The Phantom of the Opera di Faust (/viewuser.php?uid=35582)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Overture ***
Capitolo 2: *** Angel Of Music ***
Capitolo 3: *** The Music's Throne ***
Capitolo 4: *** The Music Of The Night ***
Capitolo 5: *** Prima Donna ***
Capitolo 6: *** Déjà vu ***
Capitolo 7: *** Notes ***
Capitolo 8: *** Bitter ***
Capitolo 9: *** Il Muto ***
Capitolo 10: *** That's All I Ask of You ***
Capitolo 11: *** Masquerade ***
Capitolo 12: *** When Fates... ***
Capitolo 13: *** Giudicelli ***
Capitolo 14: *** Don Juan ***
Capitolo 15: *** Cabaletta ***
Capitolo 1 *** Overture ***
1 Overture pubb
Ogni
riferimento a fatti realmente accaduti, cose, luoghi, persone e
organizzazioni realmente esistenti è puramente casuale.
1.
OVERTURE
La lussuosa carrozza, trainata da due cavalli neri, attraversò
rapidamente il piazzale davanti all'edificio, prima di fermarsi
esattamente davanti alla doppia scalinata d'ingresso.
Lo staffiere scese immediatamente dal cocchio e aprì la
portiera, lasciando affacciare un uomo sulla quarantina che, calcandosi
la tuba sulla testa a coprire i corti capelli castani, lanciò
un'occhiata scettica al palazzo di fronte a sé, prima di
scendere e allungare la mano alla giovane dietro di lui, per aiutarla.
La ragazza sollevò lo sguardo, come aveva fatto suo padre pochi
istanti prima, e sorrise, percorrendo con gli occhi cerulei le
imponenti colonne di pietra della facciata fino alla sommità
della maestosa cupola che le sovrastava.
L'Operà populaire de Paris si erigeva innanzi a loro in tutto il suo splendore e lei ne era entusiasta.
Si sistemò dietro l'orecchio una ciocca ribelle dei lunghissimi
capelli neri, sfuggita dal fermaglio, e si appoggiò alla mano
del padre per scendere dalla carrozza.
-Abbiamo comprato questo…?- Chiese l'uomo.
-Sì, padre.- Rispose, mettendo piede a terra .
-Ricordami perché l'ho fatto.- Continuava a guardare dubbioso il palazzo di fronte a sè.
-Ora che siamo nobili è necessario dimostrare supporto alle arti, per accrescere il nostro prestigio.-
L'uomo, il più grande commerciante d'armi di tutta la Francia,
non era abituato a quelle sceneggiate, ma comprare il titolo nobiliare
di Visconte era stata una sua idea, per avere la possibilità di
ottenere appalti con il governo, ed ora doveva rispettare il noblesse oblige
e dimostrare di non essere solo uno zotico, arricchitosi con la guerra
di Prussia, ma un loro pari o, come pensava da sempre, superiore.
Per sua indole si sarebbe dedicato ad opere d'arte tangibili, come
sculture o dipinti, di cui avrebbe potuto facilmente stimare il valore,
ma la figlia, appassionata di musica e canto, aveva insistito per
salvare quel teatro, di cui il precedente mecenate voleva disfarsi, e
lui aveva colto l'occasione al volo.
Anche se subodorava perdite economiche, il suo istinto da uomo d'affari
avrebbe potuto aiutarlo e, poi, aveva in mente un piano per il futuro
del neonato casato e quel palco sarebbe stato fondamentale e
indispensabile per attuarlo e permettergli di realizzare quello che
riteneva essere il suo Destino: diventare il prossimo governatore di
Francia.
Salirono la duplice scalinata ed entrarono nel foyer, trovandolo affollato di personale e terribilmente caotico.
Chi provava acrobazie, sfruttando l'ampio spazio, chi utilizzava gli
scalini dell'enorme scala per riscaldare i muscoli, personale di palco
che beveva e sghignazzava, ballerine in abiti discinti che riposavano e
musicisti che accordavano gli strumenti, erano ammassati in modo tale
da non lasciar quasi intravedere il raffinato pavimento di marmo lucido.
L'uomo, sovrastato dalla confusione e dal fetore di tutta
quell'umanità, si coprì il naso con il fazzoletto di
seta, sempre più scettico, dirigendosi verso la sala. Dalla
musica che poteva sentire attraverso le porte aveva capito che erano in
corso delle prove e probabilmente avrebbe trovato lì il
precedente proprietario, o qualcuno sufficientemente civile da
indicarglielo.
Entrarono in platea e si ricordò di togliere il cilindro.
Le poltrone di velluto rosso e i fregi dorati che ricoprivano
riccamente le pareti e i numerosi palchetti, diedero immediatamente
tutta un'altra impressione al Visconte. Si respirava sfarzo ed
immaginare platea, palchi e loggione pieni di clienti paganti gli
restituì sicurezza.
La figlia lo seguiva, discreta, osservando attentamente tutto
ciò che la circondava. Era stata a teatro in molte occasioni,
come spettatrice, ma era la prima volta che assisteva a delle prove.
Non aveva idea che servisse tutto il personale incrociato nel foyer per
il corretto funzionamento di quel meccanismo complesso.
I musicisti suonavano allegramente nella fosse d'orchestre,
mentre, sul palco, improbabili personaggi urlavano a squarciagola i
versi di qualche aria irriconoscibile, rendendo la scena quasi
grottesca.
Si avvicinarono al proscenio e videro le spalle di un uomo seduto in
prima fila. La giacca che indossava era di velluto finissimo, doveva
per forza essere un gentiluomo.
Il commerciante cercò di introdursi, schiarendosi la voce, ma
non ottenne risposta -Mi scusi!- Provò quindi a voce alta. Data
la vicinanza al palco, la musica era assordante.
Non ottenendo ancora alcuna risposta da parte dell'uomo gli toccò la spalla, spazientito.
Sentendosi toccare, l'oggetto della sua attenzione trasalì,
voltandosi di scatto, per poi sbiancare, riconoscendo chi aveva
davanti. -Visconte de Chagny!- Esclamò urlando, togliendosi i
tappi dalle orecchie -L'attendavamo tra diverse ore!-
-Mia figlia era impaziente, mi ha costretto a rimandare gli
appuntamenti di oggi e correre qui.- Disse, sorridendo bonariamente. In
realtà voleva coglierlo di sorpresa, per impedirgli di
nascondere i problemi sotto al proverbiale tappeto e farlo passare per
idiota.
-Ah! Le donne! Ci spingono a fare le cose più impensate!-
Sorrise mellifluo l'impresario, all'indirizzo della giovane, prima di
prodigarsi in un perfetto baciamano -Monsieur Lefèvre. Incantato
di conoscerla, Viscontessa.-
Non era un’esagerazione, la donna davanti ai suoi occhi era realmente incantevole.
I lunghi capelli corvini, splendenti, erano raccolti dietro la nuca,
lasciando scoperto il collo sottile, cinto dall'alto e austero colletto
di seta azzurra, che bilanciava la morbidezza delle ampie maniche a
sbuffo. Il corpetto steccato, poi, le dava un seno pieno e un vitino di
vespa invidiabile e il sopragonna, raccolto in un elegante drappeggio,
gonfiava perfettamente i suoi fianchi.
Abbassando le lunghe ciglia in un sorriso pudìco e chinandosi in
un accenno di riverenza, la ragazza rispose al saluto dell'impresario
-Carlotta de Chagny, piacere mio.- Ma fu quando risollevò gli
occhi e incrociò inavvertitamente le iridi di Monsieur
Lefèvre che quest'ultimo rimase piacevolmente sconvolto.
Il lampo di vivacità e intelligenza che vi scorse completò il quadro che aveva davanti, rendendolo perfetto.
Si rammaricò di essere già sposato, altrimenti sarebbe
stato più che felice di porre rimedio con la giovane Viscontessa.
-Mi scuso per il trambusto nel foyer, ma siete giunti nel bel mezzo
delle audizioni per la nuova soprano, normalmente non è
così.- Riprese Lefèvre.
-E cosa è successo a quella vecchia?- Chiese con finto sgomento il Visconte.
-Ha preso partito e si è ritirata a vita privata.- Rispose rapidamente l'impresario.
-Perfetto.- Gli sfuggì.
-Ah, non si preoccupi Visconte- Lo rassicurò il suo
interlocutore, pensando che fosse sarcastico -Parigi è piena di
talenti e confido che entro la serata avremo già la nostra nuova
Prima Donna.- Fece un sorriso smagliante e indicando il palco con un
ampio gesto del braccio e un inchino, li invitò a sedersi e a
seguire le audizioni.
-Preferirei parlare di affari...- Era ansioso di vedere i libri contabili.
-Certamente, come desidera, ma suppongo che per Mademoiselle possa
essere più interessante assistere a questo spettacolo certamente
inconsueto. Monsieur Reyer, il nostro direttore d'orchestra, e Madame
Giry, l'insegnante di balletto, sono perfettamente in grado di
procedere con le selezioni senza il mio intervento.
-Vi prego, padre.- Intervenne la ragazza, leggendo della
perplessità nello sguardo del genitore. -Probabilmente finirei
con il disturbarvi, se presenziassi al vostro incontro-
-E sia, ma non allontanarti. Sai che gli artisti sono...- Una smorfia
di disgusto si dipinse sul suo volto, piegando verso il basso gli
angoli delle sue labbra.
-Non mi muoverò da questa poltrona.- Promise raggiante.
-Non si preoccupi, Madame Giry è una insegnate dai saldi
principi morali e non permetterà mai a nessuno di infastidire la
Viscontessa.- La figura fredda e austera della donna, fasciata nel
cotone cupo del suo abito, dava sostegno a questa affermazione,
mentre li salutava con un elegante gesto del capo dal proscenio.
-Meglio ancora. Andiamo!-Si risolse il nobile.
Carlotta si sedette su una poltrona in prima fila tirando il fiato, per
quanto consentitole dal corpetto rigido, appena i due uomini si
allontanarono.
Nemmeno lei era abituata a tutta quella scenografia.
La nobiltà era una novità e cercava di adeguarcisi,
ricordando anche le lezioni sull'etichetta che le aveva dato sua madre
durante l'infanzia, ma tutto quell'infiorettamento sterile e lezioso
era estenuante e si chiedeva se si sarebbe mai abituata. Anche se il
teatro l'appassionava e sarebbe rimasta volentieri tutto il giorno,
quell'abito era esageratamente scomodo e non vedeva l'ora di tornare a
casa.
Aveva spinto il padre a comprare il teatro, oltre che per prestigio,
per poter migliorare nella composizione e, confrontarsi con dei
musicisti professionisti, era di certo la via migliore.
Suonava alla perfezione violino e pianoforte e adorava creare la propria musica e le proprie opere.
Mercier, figlio dello stalliere, amico d’infanzia ed ora attore
di strada, riteneva che avesse molto talento e più di una volta
la sua piccola compagnia teatrale aveva ottenuto successo grazie alle
sue composizioni inedite.
Peccato che nessuno, oltre a lui, sapesse che c'era lei dietro a quegli spartiti e a quelle trame.
Suo padre non approvava e mal tollerava questa sua mania, anche se nascosta e rinchiusa tra le mura domestiche.
Era assolutamente disdicevole, per una donna, pretendere di comporre,
visto che erano esseri inferiori ed era risaputo che erano del tutto
prive di creatività. Se si fosse sparsa la voce di questa
velleità, nessuno l'avrebbe più voluta in sposa.
Quasi sentiva il tono perentorio del padre, ricordando quei discorsi.
Aveva già diciassette anni e a breve sarebbe stata troppo
vecchia per un matrimonio onorevole. Non che la cosa le interessasse,
vedere, durante l’infanzia, come aveva vissuto sua madre, le era
bastato.
Era una donna intelligente, spiritosa, allegra e intraprendente. Aveva
insegnato sia a lei che a Mercier a leggere, scrivere, far di conto,
suonare e comporre e li lasciava giocare liberamente nella
tenuta…Ma solo quando César non c'era.
Se suo padre era in viaggio per affari, o a caccia, loro erano liberi
di fare quello che volevano, ma, quando lui tornava, tutta quella vita
andava rimessa nella scatola dei giocattoli.
Perfino sua madre le sembrava "spenta", in sua compagnia, e diventava servizievole, silenziosa e quasi invisibile.
Impalpabile, come un fantasma.
Sua madre era buona, non sarebbe mai diventata uno spettro.
Chiosò improvvisamente tra sé e sé, e a quel
pensiero inatteso sentì gli occhi diventarle lucidi.
Certamente il Signore l'aveva voluta accanto a sé così presto perché era un meraviglioso angelo.
L'angelo che l'aveva cresciuta e amata, l'angelo che le aveva fatto
conoscere il canto e la musica, mettendole a disposizione, sulla punta
del calamo, un mondo infinito, dove essere sé stessa.
Era il suo Angelo della Musica.
Si costrinse a pensare ad altro, mettendosi realmente a seguire le audizioni, per non farsi trascinare dall'emotività.
Nelle ore seguenti, una dopo l'altra, cantanti mediocri e disastrose
vennero allontanate bruscamente dal proscenio, mentre il numero di
quelle da ascoltare diminuiva rapidamente.
Ad un tratto vide César muoversi al limite del suo campo
visivo, sbucando da dietro le quinte, mentre Monsieur Lefèvre
gli illustrava i dettagli. Decise di seguirli e si alzò,
raggiungendo rapidamente una delle scalette più laterali del
palco, per non disturbare i cantanti.
Si fermò accanto a suo padre , facendo un cenno di saluto per
non interrompere la conversazione tra gli uomini, e si mise ad
ascoltare. Monsieur Lefèvre le sorrideva, mentre si cimentava in
lodi sperticate sulla qualità del loro corpo di ballo.
Madame Giry, notandoli, li raggiunse e si unì alla
conversazione, in qualità di docente responsabile, dopo le
dovute presentazioni.
Lo sguardo di César cadde ben presto su una ragazza dai lunghi
capelli biondi, impegnata a svolgere degli esercizi alla sbarra -Chi
è quella giovane? E' estremamente aggraziata.- Chiese l'uomo,
dissimulando il proprio interesse.
-Christine Daaé. Tengo a lei come se fosse una figlia.- Rispose la donna, intuendo le vere intenzioni del Visconte.
-Daaé? Come il violinista?- Chiese Carlotta, sua madre le aveva fatto suonare più volte i suoi brani.
-Sua figlia, in effetti.- Puntualizzò -Da quando è rimasta orfana vive con il balletto. E' molto brava.-
Il padre si limitò ad annuire, indugiando con lo sguardo qualche
istante sulla ragazza, prima che un terribile acuto stridulo li
interrompesse, facendoli inorridire.
-No! No! Basta! Sono stanco di sentire questo brano storpiato in ogni
maniera!- Esplose César, irrompendo sulla scena e interrompendo
le audizioni -Carlotta!- La chiamò a gran voce, accanto a
sé.
La giovane lo raggiunse, sorpresa.
-Fai sentire a queste incompetenti come si esegue quest'aria. E osano
pure definirsi cantanti...- Il disprezzo era evidente nella sua voce.
In effetti anche la mora si era sorbita per tutto il pomeriggio le
stecche e le stonature di quelle aspiranti soprano e lo aveva trovato
frustrante, ma non osava pensare di esibirsi innanzi a loro. Non aveva
mai cantato davanti a degli intenditori -Ma, padre...- Era anche a voce
fredda e il corpetto le impediva di espandere a dovere la cassa
toracica. Non c'era modo di fare la preparazione adeguata se non
rimandando.
-Canta, ho detto.-
Costretta, per non creare scandalo davanti a tutti, anche se furente, raggiunse il centro del palco.
-Quando voi volete, Mademoiselle.- La esortò gentilmente il
Maestro Reyer, capendo, compassionevole, l'imbarazzo della giovane.
Carlotta odiava quella situazione e quando sarebbero stati in privato
avrebbe intimato a suo padre di non metterla mai più in una
simile circostanza. Certo...Come se fosse stato possibile.
Nemmeno sua madre, che era la donna più forte che avesse mai conosciuto, era mai riuscita ad imporsi con César.
Forse era giusto così.
Se tutte le donne rispettabili di Parigi sparivano all'ombra dei
mariti, probabilmente era giusto. Non era possibile che tutte si
sbagliassero e non era possibile neanche che si sbagliassero tutti gli
uomini, a trattare a quel modo le donne...
Ma lei?
Lei era rispettabile, ma di sparire non se la sentiva. Ogni frammento
di anima si ribellava all'idea, considerandola assolutamente
inconcepibile.
Avrebbe dovuto raccogliere tutto il suo coraggio, per liberarsi dal giogo di suo padre.
Magari poteva scappare e andare con Mercier in giro per la Francia, ad
esibirsi per strada e a vivere della propria musica...Ma per lei,
cresciuta nell'agio di una famiglia ricca, il pensiero era sia
affascinante che spaventoso. Le incognite erano troppe e non sapeva
come avrebbe reagito alle difficoltà di quel tipo di vita.
Aveva bisogno di più coraggio.
Sospirò, chiudendo gli occhi, e i musicisti iniziarono a suonare.
Si lasciò trasportare dalle soavi note di Bellini e, mai come in
quel momento, si immedesimò in Norma, che pregava la luna,
sentendo come proprie quelle parole.
Casta Diva, che inargenti
Queste sacre antiche piante,
A noi volgi il bel sembiante
Senza nube e senza vel…
Tempra, o Diva,
Tempra tu de cori ardenti
Tempra ancora lo zelo audace,
Spargi in terra quella pace
Che regnar tu fai nel ciel...
Terminò l'acuto, sfumando pian piano nel silenzio, mentre anche
la musica cessava e tutto restava immobile, come trattenendo il fiato.
Il suo timbro era meravigliosamente caldo, pieno e potente e riusciva
con facilità a cimentarsi in acuti e virtuosismi, dimostrando
un'agilità vocale formidabile.
-Vedete? Questo è talento! E chiunque di voi millantatrici non
si avvicini nemmeno lontanamente a questo livello è invitata ad
andarsene. Smettetela di farci perdere tempo.-
César quasi tuonò, spezzando bruscamente l'atmosfera raccolta che si era creata nella sala.
Tutte le presenti in attesa se ne andarono.
-Parigi è piena di talento eh, Lefèvre?!- Ironizzò il nobile, ripetendo le parole del predecessore.
-Signor Visconte, questo era solo il primo turno di colloqui, vedrà che domani andrà meglio.-
-No, basta perdere tempo! Sarà lei la Prima Donna.- Era il suo
piano dal principio, i suoi informatori gli avevano comunicato della
partenza della soprano precedente e delle audizioni. Anche per quello
aveva anticipato la visita, cedendo facilmente all'insistenza della
figlia. Sapeva che nessuno avrebbe rischiato di inimicarsi il
principale finanziatore del teatro, era solo una questione di tempismo.
-Come?!- Carlotta si rianimò all'improvviso -No, padre, non è questo ciò che…-
-Non osare contraddirmi!- Le intimò deciso e minaccioso, puntandole l'indice a pochi centimetri dal volto.
Lei voleva studiare e comporre, se fosse stata costretta ad esibirsi
non avrebbe avuto modo di concentrarsi, ma erano in pubblico e non
poteva permettersi di aggiungere ulteriori obiezioni.
Ingoiò a stento la sua rabbia, ne avrebbero parlato a casa.
-Che stupenda idea, Visconte!- Commentò entusiasta Madame Giry,
costringendo il mecenate a ricomporsi -Siete meravigliosa Viscontessa!
Una soprano drammatica di coloratura eccellente!-
-Vi ringrazio, Madame.- Le sorrise compostamente.
-Vi vedo già a fare la Regina della Notte ne "Il Flauto Magico"-
Proseguì l'insegnante -Tuttavia, ora ci occorre anche una nuova
sostituta. Quella precedente era soprano leggero, non è
più adeguata.-
-Dal vostro tono sembrerebbe che voi abbiate già un nominativo
da proporre.- Affermò, tra il curioso e l'infastidito,
César. Aveva raggiunto il suo obiettivo e il resto non lo
interessava, era solo una seccatura.
-Sì, una ragazza con lo stesso registro di Marie-Cornélie Falcon!-
Carlotta e Reyer si guardarono, stupefatti, mentre César non batté ciglio.
-Madame...Un soprano Falcon è rarissimo.- Disse il Maestro,
invitando l'insegnante di balletto a riflettere e a frenare
l'entusiasmo. Quel tipo di registro implicava un'estensione vocale
estremamente ampia, capace praticamente di coprire dal mezzosoprano al
soprano leggero.
-Sì, lo so. Per questo credo che non esista una sostituta migliore per la Viscontessa.-
-Avanti allora, fatecela sentire.- Intervenne il Visconte, impaziente di finire.
-Christine, vieni cara...- Con un cenno della mano invitò la
giovane a guadagnare il palco e questa la raggiunse, con titubanza -E'
ancora un po' grezza nella tecnica, ma imparerà in fretta, con
le prove.- Fece segno al Maestro di iniziare a suonare e arretrò
di qualche passo, lasciandole spazio.
Al termine dell'introduzione, la ballerina iniziò ad intonare la
stessa aria eseguita da Carlotta. Anche lei aveva un timbro caldo e
avvolgente, ma, in più, era capace di meravigliosi acuti
cristallini, che rendevano leggiadre ed eteree quelle stupende note.
Solo il timore di errori tecnici aveva reso in qualche modo meno emozionante il brano, ma la sua esecuzione era stata perfetta.
Il silenzio che cadde al termine della sua esibizione, però, era carico di tensione.
Era evidente a tutti, anche ai profani, che le due donne erano cantanti
eccellenti, ma Christine non aveva mai seguito un vero e proprio corso
di studi in proposito, essendo una ballerina.
Il Visconte avrebbe acconsentito alla sua promozione? O avrebbe preferito qualcuno con un curriculum più saldo?
Carlotta aveva la pelle d'oca, assolutamente entusiasmata da quanto
appena sentito -Padre, dovrebbe essere lei la Prima. Immaginate quante
opere differenti si potrebbero produrre, con la sua voce.-
Christine arrossì, sentendo quelle parole. Temeva che la
Viscontessa fosse dispotica, come la soprano uscente, ma non sembrava
affatto così.
-Sarai tu e su questo non si discute. Non possiamo affidarci ad una inesperta, andrà bene come sostituta.-
-Nemmeno io sono esperta...- Sussurrò, per farsi sentire solo da lui.
-Tu hai i nervi saldi e sai come ci si comporta in pubblico.- La
bellezza della ballerina lo aveva colpito parecchio e le
capacità canore la rendevano ancora più attraente, ma
l'Operà doveva essere una vetrina per sua figlia, per trovarle
marito in fretta, e non poteva permettersi di sprecare quell'occasione.
-Posso insegnarle...- Assieme al Maestro Reyer avrebbe fatto presto a perfezionare le sue lacune tecniche.
-No. E non provarci nemmeno.- Non poteva lasciare che una ragazza
qualunque oscurasse la sua stella. -Non immischiarti in faccende che
non capisci.-
Un lampo di rabbia accese gli occhi cerulei della mora, che lo
fulminò con lo sguardo intimorendolo per una frazione di
secondo. -Andrà bene come sostituta.- Ribadì l'uomo,
prima di scendere dal palco e troncare il discorso, attraversando la
sala e uscendo nuovamente nel foyer, seguito immediatamente da Monsieur
Lefèvre, che riprese a illustrargli le varie caratteristiche
dell'Operà e degli edifici annessi, e anche da Carlotta, seppur
con fastidio e riluttanza.
Appena salirono in carrozza, César la affrontò -Devi
capire qual'è il tuo posto o riempirai di ridicolo il casato.-
-Quella ragazza è un fenomeno! Guadagnereste di più se ci
fosse lei al mio posto.- Sapeva di poterlo tentare con quell'argomento.
-Ho detto di no.- Sentì il suo cuore spezzarsi, mentre andava contro al suo interesse primario.
-Non ho mai studiato da professionista, non è detto che io abbia
la resistenza o le capacità necessarie. Non serve solo la voce
per farne un lavoro, padre.-
-Oh, non sarà un lavoro. Mia figlia non deve lavorare, sarebbe disdicevole.-
Carlotta lo guardò, confusa.
-Sarà volontariato. Non risulterai sul libro paga, ma ti
esibirai solo per puro amore dell'arte, mentre i poveracci attorno a te
lo faranno per sopravvivere.-
La mora appoggiò il gomito al telaio del finestrino e
portò le dita alla fronte, frustrata -Davvero pensate che basti
questo a non compromettere la nostra reputazione?!-
-Assolutamente. Le opere di prestigio non si fanno per il guadagno e tu
apparirai come un angelo caritatevole che deve assolutamente
condividere il proprio "Dono Divino". Perfetto, per il focolare.-
-A questo puntavate?!- Lo trovava assurdo e il suo pensiero si dipinse chiaramente sul suo volto.
-La tua mancanza di collaborazione mi ha costretto a trovare soluzioni
creative.- Sfruttare la sua passione per l'opera, per tenderle quella
trappola, era stato un tocco da maestro.
-Ma voi siete ben consapevole della reputazione che accompagna gli
artisti e i rischi che correrei io: povero, ingenuo, immacolato giglio
indifeso, alla mercè dei loro più sordidi istinti.- Il
sarcasmo traboccava dalle sue parole.
-Certamente, per questo ti troverò uno chaperon.-
Carlotta sbuffò dal naso e serrò la mascella, sempre
più frustrata. La situazione peggiorava di secondo in secondo.
-Mi verrà in mente qualcuno.-
-Mercier?-
L'uomo ridusse gli occhi a due fessure -E chi ti difenderà dai
suoi, di istinti? Già ringrazio Dio per non avere la tenuta
piena di bastardi. Quella stupida di tua madre chissà a cosa
pensava lasciandovi frequentare da bambini...-
La ragazza rimase in silenzio per un secondo, uccidendolo con lo
sguardo, prima di sciogliersi in un sorriso ampio, che però non
si estese agli occhi -Padre, mi sono accorta che i ringraziamenti
datevi fino ad ora non sono stati sufficienti per l'estrema pazienza
che avete avuto nei miei riguardi, quando avete deciso di istruirmi
all’uso delle armi.-
Il padre accennò un sorriso di circostanza, inquietato, poi
scrollò le spalle certo di aver frainteso, e riprese il discorso
-Lo sai che le donne non hanno buon senso quando si innamorano di un
uomo, o quando lui gli fa credere di esserlo.-
-Tra me e Mercier non c'è mai stato nessun interesse di questo
tipo e non ci sarà mai.- Era come un fratello, pensarlo in altro
modo le dava disgusto.
-Nessuno ti assicura che un giorno non sarà lui a cambiare idea.
E' un attore, ti convincerebbe in meno di un minuto spergiurando il
matrimonio.-
-Con questa storia della soprano, padre, sinceramente sembra che siate voi a svendermi al primo che passa.-
-Sei vecchia e non ho un erede maschio, quindi devi assolutamente
provvedere tu.- Dicendo quella frase gli venne in mente che poteva
esserci anche una piacevole alternativa, ma comunque non poteva
lasciare che la sua primogenita diventasse zitella. Doveva perlomeno
aiutare ad ingrandire il suo impero finanziario, sposando qualcuno di
utile.
Carlotta ebbe l’impulso di alzarsi di scatto, afferrarlo per il
colletto e cominciare a prenderlo a pugni in pieno volto, fino a fargli
chiedere scusa, supplicandola di fermarsi. Invece sospirò,
risistemandosi una ciocca di capelli sfuggita dal fermaglio.
-Mi stai ascoltando?- Chiese irritato il padre, riscuotendola dalla sua fantasia.
-Mh? No, mi ero distratta.- Disse, tornando ad incrociare il suo sguardo, con aria di sfida.
-Devono percepire netta la differenza tra noi e loro, questo li frenerà dall'avere mire troppo ambiziose.-
-Padre, fino a due mesi fa nemmeno noi eravamo nobili!- Sbottò.
-Non avvicinarti a loro, non essere amichevole con nessuno. Nemmeno
cortese, altrimenti fraintenderebbero. Nemmeno con le donne.-
-Assurdo...-
-Ti farò tenere d'occhio e se tornerai a casa con un bastardo, considerati finita.-
****
Note:
Buongiorno e buon sabato! Spero che questo primo capitolo vi sia
piaciuto, in ogni caso fatemi sapere cosa ne pensate, anche con poche
parole, soprattutto se non è stato di vostro gradimento.
Come avrete capito dal titolo, questo racconto è ispirato alla
storia de "Il Fantasma dell'Opera." Ho preso spunto sia dal romanzo di
Gaston Leroux che dal musical cinematografico del 2004 di Joel
Schumacher, quindi troverete personaggi di entrambe le versioni.
L'aria citata in questo capitolo "Casta Diva" è stata
scritta dal compositore italiano Vincenzo Bellini e fa parte dell'opera
lirica "Norma".
A questo link https://www.youtube.com/watch?v=s-TwMfgaDC8 potrete
ascoltare la fantastica Maria Callas interpretare questo brano proprio
sul palco di Palais Garnier, ancora oggi sede dell'Operà de
Paris.
Colgo l'occasione per ringraziare la mia Beta di fiducia Oscuro_errante
per l'impegno e la costanza nel suo prezioso lavoro. Grazie mille!
A sabato prossimo!
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Capitolo 2 *** Angel Of Music ***
2 Angel of music
Ogni
riferimento a fatti realmente accaduti, cose, luoghi, persone e
organizzazioni realmente esistenti è puramente
casuale.
2.
Angel
Of Music
Trovata la nuova soprano e la sua sostituta, nonché
seconda voce femminile, le prove per il primo spettacolo di stagione
iniziarono rapidamente.
Carlotta si impegnava in ogni modo per non
contrariare il padre, che nei giorni precedenti le aveva fatto capire
che il suo chaperon sarebbe rimasto misterioso, così che lei
non potesse eluderne la sorveglianza.
Ufficialmente l'aveva
affidata all'attenzione di Madame Giry, dopo aver fatto eseguire dei
controlli sulla sua reputazione e aver scoperto che era una
persona assai temuta dietro le quinte. Una vera e propria "eminenza
grigia" dell'Operà Populaire, ma era solo per facciata.
César non si sarebbe mai fidato di una donna, per giunta
artista, visto che nella sua mentalità queste due qualità
equivalevano alla definizione stessa di inaffidabilità.
Stavano
preparando "L'Annibale", di Chalumeau, e per Carlotta era
uno strazio.
Nell'aria del V atto, dove l'imperatrice Elissa
ricordava con dolcezza e romanticismo il rapporto con il marito,
Annibale, lontano in guerra, lei si sentiva come un elefante in
cristalleria. Il suo timbro era troppo ricco e anche se cercava di
ridurre la potenza, i suoi acuti risultavano velati e non riusciva ad
ottenere la delicatezza necessaria.
Quel brano doveva
rappresentare una carezza affettuosa e nostalgica che volava,
sospinta da una lieve brezza marina, fino a raggiungere l'amore della
sua vita. Lei, invece, gli stava dando una pacca sulla spalla e pure
poderosa.
Dopo l'ennesima prova chiese una pausa, mentre i
musicisti e i tecnici la applaudivano forzatamente.
Aveva provato
a suggerire al Maestro Reyer di utilizzare Christine, ma l'uomo si
era rifiutato e, anzi, l'aveva esageratamente elogiata.
Non
cantava male, affatto, ma non era adatta a quel ruolo.
César
si era imposto sul povero direttore artistico, scegliendo le opere
della stagione in base alla parte che avrebbe fatto apparire più
facilmente Carlotta come un'ottima moglie, indipendentemente dal tipo
di voce richiesta, e questo complicava tutto.
Il Maestro si
sarebbe ritrovato a dover riscrivere e riadattare opere che aveva
eseguito per decenni e non era sicuro di riuscire ad ottenere
risultati convincenti. Tuttavia, il Visconte era il proprietario e se
non lo avesse assecondato sarebbe stato certamente rimpiazzato,
perdendo così la sua unica fonte di reddito.
Chiusa nel camerino, Carlotta si scervellava su come risolvere
la situazione in cui si era ritrovata suo malgrado. Per la prima
volta nella sua vita detestava cantare.
Si sentiva in imbarazzo,
impacciata e a disagio e, in più, non poteva sfogarsi con
nessuno. César si era raccomandato di non essere cortese con
loro e non sapeva quanto potesse fidarsi di madame Giry. Di quanto,
delle sue eventuali confidenze e ritrosie, sarebbe arrivato
all'orecchio del padre.
In quella settimana di prove l'idea di
fuggire con Mercier era diventata sempre più allettante.
Si
spruzzò il tonico per le corde vocali in gola e riappoggiò
la bottiglietta sulla toeletta, prima di sedersi scompostamente e
lasciar andare la testa all'indietro, rilassandosi completamente in
un sospiro carico di frustrazione.
Quasi si malediceva per aver
spinto il padre verso il teatro, distogliendolo dall'acquisto della
galleria d'arte che aveva preso in considerazione, ma non poteva di
certo immaginare un simile comportamento.
Forse le sarebbe
convenuto accettare la prima richiesta di matrimonio che sarebbe
arrivata, senza obiezioni, e concludere così il più in
fretta possibile la sua carriera da soprano.
Se fosse stato un
uomo d'affari avrebbe comunque avuto qualche momento di libertà,
come sua madre, mentre César era in viaggio, ma certamente non
avrebbe mai più rivisto Mercier e avrebbe anche dovuto
occuparsi dei figli che un simile accordo esigeva.
Sentì lo
stomaco contorcersi, il fatto che la sua razionalità le
permettesse di prendere in considerazione l'idea non ne implicava
l'accettazione.
Presa tra due fuochi, si sentiva letteralmente in
trappola e preferiva rimanere da sola, anche per lunghi periodi, che
non dover ostentare superiorità. Lei non era nata nobile e non
si era mai permessa di trattare con sufficienza nemmeno la servitù
domestica, cosa che invece riusciva benissimo a suo
padre.
All'improvviso, una melodia leggera le raggiunse l'orecchio
e risollevò la testa, incuriosita, cercando di seguirne il
filo. La riconobbe in pochi istanti, era l'aria del V atto. Lieve e
soave.
Il camerino accanto al suo doveva essere quello di
Christine.
Si fermò ad ascoltare quelle note che
sembravano ricamate nell'aria. Lei non sarebbe mai riuscita a
raggiungere tonalità così alte e non dipendeva dai suoi
sforzi, dai suoi studi e dalle prove. Dipendeva dalla sua natura,
dalla lunghezza e dallo spessore delle corde vocali, e contro quello
non poteva fare niente.
Era questo che César si rifiutava
di capire.
Doveva trovare il modo di tirarsi indietro, era giusto
che fosse Christine ad avere il ruolo principale. Lo spettacolo
sarebbe stato di gran lunga migliore.
Continuò ad
ascoltare, invidiandole quel tono leggero, ma in uno dei punti più
bassi dell'aria sentì la voce della giovane appiattirsi
innaturalmente. Non aveva preso la nota.
Tese l'orecchio,
sentendola riprendere e ripetere. Andò meglio, il suono le
giunse più armonioso, ma tuttavia sarebbe dovuta scendere
ancora più in basso.
-Non così, più giù!-
Sentì la voce stizzita di una donna, le sembrò madame
Giry. Non era granché come suggerimento, Christine sapeva
senza dubbio che non era la tonalità giusta.
Rimase in
ascolto per qualche minuto ancora, sentendo la tutrice arrabbiarsi
sempre di più, ma senza dare suggerimenti concreti alla
ragazza. Probabilmente le conoscenze dell'insegnante erano solamente
parziali per quello che riguardava il canto.
Lei avrebbe saputo
cosa dirle, invece. Sentì la sua frustrazione aumentare...Se
solo suo padre non si fosse intromesso...
Nei pochi istanti in cui
si erano viste sul palco, il modo in cui le sue guance si erano
imporporate e il sorriso modesto che le aveva rivolto, l'avevano
indotta a pensare che fosse una persona cortese e dall'animo gentile.
Sarebbe stato un piacere insegnarle e trascorrere del tempo con lei,
probabilmente.
-Smettila di fare la sciocca e impegnati! Sai
benissimo come si fa!- Sentì del trambusto che non riuscì
ad identificare, poi il rumore della porta che si chiudeva e il suono
di tacchi nel corridoio, prima di sentire Christine piangere
disperatamente in camerino.
Carlotta si sentì sprofondare,
quella povera ragazza stava peggio di lei.
Nemmeno lei era una
professionista e si era ritrovata in quel ruolo all'improvviso, senza
le conoscenze necessarie e senza nemmeno la protezione del titolo
nobiliare, o dei soldi del padre.
Si sentì sciocca per
essersi lamentata per la propria situazione e, colta dalla rabbia per
la propria impotenza, scattò, spazzando con il braccio il
ripiano della toeletta e facendo cadere tutto a terra.
La veemenza
di quel gesto fu tale che il pesante flacone di tonico, in vetro
intarsiato, andò a schiantarsi contro il muro, colpendo il
telaio dello specchio e infrangendosi a terra.
Non si degnò
nemmeno di guardare il risultato del suo gesto, troppo presa dal
furore e dalla ricerca di una soluzione. Loro non erano oggetti nati
solamente per soddisfare le ambizioni dei genitori!
Fu qualche
istante dopo, che una corrente gelida l'avvolse, accompagnata da un
forte odore di umidità.
Si voltò, allarmata, e notò
che lo specchio era scostato dal muro.
Lo raggiunse e vide che
c'era un passaggio. Provò a spostare ancora di più il
vetro, ma non riuscì, perché i cardini su cui era
montato erano estremamente irrigiditi dalla ruggine.
Quella
scoperta l'aveva distratta dai suoi problemi e aveva acceso la sua
immaginazione. Avrebbe voluto ispezionare il cunicolo immediatamente,
ma probabilmente il resto del cast la stava aspettando, per
proseguire con le prove, e una lunga assenza avrebbe certamente
insospettito madame Giry.
Sospirò, spingendo con tutte le
sue forze lo specchio nuovamente al proprio posto.
Avrebbe anche
dovuto cambiarsi d'abito, l'ampia gonna che indossava avrebbe
strisciato lungo le pareti raccogliendo sporcizia e ragnatele e
rendendo evidente a chiunque l'avesse incrociata che c'era qualcosa
di strano.
Raccolse rapidamente gli oggetti che aveva scagliato a
terra e, dopo essersi ricomposta, uscì dal camerino, chiudendo
a chiave e portandola con sé. Non era rimasto alcun segno
della sua scoperta, ma non voleva correre rischi.
Stesa
sul prato dietro casa, si godeva gli ultimi raggi del tramonto,
mentre Mercier toglieva le selle ai loro cavalli e li lasciava liberi
di pascolare nelle vicinanze, prima di stendersi sull'erba, accanto a
lei.
-Non pensavo che le cose andassero così male- disse
Carlotta dispiaciuta, mentre giocherellava con una mela, divertendosi
a lanciarla sopra la propria testa e a riprenderla al volo.
-Non
abbiamo veri ingaggi da molto, ormai, poi Angelique si sposa e Celine
e Aubert si uniranno al circo...- Il ragazzo sospirò,
passandosi una mano tra i lunghi capelli castani prima di rivolgere
gli occhi azzurri al cielo e incrociare le braccia dietro al capo
-Sarà dura.-
-Forse, ma sono certa che riuscirai a trovare
dei nuovi compagni e a rimetterti in sesto.-
-Questa volta non lo
so, Carlotta. Forse dovrei far felice mia madre e tornare a vivere
qui. Mio padre sta invecchiando e le vostre stalle diventano sempre
più difficili da gestire.-
-Almeno hai un'alternativa e non
sarai costretto a patire la fame.- Pensò di nuovo a Christine,
lei non aveva nient'altro se non l'Operà. Se l'avessero
cacciata si sarebbe trovata in grossi guai e probabilmente non aveva
idea di come fosse il mondo fuori dal convitto.
-Certo, ma
decisamente non è il mio sogno.-
La ragazza annuì,
capendo. Mercier in quanto uomo aveva qualche possibilità in
più, sapeva anche leggere e scrivere, ma non era molto diverso
dal suo caso. Mugugnando, gli disse: -Il mio sogno si sta
trasformando in un incubo, invece.-
-Troppa fatica?-
-No, è
che non sono adatta. E poi io volevo scrivere, lo sai.- Addentò
la mela e poi la passò al ragazzo accanto a lei, che la imitò.
-Ma mio padre vuole mettermi in mostra, per farmi sposare in fretta-
Aggiunse frustrata.
-Chi otterrà la tua mano sarà
fortunato.- Biascicò l'amico con la bocca piena.
-Ma io
no.- Tra gli affari del padre e il titolo nobiliare, per lei c'era
solo il matrimonio combinato. Non avrebbe mai avuto la fortuna di
sposarsi per amore.
-Una bella casa, ottimo cibo, denaro,
bambini...Cosa vuoi di più?-
Quel commento la infastidì,
si aspettava più comprensione -Ti ricordi com'era con
la...Mamma?-
Il ragazzo smise di masticare, prima di sospirare
pensieroso.
-Ricordi come cambiava quando lui rientrava? Io non
voglio che succeda anche a me.-
-Lo stai già
facendo...-
-Sì, e lo detesto.-
-Se il Visconte ti
vedesse adesso, in camicia e pantaloni, da sola e in compagnia di un
uomo, morirebbe.- Ridacchiò, immaginandolo paonazzo.
-Beh
tu non sei un uomo, altrimenti avrei evitato-
Il ragazzo si
sollevò sul gomito, sporgendosi verso di lei fin quasi a
sovrastarla -Ah no?- Chiese, con voce profonda e calda, incatenando
lo sguardo ceruleo al suo.
-No...Sei Mercier.- Rispose Carlotta,
non capendo perché l'amico la guardasse a quel modo.
Dopo
un istante di silenzio il giovane scoppiò a ridere -Non sapevo
di essere eunuco!-
La mora lo spinse via, ridacchiando a sua volta
e si mise a sedere, provando improvvisamente un vago
imbarazzo.
Quando Mercier smise di ridere, tornando a stendersi
sulla schiena per riprendere fiato, la giovane decise di raccontargli
della sua scoperta -Ho trovato una specie di passaggio segreto,
dietro allo specchio del mio camerino.-
-Ah sì? E dove
porta?-
-Non lo so, non ho avuto modo di guardarci oggi, ma magari
è solo un ripostiglio.- Nella fretta e nel buio non era
riuscita a capire quanto fosse profondo.
-Oppure è uno dei
tunnel segreti del Fantasma!- Scherzò l'attore.
Carlotta lo
guardò confusa.
-Hai comprato l'Operà e non sai la
storia del Fantasma dell'Opera?- Si mise a sedere anche lui,
sorpreso.
-No...-
-Voi ricchi siete assurdi. Bisogna sempre
controllare la merce prima di acquistarla!-
-Se ne è
occupato mio padre e di sicuro non avrà dato ascolto alle
leggende... Tu cosa sai?-
-Il Fantasma dell'Opera è il
protettore del teatro. Si dice che appaia ogni volta che l'Operà
è in pericolo...Si dice anche che sia orrendamente sfigurato e
che porti una maschera, per non far impazzire chi dovesse
incrociarlo. Pare che il predecessore di Lefèvre abbia avuto
non pochi problemi con lui e che all'improvviso diversi manovali
siano spariti nel nulla. C'erano stati anche molti incidenti
misteriosi...-
-Sei pessimo a raccontare le storie.-
-Per
questo le faccio scrivere a te!-
Carlotta lo spintonò
nuovamente, giocando, e si alzò, recuperando i resti della
mela e allontanandosi di qualche passo, richiamando la sua cavalla
-Argo!- Gridò. Anche se era femmina, aveva scelto quel nome
per via del suo manto palomino, che le ricordava la leggenda di
Giasone e del viaggio per trovare il "Vello d'Oro".
La
giumenta la raggiunse, placida, e mangiò il frutto dalla sua
mano, mentre la mora le accarezzava il muso -Tu sì che mi
capisci...- Sospirò, appoggiando la fronte contro quella
dell'animale -Come faccio a non esibirmi, Argo?- Le chiese a mezza
voce, mentre il cavallo cercava un'altra mela, tastandole il palmo
con le labbra.
-Dì che hai mal di gola.- Li raggiunse
Mercier.
-Funzionerebbe solo per un paio di giorni e, se
insistessi, mio padre chiamerebbe il medico.-
-Potremmo guadagnare
tempo e cercare un'idea migliore. Dì che hai la voce
affaticata e che ti serve riposo...-
Carlotta annuì. Era
solo un espediente, ma nel frattempo avrebbe potuto pensare ad una
soluzione -I tuoi consigli sono sempre preziosi, Argo. Grazie.-
-Ora
sono pure un quadrupede?- Ribatté Mercier.
-Io parlavo con
lei, sei tu che ti sei intromesso.- Era la sua piccola vendetta per
non averla ascoltata prima.
-Allora la prossima volta starò
zitto.- Sorrise divertito, mentre sospirava di sollievo.
In quel
periodo tutto il mondo del ragazzo stava cambiando.
Lo
sciogliersi della compagnia e l’addio agli amici e ai suoi
sogni da attore era estremamente difficile, anche se cercava di non
mostrarlo.
Temeva che, con l'acquisto del titolo, anche Carlotta
si allontanasse da lui, che le differenze tra loro si facessero
ancora più incolmabili. Era felice di vedere che, invece,
almeno con la ragazza, nulla era cambiato. Anche se si frequentavano
meno, visti gli impegni a teatro, lui era ancora il suo confidente e
lei la sua migliore amica.
Decisa ad utilizzare la scusa
della voce affaticata il più tardi possibile, per dare al
padre l'impressione di voler realmente esibirsi e non sollevare
sospetti, Carlotta frequentò assiduamente il teatro nei giorni
seguenti, mostrandosi allegra e impaziente con madame Giry, che la
perdeva di vista solo quando doveva far esercitare il corpo di
ballo.
Era di quei momenti che approfittava la Viscontessa.
Chiusa a chiave in camerino, con la scusa di riposare, Carlotta
ispezionava quello che aveva scoperto essere un dedalo di
corridoi.
Dopo aver rubato una lanterna, dei pantaloni e una
camicia dal magazzino dei costumi, si era dedicata all'esplorazione.
Erano giorni che passeggiava in solitudine per quei passaggi bui,
talvolta strettissimi, altre volte estremamente bassi, e ancora non
aveva visto tutto. C'era letteralmente un altro mondo dentro a quel
teatro.
Alcuni corridoi erano evidentemente delle
intercapedini create dalle numerose ristrutturazioni avvenute in quei
decenni, ma altri erano fin troppo rifiniti per essere un risultato
casuale.
Scalini di pietra, anelli per appendere torce, scale a
pioli che salivano fino ai palchi in platea e pannelli che
nascondevano uscite nei luoghi più impensati. Una volta era
perfino sbucata nel cornicione interno alla base della cupola e aveva
rischiato di cadere, perché non c'era nessuna barriera tra lei
e il vuoto sottostante.
Prese anche l'abitudine di fare dei
piccoli segni sui muri con il gesso, per non perdere l'orientamento.
Era un vero e proprio labirinto.
Quel giorno aveva deciso di
dirigersi verso il basso, per ispezionare i sotterranei. Dopo
numerose svolte, scese una scala a pioli e restò esterrefatta,
quando si ritrovò sulla sponda di quello che sembrava un
canale.
Il corso d'acqua, chiaramente artificiale, cominciava da
molto prima e si perdeva nell'oscurità. Sapeva che c'era un
bacino artificiale là sotto, costruito per preservare le
fondamenta dalle acque degli affluenti sotterranei della Senna, ma
non si aspettava che fosse così grande.
Legò il
laccio che teneva chiuso il colletto della sua camicia all'ultimo
piolo, lasciandolo pendere all'altezza della testa così da
essere sicura di notarlo, tornando indietro, e imboccare subito la
scala giusta. Controllò anche il livello dell'olio nella
lanterna e ridusse l'intensità della fiamma. Non poteva
assolutamente permettersi di restare al buio, là sotto.
L'argine era stretto e se fosse caduta in acqua non avrebbe avuto
scampo.
Camminò per molto tempo seguendo la corrente,
placida e silenziosa, in superficie.
In lontananza poteva sentire
ancora l'orchestra suonare, chissà quali rimbalzi faceva
l'acustica per arrivare fin là sotto, ma più avanzava e
meno diventava percepibile.
Ad un tratto, la sponda di pietra su
cui camminava si interruppe, sparendo, mentre il canale si allargava
diventando un vero e proprio lago. Si fermò, non poteva
avanzare senza un'imbarcazione e non c'era più alcun passaggio
visibile.
Sentiva solo lo sciabordare morbido dell'acqua contro le
pareti e le colonne in muratura, amplificato dal soffitto a botte che
sosteneva il peso dell'intero edificio.
Ebbe un brivido di paura,
quando realizzò che tutto il teatro era praticamente sospeso
sull'acqua e che un piccolo cedimento di quelle volte avrebbe causato
una catastrofe.
Tornò indietro rapidamente, recuperando il
laccetto. Anche se aveva un buon alibi non voleva correre troppi
rischi, assentandosi a lungo.
Fu nella fretta e nell'eccessiva
sicurezza di essere quasi arrivata al proprio camerino che sbagliò
a svoltare, oltrepassando l'arrivo. Si bloccò, interdetta,
quando vide delle assi di legno sconnesse al posto del telaio del suo
specchio. Quei corridoi erano troppo bui e simili.
Raggiunse i
legni, notando della luce trapelare dalle fessure. Se avesse capito
dov'era probabilmente sarebbe riuscita a ritrovare la strada
giusta.
Sbirciando, vide che le assi coprivano uno specchio simile
al suo che si affacciava su una stanza, non molto grande, ma rifinita
in maniera più che dignitosa. Nell'angolo, sopra una chaise
longue, giaceva scomposta Christine. Sembrava dormire.
La guardò
con tenerezza e poi arretrò, contenta di essersi sbagliata di
poco e ritornando rapidamente nel proprio camerino.
Si tolse gli
abiti rubati e li agganciò al primo dei sostegni per le torce,
poi richiuse lo specchio e si rivestì. Da sola non riusciva a
stringere il corpetto come avrebbe dovuto, ma aveva la scusa del
canto per lasciare le stringhe più lente, poi girò la
chiave nel chiavistello, sbloccando la porta, e si mise a fare dei
vocalizzi di riscaldamento, per essere sicura di farsi sentire da
chiunque passasse nel corridoio e dare l'impressione di essere sempre
stata lì.
Appena possibile avrebbe risalito il canale,
voleva capire da dove partiva.
Mentre riscaldava la voce pensava
ai cunicoli trovati, cercando di mandarli a memoria e ottenere una
sorta di mappa. Come poteva tornarle utile? Si divertiva ad
esplorarli in pace, lontana dagli occhi di madame Giry e dagli uomini
assunti da suo padre, ma come altro poteva utilizzarli? Se avesse
trovato l'uscita del bacino visto poco prima, avrebbe potuto entrare
e uscire indisturbata dal teatro, eludendo ogni sorveglianza, ma
quale vantaggio ne avrebbe avuto? Se si fossero accorti della sua
assenza che scusa avrebbe potuto riferire?
Doveva riflettere
meglio, tutta quella storia doveva assolutamente avere un senso. Non
voleva che restasse solo uno svago fine a sé stesso.
Fu
un paio di giorni dopo che suo padre si assentò per un viaggio
d'affari in Germania e Carlotta decise di approfittarne. Ordinò
alla servitù di non disturbarla assolutamente fino al mattino
e, con la complicità di Mercier, uscì di casa a notte
fonda.
Avvolta nel soprabito del ragazzo e con il tricorno calcato
in testa, galoppò fino al teatro e, costeggiandolo, trovò
il punto dove i canali di scolo dell'edificio si gettavano in un
profondo fosso. Non fu difficile, dato l'olezzo che ne proveniva, ma
lei cercava un accesso diverso. Nel bacino sotterraneo non c'era
nessun odore, era acqua pulita.
Notò che da una delle grate
di scarico l'acqua usciva con una corrente più rapida, creando
delle piccole increspature incrociandosi con quella del fosso. La
raggiunse, camminando sullo stretto bordo del fossato erboso,
appoggiandosi al muro del palazzo, e si chinò, provando a
guardare dentro.
Era buio e la lanterna che aveva con sé
non riusciva a fare abbastanza luce all’interno, ma l'odore dei
liquami era decisamente meno forte e la fiamma della lucerna sembrava
riflettersi su un'ampia superficie. Provò a vedere se aveva
fortuna, tirando le sbarre di ferro per capire se qualcuna poteva
cedere, ma nulla si mosse. Avrebbe dovuto lavorare dall'interno per
crearsi un'uscita, lì avrebbe rischiato di attirare
l'attenzione e poi non aveva niente di utile con sé.
Rimontò
in sella alla cavalla e raggiunse le scuderie del teatro, entrandovi
a piedi per non far troppo rumore. Le stalle erano praticamente
deserte, a parte un paio di stallieri ubriachi addormentati l'uno
sull'altro.
Legò mollemente la giumenta allo steccato,
vicino ad altri cavalli. Sembrava non essere l'unica ad aver deciso
di fare una visita notturna, d'altronde gli artisti erano famosi per
la loro "sete di vita", pensò ingenuamente. Forse
sarebbe stato ancora più improbabile che qualcuno facesse caso
a lei.
Sollevò il bavero del cappotto ed entrò,
cercando di non far rumore e strisciando nell'ombra. Sentiva un gran
chiasso di gente, che gridava e rideva, provenire dalle cucine e
decise di non attraversarle, passando invece per i corridoi deserti
del convitto. Si infilò nel primo sgabuzzino, richiudendosi la
porta alle spalle, e si diresse alla parete di fondo, scostando scope
e stracci per raggiungere l'accesso a uno dei passaggi segreti,
coperto da un pannello di legno rivestito di mattoni, per confondersi
con il muro.
Vi scivolò dentro e una volta richiuso
l'ingresso tirò un sospiro di sollievo. Non doveva più
preoccuparsi di essere vista e, se qualcun altro fosse stato in quei
corridoi, magari dopo averli scoperti casualmente, come lei, c'era
abbastanza silenzio da sentirne i passi in lontananza.
Riteneva
però improbabile che qualcuno fosse a conoscenza dei passaggi,
tutti i corridoi che aveva visitato erano ingombri di polvere e
ragnatele e più di una volta aveva dovuto usare l'olio della
lanterna per ungere i cardini irrigiditi dalla ruggine. Era da molto
che nessuno passava da lì.
Abbassò il bavero del
cappotto e sollevò leggermente il cappello, in modo da vedere
meglio, poi si diresse rapidamente al suo camerino. Non vi entrò,
non le serviva niente da lì e avrebbe solamente rischiato di
far rumore e farsi scoprire, ma era stato sempre il suo punto di
partenza per le esplorazioni e da lì riusciva ad orientarsi
con più facilità.
Percorse i corridoi e scese le
scale, ritrovandosi nuovamente sulla sponda del canale sotterraneo,
ma questa volta, al contrario della precedente, risalì la
corrente. Voleva vedere da dove iniziava il corso d’acqua.
Camminò
a lungo, nella semioscurità, finché la banchina di
pietra non si interruppe e un riva ghiaiosa accolse i suoi piedi. Si
stava avvicinando alla sorgente.
Difatti, da lì a poco,
trovò una parete a sbarrarle il passaggio, ma, alla base della
stessa, sgorgava acqua dal sottosuolo. Ben più interessante
era però la piccola imbarcazione dal fondo piatto, tirata in
secca e legata ad un ormeggio, e la scalinata di pietra che risaliva,
sparendo nel buio.
La tentazione di vedere se l'imbarcazione
reggesse ed andare subito ad ispezionare il bacino era forte, ma si
costrinse a resistere, pensando che sarebbe stato più sicuro
farlo di giorno. Le poche volte che era salita su una barca era in
compagnia di Mercier o sua madre, nel laghetto del parco. Non poteva
assolutamente dirsi esperta.
Accorciò la corda di ormeggio
e mise la barca in acqua. Il mattino dopo, alla prima occasione,
sarebbe scesa a controllare e avrebbe risparmiato tempo, potendo
vedere subito in che condizioni sarebbe stata l'imbarcazione dopo una
notte nella corrente.
Salì le scale rapidamente, strappando
man mano le ragnatele e, dopo poco, si ritrovò in uno dei
corridoi principali, collegato nuovamente al passaggio per i
camerini, ma decisamente più rapido e agevole rispetto al
percorso che aveva fatto precedentemente per raggiungere il
canale.
All’improvviso, sentì una melodia provenire
dal camerino di Christine.
Era quasi mezzanotte, possibile che
stesse festeggiando con qualcuno? Sentì una piccola morsa allo
stomaco e si avvicinò curiosa, riconoscendo l'aria del quinto
atto. Sospirò frustrata, ormai quel pezzo la nauseava da
quante volte l'aveva ripetuto.
Si mise ad osservarla, attraverso
le assi.
Christine era da sola, in camicia da notte, con uno
spesso scialle sulle spalle. Doveva essere sgattaiolata di nascosto
dal dormitorio, e, in piedi, al centro della stanza, provava e
riprovava sempre la stessa strofa.
Se avesse continuato a quel
modo, si sarebbe rovinata le corde vocali. Chi non aveva mai seguito
un serio corso di canto finiva sempre con il sottovalutare il
problema. Come i muscoli, anche quelle necessitavano di riposo e
recupero per funzionare al meglio.
Poteva lasciarle un biglietto?
L'avrebbe visto tardi e certamente si sarebbe chiesta chi l'avesse
scritto, e non erano molte le persone che sapevano scrivere, lì
dentro.
Rifletté ancora, frustrata da una situazione
facilmente risolvibile se non per gli ordini di suo padre.
Non
poteva essere sicura che Christine non dicesse ad altri, magari
innocentemente, che lei l'aveva aiutata.
Segreti del genere non
restavano tali a lungo e lei aveva assoluta necessità di
restare al di sopra di ogni sospetto, per rendere credibile la
casualità di un affaticamento vocale il giorno dello
spettacolo. Anche una singola voce, una lieve illazione, avrebbe reso
impossibile il suo piano, quindi non doveva assolutamente farsi
vedere, anche perché la notizia di una Viscontessa a teatro,
di notte, senza nessuno a garantire per lei, avrebbe certamente
creato scandalo.
Per assurdo, se fosse stata un uomo, sarebbe
stata acclamata per il suo ardore giovanile.
Fu in quel momento
che le venne l'ispirazione. L'assurda leggenda che le aveva
raccontato Mercier poteva finalmente tornarle utile, e anche quei
corridoi segreti
Avrebbe potuto presentarsi a Christine come il
Fantasma. Nessuno l'aveva vista entrare, nessuno l'avrebbe vista
uscire e nessuno avrebbe creduto alla ragazza, se lo avesse
raccontato.
Doveva però trovare il modo di camuffare la
voce... Mercier le venne di nuovo in aiuto. Aveva usato una sorta di
imbuto, durante una rappresentazione, per fare la voce di "Giove
Tonante". Sicuramente dovevano avere qualcosa di simile anche
lì...ma avrebbe rischiato di incrociare qualcuno se si fosse
messa a frugare nei magazzini. Senza contare che non sapeva neanche
dove cercare. Tra le scenografie, tra gli oggetti di scena oppure nel
deposito tecnico?
Avrebbe corso meno rischi a chiedere a Mercier
di prestarglielo, ma non poteva tornare a casa e rientrare di nuovo,
e suo padre sarebbe tornato dopo l'indomani. Avrebbe avuto troppo
poco tempo per insegnarle qualcosa.
Si tolse il fazzoletto da
attorno al collo e se lo premette sulla bocca. Avrebbe cercato di
mantenere una tonalità più bassa possibile e sperato
che, tra il muro e l'eco del corridoio, la sua voce giungesse alla
giovane irriconoscibile.
Prese un grosso respiro, tesa come una
corda del suo violino, e provò a parlare.
-Christine.-
La
ragazza si interruppe bruscamente e si guardò attorno un
attimo, prima di aprire la porta pensando che qualcuno l'avesse
chiamata dal corridoio -Sì?- Chiese, notando che non c'era
nessuno.
Carlotta si trattenne dal ridere, premendosi la mano
sulla bocca.
La bionda tornò indietro, perplessa, poi fece
spallucce, doveva essere stata solo un'impressione.
Prima che
ricominciasse a cantare, Carlotta parlò di nuovo -Christine,
fermati.-
-Chi c'è?!- Spaventata, la giovane arretrò
fino a trovarsi con le spalle al muro, guardando ogni angolo del
camerino con terrore e preparandosi a scattare verso la porta.
La
Viscontessa parlò rapidamente, se fosse scappata tutto sarebbe
stato inutile -Non voglio farti del male. Voglio aiutarti.-
-Chi
sei?!- Chiese ancora, agitata.
-Sono il...-Se avesse usato il
termine fantasma, probabilmente la ragazza avrebbe urlato e tutti
sarebbero accorsi a vedere -Sono un angelo.-
-Un angelo?- Chiese,
leggermente meno spaventata.
-Sono l'Angelo della Musica.- Chiese
mentalmente perdono a sua madre, non voleva disonorarla usando la
stessa metafora che aveva coniato per lei, nei suoi pensieri -Voglio
insegnarti a cantare.-
Christine non sapeva cosa dire, quella
situazione le sembrava impossibile, eppure nella stanza c'erano solo
lei e quella voce che riecheggiava dappertutto nel camerino.
Che
fosse un sogno? Era l'unica spiegazione logica. Doveva essersi
addormentata e star sognando di provare -Perché,
Angelo?-
-Perché sei buona.- Era quella l'impressione che
le aveva dato -E meriti aiuto. Ti sei impegnata tanto.-
-Come fate
a saperlo?- Chiese trasalendo.
-Sono un angelo, vedo e sento
tutto. E ho visto che Madame Giry non è una buona insegnante.-
I discorsi origliati nei giorni precedenti la aiutarono a rendersi
più credibile.
-Mère fa tutto quello che
può...-
-Senza dubbio, ma non può insegnarti ciò
che non sa.- Era poi anche convinta che Madame avesse colto
l'occasione di proporla come sostituta per pura ambizione personale.
Avrebbe potuto migliorare le sue condizioni sociali attraverso il
successo di Christine, presentandosi come sua tutrice. Non molto
diverso da quello che voleva fare suo padre.
La bionda annuì,
ancora un po' titubante.
-Sei bravissima, hai una voce stupenda.-
Cercò di tranquillizzarla -E anche una dedizione ammirevole,
ho visto quanto ti sei esercitata.-
-Grazie, siete troppo
gentile.- La ragazza sorrise timidamente, arrossendo, e Carlotta
trovò in quella splendida innocenza la conferma delle sue
impressioni.
-Hai voglia di provare ancora un po'?-
-Certamente,
Monsieur-
-Ho sentito che hai problemi sulle note basse, proverei
a fare qualche vocalizzo mirato, mettendo da parte l'aria dello
spettacolo- Non la sopportava più, l’aveva ripetuta
troppe volte.
-Come desiderate.-
-Trattami come un amico, non
occorrono convenevoli.- Lei le aveva dato direttamente del tu, vista
la simile età e il suo ceto sociale inferiore, ma si era
accorta di starle fornendo un indizio sulla propria identità e
in quel modo sperò di aver rimediato. Poi, era più
facile spiegarsi con pochi giri di parole.
-Come desid- Sbuffò
bonariamente -Sì. Va bene.-
Carlotta sorrise -Restiamo in
un registro grave, così che le corde vocali non si affatichino
troppo.-
-Registro grave...?-
Carlotta rimase sorpresa da
quella domanda. Aveva sentito la ragazza utilizzare i registri
appropriatamente e aveva dato per scontato che sapesse di cosa
stessero parlando.
-Quando canti note più basse e senti
vibrare in maschera.-
La ragazza non disse nulla, abbassando lo
sguardo.
La mora si mise le mani nei capelli, possibile che madame
Giry dicesse solo "Più in alto!" e "Più
in basso!"? Se stavano così le cose, Christine era
praticamente autodidatta. Puro talento.
-Si dice "maschera"
quando senti vibrare la zona del volto attorno al naso.-
-Ah, ho
capito. Perdonami, io questi termini non li conosco...-
-Non
preoccuparti. Cercherò di essere il più chiar…-
Si interruppe, accorgendosi che stava per usare il femminile -Il più
chiaro possibile.- L'importante era che imparasse, che poi conoscesse
i tecnicismi era secondario.
-Seguimi, dicendo la sillaba MO-
Carlotta iniziò un vocalizzo di più suoni congiunti,
ripetendo la sillaba detta, salendo gradatamente di nota e poi
ridiscendendo, ma sempre cercando di mantenere l'intonazione più
cupa possibile. Cosa non da poco, perché era abituata a fare
quegli esercizi a voce piena e sentiva crearsi una forte tensione
all'altezza della gola. Tuttavia, Christine la seguiva perfettamente
e le disse di proseguire come sapeva, mentre lei ascoltava.
Dopo
diverse ripetizioni, ecco che le tonalità più basse,
quelle che faticava a raggiungere nell'esecuzione dell'aria,
cominciavano ad affacciarsi e a diventare più naturali. Non
erano ancora perfette, ci sarebbe voluto tempo ed esercizio, ma era
la riprova che la ragazza aveva l'estensione giusta, solo non
conosceva la strada per arrivarci.
-Bravissima. Hai sentito che ci
sei quasi?-
-Sì...- Christine era meravigliata, erano
giorni interi che provava.
-Possiamo ridurre i tempi con questi
esercizi mirati. Il resto ti viene bene.- Sorrise tra sé e sé.
-E' ora di riposare. Facciamo un po’ di raffreddamento e poi
smettiamo, per oggi.-
Le spiegò alcune semplici tecniche e
guardò che la ragazza le eseguisse correttamente. Domani,
prima delle prove, prenditi qualche minuto per fare dei vocalizzi, a
labbra chiuse, in cui pronunci "Brrr", come un brivido, ma
prolungato e cambiando intonazione nel frattempo. Arriverai sia più
in alto che più in basso rispetto al cantato e questo ti
permetterà di attivare i muscoli giusti. E mi raccomando, devi
sentire pizzicare dietro al naso mentre lo fai.- Quell'ultima frase
gliela diceva sempre il suo insegnante, quando era piccola.
-Va
bene, non mancherò!-
-E ricorda che riposare la voce è
estremamente importante. Fai come la Viscontessa e prendi delle pause
durante le prove, o ti rovinerai la gola.-
-Va bene.- Rispose
dubbiosa.
-Domani continueremo. Cerca di restare sola qui in
camerino, io arriverò appena possibile.- Non sapeva quando
avrebbe avuto occasione di raggiungerla.
-Mi raccomando Christine,
non parlare con nessuno di me o non potrò più aiutarti.
Ricorda che io vedo e sento tutto...- Arretrò lentamente,
smorzando la voce nel silenzio. Quell'ultima parte l'aveva detta per
essere sicura che non parlasse, ma sperava di non averla intimorita
troppo.
-Certo che no! Hai la mia parola!-
****
Note:
Buongiorno
e buon sabato! Spero che questo capitolo vi sia piaciuto, in ogni
caso fatemi sapere cosa ne pensate, anche con poche parole, soprattutto
se non è stato di vostro gradimento.
-L'opera citata in questo capitolo, "L'Annibale" di Chalumeau, è in realtà un'opera immaginaria, scritta da Andrew Lloyd Webber appositamente per la drammatizzazione de "Il Fantasma dell'Opera".
-Altra piccola curiosità: all'ultimo piano dei sotterranei del
palazzo dell'Opera c'è realmente un bacino idrico artificiale,
di circa 2500 mq, costruito per isolare le fondamente dalle acque di
una faglia scoperta durante gli scavi per la costruzione dell'edificio.
Ancora oggi viene mantenuto pieno ed è effettivamente navigabile
con piccole imbaracazioni. Da quello che mi risulta non è
visitabile dai turisti.
Colgo
l'occasione per ringraziare la mia Beta di fiducia Oscuro_errante per
l'impegno e la costanza nel suo prezioso lavoro. Grazie mille!
A sabato prossimo!
|
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Capitolo 3 *** The Music's Throne ***
3 the music's throne
Ogni
riferimento a fatti realmente accaduti, cose, luoghi, persone e
organizzazioni realmente esistenti è puramente casuale.
3.
The
Music's Throne
Il
mattino seguente, dopo una nuova lezione di canto con la sua pupilla,
Carlotta scese alla sorgente, decisa a controllare la barca e a
iniziare la perlustrazione del bacino.
Prese
da terra il lungo palo necessario per manovrare l'imbarcazione e vi
salì, trovandovi solo poche dita d'acqua sul fondo. Agganciò
la lanterna alla prua e si diresse verso il lago, aiutata anche dalla
corrente favorevole.
Lo
raggiunse in pochi minuti e proseguì, intenzionata per prima
cosa ad arrivare alla parete opposta, per farsi un'idea di quanto
fosse effettivamente grande il bacino e riuscire ad orientarsi. Al
ritorno avrebbe costeggiato una delle pareti, così da trovare
meno corrente.
Dopo
diverso tempo che procedeva in linea retta, segnando il proprio
passaggio su ogni colonna che incrociava con il gesso, raggiunse la
parete di fondo e vide la grata di scarico, da cui trapelavano i
raggi del sole. Tranquillizzata da quella fonte di luce e dalla
certezza della propria posizione, si accostò alle sbarre, per
capire come crearsi un passaggio. L'unica cosa che le venne in
mente era segare il graticcio, in qualche modo. Avrebbe dovuto
sentire con Mercier quale fosse lo strumento più adeguato...E
sperare di riuscire a cavarsela da sola.
Sarebbe
stato comodo chiedere all'amico di aiutarla, ma se si fossero
assentati entrambi dalla tenuta, senza una valida giustificazione,
avrebbero alimentato le voci già insistenti tra la servitù
e se il ragazzo fosse stato sorpreso a teatro lo avrebbero scambiato
per un ladro, visto che non faceva parte del personale.
Aveva
già trovato delle difficoltà a eliminare le assi che le
coprivano la visuale sul camerino di Christine, così da
vederla meglio e poterne correggere la postura, e quel lavoro
sembrava ancora più complesso, il che la preoccupava un
po'.
Osservata
bene la grata, diresse la barca parallela al muro, aiutandosi con il
palo e spingendosi anche con la gamba, per evitare di urtare la
parete.
Diverse
feritoie aiutavano ad illuminare l'ambiente, probabilmente erano
degli sfiati per l'acqua, nel caso in cui il livello fosse salito
troppo.
Si
guardava attorno, soddisfatta. Il silenzio assoluto e la luce tenue
rendevano il luogo molto suggestivo. Le volte a botte si susseguivano
apparentemente all'infinito, identiche l'una all'altra, e sparendo
nel buio man mano che ci si allontanava dalla parete.
Dopo
qualche tempo, la mancanza di qualsiasi rumore divenne
quasi assordante e
la ragazza si sentì in bisogno di spezzare quel silenzio
gridando:
-Ehi!- per non farsi soverchiare, e l'eco catturò quel suono,
facendolo rimbalzare sulle pareti e storpiandolo
all'inverosimile.
Proseguì
fino all'angolo e poi girò la prua, tornando verso l'imbocco
del canale, finché alla sua destra non vide un piccolo
ormeggio. Rallentando, nell'oscurità quasi completa
rischiarata ormai solo dalla lanterna, vide della ghiaia formare una
secca, affiorando in superficie. Qualche gioco della corrente doveva
aver trasportato e accumulato negli anni quel materiale di risulta.
Legò la barca all'ormeggio e, con cautela, saggiò il
terreno con il palo. Poteva essere zuppo e cedere sotto al suo peso,
intrappolandola come delle sabbie mobili, ma le sembrò solido
e la giovane si decise a scendere, facendo molta attenzione.
La
lanterna illuminava poco attorno a lei e procedeva lentamente,
stentando a vedere dove metteva i piedi.
Raggiunta
la parete, non sapeva nemmeno lei quale, vide una vecchia torcia,
fermata ad uno degli anelli di sostegno. Aprì il vetro della
lanterna e avvicinò la fiamma, sperando che l'umidità,
la polvere e il tempo non ne avessero rovinato l'olio.
I
suoi timori si dissolsero, come ombra al sole, appena il fuoco iniziò
a crepitare sulla cima della fiaccola.
Ridusse
al minimo la fiammella della lanterna e l'appese al muro, al posto
della torcia, che, facendo più luce, le era più utile.
Sentiva anche un piacevole tepore. L'acqua di sorgente era molto
fredda e il buio perenne e l'umidità non aiutavano a rendere
confortevole la temperatura.
Vide
che la ghiaia formava una sorta di piccola spiaggia, una decina di
metri al massimo, ma si rese conto che qualcuno ci abitava. C'erano
degli specchi rotti, dei tavoli, un letto a baldacchino, moltissimi
candelabri, con tanto di candele, un armadio e, contro il muro,
persino un pianoforte verticale.
Guardando
lo stato di quei mobili si accorse che non venivano più
utilizzati da molto tempo e si rilassò, per un attimo aveva
temuto di incontrare l'inquilino.
Tutto
era ricoperto da un pesante strato di polvere e ragnatele, i tendaggi
del letto rovinati e del pianoforte si intravedeva a malapena il
colore del legno, sotto la coltre bianca lasciata dal
tempo.
Raggiunse
quest'ultimo e ne scoprì la tastiera, provando a suonare
qualche nota, ma l'umidità e il disuso lo avevano scordato
completamente. Addirittura qualche tasto non suonava affatto,
probabilmente le corde si erano spezzate.
Era
affascinata da quel luogo e sarebbe stato magnifico poterlo usare.
Avrebbe potuto nascondere lì i suoi spartiti, senza più
temere che qualcuno li trovasse nelle sue stanze, e avrebbe potuto
suonare liberamente i suoi brani. Non aveva idea di come sistemare il
pianoforte, ma avrebbe potuto portare uno dei suoi violini più
vecchi.
L'entusiasmo
si dipinse sul suo volto e una nuova carica le diede forza. Era una
scoperta fantastica, avrebbe avuto un luogo solo suo, dove essere sé
stessa, e smettere di preoccuparsi di tutto. Avrebbe avuto un suo
piccolo regno.
Accorgendosi
di essere via da troppo, diede una rapida occhiata a delle carte sul
tavolo, coperte di polvere, e vide un taccuino dalla copertina di
cuoio, privo di titolo.
Lo
aprì. Era scritto a mano, ma tra le righe c'erano anche
diversi abbozzi di spartiti. Decise di prenderlo con sé e
leggerlo con calma, era abbastanza piccolo da poterlo nascondere
sotto la veste.
Recuperò
la lanterna, spense la fiaccola premendola contro la ghiaia, e risalì
sulla barca, per poi dirigersi il più rapidamente possibile al
canale e di nuovo in camerino.
Quando
rientrò nella propria stanza era completamente sudata per la
fatica e la premura. Rimase svestita e immerse il volto nell'acqua
del tino che teneva accanto alla toeletta, per raffreddarsi
in fretta.
Lasciò aperto anche il passaggio dietro lo
specchio, l'aria dei corridoi segreti era molto più
fredda.
Avrebbe
dovuto fare più attenzione le prossime volte, o qualcuno
avrebbe potuto insospettirsi.
Sentì
bussare alla porta -Viscontessa, ci siete?- La voce preoccupata di
Madame Giry.
-Sì,
Madame.- Rispose, correndo a chiudere lo specchio e cominciando a
indossare la biancheria in tutta fretta, pregando che non volesse
entrare.
-Sia
lodato il cielo!- Continuò -Sono diversi minuti che vi cerco,
ho bussato prima, ma non avete risposto.-
-Dormivo,
mi sono appena svegliata, non vi ho sentita.- Fu pervasa per un
istante dallo spavento. Aveva chiuso a chiave, ma nell'ufficio di suo
padre c'erano delle copie. Questione di tempo e sarebbero entrati
comunque.
-Lo
speravo cara, per questo ho ritentato. Il Maestro Reyer vorrebbe
provare ancora con voi, se siete d'accordo.-
-Sì,
arrivo tra pochi minuti, giusto il tempo di sciacquarmi il viso e
riscaldare la voce.-
-Perfetto.
La attendiamo, Viscontessa.-
Sentì
i passi dell'insegnante allontanarsi e provò un immenso
sollievo. Saltò letteralmente dentro all'abito e cominciò
a riscaldare le corde vocali, mentre finiva di legare il
corpetto.
Dopo una lunga giornata di prove, in cui l'unica
soddisfazione era stata sentire, attraverso il muro, Christine che
faceva gli esercizi che le aveva affidato, tornò a casa.
Era
passato Mercier a prenderla con la carrozza e, avvoltasi nel mantello
e tirato su il cappuccio, si sedette accanto a lui.
-Novità?-
Chiese il ragazzo, allontanandosi rapidamente dal teatro prima che
qualcuno la notasse. Aveva riconosciuto felicità nello slancio
con cui la mora era salita a cassetta.
-Sì.
Ho trovato un posto meraviglioso.-
Gli
raccontò tutto, trasportata dall'entusiasmo, e gli chiese
anche come poter fare per tagliare le sbarre dello scarico. Non gli
disse però della follia che aveva fatto con Christine e delle
loro lezioni. L'avrebbe certamente sgridata.
Non
era sicura che Mercier capisse la solidarietà che provava nei
suoi confronti. Rivedeva molto della propria situazione in quella
della ragazza, ma la bionda era in una circostanza nettamente più
instabile e pericolosa. Aveva bisogno di un'alleata, o di un'amica,
che potesse preoccuparsi della sua incolumità.
Non
si fidava di Madame Giry, pensava che niente le avrebbe impedito
di espellerla dal convitto, una volta soddisfatte le proprie
ambizioni.
-Porterei
uno dei miei vecchi violini, così da poter comporre e
finalmente sentire quello che scrivo.- Da diverso tempo, almeno un
anno, dopo l'ennesima sfuriata, suo padre le aveva proibito di
suonare qualsiasi cosa che non avesse un nome noto sopra. Lo aveva
fatto lo stesso, approfittando di una sua assenza, ma qualcuno della
servitù glielo aveva riferito e lui non aveva mancato di
farglielo sapere. Da allora componeva immaginando la musica nella
testa, senza mai ascoltare realmente quanto prodotto. Era
estremamente frustrante.
-Potrebbero
sentirti...-
-Farei
piano, sempre meglio di niente, e quando suonerà l'orchestra
di sicuro non mi sentirà nessuno.-
-Fai
attenzione, io non so quale sia il limite di tuo padre...- Da quando
aveva acquistato il titolo, la preoccupazione per la reputazione del
casato era diventata un'ossessione per l'uomo, già incline a
scatti violenti, e Mercier era seriamente preoccupato che preferisse
piangere la morte della figlia che non vedersi coinvolto in uno
scandalo. Carlotta camminava su un filo molto sottile.
-Farò
attenzione.- Rassicurò l'amico -Ho anche trovato un taccuino
con degli spartiti, non vedo l'ora di studiarlo.
-Potremmo
guardarci insieme.- La ragazza era stata via tutto il giorno e anche
la sera precedente. Non aveva avuto modo di stare in sua
compagnia.
-Sì!-
Aveva detto a Christine di riposare quella sera, visto che era
riuscita a darle lezione durante le prove, e così, anche con
il ritorno di suo padre, non ci sarebbero stati problemi di alcun
tipo.
L'Angelo
della Musica continuò ad insegnarle ogni giorno e talvolta
anche di notte.
Quando
restava da sola in camerino, prendendo ad esempio la Viscontessa per
le pause, come consigliatole, il suo maestro misterioso la
raggiungeva, dandole preziosi consigli.
Dopo
tanto lavoro, finalmente il giorno della prima stava per arrivare e
la giovane era quasi dispiaciuta di essere la sostituta. Ora che
sarebbe riuscita ad esibirsi alla perfezione le dispiaceva non poter
dare il giusto lustro al proprio maestro, del quale continuava a
custodire attentamente il segreto.
D'altronde,
se avesse raccontato che l'Angelo della Musica era il suo insegnante,
l'avrebbero presa certamente per pazza.
Al
principio perfino lei aveva dubitato della propria mente, pensando
quasi che fosse un sogno, la prima notte, ma quando si era ripetuto
il giorno dopo, l'ipotesi non le era più sembrata
plausibile.
Probabilmente
il suo defunto padre aveva ascoltato le sue preghiere e aveva deciso
di mandare qualcuno ad aiutarla, non c'era altra
spiegazione.
Sapeva
bene che, al mondo, nessuno faceva mai niente gratuitamente. Solo un
angelo, appunto, l'avrebbe fatto, e lei provava una gratitudine e un
affetto infiniti, verso quella voce che, salda e dolce, la guidava.
Chiunque fosse stato, se un giorno l'avesse mai scoperto, sarebbe
comunque rimasto un angelo, ai suoi occhi.
Carlotta
fremeva. Il giorno della prima si stava avvicinando e suo padre non
aveva cambiato idea sulla sua esibizione. Era certo
dell'infallibilità del suo piano per trovarle un
pretendente.
Fu
così che la ragazza decise di pagare profumatamente un
erborista, per procurarsi qualcosa che le irritasse la gola e
comprare il suo silenzio. César non le avrebbe mai creduto
sulla parola, doveva vedere coi suoi occhi.
Il
giorno prima dello spettacolo, chiusa nel suo camerino, dopo aver
sentito madame Giry andare come al solito a trovare Christine, si
spruzzò l'intruglio di aconito e chissà cos'altro sulle
corde vocali, sentendo quasi immediatamente un bruciore terribile.
Si
trattenne dal seguire l'irrefrenabile impulso di bere acqua fresca e,
solo dopo diversi minuti di agonia, si diresse in corridoio.
Quando
provò a parlare, per chiamare Madame, lei stessa non riconobbe
la propria voce. Bassa, graffiante e gutturale. Pregò solo che
l'effetto del medicinale fosse veramente temporaneo, come le aveva
assicurato l'erborista.
Quando
l'insegnante di balletto si affacciò dal camerino di
Christine, sentendosi chiamare, sbiancò. La povera Carlotta si
teneva la gola, rossa in volto e con le lacrime agli occhi per il
dolore.
Chiamò
subito una carrozza per riportarla a casa, dove, il medico di
famiglia del Visconte non poté fare a meno di riscontrare una
terribile cordite, certamente dovuta all'eccessivo sforzo per il
canto. Occorreva almeno una settimana di assoluto riposo e numerosi
decotti di miele ed erbe emollienti.
Uno
schiaffo la raggiunse in pieno volto, quando César sentì
le prescrizioni del medico -Sei una buona a nulla! Ti ho chiesto di
fare solamente una cosa e tu mi deludi!- Alzò di nuovo la
mano, ma la ragazza lo afferrò per il polso, bloccandolo, con
ira furente nello sguardo.
-Signor
Visconte, suvvia, sua figlia si è certamente impegnata
eccessivamente per compiacerla. Non occorre essere così duri,
è l'entusiasmo della gioventù!- Il medico non si
trattenne. Non poteva assistere a quel trattamento senza battere
ciglio.
César
abbassò il braccio e tentò di ricomporsi -Certamente…
Sono sconvolto dalla preoccupazione,- concluse, celando malamente la
rabbia. Il dottore seguiva molte famiglie ricche e nobili e una sua
parola avrebbe potuto causare gravi danni al prestigio del neonato
casato.
-Sua
figlia ritroverà senza dubbio la voce e basterà fare un
minimo di attenzione per evitare nuovamente questo inconveniente.
Sono certo che Mademoiselle imparerà da questo errore.-
Guardò la giovane negli occhi, cercando di rassicurarla,
mentre Carlotta annuiva, fingendosi spaventata. Se non ci fosse stato
il medico avrebbe probabilmente tramutato in realtà le sue
fantasie di rivalsa, la forza non le mancava e suo padre aveva
veramente esagerato.
-Per
fortuna abbiamo la sostituta e lo spettacolo non salterà.-
Sibilò maligno il Visconte, ancora infuriato con Carlotta,
prima di voltarsi e rivolgersi al dottore -Lei e la sua famiglia
sarete miei graditissimi ospiti alla prima de "L'Annibale".
La ragazza che canterà al posto di mia figlia è una
eccellente "soprano Falcon", una tipologia estremamente
rara...- I due uomini si diressero fuori dalla sua stanza,
lasciandola sola.
Una
volta congedato il medico, César tornò nelle stanze di
Carlotta, deciso a chiudere la questione, ma meno furioso di quando
aveva sentito la prognosi.
-Pensi
di avercela fatta a mandare all'aria il mio progetto?- Sapeva che la
figlia non si sarebbe mai rassegnata ad un fidanzamento combinato e
qualcosa, nel suo istinto, gli diceva che in qualche modo l'aveva
fatto apposta.
-Non
è mia volontà, padre.- Mentì la ragazza. Se
teneva la voce bassa e cupa, fino a sentirla vibrare all'altezza del
torace, provava leggermente meno dolore. Tuttavia era meglio non
parlare.
-Sentiti!
Come ti sei ridotta!- Ebbe un brivido, immaginando uno di quei
bizzarri uomini travestiti che aveva incrociato in certi bassifondi.
-Tu non uscirai di casa, nessuno dovrà sentirti!- Si sarebbero
coperti di ridicolo -Diremo che hai anche la febbre e che per questo
non potrai nemmeno assistere alla prima.-
Carlotta
provò a ribattere, voleva essere presente al trionfo di
Christine, ma decise che non le conveniva. Poteva uscire di nascosto
sapendo che lui sarebbe stato impegnato a lungo anche dopo lo
spettacolo, con il gran galà di inaugurazione della stagione.
Un'occasione d'oro.
Quando
più tardi, nel pomeriggio, César uscì per andare
a controllare che tutto fosse in ordine per lo spettacolo
dell'indomani, anche Carlotta lasciò la tenuta, calandosi,
come molte altre volte, dal graticcio che sorreggeva l'edera che
cresceva rigogliosa sulla facciata posteriore della
magione.
Raggiunse
le scuderie e cercò Mercier, doveva avvisarlo.
Lo
trovò intento a parlare ad Argo, seduto pigramente sullo
sgabello da maniscalco, nel suo stallo -Mercier.- Le uscì
quasi come un latrato e il giovane trasalì.
-Carlotta?
Che hai fatto alla voce?-
-L'erborista
che mi hai consigliato.- Tossì, le sembrava di avere qualcosa
incastrato in gola -Vado a teatro...- Christine avrebbe avuto bisogno
di incoraggiamento. Non occorreva che le insegnasse altro.
-Cosa
ti è successo al volto?- Aveva uno zigomo molto arrossato, che
cominciava a scurirsi.
-César...-
Il
ragazzo non disse niente, limitandosi ad un sospiro rabbioso -E'
rischioso che tu vada con lui presente. Non avresti scampo se ti
vedesse.-
-Non
mi vedrà.-
-Ma
se succedesse?- Non voleva che Carlotta rischiasse inutilmente. Non
si sarebbe esibita, questo contava. Al Diavolo il resto! Non capiva
perché trovasse così irresistibile vagare per quei
corridoi -Di notte non c'è quasi nessuno, ma di giorno è
un'altra cosa.-
-Entrerò
dalla ghiacciaia, non dalle stalle.- Avevano trovato quel passaggio,
assieme a molti altri, annotato nel taccuino di colui che loro
chiamavano "il vero Fantasma". L'Operà in realtà
era quasi un colabrodo dal gran numero di uscite nascoste che avevano
individuato. Perfino una dallo sfiatatoio del bacino, raggiungibile
agevolmente dal fosso e che aveva reso inutile tagliare le sbarre, e
una che portava direttamente alla sua spiaggia.
-Carlotta...-
L'ammonì apprensivo.
-Farò
attenzione.- Sentiva che era suo compito occuparsi di Christine e in
quei giorni la pensava con preoccupazione, finché non
la vedeva durante le prove.
-Dovresti
coprirti il volto, come il vero Fantasma. Se qualcuno ti incrociasse
almeno non ti riconoscerebbe subito e potresti scappare.-
-Hai
ragione, cercherò nel magazzino dei costumi...- Avrebbe dovuto
trovare qualcosa che non le impedisse di cantare, o per le lezioni
sarebbe diventato problematico quando sarebbe riuscita ad emettere
nuovamente versi differenti dal gracidare di un rospo.
Raggiunse
il deposito dei costumi, prima di andare da Christine. In effetti era
stata un po' sprovveduta a girare per il teatro a volto scoperto,
volendo tenere nascosta la propria identità.
Per
fortuna, comunque, le maschere di scena lì non mancavano
affatto. Aveva solo l'imbarazzo della scelta.
Scartò
quelle troppo vistose e quelle necessarie per "L'Annibale",
quelle a volto intero, che le avrebbero limitato i movimenti durante
il canto, e scelse una mezza maschera, bianca e anonima come tante
altre, che la copriva dalla fronte fino alla base del naso.
Prese
anche una marsina nera, dei guanti di pelle e un mantello scuro, per
camuffare ancora meglio la propria figura. Nonostante avesse
un'altezza credibile per un uomo, altrettanto credibili non erano le
sue forme e voleva evitare di fasciarsi il petto, se non
assolutamente necessario.
Si
guardò allo specchio, aveva un aspetto decisamente elegante,
più che adeguato ad un insegnante di canto. Poi legò i
capelli strettamente dietro la nuca, come faceva di sovente, e
pettinò indietro la frangetta.
Non
l'avrebbe vista nessuno, ma, spiegandole il proprio modo di recitare,
Mercier le aveva detto -L'abito fa il monaco- e anche se lei non era
attrice, stava decisamente interpretando un ruolo e aveva bisogno di
tutto l'aiuto possibile. Era importante, ne andava della vita sua e
di Christine, anche se in maniera differente.
Lasciò
il magazzino e si diresse al camerino della bionda, trovandolo vuoto.
Probabilmente era in scena. Prese uno dei corridoi e poi una lunga
scala a pioli infissa nel muro, fino a raggiungere uno dei palchi in
platea, certamente vuoto durante le prove.
Ed
ecco la sua pupilla al centro del palco, stupendamente fasciata dal
lungo abito bianco tempestato di brillanti che la faceva apparire
come una splendida sposa.
Poteva capire perché suo padre
avesse scelto quello spettacolo. Quel meraviglioso angelo biondo era
la personificazione stessa della purezza, ma lei sapeva che sotto
quella sembianza indifesa si celava un'enorme forza.
L'aveva
immaginato dalla sua storia, non sarebbe arrivata fin lì senza
determinazione, ma anche dal modo in cui cantava. Quando le faceva
eseguire qualche ballata popolare, per divertirsi e allentare la
tensione, tirava fuori una tale grinta da farle rimpiangere di non
poterla vedere in mezzo ad una vera festa.
Era
evidente che tutta la cerimoniosità a cui era obbligata, anche
con colei che si presentava come madre, le stava parecchio
stretta.
Si
sedette comodamente a godersi lo spettacolo delle prove, la sala era
al buio e nessuno avrebbe fatto caso a lei. Si premurò
solamente di bloccare la maniglia della porta del palchetto con una
delle sedie imbottite, giusto per evitare di venire colta di sorpresa
in caso di tremenda sfortuna.
Christine
si sentiva tesissima. Anche se ingenuamente aveva pensato che le
sarebbe dispiaciuto non potersi esibire, ora che toccava a lei la
questione era decisamente differente.
Non
aveva mai cantato davanti ad un pubblico e anche se si era abituata a
farlo innanzi all'orchestra, l'immagine della platea piena le
infestava la mente.
Quando
ballava era diverso, quasi tutta l'attenzione era sulle cantanti e
non era mai da sola, c'erano sempre le sue colleghe, o Mère a
darle indicazioni. Quella volta, invece, sarebbe stata il fulcro di
tutto.
Se l'era
cavata, fino a quel momento. Era stata titubante ma aveva ricordato
ogni strofa, ogni nota e ogni abbellimento, però sentiva
l'ansia crescere man mano che si avvicinavano al quinto atto, quello
che le aveva dato più problemi in assoluto.
Pensò
al suo Angelo e al duro lavoro fatto. Ai complimenti che il suo
misterioso maestro le aveva rivolto e alla felicità di Reyer,
quando l'aveva sentita cantarla bene per la prima volta. L'aveva già
fatto. Doveva solamente farlo ancora.
Stava
per finire l'introduzione strumentale e arrivare il suo momento,
quando vide il Visconte sedersi silenziosamente in prima fila.
Quell'uomo le aveva sempre messo soggezione, con i suoi modi bruschi
e la sua superbia. Se avesse sbagliato davanti a lui, sicuramente
l'avrebbe licenziata.
-Mademoiselle
Daaé?- La voce del Maestro Reyer la riscosse, aveva perso il
momento dell'attacco.
-Scusate,
ricominciamo per favore.- Sentì il Visconte sbuffare
spazientito, nella penombra della sala, e la sua agitazione
peggiorò.
Cominciò
a cantare al momento giusto, ma come pallida imitazione di sé
stessa. Nessuna stonatura, ma non c'era potenza, non c'era controllo.
Negli acuti la voce tremava e il direttore d' orchestra decise di
interrompere -Forse è meglio fare una pausa.- Cercò di
essere gentile, ma non riuscì del tutto a trattenere la
frustrazione. Dovevano esibirsi l'indomani e la loro unica speranza
era Christine, visto che la Viscontessa era malata. Se non avesse
ritrovato la serenità necessaria, lo spettacolo sarebbe stato
un disastro e tutta la stagione in salita. Senza contare i rischi per
la sua testa, che sarebbe stata la prima a saltare se il Visconte non
fosse stato soddisfatto.
Carlotta
riprese la scala nascosta e scese di corsa ai camerini. Come temeva,
Christine aveva bisogno di lei.
Si
fermò dietro lo specchio e rimase in silenzio. Madame Giry la
stava sgridando, chiedendole cosa diamine le fosse passato per la
testa per esibirsi a quel modo davanti al Visconte.
"Lo
sa vecchia megera, non occorre dirglielo!" Strinse i denti,
poteva solamente aspettare che se ne andasse e rimediare ai
danni.
Dopo
qualche minuto la donna uscì, lasciando la ragazza seduta
sulla chaise-longue con il capo chino, mentre tormentava il
fazzoletto tra le dita..
-Christine-
Sentì la gola pungere terribilmente, era rimasta in silenzio
troppo a lungo.
-Angelo...-
La bionda alzò lo sguardo, lucido di lacrime -Mi dispiace.-
Stentava a trattenersi dal mettersi a piangere.
-Non
dispiacerti.- Cercò di mantenere il tono il più tenero
possibile, nonostante il dolore. -Le prove sono fatte per sbagliare,
o non si chiamerebbero così.-
Sentire
con quanto affetto le si rivolgeva, nonostante i suoi errori, la
rincuorò. Temeva di averlo deluso.
-Cosa
ti spaventa?- Le erano venute in mente diverse cose che avrebbero
potuto destabilizzarla.
-Il
pubblico. L'idea della sala piena...-
-Non
preoccuparti. Durante lo spettacolo ci saranno accese molte più
luci e tu non riuscirai nemmeno a vederli. Non te ne accorgerai
neanche.- Lo aveva sentito dire spesso.
-Ne
sei sicuro?-
-Assolutamente.
Tu canta come faresti per te stessa e vedrai che ciò che avrai
attorno scomparirà. Sei preparata, sei brava, non hai niente
da temere. Pensa alla Viscontessa, con quanta sicurezza si è
posta su quel palco pur avendo la metà del tuo
talento.-
Christine
annuì -Non parlare male di lei, per favore. Credo che sia una
persona gentile.- L'aveva colpita favorevolmente durante le audizioni
e dopodiché quasi non si erano più parlate. Carlotta
era una persona molto solitaria e si era spaventata e preoccupata
molto quando l'aveva intravista in corridoio, al mattino, con la mano
alla gola e le lacrime agli occhi, prima che Mère la
riportasse nel suo camerino -Angelo, potresti fare qualcosa per lei?
Mi sembra disperata...- Tutti sapevano che l'intera stagione teatrale
era stata studiata per farle trovare marito in fretta, ma invece di
suscitare pietà, aveva sentito diverse persone deriderla
sarcasticamente, come se fosse la giusta punizione per aver osato
essere ricca o nobile. Christine non ne aveva mai capito il senso,
senza contare che nulla era dipeso da Carlotta..
La
mora, dietro allo specchio, rimase per qualche secondo in silenzio,
profondamente colpita -Credo che tra noi due sia tu, il vero angelo.-
Non aveva idea di cosa pensasse Christine di lei e vederla
preoccupata le scaldò il cuore. Avrebbero potuto essere
alleate l'una dell'altra, se non altro nella comprensione.
La
bionda sorrise grata per quelle parole e, dopo un ultimo
incoraggiamento, tornò a provare.
****
Disclaimer: Con il commento
di César, rivolto a chi pratica crossdressing, non è
intenzione dell'autrice offendere nessuno. Si tratta di un
"espediente narrativo" utilizzato per esprimere il pensiero
personale di un personaggio (assolutamente fittizio) odioso, gretto e
bigotto. Guidato dall'ignoranza, dalla superbia e dall'assetto
sociale del 1880.
Note:
Buongiorno
e buon sabato! Spero che questo capitolo vi sia piaciuto, in
ogni caso fatemi sapere cosa ne pensate, anche con poche parole,
soprattutto se non è stato di vostro gradimento.
Colgo
l'occasione per ringraziare la mia Beta di fiducia Oscuro_errante per
l'impegno e la costanza nel suo prezioso lavoro. Grazie mille!
A
sabato prossimo!
|
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Capitolo 4 *** The Music Of The Night ***
4. The Music of The Night
Ogni riferimento a fatti realmente
accaduti, cose, luoghi, persone e organizzazioni realmente esistenti
è puramente casuale.
4.
The Music Of The Night
La sera della prima, Carlotta, travestita da Fantasma, assistette a
tutto lo spettacolo da una posizione invidiabile: dalla cupola che
sovrastava la sala.
L'acustica era perfetta e con un piccolo binocolo da teatro era come essere in prima fila.
Non era molto comodo, non c'era posto per sedersi, ma non le importava.
Era assolutamente curiosa e al tempo stesso entusiasta per la prima
esibizione ufficiale di Christine.
Fu meravigliosa e, al termine, scrosci incessanti di applausi di un
pubblico adorante e centinaia di fiori lanciati sul palco da ammiratori
già accaniti furono il degno coronamento di tanto lavoro.
Venne portata in camerino letteralmente in trionfo, con tutto il
personale e gli ospiti ammessi dietro le quinte, completamente
strabiliati.
La stanza era invasa dai fiori, rendendo quasi impossibile camminare.
Quando si chiusero le porte, rimasero solo lei e Madame Giry: la nuova
Diva doveva rinfrescarsi e non era opportuno, ovviamente, che ci fosse
qualcun altro all'infuori della sua tutrice.
Con voce pacata, quasi solenne, la donna esordì: -Il Visconte
è molto orgoglioso di te.- Posò una singola rosa rossa,
con un fiocco di velluto nero, sulla toeletta davanti a Christine -Sai
cosa significa questo.-
La ragazza guardò la madre, spaventata. Non era sicura di aver capito. O meglio, sperava di non aver capito.
-Questa sera andrai da lui.-
Carlotta, nascosta dietro lo specchio con un mazzo di gigli bianchi da
lasciarle in un momento opportuno, si sentì inorridire.
Per la differenza di età César poteva essere il padre di
Christine e, anche se questo non era troppo insolito, immaginarlo come
spasimante della giovane le fece venire un brivido di ribrezzo lungo la
schiena. Pensare, poi, a quale genere di istinto avrebbe sfogato senza
timore di ripercussioni con un'orfana di ceto inferiore, le fece
contorcere lo stomaco fino a provare dolore.
-Mère, lui mi spaventa.- Sussurrò appena, il cuore le batteva all'impazzata per la paura.
-Non essere sciocca. E' così che va il mondo. E' proprietario
del teatro e di tutto ciò che contiene, vedi di non
contrariarlo- Detto questo, la donna uscì e chiuse la porta,
lasciando la ragazza sola con il proprio terrore.
Carlotta era sconvolta, cercava di pensare ad un modo per tenere suo
padre lontano da lei, ma aveva pochissimo tempo e attraverso lo
specchio poteva vedere Christine piangere disperatamente e tremare,
cosa che la metteva ulteriormente premura.
Dopo pochi istanti si sentì bussare, la cantante cercò di ricomporsi ed aprì.
-Siete stata magnifica questa sera. Sarete mia ospite a cena. Cambiatevi, chiamo la carrozza.-
-Signor Visconte...- Se avesse detto di essere affaticata, forse
avrebbe potuto
rimandare.
-Sbrigatevi. Due minuti.- E richiuse la porta alle sue spalle, sparendo rapidamente come era apparso.
La Diva rimase immobile a fissare la porta, poi, un sospiro tremante
spezzò il silenzio e la bionda riprese a piangere -Angelo ti
prego, aiutami...- Supplicò tra sé e sé,
sussurrando tra i singhiozzi, e Carlotta smise di ragionare.
Passò qualche istante appena e una corrente gelida avvolse
Christine, facendola rabbrividire. Alzò il volto per capire da
dove venisse e si pietrificò. Un uomo in nero e mascherato era
comparso nel suo camerino.
Cercò di urlare, ma una mano guantata, salda, le coprì la
bocca, impedendoglielo -Sono il tuo Angelo della Musica.-
Sussurrò roco al suo orecchio. -Voglio aiutarti.-
Christine spalancò gli occhi, sorpresa e rincuorata al tempo
stesso. Quell'apparizione l'aveva inquietata, ma riconobbe il tono
dolce del suo Maestro.
-Seguimi.- Le disse, prendendola delicatamente per mano, e la
cantante non mise tempo in mezzo. La paura del Visconte era
troppa per avere delle obiezioni.
Vide lo specchio scostato e l'angelo passarvi dietro, lo imitò e l'aria umida e fredda l'avvolse nuovamente.
Quando l'uomo richiuse il passaggio, l'oscurità divenne quasi
completa. Solo la luce tremolante di una lanterna, oltre all'angolo,
rischiarava scarsamente il luogo, mentre un mazzo di gigli bianchi
giaceva a terra, fredda vestigia di un complimento ormai inopportuno.
La persona davanti a lei continuava a tenerla per mano senza forzarla,
facendola addentrare in corridoi sconosciuti senza mai esitare, nella
flebile luce di quella piccola fiamma.
-Dove mi state portando?- Camminavano da diverso tempo e cominciava a preoccuparsi. L'avrebbero senza dubbio cercata.
-Al sicuro.- Cercava di parlare il meno possibile. La penombra la
aiutava a camuffare la propria figura, ma era la prima volta che
parlava direttamente a Christine, senza sfruttare l'eco, e anche se la
sua voce era rauca e bassa, temeva che l'avrebbe riconosciuta.
-Siete...Il Fantasma dell'Opera?- Chiese con timore. L'abito scuro e la
maschera sul volto coincidevano con i racconti che giravano tra le mura
del convitto. Si parlava di lui come formidabile alleato e temibile
nemico.
Sebbene non lo fosse a Carlotta sembrava ormai di averne raccolto
l'eredità, volente o nolente. Aveva ottenuto i segreti
dell'Operà, la sua casa ed ora anche il suo ruolo di
protettore…Per questo, a quella domanda, annuì.
Christine sentì un brivido attraversarle la schiena. Non sapeva
dire se di freddo, di paura o di eccitazione: nel suo letto di bambina
molte volte aveva fantasticato su quei racconti e sognato di vivere
un'avventura senza eguali.
Raggiunsero la sorgente e Carlotta le suggerì di salire
sull'imbarcazione. Una volta fatta sedere la fanciulla agganciò
la lanterna alla prua e, in piedi sulla poppa, iniziò a
sospingere la barca.
L'avrebbe portata nel suo regno, lì nessuno sarebbe riuscito a trovarle e si sarebbe preoccupata in seguito di cosa fare.
Colta dalla paura e dalla fretta aveva agito d'impulso, esponendosi e mettendo a rischio tutto quanto organizzato in quei mesi.
Suo padre era sicuramente furioso e la stavano certamente cercando.
Forse avrebbero chiamato anche la gendarmeria, e lei cosa avrebbe
potuto fare? Di certo non tenerla lì per sempre…
Sospirò, scacciando l' idea. Per quella notte erano al sicuro, ci avrebbe ripensato domani.
La vide voltarsi, mentre cercava di guardarla con la coda dell'occhio, senza farsi notare.
Carlotta sorrise nel buio -Canta per me...- Voleva che la ragazza si
distraesse e si calmasse, nella piena oscurità quelle
pareti risultavano opprimenti perfino a lei.
La giovane si prese qualche secondo e poi cominciò.
Di notte venne a me, nel sogno mio…
la voce dentro me, perduto oblio
Ma sto sognando o no?
Io vedo te
Fantasma dell'Opera è qui
Insieme a me...
Chi vide il volto tuo
poi ne impazzì
Con me ti mascheri
ma ti vedo qui…
E prendo il canto tuo che suona in me
Fantasma dell’Opera è qui
insieme a me
Il suo nocchiere ascoltava in silenzio, desideroso di unirsi a quel canto sorprendente, ma impedito dalla propria voce.
Accostò la barca alla spiaggia e scese agilmente, aiutando la
ragazza a fare altrettanto. Christine si guardò attorno, mentre
il suo silenzioso salvatore accendeva rapidamente le torce alle pareti
e le candele nei numerosi candelabri.
-Dove siamo?-
-Nel mio regno. Solo la musica può raggiungerci qui...- Prese il
suo violino e cominciò a suonare. Era consapevole che il suo
comportamento sarebbe risultato anomalo, addirittura bizzarro, ma era
l'unico modo per non essere costretta a parlare.
Seguì per qualche nota la melodia che la giovane aveva
improvvisato, prima di rallentarla e addolcirla, trasformandola in
qualcosa di completamente nuovo. Voleva che l'altra si sentisse al
sicuro, che si fidasse di lei, anche se non poteva spiegarle nulla.
Christine si sentì avvolgere da quella musica, in un abbraccio
caldo e suadente che quasi trovò ipnotico. Gli occhi del suo
maestro la guardavano, colmi di nostalgia e affetto, mentre si
avvicinava a lei, smorzando lentamente il suono del violino -Da quando
ti ho udita cantare la prima volta ho sentito il bisogno di averti con
me...- Oltre alla solidarietà, oltre alla tristezza, tenerla per
mano era stata un'emozione inattesa. Pensava fosse per la paura, per
l'ansia di venire scoperta, ma ora che erano al sicuro, il suo cuore
non smetteva di fremere.
Desiderava che il suo spirito e la sua voce diventassero realmente una sola cosa.
Scostò i drappi del baldacchino, rivelando il letto dalle lenzuola pulite e la invitò, con un gesto del polso.
La ragazza si avvicinò, titubante, e quando la mano guantata del
Fantasma toccò lievemente le sue dita sussultò, ma non
c'era spavento in lei. Il battito impazzito che sentiva nel petto non
era di timore.
-Non aver paura, confida in me.- Sussurrò il suo salvatore,
rassicurandola e lasciandola poi sola a riposare, cullandola nel sonno
con una lieve nenia del violino.
Carlotta passò la notte a pensare, seduta al tavolo ingombro di
spartiti, mentre la giovane riposava, spossata dall'esibizione e da
tutte le emozioni provate.
Fu il vago chiarore dell'alba, che filtrava dalla feritoie della
distante parete di fondo, che la riscosse. Anche lei doveva rientrare,
prima che suo padre si accorgesse della sua assenza.
Prese il violino e iniziò a suonare lievemente, per destarla
senza raggiungerla a letto. Aveva le sembianze di un uomo, non era
opportuno che si avvicinasse. Christine avrebbe potuto intimorirsi come
la sera precedente, quando l' aveva invitata a coricarsi.
Vide l'angelo biondo svegliarsi, avvolta nel mantello nero con cui l'aveva coperta, e sorriderle.
Carlotta non riusciva a distogliere lo sguardo, mentre suonava nemmeno
lei sapeva cosa. Il suo corpo si muoveva da solo, mentre tentava di
tradurre in note quello che sentiva.
Christine la raggiunse, grata per l'aiuto che le aveva dato. Doveva la
vita a quell'uomo misterioso che si era preso cura di lei con premura,
senza pretendere altro, e quella melodiosa musica, calda e dolce al
tempo stesso, le suggerì facilmente le parole
Una voce il mio spirito quel dì incantò
dentro me dolci note udite mai
dentro me la magia spiegar non so...
Sento che suona lieve qui, però...
-Vorrei vedere il tuo volto.- Sussurrò la bionda, guardandolo negli occhi.
-E' più strano di quanto tu possa immaginare.- Disse Carlotta, colma di rammarico.
Era una donna, e se Christine l'avesse vista sarebbe rimasta
inorridita. Qualsiasi cosa stesse facendo palpitare il suo cuore doveva
essere messa a tacere, o sarebbero bruciate all'Inferno.
La ragazza incrociò il suo sguardo, scettica, ma il dolore nel
suo tono la intristì. Portò una mano al suo viso,
accarezzandolo con la punta delle dita.
Carlotta chiuse gli occhi, assaporando ogni istante di quel tocco sulla
sua pelle, ma un tocco ancora più dolce la sorprese sulle labbra.
-No!- Quasi gridò la Viscontessa, scostandosi di scatto per poi
allontanarsi -No...- Ripetè sommessamente, cercando di
recuperare la calma.
-Perdonatemi Monsieur, non volevo contrariarvi.- Il suo comportamento
era stato indecente, era stata sciocca a sperare che qualcuno come lui
potesse provare per lei ciò che vibrava da tempo nel suo animo.
-Non avete nulla da farvi perdonare...Mi preoccupo per il vostro
onore.- Quel bacio era stato bellissimo quanto inaspettato. Desiderava
che non finisse, in realtà, ma non era giusto ingannarla e
prendersi gioco a quel modo della sua fiducia. Sarebbe stato troppo e
non voleva approfittare di lei come avevano fatto tutti gli altri
-Andiamo, vi staranno cercando.- Si avvicinò all'ormeggio e le
porse la mano.
-Cosa potrò dire quando mi chiederanno cosa è successo?-
Chiese Chrisitne, preoccupata. Non sapeva neanche se avrebbe più
rivisto il suo misterioso Angelo, dopo quanto successo.
-Che il Fantasma dell'Opera vi ha portata nel regno della musica e che
egli veglia e veglierà sempre sulla vostra incolumità-
Avrebbero pensato che lo spavento del rapimento l'avesse sconvolta e
nessuno avrebbe capito cos'era realmente successo.
La accompagnò all'ingresso del cortile del convitto e poi sparì, dileguandosi nei passaggi segreti.
Cavalcò come se avesse la morte all'inseguimento e
rientrò nelle proprie stanze dalla finestra, cambiandosi
immediatamente e coricandosi, stropicciando poi cuscino e lenzuola per
far sembrare di essere rimasta lì tutta la notte.
Poco dopo, sentì il rumore degli zoccoli di diversi cavalli
percorrere a piena velocità il viale principale della tenuta e
fermarsi davanti all'ingresso.
Accostò l'orecchio alla porta della propria stanza, dalla sua
finestra non poteva scorgere la facciata, e sentì la voce del
padre urlare ordini ai domestici, sembrava furioso.
Tornò a letto non sapendo cosa aspettarsi, poi sentì i
suoi pesanti passi su per le scale e, infine, silenzio. Doveva essersi
ritirato.
La domestica bussò alle sue porte un paio d'ore dopo, quando il
sole era già alto. Si destò e le diede il permesso di
entrare.
-Buongiorno Viscontessa, avete riposato bene?- La donna, robusta e
gioviale, portava con sé un vassoio con una teiera fumante, una
tazza e un piccolo bricco di porcellana pieno di miele.
-Sì, Bernìce.- Si portò una mano alla gola, che le
aveva dato una brutta fitta, ma si sforzò di sorriderle
cortesemente.
-Vi ho portato il decotto di santoreggia, come ha ordinato il medico.-
Le versò la tisana e le porse la tazza, dopo avervi disciolto un
generoso cucchiaio di miele.
-Grazie.-
-Oh, sentite poverina, che voce...- Sottolineò la donna, apprensiva.
-Più tardi potreste andare a comprare il mio solito tonico? Credo che potrebbe aiutare anche quello...-
-Certamente Viscontessa. Gradite la colazione qui o preferite nella sala di lettura?-
-Va benissimo qui.- Era stanca, le emozioni e le follie della sera precedente si stavano facendo sentire.
-Sembrate esausta.- Le toccò la fronte, per assicurarsi che non avesse la febbre, ma era fresca.
-Com' è andata la prima?-
-Molto bene, ma di certo, se aveste cantato voi, sarebbe stata magnifica.-
La mora sorrise ringraziando educatamente, mentre beveva lentamente un
sorso di tisana e beandosi della sensazione di sollievo immediato che
ne trasse.
-Il disastro è stato quello che è successo dopo!-
Carlotta la guardò, sorpresa.
-La vostra sostituta, dopo lo spettacolo, è sparita! Si è
letteralmente volatilizzata in pochi minuti!- Esclamò la
domestica -Il Visconte ha fatto chiamare tutti gli uomini della
servitù e anche la Gendarmerie, ma della ragazza nessuna
traccia... Fino all'alba. L'hanno trovata davanti all'ingresso,
incolume, ma avvolta nel mantello di un uomo!-
-Parbleu!- Carlotta cercò di apparire assolutamente scandalizzata.
-Dicono che sia stata rapita, ma alcune voci sostengono che sia fuggita con il proprio amante!-
-Artisti...- Bofonchiò la Viscontessa, quasi sudando freddo, mentre prendeva un altro sorso di decotto.
-Dice di essere stata rapita dal "Fantasma dell'Opera"!-
La mora si meravigliò della velocità con cui si era
sparsa la voce -Potrebbero averle dato qualche sostanza, oppure
è sconvolta...-
-Tutto è possibile Viscontessa! Spero per lei che fosse con il
suo vero amore... Mi piacciono i lieti fini.- Sospirò la donna,
portandosi le mani al petto, sognante.
-Ho impegni per oggi?- Preferì cambiare argomento.
-Nel pomeriggio avreste dovuto passeggiare con Mademoiselle Lusienne e
le sue sorelle, ma viste le vostre condizioni di salute abbiamo
convenuto con vostro padre che fosse meglio rimandare.-
-Sono state avvisate?- Non aveva idea di chi fossero, un incontro organizzato da César, senza dubbio.
-Già ieri.-
-Benissimo. Resterò nelle mie stanze e gradirei non essere disturbata. Forse farò una cavalcata, nel pomeriggio.-
-Certamente Viscontessa.-
Appena fu certa che il padre fosse uscito di casa, Carlotta si calò dalla finestra e corse alle stalle.
Voleva controllare che Christine stesse bene.
-Cosa diamine hai fatto?- Mercier la sorprese alle spalle, mentre metteva la sella ad Argo -Ha chiamato la Gendarmerie!-
-Voleva farle del male! Ho dovuto...-
-Sei stata stupida! Ora tutto il teatro parla del Fantasma! Non devi più andarci!-
-Ci andrò, invece! A controllare che stia bene, almeno-
-No!- L'afferrò per un polso, allontanandola dal cavallo. -Ti spareranno prima ancora di chiedere chi sei!-
-Non hanno trovato i corridoi...- L'aveva accompagnata all'esterno
proprio per dare l'idea che fosse stata portata fuori dal teatro e
sviare le ricerche.
-Non andare oggi...- Quasi supplicò. I dintorni del teatro erano un subbuglio di curiosi, giornalisti e soldati.
-Mi stai facendo male.- Sottolineò Carlotta, la stava ancora trattenendo.
-Scusa.- La lasciò immediatamente, abbassando lo sguardo -Sono tutti in allarme, il minimo scricchiolio li fa trasalire.-
Carlotta sospirò, doveva andare, ma l'amico poteva aver ragione
a preoccuparsi, anche se l'aveva detto nel modo peggiore possibile,
impulsivo come sempre -Non andrò come Fantasma. Dirò di
dover parlare con mio padre.- Capitolò.
Mercier annuì -Perché tieni così tanto a lei?-
Poteva capire il rapimento, presa dal panico, visto che César
voleva farle del male, ma perchè rischiare, adesso? Era al
sicuro, nelle mani della sua tutrice, e il Visconte non si sarebbe di
certo azzardato a tentare nulla, almeno nell'immediato.
Carlotta non sapeva cosa rispondergli. Quando era rimasta sola con lei
aveva sentito la musica scorrerle nelle vene, il cuore impazzire, la
mente diventare leggera e…Aveva sognato il tocco delle sue
labbra, per quel poco che aveva dormito.
-Siamo nella stessa situazione. Sua madre vuole farle contrarre un
matrimonio per il proprio interesse e sta puntando a César, ma
Christine non ha titolo, non ha denaro, nessuno dalla sua parte... Non
è altro che un sacrificio per le loro ambizioni.-
-Come quasi tutti i cittadini di Parigi. Nessuno di noi ha titoli o soldi.-
-Tu sei un uomo, non puoi capire...Avrai sempre possibilità di
scelta. Per noi è diverso, noi veniamo prese per sciocche, pazze
o impudenti se rifiutiamo, e i nostri tutori possono firmare per noi il
consenso. Succederà così, appena mio padre
riceverà una proposta soddisfacente. Nemmeno io ho più
molto tempo...-
-Chi otterrà la tua mano sarà fortunato...- Disse, ancora una volta.
-Mèrde, io no!- Sentì la gola raschiare, mentre ringhiava
afferrando il ragazzo per il colletto. -Piuttosto la morte!- Lo
fulminò con lo sguardo -Smettila di dire che saranno
fortunati...- Mercier lo ripeteva ogni volta che ne parlavano, ma non
aveva più intenzione di sopportarlo. Non ora che sentiva il
cappio del matrimonio combinato stringersi attorno al suo collo.
-Non ho libertà di scelta, anche se sono un uomo.-
-Che intendi?- Per assurdo, lo riteneva più libero di lei.
-C'è una donna...- Si risistemò la camicia, appena la ragazza lo lasciò andare.
Carlotta ascoltò con più attenzione, non sapeva nulla al riguardo.
-L'ho corteggiata a lungo- Aggiunse il ragazzo -Ma non ho ottenuto alcun riscontro.-
-Mi dispiace, forse allora non sei il suo tipo.- Tornò a fianco
della cavalla, non capendo il discorso dell'amico. Non essere
corrisposti non era come non poter scegliere. Tolse la sella dalla
groppa di Argo e prese la striglia.
-Io penso che non si sia nemmeno accorta che la sto corteggiando.-
-Bhe allora sii più esplicito.- Cominciò a spazzolare la
cavalla, ottenendo uno sbuffo di approvazione da parte della giumenta.
-Ma è irraggiungibile, di un altro ceto.-
La mora capì finalmente cosa c'entrava quel discorso con il non
avere scelta -Potrebbe decidere di scappare con te. Se non
andrà, non succederà nulla. Nessuno ti biasimerà
per averci provato.- Se una donna invece avesse tentato una cosa simile
sarebbe stata disonorata per sempre, indipendentemente dall'esito. -O
se piaci a suo padre magari diventi ricco...A meno che non sia
già sposata.- Aggiunse, scherzando.
-Più esplicito, eh?-
-A volte ci sono delle ragazze che non capiscono, se non dici le cose
chiaramente. Vero, Argo?- Le accarezzò il muso, continuando a
spazzolarla.
Mercier si avvicinò a lei travolgendola, prima di afferrarla per il mento e baciarla.
La ragazza trasalì, colta di sorpresa, poi lo spinse via e
arretrò d'un passo, coprendosi la bocca con la mano, mentre
sentiva le lacrime salirle agli occhi.
-Carlotta, io ti...-
-No!- Salì in groppa ad Argo e lo spronò al galoppo,
fuori dalla stalla, lasciando il ragazzo da solo, a maledirsi.
Era scappata per non sentire cosa stava per dirle...Non voleva che diventasse reale.
Aveva lasciato Argo libera di correre fin dove voleva, ma, dopo molto
tempo, la cavalla aveva ricominciato a tornare sui propri passi,
lentamente. Anche la giumenta aveva capito che la sua padrona era
turbata e che doveva riflettere.
Stesa sulla schiena della cavalla, con le gambe che ciondolavano lungo
i fianchi dell'animale, guardava il cielo leggermente velato e le cime
degli alberi scorrere sopra di lei.
Si sentiva bloccata, pensare a quanto successo la agitava.
Non aveva mai pensato a Mercier in quel modo e non ci riusciva nemmeno adesso.
Gli voleva molto bene, gli mancava se stava via qualche giorno e si
divertiva tanto in sua compagnia. Si fidava di lui, era il suo
confidente, e avrebbe dato la vita per difenderlo...Ma non era amore.
Era un fratello, per lei, e il suo bacio l'aveva sorpresa. Pensava che anche per lui fosse lo stesso.
Gli tornarono in mente le parole di suo padre e provò rabbia,
nel vedere che aveva ragione "Nessuno ti assicura che un giorno non sia
lui a cambiare idea..." Quando era successo?
Si chiese se la sua gentilezza fosse reale o se facesse parte del
corteggiamento. La sua disponibilità, il suo riguardo, il
cercare la sua compagnia...Erano sinceri o spinti da un secondo fine?
Si sarebbe comportato alla stessa maniera se non avesse provato
attrazione per lei?
E adesso? Lo aveva respinto...Sarebbero rimasti amici?
Non voleva perderlo, teneva a lui, ma sapeva che il suo desiderio era egoistico e non voleva farlo soffrire.
Si mise a sedere e incrociò le gambe, restando di spalle alla
nuca della cavalla e fidandosi di dove la giumenta la stava portando,
mentre pensava a cosa dire a Mercier.
-Stavo per venire a cercarti.- La voce del ragazzo la riscosse -Sei stata via diverse ore...-
Carlotta scivolò giù dalla groppa del cavallo e lo affrontò -Mi dispiace, Mercier.-
-Non importa...-
-Sì, invece. Io ti voglio molto bene...Ma come fratello.-
Il ragazzo annuì, cercando di nascondere il dolore che quelle parole gli stavano causando.
-Mi piacerebbe che restassimo amici, come ora, ma non vorrei darti
fastidio. Quindi scegli tu. Se preferirai non vedermi più lo
capirò.-
-C'è qualcun altro?-
-No.-
-E preferiresti un matrimonio finto a me?!-
-Scapperei con te anche domani, ma non come...Mio fidanzato.- Disse quelle ultime parole con imbarazzo.
-Bene, allora facciamolo!- Si irritò lo stalliere.
-Devo prima aiutare Christine.-
-Una sconosciuta è più importante di me...Hai uno strano
senso della famiglia- La sua incoerenza lo confondeva e lo faceva
arrabbiare ancora di più.
-Lei è sola!-
Mercier si morse la lingua. Stava per risponderle male, trascinato
dalla collera che lo aveva colto di sorpresa, ma sapeva che se ne
sarebbe pentito. Fece cenno a Carlotta di aspettare, aveva bisogno di
qualche istante per riprendere il controllo.
-Va bene.- Sospirò infine -Voglio essere utile.- Si sarebbero sbrigati prima.
-Davvero? Se hai bisogno di tempo...- Non voleva che si sentisse a disagio a stare in sua compagnia.
-No, va bene così. Me ne farò una ragione, non
preoccuparti. Ho reagito male. E poi, se io non ti coprissi, si
accorgerebbero di quando lasci la tenuta di nascosto.-
Carlotta rientrò e disse a Bernìce di prepararsi ad
uscire, nel pomeriggio. Sarebbero andate a teatro a trovare il padre,
con la scusa di cogliere dettagli sulla fuga della soprano.
La domestica non se lo fece ripetere due volte, moriva dalla
curiosità e la aiutò anche a nascondere il livido sulla
guancia, che per loro fortuna non era molto vistoso.
Prima di arrivare all'Operà si fermarono a prendere il tonico
per la gola di Carlotta e subito la ragazza ne approfittò,
abbondando. Tutto quel parlare con Mercier le aveva dato fastidio.
-Viscontessa! Sono felice che stiate meglio!- Le accolse l'insegnate di balletto, vedendole.
-Madame Giry- Ricambiò il saluto, sussurrando appena per non
affaticarsi e non far sentire quanto bassa fosse la propria voce.
-Povera cara...Siete completamente afona.- Disse con rammarico -Come mai siete qui? Non potete di certo provare- Indagò.
-Volevo prendere una boccata d'aria e sono venuta a trovare mio padre.-
Sorrise fintamente -Ho sentito che Christine è stata rapita.
Come sta la poverina?-
-Grazie al cielo sta bene, nessuno le ha fatto del male. Si sta
riposando, ma non ricorda nulla. Farfuglia del Fantasma
dell'Opera...Superstizioni...Dev'essere lo spavento.-
-L'importante è che stia bene.-
-Le auguro una pronta guarigione e mi saluti il Visconte, per cortesia.- Disse l'insegnante, congedandosi.
-Non mancherò.- Rispose la Viscontessa, prima di dirigersi all'ufficio del padre, al piano superiore.
Bernìce bussò e attesero che il segretario, un ometto
estremamente magro e timoroso, di nome Rèmy, le accogliesse,
prima che Carlotta venisse introdotta nell’ufficio.
-Come mai sei qui?- Chiese l'uomo, sedendosi dietro la sua scrivania.
Lo studio era elegante e sfarzoso e grandi librerie in legno massiccio
coprivano interamente una delle pareti.
-Volevo prendere un po' d'aria e viste le vostre restrizioni ho pensato
che non ci sarebbero stati problemi a conversare con voi...- Carlotta
si accomodò davanti a lui, su una poltrona imbottita.
-Sono felice che la tua voce stia meglio.- La figlia sussurrava, ma non
le dava più quella sensazione sgradevole che aveva sentito
corrergli lungo la schiena la volta precedente.
-Seguo attentamente le indicazioni del medico.-
-Ottimo. Immagino che tu sia qui, in realtà, per avere novità sulla tua sostituta.-
-Mi avete colta in flagrante padre, la curiosità è femmina.-
Il Visconte sorrise, sarcastico -Nessuna nuova. La Gendarmerie indaga,
ma sono in un vicolo cieco e l'unica persona che potrebbe dare qualche
indizio non ricorda nulla! Farfuglia di fantasmi e angeli...-
-In confidenza, padre?- Fece intendere all'uomo che se aveva qualche
dettaglio più interessante lei non lo avrebbe riferito.
-Nient'altro, questo è realmente tutto. Il mantello con cui
è stata ritrovata è anonimo, come tanti altri qui a
Parigi. Chissà dove l'hanno portata-
-A voler essere sospettosi padre…Voi veramente non lo sapete?- Sollevò un sopracciglio, allusiva.
-Che intendi?-
-Ho visto alle audizioni che Christine vi ha colpito molto e non
è la prima volta che si sente parlare di una relazione tra il
mecenate e la soubrette-
César la studiò, tra il divertito e il sospettoso,
accarezzandosi con le dita la punta del mento e domandandosi se avesse
anche lei dei suoi informatori, o se fosse solo intuito.
-Non è questo il caso. L'avevo invitata come mia ospite al
Galà, dopo la rappresentazione, ma è scomparsa mentre
attendevo la carrozza.-
-Avreste comunque l'intenzione?- Chiese con civetteria. Lo sapeva, ma
non poteva dire al padre come aveva ottenuto l'informazione.
-Approveresti?-
-Padre, so bene che la mia opinione è ininfluente per voi, quindi perchè me lo chiedete?-
-Piacere di conversazione.- Si alzò, aggirando la propria sedia e raggiungendo la finestra, dandole le spalle.
-Allora, in sincerità, vi dico che ha l'età di vostra
figlia e ne dimostra ancora meno. Tutto questo mi lascia alquanto
perplessa e in molti la penseranno come me. Senza contare il suo ceto e
i dubbi sulla sua integrità. Come dite voi, è un'artista,
e gli artisti sono inclini all'edonismo.-
-Nessun dubbio sulla sua integrità.-
-Ve lo ha detto madame Giry? Perchè come mi avete insegnato,
negli affari, a volte, è necessario manipolare la realtà.-
-Ho fatto controllare da un medico di mia fiducia. Comunque, hai
ragione, la tua opinione è ininfluente.- Si voltò verso
di lei, sottolineando quelle parole sprezzanti con lo sguardo.
-Siete dunque intenzionato?-
-Appena questa fuga sarà dimenticata inizierò il corteggiamento.-
Carlotta provò sollievo, avrebbero guadagnato tempo e
chissà, se la ragazza avesse avuto più successo avrebbe
potuto trovare uno spasimante di suo gradimento -Sarà difficile,
padre.- Fingeva di preoccuparsi, non voleva che l'uomo si insospettisse.
-Dici?-
-Immagino stia già ottenendo delle proposte, si parlerà
molto di lei nei prossimi giorni.- Magari avrebbe desistito.
-A meno che, qualcuno di vicino a lei, non la guidi nella sua scelta.-
-Madame Giry?-
-No, lei baderebbe solo al miglior offerente e in fretta...-
-Che io sappia non c'è nessun'altro adatto a ricoprire un ruolo simile.-
-Mi verrà in mente qualcuno...-
****
Note:
Buongiorno e buon sabato! Spero che questo capitolo vi sia
piaciuto, in ogni caso fatemi sapere cosa ne pensate, anche con poche
parole, soprattutto se non è stato di vostro gradimento.
Colgo l'occasione per ringraziare la mia Beta di fiducia Oscuro_errante
per l'impegno e la costanza nel suo prezioso lavoro. Grazie mille!
A sabato prossimo!
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Capitolo 5 *** Prima Donna ***
5 Prima Donna
Ogni
riferimento a fatti realmente accaduti, cose, luoghi, persone e
organizzazioni realmente esistenti è puramente casuale.
5. Prima Donna
Uscendo dall'ufficio del padre, Carlotta fece
segno a Bernìce di non avere altri dettagli sulla scomparsa
della sua sostituta. -Non ha aggiunto altro oltre a quello che
sapevamo già, nemmeno in confidenza.- Era contenta che
Christine fosse stata così brava da convincere tutti di non
sapere nulla, di certo si era accorta che erano rimaste nei
sotterranei dell'Operà per tutto il tempo ed era riuscita a
non parlare del suo rifugio con nessuno, sebbene avessero
certamente insistito. Avrebbe però voluto sapere di più
sul suo stato di salute. Madame Giry sarebbe stata capace di dire che
stava bene anche mentre andava in fiamme, pur di mantenere una
facciata irreprensibile, quindi, ciò che le era stato
riferito, era quasi del tutto privo di fondamento. Aveva pensato
anche di cercarla, ma il convitto era grande e lei non aveva idea di
quale fosse il suo dormitorio. Le altre allieve l'avrebbero
certamente notata e la voce sarebbe arrivata rapidamente a suo padre.
Sarebbe stato più facile come Fantasma, ma Mercier aveva
ragione, c'era parecchio nervosismo nell'aria, sarebbe stato
pericoloso. Rassegnate, le due donne si diressero verso l'ingresso
principale ma, appena Bernìce aprì la porta, una
miriade di ammiratori, di curiosi e di cronisti che urlavano domande,
le costrinse ad arretrare e a richiudere l'accesso. -Mon Dieu!-
Disse la donna trafelata -Non vogliono farci uscire!- -Passiamo
dall'ingresso degli artisti, dovrebbe esserci meno gente.- Suggerì
la Viscontessa, visto che conosceva il palazzo meglio della sua
accompagnatrice. -Vado ad avvisare il cocchiere.- Mentre la
domestica si dirigeva verso le scuderie con passo incerto, Carlotta
raggiunse l'ingresso secondario. Lei non passava mai di lì,
ufficialmente. Attraversò tutto il foyer, costeggiò
la sala, i laboratori tecnici e i camerini, mentre il personale
lavorava incessantemente per la messa in scena dell'opera seguente.
Il nuovo mecenate pretendeva nuove scenografie ed erano tutte da
costruire. Raggiunta l'uscita, si mise ad attendere Bernìce.
C'era un piccolo cortile interno prima dell'alto cancello di ferro
battuto e gli ammiratori e i curiosi ne erano stati dissuasi,
trovando molto più facile accalcarsi davanti al portone
principale, che affacciava direttamente sulla piazza. Il cortile
consisteva in un piccolo spazio lastricato, ingentilito
solamente da un'aiuola con qualche fiore, lungo la parete. La
Viscontessa si sedette su una panca accanto alla porta da cui era
appena uscita, mentre attendeva la carrozza. La tentazione di
scivolare nei panni del Fantasma si faceva sempre più forte,
man mano che il tempo passava, ma Bernìce non avrebbe tardato
ancora a lungo. "Eccola" Pensò, vedendo la porta
aprirsi, ma, con sua sorpresa, scoprì che era Christine. Si
bloccò, non sapendo cosa fare. La ragazza non la vide,
nascosta dall'uscio aperto, e si diresse all'aiuola, dove, sedendosi
sul basso muretto che la delimitava, cominciò a raccogliere
qualcuno dei fiori spontanei che vi crescevano. Non era ancora
uscita da quando aveva fatto ritorno. Le avevano detto di non recarsi
a lezione o alla prove, quel giorno, e non sapeva cosa fare. Non era
abituata ad avere così tanto tempo libero. Sentiva il
bisogno di prendere una boccata d'aria e, raccogliere qualche fiore
per rallegrare la propria stanza le era sembrata un'idea carina. Lì
nessuno l'avrebbe notata, indossava l'uniforme grigia come qualsiasi
altra studentessa, e poi, erano tutti davanti al portone
principale. Se non fosse stata certa di quello che aveva visto con
i propri occhi e sentito con le proprie orecchie, anche lei avrebbe
creduto di essersi immaginata tutto per lo spavento... Invece era
reale. Sperava che il Fantasma fosse riuscito a fuggire senza
problemi e che stesse bene. Non lo aveva ancora sentito per quel
giorno, ma sarebbe stato da incoscienti presentarsi a teatro dopo il
trambusto suscitato. Tuttavia, sperava di incontrarlo presto. Temeva
di averlo offeso, di averlo disgustato con quel gesto improvviso,
sconsiderato e indecente che non era riuscita a trattenere, ma le
parole del suo salvatore l'avevano poi presto rassicurata: "Il
Fantasma veglia e veglierà..." Sospirò, alzando
lo sguardo oltre al cancello. Il suo Maestro era senza
dubbio un uomo fuori dal comune. Colto, gentile, generoso, dolce ed
estremamente onesto. Avrebbe potuto approfittare di lei, visto il suo
slancio e le circostanze, ma si era invece preoccupato per il
suo onore. Sospirò nuovamente, annusando uno dei fiori che
aveva appena raccolto. Era stato un vero cavaliere e ben poco le
importava del suo aspetto. Certamente era curiosa, ma niente le
avrebbe fatto cambiare idea, sentiva qualcosa riscaldarle il petto
ogni volta che lo pensava e non aveva mai provato niente di simile
per nessuno, prima. Le melodie che aveva suonato per lei erano
incredibili e i suoi occhi...Così nostalgici da infrangerle il
cuore. Sospirò ancora, alzandosi dal muretto e
voltandosi, per tornare al dormitorio, prima che qualcuno la notasse,
ma si bloccò, vedendo la Viscontessa seduta accanto alla porta
da cui era uscita poco prima. Era lì da tutto il
tempo?! -Buongiorno Mademoiselle Daaé.- Esordì la
nobile con un filo di voce. L'aveva osservata di nascosto, per capire
come stava e aveva notato diversi grossi respiri. Che si fosse
raffreddata? Non era di certo caldo nei sotterranei. -Buongiorno
Viscontessa.- Christine accennò una riverenza, mentre l'altra
le faceva segno che non occorreva. -Come state?- -Meglio, vi
ringrazio. Voi? Ho saputo della vostra disavventura.- Chiese la
nobile. -Sto bene, vi ringrazio.- -Sono molto felice di
sentirlo.- Le sorrise sinceramente -Volevo farvi i complimenti per il
vostro debutto. Non ho potuto assistere, ma mi hanno detto che siete
stata eccellente.- -Siete troppo generosa Viscontessa. Voi
certamente avreste fatto di meglio.- Carlotta sorrise ancora, ma
falsamente. Non sapeva dire se quello era il vero pensiero di
Christine o qualcosa di suggeritole dal suo rango -Sappiamo entrambe
che, oggettivamente, io non...- L'arrivo di Bernìce le
interruppe -Scusate l'attesa, questo palazzo è un labirinto!
La carrozza sta arrivando, Viscontessa.- Disse trafelata. -Oh
scusate, non volevo interrompere la conversazione.- Aggiunse,
accorgendosi all'ultimo della presenza della Diva. -Non importa,
avevamo terminato.- Disse Carlotta, mentre il rumore della carrozza
che si fermava davanti al cancello confermava la sua affermazione
-Arrivederla Mademoiselle.- -Arrivederla Viscontessa.-
-Mi
spiace averla interrotta, non avevo visto che eravate in compagnia.-
Si scusò nuovamente la domestica, una volta partita la
vettura. -Non importa Bernìce, non hai interrotto nulla.-
Se non fosse arrivata la donna avrebbe probabilmente cominciato una
discussione fin troppo schietta. Non che non andasse bene, ma le
orecchie di suo padre arrivavano dappertutto e le aveva proibito di
essere amichevole con chiunque. Almeno aveva potuto vedere con i suoi
occhi che Christine stava bene, il raffreddore non sembrava
preoccupante. Aveva stentato a mantenere la calma. Nonostante la
rozzezza del cortile e il dozzinale abito grigio che indossava la
cantante, sembrava che la luce più splendente del Paradiso
brillasse su di lei. La delicatezza dei suoi gesti, anche quando non
sapeva di essere osservata, era sublime. Involontariamente ricordò
la sensazione delle sue dita sulla guancia e si sentì arrossire
istantaneamente. Finse di tossire, per essere sicura che Bernìce
non vi facesse caso. Doveva assolutamente smettere di pensare a
lei. Aiutarla, sì, ma nient'altro. Era meglio sfogare quella
sua confusione nella musica, dove non ci sarebbero state vittime né
ripercussioni. -Mademoiselle Daaé vi ha detto qualcosa?-
Ruppe il silenzio, Bernìce. -No, le ho solamente chiesto
come stava.-
Tornate alla residenza, il sole stava già
tramontando. La giornata era finita. Carlotta sarebbe andata
volentieri alle stalle a strigliare Argo e a chiacchierare con
Mercier, come sempre, ma si trattenne. Non voleva procurare altri
problemi al suo migliore amico e, anche se lui le aveva detto che era
tutto a posto, lei sapeva che in realtà sarebbe stato meglio
che si prendesse del tempo. Non voleva affatto smettere di
frequentarlo, teneva a lui, ma avrebbe rallentato un po', finché
Mercier non sarebbe tornato alla sua normalità. Avrebbe
anche ridotto gli slanci affettuosi, i giochi, e ristabilito una
certa distanza interpersonale, eliminando tutto ciò che
sarebbe stato un normale gesto fraterno, ma non altrettanto consono
con un uomo. Un uomo...A pensarlo a quel modo quasi le sembrava di
non conoscerlo più. Ripensò a quando, stesi
sull'erba, lui le si era affiancato. La sua voce, lo sguardo che
all'epoca non aveva compreso, ora prendevano tutto un altro
significato. -Mon Dieu- Sussurrò tra sé e sé
triste, mentre si divideva tra il dispiacere, l'incredulità e
una vaga sensazione di disagio, nell'immaginare cosa stava pensando
l'amico in quel momento, mentre lei si confidava. Forse era stata
colpa sua, da stupida sciocca si era lasciata andare con Mercier e
questo aveva reso fraintendibili i suoi gesti e le sue parole. Se si
fosse attenuta all'etichetta, a ciò che era consono e
opportuno, tutto quello non sarebbe successo. Per colpa della sua
ingenuità e refrattarietà alle regole Mercier stava
soffrendo...E anche Christine. Non era opportuno che lei si
travestisse da maschio, non era opportuno che le insegnasse di
nascosto, camuffando la voce. Non era stato opportuno restare sola
con lei come uomo...Se Christine avesse saputo, se lei non avesse
mentito, non l'avrebbe mai baciata. La ragazza era probabilmente
infatuata del suo Maestro, che però non avrebbe mai potuto
ricambiarla. Avrebbe sofferto anche lei, appena se ne fosse resa
conto. Forse sarebbe stato meglio seguire rigidamente le direttive
di suo padre: non dare confidenza a nessuno. Tuttavia, se lo avesse
fatto, non avrebbe potuto aiutare Christine. Rigettò l'idea
che César avesse ragione su quello, ma ammise di aver
sbagliato. Forse la ragazza avrebbe mantenuto il segreto della sua
identità comunque, se si fosse presentata come sé
stessa, e non ci sarebbero stati fraintendimenti. Avrebbe agito
con maggior cautela d'ora in avanti, e non si sarebbe fatta più
vedere dalla bionda, evitando anche le lezioni di canto, se non
assolutamente necessarie. Avrebbe continuato a vegliare su di lei, ma
senza che Christine se ne accorgesse. Frustrata e
dispiaciuta, si sedette allo scrittoio nella sua stanza e cominciò
a comporre, per sfogare tutti quei sentimenti contrastanti. Avrebbe
poi portato tutto nel suo rifugio, al sicuro, appena
possibile.
L'indomani si sentiva meglio e anche la voce
cominciava a tornarle, tra decotti e tonico. Dopo colazione, non
avendo impegni, decise di trascorrere la mattinata assieme ad Argo, e
farsi una bella cavalcata. Non aveva voglia di pensare troppo e
stare con la sua giumenta la metteva sempre di buon umore, così
indossò dei pantaloni e si diresse di buon passo alle
scuderie. Avrebbe salutato Mercier come al solito, ma non si sarebbe
soffermata troppo a chiacchierare con lui, a meno che il ragazzo non
le fosse sembrato tranquillo. -Ciao!- Lo salutò, trovandolo
impegnato a pulire lo stallo di fronte a quello di Argo. -Ciao.
Sento che la voce è migliorata.- Mercier si pulì le
mani in uno straccio, prima di lasciarlo su una balla di paglia e
avvicinarsi a lei. -Sì, comincia. Aspetterò ancora
qualche giorno però, prima di provare a cantare.- Sentiva
ancora una sensazione sabbiata in fondo alla gola. -Sei stata a
teatro, ieri?- -Sì, sono andata con Bernìce.-
Carlotta entrò nello scomparto della sua cavalla e cominciò
a sellarla. -Stava bene?- Il ragazzo si mise ad
aiutarla. -Sembrava di sì. L'ho vista da lontano e abbiamo
scambiato solo poche parole, ma sembrava tranquilla.- -Argo ti
aspettava, ieri sera.- Spesso Carlotta le portava mele o carote,
dopocena. -Ero stanca...Ho preferito rimandare ad oggi. E poi ieri
l'ho fatta galoppare un bel po'- Le accarezzò il muso con il
palmo della mano, mentre Mercier stringeva le ultime
cinghie. -César?- Chiese il ragazzo. -E' uscito poco fa.
Non ha fatto chiamare tuo padre per la carrozza?- -No.- -Avrà
preso solo il cavallo...Allora non resterà fuori a lungo.-
Constatò, con un pizzico di delusione. Suo padre non voleva
che indossasse pantaloni -Vado subito, così magari riesco a
rientrare prima del suo ritorno.- -Dovremmo parlare anche del
nostro amico del teatro, il prima possibile.- Aggiunse Mercier
pensieroso, mentre passava le briglie a Carlotta, già salita
in sella. -Sì, Cerco di sbrigarmi, allora. A dopo.-
Diede un lievissimo colpo di tacco al fianco della giumenta e questa
partì al trotto. Era felice di come erano andate le cose
con Mercier, era stato tutto più naturale di quello che
temeva. Non aveva provato quasi nessun imbarazzo e il ragazzo non le
era sembrato né triste né arrabbiato. Appena Argo si
fu riscaldata un po' i muscoli la lanciò al galoppo,
mettendosi in piedi sulle staffe e chinandosi in avanti, per andare
il più veloce possibile. Amava correre assieme a lei, le
sembrava quasi di sentirsi libera e di poter dimenticare tutto.
D'altro canto la cavalla si divertiva molto e si prestava ben
volentieri a quelle galoppate sfrenate. Raggiunto il torrente che
delimitava i terreni di famiglia, Carlotta scese di sella e si
sedette sotto a una quercia, come ogni volta, mentre Argo cercava di
afferrare qualche mela dall'albero lì accanto. La ragazza
sorrise nel vedere con quanto impegno la giumenta cercava di
allungare il collo e le labbra per prendere uno dei frutti più
in alto, visto che aveva già fatto sparire nei giorni
precedenti quelli più facilmente accessibili. La raggiunse, le
salì in groppa e ne staccò una dal ramo,
porgendogliela. -Non dovresti darle troppe mele, o la vizierai.-
La voce di César la fece trasalire. -Padre, non mi
aspettavo di vedervi qui.- Era tornato incredibilmente presto. -E
io non mi aspettavo di vederti coi pantaloni.- Disse subito,
rimproverandola -E' vietato.- -Sono più comodi per
cavalcare.- Tentò di giustificarsi la ragazza. -Non sei
obbligata a farlo.- Carlotta scese da cavallo, ne aveva già
abbastanza delle sue polemiche -Dove siete stato?- -Dai vicini,
sto valutando di acquistare parte dei loro terreni.- -I vostri
affari? Non mi avete più aggiornata in quest'ultimo
periodo.- -Vanno bene. A teatro poi c'è già il tutto
esaurito per "Il Muto"- Disse felice. -Ma non abbiamo
ancora iniziato le prove!- Era assurdo. -La voce della scomparsa
di Mademoiselle Daaé ha fatto impennare le vendite. Sono
curiosi.- Carlotta sorrise, stava andando meglio di quanto
sperasse. Le proposte di fidanzamento avrebbero cominciato a fioccare
e Christine avrebbe avuto ben presto l'imbarazzo della scelta. Di
certo avrebbe trovato qualcuno di suo gradimento, o guadagnato denaro
a sufficienza da potersi sposare per amore e non per
convenienza. -Questo rende oltremodo urgente trovare qualcuno che
guidi le sue scelte.- Aggiunse César. -Avete trovato a chi
affidare questo compito?- Sperava di no. Christine non era stupida,
ma quando c'era di mezzo la fiducia era facile cadere in
inganno. -Credo di sì, anche se non sono certo della sua
fedeltà alla causa.- Carlotta lo guardò, perplessa.
-Direi allora che non è la persona giusta, se mi
permettete.- -Si tratta solamente di trovare le giuste leve, e le
ho trovate.- -Chi allora? Non tenetemi in sospeso- -Tu.- -Come?-
Non poteva aver capito correttamente. -Tu. Chi meglio di mia
figlia, collega e coetanea, potrebbe conquistare la sua
fiducia?- -Padre, sapete come la penso, io non credo di
riuscire- -Ho bisogno di un erede maschio e visto che ti diverti a
rifiutare e sciogliere fidanzamenti, toccherà a lei darmelo.-
Sentendo il suo tono irritato, il cavallo su cui era in groppa il
Visconte si infastidì, facendo qualche passo sul posto,
nervoso -O ti sposi entro il compimento dei tuoi diciotto anni e un
mese, o farai in modo che io sia fidanzato con lei, entro la stessa
data, altrimenti ti chiuderò in convento. A te la
scelta.- -Non potete fare questo!- Gridò, sconvolta dalla
rabbia. -Posso invece e so già cosa sceglierai.- Ghignò
-Visto che la tua voce sta meglio, da domani ti autorizzo a tornare a
teatro, vedi tu con quale scusa. Usa ogni mezzo e ogni proprietà
di famiglia per conquistare la sua fiducia, essendo di umili origini
non sarà difficile affascinarla.- -No!- -Come,
scusa?- -No, lei non è un oggetto, non potete manovrarla
così!- -Infatti. Per questo puoi sposarti tu e non
coinvolgere lei. Non sarò io a manipolarla.- -Nemmeno io
sono un oggetto!- -Tu hai degli obblighi per nascita e ora anche
per titolo, vedi di mettertelo in testa. Ti ho assecondata per
affetto paterno, ma non lo farò più. Rifiuta questo
accordo e firmerò io il tuo matrimonio con il primo partito
conveniente e nemmeno ti consulterò.- Spronò il cavallo
al galoppo e partì, senza attendere replica. Carlotta si
sentì sprofondare, era in trappola. O si sposava, o ingannava
Christine, o finiva in convento. Per lei non c'era più alcuno
scampo. Doveva assolutamente lasciare la tenuta, fuggire e
salvarsi, o sarebbe stata condannata per sempre a una vita di limiti
e finzione. Voleva partire immediatamente ma...Christine. Lei sarebbe
rimasta comunque nelle mire di suo padre e avrebbe certamente trovato
il modo, assieme a Madame Giry, di averla per sé. Sentì
lo stomaco contorcersi e si chiese perché, seppure la
conoscesse appena, l'idea di lasciarla la straziasse. Storie
come quella accadevano ogni giorno, così andava il mondo.
Riusciva a malapena a badare a sé stessa, come poteva
pretendere di mettersi contro a tutto ciò che aveva fatto di
lei una privilegiata? Eppure sapeva, nel profondo, che era
sbagliato. Lo sapeva da sempre, ma aveva cercato in ogni modo di non
guardare in faccia alla realtà. Si sentì
un'ipocrita, forse meritava che il cappio dell'ingiustizia che non
aveva mai affrontato fosse infine giunto a reclamare il suo
collo. Persa in quegli amari pensieri, seduta sulla sponda del
torrente, Carlotta non si accorse del passare del tempo e che Argo,
non riuscendo ad ottenere la sua attenzione, era tornata alla
stalla.
Mercier, vedendo arrivare la cavalla senza la
proprietaria, andò subito a cercarla, iniziando dai luoghi in
cui era solita recarsi. -Cosa è successo? Sei caduta?-
Chiese il ragazzo, affiancandosele trafelato, vedendola -No, sto
bene.- Disse con un filo di voce la Viscontessa mantenendo il volto
nascosto tra le braccia, appoggiate sulle ginocchia strette al
petto. -Non sembra.- Rispose preoccupato. -Mio padre...-
Aggiunse la mora, con il tono di chi si ritrovava a ripetere sempre
le stesse cose. -Cos'ha fatto questa volta?- -Vuole un erede
maschio e se non glielo darò io entro il prossimo compleanno
lo vorrà da Christine. Vuole che la convinca a sposarlo.- Si
asciugò una lacrima nella manica della camicia. -Se non ci
riuscirò o non mi sposerò in tempo, mi manderà
in convento.- -Ma non può!- -Gliel'ho detto, ma lo farà
comunque. Con la forza, se necessario, e se rifiuto l'accordo firmerà
le nozze al mio posto, con il primo che passa.- Il convento era
l'ultima possibilità per il casato di giustificare il suo
matrimonio tardivo e salvare la faccia. Le sue coetanee erano già
fidanzate da tempo e, in genere, aspettavano solamente la maggiore
età per convolare a nozze. Mercier rimase seduto accanto a
lei, sconvolto -Possiamo scappare stanotte. Non ci troverà.- -L'ho
pensato anch'io, ma...Christine- Si asciugò una nuova lacrima,
sospirando. -Non puoi farci niente! E poi la conosci
appena!- -Lo so, ma non posso abbandonarla.- Le sarebbe sembrato
di tradire sé stessa. Le chiacchierate che avevano avuto,
anche se non si erano praticamente mai viste, gliel'avevano mostrata
come un persona vivace e di buon cuore. Si sentiva molto legata a
lei. -Perché lei e non tutte le altre orfane di Parigi? Non
è l'unica in una situazione simile!- Non poteva dire a
Mercier che provava qualcosa di diverso per Christine. Non lo
ammetteva del tutto neanche con sé stessa ed era inutile
parlarne, visto che non avrebbe mai avuto un seguito. -Lei è
una brava persona ed è stata trascinata in tutto questo per
colpa mia...Se io mi fossi sposata, lei non sarebbe diventata la mia
sostituta- -Quindi ti senti responsabile?- Carlotta
annuì. -Capisco...- Capiva solo in parte. Le decisioni di
César non erano una sua colpa, ma lei era sempre stata pronta
ad aiutare chi si trovava in difficoltà. Solo che fino a quel
momento erano stati animali feriti, o qualche mendicante a cui
allungava qualche moneta di nascosto. Mai niente di così
complesso. -Credo che ti convenga convincere Christine...- Disse
Mercier, riflettendo. -No!- Esclamò Carlotta alterata e
sorpresa da quella parole. -No, fammi finire!- Protese le mani in
avanti, per calmarla -Se tu accettassi guadagneremmo tempo.
Riusciremo a sistemare Christine e ad organizzarci per scappare, o
portare anche lei con noi. Ho degli amici in Inghilterra, ma devo
avvisarli, e poi ci vorrà tempo per preparare meglio il
viaggio.- Carlotta rifletté per qualche istante, il
ragionamento di Mercier era valido. Se qualcosa fosse andato storto
la ragazza sarebbe potuta partire con loro, se avesse voluto -Sì,
può funzionare. Dobbiamo però fare in modo che
Christine continui ad esibirsi come protagonista, questo
accrescerebbe di molto le sue possibilità.- -Se tu usassi
ancora la scusa del mal di gola però, non la passeresti
liscia- -No, serve qualcos'altro. Qualcosa che sia evidente che
non dipende da me- Rifletterono a lungo, in silenzio, poi,
Carlotta si illuminò -E se sfruttassimo la leggenda del
Fantasma?- -Cosa vuoi dire?- -Mi hai detto che faceva piccoli
sabotaggi...Se riprendessimo? Se il Fantasma minacciasse la mia
incolumità per far esibire Christine, come Prima Donna? Già
non si parla che di lui in città, se lo venissero a sapere i
giornali mio padre non potrebbe costringermi ad entrare in scena. Lo
dipingerebbero come un orco assetato di denaro.- -Va bene, ma
come? César non si farà convincere facilmente.- -Non
dobbiamo convincere lui, solo gli altri. Il Fantasma ha già
rapito la nuova Diva del teatro, sfruttiamolo! Posso far recapitare
delle lettere minatorie, far finta che mi sia scomparso qualcosa dal
camerino e creare qualche piccolo incidente... Basterà, per
attirare i cronisti. Potrei anche scomparire per un giorno, come
Christine- -Vacci piano, se tuo padre si insospettisse sarebbe la
fine. Dobbiamo pensare bene a come organizzare tutto.- -Sì...-
Aveva bisogno di tempo per ragionare su come fare.
Il
pomeriggio seguente, Carlotta si recò a teatro. Non aveva
ancora le idee chiare, quindi si sarebbe limitata ad attirare
l'attenzione di Christine, come voleva suo padre. Fu così
che chiese a Bernìce di organizzare un tè in una delle
sale da lettura del convitto. -Buongiorno Mademoiselle Daaé-
Aveva espressamente invitato solamente lei, per non doversi occupare
anche di Madame Giry. Christine accennò una riverenza,
entrando e salutando. La sua tutrice le aveva procurato un abito
adeguato all'occasione, ma si vedeva che la ragazza non era
particolarmente abituata e che le ampie maniche a sbuffo la
impacciavano. Tuttavia, era molto graziosa. -Quell'abito vi dona.
Il verde mette in risalto i vostri occhi azzurri.- -La ringrazio,
Viscontessa. Voi siete stupenda, il vostro portamento è
regale.- -Grazie, ma sbarazziamoci di tutti questi convenevoli e
sedetevi qui, di fronte a me, e gustiamoci questo buonissimo tè-
Si accomodò sull'ottomana, invitando Christine a raggiungerla,
con un gesto della mano. Non abbandonarono affatto le formalità,
Carlotta era troppo agitata e la conversazione legnosa. Christine
provava lo stesso, era la prima volta che si trovava faccia a faccia
con una nobile. Fu proprio quest'ultima a gettare la maschera per
prima. -Mi concedete di darvi del tu?- -Certo Viscontessa, io non
sono nessuno- Non era abituata a sentirsi dare del voi. -Anche voi
datemi del tu, se convenite.- -Certo...- Rispose ancora,
titubante. -Sono contenta che abbiamo la stessa età, non mi
capita spesso di parlare con una mia coetanea.- -No?- Chiese
stupita la cantante. -In realtà c'è sempre poco di
cui discorrere, se non di moda o pettegolezzi.- Gli argomenti
confacenti ad un salotto signorile erano pochi, per le donne. -Temo
che anche qui sia così.- Non poteva certo ripetere alla
Viscontessa le battute volgari che l'avevano fatta ridere fino alle
lacrime la sera precedente. -Dove hai imparato a cantare?- -Mi
ha insegnato i primi rudimenti mio padre, quando ero piccola. Poi ho
continuato da sola, ascoltando quando potevo le lezioni qui,
all'Operà.- -Un talento formidabile.- Osservò
Carlotta, estremamente colpita. Se Christine era arrivata a quel
livello con studi altalenanti, con un accesso costante agli
insegnamenti sarebbe diventata un vero portento. -Grazie.- Arrossì
la bionda. -Non vedo l'ora di cantare assieme a v-te.- Si corresse
la Viscontessa, alzando gli occhi al cielo e maledicendo
l'abitudine. L'espressione dell'altra la fece sorridere, divertita
-Anche io. Hai una voce ricca, sarebbe bello un duetto.- -Purtroppo
ne "Il Muto" non ce ne sono- Disse pensierosa, cercando di
ricordare se ce ne fossero in qualcuna delle altre opere scelte da
suo padre. -La tua voce mi piace molto, hai una profondità
che io non riuscirei mai ad ottenere.- Aggiunse Christine. -Io
trovo meravigliosi i tuoi acuti.- Le sorrise Carlotta, sincera -Ho
sentito anche che sei migliorata parecchio nelle note gravi, e
velocemente, per giunta.- -Mi sono allenata molto. Volevo essere
all'altezza.- La sua interlocutrice, istintivamente, le sembrava una
persona affidabile, ma in realtà la conosceva appena ed omise
la verità. Il suo Maestro le aveva chiesto di mantenere il
segreto e lei lo avrebbe fatto ad ogni costo, voleva assolutamente
rivederlo. -Sarà sciocco, ma io non sono convinta di essere la
scelta migliore come tua sostituta.- -Così come io non sono
convinta di essere la giusta "Prima Donna"!- Esclamò
Carlotta, ridacchiando -Se mio padre non fosse il mecenate non avrei
questo ruolo. Tu invece hai un'estensione vocale magnifica, sarebbe
stata solo questione di tempo.- -E' che mi sembra di aver
imbrogliato, in qualche modo.- La raccomandazione della tutrice le
aveva dato una possibilità per cui, altrimenti, avrebbe dovuto
attendere e faticare per anni. -Lo capisco, è lo stesso per
me. Non ho mai cantato così tanto come durante le prove e
avevo cominciato addirittura a non sopportare più alcune
arie.- -Mi dispiace per la gola...- Disse Christine,
effettivamente rammaricata. -Cose che capitano quando si è
inesperti.- -L'ho sentito dire- L'Angelo l'aveva posta ad esempio,
parlando delle pause e dei riposi. Che la nobile si fosse fatta
prendere dall'ansia, finendo con l'esagerare? Forse era più
simile a lei di quanto pensasse -Va meglio però...- Notò,
sorridendo lievemente. -Sì, ancora qualche giorno e proverò
a cantare.- Rifletté, per qualche secondo -Ti andrebbe di
aiutarmi con gli esercizi di recupero? Non li ho mai fatti da
sola.- -Ah. Non saprei, non so di cosa si tratti.- Ammise con un
po' di vergogna. -Niente di complicato, solo per essere sicura di
farli correttamente, poi ti spiegherò tutto.- -Va bene,
allora.- Sorrise, più serena. -E' un tale sollievo avere
qualcuno con cui parlare e che capisce il mio stato d'animo!- Esclamò
Carlotta -Non posso dire a nessuno che non mi considero una
professionista!- Rise, un po' forzatamente. -Nemmeno io.- Si unì
a lei. Chiacchierarono ancora a lungo, toccando argomenti leggeri
ma comuni, prima di salutarsi affettuosamente. -Ti andrebbe
prossimamente di vederci fuori da teatro? La stagione è ancora
mite, potremmo andare al centro equestre.- Propose
Carlotta. -Volentieri, ma devo confessare di non saper nulla di
cavalli né tanto meno cavalcare.- Disse Christine, un po'
dispiaciuta. La Viscontessa si era scordata che l'equitazione
femminile era un'attività quasi prettamente riservata all'alta
borghesia e aggiunse, con timore -Posso insegnarti, se ti
incuriosisce.- -Molto.- Sorrise Christine. -Domani alla mia
residenza?- La bionda si prese qualche secondo per riflettere, non
avrebbe voluto rischiare di incontrare il Visconte. Carlotta si
chinò con il busto leggermente in avanti, facendole cenno di
avvicinarsi, e Christine porse l'orecchio, curiosa -Mio padre sarà
via. Potremmo mettere i pantaloni.- Bisbigliò. Sperava che la
ragazza trovasse quella trasgressione intrigante a sufficienza da
vincere i suoi dubbi. -Non ne ho mai indossati...Non ci saranno
conseguenze?- -No, io li indosso spesso. Nessuno ci dirà
niente finché resteremo nei confini della tenuta.-
****
Note: Buongiorno
e buon sabato! Spero che questo capitolo vi sia piaciuto, in
ogni caso fatemi sapere cosa ne pensate, anche con poche parole,
soprattutto se non è stato di vostro gradimento. La
settimana scorsa ho scordato di aggiungere alle note che i brani che
Christine improvvisa nei sotterranei sono tratti dal musical e
scritti da Andrew Lloyd Webber. Io ho solo fatto un minuscolo
adattamento in una frase, che rendeva diversamente tra la traduzione
inglese e quella italiana. Tra l'altro, piccola curiosità,
i titoli di ogni capitolo, al momento, ricalcano i titoli dei brani
della colonna sonora.
Colgo l'occasione per ringraziare la mia
Beta di fiducia Oscuro_errante per l'impegno e la costanza nel suo
prezioso lavoro. Grazie mille! A sabato prossimo!
|
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Capitolo 6 *** Déjà vu ***
6. Déjà vu
Ogni
riferimento a fatti realmente accaduti, cose, luoghi, persone e
organizzazioni realmente esistenti è puramente
casuale.
6.
Déjà
Vu
L'indomani
arrivò presto e, nel primo pomeriggio, la carrozza che
Carlotta aveva mandato a teatro, per prendere la cantante, fece
ritorno.
-Buongiorno
Christine.- L'accolse la padrona di casa all'ingresso della magione,
già indossando dei pantaloni di velluto nero stretti negli
alti stivali, come promesso.
-Buongiorno,
Viscontessa.-
-Carlotta.-
La corresse bonariamente.
-Buongiorno
Carlotta.- Non riusciva ad abituarsi, temeva sempre di essere
inopportuna.
-Pronta
per imparare a cavalcare?-
-Spero
di essere all'altezza.-
-Certamente.-
Cercò di incoraggiarla -Ho fatto preparare degli abiti più
adeguati...Se sei ancora d'accordo.- Le sorrise.
-Grazie
molte.- Un misto di curiosità e apprensione si dipinse sul suo
volto all'idea di indossare dei pantaloni, e Carlotta se ne
accorse.
-Non
è obbligatorio. Se preferisci qualcosa di più usuale
posso provvedere.- Propose.
-Vorrei
provare.- Sorrise con più decisione.
-Benissimo.-
Fece un cenno con la mano, per richiamare l'attenzione della
domestica che attendeva in disparte -Bernìce, fa accomodare
Mademoiselle nella stanza degli ospiti e assicurati che sia tutto di
suo gradimento.-
-Sì,
Viscontessa.- Rispose la donna, prima di fare strada al piano
superiore a Christine.
Quando
Christine si fu cambiata, venne condotta nella sala da lettura, dove
Carlotta la attendeva con impazienza.
La
giovane si affacciò nella stanza, non senza imbarazzo. Gli
abiti che indossava usualmente nascondevano molto di più la
sua figura, che non quei vestiti dalle linee semplici e asciutte.
Aveva quasi la sensazione di essere in sottoveste e non era abituata
a mostrarsi a quel modo ad altri.
-State…Stai
benissimo.- La accolse Carlotta, intuendo il suo disagio.
Christine
indossava una camicia bianca di tessuto morbido, un fazzoletto,
bianco anch'esso, attorno al collo e dei pantaloni di velluto marrone
infilati dentro a stivali di cuoio alti fino al ginocchio, mentre i
lunghi capelli biondi erano raccolti in una coda, dietro la nuca,
come quelli della Viscontessa.
-Grazie-
Rispose imbarazzata la cantante.
Si
recarono in giardino e poi alle stalle, dove Mercier, memore del
proprio ruolo davanti agli ospiti, si limitò a servirle.
Si
allontanarono camminando, mentre Carlotta spiegava a Christine come
condurre Argo per le briglie, in un primo approccio poco impegnativo
per entrambe.
Aveva
lasciato alla sua ospite la propria cavalla, mentre aveva preso per
sé quello del padre, chiamato Philippe, un maestoso andaluso
nero dall'indole nervosa.
Appena
furono sole, lontane dagli sguardi della servitù, Christine
cominciò a rilassarsi e anche l'umore di Argo migliorò
di conseguenza. La giumenta, oltre che ad essere molto intelligente,
era anche estremamente empatica.
-Tieni.-
Carlotta prese due mele dalla bisaccia che Mercier aveva appeso alla
sella di Philippe e ne passò una alla ragazza -Dagliela
mantenendo la mano aperta.- Le mostrò come fare, con somma
gioia dell'andaluso che mangiò rapidamente il frutto,
facendone scrocchiare la polpa soda.
Christine
la imitò, anche se con un pizzico di timore, e Argo mangiò
cautamente.
-Più
sei tranquilla tu, più sarà tranquilla lei.- Accarezzò
il muso della giumenta e ripresero a camminare, fino a raggiungere un
ampio spazio pianeggiante dove l'erba cresceva rigogliosa. -Te la
senti di provare a salire in sella?-
-Non
lo so...?- Ammise, con un pizzico di titubanza.
-Coraggio!
Argo è molto brava, non avrai problemi.- Non riusciva a
smettere di sorridere e sperò che Christine non lo notasse, lo
faceva senza accorgersene.
-E'
molto alto...-
-Ti
aiuto.- Si offrì -Sembra più impegnativo di ciò
che è realmente.-
-Va
bene.- Rincuorata, la bionda rispose al suo sorriso, determinata.
-Cosa devo fare?-
-Metti
il piede sinistro nella staffa.- Le indicò il sottopiede di
metallo che pendeva dalla sella - Poi afferri l'arcione e ti issi,
fino a sederti sulla sua groppa, con la gamba destra sull'altro
fianco.- Era una ballerina, la forza e l'agilità non le
sarebbero mancate.
-Quindi
il piede sinistro qui...- Sollevò la gamba, fermando il basso
tacco dello stivale contro la staffa, per poi eseguire quanto
mostratole. Ebbe solo una piccola incertezza nella spinta e Carlotta
la sostenne brevemente, con una mano sul fianco.
-Benissimo.
Visto?- Disse soddisfatta la mora.
-E'
altissimo!-
-Non
preoccuparti, non succederà nulla.- Poi si avvicinò
alla cavalla e le sussurrò dolcemente -Ti prego, fammi fare
bella figura- Mentre le accarezzava il muso, prima di passare le
briglie alla nuova cavallerizza.
Le
spiegò quale postura prendere e le fece fare qualche passo,
per farle capire come mantenere l'equilibrio in sella. Poi, legò
alla cavezza di Argo un'altra lunga briglia di cuoio, chiamata
lunghina, e una volta salita sulla groppa di Philippe, mantenendone
un capo, si incamminarono, seguendo l'ampio sentiero pianeggiante che
le avrebbe guidate nei vasti terreni.
Si
fidava ciecamente di Argo e la lunghina non era per lei, ma per far
sentire più tranquilla Christine.
-Come
ti sembra?- Le chiese, dopo qualche minuto.
-E'
più faticoso di quello che pensavo.- Assecondare i movimenti
dell'animale, con quella postura così particolare, le
risultava complesso. Non essendo poi del tutto rilassata ragionava
fin troppo, cercando di mantenere il controllo su ogni dettaglio.
-Ci
si stanca facilmente le prime volte. Quando vuoi scendere dimmelo,
non avere remore.-
-Va
bene.- Continuava a tenere fissi gli occhi sulle spalle di Argo, per
coordinarsi.
-Come
ti trovi con i pantaloni?- Cercò di intavolare una
conversazione, per farla distrarre e aiutarla a calmarsi. Argo non le
stava mandando alcun segnale, questo voleva dire che Christine si
stava comportando bene.
-Sinceramente...Mi
sento molto esposta, ma sono straordinariamente comodi!- Appena erano
rimaste sole aveva smesso di sentirsi a disagio.
-Vero?
Li indosserei sempre.- Sospirò divertita Carlotta.
-Però
capisco perché sono vietati.-
-Davvero?-
Si voltò a guardarla, curiosa.
-Sono
troppo aderenti. Distrarrebbero gli uomini.-
-La
pensi così?- Cercò di mantenere un tono allegro, anche
se era leggermente perplessa.
-Sì...Ma
credo che sarebbe più giusto se fossero loro ad abituarsi,
sinceramente. Anche perché d'inverno fa freddo con la
gonna!-
-Giusto!
E poi si possono fare tante cose molto più agilmente, anche
solamente giocare a Badminton è più facile.-
-Ne
ho sentito parlare, ma non ci ho mai giocato...E' divertente?-
-Sì.
Se vuoi la prossima volta giochiamo.- Ottenuto un sorriso in
risposta, le si accostò di più con il cavallo e
cominciò a spiegarle le regole, mentre lentamente si
dirigevano verso il torrente, uno dei luoghi preferiti da
Carlotta.
Lo
raggiunsero quasi mezz'ora dopo e decisero di far riposare i cavalli
e prendere fiato anche loro.
-Come
si fa a scendere?-
-Sempre
da sinistra. Sfili il piede destro dalla staffa e ti tieni con
entrambe le mani all'arcione.- Le spiegò, scendendo a terra e
prendendole le briglie. Se per sbaglio le avesse tirate, Argo avrebbe
potuto sentire dolore.
-Capito.-
Christine cominciò a fare come le era stato detto, ma perse
l'equilibrio e si sbilanciò indietro. Carlotta si mosse
rapidamente, cercando di prenderla al volo.
-Ahi...-
Le sfuggì, mentre afferrando la ragazza la sua tempia le colpì
la fronte.
-Scusate!-
Esclamò la giovane, mortificata.
-Non
preoccuparti, non è niente.- Disse la Viscontessa, continuando
a tenerla sollevata da terra -Ti sei fatta male?-
-Sì…-
Ammise con Christine con dispiacere. Il piede le era rimasto
incastrato nella staffa e aveva avvertito la caviglia torcersi
leggermente. Rispondendole si voltò a guardarla e si rese
improvvisamente conto che i loro visi erano estremamente vicini e si
sentì avvampare d'imbarazzo, mentre diventava consapevole
anche delle braccia della nobile attorno al proprio corpo -Voi state
bene?- Ripeté, liberandosi dall'abbraccio e arretrando di un
passo, appena toccata terra.
-Io
sto bene, ma voi non dovreste camminare.- Rispose Carlotta,
distogliendo lo sguardo. Era arrossita e sperava che Christine non se
ne accorgesse.
-Perdonatemi,
sono stata maldestra.- Il dispiacere era sincero nella sua voce, ma
si avvertiva anche dello sconcerto. Era cresciuta in un convitto
femminile e non le era mai capitato di provare imbarazzo per
dell’innocente contatto fisico con un'altra ragazza. Di certo
quegli abiti così semplici e dai tessuti così sottili e
morbidi glielo avevano reso in qualche modo differente da ciò
a cui era abituata.
-Non
avete nulla da farvi perdonare...Mi preoccupo per voi- Aveva trovato
conturbante la sensazione del suo respiro sulle sue labbra e la
memoria era tornata immediatamente al dolce bacio che Christine le
aveva dato la sera della prima. Si sentì invadere da una
nostalgia terribile e inspiegabile, esattamente come quella notte,
mentre suonava per lei.
Udendo
quelle parole la bionda ebbe un sussulto, le aveva già sentite
pronunciare da qualcun altro… Una coincidenza, senza dubbio.
Erano frasi comuni.
-Io
sto bene, Viscontessa.- Quella sensazione di déjà vu
era quasi dolorosa. Non vedeva né sentiva il suo Maestro da
quella sera...E pregò ancora una volta che fosse
incolume.
-Siete
contrariata?- Chiese timidamente Carlotta, vedendola rabbuiarsi e
notando che aveva ricominciato a darle del voi. Che si fosse accorta
dei suoi sentimenti e che ne fosse infastidita?
-No,
anzi vi ringrazio. Avrei potuto farmi molto più male. Mi
dispiace enormemente di avervi colpita, è stato involontario.-
Tornò a guardarla negli occhi, riprendendo il controllo di sé
stessa e reprimendo le sue preoccupazioni. -Siete voi
contrariata?-
-No,
assolutamente.- Carlotta si sciolse in ampio sorriso, rassicurata
dalle sue parole.
-Credo
che sia meglio mettere qualcosa di freddo sulla vostra fronte-
Cominciava ad essere già visibile il bernoccolo, dietro la
frangetta corvina della Viscontessa.
-Sarebbe
meglio controllare la vostra caviglia. Si gonfierà, stretta
nello stivale.-
Carlotta
la sostenne fino all'alta quercia che cresceva vicino alla sponda del
torrente, facendola poi sedere ai piedi di quest'ultima. -Posso?-
La
cantante annuì, imbarazzata e preoccupata, sentiva già
che il cuoio dello stivale era scomodamente stretto.
-Ditemi
se vi faccio male, cercherò di essere delicata.- Iniziò
a sfilare la calzatura con attenzione, osservando ogni minimo cambio
di espressione di Christine, non era certa che la ragazza le avrebbe
detto qualcosa.
Tolto
lo stivale le sfilò anche la sottile calza. Come pensava, la
caviglia era già leggermente gonfia. Si sciolse il fazzoletto
legato attorno al collo e lo bagnò nell'acqua fredda del
torrente, prima di tornare dalla ragazza e avvolgerlo delicatamente
attorno al piede -Questo aiuterà.-
-Grazie.-
-Non
preoccupatevi, non sembra niente di serio.-
-Perdonatemi,
non volevo arrecare così tanto disturbo e vi prego, occupatevi
anche di voi stessa.-
-Va
bene.- Sorrise rassegnata. Non era niente di che, un semplice
bernoccolo.
-Tenete,
avete usato il vostro per me.- Anche la bionda si sfilò il
fazzoletto da attorno al collo e glielo porse.
-Grazie.-
Lo prese, lo piegò più volte e lo immerse nell'acqua,
per poi posarlo sulla fronte, sedendosi ai piedi della bionda e
facendole sistemare la caviglia dolorante sulla propria gamba, per
mantenerla sollevata.
-Viscontessa,
vi prego, non è opportuno da parte mia approfittare così
tanto di voi!-
-Tranquillizzatevi,
o preferite che ve lo ordini?- Aggiunse scherzando, per dissimulare
il proprio imbarazzo. -Va bene così.-
Sospirando,
Christine cercò di calmarsi. Era una fortuna che Carlotta non
fosse adirata con lei -Scusami.- Aggiunse nuovamente,
dispiaciuta.
-Non
è niente, sono cose che succedono.- La rassicurò,
mantenendo premuto il fazzoletto fresco contro la fronte. -Io sono
caduta decine di volte prima di imparare.-
-Spero
di non cadere mai, è altissimo...-
-Uhm,
andrebbe messo in conto, in realtà. Almeno una volta cadiamo
tutti-
Christine
annuì, riflettendo -Sembrerebbe una metafora della
vita-
Carlotta
non si aspettava un'osservazione del genere -Sai scrivere?-
-Sì
e anche leggere e far di conto. Mi ha insegnato Mère.- Si
voltò a guardarla, abbozzando un sorriso.
-Sai
anche improvvisare?- Sapeva già la risposta.
-Sì,
sono abbastanza brava con le parole.-
-Io
no. Compongo, ma per i testi ci metto sempre un'infinità di
tempo, non sono il mio forte.-
-Componi?-
La guardò stupita Christine.
-Sì.-
-Mi
piacerebbe ascoltare qualcosa...E' già stata eseguita a
teatro?- Talvolta c'erano anche dei concerti.
-No,
nessun teatro. Una piccola compagnia di attori di strada però,
ogni tanto, ha usato qualcuno dei miei brani e delle mie trame, ma
nessuno, a parte loro, sa che sono mie.- Quel dettaglio la seccava
enormemente e non riusciva mai a tralasciarlo, quando ne parlava.
-E'
un peccato.-
La
Viscontessa si strinse nelle spalle -E' disdicevole per una donna...
Se lo venissero a sapere le altre aristocratiche avrei terra bruciata
attorno.-
-E'
una cosa che non capisco.-
-Neanche
io, però è così.-
-Non
sembra essere facile essere una nobildonna.-
-No,
non lo è, ci sono molti compromessi e rassegnazioni, ma è
comunque più facile che non esserlo.- Non aveva mai patito la
fame o il freddo ed era sempre vissuta nella comodità e
nell'abbondanza, senza mai dover lavorare un solo giorno, non
considerando le lezioni necessarie per venire accettata
dall'ambiente.
-Forse
abbiamo più libertà noi cittadini comuni che non
voi.-
-Immagino
che sia il prezzo del privilegio... Ma tu non sei più una
cittadina comune.- Cercò di risollevare il tono della
conversazione, che stava scivolando nel deprimente. -Dopo il successo
de "L'Annibale" sei un personaggio noto.-
-Ancora
mi devo abituare all'idea.- Ridacchiò Christine.
-Presto
fioccheranno inviti a ricevimenti e tutte vorranno conoscere la tua
opinione sulle questioni più svariate.-
-Dopo
quanto mi hai detto non so se vorrei partecipare!-
La
Viscontessa rise, poi continuarono a parlare a lungo di tante altre
cose, prima di decidere di tornare alla villa.
-E
se perdessi ancora l'equilibrio?- L'idea di risalire a cavallo non le
piaceva troppo.
-Posso
prenderti di nuovo.- Scherzò, salendo in groppa a
Philippe.
-Così
la tua fronte avrebbe nuovamente una simmetria...?-
Carlotta
rise per la battuta, felice anche di vedere che erano riuscite ad
entrare in confidenza -Devo portarti con me al prossimo ricevimento,
sarà decisamente meno noioso.-
-Posso
tornare a piedi?- Chiese la cantante.
-Con
quella caviglia, assolutamente no- Osservò la Viscontessa. Non
si era gonfiata molto e Christine non sembrava provare dolore, ma era
decisamente uno sforzo eccessivo.
La
bionda non disse altro, limitandosi a guardare scettica Argo che ne
ricambiò il pensiero, volgendo lo sguardo a Carlotta. Sia la
mora che l'andaluso sbuffarono pensierosi, prima che la Viscontessa
scendesse di sella.
-Se
ti porto io?- Propose.
-Non
voglio farti male di nuovo...-
-Non
succederà.- Spostò la lunghina dalla cavezza di Argo a
quella di Philippe e tolse rapidamente la sella alla giumenta,
caricandola sul cavallo nero, poi la aiutò a salire e la
raggiunse agilmente, sistemandosi dietro di lei. -Vuoi tenere tu le
redini?-
-Credo
sia meglio che le tenga tu...- Rispose, passandogliele con titubanza,
mentre la nobile le cingeva inevitabilmente i fianchi con i gomiti,
prendendo il controllo della cavalla.
Appena
partirono al passo, l'aria si fece improvvisamente pesante, quasi
densa. L'imbarazzo che Carlotta provava, in una simile vicinanza con
Christine, venne presto sostituito da un profondo e marcato senso di
pericolo.
La
mora si guardava attorno, silenziosa e all'erta, mentre una strana
vertigine da déjà vu la inquietava.
Era
nei suoi terreni, nella sua casa, non aveva niente da temere, eppure,
quasi si aspettava che una freccia spuntasse dal
nulla.
Completamente
assurdo, nessuno usava più frecce da secoli.
Cercò
di distrarsi, ma aveva la pelle d'oca, mentre sentiva i capelli quasi
drizzarsi sulla nuca.
Christine
rimase in silenzio, a disagio. Salire in groppa con dietro le spalle
la Viscontessa le stava dando una sensazione netta di déjà
vu, ma non era possibile, lei non era mai salita a cavallo,
prima.
Era
confusa e preoccupata, mentre una sottile sensazione di pericolo la
pervadeva subdolamente. L'istinto le diceva di scendere
immediatamente, era troppo esposta.
Tentò
di trovare un argomento di conversazione, per spezzare quella
sensazione, ma non le venne in mente nulla e restò in
silenzio, mentre si sforzava di pensare ad altro.
Non
aveva nulla da temere, la Viscontessa la reggeva saldamente.
Si
concentrò su di lei, sulle sue braccia forti che la
stringevano in vita, sul calore del suo petto che trapelava
attraverso il tessuto sottile, il suo respiro leggero sulla nuca, il
tocco delicato e morbido sulla propria pelle, mentre le sfilava la
calza e, infine, quel movimento ritmico e sincrono dei loro corpi,
per assecondare i movimenti dell’animale sotto di loro.
Si
ritrovò nuovamente turbata, ma in maniera assai
differente.
Non
le era mai accaduto di provare sensazioni simili al di fuori della
propria fantasia, in privato, ed era terrorizzata dall'idea che la
Viscontessa si accorgesse di qualcosa.
Giunte
in vista della scuderia, Carlotta si rilassò, ma solo per un
breve istante.
Il profumo della ragazza tra le sue braccia, la
pelle nuda del suo collo e la sua vita stretta erano una tentazione
eccessiva. Distolse lo sguardo, portandolo sul terreno, lieta che
Christine non potesse vederla in volto, mentre faceva appello a tutto
il suo autocontrollo, cercando di richiamare alla memoria i canti
liturgici e le preghiere che le avevano insegnato a recitare, quando
pensieri impuri si affacciavano alla sua mente. L’unico segnale
di questo suo sforzo, quasi sovrumano, erano le nocche, strette fino
a sbiancare attorno alle briglie di cuoio.
Argo
mal sopportava tutta quella tensione e anche se la padrona non faceva
alcuna pressione sul morso, sbuffava infastidita, mantenendo un passo
leggermente più rapido e imboccando il sentiero più
corto, non vedendo l'ora di arrivare.
Mercier,
impegnato nelle stalle, aspettava il ritorno delle due donne da un
momento all'altro.
Erano
via da diverso tempo e sapeva che Carlotta non si sarebbe azzardata a
fare una cavalcata notturna con una principiante, difatti non fu
sorpreso di vederle arrivare poco dopo, ma rimase sorpreso per come
arrivarono.
Philippe
condotto a lunghina, mentre entrambe le ragazze erano in groppa ad
Argo...E i loro volti...Christine sembrava che avesse visto un
fantasma, pallida e tesa, mentre Carlotta teneva lo sguardo basso,
colpevole e contrita, estremamente concentrata. Non l’ aveva
mai vista con una simile espressione e non sapeva come
interpretarla.
Si
avvicinò a loro, accogliendole all'ingresso della scuderia con
apprensione.
-Bentornata
Viscontessa, bentornata Mademoiselle...E' andato tutto
bene?-
-Mademoiselle
ha preso una storta, non può camminare. Prendi Philippe,
proseguiremo fino a casa.-
-Certamente
Viscontessa.- Il tono della mora era freddo e rigido, estremamente
controllato, mentre la cantante non proferiva parola -Chiamo il
medico?-
-Non
occorre, le mie conoscenze sono più che
sufficienti.-
Proseguirono
verso la magione, mentre Carlotta cercava un argomento per spezzare
il silenzio -Cavalcare non sembra essere una delle tue attività
preferite.- Tentò, impacciata.
-Non
mi sento tranquilla, da sola- Realizzò che per tutto il
rientro la preoccupazione di cadere non l'aveva minimamente sfiorata.
Si era sentita al sicuro, da quel punto di vista.
-Potremmo
provare con una cavalcatura di altezza inferiore.- Non aveva
intenzione di ripetere l'esperienza del ritorno, se Christine avesse
anche solamente sospettato quali pensieri le avevano attraversato la
mente, mentre si era affidata a lei, l'avrebbe giustamente persa.
Non
sarebbe stato diverso dalla sensazione di tradimento che aveva
provato scoprendo i reali pensieri di Mercier, mentre lei si
confidava con lui e, in più, non sarebbe riuscita ad aiutarla,
né eventualmente a convincerla a scappare con loro. Doveva
fare molta più attenzione, anche se era difficile.
L'istinto
di crogiolarsi nella sua vicinanza, almeno fino al limite concesso,
restando in una zona grigia di amicizia ed accidentale malizia era
forte e la tentazione estremamente allettante.
Non
avrebbe fatto del male a nessuno, non l'avrebbe molestata o
infastidita, anzi, non avrebbe dovuto proprio accorgersi di nulla...
Le sue labbra si stirarono involontariamente in un ghigno sottile,
prima che si rendesse conto di cosa stava pensando, quale inganno
stesse ideando...Non sarebbe più riuscita a guardarsi allo
specchio sapendo a quali oscuri desideri si era piegata,
approfittando dell'innocenza della sua ospite.
-Mi
piacerebbe.- Rispose Christine. Si era divertita in quel pomeriggio
così diverso dal solito e se avesse limitato la vicinanza
fisica con la Viscontessa quell'inconveniente non si sarebbe
ripetuto. Probabilmente erano stati gli abiti a confonderla e la sua
bellezza, oppure il suo modo di parlare, che le ricordava di quando
in quando il suo Maestro...Prese un profondo respiro, cercando di
rilassarsi. Non era successo nulla e quella spiacevole sensazione di
pericolo era assolutamente infondata.
-Allora
è deciso- Sorrise Carlotta, più tranquilla per la
risposta della bionda.
Rientrarono
alla villa, Christine rimise gli abiti con cui era arrivata e, dopo
essersi salutate, la carrozza la riportò al convitto, dove
avrebbe seguito fedelmente le raccomandazioni della Viscontessa, per
la caviglia.
Appena
salita in vettura, una nostalgia atroce avvolse Christine con tutta
la pesantezza di un presagio.
La ragazza non si capacitava di
quel sentimento improvviso, sapeva solamente che era rivolto a
Carlotta, come se temesse di non vederla mai più.
La
mora guardò la carrozza uscire dai cancelli, dall’ampia
finestra della biblioteca, e poi si diresse immediatamente nelle
proprie stanze, sentendo l'ispirazione palpitarle nel petto e
avvertendo dolorosamente un urgente bisogno di liberarla,
componendo.
A notte inoltrata era ancora sveglia, seduta allo
scrittoio e illuminata solo da una lampada ad olio, mentre cercava di
mettere sul pentagramma quanto provato in quella giornata.
Si
spinse fino al limite delle proprie fantasie, esprimendole in una
maniera che riteneva vergognosa, ma d'altro canto, era finzione, e se
il suo personaggio avesse ceduto all'istinto più abbietto,
nulla sarebbe successo.
Un
improvviso ticchettio alla finestra, però, la riscosse
bruscamente.
Si
affacciò, sentendolo ripetersi mentre si avvicinava, e vide
che era Mercier che lanciava dei sassolini contro il vetro. Voleva
salire.
Non
sapeva se assecondarlo o meno. Non voleva un uomo nella propria
camera da letto, ma non era la prima volta che l'amico la raggiungeva
e non era mai successo niente di equivoco... Gli fece un cenno
d'assenso e, in pochi secondi, lo stalliere si issò fino alla
sua finestra, entrando nella stanza.
-Credevo
che saresti tornata, dopo cena.- Esordì il ragazzo.
Carlotta
ci aveva pensato, ma da quando si era messa a scrivere aveva quasi
perso la cognizione del tempo -Sono stanca.-
-Cos'è
successo?-
-Niente.-
Rispose, terribilmente a disagio.
-Un
niente alquanto terrorizzante, a giudicare dalla faccia di
Christine.-
Carlotta
rimase sorpresa, per un istante. Non si era accorta che la Diva
fosse così spaventata e anche il loro accordo per altre uscite
a cavallo glielo faceva ritenere improbabile, Mercier si stava
sbagliando -C'è stato un piccolissimo incidente, ma certamente
nulla di "terrorizzante", come dici.- Allo sguardo
incuriosito del ragazzo, aggiunse -Scendendo di groppa ha perso
l'equilibrio, l'ho presa al volo, ma ha preso una piccola storta e si
è dispiaciuta, perché mi ha colpito in fronte con la
testa.- Sollevò la frangetta, lasciando intravvedere il
modesto bernoccolo -Tutto qui.- Sorrise, quasi ironicamente.
-Mi
sono preoccupato. Lei mi era sembrata spaventata e tu...Non lo so,
colpevole? Ho pensato per un attimo che le avessi confessato
tutto.-
-No,
no, sarebbe una follia.- Gli diede le spalle per qualche secondo, con
la scusa di chiudere il calamaio, preoccupata e infastidita che il
suo pensiero fosse risultato così evidente.
Era
convinta di essere riuscita a nasconderlo, per fortuna che Christine
le dava le spalle.
-Per
cos'era allora, quell'espressione?-
-La
giornata è andata bene ed è stata divertente, al punto
che abbiamo deciso di replicare.- Non poteva dire proprio a lui cosa
le suscitava Christine.
-Ah,
certo...- Cedette Mercier, senza crederle. Carlotta sembrava forzata
-Cavalcare a pelo però, non era la cosa più giusta da
fare con una principiante. Perché l'hai fatto?-
-Voleva
rientrare a piedi, dopo l'incidente. L'ho convinta solo salendo con
lei e l'arcione della sella avrebbe dato fastidio ad Argo, se mi ci
fossi seduta sopra.-
Il
ragazzo la guardò scettico, non era realmente necessario -O
forse cercavi di impressionarla?-
Carlotta
si irrigidì per un istante -No.- Rispose, mentre si rendeva
conto che in realtà era stato esattamente così. Era una
persona peggiore di quanto credesse. -Cioè, se ha una buona
impressione sarà più facile consigliarla sul
fidanzamento...No? Niente di più.-
-Giusto...-
Era una spiegazione plausibile -Meglio che vada, prima che qualcuno
mi scopra.-
-Buona
notte.- Lo salutò Carlotta.
-Buona
notte.-
****
Note:
Buongiorno
e buon sabato! Spero che questo capitolo vi sia piaciuto, in
ogni caso fatemi sapere cosa ne pensate, anche con poche parole,
soprattutto se non è stato di vostro gradimento.
Colgo
l'occasione per ringraziare la mia Beta di fiducia Oscuro_errante per
l'impegno e la costanza nel suo prezioso lavoro. Grazie mille!
A
sabato prossimo!
|
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Capitolo 7 *** Notes ***
7. Notes
Ogni
riferimento a fatti realmente accaduti, cose, luoghi, persone e
organizzazioni realmente esistenti è puramente
casuale.
7. Notes
Si videro
molte volte nelle settimane seguenti, passeggiando a cavallo,
giocando a Badminton ed esercitandosi con il canto o giocando a
carte, quando la stagione cominciò a mutare. Erano
iniziate anche le prove de "Il muto" e le due ragazze,
questa volta comprimarie, passavano tutto il tempo a teatro assieme,
anche nelle pause, sospinte da una nostalgia inspiegabile, quanto
costante, a ricercare la compagnia l'una dell'altra. Avevano
preso l’abitudine di salire spesso, da sole, sulla terrazza in
cima al tetto e, mentre Carlotta le faceva ascoltare le sue
composizioni, suonandole al violino, Christine ne immaginava le
parole. Scene
di viaggi ed avventure epiche affollavano la sua mente, così
come immagini più dolci e momenti più toccanti le
fluivano naturali tra i pensieri, come se fossero sempre state lì,
in attesa di essere espresse. L’immaginazione,
per fortuna, non le era mai stata in difetto. La
Viscontessa le aveva spiegato che le era proibito suonare la propria
musica perfino alla tenuta e così si erano organizzate,
ritagliandosi un posticino tranquillo tra gargouille e casse di
vecchi attrezzi in disuso, lontane da orecchie indiscrete. César
aveva accolto di buon occhio questa improvvisa socialità di
Carlotta e faceva di tutto per stare fuori casa il più
possibile, ad eventi pubblici, in modo da non poter mai dare adito a
una sola illazione sull'onorabilità di Mademoiselle Daaé
e non ostacolare la figlia nell'adempimento del loro accordo. Tutto,
dal suo punto di vista, stava andando come previsto.
César
scese dalla carrozza davanti all'ingresso principale dell'Operà,
e si recò nel suo studio, come sempre. Fu
Rémy, il suo segretario, ad accoglierlo all'ingresso
dell'ufficio -V-Visconte buongiorno.- Spalancò le porte per
permettere il passaggio del nobile, che non rallentò né
lo degnò di risposta -C'è della posta per voi...-
Ritentò l'assistente, torcendosi la cravatta. -Per
me?- Non riceveva mai niente di personale lì. -Sul
v-vostro scrittoio.- Smistando le lettere, come ogni mattina, aveva
trovato una missiva, listata di nero e chiusa con della ceralacca.
Sembrava una lettera di condoglianze, di certo non erano buone
notizie. Rémy
era molto superstizioso e temeva di aver attirato su di sé la
sfortuna solamente toccandola e il suo abituale nervosismo ne aveva
risentito parecchio. La paura della reazione del Visconte, poi, gli
stava già facendo bruciare lo stomaco. César
raggiunse la scrivania e prese la lettera, ne ruppe il sigillo,
marchiato "F", senza riconoscerlo, e l'aprì. Anche
la carta all'interno era listata a lutto.
“Caro
César che gala incantevole! Christine
ha avuto un gran successo! Non
abbiamo affatto sentito la mancanza di Carlotta. Per
il resto, il coro era stupendo, ma il balletto una deplorevole
confusione!"
F.O.
Il
Visconte strinse la lettera nel pugno, rabbioso. Chi l'aveva mandata?
E con quale tono derisorio si era espresso! "Caro César..."
Una mancanza di rispetto imperdonabile...Chi era F.O.? Scorrendo
nella sua memoria ogni conoscente, nessuno aveva quelle
iniziali. "Madame
Giry?" Ipotizzò. Di certo era l'unica ad aver guadagnato
qualcosa dal ritiro di Carlotta...Ma perché denigrare il
proprio corpo di ballo, se così fosse? Scosse il capo, non
poteva essere stata lei. -Rémy,
controlla tutti i nomi della mia rubrica e cerca se qualcuno
corrisponde alle iniziali F.O.!- Tuonò all'improvviso, facendo
sussultare il segretario. -Sì
Visconte!- L'uomo corse subito al proprio scrittoio e iniziò a
cercare alacremente, mentre César usciva dall'ufficio
infastidito, ma intenzionato a proseguire con i propri programmi. Si
affacciò alla maestosa scalinata del foyer, diretto in sala
per assistere alle prove, quando Carlotta lo raggiunse, stizzita e
trafelata -L'avete scritta voi questa, padre?!- Lo apostrofò,
agitando una lettera listata a lutto che subito l'uomo le strappò
di mano.
"I
vostri giorni all'Operà Populaire sono contati. Christine
Daaé si esibirà in vece vostra. Preparatevi
a una grande disgrazia se proverete a cantare al suo posto."
F.O.
-Sciocca!
Perché mai avrei dovuto scrivere una cosa del genere?- Era
furioso, chiunque fosse si stava prendendo gioco lui. -Perché
tenete troppo alla popolarità della vostra Diva!- Sibilò
sottovoce, per non farsi sentire dalle donne delle pulizie, che
lucidavano il pavimento ai piedi della scalinata. -Non
avrei avuto bisogno di scrivertelo!- César si interruppe,
vedendo Madame Giry corrergli incontro, nervosa e pallida, seguita da
Christine. Anche loro avevano una lettera. L'insegnante la consegnò
subito al Visconte, che la lesse:
"Christine
Daaé è un astro nascente e
sono impaziente di veder la sua carriera progredire. Nella
nuova produzione de "Il Muto" dovrete
perciò impiegare Carlotta come paggetto, mentre
la contessa passa invece a Christine. Quel
ruolo comporta molto carisma e abilità il
piccolo paggio invece non parla. Questa,
a mio parere, è l’assegnazione ideale delle parti."
F.O.
-L'avete
scritta voi?- Chiese a bruciapelo César, a Madame Giry. -Mon
Dieu! No!- Rispose indignata la donna. -Padre,
che intendete fare?- César
fulminò con lo sguardo Carlotta, si era permessa di metterlo
alle strette in pubblico. -Nulla, sono solo i vaneggiamenti di un
pazzo. Una burla.- -Ha
già rapito Christine, potrebbe succedere qualcosa di
peggiore!- Insisté sconvolta, la figlia. -Sai
chi ha mandato queste lettere?-Chiese il Visconte. -Mi
pare ovvio- Carlotta si voltò a guardare l'altra ragazza,
prima di rispondere -Il Fantasma dell'Opera!- -Sciocche
leggende! Superstizioni! Non esiste nessun Fantasma- Di sicuro era la
trovata di qualche suo concorrente, per ostacolarlo. Erano passate
settimane dal rapimento di Christine e non era più successo
nulla, anche la stampa aveva smesso di parlarne -E' solo opera di un
mitomane.- Detto
questo tagliò corto, entrando in sala e preparandosi ad
assistere alle prove e congedando le donne, noncurante del nervosismo
che pervadeva l'orchestra. Dopo
diversi minuti, con Carlotta e Christine che attendevano in scena che
i musicisti iniziassero a suonare, Monsieur Reyer raccolse i suoi
spartiti e si avvicinò a César -Visconte, mi dispiace
disturbarla, volevo dirle che le prove di oggi saranno in ritardo...-
Azzardò, con profondo timore. -E
perché?- -Gli
spartiti con le correzioni da voi volute...Per l'adattamento a
Mademoiselle Carlotta...Sono scomparsi.- Era mortificato e aveva
atteso fino all'ultimo, nella speranza che i suoi collaboratori li
ritrovassero, ma tutto era stato vano. -Cercateli.- -Lo
stiamo facendo Visconte, tuttavia, credo sia più rapido che io
li riscriva, qualora non dovessero essere ritrovati.- -Quanto
ci vorrà?- -Per
domani dovrei riuscire a terminare.- Ricordava quasi tutto, non
avrebbe impiegato molto, lavorando tutta la notte. -Domani?
Ma è ridicolo!- Era stato convocato e pagato tutto il
personale di palco per quella giornata, sarebbe stato uno spreco
enorme. -Spero
che li ritrovino al più presto, ma al momento è così.-
Aggiunse il Maestro. César
trattenne uno sbuffo d'impazienza -Andate e vedete di sbrigarvi, e
dite a tutti di cercare ovunque. Continueremo per lo meno le prove
sceniche e del balletto con le musiche originali!- Si alzò e
tornò nel proprio ufficio, maledicendo quella manica di
incompetenti. Congedate
e con la giornata libera, Christine e Carlotta si ritrovarono nel
camerino di quest'ultima. La
bionda era estremamente nervosa -La tua lettera conteneva minacce, ho
capito bene?- Esordì, dando le spalle alla sua interlocutrice,
mentre percorreva con lo sguardo le modanature della toletta. -Sì-
Carlotta, seduta sulla chaise-longue, cercò di non mostrarsi
troppo preoccupata. Le avevano ideate lei e Mercier, quelle lettere,
e le aveva scritte il ragazzo, visto che César avrebbe
riconosciuto la sua calligrafia, ma non voleva che Christine si
spaventasse troppo. -Io
non so se è stato realmente il Fantasma dell'Opera a
mandarle- -C'erano
le sue iniziali.- Osservò la nobile. Doveva comunque reggere
il proprio gioco. -Sì,
ma è sempre stato buono e gentile, non è da lui.- Aveva
avuto parole leggermente sprezzanti nei confronti della Viscontessa,
ma poi non si era più ripetuto, dopo la sua richiesta. -Forse
realmente un mitomane?- -Forse...-Lo
sperava ardentemente. -Hai
idea di chi possa averti rapita? Non sembra un comportamento da
persona onesta.- Si alzò e si avvicinò a Christine,
abbassando la voce. Non voleva che qualcuno le sentisse. -Oh...Non
so chi sia, ma in realtà mi ha salvato la vita.- -Che
intendi?- -Ero
stata invitata da un uomo di spicco a…Incontrarlo in privato.
Se non mi avesse rapita, non avrei potuto sottrarmi all'incontro
senza gravi conseguenze.- Nonostante non fosse accaduto nulla, nella
voce di Christine era ancora presente il ricordo dello
spavento. Carlotta
le posò le mani sulle spalle, triste, mentre cercava di
tranquillizzarla -Sembra che tu voglia bene al tuo rapitore.- -Mi
ha aiutata enormemente nelle settimane precedenti lo spettacolo, è
stato lui a insegnarmi come cantare ne "L'Annibale". E' un
genio, ha un talento meraviglioso...Quasi come te. Mi ha sostenuta,
incoraggiata, e quando mi ha rapita non mi ha sfiorata con un dito,
mantenendo sempre un comportamento irreprensibile...- Arrossì,
ricordando che era stata lei, invece, ad essere impulsiva e
sfacciata, mentre il suo Maestro non le si era avvicinato nemmeno per
svegliarla. La
stima e l'affetto avvertite in quelle parole provocarono in Carlotta
un'enorme tristezza. Il suo alter ego aveva tutto ciò che lei
desiderava per sé -Lo ami?- Chiese, con timore. -Credevo
di sì, ma...- -Ma?-
Non riuscì a trattenere la propria curiosità. -In
queste settimane non ho quasi più pensato a lui e adesso mi
domando se il mio comportamento lo abbia fatto arrabbiare. Lui
veniva a parlarmi durante le pause e io non sono più rimasta
da sola, preferendo la tua compagnia.- Si voltò a guardarla,
preoccupata. -Se
era così dolce e premuroso capirà. Hai un'amica, non
c'è niente di male.- Cercò di rassicurarla. Non aveva
più indossato i panni del Fantasma, in quelle settimane, se
non per lasciare rapidamente i propri spartiti al riparo da occhi
indiscreti. -Sì-
Annuì, ma la sua preoccupazione non cessò. Il Fantasma
vedeva e sapeva tutto e temeva che fosse anche a conoscenza del
mutare dei suoi sentimenti. -Quelle
lettere saranno certamente una burla- Cercò di sorridere
Carlotta, sollevando delicatamente il mento di Christine con la punta
delle dita e portandola a guardarla negli occhi -Vedrai che non
succederà niente.- Aveva programmato con Mercier qualche
intoppo, qualche piccolo incidente, ma essendo tutto organizzato non
c'era alcun rischio. Era solo per far girare le voci e costringere
suo padre a invertire i loro ruoli, senza sospettare di lei. -Ne
sei certa?- -Sì,
stai tranquilla.-
Il
giorno seguente, una volta che il maestro Reyer aveva riscritto lo
spartito e comunicato nuovamente le modifiche ai musicisti, le prove
ripresero come previsto. Christine,
nel ruolo del paggio, non aveva alcuna battuta. La sua parte era
limitata alla mimica, dato che il muto citato nel titolo della
composizione era proprio il suo personaggio. Era
un’Opera buffa e tutto si basava sulla relazione tra la
Contessa e il giovane Serafimo, il suo paggio muto, il quale si
nascondeva dal Conte travestendosi da servetta, riuscendo così
a restare in compagnia della nobile senza destare alcun
sospetto. Carlotta
aveva invece il ruolo della Contessa e trovava ironica la
similitudine tra quella trama e l'inganno che stava ordendo alle
spalle di suo padre che, come il vecchio Conte, interpretato dal
tenore Ubaldo Piangi, nulla sospettava. Fu
alla fine del breve duetto con quest’ultimo che il Fantasma
entrò in azione. Una delle pesanti travi che sorreggevano la
scenografia cadde, schiantandosi con fragore a pochi centimetri da
Carlotta, che riuscì a malapena a schivarla, cadendo a
terra. Christine
fu la prima a raggiungerla -Stai bene?- Chiese, chinandosi accanto a
lei e abbracciandola, guardando immediatamente nel buio dietro le
quinte, da dove era caduta la trave, senza vedere nulla. Non
le rispose, spaventata. Sapeva che sarebbe successo, ma non si
aspettava che quella trave fosse così pesante. Anche
gli altri membri del cast si preoccuparono per lei e suo padre la
raggiunse rapidamente dalla platea, facendola subito portare in
camerino, mentre il corpulento tenore era svenuto per lo spavento,
sorretto dal suo assistente. Ordinata
un'interruzione, César raggiunse la figlia. -Ti
sei fatta male?- -No...Nulla.-
Stesa sulla chaise-longue teneva drammaticamente un polso adagiato
sulla fronte. Suo padre doveva pensarla profondamente scossa. -Hai
visto qualcuno?- Era la persona più vicina, a parte gli
scenografi. -No,
è tutto buio lì dietro...- -Sarà
stato un incidente.- -Non
lo credo dopo quella lettera, padre! Non può essere una
coincidenza.- Disse concitata. -Calmati!-
Le intimò, irritato. Mal sopportava le esagerazioni femminili
-Non mi dirai che credi realmente ai fantasmi- Aggiunse. -No,
ma credo che qualcuno stia sfruttando la leggenda e che mi abbia
preso di mira!- Continuò, spaventata. -Ma
chi? Tu non hai nemici.- -Ma
voi sì. E molti. Senza contare che potrebbe essere un
ammiratore di Christine...Se non colui che l'ha rapita.- -Si
è confidata su quest'uomo?- Carlotta
annuì -Sì, ma niente che non sapessimo. Non lo ha visto
in volto, indossava una maschera, e non ne ha riconosciuto la
voce.- -Non sa
nemmeno dove l'ha portata?- -No,
era priva di sensi per lo spavento.- Mentì. -Prenditi
qualche minuto, calma i tuoi nervi e appena la scenografia sarà
a posto torna sul palco.- -Ma
padre, tremo come una foglia! Non posso cantare oggi!- -Dovrai,
non possiamo mostrarci spaventati, o tutti se ne
approfitteranno.- Carlotta
se lo aspettava, immaginava che un singolo incidente non sarebbe
stato sufficiente. -Ma...!- -E
poi potrebbe essere stato un caso.- La interruppe. -E
se invece si accanisse e riprovasse? -Non
essere ridicola...Lascia che di queste cose me ne occupi io e pensa
solo a cantare.- Si congedò, lasciandola sola. Pochi
istanti dopo, sentì bussare -Chi è?- Chiese
Carlotta. -Sono
io...- La voce di Christine. -Vieni...vieni...-
Si mise a sedere e si ricompose, non voleva farla preoccupare più
di quanto già non fosse. La
ragazza entrò nel camerino, indossava ancora i pantaloni e la
camicia da Paggio -Stai bene?- Le chiese nuovamente,
preoccupata. -Sì,
non mi ha colpita.- Le sorrise. -Dieu
merci…- La abbracciò improvvisamente, stringendola
forte a sé e restando in silenzio per diverso tempo, mentre la
mora, ancora seduta, ricambiava lentamente l'abbraccio, profondamente
dispiaciuta che soffrisse tanto. -Non
è successo niente...- Se glielo avesse confessato? Se le
avesse detto di non preoccuparsi perché era tutto organizzato?
Si sarebbe arrabbiata per l'inganno? Mercier sicuramente, dopo aver
rischiato molto per aiutarla. Le
avrebbe spiegato tutto appena possibile, ma non poteva farlo in quel
momento. Di sicuro non a teatro, dove anche i muri avevano
orecchie. Christine
le prese il volto tra le mani -Se ti fosse accaduto qualcosa io...-
La guardò negli occhi, lasciando morire la frase, mentre
Carlotta ricambiava il suo sguardo -Non me lo sarei mai perdonato.-
Terminò, accarezzandole la guancia con la punta delle dita,
prima di scostarsi -Per fortuna stai bene.- Sorrise. Nascosto
dietro lo specchio, nel buio, Mercier osservava le due donne. Si
era fermato per controllare come stesse Carlotta, anche se il piano
prevedeva che raggiungesse subito il bacino sotterraneo, perché
era rimasto sorpreso dal frastuono e dal peso della trave e voleva
assicurarsi di non averla colpita accidentalmente. Assistendo
a quel colloquio, però, molte cose gli divennero chiare. Ora
capiva perché Carlotta teneva così tanto a lei, perché
non erano scappati subito...Perché non lo ricambiava. Arretrò
verso il corridoio, facendo attenzione a non fare rumore, e poi si
dileguò nei sotterranei.
Terminate
le prove, Carlotta tornò alla residenza e subito si recò
alle stalle. Voleva controllare che Mercier stesse bene. Non
trovandolo, chiese al padre del ragazzo che gli disse che era dietro
casa, a spaccare legna. Lo raggiunse. -Ciao.-
Lo salutò, vedendolo. -Ciao.-
Sorrise rapidamente, mentre accatastava i ciocchi appena
tagliati. -E'
andato tutto bene?- -Sì,
nessun problema. Non mi ha visto né seguito nessuno.
Tu?- -Tutto
bene. Come previsto, mio padre non si è scomposto troppo.
Vuole procedere.- -Tu
te la senti di procedere? Oggi mi sono spaventato a morte quando ho
sentito quel fracasso...Non pensavo avrebbe preso tutta quella
velocità.- -Nemmeno
io...Diciamo che mi ha aiutata ad avere una reazione credibile.-
Ridacchiò nervosa. Mercier
sorrise con lei -Ho visto poi che ti è tornato utile in altri
modi.- Aggiunse, malizioso. -Che
intendi?- -Christine
era molto preoccupata e...Espansiva.- -Eri
dietro lo specchio?- Chiese, sorpresa. -Solo
per qualche secondo, volevo controllare di non averti colpita.- -Lei
fa sempre così, è sempre molto affettuosa...- -E
tu non ti tiri indietro.- -Devo
risultarle simpatica, non posso certo respingerla- -Se
mi permetti, ho più esperienza di te, con le donne...- Si
sedette sulla catasta appena fatta -Ti piace?- -Che
assurdità!- Rispose Carlotta, sentendosi arrossire, e subito
gli diede le spalle, afferrando l'ascia e sistemando uno ciocco sul
ceppo. -Dimmi la
verità.- -La
verità è che è talmente assurdo che, qualunque
sia la mia risposta, la realtà delle cose non cambierà.-
Calò l'ascia con precisione, separando il legno in
due. -Ovvero?- -Che
sia che io provi interesse per lei o meno, resterà sempre e
comunque un'amica.- Prese un altro ciocco e ripeté il
gesto. -Perché?-
Possibile che non si fosse accorta di come si comportava l'altra nei
suoi confronti? -Ha
baciato un uomo e ne è infatuata.- Quell'uomo era lei, ma
Christine non lo sapeva e il concetto restava il medesimo. -Ah.-
Stando così le cose, non gli aveva mentito quando le aveva
chiesto se c'era qualcun altro -Mi dispiace.- Era comunque confuso,
quello che aveva visto strideva con quello che Carlotta gli stava
raccontando. -Lei
è solamente molto espansiva, come tutti gli artisti.- Aveva
cominciato a comportarsi a quel modo dopo diverso tempo, quando erano
realmente entrate in confidenza. Probabilmente era abituata a fare
così anche con le altre ragazze del balletto, avevano tutte la
stessa età. Sentì un piccolo moto di gelosia graffiarle
lo stomaco, mentre sistemava altra legna da tagliare. -A
volte parli come tuo padre.- -A
volte dice cose sensate.- Mercier
rimase in silenzio, scettico. -No
non è vero!- Esclamò ridendo Carlotta.
****
Note: Buongiorno
e buon sabato! Spero che questo capitolo vi sia piaciuto, in
ogni caso fatemi sapere cosa ne pensate, anche con poche parole,
soprattutto se non è stato di vostro gradimento.
Colgo
l'occasione per ringraziare la mia Beta di fiducia Oscuro_errante per
l'impegno e la costanza nel suo prezioso lavoro. Grazie mille! A
sabato prossimo!
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Capitolo 8 *** Bitter ***
8 bho
Ogni
riferimento a fatti realmente accaduti, cose, luoghi, persone e
organizzazioni realmente esistenti è puramente casuale.
8.
Bitter
Nei giorni seguenti il Fantasma non si fece
più vedere, ma tutti i lavoranti dell'Operà Popoulaire
erano in agitazione.
Il Visconte aveva detto di non volerne più
sentirne parlare, minacciano ripercussioni su chiunque l'avesse
nominato nuovamente e, questo, aveva peggiorato la situazione. Il
nervosismo non si era placato, ma anzi, bruciava senza fiamma sotto
le ceneri. Invisibile e pericoloso.
Il passaggio di Carlotta
provocava continuamente gesti scaramantici alle sue spalle e, durante
la pause, fiorivano in ogni angolo i racconti delle leggende su colui
che era considerato il vero proprietario dell'Operà, raramente
esponendo i reali fatti accaduti anni prima, più di sovente
ingigantendo gli avvenimenti e incrociandoli con altre
superstizioni.
Perfino Joseph Bouquet, capo delle "mosche",
così venivano difatti chiamati gli operatori di scena, poiché
costantemente vestiti di nero, aveva la sua versione.
Lui l'aveva
visto di persona il Fantasma dell'Opera e se ne vantava con le donne
del balletto, che pendevano dalle sue labbra tra paura, disgusto e
curiosità.
-E' come cera il viso suo!- Esordiva, ogni volta
che una ragazza gli chiedeva di raccontare la sua storia, cosa che in
quei giorni accadeva spesso -Mezzo buco fa da naso e...Niente
più!-
Christine sorrideva, ascoltando questi racconti
ridicoli, allontanandosi dagli altri per non attirare
l'attenzione su di sé
Lei lo aveva visto realmente e anche
se la metà superiore del suo volto era coperta dalla maschera,
di certo non era così deforme come lo raccontava il
Capomastro. Ricordava la pelle liscia sotto la punta delle sue dita e
quelle labbra morbide... A volte aveva l'impressione di averle già
viste, ma non riusciva a capire su chi. Non doveva essere una persona
con cui aveva avuto molto a che fare oppure ne avrebbe riconosciuto
la voce, già molto particolare di suo, con quel timbro ruvido
e graffiante.
Forse il garzone di qualche fornitore? Non si
raccapezzava, difficile che un manovale sapesse insegnare canto e che
suonasse così bene. Dai lineamenti, però, si trattava
senza dubbio di un uomo molto giovane: non c'era traccia di barba sul
suo mento.
Avrebbe trovato tutta la situazione intrigante, quasi
divertente, se la vita di Carlotta non fosse stata in
pericolo.
Avevano parlato spesso, dopo l'incidente. La Viscontessa
voleva sminuire a tutti i costi quanto accaduto, ma sentiva che stava
nascondendo il suo reale sentire per non farla preoccupare. Era
sempre così attenta ai suoi bisogni e così piena di
riguardi che si sentiva fortunata ad esserle amica.
Era una
preziosa guida nel mondo di lustro e merletti in cui era stata
gettata dal successo de "L'Annibale" e se non ci fosse
stata lei a mostrarle come comportarsi ai ricevimenti sarebbe stata
già additata come "selvaggia" e la sua notorietà
esaurita.
Le doveva molto.
Sospirò, davanti
alla porta del camerino della nobile e bussò, chiedendo
udienza.
-Avanti.- Le rispose Carlotta.
-Ciao.- Disse
entrando.
-Ciao, dormito bene?-
-Sì. Tu?-
-Anche io.-
Le sorrise la ragazza, mentre seduta alla toletta si spazzolava i
capelli -Pronta per le prove?- Dal giorno dell’incidente
Christine andava a trovarla in camerino più di frequente e,
per quanto si sentisse in colpa per il suo inganno, era felice di
questo risvolto inaspettato e si beava della sua vicinanza. Aveva
persino imparato ad apprezzare l’inspiegabile e dolorosa
nostalgia che la pervadeva costantemente, in sua presenza.
-Sì.
Te la senti?-
-Assolutamente.- Si alzò e l'abbracciò
per rassicurarla -Non è più successo nulla,
probabilmente è stato solo un incidente.- Chiuse gli occhi,
cercando di imprimersi il calore di quel tocco nella memoria.
Le
prove procedettero senza problemi, secondo i tecnici grazie alle
numerose collane d'aglio che avevano appeso in ogni angolo del dietro
le quinte, nel dubbio che il Fantasma fosse in realtà un non
morto assetato di sangue, quando un urlo improvviso e raccapricciante
riecheggiò per tutta la sala.
L'orchestra smise di suonare
e la voce di Piangi, il tenore, si spezzò rabbrividendo,
mentre tutti i presenti si guardarono l'un l'altro, sapendo già
che era successo qualcosa di terribile.
Corsero tutti verso la
fonte di quel grido e trovarono Marjorie, una delle costumiste, e
Rémy, davanti alla porta spalancata del camerino della
Viscontessa.
-Cos'è successo?- Li interpellò
immediatamente il Capomastro, mentre la donna stentava a reggersi
sulle gambe, sostenuta dal segretario.
-Qualcuno è entrato
nel camerino della Viscontessa!- Rispose Rémy -E ha
lasciato un ratto sulla toletta!-
-Un ratto?- Bouquet quasi
imprecò, sperava in qualcosa di più. I topi infestavano
abitualmente cantine e magazzini dell'Operà.
-I-infilzato
con un pugnale...- Aggiunse l'uomo.
Il Capomastro entrò
immediatamente, seguito da Carlotta e altri curiosi, tra cui
Christine.
-Mon Dieu...- Sussurrò la nobile, portandosi una
mano alla bocca, prima che Madame Giry si frapponesse tra lei e
l'animale, impedendole la vista.
-Christine portala in un luogo
tranquillo, mentre avviso il Visconte.- Ordinò
l'insegnate.
-Sì, Mère.- La ragazza prese la mora
per mano e si fece largo tra i curiosi. Non fu difficile, tutti si
spostarono immediatamente non volendo aver niente a che fare con il
"bersaglio del Fantasma", come se avesse la peste.
Salirono
sulla terrazza, Carlotta aveva bisogno di prendere aria.
La
Viscontessa sapeva che Mercier avrebbe fatto qualcosa quel giorno, ma
non le aveva detto cosa. Avevano deciso che era meglio non
informarla, se non per qualcosa di rischioso, in modo che le sue
reazioni apparissero naturali. Non si aspettava che l'amico operasse
in maniera così truculenta, ma ciò che più
l'aveva colpita era stato il fetore delle interiora del ratto, che le
aveva attanagliato lo stomaco.
-Stai tranquilla, sei al sicuro
qui...- Esordì Christine, abbracciandola. Quella che avevano
trovato era una minaccia di morte bella e buona -Io devo dire a tutti
quello che so realmente su di lui... Credo sia il caso di avvisare la
Gendarmerie, ha oltrepassato ogni limite.-
Carlotta la guardò,
preoccupata.
-Si sposta all'interno dell'edificio tramite passaggi
segreti. Ha fatto così quando mi ha rapita, ce n'è uno
dietro al mio specchio, in camerino. Forse ce n'è uno anche
dietro al tuo.- Le sembrava di ricordare che la Viscontessa avesse
l'abitudine di chiudere sempre a chiave, quando usciva. Nessuno
poteva essere passato dalla porta senza chiedere le chiavi di riserva
a Rémy, come aveva fatto la costumista.
Carlotta annuì
-Mio padre ne è conoscenza. Ha fatto esaminare l'intera
struttura, dopo il tuo rapimento.- Mentì. Se Christine avesse
reso pubblica quella notizia tutto sarebbe sfumato -Non devi dirlo a
nessuno, i curiosi si riverserebbero in quei corridoi e il Fantasma
fuggirebbe. César lo riferirà ai gendarmi, non
preoccuparti.-
-Non mi fido molto di tuo padre...- Le sfuggì,
pentendosi subito di quanto detto, con un sussulto.
La mora
ridacchiò -Nemmeno io, ma quando si va attorno al denaro, o al
nome del casato, diventa un infallibile segugio.- Sperò che le
voci prendessero il volo anche al di fuori del teatro e che la stampa
montasse il caso, come con il rapimento di Christine.
-Se penso di
aver provato simpatia per lui...Per il Fantasma, intendo. Sembrava
così diverso.- Disse con rammarico.
-Può capitare,
non angustiarti.- Almeno quella storia l'aveva liberata dal
sentimento per quell’uomo impossibile da ricambiare, constatò
Carlotta.
-Voi siete la persona più importante per me...Ed
ora mi sento in colpa.- Fece qualche passo verso la balaustra del
terrazzamento, allontanandosi dalla nobile.
-Per cosa?- Rimase
spiazzata dal comportamento della ragazza, che aveva ripreso
improvvisamente a darle del "voi".
-Ho contrariato il
Fantasma preferendo la vostra compagnia alla sua...E questa è
la sua vendetta.-
-Mi sembra improbabile.-
-No...Ho avuto un
comportamento indecoroso in sua presenza.- Doveva dirle tutto, per
permetterle di avvisare correttamente la Gendarmerie -L'ho baciato.-
Ammise, con estrema vergogna di sé stessa -Ero convinta di
amarlo e probabilmente anche lui si è convinto di
questo.-
-Non è amore se una semplice amicizia lo tramuta
in rabbia.- Cercò di dissuaderla.
-Lui vede e sente tutto,
Viscontessa.- Sollevò lo sguardo, impaurita. Non sapeva come
procedere, ma era fondamentale, nonostante le conseguenze, dirle la
verità -Non posso più mantenere il segreto. Potrebbe
andarne della vostra vita.-
-No, Christine, non dire nulla.- Le
salirono le lacrime agli occhi. -Non è necessario.- Se aveva
un segreto che la spaventava tanto, non era giusto che glielo
rivelasse credendola in pericolo.
-Lo è, Viscontessa. Io
vi...- La mano di Carlotta le coprì la bocca, salda,
impedendole di continuare.
-Sono io l'Angelo della Musica.-
Sussurrò al suo orecchio la nobile -Volevo aiutarti.-
Trattenne un singhiozzo, ripercorrendo i ricordi di quella
sera.
-Voi?!- Esclamò Christine, arretrando e liberandosi
da quella presa -Non è possibile...-
-Ho sentito
dell'invito del Visconte e mi sono spaventata. Ho agito in fretta e
vi ho stupidamente esposta a tutto questo.-
-Anche per le lezioni
eravate voi?-
-Sì.-
-Perché?-
-Mio padre mi
aveva vietato di parlarvi, volevo aiutarvi nel canto e non ho trovato
altro modo...Mi dispiace.-
-Anche gli incidenti di questi giorni
sono opera vostra?!- Stentava a credere alle sue
orecchie.
-Organizzati assieme ad un complice.-
-Vi siete presa
gioco di me per tutto questo tempo? E io che soffrivo, credendovi in
pericolo!-
-Mi dispiace! Per questo ve lo sto dicendo...Non
pensavo che vi avrebbe turbata così.-
-E' un gioco per
voi?! Perché lo fate?-
-A causa di mio padre.-
Christine
non si aspettava quella risposta e, anche se furente, la sua
curiosità era stata stuzzicata. Si limitò ad aspettare
che la nobile proseguisse.
-Mio padre vuole chiedervi in
sposa.-
La bionda rimase sbalordita.
-Mi ha chiesto di
avvicinarmi a voi e guidarvi tra le possibili richieste di
fidanzamento.-
-E voi lo avete esaudito subito!- Scioccata,
sdegnata e ferita scoccò uno sguardo di puro disgusto verso
Carlotta.
Questo giustificava ai suoi occhi il suo improvviso
interesse nel frequentarla.
-No! Non è questa la realtà
delle cose...- Cercò le parole -Io volevo proteggervi da lui.
E' uno uomo meschino, gretto e violento. Al contrario di voi, che
siete la persona più altruista e dolce che io abbia mai
conosciuto.-
-Risparmiatevi i complimenti. Non mi placherete con
vane parole.-
-César mi ha costretta, ricattandomi. O vi
introducevo a lui, o sposavo un pretendente di sua scelta...E se mi
fossi rifiutata mi avrebbe mandata in clausura.-
Christine sentiva
la sua rabbia vacillare, mossa a compassione dai fatti narratele -E
avete deciso, quindi, di vendere me.- Non poteva però
transigere su questo aspetto.
-No...Ho voluto che lui lo credesse,
ma no, non è mai stato nei miei pensieri nuocervi. Al
contrario, mi sono adoperata in ogni modo affinché voi
diventaste sufficientemente nota e benestante da avere libertà
di scelta. Per questo la cordite e gli incidenti...Per dissuadere mio
padre dal farmi esibire e mettere in risalto voi.-
-Ma così
voi sareste condannata a una vita di infelicità!-
Carlotta
scosse il capo -Stavo organizzando una fuga, con il benestare del mio
complice, da attuare appena la vostra situazione fosse stata
sicura.-
Christine rimase in silenzio per qualche secondo, prima
che le sorgesse un dubbio -Al mattino, dopo la prima...Eravate voi o
il vostro il complice?- Aveva baciato lei o un emerito
sconosciuto?
-Ero io...- Cercò di anticipare i pensieri
della cantante -Il vostro onore è salvo! Porterò il
segreto con me, nella tomba.-
-I vostri gesti, le vostre
parole...Mi avete ingannata! Doppiamente ingannata con questi
sabotaggi! Me ne avreste parlato subito se aveste avuto un briciolo
di fiducia in me...Potevate presentarvi, potevamo accordarci. Avrei
mantenuto il segreto con vostro padre se me ne aveste dato
l'occasione!- Era incredula e ferita.
-Ho mentito e mi dispiace,
pensavo di potervi proteggere dal male e preservare la vostra
innocenza. Ho indossato una maschera per coprire il mio inganno e
tentare di coinvolgervi il meno possibile, credendo di agire per il
meglio.-
-Hai creduto di agire per il meglio facendo esattamente
come tutti gli altri... Ritenendomi troppo debole o troppo stupida
per scegliere per me stessa.-
-Avevo buone intenzioni...-
-La
strada per l'Inferno ne è lastricata! Vi credevo diversa,
invece siete come gli uomini che tanto biasimate...Superiore per
nascita.- Sentiva un profondo dolore al petto e prese un grosso
respiro, cercando di non piangere.
Quando riprese a parlare, il
suo tono era più freddo -Manterrò il vostro segreto e
non vi ostacolerò. Come vedete, non sono stupida e so
riconoscere cosa mi conviene...Ma non posso essere amica di una
persona che non conosco.-
-Non vi ho mentito su di me-
-Vi
credevo gentile ed onesta ed ora scopro che ordite complotti mortali
da settimane, che mi avete ingannata, facendomi innamorare di un
personaggio che non esiste, che vi siete professata mia amica pur non
avendo fiducia in me, mentre io mi sono confidata e stavo per
confessarvi di...- Non riuscì più a trattenere le
lacrime, sentendo quel sentimento tradito -Io non vi conosco.-
-Mi
dispiace...Non mi ero resa conto di starvi facendo un simile
torto.-
-E' questo il ponte tra di noi.-
Carlotta rimase in
silenzio, non riuscendo a seguirla.
-Voi nobili e noi cittadini.-
Aggiunse la bionda -Voi sapete sempre cosa è meglio per tutti
e nemmeno vi domandate come possano sentirsi gli altri.-
-Avete
ragione...Si tratta della vostra vita.- Sarebbe stato giusto
chiederle cosa voleva fare, invece di tramare alle sue spalle per
paura che lo dicesse a qualcuno.
-Sì. Si trattava della mia
vita.- Prese un nuovo respiro, cercando di tornare lucida -Se non
vorrete più proseguire con i vostri intenti, comunque, andrà
bene. Potete fuggire domani, se volete. Nulla vi obbliga a
preoccuparvi per me.-
-Io tengo sinceramente a voi.- Il dolore
nella voce della Viscontessa era ben percepibile.
-Rientriamo- La
ignorò la cantante -Quegli stolti che dirigono il vostro
teatro si staranno comportando come pazzi.- La precedette giù
per le scale senza degnarla di uno sguardo, avrebbe ceduto se se lo
fosse concesso.
Nuovamente, il personale accalcato per la
curiosità si spostò, vedendole arrivare, ma questa
volta non tanto per la maledizione che temevano avesse colpito la
Viscontessa, quanto per il volto di Christine.
Nel decennio
trascorso assieme a loro, lì al convitto, nessuno l'aveva mai
vista arrabbiata, ma la sua espressione non lasciava adito a
fraintendimenti.
Per il resto, la Viscontessa era più
terrea di quando aveva lasciato il camerino.
La condussero
subito nell'ufficio del padre, che aveva chiesto di parlarle, mentre
il personale ripuliva ogni traccia dell'avvertimento.
Carlotta era
in piedi, davanti alla scrivania di César, mentre quest'ultimo
le dava le spalle, guardando fuori dall'ampia finestra -Hai visto
qualcuno?-
-No, avevo anche chiuso a chiave, uscendo.-
-Ne sei
certa?- Chiese comunque, anche se sapeva che era stato Rémy ad
aprire, con la chiave di scorta, perché una sarta aveva
scordato le forbici dopo una prova costume.
-Sì. L'avevo
con me, è abitudine.-
-Sospetti di qualcuno?-
-No.-
-Se
fossero Madame Giry e Mademoiselle Daaé? Loro avrebbero solo
da guadagnare, da questa storia.-
-Su Mademoiselle non ho dubbi,
lei è onesta...- Sentì salirle le lacrime agli occhi,
ripensando a quanto appena successo.
Avvertendo la voce della
figlia incrinata, l'uomo si voltò a guardarla -Non fare
l'isterica, non ti ho educata così.-
-Non è vostra
la vita in pericolo.- La tristezza e l'agitazione che la pervadevano
per tutt'altro, la fecero suonare credibile.
-Un paio di scherzi e
subito pensi di stare per morire...?-
-Venire colpita da una
scenografia lo chiamate scherzo? Avrebbe potuto ferirmi
gravemente!-
-Se chiamassi i gendarmi sarebbe inutile.
Sospenderebbero la stagione, chiuderebbero il teatro per un po' e il
Fantasma scomparirebbe...E ci ritroveremmo con lo stesso problema
alla ripresa degli spettacoli.-
-Mi avete detto di avere un vostro
uomo di fiducia qui... Nemmeno lui ha idee?-
-No, nessuno ha visto
niente.-
-Se facessimo come vuole lui...? Guadagneremmo tempo e
potremo indagare meglio. Dovrà tradirsi, prima o poi.-
-No.-
Rispose categorico -E' fuori discussione, saremmo gli zimbelli di
Parigi.- Posò entrambi i pugni sullo scrittoio, deciso
-Vedendo i suoi avvertimenti ignorati smetterà.-
-O passerà
alle vie di fatto.- Carlotta incrociò il suo sguardo e lo
sostenne, difendendo le proprie affermazioni.
-Improbabile. Questi
zotici non sono mai così determinati, si fermano alle prime
difficoltà. Fai come se niente fosse accaduto ed evita che il
tuo nervosismo infuochi la loro immaginazione.- Tornò a
volgersi alla finestra -Ti concedo di ritirarti, per oggi, ma domani
ti voglio lucida.-
-Sì, padre.-
Sulla carrozza
che la riportò a casa c'era proprio Mercier, a cassetta. Era
stato rapido.
Carlotta salì in vettura degnandolo a
malapena di uno sguardo, per non destare sospetti. Tutti gli occhi
del teatro erano rivolti su di lei.
Arrivati alla magione, il
cocchiere l'aiutò a scendere -E' stato eccessivo, Mercier.-
Era rimasta parecchio sorpresa dal fatto che l'amico avesse nuociuto
ad un essere vivente, per quanto si trattasse di un ratto.
-Ho
improvvisato. Il topo l'ho trovato già morto nel canale.
Ragionerò meglio la prossima volta.-
-Non chiamerà
la Gendarmerie, troppo danno
economico.-
-Meglio.-
-Continuiamo.-
-Sì,
Viscontessa.- Rispose Mercier, dissimulando in fretta la
conversazione, notando che Bernìce si stava avvicinando alla
porta.
****
Note:
Buongiorno
e buon sabato! Spero che questo capitolo vi sia piaciuto, in
ogni caso fatemi sapere cosa ne pensate, anche con poche parole,
soprattutto se non è stato di vostro gradimento.
Colgo
l'occasione per ringraziare la mia Beta di fiducia Oscuro_errante per
l'impegno e la costanza nel suo prezioso lavoro. Grazie mille!
A
sabato prossimo!
|
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Capitolo 9 *** Il Muto ***
9 Il Muto
Ogni
riferimento a fatti realmente accaduti, cose, luoghi, persone e
organizzazioni realmente esistenti è puramente casuale.
9. Il
Muto
Nei giorni seguenti Carlotta e Christine non
si parlarono, vedendosi a malapena per le prove, costrette. Le
storie sul Fantasma si susseguivano insistenti e numerose e sempre
più curiosi cercavano di entrare a dare un'occhiata. La voce
cominciava a circolare. Il panico generale, poi, auto alimentava
questo clima di terrore diffuso. Ogni cosa, ormai, dalla più
futile alla più grave, veniva implicata al "Vero
proprietario dell'Operà". Se
scompariva un pettine, o un fazzoletto, se qualcuno si feriva con un
chiodo, o una scheggia, era colpa del Fantasma e tutti potevano
giurare di averlo visto, avvolto nel suo mantello nero, al buio,
aggirarsi sul proscenio, incurante dell'aglio, che comunque restava
al suo posto perché: "Non si sa
mai". A sobillare ancora di più
la fervida immaginazione degli artisti c'erano poi anche le continue
consegne di fiori a Mademoiselle Daaé. Cosa normalissima alla
prima, o durante le repliche, ma assolutamente bizzarra nel periodo
delle prove. Mazzi enormi di calendule e rose rosa, privi di
biglietto e dal mittente sconosciuto, venivano recapitati ogni giorno
alla Diva, in una misteriosa richiesta di perdono, secondo i dettami
del linguaggio dei fiori. Perfino il comportamento di Christine
era strano, agli occhi dei maligni. Si era dimostrata distaccata da
tutta la faccenda da principio, preoccupandosi solamente per la
Viscontessa, quando succedeva qualcosa, ma non si era mai soffermata
a condividere con loro i propri racconti, né tantomeno era mai
stata partecipe della paura, come tutti gli altri, inoltre,
dall'avvertimento trovato nel camerino di Carlotta, la ragazza si era
improvvisamente rabbuiata, svuotata, preferendo trascorrere in
solitudine ogni momento. Tutto questo le valse il soprannome di
"Sposa del Fantasma",
soprattutto da quando qualcuno, di notte, l'aveva vista lasciare la
propria stanza per recarsi alla cappelletta. Niente di insolito,
era una consuetudine che la ragazza aveva consolidato negli anni, se
non che dopo aver acceso un cero e pregato, si era messa a provare
sottovoce il ruolo della Contessa, ancora, ufficialmente, assegnato a
Carlotta. Per chi sapeva leggere tra le righe, i cattivi presagi
abbondavano.
Mancavano pochi giorni alla prima e la Diva
era nel suo camerino, durante un cambio di scena, mentre ripassava il
trucco. -Christine.- Si sentì chiamare sommessamente
dallo specchio, che aveva preso l'abitudine di coprire con un pesante
drappo. Ignorò la voce, riconoscendo la Viscontessa.
-Christine.- Insisté quest'ultima, parlando leggermente più
forte. -Tacete o vi scopriranno.- -Vorrei scusarmi.- -Potete
farlo da lì.- Carlotta rimase in silenzio, interdetta. Si
era immaginata di poterle parlare di persona. -Non volevo ferirvi.-
Appoggiata al retro dello specchio, oscurato dal telo, non sapeva se
i brividi che la percorrevano erano dovuti al gelo dei corridoi o
alla freddezza dell'altra donna -Ho capito di aver sbagliato a
tenervi all'oscuro, avete ragione, ma la mia non è stata
superbia, bensì ignoranza e paura.- -Paura?- Chiese
Christine, sorpresa. Non si aspettava niente del genere. -Voi
potreste distruggermi con una sola parola, Mademoiselle- Tutto il suo
futuro era nelle sue mani e, ammise a sé stessa, quasi con
terrore, anche la sua anima. In quei giorni quasi non aveva
dormito, né mangiato. La ragazza le mancava enormemente e non
c’era stato istante in cui i suoi pensieri non fossero rivolti
a lei, perfino i suoi sogni e le sue composizioni. -Anche voi
potevate, ma io ho confidato che non l'avreste fatto.- Disse
Christine, rammaricandosi per il proprio sbaglio. -Voglio
rimediare ai miei errori.- -Avete infranto il mio cuore, non è
qualcosa che si può sistemare.- -Non era mia intenzione
farvi innamorare di lui...So bene che è ben poca scusa, ma non
era premeditato, se questo può consolarvi almeno in
parte...Non ho volontariamente giocato con i vostri
sentimenti.- -Perché non siete fuggita?- Cambiò
argomento, era rimasta sinceramente sorpresa di vederla a teatro il
giorno seguente alla loro discussione, si aspettava scappasse. -Tengo
a voi Mademoiselle Daaé, anche se non sono stata capace di
dimostrarvelo.- -Veramente? O solo perché volete che non vi
denunci?- Stava riuscendo a muoverla a compassione, sentiva il
proprio orgoglio cedere. -Veramente. Non voglio che ci siano ponti
tra di noi. Ve ne prego, insegnatemi.- Ebbe nuovamente una sensazione
di déjà vu, lieve, non le capitava da tempo. Christine
chiuse gli occhi, trattenendo un singhiozzo, lieta che l'altra non
potesse vederla -Lo amate?- Chiese, in un singolo soffio. -Chi?- -Il
vostro complice...Lo amate?- Temeva per la risposta. Se una
nobildonna scappava con un uomo...Voleva dire una cosa
sola. -No.- -Non mentite, ve ne prego.- -Non lo amo.- -Ma
scappereste con lui...?- Era confusa. -E' una delle persone a me
più care al mondo, lo conosco da quando era bambino, ma non è
amore l'affetto che provo per lui.- Christine si prese del tempo,
prima di rispondere -Devo riflettere Viscontessa, non è facile
ciò che mi chiedete.- Non sapeva sinceramente cosa fare. La
mente e l’orgoglio rifiutavano il perdono, ma non riusciva a
mettere a tacere il proprio cuore, che la supplicava di darle
un’altra possibilità. -Serva vostra...- Si congedò
la nobile, con l’animo in pezzi, prima di arretrare nel
corridoio buio e tornare al proprio camerino.
Con il
proseguire delle prove e l'avvicinarsi della sera della prima,
ripresero anche gli incidenti rivolti alla nobildonna. Parti del
costume che scomparivano, la porta del suo camerino bloccata, con lei
dentro, e ancora pezzi di scenografie che cadevano. Tutto nel più
totale sconcerto dei presenti, che ogni volta non vedevano nulla. I
macchinisti arrivarono perfino a confessare l'assenteismo dal proprio
posto di lavoro, pur di allontanare i sospetti da loro stessi, ma fu
il pomeriggio della prima, a metà delle prove generali, che
avvenne il fatto più grave. Dopo l'ennesima discussione in
sala, con l'infastiditissimo padre che voleva solamente assistere a
quell'anteprima esclusiva, Carlotta stava tornando sul palco, quando,
all'improvviso, uno degli enormi lampadari si schiantò al
suolo accanto a lei. La ragazza cadde tra le poltrone,
riuscendo a stento a schivarlo. César la raggiunse in pochi
istanti, così come il resto dei partecipanti alle prove, e
l'aiutarono a rialzarsi. Sconvolta, Carlotta era estremamente provata
e pallida. Anche Christine si avvicinò, ma rimase un passo
indietro rispetto alla folla, ancora più scioccata della
Viscontessa. Non capiva come potessero spingersi a tanto. Stava
diventando troppo pericoloso e inutile, visto che il Visconte De
Chagny non accennava il più piccolo tentennamento. -Mi
rifiuto di continuare così!- Inaspettatamente da tutti, fu la
prima ballerina, Mademoiselle Sorelli, ad esprimere quel concetto e
non la Viscontessa, come tutti si auspicavano -Non sono qui per
rischiare la mia vita solamente per essere in sua compagnia!-
Annunciò, prima di tornare dietro le quinte tutta impettita e
seguita dalle sue assistenti. -Mademoiselle non potete!- La
inseguì furibonda madame Giry. Non potevano perdere la loro
Danseur Étoile, era importante quasi come una delle
cantanti. Tra il mormorio generale che questa dichiarazione aveva
suscitato, Christine si avvicinò a Carlotta -State
bene?- -Sì.- La Viscontessa si portò la punta delle
dita alla fronte, tremante. -Andiamo nel vostro camerino.- La Diva
la prese sottobraccio, dopo aver ricevuto il consenso del Visconte,
che aggiunse che le avrebbe raggiunte in seguito. Rimaste sole,
Christine sussurrò -Dovete smetterla con questa follia, state
esagerando.- Era preoccupata e arrabbiata al tempo stesso. -Non
sapevo che sarebbe successo.- Per quello era così sconvolta,
non era finzione. -Come?!- Rimase esterrefatta Christine. -Era
in programma altro, come nei giorni scorsi.- Entrarono in camerino e
Carlotta si sedette pesantemente sulla chaise-longue. -Come può
avervi fatto questo? Sareste potuta morire!- La mora scosse il
capo, cercando di riprendere fiato -Non lo so...Forse è stato
realmente un incidente, questa volta.- La fune che sosteneva il
lampadario poteva essere vecchia ed essersi spezzata, oppure il nodo
allentato. Mercier non l'avrebbe mai messa a rischio a quel modo
volontariamente. Christine l'abbracciò mettendo da parte la
propria rabbia, visto che l’incidente non era stato voluto
dalla Viscontessa e che la sua paura era reale. Carlotta ricambiò
la stretta, sorpresa, sperando che fosse un segno del suo
perdono. -Lascia perdere, tuo padre non sembra intenzionato a
cedere.- -Se dopo questo non cambierà idea, sarò
costretta a esibirmi, stasera. Non c'è più tempo e non
posso insistere oltre, o si insospettirà.- Le voci non erano
ancora così insistenti, al di fuori del teatro, da metterlo
con le spalle al muro. Nessuno della stampa si era interessato,
nemmeno come nota di colore. -Non sarà un singolo
spettacolo a sancire la nostra fine.- Cercò di farle coraggio
-Non siamo sconfitte.- -Siamo?- Chiese la Viscontessa, temendo di
aver frainteso. -Non riesco a rimanere arrabbiata con voi, non
dopo avervi vista così pentita.- Era ricca e nobile, ammettere
i propri errori e scusarsi con una persona di ceto inferiore doveva
esserle costato veramente tanto. Era qualcosa di assolutamente
inconcepibile, per persone come lei, e, invece, aveva ammesso perfino
la sua paura. Un passo enorme. -Mi perdonate, quindi?- Chiese
Carlotta, con voce tremante. -Sì.- La Viscontessa allora
fece qualcosa che lasciò ancora più sorpresa Christine.
La strinse forte a sé e iniziò a piangere, contro il
suo ventre, esprimendo un sollievo inaudito. Fu in quel momento
che la giovane Diva sentì il proprio cuore spezzarsi
nuovamente e capì che non sarebbe riuscita a preservarne
nemmeno un frammento, da quell'animo passionale e impetuoso, votato
al bene seppur traviato dalle circostanze, che si stava sciogliendo
contro di lei in quell'istante. Stava scegliendo volontariamente
di soffrire le pene dell'Inferno, condannata a non vedere mai i
propri sentimenti ricambiati, ma avrebbe fatto di tutto per vederla
felice, accontentandosi del dolce affetto e della stima sincera della
loro amicizia. César entrò nel camerino
all'improvviso, senza nemmeno bussare, e rimase interdetto, mentre le
due donne sobbalzavano di spavento -Mademoiselle Daaé, mi
spiace, non credevo foste ancora qui.- Esordì il
Visconte. -Non vi preoccupate.- Cercò di sorridergli,
nonostante fosse stato un gesto estremamente scortese. -Avrei
bisogno di parlare con mia figlia. Per cortesia, potreste lasciarci
soli?- Cercava di mantenere il tono il più calmo e mellifluo
possibile, in modo da non precludersi la possibilità di
corteggiarla, al momento opportuno. -Certamente Visconte. Vi prego
di scusarmi.- Si congedò rapidamente, dopo aver fatto la
riverenza, e li lasciò soli. Carlotta si asciugò gli
occhi con il fazzolettino di seta che teneva nascosto tra i merletti
della manica, mentre César la squadrava, deluso. -Il vostro
zotico non si sta fermando, padre!- Esordì la ragazza,
palesemente irritata. -E' il canto del cigno. Dopo la prima
smetterà, non farà nulla a teatro pieno e con tutto il
personale allerta.- -Non sarebbe meglio chiedere alla Gendarmerie
di fare la guardia...?- -Scoppierebbe un putiferio se dovessi
spiegare loro tutto.- -State mettendo la mia vita a rischio per
denaro...?- Tra l'altro, essendo il mecenate, doveva essere un
benefattore e non guadagnare nulla dalle attività del teatro,
come invece stava accadendo. César esitò un istante,
era in effetti la motivazione principale, ma così come
detestava perdere in affari, detestava perdere anche al di fuori di
questi -E' evidente che gli attentati alla tua persona sono un modo
per manipolare me. Se ci piegassimo daremmo adito a voci,
insinuazioni, e la mia affidabilità nel commercio ne
risentirebbe, così come verrebbe messa in dubbio la mia
capacità di gestire la mia azienda e di conseguenza anche gli
appalti governativi. Dobbiamo dimostrare ora più che mai di
avere una sola parola e di saperla mantenere a qualsiasi
costo.- -Esibitevi voi, allora!- -Non essere impudente!-
Sollevò il braccio per darle un manrovescio, prima di
ricordarsi che da lì a poche ore ci sarebbe stata la
rappresentazione e qualunque segno più leggero di un' ombra
sarebbe stato evidente. -Padre, spero per me che rinsaviate, prima
che sia troppo tardi...Cosa succederebbe se la gente venisse a sapere
che il Visconte De Chagny costringe la propria figlia ad esibirsi,
mettendola in pericolo di morte, quando potrebbe usare la sostituta
senza avere nessuna perdita?- Addolcì il tono, se avesse
esagerato avrebbe spinto il padre nella direzione opposta per
principio -Lo spettacolo si farebbe lo stesso, i biglietti venduti
non sarebbero da rimborsare e sarebbe un grande successo.- -Ma tu
non troveresti pretendenti. Già si vocifera che tu non sia
capace di cantare, in realtà.- -Ma di questo vostro fine
sappiamo unicamente voi e io, non sfigurereste. E...Potrei sempre
cantare come seconda voce al prossimo spettacolo, sarebbe "La
Carmen", se ricordo bene le vostra scelta. Ci sono due
personaggi femminili con tessitura da soprano.- -No. Così
ho detto e così si farà.- Concedere troppa notorietà
a Christine lo avrebbe ostacolato nel suo corteggiamento, facendo
aumentare la concorrenza. Non si fidava pienamente delle capacità
di persuasione di Carlotta. -Riprenditi e torna a provare.- -Siete
senza cuore!- -Sei tu ad essere sciocca, è il classico
"Divide et Impera!"
Separa le emozioni di una donna dal suo intelletto e l'avrai in
pugno! Ti stanno terrorizzando così che tu agisca contro di
me.- Aveva usato quella strategia innumerevoli volte, in differenti
circostanze, fiero di portare ad esempio colui che credeva il suo
mentore.
Il sipario si aprì, mostrando sul palco un
elegante salotto con al centro un letto a baldacchino, sul quale,
nascosti dietro a un ventaglio, la Contessa e Serafimo, il suo
Paggio, fingevano di baciarsi appassionatamente. Entrambi i
personaggi sussultarono di stupore, vedendosi scoperti dal pubblico
in sala, e si ricomposero: il Paggio indossò rapidamente i
vestiti da servetta, sopra ai pantaloni, mentre la nobildonna si alzò
dal letto e si sistemò la veste: -Serafimo
il trucco tuo è perfetto!- Esordì
Carlotta, mentre un musicista batteva più volte su una
tavoletta di legno -Chi mai bussò?-
cantò la Contessa, avvicinandosi alla porta della
camera. -Cara sposa, tuo marito è
quivi!- Si presentò il tenore, Ubaldo
Piangi, facendo il proprio ingresso nelle vesti del Conte -Amor
vado in Inghilterra e tu mi aspetti qui, la servetta resta con te.-
Per poi aggiungere, bisbigliando rivolto solamente al pubblico -Anche
se la porterei volentieri con me.- Le
risate degli spettatori attraversarono la sala e César, chiuso
nel suo palchetto personale, si rilassò. Stava andando tutto
perfettamente. Checché ne dicesse a Carlotta, in realtà
era preoccupato. Chi poteva averlo preso di mira? Ripercorrendo
l'ultimo anno di affari e incontri non ricordava nessuno che potesse
avercela con lui così tanto, o che fosse sufficientemente
furbo da attuare un simile piano. Occorreva aver infiltrato un
uomo, forse più d'uno, tra il personale, prima del suo
avvicendamento con Lefèvre. Da quando c'era lui nessuno era
stato assunto, ma anche chiedendo a Rémy di controllare e
fornirgli l'elenco dei reclutati negli ultimi mesi, niente era
saltato all'occhio. Nessuno risultava collegato con i suoi
concorrenti in affari. Il fatto, poi, che nessuno vedesse mai
niente, non gli piaceva affatto. Cominciava a sospettare che tutto il
personale del teatro fosse d'accordo e che si coprissero a
vicenda. Oscillava costantemente tra questo dubbio e
l'assurdità che comportava un simile piano. Oltre a
richiedere una mente arguta, per lui impossibile da trovare tra
quelle mura, in quei mesi qualcuno avrebbe fatto trapelare qualcosa.
L'unico modo per mantenere un segreto di una tale portata, secondo
lui, era quello di non confessarlo neanche alla propria ombra. Una
ballerina, una donna delle pulizie, o una sarta, avrebbero certamente
finito col tradirsi. Invece, l'unico nervosismo si era notato
negli ultimi giorni, all'aumentare della frequenza degli incidenti
contro sua figlia. Anche quando era caduto il lampadario aveva subito
guardato verso il fondo della sala, prima ancora di soccorrere
Carlotta, in direzione dei fermi delle corde che li mantenevano
sospesi, ma non aveva visto nulla, nemmeno un movimento. Ciò
che lo disturbava di più, di tutta quella faccenda, era non
saper chi sospettare. Madame Giry e Christine sarebbero state le
uniche a guadagnare qualcosa dalla defezione di Carlotta, ma un
simile piano non poteva essere opera di menti femminili... Quale uomo
avrebbe potuto guidarle? Quando aveva fatto controllare l'insegnante
di balletto non era risultato alcun legame. Cambiò
posizione sulla sua poltrona, nuovamente innervosito, e si costrinse
a riportare la propria attenzione allo spettacolo. Non avrebbe
certamente trovato una soluzione quella sera, e il suo umore doveva
essere il migliore possibile, per poter gestire gli ospiti del galà
che avrebbe seguito la commedia. -Serafimo,
orsù ritorna in te! Non puoi parlar! Ma baciami il mio sposo
non c'è...- Riprese la Contessa,
porgendo le labbra al giovane Paggio, mentre quest'ultimo si toglieva
abilmente la gonna, ritornando sé stesso. -Non avevo dato
istruzioni che il Paggio doveva essere la Viscontessa?- Una voce
tonante, dal nulla, percorse tutto il teatro, sovrastando l'orchestra
con il proprio eco. Un silenzio sgomento piombò nella sala,
mentre i musicisti e gli attori sentivano il sangue gelarsi nelle
vene. -Mon Dieu...- Sussurrò tra sé e sé
Carlotta, intravvedendo nella penombra dell'alta cupola un uomo in
mantello nero e maschera bianca. Non si aspettava che Mercier
intervenisse durante lo spettacolo, era un rischio enorme. Difatti,
in pochi istanti, vide il Capomastro scendere rapidamente
dall'impalcatura e lanciarsi all'inseguimento, dietro le quinte,
dirigendosi verso il passaggio di manutenzione per la volta. Bastò
quell'istante di distrazione e, quando tornò a guardare il
soffitto, il Fantasma era già sparito. Tutti l'avevano
visto, però. -E' già lontano, non lo prenderanno.-
Bisbigliò Christine, dopo essersele avvicinata. -Lo spero-
Carlotta era estremamente preoccupata. -Signore, riprendiamo.-
Monsieur Reyer non sapeva come gestire la situazione, se non
ricominciando a suonare e far finta che nulla fosse successo.
Occuparsi di quei problemi era compito dell'impresario, ma il
Visconte non era più al suo posto, anche lui all'inseguimento
del Fantasma. Calò il sipario per qualche minuto, per
permettere a tutti di riposizionarsi e ricominciare la scena
dall'inizio, e Carlotta vide, con la coda dell'occhio, César
affacciarsi dietro le quinte, affannato per l'inseguimento e di
pessimo umore per il suo fallimento. La ragazza tirò un
sospiro di sollievo, Mercier era riuscito a fuggire. L'orchestra
ricominciò a suonare e il sipario si aprì nuovamente
sul delizioso salotto e i leggeri amori di corte -Serafimo,
orsù ritorna in te! Non puoi parlar! Ma baciami il...-
Christine si lanciò addosso a lei, facendola rovinare a terra,
mentre qualcosa di grosso cadeva dal soffitto. Carlotta chiuse gli
occhi, ma non sentì alcuno schianto. Grida di terrore, invece,
si alzarono dalla platea. Riaprì le palpebre e vide che
quello che era caduto pendeva ancora a mezz'aria. Le ci volle qualche
secondo per capire che ciò che aveva davanti non era uno dei
sacchi di contrappeso delle scenografie, ma una persona. -Stai
bene?- Le chiese Christine, ancora sopra di lei, facendo poi per
voltarsi e capire cosa fossero quelle urla. -Sì, non
guardare!- Carlotta la fermò, afferrandola per la nuca e
impedendole di girarsi. Era la Danseur Étoile. Fu questione
di istanti e il sipario calò nuovamente, mentre César e
altri macchinisti si affrettavano a soccorrere la prima ballerina,
purtroppo inutilmente. -Cos'è?!- Chiese immediatamente
Christine, inorridendo istintivamente. Il volto terreo della
Viscontessa e le urla le stavano facendo immaginare le cose
peggiori. -Una persona che conosci...- -Mére?- Le
salirono le lacrime agli occhi. -No...Mademoiselle Sorelli.- -Mon
Dieu! No!- Si gettò tra le braccia di Carlotta, iniziando a
piangere. La conosceva da sempre, era già al convitto il
primo giorno in cui lei vi era stata condotta e, anche se il loro
legame non era profondo, le era affezionata. Il Visconte si
ricompose rapidamente, lanciò un'occhiata alle due ragazze, e
poi uscì sul proscenio, per porgere le proprie scuse agli
spettatori e congedarli. Tra la confusione in sala e il panico dietro
le quinte, la Viscontessa non riuscì a sentire le sue
parole. Ancora seduta a terra teneva stretta a sé
Christine, scossa dai singhiozzi, mentre tentava di riordinare le
idee. Anche se cercava di non darlo a vedere, per non spaventare
ulteriormente la sua amica, era sconvolta ed estremamente sorpresa.
Mercier non avrebbe mai potuto fare niente di simile…Eppure
era lui l'unico che avrebbe avuto occasione per farlo, agendo
indisturbato nel buio dietro le quinte. Rifiutò l'idea, il
Mercier che conosceva lei non si sarebbe mai spinto a tanto e poi,
perché Mademoiselle? Lei non era coinvolta...Che lo avesse
visto? Carlotta non riusciva a decidere se credere al proprio
istinto o alle circostanze. Fece delicatamente cenno a Christine di
alzarsi e si diresse assieme a lei al camerino, continuando a
sostenerla e a consolarla, mentre tutti si accalcavano attorno al
cadavere della Danseur Étoile, chi curioso, chi spaventato o
affranto, e anche attorno al tenore, svenuto per lo spavento. Appena
la Viscontessa si chiuse la porta del camerino alle spalle, Christine
proruppe in furia, ancora con le lacrime agli occhi -Mon Dieu! E' un
pazzo!- -Non credo sia stato lui.- Disse Carlotta, anche se non ne
era del tutto convinta. -Chi altri?!- -Non lo so...Mercier non
farebbe mai niente di sim...- Si interruppe, accorgendosi del proprio
errore. -Mercier?!- Ricordava che era il nome dello
stalliere che preparava i destrieri per le loro passeggiate, un
ragazzo robusto e forte e dal sorriso gentile. Era troppo tardi
per rimediare e la Viscontessa annuì, cupa in volto -Sarà
stata indubbiamente allertata la Gendarmerie, arriveranno tra non
molto.- -Ho bisogno d'aria...- Christine sentì le forze
abbandonarla e un'improvvisa spossatezza coglierla. -Andiamo alla
terrazza, ci farà bene.- Aveva bisogno anche lei di schiarirsi
le idee. Uscirono dal camerino e si diressero verso le scale,
regnava ancora il caos. Ad ogni angolo c'erano capannelli di gente
che parlava, o piangeva. Nessuno si fidava a restare da solo, ma
tutti, dal primo all'ultimo, si ammutolivano, fissandole con
diffidenza, o addirittura con astio, al loro passaggio. Le ragazze
accelerarono il passo, desiderando togliersi da quella situazione il
più in fretta possibile. -Anche questo, ora?- Sussurrò
Christine, affranta, mentre Carlotta la stringeva di più a sé,
colpevole. I presenti riprendevano a bisbigliare appena passavano,
seguendole con lo sguardo. Gli occhi di tutti erano maligni, eccetto
quelli di una persona, Madame Giry, che invece le osservò
attentamente. Non era insolito che le due ragazze salissero in
terrazza a prendere aria, ma già da qualche tempo avvertiva
che c'era qualcosa di strano in loro. Christine, che era sempre
stata ciarliera, al limite della petulanza, era improvvisamente
diventata silenziosa. Da quando frequentava la Viscontessa non le
raccontava più tutto quello che le accadeva e aveva notato una
sorta di istinto protettivo nei confronti della
nobile. Un'aristocratica non avrebbe certo avuto bisogno di
protezione, tantomeno di quella che poteva offrire una ballerina
nullatenente, eppure la Viscontessa sembrava avida delle sue
attenzioni e protettiva a sua volta. Che avessero legato perché
entrambe nelle mire del Fantasma? Poteva essere una motivazione, ma
non ne era del tutto convinta e decise che avrebbe fatto più
attenzione.
Respirarono entrambe, a pieni polmoni, l'aria
fredda della notte. Da qualche minuto aveva cominciato a
nevicare e i primi fiocchi iniziavano a depositarsi sulla pietra
gelida dei gargoyle, alle estremità della terrazza, e sulla
balaustra. -Dobbiamo fuggire immediatamente.- Esordì
Christine. -No, non possiamo.- Non voleva abbandonare Mercier, se
fosse stato innocente avrebbe avuto bisogno di lei. A quell'ora era
sicuramente già alla tenuta, al sicuro. Gli avrebbe parlato
appena possibile. -Perché?- -Se fuggissimo entrambe
subito dopo..."Questo" verremo senza dubbio sospettate e
ricercate, e in caso di cattura nessuno crederà alla nostra
innocenza.- Christine annuì, non ci aveva pensato. -E
non posso abbandonare Mercier, non credo che sia opera sua.- -Chi,
se non lui?- -Sai se Mademoiselle Sorelli aveva nemici?- La
bionda rifletté, l'Étoile non aveva un carattere facile
e le invidie per il suo ruolo di prima ballerina erano moltissime ed
aspre, ma non le veniva in mente nessuno che potesse spingersi oltre
alle fantasie e alle minacce. C'era poi da considerare che gli anni
di allenamento avevano irrobustito il suo fisico -Diversi, ma non
credo che qualcuno di loro sarebbe passato alle vie di fatto...E
aveva una discreta forza, escluderei una donna.- -Un amante
arrabbiato?- -Molti, in verità.- Aveva stroncato diverse
relazioni, rifiutando di sposarsi per perseguire la sua
carriera. -Potrebbe esser stato uno di loro.- -Ma come avrebbe
potuto, eventualmente, introdursi dietro le quinte senza farsi notare
ed agire proprio durante una delle incursioni del Fantasma? Nemmeno
tu sapevi che sarebbe successo, nessuno avrebbe potuto
prevederlo.- -Un macchinista complice? E hanno colto
l'occasione?- -Che formidabile colpo di fortuna, mi verrebbe da
dire.- Carlotta sospirò. Le osservazioni di Christine erano
corrette, anche se non di suo gradimento. Il dubbio permaneva
-Teniamo per noi questi ragionamenti. Non voglio metterlo nei guai
con la Gendarmerie senza essere sicura della sua colpevolezza.- -Sei
certa che non sia da lui?- -Non è affatto da lui. E'
impulsivo, ma non violento, anche se mi rendo conto che le
circostanze gli sono avverse.- -Allora dirò solamente ciò
che ho visto stasera, sul palco. Non sapranno niente da me.- Aveva
paura all'idea di mentire alle forze dell'ordine, ma aveva chiesto a
Carlotta di avere fiducia in lei e non poteva tirarsi indietro. -Ti
ringrazio.- La Viscontessa sollevò lo sguardo e vide
l'espressione combattuta di Christine -Mi spiace chiederti anche
questo, nonostante tu stia già soffrendo molto.- Quella
situazione le aveva travolte completamente e Carlotta non aveva
immaginato le ripercussioni sulla vita della Diva, al convitto. Non
aveva previsto il sospetto e la cattiveria che aveva trovato poc'anzi
negli occhi di chi la conosceva da sempre. Se avesse saputo che
sarebbe successo non l'avrebbe mai rapita, o non avrebbe ideato quel
piano assieme a Mercier. Anche se il suo ultimo desiderio era quello
di nuocerle, sembrava che non riuscisse a fare altro, in realtà.
-Pare che la mia vicinanza sia solamente dannosa.- Aggiunse, dopo
qualche istante di silenzio -Non avevo il diritto di metterti in
questa situazione. Ho preteso che tu facessi quello che dicevo e che
ignorassi il tuo cuore.- La rabbia e l'indignazione provati dalla
ragazza, alla scoperta del loro piano, il chiederle se per lei fosse
un gioco, vista la leggerezza con cui aveva deciso di cambiare la sua
vita, si erano rivelate giustamente riposte, infine. Carlotta si rese
conto solo in quel momento della propria ingenuità. -Ma
sapevo che eri nel giusto.- Rispose Christine. Le intenzioni
dell'amica erano nobili e si era preoccupata per lei nel suo momento
di peggior solitudine, abbandonata da coloro che riteneva amici e
tradita persino da Madame Giry, che l'aveva lasciata nelle fauci di
César senza alcuna remora. -Ma non è giusto per te,
Christine. Tu non sei così.- Menzogne e sotterfugi non erano
nella sua indole, al contrario di lei, che vi era stata abituata fin
da bambina -Se soltanto potessi tornare indietro...- -Lo faresti
ancora.- Chiosò la bionda, guardandola negli occhi. -Se non
trovassi altro modo, sì.- Ammise Carlotta, mentre il suo cuore
saltava un battito, ricambiando il suo sguardo -Ma senza
coinvolgerti.- -Ma mi feriresti, non facendolo.- Come al
principio, quando tutto si svolgeva alle sue spalle. La
Viscontessa capì, stava ripetendo nuovamente lo stesso errore
e sorrise tristemente -Mi chiedo quante volte ancora dovrai seguirmi
e mentire...E quante altre volte finirò per farti ancora del
male. Dovrei proteggerti, eppure...- -Carlotta, se sono qui è
perché lo voglio.- Nei giorni precedenti avrebbe potuto
ignorare il desiderio della nobile e raccontare tutto quello che
sapeva, oppure rifiutarsi di essere ancora sua complice. Prese un
grosso respiro ed ammise: -Tu per me sei importante.- Sentiva il
bisogno di esprimere in qualche modo il sentimento che provava,
almeno in parte. La situazione era diventata pericolosa e temeva che
non avrebbe avuto altre occasioni, o sufficiente coraggio, per dire
alla Viscontessa cosa pensava. -Anche tu lo sei per me.- Carlotta
la prese per mano, a sottolineare le proprie parole. Non riusciva a
staccare gli occhi dai suoi e sentiva nuovamente la musica scorrerle
nelle vene, come quella notte, quando tutto era iniziato. Christine
sussultò, nello sguardo dell'altra riconobbe le stesse
emozioni che aveva intravisto oltre la maschera, la sera del suo
rapimento -Perché c'è nostalgia nel vostro sguardo...?-
La sfrontatezza della propria domanda la pose sulla difensiva,
facendola passare inconsciamente al "voi". -Perché
sono una sciocca, Christine. Quando sono con te, il senso di vuoto
che ho sentito per tutta la mia vita svanisce, come se l'intero scopo
della mia esistenza fosse essere...Tua amica.- -Come se fosse
Destino...?- Carlotta annuì, senza il coraggio di proferire
parola, incapace di pensare ad altro, se non al ricordo delle sue
labbra dolci. -Anche per me è lo stesso...La mia vita è
triste e vuota, nonostante il successo.- Christine aveva da sempre
avuto il sogno di diventare famosa, come ballerina, prima, e come
cantante, poi, ma niente era cambiato. Mancava sempre qualcosa,
finché non aveva incontrato il Fantasma. -Tranne quando sono
con te.- Carlotta la abbracciò, nonostante quelle parole la
riempissero di gioia, sapeva che Christine non si riferiva al suo
stesso sentimento. Il profumo della Viscontessa la travolse,
riempiendo i suoi polmoni e il vuoto nella sua anima. La giovane Diva
strinse tra le dita la stoffa del costume di scena che l'altra ancora
indossava, aggrappandosi per un secondo ad un'illusione di eternità.
Sarebbe bastato quello, quel piccolo istante, per sostenerla una
vita, ma quando lasciò andare il tessuto, sapendo che non ci
sarebbe stato mai attimo più intenso, si sentì
sprofondare nella disperazione. Il petto iniziò a dolerle,
come quando Carlotta le aveva rivelato il suo segreto, e sapeva, che
non avrebbe più potuto fare a meno di lei. Doveva
dirglielo, doveva rischiare, nonostante avesse fatto di tutto per
convincersene l'amicizia non le bastava, desiderava sfiorare
nuovamente quelle labbra con le proprie, bearsi del suo profumo,
assaggiare le sue carezze. Più l'aveva accanto e più
desiderava la sua compagnia. -Viscontessa, devo dirvi una cosa...-
Iniziò, con titubanza. Temeva di perderla, di perdere quel
poco che aveva, anche se insufficiente. -Vorrei che questo non
cambiasse le cose tra noi, avrete comunque la mia lealtà e il
mio silenzio.- Carlotta si scostò lievemente, tornando a
guardarla negli occhi, preoccupata -Cosa succede?- -Temo...Di
essermi innamorata di voi.- Si sciolse dall'abbraccio, distogliendo
lo sguardo e allontanandosi -Che sciocca sono, vero?- Si asciugò
una lacrima, voltandosi, per non farsi vedere. Dopo qualche
secondo di silenzio, sentì le mani della Viscontessa lievi
sulle proprie spalle e poi un sussurro tremante, al proprio orecchio
-Anche io vi amo.- Christine si voltò, sorpresa,
incrociando per un istante le sue iridi azzurre, prima di sentire le
sue labbra sulle sue, di nuovo stretta tra le sue braccia. Carlotta
aveva serbato gelosamente il ricordo di quel primo fugace contatto,
ma le emozioni provate allora scomparivano, sovrastate dall'intensità
di quelle che ora si riversavano nella sua anima. Quel bacio,
sigillo di un attimo senza tempo, sembrò durare all’infinito.
Tutto parve svanire e nemmeno l’aria gelida dell’inverno
le disturbò. La neve era solamente una candida e silenziosa
testimone. Erano felici, l’una tra le braccia dell’altra,
quando il rumore di numerosi cavalli e carrozze le riscosse.
Guardarono di sotto, verso la scalinata d’ingresso, e videro
gli uomini della Gendarmerie entrare a teatro. Dovevano
scendere. Appena le due ragazze raggiunsero le scale e chiusero la
porta alle loro spalle, Mercier uscì dal proprio nascondiglio,
furioso. Si era rifugiato lassù in attesa che le
acque si calmassero, per poi raggiungere le stalle, mescolandosi tra
la folla e passando inosservato. Non si aspettava che Carlotta
salisse, né tantomeno di assistere a quella conversazione. La
Viscontessa gli aveva mentito su tutto. Aveva detto che sarebbe
stata follia rendere Christine partecipe del loro piano e, invece,
non solo sapeva ogni cosa, ma era al corrente perfino della sua
identità. Lui non la conosceva e non si fidava di lei,
Carlotta avrebbe dovuto chiederglielo, prima! Era lui che rischiava
la vita ogni volta per aiutarla! Meritava rispetto! Raggiunse la
balaustra e guardò in basso, verso le carrozze dei gendarmi,
mentre un sorriso amaro gli si dipingeva in volto. Gli aveva anche
giurato che Christine sarebbe rimasta solo un'amica...E
invece...Strinse con rabbia, serrando i pugni, la poca neve che si
era posata sul parapetto, finché non divenne dura come
ghiaccio. Carlotta stava giocando ad un proprio gioco e lui era
stato stupido a fidarsi di lei, accecato dal sentimento. Lui le
aveva dato tutto. Le aveva porto il suo cuore, aveva messo nelle sue
mani la sua vita, l'aveva nascosta e sostenuta per anni, e la
Viscontessa non solo lo aveva rinnegato, ma anche tradito. Scappare
assieme aveva perso ogni significato ormai, sarebbe stata una tortura
eterna assistere al loro idillio, mentre lui non avrebbe avuto mai
alcuna possibilità. Sotto i suoi piedi si era sgretolato
l'ultimo frammento del suo mondo, a cui si era aggrappato
disperatamente, e a gettarlo nel baratro era stata proprio la donna
che amava. Non l'avrebbe perdonata, avrebbe fatto tutto quanto in
suo potere per ripagarla con la stessa moneta. Carlotta
avrebbe maledetto il giorno in cui si era presa gioco di lui.
****
Note: Buongiorno
e buon sabato! Spero che questo capitolo vi sia piaciuto, in
ogni caso fatemi sapere cosa ne pensate, anche con poche parole,
soprattutto se non è stato di vostro gradimento.
-L'opera
citata in questo capitolo, "Il Muto" è un'opera
immaginaria, scritta da Andrew Lloyd Webber appositamente per la
drammatizzazione de "Il Fantasma dell'Opera".
Colgo
l'occasione per ringraziare la mia Beta di fiducia Oscuro_errante per
l'impegno e la costanza nel suo prezioso lavoro. Grazie mille! A
sabato prossimo!
|
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Capitolo 10 *** That's All I Ask of You ***
10 That's All I Ask of You
Ogni riferimento a fatti realmente accaduti, cose,
luoghi, persone e organizzazioni realmente esistenti è
puramente casuale.
10.
That's
all I ask of you.
I
gendarmi interrogarono tutti i presenti, dal primo all'ultimo.
Nessuno
aveva visto niente.
Christine
Daaé, indicata da molti come conoscente del colpevole, venne
ascoltata più volte, quasi con accanimento, ma ripeteva sempre
di non aver mai visto in volto il Fantasma e di non conoscerne
l'identità. Solo l'intervento della Viscontessa, che minacciò
l'intromissione del padre, costrinse gli inquirenti a lasciarla in
pace.
D'altronde,
la ragazza era sul palco assieme alla nobile e tutti i presenti
avevano assistito alla sua reazione sconcertata, quando aveva
scoperto che si trattava di Mademoiselle Sorelli.
O
realmente non ne era a conoscenza, o era un'ottima attrice.
Terminati
i colloqui, la Gendarmerie decise di mantenere la sorveglianza
sull'Operà. Riteneva probabile che l'assassino fosse tra gli
addetti, o tra gli studenti del convitto.
A
nessuno sarebbe stato permesso entrare o uscire, se non controllato e
autorizzato.
Inutile
dire che gli spettacoli sarebbero stati tutti sospesi, fino al
termine delle indagini.
Carlotta
e César salirono sulla carrozza, sfiniti e nervosi. Era stata
una nottata interminabile e già l'orizzonte iniziava a
schiarirsi.
-Non
osare dire una parola.- La redarguì immediatamente il padre,
stroncando, ancora prima che nascesse, ogni possibile discussione.
Carlotta
restò in silenzio e si volse a guardare fuori dal finestrino.
Avrebbe
dovuto sentirsi soddisfatta, erano riusciti a raggiungere il loro
obiettivo, ma non riusciva. Il prezzo era stato troppo alto. Nessuno
avrebbe dovuto farsi male e invece c'era stato perfino un omicidio.
Rifiutava
di credere che fosse stato Mercier, ma chi, allora, avrebbe potuto
fare tutto quello? Nessuno sapeva che il Fantasma sarebbe comparso
durante lo spettacolo, nemmeno lei.
Cercò
di ricordare quanto avvenuto, rivedendo gli istanti di quando l'uomo
mascherato aveva fatto la sua comparsa dalla cupola. La voce era
talmente distorta dall'eco che avrebbe potuto essere di chiunque, ma
solo loro due erano a conoscenza di quel passaggio... Doveva per
forza trattarsi di Mercier e tra la chiusura del sipario e la caduta
di Mademoiselle Sorelli, lui avrebbe avuto tutto il tempo di arrivare
dietro le quinte e sopraffarla.
Però,
il ragazzo non aveva alcun movente per farlo e Mademoiselle era una
ballerina, per quale motivo avrebbe dovuto trovarsi sulle
impalcature? Avrebbe avuto la sua prima scena nel secondo atto,
quindi non era impegnata in quel momento, ma era comunque anomalo che
si trovasse lassù da sola. Che fosse in compagnia di qualcuno?
Ma chi? E perché nessuno aveva detto niente? Mademoiselle non
si sarebbe mai impegnata nell'inseguimento del Fantasma, soprattutto
dopo la dichiarazione di quel pomeriggio, quando aveva addirittura
minacciato di andarsene, visti i troppi pericoli.
-Il
blocco degli spettacoli è un danno.- Esordì César.
Carlotta
non rispose, limitandosi a guardarlo. Sapeva che avrebbe ottenuto di
più con il silenzio.
-C'è
sempre da rimetterci con gli artisti.- Bofonchiò seccato
l’uomo -Un omicidio! Hai idea di quanto ci danneggerà
tutto questo?!- Proseguì -Se ne parlerà per mesi! Ai
ricevimenti saremo sulla bocca di tutti e chissà se ci
inviteranno!- Concludeva i migliori affari alle feste, dopo aver
fatto bere al proprio obiettivo qualche bicchierino di liquore, per
questo era così infastidito. -E' stata tutta colpa tua. Tu hai
insistito per occuparci di questo teatro. Un nido di serpi!-
La
ragazza alzò gli occhi al cielo, prima di mettersi a guardare
fuori dal finestrino e smettere di ascoltare la filippica del padre.
Era stanca e preferiva concentrarsi sull'unica cosa bella di quella
di notte.
La loro
dichiarazione.
Sorrise
involontariamente e si coprì la bocca con la mano, posandovi
il mento. Il ricordo di quell'abbraccio tremante e delle dolci labbra
di Christine, la riempiva di gioia.
L'idea
di rivederla l'indomani la mandava in fibrillazione, mentre, al
contempo, una calma serena le riempiva il petto.
-Dovremo
organizzare un evento sfarzoso per la riapertura. L'immagine è
tutto.-
-Panem
et circenses?- rispose la Viscontessa, sforzandosi a malapena di
seguire la conversazione presa da ben più leggiadri pensieri.
-Esattamente.-
César era sempre soddisfatto quando la figlia ripeteva gli
aforismi in latino che era solito usare. -Per quanto il progresso
avanzi, i desideri sono sempre i medesimi: cibo e divertimento.
Speriamo solo che si sbrighino con le indagini.-
-Speriamo
che catturino il colpevole.-
-Basta
che riapriamo.-
-Padre,
avete pensato che sarei potuta essere io?- Doveva continuare a
reggere il proprio gioco. Tutti sospettavano il Fantasma, lei non
poteva esimersi dal fare lo stesso.
-Non ti
ho addestrata all'arte del combattimento per essere vittima,
Carlotta.- Passò una mano sui pantaloni, eliminando una piega
-Comunque, fino alla risoluzione del caso, tu non metterai più
piede lì dentro, quindi il problema non si pone.-
-Ma...!-
-Discussione
chiusa.- La sovrastò con la voce -E poi, fino alla ripresa
degli spettacoli, tu non avresti niente da fare lì.-
-Potrebbero
volerci settimane!- Non voleva stare lontana da Christine così
a lungo, non dopo essersi confessate.
-Spero
poche ore, qualche giorno al massimo. Dirò a Rémy di
cominciare a pensare agli allestimenti per la riapertura. Ci vorranno
molti fondi.-
-Posso
invitare almeno Mademoiselle Daaé alla tenuta?-
-No,
non è più necessario. Meglio lasciar perdere. Dopo
questa bufera corteggiarla sarebbe di pessimo gusto- Continuava a
pensare che fosse in qualche modo coinvolta con tutta quella
faccenda, era l'unica a guadagnarci direttamente.
-Ma è
comunque mia amica...- Cercò di insistere.
-Non si
può essere amici di un'artista, non sanno cosa sia la lealtà.
Lasciala perdere anche tu, al di fuori del teatro.-
Carlotta
strinse i denti, tornando a guardare fuori dal finestrino e giurando
a sé stessa che sarebbe riuscita comunque a vederla, in un
modo o nell'altro.
La
Viscontessa, per quello che restava della notte, non riuscì a
dormire. Voleva parlare con Mercier, ma cercarlo alle prime luci
dell'alba sarebbe stato oltremodo sospetto. Dovette aspettare la
mattina inoltrata per fingere di fare la sua consueta cavalcata e
raggiungerlo alle scuderie.
-Mercier?-
Chiamò, affacciandosi ad ogni stallo, senza trovarlo.
Il
panico la colse, se l'amico non era rientrato poteva esser stato
catturato? O aver incontrato il colpevole dell'omicidio ed essere
ferito, o peggio? Oppure essere fuggito perché era lui il vero
colpevole?
Saltò
in groppa ad Argo, senza nemmeno perdere tempo a sellarla, e la
spronò al galoppo, diretta a teatro. Mercier poteva aver
bisogno di aiuto.
-Quanta
fretta!- Si sentì apostrofare, poco prima di raggiungere i
cancelli del giardino.
-Mercier?!-
Arrestò bruscamente la cavalla, ottenendo un nitrito irritato,
mentre saltava rapidamente giù dalla groppa e abbracciava il
ragazzo con foga -Stai bene?-
-Sembra
che tu abbia visto un fantasma...-
-Non è
tempo per gli scherzi! Stai bene?- Lo scrutava preoccupata.
-Sì.-
-Cosa è
successo ieri sera?- Abbassò la voce, anche se non c'era
nessuno in vista.
-Piaciuta
la sorpresa?-
Carlotta
rimase interdetta, avvertiva del sarcasmo nella voce del ragazzo e
non sapeva se trovarlo di cattivo gusto o meno -Sai niente
dell'omicidio?-
-No.
Appena il Capomastro si è mosso dal suo posto sono scappato.
Mi sono affacciato sulla platea dopo aver sentito le urla, per
capire. Non ho visto nulla.-
La
Viscontessa lo abbracciò di nuovo, con sollievo. -Hai
rischiato troppo. Sarei venuta da te ieri sera, ma non è stato
possibile... Sono felice di vedere che stai bene.-
-Pensavi
fossi stato io?- Ricordava fin troppo bene, in verità, la
conversazione origliata sul terrazzo e i dubbi della ragazza.
-Ho
pensato a ogni genere di cosa. Che ti avesse messo alle strette, o
che ti avesse visto...Non lo credevo, ma ho dovuto tenere conto di
questa remota possibilità.- Ammise con vergogna.
-Dopo
tutto questo tempo non avresti nemmeno dovuto prenderlo in
considerazione! Mi conosci!-Rispose, alterato.
-Hai
ragione -Disse dispiaciuta.
-E'
questa la fiducia che hai in me...?- Aggiunse con delusione, mentre
cercava di riprendere il contegno.
-Ho
sbagliato a pensarlo, ma non ho detto niente ai gendarmi. Sentivo che
non eri stato tu...-
-E ti
aspetti che ti ringrazi? Ho messo a rischio la mia vita per te, e ciò
che ho ottenuto sono stati solo dubbi.-
-Mi
dispiace.-
-Dove
stavi andando con così tanta furia?- Cambiò argomento,
rischiava di farsi sfuggire troppo, nella foga della rabbia.
-Non ti
ho trovato in scuderia né a casa, ho temuto il peggio. Stavo
andando a teatro, per venirti a cercare.-
Mercier
annuì -E' pieno di guardie, non saresti riuscita entrare.-
-Avrei
provato comunque.-
-Meglio
che vada, riporto io Argo.- Senza attendere risposta, si allontanò
con la giumenta, lasciando Carlotta attonita.
La
Viscontessa tornò verso la villa, pensierosa. Mercier le era
sembrato strano.
Certo,
lo aveva offeso dubitando di lui, ma il ragazzo non si era mai
comportato a quel modo con lei. Doveva aver esagerato.
Avrebbe
voluto parlarne con Christine, lei avrebbe certamente saputo
spiegarle il suo errore.
Scosse
il capo, scacciando l'idea. Doveva imparare da sola, non poteva fare
sempre affidamento sugli altri solo perché era stata cresciuta
a quel modo.
Questo,
forse, faceva parte di quel "ponte" che ancora non era
riuscita a lasciarsi alle spalle.
Era la
prima volta che si trovava nel "mondo reale" e non più
in quella verità laccata di ricchi e aristocratici, dove la
prima necessità era l'apparenza.
Doveva
ammettere che non sapeva come muoversi.
Doveva
imparare a cavarsela da sola e smettere di affidarsi agli altri come
se fossero suoi servi, finiva sempre col domandare troppo.
Sua
madre non l'aveva educata così.
Sperava
solamente di non aver incrinato irrimediabilmente il suo rapporto con
Mercier. Avrebbe provato a parlarci di nuovo, appena il ragazzo si
fosse calmato. Era stata una nottata intensa anche per lui.
Appena
rientrata, Bernìce le corse in contro, trafelata -Viscontessa!
Viscontessa! Per fortuna siete qui! Vi ho cercata dappertutto.-
-Che
succede? Ero a cavalcare...-
-E'
arrivata una lettera per vostro padre...Listata a lutto!- Si guardò
attorno, come se anche i muri avessero orecchie.
-Lis...
Mio padre è ancora in ufficio?-
-Sì,
si è subito messo al telefono con la Gendarmerie.-
Carlotta
le diede a malapena il tempo di terminare la frase, prima di correre
su per le scale e raggiungere lo studio di César, facendo
irruzione senza bussare -Cosa c'è scritto?-
Il
padre la fulminò con lo sguardo, non tollerando quel
comportamento, ma non disse nulla, ascoltava il suo interlocutore
dall'altra parte del telefono.
La
ragazza prese la lettera dalla scrivania e la lesse:
"Monsieur,
avete ricevuto numerose note della più amabile natura
in cui
chiarivo come il mio teatro deve essere gestito.
Mademoiselle
Sorelli è l'esempio di ciò che accade a chi mette a
rischio l'Operà.
Vi darò
solo un'ultima chance, se questi ordini dovessero venire ancora
disattesi
si
verificherà una catastrofe al di là della vostra
immaginazione.
Rimango,
Monsieur, il vostro umile servo."
F.O.
Non era
la calligrafia di Mercier e non era la carta che avevano utilizzato
loro. Quella era di qualità molto più scadente.
Controllò
la busta, non era chiusa con la ceralacca ed era stata spedita. Il
timbro postale riportava la data del giorno prima... Era la prova
definitiva che si trattava di un atto premeditato. Probabilmente
sarebbe successo anche senza la comparsa di Mercier, tutti avrebbero
dato la colpa al Fantasma comunque, soprattutto dopo la consegna di
quella missiva.
Loro
avevano recapitato le lettere a mano, facendole trovare nell’ufficio
di suo padre e sullo scrittoio di Madame Giry. Chi altri avrebbe
potuto vederle, o esserne a conoscenza?
Nel
giro di un istante scartò l'idea di ridurre i sospettati a
quel modo. Le voci erano certamente volate, se non tramite Madame
Giry, certamente tramite Rémy. Potenzialmente, lo sapevano
tutti.
Sentì
lo stomaco contorcersi e poi serrarsi. Aveva dato per scontato che
l'omicidio dipendesse dalla vita privata di Mademoiselle Sorelli, ma
la premeditazione rimetteva tutto in discussione. Se fosse stato
invece un piano per ottenere qualcosa e ne fossero seguiti altri?
Christine poteva essere in pericolo, chiusa nel convitto assieme
all'assassino.
Rilesse
la lettera, ma non c'era alcuna nuova richiesta. Si faceva
riferimento unicamente ai messaggi precedenti. Forse, allora, poteva
essere solo un bluff, per sviare le indagini su un omicidio fine a se
stesso, ma la mancanza di certezze e quella minaccia finale le
impedivano di stare tranquilla.
-Dove
credi di essere?- La richiamò César, appena conclusa la
conversazione con la Gendarmerie.
-Questa
lettera non è del Fantasma. La calligrafia, la carta, e il
sigillo...E' una montatura.-
-Lo
credo anche io.- Aveva notato solo il timbro postale e la mancanza
della ceralacca, non aveva fatto caso al resto.
-Le
altre le hanno i gendarmi?-
César
annuì, pensieroso. -Le ho consegnate ieri sera.-
-Ti
hanno detto nulla?-
-Niente
di nuovo. Passeranno il prima possibile a ritirare anche questa.-
-Christine
potrebbe essere in pericolo.-
-Perché?-
-E' già
stata rapita dal Fantasma, anche questo impostore potrebbe prenderla
di mira.-
-E'
estremamente probabile che ci sia lei dietro a questa faccenda.-
-No...Christine
è innocente.-
-Ma è
l'unica a guadagnarci.-
-Dalla
morte di Mademoiselle non ha alcun vantaggio, non è più
una ballerina. In più era sempre sul palco, o assieme a me,
quando si verificavano gli incidenti. Lei è senza dubbio
estranea.-
-E
Madame?-
Carlotta
si prese qualche secondo -Di lei non mi fido.- Che avesse discusso
con la Danseur Étoile, quando quest'ultima aveva minacciato di
andarsene? Probabile, ma non doveva esser stato niente di serio. La
donna aveva terminato comunque le prove generali e aveva accettato di
esibirsi regolarmente. Difficile che si trattasse di quello.
-Potrebbe
aver plagiato Christine, ci hai pensato?-
-No,
Madame Giry non ha più un ascendente così forte su di
lei.- I loro rapporti si erano deteriorati, dopo la prima de
"L'Annibale".
-Meglio.-
La Diva stava avendo un discreto successo, piaceva molto al pubblico,
e non desiderava aver problemi anche con lei, se ne avesse avuti con
la sua tutrice.
-Dovremmo
ospitarla fino al termine della faccenda, per tenerla al sicuro.-
-Non le
dobbiamo niente e al momento è ancora una sospettata.-
-Lei
non sapeva nulla, le ho detto io che si trattava di Mademoiselle.-
-Potrei
anche crederti, ma dovrà essere il commissario a deciderlo.-
-Voi
non capite!-
-No,
non capisco questo tuo morboso attaccamento nei suoi confronti! Non
ti è mai importato di nessuno così tanto!-
Carlotta
sussultò per un istante, doveva fare più attenzione
-Siete stato voi a dirmi di diventare sua amica, e io l'ho fatto!-
-Per
convincerla ad accettare la mia corte, il resto è stata una
tua scelta.-
-Che
male c'è?-
-Niente,
finché non lo farai diventare un problema, e devo dire che ti
stai impegnando molto, per riuscirci.-
-E'
innocente e indifesa! Siete così meschino da abbandonarla?!-
Il
Visconte la schiaffeggiò senza remore, colpendola in pieno
volto, ma Carlotta gli afferrò il polso e gli torse il braccio
dietro la schiena, facendogli sfuggire un grugnito di dolore.
-E'
l'ultima volta che mi toccate, padre...- Gli sussurrò
all'orecchio con tono glaciale e minaccioso. Sentiva una profonda
rabbia ribollire dentro di sé.
-Pagherai
le conseguenze di questa tua insolenza!- Non si aspettava che la
figlia fosse così forte, né così rapida.
-Vi
siete già preso tutto, perfino il mio futuro. Non avete altro
con cui ricattarmi. La clausura? Una liberazione dalle vostre assurde
pretese!- Temeva invece che trovasse qualcosa, ma non poteva fargli
percepire la propria paura.
Il
bussare improvviso alla porta dell'ufficio li interruppe e li
costrinse a ricomporsi. Carlotta lasciò la presa e si
allontanò dall'uomo, che si massaggiò la spalla, prima
di dire: -Avanti.-
Bernìce
si affacciò alla porta -Visconte, scusate se vi interrompo, ma
sono arrivati dei gendarmi, dicono di essere qui per la lettera.-
César
grugnì irritato -Falli entrare. E tu,- Si rivolse alla figlia
-Sparisci dalla mia vista.-
-Con
estremo piacere.- Rispose la mora, uscendo immediatamente
dall'ufficio e lasciando esterrefatta Bernìce.
Christine
non si dava pace.
Dopo
gli estenuanti interrogatori, solo l'intervento di Carlotta le aveva
consentito di tornare nella propria stanza. Tuttavia non era riuscita
a dormire.
Continuava
a camminare nervosamente per la camera. Gli eventi della serata
l'avevano lasciata in agitazione e sapere la Viscontessa lontana dal
teatro non le era d'aiuto.
Se il
colpevole fosse stato Mercier, Carlotta poteva essere in pericolo.
Cercava
di tenere a freno l'immaginazione, il ragazzo poteva essersi dato
alla macchia e non essere tornato alla villa, tuttavia, quel
comportamento avrebbe immediatamente fatto dubitare di lui. Poteva
esserci tornato per non sollevare sospetti?
Sicuramente
il resto della servitù avrebbe vegliato sull'incolumità
della Viscontessa, ma potevano realmente riuscire a fermare un uomo
forte e che si era già dimostrato molto agile e scaltro, nelle
vesti di Fantasma?
Carlotta
era quasi certa della sua innocenza e questo doveva avere un valore,
eppure continuava ad oscillare tra queste ipotesi, in un susseguirsi
di calma ed apprensione.
L'unico
pensiero che riusciva a distrarla, temporaneamente, era il ricordo
delle parole che si erano scambiate sulla terrazza.
"Anche
io vi amo." Il cuore le balzò nel petto e portò la
punta delle dita alle labbra, ritrovando nella memoria quel casto
bacio intriso di sentimento.
Sorrise
tra sé e sé, meravigliandosi anche lei per la propria
audacia. Se Carlotta l'avesse respinta avrebbe perso tutto. Era stato
folle, da parte sua, confessarsi. Eppure, in quel momento, l'istinto
le aveva gridato che avrebbe perso molto di più a non
dirglielo.
Forse,
senza rendersene conto, aveva intuito cosa provava per lei la
Viscontessa.
Ripensò
ai giorni trascorsi assieme, a quanto dolce e gentile fosse stata, a
quanto si premurasse per lei, a quanto ricercasse la sua compagnia...
Il dolce sorriso che l'altra le riservava ad ogni loro incontro...
Sentì nuovamente il cuore balzarle in petto. Certo, con il
senno di poi, tutto le sembrava più evidente.
Perfino
quando le insegnava canto, attraverso il muro, era riuscita a
riconoscere una nota gentile nella sua voce.
Si era
innamorata di lei senza nemmeno vederla, che sciocca romantica era.
Sospirò,
tornando alla realtà. Come poteva ottenere notizie da lei?
Aveva parlato con Mercier? I gendarmi non l'avrebbero lasciata
passare senza chiedere chiarimenti...E César? Come si sarebbe
comportato? Certo, gli spettacoli erano stati sospesi e il problema
del fidanzamento forzato allontanato, almeno fino al termine delle
indagini, ma l'uomo le avrebbe consentito di uscire? Come aveva fatto
le altre volte la Viscontessa a raggiungerla di notte, per
insegnarle? Non glielo aveva mai chiesto...Sperò che non fosse
un metodo pericoloso e di riuscire a rivederla a breve...Che
sciocchezza, Carlotta avrebbe rischiato troppo a presentarsi a teatro
sotto mentite spoglie, ma se fosse uscita lei, tra i principali
sospettati, sicuramente i gendarmi l'avrebbero seguita.
Provò
a coricarsi, non sapendo cos'altro fare e continuando a pensare a
tutte quelle cose, mentre sentiva fuori dalla propria finestra la
città e il convitto ridestarsi, con il sorgere del sole.
Sussultò,
quando sentì bussare alla propria porta. Doveva essersi
addormentata di colpo, senza accorgersene.
-Chi
è?- Chiese, prima di aprire la soglia. Era in camicia da
notte, se fosse stato un gendarme avrebbe dovuto rendersi
presentabile.
-Sono
io.-
Christine
riconobbe la voce di Mère e, più tranquilla, aprì.
La donna aveva in mano un piccolo mazzo di gerani -Sono arrivati
questi, per te.- Le passò i fiori, quasi infastidita
dall'essersi ritrovata a fare da fattorino, visto che i soldati non
avevano consentito al garzone del fiorista di entrare.
-Grazie.-
Rispose, prendendoli.
-Chi li
manda?- La piccola busta sigillata, che conteneva un biglietto, era
firmata "C.De Chagny", ma non sapeva se padre o figlia.
Christine
lesse il nome e riconobbe la calligrafia aggraziata di Carlotta -La
Viscontessa. Un pegno di amicizia.- Quello simboleggiavano i gerani,
Mère lo sapeva certamente -Lei sa che io non c'entro nulla con
questa storia, vorrà mostrare la propria solidarietà.-
-Sciocchezze,
eri sul palco insieme a lei, ovvio che non hai nulla a che fare.-
-La
Gendarmerie la pensa diversamente...E anche gli altri, lo avete
visto.- Le dispiaceva enormemente vedere la diffidenza e il sospetto
negli sguardi dei colleghi. Il rapporto che avevano costruito,
condividendo praticamente tutto in quei dieci anni, si era dissolto
come neve al sole.
-Nessuno
crede che tu non sappia chi è il Fantasma, pensano che tu lo
stia coprendo.-
-Ma non
è così, ha indossato la maschera per tutto il tempo e
quasi non ha parlato. Non è una persona che conosco.-
-Neanche
di me ti fidi?-
-Non so
chi sia, Mère. Non è questione di fiducia.-
-Sei
stata con lui tutta la notte.-
-Come
ho già detto: in qualche modo ho perso i sensi. Mi sono
svegliata all'alba in un luogo sconosciuto.- Ripeté per
l'ennesima volta.
-Come
vuoi. Spero solo che la Viscontessa non stia sbagliando a riporre in
te la sua amicizia.-
-Nemmeno
voi mi crede?- Chiese, ferita.
-Io
credo a ciò che vedo e so che non hai colpe per l'omicidio, ma
vedo anche che hai atteggiamenti contrastanti con la Viscontessa.
Prima la insegui e poi la eviti, come se fossi attanagliata da un
profondo senso di colpa.- Che il Fantasma le avesse ordinato di
avvicinarsele per controllarla meglio e i dubbi morali di Christine
avessero fatto il resto, rendendola protettiva? Ne era quasi
convinta, ma qualcosa ancora le sfuggiva.
-Abbiamo
solamente avuto un malinteso, ma ormai è tutto sistemato.-
-Buon
per te, allora, e sistema la stanza, è indecente. Anche se sei
una cantante, adesso, devi comunque rispettare il regolamento e dare
l'esempio.-
-Sì,
Mère.- Rispose mestamente, prima che la tutrice si congedasse
bruscamente e se ne andasse.
Aprì
la busta e lesse immediatamente il biglietto:
"Cara
Christine,
nell'ora
più buia la invito alla devozione,
affinché
l'Angelo della Musica vegli su di noi.
Avete
tutta la mia solidarietà
e
questa notte vi ricorderò nelle mie preghiere."
C.d.C.
Lo
rilesse più volte, quasi non potendo credere ai propri occhi.
Probabilmente
la Viscontessa temeva che i soldati controllassero il biglietto, per
questo aveva scritto a quel modo, ma aveva trovato la busta ancora
sigillata, forse avevano desistito, una volta visto il cognome del
mittente.
Il
messaggio le era parso subito chiaro. Si sarebbero incontrate, quella
notte, nella cappelletta del teatro.
Strinse
il biglietto al petto, non riuscendo a contenere la gioia, mentre la
giornata diventava improvvisamente troppo lunga.
Non
riuscendo più ad aspettare, si recò in anticipo sul
luogo del loro appuntamento. Ne avrebbe approfittato per pregare
realmente, così, se anche qualche curioso avesse deciso di
seguirla, non avrebbe visto niente di anomalo.
D'altronde,
in quegli anni, non erano state poche le volte che si era recata alla
cappella durante la notte.
Quando
non riusciva a dormire, o era impensierita per qualcosa, rivolgere i
propri pensieri al padre le era sempre stato di conforto e anche
quella notte era preoccupata, seppur estremamente felice.
Accese
una candela e pregò a lungo per entrambi i genitori, poi, ne
accese un'altra per Carlotta.
Non
sapeva quanto senso potesse avere innalzare la sua supplica di
protezione ad una divinità che condannava il dolce sentimento
che le univa, perciò cercò di scindere il proprio
desiderio di vederla da ciò che la Viscontessa realmente
meritava.
Carlotta
le sembrava continuamente combattuta tra ciò che era giusto e
ciò che desiderava, molto più di altri, come se
fosse costantemente scissa in due, in un fuga serrata che spesso la
portava ad agire avventatamente, per ottenere tregua.
Tutto
questo si traduceva in un senso di oppressione e frustrazione che
Christine poteva quasi avvertire fisicamente, mentre era in sua
compagnia, e pregò che la Viscontessa ne venisse liberata.
Anche
l'incontro di quella notte, probabilmente, era stato dettato
dall'avventatezza. Desiderava ardentemente vederla, ma forse sarebbe
stato più saggio attendere qualche giorno, quando l'atmosfera
sarebbe stata più tranquilla e, magari, i gendarmi annoiati e
meno ligi al proprio dovere.
Sentì
un leggero profumo nell'aria e sorrise, sapendo di non essere più
sola. Riaprì gli occhi, chiusi per la preghiera, e risollevò
il capo.
-Non
volevo interromperti.- La voce di Carlotta, in un delicato sussurro,
le giunse all'orecchio. Si voltò, trovandola al proprio
fianco.
-Avevo
terminato- Avvolta nel mantello nero e con la maschera sul volto, la
ragazza sarebbe potuta apparire minacciosa agli occhi degli estranei,
ma era rassicurante per Christine.
La Diva
si alzò e l'abbracciò con trasporto, lieta di vedere
che era riuscita a raggiungerla, mentre Carlotta ricambiava la
stretta, posandole un tenero bacio sui capelli -Stai bene?-
-Sì,
soprattutto ora che sono con te.- Non riusciva a smettere di
sorriderle -Tu?-
-Sì.-
La baciò nuovamente sulla testa, non se la sentiva di
sfiorarle le labbra nella cappella. Anche se non consacrata, era pur
sempre un luogo di preghiera. -Ho parlato con Mercier, non è
stato lui. Ha visto dalla sala ciò che era successo, una volta
sentite le urla.-
-Ci si
può fidare...?-
-Sì,
non aveva alcun motivo per farlo.- Le sorrise, incoraggiante, prima
di tornare seria in volto -Questo però vuol dire che
l'assassino, o almeno il suo complice, è qui a teatro.-
Christine
distolse lo sguardo, incredula e accigliata -Chi...?- Si lasciò
sfuggire dai suoi ragionamenti. Non le veniva in mente nessuno capace
di tanto.
-E'
anche arrivata una lettera, indirizzata a César. Simile a
quelle che avevamo consegnato noi, ma evidentemente falsa.-
-Cosa
diceva?- Tornò a concentrarsi su di lei.
-Che
ciò che è successo a Mademoiselle accadrà a
chiunque metta a rischio l'Operà.-
-Perché
aveva minacciato di andarsene...?-
-Credo,
non saprei.- Non voleva rivelarle i propri sospetti su Madame Giry.
Non voleva offendere Christine, ed inoltre, erano blandi. Una
discussione come quella che avevano avuto non era un motivo
sufficiente.
-Non
era la prima volta che usava quella carta...Si accapigliava spesso
con Mère, per diverse ragioni.-
-Ah
sì?- Questo cambiava un po' la situazione -E pensi che...?-
-No.
Mère ha problemi ad un'anca, per quello insegna. Non avrebbe
la forza necessaria per...- Deglutì a vuoto, lasciando in
sospeso la frase.
-Vedrai
che il commissario troverà in fretta il colpevole.- provò
a farle coraggio.-Cerca di non restare da sola, per sicurezza.-
Avrebbe voluto restarle accanto e proteggerla lei stessa, ma non
sarebbe stato possibile. -Meglio che io vada, ora.-
-Di
già?-
-Le tue
compagne di stanza si insospettirebbero...- Avrebbe voluto portarla
nei sotterranei e tenerla al sicuro, ma faceva anche terribilmente
freddo da quando era caduta la prima neve.
-Non ho
più...Compagne di stanza.- Distolse lo sguardo, imbarazzata
-Da quando sono stata assunta come tua sostituta ho una camera mia.-
Per la prima volta aveva anche una discreta somma di denaro di cui
disporre quasi liberamente, dietro sorveglianza di Madame.
Questo
complicava le cose, per Carlotta -Mi raccomando allora, chiuditi
dentro a chiave.- Aveva dato per scontata una relativa sicurezza
notturna, pensando che la bionda sarebbe rimasta in compagnia.
Christine
annuì -Puoi venire con me?- Abbassò lo sguardo,
sentendosi avvampare il volto.
-Non
credo sia opportuno...- Desiderava fin troppo, in realtà,
restare sola con lei.
-Parleremo
con più tranquillità, ho alcune domande.- Aggiunse,
cercando di riprendere contegno, mentre si rendeva conto che la
Viscontessa non era l'unica impulsiva.
Carlotta
rifletté qualche secondo, prima di rispondere -Va bene.-
Conversare non era niente di male, per quanto la situazione potesse
risultare ambigua ad un occhio esterno.
Avrebbe
fatto ricorso a tutto il suo autocontrollo e confidava che l'onore di
Christine sarebbe rimasto intonso.
-Dov'è
la tua stanza? E' meglio che io non percorra i corridoi.-
-Ultimo
piano, quarta porta dalla scala.-
La
Viscontessa annuì -Attenderò qualche minuto, per essere
certa che nessuno ci segua.-
Christine
sorrise -Grazie.-
Trascorsero
una decina di minuti, prima che sentisse bussare lievemente alla sua
porta. Aprì, sapendo già chi era.
Carlotta
scivolò dentro, ancora avvolta nel mantello e quasi
confondendosi con la penombra della stanza, rischiarata solo da una
lanterna sul piccolo scrittoio e da un paio di candele, sul comodino.
La
Viscontessa non era abituata a quell'oscurità, alla villa
accendeva diverse lucerne, non dovendo fare economia.
-Hai
incontrato qualcuno?-
-No.-
Aveva aspettato per diverso tempo, per capire se qualcuno stesse
controllando Christine, ma non era così.
Si
tolse maschera e cappa, dopo che la bionda aveva chiuso a chiave la
porta.
-Ero
così preoccupata, temevo che fosse Mercier il colpevole.- La
Diva tornò di nuovo a stringersi a lei.
-Io ero
preoccupata per te.- Posò le labbra sulle sue, a dimostrazione
del proprio affetto, e restò sorpresa quando l'altra ragazza
le dischiuse. L'istinto prevalse e ogni briciola di pudore venne
cancellata da quel contatto, almeno per qualche istante.
-Perdonatemi.-
Disse mortificata la Viscontessa, scostandosi bruscamente, mentre
ogni fibra del suo corpo le ruggiva di proseguire.
-Cosa è
successo?- Chiese Christine, un po’ frastornata. Non si
aspettava tanta voluttà, ma non le era affatto dispiaciuta.
-Voi...Avevate
delle domande- Cercò di riprendere il controllo,
allontanandosi da lei e raggiungendo la piccola finestra della
stanza, respirando profondamente.
Christine
rimase interdetta, per un istante. In realtà non aveva
interrogativi, voleva solo restare più a lungo con lei -Mi
sono passate di mente.- Mentì, cercando di salvare le
apparenze.
-Non
intendevo turbarvi a tal punto, mi dispiace.- Si voltò verso
di lei, ma senza il coraggio di guardarla in volto.
-Non mi
ave…- Si corresse -Non mi hai turbata. Cosa ha turbato te?-
Chiese la bionda, con apprensione. Qualcosa sembrava averla sconvolta
e sperava di non aver fatto niente di sbagliato.
-Non
era opportuno che vi baciassi a quel modo.-
-Non ci
vedo niente di male.-
La
Viscontessa sospirò. Non sapeva come togliersi da quella
impasse senza confessarle cosa pensava, ma non sapeva neanche come
dirglielo. Era imbarazzante, sconsiderato, irrispettoso e
disonorevole.
-Carlotta,
cosa c'è?- Le si avvicinò e le accarezzò con la
punta delle dita lo zigomo, facendola inavvertitamente sospirare di
dolore -Mon Dieu, cosa vi è successo?!- Chiese allarmata,
notando in quel momento il livido sulla guancia dell'altra. Tra la
penombra e la maschera non lo aveva visto prima.
-Niente,
solo un piccolo incidente.- Sorrise, per tranquillizzarla.
Christine
scrutò i suoi occhi, per capire se poteva crederle, ma non
riuscì a decidere se l'altra fosse sincera o meno -Davvero?-
-Niente
di importante e, comunque, non succederà più.-
Intendeva rispettare la promessa fatta a suo padre, non l'avrebbe più
colpita impunemente.
La
cantante rifletté per qualche istante. Era preoccupata, ma se
Carlotta non voleva parlarne forse non era giusto che lei insistesse,
così tornò alla domanda precedente -Perché sei
così turbata?-
La
Viscontessa non sapeva come risponderle. In realtà sperava che
l'argomento si fosse esaurito e che la conversazione sarebbe ruotata
attorno ad altri temi. Messa alle strette, poteva solamente essere
sincera e cercare di dirlo nel modo più semplice possibile
-Credevo di riuscire a controllare i miei istinti, ma mi sono accorta
che non è così...Perdonami, ti prego.- Si scostò
nuovamente dalla cantante, la sua vicinanza le rendeva impossibile
ragionare, riempiendole la mente di immagini che avevano più
il sapore del ricordo, che non quello dell'immaginazione -Non è
opportuno che io rimanga ancora.-
Lo
sforzo che stava sostenendo, per costringersi a non stringerla a sé,
era letteralmente doloroso. Non avrebbe resistito a lungo.
-Non
andartene.- La trattenne per il polsino della camicia, impedendole di
allontanarsi ulteriormente.
-Christine…
Io vi amo. Non voglio approfittare della vostra innocenza.- Sospirò
affranta, continuando a volgerle le spalle e trincerandosi dietro ad
un più distaccato "voi", in un disperato tentativo
di mantenere la ragione.
-Anche
io ti amo.- Nella luce calda delle candele, vedeva solamente l'ampia
schiena della Viscontessa ricurva, sotto un enorme peso.
-Lo so,
e questo mi riempie di gioia.- Si voltò, sorridente ma
titubante -Ma ciò che alberga nella mia mente non è
degno della vostra persona.- Ammise colpevole.
-Smettetela
di darmi del "voi".-
-Perdonami.-
Abbassò nuovamente lo sguardo -Meglio che io vada.- Disse,
dirigendosi verso la porta.
-Cosa
alberga nella vostra mente?- La domanda era troppo sfacciata per
porla con confidenza. Un ultimo, spudorato, sforzo per trattenerla.
La
Viscontessa si fermò, sentendo il sangue gelarsi nelle vene
-Niente di opportuno, o di giusto.-
-Cosa è
giusto?-
-Attendere
il matrimonio-
-Noi
non possiamo sposarci.-
-Ne
sono consapevole e questo mi confonde...Non so come comportarmi.-
Oltre al suo desiderio, la mancanza di regole o di una consuetudine
da seguire la destabilizzava. Quando sarebbe stato giusto? Poi,
realizzò che non lo sarebbe mai stato. Per quanto non fosse
più reato, non era certamente ritenuto corretto né
accettato.
-Dimmi
che mi amerai per sempre.- Sussurrò la cantante, rossa in
viso.
Carlotta
deglutì a vuoto -Siete troppo buona. Potreste andare dietro le
quinte, ora, e in meno di un minuto trovare una decina di uomini
pronti a giurarvi amore eterno, se questo darebbe loro la possibilità
di...Restare in vostra compagnia.- In quel momento non si riteneva
migliore di loro.
-Non
sono loro che amo, e il tuo giuramento sarebbe sincero.-
-Io
voglio che tu non abbia dubbi, che tu possa camminare a testa alta,
senza traccia di vergogna alcuna nel tuo cuore, ed affrettare le cose
non porterebbe a questo.-
-Questo
discorso già cancella ogni possibilità di dubbio, in
me. E ti prego, ti prego...Smettila di ritenermi innocente e pura.
Non sono un'ingenua.-
-Non
era mia intenzione offenderti.-
-Io ho
mentito, rubato, desiderato, e disonorato Mère in più
di un'occasione...Non sono l'angelo che credi e non devi proteggermi
da te stessa.- Voleva dirglielo dalla sera precedente, quando, in
terrazza, Carlotta aveva parlato del suo timore di ferirla.
-Non
hai idea di cosa io stia pensando. Anche in questo momento,
purtroppo.- Aveva rilegato il pensiero ad un angolo della mente, ma
non era riuscita a soffocarlo.
-Credo
che sia la stessa cosa che sto pensando io. Ho immaginato spesso il
nostro primo...Incontro.- Arrossì nuovamente, ammettendolo.
Carlotta
incrociò il suo sguardo solo per un secondo, sorpresa,
imbarazzata e spaventata, prima di tornare a posarlo sul pavimento,
sentendo affiorare un sorriso che si forzò di spegnere
immediatamente.
Dentro
di lei si stava svolgendo una battaglia terribile e le parole di
Christine non la stavano aiutando, facendo tornare il suo istinto a
ruggire prepotente.
La
bionda la raggiunse e la prese lentamente per mano -Restate,
stanotte...Non sappiamo quando potremo rivederci.- Sussurrò,
senza il coraggio di incontrare i suoi occhi.
-Oh
Christine...- Riuscì solo a mormorare dolorosamente, sentendo
il proprio cuore spezzarsi.
Per la
prima volta nella sua vita, la Viscontessa capì perché
Adamo aveva colto il frutto proibito. La supplica della persona che
amava con tutta sé stessa la spingeva a fare qualcosa che
temeva sarebbe stato un errore. Sarebbe scesa volontariamente, e
sorridendo, tra le fiamme eterne, pur di renderla felice.
Pregò
solo di non farle nuovamente del male, prima di cedere, annuendo
silenziosamente.
-E'
giusto essere felici.- Cercò di rassicurarla la cantante,
abbracciandola.
-Se ti
ferissi non mi perdonerei-
-Non mi
ferirai.-
-Come
puoi avere tutta questa fiducia in me?-
-Ti
amo.-
Carlotta
sentì il cuore mancare un battito, prima di stringerla forte a
sé -Anche io ti amo.-
-Nient'altro
chiedo più.- Sorrise Christine, prima di sigillare quelle
parole con un dolce bacio, carico di sentimento.
Il
grigiore dell'alba invernale cominciò a trapelare nella
stanza, sorprendendo Carlotta, insonne, tra le lenzuola.
Non era
riuscita a chiudere occhio, assordata dal battere del cuore nel
proprio petto, che si infrangeva contro il suono impalpabile del
respiro di Christine, addormentata tra le sue braccia.
Il
volto della bionda esprimeva pace e quiete assoluta, mentre le labbra
rosee e morbide, appena dischiuse, sembravano solamente attendere un
altro bacio.
La
Viscontessa accolse quella tacita richiesta delicatamente,
svegliandola.
-E' già
mattino?- Chiese triste, appena aprì gli occhi.
-Manca
poco.- Doveva rientrare prima che qualcuno si accorgesse della
mancanza del cavallo dalla scuderia. Non aveva potuto chiedere a
Mercier di coprirla, data la loro discussione.
-Sei
riuscita a dormire?- Christine la baciò nuovamente, con
dolcezza. Svegliarsi tra le sue braccia era stata un'emozione
indescrivibile. Sembrava quasi che il tempo fosse sospeso, immobile.
Sembrava quasi che fossero loro il punto fermo attorno al quale
ruotava il mondo.
-No.-
Sospirò, tra il rassegnato e il soddisfatto. Con la ragazza
così vicina non sarebbe mai riuscita ad assopirsi.
-Mi
dispiace.-
-A me
no.- Dopo la notte appena trascorsa sentiva che qualcosa dentro di
lei era cambiato. Non si sentiva più una ragazzina costretta a
mille sotterfugi per avere un'apparenza di quieto vivere. Si sentiva
forte, capace di combattere a viso aperto per proteggere chi amava.
Si rese conto, anche se probabilmente lo era già da prima, che
Christine era diventata la sua priorità. Qualsiasi altra cosa
era sacrificabile, pur di averla al proprio fianco, e l'idea di
fuggire non la spaventava più.
Appena
si fossero chiuse le indagini sarebbero partiti, sempre che Mercier
fosse riuscito ad approntare tutto.
Christine
ridacchiò alla sua risposta -Abbandonate le tue remore?-
-Preferisco
morire tra le tue braccia cento volte, che vivere senza questa
colpa.-
-Non
c'è colpa ad essere felici, quando nessuno soffre.- Ripeté
la bionda.
-Temevo
di deluderti.- Ammise la mora, sfiorando nuovamente le sue labbra -Il
mio primo bacio è stato tuo e non avevo idea…-
-Non
voglio che tu vada.- La interruppe, colta già dalla malinconia
e sopraffatta dall'imbarazzo.
-Non
vorrei neanche io- Carlotta la strinse a sé, prima di
costringersi a scendere dal letto e rimettersi gli stivali.
-Sai
già quando potrai tornare?-
-No.
Dovrò aspettare il prossimo viaggio di mio padre, o che il
commissario chiuda le indagini.- Si chinò sul letto e la baciò
nuovamente -Vedrai, saranno pochi giorni, al massimo una settimana.-
-Scrivimi.-
-Ti
scriverò tutti i giorni e ti manderò altri fiori. Dovrò
solo far attenzione a cosa scrivere, nel caso in cui qualcuno
leggesse.-
Christine
annuì, era meglio essere prudenti.
-Mi
raccomando, cerca di fare attenzione.- Improvvisamente memore di cosa
aveva causato quella situazione, Carlotta si rabbuiò.
-Sì.-
La Diva scese dal letto e si avvolse le spalle nello scialle -Anche
tu.- Aggiunse apprensiva.
Dopo
pochi minuti, Christine aprì la porta della propria stanza e
controllò che non ci fosse nessuno nei corridoi, prima che la
Viscontessa sgattaiolasse via.
****
Note: Buongiorno
e buon sabato! Spero che questo capitolo vi sia piaciuto, in
ogni caso fatemi sapere cosa ne pensate, anche con poche parole,
soprattutto se non è stato di vostro gradimento.
Colgo
l'occasione per ringraziare la mia Beta di fiducia Oscuro_errante per
l'impegno e la costanza nel suo prezioso lavoro. Grazie mille! A
sabato prossimo!
|
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Capitolo 11 *** Masquerade ***
11 Masquerade
Ogni
riferimento a fatti realmente accaduti, cose, luoghi, persone e
organizzazioni realmente esistenti è puramente casuale.
1.
Masquerade
Passarono
tre mesi, prima che il commissario dichiarasse la riapertura del
teatro.
Il
colpevole non era stato catturato e nonostante i numerosi sospetti,
non si erano trovate prove sufficienti.
L'idea
comune, ormai, era che il responsabile fosse estraneo al convitto,
vista anche la mancanza di nuovi avvenimenti.
Nelle
settimane immediatamente precedenti lo scioglimento delle riserve
della Gendarmerie, César, sempre prontamente aggiornato dal
commissario, aveva incaricato Rémy e Madame Giry di cominciare
ad organizzare un grande spettacolo per la riapertura che, a scanso
di equivoci, non doveva coinvolgere Christine, visto che dovevano far
dimenticare tutta la faccenda, ne Carlotta, che non avrebbe potuto
partecipare alle prove, fino all'ufficializzazione della sospensione
delle indagini.
Optarono
quindi per un Gala di beneficenza tenuto dagli allievi, che avrebbe
certamente ben disposto gli aristocratici e l'alta borghesia, e
riportato pubblico, a dimostrazione che il Fantasma non era il
padrone dell'Operà.
Gli
studenti selezionati, tra balletto e conservatorio, avevano avuto
mesi per perfezionarsi negli studi, vista la mancanza di spettacoli
che avrebbero rubato loro tempo ed energie e la quasi impossibilità
di uscire dalle mura, data dai tediosi controlli dei gendarmi.
Tutto
il personale del teatro, d'altronde, era lieto di vedere che le
cose stavano tornando alla normalità e rispose alla nuova
programmazione con il massimo dell'entusiasmo e perfino il Visconte
non aveva badato a spese.
Si
prospettava uno spettacolo memorabile.
Carlotta
scese dalla carrozza dopo una considerevole attesa, c'era molto
traffico davanti all'ingresso dell'Operà, ottimo auspicio.
Era
riuscita a vedersi con Christine solo un'altra volta, dopo quella
prima notte, approfittando dell'assenza paterna per i festeggiamenti
del nuovo anno. César era stato invitato fuori città da
un probabile futuro socio in affari e avevano convenuto che fosse
meglio, per lei, restare a Parigi.
Le
aveva scritto ogni giorno, come promesso, ma purtroppo non era
riuscita sempre a mandarle fiori o regali. La ragazza le mancava
tantissimo e non c'era istante in cui non pensasse a lei,
letteralmente struggendosi.
Anche
Mercier le mancava, aveva tentato più volte di riappacificarsi
con lui e si era scusata in ogni modo possibile, ma il ragazzo non
aveva voluto sentire ragioni e il suo comportamento era rimasto
freddo e distaccato.
Aveva
dovuto, a malincuore, smettere di contare su di lui anche per la
fuga. Quando sarebbe stato il momento avrebbe accolto Mercier con
estrema gioia, se avesse voluto partire assieme a loro, ma l'amico
non le aveva fatto sapere più niente dei preparativi e lei non
se la sentiva di trascurare un aspetto così importante. Certo,
per lui che aveva conoscenze sarebbe stato più facile, ma era
comunque riuscita ad informarsi sui viaggi periodici di diverse
imbarcazioni in partenza da Calais. Con il giusto quantitativo di
denaro e la scelta di un periodo favorevole, non sarebbe stato troppo
complicato lasciare la Francia nel giro di un paio di giorni, anche
se non era ancora sicura che l'Inghilterra fosse la scelta migliore.
Lì
l'omosessualità era ancora fortemente repressa e punita
gravemente da diverse leggi. Forse era meglio la Spagna, con una
legislazione più simile a quella francese, oppure il sud
dell'Italia, dove le leggi, sebben presenti, non erano applicate
rigidamente, tranne che in casi evidenti.
Per
prima cosa, comunque, occorrevano i fondi. Avrebbe deciso poi,
assieme a Christine, la destinazione.
Come
temeva, César aveva trovato un modo per farle pagare la sua
impertinenza e, non potendole togliere nient'altro, aveva limitato il
suo accesso alle risorse di famiglia. Se le serviva qualcosa
rientrante nelle cosiddette "spese di rappresentanza" non
aveva problemi, ma non aveva più libera disponibilità.
Questo
non aveva fermato Carlotta, aveva solamente rallentato il procedere
del suo piano. César non si era mai interessato alla sua vita
e così le bastava millantare un impegno o il compleanno di
un'aristocratica qualunque per avanzare la richiesta di comprare
qualche presente o inviare un mazzo di fiori. Su piccole cifre il
padre non controllava e poteva agevolmente tenerle per sé,
però, la necessità di fare attenzione, le aveva
impedito di continuare a mandare costantemente regali a Christine,
come avrebbe voluto fare.
Per
fortuna, l'uomo continuava a ritenerla stupida e incapace di
orchestrare qualcosa di più complesso di un pettegolezzo ed
era suo preciso dovere mantenere questa sua convinzione.
Entrò
nel foyer, per la prima volta dopo mesi, e restò esterrefatta.
L'enorme salone, stracolmo di invitati, era un tripudio di marmo
bianco e oro e i numerosi lampadari di cristallo erano stati tirati a
lustro, come, del resto, ogni centimetro di pavimento e scale, su cui
avrebbe quasi potuto specchiarsi. Sembrava di camminare direttamente
su una polla di luce dorata, una rappresentazione perfetta della
definizione di sfarzo.
Suo
padre era lì già dal pomeriggio, per controllare le
ultime cose prima dell'apertura delle porte, ma lei cercava
Christine. Aveva controllato di nascosto la lista degli invitati e
dei partecipanti, nell'ufficio del Visconte, e si era assicurata che
la Diva fosse presente nell'elenco.
Si
aggirava tra gli ospiti, salutando praticamente tutti, mentre cercava
la sua amata, chiedendosi se avesse indossato l'abito che le aveva
regalato.
Aveva
visto una bellissima seta, grigio perla con iridescenze azzurre,
mentre era alla boutique per un vestito per sé, e aveva
chiesto alla stilista di confezionarne un secondo, facendo sommare
tutto nello stesso conto e mettendola in contatto con le costumiste
dell'Operà, per quanto riguardava le misure.
La
sarta le aveva suggerito una stoffa rosa, vista la giovane età
della destinataria, ma Carlotta era rimasta della sua idea. Christine
l'avrebbe uccisa se avesse insistito sul cliché della purezza
e poi, quelle screziature le ricordavano i suoi occhi. Sarebbe stato
perfetto.
Finalmente
la vide, dall'altra parte del salone, mentre conversava amabilmente
con Monsieur Piangi, in compagnia di Madame Giry.
Finì
di salutare l'ultimo degli ospiti che l'aveva intercettata per
scambiare convenevoli e si diresse verso di loro, con un sorriso
smagliante.
Christine
era splendida nell'ampio abito di seta dal bustino riccamente
ricamato, che l'avvolgeva con naturalezza, lasciando scoperte le
spalle. I lunghi capelli biondi erano semi raccolti dietro la nuca e
solamente qualche boccolo le ricadeva morbidamente sul collo sinuoso.
L'aveva
quasi raggiunta quando la Diva, e gli altri con lei, cominciarono a
dirigersi verso la sala, seguiti da tutti gli invitati, che le
impedirono di salutarla. In mezzo a tutta quella folla non l'aveva
nemmeno vista.
La
Viscontessa prese posto accanto a César e si preparò ad
una serata pesante. I rapporti tra loro non erano mai stati così
tesi e spesso l'uomo le riservava il "trattamento del silenzio",
ignorandola con alterigia. La cosa non le dispiaceva più di
tanto, suo padre diceva solo cattiverie e terribili stupidaggini,
tuttavia, la sua vicinanza prolungata era impegnativa da sopportare.
Quando
tutti si furono accomodati, Madame Giry fece il proprio ingresso sul
palco, a luci accese e a quinte ancora chiuse, per dire qualche
parola sulla scuola di danza, presentare lo spettacolo e ringraziare
i presenti. Carlotta, annoiandosi, cominciò a guardarsi
attorno, in cerca di distrazione. Fu così che riconobbe
Christine, seduta nel palco d'onore, assieme a Monsieur Piangi.
-Non
sapevo le avessi riservato quel palco.- Sottolineò col padre,
incuriosita.
-Dobbiamo
rassicurare il pubblico che tra di noi non serpeggia alcun sospetto.-
Rispose infastidito.
-Dubitate
ancora di lei?-
-Certamente.
Probabilmente il colpevole di tutto è un suo amante, libero di
entrare e uscire a proprio piacimento dal teatro con la sua
complicità. Non a caso, in questi mesi in cui è stata
rigidamente controllata, non è successo più nulla.-
Carlotta
non insisté nel ribadire i propri dubbi su questa teoria
paterna, rispondendo con il silenzio. Nonostante mancassero molti
dettagli, l'uomo era relativamente vicino alla verità. Se
avesse saputo dei passaggi e che era lei l'amante, il suo quadro
sarebbe stato pressoché completo.
Christine
guardava con curiosità quanto stava accadendo sul palco. Mère
non si mostrava mai durante gli spettacoli, come insegnante, il suo
ruolo era relegato dietro le quinte.
All'improvviso
si sentì osservata e fece vagare lo sguardo sul lato opposto
della platea, dove c'erano gli altri palchi.
La
Viscontessa la stava guardando.
La Diva
sorrise raggiante, vedendola per la prima volta dopo mesi. Era
bellissima, avvolta in uno stupendo vestito rosso bordeaux e con i
capelli corvini raccolti in un basso chignon. Sentì il proprio
cuore cominciare a battere all'impazzata, di felicità.
Carlotta
non riusciva a staccare gli occhi da lei, realizzando quanto le fosse
mancata.
Non fu
capace di rispondere al suo sorriso, completamente assorbita da tutta
quella bellezza e dalle emozioni contrastanti che si agitavano nel
suo animo.
Nessuno
le aveva mai detto che l'amore fosse così.
Dai
poemi e dalle letture aveva sempre sentito della gioia e della
completezza che ne derivava, ma mai nessuno l'aveva avvisata sulla
malinconia, la tristezza e la paura che lo accompagnavano.
Certo,
nelle tragedie e nelle Opere che conosceva, quest'ultima non mancava,
ma era sempre data da eventi esterni e circostanze avverse. Lei,
invece, aveva paura perché non aveva mai provato un sentimento
così forte e totalizzante. Aveva paura perché temeva di
non essere all'altezza.
Lei,
una nobile, e per definizione superiore agli altri, si rendeva conto
di essere una sprovveduta, priva di ogni esperienza, abile solo nel
mentire e nell'organizzare sotterfugi, che più di una volta
avevano causato sofferenza alle persone a cui teneva.
La
relazione con Christine le aveva dato una nuova forza, che non la
faceva dubitare sul fatto che sarebbe riuscita ad apprendere tutto
quanto necessario, una fiducia in sé stessa e nelle sue
capacità che non aveva mai avuto prima, ma temeva che ci
volesse troppo tempo, che imparasse troppo tardi. Che fosse già
troppo tardi e che il ponte tra di loro non si sarebbe mai annullato
del tutto.
Uno
scroscio di applausi la riscosse e tornò a guardare verso il
palco, César avrebbe potuto accorgersi di qualcosa.
I vari
balletti che vennero presentati sul proscenio erano stati molto
vivaci e divertenti, intermezzati dalle esibizioni canore e musicali
degli studenti residenti più bravi.
Gli
applausi non erano mai mancati e la serata era stata piacevole e
frizzante, un vero successo.
Tutto
lasciava presagire che l'oscuro capitolo che riguardava il "Fantasma
dell'Opera" fosse definitivamente archiviato e il ballo di
chiusura, un tripudio coreografico di abiti estrosi, esotici e
maschere colorate, avrebbe sancito finalmente la loro libertà.
Fu
proprio al culmine dello spettacolo che una misteriosa figura,
vestita interamente di rosso scarlatto, fece il suo ingresso in
scena, quasi apparendo all'improvviso al centro del palco.
Ballerini
e musicisti si fermarono, congelati dallo spavento. La grottesca
maschera che l'uomo indossava raffigurava un teschio, il volto stesso
della Morte, contratto in un ghigno raccapricciante.
-Che
silenzio, amici miei!- Esordì, mentre la platea era attonita.
Gli studenti sul palco, giovani ragazzini, non sapevano come
comportarsi. Nessuno, tra l'omicidio e le leggende che fiorivano da
mesi, aveva il coraggio di avvicinarsi od ostacolarlo.
César
si alzò immediatamente e lasciò il palco, mentre si
legava furiosamente il fioretto alla cintura.
Anche
Carlotta si alzò in piedi, stupefatta. Per qualche istante
aveva avuto il dubbio che facesse parte dello spettacolo, prima che
il padre si allontanasse.
-Sono
qui per non lasciarvi mai più! Vi mancavo, amici miei?-
Continuò il Fantasma. Sapeva di avere i secondi contati, con
la coda dell'occhio vedeva già i macchinisti scendere dalle
impalcature e bloccare ogni uscita dal palco.
-Ho
scritto un'Opera!- Sfilò una cartella di pelle da sotto al
mantello scarlatto e la lanciò sul legno del palco, in
direzione del maestro d'orchestra, facendone uscire numerose pagine.
-"Don
Juan Trionfa!"- Annunciò il titolo del suo copione,
guardando direttamente negli occhi Carlotta, sapeva che sarebbe stata
nel palco del padre.
La
Viscontessa impallidì per un istante a quelle parole, prima di
stringere di più la presa sul parapetto del palchetto per
cercare di trattenersi ed evitare di rispondergli, colma di furore.
Un
gruppo di gendarmi, con in testa César, fece irruzione sul
palco accerchiato, ma in un solo istante il Fantasma fece un inchino
e sparì, avvolto in una nube densa di fumo.
Il
Visconte non si fece intimidire e non rallentò il passo,
raggiungendo immediatamente il punto dove aveva visto l'uomo
mascherato e scoprendo, mentre il fumo si diradava, l'apertura della
botola. Saltò giù, lanciandosi all'inseguimento.
Atterrò
su una pila di vecchi materassi e si rialzò. Filtrava poca
luce dal palco ed era nell'oscurità quasi completa.
Sguainò
la spada, cercando di guardarsi attorno, ma un forte colpo alla nuca
lo tramortì e svenne, facendo a malapena in tempo a vedere i
gendarmi calare una fune.
Il
resto del Gala venne annullato.
Non che
servisse realmente, dopo quell'apparizione sconvolgente e
l'interruzione dello spettacolo, quasi tutti gli invitati si erano
allontanati rapidamente, in un borbottio confuso di indignazione,
preoccupazione e sconcerto. Qualcuno ebbe anche l'ardire di gridare,
nell'anonimato della calca, che si trattava in realtà di un
espediente pubblicitario.
César
fu portato in ospedale, accompagnato da alcuni gendarmi e, appena
chiuse le porte del teatro al pubblico, il Commissario Firmin,
responsabile della sorveglianza e delle indagini, chiese di conferire
con la Viscontessa.
Nell'ufficio
di César, Carlotta schiumava di rabbia.
-Ciò
che è successo a vostro padre è ignobile! Colpito alle
spalle...- Il nobile si stava già riprendendo, mentre lasciava
l'edificio, ma era necessaria la visita di un medico, poiché
era apparso confuso.
In
piedi, con entrambi i pugni appoggiati alla scrivania, Carlotta lo
interruppe, seccata -Venga al punto, Commissario.- Alla mora non
interessavano tutte quelle moine. Una volta saputo che il padre non
sarebbe morto, aveva questioni più urgenti di cui occuparsi.
-Voi
non avete idea di chi potrebbe essere? Le indagini fanno pensare ad
un nemico del Visconte, un concorrente.-
-Nessuno
di loro avrebbe il coraggio di ritorcersi a questo modo, ne tanto
meno avrebbe senso. Economicamente mio padre non sta venendo
danneggiato significativamente e un concorrente negli affari
punterebbe principalmente a questo. D'altro canto, se avessero voluto
uccidere lui o me, le occasioni non sarebbero di certo mancate.-
Sollevò il sopracciglio, guardando con disprezzo l'ufficiale.
In sei mesi di indagini non aveva scoperto chi era l'assassino e,
anche per quella serata, si era concentrato principalmente sulla
sorveglianza esterna dell'edificio. Assolutamente inutile.
Il
Commissario temporeggiò, intimorito da quello sguardo glaciale
e dall'analisi così fredda che la Viscontessa aveva
presentato, quasi come se non si stesse parlando di lei o di suo
padre.
-Ritengo
sia necessario interrogare tutti, verificare gli alibi, e sentire
nuovamente Mademoiselle Daaé. Come il Visconte vi avrà
riferito è sempre stata lei la principale sospettata, di certo
sa qualcosa.-
-Ho
parlato più volte io con Mademoiselle, siamo in confidenza, e
mai una volta il suo racconto ha presentato sbavature, contraddizioni
o variazioni. E' sempre stata costernata e profondamente preoccupata
per tutta questa vicenda.-
-Potrebbe
avervi mentito.-
-Non
lei. Controllate invece Madame Giry, ho saputo che discuteva spesso
con Mademoiselle Sorelli e, anche se ha problemi ad un'anca, con un
complice avrebbe potuto agire indisturbata, dato che nessuno avrebbe
fatto caso alla sua presenza, più che normale durante uno
spettacolo.-
-Prenderò
nota dei vostri sospetti, Viscontessa. Per quello che riguarda gli
incresciosi fatti di questa sera, provvederò al più
presto a sigillare nuovamente teatro e convitto, mi rincresce dover
sospendere nuovamente la stagione, ma capirà che per la
sicurezza di tutti...-
Qualcuno
bussò alla porta, interrompendoli.
-Sì?-
Chiese perentoria la Viscontessa, senza scostarsi di un millimetro
dalla scrivania.
All'uscio
si affacciò Rémy, tremante -Ci sono alcune lettere,
Viscontessa, indirizzate a vostro padre e al Maestro Reyer.- L'uomo
quasi balbettava da tanto tremava. Sollevò appena la mano,
mostrando due buste listate a lutto e chiuse con la ceralacca -Erano
sul mio scrittoio ma, giuro, all'inizio del Gala, quando ho lasciato
l'ufficio assieme al Visconte, non c'erano!-
Il
Commissario lo raggiunse e prese immediatamente le lettere -Ci lasci
soli, ma resti a disposizione.- Ordinò l'ufficiale, mentre il
segretario era oltremodo felice di venire congedato in fretta.
L'uomo
consegnò poi le lettere alla Viscontessa, che le aprì,
sotto il suo sguardo vigile.
“Caro
Reyer, con riferimento alla mia orchestrazione:
E’
necessario un altro primo fagotto.
Prenda
un bravo musicista - e mandi via quel terzo trombone.
Quell’uomo
è completamente sordo,
quindi,
per favore, scelga uno che suoni intonato.”
F.O.
“Caro
César, in rapporto alla mia opera:
qualche
membro del coro deve essere licenziato.
Se
potete, scoprite chi ha il senso dell’intonazione,
sebbene
io, saggiamente, abbia fatto in modo di assegnare
dei
ruoli secondari a quelli che non sanno recitare.
Inutile
precisare ulteriormente
che
qualunque deviazione da quanto indicato nelle seguenti note
porterà
a conseguenze disastrose."
F.O.
Carlotta
scorse gli altri fogli nella busta assieme al messaggio. Pagine e
pagine di note sui ruoli, i bozzetti dei costumi e i disegni delle
scenografie. Non aveva scritto solo un'Opera, in quei mesi, ma aveva
fatto il lavoro completo.
Serrò
la mascella, nuovamente furente.
Anche
il Commissario controllò le lettere e poi riprese da dove era
stato interrotto -E' assolutamente necessaria la sospensione
immediata di ogni attività!-
-Non
credo affatto che sia una buona idea!- Lo contraddì Carlotta,
lasciandolo di stucco -Abbiamo già visto quanto si sia
dimostrata inutile questa misura. Alla riapertura delle porte tutto
riprenderebbe come se niente fosse accaduto, esattamente come oggi.-
Gli fece pesare ogni grammo della sua inettitudine, se non con le
parole, con il tono.
-Quindi
cosa suggerite?- Chiese l'ufficiale con velato scherno, infastidito
da così tanta arroganza da parte di una donna. Non avrebbe
dovuto farsi illusioni, l'unica cosa sensata da fare era parlare con
il Visconte, appena disponibile. La figlia era solamente una pazza
insolente, come già si vociferava da parecchio tempo,
soprattutto dopo la rottura del secondo fidanzamento, ormai quasi due
anni prima.
-Una
trappola.- Lo guardò con fermezza, guidata dall’ira
-Allestiremo il suo spettacolo, di certo non mancherà.- Appena
ebbe pronunciato quelle parole, le tornarono in mente le rimostranze
di Christine, chiare, come se fosse davanti a lei in quel momento:
"Voi sapete sempre cosa è meglio per tutti e nemmeno vi
domandate come possano sentirsi gli altri." Era coinvolta anche
lei, essendo stata indicata come protagonista, nella lettera -Prima
di prendere una decisione, però, sarà il caso di
consultare anche gli altri e chiedere se se la sentono.- La sua
sicurezza vacillò e si sedette, pensierosa. Se avessero
attuato quel piano, Christine sarebbe stata esposta a nuovi pericoli?
Non riusciva a capire il motivo di proporre proprio quell'Opera e non
una qualsiasi altra.
-Non
temete, ne parlerò con vostro padre appena si sarà
ripreso. Per il momento disporrei un cordone di guardie armate
attorno alla struttura, per evitare che qualcuno fugga, questa
notte.-
-Sì,
sì, certamente.- La Viscontessa non lo ascoltava più
-Potete chiamarmi Mademoiselle Daaé, andandovene?-
Il
Commissario, furibondo per una simile maleducazione, se ne andò
senza salutare. La Viscontessa aveva oltrepassato ogni limite,
congedandolo a quel modo e chiedendogli di svolgere un incarico da
domestico! Lui era un ufficiale della Gendarmerie! Aveva servito il
suo Paese con onore e non meritava un simile trattamento, per di più
da una zotica arricchita e pure isterica!
Carlotta
rimase da sola per qualche minuto, riflettendo su cosa fare, mentre
il suo sguardo vagava sui tetti di Parigi, illuminati dalla luna
piena.
Quella
serata doveva sancire la scomparsa del Fantasma, non il suo ritorno.
Non si capacitava di quanto successo.
Christine
entrò senza bussare e si richiuse la porta alle spalle, prima
di avvicinarsi alla scrivania, accorgendosi che Carlotta era assorta
in lugubri pensieri.
-Per
fortuna che sei qui.- Disse la Viscontessa, un istante prima che la
bionda parlasse.
-Come
sta tuo padre?-
-Dovrebbe
riprendersi in poco tempo.-
La
cantante fece un piccolo respiro di sollievo -Mi sei mancata.-
-Anche
tu.-
Christine
vedeva che Carlotta era distratta e che si stava sforzando di non
parlarle subito di quanto successo, quindi decise di toglierla
d'impaccio, cominciando lei -Era Mercier o qualcun altro?-
-Sì,
era lui.- La voce era la sua, non aveva alcun dubbio, e anche la
calligrafia nei nuovi messaggi.
-Perché?-
-Non ne
ho idea...Non abbiamo organizzato nulla, come sai, a malapena
parliamo. Pensavo che tutta questa storia fosse finita. Il
Commissario non ha preso in considerazione altre piste, neanche per
l'omicidio, e ripresentarsi in quelle vesti sarebbe stato
eccessivamente pericoloso.-
Il
Fantasma era una figura oltremodo sospetta e, per quanto si trattasse
di un ragionamento miope, capiva perché tutti avevano
addossato automaticamente la colpa a lui.
-Sembri
sfinita.- Osservò Christine, cercando di addolcire la voce.
-Lo
sono, tutto questo mi ha colta di sorpresa.- Si alzò dalla
scrivania e raggiunse la ragazza. -C'è ancora qualcosa che non
sai.- La prese per mano, titubante -Ho scritto io quell’Opera.-
-Tu?-
-Sì.
Avevo nascosto gli spartiti nei sotterranei, lui sapeva dov’erano,
non immaginavo che li avrebbe presi.- La rabbia per quel tradimento
era stata tale da spingerla a cercare vendetta, proponendo l’idea
della trappola, ma se ne era pentita. Se lo avessero catturato non si
sarebbe data pace.
-Perché
l’avrebbe fatto?-
-Non lo
so- Carlotta cambiò argomento, a disagio -Inoltre ho ricevuto
due lettere sue, poco fa. Ti ha indicata come protagonista.-
-Io?-
Chiese stupita la Diva.
-Sì.-
Che Mercier avesse in programma qualcosa per la fuga e stesse
continuando con il progetto di mettere in risalto Christine, non
sapendo che stavano assieme? Le sembrava una delle poche spiegazioni
vagamente plausibili, anche se non capiva perché non
avvisarla, né tantomeno la scelta di quell'Opera inedita, con
tante disponibili che già c'erano. Aveva inteso, poi, che per
il ragazzo fosse tutto finito e che non avrebbe mai più
indossato la maschera del Fantasma.
Più
rifletteva e più si sentiva confusa.
-Non
saprei dire con certezza il motivo di questa scelta.- Anticipò
la domanda che aveva letto sul volto di Christine.
-Cosa
facciamo?- Aggiunse la bionda.
-Stanotte
cercherò di parlare con lui.- Calmatasi, si era accorta che
non c'era nessun valido motivo per sguinzagliargli dietro la
Gendarmerie. Non era lui il colpevole dell'omicidio di Mademoiselle
Sorelli e presentarsi a quel modo sul palco non era certo
reato...L'aggressione a suo padre invece sì, ma lo stava
inseguendo e avrebbe certamente potuto ucciderlo, o ferirlo
gravemente, se avesse voluto. Questo le faceva pensare che nonostante
la frattura tra loro, qualcosa di buono, un modo di salvare tutto,
ancora ci fosse. Per questo dovevano chiarirsi, forse Mercier agiva
in base ad informazioni che a lei mancavano.
-Se non
riuscirai?- Chiese apprensiva. Non si fidava di Mercier, non lo
conosceva.
-Se non
riuscirò, l'unica alternativa per attirarlo allo scoperto sarà
mettere in scena il "Don Juan". Il giorno della prima sarà
sicuramente presente, potrebbe essere una buona occasione...Magari
già durante le prove.- Si passò una mano sul volto -Non
sei obbligata ad esserci.-
-Ho
scelta?- Christine non riuscì a trattenere una vaga
rassegnazione.
-Sì.-
-Non
vedo come.-
-Ho del
denaro da parte. Se lo sommiamo ai tuoi risparmi puoi licenziarti,
basteranno per pagarti un affitto e le spese per il tempo necessario.
Fuori dal convitto, in incognito, sarai al sicuro fino al termine di
questa storia.-
-E tu?-
La guardò negli occhi, sinceramente preoccupata.
-Se si
procederà con questo piano non avrò scuse per
assentarmi. Sarò necessaria e, in più, César mi
terrà d'occhio. Nel frattempo, posso continuare ad accumulare
risparmi, in vista della nostra partenza.-
-Potremmo
scappare subito.-
-I
documenti e il viaggio sono molto costosi, termineremo il denaro in
pochi giorni dal nostro arrivo.-
-Non ti
lascerò da sola in pericolo.-
-Non è
detto che ci sia, un pericolo.- Anche quello la confondeva. L'istinto
le diceva che Mercier, ormai, era capace di qualsiasi cosa, ma se
avesse voluto farle del male, cosa che non credeva, avrebbe fatto
molto prima a coglierla di sorpresa a casa, o a teatro.
Imporre,
tra mille incognite, la produzione di un'Opera, era certamente
quantomeno macchinoso -Anche se volesse continuare a causarmi
incidenti, avrebbe moltissimi modi differenti e più rapidi per
colpirmi. Non ha senso.- Sospirò, stanca, appoggiandosi col
fianco alla scrivania.
-Stasera
avrei voluto ballare con te, sul tetto, con l'orchestra in
sottofondo.- Christine le accarezzò il volto, voleva
rinfrancarla un po'.
Carlotta
accennò un sorriso -Sarebbe stato molto romantico.-
-Sì-
Ridacchiò imbarazzata la bionda -Mi sei mancata.- finalmente
la abbracciò, come voleva fare dal primo istante in cui
l'aveva vista.
La
Viscontessa ricambiò la stretta e la baciò sui capelli.
Riteneva che il tepore del corpo di Christine avesse qualcosa di
terapeutico, ogni volta quella sensazione la calmava e la faceva
sentire al sicuro. Perfino in quel momento, così pieno di
preoccupazioni.
-L'abito
è di tuo gradimento?-
-E'
stupendo, ti ringrazio.- Rispose, sorridendo soddisfatta -Non avevo
mai visto un tessuto simile, le sfumature azzurre che si creano con i
giochi di luce sono incantevoli.-
-Sono
contenta che ti piaccia.-
-Tu sei
bellissima, il bordeaux ti dona.- L'abito della mora aveva un taglio
simile al suo, solamente la gonna era più drappeggiata,
risultando quindi lievemente più aderente e la scollatura
leggermente più profonda. Nella penombra della sala, poi, non
aveva visto che i lunghi capelli, raccolti, erano ornati con numerose
spille tempestate di brillanti, abbinate al collier.
-Grazie.-
Sorrise, imbarazzata -Tu stai bene?-
-Sopportare
Mère senza poterti vedere è stata una tortura, ma sto
bene. Non è successo niente di particolare.-
Restarono
in silenzio per qualche secondo, guardandosi negli occhi, impacciate,
poi Carlotta inclinò lievemente il capo e si chinò a
sfiorare le labbra di Christine con le sue, prima che l'altra
ricambiasse, trasformandolo in un vero bacio.
Entrambe
desideravano quel tocco, ma il lungo periodo di lontananza aveva
cancellato quel minimo di abitudine al contatto reciproco che avevano
sviluppato, facendo provare loro nuovamente imbarazzo, anche se solo
per pochi istanti.
Carlotta
la strinse a sé, continuando a baciarla, mentre Christine le
accarezzava i capelli, dolcemente.
Sentirono
bussare alla porta e si separarono, ricomponendosi in pochi attimi.
-Avanti.-
Disse la mora, con voce ferma.
Un
gendarme si presentò, restando sull'uscio -Viscontessa, il
Commissario voleva comunicarle che il cordone di sicurezza è
stato predisposto e che sarebbe più indicato che voi vi
allontaniate dall'edificio nel più breve tempo possibile, per
garantire la vostra incolumità.-
-Potete
riferire al Commissario Firmin che ho ricevuto e compreso il suo
consiglio. Avrò premura.-
Il
soldato girò sui tacchi e se ne andò, chiudendosi la
porta alle spalle.
-Andrò
subito a parlare con Mercier. Ad ogni modo, domattina ti farò
sapere.-
-Sì.
Fai attenzione, ti prego.- L'abbracciò nuovamente.
-Anche
tu.-
****
Note:
Buongiorno e buon sabato! Spero che questo capitolo vi sia
piaciuto, in ogni caso fatemi sapere cosa ne pensate, anche con poche
parole, soprattutto se non è stato di vostro gradimento.
Colgo l'occasione per ringraziare la mia Beta di fiducia Oscuro_errante
per l'impegno e la costanza nel suo prezioso lavoro. Grazie mille!
A sabato prossimo!
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Capitolo 12 *** When Fates... ***
12 When Fates
Ogni
riferimento a fatti realmente accaduti, cose, luoghi, persone e
organizzazioni realmente esistenti è puramente casuale.
12.
When
Fates...
Si
recarono entrambe alle scuderie. La carrozza che aveva portato fino a
lì Carlotta era stata utilizzata per condurre César in
ospedale e la mora non aveva intenzione di ritardare ulteriormente il
proprio rientro attendendone un'altra dalla tenuta, il Commissario le
aveva fatto perdere già troppo tempo.
Sotto
lo sguardo sconvolto dei gendarmi e di uno degli stallieri, che le
aveva portato un cavallo, eseguendo i suoi ordini, la Viscontessa
salì in sella con estrema disinvoltura, nonostante l'abito da
sera e, salutata l'amica con un cenno della mano, spronò il
destriero al galoppo, con la promessa di restituirlo il giorno
seguente.
Carlotta
cavalcò il più velocemente possibile, voleva
assolutamente parlare con Mercier quella notte stessa e fugare ogni
dubbio.
Christine,
raggiunta la sua camera, controllò che non ci fosse nessuno
dietro le tende e perfino sotto al letto, prima ancora di chiudere la
porta.
-Ho
notato cose interessanti, questa sera, osservando te e la
Viscontessa.- La voce di Madame Giry la colse alle spalle,
dall'ingresso della camera, facendola sussultare e voltare di scatto.
-Vi
prendete troppe libertà.- La ragazza aveva già un
Diavolo per capello, preoccupata per Carlotta, in più, la
tutrice non aveva bussato e l'aveva apostrofata in modo fin troppo
arrogante.
-Davvero?-
Era ancora sotto la sua custodia e, come insegnante, poteva disporne
l'allontanamento dal convitto in qualunque momento, adducendo motivi
disciplinari.
-Non
avete motivo di trovarvi in camera mia.- Mancavano poche settimane al
compimento della sua maggiore età, ragion per cui trovava
insensati gli stretti controlli di Madame.
La
donna fece qualche passo nella stanza, passando le dita sulla
toeletta e controllando se ci fosse polvere, sfregando poi i
polpastrelli tra loro -Ho visto come la guardavi, durante la
rappresentazione-
-Chi?-
Christine finse di non capire, non voleva confermare i suoi dubbi.
-César
darebbe qualsiasi cosa, per essere guardato così.-
-Non
capisco a cosa vi riferiate.- Si stava spazientendo sempre di più.
-Pare
che io abbia fatto leva sul Visconte sbagliato.-
-Cosa
state insinuando?-
-Tu e
la Viscontessa... Non è semplice amicizia, vero?- Era una
domanda retorica per l'insegnante, i loro sguardi non erano
fraintendibili.
-Vi
state sbagliando. Cosa volete?- Cercò di sviare il discorso.
-Stai
intralciando i miei piani.-
-Non so
di cosa stiate parlando, ma i vostri piani non mi riguardano.-
-Attenta
a come parli, mocciosa!- La donna la raggiunse e l'afferrò per
il mento, costringendola a guardarla negli occhi -E' lei che ti ha
fatta rapire?-
-Siete
impazzita?!-
-Rispondi!-
La schiaffeggiò, facendola cadere a terra.
-Che
succede qui?- Il Capomastro si affacciò nella stanza, aveva
sentito rumore dal corridoio.
-Niente,
Joseph.- Rispose l'insegnante, con freddezza, mentre abbassava
immediatamente il tono.
Christine
si portò una mano alla guancia, sconvolta, Mère non
l'aveva mai trattata così.
-E'
pieno di gendarmi, se dovete chiarirvi sarebbe meglio che lo facciate
conversando.-
-Sì,
hai ragione.- La donna tornò sui suoi passi, passando accanto
all'uomo, che la seguì fuori dalla stanza della cantante.
La
bionda si rialzò, piena di rabbia e sconcerto, ma non solo per
il trattamento riservatole. Come poteva Mère aver capito
tutto? E, cosa che l'aveva lasciata ancora più esterrefatta,
da quando dava del tu a Monsieur Bouquet? E soprattutto: cosa ci
faceva lui lì? Gli uomini avevano un'ala riservata, sul lato
opposto del palazzo.
Raggiunse
la porta e la chiuse subito a chiave, prima di bagnare un fazzoletto
nell'acqua fresca del catino sulla toeletta e posarlo sulla guancia,
per evitare che si arrossasse eccessivamente. Mai come in quel
momento desiderò andarsene immediatamente.
Carlotta
arrivò alla tenuta in un galoppo sfrenato. Il valletto che
attendeva il loro ritorno dall'Operà quasi non fece in tempo
ad aprire il cancello, la Viscontessa lo attraversò appena ci
fu lo spazio minimo indispensabile, senza fermarsi, diretta a spron
battuto alla scuderia.
Scese
da cavallo e subito cercò Mercier nelle stalle, sussurrando
più volte il suo nome nel buio, sperando che la stesse
aspettando. Non trovandolo, sistemò rapidamente il cavallo in
uno degli stalli vuoti e andò a casa del ragazzo, poco
distante dalle scuderie.
Fece il
giro della costruzione, ma dalla finestra della camera dell'amico non
si vedeva nessuna luce. Corrugò la fronte, preoccupata. Altre
volte si era arrampicata di nascosto, ma indossava vesti decisamente
più funzionali che non quell'abito da sera.
Avrebbe
provato a bussare piano, se Mercier fosse stato sveglio l'avrebbe
sentita comunque e forse non avrebbe disturbato i suoi genitori.
Colpì
delicatamente la porta con la mano guantata e subito la maniglia si
abbassò e l'uscio si aprì, come sperato.
-Merc...-
Si interruppe e il sorriso di sollievo che aveva sul volto si spense,
quando vide che era la madre del ragazzo e non lui -Buonasera Madame
Durand, perdonate la mia scortesia, non intendevo disturbare.-
La
donna ebbe qualche secondo di stupore, non si aspettava che alla
porta ci fosse Carlotta -Non disturbate affatto Viscontessa, come
posso aiutarvi?- Si strinse nello scialle, avvertendo l'aria fresca
della notte.
-Avrei
bisogno di parlare con Mercier.-
-Non
abita più qui, ha trovato lavoro presso il teatro e si è
trasferito due giorni fa. Doveva esibirsi stasera, lo avete visto?-
Chiese apprensiva -Sono così agitata da non riuscire a
dormire.-
-Sì,
l'ho visto.- Rispose la Viscontessa. Era sconcertata, Mercier stava
mentendo anche alla propria famiglia, non c'erano state nuove
assunzioni in quei mesi.
Il
volto di Irènée, questo era il nome della madre,
contratto nella preoccupazione, la intenerì -Gli occhi di
tutti erano puntati su di lui.- Cercò di rassicurarla come
meglio poté e l'espressione della donna si tramutò in
un timido sorriso -Perdonatemi, volete entrare? Non è di certo
caldo qui fuori.-
-Grazie,
ma non era mia intenzione disturbarvi dal principio.-
-Spero
che passi domani, e che mi racconti.- La donna abbassò lo
sguardo -Gli dirò che lo avete cercato.-
-Vi
ringrazio.- Notò che la sua interlocutrice sembrava percorsa
da molti pensieri -Perdonatemi l'ardire, c'è qualcosa che vi
preoccupa?- Poteva essere solo il nervosismo per lo spettacolo?
La
donna annuì. Non osava chiedere, ma in realtà aveva
molte domande da rivolgerle.
-Ditemi,
vi prego.- Non le sarebbe piaciuto vedere sua madre così
preoccupata.
-Entrate
Viscontessa, casa nostra è molto umile, ma non vorrei vi
prendeste un malanno.-
Sedute
al tavolo, nell'unica stanza al pianterreno della casa, Irènée
cercava di trovare il coraggio per rivolgersi alla nobile. La
conosceva da quando era bambina, ma non avevano mai parlato in quel
modo.
-Voi
sapete cosa sta succedendo a mio figlio?- Era a conoscenza della loro
amicizia, li aveva tenuti d'occhio un'infinità di volte mentre
giocavano, da piccoli, e Mercier parlava spesso di lei.
-Non
credo di sapere tutto, Madame.- L'etichetta non le imponeva di
rivolgersele a quel modo, essendo lei una comune cittadina e per di
più sua dipendente, ma il rispetto e l'affetto che aveva per
Irènée era tale da farglielo percepire come l'unico
corretto.
-Mercier
si confidava spesso con me, ma in questi ultimi mesi è
diventato silenzioso e brusco e ancora più irritabile del
solito.- Disse la donna.
-Posso
dirle che abbiamo avuto una discussione, circa sei mesi fa.- Carlotta
abbassò lo sguardo, colpevole -Gli ho chiesto di aiutarmi in
un progetto per me estremamente importante e, quando è
successo qualcosa di inaspettato, ho purtroppo, ingiustamente,
dubitato di lui.-
Irènée
fece vagare lo sguardo per la stanza, riflettendo.
-Gli ho
spiegato che il mio era solamente un dubbio superficiale, sapevo in
cuor mio che lui non era responsabile, ma ho avuto bisogno di
sentirlo dire dalla sua voce e questo lo ha profondamente
offeso. Mi sono scusata numerose volte, ma non ha voluto perdonarmi.-
La
donna annuì -Questo mi aiuta, vi ringrazio.-
-Io non
riesco a comprendere il suo comportamento, invece. Mi appare
esagerato come reazione alla nostra incomprensione.- Replicò
Carlotta - Madame, vi chiedo sinceramente: ritenete che io sia in un
simile torto da dover accettare la sua decisione di evitarmi, o posso
sperare di meritare ancora la sua amicizia, prima o poi?-
-Non
ritengo che la vostra colpa sia così grave, Viscontessa, ma
Mercier è sempre stato impulsivo e orgoglioso e da molto
tempo, ormai, è gravato da numerosi pesi che hanno incupito il
suo animo. Probabilmente è stato l'insieme di circostanze ad
influire così duramente sulla sua decisione.-
-Potrei
chiedervi quali? Non siete obbligata a rispondere, sono consapevole
della mia sfacciataggine nel domandarvelo.-
-Credo
vi abbia parlato dello scioglimento della sua piccola compagnia
teatrale.-
-Sì,
certo.-
-Questo
lo ha molto abbattuto, spesso me ne parlava, anche di recente. Temeva
di non essere capace, visto che era già la seconda volta che
accadeva.-
-Capisco.-
Era passato quasi un anno dall'ultima volta che gliene aveva parlato,
non pensava che lo avesse turbato tanto.
-Poi,
c'era una ragazza, non mi ha mai rivelato il suo nome, di cui era
innamorato da anni.- Aggiunse la donna e Carlotta abbassò lo
sguardo, sentendosi a disagio -Un giorno è venuto a casa
piangendo, letteralmente sconvolto, dicendomi che si era dichiarato e
che era stato respinto. Diverse volte gli ho consigliato di non
vederla più, ma lui insisteva, dicendo che comunque teneva a
lei e si sarebbe sforzato di rimanerle amico, di riguadagnare la sua
fiducia.-
Carlotta
era molto sorpresa, con lei si era mostrato sempre tranquillo e
sereno, non aveva idea che il ragazzo stesse provando così
tanto dolore. Si sentì terribilmente in colpa e gli occhi le
divennero lucidi: perché Mercier non glielo aveva detto?
Perché non si era preso del tempo, come aveva suggerito?
Questo però aggiungeva qualcosa in più al quadro.
Dopo tutti i suoi sforzi lei aveva dubitato ancora di lui, per giunta
sull'evento gravissimo quale era stato l'omicidio di Mademoiselle
Sorelli. Comprensibile che avesse rinunciato una volta per tutte a
rimanerle accanto.
La
madre interruppe il suo ragionamento -Per un periodo sembrava essersi
ripreso, diceva che forse aveva trovato una cantante formidabile e
che avrebbe potuto creare una nuova compagnia...Ma poi non me ne ha
più parlato, anzi, non mi ha più parlato di nulla dopo
la discussione con voi, ed è tornato ad essere triste, in un
modo che non avevo mai visto.- Sentendo le sue stesse parole, ad
Irènée venne il dubbio che, forse, la cantante su cui
puntava il suo Mercier potesse essere Carlotta. La donna rifiutò
il pensiero, anche se erano cresciuti assieme la Viscontessa non
avrebbe mai lasciato tutto per un futuro incerto da artista e César
si sarebbe senza dubbio opposto. Si stava certamente sbagliando -Suo
padre vuole che resti qui, alla tenuta, ma Mercier non è fatto
per questo tipo di vita, è sempre stato curioso, intelligente
e scavezzacollo e mi ha confidato più di una volta che restare
qui lo faceva sentire in gabbia... Spero che a teatro riesca a
trovare la sua strada, ho sempre pensato che fosse un bravo attore e
che un giorno sarebbe riuscito ad avere successo.- Irènée
sbatté rapidamente le palpebre per asciugare gli occhi,
diventati lucidi. -Meriterebbe un po' di felicità,
quest'ultimo anno è stato molto difficile per lui.-
-Io non
sapevo tutte queste cose, con me non si è mai confidato
tanto.- Disse Carlotta, dispiaciuta e confusa.
-Vi
prego di non riferirgli di questo nostro incontro, si arrabbierebbe
molto.-
-Certo
che no Madame, manterrò l'assoluto riserbo.- La Viscontessa si
alzò dalla sedia, aveva molte cose su cui riflettere. Sarebbe
tornata immediatamente a teatro, ma i gendarmi di guardia erano
attorno a tutto il perimetro e se, notandola, l'avessero inseguita,
avrebbero scoperto i passaggi segreti, e sarebbe stato in pericolo
anche Mercier, sempre ammesso che si trovasse ancora lì e che
non fosse in qualche pensione nelle vicinanze, o a casa di un
conoscente. Il mattino seguente avrebbe potuto andarci ufficialmente,
senza far correre rischi inutili a nessuno ed avendo la possibilità
di cercarlo e magari di parlargli. Mancavano poche ore all'alba,
ormai.
Salutò
Irènée e tornò alle stalle, per togliere cavezza
e sella al cavallo che aveva preso in prestito, prima di tornare a
casa.
Chiusa
nella sua stanza, seduta sul letto, dopo aver glissato una
sconcertata Bernìce, che voleva informazioni di prima mano su
quanto successo a César, cercò di pensare, di capire,
cosa poteva star passando per la testa di Mercier.
Si
sentiva in colpa per aver causato tutta quella sofferenza all'amico,
ma non poteva certo fingere di amarlo, sarebbe stato forse ancora più
crudele. Avrebbe voluto però accorgersi del dolore che stava
provando, in modo da poterlo aiutare. Si chiedeva se era stato lui
bravo a fingere o lei, completamente cieca alla sua sofferenza perché
concentrata su sé stessa, come sempre.
Eppure...Eppure,
ripensando ai momenti immediatamente successivi al suo rifiuto lui
era calmo, l'aveva attesa alle scuderie, era andato a cercarla quando
aveva tardato...Niente nel suo comportamento lasciava intendere cosa
stesse realmente provando. Certo, orgoglioso com'era sarebbe stato
impossibile pretendere che ne parlasse apertamente, ma non aveva
notato niente di diverso in lui. Lei aveva provato ad allontanarsi, a
limitare i contatti, ma non aveva avvertito nessun riserbo
particolare nei modi del ragazzo. Dispiaciuta, sospirò.
Mercier si era impegnato veramente molto a nascondere il suo
turbamento. Così come successo per la sua vecchia compagnia.
Lui gliene aveva parlato un paio di volte, ma aveva a malapena
accennato ai suoi dubbi sulla creazione di una nuova e mai le aveva
parlato del suo timore di non essere capace.
Tutto
questo la turbava profondamente. Era convinta di conoscerlo molto di
più, che si confidassero entrambi alla stessa maniera. Era
convinta di sapere tutto di lui, ma scopriva, invece, che la loro
amicizia, per lui, era molto meno profonda. Non riusciva però
a capire dove avesse sbagliato, se mai avesse sbagliato. D'altro
canto, se sua madre fosse stata ancora viva, probabilmente anche lei
si sarebbe confidata meno con il ragazzo.
Lei non
sapeva come stavano le cose e non poteva certo immaginare che un
semplice scrupolo sarebbe stata la goccia che avrebbe fatto
traboccare il proverbiale vaso.
Probabilmente
il suo entusiasmo per una "cantante formidabile" ed una
nuova compagnia corrispondeva a quando avevano deciso di organizzare
la loro fuga in Inghilterra, ma il piano sarebbe stato ancora quello,
se non fosse stato lui a tirarsi indietro, anzi, si sarebbe unita
anche Christine e sarebbe stato ancora più facile avere
successo. Eppure, sembrava aver abbandonato il pensiero prima ancora
della loro discussione, se aveva ben compreso le parole di Irènée.
Cosa era successo? Cosa gli aveva fatto cambiare idea? Forse il suo
temporeggiare, per occuparsi della situazione della Diva, lo aveva
fatto dubitare della sua convinzione di partire?
Se lo
avesse incontrato, l'indomani, cosa avrebbe potuto dirgli? Aveva
promesso ad Irènée di non riferire nulla del loro
incontro, e comunque, questo non l'avrebbe aiutata. Si era scusata
diverse volte, per lettera e di persona, ma il ragazzo o la ignorava
o si allontanava infastidito ogni volta che sollevava l'argomento.
Avrebbe
voluto sapere tutto, capire perché si stava comportando a quel
modo. Ce l'aveva così tanto con lei da volerle fare del male?
Oppure voleva rivalersi su Christine? Ma in quale modo? Non aveva
motivo di far mettere in scena il "Don Juan". Se non fosse
comparso al gala la programmazione della stagione sarebbe avanzata
comunque, se il suo intento era intervenire durante le prove.
Perché
fare così, esponendosi inutilmente?
Nonostante
la chiacchierata con la madre le avesse dato qualche informazione in
più, il suo comportamento rimaneva misterioso.
Il
mattino seguente, César fu dimesso.
La
ferita più grave era quella inferta al suo orgoglio, che non
al suo fisico e insisté per conferire immediatamente con il
Commissario e, mentre loro erano occupati, Carlotta decise di uscire,
adducendo a delle commissioni, frivole agli occhi del padre.
Al
cocchiere chiese di portare con loro anche il cavallo che aveva preso
in prestito la sera prima, così avrebbe avuto un valido motivo
per fermarsi a teatro.
Giunti
davanti all'edificio, vide che c'era parecchia folla davanti
all'ingresso. I giornalisti questa volta non erano intenzionati a
lasciarsi sfuggire la notizia. Un nobile era stato ferito e tutta
l'aristocrazia di Parigi aveva assistito alla sconcertante comparsa
di un malvivente mascherato, era impossibile non scrivervi un
articolo, anche se i gendarmi impedivano l'accesso a chiunque.
Disse
al vetturino di dirigersi direttamente alle scuderie, sarebbe entrata
da lì.
Passati
i controlli dei gendarmi, che non insistettero particolarmente,
riconoscendola, si diresse immediatamente nello studio di suo padre,
chiuse a chiave la porta, dopo aver congedato Rémy, e fece
scattare il meccanismo nascosto dietro a una delle pesanti
librerie, rivelando uno degli accessi segreti ai corridoi.
Facendo
attenzione a non sporcare l'abito e senza una lanterna, cosa che la
rallentò parecchio, scese fino ai camerini, dove ritrovò
i vestiti e la lampada che era solita usare durante le sue ispezioni.
Si cambiò rapidamente e scese fino al canale, raggiungendo poi
la spiaggia.
Sembrava
non esserci nessuno, le torce e le candele erano spente e niente
pareva cambiato dall'ultima volta che era stata lì.
-Mercier?-
Chiamò ad alta voce, nella semioscurità, sperando in
una risposta che non arrivò.
Demoralizzata,
raggiunse il vecchio scrittoio e aprì il cassetto, sapeva già
cosa l'attendeva e infatti non fu sorpresa di trovarlo vuoto. Mercier
aveva preso tutti i suoi spartiti, non solo quelli del "Don
Juan".
Si
guardò attorno meglio e si accorse che le lenzuola non erano
impolverate, come dovevano essere se in disuso da mesi, e che alcune
candele erano quasi nuove. Era perlomeno passato di lì.
Controllò
l'interno dell'armadio, ma non trovò altro se non i vecchi
stracci tarlati che c'erano sempre stati. Se Mercier aveva raccontato
di essersi trasferito, avrebbe dovuto lasciare casa con una valigia,
o almeno una sacca con i suoi vestiti.
Non
trovare le cose del ragazzo le mise addosso un senso di inquietudine
enorme, come se si ritrovasse ad aver a che fare davvero con un
fantasma, che non aveva più niente in sé dell'amico e
del fratello che conosceva.
Avrebbe
voluto controllare ogni corridoio palmo a palmo, ma erano così
intricati e così estesi che non l'avrebbe mai trovato, anche
seguendone le tracce, a meno che non fosse stato lui a volerlo.
Tornò
allo scrittoio e prese un pezzo di carta, poi scrisse un breve
messaggio:
"Ti
prego torna a casa, tua madre ed io siamo molto preoccupate."
C.
Se
anche l'avesse letto qualcuno che non doveva, non sarebbe riuscito a
trarre nessuna conclusione sull'identità del destinatario, né
tantomeno del mittente.
Prese
il biglietto e lo agitò, per asciugare rapidamente
l'inchiostro, prima di posarlo sul cuscino. Scrittoio e tavoli erano
coperti di polvere, non sembravano essere stati usati, le lenzuola,
invece, erano pulite e sperava che Mercier trovasse il messaggio,
rientrando al più tardi quella sera.
Risalì
sulla barca e tornò sui suoi passi, fermandosi ad ascoltare
ogni minimo scricchiolio, nella speranza che fosse Mercier. Chiamò
anche il suo nome più volte, nei punti dove era sicura che
nessuno dei dipendenti l'avrebbe sentita attraverso le mura, ma non
ottenne risposta.
Recuperò
l'abito che aveva lasciato dietro lo specchio del camerino e tornò
in ufficio, controllando che non ci fossero rumori sospetti, prima di
uscire dal passaggio.
Richiuso
l'accesso sbloccò la porta e chiese a Rémy di convocare
Christine, le aveva promesso di aggiornarla, ma sarebbe risultato
esageratamente strano se fosse stata lei a recarsi in dormitorio e
non avrebbe saputo giustificare l'essere a conoscenza della sua
ubicazione.
Quando
Christine entrò, dopo aver bussato, Carlotta si accorse subito
che c'era qualcosa che non andava: la bionda, infatti, aveva
un'espressione terribile in volto.
-E'
successo qualcosa?- Chiese la mora preoccupata, alzandosi dallo
scrittoio e raggiungendola.
-Mére
sa di noi.- Rivelò.
-Come..?-
La guardò negli occhi, sorpresa, posando le mani sulle sue
spalle.
-Ha
detto di aver visto come ti guardavo durante la rappresentazione.-
Scosse il capo, distogliendo lo sguardo da quello della compagna,
incredula per la capacità di osservazione e l'istinto della
tutrice.
-Cosa
ti ha detto?-
-Ha
cercato di farmi confermare i suoi sospetti, ma non le ho retto il
gioco. Era estremamente arrabbiata, perché il mio interesse
per te, anziché per César, intralcia i suoi piani.-
-Ha
detto di cosa si tratta?- Pensavano da tempo, ormai, che Madame
puntasse a farle contrarre un matrimonio vantaggioso, ma sentirglielo
ammettere avrebbe dato loro qualche certezza, senza contare che
poteva trattarsi anche di altro.
-No, ma
era furiosa. Poi mi ha chiesto se eri stata tu a farmi rapire.-
Carlotta
si congelò per un breve istante, sorpresa che l'insegnante si
fosse avvicinata tanto alla realtà -E tu cosa hai detto?-
-Le ho
chiesto se era impazzita, poi è arrivato il Capomastro a
interromperci e sono andati via insieme.-
Carlotta
si allontanò da lei, cominciando a camminare per la stanza,
nervosa e pensierosa: quello, infatti, non era un problema di cui
avrebbe voluto occuparsi in quel momento.
-So che
è grave, ma sono altre le cose che mi hanno scioccata.-
-Dimmi.-
Carlotta si bloccò, tornando a concentrarsi su di lei.
-Mére
è una delle poche persone che mi ha sempre ritenuta innocente
per la morte di Mademoiselle Sorelli, ma quale motivo avrebbe di
pensare che l'omicidio e il mio rapimento siano stati perpetrati da
mani differenti? Ogni volta che parlavamo delle indagini ha sempre
sostenuto di non avere la minima idea su chi potesse essere il
colpevole, ma del rapimento sembrava quasi certa. Dubito che i nostri
sguardi possano averle dato una simile certezza su un avvenimento di
quasi un anno fa.-
-Sembrerebbe,
in effetti, sapere qualcosa più di noi.- Per la Viscontessa
questo era un ulteriore indizio che si sommava ai suoi sospetti
sull'insegnante.
-E poi,
il modo con cui ha parlato al Capomastro...In pubblico lo ha sempre
trattato con disprezzo, quasi dimostrando disgusto, ma ieri lo ha
chiamato per nome e gli ha perfino dato ragione, quando le ha fatto
notare che il trambusto che facevamo poteva richiamare i gendarmi.-
-Ed è
una cosa così irragionevole...?- Chiese Carlotta, all'oscuro
delle dinamiche interne al convitto.
-In
dieci anni che vivo qui non è mai successo. In più, non
ha detto nulla sulla sua presenza sul nostro piano, quando, essendo
uomo, non è autorizzato a metterci piede.-
La
Viscontessa annuì, continuando a riflettere, accigliata.
-Comincio
a pensare che Mére sia coinvolta nell'omicidio e che Bouquet
sia suo complice.- Aggiunse Christine.
-Lo
penso anche io, i continui litigi con Mademoiselle potrebbero essere
un movente. Se Madame sentiva la sua autorità all'interno
dell'Operà minacciata...-
-Non ho
mai pensato che Mére potesse essere capace di una cosa
simile.- Si sedette, profondamente scossa.
Carlotta
si piegò sulle ginocchia, accanto a lei, prendendole la mano
per confortarla -Parlerò di questo con il Commissario, che
controllerà approfonditamente. Se Madame è innocente
non avrà niente da temere.-
Christine
annuì, ma era preoccupata. Se la Danseur Étoile era
stata uccisa perché rappresentava una minaccia, allora Mère
avrebbe potuto fare lo stesso contro di lei, perché d'ostacolo
ai suoi progetti? Oppure poteva sperare di essere al sicuro, finché
avrebbe pensato che potesse esserle utile? C'era pur sempre anche la
possibilità che si stessero semplicemente sbagliando, o che
l'insegnante si fosse espressa male.
-La
faccenda si sta facendo fin troppo pericolosa, Christine! Se Madame
Giry fosse colpevole potrebbe passare dagli avvertimenti ai fatti
anche con te.- Carlotta cercò di mantenere un tono delicato,
ma non era possibile addolcire i suoi timori.
La
cantante annuì, le parole della Viscontessa ricalcavano i suoi
pensieri.
-Dovresti
lasciare l'Operà, come stavamo ipotizzando ieri.-
-Ci ho
pensato, stanotte, ma per prima cosa lascerei sola te… e non
si può dire che questo mi piaccia particolarmente. Poi, finché
non avrò compiuto diciotto anni le mie dimissioni dovrebbe
firmarle Mère...Se la mia presenza fosse d'intralcio mi
avrebbe già espulsa, questo significa che le servo ancora e
rifiuterebbe di lasciarmi andare e, per lo stesso motivo, se
scappassi, probabilmente mi farebbe cercare dalla Gendarmerie, senza
contare che il Commissario si insospettirebbe ancora di più ed
allora non basterebbe restare in incognito. Dovrei lasciare Parigi,
almeno.-
-Mancano
poche settimane.-
-Sì,
ma i sospetti perdurerebbero e tu saresti da sola comunque... Mi
chiedo se Mère, poi, non finirà col prendere di mira
te.- Allontanarsi dal teatro avrebbe solamente sconvolto gli
equilibri delle forze in campo, rendendoli ancora più
imprevedibili.
-Perdonami,
tutto questo è unicamente colpa mia.-
-Se tu
non avessi creato il Fantasma non mi sarebbe accaduto niente di
buono, Carlotta. Soprattutto quella sera.-
-Non
avrei mai voluto tutto questo, né mai avrei immaginato che
potesse accadere.-
-Lo so,
niente era prevedibile.- Le diede un piccolo bacio sulla fronte, per
rassicurarla, prima di chiedere: -Sei riuscita a parlare con
Mercier?-
Carlotta
abbassò lo sguardo -Purtroppo no. Non abita più alla
tenuta e ai genitori ha detto che è stato assunto qui, come
attore.-
-Come
hai fatto a scoprirlo?-
-Ho
parlato con sua madre, mi ha spiegato parecchie cose che non sapevo.-
-Ovvero?-
-Mercier
in quest'ultimo anno ha ricevuto molte brutte notizie che lo hanno
profondamente turbato e cambiato. Questo giustifica il suo
allontanamento da me, ma non ha risposto ad alcun interrogativo
riguardo alle sue intenzioni.-
-Hai
detto che ha rubato i tuoi spartiti e che li ha usati per creare
questa' Opera...Che sia una ripicca? In modo che il tuo lavoro non
venga mai attribuito a te?-
-Potrebbe,
ma come tutte le altre nostre ipotesi non so se valesse la
pena...Avrebbe potuto metterci il suo nome e proporla come chiunque
altro, senza il bisogno di mettere in mezzo il Fantasma e addirittura
guadagnandoci. Non avrei mai potuto rivendicarne la proprietà.-
-Di
cosa parla?- Non aveva avuto modo di vedere gli spartiti, il
Commissario aveva voluto ispezionarli e non li aveva ancora
riconsegnati.
-Io...-
Carlotta non sapeva da dove cominciare -Doveva essere una cosa
privata, un passatempo, niente di più.- Premise -Ho preso
spunto dal "Don Giovanni" di Mozart.- Si passò una
mano tra i capelli, nervosa. -Don Juan è un libertino che
decide, con l'aiuto di Passarino, un servitore, di irretire una
giovane ragazza di umili origini.- Incrociò lo sguardo di
Christine e si accorse solo in quel momento di quante similitudini ci
fossero con la loro vicenda -Don Juan si traveste giorni prima e si
presenta alla ragazza come servo, in modo da poterla conoscere e
conquistare la sua simpatia, così, quando il falso padrone di
casa la inviterà a cena, Don Juan potrà affascinarla,
sfidandolo a duello fingendo di volerla proteggere.-
-E poi
come finisce?-
La
Viscontessa tergiversò -Ho scritto diversi finali, in realtà,
tra cui uno che vedeva Don Juan pentirsi e ravvedersi e chiedere
perdono alla ragazza-
-Li ha
presentati tutti?- Sarebbe stato molto strano.
-No.-
La voce della nobile quasi si ridusse ad un sussurro.
-Quale,
allora?- La ritrosia di Carlotta la preoccupava.
-Don
Juan finge di sconfiggere il suo complice e la ragazza, innamorata,
si concede, certa dei sentimenti dell'uomo. Al termine si ritrovano
all'Inferno, tra i lussuriosi, la poverina come dannata, mentre si
scopre che lui aveva fatto tutto quanto per vincere una scommessa con
il Diavolo, che gli avrebbe permesso di diventare un Demonio a sua
volta e non soffrire più per la pena meritata in una vita di
peccati e dissolutezze.-
-Quindi
l'uomo era già morto da principio?-
-Sì.-
-Era un
fantasma.- Affermò monocorde la cantante.
-Così
si può dire.- Ammise, sentendosi quasi soffocare dall'enorme
peso che sentiva gravarle addosso.
-Fingerai
di sconfiggere tuo padre?-
-No! Io
non ho mai voluto ingannarti, ho sfruttato il Fantasma per aiutarti,
non per irretirti. Ti prego di credermi, ho scritto tutto questo ben
prima che la situazione evolvesse in simile maniera.-
Christine
la raggiunse -Cercavo di sdrammatizzare...Non ho mai avuto il dubbio
che tu abbia architettato tutto questo per sedurmi. Ho avuto un
pessimo tempismo, non credevo mi avresti presa seriamente.-
-Provo
un'enorme vergogna. Non l'avrei mai mostrata ad anima viva...- Lo
riteneva un finale volgare e abbietto.
-Nessuno
saprà che l'hai scritta tu.-
-Ma tu
sì, e così vedrai cosa c'è nei recessi peggiori
della mia mente.-
-Ma non
sarebbero cose che attueresti nella realtà, quindi non
importa, non fanno realmente parte di te.- Cercò di
rassicurarla, anche se vederla così tesa in verità la
preoccupava.
-...Come
già accennavo a vostra figlia, Visconte, ritengo sia inutile
interrompere le attività del teatro. Credo che convenga
assecondarlo e tendergli una trappola. Certamente sarà
presente, se non altro alla prima dello spettacolo scritto da lui
stesso.-
César,
seduto sulla propria poltrona, osservò l'uomo davanti a lui,
in silenzio. Nonostante le sue parole, un simile piano non poteva
essere frutto del suo ingegno. Troppo audace, per l'insulso
passacarte che era.
Controllò
nuovamente la partitura che il Commissario gli aveva consegnato, dopo
averla esaminata -Questi spartiti sono quelli originali?- Chiese.
-Sì,
signore, li abbiamo controllati, non c'è alcun bisogno per noi
di trattenerli ulteriormente.-
-Mi
assicura che non è una copia?-
-Ve lo
assicuro.-
-Il
vostro è un piano ardito, ma confesso di concordare con voi.
Meglio risolvere la faccenda una volta per tutte.- Continuava a
guardarlo, sospettoso.
-Lieto
di sentirvelo dire, Visconte.-
-Voglio
i vostri migliori agenti, nessuno dovrà entrare o uscire da
teatro durante la rappresentazione, anche tiratori scelti e pompieri.
Se cadesse un altro lampadario potrebbe andare a fuoco qualcosa.-
Avevano avuto fortuna, la volta precedente, perché essendo
solamente una prova il lampadario era spento.
-Certamente,
pianificheremo tutto nel migliore dei modi nelle prossime settimane.
Vedrà, non sfuggirà.-
****
Note: Buongiorno
e buon sabato! Spero che questo capitolo vi sia piaciuto, in
ogni caso fatemi sapere cosa ne pensate, anche con poche parole,
soprattutto se non è stato di vostro gradimento. Non
aggiornerò sabato prossimo, devo recitare in unno spettacolo e
sarò troppo impegnata, ma aggiornerò sabato 28 giugno,
senza ulteriori indugi.
Come
le altre Opere presentate in questo racconto anche "Don Juan
Trionfante" è stata creata appositamente per la
drammatizzazione del musical da Andrew Lloyd Webber.
Il
brano che viene presentato in scena è però estremamente
corto, si sa solamente che Don Juan, con l'aiuto del servo, vuole
irretire una giovane ragazza, ma le motivazioni e il finale non mi
sono pervenute e le ho inventate di sana pianta.
Colgo
l'occasione per ringraziare la mia Beta di fiducia Oscuro_errante per
l'impegno e la costanza nel suo prezioso lavoro. Grazie mille! A
sabato prossimo!
|
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Capitolo 13 *** Giudicelli ***
13 Giudicelli
Ogni
riferimento a fatti realmente accaduti, cose, luoghi, persone e
organizzazioni realmente esistenti è puramente casuale.
13.
Giudicelli
Nei
giorni seguenti, la notizia si sparse per tutta Parigi.
L'Opera
inedita, scritta dal misterioso "Fantasma", sarebbe stata
allestita a teatro seguendo esattamente tutte le indicazioni del suo
folle autore, o quasi.
Nelle
note che accompagnavano lo spartito c'era un refuso e il ruolo di
"Don Juan" era stato assegnato ad una soprano, anziché
ad un sopranista, ma era chiaramente un errore, perché una
donna non poteva assolutamente interpretare un simile ruolo e poi non
ne era stato indicato il nome, ovviamente perché all'Operà
Populaire, in quel momento, nessun cantante di quella tessitura
compariva a libro mastro.
Il
tenore Ubaldo Piangi era indignato per non essere il protagonista,
bensì solamente il suo servitore, "Passarino", e
cercava di legare nell'avversità con la Viscontessa, che era
stata indicata anche lei come domestica e prima voce del coro.
Carlotta
non sapeva cosa pensare. Aveva ideato lei la trappola, sospinta
dall'impeto dell'ira, ma non desiderava realmente che l'amico venisse
catturato e non si aspettava che suo padre appoggiasse un simile
piano.
Ogni
giorno ispezionava la spiaggia e parte dei corridoi, in cerca di
Mercier e delle sue tracce, per parlargli, ma aveva visto che i
numerosi biglietti che aveva lasciato sulle lenzuola erano stati
presi e Iréneè non le aveva dato nessuna notizia.
Poteva fidarsi di lei, le avrebbe detto almeno di averlo visto.
Suo
padre aveva finto di assumere diversi manovali, tutti gendarmi in
incognito, per sorvegliare l'Operà anche dall'interno, e una
sua assenza prolungata sarebbe stata certamente notata, molto più
facilmente che non nei mesi precedenti.
Erano
anche iniziate le audizioni per il sopranista, ma, sebbene i
biglietti per la prima fossero stati tutti venduti in pochi minuti
dall'apertura del botteghino, nessun cantante si era presentato per
un simile ruolo.
Come
biasimarli? I sopranisti erano già pochissimi per loro natura,
non era così comune che un uomo mantenesse una voce "bianca",
come quella di un bambino, crescendo, e le pratiche atte ad ottenere
artificialmente tali tonalità venivano sempre più
spesso additate come "aberranti" o "inumane" e
quindi sempre meno praticate e talvolta vietate.
Si
aggiunga a tutto questo, poi, che nessun essere umano dotato di buon
senso si sarebbe mai intromesso volontariamente in una situazione
così apertamente pericolosa, rischiando di incrociare il
medesimo infausto fato della Danseur Étoile. Lo stesso Piangi
era stato costretto a rimanere unicamente per la minaccia delle
pesanti penali da pagare al Visconte, in caso di rescissione
anticipata del proprio contratto.
Carlotta
e Christine speravano che non si riuscisse a trovare il giusto
protagonista e che l'intero progetto venisse accantonato, portando il
Visconte a scegliere un'altra strategia, magari meno violenta di
quella in preparazione, anche se non vedevano nemmeno loro
un'alternativa valida.
Fu così
che la prima settimana passò quasi senza prove, mancando il
protagonista, oltre al fatto che anche i musicisti trovavano
parecchie difficoltà nell'apprendere i nuovi spartiti.
C'era
chi li considerava geniali, e chi demoniaci, equiparandoli al celebre
brano di Paganini "Il Trillo del Diavolo" e chi riteneva
che chi li avesse scritti non li avesse mai realmente suonati, perché
impossibili.
Sulla
carta funzionava tutto, teoricamente, ma i ritmi e le difficoltà
erano talmente elevati da non poter fisicamente essere riprodotti.
-L'ha
scritto un incompetente!- Tuonò all'improvviso, un giorno, il
primo violinista, dopo l'ennesima correzione del Maestro Reyer.
Carlotta,
che passava le giornate tra la platea e l'ufficio del padre, a
rodersi di nervosismo nell'attesa, non riuscì a trattenersi
dal rispondere, punta sul personale -Siete voi l'incompetente!-
-Come
osate?-
-Calma
Monsieur...- Cercò di smorzare i toni il Maestro, era pur
sempre la Viscontessa.
-E' la
decima volta che fate costantemente lo stesso errore! E' chiaramente
indicato che va suonato "je te", invece voi vi ostinate su
un "martelé", ovvio che poi sarete per forza di cose
troppo lento nel passaggio al legato! Senza parlare dei vostri
vibrati, rigidi e privi di pathos!-
-Maestro
Reyer, io ho massima stima e rispetto delle vostre capacità,
ma non sono di certo qui per farmi insultare. Vi prego di
intervenire.- Chiese il musicista, mentre gli altri membri
dell'orchestra assistevano con il fiato sospeso.
-Maestro,
diteglielo che il suo approccio è troppo asettico e
schematico! E poi sarebbe decisamente meglio se il fiocco fosse
inclinato rispetto al ponte! Tutto un altro timbro!- Sussurri e
bisbigli si diffusero tra i musicisti, sconcertati. Inclinare
l'archetto era praticamente blasfemia, era evidente che la donna non
aveva idea di cosa stesse dicendo.
-Viscontessa,
la prego cortesemente di avere pazienza. Il brano è
estremamente complesso e perfino io ritengo che in qualche punto
l'inesperienza dell'autore abbia portato a delle esagerazioni
tecniche...-
-Nessuna
esagerazione, è tutto fattibile! Ve lo posso dimostrare
immediatamente.-
Gli
orchestranti sbiancarono a quella frase. Oltre ad essere
un'affermazione terribilmente presuntuosa, implicava una cosa
inimmaginabile per un musicista professionista: prestare il proprio
strumento.
Sentendo
tutto quel battibeccare ad alta voce, macchinisti e ballerini si
erano affacciati sul palco, curiosi, per capire cosa stesse
succedendo, stessa cosa era valsa per il personale delle pulizie, che
si affacciò dai palchi e per Christine, che assisteva Madame
Giry, mentre quest'ultima tentava di abbozzare le coreografie
basandosi sulle note lasciate dal Fantasma.
Nessuno
offrì uno strumento alla nobile, che si vide costretta a
raggiungere il proprio camerino con rapide falcate e a rientrate sul
proscenio, per fare prima, iniziando a suonare già dal
corridoio, come una furia.
Le dita
si muovevano rapidamente sulla tastiera, in una diteggiatura
perfetta, mentre l'archetto rimbalzava agilmente da una corda
all'altra, per poi profondersi in armonie tanto improvvise quanto
ricche e impetuose. La Viscontessa si spinse oltre alla parte di
partitura che stavano analizzando e suonò l'intera aria, senza
la minima incertezza o sbavatura.
Per gli
spettatori di quei virtuosismi inauditi era quasi impossibile vedere
l'archetto, da quanto rapidamente lo muoveva la giovane nobildonna.
Carlotta
aveva scritto quel brano da arrabbiata, dopo la discussione con
Christine, e il suo stato d'animo non era differente in quel momento,
sebbene la ragazza non c'entrasse nulla con il suo attuale
nervosismo.
Fu così
che, nell'eccessivo impeto, il fiocco dell'archetto si ruppe,
cominciando a pendere mollemente dal sostegno, ma senza fermare la
Viscontessa.
Cambiò
impugnatura rapidamente e cominciò a suonare "a legno",
rendendo ancora più cupe quelle note profonde, mentre un
improvviso déjà vu le riempì la mente,
portandola altrove, seduta ad un'arpa con le corde spezzate. Represse
quell'immagine e tornò a concentrarsi sulla sua esibizione,
ormai giunta al termine.
Si
fermò, poi guardò con aria di sfida il primo
violinista, sollevando il sopracciglio, mentre tutti, in platea, sul
palco e nella fosse d'orchestre, la guardavano allibiti.
-Pensate
ancora che sia un' incompetente?- Chiosò, prima di ritirarsi
silenziosamente, nascondendo a chiunque una smorfia di un'amarezza
inaudita.
Entrata
in camerino, Carlotta lasciò cadere violino e archetto sulla
chaise-longue con noncuranza, prima di appoggiare entrambi i pugni
sulla toeletta e lasciarsi andare ad un grugnito amareggiato e carico
di frustrazione.
-E'
questo che vuoi?- Chiese all'improvviso, rivolgendosi allo specchio
sulla parete -E' così che vuoi che vada? E' una vendetta,
infine?!- Esclamò, alzando la voce man mano -Finiamola, hai
ottenuto il tuo scopo!- Per un istante sperò in una risposta,
ma ottenne unicamente silenzio e la propria immagine riflessa che la
fissava, rabbiosa.
Sentì
bussare alla porta -Chi è?- Chiese bruscamente.
-Sono
io, Viscontessa.- Riconobbe la voce di Christine.
In quei
giorni avevano ridotto drasticamente i momenti in cui rimanevano
sole, per evitare di sollevare ulteriori sospetti -Entrate.- Rispose,
mestamente.
La
bionda entrò e si richiuse la porta alle spalle -Sei stata
magnifica.-
-Grazie.-
Non c'era entusiasmo nel suo tono, solo tristezza, mentre sistemava
qualcosa sulla toeletta senza realmente vederla.
-Cosa
succede?- Non si aspettava una simile risposta.
-Se lo
scopo di Mercier era farmi soffrire, ci sta riuscendo.- La rabbia e
il dolore che stava provando, e che sapeva ormai che l'avrebbe
accompagnata fino al termine delle prove e anche oltre, valevano la
pena di rischiare la vita, con quella comparsa al gala di beneficenza
-Ha preso l'unica cosa che potevo dire "mia"- Non credeva
che le avrebbe causato tanta sofferenza, ma sentire quei commenti le
aveva fatto male, e ancora più dolore aveva sentito al termine
dell'esibizione, quando si era resa conto di aver difeso
appassionatamente il lavoro di un altro, agli occhi di tutti.
La
stava colpendo dove era più vulnerabile, nell'unico dono
lasciatole dalla madre e in cui si era sempre rifugiata in quei
lunghi anni. Le stava togliendo l'unico approdo sicuro che avesse mai
realmente avuto.
Aveva
sperato fino all'ultimo che Mercier avesse una giustificazione, che
si trattasse di un malinteso, o di un piano, ma dopo tutti i
tentativi fatti per comunicare con lui doveva arrendersi
all'evidenza. Ogni speranza di chiarimento era ormai scomparsa.
-Avrai
sempre me.- Si avvicinò e le prese la mano, cercando di
consolarla.
-Finirai
con l'odiarmi anche tu.- Non aveva avuto ancora il coraggio di dirgli
l'ennesima bassezza scritta in quell'Opera.
-Perché
dovrei?- Pensava fosse ormai chiaro alla mora che nonostante le
circostanze riteneva fosse stata una fortuna incontrarla e che avesse
deciso di aiutarla.
-Io...In
un brano ho usato alcune tue parole.- Non avevano ancora ricevuto la
copia integrale degli spartiti, erano state consegnate loro solo le
copie delle prime parti. Era comunque impossibile provare finché
l'orchestra non li avesse imparati.
-Non è
un problema.- In realtà si sentiva onorata di aver colpito
tanto una compositrice con un simile talento.
-Sì,
ma...- Sentirono bussare alla porta e Carlotta si allontanò di
un passo da lei -Avanti.-
-Perdonatemi
Viscontessa...Ah, C'è anche lei Mademoiselle Daaé,
molto bene.- Rémy apparve sulla porta -Il Visconte, vostro
padre, ha chiesto di parlare con tutti, immediatamente.-
-E'
successo qualcosa?-
-Desidera
fare un annuncio importante.-
Tornarono
sul palco, non senza preoccupazione, e si unirono agli altri, già
radunati davanti al Visconte. L'uomo incrociò rapidamente lo
sguardo di Carlotta, per un solo istante.
-Ho
trovato il protagonista.- Annunciò senza giri di parole.
Un
sospiro di sorpresa percorse i presenti.
-Chi?-
Chiese Carlotta.
-Oserei
dire il più grande sopranista di tutti i tempi- Rispose,
entrando sul proscenio, un uomo in un elegantissimo frac -Acclamato
in tutta Europa, osannato dai reali di Spagna. Si dice che la sua
voce pura sia un dono degli Angeli e che mai note più soavi
potrebbero uscire dalla gola di un essere umano.- Si avvicinò
a Carlotta, guardandola negli occhi con ardore -Egli si è
dedicato anima e corpo alla musica e all'arte, divenendo non
solamente un musicista e un cantante portentoso, ma un fine
conoscitore di tutto ciò che avvicina l'uomo alla perfezione e
che rende la vita degna di essere vissuta.- Fece un profondo inchino,
prendendo la mano della mora e profondendosi in un galante baciamano
-Giacomo Carlo Maria Giudicelli.-
La
Viscontessa sottrasse la mano il più rapidamente possibile
dalla blanda presa dell'uomo, mentre quest'ultimo si rialzava,
guardandola nuovamente negli occhi, sorridente.
-Direi
che non occorrono altri discorsi.- Aggiunse il Visconte, infastidito
dal fatto che gli avesse rubato la scena, ma l'uomo era noto per la
sua eccentricità.
I
presenti, dopo un breve istante di silenzio, proruppero in un
fragoroso applauso. Perfino le donne delle pulizie si fermarono per
acclamarlo, era una celebrità conosciuta in tutto il
continente.
-Monsieur
Giudicelli, questa è mia figlia, Carlotta. Lei sarà la
prima voce del coro, mentre Aminta sarà interpretata da
Mademoiselle Daaé- Indicò la giovane con un teatrale
gesto della mano.
-Piacere
di conoscervi, Monsieur Giudicelli.- Disse Christine, facendo un
piccolo inchino.
-Posso
giurarvi che il piacere è tutto mio.- Rispose il sopranista,
baciandole la mano -Mi avevano raccontato della vostra bellezza, ma
mai avrei sperato di cantare assieme ad un Angelo.
-Voi mi
lusingate Monsieur...- Imbarazzata, Christine abbassò lo
sguardo, arrossendo. Non era abituata a ricevere complimenti, men che
meno così spudorati.
-Perdonate
la mia sfrontatezza, ma non sono uso ai modi francesi, ancora.- Si
scusò, con un sorriso tutt'altro che colpevole -Spero che
avrete pazienza e che mi introdurrete alla vostra cultura.-
-Certamente
Monsieur...- Sussurrò la bionda, in evidente difficoltà.
Lo sguardo dell'uomo le sembrava contenere malizia.
-Vi
presento anche il nostro tenore, Monsieur Piangi. Anche lui, come
voi, di origine italiana...- Il Visconte lo interruppe ed entrambi si
allontanarono, continuando le presentazioni.
-Sfacciato-
Commentò a bassa voce Carlotta, infastidita, avvicinandosi a
Christine.
-Terribilmente-
La giovane evitò il suo sguardo e si allontanò
rapidamente, recandosi nel proprio camerino e lasciandola perplessa.
Alcuni
giorni dopo, finalmente, la situazione si sbloccò.
L'orchestra
riuscì ad imparare gli spartiti, punti nell'orgoglio dalla
Viscontessa, e finalmente poterono iniziare le prove del primo atto.
Carlotta,
dall'arrivo di Monsieur Giudicelli, non era ancora riuscita a parlare
con con Christine, dato che il gentiluomo non si separava quasi mai
dalla sua co-protagonista.
La
nobile terminava ben presto la propria sequenza di prove, dato che la
sua parte era limitata all'apertura del primo atto e poco altro e che
avendo scritto lei stessa il tutto, sapeva già perfettamente
come cantarla.
Restava
quindi in disparte, in attesa, ad osservare il resto.
Monsieur
Giudicelli, ogni volta che il copione prevedeva carezze o abbracci
con Christine non si faceva di certo pregare e la giovane, tutt'altro
che abituata a lavorare a quel modo, era costantemente rossa in volto
per l'imbarazzo.
Vederla
tra le braccia di un altro minava profondamente il già provato
umore di Carlotta, che si chiedeva se la ragazza non si sentisse in
realtà lusingata da quelle attenzioni. Voleva anche parlarle,
per terminare il discorso che avevano iniziato giorni addietro, prima
che l'ultima parte del copione venisse consegnata e che la giovane,
scoprendone il testo, giungesse a conclusioni errate.
Seduta
su una poltrona in prima fila, cercava di guardare altrove, sbuffando
irritata a quello sfoggio di familiarità eccessiva tra i due e
decidendo infine di non assistere oltre e di recarsi in camerino,
visto che non sarebbe toccato nuovamente a lei per parecchio tempo.
Era da
sola già da un po', quando sentì bussare alla porta
-Avanti.- Rispose, curiosa.
Il
sopranista sgattaiolò dentro, richiudendosi immediatamente la
porta alle spalle.
-Monsieur!-
Esclamò sorpresa la nobile -Uscite immediatamente- Avrebbe
dovuto chiedere chi fosse, ma solitamente erano Christine o Bernìce,
nessun altro si sarebbe permesso di entrare a quel modo.
-Viscontessa...-
La salutò il cantante, ignorandola.
-Mi
avete sentita? Uscite!- Si avvicinò alla porta, per
spalancarla, ma l'uomo la prese per mano.
-E'
inutile che fingete, Mademoiselle.-
-Cosa?-
Si liberò dalla sua presa.
-Vedo
come mi guardate ogni volta.-
-Vi
state sbagliando.-
-Non
avete motivo di essere gelosa. Sono vostro e completamente certo che
scaturirebbe un soave duetto dalla nostra…”Amicizia”.
Voi e io abbiamo le medesime tonalità- Aggiunse con estrema
malizia.
-Uscite,
prima che urli.- Stava cercando di resistere all'impulso di
picchiarlo.
L'uomo
si sporse verso di lei, con il chiaro intento di baciarla. La
Viscontessa lo afferrò per il polso e rapidamente gli torse il
braccio dietro la schiena, sbattendolo di faccia contro la porta
chiusa -Ho detto che vi state sbagliando.- Disse, digrignando i
denti.
-Ah..!-
Gemette di dolore -Perdonatemi- Bofonchiò -Se mi lasciate me
ne vado immediatamente.-
Carlotta
lo liberò, arretrando di un passo, pronta a difendersi
nuovamente se l'uomo avesse tentato ancora.
Il
sopranista si massaggiò lentamente il gomito dolorante, prima
di risistemarsi la giacca -Siete focosa.-
-Uscite
prima che vi dia un'altra dimostrazione.-
-Perdonate
il mio fraintendimento, ma mi guardavate così
insistentemente...- Sorrise, non del tutto convinto.
-Come
ho già detto: vi sbagliate.-
-Capisco...La
vostra gelosia non è rivolta a me.- Era sempre in compagnia di
Mademoiselle Daaé, quando aveva notato gli sguardi della mora.
-Fuori!-
Carlotta spalancò la porta e lo spinse in malo modo in
corridoio, mentre sopraggiungeva Christine, che si bloccò per
evitarlo, sorpresa di vederla in sua compagnia.
-Non
azzardatevi mai più a entrare nel mio camerino!- Aggiunse la
mora, scambiando solo una rapida occhiata con la Diva, prima di
richiudere la porta, furente.
Pochi
istanti dopo sentì bussare nuovamente -Viscontessa, posso
entrare?- Riconobbe la voce della cantante.
-Voglio
restare sola- Sarebbe stata l'occasione giusta per parlare, ma non
poteva rischiare di confermare le illazioni del sopranista.
-State
bene?-
-Sì,
non preoccupatevi.-
Fu con
terrore che la mattina seguente, entrando nel proprio camerino, trovò
un plico di fogli pentagrammati sulla propria toeletta.
Lasciò
Bernìce di stucco e tornò immediatamente sui propri
passi, raggiungendo la porta della stanza riservata a Christine e
bussando.
Non
ottenne risposta.
-Viscontessa
che succede?- Chiese la domestica, sconcertata da quel suo
comportamento.
-Niente-
Si accorse che la donna non riteneva la sua risposta soddisfacente
-Ho visto che è arrivata la copia degli ultimi spartiti,
volevo parlarne con Mademoiselle Daaé. Chiederle se li aveva
già visionati.- Posò le proprie cose in camerino, senza
riuscire a smettere di pensare a lei. Li aveva letti? Cosa ne
pensava? Si sarebbe arrabbiata?
Pochi
minuti dopo, seguita dalla domestica, si affacciò sul palco,
ma non la trovò nemmeno lì. Vide solamente Monsieur
Giudicelli che sorrideva divertito, sfogliando il copione.
Decise
di salire alla terrazza, forse avrebbe avuto più fortuna, ed
infatti la trovò, mentre guardava la piazza sottostante,
dandole le spalle.
-Christine.-
La chiamò Carlotta, avvicinandosele lentamente -Li hai letti?-
-Sì.
Li ho letti.- Il suo tono la fermò, congelata, a qualche passo
di distanza -Mi sembrava tu avessi capito cosa intendevo.-
-Sì,
l'ho capito.-
-Perché
da questo testo non sembra affatto.- La interruppe e si voltò
a guardarla, ardente di una rabbia gelida.
-Ho
compreso pienamente le tue parole, quello era solo... Un esercizio di
interpretazione. Come dicevo, nessuno avrebbe dovuto vederlo.-
-La
metafora del ponte è importante! Non pensavo l'avresti
utilizzata così.- L’aveva sentita ripetere spesso, in
vari comizi che caldeggiavano una società priva di classi.
-Lo
so...-
-Perché
l'hai scritto?!-
-Ero
arrabbiata e anche se avevi ragione dovevo sfogarmi...Non pensavo di
nuocere.-
-No,
certo che no...- La Diva sospirò, cercando di riprendere
contegno -Sarà meglio che mi calmi anche io.- Posò
gli spartiti sulla balaustra -Era questo che temevi?-
-Sì.-
-Non
è...Grave. Non credo.- Ne era stata infastidita, ma sapeva che
Carlotta aveva capito le sue parole, e in più, non era stato
suo desiderio divulgarle.
-Davvero?-
-Davvero,
non hai voluto tu tutto questo. Se qualcuno rendesse pubblico il mio
diario personale, temo che sarebbe anche peggio.- Carlotta sollevò
il sopracciglio, curiosa, ma Christine proseguì, non voleva
parlarne -Non l'hai scritto per un sopranista.- Aggiunse,
raggiungendola.
-No...-
Ammise imbarazzata la Viscontessa, mentre la bionda la abbracciava.
-Ma per
una soprano drammatica di coloratura.- Sussurrò la Diva, senza
staccare gli occhi dalle sue labbra, prima di catturarle
improvvisamente in un bacio tutt'altro che casto.
Carlotta
la guardò confusa, non si aspettava di certo quella reazione.
-Stavo
solo immaginando di recitarla con te...- Si giustificò la
bionda, sentendosi improvvisamente imbarazzata e sciogliendo
l'abbraccio.
-Capisco.-
Non riuscì a trattenere del tutto il proprio disappunto
per la fortuna di cui avrebbe goduto l'insopportabile sopranista. -Ho
temuto, per un attimo, che tu preferissi le attenzioni di Monsieur,
alle mie.-
-Ovviamente
no. E' volgare e insistente...Senza contare che passa tutte le notti
qui a teatro e mai due di seguito nella stessa stanza. Non so se mi
spiego.- Considerando che il cantante aveva a disposizione un
appartamento privato esterno al convitto, la sua presenza notturna
non era giustificabile.
-Ma...I
gendarmi?- Avrebbero dovuto quantomeno controllarlo ogni volta ed era
sinceramente fastidioso.
-Voci
dicono che non faccia distinzioni tra uomo o donna e che abbia
trovato amicizie tra le guardie.-
-Oh.-
Questo, forse, poteva alleggerire un po' la loro situazione. Se
Monsieur Giudicelli avesse osato accennare qualcosa, avrebbero potuto
ribattere con la medesima minaccia. -Ieri non ti ho fatta entrare
perché lui sospetta di noi.-
-Anche
lui?!- Stavano rischiando troppo, eppure quasi non si vedevano più!
Già i loro incontri notturni erano fuori discussione, perché
sarebbe stato pericoloso incrociare Mercier nei sotterranei e dalle
illazioni di Madame Giry avevano ridotto il tempo assieme durante le
prove ma, nonostante tutto, continuavano ad accumulare sospetti.
-Cosa ci ha tradite?-
-Ha
notato i miei sguardi...Mentre era con te. Pensava fossi gelosa di
lui e quando l'ho respinto ha ipotizzato che il mio interesse fosse
per te. Niente di incriminante, ma ho temuto di rafforzare i suoi
dubbi, ricevendoti.-
-Certo,
capisco.- Sospirò perplessa. Davvero erano così
evidenti i loro sentimenti?
-Meglio
che vada, ora. Bernìce potrebbe insospettirsi. A dopo.-
-A
dopo.-
Carlotta
le sfiorò la mano, salutandola, e le sorrise rapidamente,
prima di congedarsi e ridiscendere le scale.
****
Note
dell'autrice: chiedo perdono a chiunque capisca qualcosa di come si
suona un violino. Non avendo conoscenza diretta ho preso spunto da
alcuni video su youtube di diversi professionisti, ma queste sono le
mie uniche fonti.
Invito chiunque ne sappia di più a farmi presente gli errori e magari suggerire correzioni, mi farebbe piacere :)
Colgo
l'occasione per ringraziare la mia beta di fiducia Oscuro_errante, per
l'anorme pazienza, vista la sua sessione di esami universitari e la mia
stagione teatrale.
Grazie
a tutti, fatemi sapere cosa ne pensate, anche se non vi è
piaciuto :) Se preferite potete anche scrivermi su facebook (trovate il
link in bio)
A sabato prossimo!!
|
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Capitolo 14 *** Don Juan ***
14 Don Juan
Ogni
riferimento a fatti realmente accaduti, cose, luoghi, persone e
organizzazioni realmente esistenti è puramente casuale.
14.
Don
Juan
La sera della prima tutti erano tremendamente nervosi.
Un
anomalo ed inquietante silenzio regnava sovrano dietro le quinte,
solitamente chiassoso e vivace, mentre il chiacchiericcio indistinto
degli spettatori riempiva la sala, creando un contrasto
agghiacciante.
Tra gli
addetti ai lavori, nessuno riusciva a guardare negli occhi Christine
o Carlotta. Sul volto di ogni uomo si leggeva senso di colpa, per non
essere riusciti a fermare il Fantasma, mentre su quello delle donne,
terrore.
L'unico
che sembrava assolutamente tranquillo era Monsieur Giudicelli, che si
diceva pronto a combattere e addirittura pregava di averne
l'occasione.
Ogni
angolo del teatro brulicava di gendarmi e César aveva fatto
appostare addirittura un tiratore scelto nella fosse d'orchestre.
Tutte le precauzioni possibili erano state prese e perfino i vigili
del fuoco erano stati chiamati a controllare e tutti gli accessi
all'edificio sprangati.
Carlotta
era nervosa, le prove erano trascorse senza incidenti e si chiedeva
cosa avesse in mente Mercier. Cosa avrebbe avuto l'ardire di fare, a
teatro pieno, con tutti quei sorveglianti? Che la sua vendetta si
fosse esaurita con la sofferenza causatale dal vedere i suoi pensieri
più intimi ed osceni esposti al pubblico ludibrio? Lo sperava
ardentemente, ma non osava crederci.
Chiusa
nel suo camerino, sentì bussare sommessamente -Avanti.- Non si
chiese chi potesse essere, aveva avvertito timore e delicatezza in
quel suono ed era certa che si trattasse di Christine.
-Viscontessa...-
Salutò la cantante, visibilmente tesa. Chiuse la porta e
sospirò -Nessuna notizia di lui?-
-No, ha
preso anche l'ultimo messaggio, ma non ho ricevuto alcuna risposta.-
-E' una
follia.-
-Sì,
ma dopo stasera tutto sarà finito, in un modo o nell'altro.-
La raggiunse e l'abbracciò -Cerco di pensare a quando saremo a
Napoli, per Pasqua.- La baciò sulla fronte, cercando di
sorridere, ma senza successo.
Erano
finalmente riuscite a raccogliere il denaro necessario, sarebbero
scese fino a Marsiglia, per poi imbarcarsi sulla prima nave in
partenza per l'Italia.
Christine
si era dimostrata entusiasta per la scelta della destinazione e
sperava ardentemente di lasciarsi finalmente alle spalle tutta
quell'oscurità, nel caldo sole del Mediterraneo.
-Poche
ore e questo giorno di follia terminerà.- La cantante quasi
non osava sperarlo.
-Ho
preso questo, come estrema precauzione.- La Viscontessa aprì
il cassetto della toeletta e ne prese il contenuto, avvolto in uno
straccio di cotone bianco, porgendolo poi a Christine.
La
ragazza ne scostò i lembi, svelando un piccolo pugnale dalla
bizzarra impugnatura sagomata in due semicerchi divergenti.
Spaventata e confusa incrociò lo sguardo con quello di
Carlotta.
-Ti
mostro...- La Viscontessa lo prese, e delicatamente lo inserì
dentro al corpetto della Diva, nascondendolo appena sotto l'orlo
della scollatura -Nessuno saprà che lo avrai con te.-
-Non
potrei mai!- Esclamò incredula la Diva.
-Se la
tua vita sarà in pericolo, invece, ti prego di usarlo. Non so
cosa potrà accadere né se riuscirò ad essere
sempre al tuo fianco.-
-Tienilo
tu, se succederà qualcosa è più probabile che
prenda di mira te.-
La
Viscontessa aprì leggermente lo spacco della gonna del costume
di scena, che ricordava l'abito tipico di una ballerina di Flamenco,
e mostrò un piccolo pugnale fissato alla giarrettiera -Ne ho
già uno.-
-Speriamo
che non accada nulla.-
-Speriamo
che queste siano precauzioni inutili.-
-César
cosa dice?-
-Non
molto. Dalla sua dimissione è diventato taciturno e schivo,
probabilmente si è spaventato. Certamente, anche lui non vede
l'ora che tutto questo finisca.- Le scarse interazioni con il padre,
in realtà, le avevano fatto comodo. Anche le sue domande sui
suoi impegni privati erano completamente cessate e questo
l'aveva facilitata nel raccogliere più rapidamente la somma
necessaria alla loro fuga.
-Torno
in camerino, devo finire di prepararmi.- Disse la bionda
avvicinandosi alla porta, mancavano ormai pochi minuti.
-Mi
dispiace...- Aggiunse Carlotta, con immenso rammarico.
-Lo so,
non ripeterlo oltre.- La interruppe la Diva -Non ho mai creduto che
fosse colpa tua. Non potevi immaginare che Mercier perdesse la
ragione, è lui l'unico responsabile, non dimenticarlo.-
-Christine...-
La raggiunse e posò le mani sulle sue spalle, non riuscendo a
sbarazzarsi di un presentimento pesante, che si confondeva con
l'ineluttabilità dell'ennesimo déjà-vu che si
formava nella sua mente -Se avessi solo pochi secondi di vita, vorrei
viv...-
-Smettila
Carlotta.- Sussurrò, interrompendola -Smettila.- Ripeté,
sentendo le lacrime affacciarsi, mentre un dolore lancinante le
percuoteva l'anima -Noi non moriremo stanotte.-
-Ricorda
sempre che ti amo.-
-Anche
io ti amo.- Si strinse a lei e chiuse gli occhi, travolta ancora una
volta dalla sensazione straniante del déjà-vu,
ritrovandosi per un secondo sotto una pioggia sferzante. La sua
fantasia correva troppo. -Almeno non piove.- Aggiunse, cercando di
stemperare la tensione.
-Come?-
Chiese stupita Carlotta.
-Ho
avuto una specie di déjà-vu e...Pioveva. Era solo
uno sciocco commento, sono troppo nervosa.-
-Nevica.
E' l'ansia che ci fa brutti scherzi.- La Viscontessa cercò di
tranquillizzarla ancora e non le disse di avere avuto un déjà-vu
anche lei, pochi istanti prima. Certamente una coincidenza.
Si
baciarono, entrambe cercando di scacciare il timore che potesse
essere l'ultimo bacio, prima che Christine uscisse, per tornare nel
proprio camerino.
-Mèrde.-
L'apostrofò, appena la vide, Madame Giry, attendendola fuori
dalla porta con un ghigno inquietante, soddisfatta di averla colta
sul fatto.
-La
ringrazio.- Rispose la ragazza chiudendosi subito nel proprio
camerino, rifiutandosi di cogliere l'evidente provocazione della
donna, nascosta dietro al tradizionale augurio.
Il
sipario si aprì, rivelando un enorme salone cupo con un
raffinato tavolo apparecchiato per due, mentre un arco percorribile,
sullo sfondo, incorniciava un letto a baldacchino, coperto da
numerosi tendaggi.
Passarino,
il servo fedele interpretato da Piangi, dava le ultime direttive alla
servitù. Gente dall'aspetto poco raccomandabile e dal volto
nascosto dietro a maschere bianche, fiera dell'operato del proprio
padrone.
-Finalmente
lei cadrà, nelle mani del padron.- Iniziò il coro, con
voci dissonanti.
La
Viscontessa fece il proprio ingresso e si unì a loro,
proseguendo -L'innocente morirà, senza via di scampo è
lei!-
Il
pubblico stentava a seguire il libretto e quelle musicalità
fin troppo ricche e barocche non erano completamente di loro
gradimento. L'atmosfera di cupo pericolo era poi ben lontana dagli
sberleffi dell'Opera buffa o dalle stoiche ambientazioni delle
tragedie più note che solitamente venivano rappresentate tra
quelle quinte.
-Il
complotto che tramò, muta tutto al suo voler- Avvolta nel
succinto abito nero dai risvolti rossi, Carlotta risplendeva di una
bellezza peccaminosa, che infiammava gli animi di alcuni spettatori e
indignava i ben pensanti, sollevando un brusio sommesso di sconcerto.
-Don
Juan sempre trionferà!-
L'ingresso
di Giudicelli, in un splendido completo nero da matador, anche lui
con una maschera bianca sul volto, calmò ben presto ogni
subbuglio. Egli era il simbolo stesso dell'arte e, ascoltarlo
cantare, un privilegio che ben pochi avevano ancora avuto in Francia.
-Passarino,
mio fedel, trarrà ancor l'inganno a me- Esordì il
sopranista, chiedendo a Piangi di ripetere il loro piano.
-Lei mi
crede Don Juan, voi mio servo ed io messer- Rispose il tenore.
-Lei
che non ti ha visto mai penserà di star con te, mangeremo a
casa mia, ruberò la cena a me. Alle spalle del padron
gusteremo il vino insiem lei così già mia sarà,
dopo un po' l'amor godrem.-
-Molto
astuti noi sarem!-
-Ecco
tutto è fatto già, lo realizzerò se serio resto
e se mai riderò!- Ridendo sguaiatamente, i due uomini uscirono
di scena, lasciando il palco alla bella e pura Aminta.
Tutto
stava funzionando perfettamente, l'agitazione del pubblico domata e
il personale si muoveva senza intoppi, in una macchina perfetta e ben
oliata.
-Il
Visconte è un folle!- Sentì esclamare Carlotta, dalle
labbra di Rémy, mentre seguiva da bordo palco il procedere
dello spettacolo. Si voltò, incuriosita, e vide che il
segretario stava parlando con Bernìce ed alcune donne tra
ballerine e sarte, non accorgendosi della sua presenza tra le pieghe
del sipario.
-Ho
cercato di convincerlo in ogni modo a rimandare la prima a domani, ma
non ha voluto sentire ragioni!-
-Non
tenetemi sulle spine, perché mai solamente un giorno dovrebbe
fare differenza?- Lo interrogò preoccupata la domestica,
trovando riscontro tra le altre ascoltatrici.
-Oggi è
una data infausta!- Carlotta alzò gli occhi al cielo,
ascoltando quella frase. Aveva sentito suo padre lagnarsi che Rémy
fosse superstizioso, ma non credeva fino a quel punto.
-E
perché mai?-
-Sono
le Idi di Marzo! Il giorno in cui morì Giulio Cesare!-
Sospiri
di sorpresa accompagnarono quelle parole, mentre Carlotta tornava
definitivamente a concentrarsi su quanto accadeva in scena. Sollevò
poi lo sguardo, volgendolo al palchetto riservato al padre e
trovandolo seduto, serio, quasi torvo, mentre fingeva di seguire lo
spettacolo. Poteva scorgere le sue iridi controllare ogni angolo,
ogni ombra in movimento, e passare in rassegna ogni gendarme in sala.
Probabilmente, dalla sua posizione, poteva scorgere anche il tiratore
scelto nascosto tra i musicisti.
Mancava
ormai poco alla tanto agognata libertà, un'ora, e poi
sarebbero state libere di partire in ogni momento. L'avrebbero fatto
immediatamente dopo lo spettacolo, quella sera stessa, se la presenza
di tutti quei gendarmi non avesse complicato le cose. Era più
saggio attendere un giorno o due, anche per non dover sostare troppo
a Marsiglia, in attesa della nave, e rischiare di essere
rintracciate.
-Napoli-
Sospirò tra sé e sé. La splendida città
di cui sua madre le aveva sempre tanto parlato e in maniera così
estesa e minuziosa che avrebbe potuto riconoscere addirittura ogni
vicolo ed ogni sasso. Un luogo così vivace e popolato che
nessuno avrebbe fatto caso a due turiste di passaggio e poi, chissà
dove le avrebbe portate la fortuna. Forse a Roma, dove avrebbero
potuto perfino vivere della loro musica.
Il
pensiero di Mercier le attraversò rapido la mente, rabbuiando
quell'attimo di serenità inaspettata che aveva trovato.
Sarebbe stato tutto perfetto se solo ci fosse stato anche lui.
Il
chiudersi del sipario la riscosse dai suoi pensieri, mentre si univa
agli applausi che giungevano dalla platea e a quelli del personale
che accoglieva gli attori uscenti. Christine le passò accanto,
ignorandola, e altrettanto fece lei, non volendo sollevare sospetti.
Avrebbero passato l'intervallo separatamente, riposando la voce e
concentrandosi unicamente sullo spettacolo.
Un'ora.
Quasi
al termine dell'intervallo, gli attori si radunarono dietro le
quinte, pronti a riprendere.
Monsieur
Piangi riscaldava la voce, mentre Christine rileggeva al volo le
prime strofe, un gesto che la tranquillizzava, e anche le comparse
facevano qualche breve riscaldamento, per sciogliere la tensione, ma,
di Monsieur Giudicelli, nessuna traccia.
César,
dietro le quinte assieme al Commissario, mandò subito Rémy
a controllarne il camerino, temendo che si fosse addormentato, ma il
segretario tornò dopo pochi secondi. Aveva trovato la porta
spalancata e la stanza vuota.
-Maledizione!-
Imprecò il Visconte -Cercatelo ovunque!- Ordinò, non
curante di scavalcare l'autorità del Commissario, mentre una
dozzina di uomini reagì a quell'ordine e subito si dileguarono
nel buio, rapidamente.
-Visconte,
cosa facciamo? Allunghiamo l'intervallo?- Chiese agitata Madame Giry
-Monsieur ha immediatamente una scena.-
-Qualche
minuto al massimo, fate preparare il sostituto.-
-N-Non
c'è un sostituto, signor Visconte. Nessun sopranista si è
proposto oltre a lui.- Intervenne Reyer.
-Metteteci
qualcun altro. Un tenore, o qualunque altra cosa ci sia.-
-Non
possiamo improvvisare tutte quelle variazioni!- Sarebbe stato
difficile già normalmente adattare la musica ad una tonalità
diversa con così poco preavviso, ma con quegli spartiti
esageratamente complessi, era a dir poco impossibile farlo senza
provare.
-Mademoiselle
De Chagny.- Propose Monsieur Piangi -Hanno quasi la stessa estensione
vocale ed ha assistito a tutte le prove.-
-Ma è
una donna! Come osate?- Tuonò il Visconte.
-All'estero
si è già fatto e con la maschera è difficile che
qualcuno se ne accorga. Noi manterremo il segreto, non è nulla
di disdicevole, in fondo.-
Qualcosa
di disdicevole in realtà c'era. Le carezze e gli accenni di
effusioni previsti da copione erano al limite della decenza concessa
ad uno spettacolo rispettabile e se qualcuno si fosse accorto che
erano due donne, avrebbero potuto avere serie ripercussioni.
-Carlotta,
che ne dici?- Chiese secco il Visconte. Per quanto non gli piacesse
l'idea, sarebbe stato molto peggio interrompere lo spettacolo.
-No,
padre. Non voglio.- Se era stato Mercier a far sparire Giudicelli, e
solo Dio sapeva se fosse ancora vivo, era estremamente probabile che
volesse ottenere proprio quel risultato.
-Non
possiamo annullare lo spettacolo. Oltre ai rimborsi e al disonore,
sfumerebbe anche il piano per catturarlo. Preparati e metti da parte
le tue sciocche remore.-
-Non
voglio essere condannata per atti osceni!- C'era anche il rischio di
subire un procedimento per omosessualità. Quest'ultima non era
reato finché non c'erano testimoni, ma chiunque avesse
assistito allo spettacolo avrebbe potuto dichiararsi vittima e
denunciarle, se non addirittura il Commissario stesso.
-Possiamo
firmare una liberatoria, vero Firmin?- Lo incalzò
immediatamente il Visconte. -E' già stato fatto, se non erro,
al Moulin Rouge. Ed era decisamente uno spettacolo quantomeno
sconveniente.-
-S-sì...Ma
dovrei controllare la legislazione, trovare il testo e la forma
adeguata...-
-Rémy!
Un foglio, immediatamente!- Ordinò César.
-S-Sì,
Visconte.- L'uomo frugò nella propria valigetta e ne prese un
pezzo di carta, un po' stropicciato ma integro.
-Firmate
qui in fondo, penseremo dopo a cosa scrivere.- Mise la penna in mano
al Commissario, facendogli premura -Vai a cambiarti.- Ordinò
alla figlia.
-Ma è
proprio questo ciò che lui vuole, di sicuro avrà in
mente qualcosa. Potrebbe aver manomesso la scenografia e...-
-Tutta
questa serata è stata fatta per assecondarlo.- La interruppe
il padre. -Non ho intenzione di fermarmi adesso, soprattutto ora che
ho la certezza che si farà vivo.-
Il
ragionamento di César non aveva alcuna pecca, se non
l'assoluta mancanza di preoccupazione per la vita della figlia, ma
Carlotta non poteva di certo aggrapparsi a questo. Sapeva benissimo
che non avrebbe ottenuto nulla, perdendo unicamente tempo.
Arrabbiata, si voltò e si diresse verso il proprio camerino,
tra i sussurri sconcertati dei manovali e i pianti delle ballerine,
che singhiozzavano al suo passaggio.
Tutti
temevano che quella ragazza stesse salendo al patibolo.
Si
cambiò in fretta. Non dovendo indossare corpetti o ingombranti
sottovesti non ebbe bisogno di alcun aiuto, se non quello di una
sarta, che l'aiutò a sistemare dell'imbottitura nelle spalle
della giacca, leggermente più minute di quelle di Giudicelli,
ma il mantello appuntato di lato aiutava a mascherare ulteriormente
questa differenza.
Lisciò
qualche piega della camicia, infilandola dentro ai pantaloni, sistemò
il pugnale dietro la schiena, nascondendolo nella cintura, pettinò
i capelli all'indietro, legandoli, e infine indossò la
maschera. Dalla platea nessuno avrebbe capito che c'era stato uno
scambio, l'unica differenza evidente era la lunghezza della coda,
poiché quella di Monsieur Giudicelli era leggermente più
corta.
Uscì
dal suo camerino e si imbatté in Bernìce, che piangeva
sconvolta -Viscontessa...- Rimase per un secondo esterrefatta dalla
serietà e dal contegno che la nobildonna esprimeva anche in
quelle vesti -Perdonatemi l'ardire, se vorrete farmi frustare
accetterò senza repliche.- Terminò, tutto d'un fiato.
-Che
succede?- Non aveva molto tempo.
-Ho
preso questa, dall'ufficio di vostro padre. So che la sapete usare e
non posso immaginarvi alla mercé di quel pazzo!- Frugò
sotto al lungo soprabito che portava sul braccio e ne estrasse una
sciabola, inguainata nel fodero -Se mi riterrete folle capirò,
spero che comprendiate la mia preoccupazione per voi.-
-Grazie,
Bernìce.- Baciò la donna sulla fronte, afferrando
l'arma e dirigendosi rapidamente dietro le quinte, mentre fermava la
spada alla cintura. Avrebbe voluto esprimere con più cura la
propria sincera gratitudine, ma aveva premura. La lunghezza
dell'intervallo certamente cominciava già ad essere sospetta.
Il
sipario si aprì e Aminta entrò in scena, cantando a
mezza voce, tra sé e sé -Non ho timor di te, mai non ne
avrò. Nel cuore regnerà soltanto amor...- Per poi
sedersi, iniziando a giocherellare con una rosa, regalatale poco
prima dall'uomo.
Il
servitore, in un angolo, non visto, controllava che tutto procedesse
come previsto, quando Don Juan lo raggiunse -Passarino, ora va lei è
qui, nulla più chiederò...Lei è mia.-
Piangi
si congedò con un cenno del capo e poi sparì, dietro le
quinte, mentre Don Juan si avvicinava lentamente al centro del palco,
completamente concentrato sulla bellissima giovane che tanto
desiderava.
-Tu che
fremi, per placare la fiamma tua,- Aminta ebbe un sussulto, non si
era accorta del suo arrivo -Per placare l'istinto che in te sempre
tace, tace...- Carlotta sottolineò quelle parole portando un
indice alle labbra, con malizia -T'ho sognata, per gustare ogni
voluttà, più che mai destinata a soccombermi, tu puoi
negarlo, ma stai per soccombermi...- Le ritrosie di Aminta,
innamorata, cominciavano a scemare e la giovane iniziava a subire il
fascino di quell'uomo così sicuro di sé, ricambiandone
di quando in quando lo sguardo e finendo con l'arrossire, non
riuscendo a scindere quelle parole dal reale desiderio della
Viscontessa.
-Ed ora
sei con me, non dire "no". Puoi restare, restare...-
Carlotta non riuscì a trattenere un sorriso, vedendo che la
ragazza, infine, si voltava incatenando i loro sguardi.
-Passa
il ponte fra noi due, non dubitare...La tua, la mia, bugia finisce
qui.- Christine si alzò e si allontanò d'un passo,
cercando di resistere.
-Mai,
mai più "non so", né "ma", nessun
indugio, dimentica chi sei e dimmi "sì".- Cantò
la mora, mentre sullo sfondo alcuni ballerini accompagnavano la
scena, con una languida coreografia.
-Che
fuoco mai ci inonderà,- La raggiunse infine, e la strinse a
sé, passando voluttuosamente la punta delle dita sul suo collo
e poi più giù, sulla pelle nuda, quasi sfiorando l'orlo
del corpetto, mentre Aminta, travolta dalla passione, non opponeva
più alcuna resistenza, abbandonandosi in quell'abbraccio -Che
voluttà è rinchiusa in noi...- Si sciolse
dall'abbraccio per poi accarezzarle la mano, prendendola tra le sue,
prima di baciarne il dorso -Malìa recondita, preziosa...-
Il
pubblico assisteva in un silenzio teso, sul palco dell'Operà
non si era mai visto nulla di simile.
Don
Juan lasciò andare la mano della giovane Aminta e quest'ultima
cercò di riprendere contegno, allontanandosi nuovamente, per
tentare disperatamente di sfuggire a quell'incantesimo ammaliatore,
prima di intonare: -Sei con me qui, non abbiamo che il fuoco in noi.
Non abbiamo di più, oramai tutto tace, tace...- Tornò a
voltarsi verso Don Juan, sentendo il proprio buon senso cedere
nuovamente.
-Qui
con te io, la ragione non chiesi mai. Come un mare al mio corpo
intrecciarti, a me nei miei sogni per sempre avvinghiarti...Ed ora mi
vedrai, decisa, sì...A restare, restare-
Continuando
a cantare, entrambe cominciarono a salire le scalinate dell'arco, dai
due lati opposti, mentre la tensione cresceva. Carlotta non capiva
più se stava recitando, o se il magnetismo che avvertiva tra
loro fosse reale.
Gli
spettatori, nel frattempo, si stavano chiedendo la stessa cosa, tra
l'ammirato e lo sbigottito.
-...Sarai
infinita attesa o io ti avrò?- Il pubblico questa volta
sospirò in maniera udibile, per l'audacia di quelle parole
pronunciate da un personaggio femminile. -Se non si placa qui con te,
la mia marea dilagherà...Sei tu la fiamma che consuma...?-
Giunte
alla sommità dell'arco, Carlotta lasciò il proprio
mantello ad uno dei servitori, prima di proseguire all'unisono con
Christine -Passa il ponte fra noi due, non esitare, ti perderai qui
tra le braccia mie...Se passi il ponte fra noi due.- Al centro, si
abbracciarono nuovamente, mentre le mani della mora accarezzavano
lascivamente la figura della ragazza, fino a sfiorare con le labbra
la candida pelle del collo della giovane. Le tremavano le mani e
strinse quelle di Christine fino a far sbiancare le nocche, pregando
che nessuno si accorgesse di nulla, mentre sentiva la compagna fare
altrettanto.
Fu in
quel momento che il servitore a cui aveva lasciato il mantello le si
avvicinò rapidamente, strappandole la maschera dal volto e
rivelandone l'identità, lasciando la Viscontessa impietrita,
per un istante.
-Mercier?-
Boccheggiò, sorpresa. Con la maschera e in penombra non lo
aveva riconosciuto, sebbene gli fosse passato accanto.
-Che
oscenità!- Si sentì urlare dalla platea.
-Scandalo!-
-Arrestatele!-
L'indignazione
e lo sconcerto percorsero immediatamente il pubblico, mentre qualcuno
sveniva per l'emozione -Dov'è Giudicelli? Avranno ucciso anche
lui?- I più arditi in platea cominciarono ad arrampicarsi sul
palco, mentre i gendarmi cercavano di riportarli alla ragione, non
facendo altro che farli infuriare ancora di più.
Il
tiratore scelto, in mezzo a quella confusione, sparò, cercando
di colpire Mercier, ma lo mancò e il ragazzo si riparò
dietro a Christine, stringendola e trascinandola con sé
-Fermati
Mercier! Possiamo ancora sistemare tutto!-
Il
ragazzo non le rispose e tirando una corda nascosta tra i tendaggi
fece aprire la botola, parecchi metri più sotto.
-No!-
Christine
cercò di liberarsi dalla presa, ma lo stalliere era molto più
forte di lei e saltò nel vuoto, trascinandola con sé,
un istante prima che la Viscontessa li raggiungesse.
Carlotta
fece a malapena in tempo a incrociare lo sguardo dell'amata, da sopra
la spalla dell'uomo, mentre quest'ultima allungava il braccio in un
disperato tentativo di afferrarla.
-Gabrielle!-
Urlò la donna a squarciagola, prima di vederla scomparire nel
buio di quella voragine.
Le
gambe le cedettero per un istante e si appoggiò di peso alla
balaustra, sentendo il fiato spezzarsi. Aveva già visto tutto
quello, aveva già visto gli occhi di...Christine? Mentre
cadeva nel vuoto, con un disperato addio.
Quando?
Quando era successo? Sembrava che la testa fosse stretta in una
morsa, mentre faticava a ragionare. Sentendo l'arco ondeggiare
vistosamente guardò verso il basso, ancora confusa.
Sotto
di lei, lo sparo aveva scatenato il panico assoluto e il pubblico in
platea si era trasformato in una marea umana che, trovando le uscite
sbarrate, si riversava sul palco, in preda alla follia più
sfrenata. Lottavano tra di loro per conquistare il più piccolo
passaggio verso quella che consideravano la salvezza e non si
curavano di chi cadeva a terra, travolgendolo.
Senza
frapporre ulteriore indugio, si gettò nel vuoto. Non aveva
intenzione di perderla nuovamente.
Atterrò
sui vecchi materassi posti sotto la botola e sguainò la spada.
Dall'apertura sopra la sua testa filtrava la luce della platea, ma
bastava allontanarsi di poco per ritrovarsi nell'oscurità più
nera.
Cercò
di capire che direzione avesse preso il ragazzo, ma il rimbombo dei
passi sul legno del palco sovrastante copriva ogni suono,
costringendola a concentrarsi, obbligandola a prendersi il tempo
necessario, nonostante la premura.
All'improvviso
sentì la voce di Christine provenire dal buio davanti a lei e
si lanciò all'inseguimento, rallentata unicamente dall'
oscurità che l'avvolgeva.
Sentendosi
cadere si aggrappò alle spalle del ragazzo, mentre il vuoto
sotto di loro li inghiottiva e gli occhi della mora incrociavano i
suoi, congelando il tempo in un secondo di eterno terrore.
Lo
aveva già visto, ma quando? Quando aveva incrociato quello
sguardo colmo di disperazione, unito alla voce della compagna che
gridava il suo nome?
"Gabrielle."
Non era
il suo nome, eppure lo sembrava. Qualcosa dentro di lei parve
spezzarsi e un' ineluttabile consapevolezza la investì,
lasciandola senza fiato, mentre atterravano malamente sui vecchi
materassi accatastati sotto la botola.
Rialzatosi
in fretta, Mercier l' afferrò per un braccio e la trascinò
con sé, trovando nell'oscurità più completa il
passaggio, senza alcuna incertezza.
-Lasciami
andare!-
-Stai
zitta!- Il suo piano prevedeva che fuggisse da solo. Aveva già
raggiunto il suo scopo, umiliando Carlotta pubblicamente, ma gli
spari lo avevano costretto a prendere un ostaggio, per salvarsi, ed
ora non sapeva come comportarsi. Forse era il caso di tramortirla e
lasciarla lì, ma temeva che se la folla avesse trovato quel
corridoio, probabilmente l'avrebbe travolta senza nemmeno
accorgersene, cercando una via d'uscita.
Dopo
l'ennesima svolta ritrovò la lanterna di cui si era servito
per arrivare fino a lì e allungò la mano per
afferrarla, ma fu proprio di quell'istante e di quel poco di luce,
che la bionda approfittò, colpendolo al ventre e bloccandolo a
terra, non senza difficoltà, data la grande differenza di
forza tra loro.
Intravvedendo
in lontananza un vago bagliore, la mora accelerò il passo,
svoltando rapidamente nel corridoio e imbattendosi nella ragazza, a
cavalcioni sopra la schiena del suo rapitore.
Abbassò
la spada, dato il pericolo ormai cessato -Gabrielle?- Chiese, con
nella voce la delusione di chi sapeva già la risposta.
La
bionda annuì, con una profonda tristezza negli occhi -Speravo
che non accadesse questa volta.-
-Lasciami
andare!- Gridò Mercier, lamentandosi per il dolore alle
braccia, torte dietro la schiena e schiacciate sotto al peso della
ballerina.
-E'
quello che ti meriti, stupido moccioso!- Tuonò la mora,
profondamente arrabbiata. Se non fosse stato per lui, tutto quello
non sarebbe successo.
-Non
riuscirò a trattenerlo a lungo, Xena.-
La
guerriera ebbe un sussulto a sentire pronunciare il proprio nome per
la prima volta, ma cercò di non mostrare il proprio
smarrimento e tagliò un lembo del mantello di Mercier, per poi
legarlo rapidamente.
-Più
avanti c'è un canale, se lo seguiremo fino in fondo arriveremo
all'uscita.- Aggiunse la mora.
-Non
dovremmo tornare ed aiutare ad evacuare?-
-Le
guardie avranno già riaperto gli ingressi, saranno quasi tutti
fuori, ormai. Meglio approfittarne per fuggire.-
-E di
lui cosa ne facciamo?-
-Portiamolo
con noi, poi decideremo.-
-Di
cosa diamine parlate?! Lasciatemi andare!- Sentire le due ragazze
parlare a quel modo lo spaventò. Non aveva mai sentito simili
parole uscire dalla bocca di Carlotta e trovò strano che si
rivolgessero l'una all'altra con nomi differenti.
-Perché
l'hai fatto?- Lo interrogò la guerriera, mentre l’altra
si rimetteva in piedi, risistemandosi l'abito.
-Mi hai
tolto ogni possibilità di futuro...Ed io ho fatto
altrettanto!-
-No,
Mercier! Tu hai fatto tutto da solo. Sarebbero partire assieme a te,
come promesso!- Incrociando il suo sguardo, non poté fare a
meno di notare la somiglianza con suo fratello, Toris.
-Ed
essere condannato ogni giorno a vedere il vostro amore e a
tormentarmi per avere l'aspetto sbagliato?!-
-Ora
capisco.- Una voce estranea gelò loro il sangue nelle vene.
-Cesare?!-
Esclamò Xena, voltandosi e trovando l'uomo che le puntava
contro una pistola, mantenendo saldamente una lanterna nell'altra
mano.
-Avevo
capito che c'eri tu dietro a quest'Opera, ho riconosciuto la tua
stupida chiave di violino, e non avevo dubbi che avresti coinvolto il
tuo amichetto... Ma non mi aspettavo che fosse contro di te, né
una tale, infima, oscenità.- Tutto quello spiegava perché
la scena tra le due donne era risultata eccessivamente intima ed
allusiva, nonostante non l'avessero mai provata prima. -Dove speravi
di arrivare con questo piano assurdo?-
-Volevo
solo che tu non la toccassi.-
-Dopo
quanto visto sul palco, questo non avverrà. Nessuno vorrà
più nemmeno avvicinarsi a voi.- Fece arretrare il cane della
pistola, preparandosi a sparare -Addio, direi che è stato
bello, ma non ho voglia di mentire.-
In un
istante, Xena si scagliò contro di lui, avendone rapidamente
ragione e disarmandolo, facendolo poi cadere a terra.
La
guerriera restò in silenzio, con l’arma appena rubata
stretta in pugno, puntata contro il proprio oppressore.
Non
sapeva cosa farne di lui, mentre l’uomo, atterrito e inerme,
ricambiava il suo sguardo. Portò l’indice sul grilletto,
un istante prima che la bionda intervenisse -Xena.- Sussurrò
appena.
-Le
avrebbe uccise. Le ha...Uccise.- Rispose la mora. Riacquistavano la
memoria delle loro vite precedenti solamente quando le circostanze
non lasciavano scampo alle loro reincarnazioni e il ciclo del Karma
si arrestava. Aveva pensato che fosse successo a causa di Mercier, ma
l’arrivo del Visconte, armato, aveva rivelato il vero
responsabile.
-Possiamo
fuggire in Inghilterra, è tutto pronto. Non occorre ucciderlo
per forza.- Aggiunse Gabrielle.
Xena
incrociò il suo sguardo per un istante, continuando a tenere
sotto tiro César.
-Carlotta
lo avrebbe ucciso?- Chiese la bionda, vedendo la mora tentennare.
Xena
sospirò, abbassando l’arma -No. Lo detestava, ma non
desiderava vederlo morto.-
-Leghiamolo
e nascondiamolo nei sotterranei. Quando si libererà saremo già
lontane.-
La
guerriera capitolò, vendicarsi per qualcosa accaduto in
un’altra vita non le sembrava sensato, avrebbe solamente
peggiorato la situazione alla prossima reincarnazione.
-Slega
il ragazzo. Lo porteremo con noi, o Cesare lo farà
giustiziare.-
-Sei
definitivamente impazzita, quindi?- Chiese con sarcasmo il Visconte.
La figlia non lo aveva mai chiamato “Cesare” e i loro
discorsi non avevano completamente senso.
-Attento,
fossi in te non tirerei la corda.- Lo minacciò la guerriera.
Gabrielle,
tenendo il proprio pugnale puntato contro la schiena di Mercier, per
essere sicura che collaborasse e non cercasse di scappare, passò
il lembo di mantello che avevano usato per il ragazzo a Xena, prima
che questa appoggiasse la pistola e si chinasse per legare il
Visconte, che, approfittando di un istante di distrazione, estrasse
un coltello dallo stivale, piantandolo nella coscia della guerriera,
subito prima di lanciarsi a recuperare la pistola.
-No!-
Mercier si lanciò su di lui, nel medesimo istante in cui il
Visconte si rialzava premendo il grilletto, colpendolo al ventre,
subito prima di cadere nuovamente a terra, trafitto a morte dai
pugnali che le due donne avevano scagliato.
Gabrielle
prese al volo il ragazzo, un istante prima che rovinasse al suolo, e
cominciò a soccorrerlo, immediatamente raggiunta e aiutata
dalla mora.
-Le idi
di marzo non ci portano mai fortuna.- Commentò amaramente.
****
Note
dell'autrice: siamo quasi giunti al termine, il prossimo sarà l'ultimo capitolo.
Colgo
l'occasione per ringraziare la mia beta di fiducia Oscuro_errante,
per l'enorme pazienza, vista la sua sessione di esami universitari e
la mia stagione teatrale.
Grazie
a tutti, fatemi sapere cosa ne pensate, anche se non vi è
piaciuto :) Se preferite potete anche scrivermi su facebook (trovate
il link in bio)
A
sabato prossimo!!
|
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Capitolo 15 *** Cabaletta ***
15 Cabaletta
Ogni
riferimento a fatti realmente accaduti, cose, luoghi, persone e
organizzazioni realmente esistenti è puramente casuale.
15.
Cabaletta
"Caro
Mercier,
sono
felice di sapere che la nostra precedente ti ha trovato in buona
salute e sollevata nell'apprendere che finalmente sono stati
catturati i colpevoli dell'omicidio di Mademoiselle
Sorelli.
Christine
non è stata contenta di vedere le accuse contro Mère
confermate dal processo, ma sapeva in cuor suo che il coinvolgimento
della tutrice era pressoché certo soprattutto dopo il
ritrovamento del fascicolo su Bouquet e sapendo del loro legame
affettivo.
Venendo
a più lieti argomenti: Capri è meravigliosa in questo
periodo dell'anno, il clima mite e soleggiato sta rendendo
estremamente piacevoli le nostre giornate, al punto tale da farci
prendere in considerazione l'idea di viaggiare per il Mediterraneo,
approfittando della bella stagione.
Ci
sposteremo in Sicilia, per un breve periodo, e poi ci imbarcheremo
per la Grecia. Ti aggiorneremo sui nostri recapiti man mano.
Ti
saremmo grate se potessi al più presto disporre il cambio di
almeno 600 franchi a nostro favore, in modo da coprire le spese di
viaggio per noi ed Argo per alcuni mesi. Resteremo a Capri per ancora
due settimane, in modo da organizzare tutto come si conviene.
La
conversione degli stabilimenti per i motori a scoppio come sta
procedendo? E' da qualche tempo che non mi aggiorni. Spero che
Monsieur De Dion non stia continuando ad ostacolare le trattative con
le sue assurde pretese. Nel caso sii ferreo, procederemo come deciso,
senza cedere.
Porgi
i nostri più cordiali saluti a tua madre, attendiamo al più
presto tue notizie.
Cordialmente
tua "
-Xena-
Gabrielle richiamò la sua attenzione e attese che la guerriera
la raggiungesse allo scrittoio -Se la firmi possiamo spedirla.-
La
mora si chinò per leggere la missiva da sopra la spalla della
bionda, ancora seduta -Non è un po' brusca come conclusione?-
Chiese, leggermente perplessa.
Gabrielle
non rispose. Non aveva particolarmente in simpatia il ragazzo e anche
se l'esecutore materiale della morte di Christine e Carlotta sarebbe
stato César, Mercier aveva contribuito parecchio a crearne le
circostanze. -Sei veramente sicura che possiamo fidarci di lui?-
Chiese, leggermente infastidita.
-Sì.-
La mora si chinò di più sullo scrittoio e prese la
penna che l'altra le porgeva -Finché si sentirà in
colpa esaudirà ogni nostra richiesta rapidamente.- Ebbe un
attimo di incertezza, quando si accorse che stava per firmare con il
proprio nome, anziché quello della Viscontessa, ma si corresse
in tempo.
-E'
che lasciarlo impunito...Mi sembra eccessivo.-
-Si
punirà da solo per il resto dei suoi giorni, come fece mio
fratello Toris, ed in fondo, non le ha uccise lui.- Prendersi poi un
colpo di pistola all’addome, cercando di aiutarle, le sembrava
una punizione più che sufficiente.
-Sì...
Finiamo sempre col ripeterci, quando ne parliamo.- Gabrielle soffiò
sulla lettera, per asciugarne l'inchiostro, prima di piegarla e
metterla nella busta, pronta per essere sigillata -Devo ammettere che
non mi aspettavo che Bouquet fosse "Lo strangolatore del
Punjab"- Aggiunse la bionda, cambiando argomento.
-Non
mi aspettavo che César lo sapesse e non dicesse nulla.-
Avevano trovato quella indicazione tra le sue carte, risalenti a
quando aveva fatto controllare il personale, nel momento
dell’acquisizione del teatro. Erano solo sospetti e
probabilmente il mecenate sperava di poterli sfruttare a proprio
vantaggio, ma una volta consegnate le informazioni alla polizia
avevano fatto presto a risalire alla sua vera identità.
Gabrielle
rimase nuovamente in silenzio, persa nei propri pensieri.
Accorgendosene, Xena l’abbracciò, restandole alle
spalle, e sentendola rilassarsi leggermente, mentre iniziava ad
accarezzarle l’avambraccio dolcemente -Mi piacevano queste due
ragazze.-Disse infine il bardo -Erano troppo giovani per avere una
simile sorte.-
-Con
l'educazione che avevano ricevuto erano quasi totalmente indifese
davanti ad uno scontro con un persona esperta come Cesare.- Disse la
guerriera -Ma hanno dimostrato moltissimo coraggio- Se solo avessero
avuto l’occasione avrebbero fatto grandi cose, ne era
certa.
-Anche un
po' di incoscienza.- Gabrielle voltò il capo, appoggiando la
fronte alla sua guancia, mesta.
-Come
se tu non avessi mai fatto niente di azzardato, da giovane.- Le
sorrise, ricordando la fuga da casa della bionda, dopo il loro
primissimo incontro.
-Ti
ricordo che siamo ancora giovani, non abbiamo neanche quattro
lustri!- Cercò di stemperare la tensione.
La
mora ridacchiò sotto i baffi, prima di baciarla teneramente
sulle labbra e sciogliere l'abbraccio, rimettendosi in
piedi.
-Perché
vuoi partire? Stiamo bene qui, in fondo- La seguì con lo
sguardo, curiosa, non ne avevano ancora parlato bene.
-Si
avvicina la stagione della pesca al salmone e qui non posso certo
trovarne.-
-Ammettilo,
ritrovare Iréneè ti ha fatto venire nostalgia di casa.-
La punzecchiò sorridendo la bionda, non credendo ad una sola
parola della scusa accampata dalla guerriera.
-E'
da parecchio che non torniamo, voglio controllare che Ares sia ancora
sigillato nel tempio in Macedonia.-
-E
passare da tua madre a dai tuoi fratelli.- Gabrielle era certa che il
vero motivo fosse quello, in realtà.
-Se
ci sarà tempo.- Ammise la mora, colta in fallo -Perché
tu sei così restia?-
-Lì
ci siamo anche…Noi.- Si prese un istante, le suonava sempre
strano -Non riesco a fare come se niente fosse.- Aggiunse.
-Non
è la prima volta che moriamo.-Osservò la mora.
-Tu
forse ci sarai abituata- Sorrise sarcastica Gabrielle -Ma quella è
stata la prima volta..."Definitiva", per me- Era la prima
vita di cui aveva memoria e la ricordava ancora con nostalgia.
-Non
pensavo che dopo tutto questo tempo provassi ancora questi
sentimenti.- Per Xena era diverso, era deceduta numerose volte
durante quell’esistenza e aveva una maggiore familiarità con
la relatività del concetto di “Morte”.
-C'ero
affezionata. Tra tutte le vite avute quella rimane comunque la mia
preferita. Eravamo libere di essere chi volevamo e non mi sarei mai
aspettata che la società prendesse una piega
tanto...Retrograda.-
-Già
meglio che a Salem- Osservò mesta la guerriera, ritrovando
ricordi sgradevoli.
-Assolutamente
sì.-
-Le
cose stanno cambiando però, la prossima vita andrà
meglio, vedrai.-
-Lo
spero...- Gabrielle si alzò e si avvicinò alla
finestra, sperando che la vista del mare la rinfrancasse un po'.
-Non
è da te recriminare tanto...Sicura che sia tutto a posto?-
Chiese la mora.
-Sì...Solo
un po' di amarezza- Si strinse nelle spalle -Christine si vedeva già
vecchia, assieme a Carlotta.- La giovane aveva iniziato a faticare da
bambina, da quando era rimasta orfana e desiderava unicamente
riposare con serenità accanto alla persona che amava.
Xena
l'abbracciò nuovamente, prima di baciarle il collo,
teneramente -Controllato Ares possiamo tornare qui, se ti piace
tanto.- Si sarebbe accontentata di un viaggetto ogni tanto, come
diversivo, se Gabrielle non se la fosse sentita. Talvolta capitava
che i gusti e le abitudini delle loro reincarnazioni permanessero,
anche dopo aver recuperato la memoria.
-Mi
piacerebbe, ma probabilmente ricominciando a viaggiare cambierò
idea. Vedremo come andrà.- Si voltò e la baciò
dolcemente sulle labbra, cercando di tranquillizzarla. Era solamente
una giornata storta e si sentiva un po' fiacca, non voleva che la
guerriera si preoccupasse.
-E'
più facile baciarti quando non hai la barba.- Cercò di
sdrammatizzare la mora, riferendosi ad una delle loro vite
precedenti.
-Però
mi stava bene!- Aggiunse Gabrielle, cercando di mantenere un tono più
spensierato.
-Hm,
passabile.-Sorrise sarcastica la guerriera.
-Vogliamo
parlare dell'averti come madre?!- Ribatté scherzosa la
bionda.
-Forse
il ruolo peggiore che potesse capitarmi. Eri ingestibile!-
-Spero
che non succeda mai l’opposto, non so a quale divinità
si sia votata Cyrene, per riuscire ad allevarti.-
Xena
sorrise, baciandola nuovamente -Sono contenta di averti ritrovata,
nonostante tutto.-
-Anche
io.-
Sapevano fin troppo bene cosa il Destino avrebbe riservato
loro: sfide che avevano già affrontato e perso nelle vite
precedenti.
Potevano solo cercare di imparare dai propri errori,
anche se i secoli avevano insegnato che non era cosa facile, ma
essere nuovamente assieme dava loro la speranza in un futuro
migliore. Se non per quella vita, per la prossima.
****
Note
dell'autrice:
Buongiorno e buon sabato! Con questo capitolo si
conclude questo racconto, spero che vi sia piaciuto :)
Mi prenderò
un po' di tempo prima di pubblicare altro (spero non ci vorrà
troppo, ma ho bisogno di staccare un po', è stato un anno
molto intenso) quindi, se vi piace quello che scrivo aggiungetemi tra
gli "autori preferiti" in modo da ricevere le notifiche
automatiche quando posterò qualcosa (che comunque
pubblicizzerò anche sul mio profilo Facebook, quindi, se vi è
comodo, aggiungetemi anche lì).
Note:
-Con
il termine "Cabaletta" si indica solitamente la parte
finale di un'Aria mi è sembrato quindi adatto come titolo al
capitolo conclusivo.
-Monsieur De
Dion: ho preso spunto dal nome di un imprenditore dell'epoca, fondatore
di una delle prime case automobilistiche francesi, la "De Dion-Bouton"
fondata nel 1883.
-Ares: Dio
della Guerra. Nella serie non viene mai raccontata la battaglia che
portò alla sua reclusione nel tempio, ma, nell'episodio 10x02
"The Xena Scroll", vediamo come la divinità sia rimasta
rinchiusa almeno fino al 1942 (per questo non l'ho fatto comparire come
personaggio in questo racconto :) )
-Punjab:
regione a cavallo tra India e Pakistan, viene citata nel libro come
probabile terra di origine del Fantasma. Nell'opera letteraria è
lui, in realtà, "Lo strangolatore del Punjab", ruolo che io
invece ho fatto ricadere su Bouquet.
E con questo è tutto, spero che vi siate divertiti a leggere.
A presto!
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