Il Sapore dell'Aria

di celestialslug
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Se dicessi che aveva qualcosa in più vi mentirei, probabilmente quel qualcosa in più lo aveva solo per me. Avete presente quando siete ossessionati da qualcosa? Volete a tutti costi quel paio di scarpe che avete visto ai piedi di qualcuno su Instagram, ma non potete comprarle nel breve e quindi ci pensate, ci pensate così tanto che vivete le vostre giornate in attesa che vi arrivino, ci pensate così tanto che iniziate a sognarle, le sognate così tanto intensamente che quando vi risvegliate avete le lacrime agli occhi perché era tutta un'illusione e vi struggete e aspettate convinti che un giorno saranno vostre. Quell'ossessione, quella mania di possessione, quella voglia matta di tagliare un traguardo che ci sembra lontano, quella per me è la fase più bella delle relazioni. Tanti vi diranno che aspettano il giorno in cui saranno anziani, guarderanno i nipoti giocare instancabili dentro la casa che abitano da decenni e ritroveranno tutta la loro vita negli occhi scintillanti della loro anima gemella; ma questi sono romantici sogni, quella di cui vi parlo io è una realtà viva e stimolante, una sensazione che ci fa fremere come una scossa. Ed è questo che provavo io, continuamente, ogni singola volta che pensavo a lei. L'essere umano alla fine è attratto irrimediabilmente dalle cose che non può ottenere, quindi non c'era nulla di strano se in quella situazione io mi sentissi così e poi, infondo, finché non facevo nulla non creavo problemi a nessuno, se non a me stesso. Non era una situazione particolarmente complicata, non eravamo due linee parallele destinate a non incontrarsi mai ma a viaggiare per sempre l'una al fianco dell'altra, era più come se fossimo due linee che avevano preso un corso totalmente diverso, non eravamo destinati a incontrarci e non per uno strano ed ironico scherzo del destino, ma solo perché mi sembrava impossibile. E alla fine mi piaceva così, mi piaceva l'idea di essere tormentato da questa sensazione perché mi faceva sentire vivo; una vita semplice e piatta non faceva per me, problemi del genere, invece, mi facevano sentire l'eroe di una storia d'amore, come un cavaliere che deve salvare una principessa da un drago malvagio, solo che non si decide mai a partire, incatenato nell'alba della sua impresa mentre fantastica della gloria e dell'amore che otterrà. Alcuni di voi, se non molti, penseranno: "Cosa c'è di bello in un fatto del genere? Perché qualcuno dovrebbe essere contento di non poter ottenere ciò che vuole, addirittura al punto da non voler fare nulla per svoltare la situazione." Lasciate che utilizzi un esempio, in maniera da rendere le cose ancora più semplici perché tutti capiscano ciò che intendo, in modo che io non sembri matto da legare. Immaginate di essere su di una pista da corsa, di essere il primo tra tutti i corridori e di essere a soli dieci metri dal traguardo. Potreste correre, arrivare alla meta e godervi la fugace emozione della vittoria, consci che non vi basterà mai, che vorrete fare di tutto per rivivere quel momento. E allora correrete e correrete migliaia di altre gare, mangerete la pista coi vostri piedi, tutto per riassaporare il secondo in cui superate la linea del traguardo, finché non sarete troppo vecchi per correre e vi dovrete accontentare dei ricordi passati e delle vittorie ottenute per essere felici. Oppure, potreste isolare l'istante in cui state per vincere, a pochi metri dal vostro obbiettivo, congelarlo e viverlo per sempre. Non cadrete mai nel vortice esasperante della ricerca sfrenata della soddisfazione, se non arrivate mai a conoscerla; potrete però cibarvi dell'emozione della corsa all'infinito, consci che state per vincere ma senza mai superare il momento in cui l'avete fatto. Sarete eternamente quasi soddisfatti e, personalmente, la trovo una gioia più grande dell'estasi momentanea della vittoria. È controverso, non credete che non lo sappia, ma è la mia filosofia, specie in questi casi. E voi mi direte: "Ma non sarà una triste giustificazione del fatto che tu abbia troppa paura per fare il passo successivo? Forse sei troppo spaventato per confrontare questa ragazza o addirittura troppo spaventato per confrontare i tuoi stessi sentimenti." Magari sì, magari ho paura di un rifiuto, paura di ammettere che sono innamorato come un ragazzo normale e non c'è nulla di fiabesco in ciò che faccio, magari ho paura di non saper gestire una relazione come chiunque altro ed invento teorie strampalate per il gusto di far quadrare i miei problemi senza affrontarli, come se invece che cercare il posto giusto per il pezzo di un puzzle tagliassi gli altri per farcelo entrare. Potrebbe anche essere così, ma di sicuro sarebbe meno interessante della mia visione delle cose e poi, non sono mica qui per psicoanalizzarmi, sono qui per raccontarvi una storia.

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 ***


Non era poi così diversa dalle altre ragazze, vi ho già detto che quel qualcosa in più lo aveva solo nei miei occhi. Potrei farvi una banale descrizione del suo aspetto fisico, ma sono sicuro che non le renderebbe giustizia per davvero, riuscireste a immaginarla certo, ma non capireste come la vedevo io. Era come si muoveva, come parlava, come rideva e come reagiva che la facevano brillare davvero, l'aspetto esteriore era semplicemente esteriore, come un guscio che all'interno nascondeva una stella; ma così mi sto lasciando andare a romanticismo beceri, che per carità non devono mancare in una storia d'amore, ma non devono neppure essere il suo punto cardine. E poi, non ho mai detto che si tratta di una storia d'amore, no? Ed infine, non sono certo uno scrittore io, non saprei esprimere con le semplici parole ciò che era davvero per me, so solo dire che, attorno a lei, l'aria aveva il sapore giusto, le cose sembravano quadrare perfettamente come se il meccanismo del tutto prendesse a muoversi non appena entrava nel mio campo visivo, ma anche queste sono solo sciocchezze ed io sto temporeggiando l'inizio di tutto questo. Il nostro primo incontro, punto di svolta di tutto, era stato così misero e sorvolabile, che non andrebbe neppure raccontato. Non la vidi di sfuggita, mentre le passavo affianco in un viale di ciliegi in fiore e neppure la notai in controluce di un tramonto sul mare. La notai, sì, ma nella quotidianità, così normale da non essere speciale ed esserlo allo stesso tempo; infondo sono dell'opinione che fatti del genere siano del tutto soggettivi, che la specialità di un qualcosa sia estremamente relativa. Prendiamo il primo bacio ad esempio: seppure è vero che la scienza ha dimostrato che abbia una valenza, anche se minima, sullo svolgersi di una relazione, quanti di noi hanno dato un primo bacio dimenticabile, pessimo o addirittura brutto? Quanti di noi sognavano una scena degna di un film, con un panorama mozzafiato ed un tempismo perfetto? E quanti di noi, invece, si sono ritrovati un primo bacio dato troppo presto, senza emozione o magari nel posto sbagliato? Incredibilmente, nonostante il primo fosse il desiderio di tutti, molti si sono ritrovati a pieno nel secondo caso, ma io vi chiedo, ha reso le cose meno speciali? Baciare la persona di cui siamo innamorati al momento sbagliato rende davvero le cose peggiori? Se la risposta è sì, mi tocca lasciare da parte la mia imparzialità e dirvi che dovreste vergognarvi, perché avete sprecato un'occasione speciale per il gusto di renderla speciale. Se un bacio quasi perfetto non vi è bastato, allora non desideravate baciare quella persona, ma un bacio e basta. Se la risposta è no, allora avete ragione. Quel bacio è stato e sarà sempre speciale, perché anche se dato male, anche se fuori tempo, resterà sempre il coronamento di un purissimo innamoramento giovanile, ed è questo a renderlo speciale. Non è speciale perché bacio, né perché primo, lo è perché simbolo di uno degli amori più puri, perlomeno nella maggior parte dei casi. Ma ho divagato fin troppo e so che non siete qui solo per ascoltare le mie opinioni sul mondo e sul funzionamento dell'uomo. Ero ancora un hobbit quando la vidi per la prima volta, un bimbo di appena 14 anni al suo primo giorno di liceo, tutto emozionato a causa della visione idealistica delle superiori che ha ogni ragazzino che ha appena finito le medie, convinto di aver chiuso una porticina alle sue spalle ma di essersi ritrovati di fronte non una stanza ma una città intera. Non è così, ora posso dirlo davvero, al culmine della mia esperienza liceale, ma resta un'esperienza unica a cui sono profondamente legato e avremo modo di parlare anche di questo. Mentre gli sguardi curiosi di tutti gli altri studenti più grandi penetravano le finestre, noi eravamo tutti ammassati nel cortile come pecorelle emozionate, pronti per essere chiamati nelle nostre classi. Ci osservavamo attentamente, cercando di nasconderlo però, sapendo già che nel bene o nel male ci saremmo conosciuti tutti ed avremmo sentito i nostri nomi per cinque anni, accostati ai fatti più disparati. Si creavano già gruppi, nuove amicizie, legami che allo stato attuale delle cose sembrano assurdi, ma le cose cambiano nel corso del tempo, tutte tranne lei. Mentre mi guardavo attorno, spaesato come solo un ragazzino in un ambiente nuovo può esserlo, nel tentativo di riconoscere nella calca i miei nuovi compagni, a malapena conosciuti su WhatsApp qualche giorno prima quando erano stati pubblicati gli elenchi della classe, sentì il fischio di un microfono che viene acceso, persì la speranza di conoscerli prima dell'appello e, agitatissimo, rimasi immobile ad ascoltare il discorso annuale che la preside fa a tutti i primi. Finito quello, fu il turno di chiamare le classi per poi raggiungere le aule. Ed in quel momento la vidi, ventitreesima della classe A, sfilare nella folla che si apriva e raggiungere i suoi compagni, sotto gli occhi di tutti. Non so se a loro abbia fatto lo stesso effetto che a me, forse sì o forse no, non riuscivo neppure a pensare agli altri in quel momento. Se non avessi saputo che il mio cognome veniva prima del suo e che ero in una sezione totalmente differente, avrei cominciato a pregare di essere anche io in quella classe, ma non c'era nulla da fare. Fui invece tra i primi ad essere chiamato nella classe C, sperando che per qualche strano caso le nostre classi potessero essere affianco o perlomeno vicine, anche se venendo da una scuola media molto severa, ancora non sapevo della ricreazione comune nel cortile. Come vi avevo detto, nulla di magico, niente viali coi ciliegi in fiore e sguardi sognanti di fronte al treno che sfreccia, solo l'inizio normale, forse persino banale e comune, di una storia altrettanto normale, come quella di tanti.

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