The Phantom of the Opera

di Faust
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Overture ***
Capitolo 2: *** Angel Of Music ***
Capitolo 3: *** The Music's Throne ***
Capitolo 4: *** The Music Of The Night ***
Capitolo 5: *** Prima Donna ***
Capitolo 6: *** Déjà vu ***
Capitolo 7: *** Notes ***
Capitolo 8: *** Bitter ***
Capitolo 9: *** Il Muto ***
Capitolo 10: *** That's All I Ask of You ***
Capitolo 11: *** Masquerade ***
Capitolo 12: *** When Fates... ***
Capitolo 13: *** Giudicelli ***
Capitolo 14: *** Don Juan ***
Capitolo 15: *** Cabaletta ***



Capitolo 1
*** Overture ***


1 Overture pubb
Ogni riferimento a fatti realmente accaduti, cose, luoghi, persone e organizzazioni realmente esistenti è puramente casuale.


1.
OVERTURE


La lussuosa carrozza, trainata da due cavalli neri, attraversò rapidamente il piazzale davanti all'edificio, prima di fermarsi esattamente davanti alla doppia scalinata d'ingresso.
Lo staffiere scese immediatamente dal cocchio e aprì la portiera, lasciando affacciare un uomo sulla quarantina che, calcandosi la tuba sulla testa a coprire i corti capelli castani, lanciò un'occhiata scettica al palazzo di fronte a sé, prima di scendere e allungare la mano alla giovane dietro di lui, per aiutarla.
La ragazza sollevò lo sguardo, come aveva fatto suo padre pochi istanti prima, e sorrise, percorrendo con gli occhi cerulei le imponenti colonne di pietra della facciata fino alla sommità della maestosa cupola che le sovrastava.
L'Operà populaire de Paris si erigeva innanzi a loro in tutto il suo splendore e lei ne era entusiasta.
Si sistemò dietro l'orecchio una ciocca ribelle dei lunghissimi capelli neri, sfuggita dal fermaglio, e si appoggiò alla mano del padre per scendere dalla carrozza.
-Abbiamo comprato questo…?- Chiese l'uomo.
-Sì, padre.- Rispose, mettendo piede a terra .
-Ricordami perché l'ho fatto.- Continuava a guardare dubbioso il palazzo di fronte a sè.
-Ora che siamo nobili è necessario dimostrare supporto alle arti, per accrescere il nostro prestigio.-
L'uomo, il più grande commerciante d'armi di tutta la Francia, non era abituato a quelle sceneggiate, ma comprare il titolo nobiliare di Visconte era stata una sua idea, per avere la possibilità di ottenere appalti con il governo, ed ora doveva rispettare il noblesse oblige e dimostrare di non essere solo uno zotico, arricchitosi con la guerra di Prussia, ma un loro pari o, come pensava da sempre, superiore.
Per sua indole si sarebbe dedicato ad opere d'arte tangibili, come sculture o dipinti, di cui avrebbe potuto facilmente stimare il valore, ma la figlia, appassionata di musica e canto, aveva insistito per salvare quel teatro, di cui il precedente mecenate voleva disfarsi, e lui aveva colto l'occasione al volo.
Anche se subodorava perdite economiche, il suo istinto da uomo d'affari avrebbe potuto aiutarlo e, poi, aveva in mente un piano per il futuro del neonato casato e quel palco sarebbe stato fondamentale e indispensabile per attuarlo e permettergli di realizzare quello che riteneva essere il suo Destino: diventare il prossimo governatore di Francia.
Salirono la duplice scalinata ed entrarono nel foyer, trovandolo affollato di personale e terribilmente caotico.
Chi provava acrobazie, sfruttando l'ampio spazio, chi utilizzava gli scalini dell'enorme scala per riscaldare i muscoli, personale di palco che beveva e sghignazzava, ballerine in abiti discinti che riposavano e musicisti che accordavano gli strumenti, erano ammassati in modo tale da non lasciar quasi intravedere il raffinato pavimento di marmo lucido.
L'uomo, sovrastato dalla confusione e dal fetore di tutta quell'umanità, si coprì il naso con il fazzoletto di seta, sempre più scettico, dirigendosi verso la sala. Dalla musica che poteva sentire attraverso le porte aveva capito che erano in corso delle prove e probabilmente avrebbe trovato lì il precedente proprietario, o qualcuno sufficientemente civile da indicarglielo.
Entrarono in platea e si ricordò di togliere il cilindro. 
Le poltrone di velluto rosso e i fregi dorati che ricoprivano riccamente le pareti e i numerosi palchetti, diedero immediatamente tutta un'altra impressione al Visconte. Si respirava sfarzo ed immaginare platea, palchi e loggione pieni di clienti paganti gli restituì sicurezza.
La figlia lo seguiva, discreta, osservando attentamente tutto ciò che la circondava. Era stata a teatro in molte occasioni, come spettatrice, ma era la prima volta che assisteva a delle prove. Non aveva idea che servisse tutto il personale incrociato nel foyer per il corretto funzionamento di quel meccanismo complesso.
I musicisti suonavano allegramente nella fosse d'orchestre, mentre, sul palco, improbabili personaggi urlavano a squarciagola i versi di qualche aria irriconoscibile, rendendo la scena  quasi grottesca.
Si avvicinarono al proscenio e videro le spalle di un uomo seduto in prima fila. La giacca che indossava era di velluto finissimo, doveva per forza essere un gentiluomo.
Il commerciante cercò di introdursi, schiarendosi la voce, ma non ottenne risposta -Mi scusi!- Provò quindi a voce alta. Data la vicinanza al palco, la musica era assordante. 
Non ottenendo ancora alcuna risposta da parte dell'uomo gli toccò la spalla, spazientito.
Sentendosi toccare, l'oggetto della sua attenzione trasalì, voltandosi di scatto, per poi sbiancare, riconoscendo chi aveva davanti. -Visconte de Chagny!- Esclamò urlando, togliendosi i tappi dalle orecchie -L'attendavamo tra diverse ore!-
-Mia figlia era impaziente, mi ha costretto a rimandare gli appuntamenti di oggi e correre qui.- Disse, sorridendo bonariamente. In realtà voleva coglierlo di sorpresa, per impedirgli di nascondere i problemi sotto al proverbiale tappeto e farlo passare per idiota.
-Ah! Le donne! Ci spingono a fare le cose più impensate!- Sorrise mellifluo l'impresario, all'indirizzo della giovane, prima di prodigarsi in un perfetto baciamano -Monsieur Lefèvre. Incantato di conoscerla, Viscontessa.- 
Non era un’esagerazione, la donna davanti ai suoi occhi era realmente incantevole.
I lunghi capelli corvini, splendenti, erano raccolti dietro la nuca, lasciando scoperto il collo sottile, cinto dall'alto e austero colletto di seta azzurra, che bilanciava la morbidezza delle ampie maniche a sbuffo. Il corpetto steccato, poi, le dava un seno pieno e un vitino di vespa invidiabile e il sopragonna, raccolto in un elegante drappeggio, gonfiava perfettamente i suoi fianchi.
Abbassando le lunghe ciglia in un sorriso pudìco e chinandosi in un accenno di riverenza, la ragazza rispose al saluto dell'impresario -Carlotta de Chagny, piacere mio.- Ma fu quando risollevò gli occhi e incrociò inavvertitamente le iridi di Monsieur Lefèvre che quest'ultimo rimase piacevolmente sconvolto.
Il lampo di vivacità e intelligenza che vi scorse completò il quadro che aveva davanti, rendendolo perfetto.
Si rammaricò di essere già sposato, altrimenti sarebbe stato più che felice di porre rimedio con la giovane Viscontessa.
-Mi scuso per il trambusto nel foyer, ma siete giunti nel bel mezzo delle audizioni per la nuova soprano, normalmente non è così.- Riprese Lefèvre.
-E cosa è successo a quella vecchia?- Chiese con finto sgomento il Visconte.
-Ha preso partito e si è ritirata a vita privata.- Rispose rapidamente l'impresario.
-Perfetto.- Gli sfuggì.
-Ah, non si preoccupi Visconte- Lo rassicurò il suo interlocutore, pensando che fosse sarcastico -Parigi è piena di talenti e confido che entro la serata avremo già la nostra nuova Prima Donna.- Fece un sorriso smagliante e indicando il palco con un ampio gesto del braccio e un inchino, li invitò a sedersi e a seguire le audizioni.
-Preferirei parlare di affari...- Era ansioso di vedere i libri contabili.
-Certamente, come desidera, ma suppongo che per Mademoiselle possa essere più interessante assistere a questo spettacolo certamente inconsueto. Monsieur Reyer, il nostro direttore d'orchestra, e Madame Giry, l'insegnante di balletto, sono perfettamente in grado di procedere con le selezioni senza il mio intervento.
-Vi prego, padre.- Intervenne la ragazza, leggendo della perplessità nello sguardo del genitore. -Probabilmente finirei con il disturbarvi, se presenziassi al vostro incontro-
-E sia, ma non allontanarti. Sai che gli artisti sono...- Una smorfia di disgusto si dipinse sul suo volto, piegando verso il basso gli angoli delle sue labbra.
-Non mi muoverò da questa poltrona.- Promise raggiante.
-Non si preoccupi, Madame Giry è una insegnate dai saldi principi morali e non permetterà mai a nessuno di infastidire la Viscontessa.- La figura fredda e austera della donna, fasciata nel cotone cupo del suo abito, dava sostegno a questa affermazione, mentre li salutava con un elegante gesto del capo dal proscenio.
-Meglio ancora. Andiamo!-Si risolse il nobile.


Carlotta si sedette su una poltrona in prima fila tirando il fiato, per quanto consentitole dal corpetto rigido, appena i due uomini si allontanarono.
Nemmeno lei era abituata a tutta quella scenografia.
La nobiltà era una novità e cercava di adeguarcisi, ricordando anche le lezioni sull'etichetta che le aveva dato sua madre durante l'infanzia, ma tutto quell'infiorettamento sterile e lezioso era estenuante e si chiedeva se si sarebbe mai abituata. Anche se il teatro l'appassionava e sarebbe rimasta volentieri tutto il giorno, quell'abito era esageratamente scomodo e non vedeva l'ora di tornare a casa.
Aveva spinto il padre a comprare il teatro, oltre che per prestigio, per poter migliorare nella composizione e, confrontarsi con dei musicisti professionisti, era di certo la via migliore.
Suonava alla perfezione violino e pianoforte e adorava creare la propria musica e le proprie opere.
Mercier, figlio dello stalliere, amico d’infanzia ed ora attore di strada, riteneva che avesse molto talento e più di una volta la sua piccola compagnia teatrale aveva ottenuto successo grazie alle sue composizioni inedite.
Peccato che nessuno, oltre a lui, sapesse che c'era lei dietro a quegli spartiti e a quelle trame.
Suo padre non approvava e mal tollerava questa sua mania, anche se nascosta e rinchiusa tra le mura domestiche.
Era assolutamente disdicevole, per una donna, pretendere di comporre, visto che erano esseri inferiori ed era risaputo che erano del tutto prive di creatività. Se si fosse sparsa la voce di questa velleità, nessuno l'avrebbe più voluta in sposa.
Quasi sentiva il tono perentorio del padre, ricordando quei discorsi.
Aveva già diciassette anni e a breve sarebbe stata troppo vecchia per un matrimonio onorevole. Non che la cosa le interessasse, vedere, durante l’infanzia, come aveva vissuto sua madre, le era bastato.
Era una donna intelligente, spiritosa, allegra e intraprendente. Aveva insegnato sia a lei che a Mercier a leggere, scrivere, far di conto, suonare e comporre e li lasciava giocare liberamente nella tenuta…Ma solo quando César non c'era.
Se suo padre era in viaggio per affari, o a caccia, loro erano liberi di fare quello che volevano, ma, quando lui tornava, tutta quella vita andava rimessa nella scatola dei giocattoli.
Perfino sua madre le sembrava "spenta", in sua compagnia, e diventava servizievole, silenziosa e quasi invisibile.
Impalpabile, come un fantasma.
Sua madre era buona, non sarebbe mai diventata uno spettro. Chiosò improvvisamente tra sé e sé, e a quel pensiero inatteso sentì gli occhi diventarle lucidi.
Certamente il Signore l'aveva voluta accanto a sé così presto perché era un meraviglioso angelo.
L'angelo che l'aveva cresciuta e amata, l'angelo che le aveva fatto conoscere il canto e la musica, mettendole a disposizione, sulla punta del calamo, un mondo infinito, dove essere sé stessa.
Era il suo Angelo della Musica.
Si costrinse a pensare ad altro, mettendosi realmente a seguire le audizioni, per non farsi trascinare dall'emotività.
Nelle ore seguenti, una dopo l'altra, cantanti mediocri e disastrose vennero allontanate bruscamente dal proscenio, mentre il numero di quelle da ascoltare diminuiva rapidamente.
Ad un tratto vide César muoversi al limite del suo campo visivo, sbucando da dietro le quinte, mentre Monsieur Lefèvre gli illustrava i dettagli. Decise di seguirli e si alzò, raggiungendo rapidamente una delle scalette più laterali del palco, per non disturbare i cantanti.
Si fermò accanto a suo padre , facendo un cenno di saluto per non interrompere la conversazione tra gli uomini, e si mise ad ascoltare. Monsieur Lefèvre le sorrideva, mentre si cimentava in lodi sperticate sulla qualità del loro corpo di ballo.
Madame Giry, notandoli, li raggiunse e si unì alla conversazione, in qualità di docente responsabile, dopo le dovute presentazioni.
Lo sguardo di César cadde ben presto su una ragazza dai lunghi capelli biondi, impegnata a svolgere degli esercizi alla sbarra -Chi è quella giovane? E' estremamente aggraziata.- Chiese l'uomo, dissimulando il proprio interesse.
-Christine Daaé. Tengo a lei come se fosse una figlia.- Rispose la donna, intuendo le vere intenzioni del Visconte.
-Daaé? Come il violinista?- Chiese Carlotta, sua madre le aveva fatto suonare più volte i suoi brani.
-Sua figlia, in effetti.- Puntualizzò -Da quando è rimasta orfana vive con il balletto. E' molto brava.-
Il padre si limitò ad annuire, indugiando con lo sguardo qualche istante sulla ragazza, prima che un terribile acuto stridulo li interrompesse, facendoli inorridire.
-No! No! Basta! Sono stanco di sentire questo brano storpiato in ogni maniera!- Esplose César, irrompendo sulla scena e interrompendo le audizioni -Carlotta!- La chiamò a gran voce, accanto a sé.
La giovane lo raggiunse, sorpresa.
-Fai sentire a queste incompetenti come si esegue quest'aria. E osano pure definirsi cantanti...- Il disprezzo era evidente nella sua voce.
In effetti anche la mora si era sorbita per tutto il pomeriggio le stecche e le stonature di quelle aspiranti soprano e lo aveva trovato frustrante, ma non osava pensare di esibirsi innanzi a loro. Non aveva mai cantato davanti a degli intenditori -Ma, padre...- Era anche a voce fredda e il corpetto le impediva di espandere a dovere la cassa toracica. Non c'era modo di fare la preparazione adeguata se non rimandando.
-Canta, ho detto.-
Costretta, per non creare scandalo davanti a tutti, anche se furente, raggiunse il centro del palco.
-Quando voi volete, Mademoiselle.- La esortò gentilmente il Maestro Reyer, capendo, compassionevole, l'imbarazzo della giovane.
Carlotta odiava quella situazione e quando sarebbero stati in privato avrebbe intimato a suo padre di non metterla mai più in una simile circostanza. Certo...Come se fosse stato possibile.
Nemmeno sua madre, che era la donna più forte che avesse mai conosciuto, era mai riuscita ad imporsi con César.
Forse era giusto così.
Se tutte le donne rispettabili di Parigi sparivano all'ombra dei mariti, probabilmente era giusto. Non era possibile che tutte si sbagliassero e non era possibile neanche che si sbagliassero tutti gli uomini, a trattare a quel modo le donne...
Ma lei?
Lei era rispettabile, ma di sparire non se la sentiva. Ogni frammento di anima si ribellava all'idea, considerandola assolutamente inconcepibile.
Avrebbe dovuto raccogliere tutto il suo coraggio, per liberarsi dal giogo di suo padre.
Magari poteva scappare e andare con Mercier in giro per la Francia, ad esibirsi per strada e a vivere della propria musica...Ma per lei, cresciuta nell'agio di una famiglia ricca, il pensiero era sia affascinante che spaventoso. Le incognite erano troppe e non sapeva come avrebbe reagito alle difficoltà di quel tipo di vita.
Aveva bisogno di più coraggio.
Sospirò, chiudendo gli occhi, e i musicisti iniziarono a suonare.
Si lasciò trasportare dalle soavi note di Bellini e, mai come in quel momento, si immedesimò in Norma, che pregava la luna, sentendo come proprie quelle parole.

Casta Diva, che inargenti
Queste sacre antiche piante,
A noi volgi il bel sembiante
Senza nube e senza vel…
Tempra, o Diva,
Tempra tu de cori ardenti
Tempra ancora lo zelo audace,
Spargi in terra quella pace
Che regnar tu fai nel ciel...

Terminò l'acuto, sfumando pian piano nel silenzio, mentre anche la musica cessava e tutto restava immobile, come trattenendo il fiato.
Il suo timbro era meravigliosamente caldo, pieno e potente e riusciva con facilità a cimentarsi in acuti e virtuosismi, dimostrando un'agilità vocale formidabile.
-Vedete? Questo è talento! E chiunque di voi millantatrici non si avvicini nemmeno lontanamente a questo livello è invitata ad andarsene. Smettetela di farci perdere tempo.-
César quasi tuonò, spezzando bruscamente l'atmosfera raccolta che si era creata nella sala.
Tutte le presenti in attesa se ne andarono.
-Parigi è piena di talento eh, Lefèvre?!- Ironizzò il nobile, ripetendo le parole del predecessore.
-Signor Visconte, questo era solo il primo turno di colloqui, vedrà che domani andrà meglio.-
-No, basta perdere tempo! Sarà lei la Prima Donna.- Era il suo piano dal principio, i suoi informatori gli avevano comunicato della partenza della soprano precedente e delle audizioni. Anche per quello aveva anticipato la visita, cedendo facilmente all'insistenza della figlia. Sapeva che nessuno avrebbe rischiato di inimicarsi il principale finanziatore del teatro, era solo una questione di tempismo.
-Come?!- Carlotta si rianimò all'improvviso -No, padre, non è questo ciò che…-
-Non osare contraddirmi!- Le intimò deciso e minaccioso, puntandole l'indice a pochi centimetri dal volto.
Lei voleva studiare e comporre, se fosse stata costretta ad esibirsi non avrebbe avuto modo di concentrarsi, ma erano in pubblico e non poteva permettersi di aggiungere ulteriori obiezioni.
Ingoiò a stento la sua rabbia, ne avrebbero parlato a casa.
-Che stupenda idea, Visconte!- Commentò entusiasta Madame Giry, costringendo il mecenate a ricomporsi -Siete meravigliosa Viscontessa! Una soprano drammatica di coloratura eccellente!-
-Vi ringrazio, Madame.- Le sorrise compostamente.
-Vi vedo già a fare la Regina della Notte ne "Il Flauto Magico"- Proseguì l'insegnante -Tuttavia, ora ci occorre anche una nuova sostituta. Quella precedente era soprano leggero, non è più adeguata.-
-Dal vostro tono sembrerebbe che voi abbiate già un nominativo da proporre.- Affermò, tra il curioso e l'infastidito, César. Aveva raggiunto il suo obiettivo e il resto non lo interessava, era solo una seccatura.
-Sì, una ragazza con lo stesso registro di Marie-Cornélie Falcon!-
Carlotta e Reyer si guardarono, stupefatti, mentre César non batté ciglio.
-Madame...Un soprano Falcon è rarissimo.- Disse il Maestro, invitando l'insegnante di balletto a riflettere e a frenare l'entusiasmo. Quel tipo di registro implicava un'estensione vocale estremamente ampia, capace praticamente di coprire dal mezzosoprano al soprano leggero.
-Sì, lo so. Per questo credo che non esista una sostituta migliore per la Viscontessa.-
-Avanti allora, fatecela sentire.- Intervenne il Visconte, impaziente di finire.
-Christine, vieni cara...- Con un cenno della mano invitò la giovane a guadagnare il palco e questa la raggiunse, con titubanza -E' ancora un po' grezza nella tecnica, ma imparerà in fretta, con le prove.- Fece segno al Maestro di iniziare a suonare e arretrò di qualche passo, lasciandole spazio.
Al termine dell'introduzione, la ballerina iniziò ad intonare la stessa aria eseguita da Carlotta. Anche lei aveva un timbro caldo e avvolgente, ma, in più, era capace di meravigliosi acuti cristallini, che rendevano leggiadre ed eteree quelle stupende note.
Solo il timore di errori tecnici aveva reso in qualche modo meno emozionante il brano, ma la sua esecuzione era stata perfetta.
Il silenzio che cadde al termine della sua esibizione, però, era carico di tensione.
Era evidente a tutti, anche ai profani, che le due donne erano cantanti eccellenti, ma Christine non aveva mai seguito un vero e proprio corso di studi in proposito, essendo una ballerina.
Il Visconte avrebbe acconsentito alla sua promozione? O avrebbe preferito qualcuno con un curriculum più saldo?
Carlotta aveva la pelle d'oca, assolutamente entusiasmata da quanto appena sentito -Padre, dovrebbe essere lei la Prima. Immaginate quante opere differenti si potrebbero produrre, con la sua voce.-
Christine arrossì, sentendo quelle parole. Temeva che la Viscontessa fosse dispotica, come la soprano uscente, ma non sembrava affatto così.
-Sarai tu e su questo non si discute. Non possiamo affidarci ad una inesperta, andrà bene come sostituta.-
-Nemmeno io sono esperta...- Sussurrò, per farsi sentire solo da lui.
-Tu hai i nervi saldi e sai come ci si comporta in pubblico.- La bellezza della ballerina lo aveva colpito parecchio e le capacità canore la rendevano ancora più attraente, ma l'Operà doveva essere una vetrina per sua figlia, per trovarle marito in fretta, e non poteva permettersi di sprecare quell'occasione.
-Posso insegnarle...- Assieme al Maestro Reyer avrebbe fatto presto a perfezionare le sue lacune tecniche.
-No. E non provarci nemmeno.- Non poteva lasciare che una ragazza qualunque oscurasse la sua stella. -Non immischiarti in faccende che non capisci.-
Un lampo di rabbia accese gli occhi cerulei della mora, che lo fulminò con lo sguardo intimorendolo per una frazione di secondo. -Andrà bene come sostituta.- Ribadì l'uomo, prima di scendere dal palco e troncare il discorso, attraversando la sala e uscendo nuovamente nel foyer, seguito immediatamente da Monsieur Lefèvre, che riprese a illustrargli le varie caratteristiche dell'Operà e degli edifici annessi, e anche da Carlotta, seppur con fastidio e riluttanza.


Appena salirono in carrozza, César la affrontò -Devi capire qual'è il tuo posto o riempirai di ridicolo il casato.-
-Quella ragazza è un fenomeno! Guadagnereste di più se ci fosse lei al mio posto.- Sapeva di poterlo tentare con quell'argomento.
-Ho detto di no.- Sentì il suo cuore spezzarsi, mentre andava contro al suo interesse primario.
-Non ho mai studiato da professionista, non è detto che io abbia la resistenza o le capacità necessarie. Non serve solo la voce per farne un lavoro, padre.-
-Oh, non sarà un lavoro. Mia figlia non deve lavorare, sarebbe disdicevole.-
Carlotta lo guardò, confusa.
-Sarà volontariato. Non risulterai sul libro paga, ma ti esibirai solo per puro amore dell'arte, mentre i poveracci attorno a te lo faranno per sopravvivere.-
La mora appoggiò il gomito al telaio del finestrino e portò le dita alla fronte, frustrata -Davvero pensate che basti questo a non compromettere la nostra reputazione?!-
-Assolutamente. Le opere di prestigio non si fanno per il guadagno e tu apparirai come un angelo caritatevole che deve assolutamente condividere il proprio "Dono Divino". Perfetto, per il focolare.-
-A questo puntavate?!- Lo trovava assurdo e il suo pensiero si dipinse chiaramente sul suo volto.
-La tua mancanza di collaborazione mi ha costretto a trovare soluzioni creative.- Sfruttare la sua passione per l'opera, per tenderle quella trappola, era stato un tocco da maestro.
-Ma voi siete ben consapevole della reputazione che accompagna gli artisti e i rischi che correrei io: povero, ingenuo, immacolato giglio indifeso, alla mercè dei loro più sordidi istinti.- Il sarcasmo traboccava dalle sue parole.
-Certamente, per questo ti troverò uno chaperon.-
Carlotta sbuffò dal naso e serrò la mascella, sempre più frustrata. La situazione peggiorava di secondo in secondo.
-Mi verrà in mente qualcuno.-
-Mercier?-
L'uomo ridusse gli occhi a due fessure -E chi ti difenderà dai suoi, di istinti? Già ringrazio Dio per non avere la tenuta piena di bastardi. Quella stupida di tua madre chissà a cosa pensava lasciandovi frequentare da bambini...-
La ragazza rimase in silenzio per un secondo, uccidendolo con lo sguardo, prima di sciogliersi in un sorriso ampio, che però non si estese agli occhi -Padre, mi sono accorta che i ringraziamenti datevi fino ad ora non sono stati sufficienti per l'estrema pazienza che avete avuto nei miei riguardi, quando avete deciso di istruirmi all’uso delle armi.-
Il padre accennò un sorriso di circostanza, inquietato, poi scrollò le spalle certo di aver frainteso, e riprese il discorso -Lo sai che le donne non hanno buon senso quando si innamorano di un uomo, o quando lui gli fa credere di esserlo.-
-Tra me e Mercier non c'è mai stato nessun interesse di questo tipo e non ci sarà mai.- Era come un fratello, pensarlo in altro modo le dava disgusto.
-Nessuno ti assicura che un giorno non sarà lui a cambiare idea. E' un attore, ti convincerebbe in meno di un minuto spergiurando il matrimonio.-
-Con questa storia della soprano, padre, sinceramente sembra che siate voi a svendermi al primo che passa.-
-Sei vecchia e non ho un erede maschio, quindi devi assolutamente provvedere tu.- Dicendo quella frase gli venne in mente che poteva esserci anche una piacevole alternativa, ma comunque non poteva lasciare che la sua primogenita diventasse zitella. Doveva perlomeno aiutare ad ingrandire il suo impero finanziario, sposando qualcuno di utile.
Carlotta ebbe l’impulso di alzarsi di scatto, afferrarlo per il colletto e cominciare a prenderlo a pugni in pieno volto, fino a fargli chiedere scusa, supplicandola di fermarsi. Invece sospirò, risistemandosi una ciocca di capelli sfuggita dal fermaglio.
-Mi stai ascoltando?- Chiese irritato il padre, riscuotendola dalla sua fantasia.
-Mh? No, mi ero distratta.- Disse, tornando ad incrociare il suo sguardo, con aria di sfida.
-Devono percepire netta la differenza tra noi e loro, questo li frenerà dall'avere mire troppo ambiziose.-
-Padre, fino a due mesi fa nemmeno noi eravamo nobili!- Sbottò.
-Non avvicinarti a loro, non essere amichevole con nessuno. Nemmeno cortese, altrimenti fraintenderebbero. Nemmeno con le donne.-
-Assurdo...-
-Ti farò tenere d'occhio e se tornerai a casa con un bastardo, considerati finita.-   

****

Note:
Buongiorno e buon sabato! Spero che questo primo capitolo vi sia piaciuto, in ogni caso fatemi sapere cosa ne pensate, anche con poche parole, soprattutto se non è stato di vostro gradimento.
Come avrete capito dal titolo, questo racconto è ispirato alla storia de "Il Fantasma dell'Opera." Ho preso spunto sia dal romanzo di Gaston Leroux che dal musical cinematografico del 2004 di Joel Schumacher, quindi troverete personaggi di entrambe le versioni.

L'aria citata in questo capitolo "Casta Diva" è stata scritta dal compositore italiano Vincenzo Bellini e fa parte dell'opera lirica "Norma".
A questo link https://www.youtube.com/watch?v=s-TwMfgaDC8 potrete ascoltare la fantastica Maria Callas interpretare questo brano proprio sul palco di Palais Garnier, ancora oggi sede dell'Operà de Paris.

Colgo l'occasione per ringraziare la mia Beta di fiducia Oscuro_errante per l'impegno e la costanza nel suo prezioso lavoro. Grazie mille!
A sabato prossimo!




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Capitolo 2
*** Angel Of Music ***


2 Angel of music

Ogni riferimento a fatti realmente accaduti, cose, luoghi, persone e organizzazioni realmente esistenti è puramente casuale.


2.
Angel Of Music


Trovata la nuova soprano e la sua sostituta, nonché seconda voce femminile, le prove per il primo spettacolo di stagione iniziarono rapidamente.
Carlotta si impegnava in ogni modo per non contrariare il padre, che nei giorni precedenti le aveva fatto capire che il suo chaperon sarebbe rimasto misterioso, così che lei non potesse eluderne la sorveglianza.
Ufficialmente l'aveva affidata all'attenzione di Madame Giry, dopo aver fatto eseguire dei controlli sulla sua reputazione e aver scoperto che era una  persona assai temuta dietro le quinte. Una vera e propria "eminenza grigia" dell'Operà Populaire, ma era solo per facciata. César non si sarebbe mai fidato di una donna, per giunta artista, visto che nella sua mentalità queste due qualità equivalevano alla definizione stessa di inaffidabilità.

Stavano preparando "L'Annibale", di Chalumeau, e per Carlotta era uno strazio.
Nell'aria del V atto, dove l'imperatrice Elissa ricordava con dolcezza e romanticismo il rapporto con il marito, Annibale, lontano in guerra, lei si sentiva come un elefante in cristalleria. Il suo timbro era troppo ricco e anche se cercava di ridurre la potenza, i suoi acuti risultavano velati e non riusciva ad ottenere la delicatezza necessaria.
Quel brano doveva rappresentare una carezza affettuosa e nostalgica che volava, sospinta da una lieve brezza marina, fino a raggiungere l'amore della sua vita. Lei, invece, gli stava dando una pacca sulla spalla e pure poderosa.
Dopo l'ennesima prova chiese una pausa, mentre i musicisti e i tecnici la applaudivano forzatamente.
Aveva provato a suggerire al Maestro Reyer di utilizzare Christine, ma l'uomo si era rifiutato e, anzi, l'aveva esageratamente elogiata.
Non cantava male, affatto, ma non era adatta a quel ruolo.
César si era imposto sul povero direttore artistico, scegliendo le opere della stagione in base alla parte che avrebbe fatto apparire più facilmente Carlotta come un'ottima moglie, indipendentemente dal tipo di voce richiesta, e questo complicava tutto.
Il Maestro si sarebbe ritrovato a dover riscrivere e riadattare opere che aveva eseguito per decenni e non era sicuro di riuscire ad ottenere risultati convincenti. Tuttavia, il Visconte era il proprietario e se non lo avesse assecondato sarebbe stato certamente rimpiazzato, perdendo così la sua unica fonte di reddito.


Chiusa nel camerino, Carlotta si scervellava su come risolvere la situazione in cui si era ritrovata suo malgrado. Per la prima volta nella sua vita detestava cantare.
Si sentiva in imbarazzo, impacciata e a disagio e, in più, non poteva sfogarsi con nessuno. César si era raccomandato di non essere cortese con loro e non sapeva quanto potesse fidarsi di madame Giry. Di quanto, delle sue eventuali confidenze e ritrosie, sarebbe arrivato all'orecchio del padre.
In quella settimana di prove l'idea di fuggire con Mercier era diventata sempre più allettante.
Si spruzzò il tonico per le corde vocali in gola e riappoggiò la bottiglietta sulla toeletta, prima di sedersi scompostamente e lasciar andare la testa all'indietro, rilassandosi completamente in un sospiro carico di frustrazione.
Quasi si malediceva per aver spinto il padre verso il teatro, distogliendolo dall'acquisto della galleria d'arte che aveva preso in considerazione, ma non poteva di certo immaginare un simile comportamento.
Forse le sarebbe convenuto accettare la prima richiesta di matrimonio che sarebbe arrivata, senza obiezioni, e concludere così il più in fretta possibile la sua carriera da soprano.
Se fosse stato un uomo d'affari avrebbe comunque avuto qualche momento di libertà, come sua madre, mentre César era in viaggio, ma certamente non avrebbe mai più rivisto Mercier e avrebbe anche dovuto occuparsi dei figli che un simile accordo esigeva.
Sentì lo stomaco contorcersi, il fatto che la sua razionalità le permettesse di prendere in considerazione l'idea non ne implicava l'accettazione.
Presa tra due fuochi, si sentiva letteralmente in trappola e preferiva rimanere da sola, anche per lunghi periodi, che non dover ostentare superiorità. Lei non era nata nobile e non si era mai permessa di trattare con sufficienza nemmeno la servitù domestica, cosa che invece riusciva benissimo a suo padre.
All'improvviso, una melodia leggera le raggiunse l'orecchio e risollevò la testa, incuriosita, cercando di seguirne il filo. La riconobbe in pochi istanti, era l'aria del V atto. Lieve e soave.
Il camerino accanto al suo doveva essere quello di Christine. 
Si fermò ad ascoltare quelle note che sembravano ricamate nell'aria. Lei non sarebbe mai riuscita a raggiungere tonalità così alte e non dipendeva dai suoi sforzi, dai suoi studi e dalle prove. Dipendeva dalla sua natura, dalla lunghezza e dallo spessore delle corde vocali, e contro quello non poteva fare niente.
Era questo che César si rifiutava di capire.
Doveva trovare il modo di tirarsi indietro, era giusto che fosse Christine ad avere il ruolo principale. Lo spettacolo sarebbe stato di gran lunga migliore.
Continuò ad ascoltare, invidiandole quel tono leggero, ma in uno dei punti più bassi dell'aria sentì la voce della giovane appiattirsi innaturalmente. Non aveva preso la nota.
Tese l'orecchio, sentendola riprendere e ripetere. Andò meglio, il suono le giunse più armonioso, ma tuttavia sarebbe dovuta scendere ancora più in basso.
-Non così, più giù!- Sentì la voce stizzita di una donna, le sembrò madame Giry. Non era granché come suggerimento, Christine sapeva senza dubbio che non era la tonalità giusta.
Rimase in ascolto per qualche minuto ancora, sentendo la tutrice arrabbiarsi sempre di più, ma senza dare suggerimenti concreti alla ragazza. Probabilmente le conoscenze dell'insegnante erano solamente parziali per quello che riguardava il canto.
Lei avrebbe saputo cosa dirle, invece. Sentì la sua frustrazione aumentare...Se solo suo padre non si fosse intromesso...
Nei pochi istanti in cui si erano viste sul palco, il modo in cui le sue guance si erano imporporate e il sorriso modesto che le aveva rivolto, l'avevano indotta a pensare che fosse una persona cortese e dall'animo gentile. Sarebbe stato un piacere insegnarle e trascorrere del tempo con lei, probabilmente.
-Smettila di fare la sciocca e impegnati! Sai benissimo come si fa!- Sentì del trambusto che non riuscì ad identificare, poi il rumore della porta che si chiudeva e il suono di tacchi nel corridoio, prima di sentire Christine piangere disperatamente in camerino.
Carlotta si sentì sprofondare, quella povera ragazza stava peggio di lei.
Nemmeno lei era una professionista e si era ritrovata in quel ruolo all'improvviso, senza le conoscenze necessarie e senza nemmeno la protezione del titolo nobiliare, o dei soldi del padre.
Si sentì sciocca per essersi lamentata per la propria situazione e, colta dalla rabbia per la propria impotenza, scattò, spazzando con il braccio il ripiano della toeletta e facendo cadere tutto a terra.
La veemenza di quel gesto fu tale che il pesante flacone di tonico, in vetro intarsiato, andò a schiantarsi contro il muro, colpendo il telaio dello specchio e infrangendosi a terra.
Non si degnò nemmeno di guardare il risultato del suo gesto, troppo presa dal furore e dalla ricerca di una soluzione. Loro non erano oggetti nati solamente per soddisfare le ambizioni dei genitori!
Fu qualche istante dopo, che una corrente gelida l'avvolse, accompagnata da un forte odore di umidità.
Si voltò, allarmata, e notò che lo specchio era scostato dal muro.
Lo raggiunse e vide che c'era un passaggio. Provò a spostare ancora di più il vetro, ma non riuscì, perché i cardini su cui era montato erano estremamente irrigiditi dalla ruggine.
Quella scoperta l'aveva distratta dai suoi problemi e aveva acceso la sua immaginazione. Avrebbe voluto ispezionare il cunicolo immediatamente, ma probabilmente il resto del cast la stava aspettando, per proseguire con le prove, e una lunga assenza avrebbe certamente insospettito madame Giry.
Sospirò, spingendo con tutte le sue forze lo specchio nuovamente al proprio posto.
Avrebbe anche dovuto cambiarsi d'abito, l'ampia gonna che indossava avrebbe strisciato lungo le pareti raccogliendo sporcizia e ragnatele e rendendo evidente a chiunque l'avesse incrociata che c'era qualcosa di strano.
Raccolse rapidamente gli oggetti che aveva scagliato a terra e, dopo essersi ricomposta, uscì dal camerino, chiudendo a chiave e portandola con sé. Non era rimasto alcun segno della sua scoperta, ma non voleva correre rischi.


Stesa sul prato dietro casa, si godeva gli ultimi raggi del tramonto, mentre Mercier toglieva le selle ai loro cavalli e li lasciava liberi di pascolare nelle vicinanze, prima di stendersi sull'erba, accanto a lei.
-Non pensavo che le cose andassero così male- disse Carlotta dispiaciuta, mentre giocherellava con una mela, divertendosi a lanciarla sopra la propria testa e a riprenderla al volo.
-Non abbiamo veri ingaggi da molto, ormai, poi Angelique si sposa e Celine e Aubert si uniranno al circo...- Il ragazzo sospirò, passandosi una mano tra i lunghi capelli castani prima di rivolgere gli occhi azzurri al cielo e incrociare le braccia dietro al capo -Sarà dura.-
-Forse, ma sono certa che riuscirai a trovare dei nuovi compagni e a rimetterti in sesto.-
-Questa volta non lo so, Carlotta. Forse dovrei far felice mia madre e tornare a vivere qui. Mio padre sta invecchiando e le vostre stalle diventano sempre più difficili da gestire.-
-Almeno hai un'alternativa e non sarai costretto a patire la fame.- Pensò di nuovo a Christine, lei non aveva nient'altro se non l'Operà. Se l'avessero cacciata si sarebbe trovata in grossi guai e probabilmente non aveva idea di come fosse il mondo fuori dal convitto.
-Certo, ma decisamente non è il mio sogno.-
La ragazza annuì, capendo. Mercier in quanto uomo aveva qualche possibilità in più, sapeva anche leggere e scrivere, ma non era molto diverso dal suo caso. Mugugnando, gli disse: -Il mio sogno si sta trasformando in un incubo, invece.-
-Troppa fatica?-
-No, è che non sono adatta. E poi io volevo scrivere, lo sai.- Addentò la mela e poi la passò al ragazzo accanto a lei, che la imitò. -Ma mio padre vuole mettermi in mostra, per farmi sposare in fretta- Aggiunse frustrata.
-Chi otterrà la tua mano sarà fortunato.- Biascicò l'amico con la bocca piena.
-Ma io no.- Tra gli affari del padre e il titolo nobiliare, per lei c'era solo il matrimonio combinato. Non avrebbe mai avuto la fortuna di sposarsi per amore.
-Una bella casa, ottimo cibo, denaro, bambini...Cosa vuoi di più?-
Quel commento la infastidì, si aspettava più comprensione -Ti ricordi com'era con la...Mamma?-
Il ragazzo smise di masticare, prima di sospirare pensieroso.
-Ricordi come cambiava quando lui rientrava? Io non voglio che succeda anche a me.-
-Lo stai già facendo...-
-Sì, e lo detesto.-
-Se il Visconte ti vedesse adesso, in camicia e pantaloni, da sola e in compagnia di un uomo, morirebbe.- Ridacchiò, immaginandolo paonazzo.
-Beh tu non sei un uomo, altrimenti avrei evitato-
Il ragazzo si sollevò sul gomito, sporgendosi verso di lei fin quasi a sovrastarla -Ah no?- Chiese, con voce profonda e calda, incatenando lo sguardo ceruleo al suo.
-No...Sei Mercier.- Rispose Carlotta, non capendo perché l'amico la guardasse a quel modo.
Dopo un istante di silenzio il giovane scoppiò a ridere -Non sapevo di essere eunuco!-
La mora lo spinse via, ridacchiando a sua volta e si mise a sedere, provando improvvisamente un vago imbarazzo.
Quando Mercier smise di ridere, tornando a stendersi sulla schiena per riprendere fiato, la giovane decise di raccontargli della sua scoperta -Ho trovato una specie di passaggio segreto, dietro allo specchio del mio camerino.-
-Ah sì? E dove porta?-
-Non lo so, non ho avuto modo di guardarci oggi, ma magari è solo un ripostiglio.- Nella fretta e nel buio non era riuscita a capire quanto fosse profondo.
-Oppure è uno dei tunnel segreti del Fantasma!- Scherzò l'attore.
Carlotta lo guardò confusa.
-Hai comprato l'Operà e non sai la storia del Fantasma dell'Opera?- Si mise a sedere anche lui, sorpreso.
-No...-
-Voi ricchi siete assurdi. Bisogna sempre controllare la merce prima di acquistarla!-
-Se ne è occupato mio padre e di sicuro non avrà dato ascolto alle leggende... Tu cosa sai?-
-Il Fantasma dell'Opera è il protettore del teatro. Si dice che appaia ogni volta che l'Operà è in pericolo...Si dice anche che sia orrendamente sfigurato e che porti una maschera, per non far impazzire chi dovesse incrociarlo. Pare che il predecessore di Lefèvre abbia avuto non pochi problemi con lui e che all'improvviso diversi manovali siano spariti nel nulla. C'erano stati anche molti incidenti misteriosi...-
-Sei pessimo a raccontare le storie.-
-Per questo le faccio scrivere a te!-
Carlotta lo spintonò nuovamente, giocando, e si alzò, recuperando i resti della mela e allontanandosi di qualche passo, richiamando la sua cavalla -Argo!- Gridò. Anche se era femmina, aveva scelto quel nome per via del suo manto palomino, che le ricordava la leggenda di Giasone e del viaggio per trovare il "Vello d'Oro".
La giumenta la raggiunse, placida, e mangiò il frutto dalla sua mano, mentre la mora le accarezzava il muso -Tu sì che mi capisci...- Sospirò, appoggiando la fronte contro quella dell'animale -Come faccio a non esibirmi, Argo?- Le chiese a mezza voce, mentre il cavallo cercava un'altra mela, tastandole il palmo con le labbra.
-Dì che hai mal di gola.- Li raggiunse Mercier.
-Funzionerebbe solo per un paio di giorni e, se insistessi, mio padre chiamerebbe il medico.-
-Potremmo guadagnare tempo e cercare un'idea migliore. Dì che hai la voce affaticata e che ti serve riposo...-
Carlotta annuì. Era solo un espediente, ma nel frattempo avrebbe potuto pensare ad una soluzione -I tuoi consigli sono sempre preziosi, Argo. Grazie.-
-Ora sono pure un quadrupede?- Ribatté Mercier.
-Io parlavo con lei, sei tu che ti sei intromesso.- Era la sua piccola vendetta per non averla ascoltata prima.
-Allora la prossima volta starò zitto.- Sorrise divertito, mentre sospirava di sollievo.
In quel periodo tutto il mondo del ragazzo stava cambiando.
Lo sciogliersi della compagnia e l’addio agli amici e ai suoi sogni da attore era estremamente difficile, anche se cercava di non mostrarlo.
Temeva che, con l'acquisto del titolo, anche Carlotta si allontanasse da lui, che le differenze tra loro si facessero ancora più incolmabili. Era felice di vedere che, invece, almeno con la ragazza, nulla era cambiato. Anche se si frequentavano meno, visti gli impegni a teatro, lui era ancora il suo confidente e lei la sua migliore amica.


Decisa ad utilizzare la scusa della voce affaticata il più tardi possibile, per dare al padre l'impressione di voler realmente esibirsi e non sollevare sospetti, Carlotta frequentò assiduamente il teatro nei giorni seguenti, mostrandosi allegra e impaziente con madame Giry, che la perdeva di vista solo quando doveva far esercitare il corpo di ballo.
Era di quei momenti che approfittava la Viscontessa.
Chiusa a chiave in camerino, con la scusa di riposare, Carlotta ispezionava quello che aveva scoperto essere un dedalo di corridoi.
Dopo aver rubato una lanterna, dei pantaloni e una camicia dal magazzino dei costumi, si era dedicata all'esplorazione. Erano giorni che passeggiava in solitudine per quei passaggi bui, talvolta strettissimi, altre volte estremamente bassi, e ancora non aveva visto tutto. C'era letteralmente un altro mondo dentro a quel teatro.
Alcuni corridoi erano evidentemente delle intercapedini create dalle numerose ristrutturazioni avvenute in quei decenni, ma altri erano fin troppo rifiniti per essere un risultato casuale.
Scalini di pietra, anelli per appendere torce, scale a pioli che salivano fino ai palchi in platea e pannelli che nascondevano uscite nei luoghi più impensati. Una volta era perfino sbucata nel cornicione interno alla base della cupola e aveva rischiato di cadere, perché non c'era nessuna barriera tra lei e il vuoto sottostante.
Prese anche l'abitudine di fare dei piccoli segni sui muri con il gesso, per non perdere l'orientamento. Era un vero e proprio labirinto.
Quel giorno aveva deciso di dirigersi verso il basso, per ispezionare i sotterranei. Dopo numerose svolte, scese una scala a pioli e restò esterrefatta, quando si ritrovò sulla sponda di quello che sembrava un canale.
Il corso d'acqua, chiaramente artificiale, cominciava da molto prima e si perdeva nell'oscurità. Sapeva che c'era un bacino artificiale là sotto, costruito per preservare le fondamenta dalle acque degli affluenti sotterranei della Senna, ma non si aspettava che fosse così grande.
Legò il laccio che teneva chiuso il colletto della sua camicia all'ultimo piolo, lasciandolo pendere all'altezza della testa così da essere sicura di notarlo, tornando indietro, e imboccare subito la scala giusta. Controllò anche il livello dell'olio nella lanterna e ridusse l'intensità della fiamma. Non poteva assolutamente permettersi di restare al buio, là sotto. L'argine era stretto e se fosse caduta in acqua non avrebbe avuto scampo.
Camminò per molto tempo seguendo la corrente, placida e silenziosa, in superficie.
In lontananza poteva sentire ancora l'orchestra suonare, chissà quali rimbalzi faceva l'acustica per arrivare fin là sotto, ma più avanzava e meno diventava percepibile.
Ad un tratto, la sponda di pietra su cui camminava si interruppe, sparendo, mentre il canale si allargava diventando un vero e proprio lago. Si fermò, non poteva avanzare senza un'imbarcazione e non c'era più alcun passaggio visibile.
Sentiva solo lo sciabordare morbido dell'acqua contro le pareti e le colonne in muratura, amplificato dal soffitto a botte che sosteneva il peso dell'intero edificio.
Ebbe un brivido di paura, quando realizzò che tutto il teatro era praticamente sospeso sull'acqua e che un piccolo cedimento di quelle volte avrebbe causato una catastrofe.
Tornò indietro rapidamente, recuperando il laccetto. Anche se aveva un buon alibi non voleva correre troppi rischi, assentandosi a lungo.
Fu nella fretta e nell'eccessiva sicurezza di essere quasi arrivata al proprio camerino che sbagliò a svoltare, oltrepassando l'arrivo. Si bloccò, interdetta, quando vide delle assi di legno sconnesse al posto del telaio del suo specchio. Quei corridoi erano troppo bui e simili.
Raggiunse i legni, notando della luce trapelare dalle fessure. Se avesse capito dov'era probabilmente sarebbe riuscita a ritrovare la strada giusta.
Sbirciando, vide che le assi coprivano uno specchio simile al suo che si affacciava su una stanza, non molto grande, ma rifinita in maniera più che dignitosa. Nell'angolo, sopra una chaise longue, giaceva scomposta Christine. Sembrava dormire.
La guardò con tenerezza e poi arretrò, contenta di essersi sbagliata di poco e ritornando rapidamente nel proprio camerino.
Si tolse gli abiti rubati e li agganciò al primo dei sostegni per le torce, poi richiuse lo specchio e si rivestì. Da sola non riusciva a stringere il corpetto come avrebbe dovuto, ma aveva la scusa del canto per lasciare le stringhe più lente, poi girò la chiave nel chiavistello, sbloccando la porta, e si mise a fare dei vocalizzi di riscaldamento, per essere sicura di farsi sentire da chiunque passasse nel corridoio e dare l'impressione di essere sempre stata lì.
Appena possibile avrebbe risalito il canale, voleva capire da dove partiva.
Mentre riscaldava la voce pensava ai cunicoli trovati, cercando di mandarli a memoria e ottenere una sorta di mappa. Come poteva tornarle utile? Si divertiva ad esplorarli in pace, lontana dagli occhi di madame Giry e dagli uomini assunti da suo padre, ma come altro poteva utilizzarli? Se avesse trovato l'uscita del bacino visto poco prima, avrebbe potuto entrare e uscire indisturbata dal teatro, eludendo ogni sorveglianza, ma quale vantaggio ne avrebbe avuto? Se si fossero accorti della sua assenza che scusa avrebbe potuto riferire?
Doveva riflettere meglio, tutta quella storia doveva assolutamente avere un senso. Non voleva che restasse solo uno svago fine a sé stesso.


Fu un paio di giorni dopo che suo padre si assentò per un viaggio d'affari in Germania e Carlotta decise di approfittarne. Ordinò alla servitù di non disturbarla assolutamente fino al mattino e, con la complicità di Mercier, uscì di casa a notte fonda.
Avvolta nel soprabito del ragazzo e con il tricorno calcato in testa, galoppò fino al teatro e, costeggiandolo, trovò il punto dove i canali di scolo dell'edificio si gettavano in un profondo fosso. Non fu difficile, dato l'olezzo che ne proveniva, ma lei cercava un accesso diverso. Nel bacino sotterraneo non c'era nessun odore, era acqua pulita.
Notò che da una delle grate di scarico l'acqua usciva con una corrente più rapida, creando delle piccole increspature incrociandosi con quella del fosso. La raggiunse, camminando sullo stretto bordo del fossato erboso, appoggiandosi al muro del palazzo, e si chinò, provando a guardare dentro.
Era buio e la lanterna che aveva con sé non riusciva a fare abbastanza luce all’interno, ma l'odore dei liquami era decisamente meno forte e la fiamma della lucerna sembrava riflettersi su un'ampia superficie. Provò a vedere se aveva fortuna, tirando le sbarre di ferro per capire se qualcuna poteva cedere, ma nulla si mosse. Avrebbe dovuto lavorare dall'interno per crearsi un'uscita, lì avrebbe rischiato di attirare l'attenzione e poi non aveva niente di utile con sé.
Rimontò in sella alla cavalla e raggiunse le scuderie del teatro, entrandovi a piedi per non far troppo rumore. Le stalle erano praticamente deserte, a parte un paio di stallieri ubriachi addormentati l'uno sull'altro.
Legò mollemente la giumenta allo steccato, vicino ad altri cavalli. Sembrava non essere l'unica ad aver deciso di fare una visita notturna, d'altronde gli artisti erano famosi per la loro "sete di vita", pensò ingenuamente. Forse sarebbe stato ancora più improbabile che qualcuno facesse caso a lei.
Sollevò il bavero del cappotto ed entrò, cercando di non far rumore e strisciando nell'ombra. Sentiva un gran chiasso di gente, che gridava e rideva, provenire dalle cucine e decise di non attraversarle, passando invece per i corridoi deserti del convitto. Si infilò nel primo sgabuzzino, richiudendosi la porta alle spalle, e si diresse alla parete di fondo, scostando scope e stracci per raggiungere l'accesso a uno dei passaggi segreti, coperto da un pannello di legno rivestito di mattoni, per confondersi con il muro.
Vi scivolò dentro e una volta richiuso l'ingresso tirò un sospiro di sollievo. Non doveva più preoccuparsi di essere vista e, se qualcun altro fosse stato in quei corridoi, magari dopo averli scoperti casualmente, come lei, c'era abbastanza silenzio da sentirne i passi in lontananza. 
Riteneva però improbabile che qualcuno fosse a conoscenza dei passaggi, tutti i corridoi che aveva visitato erano ingombri di polvere e ragnatele e più di una volta aveva dovuto usare l'olio della lanterna per ungere i cardini irrigiditi dalla ruggine. Era da molto che nessuno passava da lì.
Abbassò il bavero del cappotto e sollevò leggermente il cappello, in modo da vedere meglio, poi si diresse rapidamente al suo camerino. Non vi entrò, non le serviva niente da lì e avrebbe solamente rischiato di far rumore e farsi scoprire, ma era stato sempre il suo punto di partenza per le esplorazioni e da lì riusciva ad orientarsi con più facilità.
Percorse i corridoi e scese le scale, ritrovandosi nuovamente sulla sponda del canale sotterraneo, ma questa volta, al contrario della precedente, risalì la corrente. Voleva vedere da dove iniziava il corso d’acqua.
Camminò a lungo, nella semioscurità, finché la banchina di pietra non si interruppe e un riva ghiaiosa accolse i suoi piedi. Si stava avvicinando alla sorgente.
Difatti, da lì a poco, trovò una parete a sbarrarle il passaggio, ma, alla base della stessa, sgorgava acqua dal sottosuolo. Ben più interessante era però la piccola imbarcazione dal fondo piatto, tirata in secca e legata ad un ormeggio, e la scalinata di pietra che risaliva, sparendo nel buio.
La tentazione di vedere se l'imbarcazione reggesse ed andare subito ad ispezionare il bacino era forte, ma si costrinse a resistere, pensando che sarebbe stato più sicuro farlo di giorno. Le poche volte che era salita su una barca era in compagnia di Mercier o sua madre, nel laghetto del parco. Non poteva assolutamente dirsi esperta.
Accorciò la corda di ormeggio e mise la barca in acqua. Il mattino dopo, alla prima occasione, sarebbe scesa a controllare e avrebbe risparmiato tempo, potendo vedere subito in che condizioni sarebbe stata l'imbarcazione dopo una notte nella corrente.
Salì le scale rapidamente, strappando man mano le ragnatele e, dopo poco, si ritrovò in uno dei corridoi principali, collegato nuovamente al passaggio per i camerini, ma decisamente più rapido e agevole rispetto al percorso che aveva fatto precedentemente per raggiungere il canale.
All’improvviso, sentì una melodia provenire dal camerino di Christine.
Era quasi mezzanotte, possibile che stesse festeggiando con qualcuno? Sentì una piccola morsa allo stomaco e si avvicinò curiosa, riconoscendo l'aria del quinto atto. Sospirò frustrata, ormai quel pezzo la nauseava da quante volte l'aveva ripetuto.
Si mise ad osservarla, attraverso le assi.
Christine era da sola, in camicia da notte, con uno spesso scialle sulle spalle. Doveva essere sgattaiolata di nascosto dal dormitorio, e, in piedi, al centro della stanza, provava e riprovava sempre la stessa strofa.
Se avesse continuato a quel modo, si sarebbe rovinata le corde vocali. Chi non aveva mai seguito un serio corso di canto finiva sempre con il sottovalutare il problema. Come i muscoli, anche quelle necessitavano di riposo e recupero per funzionare al meglio.
Poteva lasciarle un biglietto? L'avrebbe visto tardi e certamente si sarebbe chiesta chi l'avesse scritto, e non erano molte le persone che sapevano scrivere, lì dentro.
Rifletté ancora, frustrata da una situazione facilmente risolvibile se non per gli ordini di suo padre.
Non poteva essere sicura che Christine non dicesse ad altri, magari innocentemente, che lei l'aveva aiutata.
Segreti del genere non restavano tali a lungo e lei aveva assoluta necessità di restare al di sopra di ogni sospetto, per rendere credibile la casualità di un affaticamento vocale il giorno dello spettacolo. Anche una singola voce, una lieve illazione, avrebbe reso impossibile il suo piano, quindi non doveva assolutamente farsi vedere, anche perché la notizia di una Viscontessa a teatro, di notte, senza nessuno a garantire per lei, avrebbe certamente creato scandalo.
Per assurdo, se fosse stata un uomo, sarebbe stata acclamata per il suo ardore giovanile.
Fu in quel momento che le venne l'ispirazione. L'assurda leggenda che le aveva raccontato Mercier poteva finalmente tornarle utile, e anche quei corridoi segreti
Avrebbe potuto presentarsi a Christine come il Fantasma. Nessuno l'aveva vista entrare, nessuno l'avrebbe vista uscire e nessuno avrebbe creduto alla ragazza, se lo avesse raccontato.
Doveva però trovare il modo di camuffare la voce... Mercier le venne di nuovo in aiuto. Aveva usato una sorta di imbuto, durante una rappresentazione, per fare la voce di "Giove Tonante". Sicuramente dovevano avere qualcosa di simile anche lì...ma avrebbe rischiato di incrociare qualcuno se si fosse messa a frugare nei magazzini. Senza contare che non sapeva neanche dove cercare. Tra le scenografie, tra gli oggetti di scena oppure nel deposito tecnico?
Avrebbe corso meno rischi a chiedere a Mercier di prestarglielo, ma non poteva tornare a casa e rientrare di nuovo, e suo padre sarebbe tornato dopo l'indomani. Avrebbe avuto troppo poco tempo per insegnarle qualcosa.
Si tolse il fazzoletto da attorno al collo e se lo premette sulla bocca. Avrebbe cercato di mantenere una tonalità più bassa possibile e sperato che, tra il muro e l'eco del corridoio, la sua voce giungesse alla giovane irriconoscibile.
Prese un grosso respiro, tesa come una corda del suo violino, e provò a parlare.
-Christine.-
La ragazza si interruppe bruscamente e si guardò attorno un attimo, prima di aprire la porta pensando che qualcuno l'avesse chiamata dal corridoio -Sì?- Chiese, notando che non c'era nessuno.
Carlotta si trattenne dal ridere, premendosi la mano sulla bocca.
La bionda tornò indietro, perplessa, poi fece spallucce, doveva essere stata solo un'impressione.
Prima che ricominciasse a cantare, Carlotta parlò di nuovo -Christine, fermati.-
-Chi c'è?!- Spaventata, la giovane arretrò fino a trovarsi con le spalle al muro, guardando ogni angolo del camerino con terrore e preparandosi a scattare verso la porta.
La Viscontessa parlò rapidamente, se fosse scappata tutto sarebbe stato inutile -Non voglio farti del male. Voglio aiutarti.-
-Chi sei?!- Chiese ancora, agitata.
-Sono il...-Se avesse usato il termine fantasma, probabilmente la ragazza avrebbe urlato e tutti sarebbero accorsi a vedere -Sono un angelo.-
-Un angelo?- Chiese, leggermente meno spaventata.
-Sono l'Angelo della Musica.- Chiese mentalmente perdono a sua madre, non voleva disonorarla usando la stessa metafora che aveva coniato per lei, nei suoi pensieri -Voglio insegnarti a cantare.-
Christine non sapeva cosa dire, quella situazione le sembrava impossibile, eppure nella stanza c'erano solo lei e quella voce che riecheggiava dappertutto nel camerino.
Che fosse un sogno? Era l'unica spiegazione logica. Doveva essersi addormentata e star sognando di provare -Perché, Angelo?-
-Perché sei buona.- Era quella l'impressione che le aveva dato -E meriti aiuto. Ti sei impegnata tanto.-
-Come fate a saperlo?- Chiese trasalendo.
-Sono un angelo, vedo e sento tutto. E ho visto che Madame Giry non è una buona insegnante.- I discorsi origliati nei giorni precedenti la aiutarono a rendersi più credibile.
-Mère fa tutto quello che può...-
-Senza dubbio, ma non può insegnarti ciò che non sa.- Era poi anche convinta che Madame avesse colto l'occasione di proporla come sostituta per pura ambizione personale. Avrebbe potuto migliorare le sue condizioni sociali attraverso il successo di Christine, presentandosi come sua tutrice. Non molto diverso da quello che voleva fare suo padre.
La bionda annuì, ancora un po' titubante.
-Sei bravissima, hai una voce stupenda.- Cercò di tranquillizzarla -E anche una dedizione ammirevole, ho visto quanto ti sei esercitata.-
-Grazie, siete troppo gentile.- La ragazza sorrise timidamente, arrossendo, e Carlotta trovò in quella splendida innocenza la conferma delle sue impressioni.
-Hai voglia di provare ancora un po'?-
-Certamente, Monsieur-
-Ho sentito che hai problemi sulle note basse, proverei a fare qualche vocalizzo mirato, mettendo da parte l'aria dello spettacolo- Non la sopportava più, l’aveva ripetuta troppe volte.
-Come desiderate.-
-Trattami come un amico, non occorrono convenevoli.- Lei le aveva dato direttamente del tu, vista la simile età e il suo ceto sociale inferiore, ma si era accorta di starle fornendo un indizio sulla propria identità e in quel modo sperò di aver rimediato. Poi, era più facile spiegarsi con pochi giri di parole.
-Come desid- Sbuffò bonariamente -Sì. Va bene.-
Carlotta sorrise -Restiamo in un registro grave, così che le corde vocali non si affatichino troppo.-
-Registro grave...?-
Carlotta rimase sorpresa da quella domanda. Aveva sentito la ragazza utilizzare i registri appropriatamente e aveva dato per scontato che sapesse di cosa stessero parlando.
-Quando canti note più basse e senti vibrare in maschera.-
La ragazza non disse nulla, abbassando lo sguardo.
La mora si mise le mani nei capelli, possibile che madame Giry dicesse solo "Più in alto!" e "Più in basso!"? Se stavano così le cose, Christine era praticamente autodidatta. Puro talento.
-Si dice "maschera" quando senti vibrare la zona del volto attorno al naso.-
-Ah, ho capito. Perdonami, io questi termini non li conosco...-
-Non preoccuparti. Cercherò di essere il più chiar…- Si interruppe, accorgendosi che stava per usare il femminile -Il più chiaro possibile.- L'importante era che imparasse, che poi conoscesse i tecnicismi era secondario.
-Seguimi, dicendo la sillaba MO- Carlotta iniziò un vocalizzo di più suoni congiunti, ripetendo la sillaba detta, salendo gradatamente di nota e poi ridiscendendo, ma sempre cercando di mantenere l'intonazione più cupa possibile. Cosa non da poco, perché era abituata a fare quegli esercizi a voce piena e sentiva crearsi una forte tensione all'altezza della gola. Tuttavia, Christine la seguiva perfettamente e le disse di proseguire come sapeva, mentre lei ascoltava.
Dopo diverse ripetizioni, ecco che le tonalità più basse, quelle che faticava a raggiungere nell'esecuzione dell'aria, cominciavano ad affacciarsi e a diventare più naturali. Non erano ancora perfette, ci sarebbe voluto tempo ed esercizio, ma era la riprova che la ragazza aveva l'estensione giusta, solo non conosceva la strada per arrivarci.
-Bravissima. Hai sentito che ci sei quasi?-
-Sì...- Christine era meravigliata, erano giorni interi che provava.
-Possiamo ridurre i tempi con questi esercizi mirati. Il resto ti viene bene.- Sorrise tra sé e sé. -E' ora di riposare. Facciamo un po’ di raffreddamento e poi smettiamo, per oggi.-
Le spiegò alcune semplici tecniche e guardò che la ragazza le eseguisse correttamente. Domani, prima delle prove, prenditi qualche minuto per fare dei vocalizzi, a labbra chiuse, in cui pronunci "Brrr", come un brivido, ma prolungato e cambiando intonazione nel frattempo. Arriverai sia più in alto che più in basso rispetto al cantato e questo ti permetterà di attivare i muscoli giusti. E mi raccomando, devi sentire pizzicare dietro al naso mentre lo fai.- Quell'ultima frase gliela diceva sempre il suo insegnante, quando era piccola.
-Va bene, non mancherò!-
-E ricorda che riposare la voce è estremamente importante. Fai come la Viscontessa e prendi delle pause durante le prove, o ti rovinerai la gola.-
-Va bene.- Rispose dubbiosa.
-Domani continueremo. Cerca di restare sola qui in camerino, io arriverò appena possibile.- Non sapeva quando avrebbe avuto occasione di raggiungerla.
-Mi raccomando Christine, non parlare con nessuno di me o non potrò più aiutarti. Ricorda che io vedo e sento tutto...- Arretrò lentamente, smorzando la voce nel silenzio. Quell'ultima parte l'aveva detta per essere sicura che non parlasse, ma sperava di non averla intimorita troppo.
-Certo che no! Hai la mia parola!-

****

Note:
Buongiorno e buon sabato! Spero che questo capitolo vi sia piaciuto, in ogni caso fatemi sapere cosa ne pensate, anche con poche parole, soprattutto se non è stato di vostro gradimento.

-L'opera citata in questo capitolo, "L'Annibale" di Chalumeau, è in realtà un'opera immaginaria, scritta da Andrew Lloyd Webber appositamente per la drammatizzazione de "Il Fantasma dell'Opera".

-Altra piccola curiosità: all'ultimo piano dei sotterranei del palazzo dell'Opera c'è realmente un bacino idrico artificiale, di circa 2500 mq, costruito per isolare le fondamente dalle acque di una faglia scoperta durante gli scavi per la costruzione dell'edificio. Ancora oggi viene mantenuto pieno ed è effettivamente navigabile con piccole imbaracazioni. Da quello che mi risulta non è visitabile dai turisti.

Colgo l'occasione per ringraziare la mia Beta di fiducia Oscuro_errante per l'impegno e la costanza nel suo prezioso lavoro. Grazie mille!
A sabato prossimo!

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Capitolo 3
*** The Music's Throne ***


3 the music's throne

Ogni riferimento a fatti realmente accaduti, cose, luoghi, persone e organizzazioni realmente esistenti è puramente casuale.



3.
The Music's Throne



Il mattino seguente, dopo una nuova lezione di canto con la sua pupilla, Carlotta scese alla sorgente, decisa a controllare la barca e a iniziare la perlustrazione del bacino.

Prese da terra il lungo palo necessario per manovrare l'imbarcazione e vi salì, trovandovi solo poche dita d'acqua sul fondo. Agganciò la lanterna alla prua e si diresse verso il lago, aiutata anche dalla corrente favorevole.
Lo raggiunse in pochi minuti e proseguì, intenzionata per prima cosa ad arrivare alla parete opposta, per farsi un'idea di quanto fosse effettivamente grande il bacino e riuscire ad orientarsi. Al ritorno avrebbe costeggiato una delle pareti, così da trovare meno corrente.
Dopo diverso tempo che procedeva in linea retta, segnando il proprio passaggio su ogni colonna che incrociava con il gesso, raggiunse la parete di fondo e vide la grata di scarico, da cui trapelavano i raggi del sole. Tranquillizzata da quella fonte di luce e dalla certezza della propria posizione, si accostò alle sbarre, per capire come crearsi un passaggio. L'unica cosa che le venne in mente era segare il graticcio, in qualche modo. Avrebbe dovuto sentire con Mercier quale fosse lo strumento più adeguato...E sperare di riuscire a cavarsela da sola.
Sarebbe stato comodo chiedere all'amico di aiutarla, ma se si fossero assentati entrambi dalla tenuta, senza una valida giustificazione, avrebbero alimentato le voci già insistenti tra la servitù e se il ragazzo fosse stato sorpreso a teatro lo avrebbero scambiato per un ladro, visto che non faceva parte del personale.
Aveva già trovato delle difficoltà a eliminare le assi che le coprivano la visuale sul camerino di Christine, così da vederla meglio e poterne correggere  la postura, e quel lavoro sembrava ancora più complesso, il che la preoccupava un po'.
Osservata bene la grata, diresse la barca parallela al muro, aiutandosi con il palo e spingendosi anche con la gamba, per evitare di urtare la parete.
Diverse feritoie aiutavano ad illuminare l'ambiente, probabilmente erano degli sfiati per l'acqua, nel caso in cui il livello fosse salito troppo.
Si guardava attorno, soddisfatta. Il silenzio assoluto e la luce tenue rendevano il luogo molto suggestivo. Le volte a botte si susseguivano apparentemente all'infinito, identiche l'una all'altra, e sparendo nel buio man mano che ci si allontanava dalla parete.
Dopo qualche tempo, la mancanza di qualsiasi rumore divenne quasi assordante e la ragazza si sentì in bisogno di spezzare quel silenzio gridando: -Ehi!- per non farsi soverchiare, e l'eco catturò quel suono, facendolo rimbalzare sulle pareti e storpiandolo all'inverosimile.
Proseguì fino all'angolo e poi girò la prua, tornando verso l'imbocco del canale, finché alla sua destra non vide un piccolo ormeggio. Rallentando, nell'oscurità quasi completa rischiarata ormai solo dalla lanterna, vide della ghiaia formare una secca, affiorando in superficie. Qualche gioco della corrente doveva aver trasportato e accumulato negli anni quel materiale di risulta. Legò la barca all'ormeggio e, con cautela, saggiò il terreno con il palo. Poteva essere zuppo e cedere sotto al suo peso, intrappolandola come delle sabbie mobili, ma le sembrò solido e la giovane si decise a scendere, facendo molta attenzione.
La lanterna illuminava poco attorno a lei e procedeva lentamente, stentando a vedere dove metteva i piedi.
Raggiunta la parete, non sapeva nemmeno lei quale, vide una vecchia torcia, fermata ad uno degli anelli di sostegno. Aprì il vetro della lanterna e avvicinò la fiamma, sperando che l'umidità, la polvere e il tempo non ne avessero rovinato l'olio.
I suoi timori si dissolsero, come ombra al sole, appena il fuoco iniziò a crepitare sulla cima della fiaccola.
Ridusse al minimo la fiammella della lanterna e l'appese al muro, al posto della torcia, che, facendo più luce, le era più utile. Sentiva anche un piacevole tepore. L'acqua di sorgente era molto fredda e il buio perenne e l'umidità non aiutavano a rendere confortevole la temperatura.
Vide che la ghiaia formava una sorta di piccola spiaggia, una decina di metri al massimo, ma si rese conto che qualcuno ci abitava. C'erano degli specchi rotti, dei tavoli, un letto a baldacchino, moltissimi candelabri, con tanto di candele, un armadio e, contro il muro, persino un pianoforte verticale.
Guardando lo stato di quei mobili si accorse che non venivano più utilizzati da molto tempo e si rilassò, per un attimo aveva temuto di incontrare l'inquilino.
Tutto era ricoperto da un pesante strato di polvere e ragnatele, i tendaggi del letto rovinati e del pianoforte si intravedeva a malapena il colore del legno, sotto la coltre bianca lasciata dal tempo.
Raggiunse quest'ultimo e ne scoprì la tastiera, provando a suonare qualche nota, ma l'umidità e il disuso lo avevano scordato completamente. Addirittura qualche tasto non suonava affatto, probabilmente le corde si erano spezzate.
Era affascinata da quel luogo e sarebbe stato magnifico poterlo usare. Avrebbe potuto nascondere lì i suoi spartiti, senza più temere che qualcuno li trovasse nelle sue stanze, e avrebbe potuto suonare liberamente i suoi brani. Non aveva idea di come sistemare il pianoforte, ma avrebbe potuto portare uno dei suoi violini più vecchi.
L'entusiasmo si dipinse sul suo volto e una nuova carica le diede forza. Era una scoperta fantastica, avrebbe avuto un luogo solo suo, dove essere sé stessa, e smettere di preoccuparsi di tutto. Avrebbe avuto un suo piccolo regno.
Accorgendosi di essere via da troppo, diede una rapida occhiata a delle carte sul tavolo, coperte di polvere, e vide un taccuino dalla copertina di cuoio, privo di titolo.
Lo aprì. Era scritto a mano, ma tra le righe c'erano anche diversi abbozzi di spartiti. Decise di prenderlo con sé e leggerlo con calma, era abbastanza piccolo da poterlo nascondere sotto la veste.
Recuperò la lanterna, spense la fiaccola premendola contro la ghiaia, e risalì sulla barca, per poi dirigersi il più rapidamente possibile al canale e di nuovo in camerino.
Quando rientrò nella propria stanza era completamente sudata per la fatica e la premura. Rimase svestita e immerse il volto nell'acqua del tino che teneva accanto alla toeletta, per raffreddarsi in fretta.
Lasciò aperto anche il passaggio dietro lo specchio, l'aria dei corridoi segreti era molto più fredda.

Avrebbe dovuto fare più attenzione le prossime volte, o qualcuno avrebbe potuto insospettirsi.
Sentì bussare alla porta -Viscontessa, ci siete?- La voce preoccupata di Madame Giry.
-Sì, Madame.- Rispose, correndo a chiudere lo specchio e cominciando a indossare la biancheria in tutta fretta, pregando che non volesse entrare.
-Sia lodato il cielo!- Continuò -Sono diversi minuti che vi cerco, ho bussato prima, ma non avete risposto.-
-Dormivo, mi sono appena svegliata, non vi ho sentita.- Fu pervasa per un istante dallo spavento. Aveva chiuso a chiave, ma nell'ufficio di suo padre c'erano delle copie. Questione di tempo e sarebbero entrati comunque.
-Lo speravo cara, per questo ho ritentato. Il Maestro Reyer vorrebbe provare ancora con voi, se siete d'accordo.-
-Sì, arrivo tra pochi minuti, giusto il tempo di sciacquarmi il viso e riscaldare la voce.-
-Perfetto. La attendiamo, Viscontessa.-
Sentì i passi dell'insegnante allontanarsi e provò un immenso sollievo. Saltò letteralmente dentro all'abito e cominciò a riscaldare le corde vocali, mentre finiva di legare il corpetto.


Dopo una lunga giornata di prove, in cui l'unica soddisfazione era stata sentire, attraverso il muro, Christine che faceva gli esercizi che le aveva affidato, tornò a casa.

Era passato Mercier a prenderla con la carrozza e, avvoltasi nel mantello e tirato su il cappuccio, si sedette accanto a lui.
-Novità?- Chiese il ragazzo, allontanandosi rapidamente dal teatro prima che qualcuno la notasse. Aveva riconosciuto felicità nello slancio con cui la mora era salita a cassetta.
-Sì. Ho trovato un posto meraviglioso.-
Gli raccontò tutto, trasportata dall'entusiasmo, e gli chiese anche come poter fare per tagliare le sbarre dello scarico. Non gli disse però della follia che aveva fatto con Christine e delle loro lezioni. L'avrebbe certamente sgridata.
Non era sicura che Mercier capisse la solidarietà che provava nei suoi confronti. Rivedeva molto della propria situazione in quella della ragazza, ma la bionda era in una circostanza nettamente più instabile e pericolosa. Aveva bisogno di un'alleata, o di un'amica, che potesse preoccuparsi della sua incolumità.
Non si fidava di Madame Giry, pensava che niente le avrebbe impedito di espellerla dal convitto, una volta soddisfatte le proprie ambizioni.
-Porterei uno dei miei vecchi violini, così da poter comporre e finalmente sentire quello che scrivo.- Da diverso tempo, almeno un anno, dopo l'ennesima sfuriata, suo padre le aveva proibito di suonare qualsiasi cosa che non avesse un nome noto sopra. Lo aveva fatto lo stesso, approfittando di una sua assenza, ma qualcuno della servitù glielo aveva riferito e lui non aveva mancato di farglielo sapere. Da allora componeva immaginando la musica nella testa, senza mai ascoltare realmente quanto prodotto. Era estremamente frustrante.
-Potrebbero sentirti...-
-Farei piano, sempre meglio di niente, e quando suonerà l'orchestra di sicuro non mi sentirà nessuno.-
-Fai attenzione, io non so quale sia il limite di tuo padre...- Da quando aveva acquistato il titolo, la preoccupazione per la reputazione del casato era diventata un'ossessione per l'uomo, già incline a scatti violenti, e Mercier era seriamente preoccupato che preferisse piangere la morte della figlia che non vedersi coinvolto in uno scandalo. Carlotta camminava su un filo molto sottile.
-Farò attenzione.- Rassicurò l'amico -Ho anche trovato un taccuino con degli spartiti, non vedo l'ora di studiarlo.
-Potremmo guardarci insieme.- La ragazza era stata via tutto il giorno e anche la sera precedente. Non aveva avuto modo di stare in sua compagnia.
-Sì!- Aveva detto a Christine di riposare quella sera, visto che era riuscita a darle lezione durante le prove, e così, anche con il ritorno di suo padre, non ci sarebbero stati problemi di alcun tipo.


L'Angelo della Musica continuò ad insegnarle ogni giorno e talvolta anche di notte.

Quando restava da sola in camerino, prendendo ad esempio la Viscontessa per le pause, come consigliatole, il suo maestro misterioso la raggiungeva, dandole preziosi consigli.
Dopo tanto lavoro, finalmente il giorno della prima stava per arrivare e la giovane era quasi dispiaciuta di essere la sostituta. Ora che sarebbe riuscita ad esibirsi alla perfezione le dispiaceva non poter dare il giusto lustro al proprio maestro, del quale continuava a custodire attentamente il segreto.
D'altronde, se avesse raccontato che l'Angelo della Musica era il suo insegnante, l'avrebbero presa certamente per pazza.
Al principio perfino lei aveva dubitato della propria mente, pensando quasi che fosse un sogno, la prima notte, ma quando si era ripetuto il giorno dopo, l'ipotesi non le era più sembrata plausibile.
Probabilmente il suo defunto padre aveva ascoltato le sue preghiere e aveva deciso di mandare qualcuno ad aiutarla, non c'era altra spiegazione.
Sapeva bene che, al mondo, nessuno faceva mai niente gratuitamente. Solo un angelo, appunto, l'avrebbe fatto, e lei provava una gratitudine e un affetto infiniti, verso quella voce che, salda e dolce, la guidava. Chiunque fosse stato, se un giorno l'avesse mai scoperto, sarebbe comunque rimasto un angelo, ai suoi occhi.


Carlotta fremeva. Il giorno della prima si stava avvicinando e suo padre non aveva cambiato idea sulla sua esibizione. Era certo dell'infallibilità del suo piano per trovarle un pretendente.

Fu così che la ragazza decise di pagare profumatamente un erborista, per procurarsi qualcosa che le irritasse la gola e comprare il suo silenzio. César non le avrebbe mai creduto sulla parola, doveva vedere coi suoi occhi.
Il giorno prima dello spettacolo, chiusa nel suo camerino, dopo aver sentito madame Giry andare come al solito a trovare Christine, si spruzzò l'intruglio di aconito e chissà cos'altro sulle corde vocali, sentendo quasi immediatamente un bruciore terribile.
Si trattenne dal seguire l'irrefrenabile impulso di bere acqua fresca e, solo dopo diversi minuti di agonia, si diresse in corridoio.
Quando provò a parlare, per chiamare Madame, lei stessa non riconobbe la propria voce. Bassa, graffiante e gutturale. Pregò solo che l'effetto del medicinale fosse veramente temporaneo, come le aveva assicurato l'erborista.

Quando l'insegnante di balletto si affacciò dal camerino di Christine, sentendosi chiamare, sbiancò. La povera Carlotta si teneva la gola, rossa in volto e con le lacrime agli occhi per il dolore.
Chiamò subito una carrozza per riportarla a casa, dove, il medico di famiglia del Visconte non poté fare a meno di riscontrare una terribile cordite, certamente dovuta all'eccessivo sforzo per il canto. Occorreva almeno una settimana di assoluto riposo e numerosi decotti di miele ed erbe emollienti.
Uno schiaffo la raggiunse in pieno volto, quando César sentì le prescrizioni del medico -Sei una buona a nulla! Ti ho chiesto di fare solamente una cosa e tu mi deludi!- Alzò di nuovo la mano, ma la ragazza lo afferrò per il polso, bloccandolo, con ira furente nello sguardo.
-Signor Visconte, suvvia, sua figlia si è certamente impegnata eccessivamente per compiacerla. Non occorre essere così duri, è l'entusiasmo della gioventù!- Il medico non si trattenne. Non poteva assistere a quel trattamento senza battere ciglio.
César abbassò il braccio e tentò di ricomporsi -Certamente… Sono sconvolto dalla preoccupazione,- concluse, celando malamente la rabbia. Il dottore seguiva molte famiglie ricche e nobili e una sua parola avrebbe potuto causare gravi danni al prestigio del neonato casato.
-Sua figlia ritroverà senza dubbio la voce e basterà fare un minimo di attenzione per evitare nuovamente questo inconveniente. Sono certo che Mademoiselle imparerà da questo errore.-  Guardò la giovane negli occhi, cercando di rassicurarla, mentre Carlotta annuiva, fingendosi spaventata. Se non ci fosse stato il medico avrebbe probabilmente tramutato in realtà le sue fantasie di rivalsa, la forza non le mancava e suo padre aveva veramente esagerato.
-Per fortuna abbiamo la sostituta e lo spettacolo non salterà.- Sibilò maligno il Visconte, ancora infuriato con Carlotta, prima di voltarsi e rivolgersi al dottore -Lei e la sua famiglia sarete miei graditissimi ospiti alla prima de "L'Annibale". La ragazza che canterà al posto di mia figlia è una eccellente "soprano Falcon", una tipologia estremamente rara...- I due uomini si diressero fuori dalla sua stanza, lasciandola sola.
Una volta congedato il medico, César tornò nelle stanze di Carlotta, deciso a chiudere la questione, ma meno furioso di quando aveva sentito la prognosi.
-Pensi di avercela fatta a mandare all'aria il mio progetto?- Sapeva che la figlia non si sarebbe mai rassegnata ad un fidanzamento combinato e qualcosa, nel suo istinto, gli diceva che in qualche modo l'aveva fatto apposta.
-Non è mia volontà, padre.- Mentì la ragazza. Se teneva la voce bassa e cupa, fino a sentirla vibrare all'altezza del torace, provava leggermente meno dolore. Tuttavia era meglio non parlare.
-Sentiti! Come ti sei ridotta!- Ebbe un brivido, immaginando uno di quei bizzarri uomini travestiti che aveva incrociato in certi bassifondi. -Tu non uscirai di casa, nessuno dovrà sentirti!- Si sarebbero coperti di ridicolo -Diremo che hai anche la febbre e che per questo non potrai nemmeno assistere alla prima.-
Carlotta provò a ribattere, voleva essere presente al trionfo di Christine, ma decise che non le conveniva. Poteva uscire di nascosto sapendo che lui sarebbe stato impegnato a lungo anche dopo lo spettacolo, con il gran galà di inaugurazione della stagione. Un'occasione d'oro.


Quando più tardi, nel pomeriggio, César uscì per andare a controllare che tutto fosse in ordine per lo spettacolo dell'indomani, anche Carlotta lasciò la tenuta, calandosi, come molte altre volte, dal graticcio che sorreggeva l'edera che cresceva rigogliosa sulla facciata posteriore della magione.

Raggiunse le scuderie e cercò Mercier, doveva avvisarlo.
Lo trovò intento a parlare ad Argo, seduto pigramente sullo sgabello da maniscalco, nel suo stallo -Mercier.- Le uscì quasi come un latrato e il giovane trasalì.
-Carlotta? Che hai fatto alla voce?-
-L'erborista che mi hai consigliato.- Tossì, le sembrava di avere qualcosa incastrato in gola -Vado a teatro...- Christine avrebbe avuto bisogno di incoraggiamento. Non occorreva che le insegnasse altro.
-Cosa ti è successo al volto?- Aveva uno zigomo molto arrossato, che cominciava a scurirsi.
-César...-
Il ragazzo non disse niente, limitandosi ad un sospiro rabbioso -E' rischioso che tu vada con lui presente. Non avresti scampo se ti vedesse.-
-Non mi vedrà.-
-Ma se succedesse?- Non voleva che Carlotta rischiasse inutilmente. Non si sarebbe esibita, questo contava. Al Diavolo il resto! Non capiva perché trovasse così irresistibile vagare per quei corridoi -Di notte non c'è quasi nessuno, ma di giorno è un'altra cosa.-
-Entrerò dalla ghiacciaia, non dalle stalle.- Avevano trovato quel passaggio, assieme a molti altri, annotato nel taccuino di colui che loro chiamavano "il vero Fantasma". L'Operà in realtà era quasi un colabrodo dal gran numero di uscite nascoste che avevano individuato. Perfino una dallo sfiatatoio del bacino, raggiungibile agevolmente dal fosso e che aveva reso inutile tagliare le sbarre, e una che portava direttamente alla sua spiaggia.
-Carlotta...- L'ammonì apprensivo.
-Farò attenzione.- Sentiva che era suo compito occuparsi di Christine e in quei giorni la pensava con preoccupazione, finché non la vedeva durante le prove.
-Dovresti coprirti il volto, come il vero Fantasma. Se qualcuno ti incrociasse almeno non ti riconoscerebbe subito e potresti scappare.-
-Hai ragione, cercherò nel magazzino dei costumi...- Avrebbe dovuto trovare qualcosa che non le impedisse di cantare, o per le lezioni sarebbe diventato problematico quando sarebbe riuscita ad emettere nuovamente versi differenti dal gracidare di un rospo.


Raggiunse il deposito dei costumi, prima di andare da Christine. In effetti era stata un po' sprovveduta a girare per il teatro a volto scoperto, volendo tenere nascosta la propria identità.

Per fortuna, comunque, le maschere di scena lì non mancavano affatto. Aveva solo l'imbarazzo della scelta.
Scartò quelle troppo vistose e quelle necessarie per "L'Annibale", quelle a volto intero, che le avrebbero limitato i movimenti durante il canto, e scelse una mezza maschera, bianca e anonima come tante altre, che la copriva dalla fronte fino alla base del naso.
Prese anche una marsina nera, dei guanti di pelle e un mantello scuro, per camuffare ancora meglio la propria figura. Nonostante avesse un'altezza credibile per un uomo, altrettanto credibili non erano le sue forme e voleva evitare di fasciarsi il petto, se non assolutamente necessario.
Si guardò allo specchio, aveva un aspetto decisamente elegante, più che adeguato ad un insegnante di canto. Poi legò i capelli strettamente dietro la nuca, come faceva di sovente, e pettinò indietro la frangetta.
Non l'avrebbe vista nessuno, ma, spiegandole il proprio modo di recitare, Mercier le aveva detto -L'abito fa il monaco- e anche se lei non era attrice, stava decisamente interpretando un ruolo e aveva bisogno di tutto l'aiuto possibile. Era importante, ne andava della vita sua e di Christine, anche se in maniera differente.
Lasciò il magazzino e si diresse al camerino della bionda, trovandolo vuoto. Probabilmente era in scena. Prese uno dei corridoi e poi una lunga scala a pioli infissa nel muro, fino a raggiungere uno dei palchi in platea, certamente vuoto durante le prove.
Ed ecco la sua pupilla al centro del palco, stupendamente fasciata dal lungo abito bianco tempestato di brillanti che la faceva apparire come una splendida sposa.
Poteva capire perché suo padre avesse scelto quello spettacolo. Quel meraviglioso angelo biondo era la personificazione stessa della purezza, ma lei sapeva che sotto quella sembianza indifesa si celava un'enorme forza.

L'aveva immaginato dalla sua storia, non sarebbe arrivata fin lì senza determinazione, ma anche dal modo in cui cantava. Quando le faceva eseguire qualche ballata popolare, per divertirsi e allentare la tensione, tirava fuori una tale grinta da farle rimpiangere di non poterla vedere in mezzo ad una vera festa.
Era evidente che tutta la cerimoniosità a cui era obbligata, anche con colei che si presentava come madre, le stava parecchio stretta.
Si sedette comodamente a godersi lo spettacolo delle prove, la sala era al buio e nessuno avrebbe fatto caso a lei. Si premurò solamente di bloccare la maniglia della porta del palchetto con una delle sedie imbottite, giusto per evitare di venire colta di sorpresa in caso di tremenda sfortuna.


Christine si sentiva tesissima. Anche se ingenuamente aveva pensato che le sarebbe dispiaciuto non potersi esibire, ora che toccava a lei la questione era decisamente differente.

Non aveva mai cantato davanti ad un pubblico e anche se si era abituata a farlo innanzi all'orchestra, l'immagine della platea piena le infestava la mente.
Quando ballava era diverso, quasi tutta l'attenzione era sulle cantanti e non era mai da sola, c'erano sempre le sue colleghe, o Mère a darle indicazioni. Quella volta, invece, sarebbe stata il fulcro di tutto.
Se l'era cavata, fino a quel momento. Era stata titubante ma aveva ricordato ogni strofa, ogni nota e ogni abbellimento, però sentiva l'ansia crescere man mano che si avvicinavano al quinto atto, quello che le aveva dato più problemi in assoluto.
Pensò al suo Angelo e al duro lavoro fatto. Ai complimenti che il suo misterioso maestro le aveva rivolto e alla felicità di Reyer, quando l'aveva sentita cantarla bene per la prima volta. L'aveva già fatto. Doveva solamente farlo ancora.
Stava per finire l'introduzione strumentale e arrivare il suo momento, quando vide il Visconte sedersi silenziosamente in prima fila. Quell'uomo le aveva sempre messo soggezione, con i suoi modi bruschi e la sua superbia. Se avesse sbagliato davanti a lui, sicuramente l'avrebbe licenziata.
-Mademoiselle Daaé?- La voce del Maestro Reyer la riscosse, aveva perso il momento dell'attacco.
-Scusate, ricominciamo per favore.- Sentì il Visconte sbuffare spazientito, nella penombra della sala, e la sua agitazione peggiorò.
Cominciò a cantare al momento giusto, ma come pallida imitazione di sé stessa. Nessuna stonatura, ma non c'era potenza, non c'era controllo. Negli acuti la voce tremava e il direttore d' orchestra decise di interrompere -Forse è meglio fare una pausa.- Cercò di essere gentile, ma non riuscì del tutto a trattenere la frustrazione. Dovevano esibirsi l'indomani e la loro unica speranza era Christine, visto che la Viscontessa era malata. Se non avesse ritrovato la serenità necessaria, lo spettacolo sarebbe stato un disastro e tutta la stagione in salita. Senza contare i rischi per la sua testa, che sarebbe stata la prima a saltare se il Visconte non fosse stato soddisfatto.
Carlotta riprese la scala nascosta e scese di corsa ai camerini. Come temeva, Christine aveva bisogno di lei.
Si fermò dietro lo specchio e rimase in silenzio. Madame Giry la stava sgridando, chiedendole cosa diamine le fosse passato per la testa per esibirsi a quel modo davanti al Visconte.
"Lo sa vecchia megera, non occorre dirglielo!" Strinse i denti, poteva solamente aspettare che se ne andasse e rimediare ai danni.
Dopo qualche minuto la donna uscì, lasciando la ragazza seduta sulla chaise-longue con il capo chino, mentre tormentava il fazzoletto tra le dita..
-Christine- Sentì la gola pungere terribilmente, era rimasta in silenzio troppo a lungo.
-Angelo...- La bionda alzò lo sguardo, lucido di lacrime -Mi dispiace.- Stentava a trattenersi dal mettersi a piangere.
-Non dispiacerti.- Cercò di mantenere il tono il più tenero possibile, nonostante il dolore. -Le prove sono fatte per sbagliare, o non si chiamerebbero così.-
Sentire con quanto affetto le si rivolgeva, nonostante i suoi errori, la rincuorò. Temeva di averlo deluso.
-Cosa ti spaventa?- Le erano venute in mente diverse cose che avrebbero potuto destabilizzarla.
-Il pubblico. L'idea della sala piena...-
-Non preoccuparti. Durante lo spettacolo ci saranno accese molte più luci e tu non riuscirai nemmeno a vederli. Non te ne accorgerai neanche.- Lo aveva sentito dire spesso.
-Ne sei sicuro?-
-Assolutamente. Tu canta come faresti per te stessa e vedrai che ciò che avrai attorno scomparirà. Sei preparata, sei brava, non hai niente da temere. Pensa alla Viscontessa, con quanta sicurezza si è posta su quel palco pur avendo la metà del tuo talento.-
Christine annuì -Non parlare male di lei, per favore. Credo che sia una persona gentile.- L'aveva colpita favorevolmente durante le audizioni e dopodiché quasi non si erano più parlate. Carlotta era una persona molto solitaria e si era spaventata e preoccupata molto quando l'aveva intravista in corridoio, al mattino, con la mano alla gola e le lacrime agli occhi, prima che Mère la riportasse nel suo camerino -Angelo, potresti fare qualcosa per lei? Mi sembra disperata...- Tutti sapevano che l'intera stagione teatrale era stata studiata per farle trovare marito in fretta, ma invece di suscitare pietà, aveva sentito diverse persone deriderla sarcasticamente, come se fosse la giusta punizione per aver osato essere ricca o nobile. Christine non ne aveva mai capito il senso, senza contare che nulla era dipeso da Carlotta..
La mora, dietro allo specchio, rimase per qualche secondo in silenzio, profondamente colpita -Credo che tra noi due sia tu, il vero angelo.- Non aveva idea di cosa pensasse Christine di lei e vederla preoccupata le scaldò il cuore. Avrebbero potuto essere alleate l'una dell'altra, se non altro nella comprensione.
La bionda sorrise grata per quelle parole e, dopo un ultimo incoraggiamento, tornò a provare.


****

Disclaimer: Con il commento di César, rivolto a chi pratica crossdressing, non è intenzione dell'autrice offendere nessuno. Si tratta di un "espediente narrativo" utilizzato per esprimere il pensiero personale di un personaggio (assolutamente fittizio) odioso, gretto e bigotto. Guidato dall'ignoranza, dalla superbia e dall'assetto sociale del 1880.

Note:
Buongiorno e buon sabato! Spero che questo capitolo vi sia piaciuto, in ogni caso fatemi sapere cosa ne pensate, anche con poche parole, soprattutto se non è stato di vostro gradimento.

Colgo l'occasione per ringraziare la mia Beta di fiducia Oscuro_errante per l'impegno e la costanza nel suo prezioso lavoro. Grazie mille!
A sabato prossimo!


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Capitolo 4
*** The Music Of The Night ***


4. The Music of The Night
Ogni riferimento a fatti realmente accaduti, cose, luoghi, persone e organizzazioni realmente esistenti è puramente casuale.


 4.
The Music Of The Night




La sera della prima, Carlotta, travestita da Fantasma, assistette a tutto lo spettacolo da una posizione invidiabile: dalla cupola che sovrastava la sala.
L'acustica era perfetta e con un piccolo binocolo da teatro era come essere in prima fila.
Non era molto comodo, non c'era posto per sedersi, ma non le importava. Era assolutamente curiosa e al tempo stesso entusiasta per la prima esibizione ufficiale di Christine.
Fu meravigliosa e, al termine, scrosci incessanti di applausi di un pubblico adorante e centinaia di fiori lanciati sul palco da ammiratori già accaniti furono il degno coronamento di tanto lavoro.
Venne portata in camerino letteralmente in trionfo, con tutto il personale e gli ospiti ammessi dietro le quinte, completamente strabiliati.
La stanza era invasa dai fiori, rendendo quasi impossibile camminare. Quando si chiusero le porte, rimasero solo lei e Madame Giry: la nuova Diva doveva rinfrescarsi e non era opportuno, ovviamente, che ci fosse qualcun altro all'infuori della sua tutrice.
Con voce pacata, quasi solenne, la donna esordì: -Il Visconte è molto orgoglioso di te.- Posò una singola rosa rossa, con un fiocco di velluto nero, sulla toeletta davanti a Christine -Sai cosa significa questo.-
La ragazza guardò la madre, spaventata. Non era sicura di aver capito. O meglio, sperava di non aver capito.
-Questa sera andrai da lui.-
Carlotta, nascosta dietro lo specchio con un mazzo di gigli bianchi da lasciarle in un momento opportuno, si sentì inorridire.
Per la differenza di età César poteva essere il padre di Christine e, anche se questo non era troppo insolito, immaginarlo come spasimante della giovane le fece venire un brivido di ribrezzo lungo la schiena. Pensare, poi, a quale genere di istinto avrebbe sfogato senza timore di ripercussioni con un'orfana di ceto inferiore, le fece contorcere lo stomaco fino a provare dolore.
-Mère, lui mi spaventa.- Sussurrò appena, il cuore le batteva all'impazzata per la paura.
-Non essere sciocca. E' così che va il mondo. E' proprietario del teatro e di tutto ciò che contiene, vedi di non contrariarlo- Detto questo, la donna uscì e chiuse la porta, lasciando la ragazza sola con il proprio terrore.
Carlotta era sconvolta, cercava di pensare ad un modo per tenere suo padre lontano da lei, ma aveva pochissimo tempo e attraverso lo specchio poteva vedere Christine piangere disperatamente e tremare, cosa che la metteva ulteriormente premura.
Dopo pochi istanti si sentì bussare, la cantante cercò di ricomporsi ed aprì.
-Siete stata magnifica questa sera. Sarete mia ospite a cena. Cambiatevi, chiamo la carrozza.-
-Signor Visconte...- Se avesse detto di essere affaticata, forse avrebbe potuto rimandare.                                                                               
-Sbrigatevi. Due minuti.- E richiuse la porta alle sue spalle, sparendo rapidamente come era apparso.
La Diva rimase immobile a fissare la porta, poi, un sospiro tremante spezzò il silenzio e la bionda riprese a piangere -Angelo ti prego, aiutami...- Supplicò tra sé e sé, sussurrando tra i singhiozzi, e Carlotta smise di ragionare.
Passò qualche istante appena e una corrente gelida avvolse Christine, facendola rabbrividire. Alzò il volto per capire da dove venisse e si pietrificò. Un uomo in nero e mascherato era comparso nel suo camerino.
Cercò di urlare, ma una mano guantata, salda, le coprì la bocca, impedendoglielo -Sono il tuo Angelo della Musica.- Sussurrò roco al suo orecchio. -Voglio aiutarti.-
Christine spalancò gli occhi, sorpresa e rincuorata al tempo stesso. Quell'apparizione l'aveva inquietata, ma riconobbe il tono dolce del suo Maestro.
-Seguimi.- Le disse, prendendola delicatamente per mano, e la cantante  non mise tempo in mezzo. La paura del Visconte era troppa per avere delle obiezioni.
Vide lo specchio scostato e l'angelo passarvi dietro, lo imitò e l'aria umida e fredda l'avvolse nuovamente.
Quando l'uomo richiuse il passaggio, l'oscurità divenne quasi completa. Solo la luce tremolante di una lanterna, oltre all'angolo, rischiarava scarsamente il luogo, mentre un mazzo di gigli bianchi giaceva a terra, fredda vestigia di un complimento ormai inopportuno.
La persona davanti a lei continuava a tenerla per mano senza forzarla, facendola addentrare in corridoi sconosciuti senza mai esitare, nella flebile luce di quella piccola fiamma.
-Dove mi state portando?- Camminavano da diverso tempo e cominciava a preoccuparsi. L'avrebbero senza dubbio cercata.
-Al sicuro.- Cercava di parlare il meno possibile. La penombra la aiutava a camuffare la propria figura, ma era la prima volta che parlava direttamente a Christine, senza sfruttare l'eco, e anche se la sua voce era rauca e bassa, temeva che l'avrebbe riconosciuta.
-Siete...Il Fantasma dell'Opera?- Chiese con timore. L'abito scuro e la maschera sul volto coincidevano con i racconti che giravano tra le mura del convitto. Si parlava di lui come formidabile alleato e temibile nemico.
Sebbene non lo fosse a Carlotta sembrava ormai di averne raccolto l'eredità, volente o nolente. Aveva ottenuto i segreti dell'Operà, la sua casa ed ora anche il suo ruolo di protettore…Per questo, a quella domanda, annuì.
Christine sentì un brivido attraversarle la schiena. Non sapeva dire se di freddo, di paura o di eccitazione: nel suo letto di bambina molte volte aveva fantasticato su quei racconti e sognato di vivere un'avventura senza eguali.
Raggiunsero la sorgente e Carlotta le suggerì di salire sull'imbarcazione. Una volta fatta sedere la fanciulla agganciò la lanterna alla prua e, in piedi sulla poppa, iniziò a sospingere la barca. 
L'avrebbe portata nel suo regno, lì nessuno sarebbe riuscito a trovarle e si sarebbe preoccupata in seguito di cosa fare.
Colta dalla paura e dalla fretta aveva agito d'impulso, esponendosi e mettendo a rischio tutto quanto organizzato in quei mesi.
Suo padre era sicuramente furioso e la stavano certamente cercando. Forse avrebbero chiamato anche la gendarmeria, e lei cosa avrebbe potuto fare? Di certo non tenerla lì per sempre…
Sospirò, scacciando l' idea. Per quella notte erano al sicuro, ci avrebbe ripensato domani.
La vide voltarsi, mentre cercava di guardarla con la coda dell'occhio, senza farsi notare.
Carlotta sorrise nel buio -Canta per me...- Voleva che la ragazza si distraesse e si calmasse, nella piena oscurità quelle pareti risultavano opprimenti perfino a lei.
La giovane si prese qualche secondo e poi cominciò.

Di notte venne a me, nel sogno mio…
la voce dentro me, perduto oblio
Ma sto sognando o no?
Io vedo te
Fantasma dell'Opera è qui
Insieme a me...

Chi vide il volto tuo
poi ne impazzì
Con me ti mascheri
ma ti vedo qui…
E prendo il canto tuo che suona in me
Fantasma dell’Opera è qui
insieme a me

Il suo nocchiere ascoltava in silenzio, desideroso di unirsi a quel canto sorprendente, ma impedito dalla propria voce.
Accostò la barca alla spiaggia e scese agilmente, aiutando la ragazza a fare altrettanto. Christine si guardò attorno, mentre il suo silenzioso salvatore accendeva rapidamente le torce alle pareti e le candele nei numerosi candelabri.
-Dove siamo?-
-Nel mio regno. Solo la musica può raggiungerci qui...- Prese il suo violino e cominciò a suonare. Era consapevole che il suo comportamento sarebbe risultato anomalo, addirittura bizzarro, ma era l'unico modo per non essere costretta a parlare.
Seguì per qualche nota la melodia che la giovane aveva improvvisato, prima di rallentarla e addolcirla, trasformandola in qualcosa di completamente nuovo. Voleva che l'altra si sentisse al sicuro, che si fidasse di lei, anche se non poteva spiegarle nulla.
Christine si sentì avvolgere da quella musica, in un abbraccio caldo e suadente che quasi trovò ipnotico. Gli occhi del suo maestro la guardavano, colmi di nostalgia e affetto, mentre si avvicinava a lei, smorzando lentamente il suono del violino -Da quando ti ho udita cantare la prima volta ho sentito il bisogno di averti con me...- Oltre alla solidarietà, oltre alla tristezza, tenerla per mano era stata un'emozione inattesa. Pensava fosse per la paura, per l'ansia di venire scoperta, ma ora che erano al sicuro, il suo cuore non smetteva di fremere.
Desiderava che il suo spirito e la sua voce diventassero realmente una sola cosa.
Scostò i drappi del baldacchino, rivelando il letto dalle lenzuola pulite e la invitò, con un gesto del polso.
La ragazza si avvicinò, titubante, e quando la mano guantata del Fantasma toccò lievemente le sue dita sussultò, ma non c'era spavento in lei. Il battito impazzito che sentiva nel petto non era di timore.
-Non aver paura, confida in me.- Sussurrò il suo salvatore, rassicurandola e lasciandola poi sola a riposare, cullandola nel sonno con una lieve nenia del violino.


Carlotta passò la notte a pensare, seduta al tavolo ingombro di spartiti, mentre la giovane riposava, spossata dall'esibizione e da tutte le emozioni provate.
Fu il vago chiarore dell'alba, che filtrava dalla feritoie della distante parete di fondo, che la riscosse. Anche lei doveva rientrare, prima che suo padre si accorgesse della sua assenza.
Prese il violino e iniziò a suonare lievemente, per destarla senza raggiungerla a letto. Aveva le sembianze di un uomo, non era opportuno che si avvicinasse. Christine avrebbe potuto intimorirsi come la sera precedente, quando l' aveva invitata a coricarsi.
Vide l'angelo biondo svegliarsi, avvolta nel mantello nero con cui l'aveva coperta, e sorriderle.
Carlotta non riusciva a distogliere lo sguardo, mentre suonava nemmeno lei sapeva cosa. Il suo corpo si muoveva da solo, mentre tentava di tradurre in note quello che sentiva.
Christine la raggiunse, grata per l'aiuto che le aveva dato. Doveva la vita a quell'uomo misterioso che si era preso cura di lei con premura, senza pretendere altro, e quella melodiosa musica, calda e dolce al tempo stesso, le suggerì facilmente le parole

Una voce il mio spirito quel dì incantò
dentro me dolci note udite mai
dentro me la magia spiegar non so...
Sento che suona lieve qui, però...

-Vorrei vedere il tuo volto.- Sussurrò la bionda, guardandolo negli occhi.
-E' più strano di quanto tu possa immaginare.- Disse Carlotta, colma di rammarico.
Era una donna, e se Christine l'avesse vista sarebbe rimasta inorridita. Qualsiasi cosa stesse facendo palpitare il suo cuore doveva essere messa a tacere, o sarebbero bruciate all'Inferno.
La ragazza incrociò il suo sguardo, scettica, ma il dolore nel suo tono la intristì. Portò una mano al suo viso, accarezzandolo con la punta delle dita.
Carlotta chiuse gli occhi, assaporando ogni istante di quel tocco sulla sua pelle, ma un tocco ancora più dolce la sorprese sulle labbra.
-No!- Quasi gridò la Viscontessa, scostandosi di scatto per poi allontanarsi -No...- Ripetè sommessamente, cercando di recuperare la calma.
-Perdonatemi Monsieur, non volevo contrariarvi.- Il suo comportamento era stato indecente, era stata sciocca a sperare che qualcuno come lui potesse provare per lei ciò che vibrava da tempo nel suo animo.
-Non avete nulla da farvi perdonare...Mi preoccupo per il vostro onore.- Quel bacio era stato bellissimo quanto inaspettato. Desiderava che non finisse, in realtà, ma non era giusto ingannarla e prendersi gioco a quel modo della sua fiducia. Sarebbe stato troppo e non voleva approfittare di lei come avevano fatto tutti gli altri -Andiamo, vi staranno cercando.- Si avvicinò all'ormeggio e le porse la mano.
-Cosa potrò dire quando mi chiederanno cosa è successo?- Chiese Chrisitne, preoccupata. Non sapeva neanche se avrebbe più rivisto il suo misterioso Angelo, dopo quanto successo.
-Che il Fantasma dell'Opera vi ha portata nel regno della musica e che egli veglia e veglierà sempre sulla vostra incolumità- Avrebbero pensato che lo spavento del rapimento l'avesse sconvolta e nessuno avrebbe capito cos'era realmente successo.
La accompagnò all'ingresso del cortile del convitto e poi sparì, dileguandosi nei passaggi segreti.


Cavalcò come se avesse la morte all'inseguimento e rientrò nelle proprie stanze dalla finestra, cambiandosi immediatamente e coricandosi, stropicciando poi cuscino e lenzuola per far sembrare di essere rimasta lì tutta la notte.
Poco dopo, sentì il rumore degli zoccoli di diversi cavalli percorrere a piena velocità il viale principale della tenuta e fermarsi davanti all'ingresso.
Accostò l'orecchio alla porta della propria stanza, dalla sua finestra non poteva scorgere la facciata, e sentì la voce del padre urlare ordini ai domestici, sembrava furioso.
Tornò a letto non sapendo cosa aspettarsi, poi sentì i suoi pesanti passi su per le scale e, infine, silenzio. Doveva essersi ritirato.


La domestica bussò alle sue porte un paio d'ore dopo, quando il sole era già alto. Si destò e le diede il permesso di entrare.
-Buongiorno Viscontessa, avete riposato bene?- La donna, robusta e gioviale, portava con sé un vassoio con una teiera fumante, una tazza e un piccolo bricco di porcellana pieno di miele.
-Sì, Bernìce.- Si portò una mano alla gola, che le aveva dato una brutta fitta, ma si sforzò di sorriderle cortesemente.
-Vi ho portato il decotto di santoreggia, come ha ordinato il medico.- Le versò la tisana e le porse la tazza, dopo avervi disciolto un generoso cucchiaio di miele.
-Grazie.-
-Oh, sentite poverina, che voce...- Sottolineò la donna, apprensiva.
-Più tardi potreste andare a comprare il mio solito tonico? Credo che potrebbe aiutare anche quello...-
-Certamente Viscontessa. Gradite la colazione qui o preferite nella sala di lettura?-
-Va benissimo qui.- Era stanca, le emozioni e le follie della sera precedente si stavano facendo sentire.
-Sembrate esausta.- Le toccò la fronte, per assicurarsi che non avesse la febbre, ma era fresca.
-Com' è andata la prima?-
-Molto bene, ma di certo, se aveste cantato voi, sarebbe stata magnifica.-
La mora sorrise ringraziando educatamente, mentre beveva lentamente un sorso di tisana e beandosi della sensazione di sollievo immediato che ne trasse.
-Il disastro è stato quello che è successo dopo!-
Carlotta la guardò, sorpresa.
-La vostra sostituta, dopo lo spettacolo, è sparita! Si è letteralmente volatilizzata in pochi minuti!- Esclamò la domestica -Il Visconte ha fatto chiamare tutti gli uomini della servitù e anche la Gendarmerie, ma della ragazza nessuna traccia... Fino all'alba. L'hanno trovata davanti all'ingresso, incolume, ma avvolta nel mantello di un uomo!-
-Parbleu!- Carlotta cercò di apparire assolutamente scandalizzata.
-Dicono che sia stata rapita, ma alcune voci sostengono che sia fuggita con il proprio amante!-
-Artisti...- Bofonchiò la Viscontessa, quasi sudando freddo, mentre prendeva un altro sorso di decotto.
-Dice di essere stata rapita dal "Fantasma dell'Opera"!-
La mora si meravigliò della velocità con cui si era sparsa la voce -Potrebbero averle dato qualche sostanza, oppure è sconvolta...-
-Tutto è possibile Viscontessa! Spero per lei che fosse con il suo vero amore... Mi piacciono i lieti fini.- Sospirò la donna, portandosi le mani al petto, sognante.
-Ho impegni per oggi?- Preferì cambiare argomento.
-Nel pomeriggio avreste dovuto passeggiare con Mademoiselle Lusienne e le sue sorelle, ma viste le vostre condizioni di salute abbiamo convenuto con vostro padre che fosse meglio rimandare.-
-Sono state avvisate?- Non aveva idea di chi fossero, un incontro organizzato da César, senza dubbio.
-Già ieri.-
-Benissimo. Resterò nelle mie stanze e gradirei non essere disturbata. Forse farò una cavalcata, nel pomeriggio.-
-Certamente Viscontessa.-


Appena fu certa che il padre fosse uscito di casa, Carlotta si calò dalla finestra e corse alle stalle.
Voleva controllare che Christine stesse bene.
-Cosa diamine hai fatto?- Mercier la sorprese alle spalle, mentre metteva la sella ad Argo -Ha chiamato la Gendarmerie!-
-Voleva farle del male! Ho dovuto...-
-Sei stata stupida! Ora tutto il teatro parla del Fantasma! Non devi più andarci!-
-Ci andrò, invece! A controllare che stia bene, almeno-
-No!- L'afferrò per un polso, allontanandola dal cavallo. -Ti spareranno prima ancora di chiedere chi sei!-
-Non hanno trovato i corridoi...- L'aveva accompagnata all'esterno proprio per dare l'idea che fosse stata portata fuori dal teatro e sviare le ricerche.
-Non andare oggi...- Quasi supplicò. I dintorni del teatro erano un subbuglio di curiosi, giornalisti e soldati.
-Mi stai facendo male.- Sottolineò Carlotta, la stava ancora trattenendo.
-Scusa.- La lasciò immediatamente, abbassando lo sguardo -Sono tutti in allarme, il minimo scricchiolio li fa trasalire.-
Carlotta sospirò, doveva andare, ma l'amico poteva aver ragione a preoccuparsi, anche se l'aveva detto nel modo peggiore possibile, impulsivo come sempre -Non andrò come Fantasma. Dirò di dover parlare con mio padre.- Capitolò.
Mercier annuì -Perché tieni così tanto a lei?- Poteva capire il rapimento, presa dal panico, visto che César voleva farle del male, ma perchè rischiare, adesso? Era al sicuro, nelle mani della sua tutrice, e il Visconte non si sarebbe di certo azzardato a tentare nulla, almeno nell'immediato.
Carlotta non sapeva cosa rispondergli. Quando era rimasta sola con lei aveva sentito la musica scorrerle nelle vene, il cuore impazzire, la mente diventare leggera e…Aveva sognato il tocco delle sue labbra, per quel poco che aveva dormito.
-Siamo nella stessa situazione. Sua madre vuole farle contrarre un matrimonio per il proprio interesse e sta puntando a César, ma Christine non ha titolo, non ha denaro, nessuno dalla sua parte... Non è altro che un sacrificio per le loro ambizioni.-
-Come quasi tutti i cittadini di Parigi. Nessuno di noi ha titoli o soldi.-
-Tu sei un uomo, non puoi capire...Avrai sempre possibilità di scelta. Per noi è diverso, noi veniamo prese per sciocche, pazze o impudenti se rifiutiamo, e i nostri tutori possono firmare per noi il consenso. Succederà così, appena mio padre riceverà una proposta soddisfacente. Nemmeno io ho più molto tempo...-
-Chi otterrà la tua mano sarà fortunato...- Disse, ancora una volta.
-Mèrde, io no!- Sentì la gola raschiare, mentre ringhiava afferrando il ragazzo per il colletto. -Piuttosto la morte!- Lo fulminò con lo sguardo -Smettila di dire che saranno fortunati...- Mercier lo ripeteva ogni volta che ne parlavano, ma non aveva più intenzione di sopportarlo. Non ora che sentiva il cappio del matrimonio combinato stringersi attorno al suo collo.
-Non ho libertà di scelta, anche se sono un uomo.-
-Che intendi?- Per assurdo, lo riteneva più libero di lei.
-C'è una donna...-
Si risistemò la camicia, appena la ragazza lo lasciò andare.
Carlotta ascoltò con più attenzione, non sapeva nulla al riguardo.
-L'ho corteggiata a lungo- Aggiunse il ragazzo -Ma non ho ottenuto alcun riscontro.-
-Mi dispiace, forse allora non sei il suo tipo.- Tornò a fianco della cavalla, non capendo il discorso dell'amico. Non essere corrisposti non era come non poter scegliere. Tolse la sella dalla groppa di Argo e prese la striglia.
-Io penso che non si sia nemmeno accorta che la sto corteggiando.-
-Bhe allora sii più esplicito.- Cominciò a spazzolare la cavalla, ottenendo uno sbuffo di approvazione da parte della giumenta.
-Ma è irraggiungibile, di un altro ceto.-
La mora capì finalmente cosa c'entrava quel discorso con il non avere scelta -Potrebbe decidere di scappare con te. Se non andrà, non succederà nulla. Nessuno ti biasimerà per averci provato.- Se una donna invece avesse tentato una cosa simile sarebbe stata disonorata per sempre, indipendentemente dall'esito. -O se piaci a suo padre magari diventi ricco...A meno che non sia già sposata.- Aggiunse, scherzando.
-Più esplicito, eh?-
-A volte ci sono delle ragazze che non capiscono, se non dici le cose chiaramente. Vero, Argo?- Le accarezzò il muso, continuando a spazzolarla.
Mercier si avvicinò a lei travolgendola, prima di afferrarla per il mento e baciarla.
La ragazza trasalì, colta di sorpresa, poi lo spinse via e arretrò d'un passo, coprendosi la bocca con la mano, mentre sentiva le lacrime salirle agli occhi.
-Carlotta, io ti...-
-No!- Salì in groppa ad Argo e lo spronò al galoppo, fuori dalla stalla, lasciando il ragazzo da solo, a maledirsi.


Era scappata per non sentire cosa stava per dirle...Non voleva che diventasse reale.
Aveva lasciato Argo libera di correre fin dove voleva, ma, dopo molto tempo, la cavalla aveva ricominciato a tornare sui propri passi, lentamente. Anche la giumenta aveva capito che la sua padrona era turbata e che doveva riflettere.
Stesa sulla schiena della cavalla, con le gambe che ciondolavano lungo i fianchi dell'animale, guardava il cielo leggermente velato e le cime degli alberi scorrere sopra di lei.
Si sentiva bloccata, pensare a quanto successo la agitava.
Non aveva mai pensato a Mercier in quel modo e non ci riusciva nemmeno adesso.
Gli voleva molto bene, gli mancava se stava via qualche giorno e si divertiva tanto in sua compagnia. Si fidava di lui, era il suo confidente, e avrebbe dato la vita per difenderlo...Ma non era amore.
Era un fratello, per lei, e il suo bacio l'aveva sorpresa. Pensava che anche per lui fosse lo stesso.
Gli tornarono in mente le parole di suo padre e provò rabbia, nel vedere che aveva ragione "Nessuno ti assicura che un giorno non sia lui a cambiare idea..." Quando era successo?
Si chiese se la sua gentilezza fosse reale o se facesse parte del corteggiamento. La sua disponibilità, il suo riguardo, il cercare la sua compagnia...Erano sinceri o spinti da un secondo fine? Si sarebbe comportato alla stessa maniera se non avesse provato attrazione per lei?
E adesso? Lo aveva respinto...Sarebbero rimasti amici?
Non voleva perderlo, teneva a lui, ma sapeva che il suo desiderio era egoistico e non voleva farlo soffrire.
Si mise a sedere e incrociò le gambe, restando di spalle alla nuca della cavalla e fidandosi di dove la giumenta la stava portando, mentre pensava a cosa dire a Mercier.


-Stavo per venire a cercarti.- La voce del ragazzo la riscosse -Sei stata via diverse ore...-
Carlotta scivolò giù dalla groppa del cavallo e lo affrontò -Mi dispiace, Mercier.-
-Non importa...-
-Sì, invece. Io ti voglio molto bene...Ma come fratello.-
Il ragazzo annuì, cercando di nascondere il dolore che quelle parole gli stavano causando.
-Mi piacerebbe che restassimo amici, come ora, ma non vorrei darti fastidio. Quindi scegli tu. Se preferirai non vedermi più lo capirò.-
-C'è qualcun altro?-
-No.-
-E preferiresti un matrimonio finto a me?!-
-Scapperei con te anche domani, ma non come...Mio fidanzato.- Disse quelle ultime parole con imbarazzo.
-Bene, allora facciamolo!- Si irritò lo stalliere.
-Devo prima aiutare Christine.-
-Una sconosciuta è più importante di me...Hai uno strano senso della famiglia- La sua incoerenza lo confondeva e lo faceva arrabbiare ancora di più.
-Lei è sola!-
Mercier si morse la lingua. Stava per risponderle male, trascinato dalla collera che lo aveva colto di sorpresa, ma sapeva che se ne sarebbe pentito. Fece cenno a Carlotta di aspettare, aveva bisogno di qualche istante per riprendere il controllo.
-Va bene.- Sospirò infine -Voglio essere utile.- Si sarebbero sbrigati prima.
-Davvero? Se hai bisogno di tempo...- Non voleva che si sentisse a disagio a stare in sua compagnia.
-No, va bene così. Me ne farò una ragione, non preoccuparti. Ho reagito male. E poi, se io non ti coprissi, si accorgerebbero di quando lasci la tenuta di nascosto.-


Carlotta rientrò e disse a Bernìce di prepararsi ad uscire, nel pomeriggio. Sarebbero andate a teatro a trovare il padre, con la scusa di cogliere dettagli sulla fuga della soprano.
La domestica non se lo fece ripetere due volte, moriva dalla curiosità e la aiutò anche a nascondere il livido sulla guancia, che per loro fortuna non era molto vistoso.
Prima di arrivare all'Operà si fermarono a prendere il tonico per la gola di Carlotta e subito la ragazza ne approfittò, abbondando. Tutto quel parlare con Mercier le aveva dato fastidio.
-Viscontessa! Sono felice che stiate meglio!- Le accolse l'insegnate di balletto, vedendole.
-Madame Giry- Ricambiò il saluto, sussurrando appena per non affaticarsi e non far sentire quanto bassa fosse la propria voce.
-Povera cara...Siete completamente afona.- Disse con rammarico -Come mai siete qui? Non potete di certo provare- Indagò.
-Volevo prendere una boccata d'aria e sono venuta a trovare mio padre.- Sorrise fintamente -Ho sentito che Christine è stata rapita. Come sta la poverina?-
-Grazie al cielo sta bene, nessuno le ha fatto del male. Si sta riposando, ma non ricorda nulla. Farfuglia del Fantasma dell'Opera...Superstizioni...Dev'essere lo spavento.-
-L'importante è che stia bene.-
-Le auguro una pronta guarigione e mi saluti il Visconte, per cortesia.- Disse l'insegnante, congedandosi.
-Non mancherò.- Rispose la Viscontessa, prima di dirigersi all'ufficio del padre, al piano superiore.
Bernìce bussò e attesero che il segretario, un ometto estremamente magro e timoroso, di nome Rèmy, le accogliesse, prima che Carlotta venisse introdotta nell’ufficio.
-Come mai sei qui?- Chiese l'uomo, sedendosi dietro la sua scrivania. Lo studio era elegante e sfarzoso e grandi librerie in legno massiccio coprivano interamente una delle pareti.
-Volevo prendere un po' d'aria e viste le vostre restrizioni ho pensato che non ci sarebbero stati problemi a conversare con voi...- Carlotta si accomodò davanti a lui, su una poltrona imbottita.
-Sono felice che la tua voce stia meglio.- La figlia sussurrava, ma non le dava più quella sensazione sgradevole che aveva sentito corrergli lungo la schiena la volta precedente.
-Seguo attentamente le indicazioni del medico.-
-Ottimo. Immagino che tu sia qui, in realtà, per avere novità sulla tua sostituta.-
-Mi avete colta in flagrante padre, la curiosità è femmina.-
Il Visconte sorrise, sarcastico -Nessuna nuova. La Gendarmerie indaga, ma sono in un vicolo cieco e l'unica persona che potrebbe dare qualche indizio non ricorda nulla! Farfuglia di fantasmi e angeli...-
-In confidenza, padre?- Fece intendere all'uomo che se aveva qualche dettaglio più interessante lei non lo avrebbe riferito.
-Nient'altro, questo è realmente tutto. Il mantello con cui è stata ritrovata è anonimo, come tanti altri qui a Parigi. Chissà dove l'hanno portata- 
-A voler essere sospettosi padre…Voi veramente non lo sapete?- Sollevò un sopracciglio, allusiva.
-Che intendi?- 
-Ho visto alle audizioni che Christine vi ha colpito molto e non è la prima volta che si sente parlare di una relazione tra il mecenate e la soubrette-
César la studiò, tra il divertito e il sospettoso, accarezzandosi con le dita la punta del mento e domandandosi se avesse anche lei dei suoi informatori, o se fosse solo intuito.
-Non è questo il caso. L'avevo invitata come mia ospite al Galà, dopo la rappresentazione, ma è scomparsa mentre attendevo la carrozza.-
-Avreste comunque l'intenzione?- Chiese con civetteria. Lo sapeva, ma non poteva dire al padre come aveva ottenuto l'informazione.
-Approveresti?-
-Padre, so bene che la mia opinione è ininfluente per voi, quindi perchè me lo chiedete?-
-Piacere di conversazione.- Si alzò, aggirando la propria sedia e raggiungendo la finestra, dandole le spalle.
-Allora, in sincerità, vi dico che ha l'età di vostra figlia e ne dimostra ancora meno. Tutto questo mi lascia alquanto perplessa e in molti la penseranno come me. Senza contare il suo ceto e i dubbi sulla sua integrità. Come dite voi, è un'artista, e gli artisti sono inclini all'edonismo.-
-Nessun dubbio sulla sua integrità.-
-Ve lo ha detto madame Giry? Perchè come mi avete insegnato, negli affari, a volte, è necessario manipolare la realtà.-
-Ho fatto controllare da un medico di mia fiducia. Comunque, hai ragione, la tua opinione è ininfluente.- Si voltò verso di lei, sottolineando quelle parole sprezzanti con lo sguardo.
-Siete dunque intenzionato?-
-Appena questa fuga sarà dimenticata inizierò il corteggiamento.-
Carlotta provò sollievo, avrebbero guadagnato tempo e chissà, se la ragazza avesse avuto più successo avrebbe potuto trovare uno spasimante di suo gradimento -Sarà difficile, padre.- Fingeva di preoccuparsi, non voleva che l'uomo si insospettisse.
-Dici?-
-Immagino stia già ottenendo delle proposte, si parlerà molto di lei nei prossimi giorni.- Magari avrebbe desistito.
-A meno che, qualcuno di vicino a lei, non la guidi nella sua scelta.-
-Madame Giry?-
-No, lei baderebbe solo al miglior offerente e in fretta...-
-Che io sappia non c'è nessun'altro adatto a ricoprire un ruolo simile.-
-Mi verrà in mente qualcuno...-

****



Note:
Buongiorno e buon sabato! Spero che questo capitolo vi sia piaciuto, in ogni caso fatemi sapere cosa ne pensate, anche con poche parole, soprattutto se non è stato di vostro gradimento.

Colgo l'occasione per ringraziare la mia Beta di fiducia Oscuro_errante per l'impegno e la costanza nel suo prezioso lavoro. Grazie mille!
A sabato prossimo!

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Capitolo 5
*** Prima Donna ***


5 Prima Donna

Ogni riferimento a fatti realmente accaduti, cose, luoghi, persone e organizzazioni realmente esistenti è puramente casuale.


5.
Prima Donna



Uscendo dall'ufficio del padre, Carlotta fece segno a Bernìce di non avere altri dettagli sulla scomparsa della sua sostituta.
-Non ha aggiunto altro oltre a quello che sapevamo già, nemmeno in confidenza.- Era contenta che Christine fosse stata così brava da convincere tutti di non sapere nulla, di certo si era accorta che erano rimaste nei sotterranei dell'Operà per tutto il tempo ed era riuscita a non parlare del suo rifugio con nessuno, sebbene avessero certamente insistito.
Avrebbe però voluto sapere di più sul suo stato di salute. Madame Giry sarebbe stata capace di dire che stava bene anche mentre andava in fiamme, pur di mantenere una facciata irreprensibile, quindi, ciò che le era stato riferito, era quasi del tutto privo di fondamento.
Aveva pensato anche di cercarla, ma il convitto era grande e lei non aveva idea di quale fosse il suo dormitorio. Le altre allieve l'avrebbero certamente notata e la voce sarebbe arrivata rapidamente a suo padre. Sarebbe stato più facile come Fantasma, ma Mercier aveva ragione, c'era parecchio nervosismo nell'aria, sarebbe stato pericoloso.
Rassegnate, le due donne si diressero verso l'ingresso principale ma, appena Bernìce aprì la porta, una miriade di ammiratori, di curiosi e di cronisti che urlavano domande, le costrinse ad arretrare e a richiudere l'accesso.
-Mon Dieu!- Disse la donna trafelata -Non vogliono farci uscire!-
-Passiamo dall'ingresso degli artisti, dovrebbe esserci meno gente.- Suggerì la Viscontessa, visto che conosceva il palazzo meglio della sua accompagnatrice.
-Vado ad avvisare il cocchiere.-
Mentre la domestica si dirigeva verso le scuderie con passo incerto, Carlotta raggiunse l'ingresso secondario. Lei non passava mai di lì, ufficialmente.
Attraversò tutto il foyer, costeggiò la sala, i laboratori tecnici e i camerini, mentre il personale lavorava incessantemente per la messa in scena dell'opera seguente. Il nuovo mecenate pretendeva nuove scenografie ed erano tutte da costruire.
Raggiunta l'uscita, si mise ad attendere Bernìce. C'era un piccolo cortile interno prima dell'alto cancello di ferro battuto e gli ammiratori e i curiosi ne erano stati dissuasi, trovando molto più facile accalcarsi davanti al portone principale, che affacciava direttamente sulla piazza.
Il cortile consisteva in un piccolo spazio lastricato, ingentilito solamente da un'aiuola con qualche fiore, lungo la parete.
La Viscontessa si sedette su una panca accanto alla porta da cui era appena uscita, mentre attendeva la carrozza. La tentazione di scivolare nei panni del Fantasma si faceva sempre più forte, man mano che il tempo passava, ma Bernìce non avrebbe tardato ancora a lungo.
"Eccola" Pensò, vedendo la porta aprirsi, ma, con sua sorpresa, scoprì che era Christine. Si bloccò, non sapendo cosa fare.
La ragazza non la vide, nascosta dall'uscio aperto, e si diresse all'aiuola, dove, sedendosi sul basso muretto che la delimitava, cominciò a raccogliere qualcuno dei fiori spontanei che vi crescevano.
Non era ancora uscita da quando aveva fatto ritorno. Le avevano detto di non recarsi a lezione o alla prove, quel giorno, e non sapeva cosa fare. Non era abituata ad avere così tanto tempo libero.
Sentiva il bisogno di prendere una boccata d'aria e, raccogliere qualche fiore per rallegrare la propria stanza le era sembrata un'idea carina. Lì nessuno l'avrebbe notata, indossava l'uniforme grigia come qualsiasi altra studentessa, e poi, erano tutti davanti al portone principale.
Se non fosse stata certa di quello che aveva visto con i propri occhi e sentito con le proprie orecchie, anche lei avrebbe creduto di essersi immaginata tutto per lo spavento... Invece era reale.
Sperava che il Fantasma fosse riuscito a fuggire senza problemi e che stesse bene. Non lo aveva ancora sentito per quel giorno, ma sarebbe stato da incoscienti presentarsi a teatro dopo il trambusto suscitato. Tuttavia, sperava di incontrarlo presto.
Temeva di averlo offeso, di averlo disgustato con quel gesto improvviso, sconsiderato e indecente che non era riuscita a trattenere, ma le parole del suo salvatore l'avevano poi presto rassicurata: "Il Fantasma veglia e veglierà..."
Sospirò, alzando lo sguardo oltre al cancello. 
Il suo Maestro era senza dubbio un uomo fuori dal comune. Colto, gentile, generoso, dolce ed estremamente onesto. Avrebbe potuto approfittare di lei, visto il suo slancio e le circostanze, ma si era invece preoccupato per  il suo onore.
Sospirò nuovamente, annusando uno dei fiori che aveva appena raccolto.
Era stato un vero cavaliere e ben poco le importava del suo aspetto. Certamente era curiosa, ma niente le avrebbe fatto cambiare idea, sentiva qualcosa riscaldarle il petto ogni volta che lo pensava e non aveva mai provato niente di simile per nessuno, prima.
Le melodie che aveva suonato per lei erano incredibili e i suoi occhi...Così nostalgici da infrangerle il cuore.
Sospirò ancora, alzandosi dal muretto e voltandosi, per tornare al dormitorio, prima che qualcuno la notasse, ma si bloccò, vedendo la Viscontessa seduta accanto alla porta da cui era uscita poco prima. Era lì da tutto il tempo?!
-Buongiorno Mademoiselle Daaé.- Esordì la nobile con un filo di voce. L'aveva osservata di nascosto, per capire come stava e aveva notato diversi grossi respiri. Che si fosse raffreddata? Non era di certo caldo nei sotterranei.
-Buongiorno Viscontessa.- Christine accennò una riverenza, mentre l'altra le faceva segno che non occorreva. -Come state?-
-Meglio, vi ringrazio. Voi? Ho saputo della vostra disavventura.- Chiese la nobile.
-Sto bene, vi ringrazio.-
-Sono molto felice di sentirlo.- Le sorrise sinceramente -Volevo farvi i complimenti per il vostro debutto. Non ho potuto assistere, ma mi hanno detto che siete stata eccellente.-
-Siete troppo generosa Viscontessa. Voi certamente avreste fatto di meglio.-
Carlotta sorrise ancora, ma falsamente. Non sapeva dire se quello era il vero pensiero di Christine o qualcosa di suggeritole dal suo rango -Sappiamo entrambe che, oggettivamente, io non...- L'arrivo di Bernìce le interruppe -Scusate l'attesa, questo palazzo è un labirinto! La carrozza sta arrivando, Viscontessa.- Disse trafelata. -Oh scusate, non volevo interrompere la conversazione.- Aggiunse, accorgendosi all'ultimo della presenza della Diva.
-Non importa, avevamo terminato.- Disse Carlotta, mentre il rumore della carrozza che si fermava davanti al cancello confermava la sua affermazione -Arrivederla Mademoiselle.-
-Arrivederla Viscontessa.-


-Mi spiace averla interrotta, non avevo visto che eravate in compagnia.- Si scusò nuovamente la domestica, una volta partita la vettura.
-Non importa Bernìce, non hai interrotto nulla.- Se non fosse arrivata la donna avrebbe probabilmente cominciato una discussione fin troppo schietta. Non che non andasse bene, ma le orecchie di suo padre arrivavano dappertutto e le aveva proibito di essere amichevole con chiunque. Almeno aveva potuto vedere con i suoi occhi che Christine stava bene, il raffreddore non sembrava preoccupante.
Aveva stentato a mantenere la calma. Nonostante la rozzezza del cortile e il dozzinale abito grigio che indossava la cantante, sembrava che la luce più splendente del Paradiso brillasse su di lei. La delicatezza dei suoi gesti, anche quando non sapeva di essere osservata, era sublime. Involontariamente ricordò la sensazione delle sue dita sulla guancia e si sentì arrossire istantaneamente.
Finse di tossire, per essere sicura che Bernìce non vi facesse caso.
Doveva assolutamente smettere di pensare a lei. Aiutarla, sì, ma nient'altro. Era meglio sfogare quella sua confusione nella musica, dove non ci sarebbero state vittime né ripercussioni.
-Mademoiselle Daaé vi ha detto qualcosa?- Ruppe il silenzio, Bernìce.
-No, le ho solamente chiesto come stava.-


Tornate alla residenza, il sole stava già tramontando. La giornata era finita.
Carlotta sarebbe andata volentieri alle stalle a strigliare Argo e a chiacchierare con Mercier, come sempre, ma si trattenne. Non voleva procurare altri problemi al suo migliore amico e, anche se lui le aveva detto che era tutto a posto, lei sapeva che in realtà sarebbe stato meglio che si prendesse del tempo.
Non voleva affatto smettere di frequentarlo, teneva a lui, ma avrebbe rallentato un po', finché Mercier non sarebbe tornato alla sua normalità. Avrebbe anche ridotto gli slanci affettuosi, i giochi, e ristabilito una certa distanza interpersonale, eliminando tutto ciò che sarebbe stato un normale gesto fraterno, ma non altrettanto consono con un uomo.
Un uomo...A pensarlo a quel modo quasi le sembrava di non conoscerlo più.
Ripensò a quando, stesi sull'erba, lui le si era affiancato. La sua voce, lo sguardo che all'epoca non aveva compreso, ora prendevano tutto un altro significato.
-Mon Dieu- Sussurrò tra sé e sé triste, mentre si divideva tra il dispiacere, l'incredulità e una vaga sensazione di disagio, nell'immaginare cosa stava pensando l'amico in quel momento, mentre lei si confidava.
Forse era stata colpa sua, da stupida sciocca si era lasciata andare con Mercier e questo aveva reso fraintendibili i suoi gesti e le sue parole. Se si fosse attenuta all'etichetta, a ciò che era consono e opportuno, tutto quello non sarebbe successo.
Per colpa della sua ingenuità e refrattarietà alle regole Mercier stava soffrendo...E anche Christine.
Non era opportuno che lei si travestisse da maschio, non era opportuno che le insegnasse di nascosto, camuffando la voce. Non era stato opportuno restare sola con lei come uomo...Se Christine avesse saputo, se lei non avesse mentito, non l'avrebbe mai baciata.
La ragazza era probabilmente infatuata del suo Maestro, che però non avrebbe mai potuto ricambiarla. Avrebbe sofferto anche lei, appena se ne fosse resa conto.
Forse sarebbe stato meglio seguire rigidamente le direttive di suo padre: non dare confidenza a nessuno. Tuttavia, se lo avesse fatto, non avrebbe potuto aiutare Christine.
Rigettò l'idea che César avesse ragione su quello, ma ammise di aver sbagliato. Forse la ragazza avrebbe mantenuto il segreto della sua identità comunque, se si fosse presentata come sé stessa, e non ci sarebbero stati fraintendimenti.
Avrebbe agito con maggior cautela d'ora in avanti, e non si sarebbe fatta più vedere dalla bionda, evitando anche le lezioni di canto, se non assolutamente necessarie. Avrebbe continuato a vegliare su di lei, ma senza che Christine se ne accorgesse.
Frustrata e dispiaciuta, si sedette allo scrittoio nella sua stanza e cominciò a comporre, per sfogare tutti quei sentimenti contrastanti. Avrebbe poi portato tutto nel suo rifugio, al sicuro, appena possibile.


L'indomani si sentiva meglio e anche la voce cominciava a tornarle, tra decotti e tonico. Dopo colazione, non avendo impegni, decise di trascorrere la mattinata assieme ad Argo, e farsi una bella cavalcata.
Non aveva voglia di pensare troppo e stare con la sua giumenta la metteva sempre di buon umore, così indossò dei pantaloni e si diresse di buon passo alle scuderie. Avrebbe salutato Mercier come al solito, ma non si sarebbe soffermata troppo a chiacchierare con lui, a meno che il ragazzo non le fosse sembrato tranquillo.
-Ciao!- Lo salutò, trovandolo impegnato a pulire lo stallo di fronte a quello di Argo.
-Ciao. Sento che la voce è migliorata.- Mercier si pulì le mani in uno straccio, prima di lasciarlo su una balla di paglia e avvicinarsi a lei.
-Sì, comincia. Aspetterò ancora qualche giorno però, prima di provare a cantare.- Sentiva ancora una sensazione sabbiata in fondo alla gola.
-Sei stata a teatro, ieri?-
-Sì, sono andata con Bernìce.- Carlotta entrò nello scomparto della sua cavalla e cominciò a sellarla.
-Stava bene?- Il ragazzo si mise ad aiutarla.
-Sembrava di sì. L'ho vista da lontano e abbiamo scambiato solo poche parole, ma sembrava tranquilla.-
-Argo ti aspettava, ieri sera.- Spesso Carlotta le portava mele o carote, dopocena.
-Ero stanca...Ho preferito rimandare ad oggi. E poi ieri l'ho fatta galoppare un bel po'- Le accarezzò il muso con il palmo della mano, mentre Mercier stringeva le ultime cinghie.
-César?- Chiese il ragazzo.
-E' uscito poco fa. Non ha fatto chiamare tuo padre per la carrozza?-
-No.-
-Avrà preso solo il cavallo...Allora non resterà fuori a lungo.- Constatò, con un pizzico di delusione. Suo padre non voleva che indossasse pantaloni -Vado subito, così magari riesco a rientrare prima del suo ritorno.-
-Dovremmo parlare anche del nostro amico del teatro, il prima possibile.- Aggiunse Mercier pensieroso, mentre passava le briglie a Carlotta, già salita in sella.
-Sì, Cerco di sbrigarmi, allora. A dopo.-  Diede un lievissimo colpo di tacco al fianco della giumenta e questa partì al trotto.
Era felice di come erano andate le cose con Mercier, era stato tutto più naturale di quello che temeva. Non aveva provato quasi nessun imbarazzo e il ragazzo non le era sembrato né triste né arrabbiato.
Appena Argo si fu riscaldata un po' i muscoli la lanciò al galoppo, mettendosi in piedi sulle staffe e chinandosi in avanti, per andare il più veloce possibile. Amava correre assieme a lei, le sembrava quasi di sentirsi libera e di poter dimenticare tutto. D'altro canto la cavalla si divertiva molto e si prestava ben volentieri a quelle galoppate sfrenate.
Raggiunto il torrente che delimitava i terreni di famiglia, Carlotta scese di sella e si sedette sotto a una quercia, come ogni volta, mentre Argo cercava di afferrare qualche mela dall'albero lì accanto.
La ragazza sorrise nel vedere con quanto impegno la giumenta cercava di allungare il collo e le labbra per prendere uno dei frutti più in alto, visto che aveva già fatto sparire nei giorni precedenti quelli più facilmente accessibili. La raggiunse, le salì in groppa e ne staccò una dal ramo, porgendogliela.
-Non dovresti darle troppe mele, o la vizierai.- La voce di César la fece trasalire.
-Padre, non mi aspettavo di vedervi qui.- Era tornato incredibilmente presto.
-E io non mi aspettavo di vederti coi pantaloni.- Disse subito, rimproverandola -E' vietato.-
-Sono più comodi per cavalcare.- Tentò di giustificarsi la ragazza.
-Non sei obbligata a farlo.-
Carlotta scese da cavallo, ne aveva già abbastanza delle sue polemiche -Dove siete stato?-
-Dai vicini, sto valutando di acquistare parte dei loro terreni.-
-I vostri affari? Non mi avete più aggiornata in quest'ultimo periodo.-
-Vanno bene. A teatro poi c'è già il tutto esaurito per "Il Muto"- Disse felice.
-Ma non abbiamo ancora iniziato le prove!- Era assurdo.
-La voce della scomparsa di Mademoiselle Daaé ha fatto impennare le vendite. Sono curiosi.-
Carlotta sorrise, stava andando meglio di quanto sperasse. Le proposte di fidanzamento avrebbero cominciato a fioccare e Christine avrebbe avuto ben presto l'imbarazzo della scelta. Di certo avrebbe trovato qualcuno di suo gradimento, o guadagnato denaro a sufficienza da potersi sposare per amore e non per convenienza.
-Questo rende oltremodo urgente trovare qualcuno che guidi le sue scelte.- Aggiunse César.
-Avete trovato a chi affidare questo compito?- Sperava di no. Christine non era stupida, ma quando c'era di mezzo la fiducia era facile cadere in inganno.
-Credo di sì, anche se non sono certo della sua fedeltà alla causa.-
Carlotta lo guardò, perplessa. -Direi allora che non è la persona giusta, se mi permettete.-
-Si tratta solamente di trovare le giuste leve, e le ho trovate.-
-Chi allora? Non tenetemi in sospeso-
-Tu.-
-Come?- Non poteva aver capito correttamente.
-Tu. Chi meglio di mia figlia, collega e coetanea, potrebbe conquistare la sua fiducia?-
-Padre, sapete come la penso, io non credo di riuscire-
-Ho bisogno di un erede maschio e visto che ti diverti a rifiutare e sciogliere fidanzamenti, toccherà a lei darmelo.- Sentendo il suo tono irritato, il cavallo su cui era in groppa il Visconte si infastidì, facendo qualche passo sul posto, nervoso -O ti sposi entro il compimento dei tuoi diciotto anni e un mese, o farai in modo che io sia fidanzato con lei, entro la stessa data, altrimenti ti chiuderò in convento. A te la scelta.-
-Non potete fare questo!- Gridò, sconvolta dalla rabbia.
-Posso invece e so già cosa sceglierai.- Ghignò -Visto che la tua voce sta meglio, da domani ti autorizzo a tornare a teatro, vedi tu con quale scusa. Usa ogni mezzo e ogni proprietà di famiglia per conquistare la sua fiducia, essendo di umili origini non sarà difficile affascinarla.-
-No!-
-Come, scusa?-
-No, lei non è un oggetto, non potete manovrarla così!-
-Infatti. Per questo puoi sposarti tu e non coinvolgere lei. Non sarò io a manipolarla.-
-Nemmeno io sono un oggetto!-
-Tu hai degli obblighi per nascita e ora anche per titolo, vedi di mettertelo in testa. Ti ho assecondata per affetto paterno, ma non lo farò più. Rifiuta questo accordo e firmerò io il tuo matrimonio con il primo partito conveniente e nemmeno ti consulterò.- Spronò il cavallo al galoppo e partì, senza attendere replica.
Carlotta si sentì sprofondare, era in trappola. O si sposava, o ingannava Christine, o finiva in convento. Per lei non c'era più alcuno scampo.
Doveva assolutamente lasciare la tenuta, fuggire e salvarsi, o sarebbe stata condannata per sempre a una vita di limiti e finzione. Voleva partire immediatamente ma...Christine. Lei sarebbe rimasta comunque nelle mire di suo padre e avrebbe certamente trovato il modo, assieme a Madame Giry, di averla per sé.
Sentì lo stomaco contorcersi e si chiese perché, seppure la conoscesse appena, l'idea di lasciarla la straziasse. Storie come quella accadevano ogni giorno, così andava il mondo. Riusciva a malapena a badare a sé stessa, come poteva pretendere di mettersi contro a tutto ciò che aveva fatto di lei una privilegiata?
Eppure sapeva, nel profondo, che era sbagliato. Lo sapeva da sempre, ma aveva cercato in ogni modo di non guardare in faccia alla realtà.
Si sentì un'ipocrita, forse meritava che il cappio dell'ingiustizia che non aveva mai affrontato fosse infine giunto a reclamare il suo collo.
Persa in quegli amari pensieri, seduta sulla sponda del torrente, Carlotta non si accorse del passare del tempo e che Argo, non riuscendo ad ottenere la sua attenzione, era tornata alla stalla.


Mercier, vedendo arrivare la cavalla senza la proprietaria, andò subito a cercarla, iniziando dai luoghi in cui era solita recarsi.
-Cosa è successo? Sei caduta?- Chiese il ragazzo, affiancandosele trafelato, vedendola
-No, sto bene.- Disse con un filo di voce la Viscontessa mantenendo il volto nascosto tra le braccia, appoggiate sulle ginocchia strette al petto.
-Non sembra.- Rispose preoccupato.
-Mio padre...- Aggiunse la mora, con il tono di chi si ritrovava a ripetere sempre le stesse cose.
-Cos'ha fatto questa volta?-
-Vuole un erede maschio e se non glielo darò io entro il prossimo compleanno lo vorrà da Christine. Vuole che la convinca a sposarlo.- Si asciugò una lacrima nella manica della camicia. -Se non ci riuscirò o non mi sposerò in tempo, mi manderà in convento.-
-Ma non può!-
-Gliel'ho detto, ma lo farà comunque. Con la forza, se necessario, e se rifiuto l'accordo firmerà le nozze al mio posto, con il primo che passa.- Il convento era l'ultima possibilità per il casato di giustificare il suo matrimonio tardivo e salvare la faccia. Le sue coetanee erano già fidanzate da tempo e, in genere, aspettavano solamente la maggiore età per convolare a nozze.
Mercier rimase seduto accanto a lei, sconvolto -Possiamo scappare stanotte. Non ci troverà.-
-L'ho pensato anch'io, ma...Christine- Si asciugò una nuova lacrima, sospirando.
-Non puoi farci niente! E poi la conosci appena!-
-Lo so, ma non posso abbandonarla.- Le sarebbe sembrato di tradire sé stessa. Le chiacchierate che avevano avuto, anche se non si erano praticamente mai viste, gliel'avevano mostrata come un persona vivace e di buon cuore. Si sentiva molto legata a lei.
-Perché lei e non tutte le altre orfane di Parigi? Non è l'unica in una situazione simile!-
Non poteva dire a Mercier che provava qualcosa di diverso per Christine. Non lo ammetteva del tutto neanche con sé stessa ed era inutile parlarne, visto che non avrebbe mai avuto un seguito.
-Lei è una brava persona ed è stata trascinata in tutto questo per colpa mia...Se io mi fossi sposata, lei non sarebbe diventata la mia sostituta-
-Quindi ti senti responsabile?-
Carlotta annuì.
-Capisco...- Capiva solo in parte. Le decisioni di César non erano una sua colpa, ma lei era sempre stata pronta ad aiutare chi si trovava in difficoltà. Solo che fino a quel momento erano stati animali feriti, o qualche mendicante a cui allungava qualche moneta di nascosto. Mai niente di così complesso.
-Credo che ti convenga convincere Christine...- Disse Mercier, riflettendo.
-No!- Esclamò Carlotta alterata e sorpresa da quella parole.
-No, fammi finire!- Protese le mani in avanti, per calmarla -Se tu accettassi guadagneremmo tempo. Riusciremo a sistemare Christine e ad organizzarci per scappare, o portare anche lei con noi. Ho degli amici in Inghilterra, ma devo avvisarli, e poi ci vorrà tempo per preparare meglio il viaggio.-
Carlotta rifletté per qualche istante, il ragionamento di Mercier era valido. Se qualcosa fosse andato storto la ragazza sarebbe potuta partire con loro, se avesse voluto -Sì, può funzionare. Dobbiamo però fare in modo che Christine continui ad esibirsi come protagonista, questo accrescerebbe di molto le sue possibilità.-
-Se tu usassi ancora la scusa del mal di gola però, non la passeresti liscia-
-No, serve qualcos'altro. Qualcosa che sia evidente che non dipende da me-
Rifletterono a lungo, in silenzio, poi, Carlotta si illuminò -E se sfruttassimo la leggenda del Fantasma?-
-Cosa vuoi dire?-
-Mi hai detto che faceva piccoli sabotaggi...Se riprendessimo? Se il Fantasma minacciasse la mia incolumità per far esibire Christine, come Prima Donna? Già non si parla che di lui in città, se lo venissero a sapere i giornali mio padre non potrebbe costringermi ad entrare in scena. Lo dipingerebbero come un orco assetato di denaro.-
-Va bene, ma come? César non si farà convincere facilmente.-
-Non dobbiamo convincere lui, solo gli altri. Il Fantasma ha già rapito la nuova Diva del teatro, sfruttiamolo! Posso far recapitare delle lettere minatorie, far finta che mi sia scomparso qualcosa dal camerino e creare qualche piccolo incidente... Basterà, per attirare i cronisti. Potrei anche scomparire per un giorno, come Christine-
-Vacci piano, se tuo padre si insospettisse sarebbe la fine. Dobbiamo pensare bene a come organizzare tutto.-
-Sì...- Aveva bisogno di tempo per ragionare su come fare.


Il pomeriggio seguente, Carlotta si recò a teatro.
Non aveva ancora le idee chiare, quindi si sarebbe limitata ad attirare l'attenzione di Christine, come voleva suo padre.
Fu così che chiese a Bernìce di organizzare un tè in una delle sale da lettura del convitto.
-Buongiorno Mademoiselle Daaé- Aveva espressamente invitato solamente lei, per non doversi occupare anche di Madame Giry.
Christine accennò una riverenza, entrando e salutando. La sua tutrice le aveva procurato un abito adeguato all'occasione, ma si vedeva che la ragazza non era particolarmente abituata e che le ampie maniche a sbuffo la impacciavano. Tuttavia, era molto graziosa.
-Quell'abito vi dona. Il verde mette in risalto i vostri occhi azzurri.-
-La ringrazio, Viscontessa. Voi siete stupenda, il vostro portamento è regale.-
-Grazie, ma sbarazziamoci di tutti questi convenevoli e sedetevi qui, di fronte a me, e gustiamoci questo buonissimo tè- Si accomodò sull'ottomana, invitando Christine a raggiungerla, con un gesto della mano.
Non abbandonarono affatto le formalità, Carlotta era troppo agitata e la conversazione legnosa. Christine provava lo stesso, era la prima volta che si trovava faccia a faccia con una nobile.
Fu proprio quest'ultima a gettare la maschera per prima. -Mi concedete di darvi del tu?-
-Certo Viscontessa, io non sono nessuno- Non era abituata a sentirsi dare del voi.
-Anche voi datemi del tu, se convenite.-
-Certo...- Rispose ancora, titubante.
-Sono contenta che abbiamo la stessa età, non mi capita spesso di parlare con una mia coetanea.-
-No?- Chiese stupita la cantante.
-In realtà c'è sempre poco di cui discorrere, se non di moda o pettegolezzi.- Gli argomenti confacenti ad un salotto signorile erano pochi, per le donne.
-Temo che anche qui sia così.- Non poteva certo ripetere alla Viscontessa le battute volgari che l'avevano fatta ridere fino alle lacrime la sera precedente.
-Dove hai imparato a cantare?-
-Mi ha insegnato i primi rudimenti mio padre, quando ero piccola. Poi ho continuato da sola, ascoltando quando potevo le lezioni qui, all'Operà.-
-Un talento formidabile.- Osservò Carlotta, estremamente colpita. Se Christine era arrivata a quel livello con studi altalenanti, con un accesso costante agli insegnamenti sarebbe diventata un vero portento.
-Grazie.- Arrossì la bionda.
-Non vedo l'ora di cantare assieme a v-te.- Si corresse la Viscontessa, alzando gli occhi al cielo e maledicendo l'abitudine.
L'espressione dell'altra la fece sorridere, divertita -Anche io. Hai una voce ricca, sarebbe bello un duetto.-
-Purtroppo ne "Il Muto" non ce ne sono- Disse pensierosa, cercando di ricordare se ce ne fossero in qualcuna delle altre opere scelte da suo padre.
-La tua voce mi piace molto, hai una profondità che io non riuscirei mai ad ottenere.- Aggiunse Christine.
-Io trovo meravigliosi i tuoi acuti.- Le sorrise Carlotta, sincera -Ho sentito anche che sei migliorata parecchio nelle note gravi, e velocemente, per giunta.-
-Mi sono allenata molto. Volevo essere all'altezza.- La sua interlocutrice, istintivamente, le sembrava una persona affidabile, ma in realtà la conosceva appena ed omise la verità.
Il suo Maestro le aveva chiesto di mantenere il segreto e lei lo avrebbe fatto ad ogni costo, voleva assolutamente rivederlo. -Sarà sciocco, ma io non sono convinta di essere la scelta migliore come tua sostituta.-
-Così come io non sono convinta di essere la giusta "Prima Donna"!- Esclamò Carlotta, ridacchiando -Se mio padre non fosse il mecenate non avrei questo ruolo. Tu invece hai un'estensione vocale magnifica, sarebbe stata solo questione di tempo.-
-E' che mi sembra di aver imbrogliato, in qualche modo.- La raccomandazione della tutrice le aveva dato una possibilità per cui, altrimenti, avrebbe dovuto attendere e faticare per anni.
-Lo capisco, è lo stesso per me. Non ho mai cantato così tanto come durante le prove e avevo cominciato addirittura a non sopportare più alcune arie.-
-Mi dispiace per la gola...- Disse Christine, effettivamente rammaricata.
-Cose che capitano quando si è inesperti.-
-L'ho sentito dire- L'Angelo l'aveva posta ad esempio, parlando delle pause e dei riposi. Che la nobile si fosse fatta prendere dall'ansia, finendo con l'esagerare? Forse era più simile a lei di quanto pensasse -Va meglio però...- Notò, sorridendo lievemente.
-Sì, ancora qualche giorno e proverò a cantare.- Rifletté, per qualche secondo -Ti andrebbe di aiutarmi con gli esercizi di recupero? Non li ho mai fatti da sola.-
-Ah. Non saprei, non so di cosa si tratti.- Ammise con un po' di vergogna.
-Niente di complicato, solo per essere sicura di farli correttamente, poi ti spiegherò tutto.-
-Va bene, allora.- Sorrise, più serena.
-E' un tale sollievo avere qualcuno con cui parlare e che capisce il mio stato d'animo!- Esclamò Carlotta -Non posso dire a nessuno che non mi considero una professionista!- Rise, un po' forzatamente.
-Nemmeno io.- Si unì a lei.
Chiacchierarono ancora a lungo, toccando argomenti leggeri ma comuni, prima di salutarsi affettuosamente.
-Ti andrebbe prossimamente di vederci fuori da teatro? La stagione è ancora mite, potremmo andare al centro equestre.- Propose Carlotta.
-Volentieri, ma devo confessare di non saper nulla di cavalli né tanto meno cavalcare.- Disse Christine, un po' dispiaciuta.
La Viscontessa si era scordata che l'equitazione femminile era un'attività quasi prettamente riservata all'alta borghesia e aggiunse, con timore -Posso insegnarti, se ti incuriosisce.-
-Molto.- Sorrise Christine.
-Domani alla mia residenza?-
La bionda si prese qualche secondo per riflettere, non avrebbe voluto rischiare di incontrare il Visconte.
Carlotta si chinò con il busto leggermente in avanti, facendole cenno di avvicinarsi, e Christine porse l'orecchio, curiosa -Mio padre sarà via. Potremmo mettere i pantaloni.- Bisbigliò. Sperava che la ragazza trovasse quella trasgressione intrigante a sufficienza da vincere i suoi dubbi.
-Non ne ho mai indossati...Non ci saranno conseguenze?-
-No, io li indosso spesso. Nessuno ci dirà niente finché resteremo nei confini della tenuta.-

****

Note:
Buongiorno e buon sabato! Spero che questo capitolo vi sia piaciuto, in ogni caso fatemi sapere cosa ne pensate, anche con poche parole, soprattutto se non è stato di vostro gradimento.
La settimana scorsa ho scordato di aggiungere alle note che i brani che Christine improvvisa nei sotterranei sono tratti dal musical e scritti da Andrew Lloyd Webber. Io ho solo fatto un minuscolo adattamento in una frase, che rendeva diversamente tra la traduzione inglese e quella italiana.
Tra l'altro, piccola curiosità, i titoli di ogni capitolo, al momento, ricalcano i titoli dei brani della colonna sonora.

Colgo l'occasione per ringraziare la mia Beta di fiducia Oscuro_errante per l'impegno e la costanza nel suo prezioso lavoro. Grazie mille!
A sabato prossimo!

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Capitolo 6
*** Déjà vu ***


6. Déjà vu

Ogni riferimento a fatti realmente accaduti, cose, luoghi, persone e organizzazioni realmente esistenti è puramente casuale.


6.
Déjà Vu



L'indomani arrivò presto e, nel primo pomeriggio, la carrozza che Carlotta aveva mandato a teatro, per prendere la cantante, fece ritorno.
-Buongiorno Christine.- L'accolse la padrona di casa all'ingresso della magione, già indossando dei pantaloni di velluto nero stretti negli alti stivali, come promesso.
-Buongiorno, Viscontessa.-
-Carlotta.- La corresse bonariamente.
-Buongiorno Carlotta.- Non riusciva ad abituarsi, temeva sempre di essere inopportuna.
-Pronta per imparare a cavalcare?-
-Spero di essere all'altezza.-
-Certamente.- Cercò di incoraggiarla -Ho fatto preparare degli abiti più adeguati...Se sei ancora d'accordo.- Le sorrise.
-Grazie molte.- Un misto di curiosità e apprensione si dipinse sul suo volto all'idea di indossare dei pantaloni, e Carlotta se ne accorse.
-Non è obbligatorio. Se preferisci qualcosa di più usuale posso provvedere.- Propose.
-Vorrei provare.- Sorrise con più decisione.
-Benissimo.- Fece un cenno con la mano, per richiamare l'attenzione della domestica che attendeva in disparte -Bernìce, fa accomodare Mademoiselle nella stanza degli ospiti e assicurati che sia tutto di suo gradimento.-
-Sì, Viscontessa.- Rispose la donna, prima di fare strada al piano superiore a Christine.


Quando Christine si fu cambiata, venne condotta nella sala da lettura, dove Carlotta la attendeva con impazienza.
La giovane si affacciò nella stanza, non senza imbarazzo. Gli abiti che indossava usualmente nascondevano molto di più la sua figura, che non quei vestiti dalle linee semplici e asciutte. Aveva quasi la sensazione di essere in sottoveste e non era abituata a mostrarsi a quel modo ad altri.
-State…Stai benissimo.- La accolse Carlotta, intuendo il suo disagio.
Christine indossava una camicia bianca di tessuto morbido, un fazzoletto, bianco anch'esso, attorno al collo e dei pantaloni di velluto marrone infilati dentro a stivali di cuoio alti fino al ginocchio, mentre i lunghi capelli biondi erano raccolti in una coda, dietro la nuca, come quelli della Viscontessa.
-Grazie- Rispose imbarazzata la cantante.
Si recarono in giardino e poi alle stalle, dove Mercier, memore del proprio ruolo davanti agli ospiti, si limitò a servirle.
Si allontanarono camminando, mentre Carlotta spiegava a Christine come condurre Argo per le briglie, in un primo approccio poco impegnativo per entrambe.
Aveva lasciato alla sua ospite la propria cavalla, mentre aveva preso per sé quello del padre, chiamato Philippe, un maestoso andaluso nero dall'indole nervosa.
Appena furono sole, lontane dagli sguardi della servitù, Christine cominciò a rilassarsi e anche l'umore di Argo migliorò di conseguenza. La giumenta, oltre che ad essere molto intelligente, era anche estremamente empatica.
-Tieni.- Carlotta prese due mele dalla bisaccia che Mercier aveva appeso alla sella di Philippe e ne passò una alla ragazza -Dagliela mantenendo la mano aperta.- Le mostrò come fare, con somma gioia dell'andaluso che mangiò rapidamente il frutto, facendone scrocchiare la polpa soda.
Christine la imitò, anche se con un pizzico di timore, e Argo mangiò cautamente.
-Più sei tranquilla tu, più sarà tranquilla lei.- Accarezzò il muso della giumenta e ripresero a camminare, fino a raggiungere un ampio spazio pianeggiante dove l'erba cresceva rigogliosa. -Te la senti di provare a salire in sella?-
-Non lo so...?- Ammise, con un pizzico di titubanza.
-Coraggio! Argo è molto brava, non avrai problemi.- Non riusciva a smettere di sorridere e sperò che Christine non lo notasse, lo faceva senza accorgersene.
-E' molto alto...-
-Ti aiuto.- Si offrì -Sembra più impegnativo di ciò che è realmente.-
-Va bene.- Rincuorata, la bionda rispose al suo sorriso, determinata. -Cosa devo fare?-
-Metti il piede sinistro nella staffa.- Le indicò il sottopiede di metallo che pendeva dalla sella - Poi afferri l'arcione e ti issi, fino a sederti sulla sua groppa, con la gamba destra sull'altro fianco.- Era una ballerina, la forza e l'agilità non le sarebbero mancate.
-Quindi il piede sinistro qui...- Sollevò la gamba, fermando il basso tacco dello stivale contro la staffa, per poi eseguire quanto mostratole. Ebbe solo una piccola incertezza nella spinta e Carlotta la sostenne brevemente, con una mano sul fianco.
-Benissimo. Visto?- Disse soddisfatta la mora.
-E' altissimo!-
-Non preoccuparti, non succederà nulla.- Poi si avvicinò alla cavalla e le sussurrò dolcemente -Ti prego, fammi fare bella figura- Mentre le accarezzava il muso, prima di passare le briglie alla nuova cavallerizza.
Le spiegò quale postura prendere e le fece fare qualche passo, per farle capire come mantenere l'equilibrio in sella. Poi, legò alla cavezza di Argo un'altra lunga briglia di cuoio, chiamata lunghina, e una volta salita sulla groppa di Philippe, mantenendone un capo, si incamminarono, seguendo l'ampio sentiero pianeggiante che le avrebbe guidate nei vasti terreni.
Si fidava ciecamente di Argo e la lunghina non era per lei, ma per far sentire più tranquilla Christine.
-Come ti sembra?- Le chiese, dopo qualche minuto.
-E' più faticoso di quello che pensavo.- Assecondare i movimenti dell'animale, con quella postura così particolare, le risultava complesso. Non essendo poi del tutto rilassata ragionava fin troppo, cercando di mantenere il controllo su ogni dettaglio.
-Ci si stanca facilmente le prime volte. Quando vuoi scendere dimmelo, non avere remore.-
-Va bene.- Continuava a tenere fissi gli occhi sulle spalle di Argo, per coordinarsi.
-Come ti trovi con i pantaloni?- Cercò di intavolare una conversazione, per farla distrarre e aiutarla a calmarsi. Argo non le stava mandando alcun segnale, questo voleva dire che Christine si stava comportando bene.
-Sinceramente...Mi sento molto esposta, ma sono straordinariamente comodi!- Appena erano rimaste sole aveva smesso di sentirsi a disagio.
-Vero? Li indosserei sempre.- Sospirò divertita Carlotta.
-Però capisco perché sono vietati.-
-Davvero?- Si voltò a guardarla, curiosa.
-Sono troppo aderenti. Distrarrebbero gli uomini.-
-La pensi così?- Cercò di mantenere un tono allegro, anche se era leggermente perplessa.
-Sì...Ma credo che sarebbe più giusto se fossero loro ad abituarsi, sinceramente. Anche perché d'inverno fa freddo con la gonna!-
-Giusto! E poi si possono fare tante cose molto più agilmente, anche solamente giocare a Badminton è più facile.-
-Ne ho sentito parlare, ma non ci ho mai giocato...E' divertente?-
-Sì. Se vuoi la prossima volta giochiamo.- Ottenuto un sorriso in risposta, le si accostò di più con il cavallo e cominciò a spiegarle le regole, mentre lentamente si dirigevano verso il torrente, uno dei luoghi preferiti da Carlotta.
Lo raggiunsero quasi mezz'ora dopo e decisero di far riposare i cavalli e prendere fiato anche loro.
-Come si fa a scendere?-
-Sempre da sinistra. Sfili il piede destro dalla staffa e ti tieni con entrambe le mani all'arcione.- Le spiegò, scendendo a terra e prendendole le briglie. Se per sbaglio le avesse tirate, Argo avrebbe potuto sentire dolore.
-Capito.- Christine cominciò a fare come le era stato detto, ma perse l'equilibrio e si sbilanciò indietro. Carlotta si mosse rapidamente, cercando di prenderla al volo.
-Ahi...- Le sfuggì, mentre afferrando la ragazza la sua tempia le colpì la fronte.
-Scusate!- Esclamò la giovane, mortificata.
-Non preoccuparti, non è niente.- Disse la Viscontessa, continuando a tenerla sollevata da terra -Ti sei fatta male?- 
-Sì…- Ammise con Christine con dispiacere. Il piede le era rimasto incastrato nella staffa e aveva avvertito la caviglia torcersi leggermente. Rispondendole si voltò a guardarla e si rese improvvisamente conto che i loro visi erano estremamente vicini e si sentì avvampare d'imbarazzo, mentre diventava consapevole anche delle braccia della nobile attorno al proprio corpo -Voi state bene?- Ripeté, liberandosi dall'abbraccio e arretrando di un passo, appena toccata terra.
-Io sto bene, ma voi non dovreste camminare.- Rispose Carlotta, distogliendo lo sguardo. Era arrossita e sperava che Christine non se ne accorgesse.
-Perdonatemi, sono stata maldestra.- Il dispiacere era sincero nella sua voce, ma si avvertiva anche dello sconcerto. Era cresciuta in un convitto femminile e non le era mai capitato di provare imbarazzo per dell’innocente contatto fisico con un'altra ragazza. Di certo quegli abiti così semplici e dai tessuti così sottili e morbidi glielo avevano reso in qualche modo differente da ciò a cui era abituata.
-Non avete nulla da farvi perdonare...Mi preoccupo per voi- Aveva trovato conturbante la sensazione del suo respiro sulle sue labbra e la memoria era tornata immediatamente al dolce bacio che Christine le aveva dato la sera della prima. Si sentì invadere da una nostalgia terribile e inspiegabile, esattamente come quella notte, mentre suonava per lei.
Udendo quelle parole la bionda ebbe un sussulto, le aveva già sentite pronunciare da qualcun altro… Una coincidenza, senza dubbio. Erano frasi comuni.
-Io sto bene, Viscontessa.- Quella sensazione di déjà vu era quasi dolorosa. Non vedeva né sentiva il suo Maestro da quella sera...E pregò ancora una volta che fosse incolume.
-Siete contrariata?- Chiese timidamente Carlotta, vedendola rabbuiarsi e notando che aveva ricominciato a darle del voi. Che si fosse accorta dei suoi sentimenti e che ne fosse infastidita?
-No, anzi vi ringrazio. Avrei potuto farmi molto più male. Mi dispiace enormemente di avervi colpita, è stato involontario.- Tornò a guardarla negli occhi, riprendendo il controllo di sé stessa e reprimendo le sue preoccupazioni. -Siete voi contrariata?-
-No, assolutamente.- Carlotta si sciolse in ampio sorriso, rassicurata dalle sue parole.
-Credo che sia meglio mettere qualcosa di freddo sulla vostra fronte- Cominciava ad essere già visibile il bernoccolo, dietro la frangetta corvina della Viscontessa.
-Sarebbe meglio controllare la vostra caviglia. Si gonfierà, stretta nello stivale.-


Carlotta la sostenne fino all'alta quercia che cresceva vicino alla sponda del torrente, facendola poi sedere ai piedi di quest'ultima. -Posso?-
La cantante annuì, imbarazzata e preoccupata, sentiva già che il cuoio dello stivale era scomodamente stretto.
-Ditemi se vi faccio male, cercherò di essere delicata.- Iniziò a sfilare la calzatura con attenzione, osservando ogni minimo cambio di espressione di Christine, non era certa che la ragazza le avrebbe detto qualcosa.
Tolto lo stivale le sfilò anche la sottile calza. Come pensava, la caviglia era già leggermente gonfia. Si sciolse il fazzoletto legato attorno al collo e lo bagnò nell'acqua fredda del torrente, prima di tornare dalla ragazza e avvolgerlo delicatamente attorno al piede -Questo aiuterà.-
-Grazie.-
-Non preoccupatevi, non sembra niente di serio.-
-Perdonatemi, non volevo arrecare così tanto disturbo e vi prego, occupatevi anche di voi stessa.-
-Va bene.- Sorrise rassegnata. Non era niente di che, un semplice bernoccolo.
-Tenete, avete usato il vostro per me.- Anche la bionda si sfilò il fazzoletto da attorno al collo e glielo porse.
-Grazie.- Lo prese, lo piegò più volte e lo immerse nell'acqua, per poi posarlo sulla fronte, sedendosi ai piedi della bionda e facendole sistemare la caviglia dolorante sulla propria gamba, per mantenerla sollevata.
-Viscontessa, vi prego, non è opportuno da parte mia approfittare così tanto di voi!-
-Tranquillizzatevi, o preferite che ve lo ordini?- Aggiunse scherzando, per dissimulare il proprio imbarazzo. -Va bene così.-
Sospirando, Christine cercò di calmarsi. Era una fortuna che Carlotta non fosse adirata con lei -Scusami.- Aggiunse nuovamente, dispiaciuta.
-Non è niente, sono cose che succedono.- La rassicurò, mantenendo premuto il fazzoletto fresco contro la fronte. -Io sono caduta decine di volte prima di imparare.-
-Spero di non cadere mai, è altissimo...-
-Uhm, andrebbe messo in conto, in realtà. Almeno una volta cadiamo tutti-
Christine annuì, riflettendo -Sembrerebbe una metafora della vita-
Carlotta non si aspettava un'osservazione del genere -Sai scrivere?-
-Sì e anche leggere e far di conto. Mi ha insegnato Mère.- Si voltò a guardarla, abbozzando un sorriso.
-Sai anche improvvisare?- Sapeva già la risposta.
-Sì, sono abbastanza brava con le parole.-
-Io no. Compongo, ma per i testi ci metto sempre un'infinità di tempo, non sono il mio forte.-
-Componi?- La guardò stupita Christine.
-Sì.-
-Mi piacerebbe ascoltare qualcosa...E' già stata eseguita a teatro?- Talvolta c'erano anche dei concerti.
-No, nessun teatro. Una piccola compagnia di attori di strada però, ogni tanto, ha usato qualcuno dei miei brani e delle mie trame, ma nessuno, a parte loro, sa che sono mie.- Quel dettaglio la seccava enormemente e non riusciva mai a tralasciarlo, quando ne parlava.
-E' un peccato.-
La Viscontessa si strinse nelle spalle -E' disdicevole per una donna... Se lo venissero a sapere le altre aristocratiche avrei terra bruciata attorno.-
-E' una cosa che non capisco.-
-Neanche io, però è così.-
-Non sembra essere facile essere una nobildonna.-
-No, non lo è, ci sono molti compromessi e rassegnazioni, ma è comunque più facile che non esserlo.- Non aveva mai patito la fame o il freddo ed era sempre vissuta nella comodità e nell'abbondanza, senza mai dover lavorare un solo giorno, non considerando le lezioni necessarie per venire accettata dall'ambiente.
-Forse abbiamo più libertà noi cittadini comuni che non voi.-
-Immagino che sia il prezzo del privilegio... Ma tu non sei più una cittadina comune.- Cercò di risollevare il tono della conversazione, che stava scivolando nel deprimente. -Dopo il successo de "L'Annibale" sei un personaggio noto.-
-Ancora mi devo abituare all'idea.- Ridacchiò Christine.
-Presto fioccheranno inviti a ricevimenti e tutte vorranno conoscere la tua opinione sulle questioni più svariate.-
-Dopo quanto mi hai detto non so se vorrei partecipare!-
La Viscontessa rise, poi continuarono a parlare a lungo di tante altre cose, prima di decidere di tornare alla villa.


-E se perdessi ancora l'equilibrio?- L'idea di risalire a cavallo non le piaceva troppo.
-Posso prenderti di nuovo.- Scherzò, salendo in groppa a Philippe.
-Così la tua fronte avrebbe nuovamente una simmetria...?-
Carlotta rise per la battuta, felice anche di vedere che erano riuscite ad entrare in confidenza -Devo portarti con me al prossimo ricevimento, sarà decisamente meno noioso.- 
-Posso tornare a piedi?- Chiese la cantante.
-Con quella caviglia, assolutamente no- Osservò la Viscontessa. Non si era gonfiata molto e Christine non sembrava provare dolore, ma era decisamente uno sforzo eccessivo.
La bionda non disse altro, limitandosi a guardare scettica Argo che ne ricambiò il pensiero, volgendo lo sguardo a Carlotta. Sia la mora che l'andaluso sbuffarono pensierosi, prima che la Viscontessa scendesse di sella.
-Se ti porto io?- Propose.
-Non voglio farti male di nuovo...-
-Non succederà.- Spostò la lunghina dalla cavezza di Argo a quella di Philippe e tolse rapidamente la sella alla giumenta, caricandola sul cavallo nero, poi la aiutò a salire e la raggiunse agilmente, sistemandosi dietro di lei. -Vuoi tenere tu le redini?-
-Credo sia meglio che le tenga tu...- Rispose, passandogliele con titubanza, mentre la nobile le cingeva inevitabilmente i fianchi con i gomiti, prendendo il controllo della cavalla.
Appena partirono al passo, l'aria si fece improvvisamente pesante, quasi densa. L'imbarazzo che Carlotta provava, in una simile vicinanza con Christine, venne presto sostituito da un profondo e marcato senso di pericolo.
La mora si guardava attorno, silenziosa e all'erta, mentre una strana vertigine da déjà vu la inquietava.
Era nei suoi terreni, nella sua casa, non aveva niente da temere, eppure, quasi si aspettava che una freccia spuntasse dal nulla. 
Completamente assurdo, nessuno usava più frecce da secoli.
Cercò di distrarsi, ma aveva la pelle d'oca, mentre sentiva i capelli quasi drizzarsi sulla nuca.
Christine rimase in silenzio, a disagio. Salire in groppa con dietro le spalle la Viscontessa le stava dando una sensazione netta di déjà vu, ma non era possibile, lei non era mai salita a cavallo, prima.
Era confusa e preoccupata, mentre una sottile sensazione di pericolo la pervadeva subdolamente. L'istinto le diceva di scendere immediatamente, era troppo esposta.
Tentò di trovare un argomento di conversazione, per spezzare quella sensazione, ma non le venne in mente nulla e restò in silenzio, mentre si sforzava di pensare ad altro.
Non aveva nulla da temere, la Viscontessa la reggeva saldamente.
Si concentrò su di lei, sulle sue braccia forti che la stringevano in vita, sul calore del suo petto che trapelava attraverso il tessuto sottile, il suo respiro leggero sulla nuca, il tocco delicato e morbido sulla propria pelle, mentre le sfilava la calza e, infine, quel movimento ritmico e sincrono dei loro corpi, per assecondare i movimenti dell’animale sotto di loro.
Si ritrovò nuovamente turbata, ma in maniera assai differente.
Non le era mai accaduto di provare sensazioni simili al di fuori della propria fantasia, in privato, ed era terrorizzata dall'idea che la Viscontessa si accorgesse di qualcosa.
Giunte in vista della scuderia, Carlotta si rilassò, ma solo per un breve istante.
Il profumo della ragazza tra le sue braccia, la pelle nuda del suo collo e la sua vita stretta erano una tentazione eccessiva. Distolse lo sguardo, portandolo sul terreno, lieta che Christine non potesse vederla in volto, mentre faceva appello a tutto il suo autocontrollo, cercando di richiamare alla memoria i canti liturgici e le preghiere che le avevano insegnato a recitare, quando pensieri impuri si affacciavano alla sua mente. L’unico segnale di questo suo sforzo, quasi sovrumano, erano le nocche, strette fino a sbiancare attorno alle briglie di cuoio.

Argo mal sopportava tutta quella tensione e anche se la padrona non faceva alcuna pressione sul morso, sbuffava infastidita, mantenendo un passo leggermente più rapido e imboccando il sentiero più corto, non vedendo l'ora di arrivare.
Mercier, impegnato nelle stalle, aspettava il ritorno delle due donne da un momento all'altro.
Erano via da diverso tempo e sapeva che Carlotta non si sarebbe azzardata a fare una cavalcata notturna con una principiante, difatti non fu sorpreso di vederle arrivare poco dopo, ma rimase sorpreso per come arrivarono.
Philippe condotto a lunghina, mentre entrambe le ragazze erano in groppa ad Argo...E i loro volti...Christine sembrava che avesse visto un fantasma, pallida e tesa, mentre Carlotta teneva lo sguardo basso, colpevole e contrita, estremamente concentrata. Non l’ aveva mai vista con una simile espressione e non sapeva come interpretarla.
Si avvicinò a loro, accogliendole all'ingresso della scuderia con apprensione.
-Bentornata Viscontessa, bentornata Mademoiselle...E' andato tutto bene?-
-Mademoiselle ha preso una storta, non può camminare. Prendi Philippe, proseguiremo fino a casa.-
-Certamente Viscontessa.- Il tono della mora era freddo e rigido, estremamente controllato, mentre la cantante non proferiva parola -Chiamo il medico?-
-Non occorre, le mie conoscenze sono più che sufficienti.-


Proseguirono verso la magione, mentre Carlotta cercava un argomento per spezzare il silenzio -Cavalcare non sembra essere una delle tue attività preferite.- Tentò, impacciata.
-Non mi sento tranquilla, da sola- Realizzò che per tutto il rientro la preoccupazione di cadere non l'aveva minimamente sfiorata. Si era sentita al sicuro, da quel punto di vista.
-Potremmo provare con una cavalcatura di altezza inferiore.- Non aveva intenzione di ripetere l'esperienza del ritorno, se Christine avesse anche solamente sospettato quali pensieri le avevano attraversato la mente, mentre si era affidata a lei, l'avrebbe giustamente persa.
Non sarebbe stato diverso dalla sensazione di tradimento che aveva provato scoprendo i reali pensieri di Mercier, mentre lei si confidava con lui e, in più, non sarebbe riuscita ad aiutarla, né eventualmente a convincerla a scappare con loro. Doveva fare molta più attenzione, anche se era difficile.
L'istinto di crogiolarsi nella sua vicinanza, almeno fino al limite concesso, restando in una zona grigia di amicizia ed accidentale malizia era forte e la tentazione estremamente allettante.
Non avrebbe fatto del male a nessuno, non l'avrebbe molestata o infastidita, anzi, non avrebbe dovuto proprio accorgersi di nulla... Le sue labbra si stirarono involontariamente in un ghigno sottile, prima che si rendesse conto di cosa stava pensando, quale inganno stesse ideando...Non sarebbe più riuscita a guardarsi allo specchio sapendo a quali oscuri desideri si era piegata, approfittando dell'innocenza della sua ospite.
-Mi piacerebbe.- Rispose Christine. Si era divertita in quel pomeriggio così diverso dal solito e se avesse limitato la vicinanza fisica con la Viscontessa quell'inconveniente non si sarebbe ripetuto. Probabilmente erano stati gli abiti a confonderla e la sua bellezza, oppure il suo modo di parlare, che le ricordava di quando in quando il suo Maestro...Prese un profondo respiro, cercando di rilassarsi. Non era successo nulla e quella spiacevole sensazione di pericolo era assolutamente infondata.
-Allora è deciso- Sorrise Carlotta, più tranquilla per la risposta della bionda.
Rientrarono alla villa, Christine rimise gli abiti con cui era arrivata e, dopo essersi salutate, la carrozza la riportò al convitto, dove avrebbe seguito fedelmente le raccomandazioni della Viscontessa, per la caviglia.
Appena salita in vettura, una nostalgia atroce avvolse Christine con tutta la pesantezza di un presagio.
La ragazza non si capacitava di quel sentimento improvviso, sapeva solamente che era rivolto a Carlotta, come se temesse di non vederla mai più.

La mora guardò la carrozza uscire dai cancelli, dall’ampia finestra della biblioteca, e poi si diresse immediatamente nelle proprie stanze, sentendo l'ispirazione palpitarle nel petto e avvertendo dolorosamente un urgente bisogno di liberarla, componendo.
A notte inoltrata era ancora sveglia, seduta allo scrittoio e illuminata solo da una lampada ad olio, mentre cercava di mettere sul pentagramma quanto provato in quella giornata.

Si spinse fino al limite delle proprie fantasie, esprimendole in una maniera che riteneva vergognosa, ma d'altro canto, era finzione, e se il suo personaggio avesse ceduto all'istinto più abbietto, nulla sarebbe successo.
Un improvviso ticchettio alla finestra, però, la riscosse bruscamente.
Si affacciò, sentendolo ripetersi mentre si avvicinava, e vide che era Mercier che lanciava dei sassolini contro il vetro. Voleva salire.
Non sapeva se assecondarlo o meno. Non voleva un uomo nella propria camera da letto, ma non era la prima volta che l'amico la raggiungeva e non era mai successo niente di equivoco... Gli fece un cenno d'assenso e, in pochi secondi, lo stalliere si issò fino alla sua finestra, entrando nella stanza.
-Credevo che saresti tornata, dopo cena.- Esordì il ragazzo.
Carlotta ci aveva pensato, ma da quando si era messa a scrivere aveva quasi perso la cognizione del tempo -Sono stanca.-
-Cos'è successo?-
-Niente.- Rispose, terribilmente a disagio.
-Un niente alquanto terrorizzante, a giudicare dalla faccia di Christine.-
Carlotta rimase sorpresa, per un istante. Non si era accorta che la  Diva fosse così spaventata e anche il loro accordo per altre uscite a cavallo glielo faceva ritenere improbabile, Mercier si stava sbagliando -C'è stato un piccolissimo incidente, ma certamente nulla di "terrorizzante", come dici.- Allo sguardo incuriosito del ragazzo, aggiunse -Scendendo di groppa ha perso l'equilibrio, l'ho presa al volo, ma ha preso una piccola storta e si è dispiaciuta, perché mi ha colpito in fronte con la testa.- Sollevò la frangetta, lasciando intravvedere il modesto bernoccolo -Tutto qui.- Sorrise, quasi ironicamente.
-Mi sono preoccupato. Lei mi era sembrata spaventata e tu...Non lo so, colpevole? Ho pensato per un attimo che le avessi confessato tutto.-
-No, no, sarebbe una follia.- Gli diede le spalle per qualche secondo, con la scusa di chiudere il calamaio, preoccupata e infastidita che il suo pensiero fosse risultato così evidente. 
Era convinta di essere riuscita a nasconderlo, per fortuna che Christine le dava le spalle.
-Per cos'era allora, quell'espressione?-
-La giornata è andata bene ed è stata divertente, al punto che abbiamo deciso di replicare.- Non poteva dire proprio a lui cosa le suscitava Christine.
-Ah, certo...- Cedette Mercier, senza crederle. Carlotta sembrava forzata -Cavalcare a pelo però, non era la cosa più giusta da fare con una principiante. Perché l'hai fatto?-
-Voleva rientrare a piedi, dopo l'incidente. L'ho convinta solo salendo con lei e l'arcione della sella avrebbe dato fastidio ad Argo, se mi ci fossi seduta sopra.-
Il ragazzo la guardò scettico, non era realmente necessario -O forse cercavi di impressionarla?-
Carlotta si irrigidì per un istante -No.- Rispose, mentre si rendeva conto che in realtà era stato esattamente così. Era una persona peggiore di quanto credesse. -Cioè, se ha una buona impressione sarà più facile consigliarla sul fidanzamento...No? Niente di più.-
-Giusto...- Era una spiegazione plausibile -Meglio che vada, prima che qualcuno mi scopra.-
-Buona notte.- Lo salutò Carlotta.
-Buona notte.-

****

Note:
Buongiorno e buon sabato! Spero che questo capitolo vi sia piaciuto, in ogni caso fatemi sapere cosa ne pensate, anche con poche parole, soprattutto se non è stato di vostro gradimento.

Colgo l'occasione per ringraziare la mia Beta di fiducia Oscuro_errante per l'impegno e la costanza nel suo prezioso lavoro. Grazie mille!
A sabato prossimo!


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Capitolo 7
*** Notes ***


7. Notes

Ogni riferimento a fatti realmente accaduti, cose, luoghi, persone e organizzazioni realmente esistenti è puramente casuale.

7.
Notes



Si videro molte volte nelle settimane seguenti, passeggiando a cavallo, giocando a Badminton ed esercitandosi con il canto o giocando a carte, quando la stagione cominciò a mutare.
Erano iniziate anche le prove de "Il muto" e le due ragazze, questa volta comprimarie, passavano tutto il tempo a teatro assieme, anche nelle pause, sospinte da una nostalgia inspiegabile, quanto costante, a ricercare la compagnia l'una dell'altra.
Avevano preso l’abitudine di salire spesso, da sole, sulla terrazza in cima al tetto e, mentre Carlotta le faceva ascoltare le sue composizioni, suonandole al violino, Christine ne immaginava le parole. 
Scene di viaggi ed avventure epiche affollavano la sua mente, così come immagini più dolci e momenti più toccanti le fluivano naturali tra i pensieri, come se fossero sempre state lì, in attesa di essere espresse.
L’immaginazione, per fortuna, non le era mai stata in difetto.
La Viscontessa le aveva spiegato che le era proibito suonare la propria  musica perfino alla tenuta e così si erano organizzate, ritagliandosi un posticino tranquillo tra gargouille e casse di vecchi attrezzi in disuso, lontane da orecchie indiscrete.
César aveva accolto di buon occhio questa improvvisa socialità di Carlotta e faceva di tutto per stare fuori casa il più possibile, ad eventi pubblici, in modo da non poter mai dare adito a una sola illazione sull'onorabilità di Mademoiselle Daaé e non ostacolare la figlia nell'adempimento del loro accordo.
Tutto, dal suo punto di vista, stava andando come previsto.


César scese dalla carrozza davanti all'ingresso principale dell'Operà, e si recò nel suo studio, come sempre.

Fu Rémy, il suo segretario, ad accoglierlo all'ingresso dell'ufficio -V-Visconte buongiorno.- Spalancò le porte per permettere il passaggio del nobile, che non rallentò né lo degnò di risposta -C'è della posta per voi...- Ritentò l'assistente, torcendosi la cravatta.
-Per me?- Non riceveva mai niente di personale lì.
-Sul v-vostro scrittoio.- Smistando le lettere, come ogni mattina, aveva trovato una missiva, listata di nero e chiusa con della ceralacca. Sembrava una lettera di condoglianze, di certo non erano buone notizie.
Rémy era molto superstizioso e temeva di aver attirato su di sé la sfortuna solamente toccandola e il suo abituale nervosismo ne aveva risentito parecchio. La paura della reazione del Visconte, poi, gli stava già facendo bruciare lo stomaco.
César raggiunse la scrivania e prese la lettera, ne ruppe il sigillo, marchiato "F", senza riconoscerlo, e l'aprì. Anche la carta all'interno era listata a lutto.

Caro César che gala incantevole!
Christine ha avuto un gran successo!
Non abbiamo affatto sentito la mancanza di Carlotta.
Per il resto, il coro era stupendo, ma il balletto una deplorevole confusione!"

                                                                                              F.O.

Il Visconte strinse la lettera nel pugno, rabbioso. Chi l'aveva mandata? E con quale tono derisorio si era espresso! "Caro César..." Una mancanza di rispetto imperdonabile...Chi era F.O.? Scorrendo nella sua memoria ogni conoscente, nessuno aveva quelle iniziali.
"Madame Giry?" Ipotizzò. Di certo era l'unica ad aver guadagnato qualcosa dal ritiro di Carlotta...Ma perché denigrare il proprio corpo di ballo, se così fosse? Scosse il capo, non poteva essere stata lei.
-Rémy, controlla tutti i nomi della mia rubrica e cerca se qualcuno corrisponde alle iniziali F.O.!- Tuonò all'improvviso, facendo sussultare il segretario.
-Sì Visconte!- L'uomo corse subito al proprio scrittoio e iniziò a cercare alacremente, mentre César usciva dall'ufficio infastidito, ma intenzionato a proseguire con i propri programmi.
Si affacciò alla maestosa scalinata del foyer, diretto in sala per assistere alle prove, quando Carlotta lo raggiunse, stizzita e trafelata -L'avete scritta voi questa, padre?!- Lo apostrofò, agitando una lettera listata a lutto che subito l'uomo le strappò di mano.

"I vostri giorni all'Operà Populaire sono contati.
Christine Daaé si esibirà in vece vostra.
Preparatevi a una grande disgrazia se proverete a cantare al suo posto."

                                                                                             F.O.

-Sciocca! Perché mai avrei dovuto scrivere una cosa del genere?- Era furioso, chiunque fosse si stava prendendo gioco lui.
-Perché tenete troppo alla popolarità della vostra Diva!- Sibilò sottovoce, per non farsi sentire dalle donne delle pulizie, che lucidavano il pavimento ai piedi della scalinata.
-Non avrei avuto bisogno di scrivertelo!- César si interruppe, vedendo Madame Giry corrergli incontro, nervosa e pallida, seguita da Christine. Anche loro avevano una lettera. L'insegnante la consegnò subito al Visconte, che la lesse:

"Christine Daaé è un astro nascente
e sono impaziente di veder la sua carriera progredire.
Nella nuova produzione de "Il Muto"
dovrete perciò impiegare Carlotta come paggetto,
mentre la contessa passa invece a Christine.
Quel ruolo comporta molto carisma e abilità
il piccolo paggio invece non parla.
Questa, a mio parere, è l’assegnazione ideale delle parti."

                                                                        F.O.

-L'avete scritta voi?- Chiese a bruciapelo César, a Madame Giry.
-Mon Dieu! No!- Rispose indignata la donna.
-Padre, che intendete fare?-
César fulminò con lo sguardo Carlotta, si era permessa di metterlo alle strette in pubblico. -Nulla, sono solo i vaneggiamenti di un pazzo. Una burla.-
-Ha già rapito Christine, potrebbe succedere qualcosa di peggiore!- Insisté sconvolta, la figlia.
-Sai chi ha mandato queste lettere?-Chiese il Visconte.
-Mi pare ovvio- Carlotta si voltò a guardare l'altra ragazza, prima di rispondere -Il Fantasma dell'Opera!-
-Sciocche leggende! Superstizioni! Non esiste nessun Fantasma- Di sicuro era la trovata di qualche suo concorrente, per ostacolarlo. Erano passate settimane dal rapimento di Christine e non era più successo nulla, anche la stampa aveva smesso di parlarne -E' solo opera di un mitomane.-
Detto questo tagliò corto, entrando in sala e preparandosi ad assistere alle prove e congedando le donne, noncurante del nervosismo che pervadeva l'orchestra.
Dopo diversi minuti, con Carlotta e Christine che attendevano in scena che i musicisti iniziassero a suonare, Monsieur Reyer raccolse i suoi spartiti e si avvicinò a César -Visconte, mi dispiace disturbarla, volevo dirle che le prove di oggi saranno in ritardo...- Azzardò, con profondo timore.
-E perché?-
-Gli spartiti con le correzioni da voi volute...Per l'adattamento a Mademoiselle Carlotta...Sono scomparsi.- Era mortificato e aveva atteso fino all'ultimo, nella speranza che i suoi collaboratori li ritrovassero, ma tutto era stato vano.
-Cercateli.-
-Lo stiamo facendo Visconte, tuttavia, credo sia più rapido che io li riscriva, qualora non dovessero essere ritrovati.-
-Quanto ci vorrà?-
-Per domani dovrei riuscire a terminare.- Ricordava quasi tutto, non avrebbe impiegato molto, lavorando tutta la notte.
-Domani? Ma è ridicolo!- Era stato convocato e pagato tutto il personale di palco per quella giornata, sarebbe stato uno spreco enorme.
-Spero che li ritrovino al più presto, ma al momento è così.- Aggiunse il Maestro.
César trattenne uno sbuffo d'impazienza -Andate e vedete di sbrigarvi, e dite a tutti di cercare ovunque. Continueremo per lo meno le prove sceniche e del balletto con le musiche originali!- Si alzò e tornò nel proprio ufficio, maledicendo quella manica di incompetenti.
Congedate e con la giornata libera, Christine e Carlotta si ritrovarono nel camerino di quest'ultima.
La bionda era estremamente nervosa -La tua lettera conteneva minacce, ho capito bene?- Esordì, dando le spalle alla sua interlocutrice, mentre percorreva con lo sguardo le modanature della toletta.
-Sì- Carlotta, seduta sulla chaise-longue, cercò di non mostrarsi troppo preoccupata. Le avevano ideate lei e Mercier, quelle lettere, e le aveva scritte il ragazzo, visto che César avrebbe riconosciuto la sua calligrafia, ma non voleva che Christine si spaventasse troppo.
-Io non so se è stato realmente il Fantasma dell'Opera a mandarle-
-C'erano le sue iniziali.- Osservò la nobile. Doveva comunque reggere il proprio gioco.
-Sì, ma è sempre stato buono e gentile, non è da lui.- Aveva avuto parole leggermente sprezzanti nei confronti della Viscontessa, ma poi non si era più ripetuto, dopo la sua richiesta.
-Forse realmente un mitomane?-
-Forse...-Lo sperava ardentemente.
-Hai idea di chi possa averti rapita? Non sembra un comportamento da persona onesta.- Si alzò e si avvicinò a Christine, abbassando la voce. Non voleva che qualcuno le sentisse.
-Oh...Non so chi sia, ma in realtà mi ha salvato la vita.-
-Che intendi?-
-Ero stata invitata da un uomo di spicco a…Incontrarlo in privato. Se non mi avesse rapita, non avrei potuto sottrarmi all'incontro senza gravi conseguenze.- Nonostante non fosse accaduto nulla, nella voce di Christine era ancora presente il ricordo dello spavento.
Carlotta le posò le mani sulle spalle, triste, mentre cercava di tranquillizzarla -Sembra che tu voglia bene al tuo rapitore.-
-Mi ha aiutata enormemente nelle settimane precedenti lo spettacolo, è stato lui a insegnarmi come cantare ne "L'Annibale". E' un genio, ha un talento meraviglioso...Quasi come te. Mi ha sostenuta, incoraggiata, e quando mi ha rapita non mi ha sfiorata con un dito, mantenendo sempre un comportamento irreprensibile...- Arrossì, ricordando che era stata lei, invece, ad essere impulsiva e sfacciata, mentre il suo Maestro non le si era avvicinato nemmeno per svegliarla.
La stima e l'affetto avvertite in quelle parole provocarono in Carlotta un'enorme tristezza. Il suo alter ego aveva tutto ciò che lei desiderava per sé -Lo ami?- Chiese, con timore.
-Credevo di sì, ma...-
-Ma?- Non riuscì a trattenere la propria curiosità.
-In queste settimane non ho quasi più pensato a lui e adesso mi domando se il mio comportamento lo abbia  fatto arrabbiare. Lui veniva a parlarmi durante le pause e io non sono più rimasta da sola, preferendo la tua compagnia.- Si voltò a guardarla, preoccupata.
-Se era così dolce e premuroso capirà. Hai un'amica, non c'è niente di male.- Cercò di rassicurarla. Non aveva più indossato i panni del Fantasma, in quelle settimane, se non per lasciare rapidamente i propri spartiti al riparo da occhi indiscreti.
-Sì- Annuì, ma la sua preoccupazione non cessò. Il Fantasma vedeva e sapeva tutto e temeva che fosse anche a conoscenza del mutare dei suoi sentimenti.
-Quelle lettere saranno certamente una burla- Cercò di sorridere Carlotta, sollevando delicatamente il mento di Christine con la punta delle dita e portandola a guardarla negli occhi -Vedrai che non succederà niente.- Aveva programmato con Mercier qualche intoppo, qualche piccolo incidente, ma essendo tutto organizzato non c'era alcun rischio. Era solo per far girare le voci e costringere suo padre a invertire i loro ruoli, senza sospettare di lei.
-Ne sei certa?-
-Sì, stai tranquilla.-


Il giorno seguente, una volta che il maestro Reyer aveva riscritto lo spartito e comunicato nuovamente le modifiche ai musicisti, le prove ripresero come previsto.
Christine, nel ruolo del paggio, non aveva alcuna battuta. La sua parte era limitata alla mimica, dato che il muto citato nel titolo della composizione era proprio il suo personaggio.
Era un’Opera buffa e tutto si basava sulla relazione tra la Contessa e il giovane Serafimo, il suo paggio muto, il quale si nascondeva dal Conte travestendosi da servetta, riuscendo così a restare in compagnia della nobile senza destare alcun sospetto.
Carlotta aveva invece il ruolo della Contessa e trovava ironica la similitudine tra quella trama e l'inganno che stava ordendo alle spalle di suo padre che, come il vecchio Conte, interpretato dal tenore Ubaldo Piangi, nulla sospettava.
Fu alla fine del breve duetto con quest’ultimo che il Fantasma entrò in azione. Una delle pesanti travi che sorreggevano la scenografia cadde, schiantandosi con fragore a pochi centimetri da Carlotta, che riuscì a malapena a schivarla, cadendo a terra.
Christine fu la prima a raggiungerla -Stai bene?- Chiese, chinandosi accanto a lei e abbracciandola, guardando immediatamente nel buio dietro le quinte, da dove era caduta la trave, senza vedere nulla.
Non le rispose, spaventata. Sapeva che sarebbe successo, ma non si aspettava che quella trave fosse così pesante.
Anche gli altri membri del cast si preoccuparono per lei e suo padre la raggiunse rapidamente dalla platea, facendola subito portare in camerino, mentre il corpulento tenore era svenuto per lo spavento, sorretto dal suo assistente.
Ordinata un'interruzione, César raggiunse la figlia.
-Ti sei fatta male?-
-No...Nulla.- Stesa sulla chaise-longue teneva drammaticamente un polso adagiato sulla fronte. Suo padre doveva pensarla profondamente scossa.
-Hai visto qualcuno?- Era la persona più vicina, a parte gli scenografi.
-No, è tutto buio lì dietro...-
-Sarà stato un incidente.- 
-Non lo credo dopo quella lettera, padre! Non può essere una coincidenza.- Disse concitata.
-Calmati!- Le intimò, irritato. Mal sopportava le esagerazioni femminili -Non mi dirai che credi realmente ai fantasmi- Aggiunse.
-No, ma credo che qualcuno stia sfruttando la leggenda e che mi abbia preso di mira!- Continuò, spaventata.
-Ma chi? Tu non hai nemici.-
-Ma voi sì. E molti. Senza contare che potrebbe essere un ammiratore di Christine...Se non colui che l'ha rapita.-
-Si è confidata su quest'uomo?-
Carlotta annuì -Sì, ma niente che non sapessimo. Non lo ha visto in volto, indossava una maschera, e non ne ha riconosciuto la voce.-
-Non sa nemmeno dove l'ha portata?-
-No, era priva di sensi per lo spavento.- Mentì.
-Prenditi qualche minuto, calma i tuoi nervi e appena la scenografia sarà a posto torna sul palco.-
-Ma padre, tremo come una foglia! Non posso cantare oggi!-
-Dovrai, non possiamo mostrarci spaventati, o tutti se ne approfitteranno.-
Carlotta se lo aspettava, immaginava che un singolo incidente non sarebbe stato sufficiente. -Ma...!-
-E poi potrebbe essere stato un caso.- La interruppe.
-E se invece si accanisse e riprovasse?
-Non essere ridicola...Lascia che di queste cose me ne occupi io e pensa solo a cantare.- Si congedò, lasciandola sola.
Pochi istanti dopo, sentì bussare -Chi è?- Chiese Carlotta.
-Sono io...- La voce di Christine.
-Vieni...vieni...- Si mise a sedere e si ricompose, non voleva farla preoccupare più di quanto già non fosse.
La ragazza entrò nel camerino, indossava ancora i pantaloni e la camicia da Paggio -Stai bene?- Le chiese nuovamente, preoccupata.
-Sì, non mi ha colpita.- Le sorrise.
-Dieu merci…- La abbracciò improvvisamente, stringendola forte a sé e restando in silenzio per diverso tempo, mentre la mora, ancora seduta, ricambiava lentamente l'abbraccio, profondamente dispiaciuta che soffrisse tanto.
-Non è successo niente...- Se glielo avesse confessato? Se le avesse detto di non preoccuparsi perché era tutto organizzato? Si sarebbe arrabbiata per l'inganno? Mercier sicuramente, dopo aver rischiato molto per aiutarla. 
Le avrebbe spiegato tutto appena possibile, ma non poteva farlo in quel momento. Di sicuro non a teatro, dove anche i muri avevano orecchie.
Christine le prese il volto tra le mani -Se ti fosse accaduto qualcosa io...-  La guardò negli occhi, lasciando morire la frase, mentre Carlotta ricambiava il suo sguardo -Non me lo sarei mai perdonato.- Terminò, accarezzandole la guancia con la punta delle dita, prima di scostarsi -Per fortuna stai bene.- Sorrise.
Nascosto dietro lo specchio, nel buio, Mercier osservava le due donne.
Si era fermato per controllare come stesse Carlotta, anche se il piano prevedeva che raggiungesse subito il bacino sotterraneo, perché era rimasto sorpreso dal frastuono e dal peso della trave e voleva assicurarsi di non averla colpita accidentalmente.
Assistendo a quel colloquio, però, molte cose gli divennero chiare. Ora capiva perché Carlotta teneva così tanto a lei, perché non erano scappati subito...Perché non lo ricambiava. Arretrò verso il corridoio, facendo attenzione a non fare rumore, e poi si dileguò nei sotterranei.


Terminate le prove, Carlotta tornò alla residenza e subito si recò alle stalle. Voleva controllare che Mercier stesse bene.
Non trovandolo, chiese al padre del ragazzo che gli disse che era dietro casa, a spaccare legna. Lo raggiunse.
-Ciao.- Lo salutò, vedendolo.
-Ciao.- Sorrise rapidamente, mentre accatastava i ciocchi appena tagliati.
-E' andato tutto bene?-
-Sì, nessun problema. Non mi ha visto né seguito nessuno. Tu?-
-Tutto bene. Come previsto, mio padre non si è scomposto troppo. Vuole procedere.-
-Tu te la senti di procedere? Oggi mi sono spaventato a morte quando ho sentito quel fracasso...Non pensavo avrebbe preso tutta quella velocità.-
-Nemmeno io...Diciamo che mi ha aiutata ad avere una reazione credibile.- Ridacchiò nervosa.
Mercier sorrise con lei -Ho visto poi che ti è tornato utile in altri modi.- Aggiunse, malizioso.
-Che intendi?-
-Christine era molto preoccupata e...Espansiva.-
-Eri dietro lo specchio?- Chiese, sorpresa.
-Solo per qualche secondo, volevo controllare di non averti colpita.-
-Lei fa sempre così, è sempre molto affettuosa...-
-E tu non ti tiri indietro.-
-Devo risultarle simpatica, non posso certo respingerla-
-Se mi permetti, ho più esperienza di te, con le donne...- Si sedette sulla catasta appena fatta -Ti piace?-
-Che assurdità!- Rispose Carlotta, sentendosi arrossire, e subito gli diede le spalle, afferrando l'ascia e sistemando uno ciocco sul ceppo.
-Dimmi la verità.-
-La verità è che è talmente assurdo che, qualunque sia la mia risposta, la realtà delle cose non cambierà.- Calò l'ascia con precisione, separando il legno in due.
-Ovvero?-
-Che sia che io provi interesse per lei o meno, resterà sempre e comunque un'amica.- Prese un altro ciocco e ripeté il gesto.
-Perché?- Possibile che non si fosse accorta di come si comportava l'altra nei suoi confronti? 
-Ha baciato un uomo e ne è infatuata.- Quell'uomo era lei, ma Christine non lo sapeva e il concetto restava il medesimo.
-Ah.- Stando così le cose, non gli aveva mentito quando le aveva chiesto se c'era qualcun altro -Mi dispiace.- Era comunque confuso, quello che aveva visto strideva con quello che Carlotta gli stava raccontando.
-Lei è solamente molto espansiva, come tutti gli artisti.- Aveva cominciato a comportarsi a quel modo dopo diverso tempo, quando erano realmente entrate in confidenza. Probabilmente era abituata a fare così anche con le altre ragazze del balletto, avevano tutte la stessa età. Sentì un piccolo moto di gelosia graffiarle lo stomaco, mentre sistemava altra legna da tagliare.
-A volte parli come tuo padre.-
-A volte dice cose sensate.-
Mercier rimase in silenzio, scettico.
-No non è vero!- Esclamò ridendo Carlotta.

****


Note:
Buongiorno e buon sabato! Spero che questo capitolo vi sia piaciuto, in ogni caso fatemi sapere cosa ne pensate, anche con poche parole, soprattutto se non è stato di vostro gradimento.

Colgo l'occasione per ringraziare la mia Beta di fiducia Oscuro_errante per l'impegno e la costanza nel suo prezioso lavoro. Grazie mille!
A sabato prossimo!


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Capitolo 8
*** Bitter ***


8 bho

Ogni riferimento a fatti realmente accaduti, cose, luoghi, persone e organizzazioni realmente esistenti è puramente casuale.

8.
Bitter



Nei giorni seguenti il Fantasma non si fece più vedere, ma tutti i lavoranti dell'Operà Popoulaire erano in agitazione.
Il Visconte aveva detto di non volerne più sentirne parlare, minacciano ripercussioni su chiunque l'avesse nominato nuovamente e, questo, aveva peggiorato la situazione. Il nervosismo non si era placato, ma anzi, bruciava senza fiamma sotto le ceneri. Invisibile e pericoloso.
Il passaggio di Carlotta provocava continuamente gesti scaramantici alle sue spalle e, durante la pause, fiorivano in ogni angolo i racconti delle leggende su colui che era considerato il vero proprietario dell'Operà, raramente esponendo i reali fatti accaduti anni prima, più di sovente ingigantendo gli avvenimenti e incrociandoli con altre superstizioni.
Perfino Joseph Bouquet, capo delle "mosche", così venivano difatti chiamati gli operatori di scena, poiché costantemente vestiti di nero, aveva la sua versione.
Lui l'aveva visto di persona il Fantasma dell'Opera e se ne vantava con le donne del balletto, che pendevano dalle sue labbra tra paura, disgusto e curiosità.
-E' come cera il viso suo!- Esordiva, ogni volta che una ragazza gli chiedeva di raccontare la sua storia, cosa che in quei giorni accadeva spesso -Mezzo buco fa da naso e...Niente più!-
Christine sorrideva, ascoltando questi racconti ridicoli, allontanandosi dagli altri per non attirare l'attenzione su di sé
Lei lo aveva visto realmente e anche se la metà superiore del suo volto era coperta dalla maschera, di certo non era così deforme come lo raccontava il Capomastro. Ricordava la pelle liscia sotto la punta delle sue dita e quelle labbra morbide... A volte aveva l'impressione di averle già viste, ma non riusciva a capire su chi. Non doveva essere una persona con cui aveva avuto molto a che fare oppure ne avrebbe riconosciuto la voce, già molto particolare di suo, con quel timbro ruvido e graffiante.
Forse il garzone di qualche fornitore? Non si raccapezzava, difficile che un manovale sapesse insegnare canto e che suonasse così bene. Dai lineamenti, però, si trattava senza dubbio di un uomo molto giovane: non c'era traccia di barba sul suo mento.
Avrebbe trovato tutta la situazione intrigante, quasi divertente, se la vita di Carlotta non fosse stata in pericolo.
Avevano parlato spesso, dopo l'incidente. La Viscontessa voleva sminuire a tutti i costi quanto accaduto, ma sentiva che stava nascondendo il suo reale sentire per non farla preoccupare. Era sempre così attenta ai suoi bisogni e così piena di riguardi che si sentiva fortunata ad esserle amica.
Era una preziosa guida nel mondo di lustro e merletti in cui era stata gettata dal successo de "L'Annibale" e se non ci fosse stata lei a mostrarle come comportarsi ai ricevimenti sarebbe stata già additata come "selvaggia" e la sua notorietà esaurita. 
Le doveva molto. 
Sospirò, davanti alla porta del camerino della nobile e bussò, chiedendo udienza.
-Avanti.- Le rispose Carlotta.
-Ciao.- Disse entrando.
-Ciao, dormito bene?-
-Sì. Tu?-
-Anche io.- Le sorrise la ragazza, mentre seduta alla toletta si spazzolava i capelli -Pronta per le prove?- Dal giorno dell’incidente Christine andava a trovarla in camerino più di frequente e, per quanto si sentisse in colpa per il suo inganno, era felice di questo risvolto inaspettato e si beava della sua vicinanza. Aveva persino imparato ad apprezzare l’inspiegabile e dolorosa nostalgia che la pervadeva costantemente, in sua presenza.
-Sì. Te la senti?-
-Assolutamente.- Si alzò e l'abbracciò per rassicurarla -Non è più successo nulla, probabilmente è stato solo un incidente.- Chiuse gli occhi, cercando di imprimersi il calore di quel tocco nella memoria.


Le prove procedettero senza problemi, secondo i tecnici grazie alle numerose collane d'aglio che avevano appeso in ogni angolo del dietro le quinte, nel dubbio che il Fantasma fosse in realtà un non morto assetato di sangue, quando un urlo improvviso e raccapricciante riecheggiò per tutta la sala.
L'orchestra smise di suonare e la voce di Piangi, il tenore, si spezzò rabbrividendo, mentre tutti i presenti si guardarono l'un l'altro, sapendo già che era successo qualcosa di terribile.
Corsero tutti verso la fonte di quel grido e trovarono Marjorie, una delle costumiste, e Rémy, davanti alla porta spalancata del camerino della Viscontessa.
-Cos'è successo?- Li interpellò immediatamente il Capomastro, mentre la donna stentava a reggersi sulle gambe, sostenuta dal segretario.
-Qualcuno è entrato nel camerino della Viscontessa!- Rispose Rémy  -E ha lasciato un ratto sulla toletta!-
-Un ratto?- Bouquet quasi imprecò, sperava in qualcosa di più. I topi infestavano abitualmente cantine e magazzini dell'Operà.
-I-infilzato con un pugnale...- Aggiunse l'uomo.
Il Capomastro entrò immediatamente, seguito da Carlotta e altri curiosi, tra cui Christine.
-Mon Dieu...- Sussurrò la nobile, portandosi una mano alla bocca, prima che Madame Giry si frapponesse tra lei e l'animale, impedendole la vista.
-Christine portala in un luogo tranquillo, mentre avviso il Visconte.- Ordinò l'insegnate.
-Sì, Mère.- La ragazza prese la mora per mano e si fece largo tra i curiosi. Non fu difficile, tutti si spostarono immediatamente non volendo aver niente a che fare con il "bersaglio del Fantasma", come se avesse la peste.
Salirono sulla terrazza, Carlotta aveva bisogno di prendere aria.
La Viscontessa sapeva che Mercier avrebbe fatto qualcosa quel giorno, ma non le aveva detto cosa. Avevano deciso che era meglio non informarla, se non per qualcosa di rischioso, in modo che le sue reazioni apparissero naturali. Non si aspettava che l'amico operasse in maniera così truculenta, ma ciò che più l'aveva colpita era stato il fetore delle interiora del ratto, che le aveva attanagliato lo stomaco.
-Stai tranquilla, sei al sicuro qui...- Esordì Christine, abbracciandola. Quella che avevano trovato era una minaccia di morte bella e buona -Io devo dire a tutti quello che so realmente su di lui... Credo sia il caso di avvisare la Gendarmerie, ha oltrepassato ogni limite.-
Carlotta la guardò, preoccupata.
-Si sposta all'interno dell'edificio tramite passaggi segreti. Ha fatto così quando mi ha rapita, ce n'è uno dietro al mio specchio, in camerino. Forse ce n'è uno anche dietro al tuo.- Le sembrava di ricordare che la Viscontessa avesse l'abitudine di chiudere sempre a chiave, quando usciva. Nessuno poteva essere passato dalla porta senza chiedere le chiavi di riserva a Rémy, come aveva fatto la costumista.
Carlotta annuì -Mio padre ne è conoscenza. Ha fatto esaminare l'intera struttura, dopo il tuo rapimento.- Mentì. Se Christine avesse reso pubblica quella notizia tutto sarebbe sfumato -Non devi dirlo a nessuno, i curiosi si riverserebbero in quei corridoi e il Fantasma fuggirebbe. César lo riferirà ai gendarmi, non preoccuparti.-
-Non mi fido molto di tuo padre...- Le sfuggì, pentendosi subito di quanto detto, con un sussulto.
La mora ridacchiò -Nemmeno io, ma quando si va attorno al denaro, o al nome del casato, diventa un infallibile segugio.- Sperò che le voci prendessero il volo anche al di fuori del teatro e che la stampa montasse il caso, come con il rapimento di Christine.
-Se penso di aver provato simpatia per lui...Per il Fantasma, intendo. Sembrava così diverso.- Disse con rammarico.
-Può capitare, non angustiarti.- Almeno quella storia l'aveva liberata dal sentimento per quell’uomo impossibile da ricambiare, constatò Carlotta.
-Voi siete la persona più importante per me...Ed ora mi sento in colpa.- Fece qualche passo verso la balaustra del terrazzamento, allontanandosi dalla nobile.
-Per cosa?- Rimase spiazzata dal comportamento della ragazza, che aveva ripreso improvvisamente a darle del "voi".
-Ho contrariato il Fantasma preferendo la vostra compagnia alla sua...E questa è la sua vendetta.-
-Mi sembra improbabile.-
-No...Ho avuto un comportamento indecoroso in sua presenza.- Doveva dirle tutto, per permetterle di avvisare correttamente la Gendarmerie -L'ho baciato.- Ammise, con estrema vergogna di sé stessa -Ero convinta di amarlo e probabilmente anche lui si è convinto di questo.-
-Non è amore se una semplice amicizia lo tramuta in rabbia.- Cercò di dissuaderla.
-Lui vede e sente tutto, Viscontessa.- Sollevò lo sguardo, impaurita. Non sapeva come procedere, ma era fondamentale, nonostante le conseguenze, dirle la verità -Non posso più mantenere il segreto. Potrebbe andarne della vostra vita.-
-No, Christine, non dire nulla.- Le salirono le lacrime agli occhi. -Non è necessario.- Se aveva un segreto che la spaventava tanto, non era giusto che glielo rivelasse credendola in pericolo.
-Lo è, Viscontessa. Io vi...- La mano di Carlotta le coprì la bocca, salda, impedendole di continuare.
-Sono io l'Angelo della Musica.- Sussurrò al suo orecchio la nobile -Volevo aiutarti.- Trattenne un singhiozzo, ripercorrendo i ricordi di quella sera.
-Voi?!- Esclamò Christine, arretrando e liberandosi da quella presa -Non è possibile...-
-Ho sentito dell'invito del Visconte e mi sono spaventata. Ho agito in fretta e vi ho stupidamente esposta a tutto questo.-
-Anche per le lezioni eravate voi?-
-Sì.-
-Perché?-
-Mio padre mi aveva vietato di parlarvi, volevo aiutarvi nel canto e non ho trovato altro modo...Mi dispiace.-
-Anche gli incidenti di questi giorni sono opera vostra?!- Stentava a credere alle sue orecchie.
-Organizzati assieme ad un complice.-
-Vi siete presa gioco di me per tutto questo tempo? E io che soffrivo, credendovi in pericolo!-
-Mi dispiace! Per questo ve lo sto dicendo...Non pensavo che vi avrebbe turbata così.-
-E' un gioco per voi?! Perché lo fate?-
-A causa di mio padre.-
Christine non si aspettava quella risposta e, anche se furente, la sua curiosità era stata stuzzicata. Si limitò ad aspettare che la nobile proseguisse.
-Mio padre vuole chiedervi in sposa.-
La bionda rimase sbalordita.
-Mi ha chiesto di avvicinarmi a voi e guidarvi tra le possibili richieste di fidanzamento.-
-E voi lo avete esaudito subito!- Scioccata, sdegnata e ferita scoccò uno sguardo di puro disgusto verso Carlotta.
Questo giustificava ai suoi occhi il suo improvviso interesse nel frequentarla.
-No! Non è questa la realtà delle cose...- Cercò le parole -Io volevo proteggervi da lui. E' uno uomo meschino, gretto e violento. Al contrario di voi, che siete la persona più altruista e dolce che io abbia mai conosciuto.-
-Risparmiatevi i complimenti. Non mi placherete con vane parole.-
-César mi ha costretta, ricattandomi. O vi introducevo a lui, o sposavo un pretendente di sua scelta...E se mi fossi rifiutata mi avrebbe mandata in clausura.-
Christine sentiva la sua rabbia vacillare, mossa a compassione dai fatti narratele -E avete deciso, quindi, di vendere me.- Non poteva però transigere su questo aspetto.
-No...Ho voluto che lui lo credesse, ma no, non è mai stato nei miei pensieri nuocervi. Al contrario, mi sono adoperata in ogni modo affinché voi diventaste sufficientemente nota e benestante da avere libertà di scelta. Per questo la cordite e gli incidenti...Per dissuadere mio padre dal farmi esibire e mettere in risalto voi.-
-Ma così voi sareste condannata a una vita di infelicità!- 
Carlotta scosse il capo -Stavo organizzando una fuga, con il benestare del mio complice, da attuare appena la vostra situazione fosse stata sicura.-
Christine rimase in silenzio per qualche secondo, prima che le sorgesse un dubbio -Al mattino, dopo la prima...Eravate voi o il vostro il complice?- Aveva baciato lei o un emerito sconosciuto?
-Ero io...- Cercò di anticipare i pensieri della cantante -Il vostro onore è salvo! Porterò il segreto con me, nella tomba.-
-I vostri gesti, le vostre parole...Mi avete ingannata! Doppiamente ingannata con questi sabotaggi! Me ne avreste parlato subito se aveste avuto un briciolo di fiducia in me...Potevate presentarvi, potevamo accordarci. Avrei mantenuto il segreto con vostro padre se me ne aveste dato l'occasione!- Era incredula e ferita.
-Ho mentito e mi dispiace, pensavo di potervi proteggere dal male e preservare la vostra innocenza. Ho indossato una maschera per coprire il mio inganno e tentare di coinvolgervi il meno possibile, credendo di agire per il meglio.-
-Hai creduto di agire per il meglio facendo esattamente come tutti gli altri... Ritenendomi troppo debole o troppo stupida per scegliere per me stessa.-
-Avevo buone intenzioni...-
-La strada per l'Inferno ne è lastricata! Vi credevo diversa, invece siete come gli uomini che tanto biasimate...Superiore per nascita.- Sentiva un profondo dolore al petto e prese un grosso respiro, cercando di non piangere.
Quando riprese a parlare, il suo tono era più freddo -Manterrò il vostro segreto e non vi ostacolerò. Come vedete, non sono stupida e so riconoscere cosa mi conviene...Ma non posso essere amica di una persona che non conosco.-
-Non vi ho mentito su di me-
-Vi credevo gentile ed onesta ed ora scopro che ordite complotti mortali da settimane, che mi avete ingannata, facendomi innamorare di un personaggio che non esiste, che vi siete professata mia amica pur non avendo fiducia in me, mentre io mi sono confidata e stavo per confessarvi di...- Non riuscì più a trattenere le lacrime, sentendo quel sentimento tradito -Io non vi conosco.-
-Mi dispiace...Non mi ero resa conto di starvi facendo un simile torto.-
-E' questo il ponte tra di noi.-
Carlotta rimase in silenzio, non riuscendo a seguirla.
-Voi nobili e noi cittadini.- Aggiunse la bionda -Voi sapete sempre cosa è meglio per tutti e nemmeno vi domandate come possano sentirsi gli altri.-
-Avete ragione...Si tratta della vostra vita.- Sarebbe stato giusto chiederle cosa voleva fare, invece di tramare alle sue spalle per paura che lo dicesse a qualcuno.
-Sì. Si trattava della mia vita.- Prese un nuovo respiro, cercando di tornare lucida -Se non vorrete più proseguire con i vostri intenti, comunque, andrà bene. Potete fuggire domani, se volete. Nulla vi obbliga a preoccuparvi per me.-
-Io tengo sinceramente a voi.- Il dolore nella voce della Viscontessa era ben percepibile.
-Rientriamo- La ignorò la cantante -Quegli stolti che dirigono il vostro teatro si staranno comportando come pazzi.- La precedette giù per le scale senza degnarla di uno sguardo, avrebbe ceduto se se lo fosse concesso.


Nuovamente, il personale accalcato per la curiosità si spostò, vedendole arrivare, ma questa volta non tanto per la maledizione che temevano avesse colpito la Viscontessa, quanto per il volto di Christine.
Nel decennio trascorso assieme a loro, lì al convitto, nessuno l'aveva mai vista arrabbiata, ma la sua espressione non lasciava adito a fraintendimenti.
Per il resto, la Viscontessa era più terrea di quando aveva lasciato il camerino. 
La condussero subito nell'ufficio del padre, che aveva chiesto di parlarle, mentre il personale ripuliva ogni traccia dell'avvertimento.
Carlotta era in piedi, davanti alla scrivania di César, mentre quest'ultimo le dava le spalle, guardando fuori dall'ampia finestra -Hai visto qualcuno?-
-No, avevo anche chiuso a chiave, uscendo.-
-Ne sei certa?- Chiese comunque, anche se sapeva che era stato Rémy ad aprire, con la chiave di scorta, perché una sarta aveva scordato le forbici dopo una prova costume.
-Sì. L'avevo con me, è abitudine.-
-Sospetti di qualcuno?-
-No.-
-Se fossero Madame Giry e Mademoiselle Daaé? Loro avrebbero solo da guadagnare, da questa storia.-
-Su Mademoiselle non ho dubbi, lei è onesta...- Sentì salirle le lacrime agli occhi, ripensando a quanto appena successo.
Avvertendo la voce della figlia incrinata, l'uomo si voltò a guardarla -Non fare l'isterica, non ti ho educata così.-
-Non è vostra la vita in pericolo.- La tristezza e l'agitazione che la pervadevano per tutt'altro, la fecero suonare credibile.
-Un paio di scherzi e subito pensi di stare per morire...?-
-Venire colpita da una scenografia lo chiamate scherzo? Avrebbe potuto ferirmi gravemente!-
-Se chiamassi i gendarmi sarebbe inutile. Sospenderebbero la stagione, chiuderebbero il teatro per un po' e il Fantasma scomparirebbe...E ci ritroveremmo con lo stesso problema alla ripresa degli spettacoli.-
-Mi avete detto di avere un vostro uomo di fiducia qui... Nemmeno lui ha idee?-
-No, nessuno ha visto niente.-
-Se facessimo come vuole lui...? Guadagneremmo tempo e potremo indagare meglio. Dovrà tradirsi, prima o poi.-
-No.- Rispose categorico -E' fuori discussione, saremmo gli zimbelli di Parigi.- Posò entrambi i pugni sullo scrittoio, deciso -Vedendo i suoi avvertimenti ignorati smetterà.-
-O passerà alle vie di fatto.- Carlotta incrociò il suo sguardo e lo sostenne, difendendo le proprie affermazioni.
-Improbabile. Questi zotici non sono mai così determinati, si fermano alle prime difficoltà. Fai come se niente fosse accaduto ed evita che il tuo nervosismo infuochi la loro immaginazione.- Tornò a volgersi alla finestra -Ti concedo di ritirarti, per oggi, ma domani ti voglio lucida.-
-Sì, padre.-


Sulla carrozza che la riportò a casa c'era proprio Mercier, a cassetta. Era stato rapido.
Carlotta salì in vettura degnandolo a malapena di uno sguardo, per non destare sospetti. Tutti gli occhi del teatro erano rivolti su di lei.
Arrivati alla magione, il cocchiere l'aiutò a scendere -E' stato eccessivo, Mercier.- Era rimasta parecchio sorpresa dal fatto che l'amico avesse nuociuto ad un essere vivente, per quanto si trattasse di un ratto.
-Ho improvvisato. Il topo l'ho trovato già morto nel canale. Ragionerò meglio la prossima volta.-
-Non chiamerà la Gendarmerie, troppo danno economico.-
-Meglio.-
-Continuiamo.-
-Sì, Viscontessa.- Rispose Mercier, dissimulando in fretta la conversazione, notando che Bernìce si stava avvicinando alla porta.



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Note:
Buongiorno e buon sabato! Spero che questo capitolo vi sia piaciuto, in ogni caso fatemi sapere cosa ne pensate, anche con poche parole, soprattutto se non è stato di vostro gradimento.


Colgo l'occasione per ringraziare la mia Beta di fiducia Oscuro_errante per l'impegno e la costanza nel suo prezioso lavoro. Grazie mille!
A sabato prossimo!




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Capitolo 9
*** Il Muto ***


9 Il Muto

Ogni riferimento a fatti realmente accaduti, cose, luoghi, persone e organizzazioni realmente esistenti è puramente casuale.


9.
Il Muto



Nei giorni seguenti Carlotta e Christine non si parlarono, vedendosi a malapena per le prove, costrette.
Le storie sul Fantasma si susseguivano insistenti e numerose e sempre più curiosi cercavano di entrare a dare un'occhiata. La voce cominciava a circolare.
Il panico generale, poi, auto alimentava questo clima di terrore diffuso.
Ogni cosa, ormai, dalla più futile alla più grave, veniva implicata al "
Vero proprietario dell'Operà". Se scompariva un pettine, o un fazzoletto, se qualcuno si feriva con un chiodo, o una scheggia, era colpa del Fantasma e tutti potevano giurare di averlo visto, avvolto nel suo mantello nero, al buio, aggirarsi sul proscenio, incurante dell'aglio, che comunque restava al suo posto perché: "Non si sa mai".
A sobillare ancora di più la fervida immaginazione degli artisti c'erano poi anche le continue consegne di fiori a Mademoiselle Daaé. Cosa normalissima alla prima, o durante le repliche, ma assolutamente bizzarra nel periodo delle prove.
Mazzi enormi di calendule e rose rosa, privi di biglietto e dal mittente sconosciuto, venivano recapitati ogni giorno alla Diva, in una misteriosa richiesta di perdono, secondo i dettami del linguaggio dei fiori.
Perfino il comportamento di Christine era strano, agli occhi dei maligni. Si era dimostrata distaccata da tutta la faccenda da principio, preoccupandosi solamente per la Viscontessa, quando succedeva qualcosa, ma non si era mai soffermata a condividere con loro i propri racconti, né tantomeno era mai stata partecipe della paura, come tutti gli altri, inoltre, dall'avvertimento trovato nel camerino di Carlotta, la ragazza si era improvvisamente rabbuiata, svuotata, preferendo trascorrere in solitudine ogni momento.
Tutto questo le valse il soprannome di "
Sposa del Fantasma", soprattutto da quando qualcuno, di notte, l'aveva vista lasciare la propria stanza per recarsi alla cappelletta.
Niente di insolito, era una consuetudine che la ragazza aveva consolidato negli anni, se non che dopo aver acceso un cero e pregato, si era messa a provare sottovoce il ruolo della Contessa, ancora, ufficialmente, assegnato a Carlotta.
Per chi sapeva leggere tra le righe, i cattivi presagi abbondavano.


Mancavano pochi giorni alla prima e la Diva era nel suo camerino, durante un cambio di scena, mentre ripassava il trucco. 
-Christine.- Si sentì chiamare sommessamente dallo specchio, che aveva preso l'abitudine di coprire con un pesante drappo. Ignorò la voce, riconoscendo la Viscontessa. -Christine.- Insisté quest'ultima, parlando leggermente più forte.
-Tacete o vi scopriranno.-
-Vorrei scusarmi.-
-Potete farlo da lì.-
Carlotta rimase in silenzio, interdetta. Si era immaginata di poterle parlare di persona. -Non volevo ferirvi.- Appoggiata al retro dello specchio, oscurato dal telo, non sapeva se i brividi che la percorrevano erano dovuti al gelo dei corridoi o alla freddezza dell'altra donna -Ho capito di aver sbagliato a tenervi all'oscuro, avete ragione, ma la mia non è stata superbia, bensì ignoranza e paura.-
-Paura?- Chiese Christine, sorpresa. Non si aspettava niente del genere.
-Voi potreste distruggermi con una sola parola, Mademoiselle- Tutto il suo futuro era nelle sue mani e, ammise a sé stessa, quasi con terrore, anche la sua anima. 
In quei giorni quasi non aveva dormito, né mangiato. La ragazza le mancava enormemente e non c’era stato istante in cui i suoi pensieri non fossero rivolti a lei, perfino i suoi sogni e le sue composizioni.
-Anche voi potevate, ma io ho confidato che non l'avreste fatto.- Disse Christine, rammaricandosi per il proprio sbaglio.
-Voglio rimediare ai miei errori.-
-Avete infranto il mio cuore, non è qualcosa che si può sistemare.-
-Non era mia intenzione farvi innamorare di lui...So bene che è ben poca scusa, ma non era premeditato, se questo può consolarvi almeno in parte...Non ho volontariamente giocato con i vostri sentimenti.-
-Perché non siete fuggita?- Cambiò argomento, era rimasta sinceramente sorpresa di vederla a teatro il giorno seguente alla loro discussione, si aspettava scappasse.
-Tengo a voi Mademoiselle Daaé, anche se non sono stata capace di dimostrarvelo.-
-Veramente? O solo perché volete che non vi denunci?- Stava riuscendo a muoverla a compassione, sentiva il proprio orgoglio cedere.
-Veramente. Non voglio che ci siano ponti tra di noi. Ve ne prego, insegnatemi.- Ebbe nuovamente una sensazione di déjà vu, lieve, non le capitava da tempo.
Christine chiuse gli occhi, trattenendo un singhiozzo, lieta che l'altra non potesse vederla -Lo amate?- Chiese, in un singolo soffio.
-Chi?-
-Il vostro complice...Lo amate?- Temeva per la risposta. Se una nobildonna scappava con un uomo...Voleva dire una cosa sola.
-No.-
-Non mentite, ve ne prego.-
-Non lo amo.-
-Ma scappereste con lui...?- Era confusa.
-E' una delle persone a me più care al mondo, lo conosco da quando era bambino, ma non è amore l'affetto che provo per lui.-
Christine si prese del tempo, prima di rispondere -Devo riflettere Viscontessa, non è facile ciò che mi chiedete.- Non sapeva sinceramente cosa fare. La mente e l’orgoglio rifiutavano il perdono, ma non riusciva a mettere a tacere il proprio cuore, che la supplicava di darle un’altra possibilità.
-Serva vostra...- Si congedò la nobile, con l’animo in pezzi, prima di arretrare nel corridoio buio e tornare al proprio camerino.


Con il proseguire delle prove e l'avvicinarsi della sera della prima, ripresero anche gli incidenti rivolti alla nobildonna.
Parti del costume che scomparivano, la porta del suo camerino bloccata, con lei dentro, e ancora pezzi di scenografie che cadevano. Tutto nel più totale sconcerto dei presenti, che ogni volta non vedevano nulla.
I macchinisti arrivarono perfino a confessare l'assenteismo dal proprio posto di lavoro, pur di allontanare i sospetti da loro stessi, ma fu il pomeriggio della prima, a metà delle prove generali, che avvenne il fatto più grave.
Dopo l'ennesima discussione in sala, con l'infastiditissimo padre che voleva solamente assistere a quell'anteprima esclusiva, Carlotta stava tornando sul palco, quando, all'improvviso, uno degli enormi lampadari si schiantò al suolo accanto a lei. 
La ragazza cadde tra le poltrone, riuscendo a stento a schivarlo.
César la raggiunse in pochi istanti, così come il resto dei partecipanti alle prove, e l'aiutarono a rialzarsi. Sconvolta, Carlotta era estremamente provata e pallida.
Anche Christine si avvicinò, ma rimase un passo indietro rispetto alla folla, ancora più scioccata della Viscontessa. Non capiva come potessero spingersi a tanto. Stava diventando troppo pericoloso e inutile, visto che il Visconte De Chagny non accennava il più piccolo tentennamento.
-Mi rifiuto di continuare così!- Inaspettatamente da tutti, fu la prima ballerina, Mademoiselle Sorelli, ad esprimere quel concetto e non la Viscontessa, come tutti si auspicavano -Non sono qui per rischiare la mia vita solamente per essere in sua compagnia!- Annunciò, prima di tornare dietro le quinte tutta impettita e seguita dalle sue assistenti.
-Mademoiselle non potete!- La inseguì furibonda madame Giry. Non potevano perdere la loro Danseur Étoile, era importante quasi come una delle cantanti.
Tra il mormorio generale che questa dichiarazione aveva suscitato, Christine si avvicinò a Carlotta -State bene?-
-Sì.- La Viscontessa si portò la punta delle dita alla fronte, tremante.
-Andiamo nel vostro camerino.- La Diva la prese sottobraccio, dopo aver ricevuto il consenso del Visconte, che aggiunse che le avrebbe raggiunte in seguito.
Rimaste sole, Christine sussurrò -Dovete smetterla con questa follia, state esagerando.- Era preoccupata e arrabbiata al tempo stesso.
-Non sapevo che sarebbe successo.- Per quello era così sconvolta, non era finzione.
-Come?!- Rimase esterrefatta Christine.
-Era in programma altro, come nei giorni scorsi.- Entrarono in camerino e Carlotta si sedette pesantemente sulla chaise-longue.
-Come può avervi fatto questo? Sareste potuta morire!-
La mora scosse il capo, cercando di riprendere fiato -Non lo so...Forse è stato realmente un incidente, questa volta.- La fune che sosteneva il lampadario poteva essere vecchia ed essersi spezzata, oppure il nodo allentato. Mercier non l'avrebbe mai messa a rischio a quel modo volontariamente.
Christine l'abbracciò mettendo da parte la propria rabbia, visto che l’incidente non era stato voluto dalla Viscontessa e che la sua paura era reale.
Carlotta ricambiò la stretta, sorpresa, sperando che fosse un segno del suo perdono.
-Lascia perdere, tuo padre non sembra intenzionato a cedere.-
-Se dopo questo non cambierà idea, sarò costretta a esibirmi, stasera. Non c'è più tempo e non posso insistere oltre, o si insospettirà.- Le voci non erano ancora così insistenti, al di fuori del teatro, da metterlo con le spalle al muro. Nessuno della stampa si era interessato, nemmeno come nota di colore.
-Non sarà un singolo spettacolo a sancire la nostra fine.- Cercò di farle coraggio -Non siamo sconfitte.-
-Siamo?- Chiese la Viscontessa, temendo di aver frainteso.
-Non riesco a rimanere arrabbiata con voi, non dopo avervi vista così pentita.- Era ricca e nobile, ammettere i propri errori e scusarsi con una persona di ceto inferiore doveva esserle costato veramente tanto. Era qualcosa di assolutamente inconcepibile, per persone come lei, e, invece, aveva ammesso perfino la sua paura. Un passo enorme.
-Mi perdonate, quindi?- Chiese Carlotta, con voce tremante.
-Sì.-
La Viscontessa allora fece qualcosa che lasciò ancora più sorpresa Christine. La strinse forte a sé e iniziò a piangere, contro il suo ventre, esprimendo un sollievo inaudito.
Fu in quel momento che la giovane Diva sentì il proprio cuore spezzarsi nuovamente e capì che non sarebbe riuscita a preservarne nemmeno un frammento, da quell'animo passionale e impetuoso, votato al bene seppur traviato dalle circostanze, che si stava sciogliendo contro di lei in quell'istante.
Stava scegliendo volontariamente di soffrire le pene dell'Inferno, condannata a non vedere mai i propri sentimenti ricambiati, ma avrebbe fatto di tutto per vederla felice, accontentandosi del dolce affetto e della stima sincera della loro amicizia.
César entrò nel camerino all'improvviso, senza nemmeno bussare, e rimase interdetto, mentre le due donne sobbalzavano di spavento -Mademoiselle Daaé, mi spiace, non credevo foste ancora qui.- Esordì il Visconte.
-Non vi preoccupate.- Cercò di sorridergli, nonostante fosse stato un gesto estremamente scortese.
-Avrei bisogno di parlare con mia figlia. Per cortesia, potreste lasciarci soli?- Cercava di mantenere il tono il più calmo e mellifluo possibile, in modo da non precludersi la possibilità di corteggiarla, al momento opportuno.
-Certamente Visconte. Vi prego di scusarmi.- Si congedò rapidamente, dopo aver fatto la riverenza, e li lasciò soli.
Carlotta si asciugò gli occhi con il fazzolettino di seta che teneva nascosto tra i merletti della manica, mentre César la squadrava, deluso.
-Il vostro zotico non si sta fermando, padre!- Esordì la ragazza, palesemente irritata.
-E' il canto del cigno. Dopo la prima smetterà, non farà nulla a teatro pieno e con tutto il personale allerta.-
-Non sarebbe meglio chiedere alla Gendarmerie di fare la guardia...?-
-Scoppierebbe un putiferio se dovessi spiegare loro tutto.-
-State mettendo la mia vita a rischio per denaro...?- Tra l'altro, essendo il mecenate, doveva essere un benefattore e non guadagnare nulla dalle attività del teatro, come invece stava accadendo.
César esitò un istante, era in effetti la motivazione principale, ma così come detestava perdere in affari, detestava perdere anche al di fuori di questi -E' evidente che gli attentati alla tua persona sono un modo per manipolare me. Se ci piegassimo daremmo adito a voci, insinuazioni, e la mia affidabilità nel commercio ne risentirebbe, così come verrebbe messa in dubbio la mia capacità di gestire la mia azienda e di conseguenza anche gli appalti governativi. Dobbiamo dimostrare ora più che mai di avere una sola parola e di saperla mantenere a qualsiasi costo.-
-Esibitevi voi, allora!-
-Non essere impudente!- Sollevò il braccio per darle un manrovescio, prima di ricordarsi che da lì a poche ore ci sarebbe stata la rappresentazione e qualunque segno più leggero di un' ombra sarebbe stato evidente.
-Padre, spero per me che rinsaviate, prima che sia troppo tardi...Cosa succederebbe se la gente venisse a sapere che il Visconte De Chagny costringe la propria figlia ad esibirsi, mettendola in pericolo di morte, quando potrebbe usare la sostituta senza avere nessuna perdita?- Addolcì il tono, se avesse esagerato avrebbe spinto il padre nella direzione opposta per principio -Lo spettacolo si farebbe lo stesso, i biglietti venduti non sarebbero da rimborsare e sarebbe un grande successo.-
-Ma tu non troveresti pretendenti. Già si vocifera che tu non sia capace di cantare, in realtà.-
-Ma di questo vostro fine sappiamo unicamente voi e io, non sfigurereste. E...Potrei sempre cantare come seconda voce al prossimo spettacolo, sarebbe "La Carmen", se ricordo bene le vostra scelta. Ci sono due personaggi femminili con tessitura da soprano.-
-No. Così ho detto e così si farà.- Concedere troppa notorietà a Christine lo avrebbe ostacolato nel suo corteggiamento, facendo aumentare la concorrenza. Non si fidava pienamente delle capacità di persuasione di Carlotta. -Riprenditi e torna a provare.-
-Siete senza cuore!-
-Sei tu ad essere sciocca, è il classico "
Divide et Impera!" Separa le emozioni di una donna dal suo intelletto e l'avrai in pugno! Ti stanno terrorizzando così che tu agisca contro di me.- Aveva usato quella strategia innumerevoli volte, in differenti circostanze, fiero di portare ad esempio colui che credeva il suo mentore.


Il sipario si aprì, mostrando sul palco un elegante salotto con al centro un letto a baldacchino, sul quale, nascosti dietro a un ventaglio, la Contessa e Serafimo, il suo Paggio, fingevano di baciarsi appassionatamente.
Entrambi i personaggi sussultarono di stupore, vedendosi scoperti dal pubblico in sala, e si ricomposero: il Paggio indossò rapidamente i vestiti da servetta, sopra ai pantaloni, mentre la nobildonna si alzò dal letto e si sistemò la veste: -
Serafimo il trucco tuo è perfetto!- Esordì Carlotta, mentre un musicista batteva più volte su una tavoletta di legno -Chi mai bussò?- cantò la Contessa, avvicinandosi alla porta della camera.
-
Cara sposa, tuo marito è quivi!- Si presentò il tenore, Ubaldo Piangi, facendo il proprio ingresso nelle vesti del Conte -Amor vado in Inghilterra e tu mi aspetti qui, la servetta resta con te.- Per poi aggiungere, bisbigliando rivolto solamente al pubblico -Anche se la porterei volentieri con me.-
Le risate degli spettatori attraversarono la sala e César, chiuso nel suo palchetto personale, si rilassò. Stava andando tutto perfettamente.
Checché ne dicesse a Carlotta, in realtà era preoccupato. Chi poteva averlo preso di mira? Ripercorrendo l'ultimo anno di affari e incontri non ricordava nessuno che potesse avercela con lui così tanto, o che fosse sufficientemente furbo da attuare un simile piano.
Occorreva aver infiltrato un uomo, forse più d'uno, tra il personale, prima del suo avvicendamento con Lefèvre. Da quando c'era lui nessuno era stato assunto, ma anche chiedendo a Rémy di controllare e fornirgli l'elenco dei reclutati negli ultimi mesi, niente era saltato all'occhio. Nessuno risultava collegato con i suoi concorrenti in affari.
Il fatto, poi, che nessuno vedesse mai niente, non gli piaceva affatto. Cominciava a sospettare che tutto il personale del teatro fosse d'accordo e che si coprissero a vicenda. 
Oscillava costantemente tra questo dubbio e l'assurdità che comportava un simile piano. Oltre a richiedere una mente arguta, per lui impossibile da trovare tra quelle mura, in quei mesi qualcuno avrebbe fatto trapelare qualcosa. L'unico modo per mantenere un segreto di una tale portata, secondo lui, era quello di non confessarlo neanche alla propria ombra. Una ballerina, una donna delle pulizie, o una sarta, avrebbero certamente finito col tradirsi.
Invece, l'unico nervosismo si era notato negli ultimi giorni, all'aumentare della frequenza degli incidenti contro sua figlia. Anche quando era caduto il lampadario aveva subito guardato verso il fondo della sala, prima ancora di soccorrere Carlotta, in direzione dei fermi delle corde che li mantenevano sospesi, ma non aveva visto nulla, nemmeno un movimento.
Ciò che lo disturbava di più, di tutta quella faccenda, era non saper chi sospettare.
Madame Giry e Christine sarebbero state le uniche a guadagnare qualcosa dalla defezione di Carlotta, ma un simile piano non poteva essere opera di menti femminili... Quale uomo avrebbe potuto guidarle? Quando aveva fatto controllare l'insegnante di balletto non era risultato alcun legame.
Cambiò posizione sulla sua poltrona, nuovamente innervosito, e si costrinse a riportare la propria attenzione allo spettacolo. Non avrebbe certamente trovato una soluzione quella sera, e il suo umore doveva essere il migliore possibile, per poter gestire gli ospiti del galà che avrebbe seguito la commedia.
-
Serafimo, orsù ritorna in te! Non puoi parlar! Ma baciami il mio sposo non c'è...- Riprese la Contessa, porgendo le labbra al giovane Paggio, mentre quest'ultimo si toglieva abilmente la gonna, ritornando sé stesso.
-Non avevo dato istruzioni che il Paggio doveva essere la Viscontessa?- Una voce tonante, dal nulla, percorse tutto il teatro, sovrastando l'orchestra con il proprio eco.
Un silenzio sgomento piombò nella sala, mentre i musicisti e gli attori sentivano il sangue gelarsi nelle vene.
-Mon Dieu...- Sussurrò tra sé e sé Carlotta, intravvedendo nella penombra dell'alta cupola un uomo in mantello nero e maschera bianca. Non si aspettava che Mercier intervenisse durante lo spettacolo, era un rischio enorme. Difatti, in pochi istanti, vide il Capomastro scendere rapidamente dall'impalcatura e lanciarsi all'inseguimento, dietro le quinte, dirigendosi verso il passaggio di manutenzione per la volta. Bastò quell'istante di distrazione e, quando tornò a guardare il soffitto, il Fantasma era già sparito.
Tutti l'avevano visto, però.
-E' già lontano, non lo prenderanno.- Bisbigliò Christine, dopo essersele avvicinata.
-Lo spero- Carlotta era estremamente preoccupata.
-Signore, riprendiamo.- Monsieur Reyer non sapeva come gestire la situazione, se non ricominciando a suonare e far finta che nulla fosse successo. Occuparsi di quei problemi era compito dell'impresario, ma il Visconte non era più al suo posto, anche lui all'inseguimento del Fantasma.
Calò il sipario per qualche minuto, per permettere a tutti di riposizionarsi e ricominciare la scena dall'inizio, e Carlotta vide, con la coda dell'occhio, César affacciarsi dietro le quinte, affannato per l'inseguimento e di pessimo umore per il suo fallimento. La ragazza tirò un sospiro di sollievo, Mercier era riuscito a fuggire.
L'orchestra ricominciò a suonare e il sipario si aprì nuovamente sul delizioso salotto e i leggeri amori di corte -
Serafimo, orsù ritorna in te! Non puoi parlar! Ma baciami il...- Christine si lanciò addosso a lei, facendola rovinare a terra, mentre qualcosa di grosso cadeva dal soffitto. Carlotta chiuse gli occhi, ma non sentì alcuno schianto. Grida di terrore, invece, si alzarono dalla platea.
Riaprì le palpebre e vide che quello che era caduto pendeva ancora a mezz'aria. Le ci volle qualche secondo per capire che ciò che aveva davanti non era uno dei sacchi di contrappeso delle scenografie, ma una persona.
-Stai bene?- Le chiese Christine, ancora sopra di lei, facendo poi per voltarsi e capire cosa fossero quelle urla.
-Sì, non guardare!- Carlotta la fermò, afferrandola per la nuca e impedendole di girarsi. Era la Danseur Étoile.
Fu questione di istanti e il sipario calò nuovamente, mentre César e altri macchinisti si affrettavano a soccorrere la prima ballerina, purtroppo inutilmente.
-Cos'è?!- Chiese immediatamente Christine, inorridendo istintivamente. Il volto terreo della Viscontessa e le urla le stavano facendo immaginare le cose peggiori.
-Una persona che conosci...-
-Mére?- Le salirono le lacrime agli occhi.
-No...Mademoiselle Sorelli.-
-Mon Dieu! No!- Si gettò tra le braccia di Carlotta, iniziando a piangere.
La conosceva da sempre, era già al convitto il primo giorno in cui lei vi era stata condotta e, anche se il loro legame non era profondo, le era affezionata.
Il Visconte si ricompose rapidamente, lanciò un'occhiata alle due ragazze, e poi uscì sul proscenio, per porgere le proprie scuse agli spettatori e congedarli. Tra la confusione in sala e il panico dietro le quinte, la Viscontessa non riuscì a sentire le sue parole.
Ancora seduta a terra teneva stretta a sé Christine, scossa dai singhiozzi, mentre tentava di riordinare le idee. Anche se cercava di non darlo a vedere, per non spaventare ulteriormente la sua amica, era sconvolta ed estremamente sorpresa. Mercier non avrebbe mai potuto fare niente di simile…Eppure era lui l'unico che avrebbe avuto occasione per farlo, agendo indisturbato nel buio dietro le quinte. Rifiutò l'idea, il Mercier che conosceva lei non si sarebbe mai spinto a tanto e poi, perché Mademoiselle? Lei non era coinvolta...Che lo avesse visto?
Carlotta non riusciva a decidere se credere al proprio istinto o alle circostanze. Fece delicatamente cenno a Christine di alzarsi e si diresse assieme a lei al camerino, continuando a sostenerla e a consolarla, mentre tutti si accalcavano attorno al cadavere della Danseur Étoile, chi curioso, chi spaventato o affranto, e anche attorno al tenore, svenuto per lo spavento.
Appena la Viscontessa si chiuse la porta del camerino alle spalle, Christine proruppe in furia, ancora con le lacrime agli occhi -Mon Dieu! E' un pazzo!-
-Non credo sia stato lui.- Disse Carlotta, anche se non ne era del tutto convinta.
-Chi altri?!-
-Non lo so...Mercier non farebbe mai niente di sim...- Si interruppe, accorgendosi del proprio errore.
-Mercier?!- Ricordava che era  il nome dello stalliere che preparava i destrieri per le loro passeggiate, un ragazzo robusto e forte e dal sorriso gentile.
Era troppo tardi per rimediare e la Viscontessa annuì, cupa in volto -Sarà stata indubbiamente allertata la Gendarmerie, arriveranno tra non molto.-
-Ho bisogno d'aria...- Christine sentì le forze abbandonarla e un'improvvisa spossatezza coglierla.
-Andiamo alla terrazza, ci farà bene.- Aveva bisogno anche lei di schiarirsi le idee.
Uscirono dal camerino e si diressero verso le scale, regnava ancora il caos. Ad ogni angolo c'erano capannelli di gente che parlava, o piangeva.
Nessuno si fidava a restare da solo, ma tutti, dal primo all'ultimo, si ammutolivano, fissandole con diffidenza, o addirittura con astio, al loro passaggio. Le ragazze accelerarono il passo, desiderando togliersi da quella situazione il più in fretta possibile.
-Anche questo, ora?- Sussurrò Christine, affranta, mentre Carlotta la stringeva di più a sé, colpevole.
I presenti riprendevano a bisbigliare appena passavano, seguendole con lo sguardo. Gli occhi di tutti erano maligni, eccetto quelli di una persona, Madame Giry, che invece le osservò attentamente. Non era insolito che le due ragazze salissero in terrazza a prendere aria, ma già da qualche tempo avvertiva che c'era qualcosa di strano in loro.
Christine, che era sempre stata ciarliera, al limite della petulanza, era improvvisamente diventata silenziosa. Da quando frequentava la Viscontessa non le raccontava più tutto quello che le accadeva e aveva notato una sorta di istinto protettivo nei confronti della nobile.
Un'aristocratica non avrebbe certo avuto bisogno di protezione, tantomeno di quella che poteva offrire una ballerina nullatenente, eppure la Viscontessa sembrava avida delle sue attenzioni e protettiva a sua volta.
Che avessero legato perché entrambe nelle mire del Fantasma? Poteva essere una motivazione, ma non ne era del tutto convinta e decise che avrebbe fatto più attenzione.


Respirarono entrambe, a pieni polmoni, l'aria fredda della notte. 
Da qualche minuto aveva cominciato a nevicare e i primi fiocchi iniziavano a depositarsi sulla pietra gelida dei gargoyle, alle estremità della terrazza, e sulla balaustra.
-Dobbiamo fuggire immediatamente.- Esordì Christine.
-No, non possiamo.- Non voleva abbandonare Mercier, se fosse stato innocente avrebbe avuto bisogno di lei. A quell'ora era sicuramente già alla tenuta, al sicuro. Gli avrebbe parlato appena possibile.
-Perché?-
-Se fuggissimo entrambe subito dopo..."Questo" verremo senza dubbio sospettate e ricercate, e in caso di cattura nessuno crederà alla nostra innocenza.-
Christine annuì, non ci aveva pensato.
-E non posso abbandonare Mercier, non credo che sia opera sua.-
-Chi, se non lui?-
-Sai se Mademoiselle Sorelli aveva nemici?-
La bionda rifletté, l'Étoile non aveva un carattere facile e le invidie per il suo ruolo di prima ballerina erano moltissime ed aspre, ma non le veniva in mente nessuno che potesse spingersi oltre alle fantasie e alle minacce. C'era poi da considerare che gli anni di allenamento avevano irrobustito il suo fisico -Diversi, ma non credo che qualcuno di loro sarebbe passato alle vie di fatto...E aveva una discreta forza, escluderei una donna.-
-Un amante arrabbiato?-
-Molti, in verità.- Aveva stroncato diverse relazioni, rifiutando di sposarsi per perseguire la sua carriera.
-Potrebbe esser stato uno di loro.-
-Ma come avrebbe potuto, eventualmente, introdursi dietro le quinte senza farsi notare ed agire proprio durante una delle incursioni del Fantasma? Nemmeno tu sapevi che sarebbe successo, nessuno avrebbe potuto prevederlo.-
-Un macchinista complice? E hanno colto l'occasione?-
-Che formidabile colpo di fortuna, mi verrebbe da dire.-
Carlotta sospirò. Le osservazioni di Christine erano corrette, anche se non di suo gradimento. Il dubbio permaneva -Teniamo per noi questi ragionamenti. Non voglio metterlo nei guai con la Gendarmerie senza essere sicura della sua colpevolezza.-
-Sei certa che non sia da lui?-
-Non è affatto da lui. E' impulsivo, ma non violento, anche se mi rendo conto che le circostanze gli sono avverse.-
-Allora dirò solamente ciò che ho visto stasera, sul palco. Non sapranno niente da me.- Aveva paura all'idea di mentire alle forze dell'ordine, ma aveva chiesto a Carlotta di avere fiducia in lei e non poteva tirarsi indietro.
-Ti ringrazio.- La Viscontessa sollevò lo sguardo e vide l'espressione combattuta di Christine -Mi spiace chiederti anche questo, nonostante tu stia già soffrendo molto.- Quella situazione le aveva travolte completamente e Carlotta non aveva immaginato le ripercussioni sulla vita della Diva, al convitto. Non aveva previsto il sospetto e la cattiveria che aveva trovato poc'anzi negli occhi di chi la conosceva da sempre. Se avesse saputo che sarebbe successo non l'avrebbe mai rapita, o non avrebbe ideato quel piano assieme a Mercier. Anche se il suo ultimo desiderio era quello di nuocerle, sembrava che non riuscisse a fare altro, in realtà. -Pare che la mia vicinanza sia solamente dannosa.- Aggiunse, dopo qualche istante di silenzio -Non avevo il diritto di metterti in questa situazione. Ho preteso che tu facessi quello che dicevo e che ignorassi il tuo cuore.- La rabbia e l'indignazione provati dalla ragazza, alla scoperta del loro piano, il chiederle se per lei fosse un gioco, vista la leggerezza con cui aveva deciso di cambiare la sua vita, si erano rivelate giustamente riposte, infine. Carlotta si rese conto solo in quel momento della propria ingenuità.
-Ma sapevo che eri nel giusto.- Rispose Christine. Le intenzioni dell'amica erano nobili e si era preoccupata per lei nel suo momento di peggior solitudine, abbandonata da coloro che riteneva amici e tradita persino da Madame Giry, che l'aveva lasciata nelle fauci di César senza alcuna remora.
-Ma non è giusto per te, Christine. Tu non sei così.- Menzogne e sotterfugi non erano nella sua indole, al contrario di lei, che vi era stata abituata fin da bambina -Se soltanto potessi tornare indietro...-
-Lo faresti ancora.- Chiosò la bionda, guardandola negli occhi.
-Se non trovassi altro modo, sì.- Ammise Carlotta, mentre il suo cuore saltava un battito, ricambiando il suo sguardo -Ma senza coinvolgerti.-
-Ma mi feriresti, non facendolo.- Come al principio, quando tutto si svolgeva alle sue spalle.
La Viscontessa capì, stava ripetendo nuovamente lo stesso errore e sorrise tristemente -Mi chiedo quante volte ancora dovrai seguirmi e mentire...E quante altre volte finirò per farti ancora del male. Dovrei proteggerti, eppure...-
-Carlotta, se sono qui è perché lo voglio.- Nei giorni precedenti avrebbe potuto ignorare il desiderio della nobile e raccontare tutto quello che sapeva, oppure rifiutarsi di essere ancora sua complice. Prese un grosso respiro ed ammise: -Tu per me sei importante.- Sentiva il bisogno di esprimere in qualche modo il sentimento che provava, almeno in parte. La situazione era diventata pericolosa e temeva che non avrebbe avuto altre occasioni, o sufficiente coraggio, per dire alla Viscontessa cosa pensava.
-Anche tu lo sei per me.- Carlotta la prese per mano, a sottolineare le proprie parole. Non riusciva a staccare gli occhi dai suoi e sentiva nuovamente la musica scorrerle nelle vene, come quella notte, quando tutto era iniziato.
Christine sussultò, nello sguardo dell'altra riconobbe le stesse emozioni che aveva intravisto oltre la maschera, la sera del suo rapimento -Perché c'è nostalgia nel vostro sguardo...?- La sfrontatezza della propria domanda la pose sulla difensiva, facendola passare inconsciamente al "voi".
-Perché sono una sciocca, Christine. Quando sono con te, il senso di vuoto che ho sentito per tutta la mia vita svanisce, come se l'intero scopo della mia esistenza fosse essere...Tua amica.-
-Come se fosse Destino...?-
Carlotta annuì, senza il coraggio di proferire parola, incapace di pensare ad altro, se non al ricordo delle sue labbra dolci.
-Anche per me è lo stesso...La mia vita è triste e vuota, nonostante il successo.- Christine aveva da sempre avuto il sogno di diventare famosa, come ballerina, prima, e come cantante, poi, ma niente era cambiato. Mancava sempre qualcosa, finché non aveva incontrato il Fantasma. -Tranne quando sono con te.-
Carlotta la abbracciò, nonostante quelle parole la riempissero di gioia, sapeva che Christine non si riferiva al suo stesso sentimento.
Il profumo della Viscontessa la travolse, riempiendo i suoi polmoni e il vuoto nella sua anima. La giovane Diva strinse tra le dita la stoffa del costume di scena che l'altra ancora indossava, aggrappandosi per un secondo ad un'illusione di eternità. Sarebbe bastato quello, quel piccolo istante, per sostenerla una vita, ma quando lasciò andare il tessuto, sapendo che non ci sarebbe stato mai attimo più intenso, si sentì sprofondare nella disperazione. Il petto iniziò a dolerle, come quando Carlotta le aveva rivelato il suo segreto, e sapeva, che non avrebbe più potuto fare a meno di lei.
Doveva dirglielo, doveva rischiare, nonostante avesse fatto di tutto per convincersene l'amicizia non le bastava, desiderava sfiorare nuovamente quelle labbra con le proprie, bearsi del suo profumo, assaggiare le sue carezze. Più l'aveva accanto e più desiderava la sua compagnia.
-Viscontessa, devo dirvi una cosa...- Iniziò, con titubanza. Temeva di perderla, di perdere quel poco che aveva, anche se insufficiente. -Vorrei che questo non cambiasse le cose tra noi, avrete comunque la mia lealtà e il mio silenzio.-
Carlotta si scostò lievemente, tornando a guardarla negli occhi, preoccupata -Cosa succede?-
-Temo...Di essermi innamorata di voi.- Si sciolse dall'abbraccio, distogliendo lo sguardo e allontanandosi -Che sciocca sono, vero?- Si asciugò una lacrima, voltandosi, per non farsi vedere.
Dopo qualche secondo di silenzio, sentì le mani della Viscontessa lievi sulle proprie spalle e poi un sussurro tremante, al proprio orecchio -Anche io vi amo.-
Christine si voltò, sorpresa, incrociando per un istante le sue iridi azzurre, prima di sentire le sue labbra sulle sue, di nuovo stretta tra le sue braccia. 
Carlotta aveva serbato gelosamente il ricordo di quel primo fugace contatto, ma le emozioni provate allora scomparivano, sovrastate dall'intensità di quelle che ora si riversavano nella sua anima.
Quel bacio, sigillo di un attimo senza tempo, sembrò durare all’infinito. Tutto parve svanire e nemmeno l’aria gelida dell’inverno le disturbò. La neve era solamente una candida e silenziosa testimone.
Erano felici, l’una tra le braccia dell’altra, quando il rumore di numerosi cavalli e carrozze le riscosse. Guardarono di sotto, verso la scalinata d’ingresso, e videro gli uomini della Gendarmerie entrare a teatro. Dovevano scendere.
Appena le due ragazze raggiunsero le scale e chiusero la porta alle loro spalle, Mercier uscì dal proprio nascondiglio, furioso. 
Si era rifugiato lassù in attesa che le acque si calmassero, per poi raggiungere le stalle, mescolandosi tra la folla e passando inosservato. Non si aspettava che Carlotta salisse, né tantomeno di assistere a quella conversazione.
La Viscontessa gli aveva mentito su tutto.
Aveva detto che sarebbe stata follia rendere Christine partecipe del loro piano e, invece, non solo sapeva ogni cosa, ma era al corrente perfino della sua identità.
Lui non la conosceva e non si fidava di lei, Carlotta avrebbe dovuto chiederglielo, prima! Era lui che rischiava la vita ogni volta per aiutarla! Meritava rispetto!
Raggiunse la balaustra e guardò in basso, verso le carrozze dei gendarmi, mentre un sorriso amaro gli si dipingeva in volto.
Gli aveva anche giurato che Christine sarebbe rimasta solo un'amica...E invece...Strinse con rabbia, serrando i pugni, la poca neve che si era posata sul parapetto, finché non divenne dura come ghiaccio.
Carlotta stava giocando ad un proprio gioco e lui era stato stupido a fidarsi di lei, accecato dal sentimento.
Lui le aveva dato tutto. Le aveva porto il suo cuore, aveva messo nelle sue mani la sua vita, l'aveva nascosta e sostenuta per anni, e la Viscontessa non solo lo aveva rinnegato, ma anche tradito.
Scappare assieme aveva perso ogni significato ormai, sarebbe stata una tortura eterna assistere al loro idillio, mentre lui non avrebbe avuto mai alcuna possibilità.
Sotto i suoi piedi si era sgretolato l'ultimo frammento del suo mondo, a cui si era aggrappato disperatamente, e a gettarlo nel baratro era stata proprio la donna che amava.
Non l'avrebbe perdonata, avrebbe fatto tutto quanto in suo potere per ripagarla con la stessa moneta. 
Carlotta avrebbe maledetto il giorno in cui si era presa gioco di lui.

****

Note:
Buongiorno e buon sabato! Spero che questo capitolo vi sia piaciuto, in ogni caso fatemi sapere cosa ne pensate, anche con poche parole, soprattutto se non è stato di vostro gradimento.

-L'opera citata in questo capitolo, "Il Muto" è un'opera immaginaria, scritta da Andrew Lloyd Webber appositamente per la drammatizzazione de "Il Fantasma dell'Opera".

Colgo l'occasione per ringraziare la mia Beta di fiducia Oscuro_errante per l'impegno e la costanza nel suo prezioso lavoro. Grazie mille!
A sabato prossimo!






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Capitolo 10
*** That's All I Ask of You ***


10 That's All I Ask of You

Ogni riferimento a fatti realmente accaduti, cose, luoghi, persone e organizzazioni realmente esistenti è puramente casuale.

10.

That's all I ask of you.



I gendarmi interrogarono tutti i presenti, dal primo all'ultimo. 

Nessuno aveva visto niente.

Christine Daaé, indicata da molti come conoscente del colpevole, venne ascoltata più volte, quasi con accanimento, ma ripeteva sempre di non aver mai visto in volto il Fantasma e di non conoscerne l'identità. Solo l'intervento della Viscontessa, che minacciò l'intromissione del padre, costrinse gli inquirenti a lasciarla in pace.

D'altronde, la ragazza era sul palco assieme alla nobile e tutti i presenti avevano assistito alla sua reazione sconcertata, quando aveva scoperto che si trattava di Mademoiselle Sorelli.

O realmente non ne era a conoscenza, o era un'ottima attrice.

Terminati i colloqui, la Gendarmerie decise di mantenere la sorveglianza sull'Operà. Riteneva probabile che l'assassino fosse tra gli addetti, o tra gli studenti del convitto.

A nessuno sarebbe stato permesso entrare o uscire, se non controllato e autorizzato. 

Inutile dire che gli spettacoli sarebbero stati tutti sospesi, fino al termine delle indagini.

Carlotta e César salirono sulla carrozza, sfiniti e nervosi. Era stata una nottata interminabile e già l'orizzonte iniziava a schiarirsi.

-Non osare dire una parola.- La redarguì immediatamente il padre, stroncando, ancora prima che nascesse, ogni possibile discussione.

Carlotta restò in silenzio e si volse a guardare fuori dal finestrino. 

Avrebbe dovuto sentirsi soddisfatta, erano riusciti a raggiungere il loro obiettivo, ma non riusciva. Il prezzo era stato troppo alto. Nessuno avrebbe dovuto farsi male e invece c'era stato perfino un omicidio.

Rifiutava di credere che fosse stato Mercier, ma chi, allora, avrebbe potuto fare tutto quello? Nessuno sapeva che il Fantasma sarebbe comparso durante lo spettacolo, nemmeno lei.

Cercò di ricordare quanto avvenuto, rivedendo gli istanti di quando l'uomo mascherato aveva fatto la sua comparsa dalla cupola. La voce era talmente distorta dall'eco che avrebbe potuto essere di chiunque, ma solo loro due erano a conoscenza di quel passaggio... Doveva per forza trattarsi di Mercier e tra la chiusura del sipario e la caduta di Mademoiselle Sorelli, lui avrebbe avuto tutto il tempo di arrivare dietro le quinte e sopraffarla.

Però, il ragazzo non aveva alcun movente per farlo e Mademoiselle era una ballerina, per quale motivo avrebbe dovuto trovarsi sulle impalcature? Avrebbe avuto la sua prima scena nel secondo atto, quindi non era impegnata in quel momento, ma era comunque anomalo che si trovasse lassù da sola. Che fosse in compagnia di qualcuno? Ma chi? E perché nessuno aveva detto niente? Mademoiselle non si sarebbe mai impegnata nell'inseguimento del Fantasma, soprattutto dopo la dichiarazione di quel pomeriggio, quando aveva addirittura minacciato di andarsene, visti i troppi pericoli.

-Il blocco degli spettacoli è un danno.- Esordì César.

Carlotta non rispose, limitandosi a guardarlo. Sapeva che avrebbe ottenuto di più con il silenzio.

-C'è sempre da rimetterci con gli artisti.- Bofonchiò seccato l’uomo -Un omicidio! Hai idea di quanto ci danneggerà tutto questo?!- Proseguì -Se ne parlerà per mesi! Ai ricevimenti saremo sulla bocca di tutti e chissà se ci inviteranno!- Concludeva i migliori affari alle feste, dopo aver fatto bere al proprio obiettivo qualche bicchierino di liquore, per questo era così infastidito. -E' stata tutta colpa tua. Tu hai insistito per occuparci di questo teatro. Un nido di serpi!-

La ragazza alzò gli occhi al cielo, prima di mettersi a guardare fuori dal finestrino e smettere di ascoltare la filippica del padre. Era stanca e preferiva concentrarsi sull'unica cosa bella di quella di notte.

La loro dichiarazione.

Sorrise involontariamente e si coprì la bocca con la mano, posandovi il mento. Il ricordo di quell'abbraccio tremante e delle dolci labbra di Christine, la riempiva di gioia.

L'idea di rivederla l'indomani la mandava in fibrillazione, mentre, al contempo, una calma serena le riempiva il petto. 

-Dovremo organizzare un evento sfarzoso per la riapertura. L'immagine è tutto.-

-Panem et circenses?- rispose la Viscontessa, sforzandosi a malapena di seguire la conversazione presa da ben più leggiadri pensieri.

-Esattamente.- César era sempre soddisfatto quando la figlia ripeteva gli aforismi in latino che era solito usare. -Per quanto il progresso avanzi, i desideri sono sempre i medesimi: cibo e divertimento. Speriamo solo che si sbrighino con le indagini.-

-Speriamo che catturino il colpevole.-

-Basta che riapriamo.-

-Padre, avete pensato che sarei potuta essere io?- Doveva continuare a reggere il proprio gioco. Tutti sospettavano il Fantasma, lei non poteva esimersi dal fare lo stesso.

-Non ti ho addestrata all'arte del combattimento per essere vittima, Carlotta.- Passò una mano sui pantaloni, eliminando una piega -Comunque, fino alla risoluzione del caso, tu non metterai più piede lì dentro, quindi il problema non si pone.-

-Ma...!-

-Discussione chiusa.- La sovrastò con la voce -E poi, fino alla ripresa degli spettacoli, tu non avresti niente da fare lì.-

-Potrebbero volerci settimane!- Non voleva stare lontana da Christine così a lungo, non dopo essersi confessate.

-Spero poche ore, qualche giorno al massimo. Dirò a Rémy di cominciare a pensare agli allestimenti per la riapertura. Ci vorranno molti fondi.-

-Posso invitare almeno Mademoiselle Daaé alla tenuta?-

-No, non è più necessario. Meglio lasciar perdere. Dopo questa bufera corteggiarla sarebbe di pessimo gusto- Continuava a pensare che fosse in qualche modo coinvolta con tutta quella faccenda, era l'unica a guadagnarci direttamente.

-Ma è comunque mia amica...- Cercò di insistere.

-Non si può essere amici di un'artista, non sanno cosa sia la lealtà. Lasciala perdere anche tu, al di fuori del teatro.-

Carlotta strinse i denti, tornando a guardare fuori dal finestrino e giurando a sé stessa che sarebbe riuscita comunque a vederla, in un modo o nell'altro.



La Viscontessa, per quello che restava della notte, non riuscì a dormire. Voleva parlare con Mercier, ma cercarlo alle prime luci dell'alba sarebbe stato oltremodo sospetto. Dovette aspettare la mattina inoltrata per fingere di fare la sua consueta cavalcata e raggiungerlo alle scuderie.

-Mercier?- Chiamò, affacciandosi ad ogni stallo, senza trovarlo.

Il panico la colse, se l'amico non era rientrato poteva esser stato catturato? O aver incontrato il colpevole dell'omicidio ed essere ferito, o peggio? Oppure essere fuggito perché era lui il vero colpevole?

Saltò in groppa ad Argo, senza nemmeno perdere tempo a sellarla, e la spronò al galoppo, diretta a teatro. Mercier poteva aver bisogno di aiuto.

-Quanta fretta!- Si sentì apostrofare, poco prima di raggiungere i cancelli del giardino.

-Mercier?!- Arrestò bruscamente la cavalla, ottenendo un nitrito irritato, mentre saltava rapidamente giù dalla groppa e abbracciava il ragazzo con foga -Stai bene?-

-Sembra che tu abbia visto un fantasma...-

-Non è tempo per gli scherzi! Stai bene?- Lo scrutava preoccupata.

-Sì.-

-Cosa è successo ieri sera?- Abbassò la voce, anche se non c'era nessuno in vista.

-Piaciuta la sorpresa?-

Carlotta rimase interdetta, avvertiva del sarcasmo nella voce del ragazzo e non sapeva se trovarlo di cattivo gusto o meno -Sai niente dell'omicidio?-

-No. Appena il Capomastro si è mosso dal suo posto sono scappato. Mi sono affacciato sulla platea dopo aver sentito le urla, per capire. Non ho visto nulla.-

La Viscontessa lo abbracciò di nuovo, con sollievo. -Hai rischiato troppo. Sarei venuta da te ieri sera, ma non è stato possibile... Sono felice di vedere che stai bene.-

-Pensavi fossi stato io?- Ricordava fin troppo bene, in verità, la conversazione origliata sul terrazzo e i dubbi della ragazza.

-Ho pensato a ogni genere di cosa. Che ti avesse messo alle strette, o che ti avesse visto...Non lo credevo, ma ho dovuto tenere conto di questa remota possibilità.- Ammise con vergogna.

-Dopo tutto questo tempo non avresti nemmeno dovuto prenderlo in considerazione! Mi conosci!-Rispose, alterato.

-Hai ragione -Disse dispiaciuta.

-E' questa la fiducia che hai in me...?- Aggiunse con delusione, mentre cercava di riprendere il contegno.

-Ho sbagliato a pensarlo, ma non ho detto niente ai gendarmi. Sentivo che non eri stato tu...-

-E ti aspetti che ti ringrazi? Ho messo a rischio la mia vita per te, e ciò che ho ottenuto sono stati solo dubbi.-

-Mi dispiace.-

-Dove stavi andando con così tanta furia?- Cambiò argomento, rischiava di farsi sfuggire troppo, nella foga della rabbia.

-Non ti ho trovato in scuderia né a casa, ho temuto il peggio. Stavo andando a teatro, per venirti a cercare.-

Mercier annuì -E' pieno di guardie, non saresti riuscita entrare.-

-Avrei provato comunque.-

-Meglio che vada, riporto io Argo.- Senza attendere risposta, si allontanò con la giumenta, lasciando Carlotta attonita.



La Viscontessa tornò verso la villa, pensierosa. Mercier le era sembrato strano. 

Certo, lo aveva offeso dubitando di lui, ma il ragazzo non si era mai comportato a quel modo con lei. Doveva aver esagerato.

Avrebbe voluto parlarne con Christine, lei avrebbe certamente saputo spiegarle il suo errore.

Scosse il capo, scacciando l'idea. Doveva imparare da sola, non poteva fare sempre affidamento sugli altri solo perché era stata cresciuta a quel modo.

Questo, forse, faceva parte di quel "ponte" che ancora non era riuscita a lasciarsi alle spalle.

Era la prima volta che si trovava nel "mondo reale" e non più in quella verità laccata di ricchi e aristocratici, dove la prima necessità era l'apparenza. 

Doveva ammettere che non sapeva come muoversi.

Doveva imparare a cavarsela da sola e smettere di affidarsi agli altri come se fossero suoi servi, finiva sempre col domandare troppo.

Sua madre non l'aveva educata così.

Sperava solamente di non aver incrinato irrimediabilmente il suo rapporto con Mercier. Avrebbe provato a parlarci di nuovo, appena il ragazzo si fosse calmato. Era stata una nottata intensa anche per lui.

Appena rientrata, Bernìce le corse in contro, trafelata -Viscontessa! Viscontessa! Per fortuna siete qui! Vi ho cercata dappertutto.-

-Che succede? Ero a cavalcare...-

-E' arrivata una lettera per vostro padre...Listata a lutto!- Si guardò attorno, come se anche i muri avessero orecchie.

-Lis... Mio padre è ancora in ufficio?-

-Sì, si è subito messo al telefono con la Gendarmerie.-

Carlotta le diede a malapena il tempo di terminare la frase, prima di correre su per le scale e raggiungere lo studio di César, facendo irruzione senza bussare -Cosa c'è scritto?-

Il padre la fulminò con lo sguardo, non tollerando quel comportamento, ma non disse nulla, ascoltava il suo interlocutore dall'altra parte del telefono.

La ragazza prese la lettera dalla scrivania e la lesse:



"Monsieur, avete ricevuto numerose note della più amabile natura 

in cui chiarivo come il mio teatro deve essere gestito.

Mademoiselle Sorelli è l'esempio di ciò che accade a chi mette a rischio l'Operà.

Vi darò solo un'ultima chance, se questi ordini dovessero venire ancora disattesi

si verificherà una catastrofe al di là della vostra immaginazione.

Rimango, Monsieur, il vostro umile servo."

                                                                                                    F.O.



Non era la calligrafia di Mercier e non era la carta che avevano utilizzato loro. Quella era di qualità molto più scadente.

Controllò la busta, non era chiusa con la ceralacca ed era stata spedita. Il timbro postale riportava la data del giorno prima... Era la prova definitiva che si trattava di un atto premeditato. Probabilmente sarebbe successo anche senza la comparsa di Mercier, tutti avrebbero dato la colpa al Fantasma comunque, soprattutto dopo la consegna di quella missiva.

Loro avevano recapitato le lettere a mano, facendole trovare nell’ufficio di suo padre e sullo scrittoio di Madame Giry. Chi altri avrebbe potuto vederle, o esserne a conoscenza?

Nel giro di un istante scartò l'idea di ridurre i sospettati a quel modo. Le voci erano certamente volate, se non tramite Madame Giry, certamente tramite Rémy. Potenzialmente, lo sapevano tutti.

Sentì lo stomaco contorcersi e poi serrarsi. Aveva dato per scontato che l'omicidio dipendesse dalla vita privata di Mademoiselle Sorelli, ma la premeditazione rimetteva tutto in discussione. Se fosse stato invece un piano per ottenere qualcosa e ne fossero seguiti altri? Christine poteva essere in pericolo, chiusa nel convitto assieme all'assassino.

Rilesse la lettera, ma non c'era alcuna nuova richiesta. Si faceva riferimento unicamente ai messaggi precedenti. Forse, allora, poteva essere solo un bluff, per sviare le indagini su un omicidio fine a se stesso, ma la mancanza di certezze e quella minaccia finale le impedivano di stare tranquilla.

-Dove credi di essere?- La richiamò César, appena conclusa la conversazione con la Gendarmerie.

-Questa lettera non è del Fantasma. La calligrafia, la carta, e il sigillo...E' una montatura.-

-Lo credo anche io.- Aveva notato solo il timbro postale e la mancanza della ceralacca, non aveva fatto caso al resto.

-Le altre le hanno i gendarmi?-

César annuì, pensieroso. -Le ho consegnate ieri sera.-

-Ti hanno detto nulla?-

-Niente di nuovo. Passeranno il prima possibile a ritirare anche questa.-

-Christine potrebbe essere in pericolo.-

-Perché?-

-E' già stata rapita dal Fantasma, anche questo impostore potrebbe prenderla di mira.-

-E' estremamente probabile che ci sia lei dietro a questa faccenda.-

-No...Christine è innocente.-

-Ma è l'unica a guadagnarci.-

-Dalla morte di Mademoiselle non ha alcun vantaggio, non è più una ballerina. In più era sempre sul palco, o assieme a me, quando si verificavano gli incidenti. Lei è senza dubbio estranea.-

-E Madame?-

Carlotta si prese qualche secondo -Di lei non mi fido.- Che avesse discusso con la Danseur Étoile, quando quest'ultima aveva minacciato di andarsene? Probabile, ma non doveva esser stato niente di serio. La donna aveva terminato comunque le prove generali e aveva accettato di esibirsi regolarmente. Difficile che si trattasse di quello.

-Potrebbe aver plagiato Christine, ci hai pensato?-

-No, Madame Giry non ha più un ascendente così forte su di lei.- I loro rapporti si erano deteriorati, dopo la prima de "L'Annibale".

-Meglio.- La Diva stava avendo un discreto successo, piaceva molto al pubblico, e non desiderava aver problemi anche con lei, se ne avesse avuti con la sua tutrice.

-Dovremmo ospitarla fino al termine della faccenda, per tenerla al sicuro.-

-Non le dobbiamo niente e al momento è ancora una sospettata.-

-Lei non sapeva nulla, le ho detto io che si trattava di Mademoiselle.-

-Potrei anche crederti, ma dovrà essere il commissario a deciderlo.-

-Voi non capite!-

-No, non capisco questo tuo morboso attaccamento nei suoi confronti! Non ti è mai importato di nessuno così tanto!-

Carlotta sussultò per un istante, doveva fare più attenzione  -Siete stato voi a dirmi di diventare sua amica, e io l'ho fatto!-

-Per convincerla ad accettare la mia corte, il resto è stata una tua scelta.-

-Che male c'è?-

-Niente, finché non lo farai diventare un problema, e devo dire che ti stai impegnando molto, per riuscirci.-

-E' innocente e indifesa! Siete così meschino da abbandonarla?!-

Il Visconte la schiaffeggiò senza remore, colpendola in pieno volto, ma Carlotta gli afferrò il polso e gli torse il braccio dietro la schiena, facendogli sfuggire un grugnito di dolore.

-E' l'ultima volta che mi toccate, padre...- Gli sussurrò all'orecchio con tono glaciale e minaccioso. Sentiva una profonda rabbia ribollire dentro di sé.

-Pagherai le conseguenze di questa tua insolenza!- Non si aspettava che la figlia fosse così forte, né così rapida.

-Vi siete già preso tutto, perfino il mio futuro. Non avete altro con cui ricattarmi. La clausura? Una liberazione dalle vostre assurde pretese!- Temeva invece che trovasse qualcosa, ma non poteva fargli percepire la propria paura.

Il bussare improvviso alla porta dell'ufficio li interruppe e li costrinse a ricomporsi. Carlotta lasciò la presa e si allontanò dall'uomo, che si massaggiò la spalla, prima di dire: -Avanti.-

Bernìce si affacciò alla porta -Visconte, scusate se vi interrompo, ma sono arrivati dei gendarmi, dicono di essere qui per la lettera.-

César grugnì irritato -Falli entrare. E tu,- Si rivolse alla figlia -Sparisci dalla mia vista.-

-Con estremo piacere.- Rispose la mora, uscendo immediatamente dall'ufficio e lasciando esterrefatta Bernìce.



Christine non si dava pace. 

Dopo gli estenuanti interrogatori, solo l'intervento di Carlotta le aveva consentito di tornare nella propria stanza. Tuttavia non era riuscita a dormire.

Continuava a camminare nervosamente per la camera. Gli eventi della serata l'avevano lasciata in agitazione e sapere la Viscontessa lontana dal teatro non le era d'aiuto.

Se il colpevole fosse stato Mercier, Carlotta poteva essere in pericolo.

Cercava di tenere a freno l'immaginazione, il ragazzo poteva essersi dato alla macchia e non essere tornato alla villa, tuttavia, quel comportamento avrebbe immediatamente fatto dubitare di lui. Poteva esserci tornato per non sollevare sospetti?

Sicuramente il resto della servitù avrebbe vegliato sull'incolumità della Viscontessa, ma potevano realmente riuscire a fermare un uomo forte e che si era già dimostrato molto agile e scaltro, nelle vesti di Fantasma?

Carlotta era quasi certa della sua innocenza e questo doveva avere un valore, eppure continuava ad oscillare tra queste ipotesi, in un susseguirsi di calma ed apprensione.

L'unico pensiero che riusciva a distrarla, temporaneamente, era il ricordo delle parole che si erano scambiate sulla terrazza.

"Anche io vi amo." Il cuore le balzò nel petto e portò la punta delle dita alle labbra, ritrovando nella memoria quel casto bacio intriso di sentimento.

Sorrise tra sé e sé, meravigliandosi anche lei per la propria audacia. Se Carlotta l'avesse respinta avrebbe perso tutto. Era stato folle, da parte sua, confessarsi. Eppure, in quel momento, l'istinto le aveva gridato che avrebbe perso molto di più a non dirglielo.

Forse, senza rendersene conto, aveva intuito cosa provava per lei la Viscontessa.

Ripensò ai giorni trascorsi assieme, a quanto dolce e gentile fosse stata, a quanto si premurasse per lei, a quanto ricercasse la sua compagnia... Il dolce sorriso che l'altra le riservava ad ogni loro incontro... Sentì nuovamente il cuore balzarle in petto. Certo, con il senno di poi, tutto le sembrava più evidente.

Perfino quando le insegnava canto, attraverso il muro, era riuscita a riconoscere una nota gentile nella sua voce. 

Si era innamorata di lei senza nemmeno vederla, che sciocca romantica era.

Sospirò, tornando alla realtà. Come poteva ottenere notizie da lei? Aveva parlato con Mercier? I gendarmi non l'avrebbero lasciata passare senza chiedere chiarimenti...E César? Come si sarebbe comportato? Certo, gli spettacoli erano stati sospesi e il problema del fidanzamento forzato allontanato, almeno fino al termine delle indagini, ma l'uomo le avrebbe consentito di uscire? Come aveva fatto le altre volte la Viscontessa a raggiungerla di notte, per insegnarle? Non glielo aveva mai chiesto...Sperò che non fosse un metodo pericoloso e di riuscire a rivederla a breve...Che sciocchezza, Carlotta avrebbe rischiato troppo a presentarsi a teatro sotto mentite spoglie, ma se fosse uscita lei, tra i principali sospettati, sicuramente i gendarmi l'avrebbero seguita.

Provò a coricarsi, non sapendo cos'altro fare e continuando a pensare a tutte quelle cose, mentre sentiva fuori dalla propria finestra la città e il convitto ridestarsi, con il sorgere del sole.

Sussultò, quando sentì bussare alla propria porta. Doveva essersi addormentata di colpo, senza accorgersene.

-Chi è?- Chiese, prima di aprire la soglia. Era in camicia da notte, se fosse stato un gendarme avrebbe dovuto rendersi presentabile.

-Sono io.-

Christine riconobbe la voce di Mère e, più tranquilla, aprì. La donna aveva in mano un piccolo mazzo di gerani -Sono arrivati questi, per te.- Le passò i fiori, quasi infastidita dall'essersi ritrovata a fare da fattorino, visto che i soldati non avevano consentito al garzone del fiorista di entrare.

-Grazie.- Rispose, prendendoli.

-Chi li manda?- La piccola busta sigillata, che conteneva un biglietto, era firmata "C.De Chagny", ma non sapeva se padre o figlia.

Christine lesse il nome e riconobbe la calligrafia aggraziata di Carlotta -La Viscontessa. Un pegno di amicizia.- Quello simboleggiavano i gerani, Mère lo sapeva certamente -Lei sa che io non c'entro nulla con questa storia, vorrà mostrare la propria solidarietà.-

-Sciocchezze, eri sul palco insieme a lei, ovvio che non hai nulla a che fare.-

-La Gendarmerie la pensa diversamente...E anche gli altri, lo avete visto.- Le dispiaceva enormemente vedere la diffidenza e il sospetto negli sguardi dei colleghi. Il rapporto che avevano costruito, condividendo praticamente tutto in quei dieci anni, si era dissolto come neve al sole.

-Nessuno crede che tu non sappia chi è il Fantasma, pensano che tu lo stia coprendo.-

-Ma non è così, ha indossato la maschera per tutto il tempo e quasi non ha parlato. Non è una persona che conosco.-

-Neanche di me ti fidi?-

-Non so chi sia, Mère. Non è questione di fiducia.-

-Sei stata con lui tutta la notte.-

-Come ho già detto: in qualche modo ho perso i sensi. Mi sono svegliata all'alba in un luogo sconosciuto.- Ripeté per l'ennesima volta.

-Come vuoi. Spero solo che la Viscontessa non stia sbagliando a riporre in te la sua amicizia.-

-Nemmeno voi mi crede?- Chiese, ferita.

-Io credo a ciò che vedo e so che non hai colpe per l'omicidio, ma vedo anche che hai atteggiamenti contrastanti con la Viscontessa. Prima la insegui e poi la eviti, come se fossi attanagliata da un profondo senso di colpa.- Che il Fantasma le avesse ordinato di avvicinarsele per controllarla meglio e i dubbi morali di Christine avessero fatto il resto, rendendola protettiva? Ne era quasi convinta, ma qualcosa ancora le sfuggiva.

-Abbiamo solamente avuto un malinteso, ma ormai è tutto sistemato.-

-Buon per te, allora, e sistema la stanza, è indecente. Anche se sei una cantante, adesso, devi comunque rispettare il regolamento e dare l'esempio.-

-Sì, Mère.- Rispose mestamente, prima che la tutrice si congedasse bruscamente e se ne andasse.

Aprì la busta e lesse immediatamente il biglietto:



"Cara Christine,

nell'ora più buia la invito alla devozione,

affinché l'Angelo della Musica vegli su di noi.

Avete tutta la mia solidarietà

e questa notte vi ricorderò nelle mie preghiere."



                                                    C.d.C.



Lo rilesse più volte, quasi non potendo credere ai propri occhi.

Probabilmente la Viscontessa temeva che i soldati controllassero il biglietto, per questo aveva scritto a quel modo, ma aveva trovato la busta ancora sigillata, forse avevano desistito, una volta visto il cognome del mittente.

Il messaggio le era parso subito chiaro. Si sarebbero incontrate, quella notte, nella cappelletta del teatro.

Strinse il biglietto al petto, non riuscendo a contenere la gioia, mentre la giornata diventava improvvisamente troppo lunga.



Non riuscendo più ad aspettare, si recò in anticipo sul luogo del loro appuntamento. Ne avrebbe approfittato per pregare realmente, così, se anche qualche curioso avesse deciso di seguirla, non avrebbe visto niente di anomalo.

D'altronde, in quegli anni, non erano state poche le volte che si era recata alla cappella durante la notte.

Quando non riusciva a dormire, o era impensierita per qualcosa, rivolgere i propri pensieri al padre le era sempre stato di conforto e anche quella notte era preoccupata, seppur estremamente felice.

Accese una candela e pregò a lungo per entrambi i genitori, poi, ne accese un'altra per Carlotta.

Non sapeva quanto senso potesse avere innalzare la sua supplica di protezione ad una divinità che condannava il dolce sentimento che le univa, perciò cercò di scindere il proprio desiderio di vederla da ciò che la Viscontessa realmente meritava.

Carlotta le sembrava continuamente combattuta tra ciò che era giusto e ciò che desiderava,  molto più di altri, come se fosse costantemente scissa in due, in un fuga serrata che spesso la portava ad agire avventatamente, per ottenere tregua.

Tutto questo si traduceva in un senso di oppressione e frustrazione che Christine poteva quasi avvertire fisicamente, mentre era in sua compagnia, e pregò che la Viscontessa ne venisse liberata.

Anche l'incontro di quella notte, probabilmente, era stato dettato dall'avventatezza. Desiderava ardentemente vederla, ma forse sarebbe stato più saggio attendere qualche giorno, quando l'atmosfera sarebbe stata più tranquilla e, magari, i gendarmi annoiati e meno ligi al proprio dovere.

Sentì un leggero profumo nell'aria e sorrise, sapendo di non essere più sola. Riaprì gli occhi, chiusi per la preghiera, e risollevò il capo.

-Non volevo interromperti.- La voce di Carlotta, in un delicato sussurro, le giunse all'orecchio. Si voltò, trovandola al proprio fianco.

-Avevo terminato- Avvolta nel mantello nero e con la maschera sul volto, la ragazza sarebbe potuta apparire minacciosa agli occhi degli estranei, ma era rassicurante per Christine.

La Diva si alzò e l'abbracciò con trasporto, lieta di vedere che era riuscita a raggiungerla, mentre Carlotta ricambiava la stretta, posandole un tenero bacio sui capelli -Stai bene?-

-Sì, soprattutto ora che sono con te.- Non riusciva a smettere di sorriderle -Tu?-

-Sì.- La baciò nuovamente sulla testa, non se la sentiva di sfiorarle le labbra nella cappella. Anche se non consacrata, era pur sempre un luogo di preghiera. -Ho parlato con Mercier, non è stato lui. Ha visto dalla sala ciò che era successo, una volta sentite le urla.-

-Ci si può fidare...?-

-Sì, non aveva alcun motivo per farlo.- Le sorrise, incoraggiante, prima di tornare seria in volto -Questo però vuol dire che l'assassino, o almeno il suo complice, è qui a teatro.-

Christine distolse lo sguardo, incredula e accigliata -Chi...?- Si lasciò sfuggire dai suoi ragionamenti. Non le veniva in mente nessuno capace di tanto.

-E' anche arrivata una lettera, indirizzata a César. Simile a quelle che avevamo consegnato noi, ma evidentemente falsa.-

-Cosa diceva?- Tornò a concentrarsi su di lei.

-Che ciò che è successo a Mademoiselle accadrà a chiunque metta a rischio l'Operà.-

-Perché aveva minacciato di andarsene...?-

-Credo, non saprei.- Non voleva rivelarle i propri sospetti su Madame Giry. Non voleva offendere Christine, ed inoltre, erano blandi. Una discussione come quella che avevano avuto non era un motivo sufficiente.

-Non era la prima volta che usava quella carta...Si accapigliava spesso con Mère, per diverse ragioni.-

-Ah sì?- Questo cambiava un po' la situazione -E pensi che...?-

-No. Mère ha problemi ad un'anca, per quello insegna. Non avrebbe la forza necessaria per...- Deglutì a vuoto, lasciando in sospeso la frase.

-Vedrai che il commissario troverà in fretta il colpevole.- provò a farle coraggio.-Cerca di non restare da sola, per sicurezza.- Avrebbe voluto restarle accanto e proteggerla lei stessa, ma non sarebbe stato possibile. -Meglio che io vada, ora.-

-Di già?-

-Le tue compagne di stanza si insospettirebbero...- Avrebbe voluto portarla nei sotterranei e tenerla al sicuro, ma faceva anche terribilmente freddo da quando era caduta la prima neve.

-Non ho più...Compagne di stanza.- Distolse lo sguardo, imbarazzata -Da quando sono stata assunta come tua sostituta ho una camera mia.- Per la prima volta aveva anche una discreta somma di denaro di cui disporre quasi liberamente, dietro sorveglianza di Madame.

Questo complicava le cose, per Carlotta -Mi raccomando allora, chiuditi dentro a chiave.- Aveva dato per scontata una relativa sicurezza notturna, pensando che la bionda sarebbe rimasta in compagnia.

Christine annuì -Puoi venire con me?- Abbassò lo sguardo, sentendosi avvampare il volto.

-Non credo sia opportuno...- Desiderava fin troppo, in realtà, restare sola con lei.

-Parleremo con più tranquillità, ho alcune domande.- Aggiunse, cercando di riprendere contegno, mentre si rendeva conto che la Viscontessa non era l'unica impulsiva.

Carlotta rifletté qualche secondo, prima di rispondere -Va bene.- Conversare non era niente di male, per quanto la situazione potesse risultare ambigua ad un occhio esterno. 

Avrebbe fatto ricorso a tutto il suo autocontrollo e confidava che l'onore di Christine sarebbe rimasto intonso.

-Dov'è la tua stanza? E' meglio che io non percorra i corridoi.-

-Ultimo piano, quarta porta dalla scala.-

La Viscontessa annuì -Attenderò qualche minuto, per essere certa che nessuno ci segua.-

Christine sorrise -Grazie.-



Trascorsero una decina di minuti, prima che sentisse bussare lievemente alla sua porta. Aprì, sapendo già chi era.

Carlotta scivolò dentro, ancora avvolta nel mantello e quasi confondendosi con la penombra della stanza, rischiarata solo da una lanterna sul piccolo scrittoio e da un paio di candele, sul comodino.

La Viscontessa non era abituata a quell'oscurità, alla villa accendeva diverse lucerne, non dovendo fare economia.

-Hai incontrato qualcuno?-

-No.- Aveva aspettato per diverso tempo, per capire se qualcuno stesse controllando Christine, ma non era così. 

Si tolse maschera e cappa, dopo che la bionda aveva chiuso a chiave la porta.

-Ero così preoccupata, temevo che fosse Mercier il colpevole.- La Diva tornò di nuovo a stringersi a lei.

-Io ero preoccupata per te.- Posò le labbra sulle sue, a dimostrazione del proprio affetto, e restò sorpresa quando l'altra ragazza le dischiuse. L'istinto prevalse e ogni briciola di pudore venne cancellata da quel contatto, almeno per qualche istante.

-Perdonatemi.- Disse mortificata la Viscontessa, scostandosi bruscamente, mentre ogni fibra del suo corpo le ruggiva di proseguire.

-Cosa è successo?- Chiese Christine, un po’ frastornata. Non si aspettava tanta voluttà, ma non le era affatto dispiaciuta.

-Voi...Avevate delle domande- Cercò di riprendere il controllo, allontanandosi da lei e raggiungendo la piccola finestra della stanza, respirando profondamente.

Christine rimase interdetta, per un istante. In realtà non aveva interrogativi, voleva solo restare più a lungo con lei -Mi sono passate di mente.- Mentì, cercando di salvare le apparenze.

-Non intendevo turbarvi a tal punto, mi dispiace.- Si voltò verso di lei, ma senza il coraggio di guardarla in volto.

-Non mi ave…- Si corresse -Non mi hai turbata. Cosa ha turbato te?- Chiese la bionda, con apprensione. Qualcosa sembrava averla sconvolta e sperava di non aver fatto niente di sbagliato.

-Non era opportuno che vi baciassi a quel modo.-

-Non ci vedo niente di male.- 

La Viscontessa sospirò. Non sapeva come togliersi da quella impasse senza confessarle cosa pensava, ma non sapeva neanche come dirglielo. Era imbarazzante, sconsiderato, irrispettoso e disonorevole.

-Carlotta, cosa c'è?- Le si avvicinò e le accarezzò con la punta delle dita lo zigomo, facendola inavvertitamente sospirare di dolore -Mon Dieu, cosa vi è successo?!- Chiese allarmata, notando in quel momento il livido sulla guancia dell'altra. Tra la penombra e la maschera non lo aveva visto prima.

-Niente, solo un piccolo incidente.- Sorrise, per tranquillizzarla.

Christine scrutò i suoi occhi, per capire se poteva crederle, ma non riuscì a decidere se l'altra fosse sincera o meno -Davvero?-

-Niente di importante e, comunque, non succederà più.- Intendeva rispettare la promessa fatta a suo padre, non l'avrebbe più colpita impunemente.

La cantante rifletté per qualche istante. Era preoccupata, ma se Carlotta non voleva parlarne forse non era giusto che lei insistesse, così tornò alla domanda precedente -Perché sei così turbata?-

La Viscontessa non sapeva come risponderle. In realtà sperava che l'argomento si fosse esaurito e che la conversazione sarebbe ruotata attorno ad altri temi. Messa alle strette, poteva solamente essere sincera e cercare di dirlo nel modo più semplice possibile -Credevo di riuscire a controllare i miei istinti, ma mi sono accorta che non è così...Perdonami, ti prego.- Si scostò nuovamente dalla cantante, la sua vicinanza le rendeva impossibile ragionare, riempiendole la mente di immagini che avevano più il sapore del ricordo, che non quello dell'immaginazione -Non è opportuno che io rimanga ancora.-

Lo sforzo che stava sostenendo, per costringersi a non stringerla a sé, era letteralmente doloroso. Non avrebbe resistito a lungo.

-Non andartene.- La trattenne per il polsino della camicia, impedendole di allontanarsi ulteriormente.

-Christine… Io vi amo. Non voglio approfittare della vostra innocenza.- Sospirò affranta, continuando a volgerle le spalle e trincerandosi dietro ad un più distaccato "voi", in un disperato tentativo di mantenere la ragione.

-Anche io ti amo.- Nella luce calda delle candele, vedeva solamente l'ampia schiena della Viscontessa ricurva, sotto un enorme peso.

-Lo so, e questo mi riempie di gioia.- Si voltò, sorridente ma titubante -Ma ciò che alberga nella mia mente non è degno della vostra persona.- Ammise colpevole.

-Smettetela di darmi del "voi".-

-Perdonami.- Abbassò nuovamente lo sguardo -Meglio che io vada.- Disse, dirigendosi verso la porta.

-Cosa alberga nella vostra mente?- La domanda era troppo sfacciata per porla con confidenza. Un ultimo, spudorato, sforzo per trattenerla.

La Viscontessa si fermò, sentendo il sangue gelarsi nelle vene -Niente di opportuno, o di giusto.-

-Cosa è giusto?-

-Attendere il matrimonio-

-Noi non possiamo sposarci.-

-Ne sono consapevole e questo mi confonde...Non so come comportarmi.- Oltre al suo desiderio, la mancanza di regole o di una consuetudine da seguire la destabilizzava. Quando sarebbe stato giusto? Poi, realizzò che non lo sarebbe mai stato. Per quanto non fosse più reato, non era certamente ritenuto corretto né accettato.

-Dimmi che mi amerai per sempre.- Sussurrò la cantante, rossa in viso.

Carlotta deglutì a vuoto -Siete troppo buona. Potreste andare dietro le quinte, ora, e in meno di un minuto trovare una decina di uomini pronti a giurarvi amore eterno, se questo darebbe loro la possibilità di...Restare in vostra compagnia.- In quel momento non si riteneva migliore di loro.

-Non sono loro che amo, e il tuo giuramento sarebbe sincero.-

-Io voglio che tu non abbia dubbi, che tu possa camminare a testa alta, senza traccia di vergogna alcuna nel tuo cuore, ed affrettare le cose non porterebbe a questo.-

-Questo discorso già cancella ogni possibilità di dubbio, in me. E ti prego, ti prego...Smettila di ritenermi innocente e pura. Non sono un'ingenua.-

-Non era mia intenzione offenderti.-

-Io ho mentito, rubato, desiderato, e disonorato Mère in più di un'occasione...Non sono l'angelo che credi e non devi proteggermi da te stessa.- Voleva dirglielo dalla sera precedente, quando, in terrazza, Carlotta aveva parlato del suo timore di ferirla.

-Non hai idea di cosa io stia pensando. Anche in questo momento, purtroppo.- Aveva rilegato il pensiero ad un angolo della mente, ma non era riuscita a soffocarlo.

-Credo che sia la stessa cosa che sto pensando io. Ho immaginato spesso il nostro primo...Incontro.- Arrossì nuovamente, ammettendolo.

Carlotta incrociò il suo sguardo solo per un secondo, sorpresa, imbarazzata e spaventata, prima di tornare a posarlo sul pavimento, sentendo affiorare un sorriso che si forzò di spegnere immediatamente.

Dentro di lei si stava svolgendo una battaglia terribile e le parole di Christine non la stavano aiutando, facendo tornare il suo istinto a ruggire prepotente.

La bionda la raggiunse e la prese lentamente per mano -Restate, stanotte...Non sappiamo quando potremo rivederci.- Sussurrò, senza il coraggio di incontrare i suoi occhi.

-Oh Christine...- Riuscì solo a mormorare dolorosamente, sentendo il proprio cuore spezzarsi.

Per la prima volta nella sua vita, la Viscontessa capì perché Adamo aveva colto il frutto proibito. La supplica della persona che amava con tutta sé stessa la spingeva a fare qualcosa che temeva sarebbe stato un errore. Sarebbe scesa volontariamente, e sorridendo, tra le fiamme eterne, pur di renderla felice.

Pregò solo di non farle nuovamente del male, prima di cedere, annuendo silenziosamente.

-E' giusto essere felici.- Cercò di rassicurarla la cantante, abbracciandola.

-Se ti ferissi non mi perdonerei-

-Non mi ferirai.-

-Come puoi avere tutta questa fiducia in me?-

-Ti amo.-

Carlotta sentì il cuore mancare un battito, prima di stringerla forte a sé -Anche io ti amo.-

-Nient'altro chiedo più.- Sorrise Christine, prima di sigillare quelle parole con un dolce bacio, carico di sentimento.



Il grigiore dell'alba invernale cominciò a trapelare nella stanza, sorprendendo Carlotta, insonne, tra le lenzuola.

Non era riuscita a chiudere occhio, assordata dal battere del cuore nel proprio petto, che si infrangeva contro il suono impalpabile del respiro di Christine, addormentata tra le sue braccia.

Il volto della bionda esprimeva pace e quiete assoluta, mentre le labbra rosee e morbide, appena dischiuse, sembravano solamente attendere un altro bacio.

La Viscontessa accolse quella tacita richiesta delicatamente, svegliandola.

-E' già mattino?- Chiese triste, appena aprì gli occhi.

-Manca poco.- Doveva rientrare prima che qualcuno si accorgesse della mancanza del cavallo dalla scuderia. Non aveva potuto chiedere a Mercier di coprirla, data la loro discussione.

-Sei riuscita a dormire?- Christine la baciò nuovamente, con dolcezza. Svegliarsi tra le sue braccia era stata un'emozione indescrivibile. Sembrava quasi che il tempo fosse sospeso, immobile. Sembrava quasi che fossero loro il punto fermo attorno al quale ruotava il mondo.

-No.- Sospirò, tra il rassegnato e il soddisfatto. Con la ragazza così vicina non sarebbe mai riuscita ad assopirsi.

-Mi dispiace.-

-A me no.- Dopo la notte appena trascorsa sentiva che qualcosa dentro di lei era cambiato. Non si sentiva più una ragazzina costretta a mille sotterfugi per avere un'apparenza di quieto vivere. Si sentiva forte, capace di combattere a viso aperto per proteggere chi amava. Si rese conto, anche se probabilmente lo era già da prima, che Christine era diventata la sua priorità. Qualsiasi altra cosa era sacrificabile, pur di averla al proprio fianco, e l'idea di fuggire non la spaventava più. 

Appena si fossero chiuse le indagini sarebbero partiti, sempre che Mercier fosse riuscito ad approntare tutto.

Christine ridacchiò alla sua risposta -Abbandonate le tue remore?-

-Preferisco morire tra le tue braccia cento volte, che vivere senza questa colpa.-

-Non c'è colpa ad essere felici, quando nessuno soffre.- Ripeté la bionda.

-Temevo di deluderti.- Ammise la mora, sfiorando nuovamente le sue labbra -Il mio primo bacio è stato tuo e non avevo idea…-

-Non voglio che tu vada.- La interruppe, colta già dalla malinconia e sopraffatta dall'imbarazzo.

-Non vorrei neanche io- Carlotta la strinse a sé, prima di costringersi a scendere dal letto e rimettersi gli stivali.

-Sai già quando potrai tornare?-

-No. Dovrò aspettare il prossimo viaggio di mio padre, o che il commissario chiuda le indagini.- Si chinò sul letto e la baciò nuovamente -Vedrai, saranno pochi giorni, al massimo una settimana.-

-Scrivimi.-

-Ti scriverò tutti i giorni e ti manderò altri fiori. Dovrò solo far attenzione a cosa scrivere, nel caso in cui qualcuno leggesse.-

Christine annuì, era meglio essere prudenti.

-Mi raccomando, cerca di fare attenzione.- Improvvisamente memore di cosa aveva causato quella situazione, Carlotta si rabbuiò.

-Sì.- La Diva scese dal letto e si avvolse le spalle nello scialle -Anche tu.- Aggiunse apprensiva.

Dopo pochi minuti, Christine aprì la porta della propria stanza e controllò che non ci fosse nessuno nei corridoi, prima che la Viscontessa sgattaiolasse via.

****

Note:
Buongiorno e buon sabato! Spero che questo capitolo vi sia piaciuto, in ogni caso fatemi sapere cosa ne pensate, anche con poche parole, soprattutto se non è stato di vostro gradimento.

Colgo l'occasione per ringraziare la mia Beta di fiducia Oscuro_errante per l'impegno e la costanza nel suo prezioso lavoro. Grazie mille!
A sabato prossimo!







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Capitolo 11
*** Masquerade ***


11 Masquerade

Ogni riferimento a fatti realmente accaduti, cose, luoghi, persone e organizzazioni realmente esistenti è puramente casuale.

1.

Masquerade



Passarono tre mesi, prima che il commissario dichiarasse la riapertura del teatro.

Il colpevole non era stato catturato e nonostante i numerosi sospetti, non si erano trovate prove sufficienti.

L'idea comune, ormai, era che il responsabile fosse estraneo al convitto, vista anche la mancanza di nuovi avvenimenti.

Nelle settimane immediatamente precedenti lo scioglimento delle riserve della Gendarmerie, César, sempre prontamente aggiornato dal commissario, aveva incaricato Rémy e Madame Giry di cominciare ad organizzare un grande spettacolo per la riapertura che, a scanso di equivoci, non doveva coinvolgere Christine, visto che dovevano far dimenticare tutta la faccenda, ne Carlotta, che non avrebbe potuto partecipare alle prove, fino all'ufficializzazione della sospensione delle indagini.

Optarono quindi per un Gala di beneficenza tenuto dagli allievi, che avrebbe certamente ben disposto gli aristocratici e l'alta borghesia, e riportato pubblico, a dimostrazione che il Fantasma non era il padrone dell'Operà.

Gli studenti selezionati, tra balletto e conservatorio, avevano avuto mesi per perfezionarsi negli studi, vista la mancanza di spettacoli che avrebbero rubato loro tempo ed energie e la quasi impossibilità di uscire dalle mura, data dai tediosi controlli dei gendarmi.

Tutto il personale del teatro, d'altronde, era lieto di vedere che le cose stavano tornando alla normalità e rispose alla nuova programmazione con il massimo dell'entusiasmo e perfino il Visconte non aveva badato a spese.

Si prospettava uno spettacolo memorabile.

Carlotta scese dalla carrozza dopo una considerevole attesa, c'era molto traffico davanti all'ingresso dell'Operà, ottimo auspicio.

Era riuscita a vedersi con Christine solo un'altra volta, dopo quella prima notte, approfittando dell'assenza paterna per i festeggiamenti del nuovo anno. César era stato invitato fuori città da un probabile futuro socio in affari e avevano convenuto che fosse meglio, per lei, restare a Parigi.

Le aveva scritto ogni giorno, come promesso, ma purtroppo non era riuscita sempre a mandarle fiori o regali. La ragazza le mancava tantissimo e non c'era istante in cui non pensasse a lei, letteralmente struggendosi.

Anche Mercier le mancava, aveva tentato più volte di riappacificarsi con lui e si era scusata in ogni modo possibile, ma il ragazzo non aveva voluto sentire ragioni e il suo comportamento era rimasto freddo e distaccato.

Aveva dovuto, a malincuore, smettere di contare su di lui anche per la fuga. Quando sarebbe stato il momento avrebbe accolto Mercier con estrema gioia, se avesse voluto partire assieme a loro, ma l'amico non le aveva fatto sapere più niente dei preparativi e lei non se la sentiva di trascurare un aspetto così importante. Certo, per lui che aveva conoscenze sarebbe stato più facile, ma era comunque riuscita ad informarsi sui viaggi periodici di diverse imbarcazioni in partenza da Calais. Con il giusto quantitativo di denaro e la scelta di un periodo favorevole, non sarebbe stato troppo complicato lasciare la Francia nel giro di un paio di giorni, anche se non era ancora sicura che l'Inghilterra fosse la scelta migliore.

Lì l'omosessualità era ancora fortemente repressa e punita gravemente da diverse leggi. Forse era meglio la Spagna, con una legislazione più simile a quella francese, oppure il sud dell'Italia, dove le leggi, sebben presenti, non erano applicate rigidamente, tranne che in casi evidenti.

Per prima cosa, comunque, occorrevano i fondi. Avrebbe deciso poi, assieme a Christine, la destinazione.

Come temeva, César aveva trovato un modo per farle pagare la sua impertinenza e, non potendole togliere nient'altro, aveva limitato il suo accesso alle risorse di famiglia. Se le serviva qualcosa rientrante nelle cosiddette "spese di rappresentanza" non aveva problemi, ma non aveva più libera disponibilità.

Questo non aveva fermato Carlotta, aveva solamente rallentato il procedere del suo piano. César non si era mai interessato alla sua vita e così le bastava millantare un impegno o il compleanno di un'aristocratica qualunque per avanzare la richiesta di comprare qualche presente o inviare un mazzo di fiori. Su piccole cifre il padre non controllava e poteva agevolmente tenerle per sé, però, la necessità di fare attenzione, le aveva impedito di continuare a mandare costantemente regali a Christine, come avrebbe voluto fare.

Per fortuna, l'uomo continuava a ritenerla stupida e incapace di orchestrare qualcosa di più complesso di un pettegolezzo ed era suo preciso dovere mantenere questa sua convinzione.

Entrò nel foyer, per la prima volta dopo mesi, e restò esterrefatta. L'enorme salone, stracolmo di invitati, era un tripudio di marmo bianco e oro e i numerosi lampadari di cristallo erano stati tirati a lustro, come, del resto, ogni centimetro di pavimento e scale, su cui avrebbe quasi potuto specchiarsi. Sembrava di camminare direttamente su una polla di luce dorata, una rappresentazione perfetta della definizione di sfarzo.

Suo padre era lì già dal pomeriggio, per controllare le ultime cose prima dell'apertura delle porte, ma lei cercava Christine. Aveva controllato di nascosto la lista degli invitati e dei partecipanti, nell'ufficio del Visconte, e si era assicurata che la Diva fosse presente nell'elenco.

Si aggirava tra gli ospiti, salutando praticamente tutti, mentre cercava la sua amata, chiedendosi se avesse indossato l'abito che le aveva regalato.

Aveva visto una bellissima seta, grigio perla con iridescenze azzurre, mentre era alla boutique per un vestito per sé, e aveva chiesto alla stilista di confezionarne un secondo, facendo sommare tutto nello stesso conto e mettendola in contatto con le costumiste dell'Operà, per quanto riguardava le misure.

La sarta le aveva suggerito una stoffa rosa, vista la giovane età della destinataria, ma Carlotta era rimasta della sua idea. Christine l'avrebbe uccisa se avesse insistito sul cliché della purezza e poi, quelle screziature le ricordavano i suoi occhi. Sarebbe stato perfetto.

Finalmente la vide, dall'altra parte del salone, mentre conversava amabilmente con Monsieur Piangi, in compagnia di Madame Giry.

Finì di salutare l'ultimo degli ospiti che l'aveva intercettata per scambiare convenevoli e si diresse verso di loro, con un sorriso smagliante.

Christine era splendida nell'ampio abito di seta dal bustino riccamente ricamato, che l'avvolgeva con naturalezza, lasciando scoperte le spalle. I lunghi capelli biondi erano semi raccolti dietro la nuca e solamente qualche boccolo le ricadeva morbidamente sul collo sinuoso.

L'aveva quasi raggiunta quando la Diva, e gli altri con lei, cominciarono a dirigersi verso la sala, seguiti da tutti gli invitati, che le impedirono di salutarla. In mezzo a tutta quella folla non l'aveva nemmeno vista.



La Viscontessa prese posto accanto a César e si preparò ad una serata pesante. I rapporti tra loro non erano mai stati così tesi e spesso l'uomo le riservava il "trattamento del silenzio", ignorandola con alterigia. La cosa non le dispiaceva più di tanto, suo padre diceva solo cattiverie e terribili stupidaggini, tuttavia, la sua vicinanza prolungata era impegnativa da sopportare.

Quando tutti si furono accomodati, Madame Giry fece il proprio ingresso sul palco, a luci accese e a quinte ancora chiuse, per dire qualche parola sulla scuola di danza, presentare lo spettacolo e ringraziare i presenti. Carlotta, annoiandosi, cominciò a guardarsi attorno, in cerca di distrazione. Fu così che riconobbe Christine, seduta nel palco d'onore, assieme a Monsieur Piangi.

-Non sapevo le avessi riservato quel palco.- Sottolineò col padre, incuriosita.

-Dobbiamo rassicurare il pubblico che tra di noi non serpeggia alcun sospetto.- Rispose infastidito.

-Dubitate ancora di lei?-

-Certamente. Probabilmente il colpevole di tutto è un suo amante, libero di entrare e uscire a proprio piacimento dal teatro con la sua complicità. Non a caso, in questi mesi in cui è stata rigidamente controllata, non è successo più nulla.-

Carlotta non insisté nel ribadire i propri dubbi su questa teoria paterna, rispondendo con il silenzio. Nonostante mancassero molti dettagli, l'uomo era relativamente vicino alla verità. Se avesse saputo dei passaggi e che era lei l'amante, il suo quadro sarebbe stato pressoché completo.

Christine guardava con curiosità quanto stava accadendo sul palco. Mère non si mostrava mai durante gli spettacoli, come insegnante, il suo ruolo era relegato dietro le quinte.

All'improvviso si sentì osservata e fece vagare lo sguardo sul lato opposto della platea, dove c'erano gli altri palchi.

La Viscontessa la stava guardando.

La Diva sorrise raggiante, vedendola per la prima volta dopo mesi. Era bellissima, avvolta in uno stupendo vestito rosso bordeaux e con i capelli corvini raccolti in un basso chignon. Sentì il proprio cuore cominciare a battere all'impazzata, di felicità.

Carlotta non riusciva a staccare gli occhi da lei, realizzando quanto le fosse mancata. 

Non fu capace di rispondere al suo sorriso, completamente assorbita da tutta quella bellezza e dalle emozioni contrastanti che si agitavano nel suo animo.

Nessuno le aveva mai detto che l'amore fosse così.

Dai poemi e dalle letture aveva sempre sentito della gioia e della completezza che ne derivava, ma mai nessuno l'aveva avvisata sulla malinconia, la tristezza e la paura che lo accompagnavano.

Certo, nelle tragedie e nelle Opere che conosceva, quest'ultima non mancava, ma era sempre data da eventi esterni e circostanze avverse. Lei, invece, aveva paura perché non aveva mai provato un sentimento così forte e totalizzante. Aveva paura perché temeva di non essere all'altezza.

Lei, una nobile, e per definizione superiore agli altri, si rendeva conto di essere una sprovveduta, priva di ogni esperienza, abile solo nel mentire e nell'organizzare sotterfugi, che più di una volta avevano causato sofferenza alle persone a cui teneva.

La relazione con Christine le aveva dato una nuova forza, che non la faceva dubitare sul fatto che sarebbe riuscita ad apprendere tutto quanto necessario, una fiducia in sé stessa e nelle sue capacità che non aveva mai avuto prima, ma temeva che ci volesse troppo tempo, che imparasse troppo tardi. Che fosse già troppo tardi e che il ponte tra di loro non si sarebbe mai annullato del tutto.

Uno scroscio di applausi la riscosse e tornò a guardare verso il palco, César avrebbe potuto accorgersi di qualcosa.



I vari balletti che vennero presentati sul proscenio erano stati molto vivaci e divertenti, intermezzati dalle esibizioni canore e musicali degli studenti residenti più bravi.

Gli applausi non erano mai mancati e la serata era stata piacevole e frizzante, un vero successo.

Tutto lasciava presagire che l'oscuro capitolo che riguardava il "Fantasma dell'Opera" fosse definitivamente archiviato e il ballo di chiusura, un tripudio coreografico di abiti estrosi, esotici e maschere colorate, avrebbe sancito finalmente la loro libertà.

Fu proprio al culmine dello spettacolo che una misteriosa figura, vestita interamente di rosso scarlatto, fece il suo ingresso in scena, quasi apparendo all'improvviso al centro del palco.

Ballerini e musicisti si fermarono, congelati dallo spavento. La grottesca maschera che l'uomo indossava raffigurava un teschio, il volto stesso della Morte, contratto in un ghigno raccapricciante.

-Che silenzio, amici miei!- Esordì, mentre la platea era attonita. Gli studenti sul palco, giovani ragazzini, non sapevano come comportarsi. Nessuno, tra l'omicidio e le leggende che fiorivano da mesi, aveva il coraggio di avvicinarsi od ostacolarlo.

César si alzò immediatamente e lasciò il palco, mentre si legava furiosamente il fioretto alla cintura.

Anche Carlotta si alzò in piedi, stupefatta. Per qualche istante aveva avuto il dubbio che facesse parte dello spettacolo, prima che il padre si allontanasse.

-Sono qui per non lasciarvi mai più! Vi mancavo, amici miei?- Continuò il Fantasma. Sapeva di avere i secondi contati, con la coda dell'occhio vedeva già i macchinisti scendere dalle impalcature e bloccare ogni uscita dal palco.

-Ho scritto un'Opera!- Sfilò una cartella di pelle da sotto al mantello scarlatto e la lanciò sul legno del palco, in direzione del maestro d'orchestra, facendone uscire numerose pagine.

-"Don Juan Trionfa!"- Annunciò il titolo del suo copione, guardando direttamente negli occhi Carlotta, sapeva che sarebbe stata nel palco del padre.

La Viscontessa impallidì per un istante a quelle parole, prima di stringere di più la presa sul parapetto del palchetto per cercare di trattenersi ed evitare di rispondergli, colma di furore.

Un gruppo di gendarmi, con in testa César, fece irruzione sul palco accerchiato, ma in un solo istante il Fantasma fece un inchino e sparì, avvolto in una nube densa di fumo.

Il Visconte non si fece intimidire e non rallentò il passo, raggiungendo immediatamente il punto dove aveva visto l'uomo mascherato e scoprendo, mentre il fumo si diradava, l'apertura della botola. Saltò giù, lanciandosi all'inseguimento.

Atterrò su una pila di vecchi materassi e si rialzò. Filtrava poca luce dal palco ed era nell'oscurità quasi completa.

Sguainò la spada, cercando di guardarsi attorno, ma un forte colpo alla nuca lo tramortì e svenne, facendo a malapena in tempo a vedere i gendarmi calare una fune.

Il resto del Gala venne annullato. 

Non che servisse realmente, dopo quell'apparizione sconvolgente e l'interruzione dello spettacolo, quasi tutti gli invitati si erano allontanati rapidamente, in un borbottio confuso di indignazione, preoccupazione e sconcerto. Qualcuno ebbe anche l'ardire di gridare, nell'anonimato della calca, che si trattava in realtà di un espediente pubblicitario.

César fu portato in ospedale, accompagnato da alcuni gendarmi e, appena chiuse le porte del teatro al pubblico, il Commissario Firmin, responsabile della sorveglianza e delle indagini, chiese di conferire con la Viscontessa.



Nell'ufficio di César, Carlotta schiumava di rabbia.

-Ciò che è successo a vostro padre è ignobile! Colpito alle spalle...- Il nobile si stava già riprendendo, mentre lasciava l'edificio, ma era necessaria la visita di un medico, poiché era apparso confuso.

In piedi, con entrambi i pugni appoggiati alla scrivania, Carlotta lo interruppe, seccata -Venga al punto, Commissario.- Alla mora non interessavano tutte quelle moine. Una volta saputo che il padre non sarebbe morto, aveva questioni più urgenti di cui occuparsi.

-Voi non avete idea di chi potrebbe essere? Le indagini fanno pensare ad un nemico del Visconte, un concorrente.-

-Nessuno di loro avrebbe il coraggio di ritorcersi a questo modo, ne tanto meno avrebbe senso. Economicamente mio padre non sta venendo danneggiato significativamente e un concorrente negli affari punterebbe principalmente a questo. D'altro canto, se avessero voluto uccidere lui o me, le occasioni non sarebbero di certo mancate.- Sollevò il sopracciglio, guardando con disprezzo l'ufficiale. In sei mesi di indagini non aveva scoperto chi era l'assassino e, anche per quella serata, si era concentrato principalmente sulla sorveglianza esterna dell'edificio. Assolutamente inutile.

Il Commissario temporeggiò, intimorito da quello sguardo glaciale e dall'analisi così fredda che la Viscontessa aveva presentato, quasi come se non si stesse parlando di lei o di suo padre.

-Ritengo sia necessario interrogare tutti, verificare gli alibi, e sentire nuovamente Mademoiselle Daaé. Come il Visconte vi avrà riferito è sempre stata lei la principale sospettata, di certo sa qualcosa.-

-Ho parlato più volte io con Mademoiselle, siamo in confidenza, e mai una volta il suo racconto ha presentato sbavature, contraddizioni o variazioni. E' sempre stata costernata e profondamente preoccupata per tutta questa vicenda.-

-Potrebbe avervi mentito.-

-Non lei. Controllate invece Madame Giry, ho saputo che discuteva spesso con Mademoiselle Sorelli e, anche se ha problemi ad un'anca, con un complice avrebbe potuto agire indisturbata, dato che nessuno avrebbe fatto caso alla sua presenza, più che normale durante uno spettacolo.-

-Prenderò nota dei vostri sospetti, Viscontessa. Per quello che riguarda gli incresciosi fatti di questa sera, provvederò al più presto a sigillare nuovamente teatro e convitto, mi rincresce dover sospendere nuovamente la stagione, ma capirà che per la sicurezza di tutti...-

Qualcuno bussò alla porta, interrompendoli.

-Sì?- Chiese perentoria la Viscontessa, senza scostarsi di un millimetro dalla scrivania.

All'uscio si affacciò Rémy, tremante -Ci sono alcune lettere, Viscontessa, indirizzate a vostro padre e al Maestro Reyer.- L'uomo quasi balbettava da tanto tremava. Sollevò appena la mano, mostrando due buste listate a lutto e chiuse con la ceralacca -Erano sul mio scrittoio ma, giuro, all'inizio del Gala, quando ho lasciato l'ufficio assieme al Visconte, non c'erano!-

Il Commissario lo raggiunse e prese immediatamente le lettere -Ci lasci soli, ma resti a disposizione.- Ordinò l'ufficiale, mentre il segretario era oltremodo felice di venire congedato in fretta.

L'uomo consegnò poi le lettere alla Viscontessa, che le aprì, sotto il suo sguardo vigile.



Caro Reyer, con riferimento alla mia orchestrazione:

E’ necessario un altro primo fagotto.

Prenda un bravo musicista - e mandi via quel terzo trombone.

Quell’uomo è completamente sordo,

quindi, per favore, scelga uno che suoni intonato.”

        

                                                                          F.O.



Caro César, in rapporto alla mia opera:

qualche membro del coro deve essere licenziato.

Se potete, scoprite chi ha il senso dell’intonazione,

sebbene io, saggiamente, abbia fatto in modo di assegnare

dei ruoli secondari a quelli che non sanno recitare.

Inutile precisare ulteriormente

che qualunque deviazione da quanto indicato nelle seguenti note

porterà a conseguenze disastrose."



                                                                           F.O.



Carlotta scorse gli altri fogli nella busta assieme al messaggio. Pagine e pagine di note sui ruoli, i bozzetti dei costumi e i disegni delle scenografie. Non aveva scritto solo un'Opera, in quei mesi, ma aveva fatto il lavoro completo.

Serrò la mascella, nuovamente furente.

Anche il Commissario controllò le lettere e poi riprese da dove era stato interrotto -E' assolutamente necessaria la sospensione immediata di ogni attività!-

-Non credo affatto che sia una buona idea!- Lo contraddì Carlotta, lasciandolo di stucco -Abbiamo già visto quanto si sia dimostrata inutile questa misura. Alla riapertura delle porte tutto riprenderebbe come se niente fosse accaduto, esattamente come oggi.- Gli fece pesare ogni grammo della sua inettitudine, se non con le parole, con il tono.

-Quindi cosa suggerite?- Chiese l'ufficiale con velato scherno, infastidito da così tanta arroganza da parte di una donna. Non avrebbe dovuto farsi illusioni, l'unica cosa sensata da fare era parlare con il Visconte, appena disponibile. La figlia era solamente una pazza insolente, come già si vociferava da parecchio tempo, soprattutto dopo la rottura del secondo fidanzamento, ormai quasi due anni prima.

-Una trappola.- Lo guardò con fermezza, guidata dall’ira -Allestiremo il suo spettacolo, di certo non mancherà.- Appena ebbe pronunciato quelle parole, le tornarono in mente le rimostranze di Christine, chiare, come se fosse davanti a lei in quel momento: "Voi sapete sempre cosa è meglio per tutti e nemmeno vi domandate come possano sentirsi gli altri." Era coinvolta anche lei, essendo stata indicata come protagonista, nella lettera -Prima di prendere una decisione, però, sarà il caso di consultare anche gli altri e chiedere se se la sentono.- La sua sicurezza vacillò e si sedette, pensierosa. Se avessero attuato quel piano, Christine sarebbe stata esposta a nuovi pericoli? Non riusciva a capire il motivo di proporre proprio quell'Opera e non una qualsiasi altra.

-Non temete, ne parlerò con vostro padre appena si sarà ripreso. Per il momento disporrei un cordone di guardie armate attorno alla struttura, per evitare che qualcuno fugga, questa notte.- 

-Sì, sì, certamente.- La Viscontessa non lo ascoltava più -Potete chiamarmi Mademoiselle Daaé, andandovene?-

Il Commissario, furibondo per una simile maleducazione, se ne andò senza salutare. La Viscontessa aveva oltrepassato ogni limite, congedandolo a quel modo e chiedendogli di svolgere un incarico da domestico! Lui era un ufficiale della Gendarmerie! Aveva servito il suo Paese con onore e non meritava un simile trattamento, per di più da una zotica arricchita e pure isterica!



Carlotta rimase da sola per qualche minuto, riflettendo su cosa fare, mentre il suo sguardo vagava sui tetti di Parigi, illuminati dalla luna piena.

Quella serata doveva sancire la scomparsa del Fantasma, non il suo ritorno. Non si capacitava di quanto successo.

Christine entrò senza bussare e si richiuse la porta alle spalle, prima di avvicinarsi alla scrivania, accorgendosi che Carlotta era assorta in lugubri pensieri.

-Per fortuna che sei qui.- Disse la Viscontessa, un istante prima che la bionda parlasse.

-Come sta tuo padre?-

-Dovrebbe riprendersi in poco tempo.-

La cantante fece un piccolo respiro di sollievo -Mi sei mancata.-

-Anche tu.-

Christine vedeva che Carlotta era distratta e che si stava sforzando di non parlarle subito di quanto successo, quindi decise di toglierla d'impaccio, cominciando lei -Era Mercier o qualcun altro?-

-Sì, era lui.- La voce era la sua, non aveva alcun dubbio, e anche la calligrafia nei nuovi messaggi.

-Perché?-

-Non ne ho idea...Non abbiamo organizzato nulla, come sai, a malapena parliamo. Pensavo che tutta questa storia fosse finita. Il Commissario non ha preso in considerazione altre piste, neanche per l'omicidio, e ripresentarsi in quelle vesti sarebbe stato eccessivamente pericoloso.-

Il Fantasma era una figura oltremodo sospetta e, per quanto si trattasse di un ragionamento miope, capiva perché tutti avevano addossato automaticamente la colpa a lui.

-Sembri sfinita.- Osservò Christine, cercando di addolcire la voce.

-Lo sono, tutto questo mi ha colta di sorpresa.- Si alzò dalla scrivania e raggiunse la ragazza. -C'è ancora qualcosa che non sai.- La prese per mano, titubante -Ho scritto io quell’Opera.-

-Tu?-

-Sì. Avevo nascosto gli spartiti nei sotterranei, lui sapeva dov’erano, non immaginavo che li avrebbe presi.- La rabbia per quel tradimento era stata tale da spingerla a cercare vendetta, proponendo l’idea della trappola, ma se ne era pentita. Se lo avessero catturato non si sarebbe data pace.

-Perché l’avrebbe fatto?-

-Non lo so- Carlotta cambiò argomento, a disagio -Inoltre ho ricevuto due lettere sue, poco fa. Ti ha indicata come protagonista.-

-Io?- Chiese stupita la Diva.

-Sì.- Che Mercier avesse in programma qualcosa per la fuga e stesse continuando con il progetto di mettere in risalto Christine, non sapendo che stavano assieme? Le sembrava una delle poche spiegazioni vagamente plausibili, anche se non capiva perché non avvisarla, né tantomeno la scelta di quell'Opera inedita, con tante disponibili che già c'erano. Aveva inteso, poi, che per il ragazzo fosse tutto finito e che non avrebbe mai più indossato la maschera del Fantasma.

Più rifletteva e più si sentiva confusa.

-Non saprei dire con certezza il motivo di questa scelta.- Anticipò la domanda che aveva letto sul volto di Christine.

-Cosa facciamo?- Aggiunse la bionda.

-Stanotte cercherò di parlare con lui.- Calmatasi, si era accorta che non c'era nessun valido motivo per sguinzagliargli dietro la Gendarmerie. Non era lui il colpevole dell'omicidio di Mademoiselle Sorelli e presentarsi a quel modo sul palco non era certo reato...L'aggressione a suo padre invece sì, ma lo stava inseguendo e avrebbe certamente potuto ucciderlo, o ferirlo gravemente, se avesse voluto. Questo le faceva pensare che nonostante la frattura tra loro, qualcosa di buono, un modo di salvare tutto, ancora ci fosse. Per questo dovevano chiarirsi, forse Mercier agiva in base ad informazioni che a lei mancavano.

-Se non riuscirai?- Chiese apprensiva. Non si fidava di Mercier, non lo conosceva.

-Se non riuscirò, l'unica alternativa per attirarlo allo scoperto sarà mettere in scena il "Don Juan". Il giorno della prima sarà sicuramente presente, potrebbe essere una buona occasione...Magari già durante le prove.- Si passò una mano sul volto -Non sei obbligata ad esserci.-

-Ho scelta?- Christine non riuscì a trattenere una vaga rassegnazione.

-Sì.-

-Non vedo come.-

-Ho del denaro da parte. Se lo sommiamo ai tuoi risparmi puoi licenziarti, basteranno per pagarti un affitto e le spese per il tempo necessario. Fuori dal convitto, in incognito, sarai al sicuro fino al termine di questa storia.- 

-E tu?- La guardò negli occhi, sinceramente preoccupata.

-Se si procederà con questo piano non avrò scuse per assentarmi. Sarò necessaria e, in più, César mi terrà d'occhio. Nel frattempo, posso continuare ad accumulare risparmi, in vista della nostra partenza.-

-Potremmo scappare subito.-

-I documenti e il viaggio sono molto costosi, termineremo il denaro in pochi giorni dal nostro arrivo.-

-Non ti lascerò da sola in pericolo.-

-Non è detto che ci sia, un pericolo.- Anche quello la confondeva. L'istinto le diceva che Mercier, ormai, era capace di qualsiasi cosa, ma se avesse voluto farle del male, cosa che non credeva, avrebbe fatto molto prima a coglierla di sorpresa a casa, o a teatro.

Imporre, tra mille incognite, la produzione di un'Opera, era certamente quantomeno macchinoso -Anche se volesse continuare a causarmi incidenti, avrebbe moltissimi modi differenti e più rapidi per colpirmi. Non ha senso.- Sospirò, stanca, appoggiandosi col fianco alla scrivania.

-Stasera avrei voluto ballare con te, sul tetto, con l'orchestra in sottofondo.- Christine le accarezzò il volto, voleva rinfrancarla un po'.

Carlotta accennò un sorriso -Sarebbe stato molto romantico.-

-Sì- Ridacchiò imbarazzata la bionda -Mi sei mancata.- finalmente la abbracciò, come voleva fare dal primo istante in cui l'aveva vista.

La Viscontessa ricambiò la stretta e la baciò sui capelli. Riteneva che il tepore del corpo di Christine avesse qualcosa di terapeutico, ogni volta quella sensazione la calmava e la faceva sentire al sicuro. Perfino in quel momento, così pieno di preoccupazioni.

-L'abito è di tuo gradimento?-

-E' stupendo, ti ringrazio.- Rispose, sorridendo soddisfatta -Non avevo mai visto un tessuto simile, le sfumature azzurre che si creano con i giochi di luce sono incantevoli.-

-Sono contenta che ti piaccia.-

-Tu sei bellissima, il bordeaux ti dona.- L'abito della mora aveva un taglio simile al suo, solamente la gonna era più drappeggiata, risultando quindi lievemente più aderente e la scollatura leggermente più profonda. Nella penombra della sala, poi, non aveva visto che i lunghi capelli, raccolti, erano ornati con numerose spille tempestate di brillanti, abbinate al collier.

-Grazie.- Sorrise, imbarazzata -Tu stai bene?-

-Sopportare Mère senza poterti vedere è stata una tortura, ma sto bene. Non è successo niente di particolare.-

Restarono in silenzio per qualche secondo, guardandosi negli occhi, impacciate, poi Carlotta inclinò lievemente il capo e si chinò a sfiorare le labbra di Christine con le sue, prima che l'altra ricambiasse, trasformandolo in un vero bacio.

Entrambe desideravano quel tocco, ma il lungo periodo di lontananza aveva cancellato quel minimo di abitudine al contatto reciproco che avevano sviluppato, facendo provare loro nuovamente imbarazzo, anche se solo per pochi istanti.

Carlotta la strinse a sé, continuando a baciarla, mentre Christine le accarezzava i capelli, dolcemente.

Sentirono bussare alla porta e si separarono, ricomponendosi in pochi attimi.

-Avanti.- Disse la mora, con voce ferma.

Un gendarme si presentò, restando sull'uscio -Viscontessa, il Commissario voleva comunicarle che il cordone di sicurezza è stato predisposto e che sarebbe più indicato che voi vi allontaniate dall'edificio nel più breve tempo possibile, per garantire la vostra incolumità.-

-Potete riferire al Commissario Firmin che ho ricevuto e compreso il suo consiglio. Avrò premura.-

Il soldato girò sui tacchi e se ne andò, chiudendosi la porta alle spalle.

-Andrò subito a parlare con Mercier. Ad ogni modo, domattina ti farò sapere.-

-Sì. Fai attenzione, ti prego.- L'abbracciò nuovamente.

-Anche tu.- 

****

Note:
Buongiorno e buon sabato! Spero che questo capitolo vi sia piaciuto, in ogni caso fatemi sapere cosa ne pensate, anche con poche parole, soprattutto se non è stato di vostro gradimento.

Colgo l'occasione per ringraziare la mia Beta di fiducia Oscuro_errante per l'impegno e la costanza nel suo prezioso lavoro. Grazie mille!
A sabato prossimo!




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Capitolo 12
*** When Fates... ***


12 When Fates

Ogni riferimento a fatti realmente accaduti, cose, luoghi, persone e organizzazioni realmente esistenti è puramente casuale.

12.

When Fates...

        



Si recarono entrambe alle scuderie. La carrozza che aveva portato fino a lì Carlotta era stata utilizzata per condurre César in ospedale e la mora non aveva intenzione di ritardare ulteriormente il proprio rientro attendendone un'altra dalla tenuta, il Commissario le aveva fatto perdere già troppo tempo.

Sotto lo sguardo sconvolto dei gendarmi e di uno degli stallieri, che le aveva portato un cavallo, eseguendo i suoi ordini, la Viscontessa salì in sella con estrema disinvoltura, nonostante l'abito da sera e, salutata l'amica con un cenno della mano, spronò il destriero al galoppo, con la promessa di restituirlo il giorno seguente.

Carlotta cavalcò il più velocemente possibile, voleva assolutamente parlare con Mercier quella notte stessa e fugare ogni dubbio.



Christine, raggiunta la sua camera, controllò che non ci fosse nessuno dietro le tende e perfino sotto al letto, prima ancora di chiudere la porta.

-Ho notato cose interessanti, questa sera, osservando te e la Viscontessa.- La voce di Madame Giry la colse alle spalle, dall'ingresso della camera, facendola sussultare e voltare di scatto.

-Vi prendete troppe libertà.- La ragazza aveva già un Diavolo per capello, preoccupata per Carlotta, in più, la tutrice non aveva bussato e l'aveva apostrofata in modo fin troppo arrogante. 

-Davvero?- Era ancora sotto la sua custodia e, come insegnante, poteva disporne l'allontanamento dal convitto in qualunque momento, adducendo motivi disciplinari.

-Non avete motivo di trovarvi in camera mia.- Mancavano poche settimane al compimento della sua maggiore età, ragion per cui trovava insensati gli stretti controlli di Madame.

La donna fece qualche passo nella stanza, passando le dita sulla toeletta e controllando se ci fosse polvere, sfregando poi i polpastrelli tra loro -Ho visto come la guardavi, durante la rappresentazione-

-Chi?- Christine finse di non capire, non voleva confermare i suoi dubbi.

-César darebbe qualsiasi cosa, per essere guardato così.-

-Non capisco a cosa vi riferiate.- Si stava spazientendo sempre di più.

-Pare che io abbia fatto leva sul Visconte sbagliato.-

-Cosa state insinuando?-

-Tu e la Viscontessa... Non è semplice amicizia, vero?- Era una domanda retorica per l'insegnante, i loro sguardi non erano fraintendibili.

-Vi state sbagliando. Cosa volete?- Cercò di sviare il discorso.

-Stai intralciando i miei piani.-

-Non so di cosa stiate parlando, ma i vostri piani non mi riguardano.-

-Attenta a come parli, mocciosa!- La donna la raggiunse e l'afferrò per il mento, costringendola a guardarla negli occhi -E' lei che ti ha fatta rapire?-

-Siete impazzita?!-

-Rispondi!- La schiaffeggiò, facendola cadere a terra.

-Che succede qui?- Il Capomastro si affacciò nella stanza, aveva sentito rumore dal corridoio.

-Niente, Joseph.- Rispose l'insegnante, con freddezza, mentre abbassava immediatamente  il tono.

Christine si portò una mano alla guancia, sconvolta, Mère non l'aveva mai trattata così.

-E' pieno di gendarmi, se dovete chiarirvi sarebbe meglio che lo facciate conversando.-

-Sì, hai ragione.- La donna tornò sui suoi passi, passando accanto all'uomo, che la seguì fuori dalla stanza della cantante.

La bionda si rialzò, piena di rabbia e sconcerto, ma non solo per il trattamento riservatole. Come poteva Mère aver capito tutto? E, cosa che l'aveva lasciata ancora più esterrefatta, da quando dava del tu a Monsieur Bouquet? E soprattutto: cosa ci faceva lui lì? Gli uomini avevano un'ala riservata, sul lato opposto del palazzo.

Raggiunse la porta e la chiuse subito a chiave, prima di bagnare un fazzoletto nell'acqua fresca del catino sulla toeletta e posarlo sulla guancia, per evitare che si arrossasse eccessivamente. Mai come in quel momento desiderò andarsene immediatamente.



Carlotta arrivò alla tenuta in un galoppo sfrenato. Il valletto che attendeva il loro ritorno dall'Operà quasi non fece in tempo ad aprire il cancello, la Viscontessa lo attraversò appena ci fu lo spazio minimo indispensabile, senza fermarsi, diretta a spron battuto alla scuderia.

Scese da cavallo e subito cercò Mercier nelle stalle, sussurrando più volte il suo nome nel buio, sperando che la stesse aspettando. Non trovandolo, sistemò rapidamente il cavallo in uno degli stalli vuoti e andò a casa del ragazzo, poco distante dalle scuderie.

Fece il giro della costruzione, ma dalla finestra della camera dell'amico non si vedeva nessuna luce. Corrugò la fronte, preoccupata. Altre volte si era arrampicata di nascosto, ma indossava vesti decisamente più funzionali che non quell'abito da sera.

Avrebbe provato a bussare piano, se Mercier fosse stato sveglio l'avrebbe sentita comunque e forse non avrebbe disturbato i suoi genitori.

Colpì delicatamente la porta con la mano guantata e subito la maniglia si abbassò e l'uscio si aprì, come sperato.

-Merc...- Si interruppe e il sorriso di sollievo che aveva sul volto si spense, quando vide che era la madre del ragazzo e non lui -Buonasera Madame Durand, perdonate la mia scortesia, non intendevo disturbare.-

La donna ebbe qualche secondo di stupore, non si aspettava che alla porta ci fosse Carlotta -Non disturbate affatto Viscontessa, come posso aiutarvi?- Si strinse nello scialle, avvertendo l'aria fresca della notte.

-Avrei bisogno di parlare con Mercier.-

-Non abita più qui, ha trovato lavoro presso il teatro e si è trasferito due giorni fa. Doveva esibirsi stasera, lo avete visto?- Chiese apprensiva -Sono così agitata da non riuscire a dormire.-

-Sì, l'ho visto.- Rispose la Viscontessa. Era sconcertata, Mercier stava mentendo anche alla propria famiglia, non c'erano state nuove assunzioni in quei mesi.

Il volto di Irènée, questo era il nome della madre, contratto nella preoccupazione, la intenerì -Gli occhi di tutti erano puntati su di lui.- Cercò di rassicurarla come meglio poté e l'espressione della donna si tramutò in un timido sorriso -Perdonatemi, volete entrare? Non è di certo caldo qui fuori.-

-Grazie, ma non era mia intenzione disturbarvi dal principio.-

-Spero che passi domani, e che mi racconti.- La donna abbassò lo sguardo -Gli dirò che lo avete cercato.-

-Vi ringrazio.- Notò che la sua interlocutrice sembrava percorsa da molti pensieri -Perdonatemi l'ardire, c'è qualcosa che vi preoccupa?- Poteva essere solo il nervosismo per lo spettacolo?

La donna annuì. Non osava chiedere, ma in realtà aveva molte domande da rivolgerle.

-Ditemi, vi prego.- Non le sarebbe piaciuto vedere sua madre così preoccupata.

-Entrate Viscontessa, casa nostra è molto umile, ma non vorrei vi prendeste un malanno.-



Sedute al tavolo, nell'unica stanza al pianterreno della casa, Irènée cercava di trovare il coraggio per rivolgersi alla nobile. La conosceva da quando era bambina, ma non avevano mai parlato in quel modo.

-Voi sapete cosa sta succedendo a mio figlio?- Era a conoscenza della loro amicizia, li aveva tenuti d'occhio un'infinità di volte mentre giocavano, da piccoli, e Mercier parlava spesso di lei.

-Non credo di sapere tutto, Madame.- L'etichetta non le imponeva di rivolgersele a quel modo, essendo lei una comune cittadina e per di più sua dipendente, ma il rispetto e l'affetto che aveva per Irènée era tale da farglielo percepire come l'unico corretto.

-Mercier si confidava spesso con me, ma in questi ultimi mesi è diventato silenzioso e brusco e ancora più irritabile del solito.- Disse la donna.

-Posso dirle che abbiamo avuto una discussione, circa sei mesi fa.- Carlotta abbassò lo sguardo, colpevole -Gli ho chiesto di aiutarmi in un progetto per me estremamente importante e, quando è successo qualcosa di inaspettato, ho purtroppo, ingiustamente, dubitato di lui.-

Irènée fece vagare lo sguardo per la stanza, riflettendo.

-Gli ho spiegato che il mio era solamente un dubbio superficiale, sapevo in cuor mio che lui non era responsabile, ma ho avuto bisogno di sentirlo dire dalla sua voce e questo lo ha  profondamente offeso. Mi sono scusata numerose volte, ma non ha voluto perdonarmi.-

La donna annuì -Questo mi aiuta, vi ringrazio.-

-Io non riesco a comprendere il suo comportamento, invece. Mi appare esagerato come reazione alla nostra incomprensione.- Replicò Carlotta - Madame, vi chiedo sinceramente: ritenete che io sia in un simile torto da dover accettare la sua decisione di evitarmi, o posso sperare di meritare ancora la sua amicizia, prima o poi?-

-Non ritengo che la vostra colpa sia così grave, Viscontessa, ma Mercier è sempre stato impulsivo e orgoglioso e da molto tempo, ormai, è gravato da numerosi pesi che hanno incupito il suo animo. Probabilmente è stato l'insieme di circostanze ad influire così duramente sulla sua decisione.-

-Potrei chiedervi quali? Non siete obbligata a rispondere, sono consapevole della mia sfacciataggine nel domandarvelo.-

-Credo vi abbia parlato dello scioglimento della sua piccola compagnia teatrale.-

-Sì, certo.- 

-Questo lo ha molto abbattuto, spesso me ne parlava, anche di recente. Temeva di non essere capace, visto che era già la seconda volta che accadeva.-

-Capisco.- Era passato quasi un anno dall'ultima volta che gliene aveva parlato, non pensava che lo avesse turbato tanto.

-Poi, c'era una ragazza, non mi ha mai rivelato il suo nome, di cui era innamorato da anni.- Aggiunse la donna e Carlotta abbassò lo sguardo, sentendosi a disagio -Un giorno è venuto a casa piangendo, letteralmente sconvolto, dicendomi che si era dichiarato e che era stato respinto. Diverse volte gli ho consigliato di non vederla più, ma lui insisteva, dicendo che comunque teneva a lei e si sarebbe sforzato di rimanerle amico, di riguadagnare la sua fiducia.-

Carlotta era molto sorpresa, con lei si era mostrato sempre tranquillo e sereno, non aveva idea che il ragazzo stesse provando così tanto dolore. Si sentì terribilmente in colpa e gli occhi le divennero lucidi: perché Mercier non glielo aveva detto? Perché non si era preso del tempo, come aveva suggerito? Questo però aggiungeva qualcosa in più al quadro. Dopo tutti i suoi sforzi lei aveva dubitato ancora di lui, per giunta sull'evento gravissimo quale era stato l'omicidio di Mademoiselle Sorelli. Comprensibile che avesse rinunciato una volta per tutte a rimanerle accanto. 

La madre interruppe il suo ragionamento -Per un periodo sembrava essersi ripreso, diceva che forse aveva trovato una cantante formidabile e che avrebbe potuto creare una nuova compagnia...Ma poi non me ne ha più parlato, anzi, non mi ha più parlato di nulla dopo la discussione con voi, ed è tornato ad essere triste, in un modo che non avevo mai visto.- Sentendo le sue stesse parole, ad Irènée venne il dubbio che, forse, la cantante su cui puntava il suo Mercier potesse essere Carlotta. La donna rifiutò il pensiero, anche se erano cresciuti assieme la Viscontessa non avrebbe mai lasciato tutto per un futuro incerto da artista e César si sarebbe senza dubbio opposto. Si stava certamente sbagliando -Suo padre vuole che resti qui, alla tenuta, ma Mercier non è fatto per questo tipo di vita, è sempre stato curioso, intelligente e scavezzacollo e mi ha confidato più di una volta che restare qui lo faceva sentire in gabbia... Spero che a teatro riesca a trovare la sua strada, ho sempre pensato che fosse un bravo attore e che un giorno sarebbe riuscito ad avere successo.- Irènée sbatté rapidamente le palpebre per asciugare gli occhi, diventati lucidi. -Meriterebbe un po' di felicità, quest'ultimo anno è stato molto difficile per lui.-

-Io non sapevo tutte queste cose, con me non si è mai confidato tanto.- Disse Carlotta, dispiaciuta e confusa.

-Vi prego di non riferirgli di questo nostro incontro, si arrabbierebbe molto.-

-Certo che no Madame, manterrò l'assoluto riserbo.- La Viscontessa si alzò dalla sedia, aveva molte cose su cui riflettere. Sarebbe tornata immediatamente a teatro, ma i gendarmi di guardia erano attorno a tutto il perimetro e se, notandola, l'avessero inseguita, avrebbero scoperto i passaggi segreti, e sarebbe stato in pericolo anche Mercier, sempre ammesso che si trovasse ancora lì e che non fosse in qualche pensione nelle vicinanze, o a casa di un conoscente. Il mattino seguente avrebbe potuto andarci ufficialmente, senza far correre rischi inutili a nessuno ed avendo la possibilità di cercarlo e magari di parlargli. Mancavano poche ore all'alba, ormai.

Salutò Irènée e tornò alle stalle, per togliere cavezza e sella al cavallo che aveva preso in prestito, prima di tornare a casa.

Chiusa nella sua stanza, seduta sul letto, dopo aver glissato una sconcertata Bernìce, che voleva informazioni di prima mano su quanto successo a César, cercò di pensare, di capire, cosa poteva star passando per la testa di Mercier.

Si sentiva in colpa per aver causato tutta quella sofferenza all'amico, ma non poteva certo fingere di amarlo, sarebbe stato forse ancora più crudele. Avrebbe voluto però accorgersi del dolore che stava provando, in modo da poterlo aiutare. Si chiedeva se era stato lui bravo a fingere o lei, completamente cieca alla sua sofferenza perché concentrata su sé stessa, come sempre.

Eppure...Eppure, ripensando ai momenti immediatamente successivi al suo rifiuto lui era calmo, l'aveva attesa alle scuderie, era andato a cercarla quando aveva tardato...Niente nel suo comportamento lasciava intendere cosa stesse realmente provando. Certo, orgoglioso com'era sarebbe stato impossibile pretendere che ne parlasse apertamente, ma non aveva notato niente di diverso in lui. Lei aveva provato ad allontanarsi, a limitare i contatti, ma non aveva avvertito nessun riserbo particolare nei modi del ragazzo. Dispiaciuta, sospirò. Mercier si era impegnato veramente molto a nascondere il suo turbamento. Così come successo per la sua vecchia compagnia. Lui gliene aveva parlato un paio di volte, ma aveva a malapena accennato ai suoi dubbi sulla creazione di una nuova e mai le aveva parlato del suo timore di non essere capace.

Tutto questo la turbava profondamente. Era convinta di conoscerlo molto di più, che si confidassero entrambi alla stessa maniera. Era convinta di sapere tutto di lui, ma scopriva, invece, che la loro amicizia, per lui, era molto meno profonda. Non riusciva però a capire dove avesse sbagliato, se mai avesse sbagliato. D'altro canto, se sua madre fosse stata ancora viva, probabilmente anche lei si sarebbe confidata meno con il ragazzo.

Lei non sapeva come stavano le cose e non poteva certo immaginare che un semplice scrupolo sarebbe stata la goccia che avrebbe fatto traboccare il proverbiale vaso.

Probabilmente il suo entusiasmo per una "cantante formidabile" ed una nuova compagnia corrispondeva a quando avevano deciso di organizzare la loro fuga in Inghilterra, ma il piano sarebbe stato ancora quello, se non fosse stato lui a tirarsi indietro, anzi, si sarebbe unita anche Christine e sarebbe stato ancora più facile avere successo. Eppure, sembrava aver abbandonato il pensiero prima ancora della loro discussione, se aveva ben compreso le parole di Irènée. Cosa era successo? Cosa gli aveva fatto cambiare idea? Forse il suo temporeggiare, per occuparsi della situazione della Diva, lo aveva fatto dubitare della sua convinzione di partire?

Se lo avesse incontrato, l'indomani, cosa avrebbe potuto dirgli? Aveva promesso ad Irènée di non riferire nulla del loro incontro, e comunque, questo non l'avrebbe aiutata. Si era scusata diverse volte, per lettera e di persona, ma il ragazzo o la ignorava o si allontanava infastidito ogni volta che sollevava l'argomento.

Avrebbe voluto sapere tutto, capire perché si stava comportando a quel modo. Ce l'aveva così tanto con lei da volerle fare del male? Oppure voleva rivalersi su Christine? Ma in quale modo? Non aveva motivo di far mettere in scena il "Don Juan". Se non fosse comparso al gala la programmazione della stagione sarebbe avanzata comunque, se il suo intento era intervenire durante le prove.

Perché fare così, esponendosi inutilmente?

Nonostante la chiacchierata con la madre le avesse dato qualche informazione in più, il suo comportamento rimaneva misterioso.



Il mattino seguente, César fu dimesso.

La ferita più grave era quella inferta al suo orgoglio, che non al suo fisico e insisté per conferire immediatamente con il Commissario e, mentre loro erano occupati, Carlotta decise di uscire, adducendo a delle commissioni, frivole agli occhi del padre.

Al cocchiere chiese di portare con loro anche il cavallo che aveva preso in prestito la sera prima, così avrebbe avuto un valido motivo per fermarsi a teatro.

Giunti davanti all'edificio, vide che c'era parecchia folla davanti all'ingresso. I giornalisti questa volta non erano intenzionati a lasciarsi sfuggire la notizia. Un nobile era stato ferito e tutta l'aristocrazia di Parigi aveva assistito alla sconcertante comparsa di un malvivente mascherato, era impossibile non scrivervi un articolo, anche se i gendarmi impedivano l'accesso a chiunque.

Disse al vetturino di dirigersi direttamente alle scuderie, sarebbe entrata da lì.

Passati i controlli dei gendarmi, che non insistettero particolarmente, riconoscendola, si diresse immediatamente nello studio di suo padre, chiuse a chiave la porta, dopo aver congedato Rémy, e fece scattare il meccanismo  nascosto dietro a una delle pesanti librerie, rivelando uno degli accessi segreti ai corridoi.

Facendo attenzione a non sporcare l'abito e senza una lanterna, cosa che la rallentò parecchio, scese fino ai camerini, dove ritrovò i vestiti e la lampada che era solita usare durante le sue ispezioni. Si cambiò rapidamente e scese fino al canale, raggiungendo poi la spiaggia.

Sembrava non esserci nessuno, le torce e le candele erano spente e niente pareva cambiato dall'ultima volta che era stata lì.

-Mercier?- Chiamò ad alta voce, nella semioscurità, sperando in una risposta che non arrivò.

Demoralizzata, raggiunse il vecchio scrittoio e aprì il cassetto, sapeva già cosa l'attendeva e infatti non fu sorpresa di trovarlo vuoto. Mercier aveva preso tutti i suoi spartiti, non solo quelli del "Don Juan".

Si guardò attorno meglio e si accorse che le lenzuola non erano impolverate, come dovevano essere se in disuso da mesi, e che alcune candele erano quasi nuove. Era perlomeno passato di lì.

Controllò l'interno dell'armadio, ma non trovò altro se non i vecchi stracci tarlati che c'erano sempre stati. Se Mercier aveva raccontato di essersi trasferito, avrebbe dovuto lasciare casa con una valigia, o almeno una sacca con i suoi vestiti.

Non trovare le cose del ragazzo le mise addosso un senso di inquietudine enorme, come se si ritrovasse ad aver a che fare davvero con un fantasma, che non aveva più niente in sé dell'amico e del fratello che conosceva.

Avrebbe voluto controllare ogni corridoio palmo a palmo, ma erano così intricati e così estesi che non l'avrebbe mai trovato, anche seguendone le tracce, a meno che non fosse stato lui a volerlo.

Tornò allo scrittoio e prese un pezzo di carta, poi scrisse un breve messaggio:



"Ti prego torna a casa, tua madre ed io siamo molto preoccupate."



                                                                                      C.



Se anche l'avesse letto qualcuno che non doveva, non sarebbe riuscito a trarre nessuna conclusione sull'identità del destinatario, né tantomeno del mittente.

Prese il biglietto e lo agitò, per asciugare rapidamente l'inchiostro, prima di posarlo sul cuscino. Scrittoio e tavoli erano coperti di polvere, non sembravano essere stati usati, le lenzuola, invece, erano pulite e sperava che Mercier trovasse il messaggio, rientrando al più tardi quella sera.

Risalì sulla barca e tornò sui suoi passi, fermandosi ad ascoltare ogni minimo scricchiolio, nella speranza che fosse Mercier. Chiamò anche il suo nome più volte, nei punti dove era sicura che nessuno dei dipendenti l'avrebbe sentita attraverso le mura, ma non ottenne risposta.

Recuperò l'abito che aveva lasciato dietro lo specchio del camerino e tornò in ufficio, controllando che non ci fossero rumori sospetti, prima di uscire dal passaggio.

Richiuso l'accesso sbloccò la porta e chiese a Rémy di convocare Christine, le aveva promesso di aggiornarla, ma sarebbe risultato esageratamente strano se fosse stata lei a recarsi in dormitorio e non avrebbe saputo giustificare l'essere a conoscenza della sua ubicazione.

Quando Christine entrò, dopo aver bussato, Carlotta si accorse subito che c'era qualcosa che non andava: la bionda, infatti, aveva un'espressione terribile in volto.

-E' successo qualcosa?- Chiese la mora preoccupata, alzandosi dallo scrittoio e raggiungendola.

-Mére sa di noi.- Rivelò.

-Come..?- La guardò negli occhi, sorpresa, posando le mani sulle sue spalle.

-Ha detto di aver visto come ti guardavo durante la rappresentazione.- Scosse il capo, distogliendo lo sguardo da quello della compagna, incredula per la capacità di osservazione e l'istinto della tutrice.

-Cosa ti ha detto?-

-Ha cercato di farmi confermare i suoi sospetti, ma non le ho retto il gioco. Era estremamente arrabbiata, perché il mio interesse per te, anziché per César, intralcia i suoi piani.-

-Ha detto di cosa si tratta?- Pensavano da tempo, ormai, che Madame puntasse a farle contrarre un matrimonio vantaggioso, ma sentirglielo ammettere avrebbe dato loro qualche certezza, senza contare che poteva trattarsi anche di altro.

-No, ma era furiosa. Poi mi ha chiesto se eri stata tu a farmi rapire.-

Carlotta si congelò per un breve istante, sorpresa che l'insegnante si fosse avvicinata tanto alla realtà -E tu cosa hai detto?-

-Le ho chiesto se era impazzita, poi è arrivato il Capomastro a interromperci e sono andati via insieme.-

Carlotta si allontanò da lei, cominciando a camminare per la stanza, nervosa e pensierosa: quello, infatti, non era un problema di cui avrebbe voluto occuparsi in quel momento.

-So che è grave, ma sono altre le cose che mi hanno scioccata.-

-Dimmi.- Carlotta si bloccò, tornando a concentrarsi su di lei.

-Mére è una delle poche persone che mi ha sempre ritenuta innocente per la morte di Mademoiselle Sorelli, ma quale motivo avrebbe di pensare che l'omicidio e il mio rapimento siano stati perpetrati da mani differenti? Ogni volta che parlavamo delle indagini ha sempre sostenuto di non avere la minima idea su chi potesse essere il colpevole, ma del rapimento sembrava quasi certa. Dubito che i nostri sguardi possano averle dato una simile certezza su un avvenimento di quasi un anno fa.-

-Sembrerebbe, in effetti, sapere qualcosa più di noi.- Per la Viscontessa questo era un ulteriore indizio che si sommava ai suoi sospetti sull'insegnante.

-E poi, il modo con cui ha parlato al Capomastro...In pubblico lo ha sempre trattato con disprezzo, quasi dimostrando disgusto, ma ieri lo ha chiamato per nome e gli ha perfino dato ragione, quando le ha fatto notare che il trambusto che facevamo poteva richiamare i gendarmi.-

-Ed è una cosa così irragionevole...?- Chiese Carlotta, all'oscuro delle dinamiche interne al convitto.

-In dieci anni che vivo qui non è mai successo. In più, non ha detto nulla sulla sua presenza sul nostro piano, quando, essendo uomo, non è autorizzato a metterci piede.-

La Viscontessa annuì, continuando a riflettere, accigliata.

-Comincio a pensare che Mére sia coinvolta nell'omicidio e che Bouquet sia suo complice.- Aggiunse Christine.

-Lo penso anche io, i continui litigi con Mademoiselle potrebbero essere un movente. Se Madame sentiva la sua autorità all'interno dell'Operà minacciata...-

-Non ho mai pensato che Mére potesse essere capace di una cosa simile.- Si sedette, profondamente scossa.

Carlotta si piegò sulle ginocchia, accanto a lei, prendendole la mano per confortarla -Parlerò di questo con il Commissario, che controllerà approfonditamente. Se Madame è innocente non avrà niente da temere.-

Christine annuì, ma era preoccupata. Se la Danseur Étoile era stata uccisa perché rappresentava una minaccia, allora Mère avrebbe potuto fare lo stesso contro di lei, perché d'ostacolo ai suoi progetti? Oppure poteva sperare di essere al sicuro, finché avrebbe pensato che potesse esserle utile? C'era pur sempre anche la possibilità che si stessero semplicemente sbagliando, o che l'insegnante si fosse espressa male.

-La faccenda si sta facendo fin troppo pericolosa, Christine! Se Madame Giry fosse colpevole potrebbe passare dagli avvertimenti ai fatti anche con te.- Carlotta cercò di mantenere un tono delicato, ma non era possibile addolcire i suoi timori.

La cantante annuì, le parole della Viscontessa ricalcavano i suoi pensieri.

-Dovresti lasciare l'Operà, come stavamo ipotizzando ieri.-

-Ci ho pensato, stanotte, ma per prima cosa lascerei sola te… e non si può dire che questo mi piaccia particolarmente. Poi, finché non avrò compiuto diciotto anni le mie dimissioni dovrebbe firmarle Mère...Se la mia presenza fosse d'intralcio mi avrebbe già espulsa, questo significa che le servo ancora e rifiuterebbe di lasciarmi andare e, per lo stesso motivo, se scappassi, probabilmente mi farebbe cercare dalla Gendarmerie, senza contare che il Commissario si insospettirebbe ancora di più ed allora non basterebbe restare in incognito. Dovrei lasciare Parigi, almeno.-

-Mancano poche settimane.-

-Sì, ma i sospetti perdurerebbero e tu saresti da sola comunque... Mi chiedo se Mère, poi, non finirà col prendere di mira te.- Allontanarsi dal teatro avrebbe solamente sconvolto gli equilibri delle forze in campo, rendendoli ancora più imprevedibili.

-Perdonami, tutto questo è unicamente colpa mia.-

-Se tu non avessi creato il Fantasma non mi sarebbe accaduto niente di buono, Carlotta. Soprattutto quella sera.-

-Non avrei mai voluto tutto questo, né mai avrei immaginato che potesse accadere.-

-Lo so, niente era prevedibile.- Le diede un piccolo bacio sulla fronte, per rassicurarla, prima di chiedere: -Sei riuscita a parlare con Mercier?-

Carlotta abbassò lo sguardo -Purtroppo no. Non abita più alla tenuta e ai genitori ha detto che è stato assunto qui, come attore.-

-Come hai fatto a scoprirlo?-

-Ho parlato con sua madre, mi ha spiegato parecchie cose che non sapevo.-

-Ovvero?-

-Mercier in quest'ultimo anno ha ricevuto molte brutte notizie che lo hanno profondamente turbato e cambiato. Questo giustifica il suo allontanamento da me, ma non ha risposto ad alcun interrogativo riguardo alle sue intenzioni.-

-Hai detto che ha rubato i tuoi spartiti e che li ha usati per creare questa' Opera...Che sia una ripicca? In modo che il tuo lavoro non venga mai attribuito a te?-

-Potrebbe, ma come tutte le altre nostre ipotesi non so se valesse la pena...Avrebbe potuto metterci il suo nome e proporla come chiunque altro, senza il bisogno di mettere in mezzo il Fantasma e addirittura guadagnandoci. Non avrei mai potuto rivendicarne la proprietà.-

-Di cosa parla?- Non aveva avuto modo di vedere gli spartiti, il Commissario aveva voluto ispezionarli e non li aveva ancora riconsegnati.

-Io...- Carlotta non sapeva da dove cominciare -Doveva essere una cosa privata, un passatempo, niente di più.- Premise -Ho preso spunto dal "Don Giovanni" di Mozart.- Si passò una mano tra i capelli, nervosa. -Don Juan è un libertino che decide, con l'aiuto di Passarino, un servitore, di irretire una giovane ragazza di umili origini.- Incrociò lo sguardo di Christine e si accorse solo in quel momento di quante similitudini ci fossero con la loro vicenda -Don Juan si traveste giorni prima e si presenta alla ragazza come servo, in modo da poterla conoscere e conquistare la sua simpatia, così, quando il falso padrone di casa la inviterà a cena, Don Juan potrà affascinarla, sfidandolo a duello fingendo di volerla proteggere.-

-E poi come finisce?-

La Viscontessa tergiversò -Ho scritto diversi finali, in realtà, tra cui uno che vedeva Don Juan pentirsi e ravvedersi e chiedere perdono alla ragazza-

-Li ha presentati tutti?- Sarebbe stato molto strano.

-No.- La voce della nobile quasi si ridusse ad un sussurro.

-Quale, allora?- La ritrosia di Carlotta la preoccupava.

-Don Juan finge di sconfiggere il suo complice e la ragazza, innamorata, si concede, certa dei sentimenti dell'uomo. Al termine si ritrovano all'Inferno, tra i lussuriosi, la poverina come dannata, mentre si scopre che lui aveva fatto tutto quanto per vincere una scommessa con il Diavolo, che gli avrebbe permesso di diventare un Demonio a sua volta e non soffrire più per la pena meritata in una vita di peccati e dissolutezze.-

-Quindi l'uomo era già morto da principio?-

-Sì.-

-Era un fantasma.- Affermò monocorde la cantante.

-Così si può dire.- Ammise, sentendosi quasi soffocare dall'enorme peso che sentiva gravarle addosso.

-Fingerai di sconfiggere tuo padre?-

-No! Io non ho mai voluto ingannarti, ho sfruttato il Fantasma per aiutarti, non per irretirti. Ti prego di credermi, ho scritto tutto questo ben prima che la situazione evolvesse in simile maniera.-

Christine la raggiunse -Cercavo di sdrammatizzare...Non ho mai avuto il dubbio che tu abbia architettato tutto questo per sedurmi. Ho avuto un pessimo tempismo, non credevo mi avresti presa seriamente.-

-Provo un'enorme vergogna. Non l'avrei mai mostrata ad anima viva...- Lo riteneva un finale volgare e abbietto.

-Nessuno saprà che l'hai scritta tu.-

-Ma tu sì, e così vedrai cosa c'è nei recessi peggiori della mia mente.-

-Ma non sarebbero cose che attueresti nella realtà, quindi non importa, non fanno realmente parte di te.- Cercò di rassicurarla, anche se vederla così tesa in verità la preoccupava.



-...Come già accennavo a vostra figlia, Visconte, ritengo sia inutile interrompere le attività del teatro. Credo che convenga assecondarlo e tendergli una trappola. Certamente sarà presente, se non altro alla prima dello spettacolo scritto da lui stesso.-

César, seduto sulla propria poltrona, osservò l'uomo davanti a lui, in silenzio. Nonostante le sue parole, un simile piano non poteva essere frutto del suo ingegno. Troppo audace, per l'insulso passacarte che era.

Controllò nuovamente la partitura che il Commissario gli aveva consegnato, dopo averla esaminata -Questi spartiti sono quelli originali?- Chiese.

-Sì, signore, li abbiamo controllati, non c'è alcun bisogno per noi di trattenerli ulteriormente.-

-Mi assicura che non è una copia?-

-Ve lo assicuro.-

-Il vostro è un piano ardito, ma confesso di concordare con voi. Meglio risolvere la faccenda una volta per tutte.- Continuava a guardarlo, sospettoso.

-Lieto di sentirvelo dire, Visconte.-

-Voglio i vostri migliori agenti, nessuno dovrà entrare o uscire da teatro durante la rappresentazione, anche tiratori scelti e pompieri. Se cadesse un altro lampadario potrebbe andare a fuoco qualcosa.- Avevano avuto fortuna, la volta precedente, perché essendo solamente una prova il lampadario era spento.

-Certamente, pianificheremo tutto nel migliore dei modi nelle prossime settimane. Vedrà, non sfuggirà.-

****

Note:
Buongiorno e buon sabato! Spero che questo capitolo vi sia piaciuto, in ogni caso fatemi sapere cosa ne pensate, anche con poche parole, soprattutto se non è stato di vostro gradimento. Non aggiornerò sabato prossimo, devo recitare in unno spettacolo e sarò troppo impegnata, ma aggiornerò sabato 28 giugno, senza ulteriori indugi.

Come le altre Opere presentate in questo racconto anche "Don Juan Trionfante" è stata creata appositamente per la drammatizzazione del musical da Andrew Lloyd Webber.

Il brano che viene presentato in scena è però estremamente corto, si sa solamente che Don Juan, con l'aiuto del servo, vuole irretire una giovane ragazza, ma le motivazioni e il finale non mi sono pervenute e le ho inventate di sana pianta.

Colgo l'occasione per ringraziare la mia Beta di fiducia Oscuro_errante per l'impegno e la costanza nel suo prezioso lavoro. Grazie mille!
A sabato prossimo!





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Capitolo 13
*** Giudicelli ***


13 Giudicelli

Ogni riferimento a fatti realmente accaduti, cose, luoghi, persone e organizzazioni realmente esistenti è puramente casuale.

13.

Giudicelli



Nei giorni seguenti, la notizia si sparse per tutta Parigi.

L'Opera inedita, scritta dal misterioso "Fantasma", sarebbe stata allestita a teatro seguendo esattamente tutte le indicazioni del suo folle autore, o quasi.

Nelle note che accompagnavano lo spartito c'era un refuso e il ruolo di "Don Juan" era stato assegnato ad una soprano, anziché ad un sopranista, ma era chiaramente un errore, perché una donna non poteva assolutamente interpretare un simile ruolo e poi non ne era stato indicato il nome, ovviamente perché all'Operà Populaire, in quel momento, nessun cantante di quella tessitura compariva a libro mastro.

Il tenore Ubaldo Piangi era indignato per non essere il protagonista, bensì solamente il suo servitore, "Passarino", e cercava di legare nell'avversità con la Viscontessa, che era stata indicata anche lei come domestica e prima voce del coro.

Carlotta non sapeva cosa pensare. Aveva ideato lei la trappola, sospinta dall'impeto dell'ira, ma non desiderava realmente che l'amico venisse catturato e non si aspettava che suo padre appoggiasse un simile piano.

Ogni giorno ispezionava la spiaggia e parte dei corridoi, in cerca di Mercier e delle sue tracce, per parlargli, ma aveva visto che i numerosi biglietti che aveva lasciato sulle lenzuola erano stati presi e Iréneè non le aveva dato nessuna notizia. Poteva fidarsi di lei, le avrebbe detto almeno di averlo visto.

Suo padre aveva finto di assumere diversi manovali, tutti gendarmi in incognito, per sorvegliare l'Operà anche dall'interno, e una sua assenza prolungata sarebbe stata certamente notata, molto più facilmente che non nei mesi precedenti.

Erano anche iniziate le audizioni per il sopranista, ma, sebbene i biglietti per la prima fossero stati tutti venduti in pochi minuti dall'apertura del botteghino, nessun cantante si era presentato per un simile ruolo.

Come biasimarli? I sopranisti erano già pochissimi per loro natura, non era così comune che un uomo mantenesse una voce "bianca", come quella di un bambino, crescendo, e le pratiche atte ad ottenere artificialmente tali tonalità venivano sempre più spesso additate come "aberranti" o "inumane" e quindi sempre meno praticate e talvolta vietate.

Si aggiunga a tutto questo, poi, che nessun essere umano dotato di buon senso si sarebbe mai intromesso volontariamente in una situazione così apertamente pericolosa, rischiando di incrociare il medesimo infausto fato della Danseur Étoile. Lo stesso Piangi era stato costretto a rimanere unicamente per la minaccia delle pesanti penali da pagare al Visconte, in caso di rescissione anticipata del proprio contratto.

Carlotta e Christine speravano che non si riuscisse a trovare il giusto protagonista e che l'intero progetto venisse accantonato, portando il Visconte a scegliere un'altra strategia, magari meno violenta di quella in preparazione, anche se non vedevano nemmeno loro un'alternativa valida.

Fu così che la prima settimana passò quasi senza prove, mancando il protagonista, oltre al fatto che anche i musicisti trovavano parecchie difficoltà nell'apprendere i nuovi spartiti.

C'era chi li considerava geniali, e chi demoniaci, equiparandoli al celebre brano di Paganini "Il Trillo del Diavolo" e chi riteneva che chi li avesse scritti non li avesse mai realmente suonati, perché impossibili.

Sulla carta funzionava tutto, teoricamente, ma i ritmi e le difficoltà erano talmente elevati da non poter fisicamente essere riprodotti.

-L'ha scritto un incompetente!- Tuonò all'improvviso, un giorno, il primo violinista, dopo l'ennesima correzione del Maestro Reyer.

Carlotta, che passava le giornate tra la platea e l'ufficio del padre, a rodersi di nervosismo nell'attesa, non riuscì a trattenersi dal rispondere, punta sul personale -Siete voi l'incompetente!-

-Come osate?-

-Calma Monsieur...- Cercò di smorzare i toni il Maestro, era pur sempre la Viscontessa.

-E' la decima volta che fate costantemente lo stesso errore! E' chiaramente indicato che va suonato "je te", invece voi vi ostinate su un "martelé", ovvio che poi sarete per forza di cose troppo lento nel passaggio al legato! Senza parlare dei vostri vibrati, rigidi e privi di pathos!-

-Maestro Reyer, io ho massima stima e rispetto delle vostre capacità, ma non sono di certo qui per farmi insultare. Vi prego di intervenire.- Chiese il musicista, mentre gli altri membri dell'orchestra assistevano con il fiato sospeso.

-Maestro, diteglielo che il suo approccio è troppo asettico e schematico! E poi sarebbe decisamente meglio se il fiocco fosse inclinato rispetto al ponte! Tutto un altro timbro!- Sussurri e bisbigli si diffusero tra i musicisti, sconcertati. Inclinare l'archetto era praticamente blasfemia, era evidente che la donna non aveva idea di cosa stesse dicendo.

-Viscontessa, la prego cortesemente di avere pazienza. Il brano è estremamente complesso e perfino io ritengo che in qualche punto l'inesperienza dell'autore abbia portato a delle esagerazioni tecniche...-

-Nessuna esagerazione, è tutto fattibile! Ve lo posso dimostrare immediatamente.- 

Gli orchestranti sbiancarono a quella frase. Oltre ad essere un'affermazione terribilmente presuntuosa, implicava una cosa inimmaginabile per un musicista professionista: prestare il proprio strumento.

Sentendo tutto quel battibeccare ad alta voce, macchinisti e ballerini si erano affacciati sul palco, curiosi, per capire cosa stesse succedendo, stessa cosa era valsa per il personale delle pulizie, che si affacciò dai palchi e per Christine, che assisteva Madame Giry, mentre quest'ultima tentava di abbozzare le coreografie basandosi sulle note lasciate dal Fantasma.

Nessuno offrì uno strumento alla nobile, che si vide costretta a raggiungere il proprio camerino con rapide falcate e a rientrate sul proscenio, per fare prima, iniziando a suonare già dal corridoio, come una furia.

Le dita si muovevano rapidamente sulla tastiera, in una diteggiatura perfetta, mentre l'archetto rimbalzava agilmente da una corda all'altra, per poi profondersi in armonie tanto improvvise quanto ricche e impetuose. La Viscontessa si spinse oltre alla parte di partitura che stavano analizzando e suonò l'intera aria, senza la minima incertezza o sbavatura.

Per gli spettatori di quei virtuosismi inauditi era quasi impossibile vedere l'archetto, da quanto rapidamente lo muoveva la giovane nobildonna.

Carlotta aveva scritto quel brano da arrabbiata, dopo la discussione con Christine, e il suo stato d'animo non era differente in quel momento, sebbene la ragazza non c'entrasse nulla con il suo attuale nervosismo.

Fu così che, nell'eccessivo impeto, il fiocco dell'archetto si ruppe, cominciando a pendere mollemente dal sostegno, ma senza fermare la Viscontessa.

Cambiò impugnatura rapidamente e cominciò a suonare "a legno", rendendo ancora più cupe quelle note profonde, mentre un improvviso déjà vu le riempì la mente, portandola altrove, seduta ad un'arpa con le corde spezzate. Represse quell'immagine e tornò a concentrarsi sulla sua esibizione, ormai giunta al termine.

Si fermò, poi guardò con aria di sfida il primo violinista, sollevando il sopracciglio, mentre tutti, in platea, sul palco e nella fosse d'orchestre, la guardavano allibiti.

-Pensate ancora che sia un' incompetente?- Chiosò, prima di ritirarsi silenziosamente, nascondendo a chiunque una smorfia di un'amarezza inaudita.

Entrata in camerino, Carlotta lasciò cadere violino e archetto sulla chaise-longue con noncuranza, prima di appoggiare entrambi i pugni sulla toeletta e lasciarsi andare ad un grugnito amareggiato e carico di frustrazione.

-E' questo che vuoi?- Chiese all'improvviso, rivolgendosi allo specchio sulla parete -E' così che vuoi che vada? E' una vendetta, infine?!- Esclamò, alzando la voce man mano -Finiamola, hai ottenuto il tuo scopo!- Per un istante sperò in una risposta, ma ottenne unicamente silenzio e la propria immagine riflessa che la fissava, rabbiosa.

Sentì bussare alla porta -Chi è?- Chiese bruscamente.

-Sono io, Viscontessa.- Riconobbe la voce di Christine. 

In quei giorni avevano ridotto drasticamente i momenti in cui rimanevano sole, per evitare di sollevare ulteriori sospetti -Entrate.- Rispose, mestamente.

La bionda entrò e si richiuse la porta alle spalle -Sei stata magnifica.-

-Grazie.- Non c'era entusiasmo nel suo tono, solo tristezza, mentre sistemava qualcosa sulla toeletta senza realmente vederla.

-Cosa succede?- Non si aspettava una simile risposta.

-Se lo scopo di Mercier era farmi soffrire, ci sta riuscendo.- La rabbia e il dolore che stava provando, e che sapeva ormai che l'avrebbe accompagnata fino al termine delle prove e anche oltre, valevano la pena di rischiare la vita, con quella comparsa al gala di beneficenza -Ha preso l'unica cosa che potevo dire "mia"- Non credeva che le avrebbe causato tanta sofferenza, ma sentire quei commenti le aveva fatto male, e ancora più dolore aveva sentito al termine dell'esibizione, quando si era resa conto di aver difeso appassionatamente il lavoro di un altro, agli occhi di tutti. 

La stava colpendo dove era più vulnerabile, nell'unico dono lasciatole dalla madre e in cui si era sempre rifugiata in quei lunghi anni. Le stava togliendo l'unico approdo sicuro che avesse mai realmente avuto.

Aveva sperato fino all'ultimo che Mercier avesse una giustificazione, che si trattasse di un malinteso, o di un piano, ma dopo tutti i tentativi fatti per comunicare con lui doveva arrendersi all'evidenza. Ogni speranza di chiarimento era ormai scomparsa.

-Avrai sempre me.- Si avvicinò e le prese la mano, cercando di consolarla.

-Finirai con l'odiarmi anche tu.- Non aveva avuto ancora il coraggio di dirgli l'ennesima bassezza scritta in quell'Opera.

-Perché dovrei?- Pensava fosse ormai chiaro alla mora che nonostante le circostanze riteneva fosse stata una fortuna incontrarla e che avesse deciso di aiutarla.

-Io...In un brano ho usato alcune tue parole.- Non avevano ancora ricevuto la copia integrale degli spartiti, erano state consegnate loro solo le copie delle prime parti. Era comunque impossibile provare finché l'orchestra non li avesse imparati.

-Non è un problema.- In realtà si sentiva onorata di aver colpito tanto una compositrice con un simile talento. 

-Sì, ma...- Sentirono bussare alla porta e Carlotta si allontanò di un passo da lei -Avanti.-

-Perdonatemi Viscontessa...Ah, C'è anche lei Mademoiselle Daaé, molto bene.- Rémy apparve sulla porta -Il Visconte, vostro padre, ha chiesto di parlare con tutti, immediatamente.-

-E' successo qualcosa?- 

-Desidera fare un annuncio importante.-



Tornarono sul palco, non senza preoccupazione, e si unirono agli altri, già radunati davanti al Visconte. L'uomo incrociò rapidamente lo sguardo di Carlotta, per un solo istante.

-Ho trovato il protagonista.- Annunciò senza giri di parole.

Un sospiro di sorpresa percorse i presenti.

-Chi?- Chiese Carlotta.

-Oserei dire il più grande sopranista di tutti i tempi- Rispose, entrando sul proscenio, un uomo in un elegantissimo frac -Acclamato in tutta Europa, osannato dai reali di Spagna. Si dice che la sua voce pura sia un dono degli Angeli e che mai note più soavi potrebbero uscire dalla gola di un essere umano.- Si avvicinò a Carlotta, guardandola negli occhi con ardore -Egli si è dedicato anima e corpo alla musica e all'arte, divenendo non solamente un musicista e un cantante portentoso, ma un fine conoscitore di tutto ciò che avvicina l'uomo alla perfezione e che rende la vita degna di essere vissuta.- Fece un profondo inchino, prendendo la mano della mora e profondendosi in un galante baciamano -Giacomo Carlo Maria Giudicelli.-

La Viscontessa sottrasse la mano il più rapidamente possibile dalla blanda presa dell'uomo, mentre quest'ultimo si rialzava, guardandola nuovamente negli occhi, sorridente.

-Direi che non occorrono altri discorsi.- Aggiunse il Visconte, infastidito dal fatto che gli avesse rubato la scena, ma l'uomo era noto per la sua eccentricità.

I presenti, dopo un breve istante di silenzio, proruppero in un fragoroso applauso. Perfino le donne delle pulizie si fermarono per acclamarlo, era una celebrità conosciuta in tutto il continente.

-Monsieur Giudicelli, questa è mia figlia, Carlotta. Lei sarà la prima voce del coro, mentre Aminta sarà interpretata da Mademoiselle Daaé- Indicò la giovane con un teatrale gesto della mano.

-Piacere di conoscervi, Monsieur Giudicelli.- Disse Christine, facendo un piccolo inchino.

-Posso giurarvi che il piacere è tutto mio.- Rispose il sopranista, baciandole la mano -Mi avevano raccontato della vostra bellezza, ma mai avrei sperato di cantare assieme ad un Angelo.

-Voi mi lusingate Monsieur...- Imbarazzata, Christine abbassò lo sguardo, arrossendo. Non era abituata a ricevere complimenti, men che meno così spudorati.

-Perdonate la mia sfrontatezza, ma non sono uso ai modi francesi, ancora.- Si scusò, con un sorriso tutt'altro che colpevole -Spero che avrete pazienza e che mi introdurrete alla vostra cultura.-

-Certamente Monsieur...- Sussurrò la bionda, in evidente difficoltà. Lo sguardo dell'uomo le sembrava contenere malizia.

-Vi presento anche il nostro tenore, Monsieur Piangi. Anche lui, come voi, di origine italiana...- Il Visconte lo interruppe ed entrambi si allontanarono, continuando le presentazioni.

-Sfacciato- Commentò a bassa voce Carlotta, infastidita, avvicinandosi a Christine.

-Terribilmente- La giovane evitò il suo sguardo e si allontanò rapidamente, recandosi nel proprio camerino e lasciandola perplessa.



Alcuni giorni dopo, finalmente, la situazione si sbloccò.

L'orchestra riuscì ad imparare gli spartiti, punti nell'orgoglio dalla Viscontessa, e finalmente poterono iniziare le prove del primo atto.

Carlotta, dall'arrivo di Monsieur Giudicelli, non era ancora riuscita a parlare con con Christine, dato che il gentiluomo non si separava quasi mai dalla sua co-protagonista.

La nobile terminava ben presto la propria sequenza di prove, dato che la sua parte era limitata all'apertura del primo atto e poco altro e che avendo scritto lei stessa il tutto, sapeva già perfettamente come cantarla.

Restava quindi in disparte, in attesa, ad osservare il resto.

Monsieur Giudicelli, ogni volta che il copione prevedeva carezze o abbracci con Christine non si faceva di certo pregare e la giovane, tutt'altro che abituata a lavorare a quel modo, era costantemente rossa in volto per l'imbarazzo.

Vederla tra le braccia di un altro minava profondamente il già provato umore di Carlotta, che si chiedeva se la ragazza non si sentisse in realtà lusingata da quelle attenzioni. Voleva anche parlarle, per terminare il discorso che avevano iniziato giorni addietro, prima che l'ultima parte del copione venisse consegnata e che la giovane, scoprendone il testo, giungesse a conclusioni errate.

Seduta su una poltrona in prima fila, cercava di guardare altrove, sbuffando irritata a quello sfoggio di familiarità eccessiva tra i due e decidendo infine di non assistere oltre e di recarsi in camerino, visto che non sarebbe toccato nuovamente a lei per parecchio tempo.

Era da sola già da un po', quando sentì bussare alla porta -Avanti.- Rispose, curiosa.

Il sopranista sgattaiolò dentro, richiudendosi immediatamente la porta alle spalle.

-Monsieur!- Esclamò sorpresa la nobile -Uscite immediatamente- Avrebbe dovuto chiedere chi fosse, ma solitamente erano Christine o Bernìce, nessun altro si sarebbe permesso di entrare a quel modo.

-Viscontessa...- La salutò il cantante, ignorandola.

-Mi avete sentita? Uscite!- Si avvicinò alla porta, per spalancarla, ma l'uomo la prese per mano.

-E' inutile che fingete, Mademoiselle.-

-Cosa?- Si liberò dalla sua presa.

-Vedo come mi guardate ogni volta.-

-Vi state sbagliando.-

-Non avete motivo di essere gelosa. Sono vostro e completamente certo che scaturirebbe un soave duetto dalla nostra…”Amicizia”. Voi e io abbiamo le medesime tonalità- Aggiunse con estrema malizia.

-Uscite, prima che urli.- Stava cercando di resistere all'impulso di picchiarlo.

L'uomo si sporse verso di lei, con il chiaro intento di baciarla. La Viscontessa lo afferrò per il polso e rapidamente gli torse il braccio dietro la schiena, sbattendolo di faccia contro la porta chiusa -Ho detto che vi state sbagliando.- Disse, digrignando i denti.

-Ah..!- Gemette di dolore -Perdonatemi- Bofonchiò -Se mi lasciate me ne vado immediatamente.-

Carlotta lo liberò, arretrando di un passo, pronta a difendersi nuovamente se l'uomo avesse tentato ancora.

Il sopranista si massaggiò lentamente il gomito dolorante, prima di risistemarsi la giacca -Siete focosa.-

-Uscite prima che vi dia un'altra dimostrazione.-

-Perdonate il mio fraintendimento, ma mi guardavate così insistentemente...- Sorrise, non del tutto convinto.

-Come ho già detto: vi sbagliate.-

-Capisco...La vostra gelosia non è rivolta a me.- Era sempre in compagnia di Mademoiselle Daaé, quando aveva notato gli sguardi della mora.

-Fuori!- Carlotta spalancò la porta e lo spinse in malo modo in corridoio, mentre sopraggiungeva Christine, che si bloccò per evitarlo, sorpresa di vederla in sua compagnia.

-Non azzardatevi mai più a entrare nel mio camerino!- Aggiunse la mora, scambiando solo una rapida occhiata con la Diva, prima di richiudere la porta, furente.

Pochi istanti dopo sentì bussare nuovamente -Viscontessa, posso entrare?- Riconobbe la voce della cantante.

-Voglio restare sola- Sarebbe stata l'occasione giusta per parlare, ma non poteva rischiare di confermare le illazioni del sopranista.

-State bene?-

-Sì, non preoccupatevi.-  



Fu con terrore che la mattina seguente, entrando nel proprio camerino, trovò un plico di fogli pentagrammati sulla propria toeletta.

Lasciò Bernìce di stucco e tornò immediatamente sui propri passi, raggiungendo la porta della stanza riservata a Christine e bussando.

Non ottenne risposta.

-Viscontessa che succede?- Chiese la domestica, sconcertata da quel suo comportamento.

-Niente- Si accorse che la donna non riteneva la sua risposta soddisfacente -Ho visto che è arrivata la copia degli ultimi spartiti, volevo parlarne con Mademoiselle Daaé. Chiederle se li aveva già visionati.- Posò le proprie cose in camerino, senza riuscire a smettere di pensare a lei. Li aveva letti? Cosa ne pensava? Si sarebbe arrabbiata?

Pochi minuti dopo, seguita dalla domestica, si affacciò sul palco, ma non la trovò nemmeno lì. Vide solamente Monsieur Giudicelli che sorrideva divertito, sfogliando il copione.

Decise di salire alla terrazza, forse avrebbe avuto più fortuna, ed infatti la trovò, mentre guardava la piazza sottostante, dandole le spalle.

-Christine.- La chiamò Carlotta, avvicinandosele lentamente -Li hai letti?-

-Sì. Li ho letti.- Il suo tono la fermò, congelata, a qualche passo di distanza -Mi sembrava tu avessi capito cosa intendevo.-

-Sì, l'ho capito.-

-Perché da questo testo non sembra affatto.- La interruppe e si voltò a guardarla, ardente di una rabbia gelida.

-Ho compreso pienamente le tue parole, quello era solo... Un esercizio di interpretazione. Come dicevo, nessuno avrebbe dovuto vederlo.-

-La metafora del ponte è importante! Non pensavo l'avresti utilizzata così.- L’aveva sentita ripetere spesso, in vari comizi che caldeggiavano una società priva di classi.

-Lo so...-

-Perché l'hai scritto?!-

-Ero arrabbiata e anche se avevi ragione dovevo sfogarmi...Non pensavo di nuocere.-

-No, certo che no...- La Diva sospirò, cercando di riprendere contegno  -Sarà meglio che mi calmi anche io.- Posò gli spartiti sulla balaustra -Era questo che temevi?-

-Sì.-

-Non è...Grave. Non credo.- Ne era stata infastidita, ma sapeva che Carlotta aveva capito le sue parole, e in più, non era stato suo desiderio divulgarle.

-Davvero?-

-Davvero, non hai voluto tu tutto questo. Se qualcuno rendesse pubblico il mio diario personale, temo che sarebbe anche peggio.- Carlotta sollevò il sopracciglio, curiosa, ma Christine proseguì, non voleva parlarne -Non l'hai scritto per un sopranista.- Aggiunse, raggiungendola.

-No...- Ammise imbarazzata la Viscontessa, mentre la bionda la abbracciava.

-Ma per una soprano drammatica di coloratura.- Sussurrò la Diva, senza staccare gli occhi dalle sue labbra, prima di catturarle improvvisamente in un bacio tutt'altro che casto.

Carlotta la guardò confusa, non si aspettava di certo quella reazione.

-Stavo solo immaginando di recitarla con te...- Si giustificò la bionda, sentendosi improvvisamente imbarazzata e sciogliendo l'abbraccio.

-Capisco.- Non riuscì a trattenere del tutto il proprio disappunto per la fortuna di cui avrebbe goduto l'insopportabile sopranista. -Ho temuto, per un attimo, che tu preferissi le attenzioni di Monsieur, alle mie.-

-Ovviamente no. E' volgare e insistente...Senza contare che passa tutte le notti qui a teatro e mai due di seguito nella stessa stanza. Non so se mi spiego.- Considerando che il cantante aveva a disposizione un appartamento privato esterno al convitto, la sua presenza notturna non era giustificabile.

-Ma...I gendarmi?- Avrebbero dovuto quantomeno controllarlo ogni volta ed era sinceramente fastidioso.

-Voci dicono che non faccia distinzioni tra uomo o donna e che abbia trovato amicizie tra le guardie.-

-Oh.- Questo, forse, poteva alleggerire un po' la loro situazione. Se Monsieur Giudicelli avesse osato accennare qualcosa, avrebbero potuto ribattere con la medesima minaccia. -Ieri non ti ho fatta entrare perché lui sospetta di noi.-

-Anche lui?!- Stavano rischiando troppo, eppure quasi non si vedevano più! Già i loro incontri notturni erano fuori discussione, perché sarebbe stato pericoloso incrociare Mercier nei sotterranei e dalle illazioni di Madame Giry avevano ridotto il tempo assieme durante le prove ma, nonostante tutto, continuavano ad accumulare sospetti. -Cosa ci ha tradite?-

-Ha notato i miei sguardi...Mentre era con te. Pensava fossi gelosa di lui e quando l'ho respinto ha ipotizzato che il mio interesse fosse per te. Niente di incriminante, ma ho temuto di rafforzare i suoi dubbi, ricevendoti.-

-Certo, capisco.- Sospirò perplessa. Davvero erano così evidenti i loro sentimenti?

-Meglio che vada, ora. Bernìce potrebbe insospettirsi. A dopo.-

-A dopo.-

Carlotta le sfiorò la mano, salutandola, e le sorrise rapidamente, prima di congedarsi e ridiscendere le scale.

****

Note dell'autrice: chiedo perdono a chiunque capisca qualcosa di come si suona un violino. Non avendo conoscenza diretta ho preso spunto da alcuni video su youtube di diversi professionisti, ma queste sono le mie uniche fonti.

Invito chiunque ne sappia di più a farmi presente gli errori e magari suggerire correzioni, mi farebbe piacere :)

Colgo l'occasione per ringraziare la mia beta di fiducia Oscuro_errante, per l'anorme pazienza, vista la sua sessione di esami universitari e la mia stagione teatrale.

Grazie a tutti, fatemi sapere cosa ne pensate, anche se non vi è piaciuto :) Se preferite potete anche scrivermi su facebook (trovate il link in bio)

A sabato prossimo!!



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Capitolo 14
*** Don Juan ***


14 Don Juan

Ogni riferimento a fatti realmente accaduti, cose, luoghi, persone e organizzazioni realmente esistenti è puramente casuale.

14.

Don Juan

La sera della prima tutti erano tremendamente nervosi.

Un anomalo ed inquietante silenzio regnava sovrano dietro le quinte, solitamente chiassoso e vivace, mentre il chiacchiericcio indistinto degli spettatori riempiva la sala, creando un contrasto agghiacciante.

Tra gli addetti ai lavori, nessuno riusciva a guardare negli occhi Christine o Carlotta. Sul volto di ogni uomo si leggeva senso di colpa, per non essere riusciti a fermare il Fantasma, mentre su quello delle donne, terrore.

L'unico che sembrava assolutamente tranquillo era Monsieur Giudicelli, che si diceva pronto a combattere e addirittura pregava di averne l'occasione.

Ogni angolo del teatro brulicava di gendarmi e César aveva fatto appostare addirittura un tiratore scelto nella fosse d'orchestre. Tutte le precauzioni possibili erano state prese e perfino i vigili del fuoco erano stati chiamati a controllare e tutti gli accessi all'edificio sprangati.

Carlotta era nervosa, le prove erano trascorse senza incidenti e si chiedeva cosa avesse in mente Mercier. Cosa avrebbe avuto l'ardire di fare, a teatro pieno, con tutti quei sorveglianti? Che la sua vendetta si fosse esaurita con la sofferenza causatale dal vedere i suoi pensieri più intimi ed osceni esposti al pubblico ludibrio? Lo sperava ardentemente, ma non osava crederci.

Chiusa nel suo camerino, sentì bussare sommessamente -Avanti.- Non si chiese chi potesse essere, aveva avvertito timore e delicatezza in quel suono ed era certa che si trattasse di Christine.

-Viscontessa...- Salutò la cantante, visibilmente tesa. Chiuse la porta e sospirò -Nessuna notizia di lui?-

-No, ha preso anche l'ultimo messaggio, ma non ho ricevuto alcuna risposta.-

-E' una follia.-

-Sì, ma dopo stasera tutto sarà finito, in un modo o nell'altro.- La raggiunse e l'abbracciò -Cerco di pensare a quando saremo a Napoli, per Pasqua.- La baciò sulla fronte, cercando di sorridere, ma senza successo.

Erano finalmente riuscite a raccogliere il denaro necessario, sarebbero scese fino a Marsiglia, per poi imbarcarsi sulla prima nave in partenza per l'Italia.

Christine si era dimostrata entusiasta per la scelta della destinazione e sperava ardentemente di lasciarsi finalmente alle spalle tutta quell'oscurità, nel caldo sole del Mediterraneo.

-Poche ore e questo giorno di follia terminerà.- La cantante quasi non osava sperarlo.

-Ho preso questo, come estrema precauzione.- La Viscontessa aprì il cassetto della toeletta e ne prese il contenuto, avvolto in uno straccio di cotone bianco, porgendolo poi a Christine.

La ragazza ne scostò i lembi, svelando un piccolo pugnale dalla bizzarra impugnatura sagomata in due semicerchi divergenti. Spaventata e confusa incrociò lo sguardo con quello di Carlotta.

-Ti mostro...- La Viscontessa lo prese, e delicatamente lo inserì dentro al corpetto della Diva, nascondendolo appena sotto l'orlo della scollatura -Nessuno saprà che lo avrai con te.-

-Non potrei mai!- Esclamò incredula la Diva.

-Se la tua vita sarà in pericolo, invece, ti prego di usarlo. Non so cosa potrà accadere né se riuscirò ad essere sempre al tuo fianco.-

-Tienilo tu, se succederà qualcosa è più probabile che prenda di mira te.-

La Viscontessa aprì leggermente lo spacco della gonna del costume di scena, che ricordava l'abito tipico di una ballerina di Flamenco, e mostrò un piccolo pugnale fissato alla giarrettiera -Ne ho già uno.-

-Speriamo che non accada nulla.-

-Speriamo che queste siano precauzioni inutili.-

-César cosa dice?-

-Non molto. Dalla sua dimissione è diventato taciturno e schivo, probabilmente si è spaventato. Certamente, anche lui non vede l'ora che tutto questo finisca.- Le scarse interazioni con il padre, in realtà, le avevano fatto comodo. Anche le sue domande sui suoi impegni privati erano completamente cessate e questo l'aveva facilitata nel raccogliere più rapidamente la somma necessaria alla loro fuga.

-Torno in camerino, devo finire di prepararmi.- Disse la bionda avvicinandosi alla porta, mancavano ormai pochi minuti.

-Mi dispiace...- Aggiunse Carlotta, con immenso rammarico.

-Lo so, non ripeterlo oltre.- La interruppe la Diva -Non ho mai creduto che fosse colpa tua. Non potevi immaginare che Mercier perdesse la ragione, è lui l'unico responsabile, non dimenticarlo.-

-Christine...- La raggiunse e posò le mani sulle sue spalle, non riuscendo a sbarazzarsi di un presentimento pesante, che si confondeva con l'ineluttabilità dell'ennesimo déjà-vu che si formava nella sua mente -Se avessi solo pochi secondi di vita, vorrei viv...-

-Smettila Carlotta.- Sussurrò, interrompendola -Smettila.- Ripeté, sentendo le lacrime affacciarsi, mentre un dolore lancinante le percuoteva l'anima -Noi non moriremo stanotte.-

-Ricorda sempre che ti amo.-

-Anche io ti amo.- Si strinse a lei e chiuse gli occhi, travolta ancora una volta dalla sensazione straniante del déjà-vu, ritrovandosi per un secondo sotto una pioggia sferzante. La sua fantasia correva troppo. -Almeno non piove.- Aggiunse, cercando di stemperare la tensione.

-Come?- Chiese stupita Carlotta.

-Ho avuto una specie di déjà-vu e...Pioveva. Era solo uno sciocco commento, sono troppo nervosa.-

-Nevica. E' l'ansia che ci fa brutti scherzi.- La Viscontessa cercò di tranquillizzarla ancora e non le disse di avere avuto un déjà-vu anche lei, pochi istanti prima. Certamente una coincidenza.

Si baciarono, entrambe cercando di scacciare il timore che potesse essere l'ultimo bacio, prima che Christine uscisse, per tornare nel proprio camerino.

-Mèrde.- L'apostrofò, appena la vide, Madame Giry, attendendola fuori dalla porta con un ghigno inquietante, soddisfatta di averla colta sul fatto.

-La ringrazio.- Rispose la ragazza chiudendosi subito nel proprio camerino, rifiutandosi di cogliere l'evidente provocazione della donna, nascosta dietro al tradizionale augurio.



Il sipario si aprì, rivelando un enorme salone cupo con un raffinato tavolo apparecchiato per due, mentre un arco percorribile, sullo sfondo, incorniciava un letto a baldacchino, coperto da numerosi tendaggi.

Passarino, il servo fedele interpretato da Piangi, dava le ultime direttive alla servitù. Gente dall'aspetto poco raccomandabile e dal volto nascosto dietro a maschere bianche, fiera dell'operato del proprio padrone.

-Finalmente lei cadrà, nelle mani del padron.- Iniziò il coro, con voci dissonanti.

La Viscontessa fece il proprio ingresso e si unì a loro, proseguendo -L'innocente morirà, senza via di scampo è lei!-

Il pubblico stentava a seguire il libretto e quelle musicalità fin troppo ricche e barocche non erano completamente di loro gradimento. L'atmosfera di cupo pericolo era poi ben lontana dagli sberleffi dell'Opera buffa o dalle stoiche ambientazioni delle tragedie più note che solitamente venivano rappresentate tra quelle quinte.

-Il complotto che tramò, muta tutto al suo voler- Avvolta nel succinto abito nero dai risvolti rossi, Carlotta risplendeva di una bellezza peccaminosa, che infiammava gli animi di alcuni spettatori e indignava i ben pensanti, sollevando un brusio sommesso di sconcerto.

-Don Juan sempre trionferà!-

L'ingresso di Giudicelli, in un splendido completo nero da matador, anche lui con una maschera bianca sul volto, calmò ben presto ogni subbuglio. Egli era il simbolo stesso dell'arte e, ascoltarlo cantare, un privilegio che ben pochi avevano ancora avuto in Francia.

-Passarino, mio fedel, trarrà ancor l'inganno a me- Esordì il sopranista, chiedendo a Piangi di ripetere il loro piano.

-Lei mi crede Don Juan, voi mio servo ed io messer- Rispose il tenore.

-Lei che non ti ha visto mai penserà di star con te, mangeremo a casa mia, ruberò la cena a me. Alle spalle del padron gusteremo il vino insiem lei così già mia sarà, dopo un po' l'amor godrem.-

-Molto astuti noi sarem!-

-Ecco tutto è fatto già, lo realizzerò se serio resto e se mai riderò!- Ridendo sguaiatamente, i due uomini uscirono di scena, lasciando il palco alla bella e pura Aminta.

Tutto stava funzionando perfettamente, l'agitazione del pubblico domata e il personale si muoveva senza intoppi, in una macchina perfetta e ben oliata.

-Il Visconte è un folle!- Sentì esclamare Carlotta, dalle labbra di Rémy, mentre seguiva da bordo palco il procedere dello spettacolo. Si voltò, incuriosita, e vide che il segretario stava parlando con Bernìce ed alcune donne tra ballerine e sarte, non accorgendosi della sua presenza tra le pieghe del sipario.

-Ho cercato di convincerlo in ogni modo a rimandare la prima a domani, ma non ha voluto sentire ragioni!-

-Non tenetemi sulle spine, perché mai solamente un giorno dovrebbe fare differenza?- Lo interrogò preoccupata la domestica, trovando riscontro tra le altre ascoltatrici.

-Oggi è una data infausta!- Carlotta alzò gli occhi al cielo, ascoltando quella frase. Aveva sentito suo padre lagnarsi che Rémy fosse superstizioso, ma non credeva fino a quel punto.

-E perché mai?-

-Sono le Idi di Marzo! Il giorno in cui morì Giulio Cesare!-

Sospiri di sorpresa accompagnarono quelle parole, mentre Carlotta tornava definitivamente a concentrarsi su quanto accadeva in scena. Sollevò poi lo sguardo, volgendolo al palchetto riservato al padre e trovandolo seduto, serio, quasi torvo, mentre fingeva di seguire lo spettacolo. Poteva scorgere le sue iridi controllare ogni angolo, ogni ombra in movimento, e passare in rassegna ogni gendarme in sala. Probabilmente, dalla sua posizione, poteva scorgere anche il tiratore scelto nascosto tra i musicisti.

Mancava ormai poco alla tanto agognata libertà, un'ora, e poi sarebbero state libere di partire in ogni momento. L'avrebbero fatto immediatamente dopo lo spettacolo, quella sera stessa, se la presenza di tutti quei gendarmi non avesse complicato le cose. Era più saggio attendere un giorno o due, anche per non dover sostare troppo a Marsiglia, in attesa della nave, e rischiare di essere rintracciate.

-Napoli- Sospirò tra sé e sé. La splendida città di cui sua madre le aveva sempre tanto parlato e in maniera così estesa e minuziosa che avrebbe potuto riconoscere addirittura ogni vicolo ed ogni sasso. Un luogo così vivace e popolato che nessuno avrebbe fatto caso a due turiste di passaggio e poi, chissà dove le avrebbe portate la fortuna. Forse a Roma, dove avrebbero potuto perfino vivere della loro musica.

Il pensiero di Mercier le attraversò rapido la mente, rabbuiando quell'attimo di serenità inaspettata che aveva trovato. Sarebbe stato tutto perfetto se solo ci fosse stato anche lui.

Il chiudersi del sipario la riscosse dai suoi pensieri, mentre si univa agli applausi che giungevano dalla platea e a quelli del personale che accoglieva gli attori uscenti. Christine le passò accanto, ignorandola, e altrettanto fece lei, non volendo sollevare sospetti. Avrebbero passato l'intervallo separatamente, riposando la voce e concentrandosi unicamente sullo spettacolo.

Un'ora.



Quasi al termine dell'intervallo, gli attori si radunarono dietro le quinte, pronti a riprendere.

Monsieur Piangi riscaldava la voce, mentre Christine rileggeva al volo le prime strofe, un gesto che la tranquillizzava, e anche le comparse facevano qualche breve riscaldamento, per sciogliere la tensione, ma, di Monsieur Giudicelli, nessuna traccia.

César, dietro le quinte assieme al Commissario, mandò subito Rémy a controllarne il camerino, temendo che si fosse addormentato, ma il segretario tornò dopo pochi secondi. Aveva trovato la porta spalancata e la stanza vuota.

-Maledizione!- Imprecò il Visconte -Cercatelo ovunque!- Ordinò, non curante di scavalcare l'autorità del Commissario, mentre una dozzina di uomini reagì a quell'ordine e subito si dileguarono nel buio, rapidamente.

-Visconte, cosa facciamo? Allunghiamo l'intervallo?- Chiese agitata Madame Giry -Monsieur ha immediatamente una scena.-

-Qualche minuto al massimo, fate preparare il sostituto.-

-N-Non c'è un sostituto, signor Visconte. Nessun sopranista si è proposto oltre a lui.- Intervenne Reyer.

-Metteteci qualcun altro. Un tenore, o qualunque altra cosa ci sia.-

-Non possiamo improvvisare tutte quelle variazioni!- Sarebbe stato difficile già normalmente adattare la musica ad una tonalità diversa con così poco preavviso, ma con quegli spartiti esageratamente complessi, era a dir poco impossibile farlo senza provare.

-Mademoiselle De Chagny.- Propose Monsieur Piangi -Hanno quasi la stessa estensione vocale ed ha assistito a tutte le prove.-

-Ma è una donna! Come osate?- Tuonò il Visconte.

-All'estero si è già fatto e con la maschera è difficile che qualcuno se ne accorga. Noi manterremo il segreto, non è nulla di disdicevole, in fondo.-

Qualcosa di disdicevole in realtà c'era. Le carezze e gli accenni di effusioni previsti da copione erano al limite della decenza concessa ad uno spettacolo rispettabile e se qualcuno si fosse accorto che erano due donne, avrebbero potuto avere serie ripercussioni.

-Carlotta, che ne dici?- Chiese secco il Visconte. Per quanto non gli piacesse l'idea, sarebbe stato molto peggio interrompere lo spettacolo.

-No, padre. Non voglio.- Se era stato Mercier a far sparire Giudicelli, e solo Dio sapeva se fosse ancora vivo, era estremamente probabile che volesse ottenere proprio quel risultato.

-Non possiamo annullare lo spettacolo. Oltre ai rimborsi e al disonore, sfumerebbe anche il piano per catturarlo. Preparati e metti da parte le tue sciocche remore.-

-Non voglio essere condannata per atti osceni!- C'era anche il rischio di subire un procedimento per omosessualità. Quest'ultima non era reato finché non c'erano testimoni, ma chiunque avesse assistito allo spettacolo avrebbe potuto dichiararsi vittima e denunciarle, se non addirittura il Commissario stesso.

-Possiamo firmare una liberatoria, vero Firmin?- Lo incalzò immediatamente il Visconte. -E' già stato fatto, se non erro, al Moulin Rouge. Ed era decisamente uno spettacolo quantomeno sconveniente.-

-S-sì...Ma dovrei controllare la legislazione, trovare il testo e la forma adeguata...-

-Rémy! Un foglio, immediatamente!- Ordinò César.

-S-Sì, Visconte.- L'uomo frugò nella propria valigetta e ne prese un pezzo di carta, un po' stropicciato ma integro.

-Firmate qui in fondo, penseremo dopo a cosa scrivere.- Mise la penna in mano al Commissario, facendogli premura -Vai a cambiarti.- Ordinò alla figlia.

-Ma è proprio questo ciò che lui vuole, di sicuro avrà in mente qualcosa. Potrebbe aver manomesso la scenografia e...-

-Tutta questa serata è stata fatta per assecondarlo.- La interruppe il padre. -Non ho intenzione di fermarmi adesso, soprattutto ora che ho la certezza che si farà vivo.-

Il ragionamento di César non aveva alcuna pecca, se non l'assoluta mancanza di preoccupazione per la vita della figlia, ma Carlotta non poteva di certo aggrapparsi a questo. Sapeva benissimo che non avrebbe ottenuto nulla, perdendo unicamente tempo. Arrabbiata, si voltò e si diresse verso il proprio camerino, tra i sussurri sconcertati dei manovali e i pianti delle ballerine, che singhiozzavano al suo passaggio.

Tutti temevano che quella ragazza stesse salendo al patibolo.

Si cambiò in fretta. Non dovendo indossare corpetti o ingombranti sottovesti non ebbe bisogno di alcun aiuto, se non quello di una sarta, che l'aiutò a sistemare dell'imbottitura nelle spalle della giacca, leggermente più minute di quelle di Giudicelli, ma il mantello appuntato di lato aiutava a mascherare ulteriormente questa differenza.

Lisciò qualche piega della camicia, infilandola dentro ai pantaloni, sistemò il pugnale dietro la schiena, nascondendolo nella cintura, pettinò i capelli all'indietro, legandoli, e infine indossò la maschera. Dalla platea nessuno avrebbe capito che c'era stato uno scambio, l'unica differenza evidente era la lunghezza della coda, poiché quella di Monsieur Giudicelli era leggermente più corta.

Uscì dal suo camerino e si imbatté in Bernìce, che piangeva sconvolta -Viscontessa...- Rimase per un secondo esterrefatta dalla serietà e dal contegno che la nobildonna esprimeva anche in quelle vesti -Perdonatemi l'ardire, se vorrete farmi frustare accetterò senza repliche.- Terminò, tutto d'un fiato.

-Che succede?- Non aveva molto tempo.

-Ho preso questa, dall'ufficio di vostro padre. So che la sapete usare e non posso immaginarvi alla mercé di quel pazzo!- Frugò sotto al lungo soprabito che portava sul braccio e ne estrasse una sciabola, inguainata nel fodero -Se mi riterrete folle capirò, spero che comprendiate la mia preoccupazione per voi.-

-Grazie, Bernìce.- Baciò la donna sulla fronte, afferrando l'arma e dirigendosi rapidamente dietro le quinte, mentre fermava la spada alla cintura. Avrebbe voluto esprimere con più cura la propria sincera gratitudine, ma aveva premura. La lunghezza dell'intervallo certamente cominciava già ad essere sospetta.

Il sipario si aprì e Aminta entrò in scena, cantando a mezza voce, tra sé e sé -Non ho timor di te, mai non ne avrò. Nel cuore regnerà soltanto amor...- Per poi sedersi, iniziando a giocherellare con una rosa, regalatale poco prima dall'uomo.

Il servitore, in un angolo, non visto, controllava che tutto procedesse come previsto, quando Don Juan lo raggiunse -Passarino, ora va lei è qui, nulla più chiederò...Lei è mia.-

Piangi si congedò con un cenno del capo e poi sparì, dietro le quinte, mentre Don Juan si avvicinava lentamente al centro del palco, completamente concentrato sulla bellissima giovane che tanto desiderava.

-Tu che fremi, per placare la fiamma tua,- Aminta ebbe un sussulto, non si era accorta del suo arrivo -Per placare l'istinto che in te sempre tace, tace...- Carlotta sottolineò quelle parole portando un indice alle labbra, con malizia -T'ho sognata, per gustare ogni voluttà, più che mai destinata a soccombermi, tu puoi negarlo, ma stai per soccombermi...- Le ritrosie di Aminta, innamorata, cominciavano a scemare e la giovane iniziava a subire il fascino di quell'uomo così sicuro di sé, ricambiandone di quando in quando lo sguardo e finendo con l'arrossire, non riuscendo a scindere quelle parole dal reale desiderio della Viscontessa.

-Ed ora sei con me, non dire "no". Puoi restare, restare...- Carlotta non riuscì a trattenere un sorriso, vedendo che la ragazza, infine, si voltava incatenando i loro sguardi.

-Passa il ponte fra noi due, non dubitare...La tua, la mia, bugia finisce qui.- Christine si alzò e si allontanò d'un passo, cercando di resistere.

-Mai, mai più "non so", né "ma", nessun indugio, dimentica chi sei e dimmi "sì".- Cantò la mora, mentre sullo sfondo alcuni ballerini accompagnavano la scena, con una languida coreografia.

-Che fuoco mai ci inonderà,- La raggiunse infine, e la strinse a sé, passando voluttuosamente la punta delle dita sul suo collo e poi più giù, sulla pelle nuda, quasi sfiorando l'orlo del corpetto, mentre Aminta, travolta dalla passione, non opponeva più alcuna resistenza, abbandonandosi in quell'abbraccio -Che voluttà è rinchiusa in noi...- Si sciolse dall'abbraccio per poi accarezzarle la mano, prendendola tra le sue, prima di baciarne il dorso -Malìa recondita, preziosa...-

Il pubblico assisteva in un silenzio teso, sul palco dell'Operà non si era mai visto nulla di simile.

Don Juan lasciò andare la mano della giovane Aminta e quest'ultima cercò di riprendere contegno, allontanandosi nuovamente, per tentare disperatamente di sfuggire a quell'incantesimo ammaliatore, prima di intonare: -Sei con me qui, non abbiamo che il fuoco in noi. Non abbiamo di più, oramai tutto tace, tace...- Tornò a voltarsi verso Don Juan, sentendo il proprio buon senso cedere nuovamente.

-Qui con te io, la ragione non chiesi mai. Come un mare al mio corpo intrecciarti, a me nei miei sogni per sempre avvinghiarti...Ed ora mi vedrai, decisa, sì...A restare, restare-

Continuando a cantare, entrambe cominciarono a salire le scalinate dell'arco, dai due lati opposti, mentre la tensione cresceva. Carlotta non capiva più se stava recitando, o se il magnetismo che avvertiva tra loro fosse reale.

Gli spettatori, nel frattempo, si stavano chiedendo la stessa cosa, tra l'ammirato e lo sbigottito.

-...Sarai infinita attesa o io ti avrò?- Il pubblico questa volta sospirò in maniera udibile, per l'audacia di quelle parole pronunciate da un personaggio femminile. -Se non si placa qui con te, la mia marea dilagherà...Sei tu la fiamma che consuma...?- 

Giunte alla sommità dell'arco, Carlotta lasciò il proprio mantello ad uno dei servitori, prima di proseguire all'unisono con Christine -Passa il ponte fra noi due, non esitare, ti perderai qui tra le braccia mie...Se passi il ponte fra noi due.- Al centro, si abbracciarono nuovamente, mentre le mani della mora accarezzavano lascivamente la figura della ragazza, fino a sfiorare con le labbra la candida pelle del collo della giovane. Le tremavano le mani e strinse quelle di Christine fino a far sbiancare le nocche, pregando che nessuno si accorgesse di nulla, mentre sentiva la compagna fare altrettanto.

Fu in quel momento che il servitore a cui aveva lasciato il mantello le si avvicinò rapidamente, strappandole la maschera dal volto e rivelandone l'identità, lasciando la Viscontessa impietrita, per un istante.

-Mercier?- Boccheggiò, sorpresa. Con la maschera e in penombra non lo aveva riconosciuto, sebbene gli fosse passato accanto.

-Che oscenità!- Si sentì urlare dalla platea.

-Scandalo!-

-Arrestatele!-

L'indignazione e lo sconcerto percorsero immediatamente il pubblico, mentre qualcuno sveniva per l'emozione -Dov'è Giudicelli? Avranno ucciso anche lui?- I più arditi in platea cominciarono ad arrampicarsi sul palco, mentre i gendarmi cercavano di riportarli alla ragione, non facendo altro che farli infuriare ancora di più.

Il tiratore scelto, in mezzo a quella confusione, sparò, cercando di colpire Mercier, ma lo mancò e il ragazzo si riparò dietro a Christine, stringendola e trascinandola con sé

-Fermati Mercier! Possiamo ancora sistemare tutto!-

Il ragazzo non le rispose e tirando una corda nascosta tra i tendaggi fece aprire la botola, parecchi metri più sotto.

-No!-

Christine cercò di liberarsi dalla presa, ma lo stalliere era molto più forte di lei e saltò nel vuoto, trascinandola con sé, un istante prima che la Viscontessa li raggiungesse.

Carlotta fece a malapena in tempo a incrociare lo sguardo dell'amata, da sopra la spalla dell'uomo, mentre quest'ultima allungava il braccio in un disperato tentativo di afferrarla.

-Gabrielle!- Urlò la donna a squarciagola, prima di vederla scomparire nel buio di quella voragine.

Le gambe le cedettero per un istante e si appoggiò di peso alla balaustra, sentendo il fiato spezzarsi. Aveva già visto tutto quello, aveva già visto gli occhi di...Christine? Mentre cadeva nel vuoto, con un disperato addio.

Quando? Quando era successo? Sembrava che la testa fosse stretta in una morsa, mentre faticava a ragionare. Sentendo l'arco ondeggiare vistosamente guardò verso il basso, ancora confusa.

Sotto di lei, lo sparo aveva scatenato il panico assoluto e il pubblico in platea si era trasformato in una marea umana che, trovando le uscite sbarrate, si riversava sul palco, in preda alla follia più sfrenata. Lottavano tra di loro per conquistare il più piccolo passaggio verso quella che consideravano la salvezza e non si curavano di chi cadeva a terra, travolgendolo.

Senza frapporre ulteriore indugio, si gettò nel vuoto. Non aveva intenzione di perderla nuovamente.

Atterrò sui vecchi materassi posti sotto la botola e sguainò la spada. Dall'apertura sopra la sua testa filtrava la luce della platea, ma bastava allontanarsi di poco per ritrovarsi nell'oscurità più nera.

Cercò di capire che direzione avesse preso il ragazzo, ma il rimbombo dei passi sul legno del palco sovrastante copriva ogni suono, costringendola a concentrarsi, obbligandola a prendersi il tempo necessario, nonostante la premura.

All'improvviso sentì la voce di Christine provenire dal buio davanti a lei e si lanciò all'inseguimento, rallentata unicamente dall' oscurità che l'avvolgeva.



Sentendosi cadere si aggrappò alle spalle del ragazzo, mentre il vuoto sotto di loro li inghiottiva e gli occhi della mora incrociavano i suoi, congelando il tempo in un secondo di eterno terrore.

Lo aveva già visto, ma quando? Quando aveva incrociato quello sguardo colmo di disperazione, unito alla voce della compagna che gridava il suo nome?

"Gabrielle."

Non era il suo nome, eppure lo sembrava. Qualcosa dentro di lei parve spezzarsi e un' ineluttabile consapevolezza la investì, lasciandola senza fiato, mentre atterravano malamente sui vecchi materassi accatastati sotto la botola.

Rialzatosi in fretta, Mercier l' afferrò per un braccio e la trascinò con sé, trovando nell'oscurità più completa il passaggio, senza alcuna incertezza.

-Lasciami andare!-

-Stai zitta!- Il suo piano prevedeva che fuggisse da solo. Aveva già raggiunto il suo scopo, umiliando Carlotta pubblicamente, ma gli spari lo avevano costretto a prendere un ostaggio, per salvarsi, ed ora non sapeva come comportarsi. Forse era il caso di tramortirla e lasciarla lì, ma temeva che se la folla avesse trovato quel corridoio, probabilmente l'avrebbe travolta senza nemmeno accorgersene, cercando una via d'uscita.

Dopo l'ennesima svolta ritrovò la lanterna di cui si era servito per arrivare fino a lì e allungò la mano per afferrarla, ma fu proprio di quell'istante e di quel poco di luce, che la bionda approfittò, colpendolo al ventre e bloccandolo a terra, non senza difficoltà, data la grande differenza di forza tra loro.



Intravvedendo in lontananza un vago bagliore, la mora accelerò il passo, svoltando rapidamente nel corridoio e imbattendosi nella ragazza, a cavalcioni sopra la schiena del suo rapitore.

Abbassò la spada, dato il pericolo ormai cessato -Gabrielle?- Chiese, con nella voce la delusione di chi sapeva già la risposta.

La bionda annuì, con una profonda tristezza negli occhi -Speravo che non accadesse questa volta.-

-Lasciami andare!- Gridò Mercier, lamentandosi per il dolore alle braccia, torte dietro la schiena e schiacciate sotto al peso della ballerina.

-E' quello che ti meriti, stupido moccioso!- Tuonò la mora, profondamente arrabbiata. Se non fosse stato per lui, tutto quello non sarebbe successo.

-Non riuscirò a trattenerlo a lungo, Xena.-

La guerriera ebbe un sussulto a sentire pronunciare il proprio nome per la prima volta, ma cercò di non mostrare il proprio smarrimento e tagliò un lembo del mantello di Mercier, per poi legarlo rapidamente.

-Più avanti c'è un canale, se lo seguiremo fino in fondo arriveremo all'uscita.- Aggiunse la mora.

-Non dovremmo tornare ed aiutare ad evacuare?-

-Le guardie avranno già riaperto gli ingressi, saranno quasi tutti fuori, ormai. Meglio approfittarne per fuggire.-

-E di lui cosa ne facciamo?-

-Portiamolo con noi, poi decideremo.-

-Di cosa diamine parlate?! Lasciatemi andare!- Sentire le due ragazze parlare a quel modo lo spaventò. Non aveva mai sentito simili parole uscire dalla bocca di Carlotta e trovò strano che si rivolgessero l'una all'altra con nomi differenti.

-Perché l'hai fatto?- Lo interrogò la guerriera, mentre l’altra si rimetteva in piedi, risistemandosi l'abito.

-Mi hai tolto ogni possibilità di futuro...Ed io ho fatto altrettanto!-

-No, Mercier! Tu hai fatto tutto da solo. Sarebbero partire assieme a te, come promesso!- Incrociando il suo sguardo, non poté fare a meno di notare la somiglianza con suo fratello, Toris.

-Ed essere condannato ogni giorno a vedere il vostro amore e a tormentarmi per avere l'aspetto sbagliato?!-

-Ora capisco.- Una voce estranea gelò loro il sangue nelle vene.

-Cesare?!- Esclamò Xena, voltandosi e trovando l'uomo che le puntava contro una pistola, mantenendo saldamente una lanterna nell'altra mano.

-Avevo capito che c'eri tu dietro a quest'Opera, ho riconosciuto la tua stupida chiave di violino, e non avevo dubbi che avresti coinvolto il tuo amichetto... Ma non mi aspettavo che fosse contro di te, né una tale, infima, oscenità.- Tutto quello spiegava perché la scena tra le due donne era risultata eccessivamente intima ed allusiva, nonostante non l'avessero mai provata prima. -Dove speravi di arrivare con questo piano assurdo?-

-Volevo solo che tu non la toccassi.-

-Dopo quanto visto sul palco, questo non avverrà. Nessuno vorrà più nemmeno avvicinarsi a voi.- Fece arretrare il cane della pistola, preparandosi a sparare -Addio, direi che è stato bello, ma non ho voglia di mentire.-

In un istante, Xena si scagliò contro di lui, avendone rapidamente ragione e disarmandolo, facendolo poi cadere a terra.

La guerriera restò in silenzio, con l’arma appena rubata stretta in pugno, puntata contro il proprio oppressore.

Non sapeva cosa farne di lui, mentre l’uomo, atterrito e inerme, ricambiava il suo sguardo. Portò l’indice sul grilletto, un istante prima che la bionda intervenisse -Xena.- Sussurrò appena.

-Le avrebbe uccise. Le ha...Uccise.- Rispose la mora. Riacquistavano la memoria delle loro vite precedenti solamente quando le circostanze non lasciavano scampo alle loro reincarnazioni e il ciclo del Karma si arrestava. Aveva pensato che fosse successo a causa di Mercier, ma l’arrivo del Visconte, armato, aveva rivelato il vero responsabile.

-Possiamo fuggire in Inghilterra, è tutto pronto. Non occorre ucciderlo per forza.- Aggiunse Gabrielle.

Xena incrociò il suo sguardo per un istante, continuando a tenere sotto tiro César.

-Carlotta lo avrebbe ucciso?- Chiese la bionda, vedendo la mora tentennare.

Xena sospirò, abbassando l’arma -No. Lo detestava, ma non desiderava vederlo morto.-

-Leghiamolo e nascondiamolo nei sotterranei. Quando si libererà saremo già lontane.- 

La guerriera capitolò, vendicarsi per qualcosa accaduto in un’altra vita non le sembrava sensato, avrebbe solamente peggiorato la situazione alla prossima reincarnazione.

-Slega il ragazzo. Lo porteremo con noi, o Cesare lo farà giustiziare.- 

-Sei definitivamente impazzita, quindi?- Chiese con sarcasmo il Visconte. La figlia non lo aveva mai chiamato “Cesare” e i loro discorsi non avevano completamente senso.

-Attento, fossi in te non tirerei la corda.- Lo minacciò la guerriera.

Gabrielle, tenendo il proprio pugnale puntato contro la schiena di Mercier, per essere sicura che collaborasse e non cercasse di scappare, passò il lembo di mantello che avevano usato per il ragazzo a Xena, prima che questa appoggiasse la pistola e si chinasse per legare il Visconte, che, approfittando di un istante di distrazione, estrasse un coltello dallo stivale, piantandolo nella coscia della guerriera, subito prima di lanciarsi a recuperare la pistola.

-No!- Mercier si lanciò su di lui, nel medesimo istante in cui il Visconte si rialzava premendo il grilletto, colpendolo al ventre, subito prima di cadere nuovamente a terra, trafitto a morte dai pugnali che le due donne avevano scagliato.

Gabrielle prese al volo il ragazzo, un istante prima che rovinasse al suolo, e cominciò a soccorrerlo, immediatamente raggiunta e aiutata dalla mora.

-Le idi di marzo non ci portano mai fortuna.- Commentò amaramente.



****
Note dell'autrice: siamo quasi giunti al termine, il prossimo sarà l'ultimo capitolo. Colgo l'occasione per ringraziare la mia beta di fiducia Oscuro_errante, per l'enorme pazienza, vista la sua sessione di esami universitari e la mia stagione teatrale. Grazie a tutti, fatemi sapere cosa ne pensate, anche se non vi è piaciuto :) Se preferite potete anche scrivermi su facebook (trovate il link in bio)
A sabato prossimo!!




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Capitolo 15
*** Cabaletta ***


15 Cabaletta

Ogni riferimento a fatti realmente accaduti, cose, luoghi, persone e organizzazioni realmente esistenti è puramente casuale.

15.

Cabaletta




"Caro Mercier,
sono felice di sapere che la nostra precedente ti ha trovato in buona salute e sollevata nell'apprendere che finalmente sono stati catturati i colpevoli dell'omicidio di Mademoiselle Sorelli.
Christine non è stata contenta di vedere le accuse contro Mère confermate dal processo, ma sapeva in cuor suo che il coinvolgimento della tutrice era pressoché certo soprattutto dopo il ritrovamento del fascicolo su Bouquet e sapendo del loro legame affettivo.
Venendo a più lieti argomenti: Capri è meravigliosa in questo periodo dell'anno, il clima mite e soleggiato sta rendendo estremamente piacevoli le nostre giornate, al punto tale da farci prendere in considerazione l'idea di viaggiare per il Mediterraneo, approfittando della bella stagione.
Ci sposteremo in Sicilia, per un breve periodo, e poi ci imbarcheremo per la Grecia. Ti aggiorneremo sui nostri recapiti man mano.
Ti saremmo grate se potessi al più presto disporre il cambio di almeno 600 franchi a nostro favore, in modo da coprire le spese di viaggio per noi ed Argo per alcuni mesi. Resteremo a Capri per ancora due settimane, in modo da organizzare tutto come si conviene.
La conversione degli stabilimenti per i motori a scoppio come sta procedendo? E' da qualche tempo che non mi aggiorni. Spero che Monsieur De Dion non stia continuando ad ostacolare le trattative con le sue assurde pretese. Nel caso sii ferreo, procederemo come deciso, senza cedere.
Porgi i nostri più cordiali saluti a tua madre, attendiamo al più presto tue notizie.

Cordialmente tua "


-Xena- Gabrielle richiamò la sua attenzione e attese che la guerriera la raggiungesse allo scrittoio -Se la firmi possiamo spedirla.-
La mora si chinò per leggere la missiva da sopra la spalla della bionda, ancora seduta -Non è un po' brusca come conclusione?- Chiese, leggermente perplessa.
Gabrielle non rispose. Non aveva particolarmente in simpatia il ragazzo e anche se l'esecutore materiale della morte di Christine e Carlotta sarebbe stato César, Mercier aveva contribuito parecchio a crearne le circostanze. -Sei veramente sicura che possiamo fidarci di lui?- Chiese, leggermente infastidita.
-Sì.- La mora si chinò di più sullo scrittoio e prese la penna che l'altra le porgeva -Finché si sentirà in colpa esaudirà ogni nostra richiesta rapidamente.- Ebbe un attimo di incertezza, quando si accorse che stava per firmare con il proprio nome, anziché quello della Viscontessa, ma si corresse in tempo.
-E' che lasciarlo impunito...Mi sembra eccessivo.-
-Si punirà da solo per il resto dei suoi giorni, come fece mio fratello Toris, ed in fondo, non le ha uccise lui.- Prendersi poi un colpo di pistola all’addome, cercando di aiutarle, le sembrava una punizione più che sufficiente.
-Sì... Finiamo sempre col ripeterci, quando ne parliamo.- Gabrielle soffiò sulla lettera, per asciugarne l'inchiostro, prima di piegarla e metterla nella busta, pronta per essere sigillata -Devo ammettere che non mi aspettavo che Bouquet fosse "Lo strangolatore del Punjab"- Aggiunse la bionda, cambiando argomento.
-Non mi aspettavo che César lo sapesse e non dicesse nulla.- Avevano trovato quella indicazione tra le sue carte, risalenti a quando aveva fatto controllare il personale, nel momento dell’acquisizione del teatro. Erano solo sospetti e probabilmente il mecenate sperava di poterli sfruttare a proprio vantaggio, ma una volta consegnate le informazioni alla polizia avevano fatto presto a risalire alla sua vera identità.
Gabrielle rimase nuovamente in silenzio, persa nei propri pensieri. Accorgendosene, Xena l’abbracciò, restandole alle spalle, e sentendola rilassarsi leggermente, mentre iniziava ad accarezzarle l’avambraccio dolcemente -Mi piacevano queste due ragazze.-Disse infine il bardo -Erano troppo giovani per avere una simile sorte.-
-Con l'educazione che avevano ricevuto erano quasi totalmente indifese davanti ad uno scontro con un persona esperta come Cesare.- Disse la guerriera -Ma hanno dimostrato moltissimo coraggio- Se solo avessero avuto l’occasione avrebbero fatto grandi cose, ne era certa.
-Anche un po' di incoscienza.- Gabrielle voltò il capo, appoggiando la fronte alla sua guancia, mesta.
-Come se tu non avessi mai fatto niente di azzardato, da giovane.- Le sorrise, ricordando la fuga da casa della bionda, dopo il loro primissimo incontro.
-Ti ricordo che siamo ancora giovani, non abbiamo neanche quattro lustri!- Cercò di stemperare la tensione.
La mora ridacchiò sotto i baffi, prima di baciarla teneramente sulle labbra  e sciogliere l'abbraccio, rimettendosi in piedi.
-Perché vuoi partire? Stiamo bene qui, in fondo- La seguì con lo sguardo, curiosa, non ne avevano ancora parlato bene.
-Si avvicina la stagione della pesca al salmone e qui non posso certo trovarne.-
-Ammettilo, ritrovare Iréneè ti ha fatto venire nostalgia di casa.- La punzecchiò sorridendo la bionda, non credendo ad una sola parola della scusa accampata dalla guerriera.
-E' da parecchio che non torniamo, voglio controllare che Ares sia ancora sigillato nel tempio in Macedonia.-
-E passare da tua madre a dai tuoi fratelli.- Gabrielle era certa che il vero motivo fosse quello, in realtà.
-Se ci sarà tempo.- Ammise la mora, colta in fallo -Perché tu sei così restia?-
-Lì ci siamo anche…Noi.- Si prese un istante, le suonava sempre strano -Non riesco a fare come se niente fosse.- Aggiunse.
-Non è la prima volta che moriamo.-Osservò la mora.
-Tu forse ci sarai abituata- Sorrise sarcastica Gabrielle -Ma quella è stata la prima volta..."Definitiva", per me- Era la prima vita di cui aveva memoria e la ricordava ancora con nostalgia.
-Non pensavo che dopo tutto questo tempo provassi ancora questi sentimenti.- Per Xena era diverso, era deceduta numerose volte durante quell’esistenza e aveva una maggiore familiarità con la relatività del concetto di “Morte”.
-C'ero affezionata. Tra tutte le vite avute quella rimane comunque la mia preferita. Eravamo libere di essere chi volevamo e non mi sarei mai aspettata che la società prendesse una piega tanto...Retrograda.-
-Già meglio che a Salem- Osservò mesta la guerriera, ritrovando ricordi sgradevoli.
-Assolutamente sì.-
-Le cose stanno cambiando però, la prossima vita andrà meglio, vedrai.-
-Lo spero...- Gabrielle si alzò e si avvicinò alla finestra, sperando che la vista del mare la rinfrancasse un po'.
-Non è da te recriminare tanto...Sicura che sia tutto a posto?- Chiese la mora.
-Sì...Solo un po' di amarezza- Si strinse nelle spalle -Christine si vedeva già vecchia, assieme a Carlotta.- La giovane aveva iniziato a faticare da bambina, da quando era rimasta orfana e desiderava unicamente riposare con serenità accanto alla persona che amava.
Xena l'abbracciò nuovamente, prima di baciarle il collo, teneramente -Controllato Ares possiamo tornare qui, se ti piace tanto.- Si sarebbe accontentata di un viaggetto ogni tanto, come diversivo, se Gabrielle non se la fosse sentita. Talvolta capitava che i gusti e le abitudini delle loro reincarnazioni permanessero, anche dopo aver recuperato la memoria.
-Mi piacerebbe, ma probabilmente ricominciando a viaggiare cambierò idea. Vedremo come andrà.- Si voltò e la baciò dolcemente sulle labbra, cercando di tranquillizzarla. Era solamente una giornata storta e si sentiva un po' fiacca, non voleva che la guerriera si preoccupasse.
-E' più facile baciarti quando non hai la barba.- Cercò di sdrammatizzare la mora, riferendosi ad una delle loro vite precedenti.
-Però mi stava bene!- Aggiunse Gabrielle, cercando di mantenere un tono più spensierato.
-Hm, passabile.-Sorrise sarcastica la guerriera.
-Vogliamo parlare dell'averti come madre?!- Ribatté scherzosa la bionda.
-Forse il ruolo peggiore che potesse capitarmi. Eri ingestibile!-
-Spero che non succeda mai l’opposto, non so a quale divinità si sia votata Cyrene, per riuscire ad allevarti.-
Xena sorrise, baciandola nuovamente -Sono contenta di averti ritrovata, nonostante tutto.- 
-Anche io.-
Sapevano fin troppo bene cosa il Destino avrebbe riservato loro: sfide che avevano già affrontato e perso nelle vite precedenti. 
Potevano solo cercare di imparare dai propri errori, anche se i secoli avevano insegnato che non era cosa facile, ma essere nuovamente assieme dava loro la speranza in un futuro migliore. Se non per quella vita, per la prossima.

****

Note dell'autrice:
Buongiorno e buon sabato! Con questo capitolo si conclude questo racconto, spero che vi sia piaciuto :)
Mi prenderò un po' di tempo prima di pubblicare altro (spero non ci vorrà troppo, ma ho bisogno di staccare un po', è stato un anno molto intenso) quindi, se vi piace quello che scrivo aggiungetemi tra gli "autori preferiti" in modo da ricevere le notifiche automatiche quando posterò qualcosa (che comunque pubblicizzerò anche sul mio profilo Facebook, quindi, se vi è comodo, aggiungetemi anche lì).


Note:
-Con il termine "Cabaletta" si indica solitamente la parte finale di un'Aria mi è sembrato quindi adatto come titolo al capitolo conclusivo.

-Monsieur De Dion: ho preso spunto dal nome di un imprenditore dell'epoca, fondatore di una delle prime case automobilistiche francesi, la "De Dion-Bouton" fondata nel 1883.

-Ares: Dio della Guerra. Nella serie non viene mai raccontata la battaglia che portò alla sua reclusione nel tempio, ma, nell'episodio 10x02 "The Xena Scroll", vediamo come la divinità sia rimasta rinchiusa almeno fino al 1942 (per questo non l'ho fatto comparire come personaggio in questo racconto :) ) 

-Punjab: regione a cavallo tra India e Pakistan, viene citata nel libro come probabile terra di origine del Fantasma. Nell'opera letteraria è lui, in realtà, "Lo strangolatore del Punjab", ruolo che io invece ho fatto ricadere su Bouquet.

E con questo è tutto, spero che vi siate divertiti a leggere.

A presto!










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