History repeating itself

di crazy640
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Un nuovo inizio ***
Capitolo 2: *** Alive & Kicking ***
Capitolo 3: *** Reunion ***
Capitolo 4: *** Sweetie & Ginger ***
Capitolo 5: *** Music & lyrics ***
Capitolo 6: *** All the things that makes life worth living ***
Capitolo 7: *** Feeling blue ***
Capitolo 8: *** You are a stranger to me ***
Capitolo 9: *** Sunday morning ***
Capitolo 10: *** Little Sunshine ***
Capitolo 11: *** In the city of blinding lights(prima parte) ***
Capitolo 12: *** In the city of blinding lights(seconda parte) ***



Capitolo 1
*** Un nuovo inizio ***


un nuovo inizio

 

 

Il furgone bianco si fermò davanti al numero 23 di Bleecher St.
Neanche una settimana prima un altro furgone si era fermato davanti alla stessa casa con la mobilia dei nuovi proprietari e,come la volta precendente i vicini,sia quelli all'interno delle loro case che quelli che stavano curando il loro giardino,si sporsero per vedere se riuscivano a rubare qualche altra informazione sui nuovi vicini:sapevano già che arrivavano da Pittsburgh,che erano una coppia sposata da più di dieci anni e che erano entrambi due professionisti affermati.
Erano riusciti a mettere insieme queste informazioni grazie ai piccoli accenni che erano riusciti a strappare ai traslocatori e dalle occhiate veloci che avevano lanciato ai mobili,chiaramente costosi e di valore:c'erano divani di pelle,mobili di chiara manifattura italiana e,qualcuno giurava di aver visto anche dei quadri di Justin Taylor,uno dei più quotati artisti della "new art" del momento.
Del resto,i nuovi vicini dovevano essere più che benestanti se potevano permettersi una casa come quella al numero 23 di Bleecher St.
Era riduttivo chiamarla casa,quella era una reggia otto camere da letto con bagno personale annesso,una piscina,il campo da tennis coperto e quello scoperto,un garage che avrebbe potuto ospitare l'intera scuderia Ferrari,un piccolo appartamento sopra di questo,che un tempo era destinato all'autista e alla sua famiglia,una cucina,due salotti e molto altro ancora.
Giravano voci che ci fosse anche un bowling con tre piste privato,ma non erano in molti a credere a quella diceria...
Tutti,quando la casa era stata messa in vendita ci avevano fatto un pensierino,viaggiando per qualche istante con la fantasia chiedendosi se avrebbero potuto permetterselo;ma bastava una telefonata all'agente immobiliare a mandare in frantumi i loro sogni.
Nello stesso istante in cui i due trasportatori,due ragazzi con maglietta nera a maniche lunghe ed un capello rosso con sopra il logo della ditta,scendevano dal furgone, un SUV blu notte imboccò la via,fermandosi a pochi metri dalla casa.
La prima a scendere fu una ragazza,di media altezza nonostante indossasse un paio di stivali da cavallerizza con almeno sei centimetri di tacco,con indosso un paio di jeans blu marine con degli strass che seguivano il contorno delle tasche,ed un maglione rosso a collo alto.
Dando le spalle ai vicini,chiuse la porta del SUV e si mosse veloce verso la casa,osservandola con un'espressione di chiara incredulità sul volto.
-OH SANTO CIELO!-esclamò incapace di staccare lo sguardo dalla casa.
Cercando di cogliere qualcosa dell'aspetto della ragazza,ma sperando di non apparire troppo invadenti Mrs.Connors e Mrs.Gable,ognuna nel proprio giardino posarono gli accessori da giardinaggio e,toltesi i guanti,fecero un passo in avanti verso il marciapiede.
In quel frangente,poterono osservarla meglio:notarono la pelle candida del suo viso,le sue labbra rosse e piene,il suo naso dritto che le dava un aria austera,ed i capelli biondi che le ricadevano sulle spalle in boccoli ordinati.
Quasi avessero aspettato quel grido per uscire dall'auto,la portiera del guidatore e quella del passeggero si aprirono,e ne scesero due uomini completamente diversi l'uomo dall'altro.
Uno era alto,muscoloso,dai corti capelli castani che gli ricadevano sugli occhi,un cappotto di lana pettinata grigia che lasciava intravedere soltanto un paio di jeans,chiaramente firmati,sopra un paio di scarpe nere lucide,anche quelle di ottima marca.
L'altro era biondo,con lunghi capelli che gli accarezzavano il collo e che sembravano leggermente spettinati,più basso di una spanna del moro,un fisico quasi efebico nonostante fosse chiaro che l'età dell'adolescenza era passata da un pezzo,una sciarpa attorno al collo ed giacca di pelle nocciola sopra un paio di jeans azzurri ed un paio di sneakers nere.
-Ti piace?-chiese avvicinandosi alla ragazza,un piccolo sorriso ironico sulle labbra.
-E me lo domandi?Questo posto è fantastico!-commentò guardando ora uno ora l'altro.
Il moro sorrise,abbassando per qualche istante la testa,facendo così ricadere alcune ciocche scure davanti agli occhi.
-Aspetta di vedere le scuderie...-le disse rialzando poi lo sguardo su di lei.
La ragazza lo guardò per qualche istante incredula prima di lanciarsi in un gridolino e di abbracciare entrambi.
I due uomini strinsero un braccio per uno attorno alla vita della ragazza,creando quell'abbraccio che avevano perfezionato con gli anni e che tutti e tre consideravano un momento privato,qualcosa che non concedevano alla curiosità degli estranei o degli amici.
-Questo è un nuovo inizio tesoro...-mormorò Justin,prima di dare un bacio fra i capelli biondi della ragazza.
I tre restarono in quell'abbraccio per qualche altro istante,finchè il biondo non rialzò lo sguardo e non si accorse del piccolo pubblico che aveva osservato la scena.
Era ora di ricordarsi delle buone maniere...
Si sciolse dall'abbraccio e,con un sorriso solare sul viso,quello per cui si era guadagnato il soprannome di "Sunshine",attraversò il piccolo tratto di strada che divideva i due lati della strada e si fermò davanti ad una casa dipinta di giallo.
Dietro di sè sentiva i passi del compagno e questo accentuò il suo sorriso:forse Brian non sarebbe stato sempre un buon vicino,ma sapeva che per lui era importante dare una buona prima impressione.
-Salve,sono Justin Taylor Kinney,il suo nuovo vicino-disse tendendo una mano alla donna dai capelli castani che era di fronte a lui.
Questa restò qualche istante a fissarlo,incredula che un'artista,una "star" come lui fosse il proprietario della casa di fronte alla sua.
-Salve,sono Elisabeth Connors-disse riscuotendosi dal incredulità e stringendo la mano che quello ancora gli tendeva.
-Lui è mio marito,Brian Kinney-disse facendo un cenno con il capo alla sua destra verso Brian.
Brian accennò uno dei suoi sorrisi maliziosi capaci di farti innamorare o di ucciderti all'istante e strinse la mano alla donna.
-Piacere di conoscerla-le disse con voce profonda.
Mrs Connors si schiarì la gola cercando di non farsi distrarre da quella voce e da quegli occhi nocciola e si ritrovò a pensare al nome appena detto dal biondo.
-Kinney?Ha qualcosa a che fare con la Kinnetik Corporation?-gli domandò incerta.
-Ne è il presidente-rispose una voce.
La ragazza si era unita a loro,fermandosi accanto a Justin e solo in quel momento Elisabeth Connors si accorse della innegabile somiglianza fra i due.
-Mrs.Connors le presento nostra figlia,Victoria-disse Justin.
-Vic per carità!Molto piacere di conoscerla-fece poi la ragazza educatamente con un piccolo cenno della testa.
-Scusi Mr Kinney?-s'intromise uno dei traslocatori.
Brian si voltò verso i due e annuì,lanciando uno sguardo veloce a Justin prima di avviarsi verso il furgone,seguito da Victoria.
Aveva fatto la sua parte,ora toccava a Justin intessere relazioni di buon vicinato...
Mrs.Connors gli presentò alcuni dei loro vicini e,nonostante la loro chiara sorpresa di trovarsi davanti una "persona famosa",nessuno fece commenti o espressioni strane quando vedevano Brian dirigere i lavori degli scaricatori.
Già un gran cambiamento rispetto a Pittsburgh...
Quando Justin finalmente riuscì a liberarsi dei loro nuovi vicini si avvicinò al furgone,già aperto e mezzo svuotato:quel secondo camion conteneva soprattutto ciò che gli serviva per il suo lavoro,più tutto ciò che era nella cucina,nel salotto e nella camera da letto di Victoria e nella loro.
Brian,senza cappotto e con le maniche della camicia rivoltate a lasciar scoperti i gomiti,uscì dalla porta e sorrise vedendolo andargli incontro.
-Ehi tesoro!Credevo ti avessero sequestrato-commentò fermandosi davanti a lui.
Justin sorrise e gli cinse le spalle con un braccio,sentendosi stringere alla vita da un braccio di Brian.
-Dovevo fare davvero un'ottima impressione per evitare che restino sconvolti quando verranno a farci visita Emmett o Debbie-gli disse senza staccare lo sguardo dal suo.
-Mh,buona idea.
Ora che ne dici di darmi una mano con questa roba?-gli disse riferendosi agli scatoloni ancora in attesa.
-Se devo proprio...-si lamentò.
Brian ghignò e lo guardò di sottocchi,come soltanto lui sembrava capace,facendogli partire dei brividi lungo la schiena.
-Posso sempre chiederlo a uno dei traslocatori,ma poi non garantisco cosa succederà...-
Il biondo sorrise e,alzandosi sulle punte,gli diede un bacio veloce sulle labbra,accarezzandogli i capelli sul retro del collo.
-Papà!Papà!-
Victoria corse scese i tre larghi scalini di finta pietra e non si fermò neanche quando li vide persi nelle loro effusioni.
Era abituata a quelle scene,non l'avevano forse accompagnata ogni giorno fin da quando era nata?
Justin si allontanò dal volto di Brian e guardò sua figlia,in attesa.
-Ho avuto un'idea fantastica...Che ne dici se io mi trasferisco nel piccolo appartamento sopra il garage?-gli chiese con un sorriso a trentadue denti.
-Dovrai passare prima sul mio cadavere-le disse con lo stesso sorriso.
La ragazza sospirò scocciata e guardò Brian in cerca di appoggio.
-Ti prego papo fallo ragionare-
Il moro alzò le spalle in un gesto quasi comico per farle capire che in quella conversazione preferiva non intromettersi,almeno se voleva continuare a vivere sereno.
Certe volte,padre e figlia erano più simili di quanto si desiderasse e prendere una posizione in quei litigi equivaleva a firmare la propria condanna a morte.
-Cosa c'è che non va nelle altre otto camere da letto?-chiese ancora Justin.
-Neanche tu riusciresti a dormire se avessi dei vicini di stanza rumorosi quanti i miei-lo beccò.
-Credo stia parlando di noi-commentò Brian facendo scivolare fra i denti il labbro inferiore,senza staccare lo sguardo da Justin.
Justin lo guardò con un espressione del tipo "non mi dire",prima di tornare a guardare Victoria e farsi scappare un sospiro frustrato.
-Ok,se è questo il problema possiamo spostarci nella camera più distante,così i vicini rumorosi non saranno più un problema-disse guardando la ragazza.
Victoria lo guardò per qualche istante incerta,prima di alzare le spalle.
-Credo mi dovrò accontentare se non posso proprio avere l'appartamento sul garage-concesse.
Justin sorrise e si avvicinò alla figlia,affondandole una mano fra i capelli e scompigliandoli.
-Ok avete finito?-s'intromise Brian ad entrambi.
I due annuirono facendo nascere un sorriso malizioso sul viso del moro.
-Bene,perchè stavamo dimenticando una cosa molto importante...-disse sibillino guardando Justin.
Questi ricambiò il suo sguardo con la fronte aggrottata cercando di capire dove volesse arrivare il marito,ma solo quando lo vide avvicinarsi e posargli una mano sul fianco destro,capì le sue intenzioni.
-Stai scherzando,vero?-gli chiese fissandolo con aria stupita.
Brian si limitò a scuotere la testa,continuando a guardarlo con quegli occhi profondi e pieni d'amore,prima di prenderlo in braccio e incamminarsi verso la porta fra le risate di Victoria.
Justin allacciò un braccio attorno alle spalle di Brian,certo che comunque l'altro non l'avrebbe mai lasciato cadere a terra.
Neanche quando si erano sposati Brian lo aveva portato in braccio oltre la porta del loft e forse,il fatto che lo stesse facendo ora,per la loro nuova casa,segnava davvero un nuovo inizio.

 

Se si escludeva il buco nero che comprendeva la notte del prom,che nonostante fossero passati anni non riusciva ancora a ricordare,della sua storia con Brian,Justin ricordava ogni istante,ogni momento,che fosse importante o meno,perchè tutto aveva contribuito a costruire la loro coppia.
Anche i tradimenti e le separazioni...
Ricordava perfettamente la sera in cui avevano deciso di non sposarsi:era arrivato così vicino a realizzare il suo sogno per poi accorgersi che questo si era trasformato in una sorta di incubo.
Il loro amore si stava davvero trasformando in una sottospecie di surrogato etero che poneva l'amore davanti a tutti,anche davanti ai propri sogni e alla propria felicità.
Se si fossero sposati allora avrebbero finito per rovinarsi la vita a vicenda finchè uno dei due non avesse ceduto,e conoscendosi sarebbe toccato a lui quel compito.
Così era partito alla conquista di New York,lasciando Brian a Pittsburgh.
Per i primi mesi si era sistemato nell'appartamento dell'amica di Daphne,usandolo anche come studio visto che non aveva abbastanza soldi per affittare uno studio apposito.
Certe volte ancora si chiedeva come Sally avesse fatto a sopportarlo:non doveva essere stato facile vivere con un pazzo che passa nottate intere a dipingere,per poi crollare morto di stanchezza alle prime luci dell'alba.
Però presto,le cose avevano iniziato a girare e i suoi quadri avevano fatto la loro comparsa nelle gallerie;inizialmente in quelle più piccole,più underground e frequentate soltanto da artistoidi e fanatici dell'arte.
Finchè un giorno,qualche mese dopo il suo arrivo a New York,Sophia Palin si era trovata a passare in una di queste gallerie ed era rimasta affascinata da un quadro di Justin,chiedendo alla curatrice della mostra come poteva contattare l'artista.
Sophia Palin possedeva una galleria d'arte nel Greenwich Village e,nonostante avesse già una certa fama nell'ambiente,non smetteva di girare per la città alla ricerca delle novità e di quello che di meglio il mondo dell'arte poteva offrire.
Dichiaratamente lesbica,sui trent'anni,aveva un viso leggermente paffuto,incorniciato da lunghi capelli castani che stringeva sempre in una crocchia per sembrare professionale,occhi neri profondi capaci di incenerire il proprio interlocutore con uno sguardo,e un naso dritto che gli conferiva un'aria severa che veniva smentita non appena si passava del tempo con lei.
-Lì fuori è una giungla,siamo tutti alla ricerca del meglio,del miglior pezzo di carne su cui affondare i denti,ma sono in pochi quelli che hanno il coraggio di ammetterlo-aveva detto la prima volta che aveva incontrato Justin.
Ed il biondo era rimasto colpito dalla sua crudezza,dal suo modo schietto,perchè in qualche modo gli aveva ricordato Brian.
Già,Brian.
Un'altra cosa che ricordava chiaramente di quei mesi a New York era il silenzio:nonostante si fossero promessi di sentirsi e di fare avanti e indietro da Pittsburgh per vedersi,le cose erano andate diversamente.
Lui doveva conservare i pochi soldi che aveva per le spese giornaliere e per comprare altre tele e colori,mentre Brian era sempre occupato con il suo lavoro.
Con il passare dei mesi,anche le telefonate che li avevano tenuti uniti fino a quel momento, diminuirono fino a cessare del tutto.
L'incontro con Sarah Palin aveva fatto sì che alcuni quadri di Justin venissero esposti nella sua galleria:iniziarono con due quadri,ma visto la velocità con cui vennero acquistati,la donna ne espose altri quattro e la volta successiva altri sei.
Quelle vendite garantirono a Justin una certa stabilità economica e gli consentirono di affittare un piccolo studio e di far un breve viaggio a Pittsburgh,per andare a trovare i vecchi amici e soprattutto per dimostrare a Brian che niente era cambiato.
In aprile,otto mesi dopo il suo arrivo a New York,il mondo dell'arte sembrava veramente curioso riguardo al nuovo "genio creativo",come lo aveva definito il "New Yorker",e lo stesso si poteva dire dei collezionisti e dei ricchi uomini d'affari.
-Ho deciso di esporre una tua personale-gli annunciò Sophia una mattina davanti ad un caffellatte,mentre erano seduti ad un tavolino dello Starbuck a Manhattan.
Justin,il cui sorso di caffè era andato di traverso,il viso rosso per la mancanza d'ossigeno,tossì a lungo finchè non gli sembrò che tutto fosse tornato normale e poi alzò lo sguardo sul volto di Sophia.
-Stai scherzando?-le aveva chiesto incredulo.
La donna aveva scosso la testa prima di riportare le labbra sul suo bicchiere.
-Sai che non scherzo mai quando si tratta di lavoro-gli aveva detto quasi rimproverandolo.
Justin si fece serio,cercando di realizzare le sue parole:una sua mostra personale.
-Non credi sia troppo presto?-le aveva chiesto timoroso.
-Stai scherzando?Hai idea di quante persone entrano nella galleria per chiedermi i tuoi quadri e se ne vanno a mani vuote perchè altri l'hanno già acquistati prima?
O quanti colleghi vorrebbero riuscire a metterti le mani addosso?-gli aveva domandato lei a sua volta.
-In effetti sono sempre stato molto richiesto!-aveva scherzato lui cercando di mascherare il nervosismo che quella notizia gli aveva provocato.
-Già certo immagino...Comunque,per tornare alla tua mostra,posso dirti con certezza che è il momento giusto.
Nessuno ha più palle di te,artisticamente parlando-aveva aggiunto subito.
Il biondo rise leggermente,abbassando lo sguardo sulle proprie mani per qualche istante.
-Quando sarebbe?-aveva chiesto senza guardarla.
-Ce la fai a fare venti quadri per giugno?-gli aveva domandato nel tono professionale che usava sempre quando parlavano d'affari.
Il biondo si era morso il labbro inferiore,restando in silenzio qualche istante:non sarebbe stato un problema portare a termine quel compito.
La cosa che più lo intristiva era che non ci fosse la sua famiglia a festeggiare con lui...Che Brian non fosse lì.
In fondo era anche merito suo se quello che aveva solo sognato stava diventando realtà.
Aveva rialzato lo sguardo ed aveva annuito.
Si era subito messo a lavoro,gettandosi anima e corpo in quel pensiero quasi avesse bisogno di dimenticare.
Nonostante la mostra fosse a giugno,Sophia si era rivolta ad un'importante agenzia pubblicitaria che desse il giusto riscontro pubblicitario all'evento.
Vennero coinvolti giornali e televisioni,ed una trupe televisiva venne nel suo studio per intervistarlo chiedendogli come si stesse preparando a quell'evento,e di dargli un' anticipazione, qualcosa che invogliasse i telespettatori a venire alla mostra.
Non aveva programmato quello che accadde in diretta,successe soltanto per la dannata curiosità dell'anchorwoman.
Forse la sua storia con Brian era finita,anche se non ne aveva la certezza assoluta,ma questo non lo aiutava certo a dimenticare,o a togliersi il corpo perfetto di Brian dalla mente,o ancora a cancellare tutto quello che c'era stato fra di loro.
Nonostante fossero passati mesi dall'ultima volta che lo avesse visto o sentito,gli bastava chiudere gli occhi per ricordare ogni particolare del suo volto e del suo corpo.
Così,quando incorreva in un momento di crisi o aveva bisogno di una pausa,prendeva il pennello o il carboncino e a fine giornata aveva un ritratto di Brian.
Erano ormai quasi una trentina,tutti impilati a terra,coperti da un telo bianco.
Il giorno dell'intervista però aveva dimenticato uno di questi ritratti sul cavalletto,e se ne era ricordato soltanto quando l'anchorwoman glielo aveva fatto notare.
-Questo è uno dei quadri che sta preparando per la mostra?-gli aveva chiesto avvicinandosi, seguita dalla telecamera,al cavalletto.
Il quadro era un semplice ritratto di Brian fatto con il carboncino,un'immagine di Brian che gli tornava alla mente sempre più spesso in quell'ultimo periodo;con i capelli di media lunghezza che gli coprivano gli occhi e rendevano impossibile capire cosa stesse pensando,il mento leggermente basso perpendicolare con il torace,la stessa camicia nera che aveva indosso l'ultima sera che avevano trascorso insieme prima della sua partenza per New York ed una sigaretta fra le dita della mano sinistra.
Il viso di Justin era diventato di tutti i colori quando si era accorto di che quadro la donna stava parlando e,incapace di rispondere,aveva fissato smarrito la telecamera,chiedendosi cosa Brian e gli altri avrebbero pensato vedendo quel quadro.
Riusciva ad immaginare senza alcuno sforzo le risate trattenute di Ted,il sorriso a trentadue denti che era nato sul volto di Debbie e quello più contenuto su quello di Micheal.
-Certamente-si era intromessa Sophia,accortasi del suo sbandamento-E' uno dei pezzi per cui credo ci saranno più offerte-
Quando si erano liberati della giornalista,Justin aveva cercato in tutti i modi di far cambiare idea a Sophia sul vendere il quadro di Brian,ma la donna si era dimostrata irremovibile:aveva promesso in diretta nazionale,non poteva certo rimangiarsi la parola!
Aprile e maggio passarono in fretta e prima che Justin se ne rendesse conto,passava i suoi giorni alla galleria per controllare che tutto fosse apposto e ogni quadro venisse sistemato nell'ordine da lui scelto.
-Questa mostra sarà un successo-gli annunciò Sophia fermandoglisi accanto mentre osservava il quadro di Brian-Preparati a diventare famoso-gli predisse mettendogli un braccio attorno alle spalle.
Justin accennò un sorriso e voltò la testa verso di lei.
-Hai fatto quello che ti ho chiesto?-le aveva domandato curioso.
La donna aveva annuito,lo sguardo ancora fisso sul quadro.
-Tutto fatto...In fondo te lo dovevo:è grazie a te se sto per diventare schifosamente ricca-
Il biondo aveva riso e le aveva dato una lieve spinta che,invece di smuoverla,l'aveva portata a ridere con lui.
Il giorno della mostra non riuscì a toccare cibo,teso a tal punto che il solo pensiero del cibo gli faceva venire la nausea.
Era stato a lungo indeciso se presentarsi con abiti formali o con quelli che indossava di solito,e alla fine aveva trovato una via di mezzo,indossando un paio di jeans sotto una camicia bianca ed una giacca blu.
Era arrivato prima che la galleria aprisse le porte al pubblico per controllare che tutto fosse esattamente come lo aveva immaginato,ma nonostante quell'accortezza era dovuto passare dal retro a causa dei fotografi presenti davanti alle porte in attesa.
A quanto pare non era stato l'unico ad aver avuto quell'idea:oltre ai camerieri che si occupavano del ricevimento,Sophia e Janet,la sua compagna,erano già dentro.
-Ma non avete una casa dove tornare?-aveva chiesto loro scherzoso.
-Credo che dovremmo aprire prima dell'orario stabilito-gli aveva detto Sophia dopo averlo salutato con un bacio.
Justin si era avvicinato a Janet per salutarla e poi si era voltato a guardare l'amica.
-E per quale motivo?-
-Hai dato un'occhiata alla gente che aspetta fuori?Neanche ai saldi di "Saks" sulla Fith c'è tanta folla!-aveva commentato.
Il ragazzo aveva sorriso e aveva scosso la testa.
-Facciamoli fremere ancora un pò...-aveva detto poi.
Quella sera il suo principale pensiero,ancor più della mostra,dei giornalisti e di come sarebbero stati accolti i suoi quadri,era rivolta agli inviti che Sophia aveva spedito per suo conto alle persone che lui considerava più importanti...Senza le quali non sarebbe stato lì in quel momento.
-Che risposta hai avuto?-le aveva infatti chiesto,cercando di apparire indifferente.
-Oh,quasi tutti hanno dato conferma della loro presenza,a parte uno-gli aveva risposto senza bisogno di altre informazioni.
Justin aveva annuito.
Non aveva bisogno di sapere chi era l'unico "disertore".
Aveva annuito in silenzio,staccandosi poi dalle due donne per dare un'ultima occhiata ai quadri;quando si era fermato di fronte a quello di Brian lo aveva fissato a lungo,quasi volesse imprimersi nella sua mente ogni contorno ed ogni sfumatura di colore,dando il suo personale addio.
-Sono pronto-aveva detto poi voltando la testa verso Sophie.
Le porte di vetro erano state aperte e,ordinatamente,la folla era entrata nella galleria:per qualche istante Justin si sentì mancare al fiato.
Forse solo al Babylon aveva visto tanta gente tutta insieme!
Su consiglio di Sophie aveva iniziato a girare per la sala,ricambiando molte strette di mani, rispondendo ad alcune domande volanti di qualche giornalista e conversando amabilmente con uomini in giacca e cravatta con moglie al seguito.
Scorse sua madre e il suo compagno non appena questi entrarono nella galleria ed era andato loro incontro sorridendo quando la madre gli aveva gettato le braccia al collo.
-Non puoi capire come sono orgogliosa di te!-gli aveva detto la madre dandogli un bacio sulla guancia destra.
Lui aveva sorriso di nuovo.
-Tutti questi complimenti e non hai ancora visto l'esposizione...-la prese bonariamente in giro, guadagnandosi un buffetto sulla guancia sinistra ed un altro bacio.
-Vieni ti faccio fare un giro della sala-si era offerto.
-Oh santa merda!-
L'esclamazione era arrivata poco distante da lui facendo voltare un gruppo poco distante alla sinistra di Justin,che si era guardato intorno all'istante:sulla porta,visibilmente commossa,Debbie si era guardata attorno per qualche altro istante prima di trovare Justin con lo sguardo e aprirgli le braccia in un gesto dei suoi.
Accanto a lei,chiaramente in imbarazzo,Carl continuava a sistemarsi la punta della cravatta perchè questa fosse in perfetto accordo con la cintura di pelle marrone.
-Allora mamma ti decidi ad entrare?-sentì Justin,riconoscendo la voce di Micheal ancora fuori dalle vetrate.
Si era scusato con la madre ed era andato verso di loro,un sorriso felice sul volto.
Prima che potesse dire qualsiasi cosa,Debbie lo aveva afferrato e lo aveva stretto in un'abbraccio che aveva portato alla memoria tanti altri abbracci come quello:quante volte Debbie lo aveva consolato nei suoi momenti di confusione,di rabbia e soprattutto nei momenti di crisi con Brian...
Si era staccato leggermente da lei e le aveva sorriso.
-Sono felice che tu sia qui-le aveva detto prima di darle un bacio sulla guancia sinistra.
-Stai scherzando Raggio di Sole?Non ci saremmo persi questo momento per niente al mondo!-
Ancora una volta lui aveva sorriso e aveva annuito.
Una mano si posò sulla sua spalla sinistra e alzando lo sguardo aveva colto quello di Micheal e di Ben e Hunter.
-Allora quando hai intenzione di farci vedere il famoso quadro di Brian?-gli aveva poi chiesto l'amico spezzando l'atmosfera seria.
Tutti avevano riso e,dopo i saluti,Justin aveva fatto loro da guida personale,ripetendo lo stesso ruolo una seconda volta quando,leggermente in ritardo erano arrivati Melanie e Lindz da Toronto e Ted,Blake e Emmett da Pittsburgh.
-Tesoro è davvero incredibile quello che sei riuscito a fare stasera-gli aveva detto Melanie sinceramente ammirata mentre erano fermi accanto ad una vetrata che dava sulla strada insieme a tutti gli altri.
-Io non ho fatto niente:ho solo dipinto qualche quadro...Al resto ha pensato tutto Sophia-si era schernito sincero.
-Ah proposito di quadri:credi che potrei comprarne uno senza dover dar fondo a tutti i miei risparmi?-gli aveva chiesto Ted con il suo solito sarcasmo.
-Sei già in bolletta Ted?-gli aveva chiesto Mel guardandolo preoccupata.
-Per quanto ti dai da dare all'agenzia,dovresti dire a Brian di darti un'aumento-aveva aggiunto Debbie prima di affondare i denti in una tartina al salmone.
Quelle parole avevano fatto scendere il gelo fra il gruppo di amici e aveva portato Debbie a lanciare uno sguardo di scuse a Justin:finora avevano evitato accuratamente di fare il suo nome o anche il più piccolo accenno su di lui per evitare che la grande serata del ragazzo venisse rovinata da quell'ingombrante fantasma.
Ma Justin non aveva bisogno di sentire il suo nome per ricordarlo:era tutta la sera che guardava la porta sperando di vederlo entrare,o che lanciava sguardi veloci al display del suo cellulare per controllare che non ci fossero delle chiamate perse.
A salvarlo dagli sguardi preoccupati dei suoi amici,fortunatamente,era arrivata Sophie che si era avvicinata al gruppo a passi veloci.
-Devi venire con me-gli aveva detto in tono perentorio.
-Che succede?Problemi?-le aveva chiesto aggrottando la fronte.
Lei aveva scosso la testa,tendendo la mano e prendendo quella di lui aiutandolo poi a mettersi in piedi.
-Abbiamo venduto il quadro che abbiamo fatto vedere in quel servizio alla televisione-gli aveva detto senza lasciargli la mano.
Quella notizia,invece che rallegrarlo come era stato per le vendite precedenti,lo aveva incupito:avevano comprato il quadro di Brian.
Chissà se era stato uno dei suoi amanti da una notte ad averlo comprato...
-Oh...-si era limitato a dire.
-Vuole conoscerti-aveva detto la donna con tono fermo.
-E per quale motivo?Spera di avere uno sconto sul prezzo?-aveva scherzato,poco desideroso di gettarsi di nuovo in mezzo alla folla.
-Non fare storie e vieni con me!-gli aveva ordinato la donna.
Justin aveva sospirato e aveva annuito,ma prima di allontanarsi si era voltato verso il gruppo di amici con un pallido ricordo del suo classico sorriso e aveva guardato Ted.
-Ted,per quanto riguarda il quadro,scegli quello che preferisci ed è tuo-gli aveva detto.
Era poi tornato a voltarsi e si era incamminato dietro Sophia,stringendo nel cammino qualche altra mano e ringraziando per le congratulazioni che riceveva qua e là.
Solo quando fu ad una decina di metri di distanza si accorse di quello che doveva essere l'acquirente del quadro:era voltato di spalle,una giacca nera a delineare il profilo perfetto della sua schiena,le ciocche di capelli castani che gli accarezzavano il colletto nero della camicia perfettamente stirato.
Justin aveva rallentato il passo,chiedendosi se la sua mente stressata dal troppo lavoro non avesse iniziato a giocargli brutti scherzi,finchè Sophia non si era avvicinata all'uomo e gli aveva posato una mano sul braccio sinistro facendolo voltare.
E,per la seconda volta nella sua vita,Justin si era trovato davanti la faccia di Dio.
I suoi occhi castani si erano posati per pochi secondi su Sophia prima di saettare veloci su di lui,che era ancora a qualche metro di distanza incapace di terminare il breve tragitto e per un lungo istante si limitò a guardarlo.
Era lì.
Solo ora Justin si rendeva realmente conto di quanto gli era mancato e di quanto era stata infantile la speranza di una sua chiamata...Non sarebbe stato nel suo stile.
E questo lo era decisamente meno.
-Mr Kinney,le presento Justin Taylor-aveva detto Sophia facendo le presentazioni.
Un sorriso divertito aveva incurvato le labbra di Brian e subito dopo le sue:dopo tutto quello che era successo fra loro,c'era ancora qualcuno che credeva avessero bisogno di presentazioni?
-Ci conosciamo già Sophia-le aveva detto senza staccare lo sguardo dal volto di Brian.
-Oh...Questa sì che è una sorpresa-
I due uomini avevano continuato a fissarsi,escludendo Sophia da quel gioco di sguardi come in passato avevano lasciato fuori i loro amici e tutti gli altri amanti occasionali che avevano avuto.
-Spero non ti sia costato troppo-aveva detto Justin,mordendo la parte interna del labbro inferiore.
-Il giusto prezzo...Ma per un quadro come questo avrei anche offerto una cifra più alta-gli aveva detto parlando per la prima volta.
La sua voce fu una carezza ed insieme un brivido sulla sua pelle,facendogli ricordare quante volte gli era bastato ascoltarlo parlare per eccitarsi.
Justin accennò un sorriso e piegò leggermente la testa verso destra,prima di tornare a guardarlo.
-Il solito narcisista...-aveva commentato poi.
Brian aveva sorriso:soltanto lui poteva permettersi certi commenti senza aver paura di una morte lenta e dolorosa.
-Faccio sempre del mio meglio,tu dovresti saperlo-
-Purtroppo non potremmo farle avere il quadro fino alla fine della mostra,quindi si ricordi di lasciare il suo indirizzo;così potremmo farglielo recapitare al momento opportuno-si era intromessa Sophie,completamente immersa nel suo ruolo, che fino a quel momento aveva seguito il loro discorso guardando ora uno ora l'altro neanche fosse una partita di tennis.
-Perfetto.Anche perchè al momento sono in pieno trasloco-aveva detto Brian rivolgendosi direttamente a Justin.
Il biondo aveva corrugato la fronte,sorpreso da quella notizia:Brian aveva lasciato il loft e nessuno si era preoccupato di avvertirlo?
Che razza di amici erano se gli nascondevano una cosa del genere?
Cosa significava quel trasferimento?Che Brian forse stava andando avanti con la sua vita,lasciandolo indietro,rilegando la loro storia nel passato?
Per la prima volta da quando si erano incontrati,Brian spostò lo sguardo su Sophia concedendole uno dei suoi meravigliosi sorrisi.
-Ha mai sentito parlare della Kinnetik?-aveva chiesto a Sophia.
La donna aveva scosso la testa facendo sorridere Brian.
-Me lo aspettavo...Beh presto lo farà.
La Kinnetik è l'agenzia pubblicitaria di cui sono il presidente a Pittsburgh,la migliore della città,ed ora ho deciso che è venuto il momento di tentare l'assalto alla Grande Mela-aveva spiegato alla donna.
Justin ascoltò quelle parole incredulo:Brian stava traslocando a New York?
-Cosa?-aveva chiesto incapace di trattenersi oltre.
Il moro lo aveva guardato di nuovo e,incontrando i suoi occhi,Justin aveva capito che il vero motivo che spingeva Brian a trasferirsi era lui.
Soltanto lui.
-Te l'avevo detto che prima o poi avrei conquistato il mercato newyorkese-gli aveva detto con quell'aria sbruffona di sempre.
-E' solo per questo che lo fai?-gli aveva chiesto.
Non avrebbe avuto bisogno di rassicurazioni ulteriori,sapeva che Brian lo stava facendo per lui; il motivo che lo aveva spinto a fare quella domanda era per essere sicuro che non fosse la sbruffonata del momento,qualcosa di cui poi si sarebbe pentito l'attimo dopo.
Solo allora Brian aveva fatto i pochi passi che ancora li dividevano fermandosi davanti a lui, costringendolo ad alzare leggermente la testa per incontrare i suoi occhi.
Si erano fissati per qualche secondo in silenzio,resistendo all'impulso di muovere una mano verso l'altro.
-Tu sai perchè lo faccio-gli aveva detto poi osservando gli occhi azzurri di Justin.
L'altro aveva annuito,premendo una contro l'altra le labbra per qualche secondo:c'era ancora una cosa da chiarire.
-Le cose non sono cambiate da Pittsburgh-gli aveva detto senza staccare gli occhi dai suoi.
Voleva ancora una famiglia,una marito e dei figli,e sperava con tutto sè stesso di poterli avere con Brian,ma non se questo significava porre dei limiti alla propria individualità o a quella del compagno.
Brian aveva sospirato,provocandogli una leggera pelle d'oca sulla pelle del collo,prima di alzare le spalle.
-Lo avevo immaginato...Ma credevo di averti dato la mia risposta presentandomi qui-
Justin era rimasto in silenzio e lo aveva fissato qualche istante in silenzio,incerto:tutto quello che voleva era gettargli le braccia al collo e non lasciarlo più andare via.
Ma nonostante la paura di commettere un altro errore fosse forte,non era niente confrontata a quella di vederlo andare via.
-Ok...-aveva sussurrato poi,quasi avesse paura di farsi sentire dagli altri presenti alla mostra.
Brian aveva sorriso prima di chinare il viso verso il suo e baciarlo:nello stesso istante in cui le loro labbra si erano sfiorate,il braccio destro del moro si era stretto attorno alla vita di Justin,attirandolo contro di sè,incurante come al solito della possibilità di dare spettacolo.
Il biondo aveva sorriso sulle sue labbra,alzando poi un braccio per portare la mano dietro il collo di Brian,sfiorando con i polpastrelli di capelli morbidi leggermente più lunghi di come li ricordava.
Quando si staccarono,si accorsero degli sguardi degli ospiti più vicini ed il flash di alcuni fotografi,e per un'attimo Justin si chiese cosa avrebbero scritto di quel bacio l'indomani parlando della mostra,accantonando il pensiero l'attimo dopo nell'angolo più lontano della sua mente.
Finalmente,quasi un anno dopo averlo "perso",aveva ritrovato il suo Brian.

 

Osservando i vestiti per l'indomani sistemati ordinatamente sulla scrivania poco distante dal suo letto,Vic si chiese se le sarebbe stato possibile inventarsi un mal di gola già il primo giorno di scuola.
Si guardò attorno nella sua stanza,piena di scatoloni ancora imballati,e si ritrovò a scuotere la testa:non sarebbe servito a nulla,se non a posticipare qualcosa di inevitabile.
Due colpi leggeri vennero bussati sulla sua porta e Vic,si voltò verso l'ingresso senza preoccuparsi di infilare la vestaglia di spugna poco distante dal letto,nonostante avesse indosso solo il top rosso e i boxer grigi che indossava per dormire:nè lei nè i suoi padri si sarebbero scandalizzati per quell'abbigliamento.
-Avanti-disse fissando la porta.
Suo padre apparve sulla soglia e,la mano ancora sulla maniglia,le sorrise.
-Sapevo di trovarti sveglia...Che ne dici di una tazza di tè?-le chiese.
Vic accennò un sorriso e annuì,uscendo poi dalla stanza e seguendo il padre al piano di sotto verso la cucina.
Quella casa di notte assumeva un aspetto completamente diverso:sembrava quasi uscire da un film dell'orrore!
-E' normale che sia così spoglia?-domandò al padre.
Nonostante l'uomo fosse di spalle lo sentì sorridere.
-Ancora non abbiamo finito di aprire tutti gli scatoloni,vedrai che quando avremo sistemato tutto sarà molto più accogliente-la rassicurò.
Si avviarono verso la cucina e Vic si sedette su uno degli sgabelli da bar marroni attorno all'isola cucina,il piede destro che sfiorava il parquet mentre osservava suo padre preparare le due tazze di tè.
-Abbiamo del miele?-gli chiese senza grandi speranze.
Anche se quel pomeriggio erano andati insieme al drugstore per comprare alcuni generi di prima necessità non era certa che si fosse ricordata anche di quello.
-Guarda il mobile vicino al frigo-le disse suo padre voltandosi per lanciarle un'occhiata.
Vic scese dallo sgabello e fece come lui le aveva detto,sorridendo alla vista del contenitore a forma di orsetto pieno di miele.
-Come farei senza di te?-gli domandò concedendogli un sorriso.
-Lasceresti i vestiti ovunque come tuo padre e mangeresti solo schifezze-ribattè l'uomo posando le due tazze sopra l'isola.
Vic chiuse l'anta del mobile e tornò a sedersi sullo sgabello.
-Papo dov'è?-gli chiese aprendo il barattolo del miele e iniziando a spremerne la pancia.
-Sotto la doccia,ci raggiunge quando ha finito...Basta con quel miele!-le disse Justin,girando con un cucchiaino il suo tè.
Vic sbuffò scocciata e per qualche minuto nessuno dei due parlò,impegnati com'erano a sorseggiare tè.
-Sei nervosa per domani,vero?-domandò poi il biondo con tono sicuro.
Vic annuì.
Era ovvio che lo fosse:dopo tutto quello che aveva passato al liceo di Pittsburgh come poteva sperare in qualcosa di diverso?
Justin sospirò e fece per allungare una mano verso quella della figlia per poi cambiare idea, certo che Victoria avrebbe rifiutato il contatto.
-Qui a Toronto le cose sono diverse-le disse per la millesima volta.
-Certo,qui il vostro matrimonio è legale...-commentò lei senza guardarlo.
-Non è solo questo!-s'intromise la voce di Brian facendo voltare la testa di entrambi verso l'entrata della cucina.
Con indosso un paio di pantaloni da tuta blu ed una maglietta dello stesso colore,Brian andò loro incontro a piedi scalzi.
-Che intendi?-domandò Vic fissandolo mentre le si sedeva accanto.
-Beh qui possiamo tranquillamente fare causa a tutti quelli che ti infastidiscono sicuri che la legge  ci darà ascolto-disse suo padre.
-Oppure possiamo passare direttamente alle maniere forti...Magari possiamo rigar loro la macchina-aggiunse l'altro.
-Brian!-lo rimproverò Justin.
-Cosa?Si sono fatti qualche scrupolo nel rovinarmi l'Harley?-gli domandò Brian,il cuore ancora sanguinante dalla fine ignominosa che aveva fatto una delle sue moto.
Justin aveva sospirato e lo aveva guardato per qualche istante in silenzio prima di alzare le spalle.
-Per fortuna Mel vive a pochi isolati di distanza...-commentò poi.
Brian accennò un sorriso prima di tornare a guardare Vic con espressione seria.
-Ascolta Little Sunshine non possiamo prometterti che non succederà niente di grave,perchè sarebbe impossibile...-le disse con voce seria,ma allo stesso tempo rassicurante-Ma possiamo prometterti fin da adesso che qualsiasi cosa succederà,positiva o negativa che sia,l'affronteremo insieme come abbiamo sempre fatto-
Vic fissò per qualche istante gli occhi nocciola del suo secondo padre e annuì leggermente:sapeva che i due uomini avrebbero fatto di tutto pur di evitarle un'ulteriore dolore.
-Se te lo promette un supereroe puoi crederci,tesoro-scherzò suo padre facendo sorridere sia lei che Brian.
Il moro si voltò verso Justin e lo fissò con un sorriso ironico sul volto.
-Spiegami una cosa:è per il tuo umorismo che ti ho sposato?-gli domandò poggiando entrambi i gomiti sul tavolo e sporgendosi in avanti.
Il padre storse leggermente la bocca chiusa verso destra in una posa pensierosa per poi scuotere la testa.
-No,non credo sia per questo...-rispose poi,sistemandosi nella stessa posizione di Brian.
I due uomini sorrisero e avvicinarono le teste per un bacio che perse in pochi secondi tutta l'innocenza iniziale.
Vic sospirò e,la tazza nella mano sinistra,scese dallo sgabello.
-Ho capito,me ne vado a letto.
Buona notte!-salutò entrambi prima di voltargli le spalle.
-Buona notte Little Sunshine!-la salutò Brian voltando la testa verso di lei.
-Dormi bene tesoro e mi raccomando,smettila di preoccuparti...Andrà tutto bene-le disse suo padre,scostandosi dal compagno per incrociare di nuovo lo sguardo della ragazza.
Vic annuì poco convinta prima di voltarsi di nuovo e avviarsi verso le scale.
Domani sarebbe stato il suo "grande giorno",doveva essere in forma.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 2
*** Alive & Kicking ***


alive and kicking

 

 

Il sole invase completamente la stanza nello stesso istante in cui venne alzata la tapparella;non avevano ancora avuto il tempo di montare le tende,quindi quello era il solo riparo che potesse avere dal Sole.
-Sveglia pigrona!-
Cercando di scappare in qualche modo alla voce di suo padre,Victoria nascose la testa sotto uno dei cuscini e si tirò ancora più su le coperte,quasi volesse ricreare quell'oscurità che le era strappata tanto brutalmente.
-Va via!-mugugnò senza aprire gli occhi.
-Non vorrai mica fare tardi il primo giorno di scuola?-le domandò ancora l'uomo,fermo a pochi metri dal suo letto.
Fosse per me non ci andrei neanche,pensò la ragazza sfregando il mento contro la spalla sinistra.
Il silenzio che sentì intorno a sè la fece sperare che suo padre si fosse deciso ad uscire dalla stanza e a lasciarla dormire ancora un pò,ma quella speranza si rivelò infondata quando pochi istanti dopo il cuscino che le copriva la testa le venne strappato via espondendola di nuovo alla luce del Sole.
-Alzati!-le ordinò.
Vic,la mano destra che stropicciava gli occhi socchiusi,sospirò frustrata.
-Ti odio!-
Sentì la sua risata divertita e i passi che si allontanavano verso la porta.
-Anche io ti voglio bene-rispose lui prima di uscire dalla stanza.
Ormai sveglia,Vic si sistemò con la schiena sul materasso e guardò per qualche istante il soffitto:non aveva idea di che ore fossero,ma era certa che suo padre l'avesse svegliata in tempo per farle fare una doccia e una veloce colazione prima di andare a scuola.
Per un'istante si chiese chi dei due l'avrebbe accompagnata,o se avevano intenzione di venire entrambi,come un fronte compatto,per aiutarla a superare la paura di quel terribile primo giorno.
In un certo senso sarebbe stato meglio,così avrebbero evitato tutto quello che era successo a Pittsburgh.
Decisa a non pensarci,si tirò a sedere e posò entrambi i piedi sul parquet freddo:non poteva cominciare a portarsi sfiga da sola,qui le cose erano diverse.
Aveva perso il conto di quante volte i suoi genitori glielo avevano detto o delle volte in cui lo zio Micheal l'aveva rassicurata dicendole che a Toronto non sarebbe stata la sola ragazza con i genitori dello stesso sesso.
Ma come poteva fidarsi dopo quello che era successo al liceo di Pittsburgh?
Come poteva credere che anche lì non ci sarebbero state scritte inguriose sul suo armadietto, quando questo non era aperto e le sue cose rubate;come poteva sperare di farsi degli amici quando sia a New York che a Pittsbugh era stata sistematicamente isolata per colpa della sua famiglia?
Bloccò il pensiero più doloroso e si lasciò andare ad un altro sospiro,prima di alzarsi in piedi e avviarsi verso il bagno.
L'ultima cosa di cui aveva bisogno era presentarsi in ritardo il primo giorno.


-Hai intenzione di cucinare ancora a lungo?Potremmo vivere di frittelle per almeno tre giorni-
Con la spatola ancora stretta nella mano destra,Justin si voltò verso il marito, trovandolo con il viso immerso nel giornale.
Per qualche istante ebbe il sospetto di aver solo immaginato quel commento,poi incontrò uno sguardo veloce di Brian e capì che l'altro aveva realmente parlato.
-Sai che quando sono nervoso,cucinare è l'unica cosa che mi calma-gli disse per scusarsi.
Brian abbassò un angolo del giornale e annuì lentamente.
-Già,me ne sono accorto...E perchè saresti nervoso questa volta?-gli domandò con voce calma.
Justin aggrottò la fronte,sorpreso che l'altro gli facesse una domanda simile.
-Sai perchè lo sono!Voglio dire,dopo tutto quello che è successo con Vic è normale che...-disse confusamente cercando di dire più concetti insieme.
-Che io prenda due chili in più per colpa della tua cucina nervosa?-gli domandò posando del tutto il giornale sul tavolo.
Il biondo accennò un sorriso prima di abbassare lo sguardo e posare la spatola sul piano della cucina poco distante dai fornelli.
-Per lo meno così avrò qualcosa da stringere mentre siamo a letto...-gli disse con voce carica di sottintesi quando tornò a guardarlo.
-Ah è per questo che lo fai?Beh sono certo che troveremo qualcos'altro da farti stringere...-commentò Brian.
Ancora una volta Justin gli regalò un sorriso,ma al suo occhio attento non era sfuggita la tensione che ancora gli tendeva le spalle.
Si alzò dal suo sgabello e aggirò il bancone avvicinandosi al compagno,portandosi alle sue spalle, e poggiando il suo torace contro la schiena di Justin,i suoi capelli biondi che gli accarezzavano il collo e l'odore del suo dopobarba che gli solleticava le narici.
Gli allacciò un braccio attorno alla vita e lo tirò a sè,chinando la testa per portare le labbra vicino al suo orecchio sinistro.
-Devi smetterla di preoccuparti,altrimenti Little Sunshine se ne accorgerà e penserà che tutti questi mesi le abbiamo raccontato stronzate sul fatto che qui le cose sarebbero state diverse e che la sua vita sarebbe stata più facile-gli disse con voce calma e rassicurante.
Justin mosse leggermente la testa sulla sua spalle e sospirò.
-E' solo che vorrei fare di più...-confessò l'altro.
Brian lo fece voltare nel suo abbraccio e incontrò i suoi occhi azzurri,leggermente più scuri per via della preoccupazione e sorrise.
Fare di più?Fin da quando erano iniziati i problemi,Justin si era speso in prima persona cercando di rendere la vita di Vic il più possibile normale,sentendosi anche in parte responsabile per tutti i problemi che il loro matrimonio aveva provocato alla figlia.
Nessun altro avrebbe potuto fare di più;Brian lo sapeva e in una parte della sua mente lo sapeva anche Justin.
-Facciamo una scommessa?-gli disse per allontanare la sua mente da quella costante preoccupazione.
-Di che tipo?-chiese l'altro cauto.
-Se oggi pomeriggio Little Sunshine torna a casa felice o per lo meno serena,tu stasera farai tutto quello che ti chiedo-gli disse con il suo sorriso malizioso.
Justin trattenne una risata e lo guardò con quella che sperò essere un'espressione seria.
-E se così non fosse?-gli domandò ancora,sperando in cuor suo che quell'eventualità non si verificasse.
Il moro alzò le spalle.
-Allora sarai tu a decidere...-disse,lasciando cadere la sua offerta con noncuranza.
Gli occhi del biondo si illuminarono,chiaramente eccitati da quell'offerta.
Si alzò in punta di piedi e posò le labbra sulle sue più volte.
-Per favore!Devo ancora fare colazione...-
Victoria si affacciò sulla soglia della cucina posando la borsa per la scuola a terra,coprendola con il cappotto che avrebbe indossato di lì a poco,avvicinandosi poi al bancone dove erano sistemati i piatti per la colazione.
-Possibile che non riusciate a stare separati più di dieci minuti?-chiese loro lasciandosi cadere sulla sedia accanto a quella di Brian.
-Sì chiama amore-le rispose suo padre,sciogliendo l'abbraccio e avvicinandosi al fornello per prendere delle frittelle per la figlia.
-Io veramente ricordo avesse un altro nome-commentò Brian aggirando l'isola e sedendosi accanto a Victoria.
Justin tornò a voltarsi verso entrambi e sorrise,per nulla infastidito da quello che l'altro aveva appena detto.
-Anche allora era amore...Quante frittelle tesoro?-le domandò poi guardandola.
-Due,non ho molta fame-
Il biondo le riempì il piatto spingendo poi verso di lei lo sciroppo d'acero e finalmente riempì il proprio piatto,sedendosi di fronte a loro.
-A che ora hai l'appuntamento con l'architetto?-chiese a Brian,che nel frattempo aveva ripreso in mano il giornale,prima di affondare la forchetta nelle frittelle.
-Alle dieci-rispose l'altro senza alzare lo sguardo.
-Sai già come hai intenzione di arredare il nuovo ufficio papo?-chiese Vic girandosi leggermente verso l'uomo.
Brian guardò la ragazza e accennò un sorriso.
-Naturamente con le pareti rosa ed una sfera stroboscopica sul soffitto per i venerdì casual-
Vic rise e scosse la testa,fissando per qualche istante le frittelle nel proprio piatto.
-Conoscendoti ne saresti capace-fece a mezza bocca Justin.
Brian risucchiò l'aria fra i denti e si dondolò leggermente sullo sgabello.
-Già,ma credo che Ted me lo impedirebbe...-
-Comunque ricordati di essere a casa per le tre-gli disse ancora Justin con il boccone ancora in bocca.
Sia Vic che Brian lo fissarono sorpresi:aveva forse intenzione di metterli subito al lavoro con gli scatoloni?
-Mi sono perso la notifica degli arresti domiciliari?-
Il marito scosse la testa,un sorriso divertito sulle labbra.
-No,ma abbiamo visite:Mel e Lindz hanno chiesto se potevano passare a trovarci-gli spiegò.
-E tu naturalmente hai detto di sì...L'ho sempre detto che sei troppo buono-disse Brian alzandosi e posando la propria tazza nel lavello alle spalle di Justin.
Un campanello nella mente di Vic:aveva sentito tante volte quei nomi nella sua vita,ma per lei sarebbe stato difficile associare una faccia a quei nomi se non fosse stato per le foto;l'ultima volta che le aveva viste doveva avere al massimo quattro anni nell'ultima visita che aveva fatto a Toronto.
I suoi genitori erano andati spesso a Toronto nel corso degli anni per far visita alla coppia d'amiche ma Vic,dopo l'incidente capitato a nonno Carl durante il lavoro e lo spavento che si era presa aveva sempre preferito restare a Pittsburgh,con la sciocca convinzione che niente sarebbe accaduto a lui o a nonna Debbie se lei fosse stata con loro.
-Lindz è la madre di tuo figlio,vero papo?-chiese per essere sicura di non sbagliare.
Brian annuì.
-Gus...Gliel'ho dato io il nome:è nato la stessa notte che ho conosciuto tuo padre e lui mi ha chiesto un consiglio sul nome-l'informò suo padre,gli occhi che gli brillavano ancora al solo ricordo di quel giorno.
-Beh l'alternativa era Abrahm!-ribattè il moro.
Justin si voltò e fissò lo sguardo in quello di Brian per qualche istante,riuscendo ad ottenere un sorriso dal marito.
-Verrà anche lui oggi?-chiese Vic ad entrambi.
-Spero di no!Se a 22 anni va ancora dietro alle sue madri vuol dire che i miei geni sono andati davvero sprecati-commentò Brian dando un'occhiata al Rolex che aveva al polso.
Justin sospirò e scosse la testa.
-Sei davvero un caso disperato!-commentò a bassa voce.
-Già,forse hai ragione...Comunque Little Sunshine è ora di andare- disse prendendo la borsa ventiquattro ore da uno degli sgabelli.
Justin si alzò,imitato subito dopo da Vic,e le si fermò davanti con un sorriso incoraggiante;le sistemò i boccoli biondi dietro le spalle con un gesto della mano sinistra facendola sorridere.
-Hai tutto quello che ti serve?-le domandò,cercando di non mostrarsi troppo nervoso o apprensivo.
Victoria annuì.
L'uomo le posò le mani su entrambe le spalle e la fissò indeciso se dire qualcos'altro o seguire il consiglio che Brian gli aveva dato poco prima e tenere la propria ansia per sè.
Avvicinò il viso e le diede un bacio sulla guancia destra,facendola sorridere e provocando un sospiro frustrato da parte del marito.
-Hai finito?Le farai fare tardi già il primo giorno!-lo rimproverò venendo verso di loro.
Strinse il polso sinistro di Vic in una mano tirandola lontano dal padre,per poi sporgersi verso Justin e dargli un bacio di saluto.
-Mi raccomando non fare tardi;lo sai che Mel odia i ritardatari-gli disse quando si staccò da lui.
-Non mi dire...-commentò il moro staccandosi da lui e voltandogli le spalle avviandosi poi con Victoria fuori dalla cucina.

 

Nonostante la sua lieve speranza,Brian si era rifiutato di accompagnarla con una delle sue moto.
"Vuoi farmi perdere un'altra moto già il primo giorno di scuola?Aspettiamo almeno il terzo Little Sunshine" aveva commentato mentre toglieva l'antifurto al SUV.
Seduti uno accanto all'altra avevano percorso gran parte del viaggio in silenzio,lui concentrato sul tratto di strada davanti a sè e lei con lo sguardo fisso al paesaggio che diventava velocemente sempre più metropolitano man mano che si avvicinavano alla scuola.
Cercando di calmarsi,prese un ricciolo biondo che le ricadeva sulla spalla sinistra fra due dita e iniziò a tirarlo e ad arrotolarlo attorno il dito medio,in uno gesto che faceva senza neanche accorgersene quando era nervosa.
-Finirai per ritrovarti calva se continui così-le disse Brian riscuotendola dai suoi pensieri.
Vic voltò la testa verso di lui e sospirò,smettendo però di giocherellare con i capelli.
-Lo so che mi avete detto di non preoccuparmi,che qui le cose saranno diverse,ma voi siete i miei genitori,avreste detto qualsiasi cosa per rassicurarmi-disse sincera.
Con Brian non aveva bisogno di frenarsi,di bloccare i propri giudizi per paura che restasse ferito, perchè sapeva che,al contrario del padre,le avrebbe sempre dato la sua opinione più sincera e schietta,che fosse d'accordo o meno con lei.
-Quando ho conosciuto tuo padre,lui aveva due anni più di te...Ora tu lo vedi adesso,ma all'epoca era uno stronzetto fastidioso-iniziò a raccontarle dopo qualche altro istante di silenzio,lo sguardo fisso sulla strada.
Vic rise divertita scuotendo la testa:l'onestà e la schiettezza erano uno solo alcuni dei motivi per cui amava Brian quasi fosse anche lui suo padre.
-E' vero,tuo zio Micheal non poteva sopportarlo!Ogni volta che credevo di essermi liberato di lui, ecco che me lo ritrovavo accanto:era una persecuzione...E uno dei miei "obblighi",visto che era sempre a casa mia e nonna Jennifer lo aveva messo in chiaro fin dall'inizio,era accompagnarlo a scuola la mattina prima di andare a lavoro.
La prima volta che io e tuo zio Micheal lo abbiamo lasciato davanti al suo liceo la mia jeep aveva scritto "FROCIO" sulla fiancata destra,e per rendere ancora più chiara la cosa,io e tuo padre ci siamo baciati davanti a mezza scuola- continuò.
Vic abbassò lo sguardo pensierosa:quando erano iniziati i suoi problemi a Pittsburgh,suo padre le aveva raccontato quello che lui stesso aveva vissuto in passato,ma erano stati nonna Debbie, nonna Jennifer e la zia Emmett a raccontargli cosa era successo davvero compresa l'aggressione che suo padre aveva subito la notte del ballo.
-Da allora,ogni volta che la mia jeep si fermava davanti alla scuola di tuo padre,tutti si fermavano a fissarla,in attesa di un nuovo spettacolo,anche se non avevano bisogno di un'ulteriore aiuto per rendere la vita di tuo padre un'inferno.
Ogni giorno,io vedevo le facce schifate di quei piccoli bastardi e sapevo che una volta entrato lì dentro,tuo padre avrebbe dovuto tirar fuori le palle e guardarsi le spalle fino alla fine delle lezioni, ma ogni volta lui scendeva dall'auto dopo avermi salutato con uno dei suoi soliti sorrisi neanche stesse andando incontro ai suoi fan-
Il SUV si fermò e alzando lo sguardo Vic si accorse di essere di fronte ad un edificio di mattoni rossi:dovevano essere arrivati a destinazione.
-Era il suo modo per dire "Fanculo tutti"!-concluse tirando il freno a mano e portando lo sguardo sulla ragazza.
Vic accennò un sorriso.
-Non sapevo che papà fosse così coraggioso...-disse con un sorriso accennato.
-Che rimanga fra me e te,anche perchè negherei fino alla morte di aver detto quello che sto per dire,ma ho conosciuto poche persone coraggiose come tuo padre-le disse Brian unendosi a quel sorriso e accarezzandole lievemente i capelli.
Lei restò in silenzio pochi secondi prima di incontrare i suoi profondi occhi castani.
-Fanculo tutti?-chiese Vic,quasi volesse essere certa di aver afferrato bene il concetto.
Brian annuì,le labbra ancora distese in un sorriso.
Lei annuì a sua volta e si sporse leggermente verso di lui per dargli un bacio sulla guancia più vicina.
-Grazie-
-Quando vuoi Little Sunshine...-
Vic sorrise e,dopo essersi slacciata la cintura di sicurezza e aver sistemato la borsa a tracolla sulla spalla sinistra,aprì la portiera e uscì in strada.
Aveva fatto appena due passi verso la scuola che si sentì richiamare.
-Ehi Little Sunshine!-
Si voltò e vide Brian con un gomito poggiato al tettuccio della macchina e la portiera aperta che la guardava.
-Hai abbastanza soldi per il pranzo?-le chiese poi.
Quelle poche parole e lo sguardo che l'uomo le le rivolse,la fecero sorridere divertita:aveva ripetutamente preso in giro suo padre per la sua preoccupazione,ed ora era lui quello che cercava di mostrarle la sua apprensione,anche se in quel suo modo tutto particolare.
Annuì e gli fece un cenno di saluto con la mano.
Tornò a voltarsi e guardò la scuola;prese un respiro profondo e si incamminò verso la scalinata.

 

La prima cosa che doveva fare era presentarsi in segreteria e farsi dare il programma delle lezioni ed una piantina dell'edificio.
Il suo nuovo liceo aveva l'aspetto di un antico castello medievale,le cui torri erano crollate o non erano mai state costruite,ma i mattoni rossi le davano una connotazione temporale di almeno quattro secoli dopo,verso la fine dell'Ottocento.
Salì la piccola scalinata di finta pietra,circondata da altri studenti e per qualche secondo valutò l'idea di domandare ad uno di loro dove si trovava la segreteria,ma l'idea di fare la figura della sprovveduta non le andava particolarmente a genio.
L'avrebbe trovata da sola...in qualche modo.
Entrò in quello che doveva essere il corridoio principale,dalle pareti giallo uovo e con il soffitto bianco;sull'intera lunghezza del corridoio su entrambe le pareti erano sistemati gli armadietti,di ferro e di colore blu scuro,forse per distinguerli chiaramente.
Alcuni stendardi la informarono dell'esistenza di una squadra,forse basket o anche baseball, chiamata "Warriors" che si riuniva ogni venerdì pomeriggio dopo le lezioni per gli allenamenti... Il che significava che il venerdì sarebbe dovuta uscire prima se non voleva incorrere in quegli idioti che di solito fanno parte delle squadre e in quelle galline delle cheerleaders.
Si guardò attorno notando un corridoio alla sua destra ed un altro alla sua sinistra:e ora quale era quello giusto?
Senza nessuna predilizione particolare,scelse quello a sinistra e camminò spedita,cercando di dare l'impressione che sapesse cosa stava facendo,ma arrivata alla fine del lungo corridoio si trovò in quello che le sembrò un'altro mondo.
Qui le pareti erano color vinaccia,un colore insolito per un liceo dove si prediliggevano colori accesi e vivaci;le porte che si affacciavano in quel corridoio erano tutte nere,con un piccolo vetro all'altezza del viso per guardare all'interno.
Erano spariti gli stendardi e gli avvisi per la squadra,e al suo posto c'erano foto incorniciate di vecchi con le parrucche bianche o con la barba,alternate a quelle di alcuni pittori che Vic aveva visto grazie ai libri che suo padre aveva in casa.
Un rumore attirò la sua attenzione facendola voltare:era una sua impressione oppure aveva sentito il suono di un pianoforte?
Restò immobile nel corridoio,chiaramente confusa da tutto quello che la circondava e si riscosse solo quando sentì un rumore di passi venire verso di lei.
Un ragazzo alto e dalla corporatura robusta,stava venendo verso di lei;aveva lo sguardo fisso al pavimento o alle proprie scarpe,questo Vic non era riuscì ad indovinarlo,ma restò a fissarlo quasi non potesse fare altrimenti:fissò i capelli castani sistemati ordinatamente con il gel che gli arrivavano fino al collo,le spalle larghe chiuse nella giacca di pelle nera,i fianchi stretti fasciati nei jeans blu marine sopra un paio di scarpe da ginnastica nere.
Il ragazzo si accorse di lei solo quando fu sul punto di andarle addosso.
Alzò lo sguardo e lo portò sul suo volto,fissandola per qualche istante con i suoi occhi color cioccolato fondente.
-Non hai niente di meglio da fare?-le domandò poi,parlando con voce secca e profonda.
Vic aggrottò la fronte,sorpresa da quella domanda.
-Come scusa?-
-Ti hanno messo a controllare il corridoio?E' per questo che non riesci a staccarti da qui?-le chiese ancora con lo stesso tono saccente.
-No,ecco veramente io sto cercando la segreteria-
Un sorriso ironico stirò le labbra sottili del ragazzo,portandola a chiedersi cosa ci trovasse di tanto divertente in quelle parole.
-Capisco...Beh credo tu sia nell'edificio sbagliato-le disse con quell'aria saputa che Vic stava iniziando ad odiare.
-No,io non credo-ribattè con decisione.
Il ragazzo sospirò lievemente,per poi posarle una mano sul braccio sinistro e percorrere all'indietro il corridoio che lei aveva fatto poco prima.
-Ehi,ma che stai...-si lamentò Vic.
Si fermò davanti al lungo corridoio che l'aveva portata lì e la guardò.
-Questa è l'Accademia di Belle Arti.Lì c'è la tua scuola,appena arrivi alla fine del corridoio,prendi quello che va a destra e percorrilo finchè non arrivi di fronte alla fotografia della regina Elisabetta;lì c'è una piccola finestra di legno.
Quella è la segreteria:bussa e una delle responsabili ti darà retta.
Credi di farcela da sola oppure hai bisogno che ti ci accompagni tenendoti per mano?-
Il viso di Vic si indurì e con uno strattone riuscì a liberare il braccio dalla stretta del ragazzo.
-So cavarmela benissimo da sola-gli disse con fierezza.
Si avviò verso l'inizio del corridoio quando la voce del ragazzo la richiamò.
-Oh figurati è stato un piacere aiutarti!-le gridò dietro.
Vic si voltò,un'espressione incredula sul volto:doveva anche ringraziarlo per il modo scostante in cui si era comportato?
-Non ti hanno insegnato l'educazione?-le domandò il ragazzo di nuovo con un sorriso divertito sulle labbra.
-E a te non hanno insegnato come ci si comporta con una ragazza?-gli chiese di rimando lei.
-Ah credimi per quello non ho bisogno di nessun'insegnamento...-rispose caricando la frase di chiari sottintesi.
Vic spalancò leggermente la bocca sorpresa da quelle parole,scuotendo poi la testa per riscuotersi:aveva già perso troppo tempo.
-Comunque se proprio ci tieni:grazie per le tue informazioni-
Tornò a voltarsi ed era già a metà del corridoio quando gli arrivò all'orecchio l'ultima battuta del ragazzo.
-Attenta a non perderti di nuovo Sweetie...-

 

Letteratura,biologia,calcolo,storia e arte:queste erano le sue lezioni.
Grazie ai consigli di quel ragazzo era riuscita a trovare la segreteria facilmente e,dopo aver recuperato l'orario,si era diretta alla prima lezione della giornata,stranamente in orario.
Si era seduta ad uno dei banchi liberi dopo aver fatto firmare al professore il foglio che le avevano dato in segreteria e aveva sfogliato distratta il libro che questi le aveva dato,la mente persa dietro a quello che era successo solo pochi minuti prima.
Quel ragazzo aveva davvero una terribile faccia tosta!
Con quanta prosopopea le aveva rivolto la parola,il tono di voce saccente e poi quelle battutine ironiche,era davvero insopportabile!
Se tutti i ragazzi di Toronto erano come quel tizio allora avrebbe fatto meglio a restare a Pittsburgh...
Quel pensiero la fece sorridere:aveva veramente pensato una cosa del genere?
Doveva essere diventata pazza tutt'insieme!
Il professore chiuse la porta dell'aula,attirando su di sè l'attenzione di tutti gli studenti.
-Ok cominciamo;mettete sulla mia scrivania i cellulari,i palmari e tutte quelle diavolerie che vi portate dietro-
Vic prese il proprio cellulare dalla tasca della borsa e si alzò per posarlo sulla cattedra,imitata dai suoi compagni.
-Prima di cominciare,vorrei deste tutti il benvenuto a Victoria Kinney-Taylor-continuò il professore.
Vic pregò che la terra si aprisse in due e la inghiottisse con tutto il banco,facendola scomparire all'istante salvandola così dalla curiosità degli altri;ma visto che era impossibile riuscì a fare un sorriso in risposta ai cenni di saluto dei suoi compagni.
Il professore si avviò verso la cattedra e,finalmente,iniziò la lezione.
L'ora passò velocemente ascoltando le rassomiglianze fra la biografia di Charles Dickens e le avventure capitate al protagonista di "Oliver Twist",opera dichiaratamente autobiografica e quando la campanella suonò Vic raccolse tutta la sua roba,dopo aver recuperato il cellulare,uscì dalla classe occhieggiando la mappa che le avevano dato in segreteria alla ricerca dell'aula di biologia.
-Serve aiuto?-si sentì chiedere.
Alzò lo sguardo dalla mappa e fissò la ragazza accanto a lei che le sorrideva amichevolmente: capelli rossi raccolti in un codino alto,occhi neri,un naso piccolo che si accordava perfettamente con il suo viso magro,una spruzzata di efelidi rosse sulle guance e sul naso,ed una bocca leggermente carnosa.
Ma la cosa che attirò l'attenzione di Vic furono i quattro buchi sull'orecchio destro:suo padre l'avrebbe fatta dormire nelle scuderie anche solo per aver pensato ad un solo piercing e quella ragazza ne aveva quattro!
-Sì magari,grazie!
Ho lezione di biologia,ma non ho la minima idea di dove andare-le confessò sincera.
-Devo andarci anche io,se vuoi possiamo fare la stessa strada-le propose la ragazza.
Vic sorrise,sinceramente sollevata.
-Sarebbe perfetto!Io sono Victoria,ma tutti mi chiamano Vic-disse tendendo la mano verso la ragazza.
-Io sono Carly ed il mio nome è talmente corto che non ha bisogno di diminutivo-si presentò l'altra stringendole la mano-Ora andiamo altrimenti facciamo tardi e rischiamo di finire al primo banco-le disse allontanando la mano.
Vic sorrise e si incamminò accanto a lei lungo i corridoi.
-Per me non è un problema...Sono sempre stata brava in biologia-disse alzando le spalle.
-Oh,allora ti dispiace se mi siedo sempre accanto a te durante gli esperimenti?Odio dover avere a che fare con i vetrini ed i microscopi ed ora ho scoperto che quest'anno faremo l'autopsia di una rana...Disgustoso!-disse scuotendo la testa con aria schifata.
Vic rise,nascondendo parzialmente il sorriso dietro una mano.
Carly entrò in un'aula sul corridoio destro ed entrambe si sedettero in un banco in seconda fila.
Si erano appena sistemate,che un ragazzo si sporse verso di loro dalla fila dietro.
-Ehi Carly,hai fatto gli esercizi di trigonometria?-chiese alla ragazza.
-Te li farò copiare durante il pranzo,ma cerca di fare qualche errore,altrimenti se ne accorgono che hai copiato-rispose lei prendendo dalla borsa un quaderno ad anelli.
Il ragazzo lanciò uno sguardo a Vic,che imbarazzata ricambiò l'occhiata in silenzio per qualche istante,prima di accennare un sorriso.
-Ciao,io sono Victoria-si presentò.
-Rhyes.Pranzi con noi più tardi?-le chiese ricambiando il suo sorriso.
-Certo che sì...Che domande!-si intromise Carly scuotendo la testa e alzando gli occhi al cielo in un'espressione incredula che fece ridere Vic.
Finora Toronto non era poi così male...Vuoi vedere che avevano ragione i suoi genitori?

 

-Come mai hai due cognomi?-
Sapeva che prima o poi qualcuno le avrebbe fatto quella domanda,era inevitabile,ma aveva sperato di poter superare il primo giorno incolume.
Lei,Carly e Rhyes erano seduti ad un tavolo nell'angolo più lontano della mensa,quasi avessero bisogno di privacy per permettere a Rhyes di copiare in pace.
Avevano mangiato il loro pranzo chiacchierando del più e del meno:Carly le aveva illustrato la topografia della mensa,commentando i vari tavoli ed i gruppetti che li occupavano,raccontandole com'era vivere in quella scuola e quali erano le regole "occulte" da seguire per essere lasciati in pace.
Poi,fra un morso al panino con l'insalata di pollo ed un sorso di Coca,era arrivata la domanda fatidica.
-Hai due cognomi?-domandò Rhyes alzando la testa dal proprio quaderno.
Rhyes le sembrava una versione adolescente della zia Emmett:era più alto di lei di almeno venti centimetri,con corti capelli castani perfettamente sistemati con il gel,occhi verdi da cucciolo che colpivano al primo sguardo e una risata coinvolgente,che già un paio di volte l'aveva portata a sorridere insieme a lui.
Vic annuì,prendendo un lungo sorso dalla propria lattina di Coca.
Era venuto il momento della verità;prese un respiro profondo e guardò i due ragazzi,che le restituirono lo sguardo.
"Fanculo tutti!",si disse ricordando le parole che Brian le aveva detto in macchina quella mattina.
-Sì ho due cognomi:Kinney-Taylor.
Mio padre è un pittore e...-iniziò non sapendo bene come continuare il discorso.
-Per caso è parente con il Taylor di "Rage"?-domandò Rhyes interrompendola.
Vic lo guardò incredula,la bocca aperta dallo stupore.
-Forse non lo conosci,ma è un fumetto su un supereroe gay e...-continuò il ragazzo notando il suo smarrimento,iniziando a cercare qualcosa nella sua borsa.
-E lui se lo porta sempre dietro,neanche fosse la Bibbia!
Passa tutto il tempo a leggere quella roba,ecco perchè poi la mattina si ritrova senza i compiti fatti-commentò Carly sarcastica.
A riprova delle parole della ragazza,Rhyes gettò sul tavolo fra di loro una copia dell'ultimo numero di "Rage".
Ancora stordita,Vic prese il fumetto nelle dita della mano sinistra e fissò la corpertina per qualche istante,anche se la conosceva a memoria:aveva seguito tutto il processo creativo,le lunghe telefonate in vivavoce fra suo padre e lo zio Micheal per fare le ultime modifiche ai disegni e ai dialoghi ed era stata la prima insieme a suo padre,e forse insieme allo zio Ben e ad Hunter a leggere il fumetto finito.
-Quindi tu sei...-chiese Vic timidamente,sperando di non offendere il ragazzo riportando lo sguardo sul suo volto.
-Gay?-disse Carly per lei.
Vic annuì.
-Totalmente.Senza neanche possibilità di appello-rispose Rhyes sincero.
Victoria scoppiò in una risata sollevata:possibile che tutto questo stesse accadendo davvero?
Forse lo stava solo immaginando,magari era ancora nel suo letto e stava sognando!
Quando lo avrebbe raccontato a Brian sarebbe scoppiato in una risata fragorosa.
"
Sei talmente abituata ad avere intorno dei gay da non poterne più fare a meno Little Sunshine", avrebbe commentato ghignando.
-Va tutto bene?-chiese il ragazzo confuso.
Lei si affrettò ad annuire:gli doveva delle spiegazioni.
Ritornò seria,o almeno tentò,e fissò Rhyes.
-Mio padre è Justin Taylor-disse certa che sarebbe bastato quello perchè Rhyes capisse.
Il volto del ragazzo divenne una maschera di stupore,le labbra leggermente spalancate a formare una piccola o e gli occhi un pò più aperti di poco prima.
-Tu sei Little Sunshine?La figlia di Rage e JT?-chiese incredulo.
Lei scosse la testa.
-Veramente mia madre è una gallerista di New York,una delle migliori amiche di mio padre,ma Rage è il marito di mio padre-spiegò serena,come se fosse la cosa più normale del mondo.
-Quindi i tuoi genitori sono gay?-chiese Carly per essere sicura di aver capito bene.
Vic annuì,scrutando il suo volto per essere sicura che questo non le desse fastidio.
La ragazza sbuffò,abbassando le spalle.
-Possibile che solo io ho una famiglia schifosamente banale?-
Il suono della campanella avvisò i tre che era ora di tornare a lezione e Vic si separò dai due per le lezioni di storia,calcolo e di arte,con la promessa di rivedersi all'uscita.
Essendosi liberata del suo "grande segreto inconfessabile",la ragazza si sentì quasi un'altra:seguì le lezioni con tranquillità,con la sempre più viva speranza che le cose sarebbero andate diversamente da come erano andate a Pittsburgh.
Le ultime ore di lezione passarono velocemente e prima che se ne rendesse conto la campanella suonò un ultima volta.
Infilò le sue cose nella borsa e l'infilò a tracolla,uscendo poi nel corridoio affollato di studenti.
Pochi minuti e Carly fu alla sua sinistra.
-Ehi!Come ti sei trovata fra i secchioni di storia?-le domandò infilando un quaderno nello zaino.
-Bene...Questo vuol dire che sono una secchiona anche io?le chiese con un sorriso accennato.
Carly rise e scosse la testa.
-No,non credo;sei troppo forte per essere una secchiona-
-Grazie!A voi invece come è andata?Rhyes è riuscito a superare indenne la lezione di trigonometria?-le domandò curiosa.
-Più che indenne,ha preso anche una B!Ti rendi conto?Con i miei compiti!-esclamò la ragazza.
Rhyes si unì a loro,sistemandosi alla destra di Vic e,capito subito perchè Carly si stava lamentando,sbuffò.
-La smetti?E' grazie ai miei sbagli che ho preso B;se avessi seguito gli esercizi come tu li avevi fatti,avrei preso A-disse esponendo il suo pensiero.
Carly si infiammò facendo ridere Vic,che scosse la testa.
-Ok,facciamo così,la prossima volta che avrai bisogno di aiuto per trigonometria,chiedi a me-si offrì volontaria.
Rhyes alzò un sopracciglio.
-Davvero?-chiese sorpreso.
Vic annuì.
-Non so perchè ma sono portata per le materie matematiche...-disse alzando le spalle.
Seguendo il corridoio,uscirono fuori dall'edificio,e si fermarono in un'angolo per non essere travolti dagli altri studenti.
-Hai impegni oggi pomeriggio Vic?Che ne dici di un giro per la città in modo da farti sentire meno spaesata?-le propose Rhyes.
-Sarebbe un'idea fantastica,davvero,ma oggi devo essere a casa presto.Che ne dite di domani?-chiese guardando ora uno ora l'altra.
Carly alzò le spalle.
-Nessun problema-
-Ehi Blondie!-disse una voce alla fine della scalinata.
Victoria riconobbe subito quella voce:in tutto il mondo,c'era una sola persona che la chiamava così.
Guardò alla fine della scalinata e un sorriso radioso apparve sul suo viso quando vide l'uomo che la fissava con un leggero sorriso sulle labbra.
Anche lui l'aveva vista nascere,ma rispetto alle altre persone che facevano parte della sua vita era quello con cui aveva meno differenza di età al punto che certe volte,quando erano insieme sembravano due ragazzini nonostante l'altro avesse trent'anni.
Hunter era sempre stato il suo consigliere,il suo migliore amico,la spalla su cui piangere, il modello a cui ispirarsi quando le cose si erano fatte difficili,totalmente incurante di quello che gli altri potevano pensare della loro amicizia e della differenza d'età che c'era fra di loro.
Si voltò verso i due ragazzi e li salutò velocemente per poi correre giù per la piccola scalinata e gettargli le braccia al collo.
-Blondie ricordati che siamo in pubblico-disse lui ironico.
Vic rise e rialzò la testa dalla spalla sinistra del ragazzo per fissare il suo sguardo.
-Mi sei mancato-gli disse senza paura di apparire sdolcinata.
Hunter sorrise e le posò un bacio sulla guancia sinistra.
-Anche tu mi sei mancata in questi mesi.Stai bene?-le domandò con voce seria.
Vic annuì prima di scompigliargli i capelli in un gesto che per loro era solito,quasi un rituale.
Hunter si scostò da lei e rise prima di farle un cenno con la testa verso destra,portandola a guardare in quella direzione.
La sorpresa fu tanta che a stento trattenne un grido:appoggiati alla macchina,neanche fossero una brutta imitazione dei poliziotti televisivi degli anni '70,lo zio Micheal e lo zio Ben avevano seguito tutto la scena.
Vic corse verso di loro,e per primo abbracciò lo zio Micheal,il suo padrino,leggermente più alto di lei,dandogli un bacio su entrambe le guance.
-Smettila di crescere Little Sunshine,o non riuscirò più a raggiungerti!-le disse con un sorriso affettuoso sulle labbra.
-Vedrò di fare del mio meglio,ma non ti prometto niente-scherzò lei prima di andare ad abbracciare lo zio Ben.
Aveva sempre avuto un grande amore per lo zio Ben,fin da quando era bambina:Brian le ricordava sempre di come a quattro anni gli avesse chiesto di sposarla quando sarebbe diventata grande,fra le grasse risate di tutto il gruppo di amici.
-Non fate caso a me,sono solo il marito!-aveva commentato allora lo zio Micheal,chiaramente divertito.
Lo zio Ben però aveva preso la cosa sul serio e le aveva promesso che,se da grande avrebbe voluto ancora sposarlo,lui l'avrebbe fatto con grande piacere.
-Sempre che a Brian vada bene-aveva aggiunto poi.
Naturalmente crescendo aveva capito che quel matrimonio sarebbe stato impossibile,ma ancora adesso lo zio Ben la chiamava "la mia fidanzata" ogni volta che la vedeva.
-Come sta la mia piccola fidanzata?-le domandò infatti stringendola in un grande abbraccio e sollevandola per qualche istante da terra.
Vic sorrise,ricambiando l'abbraccio.
-Sto bene...Ma che ci fate tutti qui?-domandò loro.
-Brian ci ha chiesto di venirti a prendere,per evitare che tu arrivassi in ritardo-le spiegò lo zio Micheal.
-Ha talmente paura di Mel e Lindz che ha bisogno dei rinforzi?-chiese lei confusa.
Hunter scosse la testa,mettendole un braccio attorno alle spalle.
-No non è questo...E' solo che non può vedere Mel-aggiunse poi.
-Scusami!Stai parlando della madre di tua sorella-lo beccò lo zio Micheal.
-Ok,credo sia meglio salire in macchina prima che scoppi una terza guerra mondiale-intervenne lo zio Ben aggirando la macchina e portandosi al posto di guida.
Hunter lo imitò e Vic aprì lo sportello,quando le ritornarono a mente le parole che Brian aveva detto quella mattina in auto.
-Zio Mike,è vero che non sopportavi papà?-

 

I suoi occhi non lo abbandonavano mai.
Erano affondati nei suoi,quasi avessero bisogno di quel contatto per restare in vita,o per avere la certezza che lui fosse realmente lì.
Era dentro di lui,i loro corpi si muovevano in perfetta sincronia,ma l'unica cosa che sembrava interessare a Justin era riuscire a cogliere il proprio riflesso nei suoi occhi.
Brian,sotto una spinta più intensa delle altre,si morse il labbro inferiore,sorridendo subito dopo quando gli arrivò alle orecchie il lieve gemito del biondo.
Vide la sua mano sinistra da artista stringersi sul lenzuolo bianco che avevano steso a terra in fretta e furia,prima di lasciarvisi cadere sopra,e stendendosi su di lui la raggiunse per chiuderla nella sua, intrecciare le dita alle proprie,in quello sforzo congiunto.
I loro movimenti erano più veloci ora,i gemiti rieccheggiarono nella stanza semivuota,entrambi sapevano che non restava molto tempo;sentì un braccio di Justin stringergli le spalle e attirarlo ancora più vicino,prima che i loro visi si avvicinassero per far incontrare le labbra in un bacio appassionato e famelico.
Senza smettere di baciarlo,Brian portò una mano verso il basso,all'erezione tesa e pulsante di Justin,circondandola completamente e iniziando a muovere la mano velocemente,provocando i profondi gemiti di gola che tanto amava.
Continuarono a muoversi l'uno verso l'altro, a cercarsi,finchè non vennero uno dopo l'altro.
Brian si lasciò cadere su Justin,accolto subito dalle braccia del marito,che si strinsero attorno alla sua vita,il viso nascosto nell'incavo fra il collo e la spalla,con le punte bionde che gli facevano il solletico su una guancia.
Un tempo si sarebbe alzato,si sarebbe tolto il profilattico e sarebbe andato di corsa a farsi una doccia,quasi come se l'idea di avere un altro odore addosso lo infastidisse.
Ora invece gli piaceva restare lì fra le sue braccia,lasciarsi in qualche modo coccolare da quelle piccole carezze,respirare quella combinazione particolare di sudore e profumo,quella nuova fragranza fatta del suo odore e quello di Justin uniti insieme,che si creava sulla sua pelle dopo aver fatto l'amore,gli piaceva aver ancora bisogno di quelle cose dopo tanti anni.
Certo a lui non lo avrebbe mai detto,ma era certo che Justin non avesse bisogno di sentirglielo dire:lo capiva senza bisogno di parole.
Era per questo che lo amava.
Voltò la testa sulla sua spalla per incontrare il suo sguardo e lo vide sorridere.
-Hai uno sbafo di pittura blu sulla guancia destra-gli disse il biondo.
Si lasciò scappare un sospiro scocciato.
-E' uno degli inconvenienti nello sposare un'artista...Ti ritrovi sempre con una macchia di pittura addosso-commentò.
-Te l'avevo detto che avresti dovuto almeno farmi lavare le mani,ma certe volte sei veramente impaziente-fece Justin,scostandogli alcune ciocche castane dalla fronte.
-Io fossi in te ne sarei contento!Non sono molti quelli diposti a scoparsi per sedici anni lo stesso ragazzo-gli fece notare.
-Oh povero martire!Come mai ancora non ti è cresciuta l'aureola?-lo prese in giro l'altro, sorridendo divertito.
Brian ghignò,portando il viso alla sua altezza,facendo forza su un gomito, fissandolo per qualche istante negli occhi.
-Non c'è niente da fare...Sei rimasto sempre il solito stronzetto fastidioso che eri una volta-commentò poi.
-E' per questo che mi ami-rispose Justin senza scomporsi.
Il ghigno sul volto di Brian si fece più vivido,prima che questi abbassasse la testa per baciarlo, subito trattenuto dal marito.
-Già...è vero-disse quando si staccarono.
Gli occhi di Justin si fecero più accesi,ed il suo viso si illuminò quando le sue labbra si tesero in quel meraviglioso sorriso che tanto amava:gli venivano i brividi quando osservava le reazioni che gli provocava sentirsi dire "ti amo".
Beh,la colpa era anche sua e del fatto che non glielo diceva spesso:in sedici anni di matrimonio,si potevano contare sulla punta delle dita.
Ma a che serviva dirglielo?Justin lo sapeva,lo aveva sempre saputo.
-Sai cosa stavo pensando?-disse poi cambiando completamente argomento,tornando a sdraiarsi accanto a lui.
-Cosa?-
-Pensavo di arredare l'appartamento sopra il garage,nel caso Gus volesse restare a dormire qui qualche volta,invece di tornare nel covo delle lesbiche-gli disse.
Questa volta fu Justin a sollevarsi leggermente verso di lui per incontrare il suo sguardo.
-E' un'idea fantastica!Chi ti sente può addirittura credere che ti interessi di tuo figlio-lo prese in giro.
Il moro gli diede una lieve spinta facendolo così tornare con le spalle al pavimento,fra le risate di Justin.
-Idiota!E' solo che ora che siamo qui possiamo vederci più spesso,lui ti adora e si trova bene con noi,vorrei far fruttare meglio il tempo che passiamo insieme,senza il generale Mel fra i piedi che controlla ogni mossa.
Che ne pensi?-gli domandò poi.
Se lui non fosse stato d'accordo,non se ne sarebbe fatto nulla.
Justin sospirò e si sollevò i capelli dalla fronte con una mano,prima di voltare la testa verso di lui ed incontrare il suo sguardo.
-Credo che Vic andrà su tutte le furie quando lo scoprirà-disse semplicemente.
Brian sorrise e tornò a sporgersi verso di lui,pronto a ringraziarlo a dovere per aver permesso che Gus facesse parte della loro famiglia,quando due colpi decisi vennero battuti alla porta dello studio.
-Sono tornata!Sbrigatevi a scendere che ci sono delle persone che vi aspettano-disse ad alta voce Victoria.
Restarono in ascolto dei passi che si allontanavano sul parquet,prima di tornare a fissarsi.
-Il momento della verità...-commentò Justin.
Brian fece un mugugno d'assenso,prima di posare una mano sul suo torace nudo e iniziando a muoverla verso il basso.
-Credi si arrabbieranno se ritardiamo qualche altro minuto?Giusto per...-
-No!Siamo già in ritardo e non mi va di farmi fare la ramanzina da Mel più del necessario...E poi scusa non sei curioso di scoprire chi ha vinto?-gli domandò issandosi a sedere.
Brian sospirò chiaramente scontento.
-Tanto lo so già-
Il biondo scosse la testa,un sorriso ironico sulle labbra.
-Sei davvero uno sbruffone-commentò.
Ma era,in fondo,era anche per quello che lo amava.

 

 

Salve a tutti!!!Come state?

Innanzitutto volevo ringraziare tutti coloro che hanno aggiunto la storia fra le seguite e le preferite,e quelli che hanno lasciato un commento.

So che molti di voi si staranno chiedendo:"Com'è possibile finire in un diverso istituto soltanto attraversando un corridoio?"

Vi spiego subito:l'ispirazione mi è venuta grazie alla mia vecchia scuola scuola media;qs divideva il giardino e parte dell'istituto con il liceo artistico,bastava aprire le porte antipanico al piano terra x trovarsi in un'istituto completamente diverso,anche se i due licei avevano 2 entrate diverse.

Ci ho ripensato l'altro giorno mentre stavo iniziando a pensare a questa storia,e mi è sembrata una buona idea x il primo incontro fra Gus e Vic.

Chiedo scusa x eventuali errori di battitura o di ortografia.

E ora i ringraziamenti:Sunshine'86(Se devo dirti la verità credevo di essere la sola che,dal mondo di Harry Potter,si catapultava in questo così sfacciato e sincero.Però sono felice di essermi ricreduta e prometto che nel prox capitolo metterò un piccolo avviso nel caso ci fossero altri interessati...Se ci pensi nn è tanto strano:al contrario di Rose e James loro nn hanno nessunissimo legame di sangue,e come hai potuto già vedere,sn due estranei l'uno x l'altra),Desme(So che può sembrare misteriosa,ma manmano che andiamo avanti si svelerà tt, anche x lasciare un alone di mistero su Vic,che altrimenti perderebbe tt la sua attrattiva), Dany23(Sono contenta che ti sia piaciuto!Ci saranno altri flashback,sparsi nei vari capitoli x riempire il vuoto fra il mio presente ed il passato del telefilm...),GiulyWeasley(Spero tu nn abbia rischiato l'astinenza;Hai ragione,lo so,i miei capitoli sn lunghi una quaresima!E' solo che qnd scrivo ho già l'idea di come deve essere strutturato il capitolo,dall'inizio alla fine e nn mi accorgo della lunghezza finchè nn è finito;Un piccolo accenno sulla madre lo ha dato Vic stessa in qst capitolo,ma poi verrà spiegato meglio in seguito,così pure quello che è successo a Pittsburgh),Jo'87(Grazie x i complimenti!Spero ti piaccia anche questo capitolo...),LaTum(Grazie x i complimenti!Ogni persona è un'enigma agli occhi del proprio vicino,figurati poi se si prende la casa + bella della tua strada e se scopri che è un artista famoso...Come minimo ti fiondi a pesce x sapere + cose possibili su di lui!O almeno qst è l'idea che mi ha guidato mentre scrivevo quel pezzo),Mae(Eccoti un piccolo assaggio...E ma aspetta il prox capitolo,lì ci sarà veramente da ridere!).

Bene x il momento è tutto,io vi saluto e vi do appuntamento al prox capitolo...

"Reunion"

Baci,Eva.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 3
*** Reunion ***


reunion

 

 

Quella sera furono gli ultimi a lasciare la galleria così che Justin potesse godersi fino all'ultimo tutti gli onori che gli spettavano;il gruppo di amici aveva accolto la presenza di Brian con un'espressione sorpresa stereotipata che difettava soltanto sul viso di Debbie.
-Sapevo che non potevi essere bastardo fino a questo punto-gli aveva detto andando loro incontro per abbracciare Brian.
Dopo aver passato un pò di tempo insieme agli altri,il biondo gli aveva presentato Sophia,Janet e Sally, spiegandogli quanto erano state importanti per lui in quei mesi,ognuna in un modo diverso e fortunatamente Brian non si era lasciato andare ai suoi soliti commenti.
Quando finalmente avevano lasciato la galleria,si erano diretti verso l'hotel di Brian camminando uno accanto all'altro in silenzio.
L'albergo,uno dei migliori di Manhattan,era nel quartiere di Tribeca e quando entrarono,Justin
era rimasto in un angolo,lasciando a Brian la privacy necessaria per prendere la chiave e gli eventuali messaggi.
Con la chiave stretta nel pugno destro,Brian era tornato verso di lui puntando subito gli occhi sul suo volto, ed insieme si erano diretti verso l'ascensore,che naturalmente si era fermato ad uno degli ultimi piani.
La camera era assolutamente perfetta:tutto l'arredamento era impostato sui toni chiari del panna e del beige,delle tende e del divano,ed era evidente che non difettava di nessun confort.
Ma la cosa che attirò subito l'attenzione di Justin fu la vista che si godeva dalle finestre enormi del salotto:si era avvicinato al vetro e aveva fissato lo sguardo sulla Statua della Libertà che si stagliava fiera e perfettamente visibile a quell'altezza;al suo sguardo "creativo" era sembrato quasi che la fiaccola della Statua stesse facendo luce ad Ellis Island perchè fosse visibile anche in quella notte senza luna.
Aveva sentito i passi dietro di sè,ma era rimasto immobile,lo sguardo ancora fisso sull'Oceano che si stagliava tranquillo davanti a sè,finchè non aveva sentito le braccia di Brian stringersi attorno al suo torace,precedute di qualche attimo dal suo respiro.
-Che te ne pare?-gli aveva chiesto con voce bassa.
Lui aveva accennato un sorriso e aveva alzato le spalle.
-Se non fosse per la vista potrei scambiarlo per il tuo loft-aveva scherzato.
La sua risata gli aveva accarezzato l'orecchio destro,portandolo a voltarsi per incontrare il suo sguardo.
-E' vera questa notizia che ti stai trasferendo a New York?-gli aveva chiesto non riuscendo più ad evitare quella domanda.
C'era una parte della sua mente che era felice per quella novità,elettrizzata per quel cambiamento,mentre un'altra parte gli imponeva di andarci piano di non partire subito in quarta,altrimenti sarebbe stato ancora più difficile dopo rimettere insieme i pezzi.
Ancora una volta.
Il moro aveva annuito,senza staccare lo sguardo dai suoi occhi.
-Già,ho capito che era il momento giusto...Con tante aziende in crisi,queste povere star avrano pur bisogno di qualcuno che si occupi di loro-gli aveva risposto.
Justin aveva fatto un cenno affermativo con la testa,mentre scaricava la tensione tormentando la parte morbida del labbro inferiore con i denti.
-E come farai con la Kinnetik di Pittsbugh?-gli aveva domandato pensando a tutti quelli che lavoravano nella società di Brian e che conosceva fin da quando l'azienda aveva aperto.
-Ho deciso che era tempo per Ted di avere una promozione,anche se penso non la vedrà allo stesso modo,visto che dovrà dividere il posto di direttore con Cynthia per i primi mesi...Sai quanto sa essere irriconoscente certe volte-aveva aggiunto.
Sentirgli pronunciare quelle parole era stato davvero strano,quasi fosse stato una specie di allucinazione:voleva davvero lasciare la sua creatura,il suo "bambino" in mano ad un altro?
Aveva abbassato lo sguardo e si era allontanato di qualche passo da lui,avvicinandosi al divano beige.
Erano tornati di nuovo al punto di partenza?O meglio,in questo caso lo stava facendo soltanto Brian:stava per rinunciare alla sua carriera,pronto a fare un salto nel buio,a mettere a rischio la sua attività affidandola a Ted e Chyntia che,pur essendo al suo fianco da anni,non avrebbero mai eguagliato la sua malizia e il suo intuito per gli affari.
Era davvero disposto a lasciarsi indietro Micheal,a spezzare quel cordone sembrava indissolubile?
-A cosa stai pensando?-gli aveva chiesto Brian senza accennare ad avvicinarsi.
Sapeva che se ora avesse mosso anche un solo passo verso di lui,Justin si sarebbe tirato indietro, rifiutandolo.
-Stavo contando tutte le cose che a cui stai rinunciando per questo trasferimento...Il loft,la Kinnetik,i ragazzi...-aveva elencato fissando la stoffa del divano.
Si era voltato verso di lui e aveva osservato il suo volto sereno,scrutando i suoi occhi per cercare anche il minimo accenno di ripensamento.
Ed era rimasto sorpreso quando un sorriso aveva disegnato le labbra sottili del moro.
-Ah Sunshine,possibile che devo proprio spiegarti tutto?Non ho nessuna intenzione di vendere il loft.
Penso che tua madre mi attaccherebbe il telefono in faccia se le dicessi che voglio in vendita di nuovo mettere il loft.
Ci farà comodo avere un posto dove fermarci quando torneremo a Pittsburgh,io per controllare che l'agenzia sia ancora in piedi e tu per andare a trovare tua madre e i ragazzi-
-C'è sempre Britin...-aveva suggerito con un filo di voce Justin.
-Mi ci vedi a svegliarmi presto la mattina per tornare a Pittsburgh dal West Virginia?-gli aveva chiesto con voce ovvia.
Justin ovviamente aveva scosso la testa.
-Infatti.Quello che dicevo prima su Ted era vero:ha lavorato molto in questi anni e,visto il modo eccellente in cui mi ha sostituito durante il cancro,credo che sarà un ottimo presidente...Se seguirà i consigli di Cynthia e farà tutto quello che gli urlerò nelle telefonate interurbane-aveva continuato muovendo un paio di passi verso di lui.
Le ultime parole avevano fatto sorridere Justin,una chiara immagine di una simile scena nella mente.
-Qual'era l'ultimo problema?Ah,i ragazzi.
Beh,che tu ci creda o no,questa non sarà una grande sorpresa per loro-aveva risposto semplicemente fermandosi davanti a lui.
Il biondo aveva alzato un sopracciglio,facendogli una domanda con lo sguardo.
-Perchè loro sanno,e lo hanno capito molto prima di me,che il mio posto è qui-
Il silenzio era caduto dopo quelle parole,dando maggiore enfasi a quella affermazione,mentre un sorriso lieve incurvava le labbra di Justin,felice per quella che era la seconda dichiarazione della serata.
Brian era davvero convinto della sua scelta...
Doveva smetterla con tutte quelle nevrosi e paure.
Gli aveva allacciato un braccio al collo e gliene aveva sfiorato il retro con le dita,alzandosi in punta di piedi per arrivare al suo viso e baciarlo.
Tutto era iniziato quella notte.
Il mattino dopo,quando erano riusciti a trovare la forza necessaria per uscire dal letto,Brian lo aveva portato a vedere l'appartamento a Manhattan che aveva affittato in una delle Trump Tower e,mentre erano stati di nuovo in strada diretti verso lo studio di Justin,si erano fermati per comprare il New York Times per leggere la critica alla mostra della sera prima,che naturalmente era stata positiva,per non dire entusiasta.
-Va a finire che mi diventi una celebrità Sunshine-lo aveva preso in giro Brian, nascondendo l'orgoglio dietro lo scherzo come era solito fare.
Si erano separati il giorno seguente quando Brian era dovuto tornare a Pittsburgh per sistemare le ultime cose all'agenzia prima del suo trasferimento,ma prima dell'inizio di agosto erano entrambi nel nuovo appartamento.
E questo,provvisto di tre camere da letto,due bagni,un'enorme cucina,un salotto padronale ancora più grande,ed una terrazza dove si poteva tranquillamente istallare una pista di pattinaggio,era semplicemente perfetto.
Non avevano avuto bisogno di fare grandi cambiamenti,ma Justin aveva personalmente rinfrescato le pareti di tutte le camere,per il grande divertimento di Brian che non faceva altro che prenderlo in giro.
-Se metti la tua firma alla fine di ogni muro,possiamo trasformare questa casa in un museo e farci pagare ogni volta che qualcuno viene a trovarci-scherzava.
Nei primi mesi del suo soggiorno newyorkese Brian fu completamente assorto dal suo lavoro e dall'agenzia:grazie al suo intuito aveva capito che,invece di puntare alle grandi aziende,che sicuramente avrebbero rifiutato di lavorare con una società sconosciuta,doveva diversificare il target della nuova azienda.
Mentre la Kinnetic Pittsburgh avrebbe continuato ad occuparsi di pubblicità per i grandi marchi, la filiale di New York si sarebbe specializzata nello spettacolo e soprattutto in Broadway.
Grazie a Justin e alle feste a cui veniva invitato in quanto "artista dell'anno",Brian ebbe la possibilità di conoscere alcuni dei più importanti impresari della città e nel giro di pochi mesi riuscì ad entrare nel giro più esclusivo.
Nonostante fossero tutti e due impegnati con il proprio lavoro,la nuova convivenza non fu destabilizzante come entrambi avevano pensato:era la prima volta,da quando si conoscevano,che erano soltanto loro,senza i loro amici a fare da contorno e ad aiutarli quando litigavano.
Per la prima volta erano davvero una coppia:tutte le esperienze passate ed i continui tira e molla,li aveva portati a capirsi senza bisogno di parole inutili;Brian capiva quando Justin era concentrato su un progetto grazie al modo nervoso in cui suoi occhi si muovevano sulla tela,alla presa salda sul pennello e anche dalle pennellate decise che stendeva sulla tela.
Sapeva di dover restare alla larga per tutto il "processo creativo" perchè,perfezionista com'era, Justin gli avrebbe fatto vedere il quadro soltanto una volta completato perchè fosse il primo a vedere la nuova opera completa.
Allo stesso modo,Justin si limitava ad osservarlo da lontano fingendosi occupato in altre faccende mentre lui era impegnato al telefono o al computer per buttare giù gli abbozzi per le campagne,dandogli il suo "parere critico" quando l'altro glielo chiedeva.
Fu in quell'ambiente sereno che alla fine di novembre,arrivò Gus pronto a trascorrere con loro le due settimane di vacanza per la Festa del Ringraziamento.

 

Le aveva trovate ad aspettare fuori dalla porta,nel vialetto lastricato che dava sulla strada.
Lo zio Ben aveva parcheggiato la macchina poco lontano e si erano avviati a piedi verso casa, Victoria e Hunter davanti ed i due "adulti" dietro;quando però si era accorta della presenza di estranei davanti alla porta,la ragazza si era fermata di colpo costringendo Hunter a fare lo stesso.
-Che succede?-le chiese lui guardandola.
Vic scosse la testa,continuando a fissare le due donne,visibilmente impazienti che camminavano avanti ed indietro sul vialetto.
Proprio in quel momento,anche lo zio Micheal si accorse della presenza delle due e le chiamò facendole voltare.
Mentre le osservava venire verso di loro con passi veloci,Vic le osservò attentamente, cercando di trovare delle rassomiglianze con le foto che suo padre teneva su una mensola nella casa di Pittsburgh.
Come i suoi genitori,una era bionda e l'altra aveva i capelli castani,ma sembravano della stessa altezza:quella bionda,che stava infilando un cellulare nella borsa,aveva delle onde morbide che le arrivavano fino all'inizio della schiena,e una pelle candida quasi fosse di porcellana,messa in risalto anche dal suo cappotto color rosa antico.
L'altra invece aveva un perfetto caschetto che le copriva le orecchie,un viso affilato e magro quasi quanto la sua figura slanciata che si intravedeva attraverso l'impermeabile blu scuro.
-Grazie al Cielo!-commentò la mora ormai a pochi passi dal gruppo.
Mentre lo zio Ben e lo zio Micheal salutavano le due donne,imitati poco dopo da Hunter,Vic si chiese chi delle due fosse Mel e quale fosse Lindz:aveva sempre sentito i loro nomi insieme,quasi fossero un'entità indivisibile ed era passato troppo tempo dall'ultima volta che le aveva viste.
Le due donne si accorsero del suo sguardo e la bionda sorrise affabile,quasi a volerle dimostrare che non le avrebbero fatto alcun male.
-Tu sei Victoria-disse in tono sicuro.
-Vic-precisò subito la ragazza-E tu,invece sei...-disse chiaramente titubante.
-Lindsay-le venne subito in aiuto la donna.
Vic annuì in un gesto quasi militare e portò lo sguardo sulla mora:quindi,andando per esclusione, lei doveva essere la famosa Mel.
La bestia nera di Brian...A guardarla non sembrava tanto pericolosa.
-Scusate l'incertezza,ma è passato tanto di quel tempo dall'ultima volta che vi ho viste-disse leggermente imbarazzata.
Mel scosse la testa.
-Sta tranquilla non è colpa tua...-
-Ma che ci fate qui fuori?-domandò lo zio Micheal lanciando uno sguardo alla casa.
Vic capì subito perchè le donne,nonostante fossero già le tre e un quarto,fossero ancora fuori sul vialetto e si lasciò andare ad un sospiro.
-Hai davvero bisogno che te lo spieghiamo?-sentì dire da Mel.
Un sorriso divertito le incurvò le labbra mentre,con lo sguardo basso per cercare le chiavi di casa nella borsa,saliva i gradini che l'avrebbero portata alla porta d'ingresso,sentendo dietro di sè i passi degli altri.
-Avevamo detto alle tre...-sentì dire da Mel.
-Lo so!Ma lo sai come è fatto Brian-rispose Lindz.
-Perchè ve la prendete sempre con Brian?Non credi che dovresti cominciare a rimproverare anche Justin?-s'intromise Micheal,pronto a correre in difesa dell'amico.
Sentì un piccolo sospiro alle sue spalle e si chiese di chi potesse essere.
-E' proprio vero...Certe cose non cambiano mai-commentò Mel.
Vic infilò la chiave nella serratura e aprì la porta facendosi da parte per far entrare il gruppo, richiudendo poi la porta dietro di sè.
Gli indicò dove lasciare le giacche e le borse e li guidò verso la cucina.
-Mettetevi comodi,io torno subito!-disse fermandosi sulla soglia della cucina.
Tutti la fissarono per qualche secondo prima che lei si avviasse a passo svelto su per le scale fino al piano superiore:le bastò un'occhiata alla porta aperta della camera da letto per capire che i suoi genitori non si trovavano lì.
Per un'istante ebbe paura di doverli cercare per tutta la casa,ma poi si accorse dell'unica porta chiusa di quel piano che corrispondeva allo studio del padre,si avvicinò e sentì provenire delle risate dall'interno.
Dopo anni di convivenza,non aveva dubbi su quello che stava succedendo lì dentro,o che almeno era appena successo...
Sospirò e battè due colpi decisi sulla porta.
-Sono tornata!Sbrigatevi a scendere che ci sono delle persone che vi aspettano-disse loro a voce alta in modo che sentissero perfettamente il suo messaggio.
Dopodichè si voltò e tornò a scendere le scale,di nuovo diretta verso la cucina.
Quando riapparve sulla soglia della cucina vide lo zio Ben e Mel che stavano chiacchierando fra di loro con Hunter che ascoltava in silenzio,e lo zio Micheal e Lindz che osservavano il giardino interno da una delle finestre.
-Posso offrirvi qualcosa?-domandò facendo un paio di passi nella cucina e avvicinandosi verso l'isola cucina.
Il gruppo portò di nuovo lo sguardo su di lei,facendola sentire leggermente in imbarazzo:i tre uomini avevano fatto parte della sua vita fin da quando aveva memoria,ma era strano pensare che lo stesso si poteva dire per Mel e Lindz,anche se lei non le conosceva.
Intercettò lo sguardo attento della bionda e,sempre di più in soggezione,abbassò lo sguardo sul parquet nocciola quasi avesse fatto qualcosa di cui vergognarsi,ed iniziò a torturare un ricciolo biondo con quelli che sperò essere gesti naturali,casuali.
-E' incredibile la rassomiglianza...-le sentì dire poi.
Rialzò lo sguardo sorpresa da quelle parole e vide lo zio Micheal e Mel annuire.
-Te l'avevo detto-commentò l'uomo.
-Cosa?-chiese la ragazza,ricordando ad entrambi la sua presenza.
Questa volta fu Mel a parlare.
-Prima quando tu sei andata di sopra ho detto a Micheal che,nonostante fosse passato un pò di tempo dall'ultima foto che abbiamo visto,avrei potuto riconoscerti senza problemi.
Sei identica a tuo padre-le disse con un accenno di sorriso.
-Non per niente è Little Sunshine-commentò Hunter prendendola in giro.
Lindz rise,imitata dagli altri.
-Oh sta zitto!La tua è tutta invidia perchè io sono nel fumetto e tu no...-ribattè la ragazza andandogli vicino e facendogli una smorfia.
-Per tua informazione non ci tengo a diventare un'icona gay-rispose lui con aria di sufficenza che la fece sorridere.
-Sì certo come no-si intromise lo zio Ben con un sorriso divertito sulle labbra.
Per qualche istante,Vic si chiese se parlare di Rhyes e della sua passione per Rage,ma poi decise di tenere quel segreto ancora un pò per sè,almeno finchè non fossero arrivati i suoi genitori, altrimenti avrebbe dovuto raccontare tutto di nuovo.
Il rumore che arrivava dalle scale le fece capire che non avrebbe dovuto aspettare ancora molto e,infatti,pochi attimi dopo,Brian apparve sulla soglia della cucina,con indosso un paio di pantaloni della tuta ed una t-shirt grigia che Vic aveva visto più volte adosso a suo padre.
Due passi dietro c'era suo padre,a piedi scalzi,con un paio di jeans ed un maglione che aveva visto chiaramente giorni migliori e sulle cui maniche c'erano delle macchie di vernice.
-Wow,a quanto pare abbiamo solo posti in piedi!-commentò ironico Brian.
-Finalmente!Stavamo quasi per chiamare le persone scomparse-fece lo zio Micheal con lo stesso tono ironico.
-Hai idea di che ore sono?-domandò Mel guardando Brian.
-L'ora dei saluti?-chiese a sua volta il moro senza la minima esitazione.
-Avevamo detto alle tre!-gli ricordò Lindz dando manforte alla compagna.
Brian,ghignò muovendosi verso Micheal e salutarlo con un bacio sulle labbra.
Quella era una parte del rapporto fra Brian e lo zio Micheal che Vic non riusciva a capire: perchè si baciavano sulle labbra se erano entrambi felicemente sposati?
E perchè,soprattutto,la cosa non sembrava infastidire nè lo zio Ben nè suo padre?
Quando aveva chiesto spiegazioni ad Hunter,l'unica persona con cui aveva pensato di poterne parlare liberamente,questo le aveva spiegato che quei baci non erano altro che gesti d'affetto, ricordi del loro passato in comune e dell'amore che lo zio Micheal aveva provato per anni verso Brian.
-E' colpa mia...Quando dipingo non mi accorgo del tempo che passa-disse Justin a titolo di scuse.
Vic capì che nessuno si era bevuto quella balla e vide Hunter poco distante da lei sorridere divertito,chiedendosi curiosa cosa lo divertisse tanto,poi si accorse dello sbafo di colore sulla guancia di Brian e sorrise a sua volta.
Non aveva idea che suo padre si fosse dato alla body-painting...
Cercò di tornare seria quando lo vide venire verso di lei,il viso chiaramente atteggiato in un'espressione preoccupata e partecipe,quasi volesse mostrarle a priori il suo supporto per il suo primo giorno di scuola.
Le baciò entrambe le guance,facendole il solletico con la barba appena accennata che gli copriva il viso e la guardò negli occhi.
-Come è andata oggi tesoro?-si decise a domandarle.
Vic continuò a sorridere ed annuì.
-Tutto bene,a parte qualche difficoltà nel trovare la segreteria.
Quel posto è un vero labirinto...-commentò serena.
-Anche JR ha avuto problemi i primi giorni,finiva sempre nelle classi sbagliate-raccontò Mel.
-Allora è vero che è tua figlia Mickey!-scherzò Brian.
Lo zio Micheal gli diede una lieve spinta allontanandolo da sè mentre scuoteva la testa.
Justin si allontanò da Vic e andò a salutare Lindz e Mel,salutando quest'ultima con un bacio sulle labbra.
Per qualche istante Vic credette di aver avuto una visione o un miraggio:aveva veramente visto suo padre baciare una donna?
Era forse la prima volta in vita sua che vedeva una cosa simile;neanche con sua madre si erano mai salutati così!
Un braccio le cadde sulle spalle e alzando lo sguardo incontrò gli occhi nocciola di Brian che la fissarono ridenti.
-Lo so,anche a me fa ogni volta lo stesso effetto...Disgustoso,vero?-le disse in tono quasi cospiratore facendola ridere.
Circondò la vita di Brian con un braccio come se fosse la cosa più naturale del mondo e si sentì tirare contro il fianco dell'uomo.
-Hai una macchia di colore sulla guancia,lo sai?-
Brian ghignò e annuì.
-Qualcuno me lo ha già gentilmente fatto notare...-commentò-Come è andato il tuo primo giorno di scuola Little Sunshine?-le chiese cambiando abilmente discorso.
Questa volta toccò a lei alzare le spalle.
-Ho seguito il tuo consiglio...E devo dire che ha funzionato.
Uno dei ragazzi che ho conosciuto è un fan di Rage ed ha quasi avuto un infarto quando ha saputo chi erano i miei genitori-gli raccontò,sentendo su di sè lo sguardo di suo padre.
-Little Sunshine,con questa media finirai per rendere deserta la scuola prima delle vacanze invernali-la prese in giro il moro,cercando di non mostrarsi troppo preoccupato per lei.
Vic gli diede una spinta e scosse la testa,facendo muovere i boccoli biondi.
-Non in quel senso!-commentò con una risata.
-Quindi questo tizio era un'ammiratore del fumetto?-domandò lo zio Micheal chiaramente orgoglioso.
Vic annuì voltando poi lo sguardo verso il padre.
-A proposito,prima che mi dimentichi:domani posso evitare di tornare subito a casa?
Avrei un invito-disse senza aggiungere altri dettagli.
Suo padre la guardò con aria incerta,la presenza degli altri che gli impediva di fare altre domande,per poi annuire.
-E sia-concesse.
Vic sorrise e gli andò incontro per dargli un bacio in segno di ringraziamento.
-Adesso però sarà il caso che tu vada di sopra a studiare-fece il biondo.
-Vengo con te,non ci tengo a sorbirmi le chiacchiere noiose di questi qui!-le disse Hunter aggirando l'isola cucina per avvicinarsi alla soglia,seguito subito da Vic.
Prima di avviarsi verso le scale,però,Vic si voltò e guardò Mel e Lindz un'ultima volta.
-Sono contenta di avervi conosciuto-disse sincera.
Le due donne sorrisero e Vic vide chiaramente lo sguardo di Mel saettare verso suo padre.
-Anche per noi tesoro-le disse Lindz.

 

-Devo ammetterlo,quella ragazza è davvero adorabile-
Avevano aspettato di sentir chiudersi la porta della stanza di Vic prima che Lindz si lasciasse andare a quel commento.
Mentre i ragazzi salivano le scale,Justin aveva messo su il bricco del caffè mentre Brian si era seduto accanto a Micheal su uno degli sgabelli.
-Ed è veramente ben educata per essere cresciuta con voi due-aggiunse Mel.
-Credevi che avessimo tirato su un camionista?Ah,no scusa...Quello è il compito delle lesbiche-fece Brian distratto muovendo lo sguardo in giro per la stanza.
-Ah ah!Sai dovresti aggiornare il tuo repertorio,queste battute ormai sono fuori moda!-lo beccò ancora Mel-Sai di avere uno sbafo di pittura sulla guancia?-gli domandò ancora.
-Chi vuole del caffè?-chiese Justin voltandosi verso il gruppo d'amici,le mani appoggiate sul bordo della cucina.
Quasi tutti,eccetto Ben,alzarono la mano e Justin tornò a voltarsi per prendere le tazze necessarie dallo mobile sopra il lavello.
-Beh non ci vuole un genio per capire come te lo sei fatto-commentò Micheal sporgendosi per sfiorare la guancia dell'amico.
Brian si tirò indietro,dondolando sullo sgabello per evitare che le dita di Micheal arrivassero a toccargli la guancia,prima di alzarsi in piedi.
-Anche se fosse?Cos'è invidia?-domandò cinico come al solito.
Ben scosse la testa divertito,come faceva sempre a quelle uscite dell'uomo e l'espressione sul viso di Mel si indurì ancora un pò.
-Ok tregua!-fece Justin avvicinandosi al tavolo con le tazze.
Tutti presero la propria tazza e per qualche istante restarono tutti in silenzio,assorti nei propri pensieri,finchè Mel non parlò di nuovo,questa volta rivolta a Justin.
-Comunque sembra il tuo ritratto...E' cresciuta parecchio dall'ultima foto che abbiamo visto-gli disse.
Justin annuì.
-Quella è una cosa che ha ripreso da sua madre;credo che sarà alta da grande-
-Che ha ripreso da te?-domandò ancora l'amica curiosa.
Il biondo sorrise,imbarazzato e alzò le spalle.
-Non lo so:ha i miei occhi,i miei capelli...Il mio sorriso-iniziò ad elencare.
-Quello era ovvio altrimenti non l'avremmo chiamata Little Sunshine,non credi?-fece Micheal.
-Beh sicuramente ha ripreso anche il tuo dono dell'ubiquità:te la ritrovi sempre dove meno te l'aspetti al momento meno opportuno-fece Brian,le labbra nascoste dalla tazza.
-Traduzione quella povera ragazza è già stata traumatizzata nel vedervi fare sesso-commentò Mel con aria saputa.
Brian posò la tazza e tornò a guardarsi intorno per la cucina.
-Justin per caso hai visto dove...-gli chiese.
-Le hai lasciate nel mio studio;ne stavi fumando una quando sei entrato-rispose l'altro senza fargli finire la frase.
Il moro annuì lentamente,quasi come se solo in quel momento gli fosse tornato alla mente quel particolare,e si avviò verso il corridoio,fermandosi però sulla soglia della cucina e voltandosi di nuovo verso il gruppo.
-Ah Sunshine...-disse richiamando l'attenzione del marito su di sè.
Justin spostò lo sguardo dal volto di Melanie al suo e lo fissò in attesa.
-Come volevasi dimostrare ho vinto io-fece poi con un sorriso ironico sulle labbra.
Dopodichè,senza aggiungere un'altra parola tornò a voltarsi e uscì dalla stanza,mentre Justin scuoteva leggermente il capo fra gli sguardi curiosi degli altri.
Per qualche istante ci fu silenzio,mentre arrivavano fino a loro i passi di Brian sulle scale e la musica soffusa che usciva dalla porta della stanza di Vic.
-Avete notizie di Emmett?-chiese Justin cercando di distrarre l'attenzione degli amici dalle ultime parole di Brian per evitare domande.
Micheal annuì.
-L'ho sentito ieri.
Lui e Drew sono a Pensacola per un impegno di lavoro di Drew;dovrebbero tornare fra un paio di giorni-
-Ah bene,perchè ha promesso a Vic di aiutarla ad arredare la sua camera e ora lei non ha intenzione di aprire gli scatoloni finchè non avrà rimodernato la sua stanza con Emmett-raccontò il biondo dopo aver bevuto un lungo sorso.
-Non potresti farle quattro scarabocchi sul muro?-continuò Micheal con tono scherzoso.
Justin tramutò il sorriso in una smorfia.
-E' grazie a queste battute che ricordo perchè siamo ancora amici dopo tanto tempo-lo punzecchiò.
Micheal sorrise in risposta a quella frase,senza offendersi.
-Sai tesoro,l'altra volta alcuni amici sono venuti a cena e hanno notato il quadro che ci hai regalato quando siamo partite per Toronto...Dalle offerte che ci hanno fatto,avremmo potuto pagare un'anno del college di JR-gli raccontò Lindz,chiaramente orgogliosa.
Brian rientrò in quel momento,una sigaretta fra le labbra e nonostante avesse colto solo le ultime battute del discorso decise di intervenire.
-Credevi avessi speso i miei soldi per niente?-chiese infatti alla donna.
-Veramente credevo lo avessi fatto per portartelo a letto-gli rispose Lindz a tono.
Justin storse la bocca chiusa verso destra,annuendo leggermente e l'attimo dopo anche Brian fece un cenno d'assenso.
-Parlando di artisti:Vic ha ripreso il tuo talento?-domandò ancora Lindz tornando a guardare Justin.
-Cos'è vuoi già opzionare i diritti delle sue opere?-le chiese prendendola in giro e facendo ridere Ben e Micheal.
-Perchè no?-si limitò a domandare la donna.
-Beh non ci faresti granchè:Vic ha mille talenti,ma sicuramente non quello artistico e lei è la prima ad ammetterlo-
-Come ti è sembrata quando è uscita da scuola?-domandò Brian parlando direttamente a Micheal.
Quella sua particolare capacità di cambiare discorso improvvisamente,senza alcun preavviso, riusciva spiazzante certe volte,specialmente quando i due argomenti erano agli antipodi.
Justin si voltò verso Ben e Micheal e li fissò per qualche istante,chiaramente sorpreso.
-Siete andati a prenderla a scuola?-domandò ad entrambi.
-Brian ci ha chiamato questa mattina per chiederci se potevamo...-iniziò Ben.
Ora si spiegava la presenza dei due uomini lì con loro:quando era entrato in cucina non aveva dato molto peso alla cosa preoccupato per il ritardo e la ramanzina che quasi sicuramente li aspettava,ma ora appariva quasi lampante il motivo della loro presenza.
Tornò a voltarsi verso Brian e lo fissò con la bocca leggermente spalancata.
-Sei un fottuto imbroglione!-gli disse.
L'altro lo guardò con aria innocente,che usava pochissime volte e sempre quando era colpevole,e scosse la testa.
-Non so di cosa stai parlando Sunshine...E se anche lo sapessi,non ho mai detto che avrei giocato lealmente-aggiunse subito dopo.
-Ma di che state parlando?-s'intromise Micheal incapace di sostenere ancora quel discorso a senso unico.
-Io ormai ho rinunciato a capirli-commentò Lindz.
Justin si voltò verso gli amici e scosse la testa.
-Comunque per tornare alla tua domanda iniziale,sembrava serena.
Era insieme ad un ragazzo e una ragazza e stavano chiacchierando quando Hunter le si è avvicinato-rispose Micheal guardando Brian,ma parlando principalmente a Justin.
-Com'erano questi tizi?Ti sono sembrati dei tipi apposto?-chiese Justin con aria seria.
-Vuoi anche la loro fedina penale?-gli domandò Brian avvicinandosi a lui e portandosi alle sue spalle,il torace poggiato contro la sua schiena.
Il biondo piegò la testa all'indietro per incontrare il suo sguardo.
-Posso averla?-
-Tesoro sei troppo apprensivo...Dovresti vedere gli amici di Gus-fece Lindz con voce rassicurante- Ad esempio Matt,il suo migliore amico,veste con borchie e jeans di pelle eppure suona il pianoforte in maniera fantastica ed è un ragazzo perfettamente educato-
-Sai che Matt è gay,vero?-domandò Michael guardando l'amica con sguardo divertito.
-Perchè permetti al ragazzo di frequentare certi artisti da strapazzo?-domandò Brian con un'espressione leggermente contrariata sul volto.
-Disse l'uomo sposato con un'artista-commentò Melanie.
Justin,che aveva capito perfettamente cosa intendeva in realtà Brian con quelle parole,alzò una mano e la posò su una delle sue,intrecciando le dita a quelle del marito:nonostante fossero passati anni,Brian non aveva mai superato il suo odio personale verso i musicisti.
E la colpa di tutto era solo sua...
-A me sono sembrati dei ragazzi per bene,forse un pò alternativi,ma ho visto di peggio-s'intromise Ben cercando a sua volta di rassicurare Justin-Vedrai qui Vic si troverà benissimo e in poco tempo riuscirà a dimenticare quello che è successo a Pittsburgh-
-Già,Ben ha ragione!E se malauguratamente dovesse succedere qualcosa,questa volta non dovrete affrontarla da soli-fece Lindz sicura.
Justin scoccò un sorriso di ringraziamento alla bionda e sospirò,cercando di scrollarsi di dosso quell'aura nera che quel discorso si portava sempre dietro.
-Che ne dite di restare a cena?-disse poi rivolto a tutto il gruppo.
-Oh sì,abbiamo frittelle a sufficenza per tutti-fece Brian allungando il braccio libero verso la tazza di Justin e portandosela alla bocca.
Come al solito non si smentiva mai...

 

-E questo è tutto-
Fin da quando aveva avuto qualcosa di interessante da raccontare,Hunter era stato il suo "confessore",la sola persona a cui dire tutto quello che le succedeva senza paura di essere giudicata.
Nonostante la sua giovane età,Vic conosceva tutti i "segreti" della vita che Hunter aveva vissuto prima di incontrare lo zio Ben e lo zio Micheal;questi lo avevano accolto e,dopo le prime schermaglie e le prime incomprensioni,lo avevano trattato come un figlio,fino all'adozione che aveva ufficializzato il legame affettivo che già c'era fra loro.
Sapeva della sua malattia,la stessa che purtroppo affliggeva lo zio Ben,ma non ne era spaventata: anche quella aveva contribuito a renderlo la persona che era,quella a cui voleva bene.
Era quasi convinta che era grazie a quella malattia che Hunter fosse diventato una persona migliore:se le circostanze fossero state diverse,lui avrebbe continuato a vivere la sua vita sregolata e sicuramente tutto avrebbe avuto un altro corso.
-Sicura?-le domandò lui,seduto sul suo letto,leggermente più in basso rispetto a lei che aveva scelto di sedersi sulla sedia accanto alla scrivania.
Vic annuì.
-Ma se anche una sola parola di quello che ti ho detto esce da questa stanza giuro che te la faccio pagare-lo minacciò vanamente,dato che entrambi sapevano che non avrebbe avuto niente con cui rifarsi su di lui.
Hunter annuì e sorrise,chiaramente divertito.
-Hai più visto quel tipo?-le domandò curioso.
Lei inarcò un sopracciglio.
-Quello dell'Accademia?-gli chiese a sua volta.
L'uomo annuì e lei scosse la testa.
-Come avrei potuto scusa?Siamo in due istituti diversi...E' stato solo un caso che ci siamo trovati sulla stessa strada-gli disse in tono pratico.
-Più che al caso darei la colpa alla tua testardaggine e a quel brutto vizio che hai di non chiedere mai informazioni-la rimproverò bonariamente Hunter.
Vic sbuffò,stanca di sentirsi rimproverare per quella particolarità del suo carattere e per qualche istante fu sul punto di lanciargli contro il mouse del pc,ma poi si trattenne pensando alle lamentele di Brian e di suo padre se questo si fosse danneggiato.
-Va bene,ho capito...Era veramente un tipo odioso!-commentò poi,mentre l'immagine del ragazzo moro si profilava chiaramente nella sua mente.
Non era la prima volta che le succedeva:anche durante la lezione di storia,si era ritrovata a fissare la pagina del suo libro senza sapere a che punto fossero con la lezione perchè si era persa a pensare ad un paio di occhi color cioccolato.
-Sì,ma a quanto sembra ha trovato un modo per farsi ricordare...-disse Hunter facendole riportare lo sguardo sul suo volto.
-Cioè?-chiese lei cercando di mostrarsi sorpresa dalle sue parole.
-Almeno ne vale la pena?Oppure assomiglia a quel cavallo con cui stavi parlando all'uscita dell'edificio?-le domandò ancora Hunter con un sorriso ironico sulle labbra.
-Ehi non prendere in giro i miei amici!E poi scusa che ti viene in mente?Aveva almeno sei anni più di me!-gli fece notare la ragazza.
-E allora?Brian e Justin hanno più di dieci anni di differenza-ribattè lui senza scomporsi.
Vic sospirò e scosse la testa,facendo ridere l'uomo.
-Deve proprio valerne la pena...Se io fossi al tuo posto,non mi lascerei scappare quest'occasione- le confessò.
-Stai davvero dicendo quello che credo tu...-domandò la ragazza confusa e imbarazzata allo stesso tempo.
Hunter annuì.
-Ma non so neanche come si chiama!-
L'uomo alzò le spalle.
-Allora cerca di scoprirlo,no?Possibile che debba insegnarti proprio tutto?-
Vic riflettè qualche istante sulle parole dell'amico prima di scuotere la testa con decisione e abbassare lo sguardo sulle proprie ginocchia.
-No,meglio di no...Lo sai come la penso-aggiunse poi incupendosi leggermente.
Il lieve rumore che arrivò dal letto le fece capire che Hunter si era alzato in piedi e l'ombra che si frappose fra lei e la scrivania la portò a rialzare lo sguardo.
-Dimenticavo:tu hai chiuso con l'amore-commentò l'uomo con aria scettica sul volto.
Vic annuì restando in silenzio:che altro c'era da aggiungere?
-Quindi hai intenzione di dargliela vinta?-domandò ancora Hunter con voce più ferma, chiaramente determinato a portare avanti quel discorso.
-Dargliela vinta?Non sapevo fosse una gara-fece lei cercando di scherzare.
-Ho perso il conto delle ragazze che mi hanno lasciato quando venivano a sapere che ero sieropositivo,ma credi che mi abbia fermato dal cercarne un'altra?-le domandò,lo sguardo nei suoi occhi.
-Però nonostante questo sei ancora single-gli fece notare lei,alzandosi in piedi e allontanandosi da lui di un paio di passi.
Aveva bisogno d'aria e sembrava impovvisamente che la presenza di Hunter accanto a lei stesse risucchiando tutto l'ossigeno.
-Non è questo il punto!-ribattè l'uomo secco.
-Allora qual'è?Dovrei permettere ad un altro idiota di avvicinarsi a me come è successo con Kyle,magari innamorarmi di lui e fare la stessa fine un'altra volta?-gli domandò fissandolo con occhi arrabbiati.
Hunter la fissò per qualche istante in silenzio,prima di sospirare e muoversi verso di lei fino a fermarlesi di fronte.
-Sì...Perchè è quello che fanno tutti.
Credi davvero che "chiudere con l'amore" ti aiuterà a stare meglio?Ti farà dimenticare quello che è successo?
Purtroppo non funziona così-aggiunse con voce dolce.
Nello sguardo di Vic la rabbia era stata soppiantata dalla tristezza e della consapevolezza che Hunter aveva ragione.
Una mano dell'uomo scivolò sul suo braccio sinistro,fino a chiudersi sul polso e sollevarlo in modo che fosse sotto lo sguardo di entrambi.
-Inoltre per quanto ti sforzi di dimenticare,ci sarà sempre questa che te lo riporterà alla mente-
Nonostante sapesse cosa avrebbero visto i suoi occhi,Vic abbassò lo sguardo e vide chiaramente la piccola lucida cicatrice verticale sul suo polso.

 

Salve a tutti!!!Come state?

So che molti di voi si aspettavano l'incontro fra Gus e Vic,ma ho deciso di posticiparlo x via di un idea improvvisa.

Spero nn siate arrabbiati!

Ringrazio tutti coloro che leggeranno e recensiranno qst capitolo e mi scuso x eventuali errori di ortografia o battitura.

E ora i ringraziamenti:Sweey(Ciao!!!Non credevo che anche tu fossi fan di qsta serie!Beh,meglio così,+ siamo meglio è...Grazie x i complimenti e come al solito,spero di meritarmi la tua fiducia),Mae(Non siamo poi tanto lontani dalla verità,no?Possiamo dire che il loro è un classico rapporto amore-odio con una punta di gelosia...Una punta di Brian?Beh,sarebbe un vero peccato se i suoi geni andassero persi!),LaTuM(Allora credo di essere la scrittrice che fa x te:nei miei capitoli succede sempre qualcosa,mi dicono sempre che cn me nn si può stare mai tranquilli!Nonostante nn abbia amato la fine della serie,credo che qlla pausa fosse necessaria x Justin,in modo che capisse di potercela fare anche cn le proprie forze,senza x qst dimenticarsi di Brian o venir meno all'amore che c'è fra di loro),Giuly Weasley(Grazie x i complimenti...Ci vorrà un pò x scoprire tutto,sia il passato di Brian e Justin che le vicende di Pittsburgh,ma nn preoccuparti,vi lascerò "indizi" ad ogni capitolo!),Asterix_c(Grazie x i complimenti!Spero che il capitolo sia cm te lo aspettavi...),Desme(Visto il loro patrimonio genetico non mi stupirei di nulla,ma vista la scelta di Vic di rinunciare all'amore ci vorrà un pò prima che riesca a fidarsi di nuovo di un ragazzo),Yumisan(Allora vuol dire che ho accontentato le tue preghiere!Se il tuo pensiero coincide con il mio,come del resto credo vista la risata "malefica",allora la tua idea sull'identità del ragazzo è giusta...),Dany'23(Non può piovere per sempre...Esatto,nn credo che le farà particolarmente piacere l'idea di un'estraneo che le ruba l'appartamento sopra il garage,ma forse la vicinanza forzata la costringerà a rivedere le sue convinzioni),Jo'87(Io adoro Ben e Micheal,ma soprattutto Ben,non so se si era capito dal capitolo,come potevo tenerli fuori?).

Bene x il momento è tutto,io vi saluto e vi do appuntamento al prox capitolo...

"Sweetie & Ginger"

Baci,Eva.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 4
*** Sweetie & Ginger ***


sweetie & ginger

 

Due settimane.
Tanto era passato dal suo arrivo a Toronto e nel nuovo liceo.
Dopo i primi giorni,in cui aveva colto gli sguardi curiosi del gruppo delle cheerleaders che la studiavano per capire se sarebbe potuta diventare una di loro e quelli interessati dei ragazzi,la sua vita in quella scuola aveva preso a scorrere serenamente,senza grandi problemi.
Gran parte del merito andava a Rhyes e Carly che l'avevano aiutata ad ambientarsi e che avevano fatto capanello intorno a lei,evitando così che si sentisse un pesce fuor d'acqua tutte le volte che si trovava in mensa durante la pausa pranzo oppure quando camminavano per i corridoi,con lei rigorosamente nel centro,Carly alla sua destra e Rhyes alla sua sinistra.
Come le avevano promesso,il giorno dopo il suo arrivo nella nuova scuola l'avevano portata in giro per Toronto,indicandole quelli che erano i posti più alla moda,almeno per il momento,fra i loro compagni di scuola.
Ovvero il mall,con i suoi trenta negozi,ed annesso Mc Donald's.
-Anche voi avete dei gusti così ordinari?-aveva chiesto loro leggermente sorpresa.
A guardarli tutto si sarebbe detto tranne che seguissero la massa e la moda del momento;infatti sul volto dei due ragazzi era apparsa un'espressione quasi scioccata e Rhyes aveva scosso la testa.
-Spero tu stia scherzando!
Noi ci circondiamo soltanto di persone altamente stimolanti...-aveva commentato Carly con un'aria da intellettuale che l'aveva fatta ridere.
-Certo anche noi andiamo da Burger King,sarebbe stupido negarlo,ma al contrario dei nostri coetanei abbiamo interessi completamente diversi-aveva continuato Rhyes.
Interessi che le avevano mostrato il giorno dopo,quando le avevano mostrato un'altra faccia di Toronto,quella fatta di piccoli negozietti seminascosti,dove comprare dischi in vinile rari o l'ultimo cd dei The Killers o dei Fall Out Boy,oppure girare fra i vari scaffali alla ricerca di una prima edizione di "Orgoglio e Pregiudizio" da aggiungere alla collezione di Carly.
Oltre naturalmente all'immancabile negozio di fumetti di fiducia,dove Rhyes avrebbe potuto passare ore intere controllando gli ultimi numeri arrivati,contrattando con il proprietario sul prezzo del fumetto che gli interessava per ottenere un piccolo ulteriore sconto.
Vista la passione viscerale di Rhyes per i fumetti,un pomeriggio Victoria li aveva portati al negozio dello zio Micheal,certa di fare un bel regalo al ragazzo.
-Te ne sarà riconoscente tutta la vita!-le aveva detto Carly mentre erano per strada,diretti verso il negozio.
Ma a Vic era bastata un'occhiata al negozio per capire che una vita non le sarebbe bastata per smaltire tutta la gratitudine di Rhyes...Sempre che il ragazzo fosse ancora in vita alla fine della giornata.
Appoggiato al bancone,terribilmente elegante con il suo completo Armani grigio ferro,Brian era impegnato in una conversazione con lo zio Micheal mentre questo faceva avanti ed indietro fra il negozio e il ripostiglio.
Sentendo il suono della piccola campanella sopra la porta,i due uomini avevano alzato la testa e sul volto di entrambi era apparso un sorriso,più evidente su quello dello zio Micheal.
-Ehi Little Sunshine!-l'aveva apostrofata venendole incontro.
In quel momento nel negozio non c'era nessuno quindi Vic non se la prese il volume troppo alto della voce.
-Ciao zio Micheal!Ti disturbo?-gli aveva chiesto andandogli incontro e dandogli un bacio sulla guancia destra.
L'uomo aveva scosso la testa mentre Vic si avvicinava a Brian e lo baciava su entrambe le guance.
-Little Sunshine se sei venuta qui in cerca di un passaggio a casa non contare su di me...-le aveva detto con il suo solito tono ironico.
La ragazza aveva sorriso per poi scuotere la testa.
-No papo,veramente ero venuta per lo zio Micheal:volevo fargli conoscere i miei amici-gli aveva spiegato.
Lo sguardo dei due uomini si era spostato verso i due ragazzi che,poco distanti dall'entrata,erano rimasti in silenzio fino a quel momento,entrambi con lo sguardo su Brian,totalmente ipnotizzati.
Una risata divertita di Micheal era risuonata nel negozio,portando Vic a chiedersi cosa ci fosse di tanto divertente,per poi ricordarsi il motivo principale per cui erano andati lì.
-Zio,loro sono Carly e Rhyes.
Ragazzi lui è mio zio Micheal,mentre questo invece è...-aveva detto poi riferendosi a Brian.
-Scommetto che lui è Rage-aveva commentato Carly,chiaramente ammaliata dall'uomo.
Vic l'aveva guardata sorpresa e l'amica aveva alzato le spalle.
-Sono anni che lo ascolto parlare di questo fumetto,ormai so anche la cosa più insignificante-aveva commentato Carly in risposta.
-Sì so cosa vuoi dire...Anche io ho avuto lo stesso problema-aveva detto Brian lanciando un'occhiata a Micheal.
Vic aveva accennato un sorriso,poggiando la schiena contro il bancone poco distante dall'uomo,lo sguardo concentrato su Rhyes,preoccupata che potesse svenire da un momento all'altro.
-Piacere di conoscervi,ragazzi-aveva detto lo zio Micheal in tono affabile e cordiale.
-Ma perchè li hai portati qui?Eri a corto di soldi e volevi chiedere un prestito a Micheal senza che noi lo venissimo a sapere?-aveva chiesto Brian abbassando lo sguardo sulla ragazza.
Lei aveva scosso la testa.
-No...Che idea assurda!-
Brian aveva alzato le spalle.
-Non tanto se ci pensi;io lo facevo sempre:quando da ragazzi andavamo in giro,io finivo subito tutti i soldi e finivo sempre per chiederli a lui-raccontò lui.
-Ora che mi ci fai pensare quei soldi non sono mai rientrati-aveva commentato l'altro.
Brian aveva fatto finta di non sentire il commento dell'amico ed era tornato a fissare Vic,in attesa di una risposta.
-Beh,io non sono te.
Ho pensato di presentare lo zio Mike a Rhyes vista la loro passione comune per i fumetti...-aveva spiegato lei.
-Così almeno non dovremmo aspettare ore mentre lui contratta sul prezzo con il proprietario del negozio-aveva commentato Carly,alzando lo sguardo da uno stand che stava guardando distratta.
Vic aveva sorriso e aveva fissato Rhyes muoversi per il negozio indeciso se avvicinarsi a Brian o iniziare a sbirciare fra gli scaffali.
Alla fine era stata Vic a prendere la decisione al suo posto,dopo aver colto una volta di più uno sguardo timido diretto a Brian;gli era andata incontro e,dopo averlo preso per mano,lo aveva portato davanti al bancone dietro il quale stava lavorando lo zio Micheal,sotto lo sguardo divertito e attento di Carly e Brian.
-Rhyes questo è Micheal Novotny-Brackner,il creatore di Rage.
Zio Mike questo è Rhyes,uno dei tuoi più affezionati fan-aveva detto facendo le presentazioni.
Micheal aveva sorriso e aveva teso la mano a Rhyes che,dopo un'attimo di incertezza,l'aveva stretta.
-Voglio solo dirti che il tuo fumetto mi ha cambiato la vita...Cazzo non avevo visto niente di così incredibile dai primi numeri dei "Watchmen"-gli aveva detto.
Vic e Carly si erano guardate con aria dubbiosa,ma dal sorriso che nacque sul volto dello zio Micheal,Vic dedusse che doveva essere un gran complimento.
-Ok se questo era un modo per ottenere un fumetto gratis...ci sei riuscito-aveva detto l'uomo ritirando la mano e continuando a sorridere.
-E lui è...-si era intromessa Vic tirando Rhyes verso Brian.
-Scusami Little Sunshine,ma non credo di aver bisogno di presentazioni-aveva detto Brian portando lo sguardo sul ragazzo.
-Ha ragione lui Vic...-aveva convenuto Rhyes con lo sguardo fisso sul suo volto.
Incapace di dire qualsiasi cosa di senso compiuto,Rhyes si era ammutolito continuando a fissare Brian che,per nulla infastidito da quell'ammirazione palese,aveva ricambiato lo sguardo del ragazzo con un sorriso accennato,per il divertimento di Micheal e di Vic.
-Rhyes sei sicuro di stare bene?-gli aveva chiesto Carly facendo un paio di passi verso di loro.
Il ragazzo si era affrettato ad annuire.
-Mai stato meglio-
-Ne sono felice,ma ora purtroppo devo davvero scappare a salvare qualche povero ragazzo in difficoltà-aveva detto Brian voltandosi leggermente all'indietro sul bancone per prendere la sua ventiquattrore.
Si era chinato verso Vic per salutarla e,dopo un ultimo cenno di saluto agli altri due ragazzi e a Micheal,si era avviato verso la porta del negozio.
Quella sera,quando era tornata a casa,aveva sentito i suoi genitori in salotto chiacchierare amabilmente e le erano bastate poche parole per capire di cosa stavano parlando.
-Insomma hai folgorato un altro povero ragazzo innocente con il tuo fascino irresistibile-sentì dire da suo padre.
-Che vuoi farci,non è colpa mia se mi basta un solo sguardo per far cadere tutti ai miei piedi...-aveva risposto Brian.
La risata di suo padre era risuonata per il salotto fino a lei.
-Già,ancora me lo ricordo che effetto fai sui ragazzini innocenti-aveva commentato suo padre di nuovo con voce seria.
Per qualche istante era sceso il silenzio e Vic si era chiesta se non avessero dato inizio alle effusioni come al solito,quando un rumore la fece ricredere.
Un sorriso accennato.
-Tu non sei mai stato un ragazzino innocente...-aveva risposto Brian.
Quelle parole le avevano fatto capire che la conversazione stava diventando troppo personale e, per non interromperli,aveva deciso di tornare in camera sua.
In tutta quella settimana un pensiero l'aveva accompagnata,nascosto in un angolo della sua mente,pronto a saltar fuori nei momenti più assurdi.
Nonostante non avesse più incontrato il ragazzo dell'Accademia,non riusciva a dimenticare i suoi occhi.
Erano sempre con lei:al mattino appena sveglia,durante una lezione troppo noiosa;una volta si era addirittura ritrovata a fare paragoni con gli occhi di un attore che aveva visto su una rivista.
Perchè non riusciva a dimenticarli?
Appartenevano alla persona più antipatica ed acida che avesse mai incontrato,qualcuno che non avrebbe mai più rivisto nella sua vita,perchè continuava a pensarci?
L'unica spiegazione che riuscì a trovare era che l'istinto masochista che l'aveva accompagnata in quei quindici anni non l'aveva abbandonata,nonostante la speranza di averlo lasciato a Pittsburgh.
Doveva smetterla di pensarci,doveva dimenticarlo.
Non aveva altra scelta.


Fu la musica a spingerla di nuovo verso l'Accademia.
Il destino,coaudivuato dalla segreteria del liceo,le aveva assegnato l'ultimo armadietto sul corridoio di sinistra,lo stesso che collegava i due istituti.
Più volte il suo sguardo si era spinto verso il corridoio bianco,non vedendo niente di più che figure sconosciute che attraversavano i corridoi per andare alla prossima lezione.
Riflettendo a mente fredda si era chiesta più volte cosa si aspettava di scorgere in quei pochi attimi:credeva forse che lui fosse lì fermo all'inizio del corridoio con la stessa speranza di vederla anche solo di sfuggita?
Che assurdità!
Se era fortunata,quel tipo aveva riso di lei con i suoi amici per poi dimenticarsi del loro incontro.
Il mercoledì mattina,dopo la lezione di biologia Victoria si avvicinò al suo armadietto per riporvi dentro i libri,con l'intento di raggiungere Rhyes e Carly in mensa quando aveva sentito la musica arrivare dal corridoio.
Nonostante l'armadietto fosse aperto,si era affacciata verso il corridoio ed era rimasta in ascolto,cercando di ignorare il caos che c'era intorno a lei,per essere certa che quella musica fosse reale e non soltanto nella sua testa.
Aveva chiuso l'armadietto,la borsa ancora a tracolla sulla spalla sinistra e,senza una precisa motivazione si era incamminata lungo il corridoio,sentendo aumentare l'intensità della musica man mano che si avvicinava all'Accademia.
Era il suono di un pianoforte,ora riusciva a distinguerlo bene.
Non conosceva la melodia,ma chiunque stesse suonando,ci sapeva veramente fare.
Ancora una volta si era trovata alla fine del corridoio e,seguendo la musica si era incamminata alla ricerca dell'aula,decisa a scoprire chi era il talentuoso musicista.
Incontrò un gruppo di ragazze che,stupite dalla sua presenza,le lanciarono un'occhiata attenta ma quando nessuna di loro la fermò,Vic non si preoccupò oltre della loro presenza continuando a camminare fino ad una delle tante porte nere:questa era stata lasciata aperta,permettendo così al suono di propagarsi per l'edificio ed arrivare a lei.
Si appoggiò allo stipite destro della porta e fissò attenta e curiosa l'interno della stanza:un ragazzo era seduto al pianoforte,perfettamente concentrato sulle proprie mani che sembravano volare sui tasti.
Victoria osservò il viso serio e concentrato del ragazzo,soffermandosi sui capelli biondo cenere che gli sfioravano il collo e le orecchie,studiando il taglio perfetto degli occhi,di cui ancora non riusciva a vedere il colore,il mento pronunciato e l'accenno di barba che gli copriva le guance.
La canzone era quasi finita,lo capiva dal modo più lento in cui si muovevano le mani sui tasti ed infatti pochi istanti ancora e la musica cessò del tutto.
Il musicista alzò lo sguardo e solo allora si accorse della sua presenza.
Imbarazzata,Vic gli sorrise timidamente,non sapendo cosa dire e,dopo qualche istante di silenzio vide sorridere il ragazzo.
-Non sapevo di avere del pubblico...-disse con voce calma e leggermente arrocchita dal silenzio.
Arrossendo leggermente per quella situazione inconsueta,Vic si staccò dallo stipite e fece due passi nell'aula,andando verso il pianoforte.
-Scusami non volevo disturbarti,è solo che mi ha colpito questa musica e non sono riuscita a trattenermi;dovevo sapere da dove proveniva-gli spiegò.
Il ragazzo sorrise,riprendendo a fissarla in silenzio.
-Ti è piaciuta?-le domandò poi.
Vic si affrettò ad annuire.
-Assolutamente!Sei davvero bravo,complimenti.
L'hai scritta tu?-gli chiese curiosa.
Questa volta lui scosse la testa,un sorriso divertito sulle labbra.
-Magari!
No,purtroppo sono solo un modesto esecutore-le disse fissando i suoi occhi.
Vic si avvicinò ancora,arrivando a poggiare le mani sulla coda del pianoforte.
-Ammetto che la mia conoscenza della musica classica è molto limitata,ma mi haiemozionato... Questa canzone fa davvero venire i brividi-gli disse sincera.
Ancora una volta lo vide sorridere,questa volta sinceramente lusingato,per poi poggiare entrambe le braccia sul piano e sporgersi verso di lei.
-Visto che ti piace così tanto,posso darti il titolo-fece lui.
-Lo faresti davvero?-chiese lei sorpresa.
-Hai una penna?-
Vic annuì e aprì la borsa,tirando fuori un'agenda e una penna che posò sul pianoforte di fronte a lui.
Il ragazzo abbassò lo sguardo sull'agenda e,su una pagina bianca,scrisse il titolo della canzone e dell'autore prima di voltare il diario verso di lei perchè potesse leggere ciò che aveva scritto.
"The heart ask for pleasure first".
-Come mai non ti ho mai visto prima qui in giro?-le domandò lui facendole rialzare lo sguardo sul suo volto.
-Beh sarebbe stato un pò difficile visto che mi sono trasferita qui a Toronto soltanto da poche settimane-gli disse accennando un sorriso a sua volta mentre sistemava il diario nella borsa.
I suoi occhi verdi continuavano a fissarla,senza però essere insistenti,quasi lui sapesse già quando lasciarla andare e quando ricercare il suo sguardo.
-Da dove?-chiese ancora lui.
-Pittsburgh-
-Da quanto so non è un gran che come città...-fece lui,appoggiandosi maggiormente sul pianoforte.
Vic alzò le spalle.
Anche Brian diceva sempre che Pittsburgh era la città più noiosa dove gli era capitato di vivere,ma lei non aveva mai capito perchè si lamentasse tanto:lei aveva vissuto gran parte della sua vita in quella città e non aveva mai trovato nulla da ridire su Pittsburgh.
Forse questo era da imputare al fatto che non aveva quasi mai lasciato Liberty Avenue o il quartiere gay?
-E' ok,se sai dove andare per divertirti-
Lo vide sorridere di nuovo e istintivamente si ritrovò a pensare che le piaceva il suo sorriso.
Ma che accidenti le veniva in mente?
Cosa c'era di così intrigante in quella scuola da farle trovare interessante ogni ragazzo che incontrava?
-Forse sarà meglio che vada...-disse indicando la porta,quasi volesse rendere più reali le sue parole.
Si voltò e fece qualche passo verso la porta,quando la voce del ragazzo la portò a fermarsi.
Tornò a voltarsi e vide che il ragazzo era in piedi ora,anche se non aveva accennato ad allontanarsi dal pianoforte.
-Comunque,io sono Matt-le disse presentandosi.
Per qualche secondo Vic chiuse gli occhi,mentre la sua mente realizzava che avevano parlato tutto quel tempo senza neanche sapere i rispettivi nomi.
-Hai ragione,scusa.
Io sono...-
-Sweetie,che piacere rivederti!-fece una voce alle sue spalle.
Vic si immobilizzò al suono di quella voce,senza neanche sapere perchè,e solo quando lo vide passarle accanto e fermarsi accanto al pianoforte riconobbe il misterioso ragazzo che l'aveva aiutata il primo giorno.
-Scusa se ci ho messo così tanto,ma ho dovuto aspettare più del previsto alla cassa-disse rivolto a Matt prima di passargli una lattina di Coca ed un panino.
Il ragazzo annuì per poi tornare a posare lo sguardo su Vic,ancora in attesa di sapere il suo nome.
-Allora Sweetie,che ti è successo?
Non dirmi che ti sei persa di nuovo-commentò mentre apriva la propria lattina di Coca.
Vic indurì l'espressione del viso e strinse le dita della mano sinistra attorno alla cinghia dello zaino,in segno di nervosismo.
Odiava quel soprannome!
-Tranquillo,non mi sono persa...E comunque so ritrovare la strada da sola Ginger-
Non aveva idea di dove le fosse uscito quel soprannome,ma la infastidiva non avere nessun'arma con cui ribattere.
Sentendosi apostrofare così il ragazzo sorrise divertito prima di alzare le spalle con fare disinteressato.
-Fa come vuoi..Per un'attimo ho temuto che fossi venuta per me;sai non saresti la prima a cadere vittima del mio fascino-commentò.
Vic rise,ma si affrettò a nascondere il sorriso con una mano per non sembrare sgarbata.
-Io al tuo posto non ci conterei troppo-
Il suono della campanella risuonò per il corridoio fino all'aula,facendole spalancare gli occhi e gettare un'occhiata veloce all'orologio che aveva al polso.
Dannazione,aveva saltato l'appuntamento con Carly e Rhyes!
-Accidenti...-si lamentò a denti stretti prima di voltarsi e avviarsi a passi veloci verso la porta.
-No aspetta non mi hai ancora detto il tuo nome!-si sentì richiamare da Matt.
Avrebbe potuto fermarsi e presentarsi,ma aveva lezione di calcolo e l'aula era al secondo piano,senza contare la fastidiosa presenza di quello che doveva essere un amico di Matt.
E poi forse era meglio lasciar perdere...Non si ripeteva da giorni che voleva dimenticare?
Spinta da questi propositi,uscì nel corridoio e affrettò il passo per ritornare nel liceo in tempo per essere puntuale alla lezione.

 

-Ciao sono tornato!-
Chiuse la porta dietro di sè e restò nell'ingresso,in ascolto qualche istante del silenzio per capire chi altro ci fosse in casa.
Il silenzio avvolgeva il primo piano,non avvertiva neanche il rumore di sottofondo prodotto dal rumoroso pc che sua madre si ostinava a tenere nello studio.
Si tolse il cappotto e lasciò la borsa ai piedi dell'attaccapanni,anche se gli era stato detto più volte di non farlo,prima di avviarsi verso la cucina.
Passando accanto alle scale che conducevano al piano di sopra sentì della musica provenire quasi certamente dalla stanza di sua sorella e si fermò davanti alle scale con lo sguardo all'insù.
-Jenny?Ci sei?-domandò ricordando le volte in cui sua sorella usciva lasciando lo stereo acceso per far credere alla madre di essere ancora nella sua stanza.
-Ciao Gus!-si sentì salutare in risposta.
Rassicurato,tornò a camminare verso la cucina,la mente impegnata nella preparazione di un panino per calmare i morsi della fame,quando sentì i passi rumorosi di sua sorella venir giù dalle scale.
Entrò nella cucina e si diresse verso il frigo,alzando lo sguardo solo quando la sentì fermarsi davanti alla soglia della stanza.
Jenny Rebecca si fermò sulla porta,lo sguardo sul suo volto e quando i loro occhi si incontrarono un sorriso gentile le incurvò le labbra.
Nonostante fossero fratelli non avevano molto in comune,almeno fisicamente,ma questo era dovuto al fatto di avere due patrimoni genetici completamente diversi.
Due madri diverse,due padri diversi.
Gus aveva corti capelli castani,mentre Jenny li aveva neri come la pece lunghi fino a metà schiena;lui aveva occhi castani profondi e riflessivi,almeno a sentire sua madre,e sua sorella aveva gli occhi grigi di suo padre a cui assomigliava ogni giorno di più.
E lo stesso discorso valeva per Gus,come gli ricordavano lo zio Emmett e lo zio Justin ogni volta che lo vedevano.
Ma nonostante questo,i due ragazzi avevano superato il periodo critico dell'infanzia incolumi,evitando spargimenti di sangue inutili, ed erano riusciti a creare un buon rapporto che il più delle volte li faceva sembrare due amici più che due fratelli.
-Io non racconterei mai a mia sorella tutto quello che combino...-aveva commentato una volta Matt rendendolo partecipe della sua sorpresa per quello strano rapporto.
Lui aveva alzato le spalle e aveva ghignato come al suo solito,senza rispondere convinto che l'amico non avrebbe capito anche se avesse provato a spiegarglielo.
Nonostante Matt fosse il suo migliore amico,c'erano cose che soltanto Jenny poteva capire,almeno così credeva Gus,perchè solo lei aveva vissuto le sue stesse esperienze.
Sua sorella era forse una delle poche persone che lo conosceva veramente...
-Mamma è ancora al lavoro?-domandò alla sorella voltandole poi le spalle per prendere il pane dallo scaffale della credenza.
Lei annuì.
-Mamma ha chiamato per avvertire che avrebbe lavorato fino a tardi e che probabilmente non sarebbe tornata per cena,ma credo che Lindz tornerà a casa in orario-gli disse andando a sedersi ad una delle sedie attorno all'isola osservando la preparazione del sandwich.
Gus annuì continuando a spalmare la maionese sulla fetta.
Fin da quando anche Jenny era diventata adolescente,i due ragazzi avevano creato un loro linguaggio personale:nonostante volessero bene ad entrambe,quando erano soli,Gus e Jenny avevano preso l'abitudine di chiamare "mamma" soltanto la propria vera madre,chiamando l'altra con il suo nome di battesimo.
Era più semplice e più pratico...
-Vuoi un sandwich?-le domandò tornando a posare lo sguardo su di lei in tempo per vederla fare un cenno di diniego.
-No,grazie,ho già mangiato...Come è andata oggi?-gli domandò lei poggiando entrambi i gomiti sul piano di marmo e osservando il suo volto.
Gus alzò le spalle,avvicinandosi poi al frigorifero per prendere delle foglie di insalata ed un pomodoro.
-Al solito.
Tu invece?-domandò portando subito il discorso su di lei.
-Al solito-rispose facendogli il verso.
Gus sorrise leggermente divertito,poi poggiò entrambe le mani sul tavolo e fissò la sorella,incerto se raccontarle o meno quello che era davvero successo.
Le loro madri dicevano sempre che per capire chi fossero i loro padri bastava osservare il rapporto che i due ragazzi avevano fra di loro.
La grande amicizia ed intimità che c'era sempre stata fra Brian e Micheal sembrava essersi trasmessa ai loro figli attraverso i geni,oltre ovviamente alla incredibile rassomiglianza fisica che i ragazzi avevano con i due uomini.
Sin da quando erano bambini,i due ragazzi avevano stretto un rapporto complice che li portava a non tradire mai i segreti dell'altro,a fare il possibile per aiutarlo in caso di bisogno incurante degli anni di differenza,delle difficoltà e dell'astio che di solito ci dovrebbe essere nei rapporti fra un ragazzo ed una ragazza.
-Che mi nascondi?-gli domandò la sorella ricambiando il suo sguardo.
Gus fece scivolare il labbro inferiore fra i denti,indeciso se parlarle o meno,prima di scuotere la testa.
-Niente di importante...-
Jenny lo fissò per qualche altro istante,certa che lui non le avesse detto la verità,poi alzò le spalle.
-Ok,come vuoi.
Io torno di sopra a studiare,se vuoi sono in camera mia-gli disse alzandosi in piedi e voltandogli le spalle.
Gus annuì e completò il suo sandwich,rialzando di nuovo lo sguardo verso la porta quando la sentì tornare indietro.
-Quasi mi dimenticavo...Ha chiamato lo zio Brian,voleva parlarti.
Mi ha detto di dirti se lo richiami-
Il ragazzo fece un cenno d'assenso e la osservò allontanarsi nel corridoio.
Guardò l'orologio appeso al muro accanto al frigo:erano le tre e mezza.
Quasi sicuramente suo padre era in ufficio a quell'ora...Magari lo avrebbe chiamato dopo aver finito il suo sandwich.
Prese il piatto ed uscì dalla cucina,diretto verso il salotto,dove si sdraiò sul divano con lo sguardo fisso al soffitto,il piatto in bilico sul proprio torace.
Nonostante la sua famiglia fosse la più inconsueta fra quella dei suoi amici,Gus non si era mai sentito diverso dagli altri;non aveva mai avuto bisogno di uno psicologo per affrontare quella "strana" situazione,come avevano più volte suggerito i suoi insegnanti a scuola,scatenando la rabbia di Melanie,perchè fin da quando era piccolo lui aveva ben chiari in mente i ruoli.
Lui sapeva chi erano sua madre e suo padre ed entrambi avevano sempre fatto del loro meglio per non fargli mancare niente,nonostante uno vivesse in uno stato diverso dal suo.
Poi ovviamente c'erano lo zio Justin e Melanie,due figure fondamentali nella sua vita,con un ruolo ben definito ma diverso:uno era il marito di suo padre e l'altra era la sua seconda mamma,la persona che si esponeva in prima persona quando c'era un problema a scuola o con un compagno di classe.
Gus voleva bene ad entrambi,in maniera indistinta,erano tutti e due parte di lui:era grazie allo zio Justin se aveva evitato il nome Abrahm ed era con lui che,da bambino,trascorreva gran parte delle sue vacanze quando andava a trovare suo padre a New York o a Pittsburgh.
Era stato proprio lui ad accorgersi del suo talento e spingerlo verso l'Accademia di Belle Arti,idea subito appoggiata dai suoi genitori.
Certo poi c'erano lo zio Micheal,il padre di Jenny,lo zio Ben e Hunter,ma Gus li aveva sempre considerati come una figura di contorno nella sua vita,almeno finchè anche loro non si erano trasferiti in Canada.
Le vere persone fondamentali nella sua vita,quelle per cui avrebbe davvero dato la vita,si contavano sulle dita di una mano:i suoi genitori,sua sorella,Melanie e lo zio Justin.
Nessuno finora dei tanti amici e delle varie ragazze che aveva avuto si era meritato quel titolo,e Gus era convinto che sarebbero passati ancora anni prima di incontrare una persona che acquistasse tanta importanza nella sua vita.
Sospirò e si rizzò a sedere,posando il piatto ormai vuoto sul tavolino di legno poco distante dal divano.
Forse era meglio sentire di cosa voleva parlargli suo padre...
Cercò con lo sguardo il portatile e,solo dopo averlo scovato sul mobile della televisione,si alzò in piedi.
Dato che non conosceva ancora il numero del nuovo ufficio,compose il numero del cellulare di suo padre,sentendo il segnale di libero non appena ebbe finito di digitare l'ultimo numero.
-Pronto?-risposero dall'altra parte della cornetta dopo due squilli.
-Papà,sono Gus-gli disse,quasi avesse bisogno di ricordargli il suo nome.
-Ehi sonnyboy!-lo apostrofò suo padre,un sorriso nella voce.
Il ragazzo sorrise a sua volta e abbassò la testa,come faceva sempre quando si sentiva chiamare con quel nomignolo.
Nonostante fosse ormai un uomo,suo padre continuava a chiamarlo con in quel modo,in ricordo dell'infanzia.
-Jenny mi ha detto che mi hai cercato-gli disse sedendosi sul bracciolo di una poltrona beige e fissando la strada che si intravedeva dalle finestre che coprivano un'intera parete.
-Già,volevo sapere se avevi impegni per questa sera;Justin mi sta dando il tormento perchè ancora non sei venuto a vedere la casa nuova-fece l'uomo.
Gus sorrise,immaginando chiaramente uno dei classici battibecchi fra i due uomini che quasi sempre si risolvevano con una battuta ironica o un bacio.
-Inoltre ci tenevo a parlarti di una cosa...-aggiunse suo padre con voce seria.
Il ragazzo corrugò la fronte,leggermente sorpreso dal cambiamento repentino del tono.
-Devo preoccuparmi?-gli chiese infatti.
Un sorriso arrivò fino a lui dalla cornetta,rassicurandolo lievemente,ma poi si rese conto che in ogni caso suo padre avrebbe reagito in quel modo,anche se ci fossero state brutte notizie.
-Certo!Dovrai preoccuparti della reazione di Justin se ci dai buca-scherzò infatti l'uomo.
-Lo zio Justin mi adora...-fece Gus con lo stesso tono scherzoso.
-Non se gli fai saltare una cena all'ultimo momento.
Alle sette e mezzo?-domandò poi cogliendo l'occasione giusta.
-Cosa ti fa credere che io non abbia già altri impegni?-gli domandò per il gusto di stuzzicarlo,ben consapevole che alla fine avrebbe accettato l'invito.
-Lo spero tanto per te,sonnyboy,ma io al posto tuo non rinuncerei a questa cena-
Gus sospirò e annuì,come se suo padre fosse nella stessa stanza insieme a lui.
-Va bene,basta che non sia una cena troppo affollata-cedette.
Sentì suo padre ridere e,di riflesso,sorrise a sua volta.
-Tranquillo saremmo soltanto noi,Justin e Victoria.
Mi raccomando non fare tardi!-
Dopo i saluti,Gus restò qualche istante con lo sguardo fisso sul telefono mentre la mente vagava alla ricerca di qualche informazione su Victoria,la figlia dello zio Justin.
Quanti anni aveva adesso?
Dodici?Tredici?
Non riusciva proprio a ricordarla...
Beh,almeno quella sera avrebbero potuto recuperare il tempo perduto per via della lontananza.

 

-Cosa sentono le mie orecchie!-
Vic si voltò verso Brian,appena entrato nel salotto dall'ingresso,e si affrettò a spegnere lo stereo facendo cessare all'improvviso la musica del pianoforte.
Quel pomeriggio quando era uscita da scuola,era andata in uno dei negozi di dischi che frequentava con Rhyes e Carly e aveva comprato il cd contentente la canzone che quel ragazzo, Matt,stava suonando quella mattina con tanta passione e mastria.
Non sapeva se era stato per via di quell'incontro o della breve chiacchierata con Matt,ma per le ore restanti aveva avuto quella melodia in testa,quasi si fosse insinuata dentro di lei e non volesse sapere di andarsene.
Quando era rientrata a casa l'aveva trovata avvolta nel silenzio così,invece di chiudersi nella sua stanza,aveva sistemato i suoi libri sul tavolo del soggiorno e aveva acceso lo stereo,lasciando che la musica si diffondesse per tutta la casa.
Suo padre era stato il primo a rientrare,e data l'espressione che gli si era disegnata sulla faccia Vic,corrugò la fronte.
-Sembra che tu abbia visto un fantasma-gli aveva detto prendendolo amabilmente in giro.
Lui aveva scosso la testa e aveva accennato un sorriso.
-No...E' solo che sono anni che non sentivo questo genere di musica-le aveva detto a mo di scusa.
Vic aveva messo in pausa il disco e lo aveva fissato sorpresa.
-Non ti piace la musica classica?-gli aveva chiesto ancora curiosa.
Il sorriso sul volto del padre era sparito e questi aveva alzato le spalle.
-Diciamo che non è il mio genere-aveva tagliato corto-Com'è andata oggi a scuola?-le aveva poi chiesto.
Avevano parlato per qualche altro minuto prima che lui andasse al piano di sopra per dare un'ultima occhiata ad un quadro che stava finendo di dipingere.
-Ah tesoro,questa sera abbiamo ospiti per cena-le aveva detto ricordandosene all'ultimo momento.
Lei era rimasta in silenzio e l'aveva fissato in attesa.
-Viene a trovarci Gus,il figlio di Brian-
Vic aveva annuito:finalmente avrebbe conosciuto colui che le aveva rubato il loft sopra il garage.
-Ok,cercherò di finire in tempo per la cena-gli aveva detto alzando le spalle.
Aveva riacceso lo stereo solo quando era stata sicura che suo padre fosse nel suo studio, abbassando il volume per non infastidirlo più del necessario e per la successiva ora e mezza aveva continuato a studiare senza nessun interruzione.
Fino al ritorno di Brian.
-Non dirmi che anche tu non sopporti la musica classica-gli chiese spegnendo lo stereo e alzandosi per andare a dargli un bacio di saluto.
L'uomo si tolse il cappotto,lasciandolo sulla spalliera del divano.
-Credo di essere allergico alla musica classica-le disse poi risucchiando l'aria attraverso le labbra strette.
Vic rise e scosse la testa.
-Forse se sentissi questa canzone cambieresti idea...E' davvero fantastica!-gli disse sporgendosi verso il tavolo per prendere la custodia del cd-Aspetta te la faccio sentire...-
-Davvero Little Sunshine è meglio di no;va a finire che mi riempio di bolle su tutto il corpo-fece Brian scuotendo la testa.
-Ma...-
-Lascia perdere Vic,è una battaglia persa-le consigliò suo padre entrando in quel momento nel salotto.
Si avvicinò a Brian e lei vide chiaramente lo sguardo che i due si lanciarono prima che suo padre gli si fermasse di fronte per dargli un bacio di saluto,cercando di tenere la camicia sporca di vernice rossa lontana dal completo di Brian.
-Non mi avevi fatto una promessa?-domandò Brian,un sopracciglio inarcato e lo sguardo sul viso del biondo.
-Io non c'entro nulla,ha fatto tutto Vic.
E poi da quello che ho sentito dal mio studio,non c'è neanche un violino lì dentro-rispose suo padre prontamente,un lieve sorriso sulle labbra per convincerlo delle sue parole.
Brian si lasciò scappare un mugugno poco convinto,incuriosendo ancora di più la ragazza.
-Sarà meglio che vada a farmi una doccia...Gus sarà qui fra poco-
Diede un altro bacio a Justin e poi si avviò verso le scale.
Vic lanciò un'occhiata a suo padre e lo interrogò con lo sguardo.
-Fossi in te nasconderei quel cd,o almeno non lo ascolterei quando tuo padre è in casa-le consigliò avviandosi verso la cucina.
-Per quale motivo?-chiese curiosa.
-Hai qualche preferenza per la cena?Che ne dici del sushi?-le domandò lui a sua volta,eludendo la sua domanda.
-Non male come idea...Ma che ne dici di un paio di bistecche?Mica stiamo aspettando uno dei vostri amici sofisticati di New York-gli fece notare lei.
Suo padre la guardò,riflettendo sulla sua proposta e alla fine alzò le spalle.
-Forse hai ragione tu-disse poi avvicinandosi al frigo.
Per qualche secondo Vic ebbe la tentazione di porgergli ancora la stessa domanda,ma la certezza che suo padre non le avrebbe riposto la convinse a desistere.
-Sarà meglio che porti i libri di sopra...-disse voltando le spalle al padre.
-Ah,tesoro quasi dimenticavo:questa mattina è arrivata un'email di tua madre,l'ho lasciata sulla scrivania in camera tua-le disse il padre girando la schiena per incontrare il suo sguardo.
Vic annuì e lo ringraziò con un sorriso.
-Ok,magari più tardi la chiamo-
Tornò in salotto e raccolse i propri libri dal tavolo,per poi salire al piano di sopra:stranamente non si sentiva dell'umore adatto per una cena,senza sapersene spiegare il motivo.
A lei piacevano le cene affollate dei suoi genitori,le erano sempre piaciute...Allora perchè quella volta doveva essere diverso?
Forse perchè non conosceva affatto Gus:l'ultima volta che lo aveva visto lui aveva dieci anni e lei tre per il compleanno del ragazzo!
Erano due persone completamente diverse adesso...Per quanto ne sapeva lei,poteva anche avere i capelli verdi ed essere pieno di tatuaggi.
Cosa poteva avere in comune con un tipo del genere?
Scacciò quel pensiero negativo dalla mente e si impose di non lasciarsi andare ad immagini ancora peggiori di quella.
Si lasciò cadere sulla sedia accanto alla scrivania e lesse l'email di sua madre,dove la donna le chiedeva di andare a trovare lei,Janet e sua sorella per il Labour Day a New York.
All'email era incluso un post scriptum di sua sorella Georgia,in cui le prometteva mari e monti pur di convincerla a passare con loro quella festa.
Vic posò il foglio sulla scrivania con un sorriso divertito sulle labbra:sicuramente suo padre non avrebbe fatto storie se gli avesse chiesto di andare a New York da sua madre,anzi sarebbe stato felice di godersi un paio di giorni in piena solitudine con Brian.
Si alzò dalla sedia e lanciò uno sguardo nello specchio alla sua figura,indecisa se cambiarsi o meno.
Era la prima volta che si vedevano...era meglio fargli una buona impressione.
Tirò fuori dall'armadio una maglia a maniche lunghe viola,e si cambiò anche i pantaloni, indossando un paio di jeans leggermente più larghi di quelli a sigaretta che aveva indossato per tutto il giorno.
Si spazzolò i capelli,ma resistette alla tentazione di truccarsi per evitare di sembrare ridicola.
Fu allora che sentì la voce di suo padre arrivare fino a lei dal piano di sotto.
-Vic,tesoro,puoi scendere?-
Dopo un'ultima veloce occhiata nello specchio,Vic si avvicinò alla porta e stretta la maniglia nella mano destra si lasciò andare ad un respiro profondo.
Sarebbe andato tutto bene...
Attraversò il corridoio e scese le scale con un lieve sorriso sul volto,mentre le voci dei suoi genitori arrivavano fino a lei dal salotto.
-Non avresti dovuto disturbarti Gus-sentì dire da suo padre.
-E' stata un'idea della mamma;le sembrava brutto che mi presentassi a mani vuote,sapete com'è fatta...-sentì rispondere.
Era una sua impressione oppure conosceva già quella voce?
-Già,certe abitudini borghesi sono dure a morire-commentò Brian.
Arrivata sulla soglia del salotto,vide i tre uomini in piedi al centro della stanza,fra il divano e le poltrone,il ragazzo fra i suoi genitori.
-Devo ricordarti i regali che facevi tu un tempo,quando ci invitavano a cena?-domandò suo padre a Brian.
-Regali utili e costruttivi-ribattè lui.
Suo padre scosse la testa lasciando cadere la discussione e solo allora si accorse della presenza di Vic nella stanza.
-Tesoro!-
Sentì lo sguardo di entrambi i suoi genitori posarsi su di lei e accennò un sorriso in risposta a quello che le indirizzò Brian,prima che una mano dell'uomo si poggiasse sulla spalla sinistra del ragazzo.
-Little Sunshine,ti ricordi di Gus?-le domandò.
Il ragazzo,si decise a voltarsi e nell'istante in cui i loro sguardi si incontrarono Vic si pietrificò, notando solo distrattamente la stessa reazione nel ragazzo.
Era proprio lui,l'odioso studente dell'Accademia!
Restarono in silenzio a fissarsi per quello che sembrò un tempo interminabile,finchè un pensiero attraversò la mente di Vic:quello era il figlio di Brian,il "proprietario" del loft sopra il garage.
D'ora in avanti avrebbero passato molto tempo insieme...
Oh merda!
Ma che male aveva fatto per meritarsi una punizione simile?

 

Salve a tutti!!!E buon'inizio di settimana.

Come state?

Finalmente,dopo un'ennesimo incontro-scontro,i nostri sono stati presentati ufficialmente,era pure ora! Ora chissà quale sarà il loro comportamento durante la cena...

Per tutti coloro che fossero curiosi,posto un link con la melodia suonata da Matt che ha riportato di nuovo Vic all'Accademia favorendo il nuovo incontro con Gus.

http://www.youtube.com/watch?v=0dPS-EHl-FE

Ringrazio tutti coloro che leggeranno e recensiranno questo capitolo e mi scuso per eventuali errori di ortografia e di battitura.

E ora i ringraziamenti:Sweey(Meno male!Già anche Vic ha avuto la sua dose di problemi...purtroppo), Yumisan(Era come te lo aspettavi?Stiamo facendo un passo alla volta,ma credo sia chiaro in che direzione siamo diretti),Scar(Grazie x i complimenti!Senza Brian e Justin nn ci sarebbe qst storia,quindi anche se alle volte è difficile e richiede uno studio approfondito dei personaggi,cerco di sviluppare un futuro che sia abbastanza credibile senza xò essere smielato o noioso),Desme(Piano piano arriveremo anche al perchè Vic è così risoluta nel voler chiudere con l'amore...Ma ora che ha incontrato due ragazzi carini,sarà ancora della stessa opinione?),Asterix_c(Grazie x i complimenti!),Dany23(Prometto che ci saranno altri flashback,in qualche modo dobbiamo pur sapere la storia fra Brian e Justin,no?Andando avanti con la storia,Hunter ti piacerà ancora di più credimi...),Giulia Weasley(Grazie x i complimenti!E' vero,non ha avuto dei momenti facili,ma forse ora le cose andranno in modo diverso...),LaTuM(Complimenti,sei stata la sola a scovare il significato nascosto nel nomignolo dato a Victoria!Ogni personaggio è importante, anche uno cm Hunter da sempre ritenuto secondario.Tutti sappiamo quanto Brian odiasse le coppie che perfette,qlle un pò alla Micheal e Ben,ma ho pensato che dopo 16 anni di matrimonio qst "orticaria" doveva essergli passata,altrimenti nn sarebbero durati cs a lungo e proprio su qst ragionamento,ho modificato un pò il suo modo di rapportarsi a Justin:ormai sn due uomini sposati,nn ha + senso nascondere i suoi sentimenti x il marito o limitare le effusioni davanti agli amici...E' un altro modo silente per dimostrargli il suo amore).

Bene,x il momento è tutto,io vi saluto e vi do appuntamento al prox capitolo...

"Music and Lyrics"

Baci,Eva.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 5
*** Music & lyrics ***


music and lyrics

 

 

Fu Justin che andò ad accogliere Gus all'aereoporto.
Quel viaggio era doppiamente importante per il bambino,in quanto avrebbe rappresentato la prima volta di Gus in una città diversa da Toronto e Pittsburgh,dove si recava abitualmente per le feste,ed il primo volo che avrebbe compiuto da solo senza nessun'accompagnatore.
Il bambino aveva lottato molto perchè le due madri gli concedessero quella grande opportunità, supportato da Brian e Justin,che lo giudicavano abbastanza sveglio per capire che non doveva dare confidenza a nessuno sull'aereo tranne ovviamente agli stewart e alle hostess.
Alla fine quello sforzo congiunto aveva dato i suoi frutti e Mel e Lindz avevano capitolato.
Justin aveva sistemato una delle stanze vuote in modo che fosse pronta in tempo per l'arrivo di Gus,con la possibilità di un'ulteriore cambiamento se l'arredamento non incontrava i gusti del bambino.
-Sei sicuro di non voler venire anche tu all'aereoporto?-aveva domandato Justin a Brian il giorno dell'arrivo mentre facevano colazione.
Brian aveva portato lo sguardo su di lui e aveva annuito.
-Sai che non sono il tipo da scene strappalacrime...Le lascio volentieri a te-gli aveva detto con un sorriso ironico.
Justin gli aveva rivolto una smorfia che lo aveva fatto ridere,prima di alzarsi in piedi e stendere invisibili grinze sul completo Dolce & Gabbana.
-A che ora arriva il volo?-gli aveva chiesto mentre si avvicinava al biondo fermandoglisi davanti.
-Alle undici,quindi faremo un salto nel tuo ufficio verso mezzogiorno;ce la fai a liberarti per il pranzo?-gli aveva domandato Justin ottenendo un cenno di assenso dal compagno.
-E' questo il bello di essere il boss-aveva scherzato.
Finita la colazione tutti e due avevano preso la propria strada,con il proposito di ritrovarsi di lì a qualche ora.
Quando era arrivato all'aereoporto,l'aereo proveniente da Toronto non era ancora atterrato,quindi Justin si era sistemato in bella vista fuori dalle uscite internazionali in modo da essere ben visibile quando le porte si aprivano sui passeggeri in arrivo.
Alle undici e un quarto i passeggeri del volo da Toronto avevano iniziato ad uscire ed il biondo si era guardato attentamente intorno per evitare che Gus gli passasse davanti agli occhi senza che lui se ne accorgesse,ma fu solo quando anche gli ultimi ritardatari ebbero attraversato le porte, che Justin vide uscire un ragazzino alto poco più di un metro,parzialmente nascosto dietro un carrello portabagagli, accompagnato da una hostess.
-Zio Justin!-aveva esclamato non appena lo aveva visto.
Lui gli era andato incontro e lo aveva abbracciato,sollevandolo leggermente da terra fra le risate del bambino.
-Guarda chi si vede!Hai fatto buon viaggio?-aveva domandato al bambino rimettendolo a terra e posando lo sguardo sul suo volto.
Era incredibile la somiglianza già evidente fra Brian e Gus:ogni volta che si incontravano i due avevano sempre più punti in comune.
Il bambino gli aveva sorriso con il classico sorriso targato Kinney prima di annuire.
-E' andato tutto bene!Mi hanno fatto anche vedere la cabina di pilotaggio...-gli aveva raccontato entusiasta.
Justin aveva riso prima di ringraziare l'hostess che lo aveva accompagnato e prendere la valigia.
Per tutto il tragitto dall'aereoporto alla Kinnetic,Gus gli aveva raccontato minuziosamente quello che era successo durante il viaggio,fermandosi saltuariamente per gettare qualche occhiata estasiata fuori dal finestrino.
Ma una volta arrivati nell'edificio che ospitava la Kinnetic,Justin non era riuscito a trattenere una risata divertita notando l'espressione sbigottita sul volto di Gus.
-A Toronto non ci sono palazzi così alti-gli aveva detto il bambino mentre si dirigevano verso l'ascensore.
-Aspetta di vedere il palazzo dove abitiamo,è ancora più alto-aveva risposto l'uomo.
Si erano incamminati per i corridoi che Justin ormai conosceva a memoria e si erano diretti verso la sala riunioni,visibile da tutti i corridoi grazie alle pareti trasparenti,con l'intento di aspettare la fine della riunione nel corridoio per non disturbare il lavoro di Brian.
Ma il loro arrivo era stato notato anche dall'uomo che si era scusato con i suoi collaboratori ed era uscito dalla stanza per andare loro incontro.
-Ehi sonnyboy!-
Non appena aveva sentito la voce del padre,il viso di Gus si era illuminato e vedendolo a pochi metri di distanza,era corso verso di lui finendo fra le braccia aperte di Brian.
Justin avrebbe potuto restare ore ad osservare i due:amava il modo in cui Brian si rapportava con il bambino,dimenticando il resto del mondo e concentrandosi soltanto su di lui.
-Come è andato il viaggio figliolo?-gli aveva chiesto fissando il suo volto.
-Bene!Ho fatto amicizia con le signorine che lavoravano sull'aereo,hanno detto che mi vengono a trovare quando passano per Toronto-gli aveva raccontato entusiasta.
Brian aveva sogghignato.
-Sarà contenta mamma Mel...-
Il suo sguardo si era poi posato su Justin e,continuando a tenere Gus contro il fianco destro,si era sporto verso di lui per dargli un bacio.
-So che ti avevo detto che sarei stato libero,ma la riunione si sta rivelando più lunga del previsto; vi dispiace aspettare nel mio studio così poi possiamo andare a pranzo insieme?-gli aveva domandato.
Il biondo aveva scosso la testa.
-Fa con calma...Io e Gus ci divertiremo a mettere in disordine il tuo ufficio,vero Gus?-aveva detto chiamando in causa il bambino.
-Certo-era stata la pronta risposta.
Dopo la riunione,Brian si era preso il resto della giornata libera per poter stare con Gus e Justin:pranzarono tutti e tre insieme,mentre il bambino non la smetteva un istante di raccontare tutto quello che di importante era successo nella sua vita nei mesi che erano stati lontani,facendo ridere i due uomini.
Finito il pranzo Brian e Justin lo avevano portato a casa perchè sistemasse le sue cose e telefonasse a Lindz per raccontarle quel primo giorno a New York,e rassicurasse Mel sul fatto di essere ancora vivo.
Quando finalmente erano riusciti a mettere a letto il bambino,Brian si era lasciato cadere sul divano accanto a Justin,la testa sulle sue gambe,stanco ma chiaramente felice per la giornata appena conclusa.
-Se avessi saputo che era questo che ci si aspettava da me,ci avrei pensato mille volte prima di invitarlo-aveva sospirato chiudendo gli occhi.
Justin aveva sorriso,una mano che gli accarezzava i capelli,senza prenderlo sul serio neanche per un'istante:sapeva che quello era il modo contorto in cui Brian esprimeva la felicità per la presenza di Gus lì con loro.
La presenza di Gus aveva portato una novità inaspettata nella loro routine quotidiana:il primo giorno,ad un certo punto della nottata il bambino si era alzato per andare in bagno e,una volta finito,invece di tornare nella sua stanza,si era diretto nella camera del padre e di Justin, sistemandosi sopra le coperte,al centro del letto.
Quando i due uomini si erano accorti della sua presenza,troppo stanchi per portarlo nella sua stanza,si erano limitati a coprirlo con le coperte per evitare che prendesse freddo,sprofondando di nuovo nel sonno.
Dando così il via ad una consuetudine che si era ripetuta ogni notte.
Tutte le mattine,dopo colazione,mentre Brian andava all'agenzia per qualche ora per controllare che tutto fosse apposto,in modo da poter passare il pomeriggio con Justin e il bambino,i due restavano a casa impegnati con i compiti di Gus,o a fare qualche "scarabocchio" nello studio di Justin.
In quelle due settimane,nonostante il freddo sempre più pungente,girarono New York in lungo ed in largo:visitarono la Statua della Libertà e il Museo di Storia Naturale,il Planetario e lo Zoo.
Justin portò Gus alla galleria di Sophia presentandolo alla donna e a Janet,facendo innamorare entrambe le donne del bambino.
-Si vede che è figlio di Brian...-aveva commentato Sophia.
-Già,da grande farà strage di cuori-aveva convenuto lui.
Il Giorno del Ringraziamento,nonostante i ripetuti tentativi di Brian di convincere Justin a cenare in un ristorante, questi aveva preparato il tacchino,il ripieno e la torta di mele,che Gus adorava,mentre padre e figlio fingevano di guardare il SuperBowl alla televisione.
-Avreste anche potuto darmi una mano-si era lamentato il biondo quando si erano messi a tavola.
-Sai che assomigli sempre di più ad una delle mogliettine di Stepford?-lo aveva preso in giro Brian con un sorriso divertito.
Quello era stato uno dei giorni più belli della vita di Justin:quel momento,vedere Gus e Brian seduti attorno al tavolo che scherzavano fra di loro durante la cena,gli aveva fatto capire che finalmente aveva quello che aveva sempre sperato,desiderato e per cui aveva lottato tanto.
Anche se per poco tempo...
Quelle due settimane passarono troppo in fretta e,prima che se ne rendessero conto,era già arrivato per Gus il momento di tornare a casa.
Per rendere l'ultima sera indimenticabile Justin e Gus sistemarono una tenda canadese nel salotto,dopo averlo sgombrato da quanti più mobili possibile.
Quando Brian era tornato dall'ufficio e aveva trovato il salotto semideserto e la tenda al posto del divano era rimasto interdetto per qualche istante prima di guardare Gus,che rideva sotto i baffi,e Justin.
-Siamo stati derubati?-aveva chiesto ai due.
Entrambi avevano scosso la testa.
-Questa notte dormiamo in tenda papà!-aveva esclamato Gus incapace di trattenersi ancora.
Brian aveva portato lo sguardo sul volto di Justin e aveva visto il biondo alzare le spalle con aria innocente.
-Me lo ha chiesto lui...E poi io non ho mai usato l'attrezzatura che ho comprato per la Liberty Ride-aveva aggiunto a sostegno della sua idea folle.
Il moro aveva sospirato.
-Ho trent'anni,mi ci vedi a dormire per terra in un sacco a pelo?-gli aveva domandato mentre Justin gli si avvicinava.
-Trentasei-aveva precisato beccandosi un'occhiataccia da parte del compagno,prima di posargli una mano sul petto-Inoltre non dormirai per terra:ho sistemato uno dei migliori piumoni nella tenda,in modo che nonostante il sacco a pelo dormiremo comodi-
Brian aveva sospirato,cedendo,e l'altro lo aveva ringraziato con un bacio.
Quella stessa sera,nel cuore della notte,Justin si era svegliato per colpa di un piede di Gus che premeva sul suo stomaco,e si era accorto dell'assenza di Brian.
Cercando di fare il minimo rumore possibile,era uscito dalla tenda e si era incamminato nel corridoio verso la camera da letto,ma a metà strada si era fermato scorgendolo nella stanza che Gus aveva occupato fino a quel momento.
Si era fermato sulla soglia e lo aveva osservato mentre sdraiato sul letto osservava la carta da parati con le piccole mongolfiere del soffitto.
-Scusa,ma quella tenda mi stava dando la claustrofobia...-gli aveva detto senza staccare gli occhi dal soffitto.
Justin era entrato nella stanza e si era seduto ai piedi del letto,posando una mano sulla gamba destra del moro.
-Stai bene?-gli aveva chiesto leggermente preoccupato.
Brian aveva alzato le spalle,con fare noncurante,facendo annuire Justin:come al solito avrebbe dovuto cavargli le parole di bocca.
Era evidente che stava male per l'imminente partenza di Gus,ma avrebbe preferito le torture piuttosto che ammetterlo.
-Mi mancherà non averlo in giro per casa tutto il giorno...-aveva detto,cercando di spingerlo ad ammettere i suoi sentimenti.
Brian aveva sospirato e si era rizzato a sedere nel centro del letto,poco distante da lui.
-Sapevamo che era una cosa di breve durata;il generale Mel non avrebbe mai permesso che restasse di più-aveva commentato Brian evitando il suo sguardo.
-Questo però non significa che non tornerà più:è rimasto talmente impressionato da New York che vorrà tornarci il prima possibile...Ce lo ritroveremo fra i piedi prima di quanto credi-gli aveva detto con la speranza di farlo sorridere.
Ancora una volta l'altro aveva annuito distratto.
Justin allora aveva sospirato e gli aveva preso il viso fra le mani e lo aveva costretto ad incontrare il suo sguardo.
-Mancherà anche a me,ma tuo figlio ti adora...Non hai idea di quanto sia fiero di te,e soprattutto soffre per la lontananza quasi quanto te e visto che è testardo almeno quanto te farà di tutto per tornare qui alla prima occasione-aveva ripetuto con maggiore convinzione.
I loro occhi si erano fissati per un lungo istante prima che le mani di Justin lasciassero andare il viso del compagno,permettendogli così di posare la testa sulla sua spalla sinistra.
Erano rimasti così a lungo,finchè Brian non si era lasciato andare ad un lungo sospiro e aveva rialzato la testa,baciandolo più volte.
-Hai ragione...E' solo che sarà strano non vederlo più girare per casa-aveva commentato poi.
-O sentirlo mentre si infila sotto le coperte in piena notte...-aveva aggiunto l'altro con un sorriso che aveva coinvolto anche il moro.
L'attimo dopo il viso di Brian si era fatto serio.
-Beh una soluzione ci sarebbe-aveva detto.
-Melanie ci darebbe la caccia in capo al mondo se stai pensando di rapire Gus-aveva scherzato Justin con un sorriso.
Brian aveva scosso la testa.
-Che ne dici di un bambino?-
A quelle parole Justin aveva risposto con una risata leggera.
-Certo tesoro...Devo solo smettere di prendere la pillola e poi potremo provare ad avere un figlio-aveva ironizzato.
L'altro aveva scosso la testa,un'improvvisa espressione seria sul volto.
-Sto parlando sul serio Justin-
L'aveva visto abbassare lo sguardo prima di respirare rumorosamente.
-Ascolta,perchè non torniamo a letto?Sono le tre del mattino,non è il momento adatto per fare questa conversazione-aveva proposto l'altro alzandosi in piedi,fermandosi poco distante dal letto.
Ma prima che potesse allontanarsi maggiormente,la mano di Brian era scattata attorno al suo polso sinistro,fermandolo.
-Senti so che può sembrare folle detto da me,ma perchè no?
Non è quello che desideri da sempre?-gli aveva domandato senza allontanare lo sguardo dal suo viso.
-E tu?Perchè vuoi avere un figlio con me?
La settimana scorsa non hai voluto che portassi a casa quel gatto randagio,e ora vuoi addirittura avere un bambino?
Perchè domani Gus andrà via e tu sentirai la sua mancanza?Beh,non funziona così:non possiamo creare un suo sostituto...Non sarebbe giusto nè per Gus nè per il bambino-aveva risposto l'altro con voce seria.
Brian non aveva mai lasciato il suo sguardo,limitandosi a trattenerlo per il polso per evitare che si allontanasse prima di aver finito quella discussione.
-Justin...-
-Senti...Io lo so che in questo momento lo vuoi davvero, e ti amo per questo,ma so anche che quando saremo tornati alla solita vita,ti renderai conto che questa ti piace così com'è-aveva detto sporgendosi verso di lui,avvicinando il viso al suo.
Il moro aveva premuto le labbra una contro l'altra,prima di alzare le spalle,sapendo che era quello che Justin si aspettava da lui.
Le labbra del biondo si erano posate sui suoi capelli e quando era tornato a guardarlo,Brian aveva incontrato il sorriso che lo caratterizzava.
-Ora che ne dici di tornare di là e provare a dormire un pò?
Domani sarà una giornata pesante-

 

Non riusciva a staccargli gli occhi di dosso.
Quanto tempo era passato da quando i loro sguardi si erano incontrati?
Secondi,minuti,ore?
Quanto tempo ancora avrebbero potuto continuare così prima che i suoi genitori si accorgessero che c'era qualcosa di strano?
La sua lingua sembrava un corpo morto nella bocca:non sarebbe riuscita a parlare neanche con un miracolo.
Ma anche se ne fosse stata capace cosa avrebbe dovuto dire?Doveva far finta di niente e fingere di non aver mai visto Gus prima di allora oppure doveva raccontare ai due uomini la figuraccia che aveva fatto il primo giorno di scuola?
No,assolutamente no!
Sforzando i muscoli facciali riuscì a sorridere affabile,muovendosi verso il gruppo con la mano tesa per stringere quella di Gus.
-Piacere di conoscerti...Sono Victoria-gli disse.
Un lampo attraversò gli occhi del ragazzo prima che un sorriso malandrino gli stendesse le labbra sottili.
-Victoria,è davvero incredibile quanto tu sia cresciuta!-le disse venendole incontro.
Strinse la mano in quella della ragazza e,inaspettatamente,con un veloce scatto del braccio la tirò verso di sè portando il suo viso ad una distanza ravvicinato da quello di Vic;lei lo osservò da sotto in su per cercare di capire cosa avesse in mente,incontrando per pochi secondi il suo sguardo, prima che Gus le posasse un bacio su entrambe le guance.
Dopodichè si allontanò,lasciandole addosso il lieve ricordo del suo dopobarba.
-Quando è stata l'ultima volta che ci siamo visti?-domandò poi guardando ora suo padre ora Justin.
Brian alzò le spalle.
-Dal tuo decimo compleanno-rispose pronto Justin-Dev'essere stata l'ultima volta che Vic è venuta a Toronto,giusto tesoro?-chiese lanciando uno sguardo alla ragazza.
Vic annuì distratta:ora tutto quello che voleva era tornare in camera sua ed evitare quella cena.
-Paura dell'aereo?-le domandò Gus portando di nuovo lo sguardo su di lei.
Victoria accennò un sorriso in risposta a quello ironico che campeggiava sulle labbra del ragazzo e scosse la testa.
-Affatto;mi divertivo di più a Pittsburgh-rispose cercando di mostrarsi affabile.
-Questo è sempre stato un mistero per me...-commentò Brian facendo ridere il marito.
-Che ne dite di andare di la?Io comincio ad avere una certa fame-si intromise Vic cercando di ridurre al minimo la durata di quella cena.
I genitori si guardarono per qualche secondo,quasi scambiandosi un messaggio in codice,prima di posare di nuovo lo sguardo su di lei e Gus.
-Perchè invece voi non finite di apparecchiare in sala pranzo mentre io faccio vedere a Gus il loft?-propose Brian accompagnato subito da un cenno di assenso di suo padre.
Vic sospirò e dopo aver alzato le spalle si era diretta verso la sala da pranzo.
Tanti pensieri le giravano per la testa cozzando uno contro l'altro:fino a poche ore prima era convinta di poter instaurare una convivenza pacifica con Gus,anche se questi le aveva rubato l'appartamento sopra il garage e non lo vedeva da anni,per il bene della famiglia,ma ora quell'idea era sparita quasi del tutto.
Come poteva Brian avere un figlio così antipatico e odioso?Possibile che fosse davvero tutta colpa delle sue due madri come Brian diceva sempre?
Concentrata su quei pensieri,aveva registrato soltanto vagamente l'arrivo di suo padre in cucina e, quando si era voltata dopo aver preso i piatti dalla credenza,l'aveva trovato a fissarla.
-Che c'è?-gli aveva chiesto.
-Va tutto bene?-le domandò lui.
Vic aveva alzato le spalle.
-Perchè non dovrebbe?-
Senza aspettare la sua risposta aveva preso i piatti e si era incamminata in corridoio fino alla sala da pranzo,sempre seguita da suo padre.
-Ho avuto l'impressione che la presenza di Gus ti infastidisse-le disse lui andando per tentativi.
Quelle parole portarono Vic a chiedersi quanto evidente fosse stata la sua reazione alla vista di Gus,prima di scuotere la testa facendo ondeggiare i boccoli.
-Non dirmi che sei gelosa-aggiunse poi con quello che voleva essere un tono scherzoso.
Nonostante tutti i pensieri che le occupavano la mente,Vic sorrise:davvero suo padre credeva che lei potesse essere gelosa di un tipo simile?
Alzò lo sguardo,un piatto a mezz'aria in attesa di essere posato sul tavolo,e fissò il volto di suo padre.
-Che motivo avrei di essere gelosa di Gus?-chiese.
L'uomo alzò le spalle,posando entrambe le mani sulla spalliera della sedia davanti a lui.
-Non lo so,ho solo pensato che potesse darti fastidio il fatto che con lui abbiamo un rapporto più...-tentò di spiegarle non trovando le parole adatte.
-Amichevole?Alla mano?-gli suggerì lei.
Justin annuì facendola sorridere:quello era stato il suo ultimo pensiero.
-Tranquillo papà,è tutto a posto...A parte il fatto che mi ha rubato il loft sopra il garage-disse con il solo scopo di tranquillizzare il padre,riprendendo poi ad apparecchiare la tavola.
Sentì su di sè il suo sguardo per qualche altro istante finchè non lo sentì mugugnare.
-Come vuoi...Sarà meglio che vada a dire a quei due di sbrigarsi!-aggiunse poi.
Rimasta sola,Vic si lasciò andare ad un sospiro profondo,prima di chiudere gli occhi,cercando in qualche modo di calmarsi.
Doveva soltanto superare indenne quella cena.
Poteva farcela!Del resto non aveva superato di peggio?


-Hai una faccia orribile-
-Buongiorno anche a te Carly-la salutò Vic fermandosi sul marciapiede e seguendo con lo sguardo il SUV che si allontanava velocemente.
-Scusami Vic,ma almeno io che ti sono amica devo dirtelo-ribattè prontamente la ragazza.
In fin dei conti,Carly non aveva tutti i torti.
La sera prima la cena era andata per le lunghe mentre il "figliol prodigo" raccontava di quello che gli era successo negli ultimi tre mesi,spaziando dall'Accademia alla famiglia per finire alle ragazze, argomento che quasi sicuramente ai suoi genitori non interessava.
Ma il fatto che avesse parlato quasi ininterrottamente era stata una salvezza per lei,evitandole così di dover intervenire spesso e di dover dire la sua,permettendole così di restare in silenzio e fingersi interessata mentre la sua mente spaziava in tutt'altra direzione.
Fortunatamente non si erano trovati da soli neanche una volta,impossibilitati così di parlare del loro inaspettato incontro,nonostante i loro sguardi si fossero incrociati più volte,facendole scorgere ogni volta quella scintilla maliziosa nei suoi occhi castani che vi aveva scorto fin dal loro primo incontro-scontro.
Quando finalmente Gus si era deciso ad andarsene,era mezzanotte passata.
-Ho dormito poco ieri sera-tagliò corto la bionda.
In attesa dell'arrivo di Rhyes,fuori dal liceo,Vic si strinse la sciarpa attorno al collo per combattere il vento freddo che scompigliò i capelli.
-Come è andata la cena?-le domandò poi Carly,ricordandosene solo in quel momento-Questo Gus è bello come Rage?-
Vic si limitò ad alzare le spalle.
-Sì,diciamo di sì...-minimizzò.
Era più che bello...Forse avrebbero dovuto inventare un sinonimo soltanto per descrivere la sua particolare bellezza.
Era qualcosa che aveva notato fin da subito,ancor prima di sapere il suo nome.
Ma questo non toglieva nulla al fatto che fosse anche la persona più spocchiosa che avesse mai conosciuto.
Come tutte le mattine,una bicicletta nera si fermò a poca distanza da loro e,con lo zaino a tracolla,ne scese Rhyes.
Le due ragazze lo salutarono con un cenno del capo e questi,dopo aver ricambiato il saluto, si chinò per sistemare il lucchetto attorno alla ruota anteriore.
-Che ne dite di tornarcene tutti a casa?-propose Carly sfregando le mani per riscaldarle.
-Perchè non a casa di Vic?-disse prontamente Rhyes senza alzare la testa.
Quel piccolo siparietto si ripeteva ogni mattina,mentre tutti e tre cercavano la voglia di fare i pochi metri che mancavano all'ingresso del liceo,quindi Vic accennò un sorriso e alzò le spalle.
-Basta che stiate lontano dalla piscina e dalle scuderie...-rispose.
-Potremmo mai usarla quella piscina?-domandò Rhyes,questa volta alzando la testa verso di lei.
-Che ne dici di aspettare la primavera?Oppure hai intenzione di congelarti le chiappe?-lo bacchettò Carly.
Rhyes sospirò e tornò ad alzarsi in piedi,sistemandosi accanto a Vic.
-Tutto questo interesse per le mie chiappe...Ammettilo che sei innamorata di me-la stuzzicò ironico.
Vic rise,alzando il colletto del cappotto,quando sentì una mano posarsi sulla sua spalla sinistra.
-Ehi Sweetie-
Sentendo di nuovo quel soprannome,Vic chiuse gli occhi indispettita:perchè non usava il suo nome ora che lo conosceva?
-Quante volte ancora devo...Matt!-
Si era voltata pronta a strigliarlo per bene,ma le parole le si bloccarono in gola quando,al posto di Gus, vide Matt che veniva verso di lei.
Il ragazzo accennò un sorriso e,con due lunghi passi,la raggiunse e si fermò a pochi metri da lei.
-Scusa-disse subito sorridendole-Ma ieri il mio amico è entrato prima che potessi dirmi il tuo nome e ho pensato che così magari non avrei fatto girare tutte le ragazze del liceo...-le spiegò scusandosi.
Lei sorrise in risposta e allontanò un boccolo che il vento le aveva portato davanti agli occhi.
Nonostante sentisse su di sè lo sguardo di Matt,unito a quello curioso di Carly e Rhyes,si concesse qualche altro istante prima di rispondere,mentre i suoi occhi indugiavano sul volto rilassato del ragazzo,restando di nuovo colpita dal suo sguardo.
Le avevano sempre detto che avevano dei begli occhi,che il suo sguardo era speciale,ma affondare negli occhi verdi di Matt la portava a pensare che finora le avevano raccontato solo balle.
-Victoria-si decise a rispondere.
Matt sorrise e annuì lentamente come se volesse,con quel gesto,memorizzarsi il suo nome, facendola sorridere a sua volta per quell'atteggiamento un pò adolescenziale.
La prima campanella del liceo arrivò fino a loro,portando i tre ragazzi a voltare la testa verso l'edificio di mattoni rossi.
-Forse è ora di andare-commentò Carly,con poca voglia.
Vic annuì e sorrise un'ultima volta a Matt.
-Mi ha fatto piacere rivederti;ci vediamo in giro...-disse pentendosi l'attimo dopo delle sue parole.
Ma da dove le usciva una frase simile?
Adesso avrebbe pensato che era una ragazzina viziata o qualcosa di simile!
Vergognandosi,gli voltò le spalle e fece un paio di passi verso il liceo.
-E quello chi è?-le bisbigliò curiosa Carly,prendendola sottobraccio.
Proprio in quel momento tutti e tre sentirono la voce di Matt che la richiamava costringendoli a voltarsi di nuovo e portando Vic a zittire Carly per evitare che facesse dei commenti inappropriati.
-Perchè non oggi?-le domandò Matt fermandosi di nuovo davanti a lei,la borsa a tracolla che si muoveva contro il suo fianco destro facendo rumore.
Vic aggrottò leggermente la fronte e lo fissò,incerta se aveva capito bene o meno.
-Tu hai detto ci vediamo...Perchè non oggi?Che ne dici di pranzare insieme?-le domandò subito dopo.
Vic socchiuse leggermente la bocca,sorpresa dalla sua proposta e per qualche secondo non seppe come rispondere.
-Veramente avrei già un impegno con loro e non so se...-disse poi guardando ora Carly ora Rhyes.
I due scossero la testa prontamente.
-Ah,veramente noi abbiamo parlare con il professore di trigonometria,quindi avremmo dovuto rimandare lo stesso-intervenne prontamente Rhyes supportato da Carly che annuì.
Vic guardò i due amici scettica prima di riportare lo sguardo su Matt che stava sorridendo, perfettamente consapevole di quello che stava succedendo.
-Ti prometto che arriverai in tempo per le lezioni e che ti suonerò la tua canzone preferita-le disse poi per convincerla.
A quelle parole Vic sorrise e annuì.
-Perfetto!A più tardi allora...Ora scappo che sono davvero in ritardo!-le disse poi lanciandole un ultimo sguardo prima di correre verso l'Accademia.
Vic lo osservò allontanarsi di corsa,ancora stupita per la proposta che Matt le aveva fatto e che lei l'avesse accettata.
Un leggero colpo di tosse la riportò con i piedi per terra e le fece incontrare gli sguardi dei due amici.
-Cos'è questa storia del professore di trigonometria?-domandò ad entrambi mentre si avviavano velocemente verso la classe di biologia.
Rhyes scosse la testa,come se quel gesto fosse una risposta sufficente alla sua domanda e le mise una mano sul braccio sinistro.
-No no no...Ora ci racconti come fai a conoscere quel fusto dagli occhi di cerbiatto-le disse curioso-E mi raccomando non essere avida di particolari-

 

-Hai da fare oggi pomeriggio?-
Matt alzò la testa e lo guardò perplesso:ogni volta che Gus gli aveva fatto quella domanda c'era sempre qualcosa di nascosto,di taciuto che aspettava la sua risposta per essere rivelato.
Come l'ultima volta,quando lo aveva convinto a fare quasi duecento miglia per raggiungere un paesino sperduto dove era sicuro di trovare la tonalità perfetta di colore che stava cercando per un dipinto.
-Perchè?-gli domandò guardingo.
L'amico alzò le spalle,mostrandosi distratto,poggiando entrambi i gomiti sul pianoforte nonostante Matt gli avesse detto più volte che la cosa lo infastidiva.
-Volevo portare alcune cose nel loft sopra il garage a casa di mio padre e avevo bisogno di una mano...Te la sentiresti?-gli domandò.
-Ti hanno appena dato le chiavi e già vuoi trasferirtici?Tua madre che ne pensa?-gli chiese leggermente curioso.
Conosceva Melanie e Lindz da quando aveva quattordici anni e,fin dal primo istante,aveva sviluppato una simpatia istantanea con le due donne:erano completamente diverse una dall'altra ma riuscivano ad integrarsi perfettamente.
Tutto il contrario della sua famiglia:i genitori di Matt si erano separati quando lui aveva nove anni,ed essendo figlio unico,lui era stato al centro della battaglia legale per l'affidamento,che alla fine era stato concesso a sua madre,con cui lui non andava particolarmente d'accordo.
Suo padre si era risposato,ed aveva avuto un'altra figlia,Sally,che Matt considerava sua sorella a tutti gli effetti.
-A lei sta bene che passi del tempo con mio padre e lo zio Justin ora che ne ho la possibilità...E poi chi sarebbe tanto pazzo da rinunciare all'offerta di un loft tutto per sè?-gli domandò subito dopo.
Matt abbozzò un sorriso e annuì,d'accordo con lui.
-Allora ci stai?-gli chiese ancora Gus.
L'amico sospirò e annuì,cedendo a quell'attacco martellante.
-Perfetto!Ho pensato di andare a casa mia subito dopo scuola per prendere le cose più importanti...-
-Vestiti e porno?-scherzò l'altro.
Gus rise e scosse la testa.
-No!Vestiti,porno e l'occorrente per la scuola-precisò poi.
I due ragazzi risero,facendo risuonare le loro risate per la stanza silenziosa per qualche istante prima di guardarsi di nuovo.
-Ok,ora basta!Che ne dici di andare a pranzo?-gli domandò Gus,rimettendosi in posizione eretta.
-Ecco veramente oggi dovrai trovarti qualcun'altro con cui pranzare:sto aspettando una persona...-
Un sorriso malandrino apparve sul viso di Gus,che aggirò il pianoforte per accostarsi all'amico e dargli una leggera pacca sulla spalla sinistra.
-Hai capito il nostro Casanova!Non mi hai detto niente per paura che te la soffiassi,eh?-scherzò dandogli una seconda pacca sulle spalle.
Matt scosse la testa e scivolò leggermente sul seggiolino del pianoforte,allontanandosi dall'amico.
-Ma piantala!
Inoltre è qualcuno che conosci anche tu,ma che non sembra esserti molto simpatica...-commentò il biondo.
Gus aggrottò le sopracciglia,passando in rassegna tutte le ragazze che conosceva per cercarne una che fosse conforme alle parole dell'amico.
-Non starai parlando di Suzie della classe di Scultura,vero?-tentò.
Matt scosse la testa,un sorriso divertito sulle labbra.
-No!Per carità...Sto parlando di Victoria,anche se forse tu non conosci il suo vero nome,visto che ieri l'hai chiamata "Sweetie"-
Il viso di Gus si immobilizzò a quelle parole,cristallizzato dalla sorpresa:Matt aveva appuntamento con Victoria?
La stessa Victoria con cui aveva passato la sera precedente?La figlia dello zio Justin?
-Ma è una ragazzina,va ancora al liceo-si ritrovò a ribattere senza neanche accorgersene.
Matt alzò le spalle.
-Da quello che ho visto finora è una ragazza simpatica,educata e soprattutto molto carina.
Le ho chiesto di pranzare insieme oggi,così avrò modo di capire se la mia prima impressione è giusta o se invece è una gallina senza cervello come tutte le ragazzine di quell'età...
Inoltre è una grande fan della mia musica-gli spiegò.
Gus restò in silenzio ripensando alla sera precedente,al senso di incredulità che aveva provato quando aveva scoperto che Sweetie e Victoria erano la stessa persona,a come quel sentimento era stato sostituito dal sollievo quando aveva capito che lei non aveva intenzione di raccontare niente del loro primo incontro ai loro genitori e a tutte le volte che i loro occhi si erano incontrati per pochi secondi,prima che lei spostasse lo sguardo altrove,chiaramente infastidita dalla sua presenza.
Lo considerava una minaccia?
Magari non era disposta ad accettare i cambiamenti che inevitabilmente la sua presenza avrebbe comportato nella sua vita.
Allontanò la mente da quei pensieri e accennò di nuovo quel sorriso malizioso che lo contraddistingueva.
-Allora sarà meglio che ti lasci il campo libero...Non vorrei finire a fare il terzo incomodo-
Lo salutò ed uscì dall'aula per dirigersi verso la mensa.
Ma lanciando uno sguardo verso la sua destra lungo il corridoio vide una figurina venirgli incontro e capì immediatamente di chi si trattava.
Senza neanche sapersi spiegare il perchè,le andò incontro ed un sorriso gli incurvò le labbra quando la vide fermarsi non appena lo ebbe riconosciuto.
Con passi cadenzati e senza nessuna fretta le si avvicinò fino a fermarlesi davanti,le mani affondate nelle tasche della giacca di pelle e le fece un cenno con la testa.
-Ehilà Sweetie,qual buon vento?
La mensa del liceo è più scadente del solito oggi?-le domandò ironico.
Si accorse subito del cambiamento d'espressione sul volto della ragazza,ma continuò a sorriderle ironicamente.
-Victoria.
Cerca di impararlo visto che per nostra immensa sfortuna saremo costretti a passare tanto tempo insieme.
A meno che tu non voglia che i nostri padri inizino a martellarci con mille domande-
Gus la fissò in silenzio per qualche secondo,fissando i suoi occhi azzurri che sembravano un cielo in tempesta.
-Cercherò di fare del mio meglio,ma non posso assicurarti nulla-la stuzzicò.
La vide premere le labbra una contro l'altra,fulminandolo chiaramente con lo sguardo;si portò una mano fra i capelli biondi e li allontanò per qualche istante dalla fronte prima che i boccoli le ricadessero in modo disordinato sulle spalle.
-Tu lo sapevi?-gli domandò poi sorprendendolo-Sapevi chi ero?-
Gus scosse la testa.
-Come avrei potuto?L'ultima volta che ti ho visto eri una mocciosa-le rispose con aria saccente.
Vic atteggiò la bocca in una posa stizzita prima di distenderle in un sorriso forzato.
-Sì,anche tu eri più simpatico allora-commentò.
Fermi uno di fronte all'altra,gli occhi che non accennavano ad allontanarsi,rimasero in quella posizione per qualche altro istante,quasi volessero entrambi mostrare la propria forza sull'altro.
-Matt ti sta aspettando-disse alla fine Gus.
Le voltò le spalle e percorse all'indietro il corridoio che aveva fatto pochi minuti prima,passando davanti all'aula dove Matt stava sistemando alcuni spartiti musicali sul leggio del pianoforte e girando a destra in un altro corridoio che conduceva all'uscita di emergenza.
Spinse il maniglione antipanico e si ritrovò sulla scala anti incendio.
Il vento freddo gli mozzò il fiato per qualche secondo,giusto il tempo necessario per fargli prendere le sigarette da una delle tante tasche della giacca e per accenderne una.
Appoggiò la schiena contro il muro di mattoni e fissò il parcheggio riservato ai professori davanti a sè.
Era la prima volta che una ragazza riusciva a tenergli testa:era qualcosa di impensabile per lui abituato alle ragazze che non facevano altro che ridacchiare alle sue battute e giochi di parole.
Tirò una lunga boccata alla sigaretta e mentre gli ritornavano in mente le parole di Victoria buttò fuori il fumo:avrebbero dovuto passare molto tempo insieme.
Ci sarebbe stato da divertirsi...

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 6
*** All the things that makes life worth living ***


all the things that

 

"Who can say if I've been
Changed for the better?
I do believe I have been
Changed for the better and b
ecause I knew you
I have been changed for good"

"Chi può dire se sono cambiato in meglio?
Io credo di esserlo e,grazie a te,
sono cambiato per sempre"

 

Gus ripartì la mattina successiva.
Brian lo salutò prima di scappare al lavoro,abbracciandolo forte e promettendogli che sarebbe potuto ritornare a trovarli anche per le vacanze di Natale se le sue mamme non avrebbero avuto niente da ridire.
Justin lo accompagnò all'aereoporto e anche lui lo abbracciò a lungo prima di consegnarlo all'hostess incaricata di prendersi cura di lui durante il volo,riuscendo a trattenere le lacrime finchè non si trovò di nuovo in macchina.
Sapeva che sia lui che Brian avrebbero sentito la mancanza di quella piccola peste...
Ritornò a casa e si chiuse nel suo studio cercando di distrarsi dai mille pensieri che gli affollavano la mente,non riuscendo però a trovare neanche un'ispirazione decente,limitandosi a fissare la tela bianca sul cavalletto.
Ad un certo punto di quell'infinita giornata il telefono era squillato facendolo sussultare e facendogli scottare le dita con la cenere della sigaretta.
-Pronto?-
-Sono io...-disse Brian dall'altra parte della cornetta.
Justin restò in silenzio,in attesa di quello che Brian aveva da dirgli,cercando di combattere i ricordi rumorosi nella sua testa.
-Ha chiamato Lindz;Gus è arrivato sano e salvo a Toronto.
Credevo ti facesse piacere saperlo-lo informò.
Justin annuì,quasi come se l'altro fosse lì nella stessa stanza con lui e potesse vederlo.
-Ok,ora devo tornare al lavoro-fece ancora Brian,dopo qualche istante di reciproco silenzio.
-Va bene,ci vediamo a casa...-lo salutò Justin.
Chiuse la telefonata e posò il portatile sul pavimento dello studio accanto al suo sgabello, lasciandosi andare ad un sospiro rumoroso.
Le parole non dette,quel silenzio fra di loro era assordante e riportava alla memoria ricordi di un passato doloroso e mai veramente dimenticato:in tanti anni di vita insieme soltanto un'altra volta si erano ritrovati a vivere nel silenzio ed era stato quando lui aveva perso la testa per Ethan.
Certo adesso la situazione e le circostanze erano diverse,ma perchè gli sembrava tutto così simile?
Si passò una mano fra i capelli,sollevando la zazzera bionda dalla fronte e fissò i listelli del parquet nocciola del pavimento,ripensando alla conversazione che avevano avuto quella notte.
Un figlio...
Il mondo stava davvero andando alla rovescia se Brian Kinney voleva avere un figlio con lui.
Ma il mondo non aveva già iniziato a girare al contrario quando Brian si era trasferito a New York per stare con lui?
I motivi che la sera prima gli sembravano così giusti,ora gli sembravano soltanto scudi dietro quali nascondersi per evitare di soffrire ancora.
E lui ne sapeva qualcosa su quell'argomento;c'erano stati dei momenti durante la sua relazione con Brian che aveva avuto l'impressione di essere diventato un punching-ball umano atto solo a ricevere le frecciate ed i colpi dell'uomo!
Ogni volta era riuscito a rimettere insieme i pezzi e a ricominciare da capo,ma cosa sarebbe successo se lo avesse seguito in questa follia del bambino e si fosse trovato improvvisamente da solo?
Ne sarebbe uscito devastato...Era per questo che non poteva rischiare.
Inoltre era certo che Brian sarebbe tornato quello di sempre non appena la lontananza da Gus avesse smesso di farsi sentire così forte.
Ma ancora una volta dovette ricredersi.
Le due settimane seguenti al ritorno a Toronto di Gus furono contraddistinte dal silenzio che caratterizzava tutti i momenti che passavano insieme.
Più volte Justin aveva provato a parlare con il compagno,cercando di risolvere quella situazione ma ogni volta doveva fare un passo indietro,anteponendo il lavoro di Brian a loro due.
Almeno fino a quella sera di inizio dicembre.
Brian era tornato a casa al solito orario,aveva posato la ventiquattrore sul tavolo che usava sempre per lavorare ed era andato nella loro camera da letto per spogliarsi prima di dirigersi verso il bagno per farsi una doccia.
Justin aveva seguito i suoi spostamenti con lo sguardo,senza perderlo d'occhio finchè non era entrato in bagno.
Ascoltando il rumore dell'acqua corrente si era sdraiato sul divano e aveva fissato il soffitto, chiedendosi per la millesima volta se faceva bene ad affrontare quell'argomento e rispondendosi per l'ennesima volta che doveva farlo.
Anche se questo poteva portare delle conseguenze negative.
Quando il rumore era cessato,erano passati soltanto pochi minuti prima che Brian tornasse in salotto,scalzo con i capelli ancora bagnati ed i pantaloni di tuta blu ed una canotta bianca indosso.
-Che fai lì?-gli aveva domandato lanciandogli un'occhiata.
Justin aveva alzato le spalle.
-Pensavo...-
Brian aveva sogghignato mentre si avvicinava al divano e posava entrambe le mani sullo schienale rigido.
-Lo sai che non ti fa bene-aveva risposto.
Justin aveva accennato un sorriso e lo aveva fissato per qualche istante prima di issarsi a sedere sul divano.
-C'è qualcosa che ti preoccupa-aveva sentenziato Brian.
L'altro aveva annuito e aveva preso un respiro profondo,raccogliendo tutto il coraggio possibile per prepararsi al discorso che stava per fare.
-Hai ragione...Sono preoccupato per questo silenzio-
La fronte di Brian si era accigliata,cercando un senso a quelle parole,lo sguardo sempre fisso sul volto del biondo.
-Se il problema è solo questo potresti accendere lo stereo-
Justin aveva scosso la testa.
-No,non è questo il problema.
Mi preoccupa il silenzio fra me e te-aveva precisato.
-E' per caso uno di quei momenti che piacciono tanto alle lesbiche?No,perchè lo sai che mi fanno venire l'orticaria-aveva detto subito Brian staccandosi dal divano e voltandogli le spalle.
Justin si era alzato in piedi e aveva fissato la sua schiena,deciso a non lasciar cadere l'argomento.
-Mi preoccupa il fatto che da quando se ne è andato Gus non mi parli più se non per le cose importanti o quando siamo a letto!-
Lo vide fermarsi ad una decina di passi da lui e,nonostante Brian fosse ancora voltato di spalle, Justin era certo che lo stesse ascoltando.
-E' ovvio che senti la mancanza di Gus,ma ho paura che ci sia anche qualcos'altro, qualcosa per cui sei arrabbiato con me-aveva ripreso.
Brian si era voltato e gli aveva lanciato uno sguardo a metà fra il divertito ed il sarcastico.
-Davvero?-gli aveva chiesto con voce ironica.
Justin aveva annuito senza farsi intimorire nè dal tono di voce nè dallo sguardo che non accennava a staccarsi dal suo volto.
-Sì,e so per certo che sei arrabbiato per quella storia del bambino-
-E perchè dovrei?Oh aspetta...Forse perchè l'uomo che dice di amarmi più di ogni altra cosa non vuole avere un figlio con me?-lo aveva punzecchiato il moro.
Justin lo aveva fissato per qualche istante sconcertato:da quando si erano ribaltati i ruoli?
Da quando era Brian quello che aveva bisogno di rassicurazioni,quello pieno di insicurezze?
Poi un lampo gli attraversò la mente aiutandolo a capire:era sempre stato così,ma fino a quel momento era riuscito a mascherarlo meglio.
Quando erano a Pittsbugh quei momenti erano competenza di Micheal:era sempre stato una specie di tramite fra loro due,era lui che si sorbiva il cattivo umore,le sfuriate di Brian riuscendo sempre a mostrargli la giusta ottica delle cose.
Justin aveva scosso la testa,in modo sconsolato allontanandosi di qualche passo dal divano restando però a debita distanza dal moro.
-Sei veramente un coglione certe volte...Possibile che non ci arrivi?
Per anni hai negato con te stesso e con gli altri che ti importasse qualcosa di me,che mi amavi,ed ora improvvisamente mi proponi di creare una famiglia insieme?
Una famiglia Brian...Qualcosa che tu stesso definisci destinato al fallimento.
Non credi di potermi concedere almeno qualche dubbio?-
Lo sguardo di Brian era concentrato sul suo volto,imperscrutabile,attento a non perdersi neanche una parola dell'altro.
Justin,in un gesto concitato,si era passato una mano fra i capelli ed aveva preso fiato in quel lungo monologo,allontanando lo sguardo dal moro e fissandolo sul pavimento.
-Tu sai che avere una famiglia nostra sarebbe il mio sogno più grande,lo è sempre stato...Ma sono terrorizzato dalla possibilità che tu possa cambiare idea,possa decidere che un figlio non era quello che veramente volevi e che hai fatto quella proposta solo perchè Gus stava per partire.
Non voglio mettere in pericolo questo equilibrio fragile...-aveva concluso rialzando lo sguardo sul suo volto.
Brian aveva fatto un piccolo cenno con la testa,il labbro inferiore che scivolava fra i denti;Justin aveva sospirato di nuovo e si era coperto gli occhi con la mano destra cercando di riprendersi dopo quel momento.
-Pochi giorni dopo la tua partenza per New York,Micheal mi ha trascinato al Babylon-aveva detto Brian,portando l'altro ad alzare di nuovo lo sguardo su di lui.
Aveva fatto un passo avanti,ora la distanza di loro era diminuita,ma Justin non se la sentì di imitarlo.
-Era un cumulo di macerie,un rottame,pronto per essere abbattuto.
Io non volevo neanche uscire,ma Micheal mi aveva costretto a forza di calci e una volta al locale voleva costringermi a salire sulla pedana insieme a lui e a ballare,nonostante non ci fosse musica.
Alla fine mi ha detto qualcosa che è riuscita a smuovermi...-
-E sarebbe?-aveva chiesto Justin,la fronte leggermente aggrottata.
-Mi ha detto "Tu sei e resterai per sempre Brian Kinney"-aveva risposto l'altro.
Confuso,Justin era rimasto in silenzio,aspettando il resto del racconto certo che quelle parole avrebbero trovato un senso.
-Così spinto dalle parole di Mikey mi sono dato una smossa:ho ripreso a lavorare,ho riaperto il club,ho provato anche a portarmi a letto due o tre tizi del Babylon.
Ma non ha funzionato...Qualcosa era diverso.
-Ho passato mesi cercando di capire perchè la mia vita,esattamente identica a come l'avevo sempre vissuta ora non mi soddisfacesse più.
Finchè non ho visto il tuo quadro in televisione-aveva aggiunto soffiando via le parole con il respiro.
-Il quadro?Vuoi dire il tuo ritratto?-gli aveva chiesto Justin.
Brian aveva annuito.
Era la prima volta in sei anni di fidanzamento(poteva azzardarsi a chiamarlo così?),che Brian si permetteva di essere così aperto e sincero con lui:doveva considerarlo un buon segno?
Oppure questa volta l'aveva fatta talmente grossa che prima di lasciarlo Brian aveva intenzione di farlo sentire piccolo e insignificante?
-Per la prima volta dopo mesi,sapevo cosa volevo...
Il servizio non era ancora finito che ero attaccato al telefono a parlare con un agente immobiliare-
-Brian scusami,ma non capisco dove porta tutto questo...-lo aveva interrotto il biondo.
L'altro aveva fatto un altro paio di passi verso di lui,un lieve sorriso ad inarcargli le labbra.
-Micheal si sbagliava quella sera.
E' vero,per gran parte della mia vita sono stato un bastardo arrogante capace solo di inveire contro l'amore il matrimonio ed i figli perchè ero convinto che se tutte le famiglie erano come la mia allora era meglio tenersene alla larga.
Però poi ho incontrato te-
Si era fermato davanti a lui e aveva posato le mani sulle sue spalle,fissandolo negli occhi.
-Tu sei riuscito a stravolgere la mia vita senza che me ne accorgessi,facendomi sentire la tua mancanza quando eri lontano e il desiderio di non lasciarti mai andare via quando eri con me.
Sei forse l'unica persona che mi conosce veramente,e che mi ama nonostante i miei difetti-aggiunse accennando un sorriso.
Justin aveva abbassato lo sguardo per pochi istanti concedendosi un sorriso,prima di tornare a
fissare i suoi occhi.
-Se ora penso alla famiglia in modo diverso è merito tuo:nelle due settimane che Gus è stato qui
ho visto con quanta pazienza lo seguivi,come organizzavi tutte le sue giornate perchè non si annoiasse o non sentisse troppo la mancanza di Lindz e Mel;fosse stato per me saremmo rimasti tutto il tempo a casa davanti alla televisione-aveva commentato.
-Sai che non è vero!L'avresti portato sulla Luna se solo te lo avesse chiesto...-aveva risposto l'altro con voce sicura.
Brian aveva annuito distrattamente,posando una mano sul retro del collo.
-Quella sera mi hai chiesto perchè volevo un figlio con te.
Sul momento non sono stato capace di darti una risposta pronta,magari una di quelle frasi sdolcinate che ti piacciono tanto,ma ora mi rendo conto che non ce ne è motivo...-gli aveva detto fissandolo negli occhi.
Justin sentì il suo cuore aumentare i battiti,leggermente spaventato da quelle parole,le labbra intente a torturare la parete morbida del labbro inferiore.
-Che vuoi dire?-gli aveva chiesto con un filo di voce.
Brian lo aveva fissato per qualche secondo in silenzio,facendo aumentare con quell'attesa l'ansia che stava divorando entrambi.
-Voglio avere un figlio con te perchè ti amo e perchè sei la sola persona con cui potrei mai immaginare di costruire una famiglia.
Se questa è una motivazione valida per due etero che hanno vissuto anche solo la metà di quello che abbiamo condiviso io e te,perchè non può esserlo anche per noi?-
Sentirgli dire che lo amava a solo un anno di distanza dall'ultima volta gli mozzò il fiato in gola per qualche istante.
Buttò fuori il fiato e restò qualche altro secondo ad ascoltare il silenzio che avvolgeva la stanza ora che Brian aveva finito di parlare ed aspettava una sua risposta.
Non abituato a vederlo così "sincero":l'ultima volta che Brian si era comportato in quel modo era stato quando gli aveva fatto la proposta di matrimonio a Britin ed entrambi sapevano come era finita.
Chi gli assicurava che anche questa volta non avrebbero iniziato a dare di matto?
Erano davvero pronti per assumersi un'incarico così grande,senza la minima preparazione o senza aver prima riflettuto mille volte?
Ah cazzo!Odiava avere tutti quei dubbi!!!
Era qualcosa che credeva di essersi lasciato alle spalle;ora era una persona stabile,con un carriera da artista promettente e con un uomo che l'amava.
Quei pensieri schizzati non erano qualcosa che dovevano appartenere al passato?
Poi una flebile luce si era fatta strada in mezzo a quel groviglio di pensieri:quelle non erano le stesse preoccupazioni che affliggevano tutti quelli che si trovavano ad affrontare quell'argomento?
Chiunque affrontasse il problema "bambini e famiglia",preparato o meno,iniziava a dare di matto.
Almeno in quello non erano diversi da tante altre coppie etereo...
Coppie che,come Brian gli aveva appena ricordato,non avevano passato neanche la metà di quello che avevano vissuto loro durante gli anni della loro relazione.
Fu quel pensiero ad aiutarlo a capire.
-Ok-
Gli occhi di Brian si assottigliarono e lo fissarono mentre Justin annuiva per confermare le sue parole.
-Ok?Possibile che rispondi sempre allo stesso modo ogni volta che ti faccio una domanda importante?-gli aveva domandato sarcastico.
Justin aveva riso e si era lasciato abbracciare,nascondendo il viso nel suo petto per pochi secondi prima di rialzare lo sguardo sul volto dell'uomo e sorridergli.
-Mettiamo su famiglia!Ma avrei una richiesta...-gli aveva detto stringendogli le braccia attorno alla vita.
Brian aveva fatto un cenno con il capo per incitarlo ad andare avanti.
-Vorrei essere io il padre di questo bambino...sempre che per te vada bene-aveva aggiunto subito dopo.
Il moro lo aveva fissato con un lieve sorriso sulle labbra prima di alzare le spalle.
-Mi sembra giusto.La vita di Gus è già abbastanza complicata,senza aggiungerci un altro fratello-aveva convenuto accarezzandogli i capelli biondi-E poi non mi dispiace l'idea di avere un piccolo raggio di sole in giro per casa-aveva aggiunto poi.
Justin si era illuminato nel suo solito sorriso prima di alzarsi in punta di piedi e posare le labbra sulle quelle di Brian.
-Ti amo,lo sai?-
Si,lo sapeva.


Nessuno sapeva del loro arrivo.
Quando Micheal lo aveva chiamato pochi giorni prima per sapere se avevano intenzione di tornare a Pittsburgh per festeggiare insieme il suo compleanno,Brian gli aveva risposto che avevano troppi impegni a New York e che non potevano assolutamente allontanarsi dalla città.
Neanche per ventiquattro ore e soprattutto non per una cosa così irrisoria come un compleanno.
Dall'altra parte della cornetta Micheal aveva mandato loro i peggiori improveri per quella mancanza di tatto e per il modo in cui si stavano velocemente allontanando dai vecchi amici e dalla famiglia prima di attaccare il telefono in faccia a Brian.
Per questo non fu una sorpresa non trovare il comitato di accoglienza ad attenderli all'aereoporto eccetto l'autista dell'auto a noleggio,che prese le loro borse e le caricò nel portabagagli di un Hammer con i vetri oscurati.
Brian diede all'uomo l'indirizzo del loft e lasciò andare la testa all'indietro contro lo schienale del sedile.
Justin aspettò qualche istante che il compagno trovasse la posizione giusta prima di sistemare la testa contro la sua spalla sinistra, subito attirato più vicino dal braccio del moro.
-Tutto ok?-chiese Justin osservandolo in quella distanza ravvicinata.
Brian annuì.
-E' solo l'aria di Pittsburgh...Ormai non c'ero più abituato-gli rispose.
L'altro sorrise e chiuse per qualche istante gli occhi,respirando il profumo intenso del dopobarba di Brian.
-Non è un pò troppo eccessiva questa macchina?-gli domandò poi senza riaprire gli occhi.
Brian rispose con un mugugno.
-La colpa è tua...Ormai sei diventato famoso-aggiunse poi.
-Ma piantala!Qui non siamo mica a New York,non corro il rischio di essere riconosciuto se camminiamo per strada-ribattè Justin guardandolo con sguardo ironico.
Era successo soltanto un paio di volte,durante quelle poche puntate a Central Park che si erano concessi,ma Brian non la smetteva più di prenderlo in giro.
Justin si allontanò da lui quel poco che gli serviva per infilare una mano in tasca e tirare fuori il cellulare.
-Te l'hanno mai detto che una gravidanza dura nove mesi?-
Il biondo incontrò di nuovo il suo sguardo e lo fissò qualche istante cercando di dare un senso alle sue parole.
-Non farai abbreviare i tempi se continui a stare attaccato a quel telefono-aggiunse Brian.
-Hai ragione,lo so che hai ragione...
Sophia finirà per odiarmi se continuo così-convenne Justin,il cellulare ancora stretto fra le dita della mano sinistra.
Brian alzò le spalle,preferendo evitare di dire la sua su quell'argomento.
Sapeva benissimo di non poter fare nessun paragone fra la gravidanza di Lindz e quella di Sophia,perchè della prima aveva soltanto dei ricordi confusi:il massimo del suo impegno era stato venire in tazza e consegnarla a Mel,lavandosene le mani per i seguenti nove mesi.
Naturalmente grazie a Micheal,Debbie e tutti gli altri aveva saputo che tutto procedeva bene e che il bambino era sano e forte,ma certamente non avrebbe vinto il premio come "Padre dell'Anno".
Invece quella volta,per interposta persona,stava vivendo tutte le fasi della gravidanza:aveva vissuto sulla sua pelle il periodo dell'astinenza,comprendendo perfettamente il malumore di Ben quando i suoi rapporti con Micheal erano stati drasticamente interrotti,quello dell'inseminazione e dell'attesa, fino allla notizia della gravidanza.
-E se per questi giorni ti consegnassi il mio cellulare?-
-C'è qualche numero interessante nella rubrica?-gli chiese interessato Brian.
Il ragazzo aveva sorriso prima di scuotere la testa e di cedergli il telefono.
-No,credo che tu ti sia già fatto tutti i nominativi della mia rubrica...Ma potresti lo stesso tenerlo per me evitando così che cada nella tentazione di assillare Sophia con le mie chiamate-
Brian aveva alzato le spalle.
-Mi sembra un'idea sensata-disse prendendo il cellulare dell'altro e infilandolo in una tasca del cappotto.
Justin gli sorrise e gli diede un bacio lieve prima di tornare a posare la testa sulla sua spalla.
Dai finestrini il panorama cominciava ad essere quello familiare che li aveva accompagnati per tanti anni:riconobbero alcuni negozi di abbigliamento e si sorpresero trovando anche a Liberty Avenue uno Starbuck.
-Questo quartiere finirà per omologarsi come tutti gli altri...-commentò triste Brian.
-Beh ci sarà sempre il Babylon a ricordare i vecchi splendori-ribattè Justin.
L'auto passò accanto al Diner e tutti e due fissarono il locale finchè questo non fu sparito dalla loro vista.
Almeno c'era qualcosa che non cambiava mai...
-Come credi che reagiranno alla notizia?-gli domandò Justin muovendo la testa sulla sua spalla in modo da incontrare il suo sguardo.
-Al solito:Ted sarà il primo che si congratulerà con noi,Micheal ci fisserà per qualche minuto a bocca aperta prima di iniziare a sbraitare e Debbie e Emmett ci sommergeranno con le loro lacrime-riassunse perfettamente il moro.
-Io credo che anche Micheal si commuoverà quando saprà come vogliamo chiamarla-aggiunse Justin.
Brian sogghignò,premendo le labbra una contro l'altra,lo sguardo fisso dinanzi a sè.
-Non vedo l'ora di vedere le loro facce-gli confessò.
-Mi prometti di non ridere?-gli chiese Justin,ben sapendo di poter fare poco affidamento su quella promessa.
-Ci posso provare-disse infatti il moro prima di avvicinare le labbra alle sue.
L'Hammer si fermò davanti al loro palazzo e li aiutò a scaricare le borse,ripartendo subito dopo.
Tornare nel loft fece uno strano effetto a Justin;era la prima volta che vi ritornava dopo quasi un anno.
L'ultima volta che c'era stato il suo stato d'animo era completamente diverso:era convinto che la sua storia con Brian sarebbe finita di lì a poco,visti i pochi sforzi che l'altro stava facendo per manterla viva e quando se ne era andato aveva dato uno ultimo sguardo a quelle stanze come aveva fatto quella mattina lontana di tanti anni prima dopo aver raccolto tutte le sue cose prima di tornare da Ethan.
Ora,invece,ritornava da "padrone di casa",se così poteva definirsi:per la prima volta in sei anni,quella era davvero casa sua.
-Sai dovresti portarmi in braccio oltre la soglia di casa-gli disse dopo aver posato la propria borsa sul divano bianco.
Il suono di un sorriso gli era arrivato alle orecchie,facendolo sorridere a sua volta.
-Non siamo mica sposati...Stiamo solo per avere un figlio-
Justin fece un respiro profondo lasciandosi avvolgere dal suono di quelle parole:amava sentirglielo dire.
Era forse la più grande prova d'amore che Brian potesse dargli.
Che importava se il loro matrimonio era andato a monte o se sarebbe dovuto passare un altro anno prima di sentirgli dire di nuovo che lo amava?
Fra quattro mesi ci sarebbe stata la prova evidente di quell'amore.
Perchè era soltanto per amore Brian Kinney aveva messo da parte le sue paure e aveva iniziato a pensare ad un futuro insieme.
Si voltò e gli si avvicinò fino ad allacciargli le braccia attorno al collo,un sorriso felice che ancora aleggiava sul suo volto.
-Dillo ancora-
Un lieve sospiro uscì dalle labbra dischiuse di Brian prima che questo mugugnasse divertito.
-Finirai per trasformarmi in una lesbica-commentò come al suo solito.
-Già!Faresti di tutto per rimangiarti la tua promessa-
La risata di Brian era risuonata per il salotto prima che il moro facesse un movimento con il capo per avvicinarsi al viso di Justin e posare le labbra sulle sue.
Quella sera erano rimasti a casa,riappropriandosi di quegli spazi troppo a lungo disabitati e facendo l'amore in ogni stanza del loft,addormentandosi sfiniti quando mancavano poche ore all'alba.

 

-E' incredibile quello che è stato capace di dire...Ed io stronzo che l'ho anche chiamato per invitarli qui oggi!-
Micheal aveva ripetuto più volte a chiunque avesse avuto la voglia,o la sfortuna,di capitargli accanto in quegli ultimi giorni il suo racconto di come si era svolta la telefonata con Brian.
Tutti erano rimasti sorpresi dal modo distaccato in cui Brian aveva chiuso la discussione,senza neanche ribattere quando il suo migliore amico aveva accusato lui e Justin di aver dimenticato i vecchi amici.
-Lo sai come è fatto Brian-disse Ben cercando di mettere a tacere quel discorso.
I due uomini si erano presentati,con Hunter al seguito,a casa di Debbie per il grande pranzo che la donna dava in onore del figlio ad ogni suo compleanno.
Sulla strada,a pochi metri dalla casa di Debbie avevano visto venire loro incontro Ted e Blake,e una volta entrati,vi avevano trovato ad aspettarli Mel e Lindz arrivate la sera prima insieme ai bambini da Toronto in modo che JR fosse presente al compleanno del suo papà.
Emmett era arrivato poco dopo,sempre di corsa per via dei mille impegni del suo lavoro.
-Non è una giustificazione!-ribattè Micheal in tono deciso.
-Tesoro perchè non cerchi di rilassarti e di goderti la tua festa?-gli chiese la madre dalla cucina senza neanche voltarsi a guardarlo.
Conosceva a memoria quel discorso che ogni volta si ripeteva sempre uguale,senza grandi cambiamenti:Brian si dimenticava di qualcosa,o il suo comportamento diventava peggiore del solito,provocando la reazione di Micheal che ogni volta,nonostante lo conoscesse da una vita, rimaneva sempre deluso dall'amico.
-Credete che quei due abbiano problemi?-domandò Emmett portando in tavola un'insalatiera di vetro piena di purè di patate.
Tutti si lanciarono occhiate perplesse:in fondo erano mesi che Brian e Justin vivevano lontano, dando poche notizie oltre quelle che uscivano sui giornali,come avrebbero potuto sapere se c'era qualcosa che non andava?
-L'ultima volta che Gus è stato da loro,ha detto che era tutto come al solito.
Sono anche andati a pattinare sul ghiaccio-raccontò Lindz,ricordando quel particolare.
Ben sorrise,cercando di immaginarsi Brian con i pattini ai piedi mentre cercava di non cadere.
-Ted tu lavori con lui,possibile che non sai niente?-gli domandò Debbie affacciandosi nella sala da pranzo.
L'uomo rise chiaramente divertito prima di scuotere la testa.
-Io?Ce lo vedete Brian che viene a confidare i suoi più intimi segreti a me?
Lo ha fatto solo una volta e soltanto perchè lo avevo costretto...Però io non ho colto nessun segno di crisi-disse loro.
-Non possono semplicemente avere altri impegni?-chiese loro Hunter,dalla sua posizione sul divano, intromettendosi nel discorso.
-Ehi ragazzino!Non ti hanno insegnato ad alzare la mano prima di parlare?-fece Debbie, cercando di proteggere Micheal da quelle parole.
Questi però scosse la testa,lo sguardo perso nel vuoto:Hunter aveva ragione.
Forse la lontananza era riuscita dove le incomprensioni e le diversità non erano riuscite:magari Brian a New York aveva trovato amici più cool da portarsi dietro,qualcuno molto più sexy di lui, che non sembrasse il suo "caso pietoso" e si stava facendo la sua nuova vita senza di lui.
Lo aveva lasciato indietro...
Fu proprio mentre era immerso in quei pensieri neri che due colpi decisi vennero sferrati sulla porta di casa.
Tutto il gruppo seduto sul divano voltò la testa verso l'ingresso e Debbie apparve dalla cucina con un mestolo di legno leggermente sporco di sugo stretto nella mano sinistra.
Carl,essendo il più vicino alla porta,si alzò dalla sua poltrona e si avviò verso l'ingresso seguito a due passi di distanza da Gus e JR.
Un'espressione sorpresa apparve sul volto dell'uomo quando vide i due uomini fermi sulla soglia: sembravano impegnati in una conversazione,ma quando Carl aprì la porta entrambi voltarono la testa verso di lui e gli sorrisero.
-Salve,è questo il Grand Hotel Novotny?-domandò Brian.
Una risata stese le labbra di Carl prima che si facesse da parte per farli entrare,mentre all'interno un rumore di passi concitati annunciò l'arrivo di tutti gli altri nel piccolo ingresso.
Il primo a raggiungere i due fu Gus che,con due passi veloci,si gettò fra le braccia del padre facendosi issare in alto.
-Guarda guarda chi abbiamo qui...Mr sonnyboy-disse voltandosi verso Justin e piegandosi in modo che la testa di Gus finisse sulla spalla sinistra del biondo fra le risate del bambino.
-Il nostro piccolo agente segreto-aggiunse il biondo aiutandolo a sistemarsi di nuovo in posizione eretta.
-Hai visto papà?Te l'avevo promesso che non avrei detto niente!-disse Gus chiaramente soddisfatto di sè.
Brian accennò un sogghigno ed annuì prima di posargli un bacio fra i capelli e lanciare uno sguardo ai suoi amici,perfettamente schierati a semicerchio attorno a loro.
-Gus!Tu lo sapevi?-domandò Lindz al figlio,chiaramente sorpresa.
Il bambino annuì proprio mentre il padre lo rimetteva a terra.
-E perchè non hai detto niente alla mamma?-chiese ancora la donna.
-Papà mi aveva detto di non farlo-rispose Gus con semplicità.
Lindz tornò a fissare i due uomini che,uno accanto all'altro,avevano iniziato a togliersi i cappotti.
-Che c'è?-chiese ad un tratto Brian.
Ted trattenne una risata per evitare di beccarsi un'occhiataccia e Emmett scosse la testa nel suo classico modo prima di avvicinarsi a Justin e abbracciarlo.
-E' bello rivederti tesoro-gli disse dandogli un bacio sulla guancia sinistra.
-Sì però andiamoci piano con le effusioni,d'accordo?-ribattè Brian lanciando un'occhiata ai due.
-Non dirmi che sei diventato geloso-commentò Debbie facendo un passo avanti per salutarli e lasciando un segno di rossetto sulla guancia di Justin prima di stringerlo in un abbraccio.
-Infatti non lo dico-fece il moro prima di ricevere lo stesso trattamento.
Solo quando il balletto degli abbracci fu finiti Brian lanciò uno sguardo a Micheal,che per tutto il tempo lo aveva fissato da un angolo dell'ingresso,indeciso se arrabbiarsi per il comportamento di Brian o essere felice per la sua comparsa a sorpresa.
Ben sapendo che toccava a lui la prima mossa,Brian gli andò incontro e gli indirizzò un ghigno divertito che si accentuò quando vide l'espressione indispettita che campeggiava sul volto di Micheal.
-Tanti auguri Mikey!-fece poi.
L'amico sbuffò e gli lanciò un'occhiataccia.
-Sei veramente uno stronzo!-gli disse-Non potevi dirlo subito che saresti venuto?-
-Non sarebbe stato nel mio stile,non credi?-chiese a sua volta Brian.
Micheal si ritrovò ad essere d'accordo con lui,e la cosa lo infastidì ancora di più.
-Oh andiamo...Non lo sai che ti vengono le rughe se continui a guardarmi così?-gli domandò prima di avvicinarsi e dargli un bacio sulle labbra chiuse.
Micheal si lasciò baciare quasi fosse un segno di riappacificazione e,quando tornarono a separarsi,gli lanciò uno sguardo circospetto.
-Visto quello che ti inventi ad ogni mio compleanno devo aspettarmi qualche altra sorpresa?-gli domandò poi.
Il ghigno sul volto di Brian si accentuò,diventando un vero sorriso e prima che questi potesse rispondere,Justin si avvicinò ai due e annuì.
-Credimi,sarà un compleanno che non dimenticherai tanto facilmente-gli disse prima di tornare a voltarsi verso Debbie-Posso lasciarla qui?-disse alzando la mano destra che fino a quel momento aveva stretto i manici di una scatola rossa.
Finiti i convenevoli e smaltita almeno in parte la sorpresa per quell'arrivo improvviso,tutto il gruppo si spostò in sala da pranzo.
Justin si fece raccontare cosa era successo nella vita dei suoi amici scoprendo così che Emmett aveva cambiato fidanzato già tre volte,ma che era abbastanza sicuro di aver trovato nell'ultimo la sua anima gemella;che Mel,neanche tre anni dopo essere entrata a far parte di quello studio legale,ne era diventata una degli associati più importanti con ottime probabilità di diventare socia nel giro di un paio d'anni e che Lindz aveva ripreso ad insegnare Storia dell'arte in un liceo di Toronto.
La vita di Micheal,Ben e Hunter era trascorsa tranquillamente durante quell'anno:grazie alle lunghe telefonate fra lui e Micheal per via di "Rage",Justin sapeva che Hunter era stato accettato alla Brown e che sarebbe partito a settembre e che Ben continuava il suo lavoro all'università unito al suo lavoro letterario.
-E voi che ci raccontate?Com'è la vostra vita?-domandò Emmett curioso quando ebbero finito di pranzare.
Brian alzò le spalle,quasi volesse racchiudere in quel solo gesto quell'anno di vita a New York.
-Andiamo!Voglio qualche dettaglio sui locali di New York!-lo incitò ancora Emmett.
-Ecco non è che li frequentiamo poi tanto...Ci saremmo stati sì e no un paio di volte-rispose Justin attirandosi lo sguardo sorpreso degli amici.
Quando avevano deciso di raccontare del bambino ai loro amici,Brian e Justin avevano convenuto di dover andare per gradi,far abituare i ragazzi all'idea che le cose erano cambiate da quando vivevano a Pittsburgh,altrimenti quando avrebbero saputo che stavano per avere un figlio avrebbero finito per avere tutti un infarto.
-Brian Kinney che non frequenta i locali?-domandò Ted incredulo.
-Tu dovresti saperlo meglio di chiunque altro Theodore:sono sempre io che ti butto giù dal letto la mattina alle cinque per parlare di lavoro-gli fece notare Brian.
L'uomo annuì,deglutendo il sorso d'acqua in fretta.
-Certo,ma avevo quest'idea assurda che fossi appena rientrato da una notte in giro per locali-gli confessò sinceramente.
Brian scosse la testa.
-La tua ammirazione per me alle volte supera davvero il limite-si limitò a commentare.
-Per caso vi hanno buttato fuori da tutti i locali per atti osceni?-domandò scherzosamente Micheal cercando un senso a quel cambiamento improvviso da parte dell'amico.
Questa volta fu Justin a scuotere la testa,un sorriso divertito sulle labbra.
-No...E' solo che il più delle volte siamo troppo stanchi per uscire,oppure abbiamo qualche altro impegno per via del mio lavoro o di quello di Brian-spiegò loro.
-Avete incontrato qualche attore famoso?-tornò a chiedere Emmett sentendo riaccendersi il suo interesse.
-Brian si è occupato della pubblicità per "Wicked" e per "Le Miserables",così siamo andati alla prima mi abbiamo conosciuto qualcuno degli attori...Sono anche riuscito a strappare qualche autografo-raccontò Justin,ancora eccitato al solo ricordo.
-E' stato veramente imbarazzante...La prossima volta ci andrò da solo,così eviterò di fare certe figure!- ricordò Brian in tono sarcastico.
-Certo,come se te lo lasciassi fare-ribattè l'altro.
-Ma che cazzo vi è preso a tutti e due?-domandò Debbie facendo voltare entrambi su di lei.
Solo in quel momento i due uomini si accorsero che tutti li stavano fissando come se li vedessero per la prima volta.
-Che vi prende?-domandò Justin con voce incerta.
-E lo chiedi a noi?Voi sembrate due persone completamente diverse...-commentò Ted.
A quelle parole Justin si accorse che non c'era niente di più vero in quello che Ted aveva appena detto.
Ora erano...felici.
Forse non c'era altra parola per spiegare come si sentivano ed era normale che i loro amici,abituati a drammi e problemi a non finire,si trovassero leggermente spiazzati in quell'atmosfera serena e rilassata.
Doveva essere scioccante rivederli dopo un anno e non riconoscerli.
-Non state per caso fingendo?-domandò Micheal,esprimendo in parole un pensiero improvviso.
Brian aggrottò la fronte.
-Fingere?-
L'amico annuì.
-Dai non far finta di non aver capito:magari vi siete lasciati e non avete il coraggio di dircelo-spiegò poi.
Lo sguardo di Brian saettò verso Justin,incontrando subito i suoi occhi e,senza parlare,si sporse verso di lui e posò le labbra su quelle del biondo,facendo scivolare la lingua nella sua bocca e sfiorando quella dell'altro che gli venne incontro con lo stesso entusiasmo di sempre,senza preoccuparsi di quanto quel gesto potesse apparire maleducato.
-Hai ancora qualche dubbio?-gli chiese Brian quando si staccò da Justin.
L'amico scosse la testa.
-In effetti era un pò una stronzata tesoro-disse Debbie.
Micheal annuì,rendendosi conto che la sua idea non era delle migliori,ma non per questo deciso a lasciar perdere.
-Sai credo che prima di andare avanti con le tue ipotesi tu debba aprire il nostro regalo Micheal-disse Justin alzandosi in piedi e avviandosi verso l'ingresso.
Brian premette le labbra una contro l'altra,preparandosi al momento del grande annuncio e, per evitare domande inutili nell'attesa,si portò il bicchiere alle labbra e bevve un lungo sorso di vino bianco.
Justin ritornò nella stanza pochi istanti dopo,le mani strette attorno ad una scatola rettangolare nera dall'aria elegante.
Tutti si accorsero dello sguardo che il biondo lanciò a Brian prima di tendere la scatola oltre il tavolo verso Micheal e,tutti nessuno escluso,si domandarono il significato di quello sguardo.
Forse lì dentro c'era qualcosa che li avrebbe aiutati a capire lo strano comportamento dei due uomini?
-Buon compleanno Micheal-disse poi tornando a guardare l'amico.
Questi strinse le due mani ai lati della scatola e la fissò qualche istante,sentendo Justin tornare a sedersi accanto a Brian.
-Chiaramente non è un completo dell'ultima collezione Armani,ma sono certo che ti piacerà molto di più-commentò Brian con voce sicura.
Ancora non del tutto certo di potersi fidare delle parole dell'amico,Micheal sollevò il coperchio della scatola per poi passarla a Ben che era alla sua destra.
Due veli di carta crespa coprivano il contenuto della scatola e solo quando l'ebbe sollevati Micheal vide la cornice di vetro che era sistemata nel mezzo.
La sollevò con attenzione e fissò la foto che c'era all'interno restando sorpreso quando capì di cosa si trattava in realtà:un ecografia.
Un ecografia in cui si vedeva chiaramente la testa del feto e la mano sinistra che fluttuava nel liquido amniotico.
Simultaneamente Ben Micheal e Debbie,che era seduta alla sinistra di Micheal,portarono lo sguardo su Brian e Justin;tutti e tre con lo stesso sguardo confuso sul volto.
-Che vuol dire?-domandò Micheal con voce leggermente strozzata.
Un braccio mollemente abbandonato sullo schienale della sedia di Justin,Brian fissò l'amico di sempre per qualche secondo prima di dischiudere le labbra e respirare profondamente:nello stesso istante in cui avrebbe parlato,tutto sarebbe stato reale.
Non che fino a quel momento non lo fosse stato,ma rendere partecipe la loro "famiglia" della scelta che avevano fatto era l'ultimo passo.
Sentì una mano di Justin posarsi sulla sua poggiata sul ginocchio sinistro e un ghigno stese le sue labbra.
-Micheal ti presento la tua figlioccia-
Era strano vedere come le previsioni fatte neanche ventiquattro ore prima si stavano avverando:Justin colse l'espressione sbigottita di Mel e Lindz,il labbro tremulo di Emmett e la bocca eccessivamente spalancata di Micheal e Ben.
-Oh santa merda!-disse Debbie rompendo per prima il silenzio.
Remore della sua promessa,Brian premette le labbra una contro l'altra cercando di non ridere e restò in silenzio lasciando agli amici un altro pò di tempo per metabolizzare la notizia.
-Voi state per avere una figlia?-domandò Mel,ovviamente la prima di tutti a riprendersi,ma non per questo meno sorpresa degli altri.
Justin annuì.
-Ed è...-chiese Lindz rivolta a Brian.
L'uomo scosse la testa.
-Questa volta è tutta opera di Sunshine-scherzò accarezzandogli i capelli con la mano abbandonata sullo schienale.
Gli occhi degli amici si spalancarono ancora di più a quella notizia,quasi avessero appena avuto la notizia che quel bambino fosse frutto di un'inseminazione aliena.
-Ma chi cazzo è sua madre?-domandò Debbie con la sua solita delicatezza.
Justin rise divertito,lo sguardo sulla donna.
-Abbiamo chiesto l'aiuto di Sophia-disse sereno.
-Sophia la tua gallerista?-chiese Mel per essere certa di ricordare bene.
Justin annuì e raccontò brevemente di come,dopo aver preso la decisione di avere un figlio,si fossero rivolti ad un'agenzia specializzata per avere qualche consiglio su uteri in affitto e madri surrogato e di come avevano abbandonato quell'idea era stata abbandonata molto in fretta per via dei costri elevati e per la poca sicurezza del processo.
-Fino alla firma dei documenti la madre poteva sempre riprendersi il bambino-s'intromise Brian.
-Questo discorso mi suona familiare-commentò Mel,un sorriso ironico sulle labbra.
Justin continuò il racconto parlando di come avessero avuto l'idea di rivolgersi a qualcuno che conoscevano e di cui si fidavano,come avevano fatto appunto Mel e Lindz,parlandone così con Sophia e la sua compagna che fortunatamente avevano deciso di aiutarli.
-A patto che poi,quando saranno loro a volere un figlio,ricambieremo il favore-concluse il biondo.
-Quindi lei rinuncia al bambino senza problemi?-chiese Mel,la sua mente d'avvocato già al lavoro.
Brian scosse la testa.
-Abbiamo deciso di seguire il vostro esempio,se così vogliamo dire:Sophia farà parte della vita della bambina,ma Justin ed io saremmo i suoi genitori a tutti gli effetti e prenderemo tutte le decisioni che la riguardano-
-Siete sicuri che sarà una bambina?-domandò Emmett,con un sorriso eccitato sul volto.
Justin annuì.
-Quando dovrebbe nascere?-chiese Lindz,ancora incredula per la grande notizia,ma iniziando a venire a patti con la novità.
-Fra cinque mesi,verso la fine di ottobre-disse ancora il biondo.
-Cinque mesi?Tua madre è venuta al Diner poche settimane fa e non mi ha detto niente di questa cosa-ribattè Debbie indispettita.
-Abbiamo costretto Jennifer al silenzio...Volevamo farvi una sorpresa-spiegò Brian.
-Beh ci siete riusciti eccome-commentò ancora la donna.
-Hai pensato a come parlare a Gus di questo bambino oppure vuoi che gliene parli prima io?-domandò Lindz preoccupata per la reazione che il figlio poteva avere a quella notizia.
Brian sorrise e scosse la testa prima di chiamare il figlio a gran voce.
Pochi istanti e Gus apparve nella sala da pranzo fermandosi accanto alla sedia del padre;questi lo prese in braccio e lo fece salire sulle proprie ginocchia.
-Perchè non racconti alla mamma che cosa abbiamo fatto davvero l'ultima volta che sei stato a New York?-disse al bambino.
Gus guardò il padre per qualche secondo,poi lanciò un'occhiata dubbiosa alla madre che accennò un sorriso.
-Sta tranquillo la mamma non si arrabbierà-lo rassicurò Brian.
Gus annuì e tornò a guardare la madre.
-E' vero che siamo andati a pattinare...Ma abbiamo anche visto la figlia dello zio Justin-aggiunse poi.
-Sapevi anche questo?-chiese Mel incredula.
Il bambino annuì prima di alzare le spalle.
-Era una sorpresa-commentò poi.
Brian sorrise e gli posò un bacio fra i capelli prima di farlo scendere dalle proprie ginocchia proprio mentre Micheal si schiariva la gola attirando così l'attenzione di tutti su di sè.
-Tu stai per avere un figlio-commentò in tono secco.
Brian annuì.
Conosceva Micheal troppo bene e da troppo tempo per non capire che c'era qualcosa che non andava.
Ma decise lo stesso di giocare la carta dell'ingenuità e vedere a cosa avrebbe portato.
-Come ho già detto è tutta opera di Justin...Io non avrei sopportato tutti quei chili in più-rispose.
Micheal scosse la testa,un sorriso amaro sulle labbra.
-E che fine hanno fatto tutti quei discorsi sull'inutilità del matrimonio e di tutte quelle convenzioni etero che  avrebbero finito per distruggerci?-domandò all'amico ricordandogli le sue parole.
-Infatti ogni volta che io e Justin accenniamo anche solo lontanamente al matrimonio mi viene l'orticaria-
-Non è divertente!Insomma che cazzo ti è successo?-
-Micheal...-s'intromise Ben cercando di calmarlo.
-Improvvisamente vuoi una famiglia,dei figli,magari finirai in una casa con lo steccato bianco!Sei diventato una persona completamente diversa dal Brian Kinney che conoscevo, possibile che ti sono bastati pochi mesi a New York per cambiare così drasticamente?-continuò imperterrito l'altro.
Brian restò in silenzio,lo sguardo fisso nello sguardo dell'amico prima che questi lo muovesse su Justin.
-E' opera tua non è vero?-chiese al biondo.
-Come scusa?-
-Chissà quanto devi averlo tartassato con quest'idea del bambino-gli spiegò.
Un'espressione sconcertata si dipinse sul volto di Justin,mentre la memoria gli riportava alla mente i primi scontri con Micheal proprio a causa di Brian e della sua innata gelosia verso l'uomo.
-Io non c'entro proprio niente in questa storia-si limitò a commentare.
-Sì certo come no-ribattè l'altro.
-Cosa c'è che ti sconvolge tanto nell'idea di questo bambino?-domandò Justin facendo il gesto di alzarsi in piedi,ma venendo trattenuto da una mano di Brian che si posò decisa sul suo braccio più vicina.
-Non sopporto che tu lo porti a fare qualcosa che gli è completamente estraneo qualcosa che...-
-Che in condizioni normali non farei mai?-s'intromise Brian con voce dura-Credi che sia diventato un povero coglione in questo periodo?-gli chiese poi fissandolo con sguardo severo.
Micheal sostenne il suo sguardo e restò in silenzio.
-Avere questo figlio è stata una mia idea,e se proprio vuoi saperlo ho dovuto lavorare parecchio per convincere Justin-gli disse.
-Immagino quali siano state le tue armi di convincimento...-si lasciò scappare Micheal.
Gli occhi di Brian si assottigliarono ancora di più,quasi lanciando saette,prima che questo si alzasse in piedi e posasse il tovagliolo sul tavolo.
Justin lo imitò all'istante,lo sguardo di tutta la tavolata su di loro.
-Sai qual'è la differenza fra di noi Mikey?
Che mentre tu cerchi da sempre la mia approvazione per tutte le scelte importanti della tua vita,io non ne ho bisogno.
Io riesco a vivere serenamente anche senza-gli disse quasi a denti stretti.
Justin girò attorno alla tavola e andò a salutare Debbie,Mel,Lindz ed Emmett prima di precedere Brian di qualche passo verso l'ingresso.
Sicuramente dopo la loro partenza si sarebbero scatenate mille discussioni,ma su una cosa avevano avuto ragione fin dall'inizio.
Quel compleanno non lo avrebbero dimenticato tanto facilmente.

 

Salve a tutti!!!

Come state?

So che vi ha sorpreso trovarvi di fronte un intero capitolo di flashback,ma mentre scrivevo l'inizio mi sono accorta che non più andavo avanti e più quel ricordo prendeva piede e non c'era modo di tagliarlo a metà.

Così ho deciso di prendere una piccola deviazione dalla strada maestra e raccontarvi un pò di cosa è successo al momento del grande annuncio,prima di ritornare ad occuparci di Vic e Gus.

Forse sarà meglio che vi spieghi anche il perchè della reazione che ha avuto Micheal:x come l'ho sempre visto io,il personaggio di Michael è un pò ambivalente;vorrebbe che Brian si costruisse una vita come quella che lui si è fatto con Ben,ma quando poi Brian ci prova rimane spiazzato da quel cambiamento,al punto che qnd il matrimonio va a monte,l'unica cosa che gli viene in mente per risollevare il morale dell'amico è riportarlo fra le rovine del Babylon.

Riportarlo indietro in un passato dove Justin non esisteva ancora.

Qui la situazione è un pò esacerbata anche da tutti i commenti sarcastici e cattivi che Brian si è generosamente lasciato scappare durante la 5 serie sullo stile di vita dell'amico.

Ringrazio tutti coloro che leggeranno e commenteranno questo capitolo e mi scuso x eventuali errori di ortografia e battitura.

La frase in corsivo è tratta da "For Good" del musical Wicked.

E ora i ringraziamenti:Yumisan(Già,Matt ha fatto colpo;si vede che Vic ha ereditato la passione x i musicisti da suo padre...Ma come sappiamo x esperienza kè questa passione è destinata a spegnersi presto),Sweey( Prima di tutto sfatiamo qst luogo comune messo in giro da qll pettegola di Micheal:Matt nn è gay.Se cs fosse stato nn avrebbe chiesto un altro appuntamento a Vic,nn trovi?Inoltre,x qnt riguarda la tua seconda domanda,credo che sia dovuta soprattutto ad un'esigenza letteraria:Vic ha smesso di andare a Toronto qnd aveva 4 anni x stare accanto a Carl,dopo kè era stato ferito sul lavoro,e Debbie perdendo così anche i contatti con Lindz Mel e Gus),Desme(Saranno come cane e gatto,ma dovranno tenere nascosta la propria reciproca antipatia x nn far capire niente ai propri padri,senza contare l'intervento di Matt e a breve qll di JR),Nefene(Innanzitutto grazie x i complimenti e benvenuta!Hai ragione a dire che la famiglia di Gus è completamente diversa da quella di Brian,ma nn x qst è meno complicata:due madri due padri,una sorella ed ora qst nuova ragazza che da una parte lo attira e da un'altra è una specie di parente,senza contare poi tt i personaggi di contorno...C'è bisogno di una mappa x non perdersi).

Bene,x il momento è tt,io vi saluto e vi do appuntamento al prox capitolo...

"Feeling blue"

Baci,Eva.


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 7
*** Feeling blue ***


feeling blue

 

 

-Con questa abbiamo finito-
Matt lasciò cadere un pesante scatolone poco distante dai suoi piedi e si pulì le mani sui jeans, neanche avesse trasportato oggetti impolverati.
Gus annuì e si guardò intorno nell'appartamento:era piccolo e sicuramente tutta la sua roba non sarebbe mai entrata,ma fin da quando suo padre gliel'aveva mostrato la sera prima la considerava casa sua.
In qualche modo rassomigliava al loft dove suo padre e lo zio Justin avevano abitato per tanti anni a Pittsburgh,quello stesso loft dove gli era permesso di mangiare il gelato direttamente dalla vaschetta,almeno quando non c'era lo zio Justin,e dove l'ultima sera prima della sua partenza facevano un piccolo campeggio,alzando le tende nel soggiorno.
In un certo senso si sentiva a casa.
-Sei proprio sicuro di voler vivere qui?-gli domandò Matt scettico,dando un'occhiata alle pareti spoglie.
L'unico pezzo di arredamento già presente nel loft era il letto,naturalmente ad una piazza e mezza e già sistemato contro la finestra,che qualcuno aveva pensato di ricoprire con un piumone blu elettrico,all'apparenza molto caldo.
-Sarà perfetto-commentò Gus convinto.
L'amico alzò le spalle,evitando di sollevare altre obiezioni.
-Che ne dici di scendere di sotto e mangiare qualcosa?-domandò Gus tornando ad alzare lo sguardo sul volto dell'amico.
-Ti hanno dato anche le chiavi di casa?-chiese incredulo l'altro.
-E' casa di mio padre,è naturale che le abbia-commentò il moro avviandosi verso la scala che collegava il loft e il garage.
Le dita della mano sinistra che giocherellavano con le chiavi di casa,Gus sentì alle sue spalle i passi di Matt giù per la scala e seguirlo fino alla porta che portava dal garage alla casa.
Era stato solo una volta in quella casa,quindi fu per puro caso che indovinò al primo colpo come arrivare alla cucina.
-Hai sete?-domandò voltandosi leggermente verso l'amico e togliendosi allo stesso tempo la giacca di pelle nera,posandola sul primo sgabello che incontrò sulla sua strada.
Matt annuì e restò indietro guardandosi attorno:nonostante la casa non fosse ancora completamente arredata,c'erano alcuni ambienti che erano già finiti.
Ovviamente il piano inferiore,quello che veniva usato più spesso,era già perfetto,con tanto di quadri e fotografie appese alle pareti e furono proprio le foto appese lungo il corridoio che portava alla cucina che attirarono l'attenzione di Matt.
Gus sapeva benissimo cosa l'amico aveva visto e cosa sarebbe successo di lì a poco,ma decise di mostrarsi indifferente e avvicinarsi al frigo e tirar fuori due lattine di Coca.
Quel pomeriggio,mentre erano in macchina diretti verso la casa di suo padre,Gus gli aveva chiesto come era andato l'appuntamento con quella ragazza,con quello che sperò essere il tono più disinteressato e casuale possibile.
Era curioso,è vero,ma non sapeva neanche spiegarsi il perchè...
-Siamo stati bene insieme-aveva risposto Matt,senza togliere lo sguardo dalla strada davanti a loro-Deve essere una ragazza timida perchè per gran parte del tempo ha lasciato parlare me, ma da quel poco che sono riuscito a capire deve essere una persona interessante-aveva continuato senza dargli soddisfazione.
Gus era rimasto in silenzio,l'occhio attento alla guida,sentendo un piccolo mugugno provenire dal sedile di Matt.
-Sì,credo che la rivedrò ancora...Sempre se lei vorrà-si era sbrigato ad aggiungere.
Quell'affermazione gli aveva fatto capire che doveva affrontare l'argomento Victoria,almeno per evitare ai due una situazione imbarazzante:ora le probabilità di incontrarsi erano più elevate visto che entrambi frequentavano la stessa casa.
Aveva appena aperto la propria lattina quando Matt entrò in cucina con una fotografia nella mano sinistra ed un'espressione sorpresa dipinta sul volto.
-Che ci fa Victoria in una foto in casa di tuo padre?-domandò Matt avvicinandosi all'isola cucina e posando la cornice sul piano di marmo.
Gus lanciò un'occhiata alla foto incorniciata:era un classico foto di famiglia scattata il giorno di Natale;suo padre,lo zio Justin e una Victoria più giovane di qualche anno in pigiama,e con l'aria arruffata di chi si è appena alzato,erano seduti sotto l'albero.
Era strano vedere suo padre,un sorriso assonnato che gli piegava le labbra,completamente rilassato e sereno:dai racconti di sua madre e di Mel,aveva costruito un'immagine di un uomo tormentato e sfuggente,di un lupo solitario che per puro caso si trovava a convivere con altri essere umani.
Sua madre diceva sempre che era stato un vero miracolo per suo padre incontrare lo zio Justin.
Ripensando a quelle parole,lo sguardo sull'immagine dei due uomini,Gus non potè non essere d'accordo.
Per qualche istante Gus fissò anche Victoria e la trovò carina,già leggermente attraente nonostante in quella foto fosse solo una bellezza acerba.
I suoi occhi furono la cosa che più lo colpirono...
-Sarebbe inutile dirti che è una coincidenza,vero?-domandò portando la lattina alle labbra, cercando di scacciare quei pensieri.
-Gus!-lo riprese l'amico.
Questi annuì e si lasciò andare ad un piccolo respiro prima di alzare le spalle.
-Ecco,stavo giusto per parlartene...Vedi Victoria è la figlia dello zio Justin-gli disse grattandosi il naso in un gesto impacciato.
Matt aggrottò la fronte,sorpreso da quella rivelazione.
-Il marito di tuo padre?-chiese poi per essere sicuro.
Gus annuì.
Per qualche istante l'amico lo fissò,quasi avesse bisogno di qualche secondo per immagazzinare quell'informazione.
-Quindi anche lei è una specie di tua sorella?-gli chiese,cercando di capire la complicata rete di relazioni che legava i due ragazzi.
Gus ghignò divertito e scosse la testa.
-No,certo che no!
Io e lei non abbiamo niente in comune,siamo due perfetti estranei...Figurati che non ci vedevamo da quando lei aveva quattro anni ed io dieci-gli disse per avvalorare la sua tesi.
-Allora non sapevi chi era l'altro giorno-gli domandò ancora.
Il viso di Gus si atteggiò in una smorfia perplessa,indeciso se parlargli dell'incontro scontro che avevano avuto un paio di settimane prima,decidendo poi di essere sincero.
-Veramente ci eravamo incontrati già un'altra volta:doveva essere il suo primo giorno di scuola e si era persa,finendo all'Accademia,così io l'ho aiutata a ritornare al suo liceo.
Ma non avevo la minima idea di chi fosse-precisò ancora.
Matt annuì,riflettendo sulle parole dell'amico,prima di fissare di nuovo il suo volto.
-Perchè non me lo hai detto?-si decise a chiedergli.
Gus alzò le spalle.
-Non credevo fosse importante...-
-Questa mattina ti ho detto che l'avrei vista di nuovo e,sempre questa mattina,tu sapevi benissimo di chi stavo parlando,perchè non me lo hai detto?-chiese ancora Matt,certo che ci fosse qualcos'altro.
Gus ghignò di nuovo,cercando di nascondere il fastidio che gli procuravano tutte quelle domande.
-Te lo sto dicendo ora-
Matt scosse la testa incredulo,facendo calare il silenzio nella cucina.
-Quindi non ti da fastidio se la rivedo di nuovo...-domandò poi Matt,senza guardare l'amico.
Gus si produsse in una risatina ironica,che portò Matt ad alzare lo sguardo sul suo viso e cogliere il suo cenno di diniego.
-Te l'ho detto,anche se i nostri padri sono sposati,siamo come due perfetti estranei-ripetè Gus.
Matt annuì,ricambiando lo sguardo del'amico:anche se non era del tutto convinto delle sue parole,decise di credergli.
-E tu che ci fai qui?-
La voce,inattesa,portò entrambi i ragazzi a voltarsi verso la porta della cucina dove,ferma sulla soglia con un'espressione indecifrabile sul volto e le braccia serrate contro il petto,Victoria fissava i due ragazzi.

 

-Zia Emmett ti sei mai sentito solo?-
Quel pomeriggio,non appena aveva messo piede fuori dal liceo,aveva capito di essere attesa.
Emmett,uno dei più cari amici dei suoi genitori e una delle persone a cui lei era più legata al mondo,aveva parcheggiato la sua Mercedes giallo canarino a pochi metri dalle scalinate e non appena l'aveva intravista sugli scalini era uscito e aveva iniziato a sbracciarsi per farsi notare da lei.
Dopo i saluti,sempre affettuosi,si erano messi in macchina e avevano girato per ore alla ricerca di tutte le cose più stravaganti per arredare la sua nuova stanza.
Dopo qualche ora erano ritornati a casa cariche di buste,ma con il morale mai così leggero.
Ed era stato quando si erano ritrovate in camera di Vic che la ragazza aveva deciso di aprirsi con lui e chiedergli consiglio.
-Ci sono tanti tipi diversi di solitudine tesoro-aveva detto l'uomo togliendo due cuscini lilla dalla busta e iniziando a sistemarli sul letto.
Vic annuì e riflettè per qualche istante in silenzio.
-Ti sei mai sentito solo in casa tua?-specificò riportando lo sguardo sull'uomo.
Emmett annuì.
-Sì quello mi è capitato,ma è stato tanto tempo fa,Madonna faceva ancora canzoni degne di questo nome...
Comunque,mi ero appena trasferito in un bellissimo appartamento,con tutto quello che avevo sempre sognato,ma stranamente non mi sentivo a mio agio-le raccontò passandole il tappeto arrotolato.
Vic alzò lo sguardo su di lui e aggrottò la fronte,incintandolo così ad andare avanti.
-Per la prima volta mi ritrovavo a vivere da solo e,nonostante avessi sempre sognato il momento in cui avrei avuto una casa tutta per me,senza coinquilini troppo rumorosi o ritardatari,mi sentivo perso in mezzo a tutto quel silenzio-continuò l'uomo dispiegando insieme a lei il tappeto ai piedi del letto.
Vic annuì,ritrovandosi perfettamente nelle sue parole.
Emmett le voltò le spalle e tirò fuori una lava-lamp blu che sistemò sulla scrivania accanto al computer.
Solo quando si voltò di nuovo le si avvicinò e le posò un braccio sulle spalle,un sorriso rassicurante sulle labbra.
-Come mai mi hai fatto questa domanda?Non dirmi che ti senti persa fra tutte queste stanze...-le disse ponendo la domanda in tono scherzoso.
Vic accennò un sorriso e abbassò la testa per qualche istante,nascondendo i propri occhi dietro la cortina di boccoli biondi.
Si sentiva sola?
Certo.
Anche se in alcune cose Toronto era molto meglio di Pittsburgh,non sarebbe mai riuscita ad eguagliare la sua città.
Sospirò e fece scosse la testa,sentendosi improvvisamente più piccola della sua reale età.
-No,non è per quello...E' solo che alle volte mi manca la mia vita di Pittsburgh.
Mi mancano le piccole cose-aggiunse.
Vivere a Pittsburgh era diventato velocemente un inferno per lei,ma le mancava uscire da scuola e fermarsi al Diner per pranzare con nonna Debbie,o tornare insieme a casa e farsi aiutare da nonno Carl a fare i compiti per poi guardare insieme la televisione aspettando che arrivassero i suoi genitori per ritornare a casa.
Le mancavano i pettegolezzi del Diner e i battibecchi fra la nonna e Kiky,la vecchia trans che lavorava lì come cameriera.
Emmett la guardò con uno sguardo semiserio sul volto e annuì.
-Ti mancano Carl e Debbie,non è così?-chiese con voce sicura.
Ancora una volta Vic annuì,ricevendo così un abbraccio dall'uomo.
-Tesoro...Anche loro sentono la tua mancanza,e questo te lo posso confermare con assoluta certezza perchè li ho visti neanche una settimana fa e tuo nonno continuava a guardare quelle terribili repliche di "Una mamma per amica"-le disse accarezzandole la schiena.
Vic sorrise leggermente commossa al pensiero di nonno Carl seduto sul divano che guardava le repliche di quel telefilm che avevano sempre visto insieme.
-E poi tu non sei sola:ci sono i tuoi genitori...-le disse ancora Emmett poggiando entrambe le mani sulle spalle ossute della ragazza e spingendola lontano da sè quel tanto che bastava per incontrare il suo sguardo.
Certo,aveva i suoi genitori,ma loro erano fuori per la maggior parte del tempo per colpa del lavoro,ed escluse le volte che invitava Carly e Rhyes a studiare da lei,quella casa era completamente avvolta nel silenzio.
-Inoltre ci sono lo zio Micheal e lo zio Ben e Hunter,che ti adorano,e poi ci sono Mel e Lindz;certo tu non le conosci ancora bene,ma non sono poi tanto male per essere due lesbiche.
E poi non dimentichiamoci il più importante di tutti:hai me!-
Vic sorrise e annuì,ricevendo un nuovo abbraccio,questa volta più stretto,prima che la zia Emmett tornasse ad allontanarla da sè,tenendole però una mano nella sua.
-So perfettamente cosa ci vuole per risollevarti il morale:il budino alla vaniglia di mia zia Lulah!-
La ragazza rise e si lasciò guidare fuori dalla stanza e giù per le scale,ma quando furono vicini alla cucina sentì un brusio:voci impegnate in una discussione.
Liberò la mano da quella della zia Emmett e la superò di un paio di passi:i suoi genitori non sarebbero tornati prima di un paio d'ore,quindi chi diavolo c'era nella sua cucina?
Fu solo quando fu ad un passo dalla porta che riconobbe la voce.
-Te l'ho detto,anche se i nostri padri sono sposati,siamo come due perfetti estranei-
Quella frase la bloccò e,inspiegabilmente,la ferì.
Era stato il tono o le parole stesse?
Dopo pochi secondi capì cosa le aveva davvero dato fastidio:il senso dietro quelle parole.
Nonostante le sue buone intenzioni,e a dispetto del fatto che i loro padri fossero sposati,Gus non aveva nessuna intenzione di conoscerla meglio,per lui era davvero soltanto un'estranea.
Beh,se questo era quello che pensava,allora si sarebbe comportata di conseguenza.
Fece l'ultimo passo che la divideva dalla cucina,le braccia conserte strette al petto,quasi volesse prepararsi da eventuali colpi e fissò i due ragazzi che,uno di fronte all'altro,occupavano la sua cucina.
-E tu che ci fai qui?-


-Victoria,è un piacere rivederti-la salutò Gus,cercando di ignorare il tono severo con cui gli era stata rivolta la domanda.
Era evidente che avesse sentito la sua ultima frase,era stampato a chiare lettere cosa pensava di lui in quel momento.
Avrebbe dovuto cercare di rimediare?
Ma rimediare a cosa poi?Non aveva forse detto la verità?
A salvarlo da quei dubbi arrivò Emmett che apparve dietro le sue spalle e che,non appena lo vide,gli sorrise come faceva sempre ogni volta che lo vedeva.
-Gus!-disse superando Vic e avvicinandosi a lui fino ad abbracciarlo brevemente-Accidenti ragazzo diventi ogni giorno più bello.
Finirai per essere più bello di Brian-commentò con la sua solita aria svampita.
-Mi raccomando,non farti sentire da lui,potrebbe ucciderti per un commento del genere-scherzò il ragazzo,un sorriso divertito sulle labbra.
Emmett sbuffò leggermente prima di scuotere la testa.
-Raggio di Sole non gli permetterebbe di farmi del male-ribattè con sicurezza facendo ridere il ragazzo.
Solo in quel momento l'uomo si voltò e si accorse della presenza di Matt alla sua destra,ma la cosa non fu reciproca:infatti tutta l'attenzione del biondo era concentrata su Victoria.
Questa si era allontanata dalla soglia e aveva fatto un paio di passi nella cucina,restando però discosta dal resto del gruppo.
-Ciao Victoria-la salutò Matt,chiaramente in imbarazzo.
Vic fece un piccolo cenno con il capo,fermandosi a pochi metri di distanza dall'isola cucina.
-Ciao Matt-
Allo sguardo allenato e attento di Emmett non sfuggì la veloce occhiata che Vic ed il ragazzo si scambiarono prima che questi voltasse la testa verso Gus.
-Salve green eyes!Permettimi di presentarmi:sono Emmett-disse sporgendosi leggermente verso di lui con un sorriso accennato che più di una volta lo aveva aiutato nella conquista.
Leggermente a disagio,Matt rispose al sorriso e tese una mano verso Emmett.
-Matt.Ho sentito parlare molto di lei-disse in tono educato.
Emmett strinse la mano del ragazzo e si concesse una piccola risata.
-Tutto vero ragazzo mio...Accidenti che stretta decisa,è sinonimo di virilità,lo sapevi?-domandò poi.
Vic sospirò stufa di tutte quelle moine ai due ragazzi e,con passi veloci,si avvicinò al frigo trovandosi così accanto a Gus che,di proposito,si appoggiò con la schiena al mobile della cucina.
Non sapeva se aveva fatto quel gesto per infastidirla ancora di più o per essere sulla traettoria del suo sguardo,ma quando lei richiuse lo sportello del frigo con una bottiglietta d'acqua fra le mani,si voltò in modo da dargli le spalle.
-Noi stavamo per fare del budino alla vaniglia,che ne dite di unirvi a noi?-domandò Emmett ai due ragazzi.
-Non sapevo ci fosse bisogno di tante persone per fare del budino-commentò leggermente acida Vic.
Emmett si avvicinò e le posò un braccio sulle spalle,le labbra a poca distanza dal suo orecchio destro.
-Tesoro,la ricetta di mia zia è per cinque persone:dobbiamo pur trovare dei volontari se non vogliamo passare le prossime settimane a smaltire i chili di troppo-le disse a bassa voce.
Vic sorrise,mordendosi poi il labbro inferiore per nascondere quel sorriso e alzò le spalle.
-Allora,ci state?-domandò Emmett voltandosi verso i due ragazzi.
-Perchè no?-fece Gus.
-Veramente io avrei degli altri impegni...-fece Matt.
-Ah ah...Non sono ammesse scuse.
Devi assolutamente assaggiarlo!-ribattè Emmett per convincerlo a restare.
Lo sguardo di Matt tornò di nuovo su Vic,chiedendole quasi il permesso con gli occhi e lei alzò le spalle.
-Resta,non sapremmo che farcene di tutto questo budino-gli disse poi cercando una motivazione plausibile.
Il ragazzo sorrise e finalmente annuì.


Emmett mise tutti all'opera,comandandoli neanche fossero un gruppo di camerieri in uno dei suoi ricevimenti.
-Zia Emmett non credi che dovresti fare qualcosa anche tu?In fondo la ricetta è tua-gli disse Vic senza smettere di girare il composto di latte e vaniglia.
-Hai ragione tesoro,ma qualcuno deve pur prendere le redini di quest'operazione,non credi?
Non posso permettere che mandiate tutto all'aria per via del vostro spirito d'iniziativa-rispose l'uomo alzando lo sguardo da un pentolino sul fuoco.
-Perchè non dici piuttosto che non ti va di lavorare?-lo prese in giro Gus.
Emmett si morse per qualche secondo il labbro inferiore prima di sospirare.
-Ok,anche questo è vero-confermò facendo ridere i tre ragazzi.
C'era anche un altro motivo per cui aveva deciso di astenersi dalla preparazione del budino: restando accanto al fornello,aveva la possibilità di guardare i tre ragazzi e cercare così di capire che cosa era successo fra di loro.
Era apparso chiaro fin dal primo istante che ci fosse dell'attrito fra Gus e Vic,anche se Emmett non se ne spiegava la ragione visto che i due ragazzi si conoscevano molto poco e si erano incontrati pochi giorni prima dopo anni.
Inoltre era bastato cogliere lo sguardo fra Vic e Matt per capire che c'era qualcosa in sospeso fra di loro,qualcosa di non detto.
Lui era un maestro nel capire le relazioni,anche se questo non lo aveva aiutato assolutamente con le proprie,ma avvertire la tensione che c'era fra quei ragazzi gli ricordò i primi anni fra Brian e Justin.
Certo,in quella stanza ancora non si avvertiva l'odore di sesso che si avvertiva ogni volta che Brian e Justin erano vicini,ma Emmett era convinto che fossero sulla strada giusta.
Forse era il caso di parlarne con qualcuno...
-Oh che sbadato!-disse ad alta voce,alzandosi in piedi.
-Non dirmi che abbiamo sbagliato la ricetta!-disse Vic voltandosi verso di lui.
Emmett scosse la testa,un piccolo sorriso ironico sulle labbra.
-Certo che no!Little Sunshine potrei fare questa ricetta anche ad occhi chiusi e sarebbe sempre perfetta.
E' solo che ho dimenticato di fare una telefonata di lavoro...Credi di poterti occupare del budino per qualche minuto?-le domandò poi avviandosi verso la porta della cucina senza attendere la risposta di Vic.
Si allontanò lungo il corridoio fino all'ingresso fermandosi a qualche passo dalla porta e,certo che i ragazzi non lo sentissero,compose il numero di Micheal e nel giro di qualche minuto riuscirono a programmare un incontro per quella sera.
Naturalmente ci avrebbe pensato Micheal ad avvisare Brian:era l'unico che sapeva come trattare con l'uomo,se si escludeva Justin.
Tornò sui suoi passi,ma si fermò sulla soglia quando vide che ora nella cucina c'erano soltanto Vic e Matt.
Dedicò un veloce pensiero alla scomparsa di Gus,ma poi si affrettò a nascondersi per non farsi notare dai due e poter,almeno in parte,ascoltare quello che si dicevano.
Almeno così avrebbe capito se le sue sensazioni erano esatte o meno...
-Non volevo piombare in casa tua in questo modo...Avrai pensato che sono un terribile maleducato-sentì dire da Matt.
Vic scosse la testa,lo sguardo fisso al pentolino ancora sul fuoco.
-Sta tranquillo,va tutto bene-si limitò a rispondergli.
Anche Matt scosse la testa e,con un gesto inaspettato che fece sollevare la fronte di Emmett, posò una mano sul gomito della ragazza e la fece voltare,in modo che fossero faccia a faccia.
-Davvero?Perchè l'ultima cosa che vorrei è che mi scambiassi per uno di quei ragazzi ossessivi-le disse con un sorriso divertito sul volto.
Sorriso che contagiò anche Vic;Emmett la vide scuotere di nuovo la testa questa volta con lo sguardo fisso in quello del ragazzo.
Quelle sensazioni che aveva sentito ora erano molto più forti,ma ancora non riusciva a spiegarsi come facevano i due ragazzi a conoscersi.
Ma la sua attenzione venne riportata sul discorso fra i due quando sentì Matt parlare di nuovo.
-Perchè non me lo hai detto?-lo sentì chiedere.
Vic alzò le spalle,muovendo lo sguardo senza però accennare ad allontanarsi da lui.
-Di solito non vado in giro a sbandierare la mia situazione familiare ai quattro venti e ora le cose sembrano ancora più complicate...
Inoltre non ne sapevo niente neanche io fino a ieri sera-disse poi.
Matt restò in silenzio,alzando la mano che fino a quel momento era stata attorno al gomito di Vic e le allontanò alcuni boccoli dal viso.
-Avevi paura che non avrei capito?-le domandò poi.
Vic si lasciò scappare un suono ironico prima atteggiare le labbra ad un sorriso ironico.
-Non saresti il primo.
Tutti gli altri sono scappati a gambe levate non appena hanno sentito quanto è complicata la mia famiglia e che per tutta la mia vita ho vissuto in mezzo a uomini gay-
Emmett si sentì infinitamente triste a quelle parole:purtroppo era tutto vero.
Nonostante avesse solo quindici anni Victoria aveva già dovuto superare varie prove difficili che avevano rischiato di rovinare la fantastica ragazza che era.
Matt la fissò per qualche istante prima di chinare il capo verso di lei e darle un bacio lieve sulla guancia destra.
Sorpresa,Vic mosse velocemente gli occhi ritrovandoli subito bloccati in quelli di Matt;lo vide deglutire nervosamente prima di dischiudere le labbra e prepararsi a parlare di nuovo.
-A me importa di te non della tua famiglia.
Sei divertente,attraente e anche se ci siamo visti solo due volte,sto bene con te.
Inoltre non sembra darti fastidio osservarmi suonare il piano,e questo è certamente un punto a tuo favore-disse il ragazzo con un leggero tono scherzoso nella voce.
L'angolo destro della bocca di Victoria si sollevò in un mezzo sorriso che portò Matt ad imitarla prima di andare avanti.
-Voglio conoscerti,sapere quanto più posso su di te,passare del tempo insieme a te...L'avrei voluto lo stesso anche se avessi avuto una famiglia noiosa e convenzionale-le disse con voce sicura e ferma.
Che bastardo!
Emmett restò immobile,in attesa,lo sguardo ancora sui due ragazzi.
Vic alzò le spalle e atteggiò il volto ad un'espressione neutrale.
-Finirei per sentirmi davvero crudele se ti privassi della mia presenza-scherzò.
Matt rise e quando,qualche secondo dopo,rialzò lo sguardo su Vic,Emmett capì perfettamente cosa stava per succedere.
Era ora di intervenire!
-Non è odore di bruciato quello che sento?-


-Quel fottuto bastardo!-
I programmi per la loro serata erano improvvisamente cambiati quando Micheal l'aveva chiamato in ufficio e li aveva invitati tutti a cena da lui e Ben.
-Possibile che tu e tuo marito non troviate niente di meglio da fare la sera?-aveva chiesto Brian poco propenso ad accettare quell'invito.
-Veramente è stata un'idea di Emmett..Ha detto che deve parlarci-gli aveva risposto l'altro.
-Che fantastica serata si prospetta!Sentir parlare per l'ennesima volta dei problemi fra Drew e Emmett!-aveva risposto Brian sarcastico.
Dall'altro lato della cornetta era arrivato un breve silenzio che gliaveva fatto capire che non sapeva ancora tutto,che c'era qualcosa che Micheal gli stava nascondendo.
-Mikey?-lo aveva chiamato.
-Sono qui...Vedi veramente Emmett ha detto che vuole parlarci di Vic-
Brian aveva alzato lo sguardo dalle carte che stava firmando e aveva fissato il vuoto per qualche istante,sorpreso.
-Vic?La mia Vic?-
-Lei ed Emmett hanno passato insieme il pomeriggio e lui ha detto che ha qualcosa da dirci,ma non mi ha detto cosa-gli aveva spiegato confusamente Micheal.
La curiosità per quello che poteva aver scoperto Emmett in quel paio d'ore che aveva trascorso con la ragazza avevano portato Brian ad accettare l'invito anche da parte di Justin e Vic.
Ma fu solo a cena conclusa,quando Vic e Hunter furono usciti per andare a prendere qualcosa di dolce,che Emmett si decise a raccontare quello di cui era stato testimone.
-Crede davvero di portarsi a letto Vic con questi mezzucci?-domandò Micheal avvicinandosi al divano,un bicchiere stretto nella mano sinistra.
-Ehi!Stai parlando della mia bambina!-gli ricordò Brian voltandosi di scatto verso l'amico.
Questi si limitò ad annuire e a sedersi accanto a Ben.
-Em sei sicuro che non sia una delle tue solite esagerazioni?-domandò Ben,conoscendo la tendenza al melodramma dell'amico.
-Sono certo di quello che ho sentito-ribattè.
-Come quella volta che avevi sentito la notizia dell'Oscar a Madonna?-gli ricordò Micheal.
L'uomo scosse la testa con decisione per poi portare lo sguardo su Justin,che fino a quel momento era rimasto in assoluto silenzio.
-Stai bene Sunshine?-
Solo quando sentì chiamare il suo nome,Justin sembrò rianimarsi come se si fosse risvegliato da un lungo trance.
Brian osservò il marito e,anche solo con quello sguardo,gli sembrò di poter sentire i pensieri che si agitavano nervosi in quella testolina bionda.
-Hai detto che lui ha fatto qualche accenno alla musica...-disse Justin rivolto all'amico.
Emmett annuì.
-Qualcosa a proposito di un pianoforte-rispose poi ripescando quel ricordo dalla mente.
Il biondo annuì,con la stessa espressione pensierosa di poco prima.
Ora si spiegava l'improvviso amore di sua figlia per la musica classica,ma del resto avrebbe dovuto capirlo prima:non era successa la stessa cosa anche a lui?
Non aveva passato ore ad ascoltare il disco di Ethan,trovandolo ad ogni ascolto sempre più toccante e spiritualmente affino a sè?
Cercò lo sguardo di Brian,come sempre succedeva nei momenti in cui la sua mente si perdeva dietro quei ricordi,e li trovò pronti ad incontrare i suoi occhi.
-Un musicista...-commentò poi a mezza bocca.
-A quanto sembra tu e tua figlia avete parecchio in comune-disse Brian alzandosi e coprendo in pochi passi la distanza dalla poltrona su cui era seduto Justin,sistemandosi sul bracciolo.
-Ma come ha fatto a conoscerlo?-chiese Micheal riportando l'attenzione su Emmett.
L'uomo alzò le spalle.
-Non so rispondere a questo,però lui ha detto che si erano già visti due volte-disse ripassando nella mente ancora una volta quel breve attimo rubato.
-E' davvero incredibile!Io credevo che quel Matt fosse gay-commentò Micheal,cercando di risollevare il morale generale.
-Ormai sembra ovvio che non lo è-rispose Justin,un tono rassegnato nella voce.
Ben si voltò verso Brian,che nel frattempo aveva sistemato un braccio attorno alle spalle del marito e l'aveva avvicinato a sè,la mente di nuovo corrugata per le nuove informazioni.
-Due volte?-chiese poi il moro.
-Lui ha detto così-
Justin alzò lo sguardo sul volto del marito e lo vide pensieroso.
-Devono essersi conosciuti prima che Vic e Gus si incontrassero,non c'è altra spiegazione-gli disse poi.
-A proposito di Gus...-s'intromise ancora Emmett,ricordando l'altra sensazione che aveva avvertito chiaramente in quella cucina.
Il gruppo tornò a voltarsi verso di lui e,godendosi qualche altro istante di assoluta attenzione, Emmett si domandò se faceva bene a mettere in mezzo Brian e Justin:parlare delle sue sensazioni sui due ragazzi avrebbe portato a domande e a lunghi discorsi che forse era meglio evitare.
-Cos'altro c'è?-gli chiese Brian,sospirando leggermente fra le labbra dischiuse.
-Che rapporto c'è fra lui e Vic?-chiese parlando direttamente con Brian e Justin.
-Rapporto?Nessuno!Si sono visti per la prima volta ieri sera dopo dodici anni,che razza di rapporto vuoi che abbiano-gli chiese a sua volta Brian.
Non sopportava quelle domande:se Emmett aveva qualcosa da dire,qualcosa di concreto l'avrebbe ascoltato,ma non si sarebbe rovinato la vita dietro un sospetto,nè avrebbe permesso che lo facesse Justin.
Emmett annuì e si mordicchiò qualche istante il labbro inferiore,perplesso.
Come spiegare quello che aveva avvertito fra i due ragazzi?
Forse un modo c'era.
Portò lo sguardo su Micheal e lo vide spalancare leggermente gli occhi come faceva sempre quando qualcuno stava per rivolgergli la parola.
-Ti ricordi la prima volta che abbiamo incontrato Justin?-domandò Emmett parlando soltanto con Micheal.
Questi si concesse una risatina.
-Come potrei dimenticarlo?-chiese poi a sua volta.
Emmett annuì soddisfatto.
-Dove vuoi arrivare?-gli domandò Justin perplesso.
L'amico fece un gesto come per zittirlo e tornò a concentrarsi su Micheal.
-Ti ricordi l'espressione di Brian?-
Micheal restò pensieroso per pochi secondi prima di lasciarsi andare ad un lungo fischio.
-La cosa è seria-commentò poi.
-ESATTO!-esclamò Emmett felice che l'amico avesse capito perfettamente cosa intendeva.
-Si può sapere di che cazzo state parlando?-fece Brian leggermente stizzito.
Micheal guardò il suo migliore amico e alzò le spalle.
-Gus potrebbe essere attratto da Vic-disse il più semplicemente possibile.
A quelle parole,Justin strabuzzò gli occhi mentre Brian sorrise divertito,il massimo che poteva concedere a quell'assurdità.
-Com'è possibile?Si sono incontrati soltanto una volta!-ribattè Justin.
Emmett sorrise leggermente intenerito:quando si parlava della figlia,Raggio di Sole perdeva ogni senso della realtà.
Micheal rise ancora più forte.
-Quanto tempo è passato fra il vostro primo incontro e la vostra prima scopata?-

 

Durante il viaggio di ritorno a casa,i suoi genitori erano stati silenziosi,completamente immersi nei loro pensieri.
Forse dovevano aver avuto qualche discussione con lo zio Micheal,o almeno quel silenzio era un sintomo facilmente riconducibile alle loro liti.
Aveva dato loro la buonanotte ed era andata in camera sua,infilato i pantaloncini short rossi e il top che indossava sempre come pigiama e poi aveva deciso di fare quella telefonata a sua madre che non era riuscita a fare la sera prima.
La donna,felice di sentirla,ascoltò paziente il suo racconto sulla scuola,sui nuovi amici che si era fatta e sui cambiamenti alla camera da letto che aveva apportato proprio quel pomeriggio.
Dopodichè aveva parlato velocemente con zia Janet,la compagna di sua madre,prima che questa le passasse Georgia.
Le due ragazze avevano tre anni di differenza e nessuno avrebbe dubitato neanche per un'istante che fossero sorelle,visto che entrambe avevano ereditato gli stessi capelli biondi e gli occhi blu del padre.
Impegnata nella sua conversazione con Georgia che,felice della notizia della sua visita durante il Labour Day,stava già fantasticando su cosa avrebbero combinato in giro per Manhattan,Vic uscì dalla sua camera e si diresse al piano di sotto.
Una volta in cucina accese il bollitore e infilò una bustina di tè nella sua tazza preferita.
-Poi voglio portarti da Saks,dove ci sono dei fantastici stivali che ti starebbero benissimo,e da Selfridge...-
-La mamma lo sa che hai intenzione di dilapidare il suo conto in banca?-la interruppe Vic.
-Chi ha parlato del suo conto in banca?Io stavo pensando di usare il mio conto personale-ribattè la sorella.
Vic rise e scosse la testa come se la ragazza si trovasse lì a pochi passi da lei.
-Certo puoi farlo,ma poi saresti costretta a trasferirti qui:la mamma sarebbe capace di seguirti con una mazza fino in Canada se tocchi anche un penny di quei soldi-le disse continuando a sorridere.
Sentì sua sorella sbuffare dall'altra parte della cornetta,direttamente nelmicrofono, chiaramente frustrata.
-Potresti almeno per una volta,lasciarti coinvolgere dalla mia pazzia?-le domandò poi.
Impegnata a versare l'acqua nella tazza,Vic rise e la sua risata risuonò più forte e contagiò la sorella.
Sempre di spalle,si avvicinò al mobile poco distante dal frigo,e prese il miele spremendolo poi senza remore nella tazza.
Solo quando tornò a voltarsi,la tazza stretta nella mano sinistra,sobbalzò spaventata quando si accorse di non essere più sola:un sorriso ironico sulle labbra,e nient'altro indosso oltre un paio di boxer e una t-shirt bianca,Gus era fermo poco distante dall'isola cucina e la osservava.
-Georgia,tesoro,devo riattaccare.
Ci sentiamo fra un paio di giorni,ok?-disse salutando la sorella.
Chiuse la comunicazione e posò il portatile sul marmo della cucina,lo sguardo su Gus.
-Sai che è pericoloso apparire così alle spalle senza nessun'avvertimento?-gli domandò stizzita.
-Non sapevo fossi così delicata Sweetie,comunque non volevo spaventarti-le disse.
Vic atteggiò il volto in un'espressione scettica.
-Infatti non lo hai fatto-replicò.
Aggirò l'isola cucina e si avviò verso la porta:non voleva parlare con lui,a meno che non fosse strettamente necessario.
-A quanto pare hai fatto colpo Sweetie!-la richiamò lui quando ormai era già sulla porta della cucina.
Terribilmente infastidita da quel nomignolo,Vic irrigidì le spalle e la schiena,prima di voltarsi con un'aria battagliera sul volto:voleva giocare?
Voleva rischiare mentre era nel suo territorio?Allora tanto peggio per lui!
-La cosa ti infastidisce Ginger?-gli domandò.
Gus ghignò chiaramente divertito e fece un paio di passi verso di lei.
-No,anzi capisco perfettamente come sei riuscita a far perdere la testa a Matt...
Hai usato la tecnica della famiglia difficile,vero?
No,aspetta,scommetto che gli hai fatto tanti complimenti per la sua musica-
Lei lo fissò,gli occhi leggermente più stretti:in quel momento lo avrebbe volentieri strozzato!
Lo vide fermarsi a pochi centimentri di distanza da lei,con lo stesso sorriso sicuro e fastidioso di poco prima.
-Io ho una famiglia perfetta e felice,forse hai ricevuto delle notizie sbagliate nel corso degli anni.
E a Matt va davvero di conoscermi...-obiettò.
-Oh Sweetie non ho nessuna difficoltà a crederlo-ribattè Gus.
Cogliendo i significati ambigui di quella frase,Vic si infiammò ancora di più,riducendo la bocca ad una fessura.
-Sei geloso per caso?-gli domandò solo per il gusto di infastidirlo.
Gus ghignò,assomigliando terribilmente a Brian e facendole mancare un battito per quel singolo gesto,prima di scuotere la testa.
-Se davvero fossi geloso te ne accorgeresti...-le rispose poi con il tono più sensuale possibile.
Vic restò qualche istante in silenzio prima di annuire.
-Ho fatto una domanda stupida.
In fondo perchè dovresti essere geloso di una perfetta estranea?-gli domandò poi con sguardo arrabbiato.
Gli voltò le spalle e si avviò verso il corridoio,decisa a tornare in camera sua e dimenticare la presenza di Gus in casa sua.

 

Era riuscito a nascondersi in una delle camere appena in tempo.
Sentì sbattere la porta della camera di Vic e solo allora riaprì la porta,uscendo dalla stanza e fermandosi nel mezzo del corridoio.
Si era accorto di aver finito le sigarette e,ricordando di averne lasciato un pacchetto intero nella giacca si era spinto fuori dalla sua camera da letto,ma arrivato vicino alle scale aveva sentito le voci provenire dal piano di sotto.
Aveva ascoltato attentamente il discorso fra i due ragazzi e,nonostante prima avesse provato a ricacciare in un'angolo le parole di Emmett,ora dopo aver sentito le loro parole ed il tono usato,capì che qualcosa di vero c'era.
Stava davvero succedendo qualcosa fra i due...
Non sapeva cos'era o quando era cominciata,ma aveva tutte le intenzioni di scoprirlo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 8
*** You are a stranger to me ***


you are a stranger to me

 

"Strangers in the night
Two lonely people, we were strangers in the night
Up to the moment when we said our first hello little did we know
Love was just a glance away, a warm embracing dance away"

 

Il chiacchiericcio che proveniva dalla cucina le fece capire che vi avrebbe trovato un ospite indesiderato:i suoi genitori non erano mai tanto loquaci di prima mattina,a meno di non esserci costretti.
Infastidita sbuffò:possibile che quel ragazzo dovesse essere in giro per casa ventiquattr'ore su ventiquattro?
Credeva che lo scopo di concedergli l'uso del loft sul garage fosse abituarlo alla vita indipendente...
Stropicciandosi con una mano gli occhi ancora un pò assonnati,percorse l'ultimo tratto di corridoio fino alla porta della cucina e lì si fermò,fissando per qualche secondo la scena che le si parava davanti:una volta tanto,suo padre era seduto al bancone,invece di girare neanche una casaliga frustrata per la cucina e chiacchierava con Gus,che nel frattempo spiluccava le frittelle nel suo piatto,mentre Brian sorseggiava il caffè e dava una letta veloce al giornale.
Era la classica scena di ogni mattina,solo che il suo posto era stato preso da qualcun'altro...
Sistemandosi dietro l'orecchio destro alcuni boccoli arruffati,entrò nella cucina attirando così su di sè lo sguardo di suo padre.
-Buongiorno tesoro-la salutò con il suo solito sorriso.
Lei si limitò a rispondere con un cenno della testa prima di iniziare il giro dei saluti:si avvicinò a Brian e gli diede un bacio sulla guancia destra,leggermente pungente per via della barba, e poi si diresse verso suo padre,che le schioccò un bacio su entrambe le guance,neanche fosse ancora una bambina di cinque anni.
Ricordando la lite della sera precendente,lanciò uno sguardo verso Gus ricevendo dal ragazzo lo stesso cenno che aveva rivolto a suo padre pochi istanti prima.
-Ho fatto le frittelle,ne vuoi un pò?-le domandò suo padre.
Vic scosse la testa prima di voltargli le spalle e avvicinarsi al frigorifero per prendere il bricco del succo d'arancia.
-Non sai cosa ti perdi,sono fantastiche!-commentò Gus prima di infilzarne un altro pezzo con la forchetta.
Voltata di spalle,Vic riuscì a nascondere il sorriso ironico che le era nato sulle labbra: quel Gus davvero un ragazzo d'oro!
Le lesbiche avevano fatto davvero un ottimo lavoro con lui...Oddio si stava trasformando velocemente in Brian!
Versò il succo in un bicchiere e lasciò il bricco sul mobile della cucina accanto a sè,tornando a voltarsi verso i tre uomini.
-Oggi sei davvero di poche parole Little Sunshine...-commentò Brian da dietro il suo giornale.
Le labbra a pochissima distanza dal vetro del bicchiere,Vic alzò le spalle:capitava a tutti di avere una giornata storta,no?
-Chissà da chi ho preso,eh papo?-gli domandò di rimando prima di bere un altro sorso dal proprio bicchiere.
Il suono che arrivò da dietro il giornale le fece capire che suo padre stava sorridendo e questo la portò ad imitarlo.
Sentendosi osservata si voltò verso Gus e restò qualche secondo in silenzio, ricambiando semplicemente il suo sguardo,prima di atteggiare il viso ad un'aria cordiale e dischiudere le labbra.
-Com'è stata la tua prima notte qui Gus?-gli domandò giusto per non dare l'impressione di essere cresciuta con i lupi.
Il ragazzo alzò le spalle,le dita della mano sinistra che giocherellavano con la forchetta.
-Solitaria...-commentò,facendo ridere gli altri due uomini.
Vic ghignò e annuì lentamente:credeva di metterla in imbarazzo,di scioccarla con quella frase?
Dopo aver vissuto quindici anni con i suoi forse non c'era più niente che potesse farlo!
-Hai provato con una bambola gonfiabile?Dicono che facciano miracoli-
Questa volta soltanto Brian si lasciò scappare una risatina accennata,subito bloccata,mentre suo padre la fissava con un'espressione sorpresa in volto:chiaramente non si aspettava che la sua "bambina" rispondesse a quel modo.
Evitando accuratamente di incontrare lo sguardo dei tre uomini,Vic finì di bere il resto del suo bicchiere e lo posò nel lavello,prima di tornare a voltarsi e muovere un passo verso la porta.
-Vado a farmi la doccia prima che voi due consumiate tutta l'acqua calda...-disse poi rivolta ai suoi genitori.
-Vic aspetta...-la richiamò suo padre.
La ragazza si fermò e voltò la testa verso di lui,una mano ferma sul fianco sinistro in un gesto che la faceva assomigliare terribilmente all'uomo.
-Ecco,io e tuo padre avevamo pensato che sarebbe stata una buona idea andare a pranzo tutti e quattro insieme-iniziò senza allontanare lo sguardo dalla figlia.
-Io ci sto!-s'intromise subito Gus.
-Tu sei come me quando si tratta di scroccare un pranzo,vero?-chiese Brian,il giornale finalmente posato da una parte in modo da poter essere partecipe alla conversazione.
-Puoi dirlo forte-scherzò il ragazzo con un leggero sorriso sulle labbra.
Brian scosse la testa e portò a sua volta l'attenzione su Vic,l'unica che fino a quel momento era rimasta in silenzio.
La ragazza mosse lo sguardo da uno all'altro dei suoi padri e poi scosse la testa:sapeva che il solo motivo che spingeva i due uomini era favorire l'interazione dei due ragazzi,permettere che si conoscessero meglio dopo tutti questi anni di lontananza,ma lei non aveva nessuna voglia di conoscere Gus.
Lui era un'estraneo...
-Mi dispiace ma ho appuntamento con Rhyes per aiutarlo con i compiti di trigonometria.
Credevo di avervelo detto che sarei rimasta a pranzo fuori-aggiunse poi poco certa di averlo fatto davvero.
Justin restò qualche istante immobile prima di annuire.
-Sì,lo hai fatto-confermò.
-Non puoi chiamarlo e disdire l'appuntamento?-le domandò Brian.
Vic scosse la testa,determinata a non cedere.
-Mi piacerebbe,ma Rhyes ha il compito di trigo lunedì,non posso lasciarlo a piedi-commentò.
Justin la fissò per qualche secondo prima di annuire.
Vic sapeva che suo padre aveva tante altre cose da dirle,che avrebbe voluto tentare ancora di farle cambiare idea,ma che aveva preferito lasciar correre per non peggiorare le cose,come faceva sempre il più delle volte.
Accennò un sorriso verso di lui,cercando in quel modo di farsi perdonare la sua assenza al pranzo.
-Ok,vado a farmi la doccia ora...-
Dopodichè si voltò e uscì dalla cucina.

 

I momenti di silenzio di Justin avevano mille significati per Brian.
Era talmente abituato a sentire la sua voce sempre e in ogni situazione che nell'esatto momento in cui quel familiare chiacchiericcio cessava gli sembrava di perdere una parte importante del biondino.
Da quei silenzi riusciva a capire se l'uomo era preoccupato,triste o incazzato.
Lo conosceva così bene da sapere anche quando quel silenzio poteva essere interrotto o doveva continuare perchè Justin potesse liberarsi da tutti i pensieri e le preoccupazioni da solo,arrivare ad una qualche pace interiore prima di parlare con lui di quello che lo angustiava.
Ma questa volta non c'era neanche bisogno che lui gliene parlasse:era chiaramente scritto sul suo volto.
Dopo che Vic era uscita dalla cucina e Justin era tornato a sedersi al tavolo,affondando nei propri pensieri,Gus aveva finito la propria colazione in fretta prima di tornare al proprio loft, forse sentendosi di troppo o a disagio per quel silenzio improvviso.
Lui era tornato a nascondersi dietro il giornale,senza leggere neanche una riga della pagina che aveva davanti,riuscendo a sbirciare con la coda dell'occhio il marito seduto di fronte a sè, che aveva preso a giocherellare con la propria tazza di caffè,sfiorando con la punta del dito indice della mano destra la superficie della tazza in senso orario e poi nel senso inverso.
-Forse Micheal aveva ragione ieri sera...-si decise a parlare interrompendo il lungo silenzio.
Mettendo da parte,per l'ennesima volta,il giornale Brian incontrò lo sguardo dell'uomo e lo fissò per qualche istante in silenzio,certo che ci fosse ancora dell'altro.
-Voglio dire...Vic adora uscire il sabato a pranzo con noi,che motivo avrebbe per rinunciarci?-gli domandò aggrappandosi a quell'appiglio esiguo.
-Aiutare un amico?-disse infatti Brian ricordandogli le parole che la ragazza aveva detto poco prima.
Justin scosse la testa.
-Non ne sono convinto-mormorò ancora.
Incapace di trattenersi,Brian sorrise portando Justin ad aggrottare la fronte.
-Che ci trovi di tanto divertente?-gli chiese infatti il biondo.
Questa volta fu il moro a scuotere la testa.
-E' solo che certe volte sei davvero buffo...
Quand'è stata l'ultima volta che fra un'uscita con me ed i ragazzi ed una con tua madre hai scelto quella con tua madre?-gli domandò cercando di farlo ragionare.
Justin dischiuse leggermente le labbra,ritornando per qualche secondo il ragazzino che era stato un tempo.
-Questo che c'entra!!Io avevo diciassette anni ed ero un ragazzo,e poi noi non siamo come mia madre-aggiunse in tono battagliero.
Brian annuì,quasi stesse convenendo con lui,ma Justin lo conosceva troppo bene e da troppo tempo per non sapere che non era così.
-Noi siamo i suoi genitori Justin,le ultime persone al mondo con cui un'adolescente si farebbe vedere in giro-cercò di farlo ragionare.
-E come spieghi la discussione che hanno avuto ieri sera Vic e Gus?Ed il fatto che non si sono quasi parlati questa mattina?-domandò ancora Justin cercando una spiegazione che forse neanche esisteva.
Brian restò in silenzio,dandosi del coglione per aver parlato al marito di quello che aveva sentito la sera prima,ma come al solito Justin aveva capito subito che c'era qualcosa di diverso non appena aveva messo piede in camera da letto.
Così alla fine aveva parlato,raccontandogli quello che aveva sentito e confessandogli che iniziava a credere che ci fosse una parvenza di verità nelle farneticazioni di Emmett.
-E' sabato,chi ha tanta voglia di parlare di sabato mattina?-disse cercando di dribblare la domanda.
Capì subito che avrebbe comunque dovuto rispondere dallo sguardo infastidito che l'altro gli lanciò prima di alzarsi in piedi,la tazza nella mano sinistra,ed avvicinarsi al lavello.
Brian sospirò e si alzò a sua volta,avvicinandosi al biondo finchè non gli arrivò alle spalle, allacciandogli le braccia attorno alla vita.
-Vuoi sempre salvare il mondo eh Sunshine?-gli domandò avvicinando le labbra all'orecchio sinistro.
Justin sbuffò e restò in silenzio,senza fare il minimo cenno di avvicinarsi o allontanarsi da lui,
cosa che Brian interpretò in positivo:forse al momento potevano avere idee diverse,ma Justin era sempre disposto ad ascoltare la sua opinione.
Come farebbe qualsiasi mogliettina...
-Quante volte tua madre ti ha detto di lasciarmi perdere?-gli domandò deciso ad usare il ragionamento.
Un lieve sorriso incurvò le labbra piene di Justin,prima che questo alzasse leggermente la testa verso di lui,senza però sciogliersi dal suo abbraccio.
-Innumerevoli-
-E tu non le hai mai dato ascolto,se lo avessi fatto ci saremmo risparmiati tanti problemi...-aggiunse poi giusto per vedere la sua reazione che ovviamente non si fece attendere e che portò Justin ad allontanarsi,lottando contro la stretta che gli bloccava i fianchi.
Con poco sforzo,Brian lo riportò di nuovo contro di sè,questa volta facendogli compiere una giravolta in modo che i loro sguardi potessero incontrarsi:quando incontrò quegli occhi blu che gli lanciavano saette,Brian sentì un brivido attraversargli la schiena fermandosi nel basso ventre.
Possibile che ogni volta,nonostante fossero passati anni dalla prima volta che aveva incontrato quegli occhi,provava le stesse emozioni?
-Sei veramente uno stronzo!-sbottò Justin.
Il moro alzò le spalle.
-Niente che non sapessimo già-commentò-Ma tu stai perdendo di vista il problema principale-
-Stai parlando di Vic e Gus?-
Brian annuì,portando Justin ad aggrottare la fronte,chiaramente confuso.
-Ok,credo di essermi perso-confessò.
Il moro sospirò in modo enfatico e fissò lo sguardo in quello del marito,certo che così il suo messaggio sarebbe recepito meglio.
-Abbiamo due strade:una è lasciare che le cose facciano il loro corso,seguendo la situazione da vicino,molto vicino,in modo da essere pronti ad intervenire quando le cose saranno sul punto di peggiorare...-iniziò.
-E l'altra?-chiese Justin chiaramente propenso verso l'incognita.
Brian restò in silenzio fissando il marito.
-Oppure possiamo intrometterci,possiamo impedire che Vic e Gus si incontrino,che abbiano anche un semplice rapporto di conoscenza...Ma sappiamo entrambi che non risolveremo niente e che forse peggioreremo le cose così-gli fece notare.
Il biondo abbassò lo sguardo,sospirando frustrato.
Non c'era un modo facile per mettere fine a tutto quello,non c'era una persona meno importante o a cui voleva meno bene in quella faccenda:Gus era un pezzo del suo cuore,era il figlio di suo marito,e Vic...Vic era tutta la sua vita.
Forse anche più di Brian.
Senza bisogno di parole,Brian capì qual'era la scelta di Justin e,per aiutarlo ad allontanare la paura che si era impossessata di lui,lo attirò contro di sè e gli strinse le braccia attorno alle spalle,permettendogli di nascondere il volto nell'incavo fra la spalla ed il collo.
Cercando di mandar via,a sua volta,quella stessa paura...


-Com'è il figlio di Rage in mutande?-
Sorridendo leggermente divertita per quella domanda,Vic scosse la testa.
Era stato un'errore raccontare a Rhyes dell'incontro che aveva fatto quella mattina nella sua cucina:da quando gli aveva parlato di Gus,il ragazzo non aveva fatto altro che chiederle maggiori dettagli su di lui.
Le aveva fatto ripetere per ben due volte quei pochi minuti che avevano trascorso nella stessa stanza neanche si fosse trovata al cospetto di George Clooney o Johnny Depp.
Avevano studiato tutta la mattina in camera di Rhyes,dove il ragazzo le aveva fatto vedere il primo numero di "Rage",ormai introvabile,anche se lei lo conosceva bene e dopo pranzo avevano deciso di alzare bandiera bianca alla trigonometria ed uscire.
Dopo una visita veloce ad alcuni negozi dove andavano abitualmente,la tappa successiva quasi obbligatoria era stato il negozio di fumetti dello zio Micheal.
-La vuoi smettere?E' esattamente identico a te!-ribattè lei sistemandosi i boccoli biondi dietro le spalle.
-Non credo!Io non farei certamente la sua figura in boxer...-rispose lui scuotendo la testa.
Vic sogghignò.
-Ma se neanche lo hai visto,come fai a dirlo con tanta sicurezza?-gli domandò continuando a sogghignare.
Rhyes sospirò e scosse la testa,un'espressione sul volto che mostrava tutta la pazienza che aveva ad intrattenere quel discorso con lei.
-Vic,tesoro,cercherò di renderti questo concetto il più semplice possibile:io non sono il figlio di Rage.
Quindi,non sarò mai bello quanto lui-concluse.
Arrivata davanti alla porta del negozio,Vic aprì la porta facendo tintinnare la piccola campanella posta sopra l'ingresso.
-Io non mi butterei così giù se fossi in te...Forse sei anche meglio del figlio di Rage e non lo sai-continuò giusto per stuzzicarlo.
Rhyes aprì leggermente la bocca,scandalizzato.
-Non farti più sentire da me quando dici queste eresie,chiaro?-
Vic sospirò cercando di trattenere le risate,abbassando lo sguardo sul primo espositore di fumetti che le capitò davanti.
-Ecco guarda!-le disse Rhyes prendendo un numero di "Rage" e mostrandoglielo-Credi davvero che potrei essere meglio del figlio di Rage?-le chiese ancora.
-Chi è il figlio di Rage?-s'intromise una terza voce.
Vic e Rhyes si voltarono verso il magazzino dal quale era uscito,con un sorriso accennato sul volto come sempre,lo zio Micheal.
La ragazza scosse la testa e,lasciando perdere i fumetti,andò verso l'uomo per salutarlo.
-Niente,è solo lo sclero quotidiano di Rhyes-gli disse cercando di tagliar corto.
-Perchè non lo chiediamo a lui?Certamente lo conosce e può essere più imparziale di te!-ribattè il ragazzo poco propenso a lasciar perdere.
Lei cercò ancora una volta di far cadere l'argomento scuotendo la testa,mentre si chiedeva perchè lo zio Micheal dovesse essere più imparziale di lei,ma ormai quelle parole avevano stuzzicato la curiosità dello zio Micheal,che continuava a muovere lo sguardo da lei a Rhyes,chiaramente in attesa di una spiegazione.
-Vic continua a dire che in quanto a bellezza io ed il figlio di Rage ce la giochiamo alla pari, mentre io sono certo che vincerebbe lui senza neanche tanti complimenti-gli spiegò il ragazzo.
Micheal guardò la ragazza accanto a lui,la fronte ancora corrugata per la confusione.
-Sta parlando di Gus!-lo aiutò lei.
Certe volte aveva la sensazione che lo zio Micheal fosse un pò tonto...La zia Emmett avrebbe capito subito a chi si stesse riferendo Rhyes.
Dal volto dell'uomo sparì l'espressione confusa per essere sostituita da una più seria e matura, come se si stesse impegnando per ricoprire il ruolo "istituzionale" della situazione.
-Oh ecco...-farfugliò improvvisamente a disagio,allontanandosi da Vic e tornando dietro il bancone.
Vic lo fissò per qualche secondo,sorpresa da quella reazione che non riusciva a spiegarsi.
-E' quasi un'ora che cerco di fargli capire che lui non ha niente di meno di Gus,e che sotto certi aspetti è anche meglio...-fece poi cercando di riempire quel silenzio stranamente imbarazzante.
-La vuoi smettere di bestemmiare?-la rimbrottò di nuovo Rhyes.
La bionda sbuffò e scosse la testa.
-Rhyes soltanto perchè Gus è il figlio di Rage non vuol dire che sia perfetto come lui...Non siamo mica nel tuo fumetto-gli fece notare.
Sentendo su di sè lo sguardo dello zio,voltò leggermente la testa nella sua direzione incontrando i suoi occhi,poco prima che l'uomo le rivolgesse un sorriso accennato.
-Rage non è perfetto...E credimi nessuno può saperlo meglio di me,in fondo sono io il suo creatore-commentò Micheal.
Vic sorrise e alzò le spalle.
-Per me lo è-
-Anche per me-si accodò Rhyes.
Vic rise e,tornando a guardare l'amico,gli si avvicinò finchè non potè dargli una piccola spinta che fece ridere entrambi.
-Sei davvero un'idiota!-lo beccò.
I due ragazzi risero e le loro risate attuttirono per qualche secondo il suono della campanella che annunciò l'entrata di un nuovo acquirente.
Micheal portò lo sguardo sulla porta e sorrise vedendo uno dei tanti fan degli "X-Men",che dopo aver richiuso la porta fece un paio di passi nel negozio.
-Ehi Matt!Era da un pò che non ti si vedeva...-lo salutò Micheal.
Colpita da quel nome,Vic si voltò,trovandosi faccia a faccia con il "suo" Matt che la fissò con lo stesso sguardo sorpreso che doveva essersi dipinto sul suo viso.
-Ciao...-lo salutò poggiando la schiena contro uno degli espositori.
L'espressione sorpresa scomparve dal volto di Matt,sostituita da un sorriso che mise in risalto i denti bianchi.
-Ciao Victoria-la salutò chiamandola con il suo nome completo,come aveva sempre fatto.
Fu quel nome a far scattare la molla nella mente di Micheal e a riportargli alla mente il ricordo della sera precedente con tutti i discorsi di Emmett:come accidenti aveva fatto a dimenticarlo?
-Non ti aspettavo-disse con voce seria e più distaccata di poco prima,rivolto al ragazzo che non aveva ancora allontanato lo sguardo da quello di Vic.
Matt,riscuotendosi da una sorta di ipnosi,lo guardò e scosse la testa.
-So di essere venuto prima del solito,ma ho pensato che così facendo magari avrei avuto fortuna...E poi non mi andava di aspettare altre due settimane prima di sapere che cosa succedeva-gli confessò sincero.
Suo malgrado,Micheal sorrise comprendendo quella sensazione perfettamente.
Si avvicinò al computer controllando se l'ordine di Matt fosse arrivato,registrando con la coda dell'occhio che il ragazzo aveva ripreso a guardare Vic.
Era una sua impressione oppure la distanza fra loro era diminuita?
-Non ti facevo tipo da fumetto...-sentì dire da Vic.
Alzando leggermente gli occhi dal computer,vide Matt annuire,passandosi poi una mano sul retro del collo.
-E' una passione che ho preso da mio padre:quando ero bambino mi passava tutti i suoi fumetti dopo averli letti.
Ancora adesso è una cosa che ci accomuna-le confessò.
Vic accennò un sorriso.
-Ma ad essere sincero,potrei dire lo stesso di te...Non immaginavo fossi una fan di Batman e Catwoman-
-Infatti non lo sono,fatta eccezione per "Rage" ovviamente,ma uno dei miei amici è un grande appassionato di fumetti e sfrutta le mie conoscenze per ottenere sconti mostruosi-disse ironica.
Matt sorrise e abbassò leggermente la testa,lanciando uno sguardo verso Rhyes in un'angolo lontano del negozio che faceva finta di non conoscerla.
-E' lui per caso?-le domandò sottovoce.
Vic si limitò ad annuire.
Sapendo benissimo che,in caso contrario,gliel'avrebbe fatta pagare cara,Vic si mosse per raggiungerlo,seguita da Matt,e gli si fermò a pochi passi di distanza.
-Rhyes lui è Matt;Matt lui è Rhyes-disse facendo le presentazioni.
Chiamato in causa,il ragazzo alzò la testa dal fumetto che fingeva di leggere e sorrise spudoratamente malizioso a Matt prima di stringergli la mano.
-Piacere,Vic mi ha parlato molto di te...-disse,lo sguardo affondato nei suoi occhi.
Sentendo il viso avampare per la vergogna,la ragazza immaginò tutte le possibili torture a cui avrebbe sottoposto l'amico alla prima occasione.
-Spero sia stata clemente-si limitò a rispondere l'altro continuando a sorridergli educato.
-Forse non avresti vinto il Premio Nobel per la Pace,ma saresti rimasto soddisfatto lo stesso-
Ma che diavolo si stava inventando quell'idiota?E proprio davanti a suo zio,che avrebbe riferito tutto a suo padre non appena usciti dal negozio.
-Matt mi dispiace,ma il tuo ordine non arriverà prima della prossima settimana-s'intromise Micheal portando Matt a voltarsi verso il bancone.
Questi alzò le spalle in un gesto rassegnato.
-Non importa,tanto ci sono abituato...-
Lo sguardo a sua volta verso il bancone e lo zio Micheal,Vic non si accorse del gesto di Matt finchè non sentì la mano sinistra del ragazzo stringere la sua più vicina,con un gesto casuale e rilassato:sentì scivolare le sue dita fra quelle affusolate di Matt e il suo palmo sfiorare quello caldo di lui.
Era una sensazione piacevole...
-Cavolo!Quanto è tardi!-commentò Rhyes in maniera troppo enfatica per poter avere anche una minima parvenza di credibilità.
Vic lo guardò e per qualche secondo ebbe la certezza che l'amico si stesse guardando il polso destro nudo come se lì ci fosse un'orologio.
-Vuoi che andiamo?-gli domandò.
Rhyes scosse la testa.
-Non preoccuparti,posso tornare anche da solo...Inoltre farmi vedere in giro con te da queste parti non fa bene alla mia popolarità-scherzò prima di avvicinarsi a lei e darle un bacio per ogni guancia.
-Sei morto!-sussurrò lei in modo che soltanto Rhyes potesse sentirla.
In risposta il sorriso del ragazzo divenne ancora più brillante e soddisfatto prima di salutare Matt e Micheal ed avviarsi alla porta del negozio.
-Vuoi che ti accompagni a casa Little Sunshine?-le domandò Micheal,che aveva capito chiaramente tutto quello che era successo nel suo negozio.
E a cui non era affatto sfuggito il fatto che i due ragazzi a pochi metri da lui si stessero tenendo per mano.
Vic,come si aspettava,scosse la testa avvicinandosi poi verso di lui.
-Non serve zio Micheal.
Sono abbastanza grande per tornare a casa da sola senza dare confidenza agli sconosciuti-scherzò prima di salutarlo con un bacio sulle guance.
Micheal annuì,chiaramente insoddisfatto.
-Vado anche io Micheal.
Ci vediamo la settimana prossima-disse Matt per congedarsi.
Non mi dire,pensò l'uomo limitandosi ad annuire.
Una davanti all'altro i due ragazzi uscirono dal negozio e dopo essersi salutati sulla porta, ben in vista delle vetrine,andarono ognuno per la propria strada.

 

-Raccontami qualcosa di te-
Si erano incontrati alla fine dell'isolato,ad una trentina di metri dal negozio di fumetti e, ovviamente,Matt si era offerto di accompagnarla a casa.
Durante il tragitto avevano parlato della loro settimana,di cosa era successo a scuola, contrapponendo i loro mondi così diversi e distanti e trovando alcune cose in comune in quei due mondi.
Lui le aveva parlato delle lunghe ore di allenamento al pianoforte e di come,per scaricare la tensione,si dilettasse a giocare a pallacanestro,senza però essere un gran campione.
-Io e Gus scommettiamo sempre sul risultato della partita e alla fine io sono l'unico che perde soldi...-le aveva raccontato facendola ridere.
Vic invece gli aveva parlato di come passasse ore immersa nei libri e nel silenzio della casa, accompagnata alle volte soltanto dalla musica che veniva dallo stereo,godendosi quei momenti di relax prima dell'arrivo dei suoi genitori e di eventuali amici.
-Non credo di aver mai conosciuto nessuno più confusionario di quei due!Sono peggio di un uragano o di un tifone!-aveva commentato lei con un sorriso ironico sulle labbra che,sulla fiducia,aveva contagiato anche lui.
Quando erano arrivati a casa Vic lo aveva invitato ad entrare,per ringraziarlo della gentilezza, e gli aveva offerto una tazza di caffè e una fetta di torta che aveva portato Gus la sera prima e che doveva essere un regalo di Lindz per i suoi genitori.
Erano seduti in salotto,sul divano,i piattini con la torta sul piccolo tavolo Mis Van Der Hor e le tazze fra le mani quando lui le aveva fatto quella domanda.
Istintivamente,come succedeva ogni volta che le facevano quella domanda o altre simili,lei si chiudeva a riccio,sfogando il suo imbarazzo sui propri capelli,iniziando ad arrotolarne alcune ciocche attorno ad un dito.
-Non sei obbligata a rispondere-aggiunse subito lui con voce serena,cercando di tranquillizzarla.
Vic evitò il suo sguardo e si disse che era stupido avere paura del ragazzo che era seduto accanto a lei:lui già sapeva una parte della sua storia eppure era ancora lì,seduto nel suo salotto a bere caffè e a mangiare torta.
Alzò leggermente la testa in modo che i loro sguardi si incontrassero di nuovo e smise di giocare con i capelli.
-Che vuoi sapere?-gli chiese,cercando di frenare le sue paure.
Matt alzò le spalle.
-Gus mi ha detto che tuo padre e il suo sono sposati...-iniziò.
Vic sorrise e annuì.
-Ti ha detto anche che è stato mio padre a dargli quel nome?-gli domandò curiosa.
Matt scosse la testa,chiaramente più incuriosito.
-I miei genitori si sono incontrati la sera della nascita di Gus e,per una serie di circostanze,il padre di Gus è stato costretto a trascinarsi il mio in ospedale con lui e al momento di decidere il nome,Mel Lindz e Brian non sapevano decidersi,così lui ha chiesto consiglio a mio padre che ha scelto Gus-riassunse.
Matt rise scuotendo la testa incredulo.
-Assurdo!Anche la tua nascita è stata così movimentata?-domandò poi.
Vic scosse la testa.
-No,forse questa è l'unica cosa noiosa di me.
La fortuna tutta agli altri...-scherzò poi facendolo sorridere.
-Quindi siete una specie di fratello e sorella come lui e JR?-le chiese ancora.
La ragazza scosse la testa con forza,quasi scandalizzata.
-Assolutamente no!Noi abbiamo due padri e due madri diversi,non ci saremmo neanche mai incontrati se non fosse per questo strano scherzo del destino-gli disse prima di bere un sorso dalla propria tazza.
Matt la imitò e per qualche istante il silenzio scese nella stanza.
-Però ho anche io una sorella-gli disse tornando a poggiare la tazza sulle proprie ginocchia.
Lui la guardò sorpreso e Vic annuì,a conferma delle sue parole,prima di alzarsi e prendere una foto in cui era ritratta insieme a sua sorella per poi tornare verso il divano e tendere la cornice verso il ragazzo.
Matt osservò la foto qualche istante prima di rialzare lo sguardo su di lei,un sorriso accennato sulle sue labbra.
-Siete molto simili-le disse tendendole di nuovo la cornice.
-Stessi genitori;si chiama Georgia,ha due anni meno di me e vive a New York con mia madre e la sua compagna.
Certo non ci vediamo spesso come Gus e sua sorella,però cerchiamo di tenerci in contatto il più possibile-
Matt annuì.
-So che vuoi dire:anche a me succede lo stesso con Sally,la figlia che mio padre ha avuto dalla sua seconda moglie.
Per via dello studio riesco a vederla soltanto durante le vacanze ma ogni volta cerco di recuperare tutto il tempo perso.
Da quanto tempo non vedi tua sorella?-le chiese senza allontanare lo sguardo dal suo.
Vic alzò gli occhi concentrata,ritornando indietro con la memoria all'ultima volta che Georgia era venuta a Pittsburgh:avevano appena deciso di trasferirsi in Canada.
-Un paio di mesi,ma per la festa del Labour Day andrò a New York,così starò con lei e mia madre-
Un'espressione sorpresa apparve sul volto di Matt,portandola ad incarcare un sopracciglio.
-Cosa?-
Questi scosse la testa.
-Niente,è solo che...Ah lascia perdere-disse accompagnando le parole con un gesto della mano.
Vic avvicinò il viso al suo e cercò di ricontrare il suo sguardo,ancora più curiosa.
-Avanti,non puoi lasciarmi così con le mezze parole!-ribattè.
Matt si lasciò scappare un sospiro dalle labbra dischiuse e rialzò gli occhi nei suoi.
-Mi mancherai-
Interdetta per quelle parole,Vic lo fissò imbambolata,incapace di spiccicare parola prima di riabbassare lo sguardo e alzarsi in piedi.
Non sapeva cosa dire o fare:era la prima volta che si trovava ad affrontare una situazione del genere.
A parte i suoi genitori e le persone che da sempre facevano parte della sua vita,nessun' estraneo le aveva mai detto "mi mancherai" e ora non sapeva come reagire.
Si avvicinò alla parete su cui spiccava una grande finestra e gli voltò le spalle,sentendolo alzarsi dal divano e avvicinarsi a lei.
Pochi istanti e le mani di Matt si posarono sulle sue spalle.
-Sai qual'è il mio più grande difetto?-le chiese.
Lei restò in silenzio,certa che l'altro non avesse bisogno di sollecitazioni per andare avanti.
-E' che alle volte parlo a sproposito,senza capire quando dovrei tenere la bocca chiusa-
Vic scosse la testa,tornando a voltarsi verso di lui.
-No,non è questo...E' solo che...-disse cercando il modo adatto per spiegargli quello che l'aveva sconvolta.
Con due dita Matt le fece alzare il mento ed incontrare il suo sguardo.
-Ti va di ballare?-le domandò,riuscendo a sorprenderla ancora una volta.
Spalancando leggermente gli occhi a quella proposta che non riusciva a spiegarsi,Vic annuì.
Si allontanò,avvicinandosi allo stereo e facendo partire il cd che era all'interno,quasi sicuramente un mix.
Quando partirono le note di "Halo",fu incerta se cambiare canzone,ma vide che Matt stava già venendo verso di lei,per nulla intimorito dalla canzone.
Una volta fermo davanti a lei,le allacciò la vita con un braccio e le strinse una mano nella sua iniziando a guidarla sulla musica.
-Voglio che tu sappia che questo è un cd dei miei genitori quindi non ho la minima idea di quali canzoni ci siano-gli disse mettendo le mani avanti.
Matt sorrise e alzò le spalle.
-Non importa-la rassicurò.
Sentendosi più leggera,Vic posò il mento sulla sua spalla destra e chiuse gli occhi,lasciandosi guidare da Matt e dalla musica.
-Hai dei genitori veramente romantici-le disse lui,muovendo la mano sulla sua schiena.
Vic sorrise e mosse la testa sulla sua spalla per incontrare il suo sguardo,trovando gli occhi grigi di Matt pronti ad incontrare i suoi.
-Hanno i loro momenti...-si limitò a commentare.
La canzone finì e per qualche istante i due ragazzi restarono immobili aspettando di sentire la prossima canzone.
Annunciato da uno squillo di tromba partì "Hips don't lie"che fece sorridere Vic:questa era stata certamente scelta da Brian.
Ma doveva ammettere che era una delle sue canzoni preferite e riusciva sempre ad allontanare i pensieri negativi,quindi sciogliendosi dalla stretta di Matt e allontanandosi di un passo da lui,Vic iniziò a ballare sul ritmo della musica.
Come aveva visto fare più volte a Shakira mosse i fianchi al ritmo delle congas,sentendo dietro di sè la presenza di Matt che le strinse le braccia attorno alla vita e le fece appoggiare la schiena contro il proprio torace,i capelli biondi che risaltavano contro il nero della sua camicia.
Sentiva il suo profumo e il suo respiro poco distante dall'orecchio e solo in quel momento si accorse del ritmo accellerato del suo cuore:era colpa del ballo o della presenza di Matt?
Una mano attorno al gomito sinistro,Matt la fece girare,allontanandola da sè quel poco che bastava per farle fare un'altra giravolta e poi richiamarla a sè,le braccia attorno alla sua vita.
Con un sorriso divertito e,allo stesso tempo,lusingato Vic strinse le braccia sulle spalle di Matt permettendogli di farle fare un piccolo casquè mentre la musica scemava.
Leggermente imbarazzata per quella chiusura inconsueta,Vic rise,gli occhi ancora legati a quelli di Matt che,dopo averla riportata in posizione eretta,non accennava comunque a lasciarla andare.
La nuova canzone "Forever" era già partita,ma sembrava che i due ragazzi non se ne fossero accorti,troppo occupati a guardarsi negli occhi,le mani di Vic ferme sugli avambracci solidi di Matt.
Con la mente ancora a quelle poche parole che l'avevano tanto colpita,Vic si disse che avrebbe potuto restare lì a mezz'aria per ore,giorni,senza bisogno di nient'altro.
Matt sospirò dalle labbra dischiuse e mosse il viso verso di lei,e Vic ebbe paura di un'infarto sentendo aumentare maggiormente i propri battiti:stava per baciarla!
Stava per avere il suo primo bacio!
Deglutì nervosa e restò immobile,per fargli capire che era quello che voleva,lo sguardo che balenava dalle labbra agli occhi del ragazzo,il viso di Matt sempre più vicino al suo,quando improvvisamente la musica si interruppe.
Sorpresa da quel cambiamento,Vic spostò leggermente il volto verso lo stereo sentendosi gelare l'attimo dopo.
Immobili accanto allo stereo,chiaramente furiosi per quello che avevano appena visto, c'erano i suoi genitori.
Matt,imbarazzato quanto e forse più di lei,sciolse il loro abbraccio,fermandosi così a pochi passi da lei.
-A quanto pare siamo arrivati nel momento sbagliato...-commentò Brian con voce tagliente.
Aveva bisogno di qualcosa da dire,di una risposta pronta e arguta che facesse capire ai due uomini che non stava succedendo niente di male...Ma in quel momento la sua mandibola sembrava bloccata,sigillata con del collante che avrebbe impedito anche ad un cavallo di parlare!
-Già di ritorno?-sentì chiedere alla sua voce,dandosi dell'idiota l'istante dopo.
Voleva per caso farsi uccidere dai suoi genitori?Era questo il suo scopo?
No,perchè ci stava riuscendo benissimo!
Un ghigno sarcastico che avrebbe spaventato qualsiasi estraneo apparve sul volto di Brian, mentre il volto di suo padre era congelato in un espressione arrabbiata.
-Abbiamo interrotto qualcosa per caso?-domandò ancora Brian.
-Se vuoi possiamo uscire di nuovo e tornare più tardi...-aggiunse suo padre con una voce bassa che conteneva tutta la sua rabbia.
Vic si affrettò a scuotere la testa,imitata da Matt.
-No,io stavo per andare-disse il ragazzo,cercando di non complicare la situazione.
-Non sembrava-commentò ancora suo padre.
Nonostante sapesse di essere nei guai,Vic lanciò un'occhiataccia a suo padre per la risposta che aveva appena dato a Matt:quella situazione non era facile per nessuno di loro,allora perchè renderla ancora più sgradevole?
E poi che motivo avevano per essere tanto arrabbiati?Non li avevano mica scoperti a letto insieme!
-Comunque visto che siamo qui papà lui è Matt;Matt loro sono i miei padri-disse cercando di instaurare almeno un atmosfera cordiale fra i tre uomini.
-Il musicista-aggiunse sprezzante Brian.
Matt aggrottò leggermente la fronte e si voltò verso Vic che si limitò a scuotere la testa:era una storia per cui neanche lei aveva una risposta.
-Sì è lui-rispose fissando il volto del suo secondo padre,quasi sfidandolo a qualche nuovo commento.
Questi le restituì lo sguardo per qualche istante prima che il suo ghigno diventasse più cattivo.
-Io devo davvero andare...-s'intromise di nuovo Matt in quel triangolo di sguardi.
Vic si voltò verso di lui e annuì.
-Ti accompagno alla porta-
I due ragazzi si avviarono verso l'uscita del salotto,passando inevitabilmente accanto ai due uomini che si fecero da parte per farli passare e,dopo qualche istante di esitazione,Matt decise di proseguire senza dir nulla:era chiaro che la sua presenza lì non fosse gradita.
-E' stato un piacere conoscerti musicista...-disse Brian deciso a non lasciarsi scappare l'occasione per dire l'ultima parola.
Vic accompagnò Matt alla porta,e dopo averlo salutato e aver richiuso la porta di casa alle sue spalle,tornò in salotto dai due uomini,mai così arrabbiata con i suoi genitori.
Questi,nei due minuti trascorsi,si erano tolti i cappotti e,mentre Brian si era seduto sul divano in quella che doveva essere una posa rilassata,suo padre era in piedi accanto al tavolo che usavano per le cene importanti.
-Avete una vaga idea di come vi siete comportati?-domandò ai due uomini.
Suo padre si voltò e per alcuni secondi entrambi la fissarono in silenzio.
-Illuminaci-disse poi Brian,accavallando le gambe.
-Mi avete messo in imbarazzo davanti a Matt...-iniziò.
-Quello non è un problema-commentò Justin.
-E vi siete resi ridicoli e questo so che vi importa!Si può sapere cosa stavamo facendo di così terribile per provocare una reazione simile?-domandò lei scostandosi un boccolo che le era caduto davanti agli occhi.
Suo padre la guardò per qualche istante con un'espressione incredula sul volto,come se lei avesse appena raccontato qualcosa di incredibilmente divertente.
-Hai davvero bisogno che te lo spieghiamo?-le domandò poi.
-Altrimenti non te lo avrei chiesto-ribattè lei con la stessa aria battagliera.
Justin sospirò e annuì.
-Vic quel ragazzo ha ventidue anni...Un ragazzo a quell'età pensa soltanto ad una cosa...-
-Al sesso-aggiunse Brian senza mezzi termini.
Lei si lasciò scappare una risata ironica.
-E tu credi che i ragazzi della mia età non farebbero lo stesso?Credevo che almeno foste bravi a capire quel genere di psicologia maschile!-li punzecchiò facendo un paio di passi verso di loro,la stessa espressione battagliera di poco prima.
-Ehi Little Sunshine!Che ne dici di moderare i termini?-fece Brian,infastidito dalla piega che stava prendendo quella discussione.
Mai,per quanto potessero andare male le cose,avevano avuto una discussione così accesa, senza nessun punto in comune o con Vic che li combatteva a quel modo.
La ragazza scosse la testa,quasi stesse rifiutando quel consiglio e si allontanò di nuovo i boccoli biondi dal viso prima di tornare a guardare i due uomini.
-Al contrario di quello che è successo a Pittsburgh,qui i ragazzi sembrano essere spaventati da voi,da questa famiglia e tendono a tenersi alla lontana da me!
L'unico,oltre a Carly e Rhyes,che si è avvicinato veramente a me è stato Matt e voi cosa avete fatto?Lo avete trattato in modo assurdo e forse lo avete allontanato da me.
Complimenti!Ora sarete davvero fieri di voi!
Voleva baciarmi?Sì,probabilmente lo avrebbe fatto se voi non foste arrivati proprio in quel momento.
Vuole portarmi a letto?Forse.
Ma questo non vi autorizzava a comportarvi in maniera così maleducata con un mio amico!-li rimproverò neanche spettasse a lei ricoprire il ruolo dell'adulta.
Quelle parole fecero scendere un brivido gelido lungo la schiena dei due uomini:quell'idea era qualcosa che non volevano neanche prendere in considerazione.
Fosse stato per loro avrebbero messo Vic sotto una campana di vetro e non l'avrebbero più fatta uscire da lì sotto.
Lei sospirò e si strofinò gli occhi,premendone gli angoli con due dita prima di guardare di nuovo i suoi genitori.
-Sapete una cosa?Oggi per la prima volta mi sono vergognata di voi...E questo mi fa più male dell'idea di essere apparsa un'idiota agli occhi di Matt-
Dopodichè si voltò ed uscì dalla stanza accompagnata dal silenzio.


Salì i gradini della scala che collegava i piani della casa senza neanche guardare,percorse il corridoio a testa bassa camminando automaticamente finchè non si fermò davanti alla porta della sua stanza afferrandone la maniglia e spalancandola.
Solo allora si bloccò sulla soglia,sorpresa dal trovarvi un'intruso all'interno.
Completamente a suo agio,neanche fosse in casa sua,Gus stava curiosando fra le sue cose, fra le mani vari cd che stava fissando con un'espressione schifata sul viso.
-E tu che accidenti ci fai nella mia stanza?-gli domandò entrando.
Il ragazzo alzò la testa e,lo sguardo su di lei,alzò la mano che stringeva i cd.
-Non hai niente di Jay-Z?-le domandò.
-Mi hai preso per un negozio di musica per caso?-gli chiese lei a sua volta,fermandosi davanti a lui e togliendogli i cd dalle mani.
Il ragazzo alzò le spalle,mostrandosi colpito da quello scatto.
-Ripeto la domanda:che diavolo ci fai nella mia stanza?Possibile che da quando ti sei trasferito sei sempre qui intorno?-lo beccò senza curarsi di essere acida.
Era ancora arrabbiata per quello che era successo di sotto con i suoi genitori:li conosceva, sapeva che quello era soltanto il primo round e che presto sarebbero venuti a cercarla per parlare,per venire ad una qualche specie di accordo,ma ora era troppo arrabbiata per pensare anche solo di far pace con entrambi.
Le avevano fatto fare la figura della ragazzina deficente,della bambola di porcellana e soprattutto si erano resi ridicoli:niente di quello che era successo in passato aveva mai provocato una reazione simile prima d'ora!
Che accidenti era preso a quei due?
-Avresti preferito che fossi di sotto in salotto ad unirmi alla discussione?-le domandò Gus facendola tornare con i piedi per terra.
-Piuttosto la morte-commentò lei posando i cd sulla scrivania.
Il suono di un sorriso arrivò alle sue orecchie facendola voltare.
-Ma questo comunque non spiega perchè tu sia qui ora-ribattè insistente lei.
Gus alzò di nuovo le spalle.
-Avevo pur bisogno di un posto dove nascondermi,no?-
Vic cercò di controllare l'istinto omicida che sembrava impossessarsi di lei ogni volta che Gus era nei paraggi e strinse le mani a pugno lungo i fianchi.
-Beh ora la discussione è finita,puoi anche andartene-disse prima di voltargli le spalle.
Il silenzio che seguì le fece credere per qualche secondo che il ragazzo avesse seguito il suo consiglio,ma poi sentì un sospiro che le fece capire che non sarebbe stato così facile liberarsi di lui.
Dannazione aveva per caso bisogno di un esorcismo per farlo uscire da quella stanza?
-Li hai trattati troppo male...Non se lo meritavano-gli sentì dire.
La bocca leggermente spalancata per la sorpresa,Vic si voltò e lo fulminò con lo sguardo.
-Chiedo scusa?Adesso devo dar retta ai tuoi consigli su come parlare con i miei genitori?-gli chiese sentendo montare dentro di sè la rabbia.
Gus scosse la testa.
-No,certo che no,ma io li conosco da più tempo di te,so come sono fatti...
Cercano di proteggerti sempre,anche quando è evidente che non ce ne è alcun motivo-le disse lui con voce serena.
Vic si lasciò scappare un suono ironico dalle labbra dischiuse.
-Ah certo,dimenticavo che stavo parlando con un esperto.
Allora perchè non vai di sotto e gli fai vedere che bravo figlio saresti stato?-lo punzecchiò lei.
Gus la fissò qualche secondo in silenzio prima di fare un passo nella sua direzione.
-Sei davvero una ragazzina-commentò.
-Va al diavolo Gus!E' da quando sei arrivato tu che le cose hanno iniziato ad andare male, quindi perchè non te ne torni a casa?-gli domandò per il gusto di ferirlo e sfogare al contempo la sua rabbia su qualcuno.
-Questa è anche casa mia,che ti piaccia o no!E se lo vuoi sapere non credo che me ne andrò tanto presto-le ricordò.
Quelle parole portarono la sua rabbia a livelli che credeva irragiungibili.
-Sei veramente uno stronzo!-lo accusò lei
-E tu sei solo una ragazzina insicura!Non c'è voluto molto per farti prendere dal complesso di inferiorità-le rinfacciò il ragazzo avvicinandosi ancora di più.
Vic spalancò gli occhi,cercando di combattere la voglia di prenderlo a schiaffi,cercando di non farsi "sottomettere" da quella distanza ravvicinata che la faceva sembrare ancora più piccola rispetto a lui.
-Complesso di inferiorità?Tu sei davvero l'ultimo dei miei pensieri...Io e te siamo due estranei,non è quello che hai detto tu stesso ieri?-gli rinfacciò guardandolo con occhi fiammeggianti.
Gus restò qualche istante in silenzio,lo sguardo affondato nel suo.
Fu un attimo.
Non si accorse neanche del suo movimento.
Il viso di Gus si avvicinò al suo e,fulminee,le labbra si posarono sulle sue,chiudendosi attorno al suo labbro inferiore.
Vic restò interdetta per qualche secondo prima di rendersi conto di quello che stava succedendo e posare entrambe le mani sul torace del ragazzo e spingerlo lontano da sè.
Gus si allontanò di un passo,restando però lo stesso troppo vicino.
-Che accidenti stai facendo?-gli domandò lei guardandolo negli occhi.
Lui restò in silenzio,incapace di spiegarle quello che era successo pochi istanti prima.
Senza rendersene conto,Vic premette le labbra una contro l'altra ritrovandovi una traccia del sapore di Gus:quello era stato il suo primo bacio.
Quello stesso bacio che neanche un'ora prima credeva di dare a Matt.
Nel più completo silenzio,senza staccare lo sguardo da quello di Gus,Vic fece il passo in avanti che li divideva e gli posò una mano sul petto,cercando di controllare il battito forsennato del suo cuore.
Alzò lo sguardo verso gli occhi nocciola del ragazzo e nello stesso istante la mano destra di Gus si alzò e le si posò sul retro del collo,fra i boccoli biondi,attirandola verso il suo viso.
Ci fu un ultimo sguardo,come se lui fosse spaventato dalla possibilità che lei lo mordesse all'improvviso,prima che le sue labbra sottili tornassero a sfiorare la sua bocca carnosa.
Le labbra di Gus,morbide e calde,sfiorarono le sue con delicatezza prima che il bacio diventasse più profondo:Vic sentì i denti di Gus mordicchiarle il labbro inferiore,provocandole un brivido lungo la schiena,seguiti poi dalla punta della lingua che scivolò sul labbro.
Il sangue le pulsava nelle orecchie e forse era sulla soglia dell'infarto,ma Vic decise di fregarsene e godersi quel momento,così spinta dall'istinto,si premette contro Gus e gli allacciò un braccio attorno alla vita,proprio mentre il ragazzo stringeva l'altro braccio attorno alle sue spalle.
Sentì la compattezza dei muscoli di Gus fra le braccia e per un veloce istante la sua mente immaginò come sarebbe stato senza vestiti,prima che quel pensiero venisse censurato.
Dischiuse leggermente le labbra e trovò la risposta pronta di Gus che spinse la lingua nella sua bocca,muovendosi lentamente nella sua bocca coinvolgendo la sua gemella in quei movimenti.
Vic sospirò e sentì tremare le proprie ginocchia.
Era questo che si era persa finora?Tutte quelle sensazioni,quei fremiti,quei brividi?
Quando finalmente le labbra di Gus si allontanarono dalle sue,Vic si accorse di sentirsi in imbarazzo:cosa dirsi adesso dopo quello che era appena successo?
Vide il ragazzo sfiorarsi gli angoli delle labbra con un pollice prima di alzare lo sguardo su di lei,e accennare un ghigno.
-Sarà meglio che mi faccia vedere di sotto...-
Lei annuì.
Si salutarono con un cenno del capo,niente di troppo personale o troppo compromettente.
Solo quando fu di nuovo sola nella stanza,Vic si chiese lasciò cadere sul letto a peso morto,ancora incredula per quello che era successo fissando il soffitto finchè un pensiero non le attraversò la mente:se questo era successo perchè erano due completi estranei,cosa era successo se avessero provato a conoscersi?

 


 

Salve a tutti!!!!

Come state?Chiedo scusa se vi ho fatto aspettare + del solito,ma avevo un progetto che doveva essere consegnato entro il 30 ottobre e che ha richiesto tt le mie attenzioni e le mie energie,ma appena ho concluso ho ripreso il solito ritmo...Sperando di non aver perso nessuno nel frattempo.

Quanti avvenimenti in un solo capitolo,eh?Beh l'attesa andava premiata,no?

Comunque posso annunciarvi fin d'ora che questo è solo l'inizio...

La frase in corsivo all'inizio del capitolo è tratta da "Strangers in the night" di Frank Sinatra.

Ringrazio tutti coloro che leggeranno e recensiranno questo capitolo.

E ora i ringraziamenti:Sweey(Li stiamo facendo invecchiare precocemente,che conoscendo Brian è peggio della morte vera...Ed il bello è che abbiamo appena iniziato!!!Anche a me Matt nn dispiace,ma x come ho immaginato qst fiction Vic la vedo meglio con Gus,ma tu mi conosci,sai quanto posso essere contorta quando voglio;Hai perfettamente ragione anche quando parli del rapporto fra Brian e Vic:nel prox capitolo fatto di flashback si vedrà meglio qnt lui davvero tenga a questa ragazza e credo che farà salire un pò gli zuccheri a parecchie persone),Yumisan(Grazie x i complimenti!Se ora se la sono presa x un bacio che neanche c'è stato figuriamoci cosa farebbero se scoprissero del VERO bacio con Gus...Come minimo scoppierebbe la 3 guerra mondiale!),Desme(Come vedi ad un paio di domande ho già risposto,anzi credo di aver risposto a tutte e tre se nn sbaglio...Hai perfettamente ragione:sono proprio come Brian e Justin,ma essendo cresciuta con Brian come padre,Vic è molto + intraprendente di Justin...),Giuly Weasley(I geni sono quelli,eppure è strano visto che essendo stato cresciuto da 2 donne dovrebbe avere una particolare attenzione x qst cose,non dovrebbe essere un bastardo cm era Brian prima di Justin...Mah,misteri della genetica!),Jo'87(Vorrei prendermi il merito x "Zia Emmett",ma anke qll è frutto della mente geniale degli autori del programma...E' vero,sanno ke c'è qualcosa,ma x il momento sn impegnati a combattere il nemico sbagliato che ha come unica colpa qll di essere un musicista),Nefene(FAcciamo tutte e due?E' proprio vero quando si dice "un giorno capirai":se all'epoca avessero detto a Justin una cosa del genere si sarebbe tenuto la pancia dal ridere!Ma credo che gran parte della gelosia sia da imputare al fatto che Vic è una ragazza:lo sappiamo tutti che se fosse stato un ragazzo avrebbe avuto maggiori libertà.Già,credo che Gus sia forse l'unico "Work-in-progress",ma penso sia normale,visto che lo abbiamo conosciuto da bambino e abbiamo piena libertà d'immaginazione sulla sua vita dai sei anni in poi),LaTuM(Tali padri,tali figli,no?Infatti per alcuni versi,almeno x come l'ho immaginata finora,la loro storia ricalcherà un pò quella dei loro genitori,magari a ruoli inversi o facendo quel passo in + che in certe situazioni i loro genitori nn hanno fatto...oddio nn so se mi sn spiegata;Io adoro Emmett,ma per me è il personaggio + difficile dalla storia:gli autori di "QAF" lo hanno caratterizzato talmente bene che c'è sempre il rischio di renderlo una macchietta o allontarsi da quello che è in realtà,ogni volta mi muovo su un equilibrio precario;cmq prima che mi dimentichi,volevo dirti che sarei onorata di una tua recensione sul tuo sito,così la farei leggere ad una mia amica, la mia unica fan...).

Bene x qst volta è tutto,io vi saluto e vi do appuntamento al prox capitolo...

"Niente è più sexy di una cosa proibita"

Baci,Eva.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 9
*** Sunday morning ***


sunday morning

 

 

Quando Vic si affacciò sulla soglia della cucina,l'atmosfera era tesa quanto bastava per il secondo round.
Saggiamente,la sera prima,nessuno dei due uomini era andato a bussare alla porta della sua stanza dopo la discussione che avevano avuto,lasciando a tutti e tre il tempo di sbollire la rabbia che li aveva colti e avere le idee più chiare quando sarebbe arrivato il momento di venire a patti con quello che era successo.
Dietro la porta chiusa,fra le coperte,Brian e Justin avevano passato ore a fissare il soffitto, ripensando alla discussione,intervallando momenti di silenzio a brevi scambi di opinioni.
Quel pomeriggio erano rincasati con la certezza di avere casa libera per un paio d'ore prima dell'arrivo di Vic,ore che intendevano sfruttare a pieno,visto che quella mattina avevano saltato la prima scopata della giornata per fare colazione con Gus.
Ma l'idea era sfumata velocemente quando avevano sentito la musica provenire dal salotto; certi che Vic fosse in compagnia di Rhyes o al massimo di Hunter,si erano avviati verso la stanza per salutare i due ragazzi,bloccandosi alla fine del corridoio quando avevano visto Vic fra le braccia di uno sconosciuto.
Un giovane uomo,non più un ragazzo...
Uno di quelli che,magari con un altro atteggiamento,avevano visto venirgli incontro tante volte al Babylon alla ricerca di una notte da ricordare per il resto della loro vita.
Le sue braccia erano attorno alla vita di Vic,il suo viso era troppo vicino a quello della loro figlia e sarebbe bastato un altro movimento per unire le loro labbra.
Incapace di sopportare oltre,di restare mero spettatore di quella scena,Brian si era avvicinato a passo veloce allo stereo e lo aveva spento,facendo piombare la stanza nel silenzio.
Justin non aveva concesso neanche uno sguardo al ragazzo,concentrandosi al contrario sulla figlia,certo che se avesse spostato gli occhi la sua rabbia sarebbe aumentata e forse esplosa.
Forse,come Vic gli aveva fatto notare, il comportamento avuto con il ragazzo non era stato giusto,ma loro erano genitori,era nel loro diritto essere ingiusti!
Ma come spiegare a Vic cosa li aveva spinti,cosa li aveva portati a comportarsi così?
Non era solo gelosia o paura di rivivere quello che era successo a Pittsburgh,era altro.
Era sempre paura,ma del proprio passato.
Avevano vissuto visto e sentito troppe cose per non aver paura di quel ragazzo,anche se all'apparenza sembrava gentile.
La gentilezza...
Justin aveva ancora chiaro nella mente come la gentilezza ed i modi dolci di Ethan lo avessero allontanato da Brian,confondendolo e portandolo a credere a cose che,con il tempo,aveva scoperto essere futili.
Ogni gentilezza,ogni attenzione di Ethan gli aveva lasciato un segno sulla pelle,una cicatrice invisibile e l'ultima cosa che desiderava era che Vic vivesse le sue stesse esperienze.
Dietro la porta chiusa della loro stanza,quella notte,Brian e Justin erano dovuti venire a patti con il loro passato,entrambi d'accordo che sarebbe stato uno sbaglio continuare a tenere Vic all'oscuro di quella che era stata la loro "storia d'amore",certi che quel racconto l'avrebbe aiutata a capire il loro comportamento.
Ecco perchè l'atmosfera era tesa;perchè c'era silenzio in cucina quella mattina quando Vic si affacciò sulla soglia della porta.
Nonostante fossero seduti al tavolo uno di fronte all'altro,i suoi genitori erano in silenzio,Brian con lo sguardo perso oltre la finestra e suo padre intento a far scivolare il dito medio sulla superficie della tazza posata davanti a lui sul tavolo.
-Buongiorno...-salutò entrambi prima di entrare nella stanza.
I due uomini alzarono lo sguardo simultaneamente e la seguirono mentre si avvicinava al lavello prima e al frigo poi per prendere il bricco del succo d'arancia.
-Buongiorno tesoro-la salutò suo padre.
Sentendo i loro sguardi bruciare sulla schiena,Vic si riempì un bicchiere con il succo e,dopo aver rimesso la confezione nel frigo,si voltò verso di loro,poggiando una mano contro il mobile della cucina.
-Hai fame?-le domandò suo padre,un piede già sul parquet pronto ad alzarsi in piedi per andare ai fornelli.
Lei scosse la testa.
Incontrò per qualche secondo lo sguardo di Brian prima di posarlo di nuovo sul proprio bicchiere,una mano che ravviava alcune ciocche disordinate e arruffate.
In silenzio,si staccò dal mobile e andò a sedersi su uno sgabello poco distante da quello di suo padre,in modo da essere vicina ad entrambe gli uomini.
Per qualche secondo nessuno dei tre osò rompere il silenzio,alla ricerca delle parole adatte per iniziare quel discorso così complicato,finchè Justin non prese un respiro rumoroso e alzò la testa verso la figlia,lo sguardo su di lei.
-Ieri sera abbiamo fatto la figura dei coglioni-iniziò.
Nonostante un lieve sorriso le avesse stirato le labbra piene,Vic restò in silenzio:non aveva niente da obiettare a quell'affermazione.
-E' chiaro che non ci ha fatto piacere trovarti con quel ragazzo ma,come tu ci hai più volte fatto notare,non stavate facendo niente di male-s'intromise Brian.
-Già...Ecco forse siamo stati un pò irruenti...-riprese Justin.
-E maleducati-aggiunse Vic.
Brian fece una smorfia per sottolineare come non fosse d'accordo su quell'affermazione, mentre suo padre si limitò a fare un gesto accennato con la mano sinistra.
Justin fece per parlare di nuovo,ma Vic fu più veloce di lui:c'era una cosa che doveva assolutamente sapere.
-Perchè ce l'avete tanto con i musicisti?-domandò ai due guardando ora uno ora l'altro.
Sul viso di entrambi tornò la stessa espressione che aveva visto pochi giorni prima,quel misto di fastidio rabbia ed imbarazzo,quando l'avevano sorpresa a sentire il cd di musica classica.
-Sarebbe stato diverso se Matt fosse stato un artista come te o uno studente di legge ad esempio?-chiese ancora lei guardando suo padre.
Justin sospirò e Vic si accorse del veloce sguardo che suo padre lanciò al marito che,a testa bassa,era impegnato a succhiarsi le labbra neanche ne andasse della propria vita.
Poi improvvisamente Brian rialzò la testa e trovò ad attenderlo lo sguardo di Vic,fissandola con aria mortalmente seria.
-Se devo dirti la verità,Little Sunshine,per me avrebbe fatto differenza...-le confessò.
-Perchè?-
Le labbra sottili di Brian si stirarono in un ghigno rabbioso prima che questi scuotesse la testa,tornando ad allontanare di nuovo lo sguardo da lei.
Justin si strofinò la fronte,sollevando per qualche istante la zazzera bionda,consapevole che ora sarebbe toccato a lui spiegare tutto e,dopo aver preso un respiro profondo,dischiuse le labbra.
-Ecco...La colpa è mia-le disse,catturando l'attenzione di sua figlia.
Cercando di rendere la cosa meno spiacevole possibile,Justin raccontò della relazione con Ethan,un violinista,relazione che lo aveva allontanato da Brian e che aveva quasi rischiato di dividerli per sempre.
Alla fine di quel racconto Vic si chiese perchè nessuno le avesse mai raccontato niente di questo violinista.
La zia Emmett e Hunter erano le sue "spie" preferite:erano stati loro a raccontarle della malattia di Brian,dell'aggressione subita da suo padre e del primo matrimonio annullato che aveva portato suo padre a partire per New York.
-Quand'è successo?-domandò poi a suo padre,con l'assurda convinzione che se nessuno dei due glielo aveva detto era perchè ancora non conoscevano i suoi genitori.
-Io e tuo padre stavamo insieme da quasi due anni...-le disse suo padre.
-Noi non stavamo insieme!-ribattè prontamente Brian,rialzando lo sguardo su di loro.
Vic vide suo padre sorridere e fissare il marito,per nulla ferito da quelle parole,prima di annuire lentamente.
-Già,è quello che continuavi a ripeterti-rispose poi rivolto al marito.
Brian sbuffò prima di alzarsi e avvicinarsi al lavello per posarvi la propria tazza.
La ragazza tornò a guardare il proprio padre,cercando di capire il vero senso di quel racconto.
-Tutto questo discorso dove dovrebbe portare?Volete dirmi che per voi non devo più rivederlo?-domandò ad entrambi,leggermente confusa.
C'era anche la possibilità che lui non volesse più vederla nè sentirla,ma per il momento doveva sapere se aveva il permesso dei suoi genitori:era sempre stata una brava ragazza, le sarebbe sembrato strano fare qualcosa alle loro spalle.
-Esatto!-rispose Brian tornando a voltarsi verso di loro.
-Brian!-lo rimproverò suo padre prima di tornare a guardarla-No...Non dar retta a quello che dice tuo padre.
Il motivo per cui siamo così contrari a questo ragazzo,all'idea di vederlo con te è soltanto perchè abbiamo paura che tu possa fare i nostri sbagli...-
Suo padre allontanò lo sguardo dai suoi occhi e sospirò frustrato:c'era un tempo in cui gli veniva naturale parlare con le donne;ricordava ancora le ore passate ad ascoltare le confidenze di Daphne e i consigli che cercava di darle...Perchè ora non aveva più quel dono?
Come sempre Brian gli venne in aiuto.
-Nessuno meglio di tuo padre e me sa quanto può far male essere innamorati.
Tutti quei racconti sull'amore romantico e dolce sono tutte stronzate...Nessuno ti racconta mai l'altro lato della medaglia.
Sono tutti bravi a raccontarti come sia eccitante e gratificante ricevere un mazzo di rose o sentirsi dire "ti amo",ma nessuno ti dice mai quanto faccia male quando resti solo.
Vedere l'altro andar via e sapere che basterebbero poche parole perchè tutto si sistemi,o incontrarlo e venire a patti con il fatto che si è costruito una nuova vita di cui tu non fai parte...
Nessuno ti dice quanto possa far male questa nuvola rosa chiamata "amore"-
Colpita da quelle parole,Vic fu tentata per qualche istante di alzarsi e abbracciare suo padre, come se quel piccolo gesto potesse lenire in qualche modo tutto quello che era successo in passato,ma l'uomo sembrava essersi già riscosso dai suoi pensieri,l'espressione sul suo volto era tornata quella di sempre e,con le sue tipiche movenze lente,si stava avvicinando all'isola accanto al quale erano sedute lei e suo padre.
-Per questo non vorremmo nessuno attorno a te...Tu sei la nostra Little Sunshine-aggiunse poggiando entrambi i gomiti sul marmo freddo e producendosi in uno dei suoi ghigni.
Vic sorrise e abbassò la testa,per nascondere gli occhi leggermente velati.
-Tu sei la cosa più importante della nostra vita e la sola idea di dividerti con un altro maschio, un etero,mi...ci sconvolge-aggiunse Justin,abbassando la testa in modo da incontrare ancora lo sguardo della figlia.
Lei prese un respiro e rialzò la testa,fissando prima suo padre e poi Brian,che si limitò a ricambiare il suo sguardo in silenzio.
-Io non ripeterò i vostri sbagli,su questo sono sicura.
Non passerò la notte della mia prima volta in ospedale ad assistere alla nascita di un bambino che non conosco,non prenderò droghe,non farò sesso promiscuo o in luoghi pubblici...
Sono certa che non parteciperò ad un orgia,è un genere di esperienza che non mi attira affatto,e sicuramente non verrò eletta "King of Babylon",perchè mi mancano alcune caratteristiche fondamentali,e assolutamente non mi travestirò da hustler per far colpo su un assassino-aggiunse ricordandosi del primo incontro fra Hunter e suo padre.
I due uomini restarono in silenzio,maledicendo i loro amici per aver raccontato così tanto e così dettagliatamente della loro storia a Vic neanche stessero parlando con un'adulta.
Improvviso un sorriso illuminò il viso della ragazza prima che questa stringesse la mano del padre,seduto accanto a sè e si voltasse verso Brian.
-Ma certamente farò i miei errori.
Mi sbronzerò e passerò la notte fuori casa senza avvertirvi,perderò un'amicizia che credevo eterna,mi innamorerò della persona sbagliata che probabilmente mi spezzerà il cuore e sicuramente farò sesso con qualcuno che sul momento è la persona più importante della mia vita,ma che poi con il tempo diventerà solo un pallido ricordo...-elencò.
-Grazie per averci informato Little Sunshine-commentò Brian,chiaramente in disaccordo con le parole della figlia.
Vic rise e scosse la testa.
-Ma ogni volta,la prima cosa che farò sarà tornare da voi:per piangere,sfogare la mia rabbia su di voi o anche solo perchè papo possa dirmi "te lo avevo detto".
Perchè non importa quanto possa odiarvi sul momento o quanto possiamo urlarci contro,voi siete i soli a sapere sempre di cosa ho bisogno,i soli che sanno quando restare in silenzio o quando fare di tutto per tirarmi su il morale...E anche se alle volte vi comportate come i genitori del secolo scorso e perdete la testa per la vostra assurda gelosia,siete e sarete sempre le persone più importanti della mia vita-concluse.
Il silenzio seguì quelle parole,Vic mosse lo sguardo fra i suoi genitori in attesa di sapere le reazioni dei due uomini al suo discorso e finalmente queste arrivarono:Brian si rizzò in piedi e fece i pochi passi che lo separavano da lei,mettendole un braccio sulle spalle prima di abbassarsi e posarle un bacio fra i capelli arruffati.
-Sei troppo saggia Little Sunshine...Sei sicura di essere nostra figlia?-
Vic rise e mosse la testa all'indietro contro il petto del padre in modo da incontrare il suo sguardo e annuire.
Davanti a loro Justin si alzò e si avvicinò ai due,gli occhi lucidi per le parole di Vic,stringendo per qualche secondo la mano della figlia in una delle sue.
-Che ne dite di fare colazione da "Berti's"?-domandò ai due.
-Perchè il nostro forno è rotto?-chiese a sua volta Brian.
Justin scosse la testa,fissando il marito.
-No affatto funziona benissimo...Ma dobbiamo recuperare il pranzo di ieri,ricordi?-
Brian sospirò in maniera teatrale per poi abbassare lo sguardo verso la figlia,che ridacchiava chiaramente divertita da quel piccolo siparietto.
-Se proprio non possiamo farne a meno...-

 

Cercando di fare meno rumore possibile,Gus inserì la chiave nella serratura e aprì la porta di casa.
Erano solo le dieci di domenica mattina,molto probabilmente avrebbe trovato ancora tutti sotto le coperte,ma sapeva che avrebbe fatto meglio a cambiare stato e nome se non si fosse presentato a casa quella mattina.
Si chiuse la porta alle spalle,ascoltando il silenzio che veniva dall'ingresso e,passando la busta con i cornetti da una mano all'altra,si tolse il cappotto per poi appenderlo insieme agli altri e avviarsi verso la cucina.
Solo quando fu arrivato a pochi metri dalla cucina sentì dei rumori soffocati dalla porta chiusa che lo fecero sorridere:JR era già in piedi.
Aprì la porta della cucina e si fermò sulla soglia,osservando sua sorella che,in pigiama e a piedi scalzi,ballava al suono della musica e contemporaneamente si preparava la colazione.
Tutte le mattine quello spettacolo!
Dovevano essere quello il momento in cui i geni dello zio Micheal che si facevano sentire più forti in lei...
Il tostapane scattò facendo saltare le fette di pane e sua sorella si voltò sobbalzando spaventata alla sua vista.
-Ti venisse un'accidente Gus!-gli disse,una mano sul petto.
Il ragazzo ghignò divertito ed entrò nella cucina,richiudendosi così la porta alle spalle.
-Sempre melodrammatica tu,eh?-
Si sedette ad uno degli sgabelli e posò la busta con i cornetti davanti a sè,spingendoli poi in avanti verso JR con un paio di dita.
-Sono ancora caldi...-le disse per invogliarla.
La smorfia arrabbiata sul volto della sorella resistette per qualche altro istante prima che questa sospirasse e gli voltasse le spalle per andare verso il tostapane e le sue fette.
-Stanno ancora dormendo?-chiese il ragazzo.
Jenny rispose con un mugugno affermativo,impegnata a non scottarsi le dita.
-C'è stata una cena ieri sera e allora sono andate a letto più tardi del solito...Piuttosto è strano vederti in piedi prima delle undici-gli disse tornando a voltarsi verso di lui ed avvicinandosi all'isola.
Il ragazzo alzò le spalle,non raccogliendo la provocazione.
-E' rimasto un pò di caffè?-chiese poi per cambiare discorso.
JR annuì e,dopo aver preso una tazza dal mobile sopra la cucina,la riempì quasi fino all'orlo di caffè caldo appena fatto,andando poi a sedersi di fronte al fratello mettendogli davanti il caffè.
-Ti sei già stufato della vita con lo zio Brian e lo zio Justin?-gli domandò prima di affondare i denti nella prima fetta di pane tostato.
Gus,impegnato a prendere un cornetto dalla busta,evitò di rispondere per qualche istante, limitandosi a scuotere la testa.
-Affatto!Sai quanto ci tenessi a passare più tempo con papà e lo zio Jus-disse prima di staccare un pezzo dal cornetto con le mani affusolate.
La sorella annuì:al contrario di lei,che dall'età di sei anni aveva avuto entrambi i genitori a Toronto,Gus aveva dovuto accontentarsi delle visite sporadiche prima a New York e poi a Pittsburgh,e in seguito di quelle che lo zio Brian e lo zio Justin compivano a Toronto almeno una volta al mese per un paio di giorni.
-Allora è colpa del loft...Lo sapevo che era un buco!-commentò subito lei.
Gus sogghignò di nuovo prima di scuotere la testa.
-No...cioè sì,è un pò piccolo,ma per me va benissimo-
JR la fissò con aria inquisitoria,cercando di cogliere quel passaggio che ancora le mancava e che le avrebbe permesso di individuare il problema di suo fratello.
L'altro,conoscendo perfettamente quello sguardo sbuffò.
-Che c'è?Mi sono solo svegliato presto,tutto qui!
E' tanto strano?-domandò poi prima di portare alle labbra la tazza.
-Ah fammi pensare:per una persona normale,no...Per te,che saresti capace di svegliarti alle quattro del pomeriggio se Lindz non venisse a tirarti giù dal letto,sì-
Gus sbuffò di nuovo sempre più infastidito,cercando di tenere lo sguardo lontano da quello della sorella.
In fondo lei aveva ragione:per la prima volta da quando aveva cinque anni si era svegliato alle otto di mattina,in testa tanti pensieri confusi.
Aveva pensato di scendere in cucina e fare colazione con suo padre e lo zio Justin come la mattina precedente,ma si era fermato davanti alla porta chiusa quando aveva sentito il discorso che si stava svolgendo all'interno.
Per qualche secondo eterno aveva temuto che Vic avesse raccontato ai suoi genitori quello che era successo fra di loro,ma quella paura era svanita in fretta,sostituita dalla razionalità.
Perchè ne avrebbe dovuto parlare con loro?Sarebbe stato un problema anche per la ragazza se i due uomini avessero saputo di quel bacio.
Già,il bacio...
-Ah proposito,hai conosciuto Vic?-domandò sua sorella,intromettendosi nei suoi pensieri.
Colto alla sprovvista,Gus fissò per qualche istante la ragazza senza rispondere,senza quasi neanche vederla,portando JR a ripetere la domanda prima che lui si riscuotesse da quel senso di torpore e annuisse.
-Sì,ci siamo incontrati di sfuggita...-disse cercando di mantenere un tono vago.
Ma nessuno lo conosceva meglio di sua sorella,che infatti lo stava già fulminando con i suoi profondi occhi neri.
-Ecco,in verità ci siamo visti un paio di volte...-si ritrovò a rettificare spinto da quello sguardo carismatico.
-Non dirmelo,ti prego Gus non dirmi che ti sei portato a letto la figlia dello zio Justin-disse abbassando drasticamente la voce in modo che nessun'altro oltre Gus sentisse quelle parole.
-Ma come ti viene in mente?No!-ribattè prontamente il ragazzo scuotendo la testa.
JR sospirò,in maniera quasi inconsapevole,e si portò la tazza alle labbra per bere un sorso del caffè ormai tiepido.
-Però ci siamo baciati-
Gus vide gli occhi di sua sorella spalancarsi prima che questa sbattesse la tazza sul marmo dell'isola,rischiando anche di romperla,bagnando con alcune gocce di caffè il marmo bianco dell'isola,fissandolo poi con aria incredula.
Sapendo quanto doveva apparire strana quella situazione,Gus prese un respiro profondo e iniziò a parlare,raccontando alla sorella tutto quanto:dal primo incontro-sconto al bacio della sera prima,passando per la scoperta della vera identità della ragazza e per la sua frequentazione con Matt.
Quando ebbe finito,lo sguardo sempre fisso in quello della sorella,restò in attesa di quello che lei aveva da dire su tutta quella faccenda.
JR si mordicchiò pensierosa il labbro inferiore per qualche secondo prima di respirare rumorosamente dal naso.
-Se ti faccio una domanda,mi rispondi sinceramente?-gli chiese con lo stesso tono basso di prima.
Il fratello annuì.
-Perchè l'hai baciata?-
Un ghigno ironico apparve sulle labbra strette del ragazzo:bella domanda!
Peccato che lui non avesse una risposta,o almeno una risposta chiara.
In quel momento era sembrata la cosa più giusta da fare,quella che sentiva di dover fare: erano lì che si urlavano a vicenda,lei chiaramente arrabbiata e con il solo intento di sfogare la sua furia su di lui e l'unico pensiero chiaro nella sua mente era riuscire a  zittirla in qualche modo.
Baciarla era stato solo il passo più ovvio.
Il primo bacio non era durato neanche il tempo di capire cosa stava succedendo,ma quando poi era stata Vic a posare le labbra sulle sue si era sentito...invincibile.
Non c'era altra parola per descrivere quella sensazione.
Era qualcosa che non aveva mai provato prima d'ora,con nessun'altra delle ragazze che aveva baciato in vita sua.
-Era l'unica cosa da fare-rispose sincero,ben sapendo che sua sorella non avrebbe capito.
Infatti sul volto di JR si dipinse un'espressione confusa,ma la ragazza annuì ugualmente.
Gus rialzò lo sguardo sul volto della sorella e la fissò per qualche istante prima di abbozzare un ghigno dei suoi.
-Secondo te che devo fare?-le chiese poi.
Lei alzò le spalle.
-Come faccio a saperlo?Però voglio essere in prima fila a godermi lo spettacolo...-commentò divertita.
Peccato che non avesse preso anche la delicatezza di modi dello zio Micheal...


-HAI BACIATO GUS?-
Vic gli diede uno schiaffo sul braccio sinistro,quello più vicino a sè,chiedendosi quale assurda ragione l'avesse spinta a confidarsi con Hunter.
-Urlalo un pò più forte:il tuo vicino non ha capito bene!-
Parlare con Hunter era sembrata la cosa più logica:aveva fatto quello che faceva di solito.
Lui era il suo confidente,quello capace di darle sempre il consiglio giusto o di spezzare l'atmosfera più tetra o tragica con una delle sue battutine ironiche e sarcastiche.
Era per questo che era andata a trovarlo a casa sua quel pomeriggio dopo aver lasciato i suoi genitori,perchè sapeva che niente sarebbe uscito da quella casa e soprattutto,niente sarebbe sarebbe arrivato alle orecchie delle loro orecchie.
Così davanti ad un barattolino di gelato "Ben & Jerry" alla vaniglia,gli aveva raccontato di quello che era successo il giorno prima,partendo dall'incontro con Matt nella fumetteria dello zio Micheal,passando per il ballo e la lite con i suoi genitori e finendo,ovviamente,con il bacio fra lei e Gus che aveva messo fine alla loro piccola discussione.
-Scusami,ma devi ammettere che è roba forte...Vi è bastato veramente poco per iniziare a limonare-commentò leccando il cucchiaino.
Vic lo fulminò con lo sguardo:c'erano delle volte in cui Hunter era la persona più comprensiva e adorabile del mondo,altre invece aveva la delicatezza di un'elefante!
-La vuoi smettere?Non c'è niente di divertente in quello che è successo:io dovevo baciare Matt!- disse sicura.
Hunter annuì,giusto per farla contenta.
-E perchè allora non lo hai fatto?-le domandò,impersonando alla perfezione il ruolo di "avvocato del diavolo".
Vic dischiuse leggermente le labbra in un espressione sorpresa che fece ridacchiare Hunter.
-Te l'ho detto perchè!I miei ci hanno interrotto prima che potessimo farlo-gli ricordò.
L'uomo annuì affondando di nuovo il cucchiaio nella vaschetta del gelato.
-Perchè allora non baciarlo quando lo hai accompagnato alla porta?Li non ti avrebbero visto-
-Hai per caso dimenticato chi sono i miei genitori?Brian sarebbe stato capace di prendere a pugni Matt se solo avessi fatto una cosa del genere..Era furioso per un ballo figuriamoci se lo avessi baciato a pochi metri da loro-disse Vic ingoiando il boccone di gelato sulla punta del cucchiaio.
Hunter ridacchiò,seguendo un pensiero che gli aveva attraversato veloce la mente.
-Cos'è che ti diverte tanto?-gli chiese lei curiosa.
Hunter scosse la testa,un pugno davanti alle labbra chiuse.
-Niente,solo l'immagine di Brian che picchia un ragazzo per salvare il tuo onore...Peccato che sia il ragazzo sbagliato-aggiunse poi.
Vic sbuffò e scosse di nuovo la testa.
-Non è il ragazzo sbagliato!-ripetè certa di quelle parole.
-Allora se la pensi così perchè hai baciato Gus?-le domandò ancora l'altro,fissando lo sguardo su di lei.
Quella era davvero una domanda da un milione di dollari!
Aveva baciato Gus perchè lui l'aveva baciata per prima...No era una scusa troppo debole!
Lo aveva fatto perchè era curiosa...Sì quella era più convincente e forse tutto era successo per colpa della curiosità:in fondo lei era una vera inesperta,Gus aveva molti più anni di lei e sicuramente aveva avuto molte ragazze con cui fare pratica,quindi sarebbe stato un bravo insegnante.
Ma soprattutto l'aveva fatto perchè sentiva di doverlo fare.
Era qualcosa più forte di lei...Aveva avuto la sua occasione per mandarlo via e fingere che fosse stato un incidente quando lo aveva allontanato da sè la prima volta,ma aveva deciso di avvicinarsi di nuovo e baciarlo ancora.
Ancora adesso ricordava il sapore di Gus,il suo profumo,la sicurezza con cui l'aveva stretta fra le braccia...
Era davvero una principiante!
-L'ho fatto perchè ero curiosa-disse decidendosi a rispondere alla domanda di Hunter.
L'amico annuì,dopo qualche istante di incertezza,per poi alzare le spalle.
-Beh,del resto voi siete due predestinati-commentò prima di affondare per l'ennesima volta il cucchiaio nella vaschetta.
Vic aggrottò le sopracciglia e lo fissò per qualche istante senza capire.
-Ma di che cavolo parli?-gli domandò infatti.
-Dei tuoi genitori tonta!
Lui è figlio di Brian,tu sei figlia di Justin...Credi di poter fare due più due da sola?-le domandò poi.
Quella sì che era una vera assurdità!
-Non puoi crederlo veramente...-disse Vic incredula.
Hunter annuì,un espressione seria in volto.
-Spero solo per voi che riusciate ad evitare tutto il dramma e le pippe mentali che si sono fatti i tuoi genitori-le disse sereno.
Dopodichè si alzò e,presa la vaschetta con una mano,si avvicinò al frigo per rimetterla a posto, costantemente seguito dallo sguardo di Vic,che ancora non riusciva a venire a patti con le parole dell'amico.
-Ma se io e lui non ci sopportiamo neanche!-tentò di controbattere la bionda.
Ancora una volta Hunter ridacchiò.
-E questo da quando sarebbe un problema?Non lo sai che le più grandi storie d'amore sono cominciate così?Eccetto ovviamente quella dei tuoi genitori...-
Merda Hunter riusciva a trovare una soluzione a tutte le sue rimostranze!
-Sai sarà divertente vedere il caos che creerà la vostra storia-disse ancora Hunter tornando di nuovo verso di lei.
Hunter aveva ragione:Gus era il figlio di Brian,ovvero il suo secondo padre,il marito del suo vero padre,se malauguratamente fosse iniziato qualcosa fra di loro si sarebbe creato il putiferio,specialmente con Mel e Lindz,i genitori di Gus...
Non poteva permettere che questo accadesse.
Doveva fermare questa cosa sul nascere...


Tornato a casa Gus si era chiuso nel suo loft,la musica ad alto volume,la mente concentrata su un progetto della classe di Paesaggistica che doveva consegnare fra due giorni e che non aveva ancora iniziato.
Aveva lavorato per un paio d'ore,finchè la fame non lo aveva convinto a posare le matite ad olio e a scendere in cucina.
La casa era avvolta nel silenzio,neanche fosse disabitata da decenni.
Dopo aver preso delle fette di pane in cassetta aveva aperto il frigo cercando qualcosa con cui prepararsi un sandwich,scegliendo poi delle fette di prosciutto arrosto,del formaggio ed un pomodoro.
Mel aveva cercato di convincerlo a restare a dormire,ma lui era riuscito a smarcarsi mettendo la scusa del progetto per l'Accademia,ben consapevole di quanto sua madre tenesse alla sua educazione.
-Prima la scuola e poi tutto il resto-gli diceva sempre.
Aprì lo sportello sopra il lavello alla ricerca di un coltello con cui tagliare il pomodoro,aprendo poi alcuni cassetti alla sua destra,trovando qualsiasi tipo di utensile per la cucina tranne forchette e coltelli.
-Sei un ladro atipico-disse una voce alle sue spalle.
Gus si voltò,stando bene attento a non sbattere la testa contro lo sportello aperto sopra il lavello e si trovò faccia a faccia con Vic.
Doveva essere appena tornata,perchè indossava ancora il cappotto e,nella mano sinistra,stringeva le chiavi di casa.
-Sto cercando un coltello-le disse.
-Primo cassetto a sinistra-lo aiutò la ragazza.
Con un cenno affermativo della testa,Gus si voltò e fece come lei gli aveva detto trovando finalmente quello che aveva tanto cercato.
-Ti va un sandwich?-le domandò voltando la testa leggermente verso destra,trovandola seduta su uno degli sgabelli.
-Prego fa come se fossi a casa tua...-commentò la ragazza.
-Allora lo vuoi questo sandwich o no?-le chiese ancora lui.
-No grazie,sono piena-
Il ragazzo restò per qualche istante in silenzio,di spalle,impegnato nella preparazione del suo panino,chiedendosi cosa doveva dire ora che avevano superato lo scoglio dei convenevoli.
-Dove sono i tuoi genitori?-domandò poi.
-Papà ha una mostra a breve,così è alla galleria per controllare che tutti i suoi lavori siano esattamente come li aveva immaginati.
Papo invece è di sopra a rendere la domenica dello zio Ted un inferno-
Gus sorrise divertito.
-Certe volte è proprio crudele...-commentò voltandosi verso di lei e avviandosi verso l'isola al centro della stanza.
Vic alzò le spalle,sorridendo a sua volta.
-Ormai è diventata una specie di gioco fra loro,anzi credo che lo zio Ted si aspetti quelle telefonate-fece Vic confessandogli quell'idea.
Gus diede un morso al panino e la fissò per qualche istante:c'era qualcosa in quella ragazza che non riusciva a capire.
Il suo aspetto era quello di una ragazzina eppure bastava sentirla parlare per capire che la prima impressione era completamente sbagliata,che c'era molto altro dietro quell'aria innocente.
Accorgendosi dello sguardo attento e serio di Gus,Vic raddrizzò le spalle e la schiena prima di schiarirsi la gola.
-E' ora che vada di sopra a studiare...Ti lascio con il tuo sandwich-gli disse alzandosi in piedi e prendendo il cappotto che aveva posato sullo sgabello accanto al suo.
Gus annuì e la osservò avvicinarsi alla porta della cucina,incerto se parlare o meno.
Poi capì che era meglio restare in silenzio:quello che era successo la sera prima era stato soltanto un momento di follia,un'attimo di pazzia che aveva contagiato entrambi e che sicuramente non si sarebbe ripetuto più.
Doveva dimenticare quello che era successo...
Era sicuramente meglio per entrambi.

 

 

Salve a tutti!!!come state?

So che non vi aspettavate di rivedermi così presto,ma visto che domani parto x Londra ho pensato di postare il capitolo qst sera invece di farvi aspettare fino a lunedì pomeriggio,ovvero fino al mio ritorno.

Almeno x il momento a casa Kinney-Taylor è tornato a splendere il sereno,i nostri si sono riappacificati con Vic e tutto sembra rose e fiori..Almeno x il momento,appunto.

Non hanno idea di cosa succederà quando la loro "Little Sunshine" arriverà a New York...Ed il bello è che neanche lei ne ha la + pallida idea...Come sono diabolica!

Ringrazio tutti coloro che leggeranno e recensiranno questo capitolo e chiedo scusa per eventuali errori di battitura o di calligrafia.

E ora i ringraziamenti:Sweey(Grazie x i complimenti!Adesso abbiamo fatto un piccolo passo,almeno sono riusciti a scambiare due parole in croce...Ma dall'altro lato siamo regrediti terribilmente!Anche a me piace molto Matt,infatti cercherò di ricompensarlo x la terribile esperienza vissuta con Jus e Brian,ma cm ho già detto,nn sarà lui il vincitore di qst "gara"...X quanto riguarda Brian e Justin,com'è quel detto? "Fa quel che dico e non quel che faccio",o una roba del genere;ecco io credo che si adatti perfettamente alla ns situazione),Yumisan(Eccoti accontentata!Si può dire che sono stata un lampo qst volta...),LaTuM(Grazie x i complimenti!E' strano  vederli che fanno i genitori rompipalle,vero?Quando l'ho scritto mi veniva qs da ridere,ma credo che sia normale una certa maturazione alla loro età...Speriamo che il triangolo Vic/Gus/Matt non faccia tr male agli interessati...),Mizar(Sorpresa!Non telo aspettavi quel bacio,eh?Beh allora vuol dire che sn riuscita nel mio intento almeno con te; tranquilla,c sarà anche un bacio con Matt,e già so che ci saranno scintille...).

Bene x il momento è tutto,io vi saluto e vi do appuntamento al prox capitolo...

"In the city of blinding lights"

Baci,Eva.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 10
*** Little Sunshine ***


little sunshine

 

 

Se c'era una cosa che tutti sapevano era che la rabbia di Micheal,per quanto potesse sembrare impetuosa sul momento,non durava mai troppo a lungo.
Specialmente se era rivolta verso Brian.
Era sempre stato così fin dall'inizio della loro amicizia,così nessuno si stupì tanto che il giorno dopo il suo compleanno,Micheal fosse già al telefono cercando di contattare l'amico per scusarsi di quello che gli aveva detto.
Ma non aveva considerato la possibilità che Brian non volesse parlargli,che rifiutasse addirittura le sue telefonate.
In tanti anni d'amicizia era sempre toccato a Brian farsi perdonare,cercare di rimediare ai propri errori o alle proprie dimenticanze,cercando di superare il muro di silenzio che puntualmente Micheal costruiva intorno a sè.
Ora l'uomo stava ricevendo lo stesso trattamento:ogni volta il cellulare dell'amico squillava a vuoto finchè non entrava la segreteria telefonica;aveva provato a contattarlo tramite la "Kinnetic New York",ma tutte le volte si era sentito rispondere che Mr Kinney era in riunione e non poteva essere disturbato.
Infine aveva provato,come ultima spiaggia,a parlare con Justin in modo che questo intercedesse per lui con Brian,ricevendo anche questa volta un netto rifiuto:il biondo era ancora troppo arrabbiato per le sue parole,per pensare di fargli un favore.
-Lui non vuole parlarti-gli aveva detto Justin.
-Ascolta io ho davvero bisogno di chiedergli scusa,di spiegargli...-aveva provato a dirgli.
Una risata era arrivata fino a lui dalla cornetta.
-Non posso ripeterti cosa pensa delle tue scuse...
Senti Micheal,io non so quasi niente del vostro rapporto,però posso darti un consiglio?Lascialo in pace ora...voglio dire tu lo conosci...Ha bisogno di rimurginare un pò su quello che è successo,arrivare al punto massimo di incazzatura e poi sarà disposto a parlarti di nuovo.
Perchè,nonostante quello che può dire a te a me o sè stesso,sente la tua mancanza-
Stranamente aveva trovato quelle parole confortanti,e per un pò aveva anche provato a dare ascolto ai consigli di Justin,ma poi aveva ripreso con le telefonate,nella speranza che l'amico rispondesse ad almeno una di queste.
-Che cazzo ti aspettavi?Una pacca sulla schiena e amici come prima?-gli aveva chiesto sua madre quando si era lamentato di questi tentativi a vuoto.
Contrariamente a quello che succedeva a lui,sua madre e tutti gli altri erano riusciti a parlare con Justin e Brian,ottenendo qualche informazione in più sulla gravidanza e arrivando tutti alla conclusione che i due erano sicuri della loro scelta.
-So che sembrerà strano visto che stiamo parlando di Brian,ma sembra perfettamente consapevole e...sì quasi ansioso per questo figlio-aveva commentato Lindz.
Mentre i mesi passavano,Micheal aveva continuato strenuamente a comporre il numero di telefono del suo migliore amico,se poteva ancora chiamarlo così,lasciando pochi messaggi sporadici in cui gli chiedeva di richiamarlo o almeno di rispondere ad una delle sue telefonate, senza mai ottenere nessuna risposta in cambio.
Aveva discusso a lungo con Ben su cosa avrebbe dovuto fare,ma ogni volta sua marito cercava di tenersi fuori da quella faccenda per evitare,in un prossimo futuro,di essere additato come colui che lo aveva spinto a fare qualcosa che non voleva pur di riconciliarsi con Brian.
-E' il tuo migliore amico,Micheal...Non è la prima volta che credi di aver perso la vostra amicizia per sempre,quindi che ne dici di aspettare e lasciar fare agli eventi?-gli aveva consigliato, condensando in poche parole tutte le filosofie orientali su cui basava la sua vita.
Micheal non aveva replicato a quelle parole,ripensando all'ultima volta che avevano litigato così furiosamente:era stato tre anni prima,quando Justin lo aveva lasciato ed era stato loro ospite per qualche giorno.
Anche allora era convinto che la loro amicizia fosse finita per sempre,poi tutto si era sistemato per il meglio.
Ma in quel caso un aiuto enorme era venuto dalla bomba al Babylon...Forse senza di quella,tutto sarebbe stato diverso.
Una settimana prima della fine della gravidanza,Debbie annunciò che lei e Jennifer sarebbero partite per New York,in modo da essere lì al momento del parto.
-Perchè?Voglio dire...Jennifer è la madre di Justin,quindi è giusto che parta,ma che senso ha la tua partenza?-aveva ribattuto Micheal cercando di trovare un senso all'ennesima assurdità di sua madre.
Debbie aveva alzato le spalle con noncuranza.
-Beh,anche io sono la sua nonna,no?O credi che Joan lascerà il libro delle preghiere e andrà a conoscere la sua nipotina?-aveva replicato semplicemente.
Di fronte a tanta assurdità,l'uomo si era limitato a scuotere la testa e ad augurarle buon viaggio,certo che non sarebbe riuscito a farle cambiare idea neanche se le avesse fatto il lavaggio del cervello.
Quella bambina non ancora nata era diventata il pensiero fisso di tutti:Emmett non resisteva alla tentazione di entrare in ogni negozio per bebè che incontrava sulla sua strada e aveva già speso milioni in vestiti per la piccola,Lindz e Mel erano andate a New York per conoscere Sophia e la sua compagna,già grandi amiche di Gus e avevano raccontato di quanto si fossero trovate bene in loro compagnia;addirittura Ted voleva lasciare il comando della "Kinnetic" a Cynthia per qualche giorno per andare a conoscere la piccola al momento della nascita.
L'unico che sembrava immune a tutto questa allegria era lui.
Era davvero una strana sensazione:era come essere immuni allo spirito natalizio!
Con la partenza di sua madre,i suoi pensieri finirono inevitabilmente per convergere su New York e quello che stava succedendo lì:più di una volta gli era capitato di alzarsi e scendere nel salotto e fissare l'ecografia incorniciata che Ben aveva posato sopra uno degli scaffali della libreria.
Quella era la sua figlioccia...
Qualcuno per cui sarebbe stato responsabile per il resto della vita;e lui che credeva di aver assolto quel compito in tutti gli anni in cui si era occupato di Brian.
Forse le cose ora erano cambiate visto che erano mesi che non parlava con Brian e le telefonate con Justin si limitavano al lavoro.
Dannazione!
Che cosa doveva fare,come poteva rimettere a posto le cose?
Possibile che l'unica persona che avrebbe potuto aiutarlo a risolvere quel dilemma era proprio l'unica che non voleva parlargli?
Un aiuto arrivò da sua madre,la notte di Halloween.
Lui e Ben erano già pronti ad accogliere i bambini che avrebbero bussato alla porta della loro casa in cerca di dolcetti,quando il suono del telefono aveva rieccheggiato per il salotto.
-Muovi le chiappe e vieni a Toronto!Sta per nascere la bambina-sentì dire dalla voce inconfondibile di sua madre.
-Cosa?Perchè dovrei farlo?-aveva provato a replicare,indispettito dal tono di voce e dalle sue parole.
-Smettila di fare il bambino e prendi il primo volo per Toronto...Sai bene quanto me che passeresti il resto della vita a rimproverarti se decidessi di non farlo-
E,per quanto non gli piacesse ammetterlo,Micheal capì che sua madre aveva ragione.
Forse aveva perso per sempre l'amicizia di Brian,ma niente sarebbe cambiato se non avesse fatto almeno un tentativo per rimettere a posto le cose.
In fondo,dopo tutto quello che avevano passato insieme,quasi glielo doveva...

 

Erano partiti il giorno dopo il pranzo a casa di Debbie.
Avevano pensato di fermarsi qualche giorno in più per passare del tempo con i loro amici,ma visto quello che era successo,i loro programmi erano cambiati all'istante:non erano neanche rientrati a casa che Brian era già al telefono con l'agenzia di viaggi per prenotare due posti in prima classe sul prossimo volo per New York.
Per ore il silenzio aveva avvolto il loft,neanche questo fosse ancora disabitato,e tutti e due si erano aggirati per quegli ambienti immersi nei loro pensieri:non erano stupidi,avevano preso in considerazione la possibilità che qualcuno dei loro amici non vedesse di buon occhio quel cambiamento,ma non avevano mai pensato che Micheal potesse tirar fuori tanta rabbia.
Per Justin gran parte di quella reazione era dovuta alla gelosia che da sempre legava Micheal a Brian:non importava quanti bei discorsi facesse o quanto fosse innamorato di Ben,ci sarebbe sempre stata una parte dell'uomo che avrebbe sofferto per quell'amore mancato.
Forse era stato un peso troppo grande ammettere che l'uomo dei suoi sogni,il suo migliore amico si stesse facendo una nuova vita,lo stesse lasciando indietro.
Ad un certo punto,stanco del silenzio in cui si era rinchiuso Brian,gli si era fermato alle spalle e gli aveva allacciato le braccia alla vita.
Il moro era rimasto immobile,quasi si aspettasse quel gesto,lo sguardo fisso sul panorama che gli rimandavano le vetrate del loft.
-Adesso hai capito perchè odio Pittsburgh?-gli chiese poi con voce atona.
Justin gli posò un bacio nel centro della schiena per poi posarvi la guancia sinistra contro.
-Almeno non sono scoppiati a ridere...Avevo paura che la notizia avrebbe provocato un'eccesso di risa incontrollato-commentò.
Brian si lasciò scappare un suono sarcastico dalle labbra dischiuse,prima di iniziare a cercare il pacchetto di sigarette nelle tasche dei jeans.
-Vedrai,fra qualche ora Micheal chiamerà e chiederà scusa per tutto quello che ha detto-gli disse Justin.
-Può ficcarsi le sue scuse nel culo-rispose prontamente Brian prima di accendersi la sigaretta che aveva stretta fra le labbra sottili.
Il biondo gli girò intorno per poter incontrare il suo sguardo e lo fissò con occhi sorpresi: questo non era affatto quello che si era aspettato.
-E' il tuo migliore amico-gli fece notare.
-Beh questo non gli ha certo impedito di sputare sentenze e trattarmi da coglione...Persino Ted si è comportato meglio di lui!Si è forse dimenticato che ha una figlia anche lui?-replicò con voce dura.
E lui si era dimenticato il suo pontificare sul matrimonio e la vita che Micheal e Ben avevano scelto?
Evitando di fargli notare le sue colpe passate,Justin lo fissò camminare nervosamente in giro per il salotto,lo sguardo basso verso il parquet nocciola,completamente perso dietro i suoi pensieri.
-Ero convinto che lui più di tutti avrebbe capito...-mormorò poi.
Cercando di far tornare di buon umore il compagno,il biondo sorrise e gli si avvicinò finchè non potè posare una mano sull'avambraccio destro di Brian.
-Hai visto la faccia che hanno fatto?-gli domandò guardandolo di sottocchi.
Un suono divertito uscì dalle labbra del moro,il cui sguardo continuava ad essere fermo davanti a sè.
-Avrei pagato oro per avere una foto della faccia di Mel!-commentò.
Justin rise e gli allacciò un braccio attorno alla vita,posando il mento contro la spalla.
Brian mosse lo sguardo fino ad incontrare quello del compagno e lo fissò qualche istante,prima di allacciare un braccio attorno alla vita del biondo.
-Non sarebbero tanto sorpresi se mi conoscessero davvero-disse serio.
L'altro storse leggermente le labbra verso sinistra prima di alzare le spalle.
-O se sapessero quanto mi ami...-disse per poi avvicinare il viso al suo e posare le labbra su quelle di Brian.
Quel giorno Justin lasciò cadere il discorso Micheal,ben sapendo che al momento non poteva fare di più: il rapporto fra Micheal e Brian era qualcosa che non lo riguardava,qualcosa su cui non poteva intromettersi perchè troppo complesso e sfaccettato e che aveva avuto inizio in un passato su cui non aveva mai voluto indagare.
Inoltre era certo che presto Brian avrebbe cambiato idea e avrebbe accettato le scuse dell'amico.
Ma apparve chiaro fin dai primi giorni che non sarebbe stata un riconciliazione facile: nonostante i tentativi di Micheal per rimettere le cose a posto,Brian si era costruito una specie di barriera che non permetteva all'amico di entrare,contrariamente a quanto succedeva con gli altri.
Nei cinque mesi restanti della gravidanza ricevettero la visita di Mel,Lindz e dei bambini che sembravano impazienti di conoscere Janet e Sophia,anche per via dei racconti entusiastici di Gus su di loro e alla fine del soggiorno entrambe le donne furono concordi nel affermare che non avrebero potuto trovare di meglio come madre della loro figlia.
-Ora che abbiamo anche l'approvazione delle lesbiche,possiamo dormire sonni tranquilli-aveva commentato Brian con il solito sarcasmo.
Ma Justin sapeva bene quanto fosse importante per Brian il giudizio di Lindz,anche se avrebbe preferito farsi squoiare vivo piuttosto che ammetterlo ad alta voce.
Un'altra visita arrivò una settimana prima della fine del termine della gravidanza,del tutto inaspettata.
Fin da quando erano a New York avevano eletto la domenica il "giorno del sesso".
Non che ci fosse niente di diverso dagli altri giorni della settimana,in cui il loro limite era di quattro volte,ma ogni domenica passavano l'intera giornata al letto facendo sesso,e intervallando ogni "prestazione" con la colazione,la lettura dei giornali che il portiere lasciava fuori la porta,la doccia e tante altre cose futili.
Erano rare le volte che uscivano di casa di domenica...Quello era il loro modo di ricaricare le batterie per la settimana a venire.
Quella mattina,il campanello aveva iniziato a suonare proprio nel momento meno opportuno: Brian era sdraiato fra le lenzuola blu,completamente nudo,una mano affondata fra i capelli di Justin,la cui bocca era chiusa attorno al suo membro svettante,la schiena inarcata sotto le scariche di piacere e i gemiti rochi che gli uscivano dalle labbra dischiuse senza nessun controllo o pudore.
Per un pò avevano provato ad ignorare il suono fastidioso che proveniva dall'ingresso, certi che non ottenendo risposta il visitatore inopportuno se ne sarebbe andato,ma quasi subito era apparso chiaro che la loro speranza era da considerarsi vana.
Justin rialzò la testa e fissò il viso accaldato e sconvolto del compagno.
-Scusa,ma non ce la faccio proprio con questo casino...Non do il meglio di me!-gli disse facendo forza sul gomito destro per tenersi leggermente rialzato.
Brian aveva sospirato frustrato,affondando la testa sul cuscino.
-Sarà di nuovo quella rompipalle di Mrs Fire...Secondo me ha una fissa per te-aggiunse ancora Justin con un lieve sorriso divertito.
-Fanculo-rispose l'altro.
-Era la mia intenzione!Ora che ne dici di andare ad aprire e tornare qui a scoparmi?-
Sospirando di nuovo,Brian si alzò in piedi per poi uscire dalla camera da letto completamente nudo,seguito dallo sguardo affamato di Justin.
-Arrivo!-lo sentì urlare a beneficio dello scocciatore,che non sembrava intenzionato a staccarsi dal campanello.
Justin si sdraiò sul letto,afferrando un cuscino e portandolo sotto la testa,fissando per qualche istante il soffitto color panna sopra di sè:il campanello aveva smesso di suonare.
Magari Mrs Fire si sarebbe scandalizzata trovandosi Brian completamente nudo davanti e se ne sarebbe andata senza fare troppe storie.
-Justin!Abbiamo visite!-
La voce di Brian gli fece corrugare la fronte sorpreso:tutti sapevano che la domenica era una specie di giorno sacro per loro,chi diamine era venuto ad infastidirli?
Si mise a sedere sul letto e,dopo aver indossato il primo pantalone di tuta che trovò a portata di mano,si diresse verso il salotto,bloccandosi non appena vide gli ospiti.
-Mamma!Debbie!-disse con voce leggermente strozzata per la sorpresa.
Sua madre,chiaramente imbarazzata per la presenza adamitica di Brian alla sua destra,gli venne incontro e dopo un'istante di esitazione lo abbracciò.
-Tesoro...-
Il biondo lanciò uno sguardo nella direzione del compagno che,come se fosse la cosa più naturale del mondo,si copriva l'inguine con uno dei cuscini del salotto.
Anche Debbie si avvicinò a lui e,come sempre,gli lasciò lo stampo di un bacio rosso carminio sulla guancia sinistra.
-Che ci fate qui?-domandò Justin quando si staccò dall'abbraccio della madre.
-Beh,vogliamo essere qui quando nascerà la nostra nipotina-spiegò Jennifer.
-La vostra?-chiese Brian certo di aver capito male.
Debbie annuì,lanciandogli uno sguardo noncurante.
-Comincia a farci l'abitudine,perchè la prima parola che voglio insegnare a questa piccola è "Nonna"-rispose battagliera come al solito.
Brian alzò le spalle.
-Ma perchè non ci avete avvisato che sareste arrivate?-domandò ancora Justin,guardando ora la propria madre ora Debbie.
-Per sentirci dire di restare a Pittsburgh?Tesoro sta tranquillo,abbiamo organizzato questo viaggio nei minimi dettagli,non ti accorgerai nemmeno della nostra presenza-rispose Jennifer.
-Beh,veramente...-iniziò Brian,interrotto da uno sguardo del biondo.
-E' veramente una bella idea-disse subito Justin,bloccando la risposta sarcastica del compagno-Che ne dite di una tazza di caffè?Scommetto che sarete stanche del viaggio-disse poi guidando entrambe le donne verso la cucina.
Brian sogghignò chiaramente divertito e Justin lo vide scuotere la testa mentre gli passò accanto per arrivare alla cucina:che si aspettava?
Di certo non potevano restare nell'ingresso con lui completamente nudo!
Quando riapparve nella cucina il moro aveva indosso un paio di jeans blu marine ed una t-shirt nera,e lanciò una maglia a maniche lunghe grigia verso di lui.
-E' rimasto un pò di caffè per me?-domandò poi dando un'occhiata al bricco che il biondo aveva lasciato sul bancone fra sè e la madre.
-La tua tazza è lì sopra-rispose l'altro accennando dietro di sè con un gesto della testa,prima di infilarsi la maglia.
-Che ne dite di pranzare da qualche parte?-propose Justin tornando a guardare le due donne.
-No,tesoro sta tranquillo,non vorremmo disturbare...-disse subito Debbie.
-Oh beh per quello è troppo tardi-fece Brian,la schiena contro il frigo poco distante dagli altri.
-Come si chiama quel posto dove siamo andati con Matt e Sandy?-domandò ancora il biondo,voltandosi verso il compagno,senza tener conto della sua ultima uscita.
-"Il Cammino"?-
Justin annuì,chiaramente soddisfatto e tornò a guardare sua madre e Debbie.
-E' un ristorante fantastico,sono sicuro che vi piacerà...Sarebbe la prima volta da quando ti conosco Deb che ti lasci servire,piuttosto che girare fra i tavoli come al tuo solito-aggiunse poi guardando l'amica di sempre.
-Non vedo l'ora-commentò Brian,le labbra poco distanti dalla tazza.
Justin si alzò e,dopo averlo fissato per qualche istante in silenzio,fece i passi che lo separavano da Brian e gli allacciò un braccio attorno alla vita.
-Non sei costretto a venire se non vuoi...Sono sicuro che Mrs Fire si prenderà ottima cura di te-gli disse poi con un sorriso ironico sulle labbra.
Un suono ironico scappò dalle labbra sottili di Brian,facendo sorridere ancora di più il biondo.
-Fossi in te non lo farei,chi ti ha detto che non riesca a convertirmi una volta di queste?-scherzò.
Le due donne osservarono quel piccolo scambio di battute sempre più sorprese:non erano abituate a vedere i due uomini così in sintonia,così sereni...Era come guardare in una dimensione parallela!
Justin sorrise,con il suo tipico sorriso,prima di allontanarsi da Brian e guardarsi intorno alla ricerca del portatile.
-Allora per quante persone devo prenotare?Per tre o per quattro?-domandò alla fine quando ebbe il telefono nella mano sinistra.
-Perchè non prenoti per sei?Possiamo chiamare Sophia e Janet e farle venire a pranzo con noi...Così ci togliamo subito il pensiero delle presentazioni-aggiunse Brian.
Justin restò pensieroso per qualche istante prima di annuire.
-Un invito a pranzo di domenica!Sicuramente penseranno ad uno scherzo-commentò il biondo componendo il numero.
-Vorrei tanto che lo fosse...-
Il pranzo si rivelò ottimo,sia per le pietanze che per la compagnia:Jennifer e Debbie legarono subito con Sophia e Janet,parlando per gran parte del tempo della vita di Brian e Justin a New York.
Quando Brian aveva aperto loro la porta completamente nudo,le due donne avevano creduto che niente fosse diverso da Pittsburgh,che la loro storia fosse improntata più sul sesso che sull'amore,anche se era innegabile che fosse quello il legame che univa i due uomini;ma le loro convinzioni erano totalmente cambiate quando avevano assistito a quel piccolo scambio di battute nella cucina durante il caffè:non avevano mai avvertito tanta sintonia e complicità, visto tanta serenità nei loro sguardi.
Parlando con Sophia e Janet,Debbie e Jennifer avevano scoperto due persone completamente diverse da quelle che conoscevano,un Brian e un Justin che preferivano passare le serate in compagnia dei loro amici piuttosto che in giro a scopare per locali,che grazie al loro genio artistico erano fra le persone più ricercate nei circoli di New York,ma che centellinavano le loro apparizioni pubbliche.
-Sono fra le persone più generose quando si tratta di donazioni per la ricerca sull'AIDS,ma non lo troverai mai scritto sui giornali...Se c'è una cosa che ho capito in questi due anni che li frequento è che non amano la pubblicità eccessiva,e questo è davvero ironico visto il lavoro di Brian-aveva commentato Janet.
Quando Debbie aveva raccontato a Micheal di quella cena,il figlio aveva fatto davvero fatica a credere alle sue parole:possibile che l'eterno Peter Pan fosse cresciuto?
-Se non l'avessi visto con i miei occhi non ci crederei neanche io tesoro,ma sembra veramente felice-aveva commentato Debbie.
Debbie aveva provato ad affrontare il discorso Micheal più volte sia con Justin che con Brian,ma ogni volta aveva trovato le porte sbarrate.
-Se sei venuta fin qui per perorare la causa di tuo figlio puoi anche risparmiarti il fiato-l'aveva interrotta subito Brian non appena aveva accennato al discorso.
-Non sai quante volte ho provato a fargli cambiare idea,ma sai quanto può essere testardo...-le aveva detto invece Justin quando gli aveva parlato della reazione dell'altro.
-Ma loro due sono amici fin da quando avevano quattordici anni-gli aveva ricordato Debbie.
Il biondo aveva annuito,allontanando per un'istante lo sguardo dal disegno che aveva davanti.
-Già,e questo non ha impedito a Micheal di ferirlo...Sai più volte mi sono chiesto se Micheal non confonda Brian con Rage-
-Che vuoi dire?-aveva chiesto la donna perplessa.
L'altro aveva alzato le spalle.
-Beh parlare con Rage per lui è più facile:è lui l'ideatore dei suoi dialoghi,sa già come risponderà ad ogni battuta,cosa farà nel prossimo fumetto...E' più facile per Micheal comportarsi di conseguenza.
Con Brian invece è diverso:nonostante lo conosca da anni,è ancora convinto che lui sia lo stesso stronzo menefreghista che ha conosciuto da ragazzino...Il problema è che Brian non è più quella persona:anche Brian ha dei sentimenti,profondi quanto quelli di chiunque altro,solo che li tiene nascosti per paura di essere ferito-
Sul viso di Debbie era nato un lieve sorriso,prima che questa gli accarezzasse una guancia.
-Lo difendi sempre,eh Sunshine?-
Justin aveva abbozzato un sorriso.
-Beh qualcuno dovrà pur farlo,no?-
Per la sera di Halloween Brian e Justin erano stati invitati ad una rappresentazione speciale di "Dirty Dancing" e,nonostante Justin fosse riluttante all'idea di doversi sorbire tre ore di canzoni per quello spettacolo,aveva finito per cedere sotto le insistenze di Brian.
-Mi spieghi che cosa ci trovi di tanto interessante in questo spettacolo?-gli chiese mentre era davanti allo specchio del bagno per dare gli ultimi ritocchi alla rasatura.
-Ti ho mai parlato di come ho capito di essere gay?-gli domandò a sua volta il moro,la voce più alta per sovrastare il rumore della doccia.
-Tu e Micheal vi siete fatti una sega su una foto di Patrick Swazye-tagliò corto il biondo.
-Esatto!Devo darti altre spiegazioni?-
Justin sbuffò e si lavò la schiuma da barba dal viso;quando rialzò lo sguardo sullo specchio scorse la figura di Brian uscire dalla doccia ed afferrare uno degli asciugamani bianchi.
-In fondo non abbiamo nient'altro da fare...A meno che tu non voglia passare tutta la sera a fare dolcetto o scherzetto con i bambini del palazzo-ribattè con un'aria chiaramente disgustata.
Justin rise e scosse la testa.
-No,quest'anno posso anche farne a meno...Tanto l'anno prossimo andremo in giro anche noi a fare dolcetto o scherzetto con nostra figlia-gli ricordò.
Brian ghignò e,dopo aver coperto in due passi la distanza fra di loro,lo baciò coprendo tutto il suo labbro inferiore con il proprio.
Il biondo si tese verso di lui e posò entrambe le mani sui fianchi del compagno,andando incontro al suo bacio,nelle narici l'odore del bagnoschiuma.
Riaprì gli occhi e incontrò quelli nocciola di Brian che lo portarono a sorridere senza nessun particolare motivo.
-Ti amo-disse Justin prima di posare di nuovo le labbra su quelle dell'altro per un bacio veloce.
Dopodichè posò la fronte contro quella del moro,chiudendo gli occhi:la sua vita era perfetta,o quasi.
Con l'arrivo di sua figlia avrebbe avuto tutto quello che aveva sempre desiderato nella vita.
Il suono del telefono arrivò a spezzare quell'atmosfera costringendo i due uomini a separarsi; controvoglia,Brian allontanò le braccia dalla vita di Justin e si avviò verso il salotto,seguito a due passi di distanza dal biondo.
-Pronto?Janet...-
Sentendo il nome dell'amica,Justin si bloccò,lo sguardo fisso sul volto del compagno in attesa.
-Quando?Va bene,ci vediamo lì-disse riattaccando e rialzando subito lo sguardo su Justin.
-Ci siamo?-chiese Justin con voce strozzata.
Brian si limitò ad annuire.

 

Era una sensazione strana trovarsi lì,in una corsia d'ospedale in attesa.
L'ultima volta che lo aveva fatto era stato dopo la bomba al Babylon,mentre era in attesa di sapere se Micheal era vivo o morto.
Ma ora era tutto diverso:niente di quello che avevano vissuto fino a quel momento avrebbe mai potuto eguagliare quel momento.
Dopo la telefonata di Janet si erano vestiti in fretta ed avevano fatto una piccola corsa fino al St.Mary Hospital in auto,riuscendo a compiere il breve tragitto in meno di venti minuti.
Dalla macchina avevano telefonato a Jennifer e Debbie che,volendo godere dell'atmosfera di festa,erano andate in giro a fare shopping.
Sicuramente le avrebbero trovate già lì,o almeno le avrebbero raggiunti di lì a poco.
Arrivati alla camera indicata loro dall'infermiera dell'accettazione,Brian aveva bussato frenetico ed era entrato senza attendere la risposta:Sophia era a letto,il viso rosso per via delle contrazioni,mentre Janet era dietro di lei e le sosteneva la schiena
-Eccovi!Jus vieni qui-gli disse Janet con il suo cipiglio un pò militaresco.
Fin da quando avevano scoperto di aspettare un figlio,i quattro avevano stabilito delle regole:sarebbero stati Justin e Sophia ad essere presenti in sala parto,per evitare inutili affollamenti e problemi come era successo fra Mel e Lindz.
Nonostante fosse chiaramente spaventato,il biondo si fece avanti e si avvicinò al letto, accennando un sorriso all'indirizzo di Sophia,ora libera dalla contrazione.
-Non hai idea di quanto ti odi in questo momento-gli sibillò facendo uscire le parole fra i denti.
Brian accennò un sorriso che contagiò anche Janet e che ebbe il potere di far rilassare Justin che,dopo aver preso un respiro profondo,si arrampicò sul letto dietro Sophia nella stessa posizione che aveva prima Janet,sistemando le braccia attorno alla vita dell'amica.
-Ora sono qui...Potrai odiarmi di persona-le disse strappandole un sorriso e allontanandole i capelli sudati dal viso,ravviandoli dietro l'orecchio sinistro.
Neanche pochi istanti e Sophia cercò la sua mano perchè l'aiutasse a sfogare il dolore di una nuova contrazione.
Janet si fermò accanto a Brian ed entrambi fissarono i due "genitori" per qualche istante prima di fissarsi a vicenda.
-Che ne dici di un caffè?-domandò Janet all'uomo.
Brian annuì.
-Sì ed ho bisogno anche di una sigaretta-ammise-Noi siamo qui fuori...Urlate se avete bisogno di noi-aggiunse poi rivolto a Justin e Sophia,che sembravano aver dimenticato la loro presenza nella stanza.
Si richiusero la porta alle spalle e si avviarono sulle scale antincendio per fumare una sigaretta.
-Questa è la cosa che mi infastidisce di più-commentò Janet all'improvviso fra una boccata e l'altra.
-Già anche io penso sia assurdo che non si possa fumare negli ospedali-convenne tirando una nuova boccata dalla sua sigaretta.
La donna scosse la testa.
-No...Mi da fastidio non poter essere lì con loro.
In fondo siamo anche noi i suoi genitori,abbiamo gli stessi diritti,no?-gli domandò fissando il suo volto.
Brian alzò le spalle e tirò sul con il naso.
Janet aveva ragione:anche se non lo avrebbe mai ammesso con anima viva,avrebbe pagato oro per assistere alla nascita di sua figlia.
Ma sapeva bene quali erano i limiti...
-Quando è nato mio figlio io avevo appena conosciuto Justin e tutto quello che mi interessava era scoparmelo.
Poi è arrivata la telefonata della nascita di Gus e siamo corsi in ospedale.
Di quella notte ho solo ricordi vaghi...ero completamente fatto-ricordò.
Janet sorrise chiaramente divertita,facendo sorridere anche Brian.
-Invece adesso sono qui,in attesa di conoscere mia figlia,perfettamente lucido e sobrio...E' già un bel passo avanti,non credi?-le domandò.
L'amica annuì comprendendo il suo punto di vista.
Finita la sigaretta rientrarono nel corridoio trovando ad aspettarli Jennifer e Debbie,circondate da pacchi e pacchetti,insofferenti all'attesa quanto loro.
Si sedettero su due delle scomode sedie sistemate nel corridoio e restarono in attesa.
Il tempo si trascinò lento,allungando i secondi,i minuti e le ore;impaziente Brian uscì a fumare altre due sigarette e fece tre viaggi al distributore per portare caffè alle tre donne.
Fu proprio di ritorno dalle sue pause sigaretta che si accorse di tre figure nuove,ferme in attesa accanto ai sedili.
Riconobbe subito di chi si trattava.
Si fermò a qualche metro di distanza,lo sguardo fisso sull'uomo finchè questo non voltò la testa verso di lui fissandolo a sua volta,iniziando a muoversi poi verso di lui.
L'attenzione di tutto il gruppo ora era focalizzata su di loro,in quell'atmosfera ovattata che precede lo scoppio di una tempesta.
-Che ci fai qui?-gli domandò quando si trovarono a due passi di distanza.
L'altro alzò le spalle.
-Sono venuto a conoscere la mia figlioccia,no?-rispose come se fosse la cosa più ovvia del mondo.
Brian guardò Micheal con aria sospettosa lo vide accennare il suo solito sorriso,quello che usava sempre per chiedergli scuse.
-Sempre che lo sia ancora...-aggiunse poi titubante.
Il moro sospirò e fece per parlare,quando la porta della stanza di Sophia si aprì e sentì qualcuno chiamare il suo nome.
Con la mente completamente svuotata da ogni pensiero,Brian fece i pochi metri che lo dividevano da quella stanza ed entrò,seguito da Janet.
Alzò lo sguardo verso Justin e quando lo vide in lacrime il suo primo pensiero fu che fosse successo qualcosa alla bambina,facendo aumentare i battiti del cuore neanche questo volesse uscirgli dal petto.
Guardò così verso Sophia,attorno a cui si aggiravano un medico ed un infermiera,e solo quando quest'ultima si fu allontanata dall'amica,riuscì a vedere il piccolo fagotto che Sophia stringeva contro il petto.
Non vide nulla a parte la coperta con cui era avvolta,ma per il momento non gli importava:lei era lì.
Sua figlia,la figlia che avrebbe cresciuto con Justin era lì.
La mente gli si svuotò e per qualche secondo restò imbambolato con lo sguardo fisso sulla neonata,finchè l'abbraccio di Justin non lo riscosse:lo sentì avvolgergli le braccia attorno alla vita e l'attimo dopo lui fece lo stesso,aggrappandosi a lui,portando lo sguardo sul compagno.
Le sue guance erano bagnate di lacrime,ma per una volta non aveva nessuna battuta sarcastica o ironica,per una volta non trovava patetico quello spettacolo.
Gli asciugò la guancia sinistra con il pollice e gli sorrise,trovando stranamente doloroso muovere i muscoli facciali.
-Congratulazioni papà-gli disse.
Justin rise e gli si strinse contro,dandogli un piccolo bacio sulle labbra prima di nascondere il viso nella sua spalla,di nuovo in lacrime;Brian sentì pizzicare le lacrime agli angoli degli occhi e a sua volta si nascose alla vista degli altri poggiando la fronte sulla spalla di Justin.
Dopo qualche istante si separarono e Justin lo guidò verso il letto di Sophia:con cautela sollevò la piccola e gliela tese.
-Attento alla testa-disse con voce ancora roca per le lacrime.
C'erano state poche occasioni nella vita di Brian per incontrare il "vero amore":una era stato l'incontro con Justin,un'altra sicuramente la nascita di Gus,e ancora l'amicizia di Lindz lo aveva fatto sentire amato in momenti in cui tutti sembravano odiare anche solo la sua vista.
Ma quando posò lo sguardo sul piccolo viso davanti a sè capì che l'amore lo aveva colpito un'altra volta.
L'unica cosa che riusciva a vedere di lei era il suo volto:le sopracciglia bionde che conferivano un'aria elegante al piccolo viso,gli occhi socchiusi per combattere il riverbero della luce artificiale e la piccola bocca a cuore che già assomigliava a quella di Justin.
Brian deglutì nervoso e sorrise prima di rialzare lo sguardo su Justin,che lo osservava con occhi lucidi.
-Dovremmo farla vedere anche agli altri-disse poi il biondo.
Brian annuì e insieme si avviarono verso la soglia della stanza,fermandosi lì,per evitare che le correnti fredde del corridoio facessero male alla piccola appena nata.
Non appena li videro arrivare tutti si alzarono in piedi,neanche fossero un unico blocco, e si mossero velocemente verso di loro: Debbie e Jennifer si commossero non appena videro il volto della bambina.
-Oh Cristo!La mia prima nipotina!-commentò Jennifer.
Justin sorrise,sorpreso dall'intercalare della madre e scosse la testa.
-Avete già deciso il nome oppure dovete concordarlo con Sophia e Janet?-chiese Debbie curiosa.
Il biondo scosse la testa.
-Victoria-annunciò.
Lo sguardo dei loro amici e parenti si fissò su di loro,ancora poco sicuri di aver sentito bene, facendo sorridere di nuovo Brian.
-Victoria Jennifer Deborah Kinney-Taylor-precisò poi Brian guardando ora la bambina ora il gruppo.
Debbie,ormai in lacrime,allungò le braccia e strinse Justin in un abbraccio mozzafiato.
-Oh tesoro...-si limitò a dire mentre l'uomo lanciava uno sguardo al compagno che sorrideva divertito.
Brian alzò lo sguardo e incontrò quello di Micheal,trovandolo lucido e pieno di lacrime:era quella la reazione che si era aspettato di ricevere cinque mesi prima.
Come al solito il suo migliore amico non lo deludeva mai...Anche se alle volte impiegava più tempo del necessario a capire le cose.
Micheal si fece avanti e gli si mise a fianco guardando Victoria con un sorriso emozionato.
-Victoria Kinney-Taylor-disse poi per abituarsi al suono.
Brian annuì,lo sguardo sulla figlia mentre un pensiero gli attraversava veloce la mente.
-La mia piccola Little Sunshine-

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 11
*** In the city of blinding lights(prima parte) ***


in the city of the blinding lights

 

 

Faceva caldo in quel piccolo cubicolo.
Più caldo di quanto ti aspetteresti di sentire in una giornata di ottobre a New York.
Forse era solo una sua impressione,ma si sentiva più accaldata ora di quanto si fosse sentita fino a poco prima sulla pista da ballo schiacciata dalla folla.
Le luci azzurrine che coloravano l'ambiente ammantavano quel momento di irrealtà,come se fosse soltanto un sogno da cui si sarebbe svegliata fra poco,ma i rumori di sottofondo non le facevano perdere il contatto con la realtà...E probabilmente era proprio per questo che si trovava lì.
Fra le sue braccia.
Riaprì gli occhi e mosse leggermente il viso verso destra,incontrando due occhi nocciola che la fissarono leggermente annebbiati.
Deglutì cercando di non far vincere la paura,che fino a quel momento era riuscita a tenere sotto controllo,e avvicinò il viso a quello del ragazzo.
Appoggiò le labbra su quelle arrossate di lui e lasciò che questi le circondasse il labbro inferiore,aprendo subito la bocca per far incontrare le loro lingue.
La vita era davvero strana:fino a una settimana prima non aveva la minima idea di come si baciava un ragazzo e neanche ventiquattro ore prima l'avevano definita un'esperta.
Assecondando i movimenti delle sue labbra,lei si lasciò scappare un piccolo gemito di gola, prima di allacciare un braccio attorno ai fianchi stretti e l'altro attorno alle sue spalle, attirandolo contro di sè.
Una mano risalì fino al suo collo,affondando poi fra i riccioli biondi,ormai irrimediabilmente scompigliati e per qualche istante il suo bacio divenne più duro,quasi stesse cercando di imporre la sua supremazia su di lei.
Non volendo dargliela vinta,la ragazza allontanò le labbra dalle sue e chinò leggermente il capo,finchè non le posò sul collo,poco distante dalla mascella squadrata e perfetta,seguendone il profilo con la punta della lingua e le labbra.
Sentiva una mano vagabonda di lui accarezzarle i fianchi e la schiena,chiaramente interessato al suo sedere,ma ancora indeciso se prendersi tanta confidenza così presto...Era già tanto che fossero chiusi in quel bagno!
Ma lui non era l'unico ad essere curioso...
Così con la ferma decisione di seguire l'istinto,mettendo da parte tutte le insicurezze e le paure,lei rialzò la testa dal suo collo,mentre la mano sinistra accarezzava il torace teso e modellato che si nascondeva sotto la camicia bianca,prima di afferrare con due dita il primo bottone e liberarlo dall'asola.
Un ghigno malizioso e compiaciuto apparve sul volto del ragazzo,solo per quel gesto,prima che riavvicinasse il viso a quello di lei e cercasse di nuovo le sue labbra,assaporando la sua bocca con la propria.
Aprì soltanto i primi tre bottoni,prima che le mani della ragazza scivolassero al di sotto della camicia e accarezzassero i muscoli in rilievo del torace e degli addominali,interrotta da un gesto fulmineo ed inaspettato di lui che la portò con la schiena contro la porta del cubicolo.
Il corpo del ragazzo quasi completamente contro di lei.
Quella vicinanza,quella sensazione era qualcosa che da assaporare per bene,da imprimere nella mente e ricordare per sempre,anche quando quel momento di pazzia fosse finito.
Sentì chiaramente l'erezione di lui premerle contro la coscia destra,nonostante i jeans che indossava;un gomito posato contro la porta all'altezza della testa di lei,il ragazzo fissò lo sguardo in quello di lei,perdendosi in quelle pozze di cielo che erano i suoi occhi.
-Mi farai finire nei guai...-le disse in un sussurro roco avvicinandosi a lei.
La ragazza sorrise e,invece di abbassare lo sguardo come voleva fare,allacciò un braccio attorno alle spalle larghe di lui.
-Quello che succede a New York,resta a New York...-gli disse ricordandogli una frase che sembrava essere diventata il motto di quella vacanza,prima di posare un bacio veloce sulle sue labbra.
Lui trattenne la sua bocca approfondendo quel bacio,una mano sulla schiena della ragazza per sollevarla e attirarla contro di sè,mentre l'altra mano scivolava velocemente lungo il fianco sinistro fino ad arrivare alla gamba,che l'aiutò a piegare e che portò contro il proprio fianco.
Sentì una mano scendere sul suo top nero,seguendo il contorno del seno sinistro e accarezzando il capezzolo chiaramente visibile nonostante il tessuto,e sotto quelle attenzioni,lei inarcò la schiena contro di lui spingendo il proprio bacino contro quello del ragazzo.
Neanche una vergine come lei avrebbe potuto fraintendere le intenzioni di Gus...Non venendo a contatto con la sua eccitazione...
Mentre la sua mano si insinuava lenta sotto la minigonna nera,con gli occhi chiusi, completamente avvinghiata a lui,Vic diede ascolto per qualche istante alla parte ancora razionale del suo cervello:dov'erano finiti tutti i buoni propositi che l'avevano portata a tenerlo a distanza per giorni fino alla sua partenza per New York?
Aprì gli occhi e fissò i pochi metri quadrati in cui si trovavano:aguzzando l'udito poteva sentire altre coppie nella loro stessa situazione,il rumore di uno scarico che veniva premuto e una conversazione fuori,vicino ai lavatoi,di cui non riusciva a cogliere le parole.
Ma che accidenti stava facendo?
-Fermo!-

 

CINQUE GIORNI PRIMA


-Hai preso tutto?-
Era l'ennesima volta che le faceva quella domanda,ormai aveva smesso anche di rispondergli!
-Passaporto?Portafogli?Spray al peperoncino?-elencò imperterrito suo padre.
-Sì,sì e sì,anche se devo dire che quella è davvero l'ultima cosa di cui ho bisogno!
Credi davvero che se volessero derubarmi li fermerebbe lo stick dello spray al peperoncino?- domandò la ragazza voltandosi verso il padre.
Ogni volta che doveva prendere l'aereo per andare a New York si ripeteva la stessa scena: mentre lei continuava a riempire la propria borsa sul letto,cercando di non portarsi dietro cose inutili o ingombranti,suo padre le ronzava attorno come una mosca fastidiosa che non riusciva a fare a meno di darle fastidio con i suoi consigli inutili!
Non era la prima volta che andava a New York,ci aveva anche vissuto per i primi tre anni della sua vita,davvero suo padre credeva che aveva bisogno di queste insulse raccomandazioni?
Sapeva bene quanto lei che se qualcuno voleva rapinarla o farle del male non lo avrebbe fermato ne lo spray al peperoncino ne urlare a squarciagola,ma avrebbe fatto meglio a restare immobile e lasciare che il ladro le portasse via il cellulare e la borsa senza fare storie.
Almeno in quel modo avrebbe avuto salva la vita!
-Beh,forse non sarà di grande utilità,ma mi farà stare più tranquillo sapere che l'avrei sempre con te-ribattè il padre.
Vic scosse la testa:dov'era Brian quando aveva bisogno di lui?
-Dov'è papo?-chiese infatti guardando verso la porta,neanche sperasse di vederlo comparire per magia sull'uscio della sua stanza.
-E' da Gus al loft.Viene a prenderti tua madre?-le domandò poi l'uomo cambiando argomento.
Vic scosse la testa.
-No,verranno Janet e Georgia,mamma aveva un'incontro importante con David Selzman,sai quel nuovo artista?-gli spiegò provando un basco violetto davanti allo specchio a figura intera.
-Sempre la solita stacanovista-commentò l'uomo per nulla risentito.
Lei sorrise e,dopo essersi tolta il cappello,si voltò verso il padre con un sorriso ironico sul volto.
-Possibile che ogni volta che vado a New York ti preoccupi di più?-gli domandò chiaramente divertita.
Suo padre la fissò qualche secondo prima di sorridere a sua volta e passarsi una mano fra i capelli corti.
-Beh,altrimenti che padre apprensivo sarei?Inoltre ogni volta che vai a New York aumentano i rischi-le chiese a sua volta.
Vic sospirò e tornò verso la valigia per infilarvi dentro il cappello e controllare di non aver dimenticato nulla.
-Papà,ti prego non dirmi che adesso inizierai con le lezioni sul sesso sicuro perchè veramente mi metto ad urlare-lo avvertì.
-Tesoro so che mi odi,e credimi neanche a me piace fare quel genere di discorsi,ma che padre sarei se lasciassi correre?-le domandò facendo un passo verso di lei.
-Un padre normale?-
Justin sorrise leggermente divertito da quelle parole,prima di annuire.
-Esatto,e sia tu che io sappiamo che non lo sono...Quindi ora chiudi il becco e ascolta quello che devo dirti-aggiunse poi con quello che sperò essere un tono più autoritario.
Vic sospirò e si sedette sul poco spazio lasciato libero dalla valigia,lo sguardo sul volto di suo padre.
-Ok,senti,io ascolterò tutta la tua predica però ho bisogno di sapere di cosa hai davvero paura...-gli domandò poi,bloccandolo prima che potesse parlare.
Justin alzò le spalle.
-Di tutto.
Ormai hai sedici anni,sei una ragazza bellissima e New York è una città piena di pericoli per le ragazze come te-
-Oh andiamo,non siamo mica negli anni Settanta:non vado nel Greenwich Village a rintronarmi di erba!Vado a trovare la mamma!-gli ricordò.
Suo padre la fissò per qualche secondo,cercando le parole adatte per farle capire quello che intendeva davvero,poi fece i pochi passi che la dividevano da lui e le afferrò un polso portandola ad alzarsi in piedi accanto a lui.
Vic aggrottò la fronte,chiedendogli spiegazioni con lo sguardo,ma suo padre restò in silenzio,e la guidò davanti allo specchio,sistemandosi alle sue spalle.
-Cosa vedi?-le domandò.
-Che domanda mi fai?Vedo noi due-ribattè lei cercando di dare un senso allo strano comportamento dell'uomo.
Justin annuì.
-Vuoi sapere cosa vedo io?
Io vedo mia figlia:una bellissima ragazza,nel pieno del suo splendore,dall'aria ingenua,ma allo stesso tempo provocante,e credimi niente è più intrigante di questo per gli uomini,con uno sguardo che farebbe cadere ai propri piedi ogni ragazzo o uomo lei volesse nel raggio di cinque chilometri-
Sul viso di Vic si disegnò un'espressione scettica,che portò Justin a scuotere la testa.
-Credimi tesoro,non sto scherzando!Ti basterebbe sbattere le ciglia per avere chiunque tu voglia e fidati parlo per esperienza-rispose poi.
-Non mi pare che tu abbia conquistato papà soltanto sbattendo le ciglia-gli fece notare lei.
Justin scosse la testa.
-No,non l'ho fatto,mi è bastato soltanto appoggiarmi ad un palo della luce fuori dal Babylon perchè lui mi notasse e non volesse più lasciarmi andare...-
-Evviva la modestia!-commentò una voce alle loro spalle.
Vic si voltò e sorrise,allontanandosi dal padre e andando incontro a Brian che,con un sorriso ironico se ne stava sulla soglia e scrutava la sua stanza.
-Grazie al cielo sei qui!Diglielo anche tu che non c'è bisogno di essere così apprensivi-gli disse fermandosi accanto al moro e allacciando un braccio attorno al suo.
Lui si produsse in uno dei suoi ghigni caratteristici e lanciò uno sguardo al marito.
-A che livello di pazzia è arrivato?-domandò guardando la figlia,come se Justin non fosse lì nella stanza con loro.
-Stava per farmi un discorso sul sesso sicuro!Ti rendi conto?-gli domandò ancora incredula.
Il ghigno sulla bocca di Brian si allargò illuminando anche i suoi occhi nocciola.
-Avevi intenzione di insegnarle come si infila un condom?-chiese poi guardando il marito.
-Brian!-esclamò il biondo con un espressione sorpresa sul volto.
-Al tuo posto avrei aspettato almeno i diciassette anni-commentò ancora il moro.
-Beh prima è meglio è,no?-replicò l'altro.
Brian annuì,succhiandosi il labbro inferiore.
Vic scosse la testa e si allontanò anche da Brian,tornando di nuovo verso il letto.
-La volete smettere con questi discorsi o volete che cresca più traumatizzata di quanto già non sia?-chiese prendendoli in giro.
-Già immagino sia stato davvero traumatizzante rinunciare alla tua terza testa...-commentò ironico Brian facendola sorridere.
Justin sospirò e andò a sedersi sul letto,la valigia a dividerlo dalla figlia.
-Riuscite ad essere seri per almeno due minuti?-chiese guardando ora Vic ora Brian.
Il moro fece una smorfia accondiscendente e si avvicinò alla scrivania per essere a portata d'orecchio.
Ma l'ultima cosa di cui Vic aveva bisogno era un discorso sul sesso sicuro;così si alzò in piedi e si fermò davanti al padre,le mani su entrambe le spalle dell'uomo.
-Papà ascolta:ti prometto che starò alla larga da tutte le droghe possibili ed immaginabili,che non farò tardi la sera e che se anche dovessi partecipare a qualche festa durante questa settimana,cercherò di stare attenta a non esagerare con gli alcolici e tornerò ad un'orario decente...-iniziò lei.
-Che intendi per orario decente?-chiese subito il biondo.
Vic sbuffò e alzò per qualche istante gli occhi al cielo,prima di tornare a guardare il padre.
-All'una?-tentò.
-A mezzanotte-ribattè pronto Justin.
-Come una moderna Cenerentola...-commentò Brian a mezzavoce.
Justin fulminò il compagno con lo sguardo e questo,consapevole d'aver sbagliato a fare quella battuta,si portò una mano alla bocca facendo il gesto di tapparla.
-Ok,va bene,a mezzanotte!-accordò Vic-Se serve a farti stare più sereno-aggiunse poi.
Il biondo fissò la figlia per un paio di secondi prima di accennare un sorriso.
-Chi l'avrebbe detto che mi sarei ridotto così...-commentò parlando più a sè stesso che a sua figlia.
Vic gli rispose con il suo stesso sorriso diede una stretta alla mano posata sulla spalla sinistra.
-Oh,vedrai che è una situazione passeggera...
E' solo che qualche volta i geni apprensivi di nonna Jennifer prendono il sopravvento su di te-gli disse scherzando.
Il sorriso sul volto di Justin divenne più vivido mentre l'uomo si alzava e poggiava un braccio sulle spalle della figlia.
-Vuoi portarti anche lui Little Sunshine?Immagina come sarà la mia vita questa settimana: dovrò sopportare le sue apprensioni,le sue preoccupazioni e le sue insofferenze...Praticamente passerò il mio tempo con Emmett!-commentò Brian facendo ridere la ragazza.
-Perchè credi che scappi dalla mamma?-scherzò lei di rimando.
-Tu continua così e vedrai che uno di questi giorni riceverai la lettera di divorzio!-disse Justin rivolto a Brian,prima di tornare a guardare la figlia-E tu...Vedi di non farmi cambiare idea su questo viaggio!-minacciò ben sapendo di essere poco credibile.

 

NEW YORK

Vic trascorse il primo giorno sereno.
Ad attenderla all'aereoporto con un grande cartello di benvenuto,come promesso,c'erano la zia Janet e Georgia,che la soffocarono in un abbraccio non appena la videro uscire dagli arrivi internazionali,senza curarsi degli sguardi che gli altri passeggeri del volo per Toronto lanciavano loro.
Caricati i bagagli in macchina,le tre donne si erano dirette alla galleria d'arte di sua madre,non senza prima essersi fermate a prendere un milkshake alla vaniglia nel loro Cafè preferito.
Una volta alla galleria,Vic aveva trovato sua madre ancora immersa nelle "discussioni artistiche",come le chiamava lei,con un uomo alto e dalla corporatura massiccia,il cui mento era seppellito sotto una folta barba castana,che lei immaginò essere David Selzman.
Sua madre si allontanò dall'uomo soltanto il tempo necessario per darle un abbraccio e per chiederle se il volo era stato piacevole,prima di salutarla con la promessa che avrebbero parlato di più una volta a casa.
-Sta tranquilla,abbiamo una settimana per rifarci del tempo perduto-l'aveva rassicurata Vic, prima di salutarla e seguire Georgia fuori dalla galleria.
Una volta a casa,remore delle ultime parole che si era scambiata con il padre prima di salire sull'aereo,aveva chiamato i suoi genitori per rassicurarli sul fatto che era arrivata sana e salva a New York e,soprattutto,che dopo un giro intero passato da sola per quelle strade pericolose, fosse ancora viva e in perfetta salute.
Ma capì subito,non appena sentì la voce dall'altra parte della cornetta,che aveva interrotto qualcosa...E che i suoi genitori non sentivano certo la sua mancanza.
Pensare che avevano fatto tante storie prima della sua partenza!
-Vic,non mi aspettavo di sentirti così presto-le disse suo padre.
-Ma se sei stato tu a chiedermi di telefonarti prima possibile-gli aveva ricordato lei.
-Ah davvero?Scusami tesoro mi è passato completamente di testa...Tutto bene,vero?-le aveva domandato prima di sospirare nella cornetta,facendo soffiare la cornetta.
Vic capì che era inutile rispondergli,tanto non le sembrava molto lucido al momento...
L'attimo dopo sentì un fruscio e al posto di suo padre le arrivò la voce di Brian.
-Little Sunshine?Ciao,ascolta,non dar retta alle paranoie di tuo padre...Divertiti e salutaci le lesbiche-le aveva detto in un sospiro.
Conoscendolo Vic sapeva che le avrebbe attaccato il telefono in faccia di lì a qualche secondo,così lo richiamò ad alta voce per attirare la sua attenzione.
-Sì Little Sunshine?-aveva chiesto Brian dall'altra parte del telefono.
-Potreste,per favore,evitare di lasciare tracce della vostra...vacanza-aveva improvvisato senza sapere bene come chiamarla-al mio ritorno a casa?-
-Puoi contarci Little Sunshine-l'aveva rassicurata Brian,senza neanche bisogno di chiederle spiegazioni o al contrario provare a smentire le apparenze,come avrebbe fatto chiunque al suo posto.
Una volta tornata a casa sua madre aveva voluto essere aggiornata su tutto quello che le era successo negli ultimi mesi,con un'attenzione particolare alle nuove amicizie che aveva sviluppato a Toronto,i suoi studi e come stava affrontando il cambiamento da una nazione all'altra.
-All'inizio credevo che non mi sarei mai abituata,che nonostante le sue tante pecche mi sarebbe mancata Pittsburgh...
Ma mi sono ricreduta molto presto:ho incontrato Rhyes e Carly e grazie a loro ho fatto amicizia con altri ragazzi al liceo e sono entrata a far parte della redazione del giornalino scolastico.
Poi ovviamente c'è sempre Hunter che si prende cura di me-aveva aggiunto con un sorriso affettuoso nel nominare l'amico.
-Già,credo che il tuo futuro marito sarà molto geloso della vostra intimità:a vedervi insieme sembrate due amanti-aveva commentato sua madre.
Vic l'aveva fissata con aria stupita:ma come le veniva in mente?
Hunter la conosceva dalla nascita,la sola idea di considerarlo diversamente dal suo migliore amico era impensabile.
-Mamma!-l'aveva rimproverata.
-Tesoro non dirmi che non te ne eri mai accorta?Io ho sempre pensato che avessi una specie di cotta segreta per lui...Altrimenti come spieghi questo bisogno di raccontargli sempre tutto quello che ti succede?-le aveva chiesto ancora sua madre.
-Perchè è il mio migliore amico?-aveva detto la ragazza.
Sua madre aveva alzato le spalle,non del tutto convinta di quelle parole,lasciandole capire con quel gesto che per il momento era disposta a lasciar cadere l'argomento ma che l'avrebbero affrontato di nuovo il prima possibile.
Ma quando erano andate a letto,Georgia aveva rimpiazzato la madre con la propria curiosità.
-Ok forse Hunter non è la persona che ti interessa veramente,ma ti conosco e so che mi nascondi qualcosa-le aveva detto non appena si erano chiuse la porta della camera alle spalle.
Per qualche istante Vic era stata tentata di minimizzare e dirle che era tutta una sua fantasia, un volo della sua immaginazione,ma poi non ebbe il cuore di farlo:lei e Georgia passavano già così poco tempo insieme,sarebbe stato crudele non renderla partecipe della sua vita.
Così le raccontò del primo incontro con lo sconosciuto che poi aveva scoperto essere Gus,il figlio di Brian,passando poi a raccontarle di Matt e di come si sentisse combattuta fra i due ragazzi.
-Cavolo!Possibile che le fortune capitano tutte a te?-le aveva chiesto la sorella con una punta d'invidia nella voce.
Vic aveva sorriso e le aveva tirato addosso un piccolo cuscino che ornava il suo letto.
-Scema!Questa è una situazione che non auguro a nessuno:non so veramente cosa fare;da una parte c'è Matt,che mi ha fatto capire fin dal primo momento in cui ci siamo incontrati di essere interessato a me,e dall'altra... -aveva detto lasciando la frase a metà.
-Dall'altra?-l'aveva incalzata la sorella.
Vic aveva sospirato.
-Dall'altra c'è Gus,che mi fa incazzare ogni volta che ci troviamo nella stessa stanza,ma allo stesso tempo mi fa schizzare il cuore in gola-le aveva confessato,sentendosi idiota per quelle parole tipicamente adolescenti.
Sua sorella l'aveva fissata per qualche secondo incerta prima di annuire.
-Ok,d'istinto se dovessi dirmi chi vorresti qui con te in questo momento,chi sceglieresti?-le aveva chiesto cercando i suoi occhi.
Vic aveva sospirato e,nei pochi secondi di silenzio prima della risposta,fece scrocchiare le nocche della mano destra,un gesto l'aiutava a riflettere.
-Forse Gus,perchè abbiamo talmente tante cose in sospeso...Tante questioni ancora da chiarire...-aggiunse poi.
Georgia aveva annuito.
-Chi lo sa,magari grazie allo spirito della festa,il tuo desiderio si realizzerà...-

 

Di ritorno da un giro per negozi,Victoria e Georgia decisero di passare per la galleria d'arte e fare un saluto alla madre.
Magari,se la donna non fosse stata troppo impegnata,sarebbero riuscite a convincerla ad allontanarsi il tempo necessario per mangiare qualcosa insieme.
-Mamma siamo noi!-disse Georgia aprendo la porta di vetro infrangibile della galleria e incamminandosi con disinvoltura per i locali.
Le due ragazze,fin da quando erano lattanti consideravano quel posto il loro parco giochi dato che la madre,troppo impegnata con il lavoro ed impossibilitata ad accompagnarle in un vero parco,stendeva una coperta in un'angolo appartato del parquet e le sistemava lì con i loro giocattoli in modo da non perderle mai di vista.
Vic,chiuse la porta e seguì la sorella lasciando i vari pacchetti accanto all'entrata,lanciando un' occhiata ai quadri che in quel momento erano in esposizione.
-Mamma!-chiamò ancora Georgia.
Pochi istanti ed un rumore di passi si sentì dal corridoio più lontano della galleria,sempre più vicino,finchè sua madre non si palesò davanti a loro.
-Ragazze...Giornata di shopping selvaggio?-disse indicando le borse che Georgia teneva ancora in una mano prima di avvicinarsi e darle un bacio fra i capelli.
-Macy's ha dei saldi pazzeschi,dovresti approfittarne-le disse la ragazza per nulla preoccupata.
Vic sorrise e si avvicinò alle due per salutare la madre.
-Siamo venute per invitarti a pranzo-le disse poi.
Fu proprio in quel momento che una figura uscì dal corridoio da cui poco prima era apparsa sua madre.
Fermo a pochi passi di distanza da sua madre,Gus la fissava con un'accenno di sorriso a stirargli le labbra sottili.
Che accidenti ci faceva lì a New York?No, quello le interessava relativamente,che ci faceva lì nella galleria d'arte di sua madre?
-Gus,ciao...-disse per non sembrare scortese,anche le sue parole suonarono leggermente strozzate.
Sentì su di sè lo sguardo di Georgia,chiaramente curioso,prima che questo corresse a posarsi su Gus.
-Victoria-la salutò con un leggero cenno del capo.
Era una sua impressione o nella voce c'era un'accenno di ironia?
-Georgia,tesoro,lui è il figlio di Brian,il marito di tuo padre.
Gus lei è la sorella di Vic-disse sua madre facendo le presentazioni.
Il ragazzo rivolse a Georgia un vero sorriso,mettendo in mostra leggermente i denti,e le tese la mano che Georgia strinse dopo un'istante di esitazione.
-Piacere di conoscerti;sapevo che lo zio Jus aveva un'altra figlia,ma non immaginavo fosse così grande-disse parlando più con la loro madre che con le due ragazze.
-Stai per caso insinuando che sono vecchia?-domandò la donna con un sorriso ironico.
Gus scosse la testa ghignando.
-Per me resterai sempre la stessa,lo sai.
Credo che anche fra trenta,quarant'anni ricorderò sempre le volte che facevamo il falò sul tetto del tuo palazzo-ricordò.
Sophia rise e posò una mano sulla spalla sinistra del ragazzo,in un gesto complice che fece indispettire Vic.
Possibile che quel ragazzo fosse sempre fra i piedi?
Poteva capire il rapporto speciale che c'era fra lui ed i suoi genitori,visto che Brian era suo padre,ma perchè doveva avere dei ricordi anche di sua madre?
Lei non aveva quel tipo di rapporto con Mel e Lindz,quasi non sapeva distinguerle l'una dall'altra!
-Allora mamma pranzi con noi o no?-chiese tornando a guardare la madre con aria indispettita.
La donna tornò a guardarla e alzò le spalle.
-Sì certo perchè no?Però dobbiamo restare qui,magari andiamo a prendere qualcosa dal take-away cinese all'angolo.
Gus tu resti con noi?-domandò poi guardando il ragazzo alla sua sinistra.
Vic si accorse dello sguardo fulmineo che le aveva lanciato,ma decisa a non dargli soddisfazione,allontanò il suo posandolo su uno dei quadri appesi alla parete alla sua destra.
-Come potrei rifiutare?-gli sentì dire poi.
Sentì il mugugno compiaciuto che sua madre emetteva sempre quando qualcosa andava secondo i suoi piani e quando riportò lo sguardo su di lei,la vide passarle accanto e avvicinarsi al bancone dietro il quale erano conservate le brochure,da dove si azionava il sistema d'allarme e dove sua madre custodiva tutte le sue cose personali.
Con passi lenti,seguita da Georgia e poi da Gus,Vic le si avvicinò e la vide prendere il portafogli dalla borsa e tirare fuori una banconota da cinquanta dollari.
-Ci pensate voi?Mr Wong sa cosa ordino di solito, basta che gli dici che è per me,poi ordina tutto quello che volete-disse dando i soldi a Vic.
La ragazza annuì e si voltò verso Georgia,che sembrava impegnata a studiare una brochure su una mostra sugli Impressionisti.
-Tu vieni con me?-le domandò.
-Forse è meglio che resti qui...Sai tutta quella puzza di fritto mi si attacca ai vestiti e ai capelli- le disse con una smorfia.
-E come pensi che riesca a portare tutto da sola?-le domandò Vic implorandola con lo sguardo.
Sapeva benissimo qual'era il gioco di Georgia,cosa stava cercando di fare,ma non glielo avrebbe permesso!
Ma inevitabile arrivò la frase che segnò la sua sconfitta.
-Se vuoi posso accompagnarti io-le disse Gus.
Lei lo guardò e per qualche secondo i due si limitarono a fissarsi,ingaggiando una silenziosa lotta agli sguardi per stabilire chi fosse il più forte.
-Credi di farcela da sola?E poi ho bisogno di avere il menù davanti per fare una scelta-le disse ancora lui schiacciando così ogni sua resistenza.
Vinta,Vic sospirò e fece un cenno con la testa.
-E va bene...Fa come ti pare-
Gli voltò le spalle e si avviò verso la porta della galleria,senza preoccuparsi della possibilità che lui non la stesse seguendo.
Perchè era lì?
Era andata a New York con la speranza di allontanare la mente dai problemi,di rilassarsi per una settimana,ed invece i problemi l'avevano seguita fin lì.
Ora che altro sarebbe successo?
Per qualche minuto camminarono uno davanti all'altra nel più completo silenzio,Vic troppo impegnata a macerarsi nelle sue domande e Gus completamente indifferente di quello che la ragazza stava pensando.
Svoltarono un'angolo,allontanandosi dal caos della strada principale e alzando lo sguardo lei riuscì ad intravedere la loro destinazione.
Gus affrettò il passo e le sistemò accanto,sulla destra.
Vic poteva sentire la sua presenza,il braccio che sfiorava inavvertitamente quello del ragazzo e quando si trovò ad alzare gli occhi su di lui,lo vide guardare dritto davanti a sè.
-Si può sapere che ci fai qui?-si decise a chiedergli.
Gus voltò leggermente la testa dalla sua parte e incontrò i suoi occhi,senza però smettere di camminare.
-Sono qui per presentare dei lavori.
Ogni tanto,grazie ai contatti di mia madre,riesco a mostrare i miei lavori a qualche critico o a qualche galleria d'arte per vedere se riesco a piazzarne qualcuno...-
-E in questi giri d'affari rientra anche la galleria di mia madre?-gli domandò sospettosa.
L'altro scosse la testa.
-Mai mischiare affari e piacere.
Conosco Sophia e Janet da quando ho sei anni e ogni volta che posso,che mi trovo a New York ne approfitto per andarle a trovare-le disse.
Lei restò in silenzio,indecisa se credergli o meno.
-Credevi che fossi a New York per te Sweetie?-le domandò lui sorprendendola,una risata nella voce.
Vic sentì il proprio viso scottare per l'imbarazzo e capì di essere diventata rossa,se non proprio viola.
Anche se sapeva che era assurdo c'era stato un brevissimo istante,quando Gus era apparso nella galleria,in cui la sua mente aveva accarezzato quel pensiero.
-Non preoccuparti Ginger,so che non saresti mai così romantico...
Specialmente con me-gli disse prima di allungare il passo e allontanarsi da lui.
Per qualche istante camminò davanti a lui,con passi cadenzati neanche stesse affrontando una marcia,finchè non si sentì afferrare per il braccio e,con un gesto veloce,voltare all'indietro.
Le labbra di Gus si posarono sulle sue in modo così impetuoso,così fulmineo da impedirle anche di protestare:le sentì accarezzarle le labbra andarle incontro e a sfiorarle con la punta della lingua.
Quasi guidate da una volontà propria,le sue braccia si erano strette attorno ai fianchi di Gus, sentendo quelle del ragazzo fare lo stesso e premere il suo corpo contro quello solido del ragazzo.
Sotto l'invito di Gus,Vic dischiuse la bocca e lasciò che la sua lingua incontrasse quella di lui, concedendosi una nuova lentezza per assaporare meglio quelle sensazioni nuove:quello era il suo secondo bacio,voleva un ricordo chiaro di quello che stava succedendo.
La sua mente era completamente svuotata:aveva dimenticato dov'era,che ci faceva in mezzo a quella strada,aveva anche dimenticato la rabbia e l'imbarazzo che l'avevano colta per il commento del ragazzo.
Sapeva solo che ora erano lì,soltanto loro due e quel nuovo momento di pazzia che entrambi sapevano di non potersi concedere,ma a cui era impossibile rinunciare.
Con un ultimo sfioramento di labbra,Gus si staccò da lei,cercando il suo sguardo non appena i loro occhi tornarono ad aprirsi.
Le labbra gonfie ed arrossate,Vic lo fissò in silenzio,in attesa di qualcosa,anche se non sapeva spiegarsi cosa:era lui quello che doveva parlare per primo,quello che doveva chiarire la situazione fra di loro,specialmente adesso che l'aveva baciata per la seconda volta.
-Sarà meglio andare se non vogliamo far preoccupare tua madre...-disse infine lui.
Certo non era quello che si era aspettata.
Ma in fin dei conti aveva ragione.
Così annuì e si allontanò da lui,non prima però di ricevere un'ultimo bacio lieve a fior di labbra dal ragazzo,che la lasciò,se possibile ancora più confusa.
Quella non era la vacanza che si era immaginata al momento della partenza da Toronto.
Non sapeva ancora perchè,ma aveva la sensazione che quella sarebbe stata una vacanza che non avrebbe dimenticato tanto facilmente...

TO BE CONTINUED...

 

Salve a tutti!!! E buon week-end

Quanti di voi mi stanno odiando per aver spezzato il capitolo a metà?Credo sia la maggioranza.

Perciò vi spiego subito il perchè di questa mia scelta:mentre immaginavo questo capitolo e tt quello che sarebbe successo a Gus e Vic durante il soggiorno a New York,mi sn accorta che se lo avessi lasciato cs come lo avevo impostato mentalmente sarebbe stato lungo una quaresima.

Così ho deciso di dividerlo in una prima parte "introduttiva" che mette in luce le premesse di quello che succederà poi nella seconda parte...in cui ci saranno anche dei barlumi della vita da "scapoli" di Justin e Brian.

Ringrazio tutti coloro che leggeranno e recensiranno questo capitolo e chiedo scusa per eventuali errori di battitura o di ortografia.

Il titolo del capitolo è preso da una canzone omonima degli U2.

E ora i ringraziamenti:Sweey(Già,ci voleva proprio,cs chiunque avesse ancora dei dubbi sul reale desiderio di Brian di avere un figlio li ha abbandonati all'istante...Mi sa che con questo capitolo non ho fatto che aumentare la tua curiosità,eh?),Angel_SG(Benvenuta!E fra parentesi,tu nn rompi mai le scatole!Tecnicamente Gus e Vic nn sono veri parenti,hanno genitori diversi e se nn fosse x il destino nn si sarebbero mai incontrati.Ma ovviamente,visto l'intreccio di parentele e relazioni che legano i protagonisti del telefilm sarà un pò scioccante qnd tt verrà a galla...Ma x qll ci vuole ancora molto tempo),Stellina87_87(Benvenuta!E grazie x i complimenti! Scrivere di qst personaggi è qs naturale,qs stessi parlando di persone reali,l'unico che mi da problemi è Emmett che ho paura ogni volta di trasformare in una macchietta...Raccontare il passato di Justin e Brian è secondo me importante perchè in caso contrario sarebbe sembrato assurdo,quasi improbabile la visione di un Brian completamente monogamo,fedele e felice della nuova vita che sta conducendo con JUstin),Yumisan(Eccoti accontentata:che ne pensi?),Mizar(E' difficile essere il "Dio" dei gay,avere tt gli uomini ai propri piedi, e sperare di poter creare una propria famiglia con una sola persona...Per questo era necessario dare un taglio a tutto:ai locali,a Pittsburgh e alla solita vita...In fondo per quanti anni Brian avrebbe potuto continuare con quel ritmo?),Jo87(Che significa "wubbare"?).

Bene per il momento è tutto,io vi saluto e vi do appuntamento al prox capitolo...

"In the city of blinding lights (parte seconda)"

Baci,Eva.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 12
*** In the city of blinding lights(seconda parte) ***


queer

 

 

 

 

 

TORONTO


Brian amava sua figlia.
Fin dal primo momento in cui i suoi occhi si erano posati su quel piccolo essere umano avvolto nella coperta, il suo cuore si era aperto concedendo un po’ di spazio a quella nuova arrivata.
Era la seconda persona più importante della sua vita, naturalmente dopo Justin; e ogni volta che si fermava a riflettere a come la sua vita fosse cambiata in quegli anni, a come avesse stravolto le sue convinzioni senza neanche il più piccolo rimorso, si rendeva conto che tornando indietro avrebbe fatto sempre le stesse scelte.
Brian amava sua figlia.
Ma la sua presenza in casa comportava alcune limitazioni.
Fin da quando Vic era stata abbastanza grande da capire, sia lui sia Justin avevano smesso di dormire nudi, o di girare seminudi per casa com’erano soliti fare fin da quando si conoscevano.
Ovviamente anche la loro vita sessuale aveva subito una lieve battuta d'arresto: il loro limite era sceso a tre volte al giorno, anche quattro durante i fine settimana, ma il più delle volte erano scopate veloci che ricordavano a entrambi i primi tempi della loro relazione.
Per questo, quando Vic andava a New York a trovare la madre o passava la notte da Debbie e Carl, i due uomini cercavano di recuperare il tempo perso.
Perché anche se non lo avrebbe mai ammesso ad alta voce, Brian adorava stuzzicare e vezzeggiare Justin.
E lo stesso valeva per il compagno: altrimenti in quel momento non sarebbe stato completamente nudo, coperto soltanto da un grembiule da cucina, impegnato ai fornelli nel preparargli i pancake.
-Se credi che mangerò tutta quella roba ti sbagli di grosso; hai cucinato per un reggimento!- gli disse sbirciando il sedere del marito da dietro l'angolo del giornale.
La risata del biondo arrivò fino a lui, prima che questi voltasse leggermente la testa per incontrare il suo sguardo, trovando invece soltanto il muro del giornale.
-Invece lo farai!Stai diventando troppo magro-decretò Justin con un tono che non ammetteva repliche.
-Chissà di chi è la colpa... -commentò l'altro caricando la frase di sottintesi.
Justin si voltò e puntò lo sguardo sul giornale, fissandolo intensamente finché Brian non fu costretto ad abbassarne un angolo e a incontrare i suoi occhi.
Possibile che dopo quindici anni quegli occhi lo facevano tremare di eccitazione come la prima volta che lo aveva visto?
Ci sarebbe mai stato un giorno in cui guardando quegli occhi blu avrebbe smesso di tremare?
-Non azzardarti a incolpare la mia cucina!Ti ha tenuto in vita quando nel tuo frigo c'erano solo birra e popper-
Brian sogghignò e chiuse il giornale, ripiegandolo in quattro per poi abbandonarlo sul tavolo.
-C'era l'essenziale, no?-scherzò.
Nel frattempo Justin era tornato a dargli le spalle e il moro lo vide spegnere il fuoco sotto la padella dei pancake e sistemare tutto in un piatto prima di tornare a voltarsi verso di lui e posarlo sul tavolo.
-Abbiamo lo sciroppo?-domandò Brian recitando il suo ruolo alla perfezione.
Il biondo sospirò seccato e si avvicinò alla credenza accanto al frigo, offrendo per l'ennesima volta le terga allo sguardo del marito.
-Ecco qui-disse poi mettendosi seduto accanto al moro e tendendogli la bottiglia di sciroppo d'acero.
Brian ghignò in segno di ringraziamento e coprì velocemente i pancake con lo sciroppo, prima di tagliarne un pezzo con la forchetta.
-C'erano alcuni messaggi di Michael in segreteria; vuole sapere se andiamo a cena da lui e Ben una di queste sere-gli disse Justin.
-Quei due devono avere qualche problema, forse hanno smesso di scopare-commentò l'altro con la bocca piena.
Justin sorrise divertito scuotendo la testa.
-E da cosa l'avresti dedotto?-
-Altrimenti perché avrebbero bisogno di averci sempre intorno?Già me li vedo, seduti sul divano davanti alla televisione nel più completo silenzio... -
A quelle parole, Justin rise.
-Cosa?-chiese Brian.
-Non avevo idea che la tua fantasia fosse così fervida; che ne dici di darci una mano con le storie di Rage?-gli chiese ancora con il sorriso sulle labbra.
-Preferisco farmi adorare da orde di fan, il duro lavoro, lo lascio a voi- ribattè l'altro in tono ironico, la forchetta a mezz'aria.
Con una mossa che sorprese il compagno, Justin si sporse verso di lui e gli rubò il boccone dalla forchetta: Brian osservò con attenzione le labbra piene del marito avvolgersi attorno al ferro della forchetta, scivolarvi lentamente portando con sé il boccone di cibo e, una volta arrivato alla punta, lasciarsi scappare un piccolo mugolio d'apprezzamento prima di tornare a sedersi e iniziare a masticare.
-Sai forse dovremmo andare a quella cena, anche per vedere se hai ragione-disse Justin continuando a masticare, perfettamente consapevole della situazione.
Quel fottuto bastardo!
Come pensava che potesse concentrarsi su quello che stavano dicendo dopo che lo aveva visto fare un pompino a una forchetta?
Gli rivolse un mugugno indefinito che fece sorridere Justin.
-Questi pancake sono ottimi - gli disse leccandosi le labbra e fissando i suoi occhi nocciola.
Brian sostenne il suo sguardo, i denti che scivolavano sul labbro inferiore: amava quei momenti.
Il sesso con Justin era fantastico, sempre come la prima volta ma Brian adorava che nonostante fossero passati quindici anni, continuassero a giocare, a stuzzicarsi.
La scopata era soltanto l'atto finale di un lungo percorso...
-Dovresti provarli con lo sciroppo-
Gli bastò vedere il sorriso accennato che apparve sul volto di Justin per capire che la sua frecciatina era stata compresa.
-Mh, forse hai ragione... -
L'istante dopo Justin si sporse di nuovo verso di lui, una mano sulla sua guancia sinistra; uno sguardo fulmineo e l'attimo dopo le sue labbra coprirono quelle sottili di Brian.
Il moro sentì la lingua del compagno scivolare sul proprio labbro inferiore, leccandogli via le labili tracce di sciroppo d'acero.
La bocca di Brian si aprì all'istante, accogliendo la lingua dell'altro, accarezzandola con la propria, una mano fra i capelli biondi del compagno che lo attiravano più vicino.
Senza smettere di baciarlo, con una sincronia che avevano acquisito negli anni, Justin si alzò in piedi e gli andò vicino, finché non poté stringergli le braccia attorno alle spalle, subito attirato contro di sé da Brian.
In quei momenti aveva sempre il bisogno di stringerlo, di sentirlo vicino, di avvertire la sensazione pelle contro pelle, quasi avesse la necessità di un'ulteriore certezza, di una prova che lui fosse davvero lì fra le sue braccia.
Non era amore quello?
Quella paura di perderlo nonostante fosse lì, aggrappato alle sue spalle; quel senso di appartenenza che lo portava a seguire il suo Raggio di Sole con lo sguardo ogni volta che usciva da una stanza, fosse anche per pochi istanti.
Perché se quello non era amore, allora era sicuramente qualcosa molto simile...
Allontanò le labbra da quelle di Justin e cercò i suoi occhi, la sua ancora di salvezza in quei momenti di smarrimento.
Quando quei pensieri lo coglievano impreparato, magari mentre erano a letto, il primo istinto era di lasciarli uscire, di dar loro voce, ma poi guardando quegli occhi capiva che non aveva bisogno di farlo.
Justin sapeva leggergli dentro e anche se in passato aveva odiato quella sua capacità, ora la considerava la sua salvezza: altrimenti come avrebbe fatto a fargli capire quanto era importante per lui?
Quanto la presenza nella sua vita era diventata indispensabile?
Anche quella volta, a Justin bastò incontrare i suoi occhi per capire.
Un sorriso gli disegnò le labbra piene, poi posò la fronte contro di quella di Brian e alzò una mano fino ai suoi capelli, affondandovi dentro le dita.
-Anch'io ti amo-
Brian sorrise e sporse il viso verso quello del marito, strofinando una guancia contro quella dell'altro.
Indispensabile...


NEW YORK

-Perché mi hai baciato?-
Non era il luogo adatto per fargli quella domanda, Vic lo sapeva bene, ma aveva controllato la sua lingua per tutta la durata del pranzo e ora che sua madre era stata provvidenzialmente allontanata da Georgia, aveva deciso di farsi avanti.
Aveva bisogno di capire.
Ogni volta che baciava Gus, si sentiva sempre più confusa, mille emozioni senza nome iniziavano a girarle in testa in attesa che lei li ordinasse.
Forse prima di chiedere al ragazzo perché l'aveva baciata, avrebbe dovuto porre a se stessa la medesima domanda: perché lo aveva baciato?
Concettualmente parlando, era stata costretta a rispondere al bacio, perché lui non le aveva lasciato scelta, ma sapeva benissimo che quella era una scusa, e anche molto debole; avrebbe potuto scansarsi nello stesso istante in cui le labbra di Gus si erano posate sulle sue.
Ma non lo aveva fatto... anzi, aveva risposto al bacio.
E peggio ancora, quel bacio le era piaciuto anche più del precedente!
Era la seconda volta che si poneva quella domanda e, mentre prima era facile nascondersi dietro ad un dito e far finta che fosse stato soltanto un momento di pazzia momentanea, ora era consapevole che ogni volta, avrebbe risposto allo stesso modo: con uguale passione e la stessa incoscienza.
Però cosa spingeva Gus a baciarla?
Anche lui considerava quei baci dei momenti di pazzia oppure attribuiva loro dei significati speciali?
Quell'idea fu scartata non appena attraversò la parte razionale del suo cervello: stava parlando di Gus, non del principe azzurro!
Non lo conosceva per niente, per quanto ne sapeva lei, quello poteva essere il suo modus operandi con tutte le ragazze...
Per questo gli aveva rivolto quella domanda: perché lei aveva bisogno di conoscerlo.
Non appena l'aveva sentita parlare, gli occhi nocciola di Gus si erano posati su di lei, fissandola per qualche secondo con attenzione, prima che un ghigno gli stendesse le labbra.
-Vuoi una dichiarazione d'amore in piena regola?-le domandò con il tono sarcastico che lei aveva imparato a riconoscere.
Vic scosse la testa.
-Certo che no Ginger... so che non sei portato per queste cose-disse soltanto per punzecchiarlo.
Gus aggrottò la fronte, chiaramente colpito da quelle parole.
-Come fai a saperlo?In fondo non mi conosci neanche...
Magari sono il tipo che regala mazzi di rose rosse e giura amore eterno - le fece notare.
Nonostante quel discorso assurdo, Vic sorrise.
-Impossibile, sei cresciuto con due lesbiche-
Sorprendentemente anche Gus sorrise, abbassando lo sguardo per qualche secondo prima di tornare a puntarlo sul suo volto.
-Si vede che sei cresciuta con mio padre-commentò.
Quelle parole appesantirono l'atmosfera fra loro; se quel bacio aveva fatto dimenticare loro tutto ciò che rendeva un’impossibile una relazione fra loro, ora quelle motivazioni erano tornate ben presenti nella mente di Vic.
Si ricordò tutte le complicazioni che sarebbero derivate se fra lei e Gus fosse nato qualcosa e, come sempre le succedeva quando si trovava ad affrontare qualcosa di più grande di lei, si trincerò dietro la sua armatura, frapponendo un muro di silenzio fra sé e Gus.
-Che ti è preso?-le domandò il ragazzo, accortosi del cambiamento.
Lei scosse la testa e si alzò dallo sgabello su cui era stata seduta fino a quel momento per andare a gettare i resti del suo pranzo nel piccolo cestino della spazzatura dietro la scrivania di sua madre.
Se era fortunata, avrebbe dovuto sopportare la presenza di Gus al massimo per un altro paio d'ore, poi ognuno sarebbe andato per la propria strada.
Ma quando tornò a voltarsi se lo ritrovò dietro a pochi centimetri di distanza.
-Devi smetterla di fare così!-lo rimproverò.
Ancora una volta quel ghigno, quel mezzo sorriso che tante volte aveva visto sulle labbra di Brian, apparve sul volto di Gus.
Ora capiva come doveva sentirsi suo padre quando ne riceveva uno...
-Così come?-
Lei sospirò indispettita e si passò una mano fra i capelli, allontanando alcune ciocche dalla fronte.
Gus si avvicinò di un passo e le posò entrambe le mani sui fianchi, continuando a guardarla dall'alto in basso.
Possibile che non si rendesse conto delle conseguenze?
Era davvero così stupido da non accorgersi che dovevano stare il più lontano possibile se davvero non volevano rovinare il complicato intreccio che c'era fra le loro famiglie?
-Spiegami una cosa: tu non capisci o fai solo finta di non capire?
Davvero non ti rendi conto di quello che succederà se i nostri genitori scoprono che tu ed io ci siamo baciati?
Conoscendo Brian andrà su tutte le furie e cercherà qualcuno con cui prendersela e... -iniziò lei ben decisa a mettere un freno a tutta quella storia.
-Hai intenzione di dirglielo?-la bloccò lui.
Vic lo fissò per qualche secondo, incerta di aver afferrato le sue parole, poi scosse la testa.
-Certo che no!Non voglio certo passare i prossimi dieci anni chiusa in camera mia!-
-Allora non vedo dov'è il problema: come fanno a scoprire quello che succede qui mentre loro sono a chilometri di distanza?
Abbiamo appurato che tu non glielo dirai, io ho smesso da molti anni di raccontare i miei segreti a mia madre, quindi il problema non si pone.
Quello che succede a New York resta a New York - le disse in tono sicuro.
In vita sua, Vic non aveva mai nascosto nulla ai suoi genitori e questo in più di un’occasione si era rivelato fondamentale, e cominciare ora, con un segreto così grande, la faceva sentire piccola e meschina.
Ma quale adolescente non ha dei segreti?
Rialzò lo sguardo su quello di Gus e annuì, prima di seguire l'istinto e tendersi verso di lui e avvicinarsi al suo viso, posando le labbra su quelle del ragazzo, trovando subito la risposta di Gus.
Stretta fra le sue braccia per la seconda volta in un giorno, Vic si disse che forse Gus aveva ragione: che bisogno c'era di farsi tanti problemi?
Quel che succedeva a New York restava a New York.

 


Georgia era diventata una grande "fan" di Gus fin dal primo momento che lo aveva visto.
-E' proprio come lo avevo immaginato: sexy e misterioso al punto giusto... e inoltre assomiglia tanto allo zio Brian - le aveva detto quando il ragazzo se ne era andato.
Quando Gus finalmente era andato per la sua strada, Georgia aveva preteso un racconto molto dettagliato di quello che era successo mentre erano rimasti soli, accompagnando le parole di Vic con risatine e piccole esclamazioni compiaciute.
-Quindi tu non ci vedi nulla di male in una possibile storia fra me e Gus?-le aveva chiesto la ragazza.
Anche se aveva deciso di vivere quei giorni nel segno dell'incoscienza, questo non attenuava il suo senso di colpa, soprattutto verso i suoi genitori.
Sapeva che se quella storia fosse venuta a galla sarebbe scoppiata la fine del mondo, ma il fatto che Gus non fosse minimamente preoccupato per quell'eventualità la rassicurava.
-Assolutamente no!Anzi per me sareste una bellissima coppia... perché tu non la pensi così?-le aveva chiesto la sorella sorpresa.
Vic si era limitata a scuotere la testa e a lasciar cadere l'argomento: a quanto pareva era l'unica a farsi tanti problemi.
I successivi due giorni Georgia non aveva fatto altro che parlare di Gus e di quello che sarebbe successo, almeno secondo lei, durante quella settimana, mentre del ragazzo si erano perse completamente le tracce.
Inizialmente Vic si era sentita sollevata: la scomparsa volontaria di Gus avrebbe evitato a entrambi molti problemi, questo era poco ma sicuro.
Però, con il passare delle ore aveva iniziato a riflettere sulle parole che si erano scambiati: ricordò il tono convinto delle sue parole, l'espressione sicura con cui aveva cercato i suoi occhi... era stato solo un gioco per lui?
Inoltre, come se non bastassero le domande che già si poneva da sola, c'erano anche quelle che Georgia le poneva in continuazione.
-Credi che ti chiederà di andare a letto insieme?-
Vic spalancò gli occhi a quella domanda: sua sorella aveva la capacità straordinaria di parlare di cosa avrebbero fatto quel giorno l'attimo prima e di farle una domanda simile poco dopo.
Certe volte si chiedeva se non fosse figlia di Brian invece che del loro padre...
-Ma come ti viene in mente?-le domandò.
-Andiamo non fare la santarellina!Non dirmi che non hai pensato all'eventualità che lui te lo chieda - le rispose la sorella con un tono da donna vissuta che le fece dimenticare per qualche istante che l'altra aveva soltanto tredici anni.
-No!-
Georgia ridacchiò prima di bere un sorso dalla sua tazza.
-Ma come hai fatto a crescere così innocente vivendo con due gay?-la prese in giro.
-Chi ti ha detto che sono innocente?E' solo che fare sesso con Gus non rientra nei miei piani, almeno non in quelli più immediati-
Georgia la guardò divertita per qualche istante.
-Perché tu hai un'agenda in cui programmi quando fare sesso?-le domandò ironica la sorella.
Vic scosse la testa, facendo ondeggiare i boccoli arruffati.
-Certo che no!E' solo che Gus ed io ci conosciamo da troppo poco tempo, non sappiamo quasi niente l'uno dell'altra... questo non è il momento ideale per fare sesso-le disse, mostrando quindi che aveva pensato all'idea, anche solo distrattamente.
-Quale sarebbe secondo te il "momento ideale"?-le domandò con chiaro intento derisorio.
Ben consapevole che la sua risposta avrebbe provocato altre risate, Vic pensò per qualche secondo alle parole giuste, prima di sbuffare impaziente.
-Non lo so, ok?So solo che adesso è quello sbagliato-
-Vic è sesso, non è mica una proposta di matrimonio o di convivenza!Non c'è mai un momento sbagliato per le sesso-le, fece notare l'altra.
-La smetti?Ho deciso che non succederà niente con Gus durante questa settimana e intendo rispettare quest'impegno- ribattè con fermezza la sorella.
Consapevole che non sarebbe riuscita a far cambiare idea alla sorella, Georgia smise di insistere, commentando però le ultime parole di Vic con un cenno sconsolato del capo prima di uscire dalla cucina.
Vic era convinta delle sue affermazioni, era assolutamente certa di non voler precipitare le cose con Gus: nonostante quei baci, lui era ancora un estraneo ai suoi occhi e lei non era il tipo da fare sesso, per la prima volta, con un perfetto estraneo.
Certo tutto era reso complicato dal suo sorriso intrigante e malizioso, dal modo in cui i suoi occhi castani la fissavano, quasi volessero catturarle a viva forza le parole che lei non aveva il coraggio di dirgli, e soprattutto dall'oblio che la coglieva ogni volta che lo baciava facendole dimenticare ogni cosa.
Ma era decisa a mantenere la sua posizione e, allo stesso tempo, a viversi quel momento di follia di cui si sarebbe dimenticata non appena tornata a Toronto.

 

-Pronto?-
Aveva impiegato un po’ a rispondere; Georgia le aveva cambiato suoneria quella mattina e ancora non si era abituata alla nuova polifonica.
Sentendo gli squilli sempre più frenetici della suoneria, il panico l'aveva colta al pensiero che fossero i suoi genitori: già vedeva suo padre che, non sentendola rispondere al primo squillo, la immaginava esangue all'angolo di una strada.
-Finalmente!Credevo di aver fatto il numero sbagliato-disse una voce che non riconobbe.
-Chi parla?-chiese aggrottando la fronte come se l'interlocutore potesse vederla.
Era ferma davanti al portatile nella sua stanza, la musica a palla nella casa deserta, impegnata in una conversazione con Carly via chat.
Non riconoscendo subito la voce dell'interlocutore, abbassò le casse del computer, lo sguardo fissò sulla finestra della chat.
-Gus... sono passato alla galleria ma tua sorella mi ha detto che eri a casa e mi ha dato il tuo numero di cellulare-le disse parlando velocemente per evitare che lei lo interrompesse.
Un'espressione incredula sul volto, Vic restò in silenzio, non sapendo bene cosa dire.
-Ci sei ancora?-domandò il ragazzo dall'altra parte.
Lei rispose con un mugugno appena percettibile sotto la musica.
-Va tutto bene?-le domandò ancora Gus.
-Certo, sto solo scegliendo qual è la soluzione più dolorosa per liberarmi di mia sorella... -disse lei mangiandosi le parole.
All'orecchio sinistro le arrivò il suono di un sorriso: lo aveva fatto ridere... credeva che un "duro" come Gus non si concedesse una cosa di così poco conto come una risata.
-Prova con il veleno!E' sempre la mia prima scelta quando JR diventa insopportabile - le disse affabile.
Questa volta toccò a lei sorridere.
-Che stai ascoltando?-le chiese Gus curioso.
-"Lovesong" dei Cure - disse lanciando uno sguardo allo schermo del computer, abbassando leggermente il volume.
-Oh per favore!-commentò lui chiaramente disgustato.
-Hai qualcosa contro i Cure?-domandò Vic, sentendosi quasi offesa.
Fin da quando era piccola, suo padre le faceva ascoltare alcune canzoni di quel gruppo, con una particolare predilezione per "Lovesong", "Just like heaven" e "Boys don't cry".
-Sono canzoni che ti fanno comprendere il vero significato dell'amore-le, diceva sempre.
-A parte il fatto che sono solo dei depressi cronici?-chiese Gus di rimando.
Un suono sarcastico uscì dalle labbra di Vic, finendo direttamente nell'orecchio destro di Gus.
-Oltre che per demolire i miei gusti musicali avevi altri motivi per chiamare?-
Possibile che quel ragazzo riuscisse a essere la persona più affabile del mondo l'attimo prima per trasformarsi in un’arrogante saccente l'attimo dopo?
-Veramente volevo sapere se questa sera avevi da fare-le disse.
Il volto di Vic si congelò in un'espressione sorpresa che sicuramente avrebbe fatto ridere Gus: non la cercava per due giorni e poi le chiedeva di uscire insieme?
Credeva per caso di averla sempre a sua disposizione?
-Avevo pensato di farti fare un giro per la città... mostrarti New York - disse lui, interpretando correttamente quel silenzio.
-Sono nata a New York, credi davvero che abbia bisogno di un tour?-gli domandò.
-Quanto odio la vostra presunzione!Credi di conoscere New York soltanto perché è la tua città natale?le chiese di rimando lui.
Lei alzò le spalle, quasi Gus fosse lì davanti a lei e potesse vederla.
-Scommettiamo che riesco a mostrarti un lato della città che non conosci?-
Mille campanelli d'allarme le risuonavano nella mente; doveva rifiutare l'invito, inventarsi una balla e chiudere la conversazione.
Mentre la sua testa era ben consapevole di quello che doveva fare per porre fine a quel gioco pericoloso, allo stesso tempo, il cuore le era salito in gola, riusciva quasi a sentirne i battiti nella trachea, e lanciando uno sguardo veloce alle proprie mani, si accorse che stavano tremando leggermente.
-E' una sfida?-gli disse lasciando scivolare il labbro inferiore fra i denti.
Ancora una volta sentì il suono del suo sorriso nella cornetta, e capì che avrebbe dovuto iniziare a pensare a una balla decente da inventare con sua madre per quella sera.


Alla fine Vic dovette dar ragione a Gus.
Con l'aiuto di Georgia, la ragazza era riuscita a inventare una scusa plausibile per la madre e per Janet, così quando quella sera il portiere dello stabile le citofonò per informarla dell'arrivo del ragazzo, sia Vic sia Georgia uscirono da casa, delle sacche sportive a tracolla.
-Ricordi tutto quanto?-domandò Vic alla sorella, mentre erano in attesa dell'ascensore.
-Quando la mamma chiama, le dico che sei in bagno a struccarti e che la richiami non appena finito e dopo aver chiuso con lei, chiamo te-ricapitolò la sorella.
Vic annuì entrando nell'ascensore, cercando di controllare i battiti del cuore.
-Smettila di agitarti, andrà tutto bene... -le disse la sorella.
L'altra si voltò verso di lei e la fissò ricevendo in cambio uno sguardo identico al suo.
-Come fai a saperlo?-
Georgia sorrise e alzò le spalle.
-In un certo senso è destino che tu e Gus finiate insieme, no?-le disse.
Era la stessa cosa che le aveva detto Hunter prima di partire...
L'ascensore si aprì al pian terreno, interrompendo la conversazione e portando Vic ad alzare lo sguardo davanti a sé dove, poggiato contro un muro in attesa, c'era Gus che si rizzò, non appena la vide apparire.
-Victoria- la salutò con un cenno della testa.
Vic imitò il gesto, lo sguardo sul suo volto, attenta a non perdersi nessun cambio di espressione.
-Gus-
-Ciao Gus- s'intromise Georgia, interrompendo il gioco di sguardi fra i due.
Il ragazzo si voltò leggermente verso di lei e le concesse un piccolo ghigno che per lui equivaleva a un sorriso a trentadue denti.
-Come stai piccola Taylor?-le domandò cordiale.
-Veramente io sono la piccola Palin, ma sto bene... beh, ora sarà meglio che vada se non voglio arrivare tardi - disse dando un veloce sguardo all'orologio che aveva al polso.
Vic sapeva che era tutta scena, che quello era soltanto un modo educato per allontanarsi da lì il prima possibile e lasciarli soli e cercò in fretta un motivo per trattenerla con loro, ma conoscendo sua sorella sapeva che non sarebbe servito a nulla.
-Vuoi che ti accompagniamo?-le domandò ancora Gus.
Lei scosse la testa.
-Affatto... saprei arrivare a destinazione anche a occhi chiusi, e poi sospetto che voi due abbiate cose più interessanti da fare-aggiunse.
Vic la fulminò con lo sguardo, ottenendo come risultato un nuovo sorriso divertito da parte della sorella.
-Buona serata!-fece Georgia, prima di voltare le spalle a entrambi e avviarsi verso le porte dello stabile.
Rimasti soli, i due ragazzi si lanciarono qualche occhiata di sottecchi, in silenzio: ora iniziava il loro "appuntamento".
Ma era davvero un appuntamento oppure era un'uscita fra amici?
Già, ma due amici non si baciano come facevano lei e Gus!
Per l'ennesima volta si chiese perché si era lasciata convincere a uscire con lui, e accarezzò anche l'idea di richiamare l'ascensore e salire di nuovo a casa.
-Sei pronta ad andare?-le domandò Gus facendosi largo fra i suoi pensieri confusi.
Lei rialzò gli occhi sul suo volto e annuì.
-Anche se molto probabilmente me ne pentirò... -commentò poi.
Gus sogghignò.
-Tu non hai una grande opinione di me, vero?-le domandò avviandosi poi verso l'uscita.
-Chissà come mai... -fece lei seguendolo fuori dallo stabile.
S’incamminarono per le strade di Manhattan, senza una precisa direzione, troppo presi dalla loro conversazione.
Le aveva preso la mano fin da quando erano usciti dal suo palazzo e la cosa le era sembrata talmente naturale che aveva lasciato che le sue dita se intrecciassero con quelle di Gus.
Alle volte, nel bel mezzo della conversazione, Gus si allontanava, facendo un paio di passi in avanti per poi voltarsi verso di lei e camminare in senso contrario, intralciando gli altri passanti.
-Com'è vivere con due lesbiche?-gli chiese curiosa.
-Com'è vivere con due gay?-le domandò di rimando lui.
Vic sorrise.
-L'ho chiesto prima io-
Gus alzò le spalle.
-C'è più biancheria femminile in giro-tagliò corto lui.
Vic rise e abbassò la testa, nascondendo gli occhi dietro le ciocche bionde.
-E' così anche per te?-scherzò ancora Gus.
-NO!Tuo padre avrebbe un attacco di bile se si trovasse davanti a qualcosa del genere... -commentò lei.
E per la prima volta da quando lo conosceva, lo vide ridere.
Una risata vera, che riecheggiò per la strada e fece voltare una coppia che passeggiava poco distante da loro.
-Ti va di prendere un autobus a buffo?-le domandò a un certo punto il ragazzo.
Lei alzò un sopracciglio, chiaramente divertita.
-Sì, saliamo su un autobus a caso, senza preoccuparci di quale sia la destinazione-le, disse per convincerla.
Divertita da quello spirito d'avventura, Vic annuì e salì insieme con lui sul primo autobus che si fermò alla fermata.
Si sedettero in fondo, accanto ai finestrini, per non essere disturbati e per poter sempre controllare dove stessero andando.
-Hai preso una camera in un albergo in questi giorni?-gli domandò curiosa di cosa aveva fatto nei giorni in cui era sparito.
Gus scosse la testa.
-Un mio amico che lo scorso anno ha finito l'Accademia si è trasferito qui e mi ha offerto un letto.
Non è gran che, considerato che si tratta del divano, ma sempre meglio di niente...
Inoltre è a Tribeca, quindi non posso proprio lamentarmi-commentò lui.
Vic fece un cenno con la testa, non sapendo bene come rispondere.
Per un po’ restarono entrambi in silenzio, mentre Gus era impegnato a guardare fuori dal finestrino per cercare di orientarsi e lei osservava lo sparuto gruppetto di passeggeri che era con loro sul bus; senza neanche accorgersene, era scivolata leggermente sul proprio sedile in modo da poter poggiare la testa contro la spalla di Gus, e la cosa non sembrava dar alcun fastidio al ragazzo.
Durante il viaggio sentì un braccio posarsi sulle proprie spalle e le dita di Gus giocherellare con un boccolo biondo.
-Hai almeno una vaga idea di dove siamo?-gli chiese alzando lo sguardo fino al suo volto, quando ormai sul bus erano rimasti soltanto loro e un uomo di colore dal cappotto blu cobalto.
Gus scosse la testa.
-Perfetto- commentò lei.
-Non era questo lo spirito con cui siamo saliti su quest'autobus?-le ricordò lui.
-Perderci per New York?-chiese ancora lei.
Gus ghignò divertito.
-Credevo che tu conoscessi New York perfettamente-la prese in giro.
Vic gli fece una smorfia, ottenendo in cambio un sorriso e alzò la testa dalla sua spalla ma Gus la attirò di nuovo a sé, avvicinando il viso al suo.
-Sei davvero così permalosa Sweetie?-le domandò in quella distanza ravvicinata.
-Soltanto con te Ginger-
-Mh, allora devo ritenermi un uomo fortunato...- -
Vide avvicinarsi il volto di Gus e, istintivamente, voltò il proprio verso destra, impedendogli di baciarla.
Quando incontrò lo sguardo del ragazzo, vide il ghigno divertito che gli stendeva le labbra e sorrise a sua volta.
Deciso a non darsi per vinto, Gus le posò le labbra sul collo, messo in bella mostra dal suo movimento, posandovi dei piccoli baci, risalendo in alto verso la mascella.
Il suono di un cellulare fu provvidenziale, proprio nel momento in cui le labbra di Gus raggiunsero l'angolo destro della bocca di Vic; per i primi due secondi entrambi ebbero difficoltà a riconoscere la suoneria, e fu solo con un evidente fastidio che Gus si staccò da lei per infilare una mano nella tasca destra ed estrarre il cellulare.
-Pronto?-chiese in tono sgarbato.
Vic approfittò di quel momento per allontanarsi da lui e ritornare a una posizione corretta sul proprio sedile, lo sguardo fisso sul bus vuoto: quando era sceso l'altro passeggero?
Era talmente concentrata su Gus che non se ne era neanche accorta!
Credeva che quel genere di reazioni fosse stato inventato dagli scrittori di romanzi per vendere più copie, eppure lei si era davvero dimenticata di tutto quello che non era lei Gus o il loro piccolo stupido diverbio.
-Va bene, vedrò di farci un salto...-sentì dire dal ragazzo prima di chiudere la telefonata.
Tornò a voltarsi verso di lui e gli lanciò uno sguardo curioso, osservandolo mentre lui infilava di nuovo nella tasca il cellulare.
-Ti va di andare a una festa?-
-Una festa?Dove?-gli chiese curiosa.
Le spiegò che il suo coinquilino, per pagare l'affitto e le bollette, lavorava come dj in una discoteca e che lo aveva invitato alla serata che avrebbe fatto quella sera al "Center", una nuova discoteca, molto in voga fra gli adolescenti.
-Ma se non sappiamo nemmeno dove siamo...-gli fece notare lei.
-E che problema c'è?-disse lui con aria rilassata.
L'attimo dopo Vic lo vide premere il pulsante per bloccare la fermata e alzarsi, costringendola a fare lo stesso.
Gus le afferrò la mano e insieme scesero all'autobus, ritrovandosi in una strada che Vic non aveva mai visto in vita sua.
-Scommetto che non hai la minima idea di dove siamo-ripeté guardando ora a destra ora a sinistra.
Lui annuì, confermando le sue paure.
-E come facciamo ad arrivare a questo locale?-gli chiese ben sapendo di essere pedante.
Gus continuò a guardare la strada davanti a sé per qualche secondo finché non vide arrivare un taxi; per attirare la sua attenzione si mise quasi al centro della strada e fischiò a beneficio dell'autista.
Fortunatamente questi si accorse di lui e accostò a pochi metri dai due ragazzi.
Con un sorriso trionfante, che Vic aveva visto tante volte sul volto di Brian, Gus si voltò verso di lei e le indicò il taxi.
-Te l'ho detto che non c'erano problemi-

 

La fila per entrare al "Center" era lunga quanto tutto l'isolato.
Quasi quanto c'era da aspettare in uno dei giorni buoni del Babylon...
-Sei sicuro che riusciremo a entrare?-domandò Vic, chiaramente preoccupata di dover passare tutta la notte al freddo fuori dal locale.
-Certo che non hai proprio fiducia... te l'ho detto che conosco il dj!Ci ha fatto mettere in lista- la rimproverò Gus.
Lei alzò le spalle, ancora poco convinta delle sue parole.
Del resto quello non era neanche il suo ambiente: le uniche serate in discoteca che i suoi genitori le avevano concesso erano state quelle del Babylon, dove erano sicuri che nessuno l'avrebbe importunata e dove comunque c'era sempre Hunter a farle da "body-guard" e accompagnatore.
Quasi tirandosela dietro, Gus si avvicinò al buttafuori e gli disse i loro nomi; nei pochi istanti che occorsero all'armadio umano per controllare la lista Vic pensò che di lì a poco avrebbe fatto l'ennesima brutta figura.
Per questo fu molto sorpresa quando lo vide farsi di lato e lasciarli entrare, rivolgendo anche un cenno con il capo a Gus.
Il mondo si era capovolto!
Gus la guidò nel corridoio dalle pareti argentate e, dopo aver lasciato la borsa e i cappotti al guardaroba, s’inoltrò nel locale.
Guardandosi attorno, Vic pensò che non fosse molto diverso dal Babylon; anche lì c'era il bar, c'era la piattaforma del dj, e le postazioni rialzate per i ballerini.
Solo che qui non c'erano go-go boys, non c'era il parapetto da cui Brian si "godeva la vista" ogni sera per controllare che andasse tutto bene, e soprattutto c'erano molte ragazze in pista, cosa inconcepibile per il Babylon, sempre che non si trattasse di lesbiche.
Con un braccio attorno alla vita, Gus la attirò più vicino a sé per evitare che si perdessero fra la calca e istintivamente lei si trovò a fare la stessa cosa.
-Ti va di ballare?-le urlò avvicinando le labbra al suo orecchio destro.
Lei scosse la testa.
-Aspetto una canzone migliore-
-Credo che ci vorrà un po’ prima dei lenti-la, prese in giro lui.
Vic fece una smorfia facendolo sorridere.
Perché non beviamo qualcosa prima?-gli propose indicandogli il bar disperso in quel mare di folla.
L'altro annuì e iniziò a muoversi in quella direzione, sempre tenendola stretta contro di sé e, una volta arrivati al bancone riuscì anche a strappare un posto proprio davanti al barista.
-Che vuoi bere?-le chiese.
-Cuba libre-
Capì dall'espressione che si era dipinta sul volto di Gus che lo aveva sorpreso e, felice, sorrise.
-Credevi che avrei chiesto un bicchiere di latte?-lo prese in giro.
Lui scosse la testa e passò le ordinazioni al barista: un cuba libre e un Jack Daniel's per lui. Ascoltando la sua richiesta, Victoria non si sorprese scoprendo che Gus aveva gli stessi gusti di Brian.
La musica era cambiata e ora la marea in pista si muoveva al ritmo di "Sex on fire".
Vic amava quella canzone: le trasmetteva una scarica di adrenalina fin dalle prime note di basso.
Iniziò a tamburellare con le dita sul bancone seguendo il ritmo e solo quando arrivarono le loro ordinazioni e rialzò lo sguardo su Gus si accorse che lui l'aveva osservata per tutto il tempo con un sorriso sulle labbra sottili.
-Cosa?-gli chiese.
Lui scosse la testa e si portò il bicchiere alle labbra, imitato dalla ragazza.
-Vuoi assaggiare?-le domandò tendendo il proprio bicchiere verso di lei.
Vic lo fissò per qualche secondo, indecisa se assecondare quell'idea assurda che le aveva attraversato la mente, prima di avvicinarsi a lui e allacciargli un braccio attorno alle spalle.
Se rimase colpito da quel gesto, Gus riuscì a nasconderlo bene...
-Perché no?-
L'istante dopo le sue labbra avevano coperto completamente quelle di Gus, andando loro incontro, prima che la punta della lingua si spingesse contro le labbra chiuse per forzarle ad aprirsi e a lasciarla entrare.
La risposta a quella piccola sollecitazione arrivò immediata: la lingua di Gus le corse quasi incontro e la succhiò leggermente, invitandola nella propria bocca.
Vic percepì soltanto distrattamente che le aveva stretto le braccia attorno alla vita e che ora era quasi pressata contro il suo torace solido, troppo coinvolta dalle sensazioni che le stava dando quel bacio.
Mai prima d'ora si erano baciati così, mai aveva provato quella sensazione di calore e di desiderio: possibile che fosse merito, o colpadi Gus?
Avrebbe potuto continuare a baciarlo per ore, non sentiva neanche il bisogno di respirare ma, proprio in quel momento qualcuno alle sue spalle le venne addosso nel tentativo di arrivare al bancone del bar e la costrinse a staccarsi da Gus e ad aprire gli occhi: dallo sguardo annebbiato che lanciò alle sue spalle, vide un ragazzo calvo che cercava di avvicinarsi al bancone.
Tornò a voltarsi verso Gus, senza saper bene cosa dire per giustificare il suo comportamento, ma lui non aveva bisogno di spiegazioni.
-Vieni con me-


OUTSIDE THE "CENTER"


Lo aveva lasciato nel bagno.
Se lo era tolto di dosso ed era uscita dal cubicolo prima che lui potesse fermarla.
Sapeva che era un comportamento infantile e stupido, ma non le importava.
Era sbagliato quello che stavano facendo; sapeva di avere gran parte della colpa visto il modo in cui lo aveva baciato al bar, e come aveva assecondato tutti i comportamenti sbagliati di Gus, ma ora sapeva come rimediare.
Facendosi largo fra la folla uscì dalla pista e si avviò verso il guardaroba per ritirare la borsa e il cappotto: doveva andare a casa, anche a piedi se era necessario.
-Non stai dimenticando niente?-le domandò una voce alle sue spalle, mentre aspettava che il ragazzo che consegnasse la borsa e il cappotto.
Non aveva bisogno di voltarsi per sapere che Gus era alle sue spalle.
Restò in silenzio, evitando anche di guardarlo.
Che era successo per farla cambiare in quel modo?Lei era una persona precisa, una ragazza che sapeva cosa voleva esattamente dalla propria vita.
Come aveva fatto a finire in un casino del genere?
-Vai da qualche parte?-le chiese ancora la voce, questa volta più vicina.
-A casa-ribatté lei continuando a ignorarlo.
Il ragazzo del guardaroba tornò e le consegnò il soprabito, lanciando uno sguardo a Gus.
-Era insieme al suo cappotto-gli sentì dire Vic.
Questi sparì per la seconda volta, ma fu di ritorno qualche attimo dopo con la giacca di Gus.
Decisa a mettere quanta più possibile distanza fra sé e Gus, Vic si avviò verso l'uscita del club e l'istante dopo si ritrovò in strada.
Doveva trovare un taxi: non era un gran problema...
-Hai intenzione di continuare a ignorarmi?-le domandò Gus uscendo in strada a sua volta.
Vic strinse le mani a pugni, prima di voltarsi e puntare lo sguardo sul volto del ragazzo.
-Vuoi farmi un favore?Sparisci!-gli disse con voce secca.
-Non credo sia una buona idea lasciarti qui da sola a quest'ora-le disse in tono neutro.
-Troverò un modo per tornare a casa, sta tranquillo-
-Ma se non sai neanche dove siamo-le disse divertito.
Se il suo sguardo avesse potuto uccidere, allora Gus avrebbe dovuto bruciare davanti ai suoi occhi in un unico tizzone.
-Vorrà dire che cercherò qualcuno che sa dove siamo- ribatté, decisa a non dargliela vinta.
Lui scosse la testa e si avvicinò, restando però a debita distanza da lei.
-Mi spieghi perché sei arrabbiata con me? In fondo non è successo niente-le fece notare Gus, perfettamente padrone della situazione.
Vic sbuffò e fece per voltarsi, ma lui la richiamò nuovamente con un tono perentorio.
-Sai benissimo perché sono arrabbiata con te!-gli disse.
-Perché stavamo per scopare in un bagno pubblico?-chiese lui brutalmente onesto.
Lei si bloccò davanti a quelle parole brutali, ma al tempo stesso candide. Del resto cosa poteva aspettarsi dalla copia di Brian Kinney?

Prima che potesse riprendersi e rispondere, lo vide scuotere la testa.
-No, secondo me non è neanche quello che ti dà fastidio-fece lui in tono sicuro.
Una nuova espressione infastidita si materializzò sul volto di Vic.
-Allora spiegamelo tu il motivo, visto che sai tutto- lo sfidò.
-Sei incazzata con te stessa-rispose lui.
Vic rise ironica.
-Davvero?- domandò sarcastica, cercando di nascondere quanto quelle parole si fossero avvicinate alla realtà.
Gus si avvicinò veloce a lei e si fermò a pochi centimetri di distanza. Osservando quell’interazione dall’esterno, si aveva chiaramente l’idea di una lotta per il territorio: nessuno dei due era pronto a lasciar cadere la propria idea ma, allo stesso tempo, i due ragazzi sentivano un’inspiegabile attrazione verso l’altro. Gus era consapevole che se avesse fatto dei gesti avventati, Vic si sarebbe tirata rinchiusa nuovamente nel suo guscio, quindi decise di agire con cautela.
-Sei incazzata con te stessa perché anche tu sei attratta da me. Per questo hai lasciato che le cose andassero tanto avanti poco fa-
Per alcuni secondi Vic si ritrovò boccheggiante: aveva davvero detto ciò che credeva di aver sentito? Ancora incredula, lo fissò incapace di dire una parola.

Perché Gus voleva aprire quel vaso di Pandora?
Avrebbe preferito mille volte affrontare la rabbia dei suoi genitori per le tante bugie dette quella sera e durante la sua vacanza, piuttosto che affrontare i problemi che sarebbero scaturiti da quella conversazione.

La ragazza prese un respiro profondo e abbassò lo sguardo, sentendo ancora su di sé l’occhiata penetrante di Gus che non la abbandonò neanche un istante mentre si dibatteva con i suoi mille pensieri e paure.

-Vuoi davvero affrontare quest’argomento?- gli domandò senza guardarlo.

-Ad essere sincero in questo momento, vorrei sapere perché sei scappata via in quel modo-rispose Gus con una punta di malizia nella voce.

Victoria sospirò nuovamente e finalmente rialzò lo sguardo fino a incontrare gli occhi nocciola di Gus.

-Possibile che non lo hai ancora capito?-gli domandò a sua volta.

Un’espressione corrucciata apparve sul volto del ragazzo portando Vic ad alzare gli occhi al cielo.

-Quando si sono incontrati i miei genitori?-gli domandò poi cogliendolo di sorpresa.

Sorpreso da quella domanda, Gus la fissò per qualche istante in silenzio. Era chiaro che non si era aspettato di affrontare l'argomento dei suoi genitori in quel momento e in quella particolare conversazione.

-Il giorno in cui sono nato. Ma questo cosa c’entra?-le domandò a sua volta.

-Papo ha incontrato papà fuori dal Babylon, l’ha avvicinato e gli ha chiesto dove stesse andando…- raccontò Victoria brevemente.

-Tutti nella nostra famiglia sanno ogni minimo dettaglio del grande incontro tra mio padre e lo zio Justin, anche dettagli che avrei preferito non conoscere per la mia autostima e sanità mentale, ma cosa c’entra il loro primo incontro con noi?-le domandò ancora, lasciando trasparire una nota di frustrazione nella voce.

Vic restò in silenzio qualche istante, osservando il volto perfetto di Gus, e per la prima volta da quando lo aveva incontrato, decise di essere completamente sincera con se stessa e con il ragazzo.

-Hai ragione quando dici che sono attratta da te, infatti mi hai colpito fin dal nostro primo incontro nei corridoi dell’Accademia. Non posso negare sei un bel ragazzo, quindi il tuo aspetto fisico è uno dei motivi principali per cui sono affascinata da te, ma anche il tuo pessimo carattere mi porta a restare ore imbambolata a pensarti, magari ripensando alla nostra ultima conversazione e a come avrei potuto rispondere in maniera perfetta a un tuo commento sarcastico-confessò sincero.

Un sorriso ironico, identico a quello di Brian, si disegnò sulle labbra di Gus.

-Ma nonostante tu sia cresciuto con tua madre e Melanie, tu il figlio di Brian Kinney ed io sono la figlia di Justin Taylor. La versione gay di Romeo e Giulietta a Pittsburgh. Quando ho raccontato a Hunter della mia attrazione per te…-.

-Lo hai detto al figlio dello zio Mickey?-la interruppe lui sorpreso.

Vic annuì.

-Lui è il mio Michael. Nonostante la grande differenza d’età- disse lei con un sorriso accennato prima di riprendere il discorso interrotto poco prima.

-Quando ho parlato con Hunter di noi due, lui ha detto che una storia fra me e te è praticamente inevitabile e la cosa mi terrorizza-gli confessò sincera.

-Ok, ora non ci capisco più niente…- ammise Gus, incrociando le braccia sul petto ampio.

-Oh, andiamo! Sai meglio di me quanto sia stata complicata la storia tra i miei genitori, non posso e non voglio vivere quello che hanno passato loro. Ho promesso a me stessa che avrei vissuto la mia vita cercando di non ripetere i loro errori e questa… questa possibile storia tra noi sarebbe il più grande errore della mia vita- gli disse consapevole di quanto le sue parole potessero ferirlo.

-Chi ti dice che sarebbe un errore?-ribatté subito lui, chiaramente infastidito.

-Perché tu ed io siamo le copie dei nostri genitori-gli fece notare lei.

Gus si lasciò scappare un sospiro frustrato e si passò una mano tra i corti capelli castani senza mai allontanare lo sguardo dal volto di Victoria. Per tutta la durata della loro conversazione, i due ragazzi erano rimasti fermi su un marciapiede, a poca distanza dall’entrata del “Center” incuranti di gruppi che passavano accanto a loro diretti verso il club.

-Ho bisogno di una tazza di caffè- disse infine Gus dopo qualche istante di silenzio, cogliendola di sorpresa.

Victoria, non sapendo cosa rispondere, si limitò ad annuire.

-Ti va di farmi compagnia?-le domandò l’attimo dopo Gus.

 

 

____________________________

 

I due ragazzi avevano preso un taxi ed erano tornati a Manhattan, nelle strade che conoscevano fin da quando erano bambini, e una volta pagato il taxi Gus aveva condotto Victoria verso una tavola calda aperta tutta la notte e aveva ordinato del caffè per entrambi.

Il viaggio in taxi era stato silenzioso, e mentre le strade di New York scorrevano veloci attorno a loro, i due ragazzi avevano riflettuto a lungo sugli eventi della serata e sullo scambio di battute avuto fuori dal club.

Victoria era consapevole di aver usato dei toni un po’ accesi durante la discussione, ma era certa di non poter fare altrimenti. L’attrazione che provava per Gus aumentava a ogni loro incontro e questo la spaventava: perché riusciva a provare dei sentimenti così forti nei confronti di Gus quando nessuno prima di lui aveva mai attirato la sua attenzione? Perché non poteva provare dei sentimenti altrettanto forti per Matt?

Inoltre, se doveva essere totalmente onesta con se stessa, Vic doveva ammettere che l’idea di una possibile relazione con Gus la intrigava: come sarebbe stato essere la ragazza di Gus? Sarebbe stato un “fidanzato” premuroso? Oppure si sarebbe comportato come Brian e avrebbe negato con se stesso e con gli altri l’esistenza di una relazione tra loro?

Seduti a un tavolino d’angolo nella tavola calda, Vic pensò per l’ennesima volta alla relazione tra i suoi genitori e si rese conto di come la loro storia d’amore proiettasse una grande ombra sulla sua vita.

Da piccola, considerava il rapporto tra i suoi genitori la più romantica storia d’amore al mondo; ovviamente crescendo aveva scoperto diversi particolari sui suoi genitori che l’avevano portata a ricredersi sul carattere romantico della loro relazione, e infine raggiunta l’adolescenza aveva promesso a se stessa che non avrebbe mai permesso a un uomo di comportarsi con lei come alle volte Brian aveva trattato suo padre.

Amava il suo papo, ma se fosse stato il suo ragazzo, lo avrebbe preso a calci finché non avesse cambiato atteggiamento.

Quindi perché ora considerava anche solo l’idea di iniziare una storia con la copia in miniatura di Brian?

-I tuoi pensieri fanno troppo rumore-le disse Gus, riportandola alla realtà.

Victoria incontrò brevemente i suoi occhi prima di abbassarli sulla tazza di caffè che stringeva tra le dita della mano sinistra.

-Ho pensato a quello che hai detto prima…-aggiunse il ragazzo.

-Quindi sei d’accordo con me?-gli domandò Vic, portando la tazza alle labbra.

-Al contrario. Credo che siano tutte stronzate-rispose Gus, con voce calma.

Un’espressione seccata si dipinse sul volto di Vic dopo quelle parole e la ragazza dischiuse le labbra, pronta a spiegare nuovamente le motivazioni che rendevano impossibile una storia tra loro, ma Gus scosse la testa.

-Adesso tocca a me parlare- le disse per metterla a tacere- Mi sembra che tu abbia espresso ampiamente il tuo pensiero quando eravamo fuori dal club, quindi ora tocca a me-aggiunse.

Vic restò in silenzio, sistemandosi più comodamente sulla propria sedia e incrociando le braccia sul petto in una posa battagliera, pronta a rispondere a tono a ogni affermazione di Gus.

Dal canto suo, Gus lasciò cadere il silenzio tra loro per qualche istante, raccogliendo le proprie idee.

-Io sono convinto che tu ed io insieme siamo grandi- iniziò Gus con voce cauta. –Io non sono il candidato perfetto per ricoprire il ruolo di fidanzato; non ho mai avuto una storia che sia durata più di due settimane e so di non essere la persona ciò che tu stai cercando in un ipotetico ragazzo.

E’ inutile negarlo: tu la perfetta copia dello zio Justin-commentò.

Victoria corrugò la fronte a quell’affermazione.

-Questo cosa vorrebbe dire?-

-Vuol dire che hai un’idea molto romantica dell’amore. Vuoi qualcuno che non ti faccia mai dubitare del suo amore per te, che ti stupisca con dimostrazioni d’affetto inaspettate. Tutto questo è colpa dei tuoi genitori: hai sempre visti felici e in perfetta armonia…-.

-Questa sarebbe una colpa?-

Gus annuì.

-Certo. Se avessi vissuto, come me e Hunter, tutto quello che la nostra famiglia ha passato per arrivare fin qui, allora anche tu avresti un atteggiamento più cinico nei confronti dell’amore. Invece lo hai soltanto vissuto per interposta persona e, probabilmente, conosci soltanto le versioni edulcorate che ti sono state raccontate per non urtare la tua sensibilità- disse ancora il ragazzo.

Malgrado quel discorso la infastidisse, Vic non poté non essere d’accordo con Gus: nonostante l’onestà brutale di Brian e l’atteggiamento svampito di Emmett, la ragazza era certa che riguardo a certi argomenti le avevano raccontato soltanto una parte della verità, tacendole i particolari più scabrosi.

-Ad esempio?-domandò, lasciandosi andare alla curiosità e mettendo da parte per qualche istante l’argomento principale.

Gus la guardò per qualche istante in silenzio, probabilmente indeciso sull’aneddoto da raccontarle.

-Tu sai che mio padre ha avuto il cancro, vero?-le domandò Gus a sua volta.

Victoria annuì.

-Cosa ti hanno raccontato al riguardo?-

-Quando Brian ha scoperto di essere malato, inizialmente non l’ha detto a nessuno, poi si è confidato con lo zio Ted, nonna Debbie e infine con papà e con lo zio Michael, permettendo così a mio padre di stargli vicino-riassunse brevemente la ragazza.

Gus annuì lentamente senza mai staccare lo sguardo dal volto di Vic.

-In realtà, quando mio padre ha scoperto di essere malato, è andato nel panico: si è operato facendo credere a tutti di essere in vacanza e, una volta tornato a casa ha ripreso la sua vita di sempre fino a quando lo zio Justin non ha scoperto tutto. Allora preso dal panico, l’ha cacciato da casa. Per giorni ha rifiutato di incontrarlo, fino a quando lo zio Justin non si è fatto trovare al loft-raccontò.

-Cosa è successo poi?-domandò incredula Vic.

-Conoscendoli, credo abbiano iniziato a urlarsi contro finché lo zio Justin non ha avuto la meglio su mio padre-rispose Gus alzando le spalle.

Vic fissò lo sguardo sulla propria tazza di caffè semivuota, immersa nei propri pensieri.

-Perché mi hanno sempre raccontato un’altra versione?-gli domandò tornando a incontrare gli occhi nocciola di Gus.

Un sorriso divertito apparve sulle labbra del ragazzo.

-Questo è soltanto un assaggio, e anche quello più innocente, di quanto fosse contorta la loro relazione all’epoca. Tu conosci una versione completamente diversa che non rispecchia per niente quello che erano prima del loro arrivo a New York e prima della tua nascita-.

-Tu come fai a conoscere queste storie? In fondo all’epoca eri un bambino…-gli domandò avvicinandosi leggermente al tavolo e sfiorando con la punta delle dita la saliera di vetro.

Gus sorrise nuovamente.

-Melanie è un’ottima fonte d’informazioni. Specialmente quando si tratta di mio padre-le confessò.

Victoria si lasciò scappare una piccola risata e scosse leggermente la testa. Era chiaro che fra Brian e Melanie non ci fosse un grande rapporto, quindi quale modo migliore di screditare l’uomo davanti a suo figlio di raccontare particolari scioccanti del suo passato?

-Capisci ora perché il rapporto tra i tuoi genitori non è un buon metro di giudizio? Soprattutto se parliamo di una storia tra me e te-disse Gus, ritornando sull’argomento precedente.

Victoria lo fissò qualche istante, incerta su cosa rispondere a quella domanda: era chiaramente attratta da Gus, ma un’attrazione fisica era una base sufficiente per una storia tra loro? Sarebbe stata capace di mettere da parte il fastidio che le procurava gli atteggiamenti da sbruffone di Gus?

-Ti stai dimenticando di Matt…-gli ricordò.

Questa volta toccò a Gus corrugare la fronte.

-Cosa c’entra Matt? Non mi sembra che tra voi ci sia una storia-.

-No, ma…-ammise Vic.

-Avete soltanto pranzato insieme qualche volta, quindi non vedo perché dovrei preoccuparmi di Matt. Se fossi stata veramente attratta da lui, non avresti permesso che le cose tra noi arrivassero fino a questo punto-commentò Gus.

-Perché a che punto sono le cose tra noi?- ribatté l’altra con una punta di sfida nella voce.

-Devo ricordarti dove eravamo neanche un’ora fa?-le fece notare lui con un sorriso malizioso sulle labbra.

A quelle parole, un lieve rossore si diffuse sulle guance di Vic portandola ad abbassare lo sguardo.

-Al posto tuo, una volta tornata a Toronto metterei subito le cose in chiaro, in modo che Matt non si faccia strane idee-aggiunse ancora Gus.

-Sei veramente molto sicuro di te. Questo è quello che capita a vivere con due lesbiche-lo rimbeccò Victoria.

Questa volta, Gus si lasciò andare a una sonora risata.

-Tu invece hai passato troppo tempo con mio padre-commentò divertito.

Per qualche istante, tra i due ragazzi calò il silenzio.

La notte si stava velocemente trasformando in un nuovo giorno e sia Gus sia Victoria erano consapevoli che qualsiasi cosa avrebbero deciso in quelle ore avrebbe cambiato il corso delle loro vite, forse soltanto marginalmente oppure in maniera definitiva.

-Che cosa facciamo Gus?-gli domandò infine Victoria, di nuovo con un’espressione seria in volto.

- E’ inutile continuare a negare l’attrazione che c’è tra noi. Ogni volta che ti vedo, provo qualcosa che non ho mai sentito per nessun’altra ragazza prima di te… E’ lo stesso anche per te?-le domandò.

Vic annuì.

-Allora proviamoci. Non sarà facile, lo sappiamo entrambi, ma almeno non resteremo con il dubbio per il resto della nostra vita.

Anche perché, come ho detto prima credo che insieme saremmo fantastici-ripeté sicuro.

L’attimo dopo, Gus si sporse leggermente verso di lei, tendendo la mano destra che andò a posarsi sulla sua fino a intrecciare le dita in quelle di Victoria.

Lo sguardo della ragazza si posò sulle loro mani unite e dopo qualche istante di esitazione, decise di non ritrarre la propria mano, rassicurata dal calore sprigionato dalla vicinanza di Gus.

-Ok…- disse infine rialzando lo sguardo sul volto di Gus giusto in tempo per godersi il sorriso che illuminò il volto del ragazzo. –Che cosa diremo ai nostri genitori?-gli domandò poi.

-Niente.

Almeno per il momento, dobbiamo tenerlo per noi. Io non ne parlerò con JR e tu non dirai niente a Hunter-.

-Cosa? E’ uno scherzo spero!-esclamò sbalordita Vic.

Era un’idea assurda! Fin da quando aveva memoria, Hunter era stato il suo migliore amico, il suo confidente e la persona di cui poteva fidarsi ciecamente, senza paura di essere giudicata. Come poteva ora tenerlo all’oscuro quando le capitava qualcosa di veramente importante?

-Anche io voglio bene a Hunter, ma in una situazione come questa probabilmente non capirebbe…- cercò di spiegarle Gus.

-E’ stato lui a dirmi che saremmo finiti insieme!-gli fece notare Vic, difendendo il ragazzo.

-Ok, ma puoi essere assolutamente sicura che non andrà a raccontare qualcosa allo zio Michael? Se dovesse vederti triste o incazzata per un litigio, sei certa che non cercherebbe di risolvere la cosa mettendo in mezzo Michael e quindi i tuoi genitori?-.

Victoria sospirò frustrata e dovette ammettere che Gus aveva ragione; durante il periodo più buio della sua vita, alcune delle confidenze fatte a Hunter erano arrivate allo zio Michael, permettendo ai suoi genitori di intervenire e di salvarle la vita.

Ora però, era disposta a rischiare qualcosa che fin dalla nascita era molto fragile?

-Va bene, per il momento faremo come dici tu. Però, ho bisogno che tu mi faccia una promessa-gli disse con voce calma.

Gus annuì, fissando attentamente il suo volto.

-Se dovessi renderti conto, fra una settimana o un mese, che questo non è realmente quello che vuoi Non prendermi in giro.  Metti fine a questa cosa nel modo veloce e il più indolore possibile.

Voglio che tu sia brutalmente onesto come tuo padre-.

Se Gus era stato colto di sorpresa da quelle parole, l’espressione sul suo volto non lasciò trasparire nulla.

-Se è questo quello che vuoi, te lo prometto-

Rassicurata dalle sue parole, Vic si lasciò andare a un sorriso e per la prima volta da quando avevano iniziato quel lungo discorso, si rilassò completamente.

Non sarebbe stato facile, ma era curiosa di scoprire dove l’avrebbe portata quell’avventura.

-Bene, ora che abbiamo chiarito tutto, che ne dici di andar via di qui?-le domandò Gus accarezzandole il palmo della mano con il pollice.

-Per andare dove?-chiese Vic, leggermente sospettosa.

Con un gesto del capo, Gus indicò la vetrata alla loro destra.

-E’ quasi l’alba. Hai mai visto il sole sorgere su New York?-.

Con lo sguardo fisso negli occhi nocciola di Gus, Victoria scosse la testa.

-A meno che tu non sia troppo stanca e non voglia tornare a casa- la stuzzicò ironico il ragazzo.

Vic ridacchiò a quelle parole.

-Forse dovrei farti la stessa domanda, vecchietto…-ribatté con la stessa ironia nella voce.

La mano di Gus lasciò la sua per pochi istanti, giusto il tempo necessario per lasciare qualche banconota sul tavolo e per alzarsi in piedi.

L’attimo dopo Victoria era in piedi accanto a lui, la sua mano destra nuovamente stretta a quella sinistra di Gus.

-Pronta?-le domandò lui.

-Fammi strada vecchietto-

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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