Let The Sunshine In di mortifero (/viewuser.php?uid=1147483)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Brividi ***
Capitolo 2: *** Presi Male ***
Capitolo 3: *** Testa e croce ***
Capitolo 4: *** Estate ***
Capitolo 5: *** L'eccezione ***
Capitolo 6: *** Ballata Per La Mia Piccola Iena ***
Capitolo 1 *** Brividi ***
Let
The Sunshine In
Capitolo Uno: Brividi
«E
pagherei per andar via
Accetterei
anche una bugia
E
ti vorrei amare ma sbaglio sempre
E
mi vengono i brividi, brividi, brividi»
Jerry aveva avuto l’inusuale
idea di voler
partire con l’intera famiglia e visitare tutti gli Stati
Uniti
d’America in camper. Ancora più insolito fu che
tutti accettarono.
Forse era perché ormai sia Summer che Morty erano cresciuti
e
avevano iniziato a staccarsi dai loro genitori, vivendo vite
differenti. L’unica cosa che ormai accomunava
l’aspirante
avvocato di successo dai capelli rossi e l’appena ventunenne
fratello minore era la voglia di rivedersi. Lo studio aveva sommerso
Summer, che aveva poco tempo per andare a visitare Rick e Morty nella
casa in cui erano andati a convivere. Come i loro genitori non
avessero capito che il moro e lo scienziato facessero coppia fissa da
anni, per la rossa rimaneva ancora un bel mistero.
L’idea di Jerry, seppur
generalmente approvata,
non era vista in egual modo da tutti i membri della famiglia. Rick
fin da subito non si era fatto problemi a ribadire quanto trovasse
ridicola l’iniziativa del suo genero, e Beth gli aveva sempre
dato
corda. La maggioranza però era propositiva alla proposta di
un
viaggio, così entrambi furono costretti ad annuire alzando
gli occhi
al cielo. Animati da spiriti differenti, tutti insieme partirono
dalla periferia di Detroit, fino ad arrivare alla prima fermata:
vicino alle sponde del lago Erie, al confine tra il Michigan e
l’Ohio.
Per la notte, Jerry aveva lasciato un
letto
singolo a Summer, ma non a Rick e Morty, perché, ipse dixit:
“passano tanto tempo insieme, per loro non sarà
difficile
condividere anche dove dormire". Povero ignaro. Perché se
per
loro due non doveva essere un problema, allora i pronostici erano in
errore. La condivisione degli spazi non sembrava così
complicata,
eppure loro due erano Rick e Morty, avrebbero avuto un livello di
difficoltà fatto apposta per la loro indole fastidiosamente
litigiosa. Summer ne fu testimone.
“Dammi la coperta, tu
già occupi metà…”,
aveva sussurrato Morty. Alcune parole si persero nell’aria,
però
fu udibile il: “Ahi, Rick!”.
“Ops", Rick non sembrava
dispiaciuto dal
tono, “crampo alla gamba".
“Che — che
diamine!”, il sommesso rumore
di un lamento e di lenzuola che venivano tirate, “S-sei
metà
robot, tu non hai crampi!”. Probabilmente Morty si era tirato
la
coperta su fino al busto, lasciando scoperte le braccia. Forse anche
una gamba, considerando il modo caotico con cui tendesse ad
addormentarsi; non importava quanto il tempo passasse, lui maturasse
sia nel corpo che nella mente, certi vizi non se ne sarebbero mai
andati.
Rick stava ancora guardando Morty, un
sorriso che
esaltava il volto rugoso, raggrinzito, di un uomo che con la scienza
era riuscito a non invecchiare mai dopo i settantacinque anni di
età.
Una subdola soddisfazione sullo sguardo, perché
l’aria aveva il
sapore di una battaglia vinta.
Summer non poté fare a meno
di ascoltarli,
immaginarli, nel buio della notte e con un sonno che faceva il
prezioso e decideva di far tardi.
“Sarà”.
Rick non negò. Non si trattenne
nemmeno dal sogghignare.
“No, fa caldo", si
lamentò dopo un po’
Morty, “non voglio più la coperta". Un fruscio
indicò che se
l’era tolta da dosso.
“Oh, tu che cambi idea
all’ultimo minuto. Che
novità. Emozionante”,
Rick aveva commentato
stizzito, la lingua avvelenata di sarcasmo.
Come in una canzone, ci fu un crescendo
di frasi a
metà, verità nascoste a largo pubblico, una
disperata ma violenta
ricerca di intimità e pace.
“Ancora con quella storia?
Non sarebbe mai
successo se tu…”. Le parole morirono a
metà, sussurrate per non
far sentire ogni loro subdolo segreto agli ignoti ascoltatori della
notte.
“Adesso è solo
colpa mia se…".
“Beh, io non ti ho chiesto un
pugno in faccia!”.
“Hai fatto una cazzata,
equivale a chiedermelo.”
“No, sai che non è
così". Un sospiro
strozzato uscì dalla bocca del moro. Rick gli rispose, ma
Summer non
capì nulla di quello che disse. Sentì in modo
chiaro però suo
fratello dire: “Ancora, Rick? Sul serio? E poi non
è l’ultima
cosa nella lista".
“Quindi hai deciso di
legartele al dito, ora?
Buon per te", il vecchio grugnì. “Come se tu non
mi avessi
trattato come quella coperta del cazzo!”.
“Lo sai, che se solo ti fossi
pentito una volta,
una cazzo di volta, per ciò che mi hai fatto,
io…".
“Una festa enorme solo per
te, dici? Sì,
davvero terribile, Morty. Solo il nonno peggiore del mondo penserebbe
ad assecondare ogni tua idea del cazzo".
“Non parlavo di quello, e lo
sai. Non sei sempre
tu la vittima", Morty sibilò e Summer a volte non capiva se
fosse stato più il coraggio o l’incoscienza a
spingerlo a dire
certe cose direttamente in faccia a Rick. “Merda, se adesso
ti
aspetti che adesso io mi butti piangendo tra le tue braccia a
chiederti di perdonarmi, io-"
“L’unico luogo in
ti voglio ora è lontano da
me, ma no, Jerry doveva avere quest’idea del cazzo di andare
tutti
in camper!". Summer si immaginò Rick incrociare le braccia,
mentre imbronciato guardava tutto fuorché Morty.
“Eh, ecco, vedi
perché non ti ho detto di sì?”,
aveva sospirato Morty, lento, come se farlo velocemente gli avesse
potuto perforare i polmoni, o si sarebbe spostato qualcosa ostruito
nel cuore. Forse aveva anche rivolto lo sguardo dall’altra
parte
rispetto a Rick. Sulla parete del camper beige chiaro, giù
nel
pavimento.
Summer iniziò a registrare
informazioni nel suo
cervello, cercando di ricostruire la vicenda di cui suo fratello e
suo nonno parlavano.
“Ci hai
perso solo tu, stronzetto”.
C’era stata una domanda, a
cui Morty aveva
risposto “no”. Una scelta forse univoca, o magari
per entrambi.
Rick si era lamentato della facile mutabilità delle
decisioni del
moro, di quanto nelle mani di Morty avessero vita precaria. Il
“no"
del giovane adulto probabilmente era stato anche dato
all’ultimo
minuto, quando tutto ormai era alla fine, il termine di una cerimonia
pratica, cogliendo impreparato perfino Rick. La questione deve essere
stata difficile da masticare, soprattutto per lo scienziato, e
rimasta indigesta per entrambi. Bloccata sullo stomaco come il
tacchino crudo di Jerry a Ringraziamento, era un rimasuglio
fastidioso nella loro relazione. Una valigia pesante di scelte
sofferte che si scaricavano a vicenda, perché nessuno dei
due voleva
avere quel peso sulla coscienza.
Summer sapeva che non doveva
rimuginarci troppo,
che aveva anche lei le sue gatte da pelare, ma vuoi la noia, vuoi che
dopotutto di quei due cretini innamorati se ne preoccupava, iniziava
a chiedersi una cosa sola: che cazzo era successo?
“Oh, accidenti,
Rick”, aveva ricominciato a
parlare Morty, “Non mi piace stare sul bordo del letto in
alto,”
una pausa, forse stava guardando suo nonno facendo gli occhi dolci,
“mi — mi mette ansia".
Summer non lo vide, ma in qualche modo
seppe che
Rick stava alzando gli occhi a cielo. “Ora mi devi una
settimana di
aperitivi al bar, stronzetto. No, un mese, cazzo".
Summer sentì il letto sopra
al suo cigolare, ma
grazie al cielo non furono i suoni che tanto temeva di sentire quando
le fu detto che sopra di lei avrebbero dormito Rick e Morty.
Rick borbottò
“Q-questo fa un genocidio di
glomdortiti, alcuni degli alieni più pericolosi del cazzo di
universo, ma ehi, c’è un letto a castello,
a-attenzione!”.
“H-hai finito?”.
Probabilmente Morty aveva
alzato gli occhi al cielo.
“No".
“Finiscila, allora,
perché potresti svegliare
gli altri".
Troppo tardi.
Summer cercò di rimanere in
silenzio, non emise
nemmeno l’accenno di un sussurro o di un sospiro. Non voleva
farsi
beccare mentre li origliava. Doveva e voleva capire che cosa diamine
fosse successo tra quei due. Era quasi voyeur, ma invece di trovare
interesse nel rapporto sessuale tra i due, l’attenzione di
Summer
si focalizzava spesso sui loro litigi: li osservava, scomponeva e
rimetteva insieme i pezzi, analizzandoli da vicino, come una
detective.
Rick e Morty però si erano
appena fermati con i
litigi. Si erano accorti di lei, forse, ma era poco probabile.
Più
veritiera sembrava la prospettiva che si fossero semplicemente arresi
al fatto che non avrebbero mai smesso di combattere e farsi la
guerra.
Si sentì il fruscio delle
lenzuola, gambe e busti
che si muovevano.
“Oh", fu quasi
impercettibile. Morty
parlava da sotto il suo respiro. Altri fruscii.
“Non farti strane idee.
Non-non ci stiamo
coccolando, è che questo letto è troppo piccolo
per tutti e due.”
Summer poteva immaginare in che
posizione erano,
li aveva già beccati a dormire insieme. Il mento di Rick
sopra la
testa di Morty, a sua volta vicino al petto magro e villoso del
più
anziano. Le braccia di Rick che circondavano il corpo esile del moro,
che nonostante l’età adulta, rimaneva sempre un
po' più piccolo
dello scienziato. L’ultimo silenzioso tentativo di
imprigionarlo,
tenerlo per sé, rivendicarlo come proprio. Proteggere Morty
dal male
di intere galassie, ma non riuscire a tenerlo al sicuro dal proprio.
“Mh-mh", concesse debolmente
Morty.
Dopo ciò, non dissero
più nulla. La pace
apparente di Rick e Morty non lasciò altra scelta per Summer
che di
mettersi a dormire.
Il giorno dopo, la famiglia si
fermò ad una
stazione di servizio per fare colazione. Si accese subito una focosa
lite, ma non tra Rick e Morty, non ancora. Questa colpiva Summer in
prima persona, invece, perché era l’ennesima
discussione sul fatto
che lei volesse trasferirsi a New York, ma i suoi genitori non
approvavano. Troppo lontano, la statua della libertà era in
realtà
un cavallo di Troia, all’Arconia Palace1
c’erano stati
così tanti omicidi che era sconsigliatissimo come condominio
in cui
abitare. Tutte confutazioni che in apparenza non battevano la tesi di
Summer: lei voleva trasferirsi, e tanto bastava per rendere
indiscutibile la sua decisione.
“Secondo me New York
è una bella idea”, disse
Morty, provando a fare da braciere e addentando un pezzo di bacon.
“Anche io vivrei all’Arconia".
“Grazie, Morty”.
Summer rispose
distrattamente. Era un po' — un po'
tanto — sarcastica.
Lo aveva capito pure Morty. L’opinione del moro non era quasi
mai
ascoltata in famiglia, anche se molto spesso si accostava a quella di
Rick e lui sì, sì che veniva ascoltato.
“Attenta, Summer", un rutto a
spezzare la
frase di Rick, “cambierà idea e dirà
che New York fa schifo tra
un po’”.
“Rick!”.
Eccolo, aveva ripetuto di nuovo quel
fatto. Doveva
aver avuto decisamente un impatto negativo su di lui, così
tanto da
importargli. Non che Rick fosse il tipo che non amasse lanciare
frecciatine a tavola, ma ritirare fuori lo stesso argomento? Per due
volte? Doveva aver bruciato nelle viscere.
“Che è successo
tra voi?”, Beth domandò. “È
da ieri mattina che non fate altro che litigare".
Figurati la notte,
avrebbe voluto
aggiungere Summer, ma si trattenne e continuò a finire i
suoi
pancake.
“Tuo figlio è solo
un indeciso del cazzo,
tesoro. Chissà da chi avrà preso".
“Lo sai. Mi hai guardato per
tutto il tempo in
cui l’hai detto", Jerry replicò tra i denti.
“E chi ha fatto il tuo nome,
Jerry?”, Rick
fece spallucce.
“Papà!”,
Beth bacchettò lo scienziato, che
incurante di tutto e tutti continuava a mangiare la sua colazione con
disinvoltura. “Che è successo?”,
insistette la donna.
Morty ballettò qualcosa,
come quando aveva
quattordici anni, e tutti avevano capito che stava dicendo solo
stronzate. Per questo lanciò uno sguardo di supplica a Rick,
che
riprese il suo discorso e con tono più eloquente disse:
“All’ultimo
minuto quel cretino di tuo figlio ha cambiato il filo da tagliare per
disinnescare una bomba di particelle subatomiche, mandando a monte
tutto. Ringraziatelo adesso per lo sterminio degli Xanozemechi, il
popolo creatore del miglior vino di prugne aliene.”
Morty aveva alzato gli occhi al cielo,
ma Summer
sapeva che si sentiva sollevato dalla bugia di Rick.
Anche se in costante guerra, si
aiutavano lo
stesso a vicenda. Lavoravano in squadra ed era affascinante
guardarli, perché entrambi davano la sensazione che insieme
sarebbero riusciti a fare qualunque cosa, perfino
l’impossibile.
Non avevano nemmeno bisogno di dimostrazioni: bastava vederli insieme
per crederlo.
Un duo solido e cooperativo, sempre
pronto ad
agire. Gli unici che si erano dimenticati di ciò,
però, sembravano
essere proprio loro.
NdA
1. mini cross over con la serie
“Only murders
in the building”, che potete trovare su Dsiney+. Ve la
consiglio
tantissimo. Selena Gomez merita sempre.
Salve!
So che forse è strano (?) che pubblichi un’altra
long quando ho ancora
Mina Vagante da finire, ma onestamente avevo bisogno di una pausa, e
cosa potrebbe essere migliore dal tirare fuori una vecchia ff che
avevo in cantiere da un po’? Insomma, sicuramente
è molto più
leggera di MV, nonostante anche qui Rick e Morty litighino lol.
I
dialoghi sono un po’ particolari, con le frasi incomplete, ma
volevo dare l’idea di sussurri a volte percettibili, a volte
no.
Il
titolo… beh ma quanto è rickmorty approved la
canzone di Mahmood e
Blanco? Giuro che ascoltandola ho urlato!
Ngl,
non penso che aggiornerò tanto frequentemente questa fanfic,
e spero
vi sia piaciuto questo capitolo. Voglio vedere se vale la pena
continuarla hahaha.
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Capitolo 2 *** Presi Male ***
Capitolo Due: Presi male
«Su
questo cuore non ci puoi sputare».
Il clima teso tra Rick e Morty, come un vapore saturo di
tossine
nocive, sembrava essersi esteso a tutto il resto della famiglia, che
diventava sempre più insofferente alle sfuriate dei due.
Tanto che
Summer, quando chiacchierava con suo fratello, aveva un fremito in
corpo, un’agitazione creata dall’assurda
possibilità che, se
Rick e Morty si fossero scambiati uno sguardo di troppo, uno di loro
avrebbe fatto fuoco e fiamme, riprendendo l’inarrestabile
lite.
Simili sempre di più a Beth e Jerry nei periodi in cui lo
scienziato
aveva iniziato a far parte delle vite di tutti loro, solo che Rick e
Morty riuscivano a estremizzare ogni minimo aspetto. Urlavano a voce
più alta; in ogni sillaba o gesto lo svelarsi di
un’aggressività
a stento trattenuta. Una volta arrivarono anche a menarsi, solo
l’intervento di Beth e Summer li fermò. Jerry si
era allontanato
dalla scena, non volendo averci nulla a che fare, sicuro che in
qualche modo Rick avrebbe trovato un modo per fargli lo stesso un
occhio nero.
Qualunque problema avessero Rick e Morty, era
evidente a tutti che non lo stessero risolvendo nella maniera
più
sana. Beth sbottava, alla ricerca di vino, borbottando tutti soldi
spesi per la psicoterapia di Morty. Rick, diventando anche lui
interessato alla presenza di vari alcolici all’interno della
cucina
del camper, le rimarcava che lei aveva pagato solo per due anni, e
che il resto erano state solo spese a proprio carico. Trovato il
tesoro, Summer si metteva a bere con loro, silenziando ogni sua
preoccupazione.
Si pentì di non aver mai imparato lo spagnolo,
perché si sentì
esclusa dalle loro conversazioni e triste. Beth aveva provato a farle
vedere Dora L’esploratrice da piccola, ma alla Summer di
allora era
sempre sembrata una coercizione e, se almeno quelle istituzioni
demonizzate da Rick le avevano insegnato qualcosa, sapeva che nessuno
poteva costringerla a fare ciò che non voleva. Niente
cartoni in
spagnolo con lei, niente lezioni di lingua straniera per lei. E poi
si ritrovò lì, a cercare di decifrare qualunque
cosa suo nonno e
sua madre stessero dicendo tra un bicchiere e l’altro.
Si auto-invitò nella conversazione, senza
partecipare
attivamente; si limitò ad annuire, provando a guardare Rick
e Beth,
ma la vista si faceva sempre meno nitida ogni volta che muoveva il
capo. La sua testa era pesante e il collo così fragile.
L’alcol
faceva finalmente il suo effetto.
Rick parlava in spagnolo e mutava forma, rimaneva sempre lo
stesso, ma diverso in maniera piacevole. La sua voce era più
baritonale, e l’alcol la rendeva aspra; scivolava via come
una
risata sconclusionata e a stento trattenuta. Muoveva il polso, il
liquido della fiaschetta nella sua mano emetteva un suono piatto;
scuoteva la testa, schioccava la lingua. Era scontento. Forse parlava
di Morty, ma Summer non aveva sentito nominare il moro.
Beth borbottò anche lei qualche parola. Rise,
nevrotica. Ancora
nessuna menzione di Morty. La rossa non trovò ancora nessuna
risposta ai suoi dubbi, nessun indizio per la sua indagine, e
imprecò
ad alta voce, scocciata e scorbutica. Si voltarono entrambi verso di
lei, riconoscendo finalmente la sua presenza, e risero, come se
avesse detto la battuta più divertente dell’anno.
Summer doveva indagare ancora.
“Ma che vi prende?”, Jerry aveva
interrotto l’ennesima
inferocita guerra che stava per scoppiare tra i due. Morty aveva
sputato sentenze, rileggendo Rick agli epiteti di depravato,
traditore, pazzo ubriacone. Il più anziano lo aveva guardato
truce,
sbattendo una mano sul tavolo, producendo un rumore abbastanza forte
da far sobbalzare chiunque intorno a lui. Aveva risposto piccato,
l’acidia che prendeva il sopravvento della sua lingua,
ricordando a
Morty che era lui a pensare di poterla fare franca, sempre e
comunque, solo per il suo viso paffuto e patetico di un bambino. Nel
frattempo, il resto della famiglia era giunto alla conclusione che
giocare a Monopoli fosse stata un pessima scelta, proprio come ogni
idea partorita dalla mente bacata del padre Smith. “Vi pagano
per
litigare?”, Jerry aggiunse, accigliato, esprimendo il
sentimento di
esasperazione condivido da chiunque altro in famiglia.
“Stanne fuori!”, Morty ringhiò,
riservando ancora il suo
sguardo adirato a Rick, che rispondeva guardando il nipote in maniera
cupa Come un gioco creato ed eseguito solo da loro due, dove chi
smuoveva gli occhi da quelli dell’altro perdeva.
“Morty!”, Beth richiamò suo
figlio, la voce più barcollante
di lei, ancora un po’ brilla per il vino bevuto prima.
“È tuo
padre”.
“S-scusa”. Morty si voltò verso
Jerry, senza pensarci, e
chinò il capo in gesto di sincero dispiacere.
“Ah, a lui sai dirlo, merdina”, Rick
sibilò. Mise entrambe le
mani sui fianchi, riservando un’occhiataccia lugubre al
nipote — perché Morty meritava tutto,
dalla conquista di
mille galassie per il suo amore e la rabbia indomita per il torto
subito. Lo scienziato, però, non aveva solo Morty
a cui
dirgliene quattro. “E in quante a te, Jerry, lurido spreco
umano di
ossigeno — ”, si era voltato verso il proprio
genero, bramoso
di sottomissione, e chi poteva fargli da miglior sacrificio, se non
l’essere più patetico della famiglia?
“Accidenti, Rick, vacci piano”, Morty si
mise in mezzo,
interponendosi tra l’indice accusatore del vecchio e Jerry.
“È
mio padre!”.
“Tu hai smesso di avere il privilegio di farmi una
ramanzina a
maggio!”.
Maggio. Summer registrò
l’informazione nel suo
cervello, per quanto potesse riuscirci da brilla. Ricollegò
ogni
litigio a un unico punto di partenza: una discrepanza avvenuta in
primavera, e il semplice strappo di accordi si ampliava sempre
più,
prendendo la forma di una voragine. Cosa poteva essere mai successo a
maggio? Cosa avevano prefissato per quel mese? Non ricordò,
riassaporando il gusto metallico del vuoto, e la sua unica opzione
rimase osservare la scena davanti a lei.
Rick era lì, alto e spendente come il sole,
torreggiava ancora su
Morty, bruciava con le sue parole di fuoco e tutti inevitabilmente
gli stavano intorno, come se fosse stata una legge
dell’universo
stesso a decretarlo. Se non l’avessero conosciuto
così da vicino,
abbastanza da essersi scottati tante volte, si sarebbero chiesti
perché mai un uomo della sua età sembrava non
aver mai superato i
settantacinque all’apparenza. Scienza era la risposta
semplice e
indolore. No, magari non del tutto priva di sofferenze. C’era
ancora chi si domandava lo scopo di tutto ciò.
Sicuramente né Beth né Jerry avevano
capito che Rick sarebbe
stato in giro finché Morty era ancora vivo. La messa in
pratica di
una promessa, che era stata dedicata a solo una persona, che pochi
avevano compreso pienamente. Summer sentiva l’eco ovattato
dalle
pareti del garage «Rick e Morty per cento anni, per sempre
insieme»,
come un oracolo, come una maledizione benevola.
Troppo facile morire per Morty, quando la morte era sempre
stata
ciò che aveva bramato per tanto tempo, l’oscura
sposa da seguire e
che l’avrebbe benedetto da ogni male che si era autoindotto.
Ma
vivere per Morty? Rinunciare all’unica sicurezza promessa
dalla
vita, eppure mantenerne un’altra, fatta in nome di una fiamma
che
non riscaldava più chi l’aveva accesa. Sembrava
spegnersi, lenta e
inesorabile.
L’aria era statica e sullo sguardo di Rick gravava
il peso della
sua vera età, uno spirito sia dionisiaco che apollonico
appassito;
fili d’argento gli cadevano scomposti sulle spalle e occhi
acquosi
e blu-grigio guardavano Morty, che però, ingrato,
in quel
momento gli dava il profilo. Il moro col suo naso storto,
così
simile a quello del proprio nonno, che faceva compagnia agli zigomi
finalmente spuntati, e di cui anni prima si dubitava perfino quasi
l’esistenza. La pelle liscia e i lineamenti finemente
marcati. Le
palpebre socchiuse, mettendo in evidenza le ciglia scure e lunghe, di
cui segretamente Summer era sempre stata invidiosa. Il dio Eros
adulto.
La mitologia romana non si soffermava molto sul rapporto tra
Febo
e Amore, Summer non sapeva quindi se il suo fosse stato un paragone
inopportuno, oppure se ci avesse azzeccato in pieno, guadagnandosi il
sorriso soddisfatto di quel noioso e irrecuperabile amante della
letteratura classica di suo fratello.
“Non-non mi pento di quello che ho fatto,
Rick”, Morty non
guardava suo nonno negli occhi, fissando il cielo oltre il vetro
della finestra, ignorando il Sole; asserì solenne, ma cheto
nel
tono, schivo. Era come assistente a una conversazione privata, la
rivelazione di un segreto, nonostante non si sapesse ancora il
perché
di ciò che era accaduto, cosa era davvero successo. Era
l’alcol a
contribuire, ma Summer si sentì emotiva e
scomoda — fuori
luogo. Non doveva assistere a tal sentimento, qualunque esso fosse.
“Nemmeno io”. Rick replicò,
asciutto, brutale nella sua
onestà. Un’emozione così cruda e
viscerale riemergeva dalle sue
parole; tanto bastava per far ribaltare le budella di Summer, che
poteva solo immaginare quale pensiero potesse passare per la mente
del fratello più piccolo.
Morty sentì la propria presa farsi meno decisa,
mollando la sua
precedente posizione imbronciata. Voleva trovare in se stesso rabbia
e irritazione per le parole di Rick, ma i lineamenti del suo viso si
sciolsero, rivelando uno stato d’animo molto più
riconducibile
alla delusione. Stanco, sopraffatto, incredulo. Guardò
finalmente
Rick negli occhi, sentendosi intenerire, inerme, dal suo sguardo
più
maturo e violento. Il peso delle sue scelte dipinte in un iride
lucida e triste.
Dopo quella discussione, ci fu la svolta: Rick e Morty avevano
smesso di litigare, limitandosi al non rivolgersi più parola.
NdA
Il
titolo del capitolo e la cit. all'inizio sono tratti dalla canzone
Presi Male di Michele Bravi e Mahmood.
Credevate di esservi liberati
di me, eh? :p
Invece rieccomi al timone di questa ff, che avevo lasciato in
cantiere in favore di Mina Vagante, che ormai è conclusa.
Qui i
nostri due cretini innamorati sono in crisi di coppia, sad,
ma
mi piace tanto scrivere dal pov di Summer. Non vedo l’ora per
il
prossimo capitolo, così potrò usare una canzone
di Matteo Romano.
Uh, la sua discografia mi dà molte rickorty vibes, e lui
molti Morty
vibes. Aiuto. Come sa chi ha seguito Mina Vagante, io uso le note
d’autore per chiacchierare un po’ sulla rickorty,
quindi, sempre
parlando di RnM, l’attore che interpreta il nostro riccioluto
prefy
nel live action, Jaeden Martell (2003 come me tra l’altro,
piango),
ha recitato il ruolo di ragazzino semi Nazi in Knives Out ( mi fa
spaccare sta cosa, perché so che in
qualche dimensione
alternativa c’è qualche Morty che si diverte a
fare il troll di
estrema destra sui social, con un Rick antifascista che gliene canta
di santa ragione ogni tanto) e ha recitato in In Defense of Jacob,
serie perfetta per chi ama i thriller crime, e lì ci vedrei
un AU
molto plausibile per Rick e Morty. Fatemi sapere. Non ho molto altro
da dire, e neanche tempo, perché devo subito tornare a
studiare.
Statemi bene!
Alla
prossima!
|
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Capitolo 3 *** Testa e croce ***
Capitolo
Tre: Testa e croce
«Fingo,
non ci penso
Se
mi chiedi mento»
Il
silenzio era sempre piacevole, così agognato in una vita
pieni di
frastuoni e dinamismo che il suo bisogno diventava esasperato e
opulento. Fu così che il mancato vociferare tra Rick e Morty
contro
oggi aspettativa si rivelò scomodo, teso, come un muscolo
pronto al
movimento, ma imprigionato nell’istante, incapace di andare
oltre
la sua staticità. La loro resa al dialogo era sinonimo di
ogni
rinuncia al trovare un accordo, e senza un confronto stavano dicendo
addio alla loro relazione. Non poteva accadere.
Summer
si decise ad affrontare il problema, prendendolo di petto. La
situazione doveva cambiare, e
lei non
poteva restarsene con le mani in mano. Chiese a Morty perché
tutto
quell’astio, cos’era successo, e il moro aveva
dolcemente
declinato il capo, trasformando le sue labbra in una linea curva,
affettata, sterile. Rassicurò sua sorella che tutto sarebbe
andato
per il meglio. Era una situazione passeggera, che sarebbe presto
andata
via,
dimenticata come un sogno, i bordi sfuocati di un dipinto ad
acquerello insignificante, inespressivo.
Morty
non era mai stato bravo a mentire. Con Rick riusciva a farla franca
qualche volta, e nonostante ciò l'opinione di Summer
sull'uomo non
mutava, perché era
conscia di quanto
l’ardore potesse offuscare il giudizio.
Con
lo scienziato, invece, la rossa capì che andare diretta come
un
fulmine le avrebbe solo procurato una fine disastrosa.
“Hey,
nonno Rick, ti va di fumare un po’ mentre parliamo di quanto
sia
volubile e dolorosa l’esistenza?”.
Non
si poteva ragionare con i sociopatici. Bisognava attirarli con la
gentilezza, indurli di essere dalla stessa parte, e poi inchiodarli
con prove schiaccianti per far ammettere loro ogni malfatta.
Con
il camper, avevano tracciato l’Ohio, l’Indiana e
l’Illinois,
per ritrovarsi nel Missouri. Uno stato carino e pittoresco, ma con
una piccola crisi d’identità data dalla strana
divisione tra
regione settentrionale, più simile al Midwest, e regione
meridionale. Saint Louis era una città che non suscitava
grande
scalpore, non dopo aver abitato per anni a Detroit, che era la sua
copia sputata. Non dopo tutti i paesaggi mozzafiato visti in pianeti
di cui non potevano ricordare il nome. Ma nella loro mente era vivida
e movente l’immagine della sabbia rosa sotto i loro piedi,
dei
campi profumati di dolciastro, il cielo di un rosso fragola sul quale
si poteva sognare di diventarne un tutt’uno. Il noioso parco
da
campeggio in cui si ritrovarono non poteva competere. Ma almeno
avevano i loro mezzi per distrarsi, e fingere di non essere
lì. Rick
e Summer si allontanarono dal resto della famiglia, troppo preso a
discutere su chi dovesse essere incaricato a gestire il barbecue.
Jerry si era proposto, ovviamente,
e secondo tutti, ovviamente,
era l’inizio perfetto per un disastro. Lo scienziato e la
studentessa in legge avevano preferito dileguarsi
dall’imminente
lite, ma Rick prima si era concesso un po’ di offese gratuite
verso
il suo genero.
Qualche
metro più in là, protetti dalla corteccia di un
grosso albero che
li nascondeva, accesero le loro sigarette.
Il
più anziano fece il suo primo tiro, il fumo usciva
inconsistente
dalle sue narici, e un sorriso sarcastico gli inumidì le
labbra.
“Buona vita a chi farà assolvere assassini, ladri
e stupratori”.
Rick la stava chiamando la faccia facete della giustizia, il
dettaglio che rendeva irrealizzabile ogni ideale. Summer si strinse
nelle spalle. Almeno il sotto testo indicava che potesse diventare un
bravo avvocato. Non che suo nonno credesse lei, ma semplicemente era
evidente a tutti quando una persona dimostrava particolare bravura in
un determinato ambito. A discutere, mentire rivolgendo la situazione
a proprio favore, nell’andare oltre ciò che
ritenesse giusto o
sbagliato, Summer era diventata esperta. Poco importava che una parte
di lei, la viaggiatrice idealista dormiente che non aveva ancora
fatto fuori, desiderasse poter difendere gli indifesi, dare voce a
chi di fronte allo Stato non poteva averla. Lo stesso Stato che
vociava: la legge era uguale per tutti, ma non per i ricchi, che
potevano comprarsi un alibi. Ma i più poveri? Chi avrebbe
pensato a
loro? Il lavoro pro-bono però non le avrebbe giovato molto,
e
contrastava con la sua fame di denaro. Perché avere soldi
comprendeva l’essere in possesso di piene capacità
e
opportunità,
e il potere era libertà.
Era
un sogno che le rideva in faccia, impossibile, sventurato come la
natura ingenua che ancora impregnava la voce del suo fratellino, che
ancora le sembrava di poter sentire in lontananza. “Andrà
tutto bene, non ti preoccupare”.
Summer
non gli credeva neanche un po’.
“Ho
dato gli ultimi esami a maggio”. La rossa non raccolse le
parole di
Rick, lasciandole andare via, passare da un orecchio
all’altro,
come se non fossero l’ennesimo livido invisibile sulla pelle.
Summer non amava mettere in discussione le proprie decisioni,
guardare come la sua morale fosse scandagliata come macchie di colore
informi su una tela rovinata. Era colpa di Rick, ma lei si era
lasciata trascinare nel suo mondo scorretto, e ora ne esibiva i
costumi come sintomi di una malattia dello spirito, che aveva
inasprito le carni. Fece un altro tiro, osservò la scia di
fumo con
una placida armonia che in verità non possedeva.
“A proposito di
maggio, non vi ho molto
parlato
in quel mese, che è successo?”.
Summer
sentì Rick inspirare pesantemente. Lo vide avvicinare la
sigaretta
tra le labbra strette, le guance si incavarono più del
solito, in
gesto nervoso, alterato. Era solo una sensazione della rossa, o anche
il modo in cui teneva la sigaretta tra le dita era diventata
più
aggressiva? Sembrava volesse stritolarne il corpo, come se fosse il
collo di un essere umano. “Tu hai sentito". Rick non aveva
bisogno di menzionare il contesto, perché sapeva
che Summer sapeva.
Sembrava fuori di sé, indignato come chi viene violato nel
privato.
Summer aveva messo l’occhio nel foro della maniglia e aveva
spiato
la nudità sentimentale di Rick.
“Ero
lì", asserì con una fierezza che non aveva in
corpo in quel
momento. “Tutta la famiglia era lì". In questo
modo, non si
sentiva l’unica colpevole.
Forse
era la paranoia a parlare sopra il suo raziocinio, o magari entrambi
le ripetevano in coro cosa probabilmente sarebbe successo: Rick
avrebbe trovato un modo per modificare la sua memoria. Lo sguardo
dell’uomo era teso, nevrotico, fuori di sé. Ma
perché essere
arrabbiato con lei? Non aveva fatto niente. Semmai, era una maniera
spicciola per proiettare i suoi problemi con Morty su tutti gli
altri. Patetico.
Rick
distolse lo
sguardo, stringendosi nelle spalle. “Ah, a maggio
è stato un
completo disastro".
Non
le fece niente alla
fine.
“L’avevo
capito”.
“Sei
intelligente”. Nessun sorriso orgoglioso solcò le
labbra dello
scienziato, Summer si sentì privata ancora del meritato
apprezzamento. “Beh, tua madre è uscita dalle mie
palle, era una
possibilità. A tuo fratello è andata male,
peccato”. Non
era dispiaciuto, affatto.
“Allora,
cos’è successo a maggio?”.
Un
sorriso storto deformò il volto di Rick. “Morty
non si è già
divertito a dipingermi come lo stronzo della situazione?”.
Rick
sorrideva per Morty, soltanto per Morty.
“Non
ha detto nulla”, Summer gli rispose. “È
stato bravo".
“Con
te”,
Rick le fece notare. “La stupida merdina si mette a fare
preferenze, adesso".
“Non
dirlo come se non le avessi mai fatte anche tu".
Anni
addietro, quando era ancora negli anni più frizzanti
dell’adolescenza, Summer avrebbe gongolato
all’opportunità di
spodestare il trono di Morty, essere il nuovo braccio destro di Rick,
e tutto era cambiato quando aveva scoperto cosa c’era dietro
il
loro cameratismo in cui tanto agognava intromettersi. Aveva solcato
la scia dei loro sguardi, incontrando lungo il cammino la paura di un
sentimento totalizzante, l’acre e pungente odore del disgusto
di
sé, l’acidità dell’ennesima
distruzione della morale. Una
canzone infelice, esibita in un sussurro, il ritornello su
un’amore
cigolante. Dolcezza e orrore in una sola musica. E, seppur contorta e
riprovevole, la loro relazione sembrava renderli contenti. Avevano
iniziato a sorridere di più, quei cretini. Una nuova luce
era
impressa nel loro sguardo. Erano subdoli amanti che avevano trovato
goduria nella
loro malattia, imparando insieme a nascondere la sofferenza,
condividendo la solitudine.
Ma
qualcosa era cambiato.
“Capirai”,
Rick sbuffò, e si contorse, alla ricerca di insulti su
Morty. “Il
solito rompipalle”. Lo sguardo di Rick era alterato, i
viticci
bianchi che uscivano dalle sue narici assomigliavano agli sbuffi di
un viso furioso,
rosso e consunto, da diavolaccio uscito dalle fiamme
dell’inferno.
“Non sa quello che fa”.
Osservare
Rick e Morty sviluppare la loro relazione anche in chiave romantica
era stato come guardare il film Titanic, la stessa consapevolezza che
tutta quell’algida allegria dei passeggeri sarebbe stata
smorzata
dallo scontro con l’iceberg, senza che nessuno avesse la
possibilità di dirottare la nave e farla girare al largo
dall’ostacolo.
Loro
si erano già schiantati, ora annaspavano per tornare a galla
e
riuscire a ritornare a respirare come prima. Tutto sembrava perduto,
niente sicuramente sarebbe ritornato ad essere come nei loro giorni
più chiari, il cambiamento era irreversibile.
Eppure
c’era ancora la possibilità che si ritrovassero
sulla stessa
zattera di salvataggio. Altamente improbabile, pressoché
arduo, ma
non impossibile.
Rick
e Morty non erano ancora arrivati alla fine, Summer sarebbe riuscita
a fare riunire quei due idioti che tanto detestava amare.
“Ti
manca, vero?”. La rossa chiese, inclinando il capo, il tono
di voce
sorprendentemente dolce e comprensivo. Conoscere Rick da vicino lo
aveva reso sempre più facile da leggere, e la rossa non
avrebbe
fatto cenno della vulnerabilità che Rick amava nascondere ma
che in
quel momento dimostrava, con il rischio di farlo scappare come un
coniglietto impaurito.
“Ma
se è sempre in mezzo ai coglioni!”,
ribattè Rick.
“Intendevo”,
una pausa tra le sue parole, come se Summer avesse paura a
continuare, “quello che c’era tra voi due".
Da
lontano il suono
flautato di una risata riempì il silenzio teso
che si sarebbe creato. Era la voce di Morty, che riusciva a essere
allegro senza che l’erba gli stordisse i sensi, trovando
divertimento in qualche battuta raccontata da Beth.
Il cuore di Rick annegò in un battito contro la sua cassa
toracica
dolorante. Riemerse
in uno sguardo alienato, alla ricerca dell'irraggiungibile, triste.
Summer capì la risposta che non uscì mai dalle
labbra di suo nonno:
“Ogni
giorno".
“Devi
attirare l’attenzione di Rick”, Summer camminava a
fianco di
Morty. L’idea di Jerry di fare una scampagnata tra i boschi
non era
stata molto allettante, ma non lo era nemmeno aspettare che si
facesse l’ora di pranzo senza far nulla, e Summer aveva
deciso di
trarre la situazione a proprio vantaggio, in modo da progettare un
modo per far riunire Rick e Morty.
Non
sapeva perché si interessasse così tanto alla
questione. Non erano
affari suoi, ma era come se lo fossero. Voleva
che lo fossero. Rick le avrebbe detto, scorbutico come sempre, un
delicato “Devi trombare di più”. A
Summer non mancava la
compagnia, non era quello il problema. La situazione aveva acquisito
un peso diverso per lei. Da misero gossip con cui avrebbe potuto
gongolare e punzecchiare suo fratello, si era trasformato
come l’emblema
del suo problema maggiore. Problema
ben radicato nel pensiero di Summer da sempre, fin da quando Rick si
era impossessato delle loro vite: la consapevolezza di essere priva
di qualcuno al proprio fianco.
Il sentimento di esclusione si era manifestato nuovamente
nel mancato conoscimento della lite, della sua sorgente. Non si
aspettava che Rick venisse autonomamente a sfogarsi, ma Morty,
così
dolce e sensibile, com’era riuscito a vivere la situazione
senza
parlarne con qualcuno? Non le avevano detto niente, come se fosse
mamma o papà. Come se fosse un’estranea,
l’avevano esclusa,
proprio come facevano quando vivevano tutti insieme. Rick voleva
Morty, sempre e solo lui, e Summer poteva diventare un placido
rimpiazzo. Non che in principio fosse invidiosa di suo fratello,
perché dopotutto chi vorrebbe un maniaco geriatrica che ti
sveglia
nel cuore della notte per andare chissà dove? Si ritrovava
però
gelosa del loro legame, del loro simbolo, conscia
dell’insoddisfazione che le creava l’essere priva
di qualunque
punto d’appoggio — qualcuno di costante nella sua
vita. Rick
rimaneva lì
per
Morty, come una cattiveria detta alle spalle e imprigionata nella
mente, pronta a ritornare anche nei momenti peggiori. Ma era sempre
lì, e nessun impedimento lo avrebbe mandato via facilmente.
Perché
non si sentiva in maniera meschina contenta del fatto che, presto,
non sarebbe stata l’unica a non avere quel legame speciale?
Summer
si rispose piano, venendo a patti con la sua incapacità di
sopportare nuovi equilibri.
“E
come?”, Morty chiese, lasciandosi guidare. Summer sorrise,
orgogliosa della propria scelta. Aveva preso il più
facilmente
manipolabile dei due, e lui sarebbe stato lo specchietto per le
allodole per farli rincontrare. Avevano bisogno di parlarsi e
ascoltarsi davvero. Summer voleva pensare in maniera positiva e
sperare che potessero ritornare insieme, ma non aveva ben chiara la
gravità del disaccordo, e tra le sue mire era diventato
abbastanza
anche un semplice confronto. L’ultimo, il decisivo.
“Troveremo
un modo". Fece, sicura di sè, e Morty la guardò
stranito, non
avendo ricevuto ancora una risposta vera e propria. Summer aveva le
sue idee in mente, Morty doveva solo aspettare.
Camminarono
in silenzio, allontanandosi dal gruppo davanti a loro. La distanza
era tale che, quando Summer si era fermata, solo Morty aveva notato
la brusca interruzione del suo percorso, rimanendo insieme a lei e
rivolgendole uno sguardo confuso. Cosa voleva sua sorella in quel
momento?
Non
gli sarebbe rimasto nascosto ancora per molto.
“Guarda,
un cespuglio di more. Prendiamone un po’!”.
Davanti
a loro si presentava una fila di cespugli. Uno in particolare
sembrava aver attirato le attenzioni di Summer, con le sue piccole
foglie seghettate e di un verde opaco, come se fosse ruvido al tatto,
che mettevano in risalto il buio blu violaceo di un frutto dolce e
saporito, così morbido al palato che poteva
sciogliersi. Anche Morty sentì l’acquolina al
pensiero, i suoi
neuroni specchio iniziavano a svegliarsi, ma era un po’
titubante.
“Sicura
si possano mangiare?”. Mangiare more da un cespuglio trovato
per
caso non gli sembrava la decisione più responsabile da fare.
“Rischia
un po’! Prendine anche per me, che mi fanno male le
ginocchia”.
Il
moro si inginocchiò, con l’intenzione di afferrare
un ramoscello
del cespuglio e strappare un po’ di succose more. Forse non
le
avrebbe prese per sè, ma le avrebbe lasciate a sua sorella,
così
avrebbe smesso di punzecchiarlo.
Fu troppo tardi quando sentì la suola della scarpa di Summer
sulla
propria schiena.
“Morty
è caduto!”, esclamò la rossa, dopo aver
scaraventato suo fratello
nei cespugli. Lo indicò, per enfatizzare la situazione.
Beth, Jerry
e Rick si voltarono a guardare, tutti con un’espressione
diversa
sul volto. I loro genitori erano preoccupati, senza comprendere come
il giovane adulto avesse fatto a farsi male in un sentiero
così
tranquillo e per niente granuloso come quello. Rick aveva riso da
sotto i baffi, e quando gli avevano chiesto di aiutare Morty, lui
fece spallucce, commentando scorbutico: “Sempre meglio della
patetica escursione di Jerry".
“Ehi!”.
Morty
si era slogato la caviglia.
Rick
aveva lo preso tra le braccia, sorreggendolo come una novella
sposina, trattenendo l’aria per reggere il peso del corpo
adulto
del moro, non più leggero come un fuscello come lo era anni
prima.
Sul volto del più anziano però non vi era fatica
alcuna, semmai
fastidio, accentuato dall’irrigidimento dei connotati. Le
guance
ferme come se fatte di roccia e la fronte aggrottata, il monociglio e
le labbra affilati in linee dure e aspre. Lo sguardo opaco,
refrattario ad ogni sprizzo di luce della vita, rimandava al periodo
in cui Rick e Morty erano in struggimento reciproco, aggrovigliati
dai loro sentimenti che li rendevano prigionieri di un segreto che
ritenevano imprudente confessare. L’uomo più
anziano borbottò
qualcosa sotto il suo respiro, parole che Summer non poteva sentire,
ma Morty sì, e da quanto tempo le sue guance si erano
dipinte di
porpora?
Il
moro sbatteva
le ciglia al voto stoico di Rick, incapace di protestare alle sue
cure, ma voltava il capo e lanciava occhiate brusche a Summer di
tanto in tanto, colto all’improvviso al manifestarsi intorno
a lui
di tutte le congetture, le acrobazie vertiginose dei pensieri di sua
sorella, giudicandole come inopportune e riprovevoli. Summer
però
gli sorrideva strafottente, contemplando il suo piano andare per il
verso giusto. Anche Rick la guardò, probabilmente curioso di
sapere
che cosa spingeva il moro a staccare il proprio volto dal suo
petto.
Comprendeva che fosse stata la rossa ad aver spinto Morty e forse, ma
solo forse, aveva capito l’inganno. Summer era andata a
rievocare
l’istinto più primitivo, il prendersi cura della
prole, un
richiamo che nemmeno Rick si sarebbe sognato di ignorare. Lo aveva
incastrato con Morty, e inevitabilmente
si sarebbero scambiati qualche parola.
Il
viso di Rick si intrise di ilarità. Summer vide finalmente
un
sorriso in sua direzione.
NdA
Zeusino,
sono tornato!
A
parte la citazione presa dal più bel film Disney mai
esistito
(change my mind, spoiler: you can’t), è passato
davvero molto
tempo da quando ho aggiornato l’ultima volta. Forse nemmeno
così
tanto, ma onestamente non mi ricordo la data esatta in cui ho postato
il secondo capitolo, quindi per me è passato molto tempo
lmao. Sono
scusata dal fatto che ho studiato per patente (e faccio ancora pena.
Capisco che i bisessuali non sanno guidare, ma potevo almeno essere
l’eccezione che conferma la regola? No, eh?) e poi
c’è la
maturità. Giorno e notte penso alla maturità, che
schifo. Poi
le gite scolastiche, le uscite cazzarone con gli amici (di cui alcuni
farei anche a meno), ma di questo non vi interessa e lasciamo stare.
Tornando
a noi, in realtà questa è la prima parte di un
capitolo che ho
deciso di dividere in segmenti, perché stava diventando
troppo lungo
da scrivere, e più di dieci pagine sono troppe anche per voi
da
leggere. Le mezze misure sono sempre perfette, quindi ho deciso di
tagliare. La canzone citata nel capitolo è di Matteo Romano
–
avevo detto che lo inserivo lol.
E
niente, spero passiate una bella settimana e un buon weekend. A
presto!
|
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Capitolo 4 *** Estate ***
Capitolo
Quattro: Estate
«Odio
l'estate
Che
ha dato il suo profumo ad ogni fiore
L'estate
che ha creato il nostro amore
Per
farmi poi morire di dolore»
Morty
continuava ad appoggiarsi a Rick, tenendolo stretto a sé.
Trovava
morta in lui ogni voce volenterosa di qualunque protesta per poter
litigare. Ma come poteva farlo, se non c'era nulla da discutere?
Quando Rick era stato così gentile? Avrebbe potuto dire di
no,
ignorare il problema del moro, ma lo stava aiutando. Morty sapeva che
anni prima sarebbe stato solo un miracolo, un sogno segnato dalle
lacrime quando la luce del sole mattutino filtrava attraverso le
tapparelle della finestra, e di come tutto fosse cambiato in un
estate. Comico e tragico come, proprio con il caldo torrido del sole
di luglio, tutto il loro amore sembrava seccarsi come i delicati
petali di un fiore. Sospirò velocemente, ma niente sembrava
rendergli più leggero lo stomaco. Attirò lo
sguardo di Rick, e gli
disse: "Posso camminare da solo". Non era una protesta, il
suo tono di voce era troppo calmo, troppo rassegnato.
"No,
non puoi", fu la risposta di Rick. Non era per nulla simile al
vecchio ricordo della sua voce, al debole, "Non
pos-possiamo",
il disperato pianto di lacrime invisibili, "Non
posso farti anche questo".
Nessun bacio sotto ad alcun albero di arance dolci avrebbe guarito il
bisogno che l'uno avevano dell'altro, riempiendo un vuoto che in quel
momento era padrone di entrambi; aria bloccata nel petto e
impossibile da espirare.
"Già",
Morty sbuffò, e Rick lo guardò di nuovo, come se
si stesse
chiedendo se suo nipote avesse anche battuto la testa. Il moro voleva
piangere, però non si sarebbe permesso di farlo
lì, davanti a suo
nonno. Ma avrebbe mentito se avesse detto che non gli mancava il suo
abbraccio, quanto fosse bello ritrovare la sensazione di casa,
confondersi nel calore del suo corpo, e sperò che Rick si
sentisse
allo stesso modo. Morty distolse lo sguardo, incapace di reggerlo,
sentendo le labbra vuote, la mancanza di un bacio che avrebbe voluto
ricevere. Volle prendere l'iniziativa, e ne diede uno a Rick sulla
guancia, aspettando che Beth e Jerry fossero distratti.
"Rifallo
e ti faccio cadere".
Morty
sorrise. Suo nonno non era mai un uomo di parola. Si
avvicinò con le
labbra sulla pelle ruvida della guancia di suo nonno. Non
schioccò
nessun bacio, ma sapeva che Rick sentiva un prurito, l'attesa, il
desiderio di qualcosa che Morty decise di negargli. Hai
detto di non volerlo, e non te lo do,
così bloccò suo nonno nella sua stessa gabbia.
Infantile, gli
avrebbe rivolto
volentieri anche la linguaccia.
Rick
lo fece sedere in una sedia
da campeggio poco più in là. Medicò quella
che si rivelò essere una
frattura, meticoloso ma insensibile alle proteste del giovane, che
sussultava dal dolore ogni volta che le dita dell'uomo sfioravano in
maniera brusca le zone più livide. Un gemito gli veniva
strappato
dalle labbra, “Ah!”, e Rick di
rimando
ringhiava: “Sto solo controllando, smettila di lamentarti,
principessa!”,
così il moro per non venire sommerso
dall’imbarazzo nell’avere
il vecchio così vicino,e
non
lasciarsi trascinare da un orgoglio che lo rendeva restio a qualunque
aiuto, aveva utilizzato il metodo Summer: fissare il cellulare, anche
se non c’era nulla di interessante, solo per poter
estraniarsi
dalla situazione. Provò ad accenderlo, ma niente. Lo fece
ancora,
nessun risultato. “Mi si è rotto, merda”
si ritrovò a pensare ad alta voce, attirando per la
millesima volta
in quella giornata l’attenzione di Rick, che diede
un'occhiata allo
schermo e poi al moro, che spiegò: “Non riesco ad
accenderlo".
Rick
non si lasciò sfuggire la succosa opportunità che
gli si era
presentata davanti. Si leccò le labbra, pronto a saziarsi
del
fastidio che avrebbe procurato in Morty, posando su di lui uno
sguardo facete. Lo prese in giro: “Oh, no, ora come farai ad
ascoltare Taylor Swift?”.
"Cattivo"
Morty lo bastonò, come se fosse un cane indomabile. Pregno
di
disappunto, difese la propria posizione. “Io sento delle
emozioni
con lei!”.
“Chi
non le sente?”.
Summer
era poco distante da loro, seduta accasciata al lato del camper, una
rivista di gossip tra le mani e le orecchie tese ad ascoltare
qualunque cosa si dicessero i due. Rick e Morty decisero di non
prestarle attenzione, seppur più o meno consci della
trappola in cui
li aveva cacciati, arrabbiati con lei eppure così
profondamente e
nascostamente grati.
“Ma
come è possi…”, il moro si
intestardì, volendo accendere a
tutti i costi il proprio smartphone, la
frattura alla
caviglia
ormai fasciata.
“Dà
qua!”, Rick gli strappò il cellulare dalle mani, e
andò a sedersi
poco distante. “E sta’ fermo là, stronzetto!”,
ordinò, grugnendo e mal masticando le parole.
“Non
che possa muovermi”, la protesta mogia di Morty non venne
ascoltata
e lui, il viso sepolto tra le braccia imbronciate, si limitò
a
seguire con lo sguardo i movimenti di suo nonno. Non erano sinuosi,
né tanto meno aggraziati o eleganti, così diversi
da ciò che avrebbe piacevolmente notato in chiunque altro. A
volte
sulle labbra gli si formulata una domanda che non avrebbe avuto voce,
ma era la seguente: perché
Rick? Un
debole dubbio che sarebbe potuto venir chiuso da una dozzina di
milioni di risposte. La più semplice, quella che non
richiedeva
particolari acrobazie della mente per sorgere alla sua radice,
risiedeva fissa nei pensieri e gli si presentava davanti. Il
portamento di suo nonno era grezzo, al
limite della
sciatteria, gli
vestiva
addosso un'aria scorbutica e allo stesso tempo sicura di sé,
dei
propri passi, dei propri pensieri. Una resistenza d'animo che Morty
si sarebbe solo sognato di poter avere anche per metà. Il
moro era
conscio però che a volte si trattava solo di misera
facciata, una
finzione che rimaneva tale finché non si avverava il proprio
effetto
farfalla, ma l'essenza di Rick era già tanto robusta da
potersi
permettere di fingere, e alla mente di Morty non passava nemmeno
l'opzione di cambiare maschera e diventare ciò che non
rassomigliava
nemmeno in parte al suo vero sé. Era ammirazione per il
vuoto,
quella di Morty. Ma era ammirazione, e tale rimaneva. Dall'idolatria
che pian piano rinsecchiva, cresceva vivace una rosa dalle
verità
spinose. A Morty non piaceva Rick perché poteva essere
bello, sicuro
di sé, onesto, premuroso o facile da sopportare. A Morty
piaceva
Rick perché era semplicemente Rick, il che spesso non
coincideva con
gli aggettivi prima proposti.
Del
vento fece il suo ingresso, scompigliandogli i riccioli castani.
Andarono a finirgli davanti agli occhi, bloccandogli la vista di
Rick, che divenne una sagoma sfuocata, mal vista. Scosse la testa, ma
funzionò poco, e si aiutò con le dita. Un ricordo
lo fece sorridere
contro il suo permesso. "No
sabes cuánto te quiero, mi amor",
una voce roca, mani fra i suoi capelli e le guance rossastre,
paffute, labbra che si solleticavano a vicenda, carne nuda contro
carne nuda.
Ora
vedeva Rick molto meglio.
Lo
scienziato nel frattempo aveva tirato fuori un dispositivo dal suo
camice. Sembrava un power bank, ma aveva un mini schermo e dei
pulsanti sui lati. Summer non capì che cosa fosse
esattamente, a
quale scopo fosse stato progettato, ma era conscia che quello non era
l'importante. Rick e Morty dovevano parlare, ma non facevano alcun
progresso. Suo nonno riparava il cellulare di suo fratello, rimanendo
in silenzio, concentrando le sue attenzioni sul suo lavoro. Niente lo
distraeva.
Occhi
azzurri però all'improvviso catturarono uno sguardo scuro e
immerso.
Il sole posava i suoi raggi su entrambi come tiepide carezze, e gli
occhi di Morty, da molli e stanchi, parvero più vivi,
più vicini.
Aveva alzato il collo verso l'attenzione di Rick, attirato, incapace
di fare altro che non fosse immergersi in quelle acque azzurro grigie
- accarezzarne la superficie e sentirsi accarezzato, ammollandosi a
galla.
Una
smorfia scontenta accentuò le rughe sul viso maturo di Rick,
lo
sguardo si fece più duro. Acque in tempesta.
“Allora, mi devi
fissare per tutto il tempo che riparo il tuo cellulare del
cazzo?”.
Morty
voltò la testa di scatto, abbandonò l'oceano, e
Summer fu tentata
di sbattere il palmo della mano sulla fronte, irritata da come Rick
potesse rovinare qualunque rapporto umano con la stessa disinvoltura
con la quale costruiva un robottino per spalmare il burro. Tutto il
peso della conciliazione sembrava vertere sulle spalle del giovane
adulto, e Summer non se la sentì di biasimarlo in fin dei
conti.
Avrebbe risposto anche la rossa con un secco e brutale no,
indipendentemente dalla domanda, perché a volte reggere Rick
era
troppo anche per lei.
“Tu
non ascolti nessuno, vero?”, la voce di Rick, burbera come al
suo
solito, aveva attirato l’attenzione di Summer, che non
riuscì ad
impedire ad un sorriso di sfiorarle le labbra, orgogliosa
di suo fratello.
Morty di propria iniziativa si era alzato, provando a camminare, per
poi sedersi vicino al più anziano, con l'intenzione di
parlargli.
Summer gongolò interiormente per il successo del proprio
piano.
“Da
che pulpito proviene la predica, eh, Rick?", aveva replicato
Morty, sibilando dal dolore quando appoggiò il piede a terra.
Il
sole bambino del mattino si irradiò nel cielo, una sfera
pallida ma
potente, diversa dai frutti dolci di un arancio deciso; così
freschi
da tenere in mano, i bellissimi spicchi rossi e succosi, come una
bocca mai esplorata prima, che Rick ricordava con fervore. Una
mancanza venne ritrovata dalla memoria, e il palato gli
diventò
anestetizzato ad ogni altro sapore. Quella era un'estate diversa,
dove si scambiarono parole che sarebbero parse vuote e surreali alla
vista degli avvenimenti più recenti. “Potrei
cambiare idea e
decidere di buttare il tuo telefono, non varrà neanche un
centone".
Morty
inizialmente non rispose, guardò dritto a sé e
Rick lo seguì con
lo sguardo, fermando il suo lavoro. Troppo attento, troppo preso dal
discorso, aspettando qualunque suono uscire dalle labbra del moro. E
quando se ne accorse, la sua mascella si irrigidì, il volto
affogò
in uno sguardo torbido, e ritornò a riparare il cellulare,
come se
niente lo avesse scosso.
Le
labbra di Morty si schiusero, illuminate da luce nuova, dando spazio
a un sorriso che definire come fuori posto era poco. Non aveva motivo
per farlo, per sembrare allegro, e non lo era, ma una stanca e
rassegnata ironia aveva preso il controllo del suo viso colorito.
“Pensavo che venire qui ci avrebbe aiutato, però
non è servito a
nulla". Sospirò, il sorriso scomparve, e guardò
in basso, le
mani che giocavano col tessuto dei pantaloni. Che folle, idealistico
e sconsiderato piano aveva in mente, accettando di partire con tutta
la sua famiglia? Nessuno, a dire il vero, eppure sperava, povero
ingenuo, che cambiare aria avrebbe cambiato anche il flusso dei loro
pensieri, dei loro discorsi, sempre sull’orlo del vortice
nato dal
caos che aveva scatenato con un banale no. E probabilmente definire
semplice e innocua la fatale parola di due lettere sarebbe stato
imprudente. Era come dire che una bomba al neutrino fosse priva di
alcuna pericolosità.
Ma
Rick sorprendentemente aveva acconsentito anche a lui a partire, e
fino a quel momento era lì con loro. Doveva avere pur
qualche
valenza che non fosse il semplice bisogno di occupare uno spazio
diverso da casa propria. Che anche Rick sperasse in un ritorno di
fiamma? E a che pro, se si dimostrava solo scostante in qualunque
tipo di dialogo? Morty gli chiedeva di passargli il sale nelle tavole
calde, e tutto quello che otteneva era un grugnito; gli augurava il
buongiorno la mattina con un cenno del capo, ricevendo in cambio solo
un’occhiataccia; la notte sul letto cercava di divincolarsi
dall'abbraccio forzato per scendere dalla brandina a castello e
prendere un bicchiere d’acqua, ma Rick si avviluppava a lui
come
una pianta rampicante, stringendolo a sè e borbottando nel
sonno,
senza lasciare alcuna libertà di movimento al moro. "Ora ti
comporti come se mi odiassi e basta", le parole di Morty si
incrinarono col sopraggiungere delle lacrime, che asciugò
subito,
passandosi le dita nella zona del viso proprio sotto gli occhi; lo
fece voltando il capo, come se per magia potesse scomparire, e Rick
non riuscisse a notare che stava piangendo.
“Pensi
che costringermi a stare con Jerry avrebbe migliorato la situazione?
Che idea di merda! E fidati, che se ti odiassi, lo sapresti, cazzo
sì, che lo sapresti".
Se
Rick avesse odiato Morty, se a Rick non fosse importato niente di
Morty, sarebbe stato tutto molto più facile, e questo lui lo
sapeva
bene. Come sarebbe stato possibile o ammissibile il contrario? Non
amava sprecare la sua arguzia nell'introspezione, ridurre il suo
genio a becero sentimentalismo, rimuginare troppo sui processi
chimici nel suo cervello e diventarne succube, ma Rick era conscio
che ogni essere vivente era schiavo della fisica dei corpi. Fin da
quando una nuova cellula si presentava al mondo, la sua vita sarebbe
sempre stata condizionata alle leggi della biologia, della chimica,
delle discipline matematiche. Le uniche regole che rassomigliavano
all'unico spruzzo di tranquillità in un universo
altresì caotico.
Le regole spiegavano, davano un senso, l'illusione di domare
l'indomabile, di avere in mano la verità. E forse era
proprio per
questo che l'amava, la scienza, perché anche chi regnava nel
caos
aveva bisogno di un punto d'ordine.
Morty
era il suo punto d'ordine. Prudente,
affettato, di buon cuore, leale, amabile. Il tipico bravo ragazzo
della porta accanto, proprio come chi anni prima Rick avrebbe
semplicemente ignorato, perché di quelli così era
troppo facile
innamorarsene. O perché nessuno batteva veramente il
bravo
ragazzo che ogni notte lo accudiva quando l'alcol colpiva duro,
rendendolo molesto e pericoloso. E dov'era finito, in quel momento?
Morty era cresciuto, era cambiato, sarebbe stato strano il contrario,
ma nulla di più orribile sarebbe potuto succedere secondo
Rick.
Qualunque affetto avesse provato nei confronti del giovane, esso
aveva seguito ogni mutamento, ogni variazione di tono, ogni
costruzione nuova che aveva modificato gli assetti della sua persona,
che da adolescente impacciato mutava in un giovane adulto capace di
ragionare, capire che cosa volesse realmente. E Morty voleva
veramente Rick? E perché chiederselo, si domandò
Rick, se Morty
aveva già risposto?
No.
Rick
strinse le labbra. Lurido bastardo, pensò, guardando truce
suo
nipote.
Quella
fetida malattia, più conosciuta come amore, costringeva Rick
a
vedere se stesso per quel che era stato, e faceva notare con
disappunto le sfumature che lo avevano dipinto di diversa forma, le
metamorfosi che gli avevano concesso di diventare compiuto. Rick e
Morty erano cambiati, e l'amore li aveva seguiti, perché
incorpore,
ignaro dei limiti del tempo, della fame, della sete. Indifferente
alla caducità dell'esistenza, e terribilmente terrorizzato
dal non
essere più corrisposto.
“Non
è come se ti facessi dormire con papà la notte",
Morty
borbottò, più come un pensiero espresso ad alta
voce, che come una
risposta ben ragionata verso le accuse di Rick. Non ci aveva pensato
troppo, distratto e ingenuo; le sue parole sarebbero potute essere
usate contro di lui, cosa che avvenne, perché Rick non era
certo il
tipo da lasciarsi sfuggire un'opportunità che gli era stata
servita
su un piatto d'argento.
“Ah
no? Perché mi sembra di farlo".
Era
una cattiveria gratuita, un colpo ben assestato contro Morty, il
quale, come da previsione, si irritò subito. Non per
l'insulto verso
suo padre, perché Rick insultava sempre Jerry, tanto da
diventare
così abitudinario da passare inosservato. Non era per quel
gesto
volutamente meschino, ma per il paragone. In una semplice frase,
Morty era stato catalogato come il buono a nulla della famiglia,
spazzatura, un'ameba, il nulla più assoluto.
“Rick,
ascolta", Morty aveva fatto un grosso respiro, cercando di
calmarsi, e Rick si tratteneva da piegare le proprie labbra in un
sorriso spigoloso, di cantare vittoria troppo presto. Ma non sarebbe
mai stato troppo presto per lui, perché vinceva sempre. Non
che
potesse farlo nel concreto, però. In un gioco senza regole,
non
esistevano vincitori, non esistevano perdenti, e più ci si
avvicinava in alto verso il Sole,
più si veniva respinti verso terra. Era una partita che
comprendeva
solo anime animali che non vedevano l'ora di ricongiungersi, ma
troppo accecate dall'orgoglio per permettersi di farlo.
Rick
grugnì. Morty vinceva sempre, e la sua voce era troppo
dolce, troppo
comprensiva, quando disse: “So che sei ferito da quello che
è
successo".
Le
spalle di Rick si irrigidirono, come se un nervo scoperto fosse stato
appena toccato. "Non è così", rispose, duro, i
denti che
a stento si muovevano, così ingessato nelle sue parole e nei
suoi
gesti che Morty ebbe la tentazione di appoggiargli una mano sulla
schiena, per cullarlo, confrontarlo. Non lo fece, però,
perché
quello non era ciò di cui Rick aveva bisogno in quel
momento. Morty,
lungimirante quasi quanto Summer, e sicuramente più avvezzo
di lei
ai modi del nonno, aveva capito che intenerirsi ai momenti di
fragilità emotiva di lui non avrebbe concluso altro che
farlo
sentire vittima dei suoi stessi sentimenti, e non avrebbe giovato
alla situazione, perché in quel caso l'unico risultato
possibile
sarebbe stato un barricarsi da qualunque emozione potesse provare.
Che in quel caso poi decidesse di esprimerla, sarebbe stato sciocco
da sperare.
"Non
tireresti in ballo l’argomento così spesso, se tu
non lo fossi",
Morty lo confutò con parole chiare, il tono calmo,
equilibrato. "Ti
conosco benissimo", aggiunse. Lo stava provocando. Se doveva
toccare Rick coi guanti di velluto pur di avere una conversazione con
lui, tanto valeva ritagliarsi un po' di spazio per divertirsi.
Summer
intanto continuava ad ascoltarli, non prestando più
attenzione a ciò
che stava leggendo. Le lettere diventavano sfuocate, parole
insignificanti in discorsi privi di consistenza, perché
niente era
più interessante di osservare la propria creazione dare i
suoi
frutti.
"No,
tu non sai un caz-", Rick era partito come un fulmine alla
difesa della propria persona, della propria sfera emotiva, ma la
repentina risposta alle accuse di Morty sembrava solo una conferma.
Tanto valeva ammettere il vero. "Forse", concesse, non
contento ancora della sua risposta. "Fottiti". Meglio.
"Io
sto cercando di avere una conversazione civile, Rick".
"Una
conversazione civile, eh? Così puoi ricevere i tuoi amati
pat pat
sulla spalla, avere la tua razione orgasmica di approvazione sociale.
Aspetta sempre il consenso degli altri per sentirti realizzato.
Grandissimo, Morty, continua così."
Morty
abbandonò ogni pretesa di assertività. "No,
brutto ubriacone
bastardo, lo faccio per noi. Ti fa così schifo voler fare
pace con
me?".
"Non
che mi interessi particolarmente."
Summer
avrebbe strozzato Rick in quell'istante. Che anche lui fosse umano, e
perciò tendente alla sconsideratezza e all'incoerenza, non
la
rendeva meno insofferente alle sue gesta. Perché mentire,
quando
l'unica cosa che lui bramava nella sua interiorità era
trovare la
vecchia armonia? Ritornare tra le braccia che tanto lo avevano
voluto? Summer si rispose, non volendo però trovare nessuna
autenticità nei suoi pensieri. Forse Morty non valeva
così tanto
per Rick come aveva sempre creduto, sperato.
La
lite era stata così pesante, da fargli voler chiudere ogni
rapporto,
per il bene della propria salute psichica? E da quando in qua a Rick
importava del benessere interiore?
La
conversazione tra i due sembrava essersi arrestata. L’uomo
più
anziano si era congedato, lasciando Morty solo e imbronciato.
Passò
qualche minuto, e nessuno dei due dava cenno di voler andarsene o
voler tornare. Summer fu tentata di andare da suo fratello, magari
provare a consolarlo, anche se non pensava di essere così
abile con
le parole quando si trattava di far stare bene qualcuno. Gli avrebbe
detto “sarà per un’altra
volta”, la classica bugia bianca,
eppure nemmeno suo fratello era tanto ingenuo da cascarci. Ma Rick
tornò, una lattina di birra in mano. L’uomo si
sedette proprio
dov’era prima, ritrovandosi a fianco un Morty pensieroso.
"Perché
io, allora?".
Rick
corrugò la fonte, come se non stesse aspettando
l’arrivo di quella
domanda. Svitò la lattina di birra e ne prese un sorso. Si
asciugò
le labbra sporche con la manica del camice da laboratorio, prima di
chiedere: "Che?".
"Perché
me, tra tutti, tra chiunque tu possa avere?".
"Co-cosa
di aspetti adesso da me, mh? Che faccia tutto il sentimentale, dica
tutte quelle schifezze romantiche quando tu non hai fatto altro che
comportarti da piccolo stronzo quale sei? Ora vai a prendermi
un'altra birra". Rick gettò per terra la lattina ormai
vuota.
"Ma
come hai fatto? Hai parlato per tutto il tempo! E in realtà
sei
stato abbastanza dolce quando mi hai chiesto — "
Un
urlo stridulo di dolore si propagò nell’aria.
Morty si fermò,
cercando con lo sguardo la fonte del suono, e trovò suo
padre in
lontananza che aveva chiuso le dita nello sportello del mini-frigo da
viaggio. La frase rimase incompleta, e Summer imprecò
interiormente,
con un quesito martellante nella sua mente. Che cosa poteva aver
chiesto Rick da aver portato a un deterioramento così
prominente?
Summer si sforzò a simulare col pensiero una serie di
opzioni, ma
nessuna era contraddistinta da una verosomiglianza capace di rendere
i sospetti attendibili. Ampliare il loro nucleo familiare?
Improbabile. Rick non sapeva prendersi cura nemmeno di sé
stesso,e
Morty non si sarebbe preso carico di crescere qualcuno o qualcosa da
solo. Matrimonio? No, Rick aveva già chiarito le sue
posizioni
sull’argomento, e Morty era tanto speciale da rendere lo
scienziato
così masochista? Farlo rischiare ancora? Summer odiava
ammetterlo,
ma la risposta era un secco no. Cos’altro rimaneva? Aprire il
loro
tipo di relazione? Aveva un senso. Rick era sessualmente disinibito,
volubile e altamente amante dei piaceri della carne. Aveva sputato
addosso ogni morale etica della società, rovinandola e
spogliandola
della sua sacralità, e infine l’aveva trasformata
nell’ennesimo
corpo sfatto che non vestiva più di alcuna importanza.
Rick
aveva chiesto di aprire la loro relazione e Morty, incapace di
liberarsi della sovrastruttura
della morale, ma ancora più negligente nel negare qualsiasi
cosa al
suo compagno, doveva aver accettato senza pensarci troppo. Ma solo
con l’effettiva messa in pratica delle richieste di Rick,
Morty
aveva
capito che
non gli
piaceva
nulla di tutto ciò che stava accadendo. Forse Rick aveva
prestato
più attenzione alla nuova persona, terrestre o meno che
fosse, e
Morty era diventato
molto sensibile
alla possibilità di venir messo da parte. Così
aveva puntato i
piedi, facendo finalmente vedere il suo dissenso originale. Aveva
reagito male, ma poteva essere considerato l’unico
responsabile
dell’omicidio del loro rapporto? Il moro aveva premuto il
grilletto, sparando sentenze difficili da guarire, ma Rick aveva
tolto la sicura.
Tutto
acquisiva un senso… no, non ancora. Summer doveva tornare
indietro.
Rick
aveva proposto di rendere aperta la sua relazione con Morty. Aveva
ancora un senso? Summer si soffermò su un altro particolare:
una
relazione aperta avrebbe implicato che anche Morty avesse potuto dare
più attenzioni a qualcun altro. A Rick sarebbe andato bene?
La sua
sessualità priva di vincoli si sarebbe scontrata con la sua
gelosia,
portandolo a scontrarsi con la propria interiorità, farsi
domande
esplorative che mal sopportava, ma non tanto quando piuttosto ne
odiasse le risposte.
E
Morty come avrebbe potuto vedere come “dolce” o
“romantica”
la richiesta di un menage a trois? Avrebbe fiutato fin da subito le
circostanze andare oltre il suo codice morale, azioni che era ancora
restio a compiere, e guai a chi avrebbe osato solo sfiorare Rick. Era
il suo unico amico, l’unico amante resistito al tempo per
lui.
Jessica? Planetina? Avrebbero rinunciato alla morte,
all’unica
sicurezza nella vita, solo per Morty? No, certo che no. La
subdolamente nascosta lealtà di Rick, insieme alla sua
egemonica e a
volte scomoda presenza, erano stati per anni e rimanevano i pochi
appigli di Morty, che difficilmente avrebbe condiviso.
Si
ritornava al punto di partenza.
Summer
non aveva ancora avuto una risposta esaustiva, ma un indizio si
aggiungeva al resto.
Una
data di maggio, la domanda di Rick, la scelta facete di Morty.
Il
vecchio scrollò le spalle. "Mi conosci così tanto
bene, no?
Fatti un’idea".
"Io
voglio fatti, Rick, non ipotesi", Morty si impuntò, la punta
del naso in aria in un fare stizzito.
"Ah,
davvero? Li vuoi? Allora lascia che te li racconti! Tu sei scappato
mentre io ero finalmente pronto per TE, ogni cosa
era lì
perché TU la volevi. Solo per il tuo
putrido e lagnoso ego. E
come ha ricambiato, la piccola merda? Mi ha lasciato lì come
un
cazzo di pesce lesso!".
"No,
io-", Morty si fermò, perché aveva iniziato a
parlare
d'impulso, senza una vera e propria idea su come concludere la frase.
Rick
continuava, iracondo, lasciando che ogni impeto di rabbia
sciabordasse in lui, prendendo il controllo di ogni appendice del suo
corpo, di ogni connotato del viso, di ogni gesto eclatante con le
mani e le braccia. "Dopo anni in cui piangevi e dicevi «Oh,
Rick dovremmo proprio farlo! Sarebbe così
meraviglioso!». Oh, qual
era la parola che usavi? Ah, giusto, «idilliaco»,
brutto aspirante
poeta da quattro soldi. Beh, grazie tante per questo idillio del
cazzo, davvero!".
Morty
sentì lasciare definitivamente il suo corpo ogni buon
proposito per
continuare una conversazione pacifica. "Vai all’inferno!"
"Ci
incontreremo, allora, hombre!".
NdA
La
canzone nel titolo è Estate di Giorgio Poi!
Holaa!
Ci ho messo un bel po’ per aggiornare, ne sono più
che
consapevole, ma eccovi questo nuovo capitolo!
Ammetto
che ho ceduto alla tentazione di entrare nei pensieri di Rick e
Morty, ehehe, loro due sono troppo belli da scrivere – come
poter
rifiuar? Lol
Non
so se i nostri scemi prefy abbiano avuto una conversazione simile
anche in Mina Vagante, probabilmente sì, ma io amo Morty che
ogni
tanto si domanda perché sia stato lui ad attirare le
attenzioni di
Rick, e non qualcun altro.
Sono
felice che questa settimana sia andata, honestly, perché ho
potuto
impegnarmi per l’ultima interrogazione seria
dell’anno e con le
prove dello spettacolo a teatro, aka ho più tempo di
scirvere
adesso. Inoltre ho appena ricevuto i libri e i fumetti presi dalla
Feltrinelli, voglio leggerli tutti, soprattutto i volumi di RnM
–
Morty vampiro deve essere pazzesco, ma anche Jane Austen ha il suo
perché. Questo per darvi una previsione su quando
aggiornerò LTSI,
lmao. Ma don’t worry, ho una flashfic in mente. Ah, sto
letteralmente conquistando il fandom efp di RnM. Menatemi.
E
lo
sapevate che ho creato un canale telegram dove parlo di RnM (e
altre cose)?
Se vi interessa, eccovi il link qui!
A
presto! Passate un buon weekend!
-
mortifero
|
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Capitolo 5 *** L'eccezione ***
Capitolo
Cinque: L'eccezione
«Resta
qui, non mi sparirai
Guarda
come, quante volte mi hai ferita già».
Il
Texas era uno Stato particolare per la famiglia Sánchez -
Smith. Non
ci avevano mai messo piede, a parte Rick, ma aveva il suo valore
simbolico di origine, come il primo capitolo di un libro, l'incipit
di una favolaccia.
Era
lì che il folle scienziato, che prima infestava la loro
casa, era
cresciuto con la sua famiglia, di cui non faceva mai menzione, ma
Summer era arrivata a capire che il rapporto che il nonno aveva con
il proprio padre non era dei migliori, e di sua madre nemmeno un
accenno tra le sue parole. Come se non gli importasse, come se
temesse di sporcare il suo nome con le proprie labbra. La rossa
però
aveva scovato una vecchia foto di famiglia, dove Rick era fin troppo
piccolo anche per essere considerato un adolescente, e al suo fianco
una coppia sorrideva appena, insieme ad altri ragazzi che
sì, loro
potevano essere considerati dei teenager (i suoi fratelli?). Suo
padre era alto e robusto, dall'aria fiera e gli immancabili baffi
chevron quasi a coprirgli le labbra. Chi poteva immaginarsi che
dietro al suo aspetto si nascondessero vedute limitate e un cieco
orgoglio per lo Stato del Messico? E il suo nome? Ignoto, proprio
come era sconosciuto quello della donna affianco a lui, che a prima
vista Summer non poté fare a meno di confrontarla con Frida
Kahlo,
con l'unica differenza che i lineamenti del suo viso erano molto
più
morbidi rispetto a quelli della ormai defunta pittrice. Il vestiario
e la treccia ai capelli erano molti simili e Summer era sicura che,
se la foto non fosse stata in bianco a nero, i suoi vivaci colori
avrebbero rubato la scena a chiunque altro nella foto. Non sorrideva,
però, e questo non dava giustizia alla gioia del suo abito.
Quasi
come se fosse stanca, stanca del suo matrimonio, dell'uomo al suo
fianco, e forse Summer aveva fumato un po' troppo, ma le parve di
vedere nel suo sguardo la delusione trattenuta in un sospiro ancora
non completato. Delusione per sé e per chi le stava intorno,
perché
incapace di poter dare ai suoi figli di meglio, un padre che non
fosse manesco e col vizio di sottovalutare tutti intorno a lui. Gli
altri ragazzini erano sorridenti, come se niente li tangesse, magari
inconsapevoli di qualunque cosa succedesse intorno a loro, dolci e
ignari di come il male si nascondesse anche nelle piccole cose. E
Summer come aveva fatto a riconoscere nonno Rick? Dall'iconico
monociglio, ovviamente, già presente a quell'età
come un marchio di
fabbrica, e a giudicare dalla sua espressione imbronciata, lui no,
non aveva la minima voglia di farsi immortalare in uno scatto quel
giorno.
Il
piccolo Rick non avrebbe mai potuto immaginare che avrebbe rimpianto
quell'istante.
Appena
mise piede al di fuori del camper, Summer capì che quella
mattina
sarebbe stata differente. Non sapeva come, né
perché, ma quel dì
sarebbe stato il completo opposto dei precedenti. Questa
consapevolezza la accompagnava ad ogni passo, una pulsione che
partiva dai nervi e guidava il muscolo nel movimento, infondendo
nelle fibre, in ogni parte di lei, l'annunciazione di un cambiamento.
Ma cosa era diverso quel giorno? Summer non seppe rispondersi su due
piedi, e con una domanda in testa continuò il suo cammino,
mentre
gli uccelli lanciavano lunghi fischi a tagliare il cielo con le sue
soffici nuvole. Un azzurro pieno si posava su lei e la sua famiglia,
mentre i raggi del sole prendevano a schiaffi la loro pelle fino a
farla piangere, nel ritmo di una giornata afosa.
Jerry
li aveva voluti portare in una tavola calda che aveva trovato su
TripAdvisor. Il lavativo che era in lui si era limitato a scegliere
il posto con più recensioni positive, ma che per ironia
della sorte
si trovava al polo opposto da dove avevano potuto parcheggiare il
camper. Il sole in Texas era torrido, Summer si sentiva sciogliere
come un ghiacciolo sull'asfalto, ed era stanca di camminare. Si stava
chiedendo come mai e soprattutto chi avesse potuto solo credere che
seguire le direttive di Jerry fosse una buona idea. A giudicare dagli
sguardi contrariati e i volti resi paonazzi dal caldo, se lo stava
chiedendo tutto il resto della famiglia.
"Jerry,
sei sicuro che stiamo facendo la strada giusta?", aveva chiosato
Beth, asciugandosi la fronte madida di sudore.
L'uomo
la prese sul personale. "Certo, Beth, per chi m'hai preso? Per
uno stupido che non sa nemmeno usare Google Maps?".
"Vuoi
davvero sentire la mia risposta?".
Summer
mormorò: "Da futuro avvocato, posso consigliarvi che
è meglio
non fare domande se non volete davvero sentire la risposta".
Rick
allo stesso momento trasalì, insofferente e pieno fino
all'orlo
dell'atteggiamento del proprio genero. Interruppe la conversazione,
sbraitando: "Gesù Cristo, J-Jerry, s-stiamo girando in tondo
da
tre ore! Ho-ho- avrò visto quel maledettissimo negozio
dell'usato —
Morty,
smettila di sbavare davanti la vetrina, col cazzo che ti compro i
volumi di Berserk
— l'avrò
visto trenta volte in cinque minuti!".
Jerry,
ferito nell'orgoglio, replicò: "Sei meglio tu, allora, eh?"
("Sì", fu la risposta di Rick), e non si limitò
solo a
quella domanda, ma iniziò anche una patetica imitazione di
suo
suocero. "Guardatemi, sono Rick Sánchez, sono il dio
dell'universo, e tutti fanno schifo in confronto a me!".
Sia
a Summer che a Morty non avrebbe dato tanto fastidio essere in
realtà
adottati o il frutto di un tradimento — avrebbero capito la
loro
madre in quel caso.
"Ti
rode perché è vero". Rick sorrideva, vittorioso e
sfacciato,
si faceva beffe delle lagne di suo suocero.
"Allora
perché non ci guidi tu?". Jerry mise il broncio.
"Se
proprio insisti...". Il sorriso di Rick, seppur sembrasse
impossibile, crebbe a dismisura. Si allontanò da Morty, e si
fece
strada fino ad arrivare a capo della fila. Si scontrò spalla
a
spalla con Jerry, e gli dedicò uno sguardo di sufficienza.
"E
sfoga i tuoi complessi di inferiorità su qualcun altro",
disse,
la voce bassa e lugubre. Non era proprio il momento adatto per
sopportare l'indole fastidiosa di Jerry. Non lo era mai, soprattutto
dopo maggio.
"Me
li hai fatti venire tu i complessi!".
Beth
si schiaffò una mano in viso, imbarazzata da suo marito.
Rick
fece spallucce, e bevve un sorso dalla sua fiaschetta. "Seh,
seh, qualunque cosa ti faccia dormire bene la notte".
Anche
Morty superò Summer, per arrivare dietro le spalle di Rick,
e poi al
suo fianco, un'idea chiara in mente. "C- he- Rick?".
"Che
c'è? Non chiederò scusa a quel patetico surrogato
di padre che ti
ritrovi".
"Non
volevo chiederti questo". Rick non gli rispose, e Morty
titubante decise di continuare. "Non si può fare proprio
nulla
per Berserk?".
Arrivarono
da Shoney’s. Il che, tutto sommato, non era poi
così
imprevedibile. Si trattava del locale preferito di Rick, si sapeva, e
chissà, forse lo scienziato aveva scoperto il suo amore per
le
tavole calde negli anni più vivaci dell'adolescenza, quando
usciva a
divertirsi con gli amici, o durante la calorosa infanzia, dove si
passava più tempo con la propria famiglia. Summer poteva
solo
ipotizzare.
Ci
misero poco tempo, o almeno meno di quanto ne avrebbero impiegato per
andare nella tavola calda proposta da Jerry. Sorprendentemente
trovarono subito posto, e presto un cameriere andò a
prendere le
loro ordinazioni. Scelsero tutti pancetta e pancake con sciroppo
d'acero, tranne Jerry, che optò per il miele, ma con il solo
scopo
di ribadire ogni cinque minuti che quello che facevano le sue api era
nettamente migliore. Il clima tra tutti loro rimaneva calmo, o il
massimo a cui potevano aspirare vicino all'ideale di
tranquillità.
Summer
si lasciò andare nell'introspezione. Non era qualcosa che
voleva
propriamente fare, ma osservare Morty intestardito con Rick, oppure
Beth e Jerry bisticciare per un motivo futile, faceva vagare la sua
mente in una miriade di pensieri, che culminavano sempre nella
realizzazione di essere investita dalla solitudine, che nessuno era
lì per lei anche solo per discutere in malo modo. E toccava
che
delegasse i suoi bisogni a qualcuno di momentaneo.
Non
che vedesse qualcuno con cui sfogarsi.
Parlare
dei propri sentimenti in famiglia, mostrarsi vulnerabili, avere il
coraggio di mostrare il proprio cuore, poi, era considerato lagnarsi.
Morty era un lagnone, e suo padre dopo di lui era addirittura il re
dei lagnoni. Bambini ingenui e deboli, che aprivano bocca credendo
che le loro emozioni potessero contare qualcosa, essere meritevoli di
venire ascoltate. Emozioni che sarebbero state masticate come Big
Babol, fino a far male le guance e finché non fossero
diventate
poltiglia da giocare con le dita, o bolle da far scoppiare a proprio
piacimento. Morty, però, checché ne avesse detto
Rick, (anche se le
sue motivazioni si limitavano al semplice ferire, ed egli fosse
conscio di aver sparato una cazzata enorme) non era minimamente
simile a suo padre.
Morty
amava, incondizionatamente, nel pieno spirito dell'agape.
Rick
e Summer non potevano dire di averlo capito fino in fondo. La sua
più
grande vittoria era stata il mai essersi piegato al male che gli
veniva inflitto ogni giorno. Era stupido, un idealista ingenuo, ma
avrebbe continuato ad amare il mondo che a sua volta amava prenderlo
a pesci in faccia. Era il loro completo opposto. Morty aveva visto
con i propri occhi il male che l’intero universo era capace
di
infliggergli. Summer era sicura che, appena gli si chiudevano le
palpebre, si risvegliavano nella sua mente i mille modi in cui
chiunque avesse ucciso la sua anima, il cadavere del sognatore
bambino che era un tempo, e di cui conservava ancora il cuore.
Ma
almeno Morty aveva Rick, e Rick aveva Morty — avevano
ricevuto il
dono della presenza stabile di un altro e quei due disgraziati lo
trattavano come se fosse il peggiore degli insulti. Si conoscevano,
nel senso più antico e legato alla fisicità del
verbo. Summer chi
conosceva? Chi aveva come amicizia fidata? Nessuno, ecco chi.
Osservava
ogni cosa con una minuzia ossessiva, connotazione che non le piaceva,
seppur sapesse di verità, di maledizione congenita - Summer
sapeva
di non essere l’unica con manie ossessive e di controllo in
famiglia.
Ossessione
verso se stessa e gli altri, come un narcisismo latente, ammaliato
dalla sua persona e con la dipendenza egoistica di attenzioni
continue, ma Summer non credeva di avere basi conoscitive
così
avanzate per l'autodiagnosi di tale disturbo.
Non
era poi come se in quel momento non le stessero dando attenzioni, ma
non poteva dire che le stesse gradendo.
I
volti dei suoi genitori erano di un rosso teso e sudato mentre
facevano domande come "New York?" e "Sei sicura
sicura, tesoro?".
"Sì,
mi hanno già offerto un tirocinio in uno studio legale
importante".
Summer si chiuse, incrociando le braccia con stizza. "Faccio
più
successo di quanto voi abbiate mai fatto alla mia età, e
questo vi
rode".
Il
colpo avvelenato andò a segno, scatenò delle
reazioni, ma la rossa
si interessò ad altro.
Summer
vide Morty sussurrare nell'orecchio di Rick, forse con un tono troppo
elevato, perché lei riuscì a sentirlo stesso, e
le si spiegarono le
labbra a vederlo, il ricordo del vecchio equilibrio. La risposta
smorzata di Rick, col suo borbottio e la sua scrollata di spalle,
fece cadere a terra il suo umore, impedendole di spiccare il volo nel
suo cielo di ricordi. Summer non sorrise più. La
realtà era una
brutta bestia.
"Tu
lo sapevi, Rick?".
"Chissene".
Si
erano seduti vicini, però, e Summer lo aveva notato in un
misto di
stupore e orgoglio. Il suo piano, nonostante tutto, li aveva
costretti a fare un passo avanti, e forse non era solo merito suo.
Loro volevano
fare
un passo avanti, rinunciare alla loro situazione di stallo.
Continuavano a scambiarsi monosillabi, più che parole, e
Summer fu
colpita da una realizzazione: tra loro due non si respirava
più la
stessa tensione di prima. Avevano litigato, prendendosi a morsi con
le parole, affondando i canini sulla carne tenera e fresca del cuore,
a giudicare dalla sensibilità (più o meno velata)
con cui
reagivano.
Ecco
perché quell'aria bizzarra, quella mattina, era
così facile da
intuire!
Rick
e Morty non erano più in guerra, ma a fatica cercavano una
ricongiunzione.
La
passione per la propria convinzione e l'impeto nato dalla furia che
accendeva le battaglie li aveva conquistati, fino a diluire pian
piano, rendendo le loro posizioni più labili, gli armamenti
più
ingombranti. Summer li aveva visti litigare — quando vivevano
tutti
insieme, si facevano la guerra ogni giorno, per Dio! — e
finivano
così, sempre, a dimenticarsi del perché
provassero così tanto
astio, incapaci di stare lontani troppo a lungo.
“Modera
i termini, siamo noi che ti paghiamo il college!”. Beth si
era
subito scaldata, irata come non mai alle parole di sua figlia, che le
rivolse di nuovo tutte le sue attenzioni. Convenì pure la
rossa che
effettivamente quello di cui stava parlando sua madre era un
privilegio. Nella mente di Summer si figurò
l’immagine di un post
su Facebook di Beth,
la foto in un locale con l'hashtag “fondo per il college di
Morty”.
Summer
non era di certo tipo da rimanere senza parole. “Non dovrai
più
farlo, mi pagheranno!”.
“Non
ci hai nemmeno chiesto il permesso”.
Beth
ignorò l'esistenza del marito, e continuò a
rivolgersi a sua
figlia, con fare proibitivo. “Ah, quindi la tua paga
basterà a
ripagare il debito studentesco?”.
“Dovevi
chiedere…”, Jerry tentennava, guardandosi intorno,
affievolendo
sempre di più il tono di voce. Nessuno lo stava ascoltando!
“Guarda
che non è male come inizio!”.
“Il
permesso! Non…la mia autorità di
padre… qualcuno mi sente?”.
Jerry sembrava sperduto come un cucciolo abbandonato. Un'occasione
troppo ghiotta per Rick per lasciarsela scappare. “Primo
strike,
Jerry”, gli rise dietro.
“Ti
sto ignorando”, Summer fulminò suo padre con lo
sguardo, poi toccò
a sua madre. “Perchè non vuoi essere felice per
me? Ti rode
davvero così tanto?”.
“Ma
New York è così lontano,
tesoro…”
Morty
si lasciò andare a un pensiero innocente trasmesso ad alta
voce.
“Però quando Rick mi portava dall’altro
capo della galassia tu
non battevi ciglio…". Il suo tono di voce non
annullò
l’accusa, e non silenziò nemmeno
l’offesa.
Rick
si sentì in dovere di intervenire. “Io-io non ti
ho mai portato
dall’altro capo della galassia, M-moURGHty. Se ci capissi
qualcosa,
lo sapresti. Un po’ a est, un po’ a ovest, ma mai
al polo
opposto. Lì non c’è nulla, solo stupide
nebulose del cazzo”.
“I-il
discorso non cambia”.
Lo
sguardo di Beth si ammorbidì mentre si voltava verso suo
figlio,
quasi come se fosse capace di provare un senso di colpa. “Morty,
sai che non è vero…”.
“E
New York non è lontano come lo spazio, per Summer
sarà anche una
bella esperienza. Poi fa sempre bene avercela lontano!”,
Morty
scherzò, e Summer da brava sorella maggiore non si
mancò di fargli
ricordare quale fosse il suo posto: gli diede una gomitata sul
fianco, ma entrambi si scambiarono un sorrisetto complice.
“Sì,
Beth, lasciala andare! Cosa credi che potrà trovare ancora
nel
Michigan? Difenderà la vecchietta che porta il cibo da casa
negli
stadi di baseball?”, Rick si afflosciò sulla
poltrona della tavola
calda, spossato dalla conversazione come se fosse stato solo un suo
peso per tutto il tempo. Summer si trattenne dall'alzare gli occhi al
cielo. Che narcisista melodrammatico! Non che le sue affermazioni
fossero del tutto corrette, poi.
Era
anche vero che circolava voce di un singolare Signore della droga del
Michigan, di cui nessuno conosceva il volto, ma tutti erano alle sue
calcagna… Sarebbe stato certo un bel mistero, scoprire la
sua
identità. La cronaca nera aveva annunciato l'aumento di
morte per
overdose, e tutte le indagini sulla criminalità organizzata
avevano
ricondotto la gestione dei traffici illegali di droga a una sola
persona, il cui nome rimaneva un mistero. Alla procura erano noti una
serie di pseudonimi, e un identikit facciale piuttosto scarno, che
però faceva intuire che si trattasse di un unico individuo.
Niente
dava le basi per portare sotto processo qualcuno. Veniva quindi
soprannominato Signore, perché come una divinità,
non aveva
problemi nel togliere la vita, e aveva il monopolio di ogni
commercio. Essere il procuratore distrettuale o l'avvocato difensore
in un processo talmente ecclatante le avrebbe procurato prestigio.
Molto prestigio. Magari l'unica cosa che l'avrebbe tenuta ancorata
nel Michigan, ma non così convincente. Non le piaceva l'idea
di
mettersi contro un membro della mala così potente.
Morty
nel frattempo annuì, in accordo con le posizioni di Rick.
"Anche
per lui è un'idea stupenda!".
Rick
gli ruggì contro come un leone arrabbiato, voltandosi di
scatto.
"Ehi, stronzetto, non hai ancora diritto di fare le mie feci!".
"Veci!"
"E
che ho detto io?".
Morty
aveva sempre avuto un problema con i bagni pubblici, mai menzionato a
nessuno, eccetto Rick che, secondo le teorie dell'intera famiglia,
forse ne era anche l'artefice. Quando Beth asserì che
sarebbe stato
meglio usufruire dei servizi igienici della tavola calda,
perchè il
cammino di ritorno verso il camper sarebbe stato lungo,
sembrò fosse
stata appena dichiarata una condanna a morte. Summer aveva visto suo
fratello sbiancare, e assumere un umore cadaverico al viso.
Diventò
subito nervoso, grattandosi la nuca con insistenza, e guardandosi
intorno con fare evasivo, come se da un momento all'altro potesse
prendere e scappare. Non poteva farlo, la realizzazione gli
prosciugò
ogni fantasia, colpendolo quando smise di graffiare la sua pelle,
ormai livida, e un debole sospiro gli allargò il petto e lo
rimpicciolì; uscì da lui come una dichiarazione
di resa
all'inevitabile.
"Cacchio!".
L'imprecazione di Rick attirò l'attenzione di Summer, e
scoprì che
anche lui aveva cercato in maniera ossessiva qualcosa, probabilmente
la sparaporte, magari per portare Morty lontano da lì; una
mano
ancora dentro il camice da laboratorio, l'irritazione per
l'opportunità mancata.
Summer
pensò fosse solo una coincidenza, perché infondo
ci potevano essere
una miriade di motivi, di possibilità, Rick non stava
cercando la
sparaporte, ma la sua fiaschetta, il che aveva più senso, e
che
dopotutto lui se ne fregasse davvero poco di chiunque intorno a lui,
chissene se Morty venisse mangiato vivo dai suoi stessi traumi.
Allora
perché Rick tergiversava? Nella zona in comune del bagno
pubblico,
mentre lei si guardava allo specchio per rifarsi il trucco colato, e
Morty era dietro la porta del bagno maschile a fare i suoi bisogni,
lo scienziato era occupato a lavarsi le mani. Nulla di strano, o
magari lo sarebbe stato per la Summer di qualche anno fa, incapace di
pensare che suo nonno non fosse completamente estraneo al concetto di
igiene o pulito, ma qualcosa non tornava. Rick ci stava mettendo
troppo tempo. Era certosino nei movimenti, eppure talmente distaccato
dall'azione, come se non gli interessasse, come se stesse pensando ad
altro. Era estremamente lento, e nemmeno una minuziosità
ossessiva
avrebbe giustificato la sua flemma.
Mentre
spazzolava le ciglia con lo scovolino del mascara, guardò
per un po'
suo nonno, ancora intento a fare chissà cosa nel lavabo.
Solo lì
potè notare che Rick stava battendo i piedi con impazienza,
e che si
era sporcata una palpebra. Dopo aver inumidito con le labbra un
cotton fioc per rimediare all'errore fatto, prese parola: "Sono
ore che ti lavi le mani, hai già ucciso i batteri.
È inutile che
continui".
"A
parte le tue scarse conoscenze sulla vita batteri," Rick era
pronto a sorvolare sulla questione, ma Summer avrebbe messo la mano
sul fuoco e giurato che una parte di lui avrebbe amato gongolare
nell'infastidirla con parole del rango di
«tensioattivo». "È
utile quanto il tuo mettere il mascara anche se non hai ciglia? S-su
cosa lo staresti applicando, esattamente? Sull'aria?".
Summer
provò a farsi scivolare addosso l'argomento. "Simpatico",
mormorò sarcastica, prendendo dal suo beauty un lucidalabbra
arancione. Era il colore dell'estate.
"Io
lo dico per te, Sum-Sum. E quelle tinte calde non stanno affatto bene
su una ragazza pallida come te. Che cosa sei? Una primavera accesa?
Cosa — cosa decreta la nuova costituzione di questa nuova
merdata
giovanile, eh, l'armocromia?".
Rick
aveva superato il limite.
"Ridillo
e ti uccido", Summer scattò, puntandogli il lucidalabbra a
mo'
di trinciante, come se fosse pronta ad accoltellarlo.
L'uomo
scrollò le spalle, sospirando, teatrale come non mai. "Come
siamo sensibili stamattina!".
"Parliamo
di sensibilità? Io non sto aspettando che Morty abbia un
attacco di
panico così sono giustificata ad andare a coccolarlo".
Colpì
il punto giusto, perché Rick perse subito la sua patina di
indifferenza, diventato presto irato.
"Ma
che cazzo dici! Da quando in qua lo coccolo?"
Summer
aveva pronte sulla punta della lingua più di mille motivi
per
giustificare la propria affermazione, già a partire da come
Rick non
provasse nemmeno più a nascondere chi fosse il suo preferito
in
famiglia, però
l'universo amava aiutare i peggiori, per questo all'improvviso, Morty
uscì dall'area privata dei servizi igienici. Aveva
l’aria
un po' sfatta, ma appena guardò davanti a sé si
illuminò. Nei suoi
occhi nasceva la comprensione di un messaggio implicito, nel
dispiegarsi
delle labbra l'accoglienza di cure saggiamente occultate. Si
avvicinò
a Rick, pronto a sussurrargli qualcosa. "Sto bene", fece, e
Summer riuscì a sentirlo. "Non ho pianto questa volta".
Rick
annuì, "No, non l'hai fatto", e se fosse stato fiero dei
progressi di Morty, lo nascose molto bene.
NdA
Nell’asilo
in cui facevo stage un bambino aveva già il monociglio, e
immagino
fosse così anche per Rick, lmao.
Morty invece è un weeb che ama Berserk e che non ha superato
Re
Gommosello – povero, non se lo meritava proprio. E potete
immaginare che la versione indemoniata di Griffith non sia il suo
personaggio prefy di Berserk. Questo
capitolo è più un insieme di sottotrame comiche
che un vero
capitolo, lasciamo perdere. Volevo creare un piccolo momento di
stacco dai loro litigi, perché alla lunga poteva diventare
un po’
stancante quindi eccoci qua! Ho
tolto un po’ di scene di introspezione per Summer, e la
maggior
parte avevano SumRick e SumMorty vibes, ship niente male, ma non le
mie preferite, lol.
Il
titolo del capitolo è ripreso dalla canzone di Madame,
colonna
sonora della serie Bang Bang Baby su Prime Video, che consiglio
vivamente.
Vi
spammo ancora il mio canale telegram
e potete già preordinare il mio libro
!
Grazie
mille per l’attenzione!
A
presto!
|
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Capitolo 6 *** Ballata Per La Mia Piccola Iena ***
Capitolo
Sei: Ballata Per La Mia Piccola Iena
«L'amore
rende soli ma è ben più doloroso
Se
per nemici e amici non sei più pericoloso»
Morty
era nato d'estate, in una tempestosa notte d'agosto, ma il giorno
dopo la mitezza del giallo aveva predominato il cielo. Non c'era da
stupirsi se lui fosse il ragazzo custode del sole, se rifiorisse tra
i suoi raggi, l'incarnazione di Amore che trova il suo riparo, il
punto culminante della sua danza, tra le braccia di Febo. Carne
giovane incontrò pelle molto più matura che
cantava anche la sua
storia, il passato condiviso e la discendenza; tramite movimenti
lenti, impressero il passaggio l'uno nella vita dell'altro, creando
solchi presto ricolmati, scolpendo a immagine e somiglianza della
propria mente chi avevano davanti a sé.
Summer
non avrebbe dovuto vederli, scoprirli tra i fitti alberi della zona
più selvatica del camping dove Beth e Jerry avevano sostato.
Strabuzzò gli occhi, come se incredula che tanta
ovvietà potesse
essere reale. Non c'era altro spazio per quei due, se non insieme,
nella loro placida tranquillità che sembrava la copia di
ciò che
traspariva nei dipinti ottocenteschi raffiguranti colazioni sul
prato. Un moderno Manet vedeva Rick e Morty concedersi finalmente
attenzioni che non fossero l'urlarsi addosso. Avrebbero gridato, fino
a far scoppiare i polmoni e bruciare la laringe, ma non di rabbia.
Inimmaginabili, una visione mistica.
Il
dio figlio di Venere, come affermava Apuleio, non era altro che un
mostro feroce, crudele e viperino, nato per la rovina del mondo
intero, perché nemmeno il potente Giove era immune alle sue
frecce,
e anche Febo era volubile tra le sue braccia. Rick era il
più
cocciuto tra i due sull'argomento che aveva scatenato tutte le loro
altre liti, come mostri generati da una maledizione masticata tra le
labbra, ma niente aveva combattuto il bisogno di un tocco che, forse,
la sua mente disillusa aveva già considerato come lontano.
Ma se gli
insegnamenti nichilisti del nonno erano serviti a qualcosa, Summer
poteva affermare con certezza che quel sesso non voleva dire un bel
niente, se non il bisogno di un prurito reciproco da grattar via, un
ben più istintuale e umano cercare un contatto con la carne.
Non
c’era un dialogo. Solo gemiti, nemmeno soffocati. Nessun
insulto
colorito per vivacizzare l’atmosfera, nessuna timida
confessione
d’amore e quella sì, sì che avrebbe
strizzato le budella della
rossa, facendole venire i conati di vomito, non davanti alla
nudità
fisica, ma la più facilmente feribile
vulnerabilità sentimentale.
Rick aveva da poco imparato a concedersi anche emotivamente a una
persona, e quella non era di certo Summer, che ancora continuava a
studiarli. Agivano in una costante battaglia dove l’obiettivo
era
strappare un lamento all’altro, che nemmeno poco tentava di
resistergli, perché lo scopo del sesso in natura rimaneva
sempre
uno.
Summer
sentiva la sua presenza scomoda. Non doveva assistere, nemmeno
sentire, immaginare. Lo spettacolo davanti a lei la disgustava, ma
niente era come quell'atto perfetto, finito, emblema di unione - uno
dentro l'altro, la Luce e l'Amore, l'energia che dava vita alla
Terra. E lei si sentiva sempre più vuota, sola, dal finale
incerto.
Avvertiva la piena assenza di qualcuno che non aveva ancora nome,
voce, corpo; che non era né idea, né materia.
Indegna di un tale
legame, di affetti così sanguigni, una parte di lei godeva
nella
loro improvvisa separazione.
Non
che avesse voluto prendere il posto di nessuno dei due. Rick non lo
avrebbe voluto nemmeno se le avesse donato galassie intere capaci di
prostrarsi ai suoi piedi, o per tutte le notti passate a fumare al
chiaro di luna, quando le parole mutavano in sussurri da dimenticare
e le idee diventavano aria in comune. Perché, anche se
trovava
estremamente affascinanti gli uomini che all'apparenza avevano sempre
un piede fuori dalla porta, non era una donna che si sarebbe
inginocchiata facilmente a un dio. E di Morty, c'era bisogno di
parlarne? Così irritante, così noioso nella sua
pulita
tranquillità, Summer non gli avrebbe mai dato una chance.
Neanche
morta. Eppure suo fratello sapeva essere buono, gentile, attento.
Bello, anche. Non che Rick fosse privo di fascino, ma la giovinezza
era qualcosa che levigava ancora il volto e la carne di Morty. Amava
che glielo si ricordasse, le timide risate flautate appena udibili.
Fresco come un cetriolo, amava pavoneggiarsi di ciò di cui
Rick era
privo da tempo (non che avesse bisogno di essere giovane,
Sánchez,
per essere attraente).
Morty
non aveva quella bellezza mozzafiato e frizzante, ma attraeva di lui
la dolcezza dei lineamenti e dei sorrisi - oh,
quel sorriso, quel maledetto sorriso,
avrebbe citato ironicamente Summer. Ma era vero: il moro era
più
bello quando sorrideva. Il rossore sulle sue guance ancora piene lo
rendeva angelico, il degno cherubino che sta alle spalle di un dio.
Un delizioso puttino vivo più che mai nella sua forma,
dinamico
nella sua tessitura e compiuto, finito. Summer, ancor prima che
iniziasse la loro relazione, ricordò di aver notato molto
frequentemente alle feste in casa, occhi gelidi come l’averno
alla
ricerca di quel volto angelico, mentre tra le mani stringeva la
giovane conquista femminile della serata. Eppure sarebbe bastato un
solo sguardo di delusione o gelosia in quei occhi marroni, e Rick
l'avrebbe dimenticata all’istante.
Nessuna
accoppiata più discordante sarebbe potuta esistere. Eppure
Rick e
Morty erano stati insieme, un bel mistero, senz'altro, se solo le
leggi della fisica non avessero già provveduto nel
risolverlo.
Gli opposti si attraggono.
Summer
era abbastanza adulta anche da capire che il partner perfetto era una
gioiosa ma infantile illusione. Si andava spesso alla ricerca di
partner sfidanti, proiezioni delle parti mancanti nella propria vita,
nella corsa verso la propria crescita personale.
E
forse Rick e Morty erano cresciuti, il che li rendeva non
così
bisognosi l'uno dell'altro.
Summer
corrugò la fronte: si stava sbagliando. Non poteva essere.
Dio,
se si poteva credere nella sua esistenza, era una donna che amava un
gioco perverso con regole mutevoli. Non era giusto che due esseri
talmente ripugnanti avessero ricevuto un dono così prezioso,
e che
lo stessero mandando via, schizzinosi come se avessero trovato un
insetto nella loro insalata. Summer digrignò i denti, le
orecchie
perforate da un suono grezzo nato dagli abissi della gola. Morty era
malato, Rick era ancor peggio, e Summer era completamente fuori di
testa a pensare che la storia d'amore più interessante che
avesse
mai visto fosse quella tra suo nonno e suo fratello.
"Oh,
R-Rick, sto per- sto per - ah!".
"Fa-fa
- sì, merdaccia, fallo per me, bebito".
Summer
aveva passato fin troppo tempo a pensare a quei due, ma erano una
buona distrazione alle congetture con cui la sua mente decideva di
punirla, perché lei era sola, perché lei non
aveva nessuno, e
ironia della sorte pure Rick e Morty erano un gelido promemoria. Per
sadomasochismo, per istinto di auto-preservazione, il suo cervello si
concentrava sull'evento del secolo.
Non
era una loro lite casuale. Aveva qualcosa di pesante, ingombrante,
che difficilmente si smussava dai cardini della loro relazione,
preannunciandone lo scioglimento, e il che rendeva altrettanto arduo
smaltire tutti i residui, le implicazioni nascoste come briciole
sotto i tovaglioli; era difficile anche solo parlarne. Esternarlo a
qualcuno fuori dalla coppia rendeva l'incombere dell'apocalisse meno
reale. Di solito, quando i due litigavano normalmente, Morty
continuava a ripetere all'infinito cosa fosse successo, i
perché, e
quando si dimenticava un particolare Summer sapeva che lo avrebbe
aggiunto il giorno dopo, o anche solo nel lasso di tempo di mezz'ora.
Morty guardava ogni volta sua sorella con un cipiglio strano
— no,
particolare, inquisitore. Era come se volesse perlustrare nella mente
della sorella alla ricerca di risposte, di una soluzione concreta che
potesse mettere fine al suo supplizio. Anche quando era ferito o
arrabbiato, gli mancava terribilmente Rick.
Summer
scuoteva la testa, prendendo un sorso del thè che le aveva
preparato
Morty (glielo preparava sempre, diventando
particolarmente bravo con
sua sorpresa),
e diceva solo "Sei
troppo sensibile, Morty, lascia stare".
Rick
aveva un approccio differente, più distaccato e sprezzante, più
Rick.
Lanciava frecciatine, rispondeva d'impeto ma i suoi commenti erano
talmente pungenti che appariva ci fosse una singolare arguzia dietro
di essi, più prominente del solito. Ma solo alacrità
e orgoglio ferito erano i magici strumenti che trasformavano
abilmente la sua lingua in un rasoio affilato, che già
sapeva quale
carne tagliare, perché più tenera, vulnerabile.
Era contagiosa, la
sua nascente
derisione.
Summer spesso si aggiungeva, e Rick le dava corda, ma allo stesso
tempo la colpiva. Che fosse una qualche battuta svilente nei suoi
confronti (perché se Rick era arrabbiato con Morty, lo era
anche con
il mondo intero, eternamente consapevole di quanto quella furia
potesse scemare in un lasso di tempo brevissimo. Bastavano grandi
pupille scure e umide, labbra arrossate, e le carni di un Dio
potevano essere ridotte in cenere in un battito di ciglia), o che
fosse un colpo vero e proprio, al braccio o alla spalla, Summer
veniva rimessa al suo posto.
Perché
anche se era chiaro come il sole che Summer volesse bene a suo
fratello (nonostante non lo mostrasse nel modo più
ortodosso),
quella rimaneva una questione fra Rick e Morty, e nessuno vi aveva
diritto di immischiarsi.
Summer
non aveva diritto di immischiarsi, proprio così. Nemmeno
quella
volta.
Eppure
no, non era per nulla una lite casuale – rimaneva
fastidiosamente
invischiata tra le sinapsi della rossa, una nuova brulicante
ossessione. Era un mistero, un omicidio irrisolto. Chi per primo
aveva fatto a pezzi il cadavere della relazione tra Rick e Morty? Chi
l’aveva nascosto per primo tra le parole di disprezzo? Cosa
era
scattato nella sua mente? Qual era la mens rea? Il movente? Chi
sarebbe stato condannato? chi assolto?
Era
qualcosa di più profondo: delineava l'area di un nuovo e
insormontabile cambiamento. La medesima dimostrazione di come
l'essere umano fosse dinamico, fluido, eternamente incoerente con
sé
stesso. Catturata in un particolare caso di Darwinismo, Summer vedeva
l'habitat intorno a sé mutare a ritmi vertiginosi,
rendendola
schiava del cambiamento, perché altrimenti ne sarebbe
rimasta
schiacciata.
Summer
doveva crescere, ancora, e per un po' la pervase l'angoscia al
pensiero che nella vita nessuno potesse prendersi il lusso di
sentirsi arrivato, compiuto, completo. Doveva capire che fosse ormai
giunto il suo momento di farsi da parte. Se non le avevano raccontato
della lite, il motivo era chiaro: non era quello il suo ruolo nella
sua relazione con i due. Le persone si avvicinano le une alle altre
per il soddisfacimento di un bisogno, se l'era ricordato poco tempo
prima, come il bisogno di ricevere e dare amore, perché
l'uomo non
sarebbe mai stato capace di rinunciare al suo status di animale
sociale.
Summer
ricopriva la parte della giusta compagnia, quella festaiola, ma seria
quando serviva. Smorzava la dolcezza indulgente di Morty e dava un
taglio netto al radicale raziocinio di Rick, era il giusto aiuto
dall'esterno che riusciva a far emergere i caratteri completamente
opposti dei due, estrapolando da loro i lati migliori, rendendoli
complementari. Se una cosa era troppo complicata per Morty, Rick ci
arrivava al posto suo. Se un argomento molto difficilmente si
collocava negli schemi mentali di Rick, Morty gli mostrava
l'alternativa.
E
ci aveva visto giusto: Rick e Morty erano cresciuti, non avevano
più
bisogno della loro vecchia amica e terapista di coppia personale;
cercavano un equilibrio tra loro e, per la prima volta, non
chiedevano implicitamente a lei di risolvere il problema.
Decise
che fosse arrivato il momento di lasciare ai due la privacy che
prima, molto incurante dei bisogni altrui, aveva scelto di ignorare.
Era meglio che tornasse al campeggio. Magari avrebbe potuto scaldare
degli smores, e litigare con i suoi genitori sul trasferimento a New
York. Forse la sera sarebbe uscita. Il Texas avrebbe dovouto avere
dei locali notturni, no? Summer non ne era così sicura, ma
immaginava che nel vecchio parcheggio che aveva visto a pochi isolati
più in là ci fossero dei commerci interessanti.
Era
a un passo dal voltarsi indietro, lasciare alle spalle un pezzo di
vita che non sarebbe ritornato, finché…
“Ti
amo, Rick”. Si levò nell'aria un sospiro, placida
dichiarazione
tra gli arbusti, infido sintomo della gioia post orgasmo.
Summer
tremò, presa alla sprovvista dall'innocenza (incoscienza)
delle
parole di Morty. Si massaggiò le orecchie, incredula di aver
sentito
giusto, e strizzò gli occhi, spiegando le labbra in
un’espressione
esterrefatta. Non stava succedendo. Non poteva.
Stava
succedendo?
Era
ancora tra le sue mani, quel mistero. Una data di fine maggio, una
domanda, una negazione. Poteva ancora lavorarci su, dare da bere alla
sua mente assetata di risposte. Doveva solo collegare i punti, ma per
farlo aveva bisogno di un indizio fondamentale: la matrice, il
contenuto di quella domanda.
Aveva
passato il punto di non ritorno, e Summer si fermò sui suoi
passi,
facendosi governare dall’ingordigia. Mesi dopo, l'ascoltare
quella
confessione, quell'intera discussione, le sembrò
più impudico di
immaginarseli in un rapporto carnale.
“Ma
n-non abbastanza per andare oltre a un po' di sesso del cazzo,
finisco la frase io per te”. Rick rimaneva sempre il
più razionale
tra i due, il più freddo, il più calcolatore, e
forse quella
sincera confessione aveva appena rovinato l'atmosfera. Anni addietro
Morty si sarebbe mangiato le mani, nell'essersi mostrato
così dolce,
nell'aver pronunciato parole così sentite da disgustare
Rick, che
mal sopportava che un sentimento così viscerale potesse
essere
provato per un Dio sbagliato come se stesso. Morty, in quel momento,
non si curava nemmeno più dell'atmosfera, nemmeno
più di
infastidire Rick, e suo nonno non
lo avrebbe fatto passare impunito. “Non ho bisogno delle
classiche
cazzate che le
persone si
dicono solo per sentirsi meno merde, perché, sai, tu ti sei
dimostrato lo stronzo che tanto temi di essere. Puoi risparmiarlo. Io
sto bene, Morty”.
“No!”,
il moro rispose d'impulso, e chi poteva negare che ci fosse del
sentimento anche in quelle sole due lettere? Era un deciso «non
è vero ciò che dici»,
un disperato «non
è vero che stai bene. Ti vedo, ti sento».
Rick non stava bene, era evidente, ma nemmeno Morty. Nel loro
scontro, indispettiti forse ancora
dall'esistenza
dell'altro nel loro stesso spazio, cercavano ancora un punto di
collisione. Poteva cadere il mondo, ma non avrebbero mai voluto
separarsi del tutto. “Quello che provo non è una
stronzata, o un
hobby, tu lo sai.” O almeno Morty sperava che lo facesse,
perché
aveva detto così tanti ti
amo,
a volte mai risposti, che per Rick doveva essere certo e
inconfutabile che il moro non provasse altro che ardore nei suoi
confronti. Ingenuo, forse, nel non considerare quanto alcuni schemi
mentali, creati spesso da eventi traumatici o abbastanza dolorosi dal
poter venire considerati alla pari dei primi, potessero essere come
occhiali ingannevoli. Lenti che modificavano
ogni percezione della realtà, e Rick ne possedeva
a bizzeffe. Morty non lo capiva, non ci arrivava.
“È che ho
bisogno di tempo, sono ancora giovane, e alcune
cose…”.
“Hai
trent’anni”, Rick
tagliò netto la frase del moro, con lo stesso tono piatto e
annoiato
che usava ogni volta in cui veniva costretto a rispiegare un suo
piano (nei
rari casi in cui lo faceva),
perché nessun altro a parte lui stesso capivano.
“Ventidue,
ho
tempo”,
Morty declinò il capo, come se parlasse con un bambinello
cocciuto.
"Sono ancora
giovane".
Il
tono di Rick divenne lugubre. "Non
per molto".
Un
silenzio teso si addensò nell’aria.
Morty
fu il primo a sospirare, un tiepido tentativo di stabilire un
po’
di equilibrio, rompere quello schema gerarchico ristabilito da una
maledetta pausa. Rick aveva vari modi di confermare la sua situazione
in potere, e lasciare l’interlocutore senza parole era uno di
questi. Lo sfiniva, sminuiva, lasciandolo nervoso, i piccoli
pezzettini di quelle sue frasi sconclusionati a vorticargli per la
mente. Che cosa avrà mai voluto dirgli? Perchè si
comportava così?
Era davvero colpa sua? L’autocommiserazione era una
caratteristica
comune di chiunque stesse intorno a Rick.
Forse
Morty non aveva avuto tutti i torti, con quel fatidico
“no”. Chi
poteva immaginare Rick cosa gli avesse chiesto, in che razza di guaio
lo voleva invischiare, portandolo, chissà, a fare a pezzi un
altro
po’ della sua morale ormai a brandelli. E se invece fossa
stata una
domanda molto più cruciale, sarebbe stato saggio
avventurarsi in un
“sì”, con una relazione in cui lo
spareggio di potere era così
evidente?
Forse
dovevano chiudere, pensò Summer, consapevole però
che non sarebbe
mai successo. Nessuno dei due avrebbe voluto. Avrebbero preferito
farsi estrarre una costola senza anestesia, e avrebbero seppellito le
loro frustrazioni, nonostante
ribollissero dentro loro come catrame. Un agglomerato di angoscia,
disgusto e insicurezza sarebbe rimasto in
agguato
tra
loro, ma
senza parole a renderlo un concetto, una realtà dura su cui
sbattere
il muso.
Morty
aveva alzato il tono di voce, deciso a farsi valere, volendo essere
un punto di svolta in quella situazione di stallo. "Qual è
il
problema con te adesso?".
Rick
grugnì. "Vorrei capire il tuo. Tu hai deciso di mandare a
puttane tutto". Summer immaginò suo nonno con la sua tipica
gestualità, impuntare ferocemente il dito verso suo nipote,
addossandogli ogni colpa, come quasi sempre, anche quando Morty non
faceva niente. C’erano eccezioni, ma il prendersi le proprie
responsabilità nella vita era ancora una nuova scoperta per
Rick.
"No-non
fare come se-se fosse solo colpa mia!".
"Lo
è".
"Sul
serio credi di non aver fatto nulla?".
"Allora
scusa, se credi di meritarti delle scuse, testa di cazzo".
"Graz-
ehi!".
Non
era difficile iniziare a figurarsi Morty stizzito, lo sguardo
alterato e le mani sui fianchi. Summer lo aveva reso molto spesso
così, e Rick sicuramente era un degno avversario nel rendere
Morty
irato. Era divertente, a volte.
Ma
in quel momento nessuno rideva.
"Cambiato
idea, ora?", chiese Rick. Come se potesse essere così
semplice,
pace fatta, tutto chiarito, dammi un cinque e amici come prima. "Il
tempo passa, più in fretta di quanto si pensi, e di certo
non si
adegua al volere del tuo culetto viziato".
Summer
non aveva bisogno di essere lì vicino per sapere che l'alito
di Rick
puzzava, puzzava esageratamente di liquore a basso costo e fumo. Ma
perché suo nonno aveva così fretta?
"No,
non cambio idea.".
“Certo
che no, adesso il principino è diventato
pretenzioso”. Non c’era
forza dell’universo che trattenesse Rick
dall’essere il solito
burbero seè, né che gli negasse di alzare gli
occhi al cielo. “Ora
tiri fuori le palle, bene. Beh, in realtà lo facevi anche
prima, ma
in quel senso era più piacevole”. Pessima,
pensò Summer, e lo fece anche Morty, visto che non
accennò alcuna
minima risata. “Eh, era una battuta”.
“Spiritoso,
come
un calcio sulle gengive”,
Morty
replicò, grondante di sarcasmo.
Rick
rispose a tono: “O una coltellata nella gamba”.*
Morty
deve aver accennato a un piccolo sorriso, perché sua sorella
percepì
un briciolo di soddisfazione nella sua voce quando domandò:
“Te la
ricordi ancora?”.
Perfino
Rick dal tono sembrò rilassarsi. “Ci
puoi giurare, hombre”.
Un
senso di tensione e angoscia, che prima si era addensato
nell’aria,
in quel momento diminuì, diluendosi come acqua e sangue
sotto la
doccia. C’era una nuova atmosfera, molto più
rinfrescante e
leggera.
Summer
non riusciva a credere come quei due avessero trasformato il ricordo
di una pugnalata in qualcosa di
romantico. D’altra parte, però, nessuno le aveva
promesso che Rick
e Morty fossero due persone normali.
Un
momento di silenzio passò, e poteva essere accaduto
qualsiasi cosa. Forse, entrambi
sdraiato o seduti, ancora senza alcun vestito addosso, avevano
incominciato
a condividere
uno stesso sguardo famelico, ma non di sangue. Probabilmente Morty si
era avvicinato a Rick, alla sua gamba, e con le dita aveva iniziato
a tratteggiare la cicatrice che aveva lasciato sulla pelle
dell’uomo
più vecchio. Lentamente,
sacrale,
come se avesse paura di ferire
di nuovo Rick, o come gli bastasse sfiorare solo un po’ quei
segni
per venire travolto da un inebriante senso di piacere. Purtroppo per
lei, Summer aveva già beccato suo fratello a masturbarsi in
giro per
la loro vecchia casa, e ricordava bene quale fosse la sua espressione
eccitata: i denti che mordono il labbro inferiore e le palpebre
socchiuse, rapite da quei graffi che Rick avrebbe potuto far sparire
in un secondo, eppure eccoli
ancora lì, come un simbolo, un promemoria.
“Questo
ti eccita, Morty? Ti piace fare del male al nonno?”. La voce
di
Rick non diventava altro che un sussurro, una sporca carezza alle
orecchie del moro. Un suono umido, come un bacio, saliva e altri
liquidi corporei condivisi, in un momento osceno e tremendamente
intimo. Un leggero mormorio da parte di Morty, un probabile segno di
assenso, e
il nonno rise leggermente. “Sai che il vanilla non
è proprio il mio genere. Vediamo di cos’altro sei
capace, piccola
canaglia
vendicativa”.
Si
sentì qualcosa di pesante colpire delle foglie e farle
scrocchiare.
Non era neanche
difficile immaginarsi Rick e Morty di nuovo uno sopra
l’altro, il
moro con le braccia intorno al collo dell’altro e lo
scienziato con
un sorriso
lascivo nel volto, incapace di distogliere lo sguardo. Occhi chiari
riflessi in orbite più scure, l’antico fervore
condiviso che
tornava alla luce.
“È…
questo è tutto ciò che hai da dire,
vecchio?”.
“Mh,
parlare sporco non è proprio il tuo forte, cucciolo”.
Summer
rimase un attimo destabilizzata. Non
per le preferenze sessuali dei due, che
– doveva ammetterlo – non la sorpresero
chissà quanto, ma da
come fossero passati
dallo
scannarsi all’incapacità
di staccarsi l’un l’altro. Più
che tra loro, Rick e Morty dovevano fare pace col cervello.
Era
giusto che
ritrovassero un equilibrio, il maledetto equilibrio che infestava la
mente di Summer da mesi.
Dominata
dallo spirito distruttivo di Thanatos, se si voleva analizzare la
relazione di Rick e Morty in chiave freudiana, il coinvolgimento di
uno
spirito passionale come quello di Eros diventava elemento
determinante.
Eppure
un tassello era ancora mancante, e Summer, non importava quanto si
scervellasse, non riusciva proprio a venirne a capo.
Udendo
gemiti poco trattenuti e suoni ancora più umidi, giganteschi
segnali
che indicavano “slinguazzamenti in corso, meglio girare a
largo”,
la rossa prese in considerazione l’ipotesi di andarsene e
mangiare
finalmente i suoi smores.
Ma
una brusca interruzione di tutto ciò fermò Summer
sui suoi passi.
Forse
qualcuno stava imparando a non farsi distrarre dalla promessa di un
orgasmo, con grande disappunto di qualcun altro.
"Sì,
abbiamo vissuto dei bei momenti insieme", Morty sospirò
piano,
incontrando con lo sguardo l'incarnazione umana di un ego narcisista
e megalomane concretamente ferito, confuso. “Ma io voglio le
mie
scuse. E sei ubriaco", il moro accusò, consapevole
però che
quello fosse ormai un dato di fatto costante.
"Spiegami
perché no,
allora".
Rick
parlava solo di un “no” in particolare. Deve essere
stato
intenso, a vedere dal modo in cui l’ha ossessionato, dominando
ogni argomento di discussione. Morty gli aveva detto no, e questo
proprio non gli andava giù. Il
suo potere vacillava, aspettando per assestarsi in una nuova dinamica
relazionale.
Il
moro schiuse le labbra, poi le richiuse, e lo sguardo di Rick divenne
ancora di più inquisitore, le folte sopracciglia corrugate
verso il
basso, come ali di gabbiano.
Il
cuore di Morty sbattè di continuo contro la gabbia toracica,
facendo
male, nell'aria un acre tensione che non lo faceva sentire
così
piccolo da anni. Era di nuovo bambino e i suoi genitori avevano
iniziato a litigare, urla feroci che stridevano nella mente, ombre
dalle fisionomie affilate, pronte a infestargli il sonno, mille
perché?
a
cui non riusciva a trovare risposte che non fossero l'incolpare se
stesso.
Senza
di me, avrebbero un peso in meno, sarebbero più felici.
E
Rick? Anche lui era nascostamente uomo, anche lui mentiva —
diceva
di esser forte, ma nessuna roccia resisteva all'erosione. Era
evidente che quella situazione aveva mandato in subbuglio la sua
testa cervellotica, come quel "no" fosse stato talmente
imprevisto, perché incapace di integrarsi con i suoi
precedenti
calcoli. E si sentiva minuscolo, come quando suo padre aveva
incominciato a picchiare sua madre, o forse era sempre successo e lui
finalmente aveva iniziato a notare cosa stesse effettivamente
succedendo, ma il perché non lo comprendeva; non capiva
nemmeno
perché i suoi fratelli rimanessero così
silenziosi, indifferenti,
gelidi. Lo stesso gelo che Rick sentì quando di sua madre
non rimase
altro che cenere.
Non
capivano, non capivano, non capivano. Perché erano
un peso,
perché erano così inermi alla vita.
E
si perdevano, tra le parole mal dette e i sentimenti distrutti con
repulsione.
Non
capisco perché non mi capisci.
“Oh,
per favore…", Morty scuoteva il capo, sentendosi insultato
da
come semplicemente Rick non ci arrivasse. Come
se non lo sapesse.
Rick,
l'uomo più intelligente del mondo, che purtroppo non
brillava molto
per autocritica e morale.
"Non
mi piace essere quello che non arriva alle cose in una relazione",
Rick sbraitava, "Fun-funziona in solo modo tra n-noi. Sei tu
quello che non capisce un cazzo, e poi arri-arrivo io con Morty,
sul serio? È più facile q-questa
robaccia che fare scoreggia.
M-Morty, come cazzo fai a svegliarti la mattina se non ti si accende
neanche mezzo neurone?".
"Quindi
ti vado bene solo come stupido?". Morty ad ogni frase sembrava
rimanere scandalizzato dal comportamento di Rick, come se non lo
avesse mai conosciuto. "Come
se potessi essere altro,
rispondo
io per te". Lo scienziato non si era mai fatto problemi a
chiamare Morty per quel che era ai suoi occhi, stupido
inutile spreco di spazio,
e quelle parole non potevano rimanere nella polvere a lungo. Da
quando la loro relazione era mutata, quegli epiteti non erano
diminuiti, fossilizzati nel linguaggio come un intercalare, un brutto
vizio inutile da estirpare. E Morty ci aveva provato, a segregare
ogni parola, ogni suono, ogni ricordo, in qualche scantinato buio
della sua mente, in qualche stanza angusta e poco pulita. Aveva
imparato a rispondere a tono, a incassare i colpi e a saperli
restituire, facendo finta che niente potesse fargli davvero male, ma
i nodi vengono sempre al pettine. Quelle parole facevano male. Altre
mille azioni avevano infettato quella carne, penetrate in una ferita
aperta con lo scopo di infierire. E doveva essere ancora peggio,
pensò Summer, quando eri innamorato di chi ti aveva inflitto
tanto
dolore. Era ancora peggio aver amato nonostante l'abuso, lo
smantellamento della
morale e
del
concetto di famiglia, dell'unico posto sicuro che Morty
avesse mai avuto, per inseguire il proprio
cuore, avvelenato
e
rubato dal peggior Dio nella
galassia.
"Zitto".
Sembrava essere rimasta l'unica mossa nel repertorio di Rick, come se
fosse a corto di parole. Ma lui non lo era mai, e forse,
chissà,
semplicemente si rifiutava si ammettere una verità che
sicuramente
avrebbe reso più morbida la corteccia che amava far aderire
così
tanto tra i filamenti della sua epidermide. Una verità che
entrava
sottopelle, e che nascondeva affetto e addirittura orgoglio, per
quella piccola iena di suo nipote.
"Non
ci posso credere!".
Rick
fece spallucce, ritornando a indossare quella maschera di
sfacciataggine che si cuciva così perfettamente col suo
viso. “Il
mio era un suggerimento”, disse. Una semplice cosa da niente,
no?
No.
"Proprio come hai voluto suggerirmi velatamente che scrivere una
sceneggiatura su Netflix fosse stupido? O che lo fossero i draghi?
Vuoi davvero che ti faccia la lista tutto ciò che mi hai
rovinato?",
Morty cominciò ad elencare, la lingua spuntava fuoco e
fiamme.
"N-non
c-che mi interessi molto", l’indifferenza era sempre
un’arma
micidiale, a volte a doppio taglio. Mai che avesse avuto
un’epifania,
Rick, da lasciarlo con l’espressione sbigottita e stralunata,
in un
vago senso di incertezza e perdita. Erano davvero quelle le
motivazioni? Erano così semplici? Così stupide?
"Te le
sei proprio legate al dito, eh? Beh, non mi scuserò,
scordatelo".
Morty
sgranò lo sguardo. "Non lo farai?", boccheggiò,
scandalizzato. Dentro di sè ribolliva lava incandescente,
sentimenti
che avrebbero eruttato come la sveglia improvvisa e letale di un
vulcano dormiente.
"Morty,
tu davvero vuoi che le persone si scusino per volerti al loro
fianco?".
"Tu
volevi che fossi lì con te solo per potermi usare!", il moro
lo
accusò, aspro ma diretto.
Si
erano guardati negli occhi mille e più volte. Felici,
arrabbiati,
con il viso ricoperto di sangue e delusione, o con uno scintillo di
pura devozione, ma niente era cime quel momento. Niente poteva essere
peggio. Summer non poteva immaginarseli che così, incatenati
l'uno
nello sguardo dell'altro. In allerta, su chi avrebbe inciso per primo
il colpo più letale.
"Perché
non lo riesci a capire, cazzo? Che cosa aspetti, un invito formale di
merda? Un libretto delle istituzioni? Perché ogni fottuta
cosa con
te deve essere così complicata?", Rick sbraitava, sempre
più
incline a una crisi di nervi. "Sei così fastidioso, cazzo!
Vaffanculo!".
“Tu
brutto stron-”. Morty si fermò, all'improvviso,
nell'aria si
respirava qualcosa di sinistro. Ogni motivazione che poteva averlo
fermato, di certo non era delle migliori. Non perché si
stesse
pentendo di ciò che stava dicendo, ma perché
nella sua mente aveva
affilato un'arma migliore, una più tagliente, che sapeva
bene dove
colpire. “È per questo che ti ho abbandonato
all’altare”,
aveva sibilato Morty, digrignando i denti, una naturale cattiveria
che poteva essere comparata a quella di una vipera che mordeva e
lasciava che il veleno penetrasse nelle sue vittime.
Rick
non poteva tollerare nient'altro.
“Levati
dal cazzo”. Il
suo tono era fin troppo calmo, tanto da risultare inquietante.
Una
bellezza come il cielo prima viola, tranquillo, limpido, ma
ingannatore, che subito dopo una prima pace scatena una guerra di
lampi e saette.
Morty
strabuzzò gli occhi, come se si fosse appena svegliato da un
sogno
ad occhi aperti, e fosse appena ritornato alla realtà.
Cos'era
successo? Erano state le sue labbra a parlare? La sua bocca aveva
davvero sparato parole tanto efferate? “No, Rick, io
–”.
Troppo
tardi per pentirsene.
“ORA!”.
NdA
*è
canon. Uno degli autori ha affermato che Morty ha cacciato una
coltellata
al nostro caro Rick (non ricordo se prima o dopo che lui lo facesse
cadere dalle scale davanti ai suoi compagni, rip).
Qué
lindo eres tú, eres mi bebé
Mi
bebito Fiu Fiu
feeling
those vibes, eppure col capitolo non c’entrano nulla! Lmaoo
Ma
ciao, mie primule! Que
onde?
Ho
molto peccato col ritardo di questo capitolo, ma vuoi lo studio, vuoi
che c’era un dialogo che proprio non mi piaceva ma non sapevo
come
cambiarlo, vuoi che questo maledetto virus ha preso anche me (anche a
Ferragosto uffina :c). solo adesso riesco a pubblicare. Lo
siento.
Grazie
a Dio il fandom ha iniziato a parlare di quella coltellata,
sennò
davvero non sapevo come aggiustare quel dialogo. Non mi convince del
tutto nemmeno ora, ma sempre meglio di Rick che diventa insicuro
sul suo aspetto fisico per colpa di Morty. E onestamente i’m
living for petty Morty
– un po’ di vendetta non fa mai male u.u
Anche
se molto probabilmente l’accoltellata è venuta
prima della scena
delle scale, non penso Morty sia il tipo da accoltellare a caso,
quindi si stava vendicato anche lui a sua volta. Inception di
vendette.
Ho
anche cambiato il giorno del suo compleanno, perché finché
nessuna data è canon, I
do what I want + ho
di nuovo indulgiato un po’ nei pov suoi e di Rick, lo
ammetto.
Prima
che me ne dimentichi, la canzone a inizio capitolo è quella
degli
Afterhours. Prob non c’entra moltissimo con il contesto, ma
quell’estratto rappresenta molto Rick, ammettiamolo
u.u
Per
il resto non ho molto da dire - oltre che sono in hype per la nuova
stagione, dove spero non risolvano tanto in fretta la questione
Morty, e il modo in cui i due faranno pace non vorrei fosse troppo
veloce, ma ho amato come in 3\4 delle scene ci sia Rick difendere
Morty, they’re dating,it’s canon. Non mettiamoci a
parlare di
quanto sia figo Rick in a suit, anche se un po’ mi ricorda un
inviato delle iene u.u
Statemi
bene, gente, e alla prossima!!
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