La solitudine dei numeri uno

di lolloshima
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** L'eleganza del capitano ***
Capitolo 2: *** L'insostenibile leggerezza del bello ***
Capitolo 3: *** Una, nessuna, centomila ***
Capitolo 4: *** Le affinità selettive ***
Capitolo 5: *** La relazione pericolosa ***
Capitolo 6: *** I dolori del giovane Toru ***
Capitolo 7: *** Lo zar e il ballerino ***
Capitolo 8: *** Ragione e pentimento ***
Capitolo 9: *** Dell'amore e di altri fenomeni ***
Capitolo 10: *** Il buio oltre la palestra ***
Capitolo 11: *** Pochi inutili nascondigli ***



Capitolo 1
*** L'eleganza del capitano ***


Il getto della doccia è potente, e rimbalza sulla pelle chiara. Punge le larghe spalle, i bicipiti definiti, le lunghe braccia, l'addome scolpito.

Oikawa solleva la testa e chiude gli occhi, lasciando che l'acqua calda gli scivoli sul viso e bagni i suoi morbidi capelli.

Il calore si diffonde nella doccia, e una leggera nebbiolina invade l'ambiente.

Con movimenti lenti, ma sicuri, il capitano allunga un braccio e prende dalla mensola una bottiglietta ambrata. Versa una dose generosa di bagnoschiuma sul palmo dell'altra mano, riposiziona la boccetta e si passa entrambe le mani sul corpo per distribuire la soffice schiuma che si sta formando sulla sua pelle.

Le mani toccano il ventre piatto, i pettorali, le spalle, il collo. Mentre si massaggia Oikawa tiene gli occhi chiusi, e la bocca curvata in un lieve sorriso.

Con movimenti lenti, spostando il peso del corpo dall’uno all’altro piede, si gira fino a dare le spalle alla porta del vano doccia, che è rimasta leggermente aperta.

Si china in avanti per lavare polpacci e ginocchia e poi si rialza, scostando i capelli bagnati dal viso con un movimento veloce del capo. Passa i palmi aperti su ciascuna delle natiche sode, le accarezza per poi risalire fino all'arco della schiena. Lentamente, accarezzandosi i fianchi, riporta le mani sul ventre e infine le abbassa, massaggiandosi all'altezza dell'inguine, mentre inarca la schiena.

A Iwaizumi sfugge un gemito, che subito blocca coprendosi la bocca con una mano. Non può rischiare di farsi sentire e tradire la sua presenza. Ha il cuore che batte all'impazzata, e si sente avvampare, anche se la goccia di sudore che gli cola sulla schiena è gelata.

Da quella postazione nascosta, guarda incantato il suo capitano sotto la doccia, godendosi in silenzio quell'esclusivo spettacolo. Non è la prima volta che lo fa. Ma ogni volta rischia un infarto.

Quando Toruu si attarda in palestra e tutti gli altri sono usciti, anche lui finge di andarsene e si incammina verso casa. Ma poco dopo ritorna indietro e senza fare rumore si nasconde nell'angolo più buio dello spogliatoio, dove di solito vengono accatastate le sacche vuote o le divise da sostituire. Si rannicchia contro il muro, raccoglie le ginocchia, e guarda verso la zona delle docce. Da quel punto preciso può vedere chiaramente il grande specchio sopra i lavandini.

Scemokawa usa sempre la stessa doccia, e non chiude mai del tutto la porta. E si dà il caso che lo specchio rifletta tutto ciò che accade dentro.

Nonostante usi questo trucchetto quasi ad ogni allenamento, Iwaizumi non si abituerà mai alla sublime visione di quel corpo bagnato e insaponato, e alle potenti emozioni che ogni volta suscita in lui.

Ovviamente non l'ha mai detto a Toruu, se ne vergogna troppo. E poi, cosa dovrebbe dirgli? Che a lui piace guardare il corpo nudo del ragazzo che da sempre è il suo migliore amico? Che lo sogna ogni notte? Che quell’amicizia nel tempo è cambiata in qualcosa di diverso, più intenso, che ogni giorno diventa più forte? E come potrebbe dirglielo. Non se lo sa spiegare neppure lui cosa prova, o perché. Quindi no, non l'ha detto a Toruu, e non ha nessuna intenzione di dirglielo.

Ha capito fin troppo chiaramente che Scemokawa non prova alcun interesse per lui che vada oltre l'amicizia.

Glielo fa capire ogni giorno.

Quando si attarda con tutte le ragazze che incontra.

Quando rifiuta ogni suo invito a uscire o fare qualcosa insieme, per dedicarsi all'allenamento o allo studio di azioni di gioco.

Soprattutto, glielo fa capire quando, senza alcuno scrupolo, gli riversa addosso tutta la sua ammirazione per quello che lui ritiene l'essere perfetto, bellissimo ed invincibile.... Ahhh, che rabbia!

E quindi si accontenta di poterlo guardare di nascosto, sperando un giorno di trovare il coraggio per affrontarlo e finalmente dirgli tutto quello che prova. Certo, dopo che sarà riuscito a capirlo lui per primo.

L'acqua della doccia viene chiusa. Iwaizumi si desta dai suoi pensieri. Toruu ha finito, tra pochissimo tornerà nello spogliatoio. Se non se ne andrà in fretta, lo sorprenderà raggomitolato in quell'angolino buio mentre lo spia, e, oltre a considerarlo un depravato deficiente, lo prenderà in giro per il resto della sua esistenza.

Deve assolutamente sbrigarsi.

Silenziosamente come è entrato, Iwaizumi esce dallo spogliatoio, chiudendo piano la porta alle sue spalle.

Si allontana velocemente, la testa incassata tre le spalle e le mani in tasca, negli occhi ancora quel corpo bagnato ed insaponato e nel bassoventre quel crescente formicolio ormai familiare.

 

 

ANGOLO AUTRICE

Grazie per essere arrivati fino a qui.

E’ la mia prima IwaOi, quindi mi scuso in anticipo se non riuscirò a rendere correttamente tutte le sfumature del loro rapporto.

Mi interessava però vedere un aspetto diverso della loro storia, legata al passato di Oikawa e alla sofferenza interiore che io colgo nel suo personaggio, e che raramente emerge.

Io lo vedo soprattutto come una persona costretta ad inseguire l’ambizione, e per questo molto sola.

Riuscirà l’amore a farlo emergere dal suo abisso interiore?

Spero che continuiate a leggere per scoprirlo.

Grazie di cuore <3

 

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Capitolo 2
*** L'insostenibile leggerezza del bello ***


L'acqua è calda al punto giusto. Sento il mio corpo rilassarsi sotto il getto forte della doccia.

Lo so che sei lì, Iwa-chan, nascosto nell’angolo dello spogliatoio. Lo so che mi stai guardando attraverso lo specchio, anche se non ti vedo. Sento il tuo sguardo che accompagna le mie mani mentre mi insapono il torace, le braccia, i glutei, le gambe.

Tu pensi che io non me ne sia accorto, ma lo so da sempre. Sono io che te lo lascio fare. Scelgo sempre questa doccia perchè, con la porta socchiusa, lo specchio riflette il suo interno e dall'angolo dove ti metti tu puoi vedere tutto.

So bene come appaio. E sono consapevole dell'effetto che faccio sulle persone. Ragazze, ma anche ragazzi. Anche uomini. O allenatori.

Ne sono consapevole e me ne compiaccio.

E' la mia piccola rivincita in questo mondo popolato da mostri talentuosi che non devono spaccarsi la schiena per emergere.

Io sono bello. E' questo il mio unico talento naturale. E così, quando faccio la doccia, o mi cambio, non è raro che io lasci qualche porta socchiusa, o qualche tendina poco tirata, per far entrare lo sguardo degli altri.

Lascio che si godano lo spettacolo, che vivano le più sfrenate e lascive fantasie su di me, per poi far finta di niente, e tornare al mio carattere spensierato di sempre.

E’ stato il Mio Sensei, la persona che mi ha fatto diventare quello che sono, a chiedermelo, la prima volta. Facendomi così capire quanto potere io avessi su di lui e sulle altre persone. E mettendomi in mano un’arma potentissima.

Ho cominciato alle medie.

Ma allora non era Iwa-chan a guardarmi. Lui all'epoca era solo un bambinone impacciato e desideroso di condividere ogni gioco con il suo migliore amico, e non c'era ancora nessuna malizia nel suo rapporto con me.

Alle medie, quando mi cambiavo o quando facevo la doccia, mi guardava soprattutto Tobio. Lo vedevo oltre la porta che mi osservava, senza neanche preoccuparsi di nascondersi. Ma il suo non era uno sguardo di desiderio o d'amore, come quello di Iwa-chan.

Tobio mi studiava, il suo cervello delineava muscoli, tendini, nervi, elaborava misure, proporzioni, tempi di reazione. Lo faceva per imparare attraverso l'osservazione attenta. Per essere come me.

Dentro volevo urlare di orgoglio, e invece non perdevo occasione per umiliarlo e allontanarlo. Il mio modo di esprimere quanto fossi fiero di lui. E quanto allo stesso tempo lo temessi.

Lo sguardo di Iwa-chan è diverso. Lo so cosa vuole, da me, Iwa-chan.

Mi ha sempre ammirato, seguito, idolatrato, pur nel suo modo rude, pur senza mai parlare apertamente. Ma sono i suoi occhi a parlare, ed io ho capito benissimo. Ho anche capito come sono cambiati nel tempo i suoi sentimenti, come si sono fatti più intimi ed intensi, e come la mia presenza abbia acquistato per lui un significato via via sempre più importante. Fino a diventare una necessità.

Ma non posso, Iwa-chan, non posso darti quello che vuoi. Non posso darti il mio amore e la mia attenzione. Io ho già una padrona, la mia ossessione, appartengo a lei, e lei richiede tutta la mia dedizione ed il mio tempo.

E non posso, non voglio, darti solo il mio corpo.

Sarebbe facilissimo, Iwa-chan, concedermi a te. Potrei darti tutto il sesso che vuoi, del meraviglioso, indimenticabile, strabiliante sesso. Ma non sarebbe degno di te, di noi, di quello che siamo.

Prendi quello che posso darti, solo questo, Iwa-chan. Guardami. Guarda le mie mani insaponate sul mio corpo, guarda il miei bicipiti, le mie gambe, il mio sedere, il mio petto bagnato. E sogna di noi.

Chiudo l'acqua e passo entrambe le mani aperte sui capelli, tirandoli indietro per far defluire l'acqua in eccesso. Sollevo la testa, chiudo gli occhi e aspetto qualche istante.

Sento dei passi leggeri allontanarsi velocemente, un cigolio e il tonfo sordo della porta dello spogliatoio che si chiude.

Iwa-chan è andato via. Adesso sono davvero solo.

Riapro l'acqua, con i pugni chiusi mi appoggio alle piastrelle della doccia e mi accascio, iniziando a piangere a dirotto. Non faccio nessuna resistenza e lascio che tutto il mio corpo sia scosso da singhiozzi incontrollabili, travolto dalla consapevolezza della mia condizione disperata e dalla mia immensa, incolmabile solitudine.

 

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Capitolo 3
*** Una, nessuna, centomila ***


 

Iwaizumi con le mani ficcate nelle tasche dei pantaloni percorre annoiato il corridoio della scuola, che a quell’ora è affollato di studenti che si muovono durante la pausa pranzo. Chi scherza con gli amici, chi si avvia verso la mensa, qualcuno guarda attraverso le grandi finestre la pioggia che cade fitta.

Entra svogliatamente in classe. La scena che lo accoglie non lo sorprende affatto: un gruppo disordinato di ragazze si accalca attorno al banco di Oikawa. Al centro, anche se non riesce ad individuarlo in mezzo all’ammasso di capelli, gonnelline, sorrisi e camicette, c'è certamente Scemokawa.

Rimanendo nei pressi della porta, Iwaizumi raccoglie da un banco vicino una grossa gomma da cancellare. La porta vicino al viso, chiude l'occhio sinistro e, senza togliere l'altra mano dalla tasca, prende la mira e con un unico gesto sicuro lancia la gomma.

L'oggetto fa un ampio arco verso il soffitto per poi ricadere pesantemente proprio nel mezzo di quell'assembramento.

“Ohi! Ma che diavolo...??”. I vecchi allenamenti di basket e, soprattutto, l'abitudine ad intervenire in situazioni come quella, hanno reso la sua mira praticamente perfetta.

Tutte le ragazze si girano stupite verso di lui, che ha rimesso entrambe le mani in tasca e rivolge loro uno sguardo impassibile.

Nel varco che si è creato, compare Scemokawa seduto al suo banco, che si massaggia sopra la testa.

“Cattivo Iwa-chan, mi hai fatto male...” si lamenta.

Iwaizumi non risponde, ma continua a guardarlo con sguardo feroce.

“Scusate, ragazze, finiamo dopo il discorso, adesso devo parlare con il mio amico”. Con quel sorriso Toruu potrebbe avere ai suoi piedi il diavolo in persona, pensa Iwaizumi involontariamente.

“E, Misa… grazie” aggiunge rivolto ad una ragazza alta e formosa, facendo l’occhiolino.

Lei si abbassa per guardarlo negli occhi e sussurra ammiccando “E’ un piacere Toruu-chan. A dopo”.

Toruu-chan? Pensa irritato Iwaizumi. Cos’è tutta questa confidenza?

Le ragazze si allontanano ridacchiando e Hajime si avvicina all'amico, che si è fatto improvvisamente serio e pensieroso.

“Scusa, Scemokawa, ho interrotto qualcosa?”

“No, anzi, mi hai salvato. Non sapevo come liberarmene”.

“Pranziamo insieme? Andiamo in mensa?”

“No, non posso. Devo allenarmi, vado a fare qualche palleggio”.

“E sentiamo, come faresti ad entrare in palestra, visto che è chiusa?”

“Come faccio sempre, Iwa-cha. Questa volta devo dire grazie alla deliziosa Misa-chan”

“Intendi Misa Miyazaki? Il capitano della squadra femminile di basket? Non è la ragazza alta che era qui poco fa?”

“Visto che non hanno una manager, come capitano lei ha le chiavi della palestra, e si dà il caso che io le sia davvero tanto, tanto simpatico…” Oikawa sfoggia un sorriso smagliante, mentre rigira l’occhiello della chiave nel dito indice.

Maledetto Casanovakawa!

“Ma abbiamo fatto allenamento stamattina, e ne avremo un altro dopo la scuola. E poi adesso abbiamo solo un’ora libera, prima che riprendano le lezioni”.

“Appunto. E’ perfetto! In cinque minuti mi cambio, mezz’ora di battute, cinque minuti di stretching, dieci minuti doccia… Mi resta anche il tempo di mangiare un panino” dice tutto contento alzandosi dal banco e raccogliendo la sua borsa.

“Tu stai esagerando, devi pensare alla tua salute” tenta timidamente di convincerlo a desistere Hajime.

“Sei il solito brontolone. Non preoccuparti per me. Io vado, Iwa-chan. Sai dove trovarmi.”

A quelle ultime parole Iwaizumi sente il viso avvampare, pensando alle sue visioni furtive che seguono agli allenamenti extra del capitano. Ma per fortuna Oikawa è già uscito e si sta incamminando lungo il corridoio verso l’uscita.

Iwaizumi rimane ancora qualche momento a guardare la porta, indeciso. E’ tentato di seguirlo, e di aspettarlo, come al solito. Ma questo desiderio sta lottando con il suo orgoglio, che gli suggerisce di scacciare quel pensiero e di andare diretto in mensa, evitando di rendersi ridicolo.

E’ talmente assorto dai suoi pensieri, che non si accorge della ragazza che gli si è avvicinata in silenzio.

“Buongiorno Iwaizumi-san”.

“Ciao Asuna-san”.

Asuna Takahata è una ragazza del terzo anno della sezione B. Lunghi capelli castani portati morbidamente di lato e un sorriso luminoso. “Hai già mangiato Iwaizumi?”

“No, veramente sto andando in mensa adesso. Mi fai compagnia?”. Non può credere di aver fatto quella domanda. Non si è mai esposto con le ragazze, anzi, non si è mai esposto in generale. Ma la dolcezza di Asuna lo fa sentire a suo agio. La conosce dal primo anno, e sa che non corre il rischio che il suo invito sia frainteso. Non è la prima volta che parla con lei, e non è raro che si vedano in mensa e che mangino insieme, come semplici amici. Ma da lì, a invitarla esplicitamente...

“Certo, con piacere” risponde timidamente lei, abbassando lo sguardo. I capelli le ricadono sul volto, ma Iwaizumi riesce a vedere chiaramente il rossore che le ha inondato le guance.

Quell’inaspettato imbarazzo lo lascia perplesso. Che sia sia sbagliato sui sentimenti di Asuna?

Mentre si avviano, sempre tenendo lo sguardo sulle proprie scarpe, Asuna sembra cercare coraggio per iniziare una conversazione. Che tenerezza, pensa Iwaizumi, e decide di fare la prima mossa.

“Asuna-san, c’è forse qualcosa che ti preoccupa? Dov’è la tua solita parlantina?” scherza.

“Ehm, ecco… In effetti, Iwaizumi-san, io vorrei chiederti qualcosa, ma…”

“Dimmi pure, sono tutto orecchi!”, le fa coraggio.

“In realtà si tratta di una cosa molto personale, e un po’ mi vergogno...”

Iwaizumi sente un groppo in gola.

Asuna fa un profondo respiro e riprende: “Vorrei chiederti un grande favore”.

“Certo, se posso….” adesso Hajime è decisamente preoccupato.

“Ti andrebbe di uscire con me?” la frase le esce tutta d’un fiato.

Iwaizumi rimane di sasso e si ferma in mezzo al corridoio sgranando gli occhi.

“No, scusa” riprende subito Asuna con una piccola risata, accorgendosi della reazione dell’amico “non fraintendere. Il fatto è che… Sai che sono molto amica di Misa Miyazaki…”

“Sì, la capitana di basket…”. Ancora quella!

“...ecco… a lei piace molto il tuo amico Oikawa. Potremmo uscire noi quattro, così loro avranno la possibilità di conoscersi meglio. Lei non ha coraggio di invitarlo. Lui ogni tanto lui la cerca, anche oggi lo ha fatto, ma poi tutto finisce lì. Credo che manchi loro solo una piccola spinta, e quella possiamo dargliela noi, da buoni amici. Cosa ne pensi, Iwaizumi-san? Possiamo uscire insieme?”

Maledetto Rubacuorikawa!

 

 

 

 

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Capitolo 4
*** Le affinità selettive ***


 

Ho fatto quasi 60 servizi, quasi tutti ottimi.

Sono pronto per il pomeriggio.

Sento il ginocchio pulsare, ma non importa. Vuol dire che ho lavorato intensamente. E questo è un bene.

Il fisioterapista mi ha raccomandato, per l’ennesima volta, di non esagerare, di non forzare troppo, di fermarmi un quarto d’ora prima che possa farmi male. Sembra un disco rotto.

Ma cosa ne sa lui? Sono io che devo tenere alto il morale e l’impegno di una squadra forte, non posso certo essere di meno dei miei compagni, che contano tutti su di me.

Non posso dimostrare debolezza, non posso fermarmi, e non posso permettere che un calo nelle mie prestazioni faccia peggiorare il loro gioco. Si impegnano tutti moltissimo e anch’io devo dare il massimo.

Il fisioterapista non è la sola persona che non ascolto. E certamente non è la più importante. Anche oggi ho respinto Hajime. Mi dispiace tanto, ma devo farlo, altrimenti non diventerò mai più forte!

Un giorno lo capirai, Iwa-chan. Non posso permettermi di lasciarmi andare, di farmi indebolire da sentimenti quali l’affetto o il desiderio fisico.

Tu sei stupendo, amico mio, solo vedere il tuo corpo mi fa impazzire, e amo come giochi a pallavolo, adoro il rapporto e l’intesa che c’è tra di noi. Ma lo sai, il mio obiettivo non sei tu.

Il Mio Sensei me lo diceva sempre. Se vuoi diventare un campione, devi stare vicino ai campioni. Devi assorbire tutto quello che hanno. E niente distrazioni.

Non voglio dire che Hajime o i miei compagni di squadra non siano bravi, anzi. Da loro riesco sempre a tirare fuori il meglio, e alcuni hanno delle abilità straordinarie. Ma non posso non chiedermi come sarebbe se non avessero me.

Quest’anno ho incontrato tanti giocatori forti. A cominciare dai nuovi acquisti della Karasuno.

Lì adesso c’è Tobio.

Il Re del campo, il piccolo genio, il ragazzo prodigio. Con una persona così non è possibile competere. Per quanto ci si alleni, per quanto ci si sforzi, quelli come lui avranno sempre una marcia in più, e saranno sempre superiori alle persone normali. Per questo i prodigi mi fanno girare le scatole. E Tobio rimane un moccioso di merda!

Del gamberetto mi piace soprattutto il fatto che mi chiami “Il Grande Re”. Lo adoro, penso proprio che questo soprannome mi si addica. Bravo, piccoletto, hai capito tutto!

Da un punto di vista sportivo, anche lui ha dei numeri. Certo, neppure paragonabili alle abilità innate e al genio di Tobio, ma insieme quei due sono veramente forti e creano un’accoppiata difficile da eguagliare. Maledetti!

Ammiro molto il loro capitano, Daichi. E’ una persona davvero affidabile, se facessi parte della sua squadra mi sentirei al sicuro, sapendo di avere un’ottima guida. Quello che deve essere un bravo capitano.

Del secondo anno ci sono il gigante barbuto e l’altro piccoletto, il fenomeno delle ricezioni. Se solo riuscissero a mischiare le loro caratteristiche, ne uscirebbe un giocatore praticamente perfetto. E invece continuano a rimanere un ragazzone che ha paura della sua ombra e un casinista ipercinetico.

Personalmente, non mi dispiace il Monaco pelato. Sono convinto che se venisse valorizzato di più potrebbe rivelare belle sorprese. Pur mancandogli l’arguzia di un Grande Re, ovviamente.

Per fortuna in quella squadra c’è anche chi ha le qualità ma non le sfrutta, come il quattrocchi biondo. Con il fisico e l’intelligenza che si ritrova potrebbe dare filo da torcere ai più bravi. Ma non si impegna abbastanza, e non gli interessa farlo. Peggio per lui. E meglio per gli altri.

Comunque, nessuno può eguagliare il potente Ushiwaka. Ushijima Wakatoshi, capitano della Shiratorizawa. Un giocatore talentuoso e perfetto. Lo odio. Lo odio al punto che vorrei essere come lui. Se lo avesse conosciuto il Mio Sensei, mi direbbe che è a lui che devo puntare, senza perdere tempo con giocatori mediocri.

Dovevi venire alla Shiratorizawa” mi ripete continuamente, ogni volta che ci incontriamo, in partite ufficiali o in occasione di amichevoli. E che ci dovrei venire a fare? Alla Shiratorizawa ci sei già tu, non potrei mai essere il migliore!

Però posso imparare da te, carpire i tuoi segreti e la tua anima, come mi ha insegnato il Mio Sensei.

E allenarmi di più.

In questo mi può essere molto utile Misa-chan. E’ stata una vera fortuna trovarla oggi, e che lei avesse le chiavi della palestra. E che fosse disposta a darmele. Beh, in realtà su questo c’erano pochi dubbi.

Ma non si tratta solo delle chiavi. E’ quello che mi ha raccontato oggi la vera sorpresa, un vero segno del destino. Non avrei potuto desiderare di meglio!

La voglio rivedere, devo frequentarla di più. Per prima cosa andrò a restituirle le chiavi che mi ha prestato, con un po’ di coraggio potrei cominciare a chiederle di uscire, e poi chissà. Come si dice, da cosa nasce cosa….

Camminando sono arrivato alla classe Terza, Sezione B. Nel corridoio, affacciata alla finestra, mi sta aspettando Misa. Ha i capelli corti, da vera sportiva, e un fisico allenato. Devo dire che la divisa scolastica le sta proprio bene.

Sorrido mentre mi avvicino a lei con il braccio teso in avanti e la chiave che pende dal mio dito indice.

Lei si illumina e sorride apertamente. Noto che, rispetto a quando ci siamo visti prima, sulle labbra ha messo un po’ di rossetto.

 

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Capitolo 5
*** La relazione pericolosa ***


 

Oikawa è sottorete. Riceve i palloni dal coach e li alza ai suoi compagni di squadra.

Nonostante sia un normale allenamento per gli schiacciatori, il setter è concentrato al massimo. Il corpo è teso, i muscoli pronti, ogni movimento studiato alla perfezione. Neppure i gridolini che provengono dalle balaustre che circondano la palestra, dove come sempre si sono radunate alcune ragazze adoranti, riescono a distrarlo.

Gli occhi sono puntati sulla palla, ma allo stesso tempo non gli sfugge niente di quanto accade tutto intorno, sul campo. Riesce a capire con quale velocità l’attaccante si sta avvicinando alla rete, con quale gamba inizia la rincorsa, quanta elevazione verrà impressa nel salto.

Ogni alzata è perfetta. Ma non nel senso che sono tutte perfettamente uguali. Ogni alzata è unica, ed è quella giusta per il singolo giocatore al quale è rivolta.

Il mio capitano è davvero eccezionale”, pensa Iwaizumi, mentre lo guarda ammirato in attesa del suo turno per schiacciare.

“Bellissima schiacciata, Kindaichi!”

“Kunimi, la prossima volta te la faccio arrivare un po’ più alta, con la tua elevazione sono certo che schiaccerai ancora più forte!”

“Ottimo Matsukawa, hai fatto enormi progressi!”

Per ogni schiacciatore Oikawa ha parole di stimolo e di elogio. Così come per tutti i componenti della squadra. Non è un caso che lui sia considerato il vero perno, il punto di riferimento per tutti loro. Per quanto lo prendano in giro, quel suo “mi fido di voi” prima di ogni partita è una vera e propria iniezione di fiducia e di forza.

“Iwa-chan, se continui a schiacciare in questo modo perfetto, mi farai passare in secondo piano, e sai che non posso permetterlo…”.

Oikawa prende in giro solo Iwaizumi.

“Idiota!” risponde lui, lusingato dal complimento nascosto sotto l’ironia.

Al momento degli esercizi a terra, come di consueto Oikawa ed Iwaizumi fanno coppia.

Il capitano si distende, automaticamente Hajime gli blocca i piedi con le mani, e l’altro comincia a sollevare il busto per fare addominali.

“Senti Oikawa…”

“Oh, senti senti, nessuna storpiatura del mio nome oggi? Sei a corto di fantasia o stiamo per iniziare un discorso serio, Iwa-chan?”

“No, macchè… volevo sapere, se ti andava di uscire…”

“Ti ho già detto che non posso, dopo gli allenamenti mi fermerò qualche minuto qui in palestra e poi stasera devo guardare alcuni DVD…”

“Beh, non fa niente. Sai, oggi la mia amica Asuna della Terza B mi ha chiesto se io e te volevamo uscire con lei e Misa Miyazaki, sai la capita-”

“Misa? Io dovrei uscire con Misa-chan?”

“Sì, non da soli però, insieme a me e Asuna-san, ma se hai da fare…”

“No no, che vuoi che sia, posso sicuramente rinunciare a rivedere qualche partita, e poi ho i DVD, posso guardarli in qualunque momento. Esco molto volentieri con lei. Voglio dire, con voi”

“Va bene, Oikawa, glielo dirò...”

“E quando sarebbe? Oggi? Posso cambiarmi velocemente, se serve”.

Lo stupore lascia Iwaizumi senza parole. Non avrebbe mai pensato che il suo amico avesse interesse ad uscire con la giocatrice di basket. Soprattutto, che fosse disposto a mettere la pallavolo in secondo piano per una ragazza, anche se solo per qualche ora!

Certo, Oikawa aveva già avuto degli appuntamenti con alcune ragazze (troppe, per quanto lo riguardava!), ma questa volta vedeva nel suo amico un interesse e un entusiasmo diversi dal solito. Aveva proprio una bruttissima sensazione che gli bloccava lo stomaco.

“Va bene, Scemokawa, chiederò ad Asuna-san se lei e Misa domenica pomeriggio sono libere” dice controvoglia.

“Domenica. Benissimo. Adesso basta chiacchiere Iwa-chan, tocca a te con gli addominali. E non battere la fiacca, devi farne almeno quanto me. Inizio a contare...!”

*

Che incredibile colpo di fortuna. Proprio la persona che sto cercando di avvicinare, vuole uscire con me. Certo, non c'è alcun dubbio che sarei comunque riuscito a stare insieme a lei, avrebbe ceduto non appena glielo avessi chiesto. Ma il coinvolgimento di Hajime accorcia notevolmente i tempi, senza contare che mi evita un bel po' di imbarazzo e la fatica di dover fare la prima mossa.

Questo è il primo passo per raggiungere il mio obiettivo.

Quello che non sono riuscito ad ottenere con Ken, il Mio Sensei, lo otterrò grazie a Misa.

Il ricordo del coach Ken Fuyumi, l'allenatore che avevo in prima media, il “Mio Sensei”, è indelebile dentro di me.

Io sono il tuo campione, il tuo Sensei, vero Toruu-kun?” mi chiedeva sempre. Io lo guardavo ammirato. Sì, rispondevo, sei il Mio Sensei. Gli piaceva quando lo chiamavo così.

Lo ammiravo perchè lui era stato un grandissimo giocatore di pallavolo e poteva insegnarmi a diventare il più forte di tutti. Me lo aveva promesso.

Mi aveva detto che se gli avessi dato tutto me stesso, se mi fossi lasciato guidare dalle sue mani esperte, avrei potuto diventare più grande. In tutti i sensi.

Io volevo diventare sempre più bravo, e potevo farlo, con lui.

Mi chiedeva di fermarmi dopo gli allenamenti e restavamo soli. Mi faceva sedere sulle sue ginocchia e con quella voce calda mi diceva che ero bravo, che sarei diventato il migliore, che avrei vinto tutti. Mentre parlava mi accarezzava la schiena, e infilava le mani anche sotto la maglietta.

Ricordo le sue mani grandi e ruvide e il fastidio che provavo quando erano un po’ sudate. Ero pronto a sopportare tutto, se fosse servito a farmi migliorare. Del resto, me lo aveva insegnato lui.

Sei bellissimo Toruu” mi sussurrava “e questa è la tua arma più potente, usala! Usala per ottenere dalle persone ciò che vuoi, per piegarle al tuo volere. Usala per carpire i loro segreti. Tu puoi ottenere tutto quello che vuoi, da tutti. Anche da me. Dammi tutto di te e usami per diventare più forte Toruu”.

Lo ascoltavo ubbidiente e guardavo quei suoi occhi accesi che mi scrutavano, mentre me ne stavo seduto composto sulle sue ginocchia e lui mi toccava la schiena.

Se concedi tutto te stesso a qualcuno che è più forte di te, lo avrai in tuo potere, assimilerai la sua forza, e non sarai più inferiore a lui”.

A volte mi guardava mentre facevo la doccia, e commentava le mie proporzioni, la muscolatura, i movimenti. In quel momento avrei potuto chiedergli qualunque cosa.

Ma soprattutto, Toruu” mi ripeteva “quello che non devi mai, mai fare, è lasciare che qualcuno ti renda debole. L’amore rende deboli. Non permettere a nessuno di farti innamorare, non lasciare che qualcuno si metta tra te e il tuo sogno”.

Io registravo nella memoria ogni suo consiglio, ed ero disposto anche a dargli tutto me stesso, come mi chiedeva lui, per consentirgli di farmi diventare più forte. Volevo farlo. E lo avrei fatto.

Se solo non lo avessero trasferito.

Un giorno, di punto in bianco, non era più venuto ad allenarci. A scuola qualche mio compagno diceva che era stato mandato via, perché faceva brutte cose ai bambini.

Io mi arrabbiavo moltissimo, perché non potevo sopportare che si parlasse male del Mio Sensei. O forse ero solo geloso per il fatto che quelle “cose brutte” il mio Sensei le facesse anche con altri bambini, e non solo con me. Non sopportavo l’idea che qualcun altro avrebbe potuto seguire i suoi consigli e diventare più forte di me.

I miei genitori erano stati chiamati dal Preside e quella stessa sera mia mamma aveva pianto e io non capivo proprio perché . Che fosse triste anche lei perché il Mio Sensei era stato mandato via?

Adesso che sono un po’ più grande, credo di aver capito cosa intendessero gli adulti quando definivano “malato” l’interesse che il Mio Sensei aveva per certi giovani giocatori.

E capisco che la cosa potesse sconvolgerli, dal loro punto di vista.

Ma per quanto mi riguarda, il Mio Sensei era sempre gentile, mi faceva un sacco di complimenti e, soprattutto, poteva farmi diventare più forte. Me lo aveva promesso.

Quello che mi restano sono i suoi insegnamenti e le regole ferree che mi ha trasmesso.

Mi ha fatto capire che anche una persona priva di talento naturale come me può diventare imbattibile, se lavora sodo. E se è dispoto ad utilizzare tutte le armi che ha. Nel mio caso, il mio fascino. Il mio corpo, se serve.

Mi ha anche messo in guardia dal pericolo di farmi indebolire dai sentimenti.

E' arrivato il momento di mettere in pratica i tuoi insegnamenti, Sensei Ken.

 

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Capitolo 6
*** I dolori del giovane Toru ***


 

Iwaizumi è seduto su uno dei gradini che portano alla palestra.

Per l’ennesima volta Scemokawa è riuscito a farsi dare le chiavi, manco a dirlo, dalla solita smorfiosa di Misa, ed è riuscito ad infilarcisi durante la pausa pranzo per la sessione quotidiana di servizi in salto.

Basta. E’ ora di finirla”, pensa Iwaizumi mentre si alza, deciso a interrompere quella follia. Sperando, per una volta, di sortire qualche effetto sulla testa bacata di Toru.

Non è solo la preoccupazione. Non è solo la rabbia. Si è reso conto che quella che sente è una sensazione molto vicina alla gelosia.

Ha capito che tutto il tempo che Toru dedica a battere palloni, lui lo vorrebbe per sé, per la loro amicizia. Per non parlare del fatto che adesso ci si è messa anche la capitana della squadra di basket a sottrarre tempo al suo amico!

L’appuntamento a quattro è stato un duro colpo per lui. Non aveva assolutamente previsto la sintonia tra Oikawa e quella ragazza, l’attaccamento reciproco quasi immediato, le mani intrecciate.

Non appena si erano incontrati alla stazione, la domenica mattina, Oikawa e Misa si erano subito messi a parlare in disparte, lasciando Iwaizumi e Asuna, imbarazzatissimi, ad imbastire una conversazione sui più disparati argomenti. “Fa caldo oggi, vero?”, “Speriamo che non piova questo fine settimana”, “Ti piace il ramen piccante?”, “Non trovi che i gattini siano davvero carini?”.

Avevano deciso di andare all’acquario, e per un po’ si erano distratti guardando i pesci multicolori all’interno delle vasche. Ma anche lì, Misa e Oikawa erano stati quasi sempre in disparte, parlando e ridacchiando tra loro. A Iwaizumi non era sfuggito che davanti alla vasca dello squalo Misa si era aggrappata al capitano fingendo una paura inesistente, e che Oikawa aveva approfittato dell’occasione per passarle un braccio intorno alla vita. A fine giornata, Toru si era proposto di accompagnare a casa Misa, e Iwaizumi era rimasto solo, con un enorme nodo alla bocca dello stomaco, mentre guardava l’amico andarsene con la sua nuova ragazza. Maledetto Pescekawa!

Da allora erano passate alcune settimane, e Toru e Misa si erano visti quasi tutti i giorni, la maggior parte delle volte da soli. Iwaizumi, invece, aveva visto l’amico solo a scuola, per le lezioni e per gli allenamenti.

Hajime non si capacita. Se Oikawa si fosse innamorato di Misa, perché non gliene aveva parlato? Perchè era successo tutto così all’improvviso?

Da quando Misa è entrata nella vita di Toru, non lo riconosce più! Lui pensava, era davvero convinto, che l'unico amore di Oikawa fosse la pallavolo. E che subito dopo, nel suo cuore, ci fosse la loro amicizia. Almeno fino a quel momento. Adesso, invece, deve ricredersi. Toru è cambiato. Ogni minuto libero lo passa con Misa, è arrivato a trascurare tutto, anche i suoi allenamenti extra pur di accompagnarla ovunque, a qualunque impegno legato al basket.

Il basket, poi! A Oikawa non è mai piaciuto quello sport, non ne capisce un accidente! Durante il breve periodo in cui Iwaizumi si era allenato con la squadra di pallacanestro, Toru lo prendeva in giro, dicendogli che era uno sport da cavernicoli, non certo degno di una persona elegante e raffinata come era lui. E invece adesso....

Oikawa non ha più tempo per lui, per la loro amicizia. Sente di averlo perso. Gli manca Toru, gli manca il suo amico.

Amico...

Ma chi vuole prendere in giro? Hajime non può più negare i suoi sentimenti. Non può più negare che quello che vuole da Toru non è semplice amicizia, ma è qualcosa di più. Deve riconoscere, prima di tutto a se stesso, che il legame che lo ha unito a Oikawa fin da bambini è cresciuto e si è trasformato in qualcosa di fortissimo.

Iwaizumi non saprebbe dire da quanto tempo ama Toru, forse da sempre e forse il sentimento si è manifestato nel suo cuore in modo talmente naturale da non avere neppure la necessità di una collocazione cronologica.

Ha tenuto tutto dentro, per vergogna, certamente per paura di rovinare tutto. Però, adesso, la nuova situazione che si è creata con Misa, e il terrore di perderlo definitivamente, gli ha aperto gli occhi.

Ama Oikawa Toru. Punto.

Anche se sa di non essere ricambiato.

Oikawa è gentile con tutti, è solare, è splendido, la sua luce è abbagliante e tutti, nessuno escluso, ne sono affascinati.

Non c’è donna che non sia estasiata, non c’è ragazzo che non faccia su di lui qualche pensiero proibito e inconfessabile. Quanto alle ragazze della scuola, poi… ovunque Oikawa vada, è inseguito da un nugolo di ragazze adoranti.

Adesso che ci pensa, la palestra all’ora di pranzo, o dopo la fine degli allenamenti serali è l’unico luogo dove il capitano può stare davvero solo con se stesso. Iwaizumi non può fare a meno di sentirsi un po’ in colpa per quella sua abitudine segreta...

All’inizio era geloso di tutti. Oh, sì, lo era sul serio!

Una gelosia cieca ed implacabile, perché non c’era modo di combattere contro il fatto che Oikawa fosse sempre, immancabilmente oggetto del desiderio altrui.

A volte pensava che non avrebbe mai potuto sopportare quel dolore, quella stretta allo stomaco.

Ma col tempo, si era reso conto che non c’era alcun motivo di essere geloso delle altre persone, uomini o donne che fossero.

A Oikawa non interessava seriamente nessuna ragazza, e certamente nessun ragazzo. Ammirava molto il capitano della Shiratorizawa, Ushijima Wakatoshi, e forse qualche altro raro giocatore che considerava più forte di quanto lo fosse lui. Ma il suo era un interesse sportivo, dettato dalla sua sfrenata ambizione e sete di competizione. Oikawa non avrebbe dato il suo cuore a nessuno, ne era certo. Compreso lui.

Si era quindi accontentato della sua amicizia. E di guardarlo, di nascosto.

Poteva essere geloso solo dell’unico, grande amore di Toru: la pallavolo.

Questo fino all’arrivo di Misa.

Il cuore di Iwaizumi è invaso dalla confusione, che pian piano prende il posto della rabbia, e si trasforma in una chiara consapevolezza: neppure la gelosia per Toru può impedirgli di amarlo e di essere preoccupato per lui. Se continuerà con questi allenamenti forzati, ne andrà della sua salute e lui non può permetterlo.

Entra sicuro in palestra, deciso ad affrontare una volta per tutte quel Scemokawa.

Appena varca la porta d’ingresso, il suo sguardo si posa su una figura accasciata a terra, sul fondo del campo, sembra prima di sensi.

“Toru!” grida Iwaizumi correndo e gettandosi in ginocchio accanto a lui.

Oikawa è a terra, rannicchiato su un fianco, lo sguardo perso nel vuoto, con un dito traccia dei segni invisibili sul parquet della palestra, mentre l’altra mano è messa a cucchiaio sotto la guancia, a dividerla dal pavimento.

“Non hai tolto le scarpe, Iwa-chan. Sai che è consentito entrare in palestra solo con le apposite calzature…”.

“Scemokawa, cosa è successo, cosa ci fai per terra? Stai bene?”

“Rifletto…”

“Brutto idiota, mi hai fatto prendere un colpo, pensavo stessi male, che fossi caduto, svenuto… morto!”

“Esagerato Iwa-cha, non potrei mai morire, non potrei mai lasciarti solo, non te la caveresti senza di me”.

“Beh, ti dispiacerà non essere morto, dopo che avrò finito con te, idiota!”

“In tutti gli anni che ci siamo frequentati, non hai ancora imparato ad usare altri insulti, Iwa-chan?” Il suo tono è basso e pacato, quasi un sussurro, gli occhi ancora fissi davanti a sé. Le iridi nocciola sono spente, non brillano della solita luce, e il luccichìo che si intravede è quello delle lacrime che inumidiscono le lunghe ciglia.

Iwaizumi si lascia invadere dalla preoccupazione.

“Che cosa è successo, Toru?”

“Ho sbagliato otto servizi, Iwa-chan. Non valgo niente”

“Otto. Su quanti?”

“Novantatre”

“Novanta… ma sei idiota? E scemo? Ti ammalerai se continui così, devi smetterla!” Iwaizumi sta quasi urlando.

“Ushijima non li avrebbe sbagliati. Sono inferiore a Ushijima di otto servizi!”.

“Basta, smettila con questi discorsi! Tu sei bravo, sei il migliore! Lo sei per me. Piuttosto, come va il ginocchio?”

“Benissimo. Fino al novantatreesimo servizio, quando ha deciso di cedere. Ed eccomi qui.” Istintivamente, Oikawa porta la mano libera sopra la fasciatura bianca che avvolge il ginocchio destro. Iwaizumi deve fare uno sforzo sovrumano per resistere alla tentazione di appoggiare la sua mano sopra quella dell’altro e stringerla forte.

Per fortuna Oikawa sposta la mano dal ginocchio e ricomincia con l’indice a disegnare figure astratte sul pavimento. Lo sguardo è sempre più triste.

Ad un tratto sembra riprendersi un po’. “Voglio Misa… ho bisogno di lei… devo vedere Misa” piagnucola.

Iwaizumi sente un pugno sulla bocca dello stomaco. La saliva si azzera e un groppo si sta formando in gola. Per amore del suo amico si fa forza.

“Vieni”, gli dice dolcemente “appoggiati a me. Alzati, ti accompagno a cambiarti”. “E questa volta non mi fermo a guardarti” pensa tra sé. Sul serio, questa volta lo lascerà tranquillo nella sua intimità.

E aggiunge, quasi automaticamente “andrà tutto bene, vedrai”.

 

 

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Capitolo 7
*** Lo zar e il ballerino ***


 

Frequentare Misa è stata la cosa più bella che mi potesse capitare. Ed essere il suo ragazzo è stato ancora meglio.

Devo ringraziare Iwa-chan per questo e la sua amica, com’è che si chiama?

Insomma, non solo lei ha quasi ogni giorno la disponibilità delle chiavi della palestra, ma si allena spessissimo con la squadra dalla Shiratorizawa. In qualità di suo ragazzo, posso assistere a tutte le partite amichevoli e a volte anche agli allenamenti che fanno in comune.

E posso aspettarla fino a tardi fuori dalla palestra della squadra ospitante, senza destare sospetti.

Una vera fortuna.

Certo, in queste settimane ho dovuto darle qualche bacio, e fingere che mi piacesse il suo profumo o il suo smalto per le unghie. Ho cercato di stare al gioco e di non farle capire che in realtà a me le ragazze non interessano. Beh, lo smalto sì, quello spesso mi piaceva davvero.

Per fortuna non siamo andati molto oltre, lei è una ragazza seria e ci frequentiamo da troppo poco tempo.

Ma è stato sufficiente a consentirmi di vedere da vicino, più di una volta, Wakatoshi-chan che si allena.

Altro che ragazze, quello sì che è un corpo perfetto! Che muscoli, che elevazione! Che potenza quelle schiacciate! Roba da avere un orgasmo lì, attaccato alle sbarre della finestra della palestra.

Oggi è in programma una partita amichevole tra le squadre femminili di basket Shiratorizawa e Ahoba Josai. E io, da bravo fidanzato, sono qui ad assistere, seduto sulle gradinate dell’immensa palestra, nei posti più in alto, “per non distrarti mentre giochi, amore mio”.

Lo so, sono un mostro. Ma troverò il modo di farmi perdonare. Anche con Iwa-chan, che deve essere molto confuso da questa situazione. Ieri ho avuto un piccolo incidente in palestra, niente di grave, però mi sentivo molto abbattuto. Lui mi ha aiutato. Come sempre, del resto. Gli spiegherò tutto, e so che lui capirà. Non oggi, però. Oggi ho altri programmi.

Grazie a Misa sono venuto a sapere gli orari precisi degli allenamenti della squadra maschile di pallavolo. E so che, esattamente come me, anche Waka-chan si trattiene fino a tardi, a volte da solo, a volte con il rosso fuori di testa, Tendo Satori, mi sembra che si chiami.

La partita di basket femminile inizia. Una noia mortale. Quanto è più piacevole ed elegante la pallavolo! Misa è in campo e per fortuna è abbastanza concentrata nel gioco. Non riesco a capire se è brava o no. Non so niente di questo sport, tranne che si deve infilare la palla dentro quella piccola retina, e francamente non mi importa niente di saperlo. Mi interessa solo che la partita duri abbastanza per consentirmi di assentarmi senza che qualcuno se ne accorga.

Guardo l’orologio. E’ il momento. Esco. Le palestre sono tutte nello stesso settore, quindi non ci metto molto a raggiungere quella dedicata alla pallavolo. Ovviamente conosco il percorso a memoria, potrei andarci anche ad occhi chiusi. Rimango ad osservare il portone a qualche metro di distanza, appoggiato ad un albero dell’ampio viale. I ragazzi stanno uscendo alla spicciolata e sembrano molto stanchi. La Shiratorizawa è famosa per gli allenamenti duri. E' per questo che la trovo una scuola fantastica! Nessuno mi nota.

Per ultimo esce il vecchio allenatore, un po' curvo nella sua tuta bianca, insieme allo spilungone rosso.

Le luci all’interno sono rimaste accese e nessuno chiude il portone a chiave.

Ushijima non si vede. Evidentemente è rimasto dentro. Da solo.

Appena gli altri si sono allontanati quel tanto da non essere visto, mi infilo dentro alla palestra. Che buon profumo di allenamento!

Non c’è nessuno, ma sento dei rumori nel corridoio che porta agli spogliatoi e alle docce.

Voglio incontrare faccia a faccia Ushijima, voglio conquistarlo, assimilare da lui tutta la sua potenza e la sua bravura. Gli concederò tutto me stesso, lo farò innamorare di me e lo avrò in mio potere, voglio carpire ogni suo segreto. E non sentirmi più inferiore a lui.

Mi affaccio allo spogliatoio e vedo il corpo nudo di Ushijima che entra nelle docce.

Dopo un attimo di smarrimento, istintivamente mi spoglio del tutto, lasciando la tuta sulla panca più vicina, e mi infilo dietro di lui nella doccia. Mi dà le spalle. La sua schiena muscolosa è immensa, i bicipiti gonfi, anche adesso che è a riposo. Mi supera in altezza di qualche centimetro, ma rispetto a me sembra un gigante. Anche il mio fisico è tonico ed allenato, ma in confronto a lui sembra piuttosto quello di una ballerina.

E’ talmente possente che lo spazio a disposizione è pochissimo. Meglio, dovremo stringerci di più.

“Ciao Waka-chan” dico semplicemente.

Lui sussulta impercettibilmente e si gira verso di me.

Mi scruta dall’alto dei suoi pettorali perfetti e per un attimo sento la mia sicurezza vacillare.

“Oikawa-san. Hai sbagliato doccia, questa è occupata” sottolinea l’ovvio. “Anzi, hai sbagliato scuola. Questa è la Shiratorizawa” continua seriamente. Dopo qualche istante spalanca gli occhi “Ti sei finalmente trasferito alla Shiratorizawa, Oikawa-san?”.

E’ serio. Non sta scherzando. E' indubbiamente un gran figo, ma quanto ad arguzia….

“No, Waka-chan, sono qui per te. Devo parlarti” uso il tono più sensuale del mio repertorio.

“Dev’essere una cosa molto urgente se ti ha fatto venire fin qui. Nudo. E se non puoi aspettare che finisca la doccia”.

“Sai, volevo qualche consiglio da te…” azzardo, e allungo il braccio sinistro fino ad appoggiare la mano sulla sua spalla. E’ di marmo.

“Ti potrei mostrare qualche esercizio di potenziamento, perché sei un po’ gracilino, ma non c’è abbastanza spazio qui”. Ma è scemo? No, non ci siamo!

Mentre raccolgo i pensieri per elaborare una strategia, ne approfitto per guardarlo bene, visto che ho la possibilità di averlo così vicino: collo proporzionato, spalle larghe, bicipiti scolpiti, pettorali sodi, addominali definiti... non un pelo in quel corpo statuario.

Mamma mia, sento il mio corpo reagire davanti a tanta perfezione... ma no! Non sono qui per far eccitare me, sono qui per far eccitare lui!

Invece, dalle parti del suo basso ventre… nessuna reazione.

Ma scherziamo? Sono qui, davanti a te, nudo e... proprio niente?

Forse è un po’ tonto, devo essere più esplicito.

“Senti, già che siamo qui, ti va di giocare un po’?”.

“Certo che mi va! Non dico mai di no, io. Allora la doccia la faccio dopo, quando abbiamo finito. Ho io le chiavi della palestra, possiamo stare quanto vogliamo. Mi vesto. ”

In che senso?

“No, non serve che ti vesti…” cerco di mantenere il mio sguardo malizioso, nonostante lo stupore.

“Non possiamo mica giocare a pallavolo nudi?”

Non ha capito.

“Forse non hai capito. Intendevo io e te… qui… nudi…” ammicco con lo sguardo e passo il dito indice sui suoi pettorali. Lo tolgo subito, prima di esibire una imbarazzante erezione.

Il volto di Ushijima diventa talmente rosso che temo possa prendere fuoco da un momento all’altro. Credo che finalmente abbia capito.

“Scusami Oikawa” balbetta imbarazzato “ma… no”.

Come sarebbe “no”? Ma mi hai visto bene?

“Non sono quel tipo di persona”.

“Ma come? Non mi dirai che non ti piacciono i ragazzi? Ti ho visto come guardi quel tuo middle blocker rosso, te lo mangi con gli occhi!” E, credimi, ti assicuro che ho avuto modo di osservarti molto, molto attentamente, innumerevoli volte, vorrei aggiungere. Ma mi trattengo.

Ushijima arrossisce ancora di più. Sono certo che adesso la sua faccia si incendierà.

Incredibilmente, le sue labbra si increspano in un sorriso inaspettato.

“No, non quello. Intendo che non approfitterei mai di te e della venerazione che hai per me”.

Nessun giro di parole, ace spiazzante.

Cerco di recuperare mostrandomi sincero. “Non sei tu che stai approfittando di me. Sono venuto io qui, e sono qui per te. Sono consenziente. Sono il consenso fatto persona . Voglio darti tutto me stesso, e assimilare tutto da te. Così io diventerò più forte”.

Mi guarda negli occhi. “Oikawa-san, prima di tutto… copriti” mi porge l’asciugamano che aveva appeso al gancio fuori dalla doccia, e velocemente ne recupera uno in una panca vicino, che si lega elegantemente ai fianchi.

“Non funziona così” continua serio. “Concedere il tuo corpo non ti farà giocare meglio”.

“Certo invece! Non te lo ha insegnato il tuo allenatore?” mi sfugge.

“Cosa? E' stato il tuo allenatore a dirti una cosa del genere? Se è così, forse era solo una persona sola o, peggio, cattiva. Che aveva bisogno di usare meschini stratagemmi per ottenere dagli allievi le prestazioni sportive che non era in grado di raggiungere con il suo insegnamento. O, peggio, che voleva qualcosa di te che non poteva avere”.

Non mi viene in mente niente di più intelligente da dire, mentre la realtà crolla su di me come una doccia gelata. Quindi sto zitto.

“So che vuoi migliorarti. Ma non devi esagerare con l'allenamento. Il tuo ginocchio sta tremando”.

Tutti e due abbassiamo gli occhi sulle mie gambe nude, ed in effetti il ginocchio destro ha degli impercettibili spasmi. E' sorprendente che se ne sia accorto.

“Non curarti del mio fisico. Curati del tuo. E custodiscilo, è importante”.

Questa proprio non me l'aspettavo. Un ammasso di muscoli dosati sapientemente, a corazza di un animo così ingenuo e sapiente allo stesso tempo.

Stringo impotente i lembi del piccolo asciugamano che ho legato in vita.

“Oikawa-san, se vuoi trovare uno stimolo per migliorarti, hai pensato di guardati intorno? Per esempio, qual'è la persona che vedi più volentieri a scuola?”

“Beh, Iwa-chan, è il mio migliore amico” dico con sicurezza, mentre nella mia testa si materializzano immagini di me e Hajime che ci rincorriamo nei corridoi, che sonnecchiamo sotto un albero in cortile, che cerchiamo di copiarci i compiti a vicenda.

“E la persona che ti fa subito stare meglio, quando sei un po' giù o sei arrabbiato o stai male?”

Penso a quando, da bambini, Iwaizumi mi portava sulle spalle ogni volta che cadevo e mi sbucciavo le ginocchia, o si metteva davanti a me per difendermi da qualche bambino aggressivo, o mi teneva forte per le braccia se volevo picchiare qualcuno. “In effetti, Hajime”.

“Qual'è la persona con cui ti diverti di più?”

Questa è facile. “Iwa-chan!” Non posso neanche contare le risate fino alle lacrime, i giochi, le canzoni a squarciagola nella notte, le risa soffocate tra le lenzuola per non svegliare i compagni nelle camerate durante i ritiri, tutti i momenti gioiosi condivisi con lui.

“Chi ti fa sentire pieno di orgoglio quando ti accorgi che è fiero di te?”

Iwa-chan che mi guarda mentre mi alleno nei servizi. Che segue ogni mia alzata. Che prima di ogni partita appoggia la sua mano sopra la mia. “....sempre Iwaizumi”.

“Chi cerchi con lo sguardo ogni volta che entri in palestra o a scuola? E non sei tranquillo finchè non lo vedi? Qual'è la persona che vorresti vedere sempre felice, anche a costo di sacrificarti?”.

Abbasso lo sguardo e non dico niente. Ma penso “Iwa-chan, Iwa-chan, Iwa-chan!

“Qual'è la persona di cui non potresti mai fare a meno nella tua vita?”.

“E' ovvio. E' Hajime Iwaizumi”.

E' evidente che non si tratta di domande casuali. Anche lui, come me, ha mentalmente ripercorso momenti ed esperienze condivisi con la persona per lui più importante.

“Dovresti dirgli quello che provi” continua, forse parlando anche un po' a se stesso. “Sono certo che ne sarà molto felice, visto come ti guarda. E soprattutto, non perdere tempo con me. O con qualcuno che gioca a basket. Il basket, poi...” conclude alzando gli occhi al soffitto.

“Ehi, ma tu cosa ne sai di me e Misa? E di come mi guarda Iwa-chan?”

“Credi di essere l'unico che si interessa degli avversari che ritiene temibili? Ti ho osservato molto, sia in campo, sia quando ti aggiri per il cortile della mia scuola. Io ti ammiro molto Oikawa-san. E mi piacerebbe avere la tua forza. Se io mi allenassi come te sarei il numero uno del Giappone. Del mondo, forse. Ma non lo faccio, non ne ho la forza. Mi manca la determinazione che hai tu. Usala anche per le cose più importanti”.

Adesso sono io che sono arrossito.

“Se non ami la tua ragazza, devi essere onesto e dirglielo. E devi dedicarti alla persona che ami veramente”.

“Ma io non posso avere distrazioni...”.

“Avere accanto la persona che ami davvero può darti solo maggiore forza, non costituirà mai una distrazione”.

Waka-chan, non sei solo un grandissimo giocatore, sei anche un grandissimo saggio. E hai ragione. Gioco meglio se c'è Hajime con me. Rido più forte. Penso più intensamente. E' tutto più a fuoco e più colorato quando c'è Iwa-chan.

All'improvviso tutto è chiaro nella mia testa. E mi sento completamente vuoto, senza il mio Iwa-chan vicino.

Con tutta la dolcezza di cui può essere capace una statua di marmo, Ushijima mi appoggia una mano sulla spalla.

“Oikawa-san...?”

“Sì?”

“Ho un po' freddo. Posso fare la doccia, adesso?”

All'improvviso realizzo che siamo ancora dentro la doccia, nudi, coperti solo da un minuscolo asciugamano in vita. E che uno dei migliori assi liceali della nazione, il mio eterno rivale, mi sta dando lezioni d'amore e di problemi esistenziali.

Scoppiamo a ridere a crepapelle.

“Non pensare che questi discorsi sdolcinati mi rendano meno spietato con te, grande zar”.

“Ci conto, Oikawa-san, e sappi che ti distruggerò”.

“Non succederà mai! E quest'anno ai nazionali andremo noi, non dubitare!”

Lascio la palestra dopo essermi rivestito. Dentro, insieme al peso che mi opprimeva, è rimasto il mio eterno rivale, e mio nuovo amico, che sta facendo la doccia.

La partita sarà finita. Devo andare a prendere Misa. Ho bisogno di parlarle, e spero che mi perdonerà.

E domani, Iwa-chan, sarai tutto mio.

 

 

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Capitolo 8
*** Ragione e pentimento ***


 

Il telefono vibra nella tasca di Iwaizumi.

E' un messaggio di Asuna. “Oggi a pranzo possiamo vederci fuori dalla mensa? Ho bisogno di parlarti. Da soli”.

Non ha alcuna certezza, ma ha un sospetto, e molta, moltissima paura, per quello che potrà dirgli Asuna.

Lui in tutte le occasioni in cui sono usciti in quattro, insieme a Oikawa e Misa, si è sempre comportato con educato distacco, non ha fatto nulla che potesse essere frainteso. O no?

E se fosse una dichiarazione d'amore? Davvero, non saprebbe come reagire e cosa dire. Un po' se ne vergogna, ma lui non ha mai avuto una ragazza. Non c'è mai stato spazio per una ragazza nella sua vita. Un Oikawa da sopportare era più che sufficiente! Scaccia subito quel pensiero. Deve abituarsi all'idea che Toru sia felicemente fidanzato con Misa, e che per lui non ci sia più posto.

Ci pensa un po' e velocemente digita“Ok. A dopo”. Preme invio. Non serve scrivere altro.

Al suono della campanella esce di corsa dall'aula. Non si preoccupa di avvisare Oikawa. E' sicuro che lui si stia dirigendo dritto in palestra o, peggio, a cercare Misa.

Davanti all'ingresso della mensa ci sono pochi studenti, la ressa arriverà tra poco. Si appoggia con la schiena a una delle finestre che si affacciano sul cortile e attende.

Dopo pochi minuti Asuna lo raggiunge. Quando gli arriva di fronte, fa un piccolo inchino.

“Buongiorno Iwaizumi-san. Grazie per essere venuto”.

“Buongiorno Asuna-san. Hai scritto che volevi parlarmi”. Vuole arrivare subito al punto, evitando il più possibile i convenevoli.

“Ti devo chiedere scusa, Hajime-san”. Iwaizumi è confuso, e non gli sfugge che l'amica sia passata a chiamarlo per nome.

“No, non credo...”. Non gli viene altro.

“Ti devo chiedere perdono per aver approfittato della tua amicizia. Ti ho chiesto di organizzare un incontro per fare in modo che la mia amica potesse frequentare Oikawa-san, e tu hai fatto il possibile per loro. E io di questo ti ringrazio” la ragazza fa un altro piccolo inchino.

Questa è bella! Riceve anche dei ringraziamenti per essersi rovinato la vita!

“Tu non hai niente da farti perdonare. Anzi, aver voluto aiutare la tua amica ti fa molto onore, Asuna-san. Lei deve essertene molto grata”. Pronunciare quelle parole, pensare a quella ragazza, gli fa più male di quanto avrebbe potuto immaginare.

“Potrebbe essermi grata se gli avessi evitato quel dolore”.

“Perchè dovrebbe essere doloroso stare con Oikawa?”, risponde e la frase gli esce con un'enfasi che non è stato in grado di controllare.

“Stare con lui no. Ma deve essere certamente molto doloroso essere lasciati da lui”.

Iwaizumi teme di non aver capito bene. “Cosa intendi dire, scusa?”

“Che Misa sta soffrendo molto. A causa di Oikawa. A causa della rottura”.

Asuna legge lo stupore negli occhi ai Iwaizumi. “Non te l'ha detto? Ieri Oikawa ha lasciato Misa. Le ha detto di essere legato ad un'altra persona. Credo che sia un pretesto, perchè sono sicuro che se ci fosse un'altra ragazza nella vita di Oikawa tu lo sapresti, e non avresti organizzato l'incontro. Credevo che tu ne fossi già al corrente, scusami” conclude arrossendo e abbassando lo sguardo.

Iwaizumi non riesce a dire una parola e continua a guardare l'amica.

“Per questo mi dispiace che tu sia stato coinvolto, visto che non è andata bene”.

“Non ti devi scusare, Asuna-san. Non è colpa tua se quello Scemokawa è un idiota. Mi dispiace molto per Misa”. No, non è vero, non gli dispiace per niente.

“Non ti preoccupare, questa vicenda non inciderà sulla nostra amicizia”.

“Ecco, appunto...” Asuna tiene gli occhi bassi e le sue guance si imporporano ancora di più. Per un po' non dice niente, è evidente che non riesce a far uscire la voce.

Iwaizumi non sa cosa fare, è letteralmente paralizzato. Lui le ragazze non le capisce, non sa cosa sia meglio dire o fare.

Asuna tiene la testa bassa, ma Iwaizumi ad un certo punto intravede delle lacrime sul suo volto. La scena gli fa venire in mente tutte le volte che Oikawa ha pianto davanti a lui, e si trova a pensare a quello che farebbe se lì davanti, invece di Asuna, ci fosse Oikawa. Istintivamente le appoggia le mani sulle spalle e cerca di consolarla “Cosa c'è Asuna? Stai tranquilla, non c'è nessun problema...”

Quel tocco e quelle parole sortiscono in Asuna l'effetto opposto a quello desiderato. Improvvisamente lei scoppia in un pianto incontrollabile, e gli si butta tra le braccia.

“Sì invece” cerca di dire tra i singhiozzi, “il problema c'è. Io non voglio smettere di uscire con te. Io provo qualcosa per te, Hajime, e non avevo il coraggio di dirtelo”.

Eccolo. Il momento che aveva tanto temuto è arrivato. “E adesso che faccio?” pensa terrorizzato Iwaizumi “Se tra le mie braccia ci fosse Oikawa, che cosa farei?”. La avvolge in un abbraccio consolatorio cercando di raccogliere le idee e le parole da dire per non ferirla.

Incoraggiata da quel gesto, Asuna alza la testa e appoggia le sue labbra su quelle di Iwaizumi.

Lui spalanca gli occhi per la sorpresa. E vede che, fermo in mezzo al corridoio, Oikawa lo sta fissando, paralizzato dallo sgomento.

La sua borsa cade a terra con un tonfo, e Oikawa riprende il controllo di sé, mentre Iwaizumi allontana con decisione la ragazza, prendendola per le braccia.

Oikawa raccoglie la borsa, si volta e corre via.

“Scusa Asuna, io devo andare”

“Ma, aspetta...” la ragazza tenta di fermarlo, ma Iwaizumi si sta già dirigendo lungo il corridoio nella direzione presa da Oikawa. In quel momento, dalla direzione opposta, arriva l'assembramento degli studenti che si stanno riversando in mensa e gli bloccano il passaggio. Si ritrova intrappolato tra la folla e deve faticare per avanzare controcorrente per raggiungere Oikawa, che ormai è sparito in qualche corridoio.

Deve trovarlo, deve spiegargli. Ha certamente frainteso il suo atteggiamento con Asuna, e non vuole che pensi che lui abbia un interesse per lei.

Si rendo conto di aver sbagliato tutto. Ha sbagliato a spingere Oikawa nelle braccia di una ragazza, ha sbagliato a dare spazio, anche il minimo spiraglio, ad Asuna. Soprattutto, ha sbagliato a non confessare a Totu i suoi veri sentimenti.

Cerca di chiamarlo al telefono, ma parte la segreteria.

Gli scrive un messaggio: “Dove sei? Devo parlarti

Le spunte indicano che il messaggio non è stato ricevuto. Oikawa evidentemente ha chiuso il telefono.

Iwaizumi si reca in classe, ma lui non c'è. Non c'è più neppure il suo zaino.

Scende in cortile. Di lui nessuna traccia. Nessuno l'ha visto.

Iwaizumi pensa ai posti che di solito frequentano insieme, i posti che sono solo di loro due. Con sicurezza si avvia verso l'albero sotto il quale si fermano spesso a parlare o a sonnecchiare. Niente.

Il tetto della scuola. Ci sono solo un paio di coppiette di studenti, alla ricerca di un posto isolato dove baciarsi di nascosto dai professori.

Il parcheggio delle biciclette. Niente.

Ma certo, che stupido! Come ha fatto a non pensarci prima? Corre in palestra. E' vuota. Corre veloce nello spogliatoio. Non c'è nessuno.

Disperato Iwaizumi gioca l'ultima carta. Entra nelle docce. Sono vuote. Ha guardato dappertutto, Oikawa non è a scuola.

Preso dallo sconforto, entra nella doccia usata di solito da Toru, quello dove tante volte l'ha ammirato.

All'improvviso gli viene un'intuizione. Alza gli occhi verso il grande specchio sopra i lavandini.

Nel buio dell'angolo più nascosto dello spogliatoio, esattamente dove lui si mette per spiarlo, incrocia gli occhi di Oikawa. E' rannicchiato sul pavimento, le gambe raccolte avvolte tra le braccia, il viso appoggiato alle ginocchia. Gli occhi fissi su di lui, attraverso lo specchio.

Iwaizumi si rende improvvisamente conto che Oikawa sa, ha sempre saputo della sua presenza, ha sempre tollerato i suoi occhi curiosi sul suo corpo.

Appoggia le mani sul freddo bordo del lavandino e abbassa il capo, mentre sente gli occhi bruciare.

 

 

 

 

ANGOLO AUTRICE

Grazie di cuore a tutti coloro che sono arrivati a leggere fin qui.

Spero davvero che la storia vi piaccia e che vorrete arrivare fino alla fine, ormai ci siamo quasi!

Ho cercato di far vedere il lato più oscuro e problematico di Oikawa, che spesso vediamo descritto come un ragazzo molto sicuro di sé e magari un po' frivolo.

E' la prima volta che mi approccio alla IwaOi, e spero di aver colto l'essenza del loro rapporto e dei sentimenti che provano l'uno per l'altro.

Come avrete capito, le ragazze Asuna Takahata e Misa Miyazaki sono frutto della mia fantasia, così come l'allenatore del giovane Oikawa, Ken Fuyumi. Mi sono sembrate delle figure necessarie per aiutare i personaggi a chiarire i propri sentimenti e a confrontarsi con sé stessi.

Ushijima è semplicemente... Ushijima!

Mi piacerebbe molto conoscere la vostra opinione.

Buon proseguimento <3

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Capitolo 9
*** Dell'amore e di altri fenomeni ***


 

Hajime si è accorto della mia presenza, guardando attraverso lo specchio.

Posso fissare i miei occhi nei suoi, pur mantenendo questa distanza tra noi.

Vederlo con quella ragazza, mentre si baciavano, mi ha dilaniato. Sono distrutto, incapace di pensare a qualcosa di costruttivo. Sono solo in grado di percepire il mio dolore. E di capire quanto devo averne provocato in lui, a causa del mio stupido giochino con Misa.

So quanto bene mi vuole Iwaizumi, e da tempo ho percepito che il suo affetto è molto più profondo di quello che ci può aspettare da un amico.

Ma io sono un mostro, un demonio, un egoista che non si è fatto scrupoli ad usare le persone solo per il proprio tornaconto. E senza ottenere nulla, poi.

Capisco che Iwa-chan abbia preferito il rassicurante affetto di una ragazza, che saprà metterlo al primo posto e volergli bene come merita.

Spero che tu sia felice, Hajime, ti prometto che riuscirò ad esserlo anch’io per te, anche se vederti tra le braccia di qualcuno che non sono io mi ha spezzato il cuore.

Ma non devo più pensare solo a me stesso. Devo davvero essere contento per lui, e soprattutto allontanarlo dalla mia ingombrante presenza, renderlo libero da me.

Lo vedo che si accascia sul lavandino, distrutto. E’ a causa mia, lo so. Continuo a fargli solo del male. Qualunque cosa io faccia, provoca dolore nelle persone che mi circondano, soprattutto in quelle che amo. Sono una persona orribile.

Stammi lontano Iwa-chan, e sii felice.

Improvvisamente sento la sua voce.

“Sono un ragazzo molto fortunato…”

Sta parlando allo specchio, come rivolto a se stesso.

“Sì, mi sono reso conto di essere una persona davvero fortunata. Non a tutti capita di avere accanto la persona giusta, che ti capisce e ti completa. E che ti fa sentire come se non avessi bisogno di nient'altro. Io ce l'ho!”.

Ottimo! Ci mancava la dichiarazione d’amore indiretta alla sua nuova fidanzata! Mi sta facendo capire, senza troppi giri di parole, che già considera quella ragazza la “persona giusta” per lui. Non posso stare più male di così. Io voglio morire. Quanto male ti ho fatto, Iwa-chan?

Hajime continua. La voce alta, ma il tono pacato, quasi confidenziale. “Una persona da proteggere e custodire, che conta su di me, ma che in realtà è la mia roccia, la ragione di tutto.”

Sei cattivo, Iwa-chan. Ma tu meriti di avere al tuo fianco questa persona, qualcuno che ammiri così tanto. Ed io merito di soffrire così.

“Una persona che in modo del tutto naturale è diventata la cosa più importante della mia vita, senza la quale niente avrebbe senso.”

Basta, ti prego…

“Una presenza che accompagna da sempre la mia vita, che ha tenuto la mia mano nei momenti di sconforto, e mi ha spronato quando pensavo di non farcela”.

Il colpo di grazia! Volevo essere io questa persona per te, e non una ragazza che conosci appena….

“Per non parlare del suo fisico. La sua pelle, i suoi capelli, la sua schiena, il suo culo… Ohhh, davvero un culo da urlo, irresistibile!”

Vogliamo parlare anche del suo culo, adesso?

“Certo, è una persona testarda, capricciosa, competitiva fino a farsi male...”

Beh, in fin dei conti un po’ mi somiglia questa tipa, mi sta quasi simpatica… Ma come diavolo si chiama?

“...e il più delle volte idiota!”.

Questo no, non posso sopportarlo! L’unico idiota nella vita di Iwaizumi voglio essere io!

Ma non ho cambiato idea. Iwa-chan deve salvarsi e può farlo solo stando lontano da me.

Dal mio angolo buio lo affronto.

“Sono contento per te, Hajime”.

Iwaizumi si volta sorpreso. Sapeva della mia presenza nascosta, ma forse non si aspettava che parlassi.

“Io invece non lo sono. Non se tu continui ad evitarmi, Oikawa”.

“Finora ti ho creato solo problemi. Il tuo futuro è con quella ragazza” quella comesichiama? “Devi pensare alla tua felicità, io non ti ostacolerò più, te lo prometto”.

In un lampo Iwaizumi si fionda su di me, si inginocchia e mi inchioda al muro, puntando entrambe le mani sulla parete alle mie spalle, ai lati della mia faccia.

Il suo volto è vicinissimo al mio.

“Sei il solito idiota Oikawa!” grida, praticamente sulla mia faccia. “Io non voglio stare con nessuna ragazza! Ho capito che voglio stare solo con te, Toru, che senza di te niente ha senso!”

No, non posso permetterlo. Sento il dovere di restituirgli la libertà. Glielo devo.

“Mi dispiace per te, Iwaizumi. Non so cosa tu abbia fantasticato, ma il tuo posto non è accanto a me. Rassegnati”.

“Ah sì. Dovrei rassegnarmi? Allora Toru, guardami negli occhi e dimmi, dimmi in faccia che non provi anche tu quello che provo io. Se riuscirai a dirmi che per me non provi niente, allora me ne andrò e ti lascerò in pace. Per sempre”.

Sta praticamente gridando sul mio viso, gli occhi fissi nei miei, le bocche vicinissime.

Mi lascerà stare. Per sempre. Come sarebbe, per sempre? Un “per sempre” senza Iwaizumi? Senza le sue braccia, le sue risate, i suoi insulti? Come può essere?

Annaspo, apro la bocca senza emettere alcun suono.

Le labbra di Iwaizumi si incollano alle mie, in un bacio rabbioso e impetuoso che mi lascia senza fiato. Chiudo gli occhi, mi lascio andare.

Come è dolce il suo sapore. Da quanto tempo aspettavamo questo momento.

Sposta una mano dietro la mia nuca per far aderire ancora di più le nostre labbra, mentre le lingue si inseguono nel tentativo di assaporare ogni aroma di noi.

Oh, sì, Iwa-chan.... Oh, no! No, non posso.

Cerco di staccarlo da me, ma la sua irruenza ha il sopravvento.

Raccolgo tutte le mie forze e lo allontano, quel tanto che basta per riprendere fiato e parlare.

“Iwaizumi, io non potrò mai renderti felice come meriti. Ti prego, Iwa-chan, voglio che pensi alla tua vita. Ti voglio felice”.

Hajime mi guarda fisso, potrebbe prendermi a pugni o andarsene da un momento all'altro. Ancora una volta, gli ho fatto del male.

Invece scoppia a ridere.

“Sei proprio un idiota, Scemokawa! Anch'io voglio essere felice. Per questo sono qui. Per questo ti sto baciando. E se davvero vuoi la mia felicità, allora ti consiglio di non interrompermi più, perchè se tu lo facessi io sarei molto, molto triste”.

Mi bacia ancora, questa volta con una dolcezza che non credevo possibile, che non ho mai sperimentato. Avvolgo le braccia intorno al suo collo e lo stringo forte.

Mi sento avvolgere la schiena dalle sue forti braccia, e mi abbandono definitivamente. Mi è venuto duro e ho l’istinto di saltargli addosso. Voglio di più!

Questo insieme di fenomeni mi sta facendo abbandonare i miei propositi, ma non posso! Devo andarmene da qui. Devo fuggire al più presto. Devo farlo per il suo bene.

Ancora una volta lo spingo lontano da me, lui perde l’equilibrio e cade a terra con il sedere, appoggiandosi all’indietro con le mani.

Io riesco ad alzarmi e mi avvio verso l’uscita dello spogliatoio.

“Lasciami in pace, io devo pensare solo alla pallavolo. Da adesso in poi ci vedremo solo agli allenamenti” dico senza voltarmi, sforzandomi più che posso per mantenere la voce ferma ed evitare di piangere.

Sto per varcare la porta, quando sento la mano di Iwaizumi afferrare il mio polso e stringere forte.

“Ti prego, Toru, non te ne andare”.

 

 

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Capitolo 10
*** Il buio oltre la palestra ***


 

Da tre settimane Hajime non riesce a parlare con Oikawa.

Ogni giorno esce da scuola cercandolo con lo sguardo, ma lui ha preso l’abitudine di correre via alla fine delle lezioni, per andare a rifugiarsi chissà dove, rendendosi irreperibile.

Ormai non ci spera neanche più di trovarlo da qualche parte e di potersi confrontare con lui.

E’ solo per abitudine che, prima di andare a casa, ogni giorno ripercorre tutti i posti che frequentavano insieme. Quelli che loro definivano “nostri”. Con la moto è addirittura andato fino al mare, nella vana speranza di trovarlo sul pontile dove andavano a chiarisi quando litigavano.

Per fortuna riesce a vederlo agli allenamenti. In palestra Oikawa è sempre il solito fenomeno. Le sue alzate sono perfette, e l’impegno che ci mette coinvolge tutta la squadra. Ma è evidente che Toru fa di tutto per non rimanere da solo con lui, e quando gli rivolge la parola lo fa solo per commenti tecnici, valutazioni sportive, nient’altro.

Degli sguardi di intesa, della comunicazione silenziosa e profonda che c’era tra loro due non è rimasto più nulla. Solo qualche “bene così”, “un po’ più alto”, “avanti il prossimo”.

In classe, durante le lezioni, è ancora peggio.

Oikawa non parla con nessuno, ad ogni intervallo si rifugia chissà dove, e dopo il suono dell’ultima campanella, semplicemente sparisce.

Ovviamente, ha provato a chiamarlo, mandargli messaggi, contattarlo sui social, ma Oikawa ha bloccato il suo numero ovunque.

Incredibilmente, ha addirittura interrotto gli allenamenti supplementari. Non cerca più il sistema di intrufolarsi in palestra durante la pausa pranzo, e non si ferma più oltre orario, quando tutti gli altri se ne sono andati.

All’inizio Iwaizumi dopo gli allenamenti era ritornato in palestra, giorno dopo giorno, nella speranza di sentire il suono delle sue schiacciate rimbombare nella grande sala deserta, o di vedere il suo corpo perfetto riflesso nello specchio dello spogliatoio, ma niente.

Oikawa non si era più visto.

Era andato anche a casa sua.

Neppure i suoi avevano idea di dove si trattenesse tutti i pomeriggi. Rientrava sempre tardissimo e durante il giorno non si faceva vedere né sentire. Sua mamma non sembrava affatto preoccupata. “Conoscendo mio figlio, sono sicura che avrà trovato una palestra prestigiosa, che lui ritiene degna del suo talento, dove potersi allenare. Se avesse bisogno di qualcosa, certamente chiamerebbe...”.

Per qualche giorno lo aveva aspettato a casa sua, e una volta era stato addirittura invitato a guardare una noiosissima partita di baseball alla televisione insieme a suo padre, ma alla fine si era sentito di troppo, e non aveva più voluto disturbare la sua famiglia.

Il coach Nobuteru Irihata non sembra preoccupato di questo improvviso distacco del suo capitano.

Lui è sempre riuscito a vedere le capacità di Toru al di là dell’apparente mancanza di talento naturale, e più di tutti conosce quanto gli allenamenti intensivi possano essere nocivi per il fisico di Oikawa. Probabilmente, ha addirittura preso con sollievo l’allentamento degli sforzi da parte del suo numero uno.

Iwaizumi invece non si dà pace.

Non è più riuscito a placare il senso di vuoto dopo quello che era accaduto tre settimane prima in palestra.

Quando Oikawa si era alzato per andarsene, lui aveva cercato di trattenerlo. Lo aveva afferrato per un braccio e lo aveva pregato di restare. Oikawa si era divincolato e aveva cercato di proseguire. Iwaizumi lo aveva preso per i fianchi, si era avvinghiato alla sua maglietta, appoggiandogli la testa sulla schiena.

“Toru, per favore, parliamone”.

“Non c’è niente da dire, Hajime. E’ evidente che adesso hai una ragazza, quindi non capisco cosa vuoi da me!”

“Lo sai benissimo, Scemokawa, non c’è nessuna ragazza. Non c’è mai stata. E tu lo hai sempre saputo”.

“In ogni caso i tuoi problemi sentimentali non mi riguardano. Certo, a meno che non influiscano sulle tue prestazioni sportive, in quel caso potrei anche chiedere al coach di sostituirti come titolare. E adesso lasciami, ho da fare”.

Il tono duro e tagliente di Oikawa era penetrato come una lama affilata nell’animo sconvolto di Iwaizumi. Non gli era sfuggito il tremolio nella voce dell’amico mentre diceva quelle parole, ma la loro durezza gli aveva impedito di insistere.

Aveva allentato la presa sui fianchi di Oikawa e aveva tirato su la testa, gli occhi rossi e le lacrime sul punto di esplodere.

Oikawa non si era neppure voltato mentre usciva dalla palestra, dalla scuola e dalla sua vita.

 

Da quel giorno il dolore di Iwaizumi è aumentato, fino a diventare insopportabile.

Non riesce a pensare di dover rinunciare a Toru, dopo una vita passata insieme.

Ogni piccolo dettaglio gli richiama alla mente tutto quello che hanno condiviso fin da bambini e che ha contribuito a cementare la loro unione.

L’erba alta dei prati, che tante volte da bambini hanno attraversato correndo, cercando di resistere al solletico degli steli sulla pancia, o dove si sono nascosti per sfuggire ai ragazzi più grandi e prepotenti.

Le lucertole, che Oiwaka lo sfidava a catturare e che poi liberava accusandolo di crudeltà verso gli animali.

I film horror visti alla televisione, o almeno che lui guardava mentre Toru, terrorizzato, per tutto il tempo teneva la faccia schiacciata contro il suo petto.

Le stelle, che ammiravano distesi a pancia all’aria, ripromettendosi di parlare di ragazze e poi finendo sempre a parlare di pallavolo.

Le sue magliette, che spesso e volentieri erano sporche delle lacrime e del moccio di Oikawa, quando doveva consolarlo per qualcosa.

Le macchie di altra natura, quando aveva cominciato a scoprire quanto fossero eccitanti il profumo della pelle, il capelli morbidi, il corpo nudo del suo amico…

Iwaizumi lo vede ovunque. Non solo a scuola, dove la situazione è addirittura straziante, ma anche fuori da quel contesto.

Lo vede tra la folla che attraversa la strada, nel profilo di certi modelli nei cartelloni pubblicitari, nelle immagini delle opere d’arte raffigurate nei libri di scuola. Lo vede nei suoi pensieri. Nei suoi sogni.

A volte, durante le lezioni, gli capita di dover uscire dalla classe e correre in bagno per non farsi vedere da nessuno mentre gli viene da piangere.

Adesso è lì, davanti al lavandino del bagno della scuola, si guarda allo specchio, ha gli occhi ancora gonfi. Apre l’acqua per lavarsi la faccia e in quel momento la porta si apre e due ragazzi entrano chiacchierando allegramente. Non appena vedono la faccia di Hajime riflessa nello specchio si bloccano.

Hajime si volta verso di loro, gli occhi che sembrano iniettati di sangue, lo sguardo truce. Emette un ringhio pauroso.

“Scu… scusa il disturbo” borbotta uno di loro, facendo dietrofront.

Rimasto di nuovo solo, Iwaizumi torna a riflettere. E’ disperato, non può continuare così.

Quasi non mangia più, e non riesce a dormire.

Dopo la scuola, deve riuscire a parlare con Oikawa, ne ha bisogno.

Qualunque cosa succederà, almeno deve fare l’ultimo tentativo. Dentro di sé è sicuro che anche Oikawa stia soffrendo, che si sia messo in testa di sacrificarsi per uno strano senso di colpa, che lui non è riuscito a capire.

E’ sicuro che anche quel giorno Toru scapperà via dopo l’allenamento. Ma questa volta lui andrà a cercarlo, lo troverà e lo costringerà a parlargli.

 

Come previsto, non appena finiti gli esercizi di stretching, Oikawa vola in spogliatoio, si rinfresca velocemente e, ancora in tuta da ginnastica, esce di corsa, salutando a malapena.

Iwaizumi è già pronto a seguirlo. Forse ha capito dove potrebbe trovarsi.

Gli è venuta in mente una frase detta da sua madre “...avrà certamente trovato una qualche palestra prestigiosa che lui considera degna del suo talento”.

Oltre all’Aoba Josai, c’è un’unica scuola che Oikawa può ritenere degna del suo talento. Un’unica persona che lui ammira sopra ogni altra. Iwaizumi è sicuro: Oikawa è andato alla Shiratorizawa, da Ushijima Wakatoshi.

Intende raggiungerlo, affrontarlo e, se necessario, strapparlo dalle braccia di Ushiwaka!

Corre a casa e prende le chiavi della moto, vuole fare in fretta. Non dimentica di prendere un secondo casco, che offrirà a Toru quando lo porterà via con sè.

Corre più veloce che può verso la scuola delle aquile. Come si aspettava, i cancelli sono aperti e anche da fuori si vedono le luci delle palestre accese.

Senza pensarci imbocca rombando il viale principale dell’istituto, finché arriva nella zona degli impianti sportivi. Parcheggia davanti all'edificio destinato alla pallavolo ed entra.

Il boato della palla scaraventata a terra è impressionante. Ushijima ha appena effettuato un servizio potentissimo e per un attimo Iwaizumi è rimasto folgorato, dimenticando i suoi pensieri.

Tendo Satori, sotto rete porta le lunghe braccia sopra la testa, allunga gli indici affusolati e saltella di gioia.

Chi è il più potente asso del genere umano? Ma che domande, è il nostro capitano!” canticchia.

Sono soli nella grande palestra. Di Oikawa non c’è traccia. Non appena si accorgono di lui, Ushijima si blocca e Tendo gli si avvicina sgranando gli occhi e piegando la testa di lato.

“Nemico in perlustrazione?” dice con la sua vocina stridula.

“Scusate l’interruzione. Sono venuto a cercare Oikawa Toru. E’ qui, per caso?”

“Senti senti, abbiamo perso un capitano eh…” continua a cantilenare il rosso. “Cosa ti fa pensare che sia qui?”

Iwaizumi guarda seriamente Ushijima, che abbassa gli occhi. Questo basta per capire.

“E’ stato qui qualche settimana fa. Ma da quanto ne so il basket femminile non gli interessa più e quindi non viene più a seguire gli allenamenti…” questa metafora dev’essere costata un enorme sforzo al razionale Wakatoshi, che infatti è arrossito vistosamente.

Tendo ha tutta l’aria di non capire di cosa stia parlando, ma non chiede spiegazioni.

Iwaizumi raccoglie le forze per tentare un’ultima domanda, mandando giù un grumo di orgoglio.

“Non è che… non è che sapresti, per caso, dove potrei trovarlo…”

“Mi dispiace, no. Ma se fossi in te non lo lascerei andare. Se qualcuno arriva al punto di non volere nessuno intorno, o ha raggiunto lo stato di grazia, o è disperato. E in entrambi i casi è utile che sappia di avere vicino una persona che tiene a lui”.

Tendo sorride e guarda ammirato il suo capitano, mentre gli si avvicina.

Iwaizumi sente il solito groppo in gola e in silenzio esce dalla palestra. In ogni caso, si era sentito improvvisamente di troppo.

Ma dove diavolo, dove accidenti può essere Toru? Sente le lacrime salirgli agli occhi e i singhiozzi scoppiargli nel petto.

Non può più stare senza di lui.

Andrà a casa sua, lo aspetterà tutta la notte se necessario, ma non se ne andrà finché non gli avrà parlato.

In fretta prende la moto, infila il casco e parte a tutta velocità imboccando il viale principale della scuola verso il cancello d’uscita.

Non riesce a trattenere le lacrime, che gli scendono calde sulle guance e finiscono per appannare la visiera del casco. Come se non bastasse, ha appena cominciato a piovigginare.

Iwaizumi non vede quasi niente, ma il cancello è vicino. Non si accorge del bambino in calzoncini corti e la cartella sulle spalle che esce correndo da un vialetto laterale.

“Ma che diavolo…”

Sterza all’ultimo momento e la moto sbanda, lui cerca di rimetterla dritta, ma ormai è tardi, è troppo pesante, il viale è viscido a causa della pioggia, il mezzo ormai è fuori controllo. L’ultima cosa che vede è un grosso albero sulla sua traiettoria, poi… più niente.

Non sente neppure il boato devastante provocato dallo schianto.

Buio e silenzio lo avvolgono. Intorno a lui, il nulla.

 

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Capitolo 11
*** Pochi inutili nascondigli ***


 

* * ATTENZIONE * * QUESTO CAPITOLO CONTIENE SCENE ESPLICITE DI SESSO TRA MASCHI * * BOY X BOY * *

 

Allontanarmi da Hajime è stata la cosa più difficile che io abbia mai fatto.

Per fortuna quel giorno in palestra, quando ha cercato di trattenermi, alla fine mi ha lasciato e non mi ha più toccato. Se lo avesse fatto, se mi avesse anche solo sfiorato un’altra volta, so che non avrei retto, gli sarei caduto tra le braccia piangendo come un bambino.

E per fortuna che non mi ha rincorso, perché altrimenti avrebbe visto il mio viso pieno di lacrime e allora decisamente non sarei stato credibile.

Quello che è successo nelle ultime settimane mi ha aperto gli occhi su tante cose.

Su Hajime, prima di tutto. Lui merita davvero di essere felice, merita un amore pulito, una persona limpida e semplice, non un essere contorto e patetico come sono io.

Per non parlare del fatto che io sono un ragazzo e, per quanto lui adesso possa sentirsi infatuato da me e possa essere convinto che il giudizio degli altri non gli interessi, prima o poi la pressione sarà insostenibile anche per una persona forte e determinata come lui. Non è semplice essere omosessuale in un mondo di etero, e ho paura che con il tempo lui si stancherebbe di me. O, peggio, proverebbe vergogna a starmi vicino.

Voglio a tutti i costi risparmiargli questo dolore.

Ho riflettuto anche molto su di me e su quello che ho inseguito ogni giorno, a scapito della mia adolescenza. La ricerca della perfezione mi ha fatto percepire le cose in modo distorto. E mi ha fatto trascurare tutto.

Il mio tempo, per cominciare. L'ho sempre misurato in base agli allenamenti e ai miei progressi, anziché in base alle cose piacevoli o alle persone interessanti con cui potevo impegnarlo.

E poi le mie conoscenze, che ho sempre giudicato a seconda che fossero avversari o strumenti per migliorare, senza mai vederci degli amici o dei compagni con cui divertirmi. O di cui innamorarmi.

Come Hajime.

Ho anche finalmente fatto i conti con il passato e con i miei fantasmi.

Nessuno mi restituirà il candore che ho perso per inseguire i miei sogni, niente potrà ripagare le ferite che mi porto dentro fin dall’infanzia. Quel fiato caldo sul collo, quelle mani sudaticce sul mio corpo di bambino...

Ma posso darmi da fare perchè quello che è successo a me non succeda ad altri.

Dopo gli allenamenti non mi fermo più in palestra. Non cerco più di intrufolarmi nelle altre scuole per vedere i campioni che tanto ammiro.

Appena esco da scuola vado ad assistere agli allenamenti di mio nipote Takeru.

Ovviamente lui mi ammira tantissimo, vorrebbe essere come me. Quindi anche lui gioca a pallavolo, ed è titolare nella squadra della scuola elementare che frequenta.

Ogni giorno lo raggiungo alla sede del club, mi affaccio alla porta della palestra e guardo mentre si allena, insieme ai suoi amichetti.

La mia presenza suscita molto entusiasmo tra i suoi compagni e vedo quanto Takeru è orgoglioso di me, anche se mi prende sempre in giro.

Lo aspetto dopo gli allenamenti finché non esce dalla palestra, insieme a tutti gli altri, stando ben attento che nessuno di loro si trattenga da solo negli spogliatoi insieme all’allenatore.

Il coach è un ragazzo che frequenta l'università, e non ho dubbi che sia una brava persona, e che non abbia mai tenuto un comportamento poco corretto con i ragazzi, intendiamoci. Ma preferisco non rischiare. Non voglio che qualche ragazzino affamato di ambizione possa diventare facile preda di adulti senza scrupoli.

Finora è bastato farmi vedere per sventare qualsiasi rischio. Non ho mai dovuto insistere con i ragazzini. Escono tutti insieme e sono felicissimi di tornare a casa in mia compagnia. Lo sono anche le mamme, che mi vedono come una presenza rassicurante, una persona con la testa sulle spalle. Se solo sapessero....

A volte, prima di andare a casa, raggiungiamo il campetto che si trova appena fuori il confine est della città, proprio vicino a dove abita Takeru, e rimaniamo lì a giocare fino a tarda sera. Qui spesso si fermano anche i bambini di altre scuole, ed è bellissimo vedere come questi ragazzini siano in grado di organizzarsi, formare squadre miste e giocare, tutti insieme, mantenendo una sana competizione ma nel rispetto reciproco. Solo per il gusto di divertirsi.

Alcuni genitori si fermano ad aspettare i figli. Io resto seduto su una delle panchine ai lati del campo, e mi godo lo spettacolo.

Anche adesso sono qui. Nessuno sa dove mi trovo, neppure i miei genitori. A loro comunque non importa niente di quello che faccio o di quello che provo. Gli basta che io vada bene a scuola, che sia bravo nello sport e che prima o poi porti a casa una ragazza per bene, con cui mettere su famiglia. Se solo sapessero...

Improvvisamente inizia a piovere. Tutti i ragazzini si sparpagliano e si allontano velocemente, in un vociare festante. Chi corre dai propri genitori, chi cerca un riparo, chi va a casa.

Anche Takeru ed io ci mettiamo a correre e in pochissimo tempo raggiungiamo la sua abitazione.

Mentre Takeru entra, mi squilla il telefono.

Che sorpresa. Ushijima. Forse gli sono mancato? Su questo non cambierò mai, resterò sempre il solito, irrecuperabile malizioso.

“Waka-chan, non dirmi che ti sono mancato.”

“Oikawa, no, non è questo, è successa una cosa...”

Il suo tono è ancora più serio e cupo del solito.

“Così mi fai preoccupare Ushijima. Stai bene?”

“Io sto bene, grazie. Si tratta di Iwaizumi-san.”

“Se è venuto a chiederti di fare da intermediario per convincermi ad incontrarlo, puoi anche dirgli che è tutto inutile, non ho intenzione di....”

“Iwaizumi ha fatto un incidente. Poco fa. Lo hanno portato via con l'ambulanza.”

Non ho sentito bene. Non posso aver sentito bene. Non voglio, assolutamente, aver sentito bene.

“Come, scusa? Un incidente? Dove? Come?”

“Sì, un incidente. Qui alla Shiratorizawa. In moto...”

“Iwa-chan era in moto? Ma cosa è successo?”

“Oikawa, Iwaizumi era in moto, correva troppo forte, è scivolato, è andato addosso ad un albero. La moto è distrutta, hanno dovuto portarla via con il carroattrezzi”

Cerco di dire qualcosa, ma non riesco a formulare un discorso sensato.

“E' scivolato, l'albero, la moto distrutta.… E... è una cosa grave?”

“Vista la situazione di emergenza hanno potuto dare solo una prima occhiata, ma andando via hanno detto che secondo loro non c'è niente da fare. Mi dispiace, Oikawa-san”.

“E dov'è Hajime, dove l'hanno portato?”

Ormai sto gridando al telefono mentre corro, e non so più se l'acqua che mi bagna la faccia è pioggia o sono le lacrime che non riesco a trattenere.

Che significa che non c'è più niente da fare? Non posso pensare ad una vita, ad un giorno, ad un minuto senza Hajime.

Non avrei dovuto evitarlo, non avrei dovuto allontanarlo. Adesso chi mi ridarà il tempo che non ho potuto vivere con lui? E’ solo colpa mia! Stupido, stupido, stupido!

Più veloce che posso raggiungo la metro e dopo una quindicina di minuti sono in ospedale.

Non ricordo niente di questo tragitto, nella mia testa c'era solo la paura e la preghiera che il treno andasse più veloce, più veloce, più veloce!

Entro in ospedale e mi stupisco che le tante persone presenti possano continuare a vivere le loro vite, incuranti della mia disperazione.

Dietro un bancone immacolato è seduta un'infermiera. E’ un po’ sovrappeso ed ha i capelli nerissimi tagliati a caschetto. Quando alza lo sguardo annoiato su di me, la sua espressione cambia, e spalanca gli occhi quasi spaventata. Devo avere un aspetto pauroso. O forse molto patetico, visto che si rivolge a me con dolcezza e allargando un bel sorriso, che fino a poco fa aveva tenuto nascosto.

“Dimmi ragazzo, stai cercando qualcuno?”

“S... Sì” cerco di dire tirando su col naso. “Hajime. Cerco Hajime Iwaizumi. Ha fatto un incidente...”

“E tu sei...?” mi chiede gentilmente abbassando un po' la testa e continuando a guardarmi con fare complice.

“Sono un suo am...”

“Perchè vedi” mi interrompe subito “se tu fossi un suo amico, io non potrei dirti niente, mentre se tu fossi un parente, chessò, un fratello, magari acquisito.... le cose cambierebbero. Quindi tu sei...?”

“Quindi io sono.....” dico sottovoce, un po' titubante “un... fratello?”

“Magari acquisito?” completa lei.

“Magari acquisito!” confermo con maggiore decisione.

“Allora, caro fratello acquisito di Hajime Iwazumi, mi dispiace molto per l'incidente. La sua stanza è su questo piano, la 401. Fai presto però perchè...”

Non la sento concludere la frase, perchè sto già correndo lungo il corridoio verso la stanza 401. Non l'ho neppure ringraziata. Lo farò dopo, adesso devo solo andare da lui prima che sia troppo tardi.

La porta è aperta. Non mi preoccupo di fare piano, mi precipito nella stanza. Ci sono solo due letti. Uno è occupato da un signore con la testa fasciata e la maschera dell'ossigeno sulla bocca. Sta dormendo.

L'altro letto è vuoto.

Un'inserviente sta appallottolando le lenzuola che evidentemente ha appena tolto.

“Mi scusi, il ragazzo che era qui...”

“Mi è stato detto di rifare il letto, e io lo sto facendo” risponde brusco senza neppure degnarmi di uno sguardo. “A quel ragazzo non serve più, ma potrà servire a qualcun altro. Questa è la vita qui. Via uno, avanti un altro... Eri un suo amico? Se sei un parente, ci sarebbero i suoi effetti personali da raccogliere”. Cuore di pietra esce dalla stanza con un fagotto di lenzuola in braccio.

Come “eri”? Cosa diavolo sta dicendo questo tizio? Iwa-chan non c'è più?

Mi inginocchio di fianco al letto e mi accascio sul materasso. Non trattengo le lacrime.

“Cattivo, cattivo, crudele Iwa-chan! Non dovevi andartene, non dovevi lasciarmi solo. Cosa ne sarà della mia vita, adesso? Come posso fare tutto, fare qualsiasi cosa, senza sapere che tu sei con me? Chi mi sgriderà per gli sbagli che faccio? Chi mi difenderà dalle mie paure? Chi metterà i cerotti sulle mie ferite?” mi manca il fiato.

“Chi amerò come amo te?…” dico in un soffio, con la bocca attaccata al materasso.

Sento un tale vuoto dentro, che non credo riuscirò mai più a staccarmi da questo letto, non riuscirò mai più a respirare.

“Perdonami Iwa-chan, perdonami per non aver capito subito che era inutile tentare di starti lontano, che la mia vita poteva essere solo al tuo fianco. Per non averti mai detto quanto ti ammiravo, quanto ti stimavo, quanto mi piacevi. Quanto mi ero perso per te. Dove sei adesso, Iwa-chan? Dove sei amore mio?”

Continuo a singhiozzare mentre con tutte le forze mi aggrappo al materasso, stringendo tra le dita la stoffa che lo ricopre.

“Non c’è che dire, sono quasi commosso. Ma qui c’è gente che dorme, Frignakawa...”

Giro la mia faccia stravolta verso la voce alle mie spalle.

Appoggiato allo stipite della porta della stanza, Iwaizumi mi guarda con un sorrisetto divertito. Indossa una t-shirt banca sui jeans, e sul davanti una vistosa fascia in tessuto annodata dietro al collo, che serve a sorreggere il braccio sinistro, fasciato dal polso al gomito.

Spalanco la bocca, il mio viso è una maschera di lacrime e saliva.

“Prego, continua pure... stavi dicendo?”

Non so se essere sollevato o arrabbiato.

Vince la rabbia. Decisamente. 25 a zero! 2 set a zero per la rabbia!

Mi scaravento su di lui e comincio a tempestargli il petto di pugni.

“Sei un idiota, sei impazzito!?! Hai idea di quello che mi hai fatto passare? Pensavo che fossi morto, che non ti avrei più rivisto! Come hai potuto farmi questo?”

“Beh, a dire il vero io non ti ho fatto proprio niente. Non ti ho mai detto di essere morto...”

“Ushijima mi ha telefonato e mi ha detto che avevi fatto un incidente, che hai distrutto la moto e che non c'era più niente da fare...”

“Infatti. Per la moto. Purtroppo per la moto non c'è più niente da fare... Lei sì che è defunta”. Iwaizumi si passa la mano sana sui capelli e rivolge gli occhi verso il soffitto.

“E chissenefrega della moto!! Tu...”

“Me la sono cavata con una frattura del radio. Composta per fortuna. Tre settimane di tutore e tornerò come prima!”.

D’impulso mi butto su di lui, lo abbraccio e lo stingo forte, fortissimo.

E finalmente mi sento a casa.

* *

L'acqua è calda al punto giusto. Il mio corpo si rilassa sotto il getto forte della doccia.

Tutti gli altri sono andati a casa, non è rimasto più nessuno in palestra e negli spogliatoi.

Automaticamente i miei occhi si fissano sul grande specchio sopra i lavandini. Iwaizumi non è nel suo solito nascondiglio.

Mi volto, per regolare meglio l’acqua.

“Iwa-chaaan?” chiamo cantilenando. “Non ti vedo…. Dove seeeeiiiii…?”

“Qui!”

Alle mie spalle sento la presenza di Hajime. Avvolge le braccia intorno a me, facendo aderire il suo torace nudo alla mia schiena. E’ già eccitato, lo sento tra le mie natiche.

Non ci curiamo della fasciatura che ancora deve portare al braccio, e che si sta inzuppando.

Mi giro verso di lui, sempre avvolto dalle sue braccia.

Senza parlare inizia a baciarmi, mentre l’acqua scorre e ci troviamo bagnati ed eccitati. Le nostre erezioni si sfregano a vicenda e le nostre mani percorrono insaziabili l’uno il corpo dell’altro.

Mi stringe ancora più forte, sembra che voglia stritolarmi. Porta una mano sulla mia nuca e, prendendomi per i capelli, mi costringe ad abbassare la testa all’indietro, lasciando scoperto il collo, dove i suoi denti si fiondano avidi. Mi piace quando fa così, mi sento completamente suo.

Emetto dei gemiti sempre più forti, finché torno a cercare le sue labbra.

Continuo a baciarlo, non smetterei mai, la sua bocca mi fa impazzire!

A lui però non basta, per mia fortuna.

Improvvisamente mi gira e mi sbatte contro le piastrelle, continuando a baciarmi il collo e le spalle, mentre con una mano mi accarezza ogni centimetro di pelle, e scendendo stringe la mia erezione.

“Ti voglio Hajime, voglio tutto di te. E ti voglio per sempre”.

“Sono qui. E sono tutto tuo. Non ti libererai facilmente di me.”

Con un ginocchio mi allarga le cosce e con pochi gesti sicuri prepara il mio corpo all’amore.

“Fossi matto” cerco di dire tra i gemiti “come posso rinunciare a questo paradiso?”

“Non ci provare neanche… Amorekawa!”

La palestra rimbomba delle nostra grida di piacere. Nessuno dei due si preoccupa di guardare, attraverso lo specchio, l’angolino nascosto dello spogliatoio.

* * *

 

ANGOLO AUTRICE

 

Ciao a tutt*

Siamo arrivati alla conclusione di questa storia. Mi auguro con tutto il cuore che vi sia piaciuta, e ringrazio tantissimo chi ha avuto la pazienza di leggerla fino in fondo e chi avrà voglia di lasciare un commento.

Come tant* amanti del manga e dell’anime, penso che Oikawa sia un personaggio con molte sfaccettature, che cerchi di non far vedere all’esterno il grande dolore che porta dentro di sè, apparendo sempre fresco, affascinante e sicuro.

Nel mio piccolo, ho cercato di dare una ragione a questo stato d’animo, immaginando una brutta esperienza vissuta da bambino.

Come avrete notato, i titoli dei capitoli richiamano (indegnamente) quelli di grandi classici della letteratura, che ho solo modificato leggermente. Mi sono venuti in mente man mano che pensavo alla storia ed alle varie vicende affrontate, che secondo me potevano richiamare il titolo e il contenuto di quelle grandi opere.

Solo l’ultimo capitolo, “Pochi inutili nascondigli”, ho preferito non modificarlo, in omaggio al grandissimo, indimenticabile Giorgio Faletti, artista geniale e fecondo, purtroppo sottrattoci troppo presto.

Ho trovato quel titolo perfetto: i nascondigli non sono solo quelli fisici, come l’angolino di Iwaizumi, ma anche quelli interiori, dove ognuno di noi si rifugia per sfuggire al dolore, alla delusione, ai sentimenti. Nascondigli che sono del tutto inutili, perché alla fine siamo chiamati a fare i conti con la verità e con i sentimenti, primo fra tutti l’amore.

E... sarà rimasto davvero vuoto quell’inutile nascondiglio nello spogliatoio?

Grazie ancora <3

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