The Dadalorian

di Evola Who
(/viewuser.php?uid=439582)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Grogu ***
Capitolo 2: *** La nuova vita ***
Capitolo 3: *** Essere un papà ***
Capitolo 4: *** Riposo ***
Capitolo 5: *** Risveglio ***
Capitolo 6: *** Un giro ***
Capitolo 7: *** La soluzione ***
Capitolo 8: *** Padre ***
Capitolo 9: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Grogu ***


The Dadalorian
 
 
Din Djarn (sopranominato Mando) era uno dei migliori agenti della swat del dipartimento di polizia di Nevarro, dello stato di New York.

Un uomo addestrato a ogni rischio possibile, con un passato da soldato militare e una storia tragica alle spalle. Il classico uomo taciturno, solitario, rigido e devoto al lavoro e al dovere. Definito l’amico di tutti, e di nessuno. 
Finché un giorno, durante un blitz antidroga, in una fattoria abbandonata, all'interno di un laboratorio squallido di metanfetamina, trovò anche una culla, con sopra un bambino. Anzi, un neonato molto piccolo. Forse sotto peso, intento a strillare spaventato, mentre i suoi colleghi arrestavano gli spacciatori.
E Mando, sotto al pesante casco e alla divisa, fu confuso da quella scena.

Chiedendosi il perché, ci fosse un neonato in questa orribile situazione. Di chi era? Come ci era finito lì?

Tutte domande che si faceva, finché il piccolo non aprì gli occhi, guardando l’uomo in divisa sopra di lui. E Mando guardò gli occhi scuri e lacrimosa del neonato, che pian piano stava smettendo di piangere.

Così, senza pensarci, avvicinò un dito alla culla, mentre la manina del piccolo si avvicinò per sfiorare il suo dito.

E da quel momento in poi, la vita di Mando, cambiò per sempre.

 
***
 
 
3 mesi dopo…

Il Capitano della polizia di Nevarro, Emily Fiorentini (per gli amici e i colleghi più cari, soprannominata “L’Armaiola”, per via della sua passione delle armi medievali) stava compilando dei fogli nel suo ufficio. Sentì bussare qualcuno alla sua porta.

“Avanti” rispose. Anche se, sapeva già chi poteva essere.

Mando entrò nel suo ufficio, vestito in un completo grigio, con camicia bianca e cravatta nera, e scarpe lucide. Baffi e barba curati e rasati e i capelli pettinati in un lato. Ma aveva una grossa borsa marrone a tracolla, al cui interno non solo si vedeva una piccola bozza, ma da cui sporgeva anche una testolina ricoperta da un berretto. Con il braccio, lo stringeva a sé.

“Capitano.” annunciò Mando con tono calmo, chiudendo la porta dietro di lui.

“Agente Djarn.” rispose lei con tono formale, alzando la testa dai fogli e invitandolo a sedersi dicendo: “Allora? Come è andata il processo?”

“Ho l’affidamento esclusivo del piccolo” annunciò Mando sedendosi davanti alla sua scrivania: “Da questo momento, sono il tutore ufficiale del piccolo.”

Dopo che Mando aveva salvato il neonato da quel blitz, lo aveva accompagnato dentro all'ambulanza, restando con lui per tutto il viaggio per l’ospedale, e per tutta la notta. Per assicurarsi che stesse bene.

E la dottoressa Ashoka Tano aveva assicurato che, nonostante fosse un neonato di tre mesi sotto peso, stava bene. E che non aveva subito danni fisici. Ma dovevano tenerlo sotto osservazione.

E da quella sera, Mando ogni giorno dopo il lavoro andava a trovarlo fino alla fine dell’orario delle visite, per assicurarsi che stesse bene mentre il caso andava avanti. Ma nonostante gli interrogatori da parte degli spacciatori, nessuno disse nulla del neonato e del perché si trovasse nel loro laboratorio di metanfetamina. E non c'erano state denunce di scomparse per neonati, recentemente.

Quando il bambino fu dichiarato sano, decisero di aprire le domande delle adozioni. E fu proprio Mando, a chiedere l’affidamento del bambino. Voleva adottarlo, nonostante fosse un uomo single di 39 anni, con la vita dedicata solo al lavoro.

E non aveva mai pensato di avere dei figli o di vivere una relazione di coppia in generale. Eppure… non voleva separarsi da lui. Dopo tutto quello che avevano passato e il tempo vissuto insieme, non voleva abbandonare quel bambino.

Fortunatamente, la sua richiesta di adozione fu accolta. E grazie all’aiuto dell'assistente sociale, la divorziata Omera, le pratiche furono sveltite. Lei stessa assicurò che sarebbe stato in grado di prendersi cura del bambino, visto il gran legame che si era creato. E questo aiutò a convincere il giudice Kuill ad affidagli il neonato, diventando ufficialmente il tutore legale del bambino.

“Quindi, ora sei un padre. Giusto?” disse il capitano

“Esatto.”

“Perciò, mostrami la creatura che ti farà cambiare radicalmente la tua intera vita.”

Così Mando, scostò un poco la sacca, mostrando il volto del piccolo: un neonato molto piccolo, dalle guance rosse e lisce, grandi occhioni marroni scuri e una cuffia verde fatta all’uncinetto, dai cui lati spuntavano delle grandi orecchie lunghe e larghe a punta. Aveva in bocca un cuccio verde.

Il capitano lo guardò con il volto inespressivo, dicendo: “Sembra indifeso.”

“Lo è” rispose Mando riportando sulla spalla la cinghie e tenendolo stretto sul petto, ritornando seduto sulla sedia con aria serena.

Il capitano guardò la scena con un po' di incertezza, chiedendo: “E ha un nome?”

“Grogu.”

“Grogu?”

“La dottoressa Tano l’ha chiamato esattamente così.” spiegò. “Non so come le sia venuto in mente. E visto che ormai mi ero abituato a sentirlo, l’ho tenuto. Grogu Josè Djarn” e sorrise, mentre guardava il bambino.

“E quanti anni ha?”

“Sei mesi.”

Calò in silenzio. Tra l’incertezza del capo di polizia e la contemplazione di Mando da parte del bambino.

“Din” interruppe lei con aria paziente, facendolo tornare alla realtà. “Sai che questa cosa cambierà molto la tua vita, per sempre.”

“Lo so” ammise.

“Allora, perché hai deciso di prenderti la responsabilità di questo bambino?”

“Perché… so che è la scelta giusta da fare” rispose semplicemente. “In fondo, l’ho salvato, l’ho portato in ospedale, sono stato accanto a lui per tutto il tempo.” spiegò. “E so che sarebbe stato adottato da delle brave presone. Ma… non volevo perderlo. Non volevo abbandonarlo. Perché… avevo la sensazione che sarebbe stato l’errore più grande della mia vita. E non volevo farlo… non lo volevo fare.”

Ma sapeva che non c'erano parole, per spiegare davvero quel gesto. Da quando avevo salvato quel bambino, gli era nato un istinto protettivo molto forte nei suoi riguardi. E nonostante fosse consapevole dei sacrifici e dei cambiamenti drastici che ne sarebbero conseguiti, l’avrebbe fatto. Insieme a lui.

“In fondo, anche io sono stato orfano, da quando avevo otto anni…” continuò Din. “In quella orribile sparatoria, in cui ho pensato di morire. Invece, sono arrivati i suoi fratelli. Che mi hanno salvato la vita, rendendomi l’uomo che sono adesso. E lo devo a loro. Per il loro insegnamento e per i valori che mi hanno tramesso. E io cercherò di fare lo stesso con questo piccolo trovatello…”
Emily rimase sorpresa dal suo discorso. Ma dentro di sé, era commossa dalle sue parole.

Ripensò a sua sorella e a suo marito, che avevano accolto Din come un figlio, dopo averlo salvato da quella orribile sparatoria tra bande nei panni di poliziotti. Lo avevano cresciuto in mezzo al distretto e lo avevano allevato come un uomo d’onore. E nonostante la loro tragica fine prematura, quando Mando aveva solo 19 anni, lui non li aveva scordati e per questo si era arruolato nell’esercito, per poi diventare un degno polizotto.

Aveva sempre il suo valore e la sua lealtà verso il suo lavoro. Ed era sempre stato umile nelle sue decisioni.

“Se loro fossero qui, sarebbero molto fieri e orgogliosi di te” disse il capitano con un mezzo sorriso, commossa: “E sai che sia io, che l’intero distretto ti daremo tutto l’aiuto e il sostegno possibili. Ma sai anche che sarà molto difficile, accudire un bambino completamente da solo.”

“Lo so, ma me la caverò” rispose Mando tranquillamente.

Il capitano sorrise. Aveva piena fiducia in lui, e della sua scelta.
“Beh, a questo punto, ti devo dare la paternità.”

Mando alzò lo sguardo, confuso da quella dichiarazione, dicendo: “La paternità?”

“Ormai, sei il tutore ufficiale del bambino. Perciò, hai diritto alle tue 12 settimane di congedo per paternità."

“12 settimane?” ripeté Mando, confuso.

“Contribuite. Ovviamente.” continuò.

Mando era stupito da quelle parole. Di certo, non se l’aspettava. O, per meglio dire, non ci aveva pensato.

“E un dieci percento di aumento, per il tuo stipendio.”

“Questo mi sembra eccesivo.” disse Mando.

“No. Non è eccesivo.” ammise il capitano. “Credimi, ne avrai bisogno.” E lanciò una breve occhiata al bambino.

Era sorpreso da quell'aumento. Ma era molto grato per il suo gesto e per il suo sostegno. Almeno, non era da solo.

“La ringrazio, capitano.” rispose con gratitudine.

“Nessun problema, Din. Sai che, per qualsiasi cosa, noi del distretto ci saremo. Sia per te, che per Grogu” e continuò a sorridere. Un sorriso che Mando ricambiò, sentendosi estremamente felice.

“Però, sei consapevole che, quando finirà il congedo, ti dovrò mettere dietro a una scrivania. Vero?” disse il capitano.

“Lo so.” ammise. “Ed è giusto così” e guardò il bambino con tranquillità, come se non fosse un problema.

“Bene, allora da questo momento in poi, sei in congedo di paternità per 12 settimane. E congratulazioni per il bambino.”

“La ringrazio, capitano Fiorentini.” E si scambiarono dei sorrisi incoraggianti.
“Comunque, il caso è ancora in mano all'FBI?” chiese Mando.

“Sì. Sempre sotto al comando della Kryze e della sua squadra.” rispose con volto inespressivo e il tono paziente: “Ma non ho ricevuto molte informazioni al riguardo. E so, che non le avrò mai da lei.” E fece una smorfia. (In fondo, si sapeva che tra lei e l’agente Bo- Katan non correva buon sangue.)

“Ma questo non ti riguarda più.” cambiò subito discorso: “Ora hai già qualcosa che ti occuperà. Perciò, buona fortuna per la tua nuova avventura.”

Il capo della polizia sorrise salutando lui e Grogu, augurando il meglio per entrambi.

Dopo i saluti, Mando uscì dal suo ufficio, scordandosi subito i suoi colleghi più vicini. Il detective Greef Karga e la poliziotta Cara Dune. Che lo stavano aspettando.

“Allora?” disse Cara.

“Allora, cosa?” ripeté Din confuso. Sapevano già che aveva ottenuto la custodia del piccolo.

“Che cosa ti ha detto il capo!” disse Greef, impaziente.

“Niente di che, da oggi sono in congedo di paternità per 12 settimane, contribuite.”

“Quindi, da oggi resterai a casa tutto il giorno con lui?” disse il detective, guardando il bambino.

“Beh, di certo, il piccolo non si prenderà cura da solo, Sherlock.” disse Cara ironicamente, guardandolo con aria beffarda. Facendolo sbuffare.

“Nel senso, come ti senti” specificò Greef. “Insomma, un giorno combatti contro i cattivi, risolvendo le situazioni peggiori, e il giorno dopo ti ritrovi a fare il papà a tempo pieno. Insomma… è un bel cambiamento!”

Mando pensò alle sue parole. Era una decisone su cui aveva riflettuto molto, consapevole di tutti i cambiamenti e le incognite che sarebbero nate. Ma lui voleva solo salvare in piccolo.

“So che dovrò affrontare molto cambiamenti. Che dovrò cambiare molte delle mie abitudini e scelte. Che dovrò arrangiarmi con il piccolo.  Ma lo farò. È una scelta che ho preso e che ho intenzione di portare avanti.”

Guardò il bambino stretto sulla fascia, che lo fissava con i suoi grandi occhi scuri. Facendolo sorridere.

Greef e Cara si sporsero verso di lui, per ammirare meglio il piccolo, rimanendo inteneriti.

“È vero, non sono una grande fan dei bambini…. Ma questo, mi sembra davvero adorabile.” ammise la poliziotta.

“E poi, guarda che occhioni!” aggiunse Greef sorridendo: “E poi guarda che belle orecchie da alieno!” continuò ironicamente, sfiorando la cuffia: “Ma da dove vengono queste belle orecchie da elfo? Eh?”

“Dai volontari dell’ospedale di Nevarro” rispose Din.

“Comunque, hai già tutto quello che ti serve?” domandò Cara, guardandolo: “Cioè… pannolini, vestitini, seggioloni, culle e roba del genere?”

“Sì, ho già fatto rifornimenti.” rispose: “Ho messo una culla e un fasciatoio in camera, un box e una palestrina in soggiorno con qualche giocatolo. Ho fatto scorta di latte in polvere e omogenizzati di ogni genere e sono riuscito a mettere il seggiolino in macchina.”

“Sei riuscito a mettere un seggiolino in quella macchina? I miei complimenti!” disse Greef ironicamente, con le mani sui fianchi: “Almeno sei già pronto di avere una casa piena di contusioni e lego. Che calpesterai con dolore” e rise.

Mando alzò gli occhi al cielo, sopprimendo l'istinto di replicare.

“Almeno, sei già preparato ad affrontare la situazione. Come sempre!” assicurò Cara: “Ma sai, se hai bisogno di noi, non esitare a chiamarci. Per qualsiasi problema. Intesi?”

“Vi ringrazio, ragazzi. Davvero.” disse con sincerità e ammirando la loro disponibilità: “Ma ho tutto sotto controllo. Ho già passato tre mesi con lui ogni giorno in ospedale. La Dottoressa Tano mi ha spiegato molte cose, su come gestire un neonato. Quindi, suppongo che posso definirmi preparto.”

Cara e Greef si scambiarono una occhiata non molto convinta.

“In fondo, ho partecipato a missioni in medio-oriente e preparato ogni genere di operazioni da quando lavoro qui. Mi sento in grado di gestire e crescere un neonato” assicurò di nuovo.

“Come vuoi, Mando” rispose Greef.

“Se hai bisogno di noi, chiama” ripeté Cara con sicurezza, sorridendo.

Mando fece un cenno con la testa in segno di conferma, per poi guardare Grogu. Che se ne stava tranquillo, con il cuccio in bocca. Pian piano, stava iniziando ad addormentarsi.

Sotto lo sguardo intenerito del trio. Soprattutto di quello del neo papà.

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** La nuova vita ***


Capitolo 2
 
 
Dopo il saluto dei suoi amici, Mando uscì dal distretto e raggiunse la sua vecchia macchina, una vissuta MercuryColony Park (soprannominata dal vecchio proprietario la Razaor Crest), mettendo il piccolo Grogu ormai addormentato sul suo seggiolino sui sedili posteriori. Si mise alla guida e ritornarono a casa, nel suo appartamento, nel distretto di Mos Eisley, un quartiere tranquillo della città.

Prese in braccio il piccolo (ancora addormentato), entrò nell'atrio del suo condominio e prese l'ascensore per raggiungere il quarto piano.

Ripensò alle frasi che aveva detto la dottoressa Tano, ogni volta che era andato in ospedale a trovarlo. Ovvero: “Durante la giornata è sempre agitato e piange di continuo. Sembra inconsolabile. Tranne con te. Ogni volta che sei con lui, diventa subito sereno…” e aveva ragione…

L’ascensore si fermò al suo piano. Mando si avviò lungo il corridoio, reggendo il piccolo con una mano e cercando le chiavi dentro alla tasca con l'altra. Un rumore gli fece alzare la testa, e prese subito un lungo sospiro paziente.
“Ehilà, Mando!” disse con entusiasmo Peli Motto, l’affittuaria del palazzo.

Una donna di mezza età, con corti ricci castani, alta e magra, sempre vestita con una salopette marrone. Sempre con un sorriso sarcastico in volto, la voce squillante e piena di entusiasmo. Era davanti alla sua porta, visibilmente felice di vederlo.

“O devo chiamarti, ‘neo papà’.” aggiunse sarcasticamente.

“Ciao, Peli…” rispose Mando, paziente.

Non aveva mai avuto brutti rapporti con lei. Anzi, nonostante fosse una ficcanaso e amante dei pettegolezzi, si era sempre dimostrata gentile e disponile con lui. Solo che era troppo “chiaccerona” per Mando.

“Allora, come stai? Sia tu, che il piccolo occhioni giganti?” chiese sorridendo, mentre guardava Grogu.

“Si è appena addormentato” rispose un po' duro, tenendo stretta la fascia con il bambino a sé.

“Oh! Scusami!” disse sempre sorridendo, facendo alzare gli occhi al cielo al suo affittuario.

“Allora, come ti senti?” domandò più seria. “Pronto per questa nuova avventura, chiamata paternità?”

“Certo. Altrimenti, non sarebbe qui” rispose. “So che sarà difficile, ma me la caverò. Per lui farei qualsiasi cosa.” E calò in silenzio.

Peli continuò a sorridere, guardandolo, ammirata da lui.

“Sai, Mando? Non mi aspettavo una scelta del genere da parte tua.” ammise. “In fondo, sapevo che eri un tipo molto serio e tutto d'un pezzo. Ma… credevo che fossi il classico lupo solitario, sposato con il proprio lavoro. Visto che non ti ho mai visto portarti una donna in casa. O un uomo…”

Non rispose, provando solo pazienza verso di lei.

“Ma vederti insieme a questa piccola creatura… non so il perché, ma mi rende felice. Perché so che ti porterà un sacco di gioia.” E continuò a sorridere. Ma questa volta, senza sarcasmo.

Mando era sorpreso dalle sue parole. Ma le apprezzò tantissimo. Perché in fondo, nonostante tutti i suoi difetti, Peli si era dimostrata una brava persona.
“E se hai bisogno di aiuto, qualsiasi tipo di aiuto, non farti problemi a chiamarmi! Sai, da giovane non mi chiamavano ‘Peli risolve problemi’ a caso!” e ridacchiò con le mani sui fianchi.

Orami era la terza volta, che Mando sentiva queste parole durante la giornata. Provò una grande calore di affetto, che forse non si aspettava di ricevere. Sentendosi rassicurato: non era del tutto solo, in questa nuova avventura con Grogu.

“Grazie, Peli” rispose con sincerità.

“Però, non cambio pannolini” specificò Peli ironicamente, guadagnandosi una occhiata paziente da parte di Mando.

“Comunque, ti ho fatto un piccolo regalo.”

Il polizotto rimase sorpreso da quella dichiarazione. Un regalo? Da parte sua? Non sapeva se doveva preoccuparsi o meno.

“E vedrai che sarà molto utile! Sia per te che per il bambino!” sorrise e si spostò mostrando il regalo, che teneva nascosto dietro alla schiena: una sedia a dondolo di legno, color celeste.

“Tatan!” disse Peli con entusiasmo: “Ti piace?”

Era colpito dalla sua sorpresa. Non sapeva che cosa dire.

“Grazie, ma… non so dove potrei metterla…” rispose con un po' di incertezza, ma cercando di essere gentile.


Non che non apprezzasse la sedia. Solo, era confuso da quel regalo.
“È una sedia a dondolo! Che cosa vuoi che faccia? Le uova?” rispose Peli con sarcasmo: “Puoi metterla in soggiorno o in camera dal letto. Così, quando il pupo piange, tu puoi sederti e dondolarvi insieme. Così si calma. Oppure puoi sederti da solo, per rilassarti un po'.”

Mando guardò la sedia, non più scettico. Non aveva pensato che potesse essere così utile. E poi, non poteva rifiutare un regalo da parte della sua padrona di casa.

“Grazie, Peli” disse. “Lo apprezzo davvero molto.”

“Figurati! Tanto, non avevo più voglia di ripotarlo di nuovo nel mio garage!” e rise divertita. “Dai! Apri la porta! Che ti aiuto a portarlo dentro.”
Così Mando trovò le chiavi della porta nella tasca dei suoi pantaloni, le tirò fuori e aprì l’appartamento numero 122019.


Dopo che fu entrato in casa, Peli mise la sedia a dondolo vicino alla porta e uscì, lasciandolo da solo, con il bambino.

Mandò si guardò intorno nel suo appartamento: soggiorno e area cucina, pavimento in legno, muro di cartongesso bianco, e due finestre davanti.

Un appartamento molto minimale e modesto. Con poco arredamento, un divano nero a due posti, una tv di 30 pollici appoggiata sopra ad un mobile e qualche scaffale.

Ora, invece, si era aggiunto un box imbottito rosso vicino al divano, un tappetino colorato (sempre imbottito), una palestrina verde con le rane gioccatolo appese in altro e dei cubi di plastica con i bordi arrotondati.

E c'erano anche una culla di legno e fasciatoio in camera sua (avrebbe voluto metterlo in bagno, ma non c'era abbastanza spazio).

Tutto pronto per accogliere e crescere un bambino.

“Bene piccolo” disse Mando a Grogu ancora addormentato: “Ora siamo solo io e te” e sorrise, sentendosi preparato al ruolo di padre.
 
***
 
Le prime due settimane da Neo Papà passarono tranquille.

Le giornate di Mando erano calme. Si alzava alle otto quando Grogu piangeva per la fame o per essere cambiato (a volte tutti e due i casi messi insieme), lo prendeva, lo cambiava (una cosa a cui non si sarebbe mai abituato per davvero) e poi gli dava il latte in polvere. Dopo la fine della sua colazione, passava alla sua, con la tazza di caffè nero e uova e beacon. Mentre Grogu giocava con il suo scodellino a forma di rana, comodamente seduto nel suo seggiolone.

Dopo la colazione, e aver lavato la tazza, i piatti e i biberon, spostava Grogu dalla cucina al soggiorno. Dove passava il tempo a giocare con le rane della palestrina cercando di prenderle, o creando costruzioni con i cubi.

Tutto sotto l’occhio vigile di Mando, che intanto cercava di sistemare casa o di leggere qualche manuale sulla crescita sana per i bambini (era un uomo d’azione, ma doveva essere preparato in ogni cosa); qualche volta faceva i pesi, per restare in forma, e poi giocava con lui.

Poi arrivava il pranzo, che consisteva per Grogu in omogenizzati a base di carne o verdure. E per Mando in un veloce panino con formaggio e prosciutto.

Dopo pranzo il piccolo avrebbe dormito, e si sarebbe svegliato nel tardo pomeriggio. E visto che le giornate erano ancora lunghe, potevano uscire per una passeggiata in passeggino. Così, nel frattempo, ne approfittava per fare qualche commissione. E spesso, si fermavano anche in una caffetteria, per far in modo che Grogu facesse merenda con omogenizzati di frutta e per prendere un altro caffè per Mando.

Poi tornavano a casa, cenavano velocemente e dopo Grogu crollava dal sonno. Lasciando a Mando qualche tempo per vedere un po' la tv, e poi buttarsi a letto.
E il giorno dopo, la giornata si ripeteva di nuovo. Spesso era intervallata da qualche visita da parte di Greef e Cara, di Peli e da una chiamata veloce da parte del capitano.

E stranamente, stava apprezzando davvero tanto quel tipo di routine. Proprio lui, un poliziotto sempre in mezzo all'azione che non aveva mai tanto tempo per restare casa. Ma ora, stava apprezzando tutto questo tempo.

Nel prendersi cura di Grogu, imparava a rilassarsi, prendere fiato e apprezzare la compagnia di qualcuno. Sentendosi una persona più responsabile e paziente. Godendosi ogni instante con lui.

E l’idea di vederlo crescere, muovere i primi passi, sentire le sue prime parole, i suoi primi successi davanti agli occhi, lo emozionava davvero tanto.
Si stava godendo le piccole gioie della quotidianità e della paternità, con il trovatello che aveva salvato.

Tutto stava andando per il meglio, finché una notte, non diventò molto più complicato…

Dopo due settimane di tranquillità, Grogu iniziò a piangere durante la notte. Non che non lo facesse anche prima. Ma solo tre volte al giorno. Per il resto, era un bambino molto calmo e pacato.

Ma per una strana ragione, andava avanti a piangere per quasi tutta la notte. Tenendo sveglio il povero Mando, che aveva la culla accanto al suo letto matrimoniale. Svegliatosi all’improvviso, cercò di farlo calmare (anche per evitare che i suoi vicini si svegliassero per causa dei suoi pianti), pensando che doveva essere solo cambiato o che avesse fame. Ma il più delle volte, sembrava che piangesse per nessun motivo. In pratica piangeva e basta.

E l’unico modo per farlo calmare era tenerlo in braccio e aspettare che si calmasse e si riaddormentasse. Per poi rimetterlo nella culla e sperando di dormire anche lui per qualche ora. Invece, ritornava a piangere ogni mezz’ora, ma per Mando era come se avesse appena chiuso gli occhi per qualche secondo.
Così riusciva a dormire un’ora scarsa. Se gli andava bene…

Anche il giorno continuava a piangere, se stava nel suo box o nella sua palestrina. Così Mando era costretto a tenerlo in braccio, pur di farlo stare calmo. Anche mentre doveva mangiare o tentare di pulirlo. E gli unici momenti in cui Grogu era calmo, era durante i suoi pisolini pomeridiani.

Allora Mano approfittava di questi momenti, per dormire anche lui, ignorando tutto il resto.

Un giorno, si decise a portarlo dalla pediatra, spiegando la situazione. La dottoressa lo rassicurò che fisicamente stava bene. Sano come un pesce.

Consigliò al giovane neo-papà qualche trucchetto per farlo dormire alla notte. Come dargli il latte con il miele, prima di farlo addormentare. O la camomilla nel biberon durante i suoi risvegli notturni, o fargli un bagnetto alla sera.
Mando fece tutto quello che aveva detto, ma niente. Il piccolo non voleva saperne di dormire alla notte.

Così doveva passare quasi tutta la notte a fare avanti e indietro nella sua camera, con Grogu in braccio, cercando di farlo stare calmo.
Erano ormai le tre di notte passate, Mando cullava il bambino che pian piano stava iniziando a calmarsi, e decise di provare a cantare una ninnananna improvvisata.

Così, con po' di incertezza e a bassa voce, cantò: “Go to sleep, go to speel, go to sleep, my little green friend…” continuò a cantare, andandosi a sedere sulla sedia a dondolo e lasciandosi trasportare dal movimento della sedia: “Go to speel, go to speel, go to speel…”

E più cantava, più Grogu si stava lentamente addormentando sulle braccia del suo papà, mentre ascoltava la dolce ninnananna. E quando si addormentò, anche Mando esausto appoggiò la testa sulla sedia, tenendo il piccolo stretto a sé, tra le sue braccia.

E forse, per la prima volta dopo settimane, entrambi dormirono serenamente.

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Essere un papà ***


 
Capitolo 3
 
 
Dopo che fu entrato in casa, Peli mise la sedia a dondolo vicino alla porta e uscì, lasciandolo da solo, con il bambino.

Mandò si guardò intorno nel suo appartamento: soggiorno e area cucina, pavimento in legno, muro di cartongesso bianco, e due finestre davanti. Un appartamento molto minimale e modesto. Con poco arredamento, un divano nero a due posti, una tv di 30 pollici appoggiata sopra ad un mobile e qualche scaffale.

Ora, invece, si era aggiunto un box imbottito rosso vicino al divano, un tappetino colorato (sempre imbottito), una palestrina verde con le rane gioccatolo appese in altro e dei cubi di plastica con i bordi arrotondati.

E c'erano anche una culla di legno e fasciatoio in camera sua (avrebbe voluto metterlo in bagno, ma non c'era abbastanza spazio).

Tutto pronto per accogliere e crescere un bambino.

“Bene piccolo” disse Mando a Grogu ancora addormentato: “Ora siamo solo io e te” e sorrise, sentendosi preparato al ruolo di padre.
 
***
 
Le prime due settimane da Neo Papà passarono tranquille.

Le giornate di Mando erano calme. Si alzava alle otto quando Grogu piangeva per la fame o per essere cambiato (a volte tutti e due i casi messi insieme), lo prendeva, lo cambiava (una cosa a cui non si sarebbe mai abituato per davvero) e poi gli dava il latte in polvere. Dopo la fine della sua colazione, passava alla sua, con la tazza di caffè nero e uova e beacon. Mentre Grogu giocava con il suo scodellino a forma di rana, comodamente seduto nel suo seggiolone.

Dopo la colazione, e aver lavato la tazza, i piatti e i biberon, spostava Grogu dalla cucina al soggiorno. Dove passava il tempo a giocare con le rane della palestrina cercando di prenderle, o creando costruzioni con i cubi. Tutto sotto l’occhio vigile di Mando, che intanto cercava di sistemare casa o di leggere qualche manuale sulla crescita sana per i bambini (era un uomo d’azione, ma doveva essere preparato in ogni cosa); qualche volta faceva i pesi, per restare in forma, e poi giocava con lui.
Poi arrivava il pranzo, che consisteva per Grogu in omogenizzati a base di carne o verdure. E per Mando in un veloce panino con formaggio e prosciutto.

Dopo pranzo il piccolo avrebbe dormito, e si sarebbe svegliato nel tardo pomeriggio. E visto che le giornate erano ancora lunghe, potevano uscire per una passeggiata in passeggino. Così, nel frattempo, ne approfittava per fare qualche commissione. E spesso, si fermavano anche in una caffetteria, per far in modo che Grogu facesse merenda con omogenizzati di frutta e per prendere un altro caffè per Mando.

Poi tornavano a casa, cenavano velocemente e dopo Grogu crollava dal sonno. Lasciando a Mando qualche tempo per vedere un po' la tv, e poi buttarsi a letto.
E il giorno dopo, la giornata si ripeteva di nuovo. Spesso era intervallata da qualche visita da parte di Greef e Cara, di Peli e da una chiamata veloce da parte del capitano.

E stranamente, stava apprezzando davvero tanto quel tipo di routine. Proprio lui, un poliziotto sempre in mezzo all'azione che non aveva mai tanto tempo per restare casa. Ma ora, stava apprezzando tutto questo tempo.

Nel prendersi cura di Grogu, imparava a rilassarsi, prendere fiato e apprezzare la compagnia di qualcuno. Sentendosi una persona più responsabile e paziente. Godendosi ogni instante con lui.

E l’idea di vederlo crescere, muovere i primi passi, sentire le sue prime parole, i suoi primi successi davanti agli occhi, lo emozionava davvero tanto.

Si stava godendo le piccole gioie della quotidianità e della paternità, con il trovatello che aveva salvato.

Tutto stava andando per il meglio, finché una notte, non diventò molto più complicato…

 
***
 
Dopo due settimane di tranquillità, Grogu iniziò a piangere durante la notte. Non che non lo facesse anche prima. Ma solo tre volte al giorno. Per il resto, era un bambino molto calmo e pacato.

Ma per una strana ragione, andava avanti a piangere per quasi tutta la notte. Tenendo sveglio il povero Mando, che aveva la culla accanto al suo letto matrimoniale. Svegliatosi all’improvviso, cercò di farlo calmare (anche per evitare che i suoi vicini si svegliassero per causa dei suoi pianti), pensando che doveva essere solo cambiato o che avesse fame. Ma il più delle volte, sembrava che piangesse per nessun motivo. In pratica piangeva e basta.

E l’unico modo per farlo calmare era tenerlo in braccio e aspettare che si calmasse e si riaddormentasse. Per poi rimetterlo nella culla e sperando di dormire anche lui per qualche ora. Invece, ritornava a piangere ogni mezz’ora, ma per Mando era come se avesse appena chiuso gli occhi per qualche secondo.

Così riusciva a dormire un’ora scarsa. Se gli andava bene…

Anche il giorno continuava a piangere, se stava nel suo box o nella sua palestrina. Così Mando era costretto a tenerlo in braccio, pur di farlo stare calmo. Anche mentre doveva mangiare o tentare di pulirlo. E gli unici momenti in cui Grogu era calmo, era durante i suoi pisolini pomeridiani.

Allora Mano approfittava di questi momenti, per dormire anche lui, ignorando tutto il resto.

Un giorno, si decise a portarlo dalla pediatra, spiegando la situazione. La dottoressa lo rassicurò che fisicamente stava bene. Sano come un pesce. Consigliò al giovane neo-papà qualche trucchetto per farlo dormire alla notte. Come dargli il latte con il miele, prima di farlo addormentare. O la camomilla nel biberon durante i suoi risvegli notturni, o fargli un bagnetto alla sera.

Mando fece tutto quello che aveva detto, ma niente. Il piccolo non voleva saperne di dormire alla notte.

Così doveva passare quasi tutta la notte a fare avanti e indietro nella sua camera, con Grogu in braccio, cercando di farlo stare calmo.

Erano ormai le tre di notte passate, Mando cullava il bambino che pian piano stava iniziando a calmarsi, e decise di provare a cantare una ninnananna improvvisata.

Così, con po' di incertezza e a bassa voce, cantò: “Go to sleep, go to speel, go to sleep, my little green friend…” continuò a cantare, andandosi a sedere sulla sedia a dondolo e lasciandosi trasportare dal movimento della sedia: “Go to speel, go to speel, go to speel…”

E più cantava, più Grogu si stava lentamente addormentando sulle braccia del suo papà, mentre ascoltava la dolce ninnananna. E quando si addormentò, anche Mando esausto appoggiò la testa sulla sedia, tenendo il piccolo stretto a sé, tra le sue braccia.

E forse, per la prima volta dopo settimane, entrambi dormirono serenamente.

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Riposo ***


Capitolo 5
 

Mando si svegliò con i raggi del sole che entravano attraverso la finestra, non coperta dalle tende, costringendolo ad aprire gli occhi.

All’inizio non gradì quel brusco risveglio, ma poi guardò Grogu. Era stretto dolcemente tra le sue braccia e sdraiato sulle gambe, con la testa appoggiata sulla sua vita.

A quel punto sospirò di sollievo, si alzò lentamente in piedi (sentendo crampi su braccia e gambe, per via del peso del bambino, e per aver passato tutta la notte seduto sulla sedia a dondolo) tenendo  in braccio il piccolo – che fortunatamente non si svegliò -  e lo mise nella culla.

Fece un altro sospiro, e dopo aver chiuso bene le tende della sua camera, si incamminò verso al soggiorno, buttandosi sdraiato sul suo divano. Si sentiva distrutto. Sia fisicamente che mentalmente. Sperando che questo momento di tregua da parte di Grogu, durasse il più a lungo possibile.

Guardò l’orologio al polso, erano le 6:30 del mattino. Così, accompagnato da un altro respiro, chiuse gli occhi e si appisolò.

Ma si risvegliò all’improvviso, per via di un fastidioso bussare alla sua porta. Ancora più stanco e frastornato di prima.

Come se avesse chiuso gli occhi appena per qualche instante. Ma guardò di nuovo l’orologio: erano le otto e mezza di mattina.

Esasperato si alzò malamente dal divano e andò alla porta – per aprirla prima Grogu si svegliasse - e davanti a lui si trovò Peli, sempre sorridente, ma con l’aria preoccupata.

“Giorno Mando” disse lei a braccia conserte.

“Giorno Peli…”

“Mio dio, Mando! Hai un aspetto orribile!" dichiarò l’affittuaria.

Notò le grosse occhiaie scure e le borse sotto agli occhi, la barba trascurata, i capelli arruffati e scompigliati in ogni direzione e la tuta grigia stropicciata con qualche macchia scura in giro.

Per l’amica era una scena abbastanza preoccupante. Mando non era quel tipo di persona che si trascurava in quel mondo.

“Va tutto bene? Sembra che non dormi da giorni.”

“Perché è così” ammise Mando a testa bassa: “Il piccolo in queste settimane non mi dà tregua!”
ammise. “Non vuole dormire più alla notte, e non vuole staccarsi più da me. Così si mette a piangere, ogni volta che lo poso da qualche parte…” e si passò una mano in mezzo agli occhi.

“Lo so… e sono venuta proprio qui, per questo.”

Mando alzò la testa, guardandola con perplessità.

“Vedi… alcuni dei coinquilini si stanno lamentando dei pianti notturni. E so che è un neonato e piangono! Ma… mi stanno provocando un po' di problemi… sia per il mio sonno, che per quelli degli altri.”

A quelle parole, Mando fece un altro sospiro stanco. Abbassando la testa, ormai rassegnato alla situazione.

“E non voglio cacciarti via da qui! Per carità!” specificò subito con le mani in alto: “Anzi, sono proprio qui per darti una mano!”

Peli, senza essere stata invitata, entrò dentro l'appartamento sotto lo sguardo paziente e stanco di Mando, mentre chiudeva la porta dietro di sé.

“Porcavacca!” disse la donna con le mani sui fianchi: “Questo posto è davvero un macello!”

Oltre al box, al tappettino, alla palestrina e ai giocattoli sparsi in giro, i mobili erano pieni di polvere, il pavimento era sporco, il lavandino pieno di tazze sporche, vasetti di omogenizzati e cucchiaini. L’unica cosa pulita erano un pentolino di metallo e un biberon.

Il tavolo sporco di briciole e un piatto con un panino mezzo mangiato.

“Questo posto è peggio della tua faccia!”

“Beh, è difficile dedicarsi alle faccende domestiche, quando hai a che fare con un neonato che non vuole mia staccarsi da te…” rispose Mando.

Peli si girò verso di lui, guardandolo con aria seria, sperando che fosse solo stanco e basta.

“Va tutto bene, con il piccolo?”

“Io… non lo so…”

Mano fece un altro respiro, abbassando la testa.

“All’inizio stava andando tutto bene. Era calmo e facile da gestire. Ma ora è diventato così… attaccato a me!” si buttò sul divano con aria spaesata.

“E io cerco di gestire la situazione. Di fare del mio meglio, perché gli voglio bene. Ma… a volte ho la sensazione di non farcela più. E questa mi fa stare male. Visto che non ho mai avuto esperienze del genere!”

Peli si addolci, sedendosi vicino a lui.

“Pensavi che gestire un neonato sarebbe stato facile?” chiese.

“No… ma credevo che ne sarei stato all'altezza!” rispose. “Sono un poliziotto della swat. Ero un soldato militare. Sono stato addestrato per gestire missioni complesse e al limite del suicidio. Ma… mai avrei creduto, che crescere un bambino sarebbe stata la cosa più complessa di tutta la mia vita.”

Rimase in silenzio, finché non sentì la risata di Peli. Si girò verso di lei, con aria confusa. Non capendo se stesse cercando di prenderlo in giro o meno.

“Oh andiamo, Mando! Guarda che è una cosa del tutto normale” rispose: “Lo sai quanti genitori direbbero che per loro sarebbe più facile disinnescare una bomba nucleare, che crescere un bambino?” e sorrise, ma lui non rispose.

“Ascolta, io non sono una madre. E grazie a dio, non lo sarò mai. Ma ascolta una che avuto tanti amici che hanno deciso di procreare: è una cosa del tutto normale.”

Mando la ascoltò, mentre Peli lo rassicurò con il suo sorriso.

"Tutti i genitori, anche i migliori, prima o poi sbagliano. E a volte, involontariamente. Ma se ne rendono conto e imparano dai loro stessi errori. Per migliorare, e crescere dei figli stupendi che saranno di sicuro migliori di loro. Che gli staranno vicino anche per i loro errori. E tu stai ancora imparando, mio caro. Ma non ti devi preoccupare: se sbagli, riuscirai sicuramente a riprenderti. E in più, lo stai affrontando in un modo molto più che decente, per essere un neo-papà."

Mando, alle sue ultime parole, alzò gli occhi al cielo per la pazienza.

"Ma ti assicuro che stai facendo un ottimo lavoro. E fidati di me, sarai davvero un buon padre. Già solo per averlo adottato, nonostante tu sia solo e inesperto, si capisce che gli vuoi un bene dell'anima. E credimi, solo per questo, è il bambino più fortunato al mondo..."

Mando era colpito dalle sue parole. Sentendosi subito confortato: aveva pensato di stare sbagliando, o che forse aveva sottovalutato fin troppo le difficoltà di crescere un bambino. Ma ora, aveva imparato il suo errore, accettando la realtà delle cose, e delle difficoltà in cui si stava imbarcando.

Perché voleva bene a Grogu, e ci sarebbe stato sempre per lui. In ogni situazione, in ogni momento e in ogni ostacolo.

"Non posso dire che con il tempo, le cose diventano facili. Ma tu sarai di certo in grado di gestirle" concluse con serenità.

A quelle parole, il poliziotto sorrise, sentendosi sollevato da quell'incoraggiamento e dalla sua compagnia. Ricordandosi, ancora una volta, che non era da solo. E che aveva ben più di una persona, su cui contare.

"Grazie." disse Mando, con un mezzo sorriso.
Peli ricambiò il sorriso, rispondendo: "Non c'è di che."

Rimasero in silenzio, finché non furono interrotti dai pianti di Grogu, che annunciarono che era sveglio e che, con molta probabilità, aveva anche molta fame.

Mando prese un lungo sospiro, alzandosi dal divano e raggiungendo la camera. Tutto sotto agli occhi di Peli, che commentò, ridacchiando: "Il re si è svegliato."

Poco dopo arrivò Mando con in braccio Grogu, appena calmatosi dal pianto, con il ciuccio in bocca, entrambi diretti in cucina.

"Oh! Guarda che è tornata a trovarti!" disse Peli con tono dolce, alzandosi dal divano e spostandosi verso padre e figlio.

"Come va, piccolo guanciotte paffute?"

Peli lo prese in braccio (con il consenso di Mando), coccolandolo tra le sue braccia.

"Hai diffcoltà a domire? Eh? Begli occhioni!" e rise.

Mando guardò la scena con pazienza, ma intenerito allo stesso tempo. Nonostante l'eccentricità e la ficcanasaggine della sua affituaria, era davvero una buona amica.

"Ora mi sempra tranquillo." notò Peli

"Per adesso. Ma quando mi allontano, inizierà a strillare" disse Mando: "Come se avesse paura di non vedermi più."

"Beh, magari è così" rispose lei: "Magati ha solo paura di essere abbandonato, di nuovo. Ma deve imparare a vivere in una stanza, anche senza di te. Almeno per qualche ora."

Mando non capì, inziando a preparare il latte caldo per il piccolo.

"Quindi, perché non ri prendi qualche ora di sonno perso, mentre io mi occupo di lui?" propose.

Ma il poliziotto si girò di scatto verso di lei, pensando di non aver capito le sue parole.

"Così, ti metto a posto anche l'appartamento. Almeno, quello che riesco a fare..."

"Peli, non posso accettare la tua offerta." disse Mando: "Ho appena detto che Grogu piange quando mi allontano per un momento!"

"I neonati sono facili da distrarre. Basta metterli davanti alla tv, con qualche programma super colorato e pieno di luci e ne saranno rapiti. Come i gatti con la luce del laser." rispose lei tranquillamente.

"Non voglio che mio figlio passi tutto il giorno davanti a uno schermo!"

"È quello che dicono tutti i neo-genitori, prima di avere dei bambini urlanti intorno." ribatté con strafottenza.

"Peli, sei stata molto paziente con me. E lo sai che lo apprezzo tanto, davvero. Ma non posso permettermi di farti fare una cosa del genere. Non mi sempra giusto nei tuoi confronti e..."

"Hey!" interuppe lei: "Tu sei uno dei coinquilini più calmi e normali che io abbia mai avuto il piacere di incontrare. Soprattutto, non fai casino e paghi l'affitto in tempo. E tu fai già molte cose per tutta la comunità, ovvero proteggere le nostre strade."
Mando non ribattP, mentre Peli lo guardo seria, stringendo Grogu a sé.

"E ora, come una onesta cittadina, ma soprattutto come amica, ti voglio aiutare. Visto che hai chiaramente bisogno di aiuto." riferendosi all'appartamento. "E soprattutto, non dirmi mai e poi mai, quali sono le scelte giuste per me!"

"È solo che... non ho mai lasciato Grogu da solo, con qualcun altro...." ammise Mando.

"Allora, sarà una piccola esperienza utile anche per te." aggiunse Peli, convinta: "Non vorrai mica diventare uno di quei genitori iperprotettivi e super opprimenti verso ai propri figli, vero?"

Abbassò la testa, capendo che forse aveva ragione. Se non avesse imparato a prendersi un attimo di respiro con Grogu ora, non ci sarebbe mai riuscito in futuro. E non sarebbe stata una crescita sana né per il piccolo né per lui...

"E poi, anche i migliori, ogni tanto, si prendono una pausa. Dovresti saperlo anche tu." Peli sorrise convinta, con una espressione tranquilla.
 
Mando ci rifletté ancora un po', finché non sopirò e rispose: "Va bene. Ti affido Grogu, per qualche ora..."

Peli sorrise soddisfatta, guardando il piccolo dicendo: "Hai sentito, faccia paffuta? Adesso passerai un po' di tempo con la fantastica Zia Peli!"
"Ma" aggiunse Mando con tono serio: "Se dovesse succedere qualcosa, qualsiasi cosa, vieni subito da me! Non fare nulla di avventato o di stupido! Ricordati che è pur sempre un neonato!"

"Ho avuto a che fare con individui ben peggiori. Spesso, adulti che erano più neonati di lui" rispose Peli, convinta.

Mando non sembrava ancora convinto, ma si fidò di lei. In fondo, aveva davvero bisogno di riposarsi.
Diede le ultime raccomandazioni, ricevette le conferme di Peli, e ritornò in camera sua. Si buttò a peso sul materasso. E sbadigliò dalla stanchezza.

Non si era mai sentito così esausto in tutta la sua vita. Con la pesantezza delle sue palpebre che si stavano chiudendo. Si abbandonò subito alla sonnolenza e si addormentò in un sonno profondo.

E, per la prima volta dopo tanto tempo, si dimenticò di tutto e di tutti, concentrandosi solo su se stesso e sul suo sonno. Almeno per un po'...

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Risveglio ***


Capitolo 6
 
 
Mando si era addormentato beatamente verso le 9:15 del mattino. Finché non fu svegliato da un forte suono elettrico. A

prì di scatto gli occhi, mentre i suoi timpani registravano altri suoni che non riusciva a identificare in quel momento.

Richiuse un attimo gli occhi, facendo un sospiro stanco, alzò lo sguardo e controllò l'ora della sveglia: erano quasi le due del pomeriggio!

Mando sconvolto si alzò subito dal letto, camminando verso il soggiorno, sperando che Grogu stesse bene, e che Peli non si fosse stufata per aver badato a lui per quasi cinque ore!

Andò in soggiorno e rimase sorpreso: il soggiorno era in ordine, il pavimento era pulito, i mobili spolverati, i giocattoli non erano più sparsi in giro per la stanza, ma erano messi in un angolo in ordine.

Il tappeto era stato pulito dalle briciole e dalle macchine. Ora sembrava come nuovo. Stessa cosa valeva anche per la palestrina.

E Grogu era dentro al suo box, in piedi e con le mani appoggiate sui bordi, con il ciuccio in bocca e gli occhi fissi alla televisione, con aria rapita.

Mando, incuriosito, andò verso alla tv, per scoprire che cosa stesse guardando così tanta attenzione. Scoprì che era un cartone animanto in 3D con degli strani orsetti pelosi, che indossavano delle grosse cuffie di pelle e borsoni intorno alle spalle, con le lance appuntite in mano.

Non parlavano, facevano solo degli strani versi infantili, mentre cercavano di raccogliere tutti insieme degli strani frutti sugli alberi.

Mando sospirò paziente, mentre Grogu sembrava davvero preso da quel cartone.

Il suono elettrico finì, facendo risuonare la voce di Peli dietro alle sue spalle, che diceva con tono entusiasta: "Buongiorno Mando! O devo dire, buon pomeriggio?"

Il poliziotto si girò verso la cucina, trovando l'affitturaria sempre sorridente, con le mani sopra al bancone: "Dormito bene?"
 
"Ti avevo detto che non volevo che Grogu stesse davanti alla TV!" la rimproverò Mando un po' bruscamente.

"Beh, se vuoi tenere a bada un neonato, senza che lui pianga o si agiti senza creare disastri, l'unica è metterlo davanti ad uno schermo colorato!" ribatté Peli.

"Lo sai che dopo un po', i neonati si stuferanno dei loro giochi o delle palestrine?"

Mando non controbatté, sospirando paziente con in sottofondo le canzoncine del cartone.

"E poi, è un bel progamma" continuò Peli. "Pensa, sono le avventure di strani orsetti di una specie di tribù selvaggia, che vogliono insegnare il rispetto della natura, il potere della amicizia, il lavoro di squadra. Mentre cercano di proteggere la loro casa da parte di vari nemici."

Non rispose, guardò solo Grogu, preso da quelle immagini. Lui non guardava molta tv, e non voleva che suo figlio diventasse un teledipendente a solo sei mesi.

"Ti ha dato dei problemi?"

"Non molti. Dopo che sei andato a letto, gli ho dato il suo latte, abbiamo giocato con i cubi per un po', poi l'ho lasciato nella sua palestrina mentre cercavo di pulire i piatti. Si è messo un po' a piagnucolare, ma con un po' di coccole e di cibo, si è subito calmato." Sorrise soddisfatta.

"Poi l'ho cambiato e gli ho dato il pranzo, mentre io mi sono ordinato Messicano. Poi ho iniziato a pulire un po' in giro, mentre begli occhioni se ne stava buono e tranqullo nel suo box, con la compagnia degli orsetti coraggiosi."

Mando non rispose, sospirò rassicurato. Sollevato che fosse andato tutto bene. Sia per Grogu che per Peli.

"Grazie."

"Non c'è di che!"

Prese un aspirabriciole dal tavolo e lo riaccese per continuare a pulire. - e Mando capì che cosa fosse a provocare quel suono che l'aveva svegliato.

"Aspetta, ma quello non è mio" notò Mando.
Peli lo rispense: "Cosa?" chiese, alzando lo sguardo verso di lui.

Mando ripeté di nuovo, e lei con tutta la tranquillità rispose che era suo, e l'aveva preso dal suo appartamento.

"Aspetta, hai portato Grogu nel tuo appartamento, per prendere l'aspirabriciole?"

"Beh, non so dove tieni le tue cose. E visto che non volevo ficcanasare in giro, l'ho preso dal mio appartamento."

"Hai lasciato Grogu da solo?!" ribatté Mando.

"Stai calmo! Era dentro al suo box per tutto il tempo! E poi, ci avrò messo solo tre minuti scarsi, a fare giù e su con l'ascensore." si giustificò Peli con tranquillità: "Non lascerei mai un neonato da solo, se non sono certa che sia al sicuro! E poi, ho lasciato la porta mezza aperta."

Era allibito dal suo atto di irresponsabilità verso al piccolo. E se in quei tre minuti fosse sucesso qualcosa a Grogu? Che cosa avrebbe fatto? Se si fosse fatto male, mentre non era sorvegliato? O se qualcuno insano mentalmente fosse entrato in casa? Mentre lui stava dormendo? Come si sarebbe mai perdonato quell'atto di irresposabilità?

Ma poi, guardò Grogu in piedi tranquillo nel suo box, rapito dalla tv, in un appartamento pulito e ordinato. Tutto grazie alla sua affituaria.

Pericò, alla fine, non era successo nulla di grave.

"Okay..." disse Mando sospirando: "Ti rigrazio di nuovo per tutto il tuo aiuto. Davvero. Ma ti prego, non lasciarlo mia più da solo!"

"Lo farò, te lo prometto!" rispose Peli sorridendo: "Croce sul cuore e parola da scout!" e fece il segno della croce sul petto, sotto lo sguardo paziente di Mando.

"Comuque, sei hai fame, ti ho lasciato un po' di Messicano in frigo. Anche un po' di Cinese. Se ti piace di più quello." disse lei. "E se hai ancora bisogno di me, non esitare a chiamarmi."

"Lo farò. E anzi, se vuoi qualcosa in cambio, posso..."

"Non voglio essere pagata" lo interuppe Peli subito: "L'ho fatto perché avevi bisogno di aiuto. E l'unica cosa che ti chiedo in cambio è tenere calmo quel bambino durante la notte. Perché l'ultima cosa che voglio, è sentire le lamentele delle gente che mi deve ancora dei soldi dell'affitto. Intesi?"

"Intesi."

Peli sorrise: "È meglio che vada! Ormai qui, il mio lavoro è finito."

Andò verso al Box, lasciò un bacio sulla guancia al piccolo e diede una pacca sulla spalla a Mando, prima di uscire con il suo aspirabriciole e chiudendo la porta. Tutto sotto lo sguardo paziente e i sospiri di Mando.

Grazie al suo aiuto e alla sua pazienza, non solo aveva guadagnato qualche ora di buon sonno, ma aveva anche un appartamento ordinato.

E poi Grogu era stato tranquillo senza di lui. Ed ora molto importante per Mando. Così, tutti e due avrebbero imparato a staccarsi un po' l'uno dall'altro e il piccolo avrebbe avuto altre figure genitoriali importanti nella sua vita.

Ed era importante che Grogu avesse una figura materna... ed era sollevato di sapere che, se fosse successo qualcosa di brutto, avrebbe avuto qualcuno di cui potersi fidare.

Ma non ci voleva pensare. Non ora.

Andò a spegnere la tv, camminò verso il box e prese il piccolo in braccio, dicendo: "Okay, visto che oggi sei stato così bravo con Peli, ti meriti una bella passeggiata. Ti va? Così usciamo un po' da qui."

Grogu fece un verso con il ciuccio in bocca, facendolo sorridere.

"Ma prima, dammi un po' di tempo per mettermi qualcosa nello stomaco. E per farmi anche una doccia..."

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Un giro ***


Capitolo 6
 
 
Verso le 15:30 uscirono.

Nonostante il tempo fosse nuvoloso, sia Mando che Grogu avevano bisogno di uscire - e poi, aveva notato che doveva fare la spesa e il bucato - così, messo il passeggino in macchina, partirono.

Prima tappa, una lavanderia a gettoni per lavare i vestiti sporchi, sia i suoi che quelli del piccolo.

E mentre era in piedi a piegare la biancheria, Grogu restò seduto nel suo passeggino, con in mano il sonaglino e il berretto all'uncinetto con le orecchie da alieno. Intento a fissarlo.

Continuando con il bucato, Mando si girò verso al piccolo che lo stava guardando, ma ogni tanto si perdeva con il suono del suo sonaglio.

"Lo sai? Ho notato che ti piacciono molto le rane." disse con tono calmo, mente stava piegando gli indumenti del piccolo con la fantasia a rane: "Davvero tanto..."

E Grogu, sentendo quelle parole, alzò la testa, rispondendo con un verso. Mando rimase stranito: il piccolo... aveva risposto?
Si girò verso di lui, mentre il piccolo era tornato al suo giocattolo.

"Grogu?" ripeté di nuovo il suo nome.

Il piccolo alzò di nuovo la testa, rispondendo con un altro verso infantile, facendolo sorridere.

Non sapeva il perché, ma questa cosa lo fece sorridere.

Dopo tutto il tempo passato insieme, tra poppate, pianti e cambi di pannolini, con le difficoltà che aumentavano....vedere il volto di suo figlio che si alzava dopo aver sentito il suo nome chiamato da lui... gli riscaldò il cuore. Perché per Mando quel piccolo gesto infantile o inconsapevole da parte di Grogu, valeva davvero tanto.

Così gli venne una piccola idea. Prese il suo cellulare dalla tasca dei pantaloni, aprì nella modalità fotocamera, e puntò verso al piccolo ancora intento a giocare il suo sonaglino.

Mando si abbassò con le ginocchia a terra, cercando di inquadrare meglio il viso del piccolo, e quando ci riuscì lo richiamò di nuovo. Lui alzò la testa con il solito suono confuso e scattò una foto.

Soddisfatto si rialzò in piedi e guardò la foto che aveva appena realizzato: il primo piano del piccolo. Il volto di un neonato dalle guance paffute, l'aria smarrita, gli occhi lucidi e i capelli castani che uscivano da sotto il berretto, con una mano scoperta e l'altra occupata dal sonaglio.

Era la foto di Grogu, la prima foto di Grogu che avesse fatto da quando lo aveva salvato.

La prima foto di suo figlio...

Mando continuava a guardare con un mezzo sorriso, rendendosi conto di aver appena immortalato un momento unico, che si sarebbe salvato per sempre.

Anche quando lui fosse cresciuto, in quella foto sarebbe rimasto sempre il neonato paffuto, che aveva deciso di salvare e di adottare...

Mando si perse in quei pensieri, finché Grogu non fece cadere il suo giocattolo e iniziò a lamentarsi con dei piccoli capricci e cercando di piegarsi per raggiungere il suo amato sonaglino.

Mando sorrise, si inginocchiò, prese il giocattolo e lo ridiede al piccolo, dicendo: "Va bene, ecco il tuo sonaglio, ma cerca di non farlo più cadere. D'accordo?"

All'inizio Grogu lo guardò negli occhi, reclinando la testa su un lato e "rispondendo" con un verso dolce, finché non riportò la sua attenzione al suo giocattolo.

Il poliziotto ridacchiò seneramente, allungò la mano e lo accarezzò dietro alla schiena, provando una profonda senerità e una grande sensazione di pace. Tutto solo per la sua presenza.

"Dai, andiamo. Abbiamo ancora un po' di commissione." disse Mando, alzandosi in piedi.

Sistemò la biancheria nella sacca, se la mise sulle spalle e iniziò a spingere il passeggino verso l'uscita della lavaderia. Ma non prima di aver cambiato lo sfondo standard del suo telefono, con la foto di suo figlio.

Andarono in un megastore, all'inizio non sapeva se fosse meglio entrare con il passeggino o meno.

Ma alla fine, decise di prendere il carrello e mettere Grogu sul seggiolino del carrello (assicurandosi che fosse stabile e sicuro). Cominciò a fare avanti e indietro tra le corsie, mentre Grogu si guardava intorno, incuriosito.

Mando prese solo quello che era strettamente necessario: omogenizzati, latte in polvere, latte intero, pannolini, vestiti, prodotti per pulire, cibi surgelati, pane, uova, bacon, riso, farina, succo d’arancia e una confezione di birra.

Credeva di aver preso tutto, finché Grogu non iniziò ad agitarsi, cercando di sporgersi verso il lato del carrello.

 Mando subito si allarmò, fermandosi, finché non si girò a destra, ovvero dove Grogu stava guardando, e sospirò: era la sezione giocattoli e peluche del negozio.

“I tuoi cubi, la tua palestrina e il sonaglino non ti bastano più?” disse Mando ironicamente, mentre guardava il piccolo, che intanto abbassò la testa accompagnato da un verso che parve dispiaciuto per l’accaduto.

Mando non poté non sentirsi un po' in colpa. Nonostante non lo avesse davvero sgridato o seriamente rimproverato.

Ma vedere quell'espressione triste, con gli occhi abbassati…

gli fece stringere un po' troppo il cuore. Cercò di ignorare quelle sensazioni e quell'ingiustificato senso di colpa, finché non sospirò dicendo: “Va bene! Ma ci diamo solo una occhiata veloce. Non voglio viziarti troppo!”

E per tutta “risposta” Grogu alzò la testa, sorridendo e già rapito dai colori dei giocattoli della intera corsia, sotto lo sguardo ormai paziente di Mando.

Entrambi guardarono tutto il reparto, pieno di giocattoli di ogni genere, bambole di plastica piene di vestiti e accessori, bambole di pezza con il volto cucito addosso abbastanza inquietanti.

Giochi da tavolo per bambini come fattorie, casette, pistole normali o da western o futuriste. Soldatini, navicelle spaziali fatte di mattoncini e altri prodotti vari.

“Beh, meno male che sei ancora troppo piccolo e non deviato mentalmente dalle pubblicità.” disse Mando sollevato, mentre Grogu si perdeva tra i colori dei prodotti e la forma dei vari giocattoli con aria quasi sognante.

Saltarono tutta la parte dei giochi da tavola, e stavano uscendo dal reparto, finché non arrivarono a quello dei peluche. Lì Grogu si sporse leggermente dal carrello, per prendere il pezzo di un giocatolo.

Mando all’inizio cercò di non far cadere Grogu dal carrello, e sporgendosi verso di lui, notò il giocattolo che stava tenendo.
Un peluche di uno strano mostriciattolo color grigio chiaro, a forma di cubo.

Aveva due braccia e gambe molto lunghe e spesse. Un cerchio color bianco al centro, per simulare un “pancino” e sopra, sulla “faccia”, era disegnata una linea verticale, accompagnata da una orizzontale, simile alla visiera di un casco.

E Grogu lo fissava rapito, tenendo stretto con la sua manina un pezzo della gamba. Mando era stranito, non era un grande appassionato di giocattoli, e non aveva idea di che tipo di giocattoli potessero paicere ai bambini di oggi.

E non capiva perché un bambino così piccolo, fosse rapito da un cubo di stoffa. Eppure era così.

Grogu era ammirato da quel giocattolo, e sembrava desiderarlo. Mando, con un po' di pazienza, capì il desiderio del piccolo. Così lo prese dallo scaffale e lo diede al piccolo, che lo strinse a sé.

“Okay, questa volta hai vinto tu” disse il poliziotto con aria divertita da quella scena: “Ma solo per questa volta.”

Stavano per uscire dal corridoio, ma Grogu si sporse di nuovo fuori dal carrello, indicando un altro pupazzo: un piccolo cerchio di stoffa verde chiaro, che richiamava una rana, con indosso una specie di vestito viola e sul volto cucita una faccina sorridente. Il piccolo, ne era stranamente affascinato.

Mando sospirò di nuovo rassegnato, lo prese dallo scaffale e lo mise dentro al carrello, dicendo: “Come ho già detto prima, solo per questa volta.”

E uscì definitamente dal reparto, con il volto già rassegnato, mentre Grogu, tutto sorridente, stringeva il suo nuovo giocattolo. Stava iniziando ad andare verso alle casse, ma tra i prodotti esposti, vide un oggetto molto particolare: le scatole di una culla flessibile, che poteva essere portata sulle spalle, adatta per affiancare il letto, con tanto di ruote.

“Sai piccolo? Credo che ho appena trovato la soluzione di tutti i nostri problemi.”


 

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** La soluzione ***


Capitolo 8
 

Era giunta sera, Mando era tornato dalla spesa con molto entusiasmo (soprattutto per l’ultimo quesito) e, dopo essersi assicurato che Grogu stesse continuando il suo pisolino nel suo box (con il braccio attorno ai nuovi giocattoli), cercò di sistemare tutto, prima della notte.

Grogu si sveglia verso l’ora di cena, così gli diede il suo omogenizzato, e per sé riscaldò una zuppa precotta.

Mangiarono davanti alla tv, con il piccolo dentro al suo box, guardando entrambi lo schermo. Stavolta dava una vecchia serie tv giapponese di nome “Samurai”.

Raccontava la storia di un Samurai mercenario, che compiva avventure con suo figlio ancora neonato. Sopravvivendo tra assassini e gente poco raccomandabile.

E, ovviamente, Mando non poté fare a meno di essere rapito dalla similitudine di quella storia, tra lui e Grogu. Capì che non era l’unico uomo solitario, con un lavoro rischioso, a gestire le difficoltà genitoriali. Sperò che tra lui e suo figlio potesse esserci un lieto fine.

Dopo la conclusione della seconda puntata, la stanchezza si fece sentire, per lui come per Grogu.

“Okay piccolo, è ora della nanna, per entrambi…” lo prese in braccio, appoggiando il mento sulla sua spalla e tenendolo stretto a sé, camminando verso la loro stanza.

Così, pochi minuti dopo, Mando era sdraiato nel suo letto, con Grogu accanto a sè. Il piccolo era nel dormiveglia, e gli stava raccontando una favola, che parlava di un rospo timido, che cercava di fare amicizia con le anatre dello stagno.

“… ‘Oh, non  voglio mangiare le vostre briciole’ disse il piccolo rospo.” raccontò Mando: ‘Io mangio esclusivamente mosche e piccoli insetti. Sono venuto qui solo per fare amicizia…’.” continuò.

Guardò lo sguardo di suo figlio, appoggiato sul suo petto, che pian piano si stava addormentando. Lo sentì russare dolcemente, mentre si perdeva nella sua voce. Mando chiuse il libro, lo appoggiò sul suo comodino e, con il volto sereno, sospirò: “Lo continueremo domani…”

E con delicatezza, lo spostò nel suo nuovo lettino, la culla regolabile che si poteva tenere accanto al letto matrimoniale.
Così Grogu si poté addormentare tranquillamente accanto a lui. E se si si fosse svegliato piangendo, Mando lo avrebbe potuto cullare, per farlo calmare.

Ma, per adesso, Grogu stava dormendo beatamente nel suo lato del lettino. E in quel momento, vederlo così, gli metteva il cuore in pace. Nonostante avesse capito che essere un padre era la cosa più difficile che avesse mai affrontato.

Ed era consapevole che non era ancora niente. Che i giorni più duri dovevano ancora arrivare, nel corso degli anni. Ci sarebbero stati dei momenti molto complessi e difficili da gestire e affrontare.

E, nonostante le paure, le incertezze e le insicurezze, non avrebbe mai dubitato di aver fatto la scelta giusta nell'adottare Grogu. Era convito che fosse la scelta migliore che avesse mau fatto in tutta la sua vita. Questi piccoli momenti, dimostravano che aveva ragione. Provava un grande calore e gioia, che forse non provava da anni.

Era pronto ad affrontare ogni momento della sua crescita e della sua formazione. Sia i momenti belli che quelli brutti. Come un padre e un figlio.

Insieme a Cara, Greef, Emily e tutto il distretto di Navarro. Sarebbero stati uniti. Come una vera e grande famiglia. Prese la manina di Grogu e si addormentò.

Entrambi serenamente, dopo settimane…

Felice di vivere appieno il suo ruolo di padre.

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Padre ***


Capitolo 8
 
Era giunta sera, Mando era tornato dalla spesa con molto entusiasmo (soprattutto per l’ultimo quesito) e, dopo essersi assicurato che Grogu stesse continuando il suo pisolino nel suo box (con il braccio attorno ai nuovi giocattoli), cercò di sistemare tutto, prima della notte.

Grogu si sveglia verso l’ora di cena, così gli diede il suo omogenizzato, e per sé riscaldò una zuppa precotta.

Mangiarono davanti alla tv, con il piccolo dentro al suo box, guardando entrambi lo schermo. Stavolta dava una vecchia serie tv giapponese di nome “Samurai”.

Raccontava la storia di un Samurai mercenario, che compiva avventure con suo figlio ancora neonato. Sopravvivendo tra assassini e gente poco raccomandabile.

E, ovviamente, Mando non poté fare a meno di essere rapito dalla similitudine di quella storia, tra lui e Grogu. Capì che non era l’unico uomo solitario, con un lavoro rischioso, a gestire le difficoltà genitoriali. Sperò che tra lui e suo figlio potesse esserci un lieto fine.

Dopo la conclusione della seconda puntata, la stanchezza si fece sentire, per lui come per Grogu.

“Okay piccolo, è ora della nanna, per entrambi…” lo prese in braccio, appoggiando il mento sulla sua spalla e tenendolo stretto a sé, camminando verso la loro stanza.

Così, pochi minuti dopo, Mando era sdraiato nel suo letto, con Grogu accanto a sè. Il piccolo era nel dormiveglia, e gli stava raccontando una favola, che parlava di un rospo timido, che cercava di fare amicizia con le anatre dello stagno.

“… ‘Oh, non  voglio mangiare le vostre briciole’ disse il piccolo rospo.” raccontò Mando: ‘Io mangio esclusivamente mosche e piccoli insetti. Sono venuto qui solo per fare amicizia…’.” continuò.

Guardò lo sguardo di suo figlio, appoggiato sul suo petto, che pian piano si stava addormentando. Lo sentì russare dolcemente, mentre si perdeva nella sua voce.

Mando chiuse il libro, lo appoggiò sul suo comodino e, con il volto sereno, sospirò: “Lo continueremo domani…”

E con delicatezza, lo spostò nel suo nuovo lettino, la culla regolabile che si poteva tenere accanto al letto matrimoniale.

Così Grogu si poté addormentare tranquillamente accanto a lui. E se si si fosse svegliato piangendo, Mando lo avrebbe potuto cullare, per farlo calmare.

Ma, per adesso, Grogu stava dormendo beatamente nel suo lato del lettino. E in quel momento, vederlo così, gli metteva il cuore in pace. Nonostante avesse capito che essere un padre era la cosa più difficile che avesse mai affrontato.

Ed era consapevole che non era ancora niente. Che i giorni più duri dovevano ancora arrivare, nel corso degli anni. Ci sarebbero stati dei momenti molto complessi e difficili da gestire e affrontare.

E, nonostante le paure, le incertezze e le insicurezze, non avrebbe mai dubitato di aver fatto la scelta giusta nell'adottare Grogu. Era convito che fosse la scelta migliore che avesse mau fatto in tutta la sua vita.

Questi piccoli momenti, dimostravano che aveva ragione. Provava un grande calore e gioia, che forse non provava da anni.

Era pronto ad affrontare ogni momento della sua crescita e della sua formazione. Sia i momenti belli che quelli brutti. Come un padre e un figlio.

Insieme a Cara, Greef, Emily e tutto il distretto di Navarro. Sarebbero stati uniti. Come una vera e grande famiglia. Prese la manina di Grogu e si addormentò.

Entrambi serenamente, dopo settimane…

Felice di vivere appieno il suo ruolo di padre.

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** Epilogo ***


Epilogo
 


Sette anni dopo
 
Grogu era davanti alla porta spalancata della sua classe. Presto sarebbe entrato per affrontare il suo primo giorno di scuola.

Dietro di lui, c'era suo padre: Din Djarin con indosso la sua divisa da sergente, che lo guardava con aria incoraggiante.

In quei sette anni, erano successe davvero tante cose: aveva risolto un caso di traffico di droga e di organi gestito dal boss sociopatico e proprietario della famosa catena di fast food, Moff Gideon, scoprendo che Grogu era stato portato in quella fattoria abbandonata, dopo che erano stati uccisi i suoi genitori, perché i criminali avevano deciso di usare il piccolo per i loro traffici.

Aveva lavorato a quel caso insieme alla squadra del FBI di Bo-Katana e dello sceriffo Coob Vanth, insieme a Cara e Greff. A dire il vero, non avrebbe dovuto lavorarci, visto che era emotivamente convolto.

Ma voleva arrestare Gideon e fermare i suoi traffici. Ed era disposto a rischiare la sua vita, pur di arrestare quel mostro e impedergli di fare del male a suo figlio.

Alla fine, con pochi problemi, erano riusciti a trovare prove e a fermare il suo traffico, con una condanna all'ergastolo e all’isolamento. Dopo questa vicenda, Mando fu definito come l’eroe della città, tanto che era stata organizzata una cerimonia pubblica per il suo lavoro, nel corso della quale era stato premiato dalla senatrice Leia Organa.

Fu promosso a sergente, ricevendo un aumento di stipendio, che gli aveva permesso di trasferirsi in una villetta della periferia di Nevarro. Lì Grogu aveva avuto una camera tutta per sé, era vicino ad una buona scuola e sarebbe stato cresciuto in un quartiere sicuro.

Ma, nonostante tutto questo, ritornò di nuovo dietro ad una scrivania.

Il suo lavoro era diventato la gestione di documenti da archiviare, la presentazione del distretto alle nuove reclute, la sensibilizzazione dei giovani con campagne anti-droga e contro la criminalità delle strade, soprattutto tra i ragazzi problematici del quartiere.

Grogu intanto era crescito. Zia Peli (nonostante il loro trasferimento dall’altra parte della città), era sempre in stretto contatto con loro, tanto da essere diventata la babysitter “ufficiale” di Grogu.

Il piccolo era diventato la mascotte del distretto. Quello era ormai per Grogu una seconda casa, insieme agli zii acquisiti.

Come la impulsiva ma paziente zia Cara, il divertente zio Greef e la saggia zia Emily, che trascorreva ore a raccontargli della sua passione per le armi medievali. Tutto sotto gli occhi amorevoli di Mando.

Vedendo il bambino che diventava sempre più un piccolo ometto, condividendo il suo mondo con lui. Fino a che non compì sette anni, quando avrebbe iniziato la scuola. E ora erano lì, davanti alla porta della classe della prima elementare.

Con indosso il suo berretto verde che gli copriva i folti capelli castani scuri, la giacca color cammello, i blue jeans e le scarpe da ginnastica. Tra le mani, aveva il cestino del pranzo con disegnata una rana antropomorfa. Guardava la classe con un po' di timore.

“Allora, Grogu? Pronto per il tuo primo giorno?” lo incoraggiò Mando sorridente.

Ma Grogu si girò verso di lui, con espressione tesa e la testa china a terra.

Si preoccupò da quella espressione e così si inginocchiò, mettendogli una mano sulla spalla per rassicuralo.

“Grogu?”

“E se non piaccio a nessuno?” disse il piccolo a voce bassa e testa china a terra. “Se tutti mi prederanno in giro? E se mi troveranno strano? E se nessuno vuole essere mio amico?”

Mando capì i suoi timori, mentre Grogu si guardava la punta dei piedi. In fondo, tutti gli avevano consigliato di mandarlo all’asilo nido, per fargli imparare presto a stare con gli altri bambini. Ma aveva preferito iscriverlo alle attività sportive come il Judo, o tenerselo accanto al lavoro o lasciarlo a casa con Peli - quindi, aveva tutte le sue ragioni, per avere questi dubbi. E lui era lì, proprio per confortarlo.

“Grogu” disse Mando con tono dolce e attirando l’attenzione visiva del piccolo. “So che questa è una esperienza nuova per te. E che hai paura di affrontarla. Ma è normale. In fondo, Aang non aveva paura di affrontare il signore del fuoco Ozai?”

(La serie animata preferita di Grogu, era sicuramente “Avatar e la leggenda di Aang”, ormai l'aveva vista tutta da capo migliaia di volte).

“Muh-uhm” annuì.

“Ma alla fine, nonostante le sue paure, ha affrontato le sue responsabilità di Avatar. E grazie ai suoi amici, ha affrontato le sue paure e il temibile signore del fuoco. Concludendo una guerra centenaria e portando la pace in tutto il mondo.”

Mando fece un mezzo sorriso per incoraggiarlo, ma il piccolo lo guardava ancora con un po' di incertezza.

“Quindi, se Aang è riuscito a finire una guerra centenaria, grazie all'aiuto del team avatar, alla sua calma e alla sua pazienza, imparando e sbagliando.” spiegò. “Quindi, non avere paura di trovare degli amici. E non devi farlo subito. L’amicizia è un sentimento che nasce e si coltiva con il tempo. Perciò inizia a essere gentile ed educato con tutti. Così lo saranno anche con te!” e sorrise e, questa volta, fu ricambiato da lui.

“E so che all’inizio sarà tutto spaventoso. Ma con il tempo, non lo sarà più. Basta solo affrontarla a testa alta ed essere sempre te stesso. Ma se c’è qualcuno che ti prende in giro e ti dà costantemente fastidio, prima lo dici all’insegnante, poi lo dirai a me, e cercheremo di sistemare la situazione. E poi, se qualcuno osa darti fastidio, che cosa devi rispondergli?”

“Che il mio papà è un ex soldato dell'esercito Americano. Addestrato a sventare traffici illeciti, esperto della difesa personale e autorizzato a usare le armi in ogni momento. Ed è sergente della polizia di Navarro.” ripeté Grogu a memoria.

“Bravo piccolo!” rispose fiero Mando, sorridendo soddisfatto.

(Era una piccola precauzione da parte sua. Giusto per far capire ai futuri bulli, che se la stavano prendendo con il bambino sbagliato).
“Ma non temere” continuò con tono più dolce: “Vedrai che andrà tutto bene. E sarà il tuo primo anno scolastico più bello di sempre. E sia io che i tuoi zii saremo sempre con te.”

“Promesso?”

“Promesso.”

Si guardarono sorridendo e si abbracciarono.

Mando lo tenne stretto a sé, con gli occhi chiusi, mentre Grogu ricambiava la stretta, con la testa appoggiata sul petto di suo padre con aria serena.

L’agente di polizia si stava commuovendo nel vedere il suo piccolo pronto per affrontare il suo primo traguardo da solo…

“Ti voglio bene, papà!” disse Grogu con serenità.

“Anche io Grogu. Anche io ti voglio bene. Davvero tanto…” rispose strigendolo ancora più forte, sentendosi ancora più felice. Come se fosse la prima volta che lo stava abbracciando.

Dopo un minuto di abbraccio, Mando lo lasciò andare, guardando lo sguardo rassicurato del figlio. Poi suonò la campanella, e molti bambini iniziarono a correre verso alla classe.

“Ora devi andare. Ti auguro un buon primo giorno di scuola. E mi raccomando, sii gentile ed educato con tutti. Studia e divertiti.”

“Okay papà! Tu invece divertiti al lavoro e salutami gli zii!”

“Lo farò!” rispose sorridendo.

Gli diede un bacio sulla fronte, prima di guardarlo camminare a passo svelto verso alla classe, ma non prima di girarsi verso al padre, e mandargli un ultimo saluto con la mano, prima di entrare definitivamente.

Mando guardò suo figlio con aria commossa, mentre entrava in quella porta. Immaginò la sua vita scolastica. Si sentiva già fiero di lui. Anche per se stesso. Perché si immaginava di essere più commosso emotivamente, da quel primo distacco.

Invece l’aveva presa abbastanza bene.

In fondo, doveva accettare che suo figlio stesse crescendo. E avrebbe affrontato tutto questo senza alcuna difficoltà.
 


Un’ora dopo
 
Cara e Greef erano in piedi, davanti alla porta del capitano con aria perplessa e a tratti preoccuparti, mentre guardavano la scrivania di Mando. Da quando era entrato nel distretto, non aveva detto nemmeno una parola.

Si era seduto subito alla sua scrivania, aveva acceso il computer e aveva fissato solo lo schermo, facendo un solo clic con il mouse. Aveva un’aria malinconica. Simile al muso di un animale appena abbandonato.

Un sospiro accompagna di tanto in tanto quell'espressione.
I due amici e colleghi lo stavano guardando in lontananza, con aria confusa per quel tipo di atteggiamento così malinconico, da parte di Mando.

“Ehm… credi che dovremmo preoccuparci?” domandò Cara, girandosi verso al detective.

“Non lo so... insomma, da quando è diventato padre, ha sviluppato un senso emotivo davvero forte.” rispose Geff.

“Talmente tanto, che è riuscito a smontare una fitta rete di trafficanti di droga e di organi.” aggiunse lei.

Greff e Cara continuarono a fissarlo, con aria incerta, mentre Mando continuava a cliccare con il mouse, con aria sempre più triste.

“Ma… secondo te, che cosa sta guardando?” domandò il detective.

“Non ne ho idea.” rispose Cara: “Pensi che sia una buona idea andare a vedere?”

“Non so…” ammise Greff. “Ho paura di peggiorare la situazione, solo a chiederlo.”

“Non vi preoccupate” disse il capitano Emily, mettendosi in mezzo a loro: “Non è nulla di troppo serio. Sta solo guardando tutte le foto di Grogu che ha sul computer. Da quando l’ha addotato fino a oggi.”

I due colleghi fissarono il capo con un po' incertezza, per poi guardare il loro amico.

“Cioè, in questo momento sta guardando tutte le foto di Grogu, in sette anni?” chiese Greef stupito.

“Esatto.” rispose Emily.

“Ed è nomale, che sia così… triste?” domandò Cara, mentre assisteva ad un altro sospiro da parte di Mando, con gli occhi che iniziavano a diventare lucidi.

“Oggi Grogu inizia la prima elementare. E ovviamente, Mando lo ha accompagnato".

“Lo sappiamo” disse Greef. “E sappiamo che per un genitore può essere dura da accettare. Ma… può provare… questo?”

“Mando è diventato molto sensibile, quando si tratta di Grogu. È sempre stato un padre molto affettivo e presente.  E per lui, sarà sempre un bambino che deve proteggere. Ma allo stesso tempo è consapevole che un giorno crescerà e non potrà essere presente per lui per qualsiasi cosa. E questa cosa, un genitore fa fatica ad accettarla.”

Cara e Greef si scambiarono due occhiate confuse. Cercando di capire quelle parole.

“E oggi, sarà la prima elementare. Poi domani sarà la prima media, il liceo, e alla fine il college. E lui dovrà accettare il fatto che crescerà, e non avrà mai più bisogno di lui.”

A quel punto, i due amici capirono disagio di Mando e il fatto che cercasse di rivivere i primi anni di Grogu attraverso le foto.

“E per un genitore è sempre un duro colpo da affrontare. In fondo a Din non piace essere messo in panchina. Soprattutto se si tratta di Grogu.”

Tutti e tre guardarono l’amico, e sul suo viso si poteva vedere l'accenno di un mezzo sorriso triste, mentre continuava a guardare lo schermo.

“E… dovremmo fare qualcosa?” domandò Cara.

“No” assicurò Emily: “Lasciamolo per un po' con la sua nostalgia. Credo che gli farà bene. E quando se la sentirà, si butterà sul lavoro.” E sorrise convinta, prima di ordinare ai due detective di riprendere il loro lavoro. Rientrò nel suo ufficio.

Cara e Greef continuarono a guardare l’amico in lontananza con aria un po' più comprensiva.

“Cavolo, devo ammetterlo” disse Geef. “La vita genitoriale è più dura di quanto pensassi…”

“Già” aggiunse Cara: “Ma possiamo comprendere. In fondo tutti i genitori sono così. E se parliamo di Mando, lo è ancora di più!”

“Vero!” e ridacchiò, per poi guardare l’amico. Ancora intento a cliccare il pulsante del mouse, con l’aria, per quanto possibile, sempre più da cane appassionato tra sospiri, occhi lucidi e risatine.

“Dopo il lavoro, lo convinco per andare a bere insieme, prima che vada prendere il piccolo a scuola.”

Cara alzò un sopracciglio, finché non vide Mando tirare su dal naso.

“ Sì. Dobbiamo decisamente fare una serata insieme. Prima che ce lo ritroviamo in ufficio a piangere, con una confenzione di gelato al cioccolato e ascoltando in loop ‘All by Myself’, mentre guarda la galleria digitale di Grogu da 0-35 anni!” disse Cara.

“Beh, allora dobbiamo iniziare subito ad organizzargli una bella serata indimenticabile!” concluse Greed, ridacchiando insieme a lei.

Mando, sempre fissando lo schermo, sussurrò le parole “Il mio piccolo…”, sotto agli sguardi pazienti dei due amici.

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=4022890