La melodia del tuo cuore

di Blue_Lily
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo - L'uomo che eri ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 - Una corona per due ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 - Guardiane stellari e belve lunari ***
Capitolo 4: *** Capitolo 2.5 - Conversazione SMS ***
Capitolo 5: *** Capitolo 3 - Aspettative ***
Capitolo 6: *** Capitolo 4 - Sogni ***
Capitolo 7: *** Capitolo 5 - La Regina Infranta ***



Capitolo 1
*** Prologo - L'uomo che eri ***


PROLOGO

-

L'UOMO CHE ERI

 

 

«Tu non sei più l'uomo che amavo.»

 

No...

 

«Dov'è finito il ragazzo che avevo conosciuto? Che fine ha fatto quell'anima sensibile che è riuscita a conquistare il mio cuore con la sua voce?»

 

Sono sempre io...

 

«No... Ora di quel dolce ragazzo ne è rimasta forse solo l'ombra. Guarda dove ti ha portato questa tua ossessione. La tua gelosia, sia nei confronti della tua ragazza che della tua stessa musica, come se non ti fidassi né di te stesso... Né di me. Che cosa ti è successo?»

 

Sono... Sempre io... Il tuo amato...

 

«Forse dovremmo davvero chiudere, frequentare altre persone.»

 

Ti prego, no...

 

«Ti ho amato fino all'ultimo, ma non posso continuare così. A lungo andare finiremmo col rimanere entrambi feriti. Fidati, è meglio così.»

 

No... Ti scongiuro, Isolde, non lasciarmi...

 

«... Addio, Viego.»

 

 

In quell'esatto momento, il silenzio venne interrotto dal suono di un cuore frantumato.

 

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 - Una corona per due ***


CAPITOLO 1

-

UNA CORONA PER DUE

 

Crimson Moonlight”, 00.30

 

Un puzzo di alcool e fumo, sia di tabacco che altre sostanze, permeava le strette mura di un locale affollato. Musica elettronica suonata da un DJ su un palco rimbombava nelle orecchie di ragazzi scatenati inebriati da quell'onda caotica che tanto li stava facendo sentire bene. Ognuno di loro teneva in mano un bicchiere con un bizzarro liquido all'interno, che riluceva di colori diversi sotto luci al neon che splendevano a ritmo con la musica.

Uno solo era estraniato da tutta quell'effimera allegria. I gomiti appoggiati al bancone e la testa fra le mani, svariati bicchieri vuoti sparsi attorno a lui e una bottiglia aperta sul punto di finire giaceva poco distante da quella figura apparentemente senza un'anima in corpo. Lunghi capelli bianchi colorati di rosso sulle punte scendevano lungo le sue spalle ora inarcate, nascondendo ulteriormente il viso di un bellissimo giovane purtroppo segnato da lacrime recenti colorate di un nero forse dovuto al leggero trucco attorno agli occhi. Vestiva con pantaloni e giacca di pelle, quest'ultima che gli lasciava completamente scoperto il petto sul quale era tatuato un triangolo rovesciato nero e verde, proprio al centro. Sul suo capo, in bilico, vi era una corona puntuta cremisi.

 

«Smettila con questa storia, sono passati due mesi ormai.»

 

L'apatica voce di un barman dal viso delicato, i capelli biondo cenere di metà lunghezza e sistemati con del gel in modo alquanto bizzarro, disturbò il giovane che di tutta risposta non lo degnò neanche di uno sguardo. L'uomo alzò gli occhi al cielo sistemandosi il colletto di un vestito sofisticato dai toni rossicci e argentati, tornando poi a pulire con nonchalance uno dei bicchieri appoggiati sul bancone. Finse un colpo di tosse fissando con insistenza quel disperato con un paio di occhi severi di un meraviglioso azzurro ghiaccio. Attendeva una risposta, ma non ricevendola preferì incalzarlo.

 

«E' inutile che affoghi il tuo vittimismo nell'alcool, Viego.»

 

«Cosa ho fatto...?»

 

Rispose con un fil di voce il ragazzo.

 

«Beh...»

 

L'uomo aldilà del bancone smise di maneggiare i bicchieri e si mise a contare sulle dita, come stesse facendo una drammatica lista della spesa.

 

«... Hai fatto una scenata di gelosia davanti a lei perché un ragazzo le ha regalato una rosa e le ha fatto un complimento, hai scatenato una rissa perché pensavi che qualcuno ti avesse rubato una canzone, le hai distrutto casa lo scorso Anno Lunare perché hai esagerato con l'alcool, poi che altro? Ah già, le tue poesie fanno schifo. Cosa mi significa “Per te ucciderei e porterei il mondo in rovina”?»

 

L'uomo rise scuotendo appena la testa ripensando a quanto appena detto. Il ragazzo non disse una parola.

 

«Oh sì, Viego, sei un'adorabile testa di cazzo.»

 

«Chiudi quella fottuta bocca, zio.»

 

«La verità ti fa male, caro nipote?»

 

Viego strinse i denti, ma smise di rispondere. Sotto sotto sapeva che il suo caro “vecchio” zio Vladimir aveva ragione. Si limitò a sospirare amaramente e poi bere a collo dalla bottiglia di rum al kiwi posta lì vicino senza aggiungere altro. Senza neanche finire tutto il contenuto della bottiglia, la diede indietro all'uomo e finalmente si rialzò.

Fece non poca fatica a tenersi in piedi vista la quantità di alcool ingerito. I suoni rimbombavano nella sua testa stordendolo più di quanto già non fosse, i suoi occhi verde smeraldo risultavano ormai spenti e persi man mano che si allontanava da un parente intento a fissarlo forse con un sorrisetto compiaciuto, ma carico di delusione... o disprezzo. Non si accorse nemmeno di aver urtato una persona con una spallata, una ragazza dai lunghi capelli rosati e gli occhi azzurro cielo che si ritrasse appena dal dolore. Viego non la guardò neanche in faccia andando dritto per dritto, a testa bassa, verso la porta d'uscita finendo però per andare a sbattere contro un altro individuo, stavolta ben più piazzato, più alto e coperto di tatuaggi. Il suo volto oltretutto era come se fosse coperto, ma uno sguardo carico di una certa infastidita curiosità si posò sull'albino.

 

«Scansati.»

 

Enunciò Viego con voce ferma, tradito dal fetore di alcool. Questo davanti a lui si mise a ridere. La fanciulla urtata stava per intervenire, ma si fermò all'ultimo sentendo quello che doveva essere un suo amico cominciare a parlare con quello sconosciuto.

 

«Ma chi ti credi di essere? Il principino di stocazzo?»

 

«Ho detto SCANSATI!»

 

Il giovane provò quindi a tirare un pugno a quello strano figuro... Tuttavia si ritrovò con le nocche della mano destra doloranti, come se avesse appena preso a cazzotti un muro. L'uomo misterioso alzò un sopracciglio e senza neanche dare il tempo a quel ragazzino di riprendersi gli sferrò un cazzotto ben assestato in pieno volto che lo stese. La corona cadde a terra assieme a Viego, ma solo lui venne trascinato da quel tale fuori dal “Crimson Moonlight” e gettato in mezzo ai bidoni nel retro del locale, mezzo svenuto e col naso rotto imbrattato di sangue.

 

«Patetico.»

 

Disse infine con voce roca, chiudendosi la porta alle spalle. La stessa ragazza dalla lunga chioma rosa sgusciò fuori poco prima che questa si richiudesse del tutto. Teneva in mano lo stesso copricapo cremisi che l'albino aveva perso poco prima in quella breve rissa. Due occhi azzurro cielo lo osservarono con insistenza, senza pena nello sguardo quanto una certa curiosità. La fanciulla neanche per un singolo istante maledì la sua empatia, corrugò invece le sopracciglia assumendo un tono più pensieroso: cosa aveva mai passato quel misterioso ragazzo da essersi ridotto in quel modo? Si chiese perché un ragazzo tanto bello stesse soffrendo così tanto, a tal punto da portarsi letteralmente alla rovina.

Sospirò, prendendo in mano il proprio telefono: non poteva lasciarlo lì. Se fosse stato destino, in futuro l'avrebbe rivisto ed eventualmente le sue curiose domande avrebbero trovato una risposta. Non era solo quello il momento.

 

Viego aprì gli occhi svegliato dai primi raggi del sole. Era una mattina invernale particolarmente clemente, non troppo gelida, difatti la finestra era stata lasciata aperta. Un mal di testa lancinante gli fece stringere i denti con un sibilo, ma questo non gli impedì di riconoscere il luogo in cui si trovava: un letto d'ospedale, una stanza vuota dalle pareti bianche. Si rese presto conto di non riuscire a respirare col naso, e solo toccandolo sentiva un dolore atroce. Doveva esserselo rotto in qualche modo, tuttavia non ricordò come. Si mise seduto e scuotendo la testa l'occhio cadde sul comodino, ove giaceva la sua amata corona rossa assieme a un bigliettino. Con un po' di fatica il ragazzo riuscì a decifrarne il contenuto, poiché per quanto la calligrafia fosse elegante era piena di inutili fronzoli che rendevano il tutto quasi illeggibile. L'inchiostro rosa coi glitter non aiutava.

Esso recitava:

 

La corona di un re distrutto... Re in rovina! Per quanto possa sembrare tragico, è un titolo che si ti addiceva ieri sera. Ma cos'è un re senza la sua corona? Cerca di non perderla più, non ci sarò sempre io a recuperartela!

-Seraphine”

 

Viego sgranò gli occhi e prese fra le mani quel bizzarro copricapo. Corrugò la fronte, cercò di ricordare, e forse solo in quel momento rivide frammenti della sera prima: suo zio che lo ammoniva e lo prendeva in giro, lui che ancora una volta aveva esagerato con l'alcool (anche se non era difficile da intuire) e un tizio tutto muscoli che lo stendeva con un pugno. Tutto questo lo ricordava, ma una domanda sorse spontanea collegando l'accaduto a quella strana letterina:

 

«... Chi cazzo è Seraphine?»

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Capitolo 3
*** Capitolo 2 - Guardiane stellari e belve lunari ***


CAPITOLO 2

-

GUARDIANE STELLARI E BELVE LUNARI

 

Passarono un paio di mesi dall'incidente al locale, durante i quali il naso del povero Viego ebbe occasione di guarire senza particolari problemi. Sempre che le continue frecciatine e i commenti passivi aggressivi dello zio contassero come effettivi problemi. Nulla infatti impedì a Vladimir di torturare il proprio nipote con continue provocazioni, quali esse mirassero al suo cuore spezzato parlando di Isolde, oppure del suo orgoglio tirando in ballo la questione del setto nasale ridotto in poltiglia. Queste settimane d'agonia fortunatamente finirono e Viego tornò a uscire finalmente di casa più splendente che mai, sbocciando come un fiore primaverile dopo un lungo sonno letargico. Venne baciato dai tiepidi raggi solari di una primavera ormai al suo inizio, inspirò a pieni polmoni quel fresco profumo che tanto gli era mancato sentire e dopo qualche attimo di esitazione mosse il primo passo oltre a quella sottospecie di galera che suo zio chiamava “casa”. Viveva con lui da che ne aveva memoria, ma di base non si sono mai sopportati a vicenda. Il motivo per cui quei due vivessero ancora assieme era ancora sconosciuto, anche da loro stessi; forse non avendo un posto dove andare, il ragazzo ha dovuto volente o nolente imparare a convivere con quell'uomo fastidiosamente altezzoso e sarcastico che era suo zio, che dal canto suo è stato quasi costretto a dare vitto e alloggio a quel disgraziato di suo nipote alla tragica morte dei suoi genitori. Non se ne lamentò troppo, forse anche per fare un favore al suo defunto fratello, ma lui stesso affermò più volte di essere una pessima figura paterna da cui prendere esempio, tanto che di figli non ne aveva né tanto meno ne voleva.
 

«Se torni a casa ubriaco e col naso rotto di nuovo, sappi che dormirai sulle panchine come i barboni stanotte.»
 

Si raccomandò Vladimir, anche se a modo suo. Chissà che non l'avrebbe fatto davvero.

Viego camminò a lungo per le strade della città dove è cresciuto durante quel periodo. Superata la via cosiddetta “dei ricchi” dove alloggiava si andava più verso il centro, dove tendevano a riunirsi ragazzi di ogni età e genere. Muri adornati da innumerevoli graffiti accoglievano tutti coloro che volevano addentrarsi in quella zona più “giovane”; il ragazzo riconobbe un triangolo nero e verde rovesciato al centro di uno di questi, uno dei pochi ricordi felici della propria adolescenza. Un ricordo dolceamaro, in quanto quel periodo conobbe la sua ormai ex, Isolde. Cercò di allontanare quel pensiero scuotendo la testa, nel vano tentativo di concentrarsi su altro: dopo quattro mesi ormai avrebbe dovuto dimenticarla... Ma allora, si chiese, perché faceva ancora così male?

Voltò lo sguardo verso un negozio di fumetti poco distante, luogo che tempo addietro usava frequentare col suo vecchio gruppo di amici. Pensò che forse sarebbe stato il caso aggiungere qualche fumetto alla sua collezione, dopotutto se non aveva pensato troppo a quella ragazza in quell'ultimo periodo era dovuto solo ed esclusivamente al fatto che, in preda alla noia, si era divorato tutta la saga di fumetti “Lunar Beast – L'attacco della Bestia Lunare” presente in casa sua. Sfortunatamente gli mancava l'ultimo volume, uscito da poco. Gli sembrò una buona idea acquistarlo, almeno per un po' si sarebbe distratto.

Uscito da quell'infinito labirinto di scaffali il ragazzo teneva fra le mani, quasi fosse un tesoro inestimabile, l'ultimo volume uscito di quella serie con un sorriso sornione sul volto. Tutto ciò che voleva fare in quel momento era sfogliare le pagine di quella reliquia introvabile e concludere quella che era di fatto una delle sue serie preferite. Si chiese come sarebbe stato il finale, e se ci sarebbe stato effettivamente un seguito dopo quello.

Immerso nei suoi pensieri non si rese conto della ragazza dalla lunga chioma rosata che inevitabilmente si schiantò contro di lui. Inevitabilmente, in quanto nessuno dei due badava a dove stava camminando, o correndo in caso della fanciulla. Entrambi caddero rovinosamente a terra e con loro ciò che stavano trasportando: per Viego era il suo nuovo acquisto, Seraphine tutto il contenuto del suo zaino lasciato erroneamente aperto.
 

«Scusascusascusa! Mi dispiace!»
 

Si scusò frettolosamente la fanciulla intanto che il ragazzo si massaggiava la testa in preda a un nervoso crescente. Seraphine l'aveva riconosciuto ed è rimasta a osservarlo quasi incredula un paio di secondi. Era tentata di rimanere e intrattenere una conversazione, magari chiedergli come stesse il suo naso dopo la batosta ricevuta, ma aveva ben altro a cui badare in quel momento, tanto che una volta raccattate tutte le sue cose corse via anche con una certa fretta. Viego non riuscì a dire nulla che lei già era sparita. Prese distrattamente in mano il suo fumetto e cominciò a camminare verso casa: non voleva rischiare di rompersi di nuovo qualcosa, non dopo la velata minaccia di Vladimir. Prima di svoltare l'angolo, tuttavia, notò con la coda dell'occhio una figura sparire fra le ombre dopo averlo guardato molto più che semplicemente male. Non se ne curò e scrollò le spalle: in altre occasioni si sarebbe girato e gliele avrebbe suonate, ma in quel momento pure lui aveva altro a cui pensare.

Si lanciò di peso sul morbido piumino e fissò per un po' il soffitto. Ancora c'era luce, era rimasto davvero poco fuori casa a quel giro. Con un sorriso entusiasta si mise a gambe incrociate sul letto e aprì rapidamente il fumetto. Questo presentò in prima pagina la scena di cinque ragazze vestite con strani abitini brillanti, animaletti coccolosi al loro seguito e un enorme mostro viola da sconfiggere all'urlo di “CORAGGIO, GUARDIANE STELLARI!”. Viego assottigliò confusamente gli occhi facendo una strana smorfia, misto tra stranezza e un certo disgusto. Si chiese:
 

«Che è sta roba?»
 

Chiuse il libricino e lesse il titolo: “Star Guardians – Burning Bright”.

Si chiuse in sé stesso per una buona manciata di minuti, a osservare un soffitto vuoto ormai come la sua anima: come ha potuto prendere quel fumetto da “femminucce” al posto della sua lettura decisamente più mascolina? Riprese fra le mani l'albo incriminato guardandolo con astio, fino a ché non notò spuntare dall'angolo un foglietto. Sopra ad esso vi era scritto con un inchiostro rosa glitterato, in stampatello:

In caso di smarrimento, vi prego contattate questo numero!

-Seraphine”
 

«Aspetta un attimo...»
 

Mormorò prendendo in mano anche la letterina di qualche mese prima, stipata in un angolino buio del cassetto. Quasi se ne stava dimenticando ma quell'inchiostro fastidiosamente luccicante, quel nome... E si ricordò della ragazza che l'aveva urtato quello stesso pomeriggio. Collegando tutte le informazioni arrivò presto alla conclusione che magari il suo amato ultimo volume di “Lunar Beast” era in mano sua.

Prese il telefono alla mano, e senza alcun tipo di esitazione le scrisse.

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Capitolo 4
*** Capitolo 2.5 - Conversazione SMS ***


CAPITOLO 2.5

-

CONVERSAZIONE SMS

 

Viego:

[Hey]

 

Seraphine:

[Heyyyy °3°

Chi sei?]

 

Viego:

[Quello che ha trovato il tuo fumetto da ragazzine.

Tu devi aver preso il mio. Sei Seraphine, giusto?]

 

Seraphine:

[ECCO DOV'ERA!

MA ALLORA SEI IL RAGAZZO DI OGGI!!!!

Scusami davvero, ero di corsa e non ho visto cosa ho preso... ;v;

Mi stavo disperando, pensavo di averlo perso per sempre... E poi mi stavo chiedendo effettivamente cosa fosse questo fumetto sconosciuto ahaha

Ultimo volume?]

 

Viego:

[Sì. E gradirei riaverlo indietro.]

 

Seraphine:

[Non sei di molte parole...

Come ti chiami?]

 

Viego:

[Viego. Quindi? Come funziona?

Ci vediamo da qualche parte, ci restituiamo le cose e chi s'è visto s'è visto?]

 

Seraphine:

[Beh, tecnicamente sì...

Comunque non è molto carino parlare così a chi ti ha chiamato l'ambulanza per il naso fratturato... A proposito, come stai?]

 

Viego:

[... Quindi sei stata tu. Grazie, allora.]

 

Seraphine:

[Sei freddo come il ghiaccio... -.-

Dai, allora becchiamoci... DOMANI!

Domani al negozio di bubble tea in centro, ci stai?]

 

Viego:

[Bubble ché? Ascolta, io voglio solo riavere il mio coso e tornarmene a casa, non parlare in lingue sconosciute.]

 

Seraphine:

[COOOOSA? NON HAI MAI BEVUTO UN BUBBLE TEA? No basta dobbiamo rimediare.

Domani ti farò conoscere la bevanda degli dei *w*

Offri tu uwu]

 

Viego:

[... Perché dovrei?]

 

Seraphine:

[Sbaglio o ti ho riportato la corona?

Suvvia una bevanda da 5 gold può andare come ringraziamento! ù^ù

Scherzi a parte (non sei costretto se non vuoi ovvio), se non sai dov'è allora becchiamoci al negozio di musica.

Quello sai dov'è, sì?]

 

Viego:

[Sì]

 

Seraphine:

[Benissimo! A domani allora! ;3]

 

Viego:

[Ciao]

 

Seraphine:

[Ah... Prima hai definito il mio fumetto “roba da femminucce”, giusto? Tu leggilo, secondo me potrebbe piacerti!]

 

Viego:

[”Guardiane Stellari unite contro le forze del male”? Passo.]

 

Seraphine:

[Tu prova a leggerlo, vedi se non ho ragione uwu]

 

Viego:

[Ah... Va bene, tanto non avrei avuto comunque nulla da fare.]

 

Seraphine:

[Trattalo bene che è la prima edizione!

A domani <3 ]

 

A Viego il fumetto piacque e non poco, ma non lo ammise mai.

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Capitolo 5
*** Capitolo 3 - Aspettative ***


CAPITOLO 3

-

ASPETTATIVE

 

Dolci e caldi raggi solari filtravano attraverso le sottili tende color pesca di una stanza costellata di poster e lucine appese a un filo. Questi raggi andavano a formare un rettangolo perfetto sul cuscino, proprio là dove si poggiavano gli occhi, tuttavia non vi era nessuno da svegliare in quanto la ragazza in questione era in piedi da almeno mezz'ora. Si spazzolava i lunghi capelli rosa davanti allo specchio, intonando un'allegra melodia. “Lunar Beast” giaceva sul comodino, pronto per essere restituito al legittimo proprietario; a tal proposito Seraphine non stava più nella pelle: aveva scritto a quel misterioso ragazzo quello stesso mattino ora e luogo dell'incontro, più precisamente le 16 davanti al negozio di musica, ma ancora non aveva risposto... Erano già le 10, che stesse ancora dormendo?

Un miagolio distolse la fanciulla dai suoi pensieri, ed ella girandosi notò il suo gattone bianco stiracchiarsi e sbadigliare. Lui le si avvicinò strusciandosi sulla sua gamba emettendo sonore fusa. Seraphine lo prese in braccio e lo carezzò dolcemente come solo lei, dal punto di vista del micio, sapeva fare.

 

«Eh sì, Bao, oggi esco!»

 

La sua voce sembrò cambiare, diventando un filo più stridula: ogni padrone di animale, soprattutto di un gatto, faceva queste vocine dopotutto e lei non era da meno. Si ritrovò però a carezzare il suo micio con disinvoltura, gli occhi color del cielo fissi verso un punto indefinito. Aveva appena realizzato una cosa.

 

«Esco con un ragazzo... Non succedeva da moltissimo tempo.»

 

Scosse la testa poco dopo riprendendo il suo raggiante sorriso: era solo per restituire un fumetto, non sarebbe stato nulla di più. Lasciò scendere Bao che subito andò ad acciambellarsi sul cuscino, per poi sedersi accanto a lui sul letto imbracciando una chitarra acustica. Sospirò. L'uscita di quel pomeriggio sarebbe stata una piacevole distrazione dall'ordinario, ma non poteva assolutamente venire meno al suo impegno e rinunciare alle esercitazioni, sia sul canto che sulla musica, e rinunciare così al suo sogno. Intonò una breve melodia pizzicando le corde dello strumento, giusto per riscaldarsi. Avrebbe cominciato a breve e si sarebbe tenuta impegnata tutta la mattina, ma prima senza accorgersene diede voce a un suo pensiero, l'ultimo riguardante quel misterioso ragazzo:

 

«Chissà come starà passando la mattina Viego...»

_

 

«Sorgi e splendi, principino!»

 

La tanto squillante quanto fastidiosa voce di Vladimir spaccò i timpani di Viego, fino a poco prima ancora nel mondo dei sogni. Lo zio aprì le tende facendo quindi illuminare quella scura stanza dall'abbagliante luce di una nuova giornata, ma di tutta risposta il ragazzo si coprì gli occhi col piumone, mugugnando qualche incomprensibile imprecazione. L'uomo quindi, giusto per rincarare la dose di fastidio, privò il nipote della sua coperta lasciandolo al gelo del mattino.

 

«Coraggio, Viego! E' una giornata splendida: gli uccelli cantano, i fiori sbocciano... Ed è mezzogiorno, alza il culo da quel letto e scendi di sotto che il pranzo è pronto.»

 

Il tono della voce cambiò drasticamente diventando improvvisamente più seccato. Viego si stropicciò gli occhi cacciando un lungo sbadiglio, riuscì solo dopo un paio di minuti a prendere coscienza di chi era, dov'era e perché esisteva. Vladimir, dal canto suo, nell'attesa che suo nipote si ricordasse quantomeno il suo nome, esplorò con lo sguardo la stanza soffermandosi su un angolo ben nascosto dall'ombra, nel quale troneggiava la custodia di una chitarra.

 

«Hai intenzione di riprendere a usarla, quella?»

 

Domandò a bruciapelo, ma non ricevette nulla se non un silenzio sofferente. Non toccava quello strumento da ormai mesi per una ragione.

 

«... Spero che non si tratti ancora di Isolde. Cerca di riprendere presto, perché eri bravo e i tuoi spettacoli mi fruttavano un sacco di clienti al locale. Ora muoviti che si fredda.»

_

 

Sia Viego che Seraphine mangiarono poco o nulla prima di uscire, chi per un motivo chi per un altro. Se una era presa dall'emozione all'idea di uscire con qualcuno di nuovo con la speranza di trovarsi un nuovo amico, l'altro aveva lo stomaco più chiuso di una piscina in inverno, preda di una nostalgia e un dolore al petto che voleva dimenticare a ogni costo.

Seraphine si accontentò di mangiare delle uova strapazzate al volo, sistemarsi i capelli con un fermaglio a forma di stella e uscire con un sorriso a trentadue denti sulle labbra. Uscì talmente in fretta quasi da scordarsi il vero motivo per cui aveva organizzato quell'incontro, ossia il fumetto, ma fortunatamente se ne ricordò prima di raggiungere la fermata dell'autobus. Prese la corriera a pelo. Viego dal canto suo avanzò quasi tutto il pranzo sorbendosi le lamentele e i sospiri rassegnati dello zio, che ormai ne aveva fin sopra i capelli di sentir parlare della ex del nipote. Finirono col litigare, anche se era principalmente il ragazzo quello infervorato alla continua ricerca di scuse per giustificarsi. Stizzito, chiuse il discorso prendendo il fumetto e fuggire via da quella casa. Sbatté la porta nel farlo, e si dimenticò pure le chiavi.

Splendeva un tiepido sole primaverile in un cielo macchiato di rare nuvolette bianche, cullate da una fresca brezza che portava il profumo dei fiori. Seraphine intonava una dolce melodia intanto che camminava, godendosi quella meravigliosa giornata. Vestiva con un semplice maglioncino color crema abbinata a un paio di jeans e una borsa a tracolla con dei pupazzetti appesi. Le nuvole bianche tuttavia apparivano come nubi di un'imminente tempesta per Viego. Camminava a testa bassa con le cuffie nelle orecchie, calciando via qualche lattina ogni volta con un sibilo stizzito, imprecando contro lo zio che ancora una volta gli aveva sbattuto in faccia la verità col suo fare fastidiosamente altezzoso e arrogante. In fondo però sapeva che Vladimir aveva ragione, era solo lui che non riusciva ad accettare la realtà dei fatti: gli mancava Isolde, e non aveva ancora superato la rottura. Come a voler mostrare a tutti i passanti il suo ben più che evidente stato d'animo, Viego vestiva con una giacca di pelle borchiata nera come la pece, dei pantaloni della stessa marca e degli anfibi a loro volta borchiati, abbinati a uno zaino mezzo sgualcito e rattoppato. Sembrava in tutto e per tutto un adolescente in piena crisi appena uscito da scuola, e come tale non voleva che nessuno gli si avvicinasse. Visto il suo passo particolarmente veloce, fu lui il primo ad arrivare nel luogo d'incontro e sbuffò non vedendola. Si tolse gli auricolari, continuando però a giocherellare col telefono guardando impazientemente l'ora.

 

«Sorpresa!»

 

Il ragazzo trasalì e balzò all'indietro, mettendosi subito in allerta. La ragazza dai lunghi capelli rosa ridacchiava di gusto: il suo agguato aveva funzionato, aveva anche previsto la possibile reazione del ragazzo ora non solo innervosito, ma anche in imbarazzo.

 

«Non farlo mai più!»

 

Le rispose Viego alzando appena il tono. Seraphine riprese compostezza ma non smise mai di sorridere.

 

«Viego... Sai, quasi non ci speravo, non mi hai più risposto ai messaggi.»

 

«Ho avuto da fare.»

 

E in parte era vero, ma non voleva scendere troppo nei dettagli per quanto riguardava il litigio con lo zio. Non era il caso di spiattellare la propria situazione schifa alla prima sconosciuta che passava. Non perse tempo: tirò fuori dallo zaino l'albo incriminato e lo porse alla legittima proprietaria, che lo accolse sì ma con un'espressione più confusa che altro. Non era esattamente come si era immaginata questo primo “appuntamento”, anche se di fatto non era un appuntamento. L'albino la fissava come a volerle chiedere con lo sguardo il proprio fumetto e chiudere in fretta la questione, ma lei sembrò irremovibile.

 

«Dopo il bubble tea~»

 

Enunciò raggiante cominciando a camminare con nonchalance lungo una strada al ragazzo sconosciuta, ma che lei sembrava conoscere come le sue tasche. Si fermò giusto per aspettarlo, incitandolo a muovere il passo. Viego accettò con riluttanza e un fastidio crescente, ma effettivamente glielo doveva e lui aveva ancora un minimo di onore. Forse si sarebbe anche distratto dai suoi pensieri. E da lei.

Viego non lo ammise, ma quella strana bevanda era particolarmente buona. Ne comprò una anche a Seraphine come promesso, e lei sembrava anche più felice di poterlo gustare. Lui prese un tè al macha con latte e semplici perle di tapioca su consiglio del cassiere, lei che aveva già le idee chiare a riguardo ordinò uno strano miscuglio di roba che secondo la percezione del ragazzo poteva essere tradotto in “tè e latte con fragola e perle di tapioca”. Non aveva capito neanche lui, sapeva solo che quello strano intruglio era di un colore rosa pastello che ben si sposava ai capelli della ragazza. Si sedettero su una panchina poco lontano dal negozio di musica e volenti o nolenti si misero a chiacchierare, anche se è stata lei ad attaccar bottone. Seraphine parlò del tempo e di quanto le piacesse il sole e la primavera, ma lo faceva talmente bene che seppure fosse un argomento più che semplice lo faceva sembrare come la discussione più interessante di sempre. Il discorso continuò poi tornando sulla questione del fumetto, del fatto che era appassionata della saga delle Star Guardian ma che voleva ampliare i suoi orizzonti; a tal proposito Viego, che aveva parlato poco o niente, le consigliò titoli come Lunar Beast e Super Galaxy – Ai confini dell'universo. Trovò piacevole quella conversazione anche se faticò anche solo ad ammetterlo a sé stesso: quella ragazza sapeva il fatto suo ed era brava a intrattenere le persone. Entrambi si stavano sentendo a proprio agio, e non succedeva da parecchio tempo.

Conclusero la passeggiata con una piccola gita al negozio di musica, dove Seraphine esplorò con lo sguardo tutta la sezione dedicata al pop con una certa impazienza. Viego non aveva particolare interesse nel comprare qualcosa, ma lesse con la coda dell'occhio un annuncio: un'audizione. Per cosa non gli era dato saperlo, poiché la stessa Seraphine finì col trascinarlo fuori dal negozio con la delusione negli occhi. Non aveva trovato ciò che cercava. Lui ancora pensava all'annuncio intravisto, preso dalla curiosità, ma scosse la testa: era un capitolo chiuso.

I due ragazzi si salutarono che erano ormai le 7 e mezzo di sera, il sole era tramontato da poco ed era effettivamente ora di tornare a casa. Si promisero che si sarebbero rivisti in quanto da entrambe le parti si erano goduti la giornata, Viego in particolare sembrava parecchio soddisfatto nonostante le sue basse aspettative. Ebbe indietro il suo fumetto e congedò la ragazza con un leggero sorriso. Se la prese comoda per tornare a casa, finendo col restare fuori un altro paio di orette passate semplicemente a passeggiare.

Tornato davanti alla porta si ricordò di aver dimenticato erroneamente le chiavi quand'era uscito. Imprecò a bassa voce e suonò al campanello. Nessuna risposta. Suonò ancora, ma nessuno sembrava voler aprire. Solo in quel momento si accorse di un foglietto attaccato alla porta.

 

Non sbattere mai più la porta quando esci. A domani, nipote.

-V.”

 

«... Merda.»

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Capitolo 6
*** Capitolo 4 - Sogni ***


CAPITOLO 4

-

SOGNI

 

«E il premio zio dell'anno va a...»
 

«Eddai, Viego! Guarda il lato positivo: ora sei qui!»
 

Chiuso fuori casa, al freddo e a pancia vuota, l'albino in preda ad un fastidio e un nervoso ben più che evidente girovagò a vuoto per le vie della città, imprecando e maledicendo il suo zio adorato. Ormai si era fatto tardi, e di rimanere a dormire sulle panchine come un senzatetto non gli andava. Di amici non ne aveva ormai più, persi quasi tutti dopo la rottura con la sua ex, quindi chiamarli per chiedergli una mano era fuori questione. Una singola persona forse poteva aiutare quella povera anima a trovare asilo per una notte, un cuore gentile che gli ha tenuto compagnia per tutta la giornata: Seraphine. Dovette accantonare tutto il suo tristemente famoso orgoglio, ma eventualmente riuscì a chiamarla.

Ed eccoli lì, seduti sul morbido letto della ragazza in una stanza dai toni pastello. Svariate lucine erano appese al muro rendendola una camera magica, costellata di poster di band differenti tra loro; quelle che spiccavano di più erano un gruppo pop, le K/DA, e uno heavy metal, i Pentakill. Viego si soffermò su quest'ultima band: non pensava che la sua nuova amica fosse una fan del suo gruppo preferito. Non avendo vestiti con sé, per dormire dovette accontentarsi di uno dei pigiamoni della ragazza dai capelli rosa, uno a forma di unicorno oltretutto, l'unico che poteva vagamente stargli. Si sentiva parecchio imbarazzato da tutto ciò, specie sentendo le risate di lei. Riuscì a sopportare quella sottospecie di umiliazione solo perché le risate dell'amica non erano di scherno, quasi più intenerite. Lei invece indossava un semplice pigiama di cotone abbellito con cuoricini rossi e note musicali, il tutto in tinta coi suoi capelli.

Qualcuno bussò alla porta. Entrò un uomo di mezza età, ma che comunque portava bene i suoi anni. Sorrideva, e teneva fra le mani un vassoio con due tazze di tè fumanti e una ciotola con dei biscotti fatti in casa, probabilmente sfornati da poco. Non commentò l'abbigliamento di Viego, ma quest'ultimo tentò comunque di nascondersi per la vergogna.
 

«Grazie papà!»
 

Ringraziò Seraphine con un sorriso a trentadue denti. I suoi genitori, anche se avvisati all'ultimo, avevano dato il permesso al nuovo amico dell'amata figlia di restare a casa loro per la notte, a patto di essere in stanze separate. Il ragazzo non capiva così tanta iperprotezione nei confronti della fanciulla, ma si convinse del fatto che i suoi genitori fossero persone prettamente tradizionaliste.
 

(Ma dopotutto chi sono io per giudicare le famiglie altrui? I genitori manco li ho avuti.)
 

Sospirò pesantemente, sorseggiando timidamente il tè. Trovò i biscotti deliziosi, e solo dopo scoprì che era stata Seraphine stessa a cucinarli.
 

«Era parecchio tempo che non mangiavo qualcosa fatto in casa...»
 

«Tuo zio non cucina?»
 

«Solo cose base e cocktail, non è mai stato uno chef. E odia i dolci. “Rovinano la sua linea”, dice lui.»
 

Seraphine rise, e Viego abbozzò una curva sulle labbra. Gli piaceva sentirla ridere, in qualche modo: trovava la sua voce particolarmente melodiosa, e non stridula come molte altre ragazze.

La conversazione prese il volo, partendo dalla cucina ai fumetti. Parlando di questi ultimi, Viego anche senza volerlo confessò che aveva vagamente, anche se “vagamente” era riduttivo, apprezzato “Star Guardians”. La ragazza dal canto suo era curiosa di saperne di più sui gusti dell'amico, in particolare sembrava interessata a “Super Galaxy”. Solo dopo arrivò una domanda particolarmente scomoda.
 

«Allora... Come mai vivi con tuo zio? I tuoi genitori sono partiti per un viaggio o qualcosa del genere?»
 

«I miei genitori sono morti.»
 

La schiettezza e la freddezza con cui Viego pronunciò quella frase paralizzò Seraphine, che si limitò ad abbassare lo sguardo con fare dispiaciuto e sussurrare un mesto “scusami”. Il ragazzo si affrettò a rassicurarla con un leggero sorriso.
 

«Non scusarti, non potevi saperlo. Vivo con Vlad da che ne ho memoria.»
 

La fanciulla annuì appena, non aggiungendo altro. Non convinto della tranquillità dell'amica, Viego si guardò attorno in cerca di un altro discorso da intraprendere: per lui non era un problema parlare dei suoi genitori, dopotutto li conosceva appena, ma magari per qualcun altro poteva sembrare una cosa terribile. Il suo sguardo si soffermò sulla custodia di una chitarra acustica. Si fece più pensieroso, ma pur di distrarre la ragazza dal suo dispiacere decise di intraprendere un discorso che di base avrebbe considerato un tabù.
 

«... Tu suoni?»
 

Seraphine sembrò riprendere luminosità nel volto, era pronta a raccontare tutto. Dopotutto, era il suo sogno. Annuì vigorosamente.
 

«Assolutamente sì! Ho scritto anche qualche canzone, anche se ancora non ne ho pubblicata nessuna... Sai, il mio sogno è poter diventare una cantante conosciuta in tutto il mondo.»
 

«Un sogno ambizioso.»
 

«Oh sì! E non solo: voglio cantare in più di venti lingue!»
 

«Ok, questo è impossibile.»
 

«Staremo a vedere!»
 

E gli fece l'occhiolino. Lui tentò di mascherare i suoi pensieri con qualche sorriso, un po' intenerito dai sogni e dall'ambizione di quella ragazza che gli sembrava tanto fragile. Il suo sguardo, però, basso e malinconico, lo tradiva. Seraphine se ne accorse.
 

«Tu... Tu suoni?»
 

Questa domanda lo colse alla sprovvista, e d'istinto voltò la testa da un'altra parte. Rimase a osservare il vuoto cosmico.
 

«... Non più.»
 

Rispose infine, quasi come un sussurro, aspettandosi l'ennesima reazione triste da parte della rosea fanciulla. Al contrario, lei strinse i pugni e lo guardò con determinazione.
 

«Non so cosa sia successo di tanto grave da farti smettere, forse un giorno me lo racconterai... Ma non puoi mollare così! Un giorno ti sentirò cantare, Viego, ed è una promessa!»
 

Lui chiaramente rimase spiazzato da quella reazione tanto inaspettata, ma sorrise in modo sarcastico. Incrociò le braccia alzando un sopracciglio.
 

«E come vorresti fare per farmi riprendere a suonare? Sentiamo.»
 

«Tu hai suonato, quindi vuol dire che sei un artista! Non importa che tu sia emergente o meno, ma lo sei. E un artista volente o nolente non smette mai di sognare.»
 

Viego sbuffò, alzando gli occhi al cielo.
 

«Come no...»
 

Seraphine quindi gli prese una mano fra le proprie, e lo guardò dritto negli occhi. Viego fece per ritrarsi e arrossì dall'imbarazzo, ma in qualche modo non riuscì a non immergersi in quegli abissi color del cielo. La fanciulla si fece più seria.
 

«Viego... Tu hai la musica nel sangue. Lo so. E riuscirò a convincerti.»
 

Leggermente infastidito, Viego ritrasse la sua mano. La guardò truce: con quale audacia lei stava assumendo quelle cose? Si conoscevano appena. Tuttavia, in fondo, Viego sapeva che aveva un fondo di verità.
 

(Ma è un'indovina o cosa?)
 

Sbuffò, non aggiungendo altro. Seraphine gonfiò le guance, e senza aggiungere altro sì alzò per andare a prendere la sua chitarra. Il ragazzo alzò un sopracciglio, guardandola di sottecchi. La ragazza non aggiunse altro, semplicemente cominciò a pizzicare le corde dello strumento intonando un motivetto allegro.
 

«I dream a hundred dreams a minute

I'm deep inside what I construct...~»
 

Ella cantava ad occhi chiusi, misurando ogni singola nota della sua voce. Anche se stava cantando in casa, davanti a un amico, stava dando il massimo. Lui se ne rese conto, tanto che schiuse appena la sua bocca in segno di sorpresa: aveva una voce meravigliosa. La canzone parlava di un sogno che andava avanti fin dall'infanzia, coraggio e determinazione per riuscire a raggiungerli. Nessuno l'avrebbe fermata dal raggiungere i suoi sogni. Viego si chiese: ma qualcuno ci ha mai neanche provato? Si rispose di no, che solo un idiota avrebbe provato a fermare quel tornado di ragazza. Non si fece vedere, ma tenne il tempo picchiettando le dita: quella voce stava sfiorando le corde del suo cuore in qualche modo. Forse per il ritmo, forse per la melodia, forse per il testo o forse tutte e tre le cose. Qualunque fosse il caso, Viego stava apprezzando anche se non lo diede mai a vedere. Non fu necessario, perché intanto che cantava Seraphine aprì appena un occhio e lo vide sorridere. Quella si poteva considerare una piccola vittoria personale. Come se fosse una principessa di qualche fiaba, il suo canto attirò l'attenzione di un micione bianco che si accucciò pigramente accanto a Viego, non prima di averlo squadrato con fare giudicatorio; non si allontanò da lui nemmeno quando cominciò a coccolarlo, sebbene fosse uno sconosciuto. La ragazza concluse la canzone con uno sbadiglio: si era fatto tardi.
 

«La canzone si chiama “Childhood Dreams”... L'ho scritta io.»
 

«Sì, l'avevo capito.»
 

Non fece commenti riguardo al brano, ma il suo piccolo sorriso esprimeva apprezzamento. Si diedero la buonanotte e il ragazzo diede un'ultima carezza a quel pigro gatto prima di ritirarsi nella stanza degli ospiti. Non riuscì a prendere subito sonno, quindi cominciò a ficcanasare in giro senza smettere di canticchiare le note della canzone appena ascoltata: dopotutto era orecchiabile. La stanza dove alloggiava era colma di scatoloni e una libreria piena di libri impolverati. Dedusse che si trattava di una specie di studio usato raramente, principalmente per nascondere degli scatoloni e accogliere gli ospiti. Nonostante la polvere sugli scaffali, infatti, il letto era perfettamente pulito e profumava di bucato appena fatto. Uno scatolone con sopra scritto “PROIBITO” a caratteri cubitali, stipato in un angolo buio, attirò la sua attenzione. Preso dalla curiosità ci guardò dentro, trovandoci un diario che rimise al suo posto quasi inorridito: eventi passati gli avevano insegnato che leggere o anche solo toccare il diario di una ragazza equivaleva alla pena capitale. Da questo però cadde una fotografia che ritraeva una Seraphine ben più giovane assieme ad una figura maschile dal volto cancellato con l'idelebile. Lei sorrideva, ma non era felice e si leggeva dallo sguardo. Viego corrugò le sopracciglia: chi era quella persona? Uno sbadiglio lo colse alla sprovvista, non lasciandogli il tempo di rifletterci. Eventualmente l'avrebbe scoperto più avanti. Si sdraiò sul letto, addormentandosi nel giro di pochissimi secondi.
 

_
 

«Che ti serva da lezione, signorino. Non sbattere mai più la porta, che quel legno è pregiato. Hai idea di quanto costi?»
 

Ma il ragazzo si limitò a sorridere e annuire. Non lo stava ascoltando. Fresco e riposato per la prima volta dopo mesi, Viego si rifugiò in camera sua. Spostò lo sguardo verso la custodia della chitarra elettrica: avrebbe dovuto riprendere, come aveva detto Seraphine? Avrebbe dovuto riprendere a inseguire il suo, di sogno?

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Capitolo 7
*** Capitolo 5 - La Regina Infranta ***


CAPITOLO 5
-
LA REGINA INFRANTA


Passarono mesi da quell'incontro, mesi nei quali il duo imparò a conoscersi e a volersi bene. Nonostante l'enorme diffidenza iniziale, Viego imparò ad accettare l'esuberanza e soprattutto l'enorme mole di positività emanata dalla rosea fanciulla. Lei, a sua volta, talvolta faticava a stare dietro al carattere depressivo e a tratti passivo-aggressivo dell'albino, ma in qualche modo riusciva a tenerlo buono. Aveva dato quasi per scontato che gli fosse successo qualcosa di cui non voleva parlare, probabilmente un qualche trauma nel suo passato o qualcosa per la quale provava una profonda vergogna, e pertanto era giunta a una semplice conclusione: quel ragazzo aveva solo bisogno di qualcuno che lo ascoltasse per davvero e gli stesse vicino. Non erano rare le sere in cui rimanevano al telefono a parlare del più e del meno fino all'alba, oppure le infinite passeggiate in centro; le mete erano sempre le stesse, tra cui chiosco di bubble tea e la fumetteria, ma non si stancavano mai di vedersi e parlare. Viego aveva trovato in Seraphine un'amica fidata, forse la migliore che potesse desiderare, qualcuno che stranamente poteva capirlo. Seraphine aveva invece trovato in quell'animo tormentato una persona di cui poteva fidarsi ciecamente, un pilastro a cui aggrapparsi nei momenti bui, che per quanto rari erano abbastanza pesanti per la ragazza... E col tempo stava sviluppando un sentimento più forte della semplice amicizia, ma ancora non se n'era pienamente resa conto. In tutto ciò, nessuno osò tirare fuori il discorso musica.

Fu un pomeriggio di aprile che Viego si ammalò. Una semplice influenza, ma che secondo la sua percezione risultava una malattia allo stato terminale. Chiaramente, tutte le uscite da quel momento in poi furono cancellate, e lo stesso Viego si sentiva troppo debole anche solo per stare al telefono. Dopo qualche giorno la giovane si decise: sarebbe andata fino a casa sua a trovarlo per fargli una sorpresa. Seguendo un'accurata ricerca sul profilo Ioniagram del ragazzo, ella riuscì a trovare il contatto dello zio per poter reperire l'indirizzo. Fu una conversazione breve, ma che fece capire molto del carattere del caro vecchio Vladimir.

 

[Seraphine ✨:

Salve! Scusi se la disturbo, sono l'amica di Viego, volevo chiederle se potevo passare a trovarlo un giorno di questi, sapendo la sua condizione fisica... Potrei chiederle in caso l'indirizzo? Vorrei fargli una sorpresa...”

 

Vladissimo Il Bellissimo:

Allora esisti davvero. Sei troppo educata per essere amica di quel vandalo di mio nipote. Puoi passare anche domani se vuoi vederlo, ma preparati ai suoi continui lamenti di morte.” ]

 

Un uomo singolare, dal carattere che non piacque molto alla fanciulla, ma che almeno le fornì le informazioni che cercava.

Armata di biscotti, tè caldo in un thermos e fumetti, Seraphine seguì le indicazioni fino a ritrovarsi nel quartiere ricco della città, pieno di villette e palazzi dai grandi giardini curati. Non faticò a trovare la casa di Viego, una villetta gotica dal giardino particolarmente curato sebbene alquanto spoglio, fatta eccezione per cespugli pieni di particolari fiori cremisi. In confronto al suo modesto appartamento quella sembrava una reggia, e provò una certa tensione per un istante. Prese coraggio, e finalmente suonò al campanello.

La accolse un uomo alto vestito con una vestaglia rosso sangue, i lunghi capelli biondo cenere e gli occhi talmente azzurri da sembrare bianchi. Teneva in mano un calice di cristallo colmo di un liquido rossastro. Ciò che sorprese la fanciulla non fu tanto il pallore della sua pelle, quanto il canino che spuntava fuori dalle sue labbra tese in un ghigno strafottente. Le sembrava di essere faccia a faccia con un vampiro.
 

«B-buon pomeriggio, io sono-»
 

«Seraphine, giusto? Vladimir, piacere.»
 

Allungò la mano adornata da lunghi artigli metallici messi a mo' di anello. Non aspettò che la ragazza ricambiasse la stretta, sparendo oltre la porta.
 

«Entra pure, fa come se fossi a casa tua. Il morente è nella stanza di sopra, ha appena preso le medicine.»
 

Timidamente la ragazza fece il suo ingresso oltre la porta d'ebano nero, rimanendo subito incantata dall'ampiezza della dimora. Il soffitto era alto e si poteva vedere addirittura il piano superiore, raggiungibile tramite una scalinata a fianco. Sui muri, dipinti d'un rosso pastello, erano affisse numerosissime foto e dipinti principalmente raffiguranti il padrone di casa; una di queste raffigurava Vladimir nel suo periodo più giovane: aveva la lunga chioma bionda ed era rasato da un lato. Era truccato attorno agli occhi e indossava una giacca di pelle molto simile a quella del nipote, e sedeva su una moto.
 

(E poi dà del vandalo a Viego... Da qualcuno avrà pur preso.)
 

Pensò la rosea prima di tornare ad esplorare la casa con lo sguardo. Il profumo del tè unito al fresco aroma di un bosco di notte aleggiava tutto intorno a lei intanto che si faceva strada verso il piano superiore, seguendo i colpi di tosse e i conseguenti lamenti sempre più vicini. Bussò delicatamente alla porta socchiusa, prima di farsi strada.
 

«Il paziente è pronto a ricevere visite?»
 

A sentire quella voce sul viso di Viego si dipinse un sorriso speranzoso, alzò appena il busto dal letto per essere sicuro che non fosse solo una visione. Era completamente avvolto da calde coperte di lana dai motivi più fantasiosi e sulla fronte portava un panno bagnato.
 

«Seraphine...!»
 

Venne colto alla sprovvista da un colpo di tosse che lo costrinse a ricadere a peso morto sul cuscino.
 

«Mi dispiace, Sera... Sto... Morendo...»
 

Seraphine rise di gusto.
 

«Non stai morendo! Stai solo ingigantendo una febbriciattola! Quanto hai?»
 

Viego arrossì e distolse lo sguardo, mormorando un numero incomprensibile.
 

«Quanto, scusa?»
 

Incalzò la ragazza.
 

«...37.1...»
 

Il silenzio cadde nella stanza. Uno era imbarazzato, l'altra incredula.

Come i primi incontri fu Seraphine a prendere parola e portare avanti il discorso. Non perché Viego si annoiasse, ma la spossatezza lo stava rendendo troppo debole anche solo per parlare. Nonostante ciò, si godette ogni singolo minuto passato a sentire la ragazza parlare delle cose più banali, ma narrate in modo tale da farle sembrare le più epiche delle avventure. Raccontò un aneddoto divertente successo quello stesso mattino durante la preparazione dei biscotti, e Viego rise. Mangiarono assieme quegli stessi dolcetti accompagnati dal tè caldo nel thermos; l'unico rimpianto dell'albino fu quello di non sentire appieno i sapori e gli odori in modo da poterseli godere. Solo dopo un po' a Seraphine si riaccese la curiosità e si mise a indagare con lo sguardo la bizzarra camera dell'amico. Poster delle band più disparate, soprattutto dei Pentakill, biglietti di concerti, fumetti, cd, l'immancabile corona... La tipica stanza di un adolescente. Notò anche la chitarra stipata in un angolo, ma non tirò fuori il discorso. Piuttosto di alzò, dando un'occhiata più da vicino alla caotica libreria. Avrebbe tanto voluto sistemarla, ma si trattenne. Notò in alto una fotografia girata, la prese e soffiò via la polvere. Sgranò gli occhi: era Viego assieme a un'altra ragazza, dai lunghi capelli castani e l'espressione matura. Sembravano felici. A lato vi era scritto “Ti amo, Isolde. -Viego”
 

«Viego...»
 

«Sì?»
 

«Chi è Isolde?»
 

Il silenzio cadde nella stanza, un silenzio sofferente. L'albino abbassò lo sguardo e corrugò le sopracciglia. Strinse i denti e sbiancò le nocche da quanto le stava stringendo, ma rimase calmo.
 

«... La mia ex.»
 

Rispose secco.
 

«E'... Recente?»
 

«Non ne voglio parlare.»
 

In un attimo la fanciulla collegò, e senza pensarci fece una domanda che col senno di poi non avrebbe dovuto fare. Non riuscì a tenere a freno la lingua.
 

«Non è lei il motivo per cui hai smesso di suonare, ver-»
 

«Ho detto che non ne voglio parlare!»
 

Urlò infine, in preda alla collera. Tuttavia, il suo sguardo da iracondo si fece carico di sensi di colpa e pentimento quando incrociò quello affranto e un poco spaventato dell'amica.
 

«Seraphine, io non-»
 

«Non fa niente, Viego...»
 

Rispose la ragazza con un fil di voce, rimettendo al suo posto la fotografia. Lasciò il thermos, i biscotti e una piccola fila di fumetti sul comodino del ragazzo, preparandosi ad andare via.
 

«Penso... Penso che sia giunto il momento di andare, per me. Tu hai bisogno di riposare e si sta facendo tardi. Ci... Ci sentiamo.»
 

Si salutarono tristemente, e sempre mestamente la fanciulla si affrettò a uscire di casa. Salutò rapidamente lo zio che, dalla sua poltrona, si limitò ad alzare un sopracciglio perplesso ed infine gli occhi al cielo: non gli serviva un oculista per notare che l'amica del nipote se ne stava andando sull'orlo delle lacrime. Difatti, ella iniziò a piangere silenziosamente una volta varcata la soglia. Era ormai quasi calato il sole, era rimasta fuori per più tempo del previsto, ma non sarebbe tornata a casa subito.

Sedette su una panchina ormai fuori dalla via cosiddetta dei ricchi, lo sguardo fisso a terra e lacrime che ancora scendevano copiose. Ciò che più la feriva non era tanto il fatto che per la prima volta lui avesse alzato il tono nei suoi confronti... Ma che, qualunque cosa ancora lo ferisse, non voleva parlarne neanche con lei, la sua migliore amica. Seraphine desiderava aiutarlo, semplicemente non aveva idea di come. Gli avrebbe lasciato i suoi spazi per il momento.

Un lento ticchettio, ritmici quanto le lancette di un orologio, si avvicinò alla mesta fanciulla. I passi si arrestarono non appena furono proprio davanti a lei. Seraphine alzò lo sguardo per trovarsi davanti un'altra ragazza, molto bassa e vestita con un abito a dir poco singolare. Aveva i capelli turchesi raccolti in due code e gli occhi azzurri dalle sfumature violette, la pelle candida e il viso deformato in un'espressione preoccupata. Le porse un fazzoletto, che la rosea fanciulla accettò asciugandosi le lacrime.
 

«V'ho vista uscir dalla dimora di Viego... Siete stata trattata in malo modo? Non mi sorprende, da un buzzurro qual lui è...»
 

Immediatamente Seraphine si alzò e corrugò le sopracciglia, manifestando un certo fastidio.
 

«Scusami, ma chi saresti? E come mai stai assumendo così tante cose sul suo conto?»
 

Nonostante il suo tono fosse sulla difensiva, lei tentò comunque di mantenere un certo decoro e garbo. In cambio ricevette solo un sorriso e uno sguardo impietosito.
 

«Ahimè il vostro cuore già è stato rubato. Vi prego solo di non finir come la povera Isolde, quella fanciulla sciagurata...»
 

Ogni singolo muscolo di Seraphine si irrigidì, come fosse stata paralizzata. Sentì crescere una nuova emozione nel suo petto, simile a un fuoco che divampava incessante e bruciava. Per la prima volta, Seraphine provò gelosia.
 

«È tutta la sera che sento parlare di questa Isolde, ma chi è? E soprattutto, chi sei tu?»
 

«Non ha importanza chi son io, ma se lo desiderate vi narrerò la storia di quella sventurata ragazza.»
 

Tornarono entrambe a sedersi. La fanciulla dai capelli turchesi, che più che ragazza sembrava una bambola, fissò mestamente il vuoto. La giovane dai capelli rosa dal suo canto non poté che corrugare le sopracciglia, in attesa.
 

«Isolde altro non fu che la migliore amica che avevo, la fanciulla più bella e cortese del mondo intero. Ella era profondamente invaghita di questo ragazzo tormentato, tanto affascinante e di buone maniere da rapirla totalmente... La attirò a sé con la sua voce, come fanno le sirene, per poi distruggerla un pezzo per volta. Fu una maledizione per lei, a tal punto da spingerla ad andarsene da questa città lasciando quanto più le era caro... Pur di stare lontana da lui e i suoi sentimenti ossessivi e nocivi. “Regina Infranta” avevano cominciato a chiamarla.»
 

La misteriosa ragazza non ricevette risposta alcuna, solo un silenzio enigmatico da parte della rosea. Sospirò.
 

«Viego... Quel bruto non merita l'amore di fanciulla alcuna. Il consiglio che posso darvi è quello di separarvene al più presto. Voi siete un fiore delicato... Non lasciate che il “Re in Rovina” vi calpesti.»
 

Non disse altro, svanì nella leggera nebbia che quasi magicamente si era andata a creare in quei minuti. Seraphine guardò l'ora: doveva tornare a casa. Diede un ultimo sguardo alla villa gotica notando che Vladimir aveva già tirato le tende e spento le luci. Non rimase spaventata dall'avvertimento della ragazza dalla pelle di porcellana, nonostante tutto il fastidio represso per aver sentito parlar male del suo migliore amico, anche se nel suo cuore sapeva che non stava mentendo... Tuttavia aveva ancora una versione da ascoltare, quella più importante.

A passo veloce ma deciso tornò infine a casa. Si era convinta: sarebbe andata fino in fondo alla questione.

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