come una sorta di letto, in modo
da non peggiorare le sue ferite.
Hvitserk si mise subito ad aiutare il
compagno e ben presto riuscirono a sistemarlo sul sacco di tela e a sollevarlo
da terra. Per fortuna la casa dei due guaritori non era lontana e il ferito non
sarebbe stato troppo sballottato. Mentre lo trasportavano, tuttavia, Hvitserk
restava perplesso.
“Helgi, ma… non è strano?” domandò ad un
certo punto. “Harald sarà sicuramente stato ferito dai guerrieri Danesi, ma com’è
possibile che si sia lasciato sorprendere alle spalle? E poi perché accanto a
lui c’erano solo i cadaveri di altri due Norreni? Harald è un grande
combattente, possibile che lui e i suoi non abbiano ucciso neanche un Danese e
si siano fatti massacrare così?”
“Magari li hanno colti alla sprovvista”
rispose Helgi, “ma, se la cosa ti incuriosisce così tanto, potrai fartelo
spiegare direttamente da Harald quando sarà guarito, che ne dici? Adesso la
cosa più importante è farlo arrivare il prima possibile da Tiago e Floki.”
E così Hvitserk e Helgi giunsero alla piccola
casa dei guaritori con il ferito più grave di tutta la battaglia… che, anche se
nessuno ancora poteva saperlo, era stato abbattuto
dal fuoco amico o meglio era stato colpito a tradimento dai sicari del suo
stesso fratello!
Visto che Harald era il ferito più grave e
che non si sapeva neanche se sarebbe riuscito a sopravvivere, Floki lo fece
sistemare nel suo letto perché stesse più comodo possibile; lui si sarebbe
arrangiato in uno dei giacigli per terra. Si diede subito da fare con acqua
calda e bende pulite per detergere bene le ferite e valutarne la gravità,
mentre Tiago preparava un unguento medicamentoso che avrebbe fermato il sangue,
impedito le infezioni e favorito la cicatrizzazione delle lacerazioni.
“Faremo tutto quello che possiamo per lui”
promise Floki, “adesso dobbiamo solo sperare che non abbia perso troppo sangue
e che il suo fisico sia abbastanza forte da riprendersi.”
Hvitserk e Helgi affidarono Harald alle cure
di Floki e Tiago e ripresero a cercare Bjorn per comunicargli che i Danesi
erano stati respinti sia dalla spiaggia che dalla foce del fiume e, mentre
correvano per le strade di Kattegat, poterono vedere con grande soddisfazione
che anche lì la battaglia era stata vinta in modo schiacciante dai Norreni. I
guerrieri Danesi erano tutti stati uccisi o fatti prigionieri, la guerra che
tanto li aveva preoccupati era finita!
Ivar e Aethelred rimasero a presidiare il
fiume con i loro uomini finché non giunsero dei messaggeri inviati da Bjorn che
annunciavano la morte di Re Egil e la vittoria dei Norreni sui Danesi. Non c’era
più alcun esercito nemico e, di conseguenza, non c’era nemmeno più bisogno di
restare di guardia sulla foce del fiume o sulla spiaggia: i nemici erano stati
uccisi o costretti alla fuga, gli eserciti Danesi erano in rotta, ancora una
volta Kattegat era salva.
I soldati, sia Sassoni che Norreni,
iniziarono subito a festeggiare, ad abbracciarsi e a darsi grandi pacche sulle
spalle e poi, soddisfatti e cantando canzoni di vittoria, si avviarono verso
Kattegat per unirsi agli altri guerrieri e shieldmaiden:
quella sera di sicuro si sarebbe mangiato, bevuto e brindato fino a tarda notte
e nella gioia della vittoria non c’era più alcuna distinzione tra Sassone,
Cristiano o Vichingo… com’era giusto che fosse!
Ivar e Aethelred rimasero per ultimi,
sentivano il bisogno di restare da soli per parlare ancora di quella battaglia
e di come erano andate le cose.
“Hai visto che tutto è andato bene? Sei
sempre il solito esagerato!” lo prese in giro affettuosamente Ivar con un
sorrisetto storto. “Ti sei angosciato per mesi e poi questi Danesi erano pochi
e male organizzati.”
“Ivar, sai benissimo che non era questo il
problema” ribatté il Sassone con sguardo incupito. “Lo scontro è andato bene
perché noi eravamo di più, è vero, ma la cosa più importante è stata che tu hai
guidato i soldati come fai ogni volta, hai pianificato la battaglia da vero
stratega, sei stato abile e sempre un passo avanti a loro, insomma, hai fatto
il comandante, come devi fare, non ti sei buttato nella mischia come un folle.”
“Io sono e sarò sempre un folle e so anche
che ti piaccio per questo” rise Ivar, stringendo a sé il suo compagno. “Ma ti avevo
promesso che avrei partecipato agli scontri dalle retrovie e che non mi sarei
esposto a pericoli inutili e così ho fatto, perché non voglio perdermi la
possibilità di trascorrere tutta la mia vita con te.”
Avvolse Aethelred in un abbraccio caldo e protettivo
e lo baciò a lungo, intensamente, cingendolo con un braccio e affondando
l’altra mano tra i suoi capelli. Continuò a baciarlo con passione e sempre più
profondamente, esplorando la sua bocca morbida e dolce con la mano premuta
sulla sua nuca per spingerlo sempre più contro di lui, respirando il suo
respiro. Il giovane Sassone fu completamente in balia di Ivar, in quel momento
non era più un guerriero ma solo un ragazzo docile e indifeso tra le braccia
del suo Vichingo, dell’uomo che amava come nessuno al mondo. Per lui contava
solo che Ivar fosse lì con lui, sano e salvo, e si perse totalmente nel suo
bacio e nelle sue carezze, desiderando che non finisse mai.
Fu Ivar a staccarsi per primo e guardò il
compagno con espressione maliziosa.
“Ci aspettano grandi festeggiamenti a
Kattegat per questa vittoria schiacciante” disse, “e sono sicuro che Bjorn
organizzerà un banchetto immenso per tutta la notte, come dicevano i soldati.
Ma, se preferisci, noi possiamo regalarci la nostra festa privata restando qui e rotolandoci nei boschi come fanno i
veri Vichinghi…”
Anche Aethelred rise, mentre arrossiva e
colpiva scherzosamente il compagno con un leggero pugno.
“Non ci penso nemmeno, andremo a festeggiare
alla dimora regale come fanno le persone civili!” dichiarò.
I due si avviarono insieme verso Kattegat,
Aethelred che sosteneva amorevolmente il compagno.
“Beh, peccato, io continuerò a pensare che
rotolarsi nei boschi per tutta la notte sarebbe stata un’ottima idea…” disse
Ivar.
After
the storm there is calm, but flame inside still burns A touch of sin left me undone, but still willing
for more Right after dawn we will witness the fall Of purity and hope, with broken wings we'll mourn From now on, on this flight I will be Like the blazing moonlight I will shine Open your eyes, feeding you lies They came like angels in disguise Holding you just to let you go throughout the
flight Frightening sight, we've been too blind To see the dark behind their eyes As despite their silky wings they can still bite Angels in disguise!
(“Angels in disguise”
– Frozen Crown)
I primi a ripartire da Kattegat furono Leif e
Freydis, che non vedevano l’ora di far ritorno in Danimarca e rivendicare il
Regno che Egil aveva strappato loro con violenza e crudeltà, ma anche Asvard
era ansioso di ritornare a casa sua: ora che aveva accanto Thorir, la vista
della sua dimora non gli avrebbe più ricordato il terribile massacro della sua
famiglia, bensì il futuro felice che avrebbe avuto con il giovane Principe.
Tuttavia Asvard e Thorir si erano fatti molti amici a Kattegat e, prima di
ripartire, volevano trascorrere del tempo con loro e salutarli in modo adeguato
ora che non c’erano più minacce all’orizzonte e si poteva bere e festeggiare
insieme.
Trascorsero dunque alcuni giorni e un mattino
Thorir volle andare a salutare anche Tiago, del quale era diventato molto
amico. Asvard, ovviamente, lo accompagnò. Tiago e Floki non avevano potuto
partecipare ai banchetti e ai festeggiamenti organizzati da Bjorn e Gunnhild
dopo la vittoria contro Re Egil perché non potevano lasciare la loro casa e in
maniera particolare Harald. Il Principe Norreno aveva riportato ferite molto
gravi e, soprattutto, aveva perso davvero tanto sangue ed era allo stremo delle
forze. Tiago e Floki avevano curato e medicato le sue ferite, ma l’uomo non
riprendeva i sensi e quindi non poteva bere il decotto che Tiago aveva
preparato per aiutarlo a riprendere le forze. Il giovane spagnolo, dunque,
aveva dovuto fare ricorso all’energia della terra, degli elementi e delle
piante per salvare Harald; il suo non era stato un vero e proprio incantesimo
come quello con il quale aveva ridonato la vista a Erik, ma aveva dovuto
trascorrere la notte in profonda concentrazione, quasi in trance, tenendo
strette le mani di Harald tra le sue e diventando un canale attraverso il quale
l’energia naturale giungeva al Principe.
Gli sforzi e le fatiche di Tiago, tuttavia,
erano servite poiché il mattino successivo a quella prima notte Harald era
sembrato più in forze, aveva ripreso i sensi e detto qualche parola, anche se
Floki e Tiago gli raccomandavano di non stancarsi. Era stato in grado di bere i
decotti curativi preparati da Tiago e, durante la giornata, anche di mangiare
qualcosa di leggero e, a poco a poco, i due guaritori avevano capito che Harald
non era più in pericolo di vita. Nei giorni successivi, quindi, Harald aveva
continuato a migliorare, lentamente ma costantemente, e a rendersi sempre più
conto di dove si trovava e di come era stato fortunato a non restare ucciso.
Ovviamente, però, non poteva ancora lasciare il letto e Floki o Tiago dovevano
essere sempre in casa per occuparsi di lui in caso di bisogno.
Quando Thorir, accompagnato da Asvard, si
recò alla casetta dei guaritori per salutare l’amico Tiago, lo trovò molto
provato e stanco per essersi preso cura di tanti feriti e, soprattutto, di
Harald.
“Tiago, volevo salutarti prima di partire per
la Danimarca con Asvard ma… ti vedo così pallido e sfinito. Sei sicuro di stare
bene? Non voglio partire se non so per certo che stai bene” disse il giovane
Principe Danese.
Tiago lo abbracciò affettuosamente e gli
rivolse un sorriso.
“Non preoccuparti per me, sono solo stanco
per aver svolto la mia missione” rispose. “Dopo una guerra, i guaritori devono
essere pronti a tutto e per fortuna non ci sono state ferite troppo gravi tra i
Norreni e la gente di Kattegat. Però quel Principe Norreno, Harald, ci è stato
portato qui in fin di vita e io e Floki abbiamo dovuto davvero faticare molto
per salvarlo, abbiamo anche fatto i turni accanto al suo letto perché non
potevamo rischiare di lasciarlo solo. Comunque ora lui sta migliorando e,
quindi, anche io e Floki possiamo iniziare a prenderci un po’ di riposo. Per
fortuna siamo in due e ci aiutiamo!”
Thorir continuava ad essere un po’
preoccupato per il suo amico, ma il fatto che ci fosse Floki al suo fianco, che
lo amava davvero come un padre, lo tranquillizzò.
“Principe Thorir, tu devi ritornare alla tua
terra e vivere la tua vita in pace” insisté Tiago, stringendo le mani dell’amico.
“Solo che… sei certo di non voler rivendicare il tuo Regno? Ti spetterebbe di
diritto, tuo padre non aveva altri eredi e… insomma, sei sicuro di voler
seguire Asvard?”
Fu la volta di Thorir di sorridere: se lui
era preoccupato che Tiago si potesse stancare troppo nel suo lavoro di curandero, Tiago continuava a non
fidarsi di Asvard e a temere che potesse fargli del male!
“Asvard non è l’uomo che credi, lui mi vuole
davvero molto bene e anch’io… io mi sento finalmente accolto e accettato da
qualcuno, mi sento protetto e sicuro con lui, come non mi era mai accaduto
prima. Non vorrei mai dover regnare da solo e preferisco rinunciare al potere
che alla possibilità di essere felice con Asvard” spiegò il ragazzo,
arrossendo. “Lo so che tu non ti fidi di lui perché ti ricorda Erik, ma Asvard
non è Erik, devi stare tranquillo ed essere felice per me perché io lo sono
tanto!”
Tiago continuava a non fidarsi poi molto, ma
il viso illuminato di gioia di Thorir e, soprattutto, lo sguardo tenero e
affettuoso con il quale Asvard lo guardava gli fecero capire che, almeno in
quel caso, la sua esperienza negativa lo portava ad avere dei pregiudizi
ingiusti contro l’uomo.
“Allora ti auguro tanta felicità e tutto
quello che desideri” disse lo spagnolo, abbracciando di nuovo l’amico, “e spero
che potremo rivederci, un giorno.”
“Ci rivedremo senza alcun dubbio” intervenne
allora Asvard con un sorriso. “Tu e Thorir siete diventati molto amici, ma anch’io
ho delle persone care qui a Kattegat e entrambi saremo lieti di farvi visita
molto spesso dopo che avrò riorganizzato il mio Regno e ricostruito le case e i
palazzi distrutti.”
Così anche Asvard e Thorir si accinsero a
lasciare Kattegat. Quello che Tiago non aveva notato, però, era che il suo
colloquio con il Principe Danese era avvenuto all’interno della casa e, siccome
l’ambiente non era certo grande, Harald aveva potuto ascoltare tutto.
Non fraintendete, Harald non era uno spione
qualsiasi! C’era un motivo ben preciso se si era interessato così tanto alle
parole dei due ragazzi e, in modo particolare, agli accenni che Thorir aveva
fatto su un certo Erik.
Harald era stato molto vicino a morire e
senza le cure speciali di Tiago probabilmente non ce l’avrebbe fatta. Quando
aveva ripreso i sensi dopo quella notte di oscurità e dolore la prima persona
che aveva visto al suo capezzale era stato quel ragazzino dai grandi e tristi
occhi scuri e dal viso dolce e gentile che si occupava di lui. Anche nei giorni
seguenti aveva seguito con lo sguardo ogni movimento di Tiago e si era reso
conto che si sentiva sempre meglio quando lo aveva vicino. Si stupiva che un
ragazzo così giovane fosse tanto abile nel guarire e, soprattutto, che si
dedicasse con tanta generosità ad aiutare gli altri e così, pian piano, la
delicata sensibilità dello spagnolo lo aveva conquistato così come il suo viso
grazioso e malinconico. Harald non riusciva a pensare ad altri che a Tiago e,
quasi quasi, avrebbe desiderato non guarire tanto rapidamente perché non voleva
perdere l’occasione di averlo accanto. Tiago, però, non si era accorto di
niente e continuava a trattare il Principe Norreno esattamente come avrebbe
fatto con qualsiasi altro ferito che avesse avuto bisogno del suo aiuto. Quel
giorno, tuttavia, gli accenni a quel tale Erik e a qualcosa di doloroso nel
passato di Tiago spinsero Harald a farsi avanti e a cercare di parlare con il
ragazzo in modo più personale.
Tiago era andato al suo capezzale per
portargli il decotto curativo da prendere prima di mangiare e nella sua mente
era a mille miglia di distanza da quello che Harald stava per dirgli!
“Devi bere questo, Principe Harald” gli disse
con la solita distaccata cortesia, “poi Floki verrà a portarti il pranzo. Ormai
sei in grado di sederti sul letto e di mangiare da solo, non è così? Tuttavia
se hai bisogno di aiuto…”
“No, non ho bisogno di aiuto per mangiare,
però vorrei parlarti, Tiago. Sei stato sempre così gentile e generoso in questi
giorni, ti sei occupato di me rinunciando anche al riposo e adesso vedo quanto
sei sfinito” gli disse con un tono tenero che mise subito in allarme il giovane
spagnolo. “Sei un ragazzo speciale, non molti sceglierebbero di fare questa
vita.”
L’approccio fin troppo diretto di Harald non
piacque affatto al ragazzo che, come già era successo con Asvard, vedeva in
ogni uomo anche lontanamente somigliante a Erik un pericolo dal quale stare il
più possibile alla larga! Harald, in realtà, era molto diverso da Erik, aveva
poco più di trent’anni e, pur essendo un Principe per nascita, era sempre stato
cordiale, scherzoso e amichevole con tutti, accettava nel suo esercito guerrieri
e shieldmaiden di ogni provenienza e
cercava di fare in modo che ognuno fosse trattato bene e andasse d’accordo con
gli altri. Aveva tanti amici, tutti coloro che lo conoscevano imparavano ad
apprezzarlo e a volergli bene e anche a Kattegat si era fatto subito benvolere
da Bjorn e da tutti gli altri. Anche ciò che aveva tentato di fare con il
Rogaland, sperando di essere eletto Re al posto di suo fratello Olaf, era
frutto non tanto di ambizione, quanto della consapevolezza che lui sarebbe
stato un sovrano più giusto e dalle idee più aperte del fratello. Naturalmente
non era perfetto, il potere e la ricchezza non gli dispiacevano certo, amava l’azione
e l’avventura come tutti i Vichinghi, ma le sue motivazioni andavano al di là
del semplice desiderio di una corona e, comunque, lui non avrebbe mai voluto
che a Olaf fosse fatto del male, intendeva chiedere a Bjorn di eleggerlo
sovrano del Rogaland grazie alla sua autorità di Re dei Norreni, ma intendeva
lasciare al fratello le sue ricchezze e i suoi privilegi.
Olaf, al contrario, aveva dimostrato di
essere molto più definitivo nelle sue scelte e, saputo che Harald aveva dei
piani a proposito del trono, aveva deciso di farlo uccidere senza se e senza
ma, chiudendo la faccenda una volta per tutte!
Tutta questa storia a Tiago però non
interessava affatto. Fino a quel momento lui aveva visto in Harald
semplicemente un ferito da aiutare e guarire, ma non avrebbe accettato nessun
altro avvicinamento da parte sua.
Ogni uomo, ormai, gli ricordava Erik e, purtroppo per lui, Harald gli
somigliava anche un po’ nel fisico alto e atletico e nei lineamenti, sebbene Harald
avesse i capelli castano dorati e gli occhi nocciola… e l’espressione dei suoi
occhi e del suo volto fosse sorridente, scanzonata e spesso tenera, diversamente
da Erik che si mostrava sempre cupo, grintoso e burbero!
“Non ho niente di speciale, invece” rispose
quindi Tiago, determinato a chiudere lì la questione. “Faccio il mio dovere con
le persone che hanno bisogno di me esattamente come fa Floki, infatti anche lui
adesso è esausto quanto me. Non abbiamo niente da dirci, Principe Harald, a
meno che tu non abbia bisogno di cure mediche.”
Harald non si offese per la risposta brusca
di Tiago. Gli dispiaceva che il ragazzo non volesse avvicinarsi a lui, ma aveva
capito dalle parole di Thorir che aveva sofferto molto a causa di qualcuno e
comprendeva le sue paure. Avrebbe voluto solo rassicurarlo, tranquillizzarlo e
poi, piano piano…
“Ho sentito che il tuo amico, il Principe
Thorir, accennava a un certo Erik che, in passato, ti avrebbe fatto del male”
provò a dire Harald, ma Tiago lo interruppe subito, prese la tazza vuota del
decotto e si allontanò dal letto dell’uomo.
“Questi non sono affari che ti riguardano,
Principe Harald, e hai fatto molto male ad ascoltare una conversazione privata
tra me e un mio amico” fece, reciso.
“Non volevo intromettermi e ti chiedo
perdono, è solo che mi dispiace pensare che qualcuno possa aver fatto del male
a un ragazzo dolce e gentile come te e…”
“Come ho detto, non è una questione che ti
riguardi” tagliò corto Tiago. “Tra poco verrà Floki a portarti da mangiare, noi
due non abbiamo altro da dirci.”
E, con queste parole severe, il giovane
spagnolo uscì dalla stanza e per il resto della giornata cercò di non farsi più
vedere, lasciando che fosse Floki a occuparsi di Harald.
Insomma, che accidenti voleva quello? Perché si
intrometteva in cose che non lo riguardavano affatto? E, soprattutto, che
intenzioni aveva? Certo, Tiago sapeva che Harald era stato sempre amichevole
con Bjorn, Ivar e tutti gli altri e che si era fatto benvolere da tutta
Kattegat… ma anche Erik sapeva fingere molto
bene, infatti Bjorn e Gunnhild si erano sempre fidati di lui. Anzi, anche lo
stesso Tiago si era innamorato di Erik credendolo buono e premuroso, perché lo
aveva visto occuparsi di Gunnhild dopo che aveva perso il bambino e di Bjorn
quando era stato ferito da Ivar. Poi il suo vero volto era venuto allo scoperto
quando era troppo tardi… e sicuramente anche Harald sarebbe stato così.
Per fortuna ormai il Principe Norreno stava
migliorando sempre più e ben presto avrebbe potuto lasciare la casa dei
guaritori, magari sarebbe stato ospite nella dimora regale di Re Bjorn per
riprendersi del tutto e, finalmente, sarebbe tornato nel suo Regno. Tiago
doveva solo badare a stargli il più lontano possibile in quel periodo!
Ma questo non era affatto ciò che desiderava
Harald che, al contrario, desiderava conoscere meglio quel ragazzino spagnolo e
potergli ridare la fiducia nella vita e nell’amore.
L’inizio non era stato dei migliori, tuttavia
Harald era ottimista e paziente ed era sicuro che, pian piano, sarebbe riuscito
ad avvicinarsi a Tiago. Intanto, però, l’idea che qualcuno gli avesse fatto del
male lo tormentava e così, quando Floki arrivò per portargli da mangiare, lo
trattenne.
“Floki, posso farti qualche domanda che
riguarda Tiago?” gli chiese.
Il Vichingo lanciò un lungo sguardo d’intesa
a Harald e sorrise nel suo solito modo elusivo che voleva dire tutto e niente…
Now I'm dancing with a broken heart
Ain't no doctor who can make it start
Singing these are the words that I'm never gonna say again
'Cause I've given till I've given up
One more casualty of easy love
Singing these are the words that I'm never gonna say again
And these are the words that I say to your picture
These are the words that I say in a dream
These are the words that I wish I'd said to you
When you were standing here next to me!
(“These are the
words” – James Blunt)
Tiago e Floki si erano legati davvero molto
in quei mesi, pertanto il giovane spagnolo aveva raccontato al suo nuovo amico
tutto ciò che gli era accaduto con Erik, senza nascondergli nulla (a parte,
ovviamente, i dettagli più intimi!). Floki, quindi, sapeva benissimo per quale
motivo Tiago fosse tanto distaccato e freddo con Harald e così, quando l’uomo
volle fargli alcune domande sul ragazzo perché sentiva di provare un sentimento
particolare per lui, lo sciamano gli raccontò tutto così come Tiago lo aveva
raccontato a lui.
Intendiamoci, Floki non era certo la pettegola del villaggio e non avrebbe
mai aperto bocca se non avesse riconosciuto in Harald un uomo giusto, leale e
generoso che avrebbe potuto rendere veramente felice Tiago. Floki sapeva di
essere diventato una figura molto importante nella vita del giovane spagnolo,
che lo considerava quasi il padre che non aveva mai avuto, ma si rendeva anche
conto del fatto che Tiago aveva bisogno di un altro tipo di affetto, aveva solo
diciannove anni e non poteva rinunciare così presto alla gioia di vivere e di
amare.
Tiago, però, non la pensava allo stesso modo,
anzi, non appena seppe che Floki aveva raccontato a Harald quello che lui aveva
passato con Erik si arrabbiò, ed era una cosa strana perché di solito era un
ragazzo dolce e gentile e non si innervosiva mai con nessuno! Ma questa era una
cosa troppo intima che lo aveva ferito fin nel profondo…
“Io mi ero confidato con te come non avevo
mai fatto con nessun altro perché avevo bisogno di sfogarmi con qualcuno e di
te mi fidavo… come hai potuto tradirmi così e raccontare tutto a quell’estraneo là che non è nemmeno di
Kattegat e non fa parte dei nostri amici?” protestò il ragazzo.
Floki non se la prese per lo sfogo di Tiago,
lui sapeva di aver fatto la cosa giusta e trovava anche buffo il modo in cui il
giovane spagnolo cercava anche nei termini di mantenersi lontano da Harald (quell’estraneo là); era invece convinto
che, alla fine, sarebbe stato Tiago a comprendere che il Principe Norreno era
la persona giusta per lui.
“Non è proprio così” cercò di placarlo Floki,
sorridendo. “È venuto a combattere per Kattegat e in poco tempo è diventato
amico di Bjorn e degli altri fratelli Lothbrok.”
“È venuto a combattere per i suoi interessi,
per difendere le sue terre e non certo per amicizia nei confronti di Re Bjorn”
replicò deciso Tiago, “e lui non aveva nemmeno una famiglia da vendicare, come
invece avevano Asvard, Leif e Freydis. Probabilmente ha partecipato a questa
guerra solo per ottenere qualche ricompensa dal Re dei Norreni.”
E, in effetti, in questo caso aveva ragione
lo spagnolo, perché Harald aveva sperato di ottenere da Bjorn la corona di Re
del Rogaland al posto del fratello e Floki lo sapeva, ma pensò che non fosse la
cosa migliore da dire in quel momento. Doveva far leva sulle tante qualità di
Harald e non sui suoi difetti.
“Non ti dirò che Harald è un uomo perfetto”
disse Floki, “perché nessuno lo è, non lo sono neanche Bjorn e gli altri
Lothbrok e non lo sono io. Non lo era nemmeno Ragnar, anche se adesso tutti lo
considerano un eroe: era arrogante e ambizioso e spesso egoista. Ma quello che
conta è la capacità di amare veramente e di fare qualcosa per chi si ama e io
questo l’ho capito troppo tardi, altrimenti non avrei perduto Helga. Quando
sono partito per fondare una colonia in Islanda credevo davvero che avrei fatto
del bene alle persone che avevo portato con me, ma anche in quel caso sono
stato presuntuoso, ho dato per scontato che sarei riuscito a comprendere cosa
c’era nel cuore di tutti e ad evitare conflitti e guerre. Invece ho
sottovalutato Kjetill… e questo è costato la vita a tanta brava gente che io
avrei dovuto proteggere…”
Anche Floki si era spesso confidato con Tiago
a proposito di quella storia e il ragazzo sapeva quanto ricordarla ferisse il
suo amico.
“Non torturarti con questi terribili ricordi,
adesso, quella non fu colpa tua, non potevi immaginare che Kjetill fosse un
uomo tanto malvagio e crudele” tentò di consolarlo Tiago. “Si è sempre
comportato male con tutti e alla fine è stato punito come meritava in Islanda
dai suoi stessi compagni. Lo so che nessuno è perfetto, ci sono uomini gentili,
uomini saggi, uomini crudeli come Kjetill… so che neanche Re Bjorn è perfetto,
né Ivar, né Hvitserk, ma loro c’erano quando Erik ha cercato di uccidermi e mi
hanno salvato da lui. Magari saranno ambiziosi, desiderosi di potere e di
ricchezze, ma sanno voler bene a un amico e aiutarlo, per questo so che posso
fidarmi di loro, come di te. Ma Harald non lo conosco, nessuno di noi lo
conosce, è venuto qui solo per la guerra contro Re Egil e per quanto ne
sappiamo potrebbe anche essere un mostro come Kjetill!”
Floki si lasciò sfuggire una risatina,
vedendo quanto Tiago cercasse di pensare il peggio di Harald.
“No, Harald non potrebbe mai essere come
Kjetill e nemmeno come Erik, anche se io questo Erik non l’ho conosciuto se non
attraverso i tuoi racconti. Ma tu mi avevi detto che Erik era stato un
trafficante di schiavi, che ne aveva abusato e che ne aveva anche ucciso
qualcuno. Forse cercava davvero di riscattarsi servendo Bjorn e Gunnhild, ma
con te non è mai stato gentile, o sbaglio? Anzi, continuava a considerarti uno
schiavo, uno che non valeva niente, solo perché sei di un’altra terra. Nel caso
di Erik si capiva bene che tipo fosse, credo che sia stato tu a non volerlo
vedere” azzardò l’uomo. “Harald non ha pregiudizi del genere e di sicuro non ha
mai trafficato in schiavi. Mi ha parlato di te come di un ragazzo speciale, con
grandi doni e un cuore pieno di generosità.”
Tiago scrollò il capo.
“Sì, certo, anche Erik mi diceva cose del
genere quando voleva che lo aiutassi a recuperare la vista, quando aveva solo
me a prendersi cura di lui” lo interruppe. “Harald ti parla così perché vuole
qualcosa da me, e visto cosa mi faceva Erik penso anche di sapere cosa vuole.”
Floki si fece serio e prese le mani del suo
giovane amico.
“Tiago, non sono io che devo convincerti,
anche se la mia opinione è che Harald sia un uomo molto diverso da Erik e non
per niente si è fatto benvolere da tutti a Kattegat, mentre so che Erik non
piaceva a molti e lo tolleravano solo perché si era legato a Bjorn” disse. “Il
fatto è che io non voglio che tu rinunci all’amore e alla gioia di avere
qualcuno accanto, io darei qualsiasi cosa per riavere la mia Helga e tu poi sei
ancora giovanissimo, non devi restare solo tutta la vita. Ti parlo in favore di
Harald solo perché sento che lui potrebbe donarti quell’amore che meriti, ma so
anche che tu sei molto più bravo di me a giudicare le persone, tu senti la loro
energia e senti se in loro c’è luce o oscurità.”
Tiago chinò il capo e non rispose: sapeva che
Floki aveva ragione.
“Hai detto tu stesso che non hai voluto
vedere il male che Erik aveva fatto o come ti maltrattava, ma tu sapevi che in
lui c’era solo oscurità, non è così?” insisté lo sciamano.
“È vero” ammise Tiago. “Io sentivo l’oscurità
in Erik e non soltanto quando mi maltrattava, sentivo il suo lato oscuro anche
quando mi blandiva per avere qualcosa da me, ma io volevo credergli perché…
perché lo amavo, e se non fosse stato lui a rifiutarmi io sarei ancora il suo schiavo! Non posso fidarmi, i sentimenti
hanno già una volta offuscato il mio giudizio e anche allora speravo sempre che
in fondo al cuore Erik avesse una parte di luce e che io sarei riuscito a farla
risplendere. Mi sono sbagliato con lui ed ho sofferto tanto, non voglio più
essere così confuso e vulnerabile, voglio tenermi lontano da questi sentimenti
che mi impediscono di vedere cosa c’è davvero nel cuore delle persone!”
“Va bene, ma avverti questa oscurità anche in
Harald? È per questo che vuoi stargli lontano?” domandò Floki.
Tiago si morse il labbro inferiore. La verità
era un’altra: cercava di stare il più possibile lontano da Harald perché ne
sentiva invece il calore, la luce affettuosa e amichevole, e temeva che avrebbe
potuto davvero finire per provare qualcosa per lui… e non lo voleva! Sentiva
che Harald avrebbe potuto renderlo di nuovo vulnerabile com’era stato con Erik,
e se poi anche Harald lo avesse abbandonato o lo avesse maltrattato lui non
sarebbe riuscito a sopportarlo. Stava lontano da Harald perché capiva che,
nonostante avesse anche lui i suoi difetti come tutti, era davvero un uomo
generoso e affidabile e che si sarebbe potuto innamorare perdutamente di lui.
“No, il Principe Harald è… è come dici tu, è
un uomo generoso e cordiale che sa farsi voler bene. Certamente ha i suoi lati
oscuri, l’ambizione, l’arroganza, ma… ma come li hanno tutti, anche Re Bjorn è
così, anche Ivar o Hvitserk” dovette confessare. “Nel Principe Harald io
percepisco una luce e un calore che Erik non ha mai avuto, ma… ma non voglio
più trovarmi vulnerabile e dipendente da qualcuno che poi potrebbe farmi del
male!”
“Allora puoi fare così:” suggerì Floki,
“accetta l’amicizia di Harald, parla con lui, comportati come faresti con i
tuoi amici, così imparerai a conoscerlo sempre meglio. Poi capirai da solo se
potrai fidarti di lui anche come compagno della tua vita o se preferisci che
rimaniate solo amici. Ma concedigli almeno una possibilità, che ne pensi?”
Tiago sospirò. Floki, come sempre, aveva
ragione e lui non poteva chiudersi al mondo intero a diciannove anni solo
perché aveva avuto la sfortuna di incontrare un bastardo.
“Va bene” concesse. “Farò come dici tu e
cercherò di accettare la sua amicizia. Ma per adesso non voglio altro, sia ben
chiaro!”
Floki annuì e sorrise. Certo, andava
benissimo così, intanto Harald e Tiago si sarebbero avvicinati e poi… e poi, se
davvero gli dèi avessero voluto, l’amore non si sarebbe potuto soffocare e
Tiago stesso avrebbe sentito il bisogno di un legame più forte e intimo con il
Principe Norreno.
Ivar e Aethelred erano nella dimora regale
insieme a Hvitserk e Helgi e stavano parlando con loro a proposito della sempre
più vicina partenza per il Danelaw.
“Credevo che sareste partiti insieme al
contingente di soldati Sassoni che hanno fatto ritorno nel Wessex qualche
giorno fa” disse Aethelred ai due amici, riferendosi agli uomini che Alfred
aveva inviato perché sostenessero i Norreni contro Re Egil.
“All’inizio avevo pensato di farlo, in
effetti, ma poi ne abbiamo parlato con Bjorn e abbiamo deciso che sarebbe stato
meglio arrivare nel Danelaw con dei nostri soldati, consiglieri e uomini di
fiducia che faranno parte della nostra Corte” spiegò Hvitserk.
“Della
nostra Corte, ma ti ascolti quando parli?” lo prese in giro Ivar. “Non hai
ancora capito che Alfred non ti darà nessun vero potere? Sarai solo un
fantoccio e servirai a gettare fumo negli occhi ai Norreni perché non cerchino
più di razziare le coste, per cui non montarti troppo la testa!”
“Ivar, che malignità, perché dici una cosa
del genere?” esclamò Aethelred, turbato. Non capiva se il giovane Vichingo
volesse fare il caustico come al solito o se invece intendesse offendere
davvero il fratello.
“Va bene, sarò un Re fantoccio, ma non mi
interessa, non ci tengo così tanto al potere e comunque non mi sono affatto
montato la testa” replicò Hvitserk, che in tanti anni si era ormai abituato ai
battibecchi con Ivar. “Di certo, poi, tu non sei la persona più adatta per
accusare gli altri di presunzione, visto che, nel periodo in cui sei stato Re
di Kattegat, ti eri addirittura illuso di essere un dio. Se c’è qualcuno che si
crede più di quanto non sia, qui, non sono certo io.”
“Volete smetterla? Che motivo avete di
rivangare questi ricordi spiacevoli di due anni fa e più?” intervenne ancora
Aethelred, cercando di mettere pace. Odiava i conflitti e gli faceva male
quando le persone che amava si ferivano a vicenda. “Questo dovrebbe essere un
momento felice: Re Egil è stato sconfitto, Kattegat non ha subito perdite e
Hvitserk e Helgi partiranno per governare il Danelaw. Dovremmo festeggiare e
non litigare!”
“Sì, dovremmo festeggiare” approvò Helgi, ma
la sua espressione era malinconica e contraddiceva le sue stesse parole.
Hvitserk lo strinse a sé affettuosamente.
“Beh, in realtà a me dispiace lasciare
Kattegat e tutti gli amici, per questo sono un po’ nervoso e non ho davvero
voglia di festeggiare” spiegò. “Comunque io e Helgi cercheremo di tornare
spesso a trovarvi, non penserete mica di esservi liberati di noi?”
“Nemmeno io ho voglia di festeggiare” tagliò
corto Ivar, ma il suo volto era cupo e sembrava davvero arrabbiato per
qualcosa. Appoggiandosi alla sua stampella, si allontanò cercando di muoversi più
velocemente che poteva, come se proprio non sopportasse di restare ancora in
compagnia di quelle persone.
Aethelred era rimasto talmente allibito dalla
reazione inspiegabile del compagno da non riuscire a dire o fare niente, fu
Hvitserk a scuoterlo dalla sua immobilità.
“Vai a parlargli” consigliò. “Sinceramente
non so cosa abbia, ma Ivar è spesso strano, ormai sono abituato ai suoi scatti.
Però sono sicuro che, qualsiasi cosa gli stia passando per la testa, a te darà
ascolto, ti vuole veramente molto bene.”
Il Principe Sassone non era molto convinto e
seguì Ivar senza sapere bene cosa aspettarsi. Il giovane Vichingo si era recato
nella camera che condividevano e si era seduto sul letto, imbronciato. Quando
vide Aethelred, tuttavia, l’ombra che aveva sul viso parve dissolversi e aprì
le braccia al compagno.
“Mi dispiace di essere stato sgradevole e
maleducato” sussurrò tra i capelli del ragazzo, mentre lo abbracciava e lo
attirava nel letto con sé, “ma lo sai che sono sempre la solita carogna, no?
Quando le cose vanno troppo bene mi annoio e allora mi metto a fare il pazzo!”
Questa spiegazione non convinse del tutto
Aethelred, ma poi Ivar cominciò a baciarlo e ad accarezzarlo e lui non riuscì
più a pensare lucidamente. Lo baciò ovunque, spogliandosi e spogliandolo, poi entrò
dentro di lui tentando il più possibile di frenare l’urgenza per far durare
quei momenti più a lungo, per possederlo fino a diventare un solo essere con
lui: desiderava godersi ogni istante di quell’atto, ogni minimo contatto con il
ragazzo che amava, avrebbe voluto farlo durare un’eternità. Continuando a
baciarlo, si spinse in lui più profondamente ma sempre con lentezza e dolcezza;
lo possedette ripetutamente, lasciando che le ore trascorressero mentre i loro
corpi si avvolgevano e si incollavano tanto da non sapere più dove finisse
l’uno e iniziasse l’altro. Amplessi, gemiti e sospiri si susseguirono fino a
notte fonda, lasciandoli entrambi stremati e disfatti.
Alla fine restarono l’uno nelle braccia
dell’altro, con Ivar che accarezzava i capelli di Aethelred e rifletteva su ciò
che era accaduto nella Sala Grande. In quel momento, con il suo Principe caldo
e morbido tra le braccia, gli pareva che fosse stata tutta una stupidaggine e
che nient’altro contasse se non l’amore che provava per Aethelred, ma… perché
aveva sentito il bisogno di provocare Hvitserk? Era davvero invidioso di lui?
Era arrabbiato perché Bjorn non aveva concesso a lui quella carica?
Ivar strinse più forte Aethelred tra le
braccia e decise che, per il momento, non gli interessava poi tanto scoprirlo.
Twilight will fall again in your darkest time
Bathe in the sea of gloom and try not to drown
Down in the abyss of hell you're earning your crown
How can't you see you've crossed the line
You better have no regrets
The monster you feed is awake in your mind
Its fury is blind
Time to be true to yourself
And nail all the lies
Embrace the night let it flow inside
Away from light answers lie
Embrace the night leave your fears behind
Let fires in the sky be your guide!
(“Embrace the night” –
Frozen Crown)
Ivar e Aethelred, a quanto pareva, avevano
trovato una sorta di accordo sotto le
coperte, ma Hvitserk si accorse che, al contrario di quanto volesse apparire,
Helgi non era affatto contento della partenza per il Danelaw, si vedeva che si
sforzava per non preoccuparlo, ma non era il ragazzo di sempre.
“Helgi, tu hai consigliato a Aethelred di
parlare schiettamente con Ivar, ma adesso anche tu devi fare lo stesso con me”
disse il Vichingo al compagno quando si trovarono da soli nella loro camera.
“Tra pochi giorni partiremo per il Danelaw, ma tu sembri davvero molto
preoccupato a questa prospettiva. Non vuoi dirmi cosa ti turba? Qualsiasi cosa
sia possiamo risolverla insieme.”
Helgi si sforzò di sorridere al compagno.
“Non… beh, non è niente di grave, te lo
assicuro. È solo che il pensiero di andare a vivere in un Paese lontano e
straniero mi spaventa e non sono sicuro che ci accoglieranno davvero bene. Non
credo che saranno felici di avere un Principe Norreno per le loro colonie”
spiegò, imbarazzato. “Temo che parte di quello che diceva Ivar sia giusto,
vogliono solo qualcuno da mettere su un trono fasullo per tenere buoni i coloni
Norreni e prevenire ribellioni o razzie dall’esterno.”
Hvitserk abbracciò e baciò Helgi, cercando di
fargli sentire che non gli importava niente del Regno o del potere e che
l’unica cosa che contava era che stessero insieme.
“Allora dirò a te quello che ho detto a Ivar:
non mi importa se sarò un Re fantoccio, a me basta che saremo insieme e che
magari potremo fare del bene ai coloni Vichinghi” disse. “Non ho mai desiderato
il potere, a differenza dei miei fratelli, e so che nel Danelaw starò con te e
ritroverò tanti amici di Kattegat che si sono trasferiti là per avere una vita
migliore.”
Tenendo stretto Helgi tra le braccia lo
condusse con sé sopra il letto e, continuando a baciarlo dolcemente e
lungamente, lo spogliò e si tolse le vesti; i loro corpi si fusero in uno
mentre le spinte di Hvitserk si facevano sempre più intense e prolungate e le
bocche si cercavano e si univano mille e mille volte. Hvitserk lo prese in modo
languido e lento prolungando il piacere di ogni singolo movimento in onde
bollenti e dolcissime fino a fare naufragio insieme, stremati, nel piacere più
assoluto e infinito che si potesse raggiungere. E molto tempo dopo volle
guardarlo dormire tra le sue braccia, baciando con leggerezza i suoi occhi
chiusi, tenendolo nel cerchio protettivo del suo abbraccio e sperando che le
preoccupazioni del suo Helgi, di quel tenerissimo ragazzo che lui amava tanto,
potessero svanire nell’amore che li avvolgeva.
Tuttavia, prima di lasciarsi andare anche lui
al sonno, Hvitserk decise che, il giorno seguente, sarebbe andato a parlare con
Floki per chiedergli consiglio: chissà, magari Helgi temeva la partenza per il
Danelaw, una terra nuova, perché gli ricordava troppo ciò che era accaduto in
Islanda e riaccendeva le sue paure e i ricordi più terribili. Probabilmente per
lui i cambiamenti non sarebbero mai più stati semplici… ma Floki avrebbe saputo
aiutarlo, ne era certo.
E così, il mattino seguente, Hvitserk e Helgi
si recarono alla casetta di Floki e Tiago. Hvitserk aveva sperato di trovare
una scusa per non farsi accompagnare da Helgi, visto che voleva parlare in
privato con Floki ma, quando furono lì, l’occasione si presentò da sola.
Harald si sentiva meglio e aveva chiesto a
Tiago di accompagnarlo a fare una passeggiata nei dintorni, magari raggiungere
anche i primi boschi che si stendevano dietro Kattegat… chiaramente per il
Principe voleva essere un’occasione romantica per stare da solo con Tiago,
chiacchierare con lui, entrare più in confidenza e magari sperava che ci
potesse scappare pure un bacetto. Al contrario, il giovane spagnolo non aveva
nessuna intenzione di andare da qualche parte da solo con Harald, aveva
accettato la sua amicizia, va bene, ma una passeggiata come aveva chiesto lui
sembrava più da fidanzati che da amici! Solo che non sapeva come rifiutare e
anche Floki aveva insistito, dicendo che Harald era stato fin troppo chiuso in
quella piccola casa e che aveva bisogno di camminare sulle sue gambe e di
respirare un po’ di aria buona. Così, quando Tiago vide arrivare Hvitserk e
Helgi e sentì che Hvitserk voleva parlare in privato con Floki, colse al volo
quella possibilità.
“Ma è perfetto!” esclamò lo spagnolo. “Helgi,
tu potresti accompagnare Harald insieme a me, così se dovesse sentirsi stanco o
avere un mancamento mi aiuterai a sorreggerlo, per me sarebbe pesante…”
“Certo, vi accompagno volentieri” rispose
gentilmente Helgi, che nulla immaginava né di ciò che Hvitserk avrebbe chiesto
a Floki né dei turbamenti di Tiago, per lui era solo un’opportunità per
rendersi utile… e in realtà aveva anche una curiosità nei confronti di Harald.
“Anzi, mi fa molto piacere avere la possibilità di fare due chiacchiere con il
Principe Harald. Sai che siamo stati io e Hvitserk a trovarti e a portarti in
salvo da Floki e Tiago? E ci siamo sempre chiesti come fosse possibile che…”
Insomma, il piano romantico di Harald era
bello che svanito e lui si sarebbe invece trovato a dover spiegare a Helgi
tutta la vicenda dell’agguato e dei sicari mandati da suo fratello. Però, a
pensarci bene, forse anche quella poteva essere una buona occasione, forse
Tiago avrebbe provato compassione per lui e avrebbe capito che era un
brav’uomo, che lui non avrebbe fatto del male a nessuno e avrebbe iniziato a
guardarlo con occhi diversi.
Così, mentre Helgi e Tiago accompagnavano
Harald durante la sua passeggiata, Hvitserk entrò in casa con Floki e mise
subito le carte in tavola.
“Floki, sono molto preoccupato per Helgi”
esordì. “La partenza per il Danelaw si avvicina e, anzi, saremmo dovuti partire
già da qualche giorno, ma io continuo a rimandare perché vedo che Helgi è
spaventato, turbato, come quando era ossessionato dalla possibilità di
incontrare di nuovo Kjetill. No, non così tanto, ma lo vedo sempre malinconico,
triste, pensieroso e inizio a credere che non voglia venire con me, non so se
sia perché a Kattegat si sente sicuro e non vuole allontanarsi o se invece sia
la paura del cambiamento, quasi temesse che nel Danelaw succederanno cose
orrende come in Islanda. Tu cosa ne pensi?”
“Beh, Hvitserk, ti devi rendere conto che per
Helgi partire e andare a vivere in un posto nuovo per forza di cose significa
ricordare la partenza per l’Islanda e tutto ciò che è accaduto lassù” spiegò
pazientemente Floki. Ancora una volta gli venne da pensare che i figli di
Ragnar erano buoni e cari, ma anche così poco empatici… Era ovvio che Helgi si sentisse turbato
all’idea di lasciare la cittadina che conosceva e amava per trasferirsi in un
Regno in Wessex, così come era ovvio che
Aethelred fosse spaventato pensando che Ivar potesse di nuovo rischiare la vita
in battaglia! Era tanto difficile cercare di mettersi nei panni del compagno? “Per
Helgi la vita in Islanda è stata drammatica fin dal principio, suo padre e
Kjetill non perdevano occasione per attaccar briga, ognuno dei due voleva
dominare la colonia e questo ha portato a faide e uccisioni assurde, è stato
così che Helgi ha perduto la moglie incinta. Purtroppo, poi, io ho preso le
decisioni sbagliate e le cose sono peggiorate ulteriormente. Siccome era stato
il padre di Helgi a iniziare la faida, ho pensato che sarebbe stato meglio che
lui e tutta la sua famiglia lasciassero la colonia e andassero a fondarne
un’altra più lontano, speravo che, così facendo, Kjetill avrebbe dimenticato e
Helgi e i suoi si sarebbero rifatti una vita.”
“Di che cosa stai parlando, Floki? Tu hai
cacciato Helgi e la sua famiglia
dalla vostra colonia? Ma non era stato Kjetill a cominciare?” domandò Hvitserk,
allibito.
Floki restò per un attimo senza fiato:
possibile che Helgi non avesse mai raccontato questa parte della storia al suo
compagno? E lui aveva il diritto di farlo senza chiederlo al diretto
interessato? Con una punta di rammarico, Floki decise per il sì: sicuramente
Helgi aveva avuto le sue ragioni per non raccontare tutto a Hvitserk, ma era
indispensabile che il giovane Vichingo sapesse per poter aiutare il suo
compagno che adesso stava nuovamente soffrendo.
“No, in realtà fu Eyvind, il padre di Helgi,
a creare occasioni di contrasto e Kjetill gli si mise subito contro” spiegò
Floki. “Le uccisioni iniziarono per colpa di entrambe le famiglie e in una colluttazione
uno dei fratelli di Helgi morì per mano di Thorgrim, uno dei figli di Kjetill.
Così, per vendicarsi, Asbjorn, suo fratello, uccise prima Thorgrim e poi anche
Thorunn, la moglie incinta di Helgi.”
Hvitserk era impallidito: di fronte a questo
le vicissitudini della sua famiglia e i continui tradimenti facevano ridere! Il
suo povero, dolce Helgi aveva vissuto delle esperienze tanto orribili e non si
era confidato con lui… ma perché? Gli aveva parlato solo della morte della
moglie, uccisa in una faida tra famiglie mentre aspettava il loro bimbo, ma non
gli aveva mai spiegato come fossero andate realmente le cose.
“È stato il fratello di Helgi a uccidere sua moglie? Ma perché ha fatto una
cosa così orribile proprio a Helgi che non aveva fatto male a nessuno?”
Hvitserk adesso era sconvolto, avrebbe desiderato correre immediatamente dal
suo compagno, stringerlo e baciarlo fino a fargli dimenticare ogni dolore…
“Perché ha ucciso una povera ragazza incinta?”
“Perché Thorunn non era solo la moglie di
Helgi, era anche la figlia di Kjetill” rispose Floki, e mentre lo diceva si
accorse una volta di più di quanto fosse stata disumana tutta quella storia. Le
famiglie di Kjetill e Helgi si erano massacrate a vicenda quando avrebbero
dovuto essere più unite degli altri, avendo un legame di parentela così
importante. “A quel punto io ho creduto che esiliare Eyvind, Helgi e tutta la
loro famiglia avrebbe riportato un po’ di pace nella colonia, ma è stato ancora
peggio e io… sai, Hvitserk, io credo che Helgi non ti abbia raccontato quasi niente
perché in fondo al suo cuore pensa ancora di essere responsabile della morte
della sua famiglia.”
“Cosa? Ma questo è assurdo, Floki!” esclamò
Hvitserk. “Helgi non ha mai partecipato alla lotta tra la sua famiglia e quella
di Kjetill, no? E anzi sua moglie era la figlia di Kjetill, ed è stato suo
fratello a ucciderla. Helgi è stato solo una vittima in tutta questa storia,
come può sentirsi in colpa?”
“Non per la faida” mormorò Floki, e adesso i
suoi occhi erano perduti nel vuoto e inseguivano le immagini atroci degli
eventi in Islanda, “per quello che è successo dopo, anche se hai perfettamente
ragione, Helgi è stato solo una vittima… ma io temo che si senta responsabile. Qualche
settimana dopo, in Islanda era pieno inverno e noi riuscivamo a malapena a
ripararci dal vento e dalla neve, e Helgi riuscì a far ritorno alla colonia,
camminando per giorni al gelo e alla tormenta, per chiederci aiuto per la sua
famiglia. Io mi offrii subito di accompagnarlo portando cibo, coperte e erbe
medicinali e Kjetill, suo figlio Frodi e qualche altro loro amico decisero di
formare una squadra di salvataggio. Kjetill disse che ogni desiderio di
vendetta era svanito e che si trattava soltanto di aiutare delle povere persone
in pericolo e io, stolto, gli credetti. Non appena Kjetill e la sua squadra
trovarono la famiglia di Helgi li… li uccisero tutti, massacrarono sua madre,
suo fratello e sua sorella sotto i suoi occhi e tramortirono lui e suo padre
per decapitarli la mattina successiva.”
“Sì, questo Helgi me lo aveva raccontato” lo
interruppe Hvitserk, orripilato: aveva già ascoltato una volta quella storia
orribile dalle labbra di Helgi e non ci teneva a sentirla ancora, “suo padre lo
convinse a fuggire durante la notte e lui riuscì a mettersi in salvo. Quindi
pensi che sia per questo che si sente in colpa, perché è scappato lasciando il
padre a morire?”
“In parte sì, può darsi, ma credo che Helgi
sia consapevole che rimanendo non avrebbe salvato suo padre e sarebbe
semplicemente morto con lui” rispose Floki. “No, io credo invece che Helgi si
senta in colpa per essere venuto a cercarci, per aver condotto Kjetill dalla
sua famiglia, per aver… provocato il massacro, in un certo senso.”
“Ma non è stata colpa sua, che altro poteva
fare? Lui e i suoi stavano morendo di fame e freddo!” esclamò Hvitserk.
“Questo lo so io e lo sai tu, anzi, in realtà
io so anche che la colpa fu mia, che ormai dovevo aver capito che tipo era
Kjetill e non avrei dovuto permettergli di raggiungere la famiglia di Helgi”
replicò l’uomo. “Infatti dopo quell’episodio anch’io lasciai la colonia perché
non mi sentivo più degno di far loro da guida, avevo sbagliato tutto… Ma temo
che Helgi continui a ritenere se stesso responsabile.”
Hvitserk si alzò in piedi, agitatissimo.
“No, no, non voglio neanche pensarci. Helgi
sta soffrendo così tanto e da tanto tempo e io non mi sono mai accorto di
niente? Devo aiutarlo, Floki, cosa posso fare per lui?”
“Stagli vicino, fagli sentire tutto il tuo
amore e quanto lui sia importante per te. Perché credo che Helgi pensi di non
meritarti e che sia per questo che continua a posporre la partenza per il
Danelaw, magari crede che tu dovresti andarci da solo, trovare una Principessa,
magari Sassone, sposare lei e avere dei figli” disse Floki. “Tu sei stato
scelto come Re Norreno del Danelaw e magari è proprio questo il problema,
adesso sei una persona importante e Helgi pensa di non essere degno di te, di
non meritare la felicità. Devi convincerlo che non è così.”
“Grazie, Floki, grazie, sapevo che mi avresti
aiutato” mormorò Hvitserk, con le lacrime agli occhi. “Vado subito a cercarlo!”
Nel frattempo, Helgi, Tiago e Harald stavano
facendo ritorno dalla passeggiata e Hvitserk si imbatté in loro appena fuori
Kattegat.
“Che succede, Hvitserk? Hai parlato con Floki?
È andato tutto bene?” domandò Tiago.
“Sì, ora è tutto chiaro, ma ho bisogno di
parlare da solo con Helgi” rispose il giovane Vichingo. “Tiago, pensi di
farcela ad accompagnare Harald fino alla vostra casa senza l’aiuto di Helgi?”
“Io… beh, veramente…” era proprio quello che
Tiago voleva evitare!
“Ma certo, non ci sono problemi” intervenne
Harald con un gran sorriso. “Io mi sento in forma e questa passeggiata mi ha
fatto molto bene, posso farcela tranquillamente. E così anche noi avremo
occasione di parlare, vero Tiago?”
Ma anche no, avrebbe
voluto rispondere il giovane spagnolo. Ma come poteva rifiutare a Hvitserk la
possibilità di parlare da solo con il suo compagno? Sicuramente avevano cose
importanti da dirsi e lui non poteva e non doveva intromettersi…
“Va bene” mormorò, leggermente imbronciato,
“non c’è troppa strada da fare e sono certo che tu e Helgi dobbiate stare da
soli…”
Tutto contento, Harald circondò le spalle di
Tiago con un braccio fingendo di aver bisogno di appoggiarsi a lui e se lo portò
via, mentre Hvitserk conduceva Helgi di nuovo verso il bosco, allontanandosi
dalle prime case di Kattegat.
“Perché non mi hai mai detto la verità,
Helgi? Perché non mi dici che ti senti responsabile, che credi che sia colpa
tua se Kjetill ha raggiunto e massacrato la tua famiglia? Perché vuoi punirti
ingiustamente, allontanandomi da te?” lo incalzò, prendendolo per le spalle e
portandolo in una radura dove lo costrinse a sedersi sull’erba.
Helgi non rispose, i suoi occhi erano pieni
di dolore ma anche di una fiera determinazione.
“Floki mi ha raccontato tutto” continuò
Hvitserk. “Ma allora è proprio così, tu vuoi che io parta da solo per il
Danelaw perché non ti senti più degno di stare al mio fianco. Tu pensi che io
debba regnare da solo o magari con una Principessa, perché tu hai condotto
Kjetill a uccidere la tua famiglia e quindi credi di meritare solitudine,
disperazione e sofferenza per tutta la tua vita. È così, non è vero?”
“Sì, sì, è così, ma ho ragione io, ho
ragione!” esclamò Helgi scoppiando in lacrime. “Non avrei mai dovuto portare
Kjetill dalla mia famiglia, avrei dovuto trovare un altro modo per superare
quell’inverno, è come se li avessi uccisi tutti io… e ora non merito niente,
non merito te e tanto meno merito un Regno! Sono una nullità, un incapace, e tu
sarai Re e dovrai avere degli eredi e…”
Hvitserk si mise sopra di lui e gli prese il
volto tra le mani, gli occhi fissi in quelli del compagno.
“Io non voglio niente di tutto questo, io voglio te” dichiarò, scandendo bene ogni parola. “Anzi, non andrò neanche
nel Danelaw se tu non vieni con me, dirò a Bjorn che non mi sento all’altezza e
lascerò il ruolo a qualcun altro. Perché io voglio stare con te e, se tu non ci
sei, non c’è niente che desideri al mondo. E non voglio mai più sentirti dire
che sei inutile o peggio, tu sei prezioso, generoso, dolce e gentile, non è
stata colpa tua se Kjetill era un folle, non potevi saperlo e sappi che lo
stesso Floki si rimprovera tutt’ora di non averlo capito in tempo. Tu. Non.
Hai. Alcuna. Colpa. Io ti amo, Helgi, ti amo più di ogni altra cosa al mondo e
non voglio vivere neanche un giorno lontano da te. Se non vieni con me, che il
Danelaw finisca in Hel, non ci andrò nemmeno io!”
Helgi era commosso, incredulo, tremante, ma
le parole del suo compagno avevano fatto breccia nel suo cuore e stavano
sciogliendo tutti i grumi di dolore, rimorso e senso di colpa.
“Se è quello che vuoi davvero, Hvitserk,
allora… allora sì, verrò con te” mormorò, ma Hvitserk non lo fece neanche
finire di parlare, lo prese tra le braccia e lo baciò profondamente,
stringendolo a sé mentre un raggio di sole li avvolgeva in una luce dorata.
Esplorò con passione la sua bocca, felice di godersi il sapore e il tepore di
lui, si liberò in fretta delle vesti e spogliò Helgi delle sue, indugiando ad
ammirare e ad accarezzare quel corpo così amato che aveva temuto di non poter
stringere mai più. Immerse le mani nei capelli di Helgi e lo baciò sulle
guance, sulle palpebre, agli angoli della bocca, e continuò a baciarlo
profondamente per un tempo infinito, senza mai stancarsi, infine si insinuò dentro
di lui, seppellendosi con lentezza nelle sue carni più intime, spingendo
ancora, ancora e ancora e lasciando che il giovane assecondasse ogni suo
movimento. Alla fine il piacere travolse entrambi come un’onda di luce e calore
e i due rimasero stretti, abbracciati, come se fossero una sola entità; avevano
gli occhi chiusi e godevano del calore dei loro corpi e della languidezza
regalata loro dall’amore. Erano finalmente in pace, non c’erano più ombre tra
loro e la partenza per il Danelaw, sciolto ogni dubbio residuo, sarebbe stata
imminente e serena.
Capitolo 16 *** Cap. 16 e ultimo: I'll reach you ***
Cap. 16: I’ll reach you
Seven years and seven days you've been gone
Seven years of changing faith and opinion
Would you recognize me
If you walked beside me?
I would keep on waiting
It's been to long
Here's to you if you care to listen
Here's to you, let me cross the distance
Even if you're not here
I'll reach you, I'll reach you
Even though you're away, I'm near
We'll forgive and forget
I'll reach you!
(“I’ll reach you” – Delain)
Hvitserk e Helgi partirono una settimana dopo
per il Danelaw, dopo aver organizzato tutto ciò che serviva per il viaggio e il
soggiorno nel luogo che avrebbero gestito come sovrani e aver scelto gli uomini
di fiducia da portare con loro. Il momento della partenza, al porto, fu
piuttosto commovente: Floki teneva abbracciato Helgi come se non volesse
lasciarlo andare, Aethelred stringeva le mani di Hvitserk con gli occhi pieni
di lacrime e Tiago guardava tutti loro con un faccino triste e desolato, come
se non riuscisse a credere che davvero tutte le persone a cui teneva finissero per
lasciarlo solo… Harald gli si era messo accanto per fargli sentire la sua
presenza, senza opprimerlo, ma semplicemente per fargli capire che lui era lì,
che non lo avrebbe lasciato e che, se aveva bisogno di sfogarsi, lo avrebbe
ascoltato volentieri. Ovviamente erano presenti anche Bjorn, Gunnhild e tutti
gli altri a salutare i due e per Kattegat era motivo di orgoglio che fossero
proprio due suoi concittadini ad andare a governare le colonie Norrene in
Wessex.
“Non vi commuovete tanto, torneremo
spessissimo a trovarvi” promise Hvitserk. “Tanto spesso che vi verremo a noia!”
In tutta quella commozione, eccitazione e
malinconia l’unico a starsene in disparte era proprio Ivar. Certo aveva
salutato anche lui Hvitserk e Helgi augurando loro buona fortuna, ma poi si era
messo da una parte e non aveva più aperto bocca.
La nave vichinga si staccò dal molo e iniziò
ad allontanarsi sempre di più mentre i cittadini di Kattegat guardavano gli
occupanti farsi sempre più piccoli e nessuno si mosse dal molo finché l’imbarcazione
non fu del tutto scomparsa all’orizzonte. In un certo senso era un pezzo di
Kattegat che se ne andava, e anche se Hvitserk e Helgi avevano assicurato che
sarebbero tornati il più spesso possibile era comunque chiaro che le cose
sarebbero cambiate, non solo per Kattegat o per Hvitserk e Helgi personalmente,
ma in un senso più generale. Era la prima volta nella loro storia che dei
Norreni venivano scelti per governare delle colonie in un Paese straniero,
colonie che erano un’estensione di terra talmente vasta da avere un suo proprio
nome, il Danelaw. Prima di allora c’era stato Rollo, il fratello di Ragnar, che
era rimasto in Francia dove adesso governava il Ducato di Normandia, tuttavia
il suo potere gli derivava dal fatto di aver sposato la Principessa Gisla, la
figlia dell’Imperatore Carlo; Hvitserk e Helgi invece sarebbero andati come
sovrani Vichinghi senza alcun legame matrimoniale con nobili Sassoni. Era un
enorme passo avanti per i Norreni e chiunque poteva rendersene conto.
Quando la nave fu completamente svanita
all’orizzonte, Aethelred si lasciò sfuggire un sospiro e si diresse verso Ivar,
sapendo che non poteva più fare finta di niente: il giovane Vichingo non si era
comportato come al solito, non aveva preso in giro il fratello minacciandolo di
andare a razziare nelle sue colonie o cose del genere, era rimasto silenzioso e
cupo in volto e questo non andava bene, non andava per niente bene. Il Principe
Sassone doveva provare a parlargli e cercare di capire che cosa lo tormentasse,
ma sapeva che non sarebbe stato semplice perché Ivar parlava sempre tanto, ma
mai delle cose che veramente lo toccavano nel profondo.
In realtà, però, Aethelred non ebbe bisogno
di fare domande scomode a Ivar perché fu lui a interessarsi a tutt’altro. Era
stato cupo e irritato per tutta la mattinata, ma quando vide Harald che si
dirigeva verso la casa di Tiago e Floki tenendo amichevolmente un braccio attorno alle spalle del giovane spagnolo,
con l’apparente intento di consolarlo per la partenza degli amici, si mosse più
velocemente con la stampella per raggiungerlo.
“Harald, mi fa piacere vederti” lo salutò,
“perché era da un bel pezzo che volevo chiederti alcune cose e non ce n’è mai
stata l’occasione.”
Il Vichingo sorrise, sempre cordiale con
tutti gli abitanti di Kattegat e con i Lothbrok in particolare.
“Ma certo, Ivar, puoi chiedermi tutto quello
che vuoi” rispose.
Nel frattempo Aethelred aveva raggiunto i tre
e ora si chiedeva cosa potesse aver interessato tanto Ivar, sentendosi anche
sollevato perché comunque vedeva il suo compagno distratto dai pensieri neri
che lo avevano tormentato, perciò qualsiasi cosa fosse stata andava bene.
“Hvitserk e Helgi mi avevano raccontato di
averti trovato in un vicolo, durante la battaglia contro Re Egil e i suoi, e di
averti soccorso, ma Hvitserk continuava a rimuginare su qualcosa che gli era
parso strano” iniziò a spiegare Ivar. “Poi tra una cosa e l’altra non c’è mai
stato modo di parlare di questa stranezza, comunque ora non ci sono altri
impegni e abbiamo tutto il tempo del mondo. Insomma, loro si erano stupiti di
averti trovato gravemente ferito alla schiena in quel vicolo, mezzo
dissanguato, ma senza alcun cadavere di Danese attorno, c’erano solo i corpi di
altri due Norreni. Sembrava che tu e i tuoi foste stati attaccati alle spalle
dai Danesi e che aveste avuto la peggio, ma sembra davvero incredibile anche a
me, come a Hvitserk e a Helgi, che un guerriero esperto come te possa essersi
fatto sorprendere in modo così sciocco da uomini inesperti come i soldati di Re
Egil. Io credo piuttosto che ci sia qualcosa sotto e, se non ti dispiace,
vorrei sapere com’è andata davvero.”
Harald fissò gli occhi in quelli di Ivar e
per un lungo momento si chiese se parlare o no, ma poi decise che era la cosa
giusta da fare, anche perché Ivar e i suoi fratelli avrebbero potuto aiutarlo
nel caso in cui Olaf avesse deciso di tentare di nuovo di farlo fuori.
“Hai perfettamente ragione, Ivar, le cose non
sono andate come sembravano” replicò. “Non sono stati i Danesi ad attaccarmi,
bensì due sicari di mio fratello Olaf, che lui aveva inviato dal Rogaland per
uccidermi a tradimento, confondendosi tra gli altri Norreni. Loro hanno cercato
di farmi fuori in quel vicolo colpendomi alle spalle, ma io sono riuscito a
difendermi in qualche modo e a ucciderli tutti e due prima di perdere i sensi…
e per fortuna Hvitserk e Helgi mi hanno trovato in tempo.”
“Ma… come? Tuo fratello Olaf ti vuole morto?”
intervenne Aethelred, sconvolto. Per lui era una cosa inconcepibile e ricordava
fin troppo bene come avesse ritenuto folle sua madre che lo credeva capace di
fare del male ad Alfred… “Perché? È una cosa terribile!”
“Non più di tanto, anch’io ho cercato più
volte di uccidere i miei fratelli” sottolineò Ivar, che non perdeva mai l’occasione
di ricordare a tutti che razza di impunito fosse stato… e fosse ancora, almeno
un po’! “Ma io avevo sempre delle ottime ragioni, per cui… perché questo Olaf
vorrebbe ucciderti?”
Harald guardò Tiago e notò che era turbato,
come se fosse preoccupato per lui… e la cosa gli fece molto piacere. Forse,
finalmente, il giovane spagnolo iniziava a interessarsi a lui? Il Vichingo
sorrise rassicurante al ragazzo e poi iniziò a raccontare la sua vicenda.
“Olaf è il Re del Rogaland, la corona è
spettata a lui in quanto fratello maggiore, ma non è un buon Re, non ha a cuore
gli interessi delle nostre terre ma solo i suoi guadagni personali, le
ricchezze e le alleanze vantaggiose” disse. “Io ho sempre pensato che sarei
stato un sovrano più saggio e di mente più aperta e così ho deciso di offrirmi
volontario con una guarnigione di soldati per sostenere la difesa di Kattegat,
sperando che Bjorn, come Re di tutti i Norreni, potesse destituire Olaf e
mettere me al suo posto. Sì, lo so, è la solita vecchia storia, ma io ho
cercato di ottenere il potere in modo leale, mettendo a rischio la mia vita
combattendo al fianco di Kattegat, Olaf invece… in qualche modo è venuto a
sapere dei miei piani e ha mandato due sicari per uccidermi a tradimento.”
Tiago aveva gli occhi sbarrati e, suo
malgrado, cominciava a sentirsi sempre più spaventato per Harald e per la sua
incolumità. Anche Aethelred era turbato perché quella storia gli ricordava
troppo le trame di sua madre Judith, anche se lui e suo fratello in realtà si
erano sempre voluti bene e appoggiati l’un l’altro. Ivar, inaspettatamente,
scoppiò in una risata che sembrò stemperare tutti i suoi malumori degli ultimi
giorni.
“Ah, allora non sono solo io l’unico pazzo
che cerca di far fuori i fratelli per ottenere il potere, sono quasi deluso!”
fece, sarcastico. “Quindi cosa farai adesso? Chiederai a Bjorn un esercito per
andarti a conquistare il Rogaland?”
Aethelred sbarrò gli occhi. Possibile che
Ivar volesse già una nuova guerra? Erano stati così fortunati poche settimane
prima contro gli eserciti di Re Egil, avevano vinto senza troppe perdite e ora…
ora l’unica cosa che pareva motivare Ivar, fino a poco prima nervoso e
irritabile, era la prospettiva di partire per il Rogaland alla conquista di un
Regno per Harald?
Era dunque solo l’avventura, l’azione, la
battaglia a dare un senso alla vita di Ivar e lui non contava niente? Lui lo
annoiava?
“Non ne ho la minima intenzione” sorrise
tuttavia Harald, rivolgendo il suo sorriso soprattutto a Tiago. “Come ho detto,
non voglio uccidere mio fratello e neanche vendicarmi di lui. Pensavo che sarei
stato un Re migliore di lui, ma se devo fargli guerra per strappargli la corona
allora non sono migliore di lui.”
Ivar e gli altri sembrarono molto colpiti
dalla serenità con cui Harald parlava e dalla saggezza delle sue parole. Anche
lui era un Vichingo e amava l’azione e il potere, ma sapeva quando era il
momento di dire basta.
“Ma… non c’è pericolo che tuo fratello mandi
degli altri sicari a tentare di ucciderti, visto che lo ha già fatto?” domandò
Aethelred. Tiago non aveva detto nulla, ma nei suoi occhi si leggeva la stessa
domanda e la medesima preoccupazione e la cosa non sfuggì allo sguardo acuto di
Harald.
“Non credo. Lui sa che adesso sono a
Kattegat, sotto la protezione del Re dei Norreni, e sarebbe un vero idiota se
cercasse di farmi uccidere proprio qui” rispose Harald. “Significherebbe
dichiarare guerra a Bjorn La Corazza e non penso che abbia voglia di imbarcarsi
in una simile missione suicida. Ha mandato i sicari perché sperava di
eliminarmi e di far credere a tutti che fossero stati i Danesi, ma adesso
dovrebbe per forza manifestare i suoi intenti e lui non è così coraggioso,
preferisce metodi più subdoli.”
“Beh, meglio così, allora” disse Aethelred,
sollevato. “Tu potrai restare a Kattegat quanto vorrai e Bjorn sarà felice di
averti al suo fianco. Magari potresti diventare uno dei suoi consiglieri o
comandanti militari, visto che Hvitserk e Helgi sono partiti per il Danelaw.”
Harald allacciò la vita di Tiago con un
braccio e lo strinse a sé con un altro dei suoi sorrisi luminosi.
“E io sarei onorato di far parte degli uomini
di fiducia del grande Re dei Norreni. Del resto, la mia intenzione era comunque quella di restare a Kattegat,
mi trovo molto bene qui e ho conosciuto tante persone interessanti” disse, con
un tono malizioso.
“Mi fa piacere. A Kattegat si sentirà molto
la mancanza di Hvitserk e Helgi e avere un amico in più sarà una buona cosa non
solo per Bjorn” replicò Aethelred, intenerito alla vista del gesto affettuoso
di Harald verso Tiago. Chissà, forse anche il suo giovane amico spagnolo
avrebbe finalmente conosciuto la felicità dopo le esperienze terribili vissute
con Erik? “Probabilmente Bjorn ti inviterà a vivere nella dimora regale, credo
che già ti consideri uno dei suoi uomini.”
“Beh, vedremo. Adesso sto bene e di certo non
posso occupare il letto della piccola casa di Floki e Tiago per sempre, no?
Anche se mi dispiacerebbe perdere una certa compagnia… ma ne parleremo meglio
se e quando Bjorn deciderà di farmi questo onore” ribatté Harald, guardando
Tiago con intensità e stringendolo ancora di più.
Il Vichingo, poi, iniziò ad incamminarsi
verso la casetta che ancora occupava, tenendosi Tiago al fianco ma, ad un certo
punto, si fermò e si voltò verso Ivar e Aethelred.
“Vi ho detto che non credo che mio fratello
sia tanto sciocco da voler sfidare il Re dei Norreni, ma nel caso lo fosse,
spero di poter contare sul vostro aiuto” disse.
“Naturalmente” dichiarò Ivar, con gli occhi
che gli brillavano. “Bjorn è sempre pronto a difendere i suoi amici e Kattegat
non si tira mai indietro davanti alla prospettiva di combattere!”
Harald annuì e sorrise ancora, poi riprese la
sua strada con Tiago accanto.
Aethelred sembrava turbato, adesso, mentre
Ivar era tornato il vivace impunito di sempre.
“Immagino che tu non aspetti altro che
questo, vero, Ivar? Tu speri che Re
Olaf voglia eliminare Harald e che, quindi, dichiari guerra a Kattegat, non è
così? A te interessa solo questo, o forse… forse stare con me non ti basta…”
disse il Principe Sassone, in un tono a metà tra delusione e irritazione.
Ivar restò allibito.
“Ma cosa dici, Aethelred? Senti, non fingerò
di essere altruista e di volermi sacrificare per la felicità di Harald, ma è
vero che la prospettiva di avere qualcosa
da fare mi ha rimesso di buon umore. Tu stesso ti sei accorto di quanto io
abbia preso male la partenza di Hvitserk e Helgi e, magari, avrai anche pensato
che io fossi invidioso di lui” replicò Ivar, prendendo sottobraccio il suo
compagno e avviandosi con lui verso la dimora regale.
“In effetti ho pensato anche questo” ammise
Aethelred, sempre più depresso all’idea di non essere abbastanza per il suo
Ivar.
“Ma il motivo del mio malumore non era l’invidia”
spiegò finalmente il giovane Vichingo. “Io sono stato Re di Kattegat e a dire
la verità non mi è piaciuto, era più una cosa che voleva Freydis, a me piace
razziare, vivere avventure e… fare il Re, ascoltare le lamentele dei cittadini
e prendere decisioni era monotono e per niente entusiasmante. Figuriamoci poi
se avrei voluto trovarmi al posto di Hvitserk nel Danelaw, dove noi Norreni non
conteremo quasi niente! Sarà Alfred a comandare e Hvitserk dovrà sempre
chiedere il permesso a lui per qualsiasi cosa: io non potrei mai vivere così.”
“Ma allora perché sei stato irritabile e scontroso
per tutti questi giorni? Io non capisco” mormorò il Sassone. “E tu in genere
non ti confidi mai…”
“È vero che sono stato nervoso ed è vero che
non ti ho spiegato niente” ammise Ivar, “ma la verità è che non riuscivo a
capire bene neanch’io cosa provassi e perché mi sentissi insoddisfatto. Poi,
parlando con Harald, ho capito. Ciò che mi infastidisce tanto sono tutti questi
cambiamenti, ognuno che trova il suo posto
nel mondo e la sensazione che Kattegat e in generale la vita dei Norreni stia
cambiando. Bjorn ora è il Re supremo e ha scelto di evitare il più possibile
razzie e guerre non necessarie per fare di Kattegat una cittadina commerciale,
magari più ricca… ma tanto più noiosa! Hvitserk è andato a fare il Re nel
Wessex, sotto l’egida di tuo fratello, e farà in modo che non ci siano più
incursioni dei Vichinghi in Inghilterra. Ubbe è nella Terra Dorata dove governa
pacificamente insieme ai nativi del luogo. Insomma, è come se i miei fratelli
fossero diventati adulti senza di me
e a me l’idea di crescere e diventare come loro non piace, però non posso neanche
fare in modo che le cose tornino com’erano prima. Non lo so, a volte mi sembra
che il vero mondo Vichingo, quello di Ragnar Lothbrok, stia scomparendo e credo
di non riuscire ad accettarlo.”
Aethelred fissava il suo compagno con i
grandi occhi chiari: adesso comprendeva perché Ivar fosse stato così scontento
e nervoso, non era per colpa sua ma lui non poteva aiutarlo, vedeva che non si
sentiva a suo agio e non poteva fare niente per lui.
“Mi dispiace davvero, Ivar, ora capisco come
ti senti ma purtroppo… purtroppo noi non possiamo fermare il tempo o impedire
che le cose cambino” disse, piano.
“Però è stato proprio grazie a Harald che ho
capito che, in realtà, il mondo Vichingo non cambierà mai, non veramente, non
del tutto” riprese Ivar, con una nuova luce di entusiasmo negli occhi. “Olaf ha
cercato di far uccidere suo fratello per non perdere la corona e chissà,
potrebbe anche riprovarci, oppure dichiarare guerra a Kattegat sperando di
eliminare Harald. Oppure potrebbe essere Harald a decidere di partire per
qualche altro Regno più debole da conquistare… insomma, il vero spirito dei
Norreni non si è sopito e non verrà mai meno, ci saranno sempre nuovi luoghi da
esplorare, terre da conquistare, nemici da combattere, e Ivar Senz’Ossa sarà
sempre pronto a pianificare nuove strategie perché i Vichinghi prevalgano! Se
non potrò più farlo con Hvitserk allora lo farò con Harald o con qualche altro
che incarna ancora lo spirito Vichingo… e, ovviamente, con te, sempre,
Aethelred.”
“Allora non ti senti più infelice e
scontento?” domandò ancora il Principe Sassone, preoccupato.
“No, assolutamente. So che tante nuove
avventure emozionanti mi aspettano e che le vivrò al tuo fianco. Come potrei
essere scontento?” concluse Ivar.
E, tanto per dimostrare al compagno che
diceva sul serio, lo condusse non più verso la dimora regale, bensì verso i
boschi che circondavano Kattegat. Camminarono insieme in mezzo alla
vegetazione, mentre il mare in lontananza scintillava di schegge dorate sotto
il sole, poi Ivar strinse a sé Aethelred e si distese con lui in un luogo
nascosto tra i cespugli dove l’erba era più folta e morbida; iniziò a baciarlo
con foga e passione spogliandolo e liberandosi delle proprie vesti, avvolgendo
la bocca del Principe Sassone con labbra roventi e invadendolo con la lingua.
Il corpo di Ivar fremeva di tensione e frenesia, ogni fibra desiderava possedere
il giovane Sassone e, alla fine, entrò in lui con decisione e impeto e
Aethelred, sfibrato e tremante, si perse in lui, lo accolse dolcemente in tutti
i suoi affondi esigenti, nel bruciore del bisogno inarrestabile. Il mondo
scomparve e si dissolse insieme a qualsiasi altro pensiero o preoccupazione, i corpi
dei due amanti annullarono tutto il resto e, fusi insieme, ognuno divenne l’unica
realtà per l’altro, la pelle, il profumo, la passione e la totale fusione di
anime e corpi fino a giungere all’apice del piacere, con scosse travolgenti che
attraversarono la pelle, le vene, il sangue di Ivar e Aethelred, uniti e
allacciati in un delirio splendente d’amore.
Ivar aveva ragione, la vita dei Vichinghi
avrebbe continuato ad essere impetuosa, ardente e tempestosa, nel bene e nel
male, e ci sarebbero state tante altre avventure per lui e per tutti gli altri
ma, in quel momento, contava solo la luce e il calore dell’amore appassionato
fra lui e Aethelred.