8 years later

di sayan_s_moon
(/viewuser.php?uid=591884)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Il castello delle Barbie e la Land Rover Defender ***
Capitolo 2: *** Bella vs. Edward ***
Capitolo 3: *** A testa alta Bella, sempre. ***
Capitolo 4: *** Consigli ***
Capitolo 5: *** Alla luce della Luna ***
Capitolo 6: *** Festa di compleanno - parte I ***
Capitolo 7: *** Festa di compleanno - pov Edward ***
Capitolo 8: *** Festa di compleanno - parte III ***



Capitolo 1
*** Il castello delle Barbie e la Land Rover Defender ***


Giocavo con l’anello d’oro che portavo all’indice destro, lo facevo roteare incessantemente da mezz’ora facendo leva sul piccolo zaffiro incastonato. Tra meno di venti minuti avrei finito la mia giornata lavorativa e ancora non avevo ricevuto la chiamata del signor Robin. Sbuffai impaziente e decisi di sistemare il mio portatile nella borsa. Non potevo permettermi di aspettare ulteriormente o avrei rischiato di arrivare in ritardo al dopo scuola, di nuovo, e di certo non volevo attirare le ire della maestra che già non mi sopportava.
Stavo per uscire quando il mio cellulare iniziò a vibrare e, nella fretta di rispondere, accettai la chiamata senza controllare il numero.
“Pronto?”
Fai che sia il signor Robin, fai che sia il signor Robin.
“Ciao Bella, a che ora sarete a casa?”
Sbuffai appena riconobbi la voce, purtroppo non era lui.
“Ciao Jake” risposi seccata, mi chiusi la porta alle spalle e mi avvia al parcheggio. L’atrio era vuoto, si sentiva solo il ticchettio dei miei tacchi a spillo sul pavimento di marmo nero.
“Sono felice anche io di sentirti” bofonchiò offeso. Alzai gli occhi al cielo, passavano gli anni e diventava sempre più permaloso.
“Scusami Jacob, pensavo fossi il signor Robin. Dovrebbe chiamare per confermare la vendita”
“Vedrai che chiamerà, è ancora presto” mi rassicurò dolcemente. Sorrisi intenerita, non so cosa avrei fatto senza di lui.
“Comunque torniamo per le 19, ho promesso ai bambini che li avrei portati al centro commerciale a fare un giro. Sai come si entusiasmano quando manca poco al loro compleanno”
Non potei fare a meno di pensare alla loro esuberanza e innocenza, li amavo più della mia stessa vita. Ero orgogliosa di essere la loro mamma, anche se essere una ragazza madre single di due gemelli era faticoso e pieno di responsabilità. Per fortuna, il mio migliore amico mi era vicino.
Essendo parte del branco di La Push, non poteva allontanarsi per molto. Riusciva a venirci a trovare a Seattle ogni otto dieci giorni, neanche volendo avrebbe resistito di più dal vedere la mia piccola Nessie. Aveva avuto l’imprinting con lei appena nata, all’inizio ne ero rimasta turbata, ma poi mi ero resa conto di che miracolo fosse. Mia figlia non sarebbe stata mai abbandonata dall’uomo che diceva di amarla, avrebbe vissuto in eterno al fianco di Jacob e di suo fratello EJ.
La nota amara era che io, nel lieto fine, non ci sarei stata, sarei invecchiata e li avrei lasciati a loro stessi.
Era dura svegliarsi al mattino e vedersi sempre più vecchia. Era ancora più difficile essere la mamma umana di due mezzi vampiri che assomigliavano così tanto al loro padre. Reneesme aveva i capelli boccolosi come i miei, ma del suo colore, e gli occhi cioccolato fuso. Per il resto, era la sua fotocopia spiaccicata. EJ aveva ereditato il mio colore di capelli, ma la chioma indomabile e gli occhi verdi del padre. Erano bellissimi, come tutti i Cullen.
Pensarli faceva male, anche solo pronunciare mentalmente il loro nome. Molto spesso mi chiedevo che fine avessero fatto, ma con il tempo mi ero abituata al vuoto che mi avevano lasciato. Mi sentivo spesso una pessima madre, perché i miei figli non avevano un padre, ma solo me e Jake.
“Bella…Bella ci sei?”
La voce di Jacob mi riscosse dai miei pensieri. Non mi ero neanche accorta di essere già salita in macchina.
“Si Jake scusami, mi ero distratta. Ora devo andare, ci vediamo stasera allora”
Non aspettai neanche che mi rispondesse, chiusi subito la chiamata accorgendomi di che ora fosse. Sospirai pesantemente all’idea di ricevere un’altra ramanzina dalla maestra. Sconsolata misi in moto e mi diressi ad Est ed imboccai il vialone principale, per fortuna il mio ufficio distava poco più di quindici minuti dalla scuola elementare.
Parcheggiai in fretta e furia, quasi balzando fuori dall’auto e rischiando di rompermi una caviglia. Ad aspettarmi all’ingresso c’erano i miei figli con la maestra Molly, già da lontano ne riconoscevo il cipiglio severo.
Ma seriamente, che nome era Molly? Sembrava il nome di una caramella anni ’70 passata di moda.
“Signorina Swan” mi salutò glaciale. Decisi di sfoggiare il mio miglior sorriso.
“Maestra Molly, mi scuso per il ritardo imperdonabile”
Non ridere Bella, non ridere.
“Amori della mamma, ciao!” salutai calorosamente i miei angeli, abbracciandoli come se non li vedessi da una vita. Nessie mi saltò in braccio felice, mentre EJ arrossì imbarazzato mormorando un “mamma, sono troppo grande per queste cose”. Salutammo la maestra e salimmo in auto.
“Andiamo al centro commerciale, vero?” mi domandò Nessie euforica, con gli occhi da cucciolo. Come se le servisse fare quegli occhioni per ottenere da me qualunque cosa. Al mio sì cominciò a battere le mani tutta contenta, in un modo che mi ricordava tanto Alice. Sentì EJ sbuffare, l’esuberanza della sorella a volte lo esasperava. Caratterialmente, lui era tranquillo e riservato come me. Gli sorrisi dallo specchietto retrovisore, mandandogli un bacio che ricambiò con affetto.
“Avete già in mente cosa volete per il compleanno?”
“A me piacerebbe il nuovo castello delle Barbie, quello con i brillantini e la neve” rispose sognante, già pregustandosi il suo nuovo giocattolo.
“Ma sei già piena di castelli, case, auto e camper delle Barbie!” la riprese EJ.
“EJ… i loro accessori non sono mai troppi” lo riprese Nessie con aria sofisticata, alzando la mente e voltando il viso verso il finestrino. Cercai di camuffare la risata con un colpo di tosse, la mia bambina era la versione mignon del folletto…questo mi provocava sempre un moto di tristezza e malinconia, però cercavo di non pensarci.
Fermai l’auto a qualche metro di distanza dall’ingresso e non potei fare a meno di notare una jeep mastodontica parcheggiata qualche fila più in là. Non so per quale motivo, ma mi si strinse lo stomaco alla vista di un’auto così costosa. Mi faceva sentire irrequieta, eppure, per via del mio lavoro, di auto costose ne vedevo quasi ogni giorno.
“Mamma, andiamo?” la vocina di Nessie mi ridestò dai miei pensieri, continuò a tirarmi la manica del cappotto finché non le diedi una risposta affermativa.
Tenendoli entrambi per mano, entrammo nel centro commerciale più grande e recente di Seattle. Di negozi ce n’erano a bizzeffe, ma per fortuna sapevo già dove portare i bambini e sperai con tutto il cuore che Nessie non si facesse tentare da qualche altra vetrina. La sensazione di disagio continuava ad attanagliarmi la bocca dello stomaco, così tanto che a tratti mi mancava l’aria. Cercavo di mostrarmi calma e sempre sorridente mentre giravamo tra gli scaffali.
Prima fu il turno di Nessie e le comprai il castello che tanto desiderava, cercando di non pensare a quei cento dollari rubati per una casetta di plastica. Poi toccò ad EJ che, dopo qualche indecisione ed accurate riflessioni, si fece comprare il Lego Technic della Land Rover Defender. Cercai di non strozzarmi con la mia stessa saliva quando mi resi conto che fosse identica alla jeep vista all’ingresso; cambiava solo il colore, quella scelta di EJ era verde militare, mentre quella vera era grigio metallizzata.
Mancava poco alle diciotto e mezza, ci stavamo giusto dirigendo all’uscita quando Nessie si fermò a guardare qualche vetrina, suscitando qualche sbuffo contrariato del gemello.
“Nessie, amore, andiamo che altrimenti si fa tardi” cercai di convincerla appoggiando entrambe le mani sulle sue piccole spalle, ma la sua risposta fu coperta da un sibilo di EJ. Mi voltai verso di lui scioccata, la prima regola che avevano imparato era comportarsi da umani in mezzo agli umani. Sul momento non ebbi l’istinto di girarmi nella direzione del suo sguardo, ma mi abbassai alla sua altezza per guardarlo negli occhi.
“Guardami” lo rimproverai severa, voltando delicatamente il suo viso paffuto verso il mio. Per un attimo rimasi ammaliata da quegli occhi verde smeraldo, così fiammeggianti ed espressivi.
“Lo sai che non puoi fare così EJ, ne abbiamo parlato tante volte. Per fortuna nessuno si è accorto di niente”
Il mio tono si addolcì gradualmente, finché non gli diedi un bacio e gli accarezzai la folta chioma bruna.
“Troppo tardi” mormorò cupo, volgendo lo sguardo alle mie spalle.
Mi congelai sul posto, la sensazione di inquietudine crebbe esponenzialmente facendomi saltare il cuore in gola. Mi raddrizzai meccanicamente e mi voltai con estrema lentezza. Tuttavia, ci misi qualche secondo per individuare la causa del comportamento bizzarro di mio figlio, ma quando lo feci, avrei potuto giurare di aver sentito il mio cuore scoppiare nel petto.
“Non è possibile…” mormorai, sgranando gli occhi.
 
 
 
Eccoci alla fine del primo capitolo, spero vi sia piaciuto! Secondo voi chi ha suscitato la reazione di EJ, pensate di aver indovinato? Scrivetelo nei commenti ;)

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Bella vs. Edward ***


Care lettrici e cari lettori, eccomi con un nuovo capitolo appena sfornato!
Vi ricordate dove ci eravamo interrotte? Pensate di aver indovinato l'identità dei nostri soggetti ignoti? Leggete per scoprirlo e ci rivediamo a fine capitolo!
Un bacione! 

Ci tengo a ringraziare le 4 fantastiche persone che hanno recensito così come i 10 preferiti e i 17 seguiti!

 
 
Avevo immaginato più volte quella scena, nei modi più disparati. Cambiava la location, cambiava quello che stavo facendo in quel momento, cambiavano i membri della famiglia che avrei visto e così via. Spesso, la scena prendeva vita a Forks davanti alla casa di Charlie; questo succedeva quando ancora vivevo con lui, specialmente prima di scoprire che la cicogna mi avrebbe visitato a breve.
Con gli anni i film mentali si erano diradati sempre di più, lasciando spazio alla rassegnazione e alla vita reale. Avevo una casa, un’auto, un lavoro che amavo e due figli. Di certo non potevo più sognare ad occhi aperti come quando ero una ragazzina.
Comunque, il denominatore comune di tutte quelle scene era la mia reazione. Credevo che sarei riuscita a fare la sostenuta per poco e poi gli sarei corsa incontro a rallentatore, come nei film romantici. Avrei ritrovato l’amore della mia vita e alla fine l’avrei perdonato, perché solo lui poteva chiudere lo squarcio che sentivo nel petto. E questo valeva anche per la sua famiglia, specialmente per la mia migliore amica.
Non avrei mai potuto immaginare che le mie fantasie si realizzassero così all’improvviso, dopo quasi otto anni di puro e tormentato silenzio; ancora meno avrei potuto immaginare la mia reazione, ero semplicemente furiosa.
Come si permettevano di farsi vivi dopo anni come se niente fosse? Solo la loro vista mi fece venire il voltastomaco. Cosa volevano dai miei figli? Ero terrorizzata all’idea che me li portassero via e sparissero di nuovo, ma di certo avrebbero dovuto passare sopra il mio cadavere.
Il mio cervello era sovraccaricato da pensieri, dubbi e paure. Probabilmente era passato più di un minuto da quando avevo puntato il mio sguardo su di loro.
Nessuno di noi si muoveva. Continuavo a stare in piedi come un’allocca davanti ai miei figli e loro, invece, se ne stavano dall’altra parte del piano vicino all’uscita. Un sorriso amaro animò le mie labbra, non avrei potuto evitarli.
Tre paia di occhi dorati ci scrutavano ed analizzavano; uno dei quali sorpreso di trovarci lì ed incuriosito dai miei figli, il secondo animato da un guizzo di furbizia e soddisfazione, ed infine l’ultimo era semplicemente devastato. Devastato da cosa, poi? Dal fatto che avevo dei figli, non li aveva riconosciuti e credeva fossero di qualcun altro? O sperava che fossi sparita dalla circolazione ed era infastidito dall’aver incrociato il mio cammino? Quante domande e nessuna risposta.
La figura slanciata di Rosalie era inconfondibile, spiccava nell’anonimato di quel banale centro commerciale. La chioma bionda vaporosa le cadeva morbidamente sulle spalle facendola sembrare un angelo caduto direttamente dal Paradiso.
Alice, invece, sembrava una molla carica pronta a scattare da un momento all’altro. Saltellava leggermente sul posto e ci osservava avida, assimilava velocemente tutti i dettagli e sembrava trattenersi dal venire verso di noi a parlarci.
Ed infine lui, Edward. Non riuscivo a guardarlo, come se un muro invisibile lo nascondesse alla mia vista. Se ne stava lì in piedi vicino alle sue sorelle con il suo portamento elegante ed aggraziato, i capelli indomabili come sempre, la mascella definita e la linea del naso dritta, la bocca carnosa e le sue mani da pianista. Era bello da far male.
“Mamma, stai bene?” mi chiese EJ prendendomi per mano, premuroso ed attento come sempre.
Mi schiarii la voce prima di rispondergli, la gola era diventata improvvisamente secca.
“Si tesoro” lo rassicurai. Cercai di sorridere ad entrambi, ma la loro espressione mi fece intendere che il mio sorriso non era rassicurante per niente.
EJ era decisamente sulla difensiva, ma almeno non ringhiava più. Si portò istintivamente davanti a me e alla sua sorellina con l’intento di proteggerci come farebbe l’uomo di casa. Nessie, invece, era tremendamente incuriosita da loro, infatti i suoi occhi cioccolatosi brillavano curiosi e vispi ricordando terribilmente Alice.
“Andiamo?” chiede EJ, prendendo di nuovo la parola. D’altro canto, mi sembrava di aver perso la lingua.
Cercai di tranquillizzarmi respirando lentamente, per poi prenderli per mano portandoli uno alla mia destra ed uno alla mia sinistra e dirigendomi verso l’uscita. Camminavo guardando avanti a me, ostentando una sicurezza che non mi apparteneva e pregando interiormente di non slogarmi una caviglia con quei tacchi a spillo.
Quindici metri, dodici, nove, sei, tre, zero…
“Ciao Bella” trillò Alice, piazzandosi davanti a noi. Gli altri due si avvicinarono, tenendosi un po’ in disparte.
“Ciao Alice, ti trovo bene” modulai attentamente la voce, usando un tono cordiale, ma il più distaccato possibile. Volevo avere una rivincita su quella famiglia e le loro espressioni ferite fecero ballare la mia dea interiore. Ciò nonostante, Alice non si lasciò intimidire da me.
“Ti trovo bene anche io, non mi presenti?” continuò impertinente, per poi rivolgersi ai suoi fratelli “Rosalie, Edward che fate lì impalati? Venite a salutarli” accompagnò le sue parole con un gesto concitato delle mani. Notai che non aveva perso la sua abitudine di dare ordini agli altri.
“Ciao Bella, mi fa piacere vederti”
Il tono di voce di Rosalie mi lasciò di stucco. Lo trovai incredibilmente dolce, per nulla ostile come quello che mi rivolgeva anni fa. Mi sorrideva in modo cordiale, negli occhi un timido accenno di affetto. Rivolse uno splendido sorriso anche ai miei bambini, EJ arrossì in modo che mi ricordò tremendamente me stessa; mentre Nessie le rivolse uno splendido sorriso.
“Bella”
La sua voce mi mozzò il fiato, l’avevo immaginata per così tanti anni che a volte temevo di dimenticarla. Il suo sguardo si poggiò sulle mie braccia nude dove una vistosa pelle d’oca faceva mostra di sé. Non poté fare a meno di nascondere il suo solito sorrisetto sghembo, consapevole dell’effetto che mi suscitava ancora. Anche il mio cuore dette cenni di cedimento, decidendo di battere più velocemente. Il suo sorriso si fece più vistoso così come il mio fastidio nei suoi confronti.
Maledizione Bella, datti un po’ di contegno!
“Ciao Edward, ne sono passati di anni”
La frecciatina acida gli fece passare la voglia di sorridere.
Bene, Bella 1 – Edward 1. Palla al centro.
Feci velocemente le presentazioni, evitando accuratamente di rispondere alle domande sui loro nomi. Se avessi accennato ai nomi per intero avrebbero capito tutto e di certo non ci trovavamo nel luogo adatto a fare discorsi così delicati.
“I tuoi figli sono splendidi” sussurrò Rose, non potei non fare caso alla tristezza intrisa nella sua voce. Mi colpì così tanto che le parole mi uscirono dalla bocca prima ancora di poterci pensare veramente.
“Noi andiamo ogni sabato pomeriggio a passeggiare al parco e ci fermiamo alle giostre e in gelateria…” iniziai il discorso con incertezza, lei aspettò pazientemente che continuassi senza nascondere un luccichio di speranza negli occhi “se ti va e non hai impegni, ti potresti unire a noi. Non penso che ai bambini darebbe fastidio, anzi”
“Sarebbe fantastico Bella!” esclamò emozionata, ringraziandomi felice.
“A voi va bene?” mi rivolsi ai gemelli che, silenziosamente, osservavano i Cullen.
“Mammina, sarebbe bellissimooo” urlò Nessie cominciando a saltellare felice, abbracciando le gambe di Rosalie che, dopo un primo momento di sorpresa, ricambiò affettuosamente il gesto di affetto.
Edward scoppiò a ridere, attentando definitivamente al mio povero cuore. Quel sorriso da infarto, quel viso da angelo e quel corpo da adone.
Che cosa ho fatto di male per meritare una simile tortura?
“Sei un tornando di energia, Nessie. Mi ricordi tanto mia sorella Alice” le disse dolcemente, con un tono di voce che avrebbe fatto sciogliere persino Olaf.
“Davvero?” sussurrò Nessie emozionata, arrossendo vistosamente. Il fascino di Edward non lasciava scampo a nessuna, nemmeno a sua figlia. Potevo scorgere in lei lo stesso sguardo di adorazione che avevo per lui da ragazzina e non potei non temere per lei, non volendo che soffrisse a causa sua.
Lui si accucciò per essere alla sua altezza e le accarezzò la guancia incandescente, a quel gesto Nessie si sciolse definitivamente e lo abbracciò di slancio. Edward fu più che felice di abbracciarla e la strinse delicatamente a sé.
In tutto questo, mentre io cercavo di ignorare la morsa che mi attanagliava senza pietà lo stomaco e i tentativi di Alice di carpire più informazioni possibili sulla mia vita privata, EJ guardava Edward furioso.
Lo presi da parte lasciando che Edward coccolasse un po’ Nessie.
“EJ parlami, non essere così arrabbiato” gli sussurrai amorevolmente, mentre passavo la mano nella sua chioma ribelle. Lui però non mi rispose e continuò a fissare la sua sorellina, così capii che era semplicemente geloso.
“Non fare così, nessuno ti porta via Nessie”
“Me lo prometti?” borbottò guardandomi di sbieco, non potei fare a meno di ridacchiare. Il mio piccolo grande ometto.
“Certo, facciamo giurin giurello” e gli porsi il mio mignolo che afferrò prontamente con il suo.
Come se lo stress non fosse abbastanza, il mio cellulare prese a squillare. Sospirai pesantemente passandomi una mano sul viso, con la coda dell’occhio notai come lo sguardo di Edward fosse sempre su di me anche mentre parlava con la piccola. Cercai di ignorare la suoneria e ripresi a parlare con EJ.
“Rispondi Bella, è la chiamata che aspettavi da tutto il giorno”
Guardai di sbieco Alice che mi riservò un’occhiata furba, suscitando una strana reazione dal fratello. Non ci detti molto peso.
“Mi devo allontanare qualche minuto, rimanete qui, va bene?” dissi ai bambini che annuirono prontamente.
“Badiamo noi a loro” mi propose Rosalie “ci sediamo su quelle panchine qua dietro e chiacchieriamo un po’, vero EJ?”
“Si” mormorò imbarazzato il diretto interessato, accennando un sorriso.
“Non sparite” raccomandai con apprensione, non riuscivo a fidarmi totalmente di loro.
“Tranquilla Bella, te lo prometto” disse solennemente Edward, non potei fare a meno di ghignare amara.
“Se avessi un penny per tutte le promesse che hai infranto, ora sarei ricca quasi come te”
Bella 2- Edward 1.
Lo sguardo vuoto e l’espressione affranta e colpevole mi fece pentire amaramente di aver lanciato quella frecciatina velenosa. Mi morsi il labbro con forza per non piangere.
Di fretta, per scappare da lui più che altro, mi allontanai di qualche metro e risposi alla chiamata, non prima di aver fatto un bel respiro.
“Signor Robin” salutai con voce bassa e un po’ sensuale. Vidi Edward strabuzzare gli occhi per poi incupirsi, mi voltai dandogli le spalle per non fargli scorgere il mio sorriso soddisfatto. Forse ora capivo cosa volesse intendere Alice con quello sguardo.
“Signorina Swan, come sta?”
Dall’altro capo del telefono mi giunse la voce virile del Signor Robin.
Il Signor Robin era ormai mio cliente da due anni, nello specifico da quando gli avevo venduto una villa indipendente da oltre 3 milioni e mezzo di dollari, appena fuori Seattle. Quattro centotrentadue metri quadrati di superficie calpestabile, tre metri e mezzo di soffitto, tre bagni, quattro camere padronali e un’incredibile vista dello skyline di Seattle. Gli interni erano semplicemente favolosi, pareti bianche e un bellissimo parquet dal colore caldo che adornava anche alcune pareti. La firma del costruttore la si vedeva nel gioco di luci creato con maestria e dai bellissimi lampadari di cristallo scelti da lui stesso. Quando la vendetti feci i salti di gioia, poiché la commissione era una cifra a dir poco esorbitante.
Era un ottimo cliente, forse questo era in parte dovuto al fatto che avesse un debole per me. Non solo aveva investito in altre proprietà, la cui meno costava si aggirava intorno al milione di dollari, ma mi aveva messo in contatto con conoscenti ed amici in cerca di casa. Così in quei due anni avevo guadagnato cifre da capogiro ed ero riuscita a creare due fondi d’investimento per i miei marmocchi.
“Ora sto molto meglio grazie, immagino che se mi ha chiamato ha delle buone notizie da darmi”
“Ottime direi, ho deciso di comprare quell’attico in centro che abbiamo visto assieme l’altra settimana. Se possibile, vorrei concordare i dettagli di fronte ad un bicchiere di vino. Che ne dice Signorina Swan?” calcò sul mio nome per imprimere un chiaro doppio senso che solo io coglievo.
Mi rivolgevo sempre ai clienti dando del lei, ma a lui non era mai andato giù. Avrebbe voluto chiamarmi con il mio nome di battesimo, ma glielo avevo proibito. Non volevo avvicinarmi troppo a lui, preferivo mantenere un rapporto professionale. Ciò nonostante, non si era ancora dato per vinto e coglieva ogni occasione buona per organizzare un incontro un po’ più intimo.
“Con piacere, le manderò le mie disponibilità per e-mail. Ora devo andare, le auguro una buona serata”
“Buona serata anche a lei” mormorò roco, suscitando un sospiro da parte mia. Il fascino di Robin era innegabile, ovviamente niente a che vedere con il fascino sovrannaturale di Edward, ma avere a che fare con un uomo maturo deciso e di successo come lui non era cosa da poco.
Ancora sorridendo tornai dai miei angeli. Alice e Rosalie mi fecero le congratulazioni per la vendita, mentre Edward fissava un punto indefinito tenendo la mascella contratta. Sembrava furioso.
“Bene si è fatto tardi, Jake ci aspetta a casa…quindi ehm…” annunciai pratica, per poi iniziare a farfugliare quando gli occhi di Edward, improvvisamente neri, si puntarono nei miei. Un brivido freddo mi percorse la schiena.
Prima che Edward potesse dire alcunché, Alice mi interruppe.
“Senti Bella, immagino che abbiate un po’ di cose da dirvi. Se vuoi Rose ed io vi aspettiamo in macchina con EJ e Nessie”
“Va bene, ci metto poco” cercai di sorriderle invano e le passai le chiavi della mia auto.
“Prima il Signor Robin, poi Jake” sibilò gelido “ti dai da fare vedo” ghignò cattivo.
Sgranai gli occhi, non abituata a quella cattiveria da parte sua. L’Edward del liceo non avrebbe mai osato parlarmi così.
Bella 2 – Edward 2. Di nuovo palla al centro.
Mi sentivo mortificata, ma trovai la forza di ribattere. Modulai il tono di voce, cercando di mantenerlo fermo e indifferente, ma dentro di me mi sentivo sanguinare.
“Jacob è il mio migliore amico, mentre il Signor Robin è un cliente. Non che questo sia affare tuo, aggiungerei” risposi tagliante, i suoi occhi si indurirono di nuovo.
“Quindi per riuscire a fare bene il tuo lavoro fai la poco di buono?” mi provocò con lo stesso tono, lasciandomi sbigottita. Ma come si permetteva?
“Chi sei tu per giudicarmi? Visto come mi hai trattata, dovresti solo che stare zitto” gli urlai contro puntando l’indice al petto. La situazione ci stava sfuggendo velocemente dalle mani.
“Vorresti dare l’esempio ai tuoi figli facendo così? Che madre sei” rincarò la dose senza pietà. Perché mi stava facendo questo?
“Non sei degno di parlare con me né con i miei figli” mormorai con le lacrime agli occhi. Poche parole e mi aveva annientata, di nuovo.
Mi voltai per andarmene, volevo correre fuori e non vederlo mai più. Ma lui fu più veloce e mi prese il polso, bloccandomi e tirandomi verso di sé. La sua stretta delicata era in netto contrasto con la violenza delle sue parole.
“Mi dispiace Bella” sussurrò cupo tra i miei capelli, inspirando lentamente.
“Quanto mi sei mancata” disse in un sussurro appena udibile alle mie orecchie umane.
Facendomi violenza, mi allontanai dal suo petto prima che il suo odore mi stordisse completamente.
“Delle tue scuse non me ne faccio niente. Contano le tue parole e i tuoi comportamenti e fanno entrambi schifo”
Cercavo di non piangere, ma i singhiozzi mi conquassavano il petto. Edward mi guardava angosciato, pieno di sofferenza ed altri sentimenti che non volevo assolutamente analizzare.
“Vattene via, stai lontano da me e dai miei figli” gli urlai, allontanandomi come lui si avvicinava a me. Allungò la mano per accarezzarmi, ma il mio sguardo gli fece cambiare idea e il braccio ricadde mollemente sul fianco, con il palmo ancora rivolto verso di me.
“Bella, non fare così…”
“Vorrei non averti mai rincontrato” gli dissi cupa, dandogli le spalle e correndo fuori. Questa volta non mi fermò e lo squarcio sul petto diventò un cratere.
Non è vero Bella, vorresti che non ti abbandonasse più invece.
Le lacrime mi offuscavano così tanto la vista e le gambe mi tremavano così intensamente che feci fatica a raggiungere gli altri. Appena i bambini mi videro mi corsero incontro per chiedermi perché stessi male, ma non riuscii a spiaccicare parola. Evitai di proposito gli sguardi mesti delle sorelle Cullen, non volevo la loro pietà.
“Bella, non mi sembra il caso di guidare in quello stato”
All’ennesimo Cullen della mia vita che pensava di sapere cosa fosse meglio per me e che mi imponeva cosa fare e non fare, sbottai malamente.
“Alice, sono abbastanza grande da sapermela cavare da sola, non ho bisogno dei tuoi commenti” risposi tagliante, ignorando i sensi di colpa causati dalla sua espressione dispiaciuta e mortificata.
“Dai bambini saliamo in macchina e andiamo da Jake”
EJ era molto dubbioso, ma fece come dissi senza replicare e Nessie lo seguì a ruota. Per fortuna.
Senza salutarle, misi in moto e feci manovra, una volta uscita dalla fila di auto abbassai il finestrino e mi rivolsi esclusivamente a Rosalie, l’unica di quella famiglia con cui non ce l’avevo a morte.
“Rosalie, il nostro invito è sempre valido”
“Ci sarò, a sabato allora”
Tolsi il freno, inserii la marcia e finalmente me ne andai da quel maledetto centro commerciale.
Il viaggio durò venti minuti e nessuno aprì bocca, tutti troppo scossi da quell’incontro, ognuno per motivi diversi. Arrivai a casa, misi l’auto in garage e andai alla porta di ingresso seguendo i bambini che si erano già fiondati dentro da Jake. Sentivo i loro schiamazzi, ma la voglia di entrare e dover dargli spiegazioni era pari a zero. Ero sull’orlo di un esaurimento nervoso.
Entrai e appesi la borsa, mi tolsi i tacchi, legai i capelli e mi avviai in camera con gesti meccanici. Ignorai di proposito il mio migliore amico e la sua espressione di disgusto, probabilmente aveva riconosciuto l’odore del mio incontro indesiderato e si stava preparando per iniziare a discutere.
Mi chiusi la porta alle spalle, ma rimase chiusa per ben poco con mio sommo disappunto.
“Bella…” mi richiamò Jacob.
“Non ho voglia di discutere, lasciami in pace. So già cosa ne pensi a riguardo e non voglio s…” non riuscii a terminare la frase che scoppiai a piangere a dirotto, stringendo le mie braccia al petto per sostenermi. Stavo crollando.
Jacob corse da me e mi strinse tra le sue braccia, mi prese in braccio e mi adagiò sul letto tenendomi vicino a sé. Mi accarezzava i capelli e la schiena con le sue mani bollenti per darmi conforto.
“Non temere, affronteremo tutto assieme come sempre. Siamo una famiglia” mi sussurrò dolce senza smettere di coccolarmi.
“Grazie Jacob di esistere senza di te sarei persa, ti voglio bene” mormorai con voce rauca.
“Ti voglio bene anche io Bells”
L’ultima cosa che sentii fu la ninna nanna Quilluite canticchiata da Jacob e il suo sorriso sui capelli. Poi il buio.


Avevate indovinato? Vi aspettavate questo trio?
Secondo voi perché Edward si è comportato così male nei confronti di Bella? C'è qualcosa sotto che la nostra protagonista non ha colto?
Che ne pensate invece del Signor Robin, è innocuo o darà del filo da torcere al vampiro qui presente?
Sono impaziente di leggere cosa ne pensate, a presto!

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** A testa alta Bella, sempre. ***


Prima di tutto, buon anno nuovo a tutte/i!
Ringrazio le 8 persone che hanno recensito, i 16 preferiti, l'1 ricordato e i 28 seguiti!
Ci vediamo infondo!


La mattina seguente mi svegliai con la vitalità degna di uno zombie, degna di Mike Newton. La testa mi pulsava come nei peggiori post-sbronza, sentivo la bocca impastata e un leggero senso di nausea. Mi trattenni dall’urlare e inveire contro i Cullen per aver rovinato la mia quotidianità e l’equilibrio mentale che avevo conquistato con fatica. Sbuffando mi girai su un lato e per poco non caddi giù dal letto quando lessi l’ora. Sul comò trovai un biglietto di Jake.
 

“Ho portato i bambini a scuola e ho chiamato il tuo capo per dirle che ti prendevi la mattinata libera, ti aspetta in ufficio per l’ora di pranzo. Non ti arrabbiare, avevi bisogno di riposarti. Sono andato in officina, ci vediamo a cena”

 
Sospirai e mi alzai dal letto, stiracchiandomi come un gatto. Per fortuna che c’era lui nella mia vita, mi guardava sempre le spalle da tutti e da tutto. Per contribuire un po’ alle spese nei periodi in cui l’ospitavo, aveva trovato un lavoro occasionale in un’officina vicino a casa. Il titolare non lo voleva assumere all’inizio, pensava fosse solo un tipo strambo ed arrogante. Tuttavia, appena Jacob riparò un’auto, su cui stavano lavorando da un po’, nel giro di un paio di ore risolvendo il problema (di cui ovviamente io non capivo niente) in maniera originale ed efficace, lui cambiò idea. Così ogni volta che veniva a Seattle andava a lavorare lì e dava una mano, la paga non era un granché a Jacob andava più che bene. Era anche un modo per tenersi occupato visto che durante la settimana io lavoravo e i bambini finiva la scuola alle quattro e mezza.
Andai in soggiorno, presi il mio tappettino lillà e mi misi a fare i miei esercizi di yoga e meditazione. Non ci dedicavo più di venti minuti, ma erano un tocca sana per il mio fisico e la mia psiche e mi facevano iniziare la giornata con più energia. E poi, per stare dietro ai bambini, di energia me ne serviva parecchia. Finiti gli esercizi, sistemai un po’ il soggiorno, feci una colazione/brunch molto leggera e mi misi a preparare il pranzo. Optai per un’insalatona con feta, olive, pomodorini e un po’ di pollo avanzato di ieri.
La fissa per lo yoga, la ginnastica a sera alterne, le insalate e gli estratti di frutta l’avevo sviluppata con il tempo. Dopo il parto mi sentivo devastata fisicamente ed emotivamente, non che mi fossi mai piaciuta, ma in quel periodo mi vedevo ancora peggio. In più, la consapevolezza di invecchiare mi tormentava. Ci misi un po’ per venire a patti con me stessa e decisi che mi sarei presa cura del mio corpo e della mia mente per essere sempre la versione migliore di me stessa. Volevo essere giovane e forte per i miei figli, ma anche per me stessa. Purtroppo, la meditazione non poteva cancellare completamente l’angoscia che la mia mortalità mi dava. Mi sentivo come una bambina esclusa dal gruppo, perché le persone che più amavo al mondo sarebbero vissute per sempre, ed io? Morta e dopo qualche decennio probabilmente dimenticata. Il loro ritorno mi aveva quasi portato sull’orlo di una crisi isterica ed il mio senso di inadeguatezza era schizzato alle stelle. Se mi avessero portato via i bambini? Erano esseri sovrannaturali, forti ed immortali, non avrebbero di certo faticato per prendere i miei figli e sparire nel nulla. In fin dei conti, non erano dei maestri nel fuggire e fingere di non essere mai esistiti?
No, no, no. Bella sta calma, Jacob non lo permetterebbe mai!
Cosa avrebbe potuto fare un lupo contro sette vampiri? Forse, sarebbe andato via con loro lasciandomi sola.
Bella, cazzo riprenditi!
Andai in bagno e mi buttai sotto la doccia, l’acqua ghiacciata mi diede una bella svegliata e mi fece passare le paranoie. Una volta asciugata, mi preparai e chiamai Andrea, l’assistente austrica del mio capo Miranda.
“Priestley&Associati, come posso esserle utile?”
La sua voce fastidiosamente acuta e con un lieve accento tedesco mi fece storcere la bocca.
“Ciao Andrea, sono Bella. Miranda era incazzata vero?” le chiesi senza giri di parole, mentre aspettavo che mi rispondesse mi misi il blazer blu scuro, presi la borsa che usavo per lavoro e mi chiusi la porta alle spalle.
“Ovviamente lo era Isabella” sghignazzò malefica. Non avrei saputo dire quale persona fosse in cima alla mia lista nera tra lei, la maestra Molly, la mia ex migliore amica bugiarda e il mio ex ragazzo che dopo una scopata mi aveva messo incinta e mollata il giorno dopo. Alzai gli occhi al cielo ed ignorai la sua perfida, era solo invidiosa della sottoscritta.
“E’ in ufficio?”
“No, ha un appuntamento con un cliente e tornerà verso le tre/tre e mezza”
“Ci vediamo tra poco allora” e senza salutare le chiusi il telefono in faccia.

Da Lincoln Park, 8011 Fauntleroy Way SW a 5506 6th Ave S #104 ci volevano circa quindici minuti senza troppo traffico, contando che di traffico ce n’era sempre ce ne misi quasi venticinque. Parcheggiai nel parcheggio riservato, entrai e presi di corsa l’ascensore per arrivare al dodicesimo piano. Sfruttando lo specchio interno all’ascensore, mi diedi una sistemata ai capelli che si erano arruffati nella corsa, passai sulle labbra il mio fedelissimo rossetto rosso ciliegia di Dior e feci un respiro profondo.
Appena le porte si aprirono, sfoggiai il mio miglior sorriso e con passo sicuro attraversai il piano salutando tutti.
Quelle poche ragazze dello studio mi odiavano, perché nonostante lavorassi lì da molto meno tempo di loro avevo dimostrato di avere talento e di fatto portavo allo studio molti più soldi di quanto facessero loro. In più, avevo da poco meno di un anno un ufficio tutto mio. Loro invece condividevano ancora l’open-space confusionario di sempre.
Gli associati del mio capo erano uomini sulla cinquantina, capelli brizzolati e sempre in completo. Non avevo dato loro molta confidenza, più passavo inosservata meglio era. Quello che mi interessava era lavorare sodo, guadagnare il più possibile e tornare a casa presto dai miei figli. Nonostante avessi solo venticinque anni conducevo una vita da persona molto più grande di me. Le esperienze uniche che avevo vissuto mi avevano fatto crescere e maturare molto velocemente, anche troppo. Inoltre, i loro sguardi un po’ viscidi mi infastidivano e basta.
Quel giorno indossavo un tubino grigio senza maniche con una sottile cintura ad evidenziare il girovita e le mie scarpe preferite, un paio di Louboutin rosse dalla punta affusolata. Mettevo quelle scarpe ogni volta che avevo bisogno di una spinta in più.
“Isabella, è arrivata una cliente” mi avvisò una collega quando le passai accanto. Aggrottai le sopracciglia confusa.
“Non avevo nessun appuntamento a quest’ora”
“Lo so, ma ha voluto comunque aspettarti. Dice di essere una vecchia conoscenza” mi spiegò senza alzare gli occhi dallo schermo del suo portatile. Sbuffai infastidita, ma perché oggi non me ne andava bene una?
Mi tolsi il blazar mettendolo sottobraccio e mi affrettai a raggiungere il mio ufficio, dalle vetrate scorsi una figura femminile di spalle. Aprii la porta e mi presentai subito cercando di essere il più cordiale possibile.
“Buongiorno, mi chiamo Isabella Swan. Mi dispiace averla fatta attendere, lei è…”
 Non riuscii a terminare la frase, perché la cliente si girò rivelandomi la sua identità.
“Esme!” squittii sorpresa lasciando cadere la borsa e la giacca ai miei piedi. I Cullen stavano mettendo alla prova il mio cuore con tutti questi colpi di scena.
“Ciao Bella, tesoro mio, sei diventata una bellissima donna” mi rispose materna come sempre, abbracciandomi di slancio senza lasciarmi l’opportunità di schivarla. Ricambiai goffamente.
“Cosa ci fai qui?” le chiesi un po’ brusca, me ne pentii subito. Era così dolce che non potevo trattarla male come avevo fatto con Alice.
“I miei figli mi hanno raccontato di averti incontrata e volevo assolutamente vederti. La descrizione di Alice non ti rende giustizia però”
Il suo sguardo luminoso e il suo sorriso così dolce mi sciolsero definitivamente. La feci accomodare di nuovo e mi sedetti alla mia scrivania.
“Sei cresciuta così tanto” mormorò emozionata. Storsi la bocca, l’argomento “tempo” non era di certo uno dei miei preferiti.
“Lo so, me l’hanno detto…di tempo ne è passato” commentai senza guardala negli occhi.
“A proposito di questo…volevo spiegarmi, raccontarti un po’ di cose…”
La fermai con un gesto della mano.
“Esme” la ripresi “non è davvero un capitolo della mia vita che voglio riaprire. Non adesso per lo meno”
Lei sospirò rassegnata ed annuì. Almeno non era insistente come qualcun altro di mia conoscenza.
“Allora parliamo di affari” cominciò seria “sto cercando una nuova proprietà. Vorrei ristrutturarla”
“Per poi rivenderla?” le chiesi con tono neutro, mentre accendevo il mio portatile e mi mettevo più comoda.
“Forse, in un futuro…spero di no” mi rispose in difficoltà. La guardai sorpresa, ma non dissi nulla, non volevo indagare sul suo tono evasivo. Avevo imparato che i Cullen nascondevano sempre qualcosa.
"Mi piacerebbe una villa indipendente, non troppo grande o appariscente. Vorrei riuscire ad ottenere dall’immobile tre stanze da letto, di cui una padronale con bagno privato, un secondo bagno, uno studio e una zona giorno open-space”
Mi presi qualche secondo per riflettere, in effetti avevo qualcosa che faceva al caso suo.
“Scommetto che deve essere isolata ed immersa nel bosco, vero?” le domandai scherzosamente sapendo già la risposta.
“Esatto” replicò furbamente.
“Guarda, se non hai preferenze di zona ho due diverse proprietà da mostrarti. Si trovano ai lati opposti della città, potrebbero fare al caso tuo” le spiegai velocemente, poi girai lo schermo e le feci fare un tour virtuale delle case. Passammo la mezzora successiva a commentare gli immobili, la loro posizione e la possibile ristrutturazione. Parlammo anche di arredamento e apprezzai la competenza e serietà di Esme, sapeva decisamente il fatto suo.
Buttai un occhio all’orologio a parete alle mie spalle e sospirai massaggiandomi le tempie. Mancava poco e Miranda sarebbe tornata.
“Qualche problema cara?” mi domandò attenta come sempre.
“No…cioè sì, stamattina non sono venuta in ufficio e il mio capo mi vuole vedere tra venti minuti”
“Ci risentiamo per metterci d’accordo sulle visite, va bene?” continuai, intanto mi alzai e mi sgranchii le gambe. Anche Esme si alzò e mi sorrise.
“Certamente Bella, chiamami tu quando sei più libera”
Ci fu un attimo di imbarazzo che spezzò lei abbracciandomi di nuovo e augurandomi una buona giornata. Andò alla porta, ma prima di aprirla si voltò verso di me con espressione triste.
“Lo so che non vuoi parlarne, ma Rosalie mi ha parlato dei tuoi bellissimi bambini e penso che l’unico che non abbia realizzato di chi siano figli è il padre stesso”
“Esme…” gemetti sconfortata e in ansia, tutte le paranoie e paure di quella mattina tornarono prepotentemente.
“Non voglio parlarne” continuai senza guardarla negli occhi.
“Lo so e lo rispetto, ma sappi che sei ancora in tempo per cambiare le cose. Non giustifico Edward, è stato imperdonabile. So che non ci credi, ma abbiamo davvero cercato di farlo ragionare. Alice l’ha seguito fino in Brasile per farlo tornare a Forks, ma lui in preda all’ira l’ha aggredita e le ha morso una spalla”
Mi lasciai scappare un singhiozzio, sentii gli occhi inumidirsi.
Allora ad Alice importa qualcosa di me.
“Dopo è stato ancora peggio, per anni si è lasciato divorare dai sensi di colpa. È tornato da noi da pochi mesi”
“Come avete fatto a trovarmi?” chiesi in un sussurro, avevo quasi paura di sentire la risposta.
“Da quando suo fratello è tornato a casa, Alice ti ha cercata. Si è sforzata tantissimo per trovarti, non riusciva quasi mai a vederti. Poi una sera di due settimane fa ha avuto una visione. C’eri tu sul divano di casa tua probabilmente, eri sola e sorseggiavi del vino rosso. Stavi leggendo dei documenti che riportavano il logo di questo studio e così ha capito che ti trovavi a Seattle”
“Perché invadere così la mia privacy?”
Ero alterata, anzi no ero arrabbiata. Come potevano giocare continuamente con la mia vita?
“Ovviamente non è stato un caso incontrarli ieri al centro commerciale” commentai con l’amaro in bocca.
Mi appoggiai al tavolo, mi sentivo la testa leggera. Esme si mosse subito e appoggiò le sue mani gelide sulla mia fronte e sul collo per darmi un po’ di sollievo. La ringraziai stancamente, senza neanche guardarla.
“Ora devi proprio andare” la invitai ad uscire senza troppa gentilezza, la cordialità l’avevo esaurita da un pezzo.
“Non dire niente sui bambini, specialmente a lui
“Bella, non me lo puoi chiedere” gemette.
“Penso che me lo dobbiate tutti, non vi chiedo nulla solo di lasciarmi in pace. Non sono pronta a frequentarvi di nuovo e devo proteggere la mia famiglia, non mi fido di voi”
Esme abbassò lo sguardo colpevole, ma non controbatté nulla. La guardai uscire dal mio ufficio e mi chiesi come avrei fatto a venire fuori da una situazione così intricata.
Il telefono squillò facendomi sobbalzare e perdere il filo dei miei pensieri. Andrea mi avvisò che Miranda mi stava aspettando e che dovevo andare subito da lei. Mi asciugai velocemente le guance, mi passai il rossetto di nuovo e misi su la maschera che portavo ormai da otto anni.
A testa alta Bella, sempre.

Vi aspettavate Esme? Secondo voi Bella ha reagito troppo duramente o ha fatto bene? Manterrà il segreto o Edward verrà a sapere tutto?
Nel prossimo capitolo Bella e Rosalie passerrano il pomeriggio al parco, come andrà secondo voi?
A presto!
 

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Consigli ***


Buonasera! 
Oggi mi sentivo particolarmente ispirata e ho scritto l'intero quarto capitolo. Spero vi piaccia tanto quanto piaccia a me! 
Vi spiego brevemente com'è strutturato. Inizialmente la storia è ambientata venerdì sera, il giorno dopo l'incontro con Esme, Bella racconterà 3 flashback ambientati giovedì. Poi si tornerà a venerdì sera e successivamente ci sarà l'incontro con Rosalie sabato pomeriggio.
Fatemi sapere che ne pensate! 
Ci vediamo alla fine!
 
 

Crollai esausta sul divano portandomi dietro i miei bambini e mi presi un momento per inspirare il loro odore che sapeva di casa. Li sbaciucchiai un po’, mentre Nessie ne approfittava EJ faceva il finto sostenuto.
“Dai mamma, sono troppo grande” borbottò arrossendo, scoppiai a ridere e con me Jake che se ne stava seduto sulla poltrona di fronte a noi.
“Da quando in qua si è troppo grandi per farsi fare le coccole dalla propria mamma?” gli chiesi cominciando a fargli il solletico, lui scoppiò a ridere e Nessie si unì a me in quella dolce tortura.
“Basta, basta!” urlò EJ dimenandosi, ridendo così tanto da avere le lacrime agli occhi.
“Smetto solo se mi dai un bacio” gli risposi con il fiatone.
“Va bene, va bene” e mi accontentò. Smisi subito di fargli il solletico e abbracciai entrambi.
“Nessie dammi un bacio anche tu” le chiesi dolcemente e lei non se lo fece ripetere due volte.
“Siete bellissimi” commentò Jacob commosso, gli sorrisi ringraziandolo.
“Allora, chi vuole vedere un film?” proposi interrompendo l’atmosfera un po’ melensa, i bambini cominciarono a saltare sul divano entusiasti.
“Che ci guardiamo?” mi rivolsi a Jacob, poiché quella volta toccava a lui scegliere il film del venerdì sera.
“Wall-E?” propose incerto, sapendo che Nessie voleva vedere il film delle Barbie un’altra volta.
“Si che bello!” esclamò EJ correndo in cucina a prendere i popcorn, mentre Nessie borbottò qualcosa sulla principessa Annalisa senza però fare troppi capricci.
Una volta preso tutto il necessario per la nostra serata film, ci sedemmo tutti assieme sul divano. Mi feci piccola piccola per far spazio a Jacob che da solo ne occupava quasi metà. Il film iniziò e poco dopo mi persi nei ricordi del giorno precedente.
 
Entrai nell’ufficio del mio capo, cercando di apparire tranquilla e sorridendole in maniera educata.
“Siediti pure”
Il suo tono di voce serio fece scattare un campanellino d’allarme nella mia testa.
“Sono nei guai?”
“Tu che dici?”
La guardai con sospetto, sembrava quasi una domanda a trabocchetto.
“No?” tentai esitando, qualcosa mi diceva che non era realmente arrabbiata come voleva far credere.
“Per stavolta chiudo un occhio, è la prima volta che ti comporti in questo modo”
“Lo so...” mormorai volgendo lo sguardo all’ampia vetrata alle sue spalle da cui si vedeva la città.
“E’ successo qualcosa? I bambini stanno bene?” 
Apprezzai il suo tono di voce, era preoccupata ma non voleva farsi troppo gli affari miei. Una delle qualità che apprezzavo in Miranda era la sua riservatezza.
“Si stanno bene”
“Quel tuo amico…Jacob…fa ancora da padre ai tuoi figli?” mi chiese con una nota di scetticismo tipica delle persone di una certa età verso le famiglie non convenzionali, ma non me la presi.
“Si, per fortuna Jacob è sempre con noi” risposi sorridendo dolcemente al pensiero del mio migliore amico.
“Domenica è il compleanno dei gemelli...” mi fermai esitando, non essendo abituata a raccontare dettagli privati della mia vita.
“Quindi? Non dovresti essere contenta?” mi chiese senza capire a cosa fosse dovuta la mia preoccupazione.
“Ieri dopo lavoro li ho portati al centro commerciale per comprare i regali di Natale…” esitai di nuovo, sentendomi in imbarazzo. Lei mi invitò spazientita a finire il discorso. Si scostò dalla fronte la frangia sale e pepe e mi scrutò con i suoi occhi grigio verdi.
“Abbiamo incontrato il mio ex con le sue sorelle, non li vedevo da 8 anni…a quanto pare hanno indagato su di me e ci hanno trovato”
“Cosa? Stai scherzando spero” esclamò sbigottita, senza nascondere un certo astio nel tono di voce.
“Ho paura che mi portino via i miei bambini” e dicendo quello scoppiai a piangere nascondendo il viso tra le mani. Il vaso di Pandora era stato aperto e non riuscii a trattenere più il mio malessere e le mie paure.
Dopo un attimo di indecisione, mi passo una scatola di fazzolettini e mi riempì un bicchiere d’acqua.
“Non succederà Bella! Dovranno passare sul mio cadavere per riuscire a prenderli!” mi giurò con occhi infuocati.
Peccato che non avesse idea con chi avesse a che fare.
 
Dopo la conversazione con Miranda, emotivamente drenante, lavorai ancora un’oretta e poi uscì dall’ufficio. Prima di entrare in auto, il cellulare vibrò avvisandomi dell’arrivo di un messaggio. Era il Signor Robin che mi invitava a bere quel famoso bicchiere di vino. Da un lato quell’invito mi tentava, perché sapevo che non era esclusivamente a scopo lavorativo e lui era un uomo che inevitabilmente aveva attirato un po’ la mia attenzione. D’altro canto, invece, ero troppo sovraccaricata emotivamente per affrontare una qualsiasi conversazione con qualcuno. Persi dieci minuti buoni a pensarci e alla fine decisi di accettare. In fondo, cosa poteva mai succedere? Erano otto anni che evitavo ogni situazione sociale, dovevo pur vivere la mia vita. Non era sano stare sempre da sola. Cercai di autoconvincermi, ma senza troppo successo.
Chiesi a Jake di andare a prendere i bambini a scuola e di preparare la cena, perché sarei arrivata giusto in tempo per mangiare con loro.
Arrivai al Four Seasons Hotel di Seattle e mi recai al bar al piano terra come indicato nel messaggio. Mi presi qualche minuto per ammirare la bellezza del palazzo e degli interni di lusso. Quella location era in linea con i gusti del Signor Robin, non me ne sorpresi.
Lo trovai seduto al bancone bar nel suo immancabile completo d’alta sartoria. Quando mi vide, si alzò subito in piedi e mi fece il baciamano, non potei fare a mano di arrossire come una scolaretta alle prime armi.
Iniziammo a parlare del più e del meno, i soliti convenevoli per rompere un po’ il ghiaccio prima di entrare nel vivo della conversazione.
“Sono felice che abbia accettato il mio invito” mi disse sorridendomi, delle piccole rughette si formarono agli angoli degli occhi rendendo il suo viso ancora più sexy.
“Anche io” sussurrai, sorseggiando il mio bicchiere di vino per evitare di dire qualcosa di inappropriato.
“Mi piacerebbe invitarla a cena, stavolta senza una scusa lavorativa”
Per poco non mi strozzai con quel Cabernet Sauvignon di Inglenook da 2000 dollari a bottiglia.
“Apprezzo davvero il suo interessamento, ma la mia vita è troppo complicata per poter pensare di iniziare qualcosa con un uomo, specialmente se è un cliente”
“Ah, Signorina Swan così mi spezza il cuore, deve esserne consapevole” rispose gioviale, portandosi scherzosamente una mano al cuore. Non potei fare a meno di scoppiare a ridere.
“È bellissima quando ride” mormorò serio, penetrandomi con quello sguardo così espressivo.
“Davvero, mi dispiace, in questo periodo sono subentrate ulteriori complicazioni nella mia vita …”
Pensai che complicazione fosse il termine adatto per riferirsi ai Cullen, loro portavano sempre problemi con sé.
“Cosa succede? Spero niente di grave” si premurò sinceramente.
Forse complice il vino o la discussione con Miranda di quel pomeriggio, gli raccontai a grandi linee i fatti miei.
“Dopo 8 anni, ho incontrato casualmente il mio ex e le sue sorelle. Sua madre si è pure presentata allo studio… Hanno visti i gemelli ed hanno capito che sono i loro nipoti…” mormorai con le lacrime agli occhi, sentivo il cuore battere forte.
Lui allungò la mano sinistra e la poggiò delicatamente sulla mia, il suo calore mi tranquillizzò un po’.
“Posso darle un consiglio?” mi chiese gentilmente, regalandomi un tenero sorriso. Annuii.
“Essere cauti e non fidarsi di tutti è una buona cosa, aiuta a sopravvivere. Tasti il terreno senza fretta, osservi come si comportano. Se superano i paletti che hi posto e non hanno rispetto della sua posizione genitoriale, che è tra l’altro l’unica che conta adesso, eliminali dalla sua vita. Se invece sembrassero sinceri nel loro tentativo di porre rimedio ai torti passati, non sarebbe una buona cosa dar loro una seconda possibilità?”
Nonostante il suo discorso non facesse una piega, non ne ero convinta. Gli spiegai le mie preoccupazioni riguardo all’imminente compleanno dei gemelli. Gli dissi che non sapevo se invitarli o meno, perché se l’avessi fatto avrebbero avuto la conferma che erano figli del mio ex.
“Parlane con i tuoi figli, sono loro la tua priorità e li devi proteggere”
Notai una nota di rammarico nella sua voce e gli chiesi il perché, non si sbilanciò troppo nel rispondermi.
“Diciamo che ho avuto un inizio difficile alla vita” non disse nient’altro e io non indagai oltre.
Per pura casualità posai lo sguardo sull’orologio da polso del Signor Robin e notai quanto fosse tardi. Mi alzai di scatto come una molla.
“È tardissimo, mi dispiace ma mi aspettano a casa” dissi trafelata, mettendomi il blazar e prendendo la borsa.
“Sono sinceramente mortificata, non sono stata per niente professionale. Eravamo qui per parlare di affari”
“Non si preoccupi, mi mandi tutto per e-mail. Andrà bene ugualmente”
Lo ringraziai ancora per il vino e per la comprensione, avevo molto apprezzato i suoi consigli e il suo punto di vista.
Gli strinsi la mano imbarazzata e corsi fuori dall’hotel, felice di tornare a casa dai miei figli.
 
La cena si era conclusa da un po’, Jacob aveva preparato del riso Basmati e del maiale al curry con contorno di verdure al forno. Si era veramente superato.
Stavo pulendo la cucina che sembrava un campo da battaglia vista la confusione che c’era, mentre Jacob era di sopra in camera dei gemelli a leggere loro una fiaba. Avevo quasi finito di caricare la lavastoviglie quando sentii suonare il campanello. Mi chiesi chi fosse, erano quasi le nove di sera e ovviamente non aspettavamo nessuno. Sperai che non fossero i Cullen, perché niente avrebbe impedito a me di avere una crisi isterica e a Jake di trasformarsi per mandarli via.
Aprii la porta restia, ma davanti a me trovai un semplice fattorino con in mano un enorme mazzo di rose rosse per nulla semplice.
“Non ho ordinato nulla” ridacchiai imbarazzata, pronta al crollo mentale.
“E’ lei la Signorina Swan?” mi chiese annoiato.
“Si, sono io” risposi sospettosa osservandolo di sbieco.
“Allora sono per lei, da parte del Signor Edward Cullen” mi disse leggendo il nome sulla fattura e porgendomi la ricevuta di consegna per firmarla.
“Non ci posso credere” ringhiai strappando di mano il modulo al fattorino e scarabocchiando una pallida imitazione della mia firma. Mi passò l’enorme mazzo di fiore e si allontanò dal vialetto, si fermò a mezza strada e si voltò verso di me.
“Ah, faccia attenzione che tra le rose c’è un biglietto con una dedica. Il Signor Cullen si è raccomandato che lei la legga” urlò verso di me.
Lo ignorai bellamente ed entrai in casa, chiudendo la porta con un sonoro calcio.
“Il Signor Cullen si è raccomandato che lei la legga” gli feci il verso furiosa “ma chi si crede di essere, che pallone gonfiato”
Continuando a borbottare ed imprecare, portai le rose in cucina e pensai a cosa farci. Ero veramente tentata di bruciarle o buttarle, però era troppo belle per farlo. Con mano tremante presi il bigliettino e apprezzai la grana della carta, sicuramente costosa. Riconobbi subito la sua calligrafia elegante e pulita, il mio cuore mancò un battito.
 
Lo so che ti ho offeso e mancato di rispetto. So anche che sarà faticoso per te perdonare una cattiveria e bugia così grande, ma se nel tuo cuore c’è ancora un po’ di amore per me, ti prego di darmi una seconda possibilità. Non c’è stato giorno o notte in cui il tuo dolce ricordo non abbia affollato la mia mente, provo solo tormento da quando ti ho abbandonata.
Ti amo immensamente, oggi come otto anni fa.
Per sempre tuo,
Edward
 
Scoppiai a piangere, troppo scossa e confusa per pensare e ragionare lucidamente. Le sue parole riaprirono lo squarcio che avevo tentato in tutti i modi di far guarire. Cosa intendeva con il termine bugia? Lui era stato molto chiaro a suo tempo, non mi amava più, anzi non mi aveva mai amato. Perché scrivere quelle cose? Voleva forse torturarmi?
 
Mi riscossi dai miei pensieri e tornai al presente, notai che eravamo già arrivati ai titoli di coda. Jacob mi diede uno scossone preoccupato.
“Stai bene? Non hai minimamente prestato attenzione al film”
Alzai le spalle, mordendomi con forza il labbro inferiore per trattenere le lacrime e non gli dissi nulla. Mi chiusi nel mutismo come facevo durante la gravidanza, ma Jacob mi conosceva come le mie tasche e mi lasciò sola per sbollire, portando su i bambini e facendoli preparare per andare a dormire. Una volta sola, mi alzai e andai all’ingresso. Cercai nella mia borsa il cellulare e scrissi a Rosalie, al numero che mi aveva dato mercoledì pomeriggio. Le scrissi di incontrarci alle tre di pomeriggio del giorno dopo all’ingresso est del Lincoln Park. Pochi secondi dopo mi rispose che andava bene con tanto di emoticon sorridente.
Misi in ordine il divano, sistemando in maniera frettolosa i cuscini, e andai in camera dei bambini per dar loro la buonanotte.
“Mamma, io ed EJ abbiamo parlato” iniziò Nessie, prendendomi per mano e facendomi rimanere seduta sulla sponda del suo letto.
“Ah sì e di cosa?” le chiesi dolcemente, senza sospettare che potesse trattarsi di un argomento spinoso.
“Ti vediamo preoccupata e non vogliamo che tu stia male, con noi puoi parlare” mi spiegò con una maturità che non si addiceva per niente ad una bambina delle elementari.
“Oh amore miei!” esclami commossa, abbracciando di slancio lei e poi EJ che era seduto sul letto adiacente.
“Siete dei figli meravigliosi, sono così orgogliosa di voi. Ora la mamma sta affrontando un po’ di problemi, ma appena li risolvo vi prometto che ve ne parlerò”
“Promesso?” mi chiesero in coro, mettendosi più comodi sotto le coperte.
“Promesso” mormorai dolcemente, con il cuore traboccante di amore per loro. Li salutai e uscii dalla loro cameretta, lasciando la porta socchiusa come ero solita fare.
 
Il fatidico pomeriggio al parco arrivò fin troppo velocemente, tant’è che non mi sentivo per nulla preparata ad affrontare Rosalie. Non riuscivo a prevedere come si sarebbe comportata né come si sarebbe svolta l’uscita.
I bambini erano entusiasti di incontrarla, stranamente anche EJ sembrava contento. Non si poteva dire lo stesso di Jacob che invece aveva cercato in tutti i modi, e senza successo, di farmi cambiare idea o per lo meno di autoinvitarsi. Alla fine, si era dovuto arrendere e aveva messo il broncio, assomigliando così ad un bambino coetaneo dei gemelli piuttosto che ad un giovane adulto.
Arrivammo al luogo dell’incontro con qualche minuto di ritardo, non mi sorpresi di trovarci già Rosalie che si guardava intorno un po’ nervosa. Mi sembrava emozionata.
“Ciao Rosalie!” esclamarono i bambini correndole incontro e abbracciandola, lei ricambiò regalando loro un sorriso enorme.
“Ciao tesori” li salutò affettuosa.
Quando mi fermai anche io vicino a loro, mi si avvicinò e mi abbracciò delicatamente sorprendendomi. Ci salutammo come se fossimo amiche di vecchia data e con passo lento ci avviammo verso le giostre che si trovavano di fronte al mare. Mentre i bambini correvano su e giù ridendo, noi camminavamo dietro di loro parlando del più e del meno.
Una volta arrivati, ci sedemmo sulla panchina da cui si poteva ammirare la vista e al contempo osservare le giostre.
“Mammina, allora possiamo andare a giocare?” mi chiese Nessie saltellando e prendendo per mano EJ.
“Certo tesoro, ma sta sempre vicino a tuo fratello. Rose ed io siamo qua se avete bisogno e…” iniziai con le solite raccomandazioni da mamma, ma mi precedettero completando la frase in coro.
“E non allontanatevi troppo!”
“Siete dei birbanti” ridacchiai fintamente offesa, prima di farli andare a giocare.
Rosalie stava ancora sorridendo per la scenetta quando cominciò a parlare.
“Bella, non ho ancora avuto l’occasione di chiederti scusa per il comportamento orribile che ho avuto nei tuoi confronti”
“Non ce n’è bisogno, non ce l’ho minimamente con te. Anzi, sei l’unica che non ha mai nascosto cosa pensasse di me quindi diciamo che non mi sono sentita tradita dal tuo abbandono” le spiegai cercando di non offenderla.
“Io non ti ho mai odiata, vorrei chiarire questa cosa. Odiavo vederti buttare via la tua umanità per mio fratello, perché se io potessi scegliere non sceglierei mai questa non vita” mi confessò guardandomi mesta, con l’ombra di un antico dolore negli occhi che non potevo capire. Le presi la mano e gliela strinsi per infonderle un po’ di calore.
“Capisco Rosalie, ma non rammaricarti per il passato, non serve davvero”
“Sei diventata molto matura Bella” commentò bonariamente, volgendo lo sguardo ai gemelli che ci sorrisero da lontano. Li vedemmo cambiare giostra e passare a quella con i cavalli.
“Sai, Edward quando ti ha conosciuto è cambiato completamente. Non avevi idea di come fosse prima di te, spento ed immerso nella solitudine”
Appena cominciò a parlare di lui, mi sentii a disagio e mi mossi nervosamente sul posto. Volevo dirle che non volevo sentirne parlare, ma non ci riuscii. Lei, incoraggiata dal mio silenzio, continuò il suo racconto.
“Quando andammo via da Forks scegliemmo di passare alcuni mesi in Alaska dai nostri amici, ma lui non ne volle sapere. Esme mi ha detto che ti ha raccontato dell’episodio del Brasile” e si voltò verso di me per chiedermi conferma, annuii incapace di parlare. Continuai a martoriarmi le mani e a dondolare i piedi dal nervoso.
“Bella, io non l’avevo mai visto così. Sembrava impazzito di dolore, Jasper non poteva averlo vicino nel raggio di dieci chilometri, altrimenti gli sembrava di morire” disse in un sussurro, gemetti sconcertata da quelle rivelazioni.
“Non so che dire…mi avete parlato di una persona distrutta dalla sua scelta, ma vi ricordo cosa mi ha detto quel giorno” le feci notare.
“Mio fratello è un idiota melodrammatico. Non starebbe a me dirlo, ma se aspetto lui sarà troppo tardi…devi sapere che Edward è un abile bugiardo, non pensare che quello che ti ha detto quel giorno possa essere vero. Ripensa a come invece si è comportato da quando ti ha conosciuta”
Le sue parole mi fecero tornare in mente il biglietto che avevo trovato tra le rose e mi portai una mano alla bocca.
“Non ci posso credere…perché mentire?” esclamai dapprima confusa e sbigottita, poi arrabbiata.
“Affrontalo Bella e ti dirà ogni cosa” mi consigliò paziente, abbracciandomi. Appoggiai la testa sulla sua spalla granitica ed inspirai il suo profumo innaturalmente buono. Il suo profumo aveva una nota di testa che riconobbi come agrumato, forse di bergamotto, accompagnata da una nota floreale raffinata come lei.
“Perché insultarmi così al mall?” le chiesi scoppiando in singhiozzi che non riuscii a trattenere. Mi accarezzò la schiena cercando di farmi calmare.
“Lui è un idiota, un eterno adolescente. Deve imparare a fare l’uomo, mentre tu sei una donna fatta e finita e per questo ti invidio molto”
Rimanemmo in silenzio per qualche minuto, ognuna persa nei propri pensieri. Quando vedemmo i bambini avvicinarsi ci alzammo sorridenti e andammo loro incontro.
La tappa successiva fu la gelateria appena fuori dal parco dove ovviamente Rosalie fu l’unica a non ordinare nulla. Tornammo al parco, ma stavolta in un’altra zona dove c’era un grazioso laghetto con delle anatre a cui i gemelli davano sempre da mangiare. Tirai fuori dalla borsa il pane a fette e lo porsi ad EJ che raggiunse la sorella.
“Domani è il loro compleanno” confessai rompendo il silenzio imbarazzante che si era creato tra di noi, lei mi guardò sorpresa. La sua espressione diventò ben presto consapevole del mio grande segreto.
“Quindi sono davvero figli suoi”
“Già” commentai laconica.
“Non so cosa fare Rosalie. Ho paura di farvi entrare nelle nostre vite, non voglio che i miei figli soffrano a causa vostra né che me li portiate via…e poi come posso dirgli che sono suoi? Dopo tutto questo tempo? Non ne ho il coraggio” le dissi disperata, voltando la schiena ai bambini per nascondere il mio evidente turbamento. Rosalie si pose davanti a me e mi parlò come fa una mamma ad una bambina, lentamente dolcemente e allo stesso tempo con fermezza.
“Solo tu puoi decidere, noi accetteremo ogni tua scelta e se mio fratello o qualcun altro della famiglia avrà da ridire e contesterà la tua decisione, se la vedranno con me” mi rassicurò con fervore, i suoi occhi ambra brillavano di risolutezza e sincerità. Non potei non ringraziarla con il cuore per il suo supporto del tutto inaspettato.
“Ho deciso…parlerò prima con i bambini, racconterò loro chi è il loro papà e decideranno chi verrà alla festa. Però se lui o Alice o qualcun altro supereranno i miei paletti o metteranno in discussione la mia autorità genitoriale, li faccio a pezzi e gli do fuoco” dissi risoluta “dì pure loro di questo, sto tendendo un ramo di ulivo. Se esagerano e vogliono prendersi pure tutto il braccio, se la vedranno con me” aggiunsi sembrando tanto una mamma orsa, ma quello ed altro per i miei figli.
Mi sentivo il cuore stranamente leggero dopo quella chiacchierata a cuore aperto con Rosalie. Passammo il resto del pomeriggio a ridere e scherzare tutti assieme. Sentivo di aver trovato una nuova amica ed alleata in lei e, se avevo capito almeno un po’ com’era fatta, mi sarebbe rimasta leale per tutta la vita.


Eccoci qua!
Capitolo intenso e ricco di avvenimenti, finalmente Bella si è chiarita con Rosalie e ha trovato in lei un'amica. Nel prossimo capitolo, Bella svelerà l'identità del padre ai suoi figli. Come la prenderanno?
Un piccolo spoiler ve lo concedo, entrerà in scena Edward finalmente! 
Aspetto con ansia una vostra opinione :)
A presto, un bacione! 

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Alla luce della Luna ***


Buongiorno e buon inizio settimana a tutte!
Come promesso, finalmente entra in scena Edward. Sarà un capitolo erotico e romantico, ma non vi anticipo niente altro. Ci vediamo a fine lettura come sempre :)



Potevo percepire la tensione che c’era nell’aria. Non tanto con i bambini, anche se EJ sembrava stranamente pensieroso, quanto con Jacob che teneva il capo chino sul piatto e spiaccicava con forza le patate con la forchetta. Quanto a me, muovevo i piselli da una parte all’altra del piatto senza mangiarne neanche uno. L’unica felice e spensierata per il pomeriggio al parco era Nessie, molto più innocente ed ingenua del gemello. Non per toglierle niente, ma EJ sentendosi l’”uomo” di casa aveva sviluppato una maturità e percezione della realtà maggiore rispetto alla sorellina che, nonostante fosse estremamente intelligente e acuta grazie alla sua metà vampiresca, portava con sé l’innocenza tipica di un normale bambino della sua età.
Non sapevo proprio da che parte iniziare e di certo Jacob con la sua riluttanza mi aiutava ben poco. Ero intimorita da una possibile reazione negativa dei miei figli se avessi mal posto l’argomento. Erano solo dei bambini in fin dei conti, come potevo loro dire che il padre casualmente si era rifatto vivo dopo otto anni e di loro ancora non sapeva niente? Magari avrebbero pensato che li avessi tenuti all’oscuro di proposito, privandoli della possibilità di crescere con un padre a fianco. Se avessi detto loro come si era comportato lui con me, magari lo avrebbero preso in antipatia e non avrebbero voluto conoscerlo. Non volevo assolutamente che succedesse qualcosa di simile.
Inspirai profondamente cercando di riorganizzare i miei pensieri confusi e presi parola.
“Allora bambini, so che siete stanchi ma vorrei parlarvi di una cosa molto importante”
Vidi Jacob irrigidire le spalle e posare lo sguardo nero carbone su di me. Lo ignorai e mi concentrai sulle mie due ragioni di vita. Se lo sguardo di Nessie era incuriosito, quello di EJ era torvo e confuso. Quante domande gli frullavano nella testa in quel momento? Cosa pensava di me?
“Vi ho sempre detto che siete mezzi umani come me e mezzi…” esitai nel dirlo “…mezzi vampiri come vostro padre”
Jacob trattenne un ringhio nel sentirmi pronunciare quella parola facendo sobbalzare Nessie, le accarezzò i capelli per scusarsi e le riservò uno splendido sorriso. EJ guardava in basso senza fiatare.
“Vostro padre…ecco, vostro padre…” cominciai ad annaspare alla ricerca delle parole giuste che faticavo a trovare. Sudavo freddo, esortai quel zuccone di Jake a venirmi incontro in qualche modo. Il suddetto soggetto sbuffò sonoramente.
“Vostro padre lasciò vostra mamma prima di sapere che vi aspettava, in realtà neanche lei sapeva che stavate crescendo nel suo…nella sua pancia. Visto che sono lui e la sua famiglia sono vampiri sono molto bravi a cambiare vita e noi non siamo più riusciti a trovarli per dargli la notizia…” calcò alcune parole con disprezzo mal celato e la sua spiegazione faceva abbastanza pena.
“Lui non ci vuole” sibilò EJ visibilmente alterato.
“EJ! Non lo dire neanche per scherzo, se sapesse di voi vi amerebbe da subito…anzi sono sicura che vi ami già a modo suo” lo rimproverai immediatamente, non volevo che si mettesse in testa quelle idee.
“È vero che non ci vuole bene?” chiese Nessie quasi in lacrime, mi alzai dallo sgabello e andai da lei per abbracciarla.
“Non pensarlo neanche Nessie, siete due angeli come potrebbe non amarvi?” la rassicurai pizzicandole dolcemente la guancia rosata e morbida. Cercai di abbracciare anche EJ, ma si scansò. Ne rimasi profondamente ferita, non l’aveva mai fatto prima. Anche Jake ne rimase stupito.
“EJ perché ce l’hai con me adesso?” gli chiesi in un sussurro. Pensai che il mio peggior incubo si stesse avverando.
“Non ce l’ho con te mamma…ma con lui che ti ha trattato male e ti ha abbandonata. Non c’è mai stato quando ne avevi bisogno…come posso volere bene ad un padre che non ama mia madre?” esclamò arrabbiato, con il respiro corto, le guance arrossate e gli occhi lucidi di collera. Sentii una stretta al cuore per le sue parole. Lo abbracciai stretto anche se cercò di sottrarsi e lasciai che si sfogasse in un pianto liberatore. Quante cose doveva sopportare e quante cose si teneva dentro? Solo otto anni e alle spalle il fardello di crescere senza padre e di fare da protettore a me e alla sorella. Mi sentii tremendamente in colpa.
“Non giudicare tuo padre, non sai com’eravamo otto anni fa e, indipendentemente da come si è comportato, lui rimane tuo padre e se vuoi conoscerlo puoi. Non mi fai un torto”
“Non voglio stare dalla sua parte”
“Ma EJ…non si tratta di stare dalla mia o dalla sua parte. È giusto che tu abbia due genitori e che costruisca un rapporto con entrambi. Ti amo più della mia stessa vita, così come amo te Nessie. Se volete conoscerlo ufficialmente, se lo volete al vostro compleanno, potete invitare lui e la sua famiglia qui domani…voglio solo il meglio per voi, di me non preoccupatevi” dissi loro con il cuore in mano, abbracciando entrambi cercando di trasmettere tutto il mio amore.
“Ufficialmente? Nostro papà è Edward? Dimmi di sìììì” chiese urlando Nessie e saltando per tutta la cucina, sembrava estremamente deliziata all’idea. Non avevo sbagliato, il suo fascino aveva colpito ancora.
“Sorpresa!” esclamai imbarazzata “vostro padre è lui, Rosalie ed Alice sono le sue sorelle. Poi ha altri due fratelli, Emmett e Jasper. Sua mamma è Esme, mentre suo papà è Carlisle”
“Quindi li volete alla festa domani?” domandò Jacob, cercando di sembrare contento o per lo meno non schifato all’idea di passare l’intera giornata con dei fetidi succhiasangue, così soleva chiamarli.
“Assolutamente sì! Mamma li chiami adesso? Per favore!”
“Nessie per favore mi farai impazzire, fermati un attimo sembri una trottola” sospirai esausta cercando di stare al suo passo, ovviamente senza riuscirci.
“EJ? Li invitiamo solo se siete d’accordo entrambi” spiegai loro seria, finalmente il tornado dai capelli ramati fermò la sua corsa e guardò il fratello in attesa.
“Non lo so…” rispose incerto, guardandomi di sbieco. Gli sorrisi paziente.
“Non farti condizionare da me, tesoro”
“Dai fratellino” cercò di corromperlo Nessie, facendogli gli occhi da cucciolo con il labbro inferiore tremolante. Dopo qualche altro attimo di indecisione, disse che andava bene.
Mi lasciai cadere a peso morto sul divano, non avevo più la forza di fare nulla. Affrontare quell’argomento mi aveva distrutto, mi pareva che mi fosse passato sopra un camion. E, mentre Jacob e i bambini sistemavano la cucina e si pregustavano un buon sonno ristoratore, a me aspettava ancora un arduo compito, forse peggiore di parlare a cuore aperto con loro dell’argomento “papà”. Dovevo chiamare Edward e parlarci di persona per dirgli tutta la verità ed invitare lui e i Cullen alla festa.
Andai all’ingresso ed estrassi il cellulare dalla mia borsa, cercai di fermare il tremore alla mano e fare dei respiri profondi. Aprii la rubrica e chiamai l’unico contatto utile che avevo, dopo un solo squillo sentii la voce calda di Rosalie.
“Ciao Bella, hai deciso?” mi domandò senza specificare nulla, sapendo che avrei capito. Doveva essere dura vivere in una casa di vampiri con il super udito e con i super poteri come la lettura del pensiero. Per lo meno, il potere di Alice non funzionava con i gemelli e con Jacob.
“Sì, me lo passi? Ho chiamato te perché avevo solo il tuo numero” mi giustificai imbarazzata. Cominciavo a sudare freddo, passai le mie mani sudaticce sul tessuto dei leggings cercando di asciugare il sudore.
“Certamente, è appena rientrato dalla caccia. Un bacio”
Sentii qualche rumore di sottofondo, qualche bisbiglio appena udibile e poi la sua voce mi investì con la forza di un uragano. Sentii le gambe tremare e dovetti sedermi per terra, appoggiando la schiena sul muro, per non svenire.
“Bella…ciao”
Potevo percepire la felicità mista ad imbarazzo nella sua voce e non me lo seppi spiegare.
“Ciao”, pigolai prendendo tempo e cercando di fare mente locale “Come va?”
Stupida, stupida Bella. Sei la regina indiscussa delle conversazioni.
“Sto bene e tu? EJ e Nessie invece? Sono felice che tu abbia chiamato”
La sua voce sensuale e avvolgente mi fece venire la pelle d’oca.
“Stiamo tutti bene, grazie…senti vorrei parlarti…a faccia a faccia…”
“Mi porti buone o brutte notizie?” tentò di scherzare per smorzare la tensione, ridacchiai nervosa.
“Secondo me sono buone…però non so come la prenderai…spero bene”
“Mi fido di te, Bella. Saranno di sicuro buone notizie” mormorò roco, ma stava flirtando con me? Rischiai di strozzarmi con la saliva.
Bella, datti un contegno cazzo! Non puoi cadere ai suoi piedi come una ragazzina! La tua dea interiore del sesso e della femminilità abborrisce questo tuo comportamento.
“Non farti illusioni, Edward…Non riguardano quello che pensi tu, rimarrai sorpreso” calcai sensualmente sul suo nome, cercando di apparire calma e padrona della situazione.
“Adoro le sorprese, specialmente se me le fai tu” mi rispose roco, facendomi sospirare pesantemente. Potevo sentirlo sorridere, nonostante non lo vedessi, il suo viso era ben impresso nella mia mente.
“Potresti venire di fronte a casa mia diciamo tra…” buttai un occhio al mio orologio da polso “venti minuti?”
“Certamente, dammi l’indirizzo”
Glielo dissi, dicendogli di aspettarmi sul retro dove potevamo parlare senza essere disturbati. In fondo al giardino, di modestissime dimensioni, Jacob ed io avevo costruito un gazebo che riparava dalla pioggia un tavolo accompagnato da quattro sedie. Sarebbe stato perfetto per la nostra chiacchierata e nessuno vicino ci avrebbe potuto intravedere.
“A tra poco allora” mi salutò dolcemente, non riuscii a non rispondergli con altrettanta dolcezza.
Mi alzai senza fretta dal pavimento e mi sgranchii le gambe, sentivo il fondoschiena dolermi e mi massaggiai le natiche. Misi in carica il cellulare e andai in camera mia a sistemarmi. Non avrei dovuto dargli così tanta importanza, ma volevo sembrare carina per lo meno. Accentuai velocemente i miei boccoli con la piastra e mi cambiai d’abito, optando per un vestitino azzurro abbinato a delle sneakers bianche. Forse inconsciamente volevo dimostrare meno anni, accantonai subito quel pensiero.
Mi passai un po’ di burro cacao sulle labbra e pizzicai le guance per dare un po’ di colore al mio viso. Mancavano pochi minuti all’incontro ed ero emozionata, dentro di me sperai che andasse tutto bene. 
Scendendo le scale incontrai Jacob che mi guardò con fare indagatore.
“Certo che per essere un’innocente chiacchierata ti sei messa in tiro, Bells” commentò acido, sbuffai alzando gli occhi al cielo.
“Non mi ero accorta che avessi bevuto varecchina a cena” lo presi in giro facendogli la linguaccia.
“Lo sai che non sto tranquillo con quel…con quello vicino a te…o ai bambini” mormorò cupo guardandosi la punta dei piedi. La sua preoccupazione per noi era tenera.
“Non ti preoccupare, non succederà niente e in ogni caso ci sei tu qui con noi”
“Sempre” mi rispose solenne.
Gli diedi un bacio sulla guancia e andai in giardino. Mi sedetti sulla mia sedia preferita, quella che guardava la casa e a fianco aveva un cespuglio di rose selvatiche. Non dovetti aspettare molto. Un impercettibile spostamento d’aria mi annunciò la sua presenza. Il mio cuore perse un battito e poi cominciò la sua usuale corsa in sua presenza.
“Sei arrivato” dissi senza girarmi, potevo sentirlo avvicinarsi a me.
“Avevi forse dubbi?” mi rispose, prendendo posto di fronte a me. Le uniche fonti di luce erano delle candele che avevo acceso poco prima e la luce bianca della luna. Mi presi qualche minuto per osservare il suo viso perfetto, i suoi occhi ambrati rilucevano come gemme. Anche lui mi osservò, come un assettato che vede un’oasi dopo chilometri di camminata nel deserto.
“Hai una bella casa” 
Sorrisi al suo tentativo di fare conversazione e mettermi a mio agio.
“Grazie, ho fatto ridipingere la facciata di bianco poco tempo fa”
“Di cosa volevi parlarmi?” mi chiese apparentemente calmo. Tuttavia, il suo passarsi una mano tra i capelli mi suggerì che era nervoso.
Sospirai pesantemente, appoggiando i gomiti sul tavolo e sostenendo la fronte con i palmi delle mani. Vidi Edward allungare una mano verso di me e farla ricadere poco dopo, incerto su quanto potesse spingermi con me.
“Non so come dirlo…” mormorai senza avere il coraggio di guardarlo negli occhi.
“Bella, guardami” mi ordinò con la sua voce da incantatore e non riuscii a non fare come disse. Lentamente alzai il viso e allacciai il mio sguardo al suo che si stava scurendo per la tensione. Deglutii rumorosamente.
“Dillo e basta”
“Dopo che te ne sei andato via ho sc…ho scoperto di essere incinta…di te ovviamente”
Ecco, bomba lanciata. Ora facciamo una stima dei danni.
Edward assomigliava in modo impressionante ad una statua di cera. Non si muoveva da quanto, cinque minuti buoni? Mi sentivo in difetto, non sapevo come comportarmi.
In un battito di ciglia, la sua espressione mutò completamente e diventò di pura gioia. Mi ritrovai a volteggiare in giardino tra le sue braccia senza neanche rendermene conto. Scoppiai a ridere, internamente sollevata dalla sua reazione. Mi posò delicatamente a terra e prese il mio viso tra le mani, portando il suo terribilmente vicino al mio. Potevo sentire il profumo del suo respiro sulla lingua, arrossii violentemente al languore che sentii nel mio basso ventre. Vidi un lampo di consapevolezza passare nei suoi occhi e mi regalò il suo solito sorriso sghembo capace di farmi tremare le ginocchia.
“Per la prima volta mi trovo senza parole, Bella. Prima mi hai donato tutta te stessa, hai portato in grembo i miei figli e mi hai reso padre. Non potrò mai ringraziarti abbastanza”
Mi persi nei suoi occhi ambra brillanti senza riuscire a dire niente.
“Ti devo spiegare tante cose…” iniziò a parlare, ma lo bloccai sul nascere.
“Non lo voglio sapere, non sono pronta”
“Ti ho ferito in modo inimmaginabile…mi sento morto dentro da quando ti ho abbandonata, so che non mi credi. E nonostante sia al settimo cielo per quello che mi hai detto, non posso sentirmi completamente appagato e completo senza di te al mio fianco. Farò di tutto per farmi perdonare, te lo prometto” mi sussurrò solenne, i suoi occhi erano fiammeggianti e la sua bocca sempre più vicina. Resistetti all’impulso di cedere e voltai il viso quel tanto che bastava affinché le sue labbra ghiacciate si poggiassero delicatamente sulla mia guancia bollente. Potevo percepire la tristezza che lo animava, ma non riuscivo a fidarmi di lui.
“Ci sono troppe cose lasciate in sospeso tra di noi…”
“Ho tempo, mi farò perdonare e sistemeremo tutto”
Sembrava così convinto e propositivo, mi allontanai e lui me lo lasciò fare.
“E’ questo il problema, voi avete tempo io no” sibilai acida voltandogli le spalle. Non volevo mostrare così le mie debolezze. Mi raggiunse con velocità umana e appoggiò le mani sulle mie spalle, provocandomi brividi lungo tutta la mia schiena e non di freddo. Mi lasciai andare e mi appoggiai a lui. Portò la bocca al mio orecchio, mandandomi a fuoco.
“Parleremo anche di questo Bella, quando sarai pronta esaudirò ogni tuo desiderio”
La sua voce era così arrapante che annaspai in cerca d’aria, incapace di gestire tutte quelle pulsioni che per otto anni avevo represso. Mi voltai verso di lui guardandolo sconvolta. Sorridendo mi accarezzò i capelli per poi passare alla guancia e al collo. Chiusi gli occhi godendomi le sue carezze.
“Se non sei stanca, vorrei che mi raccontassi qualcosa sui bambini. Ti sembrerà assurdo, ma mi sento già legato a loro” mi propose, speranzoso di ricevere una risposta positiva.
“Certo, mi farebbe piacere e no, non lo trovo per niente strano. Andiamo sul patio però, staremo più comodi” gli risposi sorridendo, indicando il divanetto con un cenno del capo. Camminammo vicini, ma senza toccarci e poi ci sedemmo uno di fianco all’altro. Con una coperta mi coprii come meglio potevo, perché l’aria frizzantina di quella sera cominciava ad essere fastidiosa. Edward mi offrì la sua giacca per farmi stare più caldo ed accettai di buon grado, godendomi il suo profumo di sole, miele e lillà.
Parlammo per almeno un’ora, gli raccontai gli aneddoti più divertenti su EJ e Nessie. Come quella volta che Nessie allagò il bagno per creare una piscina, questo quando aveva solo due anni. O di quando EJ aveva creato un percorso ad ostacoli per tutta casa, trasformando le scale in uno scivolo fatto di materassi. Ridemmo tanto, come se tra noi andasse tutto bene. Edward era felice, ma potevo leggere il rimpianto di non esserci stato e il senso di colpa per essersi perso i primi otto anni della loro vita.
“Ci saranno tanti altri momenti così di cui sarai partecipe” lo rassicurai stringendo la sua mano tra le mie.
“Non me ne andrò più via, te lo prometto”
“Non promettere, non serve a niente. Dimostraci che sarai sempre presente, specialmente quando avremo bisogno di te. Non ferire i bambini, ti chiedo solo questo”
“Non lo farò” mi rispose solenne.
“Vieni qui” mi chiese in sussurro, facendomi intendere che volesse abbracciarmi. Mi avvicinai a lui, appoggiando la testa sulla sua spalla e rannicchiandomi contro il suo corpo. Rimanemmo in silenzio per un po’ e lui non smise mai di accarezzarmi e poggiarmi baci sulla testa.
Decisi di godermi il momento, qualunque fosse il suo significato. Solo il tempo mi avrebbe dato risposte.
“E’ quasi mezzanotte, forse è meglio se vado via. Sarai distrutta”
Mugugnai qualcosa, in effetti ero caduta in dormiveglia. Mi strinsi di più a lui e non mi sembrò gli dispiacesse.
“C’è ancora una cosa che devo dirti” lo informai con voce impastata dal sonno.
“Sono tutt’orecchi”
“Domani…anzi tra poco sarà il compleanno dei gemelli…siete tutti invitati al loro compleanno”
“E’ una bellissima notizia, con questo invito non hai reso solo me felice, ma tutta la mia famiglia. Saranno elettrizzati…cosa possiamo regalare ai bambini?”
Mi stiracchiai e mi misi seduta, stropicciandomi gli occhi. Non riuscii a trattenere uno sbadiglio.
“Avrai notato che Nessie è un po’ come Alice…le piacciono i vestiti, le bambole e tutti i tipi di giocattoli delle bambole, i set per il the…cose così. EJ invece è più riflessivo e maturo, adora costruire modellini, gli piacciono i Lego, più difficili sono da costruire e più si diverte…e ama la storia, legge un sacco di libri anche sugli animali, specialmente quelli esotici o rari”
“Grazie Bella, di cuore” mi baciò entrambe le mani, facendomi arrossire.
“E a te cosa piace?” mi chiese in un sussurro roco, avvicinando di nuovo il viso al mio. Gemetti senza ritegno, tanto era l’effetto che mi faceva senza neanche toccarmi. Mi diede un bacio sulla guancia, all’angolo della bocca, poi sul mento, sulla fronte, sulla punta del naso e così via. Ormai il mio cuore batteva all’impazzata e il mio respiro era irregolare.
“Cosa mi piace…mi piace…quello che stai facendo” dissi sospirando tra un bacio e un altro. Con un movimento fluido mi trovai a cavalcioni su di lui, la coperta cadde ai suoi piedi e il mio vestitino si alzò pericolosamente sulle cosce. Continuava a baciarmi, senza baciarmi davvero, e io, presa da una frenesia e passione sconosciute, cominciai a strusciarmi senza ritegno sul cavallo dei suoi pantaloni che ormai gli erano terribilmente stretti. Gli sfuggì un gemito strozzato e poi cominciò a ringhiare soffusamente, quasi fossero fusa. E poi mi baciò…e che bacio. Un bacio vero e umido, fatto di labbra e di lingua. Mi lasciò a mala pena respirare, ma non me ne lamentai affatto. Sentivo il cuore scoppiarmi nel petto e le mutandine completamente fradice ed ero consapevole che a lui nessun dettaglio poteva sfuggire. Con la mano sinistra mi stringeva la base della testa, mentre con la destra si intrufolò sotto il vestito accarezzandomi senza sosta il fondoschiena. Quando mi strizzò la natica e mi baciò il collo, poco sotto l’orecchio, non mi trattenni più e venni. Nascosi il viso nell’incavo del suo collo, terribilmente imbarazzata e cercai di recuperare un po’ di fiato. Mi baciò a fior di labbra e poi si scostò da me posandomi gentilmente sul divanetto. Si alzò e si appoggiò alla colonna del patio come se fosse esausto. Stava sorridendo divertito, tenendo gli occhi chiusi.
“Isabella Swan…mi farai impazzire”
“Scusami” gli risposi in automatico, ancora confusa da tutte le sensazioni che mi aveva fatto provare.
“Non ti scusare, è stato…”
“Fantastico” completai per lui, che mi sorrise sghembo.
“Ora si è fatto tardi, devi riposare” e dicendo questo, raccolse la coperta da terra e me la porse. Mi aiutò ad alzarmi e mi baciò la testa.
“A domani allora” sussurrai imbarazzata e contenta.
“A domani…sogni d’oro” mi baciò di nuovo e si allontanò attraversando il prato. Guardai la sua schiena allontanarsi a passo umano e mi passai le mani fredde sulle guance, cercando di spegnere il fuoco che sentivo.
“Lo saranno di certo” mormorai più a me stessa che a lui ormai fuori dal mio campo visivo. Ma potei giurare di aver sentito la sua risata dolce riecheggiare nell’aria e perdersi nella leggera brezza notturna.  
 

Allora, prime impressioni? Vi aspettavate questa reazione da parte dei bambini? E di Jake?
La serata tra Edward e Bella si è evoluta velocemente, vi aspettavate qualcosa di diverso?
Ammetto di essere soddisfatta di come sia venuto questo capitolo e mi sono divertita a scriverlo.
Non vedo l'ora di leggere le vostre recensioni, a presto! :)

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Festa di compleanno - parte I ***


Buongiorno! Mi scuso per l'immenso ritardo, ma sono stati mesi intensi e sono successe alcune cose non molto belle. Avevo tante idee per questi capitoli sulla festa, ma non riuscivo a buttarle giù nero su bianco. Tuttavia, eccomi qui! Vi ringrazio per la pazienza!
Oggi finalmente c'è la festa di compleanno di EJ e Nessie alla quale sono invitati tutti i Cullen, nessuno escluso. Ho notato che molte di voi sono rimaste perplesse di fronte al comportamento e alle scelte di Bella, ma spero che in questo capitolo le sue motivazioni e i suoi ragionamenti siano più chiari. Ovviamente, il capitolo finisce con una sorpresa.
Ci vediamo a fine capitolo, un bacio!


Stavo facendo colazione tranquillamente, sorseggiavo il mio caffè amaro e mangiavo i miei biscotti preferiti, quelli al triplo cioccolato. Erano appena le sette e mezza di mattina, tutti stavano dormendo e io potevo lavorare un po’ e ragguagliarmi sui miei impegni della settimana seguente. Almeno così pensavo. Lo strisciare della sedia sul pavimento mi avvisò dell’arrivo di Jacob, avrei riconosciuto la sua delicatezza ovunque. Senza alzare lo sguardo dalla mia agenda elettronica, gli chiesi se avesse dormito bene.
“E me lo chiedi?”
Rimasi interdetta dal suo sguardo scioccato, come se reputasse la mia domanda stupida. Cominciai fin da subito a sentirmi a disagio, perché in fondo al cuore sapevo dove ci avrebbe portato quella discussione. Tuttavia, feci la finta tonta per prolungare il mio rilassamento mattutino di ulteriori venti secondi.
“Si, perché scusa?” gli domandai ingenuamente, fingendomi confusa.
“Ringrazia il cielo che io abbia smesso di crescere anni fa, perché altrimenti ieri notte mi avresti bloccato la crescita”
Alle sue parole mi andò il caffè per traverso e cominciai a tossire senza sosta, tant’è che Jacob dovette versarmi dell’acqua e assicurassi che non soffocassi lì. Quando ripresi possesso delle mie capacità mentali e non, gli chiesi di ripetere convinta di aver capito male. Mi aspettavo che avrebbe avuto qualcosa da ridere sul mio incontro notturno, ma non che avesse udito ogni cosa detta e fatta.
“Ti ricordo che abbiamo il super udito, tutti e tre…e che il patio sta sotto la mia camera da letto. Ho controllato più volte che i bambini dormissero e per fortuna hanno il sonno pesante”
Sbiancai completamente, volevo sotterrarmi dall’imbarazzo. La sera prima ero così entusiasta da scordarmi persino il mio nome, figuriamoci di dover fare silenzio.
“Non ci posso credere” mormorai sentendomi le guance andare a fuoco per l’imbarazzo.
“Inutile dirti quanto non approvi questo tuo comportamento” mi disse sprezzante.
Eccolo, ci siamo.
“Non sei mio padre, mi comporto come voglio” ribattei, più per non dargliela vinta che per altro. Riconoscevo quanto il suo punto di vista fosse giusto, ma non sopportavo il suo tono e il suo modo di porsi con me. Possibile che dovessi sentirmi giudicata qualsiasi cosa facessi?
“Se avessi un po’ di sale in zucca, non ti dimenticheresti come ti ha trattato otto anni fa e non lo perdoneresti così come se niente fosse” rincarò la dose, non contento. Sbuffai sonoramente.
Come se non avessi capito il tuo punto di vista.
“Infatti, non l’ho perdonato né tornerò da lui come se niente fosse, per una sera ho lasciato perdere i problemi e mi sono comportata come una semplice ragazza di venticinque anni!” esclamai, alzandomi in piedi con foga. Anche lui si alzò, fronteggiandomi e guardandomi dall’alto in basso.
“E’ questo il punto! Non sei una semplice ragazza, hai delle responsabilità verso i tuoi figli!”
Lo guardi inorridita, indignata dalle sue insinuazioni.
“Pensi che non sia responsabile? Ogni singola cosa che faccio la faccio pensando a loro! Non parlarmi come se non fossi una buona madre, perché lo sono!” gli urlai addosso, senza riuscire a trattenere le lacrime. La nostra litigata non proseguì oltre, perché fu interrotta dall’arrivo dei gemelli. Ignorai lo sguardo dispiaciuto di Jacob che probabilmente si era reso conto di aver sbagliato, per il momento non mi andava di riprendere l’argomento.
“Mamma, cos’è questo chiasso?” domandò Nessie stropicciandosi gli occhi, mentre scendeva le scale ancora assonata.
“Ci avete svegliato” mormorò EJ entrando in cucina.
“Buon compleanno amore miei” esclamai correndo ad abbracciarli e a riempirli di baci.
“Tanti tantissimi auguri” disse Jacob abbracciando prima EJ e poi la sua principessa che si fece prendere in braccio da lui. Si scambiarono uno sguardo di pura adorazione, mi scoprii ad invidiarli un po’. Rimossi subito quel pensiero negativo, quel giorno era un giorno felice e doveva essere tutto perfetto per i miei bambini.
“Allora come ci si sente ad essere un uomo? Quanti anni compi, trentacinque?” lo prese in giro bonariamente Jake, scompigliandogli i capelli bruni. EJ scoppiò a ridere e andò a sedersi al bacone per fare colazione. Mia madre diceva sempre che ero una donna di mezza età nel corpo di una teenager e anche EJ aveva ereditato quella caratteristica, era riservato, riflessivo e calmo come lo ero io alla sua età.
“Oggi la mamma vi prepara i pancake come piacciono a voi” dissi loro indossando il mio grembiule con scritto “super mamma all’azione” e mettendomi subito ai fornelli. I gemelli esultarono contenti e intanto cominciarono a mangiare un po’ delle cose che avevo preparato, tra cui la torta alla Nutella e panna, una delle loro preferite. Mangiammo tutti assieme in cucina, chiacchierando del più e del meno e mi impegni al massimo per scacciare il malumore che Jacob mi aveva causato.
Avrei pensato alla situazione “Edward” un altro giorno, questo giorno era dedicato esclusivamente ai miei bambini.
Successivamente, Jacob mi aiutò a sparecchiare e a riordinare la cucina mentre i bambini si preparavano. Non spiaccicammo parola per tutto il tempo, lo vidi cercare più volte di intavolare una conversazione ma feci finta di nulla.
“Jake, preferisci mettere le decorazioni e preparare il giardino o andare a ritirare il cibo e la torta?” gli chiesi senza guardarlo negli occhi, mentre mi sfilavo il grembiule. Sentii la sua mano calda sollevarmi il mento e legai il mio sguardo al suo.
“Mi dispiace Bells, non volevo dire quelle cattiverie…ma vedi, lo sai cosa penso di loro e l’idea che lui ti ferisca di nuovo mi fa ribollire il sangue” mormorò cupo, gli sorrisi teneramente.
Il mio Jake.
“Non ti preoccupare, basta parlarne. Oggi è tutto per i gemelli”
Lo abbracciai velocemente e salimmo nelle nostre camere per darci una sistemata, avevamo tante cose da preparare e gli ospiti sarebbero arrivati intorno alle undici e mezza.
Dopo essermi fatta una doccia veloce, mi asciugai ed acconciai i capelli in morbide onde. Mi truccai leggermente ed aprii l’armadio alla ricerca di qualcosa da indossare.
Elegante o casual? Vestito, pantaloni o gonna? Tacchi o scarpe basse?
In quel momento pensai che l’aiuto di una come Alice non sarebbe stato male, forse avrei risolto un po’ dei miei dubbi. Volevo essere perfetta, ma allo stesso tempo non volevo che pensassero, o meglio che lui pensasse, che mi fossi messa in tiro per loro. Non dovevo alimentare strani pensieri da parte sua, ero fermamente convinta che l’episodio della sera prima fosse solo un episodio.
Alla fine, optai per un pantalone elegante a sigaretta color crema, di quelli aderenti sul fondoschiena e sui fianchi, con una zip a fianco. Ci abbinai un top a mezze maniche color azzurro pastello e un paio di mocassini dello stesso colore. Ero abbastanza soddisfatta del risultato, né troppo né troppo poco.
Mentre Nessie e Jacob erano a fare le loro commissioni, EJ ed io stavamo sistemando il giardino. La giornata era calda, stranamente non afosa, ma senza nessun raggio di sole all’orizzonte. La giornata perfetta per la famiglia Cullen insomma.
Controllavo l’ora ogni dieci minuti e più si avvicinava l’ora X e più mi saliva l’ansia. Che cosa avrei provato a rivederli tutti assieme?
“Mamma, sei nervosa?” mi chiese EJ timidamente, evitando il contatto visivo e fingendo di sistemare la tavola che era già preparata.
“No, amore. Tu invece?”
“Un po’” borbotto dolcemente, in un modo che mi ricordò tanto Charlie. Smisi di gonfiare i palloncini e andai ad abbracciarlo, ricambiò subito. Gli accarezzai dolcemente i capelli, così simili ai miei.
“Andrà tutto bene, vedrai che ti piacerà essere circondato da tutti questi parenti e poi verrai riempito di regali” scherzai facendogli l’occhiolino, lui come me non apprezzava particolarmente stare al centro dell’attenzione e ricevere troppi regali.
“Non lo so, non so come comportarmi con lui…” mormorò triste. Sentii i miei occhi pizzicare, ignorai il magone che mi era venuto e cercai di confortarlo come meglio potevo.
“EJ, fai quello che ti senti e promettimi una cosa” gli dissi seria.
“Cosa?” mi chiese guardandomi con i suoi occhi verde smeraldo, tremendamente profondi.
“Non lasciarti influenzare da come si è comportato con me, giudicalo per come si comporterà con te e Nessie”
Ci pensò un po’ e poi annuì. Sospirai pesantemente. Ero già mentalmente provata e la festa non era ancora iniziata. Nei venti minuti successivi finimmo di sistemare le decorazioni anche dentro casa e ci buttammo sul divano per riposarci. Nessie e Jacob ci trovarono addormentati sul divano e non persero l’occasione di prenderci in giro.
“Hey, guardate che mamma ed io abbiamo sgobbato fino a poco fa” ribatté EJ gonfiando le guance in un’espressione buffissima, scoppiammo tutti a ridere. Fu in quel momento che sentimmo il campanello suonare. Sbiancai improvvisamente, per fortuna che ero ancora seduta sul divano. L’unica entusiasta sembrava Nessie che si catapultò alla velocità della luce all’ingresso per aprire ai nostri ospiti. Andammo anche EJ ed io, non potevo far fare gli onori di casa ad una bambina di otto anni.
Sentivo il cuore in gola e odiai il fatto che tutti i presenti lo potessero sentire. Sentii le ginocchia tremare di fronte a tanta bellezza. I Cullen erano impeccabili come sempre. Evitai appositamente di posare il mio sguardo su Edward, altrimenti sarei svenuta lì, all’ingresso.
La prima che salutai fu Rosalie, l’unica con cui avevo confidenza al momento. Come era strana la vita, la mia peggior nemica era diventata la mia migliore amica.
“Ciao Bella, sei radiosa stamattina”
“Grazie Rose, entra pure. EJ e Nessie non vedevano l’ora di rivederti” esclamai contenta. Mentre lei salutava i gemelli, abbracciai Esme e Carlisle. Non potevo avercela con loro.
“Ciao Bella, grazie di averci invitato. Ci hai reso immensamente felici” mi sussurrò Carlisle, mentre accarezzava la guancia. Mi sentivo tremendamente in soggezione. Per evitare gaffe, optai per una strategia semplice, ma efficace. Mi sarei concentrata su un Cullen alla volta per ridurre il carico emotivo al minimo.
Complimenti a me, yee.
“Sono proprio bellissimi” commentò Esme emozionata, se avesse potuto avrebbe pianto. Mi fece piacere vederla così contenta. Andò subito a presentarsi e a dar loro i regali, i gemelli l’abbracciarono emozionati. Sorrisi notando il luccichio nei loro occhi, specialmente in quelli di EJ che era il più restio ad averli presenti alla loro festa.
“Bellina, sei diventata uno schianto. Fatti abbracciare dal tuo fratello orso” tuonò Emmett con la sua voce profonda. In meno di un secondo, mi ritrovai a girare in aria stritolata in uno dei suoi immensi e gentili abbracciati.
“Emmett, mi farai vomitare la colazione. Mettimi giù” gli intimai ridendo.
“EJ, Nessie. Questo orso qui è vostro zio Emmett, il marito di Rosalie. È un pezzo di pane, state tranquilli”
“Ciao, campione! Sei pronto per una partita di football? Ho portato il pallone” esclamò dando il cinque ad EJ.
“Assolutamente!”
“A me non piace il football” disse Nessie storcendo il naso.
“Non ti preoccupare tesoro, troveremo cosa fare” la rassicurai accarezzandole la testa.
“Ciao Jasper, ti trovo bene” lo salutai, abbracciandolo velocemente. Non perché ce l’avessi con lui per la tragica festa dei miei diciotto anni, ma per evitare di metterlo a disagio con il mio profumo. Tuttavia, non sembrò per niente in difficoltà e i suoi occhi dorati mi guardarono calmi. Mi sentii più rilassata e gli mormorai un grazie. Mi ero scordata di come potesse essere utile il suo potere. Si presentò anche lui e porse altri regali ai gemelli che lo ringraziarono con uno smagliante sorriso sulle labbra.
Si può morire per i troppi sorrisi?
La risposta arrivò subito. Appena posai gli occhi su Edward ed Alice il mio sorriso sparì. Per quanto mi sforzassi, non riuscivo a vedere Alice con gli occhi di prima. Mi sentii in colpa, perché alla fine suo fratello si era comportato ugualmente male se non peggio nei miei confronti. Purtroppo, la carne è debole e la sera precedente avevo ceduto a delle attenzioni maschili che mi mancavano da troppo tempo. Presi un respiro profondo e cercai di essere il più cordiale possibile.
“Buongiorno Alice, ben arrivata”
“Buongiorno a te, grazie dell’invito” mi sorrise un po’ mesta e andò in soggiorno a salutare i gemelli.
Rimanemmo solo Edward ed io. Ci guardammo a lungo senza che nessuno spiaccicasse parola.
“Vuoi entrare o rimanere alla porta?” gli chiesi invitandolo con un gesto della mano ad accomodarsi di là insieme agli altri. Il mio tono distaccato lo lasciò interdetto, lo vidi contrarre la mascella ed annuire solamente.
“Dormito bene?”
“Come al solito” gli risposi, dopo essermi assicurata che la mia maschera di distaccata gentilezza fosse ben fissata e pronta all’uso.
“Comunque questi sono per te” e mi porse un elegante mazzo di bellissime rose rosse, lasciandomi a bocca aperta. Non potei fare a meno di arrossire e lui mi sorrise nonostante un’ombra di dolore non avesse lasciato i suoi bellissimi occhi dorati.
“Ehm…grazie davvero, ma non serviva lo sai…” lo ringraziai tremendamente impacciata.
Mentre stavo andando nell’altra stanza, mi sentii afferrare il polso in una morsa gelida e gentile. Rabbrividii e non per il freddo.
“Che c’è?” gli chiesi in un sussurro.
“Non dovremmo parlare di ieri?”
Il suo tono freddo mi fece capire quanto in realtà fosse incazzato per il mio comportamento, ma cosa si aspettava? Che saremmo diventati una famigliola felice in una sera? Che limonare duro in giardino come degli adolescenti avrebbe cambiato qualcosa il giorno dopo?
Bella Swan, queste sono le conseguenze del cadere nelle braccia del tuo ex come ragazzina.
“Direi proprio di no e poi oggi è il compleanno dei nostri figli, dovresti concentrarti sul fare una buona impressione a loro due”
Detto questo, gli voltai le spalle e seguii il suono delle risate dei miei bambini. Trovai i Cullen, più Jake, in salotto. EJ e Nessie ridevano a qualche battuta stupida di Emmett. Sembravano i protagonisti di un quadro, c’era qualcosa di romantico in quella scena.
Quando entrò Edward, calò il silenzio, ma durò qualche attimo di secondo. Poi Nessie corse verso di lui, o meglio, si lanciò verso di lui che la prese al volo e la tenne in braccio.
“Ciao papà”
Gli occhi a cuoricino di Nessie fecero scomparire ogni velo di tristezza dal volto di Edward che le sorrise tremendamente emozionato.
“Ciao principessa”
La sua voce calda e ammaliante la fece arrossire. Nascose il viso nell’incavo del suo collo e, in quel momento, la invidiai. Era sbagliato provare invidia nei suoi confronti, ma non potei fare a meno di pensare che avrei desiderato potermi comportare con Edward come mi dettava il cuore, senza dovermi preoccupare di niente. Con la coda dell’occhio vidi Jasper aggrottare le sopracciglia, decisi di andare a mettere i fiori in cucina per tranquillizzarmi un attimo. Quando tornai, Edward e Nessie parlavano con Esme e Carlisle, mentre EJ si teneva ben lontano da Edward. Era palese a tutti quanto rancore covasse il mio ometto per il padre, sperai che nel corso della giornata quell’attrito si smussasse un po’.
Un’altra cosa che notai subito furono gli sguardi di odio che Jacob mandava ad Edward, tra l’altro pienamente ricambiati. Sbuffai sonoramente, attirando la loro attenzione. Assottigliai lo sguardo e li fissai uno alla volta.
“Alla prima parola o atteggiamento ostile, quella è la porta”
La mia minaccia non sortì l’effetto minatorio sperato visto che Emmett e Jasper scoppiarono a ridere.
“Dai, andiamo tutti in giardino. Staremo più comodi e potremo fare un sacco di giochi” esclamai nella maniera più entusiasta possibile, prendendo per mano i gemelli. Feci strada a tutti gli altri e ci accomodammo sulle varie sedie, divanetti e puff che avevamo disseminato sul prato. Sul tavolo posto sotto il gazebo c’erano un sacco di bevande e di cibo. Potevano sembrare porzioni esagerate, ma con Jake il concetto di “troppo cibo” era relativo.
“Hai fatto un ottimo lavoro Bella” commentò Rosalie riferendosi alle decorazioni del giardino. Si sedette sul divanetto di vimini vicino a me e distese le sue gambe affusolate e toniche sul tavolino di fronte a noi. La imitai e mi misi più comoda.
“Grazie Rose, ci metto sempre molto impegno per rendere questo giorno speciale. Oggi lo è di più perché ci siete anche voi” le sorrisi abbracciandola.
Rimanemmo in disparte ad osservare la nostra famiglia prendere confidenza e conoscersi.
EJ, Jacob, Emmett e Carlisle giocavano a football. I loro schiamazzi erano inconfondibili. Jasper li osservava dalla sua postazione godendosi le loro incredibili emozioni gioiose.
Nessie ed Alice parlavano di moda, la mia piccola bambina le stava mostrando i capi d’abbigliamento che aveva cucito per le sue bambole. Edward ed Esme la guardavano ammaliati. Nonostante la palese adorazione che lui provava per Nessie, sentivo il suo sguardo posarsi di tanto in tanto su di me, ma lo ignorai bellamente. Sentii Rosalie ridacchiare.
“Ti sta mangiando con gli occhi” mormorò al mio orecchio, consapevole che lui l’avrebbe sentita.
“Non dire sciocchezze”
“Che ne dici se domani sera usciamo? Andiamo in qualche bel locale a bere qualcosa” mi propose. Mi voltai a guardarla, stuzzicata dalla proposta.
“Puoi lasciare i bambini al c…a Jacob” continuò, storsi la bocca.
“Jake va via domani mattina, il branco ha bisogno di lui”
“Potresti chiedere agli altri di fare da baby-sitter…magari qui da te così ti sentiresti più tranquilla” azzardò, palesando una nota di incertezza nella sua voce angelica.
“Non lo so Rose, mi sembra tutto un po’ affrettato” le risposi impacciata, agitandomi sul divanetto. Posò una mano sul mio avambraccio per scusarsi e scrollai le spalle.
L’ora di pranzo arrivò velocemente. Jake, i gemelli ed io mangiammo le pizzette, le tartine e la pasta fredda che avevo preparato.
Stavo per versarmi una dose generosa di vino per distrarmi dalle continue occhiate che Edward mi lanciava, quando sentimmo suonare il campanello. Rimasi un po’ interdetta.
“Stavi aspettando qualcuno, cara?” mi chiese educatamente Esme avvicinandosi a me.
“Direi proprio di no” le risposi confusa. Appoggiai con rammarico il mio calice di vino rosso e rientrai in casa sotto lo sguardo di tutti, il suo incluso ovviamente. Sentivo il suo sguardo perforarmi la schiena.
Mi presi un attimo per guardarmi allo specchio in ingresso. Notai con piacere che, nonostante il cielo fosse coperto, le mie guance e il naso avevano preso un po’ di colore. Mi ravvivai i capelli e aprì la porta.
“Buongiorno, spero di non disturbare”
Non riuscii a nascondere la sorpresa e neanche il rossore sulle mie guance.
Guai in vista.

Eccoci! Allora, andiamo per ordine. Che ne pensate dell'atteggiamento di Bella nei confronti di Edward? Vi piace il rapporto che si è instaurato tra Rosalie e Bella? Infine, secondo voi chi è l'ospite inaspettato a cui Bella apre la porta?
Spero che il capitolo vi sia piaciuto! Fatemelo sapere :)
Un bacio!

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Festa di compleanno - pov Edward ***


Buonsera a tutte e buona festa della Repubblica!
Come sempre sono in ritardo, ma oggi ho una chicca per voi. Il primo POV Edward! Lo stile e il tono del capitolo sono diversi rispetto al solito. Vi volevo dare un piccolo assaggio dei pensieri e sentimenti di Edward. Spero che almeno un po' del tormento, del dispiacere e del desiderio di Edward vi arrivino.
Ci vediamo a fine capitolo!


Non sei la persona giusta per me.
Distrazioni.
La mia famiglia ed io ce ne andiamo.
Abbi cura di te, fallo per Charlie.
Che io fossi dannato per l’eternità per le bugie che le avevo detto.
Una parte di me avrebbe sempre voluto troncare quella storia per permetterle di vivere una vita normale, una vita che si meritava, ma ero sempre stato troppo egoista per farlo. Poi l’aggressione di Jasper aveva messo tutto quanto in prospettiva, una prospettiva che credevo giusta almeno fino a qualche giorno fa.
Gli ultimi otto anni erano stati infernali. Avevo abbandonato non solo lei, ma tutta la mia famiglia. Avevo girovagato per i paesi più malfamati, perché mi trovavo bene solo in mezzo a derelitti come me.
Per un periodo non riuscii a togliermi dalla testa il suicidio, ci mancò poco. Se ero vivo era solo per merito di Alice che volò fino in Brasile per fermarmi, peccato che non ricevette un bel trattamento da parte mia. Ogni volta che posavo gli occhi sulla sua spalla segnata dai miei denti mi sentivo un mostro, un animale senza possibilità di redenzione.
Tornai a casa solo dopo sette anni. La mia famiglia mi accolse a braccia aperte, anche Alice, ma non mi sentivo più lo stesso. Se prima di Bella la mia esistenza era una notte senza Luna, ora non era niente. Il vuoto più totale.
Mi sarei dovuto infuriare con Alice per aver infranto la sua promessa di non spiare il futuro di Bella, ma non lo feci.
La mia piccola e fragile Bella era cresciuta così tanto, era diventata una splendida donna. Il vestito che indossava quel giorno al centro commerciale le evidenziava le curve in maniera così sensuale e femminile che suscitò in me desideri ed emozioni roventi che non credevo di essere in grado di provare. E quando rispose al cellulare per parlare con quell’uomo…il mio cuore andò in mille pezzi e il mostro dentro di me ruggì inferocito per sfuggire alle sue catene e marchiare la mia donna. Non era più mia e probabilmente non lo sarebbe mai stata. Mi ero giocato la mia chance di essere felice, ma un essere privo di anima come me poteva meritare la felicità? Secondo me no, anche se Carlisle e gli altri sostenevano tenacemente il contrario.
Quei bambini poi…mi avevano conquistato. Erano così simili a Bella, eppure qualcosa mi faceva intendere che fossero simili anche a me. All’inizio accantonai subito quel pensiero, mi sembrava assurdo che Bella avesse potuto concepire i miei figli. Non se ne era mai sentito parlare.
Venni a conoscenza delle impressioni e pensieri degli altri membri della famiglia molto dopo. Nessuno dopo l’incontro aveva fiatato e tenevano ben al sicuro i loro pensieri, anche se era inutile visto che avevo perso l’abitudine di leggere le menti, specialmente loro.
Renesmee era semplicemente perfetta, con un caratterino vispo ed entusiasta che mi ricordava tanto Alice. EJ invece non mi poteva vedere e non potevo dargli tutti i torti; era protettivo verso sua madre e la gemella e apprezzavo molto questa sua caratteristica. Sarebbe diventato un uomo tutto d’un pezzo un giorno.
Tirando le somme dei pochi incontri che avevo avuto con Bella, erano andati quasi tutti male.
Al centro commerciale mi ero comportato malissimo, in modo ignobile. La chiamata di sabato sera e la serata in giardino erano andate fin troppo bene. Così bene che appena arrivato alla festa di compleanno dei gemelli mi aveva dato un bel due di picche, come se quei baci roventi sotto il portico fossero stati insignificanti. Il mio orgoglio maschile ne aveva risentito parecchio.
Tutto questo sommato al mio sentirmi inadeguato e sbagliato perché non potevo accompagnare Bella nella sua crescita fisica e caratteriale, mi tormentava. Mi sentivo un ragazzino che aveva una cotta per una donna matura che lo ignorava bellamente. A nulla erano valsi i miei discorsi e le mie scuse, lei non mi voleva. Per lo meno la sua ragione la spingeva a chiudermi la porta in faccia, il suo corpo beh…
 
Un gomito di marmo che si scontrò con la mia cassa toracica mi fece ritornare alla realtà. Per quanto tempo ero stato assente? Mi ritrovai catapultato nel mondo vero. Ero nel giardino di Bella, Alice Esme ed io giocavamo con Nessie, mentre gli altri facevano qualche tiro a football.
Bella e Rosalie confabulavano in un angolo del giardino. Mia sorella mi guardava da lontano ghignando, mentre Bella guardava ovunque tranne che verso di me.
“Edward, ma mi stai ascoltando?” mi richiamò all’ordine Alice, chissà come avevo fatto ad ignorare la sua vocetta fastidiosa ed acuta.
“Alice, lascialo stare. È un po’ sovraccaricato di emozioni, vero tesoro?” la riprese Esme, accarezzandomi una spalla. Se avessi potuto, sarei arrossito come un bambino.
“Sei felice di essere qua, papà?” mi chiese Nessie mostrandomi un sorriso smagliante. Per un attimo mi sentii al settimo cielo sentendomi chiamare papà.
Le sorrisi adorante.
“Certamente piccola”
Avrei voluto continuare a dare un po’ di attenzioni all’unica figlia che al momento non mi odiava, ma fui distratto dall’improvviso nervosismo di Alice.
“Che c’è?”
“Niente” mi rispose esitando e rifuggendo il mio sguardo. Aggrottai la fronte confuso, provai ad entrare nella sua mente ma non vi trovai niente di strano.
Lasciai stare Alice e mi concentrai sulla conversazione tra Bella e Rosalie.
“Che ne dici se domani sera usciamo? Andiamo in qualche bel locale a bere qualcosa”
“Puoi lasciare i bambini al c…a Jacob”
“Jake va via domani mattina, il branco ha bisogno di lui”
“Potresti chiedere agli altri di fare da baby-sitter…magari qui da te così ti sentiresti più tranquilla”

“Non lo so Rose, mi sembra tutto un po’ affrettato”
Peccato Rose, ci avevi provato. Non rimasi sorpreso dalla risposta di Bella, era già tanto che avesse deciso di invitarci a casa sua per il compleanno dei nostri figli.
Non la persi di vista un attimo, neanche durante il pranzo.
Osservai come mangiava con calma, senza fretta né particolare golosità. Non era mai stata una buona forchetta. Mi persi a guardare come le sue labbra carnose si poggiavano sul cibo, i movimenti del suo viso e del suo collo quando masticava e deglutiva, la sua lingua che ripuliva le briciole agli angoli della bocca.
Anelavo ad avere un contatto con lei, il mostro dentro di me scalpitava desideroso di possederla e poter saggiare quelle labbra peccaminose. Ma non mi era concesso, così mi limitavo a registrare ogni minuscolo dettaglio su di lei e custodirlo gelosamente.
Se gli altri se ne erano accorti, cosa assai probabile, nessuno me lo fece notare. Neanche quel cane puzzolente che aveva osato avere l’impriting con Renesmee.
Quando si stava per versare da bere, il campanello suonò sorprendono tutti eccetto Alice.
“Stavi aspettando qualcuno, cara?”
“Direi proprio di no”
Intercettai anche il breve scambio di parole tra lei e mia madre e la guardai rientrare. Nonostante fossi un gentiluomo, o almeno un tempo lo ero stato, l’occhio mi cadde sulle curve morbide dei suoi fianchi e sul suo fondoschiena a pesca.
Un’opera d’arte. Una tentazione irresistibile.
“Fratello, lasciatelo dire stai proprio messo male” tuonò Emmett ridendo e dandomi una pacca sulla spalla. Gli ringhiai infastidito, non ero in vena di sentire le sue battute pietose. Ero troppo concentrato su Bella e cosa stava succedendo dall’altra parte della casa.
Quando captai i pensieri maschili della persona alla porta, ruggii e cercai di alzarmi, ma due mani mi strinsero le spalle con la forza di due morse di acciaio.
“Non penserai davvero che fare scenate di gelosia, specialmente oggi, te la faccia riconquistare vero? Non puoi essere tanto stupido, ma d’altronde cosa mi potevo aspettare da te”
Il tono tagliente mi fece imbestialire ancora di più e cercai di liberarmi, ma si aggiunsero anche altre mani.
“Stai zitta Rosalie” le ringhiai.
“Ha ragione lei e inoltre stai facendo una pessima figura davanti ai tuoi figli, quindi datti una regolata e torna in te. Sei meglio di così”
Il tono pacato e lo sguardo deluso di Carlisle mi ferirono più delle parole acide di mia sorella.
“Scusate ragazzi” mormorai con tono sommesso guardando di sfuggita i gemelli. Poi crollai esausto sulla sedia più vicina e mi isolai da tutto. Mi misi ad origliare come uno stupido ragazzino la conversazione tra l’amore della mia vita e un uomo, vero, umano, fatto di sangue e di carne viva. Un uomo come io non sarei mai stato.
 “Buongiorno, spero di non disturbare”
“Oh, signor Robin, non l’aspettavo qui! Non fraintenda, mi fa piacere vederla ma sono...sorpresa ecco”
Il tuo cuore che batte più forte a cosa è dovuto? Alla tua solita timidezza o all’attrazione che provi verso di lui?
“Non volevo disturbarvi, ma Miranda mi ha detto che era il compleanno di Renesmee ed EJ quindi ho pensato di portare un pensiero”
Lo percepisco bastardo come ti attrae il suo corpo, lo vedo attraverso i tuoi occhi come il tuo sguardo cerca di non fissarsi sull’incavo del suo seno o sulle sue labbra.
“È stato molto gentile da parte sua, ma non doveva disturbarsi così”
“E’ una sciocchezza…una torta gelato fior di latte e nutella”
“Oh, i bambini ne andranno matti”
Attraverso i suoi occhi, vidi Bella arrossire e rifuggire il suo sguardo, indecisa su come comportarsi.
“Si accomodi pure in salotto, faccio arrivare i gemelli”
“Non possiamo darci del tu, Signorina Swan? Almeno oggi che è domenica”
Bella ci pensò un attimo e poi acconsentì.
“Il giardino è un po’ affollato di parenti appena ritrovati, scusami se non ti faccio venire di là”
“Nessun problema, sono felice che tu abbia seguito il mio consiglio”
E così parli di noi a questo sconosciuto? Chi è per te? Il tuo amante? Il tuo confidente? Ed io cosa sono?
“Mi ha dato dei consigli molto saggi…”
Calò una strana atmosfera tra i due, un silenzio fatto di parole non dette. Bella spezzo quella strana tensione e andò a chiamare i ragazzi.
“Vi aspetto qui allora”
Sorridile pure Casanova, ti piace non è vero?
Uscì dalla sua mente, troppo provato emotivamente per continuare a sentire i suoi pensieri ed emozioni.
Vidi Bella ritornare in giardino con le gote arrossate e lo sguardo luminoso.
“Nessie, EJ venite dentro che c’è un ospite per voi” gridò ad alta voce per farsi sentire dai gemelli che le corsero subito incontro.
Stava per rientrare dentro quando si voltò verso il prato e posò lo sguardo su di me. Notai come il suo sguardo si incupì appena mi vide. Mi fissò per qualche secondo e poi raggiunse i gemelli sospirando.
Cosa ne sarà di noi, amore mio?
 
Eccoci alla fine! Cosa ne pensate?
Avevate indovinato l'identità del personaggio sulla porta?
Siete pro o contro Edward?
Aspetto con ansia ogni vostro commento, buono e non.
Un bacio e grazie di aspettarmi sempre!
 
 
 

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Festa di compleanno - parte III ***


LO SO! Sono sparita per 11 mesi.
Sono stati mesi intensi e non sempre belli purtroppo. Ho cambiato due città, due lavori, ho avuto un lutto in famiglia, mi sono operata, non ho più un compagno ed ora sono in isolamento causa Covid. 
La prima parte di questo capitolo l'ho scritta mesi fa, ma poi mi ero bloccata incapace di mettere insieme due parole. Questo è risultato. Di sicuro me lo aspettavo diverso, ma vedremo cosa partorirà la mia mente per il prossimo capitolo.
Un bacio e buona lettura!


Nonostante il Signor Robin fosse andato via già da un pezzo, l’atmosfera, già precaria, era diventata ancora più strana. Avevo evitato con cura di incrociare lo sguardo con Edward, non che mi avesse richiesto un tale sforzo visto che lui era altrettanto impegnato ad ignorarmi. Ovviamente, qualche occhiata di sfuggita me l’ero concessa, giusto per tastare un po’ il suo umore. Mi era bastato osservare la mascella contratta e lo sguardo nero come la pece per confermare il mio pensiero, era infuriato. Mi crogiolai come una sciocca al pensiero che fosse gelosia, ma chi volevo prendere in giro? Lui non era geloso di me perché provava qualche sentimento per me, era solo possessivo come quelli della sua specie. In fin dei conti, non ero stata il suo giocattolo?
Una mano bollente si posò sulla mia spalla, infondendomi un calore familiare. Voltai leggermente il capo e sorrisi al mio amico licantropo, ogni volta che se ne andava e ci lasciava qua a Seattle era una stretta al cuore.
“Bells, è ora” mi disse dolcemente.
“Lo so Jake, i giorni assieme sono volati. Fa buon viaggio, salutami Sue e gli altri” gli risposi mesta, abbracciandolo velocemente ma con affetto. Lui ricambiò la stretta e andò da Nessi ed EJ a salutarli, gli occhi lucidi della mia piccolina mi fecero venire il magone. Mi sentivo in colpa ad essere l’unica figura di riferimento per i miei bambini, soffrivano ogni volta che Jacob se ne andava via ma non potevamo fare altrimenti. Ormai la nostra casa e la nostra vita erano a Seattle, tornare a Forks era troppo doloroso e pieno di ricordi che non volevo rivivere.
Guardai il cielo, ormai il sole stava tramontando e cominciava ad essere fresco, almeno per me.
“Ragazzi, andiamo dentro che si è fatto tardi” richiamai i bambini, rientrando in casa. Non aspettai nessuno, salii in camera mia a prendere una vecchia felpa. Mi sentivo mentalmente stanca, nonostante la giornata fosse passata tutto sommato bene mi sentivo emotivamente prosciugata. Quando chiusi l’armadio e mi voltai verso la porta, sussultai portandomi una mano al cuore per lo spavento. Maledetto udito scadente da umana.
“Mi hai fatto prendere un colpo! Non ti avevo sentito”
“Lo so, scusami Bella. Non ti volevo spaventare…possiamo parlare?”
Alzai il sopracciglio destro, scettica che volesse parlare con me proprio ora. Non avevamo mai parlato in realtà, ci eravamo scambiati solo saluti di circostanza.
“Certo Jasper, che volevi dirmi?” gli chiesi sedendomi sul bordo del letto ed invitandolo a fare altrettanto. Mi sentivo un po’ a disagio a dire il vero, ma apprezzai molto il fatto che non usasse il suo potere per cambiare il mio umore. Non volevo essere più manipolata da nessuno e in nessun modo.
“Prima di tutto, volevo scusarmi per…per quello che è successo otto anni fa…è stata solo colpa mia e del mio poco autocontrollo, non avrei mai voluto che succedesse e non passa giorno che non mi senta in colpa per quello che ho fatto e che sarebbe potuto succedere. Volevo che lo sapessi”
“Oh, ma Jasper! Non è stata colpa tua! Semmai della mia incapacità di non farmi male e soprattutto di tuo fratello che preso dalle sue manie di protettore mi ha scaraventato addosso ad una credenza di cristalli” esclamai contrariata dal suo addossarsi la colpa di tutto.
“Ma Bella…” tentò di dire, ma lo interruppi.
“Sono fermamente convinta che per un taglio così microscopico saresti stato in grado di controllarti, avevo ed ho piena fiducia nel vostro autocontrollo e tentativo di essere più umani possibili” gli dissi prendendo cautamente la sua mano gelida nella mia, dandogli il tempo di ritirarsi eventualmente ma non lo fece.
“Non lo so Bella…” disse incerto.
“Lo so io e tanto basta, nessuno mi avrebbe fatto del male; quindi, accantoniamo questa cosa. Accetto le tue scuse, anche se non erano necessarie” gli spiegai dolcemente, in fondo ero sincera quando dicevo di non avercela con lui. Come poteva non vederlo anche lui? La situazione era precipitata nel momento in cui suo fratello mi aveva lanciato via facendomi urtare la credenza di Esme. Non l’avevo capito subito, purtroppo per natura tendo sempre a rimuovere il più possibile i ricordi spiacevoli, ma poi rimettendo insieme i ricordi avevo capito qual era la dinamica esatta degli eventi. Ancora una volta era la mania di controllo di lui e la sua poca fiducia in me e negli altri che aveva creato quell’incidente.
“Va bene Bella…facciamo che ti credo e passiamo oltre” mi rispose dubbioso, sondando le mie emozioni.
“Hai detto bene” gli risposi alzandomi. Non volevo essere scortese, ma volevo che tutte le creature sovrannaturali se ne andassero da casa mia. Era stata una giornata molto intensa. Lui capì l’antifona e si alzò, quando arrivò alla porta esitò e si voltò di nuovo verso di me, in difficoltà come se cercasse le parole giuste da dirmi.
“Non sta a me dirlo o usare i miei poteri per mettermi in mezzo alle persone, ma quando si tratta di Edward e di te mi sento in dovere di mettere a frutto le mie capacità…penso che tra di voi ci siano dei problemi di comunicazione…”
Alzai il sopracciglio scettica, secondo lui era problemi di comunicazioni? Ero già sulla difensiva, ma lui mi anticipò.
“Non intendevo quello…” sbuffò frustrato perché non trovava le parole, gli feci cenno con la mano di andare avanti. Tanto vale sentire cosa avesse da dire, ai Cullen piaceva dire la loro su tutto e non sarebbe mai cambiato.
“Tra di voi ci sono un sacco di questioni irrisolte, mi sembra ovvio. E non ti fidi di lui…”
“Giustamente aggiungerei” lo interruppi bruscamente, lui riprese a parlare subito dopo.
 “In fondo è un adolescente centenario, ma rimane pur sempre un ragazzo inesperto quando si parla di instaurare una relazione seria. So come ti senti, anche se non voglio io percepisco tutto. Non leggerò nel pensiero, ma posso intuire quello che ti affligge e mi dispiace davvero Bella che tu ti senta così male. Non sta a me confidarti cosa sento in lui, ma lo farò lo stesso perché se solo voi due riuscite a comunicare in maniera trasparente molte delle tue insicurezze sparirebbero”
“Basta Jasper! Non ho bisogno di un altro paladino che si erge impavido in sua difesa! Lui mi ha abbandonata! Anzi, prima mi ha scopato facendomi credere di amarmi e poi si è volatilizzato! Lo sapete cosa ho passato? No ovviamente, non ne avete idea! Mi sono ritrovata a 18 anni, incinta di un vampiro senza sapere se sarei sopravvissuta abbastanza a lungo per partorire” gli urlai addosso, ormai l’argine della mia diga emotiva era andato in frantumi. Non riuscivo più a tenermi dentro quello che provavo, e leggevo sul suo viso i segni del dolore che provavo io. Bene, era giusto che qualcun altro avesse un assaggio di quello che avevo patito no?
“E voglia parlare di quella psicopatica di Victoria?”
Lui sgranò gli occhi, confermandomi che se ne erano dimenticati.
“Ecco, sapete non è mica sparita dalla circolazione perché siete andati via voi. È venuta a cercarmi qualche mese dopo e se non sono morta è solo merito di Jake!”
“Bella mi dispiace, non ne avevamo idea” mi rispose mortificato.
“Certo che no, come potevate” ribattei sarcastica. Vidi il riflesso della mia furia allo specchio, chi stavo diventando? Tutta quella rabbia non mi apparteneva.
“Il punto è che niente di quello che direte potrà colmare la distanza che ci separa adesso, non sempre i rapporti si possono aggiustare. Non potrei mai fare affidamento su di lui”
“Lo so Bella…Dio…vorrei solo che per un secondo tu potessi usare il mio potere!” esclamò esasperato passandosi una mano tra i capelli leonini.
“Lui ti ama Bella, di un amore profondo ed indissolubile. E sì, se ne è andato ma non per mancanza di amore. È stato stupido? Ovviamente sì. Poteva fare l’uomo e rimanere al tuo fianco per affrontare le difficoltà? Sì anche in questo caso. È un ragazzo, inesperto, che ama follemente una donna che non è della sua specie e non sa come comportarsi. Si sente in difetto ogni secondo della sua vita, specialmente ora che ti ha visto donna. Prima avevate la stessa età, invece vederti così donna madre lavoratrice gli ha fatto realizzare che tu cresci maturi ti realizzi e lui no. Lui sarà sempre così come lo vedi e se potesse, credimi, farebbe di tutto per essere umano come te e accompagnarti per sempre. Ama i vostri figli e ama te. Se tu glielo chiedessi, ti trasformerebbe qui ed ora perché a dare ascolto a quella parte di lui che ti voleva lasciare umana ci ha rimesso te e la vostra vita assieme. Ed è veramente geloso, non perché noi vampiri siamo possessivi per natura, ma lo è perché ti ama e ha una paura fottuta che tu scelga quel Signor Robin o un altro uomo. Perché lui non si sente un uomo, ma un ragazzino e pensa che tu non lo vorresti mai come compagno di vita. È divorato dal senso di colpa e lo sarà per il resto dell’eternità, e questo nessuno potrà cambiarlo. Dovrà imparare a convivere con le conseguenze delle sue scelte passate”
Finì il suo monologo con il fiatone, strano per un vampiro che non deve neanche respirare.
Mi sedetti a peso morto sul letto, presi un cuscino e me lo premetti sul viso. Urlai con tutta la forza che avevo. Scoppiai a piangere.
“Perché non mi lasciate in pace? Perché mi torturi così” scoppiai a piangere a dirotto. Una piccola parte di me sapeva che di sotto ci ascoltavano e non avrei voluto che i miei figli sentissero quello spettacolo pietoso, ma non potevo più gestire tutto. Era al di fuori delle mie capacità.
“Bella, non volevo farti stare peggio… ma credo che sentirlo dire da me sia diverso, puoi non credermi. A te la scelta se credermi o meno”
“Basta…lasciatemi tutti in pace” lo pregai esausta, raggomitolandomi sotto le coperte. Volevo solo sparire e non risvegliarmi più.
“Chiedi a Rosalie se può mettere a dormire i gemelli, non voglio che si preoccupino più di quanto non lo sono già”
Non dissi niente altro e Jasper finalmente se ne andò dalla mia stanza.
Che serata di merda.

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3942202