Occhi color mare

di Marc25
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** L'incidente ***
Capitolo 2: *** L'incontro ***
Capitolo 3: *** Soccorso ***
Capitolo 4: *** Un ritardo sventato ***
Capitolo 5: *** Un miglior caffè ***
Capitolo 6: *** Omicidio ***
Capitolo 7: *** Una foglia tra le tante ***
Capitolo 8: *** L'uscita ***
Capitolo 9: *** Dylan ***
Capitolo 10: *** Caso chiuso ***
Capitolo 11: *** Ricordi ***
Capitolo 12: *** Indagini e sospetti ***
Capitolo 13: *** Il cinema ***
Capitolo 14: *** Una notte da ricordare ***
Capitolo 15: *** Un dolce risveglio ***
Capitolo 16: *** L'esistenza della felicità ***
Capitolo 17: *** Il disegno ***
Capitolo 18: *** Il cerchio si stringe ***
Capitolo 19: *** La chiave ***
Capitolo 20: *** Dubbi ***
Capitolo 21: *** Il pedinamento ***
Capitolo 22: *** Quel giorno di Ottobre ***
Capitolo 23: *** L'inganno ***
Capitolo 24: *** Responsabilità ***
Capitolo 25: *** Il colpevole ***
Capitolo 26: *** Salutami Bernard ***
Capitolo 27: *** Speranza ***



Capitolo 1
*** L'incidente ***


~~Capitolo 1 – L’incidente

Anton – 2002
Anton aveva 7 anni, quella sera la madre lo aveva portato dalla pediatra, era importante, la madre glie lo diceva sempre, non era una cosa che gli dispiaceva, in realtà la pediatra Susanna era molto accogliente, per quanto non riuscisse a esprimere le proprie emozioni, Anton non riusciva a elaborare tali concetti nella sua piccola testa, sapeva però che non gli dispiaceva andare là e poi se lo diceva sua madre che era importante doveva essere vero

Anton adorava sua madre, per lui era la donna più bella del Mondo, mentre il padre li aveva abbandonati quando lui aveva 4 anni e adesso lo vedeva solo 2 volte all’anno, aveva conosciuto pochi mesi prima i propri piccoli fratelli e le attenzioni del padre nei suoi confronti erano già diminuiti nonostante fossero poche già da prima.

Tutto cambiò quella maledetta sera, lui era posto sul passeggino nel posto di dietro, aveva anche la cintura di sicurezza, Anton si sentiva preso come se fosse un bambino molto più piccolo di lui, diamine, lui era grande, aveva 7 anni, ma la madre sempre con la sua calma, la sua gentilezza e la sua eleganza nei modi gli faceva capire il perché delle cose, anche riguardo l’odiato passeggino.

Mentre stavano tornando a casa, Hélène era un po’ nervosa, la cosa era evidente anche al piccolo Anton, si stavano avvicinando ad un incrocio quando suonò un cellulare, il dispositivo era sul cruscotto e la vibrazione lo fece cadere, Hélène aveva la precedenza e vide solo per un momento il nome sul cellulare, il suo ex, non aveva nessuna intenzione di rispondere ma non si accorse che aveva oltrepassato parte dell’incrocio e vide solo all’ultimo momento una macchina che sfrecciava ad altissima velocità, frenò appena in tempo, evitò per un pelo  l’auto di quella persona e la macchina della polizia che seguiva ad altissima velocità ma l’altra auto di polizia frenò in maniera rumorosa ma comunque prese la macchina di Hélène proprio prendendo in pieno lo sportello della guidatrice.

Anton non colpì il sedile davanti solo grazie alla cintura e al seggiolino, la madre invece prese in pieno il volante. Subito il poliziotto alla guida scese per sincerarsi delle condizioni dei passeggeri dell’auto con cui si era scontrato, subito Hélène si girò preoccupatissima verso Anton: << Oh mio dio! Stai bene Anton? >> 
Anton annuì energeticamente alla domanda della madre ma era visibilmente sotto schock, infatti non capì bene poi le parole che si scambiarono sua madre e quel giovane poliziotto che lui a malapena intravedeva , sapeva solo che il poliziotto dopo un cenno d’intesa con sua madre tornò in macchina e partì ad alta velocità.

La madre gli sorrise e gli disse: << Dobbiamo fare una deviazione, dobbiamo andare al pronto soccorso, ok? >>
<<  È quel posto dove vanno le persone che si fanno male? >>
<< Esatto Anton, ma per stare meglio >>
Detto questo partì, nessuno dei 2 poteva immaginare ciò che sarebbe successo.

Anton era seduto affianco alla madre che gli accarezzava il viso, non capiva bene perché alla madre avessero assegnato un colore verde, sapeva che aveva un significato, non era un gioco come gli avrebbe spiegato la madre se fossero andati un paio di anni prima, però non sapeva quale significato avesse.
Si godeva le carezze della madre, quando ad un certo punto l carezze divennero sempre più deboli, sentì solo la madre dire: << Anton..ti..voglio bene…, poi la vide svenire, la ferita alla testa si stava allargando, lui piangeva e gridava, l’intervento fu tempestivo ma inutile.


Da qui inizia la storia di Anton, un ragazzo dai profondi occhi blu. 

 

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Capitolo 2
*** L'incontro ***


~~Capitolo 2 – L’incontro

Luis – Montpellier, 28 Giugno 2016
Un sogno stranissimo fu interrotto da una telefonata, vide l’ora del cellulare che aveva preso dal comodino affianco a lui, le 5:16 del mattino, era la madre, pensò che fosse una cosa importantissima e rispose: << Pronto? >> disse con la voce impastata dal sonno
<< Tesoro, sveglia, oggi è il grande giorno >>
<< Mamma, hai visto l’ora? Io prendo servizio alle 9! >>
<< Si, ma ti conosco e so che non vuoi arrivare in ritardo ma spesso ti capita e oggi non è proprio il caso! >>
<< Ho capito Mamma ma un conto è non arrivare in ritardo e un altro è svegliarmi alle 5 per stare a lavoro alle 9, comunque ti saluto, si, si, tranquilla, ma dormi anche tu un po’, ciao, ciao, ciao >>.
Se non avesse chiuso lui, la telefonata sarebbe come minimo durata un’altra mezz’ora, decise di mettere il silenzioso, poteva dormire ancora un po’, pose la testa sul cuscino e Morfeo lo accolse subito tra le sue braccia.

Qualche ora dopo si svegliò, si mise a sedere sul letto, si stiracchiò, vide l’orario dal cellulare con molta calma, erano le 8:46, ovviamente era tranquillo, poi pensò: “ Oh, cazzo! “ Si vestì in fretta e furia, prese la macchina mezza scassata al posto della moto e premette sull’acceleratore per quanto concesso dal codice stradale, se non avesse trovato traffico, sicuramente sarebbe arrivato appena in tempo, la centrale di polizia non era lontana.

Ovviamente si trovò ben presto in una giungla di macchine, vide l’orario, le 9:10, era inutile bestemmiare, doveva stare calmo, ormai quello che era fatto, era fatto, “ la prossima volta che mi chiama mia madre mi alzo “ pensò.

Poi vide una scena insolita per quell’ora, un tipo stava litigando con un altro, ad un certo punto quello di destra spintonò quello di sinistra che rispose con un cazzotto ben assestato, l’uomo di destra andò al tappeto ma si rialzò e uscì un coltello minacciando seriamente il ragazzo di sinistra, nel frattempo Luis si era avvicinato e gridò: << Polizia! Fermatevi >> ma come prevedibile scapparono, quello col coltello riuscì a scappare ma l’altro inciampo e cadde per terra, lui lo acchiappò a terra e lo girò, vide dei bellissimi occhi blu e sentì la voce del rissoso sotto: << Che vogliamo fare? Ci baciamo? >>
Luis si destò e disse: << Fai poco lo spiritoso, ti accompagno in centrale >>
<< Posso non mettermi dietro? In fondo lei è in borghese >>
<< Scordatelo >>
Intanto le macchine iniziarono a muoversi e iniziarono a suonarlo quelle da dietro, al che Luis disse: << Un attimo, sono della polizia! >>
<< E chi se ne frega? >> gridò qualcuno suscitando l’ilarità del rissoso a cui Luis teneva il braccio.

Lo fece sedere sul sedile posteriore, poi si mise al posto i guida e si mise la cintura.
<< Mettiti la cintura >> disse al ragazzo che replicò: << Si, ma tu parti altrimenti ci fanno a pezzi quelli di dietro >>
Non aveva tutti i torti.

Il ragazzo senza chiedere prese e si accese una sigaretta.
<< Spegni la sigaretta >>
<< Preferisci una canna? Scusa ma l’erba la ho lasciata a casa >>
<< Lo sai che fare queste dichiarazioni ad un poliziotto ti potrebbe mettere in guai più seri? >>
Il ragazzo fece spallucce  e continuò a fumare.
Purtroppo gli ricordava lui da giovane, anche se lui da giovane faceva pattugliamento con l’auto, era già nella polizia e non aveva mai fumato canne.
<< Si dà il caso che io abbia smesso di fumare da 6 anni e non vorrei ricominciare per colpa tua >>
<< Uff >> Fece il ragazzo, poi continuò: << Siete tutti così pesanti nella polizia >>.
Certo far gettare la sigaretta dal finestrino non era una bella cosa, si rimproverò Luis.

Il traffico non accennava a diminuire e il caldo iniziava a farsi sentire
Parlò all’improvviso Anton: << Cazzo mi sono fatto la doccia prima di uscire e oggi sto già sudando, se mi mettere in galera col cazzo che mi faccio la doccia là, le mie precedenti pene sono state di pochi giorni per un motivo >>
Luis capì che era stato già in galera ma quella frase lo fece ridere
<< Che cosa c’è di tanto divertente? >>
Quegli occhi blu lo penetravano, perse il suo riso ma disse ironico: <<  Quindi possiamo stare tranquillo che non farai qualcosa di peggio di una rissa >>
Il ragazzo fece spallucce
<< Posso almeno sapere il tuo nome? >>
<< Tanto me lo chiederai alla centrale o lo farà un tuo collega >>
<<  È vero ma perché non me lo dici ora? >>
Il ragazzo sbuffò: << Anton >>
<< E dimmi quando sei uscito ieri sera? >>
<< Ma davvero devo fare un preinterrogatorio qua? >>
<< Tanto ci muoviamo a passo di lumaca e non sono tipo che parla del tempo o di gossip >>
<< Ieri sera son uscito alle 23 e sono andato in una discoteca >>
<< Per rimorchiare qualche ragazza? >>
Anton rimase in silenzio un po’: << Non mi interessa l’articolo >>
Luis rimase a bocca aperta
<< Si, sono gay  o come molti amano dire, frocio >>
Luis rimase colpito, beh, non era necessario dire che lo capiva molto bene, per cui riassunse un tono pi serioso: << Perché stavi, diciamo, litigando con quel tipo? >>
<< Mi ha seguito dalla discoteca solo per dirmi che ero un frocio di merda e io ho reagito, contro i gay repressi si fa così >>
Luis frenò la sua lingua che stava per dare ragione a quel ragazzino.
<< Siamo arrivati..finalmente >> disse il poliziotto, poi aggiunse: << Tu puoi andare. >>
<< Scherzi? >>
<< No, non metterti nei casini però >>
Anton sorrise mentre usciva dalla macchine: << Stia tranquillo agente..? >>
<< Luis >>
<< Non è poi così male agente e non solo in un senso >>
<< Grazie >> si limitò a dire Luis
Anton fece un sorriso ancora più largo e un occhiolino e poi la sua figura si allontanò mentre Luis si chiedeva dove lo avesse già visto.


Luis entrò in centrale e disse: << Scusate il ritardo >>
Ricky: << Luis, Luis, quando imparerai a essere puntuale, oggi diventi ispettore e insieme a me, non ci pesteremo i piedi, vero? >>
Luis: << Quando mai? >>
Ricky rise.
Luis pensava quando Ricky era suo superiore, all’inizio si detestavano, Luis aveva delle intuizioni più rapide e brillanti che aiutavano nei casi principali, adesso quei casi li avrebbero visti da vicino, solo che da tempo ormai erano diventati buoni amici, lavorare insieme li aveva resi confidenti e avevano imparato insieme che l’ambiente dove lavoravano era molto bello, Ricky era stato il primo a cui aveva confidato il proprio orientamento sessuale  ma tutti al lavoro pian pano lo avevano subito accettato e nessuno si era mai fatto problemi e lui sentiva che il calore che gli offrivano superiori e sottoposti era sincero come facevano con tutti del resto.

Quel giorno fu un giorno tranquillo fino a quando l’ispettore capo non fece capolino nel nuovo ufficio dei due neo-ispettori e disse: << Festeggeremo dopo ragazzi, Steady è scappato >>. 

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Capitolo 3
*** Soccorso ***


~~Capitolo 3 – Soccorso

Anton – 29 Giugno 2016, 0:31
Ecco, c’era cascato di nuovo, questo pensavo Anton mentre non ricordava dove aveva messo l’auto usata che a stento partiva e che non aveva neanche finito di pagare. Non se lo ricordava perché come aveva festeggiato il lavoro al bar che sarebbe iniziato l’indomani mattina? Ovviamente ubriacandosi da solo. Aveva le chiavi in mano ma ben presto gli caddero anche quelle, mentre stava cadendo nel tentativo di raccoglierle qualcuno lo resse, nonostante fosse ubriaco lo riconobbe, era l’agente che lo aveva quasi arrestato poche ore prima.

Anton rise incontrollabilmente mentre Luis lo rimise in piedi e gli recuperò le chiavi della macchina, a quel punto Anton disse con un tono biascicante: << Che c’è agente? Mi sta..pedin..nando..ahaha..e qual è..il mio cri..ahah..mine? Le piaccio? Mentre si accorse appena che Luis lo stava sgridando rosso come un peperone, lui fece qualche passo barcollante e cadde di nuovo tra le braccia dell’agente che prontamente lo prese.
A quel punto sentì dire Luis ad alta voce: << Adesso, invece di cercare la sua macchina, facciamo che la accompagno io, lei mi dice dove vive e la accompagno >>
Anton annuì: << Però..stavolta sul se..sedile d’avanti >>
Si accorse appena che Luis sorrise dicendogli: << Certo >>

Luis lo mise quasi a forza sul sedile accanto a quello del guidatore, Luis si mise nella sua postazione di guida e gli chiese qualcosa ma Anton non capì e gli occhi gli si chiusero.
Si risvegliò ancora sotto gli effetti dell’alcol davanti ad un portone che non conosceva e con un uomo che conosceva appena che lo accompagnava a entrare in un ascensore abbastanza vecchio che salì un paio di piani, poi mentre lui si appoggiava ad un muro, lo stesso uomo aprì una porta e lo fece entrare, lo fece sedere su un divano e lui subito si mise con la testa su uno dei cuscini ai lati del divano, l’uomo gli tolse le scarpe e gli alzò le gambe in modo da metterlo in una posizione completamente stesa.
Anton chiese: << Perché fai questo per me? >>
Sentì la voce dell’uomo che era Luis rispondere: << Bella domanda >>
Anton sorrise e chiuse gli occhi addormentandosi subito.


Buona Pasqua e buona pasquetta a tutti!

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Capitolo 4
*** Un ritardo sventato ***


~~Capitolo 4 – Un ritardo sventato

Luis – 29 Giugno 2016 – 7:00
“ Ma che cosa mi è venuto in mente? Invitare un ragazzo a casa mia, dopo che qualche ora prima lo stavo arrestando? E avendolo trovato ubriaco? “ Questo aveva pensato Luis tutta la notte girandosi nel letto. “ Ma in fondo quali altre alternative avevo? Lasciarlo andare a sbattere contro un muro da ubriaco era fuori questione, ho di certo fatto bene a metterlo in auto, ma poi? Beh, Anton si era addormentato subito, certo potevo svegliarlo ma poi si sarebbe svegliato, mi avrebbe risposto? Potevo dormire con lui in macchina? Ma sarebbe stato ancora più strano e più equivoco, si, ho fatto bene a portarlo qui….ma dannazione, è casa mia! “ Tutti questi pensieri tormentarono per tutta la notte il neo ispettore.

Cercava di non pensare a Anton, ma di pensare a ciò che era successo nel suo primo giorno da ispettore, in realtà da co-ispettore insieme a Ricky, non sapeva come definirsi, ma era contento di lavorare alla pari ancora con Ricky, purtroppo Steven Odky, detto Steady era da un giorno a piede libero, aveva fatto finta di sentirsi male, era andato in ospedale e da lì era evaso. Proprio lui e Ricky 13 anni prima erano riusciti in un rocambolesco inseguimento a  prenderlo, quando erano due ragazzini.
Steady aveva violentato 10 ragazze e ne aveva uccisa una, dovevano assolutamente prenderlo e risbatterlo in galera.

Insomma qualunque cosa pensasse in quella notte non riusciva a dormire, ringraziò il cielo quando arrivarono le 7 di mattina, uscì piano dalla sua stanza per non svegliare Anton, anche se avrebbe per forza dovuto svegliarlo, lui doveva stare in centrale alle 8 e non c’erano santi stavolta, ma voleva vederlo dormire come un angioletto per altri due minuti, perché lo faceva? Al momento non voleva rispondersi, poi preparò il caffè, l’odore avrebbe svegliato Anton o almeno sperava.

Luis decise di svegliarlo prima che si facesse il caffè nella moca, lo scosse per un braccio prima delicatamente, poi più forte, per un attimo pensò che fosse andato in coma etilico e fosse morto ma fortunatamente prima di andare in una paranoia ingiustificata Anton aprì gli occhi, sorrise e esordì: << Ho un mal di testa terribile e tu che cazzo ci fai in casa mia? >>
Luis rispose: << Guarda, che se non te ne fossi accorto siamo a casa mia >>
Luis vide Anton guardarsi intorno perplesso, voleva entrare nella mente del ragazzo, quando ad un certo punto Anton disse: << Mi sa che il caffè è pronto >>
<< Oh cazzo >> disse Luis che lo spense appena in tempo
<< È così bello sentire imprecare un poliziotto che non sta in TV, no perché lì imprecate sempre, ma poi di prima mattina, quando mi ricapita? >>
<< Ma tu quando hai il mal di testa parli sempre così tanto? >>
<< Mi sta già passando >>
<< Bevi sto caffè e poi smamma che sono già le 7 e un quarto >>
Anton bevve il caffè, poi chiese: << Ma oggi è 28, vero? >>
<< No, è 29, p..
<< CAZZO!!!! >>
<< Che succede? >>
<< Tra un quarto d’ora inizia il mio turno al bar, il mio primo giorno di lavoro, se faccio tardi sono già out >>
<< Beh, io non posso farci niente >>
<< Con la macchina ci vogliono 5 minuti e io non ricordo dove ho parcheggiato la mia >>
<< No, no, no,, no, io non posso arrivare di nuovo tardi al lavoro, non se ne parla proprio >>
<< Ti prego, è una questione di vita o di morte ><
<< Tecnicamente non lo è..
<< Dai!!! >>
<< Ti detesto..eh, va bene >>
Anton lo abbracciò con vigore, poi disse: << Andiamo! >>
<< Ehi! Calma, io sto in pigiama e ti devo trovare una cosa anche ate, perché se vai con quella maglia fluorescente giallo e rosa non duri un minuto nemmeno se arrivi in anticipo, per fortuna abbiamo entrambi una M, ti trovo qualcosa! >>
<< Ok, ma veloce! >>
<< Ah, pure! >> Disse Luis mentre si cambiava, poi lanciò la maglia sobria a Anton e vide il ragazzo che velocemente si tolse la maglietta e si metteva l’altra, erano passati 2 secondo in cui Anton era stato senza e tanto era bastato a far bloccare un po’ Luis.
Anton lo destò: << Dai, è tardi, andiamo! >>

Trovò in tempo record il bar con le confuse indicazioni di Anton che era arrivato alle 7:28 e ovviamente lui invece sarebbe arrivato tardi al lavoro.
Anton scese come una furia dalla macchina, poi però si riaffacciò dal finestrino che era ancora aperto e disse: << Ora sai dove lavoro, vieni a trovarmi, ti offro un caffè, anche perché il tuo era una ciofeca, ci vediamo! >>
“ Cavolo che peperino! Non mi ha neanche ringraziato “ pensò Luis pronto a prendersi un cazziatone dall’ispettore capo per il primo ritardo da ispettore.

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Capitolo 5
*** Un miglior caffè ***


~~Capitolo 5 – Un miglior caffè

Anton – 5 Luglio 2016 – 8:00
“ Non si è fatto più vedere, è passata una settimana da quando ho iniziato questo lavoro, forse è passato di pomeriggio e non mi ha trovato ma più probabilmente non è passato perché in fondo sono solo un ragazzino, è così che mi vedono tutti e sinceramente non credo che abbiano poi tutti i torti. Però perché sto pensando a Luis? Insomma certo, poteva essere una scopata senza significato, come le sono state e tante altre in questi 3 anni, però innanzitutto non ho la certezza che sia gay, insomma certamente ho una sensazione che lo sia ma senza certezza non posso comunque espormi e poi peggio ancora è un poliziotto e io più di chiunque altro doversi stare lontano da quei tipi. Ma perché da una settimana penso spesso a lui?
Anton, per piacere niente cazzate. “
<< Ehi, Anton, quando pensi alle ragazza almeno chiudi l’acqua, che il piattino che stai lavando tra poco diventerà così brillante da far sfigurare gli altri puliti >>
Anton chiuse l’acqua: << Mi scusi signore >> disse sorridendo mestamente al padrone del bar.
Era ancora in prova, il padrone del bar era un tipo fintamente burbero ma si vedeva che ci teneva ai dipendenti e sapeva essere rassicurante e anche simpatico, e Anton pensava di aver sortito un effetti positivo sul proprietario del bar.

Ad un certo punto Anton perse un battito, per poi avere il cuore che gli batteva in maniera un po’ accelerata, era entrato Luis con un sorriso appena aperto uando lo vide, si avvicinò al bancone
Luis: << Ciao, allora quel caffè? Me lo vuoi offrire ancora? >>
Anton rimase un po’ interdetto, ancora incredulo di avere davanti Luis, poi si destò e disse: << Certo, te lo faccio subito e vedi l’euro, lo metto in cassa e faccio anche lo scontrino >>
Luis: << Ahaha, non era necessario, comunque voglio vedere come è il caffè di questo bar, spero sia migliore del mio >>
Anton: << Beh, senza offesa, non è che ci voglia molto >> disse mentre armeggiava con la macchina del caffè.
<< Eh, no, caro, tu non ti volevi svegliare e il caffè si è quasi bruciato, la prossima volta sentirai.. >>
Anton si chiese se avesse sentito bene, aveva detto la “ prossima volta “ ma si, era più un modo di dire che altro si disse e poi porse la tazzina di caffè al neo ispettore. Luis bevve il caffè lentamente, sembrava che lo analizzasse come se fosse un indizio di un caso o almeno quello era il paragone che venne in mente ad Anton, poi quando finì poggio la tazza sul piattino e disse: << Devo dire che non è male >>
<< Wow, dobbiamo mettere un avviso alla porta: “ questo caffè è piaciuto addirittura al signor..già, qual è il tuo cognome? >>
<< Gaillard, sono Luis Gaillard e tu? >>
<< Piacere, sono Anton Lacroix >> gli disse porgendogli la mano e Luis ricambiò ridendo, Anton pensò di aver fatto una mossa cretina, ma comunque che importava, mica doveva fare colpo su Luis, no?
<< Ecco, Anton, volevo dirti una cosa.., più che altro chiederti..
Una voce femminile lo interruppe: << Mi scusi, potrei avere un croissant ed un caffè? >>
<< Arriva subito >> disse Anton, molto infastidito dall’interruzione della cosa che voleva chiedergli Luis, e se fosse la richiesta di conoscersi meglio fuori da posti e situazioni più o meno casuali o obbligate? E se si stesse facendo solo dei film?

Quando servì la signora, sperò che non arrivasse qualcun altro e tornò da Luis: << Cosa mi volevi chiedere? >>
<< Ah, ecco, volevo chiederti se magari una di queste..
Ma fu interrotto dal suono del telefono cellulare
Luis rispose: << Ispettore Gaillard, cosa? Dove? Arrivo subito.
Luis si limito a fare un cenno di saluto e scappò veloce come il vento, mentre Anton si chiedeva una di queste cosa..una di queste brioches? Una di queste bustine di zucchero? Una di queste sere..


Note dell’autore: Eccoci qua! Pian piano si muovono le acque ma neanche tanto piano, intanto hanno chiamato urgentemente Luis, perché? Cosa sarà successo? Lo vedremo nel prossimo capitolo.
Ah, volevo avvisare che le virgolette di questo tipo (“) in questa storia( perché in ogni storia mi piace cambiare) sono i pensieri del personaggio su cui si focalizza il capitolo, tranne casi particolari e in questo capitolo è capitato in 2 occasioni ma penso e spero si capisca.
Grazie a tutti i lettori, a chi mi segue e chi ha messo la storia tra le preferite. Ringrazio in particolare chi mi recensisce, holls.
Al prossimo capitolo!

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Capitolo 6
*** Omicidio ***


~~Capitolo 6 – Omicidio

Luis – 5 Luglio 2016 – 8:00
Quando Luis Gaillard era entrato nel bar dove sapeva lavorava Anton aveva pensato che sperava fosse di turno e che non si fosse già fatto licenziare, quando Anton lo vide sembrava molto contento e a Luis era sembrato addirittura per un attimo che gli occhi di Anton si erano illuminati quando lo aveva visto ma levò dalla testa subito quel pensiero, già altre volte aveva interpretato dei segnali per quello che non erano da parte di altri ragazzi in quelle che non sempre si erano trasformate in relazioni a quelle che lo avevano fatto non erano poi durate molto.

Luis poi si era avvicinato al bancone e aveva chiesto un caffè, aveva scherzato con Anton, ma ad un certo punto aveva preso il coraggio a due mani e aveva deciso di chiedere ad Anton se lui volesse uscire una sera.. come amici ovviamente ma prima fu interrotto da una ragazza e poi proprio mentre stava per rispondere alla domanda di Anton: << Cosa mi volevi chiedere? >>
Proprio in quell’istante fu interrotto da una chiamata che si rivelò tristemente importante: << Ispettore Gaillard >> rispose Luis
Dall’altro capo di un inesistente filo c’era l’ispettore capo Lafont: << Luis, vieni subito alla Rue Ernest Michel numero 15. Terzo piano. C’è stato un omicidio. >>
<< Cosa? Dove? >>
<< Glie l’ho detto dove, si svegli Gaillard >>
<< Arrivo subito >>

Arrivò il più velocemente possibile a Rue Ernest Michel, al terzo piano vide già Ricky parlare con una donna che stava piangendo, probabilmente chi aveva trovato la vittima, ben presto entrato nella cucina vide Claude Lafont, l’ispettore capo, un tipo che sentiva la minaccia dei suoi vice, così era stato per i suoi predecessori, sarebbe stato anche per loro così? Sperava di no.

Poi lo sguardo cadde sulla vittima. Il battito accelerato che lo aveva accompagnato per tutto il percorso si calmò ma non perché si era calmato ma perché si era raggelato, non era la prima volta che vedeva una persona morta ma una delle prime dal vivo e sarebbe stata la prima volta a cui avrebbe partecipato alle indagini, Lafont permettendo.
La vittima era una ragazza di 28 anni, il corpo era supino, ciò che saltava all’occhio era sicuramente il fatto che fossero abbassate sia la gonna che le mutande, forse vittima di stupro e poi uccisa in qualche modo.
Luis notò subito un particolare bizzarro, la ragazza aveva una boccetta di pillole in mano, Luis chiese subito al medico legale che tipo di pillole fossero.
<< Il Colnox, è un forte sonnifero >>
<<  È possibile che ne abbia assunto qualcuno? >>
<< Senza autopsia per quanto mi riguarda può essersi pure strozzata da sola >>
<< Secondo lei è morta per asfissia? >>
<< Se lei parlasse col suo collega saprebbe tutto quello che ho da dire, ora mi spiace ma mi è venuto un po’ di appetito, vado a fare merenda >>.

Luis era sorpreso dallo stomaco del medico legale, lui avrebbe a stento mangiato quel giorno.
Luis chiese a Ricky le informazioni che aveva ottenuto essendo arrivato prima sulla scena del crimine.
Ricky riassunse tutto con maestria: << La vittima è stata strangolata, prima è stata spogliata ma non sappiamo se sia stata violentata o meno, probabilmente ha lottato ma non è riuscita a graffiare il suo assassino, non paiono ci siano tracce sotto le unghie, ah e probabilmente l’assassino o è mingherlino o era particolarmente debole oppure è più probabile che sia una donna >>
<< Interessante >>
<< Ma questo è niente rispetto alle rivelazioni che mi ha dato chi ha ritrovato il corpo, sua sorella. >>
<< Ti ascolto >>
<< Pare che un uomo sulla cinquantina con una barba abbastanza lunga, gli occhi un po’ scavati e poco curati la stesse perseguitando da una settimana >>
<< Ma queste caratteristiche sono quelle di Steady >>
<< Già, pensavo fosse una coincidenza ma noi da giorni giriamo con foto di Steady e lei lo ha riconosciuto quando glie le ho mostrate, seppur più anziano, è lui. Da qualche giorno il nostro caro Steven Okdy si trovava più spesso nelle zone frequentate dalla vittima che si chiamava Amelie Joules, andava al lavoro, lui era vicino alla macchina, era vicino a casa sua, una volta pare abbia fatto vedere il suo pene volgarmente alla ragazza è una volta è quasi entrato in casa; per questo motivo la sorella Veronica Joules accompagnava la ragazza negli ultimi due giorni ma purtroppo oggi la troviamo così, un momento di  distrazione, magari è uscita di casa un attimo e Steady è entrato e la ha uccisa, ammesso che sia lui l’assassino. >>
Lafont intervenne prima che Luis facesse le sue considerazioni: << Mi pare chiaro che sia stato l’uomo che stiamo cercando, tutto torna, i tempi, le modalità, c’è un probabile stupro e poi lo strangolamento, proprio quello che ha fatto 13 anni fa e voi lo sapete meglio di chiunque >>
Luis parlò: << Già ed è stato sempre qui, non è neanche scappato in un’altra città ma ha minacciato e ucciso un’altra persona >>
Lafont cercò di stemperare gli animi: << Non erano mosse facili da prevedere e comunque con i sé e con i ma non si conclude niente >>
<< Però ho un dubbio >> disse Luis
<< E quale sarebbe? >> chiese stizzito l’ispettore capo
<< Perché la ragazza aveva in mano un sonnifero così potente? Dubito che l’abbia perso lei per difendersi da Steady >>
Ricky intervenne: << Pensi che sia stato l’assassino a metterglielo in mano? In realtà da quello che ci ha raccontato la sorella non ti ho ancora detto che lei ha tentato il suicidio due anni fa, nel 2014, ha cercato di togliersi la vita con dei sonniferi perché non riusciva a togliersi di dosso la vergogna di essere stata violentata dal suo ex ragazzo, un certo Raoul Doubry, che è ancora in galera. Tutto questo me lo ha detto la sorella >>.
<< Confermo >> disse all’improvviso il consulente psicologo che aiutava nei casi la polizia, il Dr Moore, inglese che viveva da 20 anni in Francia. Era anche lo psicologo di Luis.
<< In che senso? >> chiese Lafont
<< Avevo in cura Amelie, si era da poco ripresa dal fattaccio del suo ex e ora.., io l’ho aiutata come ho potuto ma è stato sicuramente merito suo se ce l’ha fatta >>
<< Magari Steady sapeva qualcosa o ha trovato vicino questa boccetta e l’ha messa in mano alla vittima inscenando un improbabile suicidio o semplicemente un nuovo vezzo di Steady, motivo in più per non perder tempo in chiacchiere e fermarlo >>
Luis non prestò molta attenzione a Lafont e chiese al dottor Moore: << Quante possibilità ci sono che questo mettere una boccetta di sonniferi nella mano della vittima sia un vezzo di uno stupratore seriale con qualche problema mentale? >>
Lafont: << Gaillard! >>
Ma Moore rispose: << Sono poche ma non escludo che questo possa essere uno dei casi >>
Luis rimase sorpreso dalla risposta di Moore, notò il sorriso accennato di Lafont, ma lui non si scoraggiò e indico un’altra cosa che non quadrava: << Il medico legale ha detto che la stretta al collo che ha portato la vittima alla morte non era molto forte ed è più probabile che sia stata una donna od un mingherlino a strangolarla >>
<< Luis, sai quanto ti apprezzo, non farmi pentire di aver messo una buona parola per te riguardo la tua promozione >> disse Lafont che aggiunse: << Steven Okdy è mingherlino, non era Ercole prima e dopo 13 anni di galera era dimagrito molto anche e soprattutto di braccia, non tutti diventano forzuti in galera e comunque l’assassino doveva essere abbastanza forte da uccidere una donna per soffocamento, certo non poteva essere troppo debole.
Ora sgomberiamo l’area, Luis, Ricky, fatevi dare i video di sorveglianza da negozi e qualunque punto abbia potuto riprendere Steven e poi esaminateli in ufficio alla centrale, potrebbero esserci degli elementi importanti. Troviamolo al più presto, non può essere andato lontano, confido nella vostra piena partecipazione ispettori, una volta che avremmo assicurato Steady alla giustizia, potrai scrivere tutti i gialli che vuoi  Gaillard >>
Una volta che Lafont fu abbastanza lontano Luis emise un sonoro: << Che stronzo >>
Ricky si limitò a dire: << Eh, già.. ma secondo te davvero ha messo una buona parola per la tua promozione? >>
Luis sorrise: << Secondo te, una primadonna come Lafont? Ci vede come altre minacce >>
Ricky sospirò: << Quasi quasi rimpiango il pattugliamento >>
Luis rise: << Non esageriamo >>
E si mossero ad eseguire gli ordine dell’ispettore capo Lafont.

Si fece sera, fecero come aveva detto Lafont, ma adesso ci sarebbe voluto un sacco di tempo per analizzare tutte le immagini, i video, normalmente lo avrebbero fatto i loro sottoposti ma Lafont aveva preteso lo facessero loro, però forse questo poteva effettivamente dimostrare le tesi di Luis e smontare quella di Lafont ma comunque ci volevano giorni e Luis voleva indagare a suo modo e nello stesso tempo comunque rimettere le mani su Steady.

Ricky lo destò dai suoi pensieri: << Oggi è meglio che andiamo a riposare, non credi? >>
Luis: << Ho delle carte da sistemare, tu vai pure. >> Effettivamente Luis si alzò e iniziò a mettere mani a delle carte, Ricky ancora seduto sulla sedia girevole accanto alla sua scrivania disse improvvisamente: << Come va l’amore? >>
A Luis venne spontaneo un sorriso mentre era girato di spalle ma Ricky colse la novità: << Oh, allora ci sono delle novità, non hai sbuffato come tuo solito a questa domanda >>
Luis si girò verso Ricky e andò a sedersi dicendo nel frattempo all’amico: << Non c’è nessuno >>
Ricky: << Dai, dimmi, come si chiama ? >>
Luis: << Uff, si chiama Anton.. ma non dovrei neanche minimamente pensarci, innanzitutto è un teppista, pensa che lo stavo arrestando per rissa >>
Ricky: << Wow, lo stavi? >>
Luis non badò troppo alla risposta di Ricky e aggiunse: << E poi ha 21 anni, ti rendi conto? Quando avevo 18 anni, lui ne aveva 6! >>
<< Dai, ma quando mai l’età è stata un problema per le coppie omosessuali, ci manca solo questa >>
<< La tua argomentazione è assurda, è un problema oggettivo per ogni tipo di  coppia >>
<< Si, è vero, ma è un problema che se ci sarà è meglio affrontarlo dopo, no? Chiedigli di uscire, vedi come la prende e poi vedi come va, vivi la vita come viene , ci pensano i casi a stressarci >>
Luis non voleva dare ragione a Ricky ma doveva ammettere che lui si fasciava la testa sempre prima di rompenserla da qualche anno a quella parte, forse per  le troppe volte che se la era rotta per questione di cuore negli ultimi anni, sospiro ammettendo: << Hai ragione >>
<< Che giorno è oggi? No perché lo devo segnare sul calendario che mi hai dato ragione >>
Luis rise, poi però a proposito di Anton c’era un'altra cosa che gli dava da pensare: << Ricky, io però penso di averlo giò visto prima di qualche giorno fa, i suoi occhi sono unici >>
<< Dai, dimmi il nome che indago nel suo passato, magari ti ricordi dove lo hai visto >>
<< Non dire e non fare sciocchezze chiaro? >>
<< Eh va bene.. >>
Ricky si alzò per uscire dall’ufficio e dall’edificio
<< Ricky >> disse Luis mentre Ricky era già sulla porta, il collega si girò, lui si limito a dirgli: << Grazie >>
Ricky sorrise, annuì grato e lo saluto con la mano.
Ora Luis sapeva cosa fare.


Note dell’Autore: Avviso i lettori che per tirocinio iniziato da 800 ore, più recitazione e studio ho finito i capitoli che avevo già scritto e dovevo solo trascrivere e correggere, per cui dico ai carissimi lettori di questa storia di attendere un po’ di più del solito, visto i miei tanti impegni, spero non troppo. Lo stesso dico a chi legge anche “ il ragazzo che mangiava i fiori ” (non so quanti lettori di entrambe le storie passino da qua, se ci sono), ho in mente due capitoli, una per questa e l’altra per la storia sopra citata a cui tengo molto e nella mia mente dovrebbero essere tra i migliori, ma probabilmente non sarò contento del risultato, ma chi conta che sia contento siete più voi lettori che me autore.
Vi si vuole bene.
Marc25  

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Capitolo 7
*** Una foglia tra le tante ***


~~Capitolo 7 – Una foglia tra le tante

Anton – 5 Luglio 2016 – 21:00
“ Che stupido che sono stato, ho fatto degli straordinari che non mi verranno retribuiti perché nessuno me li aveva chiesti e son rimasto a dare una mano solo nella speranza di vedere un poliziotto che probabilmente voleva solo avere una brioche o chissà che cosa con quella domanda, sarebbe stato assurdo se fosse tornato, no? Ma io come un cretino ci ho sperato, beh, almeno non sono stanco né ubriaco, sono a casa mia, in questo s-confortevole bugigattolo ad osservare le folate di vento dalla mia finestra.
Quella foglia appesa al ramo sottile dell’albero di fronte a me, sembra che ogni folata di vento possa buttarla giù, possa staccarla da quel ramo a  cui è già precariamente attaccata ma.. resiste, quante volte sono stato come questa foglia, e quante volte sono caduto però.. ammiro la tua perseveranza foglia, quel ramo, quell’albero sono la vita per te e in questa fase della mia vita non voglio far altro che imitarti, qualunque cosa pur di rimanere aggrappato a quell’albero “

Il suono inaspettato di un citofono destò Anton che si stava facendo cullare dai suoi pensieri. Il ragazzo si avvicinò al citofono, consapevole che chiunque fosse probabilmente non avrebbe sentito neanche una parola della sua risposta, e a malapena avrebbe sentito lui, non era un citofono di ultima generazione per usare un eufemismo, anzi non funzionava prorio.
<< Chi è? >> gridò Anton sperando che così si sarebbe sentito qualcosa
Dall’ altro capo lui sentì una risposta molto confusa, non capì praticamente niente ma sentì il nome dell’interlocutore, Luis, quanti Luis conosceva? Non molti, quanti Luis frequentava? Nessuno, se non considerava il poliziotto che aveva conosciuto una settimana prima.
Cercò di rispondere ma non ricevette nessuna risposta di rimando, probabilmente non era arrivata nessuna frase all’interlocutore stavolta, allora prese il coraggio a due mani e corse giù tenendo in mano soltanto le chiavi di casa e dal quinto piano di corsa scese e uscì fuori dal portone, non c’era nessuno, si voltò alla sua sinistra, nessuno, si volto a destra, vide un uomo di spalle che si allontanava.
Tentò la sorte e lo chiamò: << Luis? >>
L’uomo si girò ed era Luis che era visibilmente sorpreso di sentire la voce di Anton
“ Chissà che faccia sorpresa sto facendo anche io, ma gioco la mia solita carta, simpatia e spavalderia “ pensò il ventunenne
<< A cosa devo questa visita ispettore? >>
<< Ecco..questa mattina volevo farti una domanda..
<< Ah, si? >> Fece il ragazzo fingendo di non ricordarsi, quando invece ci aveva pensato tutta la giornata
Luis: << Si..ecco..vol..evo chiederti..così..se ti va una di.. queste sere di usci..re con..me. Ma solo se ti va, eh. Ok, forse non dovevo chiedert..
<< Ti andrebbe bene ora? >>
Anton vide la faccia sorpresa di Luis che dopo un attimo di esitazione disse: << Va benissimo >>
<< Ok, allora prendo una giacca leggera e vengo, non allontanarti >>
<< Tranquillo >> rispose Luis

Anton tornò 5 minuti dopo e insieme iniziarono a camminare, per la prima volta nessuno dei due stava esercitando le proprie funzione lavorative.
Quella foglia sarebbe caduta prima o poi, ma non per Anton, per il ragazzo dagli occhi blu quella foglia sarebbe sempre rimasta ben salda al ramo, così come avrebbe voluto essere lui, un percorso che forse davvero stava iniziando a intraprendere.

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Capitolo 8
*** L'uscita ***


Cap 8 – L’uscita
Luis – 5 Luglio 2016 – 21:00
“ Starò facendo una follia a bussare al citofono di un quasi sconosciuto per chiedergli di uscire? Ma in fondo ha dormito da me..si, ma la situazione è ben diversa. Comunque Ricky ha ragione, non ho niente da perdere, passare dal bar e farmi dare l’indirizzo dalla sua neo-collega era già stato imbarazzante, quindi era la cosa giusta da fare, premiamo questo tasto. “
Mentre si faceva travolgere da quei pensieri premette con la mano tremante il pulsante del citofono che segnava il nome su un bigliettino attaccato con lo scotch che copriva il nome del proprietario o del precedente affittuario. Una volta che ebbe premuto il tasto aspettò in trepidante attesa che qualcuno rispondesse, vergognandosi di avere le stesse emozioni che aveva da adolescente o poco più.
Quando sentì qualcosa di incomprensibile al citofono che assomigliò alla domanda << Chi è? >>, allora lui disse: << Ciao Anton, sono Luis Gaillard, insomma ti volevo chiedere se volevi uscire con me uno di questi giorni >> Aveva detto tutto d’un fiato ad un citofono una cosa così, ma era sicuro che non sarebbe riuscito a ripeterlo.
Sentiva solo un rumore incomprensibile dall’altra parte, poi il nulla, forse era stato solo uno stupido a cogliere dei segnali che aveva visto solo lui, decise di andarsene, tornare alla macchina, in fondo il lavoro era tanto, magari la mattina si sarebbe svegliato..
<< Luis >>
 Luis si voltò vedendo Anton e sorrise in modo spontaneo, era felice, felice sul serio di vederlo e anche se con difficolta riuscì a ripetere la fatidica domanda e poco dopo camminavano fianco a fianco come 2 amici, come 2 persone che volevano condividere del tempo assieme, era quello, niente di più, era già moltissimo.
 
Il silenzio tra di loro avvolse i primi minuti che passavano insieme, nessuno dei due sembrava avere il coraggio di romperlo, Luis pensava che se qualcuno li avesse visti avrebbe pensato che quei 2 camminavano casualmente uno affianco all’altro, che forse prima o poi uno avrebbe allungato il passo e avrebbe lasciato indietro quella persona incrociata sulla propria strada.
Ma loro non erano sconosciuti, anche se non si conoscevano che da pochi giorni, si piacevano, questo si, o almeno Luis sapeva quello che sentiva per quel giovane ragazzo, chiamarlo amore sarebbe stata una follia anche se fosse nato qualcosa, no, semplicemente gli batteva il cuore come non gli succedeva da tempo, ma questo non fece che bloccare Luis nell’iniziativa di iniziare un qualsivoglia tipo di discorso.
Per fortuna Anton ruppe gli indugi e ben presto il silenzio sarebbe stato un discorso sbiadito.
 
<< Senti Luis, hai già mangiato? >>
<< No..in realtà non avevo pensato ad un po..
<< E che fa? Anzi meglio, voglio proprio portarti in un posto >>
<< Davvero? >>
<< Si, ti fidi? >>
<< Se ti dico di no, ti offendi? >> disse Luis scherzando
<< Beh, faresti bene >>
Luis rise, Anton lo intimò di seguirlo e Luis quasi si preoccupava veramente.
 
<< Un paninaro? >> Disse stranito Luis quando vide dove lo aveva portato Anton, uno di quegli stand che venivano messi spesso la sera nelle periferie, probabilmente neanche in regola, e non erano neanche una periferia sperduta come di solito accadeva.
Anton si accostò al venditore: << Ehi, ciao Henry, mi fai un bel panino con la salsiccia e pieno di senape e ne fai uno uguale anche al mio amico >>
Luis si affretto a intervenire: << Ehm, no, veramente io lo eviterei, sai la senape francese è molto forte >>
Henry: << È vero signore, ma la senape che Anton vuole è sempre quella più leggera e sfiziosa ma se vuole ho anche quella classica >>
<< No, no, per carità >> rispose Luis
<< Dai, Luis, ti fidi di me? >> disse Anton dolce
<< Sempre meno >> rispose Luis
Questo fece ridere Anton e Luis pensò a quanto fosse bello ,gli sembrava sempre più bello ma distolse i pensieri e disse: << Eh, va bene, proviamo questo panino >>
 
Qualche minuto dopo:
Luis addentò il panino molto timidamente, Anton se ne accorse e intervenne: << Ma così non assaggi niente, è così che lo devi addentare. >>
Anton tirò un morso molto vigoroso e mangiò in un sol boccone quasi metà del panino. Luis rimasse in parte divertito e in parte sconvolto, poi notò che Anton era sporco vicino al labbro, il 33enne lo fece notare ad Anton
<< Ehm, ti sei sporcato vicino al labbro >>
Anton si pulì troppo sopra, così Luis quasi senza pensarci pulì col dito la senape che era sul labbro e in parte della guancia di Anton, Luis si accorse un po’ tardi di quello che aveva fatto.
Luis lesse nel bellissimo sguardo di Anton un imbarazzo palpabile, così Luis abbassò lo sguardo vergognandosi, la situazione sembrava in stallo, con questo lunghissimo silenzio ma inaspettatamente fu proprio il giovane ragazzo a sbloccare la situazione dicendo: << Beh.. adesso almeno sai come dovresti addentare un panino, dai fammi vedere >>
Luis alzò lo sguardo sorpreso e annuendo addentò finalmente il panino con più coraggio, un gusto molto piacevole lo invase per quanto rustico.
<< Allora com’è? >>
<< Molto buono >>
<< Visto, che ti dicevo? >>
Luis notò che l’imbarazzo di poco prima era completamente sparito e questo lo fece sorridere.  
 
 
Qualche minuto dopo:
Entrambi avevano finito di mangiare il panino e se apparentemente non avevano molte cose in comune di cui parlare, gli argomenti di cui discutere venivano da sé. Ad un certo punto Anton fece una domanda: << Ho letto sul giornale che un noto criminale è scappato di prigione, vi state occupando di quel caso? Se posso chiedere >>
<< Beh, teoricamente non potrei dire niente riguardo le indagini ma tanto si sa che stiamo lavorando su quello, quindi si, io e un mio collega in particolare stiamo lavorando su quello perché tempo fa fummo noi a prenderlo.. ,ma ora c’è anche un omicidio di mezzo, sarebbe inutile nasconderlo, tanto prima o poi lo sapranno tutti, purtroppo. >>
<< Sembra pericoloso, inquietante ma anche..eccitante! Scusami per il pensiero infantile >>
<< Ahah, no, vabbè, lo capisco, ma è meno eccitante di quanto sembra. Beh, abbiamo parlato di me, ma di te che mi dici? >>
<< Non è niente di eccitante, ho vissuto in una casa famiglia da quando avevo 7 anni fino ai 18 anni, anche se tra i 16 e i 18 anni ero più fuori che dentro >>
Luis un po’ titubante fece la domanda: << Quindi sei orfano? >>
<< Solo di madre tecnicamente ma è come se fossi orfano anche di padre, ho un fratello e una sorella ma non li vedo mai e questo è quanto >>
Le incrinature della voce in quel racconto facevano capire a Luis che Anton aveva sofferto e soffriva ancora di quella situazione, per quanto Luis ne sapesse poco.
Anton: << Senti, se hai ancora un po’ di tempo conosco una birreria qua vicino fantastica >>
Luis guardò l’orologio, erano le 22:20, forse era già un po’ tardi ma Anton gli disse: << Eh, dai, basta guardare l’orologio, tanto pure se domani arrivi un po’ in ritardo a lavoro.. >>
<< Già, in fondo arrivo sempre in orario >> disse sarcasticamente Luis, sarcasmo che Anton fece finta di non notare e Luis continuò: << Eh, va bene, voglio fidarmi ancora >>
 
A due isolati da dove erano loro trovarono questa birreria e Luis sperò vivamente di ricordare da dove erano venuti.
La birreria aveva un aspetto un po’ rustico, era praticamente tutta fatta di legno, da fuori non sembrava, ma dentro quello che c’era era legno vero, bello sentire il rumore del legno sotto i loro passi leggeri, pensò Luis.
Anton salutò due suoi amici, poi si girò verso Luis e li presentò: << Lui è Luis, un mio.. amico e lei è Eloise >>
Luis: << Piacere >>
Eloise: << Piacere mio >>
Anton: << E lui è Jacques >>
Jacques e Luis si diedero un piacere reciproco e dopo di che Eloise ruppe il normale imbarazzo che si crea quando si sono appena presentate delle persone.
Eloise: << Così lei è Luis, Anton non ci aveva mai parlato di lei >>
<< Eloise! >> intervenne Anton e continuò con tono leggermente alterato: << Noi non ci vediamo ogni sera e non ti racconto tutto >>
Eloise: << Già, a volte vai in dei localacci >>
<< Forse perché non vuole perdere a freccette >> aggiunse Jacques, palesemente il fidanzato di Eloise
<< Ahaha, è che stracciarvi a freccette ogni volta può essere stancante >>
Luis si sentiva un po’ fuori da quella discussione ma ciò cambio molto velcoemente e Anton lo coinvolse dicendo: << Facciamo così, la squadra che vince paga le birre all’altra >>
Luis sussurrò ad Anton: << Ehm, io non gioco a freccette da anni e non sono mai stato bravo >>
Anton disse a voce alta manco fosse già ubriaco: << Tranquillo, facciamo due tiri di prova >>
Luis provò a tirare per primo e a stento colpì il bordo del bersaglio
Anton: << Eh, siamo proprio a zero >>
Poi diede un altro dardo a Luis e si mise dietro di lui prendendo il braccio di Luis il cui cuore batteva sempre più forte, poi Anton gli mostrava il movimento della mano che doveva fare: << Ecco, devi muovere il polso, devi essere più sciolto prima di tirare >> diceva questo mentre toccava la mano di Luis indicandogli il movimento da fare per migliorare, i loro corpi erano attaccati e Luis non poté non pensare che Anton avesse un leggero piacevolissimo profumo, non perché si era profumato, no, era proprio il profumo della sua pelle, lo percepiva chiaramente, chissà se era l’influenza della sua cotta a farglielo sentire chiaramente, comunque tirò e fece 9 punti, vicino al punteggio massimo, centrale, di 10.
Anton: << Ok, ora siamo pronti a stracciarvi >>
Mentre Eloise e Jacques rispondevano a tono, Luis si girò verso Anton e ogni volta che vedeva quegli occhi gli veniva un sussulto al cuore, tutto dopo che il battito era stato accelerato per tutto il tempo in cui Anton era stato dietro di lui, Luis si chiedeva se era stato solo una sua impressione o se anche il battito di Anton quando era dietro di lui, Luis si chiedeva se era stata solo una sua impressione o se anche il battito di Anton quando era dietro di lui era veramente accelerato come aveva percepito dal contatto del corpo del ragazzo.
Ben presto dovette però concentrarsi sula “gara”, sarebbero stati 3 turni, fecero testa e croce e chi vinceva avrebbe tirato due volte su tre come secondi, e loro vinsero, quindi avrebbero tirato per secondi in due dei tre turni, Luis pensava che iniziava bene.
Per primi tirarono Eloise e Jacques e fecero 9 e 9, 18, era un punteggio altissimo, Luis tirò per primo, era teso, era solo un gioco ma lui era competitivo e da quello che intuiva Anton non era da meno, al primo tiro fece 7 punti, non male, ma sicuramente questo turno era perso, Anton si avvicinò e sussurrò: << Non male, il prossimo tiro andrà meglio >> disse toccandogli una spalla, poi tirò distrattamente e fece 9 punti, cavolo Anton era proprio bravo in quel gioco.
La volta successiva toccava a loro tirare per primi, Anton fece tirare di nuovo Luis per primo e stavolta Luis si concentrò sul movimento che gli aveva fatto vedere Anton e fece 9 punti, fece il pugno alzato quando fece tale punteggio.
Anton fece 10 con una facilità disarmante, alzò la mano e Luis capì che voleva il batti cinque e così lo fecero ma Eloise disse: << Non cantate vittoria, dobbiamo ancora tirare noi >>
<< Dobbiamo ancora tirare noi >> fece il verso Anton
Eloise rise ma fece un ottimo 9, facendo la linguaccia a Anton ma Jacques fece 8 e noi vincemmo il secondo turno, al terzo turno Eloise fece 8 e Jacques 9, erano proprio bravi.
Io ero teso e feci “soltanto” 8, normalmente un ottimo punteggio, ma ora per vincere ci voleva il 10 di Anton, ci fu un momento di tensione tra noi 4 e di curiosità di uno stuolo di altre persone che si intrattenevano in quella accogliente birreria.
Ma Anton fece con semplicità 10 e urlammo di gioia abbracciandoci, era stata una cosa d’istinto, poi quando ci staccammo, mi venne spontaneo chiedergli scusa, ero imbarazzato, anche lui un po’ ma disse: << E di che? Abbiamo vinto, è giusto abbracciarsi e festeggiare >> e poi rivolto a Eloise e Jacques disse: << Per noi due bionde ghiacciate, grazie >>
Luis non poté fare a meno di ridere ma Eloise e Jacques dopo piccole imprecazioni si congratularono con noi e dopo portarono due birre per noi e due per loro, iniziamo a conversare amabilmente, beh, pareva che anche Anton sapesse frequentare brave persone quando voleva, un’ora e mezza passò in fretta.
 
Prima che la birreria chiudesse Luis decise di andare in bagno, lì incontro ELoise che stava uscendo dal bagno delle donne, gli disse: << Oggi mi sono divertita, sei un bravo ragazzo >>
Luis sorpreso disse: << Grazie >>
<< Sai >> rispose Eloise << Non sei il primo ragazzo che ci presenta Anton >>
<< Ma noi non siamo fidanzati >> si affrettò a dire Luis
<< Si, lo so, non lo erano neanche gli altri, solo che in te vedo qualcosa di diverso e credo che anche Anton lo abbia percepito, Anton è un ragazzo problematico che non parla mai del suo passato, sembra che non lo scalfisca niente ma in realtà è fragile, però ha un cuore d’oro. >>
<< Non so perché tu mi dica questo ma credo anch’io che Anton sia una persona buona >>
<< Lo è.. e chissà forse presto capirai il perché delle mie parole >>
Così detto Eloise se ne tornò in sala e Luis entrò in bagno.
 
Dopo pochi minuti si salutarono sperando di rivedersi presto ed era una speranza sincera da parte di tutti.
 
Luis prese la parola: << Credo sia ora di andare, ti accompagno a casa, la mia macchina è vicino casa tua >>
Anton disse: << Si, ma.. vedi quel muretto basso, perché non ci sediamo là e osserviamo le stelle? >>
Luis voleva dire: “ Non ti facevo così romantico “ ma evitò di fare gaffe
<< O un poliziotto che si siede sul muretto come un adolescente non va bene? >> lo punzecchiò Anton
Luis: << Ma che dici? Non sono in servizio e anche un poliziotto può sedersi sul muretto, sai? >>
Si sedettero sul muretto e per 5 minuti ci fu un silenzio complice, non imbarazzato come i silenzi che avevano ogni tanto pervaso la serata.
Ad un certo punto Luis parlò: << Ho fatto proprio bene a suonare al tuo citofono scassato, è stata una bellissima serata >>
Anton lo guardò con quello sguardo che leggeva dentro e poi pronunciò delle parole he sciolsero Luis: << Non è detto che la serata sia finita >>
Le facce di Luis e Anton si avvicinarono lentamente, entrambi schiusero appena le bocche e poi..
<< Dylan? >> << Ehi, Dylan >> gridò Anton, salutando con la mano verso la strada, scese dal muretto e corse verso un ragazzo decisamente bello, alquanto alto, atletico ma non troppo, biondo e con occhi verdi.
Insomma la magia si era rotta e difficilmente sarebbe mai tornato quell’incantesimo
Li vide parlare e dai movimenti che Anton faceva sembrava proprio voler flirtare con quel ragazzo.
Si avvicinò, quando l’unica cosa che voleva fare in quel momento era scappare, per la prima volta in quella serata.
Anton si accorse che Luis si era avvicinato e lo presentò a Dylan
Luis: << Piacere >>
Dylan: << Il piacere è mio >> disse con molta cortesia
Anton in quel momento aveva occhi solo per Dylan, come dargli torto? Il ragazzo biondo era giovane e bellissimo.
Luis disse: << Io devo andare, ci vediamo magari un’altra volta Anton >>
Anton disse: << Ah.. vuoi che ti accompagni? >>
Luis pensava che sarebbe stata una cosa che in quel momento non avrebbe fatto con piacere, perciò declino: << No, grazie, voglio fare due passi da solo >>
<< Ok >> disse distrattamente Anton, guardando Dylan con uno sguardo innamorato che Luis, ne era certo, non avrebbe mai ricevuto.
 
Mentre era sulla strada del ritorno verso la sua automobile, il telefono suono, erano le 00:30, era Ricky, cosa era successo?
Luis: << Pronto? >>
Ricky: << Luis, Steady è morto >>

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Capitolo 9
*** Dylan ***


Capitolo 9 – Dylan
Anton – 6 Luglio 2016 – 00:30
Warning: Capitolo un po’ forte, non vi dico in che senso, leggete e saprete.
A quella sera e a quanto fosse stata bella Anton ci avrebbe pensato dopo ma in quel momento l’unico che calamitava tutta la sua attenzione e molto del suo amore mai del tutto svanito era il ragazzo che gli stava difronte, Dylan.
Dylan lo sapeva, poteva approfittarne, lo aveva già fatto, ma non in quel momento, il ragazzo biondo accennò un sorriso accorgendosi dello sguardo quasi ancora innamorato che Anton gli rivolgeva, ma poi con sorpresa di Anton distolse quei bellissimi occhi verdi dai suoi occhi color mare, che Anton non aveva mai trovato i più belli del Mondo come qualcuno li aveva definiti, li trovava allo specchio troppo intensi, troppo penetranti.
Poi il ragazzo dagli occhi verdi incominciò a parlare: << Perché hai congedato quel ragazzo in quel modo? >>
<< In che modo? Gli ho chiesto se voleva che lo riaccompagnassi, mi ha risposto di no >> disse facendo ancora gli occhi dolci al suo interlocutore
<< Sei più perspicace di così, si vede che è molto interessato a te >> disse Dylan iniziando a camminare verso una direzione e venendo fiancheggiato da Anton che camminava nella sua stessa direzione
<< Dici che è interessato? Anche se fosse..non è il mio tipo, troppo bravo ragazzo >>
<< Beh, sarebbe una bella svolta per te, e poi è attraente >>
<< È solo un amico..,ah, ecco, mi hai fatto dire una frase scontata da film >>
Dylan rise, Anton ne era felice, era sempre bello vederlo ridere ed era raro che accadesse.
Anton continuò: << E comunque è un poliziotto, e tu sai che vuol dire per me >>
 Dylan annuì, poi chiese al suo vecchio amico: << Perché stai facendo la mia strada, non sai dove sto andando >>
<< Non stai andando a casa? >>
<< Si, ma potevo andare da qualche altra parte >>
<< Ma stai andando a casa e a me fa piacere accompagnarti >>
Se da una parte Anton era contento di aver vinto quello scambio dialettico, dall’altro voleva che Dylan continuasse a parlare, invece passarono 5 minuti di silenzio rotto solo dai loro passi.
 
Ad un certo punto Dylan si fermò davanti ad un portone, Anton capì che era arrivato, Dylan lo guardò negli occhi, sembrava essere in procinto di fargli un discorso serio: Anton, dovresti dimenticarti di me.., lo sai, se ci frequentiamo, ci faremo sempre e solo del male e io non potrei sopportare di fartene ancora, mi meraviglio che tu..
Anton lo fermò: Aspetta..Dylan, tu stai dicendo cose giuste, se io ci penso con questa >> disse indicandosi la testa << penso al male che ci siamo fatti, ma se penso a questo >> disse mettendosi entrambe le mani sul cuore << il male scompare e penso solo a quanto bene ci siamo voluti e a quanto ce ne vogliamo ancora.. perché io lo so che anche tu provi lo stesso >> concluse Anton con una lacrima che lentamente gli rigava una guancia.
 
Dylan gli passò una mano sulla guancia asciugando la lacrima, poi lo baciò, Anton accolse quel bacio come se fosse aria e a lui servisse per respirare, la passione prese entrambi, entrarono velocemente nel palazzo e presero con voglia il vecchio ascensore mentre continuavano a baciarsi, ad accarezzarsi, ad amarsi. Arrivati al sesto piano cercarono di darsi un contegno davanti ad una donna anziana che fece loro l’occhiolino e poi prese l’ascensore, loro risero, poi entrarono in casa di Dylan e tornarono a baciarsi, in maniera sempre più appassionata in quella piccola casa che Anton avrebbe notato come tale solo l’indomani, per lui il Mondo in quel momento era Dylan.
In poco tempo si trovarono in camera da letto e entrambi si tolsero velocemente le maglie che coprivano loro il torso, poi Dylan serio dopo qualche altra effusione mise una mano sulla spalla di Anton che capì, si inginocchiò e armeggio coi pantaloni e le mutande di Dylan, iniziando a lavorare di bocca sul pene del ragazzo biondo.
Anton sapeva di essere bravo e Dylan stava palesemente godendo con gli occhi chiusi e gli affondi diventarono sempre più intensi.
Ma all’improvviso si fermò perché voleva far godere anche Anton, lo prese e con desiderio lo mise sul letto, iniziò a baciarlo dappertutto e a spogliarlo completamente, poi fece uno sguardo a Anton come a chiedere il permesso, Anton si limitò ad annuire con desiderio, così Dylan mise le gambe di Anton sulle sue spalle e con delicatezza iniziò a penetrare Anton che gemette di piacere, poi piano piano il ritmo aumentava sempre di più, finché Dylan non venne all’interno del ragazzo dagli occhi color mare che venne subito dopo sulla sua stessa pancia.
Continuarono a baciarsi e a coccolarsi e poco dopo rifecero l’amore, con la stessa intensità di poco prima, provando nuove posizioni.
Anton a letto amava avere il controllo ma con Dylan non era così, non poteva far altro che “sottomettersi” al suo volere e.. lo adorava.
 
Dopo quella lunga notte Anton si addormentò cinto tra le braccia di Dylan. Prima di chiudere gli occhi pensò che avrebbe voluto che quel momento durasse per sempre.

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Capitolo 10
*** Caso chiuso ***


Capitolo 10 – Caso chiuso
Luis – 6 Luglio 2016 – 1:00

Qualche minuto prima stava per baciare il ragazzo che gli piaceva, poi aveva avuto una cocente delusione, non sapeva se Anton si fosse reso conto di come lo aveva messo in imbarazzo flirtando con quel Dylan come se lui non ci fosse, forse era uno stronzo galattico, o forse davvero quel ragazzo lo aveva fatto andare su un altro Pianeta, al punto da dimenticare quasi ciò che lo circondava.
 
In ogni caso Luis poteva considerare questa storia con “ciò che poteva essere e non era stato “, ma in realtà doveva essere contento che fosse finita prima che cominciasse qualunque cosa, potevano anche non considerarsi amici, non si erano frequentati così a lungo da considerarsi tali, tutto finiva così, come un sogno da cui ci si sveglia all’improvviso e che ti lascia l’amarezza latente di non sapere il finale, quella che diventa una delusione passeggera, come il sogno che si è fatto che presto o tardi, inevitabilmente, svanisce in ricordi sfocati.
 
 
Luis fu l’ultimo che arrivò sulla scena del crimine, era un vicolo cieco, una di quelle viuzze dove è facile trovare persone che si drogano, l’odore di quell’ambiente era unico e non era piacevole, quella notte però non c’erano drogati, eccetto uno, Steven Odky, detto Steady, morto con un ago nel braccio, overdose di eroina o forse no, aveva un ago nel braccio ma aveva anche le vene tagliate.
 
Lafont lo distolse dai suoi pensieri alla vista del cadavere: << Alla buon’ora Gaillard >>
Luis: << Scusi il ritardo ma non ero in zona >>
Lafont: << Le sue scuse hanno sempre delle giustificazioni, si scusi e basta ogni tanto >>
Luis annuì quando in realtà voleva strozzare il suo superiore.
Luis: << È morto per overdose o per i tagli alla vena? >>
Il suo amico Ricky che era lì disse: << Il medico legale è già arrivato, si avrà la certezza con l’autopsia ma pare che sia stato l’eroina a ucciderlo >>
Lafont: << Ciò che è importante è che il caso sia chiuso, sarebbe stato meglio trovarlo vivo ma..
Luis: << Come, scusi? >>
Lafont: << Che c’è che non la convince Gaillard? Steady ha ucciso Amelie Joules, la ragazza e poi con i soldi che aveva si è fatto una dose >>
Luis: << Quando l’avrebbe fatta questa dose? Dopo essersi tagliato le vene? >>
Lafont: << Beh, è possibile >>
Luis: << Mi scusi ispettore capo se glie lo dico ma questo è letteralmente impossibile, nessuno riuscirebbe ad alzare un braccio dopo essersi tagliato le vene, figurarsi farsi di eroina. >>
Lafont: << Allora si sarà fatto prima di eroina e prima di morire ha voluto redimersi tagliandosi le vene >>
Luis: << Penso sia improbabile che uno strafatto di eroina tanto da morire per overdose abbia la lucidità e il pensiero di tag..
Lafont gridò: << Ora basta Gaillard! Il caso è chiuso! Presto sapremo la dinamica di come è morto questo stronzo. Sono stanco di sentire le tue sciocchezze, per fortuna hanno portato via il corpo, ora io vado. Ah..Gaillard, se ti venisse la brillante idea di indagare a indagini chiuse io lo verrò a sapere e prenderò dei seri provvedimenti, bada bene. Non sarà per nulla piacevole per te e per la tua carriera se ciò dovesse avvenire, pensaci bene. >> Lo minacciò l’ispettore capo, dopo di che se ne andò lentamente.
 
Ricky: << Che stronzo >>
Luis era rimasto impassibile e aveva sostenuto lo sguardo di Lafont, era orgoglioso di sé stesso e disse a Ricky: << Qui c’è un assassino a piede libero, devo per forza continuare nelle indagini, il prezzo che dovrò pagare sarà comunque più basso di quello che potrebbe pagare una prossima vittima >>
Ricky fu ammirato dalle parole dell’amico e non esito a dire: << E io ti aiuterò >>
Luis: << Davvero lo faresti? >>
Ricky: << Certo, siamo amici e anche io voglio prendere l’assassino prima che compia altri delitti >>
Luis: << Grazie Ricky >>
Ricky: << Mi stai ringraziando un po’ troppo spesso in questi giorni ma stai bene? >>
Luis sorrise e spinse leggermente il braccio dell’amico con affetto: << Andiamo buffone >>
 
Era stata una lunga nottata quella di Luis, presto ne sarebbero arrivate tante altre.

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Capitolo 11
*** Ricordi ***


Cap 11 – Ricordi
Alcune informazioni prima di leggere il capitolo, tutte le memorie dei personaggi, i ricordi sono in corsivo e in prima persona. Questo è un capitolo di rating arancione, da cui il rating della storia, forse momentaneo.
 
 
Anton – 6 Luglio 2016 – 6:50
Il calore delle braccia di Dylan che lo cingevano le sentì anche da appena sveglio, anche se non c’erano più e infatti quella sensazione paradisiaca svanì pochi attimi dopo, e ciò che rimaneva era comunque il caldo che faceva, a quel sesto piano, su quel letto, dove dormiva Dylan non c’era più niente, eccetto un biglietto sul cuscino, Dylan aveva scritto qualcosa:
 
“ Ciao Anton, questa notte passata insieme è stata bellissima ma è stata un errore, penso che ci potremmo fare solo del male se ci vediamo ancora, lo so, questo messaggio ti farà soffrire ugualmente ma in realtà meno di quanto non farei se andasse avanti questa storia.
Sei forte Anton, ora lo sai.
Con amore
Dylan
 
Anton stropicciò quel foglio mentre se lo portava all’altezza del cuore e singhiozzava quasi in silenzio, come se ci fosse stato qualcuno in quella stanza vuota che potesse provare pietà nei suoi confronti o peggio deriderlo, lo stesso timore di quando era ragazzo, quando lui fu la vittima di un crudele gioco di cui lo stesso Dylan era stato l’artefice.
E così mentre il suo pianto si faceva se possibile meno intenso, ricordi raramente dolci e spesso terribili gli fecero visita.
 
 
 
2002 – Anton
Quando nello stesso giorno in cui era morta mia madre mi chiesero se avessi un padre io risposi di no, ero piccolo ma ero abbastanza sicuro che quella telefonata l’avesse fatta mio padre e a parte quel poliziotto ignoto, la colpa di quell’incidente la davo soprattutto a mio padre, ma non solo dell’incidente e mi chiedevo, chissà se magari fosse rimasto con noi, se non se ne fosse andato..poi beveva e già allora capivo che non fosse una cosa buona, e infine una volta ripresosi, invece di tornare da noi, si era creato un’altra famiglia con un’altra donna e anche quello, capivo che non fosse una cosa positiva.
 
Comunque ben presto, dopo i primi giorni in una casa famiglia seppero che mio padre era vivo, non lo seppi subito perché mio padre non volle prendersi cura di me, così quella situazione provvisoria della casa famiglia divenne definitiva.
 
Ero un bambino abbastanza timido e traumatizzato, dormire con altri bambini non era molto semplice, già allora c’era qualche bambino prepotente, niente di eclatante, non c’era bullismo vero e proprio, non da bambini per lo meno.
 
Andavamo tutti nella scuola affianco alla casa famiglia, avevano ottenuto il trasferimento, le suore dalla mia vecchia scuola, erano loro le mie tutrici adesso, in particolare chi gestiva la struttura, Suor Adelaide e la suora che aveva preso più a cuore le mie vicende, Suor Celeste, la suora più buona di tutte.
Andare a scuola per i primi anni non fu male, anzi riuscì col tempo a parlare con qualcuno ma non feci amicizie profondi, si dice che le amicizie dell’infanzia sono indimenticabili. Beh, io non ne ho mai fatte, quindi non posso confermare.
 
Però posso certo confutare la versione secondo la quale le suore sono tutte cattive, forse qualcuna, anche se io sono scappato un anno prima dei diciotto anni ma questa è un’altra storia, la mia fase ribelle.
A posteriori non so se lo rifarei ma essere considerato da chi mi conosce come trasgressivo e ribelle mi è sempre piaciuto.
 
Ma tornando un po’ indietro nei miei ricordi, penso alla mia fase delle scoperte, quando avevo 11 anni, il mio corpo cambiò radicalmente, cambiò la mia voce pian piano, e quella cosa che avevo sotto talvolta diventava più rigida, e ben presto mi capitò anche che uscisse una sostanza bianca e appiccicosa, ero un po’ ignorante riguardo quello e all’inizio ero anche un po’ spaventato ma il vantaggio di avere attorno a sé altri ragazzi, mi fece capire che era una cosa normale, si quello era normale ma era totalmente sbagliato evidentemente il quando si rizzava il mio pene e tutto il resto.
Non potevo chiedere a nessuno, quindi mi pareva così, bisogna eccitarsi ( imparai non subito anche questa parola ) con le ragazze, così io ingenuamente pensavo di poter controllare le mie pulsioni, in fondo è un organo che usiamo tutti i giorni per altre funzioni ma capii ben presto che non era una impresa ardua, era impossibile.
Non fu facile accettare questa situazione ma successivamente scoprii che per altri omosessuali l’impresa di accettarsi era stata ben più ardua e a volte era finita male.
 
Non fu quella cosa però ciò che non mi aveva lasciato a quell’età sveglio la notte a pensare, a rimuginare e ad odiare. Sì, odiare perché un giorno il caso volle che suor Adelaide lasciasse la porta del suo ufficio socchiusa e io sentì che stava parlando con un uomo, diceva:
<< È inutile che finga con me signor Lacroix, lei non è uno zio che ha saputo solo ora dell’esistenza di Anton, lei è il padre >>
<< No, le giuro che io sono uno zio alla lontana >>
<< Scommetto che ora è pronto anche a giurare su Dio >>
 << No, io non lo farei mai Madre >>
<< Madre, si, come se per lei valesse qualcosa la veste che porto, l’istituzione che rappresento e sentiamo da dove viene? >>
<< Da Rotterdam, in Germania >>
<< Ah, pensavo che fosse nei Paesi Bassi, devo chiederle anche quanto tedesco o olandese sa o la finiamo qua con questa sceneggiata? >>
Bernand Lacroix abbassò lo sguardo e sommessamente ammise: << È vero, sono il padre, per tutti questi anni mi sono vergognato di farmi vedere ma ora ho voglia di vedere mio figlio..
<< Lei ha voglia, pensi, io ho voglia di un caffè, ma forse anche un dolcetto. Lei si voleva far passare per uno Zio di un altro Stato, così da non avere nessuna responsabilità perché si vuole togliere lo sfizio di vedere il figlio che per 4 anni ha completamente abbandonato! >>
Sentendo tutto questo ero ammirato di come Suor Adelaide avesse difeso la mia persona in quanto essere umano, cosa che Bernard non sempre aveva considerato tale.
Adelaide continuò calmandosi e abbassando la voce: << Dovrò chiedere ad Anton se vuole vedere suo padre dopo tutto questo tempo >>
Bernard: << Forse è troppo piccolo per decidere..
<< È più maturo degli altri bambini della sua età, ha dovuto esserlo, sa, senza una madre né un padre >>
A me bastò sentire ciò che avevo sentito, non trovavo un posto in cui stare da solo ed esplodere in termini di odio, rabbia e tutto il turbinio di emozioni che provavo.
 
Seppi dopo che Bernard aveva detto anche: << Gli dica anche che potrà vedere i suoi fratelli se accetta di vedermi >>
<< Lei è pessimo, sappia una cosa, se cambierà idea e deciderà di prendere con sé Anton, dovrà passare prima sul mio corpo >> concluse la suora prima di aggiungere: << Ora, se vuole scusarmi, avrei da fare, non posso intrattenerla oltre, la chiamerò se Anton dovesse accettare di vederla. La aspetto a messa. >>
Mio padre, se così posso definirlo, se ne andò dialetticamente sconfitto. Questo era palese anche senza aver sentito la fine della discussione.
 
La sera successiva Suor Celeste su ordine della madre superiore Adelaide, si fece portavoce della visita che mio padre voleva farmi e che avrebbe portato anche mio fratello Emil e mia sorella Allison, ma per quanto avrei voluto vedere come erano cresciuti ero stato categorico: << Io non ho un padre >> dissi e Celeste che voleva il bene di tutti noi ragazzi mi sorrise dolcemente, mi accarezzò la testa ricordandomi mia madre e mi disse: << Riflettici su ancora qualche notte >>
Io rimasi imbambolato e la mia risposta che sarebbe stata: (Ci ho già pensato abbastanza) mi morì in gola, almeno finché Suor Celeste non ebbe abbandonato la grande stanza.
 
Dormii male in quelle notti non c’era stato bisogno di sapere se altri bambini della casa famiglia avrebbero pagato per salutare anche per un secondo un padre, ma quei discorsi che sarebbero stati ovvi e noiosi erano stati bypassati da Suor Celeste che con una carezza e con una frase apparentemente semplice mi avevano messo in crisi.
Cos’era? Pensavo di ritrovare quella carezza così simile a quella di mia madre anche in mio padre? No, non sarebbe mai stato capace di ciò, non con un figlio che aveva bellamente abbandonato. Forse il voler vedere i miei fratelli che non erano colpevoli di niente? Poteva darsi. Ma ciò per cui avevo più voglia di vedere mio padre era far esplodere tutta la mia rabbia e il mio odio verso una delle due cause della morte di mia madre.
E così qualche notte dopo andai direttamente nell’ufficio di Adelaide sorprendendola e le dissi: << Voglio incontrarlo >>.
 
Quando quel giorno arrivò il mio cuore batteva forte e ci incontrammo in una sala che era una piccola sala mensa adiacente a quella grane in un orario in cui nessuno frequentava la mensa. Eravamo solo io, lui, sua moglie con i suoi due figli Emil, mio fratello e Allison, mia sorella, due gemelli, uno con un nome francese e l’altra col nome americano come la madre della bambina, erano cresciuti, avevano 7 anni e erano tutti intimoriti a vedere uno sconosciuto poco più grande di loro che non mostrava neanche uno sguardo gentile o amico. Erano troppo piccoli per ricordare il loro unico incontro di 4 anni prima, pochi giorni primi della tragedia. La madre, Katie incoraggiò i due bambini ad avvicinarsi a me, cercai di alleggerire la mia tensione e di fare uno sguardo amico, ci ripresentammo, feci una carezza in testa a Emil e diedi un bacino sul nasino di Allison che rise, li avevo già riconquistati ma le mie intenzioni erano chiare, non ero mai stato così sicuro in vita mia, anche se questo avrebbe comportato forse il non vedere mai più i miei fratelli.
 
Infatti quando i miei fratelli si allontanarono tornando dalla madre e Bernard si avvicinò con l’intento di abbracciarmi, io mi scostai e misi la mia mano davanti a fermare l’intento di Bernard.
Iniziai un discorso che non era per niente da ragazzino della mia età: << Katie sembra una brava donna, mi meraviglio non abbia lasciato un alcolizzato come te >>
Bernard: << Mi sono disintossicato, c’è voluto del tempo ma adesso..
<< Aspetta, questa qual è, la terza volta? Lo sa Katie che ci sono state altre due volte in cui ti eri “disintossicato”, hai lasciato mia madre da sola, me da solo, ti sei formato un’altra famiglia e hai già ferito anche loro >>
Bernard: << Ma io sono cambiato e voglio che ci vediamo più spesso e magari poi potrai avere una casa vera >>
<< Che bello, e come mi presenterai alle altre persone, come tuo figlio o come tuo nipote? Sentiamo >>
Bernard: << Hai sentito quello che io e..
<< Ho sentito abbastanza, compiango il destino dei miei fratelli e di Katie, chissà cosa li farai passare >>
Bernard: << No, ti prometto che..
<< Basta, tu non sei nessuno per me, come ho sempre detto io ho perso mia madre e non ho un padre, non ti far più vedere. >>
Abbandonai Bernard da solo e andai a salutare con gratitudine Katie e con affetto i gemelli. Dopo di che lasciai la stanza senza guardarmi più indietro.
 
 
La prima volta che mi innamorai fu proprio di Dylan, anche lui era della casa famiglia, non frequentavamo la stessa classe a scuola perché lui era una anno più grande di me, ma a volte capitava fare educazione fisica insieme e negli spogliatoi lo vidi nudo completamente, la prima volta ebbi una reazione strana, non riuscivo a distogliere lo sguardo, mi piaceva tutto di lui, dalla testa ai piedi.
Lui notò che lo fissavo: << Che c’è? Ti sei innamorato? >>
Questo fece ridere i suoi compagni e io distolsi lo sguardo dicendogli che ero semplicemente sovrappensiero.
 
Di solito i miei amori sono tutti così, colpi di fulmini, spesso univoci, anche se crescendo erano molti di più quelli che mi cadevano dietro o che se gay come me ricambiavano.
Con Luis, la situazione è diversa..oh cazzo, Luis, mi sono comportato malissimo con lui, spero di rivederlo per chiedergli scusa, e tutto perché ero preso da quello stronzo di Dylan, e pensare che nelle prime 3 settimane di nostra “ frequentazione ” mi bullizò pesantemente, per colpa sua ho vissuto le 3 settimane più brutte della mia vita.
 
Quando giunsi ad avere 14 anni la mia timidezza non era scomparsa, a dispetto dalla reazione da grande e per nulla timida che avevo avuto durante il confronto di mio padre quando avevo solo 11 anni. Ero timido, timidezza che sarebbe scomparsa dopo quelle 3 settimane di inferno, tutto iniziò nel Dicembre 2009.
A quel tempo Dylan era circondato da 3 ragazzi belli e alti quanto lui che lo assecondavano e seguivano in tutto quello che diceva e faceva, erano spesso nei corridoi e non era casuale che facessero scherzi di cattivo gusto e umiliassero e schiavizzassero alcuni ragazzini anche se solo per poco tempo. Si notava dal fatto che sovente venivano seguiti da ragazzi spesso meno belli di loro visibilmente tristi e sottomessi.
Ma a me non importava allora, finché non fui io la vittima, non ero brutto né sovrappeso, insomma ero abbastanza tranquillo da quel punto di vista. Ero triste semmai di averlo visto talvolta con qualche ragazza che pendevano dalle sue labbra come i suoi amici.
 
A inizio dicembre mi scontrai (pensavo casualmente) con Dylan, mi affrettai a scusarmi, senza guardarlo negli occhi
Dylan: << Guardami negli occhi >>
Io non volevo guardarlo, pensavo che volesse iniziare una discussione o una rissa in cui avrebbe sicuramente vinto.
<< Non mangio mica >> continuò il ragazzo biondo.
Lentamente alzai la testa e fissai negli occhi quel bellissimo ragazzo.
Dylan: << Sei proprio bello, lo sai? >>
Ad Anton il battito accelerò in maniera incontrollata: << Tu sei..
<< Gay? No, io valuto la bellezza e basta, solo che le ragazze di questo posto sono così superficiali, tu mi pari diverso e mi piaci >>
<< Io non so che dire..
<< Vediamoci sta sera alle 21 alla stanza del segreto, mentre tuti gli altri dormono, lì potremo parlare con calma >>
<< Meglio di no >> risposi io
<< Va bene, io ti aspetterò per 15 minuti, se non ti vedrò, non ti disturberò più >>
Detto questo Dylan se ne andò, potevo parlare col mio sogno proibito, col mio amore, ma se sotto ci fosse stata solo una umiliazione gratuita, non lo avrei potuto sopportare ma perché avrebbe dovuto? Mi chiedevo e pensavo: “ In questo modo si è esposto come uno a cui potrebbero piacere i maschi, quando di vittime né poteva trovare tante altre ”, così presi una decisione. Si sarebbe rivelata tra le peggiori di tutta la mia vita.
 
Quella notte:
Andai alle 21 nella stanza segreta, solo le luci della notte illuminavano tale stanza, feci il minimo rumore possibile per arrivare in quella stanza chiamata così perché frequentata poco anche dalle suore, una leggenda macabra che non conosceva bene faceva paura a molte persone che evitava che quella stanza venisse frequentata.
Le luci della notte illuminavano abbastanza bene la stanza, c’erano delle lunghe tende che avrei dovuto controllare meglio, invece fui preso completamente dal ragazzo che stava di fronte a me, bello come sempre, ma stavolta aveva un cappello, di quelli con la visiera, come se si volesse nascondere qualcosa, mi avvicinai a lui imbarazzato.
Dylan: << Sei venuto, quindi non ti sono indifferente >>
Potevo dire che solo nei sogni mi sarei immaginato di interessare a Dylan ma cercai di mantenere un contegno: << No, non lo sei >> e deglutii vistosamente mal celando l’emozione.
Dylan fece una carezza al mio viso che evitai ma dissi: << Pensavo dovessimo parlare..
Dylan: << Possiamo sempre parlare dopo >>
La bocca di Dylan era pericolosamente vicina alla mia, io non resistetti e lo baciai, il nostro era un bacio appassionato, vero, così mi pareva, poi Dylan mi spinse, dalle tende vidi uscire i compagni di Dylan e anche altre persone con flash e video, poi sentii da loro un coro unanime: << Frocio, frocio, frocio >> e Dylan che sorrideva malignamente. Io lo guardavo disperato, lui fermò il coro con un gesto della mano e mi spiegò: << Vedi i video e le foto che ci hanno fatti riprendono bene te ma non me e noi le pubblicheremo su internet rendendoti famoso e poi sai quanti fotomontaggi compromettenti faranno su di te frocetto? >>
Forse bleffava ma io non potevo saperlo e lo pregai: << No, ti prego, non farlo >>
Dylan: << Ecco, bravo, se mi supplichi, potrei non mettere niente su internet ma lo devi fare per bene, inginocchiati e supplica. >>
Mi inginocchiai davanti a lui e singhiozzando dissi: << Ti..supplico..
<< Non ho capito bene, alza la voce schiavetto >>
<< Ti supplico! Non mandare il video su internet >> e continuai a piangere per la vergogna e l’umiliazione, non credevo sarei sopravvissuto. Poi Dylan mi carezzò la testa come si fa ad un cane e mi disse: << Ci divertiremo molto con te >> e detto questo fece ridere tutti sputando sulla mia testa.
Questo segnava la fine della “ festa a sorpresa “ per me e l’inizio del mio incubo.
 
Riuscivo a vedermi dall’esterno in quelle 3 settimane, lo avevo visto quando non ero una vittima, i tartassati seguivano nei corridoi i 4 bulli capitanati da Dylan. Era la terza persona che odiavo di più al Mondo, dopo colui che era andato contro la macchina di mia madre e mio padre. Però continuava a piacermi, anche se solo fisicamente in quel frangente.
Dopo 1 settimana di torture, tra botte, docce fredde, testa nel gabinetto più volte al giorno e il colmo che successe una volta sola, la sigaretta di uno dei bulli, David, spenta sul braccio che mi provocò un dolore indicibile; dopo quella settimana mi vedevo allo specchio e anche se fisicamente ero rimasto uguale mi vedevo completamente diverso, mi toccavo la faccia e non mi riconoscevo, mi facevo schifo. Fu allora che notai per la prima volta una finestra, una sola finestra al quarto piano che non aveva le sbarre perché erano chissà per quale motivo rotte, erano rimasti solo dei residui, poi mi dissi che non ne valeva la pena e che non era colpa mia ma la mia “ sicurezza “ svaniva sempre quando incontravo quei 4.
Le idee malsane su come torturarmi erano sempre di David, poi era sempre Dylan che doveva dare l’ordine ma lui al momento lo guardava sempre negli occhi con la speranza che non lo desse, non lo aveva mai fatto, eppure non sapeva se riuscisse a fingere sempre così bene uno sguardo di compassione e pietà che sembrava avere ogni volta, ma in fondo nessuno lo costringeva poi a dare l’ordine.
 
Una delle cose peggiori che mi fecero fare era rubare in un negozio di dolciumi, un’altra idea di David durante la ricreazione a scuola, di fronte al cortile.
Leggende narravano che il crudele proprietario del locale fosse capace di catturare i piccoli ladri e di non farli più tornare vivi, ovviamente erano solo dicerie, era però che non fosse simpatico per usare un eufemismo.
Aspettai un po’ prima di entrare in azione, aspettavo che il vecchio distogliesse gli occhi da me, quello che dovevo fare era rubare semplicemente una tavoletta di cioccolato fondente, quando arrivò un altro cliente che inconsapevolmente mi copriva passai all’azione e rubai la tavoletta, la misi nella tasca della leggera giacca che portavo.
L’altro cliente pagò ciò che aveva preso, mentre io stavo per uscire, sentii la voce del vecchio: << Ehi giovane.. (mi raggelai fermandomi) .. lo scontrino >>
Fortunatamente si era rivolto all’altro cliente ma in quel frangente il mio cuore si era fermato, tornai a respirare solo una volta fuori dal negozio.
 
Portai la barretta di cioccolato a quelli che si consideravano i miei padroni
<< Bravo schiavetto >> disse David prendendo la barretta in mano e dividendolo con tutti, compreso Dylan, poi un pezzetto lo stava dando a me, io ero perplesso, conoscendolo ci doveva essere qualcosa sotto ma non potevo rifiutare, proprio mentre stavo per prenderlo lo fece cadere dalle mani
<< Oh, che sbadato >>
Io lo guardai interdetto e anche leggermente arrabbiato per la prima volta ma lui rincarò la dose: << Che fai? Non mangi? >>
Da arrabbiato passai a chiedere pietà prima a lui, che non aveva intenzione di concedermela, poi a Dylan.
<< Ragazzi, meglio se rientriamo, tra poco suonerà la campanella >> disse il biondo
David stava per ribattere ma bastava guardare negli occhi Dylan per rimanere impietriti.
Per una volta mi aveva concesso di non umiliarmi fino a quel punto, “ almeno per ora “ pensai.
 
La notte del 31 dicembre di quell’anno tutto cambiò e non fu certo perché si fermarono loro nel bullizzarmi, anzi volevano tormentarmi anche quel giorno, l’idea di David era “ bullizzato il primo dell’anno, bullizzato tutto l’anno “ e a quanto pare Dylan era d’accordo.
Nella casa famiglia non era importante che fosse l’ultimo dell’anno, dopo la noiosa tombolata di fine anno, tutti a letto o almeno così sarebbe dovuto essere ma David e i suoi due amici mi presero di forza dal letto e mi portarono poco distante, mi fermavano a terra, tenendomi fermo per le braccia e mi portarono ai piedi di Dylan, a quel punto David disse: << Dylan, mettigli un piede in faccia, così gli fai capire quanto vale >>. Riuscivo a malapena a guardarlo negli occhi implorando come le altre volte pietà e anche quella volta gli occhi di Dylan sembravano provare dolore per la mia sorte ma lo fece, mi mise un piede in faccia, l’umiliazione durò 3 secondi a malapena, bastò un allentamento di pressione da parte di chi mi teneva fermo per riuscire a divincolarmi e liberarmi, la rabbia soppressa era esplosa e mi aveva dato una forza che non mi avrebbe mai più dato, riuscii ad alzarmi in piedi e colpi con un pugno in pieno volto Dylan che cadde a terra, subito David e gli altri due mi presero per le braccia e volevano darmi una bella lezione ma Dylan inaspettatamente li fermò: << Lasciatelo, basta così, siamo andati troppo oltre >>
Controvoglia e esterrefatti mi lasciarono andare, io corsi via, senza meta, poi sentii i fuochi d’artificio e mi ritrovai senza accorgermene vicino a quella finestra senza sbarre. Mi attirava, come se fosse la soluzione a tutti i problemi, pensavo a chi sarei mancato, a chi volevo bene, in quel momento non mi veniva in mente nessuno, avrei dovuto pensarci molto prima, questo pensavo, così aprii la finestra e salii sul cornicione del quarto piano, pronto a volare nel vuoto.
 
Sentì una voce che conoscevo, in quelle 3 settimane la avevo sentita più volte: << Non farlo >>
Sapevo chi era, nonostante questo mi girai per vederlo un’ultima volta, mi girai piano, nonostante la mia voglia di buttarmi l’istinto di sopravvivenza c’era ancora.
<< Perché non dovrei? Che c’è, hai organizzato uno sputtanamento come l’altra volta? Dove sono nascosti David e gli altri coglioni? >> dissi io ormai senza più freni.
<< Non sono così scemo da andarmi a cercare un altro occhio nero nel giro di qualche minuto >> rispose Dylan avvicinandosi piano
<< Lo sai che uno dei motivi per cui voglio buttarmi giù sei tu, vero? >> Non pensavo di averlo ferito, invece col tempo mi sarei accorto di tante cose riguardo Dylan.
<< Perché vuoi farlo, a parte le mie colpe, perché? >>
<< Non ho nessuno che mi ama, che mi vuole bene veramente >>
<< Davvero? Quindi Suor Celeste? Pensi che solo perché è più anziana, un po’ smemorata e non venga ad accarezzarti ogni giorno come quando eri bambino abbia diminuito il suo amore nei tuoi confronti, semmai lo ha aumentato, io ero invidioso e questo è uno dei motivi per cui ti ho scelto come vittima >>
Suor Celeste, quel bastardo di Dylan aveva colto nel segno, aveva trovato una persona che voleva bene a tutti, è vero, ma a lui forse più che agli altri, ma non gli bastava, avrebbe voluto che gli bastasse ma la tentazione di far finire tutto il dolore che era iniziato 7 anni prima era troppo forte.
Annuì ma aggiunsi: << Si, ma non mi basta >>, una lacrima mi uscì da un occhio
Ma poi Dylan non si trattene più: << Cazzo, Anton, non ti basta neanche se ti dico che da quando ti ho baciato praticamente non penso ad altro? >>
<< Stai mentendo, altrimenti perché hai fatto tutte quelle cose? >>
<< Per convincermi che non era così, che ero lo stronzo di sempre, che non ti amavo >>
Il mio corpo stava vivendo un turbinio di emozioni, nel frattempo Dylan si era avvicinato e mi tendeva la mano, non sapevo perché ma per me fu naturale tendere la mia per afferrare la sua, ma proprio all’ultimo scivolai e sarei caduto se Dylan non avesse avuto la prontezza di prendermi e di tirarmi verso di lui, fu per me naturale abbracciarlo e piangere sulle sue spalle per alcuni minuti, poi mi staccai ma le nostre bocche erano di nuovo troppo vicine e lui mi baciò, era un bacio vero, appassionato a cui io risposi con altrettanto fervore per qualche secondo ma poi memore delle 3 settimane passate lo spinsi via dicendogli: << Ma vaffanculo, uccidermi per te e i tuoi amici sarebbe stata una sciocchezza >> dissi come se fosse solo per colpa loro la mia tentazione di buttarmi e aggiunsi: << Ah, guai a voi se vi avvicinate, vi spacco a tutti la faccia >>
Me ne andai turbato dal bacio ma rinvigorito e mi parse di sentire Dylan: << Correrò il rischio >>
 
 
2016
Anton si destò dai suoi ricordi ancora nudo quando sentì la chiave nella toppa, vide Dylan sorpreso di vederlo e subito si affrettò a vestirsi arrabbiato, Dylan non sapeva cosa dire, ma fu Anton a parlare: << Tranquillo, me ne vado subito >>
Dylan: << Mi dispiace Anton, ma se stessimo insieme ti ferirei ancora >>
Mentre Anton se ne stava andando si girò un’ultima volta verso Dylan: << È da quando ti conosco che mi ferisci, solo che tra noi due c’è una differenza, io posso combattere e soffrire per chi amo, tu invece hai troppa paura di soffrire, quando ti libererai dello spettro di tuo padre? >>
Non lasciò il tempo a Dylan di ribattere ma anzi aggiunse un addio, ancora le lacrime rigavano le guance del ragazzo dagli occhi blu, deciso però per la prima volta nella sua vita a voltare pagina.
 
Ecco il capitolo più lungo di tutti fino ad ora, spero non troppo ma volevo esplorare una buona parte del passato di Anton in un solo capitolo. Capisco che Dylan adesso possa sembrare antipatico per usare un eufemismo ma ha anche delle qualità come solo alla fine abbiamo intravisto.
Buone feste a tutti i lettori. Auguri!!!
Marc25

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Capitolo 12
*** Indagini e sospetti ***


Cap 12 – Indagini e sospetti
Luis – 12 Luglio 2016 – 17:30
Il lavoro d’ufficio che occupava Luis e Ricky era inutilmente estenuante, entrambi i neo ispettori ritenevano ingiusto occuparsi di scartoffie di crimini minori, già commessi, da archiviare.
Il caldo asfissiante che li accompagnava in quelle giornate era difficilmente sopportabile e le imposte rotte non permettevano di evitare che il sole cocente entrasse nelle loro stanze, a dare loro l’impressione di avere l’intera stella accanto.
 
Ad un certo punto il “simpatico” Claude Lafont passò da loro: << Io me ne sto andando ragazzi.. cosa sono quelle facce? È il caldo, lo capisco, ma voi dovreste essere contenti di occuparvi di queste cose, vuol dire che non ci sono crimini così rilevanti da richiedere la vostra presenza, comunque è tardi, le scartoffie non scappano, al posto vostro me ne andrei a casa >>
 
Luis e Ricky annuirono a Lafont che se ne andò tutto contento.
Appena furono certi che era uscito anche dalla stazione di polizia, si sorrisero e Ricky esordì: << Ora il quadro della famiglia Joules è completo >>
<< Già, tutti e tre avevano un movente per l’omicidio di Amelie >> convenne Luis
<< Ma riassumiamo un attimo i 3 informali interrogatori che abbiamo fatto >> disse Ricky
<< Giusto, dunque tu sei andato da Veronica Joules >>
<< Si, il nove, prima di andare a lavoro, le ho detto che dovevo fare delle ultime domande per archiviare il caso >>
<< Cosa ti ha detto riguardo Raoul Dourby? >>
<< All’inizio ha detto che non aveva avuto nessun rapporto con Raoul, ma poi ha dovuto ammettere che era stata la fidanzata di Raoul, prima che la sorella lo accalappiasse, così le ho fatto venire fuori che per tutto il tempo che Amelie è stata con Raoul non si sono parlate, ma mi ha assicurato che dopo la violenza di Raoul ai danni di Amelie, lei gli è stata molto vicina >>
<< Ma..
<< Ma questo è vero solo fino a 12 ore prima che la ragazza venisse strangolata, il giorno in questione non è stata accompagnata a lavoro dalla sorella né tantomeno al ritorno quando l’assassino è entrato in casa.
È successo che c’è stata una violenta discussione tra le due sorelle, pare in macchina di Veronica, che la ha accusata di volersi far violentare da Raoul, puoi capire come Amelie sia rimasta ferita da queste parole. Poi Veronica ha pianto di fronte a me, dicendomi che non pensava quelle cose e che è anche colpa sua se la sorella è morta >>
<< Bisogna capire quanto sia colpevole, se solo perché non era con lei quando poteva proteggerla o se è stata lei, aveva alibi? >>
<< No, ha detto che girava con l’auto nell’ora della morte, che non aveva una meta >>
<< Si potrebbe controllare >>
<< Se la nostra indagine fosse ufficiale >>
<< Già, hai ragione, invece per la morte di Steady ha l’alibi? >> chiese Luis
<< Si era stranita per la mia domanda sulla morte di Steady, ovviamente non le ho chiesto espressamente l’alibi ma comunque mi ha detto che era in discoteca >>
<< È proprio vero che ognuno elabora il lutto a modo proprio >>
<< È possibile che i due delitti non siano collegati e magari stavolta davvero Steady non ha fatto niente ed è stato ucciso >>
<< Potrebbe darsi, ma non mi spiego perché le due dinamiche sono simili, insomma la ragazza strangolata aveva una boccetta di sonniferi vicini, e aveva tentato il suicidio anni prima. Steady si era tagliato le vene per andare in ospedale, non per suicidarsi sul serio, comunque il corpo aveva i segni del suo “ tentato “ suicidio ma è morto per overdose >>
<< In effetti strane coincidenze, tu invece hai interrogato il fratello, Charles, vero? >>
<< Si >> cominciò Luis, << Gli ho detto che visto che passavo da quelle parti, avevo deciso di fare due chiacchiere con il fratello della vittima, sempre a titolo informale. Sono rimasto sorpreso dalla accoglienza, era vestito in maniera elegante ma era come se si fosse liberato di giacca e cravatta, teneva la camicia con maniche alzate per parte del braccio, il pantalone elegante e le scarpe nere lucide; mi ha offerto un caffè, ha parlato della sua passione nel badminton, poi sorprendentemente mi ha detto all’improvviso che non aveva alibi né per l’omicidio della sorella, né per quello di Steady e che aveva un movente ma che non era stato lui >>.
<< Forse lo ha detto per mettere le mani davanti >>
<< È possibile, il movente è semplice, io sono passato per la Joules&Co., come sappiamo è una industria tecnologica importante, dell’aspetto puramente economico, ci pensa Charles, mentre la figlia Veronica si occupa anche dei dispositivi di avanguardia che intende commercializzare.
Comunque la madre aveva deciso di dare la parte di Amelie alla stessa Amelie, poiché la figlia aveva preso tutt’altra strada, ma Charles e anche Veronica non erano d’accordo, perché 1/3 della Joules&Co. Sarebbe stato svalutato o venduto a chissà chi >>
<< Beh, un movente forte, omicidio per fare in modo che la sorella non mandi in malora quello per cui lavori dalla mattina alla sera >>
<< Si, è un buon punto di partenza ma ci sono due cose che non mi tornano >>
<< Vale a dire? >> chiese curioso Ricky
<< Ricordi che siamo andati da Anne? >>
<< Si, la madre, effettivamente lei aveva detto di aver offerto alla figlia i soldi e parte della società e che in cambio dopo la vendita della sua parte di società poteva non farsi più vedere >>
<< Già, e per tutta risposta Amelie aveva gettato l’acqua del bicchiere che aveva in mano in faccia alla madre >>
<< Un affronto, oddio spero non sia stata la madre, il solo pensarlo mi inquieta >>
<< Già, ma non credo, intendo dire che Amelie aveva rifiutato, quindi cessa il movente di eredità, economico >>
<< Beh, forse non lo avevano saputo >>
<< Ma l’offerta di Anne era avvenuta tre giorni prima della morte, difficile che non lo sapesse nessuno dei due >>
<< Qual è l’altra cosa che non ti torna? >>
<< Ricordi cosa disse il medico legale? >>
<< Vagamente >>
<< Amelie è stata strangolata da un uomo con poca forza o da una donna >>
<< Capisco, Charles è molto prestante fisicamente >>
<< Esatto >>
<< Ma se non sono stati loro, chi? Tu stai pensando a qualcosa o a qualcuno, lo vedo, lo percepisco >>
<< Beh, su di loro dobbiamo sempre tenere alta l’attenzione, sono loro i principali indiziati >>
<< Però..? >>
<< Nessun però >>
<< Avanti, so che stai pensando a qualcuno >>
<< Si, ma è una follia! >>
<< E tu dimmela lo stesso >>
Luis abbassò la voce anche se erano solo loro due: << E se fosse Lafont? >>
<< Il nostro capo? Non ti starà un po’ troppo antipatico? >>
<< Si, si, hai ragione, solo che..
<< Solo che? >> lo incalzò l’amico
<< Perché era il primo sulla scena del delitto di tutti gli altri, ok, Amelie la ha trovata la sorella, ma Steady? Non è strano passasse da quelle parti e lo abbia trovato lui il cadavere? Era una zona inadatta per un ispettore capo e anche ben lontana da casa sua. Poi la fretta di chiudere il caso, nonostante fosse lampante che Steady non poteva essersi ammazzato. >>
<< Tutto giusto, ma il movente? >>
<< Inesistente >>
<< Che dici? Riprendiamo domani? >>
<< Si, direi, abbiamo fatto il quadro della situazione almeno >>
 
Ricky vide l’orario: << Le 20? Mia moglie mi ammazzerà! >>
Luis rise
Ricky disse: << A proposito, come è andata col giovanotto, non mi hai detto niente >>
Luis fece una faccia esplicita
<< Così male? >>
<< In realtà non vivevo una serata così bella con un ragazzo che mi piaceva da non so più quanto tempo! >>
<< Bene allora! >>
<< Poi ha visto un ragazzo che conosceva e io sono scomparso dalla sua visuale >>
<< Non tanto bene allora >>
<< Direi di no >>
<< Sai che c’è? Vieni a cena a casa mia >>
<< Ma tua moglie sarà d’accordo? >>
<< Scherzi? Ti adora, se tu fossi etero non ti inviterei >>
Luis rise e accettò, contento di avere un buon amico come Ricky.      

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Capitolo 13
*** Il cinema ***


Cap 13 – Il cinema
Warning! Capitolo decisamente hard dal punto di vista sessuale.

Anton – 21 Luglio 2016 – 7:30
Erano passati quasi venti giorni dall’uscita con Luis e lui non si era più fatto vedere al bar, non che lo biasimasse, anzi. Si voleva scusare, era stato a casa sua il giorno dopo che si era ubriacato, ma appunto era ubriaco quindi non aveva idea di dove fosse la casa, e anche se l’avesse saputo, che scusa avrebbe dato? Era stato uno stronzo, doveva solo ammetterlo, e cosa avrebbe ottenuto? Il perdono? Sperava e credeva di si, ma oltre ormai non sarebbero potuti andare. Montpellier era piccola ma se Luis avesse deciso di non ripassare mai dal bar o da casa sua forse non lo avrebbe mai rivisto.
Perché aveva gli occhi lucidi? Aveva la lacrima facile, tutto qui. Si convinse Anton.
 
La mattinata al bar fu tranquilla, Luis non passò, per fortuna aveva un buon rapporto con la collega, Marie, rendeva la giornata più luminosa, forse se fosse stato etero ci avrebbe provato, ma esserle amico era decisamente meglio.
Marie: << Uffa, oggi devo lavorare fino a questa sera tardi, mi sarebbe piaciuto vedere il film “ All you need is love “ >>
Anton: << Come la canzone dei Beatles, titolo abusato, sarà un film romantico ovvio, da quattro soldi >>
Marie: << E dai che in fondo sei un romanticone! Sotto quella scorza dura c’è un cuore tenero >>
Anton le diede una leggera spinta amichevole ridendo, poi le disse: << Facciamo cambio turno, cosi tu puoi andare al cinema e non lavorare fino a sera >>
<< E questo slancio di generosità è dovuto alla speranza che un certo poliziotto passi da quella porta nel pomeriggio o alla sera? >>
<< Non so di cosa tu stia parlando >>
<< Comunque grazie della offerta ma aspetterò che le sale siano più vuote per vederlo >>
<< Sicura? >>
<< Si, ma grazie >>
 
Quella sera Anton non aveva voglia di stare a casa ma non aveva neanche voglia di fare serata, né tantomeno di essere il terzo incomodo tra Eloise e Jacques, ammesso che loro volessero uscire. Così decise di fare una passeggiata, forse avrebbe preso un gelato, ovviamente cono.
 
Mentre passeggiava, si perse nei suoi pensieri, poi senza accorgersene si trovo davanti ad un cinema, sulla locandina c’era scritto il titolo “ All you need is love “ che sarebbe iniziato da lì a 10 minuti, Marie aveva ragione, poteva considerarsi un tenerone, o almeno gli piacevano i drammi romantici dove poteva piangere, certo lui aveva la lacrima facile e quindi anche le commedie romantiche lo facevano piangere.
Però lui aveva la scorza dura, per cui al cinema non ci era andato con nessun ragazzo che frequentava, eccetto lui, sempre Dylan. Ma per Dylan il discorso era molto diverso. Di nuovo i ricordi lo presero e lo portarono nello stesso “ Mondo “ che lui tentava di allontanare, lo stesso “ Mondo “ in cui era tornato qualche giorno prima in cui aveva promesso a sé stesso e a Dylan di non cascarci più.
 
 
Inizio 2010
Non sapevo se fidarmi di Dylan, certo mi aveva salvato la vita, ma volevo uccidermi perché lui prima me la aveva resa un inferno. Decisi che non mi sarei fatto più i piedi in faccia da nessuno, né in senso letterale, né figurato.
David, il suo tirapiedi più fidato non era d’accordo con il suo capo. Così qualche giorno dopo capodanno, nel cortile della scuola, durante la ricreazione, decise di provocarmi.
David: << Eccoti qua, credi che aver dato un pugno a Dylan ti liberi dai tuoi obblighi? Sei il nostro schiavetto, e se Dylan non ti vuole più ai suoi piedi, beh, io e Micheal lo vogliamo, è vero Micheal? >>
L’amico vicino si limito a ridere.
Io dissi: << Fottiti David >>
David adirato dalla mia risposta: << Hai preso coraggio, eh, forse è meglio che ti faccia abbassare la cresta >>
Provò a tirarmi un pugno ma io lo schivai e gli finii dietro torcendogli il braccio dietro la schiena.
David stava urlando, io potevo spezzarglielo e glie lo dissi chiaramente: << Se continuerai a fare il bullo con me o qualcun altro ti spezzo il braccio, o se preferisci te lo spezzo subito, così ti dimostro che faccio sul serio, la decisione è tua >>
David: << Ok, ok, te lo prometto, ora però lasciarmi il braccio! >>
<< Pregami >>
<< Cosa? >>
Feci più pressione sul braccio
Urlò: << AHHHHHHHHHHH, TI PREGO, LASCIAMI IL BRACCIO! >>
Lo feci, subito dopo scappò con la coda tra le gambe insieme a Micheal.
Da quel momento i casi di bullismo diminuirono drasticamente e nessuno del gruppo di Dylan bullizò alcuno. Devo dire che ero abbastanza fiero di me.
 
Ma Dylan aveva deciso di conquistarmi, a posteriori penso che anche in quel caso era una sfida con sé stesso più che altro, dimostrare che nonostante tutto quello che era successo poteva fare breccia nel mio cuore.
 
I primi giorni di quell’anno lui non si fece vedere, io pensavo meno a studiare e più ad allenarmi fisicamente da solo e possibilmente lontano da occhi indiscreti, anche se in quegli ambienti non si sta praticamente mai soli.
Poi un giorno a scuola trovai sul banco un bigliettino che non ricevetti mai neanche alla scuola elementare: << Vuoi uscire con me? >>
C’erano tre opzioni: Si, Forse, No. Trovai la cosa ridicola e l’istinto mi diceva di dire di no, ma il fatto di non sapere da chi provenisse mi fece mettere la croce sul forse. Così quel giorno alla fine delle lezioni mi nascosi in un punto per vedere chi entrava il classe per prendere il bigliettino e con mia sorpresa vidi entrare Dylan, poi lo vidi uscire con un bigliettino in mano, ero scioccato, un gesto così infantile dal figo che non deve chiedere mai, col cazzo che sarei uscito con lui.
 
Il giorno dopo alla mattina, aprì il mio diario e trovai un altro messaggio, quando aveva preso il mio diario non lo seppi mai, ovviamente ero incazzato, stava scritto semplicemente, “ vediamoci vicino alla finestra da cui ti volevi buttare alle 18 “. Sempre col fare prepotente, come se gli avessi risposto di si, poi si sbagliava di grosso, non sarei mai andato in quel posto.
 
Così i giorni passarono e per un po’ non vidi Dylan, però lo pensavo ma perché? Solo perché mi aveva baciato. Dopo tutto quello che mi aveva fatto, dannazione!
 
Un giorno stavo camminando per il corridoio della scuola, io ero solo, incrociai Dylan che era accompagnato da due ragazzi, un ragazzo e una ragazza, non il gruppo che mi aveva tormentato, quello si era disunito. Stavano parlando amabilmente, io decisi di non abbassare lo sguardo davanti a lui, non ero più timoroso di niente, ma invece avrei dovuto perché fece una cosa che non mi sarei mai aspettato, mi prese per il braccio e mi baciò appassionatamente, il momento durò 10 secondi ma sembro durare ore, il ragazzo e la ragazza che lo accompagnavano rimasero spiazzati e a bocca aperta e anche la gente che arrivò dopo.
Quando si staccò io rimasi imbambolato davanti a lui, poi quando lui disse: << Perché non sei venuto all’appuntamento? >>
La frase mi fece destare e lo spinsi, poi corsi via da quella situazione.
 
Mi aveva baciato davanti a altre persone..mi costrinsi a pensare che fosse una tattica perché io lo perdonassi e cascassi di nuovo in una sua trappola o forse voleva dimostrare a sé stesso di poter conquistare anche chi lo odiava. Ma io lo odiavo? Non sapevo rispondermi, dovevo capire quale fosse il gioco di Dylan prima di poter rispondere alla mia domanda.
 
Qualche giorno dopo, sempre a scuola il professore di storia ci diede con entusiasmo una novità, il lunedì dopo saremmo andati in gita al museo della città e disse: << Sapete quante belle cose vedremo! >>
Io lo dissi a bassa voce: << Sai quanti cazzi in culo >>
Il professore percependo in parte la parola: << Cosa hai detto Anton? >>
Ormai non ero più il ragazzo timido di qualche mese prima e non avevo peli sulla lingua, però certo sarebbe stato imbarazzante e grave ripetere al professore quello che avevo detto, ma senza conoscerlo il mio compagno di banco venne in mio soccorso: << Professore, ha detto: “ Sai, quanti arazzi sul muro “ >>
<< Si..certo..mi piacciono tanto gli arazzi >>
<< Ah.. ma non credo nel museo che visiteremo ci saranno gli arazzi >>
<< Oh, che peccato >> dissi con dissimulato sarcasmo
Il professore annuì e tornò a spiegare
Dissi a bassa voce al mio compagno di banco: << Grazie..
<< Jacques, piacere >> mi disse tenendomi la mano
<< Piacere, Anton >> risposi stringendogli la mano.
Così conobbi uno degli amici che ancora oggi mi sta accanto, all’inizio passavamo abbastanza tempo insieme, soprattutto nel tempo scolastico e mi stavo anche prendendo una piccola cotta, anche per non pensare a Dylan, ma presto capii dai suoi discorsi che era etero e un amico senza secondi fini era una gran conquista comunque. Fuori di lì, anni dopo io avrei conosciuto Eloise, poi li avrei fatti conoscere e il resto è storia, insomma avevo anche fatto il cupido nella mia vita.
 
Comunque quando venne il giorno della gita, Jacques era quasi a capo della fila e stavamo andando insieme ad altre classi verso il museo a piedi, era una sfacchinata, oltre ai professori c’era anche una suora del nostro istituto, del resto venivamo in molti da lì. Io ero verso la coda della fila, Dylan mi affiancò, io stavo per insultarlo come al solito ma lui mi prese la mano e quando vide che nessuno ci guardava corse lontano dalla fila, portandomi dietro, una volta abbastanza lontani, gli gridai: << Che cazzo fai? >>
<< Non si vede? Ti ho portato lontano da una noia mortale e non dire che non hai pensato che lo sarebbe stata altrimenti avresti gridato quando ancora potevano sentirci >>
Io annuì, però gli dissi: << Ma così avremmo delle grosse grane, e probabilmente non solo con la scuola ma anche con l’istituto >>
<< Ti facevo molto più coraggioso >>
Lo stronzetto sapeva come stimolarmi
<< Va bene, e adesso che facciamo? Non vorrei annoiarmi a morte con la tua presenza >>
<< Mh, avrei un programmino >>
Io deglutii e risposi freddo e fintamente disinteressato: << E quale? >>
<< Seguimi >>
Odiavo il tono imperativo, ma ero molto curioso di dove voleva portarmi, così feci ciò che mi aveva detto.
 
Arrivammo ad una struttura esternamente fatiscente e al piano terra anche internamente, piena di tubi per terra e altre cose poste lì da chissà quanto tempo, anche qualche siringa di dubbia provenienza.
Ma Dylan salì al primo piano, quando giunsi anch’io vidi chiaramente un cinema con delle poltrone rosse molto belle, alcune rotte, praticamente tutte impolverate però doveva essere stato un bel cinema.
<< Vieni >> mi disse Dylan e salendo entrammo nella sala di proiezione e c’erano dei rulli a un lato della stanza, lui giostrava con quelli, come se sapesse ogni segreto di quel luogo e poi ebbi la conferma che avevo ragione quando prese un rullo e soffiò sopra togliendo un bel po’ di polvere e poi disse: << Questo! >>, poi continuò dicendo quasi tra sé e sé: << Speriamo funzioni ancora >>
Io ero incantato su come Dylan riusciva a posizionare il rullo a pensare alla pellicola, al proiettore e in un tempo relativamente breve partì un film in bianco e nero muto: << Wow >> gli dissi io, << Dove hai imparato? >>
<< Questo era il cinema di mio zio, il fratello di mia madre, passavo molto tempo con lui e ho imparato alcune cose... ma nessuno vedeva più film al cinema, tanto meno film vecchi o d’autore, così il cinema fu chiuso e lui non poté neanche venderlo, fallì e sommerso dai debiti si tolse la vita. >>
<< Mi dispiace >>
<< Non è mica colpa tua >>
Sembrava non provare niente, non piangeva, ma nei suoi occhi io riuscivo a percepire la sua malinconia, la sua tristezza e così lo baciai, non avrei dovuto farlo, lo so, ma fu naturale per me.
Lui dopo quel lungo bacio mi sorrideva come chi ha vinto ad un gioco, così mi ricomposi e gli dissi: << Questo non cambia niente >>
Lui per un po’ non disse niente ma era chiaro che tutto fosse cambiato.
 
D’un tratto mi disse: << Ieri, nessuno mi ha visto ma son venuto qua e ho pulito una fila intera di poltrone dalla polvere, so che magari già si sono impolverate di nuovo, ma magari prima di andare a prenderci i cazziatoni che ci aspettano, potremmo sederci là >>
<< Si, guidami >>, stavolta fui io ad usare l’imperativo, lui mi sorrise notando questa cosa, nel cuore mio trovavo così dolce che avesse pulito una fila intera di poltrone per me, ero troppo sentimentale, dovevo assolutamente essere più cinico.
 
Ci sedemmo al centro della fila, tempo 30 secondi di visione del film e iniziammo a limonare, a baciarci come se non ci fosse un domani, ad un certo punto, io presi l’iniziativa, mi inginocchiai davanti a lui e gli slacciai la cinta
<< Vuoi davvero farmi un pompino? >>
<< Se mi insegni…>> gli dissi tra l’eccitazione, l’imbarazzo e il timore.
<< Certo… allora, adesso tu prendi in bocca la punta del mio pene e inizi a succhiarlo, senza mai usare i denti, pensa ad un leccalecca, poi inizi ad andare un po’ più in profondità a succhiare e poi fai avanti e indietro più volte, ad un certo punto ti guiderò io, stai tranquillo >>
Stavo avendo mille pensieri sul fatto che non avrei dovuto prendere l’iniziativa, che ancora una volta ero in ginocchio di fronte a lui e tante altre cose ma tutto sparì quando vidi il suo membro coperto parzialmente dalla poca peluria bionda, per me era come la luce per gli insetti e come mi aveva detto gli presi la punta in bocca e sentì subito un gemito di piacere, mentre anche il mio membro si muoveva lì sotto.
Ad un certo punto mi staccò da quella meraviglia e tornò a baciarmi e senza neanche accorgercene ci stavamo spogliando a vicenda, così ad un certo punto, entrambi nudi, lui bello come non mai mi disse: << Vuoi farlo? >>
<< Non desidero altro ma non l’ho mai fatto >>
<< Neanche io >>
Io rimasi sorpreso, continuammo a baciarci e a strusciare i nostri corpi, quando decidemmo di provare, io mi ritrovai tra due poltrone con le ginocchia sopra una e le braccia appoggiare sull’altra dando le spalle e non solo quelle a Dylan, così lui avvicinò il suo pene al mio sedere e mi sussurrò: << Posso? >>
Per la prima volta chiedeva il permesso di fare qualcosa e nell’atto più intimo di tutti.
<< SI, lo voglio con tutto il cuore! >>
La prima penetrazione fu fatta con tutta la dolcezza del Mondo da parte di Dylan ma urlai molto forte, intimai comunque Dylan di continuare perché al mio urlo si era fermato preoccupato, poi lentamente ma inesorabilmente il dolore si trasformò in piacere per entrambi, per Dylan lo evincevo dai gemiti che diventavano sempre più forti e goduriosi così come le spinte, venni sulla poltrona subito prima che Dylan venisse dentro di me. Uno dei momenti più belli di tutta la mia vita.
 
Passammo un abbondante quarto d’ora dopo il sesso attaccati, lui mi teneva un braccio intorno alla spalla e io avevo la testa sul suo petto, accogliendo le carezze che mi faceva con l’altra mano e i baci che ogni tanto ci scambiavamo, eravamo nudi, in silenzio e contenti.
 
Poi, ai titoli di coda di quel film mai seguito ci rivestimmo. Io non sapevo cosa dire, sapevo solo di essere al settimo cielo.
 
Prima di andare parlammo un po’, forse perché contenti parlammo di ciò che ci aveva mandati nella casa famiglia, senza che ciò intaccasse la nostra felicità.
<< Perché odi tuo padre? >> mi chiese Dylan
<< Perché se lui non avesse chiamato quel giorno, mia madre non si sarebbe distratta e quella volante a tutta velocità non avrebbe preso la macchina di mia madre. Poi era sempre ubriaco, giocava d’azzardo, ha rovinato la mia vita e ha contribuito a uccidere mia madre. Lo odio. Spero che sia davvero cambiato dall’ultima volta che l’ho visto qualche anno fa >>
<< È per questo che ogni volta che qualcuno nomina la polizia in tua presenza sembra che ti diano un pugno in pancia? >>
<< Hai notato questo? Ma quando? >>
<< Ti ho osservato di nascosto più di quanto pensi >>
<< Se non mi piacessi troverei la cosa inquietante >>
Dylan rise.
<< E tu sei orfano? >> Gli chiesi io
<< Tecnicamente no >>, il volto di Dylan cambiò per qualche secondo e fece quasi paura. Poi continuò: << Mio padre è in galera >>
<< E..perché? >>
<< Ha ucciso mia madre..davanti a me >>
Io ero pietrificato, non sapevo cosa dire, avevo messo le mani davanti alla bocca, era una cosa troppo scioccante.
Avrei voluto accoglierlo in un abbraccio e farmi carico delle sue lacrime ma non ne aveva. C’era solo rabbia.
Poi continuò: << Io so già cosa farò nella mia vita nel futuro >>
<< Cosa? >> gli chiesi ancora scioccato
<< Andrò in galera. Non vedo l’ora che arrivi il 15 gennaio 2022, così prenderò una pistola e appena mio padre uscirà di galera lo ucciderò. >>
<< Non puoi parlare sul serio! >>
<< Certo che parlo sul serio >>
I suoi occhi erano pieni di rabbia e il suo respiro era meno regolare del solito.
Notando il mio shock si calmò, non voleva rovinare il momento che avevamo creato pochi minuti prima. Mi abbracciò, parlammo di altro, ridemmo ancora.
Poi tornammo a scuola, tutti erano preoccupati per noi, e quindi fummo sospesi dalla scuola per 10 giorni e alla casa famiglia eravamo sempre in punizione, che puntualmente riuscivamo a evitare.
 
 
Dylan fu il mio primo tutto, il mio primo amore, il primo con cui avevo fatto sesso, il primo che mi aveva spezzato il cuore. L’unico da cui ero tornato più volte, sicuramente la persona che avevo amato di più in tuta la mia vita.
Ma adesso ho deciso di spezzare delle catene che avevo costruito io, non abbandonerò Dylan, ma voglio innamorarmi di nuovo. Voglio innamorarmi davvero, chiunque sia lo sciagurato che ruberà il mio cuore. Quel che è certo è che voglio vivere, e partirò dall’entrare in questo cinema.
 
 
Prima di entrare al cinema Anton sentì un uomo che parlava al cellulare: << Ah, Luis, scusami ma non posso proprio venire, mia moglie non sta tanto bene e non riesco a venire al cinema.., il biglietto? Beh, dallo a qualcuno che ti ispira simpatia >>
Che strano tipo, pensò Anton, perché aveva mentito a quel suo amico? Beh, non che gli interessasse in fondo, certo il fatto che avesse nominato Luis gli aveva fatto rizzare le orecchie, comunque di Luis ne esistevano almeno un centinaio a Montpellier, sicuramente era un caso di omonimia.
Ora la speranza più grande che doveva avere era trovare il biglietto.  

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Capitolo 14
*** Una notte da ricordare ***


 Cap 14 – Una notte da ricordare
Luis – 21 Luglio 2016 – 20:58
Due minuti e iniziava il film, ma insomma Ricky lo doveva chiamare proprio cinque minuti prima per dire che sua moglie non stava bene? Poi che risposta, dallo a qualcuno che ti ispira simpatia, ma poteva dare il biglietto al primo che passava? Forse sarebbe stato meglio andare un altro giorno? Si, ma quando avrebbero avuto un'altra serata libera col loro lavoro? È vero, l’indagine era ufficialmente chiusa ma lui e Ricky erano molto sul pezzo e comunque sicuramente avrebbero trovato un’altra serata disponibile quando il film sarebbe stato ritirato dalle sale.
Immerso nei suoi pensieri mentre la gente entrava al cinema non si era accorto che una sua conoscenza stava chiedendo se ci fosse un posto disponibile.
Il bigliettaio ovviamente dava la risposta che Luis aveva già sentito mentre aspettava Ricky: << Mi dispiace, è tutto esaurito >>
<< Anton! >> disse Luis sorpreso
<< Luis…! Ma che ci fai qui? >>
<< Vorrei vedere il film >> disse Luis con una nota di sarcasmo vista l’ovvietà della risposta a quella domanda
<< Ah…ma i biglietti sono terminati >>
Luis sorrise mestamente: << Veramente io ne ho due, li ho presi in anticipo, dovevo andare con un amico ma..
<< Ah, quindi eri tu il Luis a cui si riferiva quello che ha usato questa scusa per non…
<< Cioè era fuori di lì e ha usato la scusa di sua moglie per non entrare…incredibile >>
Luis aveva capito il gioco di Ricky, aveva visto e riconosciuto Anton, mannaggia a lui quando gli aveva fatto vedere una foto di Anton in quella magnifica serata dal finale tremendo e ora voleva che lui offrisse il biglietto ad Anton.
<< Se c’è quel tuo amico, Dylan, fuori, posso darvi anche tutti e due i biglietti, sarebbe un regalo…tanto non vedo quando potrei recuperare >> disse Luis
<< Veramente sono solo, anzi a proposito di quella sera..
<< Il film sta per iniziare >> disse il bigliettaio annoiato dalla loro discussione
<< Allora, facciamo così, vediamo il film insieme, ti va? >> disse tutto d’un fiato Luis
<< Davvero? >>
<< Se vuo…
<< Voglio >> disse subito Anton con gioia e con sorpresa di Luis. << Però voglio pagarti il biglietto >> continuò Anton
<< Ma non se ne parla nemmeno, è un dono che ti faccio con piacere >>
<< Mh…eh, va bene…però prendiamo una maxi porzione di popcorn e ce la dividiamo e pago io >>
<< Ma sono già le 21, il film sarà iniziato >>
<< Nah, prima fanno i trailer >>
<< E va bene, aggiudicato >>
Lo stesso della biglietteria era l’addetto al servizio bar, Luis aveva notato che a pelle loro non gli erano simpatici, forse anche perché avevano parlato tanto praticamente davanti a lui.
Anton esordì: << Una porzione maxi di popcorn per piacere >>
Il bigliettaio: << Una grande sono 5 euro >>
Luis vide Anton mettersi la mano nella tasca sinistra del pantalone e lo vide come scavare, come se fossero dei meandri misteriosi e mai esplorati, dopo qualche secondo però, uscì 2 euro e li mise sul bancone, poi uscì subito dopo gli altri 2, mancava solo 1 euro, iniziò, prima con 20 centesimi, poi 10, poi due da 5…
Luis non fece esasperare oltre il bigliettaio e non voleva perdersi tutto il film per cui intervenne mettendo subito 5 euro sul bancone, con un'occhiata di ringraziamento da parte del bigliettaio
Anton: << Ma perché? Li avevo i 5 euro >>
Luis: << Lo so, ma ci saremmo persi tutto il film >>
Anton: << Però al ritorno te li pago >>
Luis: << Ok, tranquillo, faremo notte ma dopo il film >>
Anton rise.
 
Anton aveva ragione, stavano facendo ancora il trailer, Luis aveva preso i biglietti in una posizione splendida, E4 ed E5 di quel grande cinema, dovettero però disturbare molte persone che erano già sedute mentre queste si alzavano in modo che loro potessero passare e ad Anton caddero anche alcuni popcorn.
A Luis batteva forte il cuore, tutto pensava ma non di incontrare Anton in quella circostanza, aveva pensato di andare in quel bar per ricevere le scuse di Anton, senza sapere se sarebbero mai arrivate, non sapeva se Anton si fosse davvero dispiaciuto di averlo dimenticato in un attimo e poi era lui che aveva detto che non voleva essere accompagnato a casa sentendosi di troppo.
Appena aveva sentito Anton fare riferimento all’altra sera lo aveva bloccato o meglio era stato il bigliettaio ma lui aveva cambiato subito argomento, probabilmente si voleva scusare ma lui ci aveva messo una pietra sopra, voleva fare come se non fosse successo niente o meglio come se quella serata non fosse finita in quel modo ma un attimo prima, a quel quasi bacio che stavano per scambiarsi.
 Ma decise di sforzarsi di pensare ad Anton come ad un amico con cui si può andare al cinema, con buona pace di Ricky e della sua operazione cupido.
 
Il film era iniziato come una commedia romantica classica con i protagonisti che all’inizio si odiano e Anton rideva di gusto, Luis fu rapito da quella visione, aveva una risata così coinvolgente.
Ad un certo punto tra una risata e una trangugiata di popcorn disse a Luis: << Perché mi fissi? >>
<< No, è solo che…beh, sono contento che il film ti stia piacendo >>
<< Ah, si, grazie ancora del biglietto >>
<< Silenzio >> disse qualcuno della fila dietro costringendoli a zittirsi.
Poi però il film si fece più serioso e a tratti drammatico, il tutto inaspettatamente, nonostante le recensioni potessero far immaginare un risvolto insolito.
Luis vide che ad Anton stavano uscendo alcune lacrime nelle scene più intense, erano scene emotive ma non lo vedeva un ragazzo che potesse piangere, cioè non lo immaginava proprio prima e a lui vedere Anton piangere lo emozionava più delle scene del film, quei bellissimi occhi erano ancora più belli lucidi ma lui non voleva fissarlo di nuovo.
Decise di concentrarsi sul film che gli stava piacendo parecchio.
 
<< Ecco lo sapevo, ma perché nei film è sempre così difficile dirsi che si amano quando è palese sin dall’inizio >>
<< Beh, a volte anche nella vita è così, o almeno per me lo è >>
Anton fece un sorriso un po’ malizioso.
Luis arrossì vergognandosi un po’ di ciò che aveva detto.
 
Ad un certo punto tutti e due erano molto presi dal film, così entrambi misero le mani nel contenitore di popcorn ormai vuoto e le loro mani si incrociarono, normalmente uno dei due avrebbe scostato la propria mano, ma forse complice il fatto che nessuno li vedeva, o il fatto che in quel momento neanche loro si stavano guardando, si strinsero la mano e la tennero stretta per alcuni minuti fino a quando ormai non presi più dal film decisero di guardarsi, Luis non avrebbe mai saputo rispondere su chi prese l’iniziativa, sapeva solo che le loro facce si avvicinarono e nello stesso tempo in cui i protagonisti del film si baciavano, anche loro si baciarono, un bacio lungo, languido in cui le loro lingue esploravano la bocca del partner.
 
Quando si staccarono nessuno dei due sapeva cosa dire, e nessuno dei due lasciava la mano dell’altro.
 
Quando uscirono però l’imbarazzo fu palpabile, Luis non sapeva cosa Anton pensasse ma lui pensava che per vari motivi non avrebbe dovuto cedere al bacio, non solo il fatto di Dylan, ma anche la loro differenza di età, eppure non lo considerava uno sbaglio, non del tutto per lo meno. Era stato il bacio più bello di tutta la sua vita e quello sarebbe rimasto.
Ad un certo punto prese coraggio e chiese: << Ho la macchina, vuoi che ti accompagni? >>
<< Grazie, ma casa mia è vicina, non so se ricordi >>
<< Già >> disse mestamente Luis << allora ci si vede >> aggiunse
Anton sorrise leggermente e annuì visibilmente imbarazzato anche lui
Ma dopo qualche passo di Anton, Luis disse: << Posso accompagnarti a piedi? >>
Anton si girò sorpreso: << Certo, se ti fa piacere >>
Luis raggiunse Anton e passeggiarono insieme verso la casa del ragazzo dagli occhi blu.
 
Il percorso era breve, eppure Luis pensava che non sarebbe sopravvissuto, non aveva mai avuto una frequenza cardiaca così elevata che lui ricordasse.
<< Ti vergogni? >> disse Anton ad un certo punto
<< Cosa? >>
<< Sono due volte che tento di darti la mano qua fuori, ma forse perché ci vedono tu la scosti >>
Luis disse: << Davvero? No, non l’ho fatto apposta >>
Ma Anton non parve credere totalmente alla scusa: << forse inconsapevolmente ti stai vendicando della mia stronzagine di qualche giorno fa, ma non ti bia…
Luis strinse la mano ad Anton zittendolo: << Scusa, giuro che non me ne ero accorto >>
Anton sorrise sorpreso e grato.
E si avviarono mano nella mano per il tragitto rimanente.
 
Quando arrivarono al portone, Luis timoroso chiese di poterlo accompagnare alla porta, Anton accettò con entusiasmo.
Arrivati alla porta, Anton aprì con le chiavi e poi sulla porta si girò verso Luis: << È stata una serata inaspettata e bellissima >>
<< Anche per me >> disse Luis
<< Ringrazia quel tuo amico da parte mia, come si chiamava? >>
<< Ricky, si, lo rimprovererò comunque >>
Anton sorrise: << Allora buonanotte >>
<< Buonanotte a te >> rispose Luis
 
Mentre Luis iniziava a scendere le scale, Anton chiuse la porta.
Era stata una serata emozionante, bellissima ma era come se nel cinema avessero mostrato i loro sentimenti ma fuori erano stati un po’ impacciati, sarebbe stato così bello se la vita fosse stata un film, lui in un film si sarebbe fermato su uno scalino, sarebbe tornato da Anton, avrebbe bussato la porta e avrebbe baciato con passione il ragazzo…ma la vita non era un film…ma se in quel caso lo fosse stato? Se in quel momento Luis avesse fatto una pazzia da film?
Ancora non aveva sceso un piano che quelle idee che gli frullavano per la testa lo portarono alla decisione più pazza della vita.
Salì correndo la rampa di scale che aveva sceso e tornando alla porta di Anton stava per bussare quando Anton aprì la porta di scatto, come se avesse avuto la stessa idea di Luis e così guardandosi negli occhi per un istante che a loro parvero ore, si baciarono, prima sull’uscio della porta, poi Anton prese per il colletto della camicia Luis facendolo entrare e continuando a baciarlo, Luis entrando sorrise voglioso e chiuse la porta alle sue spalle con un piede.
Una cosa era certa, sarebbe stata una notte da ricordare.

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Capitolo 15
*** Un dolce risveglio ***


Cap 15 – Un dolce risveglio
Anton – 22 Luglio 2016 – 7:30
Anton per tutta la notte si era dimenticato che il letto che aveva era scomodo ed era poco più che piazza singola, il sesso con Luis era stato travolgente, in quel momento non riusciva a non guardarlo e a sorridere innamorato mentre il giovane uomo stava dormendo beato e tranquillo.
 
Ricordava in maniera vivida quella notte, dopo che Luis era entrato, Anton gli aveva sbottonato la camicia con famelicità, mentre Luis gli baciava il collo, poi Luis armeggiò con i suoi pantaloni, mentre Anton gli baciava il corpo e arrivò all’ombelico, glie lo leccava e Luis iniziò a ridere ma anche ad eccitarsi sempre di più, poi Luis tolse la maglia ad Anton mentre Anton lo toccava dappertutto, la sua erezione era ben visibile e Anton notò che manteneva un po’ di imbarazzo, per quanto i suoi freni inibitori gli avesse abbandonati il più possibile come ovvio. Quando Anton gli tolse anche le mutandine lui arrossì, ma quando Anton iniziò a lavorare con maestria di bocca, Luis mandò la testa all’indietro e ad ansimare, era profumato e delizioso il pene di Luis ma il poliziotto era super eccitato, così prese Anton e lo gettò sul letto, Anton gli mostrò il preservativo che aveva preparato per ogni evenienza, Luis sorrise desideroso e se lo mise in un lampo, però poi lo baciò su tutto il corpo, raggiunse anche lui il pene del bellissimo ragazzo dagli occhi blu e lo succhio con maestria, Anton era sorpreso dalla bravura di Luis ma proprio mentre stava per venire Luis si staccò, poi mise i piedi del bel ragazzo castano sulle sue spalle, mettendo il sedere di Anton in bella vista, si leccò le labbra ma Anton riconobbe Luis quando disse: << Posso? >>
<< Non aspetto altro >> rispose Anton, super eccitato
Il primo affondo fece gridare Anton perché l’asta di Luis era rigida e turgida, poi godette sempre di più, finché non vennero entrambi, lui sulla sua stessa pancia, e Luis lo lecco tutto.
 
Anton pensava che fare sesso con Luis sarebbe stato diverso da come era avvenuto, non che ci avesse fantasticato molto in realtà, però si aspettava meno maestria, un po’ più di timore e dolcezza, invece aveva condotto il gioco un po’ come Dylan anche se in maniera diversa, più condivisa.
Vederlo dormire era bellissimo, quasi come fare sesso, aveva 33 anni ma sembrava un ragazzino della sua stessa età, se glie lo avessero detto qualche giorno prima che sarebbe andato a letto con un poliziotto si sarebbe messo a ridere e invece era vero, non lo voleva ammettere ma forse si stava davvero innamorando.
 
Quando Luis si svegliò, Anton lo vide sbattere le palpebre, svegliarsi lentamente, guardarlo e sorridergli con lo sguardo ancora assonato.
Con la voce ancora impastata dal sonno disse: << Da quanto tempo mi stai guardando così? >>
Anton che aveva la mano sulla guancia, il braccio sul cuscino, lo stava guardando incantato da tantissimo tempo e disse: << Da un po’ >>
Luis sorrise capendo che era da più che solo “ da un po’ “.
<< Non devi andare al bar? >>
<< Ho il turno di pomeriggio e tu non devi andare alla centrale? >>
<< Ho ancora un paio d’ore, forse tre, che intenzioni hai? >> disse Luis vedendo Anton sempre più vicino
<< E tu? >> disse Anton baciandolo.
E un’ora passo nello stesso modo in cui era passata quella splendida notte.
 
L’ora successiva si alzarono a malincuore dal letto.
Luis cominciò a rivestirsi e disse: << Io tra un po’ torno a casa e mi cambio per andare a lavorare, vuoi che andiamo al bar a fare colazione? >>
<< No, al bar ci lavoro, già il fatto che ci devo andare oggi pomeriggio >>
<< Che ne dici se preparo io la colazione? >> disse il poliziotto
<< Ma non ho niente in casa >>
<< Che vuol dire niente? >>
<< Dovrei fare la spesa ma non mi va >>
Detto questo si alzò nudo in tutta la sua bellezza con Luis che ancora non credeva alla fortuna di aver fatto sesso due volte con quella meraviglia, e prese dal pantalone buttato per terra in un angolo, il portafoglio, e in particolare 20 euro.
<< Ti prego, prendi qualcosa per la colazione?  Il market sta giù >> disse il castano facendo gli occhi dolci a Luis
<< Perché non hai dato la banconota da 20 euro al bigliettaio per i popcorn? >>
<< Volevo darglieli precisi. Sei troppo poliziotto >>
Luis sorrise e annuì
<< Ok, io mi faccio la doccia…tieni le chiavi >>
E le lanciò a Luis che le prese al volo. Anton si rese conto che Luis prima di uscire lo aveva guardato finché non fu entrato in bagno.
 
Una ventina di minuti dopo Anton uscì dalla doccia, si asciugò, si vesti e uscendo dal bagno sentì un odore molto invitante. Rise vedendo Luis ai fornelli
<< Non ti facevo casalingo >>
<< Ah Ah Ah…che ridere. Siediti, va, che ho preparato uova e bacon >>
<< Wow, e dove stiamo, in America? >>
<< Assaggia e vedrai che è buonissimo >>
<< Mah, giusto che sei tu >>
Anton assaggiò timidamente il bacon come se non lo avesse mai assaggiato, ma era tutta scena, infatti si divorò tutto in poco tempo.
Luis: << Vedo che non ti è piaciuto >> sarcastico
Anton: << Non sei male ai fornelli, basta che non fai il caffè >>
Luis: << L’altra volta è stato un caso…ah, a proposito, così, se vuoi passare qualche volta da me e io non sto al lavoro…beh, questo è il mio indirizzo >>. Lo scrisse su un tovagliolo e lo porse ad Anton
Anton sorrise grato.
Una chiamata al cellulare interruppe lo scambio di sguardi intimi che si stavano cambiando
Luis: << Mia madre,…scusa, devo rispondere >>
Anton fece spallucce e iniziò a preparare il caffè.
 
Tempo di fare il caffè e per fortuna la chiamata tra Luis e la madre finì.
<< Ti chiama ogni giorno tua madre? >>
<< Si, è un po’ apprensiva >>
<< Deve essere bello >>
<< Beh, a volte è dura e la tu…
Si bloccò ma ormai la gaffe era fatta
<< Scusa >> continuò Luis << Posso farti una domanda? >>
Anton: << Certo, e non ti preoccupare >>
Luis: << Hai mai provato a riconciliarti con tuo padre o a sentire i tuoi fratelli? Incontrarli? >>
Anton abbassò lo sguardo: << Bernard, mio “ padre “ per me è morto. Per quanto riguarda i miei fratelli, beh, loro non si sono fatti né vedere né sentire >>
Luis: << Non pensi di dover fare tu il primo passo in quanto fratello maggiore? In fondo sei uscito dalla casa famiglia da quanto? 4-5 anni? Loro erano ragazzini o sbaglio? Come facevano a sapere e a contattarti dopo quel periodo, in questi anni? >>
Anton: << Ti ricordi tutto quello che ti ho detto? >>
Luis: << Mi ricordo ciò che dice chi è importante per me >>
Anton: << Aw, volevo mettere dello zucchero nel caffè ma adesso evito >>
Luis rise.
Luis stava per congedarsi e Anton lo stava accompagnando alla porta: << Allora ci vediamo stasera? >>
Anton: << Mh, difficile, lavoro fino a tardi >>
Luis: << Domani? >>
Anton sorrise: << Domani ho la giornata libera >>
Luis: << Perfetto. Ah, rifletti su quello che ti ho detto >>
Anton: << Signor si, capitano >> disse mettendosi la mano sulla testa a mo’ di saluto al capitano.
Luis: << Ma smettila. Ah, stavo pensando che magari potrebbe essere utile per te parlare di alcuni fatti del tuo passato con uno specialista >>
Anton: << Stiamo insieme da un giorno e già mi vuoi mandare da uno strizzacervelli? >>
Luis: << No, non…un momento, hai detto stiamo insieme? >>
Anton: << Si, ma non ti montare la testa, forza, vai al lavoro, altrimenti fai tardi >>
E così il castano dagli occhi blu quasi cacciò simpaticamente il poliziotto.
Una volta solo ripensò alle parole di Luis, sapeva dove abitavano i suoi fratelli ma per non incontrare Bernard non ci era mai andato, forse avrebbe incominciato a sondare il terreno da scuola di Emil, aveva saputo casualmente dove studiava il fratello. “ Chissà come si sono fatti grandi “ pensò con affetto.
 
 
Ma Anton scoprì quello stesso giorno che l’affetto non era ricambiato, non più.
 
Anton aspettò che i ragazzi uscissero di scuola, erano dieci anni che non vedeva i fratelli, nonostante ciò riconobbe subito il fratello il bel biondo dagli occhi color nocciola, per il resto gli somigliava non poco.
 
Emil all’uscita era da solo, lui si avvicinò non timidamente, non lo era, anche se aveva un po’ di timore
<< Ciao >>
Emil si girò verso il suo interlocutore: << Chi è lei? >>
<< È da tanto che non ci vediamo >>
Anton capì che Emil aveva capito chi era, e gli parse di notare un attimo di contentezza sul suo viso, ma se c’era veniva subito sormontato da una rabbia mista all’indifferenza
Emil: << Cosa vuoi? >>
<< Volevo solo salutarti >>
<< Bene, ciao, ora puoi andare >>
<< Emil, so che non ci vediamo da tanto tempo ma..
<< Ma cosa? Quando avevo 14 anni ho fatto filone dalla scuola e sono andato alla casa famiglia, ti ho cercato senza farmi vedere, ma tu non c’eri, poi mi hanno trovato, hanno chiamato mia madre, ma io prima di andare via ho detto a una suora, quella che comandava dove abitavate, dove ci potevi trovare.
Ho preso un grande rimprovero quel giorno ma non mi importava, ero contento perché avrei trovato mio fratello, gli avrei detto che aveva ragione, che Bernard era uno stronzo, che ci aveva abbandonati, e così ho atteso 1 giorno, 2 giorni, una settimana, un mese, poi ho smesso, ho capito che Bernard non era l’unico che ci aveva abbandonato. Quindi con che cazzo di coraggio ti presenti ora? >>
<< Io non volevo vedere Bernard e pensavo…
<< Ma potevi vedere noi, me ed Allison, invece per non vedere un tizio che se ne era andato hai rinunciato anche a noi! >>
Alcuni ragazzi lo chiamarono: << Emil? Tutto bene? >>
Emil: << Ora va via >> disse ad Anton
Anton rimase zitto e sentì solamente quei ragazzi che chiedevano a Emil chi fosse quel ragazzo con cui parlava e sentì Emil rispondere: << Nessuno >>
 
Anton tornò a casa triste e si preparò per andare al bar, non vedeva l’ora che fosse l’indomani per vedere Luis e magari lui riusciva a consolarlo. Ma se lo avesse chiamato prima di andare al bar?
Gli mandò un messaggio: “ Luis, sei libero? Posso chiamarti? “
Passarono pochi secondi e ricevette la risposta: “ Ti chiamo io “
Effettivamente subito ricevette la chiamata di Luis: << Ehi, bellissimo >>
Anton: << Ciao, come mai sei libero? >>
Luis: << Sono in pausa, e comunque da quando il caso è ufficialmente chiuso, lavoriamo più fuori orario. Ma cosa volevi dirmi? >>
Anton: << Ho visto Emil >>
Luis: << Hai seguito il mio consiglio. E come è andata? >>
Anton: << Peggio non poteva andare >>
Luis: << Ah..
Anton: << Mi sono comportato da vigliacco, sapevo dove erano e per timore di incontrare Bernard che ha deluso anche loro…, ah, sono stato un codardo. Ora non mi vuole più vedere e non credo che per Allison la situazione sia diversa.
Luis: << Non so molto bene la storia, ma se posso darti un consiglio…non arrenderti, continua a stare all’uscita di quella scuola quante più volte puoi, vai a casa loro, fai vedere che ci tieni, perché è così >>
Anton: << Così mi denunciano per stalking >>
Luis: << Vabbé, in tal caso prenderò io la denuncia che ti riguarda >>
Anton: << Ahahahaha, a parte le battute, grazie, ah, e soprattutto ringrazia quel tuo amico, sembra che stiamo insieme da anni e non da ore, se ci penso…
Luis: << Lo ho già ringraziato, e sta gongolando..è insopportabile, ahah >>
Anton: << Devo attaccare, ti…do un bacio >>
Luis: << Anche io >>
 
Cosa stava succedendo? Pensava Anton, era preso da una relazione come non lo era dai tempi di Dylan. Ma in maniera totalmente diversa, insomma lo aveva chiamato per condividere una sua situazione privata e per chiedere consiglio come se fossero fidanzati da anni o sposati o altrimenti come se fossero amici. Eppure la cosa, che in altri contesti lo avrebbe spaventato e avrebbe portato Anton a troncare subito, lo faceva stare bene, era solo all’inizio, era ora di godersi il momento.
E in questo caso aveva un consiglio dal suo Luis ed era deciso a seguirlo.
 
 
Nota: Qui vediamo il punto di vista di Anton come si può notare ma c’è una parte che per sbaglio esprime un pensiero di Luis, è un errore ma siccome mi piaceva non ho voluto toglierlo.  

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Capitolo 16
*** L'esistenza della felicità ***


Cap 16 – L’esistenza della felicità
Luis – 22 Luglio 2016 – 10:30
Mentre Luis andava verso la centrale, non riusciva a contenere la sua felicità, ancora non si rendeva conto che non fosse un sogno, aveva davvero fatto l’amore con un bellissimo ragazzo come Anton? E che amore! Non si ricordava di aver mai fatto un sesso così intenso, né di essere mai stato così “ famelico “.
Mentre era in macchina non poteva fare a meno di cantare, cosa che non aveva mai fatto prima. Una volta che ebbe parcheggiato gli pareva di toccare il cielo con un dito mentre camminava verso la centrale.
Ora era certo, la tanto agognata felicità esisteva e lui la stava provando ormai dalla sera prima.
 
Una volta in ufficio cercò di dissimulare la sua felicità davanti a Ricky
Luis: << Ciao Ricky, novità sul caso che stiamo seguendo in segreto? >>
Ricky: << Nessuna, in compenso abbiamo più tempo per noi e dal sorriso che cerchi di nascondere, a quanto pare al cinema hai incontrato qualcuno di speciale >>
Luis: << È così evidente che sono felice? >>
Ricky: << Beh, non ti ho visto così neanche quando abbiamo arrestato Steady! >>
Luis: << Ho incontrato Anton, ma questo tu lo sai meglio di me, non è così? >>
Ricky: << Eheh, missione cupido compiuta a quanto vedo…>>
Luis: << Il tuo ghigno soddisfatto mi fa pentire di parlarne con te >>
Ricky: << Prego, non c’è di che…, evitando di scendere nei particolari, avete…
Luis: << Abbiamo >>
Ricky: << Wow, allora è proprio quello giusto >>
Luis rosso come un peperone disse: << È presto, concentriamoci sulle pratiche da archiviare >>
Ricky: << Già, che reclamano di essere archiviate…noi siamo poliziotti, ispettori, questi son lavori da impiegati…
Luis: << Al momento non ci sono indizi sui quali possiamo andare avanti >>
Ricky: << Sai, Luis, anche io ho una notizia bomba, te la dovrei dire dopo il terzo mese per non festeggiare prima del tempo ma…
Luis: << No, non mi dire…tua moglie è incinta? >>
Ricky: << Si! >>
Luis: << Ma che bella notizia! >>
Si abbracciarono contenti.
 
Luis era molto contento che durante la sua pausa lo avesse chiamato Anton, è vero, non aveva buone notizie su suo fratello ma egoisticamente era super felice di aver sentito la sua bellissima voce, insomma, non sapeva come avrebbe resistito a non vederlo per più di 24 ore, non vedeva l’ora che venisse la sera successiva, ma almeno sapeva che per lo meno lo aveva sentito, forse mancava di già anche a lui, non lo credeva ma lo sperava. Era consapevole di essere in piena fase di innamoramento e sapeva già di star mettendo a tacere quei dubbi che riguardavano la differenza d’età che sicuramente presto o tardi avrebbero fatto capolino nella sua mente, ma non avrebbe permesso a niente e a nessuno di rovinare quel momento breve o lungo che fosse.
 
 
La sera del giorno dopo:   
Luis non sapeva cosa aspettarsi dalla cucina del suo amato, non sapeva se avesse anche quella qualità, del resto, quanto lo conosceva? Sapeva che era un ragazzo dolce, ma sbarazzino, che aveva avuto un passato duro ma a lui praticamente celato, tuttavia non voleva approcciarsi con una visione poliziesca, in fondo era il suo ragazzo…cavolo gli faceva effetto pensarlo, voleva scoprirlo giorno per giorno.
Era emozionato, in maniera diversa rispetto a quando aveva fatto l’amore con Anton, questo era il loro vero primo appuntamento in un certo senso, e lui aveva l’originalità di portare una bottiglia di vino, tra l’altro non troppo costosa, la aveva presa da un supermercato all’uscita dal lavoro prima che chiudesse.
 
Quando bussò, il ragazzo dagli occhi blu gli aprì in fretta e disse: << Ciao Luis, siediti dove vuoi, io devo controllare il sugo >>
Era sempre a casa del giovane, non c’erano molto posti dove sedersi se non qualche sedia in cucina o… il letto.
Quanto era carino, aveva un grembiule a quadretti che gli cingeva la maggior parte del corpo, sotto una semplice maglietta blu e un pantalone bianco, elegante per i suoi standard, insomma un bel pantalone, elegante o meno che fosse.
 
Che buon profumo, non sapeva cosa stesse cucinando Anton, né se fosse bravo o meno, il caffè lo sapeva fare, ma cucinare era un’altra cosa, sicuramente il profumo era molto invitante.
 
<< Non sei vegetariano vero? >> gli chiese Anton
<< Ehm, no >>
<< Ah, meno male, sto facendo un sugo alla pizzaiola, e ho preso dei pezzi di carne da un macellaio bravissimo, da lui so che la carne è buona e in più gli animali vengono trattari per quanto possibile bene, per quanto la fine sia sempre quella. La ho già fatta scongelare, e ora la metto nel sugo…ecco qua >>
<< Dal profumo sembra molto invitante >>
<< Si? Beh, è una cosa semplice, solitamente non amo fare la spesa ma vivendo da solo sono costretto a farla >>
<< È una cosa semplice ma sono sicuro che sarà buona >>
Anton arrossì leggermente e cambiò argomento: << Che vino hai preso? >>
<< il primo che ho trovato, perché sei un intenditore? >>
<< Il vino preferisco berlo, c’è stato un periodo in cui pensavo che sarei diventato un ubriacone come mio padre, ma per fortuna mi sono fermato prima di essere dipendente e uno, due bicchieri ogni tanto me li faccio >>

La cena era stata più buona di quanto Luis pensasse, è vero, era stata una pietanza semplice ma molto sfiziosa e saporita, a lui piacevano i piatti con questi sapori abbastanza forti e sapidi.
Luis: << Dove hai imparato a cucinare così bene? >>
Anton: << Dove? Più che altro su YouTube e con l’esperienza, perché nei video è tutto facile, poi fare anche i piatti più semplici all’inizio è complicato, vivevo da solo, con pochi soldi e dovevo pagare gli affitti, ti confesso che ci sono stati giorni che ho dormito per strada, sulle panchine come un clochard, tutto pur di non tornare alla casa famiglia >>
<< Mi dispiace >>
<< Non devi, ho incontrato gente meravigliosa tra i clochard, e poi era estate, quindi di notte si stava bene…, insomma, diciamo che ho avuto una vita movimentata fino ad ora >>
Luis sorrise e disse: << Più ci frequentiamo e più mi piaci >>
Anton arrossì un po’ e gli prese la mano: << Sai..per quella cosa dello strizzacervelli..
<< Scusa, non dovevo neanche proportelo >>
<< Tranquillo…anzi se è bravo e se al primo incontro non chiede soldi..
<< Vuoi dire che lo incontreresti? >>
<< Ho dei problemi con me stesso e con gli altri, e anche se in parte li ho superati e anche se con te li supererò ancora meglio, credo che parlarne con uno specialista anche solo una volta male non fa >>
<< Il Dr Moore è bravissimo, o almeno con me lo è stato, ci ha anche aiutato in alcuni casi spinosi, anche se non ero coinvolto come in questo caso, non ero ispettore. Grazie…della fiducia, intendo >>
<< Allora ispettore, che dici se per ripagarmi non me lo offri tu il dolce >>
Luis capì l’allusione, si alzò in contemporanea con Anton e si baciarono, poi il poliziotto aggiunse: << il dolce lo prendiamo a letto, che dici? >>
<< Sono pienamente d’accordo agente >>
 
 
La mattina dopo:
La sveglia con un suono orribile svegliò i due che a stento stavano nel letto di Anton, infatti Luis all’udire quel suono cadde dal letto, “ per fortuna è basso “ pensò il povero ispettore.
<< Che orribile sveglia >> disse il castano dagli occhi blu
<< È la tua.. >>
<< Beh, io voglio stare altri 10 minuti >>
<< Sono le 7 Anton >>
<< Oh, cazzo, tra mezz’ora devo stare già al bar >>
<< Vabbè, anche io devo andare al lavoro presto, tempo un caffè, una lavata di denti e se vuoi ti accompagnò >>
Luis aspettava che Anton accettasse ma il telefono squillò prima. Lesse il nome di Ricky sul display.
<< Pronto Ricky, tra poco arrivo, giur…cosa? La moglie di Lafont è morta? >>
Luis capì che stavolta non avrebbe potuto accompagnare Anton.   

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Capitolo 17
*** Il disegno ***


Due precisazioni prima del capitolo: Io ho messo i mesi estivi che per ora lascerò però penso che anche in Francia la scuola d’estate sia chiusa, ma i mesi eventualmente possono essere cambiati in futuro.
Per la prima e per ora ultima volta avremo un capitolo da un altro punto di vista ma durerà poche pagine, perché anche in questo capitolo avremo come previsto il punto di vista di Anton.
Buona lettura
 
Cap 17 – Il disegno
Emil – 30 Luglio 2016 – 12:30
Emil giochicchiava con la penna che tamburellava sul quaderno di matematica, non stava per niente ascoltando la lezione, del resto non ci avrebbe capito niente.
Mentre giochicchiava pensava ad Anton, per più giorni si era fatto trovare all’uscita da scuola, ma quando Emil stava per approcciare e trattarlo male come aveva fatto giorni prima, se ne andava, scappava.
Ma perché lo faceva? Non riusciva a capire, temeva che lo denunciasse per stalking? Forse avrebbe potuto farlo ma non era minimamente nelle sue intenzioni, in fondo era suo fratello, vederlo non gli dispiaceva, lo aveva detto anche alla sorella, ma lei lo aveva fulminato con gli occhi e gli aveva detto: “ Praticamente non lo conosciamo e mi pare che neanche lui abbia voluto conoscerci in questo tempo, forse ha bisogno di soldi per farsi qualche dose “.
Emil aveva dato ragione alla sorella sul momento ma non credeva che fosse drogato, né che avesse bisogno di soldi, però non voleva cedere, ciò che gli aveva detto qualche giorno prima lo pensava ancora, eppure…
 
“ Oddio, eccola “ pensò Emil, mentre guardando fuori dalla sua aula vedeva la ragazza che considerava la più bella del Mondo, sorrideva mentre parlava con due sue amiche, lui non era timido ma con lei farfugliava e non riusciva mai a incrociare due parole, figurarsi dichiararsi, si era già rassegnato, Denise non sarebbe mai stata sua.
Lui non era brutto, o almeno così gli dicevano, ma la sua famiglia non faceva molto testo, non era mai stato fidanzato, né aveva mai baciato, se i suoi amici lo avessero saputo, lo avrebbero preso in giro ma chissà quanti di loro poi avevano fatto tutto ciò di cui si vantavano, lui non era stato esente dal mentire su sue presunte conquiste del resto. I maschi erano così, pensava che le femmine sulle loro conquiste fossero molte meno esplicite e forse anche più sincere.
 
Per vie traverse però era riuscito a sapere una cosa su Denise, lei amava le sirene, perciò lui aveva fatto un disegno sul suo album, aveva fatto una sirena col volto di Denise, lo ammetteva, era bravo a disegnare, era l’unica materia dove andava oltre la sufficienza, quello era un suo capolavoro, aveva messo tutto il suo impegno, lo aveva fatto mesi prima, doveva essere il regalo per il suo compleanno che appunto lei aveva festeggiato mesi prima, ma ancora non glie lo aveva dato.
 
Quando uscì da scuola quel giorno non vide Anton, ma gli passò vicino Denise, a lui pareva che lei lo guardasse, forse era il momento di darle il disegno, prese la cartellina che aveva con sé, uscì appena il foglio…ma era più forte di lui, lo avrebbe rimesso apposto ma qualcuno si scontro con lui e il foglio cadde proprio ai piedi della sua amata Denise.
 

Anton – 24 Luglio 2016 – 9:00
Un paio di giorni dopo quella mattina in cui Luis aveva saputo della morte della moglie di Lafont, Anton conobbe il dottor Moore, lo psicologo di Luis che era stato anche consulente in alcuni casi, soprattutto se serviva a capire il profilo psicologo di un assassino o eventualmente risalire a quello di una vittima.
Fu proprio Luis a presentarglielo, una mattina prima di andare a lavoro. Anton era teso come una corda di violino, avrebbe dovuto parlare di sé, forse del proprio passato, non ne aveva voglia ma lo aveva promesso a Luis e se questo lo avesse aiutato a ricucire i rapporti con Emil e Allison, ne sarebbe valsa la pena.
 
<< Lui è Anton, l’amico di cui le parlavo >>
<< Ah, piacere >> disse il dr Moore porgendogli la mano, Anton la strinse. Il dottore era una figura che Anton avrebbe definito anonima, era un uomo alto, capelli corti e bianchi, un po’ agèe più nei modi che nell’età effettiva, portava la camicia con le bretelle e Anton pensava non fosse un caso, poi degli orribili pantaloni color cachi, quello sperava fosse un caso, non che lui si intendesse di moda, ma lì la cosa era palese.
Il dottore lo scrutò per qualche secondo, poi si rivolse a Luis: << Come vanno le indagini? >>
<< Non posso dirle molto dottore, diciamo che stiamo raccogliendo degli elementi che potrebbero essere determinanti per il caso e questo potrebbe portare anche al perché dell’omicidio di Amelie e di Steady >>
<< Capisco, un caso spinoso, ti auguro un buon lavoro >>
<< Anche a lei >>
Luis disse all’orecchio di Anton: << Rilassati e comportati bene >>
<< Si papà >> rispose ad alta voce il castano.
 
Quando Luis se ne andò roteando gli occhi al cielo per la risposta del suo ragazzo, il Dr Moore lo invitò ad accomodarsi ma Anton gli disse: << Posso stendermi sul lettino? >>
<< Ma non è necessario >>
<< Beh, son venuto qui principalmente per stendermi sul lettino, quindi se per lei va bene..>>
Senza neanche aspettare la risposta dello psicologo si mise sul lettino, probabilmente gli aveva suscitato antipatia con questo comportamento infantile ma ad Anton non importava, voleva davvero stendersi sul lettino.
Dr Moore: << Possiamo iniziare ora? >>
Anton: << Guardi, dottore, partiamo dal presupposto che io non ho soldi, quindi questa visita gratuita va bene ma dubito che ne farò altre a breve, se la trova inutile me lo dica subito, così non le faccio perdere tempo >>
<< È come se lei voglia a tutti i costi andarsene da qui, prima tentando di infastidirmi volendo mettersi sul lettino e poi dicendomi apertamente che io le dica di andarsene >>
<< Beh, io ho visto in tanti film questo lettino e volevo provarlo, quella che ha è solo un’impressione >> disse Anton convinto
<< Sono sicuro che lei ci crede ma inconsciamente almeno parzialmente…
<< Ah, partiamo già con l’inconscio, con Freud >>
<< Lo sta rifacendo >>
<< Cosa? >>
<< Cercare di sminuire il mio lavoro >>
<< Se le danno fastidio le mie risposte, lo dica e levo il disturbo >>
<< E siamo già a due tentativi >>
<< Mi sta già psicanalizzando, vero? >>
<< Lei cosa pensa? >>
<< Fate sempre domande e non date mai risposte >>
<< Non è nostro compito dare risposte ma aiutiamo il paziente a trovarle >>
<< Beh, io non sono paziente >>
<< Allora mi parli un po’ di lei, perché ha accettato di venire qua? >>
<< Perché lo voleva Luis >>
<< Deve tenere molto alla considerazione del suo ragazzo >>
<< Come fa a saperlo? >>
<< Beh, si percepisce un certo feeling >>
<< Davvero? Beh, mi fa piacere >>
<< Lo ama? >>
<< Non pensavo facesse una domanda così diretta dottore! >>
<< Beh, se questa è davvero l’unica volta che verrà da me, devo saperne il più possibile di lei non crede? >>
<< Touché >>
<< Allora? >>
Anton era un po’ in imbarazzo e un po’ indeciso su cosa dire, non sapeva neanche lui quali fossero le sue emozioni, era ancora legato a Dylan, troppo legato,…per quanto avesse deciso di recidere il legame.
Anton: << Non so che dirle dottore, stiamo insieme da qualche giorno e lui mi fa sentire bene, come poche volte nella mia vita, è bello, è passionale, più di quanto pensassi, insomma mi sento protetto e devo dire è una sensazione nuovissima >>
<< Dunque mi corregga se sbaglio, lei è molto invaghito di Luis ma c’è qualcosa o qualcuno che la frena >>
Anton era colpito dalla perspicacia del dottore, per dei secondi rimase in silenzio, poi decise di parlare: << Perché non cambiamo argomento? >>
<< Certo, mi parla di sua madre? >>
Improvvisamente il respiro di Anton divenne affannoso, e decise di tornare all’argomento precedente
<< No…Ehm, c’è una persona a cui sono molto legato, si chiama Dylan, ho avuto più di un ragazzo ma quella con Luis sento che potrebbe diventare qualcosa di serio per la prima volta dopo Dylan
<< Ha ancora rapporti con questo ragazzo? >>
<< Ho troncato letteralmente ma…
<< Il cuore non lo ha fatto del tutto, non è così? >>
<< Già..e dire che è stato il mio bullo >>
<< Il suo bullo? >>>
<< Si, alla casa famiglia mi ha tormentato, il mio primo bacio non me lo ricordo con piacere. Il tormento è durato 3 settimane, poi mi sono ribellato, ad un certo punto ho pensato anche al suicidio e stavo per farlo >>
<< Davvero? >>
<< Si, ma mi ha salvato proprio lui e poi una lunga storia e insomma è stata una relazione tormentata, mai stabile, con un rapporto quasi patologico, però passionale, animalesco, e con un trasporto che definirei naturale. >>
<< Capisco. Beh, se mi ha parlato di questo, immagino che parlare di sua madre sia fuori questione >>
Anton annuì: << Se ci saranno altri incontri, forse…ma son venuto qui per capire come riagganciare il rapporto con i miei fratelli >>
<< Perché non li ha cercati prima? >>
<< Avevo timore di incontrare mio padre e non ho un buon rapporto con lui, ma i miei fratelli meritavano dia vere un fratello presente e giustamente Emil mi ha accusato di non esserci stato, non so cosa pensa Allison, ma non credo la pensi tanto diversamente >>
<< Non è compito mio darle un consiglio su come riagganciare i rapporti con i suoi fratelli ma il mio compito è che lei trovi le sue risposte dentro di sé, anche se con solo una seduta…
Anton si mise a sedere: << Allora, mi dia un consiglio, la sua tariffa è di 100 euro se non sbaglio e io non posso permettermi una visita alla settimana, però un consiglio fuori dal suo ruolo di dottore mi piacerebbe averlo >>
<< Ti consiglio di farti vedere, so che magari questo potrebbe scaturire in una denuncia di stalking ma se lo farai con delicatezza e magari pian piano ti riavvicini io penso che potresti avere possibilità di riconquistarli, ma questo dipende anche da loro e io non li conosco >>
<< È come se non li conoscessi neanche io. Comunque…grazie >>
Anton si alzò
<< Per lei potrei fare un prezzo più modico, 80 euro magari >>
Anton sorrise: << Dottore, per me queste sono cifre davvero proibitive, ma se riuscirò a mettere qualcosa da parte, la chiamo e se lei sarà disponibile ci incontreremo >>
<< Va bene Anton, è stato un piacere >>
<< Anche per me >> disse sinceramente Anton.
 
30 Luglio 2016 – 13:05
Anton per più giorni quando andava al bar, passava la sua pausa a vedere Emil all’uscita dalla scuola, poi spesso doveva scappare per tornare al bar, proprio quando Emil sembrava potersi approcciarsi a lui, effettivamente le parole di Emil lo avevano ferito e quindi il rientro dal turno la usava più come una scusa verso sé stesso che come un vero motivo.
Altre volte, rare, quando non andava al lavoro, andava là da quando Emil entrava a scuola a quando usciva, passeggiava nei dintorni durante le altre ore. Però Emil non aveva approcciato mai discorso, forse l’aveva visto “ scappare ” le altre volte e aveva perso punti nel remoto caso che ne avesse guadagnati alcuni agli occhi del fratello.
 
Una cosa aveva notato però più di una volta, Emil era chiaramente innamorato di una ragazza, la guardava con gli occhi da pesce lesso, occhi che Anton solo una volta aveva avuto quando era ancor più giovane.
Mentre i giorni passavano era come se Emil più volte volesse consegnare una cosa ma non lo facesse mai.
Decise di fare una mossa che avrebbe potuto rovinare per sempre la speranza di ricucire i rapporti con Emil, ma se poteva fare il cupido della situazione per suo fratello lo avrebbe fatto.
Un giorno si presentò l’occasione perfetta, il fratello stava prendendo un disegno che chiaramente voleva consegnare alla ragazza che era nelle vicinanze, ma proprio mentre ad Emil stava di nuovo venendo meno il coraggio Anton si scontrò volontariamente e in maniera abbastanza veemente con Emil, a cui sfuggì dalla mano il disegno che teneva e che cadde ai piedi della ragazza.
La ragazza raccolse il disegno da terra, era raffigurata lei con il corpo di sirena e il disegno era quasi più bello della stessa ragazza, c’era scritto in basso a destra per Denise, lo sguardo di Denise cambiò e da incuriosito presto si trasformò in commosso.
Il fratello di Anton imbarazzato e timoroso vedendo Denise piangere le chiese: << Fa così schifo? >>
Denise si limitò a rispondergli con un bacio in bocca, un po’ più lungo di un bacio a stampo.
Emil: << Wow >>
Denise: << Ho aspettato tanto che ti dichiarassi, e questa, anche se per caso la considero la più bella dichiarazione che potessi ricevere >>
Emil era esterrefatto, tutto il timore che aveva avuto era inutile e ora solo grazie al fratello casualmente o meno, era riuscito ad uscire da quella situazione di stallo in cui da solo si era messo.    
Poi Denise scrisse il numero di telefono sulla mano di Emil: << Chiamami e vediamoci >>
E poi con leggiadria ed eleganza se ne andò felice.
Emil era a bocca aperta, e non era l’unico, il suo gruppo di amici faceva baccano congratulandosi ma Anton capiva che Emil non sentiva niente intorno.
Una volta ripresosi dallo shock scrisse il numero sulla sua rubrica del telefono, solo dopo salutò e scherzò con gli amici con un imbarazzo ben evidente davanti a loro, poi quando tutti tranne Anton ed Emil se ne andarono finalmente si guardarono negli occhi.
Emil: << Ti sei intromesso >>
Anton: << Si, ma…
Emil lo abbracciò senza fargli rispondere e gli sussurrò: << Grazie >>
Anton: << Ecco, io di solito non vado in un bar, perché ci lavoro ma se vuoi oggi ci possiamo prendere un caffè >>
Emil: << Volentieri >>
 
Anton ed Emil parlarono durante il tragitto e si fermarono in un bar che Anton prima di lavorare frequentava di tanto in tanto.
Anton: << Ma come hai saputo che sono gay? >>
Emil: << Mi è giunta voce anni fa, non so se ancora quando c’era Bernard o se lo ho saputo dopo, non ricordo. Anton, ci vorrà un po’ prima che possa perdonarti del tutto e fidarmi al 100%, lo sai vero? >>
Anton: << Ne sono consapevole >>
Emil: << Se una persona che non vedo da anni si accorge dall’esterno che mi piaceva Denise, beh, dovevo essere proprio un libro aperto >>
Anton: << Già, lo sei stato >>
Emil: << E tu sei fidanzato? >>
Anton: << Ehi, ragazzino non credi di essere un po’ troppo curioso? >>
Emil: << Dai, ma di me sai tutto su Denise..
Anton: << Si, ma io per caso >>
Emil: << Se proprio non me lo vuoi dire..
Fece un po’ l’offeso
Anton: << Ho un ragazzo, ma è una cosa totalmente nuova >>
Emil era tutto contento ma voleva sapere di più: << Per me quello di oggi è stato il mio primo bacio…ma non lo dire a nessuno >>
<< Ci mancherebbe, il mio è stato un po’ prima ma subito dopo è iniziato un periodo un po’ duro, spero che a te vada decisamente meglio >>
Emil: << Mi piacerebbe sapere di più di te >>
Anton: << La cosa è reciproca >>
Emil sorrise: << Ora devo proprio andare >>
Anton: << Allora ci vediamo? >>
Emil: << Devo pur conoscere meglio il mio cupido no? >>
Anton gli fece l’occhiolino, poi aggiunse: << Ah, Emil, credi che con Allison ricucire i rapporti sia altrettanto difficile come con te >>
Emil rise: << Ahah, no..
Anton fece un sospiro di sollievo
Emil: << Sarà molto più difficile >>
Anton fece un altro tipo di sospiro ma decise di godersi la riconciliazione col fratello e non vedeva l’ora di dirlo a Luis.

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Capitolo 18
*** Il cerchio si stringe ***


Cap 18 – Il cerchio si stringe
Luis – 24 Luglio 2016 – 8:30
Quando entrò a casa di Lafont, per poco a Luis non venne il voltastomaco, il delitto avvenuto in quella casa era stato atroce, la vittima era stata impiccata al lampadario della cucina e in più un coltello era conficcato all’altezza del cuore, sicuramente una morte era sempre una morta ma Luis sperava che la morte fosse stata istantanea con una coltellata al cuore piuttosto che per impiccagione.
 
Ad un certo punto mentre era sulla scena del crimine sentì Claude Lafont che voleva entrare a tutti i costi e gli agenti che lo bloccavano
Lafont: << Fatemela vedere, la devo vedere >>
Luis intervenne: << No, Claude, la prego, è meglio se non la vede, non così, non subito >>
Lafont annuì ma in un momento di distrazione di Luis, passo correndo e si bloccò sull’uscio della porta della stanza dove era stata trovata la moglie. Si inginocchio e iniziò a singhiozzare, non pensava che avrebbe mai visto Lafont piangere.
<< Ispettore Gaillard >>
Luisi si girò e vide il commissario Moulet in persona, era un tipo abbastanza comune, aveva una faccia alquanto rotonda ma non grassa, una barba corta gli copriva parte del visto e i due occhi scuri sembravano leggere dentro. Per il resto era un commissario da serie tv, vestito con un impermeabile di un colore ocra, abbastanza brutto secondo Luis. Non era un tipo che amava i piccoli casi, e questo decisamente non lo era, e ora si poteva dire, era ufficialmente riaperto.
Luis: << Commissario, vorrei dirle che è un piacere vederla, ma viste le circostanze..
Moulet: << Lo capisco benissimo, abbiamo allontanato Lafont dalla stanza ma per ora è in forte stato di shock. Dovremo aspettare per ulteriori domande, vedo che il medico legale sta adesso controllando il corpo, immagino ci voglia un po’, fatemi trovare quante più informazioni possibili in centrale, io con il vostro permesso andrei. Ho un ragazzo da consolare, il figlio tredicenne della coppia, Leroy, era dagli zii ieri sera >>
<< È terribile…,buona fortuna commissario >>
<< Grazie Gaillard, non sarà facile dirglielo >>
Moulet girò i tacchi e uscì da quella casa.
Luis si approcciò con riluttanza al medico legale, supportato dalla presenza del suo amico fidato Ricky che fino ad allora aveva fatto domande alla vicina di casa.
 
Oult, il medico legale, era un tipo che non si impressionava di niente, famose le sue colazioni dopo il primo controllo alle vittime, se era di mattina, ma stavolta la modalità lasciava anche lui un po’ avvilito.
Oult: Brutta storia ragazzi, dunque posso dirvi che è morta tra le due e le tre di mattina, e che la causa della morte non è stata l’impiccagione ma la coltellata, il coltello lo ha preso la scientifica, sembra da cucina, anche se ha qualcosa di strano >>
<< Quindi è morta sul colpo? >>
<< Suppongo di si >>
<< Ma perché impiccarla dopo? >>
Ricky << A questo posso risponderti io >>
Oult: << Io vi saluto, credo che oggi salterò la colazione, buon lavoro >>
Luis: << A lei, e grazie >>
Ricky: << Dunque, la vicina di casa anziana è stata di grande aiuto, la signora Zanatta dopo avermi raccontato la sua vita. Mi ha finalmente detto di ieri sera >>
Luis molto inquieto: << Vai avanti >>
<< Dunque la signora mi ha detto che ormai le litigate tra Claude e la moglie quando erano in casa erano frequentissime da tanti mesi e molte riguardavano l’educazione del figlio Leroy, non mancavano momenti in cui la moglie aveva addirittura minacciato la separazione ma il nostro ispettore capo era riuscita a frenarla. Le litigate avvenivano quasi giornalmente, la mattina o la sera, ma mai la notte, fino a ieri, tanto è che la signora Zanatta non è riuscita quasi a chiudere occhio, ma il protagonista di tutto è stato proprio lo spioncino, la signora riesce a vedere da questo l’ascensore e la casa di fronte che è proprio quella di Lafont.
C’è stata una litigata furiosa, le urla da una parte e dall’altra erano molto forti, tanto è che l’altro vicino di casa era uscito in pigiama e stava per bussare, ma poi ha rinunciato, un po’ spaventato ed è tornato in casa, la litigata è continuata fino ad una frase che la signora ha sentito chiaramente, la signora Lafont ha chiesto il divorzio, non era la prima volta ma stavolta Lafont uscì subito dopo di casa e la signora Zanatta lo ha visto chiaramente, ma c’è un altro elemento che la signora ha visto chiaramente, Lafont non ha chiuso la porta >>
<< Questo vuol dire che chiunque può essere entrato ed aver ucciso la moglie di Lafont, sicuramente quello che hai scoperto è molto utile ma non facilità la risoluzione del caso, la signora si ricorda l’ora in cui è uscito Lafont? >>
<< Si, era circa l’una di notte, ma non è finita qui >>
<< Davvero? Che altro c’è? >>
<< La signora si era addormentata su una poltrona ma dei rumori la avevano svegliata, all’inizio pensava persino che venissero da casa sua, poi però ha capito che venivano da casa di Lafont, qualche minuto dopo vide Lafont uscire nuovamente di casa e stavolta chiudere la porta, la faccia di Lafont però sembrava stravolta >>
<< Ha visto l’ora la signora? >>
<< Circa le 3 di notte >>
<< Quindi…
<< È probabile che la moglie fosse già morta >>
<< E il nostro Lafont è in guai seri >>
Luis e Ricky subito si misero alla ricerca di Claude  per parlargli ma l’ispettore capo si era già dileguato
<< È scappato >> disse Ricky
<< Non credo, sarebbe una prova della sua colpevolezza e non credo andrebbe molto lontano >>
<< Quindi cosa suggerisci? >>
<< Faremo ciò che dobbiamo, andiamo dal commissario e vediamo cosa decide di fare >>
 
Dal commissario poco dopo Luis e Ricky dissero ciò che aveva detto loro il medico legale e poi aggiunsero con rispetto e timore i loro sospetti sullo stesso Claude Lafont, visto soprattutto gli elementi aggiunti dalla signora Zanatta.
<< Beh, le vostre accuse sono alquanto gravi >> disse Moulet, poi aggiunse: << Se non ho capito male tra l’altro le modalità sarebbero le stesse di quelle usate per uccidere Amelie Joules e Steven Okdy, quindi voi state supponendo che un ispettore indefesso come Claude Lafont possa aver ucciso in quel modo tre persone fra cui sua moglie. E quale sarebbe il movente? >>
<< Ispettore, tutto ciò che ha visto la signora Zanatta fa pensare a questo risvolto >> intervenne Ricky
<< Davvero? Sta parlando di una signora anziana che ha visto per parte della serata alcune cose dallo spioncino, capisce anche lei che è troppo poco per accusare un collega >> concluse Moulet
<< Se posso intervenire >> disse Luis
<< E voi permettete? >> disse il commissario mostrando ai suoi interlocutori una pipa
<< Certo >> rispose Luis e Ricky annuì, Moulet si accese la pipa diventando sempre più il commissario tipo e poi rivolgendosi a Luis disse: << Prego, intervenga pure >>
<< Non trova strano che Lafont fosse sempre il primo ad arrivare sulle scene del crimine? E non potrà certo negare che prendere Steady vivo o morto avrebbe potuto fruttare a Lafont, probabilmente avrebbe avuto un avanzamento di carriera e sarebbe diventato commissario in qualche altro posto della Francia. Poi forse ha avuto un momento di rabbia e ha ucciso la moglie, poi ha inscenato la scena del crimine con lo stesso modus operandi che aveva usato i due precedenti delitti, stando sicuro che nessuno avrebbe pensato a lui come colpevole >>.
Un'altra boccata di fumo fece Moulet analizzando le parole di Luis e poi sentenziò: << Fate cercare Lafont, gli parlerò, intanto vedete se c’è qualche collegamento tra Amelie Joules e Claude Lafont >>
<< Quindi lei si è convinto che…
<< Oh, io non mi sono convinto di niente Gaillard, sto solo prendendo in considerazione un’ipotesi valida, mi dispiace togliere tempo alle vostre compagne o mogli se ne avete ma avrete un bel da fare in questi giorni >>
<< Ricevuto >> dissero all’unisono i due, uscendo mentre Luis sorrideva pensando alla sua “compagna”.
 
4 giorni dopo
Due docce al giorno, doveva farsi due docce al giorno, le faceva prima di uscire e dopo essere tornato a casa perché era sudatissimo, il caldo asfissiante richiedeva di stare a mare tutto il tempo e poi a farsi una doccia fredda ma lui non aveva tempo di rilassarsi, né poteva stare tutto il giorno sotto la doccia. Certo un caso di triplice omicidio non aiutava, la tensione aveva reso ancora più naturale il lavoro delle ghiandole sudoripare.
Avevano controllato i tabulati telefonici di Lafont, che non aveva ribattuto ai sospetti di Luis e Ricky davanti a Moulet e questo non era da lui, che fosse una tattica? O che fosse così sicuro di sé da non rispondere? Non importava, dai tabulati avevano trovato qualcosa di strano, tante chiamate al dentista e il numero era quello di Amelie Joules che certo non era dentista.
Ciò confermava i sospetti di Luis su chi potesse essere l’uomo che Amelie (che aveva aperto al suo assassino) stesse frequentando, avendo sentito due giorni prima la sorella di Amelie, Veronica che parlava di una possibile storia nel periodo precedente all’omicidio.
 
Tutto tornava ora, Lafont aveva ucciso Amelie a cui magari aveva promesso di lasciare la moglie e quando la signorina aveva capito che ciò non sarebbe successo, forse aveva minacciato di dire tutto alla signora Lafont e lui le aveva chiuso la bocca per sempre. Aveva approfittato del maniaco che la importunava a cui dare la colpa che guarda caso era Steady, il che giocava a suo favore e lo aveva ucciso, fino ad allora era sempre stato un passo avanti a loro ma stavolta aveva lasciato troppi elementi compromettenti.
Era tempo di andare da Moulet, ora c’era anche un solido movente per il primo delitto.
 
Quando sia lui che Ricky andarono da Moulet trovarono anche Lafont.
Luis e Ricky non temevano il confronto con Lafont, il loro sospettato numero uno e se fossero riusciti a incastrarlo, il loro ex capo.
Luis elencò tutti gli elementi che portavano all’idea che fosse Claude Lafont il colpevole di tutti i delitti. Quando Luis smise di parlare Claude si difese con voce tremante e quasi piangendo, era un uomo totalmente diverso da quello che conoscevamo, sembrava sinceramente contrito.
Claude: << È vero, la signora Zanatta ha visto bene, sono uscito due volte e…sì,…avevo già visto mia moglie come l’avete trovata ma vi prego di credermi, non la ho ucciso io! >>
<< E Amelie, Steady? >> aggiunse con veemenza Ricky
<< Neanche loro! >> gridò disperato Claude
<< Vede, Lafont, io potrei anche crederle, in fondo noi abbiamo solo dei moventi contro di lei e poco altro. Ma dalla scientifica mi è arrivato il risultato delle impronte di questo >>
Uscì il coltello dentro la busta, quello che aveva mortalmente colpito la moglie di Luis: << E questo coltello, che assomiglia ad un coltello da cucina comune ha solo una impronta, la sua, Claude Lafont, nessuna traccia di sua moglie Rose, questo come me lo spiega? >> concluse Moulet
<< Mi sento seguito, sono paranoico, perciò quando non sono in servzio e non ho l’arma di ordinanza porto quel coltello, ma da una settimana lo ho perso, quindi l’assassino deve avermelo rubato, è l’unica spiegazione possibile, dovete credermi! >>
Moulet alzò il telefono fisso e disse solo: << Dia, Lebont, venite >>
Claude aveva capito, e ebbe la conferma da Moulet: << Lei è in arresto, per il triplice omicidio di Amelie Joules, Steven Odky e di Rose Lafont >>
Claude fu preso dai due agenti appena chiamati da Moulet mentre implorante guardava Luis e sussurrava: << Non sono stato io…non sono stato io…>>
 
Luis: << Ora che succederà? >>
Moulet: << Beh, è probabile che fino al processo vada ai domiciliari, non nella sua casa ovviamente, ma ha una villa vicino a Montpellier, in attesa del processo, mi dispiace solo dirlo a Leroy, con la notizia della madre ha fatto un sussulto, non so come la prenderà dell’arresto del padre >>
Ricky: << Già, una gran brutta storia >>
Moulet: << Ok, potete andare >>
Prima che Luis e Ricky potessero attraversare la porta Moulet li richiamò: << Ah, ragazzi >>, si girarono << Ottimo lavoro >>
 
Ricky era felice come una pasqua, mentre Luis era pensieroso e l’amico se ne accorse: << A cosa pensi? Ad Anton? >>
<< Ah, non vedo l’ora di vederlo stasera, sai in questi giorni, sono stato poco presente >>
<< Eh, ci credo, stavi sempre con me, ah, dì ad Anton che non deve essere geloso >>
<< Che scemo che sei…comunque stavo pensando a Lafont >>
<< Ah, già, ottima intuizione sin dall’inizio >>
<< Si, ma mi sfugge qualcosa >>
<< Non dirai sul serio! Tutto porta a lui >>
<< Forse un po’ troppe cose? >>
<< Eh, va bene, ci penseremo da domani, ora goditi la cattura, goditi Anton e non ci pensare più per oggi >>
<< Agli ordini ispettore >> disse prendendo in giro Ricky che rise.
 
Il suo amico aveva ragione, voleva godersi Anton quella sera, e se lo meritava, eccome se se lo meritava.

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Capitolo 19
*** La chiave ***


Cap 19 – La chiave
Anton – 21 Agosto 2016 – 9:30
Anton mise il caffè che aveva appena preparato sotto il naso di un addormentato Luis.
Un po’ gli dispiaceva svegliarlo, dormiva beato e sorrideva, chissà se lo stava sognando. A volte Anton lo aveva sognato ed erano sempre stati sogni belli, in cui si sentiva bene, altre volte lo veniva a trovare in sogno Dylan, erano sogni strani, passionali ma tormentati, da svegliarsi di soprassalto e da far svegliare anche il ragazzo che ti dorme accanto, dicendo che non è niente e sentirti in colpa per averlo “ tradito ” con quella ossessione e non riuscire più a chiudere occhio.
Forse non poteva ancora chiamarlo amore, ma sapeva che gli piaceva sempre di più, e poi era molto bello, un corpo magro, con qualche muscoletto ben definito, carnagione rosa chiaro, a volte bianco, occhioni da cerbiatto a volte spauriti, a volte dolcissimi, il naso e la bocca proporzionati, come quelli di un modello, e poi non dimostrava proprio 33 anni.
 
L’odore del caffè fece il suo effetto e lentamente il castano aprì gli occhi e dopo pochi secondi mise a fuoco e sorrise
<< Mhh...caffè a letto, che onore >>
<< È un piacere servirla…dormiglione! >>
<< Eh…una volta tanto >>
<< Che si sta ripetendo da un po’ e questo mi fa felice, ma tutto bene a lavoro? >>
<< Oh, si, il caso pare chiuso, la scia omicida infatti pare finita, e io spesso mi posso svegliare più tardi e oggi non vado proprio >>
Luis bevve un sorso di caffè
<< Buonissimo, ma sembra diverso dal caffè della moka >> esclamò il poliziotto
<< Perspicace, manco fossi un poliziotto >>
<< Ahahahahaha, bella questa, allora come mai? >>
Anton gli diede la mano invitando Luis ad alzarsi. Lo portò in cucina
<< Ta da! >>
Una macchinetta per il caffè rossa fiammante si ergeva sul banco da cucina con un fiocco bianco legato intorno, quasi più bello della macchinetta stessa.
<< Ma…Anton, è meravigliosa ma non dovevi, quanto hai speso? >>
<< Primo, non si dice e secondo, beh, ho risparmiato qualcosina…,non la ho rubata dal bar in cui lavoro ma come hai potuto notare il caffè è molto buono >>
Anton poi cinse Luis da dietro con le braccia, il poliziotto girò la testa e si baciarono tre, quattro, cinque volte
<< Ma cosa ho fatto per meritarmelo? >>
<< Oh, a parte avermi aiutato con Emil, fare sesso spaziale, avere mille attenzioni per me? Beh…che giorno è oggi? >>
<< 21 Agosto..quindi oggi è un mese da..
<< È un mese dal nostro andare al cinema e quindi è un mese che…
<< Che stiamo insieme! Wow, non ti facevo così romantico >> disse un felicissimo e sorpreso Luis
<< Infatti non lo sono, ma tu non so quale sortilegio mi stai facendo >>
<< Rispondo solo in presenza del mio avvocato >>
Risero e si baciarono ancora.
<< Comunque visto che ci siamo posso darti il mio regalo? >> disse Luis
<< Regalo? Ma non ti eri scordato della data? >>
<< Si, ma l’ho già preparato, solo che ho perso il conto dei giorni  >>
<< Ah, il mio vecchietto…>>
Luis prese una scatolina la aprì, era una specie di collana, tutta di ferro o di argento, un po’ come quelle collanine che hanno un albero della vita o un crocifisso appeso, solo che questa non aveva un crocifisso bensì una chiave.
<< Che cosa apre? >> chiese Anton
<< Casa mia, questa casa, so che chiederti di vivere insieme è troppo presto però volevo dirti che ti amo così tanto che casa mia è anche tua >>
<< Mi ami? >>
<< Si, lo so, sto correndo e non voglio spaventarti ma questi sono i miei sentime..
Un bacio appassionato lo interruppe, seguito da altri
<< Hai detto a tua madre che non saresti andato a lavoro? >>
<< No >> rispose Luis tra un bacio e l’altro. Uno sguardo d’intesa tra i due e poi all’unisono: << Allora abbiamo tempo >>
E il letto fu di nuovo riscaldato dai loro corpi.
 
 
Quel pomeriggio Anton era diretto verso casa di Emil, voleva passare un paio d’ore con lui e magari confrontarsi anche con Allison.
Sorrideva mentre pensava a quella mattina, dopo che avevano fatto l’amore, erano tutti sudati, così avevano deciso di farsi una doccia e per “ risparmiare “ avevano deciso di farla insieme e doveva ammettere che le ante di quella doccia erano molto resistenti…
 
Una volta arrivato vicino a quella casa fece un gran respiro e suonò il campanello, ad aprire la porta fu Katie, non era tanto invecchiata, era sempre una bella donna, con un portamento naturalmente elegante, aveva una specie di tailleur rosa, con una linea bianca che spezzava l’uniformità del colore, forse era tornata da poco da lavoro.
Katie: << Anton, sei proprio tu? >>
<< Si, ciao Katie >>
<< Ciao >> disse involontariamente fredda
<< So che in questi anni non mi sono fatto vedere e mi dispiace ma…
<< Si, so che con Emil vi siete riconciliati e a lui fa bene, quindi non sono dispiaciuta, anche se sono preoccupata >>
<< In che senso? >>
<< Che tipo di compagnia potresti essere per lui? Io praticamente non ti conosco e so che non hai avuto una infanzia facile, su Bernard avevi capito tutto sin da piccolo, ma comunque siamo rimasti scottati e io ho cercato di fare da madre e da padre per due figli e modestamente li ho fatti crescere bene, quindi non biasimarmi se ho paura che il figlio di Bernard possa avere una influenza non buona su mio figlio >>
<< Non la biasimo, ma vedrà che cambierà idea su di me, perché non ho intenzione di rinunciare a Emil >>
<< Sono felice di sentirtelo dire >>
<< A tal proposito io sarei venuto per Emil e per parlare con Allison >>
 
<< Anche io vorrei parlare con te >> disse una ragazza che dimostrava più dei diciassette anni che aveva, capelli corti bruni, un viso tanto bello quanto determinato, occhi azzurri diversi dai suoi, era elegante nei movimenti come la madre e da come era vestita in casa in quel momento, certo non badava a spese per quanto riguardava la moda.
Anton era felice in un primo momento di parlare con Allison e che lei volesse parlare con lui.
<< Parliamo in giardino >> continuò lei
<< Allora, a presto Katie >> disse Anton
Katie si limitò ad annuire con un sorriso di circostanza e chiuse la porta.
 
Quando Allison iniziò a parlare però ad Anton fu chiaro che l’ostilità di Emil nei suoi confronti era niente al confronto.
Allison: << Sono tutti i risparmi di anni di paghette varie, compleanni e altro, insomma dovrebbero essere circa diecimila euro >> uscì dalla borsa una busta
<< Che cosa? >>
<< Credi davvero che io mi beva la storia del voler riallacciare i rapporti? Vuoi avere la nostra fiducia così poi ti diamo i soldi e sparisci di nuovo, beh, fatti bastare questi diecimila per un bel po’ di tempo e poi trova qualcun altro da spennare >>
<< Io non voglio soldi >>
<< Credi davvero di ottenere di più ingraziandoti Emil? >>
<< No, forse non hai capito, io sono Anton, non Bernard >>
<< Chi ti ferisce una volta lo farà di nuovo, io farò di tutto per evitare che tu faccia del male al mio unico fratello, e non permetterò che gli trasmetti idee malate in testa >>
<< Ah, temi che possa diventare gay frequentandomi >>
<< Anche >>
<< Beh, non c’è pericolo, e anche se fosse sono certo che lo ameresti lo stesso, se gli vuoi davvero tanto bene come dici >>
Allison si girò arrabbiata e aprì la porta di casa sbattendola forte quando la richiuse.
 
Pochi minuti dopo arrivò Emil che non era in casa, era un po’ sporco di colore
Anton: << Vuoi fare una passeggiata con me, ma che ti è successo? >>
Poi nello zaino intravide una bomboletta, sapeva che molti imbrattavano i muri e questa cosa ad Anton non piaceva
Emil lo capì soltanto guardandolo: << Certo, usciamo subito, però stavolta ti porto io in un posto speciale. >>
 
Così scoprì che Emil aveva un motorino e Anton non se lo fece ripetere due volte a saltare in sella e così Emil andò in una zona molto periferica di Montpellier, e Anton vide il degrado, non che lui se la passasse tanto meglio, poi improvvisamente una esplosione di colori sui muri! Dei murales davvero belli da vedere, non solo quelle schifezze che aveva visto di solito, erano delle vere e proprie opere d’arte
<< Questo è il posto mio e dei miei amici, è solo nostro e della gente che ci abita ovviamente, io ho voluto condividere con te perché voglio che tu mi conosca sempre di più come io voglio fare con te e come tu mi stai permettendo di fare >> disse il diciasettenne
Anton lo abbracciò, conscio di aver riconquistato l’amore almeno di uno dei suoi fratelli.

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Capitolo 20
*** Dubbi ***


Cap 20 – Dubbi
Luis – 6 settembre 2016 – 7:00
Una delle cose di cui era più fiero Luis era che tra le sue braccia Anton dormiva beatamente, come se non avesse nessun tipo di pensiero, o come se tutti i pensieri o sogni che faceva fossero bellissimi.
Se gli avessero detti due mesi prima che avrebbe avuto un ragazzo molto più giovane di lui, che lo avrebbe visto quasi ogni giorno nudo tenendolo tra le sue braccia non ci avrebbe creduto.
Accarezzava dolcemente il corpo quasi color latte del fidanzato, non voleva svegliarlo, e lui non voleva svegliarsi da quello che gli sembrava un sogno. Le curve sinuose del ragazzo erano per lui irresistibili.
Che dolce, teneva sempre la chiave che lui gli aveva regalato al collo, aveva trasferito il calore del suo corpo sulla chiave che ovviamente all’inizio era fredda.
Lentamente si svegliò, si mosse un po’ e aprì i suoi occhi bellissimi guardandolo e facendolo innamorare sempre di più.
 
Anton dopo qualche secondo si accoccolò di nuovo stringendosi a Luis e mettendogli la testa sulla spalla, mentre Luis dal canto suo gli accarezzava i capelli.
Improvvisamente Anton parlò: << Cosa c’è? >>
<< Che cosa? >>
<< So che c’è qualcosa che ti preoccupa >>
<< Wow, già mi leggi nel pensiero >>
<< Ho tante doti, lo so >>
<< È un problema concreto, che prima o poi verrà a galla. Anton, io non ti voglio rubare gli anni della gioventù, io ho 11 anni in più di te e prima o poi si faranno sentire. >>
<< Tutto qua? >>
<< Ti sembra poco? Adesso io sono ancora giovane, ma tra qualche mese faccio 33 anni e quando io avrò 40 anni e certo non potrò ringiovanire, tu ne avrai 29, e più si va avanti negli anni più il divario si farà sentire. >>
<< Grazie. >> disse Anton
<< Grazie? >> ripeté un confuso Luis
<< Si, di immaginare un futuro con me >>
<< Tu..no? >>
Ma Anton non rispose a quella domanda ma disse: << Sai, seguo occasionalmente due youtuber, sono due ragazzi, uno ha 36 anni e l’altro 27, sembrano gemelli, sono insieme da 6 anni e si sono spostati da 2, dopo te li faccio vedere. Insomma i casi non sono tanti…ma ci sono e sono magnifici >>
<< Quindi si sono sposati, eh? >>
<< Si, ora non farti strane idee. >>
Entrambi risero e si abbracciarono intensamente.
Anton con poche parole era riuscito a quanto meno ridurre i suoi dubbi.
 
 
Quando Luis arrivò in ufficio quel giorno, il caldo era insopportabile, dell’area frizzantina di settembre nemmeno l’ombra e le divise estive non bastavano a ridurre l’afa.
Ricky entrò poco dopo: << Ciao Luis, un altro caso chiuso >>
<< Beh, in questo caso era molto più ovvio che fosse il marito il colpevole, se solo diminuissero questi femminicidi. >>
<<  Già, ma in fondo anche il caso di Lafont si è ridotto ad un banale femminicidio se ci pensi. >
<< Beh, in quel caso non lo definirei tale, abbiamo 3 omicidi di cui solo l’ultimo riguardava la moglie. >>
<< Si, ma l’obiettivo finale di Lafont era sua moglie. >>
<< C’è qualcosa che non mi convince, ammettiamo che l’omicidio della moglie sia premeditato. È difficile pensare il contrario viste le modalità che seguivano il modus operandi degli altri due omicidi. La mia domanda è perché uccidere prima Steady? Lui era il pazzo che avevamo assunto essere l’assassino di Amelie Joules, e quindi lui sarebbe stato il primo sospettato dell’omicidio della moglie e forse noi non avremmo sospettato subito di Lafont >>
<< Beh, tu lo hai sospettato da subito, lo avresti accusato anche se fosse stato ucciso dopo Steady? >>
<< Si, ma il commissario ci avrebbe dato ascolto? >>
<< Già, forse no. Ma la scia di omicidi si è fermata >>
<< Si, ma è passato meno di un mese, io aspetterei a dirlo. E poi Lafont è un uomo intelligente, non avrebbe fatto caos, non avrebbe dimenticato di chiudere la porta quando è uscito la prima volta. >>
<< Non dimenticarti il coltello con le sue impronte, quella è una vera e propria prova >>
Luis alzò le mani. Pochi secondi dopo però aggiunse: << Tralasciando la scelta paranoica di portarsi un coltello nell’impermeabile quando non era in servizio, lui ha detto che glielo hanno rubato >>
<< E tu ci credi? Chi poteva saperlo? >>
<< Questo non lo so >>
<< Cambiando argomento, come vanno le cose con Anton? >> disse Ricky curioso
Luis non riusciva a nascondere un sorriso: << Benissimo…, anche se è normale visto che stiamo insieme da un mese e mezzo, è la fase dell’innamoramento dove tutto è rose e fiori. >>
<< Sarà, io però ti conosco da quasi quindici anni e quando nelle tue altre storie importanti eri nella fase di innamoramento, non eri mai così preso. E soprattutto non davi la chiave di casa se non dopo mesi e non solo uno come stavolta. >>
<< Touché. Però lui è molto giovane, abbiamo una grande differenza d’età >>
<< E quindi? Temi che diventa brutto crescendo? >>
<< Ah Ah Ah, divertente. È bello come il sole e non credo propria possa peggiorare. Ma tu sai di cosa sto parlando. >>
<< Nah, Luis, non ci pensare, goditela, se sarà un problema si manifesterà nel tempo >>
<< Lo so. Non dovrei fasciarmi la testa prima di rompermela >>
<< Appunto, non farlo. >>
Luis pensava che era più facile a dirsi che a farsi ma doveva fare in modo di godersela e ce l’avrebbe messa tutta pur di riuscirsi.
 
 
Quella stessa sera Luis e Anton erano di nuovo insieme, era un qualcosa che per la gioia di Luis capitava sempre più spesso grazie al suo regalo.
Avevano cenato insieme e a Luis toccava lavare i bicchieri.
Anton era già appoggiato sul letto con il gomito sul cuscino e riusciva a vedere Luis che lavava i bicchieri.
<< Potevo lavarli domani io, in fondo questa è casa tua >> disse Anton
<< Lo fai tutti i giorni al bar, non posso fartelo fare anche qua >>
<< Beh, capirai, bicchiere in più, bicchiere in meno >> disse leggermente sottotono, cosa che Luis subitaneamente colse.
<< Tutto bene cucciolo? >>
<< Si, tranquillo >>
<< Sai, che mi puoi dire tutto, no? >>
<< Si, è che ogni volta che è il 6, anche se non è il mese della morte di mia madre sono sempre un po’ più triste >> disse Anton mettendosi seduto sul letto.
<< Sai che mi puoi parlare anche di lei se te la senti, quindi era un 6 quando è successo? >>
<< Si, quel maledetto 6 ottobre del 2002 >>
A Luis scivolò il bicchiere e si ruppe tagliandosi di striscio il dito: << Ahi!! >>
<< Ti sei fatto male? >> chiese Anton
<< Niente, è solo un taglietto >>
<< Fa vedere >>
Anton si avvicinò, vide il taglietto sul dito di Luis e lo succhio provocatoriamente.
Luis si eccito ma Anton insistette sul mettergli l’acqua ossigenata e un cerottino che nascondeva quella piccola ferita.
Ma l’eccitazione di Luis non era passata, e fecero tanto per cambiare l’amore rimandando la pulizia dei bicchieri rimasti.
 
Luis fece un sogno agitato, non riusciva a restare fermo e si svegliò di soprassalto, gli venne improvvisamente un dubbio in testa, che sarebbe presto diventato un tarlo, qualcosa che avrebbe cambiato tutto.

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Capitolo 21
*** Il pedinamento ***


Cap 21 – Il pedinamento
Anton – 7 settembre 2016 – 7:00
Anton e la sua collega Marie stavano preparando tutto ciò che occorreva per l’apertura giornaliera del bar, erano euforici e cantavano i Queen, conoscevano il repertorio a memoria, le canzoni più famose in verità.
Il proprietario sorrideva, nonostante li rimproverasse bonariamente ogni tanto, e appena si allontanava i due ragazzi riprendevano a cantare.
Ad un certo punto cantarono: “ We are the Champions “.
Anton e Marie: “ We are the champions, my friends and we’ll keep on fighting till the end. We are the champions, we are the champions, no time for losers, cause we are the champions of the World “.
 
<< Dai ragazzi che tra dieci minuti apriamo >>
<< Va bene capo >> risposero i due
Marie: << Ok, Anton, vogliamo parlare un po’ della tua storia? Data la tua felicità mi sa che sta andando bene >>
Anton: << Anche tu sei contenta >>
Marie: << Ma io lo sono di natura >>
Anton: << Beata te >>
Marie: << Dai, dai, racconta >>
Mentre Anton dava una ultima pulita al bancone e Marie ai tavolini cominciò a parlare sognante: << Oltre a essere molto bello, è molto dolce e rassicurante, ha 32, quasi 33 anni ma per me non è per niente un problema, è molto passionale e maschio al punto giusto, per quanto non lo diresti per come è apparentemente rigida come persona. E devi vedere come si imbarazza facilmente se prendi certi argomenti un po’ piccanti. Il connubio delle due cose mi fa impazzire. >>
Marie: << Che bello, tu brillano gli occhi, insomma, lo ami >>
Anton: << Amore, che parola grande e spesso abusata >>
Marie: << Se vi vedessi dall’esterno probabilmente direi: “ Si amano “. Pensa a questo, lo lasceresti a cuor leggero come a tuo dire hai fatto nelle tue ultime relazioni? Come è il battito del cuore quando stati con lui, da quanto tempo non provi queste emozioni? >>
Marie aveva colto nel segno, Anton decise di troncare lì la discussione: << Dobbiamo aprire >>
Marie sorrise e annuì, certa di avere ragione.
 
Ore 17:
Anton ormai quando entrava a casa sua si sentiva meno a suo agio di prima, credeva fermamente nella libertà e indipendenza anche nelle relazioni di coppia più forti, ma loro facendo lavori completamente diversi avevano già la loro indipendenza e la casa di Luis era diventata un porto sicuro oltre che essere un nido d’amore. Un qualcosa mai provato prima, Dylan era tutto ma non certo un porto sicuro.
Marie aveva ragione, ogni giorno che passava, lui si innamorava sempre di più con Luis, poteva dirgli la parola “ Ti amo? “ E per primo? In molte relazioni brevi che aveva vissuto più come passatempo che per altro, appena sentiva quelle due parole da parte del partner si allontanava fino a lasciarli.
Se Luis glie lo avesse detto, lui non si sarebbe comportato così, non era un passatempo, era un rapporto nato per caso, perché lui era attratto da Luis e sentiva la medesima attrazione o anche più forte da parte del poliziotto.
E poi lui non si sarebbe mai messo con un poliziotto per un mero passatempo.
 
La sera dopo – 8 settembre 2016
Quella sera era di nuovo a casa del suo amato. La prima e unica volta che aveva detto le parole “ Ti amo “ era stato a Dylan e non era stata una grande mossa. Ma questa volta era diverso, questa volta era sicuro che sarebbe stato ricambiato e poteva davvero mettere un punto definitivo a ciò che riguardava Dylan e il suo passato.
 
La sera con Luis fu normale, parlarono del più e del meno e come sempre culminò col loro fare l’amore. Mentre Luis gli carezzava i capelli, Anton che lo guardava intensamente stava per prendere tutto il duo coraggio per dire quelle fatidiche due parole, quando d’un tratto fu Luis a parlare.
Luis: << So che è un argomento di cui non vuoi parlare ma mi sapresti dire che tipo di macchina era quella di tua madre? >>
Anton: << Oh, me lo ricordo bene, era una Mercedes grigia. >>
Luis si alzò un po’ repentinamente per Anton, era strano, quella sera era stato bello ma aveva notato che Luis era sovrappensiero.
Anton: << Mi ricordo anche le prime due lettere della targa. >>
Luis: << Davvero? >> disse per Anton troppo interessato senza motivo alla cosa
Anton: << Si, BL, ma purtroppo o per fortuna non ricordo il resto. >>
Luis: << Va bene, scusa, se ti ho fatto ricordare quei momenti >>
Anton: << Tranquillo, è un modo per quanto triste di ricordare mia madre >>
Luis: << Ora dormiamo, ti va? >>
Anton: << Certo, buonanotte.. >> stava per dire amore ma decise che non era quella la sera giusta.
 
Anton dormì bene ma si addormentò prima di Luis e si svegliò dopo il poliziotto.
A tal proposito vide Luis già pronto per andare a lavoro.
Anton: << Ma che ore sono? >>
Luis: << Tranquillo, sono le 6, non dei in ritardo per il tuo turno di mattina al bar. >>
Anton: << Ah, meno male, come mi conosci bene, come sai tutto di me >> Si aspettava una risposta da Luis ma non arrivò. Decise di alzarsi, andò dietro le spalle del ragazzo e gli toccò la spalla: << Tutto bene? >>
Luis fece prima un respiro profondo e poi disse: << Si, tutto bene >>
Anton: << Girati, dai >>
Luis si girò, si guardarono negli occhi e Anton notò che Luis aveva gli occhi un po’ lucidi e disse: << No, non va tutto bene, c’è qualcosa che non va, vero? >>
Luis: << Ti ho detto che va tutto bene! >> Anton rimase un po’ interdetto da quella reazione, ma poi il poliziotto si scusò subito: << Scusa, scusa, non volevo essere aggressivo, il fatto è che sono un po’ stressato e poi ho dei dubbi…sul caso. >>
Poi abbracciò Anton fortissimo, il ragazzo dagli occhi color mare apprezzò quell’abbraccio ma aveva qualcosa di strano.
Quando Luis stava per uscire, Anton gli disse: << Allora ci vediamo stasera? >>
Luis: << Non credo, avrò molto da fare >>
Anton: << Ah, ok, buona giornata. >>
Luis aveva già chiuso la porta dietro di sé.
 
Giorni dopo
Di Luis per giorni nemmeno l’ombra, quando riusciva a chiamarlo erano parole fugaci, insomma Anton era certo, di punto in bianco lo stavano scaricando, un ragazzo così serio aveva usato un modo così subdolo, e pensare che non aveva neanche fatto in tempo a dire quelle famigerate due parole.
Un modo alla Anton, è vero ma riceverlo era brutto, neanche Dylan lo aveva lasciato così, anche perché loro avevano sempre avuto un rapporto un po’ tossico anche dopo che si erano ufficialmente lasciati.
 
Un giorno Anton chiamò il fratello: << Emil, ciao, ho bisogno di un favore. >>
Anton aveva deciso che un giorno avrebbe aspettato Luis uscire di casa, Emil aveva accettato di dargli una mano, lui guidava il motorino e avrebbe seguito Luis per vedere dove andava.
C’era solo un problema, quel giorno anche Emil era strano, gli aveva chiesto il perché e lui aveva detto semplicemente che aveva litigato con la ragazza.
Anton avrebbe voluto indagare ma doveva prima di tutto capire che faceva Luis senza di lui, a parte lavorare.
Appena uscì quella mattina e prese la macchina sua, non quella di ordinanza, loro iniziarono a seguirlo.
 
Dopo qualche km si fermarono ad una certa distanza da dove si era fermato Luis, vicino ad una casa.
Emil, la riconobbe subito: << Ma quella è la nuova casa di Bernard >>
Anton: << Nostro padre? Che diavolo ha a che fare Luis con Bernard? >>
 
Passarono un paio di giorni in cui Anton cercava di scervellarsi sul perché Luis fosse andato a incontrare Bernard, fece delle ipotesi pro Luis, come “ vuole farmi fare pace con mio padre “ e altre ipotesi contro Luis, come “ mi tradisce con mio padre “.
 
Fino a quando Luis non lo chiamò, gli diede appuntamento al lungomare “ La Promenade du Peyrou “ quella sera. Anton era davvero curioso di cosa Luis volesse dirgli e lui dal canto suo aveva molte domande da fargli.

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Capitolo 22
*** Quel giorno di Ottobre ***


Cap 22 – Quel giorno di Ottobre
Luis – 7 Settembre 2016
6 Ottobre 2002, era un giorno familiare per lui e Ricky, avevano riconosciuto la targa dell’auto rubata da Steady e avevano iniziato un inseguimento da cardiopalma. Erano due novellini che inseguivano il criminale più ricercato di quel tempo a Montpellier.
A quel tempo Luis e Ricky non andavano molto d’accordo ma dopo la cattura di Steven Odky tutto cambiò.
6 Ottobre 2002 quindi era per Luis un giorno non solo familiare, ma anche positivamente speciale. C’era una particolarità di quel giorno, non ricordava molto altro che non fosse il loro inseguimento e la cattura di Steady.
Appena quella data fu nominata dalla bocca del suo amore, lui si era tagliato con un bicchiere, aveva avuto un flash ma non ricordava di cosa, sapeva solo che si era tagliato col bicchiere, e poi aveva fatto l’amore con Anton… di nuovo.
Tutto bello e speciale, tuttavia aveva passato una notte agitata non ricordava praticamente niente di quello che aveva sognato, eccetto un rumore, quello che fanno due macchine quando collidono.
Uno scontro, quello che produceva quel rumore che non poteva essere altro che un incidente.
Cosa rappresentava quel sogno? Era un sogno che sembrava non avere senso come quelli che facciamo tutti? Oppure era qualcosa che proveniva dal passato? Queste erano le domande che si poneva Luis quella notte in cui non riprese più a dormire.
La sera dell’8 settembre Luis aveva fatto l’amore con Anton, un amore più viscerale e meno tenero, era come se volesse tenersi quanto più possibile aggrappato a qualcosa che prima o poi gli sarebbe scivolato dalle mani. E in questo caso era un qualcuno e il suo timore si rivelò ben presto più che ragionevole.
Apparentemente non c’era una ragione sulla domanda che fece ad Anton, ma qualcosa lo spingeva a voler sapere di più sulla morte della madre del suo compagno. Gli chiese quale fosse il modello della macchina e quando il ragazzo gli disse della Mercedes grigia tutto era più chiaro, ebbe un flash, una Mercedes grigia, una donna al volante, dettaglio che divenne più chiaro quando Anton gli disse le prime due lettere della targa della macchina. BL.
 
Una delle difficoltà maggiori nella loro relazione non era la differenza d’età, né la promiscuità che Anton non aveva mai nascosto e che con Luis pareva aver messo un punto, non era neanche il fantasma di Dylan (che pure rappresentava un ostacolo forse non del tutto superato) ma era il fatto che lui fosse un poliziotto.
Nessuno glie lo aveva detto direttamente ma aveva capito che chi aveva procurato l’incidente era un poliziotto, ma Anton aveva superato questo ostacolo e si era affidato completamente a Luis, ma se quel poliziotto fosse stato proprio lui?
C’erano nella cronaca casi di amnesie di parti della propria vita, di solito erano legati a traumi, ma in quel caso il trauma era solo per Anton, non per lui. Quindi si convinse che si stava solo suggestionando, era un poliziotto e in parte si sentiva in colpa per la categoria.
Nei giorni che seguirono però Luis trascurava Anton, non lo chiamava, lo stava perdendo? Forse ma doveva prima scoprire veramente cosa fosse successo ad Anton prima di poter tornare da lui, ammesso che il ragazzo poi lo avesse voluto.
Si confidò con Ricky, cercò di avere notizie su incidenti che erano accaduti nell’ottobre 2002 ma era troppo indietro nel tempo. Ricky gli aveva detto che era inutile e che stava perdendo Anton con le sue paranoie.
Ma proprio quando stava per rinunciare, gli venne l’illuminazione. Se fosse andato dal padre di Anton, Bernard, avrebbe saputo la targa intera forse e se così fosse stato avrebbe capito se lui era coinvolto direttamente nella morte della madre di Anton.
 
In quei giorni Luis era distratto per quanto riguardava il lavoro, gli dispiaceva sia perché era innamorato del suo lavoro, e sia perché tutto il lavoro ricadeva sulle spalle di Ricky. Per fortuna erano quasi due mesi che non c’erano omicidi con le modalità dei 3 delitti che avevano messo in difficoltà un po’ tutto il corpo di polizia. Ormai il processo a Lafont era vicino e forse quella storia avrebbe avuto una fine.
Il suo cuore batteva forte quando bussò a Bernard, sapeva che il padre di Anton lo aveva deluso in tutti i modi e in un certo senso gli sembrava di tradirlo.
 
Quando però Bernard gli aprì, gli si presentò un uomo abbastanza distinto e lucido.
Bernard: << Posso aiutarla? >>
Luis: << Sono il ragazzo di Anton >>
Bernard: << Davvero? Ah, per caso Anton vuole parlare con me? >> chiese speranzoso
Luis: << Non che io sappia >>
Bernard: << Già, immaginavo, ho tradito tutti i miei figli col mio comportamento >>
In un altro momento Luis avrebbe ascoltato e forse persino consolato quell’uomo ma non era il momento, voleva sapere.
Luis: << Lei si ricorda del tragico incidente in cui la madre di Anton è morta? >>
Bernard: << Per metà la colpa è mia, se non l’avessi chiamata in quel momento…
Luis: << Si ricorda la targa dell’auto? La prego, è importante >>
Bernard: << Certo, era una Mercedes grigia del 2002, dunque, la targa era BL 213 SZ. >>
Luis si mise la mano sulla bocca, indietreggiò scivolando per terra sconvolto.
Bernard: << Signore, tutto bene? >>
Luis aveva ricordato tutto, era un assassino.
 
6 Ottobre 2002
Era una sera come tante altre, io e quell’antipatico di Ricky stavamo pattugliando le strade. Normalmente lo avremmo fatto nella stessa macchina, ma nel caso si fosse trovato Steady era meglio avere più macchine a disposizione, in criminale normale sarebbe già scappato da mesi, ma Steven Odky aveva violentato le donne di Montpellier e una di loro la aveva uccisa eppure era stato visto più volte sempre in città.
La macchina rubata da Steven Odky aveva la targa AQ 433 IL. Io speravo che non avesse già rubato un’altra auto.
Una macchina improvvisamente sfrecciò ad alta velocità ma sia io che Ricky riconoscemmo l’auto e io riuscii a leggere le prime due lettere della targa. Ci sentivamo con la radio e io dissi a Ricky: “ È lui! “
Ricky partì subito davanti a me ad alta velocità, io lo seguivo subito dietro di lui, la velocità di Steady era molto alta e adeguarsi non era facile, non eravamo abituati a inseguimenti così, le auto nostre stavano sempre per slittare mentre Steady aveva una guida sicura ad alta velocità. Tuttavia noi presto ci adeguammo e riuscimmo a prendere la mano con quella velocità.
Il vantaggio per noi era l’orario, era abbastanza tardi, e le poche macchine che c’erano si scansavano prontamente a causa delle sirene della polizia.
Poi però ad un incrocio, io ad altissima velocità presi il muso di un’auto, bastava qualche cm indietro e non l’avrei presa mentre Ricky fortunatamente era già passato e poi seppi che non si era accorto di niente.
La mia testa sporse in avanti e per poco non toccai il volante con quella. Scesi e mi sincerai delle condizioni dei passeggeri dell’altra vettura.
<< Oh, mio Dio! Come sta? È ferita? >>
<< Non è niente, è solo un graffio >>
Così sembrava ma non lo era
<< E il bambino? >>
Vidi a malapena Anton ma quegli occhi mi colpirono subito, ora era chiara anche la familiarità del suo volto, quella che aveva percepito nei primi incontri e su cui non si era fatto molte domande.
<< Sta bene. >>
<< Vi accompagno in ospedale >>
<< No, no, lei stava inseguendo un malvivente, non è così? >>
<< Se ne sta occupando un mio collega >>
<< Ma 2 è meglio di 1, no? >>
<< Ormai saranno lontani.. >>
<< Già, ma se dovessero tornare indietro.. >>
<< Io potrei tagliare la strada a Steady!! Mi prometta che andrete subito al pronto soccorso >>
<< Si fidi e ora vada. Prendete quel bastardo. >>
 
Chiamai subito Ricky via radio: << Ascoltami senza interrompermi, fai in modo che torni indietro e soprattutto non farlo girare, forse so come prenderlo >>
<< È lui che conduce il gioco, come faccio a fargli fare una strada >>
<< A questo ci devi pensare tu ma fidati di me >>
Ad un certo punto raggiunsi un gran viale, se Steady avesse voluto girare avrebbe dovuto girare alla mia altezza, gli altri svincoli erano centinaia di metri prima, la sirena della polizia sarebbe stato il segnale di poter andare avanti con la macchina in modo da bloccarlo.
Così feci, Ricky era riuscito a “ condurlo ” dove io volevo. Premetti sull’acceleratore e frenai, vidi la macchina di Steady venirmi incontro e vidi chiaramente che la faccia del criminale cambiò, presi la pistola per la prima volta nella mia vita e la puntai contro le sue ruote, sparai e notai di avere una buona mira. A quel punto Steady si fermò, scese dalla macchina con le mani alzate, io rimasi in macchina mentre Ricky lo stava ammanettando.
 
Una volta comunicata la notizia al commissariato e arrivati a destinazione ricevemmo un boato di complimenti e congratulazioni mentre Steady sarebbe stato condotto in gattabuia. L’adrenalina non mi era ancora passata, e da lì a poco si sarebbe aggiunto l’alcool, Ricky che prima non mi poteva vedere non mi lasciava più quella sera e mi faceva bere.
Mi ritrovai nel mio letto della casa dei miei genitori, dove vivevo ancora senza sapere neanche come c’ero finito. Cosa che è ancora un mistero. Della sera precedente di nitido c’era solo la cattura di Steady, sapevo che c’era qualcosa di importante che stavo dimenticando ma non mi posi più il problema fino ad oggi.
 
 
 
 
21 Settembre 2016
Luis: << Immagino che Anton si stia facendo delle domande sul perché gli rispondo di rado, sul perché non ci vediamo >>
Ricky: << Tra poco ti considererà come ciò che non sei, come un uomo superficiale che si è divertito, e visto ciò che hai intenzione di fare, forse è meglio. >>
Luis: << No, devo dirgli la verità >>
Ricky: << Non sempre la verità è la soluzione e in questo caso feriresti lui e te e non so fino a che punto >>
Luis: << Ha sempre voluto sapere chi avesse ucciso sua madre e io voglio dargli la risposta >>
Ricky: << Numero uno, lei si doveva fermare anche se tu non avessi avuto le sirene spiegate, avevamo la precedenza. Numero due, la cosa non interesserà a Anton e se sa che tra tutti i poliziotti quello che ha “ ucciso “ sua madre sei tu, beh, non so come andrà a finire, io ho paura per te >>
Luis: << Ormai ho preso la mia decisione. >>
 
Quella sera Luis aspettava di incontrare Anton al lungomare, quando lo vide arrivare gli fece un gesto per farsi vedere, Anton era già visibilmente deluso. Luis lo aveva trattato come lui aveva fatto con i suoi ex, immaginava che per questo non lo avesse lasciato ma la notizia che avrebbe avuto non poteva che sancire la fine della loro relazione. Luis non sapeva se sarebbe riuscito effettivamente a dire ciò che doveva.
 
Anton: << Allora, hai detto di vederci qua? Praticamente non c’è nessuno, avanti parla. Ma se non hai niente da dire, ho io un paio di cose da dirti. >>
Luis: << No! Aspetta, è molto difficile quello che ti devo dire >>
Anton fece una faccia interrogativa
Luis: << Ecco, il 6 Ottobre 2002 io e Ricky avevamo inseguito Steady, è stato quello il giorno che lo abbiamo catturato >>
Anton: << Ok…ma perché mi dici questo? >>
Luis: << Per l’euforia avevo dimenticato una buona parte di quella sera, fino a qualche giorno fa… ecco poco prima di prendere Steady ho fatto un… incidente con un’altra macchina, una..Mercedes…grigia >>
Anton iniziò a tremare e disse a Luis: << Non andare oltre, non un’altra parola! >>
Luis cercò di toccarlo: << Mi dispiace…Ant
Qualcosa lo colpì al naso velocemente tanto da metterlo al tappeto, poi Anton gli salì sopra pronto a scagliarli altri pugni in faccia.
Lo sguardo di Anton, era spaventoso, i suoi dolci occhi si erano trasformati in occhi pieni di odio.
Ebbe il pugno alzato per tanto tempo finché non lo scaglio a pochi centimetri dalla faccia di Luis, alla sua destra, poi si alzò mentre il poliziotto era ancora a terra.
Anton: << Non vale la pena andare in galera per te. Non posso denunciarti, è passato tanto tempo, i poliziotti sono tuoi amici e così via. Però ti dico una cosa, se tu avessi un minimo di decenza ti toglieresti di dosso la divisa che porti! >>
Poi gli sputò addosso e se ne andò.
Ma mentre stava attraversando la strada, una auto stava per investirlo, così Luis lo prese appena in tempo mentre la macchina suonò il clacson.
Per tutta risposta Anton prese per la camicia Luis e gli disse: << Non ti voglio più vedere, non ti voglio più vedere! >> e spinse il poliziotto che tornò col sedere per terra.
Poi vide, stavolta definitivamente, Anton diventare sempre più piccolo fino a scomparire all’orizzonte.
Luis stette in ginocchio per non sapeva quanto tempo e pianse amaramente come mai aveva fatto.

 

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Capitolo 23
*** L'inganno ***


Cap 23 – L’inganno
Anton – 22 Settembre 2016 – intorno a 0:00
Anton entrò in casa barcollando, come se avesse bevuto un bel po’ di alcool, era stordito, fece qualche passo, poi cadde per terra.
La prima cosa che fece una volta alzatosi, fu andare in bagno e vomitare qualunque cosa avesse mangiato.
Era stato per quasi due mesi toccato, baciato, scopato dall’assassino della madre, era inorridito, sconvolto, voleva togliere tutto ciò che riguarda Luis di dosso, il suo odore, il suo sapore. Si toccò il collo, aveva la chiave di casa di Luis, se la tolse e la gettò in un angolo del bagno.
Ora che sapeva la verità, l’immagine del poliziotto era più nitida, si, un giovanissimo Luis aveva preso la macchina dove c’erano lui e sua madre.
Era vero, lui aveva le serene spiegate, la madre era passata per l’incrocio quando non doveva a causa soprattutto della chiamata di Bernard, e probabilmente era vero che lei avesse detto a Luis di lasciare perdere, ma lui sapeva la targa, sarebbe stato suo dovere sincerarsi delle loro condizioni, una volta preso quel criminale. Invece li aveva dimenticati, nel migliore dei casi o ignorati nel peggiore.
Decise di farsi una doccia, tutti i ricordi belli con Luis li voleva lavare via, come se una doccia potesse dare anche quello, purtroppo in quel momento quei ricordi non gli facevano altro he male.
Mentre la doccia scorreva lui si sedette sulle piastrelle e l’acqua della doccia presto si unì a quella delle sue lacrime.
 
Anton lasciò passare qualche giorno, la situazione non migliorò, non aveva ancora parlato con nessuno, andava a lavoro, Maria, la sua collega era preoccupata per il suo cambiò d’umore ma lui si era limitato a dirle che si era lasciato con Luis, ma non aggiunse altro.
 
Però ne voleva parlare con qualcuno, non si era mai fidato degli strizzacervelli, come li chiamava lui, ma forse era l’unica possibilità, sfogarsi con uno sconosciuto.  
Andò dal dottor Moore, non ci pensò su, fu una cosa istintiva, non voleva rimandare, perciò non prese appuntamento ma si presentò sul posto.
Si scontrò con la segretaria che giustamente non lo voleva far entrare durante una visita. Ci sarebbero voluti 15 minuti e poi subito ci sarebbe stato un altro paziente.
Entrò d’impeto inseguito dalla segretaria.
 
<< Anton! Che ci fai qui? Non avevamo appuntamento e poi..
<< Lo so dottore, ma devo assolutamente parlare con qualcuno, anzi mi scuso col paziente..
Quando si girò vide che il paziente in questione era Luis.
<< Anton.. io posso andarmene e concederti i miei restanti 15 minuti. >>
<< I tuoi restanti 15 minuti? Io non voglio più niente di tuo. Ho sbagliato a venire qui, niente di personale dottore, ma lei è il dottore di Luis, lo avevo dimenticato, non penso che ci vedremo più. >>
Anton uscì da quella porta senza sentire il ribattere del dottore, e venne seguito a ruota da Luis che non voleva lasciarlo andare così.
 
<< Anton, aspetta >>
<< Ma cosa vuoi? Pensi che la situazione possa cambiare? Forse quando mi diventerai completamente indifferente e quando dimenticherò la tua faccia. Ma tranquillo, sono già a buon punto. >> disse Anton mentendo sull’ultima frase.
<< Io mi ero dimenticato, poi dopo la cattura di Steady mi sono ubriacato e…
<< Me lo hai già detto! Ammesso che sia vero pensi sia una giustificazione? Sai, c’è una cosa che potresti fare. Dimettiti dal tuo ruolo o comunque si dica, la città non ha bisogno di un poliziotto come te.
 
Era convinto che aveva tutte le giustificazioni per le parole che aveva utilizzato, allora perché si sentiva uno schifo?
 
Il giorno dopo
Anton non si sentiva meglio, pensava che l’unica persona con cui potesse parlare fosse Emil che non sentiva da giorni, prima di scoprire la terribile verità.
Gli mandò un messaggio: “Ho bisogno di vederti, ho necessità di dirti una cosa, devo sfogarmi con qualcuno e tu mi sembri l’unica persona con cui posso farlo. Vediamoci al famoso bar, ti va?
 
Allison – Lo stesso giorno
Allison stava uscendo dalla sua stanza, quando vide la porta della stanza di suo fratello aperta. Aveva lasciato il proprio cellulare sul letto, era sotto la doccia. Prima che lei potesse distogliere lo sguardo e pensare ad altro lo sentì vibrare, aveva ricevuto un messaggio. Poteva essere la ragazza o qualche amico o… Anton.
Entrò nella camera del fratello e sbirciò sul telefono, fortunatamente non aveva il pin. Era proprio Anton, lesse il suo messaggio, si ricordò del bar a cui aveva fatto riferimento il fratello qualche volta, quello in cui si vedeva con Anton. Sapeva dove era.
Cancellò il messaggio solo per il ricevente, chiuse la porta per sicurezza. Sorrise fra sé e sé.
Penso per alcuni istanti dove nascondere il telefono in modo che il fratello non lo trovasse, non subito.
Dopo un po’ mise il telefono all’angolo sinistro sotto il materasso, ai piedi del letto. Tutto questo dopo aver tolto il volume dal cellulare del fratello.
Uscì dalla camera del fratello appena in tempo, poco prima che il fratello uscisse dal bagno.
Lei uscì in fretta di casa, determinata a cogliere quella ghiotta occasione per dividere il fratello da quello che, lei ne era convinta, non avrebbe mai considerato tale.
 
Allison arrivò al bar come sempre impeccabile. Del resto si era preparata per andare al centro commerciale con le amiche. Avrebbe fatto un po’ tardi ma l’avrebbero aspettata, probabilmente avrebbero rotto il ghiaccio parlando male di lei. Ma dopo l’avrebbero seguita come delle cagnoline, come facevano sempre.
I tacchi alti che portava facevano rumore in quel bar, lei vide quasi subito Anton, era ad un angolo di quel, doveva ammetterlo, grazioso locale.
Lo vide, era chino su una tazza di tè, tisana, caffè lungo? Non importava, si vedeva che era devastato. Quando si avvicinò, lui alzò la testa forse sentendo i tacchi e fece una faccia estremamente sorpresa.
<< Allison…come mai sei qui? >>
<< Posso sedermi? >> disse lei
<< Certo. Come mai sei qui? >>
<< Sono stata molto dura con te. Voglio scusarmi. >>
<< Grazie. Ma io avevo mandato un messaggio a Emil e…
<< A tal proposito…Emil mi ha fatto leggere il messaggio e lo ha cancellato >>
<< Cosa? E perché lo avrebbe fatto? >>
<< Mi dispiace, ma avrai notato che negli ultimi giorni era strano. >>
<< Si, mi ha detto che era perché aveva litigato con la sua ragazza. >>
<< Si, lo ha detto anche a me ma io lo conosco, so che tu hai fatto un tentativo sincero, ora lo capisco. Ma lui ha tentato di riallacciare il rapporto, però mi ha confessato che non c’è la fa più, che come me non riesce a perdonarti. E che spera, ti dico precisamente quello che mi ha detto lui, che tu ti dimentichi di lui come hai già fatto anni fa. >>
<< Io…non ci credo. >> disse Anton con le lacrime agli occhi.
<< Beh, lo vedi da qualche parte? Hai ricevuto un messaggio o una chiamata da parte sua? >>
Anton controllò il cellulare, non c’era niente.
<< Sai che in fondo ho ragione. Mi dispiace, ma non riusciamo a considerarti un fratello e questo non cambierà. >>

Allison si alzò e si lasciò alle spalle un ragazzo distrutto, ebbe un sentimento strano che non riuscì ad identificare, non era la soddisfazione che si aspettava. Una volta arrivata al centro commerciale non ci penso più. Ma presto quel sentimento sarebbe tornato più forte di prima.
 
 
Anton – 6 Ottobre 2016 – 0:00
Se qualcuno lo avesse visto quel giorno non lo avrebbe riconosciuto. Perché nonostante tutto quello che aveva passato nella propria vita, era uno che cercava si sdrammatizzare, di sorridere, di essere amichevole, soprattutto da quando aveva pensato di suicidarsi dopo gli atti di bullismo di Dylan e gli altri. Aveva Jacques e Eloise come amici, forse poteva considerare tale anche la sua collega Maria ma lui si sentiva solo e sapeva, ora ancora di più, che pochi avrebbero sentito la sua mancanza se avesse avuto il coraggio di completare l’opera di qualche anno prima.
Aveva scritto anche un altro messaggio a Emil: << Se non rispondi neanche a questo capirò che Allison ha detto la verità e ti capisco, anche se mi dispiace. >>
Prese una sedia, l’avvicinò alla finestra e salì sul davanzale, poi pensò alla chiave, quella che gli aveva dato Luis il mese prima. No, non glie l’avrebbe permesso, non l’avrebbe avuta vinta. Scese dal davanzale e dalla sedia deciso a non farsi prendere mai più da quei momenti.
Non sapeva che quel suo momento lo aveva visto qualcuno che aveva pessime intenzioni.  

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Capitolo 24
*** Responsabilità ***


Cap 24 – Responsabilità
Emil – 6 ottobre 2016 – 23:00
Emil era preoccupato, erano più di due settimane che non sentiva Anton, se non con messaggi saltuari in cui intuiva fosse successo qualcosa di male. Ci mancava solo il fatto di non trovare il cellulare! Dove poteva averlo messo? Era sicuro di averlo messo sul letto ma sembrava sparito. Era sera tardi, quasi notte ma proprio quello stesso giorno in cui aveva perso il cellulare era arrivato sotto casa di Anton.
Probabilmente al rientro avrebbe avuto un rimprovero da parte della madre. Erano già le 23, sperava di non svegliarlo suonando alla sua porta.
Suonò una prima volta, nessuna risposta, forse era meglio passare un’altra volta pensò il ragazzo, quando improvvisamente si aprì la porta. La sorpresa di Emil a sentire la porta era nulla in confronto alla faccia sorpresa del fratello maggiore.
<< Emil? Che ci fai qui? Pensavo che avessi mandato tua sorella a dirmi che non mi vuoi più vedere e che in fondo non mi hai perdonato. >>
<< A dirti cosa? >>
<< Entra, parliamo meglio all’interno >>
Quando Emil entrò vide la casa più in disordine del solito ma bastava guardarlo in faccia per vedere che c’era qualcosa che non andava.
Poi lo colpì la sedia poggiata sotto la finestra, guardò negli occhi Anton che capì e gli disse: << Ci ho pensato. Ma non accadrà mai più. >>
Emil prese la faccia di Anton tra le sue mani, come se fosse lui il maggiore e gli disse: << Promettimelo. >>
<< Te lo giuro. >>
Emil lasciò la presa dal fratello e lo abbracciò.
Una volta staccatosi: << Ora mi dici che è successo e cosa c’entra Allison con questa storia. >>
 
La storia che Anton gli aveva raccontato aveva dell’incredibile ma ciò che più faceva ribollire di rabbia Emil era ciò che gli aveva fatto credere Allison. Come poteva essersi spinta fino a quel punto? E perché? Qualunque cosa pensasse la mente malata di Allison avrebbe fatto fatica a perdonarla.
<< Posso dormire qua? >> chiese Emil
<< Certo, oddio quel piccolo pseudo-divano è rotto, se vuoi ci stringiamo sul letto. >>
<< Va bene, vorrà dire che diventeremo una cosa sola. Ma decisamente non posso tornare a casa. >>
<< Figo, non pensavo che ci sarebbe stato qualcosa di positivo in questa giornata di merda. >>
<< Devo chiamare mia madre ma non ho il cellulare. >>
<< La avviso io. >>
Emil vide mentre il fratello mandava il messaggio e commentò: << È passato. Il 6 ottobre è passato. >>
<< Sono più di quindici anni che aspetto che passi. >> rispose malinconico Anton.
 
Di notte entrambi avevano dormito poco o niente, Anton doveva lavorare e lui aveva la necessità di affrontare Allison prima di andare a scuola.
Erano le 7:30 quando entrò nella camera di Allison senza bussare.
<< Come ti permetti di..
<< Dove lo hai messo? >>
<< Di cosa parli? >>
<< Del mio cellulare. >>
<< Ah, se non sai dove lo metti, come posso saperlo io? >>
Emil prese entrambi i polsi di Allison.
<< Ahia, mi fai male! >> disse lei
<< Basta mentire! So cosa hai detto ad Anton. >>
<< Te lo ha detto subito, vero? Come ha fatto a rintracciarti? >>
<< Sono andato io, e sai che cosa ho trovato? Una sedia vicino ad una finestra, ha avuto la tentazione di buttarsi. >>
Allison fu sinceramente colpita da quella informazione ma non lo diede a vedere anzi rincarò la dose: << Non è certo colpa mia se non ha un briciolo di amor proprio. >>
<< Tu sei un mostro. >> disse Emil lasciando libere le braccia della sorella.
Il ragazzo stava per andarsene quando la sorella lo bloccò: << Non vedi che sta cercando di dividerci? >>
A quel punto Emil avvicinò la sua faccia a quella della sorella e le disse semplicemente: << Ah, si? E in che modo? >>
Allison cercava di trovare le parole ma Emil rincarò la dose: << Chi è che gli ha offerto dei soldi intimandogli di non entrare in rapporto con me? Chi è che ha raccontato una marea di stronzate, facendogli credere che non gli avessi mai voluto bene? Chi!?! Puoi continuare a odiarlo perché non c’è stato per quattro lunghi anni, non considerando minimamente quello che ha passato. Ma a quel punto dovrai odiare anche me e dovrai incolpare te stessa. Oppure puoi andare avanti, non so perché ma Anton non c’è l’ha con te. Ah, una cosa che ti serve per la vita, impara a prenderti le responsabilità delle tue azioni. >>
Quando Emil se ne andò dalla stanza lei si sedette per terra e dopo anni riprovò la sensazione di gocce che cadano dagli occhi e rigano le guance.  
 
 
Luis – 8 ottobre 2016 – 10:00
<< Quello che vuoi fare è folle, lo sai? >> disse Ricky ad un affranto Luis.
<< È una cosa che mi ha chiesto Anton due volte, e sinceramente non ha tutti i torti, domani c’è il processo a Claude Lafont, dopo darò le mie dimissioni. >>
<< Anton è adirato, e lo capisco, ma tu dovresti capire che proprio per quello che è successo ti dice che non dovresti fare il poliziotto. Ma a te piace fare il poliziotto, no? E sei anche molto bravo. >> disse Ricky, cercando di farlo riflettere.
<< Sai, cosa ho trovato oggi nella cassetta delle lettere? >>
<< La chiave che avevi regalato ad Anton. >>
<< Come fai a saperlo? >>
<< Ho incontrato Anton, mi sono presentato e il sorriso di cortesia che mi aveva rivolto quando si risponde ad uno sconosciuto si è trasformato in uno sguardo di rabbia. Ho cercato di farlo ragionare, di dire che tu stavi facendo solo il tuo lavoro e che era stato un tragico incidente, che sua madre ti aveva concesso di continuare l’inseguimento a Steady. >>
<< Glie le ho dette anche io queste cose, ma per quanto involontariamente, ho causato la morte della madre, come potrebbe perdonarmi? È a causa mia se è vissuto in una casa famiglia gestita dalle suore. >>
<< Lo so, è terribile ma speravo che una voce estranea e esterna potesse convincerlo. E così prima mi ha detto che catturare Steady era stato inutile e che non solo era scappato ma anche morto. E mi ha detto che era da poco stato dove abiti tu per “ consegnarti “ la chiave. >>
<< Grazie Ricky, comunque hai tentato. >>
<< Di nulla. Ah, non dovrei dirtelo visto che non voglio che questo ti dia un motivo in più nella scelta di dimetterti ma in una fase del concitato discorso mi ha detto che ha tentato di togliersi la vita. >>
Luis fece una faccia terrorizzata.
<< Ma mi ha giurato che non lo avrebbe mai rifatto e che per te non valeva la pena. >>
Ricky si maledisse per aver specificato anche il fatto che Anton gli avesse detto che per il suo amico non valeva la pena ma per lo meno Luis si era tranquillizzato.
 
 
 
Quella sera – Lafont – 23:30
Claude Lafont era vicino ad un bicchiere di sonniferi in quello che sarebbe stato probabilmente l’ultimo giorno a casa sua, a quel punto era meglio lasciare per sempre quel Mondo. La sua vita senza Genevieve non aveva senso. È vero, la loro relazione non andava bene e questo si ripercuoteva sul figlio Leroy. Una volta aveva anche tentato di impiccarsi, seppur ripensandoci prima di compiere l’atto e l’assassino in qualche modo doveva saperlo ma ora lui non aveva più il tempo di indagare.
Ma ad un certo punto, quando stava per bere il contenuto della bevanda si bloccò e rimise il bicchiere sulla scrivania dello studio. >>
<< Prevedibile >> disse una voce
Lui alzò lo sguardo: << E tu che ci fai qui? >>
<< La villa non è piantonata, il colpevole potrebbe scappare. >>
<< Sei stato..tu! Certo, chi altro potrebbe sapere tutte queste cose su mia moglie? COME HAI POTUTO!? >>
<< Tentare di bere un mix di sonniferi prima del punto di non ritorno. Solo tu potevi essere così ovvio. >>
<< Vuoi uccidermi come hai fatto con gli altri? >>
<< Qualcuno deve ristabilire l’ordine, deve far comprendere che c’è una responsabilità da affrontare quando si prende una decisione. E che dalla morte non si torna indietro. >>
L’assassino puntò la pistola verso Lafont che velocemente aveva preso la sua da sotto la scrivania, si sentì un solo sparo.

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Capitolo 25
*** Il colpevole ***


Cap 25 – Il colpevole
Anton – 7 Ottobre 2016 – 8:00
Anton doveva andare a lavoro ma si prese il giorno libero. Il titolare del bar non era contento del preavviso inesistente ma Maria aveva messo una buona parola per lui.
Negli ultimi tempi, quando poteva, aveva cercato e trovato Dylan, ma non si faceva vedere. Era spesso vicino ad una scuola e incontrava i ragazzi all’uscita dandogli qualcosa in cambio di pochi spiccioli.
Quel giorno decise di affrontarlo e di prenderlo alle spalle.
<< Ora spacci pure? >>
Dylan sobbalzò e si girò verso il suo ex amante e forse anche suo ex amico.
<< Sono fatti miei. >>
<< Io ci tengo a te e se ti sei messo in un brutto giro… >>
<< Stai tranquillo, lavoro per un pesce piccolo che non è al servizio di nessun pesce grande, sei contento ora? >>
<< Comunque non è morale ciò che fai, cosa vendi? Cocaina? Eroina? >>
<< Ma che ti sei messo in testa? Mi prendi per un pusher di professione? Erba, e a volte MDMA, non ne vado fiero ma in giro c’è un altro che ne vende molto di più e se non la vendessi io, andrebbero da lui. >>
<< Davvero vendi erba? Me ne daresti un po’? >>
Dylan lo guardò stranito non per la richiesta ma per aver sorvolato sull’MDMA. Anton non era un puritano ma odiava la droga che non si limitasse, appunto, alle canne.
<< Pensavo che sull’MDMA avresti invocato la polizia tanto più ora che hai quell’amico poliziotto. >>
Anton lo fulmino involontariamente con gli occhi: << Se intervenisse la polizia nessuno saprebbe niente e dopo un attimo di quiete tutto ritornerebbe come prima. Allora mi dai quell’erba? >>
Dylan era un po’ contento e un po’ sorpreso, l’Anton che aveva di fronte reggeva il suo sguardo senza sciogliersi, anzi stavolta era lui che si stava perdendo in quel mare che erano i suoi splendidi occhi.
<< Se aspetti un po’ potrei darti anche più della sola erba e tutto gratis. >>
 
Il ragazzo che gli aveva fatto perdere la verginità, quel giorno lo aveva preso in diverse posizioni e lo aveva fatto godere. Per un paio d’ore non aveva pensato a Luis, a sua madre e a tutto quello che aveva scoperto pochi giorni prima. Del resto nessuno scopava come Dylan, anche se non era quella la sua unica qualità per fortuna. Quando ebbero finito erano a letto insieme e Dylan come il più premuroso dei fidanzati lo cingeva tra le braccia, era così rassicurane avere la testa vicino al petto e sentire il battito del cuore di quel ragazzo che rasentava la perfezione.
 
Eppure entrambi sapevano che niente era cambiato da quando Anton gli aveva dato quella sorta di addio.
L’ora successiva, a quel dolce abbraccio intervallato da dolci baci senza che si dicessero neanche una parola, Dylan era già diverso.
Era seduto con la testa appoggiata al muro e fumava, gli occhi erano persi, lui sapeva a cosa pensava.
 
<< È stato bello. >> disse ad un certo punto Dylan poi continuò: << Stavolta però, ho percepito di non essere l’unico che ti abbia rubato il cuore, come mai è finita con quel poliziotto? >>
Anton gli raccontò tutta la storia, Dylan era sinceramente colpito ma Anton gli disse: << Perché sembravi contento di non essere l’unico di cui mi fossi innamorato? >>
<< Lo sai il perché e con le tue parole di quell’ultima volta pensavo lo avessi capito anche tu. >>
<< Se la polizia ti prendesse ora è probabile che finiresti nella stessa galera di tuo padre così non dovresti aspettare la sua uscita, non è così? >>
<< Diciamo che ucciderlo in galera potrebbe essere più difficile e non avrei molto tempo visto i miei reati piccoli, però se dovesse accadere ci penserei, una volta lì dentro. >>
<< Se continuerai ad odiare così tanto tuo padre, non ti lascerai mai andare ad amare, e io so per esperienza che sei capace di farlo ma quel blocco ti fa male. >>
<< Ma da che pulpito, tu odi tuo padre e ora odi anche il tuo ex, e chi hai amato? >>
<< Amo Emil, mio fratello e anche Allison, mia sorella, per quanto lei mi odi. Ho amato Luis e ho amato te e mi sono lasciato andare con tutto me stesso, non importa se ho sofferto ma ho amato. >>
Anton si rivestì con Dylan che non disse una parola fino a: << Tu lo sai che lo farò e non potrai fermarmi. >>
<< Io non so niente, tranne una cosa, possiamo non parlarci per anni ma sappi che non ti perdo di vista. Non lo farò mai. >>
Quando Anton uscì di casa, Dylan aveva gli occhi lucidi ma si impose di ritirarli, non doveva esprimere alcuna fragilità.
 
Luis – 9 Ottobre 2016 – 2:00
Luis era a letto ma ormai da quando aveva pensato e poi scoperto di essere responsabile della morte della madre di Anton, non dormiva più. Il suo sonno era intermittente e inesistente, andare dal dottor Moore aveva aiutato ma non bastava, forse avrebbe dovuto fare affidamento a qualche sonnifero. Certo, dopo le dimissioni avrebbe avuto un po’ di tempo in più per dormire, almeno per i primi giorni, prima di rimettersi a cercare un altro lavoro.
Il cellulare suonò, era Ricky, alle 2 di notte, sperava non volesse convincerlo ancora ma l’ora sembrava strana persino per Ricky.
Ricky aspetto due secondi prima di parlare poi disse: << Lafont è morto. >>
<< Cosa? >>
 
Quando Luis, Ricky e il commissario Moulet arrivarono sul posto videro Claude Lafont con un proiettile in testa. C’era una pistola a terra, Luis pensò che probabilmente Lafont voleva difendersi ma non aveva fatto in tempo.
Quando il medico legale parlò fu palese che il killer era ancora in giro: << Da una prima analisi posso asserire che Claude Lafont sia morto tra le ventitré e mezzanotte. È come se qualcuno, suppongo l’assassino, abbia voluto far “ bere “ dell’acqua a una persona già morta. Ora le analisi e la scientifica daranno risposte sul fatto se fosse acqua normale o con qualcosa all’interno, a una prima occhiata del bicchiere sembrerebbe che ci fosse qualcosa. >>
<< Probabilmente sonniferi. >> esclamò Moulet
<< Quindi pensa che il killer sapesse che Lafont si volesse suicidare? >> disse Ricky
<< O forse il killer era a conoscenza di altri tentativi di suicidio di Lafont? Lei cose ne pensa Gaillard? >>
Luis sembrava essersi svegliato da un altro Mondo quando guardò con una faccia distrutta il commissario: << Non so commissario, forse dovremmo pensare a chi potesse conoscere bene Lafont e capire un po’ di saperne quanto più possibile. >>
<< È quello che faremo. La vedo un po’ spento e stanco Gaillard. Capisco che non è piacevole ricominciare daccapo quando si pensava di aver trovato il colpevole. Le sue intuizioni erano supportate da prove o meglio da quelle costruite ad arte dal killer.
Lei è stato molto bravo e sono sicuro che lo sarà anche nel proseguimento del caso. Bene, ora noi andiamo a dormire, ci aggiorniamo sul da farsi da domani alle 9. >>
 
4:00
Quando Ricky riaccompagnò Luis a casa si accorse che l’amico si sentiva responsabile della archiviazione delle indagini sul killer dei suicidi come era stato denominato dalla stampa locale e non.
<< Non ti sentirai responsabile dell’archiviazione del caso? Sono due mesi che il killer non agiva e tutti eravamo convinti al 100% della colpevolezza di Lafont, tutti meno te. >>
<< Si, ma sono stato io a spostare l’attenzione su Lafont >>
<< Come era tuo dovere fare. >>
<< Finito il caso mi dimetterò, questo mi dà un motivo in più. Grazie del passaggio. Buonanotte Ricky. >>
<< Buonanotte. >> rispose Ricky sconsolato dalla depressione di Luis.
 
Luis continuò a non dormire e cosi verso le 7:00 disturbò il suo psicologo.
Scrisse un messaggio:
“ Dottore, so che non è giornata di visita ma potrebbe vedermi per le 8? Ho urgente bisogno di parlarle. “
“ Oh, buongiorno Luis, guardi alle 8 ho un paziente, per le 9 ci sarebbe? “
“ Purtroppo a quell’ora attacco al lavoro. “
“ Perché non viene ora? Io sono già in studio. “
“ Davvero? “
“ Certo “
“ La ringrazio, arrivo subito. “
“ Bene, la aspetto. “
 
Erano le 7:20 quando arrivò dal dottore che stava sistemando alcuni libri nella propria ricca libreria.
<< Siediti pure dove vuoi Luis. >> gli disse il dottore.
<< Grazie dottore. >> disse sospirando il ragazzo una volta sedutosi.
<< Non hai una bella cera ragazzo mio, speravo che la situazione fosse migliorato dopo le nostre ultime sedute. >>
<< Lo è e la ringrazio, solo che… forse avrei bisogno di sonniferi per dormire. >>
Il dottor Moore mentre continuava con solerzia a mettere alcuni libri apposto gli disse: << Forse ti porterebbero a dormire ma devi superare i sensi di colpa verso Anton, rimarrai un fantasma che cammina se non superi questo. >>
<< Ha ragione dottore ma come posso? Ha tentato di suicidarsi per colpa mia anche se ci ha ripensato e ha detto che non lo farà più ma se non fosse vero? >>
<< Lo so, è difficile. Ancor di più ora, con l’omicidio di Lafont, immagino che metta più pressione su di te. >>
<< Già…ma…lei come lo sa? >>
Il dottore si girò verso l’ispettore un po’ sorpreso: << Ma non me lo hai detto tu? >>
<< No, sono sicuro di non averglielo detto. >>
<< Oddio, lo avrò letto su un giornale o su internet. >> disse in maniera convinta e convincente il dottore.
<< Capisco. >> disse Luis, guardò l’orologio, erano appena le 7:35, aggiunse: << Devo andare. >>
<< Ma abbiamo ancora tempo. >>
<< Dottore, ho abusato del suo tempo, e la ringrazio ma devo andare. >>
<< A presto allora. >>
<< A presto dottore. >>
 
La prima cosa che pensò Luis uscito dal palazzo dove esercitava Moore fu quella di chiamare Ricky.
<< Ricky, scusa l’ora, devi andare subito su internet, vai a vedere tutte le notizie che riguardano Lafont, voglio sapere se ci sono notizie da qualche parte della morte di Lafont e del suo omicidio. >>
<< Ma perché? Non credo che la notizia sia già trapelata. Questione di ore, se non minuti. >>
<< Ecco perché devi controllare ora. Poi ti spiego. >>
<< Va bene. >>
 
Luis andò alla prima edicola che trovò: << Sono arrivati i giornali? >>
<< Si, più di un’ora fa. >> rispose l’edicolante
<< Posso vedere la prima pagina di tutte le prime pagine? Le locali e le nazionali. >>
Mostrò il distintivo prima di avere una risposta negativa.
<< Certo >> rispose l’edicolante prendendo due malloppi di giornali.
Dopo alcuni minuti Luis aveva controllato abbastanza giornali per capire che Lafont era in prima pagina solo per quanto riguardava il processo che ci sarebbe stato, nessun riferimento al suo omicidio.
<< Grazie >> disse Luis congedandosi dall’edicolante.
Subito dopo richiamo Ricky: << Nessuna notizia è ancora trapelata. >>
<< Come pensavo, so chi ha ucciso Lafont, Amelie, Steady e Genevieve Lafont. >>
<< Davvero? Chi? >
<< Emanate il prima possibile un mandato di cattura per James Moore. >>
<< Il dottor Moore? >>
<< Si, intanto vado a prendere quel figlio di puttana. >>
 
Luis era vicino a casa, prese la pistola di ordinanza una volta là. Dopo di che corse verso dove era l’ufficio del dottor Moore, aprì la porta, non c’era nessuno, era vuoto.
La segretaria lo guardò interrogativa.
<< Dove è andato il dottor Moore? >>
<< Ha detto che doveva andare da un paziente e ha annullato tutti gli appuntamenti, è strano, non è da lui. >>
<< Sa da che paziente è andato? >>
<< No, non me lo ha detto. >>
 
Luis uscì di corsa e pensò: “ Cazzo, gli ho detto che Anton ha tentato di togliersi la vita. “
Luis chiamò Ricky e gli disse che stava andando da Anton, gli indicò la via dove mandare le pattuglie.
Prese un taxi ma c’era traffico, appena poteva scendere abbastanza vicino alla casa di Anton pagò più del dovuto e scese dal taxi correndo verso la casa del suo ex. Salì le scale correndo e arrivato bussò con forza alla porta.
 
Anton – 9 ottobre 2016 – 8:10
Emil era uscito da poco, dopo averlo aiutato col trasloco. Quella casa in affitto era stata una occasione d’oro, non aveva ancora la ringhiera del balcone e quindi era stata data ad un prezzo irrisorio. Certo, appena possibile il proprietario aveva detto che avrebbe provveduto a mettere la ringhiera, anche perché questo preoccupava Emil visto i recenti precedenti ma Anton era sicuro di quello che aveva promesso.
Aveva un letto a due piazze ora, quindi Emil poteva dormire quante volte voleva a casa sua a meno che non avrebbe voluto compagnia di altro genere.
 
Bussarono alla porta in maniera vigorosa, lui aprì, con sua sorpresa trovò sull’uscio il dottor Moore.
<< Dottore? Come mai qui? Se vuole convincermi a iniziare una terapia, devo declinare la sua..
<< No, no. Anton, devo dirti una cosa, non mi vuoi far entrare nella tua nuova casa? >>
<< Si, sono sorpreso che lei sappia della mia nuova dimora. >>
Mentre diceva questo fece entrare il dottore e chiuse la porta. Subito dopo sentì un dolore alla nuca e la vista si annebbiò fino a diventare tutto nero.  

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Capitolo 26
*** Salutami Bernard ***


Cap 26 – Salutami Bernard
Luis – 9 ottobre 2016 – 8:20
Nessuno rispondeva al suo bussare incessantemente alla porta di Anton. Allora Luis temendo il peggio gridò: << Sto per sfondare la porta. Al mio 3 la sfondo,…1..
Uscì dalla porta affianco a quella di Anton quella che sembrava una docile signora anziana che principiò: << Ma che fa? Urla in questo modo alle 8 di mattina? >>
<< Mi scusi signora ma Anton, l’inquilino di questa casa, potrebbe essere in pericolo e non risponde. >>
<< Ci credo che non risponde, se ne è andato, pare che abbia pagato le ultime mensilità all’affittuario e poi è sparito ma io so dove è andato. >>
<< Davvero? Può dirmi dove? >>
<< Oh, certamente >>
Poi si sentì quello che sembrava un fischio. << Oh, ah, è il bollitore, stavo facendo il tè, ma è almeno per due persone, venga, venga. >>
<< Veramente, io avrei fretta, sa, Anton potrebbe essere in pericolo. >>
Ma la signora pareva non sentire e versò l’acqua bollente in una tazza con una bustina, poi fece la stessa cosa con un’altra tazza. Mentre compiva queste operazioni e mentre Luis scalpitava farfugliava qualcosa come Rue, forse si stava ricordando la via. Poi spostò lo sguardo sul frigorifero vicino e si ricordò: << Ah, si, Rue Draperie Rouge, gran bella via. Sa oggi è la seconda persona che chiede di Anton. >>
<< Davvero? Chi è passato di qui? >>
<< Oh, un signore alto, distinto, ha detto che era un dottore..si chimava Mulpe >>
<< Moore forse? >>
<< Si, proprio lui >>
<< Grazie, devo andare. >> disse Luis volatilizzandosi
<< Ma il tè! >> disse la signora, senza che nessuno potesse sentire, poi aggiunse tra sé e sé: << Vabbè, di più per me. >>
 
 
 
Anton – 9 ottobre 2016 – 8:40
Sentiva il freddo sotto il mento quando piano piano aprì gli occhi. All’inizio vedeva una sagoma, poi pochi secondi dopo sentì un dolore fortissimo dietro la nuca.  Capì la situazione un attimo dopo, vide chiaramente il dottore e quel freddo che sentiva un attimo prima era la lama di un coltello.
<< Ben svegliato Anton. >>
Anton era legato ad una sedia ed era nel piccolo balcone a cui mancava la ringhiera, bastavano pochi centimetri e sarebbe caduto nel vuoto.
<< Mhhhhhh >> cercò di parlare ma si accorse di avere del nastro adesivo sulla bocca.
<< Scusa Anton, ma dovevo evitare che qualcuno ti sentisse, anche se da questa altezza è quasi impossibile >>
Anton tremava, non sapeva come e perché si trovava in quella situazione.
<< Stai tranquillo, hai gli occhi sbarrati, non credevo che ti avrei viso così, in fondo hai tentato di suicidarti, per ben due volte. Lo spavaldo e coraggioso Anton è stato vigliacco come tutti gli altri. >>
Anton chiuse gli occhi per un attimo pregando che il dottore facesse qualche passo indietro e cadesse nel vuoto ma nello stesso tempo sentiva che il suo tempo stesse per finire a soli 22 anni.
Dopo di che cerò di dire. “ Perché? “, gli uscì un mugolio ma il dottore capì.
<< Vuoi sapere perché? >>
Anton annuì
<< Non siamo in un film e purtroppo il tuo ex ha capito che sono coinvolto, quindi non posso perdere tempo. Tuttavia, non so perché, ma mi sei simpatico, perciò ti accontenterò.
La mia vita era una favola o almeno io pensavo che lo fosse. A Manchester vivevo con mia moglie e i miei due figli. Evito di raccontarti i primi anni migliori. Circa 20 anni fa ero già uno psicologo e psichiatra apprezzato da chiunque, ero oberato di lavoro e mia moglie mi rimproverava di non essere abbastanza presente con i miei figli.
Una notte tornai a casa e vidi una ambulanza con molti poliziotti attorno, mia figlia si era suicidata, non ha lasciato nessun biglietto.
Per alcuni giorni nessuno di noi tre parlò, mi occupai dei funerali, mia moglie non ce la faceva.
La sera dopo vidi mia moglie vicino ad una finestra spalancata, proprio come te. Era giovane ma sembrava improvvisamente invecchiata, però come te non lo ha fatto.
“ Cosa stai facendo? “ le dissi. Chiuse le ante della finestra e mi disse: “ Sono due ore che tento di fare ciò che ha fatto nostra figlia ma sono troppo codarda. “
Questa fu l’ultima frase sensata di mia moglie. Dopo di che per tutto il tempo mi diede la colpa della morte di mia figlia, perché io lavoravo troppo, non mi ero occupato di lei. Dava tutte le responsabilità a me, come se lei si fosse accorta di quello che passava nostra figlia.
Non era neanche riuscita a suicidarsi, e ora voleva far sentire in colpa me.
Così, un giorno ho compiuto ciò che andava fatto, avevo aspettato il giorno giusto ma una volta che la vidi vicino alla stessa finestra la spinsi, un urlo. Breve. Non sentii niente.
Fu confermato che era suicidio, poi dopo i funerali decisi di trasferirmi in Francia con mio figlio che aveva 13 anni, appena ha compiuto i 18 anni, se ne è andato, credo viva ancora in questa città.
Ho avuto una carriera brillante, non ho ucciso più nessuno fino a quando Amelie Joules mi disse che anche grazie alle mie cure non era andata fino in fondo nel togliersi la vita.
Due anni. Ci ho pensato due anni. Aveva cambiato il corso naturale delle cose. Poteva rovinare qualche altra vita come mia moglie aveva fatto con me, così l’ho messa davanti alle sue responsabilità. Mi ha aperto come te, l’ho addormentata col cloroformio, poi ho aperto la scatola di sonniferi ma non meritava di morire come voleva. Non si era preso per intero le sue responsabilità, così ho messo poca forza nello strangolarla.
Sai come mi sono sentito? Soddisfatto, avevo fatto la cosa giusta, avevo punito una codarda, la avevo messa davanti al destino che aveva scelto e rinegato, non è giusto. Mia figlia ha avuto il coraggio, non si torna indietro.
Steady ha simulato il suicidio solo per fuggire dall’ospedale, così l’ho tolto di mezzo e credo che di questo ne abbia beneficiato tutta Montpellier.
E poi quel paranoico di Claude Lafont, portava un coltello in tasca, a chi lo ha detto, se non al suo psicologo di fiducia. È sempre stato uno stronzo, ho aiutato anche lui in altri casi, non mi ha mai fatto un plauso, non che mi interessasse in realtà. Mi ha confessato che la moglie si voleva impiccare ma che non lo aveva fatto. Ho rubato il coltello di Lafont quando una volta ha dimenticato la giacca e poi ho aspettato il momento giusto per agire. Devo dire che sono stato fortunato, Lafont ha lasciato la porta aperta, nessuno mi ha visto e ho accoltellato subito la moglie. Al resto ci avevo pensato, non è stato facile attaccare la corda al lampadario e al collo della moglie prima che tornasse Lafont e che sopraggiungesse il rigor mortis. Anche prendere il tuo corpo e metterlo su una sedia non è stato facile. Per fortuna non ti sei svegliato prima. Avevo deciso che avrei aspettato che Lafont fosse andato in galera e che avrei smesso ma poi una sera ti ho visto. Volevi buttarti giù, poi non hai avuto il coraggio, ti mentirei se ti dicessi che sono venuto qua per aiutarti qua per aiutarti a compiere il tuo destino. Dopo tutto questo mio monologo avrai capito il mio modus operandi. Ti butterò giù solo dopo averti tagliato la gola. >>
Il dottore avvicinò la lama alla gola di Anton e gli disse: << Ti prego di non fartela sotto prima di morire. >>
Non erano quelle le ultime parole che voleva sentire, non voleva morire.
 
Si sentì bussare all’improvviso. Subito parlò una voce familiare a entrambi. << Anton, sono Luis, che sono l’ultima persona che vuoi sentire. Insultami se vuoi, ma ti prego dimmi che sei in casa. Cazzo, sto sfondando la porta. >>
<< Adesso ti tolgo il nastro adesivo, digli qualcosa per farlo andare via se nuon vuoi che veda la tua morte in diretta. >>
Anton si ricordò di un discorso che aveva fatto con Luis, quando le cose tra loro due andavano più che bene, quando niente avrebbe fatto presagire che si sarebbero lasciati per qualcosa di così tragico:
Quel giorno di inizio settembre mi stavo vestendo, prima che mi mettessi la maglia Luis iniziò a baciarmi sul collo in un modo insolitamente passionale.
<< Luis, dai, lo sai che devo andare al lavoro, come sai anche che con qualche altro bacio, lo perderei sicuramente. >>
<< E va bene. >> mi disse passando a massaggiarmi le spalle. Ma anche quello mi faceva eccitare.
<< Ti stai vendicando di tutte le volte che ti faccio fare tardi al tuo lavoro? Mi risulta che arrivavi tardi anche prima. >>
<< Un po’ per quello e un po’ perché ti… >>
Le mie spalle si irrigidirono, forse non era quello che voleva dire ma cambiò discorso e mi disse: << Anton, se ti trovassi in una situazione di pericolo e dovessi darmi un messaggio in codice cosa mi diresti? >>
<< E perché mi dovrebbe capitare qualcosa di pericoloso? >>
<< Sono un poliziotto, e devo considerare ogni eventualità. Una volta liberammo il padre di un nostro collega perché aveva fatto capire dove i rapitori lo tenevano con una cosa che era solo loro, una specie di messaggio in codice. >>
<< Ah, beh, non lo so, la prima cosa che mi viene in mente a proposito di padri è “ Salutami Bernard “, se sono in pericolo. Per farti capire in che posto sto ci penso ma comunque spero che non mi servano mai, mio caro poliziotto paranoico. >>
Luis mi baciò e mi disse: << Forse sono paranoico ma perché ci tengo molto a te. >>
<< Lo so e non sei l’unico. >>
Con questa frase criptica finalmente mi misi la maglia e fuggii da quella piacevole trappola che erano le sue mani sulle mie spalle.
 
Anton memore di quel momento cominciò a rispondere a Luis che stava alla porta come voleva il dottor Moore: << Che vuoi Luis? Quante volte te lo devo dire che tra noi è finita?
<< Volevo solo sapere se stai bene. E ti volevo dire che l’assassino è James Moore, non aprire mai la porta a lui se dovesse bussare >>
<< Va bene, ah, Luis, salutami Bernard se lo vedi. >>
Un momento di silenziò, poi la risposta: << Lo farò. >>
Anton guardò Moore e ora che poteva parlare gli sputò il suo disprezzo: << Sei uno psicopatico, sperò che una volta che ti prendono ti mandino da un vero e bravo psichiatra, non da uno come te. >>
James Moore era infuriato in quel momento con Anton ma prima che potesse fare qualunque cosa, Luis sfondò la porta in un solo colpo e puntava la pistola verso il killer. Ma James ora aveva il coltello davvero attaccato alla gola di Anton, un minimo movimento e il ragazzo sarebbe morto.
<< Luis, ti conviene mettere per terra la pistola e darla a me, e chissà forse potrei lasciare in vita Anton e fare fuori solo te. >>
Anton voleva dire di non farlo ma la lama era troppo a contatto col suo collo, non poteva neanche parlare per non ferirsi. Luis fece come gli era stato detto, ora James aveva due armi, e loro neanche una. Moore allontanò la lama dal collo di Anton.
<< Sai, la tua morte non è prevista, ma sai chi è troppo sagace a volte finisce per farsi del male, ti considererò un effetto collaterale, del resto dopo Anton, forse la tua depressione ti avrebbe portato a fare un gesto estremo. Lo posso anticipare. >>
Mentre Moore faceva il suo ennesimo discorso delirante, non si accorse che Anton che non aveva più il coltello al collo stava tentando una mossa azzardata per salvare Luis. La sedia era leggera, la fece dondolare un po’ dalla parte opposta al dottore sperando che questo avrebbe prodotto una spinta dalla parte del dottore che era molto vicino a lui in modo da sbilanciarlo, era l’unica chance che aveva per salvare Luis.
La sedia colpì l’anca del dottore che fu sbilanciato, gli partì un colpo di pistola, molto lontano da Luis che nel frattempo corse contro il dottor Moore, lo fece cadere per terra, erano tutti vicini al vuoto. Luis era sopra, riuscì a sbattere la mano del dottore contro il pavimento, così finalmente fu disarmato dall’arma da fuoco. Tuttavia il dottore riuscì a finire sopra ed era ancora armato con il coltello, la lotta era intensa, il dottore era più forte del previsto e Luis cercava di evitare che la lama lo colpisse. Riuscì quasi a far perdere la presa di James sulla lama, dopo di ché gli tirò una testata. Il dottore aveva avuto la peggio ma Luis non si accorse che poco dopo si era alzato ed aveva preso la pistola caduta lì vicino.
Luis liberò le mani e le gambe di Anton, il ragazzo lo spinse di lato appena in tempo, così il proiettile gli colpì la spalla e non il suo petto. Il dottore puntò la pistola verso Luis nuovamente, poi parlò: << Voglio che le mie vittime mi guardino in faccia quando le uccido. Poi farò fuori anche il tuo am…
Il dottore rimase senza fiato quando il coltello che era rimasto vicino alla sedia fu lanciato da Anton, colpendolo direttamente al cuore.
Dopo la sorpresa gli cadde la pistola dalle mani e dopo un paio di rantoli cadde di colpo e il coltello gli si conficcò ancor di più dentro al petto. La scia di omicidi di James Moore se ne andò definitivamente insieme a lui.
<< Non hai una buona mira solo a freccette >> gli disse una voce flebile dieto le spalle.
Anton vide Luis, aveva una brutta ferita alla spalla sinistra.
<< Luis >> disse avvicinandosi vicino a lui e accarezzandogli il viso.
<< Chiamo subito l’ambulanza. >>
<< No, sentì le sirene, è arrivata…la polizia…e sono sicuro che… >>
Colpì di tosse interrompevano il parlare di Luis.
<< Tranquillo, ho capito, tu però devi rimanere svegliò, Luis, ehi, non ti addormentare. >>
Ma purtroppo Anton vide che Luis perse i sensi.
Anton non credeva ma in quel momento pregò tutti gli Dei perché Luis si salvasse.

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Capitolo 27
*** Speranza ***


Cap 27 – Speranza
Luis – 10 ottobre 2016 – 5:35
Aprendo lentamente gli occhi vide un soffitto bianco, ci mise almeno 5 minuti per metterlo a fuoco. Capì solo dopo di essere in un letto di ospedale, un piacevole calore toccava la sua mano destra. Lo riconobbe anche se si vedeva solo la sua chioma castano chiara, era Anton, si era addormentato in una posizione scomodissima, seduto su una sedia, con la testa appoggiata appena al lato del letto e la mano sulla sua.
Tolse delicatamente la sua mano da sotto quella di Anton e con quella toccò i capelli del suo ex accarezzandoli, pian piano il ragazzo si svegliò.
Fece uno sguardo misto tra sorpreso, colpevole e felice.
<< Chiamo subito l’infermiera >>
Luis fece un verso. Non riusciva ancora a parlare bene ma Anton capì che non voleva subito chiamare l’infermiera, ma l’avrebbe fatto a breve.
Ad un certo punto riuscì a formulare le prime parole: << Quanto… ho dormito? >>
<< Da ieri, erano le 9 circa. Ti ricordi quello che è successo? >>
Luis annuì, tentando di mettersi seduto ma sentì un dolore lancinante alla spalla.
<< Stai attento, devi ancora riposare, ti hanno operato, ero preoccupatissimo, anche i tuoi colleghi, in particolare Ricky. Che dici, la chiamo l’infermiera? >>
Luis annuì sorridendo.
 
Entrarono poco dopo Ricky e il commissario Moulet e avevano anche bisogno di Anton che rimase nella stanza.
<< Sei in grado di rispondere a qualche domanda Luis? >>
<< Si >> disse Luis
<< E lei signor Lacroix? >>
<< Certo >> rispose Anton
Luis e Anton raccontarono tutta la storia, Luis i come aveva scoperto che Moore era l’assassino e Anton di come era stato rapito, di tutta la colluttazione e della legittima difesa lanciando il coltello salvando Luis. Luis confermò.
Moulet concluse: << Bene, Luis, signor Lacroix, Ricky, vi saluto. Ho tutte le informazioni che mi servono, potrebbe essere che sarete richiamati per riconfermare le versioni. >>
I ragazzi annuirono e lo salutarono in maniera composta per quanto possibile.
 << Bene, vi lascio soli >> disse Ricky
 << No, non è necessario. >> rispose Anton
<< Io credo di si invece, dovete parlare. >>
 
Una volta che Ricky uscì dalla stanza, Luis era in una posizione da seduto.
<< Riuscirai mai a perdonarmi? >>
Anton posò gli occhi su quelli del suo salvatore che gli aveva posto la domanda.
<< L’ho già fatta da un po’ >> disse mentre una lacrima gli rigava la guancia destra.
Luis era commosso come il suo amato, sapeva il perché di quella lacrima.
<< Che ne sarà di noi? >> chiese, certo di una risposta che non avrebbe voluto sentire.
Anton che aveva abbassato lo sguardo, incrociò nuovamente quello del poliziotto, rimase in silenzio per qualche istante, poi prese un respiro che traspariva di sofferenza e disse. << Sai, se io ascoltassi solo la ragione, ora mi fionderei su di te e ti riempirei di baci, certo dovrei contenermi per non ucciderti. >>
Luis rise appena per la battuta del ragazzo. Il castano poi continuò: << Parte del mio cuore non fa altro che rafforzare questo desiderio. Ma l’altra parte del mio cuore soffre quando ti vede. Non è una cosa razionale, so che tu non hai colpe per la morte di mia madre in fondo e so che non ci potrebbe essere migliore poliziotto per Montpellier… >>
<< Ma non riesci a dimenticare che in quella macchina c’ero io. >>
<< In questo momento sto rividendo ancora quella scena, io… mi dispiace. >>>
<< No, no, ti capisco. >>
Ora le lacrime di Anton scendevano più copiose e singhiozzavano disse: << Tu sei ferito e io piango come un bambino. >>
Anton arrossì leggermente mentre con le mani asciugava le lacrime.
<< È come se la nostra storia sia nata perché io avessi risposte ma che tramite queste risposte sia destinata a non poter continuare, non basta la volontà. >>
Ora entrambi cercavano inutilmente di trattenere le lacrime.
<< Capisco. Lo…lo sapevo e so che hai ragione. >>
Anton annuì e si girò, pronto ad uscire.
<< Ci rivedremo? >> disse speranzoso Luis
Anton girò lo sguardo verso di lui: << Può darsi, Montpellier non è poi così grande. >>
Luis non voleva congedarsi così con Anton, perciò mentre il ragazzo aveva già fatto pressione sulla maniglia e aperto la porta, Luis gli disse: << Ti amo Anton. >>
Anton disse semplicemente: << Anche stavolta. >>
<< Stavolta cosa? >>
<< Anche questa volta prima che lo potessi dire io. >>
Anton fece un mezzo sorriso e chiuse la porta.
Luis non sapeva che in nessuna altra relazione avrebbe ricambiato.
 
Anton – 10 ottobre 2016 – 9:30
Il giorno dopo il ragazzo si incontrò col fratello, passeggiavano per il centro, non c’era tanta gente. Emil stava saltando la scuola e Anton che non la aveva neanche finita non sarebbe stato credibile nel rimproverarlo. Perciò si godeva la compagnia del fratello.
<< Se penso a quello che ti è successo mi vengono i brividi. >>
<< Tu ci penso, figurati io che l’ho vissuto, spero che presto riuscirò a tornare ad avere sonni tranquilli. >>
<< Rimarrai in quella casa? >>
<< Certo, e poi adesso avrò più velocemente la presenza del balcone e non solo, l’affitto si è dimezzato. >>
<< Sei davvero coraggioso. >>
<< Ci credo. Dopo essere sfuggito alla follia omicida di quel bastardo non ho più niente da temere. >>
<< Anche grazie a Luis. >>
<< Soprattutto grazie a Luis. >>
Gli occhi di Anton si riempirono di malinconia come se fosse passato tanto tempo da quando erano felici insieme e invece erano passati pochi giorni.
<< Secondo me siete una bella coppia. >>
<< Quando mai ci hai visti insieme? >>
<< Lo dico per come eri felice quando eravate insieme e per come ne parli tristemente ora che non lo siete più. >>
<< Sai, pensavo che sapere chi fosse stato mi avrebbe fatto sentire meglio o al limite indifferente. Invece mi ha fatto malissimo e il destino è stato tanto crudele da farci incontrare e innamorare. Proprio lui, io che non mi innamoro mai. >>
<< Tranne, se non mi sbaglio di un certo… Dimitri? >>
<< Dylan, ma quella è un’altra storia. >>
<< Beh, tu non sei vecchio, magari con Luis è solo un allontanamento temporaneo. >>
<< Ma basta parlare di me, come va con la tua ragazza? >>
<< Meglio di prima ma peggio dell’inizio. >>
<< Quindi dicevi la verità quando mi parlavi dei tuoi problemi con la ragazza. >>
<< Si, certo non era per i motivi che ti ha detto Allison, che ero un po’ scostante. >>
<< A proposito non dovresti avercela ancora con Allison, tra fratelli bisogna sostenersi. >>
<< È lei che deve fare il primo passo. >>
<< Non essere troppo orgoglioso. >>
Emil chiamò di nascosto Allison.
La ragazza era a scuola quando lesse Emil su display, chiese di andare in bagno per la prima volta sola, senza qualche amica.
<< Pronto? >> disse lei, senza ricevere risposta ma sentendo la discussione tra Emil e Anton.
<< Cos’è che dicevi su Allison? >>
<< Che non devi essere troppo orgoglioso, che non dovresti avercela con Allison, che dovete sostenervi a vicenda. Ma perché me lo fai ripetere? >>
<< Volevo sapere se dicevi sul serio. >>
<< Certo che dico sul serio, pagherei per avere un rapporto come quello che hai tu con tua sorella. E poi sono convinto che prima o poi io e Allison andremo d’accordo. >>
<< Si, magari quando tutti e due camminerete con un girello. >>
<< Ah, Ah, divertente… >>
Poi il ragazzo più grande fece del solletico al collo e ai fianchi del giovane che rise molto.
<< Ah, allora soffri il solletico, eh? >>
E Anton rincorse Emil che scappava dal suo “aguzzino” divertendosi.
Solo dopo Allison chiuse la chiamata. Era rimasta colpita dalle parole di Anton ma non lo avrebbe ammesso né avrebbe fatto menzione a quella chiamata. Non lo avrebbe fatto neanche Emil.
 
Emil – 17 ottobre 2016 – 16:00
Emil stava parlando con Allison e le fece vedere un braccialetto di finto argento con scritto A-E-A sopra.
<< Quel braccialetto dove lo hai preso? E cosa vuol dire? >>
<< Lo vedi questo? >>
Emil aveva preso dalla tasca un sacchetto con dentro un braccialetto di finto oro con A-E-A  che era per Allison.
<< È per te da parte di Anton, uno uguale a quello nostro solo che è d’oro. >>
<< E quanto ha pagato? Un euro in più rispetto ai 5 euro che valgono questi oggetti da mercatino? >>
<< Non saranno costati tanto ma li ha fatti personalizzare, vedi che ci sono dei nodi tra le A ed la E, quelle sono le nostre inziali. >>
<< Dammi il braccialetto. >> disse la ragazza, Emil glie lo diede in mano, lei si avvicinò alla pattumiera che stava nella medesima stanza e lo gettò dentro.
Emil sorrise e se ne andò.
Allison era consapevole che la spazzatura era stata buttata da poco proprio da Emil e che la pattumiera era vuota. Prese dei guanti in nitrile, convinta di non essere vista da nessuno e recupero il bracciale. Emil aveva spiato senza farsi vedere tutta l’operazione. Era convinto che presto ci sarebbe stato un avvicinamento tra la sua adorata sorella e il ritrovato fratello.
 
Dylan – 21 ottobre 2016 – 17:00
15 Gennaio 2022, poco più di cinque anni, tanto era il tempo che aveva per esercitarsi al poligono di tiro.
Era la prima volta che era entrato in quella struttura, una delle strutture aperte al pubblico.
Le misure di sicurezza erano molto stringenti e c’era una persona che controllava costantemente. Aveva detto che era lì solo per provare una possibile capacità. E anche se non era quello il motivo per cui era al poligono di tiro, era veramente capace, gli bastava pensare al padre, alla faccia di quel criminale e riusciva già ai primi tentativi a colpire proprio quel punto. Pensò ad Anton e alla sua mira micidiale a freccette, per quanto aveva sentito dire non se la cavava male neanche con i coltelli.
Sorrise pensando al sesso che avevano fatto due settimane prima. Ma il suo sorriso si smorzo subito quando sul nuovo bersaglio rivide la faccia del padre.
 
 
 
 
 
Luis – 12 settembre 2017 – 9:00
Pronto ad andare in ufficio, un giorno come tanti altri. Dopo la morte del dottor Moore, avevano lavorato a tanti casi lui e Ricky risolvendoli brevemente e egregiamente, nessuno di questi era stato un omicidio comunque.
Lui era diventato ispettore capo sostituendo il compianto Lafont. Non di rado andava a fare visita a Leroy che viveva con gli zii, era un bravo ragazzo, con lui parlava di tante cose e lo prendeva come esempio, voleva fare il poliziotto e Luis era contento.
Però sapeva che Leroy era bullizzato, spesso tornava con uno o entrambi gli occhi neri e lividi sul corpo, questo sapeva dagli zii, solo perché era orfano, certo i ragazzini potevano essere perfidi. Lui si sapeva difendere ma quei vigliacchi lo attaccavano in gruppo.
Leroy da qualche giorno non era aggredito, Luis non aveva detto niente ma una volta era andato a prenderlo da scuola e i presunti bulli avevano, come aveva previsto, proprio la faccia da vigliacchi.
Leroy che era molto orgoglioso se le era presa ed era stato offeso con lui per un po’ ma poi lo aveva perdonato.
In fondo Luis si sentiva un po’ colpevole di aver avuto sospetti e aver spostato l’attenzione sul padre del ragazzino.
 
Quel giorno mentre andava a lavoro era distratto e si scontrò con un altro ragazzo altrettanto distratto.
<< Mi scus…
Entrambi lo dissero all’unisono, l’altro ragazzo era Anton.
<< Anton… >>
<< È incredibile, incontrarci così, per caso. >>
<< Un po’ come la prima volta. >>
<< Beh, ma stavolta non c’era una rissa in corso. >>
<< Già, ti è caduto un foglio per terra. >>
<< Ah, già, sto pensando di fare il liceo artistico, ecco, mi sono iscritto all’ultimo momento, sai che a me mancano due anni e…qui ci sono tutti i libri che doveri comprare, oddio, non so come farò, spero di trovarne un botto usati. >>
A Luis piacevano i termini molto giovanili che ogni tanto usava anche Anton.
<< Forse conosco un posto…vado in pausa alle 12, se non succede niente di grave; se ti facessi trovare fuori verso quell’ora, magari potremmo andare insieme. >>
Luis aveva il battito improvvisamente accelerato, lo guardava negli occhi che di solito lo calmavano, ma non in quella circostanza.
Dopo secondi che a Luis sembrarono un’eternità disse: << Va bene. >>
<< Ok, a dopo. >>
Questo riaccese la speranza negli occhi di Luis.
 
Trovarono quasi tutti i libri che servivano ad Anton nel negozio di un amico di Luis usati e ad un prezzo accessibile.
Sembravano due amici che non si vedevano da molto tempo e avevano tanto da raccontarsi, Anton raccontò di aver trovato un rapporto molto positivo con Emil e che con Allison i rapporti erano nettamente migliorati, che aveva avuto tante mini relazioni con ragazzi che non lo avevano preso abbastanza, nonostante loro lo fossero molto.
Luis raccontò un po’ la situazione di Leroy, e di come fosse piacevole lavorare con un amico come Ricky, disse anche che aveva avuto un ragazzo, una relazione di tre mesi, naufragata perché non si amavano abbastanza.
 
<< Quindi inizi domani? >> disse Luis mentre lo stava accompagnando a casa.
<< Si, esatto. >>
<< Beh, non è molto vicino a casa tua il liceo, a che ora dovresti svegliarti? >>
<< Secondo i miei calcoli alle 5:30 >>
<< Cosa? Che ne diresti se…, nei primi tempi ti accompagnassi io? Verso le 7 ti verrei a prendere e… >>
Luis vide gli occhi di Anton quando si fermarono e capì che forse aveva osato un po’ troppo perciò gli disse: << Ti capisco, vedermi guidare oggi non deve essere stato facile, immagino ogni giorno, sarebbe troppo per te. >>
<< No, pensavo mi avrebbe fatto un effetto maggiore e poi se mi prometti di non inseguire nessuno quando ci sono io in macchina potrebbe essere una sorta di terapia d’urto. Sperando che vada meglio che con i terapisti. >>
<< Sei andato solo da uno. >>
<< E mi basta e avanza! >>
<< Come darti torto? Sei sicuro? >>
<< Si, per i primi tempi. Ah, e grazie. >>
 
Anton – 8 ottobre 2017 – 7:35
Era salito più volte sulla autovettura di Luis, ora non pensava più a quel fatto quando saliva con lui, c’era voluto un po’ ma la sua compagnia lo faceva stare bene e sapeva che per Luis era la stessa cosa.
Quel giorno, quando arrivarono alla scuola, Anton mise una mano sulla gamba di Luis, voleva ringraziarlo, niente di più credeva ma il poliziotto lo aveva interpretato in altra maniera e lo baciò. Lui dopo un secondo si scostò. Subito Luis si scusò: << Scusa, devo aver interpretato male. Mi sono fatto false sper…
<< Ci vediamo domani al solito orario. >>
Così, ci teneva a far sapere a Luis che non doveva perdere la speranza anche se lui non era pronto e forse non lo sarebbe mai stato ma non sapeva la risposta, e se Luis lo avesse aspettato per un po’, chissà come sarebbe potuta andare.
Quel giorno Luis uscì dalla autovettura e vide Anton che prima di entrare nella austera struttura scolastica, si girò verso di lui e lo salutò…sorridendo.
 
FINE
 
Ok, e dopo tanto tanto tempo abbiamo finito anche questa avventura. Ma in realtà non è proprio così, infatti ci sarà un sequel, vi dico subito che non dovrete aspettare molto, datemi un mesetto, considerando un altro racconto breve e un paio di capitoli di “il ragazzo che mangiava i fiori”. Rivedremo Anton e Luis e non solo loro. Non posso dirvi altro. A presto! Vi voglio bene!!!

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