Rose e Focacce

di Hime Elsa
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 (Meredith POV) ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 (Meredith POV) ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 (Anthony POV) ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 (Meredith POV) ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5 (Anthony POV) ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6 (Meredith POV) ***
Capitolo 8: *** Capitolo 7 (Anthony POV) ***
Capitolo 9: *** Capitolo 8 (Meredith POV) ***
Capitolo 10: *** Capitolo 9 (Anthony POV) ***
Capitolo 11: *** Capitolo 10 (Meredith POV) ***
Capitolo 12: *** Capitolo 11 (Anthony POV) ***
Capitolo 13: *** Capitolo 12 (Robert POV) ***
Capitolo 14: *** Capitolo 13 (Meredith POV) ***
Capitolo 15: *** Capitolo 14 (Anthony POV) ***
Capitolo 16: *** Capitolo 15 (Meredith POV) ***
Capitolo 17: *** Capitolo 16 (Anthony POV) ***
Capitolo 18: *** Capitolo 17 (Meredith POV) ***
Capitolo 19: *** Capitolo 18 (Micheal POV) ***
Capitolo 20: *** Capitolo 19 (Micheal POV) ***
Capitolo 21: *** Capitolo 20 (Meredith POV) ***
Capitolo 22: *** Capitolo 21 (Meredith POV) ***
Capitolo 23: *** Capitolo 22 (Anthony POV) ***
Capitolo 24: *** Capitolo 23 (Anthony POV) ***
Capitolo 25: *** Capitolo 24 (Meredith POV) ***
Capitolo 26: *** Capitolo 25 (Meredith POV) ***
Capitolo 27: *** Capitolo 26 (Micheal POV) ***
Capitolo 28: *** Capitolo 27 (Micheal POV) ***
Capitolo 29: *** Capitolo 28 (Meredith POV) ***
Capitolo 30: *** Capitolo 29 (Anthony POV) ***
Capitolo 31: *** Capitolo 30 (Meredith POV) ***
Capitolo 32: *** Capitolo 31 (Anthony POV) ***
Capitolo 33: *** Capitolo 32 (Robert POV) ***



Capitolo 1
*** Prologo ***



Prologo 


Se c'è una cosa che adoro durante il mio tempo libero è scrivere sul mio diario segreto. Avrò pure ormai ventiquattro anni suonati - voglio dire, chi a quell'età scriverebbe ancora sul diario segreto?!- ma non me ne importa: sono libera di esprimermi e di dire ciò che penso... dal momento che sono impossibilitata di parlare rispetto a tutte le altre persone normali.
Perché sì, io non sono normale, non lo sono mai stata e mai lo sarò. Finché parlo a rallenty come sostenevano i miei compagni di scuola con tanto di sfottò, non sarò mai come tutte le altre persone.
E fosse solo il parlare il mio problema: a causa di questa disabilità che ho fin da piccola, non sono grado di fare altre cose... come cucinare per esempio. L'unica cosa che mi riesce bene è preparare focacce. Amo le focacce, le mangerei a colazione nonostante preferisca il dolce la mattina e non a caso lavoro in una focacceria, gestita dai miei genitori. Non mi diletto solo nel preparare le focacce ma anche ad altre pietanze come frittura mista e panini, facendomi aiutare da mia madre.
Un posto del genere a Dublino è decisamente fuori dal comune ma l'idea di aprire una focacceria qui è stata di mia madre essendo di origini italiane ed è riuscita a convincere mio padre visto che la sua idea era quella di aprire il classico pub irlandese.
Scontatissimo dal momento che in Irlanda, pub del genere ne spuntano come funghi.
Solo adesso mi sto rendendo conto che sto scrivendo tutto questo sul mio diario, come se stessi scrivendo una storia, magari un'autobiografia su di me.
Ma cosa sto pensando, a chi interesserebbe la storia di una disabile come me...


Ossignore, da quant'è che non scrivevo una storia su EFP?? Da troppo tempo, sigh.
Sono ritornata (più carica che mai, yeah) e spero che la storia vi possa piacere, dal momento che non solo scrivo i capitoli ma mi occupo anche dei disegni! I primi capitoli sono già pronti da diverso tempo, aspettate giusto una settimana per iniziare con la storia! 
Se volete seguirmi altrove, ricordate che ho Twitter (@HimeGabry), Instagram (himearts96) e DevianArt (HimeElsa)!

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 (Meredith POV) ***


Mentre scrivevo sul mio diario segreto, mia madre bussò alla porta.
Annuii semplicemente "uhm" per farle capire di poter entrare.
«Scusa se ti disturbo durante il tuo momento da solitaria rinchiusa in camera» squillò lei contenta mentre io la guardai torva per la battuta poco spiritosa.
«Volevo dirti che io e tuo padre abbiamo assunto un nuovo ragazzo che ci aiuta con le consegne poiché ha la bici. Preferivamo uno con la moto ma dal momento che questo ragazzo desiderava tanto trovare un lavoro e sembrava molto serio e disponibile, abbiamo deciso comunque di accettarlo e comincerà già domani»
«Wow...» dissi per tutta risposta.
Non sapevo se essere felice o meno. Forse no. L'idea di avere uno sconosciuto tra i piedi durante le mie ore di lavoro proprio non mi aggradava. Il bullismo a scuola mi aveva segnata del tutto e da quando avevo finito il liceo, ero diventata sempre più chiusa, insicura e direi anche molto asociale. Non avevo amici né conoscenti. Le uniche persone di cui potevo contare erano i miei genitori e nient'altro.
Però magari, dal momento che lui avrebbe dovuto occuparsi delle consegne e stava più fuori che dentro, forse non lo avrei visto più di tanto...
«Sai, sono molto contenta che arrivi questo ragazzo, così potreste fare amicizia, siete comunque coetanei» replicò contenta mia madre
Anche no, grazie.
Feci "no" con la testa ma mia madre insistette con dolcezza: «Mia cara, non puoi rinchiuderti per sempre tra casa e lavoro - in questo caso cucina visto che al bancone non ci sei mai- e allontanarti da chiunque che non sia io e tuo padre. Il mondo è cattivo ma allo stesso tempo c'è tanta gente per bene e non sai cosa ti perdi là fuori se provi solo per una volta a fare qualcosa di diverso, oltre a fare la spesa con me... magari in un parco e conoscere delle ragazze e perché no, anche un bel ragazzo» strizzando l'occhio.
Non potevo dire che avesse torto ma pensai che la facesse troppo facile dal momento che chi mai avrebbe voluto fare amicizia con me: non potevo fare un discorso perché ci mettevo millenni, potevo solo annuire ma sarei poi stata l'anima morta della compagnia... inutile e significante.
Detto questo, mia madre se ne andò e chiuse la porta, nel frattempo io continuai a scrivere, a scrivere cose senza senso probabilmente.
-

«Salve a tutti, io sono Micheal, piacere di conoscervi!»
Un ragazzo dai capelli castani color nocciola si presentò davanti a noi. Era il ragazzo delle consegne e lui, io e mia madre stavamo fuori, davanti al negozio. Aveva occhi verdi color smeraldo ma l'altro occhio -il destro- a malapena si vedeva, coperto da un grande e lungo ciuffo castano, ben pettinato. Arrossì dopo la presentazione, constatando che fosse una persona timida come me.
Il ragazzo di nome Micheal guardò la nostra focacceria e potette subito notare il suo dettaglio peculiare: le rose. Quando i miei decisero di aprirne una, fu un'idea mia di abbellirla con rose, giusto per renderla più carina e magari acchiappare più clienti. Non a caso il nostro negozio lo chiamammo Rose e Focacce proprio per questo. D'altronde i fiori piacciono a molti, no? E poi la rosa era il mio fiore preferito e solitamente al mio compleanno, oltre ad una semplice torta di cioccolato, chiedevo solo ed esclusivamente rose come regalo ai miei genitori. So che molte ragazze avrebbero preferito un make-up, vestiti, gioielli e forse non ironicamente una vera e propria carta di credito per lo shopping, ma io non ero quel tipo di ragazza e soprattutto se c'era una cosa che odiavo, era lo shopping: trucco e vestiti non facevano per me.
E considerando che avevo dei gusti particolari - amavo gli abiti in stile anni '50 -, solitamente era mia madre a cucire gli abiti per me. A volte cercavo di cucirmeli da sola ma ci mettevo il doppio del tempo, più una buona dose di difficoltà.
«Mi piace l'idea delle rose» esclamò ad un tratto Micheal molto soddisfatto. «Ti ringrazio caro, è stata un'idea di nostra figlia Meredith: adora le rose ed i fiori in generale e per rendere il nostro posto più accogliente ma allo stesso tempo innovativo e fresco, ha ben pensato di applicare delle rose, sia fuori che dentro!» cinguettò mia madre.
«È bizzarra come cosa -in senso buono!- perché parliamo pur sempre di un negozio che vende cibo salato e fritto e solitamente i fiori li ho visti nei ristoranti o massimo nei bar eleganti e sale da thè... quindi insomma, non si vede tutti i giorni un take-away decorato di rose! Ora comprendo anche la scelta del nome... Fantastico!!»
Arrossii. Era la prima volta che una persona, al di fuori della mia famiglia, mi faceva un complimento per un'idea. L'avevo sempre trovata carina ma nulla che potesse essere così geniale e strepitosa come lo stava descrivendo lui.
«Comunque» continuò Micheal «questa è la mia bici ed ovviamente, come mi avete chiesto, mi occuperò delle consegne a domicilio!»
Incominciava a starmi simpatico, forse mia madre aveva ragione; nel mondo, nonostante la cattiveria, si potevano trovare comunque persone a modo come Micheal. Certo, lo conoscevo da neanche un quarto d'ora però in quel momento potevo dire che mi aveva fatto una buona impressione, speravo di non ricredermi.
Ci mostrò la sua bici, non particolarmente nuova o comunque moderna ma neanche vecchia ed alla fine era adatta per il suo lavoro da fattorino. Era di colore verde smeraldo, come il colore del suoi occhi e della sua felpa ed incominciavo a pensare che forse amasse il verde.
Entrammo dentro per mostrare al nuovo arrivato l'interno e di tutte leccornie che si trovavano nel bancone.
«Oh cielo, incomincio ad avere l'acquolina in bocca...» esclamò lui e potevo giurare di vedere della bava sulla bocca... forse aveva davvero fame!
Mi feci coraggio ed incominciai a parlare.
«Vuuuuuoi uuuuna fooocacciaaa?»
Mi guardò. Cominciai a sudare freddo. Forse era la prima volta che sentiva una persona a parlare così e chissà cosa stesse pensando. Che gli facevo pena probabilmente.
Ed invece mi sbagliavo. Vidi una scintilla nei suoi bei occhi verde smeraldo, una luce mai vista fino ad'ora negli occhi di una persona.
In contrasto con i suoi occhi lucenti, in viso spuntò un sorriso che mi fece scaldare il cuore.
«Grazie mille, accetto molto volentieri»
Per la prima volta, dopo tanti anni, mi sentii felice. Non solo mi aveva riempita di complimenti per la mia idea sulle rose ma non aveva neanche detto nulla sul mio modo di parlare, forse a lui del mio handicap non gli importava affatto. E nessuno e dico nessuno lo aveva fatto se escludiamo la mia famiglia. Chissà, dopo tanti anni di solitudine, potevo mai avere un amico?
Gli offrii un trancio di focaccia e se lo mangiò in due secondi. Dire che lo aveva apprezzato è poco! «L'hai fatta tu?»
Feci di sì con la testa sorridendogli.
«È davvero buona! Non avevo mai mangiato una focaccia prima d'ora e adoro che sia così fritta e croccante! Non sarà salutare o dietetica ma chi se ne importa!» rise lui ed incominciai a ridere anch'io.

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Capitolo 3
*** Capitolo 2 (Meredith POV) ***


Erano passate diverse settimane dall'arrivo di Micheal come membro dello staff della nostra focacceria e devo dire che grazie alle consegne a domicilio, il tutto smaltite da Micheal che andava in bici ci avevano garantito un bel po' di incassi. Addirittura mio padre aveva pensato di mettere un paio di tavolini, sia fuori che dentro per permettere la consumazione anche da seduti. Mi sembrava un'idea fattibile sperando che in quattro ovvero io, mio padre, mia madre e Micheal potevamo cavarcela comunque senza dover cercare un'altra persona. Magari mia madre poteva occuparsi sia del bancone che per le ordinazioni o lo avrebbe potuto fare pure Micheal quando non c'erano prenotazioni per le consegne a domicilio.
Di farlo io non se ne parlava proprio. Tralasciando che già aiutavo mio padre per la preparazione delle focacce ma non ero proprio idonea al ruolo della cameriera con la disabilità che avevo.

-

«Chissà cosa posso regalare a Charlotte per il suo compleanno...»
Mentre preparavo le pizze, sentii borbottare Micheal dall'altro lato del negozio. Era appena tornato per consegnare delle focacce in una villa qui vicino e dopo questa poteva riposarsi dal momento che non c'erano più prenotazioni. Charlotte aveva detto? Chi poteva essere? La sua ragazza?
E dire che mia madre qualche giorno fa mi aveva fatto una testa enorme di provarci con lui per poi scoprire che aveva una fidanzata o comunque innamorato di un'altra.
Misi le focacce nel forno elettrico ed uscii dalla cucina per vedere Micheal.
Lo vedevo piuttosto preoccupato e sembrava che volesse parlarmi per chiedermi consiglio. Peccato solo che io fossi l'ultima persona della lista nel poterlo aiutare dal momento che non capivo assolutamente nulla di rapporti sociali e di conseguenza pure sull'amore.
«Tu non ti sei mai innamorata?» mi domandò lui all'improvviso.
Avevo subito del bullismo pesante a scuola, figurati se avessi perso la testa per un ragazzo.
Feci no con la testa.
«Capisco»
A quel punto decisi di togliere un dubbio per quanto mi fosse già chiaro.
«Chaaaarlotte è la tuaaa ragaaaazaa?»
«Magari» mi rispose piuttosto sconsolato.
«Come si dice oggi... la mia crush? Direi proprio di sì»
Mi mostrò una sua foto di lei dal suo cellulare: una ragazza dal fisico minuto con lunghi capelli castani leggermente ondulati ed occhi verdi ma da un colore diverso rispetto a quelli di Micheal. A giudicare dalla foto sembrava molto carina -più carina di me sicuro- e gli feci cenno di raccontare qualcosa in più, anche per aiutarlo... magari.
«Vedi, poco fa, mentre stavo ritornando al negozio, ho ricevuto una chiamata dal mio migliore amico e sia lui che lei -ovvero Charlotte- stanno tornando dagli Stati Uniti dopo quasi un anno di lavoro lì. Lei è una mia amica d'infanzia e sono cotto di lei da quando sono piccolo, tuttavia non mi sono confessato perché ecco... non credo di essere il ragazzo giusto per lei. Sono un povero fattorino e niente più mentre lei in poco tempo è diventata una delle stiliste più note di tutta New York ed ha solo 21 anni! Ah, compie gli anni tra qualche giorno, quindi festeggerà il suo compleanno a Dublino e perciò volevo farle un regalo ma non so cosa, ecco...»
Stilista... wow, io a 21 anni mi limitavo tra casa e focacceria, a scrivere il mio diario segreto e cucinare focacce... mi facevo schifo da sola. E compresi lo sconforto di Micheal nella sua poca autostima. Avrei voluto dirgli qualcosa, dirgli di farsi forza e di non abbattersi ma non potevo dare consigli se ero io per prima la persona più insicura e poco fiduciosa nelle sue capacità.
Le parole a volte servivano a poco e quindi mi limitai a dargli una pacca sulla spalla, gesto che venne apprezzato dallo stesso Micheal dal momento che mi sorrise.
«Grazie mille, mi sento meglio» mi rispose lui. Non ero sicura di aver contribuito a chissà cosa ma ero contenta di avergli risollevato l'umore.
«Dopoooo usciamooo?»
«Eh?!»
Sì che mi avevi sentito bene. Dopo il lavoro saremmo usciti insieme per trovare il regalo per la sua Charlotte. Volevo aiutarlo a tutti i costi, fosse stata l'ultima cosa che avrei fatto.
-

«Quindi mi consigli un mazzo di fiori?»
Feci di sì con la testa.
«Uhm»
Guardò diversi fiori fuori dal fioraio ma non sembrava molto convinto.
Una volta chiuso il negozio per una pausa durante il primo pomeriggio, corremmo subito dal fioraio più vicino perché la mia idea era quella di regalarle un mazzo di fiori. Non conoscevo Charlotte ma da come l'aveva descritta sembrava una ragazza molto semplice, tranquilla, gentile e spontanea. Insomma, praticamente un angelo di persona.
Sentendo tutte queste sue caratteristiche, mi veniva in mente come fiore la margherita e così gliela indicai.
Continuò a rimanere perplesso ed io non sapevo più che fare fino a quando non uscì fuori dal negozio Lola, la figlia del fioraio. Lola era una ragazzina di 14 anni esperta di fiori, molto vivace, che riusciva ad accattivare i clienti con la sua parlantina. Tendeva ad essere un po' troppo logorroica ma riusciva comunque nel suo intento a fare cassa. La sua esuberanza la si notava dal suo vestiario; sgargiante e molto alla moda.
Ci osservò con curiosità e ci salutò:
«Oh, ciao Meredith!»
La salutai con educazione facendo un cenno con la mano.
«Vi serve un aiuto?» squillò lei, forse contenta che oggi avrebbe guadagnato qualche soldo.
«Beh, ecco... volevo comprare un regalo per un'amica e Meredith mi aveva consigliato dei fiori anche se non sono del tutto convinto...»
«Amica... certo, ed io sono la regina Elisabetta»
«Come scusa?!»
«Eddai, non fare il finto tonto! Sei diventato rosso come il fuoco e quindi ho già capito che quella pseudo amica è più di un'amica. A chi vuoi prendere in giro?»
«Argh, piccola disgraziata!» bestemmiò Micheal.
Povero ragazzo, avevamo tante cose in comune tra cui il non saper mentire e fare la figura dei bamboccioni.
«E va bene, hai ragione» sbuffò Micheal mettendo una mano sulla fronte e Lola che gongolava per la soddisfazione, manco avesse azzeccato il futuro.
«Che poi pensavo che tu e Meredith eravate fidanzati ma quando hai detto questa faccenda del regalo, era improbabile che fosse lei; chi comprerebbe un regalo se poi è presente la persona che lo deve ricevere? Che sorpresa sarebbe poi, ahahah»
All'improvviso però divenne seria.
«Però scusa... perché mai non sei convinto di comprarle dei fiori? Cos'è, non ti fidi di noi? Del nostro negozio? Non ti consiglio di andare dal fioraio vicino alla metropolitana, i nostri fiori sono i migliori!»
Oh no, aveva capito tutto un'altra cosa.
«Ehm, ma il problema non è questo. Pensavo che regalarle un mazzo di fiori sarebbe stato un po' troppo semplice, un po' scarno e...»
«Bro ma scherzi?»
«Ti prego, non chiamarmi bro...»
«Ok scusa! I miei genitori mi dicono sempre che devo portare rispetto ed educazione ai nostri clienti ma io li tratto come se fossero i contatti della mia friendlist su Facebook!»
«E comunque alla fine riesci ad acchiappare clienti... -a detta di Meredith-»
«Che ci posso fare se sono carina e simpatica?»
Notai Micheal spazientirsi ed incominciai a pensare che forse era davvero meglio andare dal fioraio vicino alla metropolitana. Si girò e mi parlò sottovoce. «Senti... nulla di personale ma sicura che comprare dei fiori da questa bimbetta sia una buona idea? Già i fiori come regalo mi convincono poco, peggio ancora se a sbrigarci è una ragazza che blatera sciocchezze facendomi perdere la pazienza»
Non sapevo cosa dirgli onestamente ma più che altro, Lola faceva così con tutti.
«Fidatiii dii leiii»
Lola finalmente si ricompose perché seguita dal buon senso o perché aveva sentito la nostra breve conversazione e decise seriamente di aiutarlo.
«Premetto che quando si tratta di regali, sono la persona più indecisa dell'universo. Vuoi perché i regali migliori -chiamasi quelli che ho azzeccato- li ho già fatti, vuoi perché il regalo che magari potrebbe piacere a quella determinata persona costa troppo ed uno non può aprire un mutuo per un regalo, quindi che faccio? Semplice, un mazzo di fiori più una cartolina di auguri con tanto di dedica. Voglio dire, cosa c'è di più bello dei fiori regalati invece di tante cose inutili?» concluse il tutto con fare teatrale.
«Pensavo che fosse sempl-»
«Semplice un corno!!» urlò Lola in faccia al povero Micheal.
«Guarda!!» e spalancò le braccia e mani indicando i fiori esposti fuori.
«Ti sembrano così semplici i fiori? A parte che profumano pure e il loro profumo è di serie, non lo spruzziamo noi!»
«Ah, che battuta!»
«Simpatica, vero?»
«Per niente»
Decisi di intervenire a malincuore.
«Seeeeguii il consigliooo di Looola eee preeendi lee margheriite»
«Wow Meredith, non mi aspettavo che fossi esperta di fiori!» mi domandò elettrizzata Lola.
«Abbastanzaaa»
«Ah già, ora che ci penso, la tua focacceria è zeppa di rose, ora capisco tutto»
Nonostante il carattere irriverente, Lola era comunque una brava ragazzina. Era una di quelle pochissime persone di cui non mi faceva pesare la mia disabilità e con ciò mi sentivo più a mio agio a parlare.
«Ok, prendo dei fiori ma potresti gentilmente spiegare il perché le margherite? Voglio dire, ci sono tantissimi fiori e vorrei capire se questa tua scelta si basa su una logica particolare. Le margherite sono belle, indubbiamente, ma ci sono tanti altri fiori bellissimi che sto vedendo come tulipani, orchidee...»

«Cooonoscii il liiinguaggiooo deei fiiori?»
«Uhm... mi spiace ma no» rispondendomi un poco imbarazzato.
«Meredith ha capito tutto!»
Ringraziai mentalmente Lola per il compito della spiegazione visto che ci avrei messo troppo tempo a spiegarglielo.
«Quello che sta cercando di dire Meredith è che i fiori hanno un significato e vengono regalati proprio per lanciare un messaggio speciale ad una determinata persona. Per esempio il quadrifoglio simboleggia la fortuna. Nel caso della margherita, rappresenta l'arrivo della primavera. E' nota per la sua delicatezza, simboleggia semplicità, innocenza e purezza di corpo/spirito. Ma anche modestia, pazienza, riflessione, amore fedele... oh insomma, senza girarci intorno, prendi le margherite! Più di così non so come convincerti.»
«Oh no, devo dire che mi hai convinto abbastanza ed elencando le caratteristiche della margherita, direi che combaciano con la personalità di Charlotte, quindi che dire... grazie Meredith!»
Non compresi il perché del suo grazie dal momento che la spiegazione l'aveva ricevuta da Lola e non da me e perciò lo guardai perplessa.
Micheal colse al volo il mio pensiero, come se mi avesse letto nella mia mente e cercò di spiegarsi meglio.
«Quello che voglio dire è che anche se Lola mi ha descritto molto dettagliatamente le caratteristiche del significato del fiore, sei stata tu comunque a consigliarmi la margherita perché avevi capito fin da subito che potesse andare bene per Charlotte. Lola sarà pure un'enciclopedia dei fiori -ma se per questo neanche tu non sei da meno!- ma nulla vieta che poteva consigliarmi un fiore completamente sbagliato...» E guardò Lola con un'espressione parecchio suscettibile.
«Ehi, come ti permetti?! Guarda che non ti vendo più le margherite!»
«Non è un problema mio, le posso acquistare altrove»
«Ok, punto a tuo favore. Le vuoi prendere adesso oppure le devi ordinare per un giorno specifico?»

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Capitolo 4
*** Capitolo 3 (Anthony POV) ***


In tutta la mia vita non avevo mai preso l'aereo e non nascondo che per poco non morivo di crepacuore dal momento che non potevo neanche fumare. Tuttavia, visto che avevo deciso di intraprendere la carriera di modello, avrei dovuto a malincuore farci l'abitudine. In realtà sarei potuto restare a New York se solo quel rompicoglioni di Stephen non avesse insistito così tanto. Odiavo l'insistenza ed il vecchio me avrebbe reagito con violenza, ma ormai ero più o meno cambiato e stavo cercando di essere una persona migliore. E lo ammetto, era merito di Stephen ed i suoi amici.

Stephen era originario di Dublino e perciò ci aveva scongiurato tanto di andare in Irlanda per una vacanza, in più per realizzare un progetto che aveva a che fare con il nostro lavoro. Il suo però era più un ritorno a casa essendo irlandese ed anche Charlotte era dello stesso avviso, essendo pure lei irlandese.
Giustamente i due non vedevano i propri cari da quasi un anno ed avevano voglia di assaporare il profumo di casa.
Tra l'altro erano mesi che Stephen citava un certo Micheal (un suo amico d'infanzia) e voleva tanto farcelo conoscere. Anche Charlotte conosceva questo Micheal ed a detta di Stephen, lo considerava più di un amico.
Incominciavo a sospettare che questo viaggio in Irlanda era stato fatto apposta per far nascere un amore.
Presi le valigie ed insieme a Stephen e tutti gli altri uscimmo dall'aeroporto. Successivamente prendemmo un taxi per raggiungere la capitale. Devo dire che Dublino era una città molto carina e forse tutto sommato non era stato un male accettare la proposta di Stephen.
Anche Robert, Isabelle e Scarlet erano della mia stessa opinione ed Isabelle, da buon amante dei luoghi nuovi, incominciò a scattare diverse foto con il cellulare.
Ne era totalmente estasiata.
«Mai stati a Dublino, vero?» domandò Stephen. «Ma io direi proprio in Irlanda in realtà» rispose Robert «comunque è davvero bella ed abbiamo fatto bene a seguirti»
«Amico, se per questo, le mie idee sono sempre fantastiche. Solo che non siete ancora pronti ad accettare questa verità» fece spallucce il rosso.
«Poco modesto mi dicono»
«È fatto così, ormai ce ne dobbiamo fare una ragione. Lo sai che è egocentrico come pochi ed è sempre meglio dargli ragione, prima che incominci a rompere i coglioni» sussurrai a Robert.
«Guarda bello che ti ho sentito, eh»
«Non te la prendere Stephen: il succo di Anthony era che "Stephen è un grande ma ogni tanto rompe un po' il cazzo"» disse Scarlet cercando di calmare la situazione.
«UN PO'?!» esclamammo io e Robert all'unisono.
«Ah, quindi egocentrico è un aggettivo di accezione positiva? Grazie per la dritta» fu la risposta sarcastica di Stephen.
«Ma vi pare il caso di litigare? Non cambierete mai...» commentò Isabelle.
Fu lei poi a cambiare discorso.
«Se ho capito bene, io e Scarlet staremo a casa di Charlotte mentre tu ospiterai a Robert ed Anthony. Comunque questa bella vacanza ci voleva proprio!»
«Consideriamola come una pausa di tre mesi dopo un anno di lavoro» replicò il rosso.
«Alla faccia della pausa...» dissi io.
«Hai per caso chiamato Micheal?» domandò Charlotte al rosso.
«Certamente, lui lo sa già che saremmo tornati a Dublino. Probabilmente in questo momento sta lavorando, quindi lo contatterò direttamente stasera»
«Ah, è vero! Ora che ci penso, diverse settimane fa mi aveva detto che aveva trovato un nuovo lavoro come fattorino in una focacceria»
«Foca-che?!»
«Focacceria!»
«E che cazzo è..?» rispose perplesso Stephen.
«Presumo un takeaway dove si mangiano delle focacce...»
«Cazzo sono le focacce?»
«Cristo, quanto sei ignorante! Sono un prodotto tipico italiano: sono come delle pizze però a forma rettangolare e cotte nel forno elettrico»
«Vabbè amico, ma tu sei laureato, quindi è più che normale che tu possa sapere più cose di noi»
«Se per questo, sapevo pure io cosa fossero le focacce... e no, non ho la laurea a differenza di Robert» risposi serafico. Anche le ragazze affermarono ciò che dissi prima rimanendo il povero Stephen in silenzio e puro imbarazzo. Ma il silenzio durò poco tant'è che per difendersi dalla figura di merda, si fece una grassa risata, sparando le solite scemenze che solo lui poteva dirle... ah, non cambierà mai!
«Ora basta stronzate, direi che è il momento di mangiare, ho una fame! Che ne dite di andare in quel pub lì vicino?» domandai indicando il luogo.
«Bell'idea!» esclamò Stephen «Però paghi tu, eh»
Per tutta risposta, gli mostrai il dito medio.

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Capitolo 5
*** Capitolo 4 (Meredith POV) ***


«Ehi Meredith, sabato sera andrò a casa della mia amica -hey, non guardarmi così!!- Charlotte per festeggiare il suo ritorno a casa ed il suo compleanno, vorresti aggregarti pure tu? Ci sarà pure il mio amico Stephen ed i suoi colleghi, presumo suoi amici... che però non conosco»
Panico. Mi salii un'ansia terribile. Non aveva detto nulla di male ma il solo pensiero di conoscere gente nuova mi metteva una paura indescrivibile, come se qualcuno mi avesse dato un calcio nello stomaco. Non conoscevo Charlotte e non mi dispiaceva neanche conoscerla dal momento che sembrava carina e gentile (almeno secondo Micheal), ciò che mi turbava erano le altre persone di cui Micheal non conosceva e di conseguenza nessuno di noi due poteva farsi un'idea su di loro. Che tipo di persone potevano essere? Fossero stati come Micheal sarebbe stato il top, non avrei avuto problemi e mi sarebbe piaciuto andare al party. Ma sapevo fin troppo bene che persone come Micheal erano una totale minoranza. E poi, chi era Stephen?
Glielo domandai e lui rimase perplesso.
«Non te ne avevo già parlato? E' il mio migliore amico! E' un tipo estroverso (forse anche troppo) ma è un gran simpaticone, vedrai che ti piacerà... ehm, non intendevo in quel senso!»
Risi dopo l'ultimo commento ed incominciai a ricordare che fu proprio questo Stephen a chiamare Micheal per il ritorno di Charlotte in Irlanda. Tuttavia era la prima volta che sentivo il suo nome, lo aveva sempre citato come il suo migliore amico. Tra l'altro anche lui stava tornando dagli USA e mi chiesi se questo Stephen lavorasse come stilista proprio come Charlotte.
«E' unooo stilistaaa?»
«Chi? Stephen? Oh no, è un modello. L'ho sempre detto che era portato a fare questo, da piccolo tutti dicevano che era un bambino troppo bello e che aveva la stoffa per fare il top model e difatti ci è diventato... al contrario di me che ero e sono ancora uno spaventapasseri. Perlopiù sono troppo goffo e timido per fare un lavoro basato sulla propria immagine... il fattorino mi riesce meglio» concluse con una risata. «Poi beh, lui ha gli atteggiamenti un po' da playboy, a scuola faceva colpo su tutte le ragazze... sì, insomma, i soliti ragazzi sicuri di sé. Io invece sono il totale opposto!»
«Tiiii capiscooooo..»
Mi guardò sorridente perché si rese conto che eravamo molto simili, quasi uguali addirittura.
Lo consideravo come un fratello maggiore, di cui poter fare affidamento. Avrei voluto tanto avere un fratello o una sorella ma la gravidanza fu tumultuosa per mia madre ed a malincuore decise di avere solo me come figlia.
«Allora che hai deciso? Ci stai?»
Oh no, di nuovo l'ansia. Feci no con la testa decisa ma lui provò ad insistere.
«Ti prego, vieni! Vorrei tanto farti conoscere Charlotte e Stephen, posso assicurarti che sono delle brave persone... non ti derideranno per la tua disabilità, puoi starne certa» disse con assoluta fermezza e serietà.
«Eeee... gliii altriii?»
«Gli altri? Ah, dici gli amici di Stephen? Non li conosco...»
«A-Appuntoooo..»
«Però Stephen è un mio amico e so per certo che non avrebbe fatto amicizia con persone detestabili, lui è il primo ad odiare i bulli ed era lui a difendermi dalle angherie dei miei compagni di classe... perché sì, a scuola sono stato bullizzato»
Anche lui?
«Tuuu... buuulizzatooo...?»
«Già...»
Ma almeno non era solo, aveva un amico di cui poteva contare e farsi difendere, io invece non avevo nessuno, ero sola come un cane.
«Aaanch'iooo soonooo stataaa bullizzaaataaa...»
«Lo avevo intuito da come sei così schiva con le persone sconosciute...»
Argh, touchè.
«In ogni non preoccuparti, tu rimani accanto a me se non te la senti di stare con gli altri»
Mi sarei però sentita in colpa così dal momento che Micheal avrebbe voluto restare un po' da solo con Charlotte, quindi già decisi che dopo un paio d'ore me ne sarei tornata a casa.
Poi ad una certa mi venne in mente qualcosa ed era il regalo... Micheal si stava dimenticando dei fiori!
«Iiii fioooriiii...»
«Fiori? Di quali fiori par- OH CAZZO, I FIORI CHE HO PRESO PER CHARLOTTE! Me ne stavo dimenticando! Prima di andare a casa di Charlotte, devo andare da quella birichina di Lola a ritirarli... grazie per avermelo ricordato!»
Non glielo facevo così smemorato.

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Capitolo 6
*** Capitolo 5 (Anthony POV) ***


Arrivò il compleanno di Charlotte e quest'ultima ci invitò a casa sua per festeggiarlo. A detta sua non voleva regali ma sarebbe stato da cafoni non farle un piccolo pensiero quindi dei regalini li facemmo comunque. Io le regalai un'agendina perché la sua stava per terminare, Stephen una penna a calamaio e Robert un pettine decorato con fiori finti.
La casa di Charlotte era molto vicina a quella di Stephen, di cui lui molto gentilmente aveva ospitato me e Robert durante la permanenza in Irlanda.
Giusto un vicolo ed arrivammo a destinazione.
La casa di Charlotte da fuori era davvero graziosa: tipica villetta irlandese. Fatta di mattoni, di un marrone con venature di rosso e la porta dalla forma tondeggiante, il tutto rigorosamente verde. Ormai era chiaro che il colore preferito di Charlotte fosse il verde ma se posso dire la mia... quel verde della porta non c'azzeccava un cazzo con tutto il resto.
Sono un tipo schietto ma di certo non lo avrei detto ad una persona sensibile e timida come Charlotte, non mi sarei mai permesso... però forse ad uno come Stephen sì.
Faceva piuttosto caldo, indice che l'estate stava per arrivare.
Robert bussò il campanello e nel frattempo vidi il sole calarsi per dare spazio alla luna.
«Con un tempo così mite e caldo non capisco perché festeggiare al chiuso ed in casa sua quando si poteva andare in un ristorante all'aperto...» incominciai a parlare.
«Sai che Charlotte è una persona timida, non ama quel tipo di feste: lei preferisce qualcosa di più intimo e confortevole e tra l'altro qui i ristoranti costano, perciò meglio evitare»
«Quanto sei schifosamente tirchio, Robert» disse il rosso.
«Non è questione di essere tirchi, è questione di essermi un attimo impanicato quando ho visto i prezzi qui rispetto a New York se permetti...» rispose acido Robert.
«A meno che la cena fosse stata offerta da Charlotte ma in quel caso mi avrebbe dato fastidio»
Ad aprirci la porta fu Scarlet.
«Siete in ritardo!»
«E tu ci hai messo tre ore per aprirci» rispose Stephen.
«Ci stavamo preparando...»
«Ed anche noi!»
«Belloccio, non intendevo nel vestiario ma nel decorare il salone e preparare le cose da mangiare. Più che vestirvi e spruzzarvi litri di profumo manco fosse benzina, perché ci avete messo tempo?»
«Tempo magari di prendere qualche regalino per lei? Così, giusto per dire eh» risposi io sarcasticamente alzando le braccia.
«Cosa?! Ma se lei aveva detto che non voleva regali... ah già, ma se per questo pure io ed Isabelle le abbiamo comprato qualcosina, quindi non posso proprio biasimarvi. Ok, siete perdonati»
In tutto questo stavamo ancora fuori e nel frattempo sbucò Isabelle dal salone che vedendo la patetica scena rimproverò Scarlet.
«Si può sapere che stai facendo?! Vuoi farli entrare invece di perderti in chiacchiere...? Sei sempre la solita... accomodatevi ragazzi»
«Mica è casa tua!» brontolò Scarlet.
«No ma ti pare educato far attendere gli ospiti fuori? Chiacchiera pure ma almeno falli prima accomodare dentro...»
«Mica li ho mandati a fanculo»
«Ah perché, ci stavi pure pensando?»
«Oddio, le ragazze si stanno scannando! Presto, datemi i popcorn!» un frenetico Stephen non vedeva l'ora di vedere un banale litigio fra due donne, perciò gli diedi un colpo alla testa.
Mi guardò truce ma io gli mostrai uno sguardo spaventoso per fargli capire di non provarci nemmeno tant'è che si accucciò subito, come un cagnolino.
«Ti pare il caso di dire cazzate del genere? In ogni caso tranquilla Isabelle, non è successo nulla di grave, quindi non c'è bisogno di fare una scenata, soprattutto adesso che siamo per qui per festeggiare il compleanno di Charlotte... se vedesse adesso una cosa del genere, non sarebbe affatto contenta»
Le ragazze si calmarono subito e decisero di mettere una pietra sopra. Robert mi guardò accigliato, come se non era d'accordo con ciò che avevo detto. Oggettivamente parlando Isabelle aveva ragione ma suvvia, litigare per una cosa simile era patetico e soprattutto per nulla idoneo durante la festa della loro amica.
«Giusto, hai ragione Anthony. Ora bando alle ciance, entrate pure nel salone! Charlotte è un attimo in camera a prepararsi e... a proposito, dov'è il suo amico?»
«Quale amico? Ah, quel Micheal?»
«Non vi preoccupate, ha detto che ci sarà. Semplicemente farà un po' più tardi ma comunque non mancherà!» replicò il rosso.
Finalmente uscì Charlotte dalla camera sua. Aveva un cerchietto sui capelli decorati di fiori, un vestito verde di tulle con maniche a palloncino e nessun gioiello.
Urlammo tutti in coro "BUON COMPLEANNO" e quasi si commosse.
«Oh ragazzi, sono così felice che siate venuti alla mia festa!»
«Ti pare che mi perdevo la torta?» disse Stephan.
Scoppiammo tutti a ridere, alla fine il rosso restava il fulcro comico del nostro gruppo.
«Prego, accomodatevi pure nel salone, ci sono tante cose da mangiare... per la felicità di Stephen!»

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Capitolo 7
*** Capitolo 6 (Meredith POV) ***


«Non ho capito... vorresti fingerti muta? Sul serio?!»
Uno scioccato Micheal mi domandò questo. Sì, ero serissima.
«Ma perché, scusa? Stephen è uno stupidone ma non offenderebbe mai qualcuno -ti avevo già detto che lui mi difendeva dai bulli a scuola- e Charlotte è la ragazza più buona che io conosca... perché mentire?»
Sbuffai. Se incominciavo a parlare, manco saremmo riusciti ad arrivare in tempo per la festa, così tagliai corto prendendo una lavagnetta magnetica ed una penna e scrissi il motivo di tale scelta.
Micheal lesse ad alta voce.
«Il problema non sono Stephen e Charlotte ma degli altri loro amici di cui tu NON conosci e non posso sapere che tipo di persone siano. Sono stata bullizzata per fin troppo tempo a causa del mio modo di parlare e non voglio ripetere l'ennesima esperienza. Altrimenti giuro che non vengo. Ah, e mantieni il segreto per favore.»
Rimase in silenzio per un po', un silenzio che mi mise a disagio e dopo po' mi rispose con un tono piuttosto duro «Va bene, accetto le tue condizioni. Ma se posso dirlo, continuo a non essere d'accordo. Ricordati che le bugie hanno le gambe corte, non so quanto ti convenga a fare questa farsa...»
Mi suonava come una velata minaccia ma ormai non mi importava. Tanto queste persone le avrei viste per la prima ed ultima volta e se avevo accettato di venire era per fare felice Micheal visto che aveva tanto insistito in questi giorni, per non parlare di mia madre.
Raggiungemmo la casa di Charlotte che aveva un aspetto adorabile, Micheal bussò la porta.
Era davvero teso e sudava copiosamente ma io non ero certo da meno; potevo sentire il mio viso bollire dalla tensione ed il mio cuore a palpitare come non mai.
Potevo seriamente svenire da un momento all'altro.
In mano Micheal aveva il mazzo di margherite che io avevo consigliato di acquistarle per Charlotte. Stava stringendo un po' troppo però il mazzo così posai la mia mano sulla sua per fargli capire di allentare la presa. Lui capì il gesto e mi sorrise ma quando aprì la porta, ritornò ad essere ansioso, me compresa.
Ad aprire la porta fu un ragazzo dai capelli rosso fuoco, con una chioma curata e ben pettinata ed occhi color ghiaccio.
«Micheal?!» urlò felice il ragazzo rosso.
«Stephen?!» urlò a sua volta Micheal.
I due ragazzi si abbracciarono fortemente.
Quindi era lui il famoso Stephen.
«Oh amico mio, da quanto tempo! E' da un anno che non ci vedevamo!»
«Cazzo, vero! Come stai? Ti vedo in forma! Ho saputo da Charlotte che stai svolgendo un nuovo lavoro e che ti trovi bene, mi fa piacere! Oh, delle margherite? Sono per lei, veroooo?»
«Oh, smettila di fare quella faccia che mi imbarazzi! Sì, ovvio che sono per lei... e chi se no?!»
«Amico, dimmi che stasera ti dichiari!»
«Chiudi il becco! Non è il momento di parlare di certe cose!»
«Ok, ok, la smetto. Ed in tutto questo mi sto comportando come Scarlet, non sto accogliendo l'ospite come si deve ma shhh, non diciamolo a nessuno. Prego, entra pure!»
Finalmente io e Micheal entrammo ma a sentire il singolare, realizzai che il suo amico non mi avesse proprio notata, questo perché ero dietro a Micheal.
Infatti quando il ragazzo rosso finalmente mi notò, rimase sorpreso.
«E lei chi è?»
«Oh, lei è Meredith Rose, una mia nuova amica! Lavora con me alla focacceria ed è la figlia dei proprietari del locale»
«Ah, capisco... molto piacere, Stephen» e tese la mano per una stretta in segno di presentazione, il tutto mostrandomi un sorriso a trentadue denti.
Un po' incerta, tesi anch'io la mia mano e cercai di sorridere anche se il mio sorriso era forse il più patetico di tutti.
Non aveva modi raffinati, infatti aveva stretto fin troppo forte la mano che divenne rossa.
Micheal notò questo e guardò torvo il suo amico che ormai era già andato nel salone.
«Ti prego di scusarlo, ha dei modi un po' da... come posso dire... da buzzurro?» mi disse Micheal imbarazzato.
Gli sorrisi come per dirgli "non preoccuparti".
Per quanto fosse un tipo un po' caotico e piuttosto espansivo, quel Stephen non mi aveva fatto una brutta impressione... almeno per adesso.
«Ehi, che cazzo fate? Non venite?» urlò Stephen dal salone. Effettivamente non era un gentleman, affatto.
«Un attimo...»
Raggiungemmo il salone e mi ritornò l'ansia, questo perché avrei visto e conosciuto diverse persone, persone che tra l'altro non conosceva neanche Micheal (a parte Stephen e Charlotte) e la cosa mi metteva parecchio a disagio.
C'erano due ragazze bionde e con gli occhi azzurri, davvero molto belle, con capelli voluminosi ed un fisico da urlo. A giudicarle dall'aspetto, sicuro che fossero modelle.
Poi c'era un ragazzo biondo, anche lui con occhi azzurri, probabilmente anch'esso modello. Infine una ragazza dai capelli lunghi castani ed occhi verdi guardò sbalordita Micheal. L'avevo già riconosciuta perché Micheal mi mostrò una sua foto. Era Charlotte. Sembrava che volessero abbracciarsi ma non avevano il coraggio.
All'improvviso Micheal venne spintonato da Stephen, in modo che facesse lui il primo passo. Non si abbracciarono lo stesso ma perlomeno riuscirono a sganciare qualche parola e consegnò alla festeggiata i fiori che apprezzò tantissimo, augurandole buon compleanno.
«Sono bellissime, io amo le margherite!»
«Davvero? W-wow, s-sono contento anche perché le ho scelt-, cioè no, in realtà mi è s-stato suggerito di prenderle, però e-ero indeciso e p-poi... AHIA!»
«Lo sai che Micheal conosce i tuoi gusti e non poteva non azzeccare il tuo regalo» replicò Stephen mentre faceva un pizzicotto sul sedere di Micheal per intimargli di starsi zitto.
Non era propriamente vero dal momento che fu davvero indeciso sul regalo e l'idea delle margherite era mia ma non mi importava: ero comunque contenta per lui.
«Ti faccio presentare i miei amici» disse gentilmente Charlotte a Micheal.
«Volevi dire i NOSTRI» replicò il rosso, imitando il famoso meme di Bugs Bunny versione comunista sovietico.
«Sì, scusa! Lui è Robert ed è un modello proprio come Stephen, poi quelle ragazze in fondo sono le mie amiche: Isabelle e Scarlet, anch'esse modelle!»
Come avevo immaginato.
I ragazzi appena citati si presentarono a Micheal.
«Tu sei Micheal, giusto? Charlotte e Stephen mi hanno parlato spesso di te» disse il ragazzo biondo di nome Robert.
«Un momento, dov'è Anthony?»
Ah, perché, c'è pure un altro?
«Era qui pochi minuti fa... forse è in bagno» rispose pensosa Charlotte.
«Mi avete chiamato?»
Un ragazzo molto alto dai capelli neri come l'ebano e dagli occhi azzurri (seriamente, è il raduno delle persone con gli occhi azzurri?!) spuntò all'improvviso, arrivando dal balcone.
«Hey, dov'eri amico??»
«Ho ricevuto una chiamata e ho preferito uscirmene fuori per ascoltare in tranquillità... nulla di grave, state tranquilli» grattandosi i capelli un po' contrariato.
Non ero certa che stesse dicendo la verità ma una cosa la devo dire: era davvero bello. Aveva un fisico atletico, camicia blu tra l'altro neanche tutta abbottonata, un pantalone stretto nero che delineava con maestria le sue gambe muscolose.
Lo osservavo da lontano, incantata, come se fosse un principe d'azzurro. Ed in tutto questo mi accorsi che nessuno degli invitati si era accorto della mia presenza, a parte Stephen.
«Dulcis in fundo, quello è Anthony, anche lui è un modello!»
«Lo immaginavo» rise Micheal un po' imbarazzato perché a differenza di tutti i ragazzi presenti nella sala, aveva un fisico esile e per nulla atletico.
«Piacere, io sono Anthony. Tu dovresti essere Micheal, giusto?»
Il suo tono non sembrava particolarmente amichevole e Micheal se ne accorse.
«Oh, non farci caso!» si intrufolò a caso Stephen. «Diciamo che il nostro Anthony non è molto friendly con gli sconosciuti e lo ha fatto anche con me la prima volta, quindi è tutto normale, puoi stare tranquillo!»
«Chiudi quella bocca»
«Eccolo che ricomincia. Ora basta stronzate, è il momento di mangiare, sto morendo di fame!»
«Oh, non avete ancora mangiato?»
«Certo che no, aspettavamo te!» rispose dolcemente Charlotte. «Sarebbe stato scorretto iniziare a mangiare senza di te!»
«Già, per colpa tua stavo morendo di fame» scherzò il rosso facendo un pizzicotto sulla guancia di Micheal, beccandosi il secondo della serata.
«Ma ora basta parlare, si mangiaaaa!» urlò Charlotte dando il via alle danze, o meglio al cibo.
Fu così che incominciarono a mangiare patatine e popcorn, chiacchierando tutti con Micheal perché attratti dalla curiosità.
Di me non notarono affatto la mia presenza e non sapevo se essere rincuorata o meno.
La me asociale ne era contenta dal momento che non volevo neanche andarci a questa festa ma allo stesso tempo mi sentiva ferita: davvero ero così invisibile?
Ero passata dall'essere notata per la mia disabilità ed essere presa in giro fino a diventare un fantasma.
Vedevo Micheal divertirsi con Stephen e chiacchierare amabilmente con Charlotte e non potevo non essere così gelosa.
Perché lui aveva degli amici e ne stava comunque facendo dei nuovi. Io non solo non ne ho mai avuto uno prima di Micheal ma dovevo essere pure esclusa di punto in bianco.
Potevo pure io farmi avanti e fare cenno per capire agli altri che c'ero, ESISTEVO ma mi sentivo bloccata, paralizzata addirittura. Forse avevo bisogno di qualcuno che mi spintonasse per fare il primo passo, un po' come aveva fatto Stephen con Micheal.
Ma io non avevo nessuno al mio fianco e Micheal ormai si stava godendo appieno la festa.
All'improvviso mi vennero in mente tutti gli insulti che beccavo a scuola, per la mia disabilità. Perché in un momento simile?
Incominciavo ad avere le allucinazioni ed immaginare Micheal e tutti gli altri che finalmente mi stessero notando ma non per accogliermi, per prendermi in giro. Stavo vivendo un incubo ad occhi aperti e non me ne stavo redendo conto.
Me ne andai da quella stanza, rifugiandomi in un corridoio. Non era carino gironzolare altrove nella casa di uno sconosciuto ma sentivo il bisogno di calmarmi e stare da sola.

Le lacrime incominciarono a scendermi sul viso senza accorgermene e mi resi conto di essere un totale disastro nel socializzare con gli altri. Lo avevo sempre saputo in realtà ma direi che quella serata mi diede la più assoluta conferma.
Mi avevano ignorata, o peggio non mi avevano proprio notata e da un lato condannavo Micheal per essersi dimenticato di me ma allo stesso tempo la colpa era anche mia: avrei potuto farmi avanti, semplicemente parlando, cosa che non avevo fatto perché stupida qual ero, avevo deciso di fingere muta. E questo fu il risultato.
Mi guardai allo specchio e constatai che avevo un aspetto orrido se paragonato alle ragazze che erano presenti in sala: loro ben vestite e truccate, magre ed alla moda (si vedeva lontano un miglio che erano delle modelle benché Charlotte non lo fosse), io che invece indossavo una 46 italiana, poco trucco ormai sbavato a causa delle lacrime ed un vestito di colore rosa adornato con un fiocco sul petto, il tutto fin troppo semplice perché cucito da me (non ero una sarta professionista) ed era addirittura il migliore che avevo nell'armadio.
Mentre mi guardavo allo specchio per calmarmi mentalmente, stava arrivando un ragazzo, era quello con i capelli neri e gli occhi azzurri.
Non mi ricordavo bene il suo nome ma mi pareva che fosse Anthony.
Mi guardò un po' sorpreso ed anche un po' sospettoso, come se stesse per dirmi "e tu chi sei e cosa ci fai qui...?" giustamente, loro manco mi avevano notata, a parte Stephen fuori alla porta.
Stava per dire qualcosa fino a quando qualcuno gridò il mio nome, era Micheal.
«Sei per caso tu Meredith?» mi domandò il giovane.
Feci sì con la testa.
«Perché stavi gironzolando nel corridoio?»
Questa domanda mi mise totalmente in imbarazzo, tant'è che mi sembrava più un rimprovero che una domanda legittima.
A salvarmi da quella situazione fu Micheal che mi trovò finalmente e mi raggiunse. Aveva una faccia estremamente desolata e intuii che si sentì in colpa per quello che era successo.
«Scusami Meredith, sono stato davvero un cafone. Invece di presentarti a tutti gli altri, ero troppo concentrato a stare con Charlotte e ti ho ignorata bellamente... non avrei dovuto...»
Oggettivamente parlando, la colpa era un po' di tutti e mi dispiaceva che se la stesse prendendo solo lui. Speravo che anche gli altri lo avessero fatto ma almeno mi sentii già meglio grazie alle scuse di Micheal.
«Già che ci sei, lei chi è?»
Ad interromperci fu di nuovo Anthony che sembrava piuttosto seccato, per qualche astruso motivo.
Perché lo stava domandando se lui ormai sapeva il mio nome?
«Lei è Meredith Rose, è una mia carissima amica!» rispose sorridente Micheal in contrasto all'espressione piatta dell'altro.
«Uhm...» fece lui.
Che vuol dire "uhm"?!
«Non so cosa stesse facendo da sola nel corridoio senza il permesso di Charlotte ma per ora evito conclusioni affrettate»
Cosa stava insinuando?! Pensava davvero che io stessi cercando di rubare qualcosa di nascosto??
«Ehi, aspetta... c'è un malinteso!» provò a spiegare Micheal ma venne subito interrotto dal suo interlocutore che lo urtò per passare dal momento che il corridoio era molto stretto.
«Fammi passare che devo andare in bagno»
Che sgarbato...
«Che stronzo» disse Micheal a bassa voce. «Accusarti di essere una ladra, ma che modi sono?!»
Il problema è che quell'Anthony non aveva tutti i torti ma negli atteggiamenti era stato sicuramente pessimo.
«Senti un po', comunque...» riprese a parlare Micheal. «Sei ancora sicura con questa farsa? No, dico davvero eh»

Capii subito a cosa si stesse riferendo e feci no con la testa.
Non avevo voglia di parlare e soprattutto ci avrei messo troppo tempo, così presi la mia lavagnetta e scrissi qualcosa.
Ho deciso di mostrare agli altri ciò che sono veramente, non voglio nascondermi né mentire. Ti chiedo solo di spiegare tu la situazione perché non ho voglia di parlare e quindi vorrei utilizzare la lavagnetta per comunicare.
«Va benissimo! Sono contento che tu abbia preso questa decisione!» mi abbracciò Micheal.
«Ora andiamo dagli altri che ti stanno aspettando e... oh, fanculo a quell'Anthony»
Raramente diceva parole scurrili ma per averne dette due in meno di due minuti, intuii che fosse piuttosto arrabbiato con quel tipo nonostante la diretta interessata ero io.
Ritornammo nel salone dove c'erano tutti gli altri.
Per poco svenni dallo spavento perché Stephen mi si piazzò davanti all'improvviso con una faccia frustata e desolata.
«SCUSACI TANTO! SIAMO STATI DEGLI STRONZI» urlò lui.
«Parla per te!» si lamentò una ragazza bionda dai capelli molto mossi.
«No, Stephen ha assolutamente ragione» ribatté un'altra ragazza bionda. «Siamo stati dei cafoni! Però adesso è arrivato il momento di rimediare a questa brutta figura!
Ciao, io sono Isabelle, molto piacere!»
«Io invece sono Charlotte; Micheal mi ha parlato molto di te!»
Divenni rossa dopo aver sentito quella frase.
«Io invece sono Robert» disse l'altro ragazzo, anch'egli biondo.
«E quello lì invece è Stephen» indicò poi.
«Coglione, già mi conosce»
Per poco quel Robert non dava un pugno a Stephen che però venne il tutto evitato da Isabelle che continuò con le presentazioni.
«E quella laggiù invece è Scarlet»
Silenzio generale.
«Scarlet, non essere maleducata!» rimproverò Charlotte.
Ma si può sapere che le avevo fatto? Era la prima volta che la conoscevo!!
«Sì, ciao, piacere» rispose finalmente Scarlet con un tono seccato.
«Non farci caso, fa così con tutti...» cercò di apparare Stephen ed io ci stavo quasi per credere fino a quando Scarlet non lo rispose per le rime «Ma che stronzate!»
«Ugh, non la pensare... tu ti chiami Meredith, giusto?»
Feci di sì con la testa ed incominciai a scrivere sulla lavagnetta. Mi guardarono piuttosto attoniti e quella Scarlet non perse il tempo di schernirmi. «Ma tu guarda, ha la lavagnetta metallica per bambini, che soggetto...»
«Chiudi il becco Scarlet» zittì Robert.
Piacere, io sono Meredith Rose! Scusatemi se ho girovagato nel corridoio di casa vostra senza il vostro permesso. Spero che voi possiate essere gentili con me...
«Oh, ma tranquilla! Prima di tutto questa è casa mia e miei ospiti possono fare ciò che vogliono» mi tranquillizzò Charlotte. «Poi, se sentivi il bisogno di stare da sola, è più che comprensibile... certi momenti capitano a tutti»
Il fatto che Charlotte avesse compreso ciò che avevo provato in quel momento mi fece commuovere. Micheal aveva ragione, i suoi amici erano davvero gentili; Stephen era un po' buzzurro come aveva detto Micheal ma aveva davvero un buon cuore, Charlotte era una persona dolce. Anche Robert e Isabelle, pur non essendo amici di Micheal, mi avevano trattata con garbo. Solo Scarlet (ed aggiungiamo anche Anthony) era stata piuttosto scortese.
«Però non capisco» disse Stephen «perché non parli? Sei muta?»
Arrivò la fatidica ma comunque legittima domanda e Micheal rispose al posto mio, come gli avevo chiesto prima.
«Vedete... Meredith non è che non parla... parla ma molto lentamente rispetto a noi. Ciò le provoca imbarazzo e disagio, soprattutto con gli estranei per paura di essere schernita. Perciò si è voluta portare con sé una lavagnetta metallica per poter comunicare con noi»
«Quindi ha un... handicap?»
«Sì, in un certo senso...»
«Non sentirti comunque a disagio con noi» mi disse Isabelle «alcuni di noi possono essere un po' troppo esuberanti» palese riferimento a Stephen «altri un po' scontrosi e suscettibili» e Isabelle cambiò il suo tono di voce da dolce ad acido ed ovviamente era una frecciatina rivolta a Scarlet «ma per il resto siamo brave persone! Puoi fidarti di noi!»
Mi sembrava piuttosto sincera e decisi di parlare ma solo in quell'istante, giusto per ringraziarla.
«Grazieeee milleeee»
«Oh, che voce carina che hai!» rispose Stephen.
«Concordo, è davvero adorabile!» replicarono in coro Charlotte ed Isabelle.
Divenni rossa come il fuoco: non ero abituata a certi complimenti e mi domandavano se mi stessero prendendo in giro. Micheal però mi dette una pacca sulla spalla, come per dire "fidati di loro".

E finalmente potevo anch'io godermi il party.

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Capitolo 8
*** Capitolo 7 (Anthony POV) ***


Un forte mal di testa mi colpii nel bel mezzo della festa e tutto questo dopo aver ricevuto una sgradevole chiamata.
Avevo mentito agli altri ma si trattava pur sempre degli affari miei e non mi andava di confidare con loro. Per schiarirmi le idee o quantomeno rendere meno doloroso il mal di testa, decisi di andare in bagno per sciacquarmi il viso e ripensai un po' al mio passato, anche se era l'ultima cosa che avrei voluto fare.
"Non ci pensare, Anthony, non ci pensare... almeno non adesso!" pensai fra me e me.
Dell'acqua gelata si impossessò del mio viso e respirai con calma, giusto per calmarmi mentalmente. Il mal di testa scomparve ma i cattivi pensieri e il malumore non di certo.
Non potevo rimanere in bagno per tutto quel tempo, quindi uscii cercando di pensare a qualcos'altro.

Quando ritornai nel salone, vidi le ragazze tranne Scarlet a parlare con la nuova ragazza. Ella comunicava con un lavagna magnetica e faceva giusto qualche verso quando doveva rispondere "sì" e "no" muovendo con la testa.
Non so cosa mi ero perso nel momento in cui ero bagno ma la trovavo piuttosto strana. E per vedere Scarlet che si era messa in disparte e non si curava minimamente della nuova arrivata, significava che forse la pensavamo allo stesso modo.
Così andai da lei per chiedere informazioni mantenendo un tono basso, in modo da non farmi sentire dagli altri.
«Ma è muta o cosa?»
«Ma che muta! Parla eccome anche se con lentezza rispetto a noi ed a chiunque. Ha fatto una scenata inutile per fare la vittima della situazione» mi rispose seccamente.
«O meglio, una scenata per non farsi scoprire»
«Eh?! Allora è vero!»
«Vero cosa, scusa?»
«Che si era intrufolata nel corridoio senza permesso... l'ho vista mentre stavo andando in bagno»
«Quindi ha davvero rubato qualcosa?»
«Non credo, ma l'ho pensato comunque... magari raggiungendo le vostre camere»
«Appunto, abbiamo fatto la stessa pensata a quanto vedo»
«Si può sapere di cosa state blaterando voi due?» e Robert si intromise nel discorso.
«Cos'è questo spettegolare? Non è affatto carino, soprattutto se lo si fa ad una festa!»
«E tu non credi che sia poco rispettoso intrufolarsi altrove senza il permesso della padrona di casa?»
«Non mi pare di averlo fatto, non sono il tipo!»
«Coglione, non sta parlando di te ma di quella lì» incalzai io indicando con discrezione la ragazza.
«Non ho capito, state davvero pensando che abbia architettato tutto per poter rubare qualcosa? Perché se è così allora complimenti, avete la stoffa per diventare scrittori di romanzi gialli»
«Ti facevo più intelligente Robert»
«Se per questo, vale anche per te Anthony»
Ci guardammo come due cani rabbiosi ma Scarlet si mise in mezzo tra noi come mediatrice. E se faceva proprio lei la mediatrice, allora la situazione era andata a puttane, letteralmente.
«Meglio che me ne stia un attimo da solo...» dissi io girandomi i tacchi.
«Sì guarda, che è meglio»
Figurati se il signorino non avesse perso l'occasione di avere l'ultima parola pronta.
Ignorai le sue frecciatine e mi appoggiai vicino alla finestra dove una bella luna piena sfoggiava insieme a tante stelle intorno a lei in un cielo nero, nero come i miei capelli e come anche il mio umore.
Pensai alla chiamata di prima... era Sally, la mia ex. Avevo fatto di tutto per lei ma in cambio ottenni solo una delusione. No, non mi tradì con un altro ma aveva comunque tradito la mia fiducia, rilevando a tutti il mio segreto ed in più scoprendo che stava con me solo per il sesso.
Fin da bambino avevo sempre odiato i rapporti sociali ma quando conobbi Sally, pensavo che tutto sommato la gente non fosse così cattiva e che forse avrei dovuto fare un piccolo ma grande passo per aprirmi con gli altri. Ebbene, mi sbagliavo. Tutto andò a rotoli a causa di Sally e da lì giurai che non avrei mai più ceduto ai buoni sentimenti, di non fidarmi delle persone e soprattutto di pensare solo ed unicamente a me stesso. Avevo già avuto un'infanzia angosciante a causa degli anni passati in orfanotrofio, ma la rottura con Sally fu la goccia che fece traboccare il vaso. Se già prima di conoscere Sally, ero parecchio suscettibile e scontroso, dopo quel fattaccio, divenni addirittura peggio.
La situazione si stabilizzò un poco dopo aver conosciuto Robert e Stephen e tentai di nuovo a rapportarmi con le persone, sebbene all'inizio con scarsi risultati.
Poi capii che stare con loro non era poi così male e Stephen mi aveva chiesto (in realtà scongiurato talmente che fu insistente, peggio di uno stalker) di intraprendere la carriera da modello in quanto lo erano anche loro. Secondo il rosso avevo la qualità per esserlo e accettai.
Grazie a loro, un po' ero cambiato, complice del mio lavoro che non sfuggiva minimamente ai contatti delle persone.
Il mio obiettivo era quello di diventare una persona migliore: non il solito scorbutico, scontroso, suscettibile ed aggressivo Anthony.
Robert e Stephen erano miei amici ma non al punto di considerarli tali da dover confidare i miei segreti ed il mio passato.
Non sapevano nulla del mio passato in orfanotrofio, della mia ex, del mio vecchio lavoro dopo essere uscito dall'orfanotrofio e ripreso subito dopo la rottura con Sally... non sapevano assolutamente nulla di me, se non i miei connotati e la mia provenienza.
E sarebbe stato sempre così.
La mia fiducia era già stata tradita da Sally, non mi andava di ripetere per la seconda volta la stessa esperienza.
E se tutto sommato avere degli amici non era poi così male, l'idea di innamorarmi mi veniva il voltastomaco. Mi ero ripromesso che non avrei perso la testa di nuovo per una ragazza, giammai.
Ripensai alla chiamata di Sally di poco fa...
«Mi manchi, perché non chiudiamo un occhio e cominciamo tutto d'accapo?» mi disse.
Chiudere un occhio? Sbandierare i miei segreti a mezzo mondo quando le dissi fin da subito di non farlo era per lei di poca rilevanza tanto da chiudere un occhio... fanculo Sally, fanculo.
Non mi accorsi però che qualcuno mi stava osservando perché dal riflesso della finestra osservai la figura di una persona che mi stava guardando.
E quella era la nuova ragazza. Come si chiamava...? Meredith? Mi ero già dimenticato del suo nome. E soprattutto da quanto tempo stavo guardando la luna dalla finestra? Mezz'ora? Un'ora?
Avevo completamente perso la percezione del tempo e chissà da quanto tempo mi stava osservando quella lì.
Notai il suo sguardo perso, totalmente imbambolata ed appena mi girai di scatto verso di lei, cambiò espressione diventando rossa.
Per non farsi scoprire, si girò da un'altra parte ma tanto io avevo già capito tutto.
Mi girai di nuovo verso la finestra per guardare la luna ma dal riflesso della finestra notai che lei mi stesse guardando di nuovo, così mi girai di nuovo verso di lei e quest'ultima si girò da un'altra parte.
La mia pazienza era al limite.
Andai verso di lei con un viso da far mietere chiunque dalla paura per mettere in chiaro diverse cose.
«Te lo dico senza peli sulla lingua: hai rotto il cazzo, quindi smettila di guadarmi che mi da' solo fastidio»
Rimase completamente pietrificata e non ebbe il coraggio né di parlare né tantomeno di reagire.
Abbassò il capo per la vergogna e non mi guardò più.
Dio, è proprio vero che ci vogliono le cattive maniere per far capire alle persone di non superare certi limiti.
Ritornai a guardare la luna dalla finestra ma all'improvviso sentii qualcuno singhiozzare.
Era Meredith. Cazzo, avevo esagerato...
Uscì dal salone posando il bicchiere sul tavolo. Ora che ci penso, dov'erano gli altri, che fine avevano fatto? Andai a controllare per vedere dov'erano finiti salvo poi scoprire che erano andati a mangiare fuori al balcone per guardare la luna.
Mi domandai perché non mi avessero chiamato ma non era questo il momento di pensarci.
Andai da Meredith per risolvere la situazione: fui un pezzo di merda e non avevo alcuna giustificazione dietro al mio comportamento nei suoi confronti. Anche se mi dava fastidio essere sotto osservazione, avrei potuto farglielo notare con gentilezza invece di dirglielo con aggressività.
Se c'era un difetto di cui non riuscivo proprio a togliermelo era quello di prendermi con gli altri quando ero di pessimo umore e non ne andavo fiero.
Sentii il suo singhiozzare dal bagno ma avvicinandomi man mano alla porta del bagno, non stava singhiozzando: il suo era un pianto liberatorio.
Merda, l'avevo fatta davvero grossa.
Bussai alla porta ma non ricevetti nessuna risposta. Non era chiusa a chiave ma mi imbarazzavo di entrare, poteva essere seduta sulla tazza del water!
Ebbi poi un'idea per come farla uscire.
«Meredith, scusami ma il bagno è uno solo ed io devo entrarci...» dissi cercando di essere il più gentile possibile.
Finalmente aprì la porta e quando la guardai, per poco non mi si spezzò il cuore: aveva il viso completamente rigato dalle lacrime e gli occhi gonfi.
Cercò di evitarmi sia con lo sguardo che con i movimenti ma io glielo impedii bloccandola con la mano. Mi guardò con gli occhi pieni di panico ed ebbi l'assoluta conferma che lei ormai mi temeva.
«Scusami, la mia era una piccola bugia per farti uscire... tuttavia, ti devo parlare!»
Cercò di divincolarsi dalla mia mano ed incominciò ad agitarsi. Merda.
«E va bene, lascio il tuo braccio ma a patto che tu non sfugga da me!» dissi io con un tono che non ammetteva repliche.
All'improvviso silenzio.
Lei ovviamente mi evitava con lo sguardo ed io che la guardavo senza riuscir ad aprire bocca. Tutto questo perché non avevo il coraggio di chiedere scusa. Ero davvero un coglione.
Invece di chiederle scusa, le domandai «Ti faccio paura?»
Finalmente mi guardò ed io guardai il suo viso: ero troppo incazzato per notarlo prima ma era davvero graziosa ed adorabile. Per poco non divenni io rosso quanto lei in viso.
Inaspettatamente parlò e mi rispose.
«Uuuun poooo' siiiii...»
Era la prima volta che sentivo una persona parlare così. Ora capisco perché prima comunicava con una lavagnetta con gli altri.
Me lo avevo già detto Scarlet ma sentirla parlare faceva comunque un effetto non indifferente. Non in senso cattivo ovviamente.
«Mi dispiace... non volevo sfogare la mia rabbia su di te» risposi io grattandomi la nuca imbarazzato e girando la faccia altrove perché non avevo il coraggio di guardarla.
«A-a-anch'iooo t-t-tiii deevoo chieeederee scuusaaa...» disse all'improvviso lei.
Eh? Scusa a me? E per cosa?
Poi guardai il suo viso ed era diventata tutta rossa, non mi guardava in faccia e stringeva molto fortemente la gonna del vestito.
«Non mi dovresti chiedere scusa, anzi, non hai fatto nulla»
«Inveceee siiii» insistette lei.
Poi all'improvviso riuscì a liberarsi da me per andare nel salone. Forse, nonostante le scuse, non fui abbastanza convincente ed il danno ormai era fatto.
In realtà, non è che avesse paura di me. Semplicemente ritornò da me ma questa volta con la sua inseparabile lavagnetta ed incominciò a scrivere qualcosa. Lessi ciò che c'era scritto.
«"È stato scortese da parte mia guardarti come se ti stessi spiando e poi fare finta di nulla ogni volta che notavi la mia presenza. Perciò ti chiedo scusa anch'io
Effettivamente fu questo ciò che mi fece mandare in escandescenza ma restava il fatto che avrei potuto gestire la situazione con maggior pacatezza invece di aggredire una povera ragazza. Quindi a conti fatti, il colpevole rimanevo sempre io.
«Non preoccuparti, non hai nulla di che scusarti. Sono io che sono stato imperdonabile, quindi non ti crucciare su degli errori di cui manco hai commesso» dissi accarezzando i suoi capelli per consolarla.
Le sue guance divennero rosso fuoco e non riuscii a decifrare se era della timidezza generica o si sentiva a disagio a causa del mio gesto, o peggio della mia persona.
Sentii quel buzzurro di Stephen a urlare i nostri nomi, complice del fatto che ci eravamo isolati dal gruppo da chissà quanto tempo e giustamente ci stavano chiamando.
«Andiamo a raggiungere gli altri, ci stanno aspettando»

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Capitolo 9
*** Capitolo 8 (Meredith POV) ***


Passò una settimana dalla festa di compleanno di Charlotte e dopo quella serata, non avevo più visto lei né tantomeno Stephen ed i loro amici.
Dovevo ammetterlo; nonostante un inizio parecchio scoraggiante, la festa fu nel complesso piacevole e i ragazzi tutto sommato simpatici. Stephen era praticamente un buzzurro come diceva Micheal ma con lui le risate erano assicurate, Scarlet e Charlotte erano davvero gentili e la loro non era una gentilezza finta ma davvero sincera e spontanea, Robert era piuttosto tranquillo ma comunque una persona a modo.
L'unica persona che per qualche motivo mi aveva tenuta alla larga era l'altra bionda, Scarlet. Probabilmente mi trovava orrida per la mia disabilità ma poco male, mi ero tristemente abituata agli insulti.
E poi c'era Anthony che lo avevo soprannominato l'incognita.
Se perlomeno sugli altri mi ero fatta un'idea abbastanza chiara, lui no.
A tratti prepotente, a tratti suscettibile, a tratti un po' timido ed imbarazzato... mi chiese scusa per come si era comportato nei miei confronti e mi sembrò piuttosto sincero. Il problema è che quando si arrabbiò con me per quel fatto, rimasi così impaurita dal suo sguardo gelido e dal tono tagliente che la mia mente non faceva altro che ricordarmelo ogni volta. Davvero non mi capacitavo del perché io ripensassi i momenti più spiacevoli di sempre.

-

Stavo preparando le focacce al gusto Margherita ma in cucina c'ero solo io perché mio padre era assente per un servizio. Micheal era fuori per consegnare le focacce e mia madre ad occuparsi del bancone. Sentii una persona entrare e mia madre a dare il benvenuto. Probabilmente un nuovo cliente. Tuttavia la voce della persona che entrò mi sembrava familiare; era la voce di un giovane uomo.
Sentii mia madre dire «le focacce al gusto Margherita stanno arrivando!», dovetti così uscire perché ormai le focacce erano pronte e il ragazzo voleva la focaccia Margherita.
Uscii dalla cucina per mettere le focacce dentro al bancone ma per poco non feci cadere la teglia bollente: il ragazzo che era entrato era Anthony!! Perché era qui?!
Anche lui mi guardò scioccato puntandomi il dito e mia madre, ovviamente curiosa, osservò divertita la scena.
«Vi conoscete per caso?»
«Sì, l'ho conosciuta ad una festa...»
«Ah sì, quella famosa festa in cui c'era pure Micheal, giusto?»
«Non ricordo chi sia questa Micheal sinceramente...» rispose perplesso.
Razza di antipatico.
«È-è-è l'amiiicooo diii Stepheeen...» risposi io piccata.
«Ah sì, il ragazzino castano»
Quale ragazzino che aveva più di vent'anni anni!! Solo perché Micheal era piuttosto basso e molto magro, non aveva il diritto di chiamarlo così.
«Ecco a te la focaccia! A proposito, non ti ho mai visto da queste parti... non sei di qua vero?» domandò quella curiosona di mia madre.
«No infatti, vengo dall'America» rispose piatto lui.
«Ah, l'America! Deve essere magnifica, ho sempre desiderato andarci!»
Anthony addentò la focaccia ma non disse nulla. Non l'aveva gradita o semplicemente era talmente riservato tanto da non riuscire (o magari pure volere) fare un complimento? Che tipo strano, proprio un'incognita.
«A proposito, in tutto questo mi ero dimenticata di fare la spesa!» urlò mio madre all'improvviso.
«Quaaaleee speeesaa?»
«Ieri mi sono accorta che non c'erano molti ingredienti per alcune focacce -tipo le zucchine che sono rimaste poche- ma sbadata come sono, me ne sono proprio dimenticata!»
Guardò me e poi Anthony. Entrambi rimanemmo un po' perplessi. Cosa aveva in mente?
«Ragazzo, potresti accompagnare mia figlia a fare la spesa?» domandò mia madre ad Anthony.
Anthony non riuscì a dire "cosa" solo perché stava ancora mangiando, altrimenti sicuro avrebbe urlato, a giudicare dalla sua espressione.
Per poco si affogò pure.
«Possooo andarciii daaa solaaa» dissi io impanicata. Non capii come diavolo le era venuta un'idea simile.
«Le cose da prendere sono troppe, non riusciresti a portare le buste pesanti e per andare al mercato, dovresti fare un bel po' di strada. Ti avrei accompagnato ma dovrei chiudere temporaneamente il negozio e nel frattempo non possiamo perdere della clientela preziosa: nel bancone ci sono tante altre cose, vendiamo anche bevande... perciò, sono soldi di cui non possiamo perdere.» puntualizzò severamente mia madre.
Effettivamente Micheal era fuori e chissà quando sarebbe tornato, mio padre in quel giorno non era presente... perciò il suo ragionamento filava.
Tuttavia non poteva pretendere che Anthony mi accompagnasse a fare la spesa, e se dopo aveva un impegno?
Tra l'altro non me la sentivo di stare da sola con lui, non sapevo se fidarmi o meno. Avrei preferito mille volte fare la spesa con Micheal. Anthony finì la focaccia e disse semplicemente «Nessun problema, non ho nessun impegno»
Ero spacciata.
«Vaaa beneee...» risposi io a malincuore.
Tolsi il grembiule e mia madre, felice come non mai, mi diede i soldi ed un foglietto con scritto le cose di cui avrei dovuto comprare. Portai appresso un cestino di paglia ed una borsetta ed uscimmo dal negozio.
Panico più totale. Io da sola con lui.
«Dove dobbiamo andare?» domandò Anthony.
Non risposi. Indicai con la mano mostrando la strada per raggiungere il mercato.
Camminammo per un po' dal momento che la strada era lunga e durante il tragitto, né io né lui osammo fiatare.
Io non avevo alcuna voglia di parlare e per intavolare un discorso, ci avrei messo un'eternità. Lui muto come un pesce, senza dire nulla. Ora che ci penso, anche alla festa si dimostrò di essere silenzioso e restò in disparte per buona parte del tempo.
Non era poi così diverso da me dal momento che pure io cercavo di sfuggire dai rapporti sociali. Tuttavia, io ero timida e molto paurosa dinanzi alle persone di cui non conoscevo, lui invece parecchio freddo e scontroso.
Finalmente raggiungemmo il mercato, il famoso Moore Street, noto per essere uno dei mercati più tradizionali di Dublino. In questo mercato c'erano diverse bancarelle di frutta, verdura, ortaggio ed anche fiori. La prima cosa da prendere erano le zucchine, quindi il mio (o forse nostro?) obbiettivo era quello di trovare la bancarella del signor Williams, noto per vendere frutta e verdura di qualità. Mia madre ci andava spesso, non solo per la spesa a casa ma anche per gli ingredienti che servivano per le nostre focacce.
«Seguimiiii» mi rivolsi a lui io dopo quasi una mezz'ora di silenzio.
Quando il signor Williams mi guardò, mi salutò cordialmente. Era un uomo di media statura di quasi 60 anni, con capelli piuttosto lunghi e lisci neri, robusto e con il pizzetto sul mento.
Alcuni lo giudicavano come un individuo un po' rozzo, ma alla fine era una persona per bene.
«Ciao Meredith, cosa ti porta qui?»
Gli diedi direttamente la lista della spesa scritta da mia madre e lesse ad alta voce.
«Delle zucchine, pomodori e cetrioli... arrivano subito!»
Mentre prendeva gli ortaggi e li metteva nelle buste di plastica, mi guardò con fare stupito e non riuscivo a capacitarmene.
«E lui chi è? Il tuo ragazzo?»
«Che cosa?!» sbraitò Anthony.
Oh no, ecco perché il signor Williams mi guardava in quel modo, effettivamente al mercato ci andavo o da sola o con mia madre. Era molto insolito che io andassi chiunque che non fosse lei, specialmente con un ragazzo ma questa era solo opera sua. Altrimenti col cavolo.
«Noooo... luiii è uuuun miiioo...» poi mi bloccai di scatto. Stavo per dire amico. Ma neanche per sogno.
Anthony sentì che non continuai la frase ma lui rimase indifferente, come se lui fosse concorde sul sentimento reciproco.
D'altro canto il signor Williams rimase un po' perplesso perché non capì nulla ma decise di non andare oltre.
Pagai le verdure prese e salutai il signor Williams. Vicino al mercato, c'era un negozio di abbigliamento che mi piaceva tanto. Vendeva abiti da cerimonia ed avevo sempre desiderato di indossarne uno. Solitamente ero una ragazza timida, però quanto mi sarebbe piaciuto partecipare ad un party elegante e vestirmi così. Vedevo l'abito dei miei sogni: un abito rosa con una gonna fatta di tulle molto voluminoso in stile ballerina. Mi immaginavo vestita così, truccata e ben preparata ad entrare in una villa sontuosa ed elegante, accompagnata dal mio principe azzurro... e senza volerlo, stavo di nuovo sognando ad occhi aperti perché una commessa di quel negozio mi guardò dall'interno e per l'imbarazzo me ne scappai. Ma poi, quale principe azzurro, io non ne avevo uno.
Quando ritornai con i piedi per terra dopo quella fantomatica immaginazione, mi resi conto che Anthony non era più con me. Che fine aveva fatto? Quando lo avevo perso di vista?
Ritornai al mercato per vedere se lui era ancora lì, probabilmente l'avevo perso di vista quando raggiunsi la vetrina del mio negozio preferito. Purtroppo il mercato si affollò parecchio e trovarlo era molto difficile.
Panico più totale. Ero ancora al mercato e nel frattempo si era riempito di gente; se c'era una cosa che detestavo era rimanere prima di tutto da sola ed in più in mezzo alla folla.
Urlare il suo nome non sarebbe servito a nulla e il panico si impossessò di brutto su di me. Non potevo neanche chiamarlo perché non avevo il suo numero di telefono! Per poco non svenivo.
Fino a quando una mano prese il mio braccio facendomi girare brutalmente: era Anthony.
«Che cazzo di fine avevi fatto?! Ti ho cercata dappertutto!» urlò lui.
Grazie al cielo, lo avevo trovato. Non mi importa se mi aveva rimproverata per la seconda volta, d'altronde doveva essere molto preoccupato per me per sbraitarsi.
Incominciai a piangere per sfogarmi e lui si preoccupò. «Oh merda, non di nuovo... »
«Vaaa tuttooo beneee...»
«Cosa?»
Gli mostrai un sorriso per fargli capire che non piangevo per causa sua ma perché avevo avuto una terribile paura e finalmente lui era qui con me.

 

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Capitolo 10
*** Capitolo 9 (Anthony POV) ***


Giuro che non stavo capendo un corno.
Pensavo di averla fatta grossa di nuovo visto che stava piangendo invece mi stava... sorridendo. Quindi non ce l'aveva con me... anzi, mi stava comunque cercando dal momento che ci eravamo persi di vista.
Nel frattempo, il mercatino si riempì di gente e l'idea di stare in mezzo alla folla mi infastidiva non poco. Presi la sua mano e cercammo di uscire dalla marmaglia.
Una volta usciti, le domandai «Hai preso tutto?»
Fece di sì con la testa.
«Perfetto, dai a me le buste più pesanti; le porto io»
«Grazieeee...» disse Meredith arrossendo come un peperone.
Perché quando arrossiva lei, automaticamente arrossivo pure io?
Quanto mi imbarazzava ciò.
L'accompagnai fino al suo take-away dove c'era sua madre che ci aspettava.
Ci guardò un po' perplessa.
«Già fatto? Siete stati molto veloci»
«Più che altro, siamo riusciti a fare in fretta prima che arrivasse la folla» risposi io.
«Capisco» rispose a sua volte la donna, come se stesse cercando di escogitare qualcosa.
Che in questa uscita per la spesa ci fosse un secondo fine?
«Comunque sei stato molto gentile da parte tua, grazie mille per aver accompagnato mia figlia a fare la spesa!»
«Si figuri, per così poco...»
«E dal momento che siete stati veloci quanto uno Shinkansen, potete passare ancora un po' di tempo fuori»
«Cosa?!» esclamai io.
«Ehhh?!?» la reazione di Meredith fu memorabile.
«Posso cavarmela da sola e ci sono ancora tante altre focacce sul bancone, non c'è bisogno che tu le debba preparare, cara. Ogni tanto dovresti prendere una boccata d'aria e passare un po' di tempo con le persone della tua età» disse la madre.
«Maaaa giàà l-l-l'hooo faattoo...» puntualizzò giustamente Meredith.
«A fare la spesa, dici? Se per questo lo fai da anni e penso che sia non poco triste che una ragazza di ventiquattro anni esca solo per la spesa e fare commissioni, ti pare?»
Premetto che non conoscevo abbastanza, anzi no, per nulla Meredith e della sua vita ma se quello che diceva la madre era vero, non aveva tutti i torti.
Ora mi era chiaro: accompagnarla a fare la spesa era una scusa in modo che Meredith potesse uscire dal suo "guscio" e cercare di conoscere nuove persone.
Stephen mi aveva accennato che l'unico amico che aveva era Micheal e lo conosceva solo da quasi un mese.
Questo mi faceva capire come lei e i rapporti sociali non andassero d'accordo... come in parte il sottoscritto d'altronde.
Vidi Meredith con la faccia triste perché si sentiva costretta e preferiva restare in cucina a lavorare.
Decisi quindi di intervenire, cercando di renderla felice in qualche modo.
«Ti va di prendere qualcosa al bar?»
Mi guardò per pensarci su, poi fece sì con la testa accennando un sorriso. Quel sorriso non solo mi fece riscaldare il cuore, ma anche le mie guance reagirono allo stesso modo tant'è che divennero rosso fuoco. Ma porcaputtana. Mi girai di scatto imbarazzato, in modo che non guardasse il colorito delle mie guance e replicai «Ok, andiamo allora»

Uscimmo dalla focacceria e passeggiammo per un po', alla ricerca di un bar.
Mentre cercavo di intravederne uno, Meredith incominciò a parlare.
«C'èee uuun baar moooltoo caariinoo cheee f-faaa croiiissaant...» disse lei imbarazzata.
«Oh bene, dove si trova?»
Era pochi a metri da dove stavamo e lo trovammo subito. Era un bar davvero bello ed elegante, tipicamente francese. Non a caso, vendeva dessert francesi. Fuori c'era il listino prezzi e cazzo, se era caro. Fortuna che avevo un bel po' di soldi nel portafoglio. Mentre stavo entrando, Meredith però mi tirò per il braccio come per farmi tornare indietro.
«Cazzo fai?!» sbraitai io.
«Scusaaaaaa ma... è costoosoo... meegliooo diii nooo...»
«E quindi? Tranquilla che offro io per oggi, quindi non farti problemi»
«Noooo!!» urlò lei imbarazzata.
«Nooo, i-i-iooo noon poossooo aaccettaareee queestooo...»
Sembrava molto mortificata e per poco non piangeva per l'ennesima volta.
Sospirai.
Cercai di essere il più gentile possibile visto che era una ragazza molto (o forse dovrei direi troppo!) sensibile.
Si sentiva in colpa del fatto che io offrissi per lei, considerando che questa uscita non fu mica decisa da noi ma da sua madre. Quindi tutto ciò le faceva sentire molto a disagio.
«Meredith, davvero. Non devi preoccuparti. Se voglio offrirti qualcosa è perché lo faccio con piacere, non per pietà o perché mi sento costretto. Perciò smettila di fare quella faccia da cane bastonato e sorridi di più che sei decisamente più carina!»

Divenne completamente rossa e coprì il suo viso con le mani.
«Noon miii preeendeereee iiin giiirooo...»
«Non ti sto prendendo in giro, cazzo! Ed ora entriamo» risposi, pure io imbarazzato senza un motivo apparente.
Forse perché avevo fatto un complimento sincero ad una donna dopo tanto, tantissimo tempo?
Entrammo in questo bar, dall'aspetto molto elegante e soprattutto sapeva di nuovo, quindi era stato costruito da poco.
Internamente era in legno però dipinto di color glicine, zeppo di fiori e di lampadari ottocenteschi, così come sedie e tavoli che avevano un aspetto antico ma allo stesso tempo romantico.
Più guardavo ogni cosa presente in questo bar, più pensavo che fosse adatto per le coppie.
«Non farti complimenti e prendi tutto quello che vuoi» le dissi, che più una semplice frase, sembrava un avvertimento proprio per non sentirla di nuovo nelle orecchie.
«Vaaa beeenee...» rispose lei, dall'aria sconfitta, avendo compreso forse il mio avvertimento.
Per poi aggiungere con un tono deciso di cui non me l'aspettavo minimamente «Tii ripaagheeeróooo comuunqueee... cheee tiii piaaacciaaa oo meenooo!»
Ok, l'avvertimento non era servito un cazzo.
«Fa' come vuoi. Ora bando alle ciance, scegli cosa vuoi per mangiare» cercando di essere gentile ma senza successo.

Scelse un croissant alla amarena ed un succo all'arancia, io presi una fetta di sacher e del caffè macchiato, in più una cesta di biscotti al cioccolato da divedere con Meredith.
Prendemmo posto nell'area vicino al bancone in quanto purtroppo, quelli dentro al gazebo erano tutti occupati, complice del fatto che l'estate stava arrivando e la gente non se la sentiva più di stare nei luoghi chiusi.
Sfiga volle però che i tavoli dall'aspetto ottocentesco fossero tutti occupati e di conseguenza ci dovemmo accontentare dei tavoli più semplici con le panche di legno, in stile pub.
Meredith divise a metà il croissant ed un pezzo me lo offrí con un sorriso. Quel gesto mi fece scaldare il cuore perché il suo era un gesto sincero, senza fatto con malizia o un secondo fine. Per ringraziarla del suo croissant condiviso, le offrii un pezzo della mia sacher. Se la divorò in due secondi, compreso il croissant e constatai che era una ragazza che amava il cibo.
«Se hai ancora fame, posso prendere qualcos'altro»
«N-N-Nooo, sooonooo aaappostooo cooosìiii...»
Avevo il presentimento che stesse mentendo ma decisi di non insistere.
Solitamente ero una persona discreta, tuttavia ero così curioso di sapere di più su Meredith. Era talmente buffa e goffa che mi faceva sorridere. E quando parlava era semplicemente adorabile.
Il problema è che poi lei probabilmente avrebbe chiesto qualcosa su di me ed era l'ultima cosa che avrei voluto. Sarebbe stata un'incoerenza da parte mia, quindi evitai del tutto.
«Cooosaaa tiii portaaa quiii?» mi domandò all'improvviso.
Non me l'aspettavo che incominciasse lei ad intavolare una discussione ma la sua era una domanda legittima, per nulla invadente insomma.
Mentre stavo rispondendo, una cameriera ci offrì una rivista da leggere.

 

A quanto pare in questo bar, appena si prendeva una consumazione, ci prestavano delle riviste da leggere, un po' come nelle sale d'attesa negli studi medici. Il caso volle che mentre stavo rispondendo alla sua domanda, ero sulla copertina di una delle riviste in quanto stavo sponsorizzando un profumo costoso. In quella copertina avevo addosso solo stivali, guanti e pantaloni in latex attillati dove non lasciava nulla all'immaginazione, con tanto di frustino in mano. E beh, il nome del profumo che stavo sponsorizzando si chiamava Luxuria, quindi non è che potevo vestirmi da bravo ragazzo della porta accanto.
Lei per l'ennesima volta divenne rossa come un pomodoro, questo dopo aver visto la mia immagine in copertina.
«Micheaaal miii aaavevaaa acceeennaatoo chee tuuu eee Steeepheen siietee modeeeliii...»
«Esattamente, inclusi anche Robert, Scarlet ed Isabelle. Per quanto mi riguarda, sono entrato in questo campo da poco; difatti è la prima volta che viaggio per lavoro dal momento che non ho mai lasciato l'America. Siamo qui per una breve pausa ma anche per avviare un progetto messo in atto da Stephen anche se non posso dirti ancora tutti i dettagli. O meglio, in realtà non li neanch'io se proprio vorresti saperlo...»
«Daaa quantoooo teeempooo seeii uuun m-modeelloo?»
«Uhm, da un annetto circa direi, Stephen lo è diventato prima di noi, praticamente dopo aver terminato la scuola, io e Robert siamo entrati nel settore decisamente più tardi. Ora che ci penso, io e lui siamo più grandi di Stephen.»
«Quaaantiii aannii aveeeteee?»
«Io e lui abbiamo 27 anni, Stephen 24»
«Oh, cooomeee meee»
«E te, invece?»
«Teee l'hooo appeeenaaa deeettooo...»
«Non mi riferisco all'età che me l'hai appena accennato, mi riferisco in generale di te... cosa mi dici?»
«Nooon c'è moooltoo daa diireee...»

«Perché, scusa? Ti definisci una persona poco interessante?»
«Siii...»
«Eppure non sono d'accordo: sei una ragazza gentile ed educata, sei brava a cucinare... ah, a proposito, la focaccia che ho mangiato prima era squisita, hai talento in cucina»
«Sooo faaareeee sooolooo queelloo...»
«Ma per caso hai l'hobby di insultare verso te stessa? No, davvero, su ogni cosa ti prendi le colpe -vedi alla festa di Charlotte- e trasformi i complimenti fatti dagli altri in critiche. Dovresti avere molta più autostima!»
«Diiifficileee a-a-aavereee autoostiiimaaa quaandoo vieniii buullizzaataaa per aanniii...» singhiozzò lei.
Cazzo. Avevo toccato un tasto dolente e mi sentivo in colpa di averle fatto ricordare i ricordi più bui della sua vita.
Non volevo essere invadente, volevo quantomeno conoscerla meglio, per capire che tipo di persona fosse, oltre ad essere gentile ed educata.
«Perdonami, non volevo farti sbloccare i tuoi ricordi più tristi»
«Ma nooo, tranquiillooo! Non haiii fattooo nienteee... eee poiii tuuu seeei gentiilee»
Io gentile?

Tutto ero tranne che gentile. Ci provavo ma di certo non riuscivo a diventare un vero e proprio gentleman.
In ogni caso, riuscii finalmente a capire il perché della sua eccessiva riservatezza nei confronti delle altre persone, in particolar modo degli estranei. Soprattutto per come si era comportata con noi all'inizio della festa di Charlotte quella sera. Aveva avuto paura di noi. E noi stupidi che avevamo fatto di peggio, non averla minimamente notata.
Ed io ancora più coglione che l'avevo quasi accusata che la sua fosse una sceneggiata per approfittare di rubarsi qualcosa.
Altro che scrittore di romanzi gialli come aveva accennato Robert, direi scrittore di cazzate nella testa.
«Saiii, non seeei cosìiii maaaleee cooomeee pensavooo» incalzò lei.
Quel commento mi fece sobbalzare.
«Ah sì?» non seppi come replicare. Per tutta risposta, inarcai un sopracciglio.
«Seei uuun poooo' scontrosooo peròooo infondooo seiii moooltoo gentileee» e finì la frase con un dolce sorriso imbarazzato.
Imbarazzai pure a mia volta perché nessuno mi aveva detto una cosa del genere.
Era paurosa ma aveva avuto il coraggio di dirmi le cose in faccia, sottolineando la mia scontrosità. Tuttavia nessuna ragazza aveva scoperto questo mio lato gentile, lato di cui non pensavo manco di averne. In America le ragazze mi riempivano di complimenti solo per la bellezza. A loro non importava di certo del mio (vero) carattere. D'altronde, bastava che facessi faville al letto. Che fossi scontroso o meno, per loro era secondario, tanto mi trovavano comunque figo a prescindere ed era la cosa che più mi disgustava. Esattamente come lo pensava Sally che dopo un anno di relazione non aveva capito niente di me, al contrario di Meredith che non ci conoscevamo da neanche un mese. Eppure era riuscita già a capire che tipo di persona fossi. Mi conosceva meglio lei che me stesso.
«Comuuunqueee, seiii davverooo beelloo iiin queeestaa cooooertiiinaaa... cheee Diooo tiii fulmiiinii»
«Grazie piccola, lo so»
Fra tutti i complimenti ricevuti dalle ragazze per il mio aspetto, questo fu quello che mi rese più orgoglioso in assoluto.
Si era fatta una certa ora, chiesi il conto, pagai e uscimmo dal bar.
Meredith ricevette poi una chiamata dalla madre dicendole che la stava aspettando a casa e ormai aveva già chiuso il negozio.
L'accompagnai fino a casa sua, che era molto piccola. Incominciavo a pensare che la sua famiglia non navigasse molto bene economicamente.
«Graaaazieee per l'uscitaaa eee per avermiii offertooo iii dolciii»
«Nah, figurati»
All'improvviso Meredith si bloccò di scatto, come se avesse voluto aggiungere qualcos'altro ma non ne aveva il coraggio.
«C-c-c-ciii possiaaamooo vedereee un'aaltraaa vooltaaa?»
Silenzio. Rimasi comunque fermo e composto dinanzi a quella domanda ma mentalmente stavo esplodendo dall'eccitazione. In tutta la mia vita non mi ero mai sentito così felice. Ammetto che glielo stavo per chiedere io ma volevo che fosse lei a prendere l'iniziativa di dirlo.
«Certo, nessun problema! Anzi mi farebbe piacere... ti do' il mio numero di cellulare, in modo da contattarci»
Ci scambiammo i numeri di cellulari e ci salutammo.
«Ciaooo Anthonyyy»
«Ciao... piccola»

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Capitolo 11
*** Capitolo 10 (Meredith POV) ***


Dopo quell'uscita con Anthony, avevo cambiato idea su di lui. Magari non del tutto ma comunque avevo ormai capito che non fosse un ragazzo così antipatico e superficiale: dietro a quell'atteggiamento che lo usava come corazza, si nascondeva una persona gentile con un forte senso della giustizia. Tra l'altro quando mi fece i complimenti perché mi trovò carina, lo diceva sul serio e non per prendermi in giro come avevano fatto di solito i miei compagni di scuola. Era dunque anche molto sincero.
Ora che ci penso, quando mi accompagnò a casa in quel giorno, mi chiamò piccola. Sussultai quando mi salutò così. Non so cosa intendeva per piccola, è vero che di statura ero molto bassa (non superavo i 155 cm di altezza) ma dal suo tono di voce sembrava più un vezzeggiativo legato al mio carattere che alla mia bassa statura e questa cosa mi fece molto imbarazzare. Nessun ragazzo mi aveva trattata così prima d'ora: Micheal era molto gentile con me ma appunto, era solo un amico e comunque lui era innamorato di un'altra, mentre Anthony durante l'uscita aveva avuto un atteggiamento protettivo nei miei confronti... che ci stesse provando con me?
No, no, no, impossibile. Semplicemente impossibile.
Forse mi vedeva come un'amica, forse come una sorellina più piccola. Figurati se un modello bello e di successo come lui avesse perso la testa per una sempliciotta come me, tra l'altro pure disabile.
Eppure lui mi aveva soprannominata piccola, quel vezzeggiativo mi mise non poco in confusione.
Forse in realtà era pure un vezzeggiativo che si poteva usare pure tra amici, tanto io di rapporti sociali non ci capivo nulla, che fosse l'amore o l'amicizia.
Mentre scrivevo ciò che stavo provando in questi ultimi giorni sul mio diario, squillò il cellulare.
Mi arrivò la notifica di un messaggio, era Micheal.
Mi scrisse se volevo andare a mangiare un panino al pub con lui e con il suo gruppo di amici la prossima domenica. Quindi non solo avrei rivisto il suo amico Stephen e la sua fiamma Charlotte ma avrei rivisto anche Anthony. Il sol pensiero su di lui il cuore batté forte.
Se non avessi conosciuto meglio Anthony in quell'uscita, non credo che avrei accettato. Perciò gli risposi sì con fare felice.

-

Il giorno dopo uscii a fare compere per trovare un vestito adatto all'occasione. Tutto questo perché avevo avvertito a mia madre dell'uscita e specificando che ci sarebbe stato pure Anthony, si elettrizzò tantissimo.
«Devi assolutamente comprare un vestito nuovo per fare colpo su di lui!»
Sospirai.
Quando faceva così, era insopportabile.
Non avevo la minima di forza di parlare per ovvi motivi e neanche la voglia di scrivere sulla lavagnetta. Per farla stare zitta, acconsentii ed infine ragionandoci, avevo vestiti molto vecchi ed era arrivato il momento di rinnovare il mio guardaroba.
Così andai in tutti i negozi della città ma non c'era nulla che mi convinceva. Vestiti troppo costosi, oppure non c'erano della mia taglia, o troppo scomodi... incominciavo a perdere le speranze. Che poi tutto questo casino per mangiare ad un pub? Capisco che c'era di mezzo Anthony ma se le altre ragazze, per l'occasione si fossero vestite più casual?
Avrei voluto contattare Isabelle o Charlotte per chiedere consigli sulla moda dal momento che una era modella e l'altra una stilista ma purtroppo non avevo i loro numeri di cellulare.
L'ultimo negozio era il più antico della città, noto oltre che per la sua anzianità, anche per i buoni prezzi rispetto agli altri. Difatti c'era sempre tanta folla.
Entrai ed un vestito rosa con le fragoline mi catturò l'attenzione: era semplicemente carinissimo.

Purtroppo tutte le commesse erano occupate e così cercai di spicciarmela da sola, trovando il vestito della mia taglia.
Erano rimaste solo delle taglie 8 che corrispondevano ad una taglia 36 italiana. Una 36 con un petto gigantesco come il mio ed i fianchi larghi non mi sarebbe entrata neanche tra mille anni. C'era molto disordine nel negozio, difatti molti vestiti erano a terra senza alcun motivo. Probabilmente gente maleducata che una volta misurato un abito che non andava però bene, invece di metterlo a posto, lo buttavano chissà dove. Per poco non inciampai perché a terra c'era un vestito ed io non me ne accorsi proprio. Ironicamente era il vestito con le fragoline, controllai il cartellino per vedere la taglia... ed era della mia taglia! Era una 16! Che per l'appunto corrispondeva ad una 46 italiana.
«Queeestoooo èeee uuuun miracoooolooo» urlai quasi commossa.
Fortuna che c'era molta confusione nel negozio in modo che nessuno mi poté sentire altrimenti sarebbe stato imbarazzante.
Era molto stropicciato perché era a terra e chissà quante altre persone ci avevano messo i piedi sopra prima di me. Poco importava perché bastava lavarlo e poi una piccola stirata per renderlo nuovo come prima.
Cercando di raggiungere la fila verso la cassa, nel trambusto sentii delle voci familiari.
Nel lato della bijoutteria, c'erano Charlotte e le sue due amiche.
Ero indecisa se salutarle o fare finta di niente. Tuttavia, ripensandoci ai discorsi di mia madre, non potevo evitare sempre il contatto con le persone, soprattutto con quelle gentili. Mi feci perciò coraggio ed andai da loro per salutarle.
Le ragazze notarono la mia presenza e ricambiarono il saluto con gentilezza... tranne Scarlet che non proferì una parola. In compenso mi guardò schifata.
«Che bello vederti qui! Stai facendo shopping? Cosa hai preso di bello?» domandò premurosamente Isabelle.
Mostrai a loro il vestito che avevo scelto.
«Oh, ma è davvero carino!» squillò Charlotte. «A proposito, vieni domenica al pub The King?»
«Siiii, infaaattiiii l'hoooo preeesooo propriooo peeer queeell'occassioneee»
«Cosa diavolo c'entra un vestito del genere per andare al pub? Certo che di moda non capisci un cazzo»
«Scarlet!!»
«Che c'è? Cosa ho detto? Qualcuno doveva pur dirlo, no?»
«Allooooraaa... nooon vaaa beenee?» domandai io tremolante.
«Certo che va bene, tesoro. Sentiti libera di vestirti come vuoi. Non c'è scritto da nessuna parte che in un pub ti devi vestire casual o qualcosa di country. La nostra Scarlet ha voluto fare la sparata del secolo, tutto qua» Una Isabelle molto seria mi difese guardando truce Scarlet, quest'ultima impassibile ed indifferente... come se quello che mi aveva detto prima fosse tutto normale.
Cercai di cambiare discorso, sperando che Scarlet mi lasciasse in pace, domandai a loro come mai si trovassero qui.
«Anche noi a fare shopping, anche se in realtà stiamo facendo incetta di gioielli che di vestiti. Avrei bisogno di una collana nuova ed un nuovo paio di orecchini, quelli che ho attualmente sono diventati piuttosto vecchi e non mi piacciono più...» sbuffò Isabelle.
«Così io e le altre siamo entrate in questo negozio dal momento che vende un po' tutto... peccato che non abbia trovato nulla di interessante»
«Comunque Meredith» mi rivolse ad una certa Charlotte «quando hai tempo libero, puoi venire a casa mia, per prendere un tè e fare due chiacchiere. Sei sempre la benvenuta!»
«Oh, graaazieee miiilleee...»
Quell'invito da parte sua mi fece commuovere: nessuno lo aveva fatto prima ad ora dal momento che non avevo mai avuto amiche e tutte queste gentilezze da parte delle persone al di fuori del mio nucleo familiare non ero proprio abituata.
«Vabbè, in tal caso usciamo per andare in un altro negozio, vuoi venire pure tu con noi?» mi domandò Charlotte.
Mi sarebbe piaciuto ma non con quella Scarlet. Come se non bastasse, se stavo girovagando tra i negozi, era solo perché ero in pausa pranzo e dopo lo shopping, sarei dovuta ritornare al lavoro.
«Nooon posssoo...» tagliai corto.
«Capisco» fece lei un po' delusa mentre Scarlet si leggeva solo dalla faccia che esultava per la soddisfazione.
«Pazienza, sarà per la prossima volta. Ci vediamo domenica e... oh, salutami Micheal!»

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Capitolo 12
*** Capitolo 11 (Anthony POV) ***


L'estate era ormai alle porte e la stanchezza, mischiata con la noia si impossessò su di me tanto da non avere la voglia di alzarmi dal letto. Mi ero ovviamente lavato, fatto colazione e messo dei pantaloni puliti ma ero a petto nudo e stavo sul letto a rilassarmi, assaporando l'aria gelata del condizionatore.
Avevo il cellulare in mano e non facevo altro che pensare a Meredith. Avevo voglia di inviarle un messaggio ma se era occupata? D'altronde lavorava in quel take-away, era lei che preparava le focacce e tutte quelle cose, sicuramente doveva essere parecchio indaffarata.
Pensavo all'uscita della volta scorsa e dei discorsi che facemmo.

Non potevo mentire a me stesso: lei mi piaceva molto.
Il problema è che praticamente ero diviso in due; il me stesso razionale mi diceva di non provarci e lasciar perdere. Dopo la rottura con Sally, non era il caso dal momento che mi ero pure ripromesso di non innamorarmi più. Poi c'era un altro me stesso, più impulsivo e molto legato ai sentimenti che percepiva; mi spronava a provarci spudoratamente.
Il dilemma era questo: che cazzo dovevo fare? Come comportarmi? Quanto mi potevo fidare di lei?
In mente non facevo altro che riempirmi di domande, domande che solo col tempo avrei ricevuto delle risposte.
All'improvviso, quel cafone di Stephen invece di bussare la porta, la aprì direttamente sbattendola perché l'aveva aperta con un calcio e questo mi fece giustamente sobbalzare dalla paura.
«Hey, campione!»
«E tu, grandissimo coglione, eh?! Nessuno ti ha insegnato le buone maniere?!»
«Ma perché, ti ho spaventato? Dai, non dirmi di sì»
«Sì, mi hai fatto sobbalzare dalla paura. Ed anche se non mi fossi cagato sotto, ti avrei rimproverato lo stesso: non lo sai che bisogna prima bussare ed aprire la porta usando la maniglia? Cristo, neanche i bambini...»
«Non rompere i coglioni che questa è casa mia e faccio il cazzo che mi pare» fu la risposta piccata del deficiente. Come non detto.
«Altrimenti se non vuoi essere disturbato, chiuditi a chiave!»
«Ed è quello che farò, stronzo. Comunque si può sapere che vuoi?»
«Chi, io?»
«No, tua madre» incominciavo a perdere la pazienza. Non riuscivo mai a capire se ci era o ci faceva.
«Ah, ora che ci penso... non me lo ricordo il perché sono entrato in camera tua...»
«STEPHEN!»
«Scherzavo! AH-AH-AH
Adoro troppo vederti incazzato, ci caschi sempre! Comunque volevo domandarti come è andata con Meredith!»
«Cosa? Ma di che cazzo stai parlando?» sbraitai io.
«Amico, non fingere con me che io so tutto»
«E scommettiamo; Meredith lo ha raccontato al tuo amichetto ed il tuo amichetto poi te l'ha detto a te, giusto? Già che ci siamo, mettiamo pure i cartelli per diffondere ulteriormente la notizia, che dici?»
«Attento a come parli, quell'amichetto -come lo hai citato prima- ha un nome e si chiama Micheal, chiaro? E non è un amichetto ma il mio miglior amico, mettitelo bene in testa»
Gli stavo per dire "sti'cazzi" ma poi la situazione si sarebbe degenerata e non era il caso.
«E comunque no, non è stato Micheal a raccontarmelo. Non lo so neanche se ne è al corrente. Sono io che ho visto tutto»
«Che cazzo fai nel tempo libero, mi spii?!»
«Ma che spiare, idiota! Stavo andando a trovare i miei genitori perché non li vedevo da un bel po', soprattutto mia madre che appena mi ha rivisto, per poco non piangeva... manco fossi ritornato da una guerra mondiale. Mentre mio padre...»
«Stephen, non me ne frega un cazzo dei tuoi genitori, vai al dunque!!»
«Cosa stavo blaterando? Ah sì, dicevo, mentre raggiungevo casa dei miei, sono passato vicino a quel bar nuovo dall'aspetto elegante. Da lontano ho visto te e Meredith che stavate entrando, tutto qua»
«Incredibile, pure quando non ci sei, mi stai sempre tra i piedi...»
«E allora, come è andata? Come mai sei uscita con lei? Per caso ti piace?»
«Non sono cazzi tuoi!» e gli tirai un cuscino in faccia.
«Ma perché non ce l'hai detto?» si lamentò lui come un bambino.
«Devo ripetere la frase di prima? E comunque, se proprio vuoi saperlo, non è stata mia la decisione di uscire con lei ma di sua madre!»
«Non ho capito; la madre di Meredith ti ha chiesto di uscire con sua figlia?»
«Esatto!»
«PUAHAHAHAH! Ma non prendermi per il culo! Non potevi trovare una scusa più patetica di questa! Ma ammettere la verità ti imbarazza così tanto...?»
«Stephen, un'altra parola e giuro che ti stacco quella testa di cazzo e la uso come palla da bowling»
«Pff, voglio proprio vedere»
Strano, solitamente quando lo minacciavo, si accucciava come un cagnolino. Stavolta rispose egregiamente alla mia minaccia. O non fui abbastanza minaccioso o gli erano cresciute le palle.

Ad un tratto, sentendo che stavamo urlando come due scaricatori di porto, arrivò Robert con una faccia seccata.
«Amen, ragazzi. Che succede?»
«Oh niente, stavamo chiacchierando» fu la risposta del rosso più deficiente di sempre.
«Quindi per te chiacchierare è sinonimo di sbraitare? Interessante. In ogni caso stavo leggendo un libro e non sono riuscito manco a finire la prima pagina a causa delle vostre voci.»
«Dai la colpa a Stephen che è venuto a rompermi i coglioni. Pensa che invece di bussare la porta, l'ha aperta con un calcio...»
«Fosse successo a me, sarebbe già crepato. In ogni caso, oltre a calmare le acque, sono qui per avvertirvi che le ragazze verranno domenica al pub!»
«Urrà!!» esclamò Stephen.
«Isabelle poi mi ha appena detto per telefono di aver incontrato Meredith in un negozio e che ci sarà anche lei domenica»
Cosa?! Ci sarebbe stata anche Meredith?!
«Un momento, ti ha chiamato Isabelle?» fu la domanda ansiosa di Stephen.
«Sì» rispose Robert, scettico dalla reazione sconcertata del rosso. «Qualche problema?»
«No, figurati...»
Quindi avrei rivisto lei. Il cuore mi batté forte senza fermarsi, solo a sentire il suo nome reagivo in quel modo.
Presi uno dei tanti cuscini che stavano sul mio letto e nascosi il mio viso rosso come un pomodoro arrostito per non farmi vedere da loro due, soprattutto da Stephen.

-

Poco dopo pranzammo anche se ragionandoci, avremmo potuto chiamare la focacceria di Meredith per farci portare delle focacce. Purtroppo non mi ricordavo minimamente il nome del take-away, chiamare direttamente Meredith non era il caso perché poteva essere occupata e quindi sorvolai l'idea sconsolato.
Una volta finito di mangiare, quel disgraziato del rosso era sul divano a poltrire, o forse dovrei dire dormire a giudicare da come russava.
Ringraziai il cielo che per essere una casa in cui abitava una sola persona era molto grande, dove ognuno di noi dormiva in una propria stanza... altrimenti con un tizio che russava in quel modo nella stessa camera lo avrei già ucciso.
Robert incominciò a sciacquare piatti e bicchieri ed io gli diedi una mano. Come minimo il rosso ci doveva ripagare con una cena.
Nessuno di noi osò fiatare anche perché Robert non era un tipo molto loquace.
E se mi faceva comunque domande, rimaneva un tipo discreto, a differenza di Stephen che non si faceva mai gli affari suoi.
«Sei libero di non rispondermi ma ho sentito -questo perché Stephen quando parla, lo si sente ovunque talmente che fa casino- che sei uscito con Meredith. Come è andata?»
«Bene» tagliai corto. Poi silenzio.
«Ho capito, non hai voglia di parlarne»
«Ti ho risposto» gli risposi piccato.
«Hai semplicemente tagliato corto, tutto qua. Non pensare di farmi fesso. Non ti obbligo di parlare con me ma visto che ci conosciamo da un anno, da parte tua mi sarei aspettato che ci avessi detto almeno di questa uscita con Meredith. D'altronde, che male c'è?
Ti imbarazza il fatto che sia disabile?»
«Ma che cazzata!»
«E allora? Perché sei così misterioso? È da un anno che ti conosco e non so niente di te, della tua famiglia. Non mi sono mai permesso di chiedertelo però se incominci a nasconderci cose futili come un'uscita con una ragazza, devo per caso preoccuparmi?»
«Da quando in qua sei il mio psicologo?»
«Non sono il tuo psicologo ma un tuo amico! Vabbè, meglio chiudere la discussione visto che non stai per niente collaborando. Credevo che fossimo amici ma a quanto pare mi sbagliavo...»
L'ultima frase mi fece infuriare di brutto e decisi di mettere le cose in chiaro. Sbatté la mano sul lavabo dalla rabbia e lo guardai truce.
«Mettiamo bene le cose in chiaro; sarai pure mio amico ma non ci sta scritto da nessuna parte che sei il mio confidente, che ogni volta che faccio o mi succede qualcosa, te la devo raccontare, chiaro?»
Mi guardò con un misto di spavento e delusione.
«Che ti devo dire... abbiamo un concetto di amicizia molto differente. Per me la questione è chiusa»

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Capitolo 13
*** Capitolo 12 (Robert POV) ***


Io proprio non lo capivo.
Si può sapere perché faceva così? Diceva di essere nostro amico eppure non abbastanza da raccontarci tutto. Non pretendevo di sapere i fatti personali ma ammettere almeno di avere una cotta per una ragazza?
Io almeno avevo raccontato ai miei amici della mia vita e dei miei trascorsi; ero figlio unico di una famiglia molto ricca di origine francese. Difatti il mio cognome era Debussy.
Mio padre era un medico e mia madre una farmacista e volevano che seguissi le loro stesse orme. Per questo motivo fin dalle elementari studiavo tantissimo, ero sempre stato il primo della classe.
Riuscii a passare il test d'ammissione all'università di medicina e mi laureerai con il massimo dei voti in poco tempo. Eppure, nonostante tutti questi successi, non ero affatto soddisfatto. La medicina mi piaceva ma non al punto di diventare un medico. Per anni non avevo fatto altro che assecondare ciò che mi dicevano i miei ed io come un caprone, li avevo ascoltati senza però mai ascoltare me stesso.
In realtà il mio sogno era un altro: diventare un modello. Fin da piccolo mi era sempre piaciuto sfogliare riviste di moda e vedere i shooting fotografici dei modelli, che fossero in passerella o in qualsiasi luogo.
A 25 anni decisi di abbandonare tutto e dire ai miei genitori ciò che avrei voluto davvero fare. Ovviamente la reazione non fu una delle migliori, soprattutto quella di mio padre che ancora oggi non mi considera più suo figlio. Mia madre con il tempo invece l'ha capito anche se lo ha accettato con non poca difficoltà.
Entrare nel settore non fu semplice, fu solo quando conobbi per puro caso Stephen che mi fece lanciare nel mondo della moda.


Stephen lo conoscevo già, o meglio, lo avevo spesso visto nelle riviste di moda in quanto era un modello di successo. Già da ragazzino partecipava ai concorsi di bellezza e quindi entrare in quel mondo non fu difficile perché era già conosciuto ed in più ci sapeva fare.
Conobbi Stephen mentre io stavo uscendo sconsolato da un agenzia di modelli per non essere riuscito a superare l'ennesimo casting. Stephen mi diede addosso perché stava correndo distrattamente. Da lì in poi incominciò la mia carriera da modello: insistette così tanto al capo della sua agenzia di farmi entrare e dopo tante suppliche, accettò la sua proposta: finalmente potevo entrare in quel mondo che avevo sempre sognato.
Non ero molto muscoloso ma vantavo comunque un fisico atletico ed un bel viso, requisiti che convinsero abbastanza il capo della sua, o meglio dovrei dire nostra agenzia.
Poi l'anno successivo conoscemmo Anthony in un bar.
Mentre stavamo bevendo una birra e fare quattro chiacchiere, Anthony catturò subito l'attenzione di Stephen.
«Ehi, hai visto quanto cazzo è alto quello lì?» mi domandò ad un tratto il rosso.
«Già, sarà intorno un 1,90 cm, un gigante»
Per inciso, Stephen era 1,77 ed io 1,80.
«Anche fisicamente, wow, che muscoli!» fischiò Stephen.
«Vero, da notare poi come le ragazze se lo stanno mangiando con gli occhi»
«Indubbiamente un fustacchione, secondo me è un modello»
«Uhm, non è detto... non per forza lo debba essere»
«Beh, se non lo è... glielo facciamo diventare!»
«Stai scherzando, spero»

«Certo che no! Secondo me lo vedo adatto a fare il modello, adesso glielo chiedo!»
«Stephen, non fare cazzate, ti prego... manco fossi tu il capo dell'agenzia per cui lavori. Perché chiederglielo se non puoi mantenere la promessa data? Sei riuscito a far entrare me (e ti ringrazio per questo) ma ciò non vuol dire che tu possa riuscirci sempre per gli altri ragazzi che incontri!»
«In realtà lo stesso capo mi aveva suggerito di cercare un aspirante modello e lui sembra perfetto»
«Non so che dirti... dai a possibilità a chi magari, oltre alle qualità apparenti, lo vuole davvero. Non uno così a caso.
E poi mi sembra parecchio di malumore... fossi in te lo eviterei come la peste»
«Oh, tranquillo! Glielo faccio tornare io il buonumore!»
«Sì, col cazzo!»

Ed andò dritto spedito da Anthony a chiedergli se voleva diventare un modello. Inutile dire che l'incontro non fu uno dei più piacevoli. Stephen tendeva ad essere una piaga, è vero ma d'altro canto Anthony era un tipo molto aggressivo.
Poi dopo aver insistito tanto, ad una certa accettò.
Non me lo sarei mai aspettato visto l'andazzo.
In quel momento pensai (e tutt'ora lo penso ancora) che accettò la proposta perché alla fin fine la trovava conveniente.
Non sembrava un appassionato di questo settore, difatti all'inizio quando partecipava ai provini, sfilare in passerella e posare per set fotografici, sembrava sempre così scocciato.
E solo col tempo che incominciò ad adorare (o forse dovrei dire abituarsi?) al suo nuovo lavoro.
Se c'era una cosa che detestavo di lui, è che non si capiva cosa gli passasse per la testa. Di lui non sapevo nulla, né del suo passato, né della sua famiglia.
Stephen, da buon curiosone qual è, aveva cercato di domandarglielo ma appena osava farlo, Anthony diventava furioso.
Ormai avevo capito che Anthony nascondesse un terribile segreto e non ce lo voleva dire. Che avesse fatto qualcosa di orribile in passato? Non aveva più i genitori?
Io e Stephen potevamo immaginare quanto volevamo ma comunque finché Anthony non ci avrebbe detto nulla, rimanevano solo ipotesi.
Finii di sciacquare i piatti da solo; Anthony dopo quella discussione mi aveva appeso ed andò in camera sua.
Andai nel salone e c'era Stephen che stava ancora dormendo sul divano.
Questa volta non stava russando ma bensì parlare nel sonno.
«Oh, Isabelle... quanto sei carina... ah sì, sì...»
Isabelle? Ah, adesso si capivano molte cose.
Si girava e si rigiriva sul divano ma il divano non era abbastanza largo, difatti dopo l'ennesimo giro, cadde a terra dal divano facendo un bel tonfo e svegliandosi di malumore. Un bel sogno andato a frantumi perché era caduto come uno scemo, che disdetta.
«Ma che cazzo... Diamine, stavo sognando proprio sul più bello» si lamentò il rosso.

«Eh già, nel sogno te la stavi facendo con Isabelle, giusto?»
«COSA?! E tu che ci fai qui?! Mi hai... sentito mentre parlavo nel sonno?»
«Avevo questo dubbio ma direi che ne ho avuto la conferma»
«Ugh, sono senza speranze...»
«Effettivamente lo sei»
«Grazie per l'appoggio eh, so di non piacerle manco morta ma non c'è bisogno che ci metta anche tu!»
«Sei senza speranze per un'altra ragione. Non intendevo infierirti nell'ambito romantico. E poi mai dire mai, come fai a sapere che non le piaci se non glielo hai mai detto?»
«Eddai amico» sbuffò grattandosi la testa. «Si vede un lontano un miglio che non prova nulla per me ma d'altronde è più che normale: lei è così elegante, raffinata ed intelligente ed io, nonostante sia un top model di successo, rimango sempre un buzzurro casinista!»
«Sì, ragionandoci avete due caratteri completamente diversi ma tu potresti un poco migliorare»
«Migliorare? Cioè?»
«Beh, imparando ad essere più cortese. Per esempio quando stai con lei, evita di urlare come un scaricatore di porto e soprattutto di non dire parolacce... almeno non troppo spesso. Prendi esempio dal tuo migliore amico»
«Diciamo che fare baccano è un po' nel mio stile, mi è difficile non provarci a farlo ma per Isabelle, questo e altro!»
«Appunto. E non fare come stamattina che hai disturbato Anthony aprendo la porta della camera sua con un calcio, senza bussare poi... immagina se lo avessi fatto con Isabelle!»
«Eh no, cazzo. Che mi hai preso, per un deficiente? Con Isabelle un'idea in del genere manco mi sarebbe sfiorata nel cervello! A proposito, noto il tuo tono di voce un po' spento. È successo qualcosa?»
«Che cosa?»
«Non so, mi stai dando consigli per come provarci con Isabelle eppure sento un velo di tristezza nella tua voce»
Il rosso pareva tanto stupido ma in realtà si dimostrava più acuto di quanto pensassi.
«Beh sì, è successo qualcosa mentre stavi poltrendo felicemente. Ma più che triste, sono deluso. Tutto qua»
«Deluso? Chi o cosa ti ha deluso?»
«Indovina»
«Eddai, non c'ho voglia di spremere le meningi. L'unica persona che mi viene in mente è Anthony»
«Indovinato»
«Wow, mi faccio i complimenti da solo. Ma perché, cosa è successo?»
«Prima di tutto abbassa la voce -impara a moderare i decibel della tua voce, accidenti- ed ora ascoltami bene: sei pregato di non provocarlo come fai di solito, chiaro? Soprattutto come hai fatto stamattina»
«Ma io non volevo provocarlo, ero solo curioso dell'uscita che aveva fatto con Meredith. Non me l'aspettavo che tra quei due ci fosse qualcosa e mi aspettavo che ce l'avesse prima o poi detto. Caspita, se non li avessi visto, quando mai lo avremmo saputo»
«Appunto Stephen, è proprio quello il problema: non si confida con noi, per nessuna cosa. Non sappiamo nulla della sua vita, dei suoi genitori, né del suo passato. Abbastanza sospettoso se ci fai caso ma mi sta ancora bene. Ma da qui a non dirci nulla a riguardo di un'uscita lo trovo esagerato, non trovi? Voglio dire, perché tutta riservatezza...?»
«Sì amico, ci stavo anch'io pensando in questi giorni. La mia paura è che... se avesse fatto qualcosa di grave in passato, che abbia la fedina penale sporca...? E se viene da una famiglia pericolosa?»
«No no, non credo, o almeno spero! A me da' l'impressione di uno molto suscettibile di cui non riesce a fidarsi abbastanza delle persone»
«Cioè, mi stai dicendo che non si fida di noi?»
«Esattamente. Però ci considera amici... non so che cosa dire onestamente»
«Ma quindi mentre stavo sognando beatamente Isabelle, voi stavate litigando?»
«Discutendo ad essere precisi ma non è finita benissimo... e vabbè, figurati» risposi sconfitto con le braccia piegate.
«Forse se ci parlassi io...»
«Scordatelo Stephen. Non ci sono riuscito io che sono la mente saggia del gruppo, vuoi provarci tu che sei l'ultima persona che può farlo??»
«Ehi! Così mi offendi eh»
«Offenditi pure ma renditi conto che è la verità, soprattutto per come ti sei comportato con lui stamattina»
«E se ci provassimo insieme?»
«Non so quanto possa essere fattibile ma potremmo comunque provarci in futuro. Attualmente non sembra proprio il caso»

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Capitolo 14
*** Capitolo 13 (Meredith POV) ***


Perché, ma dico perché non avevo provato il vestito nel camerino prima di comprarlo?

Ero così entusiasta di aver trovato il vestito che mi piaceva tanto a buon prezzo, della mia taglia tra l'altro per poi scoprire che di busto mi andava largo ed avevo il seno piuttosto scoperto.

Che facevo? Ormai il fatidico giorno era arrivato, mancava giusto un'ora all'appuntamento ed io ancora più sciocca, non avevo neanche provato il vestito a casa per vedere come mi calzava, in modo che se ci fosse stato un dettaglio fuori posto, lo avrei modificato... come in questo caso. Troppo tardi.

Il pub era a 5 km da casa mia, non sapevo se andare a piedi oppure prendere un bus anche se con quella scollatura mi sentivo a disagio e avrei attirato occhiate molto indiscrete.

Cercai nel mio armadio una giacchetta per coprire la parte superiore anche se avevo piuttosto caldo per tenermelo addosso. Pazienza, che mi serviva di lezione la prossima volta.

Nella borsa portai con me la mia inseparabile lavagnetta per comunicare con loro; non che non avessi voglia di parlare ma ci avrei messo un'eternità quando si trattava di argomentare e quindi scrivere ciò che pensavo su una lavagnetta era la scelta migliore.

Uscii di casa ma nonostante fossero le 19:00, c'era ancora molto sole. Adoravo l'estate proprio per questo.

All'improvviso una persona non fece attenzione e per poco mi diede addosso, facendomi spaventare un botto. Per la paura, caddi all'indietro ed il mio sedere fece un bel tonfo. Magnifico, vestito nuovo e già si era appena sporcato.

La persona in questione si girò per vedere la situazione e rimase stupefatto. Era un ragazzo.

«Meredith Rose?!»

Mi girai di scatto verso l'alto; questo ragazzo mi conosceva? E chi mai poteva essere?

Aveva dei lineamenti asiatici ed era molto alto, molto alto. Superava di sicuro i 190 cm. Poi guardai come era vestito ed aveva una tenuta sportiva, scarpe da ginnastica per giocare a basket e scalda muscoli. Aveva occhi e capelli neri ed un fisico da paura, tuttavia continuai a domandarmi nella mente chi fosse dal momento che lui mi doveva conoscere molto bene.

Il ragazzo molto gentilmente mi aiutò a farmi rialzare e continuò a parlare.

«Non ti ricordi di me? Sono Hitoya!»

«Ehhh...?»

«Certo, sono passati diversi anni e poi non eravamo in classe insieme. Tuttavia mi ricordo che spesso venivi a trovarmi in palestra per guardare i miei allenamenti di basket, insieme alla squadra...»

Basket, Hitoya, classe... quale classe poi? Ma dopo un po' finalmente mi si accese la lampadina.

Hitoya Brown. Il ragazzo più famoso del liceo che frequentavo. Bravo a scuola, bravo nel basket (o forse dovrei dire una stella, bravo non era ancora un complimento), bello, affascinante, desiderato da tutti e lo ammetto, lui fu la mia prima cotta anche se il mio era solo un amore platonico, nulla di serio.

Tuttavia, mi rimase un dubbio: durante al liceo, non ebbi mai l'occasione di parlare con lui, quando lo vedevo agli allenamenti non ero sola, anzi, c'era una miriade di ragazze pronte ad elogiarlo e fare il tifo per lui in stile cheerleader e per giunta manco tra le prime file in modo da farmi notare, in più non eravamo neanche in classe insieme... il fatto che lui addirittura sapesse il mio nome e cognome mi fece uno strano effetto. Cavolo, addirittura esistevo per la mia prima cotta.

A questo punto mi domandai se lui sapeva della mia condizione e sinceramente non avevo il coraggio di parlare.

«Effettivamente non ci siamo mai parlati al liceo...» incominciò lui grattandosi imbarazzato. Oh no, è lo stesso gesto che faceva di solito Anthony.

«Però mi ricordo del tuo regalo di San Valentino che mi avevi fatto all'ultimo anno di liceo: quei biscotti erano davvero buonissimi!»

Cosa?! Come aveva fatto a capire che quel regalo era opera mia?! Non lo avevo consegnato di persona (figuriamoci, non lo avrei mai fatto!), c'era un biglietto ma non lo avevo neanche firmato, quindi... come e quando lo avrebbe saputo?!

Forse mi aveva vista quando avevo messo il regalo nel suo zaino... no, impossibile. Ne approfittai nel momento in cui era in palestra ad allenarsi, quindi qualcuno che passava di lì mi aveva vista e spifferato tutto ad Hitoya.

«È stato un mio compagno di classe a rivelarmelo: ti vide mentre stavi mettendo il regalo nel mio zaino»

Ecco, appunto.

Ma se lo sapeva, perché non me lo aveva mai detto? Perché mi stava dicendo tutto questo ADESSO?

«Piuttosto, dove vai di bello?»

Lo guardai piccata: non era per cattiveria ma il fatto che lui sapesse del regalo non mi andò a genio. È vero che non glielo consegnai di persona ma se non lo feci, è perché ero troppo timida ed insicura. Anzi, il mio obbiettivo era che lui in qualche modo potesse capire chi fosse stato, così magari lui si sarebbe avvicinato a me. Invece lo sapeva ed in più non mi disse nulla. Fantastico. Adesso dopo tanti anni, voleva pure fare l'amicone domandami fatti che non erano suoi.

Presi penna e lavagnetta e gli scrissi questo: "me lo potevi dire per quanto riguarda il regalo di San Valentino"

Lesse il messaggio e ci rimase un po' male.

«Hai ragione, scusami. Però dal momento che non me lo avevi dato di persona, pensavo che tu non volessi proprio farmelo sapere e così avevo contribuito anch'io a questo gran segreto. Del resto sul biglietto non c'era neanche il tuo nome!»

Non potevo dargli torto effettivamente.

Facendo così, avevo ottenuto l'effetto opposto, cioè quello di non farmi proprio cercare. Avrei dovuto firmare il bigliettino, maledizione. Ma pazienza, era una storia ormai vecchia e di lui avevo addirittura rimosso nella mia mente.

Scrissi sulla lavagnetta questo: "Scuse accettate! Vado comunque al pub The King con degli amici, tu invece che fai, ti stai allenando?"

«Si, sono appena tornato in Irlanda dopo la vittoria della mia squadra anche se comunque continuo sempre ad allenarmi. Dopo il liceo sono stato ammesso alla NBA ed ora gioco nel Chicago Bulls, non è fantastico?»

Cavolo se lo era, lui era sempre stato un asso nel basket ed ero contenta del suo sogno ormai raggiunto.

Se lo meritava tanto.

«Però il pub The King è un pochino distante, vuoi un passaggio? Ho parcheggiato la macchina qui nei dintorni e se vuoi posso accompagnarti!»

Feci no con le mani segnata dall'imbarazzo.

«Sicura? Dai non farti pregare, lo faccio con piacere!»

Un passaggio mi sarebbe servito ma non volevo fare la parte della principessa viziata ed approfittatrice.

«Voglio farmi perdonare per il fatto di San Valentino!» disse lui risoluto.

Dal momento che la stava prendendo come una questione di principio, accettai di buon grado.

Una cosa che notai è che lui non fosse scettico del fatto che io comunicassi con la lavagnetta. Quindi lui sapeva della mia disabilità, però tutto ciò non lo trovava ripugnante.

«A che ora devi andare al pub?»

Erano le sette e l'appuntamento era per le otto.

«Se è ancora presto, puoi fare un salto a casa mia... giusto da offrirti qualcosa e fare una doccia che puzzo come una pecora»

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Capitolo 15
*** Capitolo 14 (Anthony POV) ***


Raggiunsi il pub The King da solo dopo aver fatto una passeggiata per conto mio.
Stephen stava perdendo tempo nel scegliere un abito adatto all’occasione e Robert non trovava il suo fidato marsupio. Dal momento che quei due, con le loro inutili lagne da bambini dell’asilo mi stavano infastidendo e non poco, dissi ai miei due compari che sarei uscito per una passeggiata per poi raggiungere il pub da solo. Come se non bastasse, quelle sbadate delle ragazze si erano dimenticate di prenotare e c’era il rischio che non solo non avremmo trovato posto al pub che avevamo scelto, ma che non avremmo potuto cenare da nessuna parte in una piena domenica estiva a causa di una mancata prenotazione.
Erano le 19:00 precise e fortunatamente era rimasto un tavolo disponibile. Chiesi al cameriere di prenotare il tavolo ed aspettai gli altri fuori perché non mi andava di restare al chiuso per tutto il tempo.
Sentivo il bisogno di fumare, così mi accesi una sigaretta aspettando quegli idioti e le ragazze.
Mi sentivo tanto ansioso quanto emozionato e non capivo il perché. Era un semplice appuntamento al pub per mangiare un panino, nulla di così eclatante.
Poi mi ricordai che all’appuntamento era presente anche Meredith.
Non c’era niente da fare: ogni volta che pensavo a lei, il mio corpo reagiva. Che fosse sudorazione, eccitazione, battiti cardiaci... queste sensazioni erano totalmente collegate a lei.
Mentre aspettavo la combriccola fuori, arrivò una macchina lussuosa. Sembrava una BMW di ultima generazione.
Il proprietario dell’auto uscì e poteva essere un mio coetaneo, con lineamenti asiatici. Tuttavia c’era un’altra persona all’interno e quando questa uscì, rimasi totalmente di sasso.
Era Meredith.
Pensavo che sarebbe venuta con Micheal, invece perché era con quel tizio asiatico? Chi cazzo era?
Che fosse fidanzata ed io non lo sapevo?
Non potevo fare a meno di ribollirmi dalla rabbia. Tuttavia, a cosa serviva arrabbiarsi? La conoscevo forse da un mese e comunque non benissimo. Come se non bastasse, perché farsi il sangue amaro se in parte con lei non volevo provarci?
In realtà non sapevo neanch’io come sentirmi perché da un lato ero rincuorato, così magari l’avrei lasciata perdere e ritornare sui miei passi ma dall’altra ero deluso e parecchio amareggiato.
Meredith aveva con sé la lavagnetta e scrisse qualcosa. Sentii dire dal tizio asiatico «ma figurati piccola!», quindi presumo che sulla lavagnetta ci fosse scritto “grazie”.
Un momento, l’aveva chiamata... piccola?
Ma come si permetteva?! Solo io potevo chiamarla in quel modo... o no?
Guardai in lontananza Meredith con un’espressione perplessa e scrisse qualcosa sulla lavagnetta e quando quel coglione lesse cosa c’era scritto sopra, fece la sua stessa espressione.
Sentii poi esclamare quel tizio «e chi è questo qui?»
Ma a chi si stava riferendo? Vidi Meredith arrossire parecchio e si voltò dall’imbarazzo per poi incrociare il mio sguardo. A guardarmi, lei divenne ancora più rossa. Salutò il tizio asiatico con una mano e lo liquidò di brutto, per poi raggiungermi correndo. Mi guardò tutta felice, come una bambina. Era così... bella. Le sue guance così rosse e paffute, i capelli voluminosi e morbidi, il suo sguardo così tenero e dolce... era bella tutta, dannazione.
Poi riuscii a leggere cosa c’era scritto sulla lavagnetta: “solo una persona può chiamarmi piccola”.
Una persona... che si stesse riferendo a me?
Quando l’accompagnai a casa sua dopo quella bizzarra uscita escogitata da quella pazza di sua madre, io la salutai chiamandola “piccola” e non mi pare che le diede fastidio.
Decisi perciò di andare al dunque.
«Perdonami ma quello che c’è scritto sulla lavagnetta è riferito a me?»
Lei si pietrificò un pochino e per un attimo non disse nulla, poi con la testa fece di sì.
Non so perché ma mi sentivo così soddisfatto e orgoglioso che avrei urlato dalla gioia. Non era tipico mio comunque.
«N-non ti d-da’ fastidio, vero?»
Merda, mi mettevo pure a balbettare adesso?
Lei fece no con la testa.
A questo punto le domandai chi fosse quel coglione cercando di usare un tono neutrale. Non ci riuscii perché il mio tono, alla faccia della neutralità, era proprio seccato. Lei notò il mio repentino cambio di atteggiamento ma non si scompose. Mi rispose scrivendo qualcosa sulla lavagnetta.
«"È un mio vecchio compagno di liceo. L’ho incontrato mentre stavo uscendo di casa e mi ha dato gentilmente un passaggio"»
«Capisco...» feci io con fare pensoso.
«Pensavo che venissi con Micheal...»
«Iooo eee Micheaal noon viiiviaaamoo viciiniii... luiii arriveraaa daaa soooloo iiin biciii» mi rispose sentendo finalmente la sua voce.
«Eeee tuuu?»
«Io? Oh beh, sono arrivato da solo perché reduce da una passeggiata e dal momento che le tre signorine del cazzo si sono dimenticate di prenotare il tavolo per noi -l’ho saputo tramite messaggio mentre stavo raggiungendo il pub, quindi ho dovuto fare le corse perché al telefono, questi qui del pub manco rispondevano...-, sono riuscito a prenotare uno disponibile, che era addirittura l’ultimo. Altrimenti ci giocavamo la serata...»
«Eeee iii tuoiii aaamiciii...?»
«Si stanno ancora preparando e non mi andava di aspettarli, soprattutto quando Stephen fa baccano perché non sa cosa mettersi. Quindi ho voluto prima fare una passeggiata e poi raggiungere il pub da solo»
Guardai poi il suo vestito: arrivava fino al ginocchio ed aveva come pattern delle fragoline rosse, mentre il vestito era rosa. Ora che ci penso, anche alla festa di Charlotte e quando la beccai nella sua focacceria aveva i vestiti color rosa, perciò dedussi che lei amasse tantissimo il rosa.
Sulla parte superiore aveva un coprispalle che copriva interamente il busto. Il tessuto del coprispalle sembrava un po’ pesante, non abbastanza adatto per l’estate che faceva un caldo terribile in quella serata.
«Ma hai freddo per caso...?»
«Nooo, peeercheee..?»
«Hai questo bolerino parecchio pesante addosso, non ti conviene toglierlo?»
«Tuuu diiiciii...?»
Sembrava un po’ a disagio, come se non la sentisse di togliere quel coprispalle.
«Miii prooomettiii chee...» non riuscì a finire la frase perché era imbarazzata oltremisura.
«Che?»
«... cheeee noon leee guaaarderaiii?»
Guardare cosa?
Aspetta, forse intendeva le tette?
Il vestito sulla parte superiore era molto scoperto probabilmente.
Alla fine si tolse il bolerino e potei vedere il suo vestito completamente.
La parte superiore era molto scollata e il petto le usciva abbondantemente, non aveva neanche il reggiseno.
Il vestito non lasciava spazio all’immaginazione e le bretelle erano decorate con perline rosse rimandando al colore delle fragole.
Purtroppo non potei fare a meno di guardare quel bel busto generoso e rimasi con la faccia da pesce lesso.
Lei notò il mio sguardo sul suo petto e lo coprì immediatamente con le mani guardandomi delusa e ferita.
«Perdonami se le ho guardate, non volevo metterti a disagio. Comunque sei davvero bellissima»
«D-diciii suuul serioooo?»
«Non dico mai menzogne, se faccio un complimento è perché dico la verità. Giuro che appena ti ho vista, mi è mancato il respiro»
Si sentì tranquillizzata tant’è che tolse le mani sul petto.
Tuttavia si sentiva ancora insicura a causa della scollatura molto scoperta ma non aveva intenzione di rimettersi il bolerino: il caldo si faceva sentire e dentro lo era ancora peggio.
«È c-cheee ioooo hooo prooovaatoo iiil vestiiitooo solooo oggii e-eee nooon pensavooo che foosseee cooosì scoollaatoo… non hooo a-aavutooo iil teeempooo diii modificaarlo…»
«Piccola, tranquilla, non c’è bisogno che tu mi debba dare spiegazioni. Anzi, ti proteggerò io dalle occhiate moleste e indiscrete»

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Capitolo 16
*** Capitolo 15 (Meredith POV) ***


«Ti proteggerò io dalle occhiate moleste ed indiscrete»
La mia mente memorizzò quella frase, mi rimase impressa.
Nonostante lui avesse guardato il mio petto all’inizio, si ricompose subito chiedendomi scusa e soprattutto con lui mi sentivo così… al sicuro.
Con lui non mi sentivo a disagio, mi sentivo protetta e pur non conoscendolo ancora benissimo, il mio cuore diceva di potermi fidare di lui.
Al contrario di Hitoya che nonostante la premura di avermi accompagnata al pub con la macchina, sembrava che ci stesse provando e la cosa mi diede un po’ fastidio.
Non che ci fosse nulla di male ma non mi aveva mai filata di striscio durante i tempi del liceo e lo faceva adesso… non so, trovavo il tutto un po’ strano. Anche quando mi chiamò piccola mi diede un fastidio assurdo e sinceramente sentii l’esigenza di mettere un paio di cose in chiaro: solo ed unicamente Anthony poteva chiamarmi in quel modo.
Lo avrei apprezzato ai tempi del liceo perché lui era la mia cotta oppure anche adesso se ero ancora innamorata di lui ma ormai Hitoya non contava più nulla per me.
«Che dici? Vogliamo entrare?»
Feci sì con la testa.
Entrammo al pub e devo dire che era molto carino: l’interno era pienamente fatto di legno ma rispetto ai soliti pub inglesi ed irlandesi, c’erano molte luci e il posto non era troppo scuro.
Si stava piuttosto bene complice dell’aria condizionata accesa.
«Bene, finalmente l’hanno accesa… sti stronzi. Quando sono entrato per prenotare il tavolo, faceva un caldo terribile e per poco morivo» brontolò lui sottovoce.
Raggiungemmo il nostro tavolo e l’orologio segnava le 20:00, tuttavia tutti gli altri non erano ancora arrivati. La cosa non mi dispiaceva perché l’idea di stare sola con Anthony mi piaceva… forse pure troppo.
Mi chiedevo se se la sentiva di sedere accanto a me e glielo chiesi con titubanza.
«Scuuusaamiii…»
«Sì…?»
«E-e-e-eeeeccoooo, iiiooo… coomeee diiireee…»
«Qualcosa non va?»
«Pooossooo seeeederrmiii cooon…»
Non riuscii a finire la frase perché avevo il respiro affannato e tutto il mio corpo andava in escandescenza. Non potevo vedermi ma sentivo il mio viso bollire dalla timidezza.
Lui ovviamente (ed aggiungiamo pure fortunatamente) capì a chi mi stessi riferendo e divenne rosso pure lui.
«Certo che puoi sederti accanto a me…» mi rispose voltandosi dall’altra parte. Non aveva il coraggio di guardarmi.
«N-N-non t-tiii dooo f-fastiiidiooo…?»
«Ti chiami Stephen, per caso?»
«Nooo!»
«Perfetto, finché non ti chiami Stephen, non sei un fastidio. Ora prendiamo posto»
Mi misi a ridere perché era una palese frecciata nei confronti di Stephen per il suo essere troppo caotico.
Ci sedemmo vicini, uno accanto all’altro ma nessuno dei due osò parlare, neanche guardarci.
Lo guardai di nascosto per osservare meglio il suo abbigliamento: aveva una camicia nera stavolta a tre quarti, pantaloni bianchi, diversi bracciali sul polso e molti anelli sulle dita, infine non mancava una catenina d’oro sul collo. Si curava e lo si notava dall’aspetto. Considerando che era anche un modello, ci stava.
«Sai» disse lui ad un tratto «è bello stare con te…»
Il mio cuore batté forte. Non riuscivo a controllare i miei respiri né tantomeno i battiti cardiaci.
«Stai bene?» e finalmente si voltò con fare preoccupato.
«Per caso ti metto a disagio?»
«NOOOOO!» urlai io tappandomi subito la bocca imbarazzata per aver urlato. Infatti alcuni commensali mi guardarono giustamente incuriositi.
Tuttavia l’urlo mi venne spontaneo, perché lui tutto mi faceva sentire tranne che a disagio.
Allora… perché mi comportavo così?
La risposta in fondo al cuore la sapevo, semplicemente avevo troppo paura di ammetterlo.
Il problema non era lui ma ero io: avevo paura di innamorarmi.
«E allora cos’hai? Sei accaldata?» e posò la sua mano sulla mia fronte e questo non fece altro che peggiorare le cose.
«Effettivamente la tua fronte è molto calda…»
Dai Anthony, arrivaci. Avevo la febbre per causa tua!
«N-non è nieeeenteee!» risposi io scacciando la sua mano e coprendomi la fronte con le mie mani.
Lui non disse più nulla ma rimase un poco scettico.
Si girò sentendo borbottare qualcosa ma non riuscii a capire cosa disse.
«Quanto vorrei che gli altri non arrivassero…» sentii poi da lui con un tono di voce molto flebile. Non so come riuscii a sentire quella frase. Non potevo che concordare con lui (scusami Micheal…) e dissi anch’io qualcosa rispondendo a bassissima voce «aaanch’iooo…».
Lui si girò di scatto guardandomi shoccato ed io lo feci altrettanto.
«M-miiii haaaiiii sentitoooo?»
«Ti stavo per chiedere la stessa cosa…»
Ci guardammo per un po’ senza dire nulla, poi all’improvviso Anthony accarezzò dolcemente la mia testa toccando i miei capelli.
«Adoro i tuoi capelli… sono così folti e morbidi»
I nostri visi erano davvero molto vicini, forse anche troppo. Sentivo la punta del mio naso quasi ad urtare quella sua e mi resi conto che era il momento perfetto per scambiare un bacio.
Io non avrei mai fatto il primo passo, ero troppo timida. Non lo avrei neanche spronato a farlo.
Desideravo che l’iniziativa la prendesse lui ma tanto era inutile sperarci, probabilmente non l’avrebbe mai fatto...
«Chiudi gli occhi»
Eh?
«Fallo»
Non ci volevo credere, lo stava per fare.
Chiusi gli occhi come mi aveva detto ed attesi.
Sudavo tantissimo per la trepidazione e non sapevo come comportarmi: era il mio primo bacio in assoluto.
Sentii le sue labbra posarsi sulle mie ed erano così morbide e calde. Mi sentivo così… felice.
Dunque era così che ci sentiva quando si baciava una persona.
Era un semplice bacio a stampo, eppure quel bacio fece nascere mille sensazione, tutte positive tra l'altro.
Il mio cuore ovviamente batteva come se non ci fosse stato un domani ma questa volta sentirlo battere non mi dava fastidio come le altre volte a causa dell'ansia; quel battito mi dava energia, eccitazione e soprattutto tanta gioia.
Quanto avrei voluto che il tempo si fermasse e per sempre.
Se solo...
«Disturbiamo?»
Una voce familiare ci fece tornare dalla realtà, girammo di scatto e rimanemmo come dei pesci lessi: Stephen ci guardava stupito ed era appena arrivato. Non c’era solo lui ma anche Micheal, Charlotte e tutti gli altri.
Ero tutta rossa dalla vergogna ma neanche Anthony lo era da meno. Si leggeva dal suo volto che era molto frustato perché gli altri ci avevano rovinato il nostro magico momento.
«Disturbiamo?» ripeté di nuovo il rosso.
«Vai al diavolo…» grugnò Anthony.
«Comunque siete in ritardo… incominciate a prendere posto che è meglio!»

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Capitolo 17
*** Capitolo 16 (Anthony POV) ***


"Fanculo, fanculo, fanculo, fanculo... fanculo"

Non facevo altro che ripetere fanculo nella mia mente, totalmente frustato.

Di certo non potevo incolpare i miei amici per essere arrivati in quel momento, d'altronde la nostra doveva essere una serata di gruppo.

Ma comunque non potevo fare a meno di maledire tutti gli altri per aver rovinato quel momento magico.

Fu solo un bacio stampo e conoscendomi, non ero solito a dare dei baci così casti... io andavo ben oltre.

Ma di certo Meredith non era quel tipo di ragazza e soprattutto già quel bacio la fece andare in escandescenza, anzi no. Era già in escandescenza prima di baciarla. Figuriamoci se l'avessi baciata in quell'altro modo.

La cosa più pazzesca è che anch'io ero in totale imbarazzo nonostante fosse un semplice bacio a stampo e non era assolutamente da me.

Quando mai con Sally reagivo in quel modo. Con lei i baci alla francese erano all'ordine del giorno e non mi imbarazzavo neanche per un secondo. Perché con Meredith era tutto diverso invece?

«Che dite, incominciamo ad ordinare?»

La domanda di Robert mi fece ritornare nella realtà e cercai di ricompormi. La cosa che mi stupii è che nessuno di loro, comprese le ragazze, si azzardò a fare un commento a riguardo di quella situazione. Stephen rimase muto come un pesce, cosa stranissima non essendo da lui, che stesse all'improvviso maturando? Ben venga comunque.

«Direi di sì! Cacchio, ho fame!!» rispose il rosso.

Arrivò il cameriere che ci portò prima un po' d'acqua -e con questo caldo ci voleva!- e poi i menu.

Spostai gli occhi su Meredith per vedere come stesse. Aveva ancora il rossore sulle guance ma nel complesso sembrava comunque essersi calmata.

«Voi prendete gli antipasti?» domandò Micheal.

«Ovvio, che domande!» esclamò Stephen «ci dobbiamo abbuffare per bene, altrimenti perché cazzo siamo andati al pub?»

«Ok ma stai calmo» rispose piccato il suo amico «Non ho tantissima fame, quindi andrò direttamente al panino!»

«Al pub preparano insalate?»

«Penso di sì, controlla sul menu...»

«Sì, hai ragione, adesso vedo... c'è! Allora prendo un'insalata con pomodorini e basta»

«Mi aggrego ad Isabelle» rispose una scocciata Scarlet.

«Ragazze, non avete fame...?» fu la domanda perplessa di Robert.

«È un crimine mantenersi in linea?» domandò a sua volta Scarlet.

«Assolutamente no ma non succede nulla se per una volta non vi cibate delle solite minestre e insalatine!»

«Grazie del consiglio, anche se nessuno te l'ha chiesto»

«Io penso che mi farò il panino vegetariano, dite che lo fanno?» domandò Charlotte.

«Non penso che ci siano problemi, puoi comunque scegliere gli ingredienti che vuoi in un panino» risposi io.

«Allora ricapitoliamo, chi vuole l'antipasto, a parte io? Io volevo ordinare del pollo fritto...»

Silenzio generale fino a quando una persona alzò la mano: era Meredith.

Stephen la guardò stupita ma comunque felice.

«Perfetto! Allora dividiamo l'antipasto in due, va bene?»

Meredith rispose sì muovendo il capo.

Finalmente arrivò il cameriere per ordinare le nostre prenotazioni. Oltre al pollo fritto voluto dal rosso e da Meredith, scegliemmo i panini e le insalate per le due biondine.

Quando arrivò però il turno di Meredith, tutti la guardammo stupiti: non solo aveva preso del pollo fritto come antipasto ma si scelse il panino più grosso di sempre, strapieno di ingredienti ed addirittura come dolce del profiterole al cioccolato.

Posso dire che il fatto che adorasse mangiare la trovavo semplicemente adorabile?

«È-è... cheee aamooo mangiaaareee...» fu la sua risposta con un filo di imbarazzo.

Le accarezzai il capo per tranquillizzarla, per farle capire che non c'era nessun problema se voleva mangiare tanto in quella sera.

Come esattamente Isabelle e Scarlet avevano il diritto di non volersi abbuffare per motivi loro, lo stesso discorso valeva per Meredith se voleva mangiare tanto.

«E ti credo che porta una 46 italiana...» fu il commento detto sottovoce da una persona. Riconobbi il tono della voce. Fu quella stronza di Scarlet. La guardai truce ma lei d'altro canto si girò dall'altra parte facendo finta di nulla.

Possibile che ce l'aveva ancora con lei per il fatto della festa? Speravo mentalmente che Meredith non l'avesse sentita...

Manco il tempo di chiacchierare che arrivò subito il pollo fritto. Il rosso e Meredith se lo addentarono in due secondi, come se fossero spaventosamente affamati.

Da Stephen me lo aspettavo ma lo scenario di Meredith era senza dubbio quello più stupefacente. Il fatto che adorasse così tanto mangiare la rendeva ancora più bella ed unica.

Mangiava con gusto e soddisfazione mentre Scarlet ed Isabelle la guardavano con fare frustato. Ad una certa, Isabelle decise di prendere l'iniziativa.

«Cameriere?!»

«Ehm, sì... mi dica!»

«Voglio anch'io una porzione di pollo fritto!!»

Tutti la guardammo shoccati ad eccezione di Stephen e Meredith.

«Stai scherzando sorella»

«Niente affatto Scarlet!»

«SÌ, COSÌ TI VOGLIO» urlò eccitato il rosso per poi ricomporsi in maniera goffa.

«Così come?» domandò Isabelle incuriosita.

«Beh, ecco... così... così...»

Non avevo mai visto il rosso così imbarazzato e non seppe come terminare la frase.

«Arriverà prima il tuo pollo fritto che la risposta di Stephen» scherzò Micheal.

«Chiudi il becco!»

«A proposito, com'è questo pollo fritto?» domandai alla piccola Meredith.

Per tutta risposta, mi sorrise facendo il segno "ok".

Quanto era dannatamente adorabile.

Arrivò anche il pollo fritto per Isabelle e sembrava talmente incuriosita e contenta che probabilmente era la prima volta che se lo mangiava.

«Wow, devo dire che è delizioso! Scarlet, sicura che non lo vuoi uno?»

«No, grazie» fu la risposta piccata dell'altra bionda.

Ma si vedeva lontano un miglio che stesse mentendo spudoratamente.

Riuscì a mangiare tutto il pollo fritto e ne rimasi stupefatto: ne erano parecchi per essere una porzione per una persona e considerando che Isabelle mangiasse generalmente poco e salutare, pensavo che ne avrebbe mangiati solo una metà, se non addirittura meno.

«Era la prima volta che li mangiavo in vita mia, ora capisco perché molta gente li adora! Oh cielo, come sono sazia! Non sono abituata a mangiare tanto, soprattutto se mangio i cibi fritti...»

«Davvero? Non hai mai mangiato il pollo fritto fino ad ora?»

«Eh già, solitamente mangio sempre come un uccellino ma per una volta tanto ho voluto provare qualcosa di diverso... sarà che sono stufa di ingurgitare sempre minestre ed insalatine!»

«Haaaiii faattoooo beneee»

«Dici? Se lo dici tu, allora direi che ne sono ancora più convinta! Mi sembri una ragazza sincera dove allo stesso tempo dici anche cose giuste!»

«Nooon è veeeroooo...»

«Grazie al cazzo Isa, quella lì mangia come un maiale -ma non hai sentito prima cosa ha ordinato?!-, che ti aspettavi... che ti dicesse il contrario? Oh beh, almeno non è ipocrita»

Il commento di Scarlet fece gelare completamente l'atmosfera della serata.

Ne avevo abbastanza. Già il primo commento mi diede un fastidio assurdo nonostante non fosse diretto a me ma con questo aveva toccato il fondo perché stavolta lo aveva detto a voce alta e tutti ormai lo avevano sentito.

Alzai di scatto sbattendo la mano sul tavolo, così facendo attirai l'attenzione indiscreta degli altri commensali ma non mi importava.

«Due sono le cose; o la finisci o ti finisco io»

Purtroppo la sua reazione fu semplicemente strafottente, non cogliendo la mia minaccia.

Anzi, ebbe pure la faccia tosta di replicare.

«Oh, sto tremando dalla paura...» fece lei fingendo pure di essere spaventata.

«E comunque» continuò «prima di dire stronzate, collega il cervello... sempre se ce l'hai. Ah già, ora che ci penso, tu il cervello ce l'hai in mezzo alle gambe! Cosa c'è, quella lì te lo ha fatto venire duro? Non mi aspettavo degli standard così bassi da parte tua»
Praticamente una combo di insulti non solo nei confronti di Meredith ma anche nei miei. Brutta serpe maledetta.

«Maledetta stron-»

Non riuscii a concludere la frase perché Isabelle incominciò a sentirsi male.

Coprì la bocca con la mani e quindi si capì subito che era sul punto di vomitare.

«Che cazzo succede, Isa??» urlò Stephen seriamente spaventato.

Ovviamente lei non rispose e corse in bagno. Il rosso cercò di seguirla ma venne prontamente fermato dalla serpe.

«Dove cazzo vuoi andare, non puoi entrare nel bagno delle donne! Stai cionco lì che nel frattempo vado a vedere come sta»

Finalmente Scarlet si tolse dalle palle anche se solo temporaneamente.

Il rosso cercò di sdrammatizzare dicendo «ma per caso Scarlet ha il ciclo? No perché sembra più acida del solito!» ma purtroppo nessuno rise perché l'atmosfera era andata beatamente a quel paese e ci sentivamo un po' tutti a disagio per quello che era successo prima.

«Probabilmente Isabelle ha esagerato a mangiare tutto quel pollo fritto, il suo stomaco non è minimamente abituato al fritto e lo avrà rigettato del tutto...» disse Charlotte cambiando discorso.

«Se non vi dispiace, vado a vedere come sta... sono abbastanza preoccupata»

Così Charlotte lasciò temporaneamente il tavolo per vedere come stava la povera Isabelle.

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Capitolo 18
*** Capitolo 17 (Meredith POV) ***


È vero che ero abituata agli insulti ma questo non significava che dovevo essere trattata come uno zerbino ogni volta che dicevo o facevo qualcosa.

Avevo gli occhi lucidi ma cercai comunque di resistere e pensare qualcos'altro.

Del tipo Anthony che mi aveva difesa con le unghie e con i denti.

A scuola nessuno lo avrebbe fatto ed era la prima volta che una persona si sarebbe schierata dalla mia parte.

A causa di Scarlet, l'atmosfera si era un po' incupita. Stephen cercava di alleggerirla con delle battute ma erano una più squallida dell'altra.

Cercai quindi di risollevare la situazione, spiegando cosa ne pensassi.

"Non dovete preoccuparmi per me, io sto bene. Non mi sono offesa dalle parole di Scarlet"

Bugia grande come una villa ad Hollywood ma tanto lei non mi avrebbe mai chiesto scusa e quindi era meglio ignorare tutto.

Tossii facendo cenno di leggere la lavagnetta visto che a parlare ci avrei messo troppo.

I ragazzi lessero il contenuto ma rimasero un poco perplessi. Perché forse avevano colto che era una bugia o semplicemente ignorare un fatto del genere non era saggio?

«Non so se tu stia mentendo o meno ma» disse Micheal «non è giusto che tu venga trattata in questo modo, soprattutto ad una serata con gli amici. Voglio dire, stavamo chiacchierando allegramente per poi andare tutto a quel paese!»

«A puttane, volevi dire»

«Beh, scusa Stephen, che cambia...?»

«Beh, è più enfatico!»

«Enfatico di cosa, scusa eh?!»

«Per caso ci dobbiamo subire pure la vostra litigata? Dopo quella tra Scarlet ed Anthony non mi pare il caso...» si lamentò Robert.

«E comunque» continuò sempre lui «è giusto che voi lo sappiate -mi riferisco a Micheal e Meredith che conoscono Scarlet da pochissimo-, lei ha sempre avuto questo atteggiamento scontroso ed antipatico, fin da quando la conosciamo. Vi dico solo che in meno di cinque anni, ha cambiato più di trenta manager a causa del suo brutto carattere ed a volte ha creato diversi disagi ai shooting fotografici...»

«Come mai tutto ciò, da cosa scaturisce il suo brutto carattere?»

«Sinceramente non ne ho idea, so solo che lei lavora fin da piccola perché già sua madre era in passato una modella e Scarlet già da bambina, per volere della madre, posava in diverse riviste di moda. Può essere che non abbia goduto appieno la sua infanzia come dovrebbe farlo qualsiasi bambino e chissà se col tempo stia incominciando ad odiare il suo lavoro...»

«No dai, non penso!» controbatté Stephen. «Parlo abbastanza spesso con Scarlet e ha sempre ribadito di amare il mondo della moda e sfilare in passerella. È nata proprio per questo!

Quindi suvvia, smettila con queste teorie da psicologo, manco fossi il suo!»

«A parte il fatto che le mie sono ipotesi e NON teorie -razza di ignorante, impara la differenza tra teoria e ipotesi- ed in quanto ipotesi, non sono altro che opinioni senza una conferma di veridicità. Perciò taci che fai più bella figura!»

«Ehm, non farci caso... Stephen non è mai stato un asso a scuola...» cercò di scusarsi Micheal con fare imbarazzato.

«CE NE SIAMO ACCORTI» risposero in coro Anthony e Robert all'unisono per poi guardarsi stupiti.

«Wow, grazie del sostegno Mickey...»

Stavano di nuovo litigando ma devo dire che quel commento reciproco detto da Anthony e Robert per poco non mi fece soffocare dal ridere.

Incominciai un poco a ridere e gli altri si accorsero di ciò.

«Non farci caso, Stephen è un idiota» mi disse Anthony.

«Seeenzaaa ooffesaaa... looo sieeetee uuun po' tuuttiii...» risposi io cercando di contenere le risate.

Tutti i ragazzi rimasero esterrefatti in quanto non si aspettavano un commento del genere da parte mia.

Anthony prima mi guardò sottecchi poi incominciò anche lui a ridere come non mai.

«Hai ragione, siamo proprio dei coglioni, ahahah»

«Hey fratello, abbassa i toni, che Meredith ha detto idioti, non coglioni!»

«Stephen, tranquillo, che tu ne detieni il premio Oscar per questo»

«Ma se io ho detto tutta un'altra cosa!!?» ed incominciò a ridere pure lui, seguiti da Micheal e Robert.

«Grazie Meredith, grazie a te hai salvato la serata...» mi disse dolcemente Anthony.

«Fratello, attento che Scarlet deve ancora tornare dal bagno...»

«Oh cazzo, è vero...» sbuffò lui.

«Maaa iooo non hooo fattooo nullaaa...» risposi io perplessa. Perché davvero non avevo fatto nulla, avevo riso giusto perché il commento reciproco mi aveva fatto scompisciare, nulla di più.

«Comunque» continuò Anthony ritornando alla questione spinosa «Anche se Scarlet ha un carattere di merda, non vedo il motivo di trattare Meredith in quel modo. Dai, ce l'ha con lei a priori!»

«Che ti devo dire, l'avrà presa in antipatia, forse per il fatto della festa di Charlotte? Ma penso che ci sia qualcos'altro sotto»

«Seee èèè peeer laaa disaabilitààà, iooo ciii soonooo aaabiituaataa...» fingendo indifferente.

Dopo quel commento, Anthony mi guardò rattristato.

«No Meredith, non penso sia per quello. Lo so perché Scarlet tempo fa aveva collaborato con una modella diversamente abile per un shooting fotografico ed avevano sviluppato una bell'amicizia, almeno così mi disse Isabelle. Perciò non penso che sia per la tua disabilità, altrimenti sarebbe fin troppo incoerente da parte sua»

«Eccomiiiiiiii!!!» una voce squillante ci catturò l'attenzione: era Isabelle che era appena tornata dal bagno e sembrava in forma.

Con lei ritornarono Charlotte e Scarlet, quest'ultima di pessimo umore. Oddio, adesso cosa le prendeva...

«Tutto apposto dolcezza?» domandò Stephen molto preoccupato. «Puoi stare tranquillo, sto una meraviglia adesso! Ho chiesto al cameriere di prepararmi un bicarbonato, ma perlomeno il peggio è passato. Mi sa che ho esagerato con il pollo fritto, era una porzione troppo grande per me»

«Direi... io e Meredith perlomeno ce l'avevamo diviso altrimenti mi sarei sentito anch'io male!»

«A proposito, i panini e le nostre insalate... non sono ancora arrivati?»

«Ora che ci penso no... cazz-, cioè volevo dire, accipicchia! Ho una fame...» si lamentò.

Per poco Anthony non spruzzava la birra dal naso per le risate ma questa volta giuro che non ne capivo il motivo.

«Da quando in qua il rosso cerca di fare il gentleman?» spifferò Anthony al biondo.

«Oh, è una storia lunga...» tagliò corto lui.

Finalmente arrivò il cameriere a consegnarci le nostre portate e potevo mangiare il mio bel panino strapieno di carne, insalata, pomodori, patate e maionese, che squisitezza!

Mentre tutti noi mangiavamo e chiacchieravamo con allegria, Scarlet non proferì una parola.

Forse che avesse capito di aver sbagliato prima e non aveva più il coraggio di parlare?

Sinceramente non lo so e finché non si scusava con me, la cosa ben poco mi interessava.

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Capitolo 19
*** Capitolo 18 (Micheal POV) ***


La serata fu nel complesso piacevole. Finalmente avevo rivisto Charlotte dal momento che non la vedevo dalla sua festa di compleanno.

Purtroppo in parte fu rovinata da Scarlet perché aveva maltrattato Meredith più di una volta e pure davanti a tutti.

Quando ritornai a casa, chattai privatamente con Charlotte per chiedere spiegazioni. Quelle di Robert, non che non fossero convincenti, semplicemente non mi facevano capire il perché la trattasse male... voglio dire, anche Anthony non si era comportato benissimo con Meredith alla festa, eppure l'aveva difesa con le unghie e con i denti dalle sue angherie. Lo stavo per farlo io in realtà ma Anthony mi aveva totalmente preceduto, velocissimo come un ninja.

Però un momento... da quando Anthony e Meredith stavano insieme?!

Oltre il fatto che si erano seduti vicini, ma quando noi arrivammo al tavolo, si stavano pure baciando!

E dire che Meredith non lo aveva granché apprezzato come persona quando discutemmo ciò al lavoro.

Che si fossero incontrati anche dopo la festa in qualche modo ed io non ne avevo saputo nulla?

In ogni caso, nessuna sapeva con precisione il perché Scarlet trattasse così male Meredith; come disse giustamente Anthony al pub, ce l'aveva con lei a prescindere e forse l'equivoco della festa era solo uno dei tanti motivi. Invidia femminile forse?

Al ritorno dal pub, pur essendo notte inoltrata, chattavo con Charlotte per discutere sulla questione Meredith/Anthony.

"Ma sai se per caso Anthony e Meredith stanno insieme?" mi scrisse lei.

"Vuoi la verità? Non ne ho la più pallida idea"

"Anche perché alla festa Anthony fu molto distaccato con lei... no, ora che ricordo meglio, un po' con tutti!"

Vero, ora che ci stavo riflettendo, fu parecchio freddo alla festa.

"Comunque" scrissi io "probabilmente dopo la festa, in un modo o nell'altro si saranno incontrati e conosciuti meglio... ma ti devo fare una confessione; a me quel tipo non piace affatto"

Dovevo dirlo. Non mi stava affatto simpatico.

"Lui non è un cattivo"

Ti prego Charlotte, non fare però il Capitan Ovvio della situazione.

"Però" continuò lei "a detta di Stephen, lui è un tipo molto taciturno e misterioso"

"In che senso, scusa? Perché dovrebbe un tipo misterioso??"

"Non si sa nulla di lui, sulla sua famiglia. Sembra che più di una volta, Stephen gli abbia chiesto qualcosa sui suoi genitori ed Anthony gli intimava di starsi zitto. Per lui la domanda a riguardo della sua famiglia o comunque del suo passato è un vero e proprio tabù"

"Oh cielo... per carità, se sono affari suoi e non se la sente di aprirsi con gli altri, è una decisione sua"

"Hai ragione, peccato che Stephen e Robert sono suoi amici, gli vogliono molto bene! Anzi, presumo che tu non lo sappia, ma se Robert e Anthony sono diventati dei modelli è grazie al nostro Stephen!"

"COSA?! Davvero?!"

"Già! Lui ha fiuto per queste cose ed ha ben convinto il suo manager ed la sua agenzia a farli entrare. Ha conosciuto prima Robert e poi successivamente Anthony. Robert ha accettato subito perché è sempre stato il suo sogno. Anthony ci ha dovuto pensare su... no, in realtà, prima ha mandato a quel paese Stephen perché stava un po' insistendo, ci ha poi riflettuto per poi infine accettare"

"Ah ecco..."

"E comunque, il fatto che Anthony rimanga sempre così taciturno nei confronti dei suoi amici è un enorme dispiacere per Stephen... fa sempre il fenomeno ma in realtà rimane un ragazzo molto sensibile... più sensibile di quello che in realtà non sembra"

"Sì, lo so... quando si affeziona ad una persona, fa di tutto per quella persona. E mi dispiace che Anthony non lo tratti con la stessa moneta..."

"Più che altro, Stephen ha parlato tanto di te, di me, della sua famiglia: quando incomincia a farsi degli amici, si apre e si confida con loro. Per dirne una, so qualcosa del passato di Robert ma di Anthony il nulla cosmico..."

"A proposito di Robert, anche lui è americano, giusto?"

"Sì, però è di origini francesi. I suoi sono dei medici e volevano che lo diventasse anche lui, non a caso si è laureato all'Università di medicina.

Ma dopo la laurea, ha subito accantonato tutto ciò per diventare un modello, che è sempre stato il suo sogno. Inizialmente l'ha vista brutta: non solo i suoi genitori non erano minimamente d'accordo con la sua decisione e quindi lo esclusero dalla famiglia ma veniva pure rifiutato dai provini per diventare modello. Solo quando ha conosciuto Stephen, ci è riuscito"

"Caspita, che storia! Mi dispiace per la sua situazione familiare..."

"Attualmente la madre lo ha accettato ma il padre non sembra essere dello stesso avviso..."

"Capisco"

"Comunque, ritornando ad Anthony e Meredith, sono abbastanza sicura che Stephen ne sa qualcosa"

"Da cosa ne deduci?"

"Tutti noi abbiamo assistito alla scena del bacio; com'è possibile che Stephen -che adora un sacco stuzzicare- non abbia proferito una parola? Ovviamente io, te, Isa e Robert siamo persone discrete e non ci permettiamo certi commenti. Scarlet dipende come le gira la testa ma Stephen? Solo io l'ho trovato un atteggiamento un po' insolito da parte sua? Quasi anomalo direi..."

Perbacco, vero. Sarà perché in quel momento ero piuttosto distratto e non ci avevo fatto caso più di tanto. A prescindere Stephen adorava stuzzicare, soprattutto nelle faccende amorose. Lo faceva spesso con me, perché non doveva farlo con Anthony?

Poi mi aveva dato l'impressione che ci stesse provando con Isabelle ma quello era tipico suo, quindi di questo non mi stupivo più di tanto.

"Hai ragione" le scrissi "gatta ci cova. Ora si è fatto tardi, meglio che stacco che domani devo svegliarmi presto per andare a lavoro! Notte!"

"Notte! Ti voglio bene!"

Avrei voluto scrivere "io invece ti amo" ma non era questo il giorno... sempre se ci fosse stato quel giorno.

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Capitolo 20
*** Capitolo 19 (Micheal POV) ***


Il giorno dopo mi svegliai non male... di più.

Non avevo sentito la sveglia, questo perché dopo la serata al pub, tornato a casa, avevo perso tempo a chattare con Charlotte durante la notte e avevo chiuso occhio intorno alle quattro di mattina... praticamente solo 3-4 ore di sonno.

Che idiota.

Cercai di muovermi facendo colazione e bevendo caffè come se non ci fosse stato un domani perché era l'unico ingrediente che avrebbe potuto svegliarmi e rimettermi in sesto.

Uscii di casa prendendo la bici e raggiunsi dopo 20 minuti il Rose&Focacce. Avevo fatto cinque minuti di ritardo ma per come mi ero svegliato in quella mattina, mi permettevo di pensare molto peggio...

Entrai nel locale e al bancone c'era la madre di Meredith, che era più sveglia e pimpante che mai, al contrario del sottoscritto.

«Buongiorno Mrs. Rose, chiedo scusa per il ritardo, le garantisco che non capiterà una seconda volta»

Anche se erano solo cinque minuti di ritardo, le scuse erano dovute.

«Oh ciao Micheal, buongiorno! Non c'è bisogno che tu ti scusi ogni volta che fai ritardo, a parte il fatto che sei in orario in realtà. Comunque volevo tanto raccontarti una cosa, ascolta...»

Oh no, ecco che incominciava a blaterare senza fermarsi. Era tipico suo.

«In realtà ho fatto cinque minuti di ritardo...» la interruppi io. Per quanto fosse simpatica e comprensiva, tendeva essere un po' troppo logorroica, il totale opposto della figlia.

«Mi sembra davvero esagerato chiedere scusa per soli cinque minuti di ritardo e considerando che la sera prima sei stato fuori con gli amici, è più che naturale fare tardi. Perciò non ti crucciare!»

«La ringrazio per la comprensione!»

«E... un'altra cosa; non chiamarmi più Mrs. Rose... sa di vecchio. Piuttosto chiamami Lisa e dammi tranquillamente del tu»

«Non è nel mio tipico dare del tu a persone che sono molto più grandi di me, perciò non le posso promettere ciò. Ma posso comunque chiamarla Lisa senza problemi»

«Affare fatto!» squillò lei tutta contenta.

«A proposito» continuò lei «com'è andata la serata? Mia figlia non ha accennato un granché ma ho notato che stanotte non ha fatto altro che usare il cellulare per chattare, per caso stava chiacchierando con te?»

Che coincidenza, anche Meredith aveva fatto la nottata con la differenza che era già in cucina da un pezzo a preparare le focacce.

«No, non ero io...»

«Ah... ero davvero certa che fossi tu...» fece la madre pensosa.

Effettivamente se non potevo essere io, chi mai poteva essere?

«Un momento... che fosse quel bel fustacchione americano?»

«Americano? E chi è costui?» domandai io un po' perplesso.

«Non ricordo il suo nome ma qualche settimana fa nel nostro locale era entrato un ragazzo americano davvero bello, se non sbaglio era presente ad una festa di compleanno -eri presente anche tu accompagnando mia figlia-, ha gli occhi azzurri e capelli neri...»

Cacchio, come avevo fatto a non pensarci prima?! Era Anthony! Accidenti... neanche il caffè aveva fatto abbastanza per svegliare il mio cervello.

«Allora è Anthony, poco ma sicuro» confermai a Lisa con un tono piatto.

«Sì, bravo! Se non sbaglio si chiamava proprio così»

«Un momento, quindi Anthony una volta è venuto qui...?»

«Sì, esatto! Ha accompagnato poi Meredith a fare la spesa al mercato -glielo avevo chiesto io in realtà- e poi al ritorno dalla spesa, ho poi proposto a loro due di trascorrere del tempo assieme fuori. È stato un po' azzardato considerando che Meredith non lo conoscesse benissimo ma vorrei che mia figlia una volta per tutta possa frequentare le persone della sua età e farsi degli amici. Quella ragazza non fa altro che cucinare focacce, stare in casa ed uscire giusto per fare la spesa... nient'altro. Non può continuare sempre a fare questa vita chiudendosi totalmente con gli altri»

Non che avesse torto.

«Tra l'altro da quell'appuntamento è tornata un pochino cambiata: sembra molto in soprappensiero, ha sempre la testa tra le nuvole... che si sia presa una cotta per quell'americano?!»

«Se proprio lo vuole sapere, sì. Al pub si sono scambiati pure un bacio»

«CHE COSAAAA?!? E MEREDITH NON MI HA DETTO NULLA?!» urlò lei impazzita.

«Si calmi Lisa, è successo solo ieri sera. Le dia il tempo di metabolizzare la cosa. D'altronde si conoscono da poco, hanno scambiato solo un bacio a stampo, è normale che preferisce tenere per sé quello che prova in questo momento. Tanto penso che prima o poi glielo dirà, soprattutto se avrà bisogno di un consiglio»

«Uhm, sì, hai ragione» si calmò dandosi un contegno.

Non ero molto sicuro di ciò che avevo detto perché di questa fantomatica uscita non ne sapevo nulla, Meredith in una settimana non me lo aveva proprio raccontato. Se ne era dimenticata o davvero lo voleva tenere nascosto?

In ogni caso avevo fatto centro: quei due, nel bene o nel male, si erano frequentati dopo la festa di compleanno di Charlotte.

«A tal proposito, dov'è Meredith? È già in cucina?» domandai io.

«In realtà è ancora a casa a prepararsi ma dovrebbe arrivare tra poco!»

Quindi non ero l'unico ad aver fatto ritardo. Mi sentivo meno solo.

Tempo neanche di rispondere a Lisa che la porta del locale si aprì ed entrò Meredith.

Ci salutò cordialmente muovendo la mano e sia io che la madre le ricambiammo ovviamente il saluto.

«Tutto bene?» le domandai io con fare premuroso.

Per tutta risposta, fece sì con la testa sorridendomi.

Era davvero di buon umore in quel giorno, non che le volte precedenti fosse triste e sconsolata ma in quella mattinata la vedevo molto più felice se non addirittura... diversa.

Ma io ormai avevo capito tutto; dietro a questo suo atteggiamento gioioso e positivo c'era lo zampino di Anthony.

All'improvviso squillò il cellulare di qualcuno, era di Lisa.

«Se non vi dispiace, esco un attimo fuori»

Era il momento adatto per capire meglio la relazione tra lei ed Anthony.

«Perdonami per l'indiscrezione, ma in che rapporti siete tra te ed Anthony?»

«I-I-In che seeeensooo?»

La sua pelle del viso da bianco mozzarella divenne rosso pomodoro. Cavolo se Anthony gli piaceva! Ma dopo quel bacio, era naturale che lei provasse qualcosa.

«Beh, non posso fare il finto tonto. Noi TUTTI abbiamo visto quella scena e siamo rimasti non poco stupiti, in primis io... dopotutto per come si è comportato Anthony con te alla festa, non me lo aspettavo!»

«È-È-è u-u-unaaa s-s-stooooriaaa luuungaaa...»

«No problem, se per questo so già tutto»

Mi guardò scioccata e non seppe come replicare.

«Tua madre mi ha raccontato tutto, ovvero il fatto che una volta Anthony è venuto qui e da lì vi siete conosciuti meglio, so anche che siete andati in un bar insieme, questo perché è stata tua madre ad architettare tutto ciò»

«Ah... perdonaaamiii seee non te l'aveevooo ancooraa deeettoo... nooon voolevooo tenerteeloo nascoostoo...» fece lei amareggiata.

Oh no, tutto volevo fare tranne che farla sentire in colpa! La mia era solo una curiosità e giusto per sapere perché non me l'aveva detto ma in ogni caso avrei comunque accettato qualsiasi sua presa di posizione.

Per rendere il dialogo un po' più veloce prese la lavagnetta ed incominciò a scrivere.

"Perdonami ma la settimana scorsa è stata abbastanza tempestosa per me... non tanto per gli impegni ma quanto ciò ho provato a livello emotivo. Prima o poi te lo avrei raccontato ma non riuscivo a cogliere l'attimo giusto!"

«Tranquilla Meredith, non mi sarei offeso se non te la sentivi comunque di confidarti con me, la mia era solo un po' di innocua curiosità dal momento che Anthony a detta tua non ti piaceva e vederti baciare con lui, mi ha un po'... come dire... traumatizzato? Non lo so, scegli tu un termine più adatto»

"Non ti piace Anthony?" scrisse lei.

Ecco la domanda cruciale. Feci spallucce.

«No, per niente. Mi sta davvero antipatico. Ma questa è solo una mia modesta opinione. Con te sarà pure gentile e tutto ma a pelle non mi fa affatto simpatia»

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Capitolo 21
*** Capitolo 20 (Meredith POV) ***


Mi dispiaceva che Micheal non apprezzasse Anthony ma c’era da dire che Anthony più di una volta si era comportato male con lui e quindi non si poteva biasimarlo.

Mi sentivo un po' in colpa per non avergli detto nulla a riguardo dell’uscita ma ciò che era successo con Anthony al bar, così come i sentimenti che stavo provando negli ultimi giorni... insomma, tutto ciò che mi stava succedendo era un qualcosa di cui non sapevo neanche come descriverla e non me la sentivo di confidare con lui o con mia madre, almeno non subito. Provavo qualcosa di nuovo, di diverso. Forse era questo l’amore?

Con Hitoya ai tempi del liceo non provavo minimamente tutto ciò; solo del rossore sulle guance ma nulla di serio comunque.

Con Anthony invece andavo davvero nel pallone ed a volte facevo fatica a calmarmi se poi incominciava anche solo a sfiorarmi oppure riempiendomi di parole dolci.

Ma comunque, potevo davvero fidarmi di lui?

Davvero gli piacevo? Lui era un modello bellissimo, decisamente talentoso (ricordo ancora quella copertina al bar dove c’era lui raffigurato con i pantaloni attillati e quei muscoli in bella vista, oddio...), forse pure ricco sfondato. Ma io?

Rimanevo comunque una sempliciotta, caratterialmente goffa ed impacciata, insicura e soprattutto disabile.

E se Anthony avesse avuto un secondo fine dietro a questo suo atteggiamento premuroso nei miei confronti? Che mi stesse prendendo in giro? Potevo davvero fidarmi di lui?

Quando stavo con lui, non mi facevo problemi a fidarmi ma ogni volta che non c'era, i dubbi mi tornavano come non mai.

Se poco fa ero di ottimo umore, stavo incominciando ad incupirmi perché come al solito dovevo sempre fare la parte della pessimista.

«Tutto bene, Meredith?»

Micheal notò il mio repentino cambio di atteggiamento ma gli mentii facendo sì con la testa.

Entrai in cucina, pronta per preparare le focacce.

Cercai di pensare qualcos’altro ma non riuscivo a fare a meno di pensare ad Anthony ed il mio corpo sudava copiosamente. Già faceva caldo a causa dell’estate e del forno elettrico acceso, se poi ci metteva l’amore in mezzo a farmi sudare, direi che non sarei riuscita a sopravvivere in quest’estate.

Micheal successivamente uscì per portare a domicilio le prime consegne della giornata ed io feci una pausa uscendo dalla cucina.

«Non mi avevi detto che ti sei baciata con Anthony» disse all’improvviso mia madre.

Sinceramente non mi andava di affrontare l’argomento e così fuggii in cucina quando la porta del locale si aprì.

«Buongiorno!» una voce squillante di un ragazzo risuonò nel locale ed io mi girai per capire chi fosse.

Oh cielo, era Hitoya!

«Oh, ma guarda chi si rivede!» fece lui. Ovviamente si riferiva a me.

«Vi conoscete?» fu la domanda di mia madre.

«Sì, eravamo compagni di scuola e ci siamo rivisti di recente per puro caso!»

«Oh, capisco...»

«Ed anche questa volta sono venuto qui per caso; ho visto questo locale e non l’avevo mai visto prima d’ora... è una sorta di take-away?»

«Più o meno, è una focacceria dove cuciniamo e vendiamo focacce fatte al forno elettrico, un prodotto tipico italiano»

«Ah, ora capisco! Beh, ora che mi ricordo, Meredith ha origini italiane se non erro. A questo punto, direi che ne prendo una! Quanto costano?»

«Se raggiungi il bancone, puoi vedere i gusti ed i prezzi!»

«Do’ subito un’occhiata! Ma chi le prepara?»

«Mia famiglia Meredith!» rispose con orgoglio mia madre.

Lui mi guardò incredulo ed io arrossii come un peperone evitando il suo sguardo.

«Wow! Ma sei davvero bravissima a cucinare!»

Sciocchezze, sapevo fare solo le focacce.

«Nooon soonoo unaaa cuooocaaa...»

«Però dall’aspetto sembrano davvero invitanti, sicuramente lo sarà anche il gusto! Quale focacce mi consigli?»

«Aaa meee piaaceee iiil guustooo Maargheeeriitaaa...»

«Perfetto, allora scelgo quella»

Tagliai un pezzo della grossa focaccia e la porsi ad Hitoya, coprendo la focaccia con della carta in modo da non sporcarsi col pomodoro.

Diede poi i soldi a mia madre che stava alla cassa e ne mangiò un pezzo.

«Oh cielo, è squisita! Ma hey, da una che aveva preparato dei biscotti buonissimi per me al liceo non potevo rimanerne deluso»

Mia madre spalancò gli occhi per l’incredulità ma non disse nulla.

I biscotti furono preparati da me ma con l’aiuto di mia madre anche se all’epoca non le dissi che erano per Hitoya.

Comunque sarebbe stato solo questione di tempo che una volta Hitoya uscito dal locale, avrebbe messo becco alla faccenda torturandomi di domande.

«Sabato mi vedo con i miei ex compagni del liceo per festeggiare il mio debutto nella NBA! Vuoi aggregarti pure tu?»

Che cosa?!

«Oh, ma che idea magnifica!» squillò mia madre.

Quando avrebbe imparato a starsi zitta? Non si rendeva conto che facendo così mi metteva solo a disagio ed in difficoltà.

«Ceneremo in un ristorante elegante a Dublino, tranquilla che pago io, quindi puoi scegliere tutto quello vuoi»

«Ioooo nooon pooossooo...»

No, non mi andava proprio. Ma poi con i suoi compagni di scuola? Probabilmente ci sarebbero stati i miei vecchi compagni di classe, quelli che mi prendevano sempre in giro per la mia disabilità e non avevano fatto altro che tormentarmi per ben cinque lunghi anni. Hitoya al liceo aveva molti amici e conoscenti grazie al suo carattere allegro ed espansivo ed avrebbe invitato chissà quanti ex compagni del liceo alla festa. Oltretutto era molto ricco, quindi non aveva problemi a pagare per tutti.

«Ti prego, ci rimarrei molto male se tu non venissi!» fece lui con la faccia da cane bastonato.

Cercava di impietosirmi ma tanto non sarebbe mai riuscito a convincermi.

«Ma certo che verrà, vero cara?» provò anche mia madre a convincermi.

La guardai truce. Incominciai ad innervosirmi con Hitoya che mi stava alle calcagna e mia madre che insisteva.

Decisi di svignarmela con una bugia.

«Miii dispiaceee maa escooo coon uuun ragazzooo...»

Sia mia madre che Hitoya rimasero di strucco ma nel caso di Hitoya, più che di stucco, rimase quasi pietrificato e non ne capivo il motivo. Al liceo non c’eravamo mai parlati, a malapena per un saluto e quindi non capivo il perché mi stesse trattando come un’amica di vecchia data o peggio, per una sua cotta.

Si può sapere che intenzioni aveva?!

«Ah, capisco... con quel tipo?» domandò lui un po’ freddamente.

Aveva subito capito che mi stessi riferendo ad Anthony dal momento che lo aveva visto quella sera fuori al pub ma poco importava. L’importante è che si ficcava in testa il fatto che lui non mi interessasse più.

«Cioè... ti piace quel pros-»

Non riuscì a finire la frase perché venne interrotto da Micheal che aprì la porta del locale.

«Eccomi qua! Ho consegnato le focacce a Mr. Fox»

Grazie al cielo, Micheal era venuto giusto in tempo a salvarmi. In più non era solo, con lui c’era Charlotte.

Tuttavia cosa stava dicendo Hitoya in quel momento?

Quest’ultimo si ricompose come se nulla fosse ed aggiunse soltanto «va bene, non insisto oltre. Alla prossima!»

E finalmente se ne andò.

«Oh Meredith, che bello rivederti!» mi salutò Charlotte con fare gioioso.

La salutai amorevolmente con la mano.

«Ho incontrato Charlotte mentre stavo tornando al locale e visto che non era impegnata, le ho chiesto di venire con me per raggiungere il Rose&Focacce perché volevo tanto farle assaggiare una delle tue focacce» disse Micheal.

«Cooon piaaacereee! Cheee guustiii vuoiii?»

«Uhm, voglio provare questa qui con le zucchine!» indicò lei con il dito.

Mentre tagliai una porzione di focaccia alle zucchine, pensai ciò che era successo prima con Hitoya.

Non so per quale motivo ma mi mise ansia; il sesto senso mi diceva di non fidarmi di lui.

E soprattutto, cosa stava per dire Hitoya nei confronti di Anthony?

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Capitolo 22
*** Capitolo 21 (Meredith POV) ***


«Cara, si può sapere perché non hai accettato la proposta di Hitoya -o come si chiama-?» fu la domanda cruciale una volta tornate a casa da lavoro.
Senza pensarci due volte, presi la lavagnetta per sbrigarmela.
“Hitoya avrà invitato diversi ex compagni del liceo, tra cui quelli della mia classe che mi hanno sempre e solo preso in giro. Non ho la benché minima intenzione di vederli...
Infine sono già impegnata”
«Ma non è detto, nel dubbio potevi domandarglielo. Poteva essere una buona occasione per farti degli amici, uscire fuori e divertirti con i tuoi coetanei... Tra l’altro non ci credo proprio che tu debba uscire con un ragazzo» rispose seccamente mia madre.
“Ma perché ci devo provare con un ragazzo che manco mi piace?! Non hai capito che a me piace un altro?!”
Stavo incominciando a perdere la pazienza.
«Tesoro, non ti ho detto di provarci perché ho già capito che a te piace quell’Anthony, giusto? Ma secondo me ti sei persa una grande occasione per farti degli amici!»
Amici? Quali amici? Quelle persone che mi avevano sempre bullizzata e che non si sarebbero degnati neanche a delle scuse?
La cosa che più mi fece soffrire è che mia madre, per quanto mi volesse bene, la faceva fin troppo facile e soprattutto pensava di vivere in un mondo utopico, fatto solo di brava gente, o magari di persone che hanno sì sbagliato per poi pentirsene e chiedere scusa. Ma non era il caso dei miei compagni di classe.
I miei compagni erano ben consapevoli di quello che mi facevano a scuola e dubito che col passare del tempo avrebbero avuto dei rimorsi per ciò che mi avevano fatto.
Per colpa loro, incominciai a nutrire sempre poca fiducia nelle persone ed ad essere più solitaria. Solo con l’arrivo di Micheal e dei suoi amici avevo incominciato, sebbene di poco, a cambiare. Se dovevo avere degli amici, mi bastavano loro perché erano davvero delle brave persone, ad eccezione di Scarlet.
“Ho già Micheal ed il suo gruppo amici, non mi interessa farmi degli altri... ora basta per piacere”
E corsi in camera a piangere, chiudendo la porta a chiave per non essere disturbata.
Mia madre provò a bussare in cerca di un confronto ma le urlai dicendo di andare via, avevo bisogno di stare da sola. Saltai la cena perché proprio non mi andava di mangiare.
-
Erano le 3 del mattino e non riuscii più a prendere sonno, così accesi il cellulare per perdere un po’ di tempo prima che la sveglia suonasse per le 7:30.
Notai che intorno le 23:00 di sera, Anthony mi inviò un messaggio e lo lessi tutto di un fiato.
Mi stava chiedendo di uscire di nuovo con lui.
Se prima ero giù di morale, in quel momento mi ritornò il sorriso sulle labbra... ed anche il rossore sulle guance ovviamente.
"Va benissimo! Quando?" gli domandai.
Posai il cellulare sul comodino quando il cellulare vibrò per una notifica: allora anche lui era già sveglio!
"Io sono sempre libero, quindi dipende da te quando non sei indaffarata col lavoro"
"Giusto, allora facciamo domenica pomeriggio, per le 18:00?"
"Ok, perfetto! Come va?"
Domanda cruciale. Dirgli la verità, ovvero che avevo avuto una discussione con mia madre perché non mi capiva per niente oppure fingere?
Con molto coraggio e con tanto rischio, scelsi la prima opzione.
"Insomma, ho litigato (più o meno) con mia madre..."
"Ah, mi dispiace molto" fece lui.
Silenzio. Non andò oltre. Apprezzavo questo suo lato così discreto e rispettoso, non era affatto un ficcanaso. Ed io i ficcanaso non li sopportavo per niente.
"Quando vuoi sfogarti, io sono qui. Non farti problemi... certo, non sono bravo a consolare ma quando posso, cerco di dare un minimo di supporto morale"
Che ragazzo dolce; magari all'apparenza sembrava molto freddo e scontroso, a tratti anche un po' altezzoso, invece se lo si conosceva meglio, si poteva intravedere un altro lato del suo carattere.
Mi chiedevo perché allora si comportava sgarbatamente con gli altri (basti pensare alla festa di Charlotte che spruzzava antipatia da tutti i pori), che avesse avuto un passato simile al mio e quindi anche lui faticava nell'instaurare i rapporti con le persone?
Risposi alla fine al suo commento.
"Grazie mille per le tue parole, magari non adesso che non me la sento molto... però domenica sì se non ti dispiace!"
"Certamente, nessun problema"
"Comunque non mi aspettavo che mi rispondessi subito, anche tu non riesci a dormire?"
"Già, ho il sonno leggero e solitamente dormo poco, fanculo. E ringrazia il cielo che la casa di Stephen è molto grande tanto da avere 3 camere da letto... altrimenti lo avrei già steso a terra!"
"Perché? Parla nel sogno e disturba?"
"Parlare? Disturbare?! RUSSA COME COME UN TRAPANO"
Non potevo fare a meno di ridere ma mi dovevo contenere a causa dell'ora tarda e non potevo disturbare i miei che stavano dormendo.
"Anzi no" continuò lui "un trapano è molto più silenzioso!"
“Tu invece non russi?” gli scrissi io divertita.
“Io? Oh beh, ogni tanto (quando dormo bene eh) ma almeno non arrivo ai livelli di Stephen… quello lì è imbattibile”
“Beh, io stacco perché dovrò svegliarmi presto per andare a lavoro. Meglio che io cerchi di dormire altrimenti sarà dura svegliarmi!”
“Sì, hai ragione. Ti auguro una buonanotte, ci vediamo domenica!”
“Certo! Buonanotte!”
Spensi il cellulare riponendolo sul comodino e dovetti constatare che la chiacchierata con Anthony non solo mi fece tornare il buon umore, ma anche il sonno.

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Capitolo 23
*** Capitolo 22 (Anthony POV) ***


Il giorno dell’appuntamento arrivò.

Ero ormai già pronto, spruzzai intorno a me tanto profumo ed ero pronto per andarmene.

Ma quando aprii la porta, per poco non mi prendevo un infarto.

Un Stephen con le braccia incrociate era lì davanti alla porta e pensando che non ci fosse nessuno, la aprii alla leggera.

Quel tipo prima o poi mi avrebbe fatto morire di crepacuore.

Non diceva nulla, sembrava piuttosto silenzioso. Ma la faccia diceva il contrario, era sul punto di domandarmi qualcosa. Anche se non capivo il suo ammutolirsi dato che Stephen non faceva altro che parlare.

Inutile dire che la sua domanda era “dove vai?” e quindi andai subito al dunque.

«Esco con Meredith»

«Lo immaginavo»

«E allora perché me lo domandi»

«Domandare è lecito, rispondere è cortesia» mi rispose lui con un tono un po’ secco.

«Detto questo, ti posso consigliare qualche posto per l’uscita? Soprattutto per la scelta del ristorante»

Mi avrebbe fatto comodo considerando che lui era di Dublino e conosceva i migliori ristoranti della città ma per come mi ero comportato pochi secondi fa, non credevo di meritarmelo.

«Qualche dritta mi potrebbe essere utile...» risposi io un po’ imbarazzato.

«Magari un ristorante che si possa mangiare bene, non importa il budget perché sarò io ad offrirle la cena»

«Wow! Che gentleman! È indubbio che quella ragazza ti abbia rapito il cuore, basti pensare come tu l’abbia difesa dalle angherie di Scarlet al pub»

«A prescindere l’avrei difesa dopo le cattiverie gratuite che aveva detto... quella stronza»

«Io non voglio sembrare indiscreto, la mia è pura e semplice curiosità ma come mai lei ti piace così tanto? Cos’ha lei di speciale rispetto alle altre?»

Questa domanda non me l’aspettavo e mi spiazzò del tutto. Tra l’altro Stephen usò un tono piuttosto discreto e quindi la sua non era la tipica domanda da impiccione. Voleva semplicemente sincerarsi del perché avessi preso una bella cotta per Meredith.

«Beh... ecco... come dirtelo...» incominciai grattandomi la nuca imbarazzato.

«Non so come spiegartelo però sento che lei è la persona giusta: è dolce ma allo stesso tempo onesta. È discreta ma ti dice sempre la verità. È gentile, cortese e poi... sento il bisogno di proteggerla»

«Proteggerla? E da chi?»

«Proteggerla da chi osa spegnerle il suo bellissimo sorriso»

Silenzio generale. Avevo detto una cazzata?

«Amico, porcaputtana... te l’ha fatto venire proprio duro!»

«Chiudi quella cazzo di bocca ed evita le allusioni sessuali per una volta buona!»

«Ora che ci penso, Micheal mi avevano accennato che lei non aveva proprio amici prima che lo conoscesse. Mi è stato riferito che è stata bullizzata dai suoi compagni di scuola e di conseguenza fa fatica a fare amicizia»

«Lo so, me l’ha detto pure a me»

«Non pensavo che parlassi ogni tanto con Micheal»

«No, me l’ha detto Meredith in persona quando la portai in quel bar in stile francese»

«È la tua prima cotta?»

«Che cosa?»

«Dico, è la prima volta che ti innamori di una ragazza oppure prima di lei hai avuto una relazione?»

Panico. Questa domanda scottava di brutto. Eppure, non mi aveva domandato nulla di così tragico. Che male c’era di dire la verità e raccontare la precedente relazione con Sally?

Ma dentro di me, il mio essere asociale mi intimava di stare zitto, di mentire.

Era una cosa buona giusta da fare?

Stephen e Robert erano miei amici, o forse dovrei dire gli unici amici che avevo. In un anno, tramite confessioni e sfoghi, sapevo delle loro vite... mentre loro di me un accidente.

Fino a qualche mese fa, non mi facevo problemi a tenere nascosta la mia vita ed il mio passato ma in quel momento incominciavo a sentirmi in colpa. Finalmente capii cosa intendesse Robert quando voleva sapere più su di me ed io per tutta risposta, lo avevo solo mandato al diavolo.

«Pronto? Ci sei?»

La voce di Stephen mi fece tornare alla realtà e mi accorsi che per un minuto buono, stetti in totale silenzio senza proferire una parola.

«Sì, scusami, ero... ero in soprappensiero»

Controllai il cellulare. Era il momento di uscire.

«Ok, ci vediamo»

«Eh no, aspetta!»

Merda. Adesso cosa voleva? Forse avrei dovuto rispondere alla sua domanda subito per non dare troppo nell’occhio.

«Hai la patente? Se vuoi, ti presto la mia macchina!»

«La tua... COSA?!»

«Hai la patente?»

«Sì, ho la patente americana, non penso che sia un problema, ma...»

Tra parentesi, la patente la presi giusto perché il padre di Sally trovava scandaloso il fatto che io non guidassi in quanto maschio e molto “gentilmente” mi pagò la scuola guida. C’era poco da commentare di fronte alla stupidaggine del mio allora futuro suocero.

«Oh, andiamo! Ti presto la macchina in caso voi vogliate andare più lontano, anche perché il ristorante di cui ti voglio consigliare non è qui vicino!»

«Senti, ti ringrazio per la tua disponibilità ma non c’è bisogno di essere così generosi. Possiamo andare in un ristorante nei paraggi; non importa il luogo in sé, voglio solo ed unicamente stare con lei. Non me la sento di guidare la tua macchina, mi sentirei troppo in colpa se nel caso dovesse succedere cosa»

«Amico, come pensi di fare colpo? Io ho una bella Audi rossa! Possibile che l’idea proprio non ti piaccia neanche un po’?»

«Stephen, cazzo, mi vuoi ascoltare?! Io non ho bisogno di...»

Mi fermai a parlare perché in quel momento mi ricordai quando Meredith fu accompagnata al pub da quel tizio asiatico che possedeva una splendida BMW.

Ora incominciavo a capire cosa stesse intendendo Stephen.

«D’accordo, accetto. Te la riporto come nuova, promesso. Grazie mille!»

«Wow, che cambio di decisione repentina, ma mi sembrava ovvio del resto. Ecco, queste le chiavi. Poi magari dopo la cenata, vi scegliete pure un bell’Hotel per concludere l’appuntamento al meglio!»

«Hotel? Perché dovremmo dormire in un Hotel... EH?! Stephen, cazzo, un’altra frase che allude al sesso e porrò fine alla tua vita, giuro!»

«Con tutto che ti ho prestato la mia bellissima Audi? Sei un stronzo»

-

Scesi da casa e ritirai l’Audi di Stephen in garage.

Ricordavo la strada di casa di Meredith, quindi non c’era neanche bisogno di chiamarla.

Era nei dintorni, quindi arrivai subito a destinazione.

Bussai il campanello e sentii la voce di una donna. Non era Meredith ma sicuro quella pazza di sua madre.

«Chi è?»

«Ehm, sono Anthony, sua figlia è in-»

«Oh ciao! Tu devi essere quel bel giovanotto americano, vero? Entra pure, mia figlia si sta ultimando nel prepararsi»

«Ok...» risposi io per nulla convinto.

Parcheggiai nei dintorni l’Audi ed entrai in casa di Meredith. Ad aprire la porta fu la madre.

«Eccoti qua, accomodati pure!»

«Grazie mille» risposi io imbarazzato «però potevo anche aspettare fuori, non voglio essere di disturbo...»

«Macché, quale disturbo! Nel frattempo vuoi un po’ di caffè o tisana?»

«No, grazie... sono apposto così»

«Ah, mia figlia non vedeva l’ora che arrivasse questa giornata...» disse lei con fare teatrale.

Ma lo diceva giusto per intavolare una discussione o lo diceva sul serio? Più parlava quella donna, più mi sembrava che mi stesse pigliando per il culo.

«Ah sì?» dissi io semplicemente.

«Certo, mia figlia ti adora, altrimenti non si spiega il perché abbia rifiutato l’invito di Hitoya»

Hitoya? E chi cazzo era? Che fosse quell’asiatico che aveva accompagnato Meredith al pub?

Ne approfittai per scovarne delle informazioni dal momento che questa donna amava fin troppo chiacchierare, il totale opposto della figlia.

«E di grazia, chi sarebbe costui?»

«Oh, un suo vecchio compagno di classe di cui lei all’epoca aveva un cotta. È venuto di recente alla focacceria e le aveva chiesto di venire alla sua festa in un locale per festeggiare il suo debutto alla NBA, ci sarebbero stati pure i suoi ex compagni di classe. Lei ha rifiutato, che disdetta»

«Perché che disdetta, mi scusi?» domandai io inarcando il sopracciglio.

«Beh, perché era un’ottima occasione per farsi degli amici dal momento che mia figlia non fa altro che stare in casa e rifugiarsi nella cucina del nostro locale.»

«Quindi proprio oggi ci sarebbe stata la festa di questo tizio?»

«No, è stato ieri. Ma Meredith lo aveva liquidato dicendo che era già impegnato con un ragazzo in quel giorno quando in realtà è stata in casa»

«E quando è venuto quel tizio?»

«Lunedì»

Feci mente locale: quando la messaggiai chiedendole di uscire con me era lunedì sera e lei mi rispose la mattina seguente. Eppure, lei lo aveva liquidato con una scusa che poi sarebbe diventato (più o meno) realtà.

Aveva messo me in mezzo per liberarsi di quel coglione. Mi sentivo splendidamente compiaciuto ma la madre non era dello stesso avviso.

«E quindi è dispiaciuta del fatto che sua figlia abbia rifiutato l’invito del suo vecchio compagno di scuola?»

«Esatto»

«E non è contenta almeno del fatto che esca comunque oggi con me?» incalzai io.

«Oh sì, certo che sono contenta! Solo che, vorrei, beh... mettiamola così: deve socializzare di più!»

Socializzare? Socializzare con chi? Con quei suoi ex compagni di classe? Ora che ci penso, Meredith al bar francese si intristì quando accennò di essere stata bullizzata per tanto tempo e molto probabilmente lo avevano fatto i suoi compagni di classe. Una cosa è certa: la madre era fuori di melone.

«Tu piuttosto, che cosa ne pensi?»

La guardai torvo. Davvero mi stava chiedendo una mia opinione? Quando qualcuno mi chiedeva un’opinione, non potevo fare a meno di essere sincero ma allo stesso tempo duro e crudo. Della serie: senza peli sulla lingua.

«Sarò onesta signora, credo che sua figlia abbia fatto non bene...»

La signora mi guardò soddisfatta, in linea con il suo pensiero. Peccato che non avevo concluso la frase ma lo feci apposta per poi godermi la sua reazione dopo aver terminato ciò che stavo dicendo.

«... ma di più»

Il suo viso si raggelò di brutto.

«Vede, già le persone di questo mondo fanno schifo, perché sua figlia si deve sporcare con queste persone? Soprattutto con quelle che l’hanno umiliata per anni per la sua disabilità? Lei stessa mi aveva accennato di essere stata bullizzata tempo fa; scommettiamo che a quella festa ci sarebbero state quelle merde dei suoi ex compagni di classe? Non c’è motivo di farseli amici e soprattutto non viviamo nel mondo di Winnie The Pooh dove siamo tutti buoni e coccolosi; c’è fin troppa cattiveria in giro e sua figlia fa benissimo ad essere selettiva nel scegliere le sue amicizie»

Silenzio. La madre non osò dire una parola ma si vedeva dalla sua faccia che non era minimamente concordo con me. Che le dovevo dire, che il suo era un pensiero di merda.

«E comunque» continuai io non ancora contento della sua reazione «sua figlia non è più sola come prima e lo può constatare anche lei; adesso ha me, Micheal, Charlotte e tutti i miei amici. Perciò non ha bisogno di trovare altri amici se lei non si sente ancora sicura di fidarsi degli altri»

«Ahh» rispose la donna molto freddamente. Quel suo tono gelido mi fece un po’ raggelare il sangue: da quando l’avevo conosciuta, aveva usato sempre un tono vivace e squillante, tanto da rompermi i timpani e pure i coglioni.

Adesso invece aveva cambiato sia tono che espressione che a guardarla, non dico che era spaventosa ma era passata da un stato emotivo ad un altro completamente opposto tanto da farmi mettere in guardia.

Anch’io la guardai con la sua stessa espressione ma lei ebbe ancora qualcosa da dire.

«Ora capisco perché Meredith ti adora: siete sulla stessa lunghezza d’onda dal punto di vista di questo argomento»

Il suo non era un complimento ma poco importava; il suo era un pensiero semplicemente ridicolo e buonista.

C’era il rischio di averla come nemica o peggio, un ostacolo di un'ipotetica relazione ma non mi andava di assecondarla con le sue stronzate.

Io in primis avevo avuto delusioni da parte della società; a partire di essere stato abbandonato e spedito in un orfanotrofio, l’essere usato e deluso dalla quella stronza della mia ex... il mondo era una merda e continuava ad esserlo, perciò capivo fin troppo come si sentiva quella povera Meredith. Chissà cosa quante cattiverie le dicevano o addirittura le facevano, solo a pensarci mi veniva un’ira indescrivibile.

Sentii una porta aprirsi da sopra e qualcuno stava scendendo le scale; era Meredith.

Ormai era tipico mio guardarla come un pesce lesso ma questa volta cercai di ricompormi subito, soprattutto dopo la discussione con quella pazza di sua madre.

Aveva il vestito rosa con le fragoline che aveva messo la scorsa volta al pub e ne fui contento perché quel vestito la valorizzava tanto.

Questa volta però aveva il seno più coperto perché lo aveva modificato durante la settimana.

«Ciaooo...» salutò lei imbarazzata ma felice.

Le ricambiai il saluto.

«Sei davvero bellissima»

«Daaavveeroooo...?»

«Certo! Lo sai che io dico sempre ciò che penso»

Mi girai verso sua madre.

«Beh, allora andiamo»

«Ma certo! Mi raccomando, divertitevi!» fece lei ritornando allegra e strampalata.

Quel suo cambio di umore repentino non mi diceva nulla di buono: era palese che stesse fingendo.

«La riporterò ad un orario decente, ed ora con permesso»

Aprii la porta e finalmente uscii da quella casa, o meglio dalle grinfie di quella donna.

«Dooovee aaandiaamooo diii beellooo?» mi domandò mentre io cercai di dimenticare quella brutta conversazione.

«Tu dove vorresti andare?» le domandai a sua volta.

E' vero che Stephen mi aveva consigliato un ristorante ma riflettendoci, sarebbe stato più consono farlo scegliere a lei.

«Nooon looo sooo... aaa mee baaastaaa staaareee coon teee...» rispose io lei a bassa voce.

Quella frase mi fece sciogliere il cuore e non seppi proprio come replicare. Per tutta risposta, divenni rosso come un pomodoro.

«Nel dubbio prendiamo la macchina e direi che a questo punto andiamo in un ristorante di cui Stephen mi ha consigliato fortemente»

«Maaacchinaaa?» domandò lei stupita.

«Tuu guiidii?»

«Ho la patente ma la macchina non è mia; me l’ha prestata Stephen»

Va bene che l’auto era un espediente per fare colpo su di lei ma non mi andava di mentirle dicendo che quella vettura fosse mia.

Raggiungemmo l’Audi e lei sembrava elettrizzata. Cazzo se Stephen aveva avuto ragione.

«Ti piace...?»

«Siii, è fiiigaaa» rispose lei contenta.

Chissà se era felice pure quando salì nella BMW di quel coglione asiatico.

«Ora andiamo, dato che abbiamo la macchina, possiamo approfittarne per distanziarci un po’»


Ok, l'angolo del lettore, yeaaaaaah!
Era il momento di farlo visto che da qui in poi le cose diventano piccanti (no, non pensate in quel modo! =P)
Scrivo questo breve angolo del lettore per annunciare una notizia: sto realizzando la versione manga di questa storia. Sì, AVETE CAPITO BENE! Motivo per cui non ho più realizzato le tavole dei capitoli e ho preferito fare un fumetto che lo trovo molto più divertente da realizzare.
Dovete lo potete leggere? Su https://www.deviantart.com/himeelsa, vi aspetto! Per ora ho realizzato il prologo + la prima parte del Capitolo 1 ma ho finito tutto il primo capitolo, devo solo inchiostrare ed aggiungere i retini ^^

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Capitolo 24
*** Capitolo 23 (Anthony POV) ***


Dopo un'ora di macchina, conoscendo sempre meglio la città di Dublino, nei pressi del porto, trovammo un ristorante elegante.

O meglio, era il ristorante che mi aveva consigliato il rosso. Sembrava davvero chic ed era perfetto per l'appuntamento. Mi sentivo gasato ed era proprio quel tipo di ristorante che cercavo per trascorrere una serata con la mia piccolina.

Peccato però che non lo si poteva dire lo stesso per Meredith; guardò il ristorante con fare amareggiato.

«Non ti piace? Se vuoi, puoi scegliere tu il locale!» cercando di accontentarla.

«È-eeee... cheeee, hooo uuuun budgeet daaa riiispeeettaareee...» rispose lei molto a disagio.

«Non preoccupati, offro io»

«COOOSAAAA!!?»

«E non voglio lamentele, intesi? Se lo faccio, è perché mi fa piacere e perché...» non riuscii a terminare la frase per l'imbarazzo.

Lei incuriosita, continuò.

«Eeee... "cooosaaa"...?»

«Beh, perché tu... te lo meriti, ecco»

No, cazzo. Non era questo ciò che le volevo dire ma pazienza.

«Comunque andiamo»

Entrammo in un questo ristorante dall'aspetto puramente ottocentesco, sedie grandi in stile da re, molto confortevoli. Tavoli rotondi e giganteschi, posate d'argento semplicemente lucidissime, dall'aspetto regale e raffinato. Il tutto l'interno decorato con lampadari che riflettevano non per la luce in sé ma per il materiale prezioso che era stato usato per realizzarli. Probabilmente oro?

In ogni caso era un ristorante lussuoso da paura ed era più che normale che Meredith all'inizio si fosse sentita molto a disagio.

Venimmo accolti da una giovane cameriera che subito ci indicò il tavolo.

Una volta seduti, la cameriera ci portò dei menu e per poco Meredith non sveniva.

«Tutto bene?»

«Iii preeezziiiii... sooonooo altissiiiimiiii!!»

«È naturale, cosa ti aspettavi? Un menu con i prezzi del MCDonald?» risposi io un po' seccato.

«Maaa perchèee faaaii queeestoo peeeer meeee?» mi domandò lei preoccupata.

Ossignore. Glielo avevo già detto prima. Perché si faceva così tanti problemi?

«Meredith, possibile che ogni volta che io voglia offrirti qualcosa, devi cominciare con la solita storiella?! Te l'ho già detto: non ho problemi di soldi, guadagno tantissimo ed infine sei una persona che si merita tutto ciò. Quindi se la smetti con questi piagnistei ed incominci a scegliere ciò che vuoi, mi fai un favore!»

Lei mi guardò incredula ed anche spaventata. Solo allora capii di aver esagerato ed usato il solito tono misto fra nervosismo e fastidio. Merda, stavo incominciando di nuovo a trattarla male come feci alla festa di Charlotte. Mi tappai la bocca inconsapevolmente ed alla fine cercai di calmarmi.

«Scusami... non volevo essere così brusco» dissi io completamente imbarazzato e con i sensi di colpa.

Lei non disse nulla, prese la lavagnetta ed incominciò a scrivere qualcosa.

"Non volevo insistere sulla faccenda però capisci che non sono abituata a tutte queste gentilezze. Non voglio approfittarti della tua situazione economica ma visto che insisti, allora permettimi di sdebitarmi con una teglia di focacce gratis al tuo gusto preferito."

Cancellò il resto della frase per scrivere altro visto che non c'era più spazio.

"NON DIRE DI NO, È CHIARO? ALTRIMENTI MI ALZO E ME NE VADO"

Una volta scritta questa frase, mi guardò minacciosa anche se a malapena ci provava talmente che era goffa.

Mi misi a ridere, se penso che l'aveva scritto in maiuscolo, come se avesse voluto urlare.

«D'accordo! ahah Affare fatto! Io ti offro una cena super lussuosa e tu mi prepari focacce gratis!»

Lei mi sorrise teneramente e finalmente incominciò a scegliere qualcosa dal menu.

Non scelse molto e non capii se comunque lo stesso non voleva farmi spendere tanti soldi o semplicemente non aveva molto fame. Molto probabilmente era la prima opzione e nonostante questa sua tendenza di lamentarsi ogni volta che le offrivo qualcosa (fece così anche al bar), dovetti constatare che il fatto che non volesse approfittarsi della mia situazione finanziaria, rendeva Meredith sempre più pura e buona.

«A proposito» incalzai io mentre aspettavamo le nostre portate «quella notte mi avevi detto che avevi discusso con tua madre e che me ne avresti parlato proprio oggi, ti va di raccontarmelo?»

Silenzio.

Forse fui troppo diretto e ficcanaso?

In realtà lei, senza pensarci su, prese la lavagnetta ed incominciò a scrivere, la faccenda sembrava essere lunga.

"Mia madre non mi capisce per nulla, la fa sempre così semplice. Pretende che io debba uscire con persone di cui magari non mi fido per niente o che comunque sono state cattive con me. Lei pensa che debba essere io a fare il primo passo ma come posso fare se sono sempre stata esclusa e poi umiliata dagli altri?"

Povera piccola.

«Tu... fai fatica a rapportarti con gli altri, vero?»

«Sìii...»

«Ti capisco, pure io non sopporto socializzare. Sono sempre stavo schivo e molto raramente mi fido delle persone. Di natura sono taciturno e solitario ma ammetto che a causa di una cocente delusione, lo sono diventato ancora di più»

Mi guardò sbalordita. Era palese che voleva sapere di più da me, soprattutto dopo aver sganciato quella patata bollente.

«Daaa chiii... seee possooo saaapeerlooo...»

Emisi un profondo respiro.

Mi stavo confidando con qualcuno per prima volta. A Robert e Stephen non avevo mai detto nulla su Sally perciò Meredith era la prima a saperlo.

«Dalla mia ex»

Spalancò gli occhi.

«Quiiindiii haaa- aaveeevi unaa ragaazaaa?»

«Proprio così. Non durò tantissimo come relazione ma io quella persona l'ho amata molto. Pensavo di potermi fidare, di confidarmi soprattutto. Invece stava con me solo per un doppio fine»

"Per il fatto che tu fossi un modello famoso, giusto?"

Non era per quello in realtà dal momento che non lo ero ancora (ero ben altro). Tuttavia non me la sentivo ancora di dire la verità, perciò omisi il reale dettaglio dicendo una piccola bugia.

«Esattamente»

«Miii diiispiaaaceee moooltooo...» incominciò a dire tristemente.

«Non devi dispiacerti, ormai è acqua passata. Nel bene e nel male, si deve andare avanti. Certo, a ripensarci mi fa ancora male ma almeno sapendo realmente che tipo di persona fosse, me la sono scampata» risposi io facendo spallucce.

«Eee iii tuuuoiii?»

I miei... cosa?

«Iiii tuoiiii geeeniiitoooriii? Cheee coooosaa neee peeensanoo dii teee, deel tuooo successooo... dii tuttooo iiinsommaaa»

Sentire quella domanda fu come docciarsi con dell'acqua gelida.

Ma non potevo biasimarla. Non solo lei non lo poteva sapere ma visto che inizialmente il fulcro della discussione erano lei e sua madre, era solo questione di tempo che prima o poi Meredith mi avrebbe chiesto qualcosa sui miei genitori. Genitori di cui non ho mai avuto modo né di vederli né di conoscerli.

«Non ho genitori, sono cresciuto in un orfanotrofio»


E si ritorna con l'angolo del lettore! A tal proposito, state leggendo il fumetto di Rose&Focacce? Tempo di prendere i pennarelli nuovi (stanno scaricando, sigh) che finisco il capitolo 1 versione manga! Detto questo, il capitolo 23 è uno dei miei preferiti ma neanche il successivo lo è da meno, fidatevi!

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Capitolo 25
*** Capitolo 24 (Meredith POV) ***


Sono cresciuto in un orfanotrofio

Quella frase mi fece gelare il sangue. Non avrei mai pensato che il passato di Anthony fosse stato così tragico. Non bastava la rottura con la sua vecchia fiamma.

Per poco non mi venne da piangere ma cercai di resistere: ad alcune persone non sopportavano ricevere pietà e compassione ed avevo l’intuito che Anthony fosse uno di quelli.

Anzi, mi sentivo pure in colpa per avergli fatto una domanda del genere.

"Perdonami se ti ho fatto quella domanda. Mi dispiace molto"

«Non preoccuparti, non lo potevi sapere. Io non ho mai avuto modo di conoscere i miei genitori, so qualche dettaglio in merito ma nulla di rilevante. Venni abbandonato subito e mi portarono in un’orfanotrofio»

Tuttavia, qualcosa c’era che non mi quadrava: da quando negli USA c’erano ancora degli orfanotrofi? Sarà pure stato abbandonato da piccolo ma altri parenti per prendersi cura di lui oppure in centri di supporto per l'affidamento e l'adozione?

In Europa, così come negli USA, gli orfanatrofi non esistevano più da un pezzo.

Forse non era realmente americano.

Avevo il presentimento che non mi stesse raccontando tutto ma decisi comunque di ascoltarlo silenziosamente con rispetto, senza fare altre domande.

Alla fine Anthony era un po’ come me: non tendeva ad essere loquace e se mi stava raccontando tutto ciò, vuol dire che lui si fidava di me ed io non dovevo mai tradire la sua fiducia.

Dopo un argomento un po’ drammatico, finalmente arrivarono le nostre portate. Peccato che dopo tutte quelle cose dette, lo stomaco mi si chiuse del tutto tanto da diminuire il mio appetito. Cercai comunque di mangiare perché alla fine il conto, per giunta salato, sarebbe stato pagato molto gentilmente da Anthony.

Ciò che mi fece rattristare di più era proprio il fatto che fosse cresciuto in orfanotrofio. E chissà come veniva trattato.

«Adesso posso farti io una domanda?» disse lui ad un tratto.

Feci con sì con la testa.

«Come mai parli lentamente rispetto agli altri? Nel senso, sei nata davvero così oppure ti è successo qualcosa?»

Nessuno prima ad ora mi aveva fatto una domanda del genere. Rimasi un po’ di stucco ma era una domanda che tutto sommato aveva senso. Ebbene sì, io non ero nata con quel problema ma lo ebbi in seguito.

Presi la lavagnetta perché la risposta era un po’ troppo lunga ed incominciai a scrivere.

“Quando ebbi due anni, incominciai a piangere tantissimo a causa di un‘emicrania. I miei non riuscirono a capire quale fosse la causa così andarono da un pediatra per risolvere la situazione. Tramite diagnosi, scoprì che la causa di tutto ciò era dovuta ad un astrocitoma cerebellare che mi stava schiacciando il cervelletto... mi operarono giusto in tempo altrimenti non sarei qui”

Per un attimo avrei giurato di vedere Anthony con gli occhi lucidi e con il respiro mancato.

"L’operazione andò bene ma comunque quella sorta di tumore mi schiacciò in parte il cervelletto e quindi da lì in poi ebbi problemi di linguaggio come il parlare lentamente rispetto agli altri. Come se non bastasse, faccio a fatica a fare anche altre cose; del tipo se devo cucinare, cucire e fare qualcos’altro, devo chiedere aiuto a qualcuno"

«Mi stai dicendo che non sei autonoma, è così?»

Feci sì con la testa.

"A scuola avevo sempre il sostegno perché comprendevo più lentamente rispetto ai miei coetanei"

«Capisco...»

Silenzio generale. Certo che tra il suo passato tragico passato in orfanotrofio conseguita con la rottura della sua ex ed io con la storia della mia disabilità, il clima dell’appuntamento stava diventando non poco drammatico.

«Scuuusaaamiii, noon voooleeevooo incuuupiiireee l’aaatmoooosfeeeraaaa...» dissi io in imbarazzo agitandomi con le mani.

«Ma figurati, non preoccuparti! Sono un po’ rattristato, lo ammetto ma se per questo lo eri pure tu quando ho raccontato le mie vicende passate, perciò non devi agitarti. Diciamo che entrambi ci stiamo un po’ sfogando ed il fatto che tu ti voglia confidare con me mi rende felice. Per qualsiasi problema o sfogo, parlane sempre con me. Non farti problemi.»

Sentii il calore delle guance picchiettare sulla mia pelle. Non c’era niente da fare: ogni volta che lui che mi diceva qualcosa di tenero, il mio corpo andava in escandescenza.

Ormai ero proprio cotta di lui, non potevo mentire a me stessa.

L’unico problema è se potevo fidarmi davvero di lui ma dal momento che si era confidato con me dicendomi cose abbastanza private, forse potevo tutto sommato lasciarmi andare.

Una volta finito di mangiare, Anthony pagò il conto (non osavo immaginare quanto avesse speso in quella serata) e uscimmo per fare una passeggiata, raggiungendo il porto di Dublino di cui era molto vicino al ristorante.

«Sai che sei troppo carina con quel vestito? Sono contenta che tu lo abbia rimesso»

Divenni rossa come un peperone.

Non pensavo che gli piacesse così tanto. Addirittura avevo pensato che non sarebbe stato il caso di indossarlo per la seconda volta ma visto che il mio guardaroba scarseggiava in fatto di vestiti, quello con le fragoline era il migliore che avevo.

«Èeee cheeee iooo nooon miii poooossoo permeettereee di aveeereee tantiii vestitiiii...» risposi io imbarazzata. «Peròooo sooonooo coontentaaa cheee tiii piacciaaa!!» conclusi sorridendo.

Mi guardò molto seriamente e non capivo il perché; cosa avevo detto di sbagliato?

Si avvicinò a me toccandomi il viso, in particolare le guance, con il pollice che urtava la mia bocca.

«Sei così bella, dannazione...» disse lui con voce roca.

Il mio battito cardiaco accelerava sempre di più e provai le stesse sensazioni provate ad pub.

Capii che lui voleva baciarmi, così chiusi gli occhi per fargli capire di farlo.

Lui intuì al volo e posò le sue labbra sulle mie.

Questa volta, il suo era un bacio decisamente più intenso rispetto quello della volta scorsa. Non era più un bacio a stampo, ci ficcò quasi la lingua.

Mi stava letteralmente limonando!

Ma d’altronde, sotto sotto, lo volevo anch’io...

Il calore stavolta non era solo sulle guance ma per tutto il corpo.

Era estate ma non era il clima caldo a farmi sudare così tanto ma bensì Anthony.

Quanti secondi erano passati? 15? 30? Forse quasi un minuto?

Sembrava che lui ne volesse ancora fino a quando le sue labbra si staccarono dalle mie ed incominciammo a prendere fiato.

Ci guardammo un po’ stanchi ma felici.

«Io... ti piaccio?»

«Sìii... taantoo... eeed iooo?» gli risposi, sincerandomi una volta per tutte.

«Tu? Tu mi fai impazzire, maledizione!»

Ed avventò di nuovo le sue labbra sulle mie, dandomi ancora una volta un bacio appassionato.

Il tutto prendendomi in braccio visto che io ero molto bassa. Per tutta risposta, alzai la gamba destra come facevano alcune attrici nei film romantici quando ricevevano il bacio dal loro amato.

Lui era il mio principe ed io ero la sua principessa.
 


Oh, finalmente il SECONDO bacio e questa volta più intenso e passionale *////*
Vi comunico che questo sarà l’ultimo capitolo PRIMA DELLE VACANZE, ci sentiremo direttamente a settembre! Buone vacanze!

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Capitolo 26
*** Capitolo 25 (Meredith POV) ***


Era quasi mezzanotte ed Anthony mi stava accompagnando a casa. Era ormai notte fonda.

Mi sentivo un po’ come Cenerentola che allo schioccare della mezzanotte, doveva correre a casa con la differenza che io venivo accompagnata dal mio bel principe azzurro... ok, nel fantasticare, stavo un po’ esagerando però.

Raggiungemmo casa mia e salutai Anthony scrivendo qualcosa sulla lavagnetta. Se mi mettevo a parlare, sarebbe già diventato mezzogiorno.

“Grazie mille per questa serata, mi sono divertita tantissimo. Non mi dimenticherò delle teglie di focaccia, promesso!”

Lui si mise a ridere e rispose «Ma figurati piccola! Anch’io mi sono divertito tantissimo, è stata la serata più bella di tutta la mia vita»

Quanto mi piaceva quando lui mi chiamava piccola. Lo salutai muovendo la mano ma prima che potessi aprire lo sportello, mi bloccò il braccio con il suo mano.

Mi guardava molto seriamente ma questa volta non per darmi un altro bacio appassionato.

«Ti devo chiedere un immenso favore»

Lo guardai attenta ma ammetto che ero molto in ansia; che avrei dovuto fare?

«Mi prometti che... non dirai nessuno di quello che ti ho detto al ristorante?»

Si riferiva al suo passato e della sua ex.

«Aaa chiii dooovreeii diiirlooo, scuusaa?»

«A nessuno» rispose lui freddamente.

«Non lo sanno neanche Stephen e Robert, faccio molta ma molta fatica a confidarmi con gli altri, se l’ho fatto con te è perché so di potermi fidare ma non voglio che tu spifferi la mia storia agli altri, chiaro?»

Non ne capivo il motivo ma dovevo rispettare la sua decisione.

Mi dispiaceva però che i suoi amici non ne sapevano nulla mentre io che lo conoscevo pur sempre da poco, si era subito confidato ed ero probabilmente la prima persona a saperlo. Forse lui non li considerava abbastanza amici? Ma erano problemi suoi.

«Noooon preeooccuupaartiii, iii seegreetii coon meee sooonooo aaal sicurooo!» risposi seriamente.

Mi scrutò con attenzione per poi sorridermi.

«Bene!» e mi diede un bacio a stampo.

«Allora ci vediamo!»

Lo salutai da lontano mentre l’Audi si allontanava sempre di più.

Avevo le chiavi di casa, così senza suonare il campanello, aprii la porta.

Sentivo la televisione dalla camera da letto dei miei, quindi erano ancora svegli.

Mio padre scese dalle scale per salutarmi.

«Sei tornata! Come è andato l’appuntamento?»

«Beenissimooo!»

«Oh, ti vedo bella felice, mi fa piacere! Era da tempo che non ti vedevo sorridere così!»

Rimasi stupita dal suo commento: davvero non sorridevo così da tanto tempo?

«Però si è fatto tardi, meglio che vai a lavarti ed andare a letto che domani ti devi svegliare presto!»

-

Il giorno dopo ero in cucina della focacceria a preparare una serie di focacce gratis solo ed unicamente per Anthony.

«Cosa stai facendo?» domandò mio padre incuriosito mentre lui preparava la frittura.

«Foocacceee peeer Anthonyyy!»

«Le aveva prenotate per oggi?»

«Nooo. È unaaa teeegliaaa gratiiis tuttaaa peeer luiii!»

«COSA?! Perché gratis, scusa?!»

«Peeer sdeeebitaarmiii coon luiii, piùuuu dii unaaa voooltaa miii avevaaa offertoooo quaalcosaaa... laaa ceenaaa dii ierii meee l’avevaaa offertaaa luuui...»

«Capisco... beh, direi che una teglia gratis a questo giovanotto se lo merita!»

Ecco perché adoravo mio padre.

«Mi raccomando, metti un po’ di più di mozzarella, così saranno ancora più gustose!»

«Riceeevutooo!»

Una volta cotte, misi le focacce in una scatola di cartone. Mancavano pochi minuti all’arrivo di Anthony; glielo avevo detto via SMS di venire oggi in mattinata.

Porsi con delicatezza le focacce nella scatola di cartone nell’attesa che arrivasse Anthony.

Nel frattempo mio padre portò le fritturine fuori per metterle nel bancone.

«Come vanno con gli incassi, donna?» domandò mio padre a mia madre.

«Beh, come sempre. Piuttosto bene» rispose lei con un tono piatto.

Strano, non era da lei.

Quando mio padre entrò in cucina, gli domandai se per caso avevano litigato ieri sera mentre io ero fuori con Anthony.

«Per nulla, è quella la cosa strana. È così da ieri sera e non capisco cosa le sia successo» rispose lui un po’ perplesso. Ero perplessa anch’io a dire il vero. Ci doveva essere per forza un motivo valido dietro a questa freddezza.

Solitamente mia madre era sempre allegra e loquace, il suo atteggiamento era decisamente anomalo. Tra l’altro non mi aveva domandato nulla sull’uscita della sera prima, era troppo strano da parte sua dal momento che era una ficcanaso di primo ordine.

«Poco male, dai. Per una volta tanto, sta in silenzio» concluse mio padre.

Non potei fare a meno di ridere.

Sentii la porta del locale aprire e sentire una voce familiare. Era Anthony! Uscii subito dalla cucina per andare a salutarlo.

«Ciaaooo!»

«Ciao, piccola!» mi salutò lui sorridendo.

«Cooomee vaa?»

«Beh, dopo la serata di ieri, direi splendidamente! Te?»

«Aaanch’iooo! Tiii do’ leee focacceee!»

Gli consegnai il cartone pieno di focacce, sopra avevo messo un fiocco rosso come decoro; sembrava un pacco natalizio!

«Che carino! Sembra un regalo di Natale! Direi un regalo natalizio anticipato!» rise lui.

«Meredith cara, quanto deve pagare il ragazzo?» domandò mia madre con voce melliflua.

«Nulla, donna!» urlò mio padre dalla cucina che aveva sentito tutto. «Sono in omaggio!»

«Che cosa? Mi state prendendo in giro?!» si stizzì mia madre.

Ma che cosa aveva oggi? Non riuscivo proprio a capirla!

«Sprechi gli ingredienti così, non possiamo rimetterci in questo modo» puntò il dito contro di me come se avessi fatto qualcosa di sbagliato.

Prima che io o Anthony potesse parlare, mio padre uscì dalla cucina per calmare le acque.

«Donna, hai la memoria corta oggi, per caso?! Questo è il ragazzo che è uscito con nostra figlia proprio ieri sera! Le ha offerta la cena, non lo sapevi?! Quindi mi sembra più che giusto regalargli diverse focacce gratis. Più di una volta le ha offerto qualcosa da mangiare, il ragazzo se lo merita»

«Ah sì, capisco...» fece mia madre, come se la cosa non la importasse minimamente. Ma ce l’aveva con me ed Anthony per qualche astruso motivo...?

«Se la cosa le da’ fastidio signora, posso tranquillamente pagare le focacce. Non ho problemi di soldi» rispose Anthony molto caldamente. Anche se dal suo tono di voce, si sentiva un pizzico di provocazione.

Mia madre divenne verde dalla vergogna per poi ricomporsi subito.

«No, errore mio! Non mi devi, o meglio, non ci devi nulla!»

«Perfetto. Problema risolto» tagliò lui corto.

Poi si rivolse a me dando alle spalle a mia madre... c’era davvero qualcosa che non andava.

«Beh, allora ti saluto, ci sentiamo in questi giorni, va bene?»

Feci sì con la testa sorridendogli ma non contenta, lo accompagnai fino alla porta per poi uscire anch’io.

Lo guardai seriamente, cercando di trovare una risposta. Ero abbastanza sicura che dietro l’atteggiamento scortese di mia madre, c’era di mezzo Anthony. Era stata fin troppo sgarbata con lui e non ci potevo credere che non fosse d’accordo nel regalargli delle focacce dopo la cena lussuosa che Anthony mi aveva offerto.

«Tiii chieeedooo scuuusaaa peeer miaaa madreee» feci io mortificata.

«Non preoccuparti, piccola. Non è colpa tua»

«Looo saii iiil motiivooo, nooo?»

«Che cosa?»

«Tiii pregooo, noon faaree il fintooo toontoo coon meee... quaaandoo haai litigatooo coon miaaa madree?»

Sbuffò.

«Merda. E va bene. Ma non pensavo che lo avresti capito subito»

E che mi aveva preso, per una scema? Era pur sempre mia madre, la conoscevo fin troppo bene.

«Quando ho aspettato a casa tua mentre tu eri in camera a prepararti, ho avuto una piccola discussione con tua madre»

Cosa? E perché mai? E soprattutto, era strano da parte di mia madre, era difficile che lei provasse a litigare. Non era tipico suo.

«Ci ho litigato perché ha detto stronzate e pretendeva che io la pensassi allo stesso modo»

Non riuscivo a capire, di cosa avevano discusso?

«Per la precisione, ho saputo che il tizio asiatico che ti aveva accompagnata al pub, ti aveva invitata la sera prima del nostro appuntamento ad una cena elegante -per festeggiare non so cosa ma chi cazzo se ne fotte- e tu avevi rifiutato perché quel tipo aveva invitato molto probabilmente anche diversi compagni di scuola, tra cui i bulli che se la prendevano con te. Beh, tua madre ha incominciato a lamentarsi con me come se avessi potuto fare qualcosa, ha voluto chiedere una mia opinione che ovviamente non era minimamente concorde con la sua e da lì il patatrac. Questo è quanto»

Praticamente le stesse cose che mi disse a casa tornate da lavoro, le aveva dette anche ad Anthony.

Non mi stupivo se Anthony avesse preso le mie difese, la pensavamo uguale su alcune cose.

«Sapevo di rischiare dicendo la verità ma odio l’ipocrisia ed ho preferito essere diretto e sincero che leccare il culo a tua madre» concluse lui seccato.

 

«Nooon preeeoccuupartiii, aanzii appreezzooo laaa tuaaa sinceriitàaa...» gli risposi io dolcemente.

«Il fatto è che» continuò Anthony con un tono serio «tua madre preferirebbe un ragazzo dal carattere opposto al tuo. Mi spiego meglio... io e te siamo simili da questo punto di vista; siamo schivi, riservati, tendenzialmente chiusi nel rapportarci con le persone. Tua madre teme che stando con me, potresti diventare ancora più chiusa e solitaria e perciò non si fida di me. Preferirebbe un tipo decisamente più estroverso... la mia è solo un’ipotesi, perciò potrei sbagliarmi»

Il suo ragionamento aveva senso anche perché mia madre si era un po’ fissata con Hitoya, pensando che potesse essere il ragazzo giusto per me.

Lo fece anche con Micheal all’inizio salvo poi scoprire che era già innamorato di un’altra ragazza, ovvero Charlotte.

Peccato che non aveva capito nulla e soprattutto non poteva decidere per me, doveva stare fuori nelle faccende d’amore.

«Peeensooo cheee tuuu abbiaa ragiooneee...»

Neanche il tempo di finire la frase quando una bicicletta per poco non ci venne addosso. Il conducente della bicicletta cadde facendo un bel tonfo.

Oh cielo, ma era Micheal.

Lo aiutai a rialzarsi.

Anthony invece rimase impassibile.

«Tuttooo beneee?»

«Cough cough, sì, t-tutto bene... accidenti, ho corso troppo veloce e non potevo frenare perché i freni non funzionavano! Mi sa che mi tocca cambiare bici»

«E ti conviene, per poco ci stavi andando addosso, maledizione a te!» rimproverò Anthony.

Micheal guardò scioccato e non era per nulla felice.

Si girò verso di me per dire «e lui?? Che ci fa qui?!»

«È-èee uuun nostrooo clieeentee»

«Andiamo bene» rispose lui polemico una volta in piedi.

Oh no. Capisco che i due non andavano particolarmente d’accordo ma non mi andava di vedere il secondo litigio della giornata. Non bastava solo quello tra Anthony e mia madre.

Anthony lo squadrò dalla testa ai piedi e Micheal ovviamente non la prese bene.

«Cos’hai da squadrarmi?!»

«Chi cazzo ti caga, ragazzino...»

«Magari non avrò muscoli, altezza e bellezza rispetto a te ma meglio essere un ragazzino come dici tu che essere tutto muscoli ma niente cervello»

«Infatti tu sei talmente intelligente che corri su una bici ormai vecchia quando è semplicemente da rottamare e basta» rispose serafico Anthony.

Con quel commento, zittì Micheal una volta per tutte anche se era evidentemente frustato per essere stato “sconfitto”.

«Vii preegooo, nooon litiigaatee...» feci io preoccupata ma sembrava che nessuno mi avesse sentita: troppo occupati ad insultarsi mentalmente fra loro.

«Beh, allora vado» mi disse Anthony dandosi finalmente una calmata.

«Ci vediamo allora»

Mentre se ne andò, sentivo Micheal borbottare.

Mi dispiaceva che Anthony trattasse male Micheal, non ne capivo il motivo.

Anche perché così facendo, alimentava sempre di più l’antipatia nei suoi confronti.

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Capitolo 27
*** Capitolo 26 (Micheal POV) ***


«Fratello, quando inizi a dichiararti a Charlotte?»

Un Stephen ficcanaso nelle faccende amorose mi domandava questo mentre stavamo al bar a mangiarci un gustoso pancake alle fragole.

Era il mio giorno libero e finalmente potevo passare un po' di tempo con il mio migliore amico, mi mancava tanto ridere e giocare con lui... tranne quando mi tempestava di domande di questo tipo ed io non sapevo come svignarmela.

«Oh, suvvia... non mi pare il caso di parlarne adesso!»

«Ah sì? E quando?» incalzò lui.

«Sei innamorato di lei da quando siete bambini, non hai più smesso di pensarla. Quando ti decidi di farlo, maledizione! È una brava ragazza, è adatta a te, vi conoscete da tanto tempo... altrimenti quando perderà la testa per un altro, sarà troppo tardi e te ne rimpiangerai amaramente. Saranno cazzi amari eh»

«Beh, ecco, io non penso di essere il ragazzo giusto per lei...»

«E questo chi lo dice, te l'ha detto lei in persona?»

«No!»

«E allora?! Non sai neanche che cosa ne pensa lei di te da questo punto di vista»

«Stephen, suvvia, guardarmi; sono un sempliciotto. Non sono né bello, né alto, faccio il fattorino, addirittura mi scambiano ancora per un minorenne pur avendo ormai più di vent'anni, ma ti pare Charlotte sia interessata ad un ragazzo come me? Con il lavoro che fa, sarebbe il caso che si metta con qualcuno di più importante, se non potente... tipo un stilista o modello di successo. Io non ho tutte queste caratteristiche. Per lei sono un amico e nulla più»

«Ah sì, guarda, talmente amico che alla sua festa, quella ti stava mangiando con gli occhi... ma per piacere. Giuro che se non ti dichiari prima della nostra partenza in USA, ti do' un calcio in culo appena vi vedete insieme!»

«Non ci provare, non sono affari tuoi!»

«Invece sì che sono affari miei, visto che tu e Charlotte siete miei amici d'infanzia e proprio non vi sopporto quando non riuscite a tirare fuori i vostri veri sentimenti»

«Ahhhh, quando ti troverai nella mia stessa situazione, poi mi darai ragione!»

«Non direi, ci sono già dentro anch'io in realtà...»

«Tu... cosa?!»

Avevo capito bene? Anche lui era innamorato di una persona che probabilmente non lo ricambiava?!

«E scusami, chi sarebbe costei?»

Divenne rosso in faccia come la sua chioma di capelli. Non potei fare a meno di provocarlo dal momento che lui per primo tendeva a farlo.

«Oh-oh-oh... il nostro don Giovanni di quartiere ha una cotta per una ragazza, e chi l'avrebbe mai detto! Ma tu non dicevi che le relazioni serie non facevano per te? Eh-eh-eh...»

«Ohhhhh! Smettila di fare il coglione, andiamo! A parte il fatto che ero adolescente quando ammettevo ciò, ora sono cambiato! Cioè nel senso, non proprio cambiato, perché...»

«...perché tanto buzzurro e rozzo sei sempre rimasto» lo interruppi io.

«Appunto, grazie. Dicevo, ho solo cambiato modo di pensare su quest'argomento anche se non ci avrei messo mai la mano sul fuoco»

«Beh, mai dare per scontato d'altronde. Chi è la (s)fortunata?»

Ci mise un po' per rispondere.

«Isabelle»

«Perbacco!»

«Io avrei esclamato porcaputtana ma va bene»

«E lei? Ti vede solo come un amico?»

«Eh, direi di sì»

«Perché te l'ha detto in faccia dopo la tua rivelazione?»

Non rispose.

«Pronto? Il gatto ti ha mangiato la lingua?»

«Boh, che ne so io» rispose lui stizzito.

Stizzito perché era consapevole che stava facendo la figura dell'incoerente.

«Apprezzo i tuoi consigli» incalzai calmamente «ma a questo punto mi chiedo perché non applichi anche tu gli stessi consigli che proponi a me dal momento che ci troviamo nella stessa situazione»

«La situazione è simile ma non uguale; Charlotte la conosco da tempo, ricordo a memoria tutte le volte che ti guardava e parlava con te, so bene che cosa prova, altrimenti ti tratterebbe appunto come un'amico, come fa con me appunto.

Ma Isabelle la conosco da un paio d'anni e si vede lontano ad un miglio che non le interesso; ci scambiamo qualche parola, una risata ma poi la cosa finisce lì. Poi lei è così elegante e raffinata, io sono così rozzo ed esuberante, non siamo per nulla simili.. tu e Charlotte vi assomigliate un sacco almeno!»

«Beh, ma c'è almeno il detto "gli opposti si attraggono

«Sì ma non questo è il caso»

«Secondo me fai male, dovresti provarci! Nel dubbio, te ne fai una ragione ma almeno ci hai provato e lei hai detto ciò che provavi per lei»

«Wow, detto da uno che ancora deve confessarsi al suo unico e vero amore da ANNI, è una garanzia proprio» rispose lui sarcastico.

«Senti, facciamo così: ci promettiamo che ci confesseremo alle ragazze una volte per tutte? Almeno prima che ritorniate di nuovo in USA per lavoro» domandai io risoluto.

«Banda? Io e miei amici eravamo una band musicale e non lo sapevamo ancora?»

«STEPHEN!»

«Ok, scusami. Va bene, affare fatto. Hey, è una promessa, eh»

«Sì, anche la mia lo è!»

«Bene, allora dovremmo muoverci il culo perché l'estate non dura molto, perciò muoviamoci il prima possibile»

Pagammo al cameriere dopo aver mangiato il pancake ed uscimmo per fare quattro passi.

«Sai» disse lui ad un tratto «dovremmo prendere esempio da Anthony»

Lo guardai torvo.

«Sei ironico, vero?» domandai io con fare preoccupato.

«No, perché dovrei?» rispose lui un po' perplesso.

«Beh, perché davvero non riesco a capire cosa ci sia di eclatante in Anthony tanto da prenderne come esempio... avessi quantomeno citato Robert, sarebbe stato diverso!»

«Oh beh, Robert è un grande, non gli si può dir nulla! Ma Anthony che ti ha fatto?»

«È insopportabile, va bene?» risposi io stizzito.

«È spaccone, presuntuoso, borioso, arrogante. Avesse un pregio perlomeno, e per favore non dire che "però è bello" che la bellezza, a casa mia, non è un pregio!!»

«Fratello, che ti prende?! Ti vedo un po' agitato. Sei diventato tutto rosso, mi fai scassare ahahah»

«C'è poco da ridere»

«Ed invece sì, non ti ho mai visto così arrabbiato! In due secondi, sei diventato un vulcano, per poco poi eruttavi! AHAHAHAH»

E rise a crepapelle come non mai.

Dopo un po' si diede un contegno.

«Comunque, a parte gli scherzi, Anthony è fatto così. Devi sapere che quando lo conobbi per la prima volta, era addirittura peggio!»

«Come se adesso fosse cambiato in meglio» sbuffai io.

«Vedi, Anthony è molto taciturno e solitamente non parla molto, sta per fatti suoi... un po' come la tua amica Meredith»

«Oh, per piacere! Non potevi fare un paragone più stupido di questo. Meredith è taciturna ma è una persona gentile e rispettosa, Anthony non lo è per niente! Ti ricordo che all'inizio ha trattato malissimo quella poverina e adesso sono tutto "amore e puccipucci"... bah, che roba strana!»

Parlai molto veloce e cercai di prendere fiato in modo da continuare con la conversazione.

«Comunque mi devi ancora spiegare perché dovremmo prendere esempio da lui, di grazia»

«Beh» fece lui serio «mi viene da dire solo una cosa: carpe diem. Cogli l'attimo. Appena si era reso conto che Meredith era la ragazza giusta, non se l'ha fatta sfuggire. Al contrario di noi che rimaniamo bloccati come due stoccafisso»

«E solo perché si è messo in poco tempo con Meredith, è il caso di tutti questi elogi da parte tua?»

«Capisco che ti stia sul cazzo ma come mai adesso te la stai prendendo sul personale?»

«Perché? Perché quel tipo non solo mi sta antipatico ma non mi ispira per nulla fiducia. E come tu mi consigli tante cose, io invece ti consiglio di fare molto attenzione quando stai con lui»

Lui sgranò gli occhi.

«Ma... come lo sai questo

«Eh? Questo cosa, scusa?»

Ma non disse più nulla, rispose con una risata.

«No niente, tranquillo»

Guardò poi l'orario sul cellulare.

«Ok, è ora di andare! Ci sentiamo in questi giorni, ciaoooo!»

Rimasi un po' perplesso perché non capii a cosa si stesse riferendo prima.

Poi mi si accese la lampadina; settimane fa, Charlotte mi aveva confidato per telefono che sia Stephen che Robert non sapevano assolutamente nulla su Anthony, nonostante fossero amici e questo rendeva la loro amicizia molto anomala.

Ironico che me lo avesse detto Charlotte ma non Stephen.

Mi chiedevo perché lo difendesse così tanto e perché si fidasse di lui nonostante quell'atteggiamento chiuso e misterioso.

Neanche il tempo di girarmi che un ragazzo altissimo mi si piazzò davanti e per poco non urlavo dallo spavento.

Lui notò la mia reazione spaventata e incominciò a chiedermi scusa.

Avevi i capelli ed occhi neri, con un pizzo sul mento, sembrava di parte asiatico visto i lineamenti.

«Non volevo spaventarti in quel modo, perdonami! È che... beh, ecco, volevo chiederti una cosa, anzi, un aiuto!»

«Un aiuto? E di cosa si tratta?» risposi io molto perplesso. Non sembrava che stesse male o cosa, quindi non capivo cosa volesse da me dal momento che non lo conoscevo per nulla.

«Si tratta di Meredith, tu la conosci, no? D'altronde lavori in quel take-away come fattorino»

«Ma si può sapere chi caspita sei?!»
 


I'M BAAAAACK! E quando dico che sono tornata, non mi riferisco solo ai capitoli da pubblicare ma anche alle tavole di disegno del manga che ricordate, li potete trovare su DeviantArt come HimeElsa o su Twitter come HimeGabry! 

 

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Capitolo 28
*** Capitolo 27 (Micheal POV) ***


Tutto mi sarei aspettato tranne che prendere un caffè in un bar con uno sconosciuto che mi chiedeva aiuto.

Nonostante un inizio abbastanza traumatico, finalmente incominciavo a capire mentre lui spiegava man mano la situazione al bar. Ed era la seconda volta che facevo una scorpacciata in un locale; molto gentilmente il ragazzo asiatico mi aveva offerta un caffè ed un croissant, questo per farsi perdonare per ciò che era successo prima.

In realtà non era il caso e glielo dissi anche ma lui insistette e accettai di buon grado.

Il misterioso ragazzo si chiamava Hitoya Brown ed a detta sua, era stato un compagno di liceo di Meredith.

Mi confidò di essersi preso una bella cotta per lei e da lì capii subito dove volesse andare a parare.

«C’è un problema: lei è innamorata di un altro» gli dissi io con fare pacato, mi dispiaceva fargli rimanere male ma dovevo comunque dirgli la verità.

«Lo so, purtroppo» rispose lui sconfitto.

«Eh? Allora se lo sai, io cosa posso fare? Non bastano mica le parole di un’altra persona a farle cambiare idea»

«Eppure lei aveva una cotta per me al liceo!»

«Davvero?»

«Già ma io non lo sapevo perché era così taciturna e chiusa che solitamente le scambiavo giusto un saluto, per paura di intimorirla»

Considerando che aveva subito del bullismo pesante a scuola, non mi stupivo di ciò.

«Mi aveva preparato pure dei biscotti in occasione di San Valentino ma li aveva messi di nascosto nello zaino mentre io ero in palestra ad allenarmi. Lo seppi solo perché un mio compagno di classe passò di lì e mi riferì tutto... altrimenti chi caspita l’avrebbe saputo, d’altronde non c’era neanche un biglietto!»

«Perdonami, ma sono comunque passati anni dai momenti del liceo, è naturale che col tempo i sentimenti possano cambiare. Ormai ha una cotta per un altro, io non posso farci nulla... devi fartene una ragione»

«Ma tu le vuoi bene, no? Sei suo amico!»

«Dove vorresti andare a parare?»

«Beh, io accetto di essere rifiutato ma mi rifiuto di vedere Meredith accanto ad un tizio pericoloso»

Sgranai gli occhi dallo sgomento.

Un momento; conosceva Anthony?! Lui sapeva qualcosa?

«Hey, frena il motore! Come fai a conoscere Anthony?»

«Dì la verità; neanche a te piace quel tipo, vero?»

«Rispondi prima alla mia domanda!» risposi stizzito.

«No, non lo conosco. L’ho solo visto due volte. Ma in compenso conosco molto bene la sua ex. Siamo amici»

«E-E-Ex? Lui aveva una precedente relazione?»

«Già»

«E perdonami, presumo che la sua ex ti abbia detto tante cose... potrei saperle?»

«A patto che mi aiuti»

Se Anthony era davvero una persona pericolosa, allora avrei fatto di tutto pur di salvare la mia amica. Che Meredith si mettesse con Hitoya, poco mi interessava, non credo che lei sarebbe caduta ai suoi piedi ma perlomeno avrei evitato la tragedia del secolo.

«D’accordo, spara!»

«Beh, devi sapere che sono un atleta di basket e fino a poco tempo fa ho giocato nella New York Knicks. Un giorno, mentre ero a Manhattan a fare due passi, mi fermai in un negozio, una catena di abbigliamento molto noto negli USA, vende un po' di tutto, anche articoli sportivi e perciò decisi di farci un salto»

Si fermò per un secondo.

«Comprai un paio di felpe che mi servivano ed alla cassa sbrigò una ragazza davvero bella salvo poi scoprire che era la figlia del proprietario del negozio, colui che ha aperto questa catena. Lei mi riconobbe essendo una tifosa della squadra in cui giocavo e prima di pagare, le firmai un autografo fino a quando mi soffermai una sagoma di un modello che sponsorizzava un brand di lusso all'interno del suo negozio; era un Anthony. Lei lo guardava con odio (posso giurare che avesse sibilato "figlio di puttana") ed io non potei fare a meno di chiedere cosa c’era che non andasse. Beh, lei all'inizio fu giustamente restia a raccontarmi ciò che era successo tra lui e lei. Poi passarono settimane, se non mesi, io divenni un cliente abituale del negozio ed allo stesso tempo suo amico fino a quando decise di confidarsi con me; mi disse che lui l'aveva fatta passare un inferno»

«Oddio, un inferno... ma cosa le aveva fatto?»

«Era tossico e sembra che abbia avuto problemi con la giustizia»

«Oh cazzo» urlai io scioccato, e non era da me dire parole scurrili.

«Per inciso, cosa ha combinato?»

«Vendeva e spacciava droga in Cile»

«Cile? Di grazia, perché si trovava in Cile?»

«Beh, perché lui è cileno»

«Un momento, ma lui non è americano?!»

«Ma quale americano ahahah Dopo le malefatte in Cile, è volato in USA per farsi una nuova vita, anche se l’atteggiamento è rimasto più o meno lo stesso, visto la relazione tragica con Sally...»

«Sally eh, è questo il nome della sua ex. Ma quindi Anthony Pitton è solo un pseudonimo?»

«Presumo di sì, avrà cambiato d’identità... magari per lanciarsi nel mondo della moda indisturbato, senza che nessuno potesse scoprire la sua vera identità e la sua vecchia condotta in Cile»

«Ma è terribile, accidenti... lui... lui non è il ragazzo adatto per Meredith, no-no!»

«Appunto, per questo mi devi aiutare! Devo dirlo subito a Meredith, sono sicura che lo lascerà e lo manderà a quel paese!»

«Non ti ascolterà mai, è troppo testarda per assecondarti»

«La fai così stupida?» risposi io arrabbiato.

«In ogni caso, dammi una prova di ciò che dici, per favore. Sono tremendamente preoccupato per lei ma ti conosco da neanche cinque minuti buoni e non me la sento di fare qualcosa di avventato»

«Una foto di loro due ti basta?»

Mi mostrò una foto sul cellulare con Anthony che abbracciava Sally, lì per lì sembrava felice e spensierato, per nulla pericoloso. Anche se, come diceva il detto, mai giudicare un libro dalla copertina.

«Se ti sto chiedendo aiuto è perché so che tu non lo sopporti per nulla e ti capisco bene»

«Incominci a spaventarmi così; come fai a sapere che non lo sopporto se io e te ci stiamo conoscendo soltanto adesso?!»

«Perché qualche giorno fa ero vicino al takeaway (praticamente sul marciapiede di fronte) ed avevo visto quei due uscire dal locale per dirsi qualcosa. Per non farmi beccare, mi sono abbassato dietro ad una macchina ed ho origliato; praticamente neanche la madre di Meredith non sopporta Anthony e lui aveva notato il suo atteggiamento dei suoi confronti... fino a quando sei arrivato con la bicicletta ed hai incominciato a battibeccare con lui. Da lì avevo capito che neanche tu non lo sopportavi più di tanto»

«A Sherlock Holmes gli fai un baffo, fattelo dire... ma quindi neanche la signora Lisa apprezza Anthony, perciò...»

«...abbiamo lei dalla sua parte. Puoi metterla in mezzo, così si convincerà ancora di più sulla sua pessima opinione nei confronti di Meredith e quest’ultima non potrà più fare nulla una volta che la madre le vieterà di frequentarlo. Sarà dura ma dovrà accettarlo, per il suo bene»

«Capisco...»

«Bene, io devo andare. Sicuramente ci rivedremo visto che sono qui per una pausa. Ti prego di farmi sapere a riguardo delle novità»

Lasciò il bar e se ne andò, facendomi rimanere da solo.

Cercai un attimo di calmarmi mentalmente e ragionare con lucidità perché tutto ciò che avevo sentito era assurdo, se non addirittura peggio.

Per quanto Anthony mi stesse sulle scatole, non potevo fare affidamento alle parole di quel tipo perché non lo conoscevo per nulla. La storia della ex poteva anche essere frutto della sua invenzione, fatto da lui o da Sally stessa. Senza contare che era un problema suo e quindi rimaneva il fatto che era molto anomalo da parte sua chiedermi aiuto quando manco mi conosceva. E poi Meredith mi aveva detto che non aveva avuto nessuna cotta per un ragazzo, perciò confermava la mia ipotesi del fatto che lui stesse un po' mentendo.

Se voleva conquistare Meredith, doveva farlo da solo e se sapeva tutte queste cose, glielo poteva dire, anche alla madre se era necessario.

Perciò di questa cosa non avrei detto a nessuno, almeno per adesso.

Restava il fatto però che Anthony rimanesse comunque una persona misteriosa e soprattutto sospettosa, forse era il caso di fare delle ricerche su di lui ma il problema era da dove incominciare.
 


Aggiorno il lato dello scrittore giusto per chiedervi scusa: il capitolo 16 non era nient'altro che il copia-incolla del precedente, e me sono accorta solo qualche settimana fa... SHAME ON MEEEEE! Spero che abbiate risolto leggendolo direttamente su Wattpad visto che solitamente aggiorno prima su Wattpad e poi su EFP ç__ç 
Aggiungo anche che sto leggermente modificando alcuni precedenti capitoli; uno di questi era il 6 e poi il 10 in quanto su quest'ultimo, mi ero dimenticata che in Irlanda, il sistema delle misure/taglie non è lo stesso che si usa in Italia e perciò la modifica era più che necessaria (ricordate la scena quando Meredith si compra il vestito delle fragoline della sua taglia, no?)
Stay tuned!

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Capitolo 29
*** Capitolo 28 (Meredith POV) ***


Era una mattina di sabato e mi trovavo al mercato di Moore Street per fare un po’ di spesa.
Avevo comperato uova e verdure che mancavano nel frigo di casa nostra e per alleviare il peso delle verdure, avevo messo le buste nel mio cestino.
Nel mio cervello, frugava l’idea di invitare Anthony a pranzo oppure a cena in casa mia, anche per farlo conoscere meglio ai miei genitori.
L’unica cosa che mi dispiaceva è che mia madre lo aveva preso in antipatia, per motivi che non stavano né in cielo né in terra. Potevo giustificare Micheal ma non lui.
Passando tra i negozi, mi ritrovi vicino al fioraio dove lavorava Lola, la ragazzina che ci aveva venduto le margherite per Charlotte. Era fuori seduta su una sedia, distratta dal cellulare come la maggior parte degli adolescenti.
Alzò lo sguardo per un attimo e mi vide.
«Ciao Meredith!» salutò lei con un tono squillante.
La salutai con un sorriso, muovendo la mano.
«Cosa ti porta qui?»
«Nuullaaa diii partiiicooolareee, sonoo quii peer caasooo»
«Capisco. A proposito, le margherite alla festeggiata sono state apprezzate?»
«Certoooo, leeeii poiii adoooraaa leee margheeriteee»
«Visto? Avevi ragione al 100%, con tutto che neanche la conoscevi! Vorrei tanto avere il tuo intuito...»
Non vantavo di avere chissà qualche intuito, d’altronde mi ero basata sulle caratteristiche caratteriali di Charlotte e questo fu il risultato. O forse ero io che tendevo troppo a sottovalutarmi.
Si era fatta una certa ora, così la salutai con garbo e tornai verso la strada di casa.
Tale strada era zeppa di negozi e mi fermai a guardare la vetrina di un negozio che vendeva un po’ di tutto, dai vestiti agli accessori. Avevo voglia di fare shopping e rinnovare il mio guardaroba; molti dei miei vestiti erano vecchi e trasandati e sentivo il bisogno di comprare tanti abiti carini, soprattutto in occasione delle uscite con Anthony.
Mentre guardavo incantata la vetrina, la porta del negozio si aprì in quanto una persona stava uscendo.
Peccato che tale persona era una di quelle che non avrei mai voluto vedere, soprattutto in quel momento.
Era Scarlet. E sfortunatamente mi guardò anche.
Ero molto agitata perché ero sola e non sapevo come comportarmi. Non c’era un Anthony o un Micheal a difendermi e lei di questa situazione ne avrebbe approfittato alla grande.
Invece, stranamente, più che guardarmi schifata (tipico suo ormai), non disse nulla e se ne andò. A giudicare dalle tante buste grosse, avevo fatto shopping sfrenato.
Tuttavia, non me la sentivo di farla andare via così. Dovevo capire il perché mi trattasse male. Quello della disabilità poteva essere solo un’ipotesi e magari non era neanche quella.
La rincorsi senza però riuscire a superarla, così incominciai a parlare con molta fatica.
«Peeercheeee miii oooodiiii...?»
Lei mi ignorò.
«Eeee allooooraaaa?»
Niente, non si voltò di un centimetro.
Che persona ignobile. Il coraggio ce l’aveva eccome, semplicemente si divertiva a prendere gioco di me e questo non lo sopportavo proprio.
Il giorno dopo, essendo domenica, ero a casa intenta a fare pulizie domestiche.
Dopo che Anthony aveva ritirato le focacce gratis, non lo avevo né rivisto né sentito.
Sentivo il bisogno di chiamarlo, sapere come stesse... sì, sentire anche la sua opinione delle focacce che gli avevo preparato.
Gli scrissi un messaggio, un banale “hey, ciao! Come stai?”.
Il messaggio era stato consegnato, doveva solo leggerlo.
Posai il cellulare sul comodino e ritornai a pulire, dedicandomi al lavaggio delle finestre.
Non mi resi conto che dal messaggio inviato erano passate ore ad una certa e non ricevetti nessuna notifica.
Probabilmente era troppo impegnato per stare dietro al cellulare.
Era ora di cena e mentre finii di apparecchiare la tavola, andai a controllare il cellulare per curiosità.
Una cosa però mi fece star male al cuore; Anthony aveva letto il messaggio ma non mi aveva risposto.
Cercai di pensare lucidamente e di non andare nel panico; forse era troppo impegnato per rispondermi oppure se ne era dimenticato.
Ma sapevo fin troppo bene che non era nessuna delle due opzioni.
Ormai conoscevo bene i difetti di Anthony e per non rispondermi c’era un motivo; era arrabbiato e voleva unicamente stare da solo.
Passarono due giorni dal messaggio e decisi di scrivergli di nuovo, domandandogli se stesse bene e se aveva bisogno di aiuto.
Passate un paio d’ore, lesse il messaggio ma non rispose. Incominciavo davvero a preoccuparmi; forse non gli interessavo più?

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Capitolo 30
*** Capitolo 29 (Anthony POV) ***


Brutta serpe, brutta stronza, maledetta strega.

Cosa cazzo voleva da me quella lì?

Rovinare il mio quiete vivere, forse.

Erano giorni che avevo l’umore nero; Robert e Stephen se ne accorsero e cercarono di tenermi alla larga il più possibile, facendomi cuocere nel mio brodo bollente in santa pace.

Provarono a chiedere cosa c'era che non andasse ma tagliai corto dicendo che era solo un periodo passeggero.

Non sapevo se confidare con loro o meno ma per ora volevo vedermela da solo. D’altronde avevo anche ignorato Meredith nonostante fosse l’unica persona di cui sapesse un po’ del mio passato.

Non uscivo di casa da giorni e forse era arrivato il momento di farlo.

Mentre mi preparavo per uscire, Robert che era in cucina, mi rivolse la parola «oh, esci con Meredith?»

«Non sono affari tuoi»

«Sei il solito simpaticissimo. Per carità, non oso domandarti cosa tu abbia in questi giorni dal momento che mi manderesti a fanculo in due secondi. Anzi, fammi un favore; mancano le uova in frigo, e mi servono per preparare le omelette per stasera. Prendile al mercato, così ti rendi utile ogni tanto invece di infondere energia negativa in casa con il tuo umore nero»

«Non pensavo che fossi un mago» risposi io sarcastico.

«Invece lo sei, mi fai girare le palle senza toccarmele» controbatté lui infastidito.

Wow, non glielo facevo così esperto di battute.

«D’accordo, te le prendo, cabarettista dei miei stivali»

Uscii sperando di calmarmi mentalmente e pensare a qualcos’altro... tipo le uova che servivano a quello sciocco di Robert?

Il mio cellulare squillò per notificarmi qualcosa, forse era Meredith che chiedeva giustamente spiegazioni? Ora che ci penso, mi sentivo un pezzo di merda nell’averla ignorata in quel modo. Non era stato educato ed intelligente da parte mia.

Invece non era Meredith, era... lei.

Certo che ce la metteva tutta a farmi incazzare di brutto, più mi messaggiava e più mi faceva venire l’ulcera.

Non mi andava di leggere i suoi messaggi, fino a quando uno non mi fece preoccupare sul serio; dalla home page, c’era scritto chiaramente “so che stai in Irlanda”.

Cosa?

Come cazzo faceva a sapere che io ero in Irlanda?!

Solitamente venivo risparmiato dai paparazzi, anzi, noi modelli non eravamo neanche il principale bersaglio.

Sui social tendevo ad essere molto chiuso e taciturno, peggio di come mi comportavo nella realtà, perciò come caspita l’avrebbe saputo?

Altro che la commessa in un negozio di abbigliamento; avrebbe dovuto fare la detective, altrimenti non si spiegava questo suo innato talento nell’avermi scovato pur non avendo detto nulla a riguardo.

Ero talmente nervoso ma allo stesso tempo preoccupato che mi stavo dimenticando pure del favore di Robert ed un mal di testa incominciò a colpirmi violentemente, lo stesso che avevo avuto durante alla festa di Charlotte.

Incominciai a stare male e sentivo il bisogno di sedermi per calmarmi gradualmente.

Quella maledetta mi stava distruggendo mentalmente nonostante fosse tutta da un’altra parte.

Non mi accorsi che di fronte a me c’era un parco e così entrai per sedermi sulla panchina più vicina.

Mi sedetti e cercai di respirare, evitando il più possibile ogni ricordo collegato a quella lì.

Fino a quando una voce, dal suono dolce e tenero, mi fece tornare dalla realtà.

«Aaanthonyyy...?»

Era Meredith.

«Meredith!!» mi alzai io dalla panchina con scatto veloce.

Mi guardò molto preoccupata; forse mi aveva visto che stavo molto male o era preoccupata del nostro rapporto visto che l’avevo ignorata per giorni?

«Tuuittoooo beeeneee...?» mi domandò con voce tremolante.

«Meredith, io, perdonami... perdonami se ti ho ignorato. Sono stato pessimo» incominciai con un tono frustato.

«Ahhh, maaa quiiindiii noon ti eriii stuuufatooo diii meee?»

Incominciò a piangere.

Merda, non mi resi conto che con il mio atteggiamento avevo creato solo malintesi. E con Meredith avrei dovuto capirlo subito dato il suo carattere.

«Macché! Non potrei MAI stufarmi di te. Perdonami se a causa del mio atteggiamento, ti ho fatto fraintendere. È solo che... sì, c’è un problema effettivamente...»

Le asciugai le lacrime con le dita. Le sue guance era così rosse e paffute.

«Perdonami» ripetei ancora «ti garantisco che non succederà una seconda volta...»

«Maaaa aaalloooraaa... chee suuccedeee?»

Meredith era l’unica che poteva aiutarmi, o quantomeno farmi da supporto morale.

Sbuffai per la situazione imbarazzata che si stava venendo a creare e le chiesi di sedersi accanto a me.

«La mia ex mi sta torturando di messaggi; pur avendola bloccata, continua a farsi nuove sim in modo da rintracciarmi. Mi tocca cambiare numero di telefono ma è solo una magra consolazione; lei sa che sto a Dublino ed ha prenotato il prossimo volo da New York a qui. Vuole vedermi quando le ho detto cento volte che non mi interessa più. Incomincio a spaventarmi dal suo comportamento»

«Coomeee l’haa saapuutooo?»

«È quello il problema: mi sono informato sia sui giornali che su internet ma non è stata riportata nessuna notizia del fatto che io sia qui in Irlanda. Non sono il bersaglio principale dei paparazzi ringraziando il cielo ma comunque tutto ciò è davvero troppo anomalo»

«Unaaa spiaaaa...?»

«Spia?»

«Unooo cheee tiii staa peedinaaandooo ed èee iiin contattooo coon leeeiii»

«Cazzo, non ci avevo pensato. Ma non so chi possa essere e non posso prendere neanche precauzioni...»

«Eee seee lasciaaassiii uuun attiiimooo l’Irlaaandaaa..?»

«E come? O meglio, che scusa potrei inventare per svignarmela da Robert e Stephen? Ricordati che loro non sanno nulla della mia ex, sei l’unica che ne sa qualcosa... sono proprio nella merda»

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Capitolo 31
*** Capitolo 30 (Meredith POV) ***


Io volevo tanto aiutarlo ma il problema è che non sapevo come. 

A complicare la situazione era il fatto che solo io conoscevo alcuni dettagli del suo passato.

Ciò che non capivo è perché Anthony non avesse mai detto di questo ai suoi amici; lo avrebbero aiutato e magari la sua agenzia sarebbe pure intervenuta in difesa di Anthony. Era palese che la ex lo stesse stalkerando e non era un fatto di poco conto.

Presi penna e lavagnetta ed incominciai a scrivere, a parlare non era il caso.

“Ma scusami, perché non provi a parlare con i tuoi amici? Proprio perché lo sono, ti darebbero una mano! Così anche la tua agenzia si muoverà a tuo favore!”

Lesse ciò che scrissi. Non disse nulla.

Lo reputavo come un "no" secco.

Incominciavo a pensare che Anthony mi stesse nascondendo qualcosa. Avevo questo presentimento dall’uscita elegante della volta scorsa.

Poi all'improvviso, ad insaputa di ciò che avevo previsto, rispose al mio consiglio.

«Posso accennare che ho un problema con una stalker ma non dirò che è la mia ex»

Avrei preferito che dicesse la verità ma già il fatto che avesse preso in considerazione di farsi aiutare dai suoi amici era già un buon inizio per lui.

«Comunque grazie del tuo consiglio e... scusami per prima» rispose lui un po’ imbarazzato.

Gli sorrisi; nonostante mi dispiaceva per la sua situazione, il fatto che non si fosse stancato di me, mi fece stare meglio, finalmente non avevo più l’ansia addosso.

«Peer quaaalsiaaasii prooobleeemaaa, riiivoolgiitiii aaa meeee!» gli dissi io.

«Grazia mille piccola, te ne sarò eternamente grato... a proposito, sei qui per fare due passi?»

Ah già, mi ero dimenticata che ero uscita per fare la spesa!

«Oh nooo! Miiii erooo diiimentiiicaaataaa deeelllaaa speeeesaaa!»

«Cazzo!!»

Oh cielo! Cosa c’era che non andava ancora?!

«Le uova!!»

Eh?

«Le cazzo di uova che mi aveva chiesto Robert, me ne ero completamente dimenticato!»

Ci guardammo un po’ perplessi per poi a ridere a crepapelle.

«A quanto pare, sia io che te ci siamo dimenticati di qualcosa, dello stesso tema tra l’altro»

«È cheee vooolevoo preeendereee laatteee eee fariiinaaa peeeer faaareee unaaa tortaaaa»

«Grazie comunque» fece lui ad un tratto «parlando con te, mi sento già un pochino meglio»

«Miiii faaa piaaaceeereee esseeertii dii aiutooo»

«Che dici? Andiamo insieme al mercato?»

Gli sorrisi come per dirgli sì e ci alzammo insieme. Tuttavia Anthony si bloccò di scatto, piuttosto preoccupato.
Forse un altro suo attacco di panico?

Ma sembrava essere più preoccupato per me che per sé stesso e non ne capivo il motivo.
Adesso ero io ad andare in ansia.

La cosa più inquietante è che sentivo il vestito dietro inzuppato di qualcosa, volsi il capo verso la panchina e mi accorsi che era macchiato, proprio sulla parte in cui mi ci ero seduta.
Era... sangue.

La macchia era fresca ed avendo toccato il vestito dietro, anche la mia mano sinistra era macchiata di sangue.

Mi era venuto il ciclo, proprio in un momento simile.

Mi sentivo così umiliata e mortificata, non avevo con me degli assorbenti nella borsa ma d'altronde, cosa cambiava... il retro del vestito era totalmente macchiato di sangue e non avevo con me un bolerino per coprire la macchia.

La macchia tra l'altro era bella grande, quindi mi erano venute belle pesanti.

Mi ero totalmente dimenticata che sarebbero dovute arrivarmi a breve ed il fatto che non avessi subìto nessun tipo di sintomo, mi aveva fregata.

Incominciai a piangere per la vergogna, quando sentii Anthony mettermi qualcosa dietro al sedere... si era tolto il giubbotto di jeans e mi aveva fatto un nodo sulla pancia, in modo che il retro del suo giubbotto coprisse totalmente la macchia dietro.

«Maaa.. cooosìììì tiii spoooorcooo iiil giuuuu-»

Non mi fece finire la frase.

«E sti cazzi del mio giubbotto, tanto lo posso tranquillamente lavare dopo. Per ora è necessario che tu copra la macchia»

«Mii dispiaaceee taantooo...»

«Per cosa, scusa? Non devi sentirti assolutamente in colpa, ci sono io con te adesso. Sono cose che possono capitare, perciò non sentirti mortificata. Trovo più imbarazzante vedere una stronza che mi stalkera e mi pedina che una dolce fanciulla che le vengono all'improvviso»

Il suo ultimo commento mi fece sorridere e riuscii a calmarmi.
Scrissi poi sulla lavagnetta.
"Facciamo prima un salto a casa mia; devo cambiarmi. Poi andiamo al mercato insieme"


Mi sento un po' in colpa che dopo quasi un mese di assenza, pubblichi un capitolo così corto. Premetto che dopo l'estate ne ho scritti altri (sono arrivata fino al 36) ma il problema è che sono rimasta poi bloccata dopo, motivo per cui sto pubblicando con un po' di lentezza e tentennamento. Detto questo, entro il 31 dicembre, pubblicherò il trentunesimo capitolo (guarda caso, stesso numero lol) che sarà molto più lungo di questo, giusto per concludere questo fantastico 2023. Ne approfitto per augurarvi buone feste e lascio un grazie a tutti voi a chi legge, commenta e si appassiona alla mia storia! Mi date la forza necessaria per andare avanti <3

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Capitolo 32
*** Capitolo 31 (Anthony POV) ***


Meredith doveva assolutamente cambiarsi e così facemmo prima un salto a casa sua.
L’aspettai fuori al cancello ma lei insistette per farmi accomodare.
Il problema è che non mi andava di vedere sua madre ma lei mi garantì che non ci fosse nessuno in casa.
«Ti aspetto nel salotto» dissi un po’ imbarazzato.
Guardai un po’ le foto che stavano sul mobile del soggiorno, di cui molte che raffiguravano Meredith da bambina; era semplicemente adorabile.

Nel frattempo sentii la voce di Meredith che riecheggiava dalla camera.
«Qualcosa non va?»
Forse stava avendo dolori di ciclo e aveva bisogno di una mano?
Salii in camera sua e c’era Meredith con un vestito pulito addosso, un vestito fucsia con un pattern floreale. Dietro aveva una zip e da sola non poteva allacciarlo.
«Ho capito, ti do’ una mano»
«Graaaazieeee»
Trovavo il suo vestito molto carino e sinceramente adoravo il suo guardaroba; non indossava abiti costosi o chissà quali alla moda. Eppure addosso a lei, li trovavo una favola.
Non potei fare a meno di deglutire quando vidi la sua schiena scoperta.
"Datti un contegno, Anthony..." pensai fra me e me.
Riuscii ad allacciare per bene la zip e dopo un po’, la curiosità prevalse su di me; volevo troppo vedere la sua camera!
Di che colore era poi? Ovviamente rosa.

Il letto era baldacchino, con mobili bianchi dall'aspetto romantico. A catturarmi l'attenzione però furono i giocattoli dell'infanzia che adornavano la scrivania; pelushe e molte bambole, di cui alcune erano inscatolate e sembravano pure recenti, altre invece avevano dei vestiti che sembravano essere cuciti a mano. Forse i vestiti per le bambole... li aveva realizzati lei?
Meredith notò il mio sguardo incuriosito e sembrava essere piuttosto a disagio.
«Qualcosa non va?»
«Miii vergooognooo dii moostraaree lee miee passioonii aaglii aaaltri...» iniziò lei agitando le mani.
«Di cosa dovresti essere imbarazzata? Perché compri giocattoli? Cosa c'è di male? I giocattoli non sono solo cose per bambini. Li hai cuciti tu i vestiti per queste bambole?»
Divenne rossa.
«Sììì... coon l'aiutooo dii miaa madree»
«Sono davvero carini, sei brava! Non solo sei brava a cucinare, ma sei in grado anche di realizzare vestitini per bambole!»
«Maa noon soonoo nullaaa dii cheee...»
«No, non è vero» dissi con fermezza.
Divenne ancora più rossa, poi mi sorrise.
«Graaziieee»
Alzata l'autostima, mi fece un piccolo e simpatico tour della sua camera.
«Alcuuneee coosee soonoo gioocaattoolii dellaa miiaa infaanziaa, altrii inveecee soonoo acquiistii receentii...»
Poi prese per la lavagnetta per spiegarmi altro.
"A volte prendo bambole usate, magari pure malconce e sporche al mercatino dell'usato. Mi diverto tanto a restaurarle e farle diventare belle come prima. Scarpe ed accessori li prendo sfusi nei negozi di giocattoli, mentre i vestiti li cucio io"
Adoravo tantissimo in ciò che faceva. Non era da tutti i giorni vedere una ragazza con una passione simile.
«See seeii staancoo, puoiii sedeeertiii suuul mioo leettoo!» mi accomodò lei.
«Ma no, tranquilla, io ade-»
Non riuscii a finire la frase perché il mio cellulare squillò.
Chi cazzo era che mi rompeva i coglioni nel momento più bello di sempre?
«Rosso, cazzo vuoi?» risposi io seccato senza guardare il numero, con Meredith che rideva sotto i baffi.
«Non sono Rosso ma un certo Biondo che ti ha mandato a comprare le uova per le omelette un'ORA fa. Si può sapere cosa stai combinando?! A saperlo, ci sarei andato io»
«Beh, sai com'è Robert... come dice il detto "Chi fa da' sé, fa per tre", non lo sapevi?» risposi io serafico.
«Hai ragione. Quindi dopo questa tua risposta, mi hai dato la conferma che sei più inaffidabile di Stephen»
«Che due coglioni, sono a casa di Meredith» risposi io stizzito.
«Meredith?!» urlò Robert. Poi si
calmò, usando un tono provocatorio.
«Allora si spiegano molte cose...»
«Suvvia Robert, datti un contegno -non è da te!-, sono qui perché...» e poi bloccai mi scatto.
Non me la sentivo di dire la verità perché sicuro Meredith si sarebbe imbarazzata moltissimo (dopo come aveva reagito prima con me...), così dissi una scusa.
«...perché avevo un forte di mal di testa, Meredith era nei paraggi e mi ha portato a casa sua per riposarmi e prendere un medicinale. Tutto qui»
«Capisco» fece lui. Sembrava che se l'avesse bevuta.
«Ora sto meglio e stiamo per uscire; anche lei deve andare al mercato»
«Va bene, vedi non metterci troppo tempo»
«Signorsì Mr.Rompicoglioni» e chiusi la telefonata.
Di sicuro mi avrebbe mandato una macumba dopo avergli chiuso la telefonata in faccia.
Meredith gettò un sospiro, come se precedentemente fosse stata in ansia.
«Graaaziee peer noon aaaveer deettoo laa veriitààà...»
«Figurati piccola, non ti avrei messa in imbarazzo»
E le diedi un bacio sulla fronte.
«Coomunquee il giuuubottoo...» e non finì la frase per l'imbarazzo.
Capii subito.
«Non preoccuparti. Il giubbotto lo si lava»
«Teee looo lavooo ioo!»
«Tranquilla, ci pens-»
«Noooo!» insistette lei.
«D'accordo, se insisti... ora andiamo al mercato, prima che Robert mi chiami di nuovo per fracassarmele»

-

«Non ho capito, quindi sei vittima di una stalker?»
Uno scioccato Stephen mi domandò questo mentre si pappava le omelette.
Non aveva neanche ingoiato, quindi uno schizzo di omelette andò finire sulla mia t-shirt.
Se mi avesse schizzato in viso, mi sarei dovuto appellare tutto al mio self-control.
«Esattamente» tagliai corto.
«Cazzo, è grave» disse il rosso ingurgitando.
C'era solo un problema però: per dimostrare la vericidità della situazione, avrei dovuto mostrare le conversazioni tra me e Sally. Così facendo, avrebbero scoperto alcune cose del mio passato; in primis avevo negato a loro di aver avuto una relazione prima di Meredith.
Ma non era quello il problema; semplicemente non volevo che sapessero della mia vita in orfanotrofio e del mio vecchio lavoro.
Dovevo trovare un'escamotage.
Ragionandoci, i messaggi che mi aveva scambiato Sally erano solo avvertimenti del tipo "sto arrivando in Irlanda", oppure le classiche frasi dopo una rottura "ritorniamo insieme".
Nessun accenno ai dettagli più oscuri.
Forse sapevo come raccontare il problema senza sputtanare tutto.
«Ce lo potevi dire già da qualche giorno invece di fare il muso lungo -per non dire incazzato-» rispose Robert con un tono di biasimo.
«Scusate, è che non avevo il coraggio...» dissi io imbarazzato ed anche un po' in colpa.
«Coraggio? Scusami, ci voleva del coraggio per esprimere un problema, tra l'altro così grave? Lo sai che con il lavoro che facciamo, non possiamo più definirci persone comuni, quindi una cosa del genere sarebbe capitata prima o poi ad uno di noi. Almeno il tuo manager lo hai contattato?»
Silenzio tombale.
«Mon Dieu... lo sai che sono una persona molto paziente e tu sei una di quelle che me la stai facendo perdere!»
Non avevo mai visto Robert così arrabbiato e per farlo arrivare a quel punto, vuol dire che l'avevo fatta grossa.
«Ora vuota il sacco, per piacere»
Emisi un profondo respiro.
Prima di aprire bocca, guardai il biondo ed il rosso totalmente ipnotizzati su di me, mi facevano quasi paura talmente che erano attenti.
«La stalker è la mia ex»
Secondo silenzio tombale.
«Che... cosa?» Stephen sembrava molto perplesso.
«Aspetta, ora che ci penso, quando ci fu l'appuntamento con Meredith e tu dovevi uscire, prima di andartene, ti avevo chiesto se prima di Meredith avessi avuto un'altra ragazza e tu non avevi risposto, anzi, eri quasi in panico»
«Normale, era una domanda scottante la tua»
«Addirittura?»
«Sì, perché la relazione non è finita benissimo e porto con me una profonda cicatrice»
«Capisco, mi dispiace molto se ti ho messo a disagio quella volta...»
«Non devi scusarti, non è colpa tua. Non lo potevi sapere»
Robert rimase in silenzio, quasi impassibile.
«Se lei ti sta cercando, vuol dire che l'hai mollata tu»
«Esatto»
«Non ti chiedo il motivo della rottura; già soltanto adesso ci stai dicendo che in precedenza avevi una ex, figuriamoci questo. Però amico, davvero, per qualsiasi problema o sfogo, rivolgiti pure a noi! Siamo amici, no?»
Quella frase mi fece male al cuore. Non mi meritavo tutta questa gentilezza da parte loro perché comunque continuavo ad omettere diversi dettagli sul mio passato.
Loro si fidavano di me ma io mi fidavo di loro?
Ero al punto di dire tutto, tutta la verità, fino a quando Stephen non guardò crucciato Robert.
«Hey damerino, non hai detto più nulla, dì qualcosa!»
«Cosa dovrei dire? Alleluja? Questa è l'unica cosa che mi viene in mente»
«Tutto qui...? Eddai, sii più empatico con lui!»
Rimase ammutolito e questa cosa mi preoccupava: significava che non si fidava più di me.

Ero stanco dell’argomento così me ne andai in camera a riposarmi.
Ma non prima di dirle a Meredith tramite SMS che non solo avevo confidato ai miei amici del problema ma che avevo accennato della mia vecchia relazione con Sally.
Avrebbe fatto molto piacere a ricevere una notizia del genere; d’altronde fu proprio lei a consigliarmi di dire la verità.


E come vi avevo promesso, ecco l'ultimo capitolo del 2023! Vi auguro buon anno e spero che Rose&Focacce possa continuare al meglio nel 2024! Grazie del sostegno focaccini! (?) <3

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Capitolo 33
*** Capitolo 32 (Robert POV) ***


«Amico, si può sapere perché sei così serio e muto? Sembra che della situazione di Anthony non t'importi nulla»
Stavo sciacquando i piatti (oh cielo, sensazione di deja-vù) e c'era il rosso che ancora stava finendo di pranzare. Anthony era andato in camera sua a riposarsi. Momento perfetto per fare un bel discorso.
«No, non è che non m'importa» incalzai io «è che c'è qualcosa che non mi quadra; Anthony ci sta nascondendo qualcosa»
«Che cosa? Dai, stai dando di matto»
«Di matto?? Ma se un paio di settimane fa ne abbiamo parlato insieme e tu eri concorde con me, cos'è questo cambio di idea repentina? Beh, non importa. Nel dubbio, segui il mio ragionamento: perché dircelo solo adesso il problema della stalker?»
«Beh, non hai sentito prima? Anthony prova chiaramente disagio quando parla della sua ex!»
«Sì, ok, guarda che ho sentito anch'io la conversazione se nel caso la situazione non ti è chiara, ma capisci che comunque tutto ciò è strano? Non ho mai preteso che Anthony ci raccontasse i dettagli della sua vita perché sono una persona fin troppo discreta ma capisci che pure per un problema così grave, non si sia confidato con nessuno? Né con noi, né con il suo manager, cioè, rendiamoci conto!»
Il rosso rimase per un po' zitto.
«E perché è stato zitto per tutto il tempo? Tutto perché non voleva dirci di una sua vecchia relazione che per carità, sarà finita male ma capisci che renderlo tutto così segreto rimane davvero esagerato»
«Aspetta... tu mi stai dicendo, che oltre all'ex, ci sia qualche motivo sotto che noi non sappiamo»
«Dio sia lodato, ci sei arrivato!»
«Guarda» fece lui serio
«per me è già un qualcosa che si sia confidato con noi. Io comincio a pensare che sia un ragazzo che abbia ricevuto brutte esperienze nella vita tanto da non fidarsi di nessuno. Perciò sono arrivato ad una conclusione definitiva; dobbiamo avere pazienza con lui»
«Sei troppo buono però, tanta pazienza abusata a mio avviso; non si confida con nessuno ma la permanenza in casa tua gli fa comoda a quanto vedo»
«Scusami, cosa vorresti dire?»
«Cosa voglio dire? Che il signorino si sta abusando, oltre che della nostra pazienza, anche della tua gentilezza: non solo lo hai reso un modello famoso solo perché per pura coincidenza lo hai beccato in un bar ma gli hai prestato la tua AUDI per fare colpo all'appuntamento con Meredith, dorme e mangia con noi ma che fa in cambio? Ci tratta come degli sconosciuti nonostante ci conosciamo da un anno ormai. Questo è troppo per me»
«Senza offesa, questa è casa mia e faccio quello che mi pare, presto le cose a chi mi pare e non sei nessuno per dirmi questo! Se ti brucia il culo, puoi anche alloggiare altrove visto che sei ricco sfondato»
«Un pensiero ce lo faccio, grazie per la dritta!» risposi io serafico.
«Ma pensa te! Non capisco perché tu e Micheal ce l'abbiate con Anthony»
«Micheal?? Che c'entra il tuo amico?»
«Beh, anche Micheal ce l'ha a morte con Anthony; non lo trova affatto simpatico»
«Chiariamo un punto: ce l'ho con Anthony perché in quanto nostro amico, non si sta comportando come dovrebbe e perciò legittimamente mi lamento. Non ho idea del perché il tuo amico detesti Anthony e personalmente non mi interessa, di certo non avrà le mie stesse motivazioni dal momento che non lo conosce bene quanto noi!»
La discussione si interruppe così e fu un bene perché non ne avevo più voglia di discutere, l’argomento stava prendendo una brutta piega.
Riflettendoci, dal momento che Anthony era ormai legato a Meredith, quest’ultima era anch’essa all’oscuro oppure sapeva qualcosa che noi non sapevamo?
C’era solo un modo per scoprirlo: chiederlo direttamente.
-
Il giorno dopo, raggiunsi la focacceria ma prima che potei aprire la porta, un ragazzo parcheggiò la bici e mi salutò.
Era Micheal.
«Oh ciao, Robert! Anche tu voglia di una bella focaccia appena uscita dal forno?»
«Non mi dispiacerebbe ma non sono qui per comprare focacce ma perché volevo parlare con Meredith, sperando di non disturbarla»
«Meredith?» mi guardò sottecchi «per caso c’entra qualcosa con Anthony?» azzardò lui.
«Bingo»
«Maledizione! Cosa le ha fatto?» urlò lui preoccupato. Lo guardai torvo. Ma a cosa si stava riferendo?!
«Si può sapere perché tutta questa agitazione? Non le ha fatto nulla, anzi, la tratta come se fosse una principessa se proprio vorresti saperlo. Se pensi che io sia venuto qui per mettere in guardia Meredith da Anthony, allora ti sei fatto in testa solo uno stupido film»
«Ah... ma quindi, allora...»
Non riuscì a finire la frase.
«Allora cosa?»
«Nah, niente. In ogni caso Meredith oggi non c’è a lavoro. Sembra essere uscita con Charlotte e le sue amiche»
«Uhm, capisco, grazie. Sarà per la prossima volta»
«Ma se quindi Anthony non è un tipo pericoloso, allora perché devi parlare con Meredith?»
Mi girai di scatto guardandolo molto perplesso.
Pericoloso? Io pensavo che gli stesse antipatico e basta, invece lui lo stava etichettando come un detenuto!
«Micheal, si può può sapere che cosa ti sei fumato? Su che basi affermi che Anthony sia un ragazzo pericoloso?! Lo sai che la tua è un'affermazione grave»
Divenne verde dalla paura, verde come la sua maglia. Evidentemente gli era sfuggito qualcosa di cui non avrebbe dovuto dire.
«Ehm, io devo tornare a lavoro! Ci sent-»
Lo presi per il braccio intimandogli di guardarmi.
«Tu mi stai nascondendo qualcosa, peggio di Anthony addirittura. Sono sicura che queste tue affermazioni siano state dette da un’altra persona e tu ci hai pure bevuto. Anche perché Anthony sara pure arrogante e spocchioso ma non è un tipo pericoloso, e non posso lasciarti andare dopo la sparata che hai detto»
Emise un sospiro di sconfitta.
«D’accordo, ti dirò tutto ma ho tempo giusto dieci minuti di pausa visto che sono a lavoro»
«Affare fatto»
-
«Vedi, ho conosciuto un certo Hitoya Brown di recente. È stato un vecchio compagno di liceo di Meredith»
Non lo interruppi ma mi veniva spontaneo domandargli cosa c’entrava un compagno di classe di Meredith con Anthony.
«Questo Hitoya Brown conosce la ex di Anthony»
Spalancai gli occhi.
«Un momento, come fa a conoscerla? La sua ex è irlandese? Sai qualcosa di lei?»
«So solo che si chiama Sally, è americana. Si sono conosciuti negli USA perché questo Hitoya è un giocatore di basket e fino a qualche tempo fa giocava nella New York Liberty, tra non molto giocherà ai Chicago Bulls»
«Ora capisco...»
«Ti ho visto molto shoccato prima sul fatto della ex, non lo sapevi, vero?»
«In realtà, lo sapevo... da ieri»
«Sul serio?! Cioè voi che siete amici, tu e Stephen lo avete saputo solo ieri?»
«Già, ma solo perché sta avendo un problema»
«Che problema?»
«Pare che la ex lo stia stalkerando di messaggi e stia per arrivare in Irlanda»
Mi guardò basito, senza proliferare una sillaba.
«E... a chi devo credere adesso?»
«Scusa, in che senso? Sono io adesso ad essere basito»
«Hitoya mi ha detto il totale contrario. Era Anthony che aveva atteggiamenti tossici nei suoi confronti, motivo per cui la ex lo ha lasciato!»
«Porcaputtana, Anthony invece mi aveva riferito che fu lui ad averla lasciata»
Questa cosa mi mandò in crisi: e se davvero Anthony nascondeva qualcosa perché aveva commesso qualcosa di grave? No, impossibile. Ci aveva mostrato gli screen dei messaggi e sembrava chiaramente che fosse la ex che lo stesse pedinando, con tanto di atteggiamenti tossici.
Se davvero era Anthony il colpevole, perché mai la vittima doveva cercarlo?
Questo era uno dei motivi che mi dava fiducia a credere nelle parole di Anthony.
«E tu a sto’ Brown, gli hai creduto?»
«Ti dico la verità? No, almeno non del tutto. Mi ha mostrato solo una foto con Sally e Anthony all'epoca insieme ma non era una prova tangibile di quello che mi stava dicendo.
Magari non saranno davvero amici e lui ha quella foto ottenuta da chissà dove. E poi, senza mezzi termini, Hitoya mi ha raccontato tutto questo per un secondo fine»
«E sarebbe?»
«Far sì che Meredith lasci Anthony in modo che Hitoya possa conquistarla in pace»
«Che coglione... non è in grado di conquistarla da solo? Deve addirittura chiedere aiuto a te e non sei neanche suo amico o quantomeno conoscente!»
«Abbastanza inquietante se posso dirlo, motivo per cui non gli ho creduto del tutto»
«Del tutto? Perché, fra le cose che ti ha detto, in cosa gli credi?»
«Non sono sicuro al 100% ma sempre da Hitoya, mi è stato riferito che lui non è americano ma viene dal Cile e che in passato abbia spacciato droga»
A sentire quelle frasi, mi si gelò il sangue. Mi rifiutavo di crederci.
«Che stronzata. Anthony ci ha sempre detto che era nato e cresciuto qua, questo Hitoya si sarà fumato qualcosa»
«Ah sì? E perché essere così eccessivamente riservati sulla sua vita privata?» incalzò lui.
Touchè.
«Senti, forse voglio crederci che non sia nato e cresciuto negli USA come ci ha sempre detto ma quella della droga è una cazzata grande quanto una casa. È un fumatore (anche se, da quando stiamo qui in Irlanda, sta fumando poco e nulla), mica un cocainomane!»
«E se sentissimo la versione della ex?»
«Non credo che ci porti a qualcosa di buono. Ti dirò, mi sto facendo una mezz'idea di quello che sta succedendo ed io la riassumo così: quei due stanno montando il piano del secolo, ovvero la ex che vuole ritornare a tutti costi con Anthony e questo Hitoya che vuole stare con Meredith. E poi non conosco minimamente la ex di Anthony, perché mai dovrei sentire la sua versione se lo sta stalkerando? Non merita il mio rispetto»
«Ma Anthony vi ha mostrato le chat?»
«Ovviamente. Lo contatta e lo chiama con svariate sim, perciò bloccarla non basta»
«Ma da quanto tempo lo sta stalkerando?»
«Da un paio di giorni ma lo messaggia e lo chiama talmente spesso che in soli due giorni lo ha esasperato. Tuttavia ho un dubbio; non vorrei che lei lo stesse già scocciando da quando stiamo qui»
«Da cosa lo deduci?»
«Da quando ci fu la festa di compleanno di Charlotte: quando stavamo aspettando te e Meredith, era di ottimo umore. Poi aveva ricevuto una telefonata e per discrezione, se ne andò fuori al balcone. Finita la telefonata, quando tu e Meredith eravate ormai presenti alla festa, era decisamente scocciato e frustato, come se quella telefonata gli avesse rovinato l’umore in una giornata così piacevole»
«Vero, ricordo anch’io che era molto su di giri e già da lì mi stava sulle scatole!»
«Non ti biasimo; non pensare che mi stesse simpatico all’inizio. Ho avuto anch’io a difficoltà a rapportarmi con lui a causa del suo carattere ma se lo sai prendere, ti posso garantire che è una persona a modo. Devi avere molta pazienza con lui»
«In parole povere, dovremmo essere come Meredith insomma. Ma a proposito di Meredith, perché mai volevi parlarne con lei?»
«Perché ho il presentimento che Meredith sappia qualcosa su di lui visto che stanno insieme da qualche tempo e può darsi che Anthony si sia confidato con lei negli ultimi tempi, soprattutto quando sono usciti insieme in quella domenica. Preferisco che non abbia detto nulla in realtà perché se davvero Anthony le ha rivelato il suo passato nonostante si conoscano da un mesetto scarso, lo trovo una mancanza di rispetto nei miei confronti e di quelli di Stephen visto che ci conosciamo da un anno. Stephen poi gli ha dato un lavoro non da poco, rendiamoci conto»
«Mi sembra giusto. Comunque non ne ho idea, vuoi che glielo domandi io essendo che sono suo amico? Temo che non ti dirà nulla anche se tu la incontrassi»
«Neanche se le dicessi che fosse una questione di vita o di morte? Se sto investigando, è perché devo capire meglio il mio amico dal momento che mi sta nascondendo troppe cose e ormai sono stufo dei suoi silenzi»
«Puoi provarci ma ormai la conosco, ti dirà di certo “no” e soprattutto, se Anthony le avrà rivelato qualcosa, sono talmente sicuro che le avrà detto di mantenere il segreto. Lui si fida tanto di lei quanto lei si fida tanto di lui. Sono molto simili tra l’altro e non tradirebbero mai la loro fiducia»
«Tu dici, eh? Forse hai ragione. Forse è stato un bene che io abbia incontrato te e non Meredith, perché se le cose stanno così, vuol dire che parlando con Meredith non avrei risolto nulla. Grazie mille per tutte queste informazioni e... scusami per prima. Non volevo essere così scontroso tanto da spaventarti» conclusi io seriamente mortificato.
«Non preoccuparti» mi sorrise lui «Non è colpa tua! Sono io che ho accesso la miccia prima, non avrei dovuto dire quelle cose su Anthony. Lo hai solo difeso. D’altronde lo avrei fatto anch’io se qualcuno avesse parlato male di Stephen! In ogni caso, grazie alla tua chiacchierata, mi hai dato conferma che quello lì stava solo sparando fandonie»
«Figurati, era il minimo. Detto questo, però vorrei conoscere questo Hitoya e fargli un avvertimento»
«Ovvero?»
«Smettere di diffamare Anthony. In questo lurido gioco, non c’è solo la ex ma anche questo buffone. Non la passeranno liscia!»

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