I see through you di _ A r i a (/viewuser.php?uid=856315)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologue: Dinner ***
Capitolo 2: *** First night ***
Capitolo 3: *** A place to call home ***
Capitolo 4: *** Investigations ***
Capitolo 5: *** The truth untold ***
Capitolo 6: *** Running in circles ***
Capitolo 7: *** In dire straits ***
Capitolo 8: *** Epilogue: Seashore ***
Capitolo 1 *** Prologue: Dinner ***
I see through you
Prologue:
Dinner
Appena entra nel ristorante, Enji individua Keigo all’istante.
Il ragazzo è seduto ad un tavolo in fondo alla sala, vicino
alla
vetrata panoramica che mostra una vista mozzafiato sullo skyline
cittadino. Enji non è sorpreso, ha ormai compreso la
predilezione di Hawks per tutto ciò che riguarda
l’altezza.
Keigo si sbraccia visibilmente per farsi notare, anche se Enji
l’ha già visto. L’uomo si
limita ad
attraversare la sala del ristorante, osservandola distrattamente nel
mentre: le pareti sono rivestite di velluto rosso, a terra
c’è una moquette purpurea con dei decori dorati
dall’aspetto pregiato e dal soffitto pendono scintillanti
lampadari di cristallo. Apparentemente, Hawks non si è
risparmiato nella scelta della location.
Endeavor lo raggiunge, rivolgendogli uno sguardo severo, tuttavia si
accomoda comunque al tavolo circolare che il ragazzino ha prenotato per
loro.
«Diciamo che la riservatezza non è il tuo forte,
Hawks», commenta brevemente. «Mi hai detto che
dovevi
parlarmi. C’era bisogno di un luogo così affollato
per
farlo?»
Enji nota che sono entrambi vestiti in maniera piuttosto elegante,
camicie bianche, pantaloni scuri. Dopotutto, quando quel
pomeriggio una piccola piuma rossa si è messa a
picchiettare contro la vetrata del suo ufficio in agenzia e, aprendo,
si è visto consegnare un bigliettino che gli dava
appuntamento
per quella sera in uno dei ristoranti più eleganti della
città, ha ben pensato che fosse opportuno optare per un
dress
code adeguato.
Keigo continua a tenere fissato su di lui solo un occhio, il destro,
fin da quando ha fatto ingresso nella sala di quel ristorante
così lussuoso, in cima ad uno dei grattacieli più
alti di
Tokyo. Il sinistro è perso di lato, oltre la vetrata, e
inizialmente Enji pensa che sia perché Hawks sta osservando
il
panorama.
«Beh, Endeavor-san, dovresti sapere che a volte, per parlare
di
argomenti particolarmente delicati, è meglio essere in mezzo
a
tanta gente. Sai, si finisce per essere invisibili», replica
Keigo, ed Enji non riesce a non percepire qualcosa di strano nel tono
in cui ha pronunciato quelle parole, anche se non sa ancora di
che
cosa possa trattarsi. «Comunque, se a turbarti è
l’idea di essere continuamente disturbati durante la cena
puoi
stare tranquillo, ho chiesto allo staff del ristorante di mantenere
massima riservatezza durante tutta la cena e di invitare la clientela a
fare altrettanto. Per il resto, avevamo una cena in sospeso dai tempi
di Fukuoka e ho pensato che questa potesse essere la volta buona per
rimediare.»
A sentir nominare Fukuoka, Enji resta interdetto per un momento. Gli
sembra che da allora siano passati secoli, ormai – invece,
all’incirca, si tratta solo di un anno e mezzo. Certo, nel
mentre
sono successe mille cose, ma quello è un altro discorso.
«Non mi devi niente, Hawks», si appresta a
rassicurarlo Enji.
E lo pensa davvero. Nonostante sia passato del tempo e Keigo continui a
ripetergli che non sia così, Enji non fa che sentirsi
maledettamente in colpa per quel che è capitato al ragazzo
durante la guerra.
In ogni caso, era perfino insolito vederlo a Tokyo. Quando avevano
finalmente riportato tutta la situazione sotto controllo, Keigo era
comprensibilmente ripartito per il Kyushu. Nessuno l’aveva
biasimato, dopotutto lui aveva già la sua agenzia avviata
lì ed era giusto che continuasse il suo operato sul luogo.
Di
tanto in tanto ritornava comunque a Tokyo per collaborare con altri
eroi in alcuni casi particolarmente spinosi, ed Enji continuava a
sentirlo spesso al telefono, oltre a sapere che era in contatto anche
con diversi colleghi tra cui Jeanist e Mirko. Di fatto,
però,
Fukuoka continuava ad essere casa sua.
«Oh, ma io non mi sento in alcun modo costretto!»,
gli assicura in fretta il ragazzo. «Lo faccio con
piacere,
anzi. Comunque, conviene che cominciamo a dare un’occhiata al
menù, tra poco verranno a prendere le ordinazioni e se non
ci
sbrighiamo non sapremo cosa scegliere.»
Enji apre riluttante il menù che Hawks deve essersi fatto
consegnare mentre lo attendeva. La verità è che
ha
l’impressione che entrambi, lì, siano un
po’ dei
pesci fuor d’acqua. Non è certo la prima volta che
Enji si
ritrova a cenare in un contesto così artefatto, eppure gli
sembra che la sensazione di disagio che prova sia sempre la stessa.
Perfino Keigo, che è quello che ha avuto l’idea di
incontrarsi lì, pare piuttosto in imbarazzo. Osserva il
menù con aria un po’ distratta, la testa che,
spesso e
volentieri, continua a ruotare in direzione della vetrata.
Come se volesse scappare da lì. Come se non vedesse
l’ora
di dispiegare le sue grandi ali cremisi, ormai completamente
ricresciute da tempo, e volare via, lontano, fino ad essere
completamente inghiottito dal buio della notte.
È una cosa insolita, per Keigo. Enji non riesce a darsene
una spiegazione.
All’arrivo del cameriere, Hawks recupera in fretta il solito
aplomb. Gli sorride affabile, e consegna con nonchalance la sua
ordinazione – Enji non ha ben chiaro di che cosa si tratti,
il
nome è complesso e non è certo di aver capito,
tuttavia
conoscendo i gusti di Hawks e da quello che gli è parso di
sentire, probabilmente è un piatto che contiene del pollo,
da
qualche parte.
Enji si limita ad ordinare il piatto che, dal nome, gli è
parso più comprensibile, un secondo anche lui.
«Con queste ordinazioni direi che sarebbe perfetto un buon
vino
rosso, non trovi anche tu, Endeavor-san?», domanda Hawks,
lanciandogli un breve sguardo e un sorriso raggiante.
Enji si limita a rispondere con un lieve borbottio.
Keigo sembra soddisfatto, per cui torna a rivolgersi al cameriere.
«Di sicuro lei saprà consigliarci la scelta
migliore», commenta, con condiscendenza.
Concordato con il cameriere l’abbinamento di vino,
l’uomo
si allontana dal tavolo, salvo poi tornare dopo qualche istante e
versarne un poco nei loro calici. Dopo ciò si allontana
nuovamente, e stavolta restano soli un po’ più a
lungo, in
attesa dell’arrivo della cena.
C’è un silenzio strano. Endeavor non è
abituato a
sentire Hawks restare così a lungo senza dire nulla.
Quello è il primo segnale che gli fa intuire che
c’è qualcosa che non va.
«Non mi hai ancora detto come mai volevi parlarmi»,
gli fa
notare Enji. Si muove un poco sulla sedia, è come se vivesse
di
rimando la sensazione di disagio dell’altro.
Keigo continua a non guardarlo – ed è strano, ha
avuto
quei grandi occhi dorati puntati su di sé in ogni momento,
anche
quando ormai per tutti era diventato un mostro. Lo sguardo è
ancora perso oltre la vetrata, mentre tiene in una mano il calice con
il vino, che mesce lievemente.
«È tutto così
complicato…», ammette
Keigo, con un sospiro stanco. «Non saprei neppure da dove
cominciare.»
A Enji non sembra di averlo visto così rassegnato neppure
durante la guerra. È strano, e continua a preoccuparlo
sempre di
più.
Allunga piano una mano sopra il tavolo, fino a raggiungere quella del
ragazzo, che prende delicatamente nella sua. Col pollice gli disegna
piccoli cerchi sul dorso, e Hawks sembra piuttosto sorpreso dal gesto,
tanto che per un momento gli pare perfino di vederlo sobbalzare appena.
Al tempo stesso, se ne sente incredibilmente rassicurato. Gli sembra di
essere tornato ai tempi della guerra, solo che, allora, quello ad aver
maggiore bisogno di rassicurazioni era stato Enji. Forse anche a Keigo
sarebbero servite, ma aveva soffocato ogni sua necessità pur
di
stare accanto al suo eroe e cercare di alleviare in qualche modo le sue
pene. Dopotutto, Enji era stato così cieco in quel periodo
che,
probabilmente, dubita che avrebbe notato se Keigo avesse avuto bisogno
del suo aiuto.
E quella è l’ennesima cosa di cui si sente in
colpa.
«Non c’è problema», gli
assicura Enji.
«Comincia pure da quello che vuoi, vedrai che
andrà
bene.»
Keigo solleva l’occhio destro su Endeavor, che pare rendersi
conto solo in quel momento quanto gli fosse mancato quel mare dorato.
Il ragazzo si lascia sfuggire un sospiro stanco – sembra che
quelle parole siano riuscite ad avere l’effetto desiderato,
rassicurandolo, al tempo stesso però Enji si ritrova a
valutare
che non l’ha mai davvero visto così esitante.
«Va bene», concede Hawks, abbandonando la mano alle
carezze
gentili di Endeavor. «Qualche giorno fa è
terminata la
pena detentiva di mio padre.»
Enji resta in silenzio per qualche secondo, aspettandosi di sentire
Hawks andare avanti, tuttavia le sue labbra sembrano essersi sigillate
di colpo.
Endeavor stesso, in realtà, è piuttosto
sbigottito e a
corto di parole. Era certo che, vista la lunga lista di reati che quel
criminale si portava dietro, sarebbe rimasto a marcire in carcere fino
alla fine dei suoi giorni.
In quel momento, neppure il pensiero di poter avere tutti gli occhi dei
presenti su di sé riesce a preoccuparlo.
«Com’è possibile che sia stata permessa
una cosa del genere?», domanda, incredulo.
Nel riflesso della vetrata vede Hawks sorridere tristemente.
«L’HPSC è stato sciolto,
ricordi?», spiega, e
c’è un tono così profondamente amaro
nelle sue
parole.
Sì, Enji se lo ricorda, e fino a quel momento ha continuato
a
pensare che fosse un bene per tutti – soprattutto per Hawks,
visto cosa lo avevano costretto a fare. Di colpo, però, si
ritrova a chiedersi se sia stato veramente un bene o meno.
Tra loro cala nuovamente il silenzio. È una cosa a cui
Endeavor
non è minimamente abituato, Hawks è sempre stato
quello
bravo a riempire ogni momento con il suo fiume in piena di parole.
Questa volta capisce che, però, si trovano in una situazione
ben diversa.
Nel frattempo vengono consegnate loro le ordinazioni che hanno
effettuato. Enji sente un profumo avvolgente di carne brasata salire
dal suo piatto, mentre intuisce che il pollo in quella di Hawks deve
essere in una delle riduzioni che accompagna la pietanza, tra le quali
anche vino, aceto e agrumi, sebbene continui a non riuscire a figurarsi
alla perfezione cosa sia. Nessuno dei due, però, sembra
essere
più interessato al cibo.
Hawks continua a guardare fuori dalla vetrata, mentre ha ancora in mano
il calice con il vino, da cui non ha bevuto nemmeno un sorso. Enji nota
che ha un’espressione tristissima.
«Due sere fa l’ho trovato sotto casa mia.»
A quelle parole, Enji sente il sangue raggelare nelle vene, a discapito
del proprio quirk.
«Io… non so come abbia fatto a
trovarmi», ammette
Keigo, la voce tremolante. «Forse mi sarei dovuto trasferire,
non
lo so… ho sempre pensato che, anche se dopo lo scioglimento
dell’HPSC i file che mi riguardavano non sono più
stati
secretati, non corressi alcun pericolo, dopotutto la guerra era
finita…»
Enji lo vede proseguire a fatica in quel discorso, le frasi che
s’interrompono, il respiro che si fa sempre più
breve e
irregolare. Tiene gli occhi fissi sulla figura del ragazzo, che gli
sembra fragile come non l’ha mai visto in quegli anni, e ha
quasi
paura di vederlo svanire davanti a sé da un momento
all’altro.
«Hawks, non è colpa tua.» Enji cerca di
rassicurarlo, ancora una volta, in tono fermo. «Non potevi
saperlo…»
Dal vetro, Keigo gli rivolge l’accenno di un sorriso
tremante,
sembra essergli grato per quelle parole. «Stavo rientrando da
lavoro. È stata una giornata intensa e massacrante. A un
certo
punto ero arrivato davanti alla porta di casa, stavo per mettere le
chiavi nella serratura, te lo giuro… quando ho sentito la
sua
voce. Ha ancora lo stesso suono sgradevole di quando ero bambino. Ho
pensato di essermelo immaginato, ero stanco, magari era
un’allucinazione, e poi non era possibile, ero certo che
fosse
ancora in carcere.» Hawks fa una breve pausa, approfittandone
per
riprendere fiato. Non gli sembra di aver parlato a lungo, eppure
è come se quella sera gli svanisse di continuo
l’ossigeno
dai polmoni. «Mi è sembrato di gelare sul posto.
Non
ricordo le parole esatte che mi ha detto, ma il succo è che
si
vergogna di me ed è deluso del fatto che io sia diventato un
eroe, sebbene non ne sia sorpreso, dopotutto per lui il mio valore
è sempre stato pari a zero fin da quando ero piccolo. Poco
dopo
l’ho sentito afferrarmi per un polso e non… sono
riuscito
ad oppormi in alcun modo. Mi ha scaraventato a terra,
sull’asfalto del marciapiede, e ha… cominciato a
colpirmi,
come quando ero piccolo. Calci, pugni… a-avrei dovuto
cercare di
fermarlo, evocare Ali Possenti e difendermi, lo so, ma avevo battuto la
testa ed ero terrorizzato, mai mi sarei aspettato di rivederlo,
figurarsi che mi sarebbe piombato addosso
così…»
Lo sguardo di Enji si fa sempre più cupo. Sente un nodo
familiare salirgli alla gola, ma cerca di ignorarlo.
Hawks si prende un’altra pausa. Tira respiri tremanti, ed
è grato del fatto che Endeavor non stia cercando in alcun
modo
di mettergli fretta. «Alla fine se ne è andato e
mi ha
lasciato sotto la luce fioca di un lampione. Io ero ancora disteso a
terra, non so da dove ho trovato la forza di alzarmi e arrivare fino
alla porta di casa, ma alla fine ci sono riuscito», conclude
il
ragazzo. «S-scusami, non volevo parlare così
tanto…»
Enji scuote la testa, risoluto. «Non… non dirlo
neanche
per scherzo, Hawks», cerca di rassicurarlo, almeno per
quell’ultima parte del suo discorso. Probabilmente Hawks
è
l’unico vero amico che abbia mai avuto in vita sua, e gli
sembra
paradossale che si senta in dovere di scusarsi con lui per aver parlato
troppo, soprattutto di un argomento del genere. Avrebbe voluto essere
allertato prima dal ragazzo di quello che era accaduto ma non glielo fa
pesare, forse non se la sentiva neppure di parlarne.
Enji avvicina lentamente una mano al volto del ragazzo. Gli prende il
mento tra due dita, portandolo a voltarsi completamente nella sua
direzione per la prima volta da quando è cominciata quella
cena.
Quello che trova davanti a sé lo fa trasecolare, mentre
sente rabbia e orrore ribollirgli in corpo.
Keigo prova a rivolgergli un sorriso incerto, ma sa che gli occhi di
Endeavor sono puntati sul vistoso livido violaceo che gli circonda
l’occhio sinistro e parte dello zigomo.
La prima emozione che Enji sente di star provando in quel momento
è repulsione. Detesta l’idea che qualcuno possa
aver fatto
del male a Hawks in una maniera simile, ma c’è
anche
qualcos’altro a turbarlo.
Il suo passato che gli bussa su una spalla, probabilmente.
Le dita di Enji risalgono lungo la guancia del ragazzo, fino a sfiorare
la pelle all’altezza dell’ematoma. Keigo lo guarda,
finalmente con entrambi i suoi occhi dorati, e sembra terrorizzato,
come se stesse per scoppiare a piangere da un momento
all’altro.
A memoria di Enji, non è mai stato così sul punto
di spezzarsi.
Endeavor lascia ricadere la mano sul tavolo, come colto da una
stanchezza improvvisa e fuligginosa. Si sente in colpa per quello che
è successo a Hawks, anche se sa di non averne materialmente
alcuna responsabilità.
La verità, però, è che non riesce a
non pensare
alle proprie colpe, in quel momento. Alla persona orrenda che
è
stato, a come abbia reso impossibile la vita alla sua famiglia
È davvero così dissimile dal padre di Hawks, per
quanto abbia cercato di fare ammenda per le proprie azioni?
Keigo, come sempre, sembra leggere alla perfezione ciò che
sta
passando in quel momento nella mente dell’altro. Questa
volta,
infatti, è lui ad allungare la mano sopra il tavolo e a
prendere
quella dell’altro nella propria, disegnandovi piccoli cerchi
sul
dorso. Come durante la guerra, quel desiderio incondizionato di
rassicurarlo, di comunicargli in qualche mondo che lui sarà
sempre dalla sua parte, torna a presentarsi anche quella sera.
Sapeva di correre questo rischio, decidendo di raccontare la
verità ad Endeavor, ossia che lui potesse immedesimarsi fin
troppo in tutta quella storia. Ciononostante, non si sente in colpa per
averlo fatto: vuole essere onesto con lui, inoltre si sarebbe sentito
decisamente peggio continuando a nascondergli quanto
è
accaduto.
Enji alza appena lo sguardo sul ragazzo, che accenna di nuovo quel
sorriso titubante, sebbene i muscoli del volto debbano dolergli
parecchio anche solo per quel piccolo gesto.
«Non te ne ho parlato perché tornassi di nuovo a
tormentarti con i tuoi sensi di colpa, Endeavor-san», cerca
di
fargli notare Hawks.
Enji sospira brevemente. «Lo so», commenta, la
mente che
prova a concentrarsi di nuovo solo su Keigo. «Comunque, non
mi
pare opportuno che continui a vivere lì. Se ha davvero
scoperto
dove abiti, potrebbe tornare in qualsiasi momento.»
Hawks annuisce brevemente. C’ha pensato anche lui, solo che
non
è ancora riuscito a elaborare una strategia a riguardo.
«Per stasera potresti venire a dormire da me», gli
propone Enji, convinto.
«C-che?», domanda Hawks, sorpreso.
«Ma sì.» Endeavor si ritrova a giocare
involontariamente con le dita dell’altro. «Figurati
se ti
faccio tornare a Fukuoka in queste condizioni. E soggiornare in un
hotel non è un’opzione, mi sentirei molto
più
tranquillo a saperti sotto il mio stesso tetto.»
Hawks si sente ancora in imbarazzo per via di quella proposta, tuttavia
si rende conto che, effettivamente, non ha altre alternative, oltre al
fatto che questa è decisamente la migliore che potesse
capitargli. Certo, avrebbe bisogno di recuperare diverse cose a casa
sua, in particolar modo il suo pc, ma di questo pensa di poterne
parlare tranquillamente con Enji l’indomani.
A sorpresa, però, Endeavor pare aver già intuito
i suoi
pensieri, così lo anticipa in fretta. «Se hai
bisogno di
qualcosa, domani non ho impegni, posso accompagnarti a casa
tua»,
gli comunica. «Preferisco venire lì con te,
sinceramente.»
Keigo lo fissa, sbigottito ma pieno di riconoscenza.
«P-Perché fai tutto questo per me?»,
domanda, in un
sussurro.
Enji gli sorride di rimando. «Perché è
giusto che
sia così», commenta. «E poi lo faccio
con
piacere.»
Nel sentirlo riprendere le stesse parole che lui aveva usato quella
sera, Keigo avverte un leggero tuffo al cuore, le guance che prendono
appena colore.
Le pietanze, ormai, hanno perso irrimediabilmente calore, ma nessuno
dei due sembra esserne dispiaciuto.
«Endeavor-san.»
«Mh?» Enji lancia uno sguardo perplesso al ragazzo.
Keigo gli sorride sincero, e in quel momento i suoi occhi sembrano
essere colmi di stelle. «Grazie», mormora, commosso.
notes
non ricordo se in passato avessi detto che volevo scrivere sul canon.
però è vero, volevo farlo – so here I am, I guess.
tra l'altro mi sa che è la prima volta in vita mia che
pubblico una long che non sia un'au, uh.
parto subito col dire che è da un mese, ovvero da quando ho
finito la stesura, che rifletto e mi chiedo se sia opportuno pubblicare
questa storia o no. quando ho cominciato a scriverla non avevo
minimamente contemplato questa possibilità, pensavo sarebbe
stato l'ennesivo lavoro destinato a occupare spazio sul pc. il problema
è che, come tutte le storie che mi prefisso di scrivere /per
me/, il risultato mi ha soddisfatta più del solito. premetto
che
so perfettamente di star postando una long che è tutto
fuorché perfetta, ma siamo ficwriters, scriviamo anzitutto
per
passione, per cui forse è anche sbagliato pretendere ogni
volta
la perfezione da noi stessə. ciò non vuol dire che la storia
sia
stata scritta senza cura, anzi, so io quante ricerche ho fatto durante
la stesura.
ho iniziato a scrivere per sfogarmi di qualcosa che era realmente
successo nella mia vita, e a un certo punto mi sono ritrovata a
chiedermi se questa storia non avrebbe potuto aiutare anche chi
l'avesse letta, dopo me. così, forse, se oggi sono qui
è
per questo.
va detto che, se vogliamo essere precisi, questa storia ha
un'ambientazione post!canon. e sì, è una what if,
e di
what if ce ne sono più d'uno per giunta. uno riguarda
l'HPSC,
citato in questo capitolo: c'è scritto che è
stato
sciolto, ma dopo un mese da quando avevo cominciato a scrivere
è
uscito il capitolo in cui si scopre che non è
così. posto
che a me avrebbe fatto più comodo che fosse stato ancora
presente anche qui invece
in canon sarebbe ora che lo sciogliessero rip alla fine
non ho modificato perché – onesta – mi
scocciava. l'altro
what if diciamo che riguarda le condizioni di base di questa storia,
perché se siete in pari con il manga sapete che
probabilmente
uno di questi due non arriverà vivo alla fine, ma per non
fare
spoiler non specifico chi.
questo progetto è molto importante, per me. comunque vada,
sono felice di postarlo qui.
see ya
aria
|
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Capitolo 2 *** First night ***
Quando arrivano a casa Todoroki, Hawks capisce subito che è
ben diversa da come se l’è sempre immaginata.
Nella penombra intravede qualche albero, un giardino, e si domanda
perché non ci sia nemmeno un lampione acceso a rischiarare
la
zona. Si è sempre aspettato che la casa di Endeavor fosse
piena
di luci, visto il suo quirk, di colpo però gli balza alla
mente
che quella è quasi una metafora della vita
dell’uomo:
c’è stato un momento in cui tutte le luci si sono
spente.
L’estate si sta avvicinando, ma quella sera soffia un vento
freddo. Keigo si stringe nelle spalle, cercando di trarvi conforto.
Entrando in casa, ancora una volta li accoglie la penombra. Enji preme
un interruttore, e si accende finalmente un lampadario, che rischiara
il corridoio mentre il portone d’ingresso si chiude alle loro
spalle.
«Allora è vero che vivi da solo»,
commenta Hawks.
Tiene le braccia strette attorno al corpo, come cercando di proteggersi
da un nemico invisibile, e nel mentre sposta lo sguardo da una parte
all’altra, cercando di memorizzare ogni dettaglio di
quell’ambiente che vede per la prima volta.
In effetti, non era mai stato a casa di Endeavor prima d’ora.
Questo pensiero continua a sembrargli così strano…
«Pensavi che ti avessi raccontato una bugia?»,
s’informa Enji, posando i loro soprabiti
sull’attaccapanni
all’entrata.
Hawks scuote appena la testa. «No, affatto»,
replica,
infilando le mani in tasca. «È solo che ho sempre
pensato
che dopo la guerra tu e Rei sareste tornati
insieme…»
«Tra noi le cose non funzionavano da parecchio
tempo.» Enji
si lascia sfuggire un sospiro stanco. «Ho provato a sistemare
le
cose, sì, però ormai era troppo tardi. Adesso lei
e
Fuyumi abitano insieme in un villino in un quartiere moderno della
città, Natsuo convive con la sua fidanzata che ha conosciuto
all’università e Shoto è ai dormitori
della Yuei,
anche se ancora per pochi mesi visto che poi si diplomerà.
Io
sono rimasto qui da solo, come avevo promesso loro, e la cosa non mi
pesa. È giusto così. E poi anche tu adesso vivi
da solo,
no? In un certo senso è come se ci fosse toccato lo stesso
destino.»
Keigo resta ad ascoltarlo in silenzio. Ha come l’impressione
che anche Enji, in fin dei conti, abbia bisogno di sfogarsi.
Se può riempire almeno un po’ la sua solitudine,
Hawks non può che esserne felice.
Il ragazzo sorride, per poi posare una mano sul braccio
dell’uomo, in un gesto simpatetico.
Enji ricambia il suo sguardo, e Hawks può leggere dentro
quegli
occhi azzurri la riconoscenza per il gesto che ha appena compiuto.
«Ti mostro la casa», gli propone Endeavor, che
sembra aver già allontanato quel velo di malinconia.
L’eroe numero uno si avvia lungo il corridoio e Keigo lo
segue a breve distanza.
«Qui c’è la sala dove di solito mangio.
Domattina
faremo colazione qui. Non ho idea di cosa ti piaccia, ma ho un
po’ di tutto, per cui non dovrebbe esserci
problema»,
spiega, indicandogli una stanza in cui Keigo intravede un tavolino
basso.
«Uh, non ti ci vedevo a fare la spesa,
Endeavor-san», commenta Hawks, incrociando le braccia dietro
alla schiena.
Enji sposta in fretta lo sguardo di lato. «Veramente di tanto
in
tanto Fuyumi continua a passare di qui e a riempirmi il
frigorifero», spiega, evasivo. «Io le ho detto un
centinaio
di volte che non ce ne è bisogno ma lei continua a fare di
testa
sua…»
«Beh, è testarda. Chissà da chi
avrà
preso», lo punzecchia Keigo, portandosi una mano alle labbra
per
nascondere una risatina.
Enji lo osserva attentamente, ma non aggiunge niente. Non sembra
arrabbiato.
La verità è che ormai ha imparato a conoscere
Hawks e si
è abituato al suo continuo sarcasmo, senza esserne
particolarmente infastidito. Per di più, probabilmente ha
ragione su Fuyumi…
E poi continua a pensare a quello che gli ha detto al ristorante.
Sotto le luci di casa sua, il livido che circonda l’occhio
sinistro di Keigo sembra ancora più scuro e preoccupante.
Ogni
volta che ci posa sopra gli occhi, Enji non può che sentire
il
suo stomaco stringersi in una morsa.
Il padrone di casa continua a commentare lentamente, mostrando le varie
stanze. «Lì c’è il
bagno», prosegue,
con sicurezza. «Infine, queste sono le camere da
letto.»
Enji si ferma, notando che alle sue spalle
c’è un
insolito silenzio. Si volta a guardare Keigo, e nota che in volto ha
un’espressione corrucciata.
«Ehi? Va tutto bene?», si assicura, di colpo
allarmato.
Hawks solleva lo sguardo su di lui, lasciandosi sfuggire
un’altra
risatina. Enji lo osserva attentamente, e stavolta gli sembra di notare
sul suo volto un po’ d’imbarazzo, così
insolito per
lui.
«No, è che… stavo pensando che sono un
po’ in
soggezione», ammette Keigo, passandosi una mano tra i capelli
dorati. «Voglio dire, sono in casa del number one…
un po’ di effetto me lo fa, ecco.»
In un’altra occasione, Enji si ritroverebbe a roteare gli
occhi,
o a sollevare lo sguardo al cielo. Stasera, invece, si limita a posare
una mano sulla spalla di Hawks, cercando di rivolgergli il miglior
accenno di sorriso che riesce ad abbozzare.
«Puoi dormire dove preferisci», gli comunica.
«Ho
pensato che camera di Shoto potesse essere l’alternativa
migliore, anche perché non hai vestiti per dormire, e Shoto
è più alto e piazzato di te, per cui forse
potresti
trovare qualcosa della tua taglia in quello che ha lasciato
nell’armadio. Però se preferisci va bene
anche…»
«Endeavor-san.»
Enji si interrompe di colpo, accorgendosi di aver cominciato a parlare
a vanvera senza sosta. Il suo sguardo torna a posarsi su Hawks, confuso.
«La camera di Shoto sarà perfetta, ti
ringrazio», concede Keigo, rivolgendogli quel suo sorriso
luminoso.
Enji annuisce, sollevato. «Mi fa piacere»,
commenta.
«La mia camera è qui accanto, per cui se dovessi
avere
bisogno di qualsiasi cosa non esitare a chiamarmi.»
Keigo socchiude appena gli occhi. «Grazie. Dico
davvero»,
mormora. «Continuo a sentirmi così sopraffatto da
questo
senso di gratitudine…»
«Ehi, ragazzino.» Enji gli scosta con gentilezza
alcune
ciocche di capelli dorati dalla fronte. «Sono felice che tu
sia
qui, sul serio. Ora tu pensa solo a riposarti, mh?»
Mentre Hawks è in bagno a cambiarsi, Enji ne approfitta per
sistemargli il futon per la notte.
Al rientro in camera, Keigo indossa una t-shirt e dei pantaloni
leggeri. Come previsto, gli vanno un po’ larghi, ma sembrano
piuttosto comodi per dormire.
Enji ha lasciato la luce spenta per permettere ai suoi occhi di
abituarsi in fretta al buio, così da conciliargli il sonno.
Nella tenue luce della luna, che illumina appena la stanza, la pelle di
Hawks gli appare ancora più pallida, quasi spettrale.
Più lo guarda, e più Enji avverte la
necessità di proteggere ad ogni costo quel ragazzino.
Keigo si stiracchia appena, avvicinandosi al futon.
«Mh…
credo che questa sia la prima volta che dormo in un futon»,
ammette. «E di sicuro è la prima volta che dormo
in una
casa dallo stile classico giapponese…»
Enji gli rivolge uno sguardo stupefatto. «Sul
serio?», chiede.
«Sì!» Keigo si accomoda tra le coperte.
«La
casa che l’HPSC aveva messo a disposizione mia e di mia madre
era
di fattezze piuttosto moderne, e i letti erano quelli tipici
occidentali. Sono felice di fare questa nuova esperienza, in
effetti.»
Enji scuote lievemente la testa, ma sul suo volto
c’è un
accenno di sorriso. «D’accordo»,
conclude.
«Adesso cerca di dormire, ragazzino.»
«Endeavor-san, puoi rimanere qui?», prova a
domandargli Hawks, speranzoso.
Enji si morde un labbro. Sembra rifletterci per un po’,
esitante.
«Va bene, rimango finché non ti
addormenti», cede
infine.
Hawks sembra rilassarsi all’istante, e il sorriso che gli
rivolge convince Endeavor d’aver fatto la scelta giusta.
«Grazie…», bisbiglia, mentre comincia
già ad
addormentarsi. «Buonanotte,
Endeavor-san…»
«Buonanotte, Hawks», ricambia Enji, la voce che si
perde nel silenzio della notte.
Hawks doveva essere particolarmente stanco. Enji inizia a sospettare
che sia da giorni che non riesce a riposare come si deve, quello che
gli è successo l’ha traumatizzato visibilmente,
questo lo
può vedere in maniera chiara.
È così in pena per lui. Gli sembra di non essersi
mai
preoccupato così tanto per nessun altro essere umano
–
triste a dirsi, visto che un tempo ha avuto una famiglia di cui ora non
restano che cocci, ma è inutile negarlo, non è
mai stato
né il marito né il padre migliore del mondo, e
questo,
ormai, è sotto gli occhi di tutti. La cosa non gli pesa
affatto, ha accettato da tempo di convivere con le proprie
responsabilità, è giusto che sia così.
Però con Hawks le cose sono sempre andate in maniera diversa.
Già ai tempi di Fukuoka, e poi più avanti, prima
ancora
dello scoppio della guerra, salvo poi aumentare sempre di
più
nel periodo del conflitto coi villain, aveva provato un forte senso di
apprensione nei confronti di quel ragazzo. Hawks era stato in grado di
far crollare quella barriera che negli anni aveva innalzato attorno a
sé, e di questo non gliene sarebbe mai stato grato
abbastanza.
Era stato sorprendente lasciar cadere le proprie difese con una persona
che, fino a poco tempo prima, era stato un perfetto sconosciuto.
Si era sentito sollevato, e aveva trovato in Hawks un sostegno che mai
nessuno gli aveva offerto.
Ecco perché è così preoccupato, ora,
nel vederlo
in difficoltà. Aiutarlo è la cosa giusta da fare,
ne
è certo.
Sono circa le due di notte quando sente un rumore strano provenire dal
giardino. Enji sposta lo sguardo di scatto, riemergendo di colpo dai
propri pensieri.
Hawks sembra profondamente addormentato nel futon. Non pensava che si
sarebbe intrattenuto così a lungo nella camera con il
ragazzo,
ma era così assorto da non accorgersi dello
scorrere del
tempo.
Endeavor si alza in piedi, guardandosi attentamente attorno. Quello che
ha sentito era una sorta di fruscio, come di qualcuno che si nasconde
in un cespuglio.
Possibile che il padre di Keigo abbia già scoperto il
rifugio
del figlio? Magari l’ha seguito al luogo del loro
appuntamento, e
poi ancora, fino a casa di Enji… no, impossibile. Hawks si
sarebbe accorto di sicuro se qualcuno lo avesse pedinato, ed Endeavor
è certo che lui avrebbe fatto lo stesso. E allora che
cosa…?
Enji si avvicina alle shoji della stanza, che danno sul giardino. Forse
dovrebbe svegliare Hawks, avvertirlo di quel possibile pericolo,
tuttavia decide di non farlo. Si morde le labbra, sa che questo
è decisamente rischioso, ma la vista del ragazzo beatamente
addormentato è troppo incantevole per svegliarlo.
Può cavarsela da solo. Dopotutto, se davvero dovesse
trattarsi
di quell’uomo, Enji sa di essersi già occupato di
lui in
passato. Non dovrebbe essere poi così difficile farci di
nuovo i
conti.
Endeavor trattiene il fiato. Lascia scivolare appena la parete di lato,
mentre davanti a sé si apre la visuale
sull’esterno.
Il portico esterno in legno è illuminato dalla luna piena.
In
quella notte tiepida che sta offrendo a Tokyo un assaggio di estate,
tutto sembra essere rischiarato da quel bagliore argenteo.
Enji resta per un poco ad osservare il giardino. Sembra tutto
tranquillo, avvolto in un silenzio immutabile, come se di notte anche
le piante cadessero in un sonno profondo. Si aspetta quasi di veder
sbucare fuori un uomo armato da un momento all’altro.
Poi, da un albero lì di fronte, avverte provenire lo
squittio di una civetta.
Enji si ritrova a tirare un sospiro di sollievo. Lentamente, chiude
nuovamente le shoji, lasciando che i suoi occhi si riabituino in fretta
alla penombra della stanza.
Forse si è lasciato un po’ troppo suggestionare
dal
racconto di Keigo. Dovrebbe abbassare la guardia, ma il solo pensiero
gli sembra insopportabile: è un eroe e, in quanto tale, sa
bene
che permettersi delle distrazioni può risultare fatale.
Se vuole davvero proteggere il ragazzo, deve continuare a fare molta
attenzione.
A questo proposito, Enji si siede nuovamente a terra, per controllare
il riposo di Hawks.
Rispetto a quando si è alzato, Keigo gli pare decisamente
più inquieto. Continua ad avere gli occhi chiusi, ma sposta
la
testa da un lato all’altro, ansimando, mentre dalle labbra
gli
sfuggono alcuni mugolii.
Per Enji non è difficile immaginare in che genere di incubi
sia
intrappolato. Prima ancora di rendersene conto ha già
avvicinato
le dita alla fronte del ragazzo, accarezzandola con premura.
È un gesto lieve, ma quel tocco caldo sembra tranquillizzare
Keigo all’istante. Nel sonno, l’espressione
contratta del
ragazzo si addolcisce all’istante in un sorriso, mentre i
respiri
tornano a farsi lenti e regolari.
Endeavor rimane a osservarlo, come rapito dalla vista di quelle gote
arrossate.
E si dice che sì, per quella notte può restare a
vegliare sul ragazzo.
notes
dobbiamo parlare del 353? perché preferirei non farlo :)
nelle prossime settimane sarò un adorabile agglomerato di
ansia,
ma alla fine sapevo che questo momento sarebbe arrivato, per cui non
dovrei prenderla così... ugh, ma chi voglio prendere in
giro?
non sarò mai psicologicamente preparata per quello che deve
succedere.
allora, l'altra volta mi sono dimenticata di parlare di un paio di cose
sapevo che
sarebbe successo rip.
la prima: questa storia voleva essere un esperimento di slow burn, che
secondo me è una cosa che non so assolutamente scrivere. i
risultati, infatti, penso li possiate vedere anche in questa long, e
okay che i capitoli non sono molti, però diciamo che
continuo ad
avere l'impressione che avrei potuto fare di meglio.
l'altra cosa di cui volevo parlare riguarda la reazione di hawks a
tutta questa situazione in cui si trova. ho sempre visto hawks come il
genere di persona che, nonostante si trovi in difficoltà,
preferisce farsi carico della cosa senza far preoccupare nessun altro.
il fatto che qui, invece, abbia deciso di parlare del problema che ha
con endeavor diciamo che l'ho giustificato a me stessa dicendo che
forse suo padre è l'unico caso che non sa come prendere. poi
con
enji c'è sempre stato questo rapporto particolare in cui
riescono a capirsi a vicenda senza nemmeno parlare (vedi capitolo 245),
senza contare tutta la stima che hawks ripone in lui. quindi niente,
è andata così--
io volevo ringraziarvi perché questa cosina sta ricevendo
tanto
affetto e, da pessimista quale sono, non me l'aspettavo minimamente.
però mi fa tanto piacere, proprio perché come
dicevo
l'altra volta questo è un progetto che ho molto a cuore.
per il prossimo capitolo ci sarà un po' da aspettare,
più
che altro perché mi sono ripromessa di postare al massimo un
paio di volte al mese sì,
mi sto ancora riprendendo dal writober.
tra l'altro, qualcuno ha notato il giochino scemo dei giorni di
pubblicazione (sì, era voluto per l'alternanza dei numeri 1
e 2,
non esattamente delle cifre casuali quando si ha a che fare con questi
personaggi)? e lo so che in teoria la storia è
già finita
quindi non ha senso far passare tanto tempo tra un aggiornamento e
l'altro, però magari così ci divertiamo di
più,
dai.
vi anticipo che il prossimo è un capitolo che mi piace
particolarmente, uhuh.
bene, con questo direi che è tutto, ci vediamo alla prossima!
aria
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Capitolo 3 *** A place to call home ***
Al risveglio, Hawks viene avvolto dall’aroma intenso di
legno, che impregna tutto ciò che lo circonda.
Ci mette qualche secondo a persuadersi di aver passato la notte a casa
Todoroki. Gli eventi delle ultime settantadue ore gli sembrano tutti
così assurdi, irreali…
Si distende supino nel futon, accartocciando le lenzuola sul fondo.
Fissa il soffitto, confuso, cercando di razionalizzare i pensieri che
avverte ronzare nella propria mente.
Per essere mattina, fa già un gran caldo. Probabilmente ha
dormito più a lungo del solito, considerata la stanchezza
che si
portava dietro.
Il che è un problema, visto che al momento non è
a casa sua ma ospite di Endeavor.
Il ragazzo balza in piedi, boccheggiando. Nella stanza di Shoto non
c’è una sveglia, ma è terrorizzato al
pensiero che
si sia fatto fin troppo tardi. Magari ha avuto una chiamata
d’emergenza e deve correre in agenzia, figurarsi se
può
perdere tempo restando lì a casa ad aspettare lui…
Si passa in fretta e furia una mano tra i capelli dorati, trovandoli
tremendamente arruffati e in disordine. Sono un disastro, ma
avrà tempo per sistemarli dopo che si sarà
accertato di
non star comportando un disagio a Endeavor.
Prima di aprire le shoji che danno sul corridoio, Hawks
s’immobilizza per un momento, una mano stretta attorno al
telaio
di legno. Gli sembra ancora incredibile di aver dormito a casa del suo
eroe. Sa bene che, fin da quando Enji gliel’ha proposto, un
senso
di soggezione s’è impossessato di lui. E come
sarebbe
potuto essere diversamente, d’altronde? Per anni ha guardato
a
quell’uomo come la sua massima fonte d’ispirazione,
ed
è esattamente questo che continua ad essere per Keigo.
È
consapevole di provare dei sentimenti molto forti nei confronti di
Enji, tuttavia ha sempre soffocato le proprie emozioni, convinto di non
poter mai essere ricambiato. Si sente sopraffatto da tutta questa
situazione, avere Enji così vicino, costantemente
preoccupato
per lui gli fa battere il cuore fin troppo in fretta, e si era
ripromesso di non lasciar succedere una cosa del genere.
Solo che, in questo momento, non riesce proprio a metterci un freno.
Hawks chiude gli occhi per un momento, inspirando a fondo e stringendo
con forza il telaio nella mano, finché le nocche diventano
bianche.
Okay. Può farcela.
Lentamente fa scorrere la shoji di lato, che gli apre la vista sul
corridoio.
Spera di aver memorizzato a sufficienza il percorso che Endeavor gli ha
mostrato la sera precedente. Inizia a camminare lungo il corridoio, i
piedi nudi che lenti si muovono sul legno.
Ritrova Enji nella sala che ha intravisto la sera precedente e in cui
gli ha detto che di solito consuma i pasti. È inginocchiato
davanti al tavolino, su cui ha messo diversi cibi e bevande.
Keigo non ha idea di quanto tempo abbia già trascorso ad
aspettarlo lì.
«Oh, buongiorno!», esclama, portandosi una mano
dietro alla
nuca, in imbarazzo. «Spero di non averti fatto attendere
troppo.
Non… non è troppo tardi, vero?»
Enji solleva lo sguardo, sembra quasi sorpreso di vederlo. Il ragazzo
ha un’espressione riposata in volto, e la cosa lo fa sentire
così sollevato che riesce perfino ad abbozzare un sorriso.
«No, tranquillo», lo rassicura. «Mi sono
svegliato
un’oretta fa ma ho preferito aspettarti per fare colazione.
Prego, accomodati.»
A quell’invito, Keigo non può far altro che
inginocchiarsi
a terra. Credeva che si sarebbe trovato più in
difficoltà, invece il clima che avverte tra loro quella
mattina
è particolarmente mite e rilassato, lo fa sentire a suo
agio.
«Per caso hai ricevuto qualche chiamata dalla tua
agenzia?», s’informa il ragazzo. «Sono
terrorizzato
all’idea di star tenendoti lontano dal tuo lavoro, lo
confesso.»
«Che è anche il tuo lavoro,
Hawks», gli fa notare Enji. «No, comunque nulla.
Come hai dormito?»
«Uh, benissimo!», confessa Keigo. Per sottolineare
il
concetto allunga le braccia verso l’alto, stiracchiandosi
appena.
Enji sorride, sembra rassicurato da quella risposta. Keigo, invece, non
può fare a meno di notare il leggero accenno di occhiaie
osservando il volto dell’uomo.
«Tu, piuttosto, sicuro di non essere stanco?»,
domanda Hawks, preoccupato. «Hai una
faccia…»
Enji si sente un’idiota per aver sperato che il ragazzo non
se ne
accorgesse. Alla fine è rimasto a vegliare su di lui fino
alle
cinque del mattino, quando ha cominciato ad albeggiare. A quel punto,
vedendo Hawks tranquillo, è tornato in camera sua e ha
provato a
riposarsi per un paio d’ore, ma decisamente quello scarso
lasso
di tempo non è stato sufficiente a cancellare ogni traccia
di
stanchezza dal suo volto.
«Sì, tutto a posto,
tranquillo…», decide di rispondere, elusivo.
Keigo inarca le sopracciglia, preoccupato.
«Sicuro?»,
chiede ancora, apprensivo. «Guarda che se sei in ansia per
qualcosa riguardo al lavoro o qualsiasi altro argomento puoi parlarne
con me, lo sai…»
Hawks allunga la mano sopra il tavolo, cercando quella
dell’altro
per dargli conforto. Ha paura che quello che gli ha raccontato possa
aver riaperto in lui ferite che sta cercando di far rimarginare da fin
troppo tempo.
Enji accoglie con gentilezza il tocco dell’altro.
«Lo so. Ti ringrazio», gli assicura, rincuorato.
Hawks accenna un sorriso nella sua direzione. Osservandolo, si accorge
di un dettaglio che trova insolito. «Uh, non ti facevo tipo
da
caffè al mattino!», confessa, riferendosi alla
tazza che
Enji tiene tra le mani.
L’uomo gli rivolge uno sguardo confuso, poco dopo
però
sembra intuire a cosa il ragazzo stia accennando. «In
realtà preferisco il tè. Il caffè non
è
esattamente l’ideale visto il mio… carattere,
ma senza prenderne una buona dose al mattino fatico ad iniziare al
meglio la giornata», spiega, comprensivo. «Allora,
cosa
posso offrirti per colazione?»
Keigo decide di cogliere al balzo il cambio di argomento per cercare di
alleggerire l’atmosfera. «Caffè,
assolutamente!», risponde subito, sicuro.
«Però mi
serve una tazza bella alta…»
Enji lo osserva dubbioso per qualche secondo, ma alla fine solleva dal
tavolino una tazza verde che sembra rispondere ai requisiti che gli ha
indicato Keigo. «Questa va bene?», chiede.
«È perfetta!», esclama Hawks.
«Ora potresti versarmi il caffè, per
favore?»
«Certamente.» Enji recupera la caffettiera,
versando il contenuto nella tazza.
«Così?»
«Mh, mh. Poi aggiungo latte…», spiega il
ragazzo,
aprendo in fretta la bottiglia e riempiendo la tazza fin quando non
è colma quasi all’orlo. «E lo zucchero!
Tanto
caffè, tanto latte e tanto zucchero! Più
è dolce e
più è buono!»
Enji osserva divertito Keigo mentre agita vigorosamente il cucchiaino
per mischiare per bene tutti gli ingredienti della sua bibita.
«E
da mangiare cosa prendi? Nella credenza ho trovato brioche
confezionate, biscotti, cereali…»
«Penso che opterò per i biscotti», gli
confessa
Hawks, pescando un frollino al cioccolato dalla busta sul tavolo e
portandoselo alle labbra. «Allora, qual è il piano
per la
giornata?»
Enji resta per un momento assorto a fissare le briciole di biscotti che
si posano vicino alle labbra del ragazzo. «Direi che ci
conviene
andare a prendere lo shinkansen per Fukuoka il prima
possibile»,
ammette. «Probabilmente arriveremo lì nel primo
pomeriggio, per cui suppongo che ci potremo concedere una piccola pausa
per il pranzo. Dopodiché andrei subito verso casa tua,
così possiamo recuperare quello che ti serve. Purtroppo il
viaggio è un po’ lungo, quindi penso che non
riusciremo a
tornare a Tokyo che a tarda sera, però ce la possiamo
fare.»
Hawks gli sorride incoraggiante. Ora che ci pensa, quella è
la
prima volta che fanno quel tragitto insieme, nell’unica
–
disastrata – occasione in cui Enji lo ha raggiunto a Fukuoka
infatti lui si è limitato ad andare a prenderlo in stazione
all’arrivo e a riaccompagnarlo una volta giunto il momento
della
partenza.
Non sa perché, ma si sente particolarmente elettrizzato al
pensiero di quell’esperienza.
«Non vedo l’ora!», commenta, strizzando
gli occhi, entusiasta.
Come Enji aveva previsto, quando arrivano a Fukuoka sono circa le
quattro del pomeriggio.
Si fermano a prendere qualcosa da mangiare al volo in un piccolo locale
poco lontano dalla stazione. Alla fine optano per alcuni baozi con
ripieno di carne, e li mangiano mentre camminano lungo le varie strade.
Hawks è felicissimo di fare da guida. Quella gli sembra
l’occasione che attendeva da un po’ per cercare di
porre
rimedio all’unica altra occorrenza in cui lui ed Endeavor si
sono
trovati insieme nel Kyushu. È un pomeriggio mite,
nell’aria c’è una brezza tiepida che
preannuncia
l’arrivo imminente dell’estate, sembra il clima
perfetto
per concedersi una passeggiata.
Di tanto in tanto Keigo ne approfitta per mostrare a Enji questa cosa o
quell’altra. Spera di coinvolgerlo col suo entusiasmo, che
riesca
a percepire quanto sia felice al pensiero che loro due siano
lì,
insieme, l’uno accanto all’altro e, a giudicare
dall’espressione serena sul volto di Endeavor, probabilmente
qualcosa sta trasparendo.
Mentre sono fermi ad un incrocio, aspettando che scatti il verde per
l’attraversamento pedonale, Keigo avvicina il viso alla
propria
spalla.
«Mh. Mi sa che ho bisogno di farmi una
doccia…», commenta, arricciando il naso.
La scena strappa un altro sorriso a Endeavor. «Va bene,
vorrà dire che ci penserai quando torniamo
stasera»,
propone, conciliante.
Hawks si volta a guardarlo, e gli rivolge il sorriso più
luminoso del mondo di rimando. Quella vista finisce per scaldare il
cuore di Endeavor, che si limita a tossicchiare per nascondere quel
poco di colore che ha tinto le sue guance. Poco dopo il semaforo
permette loro di attraversare, e anche quel momento finisce per cadere
nel limbo delle cose già dimenticate.
In ogni caso, Enji cerca di rimanere comunque abbastanza vigile. Se il
padre di Hawks non si è ancora spostato dal Kyushu,
probabilmente potrebbe ancora essere lì da qualche parte, in
giro per Fukuoka. Dubita che possa attaccarli così
apertamente,
tuttavia la prudenza non è mai troppa.
Quando guarda Hawks, però, sente di star vacillando. Il
ragazzo
ha un’espressione così felice e rilassata in
volto, Enji
si ritrova a pensare che vorrebbe vederlo sempre così. Per
un
momento gli sembra che i contorni di ciò che li circonda
stiano
svanendo, ci sono solo loro, i loro sorrisi tranquilli e il cielo
aranciato che si avvia verso il tramonto.
Hawks gli appare un po’ più turbato solo quando
raggiungono la via in cui abita. È come se si aspettasse di
veder comparire di nuovo suo padre in qualsiasi momento. Endeavor cerca
istintivamente la mano del ragazzo, stringendola nella sua.
A quel gesto, Keigo solleva lo sguardo su di lui, stupito. Enji gli
rivolge un sorriso, che spera sia per lui incoraggiante, e gli occhi di
Hawks si colmano all’istante di gratitudine.
Attraversare quella via, adesso, è decisamente
più
facile. Si ritrovano in fretta davanti alla casa del ragazzo, e Keigo
fruga nelle tasche dei pantaloni alla ricerca delle chiavi.
Che situazione paradossale. Mai in vita sua si sarebbe aspettato di
veder entrare l’eroe che da sempre aveva amato più
di ogni
altro nella propria abitazione, eppure eccoli lì.
Le chiavi girano nella toppa, le mani di Hawks che tremano appena, e la
porta si apre davanti a loro.
«Benvenuto a casa mia», lo accoglie Keigo, e gli
occhi di
entrambi iniziano a vagare nel nuovo spazio che li accoglie.
Enji nota subito che, in effetti, la casa di Hawks è ben
diversa
dalla sua. Già dalla conformazione la definirebbe una
piccola
villetta a schiera in un moderno quartiere residenziale, nulla a che
vedere con i grandi spazi a cui è abituato.
All’ingresso
c’è un tavolino di vetro, forse per appoggiare
chiavi o
altri piccoli oggetti all’arrivo, sormontato da uno specchio.
Keigo chiude la porta alle loro spalle, e insieme si avviano
più
all’interno della casa. Enji individua il soggiorno, ampio e
spazioso, in cui spiccano un divano dall’aspetto comodo e un
bel
televisore. Sul lato opposto rispetto a quella stanza, invece,
c’è la cucina.
«Beh, non è affatto male qui», commenta
Enji, tornando ad osservare il ragazzo.
«Sono felice che ti piaccia!», ammette Keigo.
«Non ho
mai avuto voce in capitolo, visto che la casa ce l’ha trovata
l’HPSC e poi a tenerla ci ha pensato mia madre. Comunque, le
camere sono al piano di sopra!»
Endeavor è quasi sorpreso che ci sia un altro piano, ma non
può negare a se stesso di aver intravisto il corrimano delle
scale fin da quando ha fatto ingresso là dentro.
Così si
limita a seguire Hawks su per i gradini di legno, il ragazzo che gli fa
abilmente strada.
Keigo procede diretto fino in camera sua, e a quel punto Enji decide
che la cosa migliore da fare sia rimanere sulla soglia ad aspettarlo.
Camera di Hawks è incredibilmente in ordine, non se lo
sarebbe
mai aspettato. Il letto è rifatto, gli oggetti sono in
ordine
sia sulla cassettiera che sulla scrivania. Considerando che vive da
solo da circa un anno, se l’è cavata decisamente
bene.
La stanza di Tomie doveva essere quella di fronte. Enji intravede un
letto con le coperte in ordine, ma sa bene che nessuno dorme
più
lì ormai da diverso tempo.
Nel frattempo Keigo ha recuperato un borsone e ci sta mettendo dentro
un po’ di vestiti puliti. La presenza di Enji a pochi passi
da
lui, in un certo senso, lo rilassa.
Chiude il pc nella borsa per trasportarlo, per poi dare
un’occhiata in giro. Non gli sembra di aver bisogno
d’altro, ma ci riflette comunque un’ultima volta
per
sicurezza.
«Hai preso tutto?», gli domanda Enji, che nel
frattempo ha di nuovo spostato lo sguardo su di lui.
«Mh mh», gli conferma Hawks. «Direi che
possiamo andare.»
Prima che Keigo esca dalla stanza, Enji si decide finalmente a entrare.
Percorre giusto qualche passo, per poi fermarsi quasi subito, nei
pressi della cassettiera, dove ha notato qualcosa che ha attirato la
sua attenzione.
«E questo?», domanda, prendendo tra le mani un
oggetto che ha trovato là sopra.
Keigo ridacchia, avvicinandosi a lui. Fin da quando sono saliti in
camera sua si è sentito in imbarazzo al pensiero che Enji
potesse vedere il peluche di Endeavor che ha continuato a conservare in
tutti quegli anni.
«Ce l’ho da quando sono piccolo»,
confessa. «Non dovresti essere sorpreso che io sia un tuo
fan, number one.»
Enji si lascia sfuggire uno sbuffo imbarazzato, posando nuovamente il
peluche sulla cassettiera, il che fa ridacchiare Keigo, divertito. Alla
fine l’uomo esce dalla stanza, e il ragazzo si limita a
seguirlo.
Endeavor gli lancia uno sguardo perplesso vedendolo pieno di borse.
Pensa al livido sul suo volto e all’aspetto emaciato in cui
l’ha visto ridotto in quegli ultimi giorni, per poi muoversi
spontaneamente verso di lui poco dopo. «Lascia, faccio
io»,
propone, riferendosi a quei pochi bagagli.
Hawks gli rivolge uno sguardo perplesso, tuttavia alla fine si lascia
sfuggire un sospiro e gli consegna la tracolla del pc e il borsone coi
vestiti a Endeavor. La verità è che, nonostante
quella
mattina si sia svegliato più riposato, adesso la stanchezza
di
quegli ultimi giorni sta ricominciando a farsi sentire.
Enji sembra soddisfatto del risultato ottenuto. Un sorriso gli balena
per un momento in viso, dopodiché riprende ad attraversare
la
casa, seguito a breve distanza da Hawks.
Scendono di nuovo giù per le scale, fino a tornare
all’ingresso. A un certo punto, però, Enji sente
un gemito
di dolore che lo mette subito in allarme, costringendolo a voltarsi.
Trova Keigo piegato su se stesso, le braccia strette attorno al proprio
corpo, e questo basta a riempirlo di paura.
«Hawks!», lo chiama, terrorizzato. Lo raggiunge
all’istante, stringendolo a sé.
«S-se continui a restarmi così vicino mi fai
mancare il
respiro, Endeavor-san…», lo provoca Keigo,
lanciandogli
uno sguardo ammiccante.
Enji lo fulmina con lo sguardo. «Ti sembra il momento di
flirtare, ragazzino?», lo rimprovera, ma la sua voce non
suona
per niente arrabbiata, piuttosto solo terribilmente preoccupata.
«Ho f-flirtato con te fin dal primo momento in cui ci siamo
incontrati, se non te ne fossi accorto…», gli fa
notare il
ragazzo. Un sorriso compare sul suo volto nell’osservare lo
sbigottimento di Endeavor, ma poco dopo entrambi sono costretti a
mutare espressione. Keigo, infatti, sembra essere scosso da una nuova
fitta di dolore, il volto che si contrae per la sofferenza, mentre Enji
torna a posare su di lui occhi pieni di apprensione.
«M-male… f-fa male…»,
farfuglia il ragazzino,
cercando di stringere le braccia attorno a un punto della pancia.
Endeavor lo solleva attentamente da terra, prendendolo in braccio e
tenendolo saldamente contro il proprio corpo.
«Piano…», mormora, provando a
tranquillizzarlo.
Attraversa il soggiorno con ampie falcate, fino a raggiungere il
divano. Una volta giuntovi davanti, sistema il corpo del ragazzo
comodamente su di esso, per poi inginocchiarsi accanto a lui.
Hawks cerca di rannicchiarsi su se stesso, il volto contratto e un
po’ arrossato. Enji gli accarezza la fronte e le guance,
cercando
di rassicurarlo.
«Ehi…», lo chiama piano, ha quasi paura
di spaventarlo. «Posso fare qualcosa per te?»
Keigo cerca di riacquisire lucidità in fretta.
«I-in
camera di mia madre, nell’armadio… dovrebbe
esserci una
coperta di plaid blu. Potresti prendermela, p-per favore?»,
chiede, debolmente.
Enji è in parte confuso da quella richiesta, ma decide
comunque
di assecondarla. «Certo», gli assicura, lasciando
un’ultima carezza sulla sua fronte.
Non è affatto entusiasta all’idea di lasciarlo da
solo,
anche se per breve tempo. Tuttavia cerca di convincersi dicendosi che
se fa in fretta, poi dopo potrà subito raggiungerlo
nuovamente.
Rivolge uno sguardo pieno di apprensione al ragazzo, per poi decidersi
ad alzarsi.
Seguendo le indicazioni di Hawks, riesce a trovare la coperta a colpo
sicuro. Cerca di non muovere niente a parte ciò che gli
serve,
vuole lasciare quel luogo immutato, così come l’ha
trovato. In caso contrario, gli sembrerebbe quasi di mancare di
rispetto a Keigo.
Poco dopo, sta già scendendo di nuovo giù per le
scale.
Ritrova Keigo sul divano, esattamente nella posizione in cui
l’ha lasciato.
«Grazie…», mormora il ragazzo quando gli
consegna il
plaid. Se lo avvolge intorno alle spalle, stringendoselo al corpo.
Enji torna a inginocchiarsi ai piedi del divano. «Mi hai
fatto
prendere un colpo», ammette, puntellando un gomito su un
cuscino
e posando una guancia sulla mano chiusa a pugno per poterlo guardare
meglio.
«Scusami, non volevo allarmarti…», si
affretta a giustificarsi Keigo. Sembra sinceramente mortificato.
«Ma figurati se devi scusarti per una cosa del
genere», cerca di tranquillizzarlo Endeavor.
Hawks accenna un sorriso nella sua direzione, ma sembra ancora
parecchio dolorante. Enji osserva il modo in cui le sue mani
massaggiano la parte alta della pancia, all’altezza dello
stomaco, e anche quella bassa.
«Posso vedere?», chiede, per poi mordersi la lingua.
Quella è una richiesta un po’ delicata, lo sa
bene. Gli
sembra quasi di invadere lo spazio personale di Hawks, e non sa se il
ragazzo ha intenzione di condividerlo con lui.
Keigo non sembra essere particolarmente a disagio per via di quella
domanda. Forse, più che l’idea di rimanere a torso
nudo
davanti a Enji, a turbarlo è la consapevolezza che
l’uomo
prenda effettivamente atto delle condizioni in cui è ridotto.
Ciononostante, Keigo si solleva appena col busto. La coperta gli cade
dalle spalle, e afferra il bordo della t-shirt, sollevandolo con
entrambe le mani, scoprendo progressivamente il proprio petto agli
occhi di Endeavor.
Il corpo di Hawks è tonico, esattamente come quello di tutti
gli
eroi. Ha muscoli ben delineati, e in diversi punti sono chiaramente
individuabili le cicatrici che raccontano anni di battaglie. Enji resta
incantato a osservarlo per qualche secondo, incapace di negare a se
stesso di trovarlo bellissimo. Sa bene che ha ormai smesso da tempo di
considerare Hawks semplicemente come un ragazzino fastidioso, solo che
ha sempre preferito negarlo a se stesso.
Perché la verità è sempre stata
particolarmente difficile da accettare.
Ad attirare maggiormente l’attenzione di Endeavor,
però,
sono le vistose ecchimosi che percorrono la pelle. Sembrano
più evidenti all’altezza dello stomaco e della
parte bassa
del ventre, esattamente i punti che Enji ha notato Hawks massaggiare
con maggiore insistenza.
Si sente così furioso alla vista di
com’è stato
ridotto il ragazzo. Vorrebbe trovare quell’uomo
all’istante
e sistemarlo a dovere.
Non c’è nulla di giusto, in tutta quella storia.
Hawks
è un suo amico, tiene tantissimo a lui, non si merita in
alcun
modo di soffrire così.
Quei lividi, però, mettono anche in azione un tarlo che
comincia a mangiucchiargli il cervello.
Questo, in fondo, non è poi molto diverso dallo stato in cui
fin
troppe volte ha lasciato Shoto a riversare. Chi è lui per
fare
la morale a qualcuno su un argomento del genere?
Una persona che sta facendo del suo meglio per diventare migliore,
probabilmente.
Istintivamente, avvicina la mano alla pelle livida di Keigo. Hawks
sussulta al contatto, tuttavia non si sottrae.
Gli ematomi sono parecchio scuri e preoccupanti. Enji comincia a
domandarsi se non sia il caso di farli visitare da un medico.
Le dita di Enji percorrono quella pelle livida, cercando di rilasciare
un poco di calore col suo quirk nel mentre. Hawks sembra rilassarsi
all’istante, tanto che si lascia sfuggire un sospiro di
sollievo,
sistemandosi meglio con la schiena contro il bracciolo del divano e
chiudendo gli occhi.
«Meglio?», s’informa Endeavor, disegnando
caldi arabeschi sulla sua pancia.
«Mh mh», annuisce il ragazzo, grato.
È una situazione così rilassante che potrebbero
restarci
immersi entrambi all’infinito. Dalle finestre con le
tapparelle
abbassate, penetra appena la luce aranciata del tramonto.
Quando tornano a casa le dieci di sera sono ormai passate da un pezzo.
Keigo attraversa l’ingresso quasi sfrecciando. Enji lo guarda
con
una certa incredulità, sembra che i malesseri di quel
pomeriggio
siano svaniti nel nulla.
«Stasera cucino io!», proclama, allegro.
Enji non fa in tempo a replicare che il ragazzino è
già sparito in cucina. Rassegnato, si limita a seguirlo.
«Da quando in qua sai cucinare?»,
s’informa, mentre sta ancora camminando lungo il corridoio.
Keigo, nel frattempo, si aggira tra i mobili della cucina.
«Mia
madre se ne è andata via di casa da un anno, non potevo
andare
avanti a cibo takeaway! O meglio, all’inizio ci ho provato,
però ho scoperto che non era una cosa molto
salutare…», spiega. Apre un pensile della credenza
sopra
ai fornelli, osservando ciò che contiene con aria perplessa.
«E poi mi stai letteralmente ospitando in casa tua, questo mi
sembra il minimo che io possa fare per cercare di sdebitarmi!»
Enji si appoggia con la schiena contro lo stipite della shoji,
osservando il ragazzo muoversi con dimestichezza in
quell’ambiente, come se vi facesse parte da sempre, come se
non
fosse mai stato altrove e appartenesse lì di diritto.
È
una visione che lo riempie di tranquillità, resterebbe
lì
a guardarlo tra tegami e ingredienti per il resto dei suoi giorni.
«Te l’ho già detto, è una
cosa che faccio con
piacere», commenta, incrociando le braccia al petto.
«E io faccio con piacere questa cena! Direi che siamo
pari!», insiste Hawks. Enji non lo vede in volto
perché,
dalla posizione in cui si trova, il ragazzo è di spalle
rispetto
a lui, tuttavia riesce a immaginare perfettamente il sorriso luminoso
che gli sta incurvando le labbra in quel momento. Keigo apre uno dei
pensili e diverse pentole minacciano di cadergli addosso,
così
lo richiude subito alla velocità della luce.
«Va bene», si arrende infine Enji, chiudendo gli
occhi per
un momento e lasciandosi sfuggire un sospiro. «Allora che
cosa mi
cucini?»
«Ecco!», esclama Hawks, soddisfatto. Il ragazzo
apre il
frigorifero e i suoi occhi sembrano illuminarsi per una realizzazione
improvvisa. «Pollo, peperoni…»
Mentre parla, tira fuori man mano i vari ingredienti che elenca. Chiuso
il frigorifero, passa alla credenza. «Salsa di soia e semi di
sesamo! Direi che ci sono tutti gli ingredienti per fare un gran
piatto», comunica, con una certa fierezza.
«Mh. E io cosa posso fare per aiutarti?», gli
chiede Enji.
«Proprio un bel niente!», ridacchia Keigo.
«Tu stai
lì e guardi, vedrai che ti tiro fuori un
manicaretto!»
Enji scuote la testa, ma in realtà sta sorridendo anche lui.
Keigo estrae un tagliere da un cassetto e, recuperato un coltello,
inizia ad occuparsi dei peperoni.
«Comunque chissà perché mi aspettavo
che la tua
scelta sarebbe ricaduta sul pollo», commenta Endeavor,
osservando
i filetti che Hawks ha lasciato per il momento sul bancone della
cucina. Stacca la schiena dal telaio della shoji, incamminandosi in
direzione dei fornelli.
«Oh, andiamo, non puoi biasimarmi per questo»,
ribatte
Keigo, mentre sistema una grossa padella sul fuoco e ci versa dentro
abbondante olio. «Dopotutto, sai che è una delle
mie
più grandi debolezze.»
«Non lo faccio, infatti», gli assicura Enji.
L’uomo
apre il frigorifero, da cui estrae una bottiglia di vino bianco.
Hawks gli lancia uno sguardo incuriosito. «Mh? E che ci fai
con quella?», domanda infatti poco dopo.
Enji recupera un cavatappi dal cassetto. Poco dopo, stappata la
bottiglia, sfila due calici dalla credenza, riempiendoli con una
piccola quantità della bevanda. «Te lo offro, che
domande», spiega l’uomo, porgendogli uno dei due
bicchieri.
Keigo accetta il calice con condiscendenza. A contatto con la sua
pelle, il vetro risulta incredibilmente freddo, reso ancor
più
gelido dal vino che contiene. «Uh, ma grazie!»,
commenta,
sinceramente affascinato da quel gesto.
Enji mesce appena la bevanda all’interno del bicchiere con un
lieve gesto della mano. «A cosa brindiamo?»,
domanda,
tendendo appena il proprio calice verso quello del ragazzo.
Keigo sembra rifletterci per qualche istante. Di colpo,
però, i
suoi occhi vengono attraversati da una scintilla di consapevolezza.
«A questo luogo», propone Hawks. «Che
possa diventare
un posto da chiamare casa.»
Enji resta molto colpito da quelle parole. Ha l’impressione
che,
in quelle poche ore che vi ha trascorso, Hawks abbia già
percepito come, a conti fatti, Endeavor stesso si senta un alieno in
casa propria. In un certo senso, il pensiero che Keigo stia facendo di
tutto per rendergli quel posto più accogliente non
può
che farlo rasserenare.
Enji unisce il bicchiere a quello del ragazzo, facendoli tentennare
lievemente.
A fine cena, sul tavolino rimangono soltanto le ciotole ormai vuote.
Il pollo preparato da Hawks era a dir poco delizioso. Enji ne ha
mangiato ogni singolo pezzo, e ora le bacchette sono state finalmente
deposte con soddisfazione.
Come gli aveva annunciato nel pomeriggio, Keigo è andato a
farsi
una doccia. Lui, invece, è uscito in veranda per fare
qualche
telefonata.
L’aria è ancora quella del giorno appena
trascorso, secca
e calda. Giugno e l’estate sono in arrivo, e sembrerebbe
tutto
così incredibilmente tranquillo, se non fosse per il motivo
che,
di colpo, ha portato Hawks a vivere in casa sua, sotto la protezione
che Enji gli offre.
Enji resta per un po’ ad osservare il giardino di casa
Todoroki
nella penombra della sera. Sente delle cicale frinire, in lontananza,
forse su dei pini.
Le persone a cui deve telefonare sono probabilmente quelle con cui, in
generale, comunica più spesso. Estrae il cellulare dalla
tasca
dei pantaloni, non deve cercare a lungo, i numeri che cerca sono
letteralmente i primi due del registro.
La prima chiamata è per Fuyumi. In questi giorni la ragazza
è partita per una breve vacanza a Okinawa, assieme ad alcune
ex
compagne di università.
Nonostante l’orario, la ragazza risponde subito dopo pochi
squilli. «Papà? Tutto bene?», domanda,
accettando la
chiamata.
Sentire la voce cristallina di Fuyumi ha su Enji lo stesso effetto di
trarre una boccata d’ossigeno fresco dopo lungo tempo
– in
fondo, gli ultimi due giorni sono stati parecchio impegnativi, e gli
sembra di star riuscendo a smaltire la tensione solo in quel momento.
Si lascia sfuggire un breve sospiro, chiudendo gli occhi per un
istante. «Fuyumi. Sono felice di sentirti», si
ritrova ad
ammettere.
Dall’altro capo del telefono, Enji avverte il rumore delle
onde
che s’infrangono quiete sulla sabbia. Immagina che sua figlia
si
sia concessa una passeggiata in riva al mare, prima di andare a dormire.
Fuyumi si sistema una ciocca di capelli candidi dietro
l’orecchio. Fissa l’oceano davanti a sé,
scuro nella
notte, perdersi verso l’orizzonte, mentre il vestito bianco
che
indossa ondeggia appena nella leggera brezza marina. «Certo
che
è tardi per una chiamata», si ritrova a valutare
la
ragazza. «È successo qualcosa? Hai fatto di nuovo
tardi al
lavoro?»
«No, è tutto a posto, tranquilla. In
realtà oggi mi
sono preso un giorno libero», confessa Enji. «Come
sta
andando la vacanza?»
«Bene!» Fuyumi continua a camminare, i piedi che
percorrono
la sabbia umida. «Oggi le ragazze hanno voluto visitare
l’isola di Taketomi. Ci sono delle stradine caratteristiche e
delle case particolari, è stato davvero bello!»
L’entusiasmo del racconto di sua figlia finisce per
contagiare
anche lui. Sul viso gli compare un accenno di sorriso. «Sono
felice che ti stia divertendo», ammette. «Fuyumi,
io… avrei bisogno di chiederti una cosa.»
La ragazza si siede sulla spiaggia, osservando la schiuma biancastra
delle onde avanzare e ritrarsi a seconda del moto del mare.
«Certo, dimmi pure», lo esorta lei, comprensiva
come sempre.
Enji fissa un punto indefinito del giardino buio. «Hawks sta
avendo diversi problemi, ultimamente», spiega, cercando di
non
entrare troppo nello specifico per non violare la privacy del ragazzo.
«Al momento lo sto ospitando qui a casa perché mi
è
sembrata la cosa migliore da fare. Ci tenevo ad avvisarti
così
da non spaventarti se dovessi passare da queste parti, e poi anche
perché, dopotutto, tu stessa hai vissuto qui così
a
lungo…»
«Papà.» La voce di Fuyumi lo interrompe
con
gentilezza. «Guarda che non devi chiedermi il permesso per
ospitare Hawks a casa tua. Lui è un bravo ragazzo, se al
momento
sta attraversando un periodo di difficoltà e ritieni che
ospitarlo da te possa aiutarlo non ci trovo nulla di male. E poi sono
sempre stata dell’idea che avere qualcuno in giro per casa
non
potesse che farti bene, lo sai.»
Enji resta per un momento in silenzio, lo sguardo che si sposta tra le
varie fronde degli alberi. Un soffio di vento fa muovere i rami, ed
Enji lo sente raggiungere la sua pelle. È grato alle parole
di
sua figlia, se ne sente così profondamente rassicurato.
«Fuyumi, grazie…», mormora, ritrovandosi
a chiudere di nuovo gli occhi.
Gli sembra quasi di sentire il rumore delle labbra di Fuyumi che si
piegano in un sorriso. «Papà, non mi devi
ringraziare per
questo, lo sai…», commenta, dolcemente. In
lontananza, si
avvertono dei passi e una voce. «È Shizuka. Devo
andare.
Ci sentiamo presto, papà, e mi raccomando, cerca di
preoccuparti
un po’ meno! Ti voglio bene, buonanotte!»
«Buonanotte, Fuyumi. Ti voglio bene
anch’io», mormora
Enji. Poco dopo, avverte il suono dell’apparecchio che viene
riagganciato.
La telefonata con Fuyumi gli ha messo addosso un po’ di
malinconia, ma al tempo stesso lo ha sollevato. Forse si è
preoccupato troppo, già.
In ogni caso, per non correre rischi, Enji decide che è
meglio effettuare anche la seconda chiamata.
Questa volta il cellulare squilla un po’ più a
lungo.
Quando dall’altro capo rispondono, Enji sente un gran
frastuono
in sottofondo. «Chi diavolo è che chiama a quest‒
oh,
capo. Sei tu. Buonasera…» Moe si morde il labbro
inferiore, sperando di non aver fatto una figuraccia infernale. Mette
in pausa la serie tv che stava vedendo al pc e si tira meglio a sedere
sul letto.
«Buonasera, Burnin. Spero di non averti
disturbata», commenta Enji, in tono piatto.
«No, nessun disturbo! Tra poco sarei andata a dormire ma
adesso
sono ancora sveglia», si appresta ad assicurargli la sua
sidekick. «Allora, a cosa devo questa chiamata?»
Endeavor si slaccia un bottone del colletto della camicia.
«Domani sarò in ufficio, ma ho bisogno che tu
faccia delle
ricerche per me», si limita a spiegare. «La prima
riguarda
l’HPSC.»
Enji sente dei rumori confusi dall’altra parte del telefono,
probabilmente Burnin arranca lungo il letto fino ad arrivare alla
scrivania. Poco dopo, infatti, la sente appuntare qualcosa a matita,
forse su un taccuino. «L’HPSC? Come
mai?», domanda
lei, confusa.
«Adesso non posso spiegarti, domani ti dico. Vedi se riesci a
trovare documenti desecretati. Mi servono dei contatti, perlomeno dei
membri che erano al vertice», risponde Enji, evasivo.
«La
seconda ricerca è sul caso Takami. Me ne sono occupato anni
fa.
Dovrebbero esserci ancora dei rapporti a riguardo, perlomeno in
archivio…»
Dall’altro capo c’è silenzio. Burnin ha
smesso di
prendere appunti da qualche secondo. «Il caso
Takami?»,
chiede. «Capo, è successo qualcosa a Hawks? Devo
preoccuparmi?»
Enji si preme una mano contro il viso, tirando un sospiro esausto.
È stanco. E ha un’assistente fin troppo
perspicace.
«No», taglia corto. «Voglio solo
accertarmi di un
paio di cose, tutto qui. Tu occupati di queste ricerche e vedrai che
non ci saranno problemi.»
Moe esita ancora per qualche secondo. «Okay»,
concede
infine, spostando il peso del corpo da un piede all’altro.
«Domani ti faccio trovare tutto pronto sulla tua scrivania.
Buonanotte, capo!»
Enji chiude la chiamata senza salutarla. Di colpo tutte le
preoccupazioni che lo stanno angustiando si fanno di nuovo sentire.
I lividi sulla pelle di Hawks tornano a tormentarlo, e sente lo stomaco
stringersi in una morsa. Se solo pensa a come quel mostro ha osato
ridurlo… al dolore a cui ha costretto un ragazzo
innocente…
Vorrebbe trovare quell’uomo e ridurlo in cenere in quel
preciso
istante. Pagherà per tutte le sofferenze che ha inflitto al
figlio, Enji è deciso a non concedergli sconti.
In quel momento, Keigo fa capolino da dietro la shoji socchiusa. Ha
fatto la doccia e si è già cambiato con gli
indumenti per
la notte. Lo osserva con i suoi grandi occhi dorati, come percependo
nell’aria che qualcosa non va.
Enji è piuttosto certo che non abbia sentito niente di
ciò che lui e Moe si sono detti.
«Va tutto bene, Endeavor-san?», gli domanda,
preoccupato.
Enji accenna un sorriso nella sua direzione. «Sì,
certo», cerca di rassicurarlo. «Vieni
qui.»
Avvicina una mano a quella del ragazzo, stringendola nella sua e
attirandolo a sé. Keigo gli vola tra le braccia, ed Enji ne
approfitta per passargli una mano tra i capelli dorati, ancora umidi di
doccia. Inizia a frizionargli la cute, rilasciando un poco di calore
col suo quirk per asciugarli nel mentre.
Keigo ride, il gesto gli fa il solletico. Enji fissa il suo sorriso
pieno di incanto.
E si ritrova a valutare che sì, in effetti quello
è davvero un bel posto da chiamare casa.
notes
sono tornataaa!
eh sì, è passato un bel po' da quando ho
aggiornato per
l'ultima volta. vogliate scusarmi, sfortunatamente i giochini scemi con
le date non si portano avanti da soli.
in compenso torno con un capitolo parecchio lungo, che supera
abbondantemente le 5.000 parole e che (spoiler) è forse il
mio
preferito di tutta la long. non che succeda nulla di che, ma questo
hurt/comfort croccantello... ahh.
letteralmente il motivo per cui ho scritto la long.
ma andiamo con ordine. una cosa di cui probabilmente mi sono
dimenticata di parlare nelle note del precedente capitolo è
la
fine del matrimonio di enji e rei. troppo semplice e sbrigativa come
soluzione? oh, prendetemi per egoista ma a me premeva di occuparmi del
rapporto tra endeavor e hawks, per cui è andata
così.
parlando di questo capitolo in sé per sé, in
realtà non credo ci sia molto da dire. non so
perché mi
dia delle comfort vibes tanto forti, forse perché la mia
scena
preferita è senza dubbio quella in cui endeavor si prende
cura
dei lividi di hawks e... ah, pure
perfection se chiedete a me.
ma nella disgrazia (perché ricordiamocelo sempre, alla fine
non
è un clima per niente tranquillo quello in cui si trovano)
ci
sono questi spiragli di vita quotidiana che m'infondono un sacco di
pace. loro che fanno colazione insieme, la passeggiata a fukuoka mentre
mangiano (tra l'altro una cosa che io ho assaggiato per la prima volta
allo scorso lucca comics, lol), keigo che prepara la cena, insomma sono
tutte scene che mi piacciono un sacco.
[ aggiornamento non richiesto sulla mia vita: mi sono trasferita a
vivere da sola circa un mesetto fa, sono stanca ma felice. forse sto
iniziando a lavorare a una storia nuova, nel mentre nel manga di mha
sta tipo succedendo il delirio ma meglio non parlarne :)) ]
per ora penso di aver detto tutto. vi ringrazio ancora una volta per
tutto l'amore che inaspettatamente
sta ricevendo questa creaturina ♥
a presto
aria
|
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Capitolo 4 *** Investigations ***
Il mattino seguente, Hawks si risveglia con i raggi del sole che
filtrano tra le ciglia dorate dei suoi occhi socchiusi.
Il ragazzo si lascia sfuggire un lungo mugolio, rotolando tra le
coperte fino ad affondare il volto nel cuscino.
La shoji della camera si dischiude appena, e da dietro di essa fa
capolino Endeavor.
Ha sentito il lamento di Keigo, e ha intuito che dovesse essersi
svegliato.
Gli sfugge un sorriso ad osservare il ragazzo arrotolato tra le
coperte, in quel goffo tentativo di sottrarsi al nuovo giorno. Muove
alcuni passi nella stanza, senza staccare gli occhi di dosso al cumulo
di coperte.
Keigo riemerge con la testa dalle lenzuola. Nell’aria
c’è un profumo di caffè delizioso, e
questo basta a
fargli sembrare quella giornata meno terribile del previsto.
«Ciao, Endeavor-san…», mugugna il
ragazzino, con ancora tutta la voce impastata di sonno.
Enji si china davanti al suo futon. Keigo nota che si è
già preparato di tutto punto. «Ehi.
Buongiorno», lo
saluta, incoraggiante. «Scusa se ti disturbo a
quest’ora,
è un po’ presto, lo so. Oggi dovrei tornare in
agenzia,
solo che vorrei chiederti di venire con me. Non mi sento tranquillo a
lasciarti qui da solo.»
Hawks annuisce comprensivo, anche se ancora intorpidito per il sonno.
«Okay. Dammi cinque minuti», concede. «Mi
vesto, bevo
un caffè e andiamo.»
Endeavor accetta quel compromesso di buon grado. Prima di lasciare la
stanza, posa alcune carezze leggere sulla fronte del ragazzo, in quel
gesto rassicurante che sta ormai diventando un’abitudine.
Nel giro di un’ora raggiungono l’agenzia di Enji.
Hawks
osserva tutto ciò che lo circonda con occhi increduli, non
riesce a credere di trovarsi veramente lì.
«Finora l’ho solo vista in tv», ammette,
con la
stessa espressione meravigliata di un bambino che per la prima volta
mette piede in un lunapark. «Ci sono così tante
cose da
vedere…»
Enji si lascia sfuggire un sorriso sarcastico a
quell’affermazione. «Oh, andiamo, è
un’agenzia
hero come un’altra…», prova a replicare.
In quel momento, Burnin va loro incontro, affannata.
«Buongiorno,
capo!», lo saluta, i capelli di fiamme verdi che le danzano
intorno al viso.
Prima che possa aggiungere altro, Keigo sbuca da dietro la schiena di
Enji, dispiegando un poco le sue grandi ali rosse e agitando una mano
in direzione della ragazza in un cenno di saluto. «Ciao,
Burnin!», cinguetta, allegro.
Moe sembra sorpresa di vederlo, tanto che per un momento a Hawks pare
sobbalzi sul posto. «H-Hawks! Ma che sorpresa vederti
qui!», esclama, lo sgomento iniziale che ha già
lasciato
il posto alla consueta energia.
«Sì, non sono sorpreso che Endeavor-san non ti
avesse
detto niente», commenta il ragazzo, muovendo qualche passo in
avanti. Enji gli rivolge uno sguardo confuso, ma Keigo non sembra
notarlo. «I tuoi capelli sono pazzeschi! Il colore delle
fiamme
è davvero ipnotico, wow!»
Moe osserva con un certo imbarazzo Hawks che le gironzola intorno.
Prima che Enji possa dirgli qualcosa, però, il ragazzino
è già volato – letteralmente
– in direzione
delle scrivanie degli altri sidekick. Lo vede osservare con entusiasmo
tutto ciò che lo circonda, e alla fine si dice che vedere di
nuovo la luce in quegli occhi che da giorni trova così
tristi
vale un poco di trambusto in agenzia.
Burnin gli si avvicina, perplessa. «Ho recuperato le cose che
mi avevi chiesto, capo», gli comunica.
«Ottimo.» Enji annuisce brevemente.
«Vieni, parliamone nel mio ufficio.»
Nel frattempo, gli occhi di Keigo sembrano scintillare davanti al
temperamatite elettrico in funzione di Kido.
Chiudendo la porta dell’ufficio, Enji si lascia sfuggire un
sospiro di sollievo.
Pace. Gli sembra di non provare quella sensazione ormai da giorni, da
quando Keigo ha fatto ingresso nella sua vita con la sua solita dose di
confusione.
«Non mi aspettavo che ci sarebbe stato anche Hawks,
oggi»,
ammette Moe. Ha un sopracciglio inarcato, ma Enji è sicuro
che,
nonostante tutto, neppure lei è infastidita dalla presenza
del
ragazzo in agenzia.
«All’inizio non era prevista come cosa»,
spiega
Endeavor, accomodandosi sulla sua sedia con un piccolo sospiro.
«Poi ho pensato che sarebbe stato decisamente più
pericoloso lasciarlo da solo a casa mia, perciò gli ho
proposto
di seguirmi.»
Gli occhi di Moe sono attraversati da una scintilla di entusiasmo e
consapevolezza. «Lo stai ospitando a casa tua»,
commenta,
maliziosa.
«Burnin!»
Enji si lascia sfuggire un grugnito esasperato.
«Oh, andiamo, sono anni
che dico che sareste una coppia perfe‒»
Enji la fulmina con lo sguardo, e Moe si limita a tacere.
«Toglitelo dalla testa», taglia corto lui.
«Hawks
è in una situazione complicata e non potevo lasciarlo da
solo a
Fukuoka. Tutto qui.»
Moe muove le dita come per chiudere le proprie labbra con una zip
invisibile. È un gesto sufficientemente eloquente, agli
occhi di
Enji, da convincerlo che la ragazza non tornerà
più
sull’argomento.
«Piuttosto.» Endeavor tamburella con due dita sulla
scrivania. «Fammi il punto della situazione in merito a
quelle
ricerche che ti avevo chiesto.»
«Sì, certo», annuisce Burnin. La ragazza
ha dei
fogli in mano, a cui lancia una rapida occhiata. «Per quanto
riguarda l’HPSC…»
In quel momento, dei leggeri colpetti raggiungono la porta. Poco dopo,
voltandosi in quella direzione, Enji e Moe la vedono dischiudersi
appena, mentre Hawks fa capolino da dietro di essa.
«Yu-uh!», esclama, con nonchalance. «Sono
tornato!»
Enji vorrebbe chiedergli se ha portato sufficiente scompiglio in
agenzia, ma alla fine decide di trattenersi.
Keigo entra nell’ufficio, lasciando che la porta si richiuda
alle
sue spalle. «Scusate, non volevo interrompervi»,
confessa,
e sembra sinceramente dispiaciuto. «Endeavor-san, io mi metto
qui
sul divanetto e avvio una riunione in videochiamata con la mia agenzia.
Voi fate come se non ci fossi, vi prego!»
Endeavor vede Moe rivolgergli un’occhiata esitante. Capisce
bene
i timori della ragazza, dopotutto neppure lui si auspicava di parlare
di quella storia in presenza di Hawks, tuttavia non possono neppure
comportarsi come se non fosse successo nulla.
«Dì pure, Burnin», la esorta allora,
espirando
piano. «È giusto che anche Hawks sia
informato.»
Quelle parole fanno sollevare a Keigo la testa dal pc. Il ragazzo
osserva gli altri due eroi con aria confusa.
Burnin indugia ancora per qualche momento, alla fine però
comincia a parlare. «Dalle ricerche che mi avevi chiesto, ho
recuperato i contatti di buona parte degli ex vertici
dell’HPSC.
Te li ho segnati qui, ma ancora non ho capito a cosa ti
servono…», confessa, allungando un foglio nella
sua
direzione.
Enji osserva i dati con aria pensierosa. «Ho intenzione di
contattarli. Mi servono alcune informazioni sulla gestione che
è
stata fatta all’epoca della famiglia Takami. So che Hawks e
sua
madre sono stati sistemati in un’abitazione che la
commissione ha
destinato loro, e che dopo che ho arrestato suo padre è
stato
sbattuto in prigione. Ho bisogno di sapere in cosa consistevano le
misure di protezione che hanno offerto loro», spiega
brevemente,
risoluto.
Keigo ha ormai rinunciato al proposito della videochiamata. Ora la sua
attenzione è tutta su Endeavor.
Burnin passa i documenti rimanenti a Enji. «Questo faldone
invece
è tutto ciò che ho trovato sul caso
Takami»,
ammette Moe. «Non è molto, ma sfortunatamente non
è
stata un’azione particolarmente memorabile. Da quello che ho
letto era un ladro e omicida già noto alle forze di polizia
che
è stato colto in flagranza di reato mentre cercava di rubare
un’auto. Quando gli eroi sono arrivati sul posto ha cercato
di
fuggire, ma tu l’hai fermato senza grandi
difficoltà. Non
ha neppure usato il quirk in un tentativo di resistenza, infatti non ne
ho trovato alcuna descrizione.»
Enji si porta una mano al mento mentre riflette. «Questo
è
un problema», commenta. «Avrei voluto avere
un’idea
più chiara di chi potrei trovarmi davanti, visto che
è
passato così tanto tempo qualche informazione in
più
avrebbe fatto comodo…»
«Endeavor-san.»
Gli occhi di Enji e Burnin si spostano all’istante sul
ragazzo,
che ha appena richiamato la loro attenzione. Sembrano sorpresi di
sentire la sua voce, erano così concentrati da essersi quasi
dimenticati della sua presenza.
«Che diavolo stai combinando?», domanda Keigo, in
apprensione. Lascia il pc sul divanetto, cominciando ad avvicinarsi
alla scrivania. «Perché stai facendo delle
ricerche
sull’HPSC e su mio padre?»
Enji espira lentamente, ma posa comunque gli occhi turchesi in quelli
dorati del ragazzo. «Ho intenzione di portare avanti alcune
indagini su questo caso, Hawks», confessa. «Ti
aspettavi
che sarei rimasto con le mani in mano dopo quello che mi hai
raccontato?»
Keigo sembra disperato. «Non voglio che tu ti metta in
pericolo
per colpa mia…», mormora, poggiando la fronte
contro la
sua.
«Non devi preoccuparti per questo», gli assicura
Enji,
circondandogli il volto con le mani. «Ho promesso di
proteggerti
e ho tutte le intenzioni di farlo.»
Keigo chiude gli occhi, lasciandosi sfuggire un sorriso.
Burnin osserva attentamente tutta la scena, non senza una buona dose di
soddisfazione.
Con l’arrivo di giugno le temperature si fanno canicolari.
Da giorni Tokyo è avvolta in una cappa d’afa, che
non fa sconti neppure a casa Todoroki.
È un pomeriggio piuttosto tranquillo, fin noioso quasi.
Hawks
è disteso a terra, sotto al portico che circonda la casa, la
testa che penzola giù dallo scalino verso il basso mentre
osserva il mondo capovolto. C’è un frinire di
cicale
assordante, e trovare riparo da quel caldo anomalo sembra impossibile.
A dir la verità, le temperature di Tokyo non sono
l’unica
cosa a risultare anomala, in quel periodo. Nonostante la sua
contrarietà, infatti, Endeavor ha comunque avviato
un’indagine su suo padre, guadagnando come unico risultato un
sonoro buco nell’acqua.
Dell’uomo, infatti, nessuna traccia. Dal giorno in cui
è
stato rilasciato di prigione sembra essersi dissolto nel nulla, come
un’ombra. Di fatto, non sono neppure in possesso di elementi
validi per procedere, non hanno informazioni sul suo quirk,
né
soffiate su un luogo che potrebbe sfruttare come covo. Era
solito
frequentare qualche posto, prima di finire in prigione? Non ne hanno
idea.
A volte Keigo si domanda se la sua non sia stata semplicemente
un’allucinazione. Ricorda bene, però, i dolori che
ha
provato per giorni dopo quella colluttazione, così come i
lividi
che gli hanno contornato la pelle, e questo gli sembra sufficiente per
convincersi che non si sia trattato di una qualche sorta di incubo
ammorbante.
Si sente in colpa con Enji, però. Ha paura di star abusando
della sua ospitalità, e ha perfino temuto che il padrone di
casa
potesse sospettare che si fosse inventato tutta quella storia. Non gli
sembra che sia il caso, visto che Enji continua a dimostrarsi
terribilmente in apprensione per lui, ma il rischio che si stanchi e
che lo sbatta fuori di casa forse c’è, e in quel
caso
Keigo non se la sentirebbe di biasimarlo.
Keigo sente alcuni passi rincorrersi lungo il legno del portico, ma
continua ad osservare ipnotizzato un ciuffo d’erba di un
brillante verde smeraldo.
«Tè freddo?»
La domanda sembra coglierlo in contropiede. Un’espressione
confusa compare sul volto di Hawks, tuttavia il ragazzo si limita a
tirarsi a sedere.
«Uh, a quanto pare ci hai preso gusto a viziarmi,
Endeavor-san», commenta, rivolgendo uno dei suoi soliti
sorrisi
raggianti all’uomo.
Enji si limita a sedersi accanto a lui, porgendogli un bicchiere di
vetro alto e sottile. «Ci manca solo che ti
disidrati»,
borbotta, fingendo indifferenza.
In realtà Keigo non crede minimamente a quella recita, non
l’ha mai fatto praticamente dai primi tempi della loro
conoscenza. Ciononostante, continua a non farglielo presente,
perché non riesce a non trovare adorabile il finto broncio
che
Enji mette su in quelle occasioni.
Le dita di Hawks si stringono attorno al bicchiere, e a contatto col
vetro freddo già prova una lieve sensazione di sollievo.
Beve un
piccolo sorso di tè, e di colpo la gola sembra non essere
più in fiamme.
«E comunque proprio tu parli di viziare?», chiosa
Enji,
accigliato. «Ormai hai praticamente preso il controllo della
cucina…»
«E la cosa ti dispiace?», lo provoca Keigo.
«Andiamo,
Endeavor-san, ammetterai anche tu che tra noi due cucino decisamente
meglio io…»
Enji si ritrova a roteare gli occhi. «Non era quello il
punto,
Hawks, lo sai», ribatte. «Dovresti essere mio
ospite,
invece per la maggior parte del tempo sembra quasi che sia tu a
prodigarti per me.»
Hawks posa i suoi grandi occhi dorati su Endeavor.
C’è
qualcosa di così estremamente dolce, nel modo in cui lo
guarda,
che lo fa ammutolire all’istante.
«Endeavor-san.» Hawks si sposta lentamente,
sedendosi
più vicino all’uomo. «Quante volte
ancora devo
ripeterti che a me fa piacere occuparmi di queste piccole sciocchezze?
Sul serio, tu mi hai accolto senza riserve in casa tua, questo mi
sembra veramente il minimo che io possa fare per sdebitarmi.»
«Ti ho già detto che non devi sentirti in debito
con me
per questo, Hawks», gli fa notare Endeavor, ma
c’è
una punta di rassegnazione nella sua voce. Ha perso il conto di quante
volte hanno già fatto quel discorso, e non sono mai riusciti
a
raggiungere una conclusione differente.
«E allora considerala solo una cortesia da parte mia che
faccio
con piacere», conclude infatti Keigo. Il ragazzo continua ad
osservarlo con quei suoi grandi occhi dorati, certo di essere riuscito
a spuntarla anche stavolta. Si porta nuovamente il bicchiere di
tè freddo alle labbra, bevendo stavolta un sorso
più
consistente.
Enji lo imita, bevendo a sua volta dal bicchiere che ha preso per
sé. Nel frattempo, nel giardino, le fronde di un albero
ondeggiano lievemente, mosse da un soffio di vento bollente.
Hawks rimane per un po’ a fissare il giardino, la mente persa
nei
propri pensieri. La verità è che non riesce a
togliersi
di dosso la sensazione di essere piombato in quella casa senza averne
alcun diritto, e forse se si dà così tanto da
fare
è anche per mettere a tacere certi sensi di colpa.
«Ci sono novità?»
La domanda gli sfugge dalle labbra prima ancora che possa fermarla. Sul
viso di Hawks compare un’espressione affranta, mentre si
volta a
osservare Endeavor, cercando di captare se ci sono stati mutamenti in
lui.
In realtà, Enji gli pare tranquillissimo, esattamente come
lo ha lasciato giusto un attimo prima.
«No», risponde senza troppe esitazioni.
«Ho messo
diversi sidekick al lavoro su questa storia ma non riusciamo a cavare
un ragno dal buco, come se non fosse mai esistito. Probabilmente sta
volontariamente cercando di non lasciare tracce.»
Il sorriso sul volto di Hawks pare farsi incerto. Il ragazzo torna a
guardare davanti a sé, fissando il giardino crogiolarsi
sotto il
sole torrido.
Non è una buona notizia. Se vanno avanti di questo passo,
non
riusciranno a risolvere niente, lo sa bene. È un eroe anche
lui,
in fondo, sa come procedono le indagini in questi casi.
Più tempo passa, più sarà difficile
rintracciare
suo padre, soprattutto se effettivamente sta facendo di tutto per
disperdere le sue tracce. E più tempo passa senza che
riescano a
trovarlo, più tutta quella storia sembra irreale perfino ai
suoi
occhi.
Forse non tornerà più. Forse si è solo
lasciato
suggestionare troppo da quella notte, e adesso sta rubando del tempo
prezioso all’eroe più forte della nazione. Magari
si
è sentito soddisfatto da quella singola dimostrazione di
forza,
e ora andrà avanti tranquillo e beato per la sua strada.
In tal caso, quella permanenza a casa Todoroki sembra a Hawks ancora
più insensata.
«Dici che dovrei andarmene da qui?»
La domanda sembra prendere Enji in contropiede. Si volta ad osservare
il ragazzo, sorpreso, ma nota che sta guardando altrove.
«Forse mi sono preoccupato in maniera esagerata»,
spiega
Hawks. «Voglio dire, in mancanza di elementi è
anche
inutile che continui l’indagine. Magari è finita
così, e io farei meglio a tornarmene a casa
mia…»
«Hawks, ma che diavolo dici?» Endeavor sembra
sinceramente
preoccupato. Si china in avanti, posando una mano sul braccio del
ragazzo, cercando la sua attenzione finché quegli occhi
dorati
non si posano nuovamente su di lui. «È passato
troppo poco
tempo. E comunque non ho dimenticato il modo in cui ti ho trovato
ridotto quella sera, non sarò tranquillo finché
non
avrò sbattuto di nuovo quel delinquente in
prigione.»
Enji si ritrova a fissare quella pelle pallida. Non gli sembra
trascorso neppure un giorno da quando l’ha vista martoriata e
livida da far spavento. Al sicuro tra le mura di casa Todoroki, Hawks
ha ripreso colorito, gli sono tornate le forze e anche il suo corpo ora
sembra aver riacquistato il consueto vigore. Questo, però,
non
basta a rassicurarlo: Enji sente che non sono affatto fuori pericolo,
abbassare la guardia anche solo una volta potrebbe risultare fatale, e
non possono assolutamente permetterselo, non può.
Il pensiero di vedere nuovamente il corpo di Hawks scosso dal dolore
è sufficiente a motivarlo.
Keigo lo fissa, con quei suoi grandi occhi dorati pieni di
riconoscenza. Improvvisamente, prima ancora che possa rendersene conto,
getta le braccia al collo di Endeavor, abbracciandolo.
Enji riflette che quella è la prima volta che si scambiano
un contatto fisico del genere.
«E-Ehi, ragazzino…», fa per obiettare.
«Grazie…»
La voce di Hawks in quel momento è così colma di
rassicurazione che per un momento Enji sente il cuore saltargli un
battito nel petto. Cerca di circondare a sua volta il corpo del ragazzo
con le braccia, goffamente.
«Figurati», ribatte. «Prima risolviamo
questa
questione, meglio è per tutti. Così magari poi
dopo
andiamo anche a passare qualche giorno al mare.»
«Non sapevo sapessi nuotare, Endeavor-san»,
commenta Keigo, le labbra che gli sfiorano la pelle del collo.
«Cos’è, ne dubitavi?»,
borbotta Enji, sbuffando.
Hawks ridacchia tra le sue braccia. Enji sente il peso leggero di Keigo
gravare tranquillo sul suo petto, e gli sembra che non potrebbe
desiderare niente al mondo in più per essere felice.
notes
buon solstizio, buon giorno più lungo dell'anno, buon inizio
d'estate!
allora, andiamo con ordine perché ho un sacco di cose da
dire e
come sempre ho il terrore di dimenticarne per strada la metà
(spoiler: col senno di poi non è neppure una paura
così
infondata)
cose che ho dimenticato di dire nelle note dello scorso capitolo
[inizio a pensare che dovrei seriamente aprire un angolino a parte solo
per questo]: perché hawks dorme in camera di shoto e non,
per
esempio, in una stanza dedicata agli ospiti? voglio dire, dall'aspetto
si direbbe che la residenza dei todoroki sia completa un po' di tutto,
per cui non dovrebbe mancare nemmeno una camera per accogliere gli
eventuali ospiti, no? risposta: non lo so. cioè, non c'ho
proprio pensato. nel momento in cui sono andata a scrivere la storia ho
dato per scontato che hawks dormisse in camera di shoto per... boh,
oscuri motivi penso. al momento la spiegazione più
plausibile
che mi viene da darmi è che enji gli abbia indicato proprio
quella camera perché è la più
vicina alla
sua, così da proteggerlo meglio ed entrare in
maniera tempestiva in azione in caso di bisogno no, ma non sto
assolutamente cercando una giustificazione per un possibile buco di
trama, figurarsi
cose un po' più serie: sono impazzita mentre editavo questo
capitolo. ero convinta di avere tutta la divisione dei capitoli ben
chiara in mente, ma a quanto pare ho coperto che non è così!
ora credo di aver trovato un compromesso, spero che le cose possano
quadrarvi.
su questo capitolo in realtà non credo che ci sia molto da
dire:
abbiamo visto burnin (ciao ♥) e sono cominciate le
indagini
sul caso, anche se per ora non ci sono stati grandi sviluppi.
questo capitolo è un po' di passaggio, lo ammetto.
però
vi svelo un segreto, il prossimo aggiornamento è un altro di
quelli che amo particolarmente. beh, forse allora vale la pena
aspettare un po', no?
nel mentre temo che perderò il conto delle disgrazie che ci
saranno nei prossimi capitoli del manga. non credo di essere pronta
per... beh, tutto.
ringrazio chi sta leggendo la storia, è una cosa che
apprezzo davvero molto. spero che vi stia piacendo!
a presto
aria
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Capitolo 5 *** The truth untold ***
È un temporale terribile.
La pioggia batte con insistenza contro la finestra, il vento fuori
sembra ululare. Non c’è luce, probabilmente
dev’essere scoppiato nel cuore della notte.
Ogni rumore sembra inseguirsi in un’infinità di
eco, le
gocce di pioggia, i fischi e i ruggiti del vento. Una grande
finestra, che dal soffitto arriva fino al pavimento, offre
un’ampia visuale sul giardino esterno.
Un lampo squarcia il cielo e illumina per un momento la scena. Un uomo
è appostato fuori dalla finestra, e sembra avere tutte le
intenzioni di entrare.
Keigo si sveglia di soprassalto, tirandosi a sedere nel futon. Non
urla, ha le labbra dischiuse come se volesse farlo ma da esse scivolano
fuori solo ansiti terrorizzati.
È stato un incubo estremamente reale. Gli sembra ancora di
sentire nel naso l’odore del legno stagionato del pavimento,
e
nelle orecchie il rumore scrosciante della pioggia.
In realtà scopre che sta effettivamente diluviando. Sembra
un
temporale estivo in piena regola, con tuoni dai boati impressionanti e
precipitazioni abbondanti, se non fosse che in realtà manca
ancora qualche giorno prima dell’inizio vero e proprio
dell’estate.
La cosa che più lo terrorizza, nel ricordo di
quell’incubo, è ciò che ha
visto poco prima di
svegliarsi. La percezione di quella presenza affacciata oltre la
finestra, che sembrava tenere lo sguardo fisso su di lui…
era
stato tutto così verosimile, e a dir poco inquietante.
Solo a ripensarci Keigo sente un brivido corrergli lungo la schiena.
Prima ancora che possa accorgersene, ha accartocciato le coperte in
fondo al futon, alzandosi e lasciando la stanza.
Vagare per una casa che non è la sua completamente al buio
e,
per di più, nel bel mezzo di un temporale, non gli sembra
affatto la scelta più saggia che potesse prendere. Tuttavia
crede ormai di aver memorizzato abbastanza bene il luogo in cui si
trova, inoltre non deve fare un tragitto molto lungo, per cui si limita
a procedere lentamente attraverso il corridoio, muovendo piccoli passi
con i piedi nudi lungo le assi di legno del pavimento.
La camera che cerca è quella accanto alla sua, ha avuto la
consapevolezza di dove si trovasse fin dalla prima sera in cui ha messo
piede lì.
Dopotutto è stato lo stesso padrone di casa a mostrargliela.
Lascia scivolare la shoji di lato, dischiudendo appena la visuale su
quella stanza.
Endeavor è disteso nel suo futon. Sembra profondamente
addormentato, a quanto pare il temporale non ha minimamente disturbato
il suo riposo.
«E-Endeavor-san?», prova a chiamarlo flebilmente
Hawks.
La voce del ragazzo sembra metterlo in allarme all’istante
– dopotutto, come tutti gli eroi, è abituato a
restare con
tutti i sensi in allerta. Enji apre gli occhi di scatto, voltandosi in
direzione dell’ingresso della camera.
«Hawks! Che succede?», domanda preoccupato.
Enji è già pronto ad attivare il quirk in caso di
necessità. Il ragazzo, però, non sembra ferito,
quanto
solo molto spaventato.
«Ho fatto un incubo», si ritrova ad ammettere
Hawks.
Credeva che, in un’occasione del genere, si sarebbe sentito
decisamente di più in imbarazzo, invece le immagini che
continuano a ripetersi nella sua testa lo terrorizzano a tal punto che
ogni inibizione sembra aver perso necessità
d’esistere.
Le parole di Keigo all’apparenza hanno avuto
l’effetto di
tranquillizzare Enji. L’uomo, infatti, valuta di accantonare
il
proposito di cominciare a far danzare fiamme sul proprio volto.
«Vieni qui», lo invita Endeavor, pacatamente.
In un’altra occasione, probabilmente Keigo sarebbe sorpreso
da
quella richiesta. Adesso, però, sente solo la tempesta
scatenarsi fuori dalla casa, e tanto basta a rievocare in lui i ricordi
dell’incubo. Il ragazzo si fa strada nella stanza, fino a
raggiungere il futon. Enji solleva le coperte e permette a Hawks di
infilarsi sotto di esse, avvolgendolo per tenerlo bene al caldo. Keigo
si sistema di modo che le ali sporgano di lato, fuori dalle coperte,
così che non siano di intralcio per nessuno dei due.
«È stato… orrendo», ammette
Keigo. Parla con
un filo di voce, come se si trovasse altrove, in un posto molto
lontano. «Era tutto così reale, io… ho
percepito la
presenza di qualcuno alla finestra. Era lì, mi
osservava…
oh, Endeavor-san, non riesco a togliermi dalla testa la sua
espressione. Aveva qualcosa di così profondamente
folle…
e poi mi sono svegliato di colpo, e pioveva proprio come
nell’incubo… è stato tutto
così
inquietante…»
Enji gli accarezza piano la fronte. «Shh», lo
zittisce, con
premura. «Cerca di non pensarci, altrimenti sarà
peggio.
Va tutto bene, Hawks. Era solo un incubo.»
La vicinanza di Endeavor sembra rasserenarlo all’istante.
Hawks
si lascia sfuggire un sorriso a quelle parole, e lentamente le palpebre
gli calano sugli occhi, tornando ad avvolgerlo nel torpore del sonno.
Si addormentano così, con la testa di Hawks sul petto di
Endeavor e una mano di Enji posata sulla base della schiena di Keigo.
Il mattino dopo, quando Endeavor riapre gli occhi, si ritrova
esattamente nella stessa posizione in cui si è addormentato
la
notte precedente.
Hawks riposa ancora, il capo abbandonato sul petto di Enji.
È
rimasto per tutta la notte tra le braccia dell’uomo, che
circondano ancora il suo corpo. Ha un’espressione beata in
volto,
e di questo Enji non potrebbe essere più contento.
Sente il respiro caldo di Keigo posarsi sul suo volto quasi danzando.
Quella è la prima volta in vita sua che si trova
così
vicino a un altro essere umano, perlomeno al di fuori di Rei.
Ed è così stranamente e profondamente appagante.
Ha riposato bene come raramente in vita sua gli è capitato,
avvertendo il calore del corpo di Keigo accanto a sé,
inoltre
trovarlo al proprio fianco al risveglio gli infonde una
tranquillità che non credeva possibile provare.
Gli dispiace immensamente doverlo svegliare, fosse per lui rimarrebbe
in eterno in quella posizione, con Hawks che gli riposa tra le braccia
e lui che lo osserva incantato.
Sfortunatamente, però, i piani di quella giornata non
coincidono con quella tregua meritata.
Enji passa con accortezza una mano tra i capelli dorati di Keigo,
sperando di riuscire a svegliarlo così. Al ragazzino sfugge
un
mugolio prolungato, ed Endeavor si ritrova a sorridere per questo.
«Buongiorno, Hawks», mormora, le parole che si
rincorrono
nell’orecchio di Keigo. Enji non ne è sicuro, ma
ha ancora
le braccia strette attorno alla vita del ragazzo e per un momento gli
sembra di sentire un brivido corrergli lungo la schiena. «Mi
dispiace svegliarti, stavi dormendo così bene. Oggi devo
occuparmi di alcuni casi sul campo, per cui farò meglio a
cominciare a prepararmi.»
Keigo ha un’espressione ancora un po’ intorpidita
dal
sonno, Enji lo trova assolutamente adorabile. Si stropiccia un poco gli
occhi, per poi stiracchiarsi appena. «Mhh. E io cosa posso
fare?», domanda, la voce impastata di sonno.
Enji gli sorride, intenerito. «Puoi venire con me»,
concede. «In due faremo senza dubbio prima, e poi avevo in
mente
di portarti in un posto quando avremo finito. In realtà mi
sento
abbastanza mortificato, per colpa di tutta questa situazione sei
costretto a rimanere lontano da Fukuoka e non puoi occuparti dei tuoi
casi…»
«Ah, non ci pensare nemmeno», taglia corto Keigo.
«Al
momento non avevo niente di che per le mani, inoltre sono in contatto
con la mia agenzia, riesco comunque a gestire le
operazioni
anche da remoto. Comunque, cos’è questa storia del
posto
in cui vorresti portarmi?»
«Diciamo che sarà una sorpresa»,
commenta Endeavor,
soffiando sulle sue labbra. «Su, andiamo a prepararci, ci
aspetta
un sacco di lavoro.»
«Fammi capire, quindi il tuo grande piano era solo una scusa
per portarmi a fare shopping?»
Shibuya è caotica e affollata come sempre. Clacson di auto e
chiacchiere di passanti si rincorrono sullo sfondo del cielo violetto
del tardo pomeriggio, quando il sole è ormai tramontato e il
giorno si appresta a lasciare il posto alla notte.
La giornata di lavoro è stata piuttosto tranquilla, nessun
villain degno di nota che abbia sottratto loro più tempo del
dovuto. Endeavor è riuscito a tenere la situazione sotto
controllo senza il minimo sforzo, così Hawks si è
limitato a seguirlo, in quell’esperienza che si è
rivelata
senza dubbio piacevole.
Così, ora che hanno finito di lavorare, possono godersi in
santa pace un po’ di tempo libero.
Gli occhi di Keigo lo osservano con una certa nota canzonatoria,
tuttavia Enji non se ne sente intimorito.
«Può essere», concede Enji, stringendosi
nelle spalle.
Al suo fianco, Keigo ridacchia. Gli sembra sia passata
un’eternità dall’ultima volta in cui lo
ha sentito
ridere, uno scampanellio delicato che gli scalda il cuore. I grandi
occhi dorati del ragazzo sono colmi di meraviglia, non riesce a credere
che Enji abbia fatto di tutto solo per concedergli quel momento di
spensieratezza.
È un gesto così apprensivo e totalmente
inaspettato. Lo fa sentire immensamente leggero.
Shibuya scorre accanto a loro, grattacieli imponenti, migliaia di
persone indaffarate. È quasi rilassante il pensiero di
essere
immersi in quella bolla, in cui la vita frenetica risucchia le persone
al punto da non curarsi minimamente di chi passa loro accanto.
Incredibile.
«If my path
goes beyond alone and leads to you, I will see the vast scenery of a
lifetime while I blink.»
Le parole fluiscono soavi dalle labbra di Hawks. Da come le ha
intonate, Endeavor intuisce che deve trattarsi di una canzone.
Sullo sfondo del cielo lilla, suonano ancora più melodiose.
Enji osserva Keigo, incantato. «Hai una voce
bellissima»,
commenta, e nella sue parole si percepisce chiaramente
l’ammirazione che sente di star provando per il ragazzo in
quel
momento.
Hawks ride appena. Sulle sue guance è comparso un leggero
accenno di rossore.
Enji cerca le dita del ragazzo, trovandole subito. Stringe la mano
nella sua, una presa leggera ma rassicurante.
«Uh, grazie!», esclama Keigo.
C’è un sorriso
luminoso sul suo volto. Il ragazzo socchiude gli occhi, in un moto di
allegria.
Quella è l’ultima immagine che gli occhi di Enji
intercettano prima che tutto esploda.
Qualcuno arriva alle loro spalle a una velocità inaudita,
tanto
che Ali Possenti non ha neppure il tempo materiale per accorgersene. Il
corpo di Keigo riceve un colpo violento, che lo sbalza in avanti senza
che Enji possa trattenerlo, le dita del ragazzo che sfilano via dalle
sue. Rotola lungo l’asfalto per diverse decine di metri
finché non si ferma, bloccato a terra prono e dolorante.
«Hawks!», lo chiama Endeavor, attonito.
Sfortunatamente, però, non può accertarsi delle
condizioni del ragazzo. Fa appena in tempo a voltarsi che un uomo gli
piomba addosso. D’istinto, Enji evoca il proprio quirk,
fiamme
che sprigionano la propria forza respingendo quell’attacco,
l’uomo che resta sospeso a mezz’aria assieme alla
colonna
di fuoco.
Il calore intenso sprigionato da Endeavor è tale da far
infrangere i vetri dei grattacieli circostanti. I passanti nei dintorni
gridano, mentre cercano di ripararsi.
L’assalitore, però, non sembra essere stato messo
particolarmente in difficoltà da quella mossa.
L’uomo
sogghigna, c’è qualcosa di profondamente sadico
nella sua
espressione, dopodiché si getta nuovamente in picchiata
verso
Enji.
Endeavor fa a malapena in tempo a pararsi il volto con le braccia,
proteggendosi da quel nuovo attacco. Sente l’altro premere
contro
la sua rudimentale difesa, e sa che sta respingendo
quell’impeto
per miracolo.
È forte. E veloce, si ritrova a valutare.
«Endeavor! Finalmente ci rivediamo!», esordisce
l’uomo, con una voce in cui Enji percepisce qualcosa di folle.
Per un momento, a Enji sembra di guardarsi allo specchio. Chi lo sta
attaccando ha corti capelli rossi e una corporatura imponente,
esattamente come lui. L’unica cosa che differisce sono gli
occhi
che, a differenza dei suoi, azzurri come il mare, sono scuri.
Enji non ha molti dubbi su chi si sia ritrovato davanti. La violenza
con cui ha attaccato Hawks e quell’implicito riferimento a un
loro precedente scontro sono indizi piuttosto eloquenti, per lui.
«Takami…»,
sibila, furioso.
Il padre di Keigo balza all’indietro, lasciando finalmente un
momento di respiro a Endeavor. Atterra qualche metro più
indietro, ma non sembra intenzionato a concedergli alcuna tregua.
«Ti ricordi di me! Sono sollevato», commenta il
villain,
passandosi una mano tra i capelli. «Credevo che dopo che mi
avevi
sbattuto in prigione avessi rimosso tutto!»
Enji digrigna i denti, ringhiando. «Ci dovevi rimanere,
assassino», sputa, cupo.
L’uomo non sembra particolarmente colpito dalle sue parole.
«Ah, ma per favore! Da che razza di pulpito viene la predica?
Per
quello che hai fatto passare alla tua famiglia avresti meritato il
carcere quanto me, invece guardati, sei ancora qui tutto fiero a
difendere la popolazione solo perché sei un hero! Non trovi
che
sia una cosa tremendamente ipocrita?», chiosa, sogghignando
malignamente.
Il villain non può che essere ancor più
soddisfatto
quando, dopo quel suo discorso, vede Endeavor fissarlo con
un’espressione sconvolta.
«Già», riprende l’uomo,
affilando lo sguardo.
«Per cui perdonami, ma quando ti ho visto mano nella mano con
quella nullità di mio figlio non sono proprio riuscito a
resistere. Non preoccuparti, però, non sono intenzionato a
trattenermi.»
Il villain scatta nuovamente in avanti. Endeavor si para nuovamente
dall’assalto con le braccia, rivolgendo all’altro
uno
sguardo di puro odio.
«Sta’
lontano da lui!», grida, facendo scudo
personalmente al corpo di Hawks poco distante.
Vede gli occhi del suo avversario attraversati da una scintilla di
consapevolezza, e si ritrova a domandarsi se involontariamente non si
sia tradito, lasciando trapelare qualche informazione importante.
«Temo che non sarà possibile», ribatte
l’altro, con una punta di allegria nella voce. «Ho
intenzione di diventare il vostro incubo personale.»
A quelle parole, l’uomo spicca un balzo portentoso,
librandosi in
aria per poi cominciare a spostarsi saltando dalla cima di un
grattacielo a un’altra. Endeavor resta a osservarlo incredulo
ancora per qualche secondo, quasi come se si aspetti di vederlo
piombargli nuovamente addosso da un momento all’altro.
Invece non lo fa. Il villain prende effettivamente la fuga.
A quanto pare, quello deve essere stato una qualche sorta di
avvertimento malato.
Probabilmente dovrebbe inseguirlo, cercare di fermarlo una volta per
tutte. In quel momento, però, c’è ben
altro ad
angustiargli la mente, un pensiero da cui non riesce a liberarsi in
alcun modo.
«Hawks!»
La sua voce si perde nel silenzio innaturale che ha invaso Shibuya dopo
quello scontro. Keigo è ancora a terra,
nell’esatta
posizione in cui i suoi occhi lo hanno trovato l’ultima volta
che
si sono posati su di lui.
Enji gli corre incontro. Dovrebbe constatare l’assenza di
altri
feriti e di danni alle infrastrutture nei paraggi, tuttavia in quel
momento non riesce a curarsene.
Il ragazzo è disteso sull’asfalto. Ha ricevuto un
brutto
colpo alla schiena, e sembra essere assai dolorante. Enji
s’inginocchia al suo fianco, e vede le sue ali rosse venire
scosse da un fremito.
«Ehi…», lo chiama piano, cercando di
accertarsi delle sue condizioni di salute.
Keigo è debole, e appena cosciente. Enji gli passa una mano
tra
i capelli, ma sente qualcosa di caldo e umidiccio colargli sulle dita
non appena sfiora la fronte.
Endeavor osserva con orrore la propria mano, trovandola impregnata di
sangue.
«Sei ferito…», mormora, terrorizzato.
«Hawks, devo portarti subito in
ospedale…»
«N-no…»
La voce debole di Keigo blocca all’istante le sue parole.
Enji si
rende conto che deve star facendo una fatica enorme per parlare.
«S-sono solo ferite superficiali…», si
giustifica Keigo. «A-andiamo a casa,
Endeavor-san…»
Enji vorrebbe ribattere, dirgli che ha ricevuto un colpo inferto con
una forza innaturale e che non era neppure la prima volta che capitava,
che farebbe meglio a farsi controllare da un medico esperto
così
che possano accertarsi una volta per tutte che non si trova in una
situazione di salute grave.
Poi però capisce.
Hawks, come sempre, è già dieci passi avanti a
lui, anche
se in quelle condizioni. L’ospedale è una
struttura
pubblica: se suo padre decidesse di attaccarli nuovamente sarebbe
difficile fermarlo, e probabilmente verrebbero coinvolti dei civili
innocenti. Casa di Endeavor, invece, continua ad essere
l’unico
luogo sicuro e insospettabile, perché nessuno sa che Hawks
si
trova lì ormai da giorni.
È un rischio. Enorme, per di più.
Però Endeavor sa che deve fidarsi, e soprattutto che
può
farlo. Non c’è persona al mondo di cui si fidi di
più di Hawks, e se Keigo ritiene che tornare a casa sua in
questo momento sia la cosa migliore da fare, allora Enji sa che non
deve far altro che seguire quel che gli ha detto.
Così Endeavor circonda il corpo di Hawks con le braccia,
tenendolo stretto a sé. L’istante successivo, si
è
già librato in aria, sfruttando il fattore propulsivo delle
proprie fiamme, volando via e lasciandosi Shibuya alle spalle.
Attraversare la città in quel modo non gli richiede molto
tempo.
Enji cerca di fare in fretta, soprattutto per Hawks. Vuole aiutarlo, e
sa che non può permettersi di perdere tempo.
Keigo, nel frattempo, gli rimare accoccolato al petto. Rilasciando il
proprio quirk, Enji sa di star irradiando calore, e per Hawks
dev’essere particolarmente piacevole. A giudicare dal respiro
regolare del ragazzo, sembra essersi perfino assopito.
Enji, però, non sa se il fatto che abbia perso conoscenza
sia
positivo o meno. Ha ricevuto davvero un brutto colpo, continua ad
essere terrorizzato al pensiero che possa esserci qualche lesione
interna…
Quando vede sotto di sé casa sua, inizia a planare
lentamente
verso il basso. Atterra in giardino, cercando di adagiarsi in maniera
morbida, così da evitare un contraccolpo doloroso per il
ragazzo.
Fortunatamente, Hawks riapre gli occhi. Sembra piuttosto confuso, ma
non particolarmente malridotto.
«Ti sei svegliato, grazie al cielo», sospira Enji,
sollevato. Procede a passo spedito verso la porta di casa, ma ne
approfitta per cercare di rivolgere un sorriso rassicurante al ragazzo.
Keigo ha un’espressione corrucciata. Avverte le ali
penzolargli
giù dalla schiena mollemente, e si ritrova a valutare che ha
solo vaghi ricordi di ciò che è successo nelle
ultime ore
– al tempo stesso, però, si sente incredibilmente
rincuorato al pensiero di trovarsi tra le braccia di Endeavor.
«D-dove siamo…?», si ritrova a
domandare, mentre sta ancora cercando di rimettere insieme tutti i
pezzi.
Enji arriva davanti alla porta d’ingresso. Infila in fretta
le
chiavi nella toppa, facendole ruotare con un gesto meccanico. Non vede
l’ora di essere finalmente là dentro, al sicuro.
«A casa. Come mi hai chiesto», lo informa Endeavor.
La
porta si apre, e subito l’uomo scivola all’interno
dell’abitazione, lasciando che il portone si serri dietro di
loro. Continua a tenere il corpo del ragazzo ben stretto a
sé,
non ha intenzione di lasciarlo per nessun motivo.
Hawks sente Endeavor attraversare la casa con fare sicuro. I passi
dell’uomo si rincorrono rapidi lungo le assi di legno del
pavimento.
Enji si arresta soltanto quando raggiunge il bagno. Fa sedere Hawks
sulla lastra in ceramica del lavabo, per poi accendere una luce soffusa
che pende da sopra allo specchio.
Keigo vede Enji inginocchiarsi ai piedi di un mobile. Apre
un’anta, e fruga al suo interno alla ricerca di qualcosa.
Si rialza poco dopo, e Hawks scopre che ha recuperato un flacone di
acqua ossigenata e dell’ovatta.
«Mh, sto messo così male?»,
s’informa Keigo,
sforzandosi di far suonare la propria voce allegra, per non dare altre
preoccupazioni a Endeavor.
Enji estrae un batuffolo di cotone dalla confezione, irrorandolo con
l’acqua ossigenata. «Hai un taglio vicino al
sopracciglio,
ti esce del sangue», gli spiega brevemente.
«Preferisco
disinfettarlo.»
Hawks sospira, probabilmente vorrebbe dirgli che di sicuro non
è
niente. Poco dopo, però, Enji posa l’ovatta
inumidita
vicino al suo sopracciglio, e Keigo si ritrova a trasalire.
«Shh. Piano.» Enji poggia la fronte vicino a quella
del
ragazzo, spera che quel gesto possa rassicurarlo in qualche modo.
Lentamente rimuove le tracce di sangue dalla ferita, almeno
finché non gli sembra che sia tornata perfettamente pulita.
Posata l’ovatta sulla lastra del lavabo, decide che
è
meglio controllare attentamente lo stato di salute di Hawks. Lentamente
afferra il bordo della sua t-shirt, sfilandola. Sente il ragazzo
sollevare le braccia per aiutarlo a spogliarlo, e cerca con cura di non
costringere in posizioni scomode le sue ali.
È la seconda volta in poco tempo che si ritrova davanti al
petto
nudo di Hawks. Rispetto a quel pomeriggio a casa di Keigo, lo trova
decisamente meno livido, e la cosa non può non rasserenarlo.
Enji si lascia sfuggire un sospiro di sollievo, le dita che percorrono
il petto del ragazzo, irradiando calore piacevole, mentre continua a
tenere la fronte premuta contro quella di Keigo.
«Ho avuto paura di perderti…», ammette.
Si sente
stremato, come se l’adrenalina dell’ultima ora
avesse
cominciato improvvisamente ad abbandonare il suo corpo, lasciando
però al suo posto solo una grande stanchezza. «Non
è stata neppure la prima volta, in
realtà…»
Keigo soffoca una leggera risata mentre accarezza i corti capelli alla
base della nuca di Endeavor. «Ah, no?», domanda,
sinceramente sorpreso.
Enji vorrebbe roteare gli occhi a quella domanda, gli sembra una cosa
così ovvia. «Due guerre non ti sono bastate per
avere il
sospetto che potessi preoccuparmi per te, ragazzino?»,
ribatte,
ma senza essere stato veramente seccato dal tono canzonatorio di Hawks.
«Oh, se è per questo io mi preoccupo per te da
molto
prima», ammette Keigo. «Ho seguito tutte le tue
imprese… e ogni volta ho sentito il cuore stringersi nel
petto
al pensiero che avresti potuto non farcela…»
A quelle parole, Enji spalanca gli occhi, osservandolo con uno sguardo
incredulo.
Hawks sembra divertito dalla sorpresa di Endeavor.
«È
vero», insiste, rivolgendogli un sorriso così
caldo,
così puro, così bello. «Ho perso il
conto del tempo
che ho passato ad amarti, number
one…»
Keigo si sporge lentamente in avanti. Chiude gli occhi, e posa un bacio
sulle labbra di Endeavor.
Uno solo. Piccolo, dolce, castissimo.
Si scosta subito dopo averlo fatto, mentre mille timori cominciano a
invaderlo. Si era ripromesso di soffocare i propri sentimenti, certo
che Endeavor non l’avrebbe mai ricambiato. Sapeva che vivere
così a stretto contatto sarebbe stato un rischio,
perché
averlo costantemente vicino non rendeva le cose minimamente
più
semplici, però fino a quel momento c’era riuscito.
Ora non più.
Ha ceduto, ed è stato dolcissimo. Per un momento gli
è
parso d’aver accarezzato con le labbra un frutto delizioso, e
di
essere finito in paradiso. Eppure non riesce a fare a meno di pensare a
quanto quel gesto sia stato avventato.
Ha il terrore di riaprire gli occhi e di specchiarsi in quelli di
Endeavor. Non ha idea di quali emozioni potrebbe leggervi dentro.
Rabbia, repulsione, forse perfino odio. Non è preoccupato
tanto
della possibilità di perdere la protezione
dell’unico
luogo in cui sia al sicuro al momento, quanto di aver distrutto per
sempre la fiducia che Enji ha sempre riposto in lui.
Alla fine schiude lentamente i suoi grandi occhi dorati e, come aveva
previsto, si ritrova immerso nel mare turchino delle iridi di Enji.
Solo che non vi trova nulla di ciò che aveva immaginato.
Endeavor gli sembra senza dubbio sorpreso, quello sì.
Eppure,
gli pare perfino incantato, quell’azzurro un mare calmo in
cui
sprofondare.
Hawks avverte un tuffo al cuore dinnanzi a tutta quella bellezza.
Enji gli sorride, tranquillo. Intreccia le dita tra i capelli del
ragazzo, e stavolta è lui a chinarsi in avanti,
intrappolando le
labbra di Hawks in un bacio intenso, famelico.
Keigo chiude gli occhi ammaliato e avvolge le braccia attorno al collo
di Endeavor, stringendolo a sé. Sente le mani di Enji vagare
lungo la sua schiena, accarezzarne ogni punto.
E in quel momento ha la certezza che non l’ha perso.
È notte fonda. La camera da letto di Endeavor è
avvolta nel buio.
Due figure nude e avvinghiate sono sedute sul futon. Le labbra di Enji
scivolano sul collo di Keigo, mentre gli ansiti di Hawks invadono la
stanza.
«Voglio fare l’amore con te.» Le labbra
di Endeavor
risalgono fino all’orecchio di Hawks per mormorare quelle
parole.
«Nel mio letto. Nella mia camera.»
«Nella nostra
camera», lo corregge Keigo, sorridendo scaltro.
Anche Enji si ritrova a sorridere. «Nella nostra
camera»,
conviene, meravigliandosi di come quelle parole suonino bene.
Percorre ancora una volta con le dita la schiena di Hawks, e il ragazzo
si ritrova ad inarcare la schiena, le ali che alle sue spalle sono
scosse da un fremito.
Enji distende i loro corpi sul futon, per potersi spingere
più a fondo in Keigo.
notes
and we're back,
gente!
mado una parte di me sta ancora urlando e disperandosi nel vano
tentativo di cercare di capire se ho azzeccato la divisione dei
capitoli o no. non lo so. non riesco veramente a ricordare cosa avessi
pensato all'inizio, il che mi dà un fastidio assurdo.
però in teoria mi sembra che in passato avessi visualizzato
proprio la pagina di efp che iniziava con la narrazione dell'incubo
(?), quindi, uhm, sì, dovrebbe essere così. ah,
sì, a proposito, l'incubo (parliamone subito che tanto poi
dopo
sono certa al 100% che me ne dimenticherò perché
passerò a parlare d'altro etc): inquietantino, eh? tra
l'altro
qualche giorno fa qui da me c'è stato un brutto temporale di
notte e, uh,
mi è subito tornata in mente questa scena.
salto direttamente alla parte ambientata a shibuya perché
sì. la frase che a un certo punto intona (in giapponese)
Hawks
viene dalla seconda ending della quinta stagione di mha sì
lo so che quell'ending si riferisce a deku e shigaraki ma studio bones
ci si mette d'impegno per rendere tutto a tema endhawks, e allora chi
son io per lamentarmi? nel testo compare in inglese
semplicemente perché mi sembrava che così fosse
più comprensibile, e visto quello che significa mi sembrava
che
si adattasse bene anche a questi due personaggi, per questo avevo
deciso di inserirla. ora ho un po' il terrore che possa suonare cringe,
per cui boh, speriamo bene.
i nostri eroi (mi fa troppo ridere dirlo rip) hanno finalmente
incontrato – anche se sarebbe più corretto dire
che si sono scontrati
– il padre di hawks. non so perché all'inizio mi
ero fatta
un sacco di scrupoli a usare il cognome takami, però alla
fine
è quello. nel senso, hawks ha il cognome takami, e takami
è anche il criminale arrestato da endeavor anni prima
(l'avevo
nominato nei capitoli scorsi, giusto?). stando alla wikia di mha, dopo
che l'hpsc decide di prendere sotto la propria custodia hawks e di
crescerlo così da avviarlo alla professione di hero in
futuro,
la commissione cancella ogni legame di keigo con il padre, e oltre ad
aver fornito a lui e a tomie una nuova casa sua madre torna a usare il
cognome da nubile (?), cioè ukai. non so perché
sto
scrivendo queste cose, forse per convincermi che sia tutto
giusto.
e finalmente siamo arrivati al punto croccantello. la ship è attraccata,
signori!
vbb io non potrei essere più felice di
così,
perché amo questi due con tutta me stessa e. oh mamma mia.
vado
in brodo di giuggiole semplicemente parlandone.
non so se la descrizione del bacio (o post-bacio, boh, non so come
definirla) sia cringe, però sinceramente ora come ora non
riesco
proprio a curarmene. cioè ma QUANTO SONO BELLI, help-- tra
l'altro per me questa modalità potrebbe essere proprio
canon.
hawks che lo bacia perché, letteralmente, non ce la fa più,
per poi allontanarsi in attesa della reazione di endeavor ed enji che,
ovviamente, finisce per ricambiarlo. mi piace anche pensare anche ad
altre possibili versioni del primo bacio, tipo enji che alla fine si fa
avanti per primo esasperato dalla parlantina di keigo, ma la
verità è che per me questi due sono belli in
tutte le
salse ♥
il finale... eheh.
lasciatemi gongolare finché
posso?, finora avevamo avuto quasi solo vagonate di angst.
l'idea era di provare a sviluppare per una volta in vita mia una storia
slow burn
[sono di parte, ho due otp in croce ma in nessuna di loro vedo semplice
una dinamica del genere, cioè c'mon
nella mia testa questi due vorrebbero saltarsi addosso dal primo
momento in cui s'incontrano], e non ho capito se ci sono riuscita,
visto che in realtà non manca molto alla fine... vbb nel
dubbio
c'è sempre la long che avevo scritto per il writober
dell'anno
scorso--
penso di aver detto tutto. come al solito ringrazio chi sta seguendo la
storia [a proposito, come state? io dovrei andare avanti con il nuovo
progetto che avevo cominciato a scrivere ma il caldo mi sta uccidendo,
rip], spero che continuiate ad apprezzarla uwu
a presto
aria
|
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Capitolo 6 *** Running in circles ***
Quando Enji riapre gli occhi, si accorge che il sole è
già sorto.
Sente un peso leggero premere sul proprio petto nudo, e non ha bisogno
di abbassare lo sguardo per sapere che si tratta della testa di Hawks.
Keigo sta ancora riposando placidamente, le palpebre abbassate,
un’espressione beata dipinta sul suo volto.
Enji temeva che, al risveglio, avrebbe potuto sentirsi sbagliato.
Invece quella gli sembra una delle rare volte in vita sua in cui sta
facendo la cosa giusta.
È stato bellissimo. È stato pazzesco.
Si rende conto di non aver mai provato così tanto piacere
come durante la notte appena trascorsa.
È come se, per tutti quegli anni, avesse vissuto unicamente
nell’attesa di incontrare Keigo.
E, ora che l’ha trovato, non ha alcuna intenzione di perderlo.
Passa lentamente una mano tra i capelli arruffati del ragazzo,
scompigliando ancora di più quella massa dorata
terribilmente
disordinata.
Quel gesto fa sfuggire un lungo mugolio a Hawks. Il ragazzo solleva
lentamente le palpebre, salvo poi spalancarle per la sorpresa non
appena incontra la figura di Endeavor, i suoi occhi azzurri che lo
osservano mentre gli sorride.
«È… è successo
davvero?», è la
prima cosa che Hawks si ritrova a domandargli, ancora incredulo.
C’è qualcosa di così assurdamente dolce
in quel
ragazzo che ogni volta gli fa venire voglia di sciogliersi.
«Già», gli conferma, le dita che
lentamente dai
capelli scendono ad accarezzargli la fronte.
Keigo si ritrova a domandarsi se non stia ancora dormendo –
quello, in effetti, sembra in tutto e per tutto uno dei suoi sogni.
«Ero terrorizzato al pensiero che potessi esserti
pentito…», confessa, abbassando per un momento lo
sguardo
sul petto dell’uomo, come se quel pensiero lo avesse travolto
veramente solo in quel momento, esprimendolo ad alta voce.
Enji gli afferra il mento tra il pollice e l’indice,
facendogli
sollevare nuovamente il volto. «Non ho intenzione di
rinnegare
niente», gli assicura, gustandosi lo stupore che vede
attraversare le iridi dorate del ragazzo, per poi lasciargli un bacio
leggero sulle labbra. «È stato bello.»
Hawks si lascia sfuggire un leggero sogghigno. «Era da tempo
che
lo sognavo, lo ammetto», commenta. «Dipendesse da
me,
ricomincerei in questo preciso istante.»
Gli occhi di Endeavor vengono attraversati da una scintilla che Hawks
non riesce a riconoscere. Subito dopo, però,
l’uomo gli
afferra i fianchi, facendolo rotolare tra le lenzuola almeno
finché il ragazzo non si trova nuovamente disteso sul futon,
sotto di lui. «Oh, non sei
l’unico…», confessa.
Keigo si lecca brevemente le labbra, fremendo di eccitazione e
aspettativa – non si aspettava una tale presa di posizione da
parte di Endeavor, in effetti, ma non può certo negare a se
stesso che gli piaccia da
morire.
«E così abbiamo entrambi gusti esigenti,
eh?»,
mormora, seducente. «Beh, sarò ben lieto di
soddisfare i
tuoi…»
Enji lo bacia, e Keigo si ritrova a chiudere gli occhi. Avvolge il
collo dell’uomo con le proprie braccia, le dita che si
perdono ad
accarezzargli i corti capelli ramati alla base della nuca.
«Sfortunatamente, però, i tuoi piani dovranno
essere
rimandati», gli comunica Endeavor, separandosi appena da lui.
«Dobbiamo andare in agenzia. Non ho alcuna intenzione di
permettere a quell’uomo di restare impunito.»
Hawks si ritrova a mugugnare il proprio dissenso, mentre mette su un
broncio così buffo che l’unica reazione che
suscita in
Endeavor è sincera ilarità. Il ragazzo affonda
meglio la
testa tra i cuscini del futon, incrociando le braccia al petto.
«Beh, guardiamo il lato positivo, almeno sappiamo che nello
scontro di ieri non ho riportato ferite troppo gravi, visto che non
sono morto di emorragia interna», si ritrova a sdrammatizzare
Keigo.
Enji lascia le coperte del futon, un implicito invito a seguirlo a
breve.
«Burnin!»
Moe è china sulla scrivania di Kido, e apparentemente stanno
chiacchierando in tutta tranquillità del più e
del meno.
Quando sente la voce prorompente del loro capo giungere dalle sue
spalle, la ragazza incespica, finendo distesa lungo la scrivania del
collega.
Endeavor varca la soglia d’ingresso dell’agenzia
mentre le
fiamme stanno già vorticandogli intorno. Ha
un’espressione
terribilmente seria in volto, come se fosse sul punto di incenerire
qualcosa. La porta a vetri dell’entrata si richiude poco dopo
dietro di lui.
«C-capo!», si ricompone in fretta Moe, tirandosi
per bene in piedi.
Enji le passa accanto senza degnarla di troppa considerazione.
«Nel mio ufficio. Subito», si limita a comunicarle,
continuando a camminare.
Moe sembra accorgersi solo in quel momento che Endeavor non
è
solo. Alle spalle del suo capo, infatti, c’è
Hawks. Il
ragazzo agita freneticamente le mani, nel tentativo di rabbonire il
numero uno, ma non sembra avere molto effetto. Così, si
limita a
corrergli dietro.
Poco dopo, i due svaniscono oltre la soglia dell’ufficio di
Endeavor.
«Non pensi di essere stato troppo duro con lei?»,
s’informa Hawks, in tono conciliante.
Enji è già sprofondato nella propria sedia,
dietro alla
scrivania. «La pago per fare il suo mestiere, mi aspetto che
non
mi deluda», ribatte semplicemente, stringendosi appena nelle
spalle.
Ora che sono rimasti da soli, Enji sembra essersi rasserenato. Keigo
abbozza un sorriso scaltro, cominciando ad avvicinarsi a lui.
«Non credo che dovresti dannarti troppo per questa storia.
Voglio
dire, forse potrebbe perfino essersi conclusa
così… e poi
non vorrei tenerti lontano da casi ben più
importanti»,
ammette.
Enji trova che quella faccenda sia tutt’altro che conclusa,
soprattutto a giudicare da quanto gli ha detto il padre di Keigo
durante lo scontro, tuttavia decide di evitare di dirglielo, per non
turbarlo più del necessario. Il ragazzo, nel frattempo, si
è avvicinato a lui, ed Enji lascia che gli avvolga le
braccia
attorno al collo.
«Credimi, tu in questo momento hai la
priorità», gli confessa, con una
spontaneità disarmante.
Hawks sorride incantato. Si china appena verso l’uomo,
lasciando alcuni baci leggeri e dolcissimi sulle sue labbra.
Poco dopo, però, Ali Possenti percepisce un rumore di passi
rincorrersi, a segnalare l’avvicinamento da parte di
qualcuno.
Keigo si separa in fretta da Enji, soffocando una risatina quando il
suo sguardo si posa sull’espressione contrariata che nel
mentre
s’è formata sul volto dell’uomo.
A rispondere alle perplessità di Enji, però, sono
i colpi
che poco dopo sente raggiungere la porta, segno che
dall’altra
parte stanno bussando. Senza attendere l’invito esplicito a
fare
ingresso nella stanza, l’istante successivo la porta si
schiude
appena e, da dietro di essa, fa capolino Burnin.
«Posso?», s’informa, quasi intimorita
dallo scambio
di battute di poco prima. Hawks si ritrova a valutare che è
curioso, ha sempre visto quella ragazza così sicura di
sé.
Endeavor risponde con un breve grugnito, e Moe si limita ad entrare,
chiudendo la porta alle proprie spalle. Probabilmente è
abituata
da tempo a decifrare il linguaggio non verbale del suo capo.
«Ho saputo dello scontro di ieri», esordisce la
ragazza. «Voi state bene?»
«Io a meraviglia, ti ringrazio, Burnin!», esclama
Hawks,
sollevando un braccio verso il cielo per accentuare un moto di
eccitazione.
Enji si lascia sfuggire un breve sospiro. «Non stiamo
lavorando
bene», commenta, osservando con aria corrucciata la
scrivania.
«Non è possibile che non riusciamo a ricostruire
gli
spostamenti di quest’uomo! Avrà pure un covo, un
posto in
cui torna a rifugiarsi dopo ogni attacco! E poi dobbiamo lavorare di
più sul suo passato. Deve pur avere degli agganci, qualcuno
a
cui si è appoggiato dopo essere uscito di prigione. Voglio
più uomini su questo caso, dobbiamo scoprire i luoghi che
era
solito frequentare prima di essere arrestato, probabilmente sta usando
uno di questi come nascondiglio.»
Burnin annota tutto su un blocco di carta. «Okay. Me ne
occupo
subito!», comunica, come se di colpo fosse tornata al suo
consueto mood energico.
Poco dopo la ragazza è già schizzata fuori
dall’ufficio, senza attendere di essere congedata dal suo
capo.
Enji, in effetti, sembra piuttosto indaffarato al momento. Apre il pc
che è poggiato davanti a lui, e nel mentre fruga in uno dei
cassetti della scrivania.
«Che combini?», s’informa Keigo, mentre
lo osserva divertito, la schiena premuta contro una libreria.
«È arrivato il momento di vederci chiaro in questa
storia», gli spiega Endeavor. «Ho intenzione di
contattare
qualcuno che in passato ha fatto parte dell’HPSC. Credo che
abbiano parecchie spiegazioni da darmi in merito.»
Keigo non aggiunge altro. Si limita a restarsene lì, in
disparte, gli occhi fissi sul suo eroe – non sembra avere
alcuna
intenzione di perderlo di vista.
In realtà non è per niente felice di sapere che
l’HPSC verrà immischiato nella questione. Keigo ha
provato
un senso di liberazione nel momento in cui la commissione è
stata sciolta. Dopotutto, non è mai stato un piacere per lui
occuparsi dell’incarico che gli avevano destinato.
Enji ritrova nel cassetto il foglio con le informazioni
sull’HPSC
che Burnin gli aveva lasciato. Apre alcune finestre sul suo pc, mentre
Hawk si lascia sfuggire un leggero sospiro.
Endeavor ha avviato una videochiamata. Non ha ancora la più
pallida idea se dall’altra parte riceverà risposta
o meno,
ma ritiene che per il bene del suo interlocutore sarà meglio
di
sì.
Dopo diversi squilli andati a vuoto, qualcuno appare
dall’altra
parte. Un uomo dall’aria assonnata e i capelli terribilmente
in
disordine è seduto su una sedia almeno due volte
più
grande di lui, mentre alle sue spalle a Enji sembra di scorgere la
vetrata di un grattacielo. Buona parte degli ex membri
dell’HPSC,
dopotutto, erano entrati a far parte di organi governativi dirigenziali
in seguito allo scioglimento della commissione, nonostante gli errori
di valutazione commessi durante la guerra. La persona che aveva
contattato, ovviamente, non faceva eccezione.
«Endeavor», lo saluta l’uomo, con la voce
di chi sembra essersi svegliato da poco.
«Buongiorno.»
«Yokumiru Mera», tuona Enji, impassibile.
«Vorrei poter dire di essere felice di rivederti.»
Enji sa di non essere in collera con Mera nello specifico. Recrimina
all’HPSC la pessima gestione della questione del fronte di
liberazione dal paranormale, che era stata praticamente lasciata tutta
sulle sole spalle di Hawks, tuttavia all’epoca Mera non era
ancora al vertice della commissione, per cui, di fatto, non ha
particolari responsabilità in merito. Resta, tuttavia, il
fatto
che ne ha pur sempre fatto parte.
Enji si ritrova a domandarsi se l’HPSC abbia
responsabilità in merito alla crisi che la
società degli
heroes si era ritrovata ad affrontare in seguito ai fatti di Jaku e
Gunga. La verità è che non riesce a darsi una
risposta:
sa che, per la maggior parte, a scatenare quell’effetto
domino
erano state le rivelazioni sul suo conto, tuttavia l’aver
abbandonato Hawks in quella situazione, completamente in pasto al
nemico in mezzo a una moltitudine di villain continuava a non
sembrargli affatto lungimirante.
Gli occhi di Mera sembrano essere sempre sul punto di chiudersi da un
momento all’altro. «Cosa posso fare per
te?»,
s’informa, posando una guancia sul palmo della mano, mentre
puntella il gomito sopra alla scrivania.
Endeavor, come sempre, evita di perdersi in inutili convenevoli.
«All’epoca vi siete occupati voi
dell’HPSC di mettere
al sicuro Hawks e sua madre, giusto?», domanda, conciso.
Se la domanda l’ha sorpreso, Mera cerca di non darlo a
vedere.
«Già. Abbiamo cancellato qualsiasi collegamento
tra loro e
il cognome Takami, ed è stata individuata una casa in cui
Tomie
potesse vivere in tranquillità con il figlio»,
risponde,
come facendo un grosso sforzo per richiamare alla mente
quell’informazione.
Più Mera parla, più Enji sembra essere
infastidito da
quella conversazione. «E delle misure detentive riguardo al
padre
di Hawks? Cosa sai dirmi in merito?», lo incalza.
Mera aggrotta visibilmente le sopracciglia. «Beh, in merito
ai
suoi capi di accusa il carcere era garantito…»,
commenta,
confuso.
Stavolta Enji perde la calma. Le fiamme iniziano a danzare minacciose
sul suo volto e tutto attorno al corpo, mentre fissa l’uomo
dall’altra parte dello schermo con aria truce.
«Tutto qui?
Le vostre fantastiche misure di protezione non comprendevano un fine
pena mai per un uomo violento che in passato aveva già
ucciso?!», sbotta, la voce che si è notevolmente
alzata di
tono.
Mera lo fissa spaventato, sembra non avere minimamente idea di come
rispondere. Prova a balbettare qualcosa, ma senza successo.
Fortunatamente, qualcuno pare avere intenzione di accorrere in suo
aiuto.
Una mano piccola e aggraziata si posa sulla spalla di Endeavor, e le
fiamme si spengono all’istante. L’uomo sposta lo
sguardo di
lato, sorpreso.
«Endeavor-san, non c’è bisogno di
perdere la
calma», gli assicura Keigo, rivolgendogli un sorriso
raggiante.
Poco dopo, il ragazzo muove un passo in avanti, entrando
nell’inquadratura della videochiamata. «Ehi, Mera!
È
da una vita che non ci vediamo!»
Se possibile, Mera adesso sembra essere ancora più sorpreso.
«H-Hawks? Ci sei anche tu?», domanda, senza
riuscire a
capire.
Keigo decide di ignorare volutamente le parole dell’uomo.
«Ascolta, credo che quello che Endeavor-san volesse dire
è
che gli servirebbero tutte le informazioni sulla detenzione di mio
padre e quelle relative al periodo precedente al suo arresto che
all’epoca erano in possesso dell’HPSC»,
spiega,
prendendo in mano la situazione. «Sareste in grado di
fornircele?»
Mera annuisce vigorosamente, all’apparenza ancora sconvolto e
impaurito.
Hawks, invece, gli rivolge un sorriso luminoso.
«Ottimo!»,
conclude, per poi chiudere poco dopo la chiamata, senza congedare Mera
o attendere che sia lui a salutarlo, decisamente stufo di tutte quelle
chiacchiere.
Non gli è ancora chiaro come sia stato possibile che
quell’uomo potesse essere rimesso in libertà,
tuttavia
inizia a temere che abbia perfino ricevuto qualche sconto di pena per
buona condotta o qualcosa del genere. Hawks non riesce a non trovare
tutta quella questione assolutamente penosa.
Enji si volta nella sua direzione, nella sguardo una mortificazione
profonda. «Grazie», commenta semplicemente,
sentendosi
terribilmente in colpa per il modo in cui ha perso la calma.
Keigo non sembra affatto arrabbiato con lui per questo. Gli sorride, ed
Enji riconosce l’autenticità di quel sorriso, a
differenza
di quello che il ragazzo ha rivolto a Mera poco prima. Hawks si
accomoda sulle sue gambe, i volti a poca distanza l’uno
dall’altro, mentre Endeavor non oppone alcuna resistenza.
«Non devi ringraziarmi per questo», gli assicura
Keigo,
muovendosi in maniera seducente verso di lui. «Ho solo fatto
il
mio lavoro.»
Poco dopo, Enji sente le labbra del ragazzo raggiungere le proprie, ed
è ben lieto di concederle ai suoi baci.
I giorni passano, ma a Hawks sembra di vivere sospeso a
mezz’aria.
Ormai è giugno inoltrato, e l’aria è
sempre
più calda. L’estate sta arrivando, e si sta
facendo
sentire.
Come se non bastasse, il clima stagnante non è
l’unica
cosa ad angustiarlo. Tutta la faccenda di suo padre non fa che tenerlo
in uno stato costante di ansia: gli sembra ormai che l’unica
cosa
che gli riesca sia oscillare tra un attacco e l’altro,
nell’attesa dello scontro successivo, senza riuscire in alcun
modo a mettere un freno a quella situazione. Le indagini stanno andando
avanti, per ora però non sono riusciti a individuare un
luogo
riconducibile a un covo.
A tormentarlo di più, però, è la
sensazione di non
star riuscendo a fare abbastanza. È lui che ha parlato a
Endeavor di quella questione, è lui che ce l’ha
tirato in
mezzo. Lui che, per ora, sente di non star riuscendo ad apportare alcun
contributo utile alle indagini.
Keigo sbuffa sonoramente. È pomeriggio, e si è
seduto sul
portico di legno che circonda la residenza di Enji. Ha il pc aperto
davanti a sé, e sta scorrendo alcuni file per analizzarli,
sperando che la sua vista s’imbatta in un dettaglio che
finora
è sfuggito a tutti. È una speranza vana, lo sa.
In
realtà, concentrarsi sul documento mostrato nello schermo
è tremendamente faticoso, soprattutto con quel caldo. Prova
a
trovare sollievo nella scarsa aria smossa dal ventilatore poco distante
da lui, mentre la mente si perde in una miriade di pensieri.
Hawks prova a ripensare alle circostanze in cui si è
imbattuto
in suo padre, dopo la fine della sua detenzione in carcere. La prima,
quella sera, sotto casa sua, e poi la seconda, a Shibuya, quando con
lui c’era anche Endeavor. Hawks non riesce a non sentirsi
tremendamente in colpa per averlo trascinato in mezza a quella storia,
eppure è stato proprio in seguito a quello scontro che le
cose
tra loro due hanno cominciato a muoversi più in
fretta…
Keigo scuote la testa. Se adesso comincia a riflettere
sull’evoluzione che il suo rapporto con Endeavor ha avuto
negli
ultimi tempi, sa già che non riuscirà a risolvere
un bel
niente. Deve restare concentrato, se davvero vuole aiutare il procedere
delle indagini in qualche modo.
Prova a tornare indietro con la mente al primo scontro, quello davanti
a casa sua, a Fukuoka. La prima cosa strana è il fatto che
sia
riuscito ad arrivare fin lì. La posizione della residenza ha
sempre fatto parte dei documenti che l’HPSC aveva
classificato
top secret, per cui è impossibile che un ex detenuto vi
abbia
avuto facile accesso. Oltre a questo, la mente di Hawks prova a vagare
in particolare su ciascuna delle singole azioni che lui e suo padre
avevano compiuto quella sera. Ha provato a scacciarsi dalla testa quei
ricordi per tutto il tempo, adesso però inizia a domandarsi
se
proprio in essi non si nasconda un qualche indizio.
Keigo cerca di ricostruire le proprie azioni di quella sera. Pensarci
gli fa un po’ male, ma in quel momento gli sembra la cosa
giusta
da fare. Ricorda che era sera, e stava rientrando a casa, dopo una
giornata di lavoro, esattamente come aveva raccontato a Enji ormai
quasi un mese prima. Aveva finito il giro di pattuglia più
tardi
del solito, e rientrando aveva notato che il cielo si era fatto
totalmente scuro.
I lampioni della via erano accesi. Uno, come sempre, sfarfallava un
poco – nessuno era ancora passato a ripararlo.
C’erano
diverse macchine parcheggiate vicino ai marciapiedi, ma dopotutto era
normale, quella era una zona residenziale.
La cosa assurda era che non aveva notato niente di strano.
Probabilmente in un primo momento l’aveva imputato alla
stanchezza, eppure era pur sempre un eroe, avrebbe dovuto percepire che
c’era qualcosa di diverso dal solito, una tensione
nell’aria, era stato addestrato per questo. Eppure, nulla di
nulla. Ali Possenti non si era attivato – non era successo
neppure a Shibuya, a dir la verità.
Hawks ricorda di aver salito con calma i gradini di casa. Era esausto,
e l’unica cosa a cui riusciva a pensare in quel momento era
l’acqua calda della doccia che non vedeva l’ora di
lasciar
raggiungere il suo corpo. Poi, più tardi, si sarebbe potuto
preparare qualcosa da mangiare al volo per cena, forse
un’omelette con verdure, dopodiché si sarebbe
buttato sul
divano a vedere qualcosa alla tv e, quando il sonno fosse stato sul
punto di prendere il sopravvento, sarebbe salito fino in camera da
letto, rifugiandosi sotto alle coperte. Gli era sembrato il miglior
fine serata del mondo.
Poi, mentre stava per infilare le chiavi nella toppa, aveva sentito una
voce giungere dalle sue spalle.
«Alla fine ti ho trovato», aveva sentito qualcuno
pronunciare.
Hawks non aveva avuto nemmeno per mezzo secondo il dubbio che quelle
parole potessero non essere riferite a lui. Erano passati tanti anni,
eppure il suono di quella voce odiosa era ancora impresso in maniera
indelebile nella sua memoria. Bassa, roca, così
profondamente cattiva.
Non era riuscito a muoversi. Non capiva. Come l’aveva
trovato? Perché non l’aveva sentito arrivare?
«Vedo che sei cresciuto», aveva continuato. Adesso
lo sentiva, era vicino, stava salendo i gradini di casa sua.
Razionalmente, Keigo sapeva che ciò che stava succedendo era
reale, eppure si rifiutava di accettare che potesse trovarsi veramente
lì. «E di tutto ciò che saresti potuto
diventare,
ovviamente, hai fatto la fine peggiore. Un eroe. Anche se la tua dose
di crimini l’hai commessa pure tu.»
Keigo non riusciva a parlare, come se qualcosa lo bloccasse –
paura, o forse disgusto. Continuava a tornargli in mente il modo in cui
aveva pronunciato la parola eroe, come se fosse intrisa di fiele.
Istintivamente, aveva pensato a Endeavor, che ai suoi occhi continuava
a essere l’incarnazione del concetto di eroe. Provava
ammirazione
sconfinata nei suoi confronti, non riusciva a comprendere come qualcuno
potesse covare così tanto disprezzo per quella professione.
«Non dovrei essere sorpreso, dopotutto.» La voce
s’era fatta, più bassa, più minacciosa.
Keigo
avrebbe voluto che tutto ciò stesse accadendo solo nella sua
testa, che non fosse nient’altro che il frutto della sua
mente
esausta – sapeva bene, tuttavia, che non era affatto
così.
«Sei sempre stato una nullità.»
Era stato allora che l’aveva afferrato per il polso. Ricorda
di
non aver opposto alcuna resistenza, era sconvolto, terrorizzato. Si era
ritrovato scagliato a terra, sul marciapiede, e subito i primi colpi
erano cominciati ad arrivare. Soprattutto calci, all’altezza
dello stomaco, dove Endeavor l’aveva trovato maggiormente
livido.
Non era riuscito a evocare il suo quirk per difendersi, forse sempre
per quel mix di sconcerto e paura. I colpi erano stati forti fin da
subito, ben più di quelli che ricorda di aver ricevuto da
piccolo.
Strano, però. Ora che è cresciuto, è
diventato un
eroe, ha messo su un po’ di muscoli, ricevere dei colpi del
genere non sarebbe dovuto essere così insopportabile, a
maggior
ragione se paragonato con la propria esperienza da bambino. E poi
c’era quell’incapacità di reagire, in
entrambe le
circostanze, sia a Fukuoka che a Shibuya. Possibile che fosse solo
sgomento…?
In quel momento, un’idea comincia a farsi strada nella mente
di Hawks.
«Endeavor-san!», si ritrova a chiamare Keigo, prima
ancora di rendersene conto.
Enji è all’interno della casa. Dopo aver pranzato,
quando
gli ha detto che si sarebbe seduto sotto al portico per lavorare un
po’, a Keigo pare che gli abbia accennato qualcosa
sull’intenzione di ripararsi dal caldo in casa, terminando di
stilare alcuni rapporti per l’agenzia. Poco dopo che
l’ha
chiamato, però, Keigo lo sente muoversi in fretta,
finché
non lo vede comparire sulla soglia della shoji aperta accanto a
sé.
«Hawks! Va tutto bene?», gli domanda Endeavor,
all’apparenza trafelato.
«Sì», lo rassicura in fretta il ragazzo.
«Però credo di aver avuto un’idea su
quale potrebbe
essere il quirk di mio padre.»
L’argomento sembra suscitare all’istante
l’interesse
dell’uomo. Enji si siede accanto a lui, osservandolo con aria
assorta. «Sul serio?», s’informa, cauto.
«Beh, per il momento è solo un’ipotesi,
però
così tutto avrebbe senso», spiega Hawks.
«Potrebbe
trattarsi di un quirk di inibizione?»
Enji sembra perplesso. Keigo lo vede alzare un sopracciglio, in un
cipiglio confuso che ha ormai imparato a riconoscere bene – e
che
non riesce a fare a meno di trovare adorabile. «Cosa
intendi?», chiede, cercando di farsi un’idea
più
precisa. Dopotutto, se vuole proteggere Hawks sa che deve essere
preparato al meglio, e vista la fiducia smisurata che ripone nel
giovane non dubita nemmeno per un secondo che la sua intuizione
potrebbe non rivelarsi corretta.
Mentre cerca di riordinare le idee, Hawks inizia una rapida ricerca
online. «Beh, vediamo… finora ci siamo scontrati
già due volte, e in nessuno dei due casi Ali Possenti
è
riuscito a percepire il suo avvicinamento. Pensavo che fosse
perché mi ha sempre preso in momenti in cui sono distratto,
ma
sono un eroe, i miei sensi sono costantemente in azione per recepire il
minimo segnale qualora qualcosa non dovesse andare per il verso giusto,
mi hanno allenato per questo. Anche tu, a Shibuya, hai fatto fatica a
respingerlo, nonostante Hell Flame», riepiloga il ragazzo.
«All’inizio pensavo che si trattasse di un quirk di
rafforzamento muscolare, ho perfino sospettato che potesse essere per
via di una droga di potenziamento del quirk, però questo non
avrebbe giustificato il fatto che non fossi riuscito a percepire la sua
presenza. Allora mi sono detto: e se il suo quirk funzionasse come uno
schermo contro quelli degli altri?»
Keigo si passa una mano tra i capelli. Sul motore di ricerca dell'Hero
Network – la principale fonte da cui attingere informazioni
sui
villain – ha inserito le parole chiave che potessero
ricondurre a
dei risultati che includano criminali catturati negli ultimi quindici
anni con un quirk inibitorio. Fin troppi elementi, però,
sembrano coincidere con i criteri che ha selezionato.
Sarà una bella ricerca, ma – se dovesse avere
ragione – almeno non sarebbero più totalmente a
zero.
Endeavor fissa lo schermo del pc insieme a lui. Sembra avere
un’espressione piuttosto pensierosa in volto.
«Potrebbe
avere senso, in effetti», concede. «Però
questo
sarebbe un bel problema. Come fai a combattere contro qualcuno che
riesce a ridurre l’efficacia del tuo quirk? Senza contare che
probabilmente è per questo che non riusciamo a
rintracciarlo,
starà facendo di tutto ad esempio per depistare gli eroi che
hanno quirk di localizzazione.»
Neppure la soddisfazione di aver avuto un’intuizione che agli
occhi di Endeavor sembra essere sensata basta a lenire il
senso
d’inutilità di Hawks. Osservando
l’espressione
corrucciata di Enji, infatti, gli sembra di non aver fatto altro che
procurargli altre grane. Keigo abbassa lo sguardo sullo schermo,
lasciandosi sfuggire un lieve sospiro.
Quel piccolo mutamento non sembra passare inosservato agli occhi di
Endeavor. Enji inclina appena la testa di lato, per poi affondare le
dita di una mano tra i capelli perennemente in disordine di Keigo,
arruffandoli appena mentre lo attira piano a sé.
«Ehi, che ti prende?», domanda, apprensivo.
«Guarda
che questa è una teoria importante, ci permetterebbe di
restringere parecchio il campo delle ricerche qualora dovessimo
riuscire a confermarla. Sono fiero di te.»
Sono fiero di te.
Quelle
parole, alle orecchie di Hawks, suonano più dolci di un ti
amo.
Gli occhi di Keigo tornano ad essere luminosi come sempre, mentre il
ragazzo si appoggia con la testa alla spalla di Enji, sorridendo
raggiante.
«Vedrai, lo prenderemo», gli assicura Endeavor,
fiducioso.
Passata la metà di giugno, è da poco iniziata la
seconda decade del mese.
È un pomeriggio afoso ma tranquillo, come ce ne sono stati
tanti
negli ultimi giorni. Enji è passato in agenzia in mattinata,
e
Keigo l’ha accompagnato. Si sono tenuti la seconda parte
della
giornata libera per trascorrerla in piena tranquillità, cosa
che
di recente gli sembra accadere sempre più spesso, o almeno
questo è ciò che Hawks ha notato. Che Endeavor
cerchi di
avere così tante accortezze nei suoi confronti non
può
che renderlo felice.
Certo, nessuno dei due riesce ad ignorare quanto la situazione sia
tesa. Per il momento, però, oltre ad andare avanti con le
indagini e prestare la massima attenzione non possono fare molto altro.
È stressante, ma è così.
Keigo è ancora una volta seduto sotto il portico –
gli
piace da morire quel punto, inutile negarlo – quando sente il
telefono di Enji squillare, all’interno della casa.
L’uomo
dev’essere in soggiorno, forse sta finendo di sistemare nella
credenza le ultime stoviglie pulite dopo che hanno lavato i piatti in
cui hanno pranzato. Trascorre qualche secondo prima che risponda, Keigo
lo immagina osservare lo schermo del cellulare con aria interrogativa.
«Burnin? Che succede?»
La voce di Enji sembra quasi infastidita. Keigo non può
biasimarlo, pensavano entrambi di aver risolto tutte le pratiche con il
lavoro per quel giorno e di potersi finalmente godere un pomeriggio in
santa pace.
Dall’altra parte dell’apparecchio,
l’assistente di
Endeavor spiega velocemente il motivo di quella telefonata. Da quello
che il quirk di Keigo riesce a recepire, sarebbe sorto un problema che
richiederebbe necessariamente la presenza di Enji.
«Devo venire per forza io? Non se ne può occupare
qualcun
altro?» La voce di Enji suona piuttosto amareggiata, oltre
che
infastidita.
Moe gli conferma che no, purtroppo è un’emergenza
e il suo
intervento sembrerebbe l’unica possibilità per
riuscire a
risolvere le cose.
«Va bene. Arrivo», si arrende alla fine Endeavor.
L’uomo chiude la chiamata, lasciandosi sfuggire un sospiro
pesante.
Keigo fa capolino dalla shoji aperta. «Tutto bene,
Endeavor-san?», si informa il ragazzo, i suoi grandi occhi
dorati
che, come sempre, brillano nell’osservare l’uomo.
Gli occhi azzurri di Endeavor si posano su di lui, e subito
l’espressione sul suo volto sembra addolcirsi.
«Insomma», ammette. «A quanto pare devo
tornare in
agenzia. Mi spiace, dovevamo passare un pomeriggio in santa
pace…»
«Ehi, non c’è problema», si
affretta a
confortarlo il ragazzo. «Facciamo lo stesso lavoro, so cosa
significa.»
Principalmente richieste di intervento a qualsiasi ora del giorno e
della notte e quasi totale assenza di tempo libero, si ritrova a
valutare tra sé Hawks. E dire che un tempo si era perfino
illuso
che la situazione sarebbe potuta migliorare, una volta conclusa la
guerra…
«Vai», riprende Hawks, in tono conciliante.
«Sbrigati, così finirai in fretta e potrai tornare
presto.»
Enji gli rivolge un’espressione corrucciata. «E
tu?», domanda, dubbioso.
«Ti aspetto qui», gli assicura il ragazzo.
«Cambio
l’acqua ai fiori, mi leggo un libro e poi verso sera inizio a
organizzare le cose per preparare la cena. Direi che non potrebbe
andarmi meglio.»
Enji sembra piuttosto scettico in merito a quel proposito. Ormai ospita
Keigo a casa sua da circa un mese, eppure quella sarebbe la prima volta
in cui lo perde di vista, anche se per poco tempo.
Endeavor si avvicina a Hawks, posando una mano sulla sua guancia.
«Sei sicuro?», gli chiede, fissandolo intensamente
negli
occhi.
Hawks gli rivolge un sorriso caloroso. «Stai
tranquillo»,
lo rassicura. «Posso sopravvivere alla tua mancanza per un
paio
d’ore.»
Hawks resta a fissare il punto in cui ha visto Enji sparire per diversi
minuti, dopo che se n’è andato.
Un po’ gli dispiace non essere andato con lui, ma
l’ultima
cosa che desidera è che quella situazione diventi una
zavorra,
per lui o per Enji. E poi ha veramente voglia di rimanersene per un
po’ da solo, tra le imponenti mura dell’ormai ex
dimora di
famiglia dei Todoroki. Non gli è mai capitato, da ormai un
mese
a quella parte – ossia da quando Enji gli ha offerto
ospitalità lì per proteggerlo –, di
restare da solo
in casa, e quella gli sembra una buona occasione per prendersi un
po’ di tempo per sé e per riflettere.
Da un paio di giorni un vaso di giunchiglie fresche arricchisce di
colore la casa. Sono dei fiori stupendi, appena li ha visti Keigo non
è riuscito a resistere all’impulso di coglierli.
Hawks ne osserva per qualche secondo i petali candidi, come incantato.
Sono affascinanti, hanno una tale consistenza vellutata al
tatto…
Le dita di Keigo circondano con delicatezza il vaso beige in cui li
hanno immersi. Sta quasi per sollevarlo, quando d’improvviso
qualcosa lo colpisce con violenza alla testa.
Keigo si ritrova a cadere al suolo, privo di sensi, mentre il vaso che
l’ha tramortito s’infrange a terra in mille pezzi.
Qualcuno afferra il ragazzo per le caviglie, trascinandolo lungo il
parquet di casa Todoroki.
notes
mado mi sto
sciogliendo. fa un caldo assurdo. almeno keigo se ne sta sotto al
portico col ventilatore, invece
no, il mio si è rotto. immaginate di dover
editare così. una fatica infernale, non c'è che
dire.
allora, devo dire ottocento cose e ho il terrore di dimenticarmele. vbb
la prima più che altro è per me. ho dimenticato
di
aggiungere una cosa all'ultima recensione a cui ho risposto, quindi lo
dico anche qui: in teoria ci sarebbe dovuta essere una scena di shoto
che scopriva da fuyumi che enji sta ospitando hawks a casa sua. in
seguito shoto avrebbe chiamato endeavor per avere spiegazioni in merito
e una sera si sarebbe perfino presentato al todoroki estate per cercare
di capire meglio tutta la faccenda, con gli altri due impanicatissimi
perché ovviamente devono cercare di non far trapelare nulla
in
merito alla loro relazione – non che shoto li
trovasse in
una situazione compromettente o cose del genere, anzi mi sembra di
ricordare che hawks fosse seduto tranquillo e beato sotto al portico
rip, solo che lo sapete, questi sono due scemi e allora ~ panico per cose inutili ~.
di fatto, però, non sapevo bene neanche come sistemare i
discorsi tra i tre, poi ho ripreso la storia dopo essere stata ferma
per... boh, forse un mese, quindi a quel punto avevo totalmente rimosso
questa scena dalla memoria e così sono andata avanti per la
mia
strada senza aggiungerla. vbb tutto questo discorso per dire: magari
più avanti potrei pensare di scrivere una one shot collegata
alla long per parlare di questa scena, ma conoscendomi temo che la
pigrizia avrà la meglio su di me e alla fine non
succederà mai. sigh.
okay, ora posso parlare del capitolo in sé per sé
(e pure
di questo c'è un mare da dire aiut). la scena iniziale ci
mostra
i nostri due cari protagonisti alle prese con l'aftermath di
quello che hanno combinato la notte precedente. in realtà
qui
non ho molto da dire se non che SI AMANO e io a mia volta li amo
tantissimo, più della mia stessa vita. sono due sottoni,
c'è poco da fare.
anche sulla parte in agenzia in realtà non ho molto da dire.
rivediamo burnin (yeah!)
e fa la sua comparsa mera – che, in quanto ex membro
dell'hpsc,
si rivela ancora una volta proprio come l'hpsc stesso ASSOLUTAMENTE
INUTIL– okay mi calmo.
già sulle ricerche di hawks qualcosa in più da
dire ce
l'ho. anzitutto mi ero totalmente dimenticata (mea culpa) dell'hero
network, poi ho visto le repliche della quarta stagione e ho realizzato
"ehi, ma io nella storia ho messo proprio questa cosa!". quindi, in
sintesi, oltre ad aver specificato dove hawks effettua le sue ricerche,
ho anche corretto l'accenno alle sostanze in grado di potenziare il
quirk: da quello che avevo scritto sembrava che l'unica associazione a
spacciarle fosse la shie hassaikai, invece, da quello che mi
è
parso di capire, non è così (???). vbb questo ve
l'ho
detto più che altro per completezza. fatto sta che abbiamo
avuto
anche la retrospettiva di hawks sullo scontro con suo padre (finora
l'avevamo vissuto soltanto attraverso le parole con cui keigo lo
racconta a enji, nel prologo) e un'ipotesi sul quirk del villain che,
loro malgrado, si ritrovano a dover affrontare. la
cosa verrà approfondita più avanti? assolutamente
no lol
e arriviamo infine all'ultima parte. la scelta dei fiori
nel
vaso a cui keigo deve cambiare l'acqua non è stata,
ovviamente,
casuale (smetterò mai di fare riferimento al mio amato
linguaggio dei fiori? forse, ma non è oggi il giorno). ero
indecisa tra i narcisi (nuovo
inizio) e le giunchiglie (desiderio),
tuttavia alla fine ho optato per queste ultime semplicemente
perché con i primi non rientravo nei limiti del periodo di
fioritura (nella storia, infatti, è ormai all'incirca il
venti
di giugno, e i narcisi sono fiori prevalentemente primaverili). in ogni
caso, direi che entrambi i significati dei fiori si sposano bene con
questa coppia, non trovate anche voi?~ ~
parlando della parte più croccantella del capitolo,
invece... SÌ,
VI LASCERÒ COL CLIFFHANGER FINO AD AGOSTO, AH! no,
okay, a parte gli scherzi. credo che non sia difficile intuire che cosa
sia successo, però posso solo anticiparvi che il prossimo
capitolo sarà parecchio movimentato e pieno di colpi di
scena.
anche perché mancano solo due capitoli alla fine, ad agosto
si
chiude, bisogna risolvere tutto.
detto questo, direi che ho concluso. mamma mia, stavolta ho parlato
parecchio e mi sembra di aver detto tutto, se nonostante questo sono
riuscita comunque a dimenticarmi qualcosa giuro che prendo a testate un
muro, lol. come al solito ringrazio chiunque stia leggendo/seguendo
questa creaturina, non avete idea dell'iniezione di fiducia che mi date!
a presto!
aria
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Capitolo 7 *** In dire straits ***
Quando Hawks riapre gli occhi, si accorge subito che qualcosa non va.
«Mh…», si ritrova a gemere, frastornato.
Sente una pesantezza sospetta alla testa. Non ricorda con esattezza
cosa sia successo, sa solo che un momento prima era a casa di Endeavor
e stava per mettere dell’acqua fresca nel vaso dei fiori, poi
aveva sentito qualcosa colpirlo con forza alla testa e da lì
il buio. Ora che ha ripreso conoscenza, vede che si trova in un luogo
nient’affatto rassicurante.
A prima vista sembra essere uno scantinato lurido, probabilmente in
disuso da anni. Non ci sono finestre, e l’unica fonte di
luce, a conti fatti, risulta essere un lampadario fatiscente che pende
giù dal soffitto. I muri hanno mattoni rossi a vista, a
terra c’è uno spesso strato di polvere e
l’intero ambiente è permeato da un’aria
satura, malsana, soffocante.
Keigo è tremendamente confuso, soprattutto per la botta che
ha ricevuto – che, a quanto pare, non lo fa ragionare
lucidamente. Non ha chiaro come sia finito là dentro, ma gli
sembra ovvio che ne deve uscire al più presto.
Questo è un altro problema. Hawks sembra rendersi conto solo
in quel momento che è bloccato.
Il suo corpo è stato infatti sistemato su una sedia di
ferro, Keigo ne sente il gelo aggredirgli la pelle. Delle strisce di
metallo gli immobilizzano i polsi ai braccioli della sedia, e stessa
sorte è toccata anche alle sue caviglie, fermate ben salde
alle gambe della seggiola.
Una sensazione ingombrante di panico inizia a farsi strada nel suo
petto. Il ragazzo prova a dimenarsi, ma senza successo: la sedia sembra
essere inchiodata al suolo.
Okay. Niente panico. Ha ancora le sue ali. Può richiamare
alcune delle sue piume e cercare una soluzione, forse riesce perfino a
farle indurire al punto da spezzare il metallo…
Ed è in questo momento che con orrore Hawks si accorge di
qualcos’altro.
Sulla sua schiena, infatti, non c’è più
alcuna traccia di Ali Possenti.
L’espressione sul volto di Keigo si fa ora più
disperata. Riprende a dimenarsi, stavolta con più forza, ma
continua a non ottenere risultati soddisfacenti.
In quel momento, la porticina in cima ai pochi scalini che conducono al
seminterrato viene dischiusa.
«A quanto pare il principino si è
svegliato», sente pronunciare da una voce odiosa.
Una voce che, purtroppo, riconosce all’istante.
Capelli rosso brunastri, occhi scuri come la notte. Un sorriso sadico
dipinto sul volto. Keigo osserva Takami scendere in tutta calma lungo
le scale.
Suo padre.
Se possibile, Hawks tenta di dimenarsi con ancora più
decisione.
«C-come mi hai trovato?», domanda Keigo,
terrorizzato.
L’uomo continua ad avvicinarsi minacciosamente a lui, fino a
quando Keigo non se lo ritrova davanti. Il villain gli afferra il
mento, stringendoglielo malignamente tra le dita. «Oh, Keigo,
solo uno sciocco come te avrebbe potuto pensare che non sarei riuscito
a trovarti», commenta Takami, sogghignando. «Da
giorni sapevo dove ti nascondevi. Abbastanza ovvio, in
realtà: un debole come te non avrebbe potuto far altro che
chiedere aiuto al suo eroe, quel buono a nulla del numero uno. Pensa,
però, che è stato proprio il tuo Endeavor a
tradirsi: quando ci siamo scontrati a Shibuya mi è sembrato
che avesse preso fin
troppo a cuore la questione.»
Gli occhi di Hawks si spalancano, attraversati da un cieco terrore.
Quella, per suo padre, sembra essere una reazione fin troppo eloquente.
«Allora è vero», commenta, colmo di
disprezzo. «Avete una relazione… mi fai ribrezzo.
Non potevo aspettarmi niente di meglio da una delusione come te,
dopotutto.»
«Non ti azzardare a toccarlo!», gli grida contro
Hawks, con tutte le forze che ha in corpo.
«Ma è naturale!», replica
l’uomo, lasciandogli andare il mento. Una risata malvagia gli
scuote il corpo, e Keigo si ritrova a valutare che non
c’è niente di sano in quell’accesso
d’ilarità. «Il mio obiettivo sei sempre
stato tu, di lui non me ne faccio un bel niente! Come avrai notato, per
prima cosa mi sono occupato delle tue ali. Le ho bruciate, hai visto?
Così non potrai cercare di chiedere aiuto con quelle tue
stupide piume. Ricresceranno, lo so, ma avrò la premura di
distruggerle ancora, e ancora, e ancora… non ho intenzione
di ucciderti, non subito almeno. Voglio torturarti per bene, mi sembra
il minimo dopo tutto il tempo che ho trascorso in carcere a causa tua e del tuo eroe.
Vedi di abituarti a questo scantinato, ci passerai un bel po’
di tempo…»
«Tu sei un pazzo!», urla ancora Keigo, mentre
l’uomo è già sulle scale.
«Pensi davvero che Enji, notando la mia assenza, non si
metterà subito sulle mie tracce? Troverà questo
posto e‒»
«E come?», lo interrompe il villain, voltandosi di
nuovo nella sua direzione. «Mi sono assicurato di
rintracciare un luogo che non avesse alcun legame con me, proprio per
avere la certezza che i tuoi amici eroi non riuscissero a trovarmi.
Goditi la tua permanenza all’inferno, Keigo,
perché sarà lunga.»
L’uomo esce dallo scantinato, serrandosi la porta alle spalle.
Hawks rimane per qualche istante a fissare con sgomento il punto in cui
l’ha visto sparire, per poi riprendere a dimenarsi, cercando
di liberarsi dalla morsa della sedia.
Enji riesce a rientrare a casa solo un paio d’ore dopo.
Ha un’espressione seccata in viso. Non è ancora
riuscito a liberarsi dal fastidio di essere stato disturbato nel bel
mezzo del pomeriggio. D’accordo, ha sempre trascurato ogni
cosa per il lavoro, ma è tremendamente mortificato al
pensiero di non essere riuscito a mantenere la promessa che aveva fatto
a Hawks.
Ormai è l’imbrunire. Forse è in tempo
per preparare la cena assieme al ragazzo, come da programma che Keigo
gli aveva annunciato prima che uscisse di casa. Non sa se
sarà sufficiente per farsi perdonare, ma almeno è
qualcosa.
Quando apre il piccolo cancello che dà accesso alla sua
proprietà, Enji si accorge che tutte le luci sono ancora
spente, sia i lampioni nel giardino che l'impianto interno della casa.
È strano, ma ormai le giornate si sono allungate, forse
Hawks ha preferito lasciare tutto spento perché non gli
sembrava ancora così buio, chissà.
Sotto il portico è rimasto aperto il pc di Hawks. Sembra
essere in standby da un pezzo, a Enji viene da pensare che
probabilmente Keigo si è dimenticato di spegnerlo per
dedicarsi a una delle sue mille attività. Hawks è
così, sempre in movimento, Enji ormai l’ha capito
da un pezzo. Una sbadataggine del genere è perfettamente da
lui.
«Ragazzino, sono a casa», si annuncia Enji,
muovendo alcuni passi all’interno dell’abitazione
buia. Si aspetta quasi di sentire da un momento all’altro la
voce allegra di Keigo che lo accoglie, o quantomeno di sentire
l’olio che sfrigola in qualche padella mentre è in
cucina a preparare chissà cosa.
Solo che non succede niente di tutto questo.
Enji si ritrova a valutare che è strano. Da quando Hawks
abita a casa sua, non gli sembra di aver mai udito così
tanto silenzio tra quelle mura.
Endeavor si decide finalmente ad accendere le luci di casa. Preme un
interruttore, e le tenebre sembrano svanire da quell’ambiente.
La casa gli sembra immutata da come l’ha lasciata quando
è andato via, qualche ora prima. Ci sono, tuttavia, due cose
che non gli tornano in alcun modo.
La prima è che lì non sembra esserci alcuna
traccia di Hawks. La seconda riguarda alcuni cocci infranti che Enji
nota a terra.
Endeavor si avvicina in fretta, chinandosi sulle assi di legno a terra
per osservare meglio ciò che ha trovato. Afferra con le dita
quei frammenti, per poi avvicinarseli al volto: hanno il colore della
terracotta, e all’apparenza provengono da un qualche vaso.
Quella storia non gli piace per niente. Enji si rialza in fretta in
piedi e, nel farlo, ha già recuperato il telefono dalla
tasca dei pantaloni.
Prima che possa rendersene conto, ha già avviato una
chiamata.
«È scomparso.»
È un gran casino.
Per quanto Keigo cerchi di dimenarsi, da solo non può nulla
contro il metallo che lo imprigiona. Prima che il suo quirk si
rigeneri, inoltre, ci vorrà del tempo. Da quanto
è rinchiuso la dentro? Non ne ha idea. Sa solo che a un
certo punto si è svegliato ed era già
lì, nello scantinato.
Non sa quanto tempo sia trascorso tra la sua cattura e il risveglio.
Forse ore, ma potrebbe trattarsi benissimo anche di giorni. Endeavor
sarà tornato a casa? Avrà notato la sua assenza?
Saranno già cominciate le ricerche?
Cercare di sfilare polsi e caviglie dalle strisce di ferro che li
imprigionano è impossibile, ma a Hawks tentare quella via
sembra la sua unica possibilità. Prova a richiamare ancora
una volta gli arti a sé, sperando di riuscire a sfilarli
dalla morsa che li tiene imprigionati, ma senza alcun successo. La sua
pelle si sta riempiendo di segni rossastri e lividi, ma non sembra
darci peso.
Deve uscire da lì. Deve tornare da Enji. Deve mettere fine a
tutta quella storia.
Mentre cerca di liberarsi dalla prigione in cui è bloccato,
un ritmo perpetuo e regolare scandisce il tempo che passa. Keigo
solleva lo sguardo, e si accorge che, fuori dalle mura di mattoni
rossi, pendono delle tubature dall’aspetto assai antiquato.
Andrebbero sostituite – se solo quel luogo non fosse
abbandonato e nessuno probabilmente se ne curi più da molto
tempo –, perché a quanto pare
c’è una perdita. Hawks non sa bene dove, ma il
rumore di uno stillicidio continuo non fa che riempirgli le orecchie da
quando è rinchiuso lì. È
insopportabile.
Keigo riprende la sua lotta con la sedia, cercando di ignorare il
ticchettio dell’acqua per quel che può. Sfrega i
polsi con decisione, trattiene un gemito tra le labbra, ma niente,
sembra ben lontano dal riuscire a liberarsi.
Si lascia sfuggire un sospiro stanco, ma non ha neppure il tempo di
crogiolarsi nel suo fallimento prima che una nuova preoccupazione inizi
a tormentarlo.
La tubatura, infatti, sembra aver deciso improvvisamente di voler
smettere di reggere. Il metallo cede, così che il condotto
pare letteralmente spaccato a metà, e adesso
l’acqua che cade nella stanza è decisamente di
più.
Sulle labbra di Keigo affiora un sorriso beffardo.
«Oh, ma andiamo…», commenta, le parole
che si perdono nel vuoto intorno a sé.
Quella è una quantità sufficiente per allagare
uno scantinato? Keigo non ne ha idea.
Il ragazzo si agita sulla sedia in maniera più febbrile.
Ti prego, Endeavor, fai
presto…
La sala principale dell’agenzia Endeavor sembra essere nel
caos più totale.
Pressoché tutti gli eroi in cima alla classifica sono
lì. È bastata la chiamata a Jeanist per
mobilitare praticamente chiunque.
Endeavor sa di avere lo sguardo interrogativo di circa una dozzina di
colleghi puntato su di sé. Deve loro delle spiegazioni, il
problema è che non sa da dove cominciare. Continuano a
tornargli in mente i cocci del vaso che ha trovato a terra, a casa sua,
e tutto comincia a vorticare in maniera frenetica e pericolosa nella
sua mente.
«Hawks è scomparso.»
Lo annuncia così, senza troppi giri di parole. Dirlo gli
costa una gran fatica, perché è terribilmente
preoccupato per lui, oltre a sentirsi in colpa per la sua sparizione,
ma sa che potrebbero avere i minuti contati, è inutile
perdersi in convenevoli.
Chi sembra prendere la notizia peggio degli altri è Mirko.
Rumi lo fissa con aria interrogativa, come se non riuscisse a
comprendere veramente ciò che si cela dietro alle sue parole.
«In che senso?», la sente informarsi infatti poco
dopo. «Non ti risponde più al telefono, ci hai
fatto scomodare tutti e venire fin qui per questo?»
Enji scuote brevemente la testa. «No», replica,
cercando di dominare l’ansia che sente salire ogni secondo di
più dentro di sé. «Credo che sia stato
rapito.»
Rumi inarca un sopracciglio, scettica. «Ah, sì? E
da chi, di grazia?», insiste, stoica.
Lo sguardo di Endeavor resta fermo, imperturbabile. «Da suo
padre», si decide finalmente ad alta voce. Dirlo a qualcuno
suona come una liberazione, dopo giorni trascorsi facendo attenzione a
non lasciar trapelare nulla per non aumentare i rischi.
«Circa un mese fa Hawks mi ha informato che era tornato in
libertà e aveva già cercato di avvicinarsi a lui,
riuscendoci e ferendolo. Da allora gli ho offerto protezione e lui si
è trasferito a casa mia…»
«Questa storia va avanti da un mese e noi ne veniamo al
corrente adesso?»,
lo interrompe bruscamente Rumi.
«Avevo avviato un’indagine ma non siamo riusciti a
ottenere alcun risultato soddisfacente», si giustifica
solamente Enji, sperando che ciò basti alla sua collega.
Mirko, però, non sembra affatto persuasa. Si avvicina a
Endeavor, minacciosa. «E ti sembra sufficiente?»,
domanda, fulminandolo con lo sguardo. «Avreste dovuto
quantomeno avvisare le autorità!»
Le fiamme di Enji cominciano a volteggiargli attorno con maggiore
ferocia. «Ho solo fatto ciò che Hawks mi ha
chiesto», ribatte, l’aria attorno a lui che nel
frattempo è diventata incandescente.
Prima che la situazione possa peggiorare ulteriormente, sia Rumi che
Enji avvertono qualcosa afferrarli con vigore e riportarli a una certa
distanza l’uno dall’altra.
«Signori, per favore. Non abbiamo tempo da perdere in queste
riprovevoli discussioni.» Jeanist ha ancora una mano piegata
davanti a sé, la stessa con cui ha controllato le fibre dei
costumi di Endeavor e Mirko. «Per ora la nostra
priorità è ritrovare Hawks.»
Enji e Rumi spostano lo sguardo di lato, con aria colpevole, ma sanno
bene che Tsunagu ha perfettamente ragione.
Nella confusione, Edgeshot alza una mano.
«Scusate», domanda infatti. «Ma dove
potrebbe trovarsi adesso Hawks? Cioè, ci sarà un
nascondiglio, un covo che avete individuato in cui probabilmente suo
padre si rifugia, no?»
Endeavor si volta in direzione di Shinya, con espressione affranta.
«In realtà no», ammette.
«Abbiamo cercato per giorni ma non ci risulta che ci siano
luoghi legati in qualche modo alla sua figura…»
Rumi sembra essere di nuovo sul punto di esplodere, ma in quel momento
qualcuno arriva in supporto di Endeavor.
«Scusate!» Burnin cerca di richiamare
l’attenzione di tutti i presenti su di sé con la
sua voce squillante. «Io forse un’idea ce
l’avrei!»
Tutti i più importanti eroi della nazione si voltano a
guardarla, confusi. Moe, invece, si limita ad avvicinarsi in fretta a
loro, tenendo tra le mani il suo tablet. «Il capo mi aveva
chiesto di indagare di più sul passato del padre di Hawks,
così è venuto fuori che in realtà
qualche legame ce l’ha», spiega la ragazza. Dallo
schermo del dispositivo, che ha appoggiato su una scrivania, adesso
viene proiettato a mezz’aria l’ologramma di un
edificio, che tutti gli eroi osservano con aria sorpresa.
«Durante il periodo trascorso in carcere, infatti, avrebbe
legato parecchio con un altro detenuto, un certo Nakahara Shogo, suo
compagno di cella. Nakahara sta ancora scontando la sua pena, ma ho
scoperto che ha un piccolo locale intestato a Ikebukuro.»
Enji osserva la planimetria dell’edificio. Sembra un vecchio
locale abbandonato da tempo, probabilmente un tempo doveva essere
adibito a uso commerciale. Ci sono diverse stanze vuote al piano
superiore e, attraverso una rampa di scale, si giunge a un piccolo
seminterrato.
Non sa perché, ma più Enji fissa
l’ologramma azzurrognolo, più sente una specie di
forza ancestrale che lo attira lì.
È pressoché certo che sia quello il luogo in cui
è stato rinchiuso Keigo.
«Beh, è pur sempre qualcosa. Meglio di
niente», commenta seccamente Rumi.
Fosse per Enji, in questo momento starebbe già volando fuori
di lì.
«Non abbiamo altra scelta», conclude cupamente.
«Dobbiamo tentare.»
C’è qualcosa di profondamente ironico, in tutta
quella situazione.
Keigo riderebbe persino, se solo non si rendesse perfettamente conto di
essere nel bel mezzo di un disastro.
Hawks ha sempre temuto le fiamme, perché
quell’elemento è l’unico in grado di
distruggere le sue ali. Nonostante questo, ha finito per innamorarsi di
Endeavor, lo ama da tutta la vita, e il fuoco che controlla non lo ha
mai spaventato.
Al contrario, non gli è mai sembrato che l’acqua
costituisse un problema, per lui. L’acqua che ha sempre
accolto il suo corpo con gentilezza, l’acqua in cui si
è ritrovato a galleggiare placidamente.
Invece, se adesso verrà la sua morte, sarà
proprio a causa dell’acqua.
La perdita ha inondato in fretta l’intero scantinato. Per
quanto abbia continuato a dimenarsi, non è riuscito in alcun
modo a liberarsi da quella morsa di ferro che lo tiene imprigionato.
Ora che si ritrova con l’acqua – letteralmente
– alla gola, continua a non avere neppure un dubbio sul fatto
che Endeavor lo troverà.
Forse sarà troppo tardi, ma Keigo non ha mai dubitato,
neppure per un secondo, che Enji lo stesse cercando.
Prima che l’acqua ricopra del tutto il suo viso, Hawks lancia
a pieni polmoni un ultimo, disperato, grido di aiuto.
« Endeavor-san!»
Gli eroi raggiungono in fretta il luogo che Moe ha indicato loro.
Sembra un normale fabbricato abbandonato, in una zona decisamente poco
frequentata di Ikebukuro. Non ci sono altre costruzioni nei paraggi,
eccezion fatta per quell’edificio di mattoni rossi. Piccoli
ciuffi d’erba spuntano dalle crepe dell’asfalto,
segno che di lì per molto tempo non sia passata anima viva.
Endeavor attraversa il piazzale con ampie falcate. Non ha molto tempo
da perdere, Hawks è in pericolo e non hanno neppure la
certezza che sia lì. Deve sbrigarsi a trovarlo.
L’ingresso è sigillato da una pesante porta di
metallo arrugginita. Enji gli assesta una spallata con decisione, e
subito l’uscio cede, spalancandosi davanti a lui.
L’interno, se possibile, sembra essere ancor più
desolato dello spazio lì fuori. Le stanze sono vuote, prive
di ogni genere di mobilia, e i pavimenti lerci sono ricoperti da uno
spesso strato di polvere.
Endeavor e Jeanist sono i primi a entrare là dentro. I due
cominciano a ispezionare il posto, passando da una stanza
all’altra, senza tuttavia riuscire a trovare nessuna traccia.
«Sembra che non ci sia nessuno, qui», commenta
Jeanist, poggiando una mano con evidente disgusto sullo stipite di
cemento all’ingresso di una delle varie stanze.
Enji non ne sembra affatto convinto. Il punto è che, nel
momento in cui Burnin ha mostrato loro la pianta di
quell’edificio, ha pensato all’istante che quello
fosse il luogo in cui era stato rinchiuso Hawks. Non ha idea del
perché, probabilmente se ne è solo voluto
inconsciamente convincere perché così
disperatamente desideroso di trovare il più in fretta
possibile il ragazzo.
Forse ha ragione Jeanist, lì non c’è un
bel niente e faranno meglio a tornare in agenzia per valutare la
presenza di altri possibili nascondigli. Endeavor sta quasi per dirlo
al collega, solo che è proprio in quel momento che lo sente.
È così flebile e lontano che per un momento crede
persino di esserselo immaginato, eppure qualcosa gli dice che no,
è impossibile.
Non confonderebbe mai quella voce con nessun’altra al mondo.
Enji si volta di scatto nella direzione da cui l’ha sentita
provenire. C’è un’altra porta, anche
questa di metallo. Endeavor ci si scaglia letteralmente contro, mentre
sente i cardini cedere sotto la violenza del suo assalto.
Si trovano adesso in un’altra stanza che non erano ancora
riusciti a individuare, e in fondo a essa si trova l’ennesima
porta. Ora che la vede, ricorda che nella planimetria che Burnin ha
mostrato loro era presente uno scantinato, solo che, una volta arrivati
lì, non ne hanno trovato alcuna traccia.
Enji raggiunge in fretta anche quella porta. Oltre di essa si leva un
rumore nient’affatto rassicurante, che Endeavor riconosce
bene.
Acqua.
Scardinata anche questa soglia, Enji raggiunge finalmente lo scantinato.
La prima cosa che nota è che è praticamente
invaso d’acqua. Un getto copioso che fuoriesce da una
tubatura ha colmato la stanza, tanto che ormai è arrivato a
metà della scala.
Ben presto, tuttavia, nota che sotto la superficie dell’acqua
si cela una figura.
«Hawks!», grida, disperato.
Enji non ci pensa due volte. Afferra il corrimano di metallo e si
lancia oltre di esso, finendo sommerso dall’acqua.
Nuota in fretta per raggiungere il corpo del ragazzo. Purtroppo, da
quello che gli sembra di vedere, non pare essere cosciente.
Spera solo di non essere arrivato troppo tardi.
Keigo è immobilizzato a una sedia di metallo. Ci sono delle
strisce spesse di ferro che gli bloccano i polsi e le caviglie.
Endeavor non sa se il suo quirk funzioni anche sotto tutta
quell’acqua, ma deve provare. Ne va della vita di Hawks.
Enji posa le mani su quelle placche di metallo, cercando di condensare
il proprio potere unicamente su di esse. Concentra le fiamme in un solo
punto, in modo che lentamente sciolgano e fondino il ferro.
Funziona.
Con quella tecnica, riesce a liberare in fretta i polsi del ragazzo.
Ripete la stessa operazione anche con le caviglie, così poco
dopo Keigo è finalmente libero.
Enji avvolge con forza le braccia attorno alla vita del ragazzo,
dopodiché si dà una spinta con i piedi e dal
terreno comincia rapidamente a riemergere.
Endeavor torna a respirare, boccheggiando affannosamente.
«Jeanist!», si ritrova a chiamare con forza, in
direzione del collega.
Tsunagu sembra comprendere al volo le sue intenzioni. Il numero tre
controlla le fibre dei vestiti di Hawks, attirandolo in salvo.
Ora, però, anche Enji deve sbrigarsi a uscire di
lì. Gli schizzi d’acqua stanno raggiungendo il
lampadario, e da alcuni cavi della corrente elettrica scoperti partono
delle scintille. Se dovessero raggiungere l’acqua, finirebbe
per morire folgorato.
Endeavor raggiunge in fretta a nuoto le scale, per poi salire su di
esse.
«Presto, fuori da qui!», ordina.
Jeanist non se lo fa ripetere due volte. Continuando a tenere il corpo
di Hawks ben stretto a sé, esce fuori dalla stanza,
lasciandosela alle spalle.
Enji lo imita subito dopo, serrando la porta alle loro spalle.
Non possono tuttavia allontanarsi molto di più da
lì, lo sanno bene. Prima di tutto devono infatti constatare
le condizioni di Hawks.
Endeavor si avvicina in fretta al ragazzo. Tsunagu l’ha
già disteso a terra supino, e lo osserva con aria
preoccupata.
Come Enji aveva notato raggiungendolo sott’acqua, Keigo non
è cosciente. Il suo respiro, inoltre, sembra essersi
arrestato.
Per quanto la cosa lo terrorizzi, per una volta Endeavor si ritrova a
benedire il fatto di essere un eroe. Perlomeno, la sua professione gli
permette di conoscere perfettamente la procedura da adoperare in questi
casi, visto che anche questo significa salvare delle persone.
Enji si avvicina alle labbra di Keigo, soffiandovi aria
all’interno. Tasta attentamente il polso del ragazzo, e si
ritrova a constatare l’assenza di battiti.
Per quanto senta il panico montare sempre di più dentro di
sé, Endeavor tenta comunque di praticargli un massaggio
cardiaco.
«Ti prego, Keigo», si ritrova a mormorare, tra una
compressione e l’altra sul petto del più giovane.
«Non puoi lasciarmi così… devi restare
con me… ti prego… ti prego…»
Enji non può accettarlo. Non può credere di
essere arrivato troppo tardi, che non ci sia più tempo per
salvare Keigo. Gli sembra di rendersi conto solo in quel momento, di
quanto, in così poco tempo, il ragazzo sia diventato
importante per lui.
Non può
perderlo prima di avergli detto quello che prova davvero.
Tsunagu osserva la scena in silenzio, tremando appena. Essere un eroe
significa vivere con la consapevolezza che ogni giorno potrebbe essere
l’ultimo, ma in questo caso è diverso,
perché si tratta di Hawks, un collega con cui ha collaborato
a stretto contatto in passato, e poi sarebbe ingiusto perderlo in una
circostanza del genere. E poi c’è Endeavor, che
guarda Keigo con quello sguardo disperato, come se da lui dipendesse
tutto il suo mondo e perderlo vorrebbe dire veder crollare tutto
ciò che faticosamente ha cercato di ricostruire dopo la fine
della guerra. Non si tratterebbe solo di perdere un collega, per lui.
Di colpo, il corpo di Keigo viene scosso da alcuni colpi di tosse. Il
ragazzo riapre lentamente gli occhi, mentre dalle labbra esce ancora un
po’ d’acqua.
«Sei… p-più bello mentre mi salvi la
vita», mormora, la voce tremendamente roca.
Gli occhi dorati di Keigo sono belli come sempre. Fissano Enji, il suo
eroe, pieni di riconoscenza, gratitudine, amore.
Endeavor sorride, avrebbe da ridire sul fatto che si sia lasciato
sfuggire un commento del genere poco dopo aver quasi rischiato di
morire, ma è così sollevato al pensiero che sia
lì con sé che non riesce a darci peso.
Appoggia la fronte a quella del ragazzo.
È vivo. Sta bene.
Endeavor e Jeanist scendono di nuovo nello scantinato.
Bloccata la perdita, le fiamme di Enji si occupano dell’acqua
che rimane: con tutto quel calore, non passa molto tempo prima che sia
di nuovo evaporata.
I due percorrono verso il basso la scaletta che conduce al
seminterrato, anche se a prima vista non sembra esserci molto di
diverso dalla desolazione che hanno avvertito nelle stanze al piano
superiore. Il pavimento, che era coperto di polvere, dopo il passaggio
dell’acqua si è riempito di fanghiglia. Nei muri
ci sono mattoni rossi a vista, e dal soffitto penzola un lampadario
malridotto, lo stesso che poco prima ha minacciato di ucciderli a causa
delle scintille irradiate dai suoi cavi elettrici scoperti –
insieme agli altri mille fattori che hanno complottato contro la loro
vita, certo.
L’unico oggetto che sembra attirare l’attenzione
più degli altri è la sedia di metallo, forse
perché stona un po’ in quel contesto in cui ogni
cosa sembra essere immutata da anni. La trappola in cui era stato
imprigionato Keigo, infatti, sembra essere stata costruita proprio
lì, in quello scantinato, e di recente. Enji si ritrova a
valutare che dev’essere stata la prima cosa a cui Takami si
è dedicato dopo essere uscito di prigione, che deve aver
premeditato per mesi il rapimento del figlio, e che probabilmente aveva
cominciato a covare quel piano già molto tempo prima, mentre
era ancora in carcere. C’è qualcosa di
profondamente inquietante, nei contorni di quella storia.
Tracce dell’uomo, però, non sembrano esserci, per
cui se vogliono trovarlo sono ancora a un punto morto. In quel momento,
tuttavia, mentre stanno quasi per lasciare lo scantinato, i due eroi
sentono gracchiare i loro auricolari.
«Endeavor! Jeanist! Sono Mirko!», si annuncia Rumi.
«Lo abbiamo preso!»
I due eroi si scambiano uno sguardo sorpreso.
«Sul serio?», domanda Enji, incredulo.
«Sì!», conferma lei.
«L’abbiamo trovato che stava cercando di scappare
da Ikebukuro. È bastato un colpo ben assestato dei miei ed
è finito subito al tappeto!»
Enji e Tsunagu si guardano nuovamente, sollevati. È finita
veramente.
Deve dirlo subito a Hawks.
Keigo è seduto a gambe incrociate in cima ai gradini
all’esterno del vecchio edificio. Il cemento non
rasato graffia e abrade i suoi vestiti, ma lui non sembra curarsene.
Tiene le braccia conserte poggiate sopra alla ringhiera di ferro che
corre lungo la scala, lo sguardo perso a fissare l’orizzonte.
Nel cielo c’è ancora una sfumatura violetta che lo
rende bellissimo.
Sul suo volto si riflettono le luci blu e rosse dei lampeggianti dei
mezzi dei paramedici giunti sul posto. Probabilmente dovrà
recarsi in ospedale per degli accertamenti, al momento però,
dopo un primo controllo, sembra essere incredibilmente in forma sebbene
abbia rischiato di morire meno di un’ora prima,
così gli hanno dato il permesso di restare lì,
lasciandogli una coperta marrone sulle spalle.
Sente dei passi avvicinarsi alle sue spalle. Anche senza quirk
riconosce quella camminata, e non ha bisogno di altre informazioni per
sapere a chi appartenga.
Enji si siede accanto a lui. Tecnicamente non si vedono solo da qualche
ora, eppure a Keigo pare un’eternità. Nota che sul
volto dell’uomo stenta a scomparire un’espressione
preoccupata.
«A quanto pare il tuo hobby è salvarmi la
vita», ironizza Hawks. Ha ancora la voce un po’
arrochita, dopo tutto quello che è successo.
Sul volto di Endeavor compare l’accenno di un sorriso, ma non
dura che un secondo. Restano per qualche istante in silenzio, come se
entrambi avessero timore di parlare, infrangendo quella pace che ora
aleggia tra loro.
Alla fine, l’equilibrio viene spezzato da Enji.
«Le ali?», domanda, guardando con aria
interrogativa la schiena del ragazzo. C’è qualcosa
di tremolante nella sua voce, e Hawks sospetta che non si sia ancora
liberato dal terrore di averlo quasi visto morire, poco prima.
Keigo si stringe appena delle spalle. «Le ha
bruciate», spiega. «Ricresceranno in fretta,
comunque. Dubito disponesse di un fuoco minimamente paragonabile a
quello di Dabi.»
L’accenno a Touya, se possibile, sembra aver turbato Enji
ancora di più. L’uomo abbassa lo sguardo, con
un’espressione corrucciata in volto.
Keigo si sente in dovere di rassicurarlo. Avvicina una mano al suo
ginocchio, stringendolo con fare simpatetico.
«Ehi», lo chiama piano, aspettando di avere lo
sguardo dell’uomo su di sé per continuare.
«Grazie per avermi salvato. Non ho mai dubitato, nemmeno per
un momento, che mi avresti trovato.»
Enji accenna un sorriso nella sua direzione, anche se il suo sguardo
continua ad essere pervaso da un velo di tristezza.
«Scusami», mormora infatti. «Non avrei
dovuto lasciarti da solo. E poi prima, mentre eri incosciente, io ti
guardavo e… pensavo che non potevo perderti così,
senza averti detto quanto tengo a te.»
Gli occhi di Keigo vengono attraversati da una scintilla luminosa.
Prima che possa aggiungere qualsiasi cosa, però, Enji lo
anticipa.
«Poco fa è arrivata una comunicazione da parte di
Mirko», gli confessa. «A quanto pare sono riusciti
a trovarlo e lo hanno fermato. Dubito che questa volta lo
rilasceranno.»
Keigo sente il cuore in petto battere più forte. Gli sembra
così incredibile che, dopo tutto quel periodo trascorso
vivendo continuamente col fiato sul collo, ora possa finalmente tornare
a respirare, a stare tranquillo, a dimenticare cosa sia la paura.
Si appoggia con la testa sul petto di Endeavor. Enji lo stringe a
sé, circondandogli la vita con un braccio mentre una mano si
perde tra i suoi capelli.
«È tutto finito», gli sussurra, quasi
cullandolo.
notes
che periodo
assurdo. qualche giorno fa non avevo più voglia di scrivere,
non avevo più voglia di leggere, non avevo più
voglia di fare niente. è sempre brutto quando mi sento
assalire da una tristezza del genere.
oggi non so dove ho trovato la forza di mettermi al pc a editare. penso
di averlo fatto solo perché "lo dovevo fare".
però, eccoci qui. in realtà temevo che questo
capitolo facesse molto più schifo, invece alla fine
rileggendolo mi sono detta che è passabile, per cui... yay, i guess...?
penso che si sia notato che mi sono parecchio divertita a
scrivere un personaggio psicopatico. il padre di hawks è
uscito fuori leggermente
più folle di quanto credo che sia realmente, ma
ehi, è pur sempre un villain che si è fatto un
mare di anni di carcere. diciamo che è andata
così, lol.
[sto tipo morendo, vedi perché non editavo più il
giorno stesso della pubblicazione? pensavo di aver finalmente perso
questa brutta abitudine invece eccomi di nuovo qui]
non so se sono riuscita a creare un buon effetto di suspence,
cioè alla fine penso immaginassimo tuttə che enji l'avrebbe
salvato, però vbb, ci ho provato. tra l'altro piccola
menzione per la scena in agenzia con enji e rumi che stanno a tanto
così dallo strangolarsi a vicenda e il povero tsunagu che
come al solito deve tenere a bada una banda di bambini dell'asilo, rip.
per la parte del salvataggio di hawks dalla morte per annegamento devo
fare una menzione d'onore a sei di corvi. la scena l'avevo scritta mesi
fa, invece ho letto di recente questo libro in cui a un certo punto
accade praticamente la stessa cosa, e nulla, mi ha molto rassicurata
perché ero terrorizzatissima di aver reso male qualcosa.
a proposito di sei di corvi, colgo l'occasione per accennare al fatto
che nei prossimi mesi comincerò a pubblicare sul mio account
twitter [ @ignisplume
click & follow me plzgiurosonosimpy] alcuni capitoli della six of crows!au che
sto scrivendo al momento. ah, c'è anche un sondaggio in
corso, dateci un'occhiata se vi va!
non ho molto altro da dire in realtà. tutto è
bene quel che finisce bene, o almeno così pare.
riuscirà enji a dire a keigo chiaro e tondo ciò
che prova per lui? per scoprirlo l'appuntamento è per
domenica 21 agosto con l' epilogo
di questa storia. tutto sommato sono felice di essere arrivata alla
fine. sono stati mesi intensi in cui più volte ho perso
fiducia in questa storia, forse mettere finalmente il punto mi
aiuterà quantomeno a dormire la nott– AEHM.
come sempre, grazie a chi legge e segue la storia, sono seria quando
dico che se non fosse per voi adesso non sarei qui a morire di caldo
davanti allo schermo di questo pc ♡
a presto!
aria
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Capitolo 8 *** Epilogue: Seashore ***
I see through you
Epilogue:
Seashore
Keigo cammina lungo una spiaggia dalla sabbia candida.
I suoi piedi sono immersi nell’acqua. Le onde del mare,
arrivando a riva, s’infrangono con dolcezza, e
ciò che resta di loro non è che una scia di
schiuma bianca.
C’è un vento caldo e leggero, che fa ondeggiare
appena i vestiti che ha indosso. Il sole sta tramontando, e tutto il
cielo è tinto di uno straordinario colore rosso.
È l’atmosfera più pacata in cui gli sia
capitato di essere immerso, negli ultimi tempi.
Se ripensa ai mesi appena trascorsi, gli sembra di essere stato nel bel
mezzo di una burrasca. Dal momento in cui suo padre è stato
rilasciato di prigione non ha trascorso un solo momento senza sentirsi
in pericolo, completamente alla mercé di un delinquente.
Ora, fortunatamente, le cose stanno cominciando a tornare alla
normalità.
Suo padre è finito nuovamente in carcere. Considerati i
nuovi crimini che si sono aggiunti alla sua fedina penale, nessun
avvocato, neppure il più talentuoso del mondo, sarebbe stato
in grado di conferirgli di nuovo la libertà – e,
in ogni caso, lui non potrebbe permetterselo.
Keigo ha così ricominciato a lavorare con i suoi soliti
ritmi massacranti, di nuovo fiducioso. Rientrare in agenzia
è stata una sorta di liberazione, non
c’è cosa al mondo che conti più del suo
lavoro, per lui.
O meglio, forse qualcosa sì.
Forse, l’unica cosa a cui deve ancora abituarsi è
che, nella parola normalità, è ormai compreso il
vivere assieme a Enji. Nonostante suo padre sia stato arrestato,
infatti, nessuno dei due ha mai menzionato la possibilità
che Keigo potesse tornare ad abitare a Fukuoka. Forse
perché, semplicemente, dopo mesi svegliarsi l’uno
accanto all’altro è diventata
un’abitudine troppo piacevole, e rinunciarvi pare
impossibile. Il loro legame sta diventando qualcosa di molto simile a
una relazione stabile, e la cosa non sembra dispiacere particolarmente
a nessuno dei due.
Probabilmente l’ha intuito anche Fuyumi. Keigo ha scoperto
che la secondogenita della famiglia Todoroki è
l’unica persona a bazzicare più assiduamente la
casa del padre. Si sono incrociati ormai diverse volte e hanno avuto
modo di scambiare qualche parola: Fuyumi sembra sempre così
solare e gentile, conversare con lei è incredibilmente
facile e piacevole.
Keigo se lo chiede spesso, se Enji abbia paura di affrontare un
discorso in merito alla loro relazione con i suoi figli. Probabilmente
sì, però è il primo che vorrebbe
chiedere all’uomo di non farsi pressioni per questo:
è successo tutto così in fretta, forse i primi a
doversi ancora ambientare in questo contesto sono proprio loro.
Il ragazzo si ferma. Muove appena uno dei suoi piedi scalzi
nell’acqua cristallina, e da essa si sollevano alcuni
schizzi. In lontananza, il sole continua a sprofondare oltre la linea
dell’orizzonte, in quell’atmosfera annacquata come
da un vino rubizzo.
Endeavor gli ha proposto di prendersi alcuni giorni di vacanza, solo
per loro due, e lui non ha potuto non accettare. Quello gli sembra un
sogno, e poi tecnicamente Enji ha ragione, l’ultimo periodo
è stato un inferno, si meritano entrambi di staccare la
spina per un po’.
Due braccia forti gli cingono la vita, e lui si ritrova a sorridere in
maniera spontanea, appoggiandosi al petto dell’uomo alle sue
spalle.
«Dove vai?», gli chiede Enji, accarezzandogli la
fronte.
Keigo socchiude appena gli occhi, incantato. «Avevo voglia di
fare una passeggiata», confessa. «Lo so,
è quasi ora di cena, ma guarda, questo posto è
incantevole.»
È la verità. Keigo non fa che pensarlo da quando
hanno messo piede lì. Continua a essere così
immensamente grato a Enji per aver organizzato quella piccola vacanza,
è stato un pensiero molto premuroso da parte sua.
Nell’aria c’è un profumo intenso di
salsedine. Hawks si perde di nuovo con lo sguardo a osservare il
movimento lento e ipnotico delle onde, la testa poggiata sul petto di
Enji come un peso leggero. Sarebbe bellissimo se potessero rimanere
lì per sempre. Solo loro, e il mare.
Enji inclina leggermente il capo del ragazzo nella sua direzione,
sollevandolo appena, poggiando due dita sotto al suo mento. Keigo si
ritrova a guardarlo, incantato, gli occhi dorati pieni di meraviglia.
«Ti amo.»
È così bello che, per un momento, Keigo crede di
esserselo sognato. Spalanca gli occhi, mentre le sue iridi dorate
vengono attraversate da una scintilla di meraviglia.
È la prima volta che glielo dice. Keigo ha sempre saputo
quanto per Enji fosse difficile aprirsi in merito ai propri sentimenti,
per cui quella dichiarazione, così intima, così
sincera, gli colma il cuore di gioia.
Il ragazzo ruota lentamente il proprio corpo, fino a sistemarsi in
posizione frontale rispetto all’uomo. Gli cinge il collo con
le braccia, in maniera delicata.
«Anch’io ti amo, tantissimo», gli
confessa, sollevandosi in punta di piedi. «Ti amo da tutta la
vita.»
Keigo posa le labbra su quelle di Enji, e i due finiscono per essere
catturati in un bacio dolcissimo. Intorno a loro il rumore delle onde
arriva ovattato, distante.
notes
allora.
comincio col dire che non sono mai stata convinta al 100% di questo
epilogo. avrei potuto modificarlo, sì, ma tecnicamente nella
mia testa quello che doveva succedere è questo, poi che la
resa non sia eccellente è un altro discorso. ricordo
perfettamente di aver concluso questa storia al rientro dal romics, per
cui cercate di capirmi anche voi, ero esausta ma terrorizzata che se
non l'avessi finita cavalcando la scintilla d'ispirazione che stavo
vivendo in quel periodo (dopo essermi bloccata per un po') non l'avrei
fatto più. poi vbb, possiamo anche ammettere tranquillamente
che mi vengono molto meglio i prologhi degli epiloghi e amen x"
sono contenta di mettere la parola fine a questa storia per due motivi.
il primo è che ultimamente, man mano che andavo avanti con
la pubblicazione, sempre più dubbi mi assillavano in merito
a questa ff: in sostanza, quando l'ho finita mi sembrava quantomeno
decente, adesso invece non riesco a fare a meno di trovarci centomila
difetti. poi magari è tutto nella mia testa, conoscendomi
è altamente probabile, ma tant'è. il secondo
è che sono felice che l'epilogo esca in questo momento
perché più andiamo avanti e più il
manga diventa una tragedia, per cui godiamoci quest'atmosfera soft
finché possiamo--
di questo capitolo finale forse la parte che mi convince meno
è il fatto che sembri tutto molto rushato: alla fine le
ultime pagine ho chiuso tutto molto in fretta, forse perché
ero estenuata avendo ripreso in mano questo progetto dopo un po' di
tempo, forse perché ero terrorizzata che l'ispirazione
potesse di nuovo sparire di punto in bianco da un momento all'altro,
non so dirlo con certezza nemmeno io. fatto sta che immagino che
possano esserci delle cose che possono lasciare un po' l'amaro in bocca
a un lettore, tipo il padre di hawks che viene arrestato e finisce in
galera senza che se ne parli più o la questione "come la
prenderà la famiglia todoriki quando verrà a
sapere della relazione tra enji e keigo?". per quanto in merito a
quest'ultimo punto avessi perfino pensato di aggiungere una piccola
oneshot anche
se dubito che il progetto si concretizzerà mai,
alla fine ci ho riflettuto e mi sono detta: noi siamo ficwriters.
facciamo questo per passione, non per mestiere. ben vengano tutte le
ricerche e il desiderio di essere accurati, però non
possiamo nemmeno impazzire nella ricerca della perfezione, no?
[comunque si vede proprio che quando ho scritto questa parte non ero in
me, la più corta della storia e ho trovato molti
più refusi che altrove-- io ho cercato di sistemare tutto,
ma se vi sembra di vedere qualcosa che non va ditemi pure!]
un'altra cosa che mi convince poco è l'eccesso di zucchero:
nel senso, ho il terrore di essere andata ooc con la caratterizzazione
di enji qui. non lo so, ditemi voi.
a tal proposito, sì, commento brevemente il capitolo:
finalmente un po' di pace per i nostri beniamini, è estate
(probabilmente nella storia è all'incirca lo stesso periodo
in cui ci troviamo noi nella vita reale, e la cosa è voluta
perché ho iniziato a pubblicare a maggio proprio per far
combaciare la collocazione temporale) e si stanno godendo una meritata vorrei vedere, dopo
tutto quello che è toccato sopportare loro nell'ultimo
periodo vacanza. e riesco finalmente a rispondere alla
domanda che avevo lasciato nelle precedenti nda (e il tutto si
ricollega a una frase dello scorso capitolo, sì): enji
infatti ammette a keigo i reali sentimenti che prova per lui, ed
è questo, a dir la verità, che mi crea dubbi
sull'ic della
serie: troppo sdolcinato, per lui?, però alla
fine immagino lo faccia restando molto serio, com'è tipico
per lui, forse non sapeva neppure se gliel'avrebbe detto, nel senso che
voleva farlo ma non credeva ci sarebbe riuscito. è tutta una
cosa complicata, perché nella mia testa nonstante stia
facendo di tutto per fare ammenda (nel manga, qui invece tecnicamente
l'ha già fatto) lui è ancora convinto di non
meritare di essere amato. è un discorso che mi sarebbe
piaciuto approfondire, in realtà, però vbb, ci
portiamo dietro un altro rimpianto. keigo, invece, è
felicissimo, e con la frase "ti amo da tutta la vita" ci tenevo a
sottolineare quanto sia un sottone, perché per me
è così, dopo che endeavor ha arrestato suo padre,
permettendogli di cominciare una nuova vita, in keigo è nato
un sentimento così forte nei confronti di enji che nel corso
degli anni non ha potuto far altro che accrescere sempre di
più. anche se, prima di tutto, si tratta di ammirazione,
è lì, è impossibile non vederla.
e così termina quest'avventura, con loro due e il mare. io
ringrazio tutte le persone che hanno seguito questo viaggio durato
mesi, tenendomi compagnia. ora che succederà? non lo so. ho
tanti progetti che mi frullano per la testa, la six of crows!au con cui
dovrei andare avanti [ma a quanto pare parlarne prima su twitter e poi
qui non mi ha portato bene visto che mi sono bloccata no vbb mi ero
già bloccata da prima rip], e recentemente si
è aggiunta l'idea di una os soulmate!au, ma per adesso sto
contemplando di prendermi una piccola pausa da efp. più
avanti ci sarà anche il writober, ma come mi pare di aver
già accennato anche su twitter, non credo di partecipare di
nuovo quest'anno. non so cosa mi aspetta nel futuro, ma
cercherò di prendere tutto quello che verrà.
grazie ancora per essere statə qui con me, a presto con qualsiasi
viaggio ci attenda dopo questo!
ora basta,
chiudo che le note saranno venute più lunghe del capitolo rip
aria
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