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di Stillathogwarts
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Flashback #1 (DRACO) ***
Capitolo 2: *** Flashback #2 (DRACO) ***
Capitolo 3: *** Flashback #3 (HERMIONE) ***
Capitolo 4: *** Flashback #4 (DRACO) ***
Capitolo 5: *** Flashback #5 (HERMIONE) ***
Capitolo 6: *** CAPITOLO 1 ***
Capitolo 7: *** CAPITOLO 2 ***
Capitolo 8: *** CAPITOLO 3 ***
Capitolo 9: *** CAPITOLO 4 ***
Capitolo 10: *** CAPITOLO 5 ***
Capitolo 11: *** CAPITOLO 6 ***
Capitolo 12: *** CAPITOLO 7 ***
Capitolo 13: *** CAPITOLO 8 ***
Capitolo 14: *** CAPITOLO 9 ***
Capitolo 15: *** CAPITOLO 10 ***
Capitolo 16: *** CAPITOLO 11 ***
Capitolo 17: *** CAPITOLO 12 ***
Capitolo 18: *** CAPITOLO 13 ***
Capitolo 19: *** CAPITOLO 14 ***
Capitolo 20: *** CAPITOLO 15 ***
Capitolo 21: *** CAPITOLO 16 ***
Capitolo 22: *** CAPITOLO 17 ***
Capitolo 23: *** CAPITOLO 18 ***
Capitolo 24: *** CAPITOLO 19 ***
Capitolo 25: *** CAPITOLO 20 ***
Capitolo 26: *** CAPITOLO 21 ***
Capitolo 27: *** CAPITOLO 22 ***
Capitolo 28: *** CAPITOLO 23 ***
Capitolo 29: *** CAPITOLO 24 ***
Capitolo 30: *** CAPITOLO 25 ***
Capitolo 31: *** CAPITOLO 26 ***
Capitolo 32: *** CAPITOLO 27 ***
Capitolo 33: *** CAPITOLO 28 ***
Capitolo 34: *** CAPITOLO 29 ***
Capitolo 35: *** CAPITOLO 30 ***
Capitolo 36: *** CAPITOLO 31 ***
Capitolo 37: *** CAPITOLO 32 ***
Capitolo 38: *** CAPITOLO 33 ***
Capitolo 39: *** CAPITOLO 34 ***
Capitolo 40: *** CAPITOLO 35 ***
Capitolo 41: *** CAPITOLO 36 ***
Capitolo 42: *** CAPITOLO 37 ***
Capitolo 43: *** CAPITOLO 38 ***
Capitolo 44: *** CAPITOLO 39 ***
Capitolo 45: *** CAPITOLO 40 ***
Capitolo 46: *** CAPITOLO 41 ***
Capitolo 47: *** CAPITOLO 42 ***
Capitolo 48: *** CAPITOLO 43 ***
Capitolo 49: *** CAPITOLO 44 ***
Capitolo 50: *** CAPITOLO 45 ***
Capitolo 51: *** CAPITOLO 46 ***
Capitolo 52: *** CAPITOLO 47 ***
Capitolo 53: *** CAPITOLO 48 ***
Capitolo 54: *** CAPITOLO 49 ***
Capitolo 55: *** CAPITOLO 50 ***
Capitolo 56: *** CAPITOLO 51 ***
Capitolo 57: *** CAPITOLO 52 ***
Capitolo 58: *** CAPITOLO 53 ***
Capitolo 59: *** CAPITOLO 54 ***
Capitolo 60: *** CAPITOLO 55 ***
Capitolo 61: *** CAPITOLO 56 ***
Capitolo 62: *** CAPITOLO 57 ***
Capitolo 63: *** CAPITOLO 58 ***
Capitolo 64: *** CAPITOLO 59 ***
Capitolo 65: *** CAPITOLO 60 ***
Capitolo 66: *** CAPITOLO 61 ***
Capitolo 67: *** CAPITOLO BONUS ***
Capitolo 68: *** EPILOGO ***



Capitolo 1
*** Flashback #1 (DRACO) ***


DISCLAIMER: I personaggi e il mondo di Harry Potter in generale non mi appartengono. Questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.
 
FLASHBACK 1

(DRACO)




Coppa del Mondo di Quidditch, Estate prima del Quarto Anno

Draco Malfoy se ne stava con la schiena appoggiata al tronco di un albero in attesa che accadesse quello che suo padre gli aveva anticipato prima di lasciare Malfoy Manor.
«Resta nel bosco, Draco» gli aveva ordinato. E Draco, come al solito, aveva obbedito. Sapeva che sarebbe successo qualcosa di grosso di lì a poco, ma si era scocciato e voleva tornarsene a casa. Fosse stato per lui, sarebbe andato via con Narcissa, ma Lucius aveva insistito affinché restasse.
«Draco deve vedere quello che gli riserba il futuro. È ora che inizi ad imparare» aveva ribattuto il padre alle proteste della moglie, poi l’aveva mandata via.
«Tua madre è sempre stata un po’ troppo accondiscendente con te, Draco. Ma è arrivato il momento che tu inizi a liberarti della sua influenza, se vuoi diventare qualcuno».
Draco aveva annuito, come faceva ogni volta che Lucius gli dispensava qualche perla di saggezza non richiesta, ma non appena il padre si fu voltato alzò le sopracciglia e soffiò silenziosamente.
Era davvero necessario che terrorizzassero qualche Babbano idiota proprio quella sera, rovinando la fottuta Coppa del Mondo di Quidditch? Dover dividere la tribuna d’onore con quei poveracci dei Weasley, San Potter e la Sanguemarcio Granger non aveva già inquinato l’atmosfera abbastanza?
Sbuffò sonoramente, ma i suoi occhi dardeggiarono in direzione del campo quando udì le prime urla. Fu attraversato da un brivido di eccitazione. Forse era per quello che suo padre guardava con tanta nostalgia ai suoi tempi da Mangiamorte? L’adrenalina?
Sobbalzò quando iniziò a sentire il boato di esplosioni e fatture varie; si sporse al limite della foresta per osservare meglio e vide che l’atmosfera di festa che aveva animato il luogo fino a pochi istanti prima si era improvvisamente tramutata in una di puro terrore. Fiamme si levavano da ogni zona dell’accampamento e la gente era tutta intenta a correre e urlare. Si dirigevano verso gli alberi per nascondersi, spaventati, al grido di «Ci sono i Mangiamorte, scappate!».
Dentro Draco si fecero ben presto strada due pensieri contrastanti: da un lato, l’ebbrezza di essere in grado di incutere tanto timore lo affascinava, dall’altro, il dubbio che non fosse una cosa positiva iniziò a insinuarsi nella sua mente. Che senso aveva la grandezza se nessuno si fermava a riconoscerla?
Poi iniziò a pensare che sì, lui se ne stava lì, tranquillo, sapendo che non sarebbe stato toccato, ma se fosse stato dall’altro lato? Se fosse stato lui quello terrorizzato, in pericolo di vita, messo in fuga nel bel mezzo dei festeggiamenti per quella che avrebbe dovuto essere la serata più emozionate della sua vita?
Vide la gente incappucciata, tra cui vi era anche suo padre, sciamare nel campo e lanciare incantesimi in ogni direzione, provocando esplosioni e incendi. Nel caos, si trascinavano dietro il proprietario del campo e la sua famiglia, tutti Babbani, facendoli levitare in aria. Quando la sottoveste della Babbana si alzò rivelando degli orribili mutandoni, Draco rise di gusto; ma poi guardò meglio la scena e l’ilarità scomparve dal suo volto tutto d’un tratto: non erano solo il Babbano e sua moglie; i Mangiamorte stavano facendo quello anche ai loro figli. Dei bambini. Ed erano terrorizzati.
Draco deglutì. Suo padre stava davvero facendo trotterellare per aria dei fottuti bambini? Dov’era la gloria e l’onore in questo? Ripensandoci bene, neanche quello che stavano facendo a quei Babbani gli sembrava in qualche modo… Grande.
Potter aveva ucciso un Basilisco, al secondo anno; che era stato suo padre a far liberare, tra l’altro. Quello, pensò con una punta di rancore, era stato grande.
Fu distratto dai suoi pensieri quando scorse proprio il Trio Miracoli. Non pensava che fossero in quel campo, li credeva acquattati tutti in una tenda unica nel campo dei poveracci più in là. Procedevano lentamente, quasi come se non fossero in grave pericolo. Quegli idioti. Non sapevano che se i Mangiamorte avessero messo le mani sulla Granger l’avrebbero sicuramente uccisa?
Quando vide Weasel inciampare in una radice, attirò d’istinto la loro attenzione prima che potesse prendere qualsiasi decisione razionalmente; non aveva pensato a cosa dire o come agire, aveva semplicemente messo su il suo usuale ghigno strafottente e divertito ed era partito all’attacco, insultando il rosso compagno di scuola. Non si sarebbe mai fatto scappare l’occasione di prendere in giro Weasley.
La cosa legittima da fare durante un attacco da parte dei Mangiamorte quando si viaggiava con una Sanguemarcio sarebbe stata quella di ignorarlo e riprendere a correre per mettere più distanza possibile tra loro e il luogo dell’attacco. Ma figurarsi se quei Grifondioti potevano lasciar correre un piccolo sfottò. Non solo la Donnola decise di rispondergli, ma tentò anche di colpirlo. Malfoy provò un improvviso moto di pena per la Granger. Quei cretini neanche si curavano della sua sicurezza; eppure, lei continuava a salvargli il sedere, anno dopo anno, cazzata dopo cazzata, atto eroico dopo atto eroico e a non godere neanche della metà della popolarità che ricevevano Weasley e, soprattutto, Potter. E a lei sembrava pure stare bene.  
«Non è meglio che vi muoviate, adesso? Non vorrete che riconoscano anche lei, vero?» disse indicando la Granger.
Lei assottigliò gli occhi. «Che cosa vorresti dire?»
Non poteva davvero non sapere. In altre circostanze, lo avrebbe trovato quasi divertente, sapere qualcosa che la so-tutto-io Granger non sapesse, ma quella sera non aveva voglia di veder morire dei compagni di scuola. Immaginò quanto sarebbe stato noioso dover trascorrere quattro anni ad Hogwarts senza la Sanguemarcio da sfottere e San Potter e la Donnola da torturare.
«Granger, stanno cercando i Babbani» le rispose con aria saccente. «Vuoi far vedere le mutande a tutti? Perché se è questo che vuoi, aspetta solo un attimo… vengono di qua e almeno ci faremo una bella risata».
«Hermione è una strega» s’inserì Potter, sibilando.
«Vedila un po’ come ti pare, Potter. Se credi che non possano riconoscere una Sanguemarcio, restate pure dove siete» disse e gli rivolse uno dei suoi sorrisini perfidi.
Perché cavolo non andavano via? Il rumore delle esplosioni si faceva sempre più intenso e le luci degli incantesimi raggiungevano ormai anche la foresta.
Draco si chiese se non dovesse andar via anche lui, in realtà.
Ma i Grifondioti non sembravano comprendere la gravità della situazione. Weasel continuava a rispondergli e Malfoy ad insultarlo; poi Potter se ne uscì domandandogli se suo padre facesse parte del gruppo di incappucciati che stava seminando il panico nel campo. Draco realizzò che non lo avrebbe mai ammesso, neanche se non avesse temuto ripercussioni sulla sua famiglia.
Si stava forse vergognando della cosa?
No. D’altronde quello era ciò che lo attendeva nel suo futuro, suo padre glielo aveva sempre detto.
«Ah, i bei tempi, quando il Signore Oscuro era al potere» si era sentito ripetere per tutta la vita. «Avrebbe dovuto liberarci da quella piaga dei Sanguemarcio per sempre. Ma verrà il momento, verrà il momento».
La Granger afferrò i suoi amichetti per le braccia e cercò di spingerli via, di convincerli a muoversi. Finalmente. Forse, almeno lei, aveva capito. Ma, temendo di non aver dato il meglio di sé, Draco decise di rivolgerle un altro ghigno perfido.  
«Tieni giù quel tuo testone, Granger» le disse sogghignando.
Lei gli rivolse un’occhiataccia e se ne andò, tirandosi dietro quegli stupidi di Potter e Weasley.
Se i Mangiamorte fossero stati più vicini, non sarebbero sicuramente riusciti ad uscirne incolumi.
Suo padre si comparve davanti a lui qualche attimo dopo e nei suoi occhi Draco notò un lampo di paura. Seguì la traiettoria dello sguardo di Lucius per individuare il punto che stava fissando e riconobbe lo stesso teschio che il padre portava tatuato sul braccio. Il Marchio Nero, il marchio del Signore Oscuro. Il Marchio che un giorno avrebbe dovuto prendere anche Draco, a giudicare da quel che Lucius diceva di aver programmato per il suo futuro. Suo padre lo aveva sempre definito come un grande onore, ma allora perché sembrava quasi spaventato nel vederlo stagliarsi in cielo, enorme e davanti agli occhi di tutti?
La verità era che molte cose che gli aveva raccontato Lucius, a Draco non erano mai tornate; ad esempio, si era sempre chiesto perché mai nascondesse il Marchio o il suo passato come seguace del Signore Oscuro se erano in qualche modo cose di cui andar fieri; e dopo che era arrivato ad Hogwarts, vedendo che in realtà erano ben pochi i sostenitori della linea purosanguista e per lo più figli della cricca del padre, vedendo che la Granger, che rappresentava tutto ciò che gli era sempre stato indicato come inferiore, era la prima del corso, Draco non aveva potuto fare a meno di domandarsi se, infondo, suo padre almeno un po’ si stesse sbagliando.
Ma non aveva mai avuto il coraggio di sollevare la questione, di porgere domande.
«Il tuo destino, figlio mio, è scritto da quando sei nato. Sei un Malfoy, Draco. E come tale dovrai sempre agire».
Ed era quello che Draco aveva sempre fatto, quello che Draco avrebbe sempre continuato a fare. Quello che ci si aspettava da Draco Malfoy.
Ma quella notte, quando Draco fu finalmente nel suo letto, rannicchiato sotto le coperte, continuava a vedere l’immagine di quei bambini terrorizzati che venivano fatti sollevare in aria tra fiamme e cose che non potevano capire. E per la prima volta in vita sua, Draco Malfoy si chiese se non avrebbe dovuto aver paura di suo padre e del futuro che aveva progettato per lui e di cui andava tanto fiero.

 

⸻⸻

Salve a tutti!

Ho ripreso da poco a scrivere fanfiction e ho deciso di tornare con questo piccolo esperimento sulla Dramione; ho voluto giocare con l'idea di alcune ship che nel canon non sono neanche accennate, ma la storia si concentrerà principalmente su Draco e Hermione. Ho dato loro un passato leggermente diverso, ma anche un futuro molto diverso da quello del canon. La storia inizierà con 5 flashback per darvi un background sui personaggi di questa storia; vi avviso da subito che la Dramione è strutturata per essere una slow burn, quindi abbiate pazienza! I toni saranno più dark rispetto a quelli dei libri e a un certo punto lo sviluppo dei personaggi divergerà e procederà in linea degli avvenimenti della fanfiction. 

Spero che vogliate dare una possibilità alla mia storia; lasciate una recensione se vi va, fa sempre molto piacere.

P.S. Aggiornerò regolarmente.

A presto!

 

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Capitolo 2
*** Flashback #2 (DRACO) ***


FLASHBACK #2
(DRACO)





Hogwarts, Quarto Anno

Pansy Parkinson era, a detta dei coniugi Malfoy, una candidata perfetta con cui stipulare un contratto di matrimonio.
Draco Malfoy non ne era poi tanto sicuro.
La sua famiglia faceva sì parte delle Sacre Ventotto e Pansy era una delle poche persone che a Draco effettivamente piacessero in tutta Hogwarts, però parlava troppo. Il suo raffinato ed elegante vestito argentato che metteva in risalto le sue forme e il suo lignaggio non era sufficiente affinché valesse un'intera serata ad ascoltarla commentare l'outfit di mezza scuola; l'unica volta che l'aveva accompagnata nei commenti era stato per insultare Weasley e quel suo orrendo abito da sera del diciottesimo secolo. Purtroppo per Draco non era neanche stata una sorpresa, perché lui lo aveva già visto in treno e aveva già preso in giro la Donnola in tal proposito, per cui non gli avrebbe dato alcuna soddisfazione farlo di nuovo. Ed onestamente la sua faccia era già abbastanza consolatoria per Draco; si chiedeva, però, che fine avesse fatto la Granger e come mai non fosse al braccio del rosso.
Si era preparato una lista di insulti da rivolgerle e non vedeva l'ora che arrivasse per ravvivare la serata. O quantomeno che dessero via alle danze per poter ballare e far stare zitta Pansy.
All'improvviso, Draco udì diversi mormorii, un misto tra sospiri estasiati, esclamazioni di stupore e barlumi di invidia.
«Ma è bellissima!»
«Non ci credo, ma è davvero lei
Draco si voltò e... restò senza parole. A quanto pareva quella sera non avrebbe sfottuto la Granger, perché la sua mente fece immediatamente tabula rasa di tutti gli insulti a cui aveva pensato, insieme a qualsiasi frase di senso compiuto che avrebbe potuto dire.
Hermione Granger scendeva le scale in un bellissimo vestito blu pervinca; i suoi capelli erano raccolti e lisci e il lavoretto sui denti fattole da Madame Pomfrey aveva dato un ulteriore contributo; Pansy si lasciò andare a un paio di insulti borbottati, probabilmente invidiosa della bellezza della ragazza che indossava giusto un velo di trucco, mentre ella aveva come al solito esagerato.
«Crede che vestendosi in modo carino farà dimenticare alla gente che è una sudicia Sanguemarcio?»
Draco non poteva parlare a nome di tutti i Serpeverde purosanguisti, ma lui per un momento lo aveva sicuramente dimenticato; ovviamente, non lo disse ad alta voce.
Scosse forte la testa per scrollarsi via di dosso quei pensieri inappropriati e disgustosi; sì, lei era abbastanza carina quella sera, ma a lui faceva comunque ribrezzo.
Era, però, inspiegabilmente curioso di scoprire chi sarebbe stato il suo sfortunato cavaliere.
E poi lo vide e davvero Draco perse le parole.
Hermione Granger era andata al Ballo del Ceppo con Viktor Krum.
Ah.
Krum era un cercatore di fama mondiale, un Purosangue e uno studente di Durmstrang. Lucius aveva pensato di mandare Draco a studiare lì invece che ad Hogwarts, reputandola una scuola migliore per via dell'importanza data allo studio delle Arti Oscure, della sua conoscenza con Igor Karkaroff, il Preside di Durmstrang, e per via del fatto che solo studenti Purosangue venivano accettati a studiare lì. Non come ad Hogwarts, che invece era piena di Mezzosangue e Sanguemarcio. Ma Narcissa Malfoy era stata categorica: non avrebbe mandato il suo unico figlio a studiare così lontano. E Draco, sotto sotto, ne era stato felice: tutti i maghi del Regno Unito studiavano ad Hogwarts e lui aveva letto così tanto su quella scuola che, per quanto fingesse di odiarla, Draco personalmente non avrebbe scelto di andare da nessun'altra parte.
Guardava scioccato la Granger che apriva le danze al braccio di Krum; il bulgaro doveva per forza sapere che era una Nata Babbana, lei non ne aveva mai fatto un segreto di stato; quindi, perché la accompagnava con tanta fierezza? Avrebbe sicuramente potuto fare di meglio, qualsiasi ragazza gli avrebbe detto di sì. Pansy stessa avrebbe scaricato lui pur di poter andare al ballo con Viktor Krum.
Si chiese un'altra volta se fossero le idee di suo padre ad avere qualche falla o se fossero le sue informazioni riguardo a Durmstrang e i suoi studenti ad essere errate. Fatto stava, che per quanto Draco si sforzasse, quella sera non riusciva a trovare proprio nulla di sporco nella Granger. E a quanto pareva neanche Krum.
Si rese conto che, in realtà, se non fosse stato a conoscenza del suo status di sangue e non avesse avuto le frasi fatte di suo padre da rivolgerle, lui nella Granger non ci avrebbe mai trovato qualcosa di sporco. Al massimo, l'avrebbe potuta prendere in giro per essere un'insopportabile so-tutto-io, una secchiona, un topo da biblioteca. Ma sporca?
«Draco? Mi stai ascoltando?»
La voce di Pansy lo riportò alla realtà; no, non la stava ascoltando. Stava fissando la Granger e, rifletté, era talmente assorto nei suoi pensieri da seguire la massa al punto che aveva anche applaudito lei e Potter quando gli erano passati davanti.
Che schifo. Sperò non se ne fosse accorto nessuno.
«Stai zitta e andiamo a ballare, Pansy».

 

Hogwarts, Quarto Anno

Draco Malfoy se ne stava seduto scomposto e annoiato su una panca ad attendere la fine di quello stupidissimo torneo. Krum e la Delacour erano già tornati e questo significava che il vincitore poteva essere solo uno studente di Hogwarts, Diggory o Potter. Per quanto non nutrisse particolare stima nei confronti dei Tassorosso, Malfoy era ancor meno avvezzo a parteggiare per San Potter, a cui davvero non serviva vincere anche quel fottuto torneo per ottenere ancora più ricognizione.
Per cui si era ritrovato a sperare che fosse Diggory ad apparire con la coppa e che lo facesse in fretta.
Era veramente sul punto di andarsene, quando il rumore di una Passaporta attirò l'attenzione di tutti i presenti, che si alzarono in piedi ad applaudire, ovviamente, Potter.
Ma Draco no. Draco non aveva neanche fatto in tempo a sbuffare per la solita fortuna sfacciata del suo eterno rivale, - fortuna che lo aveva portato ad un'altra insopportabile vittoria -, che notò qualcosa di strano.
Non era solo.
Per terra, riverso sul pavimento, bianco e inerte, giaceva Cedric Diggory. E Potter se ne stava lì, avvinghiato al Tassorosso, a... piangere.
Draco si alzò lentamente per guardare meglio; tutto attorno si levavano urla di gioia e battiti di mani, una musica festosa animava l'atmosfera. Poi Fleur Delacour lanciò un grido di terrore e tutto si fermò; la gente arrestò le celebrazioni immediatamente e si rese conto di quello che era accaduto veramente.
Cedric Diggory era morto.
Draco deglutì e rimase immobile a osservare il cadavere del compagno di scuola con un'espressione indecifrabile dipinta sul volto.
Che accidenti era successo?

 

Malfoy Manor, Estate dopo il Quarto Anno

Draco Malfoy si era ormai convinto che esistesse una vita prima e una dopo aver visto per la prima volta un cadavere.
Gli ultimi giorni ad Hogwarts erano stati più orribili del solito; Cedric Diggory era stato così tanto al centro dell'attenzione quell'anno che tutti avevano iniziato a notarlo quando lo incrociavano per i corridoi, anche Draco. Più del solito, comunque, dato che Cedric era sempre stato uno dei ragazzi più popolari della scuola. Dopo aver visto Potter tornare dal labirinto con il corpo esanime del Tassorosso, però, Draco aveva continuato a vederlo ovunque.
Quando camminava nel castello era lì che sorrideva insieme a qualche suo compagno di casa, salvo poi voltarsi e rivolgergli un'occhiata accusatoria; quando chiudeva gli occhi e quando dormiva era lì, per terra, immobile e rigido, con lo sguardo spento puntato su di lui.
Draco si chiedeva se anche altri studenti la stessero vivendo in quel modo.
Potter aveva raccontato cosa fosse successo: era stato Codaliscia ad ucciderlo, su ordine dell'Oscuro Signore. Aveva parlato di un cimitero, di un rituale che lo aveva riportato al potere, della presenza dei Mangiamorte, tra cui aveva menzionato il nome di suo padre e di quelli di Crabbe e Goyle.
Quell'idiota! Come osava nominare suo padre? Come osava gettare fango sul nome della sua famiglia?
Un ragazzo è morto, ripeteva la voce nella sua testa. Ed è stata la gente che segue tuo padre ad ucciderlo; è Potter o tuo padre ad infangare il nome dei Malfoy?
Draco scosse la testa.
Gli sembrava di impazzire; erano giorni che non dormiva sonni tranquilli, giorni che frasi e riflessioni come questa lo tormentavano.
Comportati come un Malfoy, Draco; pensa come un Malfoy; non fare domande.
In particolare, lo aveva scioccato un dettaglio di tutta la faccenda. Suo padre gli aveva sempre assicurato che la missione dei Mangiamorte e del Signore Oscuro fosse quella di ripulire il mondo magico dai Sanguemarcio e da tutti coloro che erano indegni di praticare la magia. Ma allora, si era chiesto Draco, come mai il primo a morire era stato un Purosangue?
Era stato così stupido da porre il quesito a suo padre, durante la loro prima cena insieme al ritorno da Hogwarts. Lucius gli aveva raccontato con entusiasmo di come il Marchio avesse preso a bruciare, convocandolo nel cimitero di Little Hangleton; di come l'Oscuro Signore fosse tornato in forze, pronto a conquistare il mondo magico; di come presto si sarebbero liberati della feccia che lo inquinava; di come prestigio e onori attendessero la famiglia Malfoy.
Era al settimo cielo, Lucius. Narcissa sedeva rigida difronte a Draco, aveva a malapena toccato cibo; lei non sembrava entusiasta del ritorno del Signore Oscuro, ma non contraddiceva il marito.
Lo sguardo di Lucius si indurì quando sentì la domanda lasciare le labbra di Draco con tono titubante.
«Quel Diggory era un traditore del suo sangue» disse duro suo padre. «Alla Coppa del Mondo era insieme ai Weasley e quella Sanguemarcio con cui vanno in giro, li hai visti anche tu.»
«Ma hai sempre detto che il Signore Oscuro non spreca sangue magico» aveva insistito il giovane. «Diggory aveva solo diciassette anni!»
Narcissa trasalì. Il ragazzino morto nel cimitero aveva solo tre anni in più del suo Draco e, come il suo Draco, anche lui era figlio unico; si concesse di rivolgere un fugace pensiero ai coniugi Diggory. Per quanto anche lei fosse una sostenitrice dell'ideologia purosanguista, Narcissa aveva sempre avuto altre priorità nella sua agenda e tali priorità potevano riassumersi come segue: suo figlio Draco. Voleva solo che fosse al sicuro e viste le premesse, non si fidava della parola di Lucius; temeva che prima o poi sarebbe stata lei a piangere sul corpo di suo figlio.
«I traditori del proprio sangue vengono subito dopo i Sanguemarcio, Draco», affermò Lucius e dal tono della sua voce, Draco comprese che non era il caso di insistere oltre.
Fai come ti viene detto, Draco. Non fare domande. Comportati da Malfoy.
Ma un timore profondo iniziava ad attanagliare la sua mente: quanto contava davvero la vita di un Purosangue per l'Oscuro Signore se da essa non poteva trarre alcun vantaggio? Aveva un maggiore riguardo per i suoi seguaci, o anche loro erano sacrificabili se smettevano di essergli utili?




⸻⸻

Salve a tutti!
Eccomi qui con il secondo flashback (sì, cercherò di aggiornare quasi giornalmente), ora ne mancano 3. Vi ricordo che sono fondamentali per entrare nell'ottica dei personaggi per come li ho caratterizzati nella storia; non sarà un tutto e subito, al contrario! Ho voluto delineare un percorso graduale e quanto più realistico possibile per Draco. E ho anticipato al quarto anno il suo iniziare a porsi domande perché l'idea è quella di anticipare il superamento dell'idea purosanguista (nel canon accade alla fine, ma non ci viene mostrato nulla al riguardo) e di come lo fa, quello che attraversa, quello che gli passa per la testa. Sarà una storia molto introspettiva. 
Il prossimo flashback sarà dal pov di Hermione, però. Vi anticipo che verrà introdotta una questione sul suo passato che non ha alcuna radice nel canon, ma che è necessaria ai fini della storia.
Spero che stia iniziando a interessarvi!
Grazie a chiunque leggerà, apprezzo sempre un feedback (che sia positivo o negativo, mi piace imparare anche dalle critiche).
A presto!

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Capitolo 3
*** Flashback #3 (HERMIONE) ***


FLASHBACK 3

(HERMIONE)



Hogwarts, Quarto Anno

Hermione Jean Granger non sapeva ancora che ci fossero diversi modi per morire.
Uno, il più conosciuto, era quando si moriva e si cessava di esistere.
Il secondo, quando una persona cara si spegneva per sempre e lasciava un vuoto impossibile da colmare.
Il terzo, il più brutto, quando era la persona che amavi più di ogni altra cosa al mondo ad andarsene per sempre e a lasciarti con il proprio fantasma ad abitare ogni angolo del castello, a infestare la tua mente e a tormentarti con ricordi che non avresti più potuto vivere, con l'idea di un futuro che non avresti più potuto avere.
Hermione Jean Granger quel giorno era morta.
Era morta quando il suo migliore amico, Harry Potter, era riapparso al termine della Terza Prova del Torneo Tremaghi, coperto di sangue e ferito, mentre tra le lacrime più disperate stringeva tra le braccia il corpo senza vita di Cedric Diggory; mentre studenti e docenti ancora ignari dell'accaduto esultavano di gioia ed applaudivano, coprendo con il loro baccano l'urlo di dolore che aveva lasciato la sua gola; mentre tutti realizzavano che un ragazzo era morto ed esternavano il loro shock e più estremo orrore, all'oscuro del fatto che quello stesso ragazzo era il suo grande amore, ormai perduto per sempre.
Non che fosse convinta di poter avere un per sempre felici e contenti con il primo fidanzatino che avesse mai avuto, ma non pensava neanche che lo avrebbe mai perso in quel modo, nel modo più brutto e brutale in cui si potesse perdere una persona.
Morto. Andato. In un attimo, Cedric Diggory era divenuto solo un ricordo e il promemoria di ciò che accadeva quando si incrociava il cammino di Lord Voldemort; un rammento dei crimini di cui quel Mago Oscuro era in grado di macchiarsi, del male che era capace di fare: spezzare la vita innocente di un ragazzino nel fiore dei suoi anni, solo perché si trovava nel posto sbagliato al momento sbagliato.

Hermione corse verso il bagno dei Prefetti al quinto piano subito dopo che Harry fu salvato dalle grinfie di Barty Crouch Jr e portato in infermeria.
Riempì l'enorme vasca di acqua e si lanciò contro un incantesimo Testabolla che lei non avrebbe dovuto ancora essere in grado di padroneggiare, ma che il suo ragazzo recentemente deceduto le aveva insegnato ad eseguire dopo la Seconda Prova del Torneo Tremaghi.
Non era abituata ad affrontare le cose da sola, ma quella volta non aveva scelta; non poteva contare sul sostegno dei suoi migliori amici, Harry Potter e Ronald Weasley. E la colpa era tutta sua.
Non aveva mai detto ai due ragazzi di avere una relazione con Cedric; non aveva mai raccontato loro che con Viktor Krum non c'era mai stato niente se non un'amicizia e che era finita al Ballo del Ceppo con lui solamente perché c'era stato un enorme disguido generale e Cedric ci era andato con Cho, che aveva dovuto rifiutare la proposta di Harry; non aveva mai parlato ai due ragazzi del terrore di mettere in pericolo il Tassorosso e della scelta di tenere segreta la loro storia, maturata a seguito dei timori che erano sorti in lei per via di quanto accaduto alla Coppa del Mondo di Quidditch.
E non poteva dirglielo ora. Non poteva dirlo ad un Harry distrutto dagli avvenimenti e che stava affrontando il suo senso di colpa in merito a ciò che era successo; né ad un Ron che non avrebbe capito e che, in preda all'impulsività, sarebbe finito col peggiorare il suo stato d'animo anziché alleviare le sue pene.
Non poteva raccontare loro di tutto ciò con Voldemort che era tornato e tutto ciò che implicava; quando era lei a dover essere forte per Harry.
Si gettò in acqua e cominciò ad urlare e a piangere e a dimenarsi, nel tentativo di sfogare il suo dolore e la sua disperazione senza costituire un peso per nessuno, mentre le goccioline di acqua salata che lasciavano i suoi occhi si fondevano a quella nella vasca, mentre il profumo così familiare di legno di sandalo e gelsomino le invadeva le narici facendole sanguinare il cuore con i ricordi che rievocava.
Gridò, gridò e gridò, con tutta la voce che aveva in corpo e che veniva inghiottita dall'acqua senza mai riversarsi all'esterno, senza che permettesse a qualcuno di venire a conoscenza del suo dolore.
Urlò, finché di Hermione Jean Granger non rimase altro che un guscio vuoto che niente e nessuno avrebbe mai più potuto riempire.

 

Casa Granger, Estate tra il Quarto e il Quinto anno

Non lo aveva detto ai suoi genitori.
Non aveva detto che lo studente che aveva perso la vita nel Torneo Tremaghi era il suo ragazzo.
Non voleva dover affrontare i loro sguardi addolorati e la loro preoccupazione per lei; non voleva dover respingere ogni loro tentativo di farla stare meglio perché non c'era un modo per farla stare meglio.
Hermione Granger aveva solo un modo per non crollare e Silente le aveva organizzato l'estate per far sì che riuscisse a padroneggiarlo entro l'inizio del Quinto Anno: avrebbe imparato l'Occlumanzia.
Non era una soluzione permanente, ma tutto ciò di cui necessitava era di imparare a compartimentalizzare le proprie emozioni e a chiuderle fuori quando si rivelava indispensabile.
Harry avrebbe avuto bisogno di lei, quell'anno, e anche tanto; avrebbe avuto bisogno della solita Hermione, della sua lucidità e del suo sostegno.
Lo stavano screditando, dandogli del bugiardo, negando che Voldemort fosse realmente tornato e sminuendo quello che era accaduto a Cedric definendolo "un tragico incidente".
Un tragico incidente.
Cedric era stato assassinato da un pazzo furioso e dal suo viscido tirapiedi. Lo stesso topo di fogna che loro, l'anno prima, avevano avuto il buon cuore di risparmiare.
Avremmo dovuto lasciare che lo uccidessero.
Sirius non era ugualmente libero e quella cella ad Azkaban destinata a Peter Minus era comunque vuota. In compenso, vi era una tomba in più al cimitero e chissà quante altre avrebbero seguito.
In compenso, era appena iniziata una guerra che non sapevano se avrebbero vinto e che la comunità magica si ostinava a non voler vedere arrivare.

 

Grimmauld Place n.12, Estate tra il Quarto e il Quinto Anno

«Non credo che sia la soluzione ideale per il tuo problema, Hermione, ma Silente mi ha parlato della tua situazione e sono disposto ad aiutarti ugualmente» stava dicendo Sirius Black, mentre le metteva una mano sulla spalla in segno di solidarietà.
«Ognuno di noi reagisce al dolore in modo diverso» aveva continuato, «ed io stesso mentirei se ti dicessi che l'Occlumanzia non ha aiutato me a restare sano di mente in più di un'occasione».
La guardò con aria triste, probabilmente mentre rivangava gli eventi spiacevoli che avevano segnato il suo passato.
«Voglio però che tu sappia che le persone che amiamo non ci lasciano mai veramente, Hermione» mormorò con dolcezza. «Le possiamo sempre trovare nel nostro cuore».
«Fa male, però» disse solamente lei. «Non poterle più abbracciare o sentire la loro voce».
«Lo so, mia cara. Lo so» sussurrò comprensivo l'uomo, «e vorrei poterti dire che con il tempo passa, ma non è così. Ci si abitua a convivere e basta, con quel tipo di dolore. Non si supera mai completamente».
Beh, almeno è stato sincero, pensò la ragazza.
Sirius Black non indorava la pillola.
Sperò che fosse così anche come insegnante di Occlumanzia; sperò che non si arrendesse anche lui, davanti al suo dolore. Perché lei, sinceramente, un po' si era arresa.



⸻⸻
Salve a tutti!
Eccomi qui con il terzo flashback, come promesso (-2 al CAPITOLO 1). 
Vi avevo già anticipato che in questo flashback sarebbe stato introdotto un evento che nel canon non esiste, ebbene, è la storia tra Hermione e Cedric. La storia tra di loro in sé non verrà esplorata in questa fanfiction (solo menzionata, qualche evento ricordato da Hermione, ecc. Il focus è sul percorso di Draco Malfoy e lo sviluppo di una Dramione slow burn, in fondo), ma è essenziale per come ho voluto struttare la versione di Hermione in questa fanfiction; volevo, inoltre, sperimentare con elementi poco o per niente diffusi nel fandom, e questo era uno dei pochi. Così sono partita da qui. 
Vi prego di avere pazienza con i flashback, veramente, sono essenziali per comprendere i personaggi per come li ho resi in questa storia; volevo solo renderli credibili il più possibile, soprattutto per quanto riguarda Draco e la sua presa di consapevolezza, il modo in cui arriva a riflettere e superare i preconcetti con cui è cresciuto; non sono una fan delle cose affrettate, quindi sarà tutto molto graduale nel corso della fanfiction.
Spero che la storia stia continuando a piacervi, vi ricordo di lasciarmi la vostra opinione se vi va, a me fa molto piacere leggere cosa pensate a riguardo! 
Volevo inoltre dirvi che mi trovate anche su Wattpad con lo stesso nick :)
A presto!
Stillathogwarts


 

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Capitolo 4
*** Flashback #4 (DRACO) ***


FLASHBACK 4

(DRACO)

 

Hogwarts, Quinto Anno

L'estate non era servita a niente. I suoi incubi erano, semmai, peggiorati.
Il ricordo del cadavere di Cedric Diggory continuava a tormentarlo, il suo fantasma ad accusarlo. Le parole di Silente al suo funerale gli martellavano nella testa ad intermittenza.
"Ricordatevi di Cedric. Quando e se per voi dovesse venire il momento di scegliere tra ciò che è giusto e ciò che è facile, ricordate cos'è accaduto a un ragazzo che era buono, e gentile, e coraggioso, per aver attraversato il cammino di Voldemort. Ricordatevi di Cedric Diggory."
In alcuni dei suoi incubi, era Lucius ad uccidere il suo compagno di scuola; in altri, suo padre chiedeva a lui di farlo. Draco si svegliava sudato e affannato, più pallido del solito; se gridava nel sonno, nessuno glielo aveva mai fatto presente. La discrezione, infondo, era una delle regole fondamentali della Casa di Serpeverde.
Nessun Serpeverde, comunque, parlava di affari personali, figurarsi degli incubi che li tormentavano di notte; non c'era spazio per l'amicizia, tra la gente cresciuta come lui, solo per alleanze strategiche. Come la sua con Crabbe e Goyle.
Draco era cresciuto con quei due idioti; i loro genitori erano in stretti rapporti dai tempi in cui il Signore Oscuro era al potere, essendone anche loro seguaci e fervidi sostenitori delle idee purosanguiste, nonostante Lucius ne avesse sempre sottolineato la leggera inferiorità, dal momento che le loro famiglie non rientravano nelle Sacre Ventotto. Ma d'altronde, notava Draco, anche i Weasley erano in quella lista; eppure, erano dei traditori del proprio sangue. Si chiedeva quanto affidabile fosse, quell'elenco, alla fine dei giochi.
Quando il Signore Oscuro aveva quasi ucciso il capostipite Donnola, Lucius se n'era rallegrato; era dispiaciuto che lo avessero trovato in tempo per salvarlo. Odiava Arthur Weasley e avevano dei precedenti molto spiacevoli, tra cui gli innumerevoli tentativi del rosso di incastrarlo per pratiche correlate alle Arti Oscure. Ma i Malfoy sapevano bene come coprirsi le spalle; Potter avrebbe dovuto immaginarlo, prima di fare il nome di suo padre tra i Mangiamorte presenti al cimitero quella notte.
Potter gli stava particolarmente sulle scatole, quell'anno; più del normale. Aveva tutta l'aria di nascondere qualcosa, oltre ad essere più arrogante del solito. Non che non sapesse che stava venendo additato e screditato come bugiardo quando in realtà non stava mentendo affatto. E non era neanche che non fosse d'accordo sull'irritazione generale per il fatto che la Umbridge non gli permettesse, di fatti, di utilizzare la magia; il punto era semplicemente che qualsiasi cosa infastidisse lo Sfregiato gli era lieta.
Un po' meno lieta gli era stata la notizia dell'evasione di alcuni Mangiamorte da Azkaban, in particolar modo quella di Bellatrix Lestrange; era la sorella di sua madre, sua zia, e Narcissa non gli aveva mai parlato di lei. Lucius, invece ne aveva sempre elogiato la fedeltà al Signore Oscuro e la... creatività nel torturare la gente. Osservando la sua foto da evasa sulla Gazzetta del Profeta, però, Draco aveva provato un profondo senso di inquietudine: sembrava totalmente pazza.
E poi se l'era trovata in casa, ed era stato orrendo. Si era presentata alla porta di Malfoy Manor tutta lercia e imbrattata di sangue; tra le braccia stringeva un babbano mezzo morto, il cui sangue gocciolava davanti all'ingresso. Bellatrix rideva.
«Lucius, vecchio mio» aveva detto. «Ti ho portato un regalo, per divertirci un po' come in passato».
Draco ci aveva messo tutto il suo impegno per non vomitare. E per non svenire.
E da quel giorno i suoi incubi non avevano fatto che peggiorare; alla fine, aveva ceduto e si era dovuto preparare una pozione per il sonno senza sogni. E la doveva prendere ogni fottuta notte ad Hogwarts.
Aveva sentito qualche Serpeverde bisbigliare al suo passaggio, a volte; forse stava solo diventando paranoico, ma si sentiva particolarmente osservato. Il figlio e il nipote dei bracci destri dell'Oscuro Signore... si, bell'affare, pensava Draco, doversi sforzare di mandar giù il cibo a pranzo e cena con la visione dei denti marci di Bellatrix Lestrange che lo fissava con un luccichio negli occhi che lo faceva sentire come un pezzo di carne, un burattino da addestrare. Lui non voleva essere addestrato. Draco voleva essere lasciato in pace, a farsi i fatti suoi lontano da sangue e cadaveri.

 

"Quando e se per voi dovesse venire il momento di scegliere tra ciò che è giusto e ciò che è facile, ricordate cos'è accaduto a un ragazzo che era buono, e gentile, e coraggioso, per aver attraversato il cammino di Voldemort. Ricordatevi di Cedric Diggory."

Draco sobbalzò e si guardò attorno confuso; si era addormentato in biblioteca. Per quanto tempo aveva dormito?
Sperando vivamente di non aver urlato, si alzò di scatto; afferrò le sue cose e corse via.
Incrociò Tiger e Goyle vicino all'ingresso della Sala Comune.
«Allora, ti sei iscritto?» fece Goyle, dopo averlo salutato con un burbero cenno del capo.
Draco gli rivolse uno sguardo interrogativo; si sentiva ancora intontito dal sonno.
«Alla Squadra di Inquisizione» specificò il ragazzo.
«Ah, no. Non ancora» rispose il biondo, con aria annoiata.
«Ma insomma, Draco, che ti prende quest'anno?» insisté Goyle. «Sembra che tu ti sia rammollito».
Crabbe annuì freneticamente. «Non dai più neanche tanto fastidio a Potter, alla Donnola e alla Sanguemarcio», aggiunse per sostenere l'amico.
Draco gli rivolse una smorfia carica di irritazione. Come osavano quei due babbei farsi beffa di lui?
«Sono stato impegnato. Alcuni di noi, sapete, hanno un cervello e di solito lo usano per studiare, soprattutto quando ci sono i G.U.F.O. alle porte».
Crabbe e Goyle si guardarono con aria confusa, cosa che fece roteare gli occhi al giovane Malfoy.
«Lasciate perdere. Mi ci iscriverò domani»

 

Quegli idioti si stavano facendo insegnare Difesa Contro le Arti Oscure da Potter; come se lo Sfregiato avesse bisogno di ulteriori motivi per sentirsi importante. E si erano persino fatti scoprire, anche se, dovette ammettere Draco, era rimasto colpito dalle conseguenze che Marietta Edgecombe aveva dovuto affrontare per aver spiattellato alla Umbridge il loro segreto. Era stata sicuramente opera della Granger; non l'avrebbe mai ritenuta capace di fare qualcosa del genere, lasciare delle pustole permanenti sul volto di qualcuno, segnandolo come spia per l'eternità.
La Sanguemarcio sa essere terrificante, quando ci si mette.
Perso nei suoi pensieri, dovette reprimere un brivido, mentre rammentava uno scontro avuto con la Granger in un corridoio deserto qualche tempo prima; sentiva ancora la punta della bacchetta contro la sua gola e la sua voce gelida minacciarlo.
«Tu non vali neanche un capello di Cedric Diggory. Parla ancora di lui, Malfoy e te ne farò pentire amaramente».
In un primo momento, le aveva dato della pazza e aveva liquidato la faccenda senza rifletterci molto sopra, ma dopo gli sviluppi più recenti non gli sembrava più una minaccia così vuota. Qual era il suo problema con Diggory, comunque? Perché si era scaldata tanto? L'aveva insultata e tormentata per anni e raramente aveva ottenuto qualche reazione da lei. Doveva però anche ammettere che quell'anno la Granger sembrava diversa; più aggressiva, meno ligia alle regole... Era come se fosse scattato qualcosa in lei e fosse entrata in una sorta di modalità "sopravvivenza".
Decisamente non avrebbe più menzionato Diggory davanti a lei; anzi, non avrebbe mai più menzionato Diggory davanti a nessuno: doveva rimuoverlo dalla sua mente o non avrebbe mai smesso di tormentarlo. Odiarlo per quello era inutile.
Comportati come un Malfoy, Draco; pensa come un Malfoy; non porgerti domande.
In quanto membro della Squadra di Inquisizione, o Prefetto, ormai non ne capiva più neanche la differenza, Draco stava pattugliando il corridoio dove si trovava l'ufficio della Umbridge quando notò il Trio Miracoli dirigersi proprio verso di esso. Non stavano neanche cercando di essere furtivi.
«Dobbiamo sbrigarci» diceva Potter. «Potrebbe uccidere Sirius da un momento all'altro».
Non potevano essere davvero così idioti.
Stavano seriamente cercando di andare al Ministero? Stavano davvero cadendo nella trappola che il Signore Oscuro aveva preparato per loro?
Draco sapeva che era una trappola; suo padre gliene aveva parlato durante le vacanze di Pasqua ed aveva una missione programmata per quella notte: doveva recuperare qualcosa, ma doveva far sì che fosse Potter a prenderla per primo. Sirius non c'era neanche, al Ministero.
Sarebbero arrivati e avrebbero trovato una manciata di Mangiamorte ad aspettarli. Si meravigliò della Granger, come poteva non averci pensato? O forse neanche lei era in grado di tenere a freno Potter e farlo ragionare più di quanto non lo fosse mai stato qualcuno in generale.
«Sei sicuro che questo camino non sia stato chiuso?» stava chiedendo la ragazza.
«Sicuro» aveva confermato Potter.
Draco si stava torturando le mani; cosa avrebbe dovuto fare? In quanto Prefetto e membro della Squadra di Inquisizione, avrebbe dovuto avvisare la Umbridge; ma in quanto Malfoy, avrebbe dovuto favorire lo sviluppo degli avvenimenti, così da aiutare suo padre nella missione che il Signore Oscuro gli aveva affidato.
Comportati come un Malfoy, Draco; pensa come un Malfoy; non porgerti domande.
Draco non sapeva quale fosse la cosa giusta da fare in quel momento, ma era sicuro di una cosa solamente: non voleva altri cadaveri, non voleva altri Cedric Diggory.
Non voleva dover concludere l'anno con un funerale e non voleva altri fantasmi a tormentarlo.

"Quando e se per voi dovesse venire il momento di scegliere tra ciò che è giusto e ciò che è facile, ricordate cos'è accaduto a un ragazzo che era buono, e gentile, e coraggioso, per aver attraversato il cammino di Voldemort. Ricordatevi di Cedric Diggory."

Gli scoppiava la testa; si portò le mani alle tempie mentre raggiungeva correndo la Sala Professori, dove sapeva esserci la Umbridge. Stava davvero per impedire al Trio Miracoli di lanciarsi in una nuova, impresa, suicida?

 

Era la quarta volta che Draco vomitava, ormai non gli era rimasto nulla nello stomaco; era in infermeria da due giorni. Dopo aver scoperto che quegli stupidi Grifondioti più la Stramba Lunatica Lovegood erano riusciti a trovare un altro modo per recarsi al Ministero, che si erano scontrati con i Mangiamorte e il Signore Oscuro e che suo padre era stato beccato e arrestato, Draco era stato colto da un moto di rabbia improvviso e molto poco Serpeverde che lo aveva portato ad attaccare Potter impulsivamente; la comunità magica, che lo aveva calunniato e offeso per tutto l'anno, ovviamente era smaniosa di farsi perdonare e lui, Crabbe e Goyle erano stati colpiti all'unisono da svariati incantesimi.
Ed ecco perché Draco aveva passato gli ultimi giorni del suo quinto anno in infermeria.
Sempre meglio della Sala Comune, pensò; ritornare tra i suoi compagni di Casa quando suo padre era rinchiuso ad Azkaban non sembrava molto allettante.
Cercò di non pensare a cos'avrebbe significato tutto ciò per la sua famiglia; la maggior parte dei maghi non condividevano le loro vedute, non capivano l'importanza di quello che suo padre stesse facendo... No, non la capiva più molto bene neanche lui; la verità era che Draco non voleva che la posizione di suo padre in quanto Mangiamorte divenisse pubblica perché se ne vergognava.
La maggior parte del mondo magico considerava il loro lato quello che infangava il nome dei maghi e di certo non voleva che il nome dei Malfoy finisse in disgrazia. Non voleva essere lui stesso associato a tutto quello.
Draco non voleva neanche tornare a casa; avrebbe preferito di gran lunga trascorrere le vacanze estive in infermeria a vomitare, piuttosto che tornare al Manor e sentire ogni giorno le urla di gente che veniva torturata, la risata penetrante e inquietante di Bellatrix e affrontare cose ben peggiori degli sguardi truci della gente. Non voleva vedere sua madre spezzata dagli avvenimenti e spaventata per lui. Cosa avrebbe significato per Draco il fallimento e l'arresto di Lucius? 




⸻⸻
Salve a tutti!
Scusatemi per il ritardo, non ho fatto in tempo ad aggiornare prima!
Siamo al penultimo flashback, dopodiché inizierà la storia vera e propria. Spero che vi stia incuriosendo, sto introducendo degli elementi nuovi flashback dopo flashback, elementi che sono neccessari ai fini della storia e allo sviluppo dei personaggi.
Grazie di cuore a chi di voi mi sta lasciando un parere, mi fa molto piacere leggere i vostri commenti e le vostre opinioni a riguardo!
A presto!

 

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Capitolo 5
*** Flashback #5 (HERMIONE) ***


FLASHBACK 5

(HERMIONE)




 

Casa Granger, Estate tra il Quinto e il Sesto Anno

Hermione era stesa sul suo letto, fissava il soffitto e delle lacrime silenziose solcavano il suo volto. Stava pensando a lui; pensava sempre a lui, soprattutto quando era sola e quando era sola faceva sempre più male della volta prima. Chi aveva detto la grandissima stronzata che il tempo guarisce ogni ferita non aveva sicuramente mai perso qualcuno che amava.  
Non aveva più trovato il coraggio di parlare di lui ai suoi amici, né tantomeno ai suoi genitori; non aveva mai avuto modo di fare uscire quel dolore che provava in maniera appropriata e, anzi, aveva iniziato a custodirlo dentro di sé quasi gelosamente; era tutto ciò che le restava di lui, infondo. Il dolore e un fottuto anello.
Me lo ridarai quando uscirò dal Labirinto, va bene?
Hermione scrollò la testa energicamente per impedirsi di scivolare nuovamente in quei ricordi dolorosi.
Il suono improvviso del campanello la fece sobbalzare, distraendola dai suoi pensieri: Silente doveva essere arrivato.
Si asciugò le lacrime dal volto e afferrò il suo baule, trascinandolo giù per le scale.
Quando giunse nell’accogliente salotto di casa sua, la giovane trovò il Preside intento a bere una tisana con i suoi genitori, mentre cercava di rassicurarli sul fatto che Hermione non corresse alcun pericolo tornando a Hogwarts quell’anno. Anche loro avevano sentito voci sulle cose orribili che stavano succedendo nel mondo magico, anche se non aveva mai spiegato loro nei dettagli la questione dei Mangiamorte e di Voldemort, né tantomeno aveva fatto comprendere loro il reale pericolo che lei stessa correva in prima persona. Non reputava necessario spaventarli più di quanto già non lo fossero.
Silente si accorse di lei e le sorrise, poi si scusò con i Signori Granger dicendo loro che i tempi stringevano e che dovevano sbrigarsi. Hermione strinse i suoi genitori in un caldo abbraccio e li salutò, promettendo loro di tornare per Natale, dopodiché afferrò il braccio del Preside e si Smaterializzarono.
 
Riapparvero in un luogo che ad Hermione era molto familiare, nonostante non avesse avuto modo di andarci molto spesso.
«Mi sono preso la libertà di spedire il suo baule alla Tana, Signorina Granger, ma ho pensato che prima di recarvisi avrebbe voluto porgere i suoi saluti» mormorò Silente con dolcezza. «La aspetterò qui, se per lei va bene. Se preferisce, possiamo andar via»
«N-no. La ringrazio, Signor Preside» rispose prontamente lei, tirando su col naso.
Silente fece apparire un mazzo di fiori dalla sua bacchetta e glieli porse; Hermione gli sorrise in un muto ringraziamento e li strinse delicatamente tra le sue dita. Si mosse tra le fila di lapidi per inerzia, seguendo come un automa il percorso che l'avrebbe condotta da lui.
Qui Giace Cedric Diggory
Gentile, Onesto, Coraggioso, Vero
Non appena le parole incise sul marmo si materializzarono chiare davanti ai suoi occhi, Hermione cadde immediatamente sulle sue ginocchia e scoppiò a piangere.
«Hey Ced» mormorò con voce rotta, sistemando i fiori nel vaso e rimuovendo quelli ormai secchi. «Mi dispiace di non essere venuta prima, ma mi è stato proibito di spostarmi da sola per via degli attacchi sempre più frequenti…»
La ragazza si interruppe e provò ad asciugarsi le lacrime dal viso, ma tutto ciò che ottenne fu di perdere quel poco controllo che aveva sui suoi singhiozzi.
«È così difficile, cazzo» gemette con dolore, «manchi ogni giorno di più. E a volte... A volte penso di non farcela. È tutto così fottutamente difficile, Ced. Tutto. E mi dispiace, te lo giuro, mi dispiace così tanto di non essere stata abbastanza coraggiosa da parargli di noi. Ma io non...»
Hermione avvertì la mano di Silente sulla sua spalla, compassionevole. «Mi dispiace, Signorina Granger, ma ora dobbiamo proprio andare»
La giovane annuì e rivolse un ultimo sguardo al pezzo di terra sotto al quale giaceva l'unico ragazzo che avesse amato in vita sua. Ti amo, mimò con le labbra, per poi chiudere gli occhi e relegare il ricordo di quel momento tra le pagine di un libro nella sua mente.
Afferrò nuovamente la mano del Preside e si smaterializzarono di nuovo, per raggiungere la Tana.
«Devo andare a recuperare Harry, ora» le spiegò l'uomo. «Ho bisogno che mi faccia un piccolo favore e poi vi raggiungerà»
Hermione annuì.
«Sa, Signorina Granger, il primo passo verso il superamento del dolore è condividerlo. Sono sicuro che i suoi amici sarebbero in grado di starle accanto, se glielo consentisse»
«Non... Non sono pronta, Signor Preside» mormorò la ragazza, passandosi il polso contro il naso.
«Perdere una persona amata lascia un segno indelebile nel nostro cuore, mia cara. Lo capisco. Ma in tempi bui come questi, dobbiamo ricordare il valore dell'amore, anche se a volte il prezzo da pagare per esso è molto alto»
«Perché mi dice questo?» domandò lei, sinceramente confusa.
«Perché l'amore è alla base di tutto, Signorina Granger. Della speranza e dell'unità, cose di cui in questo periodo delicato abbiamo tutti più bisogno che mai. E lei ha chiuso il suo cuore per tanto tempo» ribatté pacatamente Silente.
«Spero che il suo dolore non l'abbia portata a smettere di cercare il buono nelle persone. Sarà un anno duro per tutti noi. Molte persone saranno in una posizione spiacevole, alcune tra le stesse mura di Hogwarts. La prego, Signorina Granger, di tenerlo a mente, se dovesse capitarle di dover decidere tra il tendere una mano ed esporsi al rischio di soffrire nuovamente e il rintanarsi tra le confortevoli mura delle barriere che ha eretto nell’ultimo anno» aggiunse poi, voltandosi le spalle. «Potrebbe significare tutto, per qualcuno, anche se inizialmente nessuno di voi dovesse capirlo»
Il Preside le fece un rapido occhiolino, prima di sparire dalla sua vista.
Hermione corrugò la fronte e rimase immobile per qualche istante, perplessa; di chi stava parlando? Chi, oltre ad Harry, - e qualunque Nato Babbano -, poteva trovarsi in una posizione scomoda?
Malfoy, sussurrò una vocina nella sua testa; l'arresto di suo padre non poteva essere avvenuto senza conseguenze.
No, non poteva riferirsi a lui. Draco non era affar suo e se Silente pensava che lei potesse in qualche modo essergli d'aiuto forse aveva davvero iniziato a dare i numeri, come sostenevano le voci più recenti che correvano nel mondo magico.
Si riscosse dai suoi pensieri e si diresse verso la porta della Tana: non voleva tormentarsi con i suoi stessi pensieri, voleva solo riabbracciare i suoi amici.

 

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Capitolo 6
*** CAPITOLO 1 ***


CAPITOLO 1









 
Il paesaggio fuori dal treno si confondeva in una scia verdastra e marroncina mentre il veicolo sfrecciava diretto verso Hogwarts.
Ad Hermione il viaggio era sempre piaciuto; starsene lì seduta con i suoi amici a chiacchierare, o semplicemente a leggere un libro o ipotizzare le cose che avrebbero imparato quell'anno l'aveva sempre rilassata. Ma il viaggio del sesto anno fu un incubo. Da quando avevano visto Malfoy da Borgin & Burkes, Harry era diventato insostenibile; continuava a blaterare di come fosse certo che Draco fosse divenuto un Mangiamorte e cercava di trascinare Hermione nell'avvaloramento della sua tesi.
«Te l'ho detto, Harry» ripeté stanca Hermione per quella che era l'ennesima volta.
«Non lo so cos'ho visto»
Harry, però, era determinato a provare ai suoi amici che si sbagliavano. E che per una volta, lui ci aveva visto giusto. Afferrò il Mantello dell'Invisibilità e disse loro che si sarebbero visti dopo.
«Anche se avesse ragione, è davvero convinto che Malfoy andrà in giro a dire che ha preso il Marchio quest'estate?»
L'espressione che assunse Ron nel sentire quelle parole era tutto un programma. «Beh, trattandosi di Malfoy... Potrebbe essere per lui un motivo di vanto»
Hermione fece una smorfia. «Non credo sia così...» si prese un momento per cercare la parola giusta, ma non la trovò; allora disse semplicemente «cattivo da fare quello che fanno loro, Ron. È solo un ragazzo»
Il rosso alzò un sopracciglio. «Anche Harry. Eppure, fa cose che gli altri della nostra età non immaginerebbero neanche di fare»
Hermione rifletté bene, prima di rispondere. «Vero. Ma Harry non fa del male a nessuno, se Draco diventasse un Mangiamorte... Lo credi davvero capace di torturare e uccidere la gente, Ron?»
«Ti insulta per le tue origini dal secondo anno, Hermione» le fece notare l'amico. «Sperava che il Basilisco ti uccidesse»
Hermione rabbrividì. «Non credo che riuscirebbe a farlo in prima persona, però»
Ron non sembrava affatto convinto. La ragazza chiuse di scatto il libro e lo fissò per qualche secondo, poi gli chiese «Ron quante possibilità di essere seduto qui con me vedresti nel caso in cui i tuoi genitori ti avessero educato come i Malfoy hanno educato Draco?»
Ron sgranò gli occhi e la fissò spiazzato; boccheggiò per qualche istante, ma non rispose.
«Ora immagina che in quello stesso scenario ti venisse chiesto di uccidere qualcuno... Lo faresti? Caspita Ron, ti ricordi come ha reagito Harry quando ha scoperto che per battere Voldemort deve per forza ucciderlo? E stiamo parlando di Voldemort in persona» Hermione si alzò per tirare giù il suo baule e prendere la sua divisa; era preoccupata, però; Harry non era ancora tornato.
«Dico solo che spesso non mettiamo in dubbio quanto ci viene insegnato dai nostri genitori, per lo meno, non subito, soprattutto se attorno non si ha altro che persone che la pensano allo stesso modo. E per quanto possa disprezzare i Nati Babbani e credersi superiore al resto dell’universo... Ron, non credo che Malfoy potrebbe fare quello che fanno i Mangiamorte»
«Stai davvero dando delle... scusanti a Malfoy?» le domandò incredulo il ragazzo.
«No. Sto solamente scegliendo di sperare che ci sia del buono in lui, seppure nascosto molto in profondità» rispose lei, assottigliando gli occhi nell'udire la replica dell'amico.
«Tu sei pazza»
«È quello che farebbe anche Silente» ribatté decisa.
«Che non è esattamente un esempio di sanità mentale» controbatté Ron.
Hermione assunse un cipiglio indignato e fece per rimproverare il rosso, ma il trenò si fermò per farli scendere, troncando il loro discorso.
 
Draco Malfoy sedeva nel suo scompartimento con Pansy Parkinson che gli si era avvinghiata addosso, Blaise Zabini che lo guardava con superficialità e gli immancabili Crabbe e Goyle, che presumibilmente pensavano solo al banchetto di inizio anno.
Ma Draco sapeva. Sapeva di non potersi fidare di nessuno, in quello scompartimento; i due che erano stati le sue spalle fin dal primo anno erano figli di Mangiamorte, così come la sua ragazza. E tutti sembravano più convinti di lui della sua magnificenza. Da quando si era sparsa la voce, tra i ranghi dei Mangiamorte, che al giovane Malfoy era stato concesso di prendere il Marchio, tutti avevano cercato di spingere per far sì che i propri figli ricevessero lo stesso onore.
Draco avrebbe volentieri fatto cambio con chiunque di loro. A lui non era stato concesso di prendere il marchio, era stato costretto a farlo; ne andava della sicurezza della sua famiglia, di sua madre, mentre suo padre era rinchiuso ad Azkaban e lui veniva obbligato a rimediare i suoi sbagli. O punito per essi, Draco non riusciva ancora a capirne la differenza. Lo odiava, quel segno nero che deturpava la sua pelle diafana perfetta; odiava la missione che gli era stata affidata; invidiava i suoi compagni perché potevano vivere normalmente quel sesto anno, pensare al Quidditch e fare di tutto per vincere la Coppa delle Case. Come se tutto fosse normale. Ma lui non sapeva più cosa volesse dire normalità.
«Non fidarti di nessuno, figlio mio. Aspettano tutti solo un tuo passo falso»
Le ultime parole che sua madre gli aveva bisbigliato all’orecchio, prima che partisse per il suo sesto anno ad Hogwarts, gli rimbombavano ancora nella mente. Durante l’anno precedente, Draco aveva iniziato a sentirsi osservato, più del solito; si era dato del paranoico, ma a quel punto, poteva dire di averne la certezza: gli altri Serpeverde lo controllavano, pronti a riferire ai propri genitori che il rampollo dei Malfoy non era all'altezza di adempiere il compito che il Signore Oscuro gli aveva assegnato. Pronti a offrirsi di prendere il suo posto.
Fate pure, prego, divertitevi, avrebbe voluto dire loro, se solo non avesse significato una condanna a morte per sua madre.
Piton, però, aveva stretto il Voto Infrangibile, stando a quanto gli aveva detto Narcissa; ma poteva fidarsi, di lui?
Lo conosceva abbastanza bene, ma non poteva dire di riuscire a capirlo; aveva trascorso con il professore più tempo rispetto agli altri alunni. Qualcosa, Draco sospettava fosse stata la vista del cadavere di Diggory alla fine del quarto anno, aveva fatto scattare qualcosa in lui e la sua naturale propensione alla Legilimanzia si era manifestata; Narcissa lo aveva addestrato personalmente a controllare quel suo talento, ma aveva chiesto a Piton di continuare ad insegnargli a gestire quel dono durante il quinto anno. Non ci riusciva ancora bene, soprattutto in momenti in cui si sentiva un po’ instabile… E non aveva potuto continuare le lezioni durante l’estate. Dopo essere stato obbligato a prendere il Marchio e gravato di una missione più grande di lui, Bellatrix aveva iniziato ad insegnargli Occlumanzia; Narcissa l’aveva ritenuta una cosa saggia, dare a suo figlio la possibilità di difendere la sua mente da attacchi esterni… Dal Signore Oscuro, aveva pensato Draco, senza avere il coraggio di dirlo. Le lezioni di Bellatrix non erano affatto divertenti, però; era come se fossero, per lei, solo un’altra sessione di torture. Ma il biondo partiva avvantaggiato, nella materia: non solo era molto bravo a compartimentalizzare le emozioni, ma aveva anche qualcosa da nascondere, ovvero i suoi pensieri più intimi e le sue riflessioni sulla sua famiglia, sull’ideologia in cui credevano, sui Mangiamorte e il Signore Oscuro… L’impatto che la morte di Diggory aveva avuto su di lui. Il suo istinto di autoconservazione lo aveva servito bene, impedendo a Bellatrix l’accesso a quelle informazioni fin dall’inizio. Padroneggiare l’Occlumanzia gli si era rivelato più semplice del gestire la sua condizione di Legilimens naturale.
Era stato in silenzio per quasi tutto il viaggio, con lo sguardo perso fuori dal finestrino. Sentiva gli sguardi dei suoi compagni di Casa su di sé, che lo studiavano. Eccetto Blaise. Blaise lo ignorava come al solito; non si erano mai piaciuti particolarmente, ma non si odiavano neanche. Malfoy sapeva che la sua famiglia seguiva l’ideologia Purosanguista, ma anche che nella Prima Guerra Magica era rimasta neutrale e probabilmente sarebbe accaduta la stessa cosa nella Seconda.
Poi all’improvviso il loro scompartimento si oscurò, generando una serie di strilli e gemiti di sorpresa; il denso fumo nero scomparve com’era arrivato.
Maledetti primini e le loro cianfrusaglie, pensò Draco mentre riprendeva posto accanto a Pansy, che aveva finalmente deciso di staccarsi dal suo collo. Era stata per tutto il tempo ad accarezzargli il braccio sinistro, sospirando e spostando lo sguardo dal suo avambraccio al suo volto e sorridendogli fiera.
E maledetta anche te, stupida.
Draco si riscosse dai suoi pensieri e tentò di instaurare una conversazione di facciata, ma si distrasse quando notò una scarpa sparire dal bagagliaio. Assottigliò gli occhi.
Fai come ti viene detto, Draco. Non fare domande. Comportati da Malfoy.
«Non credo che mi vedrete a Pozioni, l'anno prossimo» si sforzò di vantarsi delle sue prospettive future, senza essere troppo esplicito; i Serpeverde avrebbero capito a cosa si stesse riferendo, non c’era bisogno di fornire munizioni anche a Potter che, ne era più che sicuro, era nascosto lì da qualche parte ad origliare.
Blaise ridacchiò.
«Si, vedremo chi riderà per ultimo, Blaise» gli disse in tono di sfida; come si permetteva? Lui che tra tutti era quello più spensierato? Non aveva una parte da prendere, veniva invitato a cena dal nuovo professore di Pozioni… Si permetteva anche di fare ironia sulla sua situazione.
Draco sprofondò nuovamente nei suoi pensieri e non proferì più alcuna parola fino alla fine del viaggio.
«Siamo arrivati. Draco, tu non vieni?» gli domandò apprensiva Pansy, fermandosi sull’uscita a guardarlo con aria preoccupata.
«Andate pure, devo controllare una cosa»
Draco chiuse la porta dello scompartimento e oscurò le finestre, poi si voltò di scatto.
«Pietrificus Totalus!» urlò, puntando nella direzione in cui aveva visto la scarpa scomparire.
Sorrise, appurando che aveva ragione: Potter era stato acquattato per tutto il tempo ad ascoltare quello che diceva, sperando di coglierlo in fallo, nascosto sotto quel suo dannato Mantello dell’Invisibilità.
Draco sentì la rabbia montargli dentro; era colpa sua se ora si ritrovava in quella situazione. E mentre San Potter aveva una schiera di persone pronte a morire per proteggerlo, lui non aveva nessuno su cui contare. Era solo.
«Questo è per mio padre» sibilò con odio, mentre gli sferrava un calcio e gli rompeva il naso. Ma tutto ciò che avrebbe voluto fare era urlargli contro qualcosa del tipo «guarda in che cazzo di situazione di merda mi hai lasciato, stronzo».
Non lo fece, ovviamente.
Comportati da Malfoy. Comportati da Malfoy. Comportati da Malfoy.
«Felice ritorno a Londra» mormorò poi con un ghigno, ricoprendo il corpo pietrificato e sanguinante del suo storico rivale e celandolo alla vista con il suo stesso Mantello dell’Invisibilità.
Draco afferrò le sue cose e si diresse verso il castello.




⸻⸻
Salve a tutti!
Ho saltato qualche aggiornamento, quindi vi ho lasciato sia l'ultimo flashback, sia il primo capitolo.

Spero che siano di vostro gradimento. Vi ricordo che potete trovarmi anche su Wattpad e AO3 con lo stesso nick.
A presto!

 

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Capitolo 7
*** CAPITOLO 2 ***


CAPITOLO 2









 
Hermione era seduta al tavolo dei Grifondoro e faceva colazione; era contenta, quella sarebbe stata la prima mattina dell’anno a Hogsmeade e non vedeva l'ora di andarci e bere della Burrobirra con i suoi amici. Amici che ancora non si erano fatti vivi. La Sala Grande era stranamente mezza deserta, forse il primo fine settimana fuori dalla scuola non era un incentivo e motivo di entusiasmo per gli altri studenti come lo era per lei. Si guardò attorno in cerca di un viso familiare, qualcuno con cui scambiare due parole... Ma l'unico che riconobbe fu Draco Malfoy e non era un'opzione. Lo osservò di sottecchi e lui era talmente tanto assorto nei suoi pensieri da non notare lo sguardo della Grifondoro su di sé; se ne stava con la guancia pigramente poggiata sulla mano, mentre faceva ciondolare la forchetta nel piatto, giocando con il cibo senza mangiare veramente. Hermione non credeva ancora alla teoria di Harry, non pensava che Malfoy fosse diventato un Mangiamorte, ma doveva ammettere, almeno a sé stessa, che qualcosa non andava nel Serpeverde, quell'anno. Innanzitutto, era più pallido del solito e delle occhiaie violacee, che sembravano diventare sempre più evidenti man mano che passavano i giorni, spuntavano sotto i suoi occhi, intaccando l'immagine di impeccabile perfezione che il ragazzo aveva sempre ostentato. Sì, quell'anno Draco Malfoy sembrava quasi perennemente malato, o quantomeno in constante sofferenza.
Le parole che il Preside le aveva rivolto poco prima di tornare ad Hogwarts le riecheggiarono nella mente.
"Sarà un anno duro per tutti noi. Molte persone saranno in una posizione spiacevole, alcune tra le stesse mura di Hogwarts"
Scosse la testa; poteva scegliere di credere che il biondo non avesse preso il Marchio, di pensare che ci fosse qualcosa di buono in quell'ammasso di arroganza e superbia, ma lui non era comunque affar suo e lei, in ogni caso, non voleva che lo fosse. Se Harry aveva ragione e Silente sperava che lei potesse fare qualcosa a riguardo, che lei potesse andare oltre i loro trascorsi e offrirgli il suo aiuto, Hermione se ne rammaricava, ma aveva preso un granchio; anche perché Malfoy per primo non avrebbe mai accettato il suo aiuto, ammesso che necessitasse davvero di aiuto, e lei non aveva tempo da perdere con inutili e vane missioni.
Hermione fece appena in tempo a distogliere lo sguardo e puntarlo sulla porta di ingresso, quando Draco alzò il viso e diresse i suoi occhi verso di lei; la Grifondoro ringraziò mentalmente il tempismo dei suoi amici e sorrise loro.
«Era ora!», esclamò quando i ragazzi la raggiunsero al tavolo.
Ron afferrò del pane e si fiondò verso i piatti a centrotavola per impinguare il suo piatto, cosa che fece alzare gli occhi al cielo ad Hermione e sorridere Harry.
«Giorno, Mione» la salutò il moro, che quella mattina era di ottimo umore. Le uscite a Hogsmeade riuscivano sempre a tirarlo su di morale.
«Sbrigatevi, ho voglia di Burrobirra»
 
Uscirono dai Tre Manici di Scopa abbracciati, mentre canticchiavano e saltellavano allegri. Hermione si chiedeva quanti di quei momenti di spensieratezza gli restassero da vivere prima che si scatenasse l'inferno e se sarebbe sopravvissuta a quell'inferno per viverne di nuovi successivamente. Se tutti loro sarebbero sopravvissuti; aveva il terrore di perdere un'altra delle persone che amava. Spesso si svegliava sudata, al mattino, reduce di incubi in cui Ron o Harry venivano uccisi e più questi divenivano ricorrenti, più Hermione faticava a regolarizzare il battito del suo cuore e il respiro affannato, per non far capire alle sue compagne di stanza che aveva dei problemi; che lei, Hermione Granger, aveva paura; che la sua corazza stava crollando al punto che neanche la sua Occlumanzia sembrava più aiutarla a tenere fuori pensieri e timori funesti e indesiderati.
Una lacrima solitaria le rigò la guancia destra, ma i suoi amici non se ne accorsero; la loro attenzione fu catturata, infatti, da uno spettacolo orrendo: una loro compagna di Grifondoro, Katie Bell, dopo aver lanciato un urlo agghiacciante, aveva iniziato ad agitarsi convulsamente sul terreno e poi si era sollevata in aria con le labbra spalancate. Infine, era crollata con un tonfo proprio di fronte a loro.
«Le avevo detto di non toccarla!», gridava disperata una sua amica, indicando una collana oscura che giaceva accanto alla malcapitata. «L'ha trovata nel bagno. Le ho detto di lasciarla lì, ma non mi ha voluta ascoltare!»
«Non toccatela!» li avvisò la voce di Hagrid, mentre accorreva rapido a soccorrere la giovane Grifondoro. «Avvolgetela nell'involucro, attenti a non sfiorare nemmeno la collana con la pelle»
Harry, con grande disappunto di Hermione e shock di Ron, ebbe il coraggio di accusare Malfoy dell'accaduto davanti alla McGranitt e Piton, senza avere uno straccio di prova.
«Il Signor Malfoy non era a Hogsmeade, Signor Potter. A meno che lei non abbia una prova, dobbiamo dedurne che sia innocente» replicò la gelida voce del Professor Piton, accompagnato dalla consueta dose di odio nei confronti del moro che l'uomo riversò nel suo sguardo torvo.
Persino la McGranitt rivolse loro un’occhiataccia di disappunto.
 
«Cosa diavolo ti è saltato in mente, Harry?» sbottò Hermione quando furono ritornati nella Sala Comune di Grifondoro, il tono di voce a metà tra l’incredulo e l’irritato.
«Potevi farci perdere dei punti o farci mettere in punizione» continuò, all’apparenza sempre più nervosa man mano che le parole uscivano dalla sua bocca. «Accusare qualcuno in quel modo, senza prove, di una cosa del genere»
«Hermione, hai visto quello che è successo» replicò secco Harry. «È grave. Perché ti ostini a voler ignorare i segnali…»
«Non c’è nessun segnale, Harry» lo interruppe lei acidamente. «Chiunque può raggiungere Hogsmeade, non è che sia aperta solo agli studenti di Hogwarts. Può avercela messa chiunque la collana in quel bagno»
«Ti dico che quella collana era da Borgin & Burkes e ricordo perfettamente di aver visto Malfoy osservarla con aria particolarmente interessata»
«Non mi pare di averlo visto guardare nessuna collana quella notte» insistette Hermione.
Harry arrossì e si schiarì la gola.
«Intendevo dire al secondo anno, quando sono finito per sbaglio a Notturn Alley»
La ragazza sbuffò. «Credi sul serio che Malfoy sia andato a ripescare un oggetto che ha visto una volta in un negozio a dodici anni? Sono passati anni, Harry! Anni
«Credo che tu e Ron lo stiate sottovalutando» proseguì sicuro di sé il moro.
«Hey, io non ho detto niente» s’inserì il rosso indignato. «Non so più cosa pensare»
«Sei tu che sei ossessionato da Malfoy, Harry. E poi Gazza ha perquisito tutti gli studenti prima dello Smistamento, te l’ho già detto» disse Hermione con l’aria di chi ne aveva avuto abbastanza di quella conversazione.
Harry, però, era di un altro avviso.
«E io ti ho detto che Malfoy non è stato perquisito. Piton ha garantito per lui, l’ho sentito»
«Allora avrà avuto i suoi motivi. Piton fa parte dell’Ordine»
«Ti fidi davvero di Piton? Non ricordi al terzo anno, quando ha cercato di far uccidere Sirius nonostante gli avessimo detto che era innocente?» ribatté il moro, che ora iniziava ad adirarsi anche lui. Perché Hermione non voleva accettare la palese realtà dei fatti?
«Non importa se mi fido o meno di Piton. Silente si fida di lui e questo dovrebbe bastarti»
«Mione, però lo hai detto tu che ti è sembrato un po’ strano quando ti ha accompagnata alla Tana, che ti ha detto delle cose un po’ bizzarre» commentò Ron titubante.
«Ma insomma! Credete sul serio che Voldemort vada in giro ad arruolare sedicenni?» squittì scocciata lei. «Usate il cervello, la logica! I Mangiamorte sono la sua cerchia più ristretta e fedele e Malfoy è un ragazzino. Credete sul serio che gli affiderebbe mai una missione a Hogwarts?»
«Anche il fratello di Sirius aveva sedici anni quando ha preso il Marchio! Ed è chiaro che stiano cercando di uccidere qualcuno» rispose Harry, imperterrito.
«Anche se fosse, credi sul serio che Malfoy possa essere capace di uccidere qualcuno?»
«Credo che abbia senso che sia diventato un Mangiamorte. Suo padre era uno di loro, ha fallito all’Ufficio Misteri ed è stato rinchiuso ad Azkaban e ora Draco ha preso il suo posto. Ha totalmente senso» considerò il ragazzo, scoccando un’occhiata a Ron per incitarlo ad appoggiarlo.
«Harry» disse lui, incerto; perché lo trascinava sempre in quelle discussioni? Non voleva litigare con Hermione, anche se persino lui iniziava a sospettare di Malfoy. «C’è da dire, però, che Malfoy sembra sempre losco. Ti ricordi quando sospettavamo che fosse l’Erede di Serpeverde?»
«Beh, ci eravamo andati vicini, no? Era stato suo padre ad architettare quel complotto. Scommetto che lui sapeva più di quanto ci ha detto quella volta che abbiamo preso le sembianze di Crabbe e Goyle»
«Ma perché nascondere informazioni a loro due?» domandò il rosso, confuso.
«Magari è il tipo di persona che non si fida di nessuno, cosa ne sappiamo di Malfoy, infondo, se non che è un moccioso viziato e che si crede superiore al mondo intero? E poi, tu parleresti di un complotto del genere, che potrebbe far finire in galera tuo padre, a due idioti come Crabbe e Goyle?»
Harry guardò i suoi amici, che erano rimasti in silenzio a metabolizzare le sue parole. «Malfoy non è stupido» aggiunse poi per avvalorare la sua tesi, «avrà sicuramente un piano. Avrà fatto in modo di non essere a Hogsmeade per non rischiare di ricadere nella lista dei sospettati»
Hermione annuì. «Sono d’accordo, su questo. Malfoy non è stupido. E se c’è qualcosa a cui tiene più di tutto, è la sua pellaccia. Non si invischierebbe mai con i Mangiamorte»
Harry gemette di frustrazione. «È già invischiato con i Mangiamorte, Hermione! Suo padre e sua zia sono i bracci destri di Voldemort! È invischiato con loro da quando è nato!»
Hermione si morse un labbro, non era ancora convinta. «Non lo so, Harry»
«Perché non vuoi proprio credere che sia possibile che io abbia ragione?» sbottò l’amico.
«Perché Harry quando mai una tua supposizione si è rivelata corretta? E questa è la più assurda che ti sia venuta in mente»
Harry parve ferito da quella constatazione.
«Senti, Harry. Capisco il tuo ragionamento e i tuoi sospetti, ma non abbiamo abbastanza prove per saltare alle conclusioni. Smettila di accusarlo pubblicamente o ti caccerai nei guai» lo redarguì lei. «E comunque, spererei che nessuno dei nostri compagni abbia un teschio impresso sul braccio. Hai idea di quanto sarebbe orribile dover combattere contro di loro?»
«Hermione» mormorò Ron con una smorfia. «Gran parte dei Serpeverde sono figli di Mangiamorte, te ne rendi conto, sì?»
La ragazza si alzò di scatto dal divano su cui erano seduti e prima di andarsene disse solo «Allora chiedetevi questo: credete sul serio che Silente non saprebbe di Draco, se lui fosse davvero diventato un Mangiamorte e stesse cercando di fare fuori qualcuno sotto il suo naso?»

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Capitolo 8
*** CAPITOLO 3 ***


CAPITOLO 3









 
Draco non aveva dormito bene una singola notte da quando era tornato ad Hogwarts. Aveva sperato che allontanarsi dal Manor lo avrebbe quantomeno aiutato a riprendere un minimo di controllo sulle sue emozioni, ma a lui sembrava che il suo stato d'animo, - e quello mentale -, non facesse che peggiorare. Si sentiva come se fosse stato spinto dall'orlo di un precipizio e lui non facesse altro che precipitare nel vuoto dalla morte di Diggory, incapace di trovare un appiglio per salvarsi. La sua vita si era trasformata in una tortura lenta e dolorosa, una estenuante parentesi mentre attendeva che giungesse la sua ora; sperava solo di non trascinare sua madre con sé.
Il Signore Oscuro gli aveva affidato due missioni: una impossibile, l'altra suicida; voleva che Draco trovasse un modo per fare entrare i Mangiamorte nel castello, - e lui un'idea l'aveva pure avuta, l'Armadio Svanitore nella Stanza delle Necessità, il cui gemello comunicante era da Borgin & Burkes, se solo avesse avuto la minima idea di come aggiustarlo. Secondo, voleva che lui uccidesse Silente.
Silente. Gli avesse lanciato un'Avada Kedavra direttamente, almeno gli avrebbe risparmiato quel calvario, quei giorni trascorsi ad annegare nell'ansia e nel tormento interiore.
Comportati da Malfoy, comportati da Malfoy, comportati da Malfoy.
Draco sapeva che non aveva alcuna speranza di riuscire a portare a termine quei due compiti; in un mese e mezzo era riuscito solo a ferire un'innocente, - non era sua intenzione che ci andasse di mezzo qualcun'altro, lui non voleva uccidere nessuno -, e a far vibrare quel fottuto armadio per qualche secondo.
Sarebbe morto, lo sapeva. L'esistenza di Draco Malfoy aveva una data di scadenza e il suo tempo stava per esaurirsi; avrebbe tranquillamente mandato tutto a quel paese e annegato la sua frustrazione in alcolici e scopate con Pansy, se non avesse avuto il dovere quantomeno di cercare di proteggere sua madre.
Pensò a quel breve istante in cui era stato attraversato dall'adrenalina, in cui aveva creduto che il suo momento di dimostrare quanto valesse fosse finalmente arrivato e di come quel breve guizzo di entusiasmo fosse stato soffocato dalla notizia che avrebbe dovuto togliere una vita; la vita del più grande mago del tempo, che lo stesso Signore Oscuro non era riuscito a sconfiggere. Che speranze aveva, lui, un sedicenne terrorizzato e in preda all'ansia? Un ragazzino che neanche voleva compiere un gesto del genere? Cosa avrebbe fatto se lo scontro diretto si fosse rivelato l’unico modo possibile di portare a termine la missione e non lo volesse abbastanza da far funzionare l’Anatema che Uccide?
Mi ucciderà, mi ucciderà, ci ucciderà tutti.
Draco si strinse i capelli tra le mani e li tirò forte; chiuse gli occhi e provò a respirare a fondo.
La sua mente fu inondata da immagini terribili: sua madre che sanguinava, inerte sul pavimento; suo padre che veniva torturato e baciato dai Dissennatori; lui che veniva costretto a guardare e poi veniva ucciso.
Debole, urlava l'eco della voce di Bellatrix nella sua testa. Patetico, un fallimento, una totale delusione.
Draco si sentì mancare il respiro definitivamente; cominciò a boccheggiare in cerca d'aria, come un pesce che cercava di sopravvivere fuori dall'acqua; cadde sul pavimento.
Forse il Signore Oscuro non avrebbe dovuto sprecare un Avada con lui, dopotutto.
«Malfoy»
La voce che gridava il suo nome sembrava lontana anni luce; la vista del biondo era sfocata, al punto da non riuscire più a distinguere neanche il luogo in cui si trovava. Era al Manor? Era una delle torture di Bellatrix? No, era tornato a Hogwarts. E se il Signore Oscuro stesse giocando con la sua mente? Se fosse ancora tra le mura di casa sua e una volta riacquistata lucidità avrebbe trovato le risate sadiche di Bellatrix ad accoglierlo?
«Malfoy, concentrati sulla mia voce. Respira»
Draco provò a fare quanto gli veniva detto, ma si sentiva come trascinato giù, giù, sempre più in profondità, negli abissi più oscuri, da una forza maggiore e non avesse abbastanza energia per provare a restare a galla. Era questo che si provava, quando si moriva? Era questo che gli stava succedendo? Stava morendo?
«Malfoy» lo supplicava la voce. «Inspira, profondamente. Bravo, così»
Ci stava riuscendo davvero, a respirare?
«Ora espira. Di nuovo. Resta concentrato sul suono della mia voce»
La sentiva più nitidamente ora, anche se non riusciva ancora a mettere a fuoco il mondo attorno a lui.
Continuò a seguire le indicazioni che gli forniva la voce, tentando di non sfuggire alla presa che aveva guadagnato su di lui; strinse forte gli occhi, sperando di riuscire a recuperare la vista. Si aggrappò al suono di quella voce dolce, che si sforzava di restare ferma, con tutta l’energia che gli era rimasta in corpo. Strinse forte gli occhi e sapeva, sapeva che stava piangendo.
E poi finalmente tossì, emise un gemito acuto e fu come tornare a respirare dopo essere stati trattenuti sott'acqua fino a rischiare di soffocare.
«Malfoy, mi senti? Riesci a parlare?»
Draco deglutì e tossì ancora, respirando ancora a fatica; si rese conto di stare tremando e di avere il volto bagnato dalle lacrime, ma la sua vista era nuovamente lucida.
Alzò lo sguardo per vedere a chi appartenesse la voce che lo aveva tirato fuori da quella spirale opprimente e sgranò gli occhi, terrorizzato: Hermione Granger lo guardava preoccupata, con aria sconvolta; dovette accorgersi che Draco aveva recuperato le sue facoltà, o parte di esse almeno, perché alzò le mani e si affrettò a dirgli «non ti ho toccato, puoi stare tranquillo».
Probabilmente pensava che avrebbe potuto avere un infarto al solo pensiero o qualcosa del genere.
Il Serpeverde parve riscuotersi tutto d'un tratto; scattò, cercando di rimettersi in piedi, ma quel movimento repentino gli provocò un giramento di testa.
Cazzo no, non poteva essere vero; non poteva essere davvero la Granger. Nessuno poteva vederlo in quello stato, men che meno la Sanguemarcio.
Si appoggiò al muro, ansante, ed estrasse la bacchetta.
«Cosa vuoi fare?» la sentì chiedere, mentre continuava a tenere le mani alzate. «Obliviarmi
Draco trasse dei respiri lunghi e profondi ed espirò con forza, strizzando ancora forte le palpebre.
Non sarebbe stato in grado di sparare semplici scintille rosse in quel momento, figurarsi eseguire un Incantesimo di Memoria.
«Uccidermi?» chiese ancora la Granger, in tono di sfida; Draco trasalì ed emise un singulto.
«N-non una parola, Sanguemarcio» le intimò, tentando invano di tirare fuori un tono minaccioso, il che era praticamente impossibile viste le condizioni in cui versava.
«Con nessuno, intesi?»
Lei non si mosse di un millimetro.
«Chi mi crederebbe, comunque, Malfoy?»
Draco le rivolse un ultimo sguardo colmo di emozioni miste e poi corse via, diretto verso i Sotterranei.
 
Hermione era di turno per la ronda quella sera; avrebbe dovuto farla con Malfoy, ma lui non si era presentato. Non era la prima volta che il Serpeverde si comportava in quel modo; quell'anno, Draco sembrava aver sviluppato una predilezione per il trascurare i suoi doveri di Prefetto. E anche i piaceri, a quanto pareva, visto che non usava più i suoi privilegi per fare il prepotente con gli altri.
Hermione aveva notato, inoltre, che il giovane appariva costantemente distante, come se fosse perso nei meandri della sua mente, in un mondo tutto suo; non sentiva i professori chiamare il suo nome durante le lezioni, aveva spesso lo sguardo perso nel vuoto; quella mattina lo aveva addirittura urtato per sbaglio e lui l'aveva guardata come se non la stesse vedendo veramente ed era passato oltre, senza rivolgerle parola, né un commento acido, né un insulto. Lo aveva scorto più volte a vagare per i corridoi immerso nei suoi pensieri, come se camminasse senza una meta precisa, come... come se fosse il fantasma di sé stesso.
Come in quel momento, quando la sua figura era sfrecciata fulminea davanti a lei, scomparendo dietro un angolo del secondo piano.
Hermione lo aveva seguito, non sembrava stare bene; i suoi movimenti erano sconnessi, la sua andatura quasi barcollante. Si era forse ubriacato? I Serpeverde avevano dato un festino illegale nella loro Sala Comune? Era per questo che Malfoy aveva saltato la ronda?
Lo vide entrare nel bagno di Mirtilla Malcontenta e chiudersi la porta alle spalle con un tonfo, senza preoccuparsi di venire udito. D'altronde era un Prefetto e gli altri Prefetti non avrebbero comunque potuto sottrargli dei punti.
Hermione si avvicinò con cautela e posò un orecchio contro il legno freddo; sentì dei gemiti soffocati, sembrava quasi che il ragazzo stesse faticando a respirare.
Istintivamente, prese un grosso respiro e si precipitò all'interno; impallidì alla vista che le si parò davanti agli occhi: Draco Malfoy era accasciato sul pavimento e sembrava soffocare nel suo stesso respiro. Lo riconobbe subito come un attacco di panico. Cosa doveva fare? Correre a chiedere aiuto? E se non fosse riuscita a tornare in tempo?
Si accovacciò davanti a lui, evitando accuratamente di sfiorarlo in alcun modo; non l'avrebbe sicuramente ringraziata per l'aiuto datogli e sapeva anche di rischiare che la cacciasse in malo modo o l'affatturasse, ma Hermione non avrebbe mai negato soccorso a nessuno che si trovasse in quello stato. Neanche a Malfoy, neanche se il tutto sarebbe sfociato in una marea di insulti e Schiantesimi.
Provò a chiamarlo ripetutamente, ma lui non sembrava sentirla; allora cercò di attirare la sua attenzione, di farlo concentrare sulla sua voce, di indurlo a regolarizzare il respiro.
Hermione si era trovata in brutte e pericolose situazioni nella sua vita tante di quelle volte da averne perso il conto, ma non si era mai sentita tanto terrorizzata.
Non si accorse nemmeno delle lacrime di paura che erano sfuggite al suo controllo.
Dopo quelle che parvero ore, Draco sembrò riacquistare un minimo di lucidità.
«Malfoy, mi senti?» gli domandò. «Riesci a parlare?»
Lo vide lottare per metterla a fuoco e sgranare gli occhi nel riconoscerla; lei alzò entrambe le mani in aria, in modo che potesse vederle bene.
«Non ti ho toccato, tranquillo» gli disse immediatamente, onde evitare scatti d'ira da parte del giovane.
Draco balzò in piedi, ma perse l'equilibrio e dovette reggersi al muro per non cadere nuovamente per terra; le puntò contro la bacchetta.
Faceva sul serio? Voleva veramente obliviarla? O forse pensava di ucciderla? Ne sarebbe stato davvero capace?
Come se avesse potuto raccontare ad anima viva l'accaduto senza venire ricoverata al San Mungo, comunque.
Hermione non mosse un muscolo, davanti a quel gesto; non tirò nemmeno fuori la sua di bacchetta. Restò ferma, con gli occhi fissi sul giovane a pochi passi da lei, mentre entrambi cercavano di regolarizzare il loro respiro e dare un senso a ciò che stava avvenendo.
«Non una parola, Sanguemarcio» le sibilò contro, «con nessuno. Intesi?»
«Chi mi crederebbe, comunque, Malfoy?» gli disse solamente e lo seguì con lo sguardo, mentre lasciava il bagno come una furia.
Per la prima volta, Hermione pensò che Harry potesse aver ragione; lei per prima aveva notato che Draco non stesse bene e dopo ciò a cui aveva assistito, l'ipotesi che potesse aver avuto un ruolo in quanto accaduto a Katie Bell parve avvalorarsi vertiginosamente. Ed ebbe inoltre la conferma che le parole di Silente riguardavano proprio il rampollo dei Malfoy.
Cosa sapeva il Preside che loro non sapevano? Malfoy era davvero diventato uno di loro? Aveva seriamente preso il posto di suo padre tra i ranghi di Voldemort?
E una volta trovate le risposte a questi quesiti, cosa avrebbe dovuto fare? Dirlo a Silente? Cercare di aiutarlo? Parlare con Harry? O forse tenerlo il più lontano possibile da Malfoy?
Hermione chiuse gli occhi e poggiò il capo contro il muro freddo alle sue spalle.
In che diavolo si era cacciata?





⸻⸻
Salve a tutti!
Chiedo scusa per il ritardo con l'aggiornamento, ma sono in piena sessione estiva...
Stiamo finalmente entrando nel vivo della storia, spero che vi stia piacendo!
Volevo inoltre avvisarvi che ho deciso di modernizzare un po' sia il linguaggio, sia le dinamiche tra i personaggi
per renderli un po' più vicini agli adolescenti di oggi (o almeno, dei tempi in cui ero adolescente io).
Ho dato priorità alla credibilità dello sviluppo dei personaggi, quindi la storia procederà secondo tempistiche 
credibili, non ci sarà un tutto e subito.
Mi sentivo di doverlo specificare, non a tutti piacciono gli slow burn.
Se vi va fatemi sapere cosa pensate della storia fino ad ora, fa sempre piacere ricevere commenti!

Vi ricordo infine che potete trovarmi anche su Wattpad con lo stesso nick!
A presto! :)

 

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Capitolo 9
*** CAPITOLO 4 ***


CAPITOLO 4









 
Draco Malfoy non la guardava neanche più in faccia; quando la incrociava nei corridoi, o a lezione, deglutiva, impallidiva e cambiava direzione oppure si voltava a parlare con Pansy, che era sempre al suo fianco. Non li aveva mai visti trascorrere tanto tempo insieme. Hermione sospettava che andasse in giro con lei così spesso per evitare che lei provasse a parlargli, il che era completamente superfluo perché la Grifondoro non aveva alcuna intenzione di avvicinare il biondino, né voleva discutere dell'accaduto.
La verità era che si era spaventata talmente tanto che più volte aveva sognato quel momento orrendo che avevano condiviso nel bagno di Mirtilla, in cui terrorizzata aveva cercato di aiutarlo a venire fuori dal più brutto attacco di panico a cui Hermione avesse mai assistito. Aveva più volte aiutato il suo vicino di casa a superare situazioni simili, ma Draco... Con Draco sembrava esser durato per ore; sembrava quasi che lui non volesse, uscirne.
La vita di Hermione era già abbastanza complicata senza doversi fare carico di Malfoy, eppure, un angolino remoto della sua mente continuava a tornare al ragazzo, senza darle tregua.
Cosa cavolo stai combinando, Malfoy?
 
Non era una giornata particolarmente fredda, solo un po' ventosa, tanto che molti studenti avevano deciso di trascorrere l'ora libera nei giardini della scuola.
Harry e Ron erano andati a trovare Hagrid, ma Hermione non era dell'umore.
«Ci vediamo dopo in Sala Comune o direttamente a cena» gli aveva detto.
«Devi andare in biblioteca?» aveva insistito Ron, scrutandola preoccupato.
«Stai bene, Hermione?» le aveva chiesto Harry, anche lui in pensiero per l'amica; era pallida e sembrava particolarmente triste.
Hermione non sapeva come convincerli a lasciarla stare, a lasciarla sola; voleva solo piangere e non poteva farlo davanti a loro, perché avrebbero voluto spiegazioni sul motivo delle sue lacrime. E lei non poteva dirgli dopo un anno e mezzo che aveva avuto una relazione con Cedric Diggory e che era uno di quei giorni in cui le mancava così tanto che a malapena riusciva a respirare.
«Sto bene, ho solo bisogno di dormire. Stanotte sono rimasta sveglia fino a tardi per... La ricerca di Pozioni» mentì spudoratamente.
Le avevano sempre detto che era una terribile bugiarda. Hermione pensava ogni volta che fosse l'opposto: lei era un'ottima bugiarda, talmente brava che era riuscita ad ingannare tutti quanti. O forse era come le avevano fatto notare in passato i suoi amici: riusciva perfettamente a mentire quando si trattava di dover proteggere sé stessa o le persone a cui teneva. O di evitare di affrontare dei sentimenti che non voleva neanche riconoscere, figurarsi cercare di superare. Come se si potesse superare una cosa del genere, comunque.
Hermione corse nel suo dormitorio e controllò che fosse deserto, poi crollò sul letto e lasciò cadere le lacrime. Quando si fu calmata, evocò il suo Patronus.
L'anno prima, quando Hermione ne aveva visto la forma per la prima volta, era stata contenta.
"Le cose che perdiamo trovano sempre il modo di tornare da noi, anche se non sempre come noi ce l'aspettiamo" le aveva detto una volta Luna e lei, nel vedere la sua lontra danzarle attorno allegra, le aveva creduto; aveva pensato che fosse il modo di Cedric di dirle che era sempre accanto a lei, di tornare da lei.
Un anno dopo sembrava più una punizione, uno scherzo del destino; serviva un ricordo felice per evocarlo e il suo riguardava il suo primo amore, tragicamente morto alla fine del suo quarto anno, lo stesso ragazzo dal cui Patronus il suo aveva preso la forma. Era un costante promemoria di quanto avesse perso, della felicità che non sarebbe mai più stata in grado di provare, ma per la quale si sentiva al contempo grata. Motivo per cui quel ricordo continuava a funzionare.
Dopo la morte di Cedric era andata a parlare con il Preside; aveva raccontato a Silente del legame che aveva condiviso con il Tassorosso e gli aveva detto che non poteva e non voleva caricare Harry anche di quel fardello, che avrebbe affrontato da sola il suo dolore. Gli aveva chiesto di metterla in contatto con Sirius Black, però; sperava che avrebbe potuto insegnarle a padroneggiare l’Occlumanzia.
Quando Draco Malfoy l'aveva chiamata Sanguemarcio per la prima volta, durante il secondo anno, Hermione non sapeva ancora cosa significasse quel termine e dopo la spiegazione che aveva ricevuto da Ronald, aveva fatto delle ricerche; ricerche che l'avevano portata a scoprire delle Sacre Ventotto e alcuni dei loro segreti, come la peculiarità della famiglia Black e la loro propensione all’Occlumanzia e alla Legilimanzia; Hermione le avrebbe volentieri studiate entrambe, ma Sirius aveva avuto il tempo di insegnarle solo la prima. Aveva trascorso gran parte dell'estate tra il quarto e il quinto anno a Grimmauld Place con lui, ma aveva dovuto interrompere le lezioni con l'arrivo dei Weasley e poi di Harry. Sirius era stato così gentile da non dire nulla al suo figlioccio ed Hermione gliene era stata estremamente grata, sebbene si sentisse in colpa per averlo messo in quella condizione.
La morte di Sirius era stata un altro orribile evento che Hermione aveva dovuto metabolizzare per conto proprio; in quel momento le sembrava ingiusto che avesse avuto più tempo a disposizione con lui di quanto ne avesse avuto Harry.
Nell'ultimo periodo, però, la ragazza stava facendo fatica a tenere alzate le sue barriere; la sua biblioteca mentale aveva iniziato a vacillare e qualche ricordo veniva fuori in occasioni alquanto inopportune.
Forse c'è un limite ai colpi che una persona può subire senza aver bisogno dell'aiuto di qualcun’altro per risollevarsi, aveva pensato la giovane. Forse io ho raggiunto il mio nel bagno di Mirtilla Malcontenta, quando ho avuto paura per la vita del mio eterno rivale.
Si chiese se anche Malfoy alla fine avrebbe chiesto aiuto o se si sarebbe lasciato spegnere come stava facendo lei.
Hermione si alzò di scatto e la sua amata lontra svanì; aveva preso una decisione: avrebbe detto tutto a Harry e Ron.
 
Non riuscì a beccarli da soli per tutta la settimana seguente; Harry aveva iniziato ad andare ad alcuni incontri con Silente, che stava cercando di prepararlo ad affrontare Voldemort e Ron aveva iniziato una relazione con Lavanda Brown e trascorreva quasi tutto il suo tempo con lei.
«Sono disgustosi» si era lamentato Seamus Finnigan, guardando con un'espressione schifata il rosso seduto sul divano più appartato della Sala Comune; lui e Lavanda erano avvinghiati da un'ora e si baciucchiavano come se fossero i soli presenti nella stanza.
Dean e Ginny, che sedevano al loro stesso tavolino, annuirono con veemenza.
«E pensare che a me e Dean ha fatto tante storie» aveva borbottato la giovane, scambiandosi uno sguardo d'intesa con Hermione. Stava sicuramente ripensando alle reazioni spropositate che il ragazzo aveva avuto quando si era presentata al ballo con Viktor Krum e, solo qualche giorno prima, quando aveva scoperto che si erano baciati, una volta. Le aveva fatto riconsiderare l’idea di parlare con lui di Cedric.
«Ok, io me ne vado a dormire. Credo di aver appena visto la lingua di Ron fare qualcosa di umanamente impossibile e potrei vomitare da un momento all'altro» asserì Seamus, saturo di quella visuale.
«Io sono di ronda» disse Hermione a Ginny. «Ci vediamo domani»
 
Quella notte era di turno insieme a Padma Patil di Corvonero; andavano d'accordo, nonostante al quarto anno, dopo che Ron non aveva staccato gli occhi di dosso a Hermione per tutto il Ballo del Ceppo, la Patil, che era andata all'evento con il rosso, avesse per un breve periodo nutrito del risentimento verso di lei. Ma si poteva dire che l'astio era stato superato. Si salutarono al settimo piano, prendendo direzioni opposte per ultimare la ronda e fare ritorno ognuna nella propria Sala Comune.  
Hermione sobbalzò quando il rumore di una porta che si chiudeva riecheggiò nel corridoio, destandola dai suoi pensieri; si nascose dietro una colonna e restò in allerta, pronta a sottrarre dei punti al trasgressore del coprifuoco. Restò immobile e nascosta, quando notò che si trattava di Draco Malfoy; essendo anche lui un Prefetto, non avrebbe potuto togliergli comunque dei punti e non ci teneva a trovarsi da sola con lui senza testimoni, dopo quello a cui aveva assistito.
Ma che ci faceva Malfoy a quell'ora della notte nella Stanza delle Necessità? E perché aveva quell’espressione disperata sul suo volto?
Hermione decise prima ancora di poter riflettere al meglio sulle sue opzioni; prese a seguire Malfoy. Se fosse tornato nella Sala Comune di Serpeverde lei avrebbe semplicemente fatto dietrofront e avrebbe raggiunto la Torre di Grifondoro; se il biondo avesse fatto delle deviazioni, lei avrebbe sperato di riuscire ad ottenere risposte alle domande che le affollavano la mente.
Si sentiva confusa da tutta quella situazione; non capiva perché fosse così interessata a quello che faceva Malfoy, né cosa provasse ogni qualvolta che lo incrociava nei corridoi e notava che le sue occhiaie erano sempre più profonde. Forse Harry la stava influenzando troppo con le sue teorie cospiratorie. Sì, doveva essere così, o almeno ci sperava.
Svoltò un angolo e scese una rampa di scale, cercando di tenere il passo dietro al ragazzo senza farsi scoprire; ad un certo punto, realizzò che aveva raggiunto il secondo piano.
Malfoy aprì la porta del bagno di Mirtilla Malcontenta e vi si intrufolò dentro, richiudendosi la porta alle spalle dopo aver gettato una rapida occhiata al corridoio.
Hermione aveva temuto per un secondo che l’avesse sentita, ma lui non diede alcun segno di ciò; si avvicinò lentamente alla porta e premette l’orecchio contro di essa. Stava diventando una ficcanaso di prima categoria, se ne rendeva conto; si sentiva anche un po’ in colpa a invadere la privacy di qualcun altro in quel modo, specie quando la sua vocina interiore le chiedeva “come ti sentiresti se qualcuno lo facesse a te?”, il che era tutto dire quando si parlava della mente che aveva elaborato il piano della Polisucco per spiare proprio Malfoy ed estorcergli informazioni quando era ancora, solo, al secondo anno. Ma Hermione soffocava quel senso di colpa rimembrando le immagini della crisi del biondo a cui aveva assistito poco tempo prima; temeva ne avesse un’altra. Non che Malfoy meritasse alcuna attenzione particolare da parte sua, ma lei era una persona buona e aveva la tendenza a non voltare le spalle a chi manifestava uno stato di estrema sofferenza. E le era chiaro che Malfoy non stesse bene. E che non avesse nessuno su cui fare affidamento, o forse, come lei, aveva scelto di non coinvolgere altri e gestire la faccenda da solo, di qualsiasi cosa si trattasse.
Sentì l’acqua del lavandino scorrere e, come se le sue ipotesi necessitassero di ulteriore conferma, udì i singhiozzi strozzati del giovane; Draco Malfoy stava piangendo, realizzò, sorprendendosi di quanto fosse scioccante quel pensiero. E quella sua reazione la colpì ancora più profondamente, facendola riflettere: era davvero arrivata a stereotipare Malfoy al punto da non considerarlo un essere umano capace di provare emozioni, soggetto alla sofferenza? Si rese conto in quel momento di non conoscere affatto Draco; certo, sapeva che fosse un idiota, narcisista, egocentrico, crudele, bullo, viziato, snob, razzista… Ma cos’altro poteva dire di lui, se non quello che traspariva all’esterno? Com’era Draco nel suo ambiente privato? Era pur sempre un essere umano e, per quanto poco lo desse a vedere, anche lui doveva provare delle emozioni.
Certo, si disse, non era mica colpa sua; era Malfoy che sceglieva di mostrare solo il peggio di sé e, a volte, aveva avuto anche l’impressione che facesse di tutto per enfatizzarlo. Era solo colpa di Draco se era così solo.
Rimase in silenzio ad ascoltare i gemiti del giovane, chiedendosi più e più volte se fosse il caso di entrare a parlargli, ma sapeva che sarebbe stata respinta ed insultata; qualsiasi cosa fosse che lo stava tormentando, di certo non sarebbe andato a dirla a lei. Così rimase in silenzio ad ascoltarlo, prestando attenzione a quello che sentiva accadere all’interno del bagno, nell’eventualità che la situazione degenerasse come quella volta in cui lo aveva trovato in preda ad un violento attacco di panico e avesse bisogno di aiuto.
Per fortuna, non fu necessario intervenire.
Hermione fu riscossa da un tonfo che la avvisò che il giovane aveva finalmente deciso di uscire dal bagno.
Rapidamente, corse dietro una colonna e vi si nascose. Quando fu certa che il Serpeverde aveva lasciato il piano, uscì fuori e si diresse sempre più confusa verso il proprio dormitorio.
Cosa cavolo stai combinando, Malfoy?




⸻⸻
Salve a tutti!
Chiedo scusa per il ritardo con l'aggiornamento, sto studiando per gli esami e sto avendo difficoltà a collegarmi.
Vi lascerò qualche capitolo in più oggi, sperando di farmi perdonare.
Volevo, inoltre, chiedervi se preferite continuare con i capitoli di questa lunghezza o se preferireste che aggiornassi con capitoli un po' più lunghi, in tal caso potrei unire dei capitoli e accontentarvi. 
Grazie a tutti voi che state leggendo/seguendo/recensendo la mia storia, spero che i nuovi capitoli siano di vostro gradimento!
Lasciatemi una recensione se vi va, fa sempre piacere ricevere feedback!
A presto!

 

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Capitolo 10
*** CAPITOLO 5 ***


CAPITOLO 5









 
«Harry, devo parlarti. Subito.»
Hermione afferrò il suo amico per un braccio e lo trascinò nella Torre dei loro dormitori; stava piangendo.
Si sedette per terra, trascinando con sé il giovane e prese a giocare con la sua bacchetta, facendo spuntare degli uccellini con l'incantesimo Avis, ma restò in silenzio per minuti interi. Da dove avrebbe dovuto cominciare?
«Hermione, puoi dirmi qualsiasi cosa, lo sai» esordì lui, per incitarla a parlare; lo stava facendo preoccupare.
La ragazza deglutì e si asciugò le lacrime che, inevitabilmente, erano scese a rigarle il viso.
«Vi ho nascosto una cosa, ma non posso più tenerla per me, Harry. Devo dirlo almeno a te, ma devi promettermi di non farne parola con nessuno, nemmeno con Ron. Lui non capirebbe»
«Si tratta di Malfoy?» le chiese agitato l'amico, che non parve sentire l’ultimo pezzetto del preambolo; forse Hermione aveva davvero visto il Marchio sul braccio di Draco, da quella finestra a Borgin & Burkes ed aveva finto il contrario. O forse le aveva fatto qualcosa, non riusciva a pensare a nessun'altro che avrebbe potuto ferirla o sconvolgerla in quel modo.
La ragazza sbatté le palpebre e lo guardò confusa.
«M-Malfoy?!» fece con una punta di panico nella voce, spaventata dall’idea che Harry potesse aver scoperto di quanto avvenuto nel bagno di Mirtilla qualche tempo prima. Dubitava che sarebbe stato in grado di starsene zitto e far finta di niente e temeva che potesse decidere di optare per un confronto aperto con Malfoy, che avrebbe portato a conseguenze catastrofiche per entrambi e, soprattutto, per lei. Draco avrebbe sicuramente pensato che fosse stata lei a spifferare dell’accaduto a Harry e non le avrebbe di certo creduto se gli avesse detto che il moro lo aveva scoperto da solo. Come avrebbe potuto, d’altronde?
«Hai scoperto qualcosa su di lui? Avevo ragione, vero?» la incalzò Harry.
Hermione sbuffò, ma fu segretamente sollevata dal realizzare che no, l’amico non sapeva assolutamente nulla della sua più recente interazione con il Serpeverde.
«No, non si tratta di Malfoy. Harry, sei ossessionato da questa storia»
Il moro non riuscì a trattenere un'espressione di delusione, ma si riprese immediatamente. «Allora cosa succede?»
La ragazza trasse un respiro profondo, pensando che sì, stava per raccontare al suo migliore amico di Cedric, ma al contempo si era appena guadagnata un nuovo enorme segreto decidendo di non dirgli di quello che era successo con Malfoy nel bagno di Mirtilla e di ciò che aveva udito quella notte durante la ronda.
Fece per parlare, ma fu interrotta da Ron che apparve mano nella mano con Lavanda proprio in quel momento, ridendo. Aveva provato a beccarli entrambi per giorni, per parargli, ma per lui esisteva solo Lavanda ormai, poco importava che lei stesse cadendo a pezzi perché dopo un anno e mezzo non ce la faceva più a tenersi tutto dentro.
L’unica volta che era riuscita ad introdurre l’argomento con i due, Ron le aveva poi chiesto di Krum e aveva dato di matto.
«Ops, è già occupato» disse il rosso, senza perdere il sorriso. «Hermione, tutto bene?»
Hermione si alzò di scatto e lo guardò arrabbiata.
«Oppugno» mormorò e gli uccellini si scagliarono contro i due, che corsero via.
Harry la guardò con aria preoccupata e le mise una mano su una spalla.
«Hermione» la chiamò dolcemente. «Cosa succede?»
Lei chiuse gli occhi e ricadde sul pavimento; Harry si sedette accanto a lei e la abbracciò.
«Ti ricordi al terzo anno, quando non parlavamo perché Ron credeva che Grattastinchi avesse mangiato Crosta?»
Magari Grattastinchi avesse mangiato davvero Crosta, pensarono entrambi, ma nessuno dei due lo disse ad alta voce.
Harry annuì, mentre Hermione tirò su con il naso, cercando di non soccombere alle lacrime.
«Io, ecco... Quel poco tempo che non passavo a studiare...» si morse un labbro, come avrebbe dovuto dirglielo?
Oh, fanculo, pensò.
«Harry, io frequentavo Cedric Diggory» confessò a bruciapelo.
«Scusami?» chiese il giovane con gli occhi sgranati.
«Noi... Noi stavamo insieme, Harry. Mi ha aiutato lui a preparare la difesa per Fierobecco, ed è da lui che sono stata quell'estate prima di venire alla Tana per andare alla Coppa del Mondo di Quidditch»
Hermione non ci provò neanche più ad asciugarsi le lacrime.
«Volevo dirvelo, ma dopo l'attacco dei Mangiamorte... Mi sono spaventata, non volevo metterlo in pericolo e ho deciso di mantenere il segreto. Ci siamo anche lasciati per un periodo, perché lui voleva rendere la nostra storia pubblica, ma io...»
«Hermione, respira. Perché hai affrontato tutto da sola? Perché non me ne hai parlato dopo... Dopo quello che è successo al cimitero?»
Harry avrebbe voluto chiederle dove si collocassero Krum e Cho in tutto quello scenario, ma soffocò la sua curiosità sulla questione; non gli sembrava il caso di tediare l’amica con cose di poco conto e domande da rivista di gossip. Era evidente che Hermione stesse male, che il dolore represso per tutto quel tempo stesse finalmente esplodendo, venendo fuori, e che avesse bisogno del suo sostegno e nient’altro.
«Non volevo che ti sentissi più in colpa di quanto già non ti sentivi Harry... Mi dispiace» si scusò la ragazza, volgendo lo sguardo sul pavimento.
Harry la abbracciò forte. «Vuoi parlarmene?»
Lei si voltò a guardarlo e sorrise triste.
«Non saprei cosa… come…»
Hermione ingoiò a vuoto. Si rese conto di non voler condividere i suoi momenti privati con Cedric; erano la sua cosa personale, l’unica che non condividesse con gli altri due terzi del trio; appartenevano solo a lei, quei ricordi, e li avrebbe custoditi gelosamente. Ma c’era qualcosa di cui avrebbe voluto parlare con Harry.
«Ho il suo stesso Patronus, sai? È come...»
«Come se fosse sempre con te» terminò il ragazzo per lei; lui si sentiva allo stesso modo, il suo Patronus era uguale a quello di suo padre, nonché la sua forma da Animagus.
Hermione annuì.
«Il giorno in cui siete stati entrambi sorteggiati è stato il giorno più brutto della mia vita» disse Hermione rabbrividendo, con lo sguardo perso nel vuoto; ricordò di essere stata felice della sospensione del Quidditch, pensando che per un anno non avrebbe dovuto preoccuparsi che Ced e Harry potessero farsi del male cadendo dalla scopa durante una partita... E poi...
«Mi dispiace, Mione»
Lei scosse la testa come a dirgli che non era colpa sua, poi singhiozzò, sentendo quel diminutivo.
«Sai perché non faccio più usare il mio secondo nome a nessuno, Harry? Lui mi chiamava così, Jean, perché io odiavo i diminutivi del mio nome»
Hermione si portò la mano sul naso e cercò di ricacciare indietro le lacrime e quel dolore lancinante che sembrava averla travolta con il doppio dell’usuale intensità nel momento in cui aveva detto tutto ad alta voce.
«È solo che... è così difficile, Harry. Come fai tu? Come fai a non crollare?»
Harry aveva perso più di chiunque altro, ma si era sempre rialzato; era sempre andato avanti, lei invece sembrava bloccata in un limbo, con il cuore in stasi da quando aveva costruito la sua biblioteca mentale.
«Ho voi» disse solamente il moro, come se quelle due paroline spiegassero tutto, e in un certo senso era così. Le labbra di Hermione si curvarono all'insù; posò il capo sulla spalla dell'amico. Harry la strinse un po' più forte a sé e sospirò.
«Sai, Sirius una volta mi ha detto che le persone che amiamo non ci lasciano mai veramente; che possiamo trovarle sempre, qui» mormorò, posando la mano sul suo cuore e rinunciando ad uno dei suoi pochi momenti privati che aveva condiviso con il padrino sperando di regalare un po’ di serenità alla sua migliore amica. Hermione non gli disse che Sirius aveva detto quelle stesse parole anche a lei quando era arrivata a Grimmauld Place dopo la morte di Cedric.
«Una magra consolazione, non trovi?» fece lei in tono amaro; Harry suo malgrado sorrise, anche se il sorriso non gli arrivò agli occhi.
«È pur sempre una consolazione, Hermione. L'unica che abbiamo, comunque»
 
Draco gridò dalla frustrazione; quel fottuto Armadio non voleva proprio saperne di aggiustarsi. Aveva setacciato l'intera biblioteca della scuola, persino il Reparto Proibito, grazie al permesso che Piton gli aveva firmato, ma niente. Sarebbe dovuto tornare al Manor per Natale a cercare ulteriori informazioni nella biblioteca dei Malfoy e lui avrebbe voluto evitarlo con tutto sé stesso; Draco avrebbe preferito restare ad Hogwarts, l'armadio stesso sarebbe stato la scusa perfetta per giustificare la sua decisione.
Serrò i denti e colpì una pila di oggetti alla sua destra, i quali ricaddero con un boato sul pavimento e si sparsero in molteplici direzioni.
Si passò una mano sul volto e uscì di corsa dalla Stanza; aveva bisogno d'aria e sapeva perfettamente dove andare: la Torre di Astronomia.
Era meravigliosa, di notte e per fortuna quella sera non vi erano lezioni programmate; avrebbe potuto godere della solitudine e della quiete che quel posto garantiva e calmare la sua mente in subbuglio.
Quando fu in cima alla Torre capì immediatamente perché non vi fosse alcuna lezione quella notte: era nuvoloso; sbuffò di delusione, capendo che quella volta non avrebbe visto le stelle. Il panorama di quel luogo era meraviglioso e non mancava di stupire persino lui, era ogni volta come se fosse la prima; riusciva a notare sempre qualcosa che gli era sfuggito in precedenza, piccoli particolari che lo lasciavano a bocca aperta.  
Si affacciò alla ringhiera e guardò in basso; quanto sarebbe stato facile lasciarsi cadere e non dover più pensare a niente? A nessuno? Non sentire più quella rabbia cocente nei confronti di suo padre che lo aveva ficcato in quella situazione insostenibile, il terrore che potesse accadere qualcosa di brutto a sua madre, la paura di fallire e di segnare con le sue stesse mani non solo la propria ma anche la condanna a morte di lei. Si sporse un po' di più per sentire il vento freddo sferzargli il viso e chiuse gli occhi; immaginò di non aver alcun armadio svanitore da sistemare, nessun omicidio da progettare ed eseguire, nessun Signore Oscuro e nessuna Bellatrix a urlargli nella mente, nessun incubo a tormentarlo la notte.
Respirò a fondo e cercò di calmare il battito del suo cuore che aveva preso a pulsare incessantemente a causa di quei pensieri; era andato lì per calmarsi, ma non si vedevano le stelle e la sua distrazione non era durata a lungo.
«Che cosa stai facendo?»
La voce gli giunse ovattata alle orecchie, ma lo fece sussultare ugualmente.
«Malfoy... Vieni via di lì» mormorò spaventata quella che Draco ormai avrebbe potuto riconoscere tra mille: la Granger; non la si dimentica, la voce che ti strappa via dall'oscurità.
«Per favore» aggiunse cautamente lei.
Draco si voltò lentamente e la guardò con un sopracciglio alzato.
«Che diavolo ci fai qui, Sanguemarcio?»
Hermione arricciò le labbra e assunse una postura rigida.
«Avevo bisogno d'aria. Sai, Malfoy, non possiedi la scuola»
Il biondo assottigliò gli occhi.
«Quindi dovrei andarmene per lasciare la Torre a te?» domandò indignato, lanciandole uno sguardo disgustato.
«No, veramente credevo...» farfugliò Hermione spiazzata, arrossendo lievemente, ma lasciando la frase in sospeso. «Non fa niente, me ne vado io»
Non era serata per discutere con Malfoy e, pensava, non ci fosse nulla di male a dargliela vinta, per una volta.
Draco sgranò gli occhi, sorpreso da un'improvvisa consapevolezza e parlò, facendola arrestare e voltare nuovamente verso di lui.
«Pensavi che volessi buttarmi, Granger?»
La ragazza arrossì ancora di più; sì, era esattamente quello che aveva pensato che volesse fare. Un'idea stupida che le era balenata in testa prima di qualsiasi altra cosa, nella sua mente memore dello stato in cui l'aveva visto di recente, delle sue crisi a cui aveva assistito, che lui ne fosse consapevole o meno.
La risata gelida del Serpeverde la trafisse da parte a parte.
«Sei proprio stupida»
Hermione deglutì, ma decise che non sarebbe rimasta lì a sorbirsi gli insulti di Malfoy, non era dell'umore; girò i tacchi e fece per andarsene, ma la voce del biondo la indusse ad esitare ancora una volta.
«E se anche fosse, Granger, cos'avresti fatto? Mi avresti salvato
Lei non rispose; rimase immobile, continuando a dargli le spalle.
«Avresti dovuto offrirti di darmi una spinta, non cercare di impedirmi di farlo»
«Sai, Malfoy. Sono una persona abbastanza decente da non augurare la morte neanche al mio peggior nemico» replicò caustica lei.
«Quindi, mi vedi come il tuo peggior nemico, ma mi hai aiutato l'altra notte. Cos'è, San Potter ti ha attaccato il complesso del salvatore o sei davvero stupida, Granger?»
Hermione sbuffò e riprese a dirigersi rapidamente verso le scale, per andarsi a cercare un altro posto in cui stare da sola; dire a Harry di Cedric l'aveva provata ancora più di quanto la logorasse tenerselo dentro. Ammettere ad alta voce che... era stato troppo e lo aveva reso ancora più reale, se possibile.  
Una mano fredda le si chiuse attorno al polso e la costrinse a voltarsi.
«Non mi pare avessimo finito di parlare, Sanguemarcio» sibilò Draco a denti stretti.
Hermione lo spinse via con la mano libera e si massaggiò il polso; non l'aveva stretta forte ma il suo tocco l'aveva scottata. Pensò a quelle che i Babbani chiamavano ustioni da freddo. E perché diavolo l’aveva toccata di sua iniziativa, tra l’altro?
«Non ho niente da dirti, Malfoy» chiosò risoluta la ragazza. «Ti lascio ai tuoi pensieri, non vorrei che una Sanguemarcio come me ti sottraesse aria da respirare, mi pare che tu abbia già abbastanza difficoltà di tuo»
Draco si irrigidì; non si aspettava un colpo così basso dalla Granger.
Hermione, dal canto suo, voleva solo andarsene via e starsene da sola per un po'; Malfoy era l'ultima persona che avrebbe voluto vedere, specie visto che aveva deciso di prenderla in giro per “essere stata così stupida” da pensare che persino la sua vita meritasse di essere salvata.
Fottuto coglione.
Sapeva di averla vinta lei, quella discussione, così si rivoltò, ma prima di sparire dalla sua vista lo sentì domandare con un velo di timore nella voce «Lo hai detto a qualcuno?»
Hermione si fermò un istante e mormorò un freddo «no», poi corse via per le scale, chiedendosi se la voce di Malfoy suonasse sempre più… dolce, quando non si sforzava di controllarne il timbro.
 
Quella stupida della Granger, pensava Malfoy correndo irritato verso il proprio dormitorio.
Stupida e ficcanaso, come se avere San Potter perennemente alle calcagna non fosse stato abbastanza adesso ci si metteva anche lei, sbucando all’improvviso nei momenti meno opportuni.
Era la seconda volta che lo beccava in un momento di vulnerabilità e Draco non voleva proprio farci l’abitudine. Avrebbe fatto crollare la sua reputazione, sarebbe stata la fine, se lo avesse detto a qualcuno.
Ha detto di non averlo riferito a nessuno, sussurrò non richiesta una recondita vocina nella sua testa. Si lasciò andare ad una risata amara. Certo, come se non fosse corsa l’attimo dopo a spifferare tutto a quei suoi stupidi amici, pensò. Poi scosse violentemente la testa e si chiese se non stesse impazzendo definitivamente: stava davvero conversando con sé stesso?
E se non lo avesse davvero detto a nessuno?
Gli era sembrata strana, però, la Granger. Come se fosse particolarmente sconvolta e non poteva essere solo perché aveva creduto che volesse buttarsi giù dalla Torre di Astronomia. Cosa le sarebbe importato, comunque, se avesse deciso di farlo veramente? Non avrebbe dovuto rallegrarsi di non doverlo più vedere in circolazione?
Avrebbe cercato di salvarlo però, se le sue intenzioni fossero state quelle; Draco ne era certo.
“Malfoy… Vieni via di lì, per favore”
Qualcosa nel tono della sua voce aveva smosso qualcosa nel suo stomaco. Come poteva essere così… patetica? Preoccuparsi per la vita del suo nemico, della persona che l’aveva buttata costantemente a terra per cinque anni?
Decise di rinunciare a comprendere la stupida logica da Grifondiota che seguiva la Granger.
Chissà cosa l’aveva turbata in quel modo, però, si domandò invece. Fece una smorfia di disgusto misto a disappunto verso sé stesso. Che cavolo gliene fregava?
E perché cavolo notare il suo malessere in quel momento gli aveva impedito di approfittare della sua presenza per distrarsi dai suoi problemi, di riversare la merda che stava provando su di lei ed insultarla in modo che non fosse più il solo a stare male?
È solo una Sanguemarcio, Draco. Si impose di pensare. Non ti curar di lei.
Hai problemi più gravi di cui occuparti.




⸻⸻
Salve a tutti!
Come vi avevo promesso, vi ho lasciato un capitolo in più e cercherò di pubblicare un altro più tardi.
Per farmi perdonare per il ritardo.
Spero che sia stato di vostro gradimento.
A presto!

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Capitolo 11
*** CAPITOLO 6 ***


CAPITOLO 6









 
«Hermione, lo sai che se non ti fai presentare McLaggen da uno di noi due, alla fine lo farà comunque da solo, vero?»
Ginny e Harry le avevano detto che un compagno di Grifondoro aveva chiesto loro di presentarglielo; a sentire Ron, Cormac aveva una bella cotta per lei.
Hermione sbuffò. Le ci mancava solo il Draco Malfoy di Grifondoro e probabilmente sarebbe impazzita definitivamente.
Ci aveva veramente provato a scrollarsi di dosso quella sensazione che aveva percepito con Malfoy, quella sensazione che lei conosceva benissimo e che aveva avvertito ogni giorno durante il quinto anno: quella di aver bisogno di aiuto, ma non essere in grado di chiederlo.
Le parole di Silente continuavano ad affollarle la mente; adesso lo capiva, il motivo per il quale il Preside le aveva dette. Ma cosa si aspettava da lei? Che salvasse Malfoy?
Non puoi salvare qualcuno che non vuole essere salvato, lei lo sapeva bene. E Malfoy di certo non avrebbe mai voluto essere salvato da lei. Non avrebbe mai voluto dovere niente a una Sanguemarcio, tantomeno avere a che fare con una di loro, in alcun modo.
Chiuse il ricordo del bagno insieme a quello del momento che avevano condiviso sulla Torre d’Astronomia, - e tutti i suoi pensieri sul Serpeverde in generale -, nelle pagine di un libro e lo sistemò sullo scaffale più in alto della sua biblioteca mentale.
«Senti, per favore, non la smette più di assillarci» disse Harry. «Ti supplico, fattelo presentare. Sono sicuro che troverai un modo per togliertelo di torno se non ti interessa. Vinciamo tutti»
«Puoi sempre annoiarlo a morte parlando di scuola o di libri, Hermione» si inserì Ron divertito.
«Ti riesce benissimo»
La ragazza gli scoccò un'occhiataccia.
«È arrivata la sanguisuga Ron. Sono sicura che lei apprezzerà la tua lingua lunga più di me»
Dean fischiò e scambiò uno sguardo complice con Seamus. «Pesante!» commentarono all'unisono ridendo.
Il rosso diventò scarlatto dall’imbarazzo; le fece una smorfia e si alzò dal suo solito posto al tavolo dei Grifondoro per andarsi a sedere accanto a Lavanda.
Hermione si voltò di spalle, sentendosi osservata e notò che lo sguardo di Malfoy era su di lei; lo distolse non appena si rese conto che la giovane si era accorta che la stava guardando.  
Sembrava ancora più pallido del solito e, notò Hermione, se ne stava in silenzio un po' in disparte rispetto agli altri Serpeverde; finché non arrivò Pansy ad avvinghiarsi al suo braccio.
L'espressione che comparve sul volto di Draco in quel momento per poco non la fece ridere e sputare il succo di zucca.
Fu Ginny a distrarla, comparendo alle sue spalle a braccetto con Cormac McLaggen. L’ilarità che la reazione di Draco alle attenzioni di Pansy le aveva suscitato fu inghiottita dalla seccatura di doversi sforzare di essere gentile con il nuovo arrivato.
«Hey Herm» esordì Ginny fingendo spontaneità, ma esibendo il sorriso più finto che Hermione le avesse mai visto fare.
«Conosci Cormac? Anche lui è nel Lumaclub e sarà presente alla cena di questa sera»
La ragazza gli rivolse un timido sorriso e tese la mano verso di lui, esitante.
«Piacere, Hermione Granger»
McLaggen si morse il labbro inferiore.
«Piacere mio»
Intanto, al tavolo dei Serpeverde, Draco Malfoy osservava la scena con aria disgustata, talmente estraniato da quello che succedeva attorno a lui da non sentire i commenti sferzanti dei suoi compagni di Casa.
«Quella vuole rovinare la reputazione di quante più famiglie Purosangue può» borbottò indignata Pansy. «Ve lo dico io. Cos’avrà mai di così speciale quella Sanguemarcio che attira l’interesse di più ragazzi di chiunque altra nella scuola?»
«Non è neanche carina» le dava manforte Millicent Bulstrode.
Draco alzò un sopracciglio e si morse la lingua per impedirsi di dire alla Bulstrode che forse solo Eloise Midgen poteva permettersi un commento del genere sull’estetica di qualcuno meno di lei.
L’immagine di Hermione Granger in un vestito blu pervinca invase la mente di Draco per un istante, facendolo deglutire a disagio. La Granger era più che carina
Per essere una Sanguemarcio.
 
Harry era in ritardo, il che per Hermione aveva significato trascorrere la prima parte della cena al Lumaclub da sola in disparte; neanche Ginny si era ancora fatta vedere.
Il professor Lumacorno aveva avuto la grandiosa idea di invitare una band formata da suoi ex studenti, - Hermione non era riuscita a coglierne il nome -, per esibirsi quella sera e rallegrare l’atmosfera.
«Favorirà il clima di socializzazione» aveva detto il professore. «A queste cene, miei cari ragazzi, farete le amicizie più importati. Chiunque speri di diventare qualcuno, desidera finire su quelle mensole»
Hermione represse uno sbuffo a stento. Era seduta da sola al tavolo con Blaise Zabini da quelle che sembravano ore e l’unica persona rimasta senza compagno di danza oltre a lei non era particolarmente loquace.
No, si disse Hermione. È che sei una Nata Babbana e lui è un Serpeverde Purosanguista. Non ti rivolgere la parola per questo.
Si chiese dove fosse Cormac McLaggen quando serviva; non lo aveva ancora incontrato, dopo la loro imbarazzante presentazione di quella mattina. Non che le avesse fatto una buona prima impressione, ma di certo sarebbe stato meglio conversare con lui che restare seduta in silenzio a sorbirsi gli sbuffi e le occhiatacce disgustate di Zabini.
 
Blaise odiava il Lumaclub.
Ne aveva avuto un assaggio sull’Espresso per Hogwarts e avrebbe volentieri fatto a meno di ogni proseguo; tutt’al più perché ogni evento organizzato da Lumacorno veniva seguito da domande e battute sulla piccola Weasley che i suoi compagni di Casa gli rivolgevano una volta tornato da loro.
A Blaise non importava veramente, quello che lo infastidiva era lo sbattimento di dover fingere di schifarla per essere una traditrice del proprio sangue. Bla bla bla.
Quella sera, poi, come se non bastasse, si era ritrovato da solo con Hermione Granger.
Sapeva esattamente cosa stesse pensando la Grifondoro; nonostante si fosse sempre sforzato di non partecipare alle angherie dei suoi compagni, davano sempre tutti per scontato che condividesse le loro azioni e i loro ideali.
Era particolarmente annoiato quella sera, al punto che decise che tanto valeva fare conversazione; nessuno se ne sarebbe accorto, comunque, con tutto quel frastuono.
«Ti inviterei a ballare, Granger, ma non sarebbe appropriato» esordì atono.
Le sopracciglia di Hermione scattarono all’insù.
«Non c’era bisogno di specificare» rispose caustica lei. «Sono perfettamente consapevole di ciò che quelli come te pensano dei Nati Babbani come me»
Blaise fece una smorfia.
«A me non piace nessuno, Granger» ribatté svogliatamente Zabini. «Indipendentemente dallo status di sangue»
Con sua sorpresa, Hermione rise.
«Uh, un Serpeverde misantropo. Credevo che tra voi Purosangue vi piaceste, almeno»
Blaise rise amaramente. «Relazioni di facciata, Granger. La mia famiglia, comunque, è neutrale anche se segue la linea purosanguista» ammise il giovane. «Ma a me non interessa»
Hermione corrugò la fronte. «Ma ti ho sentito usare termini come ‘Sanguemarcio’ e espressioni come ‘traditore del proprio sangue’» obiettò piccata la ragazza.
«Sopravvivenza, Granger. Sono un Serpeverde, io mi adatto» replicò stoicamente Zabini. «E la maggior parte della mia Casa, sai già in quale posizione si colloca»
Con la coda dell’occhio, Hermione notò Harry sbucare dall’ingresso della sala e correre a scusarsi per il ritardo con il professore Lumacorno; probabilmente Silente l’aveva trattenuto più del previsto.
«E comunque, non insulto mai la gente. Se mi hai sentito usare quella terminologia, parlavo con gli altri Serpeverde»
«Non lo rende meno grave, Zabini»
Blaise scrollò le spalle.
«Sopravvivenza, Granger. Te l’ho detto. E questo è il massimo che posso fare»
Ginny Weasley arrivò poco dopo; Hermione notò che aveva gli occhi gonfi e arrossati, probabilmente aveva di nuovo litigato con Dean. Si avvicinò anche lei a Lumacorno per salutarlo, poi si diresse verso il tavolo per prendere un bicchiere.
Proprio in quel momento, Cormac McLaggen apparve davanti a lei e le tese una mano per invitarla a ballare. Hermione esitò per un momento e si voltò a destra e a sinistra, incerta se dovesse educatamente scusarsi con Zabini o far finta che non avessero neanche intavolato una conversazione civile per tutto quel tempo.
Non dovette preoccuparsene, comunque, perché Blaise era sparito.
«Certo che mi farebbe piacere ballare» disse, afferrando la mano di Cormac e alzandosi per raggiungere il centro della sala.
 
«Hai ballato con McLaggen?» domandò Ginny a bocca aperta. «Credevo non ti piacesse»
«Infatti», rispose seccamente Hermione. «Ma se balla non può parlare e credimi così è quasi tollerabile»
La rossa rise di gusto.
«È un po’ montato, McLaggen»
«È esattamente come immagino che si comporti Malfoy con la sua cricca di Serpi» ribatté con una smorfia di insofferenza Hermione.
Ginny parve improvvisamente sentirsi a disagio.
«Dov’eri finita ieri, comunque?» le domandò l’altra. «Ti ho cercato dopo il primo ballo, ma non ti ho più vista»
La rossa si morse l’interno della guancia e sospirò.
«Te lo dico, ma prometti di non dire nulla a mio fratello, né tantomeno a Harry, correrebbe a spifferare tutto a Ron un secondo dopo»
Hermione annuì.
«Ero con Zabini» confessò Ginny arrossendo e prima che l’amica potesse commentare in alcun modo aggiunse «non è successo niente. Ha sgraffignato una bottiglia di Firewhiskey dall’armadietto degli alcolici di Lumacorno e mi ha incontrata nel corridoio per caso. Abbiamo solo bevuto e… parlato»
«Parlato» ripeté poco convinta Hermione, ma senza riuscire a reprimere un mezzo sorriso. «D’accordo»
«Sai» disse Ginny dopo un minuto di silenzio. «Le Serpi non sarebbero tanto male se non avessero perennemente quel palo in culo a rovinare tutto»
Scoppiarono a ridere.
*
Draco si era svegliato sudato, con il braccio sinistro che andava a fuoco e irradiava dolore per tutto il suo corpo. Succedeva sempre, se il Signore Oscuro chiamava e non accorreva. Stava sicuramente chiamando a sé i suoi seguaci, ma Draco non poteva lasciare Hogwarts e quindi, pur non dovendo fornire giustificazioni per la sua mancata risposta, doveva sopportare quel dolore lancinante.
Era una sensazione molto simile alle Cruciatus di Bellatrix e durava per tutta la riunione dei Mangiamorte con il loro Signore; il Marchio poi continuava a dargli fitte o dolergli, a volte anche per giorni.
Cercava sempre di reprimere le lacrime, di sopportare in silenzio, ma falliva miseramente ogni volta; c’era qualcosa che gli faceva credere che il Signore Oscuro traesse piacere dal saperlo rannicchiato a contorcersi agonizzante in un angolo del castello e odiava dargli quella soddisfazione con tutto sé stesso.
Bastardo psicopatico.
Quando il dolore diminuì e riuscì finalmente ad alzarsi dal letto erano trascorse due ore e Draco aveva perso la prima lezione della giornata; fece mente locale e imprecò rendendosi conto che si trattava di Trasfigurazione. Piton sapeva, ma gestire gli altri professori era più complicato e la McGranitt era la più fastidiosa tra tutti. Avrebbe dovuto pensare ad una scusa inattaccabile.
Si fece una doccia fredda e provò a fare un disperato appello alla sua Occlumanzia per chiudere fuori le fitte che l’avambraccio continuava a mandare, seppur non intensamente come prima; non mandava via il dolore, ma lo aiutava a pensarci di meno.
Si infilò la divisa e afferrò la bacchetta per asciugarsi i capelli. Lo sguardo gli cadde su una foto magica che aveva incorniciata sul comodino e che lo ritraeva con suo padre; fu colto da un improvviso moto di rabbia e l’afferrò, per poi scagliarla contro il muro, mandando il vetro in frantumi.
È tutta colpa tua.
Draco aveva sempre guardato con orgoglio e con onore al suo essere un Malfoy, ma nell’ultimo periodo non poteva fare altro che detestarlo.
 
Ginny sfrecciò nel suo dormitorio come una furia; si guardò attorno e fece un cenno del capo in direzione dei bagni, chiedendo se fossero sole con una domanda muta. Hermione scosse la testa per dirle che non c’era nessuno neanche lì.
«Sono andata a letto con Blaise»
La mascella di Hermione cadde a terra.
«Ci siamo visti ancora, dopo la sera della cena» le raccontò spostando lo sguardo sul pavimento.
«Abbiamo parlato tanto. Poi ieri notte le cose si sono un po’... riscaldate»
«Dove cavolo…»
«Nella Stanza delle Necessità» asserì la rossa prima che l’amica potesse anche solo terminare la domanda.
«Caspita Ginny! Quindi voi…»
«No, non stiamo insieme. Gli ho detto che è stato un errore e che non si sarebbe ripetuto» continuò agitata Ginny, senza sapere se si fosse o meno pentita di aver reagito in quel modo una volta presa consapevolezza dell’accaduto. «E poi sono scappata via come un razzo»
Hermione deglutì. Ginny si era recentemente lasciata con Dean, se Ron avesse scoperto di Zabini… Non voleva pensarci. Sarebbe finito nei guai facendo qualcosa di molto stupido, tipo sfidarlo a duello, e avrebbe trascinato Harry con sé.
«Ti ha fatto delle pressioni?» chiese cautamente la ragazza.
Ginny scosse la testa. «No! Anzi, è stato fantastico. È più di quello che la maggior parte delle ragazze possono dire in merito alla loro prima volta comunque»
«Prima volta?! Oh Ginny!» esclamò Hermione portandosi le mani sul viso. «Ma la prima volta dovrebbe essere con qualcuno di speciale»
Lei ricordava ogni dettaglio della sua prima volta.
Era stata poco prima della Coppa del Mondo di Quidditch, a casa Diggory. Cedric le aveva preparato la cena, che avevano consumato in giardino, dove aveva allestito un tavolo e un’atmosfera romantica estremamente curata. I suoi genitori erano via per il fine settimana. Poi erano andati a fare un bagno nell’enorme vasca che i Diggory possedevano e lì, su un letto di morbidi cuscini, avevano fatto l’amore.
Hermione trasse un respiro profondo e chiuse gli occhi per ricacciare indietro le lacrime; non era il momento di lasciarsi andare ai ricordi, né tantomeno di destare sospetti nella sua amica; Ginny era nota per la sua perspicacia, se avesse anche solo fiutato l’odore di segreto, non le avrebbe dato pace finché non le avrebbe confessato tutto e Hermione, visto il dolore che le aveva provocato parlarne con Harry, non aveva la minima intenzione di raccontarlo ad altri. Soprattutto a Ginny; non che non l’avrebbe compresa o sostenuta, ma un conto era Harry, che non era per sua natura invadente, un altro era Ginny… Lei avrebbe voluto sapere tutti i dettagli e Hermione aveva già deciso che se li sarebbe tenuti per sé. Erano tutto ciò che le restava del suo amore perduto.
«La prima volta è sopravvalutata» disse solo la rossa, scrollando le spalle.
«A me va bene così. L’unico problema è che non sono sicura di aver fatto bene a troncare immediatamente con lui»
«Zabini ti… piace?» le domandò cautamente Hermione e Ginny arricciò le labbra.
«Non lo so. È un Purosangue, la sua famiglia… Mione, è troppo complicato»
La ragazza annuì.
«Ginny, odio dovertelo dire ma è tardissimo. Magari possiamo continuare a parlarne dopo le lezioni?»
La rossa le sorrise e acconsentì.
 
Hermione girava sbadigliando per i corridoi; Ron le aveva chiesto di prendere il suo posto alla ronda di quella sera, visto che era il compleanno di Lavanda e volevano stare da soli.
Avrebbe voluto domandargli quand’era che non stavano da soli a sbaciucchiarsi, ma si era trattenuta e gli aveva sorriso, acconsentendo. Però era esausta, avrebbe preferito di gran lunga andarsene a dormire subito dopo cena.
Per fortuna doveva solo arrivare alla Torre di Grifondoro per chiudere quella serataccia e stava giusto per esprimere il desiderio di non incontrare nessuno studente che infrangeva il coprifuoco quando passando accanto alla porta del bagno di Mirtilla Malcontenta lo udì.
Draco Malfoy stava parlando con qualcuno.
«Tu non capisci… Io non posso… Lui mi ucciderà, ucciderà la mia famiglia»
Un singulto, seguito da altri singhiozzi.
«Ucciderà mia madre»
E poi di nuovo quei gemiti strozzati, quelli che avevano tormentato Hermione in molti dei suoi incubi. L’espressione della sofferenza più profonda, il culmine dell’ansia ad uno dei suoi livelli più estremi. Spalancò la porta e facendosi strada cercando di ignorare le urla di Mirtilla Malcontenta, raggiunse Draco.
Era accasciato contro il muro, mentre si teneva la gola con le mani, gli occhi chiusi e il volto devastato dalle lacrime.
«Malfoy»
Non la sentiva, neanche minimamente; era peggio dell’ultima volta.
«Malfoy!»
Hermione si voltò di scatto e abbaiò al fantasma di smetterla di urlare, di sparire. Stava peggiorando la situazione, quella stupida di Mirtilla.
«Ci penso io, vattene via di qui!»
La ragazza afferrò il volto di Draco con entrambe le mani e avvicinò il viso al suo per farsi sentire meglio; era la prima volta che gli stava così vicino.
«Draco» sussurrò, facendo appello alle sue abilità in Occlumanzia per tentare di mantenere un minimo di calma e di lucidità.
Allontanò le mani del ragazzo dalla sua gola, sulla quale la sua stessa presa stava esercitando una pressione troppo esagerata per lo stato in cui versava.
«Draco ascolta la mia voce. Inspira, lentamente. Ora espira»
Lo sentì tremare sotto il suo tocco.
«Inspira, espira…»
Il Serpeverde emise un gemito strozzato e qualcosa di simile a un colpo di tosse.
Hermione continuò a cercare di guidarlo verso l’uscita del tunnel con la sua voce, mentre lottava per ricacciare indietro le lacrime. Si accorse di stare tremando anche lei. Prese una nota mentale di eliminare il mestiere di Medimago dalla lista delle possibili carriere da tenere in considerazione per il suo futuro.
Malfoy parve lentamente tornare in sé, mentre si sforzava ancora di regolarizzare il respiro e la guardava sbattendo ripetutamente le palpebre.
«Perché sei sempre tu?» le chiese con voce roca tra un colpo di tosse e l’altro, per poi poggiare il capo contro il muro freddo alle sue spalle e serrare gli occhi. Si sentiva come se potesse scivolare nuovamente in quell’incubo da un momento all’altro; voleva mandare via la Granger, ma aveva paura di restare da solo e non riuscire a tornare indietro.
«Malfoy… Cosa ti succede? Chi vuole ucciderti?»
Draco sussultò, ma fu solo quando la ragazza provò a sfioragli il braccio, - il braccio che sapeva avrebbe preso fuoco nell’esatto momento in cui lei lo avrebbe toccato, in quanto ancora provato dal dolore di quella mattina -, che si riscosse.
«Non toccarmi, Sanguemarcio» scattò ritraendosi e cercando di impregnare quelle parole della quantità di veleno e disgusto che era solo riversarle addosso. «E fatti gli affari tuoi»
Hermione fece un passo indietro.
«Malfoy… C’è gente che può aiutarti, se solo gliene dessi la possibilità» ci riprovò la ragazza, mormorando con voce flebile quelle parole; non ci credeva neanche lei, di poter fare breccia della corazza di Draco.
Lo aveva capito ormai, che il giovane era così chiuso in sé stesso che probabilmente non avrebbe accettato mai l’aiuto di cui aveva disperatamente bisogno.
Il Serpeverde la guardò con un’espressione di puro odio e il naso arricciato.
«Non voglio il tuo aiuto, Sanguemarcio»
«Non avevo dubbi su questo, Malfoy. Non ti stavo offrendo il mio aiuto, so che non lo accetteresti» rispose stoicamente la Grifondoro. «Ma posso intercedere per metterti in contatto con qualcuno che non ti farebbe… schifo, se per te è tanto importante»
Draco si passò la lingua sui denti e distolse lo sguardo dalla ragazza, senza perdere la smorfia di disgusto che aveva messo su poco prima.
«Te lo ripeto un’ultima volta, non voglio aiuto, dannata stupida»
Hermione ingoiò a vuoto e sospirò, per poi alzarsi e dirigersi verso la porta.
«Sai, Draco» mormorò prima di uscire. «A volte non è tanto ciò che si vuole, quanto ciò di cui si ha bisogno»
E poi fu di nuovo da solo.

 

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Capitolo 12
*** CAPITOLO 7 ***


CAPITOLO 7









 
Draco era sicuro che la Granger avrebbe cercato di avvicinarlo per parargli, per convincerlo a farsi aiutare, assecondando quello stupido spirito da Grifondiota che si ritrovava.
Non poteva parlare con nessuno di quello che gli stava accadendo, figurarsi se poteva andare a spiattellare i propri segreti più oscuri proprio a lei.
Si teneva stretta accanto Pansy più del necessario proprio per evitare che tentasse di avvicinarlo, ma come la volta precedente sembrava una precauzione inutile: la Granger non incrociava il suo sguardo neanche per sbaglio e durante le lezioni in comune si comportava come se niente di diverso dal solito fosse accaduto tra di loro. Forse aveva dato troppo per scontato la sua tenacia da Grifondoro o forse la sua tendenza a cercare di aiutare chi era in difficoltà aveva dei limiti quando si trattava di lui; non se lo meritava l’aiuto della Granger, Draco ne era perfettamente consapevole. Dopo tutto quello che le aveva fatto, i passi fatti dalla ragazza verso di lui erano già stati più del necessario. L’aveva cacciata quando era letteralmente l’unico motivo per cui era tornato a respirare, aveva respinto la sua mano come se non lo avesse tirato fuori da un tunnel oscuro qualche istante prima.
Si fermò per un momento a riflettere sull’idea di accettare la sua proposta; era davvero un’opzione, l’aiuto della Granger? Era davvero in grado di tirarlo fuori da quella situazione in cui si trovava? Avrebbe salvato lui e anche la sua famiglia?
Poi ricordò che la sua famiglia era il motivo per cui Sirius Black era morto qualche mese prima, ricordò il modo in cui suo padre l’aveva sempre disprezzata pubblicamente… e lui stesso non aveva fatto di meglio nei suoi confronti.
No, non avrebbe accettato la mano che la Granger gli aveva teso.
Ma tu il suo aiuto lo hai già avuto, quando ti ha aiutato a superare gli attacchi di panico proruppe la vocina nella sua mente. Draco fece una smorfia. Non avevo scelta in quel caso, ripeté a sé stesso. Sapeva, però, che era una bugia: anche se avesse potuto farlo, in quei momenti, non avrebbe mai rinunciato all’aiuto della Granger.
Aveva un problema in più rispetto all’ultima volta, però; la Granger lo aveva sentito dire qualcosa a Mirtilla, qualcosa sul Signore Oscuro che avrebbe ucciso lui e la sua famiglia. Cos’altro aveva sentito? Cosa sospettava? Le aveva confermato quello che Potter probabilmente sospettava dal giorno in cui aveva messo piede sull’Hogwarts Express?
 
Hermione era ormai certa che Draco Malfoy avesse una missione e sospettava che lo stesso Silente ne fosse al corrente; socchiuse gli occhi, mentre osservava Piton mangiare al tavolo dei professori. Sicuramente, anche Piton era coinvolto in qualche modo, se quello che le aveva detto Harry sull’aver garantito per Malfoy durante la perquisizione corrispondeva a verità.
Inoltre, Harry e Ron le avevano raccontato, ai tempi del Torneo Tremaghi, di aver sentito Piton parlare con Karkaroff di qualcosa e che il professore aveva detto al Preside di Durmstrang di fuggire, se lo riteneva opportuno. Karkaroff sapevano per certo essere stato un seguace di Voldemort durante la Prima Guerra Magica e il suo tradimento gli era costato la vita dopo il ritorno del Mago Oscuro. Poteva Piton essere un Mangiamorte redento e fare la spia per conto di Silente? Era davvero in grado di reggere un doppio gioco con Voldemort in persona? O era tutto il contrario e Piton in realtà lavorava per Voldemort?
Hermione era ormai anche abbastanza convinta che Harry avesse ragione e che Malfoy avesse davvero preso il Marchio; era stato il modo in cui si era ritratto quando aveva provato a toccargli il braccio sinistro quella notte a dargliene conferma… anche se avrebbe tranquillamente potuto reagire così per il solo fatto di schifare il tocco di una Nata Babbana.
Non sapeva cosa fare. Parlare con Harry? Chiedere udienza a Silente? Cercare un dialogo con Malfoy? Stare il più lontana possibile da lui?
Di certo non lo avrebbe supplicato di farsi aiutare; lo avrebbe fatto, gli avrebbe dato una mano, ma non gli sarebbe corsa dietro. Era il suo turno di fare una mossa, lei aveva fatto abbastanza. Più di quanto meritasse da lei, comunque.
Le sembrava chiaro che se davvero Draco aveva preso il Marchio e stava svolgendo una missione per conto di Voldemort, non era stata totalmente una sua scelta; uno che è convinto di quello che sta facendo non si comporta così, pensò. Ma Hermione credeva anche che dovesse venire da lui, il desiderio di tirarsene fuori e di fare qualcosa a riguardo.
Aveva ormai imparato a riconoscere la sensazione di essere osservata quando erano i suoi occhi a posarsi sulla sua schiena; non si voltò a guardarlo.
 
I suoi progressi con l’Armadio Svanitore erano rimasti invariati da quando era riuscito a far tremare quell’aggeggio; stava esaurendo le sue opzioni.
Forse dovrei chiedere aiuto a Piton.
Ma Draco non si fidava di Piton; non aveva la minima idea di quale fosse la squadra per cui giocava realmente il professore.
La verità era che Draco stava avendo difficoltà a fidarsi anche della sua facoltà di giudizio da quando aveva aperto gli occhi su suo padre.
Era cresciuto idolatrando Lucius Malfoy, cercando di emularlo, di diventare come lui: grande, potente, influente, scaltro… Ma suo padre non si era rivelato niente di tutto ciò, alla fine. I suoi genitori non erano mai stati affettuosi nei suoi confronti, eppure era sempre stato convinto che avrebbero fatto di tutto per proteggerlo; non era vero, altrimenti non si sarebbe ritrovato in quella situazione. Lo doveva a suo padre, se era costretto a diventare un assassino.
Lui non aveva mai voluto niente di tutto ciò; se avesse saputo davvero come stavano le cose, non avrebbe mai desiderato di prendere quel Marchio e seguire le orme di suo padre, il sentiero che Lucius aveva tracciato per lui da prima che venisse al mondo.
“Malfoy… C’è gente che può aiutarti, se solo gliene dessi la possibilità”
A volte non è tanto ciò che si vuole, quanto ciò di cui si ha bisogno”
Le parole che la Granger gli aveva detto continuavano a rimbombargli nella testa.
Fottuta Sanguemarcio. Lo aveva rovinato definitivamente, dandogli la speranza di una via di uscita, tendendogli una mano che lui non poteva accettare.
Sentì l’agitazione farsi strada nel suo corpo; no, non poteva accadere di nuovo. Non poteva avere un'altra crisi. Si sfilò il maglione e gettò via la cravatta, sbottonando i primi bottoni della sua camicia per facilitare la respirazione. Si sentiva soffocare.
Si bagnò il viso con l’acqua gelata e si guardò allo specchio; non riconosceva più il suo riflesso.
Si guardò attorno, neanche Mirtilla era nei paraggi; cosa sarebbe successo se avesse avuto un’altra crisi e non ci fosse stato nessuno a tirarlo fuori?
Chiuse gli occhi e respirò a fondo, come la Granger gli diceva di fare durante gli attacchi di panico.
“Respira, Malfoy”
Immaginò la sua voce dirgli quelle parole, guidarlo; prenderlo per mano e tirarlo verso la luce.
Il respiro si accelerò; che stava facendo?
La Granger non… lei è una Sanguemarcio.
Sanguemarcio, Sanguemarcio, Sangue
Iniziò a singhiozzare e crollò in ginocchio sul pavimento; posò le mani sulle piastrelle fredde e si lasciò andare ad un pianto liberatorio.
Il Signore Oscuro, Bellatrix, sua madre, suo padre, Silente, l’Armadio Svanitore, la Granger, Sanguemarcio…
Respira, Malfoy.
Patetico, un fallimento, una delusione… Debole!
C’è gente che può aiutarti
Comportati da Malfoy.
Draco strinse forse gli occhi, mentre i suoi pensieri sfuggivano al suo controllo e l’aria sembrava venire meno ai suoi polmoni. Cercò di trarre dei respiri profondi e avvertì il mondo attorno a lui farsi sfocato, di nuovo… Poi la sentì, ma non accanto a sé, nella sua mente.
«Il Distillato della Morte Vivente è una pozione estremamente potente che spedisce chi la beve in un sonno simile alla morte, come se la vita della persona stessa fosse appesa ad un filo.»
Draco sorrise involontariamente, senza accorgersene e si focalizzò sul suono della sua voce.
«Occorrente:
  • Un calderone (meglio se in peltro) di misura standard
  • Un Becher da 150 fl. oz (once fluide)
  • Un cilindro graduato da 50 fl. oz.
  • ...
Mmmh…»
Draco inspirò ed espirò profondamente, ripetutamente.
«Preparazione:
  1. Sminuzzare il fagiolo sopoforoso
  2. Versare in 250 fl.oz. di acqua e aggiungere 5 once di sale marino africano nel becher. Mettere il bicchiere da parte dopo che tutta l'acqua è stata aggiunta. Fare molta attenzione a non scuotere o spostare il bicchiere.
  3. Lasciare l'acqua e sale a riposare per cinque minuti.
  4. Versare lentamente tutta l'acqua nel calderone.
  5. Con la mano sinistra usare il cilindro graduato per ottenere 40 fl.oz. di essenza di assenzio.
  6. ...
Credo che Lumacorno ce la farà preparare in una delle prossime lezioni»
Draco continuò ad ascoltarla pensare, sincronizzando i suoi respiri con quelli della ragazza che si trovava probabilmente un piano più su, in biblioteca.
«Sarà meglio che la studi bene»
Il Serpeverde sorrise a quelle parole e poi perse la connessione, avvertendo immediatamente un senso di vuoto e di solitudine. Era di nuovo solo con i suoi pensieri, ma notò che si era notevolmente calmato. Realizzò di essere appena stato nella testa della Granger, di aver perso completamente quel fragile controllo che esercitava sul suo potere di Legilimens naturale e di essere stato salvato dalla voce della ragazza, di nuovo.
Sanguemarcio, Sanguemarcio, Purosangue, Malfoy. Comportati da Malfoy.
*
Lo aveva rifatto altre volte; ogni volta in cui l’ansia pareva sul punto di sopraffarlo, Malfoy chiudeva gli occhi e si concentrava sulla Granger, cercandola dappertutto nel castello, finché non la trovava e poteva ascoltarla, calmandosi di conseguenza.
Sembrava aver sviluppato una dipendenza per la sua voce, come quella roba che fumavano i Babbani quando erano stressati… Sigarette, le aveva chiamate quel primino Mezzosangue che aveva avuto l’audacia di parlarne in Sala Comune.
Sapeva che era sbagliato, entrare in quel modo nella sua mente, senza permesso, ma cos’altro avrebbe potuto fare? Annegare? Non aveva alcun controllo sulla cosa, comunque; ci aveva provato a chiuderla fuori, ma il suo corpo, la sua mente, la sua magia o qualsiasi cosa fosse, agiva per propria iniziativa e la cercava. Ringraziò quantomeno di averla sempre e solo sentita studiare, però. Invadere in maniera più intima la sua privacy gli sembrava un orrendo modo per ripagare il fatto che lo stava tenendo a galla.
Perché dovrebbe fregarmene qualcosa? Io ci sto guadagnando comunque, si ritrovò a pensare, ma quella considerazione gli causò una fitta fastidiosa all’altezza dello stomaco che non seppe esattamente collocare. Sì che gli importava. Per qualche assurdo motivo, a Draco Malfoy aveva iniziato ad importare di cosa avrebbe potuto ferire Hermione Granger e quella consapevolezza lo colpì forte come lo schiaffo che la ragazza gli aveva tirato in faccia al terzo anno.
Sanguemarcio, Purosangue, Comportati da Malfoy.
 
«Sono andata di nuovo a letto con Zabini ed è stato meglio della prima volta»
Hermione scoppiò a ridere all’incoerenza dell’amica. «Credevo avessi detto che non volessi rivederlo»
Ginny scrollò le spalle. «Ho anche detto che forse mi ero pentita di averlo mandato al diavolo dopo quella scopata magnifica»
«Quindi state insieme ora?»
«Ma no, che dici! Sai, traditrice del proprio sangue, bla bla bla» asserì la rossa in una perfetta imitazione sprezzante dei Serpeverde.
«Quindi siete trombamici» constatò Hermione divertita. «Non capisco perché Blaise si ostini a mantenere quella facciata, se a lui non frega nulla di quella roba. Ci farebbe una figura migliore a venire allo scoperto»
Ginny sospirò. «La sua famiglia era neutrale, ma pare che sua madre abbia firmato un contratto di matrimonio con il padre di Theodore Nott e lui è un noto Mangiamorte. Harry lo ha menzionato tra quelli presenti al cimitero, ma non è stato arrestato perché non era all’Ufficio Misteri»
«Contratto di matrimonio?» domandò Hermione confusa.
«Lascia perdere» liquidò la faccenda la piccola di casa Weasley. «Cos’è un trombamico, comunque?»
«Oh», esclamò l’altra arrossendo. «I Babbani usano quel termine per definire due amici… beh, con benefici, sai…»
Ginny corrugò la fronte e la fissò come se stesse parlando un’altra lingua.
Hermione sbuffò. «Amici che non hanno una relazione, ma vanno a letto insieme» spiegò concisamente.
La rossa parve farsi pensierosa per qualche istante, ma poi sorrise. «Sì, siamo trombamici»
Hermione pensò che forse era arrivato il momento di trovarselo anche lei, un amico con benefici; non sarebbe mai stata in grado di innamorarsi nuovamente, dopo Cedric, ma… Perché rinunciare a tutto il resto? Magari l’avrebbe anche aiutata a rafforzare la presa sulla sua mente, si sentiva un po’ in difficoltà con l’Occlumanzia in quel periodo ed era passato talmente tanto tempo da quando non si esercitava praticamente con essa, che la cosa la faceva sentire particolarmente esposta e vulnerabile.
, avrebbe valutato le sue opzioni.
«Ti sta bene sul serio, una storia così, Ginny?» le domandò incerta. La rossa non sembrava il tipo da rapporti incerti; per esempio, sapeva perfettamente che non fosse innamorata di Dean, ma la loro rottura l’aveva comunque ferita.
«Hermione, tu lo sai cosa provo per Harry» mormorò triste la ragazza. «Ma non posso stare per sempre in sospeso ad aspettarlo, capisci?»
Hermione annuì; capiva perfettamente. Ron ci aveva messo quattro anni ad accorgersi che era una ragazza, se non avesse conosciuto Cedric al terzo anno… chi poteva dire che non si sarebbe trovata nella stessa posizione di Ginny, a quel punto?
 
Hermione camminava per i reparti della biblioteca massaggiandosi le tempie; avvertiva delle fastidiose fitte trafiggerla ad intermittenza, sebbene non fossero molto intense. Avrebbe dovuto cercare una soluzione o il suo studio avrebbe potuto risentirne se la storia si fosse protratta ancora.
Cercò di ricordare il titolo del libro che Ginny le aveva chiesto di prenderle e quando finalmente l’ebbe trovato realizzò che, come al solito, era troppo in alto perché ci arrivasse comodamente; non abbastanza da costringerla a tirare fuori la bacchetta però.
Si alzò in punta di piedi e agguantò il volume, tirandolo fuori, ma un capogiro le fece perdere l’equilibrio; fece un passo indietro cercando di mantenersi in piedi e avvertì l’impatto con qualcosa, qualcuno alle sue spalle. Perse la presa sul libro, ma non lo sentì cadere sul pavimento.
Menomale, Madama Pince mi avrebbe uccisa in tal caso.
«Capisco che il tuo testone sia particolarmente grande da non consentirti un equilibrio decente, Granger» udì dire la voce fredda e strascicata di Malfoy. «Ma almeno potresti evitare di camminare all’indietro»
Hermione si voltò scocciata per fronteggiarlo.
«Mi stava cadendo il libro di mano» disse caustica.
«Hai pure le mani di latta ora?» ribatté con un ghigno il biondo.
«Ho avuto un capogiro, Malfoy»
Un muscolo dell’occhio destro di Draco si contrasse impercettibilmente a quelle parole, ma l’espressione sul suo viso restò impassibile.
«Posso riavere il mio libro ora?»
 
Pansy gli era saltata addosso dopo Aritmanzia e lo aveva trascinato in un’alcova facendo scontrare le loro labbra con prepotenza.
Draco aveva pensato che una sveltina avrebbe potuto solo giovargli e non aveva opposto resistenza. Poi, però, aveva intravisto con la coda dell’occhio un guizzo, una massa di capelli mossi che era sfrecciata alla loro destra.
La Granger.
«Ora non posso, Pansy» disse gelido, staccandosi da lei bruscamente. «Devo fare una cosa»
E si allontanò a grandi falcate per recuperare terreno rispetto alla Grifondoro; sperò di non perderla di vista, anche se non riusciva a trovare un motivo per quello che stava facendo in quel momento.
La inquadrò nuovamente dopo pochi istanti; ovviamente stava andando in biblioteca. La vide arrestarsi qualche secondo e sorreggersi al muro, poggiandovi contro un avambraccio.
Draco corrugò la fronte, poi la vide massaggiarsi le tempie. Stava soffrendo di fitte e mal di testa? Se era così, era decisamente colpa sua e della Legilimanzia che stava usando su di lei inavvertitamente. Deglutì e riprese a seguirla.
Girò verso un reparto in cui non l’aveva letteralmente mai vista mettere piede; pensò che forse avesse letto già tutti i libri delle altre aree e avesse deciso di accontentarsi di quelli che le interessavano di meno pur di leggere qualcosa.
Che accidenti stai facendo, Draco? Vattene via.
Draco, però, non se ne andò; non sapeva spiegarselo ma avvertiva l’inspiegabile urgenza di parlarle, anche se non sapeva esattamente cosa le avrebbe detto.
“Ciao Sanguemarcio, scusa se stai accusando dei mal di testa sospetti, ma è colpa mia e della mia incapacità di impedire al mio potere di Legilimens naturale di entrare nella tua testa ogni volta che mi sembra di non avere aria a sufficienza per respirare” non suonava troppo bene.
Un secondo dopo che il ragazzo l’ebbe raggiunta, si trovò i suoi capelli nel naso; la Granger aveva perso l’equilibrio e gli era finita addosso di spalle.
Strizzò gli occhi per un attimo e si passò una mano sul naso, grattandoselo; aveva le narici invase dal profumo dei capelli della Grifondoro. Si stampò un’espressione disgustata sul volto e parlò.
«Capisco che il tuo testone sia particolarmente grande da non consentirti un equilibrio decente, Granger» disse con la sua usuale voce fredda e strascicata. «Ma almeno potresti evitare di camminare all’indietro»
La Granger si voltò a fronteggiarlo con un cipiglio irritato che quasi lo fece sorridere.
«Mi stava cadendo il libro di mano» gli rispose concisa. Draco ghignò.
«Hai pure le mani di latta ora?»
«Ho avuto un capogiro, Malfoy»
Draco avvertì un muscolo del suo occhio destro contrarsi a quelle parole, ma tentò di far restare impassibile l’espressione sul suo viso; anche quello poteva essere imputabile a lui. La lista delle sue colpe non sembrava far altro che crescere, nonostante i suoi tentativi di starsene per i fatti suoi e concentrarsi solo su… sulla sua sopravvivenza.
«Posso riavere il mio libro ora?» lo fece riscuotere la Granger, con una punta di acidità nella voce.
Il Serpeverde lanciò una fugace occhiata al libro che reggeva in mano; lo aveva afferrato di riflesso, ma se lo avesse dato alla Granger avrebbe fatto qualcosa di carino per lei e non poteva permetterlo.
«Beh, mi sa proprio che lo prenderò io» ribatté invece. «Dopotutto, sono io che l’ho preso»
Si aspettava una reazione indignata da parte della Granger, magari una breve discussione che lo avrebbe tirato su di morale per il resto della giornata; ma lei si limitò ad alzare un sopracciglio e a guardarlo con un sorrisetto divertito.
«D’accordo, Malfoy» asserì con nonchalance. «Tanto non era per me che lo stavo prendendo. Non ti facevo tipo da letture di questo genere, comunque, ma chi sono io per giudicare?»
Draco corrugò la fronte e la guardò allontanarsi sogghignando. Abbassò lo sguardo sul volume nella sua mano e ne lesse il titolo; si irrigidì immediatamente e imprecò sottovoce: quello era un fottuto romanzo rosa.
Spostò ripetutamente lo sguardo dal libro alla Granger che, proprio prima di sparire dietro la porta della biblioteca, si era voltata a guardarlo e gli aveva rivolto un altro sorrisetto soddisfatto.
Fissò nuovamente il volume e sbuffò irritato, per poi rimetterlo al suo posto e andarsene di corsa.
Fanculo a quell’armadio del cavolo, pensò. Oggi vado a farmi un giro sulla scopa.

 
 

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Capitolo 13
*** CAPITOLO 8 ***


CAPITOLO 8









 
Il Il professor Lumacorno aveva disposto una serie di calderoni sulla sua scrivania e aveva accolto gli studenti con aria eccitata.
«Buongiorno ragazzi. Oggi prepareremo il Distillato della Morte Vivente» esordì il professore, «Chi di voi mi sa dire di cosa si tratta?»
Draco si voltò a guardare la Granger un istante prima che la sua mano scattasse in aria.
«Sì, signorina Granger?»
Il biondo dovette reprimere un sorriso quando la sentì dare informazioni dettagliate sull’argomento, anche se poi quella sensazione fastidiosa all’altezza dello stomaco tornò a infastidirlo.
Senso di colpa.
Disse alla sua vocina interiore di tacere e tornò a concentrarsi sulla lezione. Pozioni continuava ad essere la sua materia preferita anche se non era più Piton ad insegnarla.
«E mi sa anche dire cosa sono queste, per caso?»
La Granger si avvicinò ai calderoni; descrisse le prime pozioni alla perfezione, ma sull’ultima esitò qualche istante prima di parlare.
Quando il professore tolse il coperchio del calderone, tutta la classe reagì all’istante; Draco avvertì un ardente e improvviso desiderio di avvicinarsi, ma si costrinse a restare al suo posto.
«Questa è Amortentia!» sentì dire alla Granger, la cui voce per la prima volta non era alta e ben udibile.
«Lo è. Sembra quasi sciocco chiederlo» continuò Lumacorno, «ma immagino che tu sappia che effetti ha…»
«È il filtro d’amore più potente del mondo!» rispose la Grifondoro.
«Esatto! L’hai riconosciuta, immagino, dalla sua tipica luminosità madreperlacea…»
«E dal vapore che sale in caratteristiche spirali» proseguì lei con entusiasmo, «e dovrebbe avere un odore diverso per ciascuno di noi, a seconda di ciò che ci attrae»
Malfoy deglutì; poteva sentire quel profumo anche stando così distante dal calderone.
«Vuole dirci che cosa sente lei, signorina Granger?»
Draco si voltò a guardarla, stranamente incuriosito dalla cosa; la ragazza sembrava decisamente a disagio.
«Oh, io… Sento… Pergamena nuova e…»
La vide impallidire e deglutire, poi scuotere la testa e fare un passo indietro, lasciando la frase in sospeso.
Cos’ha sentito la Granger?
La studiò per qualche altro istante prima di puntare nuovamente gli occhi sul suo libro; l’espressione sul viso della Grifondoro sembrava qualcosa a metà tra lo scioccato e il confuso, e sembrava quasi che fosse sul punto di scoppiare a piangere da un momento all’altro.
Draco aveva visto la Granger perdere il controllo sulle sue emozioni durante le lezioni solo in rare occasioni; c’era stata la volta storica a Divinazione, quando aveva mollato il corso, ma a lui quella l’avevano raccontata. Draco non aveva neanche dato una possibilità a quella materia idiota. Era successo alcune volte durante Cura delle Creature Magiche quando lui aveva fatto lo stronzo con Hagrid; o quando Barty Crouch Jr. con l’aspetto di Moody aveva eseguito le Maledizioni Senza Perdono davanti alla classe e ancora più spesso con la Umbridge. Ma mai a Pozioni, neanche quando Piton le sottraeva punti senza motivo o ingiustamente o ignorava la sua mano perennemente alzata.
«L’Amortentia non crea veramente l’amore, è ovvio. È impossibile confezionare o imitare l’amore. No, si limita a provocare una potente infatuazione od ossessione. Probabilmente è la pozione più pericolosa e potente in tutta questa stanza» continuò Lumacorno.
Nott intercettò il suo sguardo proprio in quel momento e Draco ricambiò il suo scetticismo; figurarsi se poteva essere considerata la pozione più pericolosa. Era roba per ragazze, quella lezione, comunque.
Draco non avrebbe mai dato a vedere che quella dannata pozione lo avesse turbato in alcun modo.
Il professore parve accorgersi di quello scambio di occhiate scettiche tra i due Serpeverde, perché volse lo sguardo verso di loro, annuendo gravemente.  
«Oh, sì. Quando avrete vissuto a lungo quanto me, non sottovaluterete la potenza di un amore ossessivo… E adesso è ora di metterci al lavoro»
Lumacorno aveva spiegato che chiunque avrebbe realizzato un Distillato della Morte Vivente decente, avrebbe vinto come premio una boccetta di Felix Felicis, ovvero fortuna liquida.
Lo sguardo di Draco saettò immediatamente in direzione della pozione; quella, era ciò che faceva al caso suo. Avrebbe potuto prenderla e aggiustare l’armadio nel giro di qualche ora.
E uccidere Silente senza essere scoperto nella stessa giornata, suggerì una vocina remota e molesta nella sua testa. Il giovane rabbrividì.
Lo avrebbe fatto? Avrebbe davvero ucciso il Preside?
Non ebbe importanza torturarsi con quei pensieri, perché alla fine, con grande sorpresa generale, fu Harry Potter a vincere l’ampolla.
Come se lo Sfregiato non ne avesse già abbastanza, di fortuna sfacciata aveva pensato con risentimento Malfoy, prima di volatilizzarsi nervoso correndo fuori dall’aula.
 
Hermione era stata pensierosa e distratta per tutte le ore seguenti, dopo aver annusato l’Amortentia. Non era stata affatto sorpresa di sentire l’odore di Cedric, ma ciò l’aveva destabilizzata e aveva riaperto una ferita che non si era mai richiusa definitivamente; aveva riportato a galla tutto il dolore e la mancanza che avvertiva quando pensava a lui.
Risentire il suo profumo… Forse la Maledizione Cruciatus le avrebbe fatto meno male.
E poi c’era l’odore che non era riuscita a collocare e che l’aveva turbata; sapeva che l’Amortentia poteva rivelare un’attrazione anche se la persona non ne era consapevole, ma lei non riusciva proprio a ricordare dove avesse sentito quel profumo, anche se era certa di averlo già sentito in passato. Continuava a sfuggirle anche dopo averlo avvertito nell’Amortentia, quasi come se non volesse essere riconosciuto. Non avrebbe saputo descriverlo né a sé stessa, né ad altri.
Deglutì al ricordo di ciò che le aveva sussurrato Harry quando era tornata a sedersi accanto a lui.
«Hermione» le aveva bisbigliato sconvolto. «Sei sicura di come funziona quell’affare?»
Hermione aveva annuito convinta.
«Ma non è possibile! Ci ho sentito l’odore dei capelli di Ginny»
La ragazza lo aveva fissato a bocca spalancata, ma non aveva commentato. Le aveva sfiorato la mente il pensiero di farlo sapere alla rossa, ma non avrebbe mai tradito la fiducia di Harry; oh, quei due avevano decisamente bisogno di una spintarella. Non aveva la lucidità di pensare a loro però, non in quel momento.
 
«Hai barato, Harry» disse indignata mentre si riempivano i piatti per il pranzo, anche se non aveva affatto fame.
«No, ho seguito le indicazioni del libro. Più qualche suggerimento utile da parte del Principe Mezzosangue» aveva ribattuto lui, con lo stesso sorriso trionfante che aveva esibito quella mattina quando aveva vinto la Felix Felicis.
«Si tratta sempre di un imbroglio» insisté lei seccata. «E ti ho detto che non dovresti fidarti di quel libro. In biblioteca non ho trovato nulla su questo Principe Mezzosangue!»
Ron alzò gli occhi al cielo. «Ti dà solo fastidio che Harry ti abbia battuta»
Hermione sbuffò sonoramente e lasciò cadere la forchetta nel suo piatto, poi si alzò e corse via.
Non avrebbe mangiato nulla comunque; tanto valeva evitare di rimandare l’inevitabile e andare a piangere nel suo letto.
Quella stramaledetta pozione aveva risvegliato in lei la voglia di rivedere e abbracciare Cedric e sapeva perfettamente che non avrebbe potuto bussare alla porta dei Tassi per farlo, che non avrebbe potuto mai più farlo.
Fanculo, pensò, coprendosi il volto con le mani; era scoppiata a piangere prima ancora di raggiungere la Torre di Grifondoro.
*
Draco aveva afferrato Pansy Parkinson per un braccio e se l’era trascinata dentro la Stanza delle Necessità.
La ragazza ridacchiò contro le sue labbra.
«Inspirare un po’ di Amortentia ti ha mandato su di giri?» gli domandò divertita mentre sbottonava la sua camicia. Il giovane ringhiò. «Sta’ un po’ zitta, Pansy.»
Se solo avesse avuto idea del fatto che non era stato il suo profumo quello che Draco aveva sentito nella pozione; era lì con lei solo per cacciare via dalla sua testa quella rivelazione scioccante e cercare di dimenticarsene completamente.
Gli era stato chiaro immediatamente a chi appartenesse quella fragranza; l’aveva annusata solo pochi giorni prima, quando i capelli della ragazza gli erano finiti dritti in faccia e il suo profumo gli aveva invaso le narici.
No, no, no. Sanguemarcio, solo una sudicia, piccola, Sanguemarcio.
Aveva setacciato tutta la Sala Comune dei Serpeverde in cerca di qualche ragazza Purosangue che potesse avere lo stesso odore, nella vana e disperata speranza che non si trattasse veramente del profumo della Granger, che non l’avesse davvero sentita nell’Amortentia; non aveva avuto fortuna.
No, no, no. Non poteva essere. Non poteva aver sentito il profumo dei capelli della Granger nell’Amortentia. Non poteva essere in nessun modo attratto dalla Sanguemarcio.
Era passato a quelle Mezzosangue, ma era stato un altro buco nell’acqua. Si era ritrovato a pensare che gli sarebbe andato bene chiunque altro: una Tassorosso, una Corvonero… anche una Grifondoro, ma non lei; persino un’altra Sanguemarcio qualsiasi sarebbe stata preferibile alla Granger. Le implicazioni di quella faccenda erano troppo grandi perché Draco potesse accettarle.
Comportati da Malfoy. Sei un Purosangue. Dimentica l’Amortentia, non pensare alla Sanguemarcio. Odia la Sanguemarcio, Draco. Comportati da Malfoy.
 
Aveva mandato via quasi bruscamente Pansy subito dopo aver finito, spiacevolmente colpito dall’insoddisfazione con cui l’atto lo aveva lasciato; aveva sentito spesso i suoi compagni parlare di ‘chiodo scaccia chiodo’, ma non sembrava funzionare su di lui. Non riusciva a pensare ad altro se non a quella stupida Grifondoro.
Che accidenti mi sta succidendo?
Draco chiuse gli occhi e fece appello alla sua capacità di compartimentalizzare le emozioni; chiuse il ricordo di quell’insulsa lezione nell’angolino più remoto della sua mente e cercò di respirare a fondo per calmarsi. Gli bastava dover fare i conti con la disillusione per lo stile di vita dei Mangiamorte e le recenti consapevolezze prese riguardo la sua famiglia e su quello che si aspettavano realmente da lui, con annesse le più recenti scoperte sul suo essere che gli avevano provocato più guai che altro; non aveva bisogno di mettere in discussione completamente anche l’ideologia che aveva sempre sostenuto, di riflettere ossessivamente anche su quello.
Chiese alla Stanza di mostrargli il luogo in cui tutto era nascosto e si diresse verso l’Armadio Svanitore; fece qualche tentativo con degli incantesimi che aveva studiato da alcuni libri reperiti nella Sezione Proibita, ma non funzionò nessuno di essi, neanche parzialmente.
Ringhiò di frustrazione e poi fu colto da un improvviso e acuto dolore al braccio.
Non di nuovo.
L’Oscuro Signore non riusciva a fare un passo senza dover radunare i suoi seguaci? Era la seconda volta quella settimana che li chiamava a raccolta e per Draco ciò significava solo sofferenza.
Si chiese se avrebbe preferito veramente dover rispondere a quella chiamata e trovarsi faccia a faccia con quell’essere ripugnante; al pensiero di stare nella stessa stanza con lui, il ragazzo rabbrividì e decise che forse era meglio patire il dolore del Marchio bruciante. D’altronde, un colloquio con l’Oscuro poteva anche implicare l’assegnamento di ulteriori missioni crudeli e spregevoli che lui non avrebbe voluto, ma sarebbe stato obbligato a compiere.
Riuscì a trascinarsi fuori dalla Stanza e a raggiungere il terzo piano, ma le fitte erano così forti da convincerlo che non sarebbe stato in grado di arrivare alla Sala Comune di Serpeverde; sarebbe dovuto restare nella Stanza delle Necessità fino al mattino seguente.
Non avendo altra scelta e non riuscendo a pensare a nessun altro luogo ove andare, Malfoy decise di dirigersi verso il secondo piano, per rifugiarsi nel bagno di Mirtilla Malcontenta. Si morse la lingua pur di non emettere alcun suono, pur di non soccombere al dolore e accasciarsi in un angolo del corridoio dove sarebbe stato certamente scoperto. Se lo avessero trovato e mandato in infermeria sarebbe stata la fine per lui; Madama Chips avrebbe visto il Marchio e avrebbe saputo che era diventato una delle creature più disgustose sulla faccia della terra: un Mangiamorte.
Draco si sarebbe amputato il braccio personalmente se fosse servito a qualcosa, ma lo sapeva che non c’era modo di liberarsi di quella macchia d’inchiostro oscura e denigrante; se ne vergognava profondamente e se fosse divenuto di dominio pubblico, di quella umiliazione sarebbe sicuramente morto. Capiva, finalmente, dopo tutto ciò a cui aveva assistito, perché la maggioranza della comunità magica considerava i Mangiamorte la vera feccia della società: non avevano niente di umano, niente di dignitoso in loro; non c’era onore in ciò che facevano, solo crudeltà e sadismo.
Tu sei uno di loro, Draco. È per questo che ti va a fuoco il braccio.
Il ragazzo fece una smorfia e strinse gli occhi per rimandare indietro le lacrime.
No, non sono come loro. Io non traggo piacere da tutto questo. Io non lo faccio perché voglio, sono costretto a farlo; mi ucciderà, ucciderà tutta la mia famiglia, se mi oppongo.
Si tolse la camicia e aprì il rubinetto, ponendo poi l’avambraccio sotto il gelido getto d’acqua; faceva sempre quel tentativo, nonostante non lo avesse mai aiutato a lenire il dolore.
Osservò il Marchio muoversi e diventare sempre più scuro; sembrava urlargli parole come ‘assassino’, ‘mostro’. Draco fu colto da un conato di vomito.
Patetico, un fallimento, una delusione… Debole!
Si accasciò contro il muro del bagno, proprio accanto al gabinetto e cominciò a piangere con la testa tra le mani.
Lui non era un assassino. E non voleva divenirne uno.
Hai quasi ucciso Katie Bell mormorò una voce nella sua testa, facendolo singhiozzare ancora più forte. Che cavolo era, quella voce che lo tormentava? Non gli bastava quella della Granger, adesso pareva anche aver sviluppato una fottutissima coscienza che agiva da sé, non richiesta.
La Granger. Poteva essere la Granger.
Draco iniziò a tremare e a sentire il respiro venire meno, il dolore che era ormai sopraggiunto alle sue tempie.
Si chiese cosa avrebbe pensato suo padre di lui nel vederlo in quello stato, cos’avrebbe detto se avesse avuto modo di conoscere i suoi veri pensieri sui Mangiamorte e sull’Oscuro Signore e su quello che facevano, su quello a cui Lucius aveva sempre guardato con orgoglio; se avesse saputo che sentiva l’odore di una Sanguemarcio nell’Amortentia.
Gli parve di udire la voce gelida e meschina di Lucius nella sua mente, mischiarsi a quella perfida e inquietante di Bellatrix.
Schifoso traditore del tuo sangue, tu non sei mio figlio. Sei una vergogna per la nostra specie e un disonore per la nostra famiglia.
Sei solo un patetico ragazzino, un fallimento, una delusione. Debole.
Il cuore di Draco mancò un battito e il suo fiato si fece sempre più corto. Si tirò i capelli con le mani.
Perché stava succedendo proprio a lui? Perché non poteva essere uno studente qualsiasi, perché non poteva doversi preoccupare esclusivamente del Quidditch?
Avrebbe dato qualsiasi cosa per essere chiunque altro in quel momento, ma non Draco Lucius Malfoy. Gli sarebbe andato bene persino essere uno schifosissimo Weasley, se avesse significato non trovarsi in quella situazione, non dover essere costretto a uccidere nessuno.
Si ritrovò a pensare che una delle donnole non avrebbe avuto problemi con il sentire la Granger nell’Amortentia. Perché aveva sentito la Granger nell’Amortentia? Perché non era rimasto con Pansy in quell’alcova invece di seguirla in biblioteca?
È solo una sporca Sanguemarcio. Solo una sudicia, piccola…
La Granger in un vestito blu pervinca gli balenò davanti agli occhi; il suo portamento, l’eleganza con cui si muoveva accanto a un burbero Viktor Krum; sembrava lei la Purosangue quella sera, tra i due.
Andiamo, Draco, trova un insulto per la sporca… sporca… non sembra sporca. Cosa vai a pensare, sciocco? È una Sanguemarcio.
Ricacciò indietro il ricordo di quella sera di due anni prima. Perché gli era tornato in mente proprio in quel momento?
Draco si conficcò le unghie nella carne all’ennesima fitta di dolore misto a bruciore infertagli dal Marchio Nero. E poi quella tortura finì, lasciando il suo avambraccio indolenzito e pulsante.
Lentamente, si rialzò e si sciacquò di nuovo con l’acqua fredda; si rinfilò la camicia e andò a sedersi contro il muro, poi chiuse gli occhi e trasse dei profondi respiri.
“Malfoy… C’è gente che può aiutarti, se solo gliene dessi la possibilità”
Ma lui poteva permettersi veramente di dare quella possibilità?
No, non poteva voltare le spalle alla sua famiglia; suo padre glielo aveva sempre detto, che quello sarebbe stato il suo futuro. E Draco non avrebbe potuto fare nulla, se non accettarlo. Non aveva scelta, non avrebbe mai avuto scelta.
Accettando l’aiuto della Grifondoro avrebbe solo messo in pericolo sua madre, sé stesso… e lei; lei che correva già un pericolo enorme solo per essere una Sanguemarcio e la migliore amica di San Potter. Perché si era offerta di farsi carico anche della vita del suo peggior rivale?
Sai, Malfoy. Sono una persona abbastanza decente da non augurare la morte neanche al mio peggior nemico”
Era davvero così che lo vedeva? Come il suo peggior nemico? E non sapeva neanche del Marchio; avrebbe comunque cercato di aiutarlo, se lo avesse saputo? E perché era lì a riflettere sulla Grifondoro, di nuovo?
Oh, Granger
Poi, all’improvviso, e per la prima volta in vita sua, Malfoy si chiese come suonasse il nome di lei pronunciato dalla sua voce; si era sempre riferito a lei solo come ‘la Granger’ e l’aveva sempre chiamata per cognome, quando non la definiva Sanguemarcio.  
Hermione, provò a dire con voce tremula dopo un istante di esitazione. I brividi che percorsero il suo corpo a quel suono, - non sapeva se fossero di piacere o di disgusto -, gli fecero dolere nuovamente l’avambraccio sensibile.
Fanculo.




________________

Salve a tutti!
Innanzitutto, volevo ringraziare chi di voi ha inserito la storia tra le seguite/ricordate/preferite e soprattutto chi sta recensendo.
Ho iniziato a lavorare a questa storia a gennaio, e ci ho lavorato duramente, quindi per me è molto importante avere del feedback di qualsiasi tipo.
Volevo inoltre precisare che ho deciso di unire alcuni capitoli rispetto alla divisione iniziale (è il motivo della presenza del divisore negli ultimi capitoli che ho pubblicato), perché all'inizio della storia i capitoli erano più brevi di quelli che verranno dopo e ho cercato in questo modo di uniformare il tutto... Oltre a risparmiarvi attese inutili per capitoli troppo brevi.
Detto questo, spero che il nuovo capitolo vi sia piaciuto.
Non pensate che l'Amortentia sia un momento di svolta nella relazione tra i due, (non ora, almeno, l'argomento ritornerà dopo), vi ho promesso uno slow burn e uno slow burn avrete! ;) 
Cercherò di aggiornare il prima possibile.
A presto!
 

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Capitolo 14
*** CAPITOLO 9 ***


CAPITOLO 9









 
Hermione sbuffò all’ennesima richiesta di Ron di sostituirla durante la ronda. Non avevano neanche mai chiarito quello che era successo alla Torre, semplicemente sembrava che rosso avesse optato per il ‘far finta che non sia mai successo e tanti saluti’.
«Cos’è questa volta? L’onomastico di Lavanda?» aveva sbottato scocciata in risposta e Ron era diventato un tutt’uno con i suoi capelli.
«E dai Hermione» insistette supplichevole. «Non ti chiedo neanche aiuto con i compiti da un sacco di tempo. Cosa ti costa farmi questo favore?»
La ragazza alzò un sopracciglio. «Ho il sospetto che tu i compiti ultimamente non li stia facendo affatto, Ronald Weasley»
L’amico si morse la guancia mentre assumeva un’espressione colpevole che le fece roteare gli occhi dal disappunto.
«Se non vuoi quella spilla» aggiunse acidamente, «puoi riconsegnarla alla McGranitt. Sono abbastanza certa che Harry sarà felice di accettarla e adempiere ai doveri che comporta, quando la professoressa gliela proporrà»
Ron fece una smorfia; diventare un Prefetto era stata una delle poche volte in cui era riuscito a distinguersi da Harry, sebbene la questione non lo rendesse speciale agli occhi dei genitori, visto che tra Bill, Charlie e Percy tutti i ruoli di rilievo per gli studenti ad Hogwarts erano già stati ricoperti da qualcuno dei suoi fratelli in passato.
Ma Lavanda gli aveva fatto capire che era pronta a fare il passo successivo, quella notte. E non aveva intenzione di rinviare per una stupidissima ronda.
«È l’ultima volta che te lo chiedo, Herm» ci riprovò guardandola implorante.
Hermione sospirò rassegnata.
«E va bene»
 
Quella ronda sembrava durare più del solito; Hermione si trascinava pigramente per i corridoi, sbuffando di tanto in tanto.
Per un momento aveva pensato che sostituire Ron per quel turno l’avrebbe aiutata a distrarsi, ma camminare da sola nel silenzio più assoluto di solito sortiva l’effetto opposto: stimolava il suo cervello a pensare.
Sentire l’odore di Cedric dopo tanto tempo l’aveva destabilizzata, gettandola in un tipo di sconforto tutto nuovo; non pensava che avrebbe mai avuto l’occasione di risentire il suo profumo dal vivo e aveva dovuto resistere alla tentazione di ricreare il filtro da sé per poterla annusare di nuovo. Pozione che era illegale e uso che sarebbe stato il passo decisivo verso l’autodistruzione.
Aveva storto il naso e sbuffato sonoramente quando aveva visto che Malfoy sarebbe stato anche lui di ronda quella sera, ma non si era presentato e questo l’aveva irritata ancora di più, paradossalmente. Nonostante non avesse la minima voglia di vedere la sua faccia perennemente schifata e il suo ghigno del cavolo, né di sentire la sua voce fredda e strascicata trovare nuovi modi per deriderla, si era scoperta infastidita dal fatto che non si era nemmeno disturbato di farsi sostituire, l’idiota. Litigare con la Parkinson sarebbe stata una bella distrazione dai suoi pensieri, infondo.
Si chiese se lo avrebbe beccato ad uscire dalla Stanza delle Necessità se fosse salita al settimo piano e si fosse appostata dietro una colonna ad attendere, o se, voltato l’angolo davanti a sé, lo avrebbe trovato nel bagno di Mirtilla Malcontenta.
I suoi pensieri furono bruscamente interrotti da un sussurro flebile che la fece sobbalzare.
Hermione.
Si guardò intorno per cercare di capire da dove fosse venuta la voce che l’aveva chiamata, ma non vide nessuno; non era neanche riuscita a riconoscerne il proprietario, non aveva mai sentito nessuno pronunciare il suo nome in quel modo, con quella voce.
Senza rendersene conto, aveva girato l’angolo e si era ritrovata proprio davanti al bagno più evitato del castello; decise senza ragionarci su ed entrò.
Non si sorprese quando trovò Malfoy lì, con il capo poggiato contro il muro e gli occhi chiusi; aveva i capelli spettinati che gli ricadevano sul volto confusamente e sembrava aver pianto; arrossì leggermente realizzando che la camicia gli ricadeva aperta lungo i fianchi, lasciando così intravedere il suo petto e l’addome definito e candido.
Sembrava tranquillo, però, e Hermione parve ripensarci; cercò di andarsene senza farsi scoprire, ma la voce di Malfoy la soprese, facendola trasalire e voltare nuovamente verso di lui.
«Sei una persecuzione, Granger»
Non aveva mosso un muscolo; era ancora appoggiato al muro con gli occhi chiusi, scompostamente seduto sul pavimento. O meglio, era più come se si fosse lasciato cadere per terra.
La ragazza si domandò come potesse sembrare così elegante e raffinato anche stravaccato in quel modo e in quelle condizioni.
Bello e dannato. Malfoy in quel momento le sembrava la definizione di quell’espressione idiomatica.
«Sono di ronda. Controllavo che non ci fosse nessuno» disse semplicemente lei. «Ora me ne vado»
Lo sentì ridere e il suono della sua risata si propagò in tutta la stanza; Hermione dovette sopprimere un brivido.
«Sei sempre di ronda» commentò laconico.
«E tu non lo sei mai» ribatté acida lei.
Draco aprì gli occhi di scatto; Hermione si soffermò per la prima volta a guardarli e notò, mentre la luce lunare gli illuminava il volto e rendeva i suoi capelli ancora più tendenti al bianco, che fossero di un grigio ghiaccio che non aveva mai visto prima, molto diversi dal caldo grigio di quelli di Cedric. Rifletté sul fatto che, nonostante fossero sfumature dello stesso colore, producevano un effetto molto diverso; specchiarsi negli occhi di Diggory era rassicurante, trasmettevano calore e dolcezza. Guardare gli occhi di Malfoy era come precipitarvi dentro e lasciarsi avvolgere dal freddo.
«Ero di turno, stanotte?» domandò atono lui, strappandola ai suoi pensieri inappropriati e inopportuni. Perché diavolo aveva comparato gli occhi di Cedric e quelli di Malfoy?
La ragazza annuì in risposta, scrutandolo con le braccia conserte.
Il biondo sbuffò, richiuse gli occhi e fece ricadere il capo contro il muro, con più veemenza di quanta fosse necessaria.
Piton aveva ragione, stava diventando troppo distratto sui suoi doveri da studente e da Prefetto, se non si fosse dato una regolata avrebbe attirato troppa attenzione e sospetti indesiderati.
Hermione si voltò nuovamente verso la porta, perché vedere Malfoy in quello stato le stava causando una sensazione di dispiacere completamente fuori luogo e voleva andarsene alla svelta, ma un istante prima di aprirla, mormorò qualcosa a voce talmente bassa che non credeva che il ragazzo l’avrebbe sentita.
«Non capisco perché non ti lasci aiutare.»
Quando avvertì il suo sguardo gelido sulla sua schiena, comprese che, invece, aveva sentito eccome.
«E io non capisco perché voi Grifondioti dobbiate sempre e costantemente ficcare il naso negli affari altrui, Sanguemarcio.»
Hermione si fece scivolare addosso quell’insulto, aveva ormai capito che fosse completamente inutile cercare di fargli comprendere che il loro sangue era uguale e aveva lavorato, invece, su di sé, facendo in modo da non sentirsi ferita o offesa in alcun modo. La Grifondoro annuì rassegnata.
«Perché cazzo sei qui, comunque?» proruppe brusco Malfoy, mentre si alzava dal suo giaciglio improvvisato.
«Me ne sto andando.»
«Controlli sempre questo posto o lo fai solo perché credi che potresti trovarmi qui? Tediarmi con la tua presenza ti diverte, Granger?»
La ragazza si lasciò scappare una risata. «Che egocentrico! Il mondo non ruota attorno a te, Malfoy. Mi era parso di sentirmi chiamare da qualcuno e sono venuta a controllare, tutto qui.»
Draco si irrigidì e deglutì; l’aveva sentito. Lo aveva sentito sussurrare il suo nome; doveva urgentemente risolvere il suo problema di scarso controllo della Legilimanzia o sarebbe finito nei guai.
«Devo essermelo immaginato, però. Chi sarebbe così stupido da attirare l’attenzione di un Prefetto nei corridoi oltre il Coprifuoco?»
Il biondino le rivolse una smorfia annoiata. «Sei anche visionaria, ora.»
«Senti, Malfoy» mormorò Hermione stancamente dopo un attimo di silenzio. «Non lo so cosa stai combinando e non mi interessa. E probabilmente sono l’ultima persona in questo castello a poter dire di conoscerti, ma… Si vede chiaramente che non stai bene
Hermione decise in quel momento che sarebbe stata l’ultima volta che ci avrebbe provato.
«Sai sempre tutto, non è vero, Granger?» asserì gelido lui, guardandola con astio.
La giovane deglutì.
«Sarai anche un ottimo Occlumante, Malfoy» chiosò lei, sorridendo allo sguardo scioccato di lui. «Sì, me ne sono accorta» aggiunse per inciso, «ma per quanto compartimentalizzare possa aiutare, a volte quello che proviamo emerge ugualmente all’esterno. Si riflette sul nostro aspetto
Draco le rivolse una smorfia indignata.
«Che cosa vorresti dire?»
«Ti sei guardato allo specchio, Malfoy? Sei più pallido del solito e le tue occhiaie sono più scure ogni giorno che passa.»
«Hai passato molto tempo a guardarmi… Sanguemarcio?»
Non sapeva esattamente perché avesse aggiunto quell’insulto alla fine di quella battuta, forse per rimarcare la distanza tra di loro, per ricordarla; se a sé stesso o a lei non gli era ben chiaro.
«Sono una buona osservatrice, non ho bisogno di fissare le persone per notare le cose.»
Ah. Si era accorta degli sguardi che lui le aveva lanciato. Cercò qualcosa di tagliente da urlarle contro, un modo per cambiare discorso, ma non gli venne in mente nulla.
Hermione si morse l’interno della guancia destra, senza distogliere lo sguardo dal suo.
«Per favore, Draco. Lasciati aiutare.»
Lui sobbalzò impercettibilmente quando la sentì pronunciare il suo nome. Non rispose alle sue parole, ma per un momento parve vacillare.
Eccola, la sua occasione; avrebbe potuto accettare, raccontare tutto alla Granger e farsi tirare fuori da quell’inferno. Gli stava lanciando un’ultima ancora di salvataggio, lo percepiva dalla cadenza delle sue frasi, che non avrebbe fatto altri tentativi se questo non fosse andato in porto.
«Qualsiasi cosa sia… Possiamo trovare un modo…»
No, non poteva; non poteva coinvolgere nessuno, non aveva scelta; doveva eseguire gli ordini del Signore Oscuro o sarebbero morti tutti.
«Tu non sai niente, Granger!» urlò interrompendola all’improvviso e facendola sussultare. «Nessuno mi può aiutare.»
«È vero, Malfoy. Non so cosa stai passando, ma so che c’è sempre una via di uscita» insisté lei, ferma.
«Non per me, Granger. Non ho una via d’uscita!»
«Sono sicura che Silente può…»
La risata gelida che lasciò la gola di Draco al nome del Preside la fece raggelare.
«Nessuno mi può aiutare», ripeté categorico.
«Credi sul serio che Silente non sia in grado di…»
«Smettila, Granger! Io non ho scelta! Non l’ho mai avuta!» urlò il Serpeverde, agitando le mani in aria. Perché non capiva?
«C’è sempre una scelta!» esclamò infervorata la Grifondoro.
«Tu non capisci, Granger» tagliò corto lui, dandole le spalle e massaggiandosi le tempie. Perché non poteva semplicemente odiarlo? Lasciarlo in pace? Ricordare a sé stessa del male che le aveva fatto per impedirsi di cercare di aiutarlo?
«Allora aiutami a capire!» esplose di frustrazione Hermione. «Dannazione, Malfoy! Che cosa ti sta succedendo?»
Draco avrebbe voluto dirle che non lo sapeva neanche lui, cosa gli stesse succedendo; che gli sembrava di impazzire perché ogni certezza che aveva sempre avuto nella sua vita gli era crollata addosso, trascinandolo in un mare di merda; che quello che lo stavano costringendo a fare, a diventare, lo stava gradualmente uccidendo, succhiando via la linfa vitale dal suo corpo giorno dopo giorno, lentamente, in un’agonia costante e lacerante.
«Si può sapere qual è il tuo problema?» sbottò invece, alzando le braccia in aria. «Perché voi Grifondioti dovete sempre salvare tutti? Perché cavolo ti importa?»
La ragazza lasciò andare il sospiro che aveva trattenuto durante quello scatto del Serpeverde e fece un passo indietro; restò a guardarlo in silenzio, boccheggiando.
«Non lo so» ammise e sembrava sincera in quella risposta; la Granger sembrava confusa quanto lui. «Seguo il mio istinto, Malfoy. E non sono il tipo da passare oltre quando vedo la sofferenza, a prescindere da chi sia la persona in difficoltà… A prescindere da quello che quella persona può avermi fatto.»
Il biondo la guardò con occhi serrati e scosse il capo.
Stupida piccola ingenua di una Granger!
«Proveresti a salvare anche il Signore Oscuro in persona se potessi, non è vero?»
Hermione trasalì nel sentire quell’appellativo che celava riverenza e rispetto; realizzò che lui avrebbe avuto quella reazione se invece lei avesse pronunciato il nome di Voldemort, spogliandolo di qualsiasi potere e influenza. Erano su fronti opposti, lei e Malfoy. E non era più solo la questione del sangue.
«No», disse gelida. «Non perdo tempo con le cause perse. Alcune persone vanno troppo oltre, per essere degni di una redenzione, Malfoy.»
Redenzione. Era questo che desiderava veramente, lui?
Non aveva alcuna importanza, comunque, non lo avrebbe più considerato meritevole di ciò una volta scoperta la sua missione, una volta capito cosa aveva accettato di fare e cosa aveva comportato.
«Semplicemente, io non credo che tu sia una causa persa» insisté la giovane. «Non ancora
Draco girò il viso di lato, incapace di reggere lo sguardo della ragazza.
Gli avevano fatto male, quelle parole; quella sciocca ragazza stava continuando a dargli speranza, a fargli credere che avesse altre opzioni, che non dovesse necessariamente piegarsi al volere di uno psicopatico per garantire la sua sopravvivenza e quella della sua famiglia; che avesse la possibilità di diventare una persona migliore e che non fosse irrimediabilmente condannato a divenire un mostro.
Hermione approfittò di quel momento per avvicinarsi a lui, con estrema lentezza e cautela; quando gli fu abbastanza vicina, tese la mano per poggiarla sulla sua spalla, con l’intenzione di spingerlo a voltarsi nella sua direzione e far sì che tornasse a guardarla; un gesto istintivo e insensato e affrettato, da parte sua.
Draco si riscosse immediatamente e afferrò con uno scatto il polso della sua mano, che rimase sospesa in aria, bloccata nella sua morsa ferrea.
«Che cosa credi di fare, Sanguemarcio?»
Cosa frullava nella mente di quella sciocca ragazza? Immaginò per un momento di averla lasciata fare, di non aver interrotto il contatto che stava cercando. Ma cosa stava cercando di fare? Stava provando ad accarezzargli il viso? Il braccio? La spalla? Voleva davvero toccarlo? Come cavolo osava pensare di poter fare qualcosa di simile?
Glielo aveva quasi lasciato fare, intontito com’era da tutto il recente vissuto e dall’odore dei maledettissimi capelli di lei che lo aveva destabilizzato e fatto distrarre dal suo iter per controllarsi; ora che gli era così vicina riusciva a percepirlo perfettamente, come quando era a pochi passi dall’Amortentia.
Sanguemarcio, Sanguemarcio, Sanguemarcio. Purosangue. Comportati da Malfoy. Pensa come un fottuto Malfoy, dannazione!
Hermione sobbalzò, ma non rispose. Non lo sapeva neanche lei, cosa diavolo le fosse saltato in mente per tentare di fare una cosa del genere… con Malfoy.
«Lasciati aiutare» sussurrò di nuovo non sapendo cos’altro dire, con voce tremula, ignorando la domanda ostica che le aveva sputato addosso velenoso; ignorando l’implicazione del disgusto che provava verso di lei e ingoiando il suo orgoglio che le urlava di mandarlo al diavolo e farlo affogare nelle conseguenze della sua ottusità mentale.
«Per l’ultima volta, Granger» sibilò gelido, trafiggendola con lo sguardo. «Faresti meglio a farti gli affari tuoi»
Stava cercando di farsi ammazzare? Gli avrebbero chiesto di uccidere anche lei, se avessero sospettato quello che stava accadendo tra loro due? E lui, lui che avrebbe fatto in quel caso?
Hermione alzò un sopracciglio.
«È una minaccia, Malfoy?» ribatté in tono di sfida la Grifondoro, tirando via con uno strattone deciso la mano bloccata in quella di lui.
«Vedila come vuoi, ma stammi lontano
«Non ho paura di te» disse lei a quel punto, in tono fermo. «Non l’ho mai avuta e non intendo iniziare ad averne adesso»
Il biondino strinse gli occhi e serrò i pugni lungo i fianchi.
«Dovresti.»
«Sto tremando!» rispose lei ironicamente, facendo roteare gli occhi.
Draco si irrigidì; allora era così che stavano le cose. Aveva solo un modo per allontanarla, per costringerla ad arrendersi, magari anche spaventarla. Per farle capire che non aveva più alcuna scelta, che non aveva opzioni. Sperava, in cuor suo e per qualche assurdo e inspiegabile motivo, che capisse anche che non ne aveva mai avute.
Sbottonò i due bottoni sul polsino della camicia e alzò lentamente la manica, scoprendo l’avambraccio sinistro.
«Dovresti», ripeté freddo, voltando il lembo di pelle intriso di oscurità nella sua direzione, in modo che lei potesse vederlo.
Hermione sussultò impercettibilmente quando vide il Marchio Nero impresso sulla pelle candida di Draco Malfoy, nonostante fosse già abbastanza certa che fosse lì sotto, nascosto dalle sue costose camicie. Deglutì, ma non fu in grado di distogliere lo sguardo dal teschio e riportarlo sugli occhi di lui. Strideva così tanto, quella macchia nera, con il candore della sua pelle.
Rimase immobile a fissare quel punto, senza rendersi conto che Draco si era riabbassato la manica e aveva ripreso a camminare, superandola, giungendo fino alla porta alle sue spalle. Lo sentì girare la maniglia e quel suono scricchiolante la riscosse.
«Io non ho paura di te» ribadì determinata Hermione.
Malfoy trasalì appena, trafitto da parte a parte da quelle parole e dal tono e della convinzione che trasudava dalla voce della Granger. Esitò per un istante, poi uscì dal bagno senza aggiungere altro, lasciando che la porta sbattesse sonoramente alle sue spalle.

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Capitolo 15
*** CAPITOLO 10 ***


CAPITOLO 10









 
Stupida, dannata Sanguemarcio.
Gli stava incasinando la testa ancora più di quanto la sua situazione non stesse facendo inizialmente.
“Io non credo che tu sia una causa persa… Non ancora”
Dopo aver quasi ucciso una loro compagna, pensava davvero che lui potesse in qualche modo redimersi? Perché Draco sapeva che la Granger lo aveva capito, aveva capito che era stato lui; probabilmente aveva anche capito che la sua missione era quella di uccidere Silente, visto che l’amica della Bell aveva detto alla McGranitt e a Piton che avrebbe dovuto consegnarla a lui, la collana. E se ancora non avesse fatto due più due, lo avrebbe fatto molto presto.
Cos’avrebbe fatto a quel punto? Lo avrebbe denunciato al Preside? Gli sarebbe stata addosso per evitare che portasse a termine quel compito?
“Per favore, Draco. Lasciati aiutare”
Sarebbe stata così incline a dargli una seconda possibilità se avesse saputo che aveva cercato di uccidere Silente?
Non sai quanto vorrei poter accettare il tuo aiuto, Granger. Ma non posso.
 
Draco realizzò nei giorni seguenti che aveva ragione; la Granger non lo avrebbe avvicinato più; non gli avrebbe più offerto il suo aiuto. Non lo avrebbe più guardato con i suoi occhi color cioccolato intrisi di quella muta supplica di scegliere di fare la cosa giusta, di decidere di farsi aiutare e di farsi tirare fuori da quella situazione.
Perché lui era consapevole del fatto che era quella, la cosa giusta da fare. Ed era ciò che avrebbe voluto fare con tutto il cuore; ma cosa ne sarebbe stato di sua madre, bloccata nella sua stessa casa con Bellatrix perennemente alle sue costole, se lui avesse veramente deciso di disertare i Mangiamorte? Di voltare le spalle al Signore Oscuro, a suo padre, a… tutto?
Realizzò improvvisamente che la stava fissando. La Granger era seduta qualche banco più avanti, parlava sottovoce con Potter. Le aveva detto qualcosa all’orecchio che l’aveva fatta sorridere e lei gli aveva risposto con qualcosa che aveva quasi fatto scoppiare a ridere lui.
Si domandò cosa si provasse ad interagire in quel modo con la Granger; non che lui non avesse mai scambiato battute con i suoi compagni di Serpeverde, ma erano per lo più cattiverie a spese di altri, niente di leggero e inoffensivo come quello che sicuramente si erano sussurrati quei due.
Provò un guizzo di fastidio sul quale però non si soffermò a riflettere, perché Lumacorno era finalmente entrato in aula, pronto a spiegar loro una nuova pozione con il suo usuale entusiasmo, un entusiasmo che in quell’aula, in cui ancora riverberava la voce fredda di Piton che per anni aveva insegnato lì quella materia, sembrava ancora una nota stonata.
 
Si era ritrovato a sperare che ricambiasse il suo sguardo, quella sera, a cena; ogni volta che la cercava con gli occhi non si fermava su di lei per più di qualche secondo, non voleva rischiare di attirare bisbigli indesiderati; la Granger non si girava mai.
Da qualche tempo aveva iniziato a sedersi dal lato opposto a quello usuale, in modo da dargli le spalle; Draco non sapeva se lo facesse di proposito per evitare di guardarlo.  
Frustrato, si scrollò di dosso il braccio di Pansy e, dopo essersi alzato di scatto, corse via dalla Sala Grande; si sentiva soffocare e gli occhi gli bruciavano, come se fosse in procinto di piangere.
La verità era che quelle interazioni con la Granger lo avevano fatto sentire, in qualche modo, meno solo e dopo l’ultimo confronto che avevano avuto nel bagno di Mirtilla, Draco si era sentito come se avesse perso quel barlume di speranza e sostegno che la ragazza gli stava dando e di cui lui necessitava come l’aria, anche se non lo aveva realizzato a pieno finché non si era ritrovato senza. Ed era stato lui, a mandarla via definitivamente.
Si chiuse la porta alle spalle e finalmente si lasciò andare ad un pianto liberatorio.
Che diavolo stava combinando?
Non poteva davvero aver permesso che la Granger arrivasse a contare qualcosa per lui.
Sei un Mangiamorte, Draco. Lei è una Nata Babbana.
Non trovava più neanche il senso di usare Purosangue e Sanguemarcio come mantra per allontanare quei pensieri; non quando McLaggen camminava per i corridoi con la mano attorno alle sue spalle, con quel sorrisetto beffardo sul viso di chi ha le mani addosso al fiore d’oro del castello; non quando l’immagine arcigna di Krum gli tornava in mente, mentre fiero la conduceva al centro della pista per ballare con lei, splendida in quel meraviglioso abito senza essersi agghindata eccessivamente.
Mangiamorte, Nata Babbana. Comportati da Malfoy.
 
«Quante volte te lo devo ripetere, Hermione?»
Harry batté un pugno sul tavolo, frustrato. «Piton sta aiutando Malfoy a fare qualcosa.»
«Andiamo amico» bisbigliò Ron incerto. «Prima Malfoy, ora Piton. Stai diventando un complottista di prima categoria. Piton fa parte dell’Ordine!»
«Non mi fido di Piton, Ron» ribadì il moro sbuffando. «So quello che ho sentito. Ha chiesto a Malfoy di lasciarsi aiutare e lui gli ha detto che è il suo momento, che Voldemort lo ha scelto e si fida di lui per qualsiasi missione gli ha affidato.»
«Hai sentito dire queste esatte parole, Harry?» domandò Hermione, ma non sembrava più avere il fervore di prima nell’opporsi alla teoria Draco-Malfoy-è-un-Mangiamorte-ora. «Ha menzionato Voldemort?»
Il giovane si morse l’interno della guancia.
«Beh, no. Ma di chi altri poteva star parlando?»
Hermione e Ron fecero spallucce all’unisono.
«Ma Piton, Harry…»
Non era ancora riuscita a farsi un vero e proprio pensiero sul professore, in realtà; anche lei aveva sospettato che fosse coinvolto in qualche modo in quello che stava succedendo a Malfoy, ma faticava a trovare un collegamento o quantomeno qualcosa che spiegasse il fatto che Silente si fidasse di lui, se davvero anche Piton era un Mangiamorte.
«Ah e Piton ha detto espressamente qualcosa sull’aver stretto un Voto Infrangibile con la madre di Malfoy.»
Ron rabbrividì. «Ha davvero detto così?»
Harry annuì. «Testuali parole.»
Il rosso deglutì. «Fred e George hanno provato a farmene fare uno, quando ero piccolo. Mamma è andata su tutte le furie…»
Harry lo guardò interrogativo.
«Beh, non si può infrangere un Voto Infrangibile.»
«Grazie, Ronald», ribatté Hermione con sarcasmo, inarcando un sopracciglio.
Harry ignorò il commento della ragazza. «Cosa succederebbe se si dovesse infrangerne uno?»
Ron esitò un instante e trasse un respiro. «Beh, si muore.»
Gli altri due raggelarono.
«Credo che Malfoy stia cercando di uccidere Silente» affermò sicuro di sé Harry. «E che Piton lo stia aiutando a farlo. Sono entrambi Mangiamorte.»
Hermione assunse un’espressione indecifrabile e spostò lo sguardo fuori dalla finestra; era una notte particolarmente buia. Le nuvole coprivano il cielo, impedendo alla luce della luna e delle stelle di essere visibile dalla Torre.
Si morse il labbro inferiore, mentre una nuova angoscia si faceva strada dentro di sé; sapeva che Harry aveva ragione. Lei era arrivata alle stesse conclusioni e, in più, quella volta aveva davvero visto il Marchio sull’avambraccio di Malfoy; non poteva più assecondare la parte di sé che negava quell’eventualità.
«Vado a dormire», disse dopo un po’. «Scusatemi, ma sono esausta.»
«Scusa, Harry. Ma io sono di ronda» si congedò Ron. «Proprio con Malfoy, guarda un po’!»
Hermione trasalì a quelle parole, ma proseguì su per la scalinata, diretta al dormitorio femminile.
L’ultima cosa che udì fu Harry dire al loro amico di stare attento.
 
In realtà, Hermione non dormì affatto, quella notte.
Nella sua mente continuava a rivivere i momenti che aveva condiviso con Malfoy; non riusciva a scrollarsi di dosso la sensazione che lui fosse in realtà solo terrorizzato da tutto ciò che gli stava accadendo, che non volesse fare veramente del male a qualcuno.
“Tu non capisci… Io non posso… Lui mi ucciderà, ucciderà la mia famiglia” aveva detto a Mirtilla Malcontenta tra le lacrime.
Lo aveva preso sotto minaccia, il Marchio? O lo aveva voluto? Ne era stato fiero all’inizio e aveva cambiato idea dopo o lo avevano costretto e non lo aveva mai desiderato veramente?
Aveva mai cambiato idea?
Non aveva accettato il suo aiuto, dopotutto. Stava scegliendo di vedere qualcosa che non c’era, scegliendo di credere che Malfoy potesse ancora essere salvato?
Hermione deglutì e chiuse gli occhi. Avrebbe dovuto parlare con Silente?
Ma c’era questa sensazione che percepiva e che non riusciva a scrollarsi di dosso… la sensazione che il Preside sapesse già tutto; come se con quel discorso che le aveva fatto prima di andarsene dalla Tana, lui le stesse veramente chiedendo di salvare Malfoy.
Ma perché lei? Poteva riuscirci davvero?
No, si disse la ragazza. Malfoy non voleva il suo aiuto e non lo avrebbe mai voluto.
E lei non si sarebbe umiliata ulteriormente continuando ad andargli dietro per cercare di convincerlo a fare la cosa giusta. Sarebbe stato un suicidio per il suo orgoglio, oltre che stupidamente inutile.
Hermione doveva lasciare perdere tutta la faccenda di Malfoy prima che iniziasse a tenerci davvero o sarebbe stata un’altra delusione; sarebbe stato come l’anno prima, quando la Umbridge aveva scoperto dell’ES e loro avevano visto fallire e venirgli portata via l’unica cosa a cui tenevano in quel momento.
E lei non poteva assolutamente dare a Draco Malfoy il potere di ferirla.

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Capitolo 16
*** CAPITOLO 11 ***


CAPITOLO 11









 

Londra Babbana

Hermione non era sicura che fosse stata una buona idea; anzi, al contrario, era convinta che andare a visitare la tomba di Cedric da sola fosse stato un errore madornale, un’avventatezza non necessaria; ma lei doveva andarci.
Quella storia dell’Amortentia aveva sparso del sale sulle sue ferite e l’aveva obbligata ad affrontare le sue emozioni, il fatto che il giovane le mancasse al punto da consumarla.
Era ancora innamorata di lui; sarebbe stata sempre innamorata di lui.
Avrebbe passato il Natale con i suoi genitori; aveva la magia, perché essendo più grande dei suoi compagni di corso aveva già compiuto diciassette anni; quindi, avrebbe potuto fare qualcosa se fosse stato necessario. Avrebbe preferito poter usare la Smaterializzazione, però, ma il corso sarebbe partito dopo le vacanze e lei non era autorizzata, né sapeva come, effettuare quel tipo di magia.
Le sarebbe tornato utile, però, in caso di emergenza. Come in quel momento, quando a pochi isolati da casa sua si era accorta di essere seguita.
Avrebbe dovuto rendersene conto prima, ma era stata troppo immersa nei suoi pensieri per notarlo; svoltò un angolo, aumentando il passo e cercando di sviare il suo inseguitore, di allontanarlo dalla via di casa sua.
Il Ministero aveva apposto delle protezioni sulle abitazioni e sui posti di lavoro dei genitori dei Nati Babbani che frequentavano Hogwarts, era il massimo che aveva potuto fare; erano a corto di Auror, assegnarne alcuni per tenerli sotto sorveglianza non era stato possibile.
Hermione preferiva comunque non rischiare e cercare di sviare lo sconosciuto; un errore di calcolo però la portò in una strada chiusa.
Si guardò intorno, cercando una via d’uscita, ma non ne vide nessuna; o comunque, non ebbe il tempo di studiare a pieno l’ambiente circostante, perché un uomo si era fermato proprio davanti a lei e le aveva puntato contro la bacchetta.
Si lanciò dietro un cassonetto della spazzatura per evitare di essere colpita da quella che riconobbe, inconfondibile, come la Cruciatus. Non avrebbe dimenticato mai l’esecuzione delle Maledizioni Senza Perdono che Barty Crouch Jr. sotto Polisucco aveva eseguito davanti alla classe durante il quarto anno; ne era stata sconvolta e indignata a quel tempo, ora andava a finire che avrebbe dovuto pure ringraziare quel pazzo furioso.
Stava sicuramente affrontando un Mangiamorte, se aveva cercato di colpirla direttamente con una maledizione illegale… Non che ci fosse qualcun altro nel mondo magico che avrebbe voluto attaccarla.
Respirò a fondo per calmare l’ansia e la paura, poi si alzò di scatto e lanciò contro l’uomo uno Stupeficium; una luce verde smeraldo colpì il muro davanti a sé, all’altezza a cui poco prima si trovava la sua testa.
Hermione dovette fare appello alla sua Occlumanzia per fermare il tremore delle sue mani e assicurarsi una presa salda sulla bacchetta; si rialzò nuovamente, spostandosi però dal lato opposto, sperando che il Mangiamorte fosse lì, pronto a scagliare un altro incantesimo verso il punto in cui era emersa poco prima.
Aveva ragione; per fortuna la maggior parte di loro non era particolarmente sveglia. La Cruciatus che le aveva lanciato colpì la parete alla sua destra, dandole il tempo di scagliare a sua volta un incantesimo; il nemico, distratto dallo stratagemma della ragazza, non fece in tempo a bloccarlo e si pietrificò, ricadendo al suolo con un tonfo.
Hermione si avvicinò a guardarlo; doveva essere Rowle, lo aveva riconosciuto dalle foto segnaletiche.
Si morse il labbro inferiore, cercando di capire cosa fare; quanto sarebbe durato l’effetto del suo incantesimo? Aveva il tempo di contattare il Ministero?
Ma era troppo vicina a casa sua; non poteva rischiare. Puntò la bacchetta contro il Mangiamorte e mormorò «Oblivion».
Era la prima volta che eseguiva quell’incantesimo, ma lo aveva studiato bene; pregò con tutto il cuore che funzionasse. Si diresse verso un’auto parcheggiata alla sua sinistra e aprì il cofano con la magia; vi fece poi levitare dentro il suo aggressore. Afferrò la bacchetta di Rowle e la spezzò in due e per buona misura le diede fuoco; richiuse il cofano e lo sigillò.
Inviò poi un Patronus all’Ordine con il numero della targa, in modo che potessero trovarlo; incantò la vettura affinché si muovesse da sola, spingendola nella direzione opposta a quella in cui era ubicata la sua casa d’infanzia.
Non importava quello che avrebbe dovuto fare, Hermione avrebbe sempre protetto le persone che amava.


 
Malfoy Manor

Draco si era chiuso in biblioteca l’attimo in cui era giunto nuovamente al Manor.
Non riusciva a dormire abbastanza per concentrarsi veramente su quello che leggeva; le urla della gente torturata da Bellatrix finivano sempre per svegliarlo in preda al terrore. Aveva cercato di coinvolgerlo in alcune di quelle ‘sessioni’, come le chiamava lei, in virtù del suo ‘addestramento’.
«Quando il Signore Oscuro prenderà il potere, Draco, noi dovremo essere pronti a servirlo a pieno, pronti a sostenerlo e ad essere sempre al suo fianco» gli aveva detto.
Draco era riuscito a scagliare una Cruciatus funzionante solo il giorno prima; ma Bellatrix non era stata soddisfatta del risultato: il babbano che ne aveva subito l’effetto aveva a malapena emesso un gemito di dolore.
«Devi volerlo, Draco» gli aveva urlato la donna, con un’espressione disgustata dipinta sul volto. «Devi volerlo veramente. Se gli avessi dato un pugno a mani nude gli avresti fatto più male!»
Il punto era che Draco non voleva torturare quel babbano. Non voleva torturare nessuno.
In risposta, il biondo aveva deglutito ed era corso via dalle segrete, rabbrividendo al suono della voce di Bellatrix che gli urlava di tornare lì e riprovare e che lo definiva un ‘inutile e patetico ragazzino’.
Si era rinchiuso in biblioteca anche quella mattina; aveva chiesto a sua madre di aiutarlo con la Legilimanzia durante la sua permanenza a casa, ma erano riusciti a tenere solo un paio di lezioni.
«Draco, dovresti continuare ad esercitarti con l’Occlumanzia. È più importante ora»
Le aveva assicurato che, nonostante avesse regolarmente respinto l’aiuto di Piton con la sua missione, aveva continuato ad andare alle sue lezioni di Occlumanzia.
«Madre, ne ho bisogno. Mi sta sfuggendo il controllo, io…»
Non le poteva dire della Granger, così aveva mentito. «Sento sempre voci e non riesco a concentrarmi.»
Narcissa Malfoy aveva annuito comprensiva e gli aveva insegnato come bloccarle fuori.
«Ci eserciteremo meglio se riusciremo, Draco. Per ora, questo dovrebbe risolvere il problema. Puoi fare esercizio con i Babbani di sotto.»
Il giovane aveva arricciato il naso a quella proposta; lui non voleva andarci proprio nelle segrete e ancor meno voleva avere accesso alla mente di quei Babbani, dilaniata e straziata dalle torture di Bellatrix. Ma che avevano di sbagliato tutti quanti in quella famiglia?
Per la prima volta in vita sua, durante le vacanze, gli mancava Hogwarts; avrebbe dato qualsiasi cosa per tornare al castello.
Non aveva la minima idea che le cose stavano per peggiorare ulteriormente.
 
«Draco»
La voce di sua madre lo fece sobbalzare, spaventato; si era addormentato su un libro.
«Madre, è pronta la cena? Perché non avete mandato un elfo a chiamarmi?»
Ma bastò uno sguardo al viso di Narcissa affinché il terrore sul suo volto gli rivelasse che non lo aveva svegliato per la cena; la donna deglutì e gli posò una mano sulla spalla.
«Draco, sta arrivando», sussurrò cercando di mantenere ferma la voce con palese sforzo. «Il Signore Oscuro, sta venendo qui. Vuole…» si interruppe per trarre un respiro profondo, «parlare con te.»
Draco rabbrividì e avvertì immediatamente il battito del suo cuore accelerare, così come il suo respiro farsi più affannoso.
No, non ora. No, no, no, non ora.
“Malfoy, respira” mormorò la voce della Granger nella sua testa. Ma lui sgranò gli occhi, ancora più terrorizzato di prima. Non poteva pensare a lei in quel momento; non doveva. Avrebbe segnato la sua condanna a morte se li avessero scoperti, la sua e quella di… lei.
Calmati, Draco. Respira. Calmati.
Si ripeté mentalmente, mentre scivolava svelto nel suo castello mentale, per nascondere quello che doveva restare nascosto e sopprimere le emozioni scomode.
Bellatrix arrivò proprio nel momento in cui lui riapriva gli occhi, non lasciandogli il tempo di riprendere fiato dopo quello sforzo.
«Draco, il tuo Signore è qui.»
Dovette metterci tutto il suo impegno per reprimere una smorfia.
Si alzò e si sistemò gli abiti; assunse un’espressione impassibile e fredda e, in una perfetta imitazione di Lucius Malfoy, Draco si diresse verso il salotto di casa sua.
«Oh, no Draco. Ti aspetta nelle segrete.»
Il ragazzo deglutì, ma continuò a camminare.
Lo trovò che si guardava attorno soddisfatto; guardava i Babbani torturati da Bellatrix giacere sul pavimento, inermi e moribondi e ghignava divertito.
«Draco, mio giovane servitore» lo accolse il Signore Oscuro. «Benvenuto.»
È casa mia stupido idiota.
Draco chinò il capo in segno di riverenza.
«Confido che tu ti stia occupando con dedizione della missione che ti ho affidato quest’estate, giovane Malfoy. D’altronde credo che tu abbia compreso a pieno i… termini, in caso dovessi fallire.»
Il biondo represse un singulto e annuì, sforzandosi di apparire deciso.
«Certo, Mio Signore.»
«Bene, bene. Oggi, però, ho un altro piccolo favore da chiederti…»
Draco strinse i denti talmente forte che temette di romperli.
Con uno strattone, il mago fece rotolare ai suoi piedi un uomo; un uomo che aveva già visto; un Mangiamorte.
«Credo tu conosca il vecchio Rowle» sibilò il Signore Oscuro con finta ilarità. «Vedi, gli avevo affidato un compito. Doveva recuperare la Sanguemarcio amica di Potter per me…»
Draco quasi sussultò nel sentire quelle parole, ma riuscì a trattenersi, anche se a malapena.
La Granger…
Il Signore Oscuro fece un attimo di pausa e furono dei terribili, interminabili, secondi per Draco, in cui nella sua mente si susseguirono una serie di orribili immagini che minacciarono di far crollare il suo castello mentale.
«Ma vedi, questo stolto non solo ha fallito miseramente…»
Draco tirò un impercettibile sospiro di sollievo e il suo cuore parve rallentare lievemente il suo battito.
«…si è fatto anche cancellare la memoria da quella ragazzina.»
Sgranò gli occhi; la Granger aveva diciassette anni? Ed era riuscita ad eseguire un Incantesimo della Memoria? Dovette ammettere che forse tutto quel tempo che passava in biblioteca non fosse poi così sprecato.
«Ora, potrei punirlo io stesso, ma tua zia mi diceva che ti sta insegnando ad usare appropriatamente la Maledizione Cruciatus e ho pensato che ti servisse qualcuno di più…» scoccò un’occhiata disgustata ai Babbani nelle celle, «resistente, per fare pratica.»
Per la prima volta in vita sua, Draco desiderò davvero di usare la Cruciatus… ma su Bellatrix.
Cercò di trarre profondi respiri e di non pensare alla Granger per calmarsi.
«Ti consiglio di riuscirci al primo tentativo, o diventerà sempre più difficile, per te, farlo.»
Non era un consiglio, Draco ne era consapevole. Sarebbe stato lui quello torturato, se avesse fallito.
Perfetto, lo sapeva. Avrebbe dovuto trascorrere gli ultimi mesi a scopare e ubriacarsi, perché sarebbe morto quella notte.
«M-mio Signore» s’intromise cautamente Narcissa. «Draco non ha ancora diciassette anni, non può usare…»
«Oh, via, Cissy. Lo sappiamo tutti che la traccia individua la magia attorno ai maghi minorenni e qui siamo tutti maghi. Nessuno saprà niente», la interruppe Bellatrix arcigna.
Draco tremò quando udì una voce gelida e serpentina rimbombargli nella mente. Restò concentrato sull’Occlumanzia.
«Fallo, Draco. Torturalo o subirai la mia ira.»
Mentre glielo urlava in testa, il Signore Oscuro stava guardando sua madre.
 
Draco si fiondò nel suo bagno privato e sigillò la stanza con una serie di incantesimi; corse verso il lavandino, e si grattò via il sangue dalle mani, respirando a malapena.
Tremava e boccheggiava in cerca d’aria.
Crucio.
Lo aveva fatto; aveva torturato una persona. Non poteva permettere che venisse fatto del male a sua madre.
Scoppiò a piangere e crollò sul pavimento.
La sua mente fu bersagliata a raffica dai ricordi infernali di quella sera; Rowle che si contorceva e urlava sul pavimento, per mano sua; Bellatrix che rideva e applaudiva, saltellando soddisfatta; le lacrime silenziose di Narcissa.
Il Signore Oscuro lo aveva costretto a torturare una persona; un Mangiamorte, un suo stesso seguace.
Come avrebbe fatto ad eseguire quell’ordine, se il pensiero che avrebbe potuto fare del male alla Granger non gli avesse dato una spinta? La Granger… La Granger che gli aveva teso una mano nonostante il modo orrendo con cui l’aveva sempre trattata.
Cosa sarebbe successo se avesse fallito?
Bellatrix aveva deciso di uccidere uno dei Babbani imprigionati nelle segrete per festeggiare, quando il Signore Oscuro era andato via.
Gli aveva tagliato la gola con una maledizione e aveva costretto Draco a guardare finché la vita non aveva lasciato definitivamente il suo corpo, mentre il sangue dell’uomo sgorgava a fiotti e si accumulava sul pavimento in una pozza rossa, dilagando fino a toccargli le scarpe.
Ma lui non aveva guardato il Babbano; lui non era riuscito a distogliere gli occhi dal suo sangue.
Era uguale al suo.
Il sangue di quel Babbano era uguale al suo e ce n’era troppo sparso sul pavimento per poter ignorare la cosa, per poterla relegare in un angolo della sua mente e continuare a sostenere il contrario come aveva fatto fino a quel momento.

 

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Capitolo 17
*** CAPITOLO 12 ***


CAPITOLO 12









 

 
«Vedi, il vecchio Rowle aveva il compito di recuperare la Sanguemarcio amica di Potter» disse il Signore Oscuro, «che è stata così gentile da essere qui con noi oggi»
Rowle fece dei passi avanti, spostando il corpo che teneva immobilizzato tra le braccia sotto la fievole luce delle segrete di Malfoy Manor; la sua bacchetta era puntata alla gola della ragazza.
«Sono sicuro che questa feccia abbia delle informazioni preziose da darci, Draco. Certo, potrei devastare la sua mente io stesso, ma tua zia Bellatrix mi diceva che sei un Legilimens naturale e ho pensato che ti avrebbe fatto piacere fare un po’ di pratica».
Draco fu scosso da un leggero tremito, non riusciva a sostenere lo sguardo della giovane; lei, invece, manteneva gli occhi puntati su di lui, fiera come sempre.
«Ti consiglio di iniziare con la Cruciatus» continuò il Signore Oscuro. «Per indebolirla».
Fallo, o subirai la mia ira, giovane Malfoy.
Draco chiuse gli occhi; poi alzò la bacchetta e la puntò contro la giovane.
 

Si svegliò in una pozza di sudore, ansimante e terrorizzato.
La Granger.
Si guardò attorno in preda al panico, ma era tutto normale. Crabbe russava col pancione penzolante fuori dal letto, Goyle borbottava nel sonno; Zabini aveva tirato completamente le sue tende, nascondendosi alla vista dei compagni di stanza. Nott non era nel suo letto.
Draco sbatté furiosamente le palpebre e cercò di regolarizzare il suo respiro e far rallentare il battito del suo cuore; credeva che avrebbe potuto sfondare la cassa toracica da un momento all’altro e venir fuori, cadendo nelle sue mani.
Risolverebbe molti dei miei problemi.
Tirò via le lenzuola e scese dal letto barcollando, diretto verso il bagno; si richiuse la porta alle spalle e lanciò più di un Muffliato per non farsi sentire. Si mise a piangere.
Non era mai stato così terrorizzato in vita sua, non da un incubo. Tremava.
“Io non credo che tu sia una causa persa… Non ancora”
Si sciacquò il volto con l’acqua gelida e subito dopo mise sotto il getto i polsi nudi.
E ora, Granger? Ora sono una causa persa?
 
Voleva solo che finisse, tutto quanto.
Era tornato ad Hogwarts già da qualche giorno, ma le immagini di quanto era accaduto al Manor, di quello che aveva visto e che era stato costretto a fare, non volevano smettere di tormentarlo.
Aveva incrociato la Granger per sbaglio sul treno; non era riuscito a guardarla in faccia, figurarsi ad assumere il suo ghigno usuale e trovare la forza di insultarla.
Stava mangiando delle caramelle, quando lo aveva scorto a qualche passo da sé; lo aveva guardato per un paio di istanti, restando con la mano sospesa in aria, una Cioccorana stretta tra le dita.
Era corso via, lei non aveva fatto nulla. Ovviamente. Cos’altro avrebbe potuto fare, in pubblico?
Ma non aveva nemmeno provato a parlargli in privato; Draco era andato ogni sera nel bagno di Mirtilla, sperando che lo raggiungesse; si era studiato i suoi turni di ronda, ma era sempre la persona in turno con lei ad andare al secondo piano.
Aveva bisogno di parlarle, sperava… Sperava che glielo riproponesse, che gli dicesse che era ancora disposta ad aiutarlo, che nutriva ancora speranza per lui, che credeva che lui potesse diventare una persona migliore.
Draco batté le palpebre e vide rosso. Vedeva sempre rosso, ogni volta che chiudeva gli occhi.
Non riusciva a togliersi dalla testa il sangue del Babbano ucciso da Bellatrix.
Uguale. Il suo sangue era uguale al suo.
 
Hermione gettò via la copia della Gazzetta del Profeta che stava leggendo; aumentavano sempre di più, gli attacchi ai Babbani, ai Nati Babbani… A chiunque si opponesse a Voldemort.
Stava instaurando il suo regime di terrore. La gente aveva iniziato a fuggire dal Paese, a cercare dei rifugi sicuri; persino i suoi genitori, già restii a farla ritornare ad Hogwarts a settembre, avevano cercato di convincerla a restare con loro.
«Andremo via, tesoro» le avevano detto supplichevoli. «Per favore».
E loro non sapevano neanche come stessero realmente le cose; tutto ciò che sapevano della situazione nel mondo magico erano voci e sospetti.
Sospirò, sforzandosi di rialzarsi dal divano; stava aspettando che arrivasse l’orario della ronda.
Era l’ultima cosa che voleva fare, visto che era in turno con Malfoy; pensò che tanto non si sarebbe disturbato a presentarsi.
Lo aveva incrociato una volta sul treno e gli era sembrato peggiorato vertiginosamente durante le vacanze; i solchi sotto i suoi occhi erano diventati violacei e i suoi occhi erano gonfi e arrossati. I capelli gli erano cresciuti leggermente dall’inizio dell’anno, normalmente sarebbe ritornato con un taglio perfetto e ogni ciocca al proprio posto; non aveva potuto evitare di notare che gli tremavano leggermente le mani quando l’aveva vista.
Chissà cos’è successo durante le feste; chissà cos’ha dovuto fare...
Chiuse gli occhi e si scrollò quel pensiero di dosso. Non era affar suo, era stato chiaro.
“Stammi lontano”
Se preferiva lasciarsi travolgere dagli eventi che lo stavano distruggendo piuttosto che farsi aiutare da una Nata Babbana, Malfoy non era un suo problema.
Ron entrò in Sala Comune proprio in quel momento; lo salutò con un cenno del capo. Non era stata invitata alla Tana quell’anno; Ginny le aveva detto che probabilmente suo fratello aveva preferito evitare di sollevare questioni con Lavanda, pareva fosse gelosa marcia di lei.
«Niente Lav-Lav stasera?» lo prese in giro senza ilarità.
Ron scosse il capo. «È su con Parvati, pare si sia lasciata con Terry Boot e non smetta di piangere da questa mattina».
Il volto di Hermione si illuminò.
«Suppongo che tu possa sostituirmi questa sera allora!»
Ron la fissò interdetto.
«Sai, per ripagarmi di tutte le volte per cui ho fatto la ronda al posto tuo per permetterti di sbaciucchiarti con la tua ragazza», aggiunse reprimendo a stento una smorfia di disgusto.
Il rosso sospirò rassegnato.
«Immagino che vada bene» rispose. «Te lo devo, comunque. Con chi sei di turno?»
La giovane si morse l’interno della guancia.
«Malfoy.»
Ron mugugnò in segno di protesta.
«Oh, andiamo. Probabilmente non si presenterà neanche!»
«Ehm, peggio? Dovrò controllare tutto il castello da solo. Ci metterò un sacco» si lamentò lui. «Sul serio, perché non facciamo richiamo?»
Hermione scrollò le spalle. «Credi sul serio che Piton non lo coprirebbe?»
Il giovane sbuffò e si diresse verso il Ritratto della Signora Grassa.
«Almeno aspettami qui» le chiese cupo. «Sono sicuro che avrò bisogno di sfogarmi, dopo aver avuto a che fare con quel furetto.»
Hermione gli sorrise.
 
Ron tornò due ore dopo e le disse che Malfoy gli era sembrato più scorbutico del solito quella sera, ma che non aveva stranamente attaccato briga.
Hermione lo aveva guardato con gli occhi e la bocca spalancati dallo stupore.
«Sì, lo so, scioccante» convenne il rosso, ma non sapeva che Hermione fosse sorpresa da ben altro.
Malfoy si era presentato per la ronda.
 
Quella sarebbe stata la serata giusta; la Granger era in turno di ronda con lui, non avrebbe potuto evitarlo se si fosse presentato.
Non poteva più permettersi di spendere tutte le serate nel bagno di Mirtilla Malcontenta aspettando che lei entrasse da quella vecchia porta polverosa, sapeva che non l’avrebbe fatto dopo aver rifiutato per l’ennesima volta il suo aiuto.
Non poteva biasimarla; gli aveva teso una mano dopo e nonostante tutto quello che lui le aveva fatto e aveva avuto anche l’audacia di respingerla e insultarla come al suo solito.
Stupido, tu e il tuo maledetto orgoglio. Dove cazzo ti ha portato fino ad ora?
Non era andato nella Stanza delle Necessità neanche una volta da quando era tornato a Hogwarts; avrebbe dovuto far presto qualche altro tentativo. Peccato non avesse nuove idee da testare, dato che aveva trascorso il resto delle vacanze al Manor rannicchiato nel suo letto a deperire lentamente in preda agli incubi… no, ricordi, si corresse.
Raggiunse la Sala dei Prefetti a grosse falcate, arrivando dieci minuti prima del necessario; l’anno prima la Granger arrivava sempre in anticipo, per compilare i moduli e iniziare la ronda puntuale. Era un’accortezza che aveva solo lei, d’altronde era risaputo che per la maggior parte dei Prefetti la ronda non era altro che una scusa per girovagare per il castello indisturbati… o una seccatura da sopportare per il prestigio che conseguiva dal ricoprire quel ruolo.
Sentì la porta cigolare piano e si voltò di scatto, ma… Ma non era la Granger ad essersi presentata. Era la Donnola.
«Weasel, a cosa devo il dispiacere?» esordì Draco, con una smorfia irritata sul volto.
«Sostituisco Hermione» rispose seccamente il rosso, afferrando il suo modulo e compilandolo svogliatamente. Non avrebbe dato corda a Malfoy.
Si preparò comunque a ricevere qualche insulto o provocazione, ma non arrivò niente di tutto ciò.
Draco serrò i pugni lungo i fianchi.
«Prendo dai sotterranei al terzo piano» lo informò con la sua solita voce fredda e strascicata, poi strisciò via come un fulmine.
Si era fatta sostituire; per la prima volta nella storia, Hermione Granger aveva mancato una ronda. E Draco era sicuro che fosse perché voleva evitare lui.

 
*
 
«Ben fatto, Draco» trillò entusiasta Bellatrix. «Direi che questa sudicia Sanguemarcio non è più di alcuna utilità»
Gli sorrise perfidamente, mostrando i suoi denti marci. «Uccidila»
Draco deglutì, non mosse un muscolo.
«Debole! Ma ci lavoreremo su, vedrai» sputò velenosa, estraendo la bacchetta.
E poi la gola di Hermione Granger si squarciò, inondando il pavimento con il suo sangue, che si propagava ovunque, fino a toccare le sue scarpe.
Uguale, uguale al suo.
 

Draco era certo di aver urlato quella volta, perché aveva sentito Nott borbottare un ‘fanculo’ irritato dall’altro lato del dormitorio.
Fottuto incubo del cazzo, non vuole proprio saperne di lasciarmi in pace!
Di notte in notte, diventava sempre peggio e lo colpiva sempre con maggiore forza.
Ci aveva rinunciato, però, a cercare l’occasione di parlare con la Granger; si stava impegnando davvero tanto per evitare di dargli quella possibilità. La stessa persona, l’unica, che aveva cercato veramente di aiutarlo.
Non come quell’idiota di Piton, che si era fatto avanti per dargli una mano a completare la missione; la Granger voleva tirarlo fuori da quella merda, era lei l’unica che voleva davvero aiutarlo.
O meglio, aveva voluto aiutarmi, prima che mandassi tutto a puttane. Come sempre.
Era stata la vista del Marchio Nero a farla desistere definitivamente? Gli aveva mentito? L’aveva spaventata?
Non era quello che voleva, comunque? Far sì che si arrendesse con lui una volta per tutte e lo lasciasse in pace? Ci era riuscito fin troppo bene, a quanto pareva.
Afferrò le sue cose e uscì dal dormitorio; era ancora notte fonda, ma aveva bisogno di un bagno freddo nel bagno dei Prefetti.
O di lasciarsi affogare, non aveva ancora deciso.
Imprecò quando trovò una sciarpa Grifondoro abbandonata in un angolo; la prese, deciso a darvi fuoco, ma il profumo impregnato su di essa lo colpì con la stessa forza di un pugno: era della Granger.
Come diavolo aveva fatto a dimenticarla, lei?
 
Era andata a letto con McLaggen, dopo la festa di bentornato che Lumacorno aveva dato qualche sera prima.
L’aveva portata nel bagno dei Prefetti al quinto piano, ma Hermione aveva dei ricordi in quel posto e non voleva rovinarli; non voleva farsi una sveltina con Cormac nello stesso posto in cui aveva fatto l’amore con Cedric Diggory.
«Come accidenti la sapevi, la password?»
«Ho vinto una scommessa sul Quidditch con Anthony Goldstein e Ernie MacMillan» disse semplicemente lui, scrollando le spalle come se niente fosse; Hermione si appuntò mentalmente di tirare le orecchie ai Prefetti di Corvonero e Tassorosso.
Lo aveva portato nella Stanza delle Necessità, alla fine. Senza pensare al rischio di incontrare Malfoy per strada, ovviamente; ma fu fortunata.
Erano tornati in Sala Comune subito dopo; Hermione era stata chiara con lui fin da subito, sul fatto che non avesse nulla di più di qualche scopata occasionale da offrirgli e che esigeva la massima riservatezza a riguardo. Cormac aveva detto che per lui andava benissimo così.
Quella sera, invece, si era attardata in biblioteca. Stava per salire su ai dormitori, quando Harry apparve dal Ritratto della Signora Grassa, tutto trafelato.
«Ron è in infermeria» le disse tossendo. «Ha rischiato di morire avvelenato»
Le spiegò del filtro d’amore che aveva bevuto al posto suo e poi della bottiglia di Idromele di Lumacorno; di essersi miracolosamente ricordato del bezoar, - grazie al Principe Mezzosangue, a detta sua. Hermione gli rispose che Piton glielo aveva chiesto e poi detto al primo anno e gli rammentò che durante il loro quarto anno aveva preso un voto bassissimo alla pozione antidoto per i veleni proprio perché si era dimenticato l’ingrediente chiave: il bezoar.
Harry liquidò la faccenda con un gesto della mano, anche perché erano ormai giunti in infermeria.
Ron era in stato di semi incoscienza; Silente, Piton e la McGranitt erano nella stanza e chiedevano a Lumacorno di spiegare cosa fosse successo.
Il professore di Pozioni mostrò loro la bottiglia colpevole.
«Dove l’hai comprata, Horace?» chiese calmo il Preside.
«Mi è stata regalata, in realtà. Io… Intendevo regalarla a mia volta.»
«A chi, se posso chiedere?» domandò ancora Silente.
Lumacorno fece una pausa.
«A… lei» mormorò desolato.
Hermione impallidì e deglutì. Lavanda piombò nella sala proprio in quel momento, urlandole contro che non aveva motivo di stare lì dato che non si era considerata molto con Ronald negli ultimi tempi, cosa che comunque dipendeva da quella vipera stessa e dalla sua gelosia; Hermione era arrabbiata con Ron perché la assecondava come se nulla fosse, come se la loro amicizia non avesse più di tanto importanza, e questo l’aveva ferita.
Hermione, però, non sentì le sue urla; era come se il mondo attorno a lei fosse stato messo in modalità muto e potesse udire solamente un fastidioso ronzio che si propagava dalle orecchie, rimbombando nella sua mente.
L’idromele che aveva quasi ucciso Ron era destinato a Silente.
Malfoy, pensò. È stato lui.
«Devo andare» mormorò a Harry e corse via.
Sentì Silente dire qualcosa sull’essere giovani e sentire la morsa dell’amore mentre si richiudeva la porta alle spalle e un po’ le venne da mandarlo a quel paese; lui sapeva di Cedric. Forse sperava che non ci avesse rinunciato, all’amore?
Ma Hermione era troppo arrabbiata per ragionare su quello; doveva trovare Malfoy. E visto che Ginny le aveva detto di avere appuntamento con Zabini nella Stanza delle Necessità, sapeva perfettamente dove trovarlo.
 
Draco aveva sentito dire che qualcuno era stato avvelenato; si era quasi dimenticato della bottiglia di Idromele che aveva fatto consegnare a Lumacorno da Madama Rosmerta, ricorrendo alla Maledizione Imperius, mesi prima, dopo il fallimento della collana.
«Chi?» chiese a Pansy, senza lasciare trapelare alcuna emozione.
«Oh, questa ti piacerà, vedrai» rispose lei, ridacchiando. «Ronald Weasley»
Fu come se il pavimento gli fosse sparito da sotto i piedi.
No, non la Donnola. La Granger… La Granger non glielo avrebbe perdonato mai. Non lo avrebbe aiutato mai più, per davvero questa volta. Si sarebbe persino pentita di averglielo offerto quell’aiuto, persino di averlo tirato fuori dalle sue crisi.
«È… vivo?» domandò esitante.
«Purtroppo, sì. Quella feccia è dura a morire» commentò annoiato Theodore Nott, stravaccato sul divano poco più in là.
«San Potter gli ha ficcato un bezoar in gola appena in tempo, pare» aggiunse Goyle con una smorfia.
Draco si passò la lingua sui denti.
«Sono di ronda» disse prontamente, prima di lasciare la Sala Comune come una furia.
 
Non andò alla Sala dei Prefetti, ovviamente; si diresse dritto verso il bagno di Mirtilla Malcontenta.
Era lì da qualche minuto, non era neanche riuscito a calmarsi un po’, quando la Granger fece il suo ingresso; era livida in faccia, notò quando si voltò a guardarla.
«Sei stato tu?» gli chiese gelida, senza preamboli.
Draco non rispose. La guardò tremante, non riusciva a muoversi, né a parlare.
«Malfoy! Ti ho chiesto se sei stato tu!» urlò sempre più infuriata e avvicinandosi pericolosamente a lui. C’era odio nel suo tono di voce.
Draco deglutì. «Granger…»
La mano della Grifondoro si scontrò contro la sua guancia producendo un suono sordo; quello schiaffo fece male il doppio di quello che gli aveva dato durante il terzo anno.
Non riuscì a trattenere una lacrima, né tantomeno a dirle qualcosa di senso compiuto; rimase immobile, con la guancia arrossata, il capo leggermente inclinato e gli occhi fissi sul pavimento.
La Granger restò in silenzio per qualche secondo, poi gli rivolse un’espressione indecifrabile e sibilò con un tono carico di delusione e rancore. «Sai, quando Harry mi ha detto per la prima volta che sospettava fossi diventato un Mangiamorte, io non ci ho creduto. Non ci volevo credere, nonostante ti avessi visto anche io, mostrare l’avambraccio a Borgin.»
Lo sguardo del ragazzo saettò su di lei. Dopo anni che aveva passato a disprezzarla e denigrarla per il suo status di sangue, davvero lei non credeva che sarebbe stato capace di prendere il Marchio?
Si sentì profondamente destabilizzato da quell’informazione, mentre il senso di colpa che iniziava a farsi strada dentro di sé; al contempo, però, sapere che la Granger non lo aveva mai reputato capace di agire come i Mangiamorte aveva riacceso una piccola fiammella di speranza da qualche parte dentro di lui.
Poi, però, le parole che la giovane pronunciò successivamente lo trafissero da parte a parte.
«Evidentemente ho sbagliato a pensare che potesse esserci del buono in te. Non so cosa cazzo pensassi di aver visto, ma non c’è niente
Se Draco aveva mai pensato che gli avesse parlato con odio in passato, dovette ricredersi in quel momento. Non aveva mai sentito la sua voce così.
«Granger…» fece lui per dirle che quella bottiglia l’aveva fatta mandare prima, prima che prendesse in considerazione l’idea di accettare il suo aiuto, ma lei non parve sentire il gemito strozzato con cui il suo cognome uscì dalle sue labbra.
«Ti ho detto che non pensavo tu fossi una causa persa» proseguì spietata, «ma mi sbagliavo anche su quello.»
«Granger…» riprovò lui, tendendo leggermente la mano verso di lei, ma ritraendola quasi subito; come se volesse toccarla, ma poi ci avesse ripensato all’ultimo, capendo che sarebbe stata la mossa sbagliata da fare.
«Tu non meriti una seconda possibilità.»
Draco sgranò gli occhi e sentì il respiro venirgli completamente meno; la ragazza non si voltò neanche a guardarlo, mentre si allontanava con la stessa rapidità con cui era arrivata.
«Hermione…»
Non seppe mai se avesse pronunciato quel nome a voce alta o solo nella sua testa; la Granger non ebbe alcuna reazione a quella sua supplica di non andare, di permettergli di spiegarsi. Se ne andò e basta, lasciandolo solo; fisicamente e metaforicamente.
Il giovane cadde a terra e iniziò a singhiozzare.
Era di nuovo solo, senza vie d’uscita.
L’aveva persa e con lei aveva perso anche quel poco di luce che gli era rimasto da quando tutta quella storia era iniziata.

 

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Capitolo 18
*** CAPITOLO 13 ***


CAPITOLO 13









 

 
Draco sapeva che avendo perso l’appoggio della Granger avrebbe dovuto concentrarsi sulla riparazione dell’Armadio Svanitore ed elaborare un piano per uccidere Silente, ma non riusciva a pensare, a ragionare.
Tra i flash delle atrocità a cui aveva assistito e le parole che la Grifondoro gli aveva urlato contro nel bagno di Mirtilla che si susseguivano nella sua mente in loop, il senso di colpa che avevano portato a galla e l’ansia di aver sprecato la sua unica occasione di uscirne vivo per davvero, Draco andava perdendo sempre più lucidità.
Non riusciva neanche più a trovare la Granger con la Legilimanzia; era come se lo avesse tagliato fuori dalla sua intera esistenza, come se quei brevi ma intensi momenti che avevano condiviso insieme non si fossero mai verificati, come se per lei non avessero significato niente.
Aveva persino provato a provocarla, un pomeriggio dopo Aritmanzia, ma lei si era limitata a scoccargli un’occhiataccia e passare oltre, senza rispondergli, ignorandolo completamente.
Draco era arrabbiato con sé stesso; si era disperato per mesi, agognando una via d’uscita che in realtà gli era stata offerta e dall’ultima persona al mondo dalla quale si sarebbe aspettato aiuto. Ma lui era stato così stupido e ottuso da decidere di impuntarsi sull’idea che non potesse accettarla quella scialuppa di salvataggio, che non avesse altre opzioni se non eseguire gli ordini che gli erano stati imposti; ora non ce l’aveva davvero una scelta.
Ed era tutta colpa sua.
 
Pansy era stesa al suo fianco, accoccolata contro il suo petto; gli stava accarezzando il braccio sinistro, con gli occhi carichi di ammirazione puntati sul Marchio Nero, che Draco invece detestava con tutto sé stesso.
Ogni volta che lo vedeva, il biondo provava disgusto verso sé stesso e veniva assalito da conati di vomito talmente violenti che più di una volta si era ritrovato a rigurgitare bile. Da quanto tempo non mangiava come si deve?
Aveva provato a fasciarsi l’avambraccio, una soluzione banale e che di certo non avrebbe fatto andare via quella macchia che deturpava la sua pelle, ma almeno gli avrebbe consentito di non doverla guardare.
Non aveva funzionato. Come se il Marchio potesse avvertire le sue intenzioni con quella benda, aveva preso a bruciare. Aveva fatto più di un tentativo, ma il risultato era stato sempre lo stesso e alla fine ci aveva rinunciato.
Pansy fece scorrere le dita sull’avambraccio e sospirò di ammirazione.
Draco dovette reprimere un gemito di disgusto.
«Sai, è così ammirevole quello che stai facendo» gli sussurrò con aria trasognata. «Un così grande onore, avere il Marchio a soli sedici anni. Si dice che solo ad un'altra persona sia stato concesso, prima d’ora.»
Il Serpeverde allontanò il braccio da lei e si alzò dal letto con uno scatto.
Stava davvero elogiando le sue recenti azioni deplorevoli? Stava davvero venerando quella disgustosa macchia d’inchiostro magico di cui non avrebbe mai potuto sbarazzarsi? Era davvero così orgogliosa di tutto ciò che lo stava lentamente consumando e uccidendo?
«Vattene, Pansy» ordinò in tono gelido, senza argomentare oltre.
La ragazza si alzò su un fianco, reggendosi il capo sulla mano.
«Non capisco, Draco. Cos’ho fatto?»
«D’accordo, me ne vado io.»
Il biondo si rinfilò i suoi abiti, senza rivolgerle uno sguardo.
«Draco» lo chiamò lei, «non andare.»
Esitò un momento sulla porta, consapevole che quello che stava per fare lo avrebbe condannato ad una solitudine ancora maggiore, ma ne aveva abbastanza. Non poteva più sopportare di sentirla elogiare tutto ciò che di sé stesso lo disgustava, di sorbirsi la sua ammirazione per quello che stava facendo, quando lui a causa di ciò rischiava di finire in un reparto al San Mungo per il resto della sua vita. O sottoterra, in una bara.
Come faceva a non rendersi conto che niente di tutto ciò era stato una sua scelta? Che lui quelle cose in realtà non le voleva fare? Che erano cose orrende da fare?
Gli tornò in mente la natura del loro rapporto e il fatto che Pansy era stata educata con gli stessi preconcetti con cui era stato cresciuto lui, ma che lei non avesse avuto modo di vedere la realtà dei fatti. Si sarebbe ricreduta, Pansy, se avesse visto il sangue, il dolore e la disperazione? Se fosse stata costretta a scegliere tra la propria vita, quella dei propri cari e il prendere quella di qualcun altro? O avrebbe tratto piacere dall’infliggere torture e togliere la vita alla gente che le era stato insegnato a disprezzare?
«Credo che sia meglio che ti trovi un altro candidato Purosangue, Pansy» dichiarò convinto.
«Io non sono più interessato.»
 
Hermione aveva capito che qualcuno stava utilizzando la Legilimanzia su di lei, anche se non aveva idea di chi potesse trattarsi; sospettava di Piton, stando alle dicerie che giravano da sempre nel castello circa la sua abilità di leggere nella mente delle persone, ma non capiva perché il professore potesse essere interessato ai suoi pensieri.
Fosse stato per tenere d’occhio Harry, Piton lo sapeva perfettamente visto che l’anno prima gli aveva fatto da insegnante privato su ordine di Silente, avrebbe potuto direttamente penetrare nella sua mente; il suo amico faceva abbastanza schifo in Occlumanzia.
Forse, Piton stava cercando di scoprire cosa sapesse su Malfoy; se i sospetti di Harry erano fondati e se ci fosse stata della verità in essi, avrebbe avuto perfettamente senso che il professore indagasse.
Ma lei non era così stupida da continuare a lasciagli libero accesso; se ne era resa conto durante le vacanze, quando, lontana dal castello, i mal di testa che l’avevano accompagnata per settimane erano cessati all’improvviso.
Così, chiusa nella sua stanza senza possibilità di uscire, Hermione aveva lavorato sulla sua Occlumanzia e, una volta tornata ad Hogwarts, l’aveva intensificata; quel dolore alla tempia non era più tornato, quindi immaginava di essere riuscita nel suo intento.
 
«Due cene in un mese» stava dicendo McLaggen mentre camminava accanto a lei.
«Non che mi dispiacciano, ma Lumacorno sembra aver sviluppato una dipendenza per questi eventi.»
Hermione sorrise; non che le piacessero particolarmente quelle serate, ma supponeva che il docente fosse alla ricerca di distrazioni per impedirsi di pensare ai recenti avvenimenti accaduti proprio sotto il suo naso, evitando così di trascorrere il suo tempo a colpevolizzarsi. Non era l’unica, inoltre, a domandarsi per quanto tempo ancora avrebbero potuto concedersi delle frivolezze.
Il tempo, fuori dal castello, andava peggiorando sempre di più. I Mangiamorte diventavano sempre meno inclini a nascondersi e i loro attacchi aumentavano di giorno in giorno, divenendo sempre più crudeli. La gente continuava a sparire, o a venire uccisa.
«Forza, cerchiamo di non fare tardi» rispose divertita la ragazza. «Prima arriviamo, prima potremo andarcene.»
 
Draco stava vagando per i corridoi senza una meta precisa; si era tolto un grosso peso, scaricando Pansy. Si era reso conto, comunque, che voleva di più dalla vita di un freddo matrimonio combinato, sempre se fosse riuscito a sopravvivere a quella guerra.
Si interruppe bruscamente quando udì una voce, - quella voce -, riecheggiare nei corridoi dei sotterranei.
«Forza, cerchiamo di non fare tardi. Prima arriviamo, prima potremo andarcene.»
Draco si nascose dietro una colonna e si sporse leggermente per individuarla; indossava un vestitino molto carino, rosso, semplice. Cormac McLaggen teneva un braccio attorno alle sue spalle e sorrideva come un ebete alle parole che aveva pronunciato la ragazza.
Il Serpeverde fece una smorfia; stavano insieme, quindi, quei due? Alla Granger dovevano piacere davvero gli idioti. Era una roba alla ‘gli opposti si attraggono’?  
Sapeva che avrebbe dovuto tornare nel suo dormitorio e relegare il pensiero della giovane in qualche meandro sperduto della sua mente, ma al contempo avvertiva l’esigenza di provare a parlarle, di interagire con lei in qualche modo. Lo avrebbe respinto, se avesse provato ad avvicinarla? Aveva sbollito almeno un po’ la rabbia? Gli avrebbe permesso di spiegarsi se avesse creato l’occasione di avere una conversazione privata con lei?
Decise di seguirla; quanto poteva essere difficile imbucarsi ad una delle festicciole di Lumacorno? D’altronde, era riuscito a fargli consegnare una bottiglia di Idromele avvelenato, una volta; poteva benissimo infiltrarsi ad una di quelle stupide cene.
 
Ovviamente, quello stupido di Gazza lo aveva scoperto, grazie a quell’orrenda gatta che ficcanasava ovunque impicciandosi degli affari altrui.
«Come osi toccarmi, lurido Magonò? Lasciami immediatamente!»
Draco si dimenava cercando di liberarsi dalla presa del guardiano, che lo stava trascinando all’interno del luogo della festa; doveva scappare alla svelta, non voleva che la Granger lo vedesse, non così. La scorse di fronte a un tavolo imbandito di cibo e bevande, con un calice di vino elfico in mano, mentre parlava con… Blaise Zabini?
Perché diavolo stava interagendo con lui?
La vide irrigidirsi tutto d’un tratto e assumere un’espressione contrariata; Blaise le rivolse una smorfia disgustata, ma Draco non riuscì a decifrare il loro labiale. Dalle loro reazioni all’altro, però, il biondo capì che Zabini la stava insultando. Il suo compagno di casa le passò oltre e lei cercò di ricomporsi, per poi allontanarsi e raggiungere San Potter che conversava con Ginny Weasley in fondo alla stanza.
«Professore, ho trovato questo studente che si aggirava nei dintorni», esordì Gazza.
Lumacorno lo guardava confuso; con suo estremo orrore, Draco notò che anche Piton era lì.
Si erano tutti voltati a vedere cosa stesse accadendo; il biondo sbuffò.
«Stavo solo cercando di imbucarmi» asserì in tono sprezzante, «ero curioso.»
Piton gli scoccò un’occhiataccia gelida.
«Non preoccuparti, Horace. Ci penso io a lui» disse in tono freddo, poi gli afferrò il braccio e lo trascinò via.
Giunti in un corridoio isolato, lo immobilizzò contro il muro e iniziò a sibilargli contro.
«Dovresti essere altrove, in questo momento. Hai altro a cui pensare.»
«Si faccia gli affari suoi, professore» rispose acidamente il ragazzo, con una punta di disprezzo nel tono della voce.
«Sei spaventato, Draco» constatò Piton. «Diventi sempre più distratto. E il tuo attaccamento alla signorina Granger…»
«Non so di cosa lei stia parlando» lo interruppe gelido il Serpeverde.
Piton gli rivolse un sorrisetto che non si estese ai suoi occhi.
«Credo che tu sappia benissimo a cosa mi riferisco, Draco.»
Draco fu percorso da un brivido; cosa sapeva Piton del suo rapporto con la Granger?
Si liberò della sua presa con un brusco strattone.
«Non si permetta mai più ad associarmi a una lurida Sanguemarcio» sibilò con fare indignato, cercando di sopprimere quella sensazione di nausea che era emersa attanagliandogli lo stomaco; da quando provava rimorso nel definire la Granger ‘Sanguemarcio’?
Il suo sangue è uguale al tuo, gli ricordò una vocina nella mente.
Piton non si scompose.
«Come preferisci, Draco. Ma è mio dovere ricordarti dei pericoli che corri… E questo, in merito ad entrambe le faccende.»
Draco deglutì. Ne era consapevole, che anche solo pensando alla Granger la stava mettendo ulteriormente in pericolo. E che non aveva fatto progressi con l’Armadio Svanitore. Né con l’elaborazione di un piano per uccidere Silente. Niente di niente. In realtà, da quando aveva rimesso piede ad Hogwarts, ci aveva a malapena pensato.
«Permettimi di aiutarti, Draco.»
“Per favore, Draco. Lasciati aiutare”
Scosse il capo con forza, per scrollare via la voce della Granger dalla sua mente. Non era dell’aiuto che gli stava offrendo Piton che Draco aveva bisogno.
«Non ho bisogno del suo aiuto. So cavarmela perfettamente da solo, come ho sempre fatto» ribadì seccamente, per poi voltare le spalle al professore e dirigersi sparato verso il bagno di Mirtilla Malcontenta.






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Salve a tutti!
Scrivo questa n.d.a. per ringraziare chiunque stia seguendo questa storia e in particolare chi mi ha lasciato una recensione, lo apprezzo veramente tanto.
Volevo inoltre informarvi che ho iscritto questa storia a un concorso e se dovesse essere ammessa in gara, dovrò rimuoverla dal sito. Non disperate! Se la storia dovesse sparire all'improvviso, sappiate che la potrete trovare su Wattpad, dove tra l'altro è già interamente pubblicata. Se avete Wattpad e siete impazienti, la potete trovare sul mio profilo (sempre stillathogwarts). Tenete a mente che il numero dei capitoli non coincide, perché qui la sto pubblicando unendo i capitoli più brevi, cosa che non ho fatto quando ho iniziato a pubblicare su Wattpad, perché pubblicavo con più frequenza. Questo capitolo corrisponde al 17 della divisione originale.
Vi ringrazio per la vostra attenzione e vi invito a farmi sapere le vostre opinioni sulla storia, per me è davvero importante ricevere un feedback da parte vostra!
Spero che la storia vi stia piacendo,
A presto!

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Capitolo 19
*** CAPITOLO 14 ***


CAPITOLO 14









 

 
«Ho bisogno di parlarti, Granger»
Blaise Zabini le si era avvicinato di soppiatto facendola sobbalzare dallo stupore. Gli rivolse uno sguardo interrogativo.
«Ho delle… Informazioni che potrebbero esservi utili.»
Hermione lo studiò con attenzione.
«Puoi riferirle a Ginny, fa parte dell’ES anche lei e, a quanto ho capito, vi vedete spesso» asserì la giovane con un’occhiata allusiva.
Zabini si schiarì la gola.
«Ero sicuro che te lo avesse detto. Come mai non hai cercato di dissuaderla dal nostro accordo?»
La Grifondoro rise.
«Non vi giudico, Zabini. E poi, so qual è la tua reale posizione» rispose con sincerità lei. «Non ho nulla in contrario e, anche se fosse, è una decisione che spetta a Ginny, non a me.»
Il Serpeverde si inumidì le labbra e valutò la sua risposta; poi si riscosse e parlò.
«Non ho bisogno che lo sappia l’ES, non sapevo neanche che esistesse ancora. Sono informazioni per l’Ordine e so che ammettono solo membri dai diciassette anni in su, quindi Ginny non ne fa parte, ma tu…»
Hermione lo guardò incuriosita.
«Possiamo organizzarci per un incontro privato» gli propose. «Deve essere un posto dove nessuno può vederci. Non corri dei rischi parlandomi così pubblicamente?» chiese la giovane.
Zabini scrollò le spalle. «Sono l’unico Serpeverde, qui. E quando mia madre sposerà Nott Senior, non verrò comunque più invitato a queste cene» considerò lui.
«Ti dispiace?»
«Mi spezza il cuore» rispose lui ironico; Hermione rise, ma un movimento alla sua sinistra, captato con la coda dell’occhio, attirò la sua attenzione.
Gazza stava entrando nella sala e si trascinava dietro uno sdegnato Draco Malfoy che imprecava contro di lui.
La Grifondoro si irrigidì e si stampò un’espressione contrariata sul volto. Vide Zabini lanciarle uno sguardo confuso.
«Malfoy è qui» bisbigliò lei, mantenendo un’aria stizzita.
Blaise capì al volo e le rivolse un’espressione disgustata.
«Stanza delle Necessità, a mezzanotte» le disse conciso, «chiedi della Sala degli Accordi.»
Poi la superò con fare altezzoso.
Hermione fece finta di ricomporsi e di diresse verso Harry e Ginny che parlottavano concitatamente in fondo alla sala.
Che ci fa Malfoy qui? Si chiese sovrappensiero.
 
Cormac le aveva già sciolto i capelli, mentre la spingeva baciandola con fervore dietro una porta; Hermione non si era accorta del luogo in cui la stava portando, altrimenti gli avrebbe detto di girare al largo. Sobbalzò, quando udì una voce fredda riverberare nella stanza e si staccò di scatto da McLaggen.
«Sai McLaggen, da come la tocchi non si direbbe che hai ricevuto un’educazione come si deve.»
La ragazza si voltò e sgranò gli occhi. Erano nel bagno di Mirtilla Malcontenta e Draco Malfoy li stava osservando a braccia conserte, con un’espressione disgustata impressa sul volto, la schiena poggiata al muro e le gambe incrociate davanti a sé.
Quell’idiota si definisce anche un Purosangue; quello non è il modo di toccare una ragazza come la Granger, le sue mani si muovevano come i tentacoli della piovra gigante che vive nel Lago Nero, pensò irritato il biondino.
Draco soppresse la punta di fastidio all’altezza dello stomaco e scoccò ai due un’occhiata sprezzante.
«Abbiamo idee diverse di educazione come si deve, Malfoy» rispose acidamente il Grifondoro.
Draco quasi gli rise in faccia; pensava si stesse riferendo al fatto che stava toccando una Nata Babbana, non al modo in cui lo stava facendo.
«Vedo che la tua perspicacia scarseggia come sempre» commentò sardonico il Serpeverde.
Hermione parve riscuotersi dal suo iniziale imbarazzo e shock e si incrociò le braccia al petto.
«Che cosa ci fai qui, Malfoy? È ben oltre il coprifuoco.»
Draco alzò un sopracciglio.
«Sono un Prefetto», ribatté caustico.
La ragazza si accigliò.
«Non vuol dire che puoi approfittarne per startene in giro dopo la ronda!»
Anche l’altro sopracciglio del biondo scattò all’insù.
«Non è quello che stai facendo anche tu?»
Hermione aprì e richiuse più volte la bocca, mentre le guance le si coprivano di un lieve rossore.
Notò che, per quanto sembrasse impossibile, i solchi sotto agli occhi di Malfoy erano diventati ancora più evidenti; le fu chiaro che si stesse sforzando molto per mantenere una parvenza di superiorità e freddezza nella voce, ma, lei che conosceva bene il modo in cui il giovane insultava la gente, ci mise una frazione di secondo a notare quanto in realtà la sua voce risultasse stanca.
Malfoy aveva l’aspetto di una persona distrutta, emotivamente e psicologicamente provata; i suoi occhi avevano perso quel luccichio sprezzante che soleva apparire quando derideva le sue vittime. Sembrava un guscio vuoto. 
Hermione soffocò l’ondata di dispiacere che si stava facendo strada dentro di sé.
Malfoy non era una sua responsabilità, non era un suo problema e, dopo quello che aveva fatto a Ron, non c’era modo che lei volesse qualcosa da lui, se non stargli il più lontano possibile.
«Andiamo, Granger» la incitò McLaggen. «Troviamo un altro posto.»
Draco fece una smorfia; perché quel babbeo la chiamava come la chiamava lui?
Perché è il suo cognome, stupido rispose piccata la vocina nella sua testa.
Hermione annuì e lo seguì verso la porta, ma prima di richiuderla lanciò uno sguardo a Draco.
Fu un errore; il ragazzo la stava fissando, e anche intensamente.
Resta, Granger. Ti prego. Ho bisogno di qualcuno. Ho bisogno di parlare.
Hermione non riuscì a decifrare quello sguardo, o comunque, non ne aveva la minima voglia; aveva smesso di cercare di capire e di sperare di salvare Draco Malfoy. Non gli avrebbe mai perdonato di aver quasi ucciso uno dei suoi migliori amici, non si trattava più di guardare oltre anni di insulti e rivalità scolastica.
Quando la porta si chiuse con un sonoro clunk, il giovane si lasciò scivolare sul pavimento e poggiò il capo contro il muro.
Chiuse gli occhi e, come al solito, vide rosso.
Il suo sangue è come il tuo.
 
Liberarsi di McLaggen quella sera era stato più complicato del solito; doveva vedersi con Blaise e lui non la smetteva di inveire contro Malfoy e la sua aria di superiorità. Come se Cormac fosse un esempio di umiltà, poi.
Gli aveva detto di non sentirsi bene alla fine, ed erano tornati alla Torre di Grifondoro; Hermione aveva fatto finta di salire al dormitorio femminile, poi era sgattaiolata di nuovo in Sala Comune e si era precipitata fuori dal ritratto della Signora Grassa, sotto il Mantello dell’Invisibilità di Harry. Glielo aveva chiesto alla festa di Lumacorno e lui glielo aveva lasciato sotto il cuscino del divano dove solitamente sedevano con Ron.
Mancavano cinque minuti esatti a mezzanotte.
Corse più veloce che poteva, Zabini non sembrava il tipo da tollerare ritardi; arrivò appena in tempo.
«Puntuale come un orologio, Granger.»
Blaise la aspettava appoggiato con la schiena a un grosso tavolo circolare al centro della stanza; Sala degli Accordi, l’aveva chiamata. Hermione poteva immaginare il perché di quel titolo: su ciascuna delle quattro pareti spiccava uno stendardo corrispondente a una delle quattro Case di Hogwarts; doveva essere un luogo dove i Fondatori solevano riunirsi per discutere delle decisioni generali per gli studenti o una presentazione della Stanza delle Necessità ideata dagli studenti stessi, - magari Prefetti -, che volevano favorire la cooperazione tra Case. Si chiese se dal lato di Serpeverde ci sia mai stato qualcuno a sedere su quelle poltrone.
Hermione aspettò di riprendere fiato e poi chiese al ragazzo cosa avesse da dirgli.
«Ho bisogno che tu mi metta in contatto con l’Ordine, Granger.»
«Credevo avessi delle informazioni» ribatté piccata lei; non si fidava di Zabini, non era stupida.
«Infatti. L’informazione è che Tu-Sai-Chi progetta di far prendere il Marchio a Theodore Nott durante le vacanze di Pasqua» disse il giovane, mentre si torturava nervosamente le mani. «E visto che il mese prossimo sposerà mia madre, Nott Senior ha chiesto che il ‘grande onore’» fece una smorfia a questo punto, «venisse concesso anche a me. Inutile dire, Granger, che diventare la puttana di uno psicopatico non fa parte delle mie ambizioni.»
Hermione spalancò la bocca.
«Che se ne fa Voldemort di seguaci sedicenni?» domandò, pensando che sarebbero stati in tre a quel punto, contando Malfoy. Non le sfuggì il fatto che Zabini non si fosse riferito al mago oscuro con l’appellativo reverenziale che i figli dei Mangiamorte di solito utilizzavano, né che non aveva neanche accennato a trasalire quando lei aveva pronunciato il suo nome.
«È a corto di sostenitori e ha deciso di arruolare menti giovani?»
Blaise fece una pausa, ponderando la risposta da dare alla ragazza; non poteva fare il nome di Malfoy, restava comunque un Serpeverde e i Serpeverde non facevano la spia tra di loro.
«Credo che Tu-Sai-Chi abbia affidato un compito a qualcuno, ma che non lo reputi in grado di portarlo a termine.»
Malfoy. Sta parlando di Malfoy, dedusse la Grifondoro.
Hermione si chiese se Voldemort sospettasse che il ragazzo nutriva dei dubbi riguardo a ciò che stava facendo o se credeva che non avesse le capacità per completare la missione che gli aveva affidato. Ragionandoci su, concluse che non poteva essere il secondo caso; tra i Serpeverde, Malfoy era sicuramente quello dotato di più cervello; se non ne era capace lui, dubitava che gli altri ne fossero all’altezza.
Oppure… Oppure. Le fu tutto improvvisamente chiaro; Voldemort aveva chiesto a Draco di uccidere Silente, ma non aveva mai pensato che ci sarebbe riuscito; sapeva che non aveva alcuna possibilità contro un mago del calibro di Silente, nessuno studente sarebbe capace di eseguire quel compito. Voldemort aveva scelto Draco per punire Lucius; sperava che rimanesse ucciso o che gli desse una scusa per ucciderlo egli stesso.
«Ti procurerò un contatto, Zabini» affermò Hermione, accantonando per un momento il pensiero di Malfoy. «Cosa stai chiedendo esattamente?»
«Protezione» rispose prontamente lui. «Ma sono anche disposto a fare la spia per voi, se è necessario.»
«Perché lo fai?» gli domandò lasciandosi andare alla sua curiosità.
Blaise le sorrise.
«Per la gloria di essere dalla parte giusta di questa guerra, ovviamente.»
 
Draco sognò di cruciare McLaggen quella notte, ma non sentì il consueto senso di colpa quando si risvegliò al mattino.
Era un’idiota; lo odiava e detestava ancor di più il fatto che la Granger gli aveva voltato le spalle per andarsene via con lui a fare Merlino solo sapeva cosa.
Fece una smorfia al pensiero delle sue mani sulla ragazza e quando pensò al modo osceno e indecente in cui si stavano muovendo sulla sua schiena, quasi gli venne da vomitare.
Potresti fare di meglio, Granger.   
Stava camminando lungo il corridoio di un’ala del sesto piano ormai quasi in disuso; non si era nemmeno reso conto di esser finito lì, tant’era assorto nei suoi pensieri.
Hai quasi ucciso uno dei suoi migliori amici. Credi sul serio che ci passerà sopra?
Sapeva di non poter biasimare la Granger per la freddezza che gli aveva mostrato, nonostante fosse certo che lei avesse capito che necessitava di parlarle, che voleva che restasse con lui; la Granger aveva ingoiato il suo orgoglio abbastanza, quando si trattava di lui. Non meritava quello che gli aveva dato fino a quel momento, figurarsi se poteva pretendere ancora di più da lei.
Non ti deve niente.
Gli aveva teso una mano nonostante fosse sempre stato orrendo nei suoi confronti, nonostante tutto il male che le aveva fatto in passato; lo aveva preso per mano e guidato fuori dall’oscurità più volte di quante ne fosse consapevole lei stessa; lui l’aveva ripagata mostrandole disgusto e repulsione e cacciandola via. Rifiutando il suo aiuto, come se anche solo il fatto che glielo stesse offrendo non fosse già più di quello che meritava, come se non significasse che la ragazza stesse facendo uno sforzo più grande del dovuto nei suoi confronti.
“Tu non meriti una seconda possibilità.”
Lo pensava veramente? O aveva parlato nell’impeto della rabbia per la questione dell’Idromele? Aveva veramente superato il limite, il punto di non ritorno?
Draco non aveva davvero più speranza?
Una fitta improvvisa all’avambraccio lo fece crollare sul pavimento; l’ormai familiare dolore si irradiò in tutto il suo corpo, dandogli l’impressione di venire arso vivo.
Merda. Non qui, non nel corridoio. Merda.
Provò ad alzarsi, cercando di raggiungere un’aula vuota in cui rinchiudersi finché non fosse finita, ma non riusciva a muoversi.
Hermione lo trovò così, accasciato al suolo, mentre agonizzante si contorceva dal dolore.
«Malfoy!» aveva urlato scioccata, per poi fiondarsi accanto a lui, cercando di capire cosa stesse accadendo.
Draco aveva spalancato gli occhi quando aveva sentito la sua voce. «G-Granger…»
«Malfoy, cosa…»
Non era una delle sue crisi, non era un attacco di panico, quello; Draco stava soffrendo, fisicamente. Le ricordava in modo spaventoso come si contorceva il ragno sotto l’effetto della Cruciatus di Barty Crouch Jr. durante il quarto anno.
Il biondo riusciva a malapena a parlare; indicò il suo avambraccio sinistro con un lieve cenno del capo e lei capì.
«Hai queste possibilità, Malfoy. Ti trascino o ti faccio levitare fino a quell’aula vuota lì» disse Hermione indicando una porta poco più avanti rispetto a dove si trovavano loro, «oppure ti aiuto ad alzarti e ci arriviamo camminando, ma dovrai farti sorreggere da una sudicia Sanguemarcio. Quale di questi oltraggi ti indispone di meno?»
Draco le lanciò un’occhiataccia.
Se solo sapessi, Granger, quanto poco credo che il mio sangue mi renda in alcun modo superiore a te, ormai
«Fossi in te deciderei in fretta, sento delle voci avvicinarsi.»
«Il modo più veloce, dannata strega!»
Hermione estrasse la bacchetta e pronunciò «Mobilicorpus»; il corpo di Draco venne immediatamente sollevato in aria e in pochi secondi raggiunsero l’aula vuota. La Grifondoro lo fece adagiare per terra con la schiena contro il muro, poi lanciò qualche Muffliato sulla porta e la sigillò con un Colloportus, per buona misura.
Sussultò quando udì un gemito di dolore sfuggire dalla gola del Serpeverde; gli fu nuovamente accanto e gli prese il braccio tra le mani. Lui prese ad agitarsi a quel gesto, mentre cercava di ritrarre l’arto, ma lei non mollò la presa; sbottonò i polsini e sollevò la manica.
Sgranò gli occhi quando vide che il Marchio era leggermente sollevato rispetto al resto della pelle, che era invece arrossata in maniera preoccupante, e… si muoveva.
Draco strizzò gli occhi e si voltò di lato, esibendo una smorfia di repulsione e vergogna verso sé stesso, l’eco dell’espressione supplichevole che le aveva rivolto per chiederle di non scoprirlo ancora visibile suo viso.
«Vi sta chiamando, non è vero?»
Lui annuì, continuando a lottare contro l’impulso di urlare per il dolore.
«Ma tu non puoi andare, perché non puoi lasciare Hogwarts» dedusse lei in un sussurro. «Per questo ti fa male?»
Draco annuì di nuovo.
Hermione deglutì. «Quanto dura, Malfoy?»
«Fin-finché n-non sci-scioglie la ri-riunione» rispose lui farfugliando.
La vide portarsi una mano sulle labbra. Non meritava la sua compassione; in cuor suo Draco sapeva di meritare quel dolore, era la giusta punizione per le sue colpe, colpe che andavano aumentando giorno dopo giorno. Normalmente sarebbe stato disgustato dall’idea che qualcuno potesse provare pena per lui, ma… ma Draco aveva ormai capito che era inutile continuare a fingere di essere come suo padre; non lo voleva assolutamente, comunque, e non ne era capace. Non lo aveva in lui. Come non aveva in lui la natura del Mangiamorte.
«Scommetto che una parte di te se la stia godendo, ah Granger?» commentò sardonico, stringendo forte i denti.
Hermione gli scoccò un’occhiataccia. «Non traggo piacere dalla sofferenza altrui, Malfoy» affermò in tono asciutto. Come poteva pensare questo di lei? Riusciva a malapena a tenere gli occhi su di lui, non sapeva neanche lei dove stesse trovando la forza di assistere a tanta agonia.
Draco aveva cercato in tutti i modi di reprimere le lacrime, ma non ce la faceva più a sopportare quel calvario in silenzio; scivolarono silenziose, mentre si mordeva la lingua per non gridare.
«Draco» la sentì mormorare spaventata, «cosa posso fare?»
Lui scosse la testa, rassegnato.
Niente, Granger.
«Ci sarà qualcosa…» provò a dire lei, puntando la bacchetta contro quel maledetto simbolo; il biondo spalancò gli occhi allarmato.
«N-no» farfugliò implorante. «È p-peggio s-se cerchi di l-lenire il d-dolore!»
Hermione ringhiò dalla frustrazione. Davvero non poteva fare niente? Si sentiva inutile, impotente.
Era diventato di un bianco quasi cadaverico e aveva iniziato a sudare freddo, a tremare, e lei aveva paura anche solo di pensare di toccarlo; poi, all’improvvisò, vide i suoi muscoli iniziare a rilassarsi.
Forse era finita.
«Draco?»
Il giovane respirò a fondo, riempiendosi i polmoni d’aria, lasciandosi pervadere dal profumo della Granger.
«Draco? C-cosa succede?»
«F-finita» mormorò lui, ma era ancora scosso dai tremiti.
«Non ti fa più male?»
Il Serpeverde si lasciò andare ad una risata amara.
«Fa sempre male dopo Granger, per ore, giorni a volte. Ma almeno non mi sembra più di venire arso vivo.»
La guardò asciugarsi le lacrime dal volto, e poggiarsi contro il muro accanto a lui; era pallida e scossa. Si sentì in colpa anche per averla sconvolta in quel modo.
«Succede spesso?»
«Sempre più frequentemente» ammise stancamente il ragazzo, mentre cercava ancora di stabilizzare il respiro e il battito del suo cuore.
«Sopporti tutto questo da quando sei tornato ad Hogwarts? Da solo?»
Draco non disse nulla, ma il suo silenzio valeva più di mille parole. Hermione avvertì una morsa all’altezza dello stomaco; non era più sicura di volergli voltare le spalle. Non poteva abbandonarlo dopo aver assistito a tutto ciò.
«Non ho mai chiesto niente di tutto questo» mormorò Draco con voce spezzata dopo qualche minuto di silenzio. «Stavo solo cercando di proteggere la mia famiglia» aggiunse poi in un sussurro, incerto se stesse parlando con lei o con sé stesso. «Mia madre» specificò infine.
Non era più sicuro che avrebbe sopportato tutto quello per Lucius Malfoy, non quando lo considerava ormai il vero responsabile del declino della sua famiglia e la causa del suo inferno personale.

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Capitolo 20
*** CAPITOLO 15 ***


CAPITOLO 15








 

 

Il Signore Oscuro si muoveva in cerchio attorno a lui, il suo volto una maschera di sadismo e crudeltà.
«Puoi salvarne solo uno» stava dicendo, mentre Draco guardava spezzato le figure sofferenti che si stagliavano dinnanzi a sé.
Lucius e Narcissa Malfoy, con le braccia sollevate per aria e i polsi costretti in pesanti catene che scendevano dal soffitto; Hermione Granger, costretta invece in ginocchio, con i polsi sanguinanti e squarciati dalle pesanti corde con le quali era stata immobilizzata.
«Uccidi gli altri due»
La ragazza lo guardò per un istante, poi chiuse gli occhi.
“Evidentemente ho sbagliato a pensare che potesse esserci del buono in te”
 Un fascio di luce verde…
 

Draco scattò a sedere sudato, con le lacrime che gli rigavano il viso, incontrollate; si affrettò ad asciugarsele e si gettò fuori dal letto, vestendosi mentre camminava. Sgusciò fuori dal dormitorio e poi dalla Sala Comune dei Serpeverde. Erano appena le cinque del mattino.
Si diresse a passo svelto verso il bagno dei Prefetti e, una volta chiusosi dentro, riempì la vasca d’acqua fredda e vi si immerse.
Sobbalzò quando il suo corpo entrò in contatto con l’acqua fredda, ma dopo essersi abituato allo sbalzo di temperatura avvertì un’ondata di piacere, mentre i suoi muscoli si rilassavano.
Si poggiò pigramente contro il bordo della vasca e chiuse gli occhi.
Ripercorse nella sua mente gli eventi che lo avevano portato lì, a quel momento; la Coppa del Mondo di Quidditch, la morte di Diggory, l’Ufficio Misteri, l’arresto di suo padre, le minacce di Bellatrix, il Marchio Nero, la collana, l’Idromele, il Signore Oscuro che lo costringeva a torturare Rowle… Rowle, un suo stesso seguace, uno tra i più convinti, nondimeno.
“Draco, mio giovane servitore”
Draco aveva ormai compreso che il Signore Oscuro non aveva seguaci, lui aveva dei servitori. E come tali, ognuno di loro era sostituibile, sacrificabile e punibile.
Una risata amara sfuggì alle sue labbra.
Gli era più che chiaro che quella missione non gli era stata affidata perché lo riteneva speciale, o potente; gli era stata affidata come punizione per il fallimento di suo padre all’Ufficio Misteri. Draco si era reso conto che stava pagando per gli errori di suo padre; che l’ideologia che gli era stata sempre imposta e che Lucius sosteneva con tanta fermezza non aveva portato altro che dolore, miseria e vergogna sulla sua famiglia. Suo padre gli aveva sempre descritto il suo futuro come se lui fosse destinato a fare grandi cose, ma tutto ciò che riusciva a vedere era una vita da schiavo al servizio di un pazzo. Cosa sarebbe successo se il Signore Oscuro avesse vinto? Cos’altro gli avrebbe chiesto di fare? Quali ordini sarebbe stato costretto ad eseguire, uccidendo volta per volta un pezzo della sua anima, sacrificando sé stesso senza mai avere la garanzia di riuscire a tenere la sua famiglia al sicuro?
Vaffanculo, pensò. Era davvero compito suo quello di proteggere i suoi genitori, sacrificarsi per i loro ideali, se erano stati essi stessi a mettere in pericolo la sua vita in primo luogo? Dopo che lo avevano fatto marchiare come una bestia e lo avevano mandato al macello?
No, Draco non gli doveva niente, almeno, non gli doveva piena lealtà.
Aveva idolatrato suo padre per tutta la vita, lui l’aveva ripagato facendogli ottenere una missione suicida; aveva insultato la Granger per cinque anni e lei gli aveva teso una mano e lo aveva aiutato quando si sentiva soffocare e lo aveva fatto nonostante sapesse che ci fossero altissime probabilità che lui su quella mano ci sputasse il suo veleno, il suo disgusto, il suo odio.
Ma dopo tutte le volte che aveva cercato la sua voce e che questa lo aveva tirato fuori dalle tenebre, Draco poteva davvero dire di odiare la Granger? Dopo aver sentito il suo profumo nell’Amortentia, poteva dire di averla mai odiata davvero?
Dopo averla vista sacrificare il suo amato orgoglio da Grifondoro per cercare di salvare la persona che più di chiunque altro aveva cercato di affondare lei, sarebbe stato capace di farle del male, se gli fosse stato chiesto?
Draco non lo sapeva, ma era sicuro di non volere una risposta a quel quesito; non voleva scoprire di quanto in basso sarebbe stato in grado di cadere in nome della sopravvivenza.
Lo aveva provato più volte, a sé stesso e agli altri, che non era in grado di sopportare la vista e l’esecuzione di torture, né tanto meno di togliere lui stesso la vita a qualcuno; che non aveva in lui la natura del Mangiamorte.
E poi, lui era un fottutissimo Malfoy, cavolo. E non importava quale significato suo padre avesse dato al loro cognome, per lui essere un Malfoy decisamente non voleva dire essere il cagnolino servile e obbediente di uno psicopatico.
No, Draco non era disposto a vivere in quel modo.
Ma aveva una speranza di riportare la Granger nelle sue grazie? Non gli aveva chiesto di farsi aiutare, quando lo aveva coperto l’ultima volta che aveva affrontato le conseguenze del fottuto Marchio sul suo braccio, però lo aveva percepito; aveva percepito di aver fatto di nuovo breccia nella sua corazza e forse, se fosse andato lui da lei e le avesse detto che la vedeva ora, quella via d’uscita che inizialmente era stato così ottuso da non vedere, che era disposto ad accettare il suo aiuto… forse lei non gli avrebbe voltato le spalle. Perché Draco lo aveva capito, che era lei quella buona e giusta. Che non era il fronte dei suoi genitori, la parte in ragione di quella guerra; non poteva più ignorarlo, non dopo ciò che aveva visto, non dopo le crudeltà a cui aveva assistito e che lo torturavano ogni notte nei suoi incubi.
Draco aveva capito che se aveva davvero una possibilità di sopravvivere, quella non consisteva nell’assecondare il Signore Oscuro, né nell’abbracciare lo stile di vita dei Mangiamorte.
Se Draco voleva sopravvivere, doveva rivolgersi alla parte buona della storia.
Doveva chiedere la protezione dell’Ordine della Fenice.
E sperare che fossero realmente altruisti e disposti al dialogo come professavano di essere.
La Granger. Devo parlare con la Granger.
 
Era rimasta più sconvolta di quanto ci tenesse ad ammettere dalla vista di Malfoy in preda al dolore per il Marchio bruciante. Chiunque altro avrebbe potuto dire che si era cercato quello che gli stava accadendo, che stava pagando per i suoi peccati e affrontare le conseguenze delle sue decisioni era la sua punizione, per quanto cruda potesse essere. Ma Hermione no, non poteva stare a guardare mentre un ragazzo della sua età soffriva in quel modo; non poteva non fare niente.
Non gli devi niente, lui non vuole il tuo aiuto.
Ma non era proprio quella la differenza tra i due fronti? Quello per cui combatteva Hermione lottava per la giustizia e la compassione; in quale universo abbandonare un ragazzo in quelle condizioni, in quella situazione, non cercare di salvarlo, poteva essere considerata la cosa giusta da fare? Anche se quel ragazzo era Draco Malfoy.
“La prego, Signorina Granger, di tenerlo a mente, se dovesse capitarle di dover decidere se tendere una mano ed esporsi al rischio di soffrire nuovamente. Potrebbe significare tutto, per qualcuno, anche se inizialmente non dovesse capirlo”
Le parole di Silente riverberavano ancora nella sua mente, quando sentì una mano afferrarla per un braccio e un’altra chiudersi serrata sulla sua bocca per impedirle di urlare; venne spinta dentro un vecchio e buio armadio delle scope. Anche se non riusciva a vedere niente, avvertì lo stesso il lancio di una serie di incantesimi, probabilmente contro la porta.
Cercò di tirare fuori la bacchetta per difendersi, ma quando udì la voce di Malfoy la riabbassò.
«Sono io, Granger»
Da quando riconoscere Malfoy in una situazione come quella era motivo per abbassare la bacchetta e non per estrarla?
«Ti è dato completamente di volta il cervello, furetto?» sbottò indignata lei, incrociando le braccia al petto. «Mi hai spaventata a morte!»
«Lumos!» esclamò il Serpeverde, interponendo la bacchetta tra i coloro corpi; nonostante le volte in cui Hermione lo aveva aiutato, quella era probabilmente la volta in cui si erano ritrovati più vicini.
Draco quasi rise quando vide la sua espressione accigliata.
«Te l’avevo detto che avresti dovuto avere paura di me.»
La ragazza alzò gli occhi al cielo, poi sorrise. Gli aveva puntato la bacchetta al petto.
«Stavo solo scherzando, Granger…»
«Tu non scherzi mai con me» asserì lei in tono asciutto. «Cosa vuoi, Malfoy?»
Si sentiva a disagio, Hermione; voleva uscire da quel posto claustrofobico e isolato. Per quanto non temesse davvero il giovane che era lì con lei, non riusciva a fare a meno di pensare al Marchio che portava sul suo braccio, a quello che implicava. E a ciò che era lei.
Draco deglutì. «Parlarti.»
Lei lo fissò con aria interrogativa, ma non smise di osservarlo in maniera guardinga, né allontanò la bacchetta da lui.
Il biondo emise un sospiro rassegnato.
«Sono così stanco, Granger, sai?»
«Di cosa?» domandò confusa lei, la fronte corrugata. Che stava passando, Malfoy? Gli avevano lanciato un Confundus?
«Di tutto. Di odiarti, di odiare ciò che rappresenti. Di combatterti…»
La vide schiudere le labbra in preda alla sorpresa.
Ok, non era esattamente quello che aveva pensato di dirle inizialmente, però era la verità.
«E, su più larga scala, di stare sul fronte sbagliato di questa guerra. In altre parole, Granger… Accetto la tua offerta.»
Hermione restò in silenzio per qualche istante, fissandolo ad occhi sgranati. Si aspettava che le ridesse in faccia da un momento all’altro, ma non lo fece; anzi, Malfoy continuò a guardarla con un’espressione indecifrabile.
«Sempre che sia ancora valida» aggiunse cercando di mantenere fermo il tono della sua voce, per incitarla a dire qualcosa, qualsiasi cosa.
«T-tu… Eh
Draco sbuffò; che fine avevano fatto le capacità espositive della Granger?
«Mi hai sentito, non intendo ripetermi.»
«T-tu vuoi… davvero voltare le spalle a Voldemort?»
Il Serpeverde trasalì nell’udire quel nome, ma non fece alcun commento al riguardo.
«Granger, che c’è? Non hai ancora preso il tuo caffè mattutino e il tuo cervello lavora a scoppio ritardato?»
Lei parve riscuotersi sentendo quelle parole acide.
«Perché dovrei crederti, Malfoy? Potrebbe far parte di un qualche assurdo piano. So che Voldemort ti ha ordinato di uccidere Silente!»
Draco sobbalzò, ma non aveva senso negare. «Lo hai detto al vecchio?»
Non lo avrebbero mai aiutato se aveva rivelato quella parte della sua missione.
Dannata strega! Non avresti potuto scoprire invece dell’Armadio Svanitore?
«Sei uno sciocco se pensi che Silente non lo sappia già» lo avvisò lei. «E non perché gliel’ho detto io, o perché Harry sospetta di te da quest’estate, ma perché è Silente
Il biondo fece una smorfia.
«E comunque, tu sei stato abbastanza palese nei tuoi intenti. Tutti quei tentativi falliti, quegli oggetti indirizzati a lui…»
«Va bene, Granger, ho capito» sbottò lui irritato. «Allora, mi vuoi dare una risposta o no? Sta iniziando a diventare soffocante, qui dentro!»
Hermione roteò gli occhi, pensando fosse un riferimento al trovarsi chiuso in uno spazio ristretto con una Nata Babbana, credendo fosse un insulto velato. Aveva detto che era stanco di odiarla e di combatterla, non che aveva capito che non ci fosse alcuna differenza di sangue tra i maghi.
«Dammi un motivo per crederti Malfoy» rispose lei, «uno solo. E io ti darò l’aiuto che ti avevo offerto, nonostante tutto
Draco ponderò le sue parole. Cosa avrebbe potuto dirle? Avrebbe dovuto aspettarsi una richiesta del genere, avrebbe dovuto immaginare che non si sarebbe semplicemente fidata della sua parola. Non era un mistero per nessuno che la Granger fosse sveglia, per forza avrebbe voluto delle prove… rischiava di mettere in pericolo tutti coloro a cui teneva dandogli una mano, se le sue intenzioni fossero state a scopo doppiogiochista.
«E se ti dicessi che ho sbagliato di proposito il Distillato della Morte Vivente, per non vincere la Felix Felicis e non assicurarmi di avere davvero i mezzi per uccidere Silente?»
Lo aveva fatto davvero, forse anche inconsapevolmente; un leggero, impercettibile errore di dosaggio… Con la Felix Felicis non avrebbe avuto più scusanti, avrebbe dovuto uccidere, diventare un assassino.
Lei continuò a fissarlo scettica.
Draco ci riprovò.
«Se ti dicessi che è da quando siamo tornati dalle vacanze che voglio accettare la tua offerta?»
«Hai quasi ucciso Ronald» obiettò lei, in tono accusatorio.
«Quella bottiglia l’avevo fatta consegnare mesi fa, Granger. Molto prima di iniziare a considerare davvero l’idea che avessi… altre opzioni.»
Hermione si morse il labbro inferiore.
«Dovrai darmi qualcosa in più di questo, Malfoy. Mi dispiace.»
Il biondo ringhiò dalla frustrazione. Non era bravo in quella roba da Grifondoro, non gli era stato insegnato ad essere diretto e sincero e tutte quelle cose da Tassi.
«Granger, mi hai visto, per Salazar! Non lo sopporto più, non lo reggo più!» esplose quasi urlando. «Non riesco più a respirare, a concentrarmi su niente, vivo in un costante stato di ansia e non faccio che chiedermi cosa cazzo potrebbe ordinarmi di fare la volta dopo! Io non voglio uccidere nessuno! Nessuno
Chiuse gli occhi ed inspirò ed espirò profondamente; doveva calmarsi, perdere le staffe con la Granger non era una buona mossa se sperava davvero di ottenere qualcosa.
«Non sono… Non sono un assassino. E non voglio diventarlo
L’espressione che comparve sul volto di Malfoy mentre pronunciava quella confessione le fece stringere il cuore.
«Cosa ti ha chiesto di fare, qui ad Hogwarts? Oltre alla storia di Silente» domandò a voce bassa.
Draco deglutì.
«Dovevo trovare un modo per far entrare i Mangiamorte nel castello.»
Hermione trasalì. «Eri da Borgin & Burkes per questo? C’entra qualcosa quel grosso armadio che stavi guardando?»
Il biondo assottigliò gli occhi.
«Quanto cazzo siete ficcanaso» commentò seccato. «Però sì. È un Armadio Svanitore.»
Lei gli sorrise. «Lo so.»
«Cosa?» esclamò scioccato il ragazzo.
«Ci eravamo arrivati. Ma perché serva a qualcosa, ci sarebbe bisogno di un gemello…»
«E c’è. Nella Stanza delle Necessità. I gemelli Donnola ci hanno chiuso dentro Montague l’anno scorso, ma è rotto… stavo cercando di ripararlo per aprire il passaggio.»
«Geniale» non riuscì a trattenersi lei. «Voglio dire, orrendo, sei un bastardo e l’uso che volevi farne è deplorevole, ma… geniale
Draco alzò un sopracciglio, ma quasi sorrise nel sentire il commento di apprezzamento della Granger al suo piano. Era davvero così poco abituata alla gente che sapesse utilizzare il cervello?
«Lo hai aggiustato?»
Draco arrossì leggermente e ringraziò la scarsa luminosità nella stanza che nascose quella reazione involontaria del suo corpo.
«No e non ci ho più riprovato da quando siamo tornati dalle vacanze» disse seccamente.
Hermione annuì e tirò un respiro di sollievo.
«Granger, senti. So che non hai motivo di fidarti di me, ma… Non voglio essere schiavo del Signore Oscuro per l’eternità. Non voglio fare le cose che mi chiede di fare. Per favore, tirami fuori da questa merda!»
«Come faccio a crederti quando vai in giro riferendoti a lui con quell’appellativo riverenziale, con servilismo e timore…»
«Ma io lo temo, Granger. Non ho problemi ad ammetterlo, non sono un fottuto Grifondoro con tendenze suicide e tu… Tu non hai visto quello che fa…» la interruppe lui, deglutendo; solo il ricordo della sua voce serpentina nella sua testa lo faceva rabbrividire, figurarsi ripensare a tutto il resto. Cercò di spingere via i ricordi per evitare che lo sopraffacessero, tutto quel sangue… il rosso
Hermione si accigliò. «Malfoy, ti ricordi che è con me che stai parlando?»
«Non lo hai visto come l’ho visto io, Granger!» sbottò Draco, ma perché non voleva capire?
«Non hai mai sentito la sua voce nella tua testa, la sua bacchetta premuta contro la tua pelle o contro quella di tua madre. Non ti sei svegliata ogni cazzo di giorno per mesi con le urla della gente torturata da Bellatrix. Non hai visto la casa in cui ti sei sempre sentita al sicuro trasformarsi nel tuo inferno personale! Non hai visto così tanto sangue da vedere rosso ogni volta che sbatti le palpebre!»
Fece una pausa e trasse un respiro profondo.
«Voglio uscirne, Granger» mormorò, e lo disse in un tono così supplichevole, così poco da Draco Malfoy che la convinse.
«Allora andiamo a parlare con Silente.»

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Capitolo 21
*** CAPITOLO 16 ***


CAPITOLO 16






 

 


Quasi tutto il castello era impegnato con le lezioni, per cui non fu difficile per i due ragazzi raggiungere il grosso gargoyle che portava all’ufficio del Preside senza essere visti. Sperò che l’assenza di entrambi a Pozioni non destasse sospetti, ma poi dovette ammettere che nessuno sano di mente avrebbe mai pensato che fossero insieme.
«Api frizzole» disse con sicurezza Hermione e Draco le rivolse uno sguardo sbalordito.
«Come facevi a sapere… oh, lascia perdere!»
La Grifondoro esibì un mezzo sorrisetto e gli fece cenno di seguirla sulle scale; bussò decisa alla porta di Silente.
«Avanti, signorina Granger…» la invitò ad entrare, per poi aggiungere «…E signor Malfoy.»
Se fosse sorpreso di vederli insieme, non lo diede a vedere minimamente.
«Professore, ci scusi per il disturbo. Ma… Dobbiamo parlarle urgentemente, è importante.»
Il Preside sorrise. «Ne sono certo, non salterebbe delle lezioni per cose da poco.»
Hermione arrossì; Draco si trattenne a stento dal ruotare gli occhi.
«Prego, accomodatevi.»
I due si sedettero sulle sedie di fronte a Silente; la Grifondoro si era lasciata cadere le mani in grembo e aveva preso a torturarsele, mentre Draco non sapeva dove posare lo sguardo per la… vergogna?
Che gli era saltato in mente? Forse era stato un madornale errore… Un Malfoy non avrebbe mai…
Taci, urlò nella sua testa alla parte plagiata del suo cervello che ancora, a volte, cercava di venir fuori e riprendere il controllo delle sue facoltà.
«Allora?»
Non sapeva da dove iniziare, Hermione, ma fortunatamente fu Draco a prendere l’iniziativa; sbottonò la manica della camicia della divisa e la sollevò, poggiando sgraziatamente l’avambraccio sul tavolo, dritto sotto gli occhi del Preside… che non accennò al minimo sgomento.
«Ho preso il Marchio quest’estate, dopo l’arresto di mio padre. Il Signore Oscuro mi ha affidato una missione, due compiti in realtà, da portare a termine qui ad Hogwarts. Io non voglio farlo, me ne tiri fuori» affermò conciso il biondo.  
Hermione si voltò a guardarlo sgomenta; per essere, quello era un breve e al contempo preciso sunto della questione, ma avrebbe potuto almeno tentare di suonare un po’ più… accomodante.
Silente li osservava con aria imperscrutabile.
«Lo so» affermò semplicemente l’uomo e la fronte del Serpeverde si corrugò in risposta.
«Tentativi molto deboli di uccidermi, i suoi, signor Malfoy…»
La mascella di Draco cadde.
«Lei… lei sa che sono stato io
Il Preside annuì.
«Ma non ne aveva le prove. Ora mi denuncerà, non è vero?»
Ecco, si era fregato; magari era proprio quello il piano della Granger e lui era stato così stupido da cascarci in pieno, da credere veramente che fosse disposta a dargli una seconda possibilità dopo tutti i loro trascorsi…
«No, signor Malfoy. A Hogwarts un aiuto viene sempre concesso, a chi ne ha bisogno.»
Draco sbatté le palpebre, sinceramente confuso.
«Perché dovrebbe aiutarmi? Ho cercato di ucciderla, ho quasi ucciso due studenti!»
Un lampo di tristezza parve attraversare gli occhi di Silente, ma sparì talmente rapidamente com’era comparso che nessuno dei due ragazzi poté dirsi sicuro di quello che aveva visto.
«Quasi» ripeté il vecchio con convinzione. «Sono stato giovane anch’io, Signor Malfoy… E come tale ho fatto la mia dose di scelte sbagliate. Sai, sono un fervido sostenitore dell’importanza di concedere una seconda possibilità e, da quel che vedo» aggiunse lanciando uno sguardo di sottecchi ad Hermione, «non sono l’unico a pensare che lei meriti di averne una.»
Draco fu sul punto di sbottare, ma si sforzò di mantenere la calma.
«Ne sembrate così sicuri, cosa vi fa pensare che io meriti una seconda possibilità? Non ho fatto assolutamente niente per meritarmela.»
«Libero arbitrio, signor Malfoy» asserì Silente, «libero arbitrio. Non credo che a lei sia stato concesso, quando ha accettato di prendere quel Marchio; non credo che fosse pienamente consapevole di quello che comportasse.»
La Granger se ne stava seduta in uno strano silenzio che non era proprio da lei, ma Draco in cuor suo sapeva che, se si fosse reso necessario, lei sarebbe intervenuta in suo favore.
«Non sei un assassino, Draco.»
«Che ne sa lei di cosa sono io? Non sa cosa ho fatto!» ribatté il giovane, indignato all’inclinazione del Preside nel vedere il buono nelle persone più che il male.
Silente gli sorrise dolcemente.
«Sai, Draco. Il mondo non si divide in persone buone e Mangiamorte. Tutti abbiamo sia luce che oscurità dentro di noi. Ciò che conta è da che parte scegliamo di agire…»
«…È questo quello che siamo veramente» terminò per lui la Granger, tirando su con il naso.
L’uomo la guardo con aria triste. «Chiedo scusa, signorina Granger, se l’ho turbata citando il signor Black.»
Lei gli rivolse un timido sorriso e scosse leggermente il capo, come a dirgli di non preoccuparsi.
La Granger aveva un rapporto stretto con il padrino di Harry Potter? Draco si rese conto di non averne la minima idea; si chiese, per la prima volta in vita sua, che tipo fosse il cugino di sua madre. D’altronde aveva conosciuto solo il lato pazzo e sconsiderato della famiglia Black; com’era Sirius? Com’era sua zia Andromeda? La Granger la conosceva?
Il Preside si rivolse nuovamente verso di lui e lo guardò con un’espressione compassionevole che quasi gli fece rivoltare lo stomaco.
«Sai, anni fa conobbi un ragazzo che fece tutte le scelte sbagliate e non si lasciò aiutare. Vedi, Draco, so della tua missione fin dall’inizio. Sapevo già che avessi preso il Marchio.»
Hermione ebbe la conferma che le parole che Silente le aveva detto quell’estate, alla Tana, erano riferite proprio al biondino seduto accanto a sé; le stava veramente chiedendo, velatamente, di salvarlo.
«Speravo solo che lei agisse diversamente e, a quanto vedo, non ero l’unico a nutrire delle speranze su di lei» aggiunse il Preside, guardando di nuovo la Grifondoro.
«Mi aiuterà quindi? Mi nasconderà?»
Silente gli sorrise e si rivolse al quadro di Phineas Nigellus Black appeso al muro alle loro spalle.
«Sai cosa fare, Phineas.»
L’ex preside sbuffò dalla teca e, dopo aver lanciato un’occhiataccia ad Hermione, sparì dal suo ritratto.
Piton irruppe nell’ufficio proprio in quel momento e, alla scena che gli si parò davanti, gli si infuocò lo sguardo.
«Mi ha mandato a chiamare, Preside?»
Draco raggelò; non Piton. Piton era un Mangiamorte, lui lavorava per il Signore Oscuro… Aveva ingoiato il suo orgoglio per niente, sarebbe morto comunque; sua madre sarebbe morta, anche la Granger sarebbe morta. Si voltò a guardarla e anche lei sembrava irrequieta alla presenza del professore.
Le reazioni che entrambi avevano avuto al suo ingresso non fecero che confermare i sospetti che nutrivano nei confronti di Piton: da che parte stava realmente?
Draco non si fidava di lui, la Granger non si fidava di lui; era un Mangiamorte o una spia? Era un membro dell’Ordine o una spia?
«Oh, sì Severus. Ma aspetta un attimo, sta tornando Phineas.»
«Remus dice che se il giovane Malfoy è disposto a stringere un Voto Infrangibile, per la sicurezza dei suoi membri, l’Ordine acconsentirà alla sua richiesta.»
Piton gli rivolse uno sguardo omicida che aveva tutta l’aria di urlare ‘cosa diavolo hai fatto?’.
Draco deglutì.
Non si aspettava che gli chiedessero di stringere un Voto Infrangibile… Ma data la nota natura opportunistica dei Malfoy, nel sentire quelle parole, non fu affatto sorpreso.
«Ad una condizione» disse prima di poterci ragionare veramente. «Che i miei genitori non subiscano conseguenze a causa della mia diserzione.»
Piton alzò un sopracciglio.
«Signor Malfoy, sono certo che comprenda che, sebbene si possa fare qualcosa per sua madre, la posizione di suo padre è alquanto…»
«Sono certo di poter escogitare qualcosa, Draco» lo interruppe Silente; «Ma, se vuoi il mio consiglio, non legare a loro il tuo Voto
Potrebbero comunque appoggiare il Signore Oscuro anche a discapito della tua vita; il resto di quella frase rimase in sospeso, ma il Serpeverde la sentì comunque rimbombare nella sua testa.
Si ritrovò a riflettere su come le persone che gli era stato insegnato a disprezzare e che lui aveva disdegnato senza porsi domande, erano le stesse che gli stavano mostrando gentilezza, quelle che sembravano tenere alla sua vita, mentre coloro che avrebbero dovuto proteggerlo lo avevano mandato al macello senza neanche provare a cercare un modo per impedirlo, per metterlo al sicuro.
«Facciamolo» li incalzò, temendo che qualcuno potesse tirarsi indietro; incluso sé stesso, non si fidava molto neanche del suo cervello, vista l’instabilità che aveva mostrato nell’ultimo periodo della sua vita.
Non chiese di inserire la condizione sui suoi genitori come parte del Voto; presupponeva che non fosse necessario, essendo loro la parte buona avrebbero dovuto mantenere la parola data e basta.
«Se vuole prendere la mano della signorina Granger…»
«Cosa?» esclamò scioccata lei. «Stringerà il Voto… con me
La verità era che l’idea del Voto Infrangibile terrorizzava Hermione, l’idea che fosse vincolante al punto da causare la morte se una delle due parti lo avesse infranto...
Draco la guardò preoccupato; si stava tirando indietro? Legare in quel modo la sua vita a lui era un prezzo troppo alto da pagare per la sua salvezza?
Ma poi la ragazza gli tese la mano, senza incrociare il suo sguardo; Hermione pensava allo sforzo che avrebbe richiesto a Malfoy doverla stringere. Il Serpeverde la afferrò senza esitazione.
Piton lanciò l’Incanto.
«Vuoi tu, Draco Lucius Malfoy, giurare fedeltà e assicurare la tua lealtà all’Ordine della Fenice in cambio di protezione?» disse Silente, scandendo le parole.
«Lo voglio
«E vuoi tu, Draco Lucius Malfoy, giurare di non fare niente, né dire niente, nel corso di questa guerra, che potrebbe mettere a rischio la sicurezza dell’Ordine o dei suoi membri?»
Draco deglutì.
«Lo voglio
«E vuoi tu, Draco Lucius Malfoy, giurare di non tornare indietro sui tuoi passi?»
«Lo voglio
Un sottile filo di luce apparve, intrecciando le mani e gli avambracci dei due studenti; poi scomparve sotto la loro pelle.
«Bene» asserì Silente. «Hai fatto la scelta giusta, Draco. Ma toglimi una curiosità, ora. Perché non hai accettato l’aiuto del professor Piton?»
Il biondo lo guardò sbattendo le palpebre.
Quindi Silente sapeva anche di Piton.
«Mi stava offrendo aiuto per portare a termine la missione che il Signore Oscuro mi aveva affidato» rispose onestamente lui. «Non era l’aiuto di cui avevo bisogno, non era ciò che volevo.»
Il Preside gli rivolse uno sguardo incuriosito.
«E cosa volevi, se posso chiedere?»
«Una via di uscita» mormorò con voce flebile, mentre non riuscì ad impedirsi di incrociare lo sguardo della ragazza al suo fianco.
*
«Prima di parlarvi della mia idea» esordì Silente, tornando a sedersi sulla sua poltrona. «Ho bisogno che tu mi dica, Draco, qual era il secondo compito che Voldemort ti ha assegnato.»
Draco si sforzò di non trasalire al nome del Signore Oscuro.
«Voleva che facessi entrare i Mangiamorte nel castello. Ho… Ho trovato l’Armadio Svanitore nella Stanza delle Necessità, stavo cercando di ripararlo… C’è un gemello da Borgin & Burkes, formano un passaggio» raccontò il giovane tenendo lo sguardo basso sulle sue ginocchia.
«Non ci ho più provato, però, da quando ho deciso di accettare l’offerta della Granger» precisò repentinamente.
«Molto astuto, Draco, molto astuto…» commentò Silente, guardandolo ammirato.
Il Serpeverde si chiese quale fosse il problema di quella gente; forse, semplicemente, apprezzavano la genialità in tutte le sue forme e riconoscevano un buon piano anche quando era stato ideato a loro discapito?
«…Ma ho bisogno che tu continui a provare.»
Il biondo sgranò gli occhi.
«Cosa?»
«Hai posto, come condizione per il tuo Voto, che i tuoi genitori non subiscano alcun danno a causa della tua decisione di disertare i Mangiamorte. Quindi, non possiamo far capire a Voldemort o ai suoi seguaci che gli hai voltato le spalle» spiegò il Preside.
«E come farete a nascondermi senza che lo scoprano?»
Silente gli sorrise.
«Fingeremo la tua morte, Draco.»
Avvertì la Granger sussultare sulla sedia e lui stesso sgranò gli occhi incredulo.
Aveva sentito bene?
«Faremo credere loro che un tentativo di assassinarmi sia finito male.»
«Non funzionerà» asserì prontamente lui. «Piton ha stretto un Voto Infrangibile con mia madre e Bellatrix era presente. Ha giurato di proteggermi; se io muoio nel tentativo di portare a termine la missione e Piton è vivo, lo capiranno…»
«Funzionerà» intervenne Piton freddamente. «Per precauzione, sua madre ha obliviato Bellatrix subito dopo aver stretto il Voto, signor Malfoy. L’unica persona che capirebbe che in realtà è vivo, sarebbe Narcissa. Crede di potersi fidare?»
Draco deglutì. Lo avrebbe coperto? Sua madre ci teneva abbastanza a lui da non svelare quel segreto? Poteva contare sulla protezione di Narcissa Malfoy?
Si rese conto con orrore che non avrebbe potuto metterci la mano sul fuoco.
La Granger lo osservava con le labbra leggermente dischiuse, probabilmente scioccata dalla sua esitazione; un genitore, si supponeva, avrebbe dovuto dare la propria vita per tenere al sicuro quella del figlio... Come avevano fatto i genitori di Potter.
Draco non era affatto sicuro che i suoi genitori avrebbero fatto altrettanto per lui; pensò che la Granger stesse certamente pensando a quanto fosse triste la cosa. Represse l’accenno di nausea al pensiero che qualcuno potesse provare pena per lui.
«Credo… Credo di sì?»
Ci doveva essere un motivo, dopotutto, se aveva obliviato sua sorella.
«Perfetto, se ora poteste uscire, gentilmente, ed aspettare fuori… Ho bisogno di scambiare due paroline in privato con Severus.»
 
«Un Voto Infrangibile» borbottò Hermione indignata non appena furono soli. «Un fottuto Voto Infrangibile
Draco la guardò con aria interrogativa.
«È da barbari» chiarì lei, visibilmente irritata. «Le implicazioni del Voto…»
«Granger, capisco perfettamente perché hanno deciso di porla come condizione per aiutarmi» la interruppe lui, in tono ragionevole. «Neanche io mi sarei fidato e basta, al posto loro.»
La verità era che il Serpeverde era contento che non gli avessero dato modo di avere ripensamenti; per quanto avesse compreso che la sua decisione fosse quella giusta e non se ne pentisse minimamente, non voleva rischiare che la presa dei suoi genitori su di lui, di suo padre in particolare, potesse in qualche modo riguadagnare influenza sulla sua mente, portandolo a fare ulteriori cazzate di cui si sarebbe pentito amaramente dopo.  
Aveva sbagliato abbastanza, in nome della concezione di essere un Malfoy che aveva Lucius, in nome di ideali contorti in cui lui non credeva più; si chiese se ci avesse mai creduto veramente o se stesse solo, inconsciamente, assecondando suo padre.
Hermione sbuffò. «Non pensavo che ti avrebbero chiesto di fare una cosa del genere, voglio che sia chiaro.»
Draco quasi le sorrise. «Non sono arrabbiato, Granger.»
 
«Il ragazzo aveva ragione, Severus» disse risoluto Silente. «Avresti dovuto cercare di tirarlo fuori fin dall’inizio.»
«Ha sempre fatto capire di essere orgoglioso del compito che gli era stato affidato, Preside. Non mi ha mai dato modo di pensare che volesse una via d’uscita.»
«Forse, non si fidava abbastanza di te» concluse il Preside.
«Temo che non si fidi tutt’ora» considerò Piton.
«Il compito di uccidermi passerà a qualche altro ragazzo, Severus» dichiarò Silente, il tono di voce pieno di rammarico. «Abbiamo salvato il signor Malfoy, ma qualcun altro prenderà il suo posto. È fondamentale che tu ricordi la tua parte del nostro accordo. Devi essere tu ad uccidermi; il Voto stretto con Narcissa Malfoy resta vincolante. Se non mi uccide Draco, dovrai farlo tu. E credo sia questo il motivo per cui, egoisticamente, non hai cercato di tirarlo fuori fin da subito.»
Il professore distolse lo sguardo da lui.
«Una parte di te sperava che il ragazzo ci riuscisse. Davvero deludente, Severus, che tu non abbia preferito proteggere la sua anima.»
«Non credevo ci fosse niente da salvare, Preside. La signorina Granger deve aver fatto un miracolo, deve averlo cambiato» ribatté Piton. «Il signor Malfoy credeva fermamente nella…»
«Severus, Severus, Severus. Non mentire a te stesso; sai meglio di me che Draco ha cercato di impedire ai suoi compagni di andare all’Ufficio Misteri, lo scorso anno. Sai che ha passato la maggior parte di quest’anno chiuso in un bagno a combattere i suoi demoni. Non ha mai creduto fermamente in nulla; semplicemente, doveva ancora iniziare a porsi delle domande.»
Piton sbuffò e decise di spostare il discorso altrove.
«Come dobbiamo procedere?»
«Ci devo pensare bene. Intanto, designerò la signorina Granger come contatto di Draco per l’Ordine, non ha senso scegliere qualcun altro dal momento che lui si fida già di lei.»
Il professore fece una smorfia.
«Non lasciare che il tuo passato influenzi il tuo giudizio, Severus. La signorina Granger non è Lily
 
Quando Hermione e Draco furono liberi di andare era già ora di pranzo.
Silente li aveva fatti rientrare poco dopo nel suo ufficio e gli aveva spiegato che la Grifondoro sarebbe divenuta il contatto di Malfoy per l’Ordine; gli aveva inoltre detto che avrebbe messo a disposizione per loro un vecchio dormitorio in disuso, che secoli prima veniva utilizzato per le scuole ospiti del Torneo Tremaghi e di cui nessuno a parte i docenti conosceva l’ubicazione, dato che Durmstrang e Beauxbatons avevano preferito dormire nei loro mezzi quando erano stati a Hogwarts due anni addietro. Lo scopo di quella sistemazione era che avessero un luogo sicuro dove incontrarsi per parlare e scambiarsi informazioni, e dove nascondere Draco una volta portato a termine il sotterfugio della sua finta morte. Silente gli aveva inoltre concesso di continuare gli studi, occupandosi personalmente di lui e contando sulla collaborazione di Hermione, che si era fatta carico del compito di portargli gli appunti delle lezioni, dal momento che seguivano gli stessi corsi, con estrema sorpresa di Draco.
Non credeva che la Granger avrebbe dato una mano sul lato accademico all’unico rivale degno di tale nome che avesse mai avuto scolasticamente parlando.
Il Preside le aveva chiesto, inoltre, di non dire nulla ai suoi amici finché non si fosse reso strettamente necessario; lei aveva acconsentito dopo un attimo di esitazione, non si sentiva a suo agio con l’idea di mentire a Ron e Harry… e Draco aveva percepito il suo disagio. Pensò che la giovane dovesse essere veramente buona di cuore per rischiare un diverbio con i suoi amici per… lui.
Buona di cuore, rifletté. Un tempo le avresti dato della stupida.
Non l’avrebbe insultata e derisa per il fatto di credere in lui, non quando era stata la prima persona al mondo a farlo veramente; Draco si era reso conto che, al contrario, non l’avrebbe ringraziata mai abbastanza per quello che stava facendo per lui.  
Non che l’avesse mai ringraziata affatto.
Si chiese cosa stesse per domandare al Preside prima che lui specificasse che il dormitorio in questione fosse indisegnabile, ma non fece in tempo a fare ipotesi, perché la Granger si fermò all’improvviso e si nascose dietro un’alcova; il Serpeverde la seguì confuso.
«Che succede, Granger?»
«Volevo dirti che puoi stare tranquillo, non sarò io il tuo contatto con l’Ordine» dichiarò in tono asciutto. «Chiederò che ti venga assegnato qualcuno di più, ehm, adatto
Il cuore di Draco aveva mancato un battito a quelle parole; d’altronde la Granger non gli aveva mai offerto il suo aiuto, si era offerta di metterlo in contatto con gente che avrebbe potuto aiutarlo, era diverso. Ma chi poteva essere più adatto di lei a gestire quella cosa?
Un Purosangue rispose la vocina nella sua testa. Sta pensando che tu non voglia comunque avere a che fare con lei.
Stupida Granger. Draco pensò che se non lo avevano fatto impazzire il Signore Oscuro e Bellatrix, fino alla fine di quella storia, ci avrebbe pensato la Granger.
«No», disse immediatamente, pentendosi un secondo dopo del modo repentino con cui aveva risposto; gliel’aveva quasi urlato, a dir la verità.
Si era immaginato a doversi ritrovare con Weasley o Paciock come referenti ed era stato completamente ripugnato dall’idea; strategicamente parlando, fare affidamento sulla Granger era l’opzione migliore.
Strategicamente parlando, ovviamente.
«Hai già fatto abbastanza, Granger» aggiunse rapidamente, distogliendo lo sguardo da quello di lei. «Va bene così»
Draco non si sarebbe comunque fidato di nessun altro, oltre Hermione Granger.
La ragazza annuì.
«A meno che tu non preferisca…»
«No, no. Per me va bene» lo interruppe mite lei, puntellandosi sul posto con lo sguardo basso.
Non ho mai avuto problemi con te, io. Se non quelli che hai creato tu, Draco sapeva che aveva pensato questo, ma che era stata troppo gentile per dirlo ad alta voce.
Si schiarì la voce.
«Dovremmo andare.»
 
In sei anni della sua vita non aveva mai visto la Granger così silenziosa e la cosa lo stava irritando profondamente. Si era pentita? Tra la sua parte nel Voto Infrangibile e la sua nomina a suo Referente, stava rivalutando la sua decisione di aiutarlo? Tutto ciò avrebbe indubbiamente causato un aumento considerevole delle interazioni che avrebbero dovuto avere, per non parlare del tempo che avrebbero dovuto trascorrere insieme.
Magari andrà a finire che ci uccideremo a vicenda e sarà stato tutto inutile, pensò.
«Granger, il tuo gatto ti ha mangiato la lingua?»
Lei parve riscuotersi dai suoi pensieri e si voltò a guardarlo confusa.
«Mmh? Stavo pensando…»
Draco alzò gli occhi al cielo.
«Davvero? Strano, non lo fai mai.»
Hermione gli rivolse un’occhiata a metà tra lo sbalordito e l’indignato. Stava… La stava insultando o stava facendo una battuta?
«Che frulla in quel tuo testone da so-tutto-io?» le domandò senza incrociare il suo sguardo.
«Mi stavo chiedendo cosa intendesse Silente» rispose piccata lei, «quando ha detto di aver fatto degli errori in gioventù. Pensavo a cosa potesse riferirsi.»
Il Serpeverde alzò un sopracciglio.
«Che ti frega?»
Stronzate, anche lui se l’era chiesto, ma non lo avrebbe mai ammesso ad alta voce; aveva già mandato al vento anni di comportamento da perfetto Malfoy, non avrebbe addirittura reso evidente che fosse in alcun modo incuriosito dalla gente che gli stava attorno, che la reputasse abbastanza… importante da suscitare il suo interesse.
Hermione si accigliò.
«Beh», fece lei acidamente, «Si tratta di Silente, è difficile pensare che possa fare qualcosa di sbagliato, di male. E poi, sono naturalmente curiosa, Malfoy.»
Draco sbuffò. «Un altro modo per dire che sei una ficcanaso colossale, Granger.»
Lei assottigliò gli occhi, ma continuò a proseguire per il corridoio.
«Si dà il caso che è proprio il mio essere una ficcanaso colossale che finirà per salvare il tuo culo da Purosangue snob, Malfoy. Fossi in te ci penserei due volte prima di criticarlo.»
Il biondo alzò gli occhi al cielo, ma aveva ragione. Si chiese se si sarebbe accorta di qualcosa se non lo avessero seguito da Borgin & Burkes quell’estate, se Potter non avesse instillato il dubbio in lei su quello che stava facendo. D’altronde, nessun’altro pareva aver individuato i segni… Nessuno, tranne lei.  
Poi. Però, il Serpeverde fece una smorfia.
Culo da Purosangue snob? pensò.
Disse quella che va a letto con McLaggen, avrebbe voluto risponderle, ma la campanella suonò prima che potesse farlo, segnando la fine dell’ultima ora di lezione della mattina.
Non potendo di certo giungere insieme in Sala Grande, si scambiarono un rapido e breve cenno col capo e svoltarono in direzioni opposte. 

 

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Capitolo 22
*** CAPITOLO 17 ***


CAPITOLO 17






 

 


Ironicamente, la stanza che Silente aveva messo a loro disposizione era al sesto piano, nell’ala quasi in disuso in cui Hermione aveva trovato Draco agonizzante per il bruciore del Marchio Nero qualche giorno prima.
Silente aveva detto che per accedere al passaggio che conduceva al Dormitorio Segreto avrebbe dovuto individuare la statua del Mago Nano, sul cui retro vi era una piastrella che, una volta toccata, avrebbe rivelato una porta nascosta; la spostò lievemente e, quando il passaggio si fu aperto, la rimise al suo posto e scivolò all’interno. L’apertura si richiuse subito dopo che fu entrata.
Percorse un breve tratto di strada illuminata da candele e poi si trovò davanti ad una scultura incantata che aveva la forma della testa di un… Drago?
Seriamente?
«Pluffa» disse la ragazza e il drago spalancò le sue fauci, aprendo una porta alle sue spalle.
Draco Dormiens Nunquam Titillandus, pensò; si era chiesta perché, nonostante ci fosse un riferimento alla creatura nel motto della scuola, vi fossero poche rappresentazioni dell’animale in giro per il castello. Su Storia di Hogwarts non era scritto.
Spalancò la bocca quando vide la stanza a cui aveva avuto accesso; si trovava in un’ampia sala che riportava i colori di tutte e quattro le Case della scuola e rassomigliava in tutto e per tutto una Sala Comune. Non riuscì a frenare l’impulso di curiosare e setacciare tutta l’area; alla sua destra vi erano i dormitori femminili, mentre alla sua sinistra quelli maschili.
«Granger, quando hai finito di ficcanasare, magari potremmo parlare. Non ho tutta la giornata.»
La voce fredda e strascicata di Malfoy la fece sobbalzare; non era ancora arrivato quando era entrata nel Dormitorio.
Lo raggiunse e si lasciò cadere sul morbido divano davanti al camino, che però era spento; non vi era alcuna utilità nell’accenderlo se nessuno risiedeva in quel posto, d’altronde, e non si disturbò a farlo lei perché il suo incontro con il Serpeverde non sarebbe di certo durato molto.
Gli lanciò un’occhiata fugace e notò che sembrava più… tranquillo; aveva ancora delle occhiaie evidenti, Hermione era sicura che fosse tormentato da incubi, ma sembrava aver recuperato un po’ di colore... Per quanto colore in viso Malfoy potesse avere; era sempre stato molto chiaro di carnagione.
«Ho parlato con Silente» esordì la ragazza, «si è raccomandato di comportarci normalmente, come se non fosse ovvio
Gli disse che il Preside le aveva accennato al fatto che, molto probabilmente, dopo la sua morte, il compito di ucciderlo sarebbe passato a qualcun altro, così come quello di aggiustare l’Armadio Svanitore; era comunque necessario che Draco continuasse a lavorarci su, o quanto meno fingesse di farlo. A quanto pareva, anche il Preside sospettava che il ragazzo fosse tenuto d’occhio da altri Serpeverde.
«Ha ripetuto forse cinque volte di non farci vedere mentre parliamo in pubblico» gli raccontò Hermione, sbadigliando.
«Ci crede scemi?» domandò Draco accigliandosi.
«No, ma ha suggerito di trovare un modo per comunicare in codice, sai, per accordarci sul venire qui in caso ce ne fosse bisogno» rispose lei, poi prese a mordicchiarsi l’interno della guancia.
«Penso che sia meglio vederci solo dopo la ronda, in modo da essere più sicuri di non essere visti» proseguì lei, «per cui, pensavo… Dovendo interagire in pubblico, possiamo sfruttare…»
Il Serpeverde la guardò interrogativo quando la sentì borbottare qualcosa di indistinto.
«…gli insulti» ripeté lei più chiaramente.
Draco sbatté le palpebre; non aveva pensato al fatto che avrebbe dovuto continuare ad insultare la Granger in pubblico.
«Guarda, è semplice. A seconda da chi parte la conversazione, l’insulto a inizio frase equivale a ‘ci possiamo vedere nel Dormitorio?’ e se l’altro ribatte inserendo l’insulto alla fine della frase, la risposta è affermativa, altrimenti negativa» spiegò Hermione, senza però guardarlo in faccia. «L’orario è sempre dopo la ronda. Il giorno, lo stesso in cui avviene l’interazione» precisò, poi aggiunse «Se vuoi insultarmi e basta, abbi l’accortezza di inserirlo in un altro punto della frase, non dovresti avere problemi a farlo.»
«Hai intenzione di stabilire anche un insulto preciso per evitare fraintendimenti, Granger?» chiese lui in tono asciutto, sentendosi stranamente a disagio con la soluzione elaborata dalla Grifondoro.
Non voleva più insultarla, lei lo stava aiutando... Ma sapeva anche che per non dare nell’occhio e non suscitare sospetti avrebbe comunque dovuto comportarsi come suo solito.
«Sanguemarcio e furetto» dichiarò prontamente lei. «Sono quelli che usiamo più spesso.»
Usiamo. Non si era neanche accorta che non l’aveva chiamata Sanguemarcio mezza volta da quando erano tornati dalle vacanze di Natale; un mese che quella parola non usciva dalle sue labbra e lei non ci aveva neanche fatto caso.
La cosa lo urtò più del dovuto.
«Bene, abbiamo finito?» chiese con aria seccata e si alzò dal divano opposto a quello dove sedeva la Granger, per dirigersi verso l’uscita.
«Ehm, per ora sì.»
Non salutò quando se ne andò, ovviamente. Hermione non si aspettava che il loro rapporto potesse diventare più civile di quanto lo era già; sarebbe stato chiedere troppo a Malfoy, probabilmente.
Riprese a curiosare per il Dormitorio; poi, quando fu soddisfatta da ciò che aveva imparato da esso, raggiunse i suoi amici in Sala Grande.
 
«Hermione, ti sto dicendo che Malfoy sta sicuramente uscendo dal castello!»
Hermione alzò gli occhi al cielo all’ennesima teoria assurda pensata da Harry.
«Ed io ti ripeto che nessuno può uscire dal castello» ribadì con calma lei, «a meno di non chiederne l’autorizzazione a Silente».
«Ma lui sparisce dalla Mappa!» insisté il ragazzo. «Lo tendo d’occhio da mesi e spesso non compare da nessuna parte!»
La ragazza quasi rabbrividì al pensiero che Harry avrebbe potuto vederla con Malfoy sulla Mappa durante i loro incontri nel bagno di Mirtilla; quasi tirò un respiro di sollievo per quella fortuna sfacciata. Non voleva immaginare cosa sarebbe successo se li avesse scoperti.
Per fortuna il Dormitorio Segreto che il Preside aveva messo a loro disposizione era indisegnabile o non sarebbe riuscita a lungo a tenere nascosto al suo amico quello stava effettivamente facendo.
«La Mappa si sbaglia…»
«La Mappa non sbaglia mai, Hermione!» le ricordò lui. «Ti devo ricordare di Peter Minus?»
Hermione si irrigidì nel sentire il nome di quel topo di fogna. Era colpa sua, tutta colpa sua, se Cedric era morto; se Voldemort era tornato.
La rabbia che aveva faticato a sopprimere dopo gli eventi al cimitero tornò a farsi sentire, prorompendo da ogni particella del suo corpo.
Lo avrebbe ucciso, se ne avesse avuto l’occasione? Durante il loro terzo anno, aveva impedito a Harry di macchiarsi di un tale atto, e Harry aveva impedito a Sirius e Lupin di farlo loro stessi, sperando che diventasse anche la via d’uscita di Black da Azkaban. Sempre nel nome della giustizia.
Magari gliel’avessimo lasciato uccidere si ritrovò a pensare, avvertendo una punta di senso di colpo affiorare subito dopo aver formulato quel pensiero.
Non ne valeva la pena, diventare assassini per quel relitto umano, Hermione ne era consapevole. Ma sarebbe stata in grado di pensare abbastanza lucidamente se si fosse trovata davanti all’assassino dell’amore della sua vita?
«La Stanza delle Necessità» disse all’improvviso Ron. «Hermione, lo hai detto tu che non compare sulla Mappa, vero? Magari Malfoy passa il suo tempo lì.»
«Magari è lì che si trova il gemello dell’Armadio Svanitore che abbiamo visto da Borgin & Burkes», gli diede man forte Harry.
Hermione ringhiò in preda alla frustrazione; per un breve istante pensò che Draco avesse ragione e che fossero tutti degli insopportabili ficcanaso. Ma poi rifletté sul fatto che Ron e Harry non sapevano niente di quello che sapeva, invece, lei; che in altre circostanze, anche lei avrebbe indagato e si sarebbe fatta delle domande su Malfoy; che avrebbe provato a impedirgli di portare a termine qualunque cosa stesse progettando di fare.
Si impose di mantenere la calma; sapeva che le intenzioni dei due fossero delle migliori, volevano solo impedire che qualcuno si facesse male, non era questione di rivalità.
Sospirò rassegnata all’idea che sarebbe stato difficile distogliere l’attenzione degli amici dal Serpeverde e represse il senso di colpa che si stava iniziando a far sentire per la marea di bugie che gli stava raccontando e delle omissioni di informazioni che andava facendo dall’inizio dell’anno.
Non che sia la prima volta, pensò mentre si impegnava a spingere il ricordo di Cedric in un angolino della sua mente.
Resta lucida Hermione
«Harry, lascia perdere Malfoy» asserì perentoriamente la giovane. «Concentrati sul ricordo che Silente ti ha chiesto di ottenere da Lumacorno.»
 
Hermione stava correndo per i corridoi; era in ritardo per cena ed era affamata.
Non aveva fatto caso a quanto stress l’avessero sottoposta i recenti avvenimenti, non aveva pensato a quanto sarebbe stato stancante cercare di tenere Harry e Ron all’oscuro del suo… rapporto con Malfoy, assicurarsi di non destare i loro sospetti.
Strillò quando si sentì afferrare per un braccio e tirare dietro un’alcova isolata, poi sbuffò quando riconobbe Blaise Zabini. Dovette mordersi la lingua per non lasciarsi sfuggire un commento sprezzante sul vizio dei Serpeverde di ghermire la gente in quel modo.
«Zabini, che cosa stai facendo?»
«Quella cosa di cui ti ho parlato è confermata per le vacanze di Pasqua; non so ancora se toccherà anche a me. Hai fatto quello che ti ho chiesto?» le domandò bisbigliando, senza smettere di guardarsi attorno.
Era visibilmente agitato.
Hermione fu assalita da un moto di vergogna misto a senso di colpa.
No che non lo aveva fatto. Aveva fatto esattamente l’opposto: se n’era completamente dimenticata, tanto era stata concentrata sulla questione di Malfoy.
Priorità, Hermione si disse. La situazione di Draco era più urgente.
«Ci sto lavorando. Mi farò sentire presto» gli assicurò lei, raccomandandosi di evitare scatti del genere in futuro, perché se li avessero visti sarebbe certamente finito nei guai.
Blaise aveva annuito, ritornando finalmente in sé; non ci aveva pensato, era stato preso dal panico quando Theo gli aveva detto che il padre aveva confermato la data della sua iniziazione alla cerchia ristretta del Signore Oscuro e il suo cervello era andato in tilt.
Blaise non voleva prenderlo, quel maledetto e disgustoso Marchio.
«Aspetta qualche minuto prima di uscire» si raccomandò Hermione; poi lo salutò con un cenno del capo e andò via.
*
«A chi credi che verrà affidato il compito di uccidere Silente quando tu sarai… beh, ufficialmente morto?» chiese Hermione, mentre tornava a sedersi sul divano con una tazza di the fumante tra le mani.
Quel Dormitorio era fantastico; la ragazza, curiosando tra le stanze dell’area, aveva trovato una piccola cucina con tutto l’occorrente necessario per utilizzarla. Aveva iniziato a rifornirla di viveri, principalmente the, caffè e spuntini. Tanto valeva mettersi comodi, vista la quantità di tempo che avrebbero dovuto trascorrere lì dentro insieme.
Draco aveva rifiutato l’infuso, ma aveva approfittato degli snack, appuntandosi mentalmente di portare qualcosa anche lui quando sarebbe tornato la volta successiva; non aveva intenzione di fare brutta figura, un Malfoy non era mai in difetto.
«Mmh. Di certo non a Crabbe e Goyle» asserì dopo aver trangugiato una Cioccorana.
«Chi potrebbe reputare abbastanza intelligente da riuscire ad aggiustare l’Armadio?»
«Punterei i miei soldi su Nott per la questione di Silente; suo padre non ha preso bene la notizia quando ha saputo che avevo preso il Marchio. È da quest’estate che cerca di farlo prendere a suo figlio» ipotizzò il giovane, ruotando il corpo e stendendosi elegantemente sul divano.
Hermione lo guardò scioccata.
«Chi sarebbe così pazzo da mettere il proprio figlio sedicenne nelle mani di Voldemort?» mormorò sconvolta.
Draco puntò lo sguardo al soffitto e restò in silenzio per diversi attimi.
«Lo considerano un onore» sussurrò con una smorfia di disgusto. «Stanno letteralmente facendo a gara per fare ottenere quel ‘privilegio’ ai loro figli. Nott è uno di quelli che non vede l’ora di diventare un Mangiamorte.»
La ragazza boccheggiava sempre più basita.
«Il mio caso ha creato un brutto precedente. Non tutti vogliono assecondare le follie dei propri genitori, anche se nessuno lo dice espressamente…»
Hermione si chiese se Draco fosse tra quelli che lo volevano, quando aveva preso il Marchio, ma non le sembrava il caso di fare domande; non era ancora il momento di spingere per quel tipo di confidenze, forse non lo sarebbe mai stato.
La Grifondoro aveva messo in conto, quando si era offerta di aiutare Malfoy, che ci fosse la possibilità che inizialmente le sue intenzioni fossero sincere, che avesse cambiato idea solo dopo, che non fosse stato obbligato a far nulla. E aveva accettato anche l’eventualità di non ricevere mai una risposta a quei quesiti.
Ciò che conta è che si sia ravveduto, ripeteva a sé stessa.
«Non so chi potrebbe essere abbastanza sveglio da fare un tentativo con l’Armadio» proseguì il biondo, per distogliere l’attenzione della ragazza dalle considerazioni che aveva fatto poco prima; non voleva che gli facesse domande, non voleva parlare di sé.
«Forse Zabini, ma la sua famiglia è neutrale.»
Hermione si morse l’interno della guancia. Lei sapeva che Zabini si trovava in una situazione scomodissima e quella considerazione fatta da Draco le aveva appena confermato che, con ogni probabilità, Nott Senior sarebbe riuscito nel suo intento di costringerlo a prendere il Marchio. Per Theodore, a quanto le aveva detto Blaise, le cose erano quasi fatte ormai; avrebbe giurato fedeltà a Voldemort durante le vacanze pasquali. Aveva senso la teoria di Draco secondo la quale la missione di uccidere Silente sarebbe passata a lui; Hermione, dal suo canto, era sicura che a Zabini sarebbe stato chiesto di riparare l’Armadio Svanitore. Sperò che lo facessero senza costringerlo a prendere il Marchio, Blaise era palesemente contro quell’idea.
Non disse nulla di Zabini a Draco; non era necessario che lo sapesse, ma al contempo non poteva fare a meno di rendersi conto di essere diventata la più grande bugiarda della storia. Stava mentendo a tutti. Ai suoi genitori, ai suoi amici, ai suoi ex-nemici/quasi alleati? Come accidenti avrebbe dovuto definirli?
«Per ora, comunque, mi preme di più capire come ‘uccidermi’.»
«Ci sto pensando anche io» ammise Hermione. «Non sono ancora riuscita ad avere qualche idea decente o fattibile però.»
Restarono in silenzio per quella che parve un’ora; stavano entrambi cercando di farsi venire in mente qualcosa che valesse la pena di proporre all’altro, ma non ebbero alcun successo e il silenzio divenne, alla fine, imbarazzante.
La Grifondoro era indecisa se proporre di andar via e incontrarsi un altro giorno, quando avrebbero avuto le idee più chiare, ma poi le venne in mente qualcosa che avrebbe voluto chiedere al biondo da quando avevano lasciato l’ufficio di Silente, il giorno in cui avevano stretto il Voto Infrangibile.
«Draco posso farti una domanda?»
Aveva preso a chiamarlo per nome casualmente, mentre cercava di aiutarlo durante le sue crisi, credendo che avrebbe facilitato l’impresa di raggiungerlo mentre era perso nei meandri più oscuri della sua mente; le veniva sempre meno spontaneo chiamarlo per cognome, come era solita fare prima che tutta quella storia avesse inizio. In pubblico stava molto attenta a questo, quando interagivano; usare il suo nome di battesimo avrebbe fatto arricciare più di un naso e avrebbe potuto destare sospetti.
Lui non le rispose, ma alzò un sopracciglio e la guardò come se fosse in attesa di sentire il quesito che voleva porgergli; sperò che non gli chiedesse di quando aveva preso il Marchio.
«Hai detto la verità a Silente? Sul motivo per il quale non hai accettato l’aiuto di Piton?»
Il Serpeverde quasi tirò un sospiro di sollievo; si morse l’interno di una guancia e ponderò se essere onesto con lei o liquidare la faccenda con un semplice ‘sì’ privo di rischi.
Scelse di essere onesto, concludendo che la ragazza meritasse almeno quello da lui, l’onestà, dopo tutto quello che aveva fatto per aiutarlo e visto che lui non era stato in grado nemmeno di ringraziarla. Un vizio duro a morire, quello di comportarsi come se tutto gli fosse dovuto solo per il caso di essere un Malfoy; ma Draco ne era perfettamente consapevole che quando si trattava della Granger, nulla gli era dovuto. Anzi, l’unica cosa che gli sarebbe stata dovuta da parte sua era uno schiaffo in faccia, probabilmente.  
«In parte» le rispose in tono evasivo.
Ovviamente la Grifondoro non si sarebbe mai accontentata di quella mezza risposta ambigua; continuò a fissarlo come per dirgli di spiegarsi.
Draco sbuffò.
«All’inizio lo respingevo perché non mi fidavo di lui, dopo per il motivo che ho detto a Silente.»
Hermione si portò una mano al collo e iniziò a massaggiarsi la nuca; il Serpeverde avrebbe preferito che non avesse fatto quel gesto. C’era qualcosa nel modo in cui esponeva il collo che lo rendeva irrequieto, nonostante l’avesse vista farlo centinaia di volte. Doveva essere un suo vizio spontaneo quando ragionava o era nervosa.
Distolse lo sguardo da lei.
«Perché non ti fidavi di Piton?» domandò Hermione esitante.
«Non riuscivo a capire da quale parte stesse realmente. Non riesco a capirlo tutt’ora e continuo a non fidarmi. Non mi piace» dichiarò secco il biondo.
«Piton fa parte dell’Ordine» lo informò la Grifondoro, mordendosi il labbro inferiore.
Draco le rivolse un mezzo sorriso di chi aveva carpito più di quello che l’altro voleva lasciare ad intendere.
«Dalla reazione che hai avuto quando è arrivato nell’ufficio di Silente, Granger, non si direbbe che tu ne sia così convinta.»
Hermione lo guardò pensierosa e lui alzò gli occhi al cielo.
«Andiamo, Granger. Non posso dire niente, ricordi?» le rammentò spazientito. «Ho stretto il Voto, se vi tradisco in alcun modo sono morto. Tu, San Potter e la Donnola fate parte dell’Ordine!»
«Non riusciamo a inquadrare Piton neanche noi…» ammise lei arrendendosi all’argomentazione di lui; non aveva senso non parlargliene, Draco aveva comunque le mani legate: non avrebbe potuto fare nulla a loro discapito.
«…Silente si fida di lui, però.»
«Piton ha stretto un Voto Infrangibile con mia madre» le disse lasciandosi ricadere contro lo schienale del divano; notò la Granger venire scossa da un brivido e, senza pensarci su, tirò fuori la bacchetta per poi accendere il fuoco nel camino del Dormitorio Segreto, che era sempre spento.
«Ha giurato di uccidere Silente se io avessi fallito.»
Hermione sgranò gli occhi e sobbalzò a quell’informazione.
«Ma, Draco… Tu non ucciderai Silente» strillò sconvolta. «Quel Voto però resta valido! Se Piton non lo rispetta, sarà lui a morire!»
Il Serpeverde fece spallucce.
«Forse Silente sbaglia a fidarsi di lui. Insomma, perché stringere quel Voto se è dalla sua parte?»
«Ma Silente sa del Voto tra tua madre e Piton» ribatté Hermione, riprendendo a torturarsi il collo che era, a quel punto, visibilmente arrossato.
Draco si portò una mano sotto il mento e prese a farsi passare il pollice sulle labbra, pensieroso.
«Magari non sa esattamente cosa ha giurato di fare…»
«Aspetta, però. Hai detto che ha giurato di ucciderlo se tu avessi fallito» rifletté la ragazza, «magari è questa la scappatoia. Tu non hai fallito, hai rinunciato, è diverso!»
Il giovane soffiò dal naso e si strofinò gli occhi. Era stanco; da quando aveva accettato la protezione dell’Ordine il suo stato mentale era leggermente migliorato e anche quello fisico; aveva ripreso persino a mangiare, ma gli incubi… quelli non avevano smesso di tormentarlo.
Il rosso non era ancora andato via da dietro le sue palpebre. Forse non sarebbe mai andato via.
«Non lo so, Granger. Ma ti dirò una cosa. Quando mia madre è andata da Piton, lui sapeva già della missione che mi era stata affidata...»
«Il che vuol dire che Voldemort si fida ciecamente di lui, se gli ha detto una cosa così importante.»
Perché Voldemort non ha dubbi sulla lealtà di Piton?
«…Ma Bellatrix sospetta di lui, ecco perché ha aggiunto quella postilla al Voto, era convinta che Piton si sarebbe rifiutato di accettare di uccidere lui stesso Silente» concluse Draco. «E che così facendo si sarebbe scoperto da solo.»
Hermione ringhiò dalla frustrazione.
Da che parte stava realmente il professore?
«C’è solo una certezza in tutta questa storia» fece con aria lugubre lei dopo un attimo di silenzio.
«Cioè?» domandò il Serpeverde, confuso.
«Piton sa giocare
 
Si incontrò con Zabini qualche sera dopo, nella Sala degli Accordi della Stanza delle Necessità, una volta ultimato il suo giro di ronda. Gli disse che aveva parlato con Silente della sua situazione e che gli aveva riferito le informazioni che le aveva dato tempo addietro. Non gli disse che Silente lo sapeva già, altrimenti avrebbe esposto Piton, pur non avendo le idee chiare su di lui non sarebbe stata una mossa intelligente da fare. E ancora non si fidava completamente di Zabini.
«L’Ordine ha accettato la tua offerta» lo informò, senza dirgli che, tra le opzioni che aveva proposto loro, sarebbe quasi sicuramente stata scelta quella della spia; non poteva dire nulla sull’Armadio Svanitore, né poteva menzionare la taglia sulla testa del Preside o avrebbe messo in pericolo Draco.
«Bene. Sarai tu il mio contatto?» le domandò incrociando le braccia al petto e studiandola attentamente.
«Ginny», lo corresse lei.
«Credevo che i membri dell’Ordine avessero tutti dai diciassette anni in su» considerò il Serpeverde, corrugando la fronte.
«Eravamo a corto di opzioni, Zabini. Non ci sono molti studenti nell’Ordine, sai?»
Hermione non lo faceva di proposito, a usare quel tono saccente.
«Comunque Ginny è più che capace di adempiere al compito e siamo a Hogwarts, non correrà rischi» aggiunse poi cercando di mitigare la sua precedente reazione. «Sicuramente, sarà più facile per voi da gestire di quanto lo sarebbe stato se fossi stata io il tuo Contatto.»
Era la verità, ma il motivo principale per cui non era stata designata lei era che aveva già il suo da fare con Malfoy; due Serpi sarebbero comunque state troppo da gestire anche per lei.
«Bene» asserì Blaise, ma non sembrava affatto contento che Ginny fosse stata trascinata in quella storia.
Hermione si chiese se la sua amica avesse sottovalutato l’interesse di Zabini per lei e si ripropose di parlarle per farle notare che, palesemente, il Serpeverde provava per lei più di una semplice attrazione. Sapeva che Ginny era ancora innamorata di Harry, avrebbe dovuto farle presente che forse sarebbe stato necessario mettere le cose in chiaro con Blaise, non apprezzava chi si prendeva gioco dei sentimenti altrui. E comunque, non era sicuramente l’intenzione di Ginny, ferire il giovane.
Fortuna che con Cormac non corro questo rischio, pensò tirando un sospiro di sollievo.

 

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Capitolo 23
*** CAPITOLO 18 ***


CAPITOLO 18






 

 
 
«Sono contenta che abbiano sospeso il Quidditch» mormorò Hermione, mentre Cedric la stringeva tra le braccia e le lasciava dei dolci baci sulle spalle; le bollicine di sapone più vicine ai loro corpi intrecciati scoppiavano sprigionando un intenso profumo di legno di sandalo e gelsomino.
«Per un anno non dovrò preoccuparmi che tu o Harry cadiate dalla scopa durante una partita.»
Cedric rise contro la sua pelle, ma poi si fece serio e la voltò per poterla guardare in faccia; le scostò una ciocca di capelli ribelli, imprigionandola dietro il suo orecchio.
«Jean, ti devo dire una cosa» mormorò con dolcezza; lei gli rivolse uno sguardo interrogativo, una punta di preoccupazione già evidente sul suo viso.
«Ho… Ho intenzione di inserire il mio nome nel Calice di Fuoco.»
«Cosa? No! Non puoi farlo!» esclamò sconvolta la ragazza. «La gente muore in questo Torneo, Ced!»
«Andiamo, Jean. Verrà sicuramente estratto qualcuno di Grifondoro, comunque» cercò di ironizzare lui, tirandosela contro per abbracciarla.
«Ced, non sto scherzando. Per favore, non farlo» insisté lei, mentre un’ondata di panico si faceva strada dentro di sé.
Aveva una brutta sensazione.
«Jean, credi sul serio che Silente permetterebbe che qualcuno muoia nel Torneo?»
 

Hermione si svegliò con un nodo alla gola e le lacrime agli occhi; odiava quando le succedeva, quando sognava i suoi ricordi di Cedric. Sembravano sempre incredibilmente reali, come se li stesse vivendo in quel momento, poi, al risveglio, si ricordava che lui non c’era più e che non avrebbe mai più potuto baciarlo; o come quella volta, che non avrebbe potuto convincerlo a non inserire il suo nome in quel maledettissimo Calice.
Si passò una mano sul volto e si strofinò gli occhi; erano le nove di sera. Si era addormentata sul tema di Trasfigurazione.
Fortuna che non devo consegnarlo prima della prossima settimana, pensò, mentre si dirigeva verso il bagno per sciacquarsi la faccia.
Notò che era molto pallida, come ogni volta che si risvegliava dopo aver sognato Cedric; trasse dei lunghi respiri per calmare il suo cuore e riprendere controllo di sé stessa, poi scese in Sala Comune, sperando di trovare Harry. Era troppo tardi per cenare, ormai.
«Hey, Gin. Tutto bene?»
La rossa le rivolse un piccolo sorriso e annuì.
«Ho chiuso con BZ, comunque. Sospetto che avessi ragione e io… Non posso illuderlo. E comunque, sarebbe troppo complicato tra di noi.»
Hermione le rivolse uno sguardo comprensivo. «Cosa gli hai detto?»
«Che preferisco mantenere le cose professionali. Ci ho anche pensato, non è l’ideale avere una storia con un informatore dell’Ordine… Se uno dei due venisse catturato…» considerò Ginny, rabbrividendo all’eventualità. «A volte possiamo scegliere di troncare un rapporto prima che diventi troppo. Insomma, Mione, immagina se continuassimo quella cosa e me ne innamorassi e succedesse… quello
Hermione capiva perfettamente il punto di vista della ragazza e lo condivideva, persino; Ginny si stava tirando indietro prima che fosse troppo tardi per farlo.
Si domandò come facessero i suoi amici a pensare all’amore nel bel mezzo di una guerra; pensavano al futuro, lei, invece, cerava di tenere l’argomento il più lontano possibile dalla sua mente. Non voleva pensare a un futuro che non sapeva se avrebbe avuto; non avrebbe mai cercato una storia seria, rischiando di perdere la persona amata in quella guerra… di nuovo.
No, non poteva.
«E tu, con McLaggen?»
«Non stiamo insieme. Non lo vedo dall’ultima cena del Lumaclub.»
Hermione arrossì al ricordo di Malfoy che li sorprendeva in quella situazione compromettente, ma non raccontò nulla al riguardo alla sua amica.
«Ma… Ti piace?»
«No, è solo… facile. Non mi innamorerei mai di lui, né lui di me, e di questi tempi è la soluzione perfetta.»
Harry li raggiunse proprio in quel momento, inserendosi nel discorso; Ginny disse qualcosa sul dover finire un tema e se ne andò, lasciandoli soli.
«McLaggen è la soluzione perfetta?» riprese il discorso l’amico, alzando un sopracciglio, un sorrisino sarcastico dipinto sul viso.
Hermione scrollò le spalle.
«Non mi chiederà mai niente di più di quello che gli sto dando. Vuole solo divertirsi e di certo non rischio di sviluppare chissà quali grandi sentimenti per lui.»
«Mione, però… Lo so che dopo quello che è successo con Cedric sia spaventosa l’idea di amare di nuovo qualcuno, ma… Non precluderti questa possibilità solo perché hai paura.»
Hermione gli sorrise mesta. «Non sono pronta a dare il mio cuore a qualcuno, Harry.»
Il ragazzo l’abbracciò.
«Mione, credi che Ginny si veda con qualcuno?»
La ragazza si morse il labbro; tecnicamente, no. Le aveva appena detto di aver chiuso anche quella mezza cosa che aveva con Blaise, ma non pensava neanche che sarebbe saltata su un’altra barca così presto.
«Non credo, Harry. Perché?»
Harry non rispose; era assorto nei suoi pensieri.
«Credi che Ron si arrabbierebbe se… Ecco…»
«Ti piace Ginny?» lo interruppe lei, guardandolo con un mezzo sorriso malizioso.
Harry arrossì.
«Te ne sei finalmente accorto, vedo» lo sfotté la ragazza. «Ne hai parlato con lei? Insomma, sai cosa prova per te…»
«Provava. Ti ricordo che ha avuto una relazione bella lunga con Dean nel frattempo» precisò lui.
«E poi Ron non approverebbe mai…»
«Ron non approva mai niente, Harry. A proposito, dov’è?»
«Credo nella Stanza delle Necessità con Lav-Lav» disse con una smorfia, scimmiottando il nomignolo della ragazza del loro amico.
«Ma… è di ronda!» esclamò indignata. «Dannazione! Dovrò coprirlo di nuovo, avrebbe almeno potuto dirmelo!»
«Ti aspetto qui?» le chiese il moro. «Vorrei, insomma… Parliamo un po’, dopo?»
Hermione annuì e corse via dalla Sala Comune, diretta alla Sala dei Prefetti.
 
«Weasel, è un dispiacere, come semp-»
Hermione alzò lo sguardo sul ragazzo che era appena arrivato; si vedeva lontano un miglio che era nervosa.
«Granger» si corresse Malfoy sorpreso, «che cosa ci fai qui? Credevo che ci fosse la Donnola di turno…»
«Infatti», replicò stizzita lei, passando al Serpeverde un modulo da compilare.
Draco le si sedette accanto e prese una piuma.
«Cosa c’è, ti si è annodata la bacchetta, Granger?»
Hermione gli rivolse un’occhiataccia e si alzò per sistemare i moduli nel registro. «C’è che un giorno di questi darò un senso a quel soprannome e trasfigurerò Ronald in una donnola, ecco che c’è!»
Draco suo malgrado rise a quelle parole.
«Ti ha accollato la ronda per pomiciare con la Brown?»
Hermione gli rivolse un’altra occhiataccia irritata, ma affermativa.
«E fammi indovinare, tu avevi appuntamento con McCoso…»
«Cos’avete tutti oggi con questa storia» borbottò la giovane Grifondoro, «non è il mio ragazzo.»
Il sopracciglio di Malfoy scattò all’insù. Avvertì una strana sensazione a quelle parole.
Smettila, non devi essere contento perché la Granger si è lasciata. Non devi più cercare motivi per deriderla.
«Oh, quindi sei così irascibile perché vi siete mollati?»
«Non siamo mai stati insieme!» trillò con voce acidula lei.
«Beh, Granger, forse dimentichi che vi ho visti…»
Hermione diventò rossa. «Prendo dai sotterranei al terzo piano» disse e poi corse via, lasciandolo solo con un ghigno divertito stampato sul volto.
Quindi cos’era, che aveva visto? Una botta e via? Non era andata oltre perché McLaggen non era stato all’altezza delle sue aspettative? Quello sì che sarebbe stato un motivo di sfottò soddisfacente da usare contro di lui. Ma la Granger non glielo avrebbe mai detto, comunque, e lui non avrebbe dovuto saperne niente, anche se fosse.
Draco sbuffò e andò a perlustrare la zona del castello che gli aveva lasciato la Granger.
 
Stavano compilando il verbale quando udirono un rumore provenire da fuori il corridoio; uscirono entrambi, con le bacchette accese. Percorsero la lunghezza di tutto il corridoio e si trovarono di fronte alle scale.
«Lì, lassù» mormorò la Granger. «Mi è sembrato di vedere qualcuno!»
Iniziarono a percorrere la rampa di scale; la Granger era leggermente più avanti di lui. La scala decise di cambiare direzione proprio mentre lei stava per alzare il piede e metterlo sul pianerottolo, rischiando di cadere nel vuoto.
Per un breve momento, Hermione immaginò di cadere, ma poi avvertì una presa ferrea sul suo braccio e uno strattone tirarla indietro; riappoggiò distrattamente il piede per terra, cercando di ristabilire il suo equilibrio e fissò Malfoy stupita dai riflessi del ragazzo… E dal fatto che le avesse, di fatti, impedito di cadere. Draco la guardò di rimando con gli occhi spalancati, il cuore che batteva rapidamente a causa dello spavento improvviso.
Ha stretto un Voto Infrangibile, Hermione mormorò a sé stessa. Non poteva lasciarti cadere, rischiando che morissi, quando poteva impedirlo.
La scala si bloccò subito dopo, facendoli sussultare.
«Qualcuno deve averla incantata» commentò Malfoy seccato. «Non si muovono così veloci.»
«Beh, non ha senso seguirlo. Sarà ben nascosto a quest’ora e non sono ancora pazza quanto Gazza.»
Senza la presa di Draco e il sostegno del davanzale, quando Hermione provò a fare un passo per tornare indietro, ricadde sugli scalini.
Aveva preso una storta. Imprecò, facendo una smorfia di dolore; quando riaprì gli occhi, però, sussultò, trovandosi il volto del biondo a pochi centimetri da sé.
Si era piegato sulle ginocchia e le stava guardando la caviglia.
«Siediti, Granger» le disse perentoriamente, mentre tirava fuori la bacchetta e gliela puntava sul punto che pulsava per il dolore.
«Malfoy, non credo che…»
«Te l’hanno mai detto che pensi troppo, Granger?» ribatté lui in tono seccato, sbuffando.
Hermione si morse un labbro; una lieve sensazione di calore le avvolse la caviglia quando il Serpeverde lanciò un incantesimo non verbale per guarirla.
«Ecco, dovresti essere in grado di alzarti adesso.»
La Grifondoro, che aveva appena realizzato che quella gentilezza non era inclusa nel voto, esitò.
Vuole solo evitarsi lo sbatti di doverti trascinare in infermeria.
«Andiamo, Granger, abbi un po’ di fede.»
Lei gli rivolse un’occhiata torva e si alzò. La caviglia sembrava a posto; non le faceva più male, anche se era ancora un po’ indolenzita.
«Fattela comunque controllare dalla Chips domani» si raccomandò lui. «Così potrai stare sicura che non si trasformerà in una zampa di gallina o altro.»
Hermione assottigliò gli occhi e lui scoppiò a ridere.
«Non si trasformerà in nulla, Granger…»
 Alzò gli occhi al cielo, ma gli mormorò comunque un timido «grazie», accompagnato da un mezzo sorriso, a cui Draco rispose con un semplice cenno del capo.
«Ripensandoci» dichiarò poi la giovane. «Credo che seguirò il bastardo.»
Draco ruotò gli occhi al cielo.
«Sai, l’essere vendicativi è un tratto anche dei Serpeverde, Granger, e lo capisco. Ma non lo troverai, ormai sarà tornato nella sua Sala Comune.»
Lei sbuffò e si diresse verso la Sala dei Prefetti per completare il verbale.
 
Draco se ne stava alle spalle della Granger, che era invece seduta al tavolo mentre scriveva, e guardava quello che stava appuntando, annotando la vicenda anomala della scala; aveva le mani poggiate sulla scrivania, ad entrambi i lati delle braccia della Grifondoro.
Essendo più alto di lei di almeno dieci centimetri, Draco non aveva dovuto sporgersi in avanti per leggere; non aveva fatto caso alla loro vicinanza o all’intimità di quel gesto, né ci aveva fatto caso lei.
Le guardò i capelli, che erano notevolmente meno mossi rispetto agli anni precedenti, quasi semplicemente ondulati; stava facendo qualcosa per renderli più lisci?
Stava per farle una battuta delle sue, quando all’improvvisò la Granger smise di scrivere e con uno scatto fece ruotare i capelli sulla spalla opposta, facendo arrivare una folata di profumo dritto nel naso di Draco, che aumentò la presa sul legno sotto le sue mani.
«Forse avremmo dovuto aspettare per vedere se la volta dopo la scala si sarebbe spostata a velocità normale. Qualcuno potrebbe farsi male se fosse una cosa permanente, dovrebbero aggiustarla…»
Draco non la stava ascoltando; aveva di nuovo preso a massaggiarsi la nuca e aveva attirato lo sguardo di lui sul suo collo.
Stava fissando la sua pelle liscia e che immaginava essere anche morbida, quando la porta della Sala si spalancò, facendoli sussultare.
Il biondo alzò lo sguardo sul nuovo arrivato e scattò indietro di un passo.
«Co-cos’è quello?» domandò con voce stridula un trafelato Ron Weasley, indicandoli e spostando il dito dalla sua amica a Malfoy.
Hermione mise su il suo cipiglio alla McGranitt e alzò un sopracciglio.
«Stiamo compilando il verbale» rispose gelida.
Il rosso la fissò confuso. «Ti avevo chiesto di sostituirmi?»
«No. Ti ho coperto perché sono scema e non imparo mai, con te.»
Lui se ne uscì con un flebile «oh» e arrossì.
«E comunque, presentarsi a fine ronda non equivale a fare la ronda, Ronald» aggiunse perentoria.
«Ho perso la cognizione del tempo» si giustificò lui, scompigliandosi il retro dei capelli.
Hermione alzò gli occhi al cielo e ribatté con un sarcastico «Immagino» che fece ridere Malfoy.
«Cos’hai da ridere, furetto? Tu hai saltato quasi tutti i tuoi turni, prima delle vacanze di Natale!»
La piuma con la quale la ragazza stava scrivendo si bloccò di scatto; Malfoy notò che la Granger era visibilmente irrigidita sul posto e lui stesso si era indurito a quelle parole.
«Tieni la tua appendice nasale fuori dai miei affari, Weasel» asserì in tono sprezzante, tirando fuori la sua voce fredda e strascicata. «E non trascinare me nei tuoi» aggiunse in tono asciutto.
Ron divenne ancora più paonazzo.
«E tu… tu… perché cavolo le stavi così vicino e la guardavi in quel modo?»
Draco sgranò gli occhi; che diavolo stava blaterando?
«Oh, andiamo Ronald, la vuoi smettere? Stavamo compilando questo stupido verbale» esclamò scocciata la giovane.
«Ti dico che ti stava guardando il collo…»
Hermione alzò gli occhi al cielo; il Serpeverde deglutì. Quella donnola idiota non si accorgeva mai di niente, proprio il suo momento di debolezza doveva andare a notare.
Doveva risolvere quella questione del profumo della Granger e alla svelta.
«Non dirmi che ora credi che lui sia diventato un vampiro?», lo prese in giro la giovane, sbuffando.
«No, ti guardava come se-»
«Solo tu puoi fare allusioni del genere, Ronald. È Malfoy, per Merlino!» lo interruppe innervosita Hermione.
Draco quasi si accigliò alla risposta della Grifondoro, ma si impose di restare impassibile.
«Beh non si sa mai, ti scopi McLaggen, che è praticamente la versione Grifondoro di Malf-»
Hermione si alzò di scatto, livida dal furore, e fece per urlare contro l’amico, ma Malfoy la precedette, avanzando di un passo e troncando di netto la frase del rosso.
«Come osi…»
«Oh già, dimenticavo che tu a differenza di Cormac sei un razzista patologico, Malfoy!»
«…paragonarmi a quell’idiota di McLaggen?» terminò Draco indignato.
Un silenzio imbarazzante calò nella stanza. Ron fissò il biondo boccheggiando, incapace di processare quello che era appena uscito dalle labbra del suo rivale.
Hermione, che dopo i recenti movimenti era finita accanto al Serpeverde, gli pestò un piede di proposito, come segno d’avvertimento.
«Io, a differenza sua… non… toccherei mai… una… S-Sanguemarcio» aggiunse nel tentativo di riparare allo scivolone che aveva fatto con l’obiezione che gli era venuta in mente per prima; era stata una risposta spontanea, da quando si distraeva dal suo modo di calcolare ogni singola parola che gli usciva di bocca? Non aveva riflettuto che normalmente non sarebbe stata quella parte dell’allusione a turbarlo di più.
Funzionò, però, perché Ron tirò fuori la bacchetta. «Non chiamarla…»
Hermione avvertì Draco fare lo stesso al suo fianco, così intervenne, ponendosi tra i due ragazzi.
«Smettila, Ronald. Mi so difendere da sola e per Godric, hai iniziato tu!» urlò spazientita. «Vattene in Sala Comune, Harry ti stava aspettando» mentì; voleva chiudere quella faccenda imbarazzante e andarsene a dormire.
Ron doveva essere impazzito per uscirsene con una roba del genere.
Il rosso parve ponderare cosa fare per qualche secondo, ma quando incrociò lo sguardo furente della sua amica, deglutì, realizzando di aver commesso un passo falso, e andò via, lasciandoli nuovamente soli.
Hermione si voltò verso Draco, che aveva ancora la mano ferma sull’impugnatura della sua bacchetta, anche se non l’aveva estratta.
Il Voto gli avrebbe permesso di duellare con un membro dell’Ordine? Aveva giurato di non fare mai, né dire mai, cose che potrebbero mettere in pericolo l’Ordine e i suoi membri… magari avrebbe potuto limitarsi a qualche fattura innocua.
«Che ti è saltato in mente?» gli domandò con un fil di voce.
Il biondo la guardò confuso.
«Capisco che basta dire Sanguemarcio per distogliere l’attenzione di Ron, ma non è stupido. Se il suo intento non fosse stato quello di distrarmi dalla questione della ronda, lo avrebbe notato
«Notato cosa, Granger?»
«Da quando in qua Draco Malfoy si altera più per l’essere paragonato a McLaggen, che, tra parentesi, è un Purosangue comunque, che per l’insinuazione di…»
«McLaggen ha il cervello di un vermicolo, Granger» la interruppe lui. «Ho solo dato priorità al mio intelletto.»
Hermione sbatté le palpebre; forse, pensò, il nuovo Malfoy aveva altre priorità rispetto al vecchio Malfoy.
Che in cuor suo abbia iniziato anche a mettere in discussione quell’ideologia meschina e razzista?
La Grifondoro sospirò.
«Ora dovrò fare in modo che non capitiate più di turno insieme» asserì lei, «o potreste uccidervi a vicenda.»
Draco ghignò e avvicinò le labbra all’orecchio di lei.
«Proprio quello che ci serve, Granger, non credi?»
Le ci volle tutta la sua forza di volontà per non rabbrividire quando il respiro di Draco sfiorò la sua pelle.
Gli rivolse un’occhiata incredula, poi tornò alla scrivania scuotendo la testa, firmò il verbale e lo spinse verso la fine del tavolo; il Serpeverde lo fermò con una mano, facendo scintillare l’anello della sua famiglia con il serpente inciso al centro. Gli occhi della ragazza si fermarono sulle mani del biondino un secondo di troppo; si riscosse e prese a riordinare la stanza, poi rivolse un cenno di saluto a Malfoy e fece per andarsene.
Finalmente quella serata infernale era finita.
«Oh, Granger» la chiamò Draco, facendola voltare.
Lo vide tirare fuori dal mantello una sciarpa Grifondoro.
«Credo che questa sia tua» disse porgendogliela. Lei la prese e cercò di fare mente locale.
Aveva perso una sciarpa? Quando? Dove? Come faceva a sapere che era sua?
«Come fai a…»
«L’ho trovata nel bagno dei Prefetti. Poteva essere solo tua o della Donnola…»
«E come mai non le hai dato fuoco?»
Il tuo fottuto profumo, Granger... Che ormai non si sente più.
Draco scrollò le spalle e decise di deviare la questione.
«Ho pensato fosse tua. Il profumo era femminile, non che quello di Lenticchia sia il massimo della virilità, ma…»
«D’accordo, d’accordo» lo interruppe lei, arrossendo; ricordava quando poteva averlo perso: la notte in cui McLaggen aveva provato a portarla lì, ma lei non aveva voluto farlo nel bagno dei Prefetti perché era il posto suo e di Cedric.
«Grazie» aggiunse e poi se ne andò in tutta fretta.
Ringraziò il cielo quando, arrivata in Sala Comune, non trovò nessuno ad aspettarla; si lasciò cadere sul divano e si portò la sciarpa sul naso.
Quello non era il suo profumo, si ritrovò a notare; era buono, un odore fresco e… stranamente familiare. Scrollò le spalle, forse aveva trascorso così tanto tempo nel Dormitorio Segreto con Malfoy cercando di pianificare la sua ‘morte’ che si era abituata al suo profumo.
*
«Hermione, ti ho già detto che mi dispiace» stava dicendo Ron in tono di supplica. «Non era mia intenzione saltare la ronda, ma ho proprio perso la cognizione del tempo!»
Non gli parlava da una settimana.
La ragazza sbuffò. «Non è neanche la ronda il problema, ma quello che hai insinuato dopo. È stato estremamente imbarazzante.»
Il giovane arrossì. «Scusa. Però seriamente, che ci trovi in McLaggen? Voglio dire, farlo per la prima volta con lui…» domandò esibendo una smorfia di ribrezzo che le ricordò molto il Malfoy dei precedenti anni, quando la insultava.
«Non è stato lui la mia prima volta!» sbottò lei piccata, «non sono pazza, Ronald!»
La mascella di Ron cadde.
«E con chi allora?»
Hermione imprecò; avrebbe dovuto mordersi la lingua e incassare l’allusione, non spingerlo a indagare sul suo passato sentimentale. Non era pronta a parlargli di Cedric.
«Non sono affari tuoi, Ron.»
«Oh, andiamo. Scommetto che è stato con Vicky e non vuoi dirlo perché era molto più grande di te!»
«Erano solo tre anni di differenza» ribatté lei con un’alzata di occhi al cielo. «E non è stato con Victor. Senti, è inutile che insisti, non ho intenzione di dirti nulla!»
Ron stava per controbattere con ulteriori quesiti, per cercare di asfissiare l’amica finché non avrebbe ceduto, - non che la cosa avesse funzionato molto bene al quarto anno, quando voleva farsi dire con chi sarebbe andata al ballo -, ma furono interrotti da una voce fredda e strascicata che conoscevano fin troppo bene.
«Sanguemarcio, stai quasi diventando interessante.»
Ci vediamo al Dormitorio dopo la ronda?
«Gira al largo, furetto
.
«Seriamente, già è stato uno shock scoprire di te e McLaggen, ora viene fuori che non è stato neanche l’unico. E dire che mezzo castello è convinto tu sia una santarellina…»
Hermione fece ruotare gli occhi.
«Mezzo castello è convinto tu sia attraente, Malfoy. E che Harry abbia un Ungaro Spinato tatuato sul petto» ribatté piccata lei. «Fossi in te imparerei a distinguere le fake news dal gossip comprovato.»
Draco si accigliò. Quella stronza. Che voleva dire con quello? Lui era attraente!
Non disse nulla, perché la faccia di San Potter in quel momento non aveva prezzo; non credeva di averlo mai visto arrossire prima di quel momento. Un ghigno comparve spontaneamente sul suo viso, ma prima che potesse aggiungere qualcosa, la Donnola lo zittì.
«Fuori dalle palle, furetto» borbottò, tirandosi dietro Hermione e oltrepassando il Serpeverde, per poi entrare nell’aula di Pozioni.
Che palle, pensò Draco. Sperava davvero di sfotterli un po’, era da tempo che non irritava il Trio Meraviglie.
A parte quando insulti la Granger perché non è riuscita a trovare un modo migliore per farvi comunicare, borbottò nella sua testa.
Quella volta era davvero ispirato, però; era sorprendentemente incuriosito dal discorso che aveva origliato e voleva a tutti i costi scoprire chi fosse stato la prima volta della Granger.
Non lo ha detto a loro, figurati se lo dirà a te.
Si ripropose di provare ad indagare ugualmente.
 
«Granger, cosa volevi dire con quel commento del cavolo?»
Draco era entrato nel Dormitorio con un cipiglio irritato e gli occhi assottigliati.
«Eh?» fece la ragazza, guardandolo confuso.
«Io sono attraente. È un dato di fatto» specificò, poggiando la schiena contro la porta chiusa e incrociando le braccia al petto.
Hermione lo guardò sbattendo le palpebre, in silenzio, per qualche secondo, spiazzata da quell’esordio; fece mente locale e ritornò a quella mattina, quando aveva risposto alla sua provocazione con un’altra provocazione tagliente. Scoppiò a ridere e scosse la testa, ma non rispose. Tornò seria subito dopo, cambiando argomento.
«Cos’è che volevi dirmi?»
Draco borbottò qualcosa di indistinto, che Hermione non riuscì a carpire ma immaginò fosse ancora correlato all’oltraggio della sua affermazione, e si avvicinò a lei per sedersi sul divano di fronte a quello occupato dalla Grifondoro.
«Ho bisogno che mi aiuti a far entrare nella scuola questo» le disse, porgendole un foglio di pergamena su cui era disegnato a mano un anello con una piccola pietra nera al centro.
«Devi fare la proposta alla Parkinson?» chiese sarcastica lei, studiando l’oggetto raffigurato.
Draco sbuffò. «È un anello maledetto, Granger.»
Hermione pensò che allora fosse perfetto per la Parkinson, ma non lo disse ad alta voce; invece, si limitò a sollevare un sopracciglio.
«Voglio studiarlo per vedere se posso usarlo per ‘uccidermi’.»
«Non credi che sia pericoloso?»
«Sono perfettamente in grado di analizzare un Artefatto Oscuro, Granger. È il mio hobby» ribatté piccato lui.
«Uhm, immagino tu abbia fatto pratica con la collezione che nascondete sotto il salotto di casa» commentò piccata la ragazza.
Draco assottigliò gli occhi. «Che ne sai tu?»
«Harry ha sentito tuo padre dirlo a Borgin una volta» specificò con nonchalance la Grifondoro, pentendosene un secondo dopo; Harry lo aveva detto ad Arthur e il Signor Weasley aveva spedito dei controlli a Malfoy Manor con indicazioni precise su dove trovare la collezione di Artefatti Oscuri di Lucius Malfoy. Ma, fortunatamente per lei, Draco non parve collegare i due avvenimenti.
«Quanto cazzo siete ficcanaso» ripeté seccato per l’ennesima volta.
«Ne parlerò con Silente» si affrettò a sviare il discorso lei; il suo rapporto con Draco correva già lungo una linea sottile, non voleva rischiare di creare dissapori dovuti ai loro trascorsi; era vero che lei aveva più motivi di lui di indisporsi per gli eventi del loro passato, ma non sapeva quanto potesse essere… suscettibile il Serpeverde sulla questione nel nuovo contesto che era divenuto la loro normalità.
Il giovane annuì, poi la guardò esibendo un sorrisetto malizioso; lei lo fissò interrogativa.
«Sapevo che non eri così stupida da dare la tua verginità alla Piovra.»
Hermione lo guardò perplessa. «Piovra
«McCoso, Granger. È risaputo nel castello che ha più tentacoli della piovra del Lago Nero.»
La giovane si sforzò di non ridere; non voleva essere cattiva nei confronti di Cormac, infondo le era quasi diventato simpatico… quando non parlava, almeno.
«Allora?» la incalzò Draco. «Chi è stato lo sfortunato?»
Hermione si fece immediatamente seria e gli rivolse un’occhiataccia truce.
«Non sono affari tuoi, Malfoy» rispose gelida, alzandosi dal divano e raccogliendo i fogli che il biondo le aveva dato.
Draco deglutì; non si aspettava una reazione così dura, stava solo scherzando. Ma quella affermazione gelida non smorzò ugualmente la sua curiosità.
«Qualcuno di cui ti vergogni? Non sarà stato mica Paciock?»
«No», asserì irritata la ragazza. «Ma non l’ho detto ai miei amici, cosa ti fa pensare che dirò il suo nome a te
Il Serpeverde ammutolì e incassò il colpo; si era aspettato quella risposta, ma sentirsela dire gli provocò comunque una sensazione strana alla bocca dello stomaco che non riuscì esattamente a collocare.
Draco si chiese perché ogni passo avanti che faceva con la Granger fosse sempre seguito da una battuta d’arresto e due passi indietro successivi ad essa; a quel ritmo, non si sarebbero considerati amici prima della vecchiaia. E per i Maghi, la vecchiaia implicava quasi una vita intera per i Babbani.
Amici. Voleva essere amico della Granger?
Draco scrollò le spalle fingendo indifferenza per commento della ragazza, deciso a non far trapelare il fatto che lo aveva punto sul vivo.
«Dimmi almeno perché mezzo castello crede che Potter abbia un Ungaro Spinato tatuato sul petto. Non puoi lanciare le bombe e poi nascondere la mano, Granger!»
Hermione rise. «Ginny» disse semplicemente.
«Stanno insieme ora, quei due?» domandò Malfoy con un’espressione disgustata.
«A quanto pare.»
«Fa sempre meno schifo di McCoso» commentò acido lui.
Hermione alzò gli occhi al cielo.
«Cos’è questo vizio che avete tutti di criticare il mio… qualunque cosa sia, con McLaggen?»
Draco alzò un sopracciglio; non sapeva neanche lei cosa fosse il suo rapporto con la Piovra?
«Risulta un po’ difficile comprendere come tu faccia a sopportarlo» affermò con disinvoltura il biondo. «È un idiota. Capisce almeno quello che gli dici?»
Hermione gli rivolse un sorrisetto divertito. «Basta non dargli modo di parlare e diventa sopportabile.»
Malfoy fu colto da un conato di vomito a quell’allusione. Alla Granger piaceva sul serio il modo in cui la toccava? Bleah.
«Quindi andate a letto insieme occasionalmente? Non ti facevo il tipo da relazioni senza impegno…»
Hermione scrollò le spalle. «Non è il momento per una storia seria.»
Draco la guardò di sottecchi. «Hai paura di innamorarti, Granger?»
La Grifondoro si incupì per un momento, ma non fece in tempo a rispondere a quella domanda perché una smorfia di dolore apparve sul volto del Serpeverde, che si afferrò prontamente l’avambraccio sinistro con la mano destra.
Vaffanculo, pensò. Proprio quando ero quasi riuscito a strappare delle informazioni interessanti alla Granger.
«Draco?» lo chiamò lei allarmata, ma il ragazzo non parve sentirla.
Gli si avvinò con cautela, avvertendo una punta di panico farsi sentire all’altezza del suo stomaco; gli attacchi di panico del biondino, Hermione aveva capito come gestirli. Ma quando il Marchio gli andava a fuoco, non aveva idea di cosa fare per aiutarlo. Era successo già un’altra volta, dopo quella nel corridoio al sesto piano; lei odiava profondamente il senso di impotenza che la sovrastava, dovuto all’impossibilità di fare qualcosa per lenire il dolore di Draco. L’unica cosa che poteva fare era stare lì a guardarlo in agonia patire le pene dell’inferno.
Letteralmente. Draco lo aveva descritto come il trovarsi su una pira mentre veniva arso vivo.
Lei cercava di distrarlo dal dolore parlandogli, ma sapeva perfettamente che non servisse a nulla.
Aveva persino fatto un giro nella sezione proibita, alla ricerca di un modo per aiutare il Serpeverde; sapeva che non c’era modo di sbarazzarsi del Marchio, ma sperava comunque di trovare una soluzione per limitarne gli effetti.
Lo guardò incerta se avvicinarsi o meno; si era lasciato ricadere sul pavimento, con le lacrime agli occhi e si mordeva la lingua per non urlare.
«Draco» gli sussurrò tra le lacrime; non riusciva a trattenerle, non quando assisteva a tanto dolore fisico e non aveva modo di intervenire. Lui aprì gli occhi e incrociò il suo sguardo per qualche istante, per poi distoglierlo subito dopo.
Odiava quello che le stava facendo; odiava vederla in quello stato a causa sua; c’era una parte di sé che si sorprendeva sempre della reazione della Grifondoro alle sue crisi. Dopo tutta la sofferenza che lui aveva arrecato a lei, la Granger era comunque in grado di provare empatia nei suoi confronti, di soffrire a sua volta davanti al suo dolore.
Gli si era avvicinata ancora di più; si era inginocchiata davanti a lui e tendeva le mani tremanti verso il suo corpo; esitava.
Hermione non era riuscita a trattenere quell’impeto che l’aveva assalita, l’istinto di accovacciarsi dinnanzi a lui e stringerlo a sé. Era quello che avrebbe fatto fin dall’inizio in altre circostanze, se non avesse temuto che Draco le avrebbe sputato in faccia anche solo per aver pensato di fare una cosa simile.
«Draco» mormorò con un singhiozzo. «Posso
Il ragazzo la guardò sorpreso per qualche istante, ma chiuse gli occhi e annuì quando una nuova fitta di dolore gli trapassò il braccio; Hermione tese le mani e lo afferrò, per poi avvolgerlo tra le sue braccia. Draco si strinse a lei a sua volta, aggrappandosi alla Grifondoro come se fosse l’unico appiglio alla vita che gli era rimasto.
Lei è l’unico appiglio che mi è rimasto, rifletté.
Hermione notò che tremava convulsamente ed evocò una coperta pesante da mettergli addosso; rimasero così per quelle che parvero ore, seduti sul pavimento, abbracciati, con la ragazza che carezzava i capelli di lui con dolcezza; lo aveva fatto istintivamente, ma quel gesto era sembrato aiutare Draco a rilassarsi e lui non le aveva detto di fermarsi, per cui aveva continuato.
Si calmò dopo quelle che parvero ore; Hermione credeva che, una volta passato il momento di agonia intollerabile e vulnerabilità, il Serpeverde l’avrebbe allontanata in malo modo, magari anche insultandola.
Ma Draco non lo fece neanche quando ebbe regolarizzato il respiro e il battito del suo cuore; non solo non disse nulla, ma non mosse neanche un muscolo; rimase lì, in quella stessa posizione, stretto tra le braccia di Hermione, beandosi del calore che emanava il suo corpo.
Era la prima volta, rifletteva Draco, che avvertiva del calore umano; più volte si era trovato tra le braccia di una ragazza, prima di quel momento, ma quella ragazza era Pansy Parkinson ed era stata cresciuta come lui; non gli aveva mai fatto percepire del calore, solo la freddezza a cui il giovane era stato abituato fin dalla nascita.
Hermione si rese conto che il Serpeverde stesse meglio e fece per togliere la mano intrecciata ai morbidi capelli di lui. 
«N-non smettere, Granger» sussurrò con un tono supplichevole Draco, il volto ancora poggiato sulla spalla di lei, gli occhi rigorosamente chiusi. «Per favore.»

 

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Capitolo 24
*** CAPITOLO 19 ***


CAPITOLO 19






 
 
 
Draco aveva deciso che fingere di aggiustare l’Armadio Svanitore fosse più tedioso del cercare di ripararlo veramente; la avvertiva come una perdita di tempo inutile, sapendo che non era più un imperativo, ma non poteva destare sospetti.
Passava ore nel Reparto Proibito della biblioteca, incrociando spesso anche la Granger; aveva realizzato che, ipotizzando che non lo avesse mai beccato quel giorno nel bagno di Mirtilla e che lui non avesse mai deciso di accettare il suo aiuto, prima o poi la Grifondoro lo avrebbe scoperto ugualmente. Potter non sarebbe mai riuscito da solo a trarre conclusioni sul suo piano, ma lei… Lei era tutta un’altra storia.
Si chiedeva spesso come stesse vivendo il fatto di mentire ai suoi migliori amici per proteggere il suo rivale storico, per proteggere lui; non aveva mai accennato all’argomento, né aveva mai mostrato alcun rimorso o rimpianto per la decisione di dargli una mano. E Draco, dal canto suo, non si era pentito della sua scelta.
Temeva ancora di mettere sua madre in pericolo, ma cercava di non pensarci; aveva scelto di fidarsi della Granger, dell’Ordine, di Silente… Non poteva comunque tornare indietro; e a prescindere dal Voto, Draco non voleva tornare indietro.
Nonostante gli incubi continuassero a tormentarlo regolarmente e il Marchio bruciante non gli desse pace, si sentiva più tranquillo; non aveva un attacco di panico dai tempi in cui non riusciva a trovare la Granger con la Legilimanzia e non passava più il suo tempo a domandarsi di quali atrocità sarebbe stato obbligato a macchiarsi, a immaginare orribili scenari di cui lui sarebbe stato costretto ad essere il fautore.
Stava ancora lavorando sulla questione del profumo della Granger; quello, era problematico. Non capiva perché l’avesse sentita nell’Amortentia e le allusioni della Donnola lo avevano reso irrequieto; non era un mistero che trovasse la Grifondoro carina, lo aveva ammesso a sé stesso anni prima durante il Ballo del Ceppo, un pensiero che si era affrettato a scrollarsi di dosso perché rifiutava anche solo l’idea che una Nata Babbana potesse essere fisicamente attraente ai suoi occhi. Il problema era che la Granger non era più semplicemente carina; la Granger era bella. E loro passavano più tempo insieme di quanto avrebbe mai creduto possibile poter passare con la stessa persona senza impazzire, sbottare o sviluppare il desiderio di soffocarla nel sonno.
E nessuno dei due aveva ancora cercato di affatturare l’altro.
Progressi.
Non era facile però, in quelle circostanze, rimuovere la questione dell’Amortentia dalla sua mente, soprattutto quando ormai sentiva il suo profumo ogni giorno; lo sentiva anche quando non l’aveva intorno. Alla fine, aveva optato per limitarsi a ignorare la questione, far finta di non sentire la vocina nella sua testa che cercava di indurlo in tentazione sussurrandogli commenti indesiderati sul profumo della Granger o sulla Granger in generale.
In più, non riusciva a smettere di pensare al momento che avevano condiviso qualche notte prima, quando il Marchio aveva iniziato a bruciare e lei lo aveva abbracciato; non si capacitava ancora di non aver avuto la forza di costringersi a rialzarsi nell’esatto momento in cui aveva iniziato a riprendersi, di aver ceduto al conforto delle braccia della Granger, di essersi lasciato cullare da un calore che, lo sapeva, non avrebbe potuto mai più riavvertire in vita sua.
Draco aveva realizzato che sarebbe stato meglio non sentirlo affatto; non avrebbe potuto sentire la mancanza di qualcosa che non aveva mai avuto, ma ora che l’aveva sperimentata, il ricordo lo tormentava, così come la certezza di non poter ripetere l’esperienza.
Il calore umano non era mai stata una cosa di cui Draco Malfoy aveva creduto d’aver bisogno, né avrebbe mai pensato che quel giorno sarebbe arrivato.
Per quanto desiderasse di più dalla sua vita, ne era consapevole, alla fine avrebbe finito per sposare una Purosangue; un triste, freddo, matrimonio a contratto. L’amore non era mai stato presente nelle prospettive per il suo futuro e Draco se n’era ormai fatto una ragione; non lo aveva mai vissuto sulla sua pelle, non lo sapeva riconoscere e non avrebbe saputo come ricambiarlo, pur volendo.
Rabbrividì immaginando i commenti velenosi che il sé stesso degli anni precedenti gli avrebbe rivolto se lo avesse colto a rimuginare su argomenti così melensi.
Fu distratto dai suoi pensieri da un vociare alto proveniente da un atrio del castello; vi si avvicinò incuriosito, ma si congelò sul posto alla vista di ciò che gli si parò davanti.
Un tizio del loro anno, di Tassorosso, del quale non ricordava il nome, - forse Flinchley -, era riverso per terra, a qualche passo da Daphne Greengrass. Theodore Nott e Pansy Parkinson lo stavano schernendo, insultandolo per il suo essere un Nato Babbano e per il fatto che aveva osato stare così vicino ad una Purosangue.
Il Tassorosso aveva sibilato qualche risposta ai due Serpeverde che Draco non era stato in grado di cogliere per via della distanza dal gruppo, ma ciò che lo fece pietrificare fu la vista di Pansy che tirava fuori la bacchetta e scagliava una maledizione contro il giovane… Maledizione che, però, colpì la Granger.
Quella stupida Grifondoro suicida si era messa in mezzo, ma non aveva fatto in tempo a deviare, né a parare, l’incantesimo scagliato da Pansy.
Nott e la sua socia avevano allora indirizzato la loro attenzione verso la ragazza.
Draco avvertì una strana sensazione di disagio e panico attanagliargli lo stomaco; la consapevolezza che avrebbe dovuto fare qualcosa per aiutarla lo colpì, spiazzandolo, ma si ritrovò frenato dal terrore di rendere palese i suoi recenti affari e di farsi scoprire, mandando così a rotoli quello che era già in partenza un piano con scarse probabilità di successo.
Non riuscì a pensare ad un modo per darle una mano senza destare sospetti abbastanza in fretta; quando finalmente gli era venuto qualcosa in mente, infatti, lui si era avvicinato al gruppetto, ma proprio in quel preciso istante, Blaise Zabini aveva fatto il suo ingresso.
«Siete impazziti? Forza, dobbiamo andarcene!» aveva esclamato tutto trafelato. «Sta arrivando la McGranitt, questa bravata ci farà perdere un botto di punti, idioti!»
Draco voltò il suo sguardo in direzione della Granger e fu allora che lo notò: un rivolo di sangue che colava lungo il braccio della Grifondoro.
Rosso.
Aveva visto il sangue dei Purosangue e il sangue dei Babbani; aveva pensato che, se quello dei secondi era uguale a quello dei primi, anche quello dei Nati Babbani avrebbe avuto lo stesso aspetto. Quella era la prima volta che vedeva il sangue di un Nato Babbano dal vivo… ed era della Granger. Non si sbagliava.
Il suo sangue è uguale al tuo. Uguale al tuo. Uguale al tuo.  
Ci mise qualche istante a trovare la forza di spostare gli occhi dalla ferita della ragazza e, con suo sommo orrore, notò che Pansy, Nott e Zabini erano ancora a portata d’orecchio. E Nott aveva lo sguardo puntato su di lui.
Avrebbe dovuto insultarla.
Dannazione!
«Sanguemarcio, levati di mezzo. Finirai per sporcare tutti quanti!»
Ci vediamo al Dormitorio dopo che sarai andata in infermeria?
Hermione, però, gli rivolse uno sguardo carico d’odio che lo fece raggelare; la vide piegarsi accanto al Tassorosso e aiutarlo a rialzarsi; poi si rivolse nuovamente a lui.
«Furetto, vai al diavolo. Tu e tutta la tua maledetta Casa!»
No. Non aveva detto ‘furetto’ alla fine della frase; non voleva vederlo.
Draco rimase immobile a guardarla allontanarsi, cercando di capire come gestire quella doccia fredda che gli era appena sembrato di ricevere.
 
Hermione era seduta su una panchina isolata, intenta a rileggere gli appunti della lezione che aveva appena terminato; non aveva compreso a pieno un concetto e sperava che ritornandoci sopra avrebbe avuto dei chiarimenti.
Aveva problemi a concentrarsi, però. Continuava a rivivere nella sua mente il più recente episodio che aveva vissuto con Draco Malfoy.
Lo aveva abbracciato. Represse una smorfia e decise che avrebbe ripreso ad esercitarsi con l’Occlumanzia, non poteva di certo perdere il controllo in quel modo se le fosse capitato di assistere a un’altra crisi del ragazzo; era entrata talmente tanto nel panico che non solo era pateticamente scoppiata a piangere, ma, incapace di starsene con le mani in mano a guardarlo soffrire, aveva avuto la brillante idea di cedere al suo istinto e stringerselo contro.
Immaginò che Malfoy avesse trascorso le ultime notti a vomitare al solo pensiero di essersi fatto tenere tra le braccia da una Sanguemarcio.
La sua attenzione venne improvvisamente attratta da qualcosa che stava succedendo dall’altro lato dell’atrio e corse immediatamente in quella direzione.
«Come osi stare così vicino a una Purosangue, Sanguemarcio?» stava sibilando Theodore Nott, mentre Justin Finch-Fletchley lo fissava con occhi sgranati. Sembrava urlare di non voler grane, ma i Serpeverde non erano dello stesso avviso.
Daphne Greengrass aveva provato a parlare, ma Pansy Parkinson aveva sovrastato la sua obiezione con la sua voce irritante. «Stava solo passando di qua…»
«Non ti sarai messo strane idee in testa, vero? Non ci stavi mica provando con lei?»
«Stavo solo passando…» provò a ripetere il giovane, visto che la Greengrass era stata ignorata totalmente un istante prima, ma Nott aveva estratto la bacchetta e gli aveva lanciato contro un incantesimo.
«Forse dovremmo ricordare a questa feccia qual è il suo posto» disse, scatenando una risata perfida nella sua compagna di casa.
Hermione riconobbe subito quell’incantesimo. Era la Maledizione Imperius.
Fece per correre in aiuto dell’amico, ma si immobilizzò nell’assistere a ciò che Nott fece subito dopo. Con una smorfia di dolore apparsa sul suo volto nel tentativo di resistere alla Maledizione Senza Perdono, il Tassorosso era stato fatto inginocchiare davanti a Daphne Greengrass.
«Ecco, così va meglio» aveva commentato Nott ridendo.
«Ogni tanto gli va ricordato che gli siamo superiori e che non dovrebbero neanche respirare la nostra stessa aria, figurarci parlarci o passarci accanto» gli aveva dato man forte Pansy.
«Superiori… voi?» biascicò Justin, a metà tra lo scherno e il disgustato.
Hermione avvertì una punta di orgoglio nei confronti del suo amico, che aveva optato per tenergli testa, nonostante tutto, ma quella scena l’aveva scossa profondamente; più che altro, le sue implicazioni.
Ricordò a sé stessa che Nott era abbastanza invasato da prendere volontariamente il Marchio, da non vedere l’ora di unirsi a Voldemort.
Si avvicinò a grosse falcate al gruppetto di ragazzi, ma proprio in quell’istante Pansy Parkinson tirò fuori la bacchetta, puntandola contro Justin. Senza pensare, Hermione si frappose tra lei e il compagno di Tassorosso; non fu abbastanza rapida da bloccare la Maledizione.
Avvertì un bruciore intenso sul braccio destro e la pelle squarciarsi; il sangue iniziò a sgorgare, ma lei si morse la lingua per non lasciar trapelare alcun segno di dolore.
Non gli avrebbe dato alcuna soddisfazione.
«Oh, guarda! Un’altra Sanguemarcio che si unisce alla festa» asserì Nott con ilarità.
«Cinquanta punti in meno a Serpeverde» rispose gelida Hermione. «E probabilmente una bella punizione una volta che avrò parlato con la McGranitt di quanto avete appena fatto. Sempre che non decida di espellervi.»
Il sorriso scomparve dal volto dei due ragazzi. Nott indirizzò la sua bacchetta verso di lei, probabilmente pensando di approfittare del fatto che la ragazza non fosse in grado di muovere il braccio per difendersi.
In quel momento, Hermione notò Draco Malfoy, che fino a qualche istante prima era rimasto immobile a guardare la scena con un’espressione indecifrabile stampata sul volto, avanzare verso di loro.
Bene, perfetto. Anche lui ora, pensò stizzita, provando per qualche motivo un moto di rabbia anche verso di lui. La Parkinson, infondo, era la sua ragazza, no?
Blaise arrivò proprio in quell’istante, tirandola fuori dai guai.
Bella mossa, Zabini pensò, considerando l’idea di potersi realmente fidare del Serpeverde.
L’aveva aiutata.
Mentre Draco Malfoy non aveva mosso un dito.
 
Justin era ancora visibilmente scosso dopo che Madama Chips l’aveva visitato.
Hermione dovette spingere le sue recenti epifanie riguardo Malfoy, - che principalmente vertevano sul fatto che non fosse affatto cambiato e che non avesse accettato il suo aiuto perché reputava l’azione dei Mangiamorte sbagliata, ma esclusivamente perché quello era il modo più sicuro con cui salvarsi la pelle -, in un remoto angolino della sua mente, per poi avvicinarsi al compagno di Tossorosso.
«Justin, come stai?»
«Come devo stare, Herm?» rispose lui tirando su col naso. «Non mi sono mai sentito tanto umiliato in vita mia.»
La Grifondoro capiva perfettamente quello che intendeva dire; quella era stata anche la sua esperienza più umiliante e non era nemmeno successa a lei in prima persona.
«Non permettergli di entrarti in testa, se ti abbatti gliela darai vinta» provò a spronarlo, ma la verità era che anche lei era ancora scossa dall’accaduto e non sapeva esattamente cosa dire al suo amico per tirarlo su di morale.
Aveva passato tanto tempo con Justin, nel corso degli anni; non che i suoi amici ne avessero la minima idea. Prima di ricevere la loro lettera per Hogwarts, i due avevano frequentato la stessa scuola privata nel mondo non magico; non si conoscevano, allora, ma i loro genitori avevano fatto amicizia quando erano andati a King’s Cross per il loro primo viaggio e da quel momento avevano iniziato a frequentarsi. Hermione e Justin avevano partecipato a poche di quelle uscite, dal momento che erano a casa per poche settimane all’anno, ma sospettavano che avere qualcuno con cui condividere il fatto di avere un figlio Mago e sempre distante da casa gli fosse di qualche consolazione. Per lo più, i due ragazzi avevano condiviso delle riflessioni circa il rapporto con i propri genitori che, da quando avevano iniziato a frequentare Hogwarts, era andato complicandosi; quella era una cosa che Ron o, a malincuore, Harry non avrebbero mai potuto capire e Hermione era grata di aver avuto Justin con cui affrontarla. Non era stato facile per nessuno dei due rendersi conto di non poter condividere tutto con i propri genitori, di quanto fosse inutile anche solo raccontare alcune cose perché non avrebbero potuto capirle, della quantità di volte in cui li avevano visti annuire ai loro discorsi, senza sapere veramente di cosa stessero parlando. Era uno dei motivi per cui, eventualmente, i Nati Babbani finivano sempre per allontanarsi in qualche modo dalla propria famiglia.
Hermione ne aveva sofferto molto, quando era arrivato il suo momento di realizzare la cosa; amava i suoi genitori con tutto il cuore, ma ad un certo punto aveva finito per sentirsi quasi un’estranea in casa propria; era il motivo per cui trascorreva parte delle sue vacanze alla Tana.
«Tu non capisci, Herm» mormorò triste il Tassorosso.
«Cosa non capisco, Jus?»
Justin deglutì.
«Ero vicino a Daphne perché ci stavamo accordando per vederci in privato.»
Hermione lo scrutò confusa. «Tu e Daphne siete amici, quindi?»
Il ragazzo scosse la testa.
«Stiamo insieme.»
La Grifondoro sgranò gli occhi e spalancò la bocca.
Pensò a quanto dovesse essere stato orrendo per Justin essere costretto ad inginocchiarsi al cospetto della ragazza che amava, come se fosse inferiore a lei, indegno di starle accanto.
Le venne da vomitare.
No, convenne.
Non avrebbe potuto consolare Justin neanche se avesse avuto la lucidità mentale per farlo.
*
Draco rimase a guardare la Granger che si allontanava da lui sorreggendo il Tassorosso sconvolto finché non fu più visibile; i suoi compagni di Serpeverde si erano dileguati, ma, notò, la McGranitt non era mai arrivata.
Corrugò la fronte. Voleva dire che Zabini aveva protetto la Granger? Perché avrebbe dovuto farlo?
Fu percorso da un’improvvisa ondata di fastidio.
Avrebbe dovuto essere lui; avrebbe dovuto aiutare lui la Granger.
Perché non era stato in grado di elaborare un piano così banale ma al contempo efficace?
Era Draco a dovere qualcosa alla Granger, perché Zabini si era messo in mezzo?
Gli sfuggiva qualcosa, ma cosa?
 
La Granger non si era fatta vedere né a pranzo né a cena dopo quell’evento.
Per quanto avrebbe voluto farlo, Draco sapeva di non poter andare in infermeria a controllare che stesse bene; Madama Chips l’aveva trattenuta per tenerla sotto osservazione?
Non era stato in grado di riconoscere la maledizione che aveva usato quella stupida di Pansy; quindi, non aveva idea della gravità di quella ferita.
Il colore rosso balenò dietro le sue palpebre quando chiuse gli occhi.
Il sangue della Granger. Uguale al tuo. Il sangue della Granger è uguale al tuo.
Il suo sguardo saettò immediatamente su di lei quando la vide entrare nell’aula di Rune Antiche; parlottava a bassa voce con Finch-Fletchley mentre si dirigevano per prendere posto ai loro soliti banchi. 
Draco sapeva che la ragazza si era accorta che la stava guardando, la Granger se ne rendeva sempre conto, e il fatto che non si voltò per ricambiare il suo sguardo lo irritò parecchio.
Voleva solo accertarsi che stesse bene; perché si comportava così? Perché lo ignorava come se avesse avuto un ruolo in quello che era accaduto a lei e al suo dannato amico Tasso?
 
Quando la campanella suonò, Draco agì senza riflettere veramente; si appostò dietro la colonna della porta e attese che tutti gli studenti fossero usciti; aveva sentito la Granger chiedere alla Babbling se potesse fermarsi dopo la lezione per porgerle una domanda, per cui, quando vide la professoressa lasciare l’aula, capì che dentro ci fosse solo la Grifondoro.
Sgusciò attraverso la porta e la richiuse subito dopo con un sonoro clunk.
La Granger sussultò e lo guardò esterrefatta.
«Malfoy, che accidenti stai facendo?»
Il Serpeverde la raggiunse a grosse falcate, trovandosi nel giro di qualche secondo di fronte a lei.
Avrebbe voluto chiederle perché cavolo si stesse comportando come se fosse arrabbiata con lui, che non aveva assolutamente fatto niente.
È quello il problema, mormorò la sua coscienza. Non hai fatto assolutamente niente.
Draco ignorò la voce.
«Stai bene?» le domandò invece.
La ragazza lo guardò spiazzata per qualche secondo, poi sbuffò.
«Ti aiuterò lo stesso, Malfoy» rispose caustica. «Non c’è bisogno che tu ti finga interessato.»
Il biondo fece per ribattere, ma non gli uscì alcun suono; non stava fingendo un bel niente, si sentiva davvero male per non essere stato in grado di aiutarla, di tirare fuori da quella situazione spiacevole l’unica persona che aveva fatto qualcosa per dare una mano a lui. Il che, rifletté il Serpeverde, non era molto da Draco Malfoy. Cosa gli stava facendo, la Granger? Lo stava cambiando?
«E questa cosa che hai appena fatto» aggiunse riferendosi palesemente al suo improvvisato e incauto tentativo di parlarle, «è da irresponsabili. Potrebbe vederci qualcuno!»
Si mise la tracolla in spalla, ma prima che potesse dirigersi verso l’uscita, Draco sospirò e tese una mano per toccarle un braccio.
«Hey, Granger…»
Non ebbe mai il tempo di dirle che il suo interesse era sincero, che voleva davvero accertarsi che stesse bene, né che gli dispiaceva di non essere stato in grado di fare qualcosa per fermare Pansy e Nott senza destare sospetti, perché la porta dell’aula si spalancò all’improvviso e Harry Potter e Ronald Weasley fecero capolino nella stanza.
Draco arretrò di scatto; Hermione sobbalzò e per poco non imprecò.
«Allontanati subito da lei, Malfoy!» ruggì Ron non appena li ebbe raggiunti.
Malfoy gli rivolse il suo familiare ghigno perfido. «Geloso, Weasel?»
Il volto del rosso, a quelle parole, divenne un tutt’uno con i suoi capelli e provò immediatamente a scagliarsi contro Malfoy, urlandogli di stare lontano da Hermione; Harry, che ormai era abituato al pessimo temperamento dell’amico e alla sua scarsa capacità di autocontrollo quando si arrabbiava, lo trattenne afferrandolo per un braccio e lo tirò indietro.
«Mione, stai bene?» chiese preoccupato all’amica, era ancora turbato da quello che le era accaduto la mattina precedente. «Ti ha fatto qualcosa?»
«Tutto bene, Harry» rispose semplicemente lei, sorridendogli con fare rassicurante.
«Che ci facevate qui dentro insieme?» domandò Ron assottigliando gli occhi sospettoso.
Hermione alzò gli occhi al cielo.
«Avevo dimenticato il libro di Antiche Rune e sono tornata indietro a prenderlo» chiarì prontamente la ragazza, ma quella esplicazione non parve quietare la curiosità del Grifondoro.
«E lui
Draco gli rivolse un altro ghigno divertito.
«Aspetto Pansy. Devo farti un disegnino per spiegarti il perché?»
Ron divenne, se possibile, ancora più paonazzo, ma Hermione intervenne subito, prima che la situazione finisse per degenerare e qualcuno sguainasse le bacchette. Quei tre avevano l’immatura tendenza a tirarla fuori per qualsiasi scemenza.
«Sarà meglio andare, ora» affermò dirigendosi verso la porta, con Harry che si trascinava Ron fuori dall’aula.
Draco rimase a fissare la scena, indeciso se essere divertito per la solita figura da babbeo che aveva fatto la Donnola, o irritato perché avevano interrotto la sua conversazione con la Granger sul più bello.
 
«Lo sapete che so difendermi da sola, vero?» disse Hermione con una punta di fastidio nella voce.
«Da quanto accaduto ieri, non si direbbe» ribatté stizzito Ron.
Harry invece aveva annuito convinto all’affermazione dell’amica e aveva lanciato un’occhiataccia al rosso.
«Non prendertela con me, è lui che è sempre iperprotettivo» asserì il moro continuando a guardare in tralice Ron. «Vi abbiamo visti per caso sulla Mappa e siamo venuti a controllare. È pur sempre di Malfoy che stiamo parlando!»
«Vuoi dire che lo stavi di nuovo spiando con la Mappa» tradusse la Grifondoro in tono piccato.
«Harry, devi smetterla!»
«Sai, io invece penso proprio che dovrebbe continuare» dichiarò il rosso. «Sicuramente aveva ragione e Malfoy è davvero un Mangiamorte.»
Hermione si sforzò di alzare gli occhi al cielo.
«Cosa ti ha convinto esattamente Ronald? Il fatto che ti stia dando ai nervi più del solito?»
Ron sbuffò.
«Da quando hai Antiche Rune con Malfoy piuttosto?»
«Da sempre, come anche Aritmanzia. Siamo in pochi, quindi le classi sono miste con gente di tutte e quattro le Case» spiegò la giovane. «La maggior parte degli studenti segue Divinazione. Il motivo di ciò non mi è esattamente chiaro.»
Ron ponderò quell’informazione per qualche secondo, qualcosa non gli tornava.
«Ma... Malfoy segue anche Cura delle Creature Magiche!»
Hermione scrollò le spalle. «Non sono l'unica ad aver scelto una materia in più» gli fece notare. «Ci entra nell'orario, sai? Non tutti fanno il minimo indispensabile» aggiunse con una punta di criticismo nel tono di voce.
«Beh, questo spiegherebbe in parte come ha fatto quel furetto prepotente a diventare Prefetto» considerò Harry, come se avesse appena risolto un enigma di estrema importanza.
Hermione quasi scoppiò a ridere.
«Quello e i soldi di papà prima che andasse a vivere con i Dissennatori» commentò sprezzante Ron.
La ragazza sbuffò, ne aveva abbastanza di parlare di Malfoy.
Ne aveva abbastanza di Malfoy in generale.
«Andiamo, sto morendo di fame» li incitò sperando di sviare permanentemente la loro attenzione dal Serpeverde.
 
Non aveva avuto più modo di parlare con la Granger.
La ragazza lo aveva ‘accidentalmente’ urtato in un corridoio, una mattina, andandogli a finire addosso, sfortunatamente, nell’esatto momento in cui lui si stava bloccando per tirare uno schiaffo dietro la nuca di Goyle.
Il risultato di quella combinazione di eventi era stato che, anziché dargli una spallata, la Grifondoro era finita per sbattere la faccia contro la schiena di Draco, finendo dritta sul pavimento.
Il Serpeverde aveva quasi imprecato, non per il contatto con una ‘Sanguemarcio’, come aveva prontamente sottolineato Crabbe, ma per il fatto che ogni volta che succedeva qualche malinteso con la Granger, le cose non facevano altro che peggiorare esponenzialmente senza che lui fosse in grado di esercitare alcun controllo su di esse.
Aveva dovuto insultarla, ma almeno gli aveva dato la scusa per utilizzare il loro codice segreto e chiederle di vedersi al Dormitorio; aveva quasi tirato un sospiro di sollievo quando gli aveva detto di sì, poi, però, si era ricordato che era stata lei a colpirlo, quindi probabilmente voleva parlargli fin dall’inizio.
E non aveva torto; la Granger lo aveva cercato per consegnargli un pacchetto.
Piton era riuscito a procurarsi l’anello maledetto.
Finalmente, qualcosa di interessante su cui lavorare, pensò.
Non ne poteva più di fingere di aggiustare quel dannato Armadio Svanitore.
Mentre la Granger gli tendeva il pacchetto, Draco notò che aveva un polso fasciato.
«Cosa ti sei fatta?» domandò indicando le bende con un cenno del capo.
Quanto tempo passava in infermeria, quella ragazza?
«Oh, non è niente. È solo slogata, tornerà come nuova domani, a detta di Madama Chips.»
Il biondo corrugò la fronte inizialmente, chiedendosi se ponendole ulteriori domande su come si fosse fatta male l’avrebbe indisposta come era accaduto qualche giorno prima, quando l’aveva intercettata per informarsi sulla ferita che Pansy le aveva inferto; poi, però, fece mente locale e fu colpito da una consapevolezza.
Maledizione!
«Sono stato io?»
La ragazza lo guardò confusa per qualche istante. «Eh?»
«Te la sei slogata quando sei caduta stamattina, non è vero?»
Hermione arrossì. «Oh, sì. Ma non è stata colpa tua, ho poggiato male la mano per terra nel tentativo di sorreggermi.»
Odiava sembrare goffa, Hermione. Soprattutto con lui.
«Sai, dovevo darti solo una spallata, ma ti sei fermato all’improvviso. Non mi aspettavo di cadere…»
«Ti è andata bene, stavo per tirare un cazzotto a Goyle» ribatté lui con aria corrucciata. «Potevo farti male seriamente.»
E mi sarei odiato, anche se sarebbe stato accidentale.
«D’accordo, ho capito» asserì la ragazza a quel punto. «D’ora in poi, niente finti scontri fortuiti.»
Gli rivolse un’ultima occhiata e si accinse a lasciare il Dormitorio.
«Fai attenzione con quello» gli disse prima di sparire dietro la porta. «Non ho idea di cosa faccia, ma avverto il sentore di magia oscura anche con tutto l’involucro.»

 

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Capitolo 25
*** CAPITOLO 20 ***


CAPITOLO 20






 
 
TW: Violenza, Contenuti sensibili
 
Hermione aveva deciso che non aveva senso prendersela con Malfoy per quello che avevano fatto Pansy e Nott, né per non essere intervenuto in suo aiuto; d’altronde, la situazione di Draco era delicata e qualsiasi sua azione poteva essere fraintesa e costituire dirimpetto un rischio per lui e per il loro piano.
Avevano continuato a vedersi nel Dormitorio per cercare di organizzare la finta morte del ragazzo, ma non erano stati in grado di elaborare nulla di fattibile.
Hermione aveva iniziato a provare una punta di irritazione nei confronti di Silente, che sicuramente avrebbe ci avrebbe impiegato la metà del tempo e degli sforzi per trovare una soluzione, ma sapeva anche che era impegnato con Harry nella ricerca di ricordi essenziali per sconfiggere Voldemort.
E comunque, Draco Malfoy era, dovette ammetterlo a sé stessa anche se a malincuore, una sua responsabilità ormai.
Come se lo avesse chiamato, il biondino si materializzò all’improvviso davanti a lei.
«Malfoy, che cosa ci fai qui?» domandò Hermione corrugando la fronte; era di turno con la Parkinson per la ronda quella sera.
«Pansy non si sentiva bene, la sostituisco. Ti dispiace?» rispose piccato il ragazzo, accigliandosi al tono acuto che la Grifondoro aveva utilizzato nel vederlo varcare la soglia della Sala dei Prefetti.
«N-no» ammise lei arrossendo, soprattutto dopo il recente scontro con la Parkinson; Hermione non era sicura di riuscire a evitare di affatturarla… quel ricordo bruciava ancora.
«Non mi sarebbe dispiaciuto neanche l’anno scorso, veramente» aggiunse parlando più a sé stessa che al ragazzo, e arrossì ulteriormente quando si rese conto di aver detto quella frase a voce alta.
Draco alzò un sopracciglio.
«Tu arrivavi, mi insultavi e finiva lì» spiegò Hermione concisa, scrollandosi di dosso l’imbarazzo per quell’affermazione ambigua e fraintendibile. «La Parkinson parlava decisamente troppo.»
Il Serpeverde non riuscì a reprimere un sorriso; era vero, era quello che inevitabilmente finiva per pensare chiunque capitasse per più di cinque minuti vicino a Pansy Parkinson.
«Mi seguiva per tutto il giro solo per infastidirmi. Ci impiegavamo il doppio del tempo ed ero quasi arrivata al punto di offrirmi di suggerirle dei nuovi insulti da rivolgermi, perché ero stanca di sentire sempre le stesse cinque frasi fatte, per tutta la ronda.»
Draco rise mentre afferrava il suo modulo da compilare e, dal momento che la ronda non sarebbe iniziata di lì a quindici minuti, iniziò a stilare il verbale.
«Frasi che, comunque, copiava da te, quindi le avevo già sentite in partenza. Non so come fai a sopportarla…»
«Non lo faccio» rispose semplicemente il biondino, senza alzare lo sguardo dal foglio.
Hermione rimase interdetta da quella risposta, ma non si dilungò sull’argomento; nella sua mente, si stava godendo la probabile reazione che Ron avrebbe avuto qualche sera dopo, quando al posto di uno straordinariamente taciturno Draco Malfoy, si sarebbe presentata la Parkinson durante il suo turno di ronda. Sorrise al pensiero, ma sperò che non volassero Maledizioni.
«Io prendo dai sotterranei al terzo piano» fece Malfoy, alzandosi dalla sedia.
«Ah, no!» obiettò Hermione con un po’ troppo fervore. «Io prendo dai Sotterranei al terzo piano. Non sono stupida, lo so che non togli punti ai tuoi compagni di Serpeverde quando li scopri in giro oltre il coprifuoco!»
Il biondino scrollò le spalle. «Come preferisci. Vorrà dire che cercherò di contenermi quando troverò Weasel e la Brown a pomiciare in qualche alcova.»
La Grifondoro si passò la lingua sui denti e lo guardò indispettita.
«Sei insopportabile, Malfoy.»
 
Hermione sbadigliò sonoramente; non aveva incrociato nessuno durante la perlustrazione del sotterraneo, né tantomeno al piano terra e al primo piano.
Non vedeva l’ora di andarsene a dormire.
Entrò nel bagno di Mirtilla Malcontenta e si sciacquò la faccia; non sobbalzò quando sentì la porta aprirsi, probabilmente era solo Draco.
Erano gli unici ad usare quel bagno, in fondo.
Fece per voltarsi e chiedergli cosa ci facesse al secondo piano visto che faceva parte della zona di cui si era preso carico lei, ma si congelò sul posto quando si trovò davanti Theodore Nott.
«Cosa ci fai in giro a quest’ora, Nott?» esordì lei in tono fermo. «Sono costretta a toglierti dieci punti per violazione del coprifuoco.»
Il Serpeverde iniziò a muoversi in movimenti circolari, ma non accennò ad andarsene.
«Fai come vuoi Sanguemarcio» disse freddamente. «Non me ne andrò comunque.»
Qualcosa nel modo in cui le stava parlando Nott la fece rabbrividire.
«Sai, ero molto annoiato e sono uscito a divertirmi un po’»
La Grifondoro deglutì; a quelle parole, si portò immediatamente la mano alla tasca per estrarre la bacchetta, reduce dagli avvenimenti recenti in uno degli atri della scuola, ma il Serpeverde fu più rapido di lei e, con un balzo, le fu alla gola.
«Non fare mosse avventate, Sanguemarcio» sibilò con un ghigno perfido sul volto. «Non faresti altro che peggiorare la tua situazione.»
La bacchetta del ragazzo premeva con forza contro la sua giugulare; Hermione non riusciva né a parlare, né a muoversi.
Era spaventata.
Cercò di richiamare a sé la sua lucidità, per pensare a una via d’uscita.
«Stavo cercando qualche manchino su cui fare pratica con un Incantesimo» stava dicendo Nott, mentre faceva scorrere la punta della bacchetta sulla pelle della giovane.
«Non mi aspettavo di essere così fortunato da incappare in una Sanguemarcio in carne ed ossa.»
Cosa aveva intenzione di fare? Usare la Cruciatus su di lei tra le mura del castello?
«Soprattutto, non tu. Abbiamo un conto in sospeso noi due, in fondo…»
Quasi urlò di dolore, Hermione, quando avvertì la pelle nell’incavo del suo collo lacerarsi al passaggio della punta della bacchetta del Serpeverde.
«Via, via. È solo un taglietto. Credevo che voi Grifondoro foste più… resilienti
La ragazza gli rivolse un’occhiata carica di odio; stava pensando a un modo per estrarre la propria, di bacchetta, così avrebbe potuto testare lei la resistenza del Serpeverde, ma avvertì nuovamente la pressione del legno contro la sua gola. Un singulto di dolore le sfuggì quando quello fu sostituito dalle dita di Nott che si chiusero attorno al suo collo, stringendola al punto da farla boccheggiare in cerca d’aria.
«Te l’ho già detto, Sanguemarcio. Peggiorerai solo le cose…»
Fu a quel punto che una voce fredda e strascicata rimbombò per tutto l’ambiente.
«Che cosa succede qui?»
 
Draco si stava trascinando svogliatamente tra i corridoi del quarto piano; aveva davvero sperato di incrociare la Donnola e quella piaga della sua ragazza per detrarre qualche punto alla Casa rosso e oro, ma non lo aveva trovato da nessuna parte.
Il suo armistizio con la Granger non era certo un trattato di pace tra le loro Case, in fondo.
Stava per tornarsene deluso alla Sala dei Prefetti per compilare quel noioso verbale quando lo avvertì; un senso di malessere e… paura.
Deglutì; faticava a respirare, come se ci fosse qualcosa di rigido affondato nella sua gola, e avvertiva un pulsare incessante nella testa, come il battito accelerato di un cuore… un cuore che però non era il suo.
Pensa, Hermione. Pensa.
Stava percependo la Granger; i suoi pensieri, le sue… emozioni?
Non perdeva il controllo della sua Legilimanzia da un po’; si chiese cosa avesse innescato quella connessione. Pensò di doverla bloccare fuori come gli aveva insegnato sua madre, non voleva invadere la privacy della persona che lo stava aiutando più di quanto avesse mai fatto qualcun altro in vita sua, non più, almeno, ma… Un gemito di dolore che riecheggiò nella sua testa lo riportò alla realtà dei fatti.
Stava avvertendo le emozioni della Granger… ed era spaventata e sembrava provare dolore, dolore fisico.
Dove sei Granger? si ritrovò a pensare mentre attraversava quasi correndo i corridoi.
Dove diavolo sei?
Arrivato al secondo piano, Draco notò che la porta del bagno di Mirtilla era rimasta leggermente socchiusa; assottigliò gli occhi e tirò fuori la bacchetta, per poi entrare nella stanza.
 
Theodore Nott aveva una mano chiusa attorno alla gola della Granger, che soffocava sotto la sua presa.
Calma, Draco. Pensa. Ma fa’ qualcosa. Subito!
«Che cosa succede qui?» domandò con la sua solita voce fredda e strascicata, improvvisando.
Nott si voltò e gli rivolse un rapido sguardo annoiato.
«Niente, Malfoy. Puoi andartene. Mi occuperò io di pulire, dopo.»
Draco dovette fare appello a tutta la sua Occlumanzia per non affatturarlo; avvertiva un senso di rabbia irradiarsi in tutto il suo corpo e infiammargli le vene. Non aveva mai nutrito una particolare simpatia per nessuno dei suoi compagni di Casa, ma Theodore Nott, sebbene avesse avuto qualche momento di gloria in quei sei anni, lo aveva sempre irritato particolarmente; le cose erano peggiorate notevolmente quando il Signore Oscuro aveva fatto ritorno e Nott aveva quasi aperto un suo fanclub a Hogwarts.
«Non credo che andrò via così presto, Nott» ribatté freddamente Draco, avvicinandosi lentamente ai due.
«Vuoi unirti alla festa, allora?» lo incitò l’altro, rivolgendo alla Granger uno sguardo eccitato.
La Granger, invece, scrutò Draco terrorizzata, ancora ansante e in cerca d’aria.
«Quella è la Granger» asserì gelido Malfoy. «Trovati un altro Sanguemarcio da infastidire.»
Nott rise, ma a quelle parole lasciò andare la ragazza, spingendola con forza contro il pavimento.
Hermione vi cadde di faccia, sbattendo forte il naso; il sangue iniziò a colare a fiotti, unendosi a quello che perdeva dall’incavo del collo. Provò a tamponarlo con le mani.
Uguale al tuo. Uguale al tuo. Il suo sangue è uguale al tuo.
Draco riportò di scatto gli occhi sul suo compagno di Casa, fulminandolo con lo sguardo.
«Non avevo capito che fossimo già al punto di reclamare i nostri giocattolini» ribatté Theodore con finto rammarico, mentre metteva via pigramente la bacchetta.
Draco si irrigidì a quelle parole; non voleva che la Grifondoro potesse fraintendere o pensare cose… strane, ma l’unico modo di uscirne senza combinare un disastro, senza farsi scoprire, era stare al gioco.
Nott era sicuramente tra quelli che lo tenevano d’occhio e loro non potevano permettersi di destare sospetti.
«Pensavo che non ti sarebbe dispiaciuto condividere, ma a quanto pare hai la sindrome del figlio unico.»
«Cerca di non farmi incazzare, Nott» sibilò Draco, puntando la bacchetta alla gola dell’altro ragazzo.
«Non era mia intenzione» gli rispose lui, lasciandosi andare ad una finta risata. «Il punto è, Malfoy, che sai benissimo che dovresti fare ben altro, con lei… non semplicemente infastidirla.»
Draco arricciò il naso e premette la bacchetta ancora più a fondo.
«Non dirmi cosa devo o non devo fare» sibilò minaccioso avvicinando il volto a quello di Nott.
«Non mi permetterei mai, Malfoy» disse Theodore con tono di falsa reverenza, mentre allontanava con cautela la gola dalla bacchetta di Draco.
«Bastardello fortunato tu, ad essere stato il primo» aggiunse dirigendosi verso l’entrata del bagno. «Ma non preoccupati, tra poco non sarai più il solo. Ti lascio giocare ora, ma ricordati di sistemarle i ricordi, dopo…»
Nott gli rivolse un finto sorriso. «Non vorremmo avere problemi con il Preside», terminò lanciandogli un’occhiata di sfida e uscì dalla stanza.
Draco scagliò un Colloportus contro la porta per evitare che rientrasse e si diresse verso la ragazza che giaceva ancora sul pavimento, sconvolta e tremante.
«Granger!» la chiamò Draco con un filo di voce. «Granger, stai bene?»
«Cre-credo di d-dover v-vomitare» farfugliò lei, mentre si massaggiava il collo; dei lividi avevano già iniziato a formarsi laddove le dita di Nott l’avevano stretta.
Quel figlio di puttana!
«Draco? Cos’è successo?» trillò la voce scioccata di Mirtilla Malcontenta; era sbucata in quel momento da uno dei gabinetti.
Dov’era quel maledetto fantasma quando serviva?
Draco non la degnò di uno sguardo; era concentrato su quello che stava succedendo fuori dal bagno, poteva ancora sentire i pensieri di Nott.
Stava aspettando lì di fronte, per verificare cos’avrebbe fatto.
Il biondino deglutì e afferrò un braccio della Granger, trascinandola dentro uno dei cubicoli e aiutandola a raggiungere la tazza.
«Mirtilla, ho bisogno che tu faccia una cosa per me» dichiarò deglutendo il Serpeverde.
«Certo, Draco. Devo andare a chiamare qualcuno?»
Il giovane scosse il capo.
«Devi urlare
Un secondo dopo, il fantasma lanciò un urlo agghiacciante.
 
Hermione aveva rigettato quel poco di cibo che era riuscita a mandare giù a cena e poi aveva vomitato bile.
“Non avevo capito che fossimo già al punto di reclamare i nostri giocattolini.”
Nott aveva parlato di lei, dei Nati Babbani, come se fossero cose, non persone; come se la loro vita non valesse niente, come se non fossero altro che una bambola di pezza da piegare e torturare a loro piacimento. Sapeva che, nella deviata e contorta mente dei Mangiamorte, la visione dei Nati Babbani era pressocché quella e che molti tra i Serpeverde erano stati cresciuti da seguaci di Voldemort, ma trovarsi davanti a un compagno di scuola, che aveva suo malgrado visto crescere, e vederlo agire come uno di loro, sulla propria pelle… L’aveva destabilizzata profondamente.
Draco aveva lanciato dei Muffliato subito dopo il contributo di Mirtilla alla messinscena che aveva improvvisato, convinto che l’accenno di grido che aveva lasciato trapelare potesse bastare a convincere Nott e farlo andare via; non poteva di certo aspettarsi che avrebbe rischiato di farsi sentire solo per assicurarsi che lui sapesse cosa stesse facendo.
Il suo piano aveva funzionato, perché l’eco dei pensieri del Serpeverde nella sua testa cessò, ma la Granger non lo aveva più guardato in faccia neanche per sbaglio.
La vide tirarsi indietro i capelli e lasciarsi cadere contro il muro.
Hermione trasse dei respiri profondi, cercando di calmare i nervi; aveva gli occhi ancora lucidi, come se fosse sul punto di scoppiare in lacrime ma stesse cercando a tutti i costi di trattenersi.
«Crede che tu mi abbia torturata, non è vero?» gli domandò con la voce ancora roca per la violenza subita, lo sguardo fisso sul soffitto. «E che poi tu mi abbia obliviata o che abbia modificato i miei ricordi, in modo da non ricordarmene domani e denunciarvi…»
Draco deglutì e annuì.
Hermione ricordò come Malfoy avesse sguainato la bacchetta subito dopo aver ripreso lucidità la prima volta che lo aveva aiutato e fu attraversata da un moto di terrore.
«Lo hai mai fatto?» domandò, spiazzando completamente il biondo.
«Cosa?» chiese lui scioccato da quella domanda.
«Mi hai mai… fatto qualcosa che non ricordo? Hai mai modificato i miei ricordi? Lo hai fatto a qualcun altro?»
«No!» esclamò quasi gridando il Serpeverde.
Come può pensare…
«Mi osservano, Granger, lo sai. Fargli credere che… Era l’unica cosa che potevo fare…»
Hermione chiuse gli occhi.
«Non si tratta più di qualche insulto velenoso e qualche Maledizione Languelingua lanciata nei corridoi, non è vero?» mormorò cupa la ragazza. «La guerra è arrivata anche nelle mura del castello.»
«No», convenne il giovane seduto per terra di fronte a lei. «Non si tratta più di questo. Le cose sono molto peggiori, ora.»
Ci fu un momento di silenzio lugubre e assordante; Draco non aveva idea di cosa dovesse fare, né di cosa dire; non era abituato a quel genere di cose. Si sentì a disagio, oltre che in colpa; la Granger al suo posto avrebbe saputo esattamente come comportarsi, come dargli sollievo, come… scusarsi per quello che aveva sentito?
Hermione si prese il volto tra le mani e un singhiozzo sfuggì dalla sua gola, ma si ricompose quasi subito.
Draco le si avvicinò lentamente, con estrema cautela, e osservò in silenzio i lividi sul collo della ragazza, lo squarcio nella sua pelle; estrasse la bacchetta e si immobilizzò, sgranando gli occhi, quando lei fece un salto indietro, sobbalzando, e urtando contro il muro. L’impatto le tolse il respiro per un attimo, tant’era stato forte l’impeto con cui aveva arretrato.
La guardò per qualche secondo sbattendo le palpebre, a metà tra il sorpreso e il ferito da quella reazione.
Credeva che le avrebbe fatto del male?
«Volevo solo guarire quella» mormorò indicando la sua gola con un breve cenno del capo.
Hermione lo scrutò in silenzio.
Draco sospirò; dovette ricordare a sé stesso che la Grifondoro non aveva alcun motivo per fidarsi di lui, probabilmente gli aveva teso una mano in aiuto solo perché provava pena per lui, niente di più.
E Nott ci era andato pesante… Doveva essere ancora molto scossa per quanto accaduto.
«Granger» sussurrò con cautela, «non posso farti del male, ricordi? Il Voto…» le ricordò mestamente, con la tristezza evidente sul volto.
Mi ha detto di non aver paura di me, ma ha chiaramente pensato che volessi ferirla; che l’abbia fatto in passato e poi abbia manipolato o rimosso i suoi ricordi…
Lei parve riscuotersi a quelle parole; cercò di inghiottire la saliva ma le faceva male la gola, così annuì e basta.
Il biondo si avvicinò ulteriormente, ma sempre con estrema lentezza per evitare movimenti bruschi che potessero spaventarla.
Quando aveva imparato a mostrare accortezza e premura verso gli altri e come farlo?
Puntò la bacchetta prima verso la gola della ragazza, mormorando un Incantesimo di Guarigione, poi le riaggiustò il naso con un Epismendo.
«Scusa» sussurrò flebilmente Hermione quando riacquistò sensibilità e capacità di parlare senza essere colpita da fitte di dolore, ma continuava a non guardarlo.
Si sentiva ancora intontita e anche un po’ in colpa per la reazione involontaria che aveva avuto qualche attimo prima; sapeva in cuor suo che Draco non fosse come loro, diceva sul serio quando gli aveva detto di non essere spaventata da lui; lo aveva aiutato perché lo credeva salvabile.
Ma era ancora scioccata da quanto accaduto; non solo aveva realizzato di non essere al sicuro neanche a Hogwarts, ma anche che non lo erano nemmeno gli altri Nati Babbani.
E loro non sapevano tutto quello che sapeva lei.
«Non scusarti con me, Granger» le disse Draco in tono fermo.
Non era lei quella che doveva delle scuse all’altro, anche se lui non era ancora riuscito a fargliele.
«Grazie» ci riprovò allora la ragazza, ma il biondo le rivolse un timido sorriso e scosse la testa.
«E non ringraziarmi.»
Dopo qualche altro minuto di silenzio, Hermione parlò di nuovo, anche se il Serpeverde avrebbe preferito che non lo facesse, vista la domanda che uscì dalle sue labbra.
«Cosa avresti fatto, in altre circostanze? Te ne saresti andato via e avresti fatto finta di niente?»
Draco non rispose, sentendosi nel profondo un verme schifoso. Forse, se quell’episodio fosse successo l’anno prima, o persino all’inizio di quello stesso anno, quella sarebbe stata la sua reazione.
Non sarebbe intervenuto per aiutarla.
Si chiese ancora una volta se fosse degno di tutto ciò che quella ragazza stava facendo per lui, degno della salvezza che gli aveva offerto, dell’opportunità di redimersi che gli aveva dato.
«Oppure avresti usato davvero la Cruciatus su di me?»
Lo sguardo di Draco saettò su di lei, colpito da quelle ultime parole.
«Non la riesco neanche ad usare, la Cruciatus, Granger» rispose in tono ferito.
Perché diavolo lo aveva aiutato se lo reputava capace di fare una cosa del genere e a una sua compagna di scuola, per giunta?
«L’unica volta che una mia Cruciatus ha funzionato, avevo la bacchetta di Tu-Sai-Chi premuta tra le mie costole.»
Hermione si voltò a guardarlo e incatenò i suoi occhi a quelli grigi di lui; si accorse immediatamente di averlo ferito con quella domanda e non poté fare a meno di schiudere le labbra per la sorpresa nel notare che, per la prima volta, Malfoy non si era riferito a Voldemort come ‘il Signore Oscuro’.
E che, per la prima volta, Draco si fosse aperto con lei sulle cose che lo aveva obbligato a fare.
«Su chi te l’ha fatta usare?» chiese esitante dopo un attimo di silenzio.
«Thorfinn Rowle.»
Hermione quasi scattò in piedi nel sentire quel nome.
Unì immediatamente i puntini; pensò a quanto il Serpeverde sembrasse provato e logorato dopo le vacanze di Natale, a quanto le sue occhiaie fossero diventate più evidenti rispetto a prima del ritorno a casa…
“E se ti dicessi che è da quando siamo tornati dalle vacanze che voglio accettare il tuo aiuto?”
«Quando?» domandò con una punta di panico che traspariva chiaramente dalla sua voce.
«Durante le vacanze di Natale» confessò lui, chiudendo gli occhi e poggiando il capo contro il muro freddo alle sue spalle.
Hermione deglutì; Voldemort aveva trovato Rowle…
«Lui è… Voldemort ha aggirato il mio Oblivion?» chiese ancora, esitante e terrorizzata.
Draco la guardò; lo sapeva già che era stata lei, ma si era accorta di aver dato via quell’informazione?
«No. Non sembrava interessato a quei ricordi, comunque, Granger. Era me che voleva tormentare in quel momento. Probabilmente sperava che fallissi e gli dessi una scusa per Cruciarmi… o per uccidere mia madre.»
La Grifondoro gli rivolse uno sguardo carico di dispiacere.
A cos’altro era stato costretto ad assistere Draco? Cos’altro era stato obbligato a fare?
Quali orrori alimentavano i suoi incubi e tormentavano i suoi pensieri?
Hermione si rese conto in quel momento che il risveglio di Draco Malfoy doveva essere stato terribile quando la bolla in cui aveva vissuto per quasi tutta la sua vita era scoppiata, facendolo precipitare nel vuoto.
«Cosa stavi cercando di nascondere, Granger?» domandò lui, sinceramente curioso della risposta.
Hermione chiuse gli occhi.
«I miei genitori.»
Draco spalancò leggermente la bocca; capì in quel momento che la Granger fosse disposta a superare dei limiti etici per proteggere le persone a cui teneva… e capì anche che era uno dei motivi per cui l’aveva aiutato: aveva compreso che anche lui stava solo cercando di proteggere la sua famiglia.
Solo che, pensò amaramente Draco, la famiglia della Granger era la vittima della storia, la sua… il boia.
Ma c’era anche qualcos’altro, ne era certo.
Perché aveva deciso di tendergli una mano?
Quella domanda continuava ad affollargli i pensieri, riaffiorando ogni santissimo giorno, ma era consapevole che fosse il momento di porgergliela, non ancora.
«Se me lo permetti, posso guarire anche quella» disse dopo un breve momento di silenzio, indicando il taglio sull’incavo del collo della giovane.
Lei scosse la testa.
«No», decretò in tono fermo. «Quella lasciala.»
Draco la guardò confuso, ma non obiettò.
Dopo qualche minuto di silenzio, la ragazza si rialzò e si ripulì gli abiti dal sangue con un Incantesimo, facendo altrettanto con quelli del ragazzo, sulla cui stoffa si era poggiato qualche schizzo, probabilmente quando l’aveva aiutata a spostarsi; sperò che non si irritasse per quello.
«Malfoy» disse voltandosi verso di lui e ricevendo in risposta uno sguardo interrogativo.
Hermione sospirò.
«Mi sa che la prossima volta l’area dai sotterranei al terzo piano la lascio a te.»





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Salve a tutti!
Come potete vedere sto cercando di aggiornare quotidianamente.
Spero che la storia vi stia piacendo.
Se vi va lasciatemi una piccola recensione per farmi sapere la vostra opinione,
mi farebbe davvero piacere leggere il vostro parere!
A presto!

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Capitolo 26
*** CAPITOLO 21 ***


CAPITOLO 21






 
 
Lo sguardo di Draco saettò sulla Granger non appena la vide soffermarsi sulla porta d’ingresso della Sala Grande.
Dopo che aveva recuperato lucidità, si erano diretti verso la Sala dei Prefetti e avevano completato il verbale in un rigoroso silenzio.
Draco le aveva detto che avrebbe voluto accompagnarla alla Torre di Grifondoro, ma sapevano benissimo entrambi che il ragazzo non poteva farlo; lo aveva salutato con un cenno del capo e si era dileguata con lo sguardo basso.
Era rimasto sveglio nel suo letto chiedendosi se stesse bene per ore; razionalmente, sapeva che fosse al sicuro, perché Nott era già nella loro stanza quando era tornato, ma Draco aveva comunque dormito solo per un paio d’ore, di un sonno spezzato e irrequieto.
Distolse i suoi occhi dalla Grifondoro quasi immediatamente, però, notando che anche Theodore la stesse fissando, appoggiato a una colonna alle spalle di lei; molto intelligentemente, Hermione si doveva essere sforzata di non degnarlo di alcuno sguardo.
Sapeva di dover fingere di non ricordare nulla, cosa che sicuramente doveva costarle molto; non poter denunciare quell’aggressione con il rischio che altri corressero pericoli, perché se lo avesse fatto avrebbe messo a rischio tutto il loro piano e avrebbe esposto Draco.
Il giovane usò la Legilimanzia su Nott; si stava chiedendo se Malfoy avesse rimosso anche i ricordi di lui risalenti alla notte prima; lo vide ghignare nel sentire le parole della Granger e deducendo da esse che sì, lo aveva fatto.
«Hermione, cos’hai fatto in faccia?» stava chiedendo la Donnola.
«Oh, ho sbattuto da qualche parte… credo» aveva risposto lei scrollando le spalle.
«Andrò da Madama Chips dopo aver fatto colazione.»
Aspetta, pensò Draco. In faccia?
Non aveva nessuna ferita la sera precedente, a parte il taglio sull’incavo del collo che gli aveva chiesto di lasciare e i lividi intorno alla gola, ma quelli lui li aveva guariti.
Allora perché aveva due piccoli cerotti su un sopracciglio e un labbro tagliato?
“Ma non preoccuparti, tra poco non sarai più il solo” gli aveva detto Nott la sera prima, riaccendendo i suoi sospetti sul fatto che il compagno di Casa potesse presto prendere il Marchio a sua volta.
Una punta di panico si fece strada dentro il ragazzo; c’era qualcun altro, oltre a Nott? Le aveva inferte quella persona quelle ferite alla Granger, dopo che si erano congedati?
«Cavolo, Harry! Ho dimenticato il libro di Trasfigurazione in dormitorio» disse la ragazza all’improvviso. «Torno subito!»
La vide salire le scale e rimboccare la direzione della quale era arrivata; Nott era andato a sedersi con Zabini e Pansy un secondo dopo.
Draco si domandò se non fosse proprio Theodore che la Parkinson aveva puntato quando lui l’aveva scaricata; o meglio, si corresse mentalmente, il patrimonio di Theodore dopo che aveva reso palese che non avrebbe avuto modo di accedere a quello dei Malfoy.
Si alzò fingendo indifferenza e si accinse a seguire la Granger, scegliendo però la direzione opposta a quella che aveva preso la Grifondoro, per sviare eventuali sospetti.
Sapeva che chiunque, al tavolo delle Serpi, poteva essere in agguato, attento ad ogni suo movimento, studiando ogni sua mossa, in attesa di coglierlo in fallo.
 
Quando la vide sbucare fuori dal ritratto, Draco scattò e la afferrò per un braccio, tirandola dietro una colonna particolarmente appartata.
«Malfoy, che diavolo-»
«Chi te le ha fatte quelle?» la interruppe sul nascere lui, indicando le ferite che non erano presenti la notte prima.
Hermione lo scrutò perplessa.
«Me le sono fatte da sola, Draco» rispose come se nulla fosse lei. «Ovviamente
«Ovviamente» ripeté il giovane con evidente sarcasmo.
La Grifondoro sbuffò.
«I lividi attorno alla gola è abbastanza scontato che li avresti guariti, dopo avermi torturata» si spiegò la ragazza. «Ho pensato però che qualche ferita superficiale avrebbe potuto convincere Nott definitivamente. Curare un taglietto facilmente giustificabile non sarebbe stata un’accortezza che avresti dovuto avere» continuò imperterrita, ma sempre parlando come se tutto avesse dovuto essergli chiaro fin dall’inizio. «Penserà che mi hai modificato i ricordi, oltre ad aver usato l’Oblivion
Draco la fissò scioccato da quello che era andata a pensare, dal fegato di ferirsi da sola per la riuscita di uno stupido piano improvvisato come quello.
Cosa sarebbe stata capace di fare, la Granger, in situazioni di vita o di morte?
Quella ragazza, a volte, lo terrorizzava.
«Se c’è una cosa che ho capito dei Mangiamorte è che lasciano sempre una qualche firma per prendersi il riconoscimento di ciò che fanno.»
Il biondo si irrigidì a quelle parole; odiava sentirsi definire come uno di loro, anche se indirettamente o ipoteticamente, come in quel caso; anche se non era quello che la Granger gli stava dicendo realmente.
«E quindi… Cosa? Hai preso la bacchetta e…»
Deglutì, ma non riuscì a finire la frase.
Hermione annuì.
«Ora dovremmo andare. Però, Draco, è pericoloso parlarci in questo modo…»
Il Serpeverde annuì.
«Granger» la chiamò prima che potesse correre via. «Stai bene?»
Era una domanda stupida da farle, se ne rendeva conto; aveva visto quanto era scossa la sera prima e quando si erano congedati non sembrava essersi ancora ripresa appieno.
Sembrava che fosse ritornata in sé, ma lui voleva che, in qualche modo e senza capirne davvero il motivo, sapesse che gli importava.
Gli rivolse un debole sorriso. «Sì.»
«Ci vediamo stanotte al Dormitorio?» le chiese repentinamente; lei lo fissò per qualche secondo. Non avevano motivo di vedersi quella notte, il giovane ne era consapevole, ma la Granger annuì comunque e poi si incamminò verso la Sala Grande.
Draco restò impalato a guardarla allontanarsi lungo il corridoio; sarebbe andato via anche lui dopo qualche minuto.
Impressionato, Draco pensò che, a quanto pareva, Piton non era l’unico a saper giocare.
 
Quando Hermione giunse al Dormitorio, quella notte, Draco era già lì; era la prima volta che non aveva dovuto aspettare che arrivasse.
Il Serpeverde, che era stravaccato sgraziatamente su uno dei divani, scattò immediatamente a sedere quando la sentì entrare.
La Grifondoro rise.
«Guarda che qui nessuno ti criticherà se non rispetti l’Etichetta, Draco» lo prese in giro, sprofondando nella poltrona difronte a lui. «Ci sono solo io e nessuno mi crederebbe se dicessi in giro di aver visto Draco Malfoy seduto in maniera scomposta, comunque.»
Il biondo socchiuse gli occhi. «Sono sempre un Malfoy, Granger.»
La ragazza alzò le mani in segno di resa.
«Volevi parlarmi di qualcosa?»
No, volevo sapere se tu avessi bisogno di parlare di quello che è successo ieri notte, ma visto che farei schifo nel capire cosa dirti non solleverò la questione, aspettando che lo faccia tu. Cosa che non farai, perché non siamo amici e non ci facciamo confidenze.
«Stavo pensando a quello che mi ha detto Nott ieri» disse invece Draco.
«Sul fatto che a breve non sarò più ‘il solo’… Credo che qualche altro studente prenderà il Marchio. Non ho notizie dall’esterno, sarebbe troppo… rischioso, fare domande.»
Hermione sospirò. «Secondo le ultime notizie dell’Ordine, è così. Nott è uno di loro.»
Il Serpeverde la fissò con occhi sgranati.
«Loro? Quindi più di uno studente» constatò accigliandosi.
Aveva fatto bene a preoccuparsi quando l’aveva vista arrivare in Sala Grande in quelle condizioni, allora.
«Da quanto tempo lo sai?»
La ragazza si morse l’interno della guancia. «Da un po’…»
Draco le rivolse un’occhiataccia indecifrabile.
«Io sono stato sincero con te, Granger. Mi sono aperto con te e tu continui a non dirmi le cose!»
«Non era necessario che tu lo sapessi; sospettavamo comunque di Nott come possibile sostituto una volta che tu sarai ufficialmente morto, ricordi?»
Il Serpeverde trasse un profondo respiro, cercando di calmarsi.
«Chi è l’altro?»
«Non lo so» rispose lei, ma non riuscì ad impedirsi di arrossire leggermente.
«Sei una pessima bugiarda, Granger» le fece notare. «Porca puttana, devi dirmele queste cose!»
Il sopracciglio di Hermione scattò all’insù nell’udire quell’imprecazione, - che per inciso era molto più diffusa nel mondo babbano che in quello magico -, lasciare le labbra di Draco Malfoy; raramente lo aveva visto perdere il controllo sulle proprie emozioni.
«Ti dico ciò che ti riguarda, Draco. Queste informazioni non c’entrano nulla con la tua-»
«Ci siamo dentro insieme, Granger!» urlò di rimando lui. «Come posso tenerti al sicuro se mi nascondi queste cose?»
Hermione sussultò allo scatto inaspettato del ragazzo.
«Draco, se lo fai per il Voto, sappi che non è compito tuo proteggermi da eventuali…»
«Non c’entra un cazzo quel maledetto Voto, Hermione! Cosa pensi che sarebbe successo ieri notte se non fossi arrivato io?»
La Grifondoro ammutolì e lo guardò boccheggiando.
L’aveva chiamata per nome?
Draco non se ne era neanche reso conto.
Si massaggiò le tempie, poi si passò una mano tra i capelli e cercò di calmare i nervi; non voleva gridarle contro in quel modo.
«L’altra persona non è motivo di preoccupazione» sussurrò lei con voce flebile.
«Non posso dirti il suo nome, però. Non sei l’unico studente ad aver optato per una via d’uscita, solo che lui è in una posizione ancora più delicata.»
Draco avvertì un senso di fastidio alla bocca dello stomaco; la Granger stava proteggendo anche un altro Serpeverde?
Stupido da parte sua pensare che lo avrebbe fatto solo per lui, che fosse in qualche modo diverso dagli altri ai suoi occhi.
Per il modo in cui era stato cresciuto, Draco aveva sempre pensato di essere speciale; l’aiuto della Granger lo aveva fatto sentire in quel modo per la prima volta dopo molto tempo. Precisamente da quando San Potter era entrato nella sua vita e aveva ottenuto tutto quello che, a detta di suo padre, ci si aspettava che ottenesse un Malfoy.
Sicuramente non ci si aspettava che un Malfoy seguisse un pazzo furioso e finisse ad Azkaban, si era detto Draco più volte, quando aveva ripensato alle costanti critiche del padre alla sua persona.
Il punto era che, egoisticamente, Draco non voleva che la Granger avesse fatto quello che aveva fatto per lui anche per qualcun altro.
Sapeva che era sbagliato, ma non gliene importava.
Che fosse egoista non era un mistero per nessuno, tantomeno per sé stesso.
«Avete fatto stringere un Voto Infrangibile anche a lui?»
Hermione si accigliò. «Sì.»
«Tu c’eri?» domandò lui fulmineamente, pentendosene un minuto dopo; non voleva che la Granger carpisse il suo attuale, momentaneo, subbuglio interiore.
E al contempo, voleva sapere se si fosse legata in quel modo a qualcun altro.
Non capiva, invece, perché gli importasse così tanto.
«No», disse lei. «Ma non sono l’unico Contatto dell’Ordine tra gli studenti. L’ho saputo da fonti certe…»
Draco parve tranquillizzarsi a quelle parole; la Granger era ancora il suo Contatto, lui era il suo unico informatore.
Tutto era tornato in equilibrio, nella mente di Draco.
«Non hai ricevuto un trattamento diverso da quello che avrebbe ricevuto chiunque altro al tuo posto, Draco» mormorò con fare accondiscendente la Grifondoro. «L’unico motivo per cui ti è stato chiesto di stringere il Voto è che l’Ordine non può permettersi errori. Lo sai meglio di me, quello che fanno i Mangiamorte.»
Il biondo fece una smorfia a quella parola.
Quello che hai fatto tu, urlò la sua coscienza.
Tornò a sedersi sul divano e lasciò cadere il capo sulla spalliera, gli occhi chiusi.
«Fammi un piacere, Granger» disse con calma. «Smettila di girovagare per il castello di notte da sola.»
Hermione sorrise, ma ringraziò che il Serpeverde avesse gli occhi chiusi e non se ne fosse accorto.
«Imparo sempre dai miei errori, Malfoy» gli rispose prendendo nuovamente posto di fronte al giovane; si era alzata in piedi anche lei quando l’aria si era surriscaldata per un attimo. «Ho preso delle precauzioni anche questa sera» lo informò, indicando il tessuto che reggeva tra le mani.
Il Mantello dell’Invisibilità di Potter.
Draco gli rivolse una rapida occhiata e poi annuì.
«Tornando al discorso di prima, Nott verrà sicuramente incaricato di uccidere Silente. Non vede l’ora di entrare in azione, quel coglione.»
Hermione annuì. «Pensiamo che la questione dell’Armadio Svanitore verrà affidata all’altro studente, invece. Sarebbe da stupidi affidarlo a Nott, non è noto per la sua intelligenza.»
Il biondo tirò un sospiro di stanchezza; gli stava pulsando la testa.
«Sarà meglio andare ora» fece mestamente la Granger, alzandosi dal divano.
«Granger, aspetta» la richiamò lui, guardandola negli occhi.
«Rispondi a una mia domanda, prima…»
Doveva chiederglielo.
Lei lo scrutò perplessa, ma lo incitò a parlare con un cenno del capo.
«Sei un’Occlumante?»
L’aveva osservata per tutto il giorno e aveva ripensato a come l’aveva vista la sera precedente; non c’era modo che avesse metabolizzato quanto successo così bene e così rapidamente da comportarsi normalmente la mattina seguente, a meno che non avesse avuto l’aiuto dell’Occlumanzia; a meno che non avesse affatto affrontato e metabolizzato la cosa, ma l’avesse richiusa in un angolo remoto della propria mente.
Hermione schiuse le labbra sorpresa dalla perspicacia del Serpeverde, ma annuì.
Quello spiegava anche perché non fosse stato in grado di trovarla più con la Legilimanzia, quando erano tornati dalle vacanze di Natale; doveva aver capito che qualcuno le stava leggendo la mente e aver intensificato l’attività di Occlumante.
Draco soppresse una punta di senso di colpa al ricordo di aver usato la Legilimanzia su di lei; vero, inizialmente era stato accidentale, ma aveva continuato a cercarla in seguito.
Avrebbe dovuto dirglielo? Si sarebbe arrabbiata?
, concluse. Se lo avesse raccontato alla Granger, sicuramente l’avrebbe persa e ricordava come si fosse sentito quando pensava di non avere più il suo sostegno.
Non voleva ripetere l’esperienza, non con il rischio di non riuscire a riportarsi nuovamente nelle sue grazie.
«Naturale?» le chiese incuriosito, ma lei scosse il capo.
«L’ho… studiata.»
«Da sola?»
Doveva per forza tirarle le parole fuori di bocca?
A lui era servita sua madre, Bellatrix e persino Piton per padroneggiarla in breve tempo.
Come avrebbe potuto la Granger farlo da autodidatta?
«No, ho avuto un insegnante…»
Draco la guardò interrogativo e Hermione sospirò con tristezza.
«Per favore, se te lo dico… Non lasciartelo sfuggire con Harry» mormorò mestamente.
«È stato Sirius Black ad insegnarmi a padroneggiare l’Occlumanzia.»
Un Black, pensò. Spiegava l’accuratezza della sua tecnica.
«Nessuno lo sa», aggiunse ancora lei.
Il Serpeverde, a quelle parole, comprese immediatamente lo sbalzo d’umore della Granger quando Silente lo aveva citato ed ebbe la risposta alla domanda che quella reazione gli aveva suscitato: la Granger aveva un rapporto stretto con Black; l’uomo che solo qualche mese prima era morto per mano di Bellatrix, in una missione che aveva gestito suo padre.
L’unico tentativo di fare la cosa giusta che Draco aveva fatto prima che tutto precipitasse e che era fallito miseramente.
«Perché non lo hai detto ai tuoi amici?»
Hermione ponderò la risposta da dargli per diversi istanti.
«Perché dovrei spiegare troppe cose, molte delle quali non sono pronta a rivelare.»
Draco non insisté oltre, nonostante fosse estremamente curioso di sapere a cosa alludesse la Granger.
Non riusciva a spiegarselo; aveva passato quasi tutta la vita a guardarla dall’alto in basso, a insultarla e trattarla come se fosse insignificante… quando era letteralmente la persona più interessate in tutto il castello.
Lo incuriosiva e raramente qualcuno era stato in grado di stimolare la curiosità di Draco Malfoy. Anzi, quasi nessuno.
«Non dirò nulla a Potter, puoi stare tranquilla» le disse invece.
Draco capiva la necessità di tenere certe cose per sé stessi, in fondo.

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Capitolo 27
*** CAPITOLO 22 ***


CAPITOLO 22






 
 
Draco aprì gli occhi di scatto e si mise a sedere.
Si strofinò gli occhi e si guardò attorno confuso; fece mente locale e si ricordò di come il Marchio avesse preso a bruciargli subito dopo che la Granger se ne fosse andata, impedendogli di lasciare il Dormitorio; una volta ripresosi, si era poi addormentato lì, disteso scompostamente sul divano.
Sbuffò sonoramente, realizzando di aver dormito in una posizione scomoda e che avrebbe dovuto sopportare l’indolenzimento del suo corpo probabilmente per ore.
Ripassò nella sua mente la conversazione che aveva avuto con la Grifondoro la sera prima, cercando di analizzare le informazioni ottenute per poter indagare sull’identità dell’altro Serpeverde che aveva chiesto protezione all’Ordine.
Non che lo avrebbe avvicinato in alcun modo, se anche avesse capito di chi si trattasse; Draco non faceva parte dell’Ordine e, ammesso che i termini del Voto del nuovo informatore fossero gli stessi che avevano posto a lui, non sarebbe stato protetto in alcun modo se lo avesse fatto.
Improvvisamente, la consapevolezza di ciò che aveva detto la sera prima alla Granger lo investì in pieno.
Cazzo.
Perché si rendeva conto delle cose che gli uscivano di bocca con la Granger soltanto dopo che le aveva dette? O meglio, perché realizzava quello che le diceva solamente dopo averglielo detto?
Imprecò sottovoce, maledicendo la sua scarsa abilità di mantenere il controllo sulle sue emozioni in presenza della Grifondoro; sembrava quasi che la Granger avesse fatto breccia nella sua maschera di freddezza e apatia e fosse in grado di mandare in tilt la parte calcolatrice e controllata della sua mente, portandolo a non riflettere con la solita minuzia sulle parole che enunciava.
Maledetta strega!
Non che la Granger gli avrebbe mai chiesto perché voleva proteggerla, comunque.
Draco lo sapeva, avrebbe probabilmente continuato a pensare che il suo interesse verso la sua sicurezza fosse correlato a quel maledetto Voto… d’altronde era quello che anche lui ripeteva a sé stesso, nonostante entrambi fossero consapevoli che nessuno dei giuramenti che il biondino aveva fatto in quell’occasione implicasse che lui proteggesse nessuno.  
 
“Mi hai mai… fatto qualcosa che non ricordo? Hai mai modificato i miei ricordi? Lo hai fatto a qualcun altro?”
La voce terrorizzata della Granger che gli rivolgeva quelle domande non voleva abbandonare la sua mente; lo avevano ferito quelle parole.
Lui, che raramente si era lasciato scalfire da quello che gli diceva la gente, era rimasto profondamente colpito dall’allusione che implicavano quei quesiti; l’idea che, anche solo per un momento e anche se nel pieno di uno stato di shock, la Granger avesse potuto pensare che sarebbe stato capace di farle una cosa simile gli faceva venire voglia di vomitare.
Era stata lei a dirgli che non aveva paura di lui, anche se aveva quell’orribile macchia sull’avambraccio; che lo reputava salvabile, persino redimibile, forse.
Perché aveva reagito in quel modo allora?
Perché era scioccata dall’accaduto, stupido e i suoi dubbi erano legittimi; hai pensato davvero di obliviarla la prima volta che ti ha dato una mano, anche se non le avevi fatto del male.
Dannata coscienza.
Come fa la gente a convivere con quella stronza?
Continuava a chiedersi se la Granger lo reputasse in grado di compiere le atrocità di cui si rendevano fautori i Mangiamorte e il pensiero di quell’eventualità lo rendeva particolarmente inquieto; al contempo però, rifletteva, perché avrebbe dovuto offrirgli il suo aiuto in quel caso?
Ha provato pena per te.
Draco sbuffò sonoramente, una smorfia sul viso; decise che alla prima occasione avrebbe cercato di spingere la Granger a dirgli il motivo dietro la sua decisione di tirarlo fuori dai guai.
Non sopportava di stare lì a logorarsi la mente e arrovellarsi il cervello per darsi risposte che non aveva modo di dedurre; non la capiva a pieno, la Grifondoro. Era troppo diversa dal tipo di gente che era abituato ad avere intorno, non conosceva effettivamente come ragionasse la ragazza, stereotipi di Casa a parte. Non avrebbe mai saputo le sue ragioni, a meno di non chiedergliele espressamente.
 
Aveva trascorso i successivi due giorni a scandagliare la mente di tutti i Serpeverde che incrociava sul suo cammino, alla ricerca della persona il cui nome la Granger non aveva voluto rivelargli; il malcapitato avrebbe dovuto riparare l’Armadio Svanitore.
Tsk, buona fortuna!
Alla fine, ci aveva rinunciato; era esausto, usare in maniera così intensiva la Legilimanzia, cosa a cui non era affatto abituato, gli aveva prosciugato le energie.
Dovette ammettere a sé stesso che non poteva frugare nella testa di tutti i suoi compagni di Casa.
Pensò a quello che egli stesso aveva detto alla Granger, ovvero che Zabini avrebbe potuto essere in grado di escogitare qualcosa per aggiustare quell’oggetto infernale; sua madre, a quanto si diceva, stava per sposare Nott Senior, mandando a farsi benedire la neutralità di casa Zabini. Inoltre, il ragazzo sembrava essere stranamente taciturno e giù di morale negli ultimi tempi; si vociferava che fosse per via di una storia troncata di netto con una Purosangue di un’altra Casa, ma non credeva che Zabini fosse il tipo da rimuginare su un cuore infranto per settimane.
Poteva essere davvero lui l’altro studente che avrebbe preso il Marchio ad aprile?
Ha aiutato la Granger, considerò tra sé e sé.
Decise che avrebbe potuto fare un ultimo tentativo con la Legilimanzia quella sera, ma quando Blaise varcò la soglia del loro dormitorio, a Draco fu immediatamente chiaro che non sarebbe stato in grado di accedere ai suoi pensieri, almeno non senza farsi scoprire: Zabini era versatile in Occlumanzia. E questo, pensò il biondo, lo rendeva un buon candidato come spia per conto dell’Ordine.
“È in una situazione più delicata della tua” gli aveva detto la Granger.
Era questo? Zabini avrebbe preso il Marchio e, anziché farsi nascondere come aveva scelto di fare lui, aveva deciso di mettersi in gioco in prima linea e fare da spia per aiutare la gente che aveva accettato di proteggerlo a vincere la guerra?
Si sentì in difetto, a quel pensiero, ma quel sentimento fu immediatamente sovrastato da un’altra consapevolezza: se la Granger aveva messo Zabini sotto la protezione dell’Ordine, lui aveva trovato il modo per sdebitarsi. Draco, no; non lo avrebbe mai trovato: visti i loro trascorsi, avrebbe sempre dovuto qualcosa a Hermione Granger.
Le avrebbe dovuto la vita.
 
Stavano facendo delle ricerche da un paio d’ore quando la sentì sbadigliare; era difficile restare concentrati quando potevano vedersi solo a tarda notte, con la stanchezza dell’intera giornata che gli gravava addosso.
«Malfoy, credo che darò forfait» disse la ragazza, stropicciandosi gli occhi.
Non stava dormendo molto, in quel periodo; tra la vicenda di Justin e il suo scontro con Nott era stata tormentata dagli incubi, che avevano notevolmente dimezzato le sue ore di sonno.
Draco richiuse il libro e la guardò con aria pensierosa.
«Stai bene, Granger?»
Aveva notato che sotto gli occhi della ragazza erano apparse delle occhiaie violacee, sebbene non fossero evidenti quanto lo erano state le sue all’inizio dell’anno; inoltre, quando la incrociava nei corridoi, si era accorto che la Grifondoro era sempre in uno stato di allerta, come se Malocchio Moody si fosse impossessato della sua mente e le urlasse in continuazione ‘Vigilanza costante!’.
Si chiese se quella fosse una cosa effettivamente tipica dell’ex Auror o se fosse solo parte dell’interpretazione che Barty Crouch Jr. aveva dato di lui; Draco non aveva mai incontrato il vero Moody.
La Granger lo guardò spiazzata per qualche istante, ma poi fece un flebile e stanco cenno di sì con la testa.
Draco aveva passato ore ad arrovellarsi il cervello chiedendosi se Nott avrebbe avuto il coraggio di riprovare ad attaccare la Granger; non credeva che la ragazza corresse dei pericoli finché lui era nei paraggi, c’era una sorta di gerarchia tra i Serpeverde e ancor più tra i Mangiamorte e lui aveva fatto credere a Nott che stesse in un certo senso rivendicando la sua ‘precedenza’ sulla Grifondoro, visto che era il suo target da anni.
Quel pensiero gli aveva provocato un malessere non da poco, quando si era reso conto di come Theodore aveva interpretato le sue parole, ma col senno di poi aveva dovuto convenire che il suo ragionamento malato gli sarebbe tornato utile, se avesse significato che sarebbe stato lontano dalla Granger.
Però Draco aveva anche riflettuto sul fatto che, ufficialmente, lui sarebbe stato presto morto; cos’avrebbe significato per la Granger? Nott l’avrebbe nuovamente presa di mira, ne era certo.
Strinse i pugni sotto al tavolo.
«Granger» mormorò pacatamente dopo un attimo di silenzio. «Quando sarò fuori dai giochi… Fa’ attenzione a Nott.»
«Cosa?»
«Potrebbe riprovarci, pensando che la cosa non creerebbe dissapori con me» spiegò cupamente il Serpeverde.
«Draco, so difendermi. Mi ha colta alla sprovvista, non ho tirato fuori la bacchetta abbastanza rapidamente» rispose lei con fare rassicurante.
Il Serpeverde alzò un sopracciglio.
«Ti ho vista duellare» considerò lui. «Hai dei buoni riflessi. E sapevi del coinvolgimento di Nott con i Mangiamorte. Perché hai esitato?»
Hermione si mordicchiò il labbro inferiore. «Ero di spalle quando ho sentito qualcuno entrare… Credevo fossi tu. Siamo gli unici ad andare in quel bagno…»
Il biondino si fermò un istante a valutare le parole della giovane. «Devi fare più attenzione, Granger. E soprattutto, devi smetterla di vederli come compagni di classe.»
«Non sono una sprovveduta, Malfoy» lo redarguì lei, accigliandosi.
«Non hai mai neanche accennato ad estrarre la bacchetta, con me. Eppure, avevate dei sospetti.»
«È diverso» rispose la ragazza in tono asciutto.
«In che modo è diverso, Granger? Apprezzo la fiducia, credimi, ma resta il fatto che è stato avventato, da parte tua…»
«Malfoy, l’unica volta che mi hai fatto male fisicamente è stata una fattura allunga-denti» asserì Hermione alzando gli occhi al cielo. «Che, tra parentesi, mi è pure tornata utile.»
Draco restò in silenzio a studiarla.
«Non è esattamente motivo di preoccupazione. E non era neanche indirizzata a me» continuò imperterrita. «Al massimo mi avresti insultata, e capirai, ci sono abituata!»
Ancora quel fottuto presente, pensò Draco imprecando tra sé e sé.
Davvero non si accorgeva che la insultava solo quando si trovavano in pubblico? E che evitava anche di interagire con lei quando non dovevano accordarsi per vedersi, proprio per evitare di doverla offendere?
Ma d’altronde, non stava neanche capendo quello che cercava di dirle; voleva solo che stesse attenta.
Il Serpeverde si alzò lentamente dalla sua postazione e si sbottonò i polsini della camicia; sollevò la manica e scoprì il Marchio Nero.
«Questo non è un gioco, Granger» insisté con tono fermo. «I Mangiamorte non ti fanno allungare i denti o ballare la tarantella.»
Hermione stava facendo una fatica immane a mantenere la calma; le stava parlando come se fosse stupida, come se non avesse idea di cosa stesse parlando.
«Abbassare la guardia con me quando avevi anche solo il sospetto che fossi uno di loro è stata una mossa del cazzo, Granger.»
Quel commento fu la goccia che fece traboccare il vaso.
«Lo so che cosa fanno, Malfoy!» urlò infervorata. «Li ho visti. Dannazione, li ho affrontati! So come sono i veri Mangiamorte e ne so riconoscere uno quando lo vedo!»
Draco sbatté le palpebre spiazzato da quelle parole.
«Ho avuto la bacchetta di Doholov puntata alla gola; ho duellato contro Rowle; tuo padre mi ha quasi uccisa all’Ufficio Misteri, Malfoy!»
Il biondo deglutì a quelle parole e rabbrividì.
Hermione prese a camminare avanti e indietro, cercando di riassumere il controllo di sé stessa.
«Quel teschio sul tuo avambraccio non è abbastanza per renderti uno di loro ai miei occhi» disse con più calma, rivolgendogli uno sguardo addolcito. «Non lo è mai stato.»
Lo sguardo di Draco saettò su di lei, incatenando le sue iridi grigie a quelle color cioccolato di lei.
«È dallo sguardo che li riconosci, i veri Mangiamorte» mormorò sommessamente la giovane, riavvicinandosi a lui; sfiorò il suo avambraccio con le dita, toccandolo appena.
Draco sussultò comunque a quel leggero tocco; stonava così tanto, la mano della Granger accanto a quella macchia nera… ritrasse il braccio con uno scatto fulmineo.
Non voleva che la Granger entrasse a contatto con quella cosa così oscura.
Lei sospirò in risposta, ma non disse nulla.
«Per quanto odio tu mi abbia riversato addosso in questi anni, Draco, non hai mai avuto lo sguardo di un Mangiamorte
Le labbra del ragazzo si schiusero per la sorpresa.
Che cazzo! Perché stavano parlando di lui? Non era quello il punto, ma… Ma non riuscì ad impedirsi di venire colpito da quelle parole.
Ne aveva bisogno, aveva bisogno di sentirsele dire, di sentirle dire da lei, anche se non era quello a cui voleva andare a parare quando aveva iniziato tutta quella conversazione.
Mi dispiace, Granger. Mi dispiace, mi dispiace, mi dispiace.
«So cosa stiamo affrontando» dichiarò mesta la Grifondoro dopo un attimo di silenzio.
Draco deglutì.
Ho solo paura per te si ritrovò a pensare, dando finalmente un nome a quella sensazione che gli aveva attanagliato lo stomaco ogni secondo da quella mattina nell’atrio della scuola.
Non glielo disse.
«L’ho studiata la storia, magica e babbana» proseguì Hermione, «so di cosa è capace la gente come loro. So cosa fanno i tipi come Voldemort. Credi che non possa immaginare quali sono le prospettive per quelli come me se dovesse vincere questa guerra?»
La vide tirare fuori un libricino di fattura palesemente non magica e glielo porse.
La Seconda Guerra Mondiale” recava il titolo.
«C-cos’è, Granger?»
Lei lo guardò cupa. «Un pezzetto di Storia Babbana. Un capitolo orribile. Dovresti leggerlo.»
Draco lo prese tra le mani e rimase a fissarlo spiazzato per qualche secondo; poi si rese conto che Hermione stava lasciando il Dormitorio.
«Granger» la chiamò esitante.
«Sì?»
«Quando hai la prossima ronda?» domandò con un’espressione indecifrabile.
«Mmh. Martedì, con Ernie» rispose lei perplessa. «Perché?»
«Portati il Mantello di Potter.»

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Capitolo 28
*** CAPITOLO 23 ***


CAPITOLO 23






 
 
Draco aveva appena finito di leggere il libro che gli aveva dato la Granger.
Lo aveva richiuso di scatto, avvertendo un malessere all’altezza dello stomaco e un senso molto forte di nausea.
Era corso via dal suo dormitorio, per rifugiarsi in quello suo e della Granger.
Il Dormitorio Segreto, si corresse. Quello non era certo il loro dormitorio.
Voleva stare solo e aveva bisogno di riflettere; aveva evidenziato delle similitudini con la situazione attuale nel mondo magico, a partire dall’ideologia purosanguista di cui lui si era reso prosecutore fino a poco tempo prima.
Draco non sapeva se quel senso di nausea fosse verso sé stesso e quello che aveva fatto, verso quello che era stato, o se fosse dovuto a quello che aveva letto e alla consapevolezza che quelle atrocità fossero davvero accadute, che qualcuno avesse davvero fatto quelle cose; sapeva che l’umanità in generale ne aveva la capacità, la capacità insita di fare del male; lo aveva visto in prima persona. Era stato il punto di rottura di quel vetro già fragile attraverso il quale aveva sempre guardato la vita che gli era stata imposta.
Non sapeva quale fosse l’intento della Granger con il fargli conoscere quel capitolo orribile della storia babbana, forse cercava di farlo ricredere sui pregiudizi purosanguisti, non sapendo che lui li aveva già in un certo senso e in una certa misura, superati.
Non lo avrebbe mai capito, rifletté il Serpeverde.
Le ho sputato addosso così tanto veleno e odio che non si accorgerà mai che quelle cose per me sono ormai solo delle terribili stronzate... Che l’ho capito che sono sbagliate.
 
Quando finalmente giunse al Dormitorio, il giorno seguente, Draco si arrestò sull’uscio della porta.
La Granger era lì.
L’aveva trovata con la testa china su un grosso libro di Storia della Magia, ed era talmente assorta dalla lettura che non si accorse del suo arrivo.
«Granger» esordì a mo’ di saluto; lei non parve sentirlo.
Si schiarì la gola e ripeté a voce più alta «Granger
«Oh, Malfoy! Che ci fai qui? Non credevo ci fossimo dati appuntamento…»
«Volevo stare solo» spiegò lui caustico.
«Oh, allora vado via» asserì la ragazza, iniziando a raccogliere le proprie cose.
Normalmente non si sarebbe offerta di lasciargli il posto, rifletté il Serpeverde.
Gli avrebbe detto qualcosa tipo ‘beh, spiacente, il posto è già occupato, gira al largo o fatti andare bene l’idea di condividere questo spazio con me’.
«Non essere stupida Granger, questo posto è mio quanto tuo» rispose prima che potesse pensarci veramente e ponderare le parole; distolse lo sguardo da lei per non soccombere all’imbarazzo, poi si voltò di nuovo a guardarla e le si avvicinò.
Lei gli rivolse un mezzo sorriso. «Prometto di stare in silenzio, allora.»
Riprese a leggere, mentre Draco si dirigeva verso la piccola cucina del Dormitorio; gettò uno sguardo alla roba che avevano portato: avevano quasi terminato le loro scorte.
Quanto tempo stavano trascorrendo davvero in quel posto?
Trovò un pacco che sicuramente doveva appartenere alla Granger; ‘Camomilla’ diceva.
Scrollò le spalle e decise di provare l’intruglio, la camomilla aveva proprietà calmanti.
Pensò che la Granger tornasse sempre con due tazze quando preparava lei il the, - e lo faceva sempre lei -, così ne preparò una anche per lei.
La vide schiudere le labbra in segno di sorpresa quando gliela porse.
«Oh, g-grazie» sussurrò sbattendo le palpebre, non si aspettava quel gesto di gentilezza da parte del Serpeverde. A pensarci bene, non lo credeva neanche capace di prepararsi qualcosa da solo; non avrebbe dovuto reputarla ‘roba da elfi’?
«Non avrei mai creduto di vedere il giorno in cui Draco Malfoy si prepara un infuso babbano e per giunta ne prepara uno anche a me» gli disse a mo’ di battuta, ma Draco sbuffò.
«Si chiama galanteria, Granger. Non esiste a Babbanolandia?»
Non che tu sia mai stato molto galante, nei suoi confronti, lo rimproverò la sua coscienza, facendolo quasi soffiare di nuovo.
Hermione sorrise. «Sì, esiste, anche se sta morendo.»
Il biondo fece una smorfia altezzosa in risposta.
Oh, il suo orgoglio da nobile con la sua educazione aristocratica e raffinata!
Anche se, aveva notato Hermione, non sembrava che Draco si sforzasse di essere elegante; era più come se gli venisse naturale, come se fosse semplicemente parte del suo essere; non era solo il modo in cui si vestiva, ma anche quello in cui camminava, o la cadenza delle sue frasi, - quando non tirava fuori la sua voce fredda e strascicata, ovviamente -, da come le sue mani toccavano gli oggetti… Hermione tossì e, cercando di non arrossire, distolse lo sguardo dalle mani del Serpeverde che erano poggiate sul tavolo, proprio davanti a lei.
Con un po’ di fortuna, il ragazzo non se n’era accorto; sembrava che avesse ancora lo sguardo chino sul libro.
«Non credevo sapessi come prepararli comunque.»
Malfoy alzò un sopracciglio.
«Granger, so leggere. È scritto tutto sul retro della confezione e non ci vuole un genio per mettere un po’ d’acqua sul bollitore» ribatté piccato lui. «Non offendere il mio intelletto.»
«Non era mia intenzione… solo, un tempo, avresti accusato te stesso di aver offeso il tuo lignaggio preparandoti una bevanda babbana da solo.»
Ci stai arrivando, forse, pensò il giovane, ma non le rispose.
La Grifondoro si richiuse nuovamente nel suo silenzio e riprese la sua lettura; Draco arricciò il naso. Non voleva che stesse zitta per davvero.
«Cosa stai leggendo di così interessante da riuscire a stare letteralmente zitta per più di due minuti, Granger?» decise di sfotterla per attirare la sua attenzione.
«Leggevo di Grindelwald…» mormorò assorta nei suoi pensieri.
«Perché? Credevo avessi detto di aver studiato la storia magica.»
Hermione arrossì.
«Indagavo su Silente. Stavo cercando di capire a cosa si stesse riferendo quella volta.»
Draco sbuffò. «Ficcanaso!»
Lei alzò gli occhi al cielo, ma gli sorrise.
Il biondino esitò per qualche momento; si mordicchiò il labbro inferiore e poi si precipitò accanto a lei, avvicinando la poltrona con tanta rapidità e forza da far scontrare le loro braccia.
«Che cosa hai scoperto?» chiese, incapace di trattenere la sua curiosità.
Hermione lo fissò sbattendo le palpebre per qualche istante.
Faticava a capire il nuovo Malfoy.
«Oh, ehm… Parla di come Silente lo abbia sconfitto» disse tra sé e sé. «Pare che Grindelwald volesse ribaltare lo Statuto di Segretezza, ma non solo… voleva anche sottomettere i Babbani e i Nati Babbani… Non c’erano molti Mezzosangue a quel tempo. Pensa che negli Stati Uniti erano persino proibiti i matrimoni tra Maghi e Babbani, anzi, era proibito qualsiasi rapporto con essi…»
Draco si morse l’interno della guancia.
«Per il bene superiore» citò amaramente la ragazza. «C’è da riconoscergli che almeno non aveva la punta d’ipocrisia di Voldemort.»
«Di cosa stai parlando, Granger?»
«Beh, Grindelwald ha fatto quello che ha fatto nel nome di un’ideologia, che Voldemort ora sta sfruttando per il proprio tornaconto. Credo che il motivo principale per cui Voldemort abbia fatto tutto quello che ha fatto finora sia una sorta di rifiuto e disprezzo verso sé stesso.»
«Non ti seguo» la incalzò di nuovo il Serpeverde.
Se lo ricordava che non era Potter, né la Donnola, e non era a conoscenza delle cose che sapevano loro? Che a lui, lei non le raccontava?
«Il padre di Voldemort era un Babbano, Malfoy.»
La mascella di Draco cadde a terra.
«Lo ha rifiutato; sua madre, che per inciso aveva difficoltà con la magia, tant’è che la credevano una Magonò, lo aveva accalappiato con un filtro d’amore, il cui effetto ovviamente è svanito, alla fine. Credo che l’odio che Voldemort nutre per i Babbani nasca da lì.»
Un’espressione disgustata apparve sul volto del Serpeverde.
«Fottuto ipocrita!» esclamò indignato. «Tutto quel parlare di superiorità dei Purosangue ed è un Mezzosangue?»
Hermione sospirò. «Te l’ho detto, sta solo sfruttando l’ideologia purosanguista per i suoi scopi. E crede di essere in qualche modo superiore perché discende da Salazar Serpeverde. Non sembra che nessuno ci rifletta su, ma in suo nome molte famiglie tra quelle elencate nelle Sacre Ventotto si sono estinte, almeno in linea principale.»
«Non dirmi che ti sei messa a psicanalizzare Tu-Sai-Chi, Granger.»
Hermione scrollò le spalle. «Sai come si dice, Malfoy. Conosci il tuo nemico e quella roba lì.»
Il Serpeverde la fissò colpito, senza dire nulla per diversi minuti.
«L’ho letto, Granger. Quel libro che mi hai dato» dichiarò poi con un fil di voce.
Lo sguardo della ragazza saettò su di lui. «È orribile.»
Lei annuì mestamente. «E il principio alla base…»
«…Non è molto diverso dal ragionamento alla base dell’ideologia purosanguista» concluse lui per lei. «Me ne rendo conto. Granger, lo so che ho sbagliato
Non erano ancora delle scuse, pensò Draco, ma era pur sempre un passo avanti, no?
Chiedere scusa non era una cosa che veniva esattamente facile a un Serpeverde, né tantomeno a un Malfoy. Un Malfoy non si doveva mai scusare per niente, a detta di Lucius.
Hermione deglutì a quelle parole.
Non voleva dire che non pensasse ancora di essere superiore ai Nati Babbani, che non credesse più che ci fosse alcuna differenza tra loro e i Purosangue, tra… lei e lui… ma stava riconoscendo di aver sbagliato a contribuire alla perpetrazione delle discriminazioni contro i Nati Babbani.
E questo per lei significava molto.
«Draco, posso chiederti una cosa?» sussurrò esitante con un filo di voce dopo una breve pausa.
Il Serpeverde annuì.
«Lo volevi?»
Lo sguardo di lui si incatenò al suo; Draco sapeva che prima o poi gli avrebbe posto quella domanda.
«Il Marchio, lo volevi?»
Ponderò se aprirsi con lei o sviare la domanda, ma poi ripensò ai suoi quesiti su di lei che non aveva avuto modo di porgli.
«Facciamo così, Granger» propose definitivo dopo averci riflettuto per qualche momento. «Risponderò alla tua domanda e risponderò onestamenteSe tu mi dirai perché hai deciso di aiutarmi.»
Se dovevano mettersi in gioco, pensò Draco, avrebbero dovuto farlo entrambi.
Lei lo guardò sconcertata. «Pensavo fosse ovvio…»
La mascella del Serpeverde quasi cadde a terra.
Ovvio?
Lui ci si stava arrovellando il cervello da mesi su quel quesito!
«Era la cosa giusta da fare» disse semplicemente, come se quelle parole spiegassero tutto.
«Aiutare la persona che ti ha bullizzata per anni era la cosa giusta da fare?» asserì in tono asciutto lui; Hermione non colse la nota di disprezzo verso sé stesso che trapelò dal tono del ragazzo.
«Quando ti ho visto in quel bagno la prima volta… Non ho visto il Serpeverde Purosangue snob che mi ha sempre insultata, denigrata e derisa» confessò lei in un fil di voce. «Ho visto solo un ragazzo della mia età in difficoltà.»
Troppo buona, pensò Draco. Sei troppo buona Granger.
No, non buona. Pura.
Il giovane sgranò gli occhi a quel pensiero; scosse la testa.
Come era arrivato a considerare lei quella pura tra i due e sé stesso quello sporco?
Tu hai la prova di essere sporco sul tuo avambraccio; non sei mai riuscito a trovare niente di sporco in lei; stavi solo mentendo a te stesso.
«So cosa stai pensando, Draco.»
Il biondo trasalì.
«Mi stai dando della stupida.»
Dannata strega!
No che non le stava dando della stupida! Era l’unica persona al mondo ad avergli mai dato uno straccio di possibilità, perché non voleva capirlo? Non le avrebbe mai dato della stupida per quello!
«Ma non è stato semplice, per me, mettere da parte… tutto» ammise con una punta di vergogna nel tono della voce.
«Sai, Silente mi aveva detto delle cose prima di tornare a Hogwarts…»
«Ah.» esclamò interrompendola lui, lo sdegno palpabile nel tono della sua voce. «Quindi mi hai aiutato perché te l’ha detto il vecchio?»
Cosa aveva pensato? Che alla Granger potesse davvero fregare qualcosa di lui?
«No. Anche quando ho capito che si riferiva a te ho cercato… di starne fuori. Pensavo che non spettasse a me salvarti.»
Draco la fissò con gli occhi sbarrati.
«Pensavo che non avesse senso umiliarmi offrendoti una mano per poi venire respinta ed insultata, che non valesse la pena ingoiare il mio orgoglio per…»
«Dillo, Granger» la incoraggiò lui.
Lo sapeva, lo sapeva quanto male le aveva fatto.
Meritava di sentirselo sbattere in faccia.
«…Per la persona che mi aveva più ferita in tutta Hogwarts, quando quella mi avrebbe cacciata via.»
Ed eccolo di nuovo, pensò Draco. Non era l’idea di aiutare qualcuno che l’aveva ferita a solleticare il suo orgoglio, ma la convinzione che sarebbe stata mandata via nonostante le sue buone intenzioni.
Troppo, troppo buona.
Hermione tirò un sospiro. «Però poi ti ho visto nel bagno, in quelle condizioni, e… niente di tutto quello aveva più importanza. Non… non pensavo ti avrei mai visto in quello stato» deglutì. «Ho seguito il mio istinto. Ho capito che qualsiasi cosa stessi facendo non era qualcosa che volevi fare. Non ti avrei mai abbandonato dopo aver visto quanto stavi soffrendo.»
«Ma dopo che ti ho mostrato il Marchio ti sei ricreduta» indagò ancora il ragazzo. «Hai iniziato ad evitarmi.»
La Grifondoro si accigliò. «Mi avevi detto di non volere il mio aiuto, più volte a quel punto. Era un po’ troppo pensare che ti sarei anche corsa dietro.»
Draco le sorrise suo malgrado. «Sì, lo era.»
La giovane ricambiò il sorriso. «Tocca a te, ora.»
«No. Dimmi prima perché hai deciso di aiutarmi lo stesso dopo la storia dell’Idromele.»
«Te l’ho detto, Draco. Non ho mai pensato che tu fossi come loro. Ho deciso che se nessuno ti aveva mai dato una scelta, allora te l’avrei data io» rispose in tono fermo Hermione. «E poi, le tue argomentazioni quando sei venuto da me erano abbastanza convincenti.»
Il Serpeverde si riservò alcuni minuti per metabolizzare le cose che gli aveva detto la Granger; poi alzò lo sguardo e lo fissò sul soffitto.
«Credi sul serio che possa essere una persona migliore di quella che sono stato prima di tutto questo?»
«», rispose lei e Draco fu colpito dalla totale assenza di esitazione nella voce della ragazza.
«Hai già fatto molti passi avanti» aggiunse per avvalorare la sua tesi. «Vediamo, però, se sei arrivato al punto di essere in grado di mantenere la parola data.»
Lo stava incalzando a parlare; era partito tutto dalla domanda che lei gli aveva posto e lui le aveva chiesto qualcosa in cambio per la risposta che le avrebbe dato.
Questo, rifletté il biondino, decisamente non fa parte della lista dei passi avanti.
Ma si era aperta lei per prima, ora doveva farlo anche lui.
Draco si alzò dalla sedia e prese a camminare avanti e indietro per la stanza; poi poggiò le spalle e il capo contro il muro e chiuse gli occhi.
Trasse un profondo respiro.
«Non volevo il Marchio» asserì in tono deciso. «Non nel senso in cui lo desidera Nott. Sai, mio padre mi ha ripetuto che era il mio destino praticamente da quando sono nato, Granger. Quando è arrivato il momento, dovevo volerlo, capisci?»
La ragazza non proferì parola; rimase in silenzio ad ascoltarlo.
«Quando è Tu-Sai-Chi in persona a chiedertelo, sai già come andrebbe a finire se rifiutassi, al punto che accetti, ma non sai mai se lo hai fatto perché lo volevi o per istinto di sopravvivenza. Non quando tuo padre ha appena fatto un casino e tua madre è terrorizzata e tu lo sai anche se lei cerca di non fartelo capire…»
Hermione si rese conto di non essersi mai chiesta cosa si provasse a stare dall’altra parte; loro, Harry, Ron e lei, - Neville, persino -, si erano trovati coinvolti in quella guerra da quando erano bambini, ma lo stesso discorso poteva valere anche per Draco, solo che lui era dalla parte opposta della storia.
Nessuno di loro aveva iniziato quella guerra, nessuno di loro l’aveva voluta, eppure tutti ci si erano trovati invischiati senza la possibilità di tirarsi indietro.
«Non volevo il Marchio» ripeté il biondo. «Pensavo che me lo avesse chiesto per sostituire mio padre. Per un istante ho persino creduto che mi reputasse speciale» aggiunse con una risata amara.
«Granger, non posso negare di aver provato una punta di entusiasmo quando mi è stato detto che Tu-Sai-Chi voleva affidarmi una missione. Pensavo fosse il mio momento, il momento di dimostrare a tutti, a mio padre, che valessi qualcosa. Finché non ho saputo cosa avrei dovuto fare»
Draco trasse un respiro profondo. «È stato in quel momento che sono ricominciati i miei problemi.»
«Ricominciati?» chiese lei confusa.
Si era persa un pezzo?
Lo vide mordersi l’interno della guancia e avvicinarsi nuovamente a lei; prese la tazza da cui aveva bevuto la camomilla e la posizionò al centro del tavolo.
«Immagina che sia una lastra di vetro, Granger.»
La ragazza, sebbene un po’ perplessa, si concentrò per seguire il ragionamento del Serpeverde.
«Integra, per tredici anni della tua vita. Poi il vetro inizia a perdere resistenza…»
Diede un colpo di bacchetta alla tazza; un filamento apparve nella ceramica.
Ne diede un altro e il filamento si propagò.
«Una serie di eventi, azioni e reazioni, cose a cui assisti e che ti portano a farti delle domande e per quanto tu possa sopprimerle, a un certo punto non ce la fai più a negare a te stesso la realtà delle cose, quello che pensi veramente…»
La tazza era sul punto di frantumarsi.
Draco diede un colpetto definitivo e i frammenti di ceramica ricaddero tintinnando sul tavolo.
«Questo è quello che è successo a Natale» disse solamente.
Hermione capì cosa avesse voluto dirle in quel modo metaforico e particolare.
Si scoprì affascinata dal modo in cui ragionava la mente di Draco Malfoy, dalla maniera singolare in cui era stato in grado di farle capire tutto senza di fatti doverle spiegare molto.
Quasi tutto.
«Ma Draco, hai detto per tredici anni…»
«La Coppa del Mondo di Quidditch, quando ho visto il modo in cui i Mangiamorte, incluso mio padre, stavano trattando quei bambini» spiegò, «quella è stata la prima scheggiatura nel vetro.»
Hermione fece una smorfia al ricordo. «Perché non hai cercato di tirartene fuori subito?»
Draco rise, ma era una risata priva di ilarità. «Te l’ho detto, Granger. Non mi era stata presentata nessun’altra alternativa. Finché non sei arrivata tu a darmene una.»
Fece una pausa, rivolgendole uno sguardo indecifrabile. «Mi ripetevo che era quello che volevo, quello a cui ero destinato, quello che ero. Ma non sono mai riuscito a convincermi veramente, per fortuna…»
«Avresti potuto parlare con Silente, ti avrebbe aiutato» obiettò con tranquillità la Grifondoro.
«Granger, l’unica volta che ho provato a fare la cosa giusta è precipitato tutto…»
«Di cosa stai parlando?» domandò confusa lei, corrugando la fronte.
«Sto parlando dell’Ufficio Misteri, Granger. Sono stato io ad avvisare la Umbridge che stavate cercando di usare il camino nel suo ufficio» rivelò Malfoy scandendo bene le parole, come se temesse che Hermione avrebbe potuto rifiutare quelle informazioni.
«Perché? Non hai fatto altro che sperare che morissimo per cinque anni.»
Fu come ricevere un pugno nello stomaco, quando la Granger pronunciò quelle parole; era vero, nel corso degli anni le aveva più volte augurato la morte… a lei e ai suoi amici.
E Draco ora si odiava, per quello.
«Quattro» disse lui. «Poi ho capito cosa significasse davvero morire.»
Mi dispiace. Mi dispiace, Granger. Mi dispiace.
Hermione lo osservò con occhi sgranati.
«Sapevo che la visione di Black fosse una trappola» ammise il Serpeverde. «Mio padre ne aveva parlato durante le vacanze di Pasqua. Stavo cercando di impedirvi di andare all’Ufficio Misteri.»
La ragazza deglutì.
«Perché? Perché avresti agito a discapito degli interessi di tuo padre?»
Draco trasse un respiro profondo.
«Non volevo altri Cedric Diggory» mormorò appena.
Hermione trattenne il respiro per un attimo.
Poi corse via, lasciando solo Draco a chiedersi dove avesse sbagliato quella volta.

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Capitolo 29
*** CAPITOLO 24 ***


CAPITOLO 24






 
 
L’unica volta in cui aveva rivisto Hermione Granger dopo quella conversazione era stato all’esame di Apparizione; era stato concesso, ad alcuni studenti, di sostenerlo in anticipo.
La lista dei fortunati includeva sé stesso… ed Hermione Granger.
Classico.
Non gli aveva rivolto la parola, neanche quando le si era avvicinato per chiederle se potessero vedersi al Dormitorio.
Lo aveva semplicemente guardato, aveva deglutito, ed era corsa via.
Sembrava più taciturna del solito; non la vedeva ridere né scherzare neanche con Potter e la Donnola, né con il suo amico Tasso, né con gli altri Grifondoro. Non alzava la mano in classe e spesso chiedeva ai professori di ripetere la domanda quando si rivolgevano direttamente a lei; una volta aveva persino negato di sapere la risposta ad un quesito della McGranitt.
Non sapeva cosa avesse detto quella notte per abbatterla in quel modo.
Glielo aveva fatto capire, no? Che non aveva voluto niente di tutto quello, che non aveva mai voluto fare quelle cose… che qualsiasi cosa credesse ora non contava più nulla per lui, perché aveva finalmente capito la realtà dei fatti.
Forse no. Forse aveva detto qualcosa che le aveva fatto pentire di aver creduto in lui.
E lui non riusciva neanche a capire cosa.
 *
 
Il bagno dei Prefetti era illuminato dalla sola luce lunare.
«Ho paura, Ced» disse Hermione, stringendolo forte a sé. «Per te e per Harry.»
«Non Krum?» domandò lui con sarcasmo.
La ragazza gli spinse delicatamente un braccio e gli rivolse un’occhiataccia.
Sapeva benissimo che tra lei e Krum ci fosse solo amicizia; avevano riso insieme per giorni a causa del malinteso del Ballo del Ceppo, anche se Hermione si sentiva un po’ in colpa per non aver fatto sapere a Harry che Cedric e Cho ci erano andati insieme da amici. Le avrebbe chiesto come facesse a saperlo e lei non aveva ancora ideato un piano per dire ai suoi amici della sua relazione con il Tassorosso.
Lottarono per qualche secondo; lei fingeva di essersi arrabbiata, lui provava a riavvolgerla tra le sue braccia. Alla fine, la Grifondoro si arrese e si accoccolò nuovamente tra le braccia del suo ragazzo.
«Ero seria, sai. Ho una brutta sensazione…»
«Jean, stai tranquilla» le sussurrò in un orecchio. «Andrà tutto bene.»
Lei chiuse gli occhi e sospirò; la fece voltare per guardarla in faccia e le prese il volto tra le mani.
«Andrà tutto bene» ripeté con convinzione.
Poi si sfilò l’anello di famiglia dal dito e glielo porse.
«Tienilo tu» le disse. «Me lo ridarai quando uscirò dal Labirinto, va bene?»
Una promessa. La promessa che sarebbe tornato da lei.
Hermione tirò su col naso e si fece coraggio; annuì.
«Però dopo di che, basta nascondersi. Intesi?»
«D’accordo» acconsentì la ragazza, abbozzando un timido sorriso.
«Promesso?» le chiese Cedric.
«Promesso
 

Hermione si svegliò di soprassalto, il volto bagnato, di sudore e lacrime mischiati, e il cuore che palpitava prepotentemente.
Quell’idiota di Draco Malfoy doveva proprio nominare Cedric Diggory? Stavano parlando di argomenti delicati e lui se n’era uscito menzionando il suo unico tallone d’Achille, l’unica cosa che poteva minare la solidità della sua Occlumanzia e della sua capacità di mantenere sotto controllo le proprie emozioni.
Lo sapeva che non era colpa sua, quella volta; non lo sapeva, nessuno lo sapeva.
Quella di Cedric non era stata l’unica promessa infanta quella notte.
Si rigirò l’anello disilluso tra le mani; aveva provato a restituirlo ad Amos Diggory quando lo aveva incontrato dopo la fine del quarto anno; Silente l’aveva accompagnata a visitare la tomba del ragazzo prima di ritornare a casa dei suoi genitori per le vacanze estive.
«No, cara. Cedric avrebbe voluto che lo tenessi tu» le aveva detto.
Non lo toglieva mai, ma lo aveva reso invisibile per non dover rispondere alle domande indesiderate che la sua vista avrebbe scatenato; era il suo modo per sentirlo vicino, tenere quell’anello al dito.
Ed era il suo promemoria di non fare mai più promesse riguardanti il futuro in vita sua.
 
Hermione non era proprio dell’umore per la ronda, ma Harry aveva fiutato il sentore di qualcosa che la stava facendo soffrire e lei non aveva la minima intenzione di spiegarsi.
Cosa avrebbe potuto dirgli?
Sono cinque giorni di fila che ti sogno riapparire fuori dal Labirinto stringendo il corpo senza vita del mio ragazzo e non mi succedeva da mesi.
Il problema, pensava Hermione, era che si era fatta carico di un ragazzo che non era emotivamente stabile quando neanche lei era al massimo delle sue facoltà; avere accesso alla mente di Draco Malfoy, a quel suo lato insicuro e vulnerabile che aveva sempre celato con dedizione nel corso degli anni, la stava mettendo a dura prova.
Riflettendo su quanto si erano rivelati durante il loro ultimo incontro, Hermione si era resa conto, con suo sommo errore, che allo stesso modo in cui Malfoy l’aveva sempre stereotipata e collocata all’interno di una definizione, - la Sanguemarcio Granger -, lei non era stata migliore di lui e lo aveva categorizzato come se non fosse altro che un essere fatto di pietra e privo di cuore, incapace di provare altro se non odio e superbia.
E questo l’aveva turbata.
Avrebbe dovuto capirlo prima; anche lei aveva indossato una maschera per anni, aveva sempre cercato di nascondere le sue debolezze agli occhi degli altri.
Con la maggior parte della gente lo faceva ancora.
Aveva iniziato ad evitarlo, un po’ perché si vergognava di sé stessa, un po’ perché si era accorta che Draco Malfoy aveva iniziato a farla sentire vulnerabile. E lei non poteva permetterselo, non poteva permettergli di entrare sotto la sua pelle.
«Granger!»
Hermione sobbalzò e strillò, vedendo il protagonista dei suoi pensieri proprio di fronte a sé, nella Sala dei Prefetti.
«Malfoy! Che accidenti ci fai qui?»
Draco ignorò la sua domanda e gliene porse un’altra.
«Dov’è MacMillan?»
«Ha iniziato la ronda, stavo per andare anch’io…» farfugliò lei, nascondendo il rossore in volto con le ciocche dei suoi capelli.
«Da sola?» fece lui sollevando le sopracciglia.
«Ci siamo divisi il castello, sai, come sempre. Come facciamo tutti» gli rispose lei saccentemente.
«Credevo avessimo concordato che non avresti girato per il castello da sola» le ricordò in tono asciutto lui; era visibilmente irritato.
Hermione sbuffò. «Ho preso dal quarto al settimo pia-»
«Non c’entra nulla. E poi, il settimo piano è il piano della Stanza delle Necessità.»
La Grifondoro alzò gli occhi al cielo.
«Dovresti andartene, potrebbero vederti.»
«Ti piacerebbe, Granger. Sapevo che avresti fatto così. Ecco perché ti ho fatto portare il Mantello» ribatté lui con un sorrisetto irriverente stampato sul volto. «Hai portato il Mantello, vero?»
Lei glielo mostrò.
«Cos’hai intenzione di fare? Seguirmi per tutta la ronda?»
«E poi riaccompagnarti alla Torre di Grifondoro» dichiarò con fare definitivo.
«Sei impazzito?»
«Non ti lascio girare sola di notte dopo quello che è successo con Nott.»
«Malfoy, ti ho già detto che il Voto non ti obbliga a proteggermi da-» fece lei per obiettare, ma un rumore dall’esterno la fece interrompere bruscamente.
«Svelta, passamelo!»
Lanciò il mantello a Draco, che lo indossò prontamente, sparendo appena in tempo per evitare di essere visto da Ernie MacMillan.
«Hermione, Mirtilla ha di nuovo allagato il bagno!»
La Grifondoro imprecò.
«Ti direi di chiamare Gazza, ma facciamo prima a risolverla noi» borbottò la ragazza, seguendo il compagno di Tassorosso per i corridoi.
Sapeva che Malfoy fosse esattamente dietro di loro; doveva essere completamente impazzito.
In che diavolo mi sono andata a cacciare?, pensò rassegnata.
 
In due, aspirarono l’acqua con la magia nel giro di un quarto d’ora; poi i Prefetti di turno si divisero nuovamente per ultimare la perlustrazione del castello.
Hermione non aveva ancora iniziato il suo giro, in realtà.
«Se mi accompagni alla Torre, dovrò lasciarti il Mantello» bisbigliò la ragazza al Serpeverde. «Non puoi essere visto intorno al Ritratto della Signora Grassa!»
«E quindi?» chiese come se nulla fosse Malfoy.
«E quindi, visto che il Mantello non è mio, questo è un problema» precisò lei irritata. «Cosa dovrei dire a Harry?»
Era certa che il biondino avesse alzato gli occhi al cielo, anche se non poteva vederlo.
«Te lo lascio al Dormitorio. Puoi passare a prenderlo domattina e ridarglielo. Non si accorgerà di niente.»
«Dannato furetto!» imprecò sottovoce lei.
Draco sorrise.
 
Lo cercò due giorni dopo quella ronda; aveva cercato di scoprire perché lo avesse evitato per giorni dopo quella conversazione al Dormitorio, ma Hermione gli aveva risposto di lasciar perdere. Più facile a dirsi che a farsi, il Serpeverde continuava ancora a domandarsi dove avesse sbagliato.  
Un passo avanti, una battuta d’arresto, due passi indietro.
Però, aveva notato, che non sembrava arrabbiata con lui o delusa… Sembrava solo triste e imbarazzata; come se stesse affrontando un problema e lo stesse facendo da sola.
Forse non aveva nulla a che fare con lui.
Avrebbe preferito che gliene parlasse, però; magari avrebbe potuto aiutarla in qualche modo.
Stava mangiando una mela verde sotto un albero appartato vicino al Lago Nero quando Hermione gli si era avvicinata e aveva sbuffato sonoramente fingendo di averlo visto solo in quel momento.
Il Serpeverde era quasi scattato in piedi quando l’aveva sentita parlare; non l’aveva notata prima, tant’era assorto nei suoi pensieri.
«Furetto, non ti avevo visto.»
Ci vediamo al Dormitorio?
«Granger, non c’è nessuno» constatò scocciato lui. «Puoi anche…»
Hermione fece per andarsene; Draco ruotò gli occhi e si affrettò a seguirla.
«Hey, non mi pare di averti detto che avevamo finito di parlare, Sanguemarcio
Sì, contenta?
Il Serpeverde la vide fare una smorfia di trionfo; seguì il suo sguardo con cautela e capì perché: Pansy Parkinson si stava avvicinando a quello stesso albero sotto il quale era seduto lui prima; se la Granger lo avesse lasciato finire, probabilmente li avrebbe sentiti.
Draco sbuffò.
«Io avevo finito, furetto» gli disse lei esibendo un sorrisetto impertinente.
«Quindi me ne vado.»
*
Hermione ne aveva avuto abbastanza di quell’anello.
Ci stavano lavorando da settimane e non avevano ancora trovato il modo di aggiungere un quasi al mortale.
«Senti, perché non lasciamo perdere e pensiamo a qualcos’altro?» domandò rassegnata.
«Perché stiamo navigando tra le idee, Granger, non è vero?» rispose sarcasticamente lui. «Abbiamo così tante opzioni che c’è solo l’imbarazzo della scelta su quali approfondire.»
La ragazza si morse l’interno della guancia.
«Credo di avere la soluzione» disse Hermione risoluta, poggiando un libro sul tavolino al centro della stanza.
Draco alzò un sopracciglio, scettico.
«Romeo e Giulietta?» commentò con una smorfia sul volto, a metà tra lo schifato e il perplesso. «Cos'è, robaccia babbana Granger?»
La ragazza si accigliò.
«Shakespeare» lo informò sdegnata. «Porta rispetto per una volta in vita tua.»
Il biondo la guardò con aria saccente. «Era un Mago. Ha lasciato il nostro mondo per andare a vivere tra i Babbani…»
«Sì, perché voi Purosanguisti siete dei trogloditi e dei razzisti e lui si era innamorato di una Babbana.»
Cosa devo fare con te, Granger? Cosa devo fare per fartelo capire? Si chiese tra sé e sé il ragazzo.
«È stato uno degli autori più grandi di tutti i tempi. E potrebbe anche salvarti la vita, furetto ingrato!»
Draco socchiuse gli occhi in segno di sfida.
«E sentiamo, come potrebbe salvarmi la vita un poeta morto da secoli?»
«Perché in questa opera inscenano la morte di Giulietta così che lei non debba sposare Paride e possa fuggire con Romeo. Usano un tipo di pozione-sonnifero che la porta a uno stato di morte apparente per quarantadue ore».
Hermione si mordicchiò un labbro per qualche secondo, come se stesse soppesando le sue stesse parole.
«Quindi, Granger?»
«Era un Mago! Lo hai detto tu! Il che vuol dire che probabilmente possiamo trovare quella pozione. Ha preso spunto da qualche pozione!», spiegò con ovvietà.
«La prendi, ti credono morto, torni a casa e Piton ti porta via prima che ti possano seppellire veramente...»
Draco non sembrava affatto convinto.
«Ci sono un milione di cose che potrebbero andare storte nel tuo piano, Granger» intervenne con un tono che sottolineava altrettanta ovvietà. «Innanzitutto, potrei morire veramente
«La pozione la preparerebbe Piton, Malfoy», gli fece notare, incrociando le braccia.
«E comunque, non farebbe altro che rallentare il tuo battito cardiaco fino a renderlo impercettibile. Non saresti davvero morto
«Mmh. E se non riuscisse a tirarmi fuori in tempo? E se saltasse la sua copertura?»
«Hai idee migliori, Malfoy?», domandò la ragazza, agitando le mani per aria innervosita.
«No perché con quell’anello siamo a un punto morto e stiamo per esaurire il tempo a nostra disposizione!»
Il Serpeverde sospirò e scosse il capo.
«Come facciamo a giustificare il fatto che sia finito per assumere questa roba?»
Hermione riprese a mordicchiarsi il labbro e arrossì; a questo non aveva pensato.
«Hai già provato ad avvelenare Silente» considerò, il tono un po' più acido di quello che intendesse usare, ma Draco sembrò non farci caso o se lo fece non ne diede alcun segno.
«Potresti inalarlo mentre cerchi di preparare una pozione. Piton potrebbe pensare a qualcosa che abbia senso, no?»
Draco sbuffò. «Bene, parliamone con lui e il vecchio, vediamo che dicono.»
«Ma Draco, se questa cosa diventa concreta... Dovrebbe trovarti qualcuno di Serpeverde. Nel tuo dormitorio. Sarebbe uno shock!»
Hermione parve ripensarci per un momento, alla luce di questa prospettiva.
«Pansy. Potrei darle appuntamento nell'aula dove ci vedevamo di solito e farmi trovare lì», rifletté Draco; sapeva che se l’avesse chiamata lei sarebbe comunque andata da lui, nonostante l’avesse mollata.
La Grifondoro sbarrò gli occhi.
«Le... Le faresti questo? Faresti questo alla tua ragazza
Il biondo scrollò le spalle.
«Non è la mia ragazza» la corresse caustico. «E comunque al massimo si dispiacerebbe di perdere la possibilità di avere accesso ai miei caveaux alla Gringott, un giorno», aggiunse poi con nonchalance.
Hermione a quel punto spalancò anche la bocca.
«C-cosa? Fai sul serio, Malfoy?»
Il biondo fece spallucce.
«È così che funziona tra i Purosangue, Granger» commentò meccanicamente; strano non lo sapesse già. «Ti trovi una moglie o un marito ideale, produci un erede, uno solo e preferibilmente maschio, sai, per non creare faide di successione e assicurare la continuità della linea di sangue e la trasmissione del cognome della famiglia. Questo è tutto
Poi, per essere ancora più chiaro, aggiunse «Pansy era una buona candidata ed un Malfoy era molto più di quello che lei pensasse di poter avere» fece una pausa. «O meglio, il patrimonio di un Malfoy era molto più di quello su cui pensava di poter mettere le mani.»
La Grifondoro lo fissava sempre più sconvolta.
«Ma… Sembrava che vi piaceste…»
Draco la guardò scettico.
«Quantomeno, sembrava che fosse l’unica persona con cui non ti dispiacesse stare» si corresse lei.
«Era così» rispose il ragazzo. «Almeno finché non iniziava a parlare.»
Hermione si sforzò con tutta sé stessa di non ridere.
«Era il male minore, Granger. Avevamo una specie di intesa, ma tutto ciò a cui puntava era un contratto di matrimonio vantaggioso.»
«Perché ne parli al passato?»
«Dopo che mio padre è stato arrestato, il suo si è tirato indietro. Non hanno mai firmato. Lei non era d’accordo e ha continuato a venirmi dietro» le spiegò stoicamente. «L’ho lasciata dopo… Le vacanze di Natale.»
Ah. Quindi Draco non stava più con lei quando Justin è stato attaccato…
«Perché?»
Quanto cazzo sei ficcanaso, Granger.
Draco fece una smorfia. «Continuava a sbavare sul Marchio» disse con una smorfia di disgusto, la stessa che solo fino all’anno prima era solito rivolgere a lei.
«E io invece non ne sopportavo neanche la vista.»
E la sopporto anche meno, ora.
Hermione continuava a guardarlo con un misto di sensazioni che non si stava preoccupando minimante di celare.
«Che c'è, credevi che fossimo innamorati?» le chiese alzando gli occhi al cielo.
«Tipo che ne so, amore da favola e quelle idiozie babbane?»
Hermione alzò un sopracciglio. «Quella è roba per le Patil o la Brown. Io credevo solo che faceste un po' meno schifo, almeno tra di voi», rispose semplicemente lei, con un'espressione disgustata sul volto.
«Oh, ti fa schifo come funziona la politica Purosangue, Granger?»
«Sai, credete di essere tanto più evoluti dei Babbani, ma questo è medievale» ribatté lei, indignata. «È orrendo!»
Il biondo parve quasi divertito dalla sua reazione, anche se in un certo senso lui si sentiva allo stesso modo.
Tutta quella roba toglieva fin dalla nascita la possibilità di essere amato per davvero, nella vita. Era una consapevolezza che in qualche modo lasciava con un vuoto e una freddezza dentro; uno dei motivi per cui la maggior parte dei Serpeverde era sempre distaccata per indole.
«Toglimi una curiosità» disse a un certo punto Hermione. «Saresti disposto ad accettare anche l'incesto, Malfoy, pur di salvare la preziosissima e purissima linea di sangue della tua famiglia?»
A Draco venne da vomitare.
«Che cazzo vai blaterando, Granger?», le chiese disgustato.
Com’erano arrivati a parlare di quello?
«Oh, non dirmi che non ve la dicono, questa parte. È uno dei motivi per cui i Purosangue faticano sempre più ad avere figli, insieme all’endogamia. Le famiglie sono tutte imparentate tra loro ormai.»
Draco restò a fissarla come se gli avesse appena rivelato una delle conoscenze segrete del mondo magico, nonostante lui lo sapesse già che alcune famiglie erano disposte a tanto pur di preservare la purezza di sangue. Il fatto era che nessuno glielo aveva mai posto in quei termini, in un certo senso l'argomento era un tabù nell'ambiente Purosangue e Draco ne capiva il motivo: era ripugnante.
Gli avevano insegnato a provare disprezzare chiunque non avesse il cosiddetto sangue puro, ma con il passare dei mesi, Malfoy si era accorto che tutto ciò che disprezzava realmente era qualsiasi cosa riguardasse l'ambiente purosanguista.
Avrebbe voluto dirle che fosse stato per lui non si sarebbe neanche preoccupato della questione, che non avrebbe voluto sposare proprio nessuna Purosangue.
Ma su quello, lui non aveva davvero scelta.
«Sparisci, Granger» la congedò in tono glaciale.
La giovane lo guardò con l’aria di chi si fosse pentito di sollevare un argomento, ma poi gli fece un cenno con il capo e se ne andò senza aggiungere altro.
Draco scaraventò il tavolino dall'altro lato della stanza.

 

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Capitolo 30
*** CAPITOLO 25 ***


CAPITOLO 25






 
 
Draco l’aveva evitata dopo quella discussione sulla politica Purosanguista.
Davvero, Hermione non si capacitava di come potesse semplicemente accettarlo, rassegnarsi all’idea di un triste, freddo, matrimonio a contratto che gli avrebbe sottratto qualsiasi possibilità di amare ed essere amato.
Non riusciva ad immaginare minimamente un Draco Malfoy innamorato, dovette ammetterlo, ma lo aveva inquadrato immediatamente come qualcuno a cui l’amore era sempre mancato; ne aveva avuto prova ogni volta che il Marchio aveva preso a bruciargli e lui, dopo la prima volta in cui era stata lei a chiedergli di poterlo abbracciare, aveva preso l’abitudine di tendersi verso di lei e cercare conforto tra le sue braccia.
Il conforto era l’unica cosa che aveva da offrirgli per aiutarlo quando accadeva.
Magari Malfoy aveva pensato che gli avesse teso una mano perché le aveva fatto pena, ma la verità era che, nonostante si fosse dispiaciuta per il dolore che aveva e continuava a patire e per le brutte situazioni in cui il ragazzo si era trovato, Hermione non aveva mai provato pena per lui, se non quando le aveva raccontato l’iter della politica purosanguista. 
«È tornata!» esclamò Ron all’improvviso, strappandola ai suoi pensieri.
«Chi?» domandò confusa Hermione.
«Katie Bell» specificò, indicando con gli occhi un punto al capo più interno del tavolo dei Grifondoro.
Harry si alzò immediatamente e, senza dire una parola e senza darle modo di farlo tornare a sedere, aveva puntato dritto verso la ragazza.
Hermione imprecò tra sé e restò ad osservarli parlottare finché il suo istinto non le suggerì di voltarsi; Draco era entrato in Sala Grande proprio in quel momento.
Lo vide bloccarsi a metà strada, proprio al centro della stanza, e immobilizzarsi alla vista della Bell che, di rimando, aveva incrociato lo sguardo con quello del Serpeverde ed era rimasto a fissarlo come imbambolata.
Il cucchiaino con cui Hermione stava mangiando il budino ricadde nel piatto, facendo schizzare il dolce in faccia a Ron, che le sedeva accanto e si era appena sporto verso il suo orecchio per sussurrarle qualcosa.
Oh, no.
La Grifondoro non carpì neanche mezza parola di quello che il rosso le disse; aveva lo sguardo puntato su Draco, che sembrava aveva il respiro pericolosamente accelerato.
Il biondo le lanciò uno sguardo impercettibile e poi corse via dalla Sala, mentre si slacciava la cravatta.
Hermione riconobbe immediatamente i segni; fece per alzarsi e seguirlo, ma fu tirata per un braccio da Cormac McLaggen.
«Hey, Granger!» la salutò con un sorriso malizioso.
«Non ora, Cormac!» trillò lei, cercando di liberarsi dalla presa del ragazzo.
Aveva appena visto Harry correre nella direzione in cui si era diretto Malfoy qualche istante prima.
Oh, no. No. No. No. No!
Doveva liberarsi in fretta di McLaggen e raggiungere i due prima che scoppiasse il finimondo.
«Hey, dove vai così di fretta? Volevo solo chiederti se ti andasse di venire con me a Hogsmeade questa domenica…»
Hermione gli fece un gesto confuso con la mano mentre letteralmente scappava via, ripercorrendo i passi di Harry e Draco.
Si mise a correre più veloce che poté, dritta verso il bagno di Mirtilla Malcontenta, sperando che fossero lì.
 
Hermione non seppe mai come fece a non urlare alla scena che le si parò davanti quando spalancò la porta ed entrò nel bagno al secondo piano, dove Mirtilla Malcontenta strillava terrorizzata a gran voce che era stato commesso un omicidio.
Spalancò gli occhi quando vide Draco Malfoy giacere riverso sul pavimento, circondato dal suo stesso sangue; la camicia bianca che indossava era ormai rosso vivo e si agitava in preda a convulsioni e tremiti e singhiozzi.
È finita, pensava Draco. Non avrebbe mai avuto la possibilità di redimersi agli occhi della Granger. Non gli importava nulla di quello che il resto del mondo avrebbe pensato di lui, solo della Granger.
Hermione si portò le mani sulla bocca e fissò sbalordita Harry, che si reggeva al muro alla sua destra in stato di shock, la bacchetta ancora stretta tra le mani.
Piton entrò proprio in quel momento e rivolse una gelida occhiata carica d’odio al Grifondoro.
Per una volta, Hermione non lo biasimò.
«Harry, che cosa hai fatto?» sussurrò scioccata, mentre calde lacrime cominciavano a rigarle il volto.
Il ragazzo scosse la testa. «I-io n-non…»
«Signorina Granger» la chiamò Piton, mentre estraeva la bacchetta e la faceva scorrere lungo il petto di Draco, posando delicatamente la punta sulle ferite che, viste da vicino, si vedeva chiaramente fossero profonde. Il professore stava mormorando un incantesimo che lei non conosceva e che sembrava quasi una canzone. «Lo faccia restare sveglio finché non avrò finito.»
Hermione si precipitò al fianco del Serpeverde, senza preoccuparsi del fatto che stesse nuotando nel suo sangue; l’emorragia sembrava rallentare a ogni passaggio della bacchetta di Piton.
«Draco» lo chiamò dolcemente, prendendogli il volto tra le mani. «Draco, apri gli occhi.»
Nel sentire la sua voce, il ragazzo si sforzò di fare quanto gli chiedeva; come faceva sempre, quando scivolava via e lei si presentava a riprenderlo, a strapparlo alle tenebre.
Come se fosse il suo angelo personale, sempre pronto a guidarlo verso la luce.
Draco riaprì gli occhi e cercò di metterla a fuoco; sentiva le palpebre pesanti e dolore in ogni parte del corpo.
La Granger stava piangendo.
Per lui.
Di nuovo.
«Draco, resta sveglio» era quasi una supplica la sua; non credeva di averla mai sentita così spaventata.
«Resta con me.»
Il sangue aveva quasi smesso di sgorgare, ma gli abiti di Hermione erano ormai fradici.
«G-Granger» mormorò in maniera quasi inudibile il Serpeverde.
La Grifondoro si sforzò di sorridergli e avvicinò il volto al suo.
«Hey» gli sussurrò di rimando.
Andrà tutto bene, avrebbe voluto dirgli, ma non ci riuscì.
«Concentrati sulla mia voce, Draco. Resta sveglio. Resta con me
Jean, stai tranquilla… andrà tutto bene.
«Hermione» sussurrò ancora lui, piantando quei profondi occhi grigio ghiaccio nei suoi; non sembrava lucido.
«Sei bella» disse con un fil di voce; poi, le sue palpebre si chiusero.
Hermione rimase immobile a guardare il suo volto, incerta di quello che fosse veramente successo.
«Draco» lo chiamò preoccupata. «Draco!»
«Va tutto bene, signorina Granger» asserì Piton, facendo scivolare il capo di Draco via dalle sue mani e sollevandolo dal pavimento con un incantesimo di Levitazione.
«È stata brava. Ma ora devo portare il Signor Malfoy in infermeria.»
 
Hermione non si era mossa per diversi minuti dopo che il professore ebbe portato via Draco.
Harry era rimasto poggiato al muro a guardarla a metà tra lo scioccato e l’incredulo per quello che aveva fatto; si chiedeva se non stesse sognando, dopo quello a cui aveva assistito.
Si avvicinò lentamente all’amica e provò a metterle una mano sulla spalla, ma lei lo scacciò via con uno scatto.
«Non mi toccare!» gridò arrabbiata.
Si rialzò a fatica e incrociò il suo sguardo.
«Che cosa hai fatto?»
Harry deglutì, una lacrima rigava il suo volto.
«Ho usato quell’incantesimo» mormorò a voce quasi impercettibile. «Quello del Principe. Il Sectumsempra
Hermione gli tirò uno schiaffo, che Harry incassò in silenzio.
«Cosa ti salta in mente, Harry Potter! Usare un incantesimo oscuro senza conoscerne gli effetti!»
«Era sul libro di Pozioni, diceva ‘da usare contro i nemici’ e Malfoy mi stava lanciando contro la Cruciatus! Non ho riflettuto, Hermione» si giustificò lui, anche se sapeva che quello che aveva fatto era sbagliato.
«Mi stai dicendo che per anni hai risposto agli Avada di Voldemort con l’Expelliarmus e poi hai usato un incantesimo letale per difenderti da Malfoy, Harry?»
Stringeva i pugni, la ragazza, e non lo guardava più in faccia.
«Hai mai pensato che il Principe possa essere Voldemort? Era un Mezzosangue anche lui!»
Harry deglutì. La verità era che era stato grato al Principe per i voti in Pozioni che lo aveva aiutato a prendere e non si era affatto preoccupato di chi potesse essere; fino a quel momento.
«M-mi dispiace, ok? Mi sbarazzerò del libro, promesso. Avevi ragione…» sussurrò rammaricato.
Hermione non gli rispose.
«Non una parola con Ronald, con nessuno, su quanto è successo finché non torno, d’accordo?» gli ordinò freddamente e l’amico annuì.
Hermione si fermò un istante sulla porta, prima di uscire dal bagno.
«Malfoy non è in grado di usarla, la Cruciatus, Harry» sibilò con rancore. «Non ne ha la volontà.»
Harry si domandò come facesse lei a saperlo, ma non glielo chiese; si lasciò trapassare dal tono tagliente che la ragazza gli aveva rivolto e poi si indirizzò verso la Torre di Grifondoro con lo sguardo basso.
 
«Non dovrebbe essere qui, signorina Granger» la riprese Piton in tono gelido. «Potrebbero vederla.»
«L’infermeria non è una sala privata, professore» ribatté lei in tono asciutto. «Voglio solo sapere come sta.»
Piton si spostò leggermente di lato per farla passare.
Hermione avanzò con passo incerto tra i letti vuoti e ringraziò il cielo che non ci fosse nessun’altro; perché diavolo Piton faceva tante storie?
Individuò la brandina su cui era adagiato Draco e gli si avvicinò, intrufolandosi dietro le tendine chiuse.
Dormiva.
Gli avevano cambiato gli abiti; immaginò il commento che avrebbe fatto una volta sveglio.
Questa è roba da pezzenti, io sono un Malfoy!
Avvicinò una mano esitante a quella del ragazzo e la sfiorò leggermente; poi però vide le sue dita muoversi e si ritrasse immediatamente.
«Si riprenderà signorina Granger» la informò Piton con il suo usuale tono untuoso. «A suo tempo. Può dire al signor Potter che, come al solito, ha avuto una fortuna sfacciata.»
Hermione deglutì.
Perché Piton non gli stava togliendo punti? Perché non minacciava neanche di espellerlo? Che cosa stava tramando?
Draco mugugnò proprio in quel momento.
«Her-Hermione…»
La ragazza si voltò di scatto e guardò il giovane riverso nel letto con gli occhi sbarrati; scioccata dal fatto che l’aveva chiamata nel sonno e che avesse addirittura pronunciato il suo nome, si impose di trovare il coraggio di muoversi e recuperò quel passo di distanza che aveva messo tra di loro quando si era ritratta poco prima.
Gli prese la mano e lui ricambiò la stretta, seppur debolmente.
Schiuse lievemente gli occhi.
«Granger» farfugliò confuso.
Madama Chips arrivò in quel momento e la Grifondoro si allontanò dalla brandina.
«Oh, bene. È sveglio. Ha perso molto sangue, Signor Malfoy» dichiarò contrariata. «Avrà bisogno di una o due trasfusioni.»
«Potete prendere il mio» si offrì istintivamente Hermione, arrossendo subito dopo all’occhiata sorpresa che la Chips le aveva rivolto; l’infermiera fece per dirle qualcosa, ma fu interrotta da un suono gutturale che fuoriuscì dalla bocca di Malfoy.
«N-no» farfugliò sforzandosi di parlare. «N-non…»
Hermione si voltò di scatto verso la Chips. «Lasci stare» sussurrò tristemente, lasciando andare di scatto la mano del giovane.
Draco sentì il suo cuore sprofondare alla brusca interruzione di quel contatto che lo aveva confortato fino a un istante prima.
Nonostante tutto, pensò la ragazza, Malfoy avrebbe preferito morire piuttosto che rischiare di contaminare il suo prezioso sangue puro con quello di lei; con quello sporco di una Nata Babbana; di una Sanguemarcio, come l’aveva sempre, sempre chiamata.
«Mando a chiamare Horace e la signorina Parkinson. Lei andrà bene» asserì gelido Piton, rivolgendo una rapida occhiata alla Grifondoro.
Hermione deglutì e ricacciò indietro le lacrime che avevano minacciato di sfuggire al suo controllo.
Draco maledisse Piton nella sua mente; non riusciva a parlare, avrebbe voluto spiegare alla Granger perché aveva rifiutato la sua offerta. Perché non potesse prendere il suo; probabilmente lei non sapeva. Non c’era verso che non stesse pensando che fosse per via dei pregiudizi di sangue, anche se lui aveva visto il sangue di lei e ora aveva anche l’immagine mentale di una pozza del suo con cui fare il confronto.
Lo so ora che il tuo sangue è uguale al mio.
«Signorina Granger, vuole restare a darmi una mano?» le chiese dolcemente l’infermiera, nonostante fosse evidente che la ragazza fosse molto scossa da tutte le vicende recenti.
Hermione scosse il capo mesta. «Non credo che sia il caso, Madama Chips. Comunque, dovrei fare una cosa… per la McGranitt» mentì lei, esibendo un falso mezzo sorriso e correndo via.
Non udì il gemito roco di supplica che uscì dalla gola di Draco quando cercò di pronunciare il suo nome e non seppe mai della fitta al cuore che provò il Serpeverde nel vederla passarsi le mani sugli occhi e richiudersi le pesanti porte alle spalle senza nemmeno voltarsi a guardarlo.
Granger, non andare.
Resta qui.
Resta con me.
 
«Senti Hermione, capisco tu sia incazzata, ma mi vuoi spiegare che cos’era quello?» le domandò Harry una volta tornata in Sala Comune.
Harry aveva capito che era stata tutto il giorno in infermeria con Draco ma non ne comprendeva il motivo; non poteva essere solo perché si sentiva male per quello che… lui aveva fatto; Hermione non aveva fatto niente, non doveva niente al Serpeverde.
«Di che stai parlando?» gli domandò stancamente lei, era davvero esausta e ancora arrabbiata con l’amico.
«Di te e Malfoy! Perché sei andata a trovarlo in infermeria?»
«Perché lo hai quasi ucciso, Harry! Hai quasi ucciso un ragazzo e non mi sembra te ne sia reso conto!» gli sibilò con il viso a un millimetro dal suo.
«Ti sei sbarazzato di quel libro maledetto, almeno?»
«Ginny mi ha accompagnato nella Stanza delle Necessità» rispose lui mortificato. «Non so dove l’ha messo, così non sarò tentato di andare a riprenderlo.»
«Bene. Sarebbe la prima cosa giusta che hai fatto quest’anno. Che cosa è successo in quel fottuto bagno?»
«La Bell lo ha riconosciuto» raccontò il Grifondoro. «Ero andato ad affrontarlo…»
«Te lo ha detto lei?» chiese Hermione, cercando di sopprimere la punta di panico nella sua voce.
«Ha detto di essere stata posta sotto la Maledizione Imperius, ma andiamo, hai visto come lo ha guardato quando è entrato in Sala Grande, no?»
«Harry! Devi smetterla con questa storia! Sei ossessionato da Malfoy e lo hai quasi ucciso perché ti sei impuntato contro di lui!» urlò la ragazza, sempre più infervorata con il suo amico.
«Perché cavolo lo difendi? È Malfoy, Hermione. Malfoy», insisté lui.
«Sono sicuro sia stato lui. Credo… credo di averlo sentito piangere. Probabilmente temeva di essere scoperto.»
«Hai attaccato un ragazzo mentre stava avendo un attacco di panico?» gli chiese scioccata.
«Hermione, non so se mi hai sentito. Malfoy ha lanciato la Maledizione Imperius su Katie Bell e l’ha quasi uccisa…»
«E tu hai quasi ucciso lui! Non mi importa di chi fosse o di cosa pensassi che avesse fatto, hai sbagliato Harry!» gridò quasi in preda alla disperazione. «Se non te ne rendi conto e continui a darti delle scusanti, vuol dire che hai un problema e anche grande!»

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Capitolo 31
*** CAPITOLO 26 ***


CAPITOLO 26






 
 
«Granger, hai un aspetto orribile» disse Draco con voce roca, studiandola con gli occhi assottigliati. «Sembri un fantasma.»
Hermione lo guardò sbattendo le palpebre.
«Dovresti vedere la tua faccia, Malfoy» replicò in tono asciutto lei, inarcando un sopracciglio.
«Però, direi che stai meglio» aggiunse poi tirando un sospiro di sollievo.
Il giorno precedente, il ragazzo si era svegliato diverse volte e per pochi secondi, ma non aveva mai mostrato alcun segno di lucidità.
La ragazza non aveva chiuso occhio.
«Stai tornando in te» affermò con un mezzo sorriso.
Si era imposta di non pensare mai più a quello che il biondo le aveva detto prima di perdere coscienza, soprattutto dopo il modo con cui aveva disdegnato il suo aiuto la sera precedente.
“Hermione… sei bella”.
“…La signorina Parkinson. Lei andrà bene”.
«Granger» la chiamò Draco con fare serio. «Volevo dirti che…»
Hermione gli voltò le spalle e chiuse gli occhi, respirando a fondo per ricomporsi; tornò come nuova un attimo dopo, appena in tempo per vedere Silente e Piton fare il loro ingresso nell’infermeria.
«Signorina Granger» esordì Piton, interrompendo le parole del ragazzo. «Sbaglio o le avevo detto di non farsi vedere qui?»
Hermione arrossì.
«Via, via, Severus. La ragazza dev’essersi spaventata. E quello di cui discuteremo, comunque, riguarda anche lei.»
La Grifondoro corrugò la fronte.
«Penso che dovremmo approfittare della mancanza di raziocinio del signor Potter e sfruttare la condizione attuale del signor Malfoy per simulare la sua morte» la informò Piton in tono gelido.
«Come?» chiese prontamente lei.
«Possiamo mettere il corpo del signor Malfoy in una condizione di stasi e utilizzare la sua idea della pozione; ufficialmente, però, le condizioni del signor Malfoy saranno state causate dall’anello che mi ha chiesto di procurargli qualche tempo fa» spiegò brevemente il professore.
«Ma è ancora molto debole» si oppose Hermione. «È troppo rischioso…»
Draco provò un moto di calore nel realizzare che la Granger si stesse preoccupando per lui.
Si sarebbe preoccupata per chiunque al posto tuo, ricordò a sé stesso.
«È un buon piano, signorina Granger» si inserì Silente. «Il Professor Piton sa quello che fa e sarà molto… credibile.»
Hermione deglutì. «Non sono convinta che…»
«Perché le importa signorina Granger, visti i trascorsi tra lei e il signor Malfoy?» le domandò il professore gelidamente, indisposto dal tono della ragazza che metteva in dubbio le sue abilità.
La Grifondoro avvertì una vena sulla sua tempia pulsare pericolosamente al tono di Piton.
Lei non aveva dimenticato come avesse cercato di far baciare Sirius dai Dissennatori nonostante gli avessero detto che era innocente, né di come aveva distrutto la carriera di Lupin, l’unico professore di Difesa Contro le Arti Oscure competente che avessero mai avuto tra l’altro, rivelando la sua condizione di Lupo Mannaro agli studenti di Serpeverde.
Tutto a causa di vecchi dissapori risalenti ai tempi della scuola.
«Cosa mi suggerisce di fare?» rispose acidamente la ragazza. «Cercare di farlo ammazzare e in caso di fallimento diventare docente e tormentare la sua prole?»
Piton la trafisse con un’occhiata indecifrabile.
«Punizione, signorina Granger» sentenziò con evidente disprezzo verso di lei. «Sembra che la sua arroganza non si limiti più all’ambito accademico. Forse dovrebbe considerare l’idea di trascorrere meno tempo con il signor Potter.»
Hermione rise, una risata che non gli arrivò agli occhi.
«E lei dovrebbe considerare l’idea di farsi un esame di coscienza. Sempre che ci sia rimasto altro, oltre al rancore, dentro di lei» ribatté la Grifondoro in tono asciutto.
Che le desse quante punizioni voleva e le togliesse anche cento punti, ne aveva abbastanza di Piton e delle sue ingiustizie.
Non aveva risposto mai male ad un docente, a parte la Cooman, nemmeno allo stesso Piton nonostante le togliesse punti a caso ad ogni lezione, ma questa volta c’era in gioco una vita.
Una vita che lei si era fatta in quattro per mesi per cercare di salvare, sacrificando il suo stesso orgoglio.
«Suvvia, suvvia, calmiamoci» intervenne Silente, mentre i due si guardavano ancora in cagnesco e Draco osservava la scena sconvolto.
«Non riceverà nessuna punizione signorina Granger» le assicurò il Preside.
«Severus, se vuoi spiegar loro l’altra parte del tuo piano…»
Piton le rivolse un ultimo sguardo d’odio e poi si voltò verso Malfoy, come se lei non esistesse.
«Faremo sembrare che il signor Malfoy sia stato in contatto con l’oggetto maledetto mentre cercava di introdurlo nella scuola-»
«No», sentenziò di nuovo Hermione, interrompendolo.
Se gli sguardi potessero uccidere, la ragazza sarebbe sicuramente morta dopo le occhiatacce che Piton le aveva rivolto quel giorno.
«Questo è quello che faremo credere a loro» asserì in tono fermo la Grifondoro. «Ufficialmente, però, faremo sembrare che lo abbia trovato per caso e che fosse indirizzato al Professor Silente, come la collana e… l’idromele.»
Draco corrugò la fronte a quelle parole, ma poi capì.
Lo stava coprendo. Gli stava fornendo un alibi per non venire incolpato delle sue azioni una volta finita la guerra.
Lo stava trasformando in una vittima dei suoi stessi attacchi.
Oh, Granger
Lui aveva reso un inferno il suo passato, lei stava proteggendo il suo futuro.
Piton e Silente parvero comprendere le intenzioni della ragazza e, dal mezzo sorriso che il Preside le rivolse, Draco dedusse che era d’accordo anche lui e che era orgoglioso di lei.
La strega più brillante della loro età.
«Un’altra cosa» aggiunse la Grifondoro. «Dirò tutto a Harry. Non esiste che io gli lasci credere di aver ucciso qualcuno!»
Sarebbe stata la tomba della loro amicizia e, comunque, non gli avrebbe mai fatto una cosa del genere, per nulla al mondo.
Non l’avrebbe fatto a nessuno.
«Sono d’accordo con lei, Signorina Granger» acconsentì il Preside. «Non sarebbe corretto infliggere un tale tormento inutile al Signor Potter.»
Fantastico, imprecò Draco.
Il suo tempo con la Granger sarebbe sicuramente finito, una volta che Potter avrebbe scoperto tutto.
 
Hermione si stava dirigendo verso la Sala Comune dei Grifondoro, chiedendosi perché si prendessero ancora la briga di formulare dei piani se le cose non andavano mai come avevano programmato; sperava, inoltre, che Harry non avesse raccontato dell’accaduto a Ron.
Non era il caso di coinvolgere il rosso in quel momento, lui non avrebbe capito. Harry, per sua natura e nonostante tutto, sarebbe stato più incline a dare una seconda possibilità a Malfoy una volta reso partecipe del quadro completo della situazione; in più, probabilmente si sentiva in colpa per quello che aveva fatto, il che lo avrebbe portato sicuramente a tendere in favore di quello che aveva fatto per Malfoy durante tutto l’anno scolastico.
Trasse un respiro profondo e si fece coraggio.
«Dobbiamo parlare» gli disse senza preamboli e in tono duro; era ancora arrabbiata. «Subito.»
Lo trascinò fuori dal Ritratto della Signora Grassa e dentro una piccola aula vuota, che sigillò con un Colloportus e silenziò all’esterno con una serie di Muffliato.
«Tutto ciò che ti dirò in questa stanza, Harry, deve restare strettamente tra noi due. Non puoi dire nulla neanche a Ron, né a Ginny. A nessuno. Non è il momento perché lo sappiano altri.»
«Mione, che succede?» domandò il giovane preoccupato.
«Avevi ragione, Malfoy ha il Marchio» asserì lei, sedendosi sulla cattedra accanto al suo amico.
«Lo hai visto? Te l’avevo detto-»
«Harry, lo so da un pezzo» lo interruppe lei. «Non è come pensi…»
Harry la fissò con occhi sbarrati.
«Cosa? Hai cercato di convincermi che fossi un visionario per tutto questo tempo quando sapevi perfettamente che Malfoy è un Mangiamorte?»
«Draco non è un Mangiamorte, Harry» obiettò lei corrucciandosi.
«Hai detto che ha il Marchio! E sai chi ha il Marchio? I Mangiamorte, Hermione!»
La ragazza alzò gli occhi al cielo.
«Vuoi farmi parlare?» berciò infastidita. «Non potevo dirti nulla perché avevo promesso a Silente che avrei mantenuto il segreto.»
«Silente lo sa?» domandò scioccato il giovane. «Ma se ha detto di non credere che ci fosse Malfoy dietro la faccenda della collana e dell’Idromele…»
Hermione sbuffò.
«Si, è stato Malfoy, ma prima che-»
«Non posso credere che tu non me lo abbia detto!» la interruppe lui, infervorato.
«Harry James Potter se non mi fai parlare giuro che ti lancio contro un Silencio finché non avrò finito di spiegarti tutto!» lo minacciò lei. «Draco è sotto la protezione dell’Ordine!»
Harry le lanciò uno sguardo sbigottito.
Hermione deglutì e poi prese a spiegare al ragazzo di come lo avesse trovato nel bagno di Mirtilla Malcontenta in preda ad attacchi di panico più di una volta, del dolore che gli procurava il Marchio ogni volta che bruciava; di come gli avesse offerto il suo aiuto e lui lo avesse accettato; del fatto che avevano trascorso molto tempo insieme e che avesse notato che Draco non fosse più il Malfoy che avevano conosciuto fino all’anno precedente. Poi, gli disse anche del piano di Piton.
«Ho posto come condizione che mi permettessero di dirtelo, non potevo lasciarti credere di aver ucciso qualcuno.»
Harry l’aveva ascoltata per tutto il tempo con la mascella a terra.
«Cosa ti è saltato in mente? Poteva farti del male…»
La giovane ruotò gli occhi. «Harry… è Malfoy!»
«Appunto! Perché gli hai offerto il tuo aiuto dopo tutto quello che ci ha fatto?» chiese confuso il ragazzo.
«Per lo stesso motivo per cui glielo darai anche tu» rispose lei in tono asciutto. «Perché è la cosa giusta da fare
«Come fai ad essere sicura di poterti fidare di lui?» insisté ancora stordito lui.
«Ha stretto un Voto Infrangibile, Harry. Ha reso chiaro di essere stato costretto a prendere il Marchio e di non voler uccidere nessuno, né fare del male a nessuno» replicò lei calma.
Harry non sembrava ancora convinto. Hermione deglutì.
«Mi ha salvata, Harry» mormorò con un fil di voce. «Nott mi stava aggredendo e lui è intervenuto per tirarmi fuori da quella situazione. Mi ha… persino curata, dopo.»
Il Grifondoro si voltò a guardarla scioccato.
«Draco merita una seconda opportunità» affermò decisa. «E comunque, tu gli devi almeno un favore.»
 
Harry si era sentito profondamente in colpa per quello che era accaduto nel bagno di Mirtilla sin dal primo momento, ma, in seguito alle più recenti scoperte sul rampollo di casa Malfoy, il suo senso di colpa era aumentato vertiginosamente.
Si erano sempre punzecchiati, lui e Draco; affatturati persino e scontrati in duello, ma mai uno dei due aveva ferito in quel modo l’altro.
Ed era stato lui a farlo, lui che si era sempre considerato come il buono della situazione.
“Mi ha salvata, Harry.”
Era ancora strano pensare a un Draco Malfoy e una Hermione Granger seduti a tavolino a escogitare piani insieme, molto strano; ancor più strano era immaginare un Draco Malfoy che si lasciasse toccare e aiutare da una Hermione Granger.
Harry si era chiesto più volte che cosa avrebbe fatto lui al posto della sua amica, rendendosi conto di non aver dato il beneficio del dubbio al Serpeverde neanche per un istante; forse era per quello che Hermione non gli aveva detto nulla, anche prima che promettesse a Silente di non fare parola dell’accaduto.
“Il mondo non si divide in persone buone e Mangiamorte. Tutti abbiamo sia luce che oscurità dentro di noi. Ciò che conta è da che parte scegliamo di agire. È questo quello che siamo veramente.”
Harry non aveva intenzione di comportarsi come quell’idiota di Piton aveva fatto con Sirius e Remus; lui sarebbe stato migliore.
E viste le premesse sembrava che Draco Malfoy volesse la stessa cosa.
 
Era la seconda volta quel giorno che provava a fare visita a Malfoy; la prima volta la Chips lo aveva cacciato via sgarbatamente prima che avesse modo di dire anche solo una parola.
Allora ci era tornato.
«Potter, è la seconda volta oggi che vedo la tua brutta faccia» esordì la voce fredda e strascicata di Malfoy quando lo vide fare capolino dalla porta di ingresso dell’infermeria.
«Il tuo senso di colpa da Grifondiota ti impedisce di stare tranquillo?»
Harry gli si avvicinò cercando di non soccombere alla voglia di ribattere con una risposta piccata e altrettanto pungente; non era Malfoy quello in torto in quel caso. Anche se il Serpeverde avesse realmente cercato di usare la Cruciatus su di lui, lui non sarebbe stato comunque giustificato per aver fatto ricorso a quella maledizione oscura.
Era sempre stata la differenza tra loro e i Mangiamorte; loro rappresentavano la parte della luce, erano i buoni, e non avrebbero dovuto far ricorso a mezzi oscuri per combatterli.
«Non avrei dovuto lanciarti contro un incantesimo senza sapere quali fossero i suoi effetti.»
Draco sbuffò.
«Sì Potter, è stata una mossa del cazzo» ribatté piccato Malfoy. «Ti ha mandato la Granger, non è vero?»
Harry alzò un sopracciglio. «No. Cioè, so tutto» lo informò, «ma non mi ha detto lei di venire...»
«Allora speri che chiedendomi scusa lei smetta di essere incazzata con te?»
Il Grifondoro sorrise. «In parte» ammise con un pizzico di vergogna. «Ma principalmente per togliermi un peso dalla coscienza, Malfoy.»
Coscienza. Draco odiava la coscienza; era sempre lì a tormentare, anche per il minimo errore, anche per le cose più stupide, anche per quelle non intenzionali.
Se c’era una cosa che Draco odiava della sua nuova situazione era l’aver sviluppato una coscienza; o aver cominciato a sentirla, nel caso in cui l’avesse sempre avuta e non ne fosse a conoscenza.
«Bene, ora puoi anche togliere il disturbo allora.»
Ma Harry non si mosse; rimase lì a puntellarsi sui piedi e a studiare pensieroso il Serpeverde.
«Potter, ti ho detto che va bene» ripeté annoiato Draco. «Non dirmi che mi costringerai a vedere il tuo muso afflitto dai sensi di colpa ogni giorno finché non sarai convinto di aver rimediato alla cazzata che hai fatto!»
In realtà, il Grifondoro avrebbe voluto porgli almeno cento domande che gli stavano facendo arrovellare il cervello, ma sapeva che non avrebbe comunque ricevuto risposta; così come era perfettamente consapevole che probabilmente Malfoy avesse ragione e si sarebbe ripresentato l’indomani.
Il biondino sbuffò di nuovo e alzò gli occhi al cielo, carpendo dall’espressione sul viso di Potter che non si sarebbe liberato di lui facilmente.
Non era davvero così infastidito dalla presenza del ragazzo, ma quando aveva visto la porta aprirsi aveva pensato, sperato persino, che fosse la Granger e vedere, invece, sbucare la faccia da schiaffi di Potter lo aveva indisposto; aveva bisogno di trovarsi da solo con la giovane, doveva parlarle. Doveva dirle perché non aveva accettato la sua donazione.
«Se ti dico come puoi rimediare a questa stronzata, mi risparmierai dall’averti attorno, Potter?»
Harry gli rivolse uno sguardo a metà tra il perplesso e il sospettoso, ma annuì.
Draco restò in silenzio per qualche istante, poi tirò un profondo sospiro.
«Quando sarò ufficialmente morto» asserì a bassa voce, «accompagna la Granger durante le ronde.»
Il Grifondoro sgranò gli occhi e lo fissò incredulo, incerto di aver capito bene le parole che erano uscite dalla bocca del Serpeverde.
«Perché?» chiese palesemente scioccato dalla richiesta.
«Perché Nott potrebbe riprovare a farle del male, imbecille» replicò irritato Draco. «Ma non farti vedere da lei mentre la segui e, soprattutto, non dirle che ti ho chiesto io di farlo.»
Harry rimase a guardarlo ancora basito per qualche momento.
«Perché ti importa di quello che succede a Hermione?» non riuscì a trattenersi dal domandare.
Il biondino assottigliò gli occhi. «Non sono affari tuoi, Potter.»
Harry scrollò le spalle. Ovviamente Draco non aveva risposto alla sua domanda, avrebbe dovuto aspettarselo.
«Lo farò» disse soltanto e poi si diresse verso l’uscita, chiedendosi se Hermione, nel suo racconto, avesse tralasciato qualche dettaglio sulla natura del suo nuovo, strano, rapporto con Draco Malfoy.

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Capitolo 32
*** CAPITOLO 27 ***


CAPITOLO 27






 
 
Hermione era sgattaiolata via dalla Torre di Grifondoro alle quattro della notte, nascosta dal Mantello dell’Invisibilità che Harry le aveva prestato.
Era arrivato il momento, il giorno in cui Draco Malfoy sarebbe morto.
Avevano già avvisato Narcissa Malfoy del fatto che suo figlio avesse avuto un incidente e la ragazza era stata profondamente colpita dal fatto che la donna non si fosse immediatamente precipitata al castello per vederlo; si chiedeva se un qualsiasi genitore dei Serpeverde avrebbe fatto la stessa cosa, se in cuor loro tenevano ai loro figli o se li vedevano solo come un obbligo verso la linea dinastica con cui erano costretti a convivere; se fossero davvero così freddi e aridi dentro o se si mostrassero semplicemente così, ingoiando ansie e preoccupazioni che un qualsiasi altro genitore non avrebbe esitato a mostrare apertamente.
Credevano che non precipitarsi al capezzale di un figlio ferito mortalmente li rendesse forti?
Quella mattina Silente avrebbe inviato degli aggiornamenti sulla condizione di salute di Draco alla Signora Malfoy; l’avrebbero informata che c’erano state delle complicanze, con un conseguente peggioramento della situazione in cui versava il ragazzo che lo aveva portato ad una morte improvvisa; avrebbero fatto bere la pozione a Draco e Piton avrebbe incantato il suo corpo per preservarne lo stato e non rischiare che morisse veramente a causa di eventuali problemi con le ferite.
Stai tranquilla, Jean. Andrà tutto bene.
Hermione scosse il capo per scrollarsi i pensieri di dosso.
Era terrorizzata da quel piano; già l’idea che Draco dovesse trovarsi in una situazione di morte apparente non gli era andata granché a genio, il fatto che dovesse farlo quando era ancora molto cagionevole per via dell’incidente, ponendolo dinnanzi a un grosso rischio, non le stava dando pace.
Doveva vederlo. Lei non avrebbe potuto essere presente durante l’esecuzione del piano; sarebbe rimasta al castello a mangiarsi le unghie mentre il ‘corpo’ di Draco veniva portato a Malfoy Manor affinché i suoi familiari potessero piangerlo e seppellirlo.
Avrebbero pianto per lui? Narcissa Malfoy avrebbe mostrato tristezza e disperazione per la morte del figlio? Le mura di Azkaban sarebbero state scosse dalle urla di Lucius Malfoy quando avrebbe saputo la notizia?
Aprì con estrema attenzione la pesante porta dell’infermeria e vi sgusciò all’interno silenziosamente; l’unico lettino occupato era ancora quello di Draco.
Stava dormendo e sembrava così tranquillo che Hermione proprio non aveva il cuore di destarlo e caricarlo della sua ansia; sapeva che non sarebbe stata in grado di non lasciar trasparire la sua preoccupazione.
«Granger, lo so che sei qui» lo sentì dire all’improvviso e lei trasalì sotto il Mantello.
«Fatti vedere, maledetta strega imprudente…»
La ragazza si tolse il cappuccio rivelando il suo volto e gli si avvicinò.
«Non la smetterai mai di vagare per il castello di notte vero?»
Hermione alzò gli occhi al cielo. «Ancora con questa storia. Non posso essere vista, ricordi?»
«Io ti ho vista» constatò lui.
«Tu hai sentito la porta aprirsi e hai fatto due più due» rivelò il suo bluff lei.
Draco, inaspettatamente, le sorrise.
«Sei venuta a darmi il bacio di addio, Granger?» le chiese con sarcasmo. «Giusto in caso dovesse essere davvero l’ultima volta che ti bei della mia visione?»
«Non dire queste cose» lo rimproverò lei, ignorando la battuta del Serpeverde. «Neanche per scherzo…»
«Dimmi che andrà tutto bene allora» replicò lui in tono asciutto. «Dimmi che non sei qui perché sei preoccupata.»
Stai tranquilla, Jean. Andrà tutto bene.
Non poteva dirglielo. Non sarebbe dovuta andare da lui.
Hermione deglutì.
«Sono preoccupata» confermò la ragazza. «Come stai? Sembri così…»
«Se dici che ti sembro debole, Granger, tiro fuori la bacchetta e ti riallungo i denti.»
Non era proprio dell’umore per stare al gioco e scherzare, rimbeccarsi come solevano fare.
«Draco… Sono seria. Sei pronto?»
Il Serpeverde annuì. «In un modo o nell’altro, Granger, domani sarà tutto finito.»
Hermione quasi lo invidiò; per lei non sarebbe finita finché Voldemort non sarebbe stato sconfitto.
Forse neanche dopo.
La ragazza tese la mano per dare una stretta a quella di lui, ma poi la tirò indietro, ricordandosi del fatto che, una volta lucido, Draco aveva rifiutato il suo sangue, dimostrandole ancora una volta la considerazione che aveva di lei nonostante tutto.
Non avrebbe tratto alcun confronto dal suo tocco, così si limitò a rivolgergli un mezzo sorriso.
«Draco… Resta vivo» bisbigliò solamente, per poi dirigersi verso l’uscita.
Draco si voltò a guardarla, avvertendo una sensazione di insoddisfazione al petto, mista a un senso di vuoto all’altezza dello stomaco.
Avrebbe voluto un contatto; uno qualsiasi, giusto in caso quella fosse stata davvero l’ultima volta che la vedeva; avrebbe voluto andarsene sentendo per l’ultima volta il calore umano che solo Hermione Granger era stata in grado di fargli sentire.
«Ci vediamo dall’altra parte, Granger» gli disse lui in un sussurro, mentre la vedeva tirare su il cappuccio e sparire.
Stai tranquilla, Jean. Andrà tutto bene.
Hermione non riuscì a trattenere una lacrima dal lasciare i suoi occhi, mentre correva in direzione del suo dormitorio e si preparava a dover trascorrere le successive ventiquattro ore all’oscuro di ciò che stava succedendo e di cosa sarebbe, alla fine, accaduto.
 
Severus Piton avanzò tra le fila di Mangiamorte e Purosangue con un’espressione impassibile stampata sul volto; si avvicinò a Narcissa Malfoy, fiera nonostante tutto, con il volto coperto da un velo nero e composta come il suo status richiedeva.
Le tese una mano, lei la prese.
«Severus» disse a voce alta a mo’ di saluto, il tono freddo e circostanziale.
Tu sei vivo, riecheggiò nella mente di Piton. Dov’è mio figlio?
«Narcissa» rispose l’uomo, «le mie condoglianze.»
Esattamente dove lo vedi, le disse col pensiero. Devo tirarlo fuori.
«Ti ringrazio.»
Ci penso io.
 
Hermione fu fatta chiamare nel cuore della notte dalla professoressa McGranitt.
Si vestì in tutta fretta e corse più veloce che poté al Dormitorio Segreto.
«Schiopodo!»
Entrò e si guardò intorno confusa: non c’era nessuno.
«Draco?»
«Qui, signorina Granger» la chiamò Silente, sporgendo il capo dalla porta del dormitorio maschile.
Hermione lo raggiunse.
Draco era disteso su un letto e sembrava stare bene, se non si considerava il fatto che il suo petto era innaturalmente immobile e che sembrasse un cadavere.
«È andato tutto secondo i piani» la informò il Preside. «L’incanto di stasi è stato spezzato e il professor Piton gli ha somministrato una pozione per accorciare l’effetto di quella soporifera. Dovrebbe svegliarsi a momenti.»
Hermione annuì e tirò un respiro di sollievo.
«Madama Chips sarà qui a momenti per dargli un’occhiata.»
«Cosa? Chi altri sa che Draco è ancora vivo? Pensavo che non dovesse saperlo nessuno!»
«Oltre a noi, il signor Potter e Severus, lo sanno solamente la Signora Malfoy, Minerva e Madama Chips, signorina Granger. Nessuna di queste persone rivelerebbe mai il segreto» rispose onestamente il Preside.
Hermione avrebbe voluto obiettare che nutriva dei dubbi nei confronti della matrona di casa Malfoy, ma che lei lo avrebbe saputo era sempre stata una certezza fin dal principio; non si sarebbe comunque sentita a proprio agio con l’idea che una madre credesse morto il proprio figlio.
Ingoiò i suoi dubbi e timori e si avvicinò al ragazzo; le era sembrato di vedere una palpebra muoversi.
«Eccomi Albus. Signorina Granger, dovrei cambiare le medicazioni al Signor Malfoy e disinfettare le sue ferite» le disse senza molti giri di parole. «Ho bisogno che lei assista per apprenderne la modalità e poterlo fare lei in autonomia.»
«Che cosa?» esclamò scioccata la ragazza.
«Non posso di certo venire qui tre volte al giorno e farlo io, potrei destare dei sospetti!» commentò accigliata l’infermiera.
«Ma perché dovrei occuparmene io? Non credo che sia il caso…»
Draco non avrebbe mai voluto che lei si occupasse di lui in quel modo; che le sue mani da Nata Babbana entrassero in contatto con delle ferite sul suo corpo. Non voleva tornare agli insulti costanti, perché, si era resa conto che, se fino a quel momento non si era lasciata scalfire dalle cattiverie che Malfoy le soleva dire, arrivata a quel punto non sarebbe più stata in grado di rimanervi indifferente.
Perché ora mi importa di lui.
Hermione si maledisse per non aver lasciato Draco nell’ufficio di Silente ed esser fuggita via, lontano da tutto quello e dalle sue implicazioni; avrebbe comunque aiutato il ragazzo, ma lei non sarebbe stata coinvolta emotivamente in tutto ciò.
«…Harry ora sa tutto, non sarebbe meglio se ci pensasse lui?»
D’altronde l’ha causato lui tutto questo casino, pensò tra sé e sé, senza però dirlo a voce alta.
«Signorina Granger!» obiettò indignata la Chips. «Il Signor Potter detiene il record di visite in infermeria mai registrato da uno studente da quando ho iniziato a lavorare qui. E mi creda, sono tanti anni. Non affiderei le cure di un ragazzo in condizioni così gravi a qualcuno che non è capace di evitare di farsi male un giorno sì e uno no!»
Hermione dovette riconoscere, in cuor suo, che l’infermiera non aveva poi tutti i torti; Harry era sempre coperto di sangue.
«Signorina Granger, se lei pensasse di non avere lo stomaco per svolgere questo compito, - e non credo che sia il suo caso -, potrei anche capire la sua ritrosia; ma se lei stesse cercando in qualche modo di tirarsi indietro per assecondare le assurde concezioni purosanguiste del Signor Malfoy… Le direi di fare come faccio io da sempre di fronte ai capricci dei Serpeverde che protestano all’idea di farsi curare da una Mezzosangue come me» asserì la Chips.
La Grifondoro la fissò con occhi sbarrati.
«Digli di farsene una ragione o sopportare il dolore. Ci mettono due secondi ad ammutolire, di solito.»
Hermione non poté fare a meno di sorriderle.
«Ora, mi osservi attentamente.»
 
Granger.
Draco aveva sentito la sua voce. Era tornato ad Hogwarts o non aveva ancora lasciato il castello?
Era andato tutto bene?
«Dovrei cambiare le medicazioni al Signor Malfoy e disinfettare le sue ferite» stava dicendo la Chips. «Ho bisogno che lei assista per apprenderne la modalità e poterlo fare lei in autonomia»
Con chi stava parlando l’infermiera? A chi voleva affidare le sue cure?
«Che cosa?»
La Granger.
Chi altri, sennò?
Avrebbe sorriso all’idea, se avesse recuperato a pieno le sue facoltà e non fosse relegato ancora in uno stato di semi-incoscienza.
Oh, quanto si sarebbe divertito! Riusciva già a figurarsi almeno dieci modi per darle ai nervi per tutta la durata della sua convalescenza.
«Non credo che sia il caso… Harry ora sa tutto, non sarebbe meglio se ci pensasse lui?»
Che cosa? Pensò profondamente indignato.
Lo aveva detto a Potter solo per liberarsi di lui e accollarlo allo Sfregiato?
Non voleva che San Potter gli medicasse le ferite! E non voleva che la Granger smettesse di essere il suo fottuto Contatto con l’Ordine. Voleva davvero abbandonarlo? Aveva svolto il suo compito e voleva tirarsene fuori? Non avevano avuto alcuna importanza per lei i momenti… intimi che avevano condiviso? Le loro confessioni?
Non poteva permettersi di perdere la Granger; lei lo teneva fuori dall’oscurità dentro di lui, lo manteneva a galla quando il Marchio gli bruciava. Si sentiva leggermente meglio solo quando lei lo abbracciava e gli accarezzava i capelli…
Un’immagine di Potter che ripeteva quel gesto gli si parò davanti e gli venne da vomitare… Se solo avesse potuto farlo.
«Signorina Granger, se lei pensasse di non avere lo stomaco per svolgere questo compito, - e non credo che sia il suo caso -, potrei anche capire la sua ritrosia; ma se lei stesse cercando in qualche modo di tirarsi indietro per assecondare le assurde concezioni purosanguiste del Signor Malfoy…»
Oh. Oh.  
La Granger pensava sicuramente che lui non avrebbe voluto essere curato da lei.
Aveva cercato di farglielo capire, che non gli importava più del suo sangue, ma evidentemente non ci era riuscito; non aveva avuto il coraggio di dirglielo, però. Gli avrebbe creduto se lo avesse fatto? Dopo tutti quegli anni e tutti quegli insulti… Non le aveva mai chiesto scusa, né l’aveva mai ringraziata per quello che aveva fatto per lei.
Codardo. E anche ingrato, lo accusò la sua maledetta coscienza.
E poi c’era la maledizione; perché Draco ormai era convinto che fossero stati maledetti in qualche modo, altrimenti non si spiegava la loro tendenza a fraintendersi proprio sui punti che contavano di più, né quella delle cose a peggiorare ogni volta che sorgeva un’incomprensione tra loro.
Cercò di non pensare al fatto che avrebbe avuto le mani della Granger addosso, che avrebbe sentito le sue dita sulla sua pelle nuda… Non erano pensieri che gli era concesso avere.
Il primo senso a ritornargli fu l’olfatto.
Il profumo della Granger
E la puzza dell’unguento che la Chips doveva aver applicato sulle sue ferite.
Poi fu il turno del tatto, quando piegò le dita e percepì il palmo della sua stessa mano sotto i polpastrelli.
E alla fine si svegliò e, dopo qualche momento di confusione, finalmente recuperò anche lucidità e, soprattutto, la vista.
La Granger era lì.
*
 
«Granger… Ti sono mancato?»
La voce di Draco riecheggiò nel silenzio della stanza all’improvviso, facendola sussultare.
Stava osservando le pozioni e gli unguenti che la Chips le aveva lasciato, ripetendo a mente gli usi di ciascuno. Quella trasparente per il dolore, quella verde per disinfettare, il dittamo per rimarginare le ferite e ridurre al minimo il rischio di cicatrici permanenti…
Si voltò di scatto a guardarlo; neanche si era svegliato che già aveva rimesso su il suo ghigno divertito.
«Veramente, ero convinta che avrei avuto un giorno in più di libertà» rispose la ragazza stando al gioco. «Ma sei stato risvegliato prima.»
«Granger, un po’ di contegno, sono appena morto!» esclamò oltraggiato il biondo.
«E resuscitato subito dopo. Non puoi avvalertene come scusante.»
«Sono ferito» ci riprovò ancora, indicando le bendature che gli coprivano il petto con fare tragico.
«Drama Queen» borbottò Hermione sottovoce.
«Che hai detto, Granger?»
«Niente!» fece subito lei in tono innocente.
Si voltò a guardarlo; non aveva la minima idea di come dirgli che era bloccato con lei, che sarebbe stata lei ad occuparsi delle sue ferite… né di quale sarebbe stata la sua reazione.
Respira, Hermione. Puoi farcela.
Stava per aprire bocca, quando lo vide sbiancare tutto d’un tratto.
La Grifondoro avvertì i primi segnali di panico.
Oh, no. Oh, no! Cosa avrebbe dovuto fare se avesse iniziato a bruciargli il Marchio, nelle condizioni in cui si trovava?
«Draco?»
«Granger... Mi ha tolto la camicia?» domandò con una punta di panico nella voce; prendeva dei brevi e profondi respiri, mentre teneva gli occhi fissi sul suo petto nudo. «La Chips, lei…»
«Non lo ha visto» lo rassicurò, capendo immediatamente dove volesse andare a parare. «Piton le ha detto che non avevi ferite sul braccio.»
Il Serpeverde si rilassò visibilmente, tirando un sospiro di sollievo.
«Ha solo aperto la camicia per medicarti le ferite e ha detto che è meglio lasciarle respirare, per questo l’ha lasciata sbottonata.»
Mise enfasi sul soggetto per fargli capire che lei non aveva fatto proprio niente.
«Come ti senti, comunque?»
«Sto bene, Granger» rispose con un tono rassicurante che sorprese Hermione; non pensava che Malfoy fosse in grado di usare quel tipo di tono.
Non pensava che Malfoy fosse in grado di rassicurare proprio nessuno.
Lei annuì e prese a mordersi l’interno del labbro inferiore.
Era arrivato il momento di dirglielo.
Si preparò mentalmente agli insulti che avrebbero seguito la notizia.
«Senti, Malfoy…»
Ecco, pensò Draco. Ora mi dirà che Potter o la Donnola prenderanno il suo posto, che non abbiamo più motivo di continuare a lavorare insieme
Hermione si voltò di spalle; decise che almeno si sarebbe risparmiata la vista dell’espressione sul volto del Serpeverde, che sarebbe sicuramente passata dall’oltraggiato al disgustato al furioso.
«So che probabilmente credevi che una volta eseguito il piano ti avrei portato gli appunti e basta, ma… Ecco…» trasse un respiro profondo, «…avrai bisogno di qualcuno che ti aiuti con quelle e la Chips non può venire qui tre volte al giorno, potrebbe destare sospetti…»
Draco chiuse gli occhi.
Avanti, Granger, dillo.
«Mi ha chiesto di restare qui con te e farlo io.»
Perché non continuava? Perché non gli diceva che aveva rifiutato e che qualcun altro avrebbe pensato a lui da quel momento in poi?
«Sarò qualche porta più in là, nel dormitorio femminile, in caso tu abbia bisogno di qualcosa… per tutte le vacanze di Pasqua…»
Hermione chiuse gli occhi; poteva già sentire gli insulti che di lì a poco il ragazzo le avrebbe sputato addosso.
“Cosa? Dovrei farmi medicare le ferite da una Sanguemarcio? Questo è un oltraggio, potrei infettarmi…”
Draco sbatté le palpebre, sorpreso.
Allora non aveva rifiutato, aveva accettato; non lo avrebbe abbandonato.
«Ok» disse semplicemente.
Hermione sgranò gli occhi.
«Cosa?»
Si voltò a guardarlo; se ne stava steso, tutto tranquillo, con il capo poggiato al muro e un’espressione rilassata sul volto.
«Ho detto che ho capito, Granger» ripeté fermo. «Va bene.»
«Oh», esclamò lei sorpresa. «Bene, si, allora io… ehm… Vado di là» annunciò grattandosi un punto dietro la tua testa, un gesto che a Draco ricordò molto Weasley e fu a stento in grado di reprimere una smorfia a quel pensiero.
Annuì.
 
Draco si era addormentato dopo aver pranzato; Hermione aveva approfittato di quel momento per cambiargli le bende, in modo che, almeno per quella volta, si sarebbe potuta risparmiare reazioni sgradevoli. Non lasciò la stanza, però; si era sedette sulla poltrona accanto alla finestra e si perse nei suoi pensieri osservando il giardino del castello dove si stavano riversando gli studenti che stavano per partire e passare le vacanze a casa con i propri genitori.
Continuava a pregare che anche Voldemort concedesse le vacanze ai Mangiamorte; era un pensiero stupido, lo sapeva, ma l’idea che Draco avrebbe potuto dover affrontare il dolore del Marchio bruciante quando era ancora così debole e provato dal Sectumsempra la terrorizzava. Cosa sarebbe successo? La Chips le aveva detto cosa fare in caso si fossero riaperte le ferite, il minimo indispensabile da darle il tempo di chiamarla e passare la situazione in mano all’infermiera.
Normalmente, lo avrebbe rimesso in sesto in poche ore, un giorno al massimo; ma, aveva detto, quell’incantesimo era molto oscuro e le ferite avrebbero potuto impiegare più tempo per guarire, anche con il dittamo applicato regolarmente.
«Sei dispiaciuta di essere rimasta bloccata qui con me per le vacanze, Granger?»
Hermione sobbalzò; fu tentata di scoccargli un’occhiataccia. Si divertiva così tanto a farla sussultare all’improvviso?
«Non esattamente, non sarei comunque tornata a casa» rispose lei, tornando a poggiare la schiena contro la poltrona.
Draco notò che la Granger gli aveva cambiato le garze.
«Saresti dovuta andare alla Topaia
La Grifondoro sbuffò. «Si chiama Tana, Draco. E no, sarei rimasta qui a Hogwarts.»
«Lenticchia non ti ha invitata?» continuò a indagare lui.
Hermione respirò a fondo.
Perché diavolo è diventato tutto d’un tratto così loquace? Stava pensando lei.
«Lavanda non… apprezza la nostra amicizia, diciamo» spiegò caustica, poi, volgendo di nuovo lo sguardo fuori dalla finestra, aggiunse «E comunque, io non ho molta voglia di vedere Harry, ultimamente.»
Il Serpeverde sorrise tra sé e sé; non poté fare a meno di sentirsi lusingato da quel commento della Granger, dal fatto che non avesse preso a priori le parti del suo migliore amico e che si fosse preoccupata per lui; che fosse arrabbiata con Potter per quello che gli aveva fatto.
«Perché non saresti tornata dai tuoi genitori, Granger?»
«Sai cos’è successo l’ultima volta che l’ho fatto» asserì freddamente lei. «Non li metterò in pericolo una seconda volta.»
 
L’articolo sulla Gazzetta del Profeta che parlava della morte di Draco Malfoy era comparso il giorno seguente. Oltre all’elogio funebre vi era un’accurata descrizione dello svolgimento del funerale del ragazzo.
«È una cosa indecente» commentò Hermione indignata, senza rendersi effettivamente conto di aver parlato a voce alta.
«Così brutto, il mio elogio funebre, Granger?»
La voce di Draco la fece sussultare. Si era risvegliato; probabilmente a causa degli effetti della pozione che aveva preso per fingere la sua morte, non faceva che addormentarsi per un paio d’ore e risvegliarsi, in continuazione; Hermione si chiese se quella notte avrebbe dormito o se si sarebbe inventato un modo per darle ai nervi giusto per passare il tempo.
«Che c’è? Mia madre non gli ha mandato abbastanza soldi da fargli scrivere qualcosa di carino sul mio conto?»
«Non è il tuo elogio il problema» rispose accigliata, ignorando il sarcasmo del giovane. «Ma il fatto che hanno strumentalizzato in maniera mediatica la morte di un ragazzo per vendere più copie.»
Il giovane alzò un sopracciglio. «Che dice?»
«Senti qui: “Nessuno dimenticherà mai i singhiozzi spezzati di Narcissa Malfoy, mentre chiedeva di poter avere un minuto da sola con il figlio prima della sepoltura”. Un po’ di rispetto per il dolore di una ma-»
«Mia madre che piange in pubblico? L’ha scritto la Skeeter quell’articolo?» domandò sarcastico Draco.
«Oh, andiamo. Non ci credo che non abbia versato neanche una lacrima, almeno prima di vedere Piton e capire che sei ancora vivo» asserì convinta Hermione. «Nessuno può evitare di scomporsi davanti alla morte di un figlio!»
Una risata amara lasciò la bocca di Draco. «Non conosci l’ambiente Purosangue, Granger.»
La Grifondoro non rispose.
«A meno che…» fece il Serpeverde.
«Cosa?» chiese confusa la ragazza.
«A meno che non fosse quello il pretesto per permettere a Piton di tirarmi fuori e seppellire una bara vuota senza che nessuno se ne accorgesse, Granger» spiegò Draco. «Io non ricordo nulla.»
«Ha senso. Il tal caso, tua madre ti avrebbe aiutato, Draco!»
Il biondino alzò lo sguardo sul soffitto e sospirò.
Era vero? Sua madre lo aveva coperto? In tal caso, significava che teneva davvero a lui?
Non poteva dire veramente di essere convinto del contrario, ma nessuno aveva mai mostrato apertamente di dare importanza alla sua vita, di tenere a lui in alcun modo.
Nessuno a parte la Granger, pensò.
«D’altronde, ha anche obliviato Bellatrix dopo aver stretto il Voto con Piton» considerò Hermione.
«Questo, Granger, non fa altro che suscitare altre domande» obiettò Draco con pesante ovvietà.
«Tipo?»
«Tipo, a che gioco sta giocando mia madre

 

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Capitolo 33
*** CAPITOLO 28 ***


CAPITOLO 28





La Granger usava i guanti.
Ogni volta che doveva cambiargli le medicazioni, lei estraeva un paio di guanti da uno scatolo e se li infilava; non parlava mentre lo faceva, neanche quelle poche volte che non aveva approfittato di momenti in cui stesse dormendo per cambiare le bende.
Draco si domandava se lo facesse perché temeva che la potesse insultare, o perché non voleva toccare il suo sangue; o il sangue in generale.
Decise di provare a farle capire che lui non aveva alcun problema con il fatto che lo stava aiutando, né tanto meno con l’idea che potesse toccarlo.
«Ti fa schifo il sangue?» le domandò all’improvviso, facendola sobbalzare. Le bende da buttare le caddero di mani e dovette piegarsi a raccoglierle, ma fu grata di avere quella scusa per non guardarlo in faccia.
«Come scusa?»
Grandioso, ha di nuovo frainteso, sicuramente. Prese nota di stare più attento alle parole che usava sull'argomento sangue.
«La vista del sangue. Ti dà fastidio Granger?»
Non gliel’avrebbe fatta quella domanda, se si fosse ricordato qualcosa di quello che era successo nel bagno di Mirtilla dopo esser stato colpito dal Sectumsempra, di come lei si era precipitata al suo fianco, anche se facendolo si era inzuppata del suo sangue.
«N-no. Quando il tuo migliore amico è Harry, ci fai il callo» rispose lei pacata, ma ancora non si era voltata verso di lui; stava evitando di farlo di proposito.
Draco represse un'alzata di occhi al cielo.
«Allora ti fa schifo toccarlo?»
Hermione si lasciò andare ad una risata amara. «Non hai idea di quante volte ci ho dovuti ripulire, Malfoy.»
Davvero? Non voleva proprio che ci arrivassero, ad avere quella conversazione?
Andiamo, Granger. Aiutami a dirtelo.
Non sarebbe mai stato diretto sull’argomento.
«Allora perché usi i guanti?»
«Per evitare infezioni» replicò lei con tranquillità, porgendogli una boccetta di una pozione.
Draco impallidì. Era una frecciatina?
Non intendevo in questo modo, dannata strega.
«Sono brutte ferite Malfoy» sospirò mesta. «I guanti sono asettici.»
Draco si rilassò e ingurgitò il liquido trasparente che Hermione gli aveva detto il giorno prima serviva a lenire il dolore; lei si era voltata a riordinare il mobiletto su cui aveva poggiato l’occorrente per le sue medicazioni. Quel senso di tranquillità non durò a lungo perché la sentì farfugliare qualcosa, talmente tanto a bassa voce da essere quasi inudibile.
Ma Draco la sentì lo stesso.
«E quantomeno mi dispensano degli insulti che sicuramente riceverei se mi azzardassi a farlo a mani nude.»
Draco raggelò.
«Granger…»
«Come si sente oggi, Signor Malfoy?» esordì Madama Chips, facendo ingresso nella stanza proprio in quel momento, interrompendolo.
Il ragazzo imprecò tra sé e sé.
Davvero?
«Bene» rispose freddamente, reprimendo a stento una smorfia di fastidio.
«Signorina Granger, ora che la maggior parte degli studenti è andata via, credo di poterla sollevare dall’incarico di medicare il Signor Malfoy. Me ne posso occupare io.»
No, pensò Draco. Lascialo fare alla Granger, vecchia megera!
Gli piaceva, il tocco della Granger. A quanto pareva, non lo rilassava solo quando erano i suoi capelli che accarezzava.
Ti tocca solo quando pensa che sia necessario, Draco. Perché dovrebbe farlo, altrimenti? Pensa che la insulteresti in situazioni come questa, figurati normalmente. Probabilmente le fa anche schifo l’idea di sfiorare uno col Marchio Nero sul braccio, è solo troppo gentile per fartelo capire.
La Grifondoro annuì e si diresse verso la Sala Comune del Dormitorio Segreto; Sala Comune che comunque potevano usare solo loro.
Draco si chiese se anche Potter conoscesse la parola d’ordine di quel posto, se non fosse più solo suo e della Granger.
Non è mai stato il vostro dormitorio, idiota! Si redarguì per l’ennesima volta.
La Granger era stata particolarmente silenziosa in quei due giorni; le poche volte che avevano parlato era stato lui a rivolgerle la parola. Draco aveva provato ad approfittarne per avviare quel discorso, il discorso, quello che forse avrebbero dovuto affrontare per primo in tutta quella storia, ma lei aveva sempre fatto in modo di sviare l’attenzione dall’argomento.
Draco pensava che fosse perché temeva che le dicesse qualcosa di sgradevole; si era chiesto se non avesse dovuto dirle dal nulla qualcosa tipo ‘Hey Granger, lo so che ti ho tormentata e insultata per anni per il fatto che sei una Nata Babbana, ma sai, non me ne frega più niente’ e farla finita.
Valeva la pena valutare quell’opzione, d’altronde era ancora ferito, non gli avrebbe mai tirato uno schiaffo in quelle condizioni… giusto?
Draco si era chiesto anche cosa avrebbe fatto la Granger una volta che lui non avrebbe avuto più bisogno della sua assistenza medica; sarebbe tornata alla Torre di Grifondoro anche se non vi era nessuno? O sarebbe rimasta lì con lui?
Sapeva che una volta tornati gli studenti se ne sarebbe andata e sarebbe stato solo tra quelle quattro mura.
Dovrà comunque venire a portarmi gli appunti delle lezioni.
Sì, ma poi sarò solo.
Non dovrebbe essere un problema, comunque. Ci sono abituato.
Sono sempre stato solo.
 
«Lo avete detto alla Donnola?» domandò Draco per rompere il silenzio assordante che si era andato nuovamente a creare tra di loro.
Non avevano niente di cui parlare, ora che non dovevano più escogitare un piano per farlo credere morto?
«No», rispose semplicemente lei.
Il Serpeverde le rivolse uno sguardo interrogativo.
Hermione sospirò.
«Ron non… Ecco, con lui… Serve più tempo» disse alla fine, «non capirebbe. Non subito. E si arrabbierebbe, soprattutto scoprendo che sono stata da sola con te per tutto questo tempo…»
«Temi di farlo ingelosire?» le domandò ghignando.
La Grifondoro fece roteare gli occhi.
«Non è questo» asserì indignata, «è che ha un pessimo temperamento e non sa gestire la rabbia. E ci mette un po’ a decidere di riflettere sulle cose, ma non è cattivo.»
«No, è solo un’idiota» commentò Draco.
«Non è un’idiota!» sbottò lei, accigliandosi «è solo impulsivo!»
«Granger, vai a letto con McLaggen per ripicca verso Weasley?»
Hermione divenne paonazza a quella domanda e si innervosì.
«Merlino, che ti viene in mente, Malfoy? No
«Sei innamorata di lui?»
Draco si sentì molto strano dopo aver posto quella domanda; la sua intenzione era di irritarla, ovviamente, ma si scoprì all’improvviso molto interessato dalla risposta a quel quesito; al contempo, avvertiva una strana sensazione al petto, come se stesse venendo compresso dall’interno; non l’aveva mai provata prima.
«Non so perché pensate tutti che Ronald e io… voglio dire, c’è stato un momento, all’inizio del terzo anno, in cui ho pensato… Ma poi no…» farfugliò lei in difficoltà. Perché glielo stava dicendo?
Perché è morto e tanto non può deriderti pubblicamente per queste informazioni.
«Lui però è innamorato di te» insisté il Serpeverde. «Anche se sta con la Brown.»
«Non dire sciocchezze.»
Hermione mise via il suo libro; non l’avrebbe lasciata leggere, tanto.
Quando faceva così, significava che era annoiato e che aveva deciso di farle saltare i nervi per divertirsi un po’.
Bel passatempo del cazzo, Malfoy, imprecò tra sé e sé. Ti diverti solo tu, fottuto egoista.
«Dai, Granger. Sono stato il primo a dirvelo, ricordi?» le chiese con fare saccente. «Proprio all’inizio del terzo anno, se non erro.»
La Grifondoro gli rivolse un’occhiataccia.
«Malfoy» disse guardandolo in cagnesco. «Un giorno di questi ti toglierò quel ghigno dalla faccia a suon di fatture!»
«Granger, sono ferito» ribatté lui indignato, indicando le bende sul suo petto. «Pensavo che voi Grifondioti foste corretti.»
Hermione ringhiò per l’esasperazione.
«Quelli sono i Tassorosso!» borbottò frustrata uscendo dalla stanza.
Aveva bisogno di una camomilla, sempre se ne erano rimaste.
Draco scoppiò a ridere.
 
«Harry ha detto che hai provato a usare la Cruciatus su di lui, nel bagno» mormorò Hermione in tono flebile.
Draco si passò la lingua sui denti.
Ovviamente Potter glielo aveva detto.
«Quando ho sentito il rumore dei passi, pensavo fossi tu» prese a raccontare il ragazzo in tono cupo, «non che sia una giustificazione» si affrettò a chiarire, «ma stavo avendo uno di quegli episodi che chiami attacchi di panico e poi ho sentito la sua voce e ho capito che in realtà era lui. E mi urlava contro che sapeva cosa avevo fatto alla Bell…»
Draco deglutì. «Sono andato ancora più nel panico e ho tirato fuori la bacchetta, non riuscivo a pensare né a ragionare» ammise chinando lo sguardo e guardandosi le mani. «Abbiamo iniziato a duellare e poi… Tutto ciò che sentivo nella mia testa era Bellatrix urlare di farlo… Io… Non so perché ho davvero provato ad usare la Cruciatus, volevo solo che se ne andasse e che non dicesse a nessuno di avermi visto in quello stato.»
Hermione lo ascoltava in silenzio.
«Non mi importava che dicesse a qualcuno della Bell, ma… Non mi piace essere visto quando non sono… in me, Granger.»
Quando sono vulnerabile, era quello che intendeva dire veramente.
«Da me però ti fai vedere.»
Hermione non riuscì ad impedirsi di pronunciare quelle parole; arrossì violentemente quando Draco si voltò nella sua direzione e la guardò con un’intensità che la ragazza non aveva mai sperimentato prima.
Le parve di cadere nei suoi occhi grigio ghiaccio.
«Tu sei diversa» disse solamente, con il tono di chi stava chiudendo definitivamente la conversazione. 

*
«Per coloro che non lo sanno, questa sera si unisce a noi la signorina Charity Burbage, che fino a poco tempo fa insegnava alla Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts.»
Il Signore Oscuro passeggiava tra le fila dei suoi seguaci; Draco sedeva accanto a sua madre, a cui era concesso essere presente alla riunione anche se non aveva il Marchio per fare le veci del marito e come ringraziamento per aver offerto la sala da pranzo di Malfoy Manor come luogo in cui tenere quell’assemblea; Draco sospettava che fosse stata costretta.
«Era specializzata… in Babbanologia» continuò in tono derisorio, facendo levitare il corpo della professoressa sopra il tavolo in legno pregiato, mentre ritornava a capotavola per sedersi nuovamente.
«La signorina Burbage ritiene che i babbani non siano così diversi da noi. Farebbe sì, se fosse per lei… che ci accoppiassimo, con loro.»
Versi disgustati echeggiarono nella sala come reazione a quelle parole.
«Per lei il miscuglio di sangue dei Maghi e dei Babbani non è un abominio… Ma qualcosa da incoraggiare…»
Draco osservava paralizzato la professoressa che solo qualche giorno prima vedeva girare tranquillamente per i corridoi di Hogwarts; era stata torturata, da quanto si evinceva dalle sue condizioni fisiche e dal suo corpo martoriato. La vide volgere lo sguardo verso Piton.
«Severus, ti prego» mormorò supplicante, con le lacrime agli occhi. «Siamo amici…»
Piton non fece nulla; la guardò con un’espressione impassibile e restò in silenzio.
«Avada Kedavra!» urlò con odio il Signore Oscuro.
La Burbage ricadde sul tavolo con un tonfo.
Draco sobbalzò e deglutì, sforzandosi con tutto sé stesso di trattenere le lacrime che minacciavano pericolosamente di fuoriuscire.
«Nagini» proseguì il Signore Oscuro, chiamando a sé il suo grosso serpente. «La cena.»
Il serpente si scagliò sul corpo senza vita della professoressa.

«Draco!»
Hermione venne svegliata da un urlo agghiacciante proveniente dalla stanza in cui dormiva Draco; si buttò giù dal letto e corse immediatamente dal ragazzo.
Si stava agitando, del sangue fuoriusciva da almeno tre ferite sul suo petto; stava piangendo.
Cazzo.
«Draco, che succede?» chiese in preda al panico, fiondandosi verso il mobiletto e prendendo l’occorrente di cui aveva bisogno per aiutarlo.
«È il Marchio? Ti brucia?»
«No, Granger» disse lui mordendosi il labbro inferiore per non gemere di dolore. «Mi sono solo svegliato di soprassalto e queste stronze si sono riaperte.»
La ragazza imprecò, gettando alcuni oggetti sul pavimento.
«I guanti» strillò in preda al panico. «I guanti s-sono finiti!»
«Granger, chi se ne frega!» urlò Draco spazientito.
«Oh, al diavolo!»
Hermione gli fu accanto una frazione di secondo dopo. Rimosse le garze e disinfettò le ferite; estrasse la sua bacchetta e ripeté alcune formule che Piton e la Chips le avevano indicato per situazioni simili, anche se non si trattava dello stesso incantesimo che aveva usato il professore nel bagno; applicò con delicatezza il dittamo sui tagli e attese che la pelle cominciasse a rimarginarsi.
Sospirò di sollievo quando vide che aveva funzionato, poi però istintivamente si portò una mano al viso.
Oddio, pensò, mentre si portava le mani davanti agli occhi e scopriva che fossero rosse, zuppe del sangue di Draco.
Iniziò a tremare.
«Granger…»
Scappò nel bagno e cercò di ripulirsi, sfregando contro la pelle con le unghie, talmente forte da graffiarla, arrivando a un punto in cui non sapeva più se il rosso che vedeva era ancora il sangue di Draco o il suo. Lacrime copiose le rigavano il volto e le offuscavano la vista. Sentiva la voce di Malfoy chiamare il suo nome da lontano, chiederle se andasse tutto bene, ma le giunse come un suono ovattato alle orecchie.
Si guardò allo specchio e si rese conto con orrore di avere anche parte del volto intrisa del sangue del Serpeverde; cercò di lavarlo via, mentre singhiozzava ancora più forte.
Si poggiò con le spalle al muro e chiuse gli occhi, cercando di regolarizzare il respiro, di rallentare il battito accelerato del suo cuore; di fermare le lacrime.
Il contatto con la parete fredda la fece sentire meglio; rimise i polsi sotto l’acqua gelida e si sciacquò nuovamente la faccia.
Era la seconda volta che vedeva Draco Malfoy in una pozza del suo stesso sangue, ma era la prima in cui si era ritrovata sola a cercare di risolvere le cose. Non si era mai trovata in una situazione simile; non era mai stata così terrorizzata in vita sua.
Trasse dei respiri profondi e ritornò nella camera di Draco, portandosi dietro una bacinella piena d’acqua e un asciugamano.
«Granger, stai bene?» fece subito lui, in evidente stato di apprensione.
Aveva una bruttissima cera, la Granger. Sembrava sul punto di svenire.
Lei gli rivolse un mezzo sorriso, che aveva tutta l’aria di essere falso, e annuì freneticamente.
«Ero solo andata a prendere questi» affermò con scarsa convinzione. «Per ripulirti prima di rimettere le bende, anche se preferirei andare a chiamare la Chips.»
«Non puoi farlo tu?» domandò Draco in un sussurro.
Non gli andava davvero di farsi vedere dalla Chips in quello stato; la Granger ormai aveva visto tutto il peggio di lui, lei… con lei era un discorso diverso.
«Preferirei che ti controllasse le ferite lei» rispose la ragazza, passando l’asciugamano sul suo petto, le mani che le tremavano visibilmente. «Per essere sicuri che io abbia fatto tutto bene.»
Hermione tirò su col naso. «Ecco, ho finito. Torno subito, va bene?»
«Granger…» la chiamò il giovane, volendosi accertare ancora una volta che stesse bene, ma Hermione era già uscita dal Dormitorio, veloce come un fulmine.
 
La Chips le aveva detto di esser stata brava, ma si era comunque occupata lei di ultimare la medicazione di Draco e l’aveva rimandata a dormire con una fiala di pozione calmante.
Hermione aveva dormito fino a mezzogiorno; si svegliò in preda al panico, rendendosi conto che Draco era rimasto solo e inosservato per ore e si precipitò a controllare come stava.
«Tutto bene?» gli chiese, sporgendo la testa oltre la porta.
Draco si limitò ad annuire; poi proferì un timido «tu?» che non suonava affatto da Malfoy.
Lei lo guardò perplessa per qualche istante, poi annuì a sua volta.
«Piton ha portato il baule con le mie cose. Ufficialmente ha detto che lo avrebbe spedito a mia madre, ma ovviamente lo ha lasciato qui» la informò in tono neutro. «Lo ha lasciato all’ingresso, però.»
«Figurati se poteva fare una gentilezza a qualcuno» commentò aspra la ragazza, poi addolcì lo sguardo. «Te lo vado a prendere.»
«Almeno ti ha portato qualcosa da mangiare?» gli chiese con evidente dubbio; aveva dormito fino a tardi e Malfoy non poteva ancora alzarsi neanche dal letto.
Stava cucinando lei; dato che nessuno poteva sapere di Malfoy, Silente mandava la McGranitt o Piton con buste di viveri ogni due o tre giorni; non potevano rischiare che qualche elfo dalla bocca larga lo vedesse e si facesse sfuggire qualcosa.
A Hermione andava più che bene; non si era mai messa l’anima in pace sulla questione degli elfi e se poteva evitare di contribuire al loro sfruttamento per qualche giorno, ne era più che felice.
«Maledetto idiota» borbottò al diniego del giovane. «Vado prima a preparare il pranzo allora.»
 
«Stavi avendo un incubo?» domandò Hermione dopo un attimo di esitazione.
«No», mentì lui, ma non la convinse affatto, a giudicare dal cipiglio che aveva assunto.
La Grifondoro ormai sapeva bene che i Serpeverde erano bravi a giocare con le parole.
«Stavi sognando un… ricordo, allora?» riprovò una seconda volta.
Draco deglutì, ma annuì.
«Vuoi… parlarne?»
Il giovane assunse un’espressione indecifrabile nell’udire quella domanda.
Parlarne? Nessuno gli aveva mai chiesto qualcosa del genere, e lui non aveva mai parlato di quelle cose con nessuno.
Ma quella è la Granger, rammentò a sé stesso.
«Sai della Burbage, vero?»
Hermione fece un cenno di assenso con il capo. «Hanno dovuto sospendere il corso di Babbanologia perché… È scomparsa durante le vacanze di Natale.»
«Non è scomparsa, Granger» la informò cupamente lui. «L’ha uccisa lui.»
La Grifondoro si portò entrambe le mani sulle labbra, nel vano tentativo di coprire un singulto.
«Io ero lì» dichiarò lugubre Draco.
Hermione deglutì. Cosa avrebbe dovuto fare? Spingerlo a… sfogarsi? Lasciar cadere il discorso?
«Voleva che lo facessi tu?» chiese con voce tremante lei.
Il Serpeverde sbarrò gli occhi e scosse il capo.
Merlino, no!
Draco non voleva neanche pensarci, ma sapeva perfettamente che sarebbe potuto accadere e in tal caso non avrebbe avuto modo di prender tempo, avrebbe dovuto farlo all’istante. Non avrebbe potuto salvarsi. Non avrebbe più avuto scelta. Hermione non lo avrebbe più considerato come degno di una seconda possibilità, se avesse fatto una cosa del genere.
«È stata l’ultima riunione dei Mangiamorte a cui sono stato» raccontò deglutendo dopo ogni singola frase che pronunciava; aveva il terrore negli occhi, mentre ne parlava. «L’ha uccisa solo perché insegnava Babbanologia e credeva che… m-mischiare il sangue dei Maghi e quello dei Babbani fosse una cosa da incoraggiare.»
Draco si rifiutò di guardarla mentre diceva quella parte.
«L’ha uccisa sul tavolo della sala da pranzo di casa mia, Granger» disse con un filo di voce. «Lo stesso tavolo su cui ho pranzato ogni fottuto giorno della mia vita quando non ero a Hogwarts. E poi l’ha data in pasto al suo orrido serpente… Davanti a tutti.»
Hermione non riuscì a impedirsi di lanciare uno strillo di terrore.
«Draco…»
Il ragazzo si passò la mano sul volto.
«Uno dei miei incubi più ricorrenti.»
La vide sporgere una mano verso il suo braccio, ma esitare per qualche momento.
«Puoi toccarmi, Granger» le disse alzando gli occhi al cielo.
Temeva ancora che reagisse in malo modo? Seriamente? Quante volte si erano sfiorati ormai?
Non le era mai fregato nulla dei suoi insulti, perché improvvisamente si comportava come se le importasse quello che poteva dirle, comunque?
Lei arrossì leggermente, ma non portò ugualmente a termine il gesto che aveva iniziato spontaneamente; al contrario, si sfregò le mani lungo le sue stesse braccia.
L’aveva messa in imbarazzo.
E questa è una prima volta, pensò con sarcasmo il biondino.
«Mi dispiace, Draco» mormorò dopo qualche minuto di silenzio.
«Che tu abbia dovuto assistere a questo genere di cose. È orribile.»
«Perché ti dispiace per qualcosa in cui tu non hai avuto alcun ruolo?» le chiese. «Lo dici spesso.»
«Non è come chiedere scusa, Draco. È solo che…» fece una pausa, cercando le parole adatte per esprimersi. «Nessuno dovrebbe vedere qualcosa del genere. Nessuno dovrebbe fare qualcosa del genere.»
«Non pensavo che…» mormorò esitante lui. «Mio padre me ne parlava come qualcosa di cui andar fieri, dell’essere un Mangiamorte…»
Gli occhi di Hermione saettarono nei suoi, ma quelli grigi di Draco erano fissi nel vuoto, come se stesse guardando qualcosa in lontananza.
«Non mi sarei mai aspettato questo. Non c’è alcun onore in quello che fanno, solo… Crudeltà.»
La Grifondoro si alzò dalla poltrona accanto al letto di Draco e… gli prese la mano.
«Tutti fanno degli errori, Draco» mormorò con convinzione. «L’importante è riuscire a riconoscerli e cercare di rimediare.»
Il ragazzo tornò a guardarla; gli stava sorridendo con dolcezza.
Non gli aveva mai sorriso con dolcezza prima.
Poi si diresse verso la porta.
«Granger» attirò la sua attenzione prima che uscisse; lei si voltò di nuovo a guardarlo e restò in attesa.
«Piton era lì.»

 

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Capitolo 34
*** CAPITOLO 29 ***


CAPITOLO 29








Draco aveva avuto il permesso di alzarsi dal letto il giorno di Pasqua. Hermione si era resa conto solo dopo pranzo che fosse il giorno della ricorrenza e si era precipitata fuori dal Dormitorio Segreto, dicendogli che sarebbe tornata di lì a poco.
Si era ripresentata con tre grosse… uova di cioccolata.
«Me le hanno mandate i miei» gli aveva spiegato con evidente entusiasmo.
«In teoria le altre due sono per Harry e Ron» precisò. «Ma Ron quest’anno non se la merita e Harry ti deve più di un uovo di Pasqua, per cui direi che se le mangiamo noi non c’è alcun problema.»
Draco sogghignò.
«Non fa una piega, Granger.»
 
Le vacanze passarono troppo in fretta, a detta di Draco.
Non aveva mai avuto modo di trascorrerle in tranquillità, senza dover fare qualcosa; suo padre lo faceva esercitare nelle Arti Oscure, quando non era a scuola. E dopo il ritorno del Signore Oscuro, le festività erano divenute sinonimo di incubo, per lui.
La Granger era una piacevole compagnia e Draco non avrebbe mai creduto di poter pensare qualcosa del genere; non all’idea di averla attorno ventiquattr’ore su ventiquattro.
Ma avevano un loro equilibrio; principalmente, leggevano. Se avevano già letto un libro, si scambiavano opinioni a riguardo. Avevano persino studiacchiato un po’, in vista degli esami che si avvicinavano.
«Sembra stupido, vero?» gli aveva chiesto un giorno. «Preoccuparsi degli esami quando lì fuori c’è la guerra.»
Lui l’aveva guardata senza dire niente per un po’, poi le aveva detto «Forse è proprio per quello che non è stupido.»
Hermione gli aveva rivolto uno sguardo interrogativo, chiedendogli silenziosamente di spiegarsi.
«Se ti preoccupi degli esami, vuol dire che sei ancora in grado di vedere un possibile futuro.»
Tienilo tu... Me lo ridarai quando uscirò dal Labirinto, va bene?
Lei si era incupita leggermente e gli aveva risposto solo «Io non ci penso mai al futuro, Draco.»
E il tono con cui glielo aveva detto gli aveva fatto capire che non desiderava sentirsi porre ulteriori domande.
 
Aveva portato le poche cose che si era trascinata al Dormitorio Segreto indietro, nel suo dormitorio alla Torre di Grifondoro.
Gli studenti erano tornati a scuola quella mattina e Draco era ormai tornato autonomo.
«La Chips ha detto di mettere questo unguento sulle cicatrici tre volte al giorno» lo aveva informato, porgendogli uno scatolino rotondo. «Crede che potrebbe farne sparire qualcuna in più, se applicato regolarmente.»
Il biondo aveva annuito.
«Volevo anche darti questi» disse mordendosi il labbro e porgendogli due monete.
Draco si accigliò.
«Perché dai dei soldi a me, Granger?»
Hermione roteò gli occhi.
«Sono incantati, Malfoy» gli spiegò con ovvietà. «Con il galeone contatti me, ho una moneta comunicante. Con la falce, puoi contattare Piton. In caso dovessi averne bisogno…»
Il Serpeverde la fissò incredulo.
«Non potevi tirarle fuori prima
Invece di costringermi a continuare a chiamarti Sanguemarcio e insultarti pubblicamente? Terminò nella sua mente, ma non lo proferì a voce alta. Sperava che fosse implicito.
Hermione si morse il labbro.
«Volevo evitare di usarle» sussurrò con una punta di rimorso nel tono di voce. «Mi ricordano di Marietta Edgecombe.»
Non specificò cosa intendesse dire, sapeva che Draco fosse già a conoscenza di quello che le aveva fatto.
Il Serpeverde fece per dirle qualcosa, ma lei non gliene diede il tempo perché riprese a parlare.
«Ma ora sei completamente tagliato fuori dal mondo esterno e in caso di necessità dobbiamo aver modo di comunicare. Questo è il più rapido e il più sicuro.»
Draco mise una mano sotto il mento e si passò un dito sulle labbra; Hermione notò che lo faceva spesso, quando ragionava sulle cose.
«Come funziona?»
Oh. Non ci avevo pensato, maledizione! Imprecò la ragazza tra sé e sé.
Hermione arrossì e farfugliò qualcosa di indistinto e di cui Draco non comprese neanche mezza parola.
«Ti sei morsa la lingua, Granger?»
La Grifondoro deglutì.
«Se hai bisogno di vedermi lo colpisci con la bacchetta» rispose con un filo di voce, in evidente disagio. «E cambi il numero di serie, ma a noi non interessa, quello serviva per l’ES, sai era la data e l’ora dell’incontro… Usa numeri a caso e io arrivo ok?»
Sembrava aver fretta di andarsene.
«Padroneggiavi l’Incanto Proteus già lo scorso anno» commentò con ammirazione Draco, poi però corrugò la fronte.
«Ma come fai ad accorgerti che ti sto cercando di chiamare, Granger?»
«Te l’ho detto, il numero di serie cambia…»
«Sì, ma non puoi stare con un galeone falso spiaccicato in faccia per tutto il giorno, no? Come te ne accorgi?»
Draco era curioso; stava finalmente capendo come comunicavano l’anno prima i membri dell’ES.
Hermione deglutì, sapeva che lo avrebbe capito.
«Perché ti avvisa…»
«Come?» indagò ancora il biondo.
«Si riscalda, Draco. Lo… senti» cedette alla fine, arrossendo ancora di più.
Il biondo la guardò sbattendo le palpebre per qualche secondo; stava facendo due più due…
«Granger. Hai inventato questa roba sulla base del funzionamento del Marchio Nero?»
Lei annuì.
Draco aprì la bocca e la richiuse senza dire niente.
«Io… devo andare.»
Hermione si diresse a grosse falcate verso la porta, ma prima che potesse uscire sentì la mano di Malfoy chiudersi attorno al suo braccio e voltarla con decisione nella sua direzione.
«Granger, per favore, sta’ attenta» le disse a mo’ di raccomandazione.
Lei lo guardò confusa.
«Nott» precisò lui. «Io sono fuori dai giochi ora.»
 
«Mione!»
Ginny le corse incontro entusiasta e la strinse in un caloroso abbraccio.
«Ci sei mancata!»
Harry rimase un passo indietro, giocando con i capelli sul retro del capo, in evidente imbarazzo.
Era ancora arrabbiata con lui?
«Mmh, ciao Mione…»
Hermione scosse il capo e corse a stringere anche lui; la verità era che non riusciva mai a restare arrabbiata con Harry per troppo tempo; era come un fratello per lei e, se capitava che litigassero e non parlassero per giorni, lei ne sentiva troppo la mancanza.
E poi Draco le aveva detto che era andato a trovarlo in infermeria e che si era… scusato per quello che aveva fatto.
«Harry! Passato buone vacanze?»
Il moro la guardò sorpreso, ma le sorrise e annuì.
«Tutto ok con… Lui
La ragazza fece un cenno d’assenso con la testa.
«Cos’hai detto a Ron?»
«Niente. Penserebbe che l’ho ucciso io» rispose a disagio il giovane. «Ma lo sai che dovremo parlargliene, alla fine, vero? L’Ordine stava pensando a un piano per l’estate ed è probabile che M… Ehm, lui debba restare con noi per un po’ prima di poter essere spostato in un Rifugio Sicuro.»
Hermione diventò leggermente pallida. Sapeva che avrebbero dovuto dire a Ron di Malfoy, a un certo punto, ma l’idea di quei due insieme sotto lo stesso tetto la rendeva irrequieta. Per quanto Draco potesse essere diverso e per quanto fosse convinta che avrebbe potuto trovare un punto di incontro con Harry, il suo astio con Ron aveva radici ben più profonde e il temperamento e l’impulsività di quest’ultimo di certo non sarebbero state di alcun aiuto al quieto vivere.
«Gli racconteremo tutto a tempo debito. A proposito, dov’è? Vorrei salutarlo…»
Harry arrossì e sbuffò. «Lavanda lo ha già sequestrato.»
Hermione fece roteare gli occhi al cielo. «È una sanguisuga!»
 
Non riusciva a dormire.
Hermione fissava il soffitto in silenzio, chiedendosi come Draco avesse affrontato il primo giorno da solo al Dormitorio; aveva capito che non avesse chissà quali legami con gli altri Serpeverde, ma almeno erano qualcuno con cui scambiare due parole. Sarebbe dovuta passare a controllare prima di andarsene a dormire?
No, decretò. Draco ha il galeone; se avesse voluto, avrebbe potuto chiamare.
Le lezioni sarebbero ricominciate il giorno seguente.
Non vedeva l’ora! Studiare era, a quel punto, una distrazione ben gradita.
I suoi pensieri deviarono rotta, soffermandosi su quanto aveva appreso della Burbage.
Non è scomparsa… l’ha uccisa lui.
Un senso di tristezza le attanagliò lo stomaco; aveva seguito Babbanologia il terzo anno, perché reputava interessante capire come i Maghi vedessero i Babbani, ma alla fine lo aveva abbandonato per favorire qualche altro corso che, viste le sue origini, avrebbe potuto tornarle più utile di quello.
La Burbage era sempre stata gentile però, ed era un’ottima insegnante.
Perché Voldemort l’aveva uccisa? Non c’erano di certo Serpeverde a quel corso e se non era riuscito a portare dalla sua le altre famiglie Purosangue durante la Prima Guerra, Hermione dubitava che ci sarebbe riuscito ora.
Perché uccidere la professoressa, se per lui non rappresentava alcun pericolo?
Era solo una docente che insegnava la sua materia con dedizione e passione… lo vedeva come un fargli campagna contro?
No, è solo che è quello che lui e i suoi simili fanno. Uccidono la gente. Innocenti, chiunque non la pensi come loro. Chiunque credano inferiore a loro.
La sua mente, a quella deduzione, tornò a concentrarsi su Malfoy.
Hermione aveva qualche difficoltà a capirlo, ora; c’erano momenti in cui sembrava il Draco di sempre, con tanto di ghigno stampato in faccia, e momenti in cui sembrava una persona completamente diversa con cui non sapeva bene ancora come relazionarsi, quanto potesse spingersi a chiedere o dire. Si soffermò a riflettere sul fatto che non le avesse rivolto neanche mezzo insulto durante la sua permanenza al Dormitorio Segreto, nessuna frecciatina sul suo status di sangue e neanche un’obiezione al fatto che la Chips le aveva chiesto di occuparsi delle sue ferite.
Poi, una consapevolezza la colpì all’improvviso.
Da quanto tempo Draco non la insultava?
Al di là delle volte in cui dovevano organizzarsi per incontrarsi al Dormitorio, Hermione non riusciva a ricordare quando fosse stata l’ultima volta che i due si erano ritrovati da soli e la parola Sanguemarcio avesse lasciato le labbra del biondino.
Si morse il labbro inferiore.
Che Draco avesse superato i suoi pregiudizi sul sangue?
Sicuramente, si erano indeboliti o forse, anche se non lo aveva reso esplicito, smettere di insultarla era il suo modo di ringraziarla per avergli offerto una via d’uscita dall’incubo che, in base a quanto le aveva raccontato, Hermione immaginava essere diventata la sua vita dopo il ritorno di Voldemort.
Restava sempre il discorso del suo categorico rifiuto quando si era offerta di donargli il suo sangue; forse, pensava la Grifondoro, Draco stava iniziando a capire che i Nati Babbani non fossero poi diversi dai Purosangue, che non fossero maghi di seconda categoria o in qualche modo inferiori, ma comunque non era disposto a mischiare il suo sangue con il loro. D’altronde, quando le aveva detto della Burbage e dei motivi con i quali Voldemort aveva giustificato la sua uccisione, non l’aveva neanche guardata in faccia.
Una persona non poteva cambiare a tal punto, considerò la ragazza, e il cambiamento che aveva mostrato Malfoy era già più di quello che lei si sarebbe mai aspettata.
Decise che se lo sarebbe fatto bastare.

*
Era stata una notte infernale e i ragazzi non vedevano l’ora di tornare a casa.
Cedric l’aveva tirata per un braccio e si erano appartati dietro un albero.
«Stai bene?» le chiese con un fil di voce.
Hermione annuì e lui l’abbracciò con fervore.
«Ero preoccupato per te. Temevo…»
«Sto bene, Ced. Siamo scappati subito» lo rassicurò lei, guardandosi intorno per assicurarsi che non li stesse vedendo nessuno.
«Non capisco quale sarebbe il problema se i tuoi amici scoprissero di noi» mormorò il ragazzo, lievemente accigliato. «Non sarebbe comunque il momento di dirglielo?»
La ragazza si morse un labbro; il suo sguardo ricadde su un punto del cielo in lontananza, ove solo qualche ora prima si stagliava ancora il grande teschio del Marchio Nero. Quell’attacco aveva risvegliato qualcosa in lei; sapeva di Voldemort e dell’eventualità che potesse in qualche modo tornare, lo sapeva fin dall’inizio vista la sua amicizia stretta con Harry, e sapeva che in quanto Nata Babbana rientrava nella categoria a cui i Mangiamorte avevano dichiarato guerra, ma non si era mai fermata a riflettere veramente su come sarebbe stato vivere la discriminazione in quel modo. Se gli insulti di Draco Malfoy l’avevano punta e ferita a volte, anche se non lo aveva lasciato trapelare a nessuno, quello era decisamente peggio. I Mangiamorte non le avrebbero urlato Sanguemarcio e intimato di star lontana da loro; l’avrebbero uccisa, forse persino torturata prima. E chiunque fosse correlato a lei avrebbe rischiato il medesimo trattamento, anche se Purosangue. Soprattutto se Purosangue.
Traditori del proprio sangue, li chiamavano.
Tutto stava assumendo una nuova sfaccettatura, nella sua testa; avrebbe dovuto venire a patti con le sue origini in una maniera del tutto diversa da quella che aveva dovuto affrontare negli anni precedenti.
Hermione, però, aveva una sola certezza, in tutta quella situazione: non poteva mettere in pericolo Cedric.
«Non sono ancora pronta, Ced.»
 

Hermione si svegliò di pessimo umore quando era appena l’alba; aveva dormito sì e no un paio d’ore, ma non aveva senso che provasse a riaddormentarsi, considerando che avrebbe dovuto risvegliarsi un’ora dopo. Facendolo, avrebbe solo ottenuto di sentirsi ancora più stanca di quanto non avrebbe fatto alzandosi subito.
Si era sistemata ed era scesa in Sala Comune, dove era sprofondata in una poltrona con un libro in mano.
Si sorprese nel vedere Ginny Weasley rientrare dal Ritratto proprio in quel momento.
«Gin?»
«Ero con BZ» si giustificò lei. «Ci siamo visti all’alba, non possiamo rischiare di essere notati.»
Hermione si mise a sedere e rizzò le orecchie.
«Cos’è successo?»
«Nott ha preso il Marchio» le raccontò la rossa, la voce quasi un sussurro impercettibile. «Gli ha affidato la missione di uccidere Silente. Blaise deve finire di riparare l’Armadio Svanitore, ma non gli ha concesso di prendere il Marchio.»
Hermione corrugò la fronte e Ginny scrollò le spalle.
«A quanto pare era una punizione per la neutralità della sua famiglia fino a quel momento.»
«Scommetto che ci è rimasto male» fece ironicamente l’altra.
Ginny rise.
«Ha detto che gli si è spezzato il cuore. Non solo non è più accetto al Lumaclub dopo il matrimonio della madre con Nott Senior, ma non ha neanche avuto il tatuaggio come premio di consolazione.»
Anche l’altra ragazza prese a ridacchiare. Poi, però, la rossa tornò seria e lei fece altrettanto.
«Ha detto che Piton lo sta aiutando.»
Hermione iniziò a mordicchiarsi l’interno del labbro inferiore.
Piton era un bell’enigma nello schema mentale delle cose che si era fatta; più veniva a conoscenza delle sue azioni, meno riusciva ad inquadrarlo e collocarlo sul quadro generale dei fatti.
«Gin, hai detto a Harry di Blaise?»
«Se pazza? Si arrabbierebbe un mondo se sapesse che ho accettato di diventare il suo Contatto» si accigliò Ginny.
«Parlavo di quello che c’è stato tra di voi…»
«Oh. Sa il peccato, ma non il peccatore» mormorò mesta lei. «Non sapevo come dirglielo e non potevo rischiare che perdesse la testa e lo affrontasse in qualche modo. Potrebbe far saltare la copertura di Blaise.»
Hermione annuì.
«Mione, per favore, non dirglielo!»
«No, ma quando BZ non sarà più in pericolo, Gin, dovrai farlo. Non è mai un bene avere segreti in una coppia» le consigliò lei.
Ginny annuì. «Lo farò.»
 
Draco non aveva ancora usato il galeone, ma Hermione aveva comunque deciso di recarsi al Dormitorio. Aveva creduto che l’avrebbe chiamata almeno in corrispondenza dei pasti, chiedendole di cucinare e borbottando qualcosa tipo ‘non credevi mica che lo avrei fatto io, questa è roba da elfi’; il che avrebbe portato all’ennesima litigata colossale tra i due.
Ma Draco non aveva chiamato; forse Piton gli aveva fatto avere del cibo.
«Draco?»
Lo trovò seduto al tavolo intento a mangiare.
«Granger?»
«Oh, non volevo disturbarti» asserì spiazzata la ragazza. «Ero solo venuta a portarti gli appunti delle lezioni di questa mattina, così avrai qualcosa da fare nel pomeriggio.»
Il biondino alzò gli occhi al cielo.
«Ne vuoi un po’?» le domandò. «Non credo di aver sbagliato qualcosa.»
Hermione lo fissò sbattendo le palpebre, completamente disorientata dalle implicazioni di quel commento.
Eh?
«T-tu hai… cucinato? Da solo
Malfoy sbuffò. «Non sono stupido, sai? E le mani mi funzionano.»
«S-sì ma… Non credevo tu sapessi…» provò ad obiettare lei, ancora molto sorpresa da quello che aveva appena scoperto.
«Non lo sapevo fare, ma ti ho osservata durante le vacanze e non sembrava così difficile, così ci ho provato» spiegò in tono scocciato lui. «Allora, vuoi assaggiare o no?»
«Stai cercando di avvelenarmi?» gli domandò con finto sospetto nel tono della voce, ma Draco impallidì ugualmente a quelle parole.
«Era una battuta. Dammi qua» si affrettò ad aggiungere lei, avvicinandosi al giovane.
Draco le passò un piatto e la osservò portarsi una forchettata alla bocca.
«È… buono» ammise Hermione sbigottita.
Il Serpeverde scoppiò a ridere, incapace di trattenersi oltre.
«Perché viene dalle cucine. Sei proprio ingenua a volte, Granger!»
La Grifondoro sbuffò dal naso, indispettita.
«Ti devi essere annoiato proprio tanto questa mattina…»
«Andiamo, non credevi davvero che avessi cucinato io, vero?» insisté lui sempre più divertito.
«Beh, pensavo che gli elfi non potessero venire qui» commentò acida la ragazza.
«Infatti, ma il cibo appare e scompare per magia, Granger» rispose con ovvietà il biondino. «Non devono entrare nel dormitorio per recapitarlo.»
«E perché ho dovuto cucinare io per tutte le vacanze?» domandò Hermione con aria sempre più irritata.
«Ho detto a Silente che volevi farlo» rivelò con nonchalance Draco. «Proprio per vedere quell’espressione sulla tua faccia una volta che te lo avrei detto.»
La giovane aprì e richiuse la bocca un paio di volte, poi si portò le braccia al petto.
«Sei un idiota, Malfoy!»
Draco scoppiò a ridere.
 
«È successo di nuovo?» domandò Hermione, lanciandogli un’occhiata apprensiva.
Gli aveva portato gli appunti delle lezioni e da quando aveva messo piede nel Dormitorio Segreto, Draco si era portato più volte la mano al braccio sinistro, come per massaggiarlo e lenire il dolore; lo faceva spesso dopo che il Marchio bruciava e l’arto restava indolenzito.
Il Serpeverde annuì, tornando a guardare il materiale che la ragazza gli aveva appena consegnato come se non fosse nulla.
«Perché non mi hai chiamata?»
Il giovane sbuffò. «Sto bene, Granger. Non posso chiamarti ogni volta che questo coso brucia» asserì con finta aria scocciata. «Faresti prima a trasferirti qui, in quel caso.»
Draco pensò che se avesse voluto farlo davvero, a lui sarebbe andato più che bene, ma non lo disse.
Si annoiava a morte lì da solo; se la Granger fosse stata lì come durante le vacanze, avrebbe almeno potuto dare fastidio a lei, il che avrebbe reso l’isolamento leggermente più tollerabile.
La ragazza sospirò e fece per andarsene, ma Draco la richiamò, chiedendole se potesse procurargli un libro dalla biblioteca.
Hermione, però, arrossì. «L’ho preso io, serviva anche a me» rispose mordicchiandosi l’interno della guancia. «Prometto di sbrigarmi a finire.»
«Oppure, puoi fermarti qui a studiare e lo possiamo usare insieme. Che te ne pare, Granger?»
La Grifondoro lo osservò con una certa perplessità nello sguardo.
«A meno che tu non debba fare i compiti anche per Potter e Weasel…»
«Non gli faccio i compiti» lo contraddisse con aria indignata. «Non lo farei mai!»
Poi fece scivolare dalla sua spalla la cartella e la poggiò a una gamba del tavolo, prendendo posto accanto al Serpeverde e posando al centro del tavolo un grosso tomo di Incantesimi.
«Non avevo dubbi, Granger» commentò con un mezzo ghigno Malfoy.
 
«Quante monete dell’ES ci sono ancora in giro?» chiese Draco durante una pausa dallo studio, mentre sorseggiava una tazza di the.
«Vi vedete ancora?»
Hermione scosse il capo. «Non ne abbiamo più motivo, lo scopo dell’ES era di rimediare all’orribile programma di Difesa del rospo.»
Il Serpeverde alzò un sopracciglio. «Il rospo sarebbe la Umbridge?»
La Grifondoro annuì. «Non tutti eravamo nel suo fanclub, Malfoy» aggiunse sprezzante lei, «anzi, il più di noi la odiava.»
«Non stava simpatica neanche a me» ammise lui, «la sua voce mi dava ai nervi e tutto quel rosa mi tormenta ancora.»
Draco rabbrividì al ricordo, ma voltò immediatamente lo sguardo sulla ragazza: stava ridendo.
Per la prima volta, Hermione Granger stava ridendo per qualcosa che Draco Malfoy le aveva detto e non era per prenderlo in giro.
Draco si ritrovò a pensare che avrebbe dovuto farla ridere più spesso.
«Perché diavolo sei entrato nella Squadra d’Inquisizione se non la sopportavi? Oltre ad avere la possibilità di bullizzare la gente in maniera legale, ovviamente» domandò lei con una punta di rancore nel tono di voce che il Serpeverde decise di ignorare.
«Credevo che Crabbe e Goyle sospettassero di me» confessò cupo, «non mi tenevano d’occhio per il motivo che pensi tu, Granger.»
La Grifondoro corrugò la fronte.
«Mi spiavano per conto di mio padre prima, dei loro genitori dopo» precisò Draco. «Credo sospettassero che stessi vacillando sulle mie convinzioni.»
Hermione lo guardò con un cipiglio ancora più confuso.
«Te l’ho detto, Granger. Non ho iniziato a farmi domande solo quest’anno» ripeté il ragazzo irritato.
Le veniva così difficile accettare la possibilità che non avesse fatto tutto quello che ha fatto perché lo voleva, ma perché doveva mantenere una facciata?
Hermione fece una smorfia.
«Io non affiderei quel compito a Crabbe e Goyle» affermò decisa. «Sarebbero fin troppo facili da ingannare o depistare.»
«Infatti, Granger» concordò lui. «Infatti. Bastava che ti dicessi due parole e abbassavano la guardia per mesi.»
«Scusa» commentò sarcasticamente Hermione. «Se lo avessi saputo, ti avrei dato più occasioni di insultarmi.»
Draco le sorrise. «Scuse accettate, Granger.»
La Grifondoro gli tirò uno schiaffo sul braccio destro.
«Ahia!» esclamò lui accigliato. «Sei violenta, Granger. Te l’hanno mai detto?»
«E tu sei un idiota, Malfoy. A te questo lo hanno mai detto?» ribatté piccata lei.
«Sì, tu. Almeno un centinaio di volte all’anno.» 
«Forse avrei dovuto insistere un po’ di più» constatò la Grifondoro, ma sorrideva mentre lo diceva. «Sembra che tu non abbia recepito il messaggio.»
«O magari, non condivido la tua opinione sulla mia persona, Granger» replicò il ragazzo.
Hermione alzò gli occhi al cielo.
«Oddio, è tardissimo» affermò lanciando un rapido sguardo all’orologio sul camino. «Devo scappare!»
Si affrettò a raccogliere le sue cose. «Questo te lo lascio qui? Possiamo finire domani o se devi continuare a studiare lo passo a prendere dopo le lezioni.»
Draco non voleva che andasse via, ma soprattutto desiderava che avesse una scusa per tornare… e restare lì con lui. Se avesse dovuto stare da solo in quelle quattro mura tutto il giorno, ogni giorno, sarebbe impazzito di lì a poco.
«Lo finiamo domani» rispose deciso. «Devi vederti con McLaggen?»
«Ho una cena di bentornato al Lumaclub» spiegò sbrigativa. «Non mi ha chiesto di andarci insieme questa volta, ma sarà sicuramente lì.»
Il Serpeverde le rivolse un’occhiata inquisitoria e lei scrollò le spalle.
«Credo che sia rimasto male perché mi ha invitata ad andare a Hogsmeade con lui e non gli ho mai risposto.»
Draco dovette reprimere un sorriso. «Che orrendo modo di declinare l’invito ad un appuntamento, Granger.»
«Eh? Appuntamento? Cormac ed io non facciamo quelle cose» affermò in tono fermo lei.
«Certo, Granger» commentò sarcastico lui. «Magari tu non vuoi, ma lui vorrebbe. Ci hai pensato?»
«Draco Malfoy che dispensa consigli sulle relazioni? Non eri tu quello dei matrimoni combinati a contratto?» ribatté Hermione in tono asciutto.
Draco scrollò le spalle. «Sono un buon osservatore, Granger. La Piovra ha un debole per te.»
«Non è così, Malfoy» lo contraddisse decisa. «Sono stata chiara con lui fin dall’inizio e il punto di tutta la storia era proprio il fatto che con lui fosse… facile. Che non mi avrebbe mai chiesto… qualcosa di più.»
Il Serpeverde assottigliò gli occhi. «Qual è il tuo problema con le relazioni sentimentali, Granger? Credevo che voi Grifondioti foste dei grandi romantici e tutte quelle cose vomitevoli.»
«Non ho un problema con le relazioni sentimentali» rispose accigliata la ragazza. «Ma ho già dato e non è andata a finire bene. Ho avuto la mia occasione.»
«Hermione Granger rinuncia all’amore perché una volta ha avuto il cuore spezzato?» chiese con fare drammatico il biondino.
Si aspettava qualche risposta tagliente da parte della ragazza, ma la vide solamente deglutire.
Non era un semplice cuore spezzato il suo; il ragazzo di cui era innamorata era morto, non si erano lasciati. Glielo avevano portato via. E davvero non riusciva a credere che qualcun'altro potesse essere in grado di farle provare le stesse emozioni che le provocava lui, farla sentire in quel modo speciale. Ma non gliene avrebbe parlato, non a Malfoy.
«Non che tu potresti capire, Malfoy» disse gelidamente Hermione, poi si rimise la cartellina in spalla e si congedò con un freddo cenno del capo.

 

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Capitolo 35
*** CAPITOLO 30 ***


CAPITOLO 30










Non che tu potresti capire, Malfoy.
Gli aveva fatto male, sentire quelle parole. Non che non fossero vere, Draco ne era perfettamente consapevole e anzi, forse lo avevano ferito proprio perché contenevano un’alta dose di verità. Lui non aveva mai amato e non era mai stato amato, come poteva parlare di cuori spezzati o di quel che voleva dire averne uno?  
Avrebbe dovuto ingoiare quella stupida battuta e starsene zitto, per una volta nella sua vita.
Cosa stava cercando di fare? Convincere la Granger che non avrebbe dovuto rinunciare alla possibilità di innamorarsi quando lui stesso non vedeva alcuna speranza nella sua vita? E perché mai poi? Perché avrebbe dovuto importargli di quello che la Grifondoro pensava o meno di poter avere nel suo futuro? Perché avrebbe dovuto importargli che non chiudesse il suo cuore all’amore? Cosa gli fregava dell’amore in generale?
Bleah, anche questa è colpa tua, vero, dannata coscienza?
Però Draco si sentiva molto strano al riguardo, all’idea che la Granger non volesse innamorarsi mai più… Forse, si disse, era perché nonostante tutto lui sperava di poter avere qualcosa di… vero, nella sua vita; magari non di freddo e calcolato, ma di caldo e rassicurante, qualcosa che gli facesse sentire quelle sensazioni nuove che la Granger, suo malgrado, gli aveva fatto provare standogli accanto in quei mesi. E se lei pensava di non avere speranze… Cosa gli faceva credere che avrebbe potuto averne una lui?
Ma tu non ne hai una, stupido. Dove la trovi una Purosangue che si innamori di una persona e non dei suoi caveaux alla Gringott? Dove la trovi una Purosangue che si prenderebbe la briga di conoscerti sul serio? Che non sarebbe fredda e composta e distaccata? Dove la trovi una Purosangue che si innamori e basta?
Draco sbuffò e relegò quei pensieri in un angolino della sua mente.
Andò a farsi una doccia fredda, pensando che forse la Granger lo aveva contagiato con il suo Grifondiotismo e che doveva correre ai ripari prima di impazzire completamente.
 
«Granger, la lezione sul Patronus è uno scherzo?» domandò Draco con un’espressione a metà tra il corrucciato e l’indignato.
«No, Malfoy» rispose lei sedendosi su uno dei divani della Sala Comune del Dormitorio Segreto.
«Ma non viene mai insegnato a Hogwarts! Sai, per il fatto che molti preferiscono tenere la forma segreta e altri non hanno ricordi abbastanza felici per evocarlo» protestò il giovane, sedendosi di fronte a lei.
«Prenditela con Piton. Voleva sicuramente la scusa per toglierci punti. Ha detto testuali parole: “voglio proprio vedere come se la caverà Paciock con questo”.»
Un ghigno comparve sul volto di Draco nel sentire l’ultima trovata del Capo della Casa di Serpeverde, sghignazzo a cui Hermione rispose mettendo su un cipiglio di rimprovero.
«Immagina la sua faccia quando ha scoperto che tutti noi Grifondoro sapevamo già produrre un Patronus. Neville incluso» affermò con gioia lei.
Draco sgranò gli occhi, sorpreso. «Paciock sa produrre un Patronus?»
Hermione annuì. «Harry ha insegnato a noi dell'ES come eseguire l'incanto, l'anno scorso.»
Una smorfia di fastidio comparve sul volto del biondo.
«Puoi dormire sonni tranquilli, comunque. Quando Neville se l'è lasciato sfuggire, Piton ha tolto cinquanta punti a Harry per essere stato così arrogante da credere di avere le competenze per insegnare un Incantesimo di quel livello.»
Draco scoppiò a ridere e Hermione batté un piede per terra, indignata.
«Non c'è nulla da ridere, Malfoy» obiettò irritata la ragazza. «Sono anni che ci toglie punti senza motivo, l'idiota!»
Malfoy in cuor suo sapeva che il trattamento riservato ai Grifondoro da Piton non era affatto corretto, ma lo trovava comunque esilarante.
«Il tuo che forma ha?» chiese Hermione, un po' per cambiare discorso ed evitare un litigio standard Grifondoro-Serpeverde, un po' perché era decisamente curiosa. Ma poi vide un'ombra comparire sul viso del Serpeverde che distolse rapidamente lo sguardo da lei.
«Non sono affari tuoi, Granger.»
La Grifondoro assottigliò gli occhi. «Non ci sei ancora riuscito» dedusse continuando a studiarlo attentamente con lo sguardo.
«È solo che non ti interessa, dannata ficcanaso» sbottò lui, lasciandosi ricadere il capo sulla spalliera del divano.
Hermione alzò un sopracciglio e rimase a guardarlo con le braccia conserte, rivolgendogli il mezzo sorriso di chi la sapeva lunga.
Draco sbuffò. «E va bene! No, non ci sono ancora riuscito.»
Il tono del ragazzo era talmente tanto irritato che Hermione non se la sentì di prenderlo in giro; aveva dato per scontato che l’unica persona che poteva reputare un degno rivale sul piano accademico fosse in grado di produrre un Patronus, ma, vista la natura dell’incanto, si rese conto che avrebbe dovuto essere più cauta sull’argomento. Voleva, però, per qualche assurda ragione, aiutarlo. Ma non poteva offrire il suo aiuto in una questione del genere a Draco Malfoy, l'avrebbe cacciata dalla stanza senza nemmeno farle finire la frase.
«A cosa pensi, quando lo evochi? Se posso chiedere…»
Il Serpeverde le rivolse un'occhiataccia; poi spostò lo sguardo soffitto e mormorò: «La mia prima volta su una scopa.»
Hermione dovette mordersi la lingua per non ridere, ma Draco notò comunque l'espressione divertita che il volto della Granger aveva assunto.
«Ti fa ridere, Granger? Che il mio ricordo più felice sia la prima volta che sono salito su una scopa?» le domandò acido.
Hermione tornò seria un secondo dopo. Era molto triste, veramente, ma non era una cosa da dire a Draco Malfoy.
«No, è solo che è curioso…»
«Curioso? Cosa c'è di così curioso?», chiese ancora lui, questa volta lasciando trasparire un po' di perplessità.
«Harry ha usato lo stesso ricordo quando ha provato ad evocare un Patronus per la prima volta», spiegò Hermione.
«Granger, se con questo stai supponendo che Potter ed io siamo in qualche modo simili, giuro che…» iniziò il ragazzo, con fare indignato, ma la giovane lo interruppe.
«Non sto insinuando assolutamente questo» disse accigliandosi lei. «È solo che per certi versi tu e Harry avete molto in comune. Differenti contesti, ma non si può negare che ci siano delle... analogie, ecco.»
Una smorfia di disgusto apparve sul viso di Draco.
«Oh, smettila, Malfoy!», sbottò lei, roteando gli occhi. «Avete delle cose in comune, punto. Non sono l’unica ad averle notate, sospetto che anche Silente…»
Ma lui la interruppe bruscamente.
«Cos’è che avrei in comune con Potter, sentiamo!»
Hermione sospirò esasperata. «Innanzitutto, siete entrambi due cocciute teste calde con un piccolo problemino di arroganza» asserì con una punta di divertimento nel tono della voce, che però poi si fece immediatamente seria. «E nessuno di voi due ha potuto scegliere se essere coinvolto o meno in questa guerra. Non è che siano andati da Harry e gli abbiano chiesto ‘Hey Potter, vuoi essere il Prescelto? Firma qui’!»
Draco la fissò di sottecchi, mentre ponderava quelle parole. Poi decise di ignorare i punti salienti del suo discorso. «Quindi ammetti che Potter è arrogante.»
Hermione ringhiò dalla frustrazione. «Non quanto te, ma sì, a volte pecca di arroganza anche lui. Non siamo esseri perfetti, Malfoy. Nessuno di noi lo è. E non era questo il nocciolo della questione!»
«E qual è?» domandò seccato il Serpeverde.
«Che quello non è un ricordo neanche lontanamente intenso da poter funzionare per evocare un Patronus.»
Draco sbuffò. «Ci penserò meglio, allora…»
Hermione non poteva credere alle sue orecchie; davvero lui, che aveva sempre decantato la sua esistenza perfetta, non aveva un ricordo migliore da poter usare? Parlando almeno dei tempi prima del ritorno di Voldemort… Ma forse, rifletté la giovane, la vita perfetta di cui Malfoy si era tanto vantato in passato non era così perfetta come cercava di far credere alla gente.
Tirò fuori il tomo che stavano utilizzando il giorno precedente e il suo tema lasciato a metà per andare alla cena del Lumaclub.
«Ti ha fatto storie?» chiese Draco di punto in bianco.
«Eh?»
«Potter, ti ha fatto storie?» ripeté lui fissandola incuriosito.
«Per cosa?» chiese lei alzando lo sguardo dal suo foglio di pergamena e rivolgendogli un’occhiata confusa.
«Per il fatto che sei il mio Contatto» rispose lui, passandosi la lingua sul labbro inferiore. «Per tutta questa storia in generale. Lo sa che studi qui?»
Hermione corrugò la fronte. «Non sono fatti suoi, dove studio. E no, non mi ha fatto storie.»
Il sopracciglio del Serpeverde scattò all’insù.
«No? Per la storia del Sectumsempra? Si sente in colpa a tal punto?»
«No, Draco. Cioè, anche. Ma non solo» rispose vagamente la ragazza, ma quando vide l’espressione sul volto del giovane sospirò e poggiò la sua piuma sul tavolo.
«Credo che anche lui colga le similitudini tra voi due» spiegò concisa la Grifondoro.
Draco sbuffò nuovamente, indignato.
«Sai» asserì lei, con una leggera esitazione nel tono della voce. «Credo che avreste potuto essere buoni amici, in circostanze diverse…»
«Gliel'ho offerta la mia amicizia, il primo anno» ribatté gelido il biondo. «Non l'ha voluta.»
Draco avvertiva ancora un senso di bruciore quando ci ripensava. La prima volta in cui qualcuno aveva rifiutato la sua amicizia come se non valesse niente. Ora lo capiva, che tutti i suoi amici in realtà erano amici di Malfoy e non di Draco, ma prima era offuscato dalle stronzate che gli aveva inculcato suo padre, su quanto la loro famiglia fosse importante e superiore a tutti; su quanto fosse un privilegio l'amicizia offerta da un Malfoy.
«Malfoy, volevi l'amicizia di Harry solo perché era Harry Potter» asserì la Grifondoro, prendendo le parti del suo amico.
Non è molto diverso da quello che gli altri Serpeverde hanno fatto con te.
Draco sentì la fine di quella frase nella testa, anche se la Granger non le pronunciò mai quelle parole.
«E sicuramente non eri abituato al rifiuto. Ma Harry è cresciuto tra i Babbani. E tu ti sei presentato a lui parlando della superiorità di alcune famiglie di maghi e hai offeso Ron e i Weasley, le prime persone in vita sua ad avergli mai mostrato un po' di gentilezza. Cosa credevi che avrebbe fatto?» spiegò Hermione, lievemente accigliata dalla punta di rancore che aveva avvertito nel tono di Draco. «E poi Harry, come me, ha frequentato una scuola babbana finché non ha scoperto di essere un mago. E lì cercano subito di sensibilizzare contro il razzismo e la discriminazione. In più, gli hai ricordato suo cugino, che lo ha bullizzato praticamente finché non è stato attaccato da un Dissennatore.»
Draco distolse lo sguardo da Hermione e deglutì; sapeva che la ragazza si stava riferendo a quando suo padre aveva fatto l’impossibile per far espellere Potter. Decise che fosse meglio sviare il discorso.
«Io non ce le vedo ugualmente, tutte queste somiglianze di cui parli» affermò testardamente Malfoy.
La Grifondoro alzò gli occhi al cielo.
Era esattamente quello che intendeva quando aveva detto che entrambi erano cocciuti come muli.
«Ho solo detto che capisce cosa vuol dire trovarsi coinvolti in questa guerra e non aver possibilità di tirarsi indietro. Non ho detto che siete gemelli separati alla nascita, Draco.»
Il giovane la fissò. «Tu me l’hai data, questa possibilità, però.»
«Harry non ce l’ha affatto, questa possibilità. Potresti almeno cercare di sforzarti di vederlo in maniera diversa» controbatté la ragazza. «Ti sta aiutando anche lui, nonostante tutto…»
Draco sospirò. La Granger aveva ragione, come al solito… Ma come al solito lui non lo avrebbe ammesso comunque.
«E tu, Granger?» domandò poi all’improvviso; lei gli rivolse un’occhiata interrogatoria. «Credi che avremmo potuto essere… amici, io e te, in altre circostanze?»
Non sapeva perché lo avesse chiesto e sicuramente lei non lo capiva, vista l’espressione perplessa che ricevette in risposta.
«In altre circostanze…» disse solo lei, riportando lo sguardo sulla sua pergamena.
In altre circostanze...
Per qualche motivo a lui sconosciuto, Draco si corrucciò sentendo quelle parole, la definitività con cui le aveva pronunciate.
Cosa ti aspettavi, stupido? Che ti dicesse che lo siete ora?, borbottò irritata la vocina nella sua testa.
Perfetto, Draco pensò il ragazzo. Ora infastidisci persino te stesso.
Restarono in silenzio per un po’, mentre entrambi lavoravano al loro tema, poi qualcosa balenò nella mente del Serpeverde, qualcosa che si era trattenuto dal chiedere per un bel po’. E la Granger quel giorno pareva in vena di confessioni.
«Granger» fece lui, non senza esitazione. «Quando parli, non ti includi mai in nessuno dei due lati. Perché?»
Se n’era accorto molto prima, ma aveva sempre temuto la reazione della ragazza a qualsiasi possibile domanda sull’argomento; a quel punto però, pensava Draco, doveva averlo capito che non le avrebbe mai fatto del male, non più, non dopo tutto quello che lei aveva fatto per lui; allora glielo aveva chiesto.
Hermione sbatté più volte le palpebre e lo guardò confusa; era raro che non capisse una domanda.
«Come, scusa?»
«È solo che ho notato che quando parli dei Babbani sono loro e quando parli dei Maghi siamo noi» precisò lui a voce bassa, parlando piano. «Come se… non ti includessi in nessuno dei due casi.»
La Grifondoro restò in silenzio a guardarlo per diversi secondi, poi si alzò in piedi, raccolse le sue cose in un batter d’occhio e andò via biascicando un flebile «devo andare».
Draco era rimasto immobile ed in silenzio ad osservarla lasciare il Dormitorio, consapevole di aver combinato un casino.
Cosa diavolo mi è saltato in mente? Fare una domanda del genere alla Granger!
Avrebbe risolto la questione il giorno dopo, si ripromise; se lei avesse dato segno di essere arrabbiata con lui o in qualche modo offesa dalla domanda… lui avrebbe fatto qualcosa per distendere la tensione, per rimediare a quella spiacevole uscita che non aveva ponderato a sufficienza.
Ma Hermione non tornò al Dormitorio il giorno seguente; e neanche quello dopo ancora.

 
*

Hermione odiava Draco Malfoy.
Era passato tanto tempo dall’ultima volta che aveva avuto quel pensiero, troppo distratta dal dolore che il ragazzo stava provando nell’ultimo periodo da arrivare quasi a dimenticare chi fosse; come, fosse.
Più di quanto odiasse Malfoy, però, detestava il fatto che le aveva fatto notare quella cosa. Lei non se n’era mai resa conto, che aveva quella tendenza, e non solo era terribilmente incavolata con sé stessa per quello, per aver fatto trapelare all’esterno quel senso di inquietudine circa il posto a cui appartenesse, quel senso di trovarsi bloccata in mezzo tra i due mondi senza mai riuscire ad aderire perfettamente a uno o all’altro, ma era anche estremamente arrabbiata perché a notarlo era stato proprio Draco Malfoy.
Aveva puntato a quello per anni, aveva cercato sempre di farla sentire come se non appartenesse veramente al mondo magico e, nonostante lei avesse sempre pensato di essere in grado di scrollarsi via di dosso le sue cattiverie senza dargli credito, quella domanda le aveva fatto prendere una orrenda consapevolezza: ci era, almeno in parte, riuscito.
Cosa voleva adesso? Un riconoscimento al merito?
Sbuffò, mentre si lasciava cadere pesantemente sul divano della Sala Comune dei Grifondoro; aveva anche lasciato il volume che stava consultando sul tavolo del Dormitorio Segreto; quindi, avrebbe dovuto ultimare il tema senza di esso.
«Che tu sia maledetto, furetto del cavolo» borbottò tra sé e sé.
 
«Voglio parlare con la Granger» disse Draco, il tono di voce che non ammetteva alcun rifiuto.
Aveva provato a chiamarla più volte con il galeone incantato, ma la ragazza aveva l’aveva ignorato ogni singola volta, mandando invece il professor Piton da lui a portargli i suoi appunti.
Non voglio vederti, idiota!
Sentiva la sua voce irritata urlare quelle esatte parole nella sua mente ogni qualvolta i capelli unti del professore facevano capolino nel Dormitorio. Probabilmente pensava che se il motivo per cui stava facendo riscaldare il galeone fosse stato urgente, avrebbe comunque contattato il docente.
Piton alzò un sopracciglio e gli rivolse uno sguardo impassibile; ignorò la sua richiesta.
«Il compito di uccidere il Preside è stato affidato al Signor Nott» lo informò in tono neutro.
«Grazie al cazzo» rispose caustico Malfoy; come se non lo avesse saputo fin dall’inizio.
Non pensò di chiedere dell’Armadio Svanitore, aveva altre priorità in quel momento.
«Ho detto che devo parlare con la Granger» ripeté irritato. «Le dispiace mandare lei, domani?»
«La signorina Granger mi ha fatto sapere che è molto impegnata in questi giorni» replicò in tono untuoso Piton. «Credo stia aiutando il Signor McLaggen con l’Incanto Patronus.»
Draco fece una smorfia a quelle parole.
«Altra cosa di cui volevo parlarle» asserì gelido il Serpeverde. «Da quando si insegna quell’incantesimo a Hogwarts?»
Ci aveva provato, ma proprio non ci riusciva; qualche scintilla bianca di volta in volta, ma mai niente di concreto; neanche uno stupido Patronus incorporeo… e la Granger stava aiutando la Piovra.
Avrebbe potuto essere qui e star aiutando te, se tu non fossi un tale imbecille, lo rimbeccò la vocina nella sua testa.
E poi, non aveva detto che tutti i Grifondoro sapevano già effettuare l’incantesimo?
Quella aveva tutta l’aria di essere una pessima scusa… e se ne sarebbe accorta, se solo Hermione avesse avuto la minima idea di quanto effettivamente ascoltasse le sue parole quando parlava.
«Direi, Signor Malfoy, che spetta a me stabilire cosa insegnare e cosa non insegnare nella mia classe» ribatté gelido il professore, girando i tacchi e dirigendosi verso la porta. «I Dissennatori sono dalla parte del Signore Oscuro. Sto cercando di dare a quei ragazzi le armi necessarie a difendersi.»
Draco assottigliò gli occhi a quella risposta. «Da che parte sta veramente?»
Ma Piton ignorò quella domanda; esitò un momento, però, prima di uscire.
«Signor Malfoy, le consiglio vivamente di togliersi dalla testa la Signorina Granger. L’ho già avvisata una volta, riguardo al suo attaccamento per lei… Mi creda quando le dico che non va mai a finire bene, in questi casi.»
Piton sparì prima ancora che Draco potesse ribattere e negare qualsiasi allusione il professore fosse andato a pensare.
È impazzito, dev’essere così. Crede che ci sia qualcosa tra me e la Granger?
Draco rise, ma non si accorse che la sua era una risata priva di ilarità.
 
Hermione riuscì ad evitare Draco Malfoy per tre giorni; poi Piton l'aveva fermata dopo la lezione di Difesa Contro le Arti Oscure e le aveva detto di riferire al “loro amico in comune” che l'essere morti non dispensava dall'esecuzione dei compiti.
Draco aveva sbuffato alle parole del professore, - a quanto pareva anche essere il cocco di Piton aveva delle limitazioni nei privilegi che egli accordava -, e poi era rimasto in silenzio a guardarla per qualche secondo.
Non era andata da lui perché Piton le aveva detto che voleva parlarle e voleva sentire quello che aveva da dirle; era andata da lui perché il professore l’aveva costretta.
Quel pensiero lo infastidì non poco.
«Bene, dovevo solo dirti questo. Questi sono gli appunti di oggi, invece» asserì in tono asciutto la Grifondoro dopo aver riferito il messaggio di Piton.
«Ora devo andare» si congedò la ragazza senza neanche degnarlo di uno sguardo, ma quando fu sul punto di toccare la maniglia della porta, il biondo parlò.
«Non ti sei fatta viva per tre giorni» disse freddamente, con il suo solito tono strascicato. «È successo qualcosa?»
Hermione si era convinta, nei giorni passati, che a Draco la sua assenza non avrebbe fatto alcuna differenza. E lei comunque non voleva vederlo, non dopo quello che le aveva fatto notare.
Proprio lui, commentò acidamente nella sua mente per l’ennesima volta.
In quel preciso istante, però, la realtà dei fatti la colpì: Draco aveva solo lei con cui parlare. Per il resto del mondo, lui era tre metri sottoterra.
«No, sono stata impegnata…»
«Sei una pessima bugiarda» l'accusò con rancore il Serpeverde. «Credevo che voi Grifondioti foste coraggiosi, invece la prima volta che ti faccio una domanda in cui saresti stata tu a doverti aprire sei scappata come una codarda e non ti sei fatta vedere finché non sei stata costretta a farlo.»
C'era qualcosa di tremendamente simile alla maniera in cui il vecchio Draco Malfoy si rivolgeva a lei nel modo in cui le stava parlando e che la fece sussultare; Hermione realizzò solo in quel momento di non esserci più abituata. Quando avevano sotterrato l'ascia da guerra, loro due? Forse litigare con Draco Malfoy era più semplice del tenerci conversazioni significative; forse non voleva avere conversazioni serie con lui.
Perché avrebbe dovuto?
Ha ragione, però… non avevi questo problema quando era lui a doversi esporre per convincerti della sua sincerità.
Era sul punto di fare un passo indietro, quando un pensiero le sfiorò la mente e la riportò per un attimo al secondo anno; si ricordò come l’avesse fatta sentire, la prima volta che l'aveva chiamata Sanguemarcio, nonostante non avesse idea del significato del termine; ripensò a come aveva gioito dell'apertura della Camera dei Segreti e della possibilità che lei stessa morisse per quello; se l’era addirittura augurato. E poi le ritornò in mente il quarto anno e le innumerevoli volte in cui l'aveva derisa e umiliata; il quinto anno, quando da membro della Squadra di Inquisizione della Umbridge le aveva tolto dei punti, togliendogliene alcuni in più “perché sei una Sanguemarcio”, aveva detto.
Le si annebbiò la vista e perse il filo dei suoi stessi pensieri; le braccia le caddero lungo i fianchi e strinse i pugni, sul volto l'ombra di un ringhio.
Draco si irrigidì, non aveva previsto quella reazione. Non voleva farla arrabbiare, voleva spronarla a rispondergli. Voleva farle capire che lui ci stava provando, ad aprirsi con lei, a farle conoscere Draco e non solo Malfoy, perché per la prima volta in vita sua gli importava, quella differenza. Perché lei meritava almeno quello.
E voleva anche farle capire che Draco voleva conoscere Hermione.
«Cosa vuoi che ti dica?»
Hermione pronunciò quelle parole con una freddezza che non le apparteneva; il tono della sua voce era carico della stessa quantità di astio che gli riversava contro quando litigavano nei precedenti anni, se non di più.
«Granger...»
Il biondo fece per parlare, per chiarirsi, ma lei non gli permise di continuare.
«Cosa vuoi sapere, Malfoy? Se ci sei riuscito? Se in tutta questa merda puoi almeno avere la soddisfazione di avermi influenzata abbastanza da non sentirmi parte del mondo dei maghi? Da non sentirmi accettata, né qui né tra i Babbani?», domandò velenosa la Granger.
Draco sgranò gli occhi e impallidì. Provò a parlare ma non ci riuscì; non riuscì a trovare le parole per dirle che no, erano le ultime cose che voleva, che sperava, che intendeva. Il suo cervello sembrava essere andato in corto circuito, non riusciva a formulare una frase coerente.
Non ci era abituato, dannazione, a tutta questa roba delle relazioni sincere e autentiche, nonostante ne volesse disperatamente una.
La Granger gli aveva fatto capire che l’invidia che provava verso Potter non era tanto dovuta alla gloria che sembrava seguirlo ovunque andasse, ma al fatto che lui aveva dei rapporti autentici, delle amicizie; al fatto che aveva qualcuno che teneva a lui, che gli voleva bene e non aveva problemi a dimostrarlo apertamente.
La sentì inspirare ed espirare sonoramente.
«Quando uso il voi» proseguì la giovane con una punta di disprezzo, «mi riferisco a voi Purosanguisti del cazzo, non ai Maghi in generale. Ecco perché il voi
«Granger» riprovò allora Draco; voleva dirle che lo aveva capito, lo aveva visto con i suoi occhi che il sangue dei Nati Babbani era uguale al suo. E per qualche ragione il pensiero che, nonostante il tempo trascorso insieme, lei continuasse a pensare che lui ancora credeva a quella roba gli causò un leggero malessere.
Ma d'altronde, cosa aveva fatto per convincerla del contrario? Aveva disertato i Mangiamorte per salvarsi la pelle, non perché voleva fare la cosa giusta, ovvero combattere per l'Ordine. Era stato rapido e preciso nel richiedere di essere nascosto, ansioso di mettere in chiaro che lui non avrebbe mosso un dito per aiutarli, se non dandogli le informazioni che aveva a disposizione e che ormai erano più che obsolete. Non solo, evitava ancora di sfiorarla anche per sbaglio, - principalmente perché temeva che lei di riflesso lo affatturasse o che persino lo respingesse, ma non lo avrebbe ammesso mai e poi mai ad alta voce.
Perché la Granger avrebbe dovuto sopportare il suo tocco? Il tocco di uno che aveva il Marchio Nero sul braccio, l’icona attorno alla quale si riunivano coloro che stavano cercando di ucciderla? Il tocco di una persona che l’aveva sempre e solo offesa?
Draco si era concesso un attimo per riorganizzare i propri pensieri e trovare le parole giuste da dirle, per risolvere quella situazione che aveva creato in maniera del tutto non intenzionale. Hermione, però, non mostrò alcun segno di voler ascoltare cosa avesse da dirle.
«Ho intenzione di chiedere a Silente di trovare qualcuno che possa sostituirmi come tuo referente per l'Ordine» riprese a parlare quasi subito e a Draco parve di ricevere una doccia gelata a quell’affermazione.
«Cosa?», esclamò forse troppo repentinamente, mentre le si avvicinava. «Granger, no. Io... mi... mi hai frainteso, n-non intendevo...»
«Continuerò a portarti gli appunti delle lezioni e i libri di cui avrai bisogno dalla biblioteca finché non verrà selezionato qualcuno di idoneo» proseguì imperterrita lei, ma senza mai voltarsi a guardarlo. I suoi occhi erano fissi sui pugni delle sue mani, ancora serrati lungo i suoi fianchi.
«Granger, non lo voglio un altro fottuto referente!», urlò a quel punto Malfoy.
Non poteva fargli davvero quello, non dopo tutto quello che si erano detti, confidati; dopo che erano riusciti ad instaurare una sorta di rapporto civile e amichevole, nonché a stabilire una partnership scolastica che si stava rivelando estremamente proficua.
Per la prima volta in vita sua aveva qualcuno con cui parlare che non fosse un idiota, qualcuno che lo ascoltasse veramente e che non gli stesse accanto solo per il suo cognome o i suoi soldi.
«Mi hai frainteso...» ripeté ancora mortificato; era come se gli si fosse formato un nodo alla gola.
«Mi dispiace, Draco, ma io non posso più farlo. Questo...» rispose lei, fissando i suoi occhi color cioccolato in quelli grigi di lui, decisa; lo Indicò con un dito e poi indicò sé stessa.
«Questo non va bene.»
Poi si voltò e Draco fece appena in tempo a gridare il suo cognome, prima di sentirla borbottare qualcosa di cui colse solo le parole "troppa storia" e richiudersi la porta alle spalle.
Draco si domandò per la prima volta se avrebbe mai più rivisto la Granger.

 

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Capitolo 36
*** CAPITOLO 31 ***


CAPITOLO 31








Questo non va bene, gli aveva detto.
E così la quantità di compassione che Hermione Granger poteva provare per lui si era esaurita.
Inizialmente, Draco si era arrabbiato con lei; in un secondo momento, però, aveva dovuto ammettere a sé stesso che sì, la ragazza poteva anche aver deciso di mettere da parte il loro passato per aiutarlo a tirarsi fuori da una situazione orribile, ma che quello non significava che lo aveva perdonato per tutto quello che le aveva fatto nel corso degli anni; che non voleva dire che sarebbe mai riuscita a perdonarlo affatto… o a passarci sopra, ad andare oltre.
Lui stesso aveva avuto difficoltà a fidarsi della parola e della buona fede della Granger, agli inizi; aveva pensato che avesse raccontato tutto ai suoi amici, quando lei non aveva proferito parola; poi aveva temuto per qualche istante che, convincendolo ad andare da Silente, avesse cercato di fregarlo per farlo arrestare per quello che aveva involontariamente fatto alla Bell e a Weasley; e non aveva mai creduto neanche per un attimo che lei non lo avrebbe abbandonato e lasciato solo o smollato a qualcun’altro una volta eseguito il piano per fingersi morto.
Tutto questo quando lei non gli aveva mai fatto nulla di male di sua iniziativa; ogni volta che lo aveva attaccato in qualche modo era stato in reazione a una provocazione da parte sua stessa.
Lui, però, nei suoi confronti era stato orrendo e non poteva davvero aver pensato che la Granger avrebbe messo da parte i loro trascorsi solo perché se n’era pentito, - cosa di cui comunque non le aveva detto assolutamente nulla -, o che essi non avrebbero avuto alcuna ripercussione sul rapporto già precario che avevano iniziato ad instaurare.
Una linea sottile. Camminavano su una linea sottile fin dal primo giorno e avrebbe potuto spezzarsi da un momento all’altro.
Forse, pensava Draco, si è già spezzata.
 
Una settimana da solo nel Dormitorio e gli sembrava di essere rinchiuso in quel posto da mesi, se non anni; era a pochi passi dalla pazzia totale.
I suoi livelli di disprezzo verso sé stesso avevano raggiunto vette vertiginose e la Granger aveva delegato a Potter, - il fottuto Harry Potter che ora conosceva la parola d’ordine per accedere al loro Dormitorio Segreto -, il compito di consegnargli gli appunti delle lezioni.
Non è mai stato il vostro dormitorio, gli rammentò puntuale la vocina nella sua testa, ma il giovane, come al solito, la ignorò.
Draco non aveva detto nulla al suo storico rivale; di solito, si limitava ad afferrare i fogli che la ragazza gli aveva mandato e ad annuire. Gli aveva però chiesto se la stesse seguendo durante le ronde e parte della sua agitazione si era affievolita nell’udire la risposta affermativa del Grifondoro.
Aspettava ancora di capire chi sarebbe stato il suo nuovo Contatto; forse era proprio Potter e c’era qualcosa che gli era sfuggito, tanto era preso dalla speranza che la Granger ci ripensasse.
Ma perché avrebbe dovuto ripensarci? Lei aveva fatto di tutto per lui e lui non era neanche riuscito a dirle due stupide, semplicissime, parole.
Mi dispiace.
O, ancora meglio un «Perdonami, Granger».
No, quello non sarebbe mai uscito dalle sue labbra; un Malfoy non supplicava, neanche se era in torto marcio.
Percepì qualcuno alle sue spalle schiarirsi la voce e si voltò di scatto.
Schiuse le labbra dalla sorpresa, nel vedere Hermione Granger in piedi davanti a sé, con gli occhi piantati sulle sue stesse scarpe.
 
Hermione sospettava di aver avuto una reazione troppo esagerata con Malfoy; relativamente.
Non era certa di aver interpretato bene le sue intenzioni con quelle parole; ripensandoci a mente fredda, infatti, aveva notato che il ragazzo sembrava leggermente mortificato dalla sua decisione di smettere di essere il suo Contatto e aveva anche realizzato di non avergli dato alcun modo di parlare. Inoltre, c’era quella E in Pozioni che aveva avuto dopo che lui le aveva chiarito dei dubbi sulla preparazione del Veritaserum. E quella aveva veramente inferto un brutto colpo alla copertina del libro nella sua biblioteca mentale dove aveva rinchiuso il suo nascente senso di colpa verso il biondino.
Quando la McGranitt poi aveva annunciato un progetto di coppia, Hermione si era prefigurata due orribili scenari: il primo vedeva Malfoy a dover lavorare con Harry e subito aveva temuto l’evenienza di un nuovo duello tra i due; Draco non era noto per la sua pazienza e… beh, neanche Harry. Il secondo vedeva lei a dover lavorare con Ronald, che avrebbe sicuramente finito per far fare tutto il lavoro a lei, impegnato com’era a occupare tutto il suo tempo al di fuori delle lezioni con la sua ragazza.
E poi, per quante giustificazioni accademiche provasse a darsi, davvero non aveva alcuna certezza che Malfoy avesse cattive intenzioni con quella domanda… Aveva fatto una constatazione e lei aveva immediatamente assunto il peggio. Anche quello era un pregiudizio e se lui sembrava disposto a fare un passo avanti da quel punto di vista, forse, pensava Hermione, avrebbe potuto farlo anche lei.
Allora si era presentata al Dormitorio senza pensarci due volte e si era trovata davanti un Draco Malfoy senza parole e completamente spiazzato dalla sua presenza, cosa che la fece sentire lievemente a disagio; il Serpeverde raramente si lasciava sorprendere al punto da perdere il controllo sulle emozioni che lasciava trasparire dal suo volto.
«Granger…»
La ragazza deglutì e poi sospirò profondamente.
«Mi sono sempre sentita come se non appartenessi completamente a nessuno dei due lati» confessò senza guardarlo in faccia. «A nessun lato in generale. I Babbani non capiscono a pieno quello che dico o faccio, i Maghi… neanche.»
Draco restò ad ascoltarla senza dire niente.
«Sono tipo in un’area in mezzo tra i due mondi e non ho alcun modo di adattarmi completamente a uno dei due, né ne ho l’intenzione. Sarebbe come abbandonare una parte di me stessa e… Non mi sta bene.»
«Non ti avevo fatto quella domanda per i motivi che hai pensato tu, Granger» le disse lui dopo una breve pausa di silenzio. «Era una cosa che avevo notato e che mi aveva fatto incuriosire. Tutto qui.»
Hermione annuì. «Il punto è che non me n’ero mai resa conto finché non me lo hai fatto notare… tu» precisò lei, ponendo una certa enfasi su quel tu che non sfuggì al giovane.
Il biondo arricciò le labbra, poi annuì anche lui.
Era quello, il loro modo di… cosa? Fare pace? Avevano chiarito?
«Sei venuta a dirmi il nome del mio nuovo Contatto?» chiese Draco mentre si lasciava cadere su un divano.
La Grifondoro arrossì. «N-no…»
«Nessuno si offre volontario? Sono offeso, Granger» commentò con sarcasmo il biondo.
«Non ho proprio fatto richiesta, Draco» ammise lei.
«Perché?» indagò sbigottito il Serpeverde. «Sembravi convinta che fosse la cosa giusta da fare…»
Hermione scrollò le spalle. «Non sembrava la cosa giusta da fare» mormorò con un fil di voce.
«Tu non mi devi niente, Granger» disse a quel punto Draco, fissando i suoi occhi grigi su di lei.
«Una E in una materia in cui hai difficoltà sì, però» lo contraddisse la ragazza.
Malfoy alzò un sopracciglio. «Sei venuta solo perché hai preso E in Pozioni?»
«No. Sono venuta perché ho esagerato. Ma se proprio insisti, posso tornare indietro e andare subito a parlare con Silente» affermò leggermente spazientita lei.
Cosa si aspettava, delle scuse? Come se lui gliene avesse mai fatte! Non aveva intenzione di scusarsi per quella reazione che, tutto sommato, era anche legittima, visti i loro trascorsi.
«Non era quello che intendevo» affermò il giovane sospirando.
Speravo solo che fossi tornata perché ti importa di me, Granger.
«Bene, perché la McGranitt ha assegnato un progetto di coppia e dubito che tu impazzisca dalla voglia di lavorarci con Harry.»
Draco le rivolse un mezzo sorriso. «Non lo so, sta iniziando a non starmi più tanto antipatico…»
«D’accordo allora, passo il testimone a lui» rispose lei con una smorfia indispettita.
«Vieni qui, Granger» la chiamò allora, «parlami di questo progetto.»
Com’era possibile che in tre giorni gli studenti migliori del loro anno non fossero riusciti a inventarsi qualcosa di brillante per il progetto di Trasfigurazione, agli occhi di Hermione restava un mistero.
Il compito richiedeva di eseguire una magia utilizzando due complicati incantesimi sincronizzati e a tempo. La verità era che Hermione lavorava meglio di esecuzione, piuttosto che di inventiva, non perché non avesse idee o non possedesse le capacità necessarie, ma semplicemente perché era più un tipo pratico e talmente tanto perfezionista che non si sarebbe mai accontentata di qualcosa di banale o poco creativa. Per cui non le piaceva mai nessuna idea che formulava.
Sbuffò e si alzò dalla sedia, tirandola indietro con talmente poca grazia da generare un rumore stridente contro il pavimento.
«Non è possibile!» sbottò spazientita. «Se non riusciamo a farci venire niente in mente noi…»
«…Come avresti fatto se fossi finita in coppia con Weasel?» terminò per lei Malfoy, con fare drammatico.
Hermione gli scoccò un’occhiataccia; Draco sapeva che tirare troppo la corda con una Granger innervosita per qualche compito scolastico che non stava procedendo come desiderava era rischioso, ma… lui si divertiva troppo e tregua o no, era sempre Draco Malfoy. E lei era sempre Hermione Granger. Cambiavano le argomentazioni, ma infastidirla restava sempre il suo passatempo preferito.
C’era quella rughetta al lato dell’occhio destro che le veniva fuori quando si arrabbiava che proprio non riusciva a fare a meno di divertirlo.
«Questo non è uno scherzo, Malfoy» lo rimproverò severa. «Questa cosa vale metà del voto finale, ha detto la McGranitt!»
Draco deglutì.
Ah.
«Questo, non me lo avevi detto» commentò seccato lui. «Spremi quelle tue meningi geniali, Granger e fai in fretta. È roba da ragazze, siete voi che inventate tutte quelle cose che fanno urlare “wow” alla gente!»
La ragazza assottigliò gli occhi e lo guardò con aria minacciosa.
«Serve solo l’idea, Granger. Non ti sto chiedendo di fare il lavoro per me» sbuffò il biondino.
«Sei davvero ingestibile quando sei nervosa, lo sai?»
Hermione si portò le mani tra i capelli e si lasciò sfuggire un gemito di frustrazione; fece un passo indietro, non guardando dove stava mettendo i piedi, ed inciampò nella sua stessa cartelletta che aveva spedito in un punto poco più lontano dalla sua sedia quando l’aveva spostata con malagrazia.  
Cascò rovinosamente sul pavimento, andando a sbattere la tempia direttamente sullo spigolo del tavolo.
Draco era immediatamente balzato in piedi per afferrarle un braccio e cercare di impedire che cadesse, ma non era stato abbastanza veloce; deglutì quando vide un rivolo di sangue fuoriuscirle dalla tempia.
«Granger» la chiamò con un fil di voce.
«D-devo andare in infermeria» farfugliò lei portandosi una mano sulla testa. «Torno a ripulire appena Madama Chips mi risistema, giuro…»
«Granger» asserì nuovamente lui, con tono deciso. «Siediti.»
Hermione alzò lo sguardò sul ragazzo e lo guardò confusa, ma accettò la sua mano per rialzarsi e prese posto sul divano; Draco si allontanò per qualche secondo e tornò con una boccetta di pozione disinfettante e una fiala dalle forti tinte purpuree che riconobbe come la Pozione Cura Ferite; aveva anche un kit di medicazione tra le mani.
Le si sedette accanto e cominciò a disinfettare e tamponare la ferita, nel silenzio più assoluto.
La Grifondoro lo guardava con occhi sbarrati e le labbra schiuse e da quella reazione il biondino capì che in realtà la Granger non aveva compreso affatto quanto profondo fosse stato il suo cambiamento; decise che ne avrebbe approfittato per non lasciarle più alcun dubbio al riguardo.
Fissò le sue iridi grigio ghiaccio in quelle marroni di lei e non interruppe il contatto visivo neanche per un attimo.
Avvicinò il volto al suo ulteriormente, per prelevare quattro gocce di sangue dalla ferita da inserire nella pozione Cura Ferite e la vide chiaramente irrigidirsi a quel gesto.
«Draco Malfoy che non ha paura di infettarsi con il sangue di una Nata Babbana?» domandò la ragazza con voce stridula, tentando di dissimulare il suo nervosismo, ma con scarso successo.
Non lo tollerava più, il modo in cui la stava guardando; l’intensità del suo sguardo in quel momento la stava destabilizzando, come se la situazione in sé non fosse già… troppo di suo. Doveva in qualche modo smorzare la tensione che si era andata a creare.
«Quel Draco Malfoy è morto qualche settimana fa. C’era l’elogio funebre sulla Gazzetta, me lo hai letto tu. Ricordi?»
Hermione rise a quella battuta e per la seconda volta, Draco provò una sensazione di calore all’altezza dello stomaco dovuta alla consapevolezza di essere stato lui a farla ridere, e senza alcun motivo di scherno.
«Si diceva fosse un coglione, comunque» aggiunse poi con finta nonchalance, scrollando le spalle. «Non credo che qualcuno sentirà la sua mancanza. Io non di certo.»
La Grifondoro lo guardò con uno sguardo indecifrabile; poi sobbalzò e gemette per il dolore. Draco le aveva strappato due capelli a bruciapelo, per lasciarli cadere nel liquido purpureo che prese a sobbollire leggermente. Le porse la fiala e lei la prese con mano tremante, se per il dolore alla sua tempia pulsante o per le parole che il biondino le aveva detto, Hermione non lo sapeva.
«Prendine due sorsi ogni cinque minuti per…»
«…venticinque minuti» terminò lei per lui, abbozzando un timido sorriso. «Da dove esce?»
«L’abbiamo preparata per Lumacorno poco prima che morissi, ricordi? Granger, tutto bene in quella testona?» replicò Draco, ma il suo tono di voce non celava un velo di apprensione.
«L’hai fatta tu?»
Il ragazzo sbuffò. «Ho preso E. Il professore ha detto che era perfetta Granger ed è una dose della stessa pozione…»
Hermione bevve i primi due sorsi e represse un brivido quando la mano del giovane si avvicinò nuovamente alla tempia per ripulirla dal sangue che era fuoriuscito nel frattempo.
«Hai una bella scorta di pozioni, Draco» ragionò con aria pensierosa. «Perché non hai provato con la Pozione della Pace, quando avevi gli attacchi di panico?»
«L’ho provata Granger» rispose lui mestamente. «Non funzionava abbastanza da prevenirli e temevo che usandola quando li avvertivo arrivare… è una pozione pericolosa, se non usata con parsimonia. E io non… Non mi fidavo più neanche di me stesso.»
Hermione deglutì e gli rivolse un sorriso dolce.
«Bevi altri due sorsi» le disse prima che potesse dire qualcosa, poi si alzò e andò a preparare il the.
Silente non lo aveva detto, agli elfi, di mandargli una tazza di the il pomeriggio.  

 
*

Hermione ripercorse mentalmente gli eventi di quella serata mentre si affrettava a raggiungere la Sala Grande per la cena.
Draco Malfoy le aveva curato e medicato una ferita, senza preoccuparsi di quali catastrofi sarebbero avvenute se fosse accidentalmente entrato a contatto il suo sangue da Nata Babbana; Draco Malfoy aveva compiuto un atto di gentilezza verso di lei, verso un altro essere umano; Draco Malfoy aveva avuto la premura di alleviare il dolore di un’altra persona.
Hermione scosse il capo energicamente per scrollarsi i ricordi di dosso; questo Draco con cui aveva avuto a che fare più di recente la confondeva parecchio, a momenti sembrava una persona completamente diversa da quella che aveva imparato a conoscere negli anni precedenti.
E non sapeva come interpretare ciò che diceva, né tantomeno quello che faceva, né come relazionarsi con lui.
Lo aveva studiato molto, nel tentativo di comprendere quali parti della sua educazione purosanguista il giovane avesse effettivamente superato e quali no, fino a che punto Draco Malfoy potesse cambiare le sue vedute… ed era giunta alla conclusione che non avrebbe mai capito veramente quel ragazzo.
Sembrava comunque essere andato oltre la distinzione di sangue tra i Maghi, magari c’era anche la speranza che avesse compreso, finalmente, che non vi erano maghi di prima e maghi di seconda categoria; che erano tutti uguali ed importanti allo stesso modo.
Era inoltre arrivata alla conclusione che non le interessava scoprire cosa, arrivati a quel punto, il biondino pensasse dell’idea di mischiare il sangue dei Maghi con quello dei Babbani; non le riguardava affatto quell’aspetto, per lei era sufficiente che avesse capito e superato tutto il resto.
Ma cosa significava questo per il loro rapporto? Sarebbero potuti diventare… amici?
Non puoi cancellare il passato, Hermione. Non importa quanto Malfoy sia cambiato, questa non è un’opzione per voi.
«Insomma, potremmo uscire a coppie» stava dicendo Ron a Harry e Ginny.
«Con… Lavanda?» aveva risposto con ritrosia la sorella, lasciandosi sfuggire una smorfia di repulsione che fece quasi ridere Hermione, la quale si stava accomodando al tavolo dei Grifondoro, proprio accanto alla piccola di casa Weasley.
«Dove sei stata?» le chiese Ron lanciandole uno sguardo furtivo. «Lascia stare, non importa. Stiamo organizzando un’uscita per domenica a Hogsmeade. Perché non chiedi a McLaggen se vuole unirsi a noi?»
Hermione gli rivolse un’espressione inorridita.
«Ehm, temo di avere già un impegno, per domenica» disse ambiguamente. Sopportare Cormac richiedeva già un bel dispendio di energie, soprattutto da quando si era messo in testa di volere un appuntamento con lei, - eppure, pensava la ragazza, ero stata chiara con lui fin dall’inizio -, ma l’idea di passare un’intera giornata con lui e Lavanda Brown insieme era semplicemente terrificante.
Ignorò l’occhiata supplichevole di Harry e Ginny e prese a mangiare distrattamente il cibo nel suo piatto; era ancora con la mente al Dormitorio Segreto e a quello che era accaduto poco prima con Malfoy.
«Quasi non mi sembra vero» commentò Ron all’improvviso, mentre guardava il tavolo dei Serpeverde. «Che sia… morto.»
Hermione e Harry si scambiarono un’occhiata fugace, poi presero a mordicchiarsi entrambi l’interno della guancia.
«Già» convenne distrattamente il moro, cercando di pensare a un modo per sviare il discorso; non era esattamente un bravo bugiardo, né tantomeno lo era la loro migliore amica, per cui la soluzione ideale era quella di evitare qualsiasi conversazione su Draco Malfoy in generale.
«Hanno detto che è entrato in contatto con un oggetto oscuro che era destinato a Silente» proseguì perso nei suoi pensieri il rosso. «Credete che sia una vittima di chi ci ha provato le altre volte o che fosse suo l’oggetto che lo ha… beh, ucciso?»
Hermione sbuffò. «Se fosse stato suo, ne avrebbe conosciuto gli effetti e non lo avrebbe toccato» asserì con aria saccente. «Non ti pare?»
Ron sbuffò.
«Comunque avevi ragione tu, alla fine» concluse Ron. «Non aveva preso il Marchio o sarebbe venuto fuori.»
Harry alzò gli occhi al cielo, avendo ormai il quadro completo della situazione e una smorfia di dolore comparve sul suo volto quando Hermione gli pestò il piede da sotto il tavolo.
«Sta’ più attento» lo redarguì con lo sguardo, ricevendo in risposta una scrollata di spalle che probabilmente significava «non esagerare, non ho fatto niente!»
«Avete visto Grattastinchi, per caso?» domandò dal bell’e buono la Grifondoro, del tutto intenzionata a cambiare discorso. «L’ho cercato ovunque prima di cena, ma non sono riuscita a trovarlo.»
I suoi amici scossero il capo.
Dove diavolo sei finito ora?
 
«Granger, ti stai perdendo pezzi» la informò Draco, con una punta di irritazione nella voce, non appena la vide entrare nel Dormitorio Segreto il giorno seguente.
«Eh?»
Il Serpeverde indicò il divano più vicino al caminetto con un’occhiataccia.
«Grattastinchi!» trillò Hermione, correndo ad accarezzare il suo gatto. «Ti ho cercato ovunque, come ci sei finito qui?»
«Dev’essere sgattaiolato dentro ieri» ipotizzò il biondino, lasciandosi cadere sul posto accanto a quello su cui stava riposando l’animale. «Spero tu stia più attenta alle persone, non vorrei che ti facessi seguire da altri…»
La ragazza sbuffò indispettita. «Sto molto attenta, Malfoy. È che questo gatto è… particolare.»
Gli diede due buffetti e poi si mise a sedere di fronte ai due.
«Mi dispiace se ti ha dato fastidio, comunque.»
«Nessun fastidio, in realtà» rispose con tono annoiato Draco. «È di compagnia. A parte i peli… sono ovunque ed è stato qui quanto? Neanche ventiquattro ore.»
Hermione arrossì leggermente.
«Posso toglierli…»
«So agitare la bacchetta anche io, sai Granger?» ribatté sarcastico lui, scoccando un’occhiata di sottecchi al micio che gli si stava avvicinando per acciambellarglisi in grembo.
«Questo lo aggiungeremo ai motivi per cui Ron ti odierà ancora di più quando scoprirà tutta la verità» commentò incredula la Grifondoro.
Il giovane alzò un sopracciglio.
«Grattastinchi non nutre simpatia nei confronti di Ron» spiegò lei brevemente. «Credo sia ancora arrabbiato con lui per la faccenda di Crosta al terzo anno.»
Draco ridacchiò e si rivolse al gatto. «Sei un esserino intelligente tu, non è vero?»
Hermione fece roteare gli occhi.
«Senti, Malfoy» esordì la ragazza dopo qualche attimo di silenzio. «Domenica ci sarà un’uscita a Hogsmeade ed è un mese che sei chiuso qui dentro. Harry ha detto che può prestarti il Mantello, se dovessi aver voglia di andarci…»
Draco assottigliò gli occhi e la studiò con attenzione.
«E cosa direte a Weasel?»
«Oh, loro escono a coppie» spiegò lei con nonchalance. «Ron non si accorgerà neanche della mia assenza.»
«Mi stai usando per non fare il quinto incomodo, Granger?» domandò piccato il Serpeverde. «Che c’è la Piovra non è disponibile?»
Hermione si accigliò. «Te l’ho chiesto perché pensavo ti avrebbe fatto piacere respirare un po’ d’aria fresca, Malfoy» ribatté caustica. «Ma se non sei interessato posso sempre chiamare Cormac e andare con gli altri, non è un problema!»
Draco non voleva che uscisse con McLaggen, ma decise di accettare la proposta della Granger anche se palesemente non glielo stava chiedendo perché voleva stare con lui.
Perché dovrebbe voler trascorrere più tempo del necessario con te? E comunque, che ti frega? Vuoi un appuntamento con la Granger ora? lo criticò la vocina nella sua testa.
«D’accordo. Ma cosa dirai a lui?» le chiese con fare indagatorio. «So che sta a tutti i costi cercando di invitarti a uscire…»
La Grifondoro arrossì. «Che accidenti ne sai tu?»
Il biondino scrollò le spalle. «I muri sono sottili in quest’ala. Due ragazzine del quarto anno che passavano di qui stamattina ne stavano parlando.»
Hermione sbuffò. Perché nessuno si faceva mai gli affari propri in quel dannato castello?
«Non gli devo alcuna spiegazione. Sono stata chiara con lui fin dall’inizio e gliel’ho ripetuto almeno mille volte che non avremo avuto alcun appuntamento» affermò con aria stizzita. «Non è il mio ragazzo
«No, è solo qualcuno che usi per divertirti ogni tanto…»
«Io non uso nessuno, Malfoy» ribatté piccata la Grifondoro. «Abbiamo un accordo e di recente siamo solo andati alle cene del Lumaclub insieme!»
Draco alzò un sopracciglio, ma dallo sguardo che gli rivolse la Granger capì che non fosse saggio continuare ad indagare sul suo rapporto con la Piovra. Nonostante la curiosità lo stesse mangiando vivo, il Serpeverde cambiò discorso.
«E Weasel non si chiederà perché vai a Hogsmeade da sola?»
«Gli ho detto che devo vedermi con una persona che ha bisogno di parlarmi in privato» chiarì lei, «abbiamo entrambi detto ai nostri amici che saremo insieme.»
«E come fai ad essere sicura che non vedrà quella persona a Hogsmeade?» insisté puntiglioso il biondino, facendola sbuffare d’irritazione.
«Perché anche quella persona deve vedersi con qualcuno senza essere visto, Malfoy. Accidenti, sei sempre così inquisitorio?» borbottò acidamente la ragazza.
Draco le rivolse una smorfia indifferente e scrollò le spalle.
«Per me va bene.»
 
«Il tuo gatto non sembra affatto leale, Granger» asserì convinto Draco, sorridendole con fare malizioso. «Sembra preferisca la mia compagnia.»
Hermione sbuffò irritata. «Non so perché sia così ossessionato da questo posto. Stasera me lo riporto in Sala Comune con le buone o con le cattive!»
«Ma no, forse è solo contento di non dover vedere Lenticchia e ha deciso di voler vivere qui con me.»
«Puoi smetterla di insultare i miei amici, gentilmente?» chiese indispettita la ragazza.
Il biondino fece finta di pensarci su. «No», concluse alla fine scrollando le spalle. «È più forte di me, con la Donnola.»
La Grifondoro alzò gli occhi al cielo.
«Dovremmo concentrarci sul progetto della McGranitt» lo rimproverò tirando fuori i libri di Trasfigurazione. «Non abbiamo ancora neanche mezza idea di cosa fare.»
«Dammi tregua, Granger» borbottò scocciato il giovane. «Sono chiuso qui dentro ventiquattro ore su ventiquattro. Sono annoiato a morte.»
«Vuoi fare una partita a Scacchi?» domandò sarcastica lei.
«Portami notizie dal mondo esterno» asserì Draco ignorando la sua battuta pungente.
«Come? Cosa dovrei dirti?»
Hermione non era nota per tendere l’orecchio cercando di carpire i pettegolezzi che giravano nella scuola.
Draco fece spallucce. «Che ne so, Granger. Tipo, la Cooman nasconde ancora le sue bottiglie di Sherry nella Stanza delle Necessità?»
«Draco!» esclamò la ragazza indignata. «Non è divertente! So che sei stato tu a cacciarla via quella notte… era terrorizzata!»
«Era ubriaca» la corresse lui con nonchalance. «Probabilmente non se lo ricorda neanche più.»
Gli rivolse un’occhiataccia di rimprovero, a cui il ragazzo rispose con uno sbuffo.
«Te l’ho detto, Granger, mi annoio a morte. E poi, pensavo che tu più di tutti condividessi la mia opinione sulla materia…»
«Non c’entra, la Cooman è pur sempre una persona!»
«Va bene, vorrà dire che dovrò ampliare la mente, allora» borbottò sarcasticamente Malfoy.
«Usate l’occhio interiore per vedere il futuuurooo» rispose la ragazza, imitando la voce della professoressa mentre ridacchiava divertita.
Draco le rivolse un’espressione indecifrabile.
Eccola di nuovo, la risata della Granger
«Che mucchio di stronzate» commentò il Serpeverde tornando in sé.
«Harry e Ron hanno un mucchio di E in Divinazione…»
Il biondino alzò un sopracciglio a quell’informazione.
«Mi stai dicendo che il loro occhio interiore funziona meglio del loro cervello, Granger? Sono scioccato!»
Hermione alzò gli occhi al cielo. «No, predicono la loro morte un mese sì e l’altro pure» spiegò scrollando le spalle. «E tutti sanno che la Cooman adora le tragedie.»
«È così da Serpeverde» commentò Draco con una smorfia a metà tra l’indignato e il divertito.
«Ho il sospetto che Harry non sia stato immediatamente smistato a Grifondoro» rivelò la Granger. «Anche se non ha mai detto nulla al riguardo. Qualcosa delle Serpi ce l’ha…»
Il ragazzo arricciò il naso al pensiero di avere Potter nella sua stessa Casa e dover convivere con la sua faccia da schiaffi costantemente.
«Preferisco l’ordine naturale degli eventi, Granger.»
Hermione rise. «Sì, uno come Harry non si sarebbe comunque trovato bene tra di voi.»
Draco si irrigidì a quelle parole.
«Non intendevo…»
«Puoi dirlo, Granger. Siamo freddi e pensiamo solamente a noi stessi» la interruppe caustico lui. «Il povero, piccolo, Potter si sarebbe trovato male con noi, vero?»
«Draco…»
«Tu credi che a noi piaccia?» le chiese gelidamente. «Essere cresciuti in questo modo? Non ricevere mai un briciolo di affetto, non essere in grado di darne? Non poterne dare e non avere alcuna autorità decisionale in merito?»
La Grifondoro deglutì. «Non volevo…»
«Sai cosa si prova Granger a realizzare che la tua vita non conta poi così tanto per i tuoi stessi genitori?» proseguì imperterrito Draco. «A sapere di essere stati venduti a un pazzo psicopatico dal tuo stesso padre, che pensa addirittura che dovrei ringraziarlo per questo?»
La mano di Hermione si chiuse delicatamente sul braccio destro del ragazzo, che sussultò leggermente a quel contatto.
«No, non lo so» ammise lei. «Ma non credo che i tuoi genitori non ti vogliano bene, Draco. Nonostante non te l’abbiano mai detto.»
Il giovane rise. «Non lo hanno neanche mai dimostrato, Granger. A meno che tu non creda che un paio di lettere per informarsi dei miei progressi scolastici e dei regali mandati via posta siano una dimostrazione sufficiente a far sentire una persona amata… e non mi sembri il tipo.»
Draco trasse un respiro profondo e chiuse gli occhi. «Non ce l’ho, un ricordo abbastanza felice e intenso da permettermi di evocare un Patronus» confessò con un nodo in gola. «E persino quei pochi ricordi che posso dire felici, diventano inutili quando hanno lasciato che venissi marchiato come una bestia da macello, Granger» mormorò in tono carico di rancore. «Mi hanno mandato a morire e non hanno mosso un dito per cercare di impedirlo.»
«Tua madre ti ha aiutato, però…»
Un sorriso triste comparve sul volto del Serpeverde. «Sai perché ci crescono così, Granger?»
La Grifondoro corrugò la fronte.
«Perché se non sei mai stato amato non puoi sentirne la mancanza quando sposi una persona esclusivamente basandoti su prerequisiti di sangue e ricchezza. Perché una persona che non è in grado di amare è facilmente controllabile e non si oppone ai valori che gli sono stati inculcati. Perché una persona fredda e distaccata si farà stare bene sempre qualsiasi decisione presa dal capofamiglia e non farà mai domande…»
Draco strinse i pugni sul tavolo. «Amare è distruggere ed essere amati vuol dire essere distrutti*» mormorò come se fosse un mantra, come se quella frase gli fosse stata fatta ripetere migliaia di volte in passato. «La prima lezione di Lucius Malfoy al figlio di quattro anni.»
Hermione non si aspettava tutto quello sfogo per via di una battuta che aveva fatto; voleva solamente dire che la personalità di Harry e quella di Draco avrebbero cozzato in maniera tale da rendere impossibile una qualsiasi convivenza tra i due in Casa Serpeverde e con il resto dei compagni. Per la prima volta, però, Hermione Granger si trovò a corto di parole.
Come si poteva commentare tutto quello? Aumentò la presa sul braccio del ragazzo, sperando che capisse che quello era il suo modo per cercare di infondergli… cosa, forza? Solidarietà?
«Sai qual è la parte più ironica di tutta questa storia?» le chiese poi dopo un attimo di silenzio.
Hermione scosse la testa lentamente, aveva un’espressione triste stampata sul volto che Draco non riusciva a guardare, per cui fissò lo sguardo in un punto indefinito infondo alla stanza.
«Che i miei genitori erano tra i pochi fortunati ad aver avuto la possibilità di sposare la persona che amavano» disse con un fil di voce. «E mi hanno cresciuto comunque così.»

 

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Capitolo 37
*** CAPITOLO 32 ***


CAPITOLO 32













«L’ultima volta che siamo stati qui, ti è quasi venuto un infarto» commentò Hermione scoppiando a ridere. Avrebbe voluto vedere la faccia di Draco mentre lo diceva, sicuramente la stava osservando scocciato e indignato da sotto il Mantello, in quel momento.
«Non è stato divertente, Granger» ribatté piccato lui.
«Oh, per me sì, te lo assicuro» insisté lei divertita dal ricordo del viso di un piccolo Malfoy terrorizzato mentre veniva colpito da palle di neve che sbucavano fuori dal nulla.
Lo sentì sbuffare sonoramente e zittirsi subito dopo.
Si sedettero su un masso; sapeva che Draco era accanto a lei perché il Mantello le solleticava il braccio di tanto in tanto.
«Vi invidiavo, lo sai?» confessò dopo un po’ il Serpeverde. «Per la vostra amicizia, io non…»
«Tu avevi Crabbe e Goyle» lo interruppe la Grifondoro, con un’espressione confusa sul viso.
«Crabbe e Goyle erano solo dei tirapiedi, Granger. E neanche tanto validi, a dirla tutta. L’amicizia fa parte delle cose che ci insegnano a non volere…»
Hermione si voltò a guardarlo anche se non poteva vederlo.
Lo sentì ridere mestamente. «In realtà, non sono mai stato molto bravo a seguire le direttive di mio padre, come vedi. Per quanto ci provassi e mi sforzassi… Lo idolatravo eppure non riuscivo ad essere come lui, come voleva che fossi.»
Draco pensò che aprirsi sotto un Mantello dell’Invisibilità fosse in qualche modo più semplice del farlo mentre si guardava una persona negli occhi; o meglio, l’idea che l’altra persona non potesse guardare lui in faccia mentre diceva quelle cose lo faceva sentire più a suo agio. Poteva esternarle e al contempo illudersi di non star dando via un pezzetto di ciò che aveva sempre dovuto tenere dentro di sé, un pezzetto della barriera che aveva costruito attorno al suo cuore.
Draco si chiedeva se il suo cuore funzionasse come quello di tutti gli altri o se fosse permanentemente danneggiato dall’educazione che gli era stata impartita.
«Vi invidiavo anche per la gloria che seguiva le vostre spericolate azioni» ammise ancora con una punta di amarezza nella voce. «I vostri atti eroici che vi facevano sempre vincere quella maledetta Coppa delle Case. Ora, invece, non faccio che domandarmi come facciate ad affrontare questa roba da quando avevate undici anni…»
Hermione si portò la mano dietro la nuca e prese a torturarsi il collo; da quel gesto, Draco comprese che dovesse sentirsi leggermente a disagio o che le sue parole le stessero dando da pensare.
Ringraziò di avere addosso il Mantello e che la ragazza non potesse vedere come la stava guardando in quel momento, il fatto che avesse deglutito non appena lei aveva esposto il collo…
«A me è sembrato tutto più grande di me fin da subito.»
«Non abbiamo mai avuto la possibilità di essere solo dei ragazzini» sussurrò la Grifondoro con lo sguardo perso nel vuoto. «Avremmo tutti volentieri dato a qualcun altro quella gloria, se avesse comportato una vita tranquilla e normale. Soprattutto Harry, per quanto ci sia gente convinta che vada alla ricerca di attenzioni e guai…»
Draco assottigliò gli occhi; lui era tra quelle, prima che capisse che per Potter era sempre stata una questione di “combatti o muori”, che neanche lui aveva potuto dire la sua in merito al venire coinvolto in tutta quella storia.
«La verità è che non ha chiesto nulla di tutto ciò che gli è accaduto, ci è capitato dentro e basta. Ma chiediglielo, Draco e ti dirà che darebbe via tutto pur di essere sempre stato un ragazzino qualunque ed avere ancora i suoi genitori e il suo padrino.»
Malfoy tacque a quelle parole ed Hermione non aggiunse altro; tornò a fissare la Stamberga Strillante, mentre un nodo le si formava alla gola.
Lì è dove Minus ci è scappato…
«Sono comunque convinto che Lenticchia e Potter sarebbero morti al primo anno, senza di te.»
La voce di Draco la riportò alla realtà, impedendole di ricadere nell’oscurità dentro di sé e nei suoi ricordi dolorosi.
«Non ti infastidisce essere sempre all’ombra di quei due?»
Hermione rise.
«Non cerco fama, Malfoy. Quando abbiamo deciso che saremmo stati noi tre, sapevamo a cosa andassimo incontro e sapevamo anche che, nonostante tutto, saremmo sempre stati all’ombra di Harry» affermò giocando con le sue stesse mani. «Ron è quello che ogni tanto fa ancora fatica ad accettarlo, ma ci sta, lui ha scelto di essere coinvolto. Io… non lo sapevo ancora, ma sarebbe comunque diventata la mia guerra.»
 
«Chi era la persona con cui in teoria avresti dovuto vederti a Hogsmeade?» domandò Draco appena furono rientrati al Dormitorio Segreto.
Trovarono due tazze fumanti sul tavolino tra i divani ad aspettarli.
Hermione assottigliò gli occhi. «Hai fatto dire agli elfi di preparare il the?»
Il Serpeverde le sorrise con impertinenza. «Perché dovrei farmelo io se possono farlo loro? Sono qui per questo.»
La Grifondoro si portò la lingua sui denti e poi se la morse per non intavolare quel discorso proprio con Malfoy. I suoi passi avanti umanamente parlando erano già un miracolo di per sé, non se la sentiva di rischiare avanzando ulteriori richieste al cosmo.
«Allora? Hai intenzione di dirmelo?»
«Justin Finch-Fletchley» rispose lei sospirando rassegnata e sedendosi sul divano opposto a quello di Draco.
«E lui con chi si doveva vedere?»
Hermione lo osservò di sottecchi. «Te l’hanno mai detto che sei un pettegolo di prima categoria?»
«Com’è che dici tu quando ti dico che sei una ficcanaso? Oh, sì. Sono di natura curioso, Granger!»
La ragazza sbuffò nel sentirlo usare la sua stessa arma contro sé stessa.
«Non posso dirtelo» asserì in tono categorico.
«Oh, andiamo, Granger! Sono morto» insisté lui. «A chi dovrei dirlo? Al Barone Sanguinario?»
La ragazza suo malgrado sorrise.
«Ha una storia con una ragazza… I genitori non approverebbero e quindi si vedono in segreto.»
«Daphne Greengrass» dedusse immediatamente il Serpeverde.
Hermione lo sguardò con gli occhi sbarrati. «Cosa? Come hai fatto…»
«Per quanto Daph e Tory cerchino di nasconderlo, è abbastanza evidente che non condividano la linea purosanguista; le voci corrono tra i Purosangue.»
«Principalmente perché siete rimasti quattro gatti» commentò la ragazza mangiando dei biscotti caldi. «Daph e Tory?», chiese poi, alzando un sopracciglio e rivolgendogli un sorrisetto malizioso.
Draco arrossì leggermente, ma Hermione non se la sentì di prenderlo in giro per quello. Era curiosa e se lo avesse sfottuto non le avrebbe più detto nulla. Ormai lo conosceva abbastanza bene da sapere cosa lo indispettisse, cosa lo indisponesse e quando poteva permettersi di punzecchiarlo senza far fuoriuscire il Draco scontroso e tagliente.
«Mi sono avvicinato a loro dopo Natale» raccontò il giovane. «Quando il contratto con Pansy è saltato, il Signor Greengrass ha immediatamente fatto richiesta per Daphne…»
Hermione fece una smorfia di disgusto; le faceva davvero ribrezzo quel modo di ragionare in merito ai matrimoni.
«Ma mio padre ha rifiutato, perché era a conoscenza delle voci che corrono qui a Hogwarts. Allora il signor Greengrass ha iniziato a spingere per Astoria, con lo stesso risultato…»
«Ti controlla da Azkaban?» chiese sorpresa la Grifondoro.
«Continua ad essere il capofamiglia, Granger. Tutte le decisioni passano da lui.»
Hermione borbottò qualcosa sul patriarcato e sul fatto che avrebbe dovuto essere superato, ma Draco non ci fece caso e continuò a parlare.
«Se non fossi morto sicuramente avrebbe stipulato un contratto con qualcuna entro giugno.»
La ragazza corrugò la fronte. «Perché?»
«Perché dopo avrei avuto diciassette anni e sarei stato io a dover firmare. I contratti vengono stipulati tutti prima dei diciassette anni in modo che…»
«Che il figlio o la figlia non possa opporsi in alcun modo alla decisione presa... Merlino, è assurdo!» terminò per lui la giovane, con aria indignata.
«Perché avrebbe dovuto farlo, comunque, sapendo che tu avresti seguito lo stesso i prerequisiti da lui indicati?» chiese dopo aver tratto un lungo respiro Hermione.
Stava pensando che forse oltre alla questione degli elfi avrebbe dovuto inventarsi qualcosa per aiutare i bambini Purosangue mettendo al bando quelle pratiche medievali; per la questione dei pregiudizi inculcati, avrebbe sperato che venissero superati con la fine della guerra.
«Perché stavo premendo per accettare la proposta per Astoria» confessò il Serpeverde.
La mascella di Hermione cadde.
«Ci siamo… avvicinati, dopo le vacanze. E abbiamo parlato un po’. Tory mi ha detto che non le piacciono gli uomini e io ho pensato… insomma, che fosse la soluzione perfetta» ammise il biondino, distogliendo lo sguardo dalla Granger. «Una volta compiuti gli obblighi da contratto…»
L’erede, pensò Hermione, ma Draco non lo disse.
«…non avrebbe preteso nulla da me e io non avrei preteso nulla da lei. Cosa che dubito farebbe qualsiasi altro marito venisse obbligata a sposare.»
«Quindi le avete proprio tutte» commentò stizzita la Grifondoro. «Siete anche omofobi.»
«Smettila di includere anche me quando ne parli, Granger!» sbottò Draco prima che potesse impedire alle parole di uscire dalla sua bocca. «Ed è un mondo conservatoriale, qualsiasi cosa vada contro la tradizione… è considerata tradimento» aggiunse prima che la giovane potesse ribattere alla sua uscita spontanea, sperando quasi che se la dimenticasse. Abbassava già troppo la guardia, con lei, per darle tutto quel libero accesso alla sua sfera interiore.
Hermione quell’obiezione di Draco non l’aveva sentita; stava riflettendo su quello che aveva provato a fare per Astoria. Vero, da come ne parlava sembrava che tornasse comodo anche a lui, prendere in moglie qualcuno che non avrebbe preteso impegno da parte sua, ma… Quello che era disposto a fare implicava rinunciare a qualsiasi parvenza di normalità in una vita coniugale.
E Draco restava un uomo.
«Hai detto che normalmente i Purosangue hanno solo un figlio…» le tornò in mente in quel momento. «Ma alcuni ne hanno più di uno. Ci riprovano solo se il primogenito è una femmina?»
Il ragazzo annuì. «Cercano di mandare avanti il cognome per linea diretta…»
Hermione fece una smorfia. Sì, avrebbe sicuramente cercato di bandire quelle pratiche orrende e medievali.
Se sopravvivrò alla guerra, si ripeté mentalmente. Non faccio piani a lungo termine, non penso al futuro. Mai pensare al futuro, Hermione, ricordalo sempre.
«Perché fai tutte queste domande, Granger? Perché ti interessa tanto sapere queste cose?» domandò all’improvviso Draco, studiandola con curiosità mentre dava un morso a una mela verde.
Cos’è con questo ragazzo e le mele verdi? Pensò la Grifondoro tra sé e sé.
Hermione divenne paonazza dall’imbarazzo. «Non è che esistano libri su come… cioè qualcosa c’è ma… Insomma, sono curiosa di natura, ricordi?»
 
*

Ci era arrivata, finalmente! Aveva avuto un’idea per quel dannatissimo progetto di Trasfigurazione.
Se Draco avesse avuto da ridire, gli avrebbe detto di pensare lui a qualcosa o di farselo stare bene.
Si mise a correre per le scale, diretta al sesto piano e si fiondò in direzione del Dormitorio.
Aveva l’affanno una volta raggiunta nella Sala Comune del posto, ma Malfoy non era da nessuna parte.
«Traditore» ringhiò in direzione di Grattastinchi, che sonnecchiava pigramente sul divano e mosse appena le orecchie come cenno di aver incassato l’insulto.
«Malfoy! Dove diavolo sei?» urlò poi, spostando lo sguardo dal bagno alla porta della sua stanza.
«Ho un’idea per il progetto!»
Il Serpeverde aprì la porta del bagno e sporse fuori il capo. «Mi daresti un secondo, Granger?» le chiese irritato. «A meno che tu non voglia vedermi nudo…»
Hermione arrossì. «Muoviti» disse esibendo un tono altrettanto scocciato.
Ma quando Draco richiuse con un po’ troppo vigore l’anta, spingendo il vapore nella sua direzione, Hermione venne investita in pieno dal profumo del ragazzo e si pietrificò all’istante.
Amortentia. Che diavolo stava facendo Malfoy con l’Amortentia? Perché Malfoy odorava di Amortentia in primo luogo?
No, ragionò nella sua mente. Non era Malfoy a odorare di Amortentia… Era la sua Amortentia a odorare di Malfoy.
Quella era la fragranza che non aveva saputo identificare: il profumo di Draco. E l’altra essenza allora doveva essere… mela verde.
Oh.
La ragazza impallidì e iniziò a tremare.
Oh, no. No, no, no.
Non poteva davvero aver sentito Draco Malfoy nell’Amortentia… tutti quei mesi prima poi! E come diavolo aveva fatto a non accorgersene prima? A fare quell’associazione solo in quel momento?
Ecco perché il profumo di Malfoy mi era così familiare… lo avevo già sentito, nell’Amortentia.
Ma come ci era finito lì?
Doveva averlo avvertito la prima volta che gli si era avvicinata veramente, mentre lo aiutava durante le sue crisi, quando non stava di certo pensando alla colonia di Draco Malfoy, ecco perché non lo aveva riconosciuto quando lo aveva sentito nella pozione…
L’Amortentia ha un odore diverso per ogni persona, a seconda delle fragranze che più gli piacciono, anche inconsapevolmente.
Ripeté quelle nozioni nella sua mente.
Anche inconsapevolmente, anche se la persona stessa non sa o non si rende conto di apprezzare quella fragranza
Rabbrividì, mentre rievocava la definizione della pozione.
Solitamente la persona sente l’odore del soggetto che l’attrae di più, o di cui è innamorata.
Hermione deglutì. Non poteva sentire Malfoy nella sua maledettissima Amortentia!
Non era attratta da Draco e certamente non ne era innamorata. Che accidenti significava allora?
Sentì la serratura del bagno scattare… e corse via, sbattendosi la porta alle spalle senza proferire una parola.
«Granger?» la chiamò il giovane quando ebbe raggiunto la Sala Comune.
Si guardò attorno confuso e perplesso.
Dove cavolo è finita? Pensò.
 
Hermione non aveva corso mai tanto velocemente in vita sua.
Si precipitò nel bagno dei Prefetti al quinto piano e sigillò la porta; riempì la grande vasca di acqua e sapone, poi si spogliò e vi si immerse interamente.
Si lasciò inebriare dal profumo di legno di sandalo, quella fragranza così confortante e rassicurante; il suo odore, l’odore di Cedric
Sperava di cancellare dalla sua mente la consapevolezza di percepire l’ultima persona al mondo che avrebbe dovuto sentire nell’Amortentia… Malfoy.
Non sono attratta da Draco Malfoy. Non sono attratta da Draco Malfoy.
Hermione si prese i capelli tra le mani; sarebbe stato un gran casino se fosse stata in qualche modo attratta da lui… Non aveva mai fatto alcun pensiero… romantico sul Serpeverde, né a sfondo sessuale… niente di niente.
Forse l’ho sentito perché in quel periodo cercavo di capire cosa gli stesse accadendo… forse si intende attrazione anche in quel senso
Cercava di giustificare la cosa tra sé e sé, finché non gli ritornò in mente il modo in cui il ragazzo si portava una mano sotto il mento quando ragionava, passandosi le dita sulle labbra… il modo in cui se le inumidiva quando doveva dire un’ovvietà o le conclusioni dei suoi ragionamenti… le considerazioni che aveva involontariamente fatto sulle sue mani… il modo in cui si passava una mano tra i capelli quando era nervoso…
Porca puttana! esclamò dentro di sé.
Non sono attratta da Draco Malfoy. Non sono attratta da Draco Malfoy.
Si rivestì in men che non si dica.
Avrebbe gestito la situazione alla maniera babbana, visto che quella magica si era rivelata una orrenda e perfida traditrice.
Avrebbe usato il metodo del chiodo scaccia chiodo.
Si era ripromessa di chiudere quella storia una volta per tutte, di non farlo di nuovo.
Ma a mali estremi…
Non poteva essere attratta dalla persona che più di tutte l’aveva schernita e denigrata nella sua vita. Non quando poteva fare qualcosa per evitarlo.
Non avrebbe tollerato anche quell’umiliazione.
 
«Vieni con me» ordinò a McLaggen, afferrandolo per un braccio e trascinandolo dritto in direzione della Stanza delle Necessità.
«Hermione, tutto bene?» chiese perplesso il ragazzo, faticando a starle dietro.
«Benissimo» confermò lei, tirando fuori una bottiglia di Firewhiskey da un angolo della stanza che era apparsa come da sua richiesta.
«Piccola festa privata, McLaggen. Che ne pensi?»
Cormac le rispose con un sorrisetto malizioso.
«Credevo che non volessi più…»
«Un’ultima volta, Cormac. Va bene?» lo interruppe subito lei; il ragazzo non fece obiezioni.
 
Si erano addormentati. Ubriachi. Nella Stanza delle Necessità.
Aveva infranto l’unica regola del sesso occasionale: mai, mai dormire con il partner.
Cazzo. Maledizione! Dovevo risolvere la situazione, non peggiorarla su due fronti…
Il braccio di McLaggen, che era chiuso attorno alla sua vita, la strinse più forte spingendola ancora di più contro il suo corpo nudo.
«Cormac, svegliati!» lo chiamò agitata. «È tardi. Dobbiamo tornare in Sala Comune!»
Erano le sette di mattina. Avrebbero dovuto sbrigarsi o tutti si sarebbero resi conto che avevano passato la notte fuori… insieme.
Il giovane mugugnò in segno di protesta, ma quando fu colpito da un cuscino in testa si svegliò.
«Granger, perché tanta fretta?»
«Perché ci siamo addormentati ed è mattina, Cormac» rispose lei caustica.
«Sarebbe così terribile? Uscire allo scoperto?» domandò lui deglutendo e scrutandola triste mentre la osservava rivestirsi.
«Sì», asserì decisa lei. «Il mondo magico è palesemente chiuso di mente. Figurati se capirebbero questo!»
Cormac corrugò la fronte.
«Non c’è nulla con cui uscire allo scoperto, comunque. Ora rivestiti e aspetta dieci minuti prima di uscire» aggiunse, poi raccolse le sue cose e lasciò la Stanza prima che McLaggen avesse il tempo di dire qualsiasi cosa.
 
Per la legge secondo la quale quando due cose andavano storte di fila, una terza era pronta a seguire, incontrò la McGranitt al quinto piano.
«Signorina Granger!» la chiamò non appena la vide.
Hermione imprecò dentro di sé.
«Tutto bene? Già in piedi?»
«Sono mattiniera, professoressa» le disse con un finto sorriso sulle labbra. «Speravo di recuperare un libro in biblioteca, ma ovviamente non è ancora aperta. Devo aver visto male l’orario…»
La McGranitt annuì. «Volevo ricordarle che la scadenza per la comunicazione del tema scelto da lei e… ehm, il suo compagno di progetto, è questo pomeriggio» la informò preoccupata. «Mi è sembrato molto strano che non lo abbia fatto ancora, signorina Granger. E anche… il suo compagno… Siete gli studenti più brillanti del corso. C’è qualche problema? State incontrando delle… difficoltà relazionali?»
Hermione la guardò sbattendo le palpebre.
Maledizione! Ecco perché era andata correndo da Malfoy il giorno prima! Dovevano parlare del progetto, definire l’idea da presentare… quel pomeriggio. E invece lei aveva perso la testa quando aveva riconosciuto il suo dannato profumo nella stramaledettissima Amortentia.
«Tutto bene, professoressa. Lo consegneremo in tempo» le assicurò, rivolgendole un ampio sorriso che però non le arrivò agli occhi.
«Bene, signorina Granger. Ci vediamo a colazione allora.»
 
Hermione non andò a colazione quella mattina; corse dritta al Dormitorio Segreto per parlare con Draco.
«Malfoy!» strillò dall’ingresso, ma quando si rese conto che non lo avrebbe svegliato in quel modo, si diresse verso la porta della sua camera da letto e prese a bussare con forza.
«Malfoy! Svegliati!»
Il Serpeverde aprì gli occhi di soprassalto e corse alla porta, senza preoccuparsi di indossare una maglietta, ma avendo l’accortezza di nascondere il braccio con il marchio dietro il muro che lo separava dalla giovane. La Granger lo aveva già visto, ovviamente, ma lui non si sentiva ugualmente a suo agio mostrandolo… soprattutto a lei.
«Granger! Che succede?» le domandò preoccupato e con il fiatone.
Hermione, trovandosi davanti un Draco Malfoy senza maglietta, arrossì.
Non sono attratta da Draco Malfoy. Non sono attratta da Draco Malfoy
«Ehm… il progetto» farfugliò cercando di destarsi dai suoi pensieri, «la scadenza per la presentazione dell’idea è questo pomeriggio…»
Il biondino respirò a fondo per contenersi e poi si inumidì le labbra.
Oh, che cazzo! Pensò la Grifondoro stizzita.
«Fammi capire, Granger. Mi hai buttato giù dal letto in quel modo alle sette di mattina per questo
Lei deglutì. «Veramente, sono le sette e trenta» lo informò con una punta di acidità nella voce e distogliendo lo sguardo da lui. «E vedi di metterti qualcosa addosso!»
«Credevo che fosse urgente, Granger. Che fosse successo qualcosa! E non ho pensato ad indossare una fottuta maglietta» ribatté irritato Draco.
Faceva sul serio, quella mattina, la Granger?
E perché indossava ancora i vestiti del giorno prima?
Il giovane afferrò una camicia dalla sedia e se la mise addosso, uscendo dalla stanza prima ancora di iniziare a richiudersela.
Oh, questo non lo voglio vedere pensò Hermione. Non voglio vedere come Draco Malfoy si richiude la camic-… troppo tardi.
Hermione abbassò lo sguardo sulle sue scarpe, mentre il ragazzo le passava accanto. Avrebbe dato qualsiasi cosa per trovarsi altrove in quel momento, in qualsiasi altro posto, tranne lì.
Non si era accorta che Draco si era fermato a guardarla, così prese a camminare e gli sbatté contro, per poi alzare il volto e incontrare i suoi occhi grigi.
Deglutì. «Ho tr-trovato qu-qualcosa. Un’idea… progetto. S-se ti v-va bene… consegnare…»
Normalmente, il giovane l’avrebbe presa in giro in qualche modo sentendola farfugliare in quel modo, ma fu distratto da un dettaglio che attirò la sua attenzione e lo infastidì; una smorfia comparve sul suo volto, riportando Hermione a quando era solito guardarla con un’espressione disgustata, mentre la insultava e le sputava addosso il suo veleno…
«Granger» asserì con un tono di voce indecifrabile. «Da quando indossi profumi maschili?»
Hermione divenne rossa dall’imbarazzo.
«Io n-non… Mi sono addormentata…»
Il cuore di Draco perse un battito, mentre faceva i calcoli e una consapevolezza prendeva forma nella sua mente.
Oh. Quello era il profumo della Piovra, erano stati di nuovo insieme… ci aveva dormito insieme, a giudicare da come il suo odore le si era impregnato addosso e dal fatto che indossava gli stessi abiti che le aveva visto il giorno prima…
«Credevo che non andassi più a letto con McLaggen» disse Malfoy cercando di mantenere fermo e neutrale il tono della voce, cercando di ignorare quella strana sensazione che stava prendendo vita all’altezza dello stomaco e che era completamente estranea per lui.
«Lascia stare, va bene?» sbottò la Grifondoro, dirigendosi verso il tavolo senza guardarlo e tirando fuori delle pergamene vuote e la boccetta di inchiostro con la sua piuma. «Oggi non è giornata.»

 

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Capitolo 38
*** CAPITOLO 33 ***


CAPITOLO 33














Draco si rigirò nel letto per quella che doveva essere la milionesima volta quella sera e ringhiò dalla frustrazione.
Non riusciva a dormire; gli era stato impossibile concentrarsi su qualsiasi cosa quel pomeriggio e poi era arrivata la sera e aveva pensato di potersi almeno riposare. Aveva persino preso una pozione per il sonno senza sogni per evitare di venire tenuto sveglio dagli incubi… Ma il suo problema quella notte non erano i suoi ricordi; non c’era pozione che gli permettesse di togliersi dalla testa quelle orrende immagini.
«Dannazione!» sbottò, gettando contro il muro il cuscino sotto il quale aveva nascosto la faccia, sperando che quel gesto lo aiutasse ad oscurare il ricordo delle mani della Piovra sulla schiena della Granger.
Continuava a figurarseli insieme e aveva ancora quell’orribile odore impresso nelle narici.
Che ci trovava la Granger in quell’essere idiota non riusciva proprio a capirlo, né tantomeno comprendeva il motivo per cui quei pensieri continuavano a tornargli in testa a intermittenza, torturandolo senza sosta… Non capiva quella sensazione che avvertiva, un misto tra fastidio e irritazione, ogni volta che la sua mente ritornava a quella sera nel bagno di Mirtilla Malcontenta, la sera in cui li aveva visti insieme. E certamente non vedeva la ragione per cui il suo cervello dovesse essere tanto intenzionato a rammentargli quell’episodio.
Erano insieme anche in quel momento, mentre lui faticava ad addormentarsi e a raccogliere i propri pensieri?
Sbuffò, scendendo sgraziatamente dal letto e dirigendosi verso la cucina; si sarebbe preparato uno di quegli intrugli babbani della Granger, una camomilla. Magari quella lo avrebbe aiutato a dormire.
 
«La McGranitt ha approvato la nostra idea» asserì la Granger non appena fu entrata nel Dormitorio. «Dovremmo iniziare a lavorarci su, ora.»
Aspettò che Draco si fosse accomodato per primo, così da occupare la sedia più lontana dal ragazzo; non poteva permettersi errori da quel momento in poi. Doveva soffocare qualsiasi cosa il suo corpo stesse cercando di dirle, doveva evitare anche il minimo contatto con lui per impedire a sé stessa di alimentare quella chimera che non avrebbe fatto altro che annientarla definitivamente.
Il Serpeverde corrugò la fronte, notando lo strano atteggiamento della giovane e provò persino a chiederle se fosse tutto a posto, ma lei si limitò ad annuire e a rispondere con una scrollata di spalle quando le disse che si stava comportando in maniera bizzarra.
«Dobbiamo concentrarci sul progetto, Malfoy» lo redarguì scoccandogli un’occhiataccia. «Smettila di distrarti!»
E quella era un’altra questione; non solo dopo quella mattina in cui avevano concordato di procedere con l’idea della Granger, la Grifondoro non si era fatta viva per due giorni, - non che lui l’avesse chiamata comunque, era a fatica riuscito a liberarsi della puzza di pesce nel naso e non aveva intenzione di rischiare di ripetere l’esperienza se il motivo per cui la ragazza non stava andando al Dormitorio era McLaggen -, ma aveva anche constatato che aveva ricominciato a chiamarlo per cognome. Lo faceva ancora, di tanto in tanto, certo, ma per lo più usava ormai il suo nome di battesimo e vederla fare un passo indietro gli aveva provocato un moto d’irrequietezza di cui non sapeva esattamente che fare.
Draco non era abituato a tutte quelle cose; stava provando, nell’ultimo periodo, molte emozioni che non aveva mai provato prima, che non aveva mai permesso a sé stesso di provare prima; avrebbe voluto continuare ad impedirselo, ma non sembrava più esercitare alcun controllo su quello che sentiva o pensava… Almeno quando c’era lei di mezzo.
Come se non bastasse, la Granger sembrava caparbiamente determinata a evitare qualsiasi contatto fisico con lui, anche involontario, peggio di quanto non facesse lui quando era accecato da quegli stupidi pregiudizi.
Un passo avanti, una battuta d’arresto, due passi indietro.
Ricordò a sé stesso che era così che funzionavano le cose con lei, che era sempre stato così tra loro due.
Ad ogni passo avanti che facevano seguiva una battuta d’arresto… e poi due passi indietro. Sempre, fisso, era lo schema che il loro rapporto sembrava seguire rigorosamente.
Ma Draco ne aveva avuto abbastanza; non era mai stato paziente e ci stava davvero mettendo tutto sé stesso per diventare una persona decente, per essere meritevole di quello che la Granger aveva fatto per lui… non poteva continuare così, però. Non sopportava quella distanza che la Grifondoro stava cercano di ristabilire tra di loro; lui si era aperto con lei, si era confidato… le aveva raccontato cose che non aveva mai detto a nessuno. Cose della sua infanzia, cose che riguardavano sé stesso, cose che gli era sempre stato ordinato di tenere per sé. Le stava mostrando quello che rimaneva di Draco Malfoy una volta rimossa la maschera di freddezza e superbia che aveva sempre indossato; le stava mostrando chi fosse realmente.
Solo un sedicenne, che, come ogni altro ragazzo della loro età, aveva delle insicurezze, dei problemi, dei desideri… un sedicenne che si era reso conto di volere di più di quello che aveva sempre avuto e che non sapeva come fare a prenderselo, né tantomeno se meritasse di prenderselo.
La Granger si stava comportando così per fargli capire che lei non poteva dargli quello che le aveva fatto intendere di volere? Un’amicizia? Era troppo chiedere, da parte sua, che dessero un nome a qualunque cosa fosse il loro rapporto? Sperare che non fosse solo una… cosa di circostanza?
Il pensiero di essere solo un peso per lei gli diede la nausea; l’idea che l’unico motivo per cui la Granger continuasse ad andare da lui fosse che era il suo Contatto e che doveva necessariamente portargli gli appunti e aiutarlo a restare al passo con le lezioni… perché Silente glielo aveva chiesto… non poteva sopportarla. Avrebbe significato che i loro momenti insieme non avevano avuto alcuna importanza per lei; che aveva ingoiato il proprio orgoglio e si era aperto con lei anche a costo di sembrare debole e insicuro, per nulla. Non poteva accettarlo e non voleva accettarlo.
Perché diavolo ti importa così tanto? si domandò tra sé e sé.
La Granger prese a massaggiarsi la nuca, distogliendolo da quei pensieri e facendoli dirigere altrove; come all’invitante collo che si ritrovava e che al momento stava esponendo…
«Malfoy, mi stai ascoltando?»
Draco ritornò alla realtà e rimase immobile a guardarla, in silenzio, sbattendo le palpebre confuso.
L’orologio alle spalle della Grifondoro segnava mezzora avanti rispetto a quando l’aveva controllato l’ultima volta, proprio prima che scivolasse nel suo flusso di coscienza… La Granger aveva parlato per trenta minuti e lui non aveva la minima idea di quello che gli aveva detto.
«Ehm», fece lui, grattandosi un punto dietro alla testa.
La giovane sbuffò e ruotò gli occhi.
«Si può sapere dove hai la testa oggi?»
A te, stupida avrebbe voluto risponderle, ma si limitò a fare spallucce.
Un’immagine della Piovra che la baciava sul collo gli passò fugacemente per la mente, facendogli contorcere le viscere e stringere i pugni con forza.
«Ho bisogno di un attimo» disse bruscamente alzandosi dal tavolo. «Credo di non sentirmi molto bene.»
Lei gli rivolse un’occhiata apprensiva e il suo sguardo cadde immediatamente sull’avambraccio sinistro del Serpeverde.
«Non è quello» aggiunse caustico, correndo in direzione del bagno e chiudendosi la porta alle spalle.
Si gettò dell’acqua fredda sul viso e trasse dei lunghi respiri; poi prese a guardarsi allo specchio.
Che cavolo mi sta succedendo?
Le parole che Piton gli aveva rivolto tempo prima gli balenarono nella testa all’improvviso.
Signor Malfoy, le consiglio vivamente di togliersi dalla testa la Signorina Granger. L’ho già avvisata una volta, riguardo al suo… attaccamento per lei. Mi creda quando le dico che non va mai a finire bene, in questi casi.
Era come diceva lui? Stava fabbricando nella sua mente l’idea di poter avere un rapporto vero e sincero con lei, immaginando segnali illusori che non esistevano veramente? Poteva davvero permettersi di sperare che la Granger potesse in qualche modo tenere a lui nonostante tutto quello che le aveva fatto in passato?
Ti ha aiutato! A lei importa di te…
Ma se non fosse stato così? Sapeva che avrebbe fatto lo stesso per chiunque altro, al suo posto…
O forse, più semplicemente, stava impazzendo, stando chiuso in quel Dormitorio ventiquattr’ore su ventiquattro.
Draco si passò una mano sul volto e ne poggiò i palmi con forza sulle tempie.
Perché ti importa così tanto di come ti vede la Granger, ora…?
Un ticchettio sulla porta lo fece sussultare.
«Malfoy, stai bene?»
Malfoy.
«Tutto bene, Granger» le rispose cercando di controllare il tono della voce affinché apparisse neutro.
Uscì dal bagno e la trovò con la schiena poggiata contro il muro, che lo studiava preoccupata.
Era davvero preoccupata?
Il giovane le si mise di fronte e poggiò anche lui la schiena contro la parete, facendovi urtare anche il capo; chiuse gli occhi.
«Credo che respirare la stessa aria ogni giorno stia iniziando a sortire i suoi effetti» asserì stancamente. «Quando ci sarà la prossima uscita a Hogsmeade?»
Hermione si morse il labbro inferiore.
«La settimana prossima, ma non posso più farti uscire» lo informò mesta.
Draco le rivolse uno sguardo interrogatorio.
Doveva uscire con McLaggen? Aveva accettato quell’appuntamento?
Qualcosa si mosse all’altezza del suo stomaco, qualcosa che lo fece sentire come se avesse appena ricevuto un pugno nello stomaco.
La Granger sospirò. «Piton se n’è accorto, l’altra volta» spiegò in un sussurro. «Non l’ha presa bene, ha detto che ci siamo comportati da irresponsabili…»
«Piton dovrebbe farsi gli affari suoi ogni tanto» ribatté acido il Serpeverde.
«Piton aveva ragione questa volta» lo contraddisse lei. «Se ti avessero visto…»
«Siamo stati attenti, Granger. Non siamo due stupidi…» obiettò ancora il biondino.
«Non è questo, è troppo rischioso» insisté la ragazza. «E comunque, non saprei neanche più cosa dire a Ron…»
«Non puoi organizzarti di nuovo con Flinchley
«Finch-Fletchley» lo corresse lei. «E no, lui e Daphne… si sono lasciati» chiarì con un velo di tristezza nel tono della voce. «Proprio quel giorno a Hogsmeade, tra l’altro.»
«E perché?» chiese Draco con una smorfia.
Hermione tirò un profondo sospiro e piantò il suo sguardo sul pavimento.
«Insomma, dopo quello che è successo con Nott e la Parkinson, lo capisco» sussurrò triste la Grifondoro. «Justin è molto sensibile e quello è stato… pesante. Mi sono sentita umiliata anche io, ed ero solo una spettatrice. Lui lo ha vissuto, è a lui che è stato fatto… Non è una cosa facile da superare.»
Draco assimilò come meglio poté quelle parole, poi domandò «Cos’hanno fatto? Sono arrivato… dopo.»
Hermione prese a mordersi l’interno della guancia. Gli raccontò quello che era successo dall’inizio, quello che Nott e la Parkinson avevano costretto Justin a fare.
«È tipo la cosa più umiliante che abbia mai visto fare contro qualcuno di noi» commentò deglutendo lei. «E lei era la sua ragazza» aggiunse per sottolineare la gravità della cosa. «Dev’essere stato orribile, per lui!»
Il Serpeverde prese a torturarsi le mani. C’era qualcosa nel suono della voce della Granger e nell’espressione sul suo viso che gli stava facendo venir voglia di… abbracciarla. Era stata palesemente colpita da quell’evento e poteva dire che sembrava ancora abbastanza scossa da esso, nonostante fossero passati mesi.
Da quando Draco Malfoy vuole abbracciare qualcuno? Chiese caustica la vocina nella sua mente. Non è quello che pensavi anche tu fino a poco tempo fa? Che i Nati Babbani fossero inferiori ai Purosangue? Che lei fosse inferiore a te? Risparmiale almeno l’ipocrisia di consolarla su questo…
Non ebbe abbastanza tempo per lottare contro la sua stessa testa e decidere cosa fare; la sentì tirare su col naso e incamminarsi verso l’ingresso del Dormitorio.
«Credo che non abbia senso continuare, oggi» dichiarò con convinzione. «Nessuno di noi due è dell’umore…»
«Granger…»
La raggiunse a grosse falcate e le afferrò un braccio, facendola voltare verso di lui con delicatezza.
Cosa dovevo dirle? Volevo dirle qualcosa? Non ho pensato a cosa dirle prima di farlo! Dannazione!
«Sì?» domandò lei perplessa, vedendo che il giovane non parlava.
«Io…» cercò di iniziare, deglutendo; avevano l’uno gli occhi incatenati a quelli dell’altra e Draco un po’ ci si perse, in quel momento, cosicché la sua facoltà di ragionare venne definitivamente meno.
«Niente» mormorò infine, decidendo di non avere le parole giuste per esprimersi in quel momento e lasciandosi ricadere il braccio inerte lungo il fianco.
*

Draco osservava il soffitto da quelle che sembravano ore.
Stava cercando di capire quale fosse stato il momento in cui aveva iniziato ad importargli veramente; ad importargli della Granger, di tutte quelle stronzate sull’amore… quando aveva iniziato a volere tutto ciò che gli era stato insegnato a disprezzare o a disdegnare come inutile e d’impiccio alle cose veramente importanti.
Potere, gloria, influenza…
Poi aveva realizzato che da sempre avrebbe preferito che sua madre fosse andata a trovarlo quando era in infermeria per una caduta dalla scopa durante il Quidditch invece di ricevere una torta via posta; o che suo padre gli avesse insegnato qualcosa di stupido come far cantare uccellini di legno invece che dispensargli corsi avanzati di fatture offensive o nozioni sulle Arti Oscure; che gli avessero insegnato ad amare, invece che a odiare.
Per un assurdo momento aveva pensato che avrebbe potuto impararlo dalla Granger, ma lei sembrava più rotta di lui in quel senso; e comunque, non avrebbe certo potuto chiedere a lei cosa fosse quella sensazione di nausea che lo assaliva ogni volta che pensava potesse essere con McLaggen o perché la sentisse nell’Amortentia; non poteva chiedere a lei perché il suo tocco lo rilassava quando stava fisicamente male o perché la sua mente l’avesse spontaneamente cercata con la Legilimanzia quando aveva gli attacchi di panico, - quello, non avrebbe potuto dirglielo mai o non l’avrebbe certamente mai più rivista. Non poteva chiedere a lei perché notava tutte quelle cose che faceva involontariamente, di cui forse non era consapevole neanche la ragazza stessa, come quella rughetta vicino all’occhio che le spuntava quando la infastidiva o il modo in cui si massaggiava il collo quando era nervosa o stava ragionando. Non poteva chiedere a lei perché dopo aver schifato l’idea dell’amore per sedici anni della sua vita, all’improvviso era diventata l’unica cosa che volesse veramente, l’unica cosa a cui riuscisse a pensare. E l’unica che in quanto Malfoy non avrebbe mai potuto avere.
Draco sospirò e girò su un lato, chiudendo gli occhi nel tentativo di prender sonno.
L’ultimo pensiero che gli sfiorò la mente fu il fatto che non potesse chiedere alla Granger perché sentiva costantemente il bisogno di attivare quel galeone e farla correre da lui, anche se non aveva alcun motivo valido per farlo.
 
«Ti va di andare a bere qualcosa insieme, domenica a Hogsmeade?»
McLaggen la guardava con occhi quasi supplicanti. Hermione sospirò, rassegnata all’idea che forse i suoi amici avevano davvero ragione e Cormac non era più in grado di tenere fede al loro accordo.
Si sentì un filo in colpa, ma d’altronde lei era stata chiara fin dall’inizio con lui; l’unica volta in cui aveva sbagliato, era stata quando ci era andata a letto insieme per cercare di rimuovere dalla sua testa il pensiero di aver percepito Malfoy nell’Amortentia.
Cosa si aspettava? Di sentire McLaggen al suo posto da un momento all’altro?
Come se fosse possibile, commentò caustica nella sua mente, reprimendo la nausea generata da quel pensiero.
«Mi dispiace, Cormac. Ci vado con Harry e Ginny…»
«E non possiamo andarci tutti insieme? Loro sono una coppia, in fondo» insisté il ragazzo.
«Ehm, si, loro sono una coppia» precisò ponendo particolare enfasi su quel ‘loro’, nella speranza che recepisse l’implicazione di ciò. «Ma sono anche i miei amici e gli amici passano del tempo insieme.»
«Non ti sentirai a disagio facendo la candela?»
Hermione sbuffò. «Non faccio la candela. Sono i miei amici» specificò con aria saccente. «Da una vita. Non inizierò a vederli in maniera diversa solo perché ora stanno insieme!»
«Ehm, d’accordo» ci rinunciò allora il giovane. «Ma almeno alla cena di Lumacorno ci vieni con me?»
Hermione fu tentata di ringhiargli in faccia per l’esasperazione. «Da amici, Cormac, va bene? Senti, forse devo ripeterti i termini dell’accordo che avevamo fatto…»
«Non c’è bisogno, Hermione» la tranquillizzò lui. «Credo di aver capito la tua posizione.»
 
Trovò Draco seduto sul divano, con il braccio poggiato sul corrimano, intento a squadrare con aria disgustata il suo avambraccio sinistro; non aveva la manica alzata, ma dall’espressione che gli si poteva leggere in viso si sarebbe potuto dire che riuscisse comunque a vedere il Marchio attraverso la stoffa.
«Malfoy» lo salutò, avvicinandosi con cautela, ma lui non diede alcun segno di averla vista.
«Draco?»
Il biondino sobbalzò lievemente e si voltò a guardarla. Deglutì quando realizzò che la Granger aveva definitivamente smesso di portare il maglioncino sopra alla camicia della divisa e che aveva tirato fuori le calze più leggere.
«Granger» esordì lui, con aria persa. «Che giorno è oggi?»
Hermione sbatté le palpebre per qualche istante, poi gli rivolse uno sguardo dolce.
Oh, lo sguardo dolce della Granger…
«Il tre maggio, Draco.»
Draco. Aveva ripreso a chiamarlo per nome.
Hermione aveva deciso che non aveva senso delineare nuovamente dei confini con il Serpeverde; era giunta alla conclusione che, se avesse annusato nuovamente l’Amortentia, non avrebbe sentito di nuovo il profumo di Malfoy. Si era autoconvinta che la sua teoria fosse valida e che lo avesse percepito solo perché in quel periodo era molto presa da quello che stava accadendo al ragazzo.
«Ah.»
Era stato chiuso lì dentro per quasi due mesi, settimana più o meno.
La Grifondoro si accomodò sul divano di fronte a quello dove sedeva Draco e tirò fuori i libri.
«Dobbiamo davvero iniziare a lavorare al progetto di Trasfigurazione» disse stancamente la giovane. «Intendo seriamente…»
Il Serpeverde annuì. «Spostiamoci sul tavolo, però» asserì in tono asciutto. «Potrei addormentarmi qua sopra.»
«Stai bene?» gli domandò lei quando fu in grado di osservarlo più da vicino. «Hai l’aria esausta…»
«Non sto dormendo molto, ultimamente» rispose con aria indifferente il biondino.
«Ti fa male?» indagò Hermione, senza dover specificare a cosa si riferisse.
Draco annuì. «Li sta chiamando sempre più spesso.»
«Deduco sia perché si avvicina il momento. L’Armadio Svanitore è quasi stato riparato» lo informò con aria cupa.
«Che cosa?» chiese accigliandosi il ragazzo. «Credevo che il punto fosse di impedire che entrassero nel castello!»
Correresti un serio pericolo, stupida, se i Mangiamorte entrassero a Hogwarts…
«Non potevamo rischiare che la spia venisse scoperta, Draco» gli fece notare, «ci penseremo a tempo debito.»
«Ma è rischioso, Granger» insisté lui, guardandola con un’espressione che la Grifondoro non riuscì a decifrare.
«Silente non permetterà che accada nulla di…»
«Ho quasi ucciso due persone sotto il naso di Silente, Granger» la interruppe bruscamente, guadagnandosi un’occhiataccia in risposta.
«Tu sarai comunque qui dentro» ribatté piccata lei. «Non hai nulla da temere!»
Eccetto che tu finisca ammazzata, pensò Draco, ma non lo disse ad alta voce.
Due tazze di caffè fumanti apparvero sul tavolo dove si erano sistemati proprio in quel momento.
«Oh, per fortuna è caffè» esclamò entusiasta la ragazza. «Con questo caldo ne ho bisogno per tenermi sveglia!»
Il giovane avrebbe voluto riprendere la conversazione che avevano interrotto poco prima, ma un movimento della Granger attirò la sua attenzione. La guardò assottigliando gli occhi, studiandola con attenzione.
Aveva il vizio di portarsi il cucchiaino alla bocca, dopo aver girato lo zucchero, ma era la prima volta che si accorgeva del fatto che non solo la Granger non faceva mai rumore durante quell’azione, ma si portava davvero il cucchiaino alla bocca; nonostante fosse sovrappensiero, non faceva come la maggior parte della gente che chinava il capo, portando la bocca al cucchiaino; allora la sua mente tornò al Ballo del Ceppo, quando aveva notato che la ragazza stava tenendo un portamento diverso dal solito, al modo aggraziato con cui aveva ballato. Si rese conto, inoltre, che la Granger teneva sempre i bicchieri con la mano sinistra e che non accavallava mai le gambe, almeno quando indossava la gonna, cosa che invece aveva visto fare a tante altre ragazze a Hogwarts. Si abbassò con il capo a guardare sotto il tavolo per verificare quell’ultima constatazione: aveva le caviglie accavallate e le ginocchia unite.
Come da etichetta.
«Malfoy, che cavolo stai facendo?» sbottò avvampando a quel gesto.
Draco tornò a squadrarla con gli occhi socchiusi, sospettoso.
«Granger» asserì in tono fermo. «Tu conosci l’etichetta.»
Hermione divenne ancora più rossa in viso.
«Non so di cosa tu stia parlando…»
«Sei una pessima bugiarda» la schernì ghignando lui. «È con me che stai parlando. E non conosco solo le regole che riguardano gli uomini!»
La giovane sbuffò. «Ti stai immaginando cose. Stai delirando, sei sicuro di stare bene?»
Il Serpeverde rise. «Sono un buon osservatore, Granger. Cosa nascondi?»
Lei soffiò di nuovo. «I miei genitori sono dentisti, medici. Spesso vanno a cene con gente importante e gala di beneficenza» raccontò con aria annoiata. «Mi hanno fatto studiare il bon ton quando ero piccola. In genere, normalmente, cerco di fare l’esatto opposto di quello che mi hanno insegnato.»
Draco fece una smorfia scioccata. «E perché mai?»
«Perché è palloso, Draco» affermò scocciata Hermione. «E antiquato… oltre che stupido!»
«L’eleganza non passa mai di moda, Granger» dichiarò lui con convinzione.
La Grifondoro avrebbe riso, normalmente, a quella uscita del Serpeverde… Se non si fosse scoperta a guardare imbambolata i suoi movimenti eleganti e raffinati più di una volta; lo sguardo le cadde per la prima volta sulla bacchetta del biondino e alzò gli occhi al cielo.
Persino la sua fottuta bacchetta era elegante.
«Sai Malfoy, ad alcuni di noi non viene spontaneo come a te» ribatté caustica, incrociando le braccia al petto. «Oh, e non ho alcun motivo per seguire quelle stupide regole!»
«Ma se ho appena notato almeno dieci cose che fai inconsapevolmente» la contraddisse lui; non gli importava veramente, ma la stava irritando e quella rughetta che lo divertiva immensamente stava iniziando a prendere forma sul suo occhio…
«Ci sto lavorando. È una specie di lavaggio del cervello, per come la vedo io, alcune cose sono così attecchite che non ti rendi neanche conto di farle. A Justin ignorare quelle stronzate viene molto meglio di me.»
«Anche Flenchley?» domandò Draco con una smorfia a metà tra il sorpreso e il disgustato.
«Finch-Fletchley» lo corresse lei. «Sì, comunque. Lui è di nobili origini…»
«Esistono nobili a Babbanolandia?» chiese scioccato il ragazzo.
Hermione alzò gli occhi al cielo. «Certo che esistono, Malfoy. Anche se non contano più quasi nulla al giorno d’oggi, politicamente parlando. E poi a quegli eventi ormai invitano chiunque abbia soldi.»
L’espressione perplessa che comparve sul volto del biondino la fece scoppiare a ridere.
«Credevi che tutti i Babbani fossero poveri, Malfoy?»
Draco non rispose; qualcos’altro aveva attirato la sua curiosità.
«E tu e Finchley vi conoscevate da prima?» chiese in tono neutro. «Da prima di Hogwarts, intendo…»
«Finch-Fletchley» ripeté la ragazza. «Frequentavamo la stessa scuola, ma ci conoscevamo solo di vista. Ci siamo avvicinati dopo» raccontò addentando un biscotto la Grifondoro. «Essenzialmente abbiamo legato prendendo in giro le noiosissime lezioni di etichetta e condividendo i nostri problemi da Nati Babbani…»
«Oh, quindi vi vedevate anche fuori da Hogwarts…»
Hermione annuì. «I nostri genitori sono buoni amici, escono insieme. Sospetto abbiano legato, sai non credo sia facile per i Babbani venire a patti con ciò che significa avere dei figli maghi… Loro si aiutano a vicenda…»
«Cosa intendi?» chiese il biondino corrugando la fronte.
La Grifondoro schiuse le labbra, sorpresa da quella domanda. Ron non le aveva mai chiesto nulla a riguardo. Draco…
«Beh», sussurrò ancora spiazzata lei. «A un certo punto smetti di capirti come un tempo. Loro non sanno la metà delle cose di cui parlo…»
«E questo ti fa star male?»
Hermione lo fissò sbattendo le palpebre per qualche istante. «Sì. Prima condividevo tutto, con loro… Ora non faccio che tenere segreti e le cose che posso dirgli… loro non le capiscono a pieno» sussurrò cupamente. «Insomma, gli dico che ho preso una E in Aritmanzia, ma non è che posso parlargli della materia nei dettagli, come normalmente farei. Ci ho provato, perdono il filo del discorso… ed è comprensibile
Il Serpeverde avvertì immediatamente l’umore della Granger declinare verso la tristezza e decise di cambiare argomento di conversazione.
«Hai detto che frequentavi la stessa scuola di Flich-Fechley. I Babbani vanno a scuola pima degli undici anni?»
Hermione fece ruotare gli occhi, ma rinunciò a correggere per l’ennesima volta il cognome di Justin.
«Certo. Ma non sto a spiegarti il sistema scolastico babbano, Malfoy. Ti annoieresti.»
Draco in realtà era curioso, ma non lo disse.
«Mica come voi maghi, che vi rigirate i pollici finché non vi arriva la lettera da Hogwarts!»
Il giovane si lasciò sfuggire una risata amara. «Magari la Donnola, Granger. Mio padre mi ha fatto iniziare a studiare da quando ero piccolo» le disse. «A quattro anni sapevo già volare.»
«Quattro anni?» esclamò lei indignata. «Ma è pericoloso!»
Non era un mistero che la Granger non apprezzasse molto le scope, Draco ricordava il cipiglio che soleva prendere al primo anno a lezione di volo.
«Perché non ti piacciono le scope, Granger?»
«Sono inaffidabili» rispose la ragazza piccata.
«Non se le sai portare» obiettò lui saccentemente.
«Certo…» commentò sarcastica Hermione.
Draco sbuffò. «Posso provartelo, Granger» insisté con una punta di irritazione nella voce. «Beh, potrei, se non fossi bloccato qui» si corresse poi.
La Grifondoro ridacchiò. «Non salirei mai su una scopa con te, Malfoy.»
Lui si portò la lingua sui denti e assottigliò gli occhi. «Non ti fidi?»
Hermione aprì e richiuse la bocca, ma non rispose.
Il biondino si rese immediatamente conto di quanto stupida fosse stata quella domanda da parte sua; che motivo poteva avere la Granger di porre la sua fiducia… in lui?
Si schiarì la voce e distolse lo sguardo da lei. «Weasel e Potter lo sanno di Flich-Flentchley
«No», replicò seccamente la ragazza.
«Perché?»
La Grifondoro era al limite della pazienza a quel punto; quando Draco ci si metteva diventava insopportabile e la bersagliava di domande e lei odiava rispondere alle domande personali.
Non poteva chiederle qualcosa di accademico? Che gli importava della sua vita privata?
Di lì a qualche mese sarebbero tornati ad essere estranei, d’altronde.
Scrollò le spalle. «Non è mai uscito il discorso, non mi pare di dovergli dire ogni singolo aspetto della mia esistenza!»
«Credevo che vi diceste anche quante volte andate in bagno» la sfotté lui.
Veramente, gli ho nascosto talmente tante cose che non so neanche perché dovrebbero continuare ad essere amici miei…
Hermione sbuffò e poi indicò i libri di Trasfigurazione sul tavolo, per dirgli che era arrivato il momento di focalizzarsi sulle cose urgenti.
Draco afferrò un tomo e restò in silenzio per qualche secondo; poi alzò di nuovo lo sguardo su di lei, con un ghigno vecchio stile Malfoy stampato sul viso.
«Quindi» asserì divertito. «Potter ha i soldi… Tu hai i soldi… L’unico poveraccio è Lenticchia.»
Hermione afferrò le pergamene vuote ancora arrotolate e le usò per colpirlo sulla spalla.
«Dovresti smetterla, Draco» lo ammonì seria. «Sai, nonostante non navighino nell’oro, i Weasley hanno sempre accolto e sostenuto me e Harry. E senza mai chiedere nulla in cambio!»
Sorrise, pensando alla gentilezza di quella famiglia e a quello che significavano per lei. «Hanno un buon cuore. Ed è molto più importante della grandezza del portafogli, Malfoy.»
Il Serpeverde perse immediatamente il ghigno divertito che aveva assunto poco prima e ammutolì, avvertendo un senso di disagio diffondersi in tutto il suo corpo.
«Sono la mia famiglia anche loro» aggiunse lei in un sussurro. «L’unica che ho nel mondo magico…»
E l’unica che potrebbe rimanermi, pensò amaramente, ma non lo disse ad alta voce.
Draco la guardò chinare il capo sui libri e prima di fare altrettanto fu colto da una improvvisa realizzazione: anche lui avrebbe voluto essere così importante, per la Granger.
Invece era solo il ragazzino snob e prepotente che l’aveva tormentata per anni.

 

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Capitolo 39
*** CAPITOLO 34 ***


CAPITOLO 34















«Granger, credi che mia zia Andromeda abbia superato le sue convinzioni dopo essersi innamorata di Ted, o che non ci avesse mai creduto veramente?»
Non sapeva perché le avesse rivolto quella domanda, perché avesse tirato fuori quell’argomento in generale. Non aveva pensato quasi mai, nel corso della sua infanzia, ad Andromeda Tonks, l’altra sorella di sua madre che era stata disconosciuta per aver sposato un Nato Babbano; Narcissa aveva raramente nominato Bellatrix, ma il nome di Andromeda non le era sfuggito di bocca neanche una volta.
Draco, però, era recentemente diventato curioso; un po’ dava la colpa a quegli stupidi pensieri che stava facendo in quel periodo sulla Granger, un po’ per via di tutte le consapevolezze che aveva preso nel corso di quell’anno.
Hermione si voltò a guardarlo, sorpresa dalla domanda.
«Da quello che mi ha raccontato Sirius... Andromeda ha negato i suoi sentimenti per Ted per un bel po'. Inizialmente era per pregiudizio verso i Nati Babbani, poi, credo, sia stato più per proteggerlo dalla sua famiglia, o perché non voleva sfidarli, ma alla fine ha scelto l'amore» disse sovrappensiero. «Sai, i Tassorosso sono estremamente caparbi quando tengono a qualcuno, saranno pure la Casa più sottovalutata a Hogwarts, ma credimi quando ti dico che essere amati da uno di loro... Insomma, non mi sorprende che abbia scelto Ted.»
Lo sguardo di Draco saettò su di lei; la Granger fissava il soffitto con aria persa, anche un po' triste e malinconica. Avvertì una strana fitta all'altezza dello stomaco nel notare un particolare della precedente frase pronunciata dalla ragazza.
«Ne parli come se avessi avuto una storia con un Tasso, Granger…»
Hermione non rispose; restò in silenzio per qualche secondo e poi sviò il discorso.
«Il punto è che non so dirti con esattezza se non avesse mai creduto veramente nell'ideologia purosanguista o se si sia ricreduta con il tempo.»
Draco scrollò le spalle.
«Mi stavo solo chiedendo come abbia fatto ad innamorarsi di un Nato Babbano senza prima aver abbandonato la linea purosanguista…»
Per lui era impensabile persino l’idea di ritrovarsi a due passi dalla Granger prima di iniziare a mettere in dubbio le convinzioni che gli erano state inculcate fin da bambino.
Hermione sorrise, volgendo lo sguardo al cielo stellato fuori dalla finestra.
«L'amor che move il sole e l'altre stelle» mormorò sommessamente.
«Che hai detto, Granger?» chiese Draco, perplesso.
«È Dante, un poeta italiano» spiegò la ragazza. «Vuol dire che l'amore è il motore del mondo, capace di smuovere persino i pianeti e le stelle. E le persone sono un po' come dei pianeti, sai? E i pianeti ruotano attorno ad un'orbita. Nel caso delle persone, quell'orbita cambia nel corso del tempo... Può essere un'ideologia, un obiettivo, ma alla fine... Alla fine è sempre l'amore. O comunque, quasi sempre.»
Draco la ascoltava in silenzio, in parte affascinato da quel ragionamento, in parte tranquillizzato dalla cadenza della voce della Granger; si trovò a riflettere su quanto la trovasse irritante in passato, con quel tono saccente che veniva fuori quando spiegava le cose... E quanto adesso, invece, la sua voce sortisse l'effetto opposto, rilassandolo, calmandolo, donandogli un senso di tranquillità. Quando era avvenuto quel cambiamento? Era solo perché lo aveva salvato, la sua voce?
«Non puoi scegliere di chi innamorarti, succede e basta. Nel caso di Andromeda e Ted, con le loro differenze alla base, basta che uno dei due non sia disposto ad arrendersi. E i Tassi non si arrendono quando si innamorano, a meno che non si tratti di un rifiuto sensato. Un rifiuto per pregiudizio non rientra in questo caso, perché la persona non viene respinta sulla base di una incompatibilità caratteriale o di un interesse assente, ma sulla base di qualcosa che non esiste. Immagino che Ted abbia fatto di tutto per farsi conoscere da Andromeda. E una volta che una persona la conosci veramente... Beh, non c'è pregiudizio che tenga» ragionò con lo sguardo ancora perso fuori dalla finestra. «Credo» aggiunse poi, riscuotendosi.
Hermione scrollò le spalle. «Oppure c'è chi parla di destino e basta. A te la scelta.»
«Hai delle idee piuttosto... romantiche, per essere una che ha rinunciato all'amore, Granger» constatò Draco, senza smettere di studiare il suo viso e la strana espressione che lo aveva attraversato. Aveva già cercato di carpire informazioni dalla Granger sull’argomento e aveva fallito miseramente; ma le cose erano diverse a quel punto, no? Avevano iniziato a parlare di cose più serie e anche a farsi alcune confidenze… Magari gli avrebbe detto perché era così ostinata nella sua convinzione di non volere una relazione stabile.
Hermione si accigliò. Perché Malfoy continuava a tornare sull’argomento? Argomento che, tra parentesi, definiva come ‘roba melensa da Grifondoro’, ma che i suoi compagni di Casa non avevano mai usato per intavolare una conversazione, mentre lui non faceva che porle domande a riguardo.
Cosa ti importa? Avrebbe voluto chiedergli; magari era solo curioso, si disse, come lei era stata curiosa di scoprire dettagli sull’educazione medievale che ricevevano i Purosangue vecchio stampo. Non credeva che avesse avuto molte occasioni di discutere di sentimenti, a Malfoy Manor.
Ma ormai la giovane era diventata brava a sviare qualsiasi discorso riguardasse Cedric. Decise di sdrammatizzare, di buttarla sul ridere, di distogliere l'attenzione di Draco da quell'argomento spinoso ed estremamente doloroso per lei.
Di alleggerire l’aria nella stanza.
«Disse quello con la prospettiva di un matrimonio combinato.»
Una risata amara sfuggì dalla gola del Serpeverde. «Touché, Granger.»
Perché doveva sempre vincere lei, in ogni dannatissima conversazione?
 
Voglio di più.
Draco lo ammise finalmente a sé stesso durante una notte insonne; il Marchio aveva preso a bruciargli proprio appena era riuscito ad addormentarsi, svegliandolo per il dolore e quando la sensazione di venire arso vivo si era attenuata non era più stato in grado di riprendere sonno.
Aveva sbuffato sonoramente e si era preparato l’ultima camomilla della Granger, - avrebbe dovuto dirglielo? Ne aveva altra, con sé, al Dormitorio dei Grifondioti? Lo aiutava a calmare i nervi, quell’intruglio…-, poi si era seduto sulla poltrona che occupava quasi sempre la ragazza da quando il cielo si era liberato degli usuali nuvoloni grigi per lasciare posto alla volta stellata.
Sedersi lì a osservare il cielo lo aveva riportato a pensare a sua zia Andromeda… e alle parole di Piton; aveva iniziato a domandarsi se non avesse poi tutti i torti, con le sue allusioni, il professore. Se inconsapevolmente Draco avesse iniziato a sviluppare dei sentimenti verso la Granger che non poteva permettersi di provare, sentimenti che aveva mancato di riconoscere e identificare perché… beh, non li conosceva affatto, non li aveva mai sperimentati prima e di certo non gliene avevano mai parlato.
Piton gli aveva detto chiaro e tondo che non sarebbe andata a finire bene e in cuor suo anche lui ne era consapevole; qualsiasi cosa fosse, concluse, avrebbe fatto meglio a soffocarla sul nascere. Quanto avrebbe potuto essere difficile farlo? Era Draco Malfoy, in fondo. Reprimere emozioni era il suo talento naturale.
Si alzò pigramente dalla poltrona e si diresse verso la sua camera da letto; se c’era una cosa positiva di quel posto era la possibilità di avere una camera tutta sua.
Hai un intero dormitorio tutto per te, non solo una camera.
E nonostante la solitudine e quel lieve senso di claustrofobia dovuto allo stare costantemente rinchiuso in quel posto, Draco doveva ammettere di non essere mai stato così… tranquillo; era solo l’idea di non poter fare quello che gli pareva, o meglio di non poter andare dove voleva, che lo urtava; per il resto quel Dormitorio era una pace, per lui.
Imprecò quando sbatté contro il divano con talmente tanta forza da spostarlo. Si piegò quando scorse un libricino che gli sembrava familiare.
Romeo e Giulietta, lesse prendendolo in mano; doveva averlo lasciato lì la Granger quando gli aveva parlato della pozione soporifera per la prima volta… cosa che gli pareva essere accaduta in una vita precedente.
Dev’essere finito lì sotto quando ho lanciato il tavolino, ragionò tra sé e sé. Strano che la Granger non si sia accorta di averlo perso.
Si lasciò crollare sul materasso e si mise a leggere; non aveva sonno, d’altronde…
 
«Oi, Granger, credo che questo sia tuo» asserì il Serpeverde, mentre le porgeva il libro che aveva divorato la notte prima.
«Oh, ecco dov'era finito!», esclamò sorridendo Hermione.
«Non capisco come faccia a piacerti…»
Hermione alzò le sopracciglia e dischiuse le labbra, sorpresa.
«L-lo hai letto?»
Il biondo allargò le braccia a indicare l'ambiente circostante. «Non è che abbia molto da fare, qui», chiarì quasi a mo’ di giustificazione.
Ma Hermione giurò di notare le sue guance pallide diventare impercettibilmente più rosee, anche se per un attimo, e pensare a Malfoy che arrossiva le sembrava ancora talmente assurdo che si convinse di averlo immaginato.
«Cosa non ti è piaciuto?», domandò curiosa di sapere l’opinione di Draco su quell’opera.
Quando le sarebbe ricapitata l’occasione di commentare un testo babbano con Malfoy?
Non fece quel commento ad alta voce, sapeva già come il ragazzo avrebbe reagito, ovvero avrebbe di certo ribattuto che anche se Shakespeare rientrava nella letteratura babbana restava sempre un mago.
«Tutto quel casino e poi muoiono entrambi?», asserì mentre un'espressione indignata gli compariva sul volto; Hermione quasi sorrise a quella vista.
«E per una questione di secondi, poi. È irrealistico» aggiunse il Serpeverde, incrociando le braccia al petto.
La Grifondoro fece spallucce. «È una tragedia. E non è quello il punto dell'opera, comunque.»
«E qual è allora? Dev'essermi sfuggito.»
«Il punto dell'opera è che quelle due famiglie sono idiote. Hanno perso i figli pur di non accettare il loro amore, sulla base di antiche faide e stupidi pregiudizi. L’amore dovrebbe essere più importante di tutto.»
Quasi si infervorò, la Grifondoro, toccando l'argomento.
«È chiaro conoscendo la vera storia dell’autore da dove abbia preso spunto per la stesura dell’opera» aggiunse poi in tono piccato.
Un suono gutturale, molto simile a una risata amara, fuoriuscì dalla gola di lui. «Quei due non avrebbero mai dovuto innamorarsi in primo luogo. Avrebbero dovuto odiarsi fin da subito.»
«Ma loro non sanno chi sono, quando si incontrano per la prima volta! Si innamorano e basta, della loro essenza, niente nomi e niente etichette» obiettò lei corrugando la fronte. «E poi, perché avrebbero dovuto odiarsi a prescindere? Perché mamma e papà gliel'hanno detto?»
Draco non poté fare a meno di interpretare quel commento come una frecciatina velenosa nei suoi confronti.
«Ti rendi conto di quanto sia irrealistico, Granger?», rincarò allora il giovane, anche se la sua sicurezza andava vacillando.
Non era lui il primo ad aver iniziato a provare qualcosa per colei che avrebbe dovuto odiare? Per colei che aveva odiato per tanti anni?
Si sentì un dannato ipocrita e ancor più quando si accorse che per un momento, un minuscolo momento, aveva pensato, - no, sperato -, che Hermione stesse parlando di loro, che poteva stare difendendo qualsiasi cosa avessero instaurato in quei mesi.
Hermione lo guardò accigliata e mormorò: «Irrealistico? Non ti sembra familiare, la situazione tra Romeo e Giulietta? Non ti ricorda nessuno?»
Draco ammutolì.
Andromeda e Ted.
«Andromeda e Ted, per esempio?» continuò imperterrita lei. «Anche lei ha dovuto sfidare la sua famiglia ed è finita con il perderla. E i suoi genitori hanno perso una figlia. E le sue sorelle, una sorella. E tu, una zia. E si poteva evitare.»
Il giovane avrebbe voluto rammentarle il modo in cui funzionavano le famiglie purosanguiste, ma non proferì parola.
«Ti rendi conto di quanto sia orribile ripudiare un figlio per la sola colpa di essersi innamorato?» mormorò cupa Hermione.
Draco sussultò a quella frase e deglutì. «Stavamo solo parlando di un libro, Granger...» cercò di sviare il discorso, per non rischiare di dirle che probabilmente a quel punto se i suoi genitori avessero saputo che si era affezionato a lei in qualche modo, sarebbe stato lui, quello ripudiato. E che no, lui a suo figlio non lo avrebbe mai fatto. E che no, lui voleva di più di quello che il mondo in cui era nato aveva in serbo per lui e avrebbe voluto di più anche per suo figlio.
Parlava sempre un po’ troppo, con la Granger, e non sempre riusciva a impedire alle parole di lasciare le sue labbra.
«Non fa poi tanta differenza, Malfoy. Comunque, grazie per avermelo restituito» disse lei, troncando il discorso.
Il biondo annuì.
Poi Hermione si indirizzò verso la porta.
«Vai già via?», le chiese amareggiato.
Non gli piaceva quando si lasciavano così, con la tensione alle stelle e la delusione verso l'altro nell'aria.
Lei, delusa dal fatto che Draco non capisse; Draco deluso dal fatto che lei non capisse che lui capiva e al contempo deluso da sé stesso perché non riusciva a farglielo capire.
«Ho da fare», disse semplicemente lei, scrollando le spalle.
Draco fece una smorfia.
«Ti vedi con McLaggen?»
Hermione sospirò e annuì, ma non gli disse che aveva accettato di andare con lui a quella maledetta cena per esasperazione.
Fermala.
«Cena al Lumaclub», puntualizzò prendendo la sua cartelletta in spalla.
Fermala, Draco. Non fare l'idiota. Non essere il solito codardo.
«Beh, divertiti allora…»
Coglione.
Lei si voltò e gli rivolse un timido sorriso.
Cercò di ricordare a sé stesso che la Granger trascorreva il suo tempo con lui solo perché provava pietà nel saperlo lì da solo, non aveva alcun interesse a stare con lui. Poi, però, la vide esitare un momento e la speranza si riaccese rapidamente dentro di lui.
«Posso portarti qualche altro libro, se vuoi» aggiunse Hermione, fermando la mano sulla maniglia poco prima di aprire la porta.
«Il ritratto di Dorian Gray potrebbe piacerti. Sempre che tu voglia dare una possibilità alla letteratura babbana…»
Draco sbatté le palpebre e si diede dello stupido per aver sperato che gli dicesse che sarebbe rimasta con lui.
«Come vuoi, Granger», rispose rassegnato.

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Capitolo 40
*** CAPITOLO 35 ***


CAPITOLO 35
















L’idea di quello sfrontato di McLaggen assieme alla Granger lo torturò per le successive ore; ricordò come si fosse sentito quando aveva percepito la ‘puzza’ di quell’idiota su di lei solo qualche settimana prima… E quella sensazione di avvertire il proprio cuore sprofondare nel vuoto che aveva provato raramente e solo per colpa della Grifondoro.
Draco non era ancora stato in grado, per quanto ci avesse riflettuto a fondo, di dare un nome a tutto ciò, al modo in cui le sue viscere si contorcevano ogni volta che pensava fosse con la Piovra.
Ti viene la nausea al solo pensiero perché è, di fatti, disgustoso, chiarì a sé stesso.
Potresti avere di meglio, Granger.
Non si capacitava di come una ragazza intelligente e buona e bella come la Granger potesse accontentarsi di un’ameba che sapeva a malapena contare fino a dieci.
Perché ti dà così fastidio? Non sono affari tuoi, si ripeté nella sua testa, cercando di fissare il concetto in maniera permanente.
Decise di studiare, per tenere impegnata la propria mente, per distogliere i suoi pensieri dalla giovane e dalla stupida cena del Lumaclub alla quale aveva accettato di farsi accompagnare, per l’ennesima volta, da McLaggen.
Gli aveva detto di aver deciso di chiudere qualsiasi cosa ci fosse tra di loro, ma poi aveva detto di sì quando le aveva chiesto di farle da cavaliere per la serata; d’altronde, gli aveva anche detto di aver smesso di andare a letto con lui e poi ci aveva persino dormito assieme.
Che accidenti stai passando, Granger?
Mai, mai si sarebbe aspettato che Hermione fosse così incasinata sentimentalmente; forse, si ritrovò a pensare, essere amica di Potter e della Donnola e passare così tanto tempo con loro l’aveva danneggiata a lungo andare e aveva abbassato le sue aspettative in fatto di uomini al punto da indurla ad accontentarsi di Cormac McLaggen. Doveva essere per forza così.
Il terribile pensiero che potessero essere stati i suoi insulti negli anni precedenti ad abbassare l’autostima della ragazza in fatto di universo maschile lo sfiorò per un momento, facendo riemergere i suoi sensi di colpa, che cercò di scrollarsi di dosso con un bicchiere di Firewhiskey.
Prima o poi, quella tecnica avrebbe funzionato veramente, pensò.
 
«Cormac, devo fare una cosa. Ieri ho dimenticato di consegnare un libro in biblioteca, Madama Pince mi ucciderà se tardo un altro giorno!» disse Hermione trafelata. «Ti raggiungo direttamente alla cena.»
Corse via senza dargli la possibilità di dire una parola.
McLaggen scrollò le spalle e si diresse verso il luogo indicatogli dal professore sull’invito.
Hermione raggiunse il sesto piano e quando arrivò vicino alla statua del Mago Nano aveva l’affanno; toccò la piastrella dietro la statua che apriva il passaggio che portava al Dormitorio Segreto e vi si intrufolò, cercando di non sgualcire il suo abito da sera.
Era lungo vestito dorato, con dei ricami in argento che ricordavano le costellazioni che studiavano durante le lezioni di Astronomia. Hermione se n’era innamorata a prima vista e non voleva rovinarlo. Non sapeva perché avesse deciso di correre da Draco a dargli quello stupidissimo libro quella sera stessa; avrebbe potuto portarlo al Serpeverde l’indomani.
Ma ormai era fatta.
Mormorò la parola d’ordine ed entrò esitante.
«Draco?»
Lo vide alzare lo sguardo su di lei, mantenendo una mano posata su un tomo che stava consultando sul tavolo; aveva i capelli leggermente scompigliati e i primi bottoni della camicia erano stati sbottonati, la cravatta allentata.
Vedendolo così, Hermione pensò che non sarebbe più stata in grado di negare l’attrazione fisica che provava verso di lui.
 
Aveva sparpagliato delle pergamene vuote sul tavolo e aperto un paio di grossi tomi di Pozioni Avanzate; si era allentato la cravatta, che continuava ad indossare solo per rigor di stile, nonostante sapesse che nessuno entrava in quel Dormitorio e avrebbe potuto vederlo… A parte la Granger. Ma l’eleganza per lui era uno stile di vita e neanche da morto si sarebbe abbassato a indossare qualcosa di comune e ordinario come una maglietta o un paio di blue jeans.
Aveva giusto mangiucchiato qualcosa dall’abbondante cena che era apparsa sul tavolo poco prima, ma si era ritrovato con lo stomaco chiuso e non poteva dire di aver fatto un pasto decente; aveva rimandato indietro i piatti quasi intatti, senza però rinunciare a un paio di bicchieri di Firewhiskey. Ringraziò il sé stesso di qualche mese prima per aver approfittato della buona parola che Piton avrebbe messo per lui al momento della perquisizione per introdurre una piccola scorta di alcolici.  
Sussultò quando all’improvviso avvertì un ticchettio provenire dal passaggio che conduceva alla porta del Dormitorio, segno che qualcuno si stava facendo strada per andare da lui; lasciò una mano aperta al centro del libro che stava consultando, per non perdere il segno ed evitare che si richiudesse; poi portò l’altra sull’impugnatura della bacchetta.
Meglio essere pronti, non attendeva visite.
Ma quando alzò lo sguardo, rimase a bocca aperta, come pietrificato.
«Draco?»
Il biondo deglutì. La Granger si ergeva con il fiatone proprio difronte a lui; il ticchettio che aveva sentito era probabilmente dovuto ai tacchi bassi che la ragazza indossava quella sera. Aveva raccolto i capelli in un elaborato intreccio dietro alla testa, alcune ciocche le ricadevano pigre ai lati del viso. Un bellissimo ed elegante vestito dorato le fasciava il corpo, con dei motivi argentati che rimandavano alle costellazioni.
Dopo averla studiata minuziosamente, Draco deglutì nuovamente.
Era bellissima.
E aveva addosso la rappresentazione della costellazione dalla quale lui aveva preso il nome. Si chiese se lei ne fosse consapevole, ma ne dubitava altamente.
Rimase a fissarla come un ebete per quelli che parvero diversi minuti, aprendo e chiudendo le palpebre senza proferire parola. Poi finalmente si riscosse e si schiarì la gola.
«Granger» la salutò fingendo indifferenza. «Cosa ci fai qui?»
Hermione arrossì.
«Oh, ti ho portato questo» gli disse facendo ondeggiare il libro che gli aveva promesso per aria.
Draco le si avvicinò e lo prese in mano.
«Potevi portarmelo domani. Credevo andassi di fretta…»
«Ehm, sì. Ma ho pensato che potessi annoiarti e…», la Grifondoro lasciò la frase in sospeso, rendendosi conto di quanto fosse stato stupido da parte sua precipitarsi lì in quel modo.
«Grazie» mormorò lui, senza degnare l’oggetto del minimo sguardo; non riusciva a toglierle gli occhi di dosso.
Che cazzo mi succede? Draco, ripigliati.
Hermione lo guardò sbattendo le palpebre, sorpresa. Aveva sentito bene? Malfoy l’aveva davvero ringraziata?
«Oh, ehm… Figurati» farfugliò abbozzando un mezzo sorriso. «Ora devo proprio andare, però. Buona serata, Malfoy.»
«Aspetta, Granger» la fermò lui d’impulso, afferrandole il polso e trattenendola.
Non andare, resta qui con me.
Portò una mano dietro la testa della ragazza e tirò via il fermaglio che ne bloccava i capelli, sciogliendoli e facendoglieli ricadere sulla schiena.
«Così va meglio» mormorò con voce roca.
La Grifondoro arrossì ancora di più a quel gesto e prese a mordersi il labbro inferiore, mentre Malfoy sistemava con cura alcune ciocche ribelli della sua chioma.
Draco si inumidì le labbra, continuando a fissarla immobile a pochi centimetri di distanza da lei; sembrava stesse riflettendo se dirle qualcosa oppure no.
«Concedimi un ballo, Granger» le disse dal nulla, tendendole una mano.
«C-cosa?» domandò lei dischiudendo le labbra, totalmente spiazzata dalla richiesta.
Malfoy non avrebbe mai accettato un rifiuto, Hermione lo sapeva; e di fatti, il Serpeverde aveva già puntato la bacchetta verso una vecchia radio che giaceva inutilizzata da Merlino solo sapeva quanto tempo su una mensola e l’aveva accesa, facendo risuonare la musica nella stanza.
Un lento.
Ovviamente.
Le si avvicinò e le posò una mano sulla vita.
«Balla con me, Granger» le sussurrò in un orecchio, inclinando il capo leggermente verso di lei.
Hermione deglutì, ma decise che ballare fosse la cosa meno rischiosa da fare in quel momento; non avrebbe sicuramente potuto elaborare una frase di senso compiuto e se avesse provato a proferire parola avrebbe rischiato di causare un incidente diplomatico che avrebbe sicuramente mandato a rotoli quella convivenza civile che avevano instaurato con tanta fatica.
Il profumo di Draco l’aveva inondata non appena le si era avvicinato e la sua lucidità venne ancora meno quando sentì la mano del biondino scivolare sulla sua schiena.
Ah, e tu pensi davvero che ad oggi non lo sentiresti più nell’Amortentia… le sussurrò una vocina scomoda da qualche parte nella sua testa; ma la Grifondoro ignorò anche quella.
Non erano mai stati così vicini, lei e Draco.
Forse è ubriaco, pensò Hermione. Quello non era decisamente da Malfoy, oltre a non avere un minimo senso in quel contesto. Ma lei lo assecondò comunque, mettendo a tacere la propria ragione.
Avrebbe avuto tutto il tempo per vergognarsene, l’indomani; non era necessario che lo facesse da subito, rovinando quel momento.  
Momento che in cuor suo, Hermione lo sapeva, avrebbe rimpianto amaramente.
 
Le mani di Hermione, posate con leggerezza sulle spalle di Draco, tremavano leggermente; non si preoccupò che il ragazzo potesse accorgersene, il tessuto della camicia avrebbe dovuto attutire quella lieve vibrazione delle sue mani.
Poi, però, lui le prese le mani e se le portò dietro il collo, facendo scivolare brevemente le dita lungo gli avambracci della ragazza mentre riportava le mani sulla sua vita.
Fanculo le lezioni di danza, pensò Draco, per questo vale la pena infrangere le regole.
Non c’era nessuno a guardarli, pur volendo.
Quel gesto, - e il brivido che si era imposta di reprimere a causa di esso -, parve riportarla alla realtà.
«Draco…» mormorò schiarendosi la gola dopo la seconda o terza canzone, sinceramente aveva perso il conto a quel punto e aveva paura a voltarsi a dare un’occhiata all’orologio alle sue spalle.
Il giovane aveva poggiato una guancia contro la sua tempia a un certo punto, e lei aveva perso lucidità in qualche momento tra il primo e il secondo lento.
«Devo andare… Mi stanno aspettando» sussurrò quasi dispiaciuta la ragazza.
Vide il Serpeverde chiudere gli occhi e avvertì il suo respiro caldo sul viso quando sospirò rassegnato.
Draco annuì e poi si allontanò da lei, arretrando di qualche passo; Hermione gli rivolse un timido sorriso e si voltò per raggiungere l’uscita, lo sguardo fisso sui suoi stessi piedi.
«Comunque, mi hai addosso Granger» le disse attirando nuovamente la sua attenzione; un po’ si maledisse per il modo in cui aveva formulato quella frase, ma non si sentiva esattamente nel pieno delle sue facoltà.
Mi hai addosso? Lo prese in giro la vocina della sua testa e lui fece una breve smorfia rivolta a sé stesso. Imbarazzante. Penoso! Persino la Donnola avrebbe fatto di meglio!
La ragazza si immobilizzò. Si riferiva al suo profumo? Hermione sapeva di averlo addosso, riusciva ad avvertirlo perfettamente anche dopo essersi allontanata da lui.
«Cosa?» farfugliò confusa, voltandosi esitante a guardarlo.
«Quella è la costellazione del dragone» asserì in tono fermo il biondino, indicando con un cenno del capo i ghirigori argentati sull’abito della Granger. «Il mio nome deriva da lì.»
«Oh», esclamò lei arrossendo. «N-non l’avevo riconosciuta…»
Rimase ferma a guardarsi le scarpe per qualche secondo, avvertendo lo sguardo di Draco su di lei e un brivido percorrerla lungo la schiena.
Resta, Granger. Resta qui.
«A domani, Draco» mormorò con un filo di voce mentre lasciava la stanza a grande velocità.
Lui non le rispose, perso nei suoi pensieri com’era, consapevole del fatto che un altro ragazzo avrebbe goduto della sua compagnia e della sua bellezza quella sera. L’impegno che ci aveva messo per sistemarsi non era stato per lui, non sarebbe mai stato per lui.
Io, però, potrei darti il mondo, Granger.
Sgranò gli occhi e si pietrificò non appena quel pensiero capitolò nella sua mente.
Cosa era andato a pensare? E non solo in quel momento, ma per tutto il tempo! Come gli era saltato in mente di chiedere alla Granger di ballare?
Non avrebbe dovuto farlo, mai. Non avrebbe dovuto sapere che stringendola a sé il suo cuore aumentava la velocità dei battiti; con Pansy non era successo quando avevano ballato al Ballo del Ceppo; con Pansy non era mai successo. E non era successo neanche con Daphne quando aveva ballato con lei al galà che sua madre aveva dato per il suo ultimo compleanno festeggiato prima del ritorno del Signore Oscuro, né con nessun’altra di quelle stupide possibili candidate al ruolo di futura Signora Malfoy.
Un ruolo, quello era ciò che era destinato ad avere. Non una come la Granger, la Granger non era roba per lui. Non le avrebbe potuto dare proprio un bel niente; niente di quello che interessava a lei, comunque.
Si versò un altro bicchiere di Firewhiskey, capendo improvvisamente cos’era quella sensazione che gli faceva contorcere le interiora al pensiero della giovane insieme alla Piovra.
Gelosia.
Era geloso di Hermione Granger.
E non poteva permetterselo.
Non lei, non lei, non lei ripeté a sé stesso come un mantra.
Non la Granger, la Granger non è per me.
Ma non suonava molto convinto, detto così, nella sua testa; provò a dirlo ad alta voce e… il suo cervello, - o forse il suo cuore -, sembrava ancor meno determinato ad assimilare il concetto.
Cazzo.
 
Draco si fiondò in bagno e si gettò dell'acqua fredda in faccia.
No, non poteva essersi innamorato della Granger.
Draco Malfoy non si innamorava, non sapeva neanche cosa fosse l'amore!
Draco pensò che non sapeva neanche cosa fosse l'amicizia, però.
Ecco, sì. Tengo alla Granger, come un amico disse a sé stesso, rabbrividendo per il sentimentalismo in quel pensiero.
Non si sente il profumo di un amico nell'Amortentia, sussurrò dispettosa la vocina nella sua testa.
Gettò tutti i prodotti poggiati sul davanzale accanto a sé sul pavimento.
No, Draco Malfoy non poteva essersi innamorato di una Nata Babbana.
Che ti frega? Il suo sangue è uguale al tuo, insisté la vocina nella sua testa.
Porca puttana stai zitta!
Draco ritornò di corsa nell’altra stanza, afferrò la bottiglia di Firewhiskey e bevve direttamente da essa, scolandosi la metà rimanente.
Non era possibile. Non poteva davvero essersi innamorato della Granger; non poteva essere stato così stupido.
A lui non fregava più nulla del sangue, ma quella era sempre la Granger.
L'aveva tormentata per anni, insultata, derisa, denigrata. Non poteva essersi innamorato dell'unica persona al mondo che mai, mai, mai, in nessuno scenario che gli venisse in mente l'avrebbe potuto ricambiare.
No, no, no. Non sono innamorato della Granger.
Anche se fosse, i suoi genitori non l'avrebbero mai accettata.
Che ti importa di quello che pensano? A loro non è mai importato di quello che pensi tu.
No, non poteva essersi innamorato della Granger. Lui restava un Malfoy. L'unico erede dei Malfoy e come tale avrebbe dovuto sposare una Purosangue e mandare avanti la linea dinastica com'era sempre stato fino a quel momento.
Non educheresti comunque tuo figlio secondo la linea purosanguista. Se non depenni tu il nome dei Malfoy dalla lista delle sacre Ventotto, lo farà comunque lui. O lei.
A Draco sarebbe piaciuto avere anche una figlia femmina.
Solo un erede, maschio, Purosangue urlò la voce di Lucius Malfoy, riecheggiando da un angolo remoto della sua mente.
«Porca puttana!», urlò Draco, lanciando la bottiglia vuota contro il muro e mandandola in frantumi. Una scheggia di vetro rimbalzò all'indietro e colpì la sua guancia, tagliandolo. Il sangue cominciò immediatamente a defluire, colando lungo la sua mano quando si portò le dita a tastare la ferita. Spostò i palmi davanti agli occhi e prese a fissare le mani aperte, tinte del liquido che continuava a scivolare lungo il suo viso, gocciolando sul pavimento.
Rosso, sangue, Purosangue.
Il suo sangue è uguale al tuo.
Che me ne frega della linea di sangue?
È la Granger, porca puttana!
Mi fa sentire vivo.
Draco scoppiò a piangere e si prese il capo tra le mani; la testa gli girava vorticosamente, non avrebbe dovuto tracannare tutto quell'alcool in quel modo, a stomaco praticamente vuoto e nello stato emotivo in cui versava.
La Granger non è roba per me.
Tornò in bagno e vomitò.
Si rialzò dal pavimento a fatica e si appoggiò al lavandino. Si bagnò il volto con l’acqua gelida un’altra volta, cercando invano di riprendersi.
Non posso essermi innamorato di Hermione Granger.
Si guardò allo specchio. Il sangue continuava ad uscire dal taglio fresco, colando e mischiandosi alle sue lacrime.
Non sono innamorato di Hermione Granger, ripeté a sé stesso, implorando il suo stesso corpo, cervello o cuore o qualunque cosa fosse in controllo di quel sentimento di ascoltare la sua supplica e renderla reale.
Non sono innamorato di Hermione Granger.
Non sono innamorato di Hermione Granger.
Abbassò lo sguardo e singhiozzò più rumorosamente.
Non avrebbe fatto in tempo a soffocare proprio un bel niente. Era troppo tardi, ormai.
Si accasciò contro il muro e poggiò il capo contro le piastrelle fredde.
Chiuse gli occhi.
Sono innamorato di Hermione Granger, ammise a voce alta.
E lei probabilmente ora è nel letto di Cormac McLaggen, pensò, sentendo il proprio cuore sprofondare in una nuova forma di dolore, una che non aveva mai provato e che non avrebbe mai pensato di provare in vita sua.
 
Si rialzò a fatica, cercando di raggiungere la vasca da bagno per farsi una doccia fredda.
La sua mente era un vortice di pensieri confusi.
Malfoy. Purosangue. Nata Babbana. Erede. Uno. Maschio. Purosangue. Non la Granger. Sono innamorato della Granger. Il suo sangue è uguale al tuo. Che mi importa della linea di sangue? Che vada a farsi fottere quella maledetta lista. Le Sacre Ventotto che non hanno niente di Sacro e non sono neanche più Ventotto da un pezzo.
Draco si trovò a urlare alla sua coscienza che non era neanche un problema di sangue, nonostante la certezza che la sua famiglia non avrebbe mai accettato la Grifondoro; era tutto il resto il problema. Tutto quello che le aveva detto e fatto da quando avevano messo piede a Hogwarts per la prima volta… era quella macchia d’inchiostro sul suo avambraccio.
La Granger era la luce e lui era l’oscurità, non avrebbe mai ripagato la bontà della giovane nei suoi confronti contaminandola.
E lei non sarebbe stata mai così stupida da dare una possibilità a lui in quei termini.
Rifletté che avrebbe fatto meglio a riprendersi e alla svelta, perché non c'era alcuna speranza che lei potesse essere sua. Che lei potesse scegliere lui. Persino quel cretino di McLaggen aveva più credenziali di lui nella lista dei ragazzi che potevano permettersi di pensare alla Granger romanticamente. Lui in quella lista neanche rientrava.
E non era per via della sua famiglia; li avrebbe sfidati uno ad uno pur di poter stare con lei, a quel punto. Ma le aveva fatto troppo male e non c'era verso che lei passasse sopra al loro passato fino a quel punto.



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Salve!
Oggi ho aggiornato due capitoli (34 e 35) perché è da un po' che non riuscivo a collegarmi per farlo, scusatemi. 
Spero che la storia vi stia piacendo!
Grazie a chiunque si è preso un attimo per lasciarmi una recensione, mi fa davvero tanto piacere sapere la vostra opinione!
Comunque, non vi trattengo oltre... buon fine settimana a tutti/e ;)
A presto!

 

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Capitolo 41
*** CAPITOLO 36 ***


CAPITOLO 36

















Quando Hermione raggiunse il Dormitorio per riferire a Draco un messaggio da parte di Piton la mattina seguente, lo trovò addormentato da seduto, con il capo appoggiato alla vasca da bagno.
Nella stanza regnava il caos. Non appena era entrata, la sua attenzione era stata subito catturata dai vetri sul pavimento e dalla scia di sangue che si trascinava fino al bagno. Vi si era precipitata dentro in preda alla preoccupazione.
«Malfoy!» lo chiamò a gran voce mentre cercava di scuoterlo con le mani, ma lui non diede alcun segno di vita.
«Malfoy!»
All’ennesimo strattone accompagnato dal suo nome urlato dalla Grifondoro, Draco aprì un occhio e poi lo richiuse immediatamente.
«Granger» biascicò con voce impastata. «Sei tu.»
Portò una mano tra i capelli della ragazza e iniziò ad accarezzarle il volto con l’altra; Hermione batté le palpebre confusa, chiedendosi, tra le altre cose, come diavolo stesse facendo a sapere dove stava mettendo le mani se aveva entrambi gli occhi ancora chiusi.
Quanto diavolo hai bevuto, Malfoy? Borbottò sottovoce, anche se dubitava che il Serpeverde l’avrebbe sentita se avesse parlato a voce alta. L’odore di alcool impregnava l’aria.
«Draco, devi alzarti» mormorò dolcemente, cercando di esaminargli il volto; aveva un profondo taglio sulla guancia.
Che accidenti hai combinato, imbecille che non sei altro?
Draco aprì gli occhi e si trovò il viso della Granger a pochi centimetri dal suo; quando aveva intrecciato le mani nei suoi capelli?
È così vicina, così vicina… dovrei sporgermi solo un pochino, giusto qualche millimetro, per poterla ba-...
Quasi cadde in avanti quando lei si spostò improvvisamente per portarsi il suo braccio attorno alle spalle e aiutarlo ad alzarsi.
Cercò di sollevarlo con le sue sole forze e quando ci riuscì lo fece entrare nella grande vasca da bagno a pochi passi da loro e aprì l’acqua fredda; poi iniziò a sbottonargli la camicia, che da bianca era diventata ormai rosso sangue.
«Se volevi vedermi nudo, Granger, bastava chiedere*» farfugliò sorridendole malizioso mentre seguiva con lo sguardo le mani della ragazza sul suo indumento. Lei alzò gli occhi al cielo e poi gli diede una leggera spinta, facendolo finire direttamente sotto il getto d’acqua fredda.
Non avrebbe mai avuto il coraggio di tirare fuori l’argomento, ma pensò che sarebbe stato divertente da vedere se Draco avesse ricordato quella cosa una volta rinsavito.
«Per Salazar!» imprecò il biondino al contatto indesiderato e imprevisto con l’acqua gelida, aprendo di scatto gli occhi; per un breve istante parve riacquistare lucidità.
Guardò la Granger che lo scrutava con un cipiglio contrariato e pensò che fosse lui a dover essere contrariato. Che modo era quello di trattare la gente? In un baleno, si sporse in avanti, le afferrò la vita e se la spinse contro, trascinando anche lei sotto il getto d'acqua.
«Malfoy!», strillò Hermione senza respiro e indignata come non mai.
La camicetta bianca della divisa, ormai zuppa d'acqua, le era diventata trasparente.
«Ops!» esclamò Draco fingendo dispiacere, poi scoppiò a ridere.
Hermione trasse un respiro profondo, cercando di mantenere la calma e di uscire dalla vasca, possibilmente senza scoppiare a ridere a sua volta, ma il ragazzo la spinse di nuovo contro il suo torso nudo, abbracciandola.
«Granger» dichiarò Draco Malfoy in tono solenne. «Mi sa che mi sono ubriacato.»
Hermione lo trafisse con lo sguardo e alzò un sopracciglio.
«Tu dici?»
 
Lo adagiò sul divano dopo una lunga lotta per farlo uscire dalla doccia; si era riasciugata gli abiti ed era andata a prendere la pozione disinfettante e quella per curare le ferite, per potersi occupare del taglio sulla guancia del ragazzo.
Gli lanciò contro un incantesimo asciugante e poi lo coprì con una coperta; sospirò esausta, mentre si voltava per dirigersi verso la porta del Dormitorio.
«Granger, dove vai?»
«Vado a prenderti qualcosa per la sbornia, razza di imbecille!»
Draco le rivolse uno sguardo corrucciato e sbuffò, afferrandola e iniziando a tirarla per un braccio. Lei lo fissò di rimando con un sopracciglio alzato.
«No, dai. Resta qui» disse quasi in tono di supplica, spingendola sul divano con uno strattone, per poi abbracciarla di lato e poggiare il capo sulla sua spalla.
«Draco, con la pozione ti riprenderesti in un baleno…» cercò di farlo ragionare pazientemente, ma ottenne solo un mugugno di protesta in risposta.
«Fai quella cosa che fai quando mi brucia il Marchio» farfugliò con voce impastata, mentre scivolava lentamente nel mondo dei sogni. «Accarezzami i capelli… avrà lo stesso effetto…»
 
Draco Malfoy avrebbe preferito non risvegliarsi e non era per via del martellare che sentiva nella testa; quello sarebbe andato via una volta ingerita la pozione che la Granger gli aveva lasciato sul tavolo con tanto di nota accanto, scribacchiata su un pezzo di pergamena, e che recitava: «Bevila, imbecille!»
Almeno non mi ha lasciato una Strilettera, pensò il Serpeverde.
Si lasciò ricadere pesantemente sul divano; si sentiva una pezza.
Ricapitolando, nell’arco di una sera, aveva: bevuto a stomaco vuoto; fissato la Granger come un ebete; le aveva sistemato i capelli secondo la propria preferenza; poi le aveva chiesto di ballare; aveva capito di essere innamorato di lei e aveva bevuto di nuovo, finendo con il procurarsi la più grande sbornia della sua vita.
La regola numero uno quando ci si innamorava di una persona con cui si condivideva un passato complicato, - e nel loro caso era un bell’eufemismo -, e si sperava in cuor proprio di avere una possibilità con quella persona, - anche se remotissima, doveva ammetterlo -, stabiliva di fare di tutto per evitare di sbagliare ancora con quella persona.
Lui l’aveva già mandata al diavolo quella regola, e non ci aveva messo neanche ventiquattro ore a farlo.
Classic Draco Malfoy.
Il risultato di quella serie di scelte e azioni discutibili, dettate probabilmente da quella forza maggiore chiamata Firewhiskey, era stato che la Granger lo aveva trovato ubriaco, crollato sul pavimento del bagno e insanguinato e lui che aveva fatto? Aveva provato spudoratamente e in maniera per niente elegante a portarsela a letto.
Ci avrà riso su, si disse cercando di tranquillizzarsi. Non stavo palesemente capendo un cazzo.
La cosa più ironica fu il fatto che pensò di necessitare di un bicchiere di Firewhiskey per affrontare quello che era accaduto, salvo poi ricordarsi che quella roba era proprio il motivo per cui era finito in quella situazione incresciosa.
Sbuffò sonoramente e si spostò nella sua camera, buttandosi sul letto di peso.
Mi sono innamorato della Granger, mormorò ancora incredulo fissando il soffitto.
Sono fottuto.
Una risata amara lasciò la sua gola.
Come si chiama quella cosa in cui Astoria crede così fermamente?
Ah, sì. Karma.
Pensò che da quel momento in poi ci avrebbe creduto anche lui. Forse era quella la sua punizione per le azioni sbagliate che aveva commesso, per le cattiverie che aveva fatto anche da ragazzino. Innamorarsi e dell’ultima persona al mondo di cui avrebbe dovuto farlo; della persona che più di tutte non avrebbe mai potuto ricambiarlo.
Draco chiuse gli occhi e trasse un respiro profondo, mentre realizzava che per tutta la vita gli era stato ripetuto che avrebbe potuto avere qualsiasi cosa avesse desiderato… E lui voleva l’unica cosa che non avrebbe mai dovuto desiderare.
 
Hermione raggiunse il Dormitorio immediatamente dopo la fine delle lezioni; era preoccupata. Cosa stava passando per la testa di Malfoy?
Cosa poteva averlo spinto a ridursi in quello stato la sera prima?
Aveva ricevuto qualche notizia che lo aveva turbato? Magari sui suoi genitori… Era il Marchio? Gli faceva male così spesso da indurlo lentamente alla pazzia?
Poteva accadere? Come quando si veniva esposti alla Cruciatus per troppo tempo… come i genitori di Neville?
Deglutì e rabbrividì; sarebbe andata a dare un’occhiata nel Reparto Proibito subito dopo aver controllato che Draco stesse bene. Sperò di trovarlo lucido.
Lo sentì imprecare dal bagno un secondo dopo essere arrivata e aver chiamato il suo nome.
«Merlino, sul serio
Malfoy non poteva crederci, quella ragazza aveva un tempismo orribile. O impeccabile. Punti di vista, ma lui stava davvero iniziando a odiarla, quella sua tendenza a palesarsi nei momenti meno opportuni.
«Draco? Tutto bene lì dentro?»
«Arrivo, Granger» le rispose sforzandosi di reprimere un gemito di dolore. «Dammi un secondo!»
Hermione andò a sedersi sul divano, mentre ripassava a mente il discorsetto che si era preparata e che avrebbe fatto al biondino una volta che si fosse deciso a uscire dal bagno… poi, però, un luccichio sul pavimento attirò la sua attenzione; si piegò, inserendo la mano sotto al divano e toccando qualcosa di freddo. Con cautela, lo estrasse: un pugnale d’argento. Ed era insanguinato.
Prese a bussare con forza contro la porta del bagno.
«Malfoy, che cazzo hai fatto?» chiese in preda al panico. «Ho trovato un pugn-»
Draco spalancò la porta bruscamente, facendola sobbalzare e arretrare di scatto; l’impatto della sua schiena contro il muro le mozzò il respiro per qualche secondo.
«Tu sei stupida» le sibilò contro in un guizzo di rabbia, strappandole l’arma di mano e scagliandola lontano sul pavimento. «Non te l’hanno mai detto che non dovresti toccare i cimeli delle famiglie Purosangue perché potrebbero esserci delle maledizioni anti Nati Babbani?»
Hermione lo fulminò con lo sguardo. «Non te l’hanno mai detto di non nascondere in giro pugnali insanguinati?» ribatté caustica lei, poggiandosi le mani sui fianchi.
Le prese il volto con un movimento deciso e le controllò le pupille; poi le afferrò il polso per sentire il battito del suo cuore.
«Il fatto che fosse coperto dal mio sangue è il motivo per cui non sei stesa sul pavimento a contorcerti dal dolore, Granger» la informò piccato lui.
«Perché c’è il tuo sangue su quella dannata cosa e perché è qui in primo luogo?» gli urlò contro lei, liberandosi della sua presa con uno strattone.
Lui assottigliò gli occhi.
«Non sono affari tuoi, Granger.»
Hermione fece uno scatto in avanti e gli afferrò il braccio sinistro con tanta rapidità che Draco non riuscì ad impedirlo; aveva notato che aveva cercato di nasconderlo dietro la schiena per tutto il tempo. Il giovane inveì, mentre una smorfia di dolore gli compariva sul volto prima che avesse il tempo di soffocarla.
«Draco!» esclamò la Grifondoro, sconvolta. «Che cavolo hai fatto?»
«Mi sembra evidente, Granger» sbottò irritato. «Ho provato a… rimuoverlo.»
La ragazza si portò entrambe le mani sul volto e lo guardò con occhi sbarrati.
«Ma Draco, non funziona così!» asserì con voce stridula. «Se anche ti amputassi il braccio, continueresti a sentirlo! Non si può rimuovere il Marchio Ne-»
«Lo so, Granger» ammise lui ruotando gli occhi.
«E perché hai…»
«Perché non lo sopporto più, va bene?» urlò Draco distogliendo lo sguardo da Hermione. «Non voglio più… vederlo, Granger… Non…»
Non terminò mai quella frase; si portò le mani sul volto, sfregandosi gli occhi con forza. Quella macchia era la causa di tutti i suoi mali, passati e presenti, e, – ci avrebbe scommesso -, anche futuri; non ne sopportava la vista già prima, ma non poteva dirle che dal momento che aveva realizzato cosa provava veramente per lei, quel dannato teschio sul suo avambraccio lo tormentava ancora di più. Il suo significato, il fatto che lo avesse preso di sua volontà, sebbene la sua volontà fosse guidata dall’istinto di sopravvivenza e dal desiderio di proteggere sua madre… era un indelebile promemoria di chi era stato e di quanto mai l’avrebbe potuta meritare.
«Draco» sussurrò la Grifondoro, tendendo la mano verso di lui, come se volesse accarezzargli la guancia; il Serpeverde fu attraversato da un guizzo di panico al pensiero di entrare in contatto con la pelle della Granger, dell’effetto che avrebbe potuto fargli ora che sapeva.
«Ti prego, dimmi cosa ti sta succedendo!»
Sono innamorato di te.
Draco si allontanò di scatto da lei e il suo cuore mancò un battito quando vide lo sguardo di lei ferito da quel gesto; da quanto tempo non si ritraeva dal suo tocco?
«Vattene, Granger» sibilò senza guardarla. «Vattene.»
La ragazza schiuse le labbra, spiazzata da quel tono duro e da quella richiesta inaspettata.
La stava… cacciando?
Ma se c’era una cosa che Hermione aveva capito su Malfoy da tutta quella storia, era che in un nuovo e diverso stadio di vulnerabilità avrebbe sempre cercato di rifiutare l’aiuto altrui; così ingoiò per l’ennesima volta il suo orgoglio e ignorò le ultime parole del biondino.
«Draco» mormorò invece, avvicinandosi a lui con cautela. «Lascia che ti curi il braccio…»
Il giovane ingoiò saliva e spostò lo sguardo lontano dagli occhi preoccupati della ragazza.
Perché si preoccupava per lui?
Non lo meritava, non meritava niente.
L’aveva appena mandata via.
Ma lei è ancora qui.
La Grifondoro andò a recuperare le pozioni che, a quanto pareva, avrebbero dovuto iniziare a tenere a portata di mano, invece che in una scatolina per le emergenze.
«È l’ultima dose di Pozione Cura ferite» lo informò con un fil di voce, sedendosi accanto a lui; ripulì il braccio del sangue che era colato.
Quell’imbecille ha cercato di tagliare lo strato di pelle in superficie!
Stupido, stupido, stupido!
Disinfettò le ferite e tirò via i capelli dal retro della testa del biondino, assicurandosi che sentisse il pizzicorino nel momento in cui quelli si staccarono dal cuoio capelluto.
«Ahi», protestò lui. «Io con te sono stato delicato!»
Hermione gli rispose con un’occhiataccia e Malfoy ammutolì nuovamente.
Bevve il primo sorso di Pozione.
Uno ogni cinque minuti, per venticinque minuti.
«Ne preparerò dell’altra» disse addolcendo il tono di voce, cercando di toppare quell’ennesima stronzata che aveva fatto.
«Sarebbe la prima cosa sensata dopo giorni di stupidaggini» replicò caustica lei.
A quali stupidaggini si riferiva? Al fatto che le avesse chiesto un ballo? O al fatto che aveva provato a baciarla e poi aveva spudoratamente flirtato con lei buttando al vento anni di studio di galanteria?
L’unica fottuta volta che ci tengo davvero… pensò frustrato Draco, e non riesco a fare la cosa giusta neanche per sbaglio.
«Mi spieghi che cosa ci facevi con un pugnale?»
«Fa parte delle cose che mi sono portato dietro… all’inizio dell’anno» spiegò senza aver bisogno di aggiungere altro, senza riuscire a guardarla. «Vorrei controllarti meglio, comunque, quel pugnale… è pericoloso. Non avresti dovuto toccarlo, ecco perché lo avevo messo lì. Avresti potuto…» deglutì e si passò una mano sulle labbra. «Avresti potuto farti seriamente male.»
«Sto bene» lo rassicurò lei, alzandosi per gettare via l’asciugamano sporco di sangue.
Draco le afferrò un polso con delicatezza. «Per favore…»
Hermione deglutì e tornò a sedersi; lo osservò mormorare degli incantesimi, la bacchetta che si muoveva lungo il suo corpo e la sfiorava leggermente in alcuni punti, provocandole un lieve solletico.
Si chiese quand’era arrivata al punto di fidarsi di Malfoy abbastanza da permettergli di usare incantesimi che non conosceva su di sé.
Non può farti niente di male, ha stretto il Voto, ricordò a sé stessa.
«Tutto bene» confermò lui prendendo un altro sorso di Pozione Cura Ferite.
«Pensavi che essendo maledetto il pugnale avrebbe potuto rimuoverlo?»
«Era solo una teoria, Granger» liquidò il discorso Draco. «Sbagliata, ovviamente. Perché non può mai andarmene bene una…»
La ragazza ignorò quell’ultima frase borbottata quasi come se il giovane la stesse dicendo a sé stesso piuttosto che a lei.
«Non significa niente» gli disse dopo un attimo di silenzio.
Lo sguardo di lui saettò su di lei, incatenandole gli occhi ai suoi grigio ghiaccio.
Hermione avvertì di nuovo quella strana sensazione di cadervi dentro e perdersi.
«Sai benissimo che non è così, Granger» la contraddisse il Serpeverde. «Non so neanche come sia possibile che io non ti faccia schifo dopo… tutto.»
Hermione non capì che in quel ‘tutto’ Draco stesse includendo anche i loro trascorsi, pensava si riferisse agli eventi più recenti, al Marchio e a quello che aveva dovuto fare nell’ultimo anno e si focalizzò su quello nella sua risposta.
«Quello non sei tu» mormorò sommessamente, avvicinandosi ulteriormente a lui. «Quel Marchio non ti rappresenta.»
«Cosa ne sai tu?» le chiese con una smorfia di disgusto verso sé stesso.
La ragazza gli rivolse un mezzo sorriso dolce. «Me lo stai dimostrando.»
Restarono in silenzio a guardarsi negli occhi per qualche istante, poi Draco chiuse i suoi e poggiò il capo nell’incavo del collo di lei. Sospirò.
Abbracciami, Granger.
Ti prego.
Come se avesse udito quel pensiero, Hermione lo circondò con un braccio.
«Lo odio, Granger» confessò il giovane, il disprezzo verso sé stesso evidente nel suo tono di voce. «Non fa che ricordarmi di tutto quello che ho fatto e mi odio per questo.»
«Allora cambia prospettiva, Draco» gli propose Hermione dolcemente. «Vedilo come un promemoria di ciò che non vuoi essere.»
Draco schiuse le labbra e la guardò al contempo colpito e sorpreso da quelle parole.
«Ma… Ho fatto tanto… male» sussurrò il Serpeverde con voce spezzata, mentre un singhiozzo sfuggiva al suo controllo e nascondeva nuovamente il volto tra i capelli di lei, incapace di reggere il suo sguardo.
Ti ho fatto tanto male, avrebbe voluto specificare ancora, ma non ne trovò la forza.
«Puoi ancora rimediare, Draco» mormorò contro il suo orecchio lei, mentre gli accarezzava i capelli con dolcezza. «Puoi ancora rimediare.»
Potrei fare ammenda con te per una vita intera, Granger, pensò lui a quelle parole, e ancora non sarebbe abbastanza da maritarti.

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Capitolo 42
*** CAPITOLO 37 ***


CAPITOLO 37





















Hermione aveva chiuso definitivamente con McLaggen durante l’ultima festa del Lumaclub. Aveva provato a baciarla e lei era stata assalita da un profondo senso di nausea, cosa che non le era mai successa nelle precedenti tre volte in cui i due erano stati intimi. Le aveva chiesto da quando si faceva problemi a stare con lui e lei aveva mentito spudoratamente dicendogli di non avere la minima idea di cosa fosse cambiato, ma in verità la ragazza era perfettamente consapevole di quale fosse il motivo per cui il suo corpo stava rifiutando McLaggen così categoricamente e quel motivo aveva i capelli biondo platino e vestiva Prada.
O l’equivalente del mondo magico di Prada, ad ogni modo.
Quasi rise, pensando all’espressione ‘il diavolo veste Prada’.
Non aveva fatto altro che rimuginare su quello che era accaduto tra di loro per tutta la sera.
Non è accaduto un bel niente, si era ripetuta ostinatamente. Avete solo ballato. Draco si annoia.
Lo capiva, davvero. Malfoy doveva essere abituato a quel genere di cose e da quando Voldemort era tornato di certo sua madre non aveva avuto modo di ospitare alcun galà a Malfoy Manor; doveva mancargli. Avrebbe sicuramente preferito ballare con qualche altra ragazza, però, su questo la Grifondoro non aveva alcun dubbio.
Sicuramente quel vestito che indossava era un po’ troppo per la serata al Lumaclub, ma Hermione temeva che non avrebbe avuto mai un’altra occasione per sfoggiarlo e lo aveva messo ugualmente.
“È la costellazione del dragone, il mio nome deriva da lì.”
Arrossì al ricordo; non l’aveva riconosciuta veramente, non si era neanche impegnata per accertarsi che quel motivo sul suo abito rimandasse solamente a una costellazione e non che fosse una vera e propria rappresentazione. Le era semplicemente piaciuto. E le era costato una figuraccia. Doveva proprio essere quella costellazione?
Figurati se Draco se ne ricorderà.
Non era la cosa con cui la sua mente adorava tormentarla di più, però; no, quella era ciò che aveva provato nel sentire il Serpeverde così vicino; ciò che aveva provato quando le aveva messo la mano dietro la schiena e l’aveva stretta a sé; il modo in cui le aveva sciolto e poi sistemato i capelli; la sensazione che le aveva provocato sentire il suo respiro sulla sua pelle ed essere inondata dal suo profumo. Perché diavolo aveva deciso di fare un salto al Dormitorio prima di andare alla festa?
Hermione sbuffò. Ci aveva impiegato mesi ad associare il profumo di Malfoy a quello che aveva percepito nell’Amortentia e d’un tratto non era più in grado di ignorarlo.
Toglitelo dalla testa o sarà una catastrofe. Non puoi interessarti a Draco Malfoy dopo il modo in cui ti sei scottata l’ultima volta. Non devi farlo.
Chiuse il pesante tomo che stava leggendo e lo mise via; si era fatta firmare un’autorizzazione per il Reparto Proibito dalla McGranitt e aveva trascorso lì tutto il pomeriggio a fare ricerche.
Non si era fatta viva con Draco, non perché le mancasse il coraggio di presentarsi dopo le vicende più recenti, ma perché doveva occuparsi di altro con urgenza e il biondino sembrava stare meglio il giorno prima di come lo aveva trovato dopo quell’orribile volta in cui aveva provato a tagliarsi via il Marchio dalla pelle.
Uno dei motivi per cui era andata in biblioteca era proprio quello; voleva assicurarsi che Draco non avrebbe subito danni permanenti a causa di quanto accadeva quando resisteva alla chiamata di Voldemort.
L’altro riguardava i suoi genitori; stava elaborando un piano per metterli al sicuro, qualora se ne presentasse la necessità. A Hermione piaceva essere preparata.
Non si era accorta dell’orario; Madama Pince l’aveva avvisata che stava andando via ore prima e si era raccomandata che chiudesse la Biblioteca; si fidava, di Hermione. La conosceva bene, visto tutto il tempo che la ragazza trascorreva in quel posto, almeno fino all’anno prima.
Si trascinò pigramente fuori dalla Biblioteca e la chiuse a chiave. Non aveva con sé il Mantello dell’Invisibilità e si sentiva un po’ a disagio a girovagare di notte nel castello; le preoccupazioni di Malfoy riguardo a Nott dovevano averla influenzata più di quanto avesse creduto in un primo momento. E stava per passare proprio vicino all’area della Stanza delle Necessità.
Si portò una mano sulla tasca, per assicurarsi di essere pronta ad estrarre la bacchetta qualora percepisse qualche sentore di pericolo.  
«Ma guarda un po’ chi si rivede» disse una voce gelida alle sue spalle. «Passeggiatina al chiaro di luna, Sanguemarcio
Hermione imprecò. Non poteva andarle bene qualcosa, una volta nella vita?
«Dovresti essere nel tuo Dormitorio, Nott» replicò freddamente lei, tirando fuori la bacchetta e mettendola bene in vista.
Il Serpeverde rise. «Credevo fosse chiaro che non m’importa nulla delle regole di questa stupida scuola.»
«Immagino siano ben altre le regole che ti stanno a cuore» commentò sardonica la Grifondoro.
Lui le rivolse un sorriso falso e prese a girarsi la bacchetta tra le dita.
«Cinquanta punti in meno a Serpeverde, Nott.»
«Per aver violato il Coprifuoco?» sbottò indignato. «Tu sei pazza!»
«E per essere un insopportabile, impertinente, sbruffone» aggiunse lei, anche se era tentata di dirgli che i quaranta punti in più che gli stava sottraendo erano per quello che le aveva fatto nel bagno di Mirtilla Malcontenta mesi prima; non poteva, però. Ufficialmente non aveva alcun ricordo di quella notte.
«Io credo che quella impertinente sia tu, Sanguemarcio» obiettò il ragazzo. «Giochi con il fuoco.»
Hermione aumentò la presa sulla sua bacchetta e si protesse prontamente quando Nott le lanciò contro il primo incantesimo. Duellarono per diversi minuti, poi lui riuscì a farle volare via la bacchetta di mano, distraendola con le sue parole.
«Sai, credo che Malfoy ci sia andato sempre troppo piano, con te» le aveva detto, «quell’incapace buono a nulla. Si dice che non fosse un granché con la Cruciatus…»
La Grifondoro individuò la sua bacchetta, finita a qualche passo di distanza da lei; doveva raggiungerla e in fretta.
«Credo che noi due ci divertiremo di più. Io non sono schizzinoso come il Principino.»
Hermione scattò e corse verso il fondo del corridoio, guardandosi indietro per schivare eventualmente qualche incantesimo; ma Nott non cercò di colpirla, anzi, le scagliò contro un Incarceramus, facendola finire a terra proprio quando aveva quasi raggiunto il punto in cui si era ficcata la sua bacchetta. Avrebbe dovuto voltarsi una volta in più, non credere che avrebbe avuto abbastanza tempo per afferrarla.
Cadde a terra, sbattendo il capo contro la pietra dura del muro; la sua tempia destra urtò una sporgenza, stordendola; vide nero. 
Aiuto, pensò. Non riusciva a muoversi e non riusciva a ragionare; le pulsava la testa e vedeva sfocato.
Avvertì le corde sparire e liberare il suo corpo dalla loro stretta.
«Preferisco cacciarle, le mie prede, Sanguemarcio» sibilò perverso Nott.
Hermione cercò la sua bacchetta a tastoni e la sfiorò anche, prima di avvertire le mani del suo avversario chiudersi sulle sue cosce e trascinarla lontano dall’unica possibilità che aveva di difendersi; anche se, in quelle condizioni, non sapeva neanche quanto utile le sarebbe stata, la bacchetta. Come avrebbe fatto a colpirlo se non riusciva a vederlo?
Ricadde nuovamente al suolo, battendo la testa una seconda volta.
Aiuto.
Sentiva l’alito di Nott sulla sua faccia, la sua bacchetta premuta con forza contro la gola; sapeva che il sangue stava già scorrendo dalle sue gambe, perché aveva sentito il dolore nel momento in cui le unghie dell’aggressore avevano perforato la sua carne.
«Te l’ho detto, Sanguemarcio» le sussurrò in un orecchio. «Ci divertiremo un mondo…»
Hermione svenne, quando avvertì chiaramente due lame trapassarle violentemente i polsi e il dolore invaderle la mente e l’intero corpo, tramortendola.
 
«Sai, credo che Malfoy ci sia andato sempre troppo piano, con te» stava dicendo Nott, rigirandosi la bacchetta tra le mani. «Quell’incapace buono a nulla. Si dice che non fosse un granché con la Cruciatus…»
Hermione era difronte a lui, disarmata, ma all’erta.
«Credo che noi due ci divertiremo di più. Io non sono schizzinoso come il Principino.»
La ragazza scattò correndo verso una parete, probabilmente con l’intento di recuperare la bacchetta che le era stata fatta volare di mano poco prima, ma fu colpita da un Incarceramus e cadde a terra, legata, battendo la testa contro il muro.
 
Draco si svegliò di scatto, sudato e tremante.
Che sogno del cazzo dovevo andare a fare?
Si alzò rapidamente, tirandosi via di dosso le lenzuola e dirigendosi verso il bagno per sciacquarsi la faccia con l’acqua fredda.
Poi, però, si pietrificò.
Aiuto.
Era la sua voce, lo sapeva; l’avrebbe riconosciuta anche nel mezzo di una folla di gente urlante. E la sentiva nella sua mente.
E se quello non fosse stato un sogno? Se Hermione fosse davvero in pericolo e in qualche modo la sua Legilimanzia si era attivata mentre dormiva captando la sua paura, trovandola?
Aiuto.
Era già successo, d’altronde, che usasse inavvertitamente le sue abilità per trovarla, come quando aveva avuto bisogno di sentirla per calmarsi durante i suoi attacchi di panico. E la sua Legilimanzia pareva agire di sua spontanea volontà quando la ragazza era in pericolo, come quella notte nel bagno di Mirtilla, durante quell’orrenda ronda a cui avevano partecipato insieme e che si era conclusa con lui che inscenava la tortura della Granger… per mano sua.
Afferrò la falce con cui avrebbe potuto contattare Piton e la attivò; una, due, tre volte di fila.
Il professore arrivò poco dopo, giusto qualche istante prima che Draco mandasse tutto al diavolo e uscisse egli stesso dal Dormitorio per andare a cercarla.
Prese un appunto mentale di preparare la Pozione dell’Invisibilità, gli era venuta bene quando Piton gliel’aveva insegnata a fare.
«Che succede, Malfoy?» gli domandò freddamente Piton, scrutandolo a metà tra il perplesso e l’irritato. «Desideri qualcosa dalle cucine?»
«La Granger» rispose lui trafelato, respirava in maniera irregolare; era palesemente spaventato e pallido in volto. «È in pericolo!»
Il professore corrugò la fronte.
«E tu lo sai… come, esattamente?»
Draco deglutì. «L’ho sentita chiedere aiuto» disse, indicando con un dito la propria tempia; Piton sapeva della sua abilità.
«Dove?»
«Fuori dalla Stanza delle Necessità» rispose Draco, «non l’ho solo sentita. L’ho sognata. Ho sognato quello che le stava accadendo. Nott…»
«Sei riuscito a trovarla, a sentirla e persino vederla, a distanza di un piano?» domandò stupefatto il docente, colpito dall’estensione che pareva avere il potere di Malfoy. Oh, le cose che avrebbe potuto fare una volta studiato meglio le proprie capacità… «Impressionante.»
«Si vuole dare una mossa?» sbottò quasi urlando il Serpeverde. «Chi se ne frega di come ho fatto! Il punto è che l’ho fatto e lei è in pericolo. Si muova o ci andrò io personalmente, dannazione!»
 
Piton trovò Hermione svenuta in una pozza di sangue.
Nott non era da nessuna parte, doveva essere scappato una volta udito i suoi passi riecheggiare nel corridoio.
Aveva trovato la ragazza sanguinante, con due coltellini infilzati nei suoi polsi, una brutta ferita alla testa e delle lesioni sulle gambe.
Aveva usato lo stesso incantesimo curativo con il quale aveva contrastato il Sectumsempra che Harry Potter aveva scagliato contro Draco Malfoy qualche mese prima, poi l’aveva fatta levitare fino all’infermeria.
Madama Chips aveva scrutato la ragazza con aria orripilata.
«Un attacco a una Nata Babbana» continuava a mormorare sconvolta, mentre si accertava dei danni subiti dalla Grifondoro e pensava a come limitarli, a come curarla. «Tra le mura di Hogwarts…»
Piton era andato immediatamente a chiamare il Preside, una volta consegnata Hermione alle cure dell’infermiera.
Se Draco non l’avesse avvertita, quella ragazza sarebbe di certo morta dissanguata… o peggio.
«Ha bisogno di trasfusioni, Albus» annunciò Madama Chips non appena Silente entrò nell’infermeria. «Ha perso molto, molto, sangue. Le ho fatto un controllo completo, aveva delle ferite e dei lividi sulle gambe, temevo…»
La donna non terminò la frase, ciò che importava era che quel suo sospetto fosse stato messo a tacere dagli esami che aveva fatto alla giovane studentessa.
«Molto grave, molto, molto grave. E le ferite non si richiudono, non importa cosa faccia, cosa le somministri… restano chiuse finché i polsi sono fasciati, poi come le garze vengono rimosse, si riaprono e il sangue ricomincia a sgorgare… le resteranno sicuramente delle cicatrici quando capiremo come risolvere il problema…»
«Le lame erano maledette, Madama Chips» affermò Piton. «Probabilmente una maledizione letale. Preparerò io una pozione efficace, ho solo bisogno di un campione di sangue della Signorina Granger.»
L’infermiera gli indicò la bacinella su cui aveva poggiato le bende unte di sangue.
«Non posso prelevargliene. Quelle ti possono bastare?»
Il professore aveva annuito con convinzione e le aveva prese.
«Come l’hai trovata, Severus?» domandò Silente.
«Non l’ho trovata io, è stato il Signor Malfoy. È un Legilimens naturale, lui dice di averla… avvertita.»
«Sbalorditivo» commentò ammirato il Preside. «Ah, il potere dei sentimenti puri!»
Piton fece una smorfia a quelle parole.
«Suvvia, Severus, non fare quella faccia. Sai meglio di me l’effetto benefico che ha avuto su Draco il tempo trascorso con Hermione.»
Il professore fece schioccare la lingua; l’unica cosa che sapeva era che quella faccenda non sarebbe andata a finire bene per nessuno di quei due stupidi e ingenui ragazzini.
«In tal proposito, dovremmo portare la Signorina Granger al Dormitorio Segreto.»
«Albus» si intromise la McGranitt accigliata, che li aveva raggiunti appena in tempo per udire quelle parole. «Non vorrai mica lasciarla sotto le cure di Draco Malfoy
«In quelle condizioni, la signorina Granger necessiterà di assistenza costante, Preside, potrebbe destare sospetti un via vai dal Dormitorio» le diede man forte Piton.
«Ho motivo di credere che il ragazzo non avrà da ridire né su quella sistemazione, né sull’eventualità di prendersi cura di lei», li mise entrambi a tacere Silente, il tono della voce che non ammetteva repliche. «Ed è infinitamente più pericoloso per la Signorina Granger rimanere qui…»
«Sta scherzando!» esclamò contrariata la professoressa. «In che modo può essere più al sicuro con Malfoy piuttosto che sotto l’occhio attento di Poppy?»
«Il suo aggressore potrebbe tornare a finire il lavoro temendo che la ragazza possa denunciarlo» la fece ragionare Silente. «E sappiamo tutti che non sempre riusciamo a tenere gli studenti lontani dai luoghi in cui non gli dovrebbe essere concesso l’accesso…»
«Minerva» disse Madama Chips, «fai immediatamente chiamare tutti gli studenti Purosangue della Casa di Grifondoro che potrebbero essere disposti a donare il proprio sangue per la Signorina Granger.»

 
*

Draco aveva fatto avanti e indietro per il Dormitorio per ore, incapace di stare fermo.
Esco o non esco?
Continuava a domandarsi; era seriamente sul punto di infilarsi nel passaggio e andare in infermeria.
Quell’idiota di Piton non era più tornato, non gli aveva fatto sapere niente.
Cos’era accaduto? Come stava la Granger?
Non riusciva a sentirla, non riusciva a trovarla. Perché quella dannata Legilimanzia non poteva rispondere ai suoi comandi?
Forse la Granger non è cosciente; forse non senti i suoi pensieri perché non è sveglia… non sta pensando
Represse il terribile timore che potesse essere morta. Non voleva neanche pensarci, all’idea che lei potesse non esserci più… Draco non riusciva neanche ad immaginarlo uno scenario della sua vita senza la Granger.
Non che fosse così ingenuo da credere che l’avrebbe sempre avuta al suo fianco; probabilmente un giorno avrebbe sposato la Donnola e lui comunque non l’avrebbe più rivista, ma almeno sarebbe stata viva… l’avrebbe saputa felice e al sicuro, anche se con qualcun altro. Anche se avrebbe lasciato lui solo e con i suoi sogni più reconditi infranti. Lui sarebbe in ogni caso finito con l’avere la triste e fredda vita che gli era sempre stata prospettata fin dalla nascita.
Perché diavolo stai pensando a queste cose proprio ora, stupido?
Draco sobbalzò quando udì la porta aprirsi.
La testa unta di Piton fece capolino nella stanza.
«Avevi ragione, Draco» lo informò. «La signorina Granger è stata attaccata, non so da chi. Non era cosciente quando l’ho trovata e non si è ancora svegliata.»
«Come sta? Posso vederla?» domandò agitato. «Potter può prestarmi il suo fottuto Mantello, ne sono sicuro…»
«Calmati, Draco» lo rimproverò il professore. «Oh, ti avevo avvisato. Ti avevo avvisato…»
«Stia zitto e mi porti dalla Granger!» urlò irritato Malfoy.
Piton socchiuse gli occhi. «Non scomodarti, Draco. La stanno portando qui.»
Draco schiuse le labbra dalla sorpresa. «Cosa?»
«Resterà qui finché il responsabile non verrà-»
«Sa già benissimo chi è stato!» esclamò arrabbiato il biondino. «Quel lurido bastardo di Theodore Nott!»
«Non possiamo prendere provvedimenti finché la Signorina Granger non ce lo conferma» ribatté in tono fermo Piton. «Per oggi accontentati di averle salvato la vita, Draco. Sarebbe morta dissanguata se non mi avessi avvisato in tempo.»
Il giovane deglutì. «Cosa le ha fatto?» chiese sommessamente, con voce tremula.
Il professore non gli rispose e lui non ebbe il tempo di fare ulteriori domande, perché il Preside fece il suo ingresso, trascinandosi dietro una brandina levitante su cui era distesa la Granger.
Il cuore di Draco sembrò fermarsi, nel vederla in quello stato; rigida, che respirava appena e con un pallore che non le apparteneva.
Aveva una sacca di sangue collegata alle braccia. La McGranitt fece capolino subito dopo, reggendo un piccolo frigorifero blu che poggiò nella stanza del dormitorio maschile in cui era stata sistemata la Granger. Draco non sarebbe potuto entrare, in quello femminile; era una regola del castello.
Spiegò a Malfoy cosa fosse accaduto e Silente gli chiese se fosse disposto ad occuparsi della ragazza finché non sarebbe stato sicuro trasferirla nuovamente in infermeria. Draco aveva annuito.
«Glielo devo, comunque» aveva detto, riferendosi a quando Hermione si era preso cura di lui dopo la faccenda del Sectumsempra. «Lei lo ha fatto per me.»
Draco, in realtà, lo avrebbe fatto comunque, anche se lo tenne per sé.
«La ragazza deve essere costantemente attaccata ad una di quelle, signor Malfoy» lo avvisò la Chips, indicando la sacca di sangue che era sospesa poco più in alto rispetto a dove giaceva la Granger. «Se ha bisogno di sangue, potete prendere il mio» asserì prontamente il ragazzo, accingendosi immediatamente a sbottonare il polsino della manica destra.
«La ringrazio per la disponibilità, Signor Malfoy» disse la McGranitt senza riuscire a reprimere la sorpresa per quelle inaspettate parole. «Ma abbiamo ricevuto abbastanza donazioni. Le altre sacche sono in quel frigorifero blu. Si assicuri che ce ne sia sempre una piena collegata alla Signorina Granger.»
 
Andarono via poco dopo.
Draco si era avvicinato a Hermione e l’aveva studiata attentamente; aveva i polsi fasciati e una ferita sulla tempia che si stava rimarginando. Prese la cartelletta con i suoi dati medici; lesse la descrizione delle condizioni in cui versava quando era stata portata in infermeria e sgranò gli occhi quando una paura terribile gli attanagliò lo stomaco. Corse immediatamente al risultato degli esami eseguiti da Madama Chips e si rilassò quando vide il loro esito negativo.
Chiuse gli occhi e trasse dei respiri profondi per calmarsi; avvertiva le lacrime premere con forza contro le sue palpebre, anche se non riusciva a spiegarsene il motivo.
La Granger era viva, no? Perché avrebbe dovuto piangere?
Perché hai avuto paura di perderla, stupido!           
Si passò una mano sul volto, esausto dallo stress che tutto quell’avvicendarsi di eventi e la ricostruzione di quanto accaduto alla Grifondoro gli avevano provocato.
Perché diavolo stava girando da sola di notte, senza Mantello e proprio davanti alla Stanza delle Necessità? Cosa le era saltato in mente? Stava pedinando Nott?
Raggiunse le ultime pagine di documenti, dove erano indicati i nomi dei donatori; i Weasley, ovviamente, Paciock, quell’idiota di McLaggen, persino la Brown… Draco la fissò per un momento, domandandosi se, una volta sveglia, avrebbe pensato che lui non si fosse offerto come volontario; o peggio, che si fosse rifiutato… quando non lo avevano neanche interpellato; probabilmente non ci avevano nemmeno pensato, credendo che sarebbe stato solo tempo perso o che non fosse affatto tra le loro opzioni.
Si indispose parecchio, però, nel notare quel B. Zabini scarabocchiato distrattamente sulla sacca che era al momento collegata al braccio della Granger.
Perché Zabini avrebbe dovuto donare il suo sangue per lei? Perché avevano chiamato lui? Perché a lui era stato concesso di compiere quel gesto per Hermione, quando Draco, con il quale aveva instaurato una sorta di… qualcosa, - amicizia? -, nel corso di quei mesi non era stato neanche preso in considerazione?
La sua teoria sul fatto che Zabini fosse lo studente a cui era stato affidato il compito di aggiustare l’Armadio Svanitore gli tornò in mente subito dopo, quando il fastidio che aveva provato nel leggere il suo nome aveva iniziato ad attenuarsi un po’; quel fatto sembrava avvalorare la sua ipotesi del ragazzo come spia per conto dell’Ordine. La Granger avrebbe dovuto confermarglielo arrivati a quel punto, ormai tanto aveva collegato i puntini.
 
Con suo sommo dispiacere, Potter si era presentato la mattina seguente per fare visita alla Granger; Draco aveva con riluttanza lasciato la stanza della Grifondoro, - vi aveva trasportato dentro una poltroncina della Sala Comune ed era rimasto seduto lì per tutto il tempo a vegliare sulla ragazza, che non si era ancora risvegliata -, per dargli un po’ di privacy.
D’accordo, Draco non aveva mosso un muscolo inizialmente, Potter glielo aveva dovuto chiedere… Ma, comunque, lo aveva fatto alla fine, approfittandone per farsi una doccia.
Il Grifondoro lo aveva poi bersagliato di domande sull’accaduto, a cui lui aveva potuto rispondere solo con un vago «Piton l’ha trovata in quelle condizioni nel corridoio della Stanza delle Necessità. Non sappiamo chi sia stato, speriamo che possa dirci di più lei una volta sveglia.»
Non poteva dirgli il motivo per il quale Piton si fosse diretto proprio verso quel corridoio a quell’ora della notte, però. Nessuno, a parte il professore, poteva scoprire che Draco era un Legilimens naturale, di certo non lo Sfregiato che sarebbe corso a dirlo immediatamente alla Granger. E la Granger si sarebbe arrabbiata con lui perché glielo aveva nascosto, probabilmente assumendo anche il peggio… Eppure, il pensiero che usando la Legilimanzia su di lei si sarebbero risparmiati più di un’incomprensione lo aveva sfiorato solo in quel momento. Sapeva che non poteva farlo, che non poteva usarla volontariamente sulla Granger, non sarebbe stato giusto.
L’hai usata su un sacco di persone, gli fece notare la vocina nella sua mente.
Sì, ma di loro non mi importava nulla. Alla Granger invece ci tengo.
«Credi sia stato Nott?» gli aveva chiesto poi Potter, arrivando alle conclusioni prima di quanto non avessero fatto quegli idioti di professori che si ritrovavano.
«Sono sicuro che sia stato Nott, Potter» aveva ribattuto caustico lui. «Ti avevo chiesto di seguirla.»
«Credevo fosse qui» si era giustificato l’altro. «Non è proprio tornata alla Torre, né si è presentata a cena…»
Draco aveva corrugato la fronte, chiedendosi che cavolo stesse combinando la Granger all’insaputa di tutti.
 
«Draco?»
Il Serpeverde era sul punto di appisolarsi con un libro in mano, quando sentì la voce della Grifondoro mormorare il suo nome, facendolo sobbalzare.
«Granger» esclamò, precipitandosi accanto a lei; non si rese neanche conto di essersi letteralmente inginocchiato sul pavimento, né di aver immediatamente iniziato ad accarezzarle i capelli.
«Come… come stai?»
«Mi fa male la testa» disse lei. «Credo di averla sbattuta…»
Draco deglutì. «Non ricordi niente, Granger?»
La ragazza lo guardò confusa per qualche secondo. «C’era Nott» mormorò con una smorfia sul viso; le faceva ancora più male la testa, se si sforzava di pensare, di ricordare…
Il giovane si portò le mani lungo i fianchi e le strinse in pugni.
«Glielo avevo detto» ringhiò a denti stretti, «che era stato lui!»
«Cos’è successo?» si arrese Hermione; avrebbe fatto prima a farselo raccontare.
«Sei stata attaccata» le raccontò il biondo. «Ti ha quasi uccisa, Granger.»
La Grifondoro deglutì.
«Si può sapere cosa ci facevi in giro di notte?»
«Ero in Biblioteca, stavo facendo delle ricerche…» si giustificò lei. «Non mi ero accorta dell’orario, Draco…»
Il giovane si prese il volto tra le mani.
«Mi hai fatto spaventare da morire, Granger» si lasciò sfuggire con voce spezzata.
La ragazza schiuse le labbra sorpresa, poi cercò di muovere la mano per stringere quella di lui, ma fu attraversata da una fitta di dolore lancinante.
«Ferma» le disse dolcemente, ma senza guardarla in faccia, vergognandosi di quello che aveva appena ammesso. «Hai i polsi feriti.»
Si rialzò, dicendole che avrebbe fatto chiamare Silente e che le avrebbe fatto portare qualcosa da mangiare e uscì dalla stanza, per poi poggiarsi contro il muro e chiudere gli occhi.
Respira, Draco. Calmati. Mantieni il controllo.
 
«Ne è sicura?» domandò Piton con voce gelida. «È sicura che sia stato il signor Nott ad aggredirla?»
«Non l’ha aggredita» berciò Draco seccato. «Ha cercato di ucciderla.»
Il professore gli rivolse un’occhiataccia.
«Sono sicura» rispose Hermione in tono fermo.
«Dovremo espellerlo, Albus» asserì la McGranitt decisa. «E denunciarlo.»
«No», li interruppe la ragazza. «Se Nott viene espulso, rischiamo di perdere il vantaggio su Voldemort e i Mangiamorte.»
Cercò di tirarsi su a sedere, rifiutando l’aiuto dell’infermiera, ma riuscendoci ugualmente anche se non poté reprimere una smorfia di dolore; si sentiva spezzata.
«Fingerò di non ricordare che è stato lui, ho battuto la testa» aggiunse. «Potremmo non scoprire chi sarà il prossimo-»
«Sei impazzita?» sibilò Draco interrompendola. «Non mi hai sentito prima? Ha cercato di ucciderti, Granger!»
Ora stava quasi urlando. «Dovrebbe essere spedito immediatamente ad Azkaban! Potrebbe riprovarci!»
La preoccupazione traspariva dal suo volto molto più della rabbia che aveva avvertito nel sentire l’assurdo piano della Granger.
Tra tutte le persone al mondo, dovevo innamorarmi proprio di una fottuta Grifondiota con tendenze suicide, imprecò tra sé e sé.
«Temo di essere d’accordo con il signor Malfoy, signorina Granger» dichiarò fermo Silente. «Non posso tollerare né lasciare impunito un attacco a un Nato Babbano tra le mura del castello. Il Signor Nott verrà espulso con effetto immediato. Minerva, contatti il Dipartimento Auror…»
La McGranitt annuì e corse subito ad eseguire le direttive del Preside.
«Ora vi lasciamo mangiare» aggiunse Silente con dolcezza. «Vi è stata mandata la cena.»

 

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Capitolo 43
*** CAPITOLO 38 ***


CAPITOLO 38





















Piton le aveva somministrato una pozione violacea che doveva avere un sapore disgustoso, a giudicare dall’espressione che la Granger aveva fatto nel berla; poi l’avevano lasciata riposare.
«Se sarà stabile, nel pomeriggio la riporteremo in infermeria» lo aveva informato. «La ringraziamo per-»
«Cosa?» lo aveva interrotto bruscamente Draco.
«Il signor Weasley e il signor McLaggen premono per vederla, signor Malfoy» spiegò la Chips. «Non posso trattenerli oltre.»
«Ma se la riportate in infermeria non potrò più vederla io» obiettò irritato il biondino.
La McGranitt si accigliò a quelle parole. «Temo che gli amici di una vita della signorina Granger abbiano la precedenza, signor Malfoy. Mi dispiace.»
Draco le rivolse una smorfia carica d’odio e se ne andò nella sua stanza, sbattendosi la porta alle spalle.
Quella vecchia megera. Come si permetteva di…
Le urla di dolore di Hermione lo fecero scattare; si precipitò di corsa nella stanza dove era stata sistemata la ragazza, per poi sbiancare di fronte alla scena che gli si parò davanti.
C'era sangue ovunque; Madama Chips e la McGranitt erano intente a ripristinare le fasciature intorno ai polsi di Hermione, che era svenuta.
«Ha bisogno di altro sangue, Minerva, se gentilmente mi passi una sacca...»
Ma non c'erano più sacche.
«Prendete il mio» disse prontamente Draco, riscuotendosi dallo shock e slacciandosi i bottoni della manica destra.
«Non c'è abbastanza tempo per prelevarlo. Dovremo effettuare una trasfusione diretta da braccio a braccio. Forse è il caso di spostarla in infermeria e far chiamare qualcuno di Tassorosso. Il signor MacMillan è in buoni rapporti con la signorina Grang-»
«Siete sorde? Ho detto di prendere il mio» ripeté Malfoy seccato. Perché diavolo erano così impuntate sul non permettergli di aiutare la Granger?
«E spostatela nel mio letto. Qui sembra un mattatoio.»
 
Madama Chips incantò un tubicino da trasfusione e collegò il braccio della Granger direttamente a quello del Serpeverde; Draco sedeva sul suo letto, accanto al corpo privo di sensi della Grifondoro.
«Professoressa» disse rivolgendosi alla McGranitt. «Credo che le lame con cui è stata ferita avessero anche una maledizione anti Nati Babbani. Se mi dà un pezzo di pergamena per mandare un messaggio al professor Piton, sono sicuro che saprà realizzare una pozione che possa aiutare la Granger.»
«E lei cosa ne sa, Signor Malfoy?» domandò con sospetto la professoressa.
«Ho una libreria al Manor, sa?» rispose piccato lui, ma non le disse che aveva portato con sé alcuni libri al ritorno dalle vacanze; erano sulle maledizioni anti Nati Babbani e li aveva introdotti nel castello perché stava cercando di rompere quello sul suo anello di famiglia, temendo che la Granger potesse accidentalmente entrarvi in contatto. A quel tempo gli era sembrata una precauzione quasi inutile, visto che comunque la ragazza si teneva alla larga da lui dopo la storia dell’Idromele, ma lui aveva spezzato quella maledizione ugualmente.
La McGranitt prese il foglio e andò via.
Rimasti soli, Draco si voltò a guardare la ragazza alla sua destra; non era esattamente quello il modo in cui se l’era immaginata per la prima volta nel suo letto.
Sospirò, mentre le scostava una ciocca di capelli dal viso; prese un asciugamano imbevuto d’acqua e ripulì il sangue dalle sue braccia, poi lanciò un incantesimo sulla sua camicetta per togliere via il rosso anche da lì.
Le si stese accanto, facendo attenzione al fragile tubicino che li legava; si domandò se avrebbe potuto abbracciarla, se le avrebbe dato fastidio se l’avesse fatto…
Le si avvicinò lentamente e la strinse a sé. Era la prima volta che la abbracciava lui, probabilmente l’unica occasione che avrebbe mai avuto per tenerla tra le sue braccia in quel modo.
Quel contatto però la destò. «D-Draco?» mormorò confusa, sussultando leggermente nel rendersi conto che il Serpeverde la teneva tra le braccia.
«Ferma, Granger» sussurrò in risposta lui. «Staccherai il tubo…»
Hermione fissò il tubicino che collegava il suo braccio a quello di Draco e sbatté le palpebre, spiazzata.
«M-mi stai donando il tuo sangue?» gli chiese sorpresa.
«Credevi che ti avrei lasciata morire?»
Non era sicura di come rispondere a quella domanda, quindi non disse niente, se non un flebile grazie.
«Non ringraziarmi, Granger. A chi darei fastidio, se tu non ci fossi più?»
Il suo tentativo di dissimulare fu mandato all’aria da un brivido che lo percorse al pensiero, tradendolo spudoratamente; Hermione lo avvertì chiaramente, quel leggero spasmo involontario.
«Come funziona, la donazione, nel mondo magico?» chiese in tono sommesso dopo un po’.
Draco la guardò sorpreso; allora non lo sapeva. Pensava che lui avesse rifiutato il suo per pregiudizio, che avrebbe preferito morire piuttosto che essere salvato dal suo sangue?
«Si basa sulla magia, principalmente. I Purosangue sono donatori universali per tutti i maghi, ma non possono ricevere da Mezzosangue e Nati Babbani, per via delle componenti non magiche a cui non siamo...» come poteva dirlo senza risultare offensivo? Ma non ci fu bisogno di terminare la frase perché la ragazza gli disse di aver capito.
«È per questo che ti ho detto di no, quando ti sei proposta per me.»
Hermione arrossì al ricordo dell’evento e di tutto quello che aveva seguito; lei aveva pensato che gli facesse ribrezzo la sola idea di contaminare il suo sangue con quello di una Nata Babbana. «Sono donatrice universale, per i Babbani. Credevo fosse la stessa cosa, ma poi ho visto che tutti i nomi dei donatori sulle sacche sono dei Purosangue…»
«Funziona così, o almeno, in teoria. Non si sono mai presi la briga di approfondire la questione, credo la considerassero una ricerca un po’ inutile quando la maggior parte dei Purosangue rimasti rifiuterebbero comunque la donazione» aggiunse Draco. «Nel tuo caso, hanno fatto prima a chiedere ai Purosangue che perder tempo a verificare le compatibilità. Avrebbero dovuto farlo ugualmente, anziché dare per scontato che fossero sufficienti.»
«Cos'è successo?» indagò confusa la Granger.
«Ti si sono riaperte le ferite, nonostante avrebbero dovuto essere completamente guarite. Credo che le lame avessero una maledizione anti Nati Babbani. Piton dovrebbe essere in grado di preparare una pozione o effettuare una contro-maledizione comunque.»
Hermione sospirò.
«Dovrai aspettare per vedere i tuoi amici, Granger. Mi dispiace», - non gli dispiaceva -, «ma sei bloccata qui con me ancora per un po'.»
Hermione, che si stava chiedendo cosa sarebbe successo se fosse rimasto un solo Purosangue sulla terra e avesse avuto bisogno di una trasfusione, arrossì violentemente a quelle parole; affondò il viso nel petto di Draco, pensando che tanto valeva rubargli quel momento, dubitava che avrebbe avuto altre occasioni per farlo. Avrebbe lavorato per togliersi dalla testa il Serpeverde una volta risolta quella faccenda…
«Mi dispiace di averti arrecato tanto disturbo…»
Il biondo trasalì. Perché non riusciva a dire una cosa che non fosse male interpretata dalla Granger?
«Non fraintendermi, Granger, preferirei che non fosse successo niente. Ma non mi dispiace affatto averti qui» le disse dolcemente, ma Draco realizzò solo dopo aver finito di pronunciare quelle parole che la Granger stava scivolando nel mondo dei sogni.
«Draco» la sentì farfugliare debolmente. «Sei freddo...»
Il Serpeverde chiuse gli occhi e sospirò, mentre una lacrima sfuggiva al suo controllo.
Quando lui stava male, il corpo della Granger gli dava calore… tutto ciò che riusciva a trasmettergli lui, invece… era freddezza.
«Mi dispiace, Granger» sussurrò in risposta lui, evocando un plaid e sistemandolo sul corpo della ragazza, prendendosi la premura di posare le sue mani sopra alla coperta, per non toccare la sua pelle e farla rabbrividire. Si sarebbe spostato direttamente, ma gli si era raggomitolata contro e l’avrebbe sicuramente svegliata se avesse cercato di districarsi da lei.
Hermione non udì quella risposta.
 
Piton arrivò tre ore dopo e, scoccandogli un'occhiataccia, scollegò il filo, per poi attaccare il braccio di Hermione a una sacca su cui era riportato il nome 'E. MacMillan'.
«Ho ricevuto il tuo messaggio, Draco. La Pozione sarà pronta a breve. Hai bisogno di una pozione rigenerante?» gli chiese Piton in tono untuoso.
«Sto bene» rispose lui in tono asciutto, irritato dal fatto che il professore continuava a guardarlo torvo.
«Credo che ora tu sia libero di allontanarti dalla signorina Granger, Signor Malfoy.»
«Credo sia ora che lei si faccia gli affari suoi, professore» ribatté il biondo, assottigliando gli occhi. Che cavolo importava a Piton di quello che faceva lui? Non c'entrava nulla con il Voto Infrangibile e se combatteva per l'ordine, non voleva dire che non aveva nulla contro i Nati Babbani?
Un muscolo sul viso di Piton si contrasse e un'espressione disgustata comparve immediatamente sul suo viso, ma non proferì parola; girò sui tacchi e se ne andò borbottando qualcosa sul vomitare.
Draco si sentì improvvisamente stanco e debole e non si rese neanche conto di scivolare in un sonno profondo.
 
Quando Hermione si svegliò qualche ora dopo, trovò Draco che dormiva stringendola tra le sue braccia, anche se il tubo non era più collegato al suo braccio; sorrise, nel notare quanto sembrasse sereno in quel momento. Non aveva mai visto il volto del Serpeverde rilassato; negli anni precedenti si era sempre sforzato di renderlo il più austero possibile, poi era sempre stato turbato da qualcosa. Fu tentata di accarezzargli una guancia, ma ritrasse la mano con uno scatto nell’udire un improvviso vociare provenire dal passaggio che conduceva all’ingresso del Dormitorio Segreto.
«Draco», lo chiamò agitata. «Draco, svegliati!»
«Che c'è?» borbottò lui infastidito, senza aprire gli occhi e stringendola un po' più forte a sé.
«Stanno arrivando Silente e la McGranitt…»
«E quindi?» chiese lui, come se farsi trovare in quel modo fosse normale. «Ti vergogni?»
Le sue palpebre si spalancarono e i suoi occhi argentei la fissarono con un barlume di evidente curiosità; lei arrossì violentemente.
«Stavo solo dormendo, Granger» commentò lui, divertito dalla reazione della giovane.
«Non è appropriato!» squittì Hermione. «È il Preside, Draco!».
Draco sbuffò, si stropicciò gli occhi e si alzò, appena in tempo per vedere la porta aprirsi e i professori Piton e McGranitt fare capolino nella stanza, accompagnati da Silente.
«Il professor Piton ha preparato un’altra pozione da somministrarle, signorina Granger» annunciò il Preside, sorridendole. «Si spera che questa risolva la situazione in maniera permanente. Sarà comunque necessario assumerla regolarmente per un po’ di tempo.»
La ragazza gli rivolse un mezzo sorriso e ingurgitò il liquido verdognolo; non aveva un sapore migliore dell’ultima pozione che il professore le aveva fatto bere.
«Che cosa è successo?» domandò Draco con fare sospettoso; non capiva perché si fossero presentati tutti solo per quello.
Il Preside sospirò. «Dobbiamo darvi una brutta notizia.»
Hermione corrugò la fronte.
«Come sapete, il signor Nott è stato espulso. Gli Auror sono venuti a prelevarlo ieri mattina, ma la Gazzetta del Profeta di oggi riporta la notizia della sua fuga.»
La McGranitt gli passò una copia del giornale.
Stando a quanto veniva raccontato nell’articolo, la manciata di Auror si era ritrovata alle porte di Azkaban con un primino terrorizzato sotto Imperius, che Nott aveva costretto a far assumere le sue sembianze con la Polisucco.
«Fottuti incompetenti» sibilò adirato Malfoy, scagliando la Gazzetta sul pavimento. «È fuggito con l’Armadio Svanitore, non è vero? Zabini ha finito di ripararlo!»
«Cosa ne sa lei di Zabini, signor Malfoy?» domandò assottigliando gli occhi e spostando lo sguardo dal biondo alla Grifondoro, che però pareva alquanto sorpresa da quelle parole.
«Ho fatto due più due, a differenza di molti altri io ho un cervello» ribatté piccato Draco, «Professore.»
Piton gli rivolse una smorfia di fintissima ilarità.
 
Hermione fu libera di tornare in infermeria il giorno seguente; stava molto meglio. Una volta che le pozioni di Piton avevano fatto effetto, la Chips era riuscita a guarire completamente i tagli sui suoi polsi, sebbene le sue cure non le avessero risparmiato un paio di cicatrici; l’avrebbe tenuta un altro giorno sotto osservazione, poi sarebbe stata dimessa ufficialmente.
Draco provò una punta di fastidio nel realizzare che, una volta lasciato il Dormitorio, la ragazza avrebbe sicuramente visto McLaggen.
La stava osservando sistemare la stanza, nonostante le sue obiezioni in merito, ma il meglio che era stato in grado di fare, non essendo stato capace di farla desistere, era stato di offrirsi di aiutarla a fare ordine per cercare di fare il più lui stesso.
Hermione, che era persa nei suoi pensieri, i quali vertevano principalmente sul fatto che aveva dormito con Malfoy e che il suo profumo era sicuramente impregnato sul suo corpo, sussultò quando sentì la domanda improvvisa del Serpeverde.
«Granger, perché credi che Silente abbia espulso Nott, ma non me?»
Lei gli rivolse un’occhiata pensierosa.
«Ho quasi ucciso la Bell e Weasley…»
La giovane deglutì. «Non intenzionalmente, però» disse dopo aver valutato la risposta da dargli. «Non volevi farlo. E poi il tuo target era Silente, era la sua vita ad essere in pericolo e poteva decidere come meglio credeva» rifletté la Grifondoro, massaggiandosi la nuca.
Draco si morse il labbro inferiore; voleva davvero una risposta a quel quesito, ma così non riusciva a concentrarsi su quello che la Granger gli stava dicendo.
«Poteva scegliere di farti restare per provare a salvarti; Nott invece era un pericolo per tutti i Nati Babbani nella scuola… Mi ha colpita con l’intento di uccidermi. Voleva farlo, Draco. Io… lo sentivo.»
Il Serpeverde deglutì e le si avvicinò; la guardò intensamente per qualche secondo… e poi la abbracciò. Hermione rimase immobile per un istante a quel gesto inaspettato, poi però ricambiò l’abbraccio, sebbene con una certa esitazione.
Che diavolo sta passando, Malfoy, adesso?
*

«Ho lasciato Lavanda.»
Tre paia di occhi saettarono sul rosso simultaneamente.
«Oh no!» esclamò Harry, fingendo di essere sconvolto dalla notizia.
«Ci dispiace così taaanto» rincarò la dose Ginny, portandosi una mano sulle labbra con falso fare tragico.
Hermione sorrise alla reazione dei due, poi chiese a Ron cosa fosse successo.
«Mi stava attaccata come una cozza» rispose lui scrollando le spalle. «Non ne potevo più!»
«Beh hai resistito per quasi un anno» commentò Harry ironicamente, «dovresti aver superato qualche record o vinto qualche premio, non so.»
Ginny rise. «Credo tu sia stato la relazione più lunga che Lav-Lav abbia mai avuto in vita sua.»
«O che avrà mai» aggiunse Seamus, unendosi alla conversazione.
«Possiamo riavere il nostro compagno di stanza, finalmente?» disse Dean, che si era avvicinato al gruppo, ma manteneva una certa distanza da Harry e Ginny; si sentiva ancora a disagio, attorno a loro.
«Oh, smettetela» sbuffò Ron mentre si riempiva il piatto di dessert. «Non passavo così tanto tempo con lei…»
«Sei stato solo con lei per quasi tutto l’anno, Ronald» lo rimproverò la sorella, alzando gli occhi al cielo. «Era già tanto se ricordavi gli allenamenti di Quidditch.»
«A Lavanda piacevano, quelli…»
«Le piaceva vantarsi di avere il ragazzo in squadra» precisò Ginny, mentre faceva scivolare un pezzo di pergamena sulle gambe di Hermione.
La ragazza lo prese e se lo infilò in tasca.
«Io devo andare in biblioteca» si scusò, alzandosi prematuramente. «Ci vediamo dopo.»
 
Blaise Zabini voleva vederla quella notte nella solita sala della Stanza delle Necessità.
Hermione si era fatta prestare il Mantello da Harry, avrebbe continuato a prendere quella precauzione anche con Nott fuori dal castello, non ci teneva a ripetere l’esperienza. Gli aveva dovuto dire che aveva bisogno di andare al Dormitorio Segreto, inventandosi di aver dimenticato lì un libro che le serviva con urgenza; nessuno oltre lei e Ginny, - e Draco, a quel punto -, sapeva di Zabini e nessuno doveva scoprire niente sul ragazzo o avrebbe corso un grossissimo percolo; erano già in troppi, ad avere il quadro completo della situazione.
«Cosa succede?» domandò non appena il Serpeverde fece il suo ingresso nella Sala degli Accordi.
«Il compito di uccidere Silente è rimasto a Nott» la informò lui, mentre si torturava le mani con fare nervoso. «Entrerà nel castello insieme agli altri Mangiamorte. Ancora non c’è una data, però.»
«Sei stato fortunato, Blaise» mormorò la Grifondoro con aria sollevata. «Avrebbero potuto far ricadere il compito su di te.»
«Conoscendolo, Theodore avrà fatto in modo di far quadrare i conti con il piano dei Mangiamorte, per evitare di essere punito per…» il ragazzo deglutì prima di continuare la frase, «…essersi fatto espellere. Ti giuro che non sapevo di quello che voleva farti, né del suo piano di fuga tramite l’Armadio, né tantomeno del primino che ha messo sotto Imperius e obbligato a bere la Polisucco!»
Hermione gli rivolse un sorriso sincero. «Nessuno sospettava che lo sapessi.» 
Zabini tirò un sospiro di sollievo e la guardò mestamente. «Tu come stai?»
«Ora bene» rispose la ragazza, «grazie per… la donazione.»
Blaise annuì semplicemente. «Era il minimo che potessi fare, Hermione.»
 
«Si può sapere dove sparisci ogni maledettissimo pomeriggio?» le chiese Ron accigliandosi. «Ti ho cercata dappertutto, non eri in Biblioteca, non eri in Sala Grande e nemmeno in Sala Comune.»
Hermione sbuffò. «Non devo darti alcuna spiegazione su dove studio.»
«No, ma almeno essere reperibile» insisté il ragazzo. «Cosa dovremmo fare se succedesse qualcosa?»
«Tanto hai solo bisogno di aiuto in qualche materia, non ci riesci a prendermi in giro, Ronald.»
«E va bene» si arrese lui, «ho bisogno di aiuto con Pozioni. Da quando vi siete disfatti del libro del Principe, e non ho neanche capito perché avete avuto quell’orrenda idea, non ci sto capendo nulla di nuovo!»
«Quel libro era pericoloso» affermò con convinzione Hermione. «Sei rimasto solo tu a non rendertene conto.»
Ma Ron non sapeva di Malfoy e di quello che era successo tra lui e Harry nel bagno di Mirtilla; Ron non sapeva del Sectumsempra. Non glielo avevano detto perché altrimenti avrebbe creduto che fosse stato il loro amico a uccidere Draco. Oppure avrebbero dovuto spiegargli tutto il piano e proprio non avevano il tempo di stare dietro ai capricci del rosso.
Il momento di raccontargli tutto, però, si stava avvicinando e Hermione non poteva fare a meno di guardare con timore a quella prospettiva; si sarebbe arrabbiato molto e avrebbe accusato lei e Harry di tenere dei segreti con lui. Riusciva quasi a immaginare la sua reazione…
«Insomma, potresti aiutarmi, non ti ho chiesto molto aiuto quest’anno…»
«Non avevi il tempo di farlo. Da quanto è che non studi come si deve, Ronald?» lo ammonì lei, infilando i suoi libri nella cartelletta e uscendo dall’aula.
«E dai Mione ti prego» la supplicò il giovane, correndo per starle al passo. «Ho davvero bisogno di una mano!»
«Mi dispiace, ma sono terribilmente oberata di lavoro in questo periodo» si scusò la ragazza. «E sto già aiutando Neville…»
«Ma io sono il tuo migliore amico!» obiettò lui indignato. «Dovrei venire prima di Neville!»
Hermione alzò un sopracciglio. «Non abbandonerò Neville perché tu ti sei arretrato con lo studio per sbaciucchiarti con Lavanda dietro qualche alcova del castello!»
«Allora smolla qualsiasi cosa tu faccia nel pomeriggio. Non è normale che tu non ci sia mai…»
«Fai sul serio?» sbottò innervosita, ma il rosso perseverò nel suo discorso.
«…è così importante? Insomma, più di noi?»
«Harry non si è mai lamentato» gli fece notare lei. «Qual è il problema ora?»
«Harry è sempre con Ginny o da Silente» sottolineò il ragazzo, sbuffando. «Non puoi mollarmi con loro per tutto il tempo. Per favore, Hermione!»
«Fammi capire, mi stai facendo la ramanzina perché non ti va a genio l’idea di stare con tua sorella e il tuo migliore amico?»
«Stanno insieme, mi sento a disagio!»
«D’accordo, ma io ho i miei impegni…»
«Oh, andiamo. Non puoi davvero liberarti?» chiese Ron guardandola con aria corrucciata.
Lei decise di liquidare quella domanda con un’occhiataccia eloquente.
«Cos’è che stai facendo, comunque?»
«Te ne accorgi dopo mesi che non studio più con voi e pretendi spiegazioni, facendoti la vittima perché non ho il tempo di aiutarti quando per mesi mi hai malapena rivolto la parola?» berciò irritata Hermione, accelerando il passo.
«Lavanda era gelosa, non è mica colpa mia» si giustificò lui, alzando le mani in un gesto teatrale.
«Certo! Che stupida che sono stata a pensare che sei anni di amicizia significassero qualcosa per te» commentò caustica, lasciandosi andare ad una risatina falsa. «Non posso cambiare la mia routine per darti una mano in Pozioni. Trovati qualcun’altro che lo faccia.»  
«Hermione! Tu sei la migliore…» piagnucolò Ron. «Prometto che mi farò perdonare per come mi sono comportato, ma sono sicuro che…»
«Ronald, alcuni di noi non hanno passato quest’anno tra cori da stadio, festeggiamenti post-Quidditch e sbaciucchiamenti, va bene?» proruppe Hermione, stufa di quella conversazione. «Alcuni di noi hanno dovuto gestire situazioni importanti e complicate. Non lascerò quello che… sto facendo… solo perché ti sei ricordato che questa è una scuola e che hai delle responsabilità!»
 
L’idea che Nott non fosse ad Azkaban rendeva Draco irrequieto; l’Armadio Svanitore era stato riparato, il che significava che Theodore avrebbe potuto rientrare nel castello in qualsiasi momento e provare a fare del male alla sua strega, di nuovo.
La Granger non è la tua strega, gli ripeté la vocina nella sua mente. Non lo sarà mai. Non la meriterai mai abbastanza. Non potrebbe mai volere te.
Il rumore della porta d’ingresso che sbatteva lo distolse da quei pensieri che lo stavano lentamente logorando.
«Granger?»
«Ti dispiace se pranzo qui?» domandò la ragazza in tono nervoso. «Altrimenti dovrai cercarti un altro Contatto con l’Ordine, Malfoy, perché potrei venire sbattuta ad Azkaban!»
Draco le rivolse un ghigno divertito. «Che ti è successo, Granger?»
Hermione sbuffò. «Lascia perdere…»
Lanciò la sua cartelletta in malo modo sul divano e lo raggiunse al tavolo. Il ragazzo non fece domande, vedendo che era così irritata da non prestare attenzione neanche ai suoi amati libri; non aveva la minima intenzione di indisporla ulteriormente.
«Zabini mi ha detto che il compito di uccidere Silente è rimasto a Nott» lo informò mentre pranzavano; fortunatamente gli elfi abbondavano sempre con le porzioni, quindi non era un problema per i due dividere quello che veniva mandato a Draco.
Il giovane rabbrividì a quelle parole.
«Entrerà con l’Armadio Svanitore insieme agli altri Man-»
«Li faranno entrare nel castello?» domandò con la mascella a terra lui. «A che gioco stanno giocando Silente e Piton?»
Si prese un appunto mentale di dire al professore di mandare la Granger nel Dormitorio, quando il momento sarebbe arrivato; la voleva al sicuro, lì con lui.
«Non possono destare sospetti, Draco» mormorò Hermione, con l’aria di una a cui quell’idea piaceva ancora meno dell’altro. «Piton finirebbe nei guai e anche Blaise…»
«Blaise?» ripeté Malfoy, inarcando un sopracciglio.
La Grifondoro gli rivolse un’occhiata interrogativa.
«Da quando vi chiamate per nome?»
Lei scrollò le spalle. «Siamo amici» disse semplicemente. «Credo. Con Blaise è difficile capire se gli stai simpatico o meno…»
Draco la guardò con un’espressione indecifrabile per qualche secondo; strinse una mano in un pugno.
Siamo amici.
La Granger non aveva alcun problema a considerarsi amica di Zabini, né a dirlo a voce alta, mentre sembrava non avere la minima intenzione di riconoscere in alcun modo che loro due avevano instaurato un vero e proprio rapporto in quei mesi.
Zabini non l’ha mai insultata, non le ha mai fatto niente di male. Tu non puoi dire lo stesso.
Draco sbuffò; poggiò il suo tovagliolo sul tavolo e si alzò.
«Che succede?»
«Non ho più fame, Granger.»
Hermione aveva seguito distrattamente le lezioni del pomeriggio, tanto era assorta nel tentativo di capire cosa fosse preso a Malfoy a pranzo. Scrollò le spalle, decidendo che non sarebbe mai riuscita a comprendere quel ragazzo, non importava quanto si impegnasse per decifrarlo. Erano troppo diversi perché potesse immaginare cosa accadesse nella sua testa e lui di certo non le avrebbe parlato, per cui tanto valeva togliersi di dosso il pensiero.
Vide Ron svoltare l’angolo insieme a Seamus e Dean e si nascose dietro una colonna; doveva andare al Dormitorio per finire il progetto di Trasfigurazione e il rosso non l’avrebbe di certo lasciata in pace se l’avesse vista.
Aveva riprovato a convincerla ad aiutarlo quel pomeriggio; Hermione era stata a pochi secondi dall’affatturalo, se non fosse stato per Piton che aveva fatto uno dei suoi ingressi teatrali in aula, impedendoglielo.
Aspettò qualche minuto nascosta per assicurarsi che Ron o gli altri non la vedessero e poi sgattaiolò al sesto piano.
«Sei in ritardo, Granger» la accolse seccato Draco, che aveva già iniziato a studiare quando la ragazza fece il suo ingresso nel Dormitorio.
Era ancora di malumore.
Hermione sbuffò. «Però, che occhio!»
Un sopracciglio del Serpeverde scattò in su. «Hai ancora un diavolo per capello, Granger?»
Lei liquidò la sua battuta sardonica con un gesto della mano. Quella giornata infernale non poteva fare altro che peggiorare; la lite con Ron, il nuovo invito di Lumacorno a un’altra delle sue cene e di cui la giovane aveva le pluffe piene, soprattutto alla luce del fatto che quegli inviti erano sempre seguiti da un McLaggen che ritornava all’attacco per essere il suo accompagnatore… Non aveva bisogno anche del sarcasmo pungente di Malfoy in quel momento.
Tirò fuori i volumi che avevano ormai quasi finito di consultare e si dedicò alla lettura senza dire una parola, cercando a fatica di ignorare lo sguardo inquisitorio di Draco che avvertiva su di sé; era sempre stata in grado di stabilire se il ragazzo la stesse guardando, sapeva che i suoi occhi grigi erano fissi su di lei.
Si portò una mano sulla nuca e prese a massaggiarsi il collo, chiudendo gli occhi, facendo scivolare la mano sotto alla camicetta per raggiungere la zona della spalla; aveva dormito scompostamente quella notte ed era un po’ indolenzita.
E il fatto che lui la stesse fissando in quel modo, così apertamente, le stava provocando un lieve senso di disagio…
Sentì Draco sbuffare.
«Si può sapere cosa ti ha fatto tanto innervosire oggi?»
Voleva che la smettesse di mostrargli quel maledetto collo; si chiese se i vampiri si sentissero in quel modo ogni volta che vedevano un collo e gli veniva voglia di morderlo, ma non potevano farlo ed erano costretti a trattenersi.
Iniziò a ripetere a mente le tre leggi di Golpalott, cercando di distrarsi dai segni eccessivamente rossi visibili sulla pelle della Granger. Aveva rinunciato ad interrogarsi sul motivo per il quale quel gesto spontaneo che faceva la ragazza aveva quell’effetto su di lui… Ma non poteva permettersi di abbassare la guardia, non poteva rischiare che lei capisse che i sentimenti che provava nei suoi confronti erano degenerati al punto che ormai era innamorato perso di lei e non aveva neanche più senso che cercasse di farsela passare o di autoconvincersi del contrario.
Draco era stanco di lottare contro la Granger; aveva sempre lottato contro la Granger, per un motivo o per l’altro, e non voleva più farlo.
Mi rassegno, hai vinto, dannata strega!
Sono tuo.
Avrebbe voluto urlargliele quelle parole, ma sapeva di non poterlo fare. Dirle a voce alta, farle sapere o anche solo capire o sospettare della natura dei suoi sentimenti per lei avrebbe significato perderla per sempre, non avere neanche più la speranza di poterle essere amico; Draco si sarebbe accontentato veramente, gli bastava essere un po’ importante per lei, ma non come una persona qualunque. Quello sarebbe stato sufficiente, per lui, oltre che molto più di quello che meritasse o pensasse di poter avere.
Ma sembrava ancora lontano anche da quel poco.
Hermione cedette. «Ronald Weasley è un idiota.»
«Sono d’accordo» rispose prontamente Draco, serio. «Sono sei anni che lo dico, ma nessuno mi ha mai voluto ascoltare.»
La Grifondoro fece ruotare gli occhi. «Abbiamo litigato, tutto qui.»
«Motivo?»
«Motivo, sei anni di amicizia e mi ha ignorato per tutto l’anno perché Lavanda era gelosa» borbottò indignata. «Io non avrei mai messo in secondo piano lui o Harry per un ragazzo e la cosa peggiore…»
Io non metterei mai in secondo piano te, Granger.
Il Serpeverde si passò la lingua sui denti, ma restò in silenzio ad ascoltarla sfogarsi.
«È che ha avuto anche l’ardire di dirmi che in nome della nostra amicizia avrei dovuto trovare il tempo di aiutarlo con Pozioni. Ci ha messo mesi ad accorgersi che non studio più con loro né in biblioteca…»
«Che cosa gli hai detto?» indagò a quel punto il Serpeverde.
«Niente» rispose lei. «Ovviamente. Ma mi starà alle calcagna per scoprire dove vado, ne sono sicura.»
«Quindi ha rotto con la Brown?»
Hermione annuì.
Il biondino sbuffò, sapendo già che tutto ciò significava che avrebbe trascorso meno tempo con la Granger.
«Weasley è un idiota» ripeté Draco. Poteva restare con quell’oca giuliva almeno fino alla fine dell’anno no? E poi non sarebbe più stato un problema perché lui e la Granger…
Sgranò gli occhi. Cosa? Cosa sarebbe successo una volta terminato il sesto anno?
«Granger, cosa farò una volta che l’anno scolastico sarà finito?»
La giovane lo guardò spiazzata. «Io… Non ci ho ancora pensato, Draco. Credo che ti porteranno in un rifugio segreto dell’Ordine dove sarai al sicuro…»
Al giovane non importava nulla di dove sarebbe andato a finire lui. Voleva sapere cosa avesse intenzione di fare lei. «E tu?»
«Io?» chiese lei confusa.
«Tu dove andrai? Verrai anche tu?» deglutì, mentre glielo domandava; sperava gli dicesse di sì, che sarebbero rimasti insieme. 
«Non lo so, Draco. Non so cosa farò» ammise la Grifondoro sospirando e chiudendo il tomo che stava leggendo.
Resta con me, Granger. Per favore, non lasciarmi solo.
«Anche questo è finito» cambiò discorso poi, «dovremmo provare con la pratica. Credo che la McGranitt ci farà sostenere qui l’esame.»

 

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Capitolo 44
*** CAPITOLO 39 ***


CAPITOLO 39























«Hermione» le bisbigliò all’orecchio Harry mentre si incamminavano verso la festa di Lumacorno.
«Credo che dovremmo parlare, ehm, del F.S.»
«F.S.?» chiese lei perplessa. «Eh?»
«Furetto Stecchito» le spiegò con un filo di voce inudibile.
Hermione quasi rise per il nome in codice che il giovane aveva scelto per riferirsi a Malfoy; tutt’al più visto che era di furetti stecchiti che Fierobecco si cibava ed era stata parte dell’ironia che Moody lo avesse trasformato proprio in un furetto al quarto anno. O meglio, Barty Crouch Jr.
Draco avrebbe dovuto capire allora che non poteva fidarsi dei Mangiamorte. 
«Qual è il problema, Harry?»
«Beh… Ho solo notato… Sei quasi sempre con lui» biascicò a disagio l’amico.
«Anche tu con questa storia? Che ti importa?» replicò piccata lei.
«Non ho nulla in contrario, cioè mi fido di te e… del tuo giudizio» si affrettò ad aggiungere Harry. «Solo che… insomma… è strano.»
«Cosa c’è di strano? È chiuso lì dentro da solo e studiamo insieme» obiettò confusa la ragazza.
«Mmh si tratta solo di questo?» indagò lui.
«Harry, cosa stai insinuando? Cosa vuoi chiedermi?»
«Niente, solo… Mi chiedevo… Quale fosse la natura, ecco, del vostro nuovo rapporto…»
Hermione arrossì a quella domanda, ma ringraziò il cielo quando notò che Harry aveva distolto lo sguardo da lei.
«Non c’è nessun rapporto, Harry» rispose in tono fermo lei. «Sono solo il suo Contatto per l’Ordine.»
Se il giovane Grifondoro non fosse stato distratto dall’immagine di Ginny Weasley, appena apparsa davanti a loro in un bellissimo tubino nero, avrebbe certamente captato quella punta di tristezza nel tono di Hermione mentre pronunciava quell’ultima frase.
 
Hermione afferrò Harry e Ginny per un braccio e li tirò dietro una tenda; cercando di contenere le risate per quello che aveva appena visto, - a Harry stava riuscendo ancora meno il restare serio -, disse loro che stava andando via e che si era già congedata con Lumacorno, ma che non era riuscita a beccare Ron, con cui era andata alla festa. I due l’avevano salutata e poi erano scoppiati a ridere.
La Grifondoro corse per i corridoi soffocando le lacrime di divertimento e le risate che minacciavano di esplodere da un momento all’altro; raggiunse il sesto piano e sgattaiolò dentro al Dormitorio Segreto.
«Granger?» chiese Draco confuso.
Che ci faceva la Granger lì a quell’ora? Il vestitino perlaceo che indossava lo fece deglutire.
E gli fece odiare quelle maledette feste al Lumaclub più di quanto non le odiasse prima.
Hermione scoppiò finalmente a ridere, non riuscendo più a trattenersi e facendo corrugare la fronte al biondo in risposta.
«Sei ubriaca?» le domandò preoccupato.
«Cormac ha appena vomitato sulle scarpe di Piton» disse lei tra le lacrime e tutto d’un fiato. «Perché Harry gli ha detto che il tartare di drago che aveva appena mangiato erano in realtà palle di drago!»
Draco fu colto da un moto di risate talmente tanto violento immaginando la scena, da dover poggiare il suo bicchiere sul tavolo e piegarsi in due per tenersi lo stomaco con un braccio.
«Se non fosse quasi finito l’anno si sarebbe guadagnato più di un mese di punizione» aggiunse Hermione, trascinandosi verso il divano di fronte a quello su cui sedeva Draco e togliendosi le scarpe alte che le stavano facendo vedere le stelle; poggiò un fianco sul bracciolo e distese le gambe sul divano. Si riempì un bicchiere di Firewhiskey dalla bottiglia che giaceva sul tavolino e osservò il Serpeverde che rideva, constatando quanto sembrasse diverso quando si lasciava andare, quanto fosse bello mentre rideva e quanto bella fosse anche la sua risata.
Anche quella è elegante, notò quasi sbuffando la giovane.
Il ragazzo si accorse del gesto della Granger e smise di ridere; si chinò anche lui a versarsi da bere, passandosi una mano sul volto.
Doveva proprio sedersi in quel modo?
«Scusa se ti sono piombata qui all’improvviso» asserì Hermione dopo qualche sorso di liquido ambrato, «ma avevo bisogno di un posto in cui nascondermi e non potevo tornare alla Torre di Grifondoro.»
Draco alzò un sopracciglio.
«McLaggen è un Grifondoro, ricordi?»
«Scappi dalla Piovra, Granger?» commentò ghignando lui.
Finalmente, aggiunse tra sé, ma non lo espresse a voce.
La giovane fece una smorfia.
«Non ci sei andata con lui alla festa?» indagò il Serpeverde, leccandosi via i residui di alcolico sulle labbra.
«Ci sono andata con Ron» rispose lei, mordendosi una guancia.
Grandioso, quasi borbottò ad alta voce il biondino, ma riuscì a trattenersi per un pelo.
«Doveva farmi da spalla, ma quell’idiota si è messo a ballare con una del quinto anno e non è più tornato.»
Io non le guarderei neanche le altre ragazze, se potessi essere il cavaliere della Granger, pensò il giovane ribadendo nella sua mente quanto fosse idiota Weasley.
«E il risultato di questo è stato che Cormac ha invitato me, a ballare» proseguì il racconto lei, riempiendosi un altro bicchiere.
«Perché non ci sei andata con lui, Granger?»
«Ho chiuso definitivamente con lui durante l’ultima festa» spiegò Hermione, «e poi lui ha avuto la grandissima idea di parlarmi stasera, per dirmi che gli manco e che vorrebbe una storia seria con me.»
Draco deglutì. «E tu…»
«E io gli ho riso in faccia, Malfoy» terminò lei inorridita. «Sono stata orrenda. Pensavo stesse scherzando e invece poi ha detto che faceva sul serio!»
Il Serpeverde si morse l’interno della guancia per non scoppiare a ridere lui, immaginando la faccia di McLaggen in quella situazione.
«Come te ne sei uscita, Granger?»
«Peggiorando le cose, ovviamente» esclamò con finta ilarità la ragazza. «Gli ho detto che ero stata chiara fin dall’inizio, ma ho avuto l’indecenza di lasciarmi sfuggire un ‘perché pensi che sia venuta proprio da te?’»
«Perfida!» commentò sorpreso Draco, ma senza riuscire ad impedirsi di sghignazzare.
«E dai, lo sa tutto il castello che con le ragazze ci va a letto e basta, perché proprio con me doveva volere di più? Aveva accettato l’accordo!»
Perché tu sei diversa, stupida. E forse McCoso non è così scemo come pensavo, visto che se n’è accorto.
«Gliel’ho ripetuto ogni volta che se ne usciva con la battuta ‘non innamorarti di me, Hermione’ che non c’era pericolo che accadesse.»
«Beh ci vorrebbe un bel coraggio per innamorarsi della Piovra.»
La Grifondoro alzò gli occhi al cielo. «Ci vuole del coraggio per innamorarsi di chiunque, Malfoy» gli rispose in tono saccente. «Ti rendi vulnerabile facendolo, in un certo senso…»
Draco deglutì; oh, lo sapeva bene lui…
«E a Hermione Granger non piace sentirsi vulnerabile nei confronti di qualcuno?»
«Hermione Granger non crede di potersi innamorare di nuovo e basta» tagliò corto lei, sporgendosi per riafferrare la bottiglia dal tavolino.
Il cuore del giovane sprofondò a quelle parole; una parte recondita e molto bastarda di lui, sperava e continuava a sperare, di avere una possibilità con lei.
«Granger, tu te lo ricordi che sono morto, vero?» chiese cercando di allentare la tensione e strappandole la bottiglia di mano. «Non ho accesso ai miei soldi, non posso rimpinguare la mia scorta di alcolici…»
«Te ne porterò qualche bottiglia io» lo tranquillizzò lei, alzandosi per raggiungerlo e riprendersi la bottiglia.
«Draco, ti va di ballare?»
 
Due ore dopo, Hermione era crollata sul divano; Draco le aveva detto di aver bisogno del bagno e si era assentato per cinque minuti contati; quel lasso di tempo era stato sufficiente affinché la ragazza fosse vinta dalla stanchezza… e dall’alcool che aveva ingerito. Il Serpeverde sospettava che avesse già bevuto qualcosa alla festa di Lumacorno, anche se era rimasta lucida per tutto il tempo.
Avrebbe odiato avere il ricordo di quella sera rovinato dall’idea che l’unico motivo per cui la Granger gli avesse chiesto di ballare e avesse trascorso il suo tempo con lui era il fatto di essere ubriaca.
«Granger» la chiamò sussurrando e scuotendola leggermente con una mano. «Granger?»
Hermione non si mosse di un millimetro; continuò imperterrita a sonnecchiare rannicchiata sul divano.
«E va bene» si arrese Draco, prendendola in braccio e sollevandola con cautela.
La poggiò dolcemente sul suo letto, - non aveva intenzione di farla dormire nella stessa stanza in cui aveva trascorso la convalescenza dopo l’attacco di Nott e in cui comunque lui non aveva più rimesso piede; lui avrebbe dormito in un’altra stanza, non avrebbe avuto problemi, il peggio che sarebbe potuto accadere era che non fosse sistemata a dovere… Ma Hermione non sembrava intenzionata a lasciare andare il suo collo. Aveva chiuso le braccia attorno ad esso mentre la stava portando della camera da letto e non aveva la minima idea di come fare a staccarla da lì; aveva una presa niente male.
La Grifondoro gemette in protesta all’ennesimo tentativo del giovane di allontanarle le braccia da sé.
Se proprio insisti, Granger… pensò Draco, stendendosi accanto a lei.
Sorrise, nel vederla dormire così serenamente al suo fianco.
Non vuol dire niente, Draco, si ripeté mentalmente. Non vuol dire niente.
La ragazza si mosse per voltarsi verso di lui e raggomitolarglisi contro; quel movimento causò un sollevamento del suo vestito, scoprendole le gambe; il giovane deglutì ed evocò una coperta, che le mise accortamente addosso. Poi restò a guardarla in silenzio, indugiando più del dovuto sulle cicatrici sui suoi polsi, finché anche i suoi occhi non si chiusero, facendolo scivolare nel mondo dei sogni.
 
Hermione si svegliò con un terribile mal di testa e il profumo della colonia di Draco Malfoy nel naso; letteralmente, era come se lo stesse sniffando proprio in quel momento.
«Granger, devi svegliarti…»
Strofinò il volto contro il cuscino un paio di volte e serrò gli occhi con più forza, in preda al desiderio di rimettersi a dormire.
«Devi tornare alla Torre, Granger, è tardi…»
Spalancò gli occhi.
Quello non era il suo letto e sentiva il profumo di Malfoy così chiaramente perché aveva il viso affondato nell’incavo del suo collo e ci aveva appena strofinato il volto sopra.
Arrossì violentemente, mentre faceva un balzo indietro e per poco non precipitava giù, dritta sul pavimento.
«Ti sei addormentata sul divano, ieri» le disse divertito. «E non riuscivo a svegliarti, così ti ho portato qui. Quelle tue braccia sono più forti di quanto credevo, Granger.» 
«Eh?» fece lei confusa.
«Non sono riuscito a staccarle dal mio collo, ecco perché ho dovuto dormire qui con te.»
Hermione divenne ancora più rossa e deglutì un paio di volte; poi si coprì il viso con le mani.
«Oddio!» esclamò in preda all’imbarazzo. «Mi dispiace così tanto…»
A me no, pensò Draco, ma si limitò a ridacchiare.
«Suvvia, Granger, non è successo niente» affermò invece in tono divertito, «ma mi devi un paio di bottiglie di Firewhiskey.»
«Draco» esordì lei dopo qualche minuto di silenzio.
Il ragazzo si voltò a guardarla.
«La faccia di Piton…» mormorò Hermione scoppiando a ridere.
«E dai Granger!» esclamò il Serpeverde a mo’ di protesta, facendosi contagiare dalla risata della Granger.
Le tirò un cuscino in faccia.
«Non riuscirò mai più a guardarlo negli occhi, giuro!» aggiunse seccato, ma con le lacrime agli occhi. «Non posso credere di essermelo perso…»
«È stata la cosa più esilarante che abbia mai visto» dichiarò la ragazza, lanciando indietro il cuscino al biondino. «Non riesco a smettere di vederla nella mia testa!»
«Io vorrei smettere di ridere invece» affermò lui, «mi sta venendo il mal di stomaco.»
 
Hermione mantenne la parola data quando, presentandosi al Dormitorio Segreto con i risultati dei suoi esami, diede a Draco un pacco, in cui vi erano sei bottiglie di Firewhiskey.
«Stavo scherzando, Granger» rispose lui allibito.
«Però era la verità» ribatté lei scrollando le spalle. «Che c’è, il tuo orgoglio da Malfoy ti impedisce di accettare che una ragazza ti offra da bere?»
Il Serpeverde assottigliò gli occhi. «Non è galante.»
«Merlino, sei proprio all’antica» commentò ridendo lei. «I tempi sono cambiati, sai?»
Draco fece spallucce. «Non posso accettarle.»
«Non le ho pagate, Malfoy» disse Hermione esasperata. «Le ho rubate dalla scorta della Cooman.»
«Fai sul serio?» chiese il ragazzo con occhi sbarrati.
«No», ammise la Grifondoro, sempre più divertita. «Mi mancava prenderti in giro.»
«Sai che c’è? Fanculo l’etichetta, quasi quasi me le tengo.»
«Ti ho detto che Grifondoro ha vinto la Coppa di Quidditch?»
Draco sbuffò a quell’informazione. «Rettifico, me le tengo sicuramente.»
Lei gli sorrise, ma poi si fece seria e gli si sedette di fronte. «Ti devo parlare.»
«Ah», esclamò Draco alzando un sopracciglio. «È la vera ragione per cui mi hai portato queste, Granger?»
«No, lasciale perdere. Devo dirti il piano per quest’estate.»
Il Serpeverde si rizzò a sedere.
«Ti faremo uscire con il Mantello dell’Invisibilità» gli spiegò concisa. «Verrai con me e poi andremo insieme al Quartier Generale dell’Ordine. Dopodiché verrai spostato in un Rifugio Sicuro.»
Il giovane notò immediatamente il passaggio dal ‘noi’ al ‘tu’, ma non disse nulla, annuì e basta.
Sono solo due mesi, poi tornerete a Hogwarts insieme, si disse, ignorando quella vocina nella sua testa che gli faceva notare che in due mesi qualsiasi cosa sarebbe potuta accadere.
«Granger» attirò la sua attenzione dopo aver studiato i risultati dei suoi esami. «Non mi hai mai detto cosa ti piacerebbe fare dopo Hogwarts.»
La Grifondoro gli rivolse un’espressione indecifrabile. «Non lo so, Draco.»
Il Serpeverde rise a quella risposta. «Andiamo, non dirmi che Hermione Granger non ha idea di quale carriera intraprendere dopo gli studi!»
«Studio qualsiasi cosa proprio per questo» disse lei sommessamente, «così in caso potrò scegliere qualsiasi cosa.»
«In caso?» ripeté il giovane corrugando le sopracciglia.
Hermione scrollò le spalle e ignorò la tacita domanda che le stava rivolgendo.
«Granger, non c’è niente di male nel fare progetti in anticipo, lo sai?» le chiese divertito. «Anche se poi dovessi finire per mandarli al diavolo e fare tutt’altro…»
«Te l’ho già detto, Draco» mormorò sospirando la ragazza. «Io non ci penso mai al futuro.»

 
*

Harry aveva detto tutto a Ron.
Gli aveva raccontato di Malfoy, del Sectumsempra, del piano per fingere la sua morte, del fatto che Hermione era il suo Contatto con l’Ordine e lo aveva informato che il Serpeverde avrebbe trascorso con loro le prime settimane delle vacanze estive.
Poi se n’era andato da qualche parte con Silente, lasciando a lei il compito di gestire un Ron molto incazzato per essere stato tenuto all’oscuro dell’intera faccenda.
«Sei stata per tutto questo tempo da sola con Malfoy?» urlò paonazzo. Hermione ringraziò di aver lanciato diversi Muffliato per isolare la stanza.
«Non gridare, potrebbero sentirti… Lo metterai in pericolo…»
«Avrebbe potuto farti del male, Hermione, e nessuno ne avrebbe saputo niente!» esclamò il rosso alzando le braccia in aria.
«Draco non è pericoloso, Ron…»
«Draco?» sbottò imperterrito lui, «lo chiami anche per nome ora?»
«Finiscila, Ronald. Era in una situazione orribile, non voleva fare del male a nessuno e l’ho tirato fuori dai pasticci. Punto» cercò di troncare la discussione lei.
«Perché ha fatto tanto, vero, tra un Sanguemarcio e l’altro, per meritarsi il tuo aiuto»
La ragazza lo guardò corrucciata, punta nell’orgoglio. «Tu non lo hai visto…»
«Non mi interessa, Hermione! Che diavolo ti è saltato in mente? È Malfoy, miseriaccia!»
«Questo non è un fottuto gioco, Ron!» esclamò arrabbiata lei. «Non è una partita a Quidditch! È una dannatissima guerra! Lo avevano mandato a morire!»
«Ben gli stava! Ha voluto prendere quel fottuto Marchio, no? Scommetto che ne era anche orgoglioso…»
«Tu non sai niente» sibilò Hermione con le lacrime agli occhi. «Non lo conosci…»
«Stai scherzando, vero?» ribatté caustico il rosso. «Lo conosco da sei anni! E anche tu! Per sei anni non ha fatto altro che cercare di farci uccidere o espellere, di ferirci in qualsiasi modo gli venisse in testa! Non venirmi a dire che non voleva fare del male a nessuno!»
«Ron… La situazione di Draco…»
«Smettila di difenderlo o di cercare di giustificarlo! Sei totalmente impazzita o cosa, Hermione? Sei sotto Imperius?» chiese tirando fuori la bacchetta.
«Mettila via, Ronald!» urlò disperata Hermione. «E usa il cervello per ragionare! Cosa avrei dovuto fare? Lasciare che morisse? Non provare a salvare un ragazzino della nostra età dall’inferno in cui lo ha sbattuto la sua famiglia?»
«Quel ragazzino ti ha sempre denigrata e derisa!» sbottò Ron. «Tu non avresti dovuto fare proprio nulla. Se Silente voleva salvare la sua anima o che so io, poteva pensarci lui!»
«Non spetta a te decidere cosa avrei o non avrei dovuto fare io! Ho scelto di aiutarlo, devi accettarlo e basta. Lo ha visto anche Harry che Draco è diverso ora…»
Il giovane scoppiò a ridere. «Immagino abbia messo su una bella recita e da ingenua quale sei tu ci sia cascata!»
Lei corrugò la fronte, spiazzata da quelle parole.
«Ha solo pensato a salvarsi il culo, Hermione! È Malfoy. È un maledettissimo codardo. Ed è un Mangiamorte. Magari si starà sforzando di non insultarti finché gli tornerai utile, ma se credi che sia veramente cambiato sei solo una stupida illusa!»
«Mi ha donato il suo sangue, Ron» mormorò Hermione, facendo sgranare gli occhi all’altro. «Mi ha salvata da Nott la prima volta che ha provato ad attaccarmi…»
Il ragazzo deglutì.
«Ha stretto il Voto Infrangibile» aggiunse sospirando, «Non ti sto chiedendo di diventare suo amico o di fidarti di lui, ti sto chiedendo di fidarti di me e di aiutarci a tenere al sicuro una persona che è stata coinvolta in questa guerra senza avere la possibilità di dire la sua, proprio come noi.»
«Noi non siamo come Malfoy, per niente.»
La ragazza gli rivolse un sorriso triste. «Il nostro lato dà valore a qualsiasi vita umana, Ron. Dovresti ricordarlo.»
 
Hermione si stava dirigendo verso la Torre di Astronomia, con le lacrime agli occhi. Voleva solamente stare un po’ da sola, guardare le stelle, magari.
Sapeva che non sarebbe stato semplice far ragionare Ron, ma non pensava che l’avrebbe presa così male; certo, sapeva anche che sarebbe stato talmente arrabbiato per tutti i segreti e le bugie da perdere lucidità e impuntarsi sulla sua posizione, come di fatti era successo. Forse, se lo avessero messo al corrente di tutto fin dall’inizio… No. Non avrebbero potuto, era una cosa troppo delicata… perché non poteva capirlo? Che tutta quella faccenda andava ben oltre la rivalità scolastica?
«Signorina Granger.»
La voce fredda e untuosa di Piton, che riecheggiò nel corridoio, la fece sussultare.
Si asciugò in fretta le guance e si voltò a guardare il professore.
«Professore, mi dica.»
«Ho bisogno che vada dal nostro amico in comune» le disse in tono asciutto. «E gli dia questo.»
Hermione prese il pacchettino che le aveva sporto Piton tra le mani e se lo rigirò; era semplice ed estremamente leggero.
«Ho bisogno che glielo porti subito, sono stato chiaro?»
 
«Draco?»
«Granger!» esclamò il ragazzo, raggiungendola con un paio di falcate. «Cosa succede? Sembri sconvolta…»
«N-niente» rispose lei sbrigativa. «Piton mi ha chiesto di darti questo.»
Draco prese il pacchetto tra le mani e si allontanò da Hermione per aprirlo; dentro c’era un pezzo di pergamena piegato in quattro, che dischiuse con mani tremanti; sussultò, quando vide il Marchio Nero disegnato distrattamente sulla carta. Poi prese fuoco, ricadendo sul pavimento in un piccolo mucchietto di cenere.
Era il segnale. Era il giorno. I Mangiamorte sarebbero entrati nel castello.
«Beh, Draco, io vado» lo salutò Hermione, voltandosi per lasciare il Dormitorio.
Col cazzo, Granger.
Il Serpeverde corse verso di lei e la afferrò per un braccio.
«Aspetta!»
Lei gli rivolse uno sguardo confuso e corrugò la fronte.
«Cosa è successo?»
Hermione sospirò. «Harry ha detto tutto a Ron.»
Draco si irrigidì sentendo quelle parole e le fece cenno di andare a sedersi sul divano; non prese posto di fronte a lei, ma le si sedette accanto, per la prima volta.
«Abbiamo litigato, tutto qui.»
«Cosa gli ha dato fastidio, esattamente?» chiese irritato lui. «Che tu mi abbia aiutato o che tu sia stata con me per tutto questo tempo?»
Lei aprì e richiuse la bocca senza emettere alcun suono.
Il Serpeverde si lasciò andare a una risata sardonica. «Che ti ha detto?»
La Grifondoro scosse il capo e fece per alzarsi, ma Draco la trattenne afferrandole il polso.
«Granger…»
Perché aveva tanta fretta di andarsene? Perché sembrava non volerlo vedere? Weasley le aveva detto qualcosa che le aveva fatto cambiare idea su tutto quello che aveva fatto per lui? Le aveva fatto cambiare idea su di lui?
«Draco, non è successo niente, davvero» asserì stancamente lei. «Si calmerà e smetterà di parlare d’impeto e ragionerà sulla questione e capirà» poi sospirò e aggiunse un flebile «fa sempre così.»
«Voglio sapere che ti ha detto» insisté il biondino, alzandosi a sua volta per fronteggiarla.
«Che importanza ha quello che ha detto, Malfoy, accidenti!» sbottò esasperata Hermione.
«Ha importanza per me, Granger, visto che due secondi dopo che lui ha scoperto tutto tu a malapena mi guardi in faccia!» esclamò Draco con una punta di panico nella voce. «E io non posso… non voglio che… Granger…»
Le aveva preso il volto tra le mani e la guardava con un’espressione indecifrabile; gli occhi del ragazzo scivolarono sulle sue labbra.
«Granger…»
 
Arrivarono dall’esterno; urla terrorizzate, boati e rumore di duelli multipli.
«Il Marchio Nero!»
«Ci sono i Mangiamorte!»
«I Mangiamorte nel castello!»
Hermione scattò, fiondandosi verso la porta immediatamente.
«Dove cazzo credi di andare?»
La ragazza si voltò a guardarlo confusa e notò che lui sembrava tutt’altro che spiazzato dai suoni che provenivano dal resto del castello.
«Tu lo sapevi?» gli chiese e il giovane deglutì, senza rispondere.
“Immagino abbia messo su una bella recita e da ingenua quale sei tu ci sia cascata!”
«Draco, come cazzo facevi a saperlo?» urlò lei, con le lacrime agli occhi, mentre il dubbio si insinuava nella sua mente.
Mi ha presa in giro. Sta facendo il doppio gioco, in qualche modo… è ancora uno di loro… lo è sempre stato…
«Ho chiesto a Piton di dirmelo» mormorò lui, palesemente ferito dalle implicazioni del tono che la Granger aveva usato… da ciò che aveva letto nei suoi occhi mentre gli poneva quelle domande. «Perché volevo far sì che tu fossi qui, al sicuro, quando sarebbe successo…»
Hermione schiuse le labbra e il senso di colpa le attanagliò lo stomaco nell’esatto momento in cui lo vide rivolgerle un mezzo sorriso amaro e sussurrare «ho stretto il Voto, ricordi?» con voce rotta.
Draco in cuor suo aveva sperato davvero che arrivati a quel punto non avrebbe avuto bisogno di ricordarle di quel Voto, che la ragazza si sarebbe fidata di lui o che quantomeno gli avrebbe concesso il beneficio del dubbio… che non avrebbe pensato male alla prima occasione.
«Draco…» fece lei per scusarsi, ma lui non la lasciò parlare; Draco Malfoy ingoiò l’orgoglio e la guardò supplichevole.
«Resta qui, Granger. Ti prego…»
Hermione sospirò e guardò prima la porta, poi di nuovo il Serpeverde; mise la mano su quella di lui, ancora chiusa sul suo polso, talmente delicata che non le ci volle alcuno sforzo per liberarsi dalla sua presa; tenne la mano di Draco tra la sua per qualche secondo, mentre lo guardava dispiaciuta.
«Devo trovare Justin e i fratelli Canon» mormorò lei. «Non posso restare, Draco.»
Il giovane imprecò, ma se lo aspettava. «Allora vengo con te.»
La Grifondoro sgranò gli occhi. «Che cosa? Non puoi, sei morto ricordi?»
Il biondino tirò fuori una boccetta dalla tasca e la mostrò alla ragazza. «Pozione per l’Invisibilità, Granger. Piton mi ha insegnato a farla per le emergenze dopo aver elaborato il piano della mia finta morte.»
Hermione sbatté le palpebre per qualche istante. «Resta qui, è troppo rischioso» gli disse risoluta.
«No, Granger. Te l’ho già detto una volta. Ci siamo dentro insieme.»
 
Qualcuno aveva urlato di correre in giardino, sotto la Torre di Astronomia; echi di duelli rimbombavano nei corridoi; le urla e i pianti degli studenti più piccoli riecheggiavano nell’aria.
Hermione cercava di capire quale direzione prendere prestando attenzione alle svolte in cui i rumori parevano arrivare a volume più elevato.
«Bene, bene» disse una gelida voce alle sue spalle. «Speravo proprio di incontrarti di nuovo, Sanguemarcio
La Grifondoro si voltò di scatto. Sorrise.
«Rowle» asserì ostentando una sicurezza che in realtà non aveva. «Vedo che ti ricordi me.»
«Non esattamente, hai fatto un bel lavoretto l’ultima volta» commentò con odio il Mangiamorte. «Ma ci sono delle tue foto e avevo il compito di recuperarti. Ti devo un po’ di Cruciatus, anche se il figlio di Lucius non era un granché, con quelle» aggiunse con scherno. «Le mie funzioneranno a dovere, però.»
Hermione si lanciò di lato, appena in tempo per schivare la maledizione e trascinandosi un Draco invisibile con sé. Lo nascose dietro una colonna. «Resta qui, non ti muovere, non voglio ferirti per sbaglio.»
«Vieni fuori a giocare, Sanguemarcio» la provocò Rowle. «Temi la resa dei conti?»
La ragazza tirò fuori la bacchetta e si mordicchiò l’interno della guancia destra.
«Vediamo quanto sei scemo per davvero, Rowle» mormorò, ma anziché uscire camminando, Hermione si abbassò e scivolò sul pavimento, finendo dall’altro lato del corridoio, mentre il Mangiamorte scagliava la maledizione all’altezza in cui avrebbe dovuto esserci il petto dell’avversario se fosse stato in piedi.
La Grifondoro lo colpì in pieno con uno Stupeficium e quello rimbalzò indietro, sbattendo contro il muro alle sue spalle e ricadendo svenuto sul terreno. Hermione lo pietrificò per buona misura.
«Si può essere così scemi?» esclamò incredula. «Fregato due volte, allo stesso modo.»
Gli si avvicinò lentamente, guardandosi attorno e poi gli puntò la bacchetta alla tempia.
Draco la osservava con la fronte corrugata, cercando di capire cosa stesse facendo; aveva avuto un attimo di esitazione dovuto alla sorpresa e all’ammirazione per il modo in cui la Granger aveva messo al tappeto Rowle e quel momento gli era costato la possibilità di capire cosa gli stesse facendo.
«Cosa hai fatto?» le chiese quando l’ebbe raggiunta, la voce un bisbiglio appena udibile. Lei scosse il capo e imboccò la strada per raggiungere il giardino della scuola.
 
Harry Potter era inginocchiato sul terreno umido, in lacrime, chino sul corpo senza vita di Albus Silente; stringeva tra le mani una specie di medaglione che aveva raccolto dalla tunica del Preside.
Hermione raggiunse rapidamente Ron e Dean e, quando si rese conto di cosa fosse accaduto, le lacrime cominciarono a rigarle il viso; sapeva che Draco era ancora al suo fianco, poteva percepire la sua presenza… il suo profumo; e quando la mano del ragazzo si strinse con forza attorno al suo braccio in un gesto consolatorio che non si sarebbe mai aspettata da Draco Malfoy, ne ebbe la conferma.
Quella scena le diede un orribile sensazione di déjà-vu; in un battito di palpebre si ritrovò catapultata indietro nel tempo, al termine del suo quarto anno e il corpo senza vita su cui il suo migliore amico piangeva era quello di Cedric. Hermione non aveva davvero bisogno di un promemoria, come se non avesse rivisto quella scena nella sua mente un migliaio di volte nel corso di quegli anni; ma non poté fare a meno di ripensarci, di domandarsi su quanti altri corpi avrebbero dovuto piangere prima che quell’orribile guerra finisse.
Strinse forte gli occhi e si lasciò andare ai singhiozzi. Draco deglutì dietro di lei, incerto su cosa fare; continuava a stringerle il braccio, ma in cuor suo sapeva che non era abbastanza; l’aveva vista abbracciarsi con Potter durante il funerale di Diggory e aveva visto la Edgecombe abbracciare la Chang nella stessa circostanza. Cosa avrebbe dovuto fare lui, in quel momento? Le sarebbe andato bene se le braccia che l’avrebbero stretta per darle forza fossero state le sue?
Sul tuo braccio è impresso lo stesso simbolo che sta lassù come firma degli autori di tutto questo, lo tormentò la sua odiosa coscienza.
Ma Draco la ignorò, spostandosi davanti alla Granger e stringendola tra le braccia; la sentì singhiozzare più forte, anche se non mosse un muscolo per ricambiare il gesto… ovviamente, lui era invisibile, l’avrebbero presa per pazza se l’avesse fatto.
Ginny si avvicinò a Harry e lo abbracciò, mentre gli studenti alzavano le bacchette in aria e le accendevano, rimuovendo al contempo il Marchio Nero che fino a quel momento era rimasto impresso sul cielo sopra di loro, stagliandosi trionfante sul loro dolore. Hermione si districò da lui per fare altrettanto e partecipare a quel triste addio al Preside che li aveva guidati in tutti quegli anni di scuola.
Draco alzò lo sguardo e guardò la scena deglutendo.
Ho scelto di stare dalla parte giusta, pensò con risolutezza, per poi rivolgere un pensiero a Silente che nonostante tutto aveva deciso di concedergli una seconda opportunità, di salvargli la vita e proteggere la sua anima, prima ancora che lui scoprisse di averne una.
Ho fatto la scelta giusta.



Fine Prima Parte
⸻⸻⸻
N.D.A.
Salve a tutti/e!
Una piccola precisazione.
Nella divisione originale della storia, avevo diviso Fine Line in due parti e la prima finiva con questo capitolo. 
Dal prossimo capitolo avrà inizio la seconda parte della storia (continuerò a pubblicare qui ugualmente, come una storia unitaria. Era solo una divisione interna per "contesto" diciamo). Siamo quindi a metà percorso (sì, è una storia lunga, ma non dite che non vi avevo avvisati/e e per i/le più impazienti c'è sempre Wattpad dove la potete trovare già completa ;) Qui siamo ai cap 56-57 di Wattpad). Spero che la mia storia vi stia piacendo, vi invito come sempre a lasciarmi delle recensioni con le vostre opinioni, avere un riscontro per me è molto importante e sono sempre alla ricerca di confronti costruttivi (anche per quanto riguarda intavolare conversazioni sul canon, i miei DM sono sempre aperti ;)).
Volevo ringraziare chi di voi ha speso un attimo del suo tempo per lasciarmi un feedback, chi sta seguendo la storia capitolo per capitolo e chi l'ha inserita nelle preferite/ricordate/seguite. Grazie di cuore :)
Continuerò a cercare di aggiornare quotidianamente, 
A presto!

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Capitolo 45
*** CAPITOLO 40 ***


CAPITOLO 40

























Hermione se ne stava in silenzio con lo sguardo perso fuori dalla finestra mentre Draco finiva di riporre tutte le sue cose nel baule; stringeva tra le braccia, che erano conserte al petto, una borsetta rosa e sembrava assorta nei suoi pensieri.
Il cielo era nuvoloso al di fuori del castello, e cupo come se fosse pieno inverno.
«La pozione dell’invisibilità dura un mese, vero?» gli domandò distrattamente guardando gli studenti che avevano iniziato a riversarsi in giardino, diretti alle carrozze.
«Sì, l’effetto dell’antidoto dovrebbe passare a momenti» la rassicurò Draco. «Non ho bisogno del Mantello di Potter per uscire.»
«È stato Piton, alla fine» annunciò in tono cupo. «Immagino non ci fosse una scappatoia al Voto che aveva stretto con tua madre…»
Il giovane si irrigidì a quelle parole. «Mi dispiace, Granger.»
«Tu non c’entri nulla» ribatté in tono asciutto lei. «Penso che fosse il suo piano fin dall’inizio. Non è mai stato dalla nostra parte, quel bastardo doppiogiochista!»
Il Serpeverde le si avvicinò in silenzio, avendo finito di sistemare le sue cose.
«È lui, il Principe Mezzosangue» rivelò poi, «lo ha inventato lui il Sectumsempra. Ecco come faceva a sapere esattamente cosa fare, quella notte…»
Draco deglutì. «Chi inventerebbe una maledizione del genere?»
«Un Mangiamorte» replicò gelida Hermione.
Il ragazzo trasse un profondo respiro, ma non rispose a quelle parole.
«Hai dubitato di me» mormorò invece.
La Grifondoro si voltò a guardarlo. «Cosa?»
«Credevi fossi ancora coinvolto con loro, quella notte» spiegò il biondino, il tono della voce che lasciava trasparire la sua tristezza. «Non negarlo, Granger. Te l’ho letto in faccia.»
«Draco» fece a mo’ di scuse la giovane. «Ero solo… sconvolta. Era stata una giornata… una di quelle che iniziano male e finiscono peggio…»
Piantò gli occhi sulle sue scarpe, in imbarazzo, ma il Serpeverde le mise un dito sotto il mento e le alzò il volto cosicché potesse guardarla negli occhi.
«Non dubitare di me, Granger» le sussurrò in tono quasi di supplica. «Mai più. Voto o non Voto… sono dalla tua parte.»
Non potrei fare altrimenti, ormai, Granger.
Sono tuo.
Hermione schiuse le labbra e lo fissò sbattendo le palpebre, incapace di formulare una frase di senso compiuto da dargli in risposta; Draco prese a guardarle le labbra… e poi sparì.
L’effetto dell’antidoto alla pozione dell’Invisibilità era svanito.
La Grifondoro si schiarì la gola e sorrise, anche se non aveva idea di dove fosse il giovane. Annuì alla sua richiesta, anche se era fiducia che Malfoy le stava chiedendo e lei non sapeva dire se fosse veramente pronta a fare un salto nel vuoto così importante, con lui.
Si voltò verso gli averi del Serpeverde e lanciò un Reducio su di essi, rimpicciolendoli; poi se li infilò nella borsetta.
«Incantesimo di Estensione Irriconoscibile?» chiese il giovane con una punta di ammirazione.
Lei fece un cenno d’assenso con il capo, curvando le labbra in un mezzo sorriso; non smetteva di sorprenderla, il modo in cui Draco capiva quello che diceva o quello che faceva senza che lei dovesse dire nulla, o entrare nello specifico; a Ron e Harry, in genere, doveva sempre spiegare le cose nel dettaglio.
«Draco» esclamò con un leggero panico Hermione. «Non ci avevo pensato, maledizione!»
Il Serpeverde le rivolse uno sguardo confuso, per poi ricordare che non poteva vederlo. «A cosa, Granger?»
«La Traccia» disse lei con ovvietà. «Abbiamo finto la tua morte, ma come funziona con quella?»
Il biondino sbatté le palpebre perplesso. «Onestamente, non ne ho la più pallida idea. Ma non abbiamo avuto problemi o se ci sono stati se ne sarà occupato a suo tempo Silente…»
«Si, ma… Come facciamo a smaterializzarci senza esserne sicuri?»
«Granger, ho diciassette anni ormai» la rassicurò lui, «è sparita comunque.»
Lei corrugò la fronte. «Quando li hai compiuti?»
«Il cinque giugno.»
Hermione si accigliò. «Perché non mi hai detto niente?»
Draco si lasciò andare ad una risata genuina, ma il pensiero che si stesse preoccupando della cosa gli provocò una sensazione di calore nel petto. «Perché, volevi dare una festa?»
La ragazza sbuffò. «No, ma potevo almeno portarti una torta…»
«Avresti potuto scriverci sopra ‘auguri per il tuo primo complemorte’» commentò sghignazzando lui.
La Grifondoro rabbrividì. «Sono orrendi, i complemorte, anche se si festeggia la data della morte, non quella di nascita…»
«Che accidenti vuol dire, Granger?» domandò perplesso Draco.
Hermione scrollò le spalle. «Nick-Quasi-Senza-Testa ci ha invitati al suo complemorte una volta»
«Divertente?» domandò il biondino, genuinamente incuriosito dalla faccenda.
«Da morire» rispose lei sarcasticamente, facendolo ridere.
 
All’ennesimo sbuffo di Ron, Hermione avrebbe voluto tirargli in faccia il libro che stava leggendo.
Draco sedeva accanto a lei, in silenzio religioso; non aveva mica intenzione di fare conversazione con quell’idiota di Weasley. Si stava divertendo, però. C’era una ciocca di capelli che continuava a ricadere sul volto della Granger e lei cercava spazientita di farla restare bloccata dietro l’orecchio; il Serpeverde sapeva che ormai doveva aver capito che era lui a liberarla, ma sapeva anche che non avrebbe mai detto nulla ad alta voce. Gli rivolse una rapida occhiata di ammonimento però.
Finiscila.
Draco non smise di giocarci, ovviamente.
La Grifondoro chiuse il volume con un tonfo. «Credi che lo avrebbe fatto?» domandò guardando Harry, il quale le rispose con un’occhiata interrogatoria.
«Nott» precisò lei. «Credi che avrebbe veramente ucciso Silente, se non fosse intervenuto Piton a farlo al suo posto?»
«Sì», rispose il giovane, senza alcuna esitazione. «Lo aveva già disarmato e non ha mai neanche accennato ad abbassare la bacchetta. È stata solo una questione di secondi…»
Malfoy avrebbe voluto chiederle se dopo tutto ciò che Nott le aveva fatto davvero avesse ancora dubbi su dove si collocasse nel quadro delle cose, ma non ebbe il tempo di dire nulla, perché Blaise Zabini fece un ingresso abbastanza teatrale nel loro scompartimento.
Con uno scatto e un paio di colpi di bacchetta, sigillò la porta e oscurò le finestre.
Harry e Ron balzarono in piedi estraendo immediatamente le loro, ma Hermione no; restò calma, seduta al suo posto e rivolse un’occhiata sconcertata al Serpeverde appena arrivato.
«Blaise, che ci fai qui? Sei impazzito?»
«Blaise?» esclamarono confusi Harry e Ron, certi che il ragazzo avesse intenzione di attaccare briga.
«Non potevo andare da G-ehm, dal mio Contatto, Hermione. È urgente e fuori dalla sua portata. Ho bisogno di te.»
Draco sbuffò al suo fianco, ma erano tutti troppo perplessi da quello che stava avvenendo per accorgersene.
La chiama per nome, l’idiota!”, pensò irritato il biondino, e che accidenti era quel ‘ho bisogno di te’?
«Hermione, vuoi spiegarci cosa miseriaccia-» iniziò a dire Ron, ma fu immediatamente interrotto da Zabini che, senza molti giri di parole, rivelò «Sono un membro dell’Ordine e se scendo da questo treno sono morto.»
La Grifondoro corrugò la fronte. «Cos’è successo? Sei compromesso?»
«È successo che abbiamo infranto la prima regola, Granger» asserì con ovvietà il ragazzo. «Non lasciare che le nostre emozioni offuschino il nostro giudizio.»
Tutti i presenti gli rivolsero delle occhiate perplesse e Blaise sbuffò.
«Ci siamo lasciati sconvolgere dalla morte di Silente al punto che non ci siamo resi conto di una cosa…»
«Cosa?» lo incalzò Hermione, che stava veramente perdendo la pazienza.
«Che Piton sa che sono una spia.»
La giovane si irrigidì e raggelò. Piton sapeva anche di Draco e il Voto che aveva stretto con Narcissa Malfoy non aveva più alcuna validità, era estinto.
«Quindi non puoi tornare a casa» dedusse Hermione, mordicchiandosi il labbro inferiore.
Blaise annuì. «Dobbiamo trovare un modo per farmi scendere da qui senza essere visto.»
«Blaise, ho bisogno che tu mi dica che cosa diceva esattamente il tuo Voto Infrangibile.»
«Non ho stretto un Voto Infrangibile» la informò lui, facendo scattare un sopracciglio all’insù.
Draco si accigliò a quelle parole, mentre Ron e Harry si limitavano a cercare di stare dietro al susseguirsi degli eventi tentando di capirci qualcosa.
«Cosa? Ma il tuo contatto mi ha detto di sì!»
«Ho giurato fedeltà all’ordine Granger. Sono entrato direttamente nell’associazione, non sono un informatore. Ero una fottuta spia.»
Hermione lo fissò sbattendo le palpebre per qualche secondo. «Quindi hai firmato solamente la pergamena?»
Blaise annuì. «L’hai fatta tu, non è vero? Cosa succede a chi infrange l’accordo?»
«Non te lo dico» rispose in tono asciutto la ragazza. «Sappi solo che è molto peggio di quello che è successo alla Edgecombe l’anno scorso.»
Zabini deglutì. «Sei fottutamente terrificante, Granger. Te lo hanno mai detto?»
La giovane gli rivolse un mezzo sorriso. «Ti fidi di me, Blaise?»
«A differenza tua Granger, visto che mi hai concesso fiducia solo perché pensavi che avessi stretto un fottuto Voto Infrangibile, io ti affiderei la mia stessa vita» ribatté con una punta di rancore il Serpeverde, facendo innervosire Draco ancora di più.
La Granger ha decisamente troppi ragazzi attorno, pensò scocciato. Qualcosa in Zabini lo irritava più degli altri, però; forse il fatto che era ricco, Purosangue e un Serpeverde. Esattamente come lui, solo con un patrimonio meno ingente del suo e qualche proprietà in meno a suo nome.
«Bene» commentò Hermione, poi alzò la bacchetta e la puntò su Zabini, trasfigurandolo… in un topo.
«Siamo quasi arrivati» constatò, prendendo tra le mani l’animaletto. «Apri la valigia Ronald.»
«Cosa, perché io?» obiettò il rosso sbuffando.
«Non posso occuparmene io» rispose seccamente lei; il topo squittì in segno di protesta.  
«Non fare lo schizzinoso, Blaise. Andrai dai Weasley. Remus ti farà trasferire in un Rifugio sicuro una volta che sarai lì.»
Il treno si fermò proprio in quel momento; Ron richiuse il baule con un tonfo e uscì dallo scompartimento borbottando qualcosa di poco lusinghiero sulle Serpi.
Harry prese il suo baule e poi si avvicinò a Hermione; le porse un sacchetto di soldi.
«Cosa sono?» domandò lei lanciandogli un’occhiata interrogatoria.
«Soldi, Mione. Ho bisogno che li tenga tu, non posso portarli dai Dursley…»
«Sono un mucchio di soldi, Harry…»
«Appunto. Dubito che potrò farmi un giretto alla Gringott molto presto. Non ho fatto in tempo a convertirne una parte in soldi babbani però» le spiegò il ragazzo.
«Ci penso io a quelli» lo rassicurò lei, sorridendogli.
«Sei sicura? Insomma…»
«Harry credo di poter ancora entrare in una banca babbana o prelevare dei soldi senza rischiare di essere uccisa» asserì alzando gli occhi al cielo; poi lo strinse in un caloroso abbraccio.
«Sta’ attenta» le sussurrò all’orecchio.
«Ci vediamo presto, Harry.»
 
«Pensavo avessi detto che anche l’altro informatore aveva dovuto stringere il Voto» proruppe irritato Draco non appena si Materializzarono in una stradina che non aveva mai visto prima.
«Lo credevo anche io, Draco» gli disse sospirando la ragazza.
«In tutta onestà, mi sento un po’ offeso, Granger.»
«Zabini è entrato nell’Ordine, Malfoy. Tu hai chiesto di essere nascosto. Richiede due livelli di convinzione diversi» obiettò con ovvietà Hermione; Draco incassò il colpo e ammutolì.
«E comunque, Blaise ha firmato un contratto vincolate. Non morirebbe, ma finirebbe al San Mungo se ne infrangesse le condizioni.»
«Non mi sembra la stessa cosa, Granger» replicò il giovane, ancora leggermente irritato dal fatto che a lui era stato chiesto praticamente di giurare sulla sua vita.
«Non ho mai detto che ne uscirebbe, Malfoy.»
Nonostante non potesse vederlo, o forse proprio per quel motivo, il ragazzo la guardò con occhi sbarrati e deglutì.
«Piton sa che sono vivo e non è più legato dal Voto che aveva stretto con mia madre. Sa che lei mi ha aiutato» sussurrò poi in tono preoccupato, lasciando cadere la questione del Voto in virtù di problematiche più pressanti.
Hermione si morse un labbro.
«Ci ho pensato anche io» ammise lei, ma poi lo tranquillizzò con fare deciso, aggiungendo un convinto «non dirà niente.»
«Che ne sai?»
«Perché si caccerebbe nei guai se lo facesse. Li hai traditi, Draco. Voldemort non gli avrebbe mai permesso di lasciarti in vita. Lo ucciderebbe se lo scoprisse» lo fece riflettere la Grifondoro.
«Come fai ad essere certa che non abbia detto tutto del nostro piano a Tu-Sai-Chi?» ribatté ancora il giovane. «Che il fatto che io sia ancora vivo non faccia parte di uno dei suoi maledetti piani?»
«Perché l’unico modo in cui Voldemort avrebbe acconsentito a lasciarti andare impunito, sarebbe stato per usarti come spia in suo favore, Draco.»
«Ho stretto il Voto, ricordi? Non posso fare niente che…»
«Esattamente! Ecco perché Silente ha posto il Voto in quei termini! Così che Piton non potesse tirarti nuovamente dentro, né dire nulla a Voldemort sul fatto che in realtà sei vivo, non senza scatenare la sua ira contro sé stesso.»
Draco ci ragionò su per qualche istante e dovette ammettere, in cuor suo, il genio di Silente.
«È stato geniale!» esclamò la ragazza, notando come il Preside in una sola mossa si fosse assicurato la lealtà del giovane e al contempo avesse messo alle strette il professore. «Forse non si fidava di Piton quanto credevamo. Beh, neanche io mi sarei fidata, riguardo te.»
«In che senso?» chiese il biondino corrugando la fronte.
«Ti ho raccontato che Silente mi ha detto qualcosa prima di tornare a Hogwarts. Mi ha detto di vedere il buono nelle persone e che poteva significare tanto per qualcuno, che più di un ragazzo si sarebbe trovato in una situazione scomoda. Mi stava dando degli indizi. Non si fidava di Piton per salvarti…»
«Perché?» domandò Draco, sempre più confuso.
«Perché se Piton avesse voluto salvarti avrebbe fatto fin dall’inizio quello che ho fatto io, Malfoy. Avrebbe cercato di tirarti fuori. Lo hai detto tu stesso» asserì sottolineando l’ovvio Hermione.
«Si è offerto di aiutarmi a portare a termine la missione, non di darmi una via d’uscita» mormorò in un sussurro il Serpeverde.
Piton non aveva mai voluto salvarlo. Era solo a Silente e alla Granger che doveva la sua vita.
*
«Quella è casa tua, Granger?» domandò Draco, osservando incuriosito la villetta a tre piani che la ragazza stava fissando da diversi minuti ormai.
Hermione si riscosse dai suoi pensieri; aveva una cera orribile, notò Draco.
«Facciamo solo un salto, tranquillo» gli disse bruscamente. «Assicurati di restare invisibile.»
«Ti vergogni di me, Granger?» chiese, cercando di mascherare la delusione che aveva provato a quella richiesta.
«Sarebbe difficile da spiegare, Draco» rispose caustica lei. «E non abbiamo tempo da perdere.»
Il ragazzo ricordò come il padre avesse trattato i genitori della Granger quando li aveva visti al Ghirigoro, poco prima dell’inizio del loro secondo anno a Hogwarts, occasione in cui lui stesso gli aveva dato man forte, e ammutolì; era inoltre sicuro che la giovane avesse parlato loro di come lui l’avesse trattata i precedenti anni, o quantomeno che glielo avesse accennato.
E tu davvero speri di avere una possibilità con lei, pensò amaramente, chiedendosi se, eventualmente, avrebbero avuto il coraggio di sfidare entrambe le loro famiglie; i Granger non avrebbero mai accettato che uno… come lui potesse stare con la figlia.
La Granger non ci starebbe comunque, con te, stupido.
«Tesoro!» esclamò sorridendo la madre di Hermione, stringendola immediatamente in un caldo abbraccio; suo padre seguì subito dopo.
Draco deglutì a quella vista; i suoi genitori non lo avevano mai riaccolto a casa in quel modo…
«Metto su il bollitore, va bene? Ci racconterai tutto davanti a una bella tazza di the» le disse la donna, mentre la ragazza si limitava ad annuire con le lacrime agli occhi.
Qualche ora dopo, il Serpeverde avrebbe ringraziato il cielo per non averle fatto la battuta sui sentimentalismi che aveva pensato in quel momento.
Gli fece un gesto di seguirla con la mano e lui eseguì l’ordine salendo le scale dietro di lei; la vide seminare degli oggetti in varie stanze e poi entrare in una camera che aveva tutta l’aria di essere la sua.
Hermione si inginocchiò per terra e rimosse un’asse dal pavimento, estraendo dal foro uno scrigno pieno di gioielli.
«Hai in programma di andare a un galà, Granger?» domandò sarcastico il giovane.
«Potrebbero servici soldi» rispose brevemente lei, «e questi sono una buona merce di scambio.»
Rimpicciolì lo scrigno e lo infilò nella sua borsetta; sua madre la chiamò dal salotto, dicendole che era pronto il the, e lei urlò di rimando che sarebbe scesa a momenti.
«Puoi ridurre le mie cose e metterle nella borsetta, Draco?» gli chiese esitante. «Ho bisogno di dieci minuti da sola con i miei genitori.»
«D’accordo, Granger.»
 
Quando Draco terminò di fare quanto gli aveva chiesto la Granger, ripercorse la strada che avevano fatto insieme, ma si bloccò sulle scale, pietrificandosi.
Vide Hermione tenere la bacchetta puntata sui suoi genitori, ignari di ciò che stesse accadendo, mentre seduti sul divano accarezzavano distrattamente Grattastinchi, che sonnecchiava appollaiato sulle gambe della signora Granger.
«Oblivion», la sentì mormorare con voce spezzata.
Poi, la sua immagine iniziò a scomparire da tutte le foto appese alle pareti…
Draco la raggiunse con passo incerto e la vide lasciare una busta su un mobile prima di indirizzarsi verso l’uscita della villa.
«Sei qui, vero?» bisbigliò tirando su col naso.
«Sì, Granger» la rassicurò lui esitante.
La ragazza lo guidò in una viuzza deserta e poi si nascose dietro una parete, osservando i suoi genitori che lasciavano la casa e partivano con delle valige che, Draco ne era sicuro, aveva preparato la Granger.
Grattastinchi li fissava dall’interno del suo trasportino.
Una volta che i due furono abbastanza lontani, Hermione estrasse nuovamente la bacchetta e, lasciandosi sfuggire un singhiozzo, la puntò verso la sua abitazione.
«Incendio.»
Draco sgranò gli occhi e spalancò la bocca.
Oh, Granger…
Le circondò le spalle con un braccio, mentre lei voltava istintivamente il viso verso il suo corpo e lo poggiava sul suo petto; si chiese come facesse a capire dove poggiarsi se non poteva vederlo.
«Draco» mormorò appena riuscì ad attenuare i singhiozzi. «Ho bisogno di un favore…»
Il ragazzo corrugò la fronte, ma fece due più due qualche secondo dopo e capì cosa stesse per chiedergli la Granger.
«Non funzionerà» le disse. «Sapranno che non è reale, se nessuno di loro lo ha fatto…»
«No, funzionerà» gli assicurò lei. «Ti ricordi la notte in cui sono entrati al castello? Mi hai chiesto cos’avessi fatto a Rowle…»
Non glielo aveva mai detto.
«Gli ho impiantato dei ricordi che si attiveranno tra un’ora» ammise guardando l’orologio. «Penserà di essere stato lui.»
La mascella di Draco cadde a terra.
Come diavolo ha fatto?
«Ti prego, Draco» mormorò in tono supplichevole. «Non ti ho mai chiesto niente e non te lo chiederei se non fosse importante… Io… devo metterli al sicuro, capisci?»
Il giovane tirò fuori la bacchetta e la puntò sul cielo sopra alla casa in fiamme in cui era cresciuta Hermione.
«Morsmordre» mormorò sommessamente.
 
Draco seguì Hermione senza dire una parola; si Smaterializzarono nuovamente e riapparvero in un’altra stradina a lui completamente sconosciuta.
Era ancora sconvolto da tutto quello che aveva visto fare alla ragazza; non sapeva se ne ammirasse il coraggio e il sangue freddo, o se fosse completamente terrorizzato da quanto era stata capace di fare.
Si posizionarono difronte a una serie di abitazioni e attesero qualche secondo; poi gli appartamenti iniziarono a muoversi, rivelando una casa nascosta.
«Ma che cazzo?» esclamò Draco con gli occhi sbarrati.
«Benvenuto al Quartier Generale dell’Ordine della Fenice» mormorò Hermione, facendogli un cenno del capo per farsi seguire. «Era casa di Sirius.»
Oh. Era la casa dei cugini di sua madre; lui non ci era mai stato, né aveva avuto modo di conoscere nessuno da quel lato della sua famiglia.
Draco bevve l’antidoto contro la pozione per l’invisibilità ed entrarono nell’abitazione.
Non appena si richiusero la porta alle spalle furono travolti da un’ondata di vento gelido e poi… Poi il fantasma di Silente comparve davanti ai loro occhi, volando in picchiata verso di loro.
Draco scattò istintivamente, posizionandosi davanti alla ragazza, che nel frattempo aveva tirato fuori la bacchetta e aveva urlato «Finite
La tenne stretta a sé per qualche secondo, mentre lei lo guardava sbalordita.
E Draco realizzò che si era appena mosso per fare da scudo alla Granger…
Un urlo agghiacciante rimbombò nella stanza, facendoli sobbalzare.
«Lurida Sanguemarcio, di nuovo tu, come osi stare nella dimora della nobile casata dei Black…»
Hermione si riscosse e puntò la bacchetta su un lenzuolo, che andò prontamente a ricoprire il quadro urlante di una donna.
«Ti presento Walburga Black» gli disse sardonica Hermione. «Incantevole come sempre.»
Draco le sorrise, sentendosi però in realtà molto a disagio.
Vide Hermione oscurare il quadro di Phineas Nigellus Black e farlo scivolare nella sua borsetta di perline, beccandosi qualche insulto aggiuntivo a cui lei non reagì in alcun modo.
Ci era talmente abituata da non badarci più?  
Sei tu che l’hai abituata, lo redarguì la sua coscienza, facendogli venire un attacco di nausea.
«Che cavolo era quello, Granger?» le chiese riferendosi al fantasma del Preside recentemente defunto che li aveva accolti all’ingresso.
«Credo una delle protezioni che Moody ha installato contro Piton» ipotizzò lei, passandosi stancamente una mano sul volto.
«Piton sa di questo posto?»
Hermione annuì. «Faceva parte dell’Ordine. È protetto dall’Incanto Fidelius, ma è tutto al suo posto, quindi non credo che tornerà…»
Si passò una mano sul viso stancamente.
«Se dovesse esserci un’urgenza, Smaterializzati a Piccadilly Circus, Draco» aggiunse poi, «sai dov’è vero?»
Il giovane annuì.
«Bene. Ti mostro la casa, allora.»
 
Si erano sistemati in due camere adiacenti, nel caso in cui fossero stati costretti a fuggire all’improvviso; non avevano parlato molto da quando erano arrivati a Grimmauld Place.
Hermione aveva fatto una doccia fredda e poi era scesa in cucina per preparare il pranzo; sobbalzò, quando la voce di Kreacher, l’elfo domestico del luogo, riecheggiò nella stanza all’improvviso.
«Lurida Sanguemarcio, se la mia padrona fosse qui… ci pensa Kreacher…»
Hermione ignorò l’elfo, non era dell’umore per pensare anche a lui, ma Draco decise di entrare nella cucina proprio in quel momento.
«Sudicia Sanguemarcio, hai visto? Sono arrivati i Mangiamorte!» trillò l’elfo.
Draco si immobilizzò e sbiancò a quelle parole; il suo sguardo sbigottito cadde su Hermione, la quale sussultò, facendo scivolare una scodella nel lavello.
«Chiudi quella cazzo di bocca, stupido elfo» tuonò indignato il giovane, guardando la creatura con un’espressione di puro odio.
«Sì, padroncino Malfoy» rispose l’elfo, abbassando le orecchie, ma poi riprese con la sua litania ugualmente.
«Non dare peso a quello che dice… E ordinagli di non parlare con nessuno dei Black, Malfoy, o Lestrange. Con nessun Mangiamorte o affiliato o qualsiasi persona potrebbe tradirci, Draco» gli disse la ragazza, ricordando il ruolo che l’elfo aveva avuto nella morte di Sirius. «A me non dà retta.»
Il giovane annuì e fece quanto gli aveva chiesto.
Poi, con un colpo di bacchetta, Hermione apparecchiò la tavola.
«Ho preparato da mangiare» lo informò, portando un piatto di pasta in tavola.
«Perché non lo hai fatto fare all’elfo?» berciò Draco accigliandosi.
«Perché ho delle mani e le uso» rispose lei in tono asciutto.
«Ancora la faccenda del C.R.E.P.A., Granger?» la sfotté lui, «non hai ancora capito che è tutto inutile?»
Hermione sospirò. «Kreacher comunque non farebbe mai qualcosa chiesta da me, o mi avvelenerebbe il piatto. Preferisco fare da sola.»
Draco si sedette al tavolo, ma notò che la Granger aveva in mano solo una tazza di tisana fumante.
«Tu non mangi?»
«Non ho fame» affermò con un fil di voce la giovane.
«Granger, dovresti mangiare qualcosa…» fece per insistere lui, ma la Grifondoro scosse la testa.
«Draco, per favore, non insistere.»
Il Serpeverde deglutì. Sapeva che la ragazza stava male per quello che aveva fatto quella mattina; aveva obliviato i suoi genitori e poi aveva dato fuoco alla sua casa, dopo averli mandati via.
Aveva cancellato la sua esistenza dalla mente delle persone che la amavano di più al mondo e che lei amava di più al mondo, e lo aveva fatto per proteggerle… per proteggerle dalla gente con cui lui era cresciuto; la gente che uccideva e torturava e distruggeva tutto ciò che incontrava sul proprio cammino.
Gli era passato l’appetito, in tutta onestà, ma la Granger era stata così gentile da preparare una cena che lei non aveva intenzione di consumare e non voleva farla rimanere male.
«È stato molto coraggioso quello che hai fatto, Granger» le sussurrò a un certo punto, non tollerando più l’idea di non essere in grado di darle conforto in alcun modo.
Lui sapeva che al posto suo non sarebbe stato capace di farlo, di rimuoversi dalla mente dei suoi genitori, nonostante fosse consapevole che era la cosa giusta da fare.
La cosa giusta da fare; Draco si chiedeva se sarebbe mai stato in grado di farla mettendosi veramente in gioco.
Hermione fissò immobile la sua tazza per qualche istante, poi si alzò e se ne andò senza dire una parola.
Il Serpeverde chiuse gli occhi e sospirò.
Come devo fare a starti vicino, Granger? Ti prego, dimmi cosa devo fare. Io non so come si dà conforto alla gente…
 
Draco salì in camera sua un’oretta dopo, reduce di un monologo interiore in cui si malediceva per la sua incapacità ed estraneità più totale nelle interazioni umane; non era abituato a quel genere di rapporti con le persone e ne voleva uno, con la Granger, ma non aveva idea di come fare a capire il modo in cui doveva muoversi.
Normalmente, avrebbe chiesto consiglio alla Grifondoro, ma trattandosi proprio di lei, non poteva farlo; cos’avrebbe dovuto fare? Andare a dirle «hey, Granger, ironia della sorte mi sono innamorato proprio di te, ma non so come si fa. Potresti insegnarmi ad amarti, per favore?»
Sbuffò, passandosi le mani sul volto.
La sentì piangere, mentre passava davanti alla porta della sua stanza; deglutì e si fece coraggio, per poi bussare.
Lei non rispose, ma lui entrò ugualmente nella camera.
Si avvicinò alla ragazza, che era distesa sul letto in posizione fetale, con il viso nascosto tra i suoi capelli.
«Vuoi parlarne, Granger?» le chiese esitante, ma Hermione scosse la testa senza rispondere.
Draco dovette ricordare a sé stesso, ancora una volta, che lui non era Potter o Weasley e la Granger non avrebbe mai parlato di qualcosa del genere proprio con lui.
Le si stese accanto ugualmente, decidendo che avrebbe improvvisato, pensando a cosa un Grifondiota smielato avrebbe fatto in una circostanza del genere; gli sembrava una di quella occasioni in cui chiunque fosse cresciuto in una maniera normale avrebbe desiderato un abbraccio, così la circondò con le sue braccia, avvicinandola a sé e facendo aderire la schiena di lei al suo petto; Hermione sussultò leggermente al suo tocco e si irrigidì in un primo momento, ma poi si rilassò e si voltò verso di lui, per stringerlo a sua volta.
Hermione pensò che avesse solo bisogno di sentire qualcuno vicino, e che anche l’illusione che a Draco Malfoy potesse importare qualcosa di lei, per quella sera, le sarebbe bastata.
 
L’aveva cercata ovunque, in ogni angolo della casa, ma Hermione non c’era.
Si era risvegliato da solo, toccando il materasso vuoto accanto a sé; si era scrollato di dosso quella delusione che era consapevole di non avere alcun diritto di provare, - avevano solo dormito insieme in fondo, in un momento di vulnerabilità dopo un’orrenda giornata, Draco sapeva che non voleva dire nulla -, ed era sceso in cucina convinto di trovarla lì con una tazza di caffè fumante tra le mani; avrebbe finto di stare bene e gli avrebbe chiesto se volesse anche lui un po’ di caffè.
Non l’aveva trovata, però; quel dannato elfo diceva di non sapere dove fosse, lei non aveva lasciato alcun appunto su dove stesse andando, né su cosa stesse andando a fare.
Niente di niente, volatilizzata.
Era sul punto di uscire a cercarla, non aveva neanche la minima idea di dove cominciare ma non riusciva a starsene fermo con le mani in mano.
E se le fosse accaduto qualcosa?
Zittì quella vocina fastidiosa che non faceva altro che insinuare nella sua mente timori e paure e si chiese se non fosse il caso di Smaterializzarsi e dirigersi al punto che avevano stabilito come ritrovo per le emergenze, qualora non fossero riusciti a lasciare Grimmauld Place insieme; aveva deciso in favore di quest’ultima idea, quando sentì la serratura della porta scattare.
Scese le scale di corsa e, finalmente, la vide; si era lasciata cadere pesantemente sul divano e si era portata le mani in volto, un giornale strano giaceva malridotto sul tavolino nelle sue vicinanze.
«Dove diavolo sei stata?» tuonò Draco, il respiro accelerato da quel misto di rabbia e preoccupazione che stava provando. «Sei sparita per quasi tutto il giorno senza dire una parola!»  
La ragazza tirò su col naso. «Avevo delle faccende da sbrigare…»
«Fai sul serio?» replicò irritato il giovane. «Questa è la tua grande spiegazione?»
Sapeva che forse avrebbe dovuto dare priorità allo stato d’animo della Grifondoro, che in quel momento sembrava alquanto provata e sconvolta, ma si era spaventato troppo quando non l’aveva trovata in casa ed era troppo arrabbiato per razionalizzare in quel momento.
«Potevano trovarti, Granger» continuò imperterrito, gesticolando mentre camminava avanti e indietro davanti a lei. «Potevano farti del male. Cosa ti è saltato in mente ad andartene in giro da sola? Mi è preso un colpo quando-»
«Draco, non è successo niente» ribatté mosciamente Hermione, troncando lo sproloquio del Serpeverde. «L’Ordine comunque sa che sei qui, se mi dovesse succedere qualcosa verrebbero a prenderti. Non devi preoccuparti.»
«Non ero preoccupato per me, stupida!» sbottò incredulo Draco, fermandosi a guardarla. «Ero preoccupato per te
Lo sguardo della ragazza dardeggiò immediatamente nella sua direzione, incrociando quello di lui; schiuse le labbra per la sorpresa e rimase immobile a fissarlo sbattendo le palpebre e senza emettere alcun suono.
Il biondino sospirò. «Perché non mi hai detto niente? Perché non mi hai chiesto di venire con te?»
«Erano cose di cui dovevo occuparmi da sola» rispose semplicemente lei, «faccende babbane.»
«Tipo?»
«Tipo fare in modo che i miei genitori ricevano la mia eredità e renderla non rintracciabile; tipo procurarmi dei soldi babbani per le emergenze. Tipo andare al funerale dei miei genitori…»
Tipo visitare la tomba del mio ragazzo deceduto due anni fa, aggiunse mentalmente alla lista, ma senza dirlo a voce alta.
Draco deglutì e poi trasse un respiro profondo. «Stai…»
No, non posso chiederle se sta bene. È evidente che sta male.
«Vuoi…» ci riprovò, ma proprio non sapeva cosa dire.
«Ho fatto preparare la cena dall’elfo» affermò alla fine in tono mesto, frustrato dalla sua incapacità di capire come comportarsi con lei; a che pro comprendere di essere innamorato di lei e non avere la minima idea di come diavolo fare per… cosa voleva fare? Conquistarla?
Sogna, gli disse la vocina nella sua mente.
Draco la zittì.
«Credo che andrò direttamente a dormire, ma grazie comunque.»
«Granger non mangi da due giorni…» obiettò protestando il ragazzo.
«Ho avuto una giornataccia, Draco. Ho dovuto usare la Imperius tre volte per assicurarmi che il tizio rendesse completamente irrintracciabili quei dannati soldi, sono esausta e come se non bastasse ho appena seppellito i miei genitori. Non ho fame.»
«Granger, li hai messi al sicuro» le fece notare il Serpeverde. «Sono vivi.»
«Sappiamo entrambi che l’Oblivion è quasi sempre irreversibile, Malfoy. È come se fossero morti, per me. Non sanno neanche più di avere una figlia» mormorò con voce spezzata Hermione.
Lo sguardo del giovane ricadde sullo strano giornale che la Grifondoro aveva portato con sé; non si muoveva, doveva essere babbano.
“Tragedia: incendio causa la morte di una coppia di dentisti della zona; comunità a lutto.”
«Come fanno ad essere sicuri che siano morti?» domandò corrugando la fronte Draco.
La ragazza abbassò lo sguardo sul pavimento. «Ti ricordi la notte in cui Nott ha cercato di uccidermi?»
Non la dimenticherò mai, Granger. Sono quasi morto io, di paura e d’ansia.
Il biondino annuì.
«Ero nel Reparto Proibito. Stavo cercando una soluzione a questo, volevo trovare il modo di trasfigurare dei legnetti in ossa e impiantarci dentro il DNA di una persona, tra le altre cose…»
Il giovane deglutì. Ecco cosa aveva sparso per la casa la Granger la mattina precedente; rabbrividì alla minuzia con cui aveva studiato quel piano, al sangue freddo che aveva dimostrato eseguendolo nei minimi particolari, non lasciandosi neanche fermare da quelli più macabri.
«Sei terrificante, Granger» sussurrò con tono inquietato. «Sono contento di aver cambiato fronte, non avrei mai voluto scontrarmi con te.»
Un angolo delle labbra di Hermione si sollevò in un mezzo sorriso; capiva cosa volesse fare Draco con quell’affermazione, ma lei non ce la faceva a reggere uno scambio di battute.
Poi, però, lui si fece pensieroso.
«Quali altre cose stavi cercando, Granger?» le chiese perplesso.
Cosa doveva cercare nel Reparto Proibito? La Granger aveva una inaspettata inclinazione per le Arti Oscure di cui nessuno era a conoscenza?
«Lascia stare» asserì evasiva lei.
«Non dirmi che eri lì per aiutare Zabini a riparare quel maledetto Armadio Svanitore, Granger, perché ti giuro che-»
«Ero lì per te, va bene?» sbottò esasperata Hermione, arrossendo subito dopo essersi resa conto di aver detto quelle parole a voce alta. «Ero preoccupata per via di quello che ti succede quando il Marchio brucia e…»
Il cervello di Draco andò in corto circuito a quella confessione; una parte di lui avrebbe voluto dirle che era stata una sciocca, che la sua vita non valeva il rischio di quella di lei… ma l’altra parte era solo contenta di sapere che la Granger si preoccupava per lui in qualche misura.
La raggiunse a grosse falcate, con tutta l’intenzione di afferrarle il volto tra le mani e far scontrare le loro labbra, quando Kreacher comparve con un sonoro pop, annunciando che la cena era pronta.
Maledetto elfo del cazzo, imprecò il biondino nella sua mente, salvo poi rendersi conto che probabilmente lo aveva salvato dal commettere un errore.
Non voleva perdere Hermione e baciarla sarebbe stato il modo più rapido per farla scappare via da lui a gambe levate.
«Non ho preparato niente per la Sanguemarcio però» annunciò l’elfo. «Pensavo fosse finalmente andata via.»
«Non chiamarla così» tuonò infastidito Draco, sentendosi a disagio subito dopo; lo aveva detto istintivamente, ma detta da lui quella frase… «E vai a prepararle qualcosa ora.»
«Lascia stare, tanto non la smette» lo informò Hermione, rassegnata. «E comunque non avevo fame.»
Gli rivolse un timido sorriso che non le arrivò agli occhi e si trascinò sulle scale, diretta alla sua camera da letto.
Crollò dopo pochi minuti.

 

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Capitolo 46
*** CAPITOLO 41 ***


CAPITOLO 41


















 
«Credo che noi due ci divertiremo di più. Io non sono schizzinoso come il Principino.»
La ragazza scattò correndo verso una parete, probabilmente con l’intento di recuperare la bacchetta che le era stata fatta volare di mano poco prima, ma fu colpita da un Incarceramus e cadde a terra, legata, battendo la testa contro il muro.
Aiuto.
Aiuto.

Draco aprì gli occhi di scatto e si mise a sedere; si passò una mano sul volto e imprecò rendendosi conto di aver utilizzato quella sinistra, provocandogli una fitta di dolore che lo trapassò da parte a parte. Il Marchio aveva preso a bruciargli subito dopo cena e quando finalmente aveva smesso, era riuscito a fatica ad addormentarsi; non aveva chiamato la Granger, non voleva caricarla di quell’ulteriore peso, non voleva che sapesse quanto spesso ormai succedeva, al punto che il dolore gli era divenuto così familiare che non faceva neanche più male quanto le prime volte.
Dannata strega, dovevi proprio menzionare quella notte…
Era la seconda notte di fila che sognava il ricordo di quella… visione che aveva avuto tempo addietro e i rumori dei temporali estivi di certo non lo aiutavano a scacciare via gli incubi; cercò di rammentare sé stesso che la ragazza non sapesse nulla del modo in cui era stata ritrovata, né tantomeno dei sentimenti che lui provava nei suoi confronti; Draco si chiese se la Granger avesse capito o quanto meno iniziato a sospettare che era diventata importante, per lui.
L’Ordine comunque sa che sei qui, se mi dovesse succedere qualcosa verrebbero a prenderti. Non devi preoccuparti.”
Sbuffò rievocando quelle parole.
Tanto perspicace in ambito accademico, Granger… ma non vuoi proprio capirmi su questo.
E lui non sarebbe mai riuscito a dirglielo; sarebbero rimasti per sempre in quella situazione di stallo.
Almeno non ci sono più stati passi indietro, si consolò tristemente.
Tese la mano per prendere dell’acqua dal comodino, ma scoprì di averla finita e dovette scendere in cucina; avrebbe chiamato quello stupido elfo, se non fosse stato per quella odiosa nenia che sicuramente avrebbe preso a cantilenare.
Prima di imboccare le scale, decise di affacciarsi alla porta della Grifondoro per controllare che stesse dormendo, magari dopo aver preso l’acqua avrebbe potuto sgattaiolare nella sua stanza e con lei sarebbe stato in grado di riaddormentarsi; scosse la testa per togliersi quell’assurda idea dalla testa, non poteva svegliarla per chiederle di poter restare con lei, non poteva restare con lei a prescindere.
Non è la tua ragazza, si ripeté a mente; non è la tua ragazza.
Non la trovò nel suo letto, comunque. Forse era in cucina anche lei; spesso l’aveva sentita prepararsi una tisana, una camomilla o un the nel cuore della notte, quando risiedeva anche lei al Dormitorio Segreto.
Ma non era neanche lì; prese la sua acqua e si affacciò in salotto mentre la preoccupazione già si faceva strada dentro di lui, memore di come fosse sparita senza dirgli niente solo il giorno prima.
La trovò rannicchiata su un divano con lo sguardo perso fuori dalla finestra ad osservare il temporale; tra le mani stringeva una tazza fumante.
Sicuramente, i tuoni le impedivano di dormire.
Una copia della Gazzetta del Profeta giaceva sul posto vuoto accanto a lei.
La prima pagina parlava di attacchi dei Mangiamorte, babbani morti e violenze varie. Gli articoli erano macchiati da goccioline d'acqua, lacrime che la giovane aveva versato quando aveva letto quelle notizie agghiaccianti.
Si diresse verso di lei lentamente e notò che fosse assorta nei suoi pensieri. Si concentrò per respingere la tentazione della sua Legilimanzia di venir fuori.
Aveva quasi timore di raggiungerla, percepiva che stesse rimuginando su qualcosa di doloroso e complicato e lui non era abituato a quel genere di cose.
La Granger era il suo primo, vero, contatto umano e aveva ormai capito di essersi innamorato di lei, ma questo non voleva dire che sapesse come gestire i sentimenti che provava; per Draco era tutto nuovo, non aveva mai provato niente per nessuno. E non era neanche abituato ad avere attorno persone che tenevano davvero a lui, che avrebbero dato peso alle sue parole e non si sarebbero lasciate scrollare addosso un suo errore solo perché era Draco Malfoy. Persone come la Granger.
L’idea di sbagliare ancora, di farle male senza intenderlo, lo spaventava e lo frenava. A volte avrebbe voluto scappare nella direzione opposta alla sua, ma al contempo la tentazione di scoprire cosa stesse accadendo nella testa della Granger era troppo forte; aveva realizzato, Draco, che quella ragazza lo interessava e lo attirava come un magnete e non poteva fare a meno di volerne carpire i segreti, per capirla, sentirla vicina.
Voleva sentirla sempre più vicina, ogni passo che faceva verso di lei non era mai abbastanza. Si chiese come avrebbe fatto ad arrestarsi, quando sarebbe arrivato il momento; perché lo sapeva, c’era un limite a quanto poteva avvicinarsi a lei.
Un limite che pensavi aver raggiunto a Hogwarts e poi ha lasciato che la stringessi quando stava male e che dormissi nel suo letto…
Draco scosse forte il capo, non voleva illudersi di avere una possibilità con la giovane, romanticamente parlando; lo avrebbe distrutto, un rifiuto da parte dell’unica persona di cui si fosse mai innamorato… e ancor di più lo avrebbe distrutto la consapevolezza che alla base di quel rifiuto ci sarebbero state una serie di colpe che ricadevano comunque su di lui.
Hermione dovette avvertire la sua presenza alle spalle perché, - chiedendosi se fossero davvero arrivati al punto in cui avevano talmente tanta familiarità con l'altro da sentirsi senza vedersi -, iniziò a parlare sommessamente.
«A volte vorrei non aver mai ricevuto la mia lettera per Hogwarts…»
Non si voltò a guardarlo; teneva lo sguardo fisso fuori dalla finestra.
«…Adesso sarei a casa mia, con i miei genitori, ignara di tutto questo. Priva di responsabilità…»
Draco, che nel frattempo aveva raggiunto il divano in silenzio, lanciò un rapido sguardo sul giornale e intravide i titoli di alcuni articoli che lo fecero rabbrividire dal disgusto.
La Granger non parlò per diversi minuti e nel frattempo il biondino le si era seduto accanto.
Sta pensando ai suoi genitori, constatò e cercò di ricordare cosa facesse lei quando voleva fargli capire che c’era per lui, che se voleva poteva parlargli e che altrimenti sarebbe semplicemente rimasta lì a dargli conforto senza dire nulla.
Lei gli metteva sempre una mano sul braccio o sulla spalla e dava una leggera strizzatina. Sarebbe andato bene in quel momento, quel gesto? O forse era solo lui che ormai cercava a tutti i costi un pretesto per avere un contatto fisico di qualsiasi tipo con lei?
Alla fine, le posò una mano sul braccio; con sua estrema sorpresa, non si ritrasse dal suo tocco, né sussultò ad esso, anche se non si voltò a guardarlo comunque.
«Draco, ti sei mai chiesto cosa voglia dire per una Nata Babbana scoprire di essere una strega?», gli domandò all'improvviso, senza muoversi da quella posizione né variando il tono della voce.
Il biondo scosse il capo, dovendo ammettere che no, il pensiero non lo aveva mai nemmeno sfiorato.
«È... Indescrivibile. Sai, nel mondo Babbano cresciamo con queste favole piene di magia in cui è tutto meraviglioso e il bene trionfa sempre sul male. E da bambini, quando si gioca, si immagina di avere superpoteri, roba del genere» prese a raccontare la ragazza. «E tu avverti di essere diversa, perché lo senti. E perché un pomeriggio, mentre giocavi, Oliver Shaw ti ha lanciato un lego in faccia e tu ti sei arrabbiata così tanto che in qualche modo i lego sono volati tutti contro di lui. Come per magia, ma davvero, devi ricordare a te stessa che il mondo è tutto lì, ordinario, ti ripeti che non è quello che è successo.»
Draco si era avvicinato ulteriormente a lei e la ascoltava attentamente.
«Granger, cosa sono i lego?», la interruppe all'improvviso con un tono di voce alquanto perplesso; Hermione gli spiegò anche quello.
«E perché questo tizio Shaw te ne avrebbe tirato un pezzo in faccia?»
«Mi prendeva in giro per i denti, io gli avevo risposto di starsi zitto e di pensare alla proboscide che si ritrovava al posto del naso. Non l'ha presa bene.»
Draco ridacchiò. «Adoro il tuo lato perfido, Granger.»
Lei non poté far a meno di sorridere a quella battuta. 
«L'estate dopo il quarto anno l'ho incontrato di nuovo. Ha fatto una battuta sul fatto che mi ero finalmente fatta sistemare i denti, ed io mi sono offerta di 'sistemargli' il naso.»
Draco fece una smorfia mentre un ricordo riaffiorava con prepotenza. «I tuoi cazzotti fanno male, Granger. Me lo ricordo bene.»
«Era uno schiaffo. E te lo eri meritato
«Quel pollo gigante aveva tentato di uccidermi!», obiettò indignato il Serpeverde.
Hermione alzò gli occhi al cielo. «Sei una fottuta drama queen, Draco Malfoy.»
«Una cosa?», chiese il biondo rivolgendole un’espressione confusa che la ragazza non poté comunque vedere, essendo di spalle. Lei non gli spiegò il significato del termine.
«Oh, mi ha ucciso! Mi ha uccisooo!», esclamò invece, in una perfetta imitazione della voce di un tredicenne Draco Malfoy che si lanciava nella più grande performance tragica nella storia di Hogwarts.
«Granger, Draco Dormiens Nunquam Titillandus. Ricordalo sempre.»
Hermione scoppiò a ridere e Draco sbuffò di rimando, ma senza riuscire a reprimere un mezzo sorriso soddisfatto per averla fatta, nonostante tutto, ridere.
«Lo avete liberato voi, il pollo, non è vero?»
Hermione non rispose alla domanda, ma un mezzo sorrisetto le comparve sul viso.
«Lo sapevo. Beh, menomale. Una cosa in meno per cui dovermi sentire in colpa adesso
Hermione si voltò a guardarlo, trovandosi a pochi centimetri dal viso del giovane, il quale aumentò leggermente la pressione della mano che ormai era scivolata sull’avambraccio di lei; se per incoraggiarla ad azzerare le distanze o per trattenere sé stesso dal farlo, non gli era esattamente chiaro.
«Continua il tuo racconto, Granger», la incalzò, notando che non riprendeva a parlare; lei si voltò nuovamente a guardare fuori dalla finestra.
Fanculo, imprecò nella sua testa. Potevo starmi zitto.
«L'estate prima del mio dodicesimo compleanno, -si, sono più grande di voi -, Silente si è presentato alla mia porta. Ho aperto io, ero terrorizzata. Ha parlato con i miei genitori e poi mi ha detto che sono una strega e mi ha spiegato tutto su Hogwarts. È stato il giorno più bello della mia vita. Sono sempre stata invisibile e anonima, sai. E tutto di colpo ero diventata speciale
Draco avrebbe voluto dirle che lei non era mai stata invisibile, né anonima, nel bene e nel male, ma se lo tenne per sé.
«La prima volta che sono stata a Diagon Alley, ho comprato ogni genere di libro che potesse aiutarmi a integrarmi nel mondo magico. So che potevo sembrare eccessivamente sicura di me, i primi anni, ma la verità era che avevo paura di non esserne all'altezza, o di restare sola… o di non integrarmi affatto
Draco deglutì ed ebbe un tremito. Tutto ciò che aveva fatto nella sua infanzia era stato dirle che non meritava di stare a Hogwarts, che non era degna di avere una bacchetta.
«Granger...» iniziò, agitandosi nervosamente sul suo posto, ma lei non lo sentì, ormai persa nei suoi stessi pensieri.
«Il secondo anno è stato il più brutto. È stato quando mi sono resa conto che non sarei mai stata al sicuro, nel mondo magico che non facevo altro che guardare e studiare con meraviglia. E da quel momento continuo a chiedermi se lo sarò mai. La prima volta che... » lasciò la frase in sospeso.
Si era appena resa conto che non poteva parlarne proprio con lui e aveva realizzato anche che lui doveva aver intuito cosa stesse per dire, perché senti chiaramente il suo corpo irrigidirsi accanto al proprio; aveva notato solo in quel momento che le loro braccia erano l’una contro quella dell’altro.
Perché poi siamo così vicini? Da quando Draco ed io ci sediamo l’uno accanto all’altra? Non sono stata seduta così vicina neanche a Harry e Ron, perché lo faccio con lui?
Hermione si sistemò a sedere più compostamente, allontanandosi leggermente dal Serpeverde; lui, invece, dovette reprimere un brivido di freddo, quando non avvertì più il corpo della ragazza vicino al proprio.
«Dillo, Granger. Non ha senso far finta che quella parte di me non sia mai esistita» disse con una punta di rimorso che trapelava dal tono della voce.
Draco pensava che l'ultima cosa che dovesse fare la Granger era preoccuparsi di non ferire i suoi sentimenti. Come se non si meritasse più di uno schiaffo in faccia per quello che le aveva fatto nel corso degli anni.
Hermione trasse un respiro profondo. «La prima volta che mi hai chiamata Sanguemarcio, non sapevo cosa significasse…».
Bene, di male in peggio. L’ho pure introdotta io allo schifoso lato discriminatorio della comunità magica. Cinquanta punti a Serpeverde! pensò Draco con sarcasmo.
«…Ho fatto le mie ricerche. Sono risalita alla storia della Prima Guerra Magica. Quando ho visto il Marchio Nero alla Coppa del Mondo di Quidditch ho capito che da quel momento sarebbe stato tutto molto peggio del temere di incrociare un grosso serpente per il castello. Ma leggere le cose è un conto, viverle è un'altra storia... mai, mai mi sarei aspettata... Tutto questo.», terminò Hermione indicando con un cenno del capo il giornale.
«È che non riesco a capire. Cosa scatta nella testa delle persone per fare certe cose? Perché tutto questo odio? Perché non riuscite a capire che siamo persone anche noi? Cosa cazzo ve ne frega se noi andiamo a Hogwarts e pratichiamo la magia? Porca puttana, nessuno vi obbliga ad avere a che fare con noi, state lontani e basta, senza romperci il cazzo!»
Draco esitò, spiazzato dalla rabbia chiaramente repressa che traspariva dalla voce di Hermione; deglutì, avvertendo la tensione nel suo corpo salire a livelli stellari.
Ha incluso anche me; ha detto ‘voi’, non ‘loro’.
«Perché mi includi ancora nell’altro fronte, Granger?» le domandò ferito. «Mi sembrava che avessimo chiarito questo punto.»
Lo sguardo di Hermione scattò su di lui; aveva ceduto a quel moto di rabbia che l’aveva attraversata all’improvviso, colpendola in pieno e non aveva riflettuto su quello che stava dicendo; o meglio, su come lo stava dicendo. Ingoiò il groppo che le si era formato in gola appena si era resa conto di aver detto una parola di troppo con la persona sbagliata e si mise a sedere per guardarlo in faccia.
«Non è quello che intendevo...» fece per spiegarsi, ma quella volta fu Draco a impedirle di parlare.
«È quello che hai detto. Hai fatto a me quelle domande come se io provassi ancora quelle cose nei tuoi… nei vostri confronti. Come se mi reputassi in grado di fare quello che fanno loro.»
«No, io non... mi sono espressa male...»
«Non è iniziato tutto proprio perché non sono in grado e non voglio fare quello che fanno loro?»
«Draco, io...»
«Almeno ci credi che sono cambiato? Che non me ne frega più un cazzo di quella roba da psicopatici?»
Ormai si stavano quasi urlando contro. Il giovane si chiese quante altre volte avrebbero dovuto affrontare quel genere di discorsi… Lui era convinto di essere stato chiaro, ma forse… forse non era abbastanza.
Non puoi pensare che le persone cambino opinione su di te solo perché hai finalmente deciso di svegliarti, si rimproverò da solo Draco.
Ma era ugualmente ferito dalla cosa; lui si stava impegnando con tutto sé stesso per essere migliore e lo stava facendo proprio per la Granger... che sembrava non averlo notato affatto.
Forse non lo stai facendo bene.
«Lo vedo, Draco! Lo so che sei... diverso, ora. È che a volte è difficile credere che davvero tu sia... indifferente alle mie origini dopo tutta la nostra storia» ammise la ragazza abbassando lo sguardo sul pavimento.
Quelle parole fecero infervorare ancora di più il Serpeverde.
«Granger, lo stai dicendo sul serio? Ti rendi conto che ieri notte ti dormivo a fianco
E ti stringevo tra le mie braccia, avrebbe voluto aggiungere per avvalorare ulteriormente la sua argomentazione, ma non lo fece; avrebbe solo reso le cose più imbarazzanti per entrambi.
Hermione arrossì e ammutolì; rimase lì a fissarlo sbattendo le palpebre.
Avrebbe voluto dire qualcosa ma non le veniva in mente niente; deglutì e mormorò con un fil di voce «io speravo solo… intendevo solo… tu pensavi le stesse cose… credevo potessi darmi una risposta…»
«Non ce l’ho una risposta da darti!» tuonò esasperato Draco; una risata amara sfuggì al suo controllo. «Vuoi sapere perché ti odiavo, Granger? Mi stai chiedendo questo?»
La Grifondoro annuì.
«Non lo so» rispose onestamente lui, scandendo bene le parole. «Mio padre mi ha insegnato che i Nati Babbani andavano odiati e io lo facevo, punto. Ripetevo quello che diceva lui. Non faceva parte del mio dovere pormi domande, Granger. E vuoi sapere un’altra cosa?»
Hermione deglutì, pentendosi amaramente di aver continuato il discorso anziché cercare una scappatoia per chiuderlo.
«Non pensavo di dovermi fare domande. Non metti in dubbio quello che ti insegnano i tuoi genitori, dai per scontato che loro ‘sappiano cos’è meglio’. E persino a Hogwarts, avevo attorno solo persone che la pensavano allo stesso modo. Ho dovuto sbatterci la faccia, per rendermi conto della realtà, va bene? Ho dovuto farlo a mie spese, nella maniera più difficile, più brutta.»
Draco trasse un respiro profondo, distogliendo finalmente lo sguardo dalla Granger, che lo fissava boccheggiando senza proferire parola.
«Questa è davvero l’unica risposta che posso darti… l’unica che ho da darti, per quanto riguarda me. Per gli altri… alcuni sono solo dei pazzi sadici, altri delle marionette terrorizzate da Tu-Sai-Chi, e questa è l’unica spiegazione che sono riuscito a darmi.»
Hermione restò in silenzio per quelle che parvero ore, mentre metabolizzava e incassava lo sfogo del biondino; le sapeva già quelle cose, non le aveva detto nulla di nuovo, nulla che non avesse già dedotto di suo.
«Non me ne capacitavo» confessò a un certo punto, la voce un sussurro appena udibile. «Quelle ideologie sono per gente come Crabbe e Goyle, che in due non fanno un neurone, non per le persone come te. Mi sono chiesta più volte quando avresti iniziato a porti domande, quando ti saresti svegliato.»
Le sopracciglia di Draco scattarono all’insù, mentre la rabbia che aveva provato defluiva dal suo corpo rapidamente, man mano che la ragazza parlava.
«Non ti ho mai reputato stupido, Draco.»
Draco non riuscì a reprimere un sorriso; era vero, comunque, nonostante gli fregasse un minimo di Crabbe e Goyle, - molto in fondo -, non erano niente più che due stupidi tirapiedi.
«Quelli come me?»
«Oh, ma che megalomane! Vuoi sentirti dire che sei intelligente?»
Draco rise, sentendo i muscoli del proprio corpo tornare a rilassarsi.
«Sai, a parte all’inizio... Non erano tanto i tuoi insulti a ferirmi, quanto il potenziale intellettivo che stavi sprecando.»
«Granger, lo so che eravamo una bella squadra. Studiando insieme abbiamo preso E anche nelle materie in cui avevamo O a inizio anno. Mi dispiace di essere stato cresciuto secondo un'ideologia di merda e che questo ci abbia impedito di conquistare il mondo insieme.»
Fu il turno di Hermione di ridere. «Intendevo dire per te, stupido. Mi dispiaceva. Anche se non sarebbe stato male poter parlare con qualcuno che capisse almeno la metà delle cose che dicevo.»
«Si, non sarebbe stato male neanche per me. Diciamo che sulla scala di intelligenza Crabbe e Goyle sono subito sotto Potter e la Donnola.»
Hermione si accigliò. «Draco! Harry e Ron non sono stupidi. È che non si applicano e sono troppo... Quidditch-centrici.»
Draco fece un'espressione che significava palesemente "se lo dici tu", ma poi tornò serio e le si sedette nuovamente accanto.
«Il mio Molliccio all'esame del terzo anno era mio padre. Mi ha cresciuto perché diventassi come lui e io... Io non ci riuscivo. Non facevo domande perché dovevo semplicemente comportarmi da Malfoy, pensare come un Malfoy» le confessò mesto, «o meglio, come lui credeva che un Malfoy dovesse comportarsi e pensare.»
Il giovane sospirò e abbassò lo sguardo sul pavimento. «Abbi pazienza con me Granger», le disse sommessamente dopo una breve pausa di silenzio. «Sto… cercando di imparare.»
Hermione gli rivolse un timido sorriso e gli si avvicinò per posare una mano sulla sua spalla.
«Stai andando bene, Draco» gli sussurrò piano, poi gli diede una breve carezza sulla guancia e si diresse verso le scale senza aggiungere altro.
Draco restò immobile, con gli occhi chiusi, a godersi la sensazione che gli aveva lasciato la mano della Granger sul viso.

 

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Capitolo 47
*** CAPITOLO 42 ***


CAPITOLO 42















«Cosa succederà, Granger?» le chiese Draco nel bel mezzo di un pranzo un po’ troppo silenzioso.
Hermione sospirò. «Non lo so», rispose lei, giocando distrattamente con il cibo nel suo piatto.
«Dipende da come si svilupperanno le cose e io facevo schifo in Divinazione, ricordi? L’ho mollata. Nel castello se n’è parlato per mesi
Il tentativo di sdrammatizzare della Granger lo fece sorridere quasi impercettibilmente, ma lei tornò seria quasi subito, prima che lui avesse modo di stare al gioco.
«La situazione cambia di continuo. Per ora dovremo adattarci e attendere istruzioni dall’Ordine.»
Il Serpeverde prese a mordicchiarsi l’interno della guancia. «Credi che la McGranitt mi permetterà di tornare a Hogwarts in segreto, come mi aveva concesso Silente?»
La giovane gli rivolse un mezzo sorriso. «Certo, Draco. Ma non so dirti chi ti porterà gli appunti e sarà il tuo Contatto, questa volta.»
Il biondino corrugò la fronte e la trapassò con lo sguardo. «Che cosa vuoi dire?», domandò freddamente, mentre avvertiva il battito del suo cuore accelerare precipitosamente. «Perché non puoi continuare a farlo tu?»
Si è stancata di avermi attorno?
«Io non tornerò a Hogwarts, Draco.»
La mascella del ragazzo cadde a terra e impallidì. «Cosa?»
Aveva pensato, per tutto quel tempo, che sarebbero tornati insieme al castello; che se anche gli avessero divisi, durante l’estate, a settembre sarebbero di nuovo stati insieme. Che avrebbe avuto altro tempo a disposizione per… farsi conoscere meglio da lei, per dimostrarle che valesse la pena dargli una possibilità; aveva creduto che lui avrebbe avuto più tempo a disposizione per provare a conquistarla, anche se in cuor suo sapeva di doversela togliere dalla testa; ma Draco non ce l’avrebbe fatta una seconda volta, non era più solo una punta di attrazione fisica come quella che aveva provato al Ballo Del Ceppo e che aveva represso con successo, per un po’. Per lui non c’era più niente da fare, non aveva alcun modo di tornare indietro; si era innamorato di lei.
Aveva capito che si era innamorato di lei ogni giorno, da quando la sua voce lo aveva salvato per la prima volta nel bagno di Mirtilla; si era innamorato ad ogni piccolo aiuto che gli aveva dato, ad ogni risata che era riuscito a strapparle e che lei era riuscita a rubare a lui. Aveva capito che, per quanto la Granger potesse essere bella, ormai non aveva più senso negarlo, non era stato quello a farlo innamorare di lei. Si era innamorato di tutto ciò che nel suo carattere un tempo aveva odiato; la sua caparbietà, la sua intelligenza, la sua determinazione. Il suo coraggio di decidere di salvarlo e di ingoiare l'orgoglio. Il modo in cui aveva fatto per lui più di quello che chiunque altro avesse mai fatto. Lui che l'aveva sempre denigrata e derisa e ferita. Lei aveva creduto in lui e si era messa in prima linea, esponendosi, per dargli la possibilità di essere migliore. Si era innamorato del fatto che, nonostante tutto, era riuscita a provare affetto per lui, quando nessuno aveva mai provato affetto per lui. Del modo in cui, nonostante potesse risultare debole, aveva rischiato di venire di nuovo ferita e quell'affetto glielo aveva mostrato ugualmente. Perché sapeva che Draco ne aveva bisogno. Si era innamorato perché lei era luce e annientava l'oscurità dentro di lui. E del fatto che a lei interessasse Draco e non Malfoy, che si fosse presa il disturbo di chiedersi chi si celasse dietro la maschera. Si era innamorato del mondo in cui gli aveva preso la mano e lo aveva guidato verso il sentiero della redenzione.
Si era innamorato semplicemente della sua purezza; non di sangue, ma di animo.
Draco non sapeva nemmeno di dare valore a quelle cose, finché non aveva realizzato di essersi innamorato di lei. E anche se sapeva che non avrebbe mai, mai potuto averla in quel senso, che la Granger non poteva essere così buona da non solo passare sopra alle angherie che le aveva fatto in passato, ma anche da innamorarsi a sua volta di lui, Draco decise che avrebbe passato il resto della sua vita a cercare di fare ammenda con lei. E nonostante fosse consapevole che non l’avrebbe meritata neanche dopo cento vite, aveva deciso che avrebbe comunque fatto di tutto per averla. Avrebbe aspettato tutto il tempo necessario, ma alla fine avrebbe ottenuto ciò che voleva… se non in quella vita, nella successiva.  
«Granger, che cosa stai dicendo?» le chiese spiegazioni e un leggero picco di panico trasparì dalla sua voce.
«Harry, Ron ed io dobbiamo… fare delle cose. Non torneremo a scuola quest’anno.»
Draco la fissò sbattendo le palpebre ripetutamente, immobile sul suo posto; sentiva il pulsare del suo cuore rimbombare nelle orecchie e il sangue affluirgli al cervello. Strinse i pugni sul tavolo.
«Cosa dovete fare?»
Hermione si morse il labbro inferiore. «Non posso dirlo. Ma è importante, se vogliamo avere una possibilità di vincere questa-»
«Ancora non ti fidi di me?» la interruppe il ragazzo. «Anche io voglio che l’Ordine vinca-»
«Non è questo» lo bloccò subito lei. «Più persone sanno cosa stiamo facendo, più aumenta il rischio che lo venga a sapere lui.»
«Io non posso dire niente, ricordi?»
«Draco, per favore, non insistere. Stiamo seguendo gli ordini di Silente» gli disse in tono supplichevole. «Non posso dirtelo
Il Serpeverde ponderò per un secondo quelle parole e poi chiuse gli occhi e cercò di regolarizzare il respiro.
«Te ne andrai, quindi», dedusse continuando a stringere forte i pugni. «Quando
La Grifondoro deglutì. «Non lo so.»
Draco inspirò ed espirò sonoramente.
Quanto tempo gli restava, con lei? E dopo quanto tempo l’avrebbe rivista? Sapeva che se li avessero separati a lungo in quel momento, quando non avevano ancora niente di consolidato, quando non vi era alcuna certezza nel loro rapporto e non riuscivano ancora neanche a definirsi amici, lui non avrebbe avuto alcuna possibilità; tutto si sarebbe raffreddato e avrebbe finito con il perderla senza nemmeno aver mai avuto l’occasione di poter provare a farla sua.
«Voglio venire con te.»
Lo disse prima di poterci riflettere su veramente, prima di riuscire a trattenersi. Hermione lo guardò con occhi sbarrati, le labbra leggermente dischiuse dalla sorpresa.
«Non puoi venire con noi, Draco» gli fece notare mesta. «Sarebbe troppo rischioso.»
«Non mi interessa, Granger!» esclamò subitamente lui, poi deglutì. «Voglio restare con te
«Ti credono morto» cercò di farlo ragionare con cautela. «Se ci vedono o scoprono che sei vivo, potresti mettere in pericolo tua madre.»
Il Serpeverde arricciò il naso.
Vaffanculo.
Aveva le mani legate. Non poteva andare con lei.
«Non andare allora, resta con me» replicò lui quasi supplicandola, ma sapendo già in partenza quale sarebbe stata la sua risposta. «Resta al sicuro, con me
La Grifondoro aprì e richiuse la bocca un paio di volte, prima di parlare.
«Non posso, Draco. Non posso», disse dispiaciuta. «Siamo… Siamo sempre stati noi tre, fin dall’inizio. E saremo noi tre fino alla fine. Non… non posso abbandonarli. E non voglio farlo.»
Quel ‘noi tre’ infastidì Draco e non poco; era come se la Granger gli stesse dicendo che non c’era posto anche per lui, nella sua vita. O che avrebbe sempre scelto Weasley e Potter, se si fosse resa necessaria una scelta. Ingoiò il nodo alla gola che gli si era formato.
«E io, Granger?» le domandò incerto. «Dove mi colloco io
Lei gli rivolse uno sguardo perplesso. «Sarai al sicuro, te l’ho detto. Ti nasconderanno o tornerai al castell-»
«Non è quello che intendevo. Smettila di far finta di non capire» sbuffò scocciato lui. Quando si sarebbe stancata di quel giochino?
Hermione rimase confusa da quelle parole, ma non fece in tempo a chiedergli nulla perché Kreacher apparve nella cucina.
«Il padroncino Malfoy ha chiamato Kreacher, signore?»
Draco sbuffò. «Ti avevo chiamato due ore fa.»
«Draco!» protestò la ragazza lanciandogli un’occhiataccia; perché se la prendeva tanto, comunque? Il pranzo glielo aveva preparato lei alla fine.
«La sudicia Sanguemarcio si permette di rivolgersi in questo modo al-»
«Credevo di averti proibito di chiamarla in quel modo, stupido elfo» lo interruppe irritato il biondino. «Perché non vai a procurarci delle scorte di cibo invece di costringerci a sorbire la tua nenia del cazzo?»
«Sì, padroncino, come desidera, padroncino» asserì l’elfo con finto dispiacere. «Bleah, Sanguemar-…»
L’elfo si Smaterializzò con un sonoro pop, portando via con sé la fine dell’insulto.
Draco si morse un labbro per trattenersi.
«Draco, ti ho detto di lasciare stare» mormorò lei stancamente.
«Non può parlarti in quei termini» insisté lui in tono duro.
«A te che importa? Non la smetterà comunque ed io ci sono abituata.»
Il Serpeverde si congelò a quelle parole, interpretandole come una frecciatina nei suoi confronti.
Sei stato tu, tu, tu ad abituarla. Gli urlò per l’ennesima volta la sua odiosa coscienza.
“A te che importa?”
Proprio tu, che sei stato quello che l’ha fatta abituare a sentirsi chiamare in quel modo.
«Granger…»
Era quello, forse, il momento di dirle che gli dispiaceva; avrebbe persino implorato il suo perdono se avesse significato trovare un minimo di pace interiore, se fosse servito ad attenuare l’odio verso sé stesso che provava per tutto quello che aveva fatto… per quello che aveva fatto a lei.
Scusa.
Avanti, dillo.
Scusa.
Hermione alzò un sopracciglio per incalzarlo a parlare.
«Io…»
Kreacher riapparve in quel momento, carico di buste con vivande e bevande al loro interno.
«Kreacher ha fatto come il padroncino ha chiesto e ha portato scorte di cibo per lui e la Sanguemarcio
Draco ringhiò. «Sistemale» ordinò bruscamente, serrando i pugni.
La classica dinamica tra lui e la Granger che continuava a ripetersi; era come se l’universo si fosse impuntato contro di lui fin dall’inizio, stabilendo che non doveva avere modo di spiegarsi con lei, di farle capire che era davvero cambiato e che gli dispiaceva per le sue azioni passate.
«Grazie, Kreacher» disse lei, scoccando al biondino un’occhiataccia per i suoi modi.
«Non puoi trattarlo così, Draco. È sempre un essere vivente.»
«A Kreacher non importa quello che pensa la sudicia Sanguemarcio» tuonò l’elfo a quel punto; Hermione si chiese se fosse così vecchio e rimbambito da essere convinto di parlare con sé stesso o se lo facesse di proposito per farsi ben udire.
«È lui che non può trattare così una strega, Granger» rispose Draco a denti stretti, prima di lasciare la stanza a grosse falcate.
La giovane restò a guardare il punto in cui era sparito.
Le aveva detto per anni che non era una vera strega… chiuse gli occhi e sorrise lievemente; era proprio cambiato, Draco. Era cambiato e lei era contenta di non avergli voltato le spalle quando aveva capito che aveva bisogno di aiuto e che lui non avrebbe mai fatto il primo passo per chiederlo. Era cambiato e molto di più di quanto avrebbe mai sperato potesse ottenere da quella situazione.
 
Le urla di Draco riecheggiarono nel corridoio nel cuore della notte.
Hermione si alzò di scatto, guardandosi attorno terrorizzata; afferrò la sua bacchetta e si diresse immediatamente nella camera adiacente alla propria, dove dormiva il Serpeverde.
«Che succede?» gli domandò agitata, muovendo la bacchetta da una direzione all’altra. «Draco?»
Il ragazzo era seduto sul letto, a petto nudo, con le mani sul volto e respirava affannoso, mentre cercava di regolarizzare il battito del suo cuore.
«Era solo un incubo, Granger» le disse schiarendosi la gola, «Non volevo svegliarti.»
La Grifondoro sospirò di sollievo; poggiò la bacchetta sul comodino e gli si avvicinò, sedendosi accanto a lui.
«Stai bene?» gli chiese dolcemente, allontanandogli una ciocca di capelli biondo platino dagli occhi.
Arrossì nel rendersi conto che il giovane non indossava alcuna maglietta e si chiese se non fosse il caso di fiondarsi fuori dalla stanza prima di morire dall’imbarazzo; non che fosse la prima volta che vedeva un ragazzo a petto nudo, né lo stesso Malfoy, ma per qualche motivo a lei ignoto quel dettaglio la stava facendo sentire a disagio in quel momento.
Draco annuì. «Non era mia intenzione spaventarti.»
«Tranquillo. Ne ho anch’io, di incubi, so cosa vuol dire.»
Lo sguardo di Hermione cadde inavvertitamente sull’avambraccio del Serpeverde e lui dovette accorgersene, perché si irrigidì e lo portò dietro la schiena immediatamente.
Merlino, quanto lo odio. Lo odio. Lo odio. Lo odio.
«Fammi vedere il braccio, Draco» gli disse in tono preoccupato. «Mi è sembrato arrossato…»
La zona in cui era impresso il Marchio Nero era stata arrossata per un bel po’ all’inizio, ma lei sapeva che dopo tutto quel tempo il rossore sull’avambraccio di Draco avrebbe dovuto essere scomparso; lo aveva visto altre volte e non c’era.
«Sto bene» affermò in tono asciutto lui; non voleva che lei lo vedesse, non voleva che lo toccasse e non voleva che la sua pelle entrasse in contatto con quella cosa orrenda. E non voleva che se ne preoccupasse; quella maledetta macchia nera era un suo problema, la conseguenza di un suo errore e spettava a lui e soltanto a lui affrontarne le conseguenze.
«Draco…»
Il biondino sbuffò. «È solo che li chiama in continuazione e brucia» le disse caustico. «E dopo fa male, perennemente. E ho questo vizio di cercare di lenire l’indolenzimento massaggiandolo che in realtà peggiora le cose. Non è nulla di cui preoccuparsi.»
Lo sguardo di Hermione si addolcì. «Aspetta un attimo» gli mormorò, per poi correre nella sua stanza e riapparire qualche minuto dopo reggendo tra le mani un tubetto bianco.
«Cos’è quella roba, Granger? Lo sai che se provo in qualsiasi modo a far sparire il dolore è peggio…»
«Con la magia.» obiettò lei. «Ma questa è una lozione babbana… Magari… Insomma… Se vuoi provare…»
Draco la fissò sbattendo le palpebre per qualche secondo, in silenzio, poi annuì. «Va bene.»
Hermione svitò il tappo sul tubetto e gli si avvicinò per versare un po’ di crema sull’avambraccio del giovane, che fece una smorfia. «È viscida» commentò con un velo di ribrezzo. «E fredda.»
Ma in qualche modo quella freddezza gli stava dando sollievo come l’acqua gelida non era mai stata in grado di fare.
La Grifondoro ridacchiò e lo guardò divertita. «Si assorbe da sola, Draco. Devi solo stenderla, così…»
Il mezzo sorriso che gli era spuntato in viso nel sentirla ridere gli morì istantaneamente quando realizzò che la ragazza gli stava spalmando la crema addosso, massaggiando delicatamente il punto dolorante con i pollici.
Sul Marchio; gli stava toccando il Marchio.
Ritrasse il braccio con uno scatto, facendola sobbalzare per la sorpresa.
«Ehm», sussurrò lei in imbarazzo, spostando lo sguardo sul tubetto di crema dato che non sapeva dove posarlo. «Te la lascio qui, ok? Credo che ti sia solo irritato la pelle a via di... ehm…»
«Non lo devi toccare.» le ordinò gelido, ignorando quello che gli stava dicendo e stringendo i pugni. «Il Marchio, tu, non devi toccarlo. Mai
Hermione dischiuse le labbra, colpita dalla reazione dura e fredda del Serpeverde; qualcosa si incrinò in lei, ricordando di quando usava rammentarle di non sfiorarlo neanche per sbaglio, disgustato dall’idea del suo tocco.
«Stavo solo cercando di aiutarti» sussurrò leggermente risentita. «Non volevo… Mi dispiace.»
Si alzò immediatamente dal letto, lasciando la crema sul comodino e poi si diresse verso la porta, completamente intenzionata a richiudersi nella sua stanza e a fare finta che ci fosse solo lei in quella casa, almeno per quella notte.
Lo sentì sospirare rumorosamente.
«Granger, aspetta» la chiamò, accorrendo per bloccarla, e afferrandola delicatamente per un polso quando non fece il minimo accenno a fermarsi.
Hermione si voltò a guardarlo lentamente a quel gesto.
«Non sopporto che tu lo veda, figuriamoci che tu lo possa toccare» ammise debolmente. «Non è… una cosa con cui dovresti entrare a contatto. Non voglio vedere, sentire, le tue dita su quella cosa. Non voglio
Draco la stava lentamente trascinando dentro la stanza di nuovo; si sentiva confusa dalle parole del Serpeverde e non sapeva esattamente cosa rispondergli, non avendole capite a pieno.
«Guarda, sembra che abbia funzionato» gli disse sorridendo. «Il rossore sta andando via.»
Il giovane ricambiò il sorriso in segno di gratitudine, più per non smorzare l’entusiasmo di lei che perché fosse veramente contento della cosa; se lo meritava, quel dolore, lui.
«Granger» bisbigliò con un filo di voce quasi inudibile. «Puoi restare qui? Non credo di riuscire ad addormentarmi di nuovo, da solo.»
Hermione si chiese che cosa avesse sognato quella volta.

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Capitolo 48
*** CAPITOLO 43 ***


CAPITOLO 43














Hermione arrossì violentemente quando si svegliò con la guancia premuta sulla pelle di Draco; le aveva chiesto di restare e lei aveva acconsentito e a qualche punto, durante la notte, dovevano essere finiti per abbracciarsi… il che sarebbe stato infinitamente meno imbarazzante se il ragazzo avesse quantomeno deciso di indossare una maglietta, ma non lo aveva fatto.
A Draco erano rimaste solo tre cicatrici del Sectumsempra, quelle delle ferite che gli si erano riaperte quella volta, terrorizzandola; odiava sapere che Harry fosse il motivo per il quale quelle cicatrici si trovavano lì, una sul suo petto e due sul suo addome, intaccando la pelle perfetta del Serpeverde, nascoste tra i muscoli che definivano il corpo del ragazzo, ma comunque visibili.
Alzò lo sguardo e sorrise al modo in cui le ciocche bionde della sua chioma ricadevano distrattamente e scompostamente in punti del suo viso dove Hermione, - e qualsiasi anima viva in generale -, normalmente, non le avrebbe mai viste. Per qualche assurdo motivo credeva sempre che i suoi capelli sarebbero rimasti al loro posto, anche mentre era addormentato; era la terza volta che dormiva con lui e come la prima aveva dovuto ripetersi che quello non sarebbe stato possibile, ma che in tal caso Draco Malfoy avrebbe certamente trovato un modo per sbloccare quel nuovo livello di impeccabilità.  
Fu tentata di passare le dita sopra alle sue cicatrici, ma non lo fece perché notò che il giovane si stava ridestando a sua volta.
«Stai comoda, Granger?» le domandò con voce impastata, ma senza aprire gli occhi né scostarsi da lei.
Hermione si morse un labbro e arrossì. «Non volevo svegliarti» disse, facendo per alzarsi, ma la presa della mano di Draco sul suo braccio aumentò leggermente, trattenendola distesa contro di lui.
«Ti sto prendendo in giro, Granger» mormorò sghignazzando leggermente.
La ragazza sbuffò e quando il suo respiro colpì la pelle del Serpeverde, lui dovette reprimere un brivido.
«Puoi essere irritante in ogni tua versione?» borbottò la ragazza accigliandosi.
Draco sorrise. «Te l’ho detto, Granger. Non esiste Draco Malfoy che non adori infastidire Hermione Granger.»
Lei alzò gli occhi al cielo.
«Dovresti dormire un altro po’» mormorò all’improvviso. «È presto.»
Hermione sbatté le palpebre perplessa da quell’uscita del Serpeverde, ma lui aveva preso a far scorrere le dita sul suo braccio, su e giù, molto lentamente, con delicatezza… e quella sensazione l’aveva fatta rilassare al punto da riaddormentarsi veramente, al punto da dimenticarsi di chiedere a sé stessa da dove Draco Malfoy stesse tirando fuori quella dolcezza.
 
Era rimasto a guardarla dormire per un’oretta abbondante; rabbrividiva ogni volta che la giovane espirava e il suo caldo respiro si schiantava contro la sua pelle, ma non gli importava. Aveva sperato che si riaddormentasse davvero, non voleva che se andasse e non aveva ulteriori scuse per trattenerla nel suo letto.
Sapeva che la sua sensibilità nei confronti dello stato in cui si svegliava dopo i suoi incubi era l’unico motivo per cui ci entrava in primo luogo e temeva ogni volta che sarebbe stata la sua ultima occasione per stringerla a sé. Aveva iniziato a ideare modi per trattenerla più del necessario per prolungare il più tempo possibile quegli attimi.
La avvertì agitarsi contro il suo corpo e capì che era nuovamente sul punto di destarsi; chiuse gli occhi e sospirò, rassegnato al fatto che di lì a breve avrebbe sentito il solito freddo che avvertiva quando si allontanava da lui.
Il freddo che lo aveva sempre circondato.
 
Hermione aprì gli occhi, sentendosi profondamente frastornata; non avrebbe dovuto riaddormentarsi. Si scoprì ancora rannicchiata su un fianco contro il corpo di Draco, avendo la conferma di non aver sognato proprio nulla; la sua mano giaceva ancora sul petto di lui, anche se si era fatta esitante. Avrebbe voluto alzarsi, ma non ne aveva le forze; l’aveva scombussolata, quell’ora di sonno in più; il biondino continuava a fare scivolare le dita lungo il suo braccio e restava in silenzio. Non sembrava importargli, che si stesse trattenendo più del dovuto, così restò in quella posizione un altro po’.
La mano di Draco si spostò all’improvviso a catturare una ciocca dei suoi capelli e prese a giocarvici distrattamente.
«Granger» lo sentì mormorare con voce rauca, interrompendo bruscamente quel silenzio confortante; «che cosa siamo noi?»
Hermione trattenne il respiro per qualche istante. «Non lo so, Draco» disse poi, talmente sommessamente che il Serpeverde pensò per un secondo di essersela immaginata quella risposta.
Draco chiuse gli occhi e strinse la mano che giaceva lungo il suo fianco in un pugno; aveva sperato veramente in una risposta diversa, che arrivati a quel punto gli avrebbe detto che era diventato… qualcosa per lei, qualsiasi cosa, se proprio non riusciva a considerarlo nemmeno un amico.
La ciocca di capelli con cui stava giocando ricadde seccamente sulle spalle della ragazza e dalla rigidità che traspariva dal corpo del giovane comprese che non gli era affatto piaciuta quella risposta.
Sollevò il capo per guardarlo e si allontanò leggermente da lui; si sollevò su un fianco e poggiò la testa sulla propria mano.
«Dopo tutti questi anni di etichette, abbiamo davvero bisogno di altre definizioni?» gli chiese in un sussurro.
Il biondino sospirò, gli occhi ancora chiusi, ma annuì suo malgrado.
 
Quando si era resa conto che la sola voce di Draco Malfoy era ormai in grado di farle venire la pelle d’oca, Hermione aveva deciso che avrebbe cercato a tutti i costi di stare alla larga dalla sua camera da letto; non le faceva bene stare così vicino al ragazzo, la sua mente scivolava in meandri oscuri dai quali lei non avrebbe dovuto fare altro che stare lontana.
Non dovrebbero neanche esistere, nella tua mente, le fece notare la vocina nella sua testa; ma infondo, si chiedeva lei, era davvero così terribile trovarlo attraente?
Sì. È Draco Malfoy e non importa quanto possa essere cambiato, non cambia i nostri trascorsi.
Magari in un’altra vita, una vita in cui non aveva perso il suo primo amore, non sarebbe stata così ostile al pensiero di provare qualcosa per lui che andasse oltre alla compassione e a una sorta di affetto scaturito principalmente dall’empatia nei suoi confronti; ma non avrebbe mai assecondato quello che il suo corpo stava cercando di dirle, perché non sarebbe stato lui a soffrire quando le cose sarebbero precipitate, no; sarebbe stato il suo cuore a doverne affrontare le conseguenze e aveva già subito tanti, troppi, colpi.
«Boo
Hermione saltò sul suo posto e strillò, voltandosi attorno confusa; il ghigno divertito di Draco seguì immediatamente la sua reazione.
«Non è così divertente ora, vero Granger?»
Lei si limitò a sbuffare e ad armeggiare con il libro che stava leggendo per cercare di ritrovare il punto ove era arrivata; con la coda dell’occhio, lo vide tornare visibile e poggiare la fiala vuota della pozione antidoto sul tavolino, per poi sedersi sul divano di fronte a lei, e afferrare la copia della Gazzetta del Profeta di quel giorno.
«Sei un idiota, Malfoy.»
Il ragazzo si morse l’interno della guancia, ma non riuscì a reprimere un ghigno divertito.
Restarono in silenzio per circa un’oretta; Draco immaginava che la Granger volesse far finta di essere profondamente offesa per il suo scherzetto di poco prima. Poi, però, la ragazza chiuse di scatto il libro che stava leggendo e prese a fissarlo con gli occhi socchiusi.
Il giovane, sentendosi osservato, alzò lo sguardo su di lei e sollevò un sopracciglio.
«Draco, parlami un po' di te.» gli disse a bruciapelo.
Anche l’altro sopracciglio di Draco scattò all'insù. «Eh
«I-io, solo... mi sono accorta che... niente, lascia stare. Dimentica che io abbia chiesto», farfugliò lei, in evidente imbarazzo, facendo per alzarsi dal divano e scappare a gambe levate dopo quella sua ultima uscita infelice.
«Cosa vuoi sapere Granger?»
La Grifondoro si bloccò spiazzata, con le ginocchia piegate e il sedere a pochi centimetri dal divano; si risedette.
Qualsiasi cosa, pensò, realizzando che non aveva la minima idea di cosa chiedergli; si era solo accorta che dopo tutti quei mesi insieme avevano parlato delle cose importanti a volte, ma non si conoscevano affatto.
«Beh, non lo so. Cose tipo... il tuo colore preferito?»
Draco la fissò come se fosse impazzita tutto d’un tratto. «Sul serio, Granger?»
Hermione scrollò le spalle. «Sto solo cercando di, ehm… conoscerti, immagino.»
Il biondino si portò una mano sotto il mento e poggiò un dito sulle sue labbra.
Lei distolse lo sguardo da lui; non aveva bisogno che il giovane istigasse ulteriormente la sua mente.
«Mmh. Sono uno stronzo, viziato, egoista.»
Hermione rise. «Qualcosa che non so già, magari.»
«Il nero, Granger.»
Come la mia anima, pensò nella sua testa; se lo tenne per sé, quel commento.
«Uhm, almeno non sei scontato, pensavo avresti detto "verde".»
«Mi hai mai visto indossare qualcosa di verde oltre alla divisa?»
«Draco, tu indossi solo completi, oltre alla divisa» gli fece notare lei.
Il Serpeverde scrollò le spalle. «Mi piacciono.»
La ragazza fu estremamente tentata di dirgli che gli stavano dannatamente bene, ma si morse la lingua per costringersi a restare zitta.
«Il tuo?» domandò poi Draco, la voce a malapena udibile.
Hermione lo guardò sorpresa. «Cosa?»
«Colore preferito, Granger. Se dobbiamo fare questa stupida cosa da Grifondioti, deve valere per entrambi.»
La giovane si riscosse e disse sommessamente: «Il blu pervinca.»
Draco annuì, come se avesse appena ricevuto una conferma a qualcosa che sospettava da tempo.
«Come il tuo abito al Ballo del Ceppo.»
Lo guardò sbattendo le palpebre, incerta su cosa ribattere.
«Era impossibile non notarti, quella sera», si giustificò lui con un’espressione di finta indifferenza stampata su viso.
Hermione arrossì. Non sapendo cosa rispondere, si schiarì la gola e fece un'altra domanda.
«Qual è il tuo libro preferito?»
«Maledizioni Mortali e Come Lanciarle» rivelò lui, in tono cupo. La Grifondoro lo fissò mezza scioccata, facendolo scoppiare a ridere.
«Il Quidditch Attraverso I Secoli, scema» aggiunse divertito, senza smettere di sghignazzare.
«Questo è più banale, invece» commentò lei con aria di sufficienza.
Draco alzò gli occhi al cielo. «Anche se quel libro che mi hai fatto leggere tempo fa non era affatto male.»
«Il Ritratto Di Dorian Gray?» chiese lei incuriosita e il biondino fece un cenno di assenso con il capo.
«Quindi ammetti che la letteratura babbana sia interessante» constatò sorridendo soddisfatta.
«Non lo so, Granger. Fammi leggere qualcos'altro e te lo farò sapere.»
Hermione si inumidì le labbra. «Penserò a qualcosa da consigliarti.»
Draco si morse un labbro a quel gesto della Granger. «Ti proporrei qualcosa anche io, ma i miei libri sono tutti nella biblioteca di famiglia e non posso e non ci tengo ad andarci in questo momento.»
«Hai una biblioteca?» domandò lei improvvisamente interessata a Malfoy Manor, argomento che non l’aveva mai scalfita minimamente.
Ovviamente, l’unica cosa che poteva interessarle di un castello enorme e antico, è la sua fottuta biblioteca, pensò il Serpeverde e quasi non fece ruotare gli occhi a quella constatazione.
Draco rise. «Certo, Granger. Anche abbastanza grande.»
Hermione immaginò di avere una biblioteca in casa grande quanto quella di Hogwarts e uno sguardo sognante le illuminò il viso.
«Il doppio, in realtà» affermò il biondino.
«Come scusa?»
«Di quella di Hogwarts. La biblioteca di Malfoy Manor è grande il doppio.»
Hermione sbiancò a quelle parole e si irrigidì.
«Ti sorprende davvero, Granger?»
Ma lei non gli rispose; continuava a fissarlo con un'espressione indecifrabile.
«Ti sei persa immaginando di vedere la mia biblioteca?» cercò di attirare la sua attenzione, o di suscitare una qualsiasi reazione in lei per farla risvegliare da quella specie di stato di trance in cui era caduta. Vedendo che non otteneva alcun risultato, Draco deglutì.
Che cavolo le prende? Che ho detto?
«Granger?»
«Sei un Legilimens» disse lei bruscamente.
Draco sussultò; provò a parlare, cercando di capire se gli convenisse o meno negare la sua deduzione, ma lei non gliene diede il tempo.
«Non mentirmi. Non l'ho detto ad alta voce.»
Non se n'era accorto. Le aveva letto i pensieri e non se n'era reso conto. Aveva abbassato la guardia fino a quel punto?
«Granger, io... Mi dispiace, non volev-»
«L'hai usato altre volte? Su di me?» indagò in tono duro, interrompendo le sue scuse.
Draco non rispose.
«Malfoy
Hermione si stava arrabbiando, mentre improvvisamente la sensazione di essere stata violata le si diffondeva in corpo, e le faceva salire il sangue al cervello; bruciava ancora di più che fosse stata proprio la persona che per tutto l’anno non aveva fatto altro che aiutare a farle quello.
«Non lo controllo sempre...» mormorò lui con un filo di voce, mortificato. «Sono un Legilimens naturale, ma mia madre non ha potuto finire di addestrarmi perché si è reso necessario dare priorità all'Occlumanzia.»
«Ti ho chiesto se lo hai usato altre volte su di me», ripeté gelida la Grifondoro.
Draco chiuse gli occhi e assentì con un cenno del capo.
Hermione si alzò di scatto e fece per andarsene, ma lui fu più veloce e le afferrò un polso.
«Mai intenzionalmente, Granger», si affrettò a dire, prima che lei lo affatturasse. «O comunque non per cattiveria.»
Hermione lo guardò con circospezione e una smorfia di disgusto sul volto che raramente le aveva visto fare. «Lasciami andare
Draco deglutì.
Era finita. L’avrebbe persa per sempre. Non lo avrebbe mai perdonato.
Il panico iniziò a impossessarsi della sua mente, il respiro a farsi corto.
«Per favore, ascoltami, Granger…»
Lei continuava a dimenarsi, cercando di liberarsi dalla presa del ragazzo sul suo polso, che restava ferrea, sebbene non le facesse male.
Il Serpeverde decise di continuare a parlare comunque; doveva dirle tutto alla svelta, il loro fragile equilibrio non sarebbe mai sopravvissuto a quel tipo di malinteso.
«Dopo che mi hai aiutato le prime due volte, nel bagno di Mirtilla... quando... quando avevo delle crisi io... ti cercavo, la... la tua voce mi aiutava a tranquillizzarmi. La prima volta è stato accidentale, faccio più fatica a controllarmi se sono in uno stato di... vulnerabilità.», confessò mestamente, ingoiando la punta di vergogna che derivava dall’ammettere che si, anche lui aveva dei momenti di vulnerabilità; quella era la Granger, comunque, lei li aveva visti già quasi tutti quei suoi momenti.
«Non avrei dovuto cercarti ancora, lo so. E quando ho capito che era sbagliato, non riuscivo più a chiuderti fuori», proseguì, tenendole ancora il polso stretto nella sua mano, ma non riuscendo più a guardarla negli occhi. «E a volte si attiva da sola. Come quando sei in pericolo. Piton ti ha trovata perché ti ho sentita chiedere aiuto e l’ho mandato da te.»
Hermione lo scrutò di sottecchi. «E come facevi a sapere dove fossi?»
«T-ti ho sognata. Ho… sognato quello che ti stava accadendo.»
La ragazza smise di divincolarsi. «E adesso? Perché lo hai fatto? Perché hai usato la Legilimanzia su di me?»
Il biondino fece spallucce. «Non me ne sono accorto. Ero solo... rilassato
Hermione soppesò le sue parole e tirò su col naso.
«Non lo avrei mai usato intenzionalmente su di te. Non è mia intenzione sbagliare ancora, con te», mormorò il giovane, sfiorandole appena una guancia con il pollice.
Hermione deglutì. Sembrava sincero e la stava fissando talmente intensamente che le sembrò di avvertire il pavimento sparire da sotto i piedi. Draco si rese conto che la sua mano era ancora chiusa attorno al polso di lei, nonostante lei non stesse più cercando di fuggire via, e la liberò cercando di non sembrare brusco nel gesto.
La Grifondoro non sapeva cosa dirgli e la tensione nella stanza aveva raggiunto ormai livelli soffocanti.
«È… per questo che avevo sempre il mal di testa nel primo semestre? Eri tu?»
Le guance di Draco si fecero leggermente rosee; si morse l’interno del labbro inferiore.
«Probabile, mi dispiace...»
Hermione sospirò e iniziò a massaggiarsi le tempie con le dita. «Perché non me lo hai detto? Avresti potuto essere onesto
Il giovane si lasciò andare a una risata amara. «Non ti saresti mai fidata di me, se te lo avessi detto. Avevo paura…», si interruppe, prima di dire qualcosa di cui avrebbe potuto pentirsi.
«Di cosa?»
Di perderti.
«Di farti arrabbiare. Temevo che avresti smesso di aiutarmi, se avessi saputo della mia… condizione.»
Lo sguardo della giovane si addolcì a quelle parole. «La prossima volta non nascondermi le cose, Draco. Credevo che ormai avessi capito che sono abbastanza… comprensiva, quando serve.»
*
«Granger, vuoi spiegarmi perché diavolo hai deciso di andare in giro per casa nuda
La testa di Hermione sbucò da sotto un tavolo e lo guardò confusa.
Era andato in cucina per fare colazione e si era trovato faccia a faccia con il sedere della Granger appena coperto da uno strato di tessuto di jeans; ma i pantaloni che in quel momento indossava la ragazza non le coprivano affatto le gambe, al contrario, si fermavano in corrispondenza della parte superiore della coscia.
Gli avevano mandato in tilt il cervello; come se il solo fondoschiena della Grifondoro non fosse sufficiente a far inondare la sua mente di immagini per nulla caste, lei aveva deciso di sfoggiare senza pudore tutto quello che la divisa scolastica aveva negato alla sua vista, - a quella degli altri -, per anni. Era stato in particolar modo l’interno coscia della giovane a fargli rizzare i peli sulla nuca; aveva deglutito, mentre aveva immaginato di far scorrere le sue dita lungo quel tratto di pelle nuda… Draco avrebbe giurato che persino le gonne corte della divisa nascondevano più di quella roba.
«Eh?» fece lei spiazzata.
«Perché cavolo non indossi i pantaloni, Granger?» aveva ripetuto accigliandosi.
La ragazza era arrossita leggermente e si era rialzata da terra per fronteggiarlo.
«Malfoy, io sto indossando i pantaloni.»
Il Serpeverde alzò un sopracciglio. «Quelli li chiami pantaloni?» considerò con scetticismo.
«Si chiamano shorts» lo informò alzando gli occhi al cielo e portandosi le braccia al petto; la magliettina a bretelle che indossava era molto aderente e quel gesto aveva finito con il mettere in evidenza il suo seno. «Sono molto usati, in estate, nel mondo babbano e io non ho intenzione di morire di caldo perché nella vostra mentalità ottusa sono considerati troppo rivelatori.»
Draco per poco non imprecò; odiava gli abiti estivi babbani e nulla gli avrebbe fatto cambiare idea in merito. Se anche avesse avuto il diritto di avere da ridire sulla questione, se anche la Granger fosse stata sua, avrebbe comunque detestato l’idea che qualcun altro avesse potuto vederla in quel modo.
«Stai dicendo che le ragazze babbane vanno in giro così?»
Hermione annuì. «Non c’è nulla di male, Draco. Ci sono anche dei modelli per ragazzi.»
La Grifondoro ricordava perfettamente di non aver mai visto una ragazza Purosangue, - e si riferiva a quelle della cricca purosanguista ovviamente -, indossare qualcosa di diverso da una gonna; a pensarci bene, non aveva neanche mai visto Molly Weasley indossare dei pantaloni. Sbuffò. «Faccio ancora fatica a credere a quanto retrograda sia la società magica.»
«Retrograda» ripeté incerto Draco.
«Fammi capire, se io adesso mi sfilassi la maglietta saresti scioccato dallo scoprire di non trovarvi sotto un corsetto?»
Il biondino non aveva neanche fatto caso al cipiglio che aveva assunto Hermione, o al tono di voce che aveva assunto quello che normalmente utilizzava quando si impegnava in discorsi riguardanti l’attivismo sociale e i diritti, perché era stato travolto da un’ondata di calore a quelle parole.
La Granger… senza maglietta…
Fu tentato di sfidarla a farlo, ma poi rifletté che era l’ultima cosa di cui aveva bisogno. Si schiarì la gola.
«No, perché ad oggi in realtà si usa una cosa chiamata reggiseno, ma con voi non si può mai dire-»
«Lo so che cos’è un reggiseno, Granger.» rispose irritato lui.
E mi piacerebbe tanto vedere quello che indossi ora, ma se te lo dicessi manderei all’aria qualsiasi possibilità di stare con te in futuro. Un futuro che probabilmente non arriverà mai comunque.
«Ah, quindi un po’ di progresso ha raggiunto anche il sedere tirato di Pansy Parkinson», commentò sardonica la giovane. «Piccolo, ma pur sempre un passo avanti.»
Hermione avvertì la curiosità morderla dall’interno; che reazione avrebbe avuto Draco se gli avesse detto che lei non indossava affatto un reggiseno in quel momento? Che non indossava proprio nulla sotto quella magliettina? Si sarebbe indignato e avrebbero litigato sull’argomento, per poi cercare di fargli capire che i tempi erano cambiati e che era la società magica a vivere in un passato antiquato e limitante?
No, non le andava. Stava cercando qualcosa. Stava cercando l’anello di Cedric, non aveva tempo per quello.
Doveva averlo perso in un momento di distrazione; era scesa direttamente in cucina perché pensava fosse accaduto mentre preparava un pasto o lavava i piatti. Trovare qualcosa di invisibile non era esattamente semplice; non aveva avuto fortuna, in due ore di ricerca.
«Mi è passata la fame» annunciò Draco, tornandosene al piano di sopra e fiondandosi in bagno; una doccia fredda era quello che faceva al caso suo. Studiando le linee della Granger, si era reso conto che quella svitata non indossava proprio un bel niente sotto quel sottile strato di stoffa. Imprecò, poggiando il capo contro le piastrelle fredde e chiudendo gli occhi.
Dannata strega.
Si chiese se non avesse deciso di farlo impazzire definitivamente.
 
Draco si lasciò cadere pesantemente sul letto ancora sfatto; si portò le mani in volto e ringhiò dalla frustrazione. Era tutto troppo per lui, lui che non aveva mai dovuto preoccuparsi di niente di simile in vita sua, di fottutissime emozioni; lui che era stato abituato a pensare che qualsiasi ragazza sarebbe caduta ai suoi piedi, se avesse voluto… ed eccolo lì, a desiderare l’unica che non lo avrebbe mai degnato di uno sguardo in quel senso, l’unica che non avrebbe mai dovuto guardare con quegli occhi egli stesso.
«Un dannato cliché, ecco cosa sei!», si disse seccato.
Non stava dormendo molto, in quei giorni; un po’ per gli incubi ricorrenti, un po’ per la frequenza con cui il Signore Oscuro stava chiamando a sé i suoi seguaci, facendogli infiammare quel maledetto avambraccio; gli mancavano solo quei pensieri invadenti e destabilizzanti sulla Granger per perdere completamente la testa. La sua Occlumanzia si stava rivelando pressoché inutile in merito a quelli.
Lasciò ricadere le braccia ai lati del suo corpo, sgraziatamente, e fece una smorfia quando urtò qualcosa di duro con il palmo della mano.
Si alzò su un fianco per vedere cos’avesse toccato, ma non vi era nulla tra le lenzuola.
«Revelio!» mormorò puntando la bacchetta nella direzione in cui era avvenuto il contatto inaspettato.
Un anello blasonato si manifestò immediatamente davanti ai suoi occhi; era antico, come i cimeli della sua famiglia, e chiaramente di discendenza Purosangue.
Lo prese in mano e se lo rigirò tra le dita, osservando la D incastonata al centro del gioiello; come ci era finito nel suo letto? A chi apparteneva?
Il sangue gli si congelò nelle vene quando realizzò che l’unica persona che aveva dormito tra quelle lenzuola, oltre a lui, era Hermione Granger; che quell’anello non avrebbe potuto appartenere a nessun’altro se non a lei, dal momento che non era suo.
Ma non era propriamente neanche della ragazza; rifletté su cosa potesse significare quella D; probabilmente era un anello di famiglia.
Non Potter, non Weasley, neanche quell’idiota di McLaggen. Ripassò in mente tutti i nomi e i cognomi degli studenti che ricordava essere amici della Granger, ma non arrivò mai a una conclusione.
Sbuffò di irritazione. Aveva qualcuno? Qualcuno di cui non aveva mai fatto parola a nessuno?
Il pensiero fece agitare un mostro che neanche sapeva vivesse nel suo stomaco, prima di quel momento.
Si alzò con uno scatto e uscì dalla stanza, intenzionato a trovare la ragazza e a ottenere lucidazioni in merito, anche se non aveva la minima idea di come fare per riuscirci senza divenire troppo esplicito.
 
Fu attratto da una serie di rumori e singhiozzi provenienti dalla camera della Granger.
Si fece strada, aprendo lentamente la porta che la Grifondoro aveva lasciato schiusa, e la trovò affaccendata a frugare tra le sue cose disperatamente, con il volto rigato dalle lacrime e il petto che sobbalzava per il pianto.
La stanza era a soqquadro, sembrava essere stata attraversata da un uragano.
Si poggiò con una spalla allo stipite della porta e incrociò le caviglie.
«Cerchi questo?» le domandò schiarendosi la gola.
L’anello luccicò tra le sue dita.
Hermione si immobilizzò e alzò lo sguardo su di lui, colma di speranza; si precipitò a strapparglielo dalle mani, per poi riposizionarlo immediatamente al suo dito.
«Credevo di averlo perso» disse scoppiando a piangere ancora più forte.
Draco non sapeva cosa fare, né tantomeno cosa dire; non l’aveva mai vista così, non aveva mai visto nessuno in quelle condizioni. E anche se lo avesse fatto, non aveva mai tenuto a qualcuno abbastanza da voler fare qualcosa per aiutarlo o consolarlo, né da provare a tutti gli effetti a farlo.
«Dov’era?» gli chiese tirando su col naso.
«Nel mio letto. Era disilluso.»
La giovane si morse il labbro inferiore, mentre con le punta delle dita sfiorava l’anello e con lo sguardo fissava il vuoto.
«Dev’essermi scivolato via» mormorò sommessamente, più a sé stessa che a Draco, era palese. «Non lo tolgo mai.»
Avrebbe voluto essere più sensibile il biondino, davvero, ma non era proprio riuscito a trattenersi dal porre quella domanda. «Di chi è, Granger?»
Lo stava divorando internamente il fatto di non sapere a chi appartenesse quell’oggetto.
Hermione deglutì e serrò gli occhi, cacciando indietro altre copiose lacrime che minacciavano di prorompere con prepotenza. Avrebbe voluto avere le forze per non rispondere, per cercare un modo di sviare il discorso, per non dare spiegazioni che non era obbligata a dare… ma era stanca; stanca di nascondersi, stanca di far finta che non avesse trascorso gli ultimi due anni lottando a fatica per raggiungere la superficie, mentre la corrente la trascinava giù, negli abissi del suo dolore.
«Cedric Diggory» sussurrò con un filo di voce tremante.
Draco sgranò gli occhi e spalancò la bocca, mentre il suo cervello lavorava a gran velocità per connettere tutti i puntini.
Le reazioni della Granger ogni volta che Diggory veniva nominato; la sua totale riluttanza a guardare al futuro; il suo rifiuto categorico all’idea di potersi innamorare di nuovo… e in un certo senso, spiegava anche McLaggen. Si era trovata qualcuno con cui era sicura che non si sarebbe mai lasciata coinvolgere emotivamente.
«Avevamo una relazione» spiegò con un singulto. «Non lo sa nessuno e ti chiedo di mantenere il segreto.»
Non si era voltata a guardarlo e il Serpeverde si sentì fortunato per quello; non aveva la più pallida idea di cosa potesse rivelare la sua faccia in quel momento.
«Granger, vuoi…»
Hermione scosse la testa decisa. «Vorrei restare sola, Draco.» affermò triste. «Grazie per avermelo restituito, però.»
«D’accordo…» mormorò il biondino, sentendosi molto strano e in qualche modo deluso dal fatto che la Granger lo stava allontanando. «Sarò… in camera mia, se dovessi cambiare idea.»
 
Non era andata da lui; si era chiusa nella sua stanza e non era uscita da essa né per pranzo, né per cena.
Draco non sapeva se dovesse andare da lei, cercare di farla parlare, o stare al suo posto, lasciarle i suoi spazi; non aveva la minima idea di come avrebbe potuto esserle d’aiuto, comunque, quindi aveva optato per la seconda opzione.
Non fidandosi dell’elfo quando si trattava di lei, le aveva però preparato un vassoio di cibo; aveva bussato alla porta e non si era lasciato intimorire dalla mancata risposta. Era entrato silenziosamente, nell’eventualità in cui la ragazza stesse dormendo, ma dal modo in cui le sue spalle si alzavano e si abbassavano, Draco dedusse che fosse sveglia.
«Ti ho… ehm… portato qualcosa da mangiare» farfugliò in imbarazzo.
«Roba da elfi», avrebbe borbottato indignato il sé stesso di qualche anno prima.
La sentì tirare un sospiro profondo. «Non ho fame, Draco» sussurrò tirando su con il naso. «Ma grazie per il pensiero.»
Draco si morse il labbro. «Dovresti cercare di mandare giù qualcosa… anche solo qualche boccone.»
Hermione, dandogli ancora le spalle chiuse gli occhi e decise che non era dell’umore per bisticciare sull’argomento. «Va bene, mangerò qualcosa più tardi, d’accordo?»
Il Serpeverde si schiarì la gola. «Bene…» commentò, puntellandosi sui piedi a disagio.
Cosa devo fare? Cosa diavolo devo fare?
«Granger, hai… bisogno di qualcosa?» le chiese incerto. «Vuoi… che resti qui, con te?»
Hermione non rispose, ma Draco comprese ugualmente il suo no dall’impercettibile movimento che aveva fatto con la testa.
«D-d’accordo» bisbigliò amareggiato, poi lasciò la stanza e si diresse nella propria, cercando di ignorare il magone che gli si era formato all’altezza dello stomaco.

 

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Capitolo 49
*** CAPITOLO 44 ***


CAPITOLO 44















Si era svegliato con la sensazione della bacchetta della Granger premuta contro la gola.
«Tu non vali neanche un capello di Cedric Diggory. Parla ancora di lui, Malfoy e te ne farò pentire amaramente.»
Le parole che gli aveva sputato contro con veleno durante il loro quinto anno riverberarono nella sua testa, trafiggendolo come solo le Cruciatus di Bellatrix erano riuscite a fare.
No, si ritrovò a pensare. Questo è molto peggio.
Si rimise a sedere lentamente, asciugandosi il volto bagnato; quel risveglio era stato peggiore di quelli causati dai suoi incubi o dal Marchio bruciante.
Si prese la testa tra le mani; non l’avrebbe mai avuta, non avrebbe mai avuto una possibilità con Hermione Granger.
Poteva reggere e vincere il confronto con la Piovra o con la Donnola a mani basse, persino quello con Viktor Krum, ma non poteva competere con Cedric Diggory e quello che rappresentava: quell’ideale di purezza che lui aveva appena iniziato ad apprezzare e che era quanto di più lontano ci fosse da quella che era l’essenza di Draco Malfoy.
E lui lo sapeva, in fondo, che Diggory la Granger se l’era meritata, mentre lui non sarebbe mai stato abbastanza, non sarebbe mai stato… quello giusto per lei.
Hermione non avrebbe mai potuto guardare lui, se il metro di paragone era Cedric Diggory.
I suoi pensieri autodistruttivi vennero interrotti bruscamente da un urlo agghiacciante proveniente dal salotto.
Hermione.
Si precipitò giù dal letto, senza nemmeno preoccuparsi di mettersi qualcosa addosso, e raggiunse il punto da cui credeva fosse arrivato quel suono terrificante.
«Granger?»
La trovò riversa sul pavimento, bianca cadaverica, mentre si agitava in preda alle convulsioni, con un fiotto di sangue che fuoriusciva copiosamente dal suo naso e dalla bocca.
 
Hermione stava morendo di fame.
Non aveva neanche toccato il cibo che Draco le aveva lasciato la sera prima e si era affrettata a sbarazzarsene non appena sveglia, di prima mattina, per evitare che se ne accorgesse.
Aveva fatto qualcosa di carino per lei e lei non era stata in grado di apprezzarlo; si sentiva un po’ in colpa per quello, veramente, soprattutto se pensava a quanto sforzo dovesse esser costato al Serpeverde compiere un gesto del genere nei suoi confronti, - beh, nei confronti di un qualunque altro essere vivente, si corresse nella sua mente.
Aveva preparato una torta e aveva deciso che avrebbe atteso di vedere la ormai familiarissima chioma bionda di Malfoy sbucare dalla porta per fare colazione insieme.
Si era tirata su, riacquistando il controllo della sua libreria mentale, e aveva chiuso fuori le emozioni scomode.
Si ritrovò a ciondolare per il salotto in attesa che il Serpeverde si destasse; di solito, si svegliava molto prima. Non andò a controllare, pensando che probabilmente si fosse addormentato tardi per via di qualche incubo o del Marchio.
Si lasciò cadere pesantemente sul divano, agguantando l’ultimo numero della Gazzetta del Profeta per leggere le novità, ma la sua attenzione venne attratta da un oggetto abbandonato pigramente sul divano. Era un bracciale, con lo stemma dei Black inciso al centro. Pensò che fosse di Draco, d’altronde Sirius aveva tolto di mezzo qualsiasi cosa potesse essere pericolosa per lei e i Mezzosangue. Lo prese tra le mani per osservarlo meglio.
Un attimo dopo si ritrovò all’inferno.
 
«Granger, cazzo!» urlò Draco, precipitandosi al suo fianco.
Tirò fuori la bacchetta e prese a borbottare diversi incantesimi, ma non funzionava nulla. Il respiro di Hermione si faceva sempre più lieve e irregolare.
«Granger no, resisti. Resta con me» mormorò Draco, tremante; sentiva un ormai familiare bruciore agli occhi preannunciare lacrime che eventualmente, per quanto si sarebbe sforzato di controllare, avrebbero finito con il cadere lungo le sue guance.
«KREACHER!» gridò disperato, ma l’elfo non accorse; si voltò a cercare quell'essere idiota, pronto a sbraitare nuovamente il suo nome insieme a una serie di orrendi insulti, e lo vide. Un bracciale con lo stemma dei Black che conosceva benissimo. Il suo gemello si trovava a Malfoy Manor e apparteneva a sua madre.
«Cazzo!» imprecò sottovoce; nel momento in cui aveva individuato l’oggetto, Draco aveva capito immediatamente cosa fosse successo: una maledizione Anti-Nati Babbani, ovviamente. Per fortuna, sapeva anche cosa fare, sperando che fosse la stessa che vigeva su quello posseduto da Narcissa Malfoy.
Prese il volto di Hermione e se lo portò sulle ginocchia; poi tagliò in due la sua maglietta e posò la bacchetta direttamente in corrispondenza del cuore della ragazza che batteva appena. Prese a borbottare una litania dai termini palesemente antichi, cercando con tutto sé stesso di mantenere calma e lucidità nel processo.
Poi, Hermione emise un gemito acuto, spalancando gli occhi, e iniziò a tossire violentemente, sputando sangue ovunque. Tremava e sudava freddo.
Draco le prese il volto con le mani, non curandosi del fatto che così facendo si sarebbe imbrattato anche lui con quel denso liquido rosso che odiava con tutto sé stesso, indipendentemente dal suo possessore.
Sangue. Era stata la causa di gran parte dei suoi problemi, dopotutto. E in un certo senso continuava imperterrito ad esserlo.
«Granger? Granger, mi senti?» le domandò agitatamente. «Stai bene?»
La ragazza annuì flebilmente e lui tirò un respiro di sollievo; si asciugò le lacrime dal viso con la parte superiore del braccio destro.
«C-cos'è successo?» gli chiese la Grifondoro mentre la aiutava a rialzarsi. La vide cercare di coprirsi il reggiseno con le braccia e notò che le sue guance avevano ripreso un po' di colore, forse per via dell'imbarazzo. Draco distolse lo sguardo da lei non appena si fu seduta sul divano. Evocò una coperta e gliela tese, poi afferrò l'oggetto maledetto.
«Ce ne sono altri? Credevo che questo posto fosse sicuro!» sbottò in un moto di rabbia e agitazione.
Hermione lo guardò confusa, ancora tremante. «N-non capisco…»
«È maledetto, Granger. Che ti salta in mente di toccare-»
«Era per terra, proprio lì!» lo interruppe lei, quasi sull’orlo delle lacrime. Perché era arrabbiato? «Sirius ha-ha fatto sparire t-tutto quello che p-poteva essere p-pericoloso», balbettò lei, confusa. «Non pensavo che... credevo fosse tuo
Lo sguardo di Draco divenne furioso, di un’ira che la giovane non aveva mai visto sul suo volto… e che non avrebbe mai voluto vedere.
«KREACHER!» tuonò fuori di sé. «Stupido elfo, vieni fuori!»
L'elfo, a quel punto, apparve. «Il padroncino Malfoy ha chiamato Kreacher, signore?»
«Da dove salta fuori?» gli domandò immediatamente il biondino, in tono minaccioso.
«È un cimelio di famiglia, signore.»
«Grazie al cazzo» sbottò impaziente lui. «Perché diavolo era qui? Sei stato tu non è vero? Lo hai lasciato in giro tu?»
Draco urlava. Hermione non ricordava di averlo mai visto così arrabbiato in vita sua.
«Draco...» fece per chiamarlo, intenzionata a farlo calmare. Non le era ancora ben chiaro cosa fosse accaduto.
«Kreacher stava pulendo, signore. Dev'essere caduto a Kreacher, signore.»
«Stupido elfo, potevi ucciderla!» gridò adirato il ragazzo.
«Non è colpa di Kreacher, signore. La sudicia Sanguemarcio non dovrebbe toccare le cose della nobile famiglia Black, signore.»
Draco non ci vide più; afferrò l'elfo per la veste e lo sbatté contro il muro.
«Lascia che te lo spieghi una volta per tutte, stupido elfo del cazzo...»
«Draco!» strillò Hermione, spaventata. «Draco basta, lascia stare!»
Il Serpeverde voltò il capo lentamente verso di lei, senza allentare la presa sull’elfo che si dimenava contro la parete.
«Hermione! Se mia madre non avesse avuto un gemello, non avrei saputo cosa fare. Saresti morta
Hermione sussultò. L’aveva chiamata per nome… aveva anche detto qualcosa sul fatto che aveva rischiato morire, ma… l’aveva chiamata per nome. In quel momento le sembrava la cosa più importante.
«Questo stupido elfo ha cercato di ucciderti
La Grifondoro si riscosse e provò a distogliere l’attenzione di Draco dall’elfo. «L-lascia stare, Draco. P-per f-favore. Ho-ho bisogno di... letto... n-non mi s-sento...»
Si sentiva male, come se potesse svenire da un momento all’altro, e continuava a tremare e a sudare freddo.
Draco abbandonò immediatamente l'elfo, che, essendo in precedenza sostenuto a mezz'aria dal mago, stramazzò al suolo con un tonfo; poi corse verso Hermione.
Stupido! si rimproverò; non le hai neanche chiesto se avesse bisogno di qualcosa. Hai semplicemente perso la testa.
La prese in braccio e la portò nella sua stanza. Da come poteva sentire il suo corpo tra le braccia, abbandonato completamente contro di lui e al suo sostegno, la Granger doveva essere molto debole.
La adagiò con cura sulle lenzuola e le accarezzò una guancia; la ripulì dal sangue con un rapido incantesimo e poi prese a studiarla con attenzione.
«Ti porto qualcosa da mangiare?»
Hermione scosse il capo. Era stata affamata poco prima, ma non vi era più traccia di quella sensazione dopo l’accaduto; aveva ancora il sapore metallico del suo stesso sangue in bocca.
«N-no, grazie. Non credo di riuscire a mandare giù niente, ora.»
Draco le rivolse un mezzo sorriso; doveva farla mangiare o non avrebbe potuto somministrarle la pozione.
«Un po’ di cioccolata, Granger» le sussurrò a mo’ di supplica, addolcendo un po’ lo sguardo. «Almeno quello.»
Lei gli rispose con un flebile mezzo sorriso. «Grazie.»
Il giovane tornò qualche minuto dopo con una tavoletta di cioccolato bianco in una mano, - quello che piaceva a lei, si rese conto con sorpresa la ragazza -, e una pozione nell'altra.
«Dopo aver mangiato la cioccolata prendi questa» le disse in un sussurro.
«Cos'è?» gli domandò inarcando un sopracciglio.
«Una pozione...»
«N-non sembra roba comune...»
Draco deglutì. Perché non poteva cedere davanti alla sua evasività una volta ogni tanto? Nemmeno quando aveva appena rischiato di morire.
«L-l'ho fatta dopo le vacanze di Natale perché non ero ancora riuscito a rompere la maledizione sul mio anello di famiglia» spiegò distogliendo lo sguardo da lei. «Ho rimosso tutte le maledizioni sulle mie cose, Granger, temendo che potessi entrarci accidentalmente a contatto. Non ho niente con me che potrebbe metterti in pericolo.»
«D'accordo» lo interruppe lei, colpita dalla premura e dell’accortezza che Draco aveva dimostrato nei suoi confronti, - e mesi prima di quel momento, quando lei metteva ancora in discussione qualsiasi parola uscisse dalla sua bocca e qualsiasi gesto compiesse. «Grazie.»
Draco si domandò come potesse reggere così stoicamente una cosa del genere, ma, forse, il problema era lui. Era lui che non riusciva a convivere con il suo passato, con quello che era stato e con ciò che aveva fatto. Era lui che non riusciva ad accettarlo e a superarlo, perché era stato lui per primo a ferire quella splendida creatura che si ritrovava davanti.
«Vuoi restare sola?» le domandò in un sussurro, pregando dentro di sé che gli dicesse di no.
E Hermione scosse la testa. «Ti va di restare un po' qui?» gli chiese piano.
Non voleva restare sola dopo quello che era accaduto e che stava iniziando a realizzare a pieno solo in quell’istante.
Draco si distese accanto a lei; si rese conto che aveva approfittato del momento in cui era andato a recuperare la cioccolata e la pozione per indossare la maglietta che le aveva visto spesso usare come pigiama. Chiuse gli occhi e la strinse a sé con decisione.
Non aveva mai avuto così tanta paura in vita sua, neanche quando Potter aveva usato il Sectumsempra su di lui.

 
*
Hermione guardò Draco avvertendo una fitta al cuore; le sembrava di essere ritornata all’inizio del sesto anno a Hogwarts, quando il giovane bruciava nelle fiamme dell’inferno e si aggirava nel castello come un fantasma; aveva di nuovo quelle profonde occhiaie violacee a segnargli il volto e spesso lo trovava accasciato in un angolo della casa, in preda al dolore.
Era davvero provata dal vederlo nuovamente in quelle condizioni; aveva capito che per mesi il Serpeverde aveva cercato di tenerla lontana dai suoi episodi con il Marchio bruciante, Hermione sospettava si fosse reso conto dell’effetto devastante che quelle crisi sortivano su di lei, ma non riusciva più ad impedirlo.
«Temevo di svegliarti e sono sceso» sussurrò nel cuore della notte, dopo averlo trovato rannicchiato sul divano del salotto con una tazza di camomilla in mano.
«Ti fa male?» gli chiese sedendoglisi accanto.
Draco annuì. «In continuazione. È come se li stesse radunando sempre con maggiore frequenza.»
Hermione sospirò. «Immagino che stiano cercando di capire quando sposteremo Harry da casa dei suoi zii» ipotizzò con un tremito nella voce. «Probabilmente stanno pianificando un attacco.»
Il ragazzo aveva deglutito a quelle parole. «Tu sarai tra quelli che andranno a prenderlo?»
«Vorrei» rispose onestamente lei.
Lui chiuse gli occhi e si concentrò sul respiro della Grifondoro, ben udibile nel silenzio della stanza, per tranquillizzarsi; avrebbe davvero voluto chiederle di non farlo, di non partecipare a quella missione. Ma sarebbe stato come chiederle di non essere più Hermione Granger, così non lo fece; lo aveva capito ormai, che non poteva sperare che accettasse di restare al sicuro, che si nascondesse con lui e lasciasse gli altri a combattere quella guerra maledetta.
Lei non era come lui; la Granger era coraggiosa. Era stato quello stesso coraggio che lo aveva salvato, perché senza di esso dopo tutto quello che le aveva fatto non avrebbe neanche potuto sperare in una mano da parte sua.
La mano di Hermione scivolò nella sua e risalì lentamente verso i polsini della sua camicia.
«Posso?» gli domandò esitante, indugiando sui bottoni con le dita leggermente tremanti.
Draco strinse i denti e fece una smorfia.
«Voglio solo controllare se la crema che ti ho dato funziona ancora…»
«Solo… non toccarlo» si raccomandò lui, distogliendo lo sguardo dalle mani della giovane.
La Grifondoro esaminò attentamente l’avambraccio arrossato; rabbrividì nel notare che il Marchio diventava sempre più scuro e corrugò le sopracciglia nel realizzare che in quel momento si stava muovendo.
Si muoveva quando li stava chiamando.
«Mi ci sono abituato» le spiegò schiarendosi la gola. «Al dolore. Non… non è più come prima. A volte riesco a sopportarlo.»
Hermione si portò una mano sulle labbra e una lacrima le rigò lungo il viso; non poteva immaginare neanche lontanamente come ci si potesse abituare a quel tipo di sofferenza… lei lo aveva visto, quando era ancora agli inizi, come si contorceva e gemeva agonizzante. Gli aveva bruciato così tante volte che ormai aveva sviluppato una sorta di insensibilità?
«Fa sempre male, ma almeno riesco a non urlare» aggiunse in un fil di voce. «È alquanto appagante, il pensiero di non dargli quella soddisfazione. Anche se lui non lo sa.»
La mano della ragazza risalì lungo la guancia di Draco, facendolo sussultare leggermente; lui chiuse gli occhi e si godette quel contatto, la sensazione della sua pelle contro la propria che agognava continuamente.
«Io non ti giudico, lo sai vero?»
Il Serpeverde riaprì gli occhi per lanciarle un’occhiata confusa.
«Per quello» specificò lei, indicando con un cenno del capo il suo avambraccio sinistro. «Non devi nasconderlo da me. Non c’è bisogno che continui a indossare camicie a maniche lunghe con questo caldo solo per coprirlo.»
Le rivolse un sorriso amaro. «Vai a dare un’occhiata nel mio baule, Granger. Ho quasi solo camicie» le disse. «Sono incantate per mantenersi fredde.»
«Oh», esclamò lei arrossendo imbarazzata. Aveva capito male, e aveva fatto una figuraccia, implicando che in qualche modo dovesse vergognarsi di farsi vedere; aveva sortito l’effetto opposto.
«Il motivo per cui mi dà così fastidio che tu lo veda o lo tocchi, Granger» aggiunse poi prendendo a giocherellare con una ciocca dei suoi capelli. «È che tu sei troppo pura per entrare in contatto con qualcosa di così oscuro e io non voglio sporcarti in alcun modo.»
Hermione fu scossa da un tremito alla scelta di parole di Draco e deglutì; sapeva che il Serpeverde sceglieva accuratamente i termini da utilizzare quando apriva bocca, specie su argomenti delicati e seri; lei non era molto abituata a quel tipo di serietà. Ron parlava a sproposito di continuo e Harry non era riuscito a prendere sul serio neanche il fatto di essere il Prescelto, all’inizio, facendo continue battute al riguardo.
Non si era accorta di essere rimasta tanto a lungo a fissarlo imbambolata, persa nei suoi occhi grigi; illuminati dalla luce lunare erano ancora più travolgenti, non ci voleva davvero molto perché la sopraffacessero; sommandoli al suono della sua voce poi, che in quel momento era particolarmente bassa e roca, Hermione si era ritrovata in una sua versione di paradiso personale di cui non era a conoscenza fino all’attimo prima e il suo cervello si era sconnesso per qualche secondo. O forse erano trascorsi minuti da quando quelle parole erano uscite dalla bocca di Draco e la figuraccia che aveva fatto era divenuta di dimensioni colossali.
Non lo seppe mai; il giovane voltò il viso e lo nascose contro la spalla, ma lei notò ugualmente la smorfia di dolore che lo aveva attraversato.
«Vieni qui» bisbigliò allargando le braccia e tirandolo verso di sé.
Draco si lasciò ricadere contro di lei e chiuse gli occhi, abbandonandosi al pensiero delle mani della Granger che si muovevano tra i suoi capelli.
«Draco» bisbigliò dopo qualche minuto di silenzio. «Non sei il mostro che credi di essere.»
 
La Gazzetta del Profeta gli fu consegnata all’alba, destandoli di soprassalto; Hermione mise i soldi nel portamonete del Gufo e gli diede qualcosa da mangiare, poi tornò sul divano, dove Draco giaceva ancora assonnato.
«Notizie dal fronte?» chiese sardonicamente com’era ormai sua consuetudine.
La Grifondoro, di solito, si limitava a riassumergli le ultime informazioni pubbliche riportate sul giornale; non avevano avuto contatti con qualcuno all’esterno per quasi due settimane; non avevano la minima idea di quello che stesse accadendo veramente.
Quella mattina, però, Hermione deglutì e rimase in silenzio, ammutolita, incerta su come riferire al ragazzo quanto aveva appena letto.
«Granger, che succede?»
Si era alzato a sedere e si era sporto verso di lei per vedere con i suoi occhi l’articolo che stava fissando la ragazza.
“NUOVA EVASIONE DI MASSA DAL CARCERE DI AZKABAN. I DISSENNATORI LASCIANO DEFINITIVAMENTE LA PRIGIONE, CHE RESTA, AD OGGI, SPROVVISTA DI GUARDIE. IL MINISTERO SELEZIONA AUROR DA INVIARE.”
La foto segnaletica di Lucius Malfoy li guardava con disprezzo dalle pagine del giornale.
Draco si portò due dita alle tempie e prese a massaggiarle con forza; non vedeva la faccia di suo padre da mesi. Si era reso conto di non averne affatto sentito la mancanza.
«Non mi piace» affermò con irritazione. «Non mi piace l’idea di mia madre sola al Manor con lui e quella pazza di sua sorella.»
Hermione gli posò una mano sulla spalla, in un gesto consolatorio… Ma sapeva che era arrivato il momento di rivelargli un dettaglio che Lupin le aveva fatto carpire durante la sua ultima comunicazione.
«Draco, c’è una cosa che devo dirti.»
Gli occhi del Serpeverde saettarono su di lei, visibilmente preoccupati.
Sta per andarsene. Lo sento. Sta per dirmi che andrà via.
«Ieri ho ricevuto un Patronus dall’Ordine, mi hanno detto che verranno qui a breve…»
Ecco, avanti Granger. Dimmelo.
Chiuse gli occhi e respirò a fondo.
«…E che sospettano che Malfoy Manor sia diventato il Quartier Generale dei Mangiamorte.»
Un rumore assordante trapassò entrambi i timpani del giovane, atterrendo la sua mente.
«Che cosa?» esclamò gelido.
«Non è confermato, ma…»
Si alzò di scatto, prendendo a fare avanti e indietro a grosse falcate, in preda all’ansia.
«Porca puttana!» urlò devastato.
Afferrò il giornale e iniziò a farlo a pezzi.
«Fottuto bastardo…» ripeteva confusamente. «…tutta colpa tua…»
Hermione gli si avvicinò e gli prese la mano; intrecciò le dita con le sue; stava tremando.
Strinse forte. «Draco, non volevo farti preoccupare di più. Pensavo solo che dovessi saperlo.»
Il giovane la guardò sbattendo le palpebre per qualche breve istante, poi la tirò in un abbraccio.
«Mi dispiace» mormorò confusamente. «Mi dispiace per il ruolo della mia famiglia in questa guerra, Granger.»
«Non è colpa tua.»
Un suono gutturale lasciò la gola del biondino. «Ne ero così orgoglioso, sai» le raccontò, staccandosi da lei e riprendendo a camminare per la stanza, passandosi una mano tra i capelli. «Di essere un Malfoy. Del mio cognome, della mia famiglia. Il prestigio era tutto, per noi. E mio padre ci ha buttato una valanga di merda addosso.»
Il rancore che provava nei confronti di Lucius era ben evidente nel tono della sua voce.
«Se sopravviverò a questa guerra, dovrò metterci tutto me stesso per dare nuovo credito al mio fottuto, maledetto cognome. E non so se sarà mai abbastanza... Io non voglio essere associato a questo, Granger» confessò indicando disgustato i pezzi del giornale ai suoi piedi.
Hermione gli rivolse un debole sorriso. «Quando si saprà da che parte sei stato realmente, Draco, la gente capirà… Vedrai.»
«Ho il fottuto Marchio Nero sul braccio, Granger!» le gridò frustrato. «Credi che conti più questo o che abbia deciso di disertare? Daranno per scontato che… Finirò ad Azkaban in ogni caso.»
«No, Draco» lo tranquillizzò lei, mantenendo calma la voce. «Testimonieremo in tuo favore.»
Il Serpeverde rise. «E cosa direte? Che mi sono fatto nascondere perché sono un codardo patentato?»
«Ci sono molti modi per dare il proprio contributo alla guerra, Draco» gli fece notare lei. «Non solo chi combatte sul fronte vi prende parte. Prendi tua zia Andromeda… lei non è mai in prima linea, ma ci aiuta ugualmente.»
«Quindi mi suggerisci di continuare a fare quello che ho sempre fatto. Quello che è più comodo
«Tu hai già fatto una cosa scomoda, Draco» affermò convinta Hermione. «Mi hai salvata da Theodore Nott quando, anche nonostante il Voto Infrangibile, avresti potuto far finta di niente e andare avanti. Ti sei già messo in gioco attivamente, anche se non ne sei consapevole.»
 
C’era un pianoforte a Grimmauld Place.
Hermione non suonava da tempo; aveva smesso, dopo la morte di Cedric, perché la musica in lei si era spenta con lui.
Ora le ricordava anche i suoi genitori.
Deglutì, facendo scorrere le dita sul legno antico dello strumento.
«Lo sai suonare?» le chiese Draco alle sue spalle, facendola sobbalzare.
«Ti diverte così tanto comparirmi dietro all’improvviso?»
Il biondino ammiccò nella sua direzione e le si avvicinò, sedendosi e rivelando la tastiera.
«Non hai risposto alla mia domanda.»
«Neanche tu», obbiettò lei, cercando di sviare il discorso.
«Sì, Granger, mi diverte. Contenta?» le rispose sbuffando. «Tocca a te.»
Hermione soffiò via una ciocca di capelli ribelle dal suo volto. Annuì e basta.
«Vieni», le disse allora. «Suona con me.»
«I-io n-non…»
«Coraggio, Granger. Non mordo. Bach? Credo che venga studiato anche tra i Babbani…»
La ragazza si sentì improvvisamente la gola secca; si sforzò di ingoiare e raggiunse il biondino, prendendo posto accanto a lui.
«Solo una», lo avvertì lei.
Draco sorrise e iniziò a suonare; lei lo seguì immediatamente.
Per qualche motivo suonare con lui le era sembrato giusto, sebbene non avesse impedito alla malinconia di assalirla.
Lo guardò incuriosita per qualche istante.
«Imparare a suonare il piano è una prerogativa della famiglia Black» le spiegò continuando a far scorrere le dita sullo strumento; Hermione cercò di focalizzarsi sulle sue mani il meno possibile, mentre la melodia le carezzava la pelle facendola rabbrividire.
Era come se sprigionasse magia tangibile, quando suonava; come se nel suono riversasse un po’ della sua essenza.
«Mio padre non è mai stato molto entusiasta di quanto mi piacesse farlo.»
La Grifondoro pensò che a Lucius dovesse piacere proprio tanto privare Draco di tutto ciò che amasse.
«I miei genitori mi hanno fatto prendere lezioni fin da piccola», raccontò invece lei. «Sai, tra i Babbani ci sono studi secondo i quali imparare uno strumento migliori le capacità cognitive.»
Quando iniziava a dare informazioni di quel tipo significava che era tesa, Draco ormai lo aveva capito.
«Ti rendo nervosa, Granger?»
Hermione arrossì leggermente; ringraziò la penombra e sperò che fosse sufficiente a non farlo notare al ragazzo.
«Non suonavo da tanto tempo», rivelò cercando di riportare la conversazione su un piano più sicuro. «Tutto qui.»
Le dita di Draco sfiorarono le sue, ancora posate in corrispondenza della tastiera.
«Un’altra, Granger?»

 

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Capitolo 50
*** CAPITOLO 45 ***


CAPITOLO 45















Hermione trovò Draco nella sala dell'arazzo dei Black.
Non aveva mai visto per esteso l’albero genealogico dei Black, dato che in casa sua c'era, ovviamente, solo quello dei Malfoy. Ne era stato incuriosito essendo la famiglia di sua madre.
La Grifondoro lo studiò con attenzione; era visibilmente accigliato e aveva una smorfia di disgusto dipinta sul viso.
«Draco?»
Era la seconda volta che lo chiamava, ma il ragazzo sembrava completamente perso nei suoi pensieri.
«Draco!»
«Zitta, Granger!» sbottò lui irritato. «Sto cercando di capire se devo darmi fuoco o meno.»
Hermione alzò un sopracciglio. «Che diavolo stai passando adesso, Malfoy?»
«Guarda!», esclamò lui, indicando un punto sull’albero genealogico. «Deve esserci un errore.»
Hermione seguì la direzione indicata dall'indice del biondo e capì immediatamente a cosa si riferisse.
«No, i genitori di Sirius erano davvero cugini di secondo grado», commentò Hermione con una smorfia nauseata, per poi borbottare qualcosa sulle pratiche medievali e l'incesto che Draco non distinse a pieno, ma poté immaginare; non era la prima volta che l’argomento faceva capolino nelle loro conversazioni.
«Aspetta un attimo», si meravigliò Hermione. «Tu non lo sapevi?»
Malfoy le rivolse un'occhiataccia.
«Credi che… anche dal lato di mia madre…» fece per domandare, ma ebbe un conato di vomito e si interruppe. Aveva sempre pensato che quelle pratiche risalissero molto più addietro nei secoli, ma i genitori di Sirius erano praticamente storia recente.
«No, guardalo bene» gli disse lei. «Niente di recente, comunque.»
Il naso di Draco si arricciò. «Devo concederlo, dal lato di mio padre non c’è nessun caso del genere.»
«È perché i Malfoy non hanno mai raggiunto quei livelli di fissazione, erano tra quelli che pensavano che incesto e endogamia potessero compromettere i geni… aspetta un attimo.»
Hermione si interruppe nel bel mezzo del discorso, poi sparì dietro la porta, lasciando il biondo molto perplesso.
Adesso ne sa più lei sulla mia famiglia di me, perfetto! pensò irritato.
E magari i Malfoy non avevano ceduto a quelle pratiche ma sua madre era proprio una Black e a lui stava iniziando a venire da vomitare. Con che faccia definivano il sangue dei Nati Babbani sporco, quando il loro...
«Tieni», gli disse Hermione ricomparendo tutta trafelata e strappandolo ai suoi pensieri. «Era nella libreria dei Black, terza porta a destra su questo piano. Spiega tutto.»
«Granger, vuoi smetterla di curiosare in giro visto che non sei sicura che Sirius abbia neutralizzato tutte le maledizioni?» La rimproverò contrariato il biondino. «Non ci tengo a dover scrostare il tuo sangue dal pavimento.»
Hermione alzò gli occhi al cielo. «Non sia mai», replicò con aria annoiata.
«Kreacher non ti aiuterebbe neanche essendo il mio sangue. E Walburga di là urlerebbe qualcosa sul mogano e le infezioni per giorni» aggiunse enfatizzando le ultime parole.
Draco la fissò sbattendo le palpebre, totalmente spiazzato; adesso scherzavano su queste cose? Lui che per un momento aveva temuto di essersi spinto un po' troppo in là con quella battuta... Ma se Hermione l'aveva interpretata in qualche altro modo non lo diede a vedere. La cosa, comunque, non tranquillizzava Draco. Hermione non gli aveva mai dato alcuna soddisfazione.
«Granger...»
«No, non ti spoilero. Leggi», lo bloccò lei sul nascere.
«Spoile-cosa?» fece Draco confuso. A volte faticava davvero a comprendere dei termini che usava; capiva immediatamente che si trattava di modi di dire babbani, ma odiava doverle chiedere chiarimenti in merito. Pensò che avrebbe dovuto acquistare un dizionario, appena fosse stato libero di rimettere piede nel mondo esterno.
Esiste un dizionario di Babbanese?
«Niente anticipazioni. Troverai alcune cose sulla tua famiglia che sono abbastanza sicura ti sorprenderanno.»
Draco la guardò sconcertato.
Di che diavolo stava parlando?
 
Draco comparve in cucina mezzo stizzito, senza salutare, borbottando qualcosa sull'ipocrisia e qualcos'altro che Hermione non riuscì a capire a pieno.
«Sei allegro, vedo», commentò la ragazza con un falso sorriso.
Il Serpeverde la fulminò con lo sguardo.
«Sono incazzato, Granger», sbottò afferrando un piatto e riempiendolo di pasta che molto probabilmente aveva preparato Hermione; la ringraziò mentalmente perché in quel modo non avrebbe dovuto chiamare Kreacher, proprio non era dell'umore per sentire la sua nenia.
Come sempre, d’altronde.
«Ti sei appena preso da mangiare da solo?», notò Hermione colpita. «Stai facendo progressi, umanamente parlando.»
«Possiamo dire che hai avuto una brutta influenza su di me, Granger», ribatté il giovane con una smorfia.
«Dev'essere stato quello schiaffo al terzo anno» continuò lei, «forse ti ho messo a posto i neuroni, anche se sono riusciti a connettersi solo recentemente.»
«Cazzo, sei insopportabile», asserì Draco, sbuffando.
«Così mi hanno detto», rispose Hermione con nonchalance.
La ragazza, che aveva già finito di mangiare, - con irritazione del biondino perché non lo aveva aspettato com’era solita fare -, si era alzata per mettere i piatti a lavare.
«C'è il dolce nel frigo, ho pensato che un po' di zucchero avrebbe potuto farti bene... E mi sa che avevo ragione», lo informò con un sorrisetto di scherno.
La forchettata di Draco rimase sospesa a mezz'aria quando vide che la ragazza stava lasciando la cucina. «Te ne vai?»
Hermione annuì. Lo stava davvero lasciando mangiare da solo? Non le andava di parlare? Insomma, lui stava affrontando una crisi esistenziale. Per esattezza la terza, nel giro di un anno.
«Lascia pure i piatti nel lavello, li laverò domani mattina. Questo solo perché oggi mi sento buona.»
E poi sparì.
Dal canto suo, la Grifondoro voleva solo andare a stendersi sul letto, leggere un po' e magari ascoltare un po' di musica. Era giù di morale; sapeva che il momento di partire diventava sempre più vicino e qualcosa nell’idea di non vedere più Draco le stava abbattendo il morale. Aveva pensato che sarebbe stato meglio per entrambi, se si fossero staccati un pochino; avevano trascorso gran parte dell’anno insieme, soli, e… non andava bene, non nel contesto in cui si trovavano.
Il suo da fare la coinvolse talmente tanto che non si accorse della maniglia che provava ad abbassarsi.
 
Hermione non gli aveva neanche chiesto perché fosse alterato; questo fece irritare Draco ancora di più. Decise che avrebbe finito di cenare e sarebbe salito su in camera sua e le avrebbe dato fastidio finché, pur di farlo smettere di essere irritante, gli avrebbe chiesto cosa non andasse per spostare i toni della conversazione su argomenti più seri.
Sì, avrebbe fatto così.
Si prese qualche secondo per assaporare un pezzo di torta al cioccolato, forse la più buona che avesse mai assaggiato. Effettivamente, lo fece sentire meglio; decise comunque di andare a infastidire la Granger. Cosa avrebbe dovuto fare, da solo con i suoi pensieri?
Bussò alla porta, ma la ragazza non gli rispose, così provò ad aprirla; con sua sorpresa, notò che Hermione aveva chiuso a chiave.
Aveva fatto o detto qualcosa di sbagliato senza rendersene conto? Era arrabbiata con lui? Perché avrebbe dovuto chiudersi dentro?
Indeciso se forzare l'apertura o lasciarla in pace, Draco optò per la seconda opzione. Forse non era l'unico a dover metabolizzare qualcosa quel giorno, anche se lei non gli aveva accennato nulla.
 
Hermione faticava a dormire, così spense la radio e ripose il suo libro sul comodino per scendere in cucina a prepararsi un the.
Quando andò a mettere su il bollitore, però, la coda del suo occhio catturò qualcosa di sconcertante. Si avvicinò al lavello e la mascella le cadde a terra: Draco Malfoy aveva lavato i piatti.
Si riscosse immediatamente da quello stato di shock iniziale, pensando che probabilmente aveva semplicemente chiesto a Kreacher, - sperò avesse chiesto e non ordinato -, di lavarli e scosse la testa, dicendo a sé stessa che "avere avuto una certa influenza su di lui" non voleva dire che fosse in grado di fare miracoli.
Mise su il bollitore, sfregandosi le mani sulle spalle. Quella notte era particolarmente fredda per la leggera vestaglia a bretelle che indossava e non aveva con sé la bacchetta.
Sussultò quando sentì all'improvviso una presenza alle sue spalle, mentre Draco le poggiava addosso una coperta.
«Stai tremando, Granger. Il rumore dei tuoi denti che sbattono ha disturbato il mio sonno», le disse fingendosi accigliato.
«Chiedo scusa, vostra altezza. Non pensavo di trovare la casa così fredda.»
Hermione non aveva neanche mostrato mezzo sorriso mentre quella battuta lasciava le sue labbra.
«Granger, c'è qualche problema?», le chiese allora, ma un'espressione confusa comparve sul volto di lei a quel quesito.
«Mmh, no?»
«Ok» rispose lui, in realtà poco convinto della sincerità di quella risposta.
Che cosa stava succedendo? Un pensiero orribile gli attraversò la mente e gli fece congelare il sangue nelle vene. Stava cercando di... allontanarlo? Si era resa conto che erano diventati più intimi di quanto fosse appropriato visti i loro trascorsi e ora stava facendo un passo indietro? Draco realizzò in quel momento, mentre quelle domande affioravano nella sua mente traditrice, che non voleva fare alcun passo indietro con la Granger... Voleva farne uno avanti.
Sentiva che fosse finalmente arrivato il momento di farne uno avanti.
«Vuoi del the?», gli domandò versando l'acqua in una tazza, per poi prepararne una seconda dopo l'assenso di lui, che nel frattempo la guardava con aria apprensiva.
«Grazie, per la coperta», sussurrò la ragazza mentre faceva scivolare la tazza nella sua direzione, per poi sedersi di fronte a lui.
Draco le rivolse un debole sorriso in risposta.
«Lo sapevi, che ci sono dei Mezzosangue nel mio albero genealogico?», le domandò dopo qualche sorso, stanco del silenzio assordante attorno a loro e avendo capito che la ragazza non gli avrebbe chiesto proprio nulla. Se avesse voluto parlarne, avrebbe dovuto tirare fuori il discorso lui.
«Solo che sono stati rimossi dall’albero ufficiale o il loro status di sangue è stato tenuto nascosto o camuffato.»
Hermione annuì. «Ti disturba? Ti fa sentire un po' meno Purosangue?»
Draco le scoccò un'occhiataccia.
«Odio l'ipocrisia. Nessuno me l'ha mai detto e mio padre ha avuto la faccia tosta di insegnarmi a...» strinse i pugni e lasciò cadere la frase.
«E gran parte del patrimonio dei Malfoy deriva da affari con i Babbani risalenti a prima dello Statuto di Segretezza.»
«Beh, almeno adesso sai che non devi necessariamente darti fuoco», commentò la ragazza, facendogli l'occhiolino. «Meglio questo dello scoprire che qualche tuo avo si è riprodotto con la cugina, o peggio, no?»
Draco annuì, ma si sentiva comunque preso in giro. «Da quanto tempo lo sai?»
«Due anni, tipo? L'ho letto quando sono venuta a studiare Occlumanzia con Sirius. Trascorrevo gran parte del mio tempo libero qui nella biblioteca e quando ho trovato i libri nascosti la tentazione è stata troppo forte. Ah, gli scheletri nell’armadio delle Sacre Ventotto…»
Il biondo ponderò le parole della ragazza e si accigliò.
«Avresti potuto usare quelle informazioni per zittirmi tante volte. Perché non l'hai fatto?»
Hermione scrollò le spalle.
«Non sarebbe servito ad aprirti gli occhi e comunque non era nulla di tanto sconvolgente», chiosò lei; bevve qualche sorso e poi aggiunse «Anche se ammetto di essermi chiesta che faccia avresti fatto, se te lo avessi detto.»
Draco cercò di immaginare la sua reazione se avesse avuto quelle informazioni prima e rabbrividì al solo pensiero. Sarebbe stato ancora più coglione o sarebbe impazzito. Oppure si sarebbe svegliato prima.
«Non mi avresti comunque creduta. Non ci provi neanche, a parlare con un muro se sai che ci puoi solo sbattere contro.»
Draco si sentì come pietrificato. «Cosa vorresti dire?»
«Solo che renderti conto da solo era l'unico modo possibile, tutto qui», spiegò lei facendo spallucce.
«Perché mi hai aiutato allora se pensavi che fosse tutto inutile?», l'accusò con una punta di ira; le aveva appena detto che odiava l'ipocrisia e lei...
«Non lo pensavo più quando è arrivato quel momento. Ho visto una crepa nel muro che prima non c'era» gli rispose tranquillamente. «E comunque il fatto che ti abbia aiutato non c’entrava nulla con la questione del sangue. Non ho mai pensato che avresti fatto tanti progressi, sarò onesta. Mi hai sorpresa.»
Draco la guardò intensamente per qualche secondo, poi abbassò lo sguardo e sospirò.
«Era così evidente? Che stessi male?»
«Non eri più... tu» mormorò Hermione mordendosi l’interno di una guancia. «Ti ho urtato per sbaglio in un corridoio una volta e non mi hai neanche insultata.»
Il biondo trasalì, ricordando che la loro normalità fino all’anno prima era insultarsi e sputarsi veleno addosso; beh, la sua normalità verso di lei, almeno. Hermione aveva sempre evitato di dargli corda, quando aveva potuto.
«Ho pensato ti avessero lanciato un Confundus», gli confidò e ridacchiò nervosamente, ma Draco non rise.
«Mi dispiace, Granger. Lo sai vero?», mormorò inaspettatamente il giovane, spiazzando completamente Hermione.
Non riusciva mai a dirglielo, quando aspettava il momento giusto per farlo; allora aveva deciso di buttarlo lì casualmente. Non sapeva quando li avrebbero separati e non voleva assolutamente che lei partisse senza aver sentito quelle scuse.
«Sono sicura che non ti sarebbe venuto in mente nessun insulto originale, Malfoy. Non mi sono persa niente, ormai li conoscevo già tutti», la buttò sull'ironia lei, incerta di aver capito bene quello che era uscito dalle labbra del Serpeverde qualche istante prima.
Draco deglutì e la inchiodò con lo sguardo.
«Non sto scherzando, Granger», le disse serio. «Mi dispiace. Per tutto. Davvero.»
Hermione schiuse le labbra, ma non riuscì a dire niente; l'aveva presa alla sprovvista. Neanche una volta, da quando era iniziata qualsiasi cosa fosse, tra loro, aveva pensato che avrebbe ricevuto mai delle scuse. Lo guardò per qualche istante, sperando che capisse da solo che le stava accettando, perché lei non riusciva a dire nulla. Così aveva annuito e basta, piegando leggermente un lato delle labbra nell'accenno di un sorriso.
«Puoi perdonarmi, Granger?»
Nel suo tono di voce c’era una punta di supplica che spiazzò completamente la Grifondoro.
«Ti ho già perdonato quando hai deciso di voltare le spalle a Voldemort», gli disse senza esitare.
A quel punto, Draco fece un gesto che quasi la spaventò, aspettandoselo meno di quanto si aspettasse quelle scuse; le afferrò il polso e la tirò verso di sé per abbracciarla.
Hermione, che era seduta sulla sedia accanto a lui, gli cadde praticamente addosso, ma la presa decisa di Malfoy la stabilizzò immediatamente. Draco affondò il viso nei capelli di lei e chiuse gli occhi; sarebbe rimasto così per ore, inebriato dal profumo di lei, tenendosela seduta sulle sue ginocchia e concentrandosi sul pulsare del suo cuore contro il proprio petto. Il giovane cercò di non pensare al fatto che la sua mano destra giaceva sulla coscia nuda della ragazza, la cui vestaglia, data la posizione in cui era seduta, si era accorciata leggermente.
Allontanò il viso dall'incavo del suo collo per guardarla e spostò la mano destra dalla gamba di lei alla sua guancia, sicuro che Hermione non necessitasse più della sua presa per non cadere; iniziò ad accarezzarla dolcemente e a fissarla intensamente. Cercò di immortalare il suo aspetto in quel momento nella sua memoria: le guance arrosate, le labbra schiuse per la sorpresa, i suoi occhioni color cioccolato che lo scrutavano confusi e spiazzati dall'istante che stavano condividendo; il suo petto si alzava e si abbassava rapidamente.
Draco non si rese conto che le si stava avvicinando sempre di più, lentamente; la mano di Hermione si era spostata tremante ed esitante sulla guancia di lui, per poi scivolare tra i suoi capelli biondi, e i loro nasi erano arrivati a sfiorarsi quando lui chiuse gli occhi; le loro labbra erano a pochi millimetri di distanza... Un passo, solo un passo e l’avrebbe baciata. Un passo…
E poi avvertì il freddo. Lei non c'era più; si era ritratta di scatto ed era in piedi davanti a lui, ansante e sgomenta.
«Sudicia Sanguemarcio... osa toccare il padroncino… ah, se la mia padrona sapesse... ma ci penso io... c'è Kreacher qui...»
Era stato l'elfo domestico con la sua nenia a interrompere bruscamente il loro momento. Lo sguardo della ragazza saettò per un istante in direzione dell'elfo e Draco giurò di aver visto i suoi occhioni riempirsi di lacrime.
«Io... devo andare», farfugliò confusamente, poi corse via.
«Hermione!», la chiamò lui, senza neanche rendersi conto di aver usato il suo nome di battesimo; non fece in tempo a finire di pronunciare il suo nome che udì la porta della camera della ragazza sbattere e il rumore della chiave che girava nella serratura.
«Vaffanculo, elfo di merda!», inveì irato contro Kreacher. «Devi imparare a tenere chiusa quella tua maledetta boccaccia!»
Fece di corsa le scale e si avvicinò alla porta della stanza di Hermione; l’aveva quasi baciata. L’aveva quasi baciata e, inaspettatamente e straordinariamente, lei non si stava ritraendo; non lo avrebbe respinto se non fossero stati bruscamente interrotti. Quella consapevolezza animò il suo spirito di una speranza nuova, una fiamma che mai aveva bruciato così intensamente in Draco Malfoy, lo stesso ragazzo che aveva sempre considerato la speranza uno di quei sentimenti da buttare via, quando in quel momento gli sembrava l’unico appiglio alla vita che gli fosse rimasto.
La speranza di poter chiamare sua quella strega brillante e cocciuta che lo faceva letteralmente impazzire, in tutti i sensi del termine.
Poggiò l’orecchio contro il legno freddo della porta della stanza di Hermione, ma non udì alcun suono.
Corrugò la fronte, nel realizzare che la giovane aveva lanciato un Muffliato e dopo qualche istante di riflessione, Draco ne capì il perché.
Probabilmente stava piangendo.
Ed era la prima volta che Hermione Granger piangeva per qualcosa che le era stato detto in merito al suo status di sangue.
Non dovette sforzare molto le sue meningi, per ipotizzare cosa l’avesse ferita nella situazione; si ricordava bene l’effetto che la vicenda di Justin Finch-Fletchley e Daphne Greengrass aveva avuto su di lei, quando erano ancora a Hogwarts. Probabilmente, pensò, stava pensando a quello.
Probabilmente, le parole di Kreacher non avevano fatto altro che riaccendere l’umiliazione che aveva provato quel giorno.
Probabilmente, non sarebbe mai stata in grado di stare al suo fianco, senza ricordare a sé stessa che in passato lui l’aveva considerata inferiore.
E così come era arrivata, quella speranza bastarda si era spenta all’improvviso.

 
*

Draco non aveva neanche la minima intenzione di lasciar correre quella volta; era dalla morte di Silente che si giravano attorno in quel modo, da quando l’aveva quasi baciata tra le mura del Dormitorio Segreto.
Si avvicinavano, si stringevano, dannazione, spesso dormivano insieme e scacciavano via l’uno gli incubi dell’altro… Ma come si arrivava al dunque, non appena lui provava a fare quel passo avanti, tutto andava odiosamente a rotoli.
Quel maledettissimo elfo deteneva il record di interruzioni scomode, neanche avesse un radar che si attivava ogni qualvolta il giovane provasse a portare il suo rapporto con la Granger ad un livello superiore; non che fosse particolarmente convinto della correttezza delle tempistiche, ma se erano sul punto di venire separati, voleva lasciarle qualcosa che rimanesse con lei, qualcosa che le desse un pretesto per tornare da lui una volta che tutta quella storia fosse finita.
La pazienza non era mai stata tra le sue virtù, comunque.
Non importava quanto si ripetesse di non essere alla sua altezza, di non avere alcuna possibilità, di non poter competere con il ricordo di Cedric Diggory, Draco non riusciva a rinunciare, non riusciva neanche a considerare l’idea di arrendersi in partenza.
Semplicemente perché non poteva farlo; quella notte, nel bagno di Mirtilla Malcontenta, quando Hermione Granger gli aveva offerto la sua mano per aiutarlo, gli aveva inconsapevolmente anche donato qualcosa di più: una possibilità, una speranza di essere felice, nella vita.
E non gliene fregava niente della smorfia di disgusto che suo padre gli avrebbe certamente rivolto se lo avesse sentito parlare di quel tipo di sentimenti; lui non era Lucius e non era disposto a vivere una vita a metà, una vita grigia come quella che avevano vissuto i suoi genitori.
Loro si erano amati, eppure non erano stati in grado di rendersi felici; di rendere loro figlio, felice. Lui avrebbe fatto di meglio. Lui avrebbe fatto di tutto per avere di più, per avere quello che desiderava.
E quello che voleva era la Granger.
Si sarebbe impegnato ogni giorno della sua vita per diventare una persona che potesse meritarla, una persona migliore, per lei; non avrebbe smesso di provare a conquistarla finché non sarebbe stata lei stessa a dirgli chiaramente di non essere interessata, di non volerlo, di smettere di provare.
Non aveva più intenzione di lanciarle segnali e poi ritrarre la mano per nascondersi; non avrebbe più giocato sul sicuro; l’avrebbe affrontata, avrebbe parlato così chiaramente da non darle modo di fingere di non capire e di evitare di accettare la realtà dei fatti.
E avrebbe iniziato proprio dal quasi bacio che si erano quasi scambiati la notte precedente.
 
Ho quasi baciato Draco Malfoy.
Hermione giaceva sul letto a fissare il soffitto da ore; la sera prima era scappata su per le scale e si era rinchiusa nella sua stanza, per poi piangere fino ad addormentarsi.
Per cosa stesse piangendo esattamente, non era sicura neanche lei.
C’era indubbiamente una sorta di senso di colpa per quello che aveva provato alla sola vicinanza delle sue labbra con quelle del biondino; nei confronti di chi, non aveva idea.
Cedric? Harry e Ron? La sé stessa ragazzina che era stata buttata a terra costantemente da lui?
Poi, c’era il fatto che non fosse assolutamente il momento adatto per sentire quel genere di cose: erano nel bel mezzo di una guerra e nessuno aveva la certezza di sopravvivervi, qualsiasi nuovo sentimento poteva esser considerato una minaccia, una scomodità, un ulteriore fardello, un rischio o un ostacolo. Soprattutto per un cuore già provato come il suo.
Infine, era arrivato Kreacher a ricordarle tutti i motivi per cui provare qualcosa nei confronti di Draco Malfoy, o farci qualsiasi cosa assieme, fosse profondamente sbagliato; lei era una Nata Babbana e lui restava, seppur con una recente revisione delle sue vedute, l’erede di una delle più antiche e tradizionaliste famiglie Purosangue del mondo magico, nonché figlio di un noto Mangiamorte. Suo padre l’avrebbe uccisa senza esitazione e Romeo e Giulietta era sempre stata un’opera che aveva collocato nella categoria ‘belle da leggere, ma non vorrei mai viverle’.
Non c’era modo che quella faccenda andasse a finire bene; sarebbero morti o finiti con il cuore infranto a leccarsi le ferite da soli.
No, Hermione non poteva permettersi di arrendersi ai desideri del suo corpo, sperando che fossero ancora semplicemente imputabili a quello, ad una specie di attrazione fisica, e che il suo cuore non avesse da ridire sulla posizione che aveva preso; si sarebbe tenuta alla larga da Draco, d’altronde a breve i membri dell’Ordine avrebbero fatto capolino a Grimmauld Place e non sarebbero stati più solo loro due. Lei sarebbe comunque andata via molto presto e non lo avrebbe rivisto per chissà quanto tempo… Sempre ammesso che sarebbe sopravvissuta alla guerra per rivederlo.
Poteva farcela; poteva evitare che la situazione degenerasse e sfuggisse al suo controllo.
Aveva saltato la colazione, scoprendosi incapace di alzarsi dal letto dopo essersi svegliata; avvertiva ancora una sorta di magone alla bocca dello stomaco, che comunque aveva smorzato la sua fame. Sapeva perfettamente, però, di non poter mancare anche il pranzo o si sarebbe trovata il biondino proprio alla sua porta.
Cosa gli importasse di quello che faceva lei, a Hermione non era ancora ben chiaro; dubitava che quel quasi bacio avesse avuto un qualche significato, per lui. Probabilmente si era solo perso nel momento e fine della storia; probabilmente era solo in astinenza da Pansy Parkinson e lei era l’unica ragazza che vedeva da mesi, l’unica persona che vedeva da mesi. A meno che di non contare Severus Piton e Hermione dubitava fortemente che il professore fosse in alcun modo attraente agli occhi del biondino. Di nessuno, in realtà, ma non era quello il punto.
Il punto era che in altre circostanze, Draco Malfoy non l’avrebbe mai nemmeno guardata, figurarsi se si sarebbe mai potuto interessare a lei… a una come lei; e aveva anche lui avuto un’intera notte e tutta la mattina per rimuginarci sopra. Sicuramente, era giunto alle stesse conclusioni.
Avrebbe deciso, come lei, di fare finta che non fosse accaduto niente.
In realtà, constatò, non è davvero accaduto niente.
Tanto meglio, non avrebbe dovuto fingere proprio nulla.
Convinta del disinteresse che Malfoy avrebbe avuto nel sollevare la questione, la Grifondoro si era alzata i capelli e li aveva bloccati con una pinza, poi era scesa in cucina per preparare il pranzo.
Si stava massaggiando la nuca scoperta, attendendo che l’acqua bollisse, quando qualcuno apparve all’improvviso a pochi millimetri da lei. Hermione sobbalzò e strillò.
Draco ghignò e lasciò cadere la fiala vuota di antidoto alla pozione dell’invisibilità nella pattumiera.
«Merlino, Malfoy!» strillò la ragazza, portandosi una mano sul petto; quella volta si era spaventata veramente; era sovrappensiero e vederlo sbucare così dal nulla a un soffio da lei le aveva fatto saltare il cuore in gola.
Non era sicura se il motivo di ciò fosse la sua apparizione improvvisa, o la sua vicinanza dato che il ricordo del quasi bacio della sera prima, - e della sua mano sulla sua coscia, tocco che poteva ancora avvertire sulla pelle -, bruciava ancora.
«Tu sei pazzo! Non è divertente, avrei potuto versarci addosso l’acqua bollente!»
Così impari a scoprire quel maledetto collo; e a strofinartelo facendolo arrossare e rendendolo così invitante, dannata strega! pensò Draco.
Il Serpeverde scrollò le spalle. «Ma non lo hai fatto.»
Hermione alzò gli occhi al cielo, il respiro ancora accelerato; da una parte, ringraziava Merlino e Morgana di avere una scusa per lo stato in cui si trovava, perché non era affatto certa che dipendesse realmente dallo scherzo che il biondino le aveva fatto.
Un sorrisetto beffardo si disegnò sul volto del giovane quando notò che del sugo era schizzato proprio sul collo della ragazza; probabilmente quando era sobbalzata e aveva lanciato il mestolo nella pentola.
Tese un dito e lo fece scorrere sul punto incriminato, togliendo via il cibo dalla pelle della ragazza; la vide sussultare e voltarsi a guardarlo con gli occhi sbarrati.
Hermione arrossì quando trovò Draco con il dito sulle labbra.
«C’era del sugo» spiegò lui con nonchalance. «Manca un po’ di sale.»
Si sporse leggermente per aprire l’anta di un armadio e prendere il contenitore di sale; nel farlo, ovviamente, si accertò di sfiorare la Granger con il proprio corpo. Le era così vicino che avvertì i suoi capelli solleticargli il mento.
Non aveva programmato di flirtare con lei in quel modo spudorato, ma se il suo Granger-radar funzionava correttamente, dal modo in cui si era comportata fino a quel momento con lui, aveva compreso che la ragazza avesse intenzione di chiudere in un cassetto quello che era quasi successo la sera prima.
Draco non era d’accordo.
Avrebbe applicato la sua strategia, elaborata specificatamente per la Granger, anche a quello, se fosse stato necessario; l’avrebbe portata all’esasperazione, finché non sarebbe scoppiata e non sarebbe stata abbastanza lucida da razionalizzare la situazione e si sarebbe lasciata scappare qualcosa. Perché lui non era stupido e si era accorto che anche lei si stava sporgendo verso di lui, la notte prima.
Doveva provare qualcosa per lui.
Non gli importava cosa fosse, purché fosse qualcosa. Si sarebbe accontentato, non chiedeva molto e comunque qualsiasi cosa avesse voluto dargli la Granger sarebbe stato più di quanto meritava.
Hermione si irrigidì, diventando scarlatta in viso; fece finta di allontanare il vapore, per dare l’idea che fosse quello a scatenare la sensazione che la temperatura nella stanza fosse aumentata di circa cento gradi.   
Con una lentezza estenuante, avendo la premura di far aderire perfettamente la schiena della Granger al suo petto, Draco versò del sale nella pentola del sugo.
«Ma insomma!» trillò la ragazza. «Se vuoi cucinare tu, dillo direttamente e io mi sposto!»
Draco le rispose con un sorriso malizioso e un’alzata di mani; indietreggiò lentamente, cercando di non scoppiare a ridere per l’espressione che vedeva dipinta sulla faccia paonazza della Grifondoro.
Pensò che avrebbe potuto prenderci gusto a farla imbarazzare in quel modo, e per un momento valutò seriamente la possibilità di non sollevare la questione del quasi bacio; avrebbe potuto continuare così, godersi le reazioni involontarie del corpo della Granger al suo, reazioni che se avesse fatto notare lei avrebbe sicuramente negato, e magari alla fine sarebbe scoppiata e sarebbe stata lei a baciarlo.
No, merita un passo da parte tua. Sei tu che devi esporti, questa volta, lo redarguì la sua voce interiore. Draco concordava con lei, ma sarebbe stata una dolce tortura provocare la Granger in quel modo… peccato che non avesse tempo per stupidi giochini.
Si sedette su una sedia e prese a fissarla; sapeva che se ne sarebbe accorta.
Hermione imprecò tra sé e sé. Capiva sempre quando le iridi grigie di Malfoy si posavano su di lei e poteva sentirle in quel momento, bruciare la sua pelle a distanza.
Prese a torturarsi il collo, fingendo indifferenza, fingendo di pensare a quello che aveva sui fornelli a non alle sue spalle; fingendo di non aver avvertito una sensazione di calore propagarsi per tutto il suo corpo quando Malfoy l’aveva toccata.
Maledizione, maledizione, maledizione!
«Ti sto rendendo nervosa, Granger?» le domandò in tono provocatorio, incrociando le braccia al petto.
Credi sul serio che ormai non riconosca il linguaggio del tuo corpo, strega?
La Grifondoro si irrigidì.
Oh, non ci sto. Proprio per niente, pensò irritata la ragazza.
Spense i fornelli e si incamminò in direzione della porta. «Puoi dire a Kreacher di finire.»
Draco scattò; con un balzo, le prese un polso e la mise con la schiena contro il muro; poi poggiò entrambe le mani ai lati della sua testa.
«Non così in fretta, Granger», le sussurrò con voce bassa e strascicata.
Hermione deglutì e represse un brivido, senza però staccare il suo sguardo da quello del giovane; il suo coraggio da Grifondoro glielo impediva. C’era qualcosa, però, nel luccichio negli occhi del Serpeverde, che le fece tremare le gambe e una leggera punta di panico le attraversò tutto il corpo.
«Che cosa vuoi, Malfoy?» domandò con voce, suo malgrado, tremula.
Il biondino sfoggiò un sorrisetto malizioso.
Malfoy, ah? Commentò nella sua mente. Va bene, Granger. Vuoi giocare? Giochiamo.
«Cos’è successo ieri sera, Granger?»
Hermione si schiarì la gola. «N-niente.»
Draco alzò un sopracciglio. «Non sembrava niente
«N-non capisco a cosa ti stia riferendo», insistette la ragazza, sforzandosi di mantenere ferma la sua voce. Sentiva il respiro del giovane contro la sua pelle e l’esigua distanza tra i loro corpi stava iniziando a farle girare la testa. Si impose di non guardargli le labbra; non che fosse semplice, lei in altezza gli arrivava appena sotto il mento e anche solo per tenere gli occhi puntati in quelli di lui, doveva sollevare il capo.
Respira, Hermione, respira.
Fu inondata dal profumo di Draco non appena inspirò.
Non respirare, Hermione! Non. Respirare.
Si chiese cosa accidenti stesse passando il Serpeverde e imprecò tra sé e sé.
«Ah, no?» domandò lui staccando la mano destra dalla parete e portandola sul suo viso, per scostarle una ciocca di capelli dagli occhi; il lieve contatto del dito del ragazzo sulla sua fronte la fece rabbrividire nuovamente.
«N-no. N-non è successo niente.»
Draco impigliò la mano con cui non si stava sorreggendo ai capelli della Granger, poi mise un pollice sulla sua guancia e prese a muoverlo lentamente sulla pelle di lei; lo spostò fino a sfiorarle appena le labbra.
«Cosa senti nell’Amortentia, Granger?» le domandò a bruciapelo, la voce un sussurro roco; spostò nuovamente lo sguardo dalle sue labbra e fissò gli occhi in quelli di lei.
Hermione lo fissò sgomenta. «Cosa?»
«Ti ho chiesto», ripeté lentamente il ragazzo, passandosi la lingua sul labbro inferiore e intensificando ulteriormente il suo sguardo; la ragazza notò che i suoi occhi erano diventati più scuri del normale e la sua voce era sempre più roca. Sapeva cosa significava: desiderio.
«Cosa senti nell’Amortentia, Granger?»
«C-cosa ti importa? N-non ti riguarda!» protestò la giovane con un acuto agitato.
«No?» chiese ancora lui, alzando un sopracciglio; Hermione pensò che le sarebbe piaciuto da morire cancellare quel ghigno del cavolo dal suo viso a suon di schiaffi.
Non glielo avrebbe mai detto, non poteva saperlo. O forse lo sapeva già?
Non essere sciocca, come potrebbe saperlo?
La Legilimanzia sussurrò, una vocina scomoda proveniente dai meandri della sua mente.
No, non avrebbe aspettato tanto per cogliere l’occasione di punzecchiarmi sull’argomento e ha detto di non averlo più fatto dopo aver accettato il mio aiuto. 
Si domandò se non le avesse mentito, ma ricordò anche di avergli promesso fiducia non poco tempo prima; e poi, le era sembrato sincero, quando avevano chiarito la questione della sua condizione di Legilimens.
«N-no» farfugliò incerta; avrebbe voluto divincolarsi e sgattaiolare via, ma la forza di muoversi sembrava aver abbandonato totalmente il suo corpo.
Perché il suo corpo non voleva muoversi.
La sua mente, il suo corpo, il suo cuore, i suoi polmoni… tutto sembrava intenzionato a tradirla, in quel momento.
«Smettila di mentire, Granger.»
A te stessa o a me, a chiunque tu stia mentendo… pensò; lo riusciva a sentire, riusciva a percepire l’anticipazione che il corpo di lei stava provando.
Per favore, Granger. Smettila di negare che c’è qualcosa tra di noi. È palese ormai.
Come fosse possibile che lui fosse riuscito ad accettare la cosa prima di lei, non gli sarebbe stato mai chiaro.
«I-io…»
Hermione non aveva idea di chi ringraziare per quello che successe dopo; una luce argentea saettò nella stanza, accecandoli.
Il Serpeverde fece un passo indietro per la sorpresa e la Grifondoro approfittò di quell’attimo di distrazione per liberarsi da quella posizione scomoda.
«L’Ordine arriverà tra un paio d’ore, signorina Granger», disse una voce proveniente dal Patronus, la voce che entrambi riconobbero come quella di Lupin; poi la luce svanì.
Draco inveì dentro di sé per lo stramaledettissimo tempismo che chiunque attorno a loro pareva avere.
C’ero quasi, per Salazar. C’ero quasi, lo aveva quasi ammesso.
Poi fu investito in pieno da un moto di irritazione, nel realizzare che da quel momento in poi non sarebbero più stati solamente lui e la Granger.
La ragazza tirò un sospiro di sollievo impercettibile; le avrebbe fatto comodo, avere intorno della gente. Non capiva cosa si fosse messo in testa il Serpeverde, ma tutto ciò che il suo cervello sembrava urlarle in quel momento era: pericolo, pericolo, pericolo.
Il cuore le batteva furiosamente contro il petto; aveva cercato di baciarla di nuovo? Perché accidenti Draco Malfoy avrebbe voluto baciarla?
Sono Hermione Granger, Merlino, questo non… non può essere!
La giovane corse immediatamente verso le scale, ansante già prima di iniziare a correre e conscia che il biondino si sarebbe riscosso dallo stupore da un momento all’altro.
«Granger, non avevamo ancora finito di parlare!» le urlò dietro.
«Non c’è niente di cui parlare, Malfoy!» gli aveva gridato lei di rimando, ma Draco la notò distintamente, quella nota di panico nella sua voce.
Sembra che dovrò torturare la Granger, dopotutto, pensò accettando la sfida.

 

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Capitolo 51
*** CAPITOLO 46 ***


CAPITOLO 46
















Si chiuse nella sua stanza con un doppio giro di chiavi e un Colloportus per buona misura; sapeva che Draco poteva essere molto insistente e persuasivo, quando voleva e le era sembrato molto ostinato a discutere di quanto fosse accaduto, - quasi accaduto -, la sera prima, contro ogni sua previsione. Hermione non ne aveva la benché minima intenzione.
Maledette Serpi e la loro determinazione.
Mise la schiena contro il legno; il suo petto si gonfiava e sgonfiava rapidamente, dato il respiro accelerato, e il cuore sembrava sul punto di sfondarle la cassa toracica da un momento all'altro, tanto forti erano le sue pulsazioni.
Respirò a fondo, cercando di calmarsi e chiuse gli occhi, mentre si lasciava scivolare lungo la porta per sedersi sul pavimento. Poggiò il capo contro il legno.
Calma, Hermione. Pensa. Non puoi... è Malfoy. Riprenditi.
«Che diavolo mi succede?», sussurrò a sé stessa, prendendosi il volto tra le mani.
E che diavolo succede a lui?
 
Sentì dei rumori provenire dal piano di sotto e guardò l'orario; dovevano essere arrivati i membri dell'Ordine. Si precipitò immediatamente fuori dalla stanza e percorse la distanza a grandi falcate.
La prima persona che incrociò sul suo cammino, ovviamente, fu Draco Malfoy.
Se ne stava con una spalla poggiata contro lo stipite della porta di ingresso del disimpegno che conduceva alla cucina. Hermione era sicura che non si sarebbe spostato per farla passare. Le avrebbe detto qualcosa tipo «Perché dovrei? Ci passi lo stesso», solo per torturarla.
Non era stupida e sapeva che non lo era neanche lui; aveva dimostrato un così scarso controllo su sé stessa e sulle sue emozioni che non c'era assolutamente modo che Malfoy non avesse capito, che non si fosse accorto dell’effetto che aveva su di lei.
Quando era successo? Quando si era lasciata assuefare in quel modo dal Serpeverde? Quando si era distratta al punto da perdere il completo controllo sulle proprie emozioni? Quando aveva abbassato la guardia? Per quanto ci avesse riflettuto sopra, Hermione non era stata in grado di individuare un momento preciso.
Si era bloccata sugli scalini, persa nei suoi ragionamenti, ma il biondino parve accorgersi della sua presenza perché si voltò a guardarla. I loro occhi si incrociarono e per la prima volta in vita sua la ragazza non riuscì a reggere il suo sguardo.
Arrossì violentemente e puntò gli occhi in un’altra direzione.
Blaise Zabini entrò in quel momento.
«Ma guarda chi c'è!», esclamò entusiasta. «La mia Nata Babbana preferita!»
La strinse in un abbraccio, che mise leggermente a disagio Hermione perché proprio non se lo aspettava.
«Cos'è, un paio di settimane con i Weasley e hai cambiato totalmente personalità, Blaise?», scherzò ridacchiando la ragazza.
Il giovane scrollò le spalle. «Non sono più obbligato a tenere il palo in culo, no?»
Hermione rise più forte, riconoscendo la battuta di Ginny nelle sue parole. Pensò che la presenza di Zabini avrebbe potuto creare dei problemi una volta arrivato anche Harry, ma scacciò il pensiero classificandolo come 'problema per dopo che spero non si presenti affatto, anche se ciò va contro ogni pronostico'.
Blaise fece un passo per dirigersi nell'altra stanza, ma si congelò sul posto immediatamente.
Draco Malfoy lo stava fissando con un sopracciglio alzato e la sua usuale espressione infastidita dalla sola esistenza sulla Terra di altre persone oltre a lui.
In realtà, Draco era solo infastidito da quella di Blaise.
«Zabini, cos'è quella faccia?», esordì sarcastico il biondino. «Sembra tu abbia visto un fantasma.»
L'altro Serpeverde, suo malgrado e malgrado lo shock, rise. «In un certo senso.»
Zabini guardò Hermione, che per qualche assurdo motivo non riuscì ad impedirsi di arrossire.
«È sotto la protezione dell'Ordine», gli spiegò, conscia che tutti i nodi sarebbero venuti al pettine; ma Blaise non disse mezza parola sulla serie di bugie ed omissioni da parte di entrambi. Lui, che non aveva fatto il nome di Malfoy per lealtà verso un compagno di Casa; lei, che non lo aveva detto a lui per proteggere Malfoy.
«Sapevo che non era possibile avessi tirato le cuoia in un modo mortalmente banale, Malfoy!», commentò il ragazzo, dandogli una pacca sulla spalla.
Ron Weasley si affacciò proprio in quel momento. «Hermione!» esclamò entusiasta, sorridendo alla sua amica e aprendo le braccia per accoglierla.
Lei gli corse incontro e si strinsero in un caloroso abbraccio.
«Li ho convinti ad anticipare il nostro arrivo», le disse il rosso con una punta di orgoglio mentre si ritraevano entrambi dal saluto.
Beh, potevi farti i cazzi tuoi, Weasel, pensò Draco irritato, ma il suo fastidio per Ronald fu presto sormontato per quello provocato dall'espressione che colse sul volto di Zabini mentre guardava il fondoschiena della sua strega.
Della Granger. Si corresse subito. Non è la tua strega. E sembra terribilmente intenzionata a non diventarlo.
Blaise si voltò a guardarlo, percependo su di sé l'occhiata truce del suo vecchio compagno di casa.
«A quello, la divisa, non rendeva affatto giustizia», commentò ammiccando nella sua direzione. Ma Draco non rise alla battuta, anzi, alzò un sopracciglio e lo fissò, se possibile, ancora più torvo.
Zabini sbuffò e gli si avvicinò. «Sai amico, dovresti provarci anche tu.»
«Come dici?», domandò perplesso Draco.
«A toglierti il palo in culo che ci hanno insegnato a metter su da piccoli.»
Blaise gli rivolse un sorriso di scherno, gli diede un’altra pacca sulla spalla e se ne andò in cucina due secondi dopo.
Il biondino sbuffò e raggiunse la mandria di nuovi arrivati, quasi tutti insopportabili teste rosse; sentiva già i nervi tendersi e prepararsi a saltare.
Individuò la Granger in un attimo e la tirò per un braccio, avvicinandola a sé.
«Granger» le sussurrò in un orecchio con fare serio e le guance leggermente arrossate. «Che cos'è questa storia dei pali in culo?»
Hermione rise e anche di gusto. «Ginny», disse soltanto, come se quello spiegasse tutto. Allo sguardo confuso del Serpeverde, la ragazza rispose posando una mano sul suo braccio. «Lascia perdere, Draco» aggiunse divertita. «Non è niente di importante, solo una vecchia battuta.»
Ma a Draco non fregava più niente della domanda che le aveva rivolto, né del fatto che stava palesemente ridendo di lui; guardava la mano della Grifondoro su di sé, in un gesto incredibilmente ordinario che lei aveva fatto spontaneamente. Nei suoi confronti. Non poté fare a meno di sorridere.
Nessuno dei due si accorse dell'occhiataccia che Ron lanciò nella loro direzione.
 
Dopo i saluti generali, i membri più adulti dell’Ordine si erano chiusi in cucina e avevano lasciato gli altri a sollazzarsi in salotto.
Draco non si stava divertendo; si era versato un bicchiere di Firewhiskey, - non c’era modo che sopravvivesse a tutto quello senza scoppiare restando sobrio -, e si era posizionato davanti alla finestra, in silenzio.
Le Donnole erano rumorose; non che non se lo aspettasse, ma da quando erano arrivati non c’era stato un singolo momento di pace. Rimpiangeva già le ore trascorse in silenzio a leggere con la Granger, o le conversazioni sussurrate di notte al chiaro di luna, in quello stesso salotto, quando non riuscivano a dormire; era stata durante una di quelle occasioni che le aveva preso la mano per la prima volta. Hermione gli stava parlando dei suoi genitori, raccontandogli della sua infanzia, e quando si era rabbuiata, lui aveva fatto lentamente scivolare la mano sulla sua e aveva iniziato ad accarezzargliela con il pollice; in risposta a quel gesto, lei si era limitata a posare la testa sulla sua spalla, sebbene avesse notato dell’esitazione da parte della ragazza.
Quello di cui necessitava Draco era un po’ di tranquillità per pensare a come agire, a come comportarsi con lei da quel momento in poi; era certo che la Granger provasse almeno un minimo di attrazione nei suoi confronti e voleva capire come sfruttare ciò a suo vantaggio. C’era un’altissima probabilità che la giovane fosse spaventata da quel sentimento.
È un sentimento? Si domandò incerto.
Era sparita non appena i membri dell’Ordine avevano iniziato la riunione; era salita su per le scale con Weasley e si erano chiusi in una stanza. L’idea di ciò lo stava torturando.
Sbuffò all’ennesimo strillo di Ginny, a cui i gemelli avevano fatto gonfiare i capelli con un incantesimo; lasciò il bicchiere sul tavolo e si diresse verso le scale, con tutta l’intenzione di rinchiudersi nella sua stanza, isolarla e non uscire di lì fino al momento in cui sarebbe stato trasferito altrove. Si sarebbe fatto portare i pasti dall’elfo, almeno avrebbe avuto un’utilità quella stupida e vile creatura.
Se non altro, lo avevano lasciato in pace. Lo avevano totalmente ignorato, il che era comunque preferibile alla schiera di insulti, minacce e provocazioni che si era prefigurato. Forse i capostipiti Donnola gli avevano fatto una bella strigliata prima di giungere sul posto, intimando loro di mantenere toni calmi e un clima di convivialità.
«Sai, non c’era bisogno di far accelerare le cose» udì dire alla Granger inavvertitamente; non solo quei due geni non avevano neanche avuto l’accortezza di lanciare un Muffliato sulla porta, ma l’avevano anche dimenticata socchiusa. Probabilmente la Donnola ci aveva trascinato dentro Hermione, se la conversazione fosse partita da lei ci avrebbe pensato.
«Non mi sentivo a mio agio all’idea di lasciarti sola qui con Malfoy», le aveva risposto Weasley.
Draco strinse la mascella e serrò i pugni.
Quell’idiota.
«Quante volte te lo devo ripetere, Ronald?», disse stancamente la ragazza. «Draco non è un pericolo per me. Non è un pericolo per nessuno
Il Serpeverde non poté fare a meno di sorridere a quelle parole, alla convinzione che trasudava dalla voce della strega; aprì la porta della sua stanza. Non era sua intenzione origliare, lei non avrebbe apprezzato e il punto era che ormai la rispettava troppo per superare quei limiti che un tempo non si sarebbe fatto alcuno scrupolo a oltrepassare.
Se ne rendeva perfettamente conto di quanto lo stesse cambiando, di quanto lo stesse aiutando a diventare una persona migliore, una persona che non avrebbe mai immaginato di poter diventare; né aveva mai voluto farlo, prima di conoscerla.
Ma quello che venne dopo attirò la sua attenzione, facendolo fermare sui suoi passi.
«Cos’è questa storia che lo chiami per nome?» sentì chiedere a Weasley. «Vi ho visti prima, gli hai toccato il braccio come se foste amici di vecchia data e lui ti stava praticamente appiccicato. Da quando vi toccate
«Merlino, Ron! Non ho intenzione di avere questa conversazione», ribatté la giovane. «Non iniziare. Smettila di fare il bambino.»
Lui sbuffò a quel rimprovero. «Mione, vorrei solo che tu riflettessi…»
«Non devo riflettere proprio su nulla. Sei appena venuto a conoscenza delle cose, per me va avanti da mesi» lo bloccò sul nascere lei. «Fidati di me e basta. Il mio rapporto con Malfoy non è affar tuo. Solo… cercate di non ammazzarvi a vicenda, mentre siamo tutti insieme.»
«È a lui che devi dirlo, non sono io il Mangiamorte qui.»
Quelle parole fecero raggelare Draco; si portò istintivamente la mano alla bacchetta e la strinse tra le dita, avvertendo il sangue ribollire nel suo corpo per la rabbia.
«E non guardarmi così, non a tutti piace fraternizzare con il nemico.»
«Draco non è il nemico» replicò gelida lei. «E finiscila con la storia di Krum, che tra parentesi, non era un nemico neanche lui. Cos’è che ti scoccia tanto, comunque, che mi abbia portata al Ballo o che non ci abbia portato te?»
Il rosso divenne paonazzo e Draco dovette mordersi la lingua per non scoppiare a ridere alla battuta della Granger.
«Non è questo il punto. Non mi piace l’idea che tu e Malfoy-»
«Ron te lo ripeto per l’ultima volta, tu fai che vuoi. Ma resta fuori dal mio rapporto con lui o avremo dei problemi di cui al momento non abbiamo affatto bisogno.»
Fu la risposta di lei a impedirgli di fare irruzione nella stanza e affatturare Weasley; forse contava qualcosa per lei, forse… forse era un pochino importante, quello che c’era tra di loro, anche se si rifiutava ancora di dargli un nome.
«Sei seria? Come fai a prendere le sue parti?»
«Prendo le sue parti, Ronald, perché lui ci sta provando a fare di meglio. E ci sta riuscendo. Tu in un mese non sei neanche stato in grado di considerare l’idea di fare altrettanto ed è alquanto deludente, da parte tua.»
Si richiuse immediatamente la porta alle spalle, appena in tempo per udire quella della camera in cui erano i due Grifondoro sbattere e i passi arrabbiati e inconfondibili della Granger scendere le scale.
Sorrise al pensiero che lei credesse in lui fino a quel punto, fino ad arrivare a difenderlo dalle accuse e dai sospetti di uno dei suoi migliori amici.
 
Hermione sgattaiolò fuori dal suo letto e uscì dalla stanza che condivideva con Ginny cercando di non fare il minimo rumore. Fece scorrere le dita sul legno della porta della camera in cui dormiva Draco, esitante. Trasse un profondo respiro prima di bussare appena.
L’ultima volta che lo aveva visto era stato quando le aveva chiesto spiegazioni sulla battuta di Zabini; non era sceso a cena, ed era sinceramente preoccupata.
Lo sentì mormorare un «entra» appena udibile. Spinse con cautela la porta e se la richiuse alle spalle, lanciandovi contro un paio di incantesimi non verbali.
Capì immediatamente che gli stava bruciando il Marchio dal pallore e dalle goccioline di sudore sul suo viso, dalla posizione in cui si era rannicchiato sul letto. Da quella smorfia di dolore sul volto.
Gli si avvicinò lentamente e si distese al suo fianco, portandosi il capo del giovane sul petto per accarezzargli i capelli in maniera più agevole; lo vide immediatamente chiudere gli occhi e rilassare i muscoli a quel contatto.
«Stai bene?», gli domandò sommessamente.
Draco annuì.
Hermione evocò una bacinella e la riempì d’acqua; poi evocò un asciugamano e prese a pulire il volto del giovane; gli si era alzata la temperatura corporea e quella era una novità.
Si obbligò a non farsi prendere dal panico.
«Da quanto tempo stai così? Non eri a cena…»
Il Serpeverde deglutì. «Ho mangiato qui, non mi sento a mio agio, di sotto.»
«Non devi farti di questi problemi, Draco…» iniziò lei dolcemente.
«Meno mi faccio vedere, meglio è» si sforzò di parlare il ragazzo. «Sai benissimo che non sono ben accetto dagli altri.»
«Sei ben accetto da me», obiettò Hermione. «Non dobbiamo più… odiarci, sai? Neanche davanti a loro…»
Lui non rispose, ma sospirò.
«A meno che tu non… insomma… ti vergogni di me, Draco?» chiese con un fil di voce.
La mano del giovane si chiuse tremante sul fianco di lei. «Mai, Granger», le disse. «Fosse stato per me non avrei finto neanche a Hogwarts.»
Fosse stato per me ti avrei baciata davanti a tutti questo pomeriggio, aggiunse poi nella sua testa.
La Grifondoro non riuscì a reprimere un sorriso a quelle parole.
«Resti qui, Granger?»
Hermione acconsentì e si sistemò meglio per assumere una posizione più comoda per entrambi.

 
*

Draco si era svegliato in un letto vuoto; se lo aspettava, che la Granger sarebbe sgattaiolata via prima che gli altri si fossero destati, ma trovò sgradevole la cosa ugualmente.
Si passò una mano sul volto; quantomeno era riuscito a dormire qualche ora, avvolto tra le braccia della Grifondoro.
Sembrava che ormai riuscisse a dormire solo avendola accanto; il che era sostanzialmente problematico, visto che se ne sarebbe andata a breve e lui aveva apertamente flirtato con lei solo il giorno prima e aveva provato a baciarla, - quante volte a quel punto? Tre? -, nessuna delle quali era andata in porto.
Il timore di essersi immaginato tutto stava lentamente iniziando a svilupparsi dentro di lui, ma faceva del suo meglio per ignorarlo.
Quello di cui era certo era il fatto che aveva bisogno di una nuova strategia; non poteva flirtare liberamente con la Granger con tutte quelle teste rosse irritanti in giro per la casa.
Ron, in particolar modo, le stava perennemente addosso; ogni qualvolta la ragazza si trovava da sola con lui, infatti, Weasley compariva magicamente nella stanza e se la portava via con qualche ridicola scusa o si piazzava sul divano accanto a lei, cercando di attirare la sua attenzione con qualche stupidaggine.
Non ha proprio idea di come intavolare un discorso stimolante con la Granger, aveva pensato più volte Draco.
Se non si fossero trovati nel bel mezzo di una guerra e il Marchio non gli avesse tolto lucidità un giorno sì e l’altro pure, lui e la Granger a quel punto avrebbero benissimo potuto trovare il modo di velocizzare l’effetto di ricrescita delle ossa dell’Ossofast o scoprire come renderlo meno doloroso.
Sussultò, quando udì la porta della sua stanza aprirsi.
«Non si bussa, Granger?» le domandò più acidamente di quanto intendesse fare; pensare alla Donnola lo irritava sempre.
«Ho bussato!» esclamò lei voltandosi immediatamente di spalle; era a petto nudo.
Perché ultimamente è sempre a petto nudo? Si chiese scocciata.
Non le dispiaceva davvero, ma non riusciva più a guardarlo senza arrossire o iniziare a sentire inspiegabilmente caldo.
E non era dovuto al tempo.
«Sei diventato sordo?»
Draco ghignò e le si avvicinò alle spalle.
«Da quando ti imbarazza vedermi a torso nudo, Granger?», la stuzzicò con tono provocatorio. «Non è mica la prima volta!»
La ragazza deglutì. «Sono venuta a chiamarti per la cena», lo informò ignorando il quesito che le aveva appena rivolto.
«E io ti ho fatto una domanda, Granger» insistette lui sussurrando; la sua voce sembrava carezzarle la pelle quando usava quel tono, e il suo respiro, che si schiantava direttamente sul suo collo, non la aiutava a restare lucida.
Si voltò di scatto, probabilmente con tutta l’intenzione di colpirlo, ma lo trovò a pochi centimetri dal suo viso… che le sorrideva. E lei dimenticò che volesse tirargli uno schiaffo sulla spalla.
«La cena è pronta», gli disse di nuovo.
Ovviamente, non si era infilato una camicia nel frattempo.
«Sì, Granger. Lo hai già detto» le fece notare, senza riuscire a trattenere una risata.
Rifletté che sarebbe stato veramente esilarante continuare a giocare in quel modo, se solo non avesse avuto tempi ristretti; la sola espressione sul viso della Grifondoro valeva la tortura di attendere.
Non voleva tirare troppo la corda, però.
Afferrò la camicia che aveva accuratamente poggiato sul letto e se la infilò, richiudendosela con un po’ più di lentezza del necessario.
«Non scendi?» gli chiese.
Il ragazzo fece una smorfia. «Penso che mi farò portare qualcosa quassù da Kreacher. Ci ho provato, Granger… Preferisco così.»
«Draco, non isolarti…»
«Troppi Grifondoro, Granger… e me ne piace solo uno» ribatté lui ammiccando nella sua direzione.
Hermione arrossì a quelle parole, ma un angolo delle labbra scattò incontrollato all’insù.
«C’è anche un altro Serpeverde» gli fece notare.
«Che mi piace ancora meno» terminò sardonico per lei.
«Qual è il problema tra te e Blaise?»
Draco fece spallucce. «Non ci siamo mai andati particolarmente a genio.»
«Sembra ben disposto nei tuoi confronti, però. Dai, dà loro una possibilità» insistette la giovane; non le andava di lasciarlo solo in quella stanza, temeva… temeva che si sarebbe richiuso nuovamente in sé stesso. E non voleva che credesse che ora che ci sarebbero stati gli altri, lo avrebbe abbandonato.
Se c’era una cosa che aveva capito di Draco, e che era sepolta molto profondità rispetto al range di emozioni o tratti della personalità che lasciava trasparire all’esterno, era che in realtà fosse estremamente insicuro. Lo aveva dimostrato ampiamente in passato cercando continuamente la validazione del padre, cercando di fare di tutto per vivere secondo le sue aspettative e all’altezza di esse; cercava anche la validazione dei docenti ed era per quel motivo che spesso si erano scontrati dopo le lezioni a Hogwarts: competizione. Lo aveva provato anche quando si rifiutava di credere che lei ci vedesse veramente del buono in lui.
Gli tese una mano.
Ah, pensò Draco a quel gesto. Questa non me la posso lasciare scappare.
La afferrò. «D’accordo, Granger» asserì, «ma se finiamo per affatturarci, la colpa sarà tua, non mia.»
Lei gli sorrise.
 
I membri più adulti dell’Ordine erano andati a dormire già da un po’.
Hermione aveva avuto la brillante idea di preparare una roba babbana chiamata frappé e tutti ne erano stati entusiasti; Draco non aveva idea di cosa fosse, ma lo stava preparando la Granger e aveva deciso di restare.
I gemelli le stavano ronzando intorno da diversi minuti.
«Perché non portate le tazze in tavola, voi due?» domandò spazientita a un certo punto.
«Portale tu le tazze in tavola!» ribatté Fred.
«Noi vogliamo fare quello» aggiunse George, indicando il frullatore babbano che la ragazza si era portata dietro.
Aveva detto che era un dolce o una bevanda? Draco non ne era sicuro. Forse entrambi.
La giovane gli passò una tazza e gli rivolse un mezzo sorriso, mentre si accomodava sulla sedia accanto alla sua.
Il Serpeverde sapeva che la Donnola li stava fissando; li aveva guardati corrucciato per tutta la sera. Al biondino quasi divertiva la cosa.
«Ecco qua!» trillarono in simultanea i gemelli e presero a riempire le tazze di tutti i presenti.
Dopo che tutti ebbero assaggiato il dolce estasiati, la porta della cucina si chiuse con uno scatto.
Hermione corrugò la fronte ed andò ad aprire, ma quella non voleva saperne. Tirò fuori la bacchetta.
«È inutile, mia cara!» esclamò Fred con un ghigno malizioso sul volto.
«L’abbiamo incantata. Si riaprirà tra un’ora e mezza.» spiegò George altrettanto entusiasta.
Un mormorio si diffuse nella stanza.
«Che state combinando, voi due?» chiese Hermione accigliata.
«Nulla!» affermò con finta aria innocente Fred.
«Abbiamo solo fatto scivolare del Veritaserum nel frappé!» aggiunse ridacchiando soddisfatto il gemello.
«Che cosa?» sbottò la Granger allibita.
«Abbiamo pensato che sarebbe stato interessante…»
«…Una sorta di… esperimento sociale!»
Si giustificarono i gemelli, sempre più elettrizzati.
Ginny impallidì; il suo sguardo incrociò immediatamente quello di Blaise e poi prese a fissarsi le mani.
Draco scoppiò a ridere.
«Perché tu non sei arrabbiato?» borbottò Ron con gli occhi assottigliati. «Che c’è di divertente?»
«C’è di divertente» rispose il biondino, con la sua voce fredda e strascicata. «Che è una cosa così Serpeverde da fare, che non riesco neanche a prendermela, Weasel.»
Anche Zabini ridacchiò e gli diede una gomitata d’assenso.
«Che orribile uso di una pozione come quella» commentò Hermione indignata, tornando a sedersi al suo posto.
In realtà Draco era d’accordo con lei, il Veritaserum era una pozione molto difficile da preparare e di certo quello non era un utilizzo brillante… ma c’era del genio in quel piano; i gemelli erano malvagi.
Il Serpeverde lo sapeva bene; avevano ammesso spudoratamente di aver pensato di renderlo il target numero uno dei loro scherzi, ma avevano cambiato idea quando lui li aveva beccati a organizzare uno scherzo per Ronald e li aveva aiutati. Da quel momento, avevano iniziato a fare squadra; un’alleanza davvero improbabile, ma Lenticchia stava andando su tutte le furie a via di doversi guardare le spalle e Draco non poteva essere più soddisfatto di sé stesso.
«3,2,1… Via alle domande, ragazzi!» esclamò Fred saltellando fino al suo posto.
«Quali domande?» domandò Ginny terrorizzata.
«Ognuno di noi farà una domanda e a turno dovremo rispondere tutti» specificò George.
«Non se ne parla!» trillò Hermione, portandosi le braccia al petto.
«Qualcosa da nascondere, Granger?» la provocò Blaise.
«Sì!» rispose lei, salvo poi portarsi le mani alle labbra.
Oh, maledizione!
Draco si inumidì le labbra; quella sarebbe stata una bella occasione per ottenere la verità dalla Granger… ma se si fosse approfittato di quella situazione, lei si sarebbe arrabbiata a morte e non gli avrebbe più rivolto la parola, probabilmente per il resto della loro vita.
«Questa conta come risposta.»
«Non se ne parla, Mione» affermò Ron. «Tutti abbiamo qualcosa da nascondere, era scontato!»
La ragazza sbuffò.
«Bene, inizio io. Malfoy» proseguì il rosso, con un ghigno stampato sul volto. «Hai veramente cambiato fronte? Possiamo davvero fidarci di te?»
Draco gli rivolse un’occhiataccia. «Sì», disse secco.
Lo sguardo di Hermione saettò su di lui, sorpresa dalla semplice affermazione del biondino.
Quel bastardo di una Serpe! È così bravo in Occlumanzia da non straparlare sotto Veritaserum.
Avrebbe dovuto articolare molto di più, ma evidentemente Draco esercitava un ottimo controllo sulla sua mente, al punto da limitare l’effetto del Veritaserum.
Quella rivelazione non le impedì di guardare Ron con aria truce; gli aveva detto chiaro e tondo di lasciare perdere Malfoy.
«Hermione», chiese ancora il ragazzo. «Eri gelosa di me e Lavanda?»
Fu il turno di Draco di voltarsi a guardare la Grifondoro, studiandola attentamente.
«No», disse lei.
«Ma se ci evitavi come la peste!» commentò ridacchiando l’altro.
«Ron, io non vi evitavo perché ero gelosa» argomentò la giovane. «Vi evitavo perché eravate vomitevoli
Fred e George si alzarono in piedi. «Ron-Ron!» esclamò il primo.
«Oh, Lav-Lav!» ribatté il secondo, in una perfetta imitazione dei due.
Ron divenne un tutt’uno con i suoi capelli, mentre diverse risatine si levavano nella stanza. «E voi due che ne sapete? Non eravate nemmeno a Hogwarts!»
«Ginny!», risposero all’unisono ridendo.
La ragazza scoppiò a ridere. «Sapevi che glielo avrei detto!»
Draco si morse un labbro per non scoppiare a ridere.
«Turno mio» prese parola Fred. «Zabini, sei attratto da qualcuno in questa stanza?»
«Draco e vostra sorella» disse con nonchalance il Serpeverde. «Anche se la Granger sta iniziando a piacermi sempre di più» aggiunse facendole l’occhiolino.
Ginny e Hermione diventarono scarlatte, Draco fissò il compagno di Casa con la mascella a terra.
Zabini fece spallucce. «Sono bisessuale e non mi imbarazza ammettere che-»
«Va bene, va bene!» lo interruppe Malfoy. Era infastidito dalla sua uscita sulla Granger, in realtà; quando aveva fatto il suo nome aveva ghignato divertito.
E così, Blaise è attratto da me, eh? Questo spiega le occhiatacce disgustate che regolarmente lanciava a me e Pansy a scuola…
«Qualche speranza per una cosa a quattro?» domandò poi Zabini, spostando lo sguardo sui tre che aveva menzionato.
Tre «no!» categorici raggiunsero le sue orecchie in contemporanea.
Blaise scrollò le spalle. «Peccato. La perdita è vostra.»
Ron era ancora rosso in viso; Hermione non sapeva se fosse ancora per la storia di Lavanda o per via delle recenti uscite di Zabini.
«Credevo avessi detto che non ti piacciono le persone, Blaise», gli fece notare Hermione; l’altro le rivolse una smorfia.
«Caratterialmente. Non ho mai detto che non mi piace andarci a letto.»
«Va beeeeeene!» esclamò George, poi ghignò. «Immagino che questo ci riporti alla nostra cara sorellina».  
«Ginny!» trillò contento Fred. «Allora, dicci un po’. Harry è stato la tua prima volta?»
La sorella arrossì violentemente, ma scosse il capo.
«Uh, allora chi?» chiese George rizzando le orecchie.
Ginny imprecò. «B-Blaise.»
Un silenzio assordante cadde nella stanza.
«Che cosa?» tuonò Ron, alzandosi dalla sedia e battendo le mani sul tavolo. «Credevo fosse Dean! Ti è dato di volta il-»
«Oh, chiudi il becco Ronald!» ribatté caustica la ragazza.
Fred alzò un sopracciglio in direzione del Serpeverde. «Credevo che non vi fosse permesso avere rapporti fuori dal matrimonio.»
George terminò il concetto. «Per non rischiare di produrre eredi involontari e illegittimi che potrebbero reclamare la precedenza rispetto a quelli ufficiali.»
Hermione scosse il capo allibita a quelle informazioni e borbottò qualcosa sull’assurdità della politica purosanguista-tradizionalista.
Zabini fece ruotare gli occhi. «Se vabbè!», esclamò sbuffando e Draco non riuscì a trattenere una risata a quella esclamazione.
«Hanno smesso di controllare dopo lo scandalo di qualche anno fa in cui quasi nessuno risultò essere ancora vergine, indipendentemente dal sesso» terminò di spiegare Blaise, con le lacrime agli occhi. «Gli idioti… Dimmi Malfoy, tu te lo sei tenuto nei pantaloni fino ad ora?»
Il biondino ridacchiò più forte. «Certo che no.»
Il compagno di casa aprì le braccia con fare teatrale. «Visto?»
«Ma forse Crabbe e Goyle riusciranno nell’impresa», affermò Draco divertito.
«Loro non contano, sono abbastanza sicuro che non sarà per scelta loro» convenne Blaise sghignazzando.
«Farebbero prima ad insegnarvi ad usare i contraccettivi, come si può bandire il sesso fino al matrimonio?» intervenne Ginny scioccata.
Fred e George scrollarono le spalle contemporaneamente.
«Beh, i Purosangue tradizionalisti si sposano abbastanza presto», considerò Blaise. «Poco dopo aver finito a Hogwarts… e in teoria, a scuola è vietato avere rapporti sessuali, per cui…»
I gemelli scoppiarono a ridere. «Come se rispettassimo anche solo mezza regola del regolamento scolastico.»
Nessuno controbatté a quella constatazione.
Chi più, chi meno, avevano tutti violato le regole del castello almeno una volta.
Ron ignorò quello scambio di battute e si voltò verso la sorella, riprendendo a criticarla per le sue scelte di compagnia, incapace di trattenersi.
«Come hai potuto fare una cosa del genere?»
Ginny sbuffò e si incrociò le braccia al petto.
«Smettila, Ron! Non sono affari tuoi» lo ammonì Hermione stufa, andando in aiuto della sua amica.
Il rosso si voltò a guardarla di sottecchi. «E tu? Chi è stata la tua prima volta, Mione?»
La ragazza sbiancò e deglutì.
No, non mi sta davvero facendo questo.
Strinse i pugni sotto il tavolo.
Resisti. Occludi. Puoi opporti.
«Lo sapevo che stavi mentendo, è stato McLaggen non è vero?»
E poi Hermione sentì l’effetto del Veritaserum abbandonare finalmente il suo corpo; la porta si aprì con uno scatto, e lei corse via.

 

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Capitolo 52
*** CAPITOLO 47 ***


CAPITOLO 47

















Si rintanò nella camera di Draco, dove sapeva che Ron non sarebbe mai andato a cercarla.
Si era accucciata supina sotto le coperte, lasciandosi finalmente andare a un pianto liberatorio. Non voleva parlare di Cedric. Non poteva rivivere tutto quello e Ron non avrebbe dovuto cercare di esporla in quel modo, approfittandosi della sua impossibilità di evitare di rispondere o mentire; non importava che non sapesse di Cedric, non avrebbe dovuto farlo e basta. Era stufa dell’iperprotettività eccessiva e della gelosia dell’amico nei suoi confronti, delle sue reazioni spropositate e del fatto che credeva che gli dovesse una giustificazione per qualsiasi relazione avesse al di fuori di quella con Harry e i suoi fratelli. 
Sentì la porta della stanza cigolare piano e capì che Malfoy era entrato; nel silenzio poteva sentire il suo respiro, leggermente accelerato. Era nervoso.
Non si voltò a guardarlo, ma dopo qualche minuto percepì il letto abbassarsi sotto il peso del corpo del giovane e due braccia forti cingerle la vita e spingerla contro il suo petto.
Intuiva che stesse male.
Draco poggiò il mento sulla sua testa.
Non disse niente.
Nonostante i punti interrogativi lo stessero logorando dentro, Draco non le chiese niente.
Hermione trasse un respiro profondo, poi mormorò con voce spezzata: «Draco, io…»
Voleva dirgli che non se la sentiva di raccontargli di quel pezzetto del suo passato, non ancora; che le dispiaceva, ma non riusciva a parlarne.
Ma Draco Malfoy capiva perfettamente i silenzi, la necessità di spazio, di tempo per processare i sentimenti più complicati.
«Quando e se te la sentirai, Granger» le sussurrò in un orecchio, interrompendola.
«Quando sarai pronta e se lo vorrai.»
Cercò di scrutarla nel buio e la sentì tirare su col naso; la strinse a sé un po’ più forte.
«Non mi devi spiegazioni, comunque, e io non ho intenzione di farti domande al riguardo» aggiunse poi in un bisbiglio.
Hermione chiuse gli occhi e lo ringraziò mentalmente. «Posso restare?»
Il biondino annuì.
Fosse per me saresti qui ogni notte, Granger.
La ragazza si voltò e si strinse ancora di più a lui, inspirando a fondo il suo profumo, facendosi cullare dalle carezze che aveva preso a farle sulla schiena; poi si addormentarono.
 
Ginny sospettava che Hermione fosse in camera di Malfoy; la coprì con Ron quando si presentò alla loro porta chiedendo di vederla. Gli disse che dormiva già; non era proprio il caso di scatenare il caos facendogli capire che il rapporto tra i due fosse più profondo di quello che chiunque di loro avesse mai sospettato.
Sebbene provasse una punta di fastidio in merito, la rossa sapeva perché la ragazza non era andata da lei; immaginava che Draco non le facesse domande, non la obbligasse a parlare; chiunque di loro invece avrebbe cercato di convincerla a sfogarsi. Perché lo avevano capito tutti che c’era qualche problema, dalla reazione che la giovane aveva avuto.
Ginny sperava solo che prima o poi Hermione sarebbe stata pronta a confidarsi con lei.
 
«Insomma, dico solo che non dovresti venire» affermò Ron in tono risoluto. «È troppo pericoloso. Ci pensiamo noi a Harry.»
Draco fu quasi tentato, suo malgrado, di convenire con lui.
Hermione alzò un sopracciglio. «Come lo era l’Ufficio Misteri, o la botola al primo anno, o la Stamberga Strillante.»
«Non eravamo davvero in pericolo con Sirius…»
«Sì, ma c’ero io con Harry in riva al Lago Nero insieme a un centinaio di Dissennatori. Sono stata io che ho usato la GiraTempo…»
«Che cosa?», esclamò il Serpeverde sbigottito, intromettendosi nella loro conversazione.
La Grifondoro rivolse un’occhiataccia anche a lui per zittirlo.
«Oh, andiamo Hermione! Cosa ti costa andare direttamente alla Tana e restare al sicuro?»
La ragazza chiuse il grosso tomo che aveva sulle gambe con un tonfo.
Era ancora arrabbiata per la domanda che le aveva rivolto durante il gioco sotto Veritaserum, sapendo perfettamente che non voleva rivelare quell’informazione, perché aveva cercato di tirargliela fuori più volte e altrettante volte lei lo aveva zittito; voleva peggiorare le cose?
«Si può sapere qual è il tuo problema? Harry è praticamente mio fratello, Ron.»
«Esatto, e io non vorrei che Ginny…»
La ragazza assottigliò gli occhi con fare minaccioso.
«E va bene. Ho origliato una conversazione tra Moody e papà… A quanto pare sei sulla lista nera di Thorfinn Rowle. Si dice che ti stia cercando ovunque
Hermione avvertì le iridi grigie di Malfoy su di sé e non riuscì ad evitare di incrociare lo sguardo con lui per un fugace istante.
C’era preoccupazione negli occhi di Draco o se l’era immaginata?
«Non ho capito il perché, ma sarei più tranquillo se tu-»
«Parteciperò alla missione, Ronald» lo interruppe bruscamente lei, alzandosi di scatto dal divano. «Fine del discorso.»
 
«Non puoi andare.»
Draco l’aveva afferrata per un braccio e l’aveva trascinata nella sua stanza, per poi sigillarla e isolarla con la magia.
«Se ti dovessero catturare…»
«So badare a me stessa» replicò in tono fermo la ragazza, poggiando le spalle al muro e portandosi le braccia al petto; il Serpeverde si passò la lingua sui denti, stava per perdere la pazienza.
«Granger, per Salazar! È proprio necessario che-»
«Non posso non andarci, avrebbero una persona in meno e il piano potrebbe non funzionare. Hanno già dovuto praticamente costringere Mundungus-»
«Che è l’inaffidabilità fatta persona» commentò piccato lui, quello era un argomento a favore della sua tesi, non di quella di lei.
«Motivo per cui andrà con Moody. Senti, sarò con Kingsley, è più che in grado di-»
«Su un fottuto Thestral che tu non puoi neanche vedere, Hermione!» sbottò Draco.
Il silenzio calò nella stanza; raramente la chiamava per nome ed era sempre in momenti intensi o in cui era alterato o poco lucido. Si allentò la cravatta, che avvertiva improvvisamente troppo stretta attorno al suo collo.
La ragazza deglutì e chinò lo sguardo, prendendo a studiare le sue scarpe.
Il biondino non si accorse di quel gesto della giovane; si passò una mano sul volto, segno che stava perdendo il controllo sulle proprie emozioni.
Sulla sua ansia in quel caso.
«Dimmi il resto del piano», le disse in tono perentorio.
Hermione tornò a guardarlo con uno scatto; non poteva raccontargli della Polisucco… non poteva dirgli che avrebbe assunto le sembianze di Harry, avrebbe solamente peggiorato le cose.
«Dobbiamo distrarre i Mangiamorte… in modo che Harry abbia il tempo di arrivare alla Tana sano e salvo…»
«Come?» indagò ancora Draco; faceva avanti e indietro per la stanza, palesemente agitato.
«Draco, ti ho già assicurato che ti proteggeranno in ogni caso-»
«Smettila! Smettila con questa storia, Granger! Lo sai che non è per me che sono preoccupato!» quasi urlò, spazientito; le si avvicinò e posò le mani sulla parete, ai lati della sua testa, bloccandole qualsiasi via di fuga.
Troppo vicino. Troppo, troppo vicino… pensò nel panico Hermione.
«Cosa non mi stai dicendo?» le chiese ad occhi chiusi.
Lei deglutì. «S-sarò sotto Polisucco. Rowle non saprà che sono io, sempre se sarà lì.»
Draco corrugò la fronte. «Le sembianze di chi assumerai, Granger?»
Hermione non rispose, ma lui capì ugualmente.
«No», disse in tono risoluto. «Assolutamente no.»
«Draco…»
«Non puoi affrontare i Mangiamorte con l’aspetto di Potter, è un suicidio!»
«Grazie per la fiducia» commentò sarcastica la ragazza. «Comunque non rischierebbero mai di uccid-»
«E se ci fosse anche lui, Granger?» la interruppe, trafiggendola con lo sguardo.
La Grifondoro aveva perso il filo del discorso.
Vicino, troppo, troppo vicino.
«Devo partecipare, Draco… Dobbiamo assicurarci che Harry arrivi sano e salv-»
«La vita di Potter non conta più della tua!» la interruppe lui, esplodendo; trasse un respiro profondo per calmarsi, poi abbassò nuovamente il tono della voce, che divenne quasi supplicante.
«Granger, per favore. Vieni alla Tana con me» insistette lui; poggiò la sua fronte contro quella di lei e chiuse gli occhi per trattenere dentro le lacrime. Aveva paura.
Se il Signore Oscuro sarà lì, li ucciderà tutti. La ucciderà. La mia Granger…
«Non posso, Draco. Ti raggiungerò dopo» lo rassicurò.
Lui fece una smorfia.
«Dimmi che andrà tutto bene, Granger.»
Hermione si pietrificò a quella richiesta.
Stai tranquilla, Jean. Andrà tutto bene.
«Draco…»
«Ti prego, dimmi solamente che andrà tutto bene!»
Stai tranquilla, Jean. Andrà tutto bene.
Non gli avrebbe fatto quella promessa; sapeva cosa si provava quando veniva infranta. Non era una promessa da fare, quando non si era in controllo degli eventi.
Cedric non lo sapeva a suo tempo, ma lei ne era perfettamente consapevole.
La ragazza aprì la bocca per dire qualcosa, ma qualcuno bussò alla porta, interrompendoli.
«Siamo pronti per partire» li informò Zabini. «Qualsiasi cosa stiate facendo lì dentro, fate in fretta. E sì Granger, so che ci sei anche tu, non sono uno dei tuoi amichetti Grifondioti.»
Hermione arrossì leggermente, poi chiuse gli occhi e sospirò. «Dobbiamo andare…»
Draco respirò a fondo per recuperare il controllo su sé stesso; si diressero verso la porta.
La afferrò un attimo prima che uscisse dalla stanza.
«Granger…»
Baciala.
«Sì?»
Baciala. Potresti non avere un’altra occasione, stupido. Baciala.
La voce di Ronald Weasley rimbombò nel corridoio; dal rumore dei suoi passi, andava nella loro direzione.
«Resta viva», le disse solamente, sospirando rassegnato.
Lei gli sorrise. Era quello che gli aveva detto quando era partito per Malfoy Manor per fingere la sua morte.
«Ci vediamo dall’altra parte, Malfoy
 
Draco stava impazzendo.
Era andato alla Tana con Blaise e aveva aiutato Molly Weasley a finire di preparare pozioni su pozioni di guarigione; si era offerto spontaneamente di farlo, con sorpresa generale.
Davvero pensavano che fossi così stronzo?
Probabilmente sì, non che non gli abbia dato motivo di crederlo.
“Ci sono molti modi per dare il proprio contributo alla guerra, Draco… Non solo chi combatte sul fronte vi prende parte. Prendi tua zia Andromeda; lei non è mai in prima linea, ma ci aiuta ugualmente.”
La Granger gli aveva detto quelle parole, giorni prima.
Quello contava come contributo? Essere pronto a rattoppare i feriti, impegnarsi perché tutto fosse pronto preventivamente?
Draco non ne era sicuro, ma era qualcosa che si sentiva di fare; doveva pur contare qualcosa.
E aveva bisogno di tenersi impegnato; gli tremavano le mani. Non aveva mai provato niente del genere prima di quel momento, non era mai stato preoccupato per qualcuno in quel modo, con tanta intensità; il terrore che la Granger potesse non tornare da lui lo stava soffocando.
Si sedette su un vecchio divano rammendato, senza neanche volgere mezzo pensiero a quel dettaglio, e si prese il volto tra le mani.
«Vuoi del thè, caro?» domandò Molly Weasley, tendendogli una tazza fumante.
Il biondino la accettò e le rivolse un breve cenno del capo in segno di ringraziamento; la Granger gli aveva detto che le persone normalmente ringraziavano quando veniva fatta loro una carineria e lui aveva deciso di diventare migliore per lei. Si sarebbe impegnato fino in fondo.
«Perché è gentile con me?» le chiese a bruciapelo. «Dopo tutti i trascorsi tra le nostre famiglie…»
La signora Weasley gli sorrise. «Sei solo un ragazzo», rispose. «E hai appena iniziato a fare di testa tua. Vediamo quali sorprese ci rivelerai, prima di giudicare.»
Non ebbe il tempo di porgerle ulteriori domande, perché un boato proveniente dal giardino li fece sussultare.
«Questo dev’essere Harry» commentò la donna, precipitandosi fuori dalla casa.
Potter barcollò ansante verso di loro; Molly prese a parlare con Hagrid, a quanto pareva qualcuno avrebbe dovuto essere già tornato.
Draco sentiva l’ansia crescere sempre di più; il cuore gli martellava nel petto.
«Malfoy» lo salutò Harry con leggera esitazione.
«Potter», rispose lui. «Sei ferito?»
Doveva tenersi occupato o sarebbe impazzito.
Il moro lo guardò con gli occhi sbarrati. «Ehm, no…»
Kingsley Shacklebolt fece irruzione nella stanza proprio in quel momento, interrompendo quel momento estremamente imbarazzante; era seguito da Lupin che sorreggeva George Weasley, sanguinante in volto, con l’aiuto di… Hermione.
«Aiutatemi! È stato colpito da un Sectumsempra
«Piton» disse con astio Potter, stringendo i pugni.
Poggiarono George su un divano e Molly si precipitò a soccorrerlo e accudirlo.
L’ex professore di Difesa afferrò il Prescelto per una spalla e gli puntò contro la bacchetta.
«Che genere di creatura c’era nel mio ufficio la prima volta che ci sei stato?»
«Remus…»
«Rispondi!» urlò agitato l’uomo.
«Un Avvincino!» rispose Harry e l’altro lo lasciò andare, sospirando.
Harry corse ad abbracciare Hermione; Draco era paralizzato, non era ancora sicuro che lei fosse veramente lì e che stesse bene, che non fosse un’allucinazione frutto della sua mente che desiderava rivederla il prima possibile.
«Siamo stati traditi» constatò Lupin. «Sapevano che avevamo spostato il giorno.»
Il Serpeverde si avvicinò alla ragazza.
«Stai bene?» le sussurrò posando una mano sul suo braccio e spostandole una ciocca di capelli dal volto con l’altra.
Lei annuì e gli sorrise, un sorriso che gli scaldò il cuore.
Avrebbe voluto stringerla a sé; si sarebbe arrabbiata se lo avesse fatto così, davanti a tutti?
Ron Weasley fece irruzione in casa, correndo immediatamente verso di lei.
Draco ricordò a sé stesso che loro non dovevano riflettere su cosa la Granger avrebbe reputato appropriato o meno che facessero in pubblico; li guardò abbracciarsi e provò una punta di invidia, per la prima volta nella sua vita, nei confronti della Donnola.
Arretrò, sentendosi improvvisamente di troppo, mentre Potter si univa a quell’abbraccio.
«Cosa ti ha fatto scoprire?» domandò Kingsley a Harry.
«Edvige. Cercava di proteggermi.»

 
*

Hermione era seduta sul divano a leggere; gli altri, invece, erano fuori a giocare a Quidditch già da un po'. Le avevano chiesto di andare almeno a guardarli, ma lei aveva piani più interessanti dell’assistere a una partita da giardino… Non era una fan del Quidditch e un conto erano le partite di Grifondoro, un altro quelle a tempo perso. Lei voleva solo finire il suo libro in pace, carpirne i segreti che nascondeva.
Draco Malfoy fece capolino nel salotto una mezz’oretta dopo; il suo abbigliamento, - camicia bianca e pantaloni -, strideva particolarmente con l’ambiente circostante, tanto che persino Hermione, ormai abituata al look del ragazzo, lo trovò strano in un primo istante.
«Buongiorno, Granger.»
Lei gli sorrise da sopra il libro. «Buongiorno, Malfoy.»
Lo vide afferrare una mela verde dal cesto sul tavolo, abbozzando un sorrisetto felice che le ricordava quello che aveva spesso visto sul volto dei bambini a Diagon Alley quando i genitori concedevano loro di mangiare delle Cioccorane; scosse la testa, ma senza smettere di sorridere.
Avvertì un tonfo accanto a sé e scorse con la coda dell'occhio Malfoy spaparanzarsi sul divano e poggiare il capo sulle sue gambe.
Hermione sussultò a quel gesto e lo guardò con gli occhi sgranati per un istante.
«Scusa» disse lui, facendo subito per rialzarsi.
Potrebbero vederci in qualsiasi momento; avrei dovuto immaginare che non volesse…
«N-no, va bene. Puoi restare» mormorò la ragazza, distogliendo lo sguardo da lui e interrompendo i suoi pensieri.
Non se lo aspettava; la giovane faticava ancora a capire quali fossero i limiti tra loro, soprattutto in pubblico o quando avrebbero potuto esser visti da altri.
E poi mi ha… mi ha davvero chiesto scusa? Pensò scioccata; forse se lo era immaginato… Malfoy non si scusava. Al massimo poteva dispiacersi per qualcosa, ma era comunque un evento raro.
Draco si ridistese. «Questo posto non è poi così orrendo come immaginavo», commentò sventolando in aria la mano chiusa a coppa attorno al frutto. «Hanno le mele.»
Hermione si lasciò andare ad una risata genuina.
Che cos’è con questo ragazzo e le mele? Si chiese per l’ennesima volta, ma non gli fece alcuna domanda a riguardo. Le sembrava una cosa stupida da chiedere.
«Deduco tu abbia dormito bene, Malfoy.»
Draco avrebbe voluto dirle che avrebbe dormito meglio con lei tra le sue braccia, ma non lo fece.
«Discretamente. Il letto è un po' scomodo. E potrei giurare che un angolo della spalliera è rosicchiato.»
«Quella dove ti hanno sistemato era la camera di Percy» spiegò concisa lei, «aveva un topo rognoso.»
Draco non rispose, ma lo sentì dare un sonoro morso al frutto verde.
«Non dovresti mangiare da disteso, potrebbe andarti di traverso il cibo», lo redarguì perentoria e il biondino sollevò un sopracciglio.
«Siamo arrivati al punto in cui hai paura di perdermi, Granger?»
«Ho lasciato la bacchetta in camera e non vorrei averti sulla coscienza» rispose lei, abbozzando un mezzo sorriso; Hermione era convinta che le sue guance si fossero imporporate leggermente, però, e ringraziò di averle nascoste dai capelli.
Lui rise a quella battuta, anche se in cuor suo aveva sperato che gli dicesse ben altro. «Cosa leggi?»
«Le Fiabe di Beda il Bardo. Me le ha lasciate Silente nel testamento.»
«Delle fiabe per bambini? Perché mai Silente te le avrebbe lasciate? Non sei un po' troppo cresciuta per quelle?»
«È quello che cerco di capire», bisbigliò sovrappensiero la Grifondoro.
«Beh, puoi leggere ad alta voce?», le chiese capendo che non avrebbe ottenuto l’attenzione della Granger quella mattina; era sempre così quando era assorta nella lettura in quel modo e Draco riusciva a riconoscere l’espressione che le appariva sul viso, ormai.
Il giovane ricordava perfettamente quanto lo rilassasse sentire la Granger leggere, anche se in quel frangente non lo faceva per lui. Lei neanche sapeva che lui la stesse ascoltando e che facendolo lo stesse salvando.
«Sono fiabe del mondo magico, Draco. Dovresti conoscerle.»
Draco tacque per qualche istante.
«Mettiamola così, Granger. Te la immagini Narcissa Malfoy a leggere le fiabe a suo figlio? Magari anche a rimboccargli le coperte e dargli il bacino della buonanotte, suppongo.»
Hermione deglutì. Lo osservò per qualche secondo; aveva gli occhi chiusi, ma dal suo viso traspariva comunque amarezza. Allungò una mano per stringere quella che il ragazzo teneva abbandonata pigramente sull'addome; per un momento temette che la potesse ritrarre o che si potesse arrabbiare, ma Draco ricambiò la stretta e le sorrise, senza aprire gli occhi. Si domandò come potesse sembrare così elegante ed impeccabile anche quando era steso in maniera scomposta su un divano malandato, con le gambe incrociate.
«Allora, non leggi?»
 
Era alla terza fiaba quando Ron entrò in casa e trovò Hermione seduta sul divano, a leggere ad alta voce per Draco Malfoy, che a sua volta se ne stava comodamente steso con il capo sulle gambe di lei; una mano di Hermione giocava con i capelli di lui, che sembrava profondamente rilassato e sorrideva beatamente, gli occhi chiusi.
La scopa di Ron gli sfuggì dalle mani, cadendo per terra con un tonfo.
I due ragazzi sussultarono udendo quel frastuono improvviso rimbombare nel silenzio che fino a qualche secondo prima era interrotto solo dalla dolce voce della Grifondoro; Draco scattò in piedi allarmato.
Maledetta Donnola, imprecò tra sé.
«Che accidenti significa?» sbottò il rosso, il volto che iniziava a diventargli dello stesso colore dei capelli.
«Stavo leggendo, Ronald» rispose Hermione con ovvietà. «Sai, quella cosa che faccio sempre?»
Gli rivolse un'occhiata indifferente, ma fece attenzione a nascondere le guance arrossate per l'imbarazzo dietro le ciocche dei capelli. «Non mi sembra un buon motivo per ucciderci facendoci venire un infarto.»
A Draco ci volle davvero molto impegno per non scoppiare a ridere, mentre si chiedeva se non stesse avendo una brutta influenza sulla Granger.
Ron alzò un sopracciglio a quella risposta.
«Di solito, Malfoy arriva, ti chiama Sanguemarcio so-tutto-io e ti chiede di non inquinare l'aria che deve respirare lui», chiosò in tono piccato Weasley, «non ti si acciambella in grembo mentre gli fai le coccole.»
Draco lo fulminò con lo sguardo.
«Sai, Ronald, hai davvero rotto» asserì scocciata Hermione. Non aveva neanche la forza di imbarazzarsi per quello che aveva detto, tant'era stufa del comportamento del ragazzo.
«Sai, qui stiamo cercando tutti di fare di meglio di quello che abbiamo fatto finora. Eccetto te, che fai dieci passi indietro ogni volta che ne fai uno avanti.»
«Fare di meglio? E fammi capire, quale sarebbe la tua prossima mossa? Andarci a letto insieme? Dopo McLaggen non so neanche se mi stupirei, se lo facessi veramente.»
Hermione gli rivolse uno sguardo omicida, mentre Draco fu quasi sul punto di alzarsi e prenderlo a pugni.
Quel coglione, rovinerà persino quella flebile possibilità che ho con la Granger, pensava.
Poi, però, quello che udì uscire dalle labbra di Hermione lo spiazzò completamente.
«Grazie per l'idea, Ron. La terrò in considerazione» gli disse con un sorrisetto impertinente e assottigliando gli occhi.
Ron divenne talmente tanto rosso che Draco scoppiò a ridere. Entrambi si voltarono nella sua direzione e lo fissarono accigliati.
«Ve lo giuro, non so perché mi prendessi tanto la briga di rompervi le palle», commentò il Serpeverde con le lacrime agli occhi, mentre si teneva la pancia con entrambe le mani. «Avrei fatto meglio a far litigare direttamente voi due! Esilarante, giuro!»
Hermione chiuse il libro di scatto e gli rivolse un'occhiataccia di quelle che non gli rivolgeva ormai da tempo.
«No, dai, Granger...»
Fred e George si materializzarono in quel momento e Draco non gli fu mai così grato in vita sua.
«Buongiorno raggi di sole. Meglio di voi, solo Ginny e Harry che ci stanno dando dentro nel capanno» dissero in coro.
Hermione sapeva che non volevano veramente augurargli una buona giornata, ma che il loro vero intento fosse proprio quello di rilasciare quell’informazione, che, ne era convinta già in partenza, avrebbe scatenato una reazione poco garbata nel fratello più piccolo. Alzò gli occhi al cielo quando vide Ron sul punto di far uscire fumo dalle orecchie per la rabbia.
«Io. Lo. Uccido.» sibilò guardando l’amica a mo’ di avvertimento.
Hermione si alzò di scatto e afferrò Ron per la collottola della maglietta, trattenendolo dal correre via, attraversare il giardino e fare bruscamente irruzione nel capanno.
«Non pensarci nemmeno, Ronald», soffiò minacciosa. «Lasciali stare
«È mia sorella!», urlò indignato lui, dimenandosi per sfuggire alla ferrea presa della ragazza.
Fred e George si sbellicavano dalle risate e Draco quasi li seguì.
«Ginny è grande e vaccinata. E sta con Harry, dannazione! Credevo avessi detto che ti stava bene, la loro relazione.»
Ron grugnì. «La loro relazione, non quello
Lei fece ruotare gli occhi. «Non ti lascerò affatturare Harry, Ron. Scordatelo.»
«Hermione» commentò George sghignazzando divertito. «Se mai un giorno avrai bisogno di lavoro, ti assumerò come baby sitter per i miei figli.»
Hermione chiuse gli occhi e respirò a fondo.
«Io spero di averne solo femmine, invece» borbottò lei, più a sé stessa che agli altri.
 
Quel pomeriggio, trovò Draco seduto sul letto con le gambe incrociate e maledettamente sprovvisto di camicia.
Era andata da lui perché dopo l’inconveniente con Ron di quella mattina, non si era più fatto vedere e si era preoccupata; aveva sempre il terrore che stesse male e non la chiamasse.
Le ultime volte che il Marchio aveva bruciato, gli era salita la febbre e Hermione sospettava che Voldemort fosse davvero arrabbiato, dopo essersi fatto sfuggire Harry da sotto il naso.
«Perché mi hai fatta entrare se sei seminudo?» gli chiese con voce acuta, voltandosi di spalle per evitare di guardarlo. Aveva ormai accettato che le piacesse più del dovuto.
Oh, non vuoi una risposta sincera, Granger.
«Non dirmi che dopo essere cresciuta, ehm, qui, ti imbarazza ancora vedere ragazzi a torso nudo.»
Non gli altri, solo tu a quanto pare, fu tentata di rispondergli piccata, ma si tenne per sé quel particolare.
«Granger, ho caldo e la mia stanza è l’unico posto in cui posso stare così senza dovermi preoccupare del Tu-Sai-Cosa» la avvertì, «non ho la minima intenzione di rimettermi la camicia.»
«Credevo che le incantassi», ribatté lei, voltandosi suo malgrado verso di lui.
Draco scrollò le spalle. «Non mi andava.»
Hermione posò la lingua sui denti davanti e soffiò dal naso, spazientita, ma in cerca di modi per mantenere il controllo; sapeva essere veramente esasperante, il biondino, quando voleva.
«Cosa stai facendo?» gli domandò incuriosita; aveva visto che dalla sua bacchetta sbucavano filamenti argentei, prima di girarsi di spalle. «Provi ancora con il Patronus?»
Draco annuì e prese a mordicchiarsi l’interno di una guancia; poi sospirò e lasciò cadere la bacchetta al suo fianco, buttandosi indietro con il capo sul cuscino. Fissò lo sguardo sul soffitto.
«Non so neanche perché ci riprovi ancora», affermò mesto. «Tanto è tutto inutile.»
«Draco, non ti abbattere, vedrai che-»
«No, Granger. Sai meglio di me che non ne sarò mai in grado», l’ammonì. «Per definizione. È un tipo di magia bianca, purissima, ed io… io sono macchiato dall’oscurità» constatò facendo sventolare l’avambraccio in aria, in modo che intercettasse la traiettoria dello sguardo della ragazza.
Lei sospirò stancamente e si avvicinò a lui, per poi sederglisi accanto; posò una mano sulla sua spalla e gli diede una strizzatina. «Te l’ho già detto e te lo ripeterò finché sarà necessario, Draco. Tu non sei quello» sussurrò dolcemente, facendo un cenno del capo al Marchio Nero tatuato sul suo avambraccio sinistro.
L’intensità con cui la stava guardando in quel momento le causò un brivido che la percorse lungo la schiena.
Voglio baciarla. Cazzo, quanto vorrei baciarla… pensò Draco; fece scorrere la lingua sul labbro inferiore, cercando di decidersi sul da farsi… poi lei ruppe il contatto visivo e seppe immediatamente che il momento era perso.
Cazzo! Stai diventando più stupido di Lenticchia, Draco! Imprecò nella sua testa.
«Ti ha fatto storie?» le domandò alzandosi su un fianco.
Hermione corrugò la fronte.
«La Donnola, per… stamattina
La giovane scrollò le spalle. «Ci sono abituata. E anche Ginny. È solo estremamente geloso.»
«Innamorato di te, vorrai dire» la corresse lui.
«Ne abbiamo già parlato, Draco…»
«Per quale assurdo motivo dovrebbe essere così geloso di una sua amica, allora?» insistette il biondino. «Non stavamo facendo niente
«Cerca solo di proteggermi, non lo fa perché prova qualcosa di più di un semplice affetto verso di me» ripeté la ragazza, scrollando le spalle. «E poi ha una particolare antipatia per te, palesemente reciproca.»
Draco aspettò qualche secondo, prima di risponderle.
«Non ti farò del male, Granger», le disse, incatenando le iridi grigie a quelle di lei.
Hermione deglutì; doveva smetterla di guardarla in quel modo…
Si era persa negli occhi di lui al punto da non rendersi conto che il biondino le si era avvicinato pericolosamente con il volto; la sua mano era sulla sua guancia e continuava ad accorciare le distanze tra loro.
«I-io d-devo andare, Draco», farfugliò alzandosi dal letto con un balzo.
Draco deglutì e chiuse gli occhi.
Non ce la farò mai, pensò. Non ce la farò mai.
 «Scendi per cena?» gli domandò prima di uscire dalla stanza.
«Non lo so, Granger.»

 

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Capitolo 53
*** CAPITOLO 48 ***


CAPITOLO 48



















Era nervoso. Non si spiegava come mai ogni volta che si decideva a fare un passo avanti con la Granger, lei glielo impediva; e quando non era lei a farlo, qualcun altro ci metteva lo zampino. Sembrava una maledizione e lui non aveva idea di come spezzarla.
Anche in quel momento, mentre gli era stesa accanto a fissare il soffitto, era tentato di sporgersi verso di lei e baciarla, ma sapeva che sarebbe successo qualcosa che li avrebbe interrotti o che azzardando quella mossa l’avrebbe fatta andare via.
Non voleva che andasse via.
Forse dovresti solo accettare l’idea che potrebbe non volerti, gli sussurrò la scomoda vocina nella sua testa. Sì, ma continua a tornare nel mio letto; non va da Weasley o Potter. Forse non è ancora riuscita ad accettare l’idea che tra noi due possa esserci qualcosa.
Forse non vuole accettarlo, si rispose da solo.
Sbuffò, si sentiva sul punto di impazzire quando conversava con sé stesso in quel modo; però, al contempo, aveva sempre funzionato quando aveva avuto bisogno di schiarirsi le idee su qualcosa.
Non era più lo stesso, da quando non erano soli.
Il tempo che trascorrevano assieme si era notevolmente dimezzato; lei andava a stanarlo dalla sua camera per i pasti, - lui usciva volentieri e di sua spontanea volontà solo quando fiutava il sentore di uno scherzo dei gemelli ai danni di Ron, non si sarebbe perso le sue reazioni per nulla al mondo -; a volte, invece, cercava di convincerlo a restare con loro nei momenti di… convivialità, come li aveva chiamati lei.
I gemelli erano pazzi e Blaise gli dava manforte; si inventavano i giochi più strani, tipo quello con il Veritaserum che avevano fatto qualche giorno prima. Ronald finiva sempre per fare la figura dello scemo in qualche modo, e Draco partecipava principalmente per assistere a ciò e sfotterlo; e per vedere lei, ovviamente.
Nel suo ambiente la Granger era diversa; sembrava più sciolta, più rilassata, ma al contempo più chiusa rispetto a quando era da sola con lui.
Non aveva con gli altri il tipo di conversazioni che condivideva con lui; le loro erano profonde, serie spesso, oppure intellettuali. Con gli altri parlava semplicemente del più e del meno; al contempo, però, aveva notato che era piuttosto evidente che con lui studiasse più attentamente le parole da usare, che fosse più… tesa, in sua presenza.
Un po’ gli dava ai nervi, quella cosa; voleva che si sentisse libera di esprimersi come preferiva, voleva che fosse a suo agio quando erano insieme; temeva ancora che la allontanasse? O che la potesse insultare in qualche modo? Non lo avrebbe mai fatto.
‘Ma lei non lo sa, non riesci ancora a esprimere ciò che provi. E forse è per questo che rifiuta l’idea di voi due così fermamente.’
«Cosa succede, Draco?», gli domandò Hermione, voltandosi su un fianco per guardarlo; era andata da lui per controllarlo, aveva la febbre dalla notte prima, quando il Marchio non aveva fatto altro che bruciargli fino all’alba; era rimasta al suo fianco per tutto il tempo.
«Mmh?»
«Hai sbuffato», precisò la ragazza, abbozzando un timido sorriso. «Cosa ti infastidisce?»
Quindi, non era l’unico arrivato al punto di conoscere il linguaggio del corpo dell’altro, di saper distinguere le reazioni, di capire cosa fosse indice di cosa.
Perché cavolo non si accorge che la voglio, allora? Lo sa e non ricambia, o non vuole riconoscerlo perché… per qualche motivo ha paura di farlo?
Gli tornò in mente l’anello di Diggory, il tono spezzato con cui gli aveva raccontato di aver avuto una relazione con il ragazzo.
Sta facendo paragoni tra noi due? Si sta rendendo conto che non sono… giusto, per lei? O è ancora innamorata di lui e mi respinge per questo? O forse, ancora peggio, non è veramente riuscita a superare i nostri trascorsi come sostiene, invece, di aver fatto?
Se non altro spiegava due enormi quesiti sulla Granger che lo avevano tormentato per innumerevoli notti: il motivo per cui si rifiutava così categoricamente di fare piani per il suo futuro e la sua riluttanza a concedere una possibilità all’amore.
Ma io potrei renderti felice, se tu me lo permettessi.
«Draco?», lo chiamò preoccupata, posando una mano sulla sua fronte per verificare che stesse bene.
Il Serpeverde si riscosse nuovamente dai suoi pensieri; continuava a scivolare via.
«Sto bene, Granger. Sono solo… esausto
Hermione lo guardò per qualche secondo, mordicchiandosi l’interno della guancia. «Vado via, allora, così puoi riposare…»
Non che Draco avesse mai mostrato di non riuscire a dormire con lei accanto, al contrario; persino la ragazza aveva notato che le uniche notti in cui non si svegliava urlando nel sonno erano quelle in cui lei era al suo fianco.
Il ragazzo tese la mano e le afferrò il braccio con una presa gentile, bloccando i suoi movimenti. «Resta.»
«Ma hai detto…»
«Non intendevo in quel senso», ammise lui stancamente, tirandosi su a sedere e poggiando la schiena contro la testiera del letto.
«È tutta questa situazione, l’incertezza… non la sopporto.»
Hermione gli sorrise con dolcezza. «Nessuno di noi la sopporta.»
Il biondino annuì mogiamente. «E poi è strano, non trovi? Sono qui in mezzo a un mucchio di Grifondoro, teste rosse e Blaise Zabini… E non sono ancora volate fatture.»
La ragazza ridacchiò. «Notevole, davvero. Posso dire che supera ogni mia aspettativa.»
Le risate del Serpeverde si accompagnarono a quelle di lei.
«Te lo avevo detto, non siamo così male noi Grifondoro.»
«Non sono ancora convinto, Granger», le disse lui. «Anche se i gemelli… Dannazione, è proprio difficile non farseli andare a genio.»
«Fred e George sono luce in questi tempi bui, è vero», ammise Hermione sorridendo, sebbene spesso trovasse esagerati alcuni dei loro scherzi.
La giovane si portò a sedere accanto a Draco; restarono in silenzio per un paio di minuti, poi lui sospirò e si passò una mano sulla fronte, una smorfia di frustrazione sul viso.
«Vi ho visti, sai», mormorò sommessamente. «Tu e quei due svitati. Vi sedete in un angolo e bisbigliate come se steste tramando alle spalle di tutti.»
«Non so di cos-»
«Granger, sono anni che vi osservo escogitare nell’ombra piani spericolati. Non mi freghi, non negarlo», la interruppe lui in tono serio. «Quando andrete via?»
Hermione deglutì. «Dopo il compleanno di Harry, quando non avrà più addosso la Traccia.»
Il biondino chiuse gli occhi; non gli restava neanche una settimana con lei.
Lo sapeva perché tutti si stavano dando un gran da fare per organizzare la festa per il diciassettesimo compleanno di Potter, nonostante lui insistesse sul non essere dell’umore per festeggiare.
«Draco…»
«Va tutto bene, Granger», la anticipò lui, anche se non era affatto vero. Non andava bene niente. «È solo che… vorrei tenerti al sicuro, come tu hai fatto con me finora.»
«E io vorrei potertelo lasciare fare», sussurrò lei, triste. «Ma non posso.»
Capiva la sua voglia di ricambiare; forse a lui scocciava essere in debito con gli altri quanto dava fastidio a lei.
Draco annuì. «Lo so, Granger.»
Si lasciò scivolare lungo la spalliera e prese a fissare il soffitto.
 
 
 
 
«Quindi vorresti solo figlie femmine, eh?» le domandò dopo una lunga pausa di silenzio.
«Cosa?», esclamò lei spiazzata dal repentino cambiamento di discorso; a volte faticava a stare dietro il filo dei pensieri del Serpeverde.
«Ieri mattina hai detto così a George.»
«Oh, era solo una battuta, Draco», spiegò Hermione, schiarendosi la gola imbarazzata.
«Perché tu non pensi mai al futuro?», indagò lui, ripetendo le parole che tante volte la giovane aveva usato in risposta alle sue domande sull’argomento.
«Perché se anche ce lo dovessi avere, un futuro, non so se me la sentirei, in tutta onestà» ammise lei, mordicchiandosi il labbro inferiore.
Draco corrugò la fronte. «Cosa intendi dire, Granger?»
«Sono una Nata Babbana, ricordi?», ribatté pacatamente. «Non voglio mettere al mondo qualcuno che potrebbe correre dei pericoli solo per il semplice fatto di avere me per madre.»
«Granger, credo che per quel momento sarai al sicuro, la guerra sarà finita» le fece notare il biondino, poi deglutì. «Spero.» aggiunse ancora, reprimendo a stento un brivido.
L’idea che il Signore Oscuro potesse vincere lo terrorizzava più di ogni altra cosa.
«Non capisci» mormorò lei, scuotendo mestamente il capo, «la guerra, questa guerra, non finisce mai. Ci sarà sempre qualcuno che vorrà uccidere o soggiogare la gente come me, che ci reputerà inferiori. È sempre stato così, va avanti da anni. Ad ogni scontro vero e proprio sussegue un periodo di pace, poi si ritorna al punto di partenza. Salazar Serpeverde prima, Grindelwald poi, ora Voldemort… non finirà mai. Le persone come me non saranno mai veramente al sicuro.»
Hermione sospirò, mentre Draco assimilava quelle riflessioni. «Posso sopportare qualsiasi cosa su di me, Draco. Quello che non riesco a tollerare è che le persone a cui tengo vengano ferite per colpa mia, per via del mio status di sangue.»
«Ma…»
«Lo so, oggettivamente, che non dovrei farmi influenzare così tanto ma… Draco, ho dovuto obliviare i miei genitori» gli ricordò, portando immediatamente le mani al viso per asciugarsi le lacrime che il pensiero dei coniugi Granger aveva fatto fuoriuscire. «Perché se non lo avessi fatto ora sarebbero morti. E sarebbe stata colpa mia.»
«Non colpa tua, Granger», la corresse Draco. «Colpa loro
Hermione scrollò le spalle. «Non cambia i fatti. Non cambia quello che ho dovuto fare per proteggerli. Non cambia il fatto che se non facessi parte della loro vita non sarebbero mai stati in pericolo in primo luogo.»
Il ragazzo, che si era pentito di aver tirato fuori quel discorso, convinto in un primo mento di portarla su un argomento un po’ più leggero per smorzare la tensione che si era creata, sobbalzò quando udì tre profondi colpi alla porta.
«Malfoy», lo informò la voce scocciata di Ron. «Mamma dice che la cena è pronta.»
Il biondino corrugò la fronte. «Dove pensa che tu sia?»
«Con Ginny», gli disse arrossendo leggermente.
Draco avvertì una punta di fastidio all’altezza dello stomaco all’idea che la Granger nascondesse il loro rapporto fino a quel punto.
«E la Weasley in realtà…»
«Con Harry», terminò lei con un mezzo sorrisetto.
«E dove pensa che sia Potter allora?»
«Con Remus nel capanno a parlare di cose dell’Ordine», rispose Hermione; scoppiarono a ridere entrambi.
«Vi nascondete sempre da Weasley o è una cosa recente?» chiese Draco, divertito e perplesso al contempo.
«Non abbiamo voglia di farci rovinare gli ultimi giorni di pace che ci restano dal terribile temperamento di Ron», chiarì la ragazza. «Poi se ne rende conto, che esagera, ma nel frattempo rovina la festa a tutti.»
 
«Insomma», stava dicendo Weasley, «lo avrai notato anche tu.»
«Non so di cosa tu stia parlando, Ron» stava rispondendo Harry con aria innocente.
Draco si fermò ad ascoltare sulla porta.
«Dai, Harry! Per anni non ha fatto altro che scansarla come se avesse qualche malattia infettiva, e ora non fa che toccarla! Le sta appiccicato, continuamente…»
«Ron, se Hermione ti sentisse insinuare qualsiasi cosa ti farebbe una ramanzina lunga ore» lo avvertì Potter. «Ti ha detto di lasciar perdere Malfoy. Fossi in te mi adeguerei e farei quello che ti ha chiesto.»
«Mi irrita» rispose il rosso. «Non posso farci nulla, non sopporto il modo in cui le gira attorno.»
Draco ghignò di soddisfazione e, quando fu certo che entrambi erano ormai lontani dalle scale, scese anche lui per cena.
 
La cena fu particolarmente silenziosa; poco prima di sedersi tutti a tavola, era arrivato un Patronus da Kingsley che aveva riportato la notizia di diverse morti e numerose sparizioni; li aveva informati che tirava una brutta aria al Ministero, il quale sembrava mantenersi ormai sul filo del rasoio.  
Sembrava che Voldemort guadagnasse terreno sempre più, giorno dopo giorno.
Persino i gemelli erano di cattivo umore; George, in particolare, era ulteriormente tediato dall’apprensione della madre nei suoi confronti a causa dell’orecchio che gli era stato tagliato via durante la battaglia contro i Mangiamorte.
I signori Weasley si erano ritirati nelle loro stanze subito dopo aver rimesso a posto la sala da pranzo, mentre i ragazzi si erano spostati tutti in salotto, improvvisando giacigli a caso per poterci stare tutti.
«Non ho intenzione di stare qui a deprimermi finché ci faranno saltare in aria», borbottò George,
«Fred, tira fuori le scorte.»
Fred ammiccò complice nella sua direzione e sparì per qualche minuto; quando tornò, aveva una cassa piena di alcolici e un ghigno stampato in volto.
«Giochiamo al gioco della bottiglia, gente!»
Ginny e Harry si scambiarono un’occhiata preoccupata; quei giochi andavano sempre a finire male, in qualche modo. Scoppiava sempre il finimondo a un certo punto e qualcuno finiva per litigare; Ron deteneva il record per quanto riguardava il numero di volte in cui uno di loro aveva perso le staffe.
«Se dobbiamo morire, tanto vale divertirci un po’ finché possiamo, no?» commentò George ironicamente.
Zabini fischiò in approvazione. «Se devo morire, voglio morire ubriaco. Mi sembra un bel modo per andarmene.»
Draco, suo malgrado rise; non era esattamente d’accordo con i loro ultimi desideri. Il suo sarebbe stato quello di aver avuto un bell’orgasmo, - e possibilmente di averne regalati due alla Granger -, prima di tirare le cuoia.
Non lo disse a voce alta, ovviamente.
Hermione non era lì con loro; si era scusata dopo cena e aveva assicurato loro che li avrebbe raggiunti dopo aver fatto una cosa, ma non aveva articolato sulla questione; il biondino si chiedeva cosa dovesse fare di tanto urgente da impedirle di trascorrere in tranquillità una delle poche serate che gli restavano insieme.
«Chi gira per primo?»
Blaise alzò prontamente la mano in aria.
 
Avevano bevuto già un bel po’ dopo la prima ora; Ginny si era quasi rotta una gamba per pagare un pegno, Fred aveva dovuto baciare Blaise, Harry aveva preferito mangiare delle pasticche vomitose piuttosto che fare altrettanto con Draco, scelta per cui quest’ultimo gli era stato immensamente grato. Ron aveva dovuto bere dell’acqua allegra e continuava a ridacchiare come un idiota da almeno un quarto d’ora.
«Malfoy, tocca a te», lo chiamò George, cercando di non scoppiare a ridere per via del fratello minore che gli sghignazzava di fronte. «Non puoi rifiutarti.»
«Ve l’ho detto, avete delle idee così da Serpeverde che non posso tirarmi indietro.»
Il biondino si sporse leggermente in avanti e girò la bottiglia.
BACIO.
«Di nuovo?», chiese Harry a mo’ di protesta. «Lo avete truccato, dite la verità!»
«Hey, quando ci ricapita di giocare e non avere solo consanguinei tra i partecipanti?», rispose con ovvietà Fred. «Per forza ne abbiamo approfittato per rendere le cose più piccanti.»
Ginny alzò gli occhi al cielo.
«Ruotala di nuovo, vediamo chi dovrai baciare.»
«Magari ti esco io, Dra!», esclamò ammiccando Blaise.
«Ti piacerebbe, Zabini», ribatté Draco, ghignando.
La bottiglia si fermò dopo qualche secondo e lui alzò lo sguardo per vedere chi fosse uscito; avrebbe dovuto essere un punto vuoto, la direzione indicata dall’oggetto, ma non era così. Hermione aveva appena fatto il suo ingresso nella stanza e la bottiglia si era fermata proprio su di lei.
Ron, finalmente libero dall’effetto dell’acqua allegra, emise un lungo fischio e si voltò a prendere un pacco di patatine che giaceva ancora chiuso sul tavolo dietro di sé; lo aprì e ne infilò una manciata in bocca. «Fortuna che Hermione non stava giocando, eh Malfoy? Altrimenti avresti dovuto dirci un tuo segreto, di' la verità, non avresti mai baciato una Nata Bab-»
Il rosso si interruppe di botto, tutta l'ilarità sul suo volto sostituita dallo shock e da un improvviso e violento moto di... furore.
Draco Malfoy era in piedi di fronte a lui e aveva le labbra incollate a quelle di Hermione.
E Hermione non lo aveva ancora schiaffeggiato.

 
*
 
Hermione aveva terminato di sistemare nella borsetta le cose essenziali di Ron ed Harry. Il che voleva dire che finalmente poteva raggiungere gli altri in salotto.
Sembrava stupido, perdersi in sciocchezze come quelle visto che c'era una guerra in corso, ma forse era proprio il motivo per cui approfittare di quel momento di tranquillità per divertirsi un po’ era la cosa migliore da fare. Non sapeva quando avrebbe avuto di nuovo l'occasione di avere dei momenti spensierati da condividere con i suoi amici, l’unica famiglia che le era rimasta. Sempre se sarebbe sopravvissuta per averne un’altra.
Sentì le risate del gruppo in lontananza quando stava ancora scendendo le scale.
«Ve l'ho detto, avete delle idee così da Serpeverde che non posso tirarmi indietro», udì le parole di Draco e sorrise.
Era sicura che in realtà lui volesse semplicemente giocare, non credeva avesse avuto molte occasioni di trascorrere il tempo tranquillamente in compagnia, soprattutto non di recente. Non aveva idea di come potessero essere i rapporti tra le Serpi, ma aveva visto come Draco, che inizialmente con l'arrivo degli altri aveva tentato di isolarsi, si era pian piano ritagliato un posto per sé nel gruppo, sebbene a volte dovesse trascinarlo lei stessa fuori dalla sua stanza.
Pensò alla faccia che faceva Ron ogni volta in cui vedeva i gemelli parlare con il biondino e Blaise e quasi le venne da ridere; sospettava immediatamente che stessero tramando qualcosa ai suoi danni.
Hermione entrò in salotto con l’aria distratta, ancora sovrappensiero, ma due secondi dopo un silenzio tombale calò nella stanza. Lei corrugò la fronte in un primo momento, poi abbassò lo sguardo sul pavimento.
Sulla ruota dei pegni diceva "BACIO" e la bottiglia era puntata su di sé.
‘Oh, no.’
Passò in rassegna i presenti per cercare di capire chi fosse che avrebbe dovuto baciarla. Sentì Ron dire qualcosa, ma le parole le arrivarono ovattate alle orecchie.
Aveva incrociato lo sguardo di Draco, che se ne stava di fronte a lei con la schiena appoggiata al muro; era seduto su un grosso cuscino sul pavimento, una gamba distesa, un ginocchio piegato su cui aveva poggiato l'avambraccio destro. E la fissava con un sorrisetto a metà tra il malizioso e il divertito, mentre faceva sfregare il pollice contro l'indice.
‘Non volevo che accadesse così, Granger… Ma potrei non avere un’altra occasione. E resto una maledetta Serpe.’
Hermione deglutì. Arrossì violentemente non appena vide Draco alzarsi con uno scatto e dirigersi verso di lei; il tempo sembrava essersi velocizzato, perché un battito di palpebre dopo il biondo era a pochi millimetri da lei e la guardava negli occhi, ma il suo tempo di reazione si era azzerato. Poi avvertì una mano tra i capelli e una leggera pressione sul capo, una mano sulla guancia destra e delle labbra decise schiantarsi contro le sue. Non seppe mai per quanto tempo durò quel contatto, ma a un certo punto Malfoy si allontanò da lei e tornò a sedersi al suo posto, lentamente.
Hermione rimase lì, immobile, a chiudere e riaprire le palpebre, spiazzata, con le labbra ancora leggermente dischiuse. Deglutì, mentre manteneva lo sguardo fisso su Draco, il quale di rimando aveva puntato gli occhi nei suoi. Hermione cercò un qualsiasi segno di scherno sul suo volto, di divertimento, ma non ne trovò nessuno. Draco non sorrideva più e la fissava talmente intensamente che le sembrò di venir risucchiata nelle sue iridi grigie.
Il lecca-lecca che Ginny stava mangiando, dopo essere rimasto in equilibrio precario tra le sue labbra per tutta la durata dell'evento, cadde per terra, rompendosi rumorosamente e attirando l'attenzione di tutti; fu come se il tempo, - che se per Hermione aveva preso a scorrere più velocemente, per gli altri aveva rallentato quasi fino a fermarsi -, avesse ripreso la sua normale corsa tutto di colpo.
Harry scosse il capo e richiuse la bocca, scoprendo che la sua mascella era sorprendentemente dolorante.
Fred e George, che erano seduti su una poltroncina leggermente vecchiotta, quando avevano visto Draco poggiare le sue labbra su quelle di Hermione si erano sporti talmente di lato per osservare meglio che erano caduti tirandosi dietro la poltrona stessa; ancora in quella posizione, si scambiarono uno sguardo scioccato, ma con un mezzo sorrisetto sul viso.
Ginny diede un pizzicotto a Harry, che le rispose tirandole un leggero schiaffo sul braccio; nessuno dei due credeva a quello che aveva visto. Blaise sogghignava divertito, con l’aria di chi sospettava fin dall’iniziò che ciò sarebbe accaduto, prima o poi.
Hermione e Draco, dal canto loro, erano ancora immobili, intenti a fissarsi, come se non ci fosse nessuno nella stanza oltre a loro; come se non avessero appena lanciato un fiammifero acceso in una pozzanghera di benzina davanti a tutti.
Mentre Ron... Ron si alzò di scatto, tutto rosso in volto e palesemente innervosito.
«Ma cosa cazzo fai?» urlò, avvicinandosi al centro della stanza; non sapeva neanche lui se intendesse rivolgersi a Hermione o a Malfoy.
Draco si alzò immediatamente e si parò tra la ragazza e il rosso; il suo tipico ghigno strafottente era ritornato al suo posto. «Qualche problema, Weasley?»
«Perché cazzo l'hai baciata?»
Draco era estremamente tentato di scoppiare a ridere, ma alzò semplicemente un sopracciglio e indicò la bottiglia sul pavimento che puntava ancora verso Hermione, anche se, ovviamente, il gioco non aveva nulla a che fare con il suo movente.
Non davvero.
Ron si irritò ancora di più per il sarcasmo del biondo.
«Non avresti dovuto farlo!», gridò diventando, se possibile, ancora più livido dalla rabbia; ignorava completamente la voce di Harry e Ginny che cercavano di attirare la sua attenzione.
«E perché mai?», chiese facendo spallucce il Serpeverde.
«Perché… Perché tu sei Draco Malfoy», sputò fuori il rosso, come se fosse il peggiore insulto sulla faccia della terra. «E lei è Hermione Granger» aggiunse, come se quella invece fosse la spiegazione riassuntiva del secolo.
«Argomentazione brillante, Weasley» ribatté allora Malfoy, ritirando fuori la sua voce fredda e strascicata, ma al contempo mantenendo un tono divertito. «Avrei dato dieci punti a Grifondoro, se solo non ne fossimo stati già tutti perfettamente consapevoli.»
Ron sembrava ormai sul punto di scagliarsi contro Draco e tirargli un pugno in faccia, ma proprio in quell'istante la voce di Molly Weasley tuonò nella stanza.
«Che cosa ci fate ancora svegli?»
Fred e George si riscossero in un baleno e rialzarono la poltrona dal pavimento, afferrarono al volo le bottiglie di Firewhiskey che Harry gli aveva lanciato dall'altro lato della stanza e le fecero rotolare sotto al divano per nasconderle; fecero appena in tempo, perché la signora Weasley piombò in salotto due secondi dopo.
«Andate subito a dormire. Sono le due di notte! È così che facevate a scuola?»
, avrebbero risposto in molti dei presenti, ma nessuno commentò quella specifica affermazione.
«Mamma, siamo tutti adulti qui», sbuffò Fred con insolenza.
«Ginny, tu vai a letto. Noi restiamo un altro po’», aggiunse George con un ghigno e uno sguardo carico di aspettativa per gli sviluppi della situazione.
La rossa gli rivolse un'occhiataccia indignata e fece per rispondere, ma Molly afferrò George per un braccio, spegnendo la sua controbattuta. «Tu, razza di irresponsabile! Tornatene subito in camera. Hai bisogno di riposare.»
«Mamma, sto bene», ripeté il ragazzo per l’ennesima volta, ruotando gli occhi e sbuffando scocciato.
Molly era così intenta a riportare George nella sua stanza che, nonostante fosse proprio accanto a lei, non si accorse neanche di Hermione, ancora rossa in faccia e totalmente immobile sul suo posto, quasi come se fosse stata pietrificata; né notò Ron e Draco che si fissavano in cagnesco al centro della stanza.
«Filate. A. Letto. Tutti voi!», ribadì minacciosa la signora Weasley, trascinando Fred e George sulle scale. Harry si diresse rapidamente verso Ron e lo afferrò per un braccio, mentre Ginny prese a tirarlo dall'altro per farlo andare via.
In quel momento Hermione, realizzando che di lì a poco sarebbe rimasta sola con Draco, si riscosse e fuggì come una furia, rifugiandosi nella sua stanza.
‘Porca miseria!’ pensò una volta tiratasi le coperte fin sopra alla testa. ‘Porca miseria.’
Il cuore le batteva all’impazzata; dovette liberarsi delle coperte, respirava a malapena e aveva deciso di dimezzare l’ossigeno attorno a lei.
Ginny entrò qualche minuto dopo.
«Ron è con Harry, Draco è nella sua stanza» la informò, tirando un respiro di sollievo, come se avesse dovuto compiere nei precedenti minuti uno sforzo sovrumano. «Sono tutti vivi» specificò poi, crollando sul letto. «E tutti interi.»
Hermione, però, se ne stava stesa a fissare il soffitto senza proferire parola.
Ginny si sorresse su un gomito e puntò lo sguardo sull’amica a pochi passi da lei.
«Terra chiama Hermione!», trillò sventolando una mano nella direzione della giovane, ma quando notò che lei persisteva a restare nel suo mutismo, le tirò contro il tappo della bottiglia di succo di zucca che teneva sul comodino.
«Ahia, Ginny!», esclamò indignata l’altra, destandosi dai suoi pensieri e voltandosi verso l’amica per rivolgerle un'occhiataccia.
La trovò con una guancia poggiata sulla mano, che le sorrideva maliziosamente.
«Allora, com'è baciare Draco Malfoy?»
 
Ginny si era finalmente addormentata; aveva provato a farla parlare per due ore buone, poi, quando Hermione era ormai sul punto di cedere, era crollata.
Per fortuna.
Hermione non sapeva neanche come rispondere alle domande che le stava rivolgendo.
«Merlino», imprecò la giovane, tirando un sospiro di sollievo. «Che serata!»
Draco non avrebbe potuto causare più danni di così neanche evocando l'Ardemonio, in quel salotto.
La parte più difficile sarebbe stata gestire Ron il giorno dopo e sperava che Harry non chiedesse spiegazioni, che almeno lui avesse interpretato quel bacio per quello che era: un gioco.
Ma no, dovette ammettere Hermione, la parte più difficile sarebbe stata dimenticarlo, quel bacio. Perché non aveva più provato niente di simile dopo Cedric; nessuna strana sensazione nello stomaco, niente pelle d'oca sulle sue braccia, niente brividi.
L'ultimo, - e il solo fino a qualche ora prima -, ad averle fatto provare quelle cose era stato Cedric Diggory e lei non aveva mai pensato che le avrebbe provate per qualcun altro dopo di lui, tanto meno che quel qualcuno potesse essere Draco Malfoy.
Era quello che temeva; era il motivo per cui si era ritratta ogni volta che aveva provato a baciarla, - perché lei non era stupida e aveva capito le intenzioni del ragazzo, anche se continuava a non comprenderne le motivazioni -, sperava solo che si sarebbe arreso eventualmente. Invece lui aveva trovato una scappatoia, fortuita, ma pur sempre in suo favore; non voleva sapere come fosse baciarlo, non aveva mai veramente accettato l’idea di essere attratta da lui, nonostante la pelle d’oca che le provocava quando le parlava con voce roca o quando la sfiorava per sbaglio, - o intenzionalmente, la maggior parte di quei gesti era studiata dal Serpeverde, anche se Hermione non lo sapeva o si rifiutava di capirlo.
Aveva provato a stargli lontana, ci aveva provato veramente, solo che non ci riusciva; era come se fosse naturalmente e fatalmente attratta da lui, come se i loro corpi fossero poli opposti di due calamite e bramassero il contatto.
Costantemente.
Non importava cosa facesse per tenersi alla larga da Draco Malfoy, finiva sempre alla porta della sua camera.
Sbuffò e si girò di lato per guardare l’orologio; erano le quattro e trenta del mattino, ma di dormire non c'era proprio verso.
Decise di scendere a farsi un the, o a finire quella bottiglia di Firewhiskey a metà che probabilmente era rimasta sotto alla poltrona, non aveva ancora stabilito di quale tra le due cose necessitasse di più in quel momento.
Era solo a metà corridoio quando avvertì una mano chiudersi sul suo braccio e tirarla dentro una stanza, che lei conosceva benissimo, con una mossa decisa.
«Malfoy!» trillò cercando di mantenere bassa la voce, indignata. «Mi hai spaventata!»
«Ops!», rispose lui ghignando.
Hermione gli tirò uno schiaffo sul braccio.
«Ahi, sei violenta Granger, te lo hanno mai detto?», fece lui, massaggiandosi il punto in cui lo aveva colpito.
«Drama Queen» ripeté borbottando lei, riferendosi a quello che gli aveva detto serie addietro quando erano ancora soli a Grimmauld Place.
Draco le rivolse una smorfia in risposta, ma realizzò subito, - notando che il moto di stizza palese sul volto della ragazza non accennava a passare -, che la Granger fosse arrabbiata.
Se l'era presa per il bacio?
Eppure, Draco ci aveva riflettuto bene in quei giorni, dopo averla osservata e studiata a lungo, analizzando i suoi comportamenti verso i suoi amici.
A parte Potter, con cui scambiava ogni tanto un rapido abbraccio o una carezza sul braccio, aveva constatato che i contatti fisici che aveva con gli altri erano pressoché inesistenti; di certo non si faceva stringere la notte da nessun Weasley, - ne era sicurissimo, anche perché di solito era con lui -, né l'aveva mai vista giocare con i capelli di uno di loro o permettere che le poggiassero il capo sulle gambe mentre leggeva. Aveva pensato che, per qualche assurdo motivo, anche la Granger avvertisse quell'inspiegabile attrazione verso di lui, tra di loro, che ricambiasse il suo modo di sentirsi attorno a lei.
Si era sbagliato? Se Weasley si fosse steso su di lei, avrebbe giocato anche con i suoi capelli?
Fu colto da una forte ondata di gelosia che soppresse immediatamente.
Doveva restare lucido.
«Granger, cosa c'è che non va?», domandò infine, lasciandosi cadere le braccia lungo il busto.
«Cosa c'è che non... Che diavolo ti è saltato in mente, Malfoy?» sbottò innervosita.
Draco alzò un sopracciglio.
«Baciarmi davanti a tutti!» precisò lei, arrossendo leggermente e perdendo, suo malgrado, il contatto visivo con il ragazzo, non riuscendo a reggerne lo sguardo per l’imbarazzo.
«Mi sembra di averti lasciato tutto il tempo di tirarti indietro, Granger» ribatté a tono lui. «Come sempre.»
«Non sapevo neanche chi dovesse pagare quel pegno, non stavo giocando!»
Draco deglutì. Fosse stato Ronald, se la sarebbe presa così? La mancanza di contatto fisico con il rosso era dovuta al fatto che lei provava qualcosa per lui?
No, no. Gli aveva detto che erano solo amici, che era come un fratello per lei.
Allora... Le aveva fatto così schifo, il loro bacio? Si era davvero immaginato tutto?
«Rilassati, Granger», le disse con nonchalance, nonostante si sentisse ferito nel profondo. «Era solamente un gioco.»
Hermione dischiuse la bocca, ma non emise alcun suono, incerta su come sentirsi riguardo a quell’affermazione; certo, era quello che aveva sperato, la cosa più semplice: classificare il tutto come uno stupido gioco.
Ma… non era quello che voleva veramente e ne era perfettamente consapevole.
«Giusto» iniziò a farfugliare, deglutendo. «Dovrò sopportare le ramanzine di Ron per giorni, per un gioco!»
«È questo il problema?» le domandò Draco, non più in grado di trattenere la sua irritazione. «Non vuoi fare ingelosire il tuo amichetto?»
‘Dannazione, un tempo ero più bravo a imbottigliare le emozioni. Dannata strega, mi succede solo con te!’ Imprecò dentro di sé, cercando di ingoiare il senso di vulnerabilità che aveva avvertito realizzando ciò e il moto di stizza per il fatto che potesse incolpare soltanto sé stesso per quello; aveva scelto lui di non sopprimere ciò che provava con e per la Granger.
Non poteva fargliene una colpa, adesso.
«Il problema è che è stato fuori luogo, Malfoy.»
Malfoy, Malfoy, Malfoy.
Non lo aveva chiamato per nome neanche una volta da quando avevano iniziato quella conversazione. La cosa lo stava urtando parecchio.
«Ah sì? Suppongo che avresti preferito baciare uno dei Weasley o Potter allora, mi dispiace ti sia capitato io!»
Hermione sussurrò le successive parole senza pensarci. «No! Io...»
Arrossì, mentre le sopracciglia di Draco scattavano all'insù interrogative. «Non volevo baciare proprio nessuno» mormorò con un fil di voce, cercando di nascondersi dietro ai suoi stessi capelli.
«No?» mormorò il biondino avvicinando il volto al suo viso, lentamente, senza sapere da dove avesse ritirato fuori quella sicurezza.
«Quindi se io ora facessi così» bisbigliò con voce roca mentre faceva sfiorare i loro nasi dolcemente e avvicinava sempre più le labbra alle sue, «e provassi a baciarti... ti tireresti indietro, Granger?»
La mano sinistra di Draco era poggiata contro il muro, a un lato della sua testa; l'altra mano, invece, salì ad accarezzarle una guancia con tenerezza.
«I-io...»
Lo sguardo gli ricadde sul collo di lei quando la vide deglutire; il petto di Hermione si alzava e si abbassava velocemente, troppo velocemente.
La baciò appena, sfiorandole le labbra con le sue, poi si tirò indietro e la vide tendersi lievemente in avanti verso di lui, come se si aspettasse di più, come se desiderasse di più… come se anelasse un vero contatto.
Hermione dovette rendersi conto di quella reazione impercettibile perché spalancò gli occhi, che si scontrarono immediatamente con quelli grigi di lui.
«Non l'ho fatto per il gioco, Granger» confessò deciso a rischiare il tutto per tutto, incoraggiato dalla reazione spontanea e istantanea che aveva avuto quando si era ritratto da lei.
«Ti ho baciata perché volevo baciarti. Voglio ancora baciarti
Hermione fu scossa da un brivido dovuto in parte a quelle parole, in parte al modo in cui le aveva dette.
Un angolo delle labbra di Draco si alzò in un mezzo sorriso; avvicinò le labbra all'orecchio della ragazza.
«E so che lo vuoi anche tu
Tornò a guardarla per qualche istante e poi si accinse ad azzerare nuovamente le distanze tra di loro.
«Fermami, Granger. Fermami se mi sbaglio.»
Ma Hermione non lo fermò; lasciò che la baciasse, accogliendo le sue labbra a sua volta, ricambiando quel contatto. La baciò con una lentezza estenuante, mentre faceva scivolare una mano tra i suoi capelli e con l'altra, scesa sulla sua schiena, la tirava a sé, tenendola stretta, come se avesse bisogno di quella pressione per assicurarsi che tutto quello stesse accadendo veramente.
Che non scivolasse via dalle sue mani, scomparendo all’improvviso.
‘Sto baciando Hermione Granger.’
La ragazza aveva ormai messo a tacere la vocina nel suo cervello; si lasciò andare a quei baci dolci, che mai, mai avrebbe pensato Draco Malfoy sapesse dare, mentre usava una mano per giocare con i suoi capelli e posava l'altra sul suo collo, per spingerlo verso di sé, anche se non poteva fisicamente avvicinarlo ulteriormente.
‘Sto baciando Draco Malfoy.’
E per la prima volta dopo due anni si sentiva di nuovo viva, in grado di provare qualcosa.
Era come se quel ragazzo tormentato e più complesso di quanto avrebbe mai potuto immaginare, che aveva tante sfumature che lei adorava scoprire volta per volta, che si era rivelato pieno di sorprese, era come se avesse risvegliato il suo cuore assopito con una scossa improvvisa.
Draco la spinse con la schiena contro il muro, per darle stabilità, mentre le sue labbra iniziavano a vagare sul collo di lei.
‘Cazzo, finalmente. Quante volte ho desiderato di baciarlo…’
E fu quando un gemito di piacere le sfuggì dalle labbra che la vocina nella sua testa ricominciò ad urlare.
‘Smettila. Smettila. È Malfoy. È sbagliato. Sbagliato! Non è la persona giusta a cui affidare quel che resta del tuo cuore ammaccato. Ti ferirà. Se ti innamori di lui è la fine. Non importa ciò che vuole ora, dopo non conterà più niente… sei sempre una Nata Babbana. E lui è sempre un Malfoy.’
«Draco...» provò ad attirare la sua attenzione, ma quel suono che aveva emesso poco prima sembrava averlo incoraggiato, perché le sue mani ora si muovevano erratiche sulla schiena di lei, sui suoi fianchi, tornavano sul suo viso, poi si spostavano altrove nuovamente.
«Mmh?»
«Draco, f-basta.»
Non riuscì a dire fermati.
Fermati avrebbe significato che Malfoy si sbagliava, ma Malfoy non si sbagliava e una parte di lei voleva che lo sapesse, anche se stava per allontanarlo.
«Q-questo, n-non v-va b-bene» gli disse lei. «N-non possiamo» precisò più decisa.
Draco si bloccò immediatamente e staccò le labbra dalla clavicola di lei; non riaprì gli occhi, ma spostò il capo per poggiare la fronte contro quella della ragazza.
«Perché, Granger?», le domandò con una punta di supplica nella voce che non si preoccupò minimamente di provare a celare. «Perché?»
‘Mi vuoi, lo sento che mi vuoi anche tu…’
«Perché... perché è sbagliato!» rispose lei, esitante, e fu come ricevere un pugno nello stomaco, un pugno che si era data da sola.
E se Draco non fosse stato così sicuro di non meritare di averla al suo fianco, si sarebbe accorto che la Grifondoro non credeva veramente alle parole che stava pronunciando.
«Sbagliato?», le fece eco lui. «Perché? Non ci credo più a quelle stronzate; mi hai detto di avermi perdonato; siamo dalla stessa parte, ora. Come può essere sbagliato
Allontanarsi da lei per guardarla negli occhi gli provocò una fitta al cuore; temeva che quella sarebbe stata l'ultima volta che l'avrebbe avuta così vicina.
«Perché... Nonostante ciò... Tu resti Draco Malfoy. Ed io sono sempre Hermione Granger.»
Il biondo sbatté le palpebre, faceva sul serio?
«Vuoi davvero fare finta che non siamo andati troppo oltre? Che non ci siamo avvicinati in ogni senso possibile?» Le chiese, a metà tra il nervoso e il ferito. «Vuoi davvero fingere che questo» fece viaggiare l'indice dal suo petto a quello di lei, «non sia reale? Che tutto il tempo che abbiamo passato insieme non abbia significato nulla
«Draco, ti prego...» iniziò lei supplichevole. «N-non è così. È solo... Questo... È... troppo. Per me è troppo.»
Draco si fermò un attimo a soppesare quelle parole; si inumidì il labbro inferiore.
«Da quando sei una codarda, Granger?» le sussurrò poi, ma nel farlo aveva iniziato ad avvicinarsi nuovamente a lei. «Da quando scappi dalle cose troppo grandi?»
Erano di nuovo a pochi millimetri di distanza; Hermione poteva sentire il respiro caldo di Draco carezzarle il volto e la sua razionalità venire sempre meno. Si riscosse solo quando il ragazzo posò le mani sulle sue guance, come se volesse baciarla nuovamente.
«Per la prima volta in vita mia, io non sto scappando, Granger. Non rendermi la prima volta che lo fai tu», la supplicò quasi, sussurrando quelle parole sofferte.
‘Se ti spezza il cuore, questa volta non riuscirai a riprenderti’, le urlò in avvertenza la vocina nella sua testa. ‘Funziona già a malapena. E lui è il Principe dei Purosangue.’
«Io... Io... Non posso, Draco, mi dispiace» disse soltanto, per poi allontanarsi bruscamente da lui e dirigersi a grandi falcate verso la porta.
Draco la raggiunse subito; le afferrò uno dei polsi e la voltò verso di sé, per poi intrappolarla tra il suo corpo e la porta con uno scatto repentino. Fece scivolare le dita dal suo polso a prenderle la mano e se la portò contro il petto, facendo sì che premesse su di esso.
Deglutì.
«Questo ti sembra sbagliato?» le chiese con voce roca, mentre Hermione percepiva il battito accelerato del suo cuore contro il palmo. «Non ha mai battuto per nessun’altro che non fossi io, prima d’ora, Hermione», le confessò. «Dimmi, questo ti sembra sbagliato?»*
 
Se n'era andata subito dopo, senza dargli alcuna risposta, con uno sguardo probabilmente terrorizzato stampato in faccia.
Non aveva dormito. Era rimasta a fissare il soffitto e a rimuginare per quel che restava della notte. Non aveva potuto fare a meno di chiedersi quando fosse iniziato tutto quello, qualsiasi cosa fosse che condivideva con Malfoy. E aveva fatto quello che faceva sempre: aveva analizzato ogni singolo momento che avevano vissuto insieme da quel giorno in cui lo aveva aiutato nel bagno di Mirtilla per la prima volta, tutti gli eventi che avevano portato a quel maledettissimo bacio. Non era riuscita ad individuare un momento preciso in cui aveva iniziato a provare qualcosa di più significativo per Malfoy e la cosa aveva finito per spaventarla ulteriormente.
Molto più di quanto l'avesse terrorizzata riconoscere il suo profumo e associarlo a quello che aveva sentito nell'Amortentia.
Hermione sapeva già che non sarebbe mai stata in grado di respingerlo un'altra volta, perché farlo poco prima le aveva prosciugato tutte le forze; andare via era stato come trovarsi di nuovo sulla riva del Lago accerchiata dai Dissennatori.
Nascose la testa sotto il cuscino.
Maledizione, sono fottuta. 

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Capitolo 54
*** CAPITOLO 49 ***


CAPITOLO 49

















Draco Malfoy non aveva mai conosciuto il rifiuto prima di quel momento; quando durante il suo primo anno a Hogwarts Harry Potter aveva declinato la sua stretta di mano e respinto la sua amicizia, il fatto lo aveva irritato, ma non era stato neanche lontanamente doloroso come quello che stava provando per il rifiuto della Granger.
Si sorprese nel constatare che, nonostante fosse cambiato notevolmente nell’ultimo anno, restava comunque il ragazzino che era convinto di poter avere tutto nella vita.
Ma non se ne capacitava; si era esposto come non aveva mai fatto in vita sua, era cambiato per lei, aveva persino dato una possibilità a quel gruppo di Grifondioti disagiati e lei non voleva minimamente tenere in considerazione l’idea di dargli una possibilità in quel senso.
Non che non avesse dei buoni motivi alla base per non farlo e non che non lo avesse messo in conto fin dall’inizio, ma… faceva male. Il Marchio bruciante era nulla in confronto al dolore opprimente che provava nel petto in quel momento.
Perché, Granger?
Perché?
Lo aveva percepito da come si era aggrappata a lui e aveva ricambiato quel bacio; aveva percepito che anche lei provava qualcosa di forte e assolutamente inaspettato verso di lui, ma continuava a rifiutarlo ugualmente.
Perché mi respingi, Granger? Non vedi come sono cambiato per te? Grazie a te? Ti ho mostrato chi sono veramente…
E poi la consapevolezza lo colpì come una pugnalata nello stomaco.
Ti rifiuta perché sa che la rovinerai. Ti rifiuta perché ha visto l’oscurità dentro di te e teme che possa spegnere la sua luce.
Ti rifiuta perché è ancora innamorata di Cedric Diggory e quando hai amato qualcosa di così puro, non puoi amare qualcosa di rotto e tormentato come te.
Si portò le mani sul volto, poi si lasciò cadere di peso sul letto; affondò il viso nel cuscino.
Una delle regole fondamentali dell’essere un Malfoy era quella di non piangere e controllare le proprie emozioni.
Draco aveva perso il conto delle volte in cui l’aveva infranta.
 
Draco non scese a colazione, ma l'unico a gioirne fu Ron.
Ginny continuava a scrutare Hermione di sottecchi, focalizzandosi sulle sue profonde occhiaie, e persino Harry le lanciava qualche sguardo preoccupato.
«Non è successo niente» mimò con le labbra in direzione del moro all’ennesimo sguardo apprensivo e gli rivolse un sorriso rassicurante, ma che non le arrivò agli occhi.
Se ne stavano tutti in salotto; Harry e Ron giocavano a Scacchi dei Maghi, Ginny si divertiva con la sua Puffola Pigmea, Hermione leggeva. I gemelli testavano i loro prodotti.
«La guerra finirà e la gente avrà bisogno di motivi per tornare a ridere», aveva risposto Fred quando Percy, che aveva fatto una visita veloce quella mattina, gli aveva chiesto perché continuassero a lavorarci su quando c’erano cose più importanti a cui pensare.
Sembrava una giornata qualunque nella Sala Comune di Grifondoro o alla Tana.
Hermione tirò su col naso impercettibilmente; le mancavano i vecchi tempi, quando il suo unico tarlo era capire come fare a battere Malfoy a Pozioni… Non lo aveva mai capito e Malfoy restava comunque uno dei suoi più grandi tormenti.
Si era quasi pentita di averlo respinto la sera prima.
Quasi.
Una parte di lei voleva solo lasciarsi andare, prendere quello che il ragazzo era disposto a darle e poi preoccuparsi delle conseguenze dopo; ma dopo, quando l’avrebbe lasciata per sposare una Purosangue come da manuale, chi sarebbe stato lì a tenerla in piedi?
Temeva di perdere i suoi amici, aveva paura che non avrebbero capito; era terrorizzata dall’idea di aprire il suo cuore a qualcuno nel bel mezzo di una guerra, un qualcuno che avrebbe potuto venirle sottratto via come era accaduto con Cedric.
‘Malfoy starà al sicuro, resterà nascosto. Non combatterà. Non morirà.’
Provava a convincersi, ma non funzionava, non la tranquillizzava.
Non poteva innamorarsi di lui; l’avrebbe distrutta quando se ne sarebbe andato definitivamente, quando sarebbe uscito dalla sua vita per sempre scegliendo un’altra, una Purosangue dalla pelle perfetta e le maniere impeccabili e la grazia aristocratica che la sua posizione richiedeva in una moglie per uno come lui.
Ron interruppe il suo flusso di pensieri imprecando perché Harry lo aveva battuto, cosa che in realtà accadeva raramente, e urlandogli che avrebbe dovuto dargli la rivincita una volta ritornato dal bagno.
Draco fece capolino nella stanza proprio in quel momento; Hermione alzò lo sguardo per qualche istante, ma quando incontrò i suoi occhi grigi avvampò e lo riabbassò sul suo libro.
Si sentiva tremendamente a disagio, non solo perché ci era quasi andata a letto la sera prima, ma anche perché l’ultima volta in cui erano stati tutti insieme in salotto, lui aveva avuto la brillante idea di baciarla davanti a tutti… con la scusa di un gioco a cui lei non stava nemmeno giocando.
Lo vide ponderare un momento la direzione da prendere, probabilmente indeciso se andarsi a sedere accanto a lei o lasciare perdere; Hermione sperò che lasciasse perdere e se ne andasse in cucina e recuperare il pasto saltato.
Non lo fece; Draco sbuffò semplicemente e tornò nella sua stanza.
La ragazza sospirò rassegnata.
Sono maledettamente fottuta.
 
Draco non si fece vivo neanche a pranzo.
Quando gli altri annunciarono che sarebbero usciti a giocare a Quidditch, Hermione ne approfittò per rintanarsi in camera sua e continuare a leggere le Fiabe di Beda il Bardo.
Ma non riusciva proprio a concentrarsi; chiuse il libro di scatto e sbuffò, dirigendosi verso la camera di Malfoy a grosse falcate, in un impeto di impulsività.
Persino quello stupido libro le faceva pensare a lui.
‘Fanculo’, imprecò tra sé e sé, pensando che in fondo, forse, Draco avesse ragione su quel maledetto spirito da Grifondoro che si ritrovava.
Bussò un paio di volte, ma non rispose nessuno.
Lei entrò lo stesso.
«Quando ti chiudevi in camera a Grimmauld Place, non forzavo la porta, Granger» l'accolse la voce gelida di Draco.
Era di spalle e guardava la partita fuori dalla finestra, con un bicchiere di Firewhiskey in mano.
‘Non sono neanche le tre, non ha mangiato e lui beve’, notò con disappunto Hermione.
«Ero... preoccupata
Il biondo rise, anche se non vi era alcun divertimento nel suono che uscì dalla sua bocca.
«Come se ti importasse.»
«Non essere ingiusto», ribatté offesa lei. «Mi sembra di averti provato più e più volte, che mi importa. Non sminuire tutto solo perché...»
«Perché rifiuti anche solo di accettare l’idea che potresti provare qualcosa per me?» concluse per lei.
Hermione corrugò la fronte. «Io non rifiuto-»
«Risparmiamelo, Granger» la interruppe bruscamente, continuando imperterrito a darle le spalle. Si riempì di nuovo il bicchiere.
«Fa male, bere a stomaco vuoto, sai?», sbottò con il suo tono da so-tutto-io che per un momento lo fece quasi sorridere; da quando non lo trovava più irritante, ma divertente?
«Grazie Granger, vuoi dei punti ora?»
«Smettila, Draco! Per favore! Cerca di capirmi, l'ultima persona per cui ho provato qualcosa è morta» esplose allora lei, agitando le braccia per aria, frustrata. «Perdonami se ho paura, visto che siamo nel bel mezzo di una guerra e paradossalmente la persona che ha risvegliato qualcosa in me è l'ultima che mi sarei mai aspettata al mondo e per ovvi motivi!»
Aveva le lacrime agli occhi, ormai. «Non puoi davvero biasimarmi se ho delle remore.»
Draco deglutì.
«Quindi lo stai ammettendo» disse in sussurro strozzato. «Stai ammettendo che provi qualcosa per me? Come io provo qualcosa per te?»
Hermione sobbalzò a quelle parole. «Draco...»
Il biondo chiuse gli occhi rassegnato; non lo avrebbe mai ammesso. Sospirò e si portò una mano sulla bocca.
«Cosa senti nell'Amortentia, Granger?» le chiese all’improvviso, ma con un tono di voce che fece tremare l’intero corpo della ragazza.
Hermione strinse i pugni.
Glielo aveva già chiesto, dopo il quasi bacio a cui si erano quasi lasciati andare quella notte a Grimmauld Place, e lei non aveva risposto. Lo aveva respinto anche in quel caso, e aveva fatto di tutto per non discutere di quello che era quasi successo tra loro; poi lui se n'era uscito con quella domanda e si era salvata solo per il Patronus di Lupin che avvertiva che i membri dell'Ordine sarebbero arrivati al Quartier Generale qualche ora dopo. Il che li aveva distratti dalla questione.
Hermione deglutì e chiuse gli occhi; trasse un respiro profondo. Iniziò a contare nella sua mente, per rilassarsi, senza neanche capire perché stesse rispondendo alla domanda invece di correre via a gambe levate.
Tre.
«Pergamena nuova...»
Due.
«Legno di sandalo» ammise con un singhiozzo.
Draco serrò gli occhi a quelle parole; aveva sentito alcune ragazze per i corridoi dire che il profumo di Cedric Diggory rimandava proprio a quello.
Lo sentiva ancora, dopo tutto quel tempo, nell'Amortentia.
Uno.
«B-bergamotto e m-mela verde» concluse in un sussurro appena udibile.
Draco sgranò gli occhi. Lasciò scivolare il bicchiere sul tavolo e corse verso di lei.
‘Fanculo, Granger. Cazzo!’
Le prese il volto con entrambe le mani e la baciò.
Non c'era molto della dolcezza della notte prima in quel bacio; Draco la stringeva a sé con decisione e la baciava con un misto di disperazione e passione che Hermione avvertì penetrarle sottopelle, facendola tremare.
Le mani di lei vagavano sul corpo di lui freneticamente, come se volesse esplorare quanto più poteva di lui il più velocemente possibile; era andata, anche se molto impulsivamente, aveva ceduto e non poteva più tornare indietro.
Non voleva.
Era dannatamente stanca di lottare contro sé stessa e i propri desideri, e non sapeva se avrebbe avuto altre occasioni per lasciarsi andare con lui.
Cercò di sbottonargli la camicia, ma non si sentiva molto paziente dato che quel momento aveva più di un mese di anticipazione. Afferrò gli angoli del colletto e tirò forte, strappando via i bottoni dall’indumento, che caddero e rimbalzarono sul pavimento tintinnando; pensò solo dopo al fatto che quella camicia probabilmente costava da sola più di tutto il suo guardaroba messo insieme, ma a Draco non sembrò importare.
Il giovane gemette dalla sorpresa a quel gesto inaspettato, ma senza mai staccarsi dalle labbra di lei, e sussultò quando le mani della ragazza entrarono in contatto con la sua pelle; la avvertì accennare a ritrarle in seguito a quella reazione, ma lui le afferrò e le fece aderire nuovamente al suo petto, per poi tornare a liberare lei dei suoi vestiti.
Tirò fuori la bacchetta e lanciò qualche incantesimo contro la porta; poi la prese in braccio e la adagiò delicatamente sul letto.
Si prese un momento per guardarla e studiare ogni dettaglio di lei, del suo corpo, e la cosa dovette sorprenderla perché lo fissò di rimando, sbattendo le palpebre confusa.
Era bella, soprattutto quando aveva le guance arrossate dall’eccitazione e le labbra gonfie dei suoi baci.
‘Sta succedendo davvero?’ Si chiese Draco, in estasi.
«Sei… sei sicura, Hermione?», le domandò esitante, deglutendo.
‘Ti prego, dì di sì.’
La ragazza fu scossa da un tremito quando sentì il suo nome di battesimo capitolare dalle labbra del biondino; si perse per un momento nei suoi occhi, che per la prima volta vedeva illuminati da una luce diversa.
Sapeva che annuire non sarebbe stato sufficiente; sapeva che avrebbe dovuto far comprendere al giovane che fosse perfettamente consapevole di cosa stava facendo, ma soprattutto di con chi lo stava facendo. Quelle accortezze erano incluse nel pacchetto, visti i loro trascorsi, e ormai entrambi lo avevano capito.
«Sì, Draco.»
Le labbra di Draco furono immediatamente sulle sue.
 
La mano di Draco si muoveva sul braccio di Hermione accarezzandolo lentamente, mentre cercava di riprendere il respiro, di metabolizzare tutto quello che era accaduto tra di loro e tutto ciò che aveva provato con lei.
Con Pansy non era mai stato intenso, il sesso. Solo... sesso.
Ma la Granger lo aveva spiazzato; si sentiva sopraffatto da emozioni e sensazioni che non aveva mai provato prima e che non sapeva bene come spiegarsi, né come gestire.
E lei… lei non aveva ancora detto una parola; si era lasciata trascinare tra le sue braccia e aveva poggiato il volto sul suo petto nudo, per poi iniziare a disegnare con le dita dei cerchi sulla sua pelle, facendolo rabbrividire di tanto in tanto quando toccava dei punti particolarmente sensibili.
Incapace di reggere il silenzio ulteriormente e tormentato dalla paranoia, le sollevò il viso per guardarla negli occhi, facendo pressione sul suo mento con l'indice.
«Stai bene?», le domandò con dolcezza e timore al contempo, un mix che Hermione non si sarebbe mai aspettato di sentire venire fuori dalla bocca di Draco Malfoy.
La ragazza annuì e gli sorrise dolcemente, arrossendo leggermente nell’incontrare i suoi occhi per la prima volta dopo quello che avevano appena fatto.
«Q-quindi... Non-non sei pentita, vero?», le chiese ancora, deglutendo.
‘Ti prego Granger, dimmi di no.’
«Draco, mi hai chiesto se fossi sicura tre volte», rispose lei allargando la curva sul suo viso, «e io sono nota per pensare un po’ troppo prima di fare qualsiasi cosa. Forse è il motivo per cui ci ho messo tanto…»
Draco le sorrise; catturò le sue labbra in un lento ma passionale bacio, poi poggiò la fronte contro quella di lei, gli occhi ancora chiusi. «Quanto tempo ci hai fatto perdere, Granger…»
«Hey… Non ero io quella con i pregiudizi!» ribatté lei, ma con l’ombra di un sorriso sul volto. Sapeva che si stesse riferendo alle ultime settimane, ma voleva allentare la tensione e certamente non voleva discutere dei motivi per cui lo aveva respinto con tutte le sue forze; non poteva dirgli che ciò che provava per lui la terrorizzava, perché era perfettamente consapevole dell’intensità delle sensazioni che le provocava, un’intensità a lei sconosciuta prima di quel momento, e temeva con tutta sé stessa di perdere il controllo e consegnargli il proprio cuore, sapendo che prima o poi l’avrebbe lasciata.
Forse era davvero per via della guerra che tutto sembrava essere amplificato, ma lei non ne era così sicura.
Forse era solo Draco.
«Dici che avrei potuto averti così tanto prima?»
La domanda arrivò quasi ovattata alle sue orecchie, dato che stava pian piano sprofondando nei suoi pensieri, pensieri che non voleva approfondire… non in quel momento.
Voleva godersi quello che stava vivendo, qualsiasi cosa fosse, finché avrebbe potuto farlo.
Magari sarebbe anche morta, un fascio di luce verde e avrebbe cessato di esistere, e allora non avrebbe mai dovuto affrontare le conseguenze delle sue azioni attuali.
Hermione deglutì per l'intensità con cui il giovane la stava guardando, cosa che la face arrossire leggermente. Lei l'aveva buttata sul ridere, ma il tono nella voce di Draco era serio come non mai. «Non è molto facile resistere al tuo fascino» affermò ancora a mo' di battuta, anche se intendeva ogni singola parola; difficile da ammettere, ma Malfoy era sempre stato attraente. Solo che i tratti negativi della sua personalità avevano eclissato la sua bellezza ai suoi occhi, fino all’inizio del sesto anno almeno… lei, però, non aveva la minima intenzione di farglielo sapere.
Il biondino le rivolse un sorriso malizioso. «Pensavo avessi detto di non trovarmi attraente…» rispose riferendosi a una delle loro prime scaramucce innocue, «…eppure mi sembra di essere perfettamente in grado di farti tremare le gambe.»
Hermione suo malgrado rise. «Te la sei proprio segnata» commentò alzando gli occhi al cielo.
Lui la baciò di nuovo. «Mmh, mmh» mugugnò sulle sue labbra. «Scoprirai, Granger, che prendo certe cose molto seriamente» sussurrò spostando i suoi baci sul collo di lei; ancora non credeva di poterlo finalmente fare liberamente.
«Ti ricordi la risposta che ti ho dato quando mi hai chiesto perché ti odiassi, Granger?», le chiese contro la sua pelle, continuando a far scivolare le dita sul suo corpo.
Hermione si irrigidì leggermente a quel quesito, ma annuì.
«Valeva fino al terzo, metà quarto anno», ammise lui. «Per il quarto e il quinto, ce lo avevo un motivo per odiarti e non aveva nulla a che fare con il tuo sangue.»
La ragazza lo allontanò da sé con un gesto automatico e lo guardò confusa e anche un po' spaventata da quelle parole.
Perché glielo stava dicendo proprio dopo che erano stati insieme? Mentre la stava baciando, poi.
Draco fissò i suoi occhi in quelli di lei e deglutì.
«Ti volevo, Granger», rivelò, facendole sgranare gli occhi. «Ti volevo e sapevo di non poterti avere. E una persona che è abituata ad avere tutto ciò che desidera, può solo odiare ciò che non può avere.»
Le labbra di Hermione si schiusero dalla sorpresa mentre cercava invano di assimilare quanto le aveva appena confessato.
«Credo di averlo ammesso a me stesso solo di recente. Certo, era solo attrazione fisica allora ma... cazzo non sai quante volte ho sognato di fare questo, dopo il Ballo del Ceppo.»
La mano di Draco risalì lentamente lungo la sua coscia nuda e le sue labbra tornarono a poggiarsi con delicatezza sul suo collo.
«E non potevo e non avrei dovuto e ti odiavo, ti odiavo, Granger... Mi dispiace. Mi dispiace
Hermione avrebbe voluto rispondere qualcosa, ma le dita del Serpeverde scivolarono nelle sue mutandine senza preavviso e in quel momento, in tutta onestà, non le fregava assolutamente nulla dei loro trascorsi.
«Draco… abbiamo appena-»
«Spegni quel dannato cervello che ti ritrovi, per una buona volta!», la interruppe, coprendole le labbra con le sue.

 
*
 
«Draco, dovremmo scendere di sotto», gli disse ridendo all’ennesimo attacco del ragazzo alla sua gola. «Non hai neanche mangiato, oggi…»
Il biondino alzò il capo e le rivolse un ghigno malizioso. «È una richiesta indiretta, Granger?»
Hermione divenne scarlatta.
«Idiota!» esclamò, tirandogli un cuscino addosso.
Draco rise, meravigliandosi al contempo di come fosse in grado di imbarazzarsi ancora, anche una volta arrivati a quel punto… poi la baciò di nuovo.
‘Dio, non mi stancherò mai di baciarla…’ pensò tra sé e sé, ignorando la vocina nella sua testa che cercava di ricordargli che di lì a poco sarebbe andata via.
«Dobbiamo uscire di qui», gli ripeté sorridendo di nuovo. «O potrebbero fare irruzione qui dentro per assicurarsi che tu non mi abbia torturata e fatta a pezzi.»
«Beh, in un certo senso e vista da un’altra angolazione, Granger, si potrebbe anche dire che-»
«Oh, sta zitto!» enfatizzò lei, alzando gli occhi al cielo. «Rivestiti.»
Draco sbuffò. «Sei proprio una guastafeste!»
Hermione gli rivolse un’occhiata di scherno, poi fece per alzarsi a recuperare i suoi abiti; si era avvolta tra le lenzuola per farlo, ma all’improvviso fu sbalzata indietro, come se il tessuto fosse bloccato in qualcosa.
Si voltò a controllare e trovò il biondino che la guardava con un sorrisetto beffardo stampato in viso, la sua mano destra che bloccava la coperta con fermezza.
«Non ti serve, questa», le disse divertito, ammiccando nella sua direzione.
Hermione pensò che non avrebbe mai potuto smettere di armarsi di pazienza, quando si trattava di Draco Malfoy.
 
Harry e Ginny si erano scambiati occhiate di intesa per tutto il pomeriggio.
Draco e Hermione erano scesi in cucina nello stesso momento; fin lì, nulla di strano. Poi, però, la ragazza si era offerta di preparare la cena, per permettere a Molly di occuparsi di faccende riguardanti l’organizzazione del matrimonio di Bill e Fleur, e Malfoy, invece di afferrare una mela e tornarsene nella sua stanza, si era seduto su una sedia e aveva preso a fissarla, con un sorrisetto soddisfatto sul volto.
La Grifondoro si era voltata per prendere gli ingredienti di cui aveva bisogno e che erano posati sul tavolo; aveva incrociato lo sguardo del biondino e non era riuscita a evitare né di sorridere a sua volta, né a impedire alle sue guance di arrossarsi leggermente, notando che la stesse osservando come se non avesse alcun indumento addosso.
‘Perché probabilmente nella sua mente non hai alcun vestito addosso’, le suggerì la vocina nella sua testa; a quel pensiero lei arrossì maggiormente, mentre faceva scivolare un bicchiere e la bottiglia di Succo di Zucca nella sua direzione.
«Siete così palesi» commentò Ginny con veemenza.
«Cosa?» domandò Hermione, sussultando e sgranando gli occhi; Draco guardò la rossa spiazzato.
Potter era accanto a lei, le braccia conserte e la spalla poggiata contro il muro.
«Oh, Herm, dai. Non sono scema!» esclamò la piccola di casa Weasley ridacchiando. «Voi due state facendo-»
Harry le mise una mano sulla bocca per farla stare zitta, con gli occhi però fissi in quelli della sua migliore amica. «Cercate di non farlo capire a Ron», disse soltanto. «Non è il momento.»
La ragazza deglutì e annuì, capendo al volo quello che il moro stava cercando di comunicarle.
Non potevano rischiare di creare danni, sarebbero partiti qualche giorno dopo… E non c’era verso che Ron mantenesse la calma su quello. Fargli capire la nuova natura del suo rapporto con Malfoy, quando a malapena aveva iniziato a capire il loro avvicinamento precedente, avrebbe solo creato dramma inutile.
Hermione corse verso Ginny e la afferrò per un braccio, trascinandola fuori dalla stanza per spiegarle la necessità di tenere il tutto nell’ombra; Harry, invece, spostò lo sguardo su Malfoy e i due si scrutarono in silenzio per qualche attimo.
«Se le fai del male, Malfoy…»
«Non è mia intenzione, Potter», rispose lui e il suo tono era così definitivo e sicuro, l’espressione sul suo volto talmente eloquente, che il moro non poté far altro se non convincersi delle sue buone intenzioni; annuì e lasciò la cucina anche lui.
 
Draco le si era avvicinato poco prima di salire nuovamente in camera sua.
«Vieni da me, stanotte», le aveva sussurrato all’orecchio, assicurandosi che nessuno potesse sentirlo, poi si era diretto verso le scale come se nulla fosse, lasciandola lì impalata a guardarlo.
Hermione aveva raggiunto Ginny nella stanza che condividevano e si era richiusa le porte alle spalle, per poi lasciarsi andare a un sospiro di sollievo.
«Ginny, io...»
«A che ora tornerai in camera domani mattina?» la interruppe la rossa, senza farle finire la frase.
La ragazza arrossì. «Oh, all’alba…»
«Bene, faccio scendere Harry allora», dichiarò lei. «Possiamo trarre vantaggio entrambe da questa situazione.»
Hermione la guardò sbattendo le palpebre. «Gin, Harry divide la stanza con Ron
«Si, ma sai perfettamente che ha il sonno profondo», le ricordò la rossa. «E Harry è un maestro nello sgattaiolare via di notte passando inosservato.»
L’amica fece una smorfia condiscendente; non aveva nulla da ribattere, anche perché quella era la verità. Harry aveva anni e anni di esercizio fatto a Hogwarts alle spalle, e raramente veniva beccato.
«Senti, riguardo a-»
«Non dirò nulla di te e Malfoy a mio fratello, ma puoi dirmi almeno quando avete deciso di andarvene?» le chiese supplichevole, una punta di tristezza nel tono della voce. «Harry non mi dice niente
«Subito dopo il suo compleanno», si arrese Hermione. «Quando saremo sicuri che non avrà più addosso la Traccia.»
Ginny strizzò gli occhi per trattenere dentro le lacrime, poi annuì. «D’accordo. Senti, non ho intenzione di farti la ramanzina su Malfoy, né ho una lista di raccomandazioni da darti. Mi fido del tuo giudizio. So che sai quello che stai facendo... Ed è la tua vita, comunque, è una tua scelta.»
Hermione la ringraziò mentalmente, anche se in realtà lei non aveva la minima idea di cosa stesse facendo, a parte assecondare i desideri del suo corpo e sperare con tutta sé stessa che non si fosse innamorata di Draco.
Era così confusa, tra la guerra, la partenza imminente, tutto quello che avevano passato e le cose che il biondino le faceva provare, da non riuscire a inquadrare correttamente o comunque lucidamente i suoi sentimenti; sperava solamente che tutto quello non le si ritorcesse contro in alcun modo.
Le sorrise e la rossa le si avvicinò per stringerla in un abbraccio; sospirò, staccandosi da lei e andandosi a stendere sul suo letto, puntando gli occhi sul soffitto.
«C’è qualcosa, quando si è in guerra, che ti fa sentire tutto in maniera triplicata», mormorò Ginny mestamente. «Come se ogni bacio, ogni carezza, ogni notte passata insieme… potesse essere l’ultima.»
Hermione deglutì. «Perché potrebbe esserlo, Ginny», le disse senza mezzi termini. «Ogni volta potrebbe essere l’ultima. E vale per qualsiasi cosa.»
 
«Hey», mormorò Draco andandole immediatamente incontro non appena la vide sbucare silenziosamente dalla porta della sua camera da letto.
«Hey» lo salutò lei, puntando la bacchetta contro la porta e scagliando degli incantesimi non verbali contro di essa.
«Stai bene?» le chiese mentre le accarezzava una guancia e cercava di studiare il suo viso; sembrava un po’ pallida.
Hermione annuì. «Ho solo avuto una conversazione pesante con Ginny» gli spiegò scrollando le spalle.
«Su… di noi?» indagò ancora lui, esitante.
«N-no, in generale… sulla guerra», si affrettò a precisare lei.
Il biondino si leccò il labbro inferiore. «Ti hanno detto niente?»
Temeva che una volta scoperta la nuova natura del loro rapporto, i suoi amici avrebbero cercato di dissuaderla dal continuare a stare con lui, che l’avrebbero convinta di quanto fosse sbagliato da parte sua dargli una possibilità; Potter si era limitato a minacciarlo, ma non voleva dire che approvasse in alcun modo quella storia. Diamine, perfino Draco stesso a parti inverse non lo avrebbe fatto.
Hermione sapeva già a cosa si stesse riferendo il giovane con quel quesito, non era necessario richiedere specificazioni, così scosse la testa e basta. «Harry mi ha sempre supportata e Ginny credo che… Beh, ha la stanza tutta per loro ora, immagino le vada bene.»
Draco rise. «Quella Weasley è proprio scaltra.»
Hermione gli sorrise, annuendo. «Sai quando una persona dice di essere in grado di sentire l’odore del sesso? Ecco, Ginny ci riesce veramente
Il ragazzo ingoiò quella punta di fastidio dovuta all’implicazione della frase della Granger, che sembrava essersi appena riferita a quello che c’era stato tra di loro come semplice ‘sesso’.
Non gli era piaciuto; aveva sempre associato quel termine a qualcosa di casuale e lui non voleva assolutamente nulla di casuale o occasionale con lei.
Voleva starci insieme e basta.
«È solo una buona osservatrice», ribatté lui, «e molto perspicace.»
La Grifondoro annuì a quella considerazione.
«Quindi non lo dirai a Weasel?», chiese ancora Draco.
Voleva che lo facesse.
Voleva che glielo dicesse, che Ronald sapesse che la Granger stava con lui, che non era libera; nonostante lei fosse convinta che il rosso non provasse nulla nei suoi confronti, il Serpeverde nutriva ancora molti dubbi al riguardo.
Ma state veramente insieme?’ sussurrò indesiderata la vocina nella sua mente e lui dovette concentrarsi per scuotersi il dubbio di dosso.
Hermione lo guardò come se fosse impazzito. «Merlino, no! Partiremo a breve e se scoprisse di… noi, sarebbe ingestibile per tutto il tempo!»
Il biondino fece una smorfia a quelle parole e si allontanò da lei, dirigendosi verso il letto; si passò una mano sulle labbra, cercando di calmarsi.
Non capiva perché quei due idioti, lei e Potter, arrivassero al punto di nascondere le cose pur di non far arrabbiare Weasley; la trovava una cosa veramente stupida e Hermione non gli doveva alcuna spiegazione su chi frequentava o meno.
«Draco…»
«Dove andrete? O ancora non puoi dirmelo, Granger?», sbottò innervosito, passando all’argomento che più lo premeva.
Sarebbero stati lontani, a breve; sarebbero stati lontani e lui non aveva la minima idea di cosa fossero, qualsiasi cosa ci fosse tra loro non era definita in alcun modo e temeva di perderla per sempre.
Cosa sarebbe successo se non si fossero visti per mesi? Per anni? Chi poteva dire quanto sarebbe durata quella maledetta guerra? Chi poteva dire se si sarebbero mai rivisti in primo luogo?
«Draco, mi dispiace… Te l’ho già detto, Silente-»
«Lo so, lo so! Dannazione, Granger!»
Si prese il volto tra le mani e le sfregò forte contro la pelle, respirando a fondo sui suoi palmi per cercare di tenersi calmo. «Impazzirò senza sapere se stai bene o meno…»
La giovane gli si sedette accanto e posò le mani sulle sue, allontanandole dal suo volto lentamente; poi ne chiuse una a coppa sulla sua guancia e lo costrinse a guardarla.
«Draco, ho pensato anche a quello», gli disse dolcemente. «Credevi che ti avrei lasciato senza avere un modo per assicurarmi costantemente del tuo benessere?»
Il biondino deglutì.
«Hai ancora il galeone incantato?», gli domandò e quando lui annuì riprese a spiegare la sua soluzione a quel problema. «Fallo riscaldare ogni mattina, io lo farò ogni sera. E assicurati di cambiare il numero di serie, nel caso uno dei due mancasse la ‘chiamata’».
Gli sorrise quando si accorse che quelle parole lo avevano quantomeno fatto calmare un po’.
«Ma non sarà la stessa cosa. Non potrò parlarti, non potrò… sentire la tua voce
Hermione scosse il capo, triste. «Mi dispiace, Draco. Questo è il massimo che possiamo concederci ed è più di quello che possono permettersi in molti. Promettimi solo di gettarlo via se si rendesse necessario farlo, io farò altrettanto.»
«E come farò a sapere se stai bene, in quel caso?» ribatté sgomento lui.
«Non lo saprai», confermò lei, mordendosi l’interno di una guancia. «Ma non ti metterò in pericolo in alcun modo. Se dovessero risalire alla moneta gemella…»
«Granger…»
«No, Draco. Se non vuoi tornare a Hogwarts, andrai da Andromeda, Tonks sarà lì. È incinta, sai? Non posso mettere in pericolo nessuno di voi.»
Draco si inumidì le labbra. «Ma i Mangiamorte sono stati da Andromeda. Hanno torturato lei e suo marito per avere informazioni dopo l’estrazione di Potter, ricordi?»
«Sono stati trasferiti altrove», chiarì la ragazza. «Il posto è sicuro.»
«Voglio venire con te» affermò poi con convinzione. «Non me ne frega niente di tutto il resto. Voglio restare con te
Hermione schiuse le labbra dalla sorpresa; tutto il resto significava i suoi genitori. Non poteva davvero dire…
«Draco, non stai ragionando. Di nuovo. Ti credono morto e quello è l’unico motivo per cui i tuoi genitori sono ancora vivi.»
«Mi ci hanno messo loro in questa posizione!» esplose il biondino. «L’hanno voluta loro questa fottuta guerra, pensi sul serio che gli debba qualcosa?»
«No. Ma so che ti odieresti se gli capitasse qualcosa», rispose in tono fermo lei. «E odieresti anche me. Non è una cosa a cui voglio tornare.»
Draco distolse lo sguardo da lei e arricciò il naso.
«Sai, è perfettamente normale che tu gli voglia comunque bene e voglia saperli al sicur-»
«No, Granger. Non avremo questa conversazione», troncò il discorso sul nascere il Serpeverde. «Assolutamente no.»
Si alzò, incapace di stare fermo, e prese a fare avanti e indietro per la stanza; stava cercando di pensare a una soluzione; qualcosa che gli permettesse di andare con lei…
La mano di Hermione si chiuse sulla sua, facendogli interrompere i suoi passi e portandolo a voltarsi verso di lei.
«Fallo per me, allora», gli disse sommessamente. «Ho bisogno di sapere che tu sia al sicuro. Non posso sopportare l’idea di saperti in pericolo.»
Non voleva rischiare di perdere anche lui; non lo avrebbe retto, se fosse morto in battaglia, in una guerra che non aveva mai voluto combattere.
Draco avrebbe voluto veramente risponderle, dirle che neanche lui poteva vivere la guerra in quel modo, che se l’incertezza lo aveva tormentato fino a quel momento, con lei lontana sarebbe stato mille volte peggio… ma con la mano libera, la ragazza fece scivolare la zip sulla sua schiena e il vestito che indossava cadde sul pavimento. Lo cacciò via con i piedi e poi portò le mani al colletto della camicia di lui… e il cervello del biondino si spense.

 

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Capitolo 55
*** CAPITOLO 50 ***


CAPITOLO 50

















Harry aveva sfidato Malfoy a Scacchi dei Maghi.
«D’accordo Potter» aveva accettato il biondino, sprofondando sopra al divano su cui Hermione era accucciata, intenta a leggere un libro.
«Giochiamo.»
La ragazza scambiò un’occhiata rassegnata con Ginny, la quale scosse la testa. Quei due avevano pure sotterrato l’ascia di guerra per il bene di Hermione, ma la loro rivalità non era una cosa che si sarebbe spenta in alcun modo.
La ragazza però poteva dirsi soddisfatta; già che i due si stessero sforzando di non insultarsi continuamente, era per lei un bel progresso. Non si era aspettata tanta comprensione da parte del suo migliore amico, ma ne era stata molto felice. Soprattutto visto che dimostrava quanta fiducia nutrisse nei confronti del suo giudizio, nonostante gli avesse mentito per un anno e gli avesse dovuto dare più di qualche giustificazione in merito al suo avvicinamento al giovane Malfoy.
Ed era piacevolmente sorpresa dal comportamento di Draco; non avrebbe mai pensato che per lei avrebbe veramente moderato i toni e i modi nei confronti di Harry.
Erano nel bel mezzo della partita quando Ron piombò nel salotto con area funerea e andò a stagliarsi direttamente di fronte ad Hermione.
Lo sguardo del Serpeverde saettò immediatamente nella loro direzione.
«A quanto pare, il cambio di bandiera di Malfoy non è l’unica cosa che la nostra Hermione ci ha nascosto» esordì con tono accusatorio e anche un po’ ferito, notò la giovane.
Harry sgranò gli occhi e incrociò lo sguardo terrorizzato di Hermione. Avevano deciso di dire a Ron di lei e Draco più avanti, consci delle reazioni esagerate che il rosso tendeva avere quando si trattava di Hermione e… beh, qualsiasi ragazzo.
Non avevano tempo per quello, con la guerra alle porte e l’imminente partenza per la ricerca degli Horcrux.
«Ron, io…», fece lei per parlare, non sapendo esattamente cosa dovesse dire, però; aveva capito quello che c’era tra lei e Draco? Si sarebbe scoperta da sola anticipando qualsiasi cosa stesse per dirle?
Malfoy era già pronto ad intervenire in aiuto alla propria ragazza, ma il giovane Weasley posò una foto magica sul tavolino, accanto alla scacchiera, insieme ad un anello tipico delle famiglie Purosangue.
Quello con la D incastonata al centro.
Hermione si irrigidì e sbiancò.
«Spiegaci questo
La foto la ritraeva qualche ora prima della partita della Coppa del Mondo di Quidditch, mentre Ron e Harry erano intenti ad acquistare gadget della squadra per il quale facevano il tifo. Lei era abbracciata a Cedric Diggory che la guardava mentre rideva; poi lui le dava un bacio veloce sulle labbra e un altro sulla guancia e infine dirigevano entrambi lo sguardo verso la telecamera, sorridendo. L’aveva scattata Amos.
Gli occhi di Hermione si fecero immediatamente lucidi.
Non era il segreto che si aspettava stesse per essere rivelato. Il cuore di Draco ebbe un tuffo quando vide l’espressione addolorata che le comparve sul volto.
«Hai frugato tra la mia roba?» chiese furente e gelida al tempo stesso.
«Io… Beh, avevo capito che nascondevi qualcosa, e…» fece il rosso per giustificarsi, grattandosi la testa con una mano, in palese imbarazzo. Si rendeva conto troppo tardi, come al suo solito, di aver commesso un errore.
La giovane, intanto, si era alzata dal suo posto per fronteggiarlo, tirando su col naso per ricacciare dentro le lacrime che minacciavano di uscire copiose.
«Hermione, ero un po’ preoccupato per te, credevo avessi qualche problema, poi però ho trovato questa e tu non ci avevi mai detto-»
Non gli diede il tempo di finire. Gli lanciò un’occhiata carica d’odio, una di quelle talmente gelide e irate che non aveva rivolto neanche a Draco Malfoy nel giorno del suo insulto più pesante, pensò Ron. Poi la sua mano colpì la guancia del ragazzo con un sonoro smack.
Ron rimase con il viso girato di lato, immobile come se fosse stato pietrificato.
«Ti odio» sibilò Hermione e poi lasciò la stanza di corsa.
 
Era stata nascosta in giardino per quasi tutto il pomeriggio; non si era presentata a cena.
Draco era riuscito a trovarla, ovviamente, l’avrebbe sempre trovata.
Era dietro un grosso, vecchio, albero; guardava il suo Patronus.
Aveva sentito dire a Fred e George che anche il Patronus di Cedric era una lontra mentre cercavano di tirare a indovinare su cosa rappresentasse la D sull’anello.
‘Quella massa di Grifondioti!’
Lui ovviamente sapeva di Diggory.
Poco, certo, ma sapeva; gli aveva dato fastidio il modo in cui stavano speculando sulla sua ragazza, però.
La vide tendere una mano verso l’animale argenteo e poi singhiozzare quando quello sparì dalla sua vista; deglutì, avvertendo una morsa scomoda all’altezza dello stomaco e decise di rientrare in casa.
Non avrebbe saputo cosa dirle, comunque; non sapeva neanche definire come si sentisse in merito a tutto quello.
E lei voleva chiaramente restare sola.
 
Hermione rientrò dopo cena, dirigendosi direttamente verso la cucina; sperava di poter mangiare qualcosa da sola, che fossero andati tutti a dormire; poi sarebbe andata da Draco.
Lo aveva ringraziato mentalmente più volte per averle lasciato quel momento da sola; il bisogno di spazio era qualcosa che Malfoy capiva perfettamente. E la sua ritrosia a parlare di emozioni le tornava utile in quel caso, anche se aveva il sospetto che prima o poi avrebbe dovuto aprirsi con lui sull’argomento.
A volte ancora non riusciva a credere a quanto il ragazzo fosse cambiato, a quanto fosse diverso dall’immagine di lui che si era costruita nella mente in tutti quegli anni.
Non era stata fortunata. Ovviamente, la stavano aspettando tutti in cucina.
Il biondino anche era lì; beveva un the, con un’espressione abbastanza contrariata sul viso. Forse era stata via troppo e lo aveva fatto preoccupare; Draco si innervosiva quando si preoccupava.
Ron le corse incontro immediatamente, afferrandole un braccio e trascinandola nel salotto per avere un po’ di privacy.
«Mi dispiace, Mione», le disse triste. «Sono stato uno stronzo. Io… Immagino di essere rimasto male perché mi hai tenuto all’oscuro di tutto…Solo che spesso non mi dite le cose, come se non vi fidaste di me…»
«Inizia a reagire come una persona normale, Ronald» gli rispose schietta, «e vedrai che non saremo più costretti a nasconderti le cose. Non è una questione di mancanza di fiducia.»
«Scusami, Mione» mormorò rammaricato il rosso. «Scusami.»
«Volevo dirtelo, quando l’ho detto a Harry», ammise poi lei, sospirando. «Ma tu pensavi solo a Lavanda.»
Il giovane deglutì. «Mi dispiace. Cercherò di controllare il mio temperamento d’ora in poi, te lo prometto.»
Hermione gli sorrise, suo malgrado. Aveva sbollito la rabbia. Era comunque arrivato il momento di vuotare il sacco; se non per lei, lo doveva a Draco. E doveva a sé stessa una vera e propria chiusura con il passato; non poteva farlo finché avesse tenuto per sé il ricordo di Cedric, il suo dolore.
«Mi dispiace per quello che ti ho detto», si scusò anche lei. «Non è vero che ti odio. Sai che sei come un fratello, per me.»
Ron le sorrise. «Non hai idea di quante volte Ginny mi ha detto di odiarmi.»
Hermione ricambiò il suo sorriso.
 
«D’accordo, facciamolo e chiudiamo la faccenda», esordì raggiungendo gli altri in cucina. «Chiedete.»
Fred fu il primo a parlare. «Il tuo Patronus ha la forma di quello di Cedric, vero?»
Hermione annuì.
«Ne eri innamorata?» chiese George con voce grave; gli dispiaceva veramente per quello che aveva vissuto la ragazza, era come una sorella e avrebbe voluto fare di più per starle accanto.
Hermione chiuse gli occhi e trasse un respiro profondo.
«Sì», rispose con un fil di voce, ma al contempo decisa, «al punto da dovermi costringere a consegnare la mia GiraTempo per evitare la tentazione di tornare indietro e… Salvarlo.»
Draco avvertì una sensazione simile a un pugno nello stomaco a quelle parole. Gli faceva male vedere la facilità con cui ammetteva quello che aveva provato per Diggory, quando loro due faticavano ancora a definire quello che c’era tra di loro ‘una relazione’ perfino a sé stessi.
Ma lui, ne era consapevole, non era Cedric Diggory. Non era umile, non era gentile, non era giusto. Lui era Draco Malfoy ed era tutto ciò di più lontano ci fosse da un uomo che la potesse meritare. Lui era stato crudele con lei, aveva fatto solo scelte sbagliate nella sua vita, era viziato e snob, e talmente tanto egoista da sapere di non essere degno né del suo perdono, né del suo amore, ma da prenderlo ugualmente per sé. Perché se avesse avuto una possibilità di salvare la sua anima, quella possibilità sarebbe stata Hermione Granger.
E lui non se la sarebbe fatta scappare mai.
«Come hai fatto?» chiese Ginny mestamente. «Come hai fatto ad affrontare tutto da sola?»
Un sorriso amaro comparve sul volto della ragazza.
«Occlumanzia. Non ero arrivata al Quartier Generale qualche giorno prima di voi, l’estate tra il quarto e il quinto anno. Ho passato quasi tutto il tempo lì. Avevo parlato della mia situazione con Silente dopo il funerale di Ced e gli avevo chiesto di poter vedere Sirius. Mi ha insegnato ad occludere per gran parte dell’estate.»
«Sirius era un Occlumante? Come facevi a saperlo?» domandò Harry un po’ sorpreso, ingoiando il magone al pensiero del suo padrino che gli mancava terribilmente e con il quale aveva avuto pochissimo tempo a disposizione, prima che gli venisse portato via.
«Tutti i Black lo sono. È risaputo.»
Ron sollevò un sopracciglio. «No, che non è risaputo.»
Hermione alzò gli occhi al cielo. «Abbiamo finito?»
«Com’è iniziata?» domandò timidamente Ron.
Hermione si sedette sulla sedia accanto a quella di Draco e si versò del the per calmarsi; sapeva che non sarebbe finita così in fretta. Aveva un intreccio di bugie grande quanto una casa da rivelare.
«Sono stata sola per la maggior parte del terzo anno ricordi?», ribatté lei. «Mi avevi isolata da tutta la Casa, quando credevi che Grattastinchi ti avesse ucciso quel topo maledetto.»
La punta di rancore nel tono della Grifondoro fece capire perfettamente che non gliel’aveva ancora perdonata, tutta quella storia.
Il rosso deglutì. Quel topo era Minus e se Grattastinchi lo avesse davvero mangiato avrebbe risolto molti problemi all’intera comunità magica.
«Perché non ci hai mai detto niente?» domandò Fred con un’espressione corrucciata.
Draco fece scivolare la mano sotto il tavolo, prendendo quella della ragazza tra la sua e stringendola forte; aveva capito che si trovava in un momento di estrema difficoltà emotiva e aveva bisogno di forza. Cercò di infondergliela lui con quel gesto; era quello che faceva lei quando lui aveva bisogno di supporto.
‘Io ci sono; non devi raccontare niente che non ti senti di dire; un cenno, Granger, e ti tiro fuori.’
Hermione ricambiò la stretta.
«Non volevo dare un ulteriore peso a Harry.»
«Scusa se tiro fuori l’argomento» si intromise Blaise dal nulla. «Perché sei andata al Ballo del Ceppo con Krum se stavi con Diggory?»
Hermione quasi sorrise; solo Zabini poteva dare priorità a una cosa così stupida in tutta quella situazione drammatica. O forse stava solo cercando di ridurre la tensione nella stanza, immaginava si sentisse a disagio con quel carico di emotività; sapeva che i Serpeverde erano abituati a tenersi tutto dentro e per sé, che non parlavano di sentimenti.
«Un malinteso» rispose mordicchiandosi il labbro inferiore. «Cho credeva che Harry e io ci saremmo andati insieme e Cedric aveva visto Krum chiederlo a me. Ci eravamo lasciati e quindi ha pensato che gli avrei detto di sì. Poi Harry mi ha detto che Cho aveva rifiutato il suo invito perché Ced glielo aveva chiesto prima e io non avevo idea che fossero amici di infanzia. Allora ho accettato la proposta di Krum.»
Tutti la fissavano a bocca aperta per via di quell’immenso groviglio di malintesi; Ginny aveva sbuffato alla menzione di Cho Chang. Harry si era limitato a sbattere le palpebre visibilmente spiazzato.
«Perché vi nascondevate, tu e Cedric?» le domandò Ginny.
Hermione tirò su col naso. «Mi sono spaventata alla Coppa del Mondo di Quidditch. N-non volevo metterlo in p-pericolo. L-lui era un P-purosangue, s-sarebbe stato al s-sicuro… Invece è morto lo stesso» mormorò, avvertendo le lacrime sbattere con prepotenza per venire fuori.
«Herm» sussurrò George, in tono comprensivo. «Avrebbe fatto parte dell’ES. Avrebbe combattuto comunque, lo sai vero?»
Lei annuì; certo che lo sapeva, ma a quel tempo non immaginava minimamente cosa sarebbe successo di lì a breve. Altrimenti Ced non sarebbe morto in primo luogo.
Draco deglutì sentendo quelle parole, sentendosi terribilmente in difetto; Diggory avrebbe preso in mano la situazione, avrebbe combattuto.
Non era un codardo come lui.
 
Draco si sentiva come se fosse sul punto di impazzire, o di esplodere, non era sicuro. La guardava mentre era addormentata serenamente contro il suo petto, nuda tra le sue braccia dopo averla avuta per ore, eppure la sua mente non poteva fare a meno di ritornare alle parole che la giovane aveva pronunciato solo la sera prima.
Ci si stava arrovellando il cervello sopra; aveva quella stupida domanda sulla punta della lingua, ma non riusciva a porgliela perché era un fottuto codardo.
Era sempre stato solo un codardo.
‘Lo ami ancora?’
In realtà, forse, non glielo aveva chiesto perché la risposta la sapeva già.
‘Ovvio che lo ama ancora.’
Si ritrovò a provare disgusto per sé stesso, come poteva essere geloso di qualcuno che era morto? La verità era, Draco ne era consapevole, che sapeva perfettamente che non sarebbe mai stato all’altezza di Cedric Diggory. Che non sarebbe mai stato abbastanza per lei, che non sarebbe mai stato degno di lei.
Non avrebbe mai retto il confronto.
Quando lei si era rifiutata di dirgli con chi fosse stata la sua prima volta, aveva pensato che fosse stato Krum, nonostante la ragazza avesse ribadito più volte che tra loro ci fosse sempre stata solo un’amicizia. Un bacio. Niente di più.
Aveva pensato che non avesse voluto dirglielo perché temeva di essere presa in giro. Non aveva di certo immaginato una storia d’amore tragica alle spalle della giovane.
Non credeva che avrebbe dovuto misurarsi con questo. Non si era neanche posto il problema in realtà, perché non riteneva possibile che lui si potesse innamorare davvero di una Nata Babbana. Però era successo. E non sarebbe mai riuscito a dirglielo prima di scoprire del suo passato sentimentale, figurarsi adesso che sapeva.
E nel cuore della notte, ascoltando il suo respiro, non poteva far a meno di domandarsi dove li
lasciasse tutto questo.
Dove lasciava loro due? Dove li collocava? Cosa provava per lui?
Si maledisse internamente. Persino Piton lo aveva avvisato. Glielo aveva detto.
“Signor Malfoy, le consiglio vivamente di togliersi dalla testa la Signorina Granger. L’ho già avvisata una volta, riguardo al suo attaccamento per lei… Mi creda quando le dico che non va mai a finire bene, in questi casi.”
Davvero la Granger era stata così temeraria da invischiarsi in una relazione con lui quando alle spalle aveva un amore spezzato dalla morte? Davvero aveva scelto di dare una possibilità a lui, con la storia che avevano alle spalle? Sarebbe mai stata in grado di amarlo?
«Draco, che ore sono?», domandò in un sussurro la giovane, stringendosi più forte contro di lui.
«Stai bene? Perché non dormi? Ti fa male il Ma-»
Il biondo si riscosse dai suoi pensieri e le rivolse un piccolo sorriso che, se non fosse stato buio, si sarebbe resa conto celava tutta l’amarezza provata dal ragazzo all’eco di quei pensieri che gli turbavano il sonno.
«No, Granger. Tranquilla…» la interruppe; non voleva sentirla riferirsi al Marchio. Un’altra cosa che lo rendeva troppo sporco per starle accanto.
Ced. Lo chiamava ancora con il suo diminutivo. Lui non riusciva neanche a chiamarla per nome.
Ma quando lei portò una mano alla sua guancia e gli accarezzò il volto con delicatezza, sciogliendosi nel sorriso più dolce che le avesse mai visto fare, Draco Malfoy prese una decisione: non si sarebbe più perso in quel tipo di pensieri.
Avrebbe aspettato che lei fosse pronta. Avrebbe aspettato tutta la vita, per Hermione Granger.
E nel frattempo, avrebbe preso quel che poteva prendere, quel che lei gli avrebbe permesso di prendere; qualsiasi cosa lei sarebbe stata disposta a dargli.
E se lo sarebbe fatto bastare.
Era già più di quel che meritava, più di quel che pensava di poter avere.
«È ancora presto. Continua a dormire, Granger», le sussurrò iniziando ad accarezzarle i capelli.

 
*
 
Draco aveva dormito solo un paio d’ore, il massimo che era riuscito a fare; si era svegliato quando lei aveva deciso di dargli una gomitata in un fianco, inavvertitamente, mentre dormiva.
E poi si era incantato a guardarla.
«Non dirmi che sei uno di quei tipi inquietanti che osservano le ragazze con cui vanno a letto mentre dormono», lo prese in giro lei ridestandosi, la voce impastata dal sonno.
Il Serpeverde le sorrise.
«Sei bella», disse. «E quando dormi sei anche… silenziosa
Hermione gli tirò una gomitata. «Sei uno stronzo, Malfoy.»
Draco sghignazzò divertito, poi le chiese di non farle diventare tre, le gomitate di quel giorno; lei arrossì, ovviamente non si era accorta di avergliene tirata una durante la notte, non era come se lo avesse deciso.
Erano rimasti in silenzio per circa una mezz’oretta; lui che giocava con i capelli di lei, lei che tracciava linee immaginarie sul suo petto.
Si chiedeva se quei giorni fossero gli unici che avevano a disposizione, lei e Draco; se sarebbe morta in quella guerra, o se lui l’avrebbe allontanata dopo.
La voce del biondino la distrasse dai suoi pensieri oscuri.
«Cosa siamo noi, Granger?», le chiese sommessamente all’improvviso.
Hermione si prese un momento, prima di rispondere.
«Credevo che fossimo d'accordo con il non usare etichette.»
Il ragazzo si lasciò sfuggire un sospiro.
«Credi sul serio che una persona disposta a rinunciare a tutto per te possa accontentarsi di qualcosa di non definito?»
Lei deglutì sentendogli dire quelle parole; cosa intendeva con ‘tutto’? Cosa stava cercando di dirle? Draco era leggermente ambiguo quando si trattava di argomenti sentimentali o intimi o privati, non era colpa sua, lei ne era perfettamente consapevole; stava ancora imparando, tentando di capire come esprimersi; cercando di accettare l’idea che mostrare ciò che provava non era sbagliato come suo padre gli aveva insegnato fin da piccolo.
«Cosa vuoi che ti dica, Draco?»
«Non lo so, Granger», mormorò lui di rimando. «Qualsiasi cosa, immagino.»
Hermione, però, restò in silenzio; allora decise di incalzarla.
Non voleva che si separassero senza aver definito in alcun modo la loro relazione.
«Dimmi… Dimmi che non è come... come la cosa con McLaggen.»
La ragazza si girò su un fianco e lo guardò con gli occhi sbarrati.
«Come, scusa?»
Draco incatenò i suoi occhi grigi a quelli di lei e lo vide perfettamente: quel barlume di insicurezza che aveva intravisto raramente, ma che quasi un anno prima l’aveva convinta a dargli una possibilità, che l’aveva aiutata a capire che fosse salvabile. Che valeva la pena salvarlo. Che le aveva fatto capire che c’era molto di più in Draco Malfoy di quello che ostentava ed esternava al resto del mondo. 
«Di’ che sei mia, Granger», le disse in tono fermo. «Perché io sono tuo, se me lo permetterai.»
Hermione dischiuse le labbra per la sorpresa dovuta a quell’affermazione; lo guardò battendo le palpebre una volta più del necessario. Draco chiuse gli occhi e sospirò.
«Non sono un oggetto, Draco. Come non lo sei tu. Non si può possedere una persona», replicò leggermente indispettita.
Le sorrise dolcemente, lui, spiazzandola un’altra volta; Hermione non credeva neanche che lo sapesse fare, che sapesse sorridere in quel modo. Le fece scogliere il cuore, quell’immagine; così diverso, così diverso da quello che aveva sempre mostrato al mondo… e persino dalla sua versione migliorata che mostrava in quel periodo a tutti, tranne a lei; con lei era solo Draco, se ne accorgeva adesso.
«Non sto parlando di possesso, Granger», affermò deciso. «Sto parlando di appartenenza
Hermione ripassò nella sua mente la differenza tra i due concetti e allora capì. Il possesso implicava sopruso, implicava il controllo di una persona su un'altra. L'appartenenza era una scelta attiva di entrambe le persone coinvolte, implicava reciprocità.
Un legame.
Draco Malfoy le stava chiedendo di riconoscere il legame tra di loro. Le stava chiedendo l'esclusiva. Le stava dicendo che non voleva il sesso, voleva una relazione.
Le stava dicendo che lui aveva scelto di appartenere a lei e le stava chiedendo se intendesse fare lo stesso con lui, non la stava reclamando per sé.
E nonostante il terribile tempismo di tutto ciò, Hermione non riuscì a negare a sé stessa che era ciò che voleva anche lei; nonostante le paure e i timori riguardo a ciò che quello avrebbe potuto comportare, non ebbe la forza di fingere di non desiderare la stessa cosa.
Gli sfiorò le labbra con le sue, leggermente.
«Sono tua» mormorò con un filo di voce, a malapena udibile, ma che Draco sentì lo stesso; le sorrise sfiorandole le labbra a sua volta e poi la baciò con dolcezza, avvertendo gran parte del peso che gravava su di lui scivolare via.
 
Tonks si era presentata alla Tana quella mattina.
Era venuta a chiedere se avessero bisogno di aiuto con gli ultimi preparativi per il matrimonio di Bill e Fleur, che si sarebbe tenuto il giorno dopo; e voleva fare gli auguri a Harry.
Erano stati costretti a rinviare la partenza di almeno un paio di giorni; Hermione sospettava che Molly lo avesse fatto di proposito a premere per pianificare il matrimonio dopo il diciassettesimo compleanno del ragazzo. Lo avevano capito un po’ tutti che stavano tramando qualcosa, loro tre; sospettavano tutti che non li avrebbero trovati nei loro letti, uno di quei giorni.
Quando lo aveva detto a Harry, lui le aveva fatto notare che loro due nei loro letti non ci dormivano già da tempo, facendola scoppiare a ridere; persino Draco non era riuscito a mantenere un’espressione seria a quell’uscita.
Hermione era molto colpita dall’equilibrio che quei due erano riusciti a stabilire; era certa che Draco si risentisse ancora per il rifiuto da parte del ragazzo il primo anno a scuola, ma aveva anche capito che in qualche modo ci tenesse a far funzionare le cose tra loro due e che avrebbe fatto di tutto per restare nelle sue grazie. Incluso sforzarsi di mantenere un rapporto civile e pacifico con i suoi amici; persino con Ron.
Il biondino era grato alla signora Weasley, per aver cercato il più possibile di mettere i bastoni tra le ruote al Trio in procinto di divenire fuggiasco; lui non poteva farlo, non poteva impedirle di andare via.
Draco corrugò la fronte quando una donna dal viso a forma di cuore e gli occhi scuri gli si avvicinò.
«Ciao», esordì, porgendogli la mano. «Tu devi essere Draco… Io sono Tonks. Siamo cugini, credo.»
Dritta al punto. Come una qualsiasi Black.
Hermione gli diede un leggero pizzicotto su un fianco, notando che il giovane si era immobilizzato e la fissava battendo le palpebre; stava finalmente per conoscere l’altro lato della sua famiglia.
Draco scosse il capo e si schiarì la gola. «Ehm, sì», disse, tendendo una mano per afferrare quella che la donna gli aveva teso qualche istante prima; la strinse con un velo di esitazione.
Si chiedeva se lo odiasse; per essere il figlio della sorella che aveva rinnegato sua madre, per quello che era stato prima di trovare la forza di staccarsi da tutto quello schifo.
«Vedo che voi due avete superato la questione del naso rotto dello scorso settembre», constatò Tonks spostando lo sguardo dal cugino a Harry.
Il biondino si puntellò sul posto, sentendosi improvvisamente a disagio, mentre l’altro tossicchiò leggermente, dal momento che aveva rischiato di strozzarsi con la propria saliva. «Me lo sono rotto tante di quelle volte che non ci do neanche più tanta importanza», rispose ridacchiando in visibile imbarazzo.
Non le disse che dopo la storia del Sectumsempra non era lui quello più in diritto di tenere il muso tra i due.
«È una bella giornata», esclamò allora la donna. «Vorrei che Remus fosse qui, ma non riuscirà a venire prima del matrimonio.»
«Infatti pensavamo di uscire a fare una partitina a Quidditch», affermò Harry. «Malfoy, vuoi giocare?»
E quella fu un’altra prima volta; la volta in cui Draco si era sentito così in difficoltà da dover ringraziare Potter per avergli offerto una via di fuga.
«Arrivo!»
«Ehm, solo un secondo, Draco, per favore», lo bloccò Tonks. «Dovrei scambiare due parole con te, possibilmente in privato.»
«La Granger può restare», disse lui immediatamente.
Nymphadora annuì.
«Volevo darti questa, giusto in caso si verificasse qualche emergenza.»
Gli tese una piccola spilla, all’apparenza priva di alcun valore. Sembrava una delle cianfrusaglie che vendeva Mundungus Fletcher.
«È una Passaporta ad attivazione manuale. Premi al centro per attivarla e ti ritroverai in un campo», lo informò. «Procedi per un centinaio di metri e raggiungerai il Rifugio gestito da mia madre. Ne ho una anche per Blaise Zabini.»
«Credo che stia ancora dormendo», le fece sapere Hermione.
Draco la prese e se la mise in tasca.
«Volevo anche fare una piccola precisazione», aggiunse poi, in tono serio. «Sai, mio padre sarà lì e…»
«La mia faida con i Nati Babbani è finita da molto tempo, cugina» la interruppe lui, capendo immediatamente dove stesse per andare a parare. «Non… Non condivido più l’ideologia purosanguista.»
Tonks gli sorrise. «Bene!» esclamò entusiasta. «Contenta di sapere che tu sia rinvenuto e abbia iniziato a pensare con la tua testa! Diventeremo buoni amici.»
Molly entrò in quel momento, chiedendo se qualcuno volesse una tazza di caffè, distraendo la donna dal notare l’espressione che si era formata sul volto di Draco.
Si avvicinò di soppiatto alla Granger.
«In che casa avete detto che era, a Hogwarts?», le sussurrò in un orecchio.
Hermione rise. «Tassorosso.»
Il Serpeverde alzò gli occhi al cielo.
‘Spiega tutto’, pensò.
 
Era stata una giornata molto piacevole, a detta di Draco.
Tolto il primo incontro molto imbarazzante con la cugina, aveva avuto un’altra prima volta: aveva preso il Boccino prima di Harry. Forse perché per la prima volta non gli importava di farlo. Lo aveva fatto riflettere su quanto fosse accecato da invidia e rancore in passato, ma anche su quanto di quello fosse dovuto a suo padre.
La Granger gli aveva chiesto, spinta dalla sua irrefrenabile curiosità, se al secondo anno si fosse comprato veramente l’ammissione in squadra; lui aveva sbuffato, ovviamente, ma aveva negato.
«Quelle scope non erano per farmi entrare in squadra», le aveva detto riferendosi al generoso regalo che Lucius Malfoy aveva fatto alla squadra di Serpeverde dopo che Draco ne era divenuto il Cercatore. «Erano per darmi un vantaggio su Potter, perché pensava non fossi in grado di batterlo da solo.»
Lui non era mai stato abbastanza per suo padre.
E forse era il motivo per cui non era mai riuscito a battere Potter, prima; la pressione che suo padre metteva su di lui al riguardo, l’ansia che provava prima di ogni partita contro Grifondoro, nel timore di deludere le aspettative di Lucius… era così concentrato sull’idea di battere il Prescelto, che si distraeva dal gioco.
La ragazza era ammutolita, dopo quella spiegazione; doveva essere stato orrendo avere un padre del genere. Lucius aveva sempre tirato fuori il peggio da Draco.
Si chiese come la prendeva ogni volta che lei si aggiudicava voti più alti di quelli del figlio; una Sanguemarcio che aveva Eccellente dove un Purosangue, un Malfoy, prendeva Oltre Ogni Previsione… fu attanagliata dall’improvvisa paura che avesse pagato caro, per quello.
Avrebbe voluto fare qualche domanda sulla questione, ma non sapeva come formularla e quindi si era tenuta quei dubbi per sé, finché non erano stati distratti dall’entrata di Molly che reggeva una grossa torta di compleanno per Harry.
Avevano festeggiato per ore; Draco si era domandato per tutto il tempo cosa si dovesse provare a festeggiare un compleanno in un’atmosfera del genere, circondato da persone a cui importava veramente di essere lì per il festeggiato.
Lui conosceva solo i freddi pranzi che i suoi genitori organizzavano al rientro da Hogwarts per celebrare il suo compleanno in ritardo, anche se di solito invitavano qualche altro Serpeverde. Crabbe, Goyle, per esempio; spesso anche Nott e Flint… Per lo più la squadra di Quidditch, e solo chi di loro era noto per essere un Purosangue tradizionalista.
Ma quelli non erano suoi amici.
Draco non aveva amicizie come quella che avevano Potter, Weasley e la Granger; li stava osservando in disparte, sentendosi un po’ estraneo a quel calore e al loro mondo.
Ginny gli si era avvicinata di soppiatto, un sorrisetto leggermente triste sul viso.
«Hanno un po’ il loro mondo, quei tre», gli aveva detto. «Ti ci abituerai.»
L’aveva guardata vedendola sotto una luce diversa; l’ultima di sette figli, l’unica ragazza tra sei fratelli, da sempre innamorata di Potter che l’aveva notata solo dopo sei anni. Una strega potente e divertente, ma sempre lasciata leggermente in disparte. Però li amava lo stesso, tutti loro, e conviveva con quell’essere sottovalutata e data per scontata ogni singolo giorno senza mai lamentarsi.
Allora le aveva rivolto un mezzo sorriso anche lui.
«Ti stai rivelando una vera sorpresa, Draco Malfoy», gli aveva svelato porgendogli un bicchiere di vino. «Non avrei scommesso una falce su di te, a inizio anno. Invece sei diventato quasi una persona decente.»
Draco aveva alzato un sopracciglio. «Vuole essere un complimento?»
«Non aspettarti fiori o fuochi d’artificio da parte mia, Malfoy» gli aveva risposto ridacchiando.
«Non sono smielata e non ho il complimento facile.»
«Toglimi una curiosità», le aveva chiesto dopo qualche attimo di silenzio. «Potter lo sa di Zabini?»
Ginny aveva annuito. «Non l’ha presa bene, ma è abbastanza maturo da capire che c’è una guerra in corso e non abbiamo bisogno di ulteriori drammi.»
«A differenza di tuo fratello», aveva commentato con una smorfia Draco.
«Non approvi che Herm non gli stia dicendo di voi due, vero?»
Il biondino non aveva risposto.
«Non prova nulla per Ron», lo aveva rassicurato allora, comprendendo il suo silenzio. «E lui non prova niente per lei. Non in quel senso, comunque. Sono come fratelli e Ron è… molto protettivo. Pensa che inizialmente non ha preso bene neanche la mia storia con Harry… ed è il suo migliore amico da sempre.»
Il biondino si era voltato a guardarla nuovamente. «Non le farò del male.»
«Lo spero», aveva concluso Ginny. «Sono molto brava con le fatture, nel caso in cui non lo ricordassi.»
 
«Credi che Potter e la piccola Weasley smetteranno mai di minacciarmi?» domandò Draco quando Hermione fece capolino nella sua stanza… alle due di notte.
Lui era salito in camera intorno a mezzanotte, avendo iniziato a sentirsi un po’ di troppo; aveva approfittato dell’uscita di scena di Tonks per annunciare che era stanco e voleva andare a dormire.
La Granger gli aveva rivolto uno sguardo preoccupato, ma lui le aveva fatto cenno di stare tranquilla.
Voleva lasciarle i suoi spazi con i suoi amici, sapeva che per lei era importante… anche se era da lui che stava per essere separata, non da loro.
Non aveva intenzione di sbagliare più con lei, però; avrebbe fatto di tutto per far filare tutto liscio, si sarebbe impegnato… Sperava che bastasse a colmare i suoi errori passati, i suoi difetti che non riusciva a correggere; perché qualcosa c’era ancora, in lui, del vecchio Draco, qualcosa che avrebbe sempre fatto parte del suo carattere.
Il suo essere introverso, per esempio; o il suo sarcasmo pungente; la suscettibilità ad indisporsi da un momento all’altro e per cose che in realtà non avrebbero dovuto scalfirlo minimamente.
«No», gli rispose lei. «Sono la mia famiglia, è il loro dovere.»
Draco aveva corrugato la fronte a quell’affermazione e lei aveva scrollato le spalle. «Io ho detto a Harry che se farà soffrire Ginny darò fuoco alla sua Firebolt e a Ginny che se farà soffrire Harry le somministrerò di soppiatto una Pozione Arricciacapelli Permanente.»
Il biondino rise. «Non esiste una Pozione del genere!»
«Ma lei non lo sa», convenne la ragazza. «Credono sempre che io sappia tutto e più di loro. Danno per scontato che quello che dico sia vero.»
Draco rise ancora più forte a quelle parole. «Ti sto influenzando per caso?»
«Draco, lo sai vero che non ci fanno con lo stampino per combaciare esclusivamente con la Casa in cui veniamo collocati a Hogwarts?»
Il giovane si finse scioccato e lei alzò gli occhi al cielo divertita dalla sua espressione; le faceva ancora strano, a volte, se si fermava a riflettere un secondo in più, parlare in quel modo con lui.
«Sarebbe comoda, una Pozione Lisciante Permanente, però» commentò borbottando tra sé e sé.
«Non esiste neanche quella, ma ci sono pozioni che durano per un mese», la informò Draco; aveva notato molto tempo prima che la ragazza usasse qualche prodotto magico per i capelli, nonostante fosse sicuro che avesse iniziato molti anni prima. In fondo, aveva smesso di sfotterla sull’argomento in qualche momento tra il quarto e il quinto anno.
Hermione sgranò gli occhi. «Cosa? Ma l’unica in commercio è giornaliera!»
Il biondino le rivolse un sorrisetto presuntuoso. «Sì, ma io l’ho modificata.»
Era stato soddisfacente, migliorare qualcosa che un avo di Potter aveva inventato e a soli quindici anni.
«Aspetta, tu usi la Pozione Lisciante?», chiese sconvolta.
Draco scrollò le spalle. «Mi si arricciano alla base. Mi dà fastidio.»
La ragazza alzò gli occhi al cielo. «Non sia mai che Draco Malfoy appaia leggermente scombinato.»
«Sarebbe un’eresia, Granger.»
«La fine del mondo» convenne lei ridacchiando. «Che bastardo!»
Spiegava tante cose, quella rivelazione.
«Potresti fartela brevettare, sai?»
«Non ho bisogno di soldi, Granger», le fece notare lui ridendo.
«Non è per i soldi. Aiuteresti un sacco di gente con i capelli indomabili.»
«Le mini-Granger di tutto il mondo» aggiunse lui facendosi pensieroso. «Potrei prendere in considerazione il suggerimento.»
«Stai dicendo che mi daresti la ricetta della Pozione?» gli chiese speranzosa.
«Non ne hai bisogno», rispose Draco. «Mi sembra tu abbia risolto-»
«Ma la devo applicare ogni santissimo giorno! Hai idea di quanta me ne serva per tenerli a bada?»
«Persuadimi, Granger», la sfidò lui allora, esibendo un sorrisetto malizioso. «Potrei accontentarti.»
 
«Per la cronaca, Granger, ti considero la mia strega già da un po’», le confessò mentre le sfilava la maglietta.
«Non è così che funziona, Draco», replicò lei sorridendo, slacciando la cintura dei suoi pantaloni.
Il biondino scrollò le spalle. «Ero io che non ero il tuo ragazzo», aggiunse. «Non ancora.»
Hermione rise. «Esattamente da quanto tempo?»
Draco la baciò. «Mmh, da quella notte in cui abbiamo ballato al Dormitorio… o forse anche un po’ prima», ammise non riuscendo veramente a riflettere sulla questione; era un po’ distratto in quel momento. «Solo che poi mi hai mollato per andare dalla Piovra.»
«Ho chiuso con McLaggen dopo quel ballo, Draco», gli fece notare.
«Avevo qualcosa a che fare con quella decisione?», le domandò incuriosito.
«Hai avuto qualcosa a che fare con ogni decisione che ho preso nell’ultimo anno.»
Il giovane premette le labbra sul suo collo, facendola rabbrividire di piacere.
«Non sai quante volte ho desiderato di farlo, dannata strega», le ripeté forse per l’ennesima volta. «Tu e quel tuo maledetto vizio…»
Hermione afferrò i suoi capelli tra le dita.
«Devo dire che voi Grifondoro siete persino più bravi di quello che immaginavo…», le sussurrò mentre le toglieva i pantaloni. «…a sprecare tempo prezioso.»
La ragazza gli sorrise. «Vedo che stiamo iniziando a piacerti.»
«Mi piaci solo tu», la corresse, anche se avrebbe voluto poterle dire molto di più; avrebbe voluto riuscire a dirle molto di più, ma non voleva neanche rischiare di tirare la corda troppo presto.
«Dimmi, Granger. McLaggen ti ha mai fatta sentire così?» le chiese, facendo scorrere un dito lungo la sua spina dorsale, provocandole dei violenti brividi in tutto il corpo; lei gemette a quel contatto.  
«Rispondimi», mormorò con una punta di autorevolezza nel tono della voce che, sommato al movimento delle sue labbra sulla clavicola, la fece rabbrividire nuovamente.
«N-nessuno mi ha mai fatta sentire così», confessò allora Hermione, quasi sul punto di ansimare nuovamente sotto il tocco leggero del Serpeverde.
Il biondo sgranò gli occhi a quell’affermazione; afferrò le lenzuola tra le mani, percorso da parte a parte da un brivido di eccitazione che non aveva mai provato prima.
Non se l'aspettava, quella risposta.  
Dal canto suo, Hermione avvertiva una punta di senso di colpa per quell'ammissione, che le era sfuggita totalmente incontrollata in un attimo di debolezza… però era la verità; con Draco c'era qualcosa che quando stava con Cedric non aveva mai provato e che lei era in grado di catalogare perfettamente: il brivido di eccitazione, il fascino del proibito. Era sicura che anche parte dell'attrazione che Draco provava per lei fosse dovuto a quello. Sapevano entrambi, pensava la ragazza, che qualsiasi cosa stessero vivendo aveva una data di scadenza già in partenza e questo rendeva le cose già di per sé più eccitanti… sapere che non avrebbero mai dovuto stare insieme…. Ne avrebbero pagato le conseguenze prima o poi, o almeno lei lo avrebbe sicuramente fatto, ma era una preoccupazione per dopo. E per quanto lui potesse desiderare una relazione normale con lei, Hermione sapeva che a un certo punto lui sarebbe tornato indietro sui suoi passi e avrebbe finito per accontentate le aspettative della sua famiglia in fatto di donne.
Pensava di potersi accontentare di quello che sarebbero riusciti a darsi nel frattempo, che a lei bastasse sapere che il ragazzo era cambiato, nonostante fosse fermamente convinta che meritasse più di quello che la società purosanguista aveva da offrirgli.
«Ti voglio, Granger» le disse con voce roca. «Posso?»
Hermione annuì, chiedendosi se avrebbe mai smesso di chiedere il permesso prima di iniziare qualsiasi cosa; pensava fosse scontato a quel punto, che lo volesse anche lei.

 

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Capitolo 56
*** CAPITOLO 51 ***


CAPITOLO 51


















«Vai già via?»
Puntuale come un orologio svizzero, all’alba, Hermione si era alzata per sgattaiolare via dalla stanza di Draco e tornarsene nella propria; erano orari che aveva stabilito con Harry per evitare di destare sospetti a Ron su quel loro accordo notturno.
La ragazza annuì.
«Secondo me dovresti dirglielo e basta», le disse sbuffando. «Si arrabbierà di più se lo verrà a sapere dopo.»
«Dopodomani partiremo, Draco», gli fece notare lei. «Ci litigherei in continuazione se dovessi dirglielo ora e abbiamo qualcosa di importante da fare.»
La faccia che fece Draco a quelle parole fu abbastanza eloquente da farla risedere al suo fianco.
«Te l’ho detto mille volte, siamo come fratelli, noi tre…»
«Tu e Potter, semmai», la corresse imperterrito lui.
Hermione alzò gli occhi al cielo. «Ron è solo iperprotettivo. E sai benissimo che abbiamo tutti dei trascorsi un po’ complicati.»
Il biondino sbuffò. E lei esibì un sorrisetto malizioso.
«Mi sembra un po’ presto per essere gelosi, non ti pare, Malfoy?»
Draco arricciò il naso. «Io? Geloso di Lenticchia? Ma fammi il piacere Granger!»
Lei gli rivolse un’espressione soddisfatta, lieta di essere riuscita a sviare il discorso; era d’accordo con lui, in realtà. E in una situazione normale lo avrebbe pure detto subito, per non ripetere gli errori passati… ma quella non era una situazione normale; non potevano permettersi drammi, dovevano trovare gli Horcrux.
Le afferrò un braccio e la attirò a sé per baciarla.
«Mi chiedevo solo per quanto tempo dovrò vederti sgattaiolare via dalla mia stanza all’alba come se stessimo facendo qualcosa di male.»
«Draco, lo sai che è complicato…»
«Lo so, Granger», la interruppe lui.
Per colpa mia, pensò, senza però dirlo ad alta voce.
Le diede un altro bacio e poi la lasciò rialzarsi per dirigersi verso la sua camera.
«Draco, ricorda di portare la Polisucco con te, nel caso in cui la gente dovesse iniziare ad arrivare prima del previsto.»
 
«Weasley, dov’è la Granger?»
Ginny lo guardò mordicchiandosi l’interno della guancia per qualche secondo.
Non si capiva nulla in casa quella mattina; era come se Pix avesse aperto il vaso di Pandora in salotto.
Gente che correva ovunque e urlava e scalpitava; un gran da fare per tutti, nella fretta di ultimare i preparativi per il matrimonio che si sarebbe tenuto quella sera.
«Credo che mamma l’abbia mandata nel capanno a prendere qualcosa», rammentò alla fine. «Anzi, dovrebbe essere già tornata, non so perché ci stia mettendo tanto.»
«Vado a vedere se ha bisogno di aiuto», annunciò Draco, sbuffando.
Si portò una mano al collo per lisciarsi la cravatta, una cosa che faceva spesso, salvo poi ricordare di non averne indossata una; si sbottonò i primi bottoni della camicia, faceva un caldo surreale quel giorno.
Raggiunse il capanno in una manciata di minuti, ma capì immediatamente che qualcosa non andava.
La porta era socchiusa e… e la Granger piangeva.
Con uno scatto, raggiunse la costruzione e la cercò con lo sguardo, allarmato.
La trovò rannicchiata contro il muro, le gambe al petto e il volto tra le ginocchia; aveva le mani premute con forza contro le orecchie e singhiozzava.
«Basta, basta, ti prego.»
Impallidì quando vide cosa la stesse turbando.
Quando si trovò davanti l’immagine di sé stesso, che la ricopriva di insulti.
«…Credevi sul serio che potessi volerti? Sei solo una piccola, sudicia, Sanguemarcio! Non meriti quella bacchetta, tu non sei niente…»
‘Cazzo’, imprecò tra sé e sé, mentre correva da lei.
Si mise difronte alla ragazza, catturando l'attenzione del Molliccio.
Realizzò solo in quel momento che non aveva la più pallida idea della forma che avrebbe assunto. Quando aveva dovuto affrontarne uno per l'esame di Difesa contro le Arti Oscure il terzo anno, aveva preso l'aspetto di suo padre, ma gli eventi degli ultimi anni lo avevano segnato profondamente e aveva capito che c'erano mostri peggiori di suo padre e della sua disapprovazione.
E se il Molliccio si fosse trasformato in un cadavere? O in Voldemort?
Ma non fu così e in un certo senso le cose andarono anche peggio.
La creatura assunse l’aspetto di Bellatrix Lestrange che gli urlava contro l’ordine di torturare Hermione o lo avrebbe costretto a farlo con la Maledizione Imperius.
Draco cominciò a tremare, ma cercò di mantenere lucidità; immaginò Bellatrix con i vestiti della Umbridge e delle extension rosa shocking.
«Riddikulus
Il Molliccio si dileguò.
Deglutì e si strofinò il volto con le mani, ancora scosso; poi corse da Hermione.
«Granger» la chiamò, ma lei non parve sentirlo; continuava a piangere con le mani ancora premute sulle orecchie.
«Granger, andiamo!», insisté scuotendole le spalle.
La ragazza alzò lo sguardo su di lui, ma vedendolo richiuse immediatamente gli occhi.
«No, no, ti prego. Basta!» lo supplicò, cercando di tapparsi ulteriormente le orecchie.
«Basta!»
Non sapendo cosa fare e sentendosi sul punto di andare nel panico, Draco la baciò.
Hermione smise di piangere di colpo; trattenne il respiro per diversi secondi, poi aprì gli occhi e sbatté le palpebre una, due, tre volte.
Era disorientata.
Si tolse con lentezza le mani dalle orecchie e il biondo premette con maggiore forza le labbra contro le sue, forzandola a dischiuderle a sua volta.
Draco si allontanò piano da lei, le asciugò il volto rigato dalle lacrime e poggiò la fronte contro quella di lei; chiuse gli occhi e deglutì, accarezzandole le guance per tranquillizzarla.
«Va tutto bene» le ripeteva, mentre la stringeva a sé. «Va tutto bene. Era un Molliccio, Granger.»
Hermione parve rilassarsi e si lasciò andare contro il corpo del giovane, cercando di regolarizzare il respiro.
«Era solo un Molliccio.»
«M-mi dispiace» provò a dire lei, scossa ancora da qualche singhiozzo, ma non sapeva esattamente cos'altro aggiungere.
Sperò che Draco non volesse parlarne, che non le facesse domande.
E lui non ne fece, in quel momento.
«Non è vero che non sei niente, Granger» le sussurrò invece in un orecchio, con voce bassa.
«Tu sei tutto
Non fece in tempo a rispondere, Hermione, né ad assimilare quelle parole, le loro implicazioni.
Le voci di Ron e dei gemelli si fecero più vicine i due si separarono appena in tempo prima che la porta del capanno si aprisse e i tre facessero capolino nella stanza.
«Che succede?», domandò Ron, notando che Hermione era palesemente scossa, spostando lo sguardo dall’amica al Serpeverde. «Cosa le hai fatto?»
«C'era un Molliccio» replicò gelido Draco, stringendo i pugni.
L'idiota pensava ancora che le avrebbe fatto del male.
«Hermione, stai bene?», chiese ancora, correndole incontro e passandole un braccio attorno alla vita per sorreggerla.
Lei annuì.
«La McGranitt di nuovo?»
Hermione annuì di nuovo, mentendo spudoratamente.
«Ha detto che non passerò mai i M.A.G.O.»
Ron sorrise. «Come se fosse possibile! Andiamo, devi mangiare del cioccolato.»
A Draco occorse tutta la sua forza di volontà per non mollare un pugno in faccia a Weasley e recidergli il braccio.
 
Non l’avevano lasciata sola mezzo secondo dopo la vicenda del Molliccio.
Draco lo capiva; aveva vomitato, poi era stata pallida per gran parte della mattinata.
Non aveva idea di come si sentisse a riguardo; ferito sicuramente, ma principalmente era spaventato da quello che potesse significare. Dalle ripercussioni che avrebbe potuto avere.
E se la Granger lo avesse lasciato? Se gli avesse detto che non poteva più stare con lui, che non poteva più passare sopra ai loro trascorsi?
A pranzo aveva a malapena mangiato qualche boccone ed aveva mantenuto lo sguardo sul piatto per tutto il tempo, passando la forchetta sul cibo distrattamente, spostandolo da un lato all’altro del piatto; se si fosse accorta dei suoi occhi su di lei, non ne diede alcun segno.
Sembrava semplicemente che non fosse lì con loro.
Poi Ginny l’aveva trascinata in camera per prepararsi per l’evento.
E Draco aveva imprecato, perché doveva urgentemente parlarle.
Si era vestito a sua volta, la spilla PassaPorta nascosta nell’interno della giacca, il galeone incantato in tasca e la fiaschetta con la Polisucco pronta per essere usata.
Fece una smorfia al pensiero che, se il sorteggio fosse andato male, anziché assumere le sembianze del cugino mezzo Veela della Delacour, si sarebbe trasformato in un cugino Donnola; sfortuna che invece era toccata a Potter.
Socchiuse la porta quando sentì scattare la serratura della camera della Granger e attese che la Weasley sparisse sulle scale prima di afferrare Hermione per un braccio e trascinarla nella sua stanza.
La schiena della ragazza si poggiò contro la parete di fronte a lui e le mani di Draco le furono immediatamente sul volto; le accarezzava le guance, mentre cercava di costringerla a guardarlo in faccia.
«Stai bene?», le chiese apprensivo. «Granger…»
«Sto bene, Draco», lo interruppe lei sul nascere. «Non… non voglio parlarne.»
Il biondino si passò la lingua sulle labbra, poi sospirò e annuì.
«Ne parleremo però, va bene?»
La ragazza deglutì, ma acconsentì con un cenno del capo; gli rivolse un sorriso timido.
«Sei bellissima», le disse.
Ed era vero. Indossava un vestito rosso molto semplice, che le arrivava appena sopra alle ginocchia; Draco non aveva idea di come riuscisse ad essere così splendida senza fare alcuno minimo sforzo.
Era sicuro che delle tre ore trascorse chiusa in camera con la Weasley, a Hermione era servita solo una per sistemarsi.
Aveva un leggero strato di trucco e dei tacchi bassi; una collana e degli orecchini a tema rosso e oro alla vista dei quali il giovane non poté fare a meno di sorridere.
Tra le mani stringeva forte una borsetta di perline.
Hermione arrossì alle parole del Serpeverde.
«Il vestito lo ha scelto Ginny, ha insistito, ma io non so-»
«È bellissimo, Granger», la interruppe lui sfiorandole le labbra con le sue; poi le spostò al lato della sua testa, in corrispondenza dell’orecchio.
«Anche se sarà meglio quando te lo toglierò questa sera.»
La voce roca con cui Draco le sussurrò quelle parole le provocarono un brivido lungo la schiena.
Le fece scorrere il pollice sulle labbra, mentre studiava ogni dettaglio del suo volto.
Aveva una strana sensazione, il biondino; si sentiva irrequieto.
Non gli piaceva.
Si concentrò sulle sue doti da Occlumante e la relegò in un angolino della mente; probabilmente era ancora scosso dalla questione del Molliccio.
Avrebbe preferito parlarne, chiuderla quel giorno stesso, invece di tenersi il tarlo per tutta la serata.
Si chinò a baciarla.
«Volevo farlo, prima di prendere la Polisucco», le spiegò contro le labbra. «Non ho intenzione di baciarti mentre sono nel corpo di un altro.»
Hermione schiuse le labbra e approfondì il bacio.
 
Il primo ospite ad arrivare fu Amos Diggory, accompagnato dalla moglie.
Abitava lì vicino, quindi non ci aveva messo molto a raggiungere la Tana.
Draco stava parlottando con Hermione, un bicchiere di spumante tra le mani.
«Credi che il potere Veela del cugino della Delacour venga preservato dalla Polisucco?», le stava chiedendo divertito il Serpeverde.
La ragazza sbuffò alla domanda.
Come se Draco Malfoy avesse bisogno delle abilità Veela per farsi notare, poi.
«Non mi piacciono, i Veela.»
La punta di irritazione nella voce della giovane gli fece comparire un ghigno sul viso.
«Gelosa, Granger?»
Hermione fece ruotare gli occhi. «Ti piacerebbe.»
«Stai dicendo che se ora andassi a testare la mia teoria con quel gruppetto di amiche francesi della sposa non ti darebbe fastidio?»
La Grifondoro assottigliò gli occhi. «Potrei sempre farmi presentare il vero cugino di Fleur», controbatté lei piccata. «Da quel che vedo l’idea mi stuzzica un pochino.»
Il sorrisetto dal volto di Draco sparì immediatamente; era già sul punto di ribattere, quando Amos si avvicinò a loro, troncando i loro sfottò.
Il Serpeverde sapeva di dover ringraziare il caso, in cuor suo, perché quella conversazione poteva facilmente degenerare in una litigata e lui aveva altri programmi per il fine serata.
«Amos!», esclamò la ragazza, lasciandosi stringere in un caloroso abbraccio.
Il biondino arretrò di qualche passo, sentendosi a disagio e volendole garantire un momento di privacy con i genitori del suo ex deceduto, ma riuscendo nonostante tutto a udire le parole che i tre si stavano scambiando.
«Vi prego, perdonatemi se non sono venuta a trovarvi. La situazione è un po’ complicata e non volevo rischiare di mettervi in pericolo.»
«Oh, ragazza mia! Non preoccuparti», rispose apprensiva la Signora Diggory.
Amos annuì, poi aggiunse: «Tempi bui, tempi bui. Ammetto di essere venuto qui solo per vederti, mia cara. Cerca di stare al sicuro, ti prego. Sei la cosa più vicina a una faglia che ci è rimasta.»
Hermione si lasciò scappare un piccolo singhiozzo e li strinse in un altro abbraccio; non era una promessa che poteva fargli, nonostante la commozione per le parole che l’uomo le aveva rivolto.
Draco strinse la presa sul suo bicchiere e lo scolò in un sorso, per poi avvicinarsi nuovamente al tavolo e procurarsene uno pieno.
Quella punta di invidia fuori luogo che lo aveva fatto sentire a disagio tempo prima tornò a farsi sentire; sapeva bene che la sua famiglia non le avrebbe mai dato ciò che i Diggory avrebbero potuto darle se Cedric non fosse morto.
Il pensiero gli fece contorcere lo stomaco e provare un moto di rabbia nei confronti dei suoi genitori; non avrebbero mai accettato e trattato Hermione come meritava. Lucius e Narcissa non avevano mai mostrato affetto a lui, figurarsi se avrebbero mai potuto trattare la ragazza calorosamente come Amos Diggory e sua moglie avevano appena fatto. Non sarebbe potuto accadere neanche se la Granger non fosse stata una Nata Babbana. E quel piccolo dettaglio l’avrebbe resa un bersaglio di angherie, agli occhi dei coniugi Malfoy.
Quella consapevolezza lo ferì nel profondo.
La Granger aveva obliviato la sua famiglia e non sapeva se sarebbe stata in grado di annullare l’effetto dell’incantesimo.
Le sarebbe bastato il suo amore? O il futuro magnifico che pensava di poterle dare non aveva alcuna base reale?
A lei non fregava nulla dei suoi soldi, quello non sarebbe bastato; le avrebbe potuto regalare il mondo e per lei avrebbe significato comunque meno di un abbraccio o un bacio sincero.
Poteva davvero renderla felice?

 
*
 
Draco se ne stava in piedi dietro una colonna a osservare la pista da ballo, sbuffando.
Hermione parlava con Viktor Krum da almeno dieci minuti.
Weasley apparve alla sua destra proprio mentre il bulgaro la invitava a ballare.
«Viktor! Di nuovo all’attacco», esclamò il rosso esibendo una smorfia di irritazione.
Il biondino si voltò a guardarlo con un sopracciglio sollevato.
«Non mi è mai piaciuto il modo in cui la guarda», borbottò ancora senza degnarlo di uno sguardo; continuava a fissare i due che ballavano al centro della pista con il naso arricciato in segno di disgusto. «Sembra sempre che la immagini senza vestiti addosso. “Sei dafero belisima” le ha detto come prima cosa. Neanche ciao! Insomma, dopo anni che non-»
Draco si irrigidì e assottigliò gli occhi.
Ingurgitò tutto in un sorso il bicchiere di vino che stava bevendo e lo ficcò in mano a Weasley con veemenza, interrompendo bruscamente il suo sproloquio; poi prese a camminare verso Hermione.
Ringraziando Merlino e Morgana per aver fatto finire la canzone proprio in quel momento, si accostò ai due e rivolse a Krum un sorriso che aveva tutta l’aria di essere falso.
«Potrei avere l’onore di un ballo, Hermione?» domandò con un finto, ma perfetto, accento francese, e rivolgendole uno sguardo che la ragazza interpretò come un ‘azzardati a rifiutare e lo affatturo seduta stante’.
«Scusami, Viktor», disse allora, «avevo promesso un ballo a Lucas prima della cerimonia.»
«Non ti preocupare, Hermiùn», rispose Krum burberamente. «È stato un piacere. A presto!»
Draco la tirò immediatamente a sé, per poi posare una mano sulla sua vita con fare possessivo.
Hermione quasi rise della sua espressione infastidita.
‘Cosa non darei per poterti vedere con la tua faccia ora!’, pensò divertita.
«Non mi piace quel tipo», affermò con convinzione. «Non mi è mai piaciuto.»
«Ma se al quarto anno-»
«Granger. Non stuzzicare il drago che dorme», la bloccò sul nascere, sbuffando.
«D’accordo, d’accordo. Ma se non ti dai una regolata tutti penseranno che stia per farmi togliere le mutande da Lucas Delacour… e chiunque faccia parte dei ranghi alti dell’Ordine, invece, capirà che ho sviluppato una propensione per i furetti» gli fece notare, riuscendo in qualche modo a farlo accigliare ulteriormente.
«Bene!» esclamò lui a denti stretti.
«Bene?» ripeté lei incredula.
Draco scrollò le spalle. «Fosse per me lo saprebbero già tutti.»
Hermione lo guardò con le labbra leggermente dischiuse; era convintissima che il ragazzo avrebbe quantomeno avuto un minimo di problemi con l’idea di rendere pubblica la sua relazione con una Nata Babbana.
Il fatto che premesse per dirlo a Ron non significava di certo che volesse urlarlo ai quattro venti.
«Sei mia, Granger», le sussurrò in un orecchio. «E vorrei che fosse chiaro a tutti.»
Sorrise, quando la sentì rabbrividire contro di sé.
«Ti si stanno schiarendo i capelli», commentò riscuotendosi la ragazza.
Draco fece per tirare fuori la sua fiaschetta, ma lei lo fermò posando una mano sulla sua.
«Vieni con me.»
 
Ron stava bevendo tranquillamente un calice di vino elfico quando Fred gli si avvicinò con la fronte corrugata.
«Perché Hermione e Malfoy stanno ballando insieme?», gli domandò perplesso.
Il fratello gli rivolse una smorfia. «Malfoy? Quello è Harry!»
George gli fu immediatamente all’altro lato. «No», lo contraddisse, indicando con un cenno del capo la testa rossa di Barny Weasley seduta a un tavolo a parlare con Elphias Doge, vecchio amico di Silente. «Quello è Harry!»
Ron spostò lo sguardo dall’amico, ai due in pista e poi si strozzò con la bevanda, rimanendo imbambolato a fissarli, lo sguardo sconvolto sulle mani di Malfoy, chiuse possessivamente sulla vita della sua migliore amica.
Ginny apparve al suo fianco proprio in quel momento.
«Vieni, parla con me», gli disse agitata. «Credo che Krum stia per invitarmi a ballare.»
 
«Granger, dove stiamo-»
«Ssh!», lo zittì lei, infilandosi in una piccola insenatura all’esterno della tenda.
Draco tornò sé stesso proprio in quel momento.
Il cugino di Fleur doveva avere una corporatura molto simile alla sua, perché l’abito continuava a calzargli alla perfezione.
«L’ho incantata», spiegò la ragazza sorridendo. «La può vedere solo chi sa della sua esistenza. Cioè io.»
Il biondino le rivolse un sorriso malizioso. «Vedo che avevi i tuoi piani, strega malefica!»
Hermione rise. «Voglio solo un ballo mentre sei… te stesso», mise le mani in avanti lei. «Avremo tempo per il resto, dopo.»
Draco la baciò dolcemente, mente si portava le mani della Grifondoro al collo e poi le cingeva la vita con le sue.
La musica arrivava fin lì, sebbene a volume un po’ più basso rispetto all’interno.
«Se Krum ti si riavvicina di nuovo, lo trasformo in un castoro.»
«Smettila, siamo solo amici», gli ripeté la giovane, ridacchiando suo malgrado.
C’era qualcosa nell’idea che Malfoy potesse essere geloso di lei che Hermione trovava esilarante, e la faccia del biondino era leggermente buffa in quel momento.
Le sopracciglia del suo compagno di ballo scattarono all’insù. «Lui lo sa?»
«Gliel’ho fatto capire mille volte nelle lettere, tranquillo.»
«Lettere?», domandò ancora irritato.
Hermione alzò gli occhi al cielo e si sollevò sulle punte per baciarlo.
«Preferisco i furetti ai castori.»
Draco aumentò improvvisamente la pressione sulla sua vita e la sollevò, bloccandola tra il muro e il suo corpo; lei gli chiuse le gambe attorno ai fianchi istintivamente ed emise un gemito di sorpresa al contatto inaspettato con la parete.
«Non farmi incazzare, Granger», la avvertì, ma c’era l’ombra di un sorriso sul suo viso.
«Impossibile, sono programmata per quello.»
Draco rise contro le sue labbra a quella battuta.
«Credi che si insospettiranno se non torniamo subito?»
Hermione si mordicchiò il labbro inferiore. «Solo se non torno con i capelli a posto.»
«Starò attento.»
 
Hermione alzò le braccia per sistemargli la cravatta, un sorrisetto soddisfatto a incurvarle le labbra.
«Non ho ancora finito con te questa sera», le disse, leccandosi le labbra. «Devo ancora toglierti quel vestito di dosso.»
«Potevamo andare in camera, se ci tenevi tanto…»
«Ero indeciso se mi eccitasse di più l’idea di togliertelo o quella di lasciartelo addosso», rispose in tono malizioso. «Sono abituato ad avere tutto, Granger.»
Hermione gli sorrise. «Dobbiamo tornare, ora.»
«Lo so», convenne lui, prendendole le mani e portandosele alle labbra.
Lo sguardo gli ricadde inavvertitamente sull’anello di Diggory che ormai non indossava più disilluso.
La ragazza notò quell’istante di troppo in cui i suoi occhi vi si erano soffermati sopra.
«Se ti dà fastidio, posso disilluderlo di nuovo», sussurrò facendosi seria. «Ma non lo toglierò.»
Draco puntò gli occhi in quelli di lei. «Non mi dà fastidio», mormorò esitante. «Solo…»
Doveva chiederglielo. Doveva saperlo.
«Sei ancora innamorata di lui?»
Hermione deglutì a quella domanda, il cuore prese a batterle ferocemente nel petto, mentre una punta di panico iniziava ad assalirla.
«Draco, io non… Una parte di me amerà sempre Cedric, non ti mentirò su questo», ammise con voce tremula. «Ma non vuol dire che non tenga a te, non toglie nulla a ciò che abbiamo noi
Draco chiuse gli occhi e posò la fronte contro quella di lei.
«Va tutto bene, Granger. Lo capisco, lui è stato il tuo primo amore…», affermò in tono fermo; poi incatenò nuovamente gli occhi ai suoi. «Io intendo essere l’ultimo, non importa quanto dovrò aspettare.»*
Hermione sgranò gli occhi a quell’ammissione, capendo che forse aveva sottovalutato le intenzioni del Serpeverde; tutte quelle domande sul futuro… erano perché lui lo vedeva, un futuro con lei, e sperava che lei facesse altrettanto?
Avrebbe veramente sfidato i suoi genitori solo per stare con lei?
Avrebbe veramente deluso le loro aspettative?
Avrebbe veramente scelto lei?
Non voleva illudersi, però. Non poteva illudersi.
Una palla di luce azzurra sfrecciò nel cielo, catturando la loro attenzione; la voce rimbombò dall’interno della tenda.
«Il Ministero è caduto. Il Ministro della Magia Scrimgeour è morto. Arrivano. Arrivano…»
Hermione e Draco si fissarono con gli occhi sbarrati, entrambi visibilmente terrorizzati; gli prese il viso tra le mani e lo baciò con forza.
Draco lo capì immediatamente che era arrivato il momento.
Non avrebbero avuto altri due giorni.
Si sarebbero separati lì, in quel momento, con i loro corpi che ancora avvertivano il reciproco tocco dopo aver fatto l’amore.
Sperava che non sarebbe stata l’ultima volta.
«Granger, resta viva», la supplicò, facendo pressione sulla sua nuca per trattenerla sulle sue labbra. «Ti prego
«Anche tu, Draco», rispose lei, le lacrime che scivolavano lungo la sua guancia incontrollate.
«Hermione, io-»
Non seppe mai cosa stesse per dirle, perché il rumore delle prime maledizioni all’interno della tenda arrivò prepotentemente alle sue orecchie e una frazione di secondo dopo, Hermione aveva attivato la PassaPorta di Draco e si era allontanata il necessario per non venire trascinata via anche lei.
Singhiozzò, con le mani premute sulle labbra, poi si riscosse e corse a cercare Harry e Ron; la sua borsetta di perline stretta tra le mani.
Li trovò quasi subito, la stavano cercando; si presero per mano e si smaterializzarono nella Londra Babbana.
 
Era la terza volta che affrontava Rowle.
E che gli incasinava la testa.
Hermione temeva il quarto scontro, quante volte poteva essere così fortunata?
O magari Rowle era davvero stupido come pensava…
Grimmauld Place apparve davanti a loro e corsero all’interno.
«Credete che Piton possa venire a cercarci?», chiese Ron guardandosi attorno.
Hermione scrollò le spalle. «Non lo ha mai fatto, fino ad ora. Qualcosa mi sfugge, sul suo conto.»
Harry fece una smorfia al nome dell’assassino di Silente.
«Ha ucciso Silente. Teniamo gli occhi aperti.»
«Harry… Il Voto che ha stretto con Narcissa Malfoy, ricordi?», gli disse a quel punto la ragazza; lui annuì.
«Bellatrix gli ha fatto giurare che se Draco non lo avesse fatto, ci avrebbe pensato lui.»
Il rosso sbuffò. «Resta uno schifoso traditore doppiogiochista.»
Harry assentì con il capo. «Prendo il primo turno di guardia. Trovatevi una stanza…»
«Forse è meglio se restiamo tutti insieme, possiamo dormire in salotto», propose Hermione. «In caso occorresse fuggire all’improvviso.»
I due ragazzi annuirono in accordo.
«Vado a farmi una doccia, però», annunciò lei, trascinandosi sulle scale verso il bagno.
Si guardò allo specchio e sospirò a fondo.
Con le dita, sfiorò il segno lasciato dalla catenina della sua collana sul collo.
Non le importava di averla persa, non se n’era neanche accorta, di essersi fatta male; l’unica cosa che avvertiva in quella zona era il fantasma dei baci del suo ragazzo.
Strinse forte gli occhi, una mano chiusa sulle labbra, e aprì l’acqua, per coprire il suono delle sue lacrime.
Dopo essersi rinfrescata, Hermione si soffermò su una porta che conosceva bene.
Era quella della stanza in cui Draco Malfoy era solito dormire quando erano lì insieme.
Deglutì e vi entrò di soppiatto.
Il suo odore era ovunque, specialmente sulle lenzuola; si accovacciò sul letto e strinse forte a sé il cuscino, rannicchiandosi contro di esso.
Tirò fuori dalla borsetta di perline il galeone incantato e lo fece riscaldare, sperando di trovarlo nuovamente caldo la mattina seguente, anche se sapeva in cuor suo che Draco stesse bene.
Pensò che forse andasse bene, per una notte, dormire lì.
Scoppiò a piangere di nuovo; neanche la sua Occlumanzia si rivelò utile per impedire al flusso di lacrime di fuoriuscire prepotentemente dai suoi occhi, né per fermarlo, mentre Hermione veniva a patti con sé stessa, vedendo chiaramente la realtà delle cose per la prima volta.
Si era innamorata di Draco Malfoy, nel bel mezzo della guerra.
Si era innamorata di Draco Malfoy e forse non lo avrebbe rivisto mai più.
 
Era davanti a lei e stava per dirglielo.
‘Io ti amo.’
Non sapeva se l’avrebbe mai più rivista e stava per dirglielo; senza riflettere, senza pensarci su.
Sentiva di doverglielo dire.
Avrebbe potuto non avere un’altra occasione per farle sapere come si sentiva realmente nei suoi confronti.
E poi lei non c’era più; c’era solo un fottuto campo inghiottito dall’oscurità e lui, in piedi, solo nella notte.
La mano ancora tesa in aria, ad accarezzare il nulla, quando due secondi prima poteva avvertire il calore della pelle della Granger sul suo palmo.
Chiuse la mano per stringere la collana che la ragazza portava al collo e che si era spezzata, impigliandosi tra le sue dita, quando si era allontanata da lui di scatto.
Se la portò all’altezza del cuore.
Era tutto ciò che gli restava di lei.
Sbatté gli occhi più volte, realizzando quello che era accaduto.
Aveva attivato la sua PassaPorta.
Lo aveva mandato via e non sapeva neanche se lei stesse bene, se avesse raggiunto Potter e Weasley, se fosse fuggita.
«Maledizione, Granger!» urlò dalla frustrazione. «Porca puttana!»
Si passò le mani sul volto, cercando di trattenere le lacrime.
L’avrebbe mai più rivista?
L’avrebbe mai più stretta a sé in quel modo?
L’avrebbe mai più potuta fare sua?
Avrebbe mai più condiviso il letto con lei? Sentito le sue dita tra i capelli?
Avrebbe mai più bisticciato con lei?
Avrebbe mai più potuto farle i dispetti per poi fare pace a suon di baci?
Avrebbe mai più sentito la sua voce?
Lo avrebbe mai più calmato durante la notte dopo un incubo o quando il Marchio bruciava?
Le avrebbe mai potuto dire quanto era fottutamente, totalmente, incondizionatamente, innamorato di lei?
«Draco?»
La voce di Tonks riecheggiò nell’aria all’improvviso, facendolo sussultare.
«Draco, stai bene?»
Il giovane si voltò di scatto.
‘No!’ avrebbe voluto gridare. ‘Non sto bene cazzo, non sono più con lei!’
«Dobbiamo raggiungere il Rifugio in fretta», gli disse una volta che gli fu accanto. «Questo non è collegato alle protezioni del Ministero, quindi dovremmo essere al sicuro. Forza!»
«Tonks», la chiamò mentre si accingeva a starle dietro. «La Granger?»
«Si è Smaterializzata con Harry e Ron nel mezzo del trambusto», lo informò la donna.
Osservava l’ambiente circostante guardinga, modus operandi da Auror qualificato.
«Ne sei certa?»
Nymphadora annuì. «Li ho visti sparire con i miei occhi. Puoi stare tranquillo.»
Draco deglutì e annuì.
«Dai, muoviamoci, cugino. È arrivato il momento che tu conosca tua zia.»

 

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Capitolo 57
*** CAPITOLO 52 ***


CAPITOLO 52

















Il tempo sembrava scorrere al rallentatore.
Draco non si era mai sentito in quel modo in vita sua.
Respirare era diventato faticoso, ma non era come quando soffriva di attacchi di panico; era più come se avesse un macigno dentro che gli comprimeva i polmoni.
Costantemente.
Continuamente.
Non aveva sue notizie da mesi.
Il galeone si riscaldava ogni notte ed era tutto ciò che gli rimaneva di lei, insieme alla collana che aveva perso la sera in cui si erano separati e che aveva riparato con cura. La portava al collo senza vergogna alcuna, nel tentativo di sentirla un po’ più vicina.
Quella breve comunicazione che avevano quotidianamente tramite il galeone gli faceva sperare che fosse ancora viva, che stesse bene.
‘Io ci sono.’
Ma gli faceva male.
Gli mancava terribilmente.
Gli mancava la sua voce, il suo profumo, la sensazione della sua pelle contro di lui, sotto le dita, il sapore delle sue labbra.
Gli mancava persino il suo tono saccente.
Sarebbe dovuto andare con lei, fanculo i suoi genitori e fanculo persino sé stesso; non avrebbe mai dovuto accettare di separarsi da lei.
Non aveva potuto fare ritorno a Hogwarts.
I Mangiamorte si erano impossessati della scuola, Piton era Preside.
E lui restava nascosto da Andromeda.
Un maledetto codardo.
Come sempre.
 
Blaise Zabini era arrivato al Rifugio qualche ora dopo di lui; era rimasto a combattere nello scontro.
Draco non aveva potuto fare a meno di sentirsi in difetto; se la Granger gli avesse lasciato prendere la Polisucco, lui avrebbe potuto accompagnarla nella ricerca di Potter e Weasley, o partecipare allo scontro nella tenda...
Gli aveva confermato di aver visto anche lui il Trio sparire nel mezzo dell’attacco e che la Granger non era ferita in alcun modo in quel momento; gli aveva anche detto che li avevano individuati da qualche parte nella Londra Babbana, ma che erano riusciti a scappare.
Il suo cuore aveva perso un battito nel sentire che Thorfinn Rowle e Antonin Dolohov erano i Mangiamorte che gli erano stati mandati dietro, ma per fortuna Blaise sapeva già l’esito dello scontro e si era tranquillizzato immediatamente.
Il galeone era caldo, comunque.
Lei stava bene.
 
Era stato difficile abituarsi alla strabiliante somiglianza di Andromeda a Bellatrix, ma anche a sua madre, sebbene il suo viso avesse dei lineamenti troppo dolci per associarli ai volti austeri delle sorelle.
«Se vuoi parlarne, Draco, sappi che sono qui per ascoltarti e consigliarti, se lo riterrai opportuno», gli aveva detto una sera.
Lui l’aveva guardata perplesso.
«Hai lo stesso sguardo che avevo io tanti anni fa», gli aveva rivelato sospirando. «Quando avevo appena realizzato di essermi innamorata di ciò che la mia famiglia mi aveva sempre imposto di disprezzare.»
Il ragazzo si era morso il labbro inferiore e poi le aveva rivolto la domanda che si era tenuto dentro dal primo giorno in cui aveva messo piede in quel posto.
«Ti sei mai pentita? Di aver rinunciato alla tua famiglia, alla tua eredità, per Ted?»
Andromeda gli aveva sorriso dolcemente. «No. Ma non ho rinunciato alla mia famiglia per Ted», aveva chiarito. «Ho rinunciato alla mia famiglia per amore, Draco. Sono certa che per quanto i tuoi genitori ti vogliano bene, tu sappia benissimo che niente di puro nasce da quell’ambiente. Sebbene si professino l’emblema della purezza.»
Rise amaramente, la donna. «Sai, chi per codardia chi per indole, i più non si ribellano a quel mondo freddo e asettico… è il motivo per cui la linea purosanguista è sopravvissuta così a lungo, il motivo per cui in qualche misura sopravvivrà sempre. Ti insegnano che quello è ciò che deve essere e che il resto non vale la pena di esser tenuto in considerazione. Ti insegnano a non porti domande e la maggior parte obbedisce a quel comando e si conforma. Ma poi ci sono quelli come noi, quelli che vogliono di più», aveva aggiunto e Draco non sapeva più se stesse riflettendo su sé stessa o se stesse parlando con lui. «E una volta che ammetti a te stesso di volere di più… Non puoi tornare indietro. Non quando incontri qualcuno di speciale e ti rendi conto che tutto ciò che ti è sempre mancato tra il lusso sfrenato, è l’unica cosa che la tua famiglia non potrà mai darti… Ed è proprio chi ti è stato insegnato di odiare a potertelo dare.»
Il biondino aveva ascoltato ogni singola parola uscita dalle labbra della donna e aveva convenuto con ognuna di essa; lui non era mai riuscito ad adattarsi alle imposizioni del padre. Mai.
Era stato in grado di fingere con qualcuna, per un periodo aveva creduto in altre… E la sua indole non era ribelle e indipendente come quella di Sirius Black, ma lui non si era mai conformato completamente.
Perché aveva odiato il Trio per la loro amicizia, desiderando una cosa che Lucius gli aveva sempre detto di non considerare preziosa.
Perché aveva odiato suo padre quando era stato esposto come Mangiamorte, vergognandosi profondamente di ciò che invece gli era stato insegnato a considerare onorevole.
Perché aveva capito che non c’era alcuna differenza di sangue, non esisteva alcuna purezza di sangue, e non si sarebbe mai accontentato di un matrimonio a contratto.
Perché anziché cercare una nuova Purosangue da considerare come candidata, lui si era avvicinato a una Nata Babbana e di ella si era innamorato.
«Toujours Pur» aveva mormorato Andromeda. «Sempre puro, il motto della famiglia Black. Nonostante tutto, vivo ancora secondo quel motto, sai?»
Draco aveva corrugato la fronte, incapace di seguire il ragionamento della donna.
«L’unica cosa al mondo ad essere pura, Draco, è l’amore. Basta cambiare l’associazione. Non purezza di sangue, ma di animo. O di sentimento.»
Il biondino aveva dischiuso le labbra, scivolando verso l’interno della sua mente; non aveva mai pensato al motto della sua famiglia in tutto quello.
‘Sanctimonia Vincet Semper’.
La Purezza Vince Sempre.
Dissociarlo dagli ideali purosanguisti e associarlo invece alla visione di Andromeda gli diede forza; se quel motto valeva qualcosa, vedendolo in quell’ottica nuova, allora lui e la Granger avevano una possibilità.
La Granger era pura; e se come aveva detto sua zia l’amore è un sentimento puro, allora dovevano vincere, alla fine, no?
«Sono innamorato di una Nata Babbana», aveva confessato ad alta voce. «Sono innamorato di Hermione Granger.»
«Oh, la graziosa e brillante Hermione», aveva commentato sorridendo la zia. «Ti darà del filo da torcere.»
Draco aveva riso a quelle parole; come se non lo sapesse già!
Poi si era fatto serio.
«Il punto è che l’ho ferita. Tanto. In passato…» le aveva confidato. «E nonostante lei sembri avermi perdonato, io… io mi odio, per quello che le ho fatto. Per quello che le ho detto o augurato. Per quello che sono stato in generale.»
«Draco, credi che non abbia mai chiamato Ted in quel modo? O che non gli abbia mai detto di starmi alla larga perché non lo consideravo alla mia altezza?»
Il giovane l’aveva guardata con occhi sbarrati.
«Ci credevo anche io a quelle sciocchezze, sai? Prima di conoscere Ted e di capire che erano tali. È quello che importa di più, a loro. Che capiamo i nostri errori e cerchiamo di porvi rimedio. La differenza tra il mondo in cui siamo conosciuti e il loro… Loro sanno perdonare, Draco. Danno valore a ciò che conta. Non i soldi, non lo status, ma i sentimenti. E credimi, quando ti alzi ogni mattina al fianco di qualcuno che non ha paura di dire ad alta voce di amarti, non ti importa se ti svegli in un castello o in una capanna.»
«Temo che i miei genitori non l’accetteranno mai», aveva considerato Draco. «Lei merita di più.»
«So che pensi questo di Cissy perché non ha mai accettato il mio matrimonio con Ted, ma… Ti parlo da madre, ora. Per la felicità di un figlio, faresti qualsiasi cosa. Non dico che arriverebbe ad approvare la cosa, ma accettarla… Ci sono le probabilità.»
Gli occhi grigi del biondino si erano fatti improvvisamente più luminosi a quelle parole, accesi da una speranza nuova.
«Lo credi sul serio?»
«Avevo le mie remore iniziali quando Dora mi ha detto di essersi innamorata di un lupo mannaro. Ah, i vecchi precetti, a volte duri a morire nonostante gli anni! Ma avevo una solida esperienza personale a ricordarmi di dare una possibilità e ora, dopo averlo conosciuto, non potrei desiderare nessun’altro al fianco di mia figlia» gli aveva rivelato la donna. «Conoscendo Hermione, credo sia impossibile che Cissy non ne veda le qualità, alla fine.»
Draco le aveva sorriso, genuinamente.
«Fatti un favore, però, nipote mio. Trova un modo per perdonare te stesso o potresti rovinare tutto con le tue stesse mani.»
 
«Eri molto vicina a mia madre prima che ti voltassero le spalle?» le aveva chiesto un giorno, mentre sedevano entrambi nel giardinetto circostante l’abitazione.
Anche Andromeda aveva la passione per i fiori, come Narcissa.
«Molto. Ed ero molto vicina anche a Sirius e a Regulus, prima che Regulus soccombesse agli ideali di Voldemort e che Bellatrix li abbracciasse totalmente.»
«E conoscevi anche mio padre?», le aveva chiesto ancora e la donna aveva annuito.
«Lui e tua madre sono stati tra i pochi Purosangue tradizionalisti fortunati abbastanza da poter sposare la persona di cui erano innamorati. Peccato che il vecchio Lucius si sia lasciato trascinare sulla via sbagliata da Bellatrix. Tua madre non ha mai appoggiato l’operato di Tu-Sai-Chi, sai?»
«No?»
«No, Draco. Sostenere la linea purosanguista, per quanto sbagliata sia, e seguire quel pazzo non sono la stessa cosa», gli aveva detto.
«Non lo chiami per nome…»
«Non ne ho paura. Ma il suo nome è tabù, ora. Se lo nomini, tutte le protezioni si infrangono e arrivano i Mangiamorte», gli spiegò Andromeda.
Draco si irrigidì.
La Granger e quei due idioti lo sapevano, del tabù?
Chiuse la sensazione di panico che gli si era diffusa dentro e la relegò in un angolino della sua mente.
Doveva restare lucido.
Doveva mantenere viva la speranza.
L’avrebbe rivista.
Presto.
 
Gli piaceva sua zia Andromeda.
Gli era piaciuta ancora di più quando gli aveva chiesto di chiamarla zia e a lui era venuto spontaneo iniziare a farlo.
In quel momento, si sentiva più connesso a lei che alla sua stessa madre; perché con sua zia aveva qualcosa in comune, qualcosa a cui sua madre si era opposta fermamente e per la quale l’aveva rinnegata ai suoi tempi e che ora stava attraversando anche lui.
Perché Draco lo aveva capito che non avrebbe mai rinunciato a Hermione, anche a costo di sfidare la sua intera famiglia; anche se scegliere lei gli fosse costato l’eredità e il suo stesso nome.
Aveva vissuto senza i soldi, - dannazione, aveva vissuto come un maledetto Weasley! -, e nonostante tutto, nonostante il suo naso si fosse arricciato più volte, quelli erano stati i giorni più belli della sua intera esistenza… perché aveva avuto lei, era stato con lei.
Il resto sembrava perdere qualsiasi importanza, quando stringeva Hermione Granger tra le braccia.
In cuor suo sperava che i suoi genitori imparassero da quella guerra, ma non erano gli stessi coinvolti anche nella prima guerra? Se ci fosse stata qualcosa da imparare per loro, non avrebbero dovuto farlo al primo giro, invece di trascinare lui nell’oblio, in prima linea nella seconda parte di una guerra che non aveva mai voluto combattere?
Non era più sicuro neanche di quello, in realtà.
Non era più certo di non voler combattere.
Quando era stato costretto a schierarsi con i Mangiamorte, non aveva nulla per cui valesse la pena morire; ma non appena aveva messo piede oltre il confine e raggiunto l’altro lato del fronte, Draco aveva trovato qualcosa di più della protezione che i suoi genitori non erano stati in grado di fornirgli, - o che non avevano voluto provare a fornirgli; aveva trovato l’amore.
E diamine, in nome di quello, Draco Malfoy pensava che forse valesse la pena combattere e persino morire.
Poteva restare da Andromeda come aveva promesso alla Granger per un po’; ma quando si sarebbe giunti alla resa dei conti, quando sarebbe stata battaglia aperta… lui sarebbe sceso in campo; e avrebbe lottato anche contro i suoi stessi genitori, pur di proteggere lei
Perché in tutto quel dolore, in tutto quel sangue e in tutto quel casino, lei gli aveva mostrato un altro lato del concetto di famiglia che la sua non aveva mai onorato e valorizzato… e che Draco desiderava per sé stesso più di ogni altra cosa al mondo.
E lo desiderava con lei.
Perché sentiva Hermione Granger come la sua famiglia molto più di quanto avesse mai sentito Lucius e Narcissa Malfoy.
E non avrebbe mai sposato una Purosangue, tantomeno tradizionalista e non di sua scelta, sacrificando i propri desideri; aveva sacrificato abbastanza nel nome dei Malfoy.
Lui voleva il suo futuro con la Granger e avrebbe fatto di tutto per averlo, avrebbe lottato per lei, per loro. Perché Hermione Granger era l’unica ragazza che avesse mai amato e, lo sapeva, che avrebbe mai amato; perché Hermione Granger era la persona con cui voleva trascorrere il resto della sua vita.
Perché Draco Malfoy non aveva mai avuto una scelta, finché Hermione Granger non gliene aveva data una. Finché Hermione Granger non era divenuta la scelta stessa.
E lui avrebbe sempre scelto lei.
Sempre.
 
Aveva conosciuto anche Ted.
Inizialmente si era sentito un po’ a disagio attorno a lui, un po’ per i trascorsi di famiglia, un po’ perché non aveva la minima idea di quale fosse la sua opinione su di lui.
La Granger era un conto, ma gli altri Nati Babbani non avevano alcun motivo di credere al suo cambiamento di vedute… o di perdonarlo per lo stronzo che era stato, ad ogni modo.
Forse non aveva abbastanza motivi neanche la Granger, ma lei almeno aveva visto tutte le fasi che aveva attraversato e da qualche parte in quel miscuglio di confusione e sofferenza e realizzazione, doveva aver trovato una ragione sufficiente a perdonarlo per il suo passato.
Ma a quanto pareva, Ted non nutriva rancore nei suoi confronti.
Aveva affrontato con lui una conversazione che gli stava facendo arrovellare il cervello da mesi.
«È stato brutto, per te? Vivere con la consapevolezza che la famiglia di tua moglie non ti accettava?»
Ted si era preso un attimo per riflettere sulla risposta da dargli e poi lo aveva guardato con occhi dolci.
‘Tassorosso’, aveva urlato la vocina nella testa di Draco, che si era imposto di non esibire alcuna smorfia.
«Non è stato facile. Ma le persone come me… ci sono abituate. Più delle discriminazioni per il mio sangue o il loro rigoroso rifiuto di conoscermi e darmi una possibilità, la cosa che mi ha ferito di più è stata che hanno cercato di convincere Andromeda che non l’amassi veramente, ma che fossi interessato solo ai soldi della famiglia Black», Ted si lasciò andare a una risatina. «Non me ne fregava e non me ne frega nulla, ovviamente. Forse l’hanno capito, alla fine, visto che l’ho sposata ugualmente, anche dopo che l’hanno diseredata.»
«Temo che lei non riesca a reggere l’ostilità dei miei genitori nei suoi confronti», si era confidato Draco. «Perché sono sicuro che faranno del loro peggio.»
«Se è certa del tuo amore, pur sentendosi ferita dalla situazione, non la perderai. Per quanto mi riguarda, poter stare con Andromeda rendeva sopportabile qualsiasi cosa.»
Il biondino aveva deglutito.
Sarebbe stato in grado di fare sentire la Granger amata al punto che non le sarebbe importato nulla del resto?
Lo aveva in lui? Sarebbe riuscito ad abbattere completamente le barriere che il mondo in cui era cresciuto lo avevano obbligato a erigere o avrebbe fallito miseramente?
Lui non era un Tassorosso.
Lui non aveva nessuna delle qualità che la Granger ammirava tanto a quella Casa.
I suoi genitori si erano impegnati fin dal primo giorno per fargliele sopprimere; le poteva ritrovare da qualche parte dentro di sé?
Sarebbe riuscito ad amarla come meritava veramente?

 
*

Ted aveva lasciato il rifugio qualche tempo dopo, decidendo di partire per aiutare altri Nati Babbani a lasciare il paese e mettersi in salvo.
Draco si era rattristato all’idea che un’altra delle poche persone a cui aveva iniziato a tenere in qualche modo si stesse gettando a capofitto nel pericolo.
Normalmente sarebbe stato più guardingo nei loro confronti e non gli avrebbe dato confidenza, di certo non si sarebbe aperto con loro… Ma erano le uniche persone a potergli dare delle risposte, le uniche con cui potesse veramente parlare e che capissero cosa stava attraversando… Allora aveva ingoiato l’orgoglio e si era avvicinato a loro.
E ora gli importava e Ted stava partendo… e l’unico motivo per cui Andromeda restava al Rifugio era costituito da lui, Zabini e Tonks che ormai era quasi in fine gravidanza.
Gli aveva visti scambiarsi uno struggente bacio di addio e poi era rimasto a guardare Ted sparire oltre le protezioni.
Sua zia non aveva lasciato la sua stanza per giorni.
 
E poi era arrivato quel maledetto giorno.
Il giorno in cui quei tre pazzi si erano infiltrati al Ministero e avevano perso Grimmauld Place.
E lì Hermione aveva perso anche il modo di fargli sapere che stesse bene.
C'era stato un momento in cui Draco aveva pensato, quando ancora non credeva di poter far breccia nel cuore della Granger, che innamorarsi di una Nata Babbana, - e non una qualsiasi, ma proprio la Nata Babbana che aveva tormentato per anni -, fosse la sua punizione per i suoi peccati. In quel momento, però, realizzava che non era così.
La punizione per i suoi peccati era essersi innamorato di una Grifondoro.
Infiltrarsi al Ministero quando questo era in mano a Voldemort…
Lupin si era presentato carico di informazioni e con un galeone incantato tra le mani che Draco aveva riconosciuto immediatamente; aveva spiegato che lo aveva trovato a Grimmauld Place e che la casa in questione non era più un luogo sicuro.
E Draco aveva capito perché non si era più riscaldato il suo gemello ed era sprofondato nella disperazione più totale.
Si era convinto che quello fosse il momento in cui sarebbe impazzito definitivamente.
Lì, solo, senza avere la minima idea se la Granger fosse viva o meno.
Il pensiero che per tutto quel tempo fossero stati a Grimmauld Place, che avrebbe potuto raggiungerli facilmente in qualsiasi momento, lo stava logorando dentro.
Gli sembrava di impazzire.
«Amico, sembri uno zombie», gli aveva detto un giorno Blaise.
Le sue vecchie amiche, le occhiaie e le borse sotto gli occhi, erano di nuovo tornate; era persino più pallido di quanto non fosse stato durante il sesto anno e i suoi capelli erano raramente in ordine.
Gli incubi si presentavano ogni notte, puntuali, impedendogli di dormire.
Erano ricominciati gli attacchi di panico e il Marchio sembrava bruciargli il doppio, quando Voldemort chiamava a raccolta i suoi seguaci e Draco era arrivato al limite di sopportazione massima, al punto che il desiderio che Malfoy Manor, ancora il loro Quartier Generale stando alle informazioni dell’Ordine, saltasse in aria durante uno dei raduni aveva iniziato a far capolino nella sua testa.
Teneva duro solo perché pensava a lei.
Tonks gli aveva trovato una foto del matrimonio, una che Draco, e sicuramente neanche Hermione, si era accorto fosse stata scattata.
Erano in salotto e lui non aveva ancora preso la Polisucco; credevano di essere soli, probabilmente, perché lui le aveva sistemato una ciocca di capelli e poi si erano rivolti dei sorrisi così dolci che avrebbero fatto protestare il vecchio Draco Malfoy.
Anche se il vecchio Draco Malfoy probabilmente sarebbe stato troppo impegnato a protestare per l’idea di sé stesso con la Granger in primo luogo.
Quella foto era la sua ancora; manteneva la speranza accesa.
«Sta bene, ne sono certa», gli aveva detto Tonks, posando una mano sulla sua spalla.
«Lo so», aveva risposto lui, fingendo una sicurezza che non aveva.
«Sai, mia madre anche faceva finta di non preoccuparsi per le cose» aveva preso a raccontare lei, sorridendogli. «Si teneva tutto dentro. Tranne con mio padre, con lui parlava. Poi è cambiata, ha capito che non c’è nulla di male nel provare emozioni e mostrarle. Che farlo non ti rende debole.»
Draco aveva deglutito e le aveva rivolto un’occhiata indecifrabile.
«Va bene, essere preoccupati.»
«Non sono preoccupato», aveva risposto lui. «Sto morendo dentro
 
In assenza di alternative, Radio Potter era la cosa più vicina a una conferma che poteva avere.
Si sintonizzava ogni giorno, ascoltava uno ad uno la lista dei nomi dei decessi, pregando di non sentire il suo, sperando che venissero rivelate informazioni su quello che i tre stessero combinando.
Il giorno in cui avevano sentito il nome di Ted Tonks era stato il più brutto.
Draco non pensava che avrebbe dimenticato l’urlo di dolore di Andromeda e il pianto distrutto di Tonks.
Persino lui e Blaise non erano stati in grado di trattenere le lacrime.
Aveva trovato un amico, in Zabini, alla fine.
Non sapeva neanche come, un giorno si erano ritrovati a parlare e a confidarsi; anche Blaise condivideva quella sensazione di oppressione che lo aveva fatto ripudiare il loro mondo.
«Era asfissiante», gli aveva detto. «Capisco perché quasi nessuno di loro lavora, nella vita. Portare quella fottuta maschera ti drena di tutte le energie, al punto che non resta nient’altro nella tua esistenza. Puoi solo deperire lentamente.»
Gli aveva anche detto di essersi innamorato di Ginevra.
E che anche se non aveva alcuna speranza di stare con lei, lo avrebbe detto a sua madre sperando di farsi ripudiare.
«Non mi frega niente dei soldi, voglio diventare un Auror.»
Draco aveva sorriso all’idea.
Blaise gli rendeva quei giorni un po’ più tollerabili.
Ma la notte era di nuovo da solo e fissava il posto vuoto accanto a sé nel letto.
E pensava a lei.
E impazziva ogni volta di più.
Dove sei?
Stai bene?
Ti amo.
Mi… mi manchi.
Perché quello era; mancanza. Draco non aveva mai sentito la mancanza di qualcuno prima di quel momento.
Glielo avrebbe mai detto se avesse potuto parlarle?
 
Aveva deciso di averne abbastanza quando si era accorto di non ricordare più il suono della sua voce.
Ted Lupin era nato da poco e Andromeda sembrava essersi ripresa dalla morte di Ted, sebbene solo leggermente, da quando il piccolo occupava le sue giornate.
L’aveva supplicata di aiutarlo a trovare un modo per raggiungere Hermione e lei gli aveva promesso che avrebbe raccolto informazioni per lui.
«Preferirei che tu restassi qui», gli aveva detto chiaramente. «Ma ti capisco.»
Gli aveva detto che le ultime informazioni riportavano Ron in sede separata dagli altri due; che era stato avvistato in una locanda.
Draco aveva ideato il suo piano; lo avrebbe raggiunto sotto Polisucco e lo avrebbe seguito finché non lo avrebbe portato da lei.
Perché sapeva che prima o poi li avrebbe trovati in qualche modo.
Lo avrebbe cacciato se si fosse rivelato?
Draco non poteva rischiare.
Stava aspettando che Andromeda gli portasse le scorte di Polisucco, quando Blaise gli si avvicinò con aria funerea.
«Te ne vai, quindi», constatò mesto.
Il biondino annuì. «Devo trovarla. Ho bisogno… ho bisogno di lei, Blaise.»
Zabini fece cenno di capire perfettamente con il capo.
«Vado a Hogwarts», gli rivelò dopo una pausa di silenzio. «Mi nasconderò nella Stanza delle Necessità. I Carrow stanno facendo usare le Maledizioni Senza Perdono agli studenti… sugli altri studenti. L’ES è di nuovo attivo e ho deciso di dargli una mano.»
Si erano stretti la mano e si erano dati una spallata amichevole in segno di saluto.
«Buona fortuna, amico.»
«Anche a te.»
Blaise gli tese un bracciale; aveva un’incisione sopra.
“May we meet again.”
Spero di rincontrarti di nuovo.
«Se avrai bisogno di entrare a Hogwarts, cambia le parole» gli disse, mostrandogli il proprio polso. «Ho il gemello. Ti verrò a prendere.»
Draco annuì.
Ginny Weasley fece capolino nella stanza l’attimo dopo. «Non pensavo che avrei mai detto una cosa del genere, ma è bello rivederti, Malfoy.»
«Vale anche per me, Weasley.»
«Ero venuta a vedere il piccolo Ted, ma ora dobbiamo proprio andare, Blaise. Neville è ridotto male dopo l’ultima rivolta.»
«Paciock?» domandò incredulo Draco.
Ginny esibì un sorriso carico d’orgoglio. «C’è un motivo se è stato smistato a Grifondoro, Malfoy. Che ti aspettavi?»
A quanto pare, solo tu resti un fottuto codardo’, lo accusò la vocina nella sua testa.
‘Non più, mai più’, si rispose da solo.
Stavano dando la caccia alla Granger, alla ragazza che amava. E se la Granger era coinvolta, allora quella era anche la sua guerra. Se la Granger era in pericolo, lui avrebbe lottato per proteggerla.
Avrebbe combattuto, per lei, per loro.
Per il loro futuro.
 
Andromeda arrivò tutta trafelata stringendo il piccolo Ted in braccio.
«Tienimelo un secondo», disse affidando il bambino al biondino. «Ti sto cercando dei capelli.»
E sparì dalla sua vista l’attimo seguente.
Draco restò paralizzato a fissare la creaturina tra le sue braccia, con gli occhi sgranati, terrorizzato.
Della saliva colò dalla bocca del piccolo e lui gli rivolse una smorfia disgustata, ma lo ripulì ugualmente usando la sua bavetta.
E poi Ted fece qualcosa che lo spiazzò completamente.
Posò la sua manina sulla sua guancia e gli sorrise.
Draco lo fissò sbattendo le palpebre, avvertendo una sorta di calore al petto.
Poi il naso e le labbra del bambino si trasformarono nel becco di una papera.
E lui scoppiò a ridere.
Doveva averglielo insegnato Tonks; era stata una festa per tutti il giorno in cui avevano scoperto che era un Metamorfomagus e che non aveva ereditato il gene della licantropia.
Lupin si era trasferito lì, una volta tranquillizzatosi sull’argomento; si era allontanato da Tonks sentendosi in colpa per l’eventualità opposta… Aveva spaventato Draco, quella sua reazione.
Aveva iniziato a temere che la Granger potesse allontanarsi da lui per risparmiargli il dolore di dover sfidare la sua famiglia per lei.
Non che avesse più alcuna importanza, li avrebbe combattuti anche prima, se l’avessero messa in pericolo durante la guerra.
Sentì i passi di Andromeda sulle scale.
«Arrivederci, piccolino», gli sussurrò prima di essere a portata d’orecchio.
«Ecco a te», esclamò Andromeda.
«Sta’ attento, cugino», si raccomandò Tonks, riprendendosi il bambino.
«Buona fortuna, nipote.»
«Restate al sicuro», disse solamente lui. «E grazie. Per tutto.»
Grazie. Lo intendeva veramente ed era la prima volta che non si doveva obbligare a dirlo; loro non gli dovevano niente e la sua famiglia, sua madre, le aveva solo ferite.
Ma lo avevano accolto ugualmente come uno di loro e lo avevano aiutato.
E lo avevano accettato, pregi e difetti allo stesso modo.
E gli avevano fatto capire che anche se i suoi genitori lo avessero rinnegato per il suo amore per Hermione, lui avrebbe sempre avuto una famiglia… in loro.
Draco non credeva di meritare quello che quella gente gli stava dando.
Ma ne era riconoscente e lo avrebbe accettato senza esitazione.
Si era diretto fuori dalle protezioni.
E si era smaterializzato.
‘Sto tornando da te, Granger.’
 
Raggiunse la locanda in serata.
Aveva di nuovo l’aspetto di Lucas Delacour, ma si trasfigurava sempre i capelli dal biondo al nero e si faceva crescere la barba; il cugino Veela di Fleur avrebbe attirato troppa attenzione altrimenti.
Weasley stava cenando in un tavolo appartato; i capelli scuriti in un castano e il volto coperto da peluria a mascherarne l’identità.
Giocava con uno strano oggettino.
«Qual è il tuo veleno, tesoro?», gli chiese la barista, ammiccando nella sua direzione.
Draco represse una smorfia di disgusto.
‘L’amore’, avrebbe dovuto risponderle se avesse dovuto prendere alla lettera la domanda; sapeva che non gli stava chiedendo davvero cosa lo tormentasse, però.
Voleva sapere cosa volesse da bere.
«Firewhiskey», le disse senza dare corda al flirt, facendo tintinnare una moneta sul bancone.
Lei annuì, la prese e tornò con un bicchiere un po’ più pieno del normale.
«La parte extra la offre la casa», annunciò lanciandogli un’occhiata lasciva.
Draco afferrò il bicchiere e si spostò in una zona un po’ più appartata del locale, ma in un punto in cui poteva continuare a osservare Ronald.
Lo vide bloccarsi di colpo e fissare incredulo l’oggetto; trangugiò il whiskey in un sorso e si preparò a seguirlo, notando che si fosse alzato e messo uno zaino in spalla.
Uscì di corsa dalla locanda.
Il cuore prese a battergli furiosamente.
Era un passo più vicino alla Granger.
L’avrebbe rivista.
Presto.


 

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Capitolo 58
*** CAPITOLO 53 ***


CAPITOLO 53
















«A quanto pare, non dirgli di te e Malfoy non è servito a nulla», commentò Harry.
«Non so cosa diavolo stia passando» convenne Hermione. «Le cose che ti ha detto… Oh, Harry mi dispiace così tanto! È stato orribile
Il moro fu tentato di risponderle di non preoccuparsi perché era abituato a quel genere di offese, Malfoy gliene aveva fatte continuamente nel corso della loro carriera scolastica… Ma ricordò appena in tempo di non potersi più servire del biondino come esempio. Non voleva riaprire vecchie ferite e vecchi dissapori.
Allora scrollò le spalle.
«Sono sicura che fosse l’effetto del medaglione…»
«Lo stiamo portando tutti, Mione.»
«Si, e anche noi sbottiamo l’uno contro l’altro, di tanto in tanto.»
Ron era andato via già da un bel po’.
Harry e Hermione erano stati a Godric’s Hollow, che si era rivelato un buco nell’acqua e una trappola al tempo stesso. Harry aveva perso la sua bacchetta, irrimediabilmente spezzata.
Si erano rifugiati nella foresta di Dean.
Il Prescelto era esausto; vagavano da mesi e non erano neanche lontanamente vicini a capire come disfarsi del medaglione, né tantomeno a comprendere come individuare gli altri Horcrux, né a decifrare quel maledetto simbolo che Silente aveva scarabocchiato sull’edizione de Le Fiabe di Beda il Bardo che aveva lasciato a Hermione nel suo testamento.
Il tutto lo rendeva anche molto frustrato. Gli mancava Ron e al contempo era ancora terribilmente arrabbiato con lui; non solo per le parole che gli aveva urlato contro, ma anche per aver deciso di andarsene. Dopo averlo accusato di tradire Ginny con Hermione, niente di meno; la sua migliore amica, la stessa Hermione che era come una sorella per lui e che gli era sempre rimasta accanto, nonostante tutto.
A pensarci bene, Harry si rendeva conto di essere stato alle volte un po’ ingiusto nei confronti della ragazza; sebbene avesse sempre cercato di non entrare in mezzo ai diverbi tra i suoi due migliori amici, aveva sempre teso maggiormente a sostegno del rosso.
Era una cosa che lo faceva sentire in colpa regolarmente.
«Forse dovremmo restare qui, sai», disse a un certo punto la ragazza, distogliendolo dalle sue riflessioni.
«Invecchiare…»
Harry sospirò. La tentazione di acconsentire era forte. Ma se non avessero sconfitto loro Voldemort, allora chi lo avrebbe fatto?
Chi avrebbe salvato il mondo magico, chi avrebbe garantito la sicurezza dei Nati Babbani e dei membri dell’Ordine?
«Non credo che Malfoy approverebbe», disse allora ironicamente, facendole l’occhiolino.
Hermione arrossì. «No, non approverebbe.»
Harry rise. «Non abbiamo mai parlato veramente di lui», commentò facendosi pensieroso. «Com’è stare con Malfoy? Fa ancora strano a pensarci.»
La ragazza non riuscì a reprimere un mezzo sorriso, nonostante il groppo alla gola formatosi non appena aveva sentito nominare il biondino; le mancava terribilmente.
Le mancava, non aveva più il galeone da mesi, ed era solo grazie a Radio Potter che poteva convincersi che stesse bene.
Aveva passato notti su notti a colpevolizzarsi e darsi della stupida per aver avuto l’audacia di innamorarsi proprio di lui e proprio nel bel mezzo di una guerra, la stessa guerra che era iniziata con la morte del suo primo amore.
Non che le andasse di parlare di Draco, ma… Ma forse era ora che lo facesse.
«Terrificante», rispose onestamente.
Harry le rivolse uno sguardo confuso e preoccupato a quelle parole, ma Hermione rise imbarazzata.
«Quello che intendo dire è che è... totalizzante. È il modo in cui riesco ad avvertire i suoi occhi su di me quando mi guarda, anche se sono di spalle… o il modo in cui la sua voce, che odiavo così tanto, ora mi accende dall'interno. O il modo in cui le sue mani si muovono sul mio corpo e io mi sciolgo al contatto, il modo in cui sembra venerarmi quasi, mentre facciamo l'amore. Il modo in cui si assicura ogni fottuta volta che io riceva più di lui, l'accortezza con cui mi tocca. Il modo in cui non insiste se non ho voglia di parlare di qualcosa o capisce quello che dico, o comprende i miei silenzi. Il modo in cui si rivela una sorpresa giorno dopo giorno. Stare con lui è... intenso, tutto sembra così amplificato e... e a volte mi spaventa, perché mi fa sentire vulnerabile. Ed è Malfoy. E al contempo è elettrizzante, sempre per lo stesso motivo. Non so se ha senso», spiegò perdendosi nei suoi stessi pensieri, senza filtrare bene quello che avesse intenzione di dire da quello che credeva fosse meglio tenere per sé.
«Hermione, avrei preferito non avere dettagli sulla vostra vita sessuale», ammise ridacchiando Harry e lei arrossì violentemente a quella battuta.
«Questi non sono dettagli sulla mia vita sessuale» obiettò lei ridendo, poi si fece seria e prese a fissare il vuoto davanti a sé. «Mi sono innamorata di Draco Malfoy, Harry.»
L’amico le sorrise. «Non lo avevo capito.»
La ragazza alzò gli occhi al cielo. «Mi fa tanta paura, questa cosa», confessò mordicchiandosi l’interno della guancia. «Perdere Cedric mi ha distrutta ed ero appena riuscita a rimettere insieme i cocci della mia vita… E ora… Malfoy, Harry! Malfoy! Faccio fatica a crederci anche io, a volte.»
«Direi che è comprensibile», ribatté il giovane. «Ma ti tratta bene, no?»
Hermione annuì. «Quella è la parte più sorprendente di tutte. Cioè, io non avrei mai creduto che lui fosse il tipo… Ha delle accortezze e delle premure che mai avrei pensato… Merlino, è… è complicato, perché lui è… complesso, tutto l’opposto di ciò che avevo sempre immaginato prima di conoscerlo. Voglio dire, con Ced era tutto facile. Con Draco è tutto… un salto nel vuoto. Non sai mai come andrà a finire. Spesso devo ancora leggere tra le righe quando parla o capire come interpretare le sue parole. Non che sia colpa sua, lo vedo che ci sta provando a lasciarsi andare, ad aprirsi, che si sta impegnando ad essere migliore, a lasciarsi alle spalle quello che gli è stato insegnato da piccolo…» trasse un respiro profondo. «È che ho paura di illudermi che ci tenga a me allo stesso modo, capisci? Cioè sono certa che non mi stia prendendo in giro e che non faccia tutto parte di un qualche piano assurdo, ma al contempo…»
«Temi che quando tutto sarà finito ti lascerà e tornerà alla sua vecchia vita senza guardarsi indietro», terminò Harry per lei.
La ragazza annuì mesta. «Non sai quante volte ho temuto di svegliarmi la mattina e trovarlo a guardarmi con quell’espressione di disgusto che mi rivolgeva prima…»
«Mione, capisco i tuoi timori ma… credo che quello sia ormai superato, il pregiudizio
Hermione scrollò le spalle. «Anch’io, ma non è facile… fidarsi. Ci sono comunque altissime probabilità che si sia già dimenticato di me o che decida comunque di lasciarmi per… Sposare una Purosangue. Lui resta un Malfoy e io resto una Nata Babbana. Non voglio sperarci troppo. Farebbe solo più male.»
«Quindi cosa, continui ad usare il metodo che hai utilizzato per venire a patti con la morte di Cedric?» le domanda Harry. «Non pensi al futuro e occludi e tieni a bada le tue emozioni?»
Hermione deglutì, ma fece un cenno di assenso con il capo. «Cos’altro potrei fare?»
«Beh, non lo so. Prova a parlargli chiaramente, magari, per estinguere i tuoi dubbi? Hai deciso di dargli una possibilità, ma così è come se non gliela stessi dando veramente… Come se dubitassi di quella scelta. Non ha molto senso.»
«Ha comunque più senso del lasciare Ginny per non metterla in pericolo quando tutti sanno quello che provi per lei», ribatté con un sopracciglio sollevato lei. «E poi passare le notti a guardare il suo puntino sulla Mappa del Malandrino. Il che, se posso permettermi, mi sembra un’invasione della sua privacy.»
«Touché», si arrese il ragazzo, alzando le mani in aria, ormai desideroso di chiudere quel discorso.
Non voleva parlare di Ginny; gli faceva male e gli mancava.
«Dammi la bacchetta, faccio il primo turno. Va’ a dormire un po’, sei ancora molto pallida.»
 
Aveva lanciato un incantesimo di localizzazione su Weasley, temendo che potesse smaterializzarsi o seminarlo.
Era riapparso nel cuore di una foresta, nelle vicinanze di un lago.
Non si aspettava di individuare una tenda o un accampamento, la Granger aveva sicuramente posto delle protezioni sul luogo in cui si erano nascosti.
Stava per prendere un sorso della Polisucco, quando notò una familiare testa rossa sbucare proprio dalle acque del lago ghiacciato, imprecando.
Draco spalancò la bocca e borbottò qualcosa sui Grifondoro, poi lasciò perdere la pozione e raggiunse Weasley e Potter per aiutarli a tirarsi fuori dall’acqua fredda prima di morire congelati.
La Granger non glielo avrebbe perdonato mai.
E sinceramente, Potter era l’opzione migliore che il mondo magico aveva per sbarazzarsi di Voldemort.
«La prima cosa che ti ho detto quando abbiamo messo piede a Hogwarts», gli urlò contro il rosso, puntando la bacchetta alla sua gola, nonostante Draco avesse alzato le mani in segno di pace.
Il biondino sbuffò. «Hai preso per culo il mio nome, Weasel», rispose con palpabile irritazione.
Sentì la voce di Hermione fare un commento sulla sua suscettibilità nella sua testa e avvertì un brivido di anticipazione al pensiero che stava per riabbracciarla.
«Ok sei tu», convenne Ron. «Non per la risposta, ma per la spocchia nel tono di voce. Sfido chiunque a raggiungere i tuoi livelli.»
Il Serpeverde assottigliò gli occhi ma non controbatté.
Aveva fretta, doveva raggiungere lei.
Li guardò distruggere un medaglione che lo terrorizzò, dal momento che gli era bastato uno sguardo per comprendere quanto fosse oscuro come oggetto; poi, però, vide che Weasley pensava che la Granger stesse con Potter e gli venne quasi da ridere, nonostante il fastidio che aveva provato nello scoprire che i due erano stati soli per tutto quel tempo.
In una tenda. Nei boschi. Isolati.
Scosse la testa per scrollarsi quel pensiero di dosso.
«Che accidenti era, quello
Harry sospirò. «Un Horcrux. Un pezzo dell’anima di V… ehm, Tu-Sai-Chi.»
Draco sgranò gli occhi. «Che cosa?»
«È grazie a questi se non è morto l’ultima volta. Dobbiamo distruggerli se vogliamo liberarci di lui», aggiunse il rosso.
«Quindi è questo che state facendo, state rintracciando frammenti dell’anima di quello psicopatico?»
Harry annuì.
«E quanti ve ne mancano?»
I due si scambiarono un’occhiata talmente eloquente che Draco non poté impedire alla sua mascella di cadere.
«Tre» dissero i Grifondoro all’unisono.
«E quali sono gli altri? Avete idea di dove possano essere?»
Il moro si mordicchiò l’interno della guancia sinistra e scosse il capo.
«Non posso crederci che il destino del mondo magico sia nelle vostre mani», commentò sardonico il Serpeverde.
Weasley si accigliò. «Menomale che ci sei tu con noi, allora.»
«Ti stai innamorando di me, Lenticchia?» lo sfotté il biondino raccogliendo le sue cose dal terreno innevato. «Perché ti avviso, sono impegnato.»
«Papà ti ha già trovato moglie, Malfoy?» stette al gioco lui, punzecchiandolo di rimando.
Draco si morse forte il labbro inferiore per non rispondergli.
«Che ci fai qui in ogni caso?» domandò ancora il rosso, rivolgendosi poi a Harry. «E perché gli stiamo raccontando tutto?»
Malfoy incatenò il suo sguardo a quello del Prescelto; lui sicuramente lo aveva già capito il motivo per cui li avesse raggiunti.
Harry cambiò discorso. «Lo hai evocato tu, il Patronus?» gli domandò invece.
Ron aveva già negato di aver visto chi lo avesse lanciato.
Draco fu colto alla sprovvista da quella domanda.
«La cerva, l’hai evocata tu?»
Il biondino scosse la testa. «Non ho visto alcun Patronus, Potter. E di certo non ne ho lanciato uno, visto che vi stavo cercando.»
‘Visto che non ho un ricordo abbastanza felice per far riuscire l’incantesimo’, precisò nella sua mente, avvertendo un nodo all’altezza dello stomaco a quel pensiero.
«Muoviamoci, abbiamo bisogno di asciugarci!» esclamò Harry, battendo i denti per il freddo.
 
Hermione si svegliò quando la voce di Harry che quasi urlava il suo nome si insinuò nel suo sonno.
Scattò all’improvviso, in preda al panico; avevano solo una bacchetta.
Si congelò sul posto per un attimo quando udì una voce famigliare ritorcergli contro delle parole caustiche.
«L’hai lasciata da sola senza bacchetta?»
Corse fuori dalla tenda e lo vide.
Inconfondibile, con la sua chioma biondo platino e la sua andatura elegante; anche se, stranamente, indossava dei jeans, - rigorosamente neri, ma faceva comunque uno strano effetto -, e un cappotto pesante; il colletto aderente di un maglione dolcevita spuntava a coprirgli il collo.
Sbatté le palpebre confusa e poi il suo cervello si spense di colpo.
Iniziò a correre.
E quando riacquistò un minimo di lucidità, lo stava baciando; le mani di Draco erano sul suo viso, tra i suoi capelli, sulla sua schiena mentre cercava di stringerla a sé il più forte possibile.
‘Alla faccia del reprimere le emozioni, Mione!’, pensò Harry con la mascella a terra.
Ron non sapeva ancora di loro e il moro aveva paura a voltarsi a guardare la sua faccia; in più, si rese conto che, nonostante sapesse dei due fin dagli albori della loro relazione romantica, vederli baciarsi gli risultava più strano di quello che aveva pensato.
Trovò la forza di posare lo sguardo sull’amico; fissava i due con gli occhi sbarrati e la mascella a terra. Aveva assunto un colorito violaceo.
Draco posò la sua fronte contro quella della ragazza e la guardò negli occhi, mentre le accarezzava le guance con decisione, come per accertarsi che fosse realmente lì, davanti a lui.
«Stai bene? Cos’hai fatto al viso?»
Hermione deglutì. «S-sto bene», farfugliò ancora incredula di avere davanti a sé proprio il biondino.
E poi il suo sguardo cadde su un punto alle spalle di Draco e sbiancò. 

 
*
 
«Che accidenti significa?», sbottò Ron, tendendo l'indice e spostandolo più volte da lei a Malfoy e poi di nuovo da Malfoy a lei.
Draco alzò gli occhi al cielo. «Sei davvero così stupido, Weasel? Devo farti un disegnino?»
Lungi da lui lasciar correre un'occasione per insultare il rosso.
Ron, però, lo ignorò, ma il suo commento e il suo tono arrogante riuscirono ad irritarlo ancora di più.
«Tu» disse carico d'ira, avvicinandosi ad Hermione a grosse falcate. «Devi essere completamente impazzita.»
«Io?» ribatté la ragazza furibonda. «Io???»
E prima che qualcuno potesse dire o fare niente, la ragazza aveva agguantato lo zaino di Ron e aveva iniziato a tirarglielo addosso.
«Sei un vero deficiente, Ronald Weasley!» urlò Hermione. «Ti rifai vivo dopo settimane e pretendi spiegazioni per cose che non ti riguardano?»
Poi si voltò verso Harry. «Dov’è la mia bacchetta? Harry Potter, dov’è la mia bacchetta?»
«Ehm, non lo so…»
«Dammi la mia bacchetta!»
Draco fu quasi tentato di lanciargli la sua, mentre si godeva la scena divertito.
La ragazza si voltò nuovamente verso il rosso e poi… poi assottigliò gli occhi.
«Hai distrutto il medaglione», constatò sorpresa, ma ancora arrabbiata. «E perché guarda caso tu hai la Spada di Grifondoro?»
«Lascia stare perché ho la Spada! Spiegami perché avevi la lingua nella bocca di Malfoy!»
«Forse devo davvero farti un disegnino, Weasel», asserì ghignando il Serpeverde.
Harry, che nel frattempo lo aveva raggiunto, gli aveva tirato una gomitata e quando il biondino si era voltato a guardarlo accigliato, il moro gli aveva rivolto uno sguardo di avvertimento.
«L’ho vista arrabbiata così solo due volte», bisbigliò Harry avvicinando il capo a quello di Draco per non farsi sentire da Hermione.
«Una, quando ti ha tirato uno schiaffo al terzo anno. L’altra, quando ha chiuso Rita Skeeter sottoforma di scarabeo in un barattolo per giorni.»
Draco deglutì e l’ilarità scomparve dal suo volto.
«Stanne fuori, furetto. Sto parlando con Hermione», ribatté piccato Ron, senza neanche spostare lo sguardo su di lui.
Il Serpeverde scattò e raggiunse Hermione a grosse falcate; la tirò per un braccio, facendola indietreggiare fino a che la schiena di lei non aderì al suo petto, poi le posò una mano sulla vita con fare protettivo.
«E tu smettila di guardare la mia ragazza in quel modo minaccioso, Weasel», berciò allora Draco, il tono freddo e strascicato che utilizzava solitamente a scuola ritornato al suo posto.
«La tua ragazza? La tua ragazza?» gridò furente Ron, «Dopo tutto quello che le hai fatto, che ci hai fatto, non. Puoi. Averla
Hermione socchiuse gli occhi e mise su il suo famoso cipiglio irritato; si portò le braccia al petto, scostandosi bruscamente anche da Draco.
«Scusami?», intervenne acida, avvicinandosi minacciosa al suo amico. «Non ti pare che questa sia, non so, una mia scelta?»
«Beh, stai scegliendo male!», urlò in risposta il rosso. Era sempre più livido dalla rabbia. Fece un altro passo verso di lei, e Draco scattò. In un baleno fu davanti a lei, faccia a faccia con Weasley.
Sapeva che Hermione fosse perfettamente in grado di combattere le sue battaglie da sola, e di tenere testa al suo amico, ma qualcosa in Weasley gli aveva sempre impedito di trattenersi; minava al suo autocontrollo come poche cose al mondo.
«Malfoy, porca puttana se non ti togli di mezzo giuro che-»
Fu Harry a interromperlo e ad evitare che la situazione degenerasse; si interpose tra i due, posando le mani sui loro petti ed esercitando una leggera pressione per tenerli a distanza l'uno dall'altro, mentre si guardavano come se volessero uccidersi a vicenda.
Harry prese un respiro profondo e si rivolse al suo migliore amico.
«Ron, è di Hermione che stiamo parlando. Sa quello che fa. E Malfoy, davvero, sarebbe meglio se li lasciassi chiar-»
«Tu lo sapevi? Da quanto lo sapevi Harry?» tuonò incredulo Ron; un’altra cosa di cui lui era l’unico ad essere stato tenuto all’oscuro. Di nuovo. «Come fa a starti bene questa... Questa cosa
«Ginny ed io ci abbiamo messo cinque minuti ad accorgerne, non è che stessero facendo esattamente un buon lavoro a nascondersi. Zabini lo aveva perfino capito prima di noi che c’era qualcosa… Beh, immagino che in qualcosa debbano pur fare schifo, no?» commentò cercando di ironizzare il ragazzo, «per non parlare di tutte le volte in cui lo ha chiamato nel sonno da quando abbiamo lasciato la Tana.»
Hermione arrossì a quelle parole, sentendo lo sguardo di Draco addosso.
Harry si pentì un secondo dopo di quel terribile tentativo di smorzare la tensione, quando vide l’occhiataccia che l’amico gli lanciò.
«Sai, avrei preferito non sbagliarmi. Avrei preferito che fossi tu quello con cui scopa. Tutto questo è assurdo, assurdo
Un muscolo si contrasse vicino all'occhio destro di Malfoy a quelle ultime parole.
In qualche modo sentirlo ridurre il suo rapporto con la Granger a una serie di semplici scopate senza alcun significato riuscì a infastidirlo più delle speculazioni del rosso sul rapporto tra la ragazza e Potter. Fece per parlare, ma Harry lo interruppe di nuovo; lanciò un'occhiataccia a Malfoy per intimargli di stare zitto e si rivolse nuovamente a Ron.
«Senti, nessuno ti sta chiedendo di fidarti di Malfoy. Né di diventarci amico. Quello che ti si chiede è di fidarti di Hermione. Mi hai chiesto se la loro relazione mi sta bene» e a quel punto per la prima volta nella sua vita Draco provò un moto di simpatia per Potter, «e sì, mi sta bene. Non sto dicendo che è stato facile da... capire, ma se solo la ascoltassi...»
Ron perse di nuovo le staffe.
«Ascoltarla? Come se potessi più credere a una sola parola che esce dalla sua bocca! È dal terzo anno che non fa altro che mentirci!», lo sguardo di Ron ora sembrava più ferito che arrabbiato.
«E dopo la cosa di Diggory dev'essere completamente impazzita. Prima si è scopata McLaggen! Ora addirittura Malfoy
Fu il turno di Draco di perdere il controllo, quando vide l’espressione sul volto di Hermione a quelle parole. Sapeva quanto odiasse che venisse tirato in mezzo Diggory.
Con uno scatto, si slanciò oltre Harry e afferrò Ron per il colletto della maglietta.
«Ti giuro che o ti tappi quella boccaccia Weasley o te la chiudo io.»
«Oh, davvero Malfoy? Risparmiami le tue minacce vuote, quando mai hai avuto il coraggio di fare veramente qualcosa?»
Draco assottigliò gli occhi e digrignò i denti. «Non mettermi alla prova quando si tratta di lei
Ron rise sarcasticamente a quelle parole. «Credi sul serio che ti permetterò di usare Hermione?»
La scelta di quel termine lasciò perplesso il biondo al punto da indurlo ad allentare la presa sugli abiti dell'altro.
«Io starei... cosa
«È il tuo biglietto fuori da Azkaban, vero? O vorrai dirmi che non c'è il Marchio Nero sul tuo braccio?»
Draco impallidì al pensiero che Hermione potesse pensare una cosa del genere. Avvertì una morsa allo stomaco e iniziò a sentire una punta di panico quando la vide avanzare verso di loro con gli occhi colmi di lacrime.
«Fammi capire» disse, la voce rotta e arrabbiata al contempo; allontanò il biondino da Ron e incatenò gli occhi in quelli azzurri dell’amico. «Secondo te un ragazzo non può interessarsi a me senza avere un tornaconto?»
«Hermione, andiamo! Ragiona. Infondo lo sai anche tu che uno come Malfoy non può davvero volere te
Draco si riscosse e fece per rispondergli a tono, del tutto intenzionato a non permettere a quell’idiota di insinuare dubbi infondati nella mente della sua ragazza, ma Hermione alzò la mano per interromperlo.
Questa cosa riguardava lei e Ron.
E andava indietro di anni.
«Quando credevi che stessi con Krum» iniziò gelida, «mi stava usando per ottenere aiuto con il torneo. Quando ho iniziato a vedere McLaggen, voleva scoparmi e basta. Per "vantarsi in giro di essersi fatto la migliore amica di Potter", dicevi.»
Hermione aveva le braccia tese lungo il corpo e le mani erano strette in pugni, talmente tanto serrate che le nocche le divennero bianche.
«Beh, non mi pare sia andato a dire in giro del nostro accordo da scopamici. E Krum aveva Karkaroff a dirgli anche quanto doveva mangiare per pranzo e cena. Scommetto che avresti avuto da ridire anche su Ced. Dimmi, Ronald, esattamente, qual è il tuo problema?»
Lo guardò boccheggiare, incapace di replicare a quell'ultima accusa.
Era vero, si ritrovò a riflettere il rosso, le avrebbe detto che Cedric era troppo grande per lei, che era un idiota o qualcosa del genere.
Così Ron non rispose alla domanda, non emise neanche un suono.
«Draco non ha bisogno di un biglietto fuori da Azkaban. Non ha fatto niente», sussurrò poi Hermione, addolcendo lo sguardo. Voleva cercare di far ragionare il suo amico, smettere di litigare.
«A parte rischiare di uccidere me e Katie» ribatté in tono asciutto lui. «Oh, e chiamarti Sanguemarcio e augurarti la morte per sei anni. Perché ti ricordo che è sempre la stessa persona.»
Le reazioni a quelle parole furono molteplici.
Hermione trasalì, Harry spalancò la bocca e sgranò gli occhi. Draco si irrigidì e sbiancò.
‘Ecco, questo è tutto’, pensò il Serpeverde. ‘La fine di tutto.’
Per quanto Weasley lo stesse facendo incazzare, non poteva fare a meno di riconoscere che aveva ragione. Lui non meritava Hermione, non meritava di averla al suo fianco dopo tutto il male che le aveva fatto e augurato. E ne era sicuro, Weasley sarebbe riuscito a far vedere anche a lei quello che tutti quasi sicuramente pensavano.
Deglutì e abbassò lo sguardo sul terreno ghiacciato; poi si diresse in silenzio verso la tenda.
«Draco...» mormorò Hermione, facendo per seguirlo, ma Harry la bloccò prontamente.
«Non posso credere a quello che sto per dire, ma ci penso io a Malfoy. Ora, voi due» ordinò indicando i suoi migliori amici, «prendete un bel respiro, vi calmate e parlate. E chiarite. Siamo nel mezzo di una fottuta guerra, non abbiamo il tempo per queste cose!»
Poi si allontanò per raggiungere il Serpeverde.
 
Harry trovò Draco ansante, con le mani appoggiate sul tavolo e il corpo scosso da tremiti. Gli ricordò quella volta che lo aveva beccato a piangere nel bagno di Mirtilla, quando lo aveva attaccato in preda al panico per essere stato visto in un momento di vulnerabilità. Quando lui aveva risposto con il Sectumsempra.
La scena del biondo disteso sul pavimento in una pozza di sangue lo tormentava ancora.
«Malfoy...» mormorò con cautela, temendo una reazione aggressiva da parte del ragazzo, ma rifiutandosi di tirare fuori la bacchetta di Hermione, ancora in suo possesso.
Si aspettava di venire cacciato o schiantato, ma non accadde nulla di tutto ciò.
Draco si passò le mani tra i capelli, poi si coprì il volto con esse e cominciò a singhiozzare, incapace di trattenersi nonostante i suoi sforzi.
Era emotivamente provato dal periodo che aveva trascorso lontano da lei e aveva solo sperato di riaverla accanto… non voleva di certo distruggere tutto quello che avevano costruito, tornando da lei.
Temeva che Weasley potesse convincerla che dargli una possibilità era stata la mossa sbagliata da fare.
Harry rimase immobile a guardarlo finché non si fu calmato, incapace di proferire parola o muovere un muscolo.
«Mi odio anche io, per quello che le ho fatto» esordì a un certo punto Malfoy, con voce spezzata.
Detestava il fatto che stesse crollando proprio davanti a Potter, ma non poteva tenersi tutto dentro e doveva almeno farlo capire a lui… se fosse riuscito ad avere almeno lui dalla sua parte, avrebbe potuto avere una possibilità di risolvere tutto quel casino.
Allora scelse la via dell’onestà.
«Vorrei poter tornare indietro e cambiare tutto. O prendermi a pugni. Una delle due.»
«Malfoy, Hermione ti ha chiaramente perdonato per… i nostri trascorsi.»
Draco rise, ma non c'era allegria nella sua risata, solo amarezza. Si voltò verso di lui, anche se fissò lo sguardo in un punto indefinito della tenda.
«Quando eravamo alla Tana, nel capanno in giardino c'era un Molliccio. Hermione era andata a prendere qualcosa per il matrimonio di Bill e Fleur» prese a raccontare il Serpeverde, il tono basso e grave. «Siccome ci stava mettendo un po' troppo, ho pensato che avesse bisogno di aiuto. L'ho trovata seduta per terra, rannicchiata contro il muro, mentre si premeva le mani contro le orecchie e piangeva nascondendo il volto tra le ginocchia.»
«Hermione non è mai stata brava ad affrontare i Mollicci, ma non dire che te l'ho detto» fece Harry per smorzare la tensione, ma Draco non diede alcun segno di divertimento.
Al contrario, fece una smorfia.
«Non capisci, Potter» rispose il biondo. «Il Molliccio ero io, che la chiamavo in quel modo e le dicevo che non era niente
Harry non sapeva come reagire. Non si immaginava una cosa del genere.
Hermione non si era mai lasciata abbattere dagli insulti dei Serpeverde purosanguisti e l'ultima volta che aveva affrontato un Molliccio aveva la forma della McGranitt che le diceva di essere stata bocciata in tutte le materie. Doveva essere cambiato quando aveva iniziato a provare qualcosa per Malfoy.
«Sai cosa si prova, Potter, a dover convivere con la consapevolezza di aver ferito volontariamente e ripetutamente la propria ragazza per il semplice gusto di farlo?»
Fece una pausa. «Sai quanto è difficile accettare di essersi innamorati proprio della persona che per anni non hai fatto altro che odiare e disprezzare apertamente?»
Draco si schiarì la gola e si asciugò le lacrime dal volto con le mani, riacquistando controllo su sé stesso.
«Accettare l'ironia di essermi innamorato di una Nata Babbana è stato più semplice dell'accettare che si trattasse proprio della ragazza che ho tormentato per anni.»
Harry sobbalzò lievemente per la sorpresa nel sentire Draco Malfoy ammettere ad alta voce, a lui, di essere innamorato di Hermione Granger. E fu il motivo per cui decise di evitare di minacciarlo nuovamente, ricordandogli che se la sarebbe vista con lui, se le avesse fatto del male.
«Non credo di riuscirci io per primo, ad accettare e superare quello che le ho fatto in passato.»
«Ne hai parlato con lei? Di tutto questo? Avete discusso del Molliccio?» domandò Harry, non sapendo come affrontare la situazione. Non era molto bravo con quel genere di cose e non era di certo la persona ideale per tranquillizzare Malfoy su questo argomento.
Draco scosse la testa. «Non ne abbiamo avuto il tempo. Siamo stati interrotti e poi c'è stato il matrimonio e sappiamo entrambi com'è andata a finire.»
Harry annuì.
«Malfoy, quello non era il suo Molliccio, prima», gli disse. «Dovreste parlarne.»

 


N.d.a.
Salve a tutti!
Innanzitutto grazie a chi di voi ha recensito la mia storia, come sempre. Spero che stia continuando a piacervi :)
Scrivo questa nota perché ci tengo a fare una piccola precisazione sul personaggio di Ron.
Non è mia intenzione fare del bashing. Credo che il suo temperamento e la sua impulsività riguardo alle cose che in qualche modo lo feriscono sia uno dei tratti principali del personaggio anche nel canon e ho voluto riportarli anche qui, ma saranno funzionali a un character development che, a mio parere, la Rowling ha mancato di dargli. Onestamente, la sua reazione per come l'ho resa mi sembrava legittima, sebbene leggermente dura (ma inutile mentire, Ron reagirebbe davvero male a primo acchito). Vi chiedo comunque di non odiarlo. La storia ha il focus su Draco e Hermione e quindi il lato buono di Ron che tutti amiamo non ha avuto modo di emergere per questioni di spazio, ma è sempre lì. E se per Harry ho trovato l'escamotage dei sensi di colpa per il Sectumsempra, con Ron non avevo proprio scelta. E serviva comunque qualcuno che in qualche modo dicesse "fermi tutti, che sta succedendo?". E Ron, non avendo il quadro completo sul cambiamento di Draco e sull'evoluzione del suo rapporto con Hermione, era il più adatto. 
Detto questo, credo di essermi dilungata abbastanza e non vorrei farvi perdere troppo tempo.
Spero che i prossimi capitoli vi piacciano.
A presto!

 

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Capitolo 59
*** CAPITOLO 54 ***


CAPITOLO 54















«Hermione, stai sbagliando!» affermò convinto Ron. «Non hai mai pensato che potrebbe essere un suo piano per far uscire il nome dei Malfoy un po’ più pulito da questa guerra? O che comunque quando tutto questo sarà finito, Malfoy probabilmente ti lascerà e correrà dietro alla prima gonna Purosangue pur di fare felice paparino? Andiamo, lo sai anche tu che è così!»
Hermione scosse il capo lentamente. «Ron, tu non sai-»
«So quello che conta! Herm, non puoi credergli! Sicuramente avrà pensato di accontentarsi di scopare con una Nata Babbana finché non avesse avuto opzioni più idonee!»
Hermione gli tirò uno schiaffo e rientrò nella tenda come una furia, ignorando la voce dell’amico che le gridava dietro che stava solo cercando di proteggerla.
Fece irruzione interrompendo la conversazione tra Draco e Harry e senza guardarli, afferrò la sua borsetta di perline, chiamando a sé la tenda di scorta con un Incantesimo di Appello.
La lanciò a Harry. «Montatevela.»
Anche se la voce della ragazza era calma e abbastanza neutra, il moro ne carpì la tristezza e la rabbia che celava, e comprese che i due non avevano affatto chiarito.
Uscì per evitare che Ron li raggiungesse e per permettere ai due sventurati di parlare.
Draco notò immediatamente quanto Hermione fosse sconvolta.
«Che ti ha detto?», le chiese stringendo i pugni.
«N-niente di importante.»
«Granger...», la chiamò supplichevole, avvicinandosi a lei e scostandole dagli occhi una ciocca di capelli; le prese il volto tra le mani.
Lei gli sorrise stancamente.
Ron aveva fatto leva su uno dei suoi timori peggiori e dal momento che si era resa conto di essersi innamorata di lui, quelle parole le avevano fatto male.
«Davvero, Draco», mentì evitando di incrociare il suo sguardo.
«Non ti credo. Sembri abbastanza scossa… e non mi guardi negli occhi.»
Hermione allora lo guardò. «Sto bene», ripeté cercando di suonare convincente, ma non convinse neanche sé stessa, figurarsi se poteva convincere lui.
Draco la studiò con attenzione; era incredibilmente dimagrita e il suo volto aveva assunto un colorito più pallido. E sembrava ferita, internamente.
«Bene. Se non me lo vuoi dire, lo scoprirò da solo», disse deciso, uscendo dalla tenda a grosse falcate.
Andromeda gli aveva insegnato Legilimanzia avanzata in quei mesi.
Era ora di mettere in pratica quello che aveva appreso.
Afferrò il rosso per la maglietta, mandandolo a sbattere contro il tronco di un albero; scivolò nella sua mente abbastanza rudemente e trovò immediatamente il ricordo recente della conversazione che aveva avuto con Hermione.
Vide nero, quando sentì cosa le aveva detto.
Ron lo allontanò con uno spintone.
«Sei un Legilimens!» gridò incredulo e adirato al contempo. «Le hai incasinato la mente, non è vero? È così che ci sei riuscito! È così che l’hai convinta a stare con te? Confessalo!»
Draco arricciò il naso e ringhiò.
Strinse i pugni e serrò i denti.
«Weasley, giuro che stai mettendo veramente a dura prova la mia pazienza. Ricorda, avrò anche cambiato fronte, ma sono sempre io
Harry si mise in mezzo per separarli, mentre Hermione guardava la scena con le mani sul volto.
«Harry, ti dico che ha usato la Legilimanzia-» fece Ron, persistente.
«Tu non sai un cazzo, Weasley!» gridò allora il biondino, avanzando nuovamente verso il rosso; la mano di Hermione si chiuse sul suo braccio, tirandolo indietro.
«Draco lascia star-»
E poi li udirono.
Dei passi pesanti, il rumore di rami spezzati… e si pietrificarono.
«Ghermidori» mormorò il Prescelto, all’erta.
Ron gli lanciò una bacchetta e lui la prese al volo. «Poi ti spiego», bisbigliò sbrigativo.
Harry restituì la bacchetta che Hermione gli aveva presto alla sua legittima proprietaria.
Rimasero tutti immobili nelle loro posizioni, gli occhi puntati nella direzione in cui avevano udito i suoni.
Fenrir Greyback raggiunse la barriera protettiva che Hermione e Harry avevano creato prima di accamparsi; lo videro annusare l’aria e tendere una mano, senza riuscire a toccare nulla.
«Di nuovo quell’odore» commentò leccandosi un labbro; Hermione fu colpita da un conato di vomito. «Oh, ti prenderò prima o poi, piccola Sanguemarcio sfuggente.»
Draco serrò la mano attorno alla sua bacchetta, ma prima che potesse fare qualsiasi mossa avventata, la mano di Hermione si richiuse sulla sua; scosse il capo lentamente.
‘No. Non fare niente.’
«Non c’è niente qui», urlò un Ghermidore, sbuffando. «Andiamo! Magra nottata questa!»
Quando furono certi di essere rimasti nuovamente soli, Ron parlò.
«Non credo che torneranno, ma forse è meglio se ci accampiamo altrove, sì?»
Hermione gli lanciò un’occhiataccia, ma annuì.
E così raccolsero le loro cose e si Smaterializzarono.
 
Avrebbe voluto parlare, parlare di quello che aveva visto nella mente di Weasley, di quello che sentiva per lei… Di tutto. Avevano troppe cose da dirsi.
Ma Hermione lo aveva interrotto bruscamente, dicendogli che non aveva la minima intenzione di parlare in quel momento e quando si era avventata famelica sulle sue labbra, Draco non era riuscito a trovare alcuna forza a cui appigliarsi per respingerla; non sarebbe mai stato in grado di negarsi alla Granger.
 
Ricaddero sulla propria schiena affannati e ansanti; era la prima volta che lo facevano in quel modo, rude e passionale, lo sfogo di due amanti che non avevano potuto aversi per mesi.
Di solito lui la faceva sua lentamente, molto lentamente, per far durare quel momento il più a lungo possibile, sempre temendo che fosse la sua ultima occasione di averla.
Non quella volta.
Draco deglutì e allungò un braccio per afferrare la ragazza e spingerla contro il suo petto con dolcezza; mise le dita tra i suoi capelli e iniziò a giocarci.
«Mi sei mancata, Granger», ammise, non riuscendo a ingoiare le parole.
La sentì sorridere contro il suo petto nudo.
«Anche tu, Draco.»
Restarono in silenzio per un po’, poi il biondino trasse un respiro profondo.
Avrebbe parlato, perché ogni volta che non lo facevano subito il discorso cadeva per un’estenuante infinità di tempo e quella dinamica aveva portato solo incomprensioni tra di loro.
Draco aveva imparato.
«Si sbaglia, lo sai vero?»
Hermione chiuse gli occhi. «Non voglio parlarne, Draco.»
«Voglio che tu lo sappia, Granger. Che ne sia consapevole. Si sbaglia. Non sto con te per nessuno dei motivi che pensa lui e non farò niente di tutto quello che crede farò una volta che questa guerra sarà finita», le disse tutto d’un fiato.
«Draco…»
«Dimmi che mi credi, Granger. Per favore
Hermione sospirò. «Credo che ora pensi questo. Ma sei stato da solo con me per così tanto tempo Draco… una volta che tutto sarà finito torneremo alla realtà delle nostre vite e… e potresti cambiare idea.»
«Non cambierò idea! So quello che voglio…»
«Ti chiedo solo di non farmi promesse va bene?»
«…e voglio te. Voglio un futuro con te, Granger. È… l’unico futuro a cui riesco a pensare.»
La ragazza si allontanò da lui e si rimise a sedere. «Lo sai che non penso al futuro, Draco.»
«Sarebbe così terribile se iniziassi a farlo? A immaginare un futuro con me?»
Un gemito sfuggì dalle labbra di Hermione.
Draco corrugò la fronte. «Tu la pensi come lui» capì finalmente. «Credi che una volta finita la guerra ti lascerò per assecondare qualche assurda richiesta dei miei genitori.»
«Draco, dico solo che non ha senso pensarci ora», cercò di troncare il discorso la ragazza.
«No, Granger. Io credo che ora sia il momento perfetto per pensarci, invece.»
Si alzò dalla brandina anche lui e le si avvicinò. «Credi sul serio che non avrei il coraggio di sfidare la mia famiglia se dovesse opporsi alla nostra relazione?»
Hermione non rispose e distolse lo sguardo da lui.
«Guardami. Guardami, Granger, e rispondi alla mia domanda» le ordinò. «E si onesta nella risposta.»
Hermione si voltò a guardarlo nuovamente.
«Sì», disse soltanto.
Il cuore di Draco sprofondò; le si avvicinò ulteriormente e le prese il volto tra le mani.
«Sono stato un codardo per tutta la vita, Hermione Granger. Ma che io sia dannato se mi lascio sfuggire la possibilità di una vita con te!»
La giovane deglutì e si sentì sciogliere sotto l’intensità dello sguardo del biondino.
«Io sono tuo, Granger» mormorò poggiando la fronte contro la sua, ricordandole una conversazione lontana. «Mi hai chiesto di non farti promesse e allora io te lo giuro, Hermione, te lo giuro che mi impegnerò ogni giorno della mia vita per far sì che tu resti mia per sempre.»
Hermione fu percorsa da un brivido, se per le parole o per il suono della sua voce in quel momento non era certa.
Ma lei non poteva illudersi. Semplicemente non poteva permetterselo… allora non disse niente.
«Mi hai chiesto perché fossi venuto qui» continuò quindi Draco. «La risposta sei tu. Perché se tu sei in pericolo allora questa guerra è affar mio e non posso starmene con le mani in mano ad aspettare. Sono stato un codardo per tutta la vita, Granger, ma ora ho finalmente qualcosa per cui valga la pena lottare, qualcosa di nobile e puro e meritevole, qualcosa per cui valga la pena rischiare di morire. E quel qualcosa sei tu. Voglio combattere, per te. Per noi
Hermione gli sorrise. «Non puoi restare un po’ codardo fino alla fine della guerra? Tornare da Andromeda e rimanere al sicuro?»
Draco ricambiò il sorriso. «Temo non sia possibile, Granger.»
«Perché?»
«Non avresti niente da cui tornare. Stavo impazzendo, senza di te. Senza sapere se stessi bene. Era una piccola morte ogni giorno», ammise deglutendo lui.
«Allora promettimi una cosa, Draco» propose lei arrendendosi. «Promettimi che qualsiasi cosa mi succederà in questa guerra, qualsiasi cosa, tu non tornerai in alcun modo indietro. Promettimi che non ti chiuderai di nuovo in te stesso.»
«Granger, non-», provò a protestare, ma lei lo interruppe bruscamente.
«Promettimelo, Draco», gli chiese supplichevolmente.
Il ragazzo deglutì. Si rifiutava di pensare ad uno scenario in cui lei non ci fosse più.
La guardò negli occhi.
«Pensavo non volessi che ti facessi promesse, Granger.»
Hermione gli sorrise. «Solo questa. Questa è l’unica di cui mi importa, ora.»
Draco chiuse gli occhi.
«Te lo prometto.»
Ma non era affatto convinto che in quel caso sarebbe stato in grado di mantenere la promessa. 
 
«Harry!» esclamò indignata Hermione, strappandogli via la Mappa del Malandrino dalle mani.
«Ti ho detto di smetterla, sembra che tu la stia spiando!»
«Che ci fa Zabini a Hogwarts?», chiese lui accigliandosi. «Credevo dovesse restare da Andromeda!»
Draco si passò la lingua sul labbro inferiore. «Ha deciso di voler aiutare l’Esercito di Silente, si nasconde nella Stanza delle Necessità. Pare sia nuovamente attivo. I Carrow sono a capo della disciplina, adorano le punizioni e fanno esercitare gli studenti con le Maledizioni Senza Perdono… sugli altri studenti.»
Hermione emise un gemito scioccato e si portò le mani sulle labbra.
«Com’è che tutto d’un tratto voi serpi avete cacciato un po’ di fegato?» commentò caustico Ron.
Draco gli rivolse un’occhiataccia, ma non abboccò.
«Era sulla Mappa con lui!» insisté Harry. «La Stanza sulla Mappa non appare. Non è nella Stanza delle Necessità!»
«Ti preoccupi per Blaise ora, Potter? Stiamo iniziando a piacerti così tanto?» asserì divertito Draco.
Ron sbuffò. «Voi serpi state avvelenando tutto
Hermione ignorò nuovamente la frecciatina del rosso.
Perché era rimasto con loro se era così intenzionato a mantenere quell’atteggiamento ostile?
«Harry, Ginny è il Contatto di Blaise per l’Ordine. Non c’è nulla tra di loro.»
«Blaise?» fece il rosso alzando un sopracciglio. «Sei andata a letto anche con lui? È da te che viene tutto questo eroismo?»
«Weasley…» ringhiò Malfoy con una nota di avvertimento nella voce.
«Finiscila, Ronald. Era nel Lumaclub, e abbiamo parlato qualche volta», tagliò corto la ragazza.
«Cosa?» sbottò invece Harry, focalizzato ancora sull’informazione che l’amica gli aveva appena rivelato.
«Perché cavolo l'avete coinvolta?»
«Harry, serviva qualcuno che gestisse le informazioni che lasciava trapelare Blaise e io ero impegnata…»
«…a scopare con Malfoy» asserì a quel punto Ron.
Hermione gli scoccò un'occhiataccia e con una mano tirò indietro Draco che stava scattando verso il rosso.
«A cercare di non farlo morire, veramente», ribatté sprezzante, guardando Harry truce per qualche istante, il quale capì immediatamente che si stesse riferendo al Sectumsempra.
«E poi ad organizzare la sua finta morte» aggiunse acida quando vide la bocca di Weasley aprirsi nuovamente per parlare.
«Se lo dici tu» borbottò lui. «Fraternizzare con i Serpeverde...»
«Ma insomma! Si può sapere cosa vi prende? Stiamo cercando di vincere una guerra, non la Coppa delle Case!» tuonò stizzita Hermione a quel punto.
Poi si rivolse di nuovo a Harry, decidendo di ignorare definitivamente i commenti immaturi del rosso.
«Harry, non potevamo mica affidare il compito a Neville... Ricordi cos'è successo con il foglio delle password?»
«C’era anche Ron! Cazzo, Mione, l'ho lasciata perché volevo proteggerla e voi l'avete messa in mezzo lo stesso!»
«Harry, te lo ha detto anche lei che non aveva senso lasciarla! Lei voleva comunque combattere e ti ripeto che ad ogni modo tutti sanno cosa provi per lei-»
«Non importa! Ora lei passa tutto quel tempo con Zabini e non sappiamo cosa sta succedendo a Hogwarts!»
Hermione sospirò esasperata. «Harry, Ginny ti ama. Non sta succedendo niente tra lei e Zabini.»
 
«Non avresti dovuto rassicurare Potter in quel modo» disse Draco non appena furono nuovamente soli nella loro tenda.
Afferrò Hermione per un polso e la attirò sulla brandina per abbracciarla.
«Perché no? È la verità.»
Draco rise. «Tu non conosci Blaise. È innamorato di lei, me lo ha detto. E se vuole la Weasley, dubito che non riesca ad averla, alla fine dei giochi.»
Hermione si accigliò a quelle parole. «E tu non conosci Ginny. Ed è innamorata di Harry. Da sempre
«Granger, quando capirai che i Serpeverde giocano a lungo termine?» mormorò, per poi iniziare a lasciarle una scia di baci sul collo che la fecero rabbrividire di piacere.
«E tu quando capirai che i Grifondoro non sono stupidi?»
Draco rise contro la sua pelle. «Voi Grifondoro adorate il pericolo, Granger. E la maggior parte delle volte, noi Serpeverde siamo l'incarnazione di quel pericolo» le sussurrò all'orecchio, mentre faceva scivolare le dita lungo l'interno coscia della ragazza.
Hermione deglutì, ma un gemito le sfuggì ugualmente dalla gola; avvertì Draco sorridere soddisfatto contro l'incavo del suo collo e non riuscì più a pensare a una risposta coerente da dargli.

 
*

«Non so cosa sia successo da Andromeda, ma io una cosa a tre con Blaise non la faccio, sei avvisato», affermò decisa Hermione, studiando il braccialetto che Zabini aveva lasciato a Draco.
Il biondino rise. «Draco Malfoy non condivide, Granger», le disse poi tornando serio.
«E questo è solo un modo per contattarlo nel caso in cui dovessi aver bisogno di un passaggio per Hogwarts.»
«Incanto Proteus
Draco annuì.
«Lo hai fatto tu?»
«No, il bracciale è stata una sua idea. Ha fatto tutto lui. Zabini è sveglio, Granger, non eravamo gli unici capaci del corso, sai?» commentò ironicamente, trattenendo a stento un insulto rivolto a Weasley.
Non era stupido, Draco. Si stava impegnando; lui evitava di attaccar briga e di rispondere alle provocazioni del rosso, e la Granger apprezzava il suo sforzo… E si incazzava ancora di più con la Donnola.
C’era qualcosa in tutto ciò che divertiva Draco profondamente; aveva temuto che quell’idiota sarebbe riuscito ad allontanarla da lui e invece non stava facendo altro che dargli modo di consolidare il loro rapporto.
Ma la cosa che lo rincuorava di più era il fatto che stare separati per mesi non le avesse fatto cambiare idea sul suo conto.
Anzi, pareva aver rafforzato qualsiasi cosa provasse per lui.
 
E poi c’era stata la litigata finale.
Ron le aveva urlato contro che a stento capiva la sua decisione di aiutarlo, figurarsi se poteva comprendere come si fosse lasciata trascinare tra le sue spire al punto da volerci stare insieme e poi si era perso nei boschi per ore.
Avrebbe dovuto solamente procurare del cibo e dell’acqua; Hermione era in pensiero ed era sul punto di andarlo a cercare, perché non importava quanto fossero arrabbiati, Ron era comunque un fratello per lei.
Fu una fortuna che si trattenne una mezz’oretta in più, perché qualche minuto dopo aver preso in considerazione l’idea, si scatenò l’inferno.
Harry cadde per terra, urlando dal dolore, tenendosi la cicatrice con le mani.
Hermione gli aveva strillato di chiudere fuori Voldemort dalla sua mente e lui aveva gridato di non riuscirci in risposta.
E poi era stato il turno di Draco di crollare sul terreno, con il Marchio in fiamme.
E Hermione era sola.
Con loro due.
Agonizzanti e in preda al dolore.
Harry le aveva detto che era arrabbiato, che aveva scoperto del medaglione… che aveva capito che stavano dando la caccia agli Horcrux.
E doveva aver chiamato i Mangiamorte per sfogarsi.
Quando Ron tornò, la trovò in lacrime, disperata, una mano che stringeva forte quella di Harry e l’altra tra i capelli di Malfoy.
«Sei un idiota, Ronald Weasley!» gli urlò contro singhiozzando.
Lo aveva chiamato per quelle che le erano parse ore; aveva bisogno di aiuto.
Stavano male, contemporaneamente, e lei era sola.
Il rosso deglutì quando quella scena si parò davanti ai suoi occhi; si piegò accanto a Harry e lo aiutò a rialzarsi, ma per tutto il tempo si rivelò incapace di staccare gli occhi da Malfoy, mentre finalmente realizzava tutto in una volta quello che si era rifiutato di vedere fino a quel momento.
Hermione se lo era portato al petto e lo stringeva forte a sé; gli accarezzava i capelli con dolcezza, ma Draco sembrava estremamente pallido e sudava; e spesso era scosso da tremiti o convulsioni.
«Prendi qualcosa per abbassare la temperatura dalla mia borsa», gridò la ragazza a Ron e lui fece quanto detto in un baleno.
Hermione fece scivolare la pozione tra le labbra del biondino e gli sorrise, mentre lui si aggrappava a lei come se fosse la sua unica ancora di salvezza.
«Potete aiutarmi a portarlo dentro, per favore?»
Harry si era ripreso, quindi aveva annuito.
Prima che Hermione richiudesse la zip della tenda, Ron la fermò.
«Va avanti così da più di un anno?» le domando in tono cupo.
Lei annuì e basta.
Il rosso deglutì. «Mi dispiace, Hermione. Non dico che approvo l’idea di voi due ma… Se mi giuri che ti tratta bene, io accetterò la cosa senza fare ulteriori storie.»
Hermione lo guardò sbattendo le palpebre.
«E mi scuso anche per oggi.»
«Draco non potrebbe trattarmi meglio di così, Ron» gli disse solamente. «E accetto le tue scuse.»
Raggiunse il Serpeverde subito dopo e si sistemò al suo fianco sulla brandina, stringendolo forte.
Singhiozzava.
«Per favore, non piangere per me», la supplicò lui. «Non voglio… Mi ero ripromesso… Mai più-»
«È solo che sono così stanca di vederti soffrire in questo modo» esclamò con un singulto la ragazza.
«Non è niente che non meriti, Granger» rispose lui amaramente.
«No, Draco» ribatté decisa lei. «Non lo meriti. Non lo meriti affatto tutto questo.»
Draco affondò il viso tra i capelli di lei e respirò il suo profumo, beandosi della sua vicinanza e del suo calore.
 
«Spero che chiunque sia il Preside di Hogwarts dopo la guerra mi permetta di ultimare gli studi», asserì Hermione nel cuore della notte.
Draco si voltò su un fianco per guardarla.
«Mi piacerebbe lavorare al Ministero, ma non un lavoro d’azione, ne ho avuta abbastanza», proseguì, lo sguardo fisso sul tetto appuntito della tenda. «Vorrei aiutare a migliorare la condizione degli elfi e trovare un modo per incentivare la cooperazione tra le Case a Hogwarts. Il sistema com’è ora non va bene. Gli studenti sono in contatto solo con altri studenti che hanno caratteri simili e questo… questo impedisce la crescita e lo scambio di idee e opinioni.»
Il biondino sorrise.
Non lo stava dicendo a chiare lettere e non lo stava includendo nel discorso, ma almeno stava pensando al futuro.
Gli andava bene ugualmente; ci avrebbe creduto lui per entrambi, che sarebbero rimasti insieme.
«Oh, e voglio seriamente fare qualcosa per vietare i matrimoni a contratto.»
Draco corrugò la fronte.
«È medievale, Draco!»
«Che ti importa? Come fai a preoccuparti delle stesse persone che ti stanno dando la caccia?», domandò lui spiazzato.
«I loro figli non c’entrano nulla. E comunque… Beh, resta una cosa ingiusta, a prescindere di chi ne è vittima».
Si voltò a guardarlo e gli sorrise. «Spero solo che potremo avere un mondo più… giusto, dopo tutto questo.»
Draco si chiese cosa avesse fatto per meritare di avere accanto una strega così pura e buona.
 
«Insomma, ti dico che poi Dudley mi si è parato davanti e mi ha detto ‘io non credo che tu sia uno spreco di spazio’» stava dicendo Harry, l’incredulità nel tono della voce.
Ron rise. «E tu che gli hai risposto?»
«Ehm, ‘grazie’?» rivelò il moro, ridacchiando subito dopo. «Cosa avrei dovuto dirgli?»
Hermione sorrise. «In fondo, ti voleva bene.»
«Molto in fondo» commentò sarcastico Harry.
I pensieri della ragazza scivolarono altrove tutto d’un tratto; il vociare dei suoi amici arrivava ovattato alle sue orecchie.
La mano di Draco, appena uscito dalla tenda, si posò sulla sua spalla dolcemente, ridestandola.
«Tutto bene?», le domandò corrugando la fronte.
Lei si sforzò di sorridere e annuì. «Stavo solo riflettendo su una cosa…»
Tre paia di occhi si posarono su di lei.
Hermione sospirò. «Dove credete che siano gli altri?», domandò sommessamente. «Justin, i fratelli Canon… Dean…»
«Beh», fece Ron. «Dean non è stato nominato da Radio Potter quella notte, quindi potrebbe essere ancora vivo. Quando ero via, ho scoperto che Ted, Dirk e uno dei goblin hanno opposto resistenza, ecco perché sono stati uccisi.»
Draco si irrigidì nel sentire nominare lo zio e spostò lo sguardo sul terreno.
«Se penso che li abbiamo visti quel giorno stesso…» aggiunse Ron mestamente.
«Che cosa?» esclamò il biondino sgranando gli occhi.
«Ci stavamo nascondendo negli stessi boschi, ma non abbiamo interagito con loro», spiegò Harry. «I ghermidori devono averli catturati dopo che ce ne siamo andati.»
Draco strinse Hermione a sé istintivamente.
Avrebbe potuto perdere anche lei, quel giorno, e non lo sapeva.
«Avrei dovuto cercare Justin» sussurrò con voce spezzata la ragazza. «Avrei dovuto dirgli del mio piano per i miei genitori e mandarli via tutti insieme.»
«Finch-Fletchley?» domandò il rosso alzando un sopracciglio. «In che modo è una tua responsabilità?»
«I nostri genitori erano amici, Ron», spiegò lei. «Ho solo pensato che mi avrebbero impedito di obliviare mamma e papà e allora non li ho cercati.»
Un singhiozzo le sfuggì a quella confessione. «Sono stata orribile!» affermò coprendosi il volto con le mani.
«Sono sicura che stia bene. È tra quelli che hanno lasciato il paese subito dopo esser scesi dall’Hogwarts Express», la rassicurò Ron, mentre Draco le accarezzava dolcemente i capelli.
«So che McLaggen è a capo di un gruppo che aiuta i Nati Babbani a lasciare il paese, comunque. Magari ha fatto uscire i Canon.»
«McLaggen?», chiese meravigliato Harry.
Il rosso scrollò le spalle. «Ci doveva pur essere una ragione se è a Grifondoro, no?»
 
Hermione e Draco erano intenti ad eseguire un complicato incantesimo di coppia; stavano cercando di fare in modo che i petali di un fiore cambiassero colore ad intermittenza.
Lo scopo di quell'esperimento era completamente oscuro a Ron, che li osservava perplesso seduto a pochi centimetri da loro, con le mani tese verso il fuocherello che avevano acceso per risaldarsi.
«Cos’è quella faccia, Ron?», domandò Hermione una volta notato il suo sconcerto.
«Stavo solo pensando a quanto sarebbe stato tedioso sopportarvi entrambi se Malfoy non fosse stato uno stronzo e Harry avesse accettato la sua amicizia il primo giorno di scuola.»
Draco lo guardò con un sopracciglio inarcato. Non lo sorprendeva affatto che Weasley non capisse.
«Non è che la magia serva solo ad evocare i calzini dal cassetto perché sei troppo pigro per prenderteli da solo, Weasley», ribatté sardonico il Serpeverde. «La magia è anche arte.»
Ron alzò gli occhi al cielo e sbuffò a quella risposta.
«Parti dal presupposto che io avrei sopportato te e il Draco del primo anno contemporaneamente, Ronald» intervenne Hermione rabbrividendo al pensiero. «Probabilmente, sarei finita per stare ventiquattr’ore su ventiquattro con Neville.»
Ron sbuffò di nuovo. «Non è colpa mia se eri una bambina suscettibile.»
«Ah, e così io...»
Hermione dovette abbandonare la sua indignazione, perché notò lo sguardo di Harry, perso nel vuoto.
«Ma voi due fate mai altro oltre a litigare?» domandò Draco accigliato, ma lei ormai si era distratta da quella conversazione.
«Bisticciamo, è sempre stato così», rispose Ron con nonchalance.
«Harry? Tutto bene?» li interruppe Hermione, scrutando apprensiva il suo migliore amico.
Il moro si voltò a guardarla e, dopo un minuto di silenzio le disse: «Sì. È solo che… Vedere voi due così...» indicò lei e Malfoy, «mi ha fatto pensare al fatto che Sirius sia morto prima di sapere che Regulus aveva disertato i Mangiamorte. È morto senza sapere che suo fratello aveva fatto la cosa giusta, alla fine, che forse non lo odiava...»
Hermione gli sorrise triste, ma non fece in tempo a rispondergli.
Un’animale riuscì ad attraversare le loro protezioni proprio in quel momento; si fermò al centro dell’accampamento e puntò gli occhi terrorizzati in quelli della ragazza.
Era una lontra.
La bacchetta di Hermione fu in aria un secondo dopo, appena in tempo per lanciare un Incantesimo Scudo.
Un gruppo di Ghermidori li stava attaccando.
Ron e Draco ridussero i loro averi e li fecero scivolare nella borsetta di perline, mentre Harry e Hermione prendevano tempo tenendo a bada i loro aggressori.
Poteva avvertire il panico; non dovevano riconoscere il Serpeverde, sarebbe stato un disastro se avessero scoperto che Draco Malfoy non era affatto morto.
Poi avvertì una presa sul braccio e la naturale oppressione che comportava la Smaterializzazione comprimerle il petto e mozzarle il respiro.
«Dov’è?» urlò la ragazza non appena riapparvero in un’altra foresta. «Dov’è?»
Si agitava, guardandosi attorno disperata. «La lontra, dov’è?»
Cedric. Cedric. Cedric. Cedric. Cedric.
Li aveva avvertiti. La lontra li aveva avvisati, gli aveva dato qualche secondo di vantaggio che era stato essenziale come tempo di reazione per mettere in atto una fuga repentina e improvvisata.
‘No, no, no, dov’è la lontra?’
«Hermione», fece Ron preoccupato. «Cosa stai-»
Draco la teneva ferma, cingendola dietro, le braccia strette attorno al suo esile corpo.
«È scappata al rumore del primo incantesimo, Granger», le sussurrò in un orecchio. «Non è qui, è viva e sta bene.»
Piangeva, ma quelle parole e il tocco gentile di Draco parvero rassicurarla.
«Calmati, Granger. Va tutto bene.»
Concentrandosi sulla voce tranquilla di Draco, Hermione riuscì a calmarsi e il biondino tirò fuori una delle tende dalla borsetta di perline.
«Aspettami lì dentro, d’accordo?» le disse prendendole il volto tra le mani.
Lei tirò su col naso annuì, prendendo delle grosse boccate d’aria per regolarizzare il respiro mentre si accingeva a montare la tenda poco più in là.
 
«Devi andartene.»
«Che cosa?», esclamò Draco incredulo, gli occhi sgranati.
«Devi tornare da Andromeda!»
La voce di Hermione era agitata e supplichevole, mentre camminava avanti e indietro incessantemente.
«Granger, ti ho già detto che non la minima intenzione di separarmi da te un’altra volta.»
Lei strinse i pugni. «E io ti ho già detto che devi tornare al Rifugio!» gridò frustrata. «Non ti voglio qui! Ho bisogno di saperti al sicuro!»
«E io ho bisogno di te!» gridò di rimando lui, prendendole il volto tra le mani.
«Granger, stai tranquilla… Andrà tutto bene.»
Hermione scoppiò a piangere a quella frase, congelandosi sul posto.
«È quello che ha detto anche lui» rivelò con voce spezzata, per poi ripetere le parole che Cedric le aveva rivolto la notte prima che morisse.
«Stai tranquilla, Jean, andrà tutto bene.»
Draco si irrigidì; spiegava quantomeno perché la ragazza non riuscisse mai a usare quelle parole per tranquillizzare la gente.
Deglutì e poi posò un dito sul suo mento, esercitando una leggera pressione per farle alzare il volto e guardarla negli occhi.
«Ascoltami bene, Hermione» mormorò, accarezzandole le guance con fare rassicurante. «Diggory non aveva idea di quello che stava succedendo, è stato colto alla sprovvista. Noi sappiamo con chi abbiamo a che fare. Io so contro chi stiamo combattendo.»
Lei scosse forte il capo, mentre le lacrime fuoriuscivano copiose dai suoi occhi.
«Draco, non posso…» trasse un respiro profondo, «non posso perderti. Non-»
«Non vado da nessuna parte, Granger», le sussurrò dolcemente. «Non ti lascio. E nessuno mi porterà via da te. D’accordo?»
«Ti prego», insisté lei. «Ti prego, torna da Andromeda… Mettiti al sicuro… Per favore.»
Draco non aveva mai voluto prendere parte a quella guerra; non poteva accettare l’idea che potesse morire, e sarebbe stata tutta colpa sua, perché lui era lì con lei, per lei.
«Non se ne parla, Granger…» ribadì il biondino scuotendo la testa lentamente, con un’espressione decisa dipinta sul viso.
«Perché non puoi fare questo per me?» chiese Hermione supplichevolmente. «Perché, Draco? perché non puoi metterti al sicuro e basta?»
«Perché Granger, te l’ho già detto, prima d’ora non ho mai avuto niente per cui valesse la pena combattere. Non è più così, e allora combatterò» affermò in tono fermo. «Ho bisogno di farlo.»
«Draco…»
Ma il biondino aveva iniziato a muoversi, sfilandole gli indumenti uno ad uno, lasciandole leggeri baci nelle zone di pelle scoperte; la condusse sulla brandina che ormai era il loro letto e la adagiò sul sottile materasso.
«Tu meriti il mondo, Granger», disse con un filo di voce, i suoi occhi magnetici puntati in quelli di lei. «Ed è esattamente quello che ti darò. Tutto
 
Chiuse i due libri che stava consultando e sbuffò sonoramente.
Era sempre più confusa e frustrata dalla mancanza di risposte; più indagava, più cercava di capire, più quelle sembravano allontanarsi dalla sua portata e le domande moltiplicarsi nella sua testa.
Fece cadere Le Fiabe di Beda il Bardo e Vita e Menzogne di Albus Silente distrattamente nella sua borsetta di perline e con grosse falcate raggiunse i ragazzi all’esterno della tenda.
Harry aveva la schiena poggiata contro un albero e giocava sovrappensiero con il boccino che Silente gli aveva lasciato nel testamento; Draco e Ron si stavano punzecchiando a vicenda come al solito, ma almeno adesso sembravano essere più amichevoli l’uno con l’altro; Harry non l’avrebbe mai detto ad alta voce, ovviamente, ma li trovava quasi divertenti.
Hermione, dal suo canto, era troppo abituata ad avere dei ragazzi attorno, tutti con altissimi livelli di arroganza, per cui non aveva neanche la forza di sbuffare davanti a quelle frecciatine e battutine sarcastiche che si scambiavano continuamente.
Si voltarono a guardarla all’unisono, interrogativi.
«Voglio andare a trovare Xenophilius Lovegood.»
L’espressione sul volto di Draco a quelle parole era tutto un programma; Harry la guardava come se fosse impazzita tutto d’un tratto.
«Concordo», disse invece Ron.
Le sopracciglia di Hermione scattarono in su, mentre gli occhi del biondino e del moro si puntavano increduli su di lui.
Il giovane fece spallucce. «Penso che Hermione abbia ragione. Insomma, sa sempre quello che fa, no? Se dice che parlare con, ehm, il padre di Luna è importante, allora dobbiamo crederle e procedere.»
La ragazza non riuscì a trattenere un mezzo sorriso.
Stava ancora cercando di farsi perdonare, ed era ritornato il vecchio Ron; finalmente.
«Sul serio?»
Sentì Harry bisbigliare mentre rientrava nella tenda con aria soddisfatta.
«Se moriamo per i tuoi sensi di colpa Weasel, io ti uccido» lo avvertì convinto Draco.

 

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Capitolo 60
*** CAPITOLO 55 ***


CAPITOLO 55
















Gli erano arrivati addosso senza preavviso.
Si erano Smaterializzati e i Ghermidori erano lì ad attenderli.
Era scoppiato il pandemonio.
Schiantesimi e Maledizioni ovunque attorno a loro; urla, una corsa contro il tempo… le speranze di riuscire a fuggire che si infrangevano rapidamente.
Hermione sapeva che non avevano scampo, quella volta, a meno che non fossero disposti a lasciare qualcuno indietro.
Ma loro non lasciavano mai nessuno indietro.
Harry avrebbe dovuto Smaterializzarsi, ma sapeva che avrebbe combattuto fino alla fine; conosceva il suo migliore amico fin troppo bene.
C’erano Ghermidori in ogni angolo, pronti a inseguirli qualsiasi direzione avessero imboccato, pronti ad affrontarli se si fossero divisi… pronti a catturarli, o a ucciderli.
Erano circondati.
«Scusami», disse Hermione a Harry, poi lo colpì con una fattura pungente.
Si voltò e sbatté contro il petto di Draco.
L’impatto le mozzò il respiro per qualche istante, ma il biondino non fece in tempo a proferire parola. O meglio, non volle perdere tempo in chiacchiere inutili.
Anche lui aveva capito.
Le diede un bacio deciso e disperato, poi si scambiarono uno sguardo veloce, ma intenso, carico di parole non dette.
Parole che forse non sarebbero state mai più dette.
Furono allontanati dalle mani sporche dei Ghermidori, serrate sulle loro braccia per immobilizzarli ed impedir loro di scappare.
Erano disarmati, spaventati, senza alcuna speranza di fuga.
«Bene, bene» esclamò Fenrir Greyback, studiando il suo bottino.
«Ti ho presa, finalmente» commentò avvicinandosi a Hermione.
«Non la toccare!» urlarono all’unisono Draco e Ron.
Il licantropo rise divertito dalla loro reazione. «Scabior, controlla i loro nomi sulla lista.»
«Che cosa ti è successo, mostro?» domandò poi, studiando il viso di Harry.
«Sono stato punto da qualcosa.»
Greyback gli rivolse una smorfia di disgusto. «Nome?»
«Dudley», borbottò il moro. «Vernon Dudley.»
«E tu, rosso?»
«Stan Picchetto», mentì Ron.
I Ghermidori risero. «Col cavolo! Lo conosciamo, Stan Picchetto.»
Ci fu un rumore sordo e quando il ragazzo parlò di nuovo, fu chiaro che avesse la bocca piena di sangue. «Bardy Weasley.»
«Uhm, un Weasley, ah? Non un Nato Babbano, ma un traditore del proprio sangue.»
«E tu, bellezza?» domandò il lupo mannaro avvicinandosi a Hermione. «Qual è il tuo status di sangue?»
«Penelope Clearwater», mentì lei. «Mezzosangue.»
«Mi sfuggi da un bel po’» le disse, guardandola con sospetto. Era sicuro fosse una Nata Babbana. «Credevi che non fossi in grado di riconoscere il tuo odore? Ragazza deliziosa… che bel bocconcino… adoro la pelle morbida…»
«Toglile le mani di dosso, lurido-», ringhiò Draco, divincolandosi dalla presa del Ghermidore che lo tratteneva ridendo di gusto.
Qualcuno gli tirò una gomitata nel fianco, troncando bruscamente i suoi insulti, e il biondino gemette dal dolore.
«Lasciatelo stare!» urlò Hermione, divincolandosi quanto più poteva, ma nessuno la prese in considerazione.
Greyback assottigliò gli occhi e si avvicinò a Draco. «E tu sei?»
«Marcus Belby», affermò il ragazzo.
«I Belby sono tra i pochi Purosangue neutrali, no?» chiese Scabior alle spalle di Greyback. «Che ci fa nei boschi un Belby? E con Mezzosangue e traditori del proprio sangue, tra l’altro. Sono neutrali non dei traditori…»
Furono interrotti dall’arrivo di un altro gruppetto di Ghermidori, che si spingevano avanti un altro volto che i giovani conoscevano bene.
Dean Thomas.
Si scambiarono tutti uno sguardo terrorizzato.
Hermione scosse impercettibilmente il capo per fargli capire di non dire niente.
«Non c’è nessun Vernon Dudley qui» commentò confuso Scabior a quel punto, sventolando un taccuino pieno di nomi scarabocchiati di fretta in direzione del suo capo.
«Interessante. In che Casa sei a Hogwarts, ragazzo?» domandò Greyback, osservandolo attentamente.
«Serpeverde», rispose prontamente Harry.
«Pensate tutti che sia quello che vogliamo sentire, ma nessuno che sappia dirci dov’è la Sala Comune.»
«Nei sotterranei. Si entra dalla parete ed è piena di teschi. Si trova sotto il lago, quindi c’è una lucina verde che aleggia ovunque...»
Draco corrugò la fronte.
Che diavolo ne sa Potter della Sala Comune dei Serpeverde?’ pensò perplesso.
«Peccato che Belby sia sicuramente un Serpeverde e potrebbe aver parlato un po’ troppo. Qualcuno qui sta chiaramente mentendo», affermò convinto il licantropo, la cui tesi venne avvalorata dal ritrovamento della Spada di Grifondoro… e da un Ghermidore, che gli consegnò una copia della Gazzetta del Profeta.
«La ragazza somiglia a questa nella foto.»
«Hermione Granger, la Sanguemarcio nota per essere in viaggio con Harry Potter» lesse intrigato Greyback. «Una Sanguemarcio. Quindi, avevo ragione…»
Posò lo sguardo prima su di lei e poi su Harry; gli afferrò il volto e scoprì la fronte, intravedendo le linee di una cicatrice, confuse dalla Fattura Pungente di Hermione.
«Non toccarla!» gridò il ragazzo, incapace di controllarsi, lottando per tenere fuori i pensieri di Voldemort. La cicatrice gli stava bruciando già da un po’ e quel contatto lo avrebbe potuto far svenire per il dolore.
«Bene, direi che questo cambia le cose» commentò eccitato il lupo mannaro. Poi si voltò verso Draco, probabilmente per intimargli di rivelare la sua vera identità, a quel punto; fece per parlare, ma i capelli del Serpeverde iniziarono a schiarirsi proprio in quel momento.
Greyback restò a fissare la scena per qualche momento, le labbra dischiuse per la sorpresa.
Si passò la lingua sui denti, riconoscendo immediatamente i tratti inconfondibili del volto che si era appena palesato davanti ai suoi occhi… non aveva bisogno di interrogarlo sulla sua identità.
«Questi non li portiamo al Ministero.»
 
Hermione rabbrividì nel vedere l’imponente villa di Malfoy materializzarsi davanti ai loro occhi.
Vennero trascinati fino alla porta d’ingresso.
Greyback si avvicinò a Draco, tirandosi dietro anche la giovane. «Sei nervoso, Principino?», lo prese in giro. «È la prima volta che porti una ragazza a casa?»
Il biondino arricciò il naso in una smorfia d’odio.
«Certo il suo essere una Sanguemarcio non giocherà a vostro favore», commentò ancora il licantropo, poi afferrò il mento di Hermione e la costrinse a leggere le parole incise sul cancello.
Sanctimonia Vincet Semper.
La purezza vince sempre.
Il motto dei Malfoy.
«Te lo devo tradurre o ci arrivi da sola, Sanguemarcio
Una lacrima solitaria rigò il volto di lei. Nonostante ci avesse provato con tutta sé stessa a non dare a quel viscido alcuna soddisfazione, si era rivelata incapace di impedirle di scivolare via.
«Chiudi quella fogna, Greyback», sputò con veleno Draco, divincolandosi.
Il lupo mannaro rise di gusto, ma tornò serio quando vide Bellatrix Lestrange avvicinarsi al cancello.
La donna spalancò gli occhi quando vide il gruppetto dall’altro lato delle sbarre.
 
«Draco», asserì la voce gelida di Lucius Malfoy nel trovarsi davanti il figlio creduto morto. «Sei vivo.»
Il biondino non rispose; si limitò a guardarlo dal basso verso l’altro, con il naso leggermente arricciato.
«Vuol dire che ci hai traditi, Draco?» chiese il padre con evidente disgusto. «Cosa dovrei pensare, quando sei stato trovato con questi fuggiaschi e si sospetta anche Potter in persona?»
Draco fece per parlare, ma Hermione fu più rapida di lui.
«Lo abbiamo rapito l’anno scorso», disse, cercando di proteggerlo; gli occhi del giovane dardeggiarono su di lei.
‘Che accidenti stai facendo, Granger? Non attirare l’attenzione su di te, stupida!’
«Ah!» esclamò allora Lucius. «Hermione Granger. La Sanguemarcio amica di Potter...»
«Oh, è molto più di questo, Lucius» lo informò Greyback, con tono divertito.
«Signor Malfoy, per te» lo corresse l’uomo, lanciandogli un’occhiata gelida e superiore. «Che cosa vorresti dire?»
Il licantropo fece una smorfia. «Oh, lo vedrai… Credo che la ricompensa per lei salirà di tre zeri quando verrà fuori la novità.»
Lucius assottigliò gli occhi, ma proprio in quel momento, Bellatrix riconobbe la Spada di Grifondoro e si mise a sbraitare.
«Dove l’avete presa?»
«Ce l’avevano loro», rispose il Ghermidore, perplesso.
Quello bastò a far impazzire la donna; iniziò a dare frustate a destra e manca, a lanciare Maledizioni con il chiaro intento di disperdere i Ghermidori.
«Portateli di sotto!» ordinò, indicando i ragazzi. «Lo chiameremo dopo! Tranne questa qui… Faremo una bella chiacchierata… da donna a donna!»
Afferrò Hermione e la sbatté contro il muro.
«Oh, e lasciate qui anche mio nipote» aggiunse poi con finta aria innocente. «Credo che sia meglio ricordargli il suo posto, non vorrei che gli avessero riempito la testa di sciocchezze in questi ultimi mesi.»
La risata di Theodore Nott riecheggiò nella stanza mentre spingeva il biondino più vicino alla scena.
«Guarda bene, Principino» gli sussurrò in un orecchio. «È così che si fa.»
Draco provò a liberarsi dalla sua presa, ma la bacchetta dell’ex compagno di Casa si infilzò nella sua gola, facendogli mancare il respiro per un attimo.
Hermione non guardò Draco.
Si rifiutava categoricamente di farlo.
Era rimasta completamente spiazzata dalla freddezza di suo padre di fronte al ritrovamento del figlio che credeva morto…
Qual è il problema di questa gente? Come possono comportarsi in questo modo nei confronti di un figlio? Come può non importargli?’ si era domandata in un primo momento, finché Bellatrix non l’aveva presa di mira, distraendola dalla questione.
Draco fissava Bellatrix a un passo dalla ragazza che amava, terrorizzato; sapeva cosa stesse per accadere, ma non c’era niente che potesse fare.
Era immobilizzato, senza bacchetta e se avesse aperto bocca e rivelato quello che provava per lei avrebbe solamente peggiorato la situazione.
‘Pensa, Draco, pensa!’
«Dove l’avete presa, la Spada?» urlò la Mangiamorte, il viso a pochi millimetri da quelli di Hermione.
«Si è presentata a noi», rispose sforzandosi di mantenere un tono fermo. «Si può presentare a qualunque Grifondoro che ne sia degno in caso di bisogno.»
«Bugiarda!» urlò Bellatrix, colpendola con uno schiaffo e facendola atterrare sul pavimento freddo.
La Cruciatus si abbatté su di lei con l’intensità di mille lame simultanee; Hermione poteva avvertire ogni singolo osso del suo corpo andare a fuoco… o in frantumi, non avrebbe saputo dirlo con certezza.
Ci aveva provato a non urlare, ma al terzo colpo non era più stata in grado di trattenersi.
Si contorceva sul pavimento, agonizzante, con gli occhi serrati, mentre lacrime copiose, che non avevano voluto saperne di restare al proprio posto, rigavano il suo volto distorto dal dolore.
«Siete stati nella mia camera blindata alla Gringott!» insisteva ancora la donna. «Cos’altro avete preso?»
Draco aveva quasi esaurito le forze per trattenersi; esercitare l’Occlumanzia in quel modo e senza bacchetta… non avrebbe resistito a lungo.
Non ce la faceva più; non ce la faceva più a sentirla urlare, a guardarla contorcersi dal dolore.
Le mani fredde di Lucius Malfoy si chiusero sul suo colletto; l’impatto della sua schiena contro il muro fu così forte da fargli vedere nero per un momento.
«Che cos’hai fatto, stupido ingrato?» sibilò suo padre guardandolo irato. Lo avvertì provare a forzare la sua mente, ma era impenetrabile. Come sempre.
«Stai dalla loro parte, non è vero?» gli domandò con odio. «Ti sei fatto nascondere e ora lavori per l’Ordine della Fenice! Stupido moccioso ingrato!»
Lucius voleva risposte, ma suo figlio restava impassibile.
Non aveva intenzione di chiamare Narcissa, però; lei era una Legilimens potente, ma non avrebbe mai violato la mente di Draco e lui stesso non voleva torturare suo figlio per indebolirlo.
Non sapeva che le urla di Hermione lo stessero spezzando più di quanto una Cruciatus avrebbe mai potuto fare, né che a ogni grido della giovane, la sua barriera mentale si stesse incrinando sempre di più.
Con la coda dell’occhio, vide Bellatrix scoprire l’avambraccio sinistro di Hermione e poggiarci sopra la sua bacchetta con violenza.
Il sangue cominciò a colare e le urla di dolore della ragazza gli perforano i timpani, invadendo la sua mente e provocandogli fitte in tutto il corpo.
Le stava inferendo dei tagli.
No, le stava incidendo qualcosa sul braccio.
Sanguemarcio.
«Questo è quello che succede a chiudermi fuori dalla tua testa, lurida cagna» cantilenò ridacchiando Bellatrix. «Chiamate il goblin!»
Hermione fissò un punto impreciso nella stanza, ma senza vedere nulla.
Avvertiva solo dolore in ogni parte del suo corpo e attorno a lei c’era solo oscurità.
Una densa, penetrante, soffocante, oscurità.
E poi, finalmente, vide la luce.
Vide lui.
Cedric che le rivolgeva un dolce sorriso e le carezzava una guancia.
«Sei venuto a prendermi?»
Il giovane scosse la testa. «Non è ancora il momento di rincontrarci, Jean.»
«Mi manchi…»
«Sono sempre con te» mormorò lui. «Sempre
Hermione piangeva. «Ced…»
«Non è ancora arrivato il tuo momento, Jean. Hanno bisogno di te. Resisti. Andrà tutto bene.»
«È quello che hai detto quella notte…»
«C’è troppo per te laggiù per lasciarti andare, Jean. Resisti. Non è ancora arrivato il momento di restituirmi quell’anello. Ho bisogno che tu lo custodisca per me ancora per molto tempo. Resisti.»
Poteva sentire qualcuno in lontananza gridare, piangere e implorare.
‘Io la amo…’
Cedric le sorrise con dolcezza, incoraggiante.
«Resisti, Jean. Lasciami andare. È il momento. Sarò sempre con te, ricordalo. Ma lasciami andare…»
E poi il giovane si trasformò in una lontra argentea, le sfiorò il naso con il proprio muso, poi le rivolse un occhiolino e saltellò via, mentre lei lo implorava a gran voce di restare al suo fianco.
La ragazza aprì gli occhi, riuscendo a malapena a mettere a fuoco qualcosa.
Vedeva tutto sfocato. Sentiva quella che sembrava la voce di Draco Malfoy urlare, ma le arrivò come ovattata alle orecchie. E quello che stava dicendo non aveva alcun senso.
Niente aveva senso.
Un secondo dopo c’erano delle mani attorno a lei, che la sollevavano dolcemente, stringendola in un abbraccio forte e deciso.
Un paio di occhi grigio ghiaccio che la fissavano terrorizzati e imploranti.
«Mi dispiace. Mi dispiace. Ti prego, resta sveglia. Resta con me. Ti prego. Mi dispiace…»
Le palpebre di Hermione si chiusero.
E fu di nuovo avvolta dal buio.

«Considerati fortunato, goblin» sputò con astio Bellatrix, soffiandogli contro. Il sangue colava dalla ferita che aveva inferto alla creatura. «Lo stesso non si può dire di questa qui.»
Draco vide Nott fare un passo avanti.
«Credo che possiamo sbarazzarci di questa Sanguemarcio, ora. Greyback, prendila tu se la vuoi.»
«Credo che il volere di un Purosangue valga più di quello di un licantropo, non credi?» asserì gelido Theodore.
«Ah, perché sei interessato a portarti a casa un giochino nuovo, giovane Nott?» domandò con finta sorpresa Bellatrix.
«Quella Sanguemarcio ed io abbiamo dei conti in sospeso», disse solo. «Muoio dalla voglia di chiudere la faccenda.»
«L’ho catturata io», protestò il licantropo. «Le ho dato la caccia per mesi!»
«Te la lascerò, dopo che avrò finito con lei», promise Nott. «Non ho le stesse perversioni che ha la feccia del tuo tipo, Greyback.»
La Cruciatus colpì Hermione un’altra volta, scagliata da Theodore, e le barriere mentali di Draco Malfoy crollarono in mille pezzi, lasciandolo completamente esposto e vulnerabile, preda di quel miscuglio di sensazioni che aveva provato a reprimere e a tenere a bada nelle ultime ore.
Erano cinque le regole che Lucius Malfoy gli aveva insegnato il giorno in cui lo aveva reputato abbastanza grande da poter apprendere le fondamenta dell’essere un Malfoy.
Quella notte, Draco Malfoy le infranse tutte.
‘Un Malfoy non si lascia mai sopraffare dalle sue emozioni’.
«BASTA! BASTA! SMETTETELA!» urlò Draco, scivolando contro il muro e crollando sul pavimento, mentre la presa di suo padre sul colletto della sua camicia si allentava per la sorpresa.
‘Un Malfoy non piange mai.’
Le lacrime iniziarono a fuoriuscire come un fiume in piena, offuscandogli la vista.
Alzò il volto per guardare Lucius, mentre Bellatrix rideva e lo scherniva.
«Debole! Patetico!»
‘Un Malfoy non implora mai, né tantomeno supplica.’
«Ti prego! Basta! Per favore… Ti supplico…» mormorò con voce spezzata, persino il suo sguardo invocava pietà.
‘Un Malfoy non rivela mai le proprie debolezze.’
«Non farle del male. Basta, per favore! Ho bisogno di lei…»
Scuoteva il capo in preda alla disperazione, le mani artigliate tra i suoi stessi capelli.
‘Un Malfoy non si mischia mai e in alcun modo con Nati Babbani e traditori del proprio sangue.’
«Io la amo. Ti scongiuro, non portarmela via…»
Lucius Malfoy spostò lo sguardo dal figlio alla ragazza che giaceva per terra dall’altro lato della stanza, ormai quasi incosciente. Un’espressione palesemente disgustata apparve sul suo volto.
Narcissa Malfoy entrò nel salotto proprio in quel momento.
«Cosa succede qui?»
I suoi occhi si fecero più grandi quando vide Draco, carponi sul pavimento, pallido come un fantasma, sconvolto e con il viso coperto di lacrime.
Dalle condizioni in cui versava, sembrava quasi che fosse stato lui a subire la Cruciatus per tutto quel tempo.
«Draco!» esclamò la donna, correndogli incontro e chinandosi per abbracciarlo. «Figlio mio, oh figlio mio…»
«Non ti entusiasmare, Cissy» trillò Bellatrix alle sue spalle, rabbiosa. «Sarebbe stato meglio morto. È uno schifoso traditore del suo sangue, niente di più!»
Narcissa deglutì, ma non si allontanò dal figlio, né distolse gli occhi da lui. Draco le rivolse uno sguardo supplichevole, incapace di proferire parola.
«Intrattenersi con una lurida Sanguemarcio, vergogna! Disonore! Traditore del tuo sangue!» continuava a strillare Bellatrix, saltellando sul posto istericamente.
«Fossi in te, Bella, penserei a quello che tuo marito fa nel tuo stesso letto con quella Sanguemarcio che ha catturato qualche tempo fa» ribatté gelida Narcissa, distraendola abbastanza da far passare inosservato il movimento necessario a far scivolare la bacchetta di Draco nella tasca interna della sua giacca.
«Basta così!» le interruppe Lucius, stanco delle grida di Bellatrix quanto della sua risata maniacale e inquietante.
«Quando hai finito con lei, Greyback» disse gelidamente, rivolgendosi al lupo mannaro. «Assicurati che sia morta.»
Draco sgranò gli occhi, mentre avvertiva il proprio cuore fermare i suoi battiti e sprofondare nell’oscurità più totale.
Aveva sperato, per qualche motivo, che suo padre avrebbe potuto provare pietà; che non gli avrebbe mai fatto una cosa del genere, che non sarebbe mai stato capace di uccidere la ragazza di cui suo figlio era perdutamente innamorato.
E fu in quel momento che lo vide per la prima volta per quello che era, senza se e senza ma.
Un mostro.
Indegno di tutto il rispetto e dell’ammirazione che un tempo aveva provato per lui, non meritevole neanche di un briciolo dell’affetto che aveva provato nei suoi confronti.
«E assicurati anche che mio figlio abbia un posto in prima fila per lo spettacolo… Sperando che sia sufficiente a restituirgli il senno.»
Narcissa spalancò gli occhi a quelle parole, ma l’unico movimento che ebbe il tempo di fare, fu quello di portarsi le mani sul petto, scioccata dalla crudeltà del marito nei confronti del loro stesso figlio.
Greyback si incamminò verso il corpo di Hermione, sfidando Draco con lo sguardo… e poi venne scagliato contro la parete opposta, crollando svenuto sul pavimento.
Il biondino corse immediatamente verso la giovane e la prese tra le braccia, stringendola disperato.
«TRADITORE! SCHIFOSO TRADITORE DEL TUO SANGUE, COME OSI…» gridava Bellatrix, scagliandogli contro incantesimi che lui prontamente parava.
«INSOZZARE IL TUO SANGUE PURO E IL TUO NOME MISCHIANDOTI CON UNA SUDICIA SANGUEMARCIO…»
Weasley e Potter fecero il loro ingresso nella stanza un istante dopo e iniziarono a duellare.
Draco non aveva la minima idea di come avessero fatto a scappare dalle segrete, né di come si fossero procurati una bacchetta, ma non indugiò su quei quesiti.
Vide Potter strappare diverse bacchette dalla mano di Nott, che imprecava, urlando il suo nome con odio.
Ma Draco si concentrò esclusivamente su Hermione; avrebbe anche potuto morire in quel momento, non gli importava nulla. Doveva assicurarsi che fosse ancora viva, che non l’avesse persa per sempre.
«Mi dispiace. Mi dispiace. Ti prego, resta sveglia. Resta con me. Ti prego. Mi dispiace…»
Farfugliava confusamente, mentre le teneva il viso tra le mani e piangeva.
Hermione era pallida e debole, un rivolo di sangue colava da una ferita sulla sua gola… e non sembrava essere consapevole di quello che le stava succedendo, né di ciò che stava accadendo attorno a loro.
«Mi dispiace così tanto, per favore, perdonami… ti prego, resta con me, amore, ti prego… mi dispiace, mi dispiace… non lasciarmi… per favore…»
Ma Hermione era ormai svenuta e non sentiva affatto la sua voce implorante.
Weasley lo afferrò per un braccio e lo tirò via, portandoli dietro a Potter.
Dobby, il vecchio elfo domestico di Villa Malfoy che Harry aveva fatto liberare durante il loro secondo anno ad Hogwarts, era in testa al gruppo e coinvolto in un botta e risposta con Bellatrix che lui non riuscì a sentire; c’era solo un forte rumore nella sua testa… e le urla di Hermione.
E poi, senza preavviso, si Smaterializzarono.
 
La successiva cosa che Draco udì fu il rumore delle onde del mare.
Hermione era ancora priva di sensi tra le sue braccia.
«Mi dispiace, ti prego, per favore…»
«Malfoy!» urlò Harry per svegliarlo dalla trance in cui era caduto. «Dobbiamo portare Hermione e Ron dentro, hanno bisogno di cure!»
Draco deglutì e cercò di recuperare lucidità.
Si sforzò di rialzarsi, sollevando con cura la ragazza.
Weasley aveva un pugnale conficcato nel braccio.
«Quella strega psicopatica!», borbottò il rosso, imprecando dal dolore. «Stava provando a uccidere Dobby!»
«Hermione sarà contenta di sapere che gli hai fatto da scudo, quando si risveglierà», commentò Luna, sorridendo per incoraggiarli.
«Che cavolo ci fai tu qui?» chiese Draco, scuotendo il capo per fare mente locale e corrugando la fronte alla vista della biondina.
«Oh, ero prigioniera a casa tua da Natale… Ce l’hanno con mio padre, sai, per quello che pubblica sul Cavillo...»
Il biondino distolse lo sguardo e serrò la mascella.
Quella non era casa sua.
Non più.
E non lo sarebbe stata mai più.
 
Fleur trascinò Hermione in una stanza e la chiuse di scatto, impedendo a chiunque di entrarvi; Bill Weasley si portò via Ron per curargli il braccio.
«È casa loro», spiegò brevemente Harry. «Dobby è già andato via, ha detto che era necessario che tornasse a Hogwarts. Stai bene, Malfoy? Hai bisogno di qualche-»
«Draco», lo interruppe gelido il Serpeverde, sibilando e stringendo i pugni. «Il mio nome è Draco.»
Il moro lo guardò per qualche istante sbattendo le palpebre.
Draco non voleva sentirlo neanche per sbaglio il cognome Malfoy, non dopo quello che suo padre gli aveva appena fatto, non dopo quello che era accaduto a Hermione in casa sua.
«Draco», si corresse allora il Prescelto. «Sei ferito? Hai bisogno di farti vedere da qualc-»
«L’unica cosa di cui ho bisogno è che lei si svegli!» gridò il biondino. «Ho bisogno che Hermione stia bene! Di vederla e di sentire la sua voce! Non… non…»
Si portò le mani sul volto e iniziò a piangere.
Sentì la mano di Potter chiudersi sulla sua spalla. «Non è colpa tua.»
«Mi sento come se lo fosse, però» aveva risposto Draco, gli eventi appena vissuti che si succedevano in loop nella sua mente, dilaniandolo e compromettendo la sua lucidità e razionalità.
Tormentandolo.
Nella sua testa era come se non fossero mai scappati dal Manor.
«Non sapevo che fare… lei gridava, mio padre mi stava addosso e non riuscivo a pensare… ha ordinato che venisse uccisa quando l’ho supplicato di lasciarla stare… io non-»
«Che cosa è successo a Hermione?»
Si voltarono entrambi a guardare il proprietario della voce che aveva interrotto la loro conversazione.
«Che ci fai qui, McLaggen?»
Il giovane alzò un sopracciglio. «Che ci fa lui qui, semmai?» ribatté indicando con un cenno disgustato il Serpeverde. «Credevo fosse morto.»
«È con noi», rispose caustico Harry. «Tu?»
«Beh, stavo aiutando un paio di Nati Babbani a salpare per gli Stati Uniti, quando un gruppo di Mangiamorte sono sbucati fuori… Non sarei qui se suo padre non avesse cercato di recidermi un braccio.»
Lupin apparve proprio in quel momento dalla porta principale, in un’entrata fortuita che interruppe quella conversazione che il Prescelto era certo sarebbe finita con il degenerare in breve tempo.
«Harry, Draco, santo cielo state bene!»
Si informò della situazione, poi chiese loro aggiornamenti su quello che era accaduto; Harry non fece alcun accenno agli Horcrux, ma fu tentato di chiedergli della Bacchetta di Sambuco.
Voldemort la stava cercando, aveva ucciso Grindelwald.
«Dovreste mangiare qualcosa e poi andare a ripos-»
«Voglio vedere la Granger.»
Draco interruppe Lupin sul nascere.
Non aveva bisogno di nulla, solo di lei.
«Fleur si sta ancora occupando di lei, Draco», disse con dolcezza l’uomo. «Mangia qualcosa nel frattempo.»
 
Draco dormì sulla poltrona nella stanza di Hermione quella notte.
Avrebbe voluto coricarsi al suo fianco, stringerla a sé… Ma non se ne sentiva degno, credeva di aver perso il diritto di starle vicino.
La sua famiglia le aveva fatto quello.
La sua famiglia l’aveva torturata e aveva cercato di ucciderla.
Non era riuscito a mangiare e non sarebbe stato in grado di chiudere occhio, ne era certo.
Lei non si era ancora risvegliata da quando avevano lasciato il Manor.
Fleur l’aveva curata e imbottita di pozioni, le aveva medicato le ferite sul braccio e sulla gola; aveva detto che probabilmente le sarebbero rimaste delle cicatrici, perché Bellatrix non aveva usato un semplice incantesimo di taglio, ma uno oscuro. E quella cicatrice si sarebbe aggiunta a quelle che Nott le aveva lasciato sui polsi quando l’aveva aggredita a Hogwarts.
Sanguemarcio.
Glielo aveva inciso sulla pelle, impresso lì per sempre. L’aveva marchiata.
Aveva gli occhi fissi sulla fasciatura sull’avambraccio della ragazza e sentiva il sangue ribollirgli nelle vene.
Per un momento pensò che se fosse riuscito a usare la Cruciatus su Bellatrix almeno una volta, dopo sarebbe stato in grado di evocare un Patronus con quel ricordo.
C’era stata una discussione con McLaggen.
L’idiota si era impuntato sul fatto che Draco non avesse alcun diritto di restare con Hermione, di dormire nella sua stanza; che era pericoloso permetterglielo. Lui gli aveva riso in faccia e gli aveva detto, senza molti giri di parole, di farsi gli affari suoi e andarsene a quel paese.
Non aveva funzionato; al che le bacchette erano state estratte, e se non fosse stato per Potter e Weasley sarebbe volata anche qualche fattura.
Draco gli aveva fatto sapere che lui con la Granger aveva una relazione e che semmai era McLaggen quello di troppo, lì; il Grifondoro non aveva accolto di buon grado la notizia.
Sulle prime, non gli aveva creduto, poi però i due migliori amici della ragazza avevano confermato la cosa ed era stato costretto a restare in silenzio; non si era risparmiato un’occhiata incredula ai due per aver accettato la questione.
Come se spettasse a loro, decidere chi dovesse frequentare Hermione o meno, poi!
Il loro benestare però gli aveva fatto smettere di protestare all’idea che Draco condividesse la stanza con la ragazza, ma non gli aveva comunque impedito di appostarsi fuori dalla porta o entrare casualmente e senza preavviso per controllarlo.
Draco non aveva le forze per fare questioni in quel momento, e soprattutto non voleva che la prima cosa che la Granger vedesse appena sveglia fosse lui che litigava con il suo ex-quello-che-era, né turbarla in alcun modo; quindi, si era limitato a scoccagli un’occhiataccia dietro l’altraa fulminarlo con lo sguardo, e a ripetergli gelidamente che, come poteva vedere lui stesso, la ragazza era ancora incosciente.
Si portò le mani sul viso e lasciò che le lacrime cadessero, silenziose.
Nella sua mente, continuava a rivedere e risentire tutto, senza sosta.
Le urla di Hermione.
Lui che supplicava Lucius.
Lucius che ordinava a Greyback di ucciderla e di assicurarsi che lui guardasse.
“Io la amo. Ti scongiuro, non portarmela via…”
“Quando hai finito con lei, Greyback, assicurati che sia morta. E assicurati anche che mio figlio abbia un posto in prima fila per lo spettacolo.”
Strinse forte i pugni e serrò la mascella.
Quelli che stava provando in quel momento erano dei sentimenti che Draco conosceva da tutta una vita.
L’odio.
Il disgusto e la repulsione.
Solo che per la prima volta, li stava provando verso la persona giusta.
Gli si strinse il cuore al pensiero di sua madre, bloccata in quella casa degli orrori, con Lucius.
L’aveva aiutato. Gli aveva restituito la sua bacchetta, anche se Bellatrix le aveva detto che era un traditore del proprio sangue.
Sua madre sapeva che era vivo e sapeva anche che era sotto la protezione dell’Ordine, ma non sapeva di Hermione prima di quella notte.
E anche dopo averlo scoperto, lei lo aveva aiutato lo stesso.
In tutto quel dolore, quel gesto di Narcissa Malfoy gli aveva dato speranza.
Quel gesto di Narcissa Malfoy, gli aveva permesso di salvare la ragazza che amava.
E per quello, le sarebbe stato riconoscente per sempre.

 

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Capitolo 61
*** CAPITOLO 56 ***


CAPITOLO 56

















Hermione aprì lentamente gli occhi e si guardò attorno confusa.
Era distesa su un letto singolo, avvolta in coperte pesanti e soffici. Fuori dalla finestra si stagliava un'immensa spiaggia con poche zone d'erba rada qua e là.
Non sapeva dove fosse, non sapeva come fosse arrivata in quel luogo e non sapeva perché avvertiva dolore ovunque.
Provò ad alzarsi dal letto, ma senza ottenere alcun risultato: anche solo cercare di mettersi a sedere le provocava fitte atroci che sembravano irradiarsi da ogni parte del suo corpo e attraversarla da parte a parte.
«Hermione, sei sveglia!»
La voce sollevata di Harry le giunse alle orecchie come ovattata.
«Harry, cosa... come...dove...?»
«Respira Hermione e resta stesa», le disse l'amico con premura. «Come ti senti?»
«Come se l'Hogwarts Express mi fosse passato sopra per intero almeno cinque volte», rispose lei con una smorfia di dolore.
«C-cos’è successo?»
Il moro si morse il labbro inferiore, poi però Hermione spalancò gli occhi, impedendogli di rispondere alla sua stessa domanda.
«Merlino, Harry! Che cosa hai fatto ai capelli?», domandò scioccata appena riuscì a metterlo a fuoco.
Il giovane la fissò sbattendo le palpebre, spiazzato dal quesito.
«Ehm, me li hai tagliati tu, ricordi?»
Hermione lo guardò come se non avesse registrato quelle parole, come se non lo vedesse veramente.
«Do-dove siamo, Harry? Come siamo usciti da Hogwarts?»
Harry sgranò gli occhi e schiuse la bocca. «Hogwarts? Hermione, non siamo tornati a Hogwarts quest'anno, ricordi?», le chiese sbigottito, ormai spaventato dalla piega che stava prendendo quella conversazione. «Stiamo ancora cercando gli Horcrux.»
«C-cos'è un Horcrux?», indagò lei confusa. «E non mi hai detto… dove siamo?»
Il giovane la osservava, sempre più preoccupato e terrorizzato.
«S-siamo a Villa Conchiglia, da Bill e Fleur…»
«Bill e Fleur hanno una casa?»
Harry annuì. «Beh, dopo il matrimonio era ovvio che cercassero una sistemazione loro, non trovi?»
Commentò ancora, più per verificare che si fosse sbagliato che per scherzare. I suoi timori, però, vennero confermati quando la giovane gli chiese di quale matrimonio stesse parlando.
«Harry… Che cos'è successo?»
Il Prescelto trasse un respiro profondo e chiuse gli occhi.
«Siamo stati catturati... se-sei stata t-torturata da Bellatrix, ricordi?», la aggiornò con cautela.
La ragazza dischiuse le labbra e poi scosse la testa.
Quello spiegava il dolore che avvertiva ovunque, almeno.
«Hermione, qual è l'ultima cosa che ricordi?», chiese il Grifondoro, iniziando a temere che la sua amica avesse subito danni più profondi di quelli fisici e che necessitasse di più cure, di qualcuno di veramente esperto e non dell’aiuto di un membro dell’Ordine che aveva studiato le cure alle ferite di guerra più frequenti nel giro di qualche mese.
«Io...» mormorò debolmente lei, premendo le dita contro le tempie.
Fu in quel momento che Draco Malfoy fece il suo ingresso nella stanza, tutto trafelato; stava parlando con Lupin degli eventi a Malfoy Manor e, non appena Ron era apparso sulla porta per avvisare che Hermione si era svegliata, si era precipitato da lei.
Lo sguardo della giovane Grifondoro saettò su di lui, che la guardava sollevato e faceva per avvicinarsi al suo capezzale.
Hermione sussultò.
«Che ci fa lui qui?», domandò gelida, socchiudendo gli occhi. «E perché è qui da trenta secondi e non mi ha ancora insultata?»
Draco si congelò sul posto.
«Gr-Granger, co-cosa stai dicendo?» farfugliò con voce tremula.
Era la prima volta che Hermione sentiva la voce di Draco Malfoy vacillare.
Lei non gli rispose, e si voltò invece verso Harry.
«Harry?»
Cercò con lo sguardo l'aiuto del suo amico, ma lui era come pietrificato dallo shock.
«Harry! Che ci fa Malfoy nella mia fottuta stanza?»
Non solo continuava a chiamarlo per cognome, - un cognome che in quel momento non voleva neanche sentire -, ma lo pronunciava come se fosse una qualche specie di insulto, in un modo che fu per Draco come ricevere un pugno nello stomaco; era da tanto tempo che non sentiva Hermione associare il suo nome a quel tono pieno di astio.
«Herm…» sussurrò Harry, riscuotendosi. «Mal-Draco è con noi. È dalla nostra parte, ora.»
Si corresse, all’occhiataccia da parte del Serpeverde quando stava per usare il suo cognome.
Draco iniziò a tremare. «Potter, cosa significa? Che cazzo sta succedendo?»
La Granger continuava a guardarli come se fossero due alieni e lei fosse finita in un universo alternativo o fosse vittima di un grandissimo scherzo epocale.
Harry deglutì. Ron entrò nella stanza sorridendole, ma, notando la tensione nell'aria, si fece subito preoccupato.
«Hermione, qual è l'ultima cosa che ricordi?», le chiese nuovamente il moro.
«Non lo so, Harry. Sei arrivato a cena con il volto coperto di sangue... in Sala Grande… a Hogwarts… E poi... poi...», si batté il palmo della mano sulla fronte. «Non so, Harry.»
Draco si sentì come se il pavimento gli forse scomparso da sotto i piedi.
«Hermione... cerca di non andare nel panico, ma… quello è successo un anno e mezzo fa» biascicò Harry sconvolto.
«C-cosa?»
Hermione guardò Ron in cerca di aiuto. «Volete dire che non ricordo un anno e mezzo della mia vita?»
«Troveremo una soluzione, Herm», cercò di tranquillizzarla il rosso. «Avviseremo subito Lupin, sicuramente lui saprà aiutarci. Andromeda è molto brava con queste cose, con la roba che riguarda la mente e anche con gli incantesimi e le pozioni di guarigione…»
Draco era rimasto immobile, in silenzio, a guardarla.
Tutto ciò a cui riusciva a pensare in quel momento era che lei non ricordava nulla dell'evoluzione del loro rapporto durante il sesto anno, né tanto meno di quello che era successo dopo.
«Malfoy, ti dispiace uscire?», sbottò Hermione a quel punto; era già abbastanza orrendo quello che stava passando, non voleva che proprio lui fosse lì a farne da testimone.
Draco deglutì.
«G-Granger...» nella sua voce c'era quasi una punta di supplica.
«Voglio dire, perché sei ancora qui in primo luogo?»
Il biondo aprì la bocca per parlare, ma non riuscì ad emettere alcun suono e la richiuse.
«E come potete voi» aggiunse volgendosi a guardare Harry e Ron, «fidarvi davvero di lui?» «Inizialmente ci siamo fidati di te, veramente», le spiegò Ron, grattandosi la nuca a disagio. «Sei stata tu, con Silente, a metterlo sotto la protezione dell'Ordine.»
Hermione sgranò gli occhi.
«Ha stretto il Voto e poi lo abbiamo visto in questi mesi, n-non è più il Malfoy dei primi anni a Hogwarts...» aggiunse Harry un po’ impacciatamente.
«È… a posto, davvero», gli diede man forte il rosso, non credendo neanche lui stesso di aver veramente definito Malfoy ‘uno a posto’. 
Draco si era voltato di spalle e aveva preso a sfregarsi le mani sul volto.
‘Non sta succedendo davvero’, continuava a pensare nel panico.
Realizzò in quell'istante che se Hermione non avesse recuperato la memoria, lui l'avrebbe persa. Non riusciva ad immaginarsi nessuno scenario in cui potesse portarla a voler stare con lui senza quei tasselli mancanti.
«Non capisco...» mormorò perplessa Hermione. «Io
Harry le si sedette accanto, facendo attenzione a non farle male.
«Avete passato quasi tutto il sesto anno insieme, Hermione. Lo hai aiutato, voi...»
«Per la cronaca, non ci hai detto nulla fino alla fine» precisò Ron. «Io non ti avrei mai fatto stare da sola con lui, credevo passassi il tuo tempo con McLaggen.»
Un'espressione perplessa apparve sul volto di Hermione. «Cormac McLaggen? Perché avrei dovuto...»
«Stavate insieme, durante il sesto anno. Credo aveste un qualche accordo da amici con... benefici... mi pare tu lo abbia chiamato così» spiegò Ron, arrossendo. «Te lo dico perché lui è qui e non ha preso bene la notizia di te e M-Dr-»
«Non è possibile!», esclamò la ragazza, rossa come un pomodoro e palesemente scioccata; sembrava non aver sentito la parte finale di ciò che le stava dicendo l’amico. «Io e... McLaggen? Insieme?»
Come se si fosse sentito chiamato in causa, il ragazzo fece capolino nella stanza; era accigliato, probabilmente per la reazione di Hermione alla notizia di loro due insieme.
Lei arrossì violentemente quando lo vide.
«Non ricorda l’ultimo anno e mezzo», lo avvisò Harry, per metterlo in guardia.
«Se l’idea di noi due ti sembra assurda, Hermione, aspetta di sapere di Malfoy», le disse allora Cormac, in tono asciutto.
Nessuno rise. Anzi, il tempo sembrò fermarsi e nessuno sembrava aver più bisogno di respirare per vivere. Draco strinse le mani sui bordi della scrivania dietro di lui.
«Malfoy cosa?», domandò caustica la ragazza, scrutando il biondo con la coda dell'occhio, ma senza distogliere lo sguardo dai suoi amici.
«Dannazione, McLaggen! Chi cazzo ti ha avvisato?», borbottò impercettibilmente Ron; di certo quella notizia non le andava rivelata in quella maniera!
«Ecco, Hermione…» provò ad iniziare Harry, cercando le parole migliori per dare spiegazioni alla giovane amica.
«Potter» lo interruppe Malfoy, allarmato. Scosse la testa per avvisarlo di non dire niente.
Hermione non avrebbe capito; non era il modo, né il momento, né tanto meno il contesto adatto per dirglielo.
Ma Cormac ignorò l’avvertimento.
Ovviamente.
«Tu e Malfoy andate a letto insieme», terminò la frase iniziata dal moro.
Tutti i presenti si voltarono a guardarlo, con gli occhi sgranati, raggelati; poi Hermione scoppiò a ridere.
«Bella questa!», aveva le lacrime agli occhi. «Cioè, non esattamente, ma almeno ora so che mi state prendendo in giro. Ben fatto ragazzi!»
Poi si voltò a guardare Draco, con un’espressione genuinamente stupita dipinta sul volto.
«Come hanno fatto a coinvolgerti in questa... questa cosa?» gli chiese, mentre si asciugava le lacrime. «E complimenti anche a te, davvero. Normalmente saresti fuggito in bagno a vomitare solo all'idea, tipo.»
«Granger, smettila», replicò lui con tono fermo; era emotivamente provato ed era palese.
«Non stanno scherzando. Abbiamo una relazione e avrei voluto dirtelo diversamente vista… la situazione» spiegò scoccando un'occhiataccia a McLaggen e sottolineando il termine 'relazione', che al Grifondoro proprio sembrava non voler entrare in testa quando si parlava di loro due.
Hermione si fece gravosamente seria.
«Non è divertente» disse, irritata. «Non ricordo nulla e voi decidete di prendermi in giro così?»
Si voltò a guardare Harry e Ron e li fulminò con lo sguardo. «Che razza di amici siete?»
Draco imprecò, mordendosi un pugno per non gridare dalla frustrazione.
«Hermione, è tutto vero» confermò Harry a disagio. «Tu e Mal-Draco vi siete... avvicinati molto durante il sesto anno e... ancora di più dopo. Credimi è stata una sorpresa per tutti, probabilmente anche per voi stessi... ma...»
«Voi seriamente vi aspettate che dopo anni in cui non ha fatto altro che insultarmi e deridermi e denigrarmi, io possa credere di avere una storia con Draco Malfoy
«Hermione» si inserì cautamente Harry, più per impedire all'amica di dire qualcosa che poi avrebbe rimpianto.
«Io non potrei mai stare con... lui» sbottò disgustata e indignata, ma tremò leggermente quando incrociò lo sguardo ferito di Draco che la fissava come se lo avesse appena Cruciato e fosse sul punto di dire qualcosa, ma senza effettivamente dire niente.
Cormac quasi scoppiò a ridere alla reazione della ragazza.
«Ti diverte, McLaggen?» ringhiò allora Draco, facendo un passo verso di lui.
Harry gli posò una mano sul petto e urlò a Cormac di uscire e di darsi una regolata, rimproverandolo per il suo comportamento che non era per niente consono alla situazione.
Il biondino si tirò indietro, poggiò la schiena contro il muro e chiuse gli occhi per calmarsi.
Non ci faceva una bella figura aggredendo McLaggen davanti a lei e doveva stare attento ad ogni sua mossa, a quel punto.
«Hermione, per favore» mormorò Draco dopo aver respirato a fondo. «Permettimi di raccontarti… di spiegarti...»
«No. Non voglio sentire niente uscire dalla tua bocca! Ho sentito a sufficienza da averne abbastanza per il resto della mia vita! Non crederò mai a nessuna parola che dirai!» troncò il discorso sul nascere lei.
Non riusciva a capire, proprio per niente.
Le sembravano tutti impazziti.
Il biondino la guardò boccheggiando; sentiva il respiro farsi sempre più irregolare e il suo cuore non riusciva a battere normalmente.
«Draco, forse potresti provare a capire cosa le succede con la Legilimanzia» propose Ron a quel punto, ormai disperato di risolvere la situazione.
«Tu devi essere completamente impazzito, Ronald Weasley!» urlò Hermione nell'udire quelle parole. «L'ultima volta che abbiamo parlato, Harry era convinto che fosse diventato un Mangiamorte e ora tu proponi di permettergli di entrarmi in testa
Sentirono McLaggen borbottare qualcosa di molto simile a un «oh, lo hai lasciato entrare in parti ben più intime» dal corridoio e Draco fu tentato di uscire a mollargli un cazzotto in faccia.
Hermione arrossì e si portò le mani sul volto.
Le veniva da piangere; non ricordava nulla, ed era confusissima e nessuno di loro sembrava intenzionato a dire una singola cosa che avesse senso.
«Io non... voglio restare da sola» sentenziò alla fine, «andatevene via, tutti
 
Draco uscì dalla stanza come una furia e si rinchiuse nella camera che gli avevano designato prima che dicesse a Bill e Fleur che sarebbe rimasto con la Granger.
A quanto pareva, quella sistemazione gli sarebbe servita; almeno era di fronte a quella di lei.
Si tolse rapidamente la cravatta e poi gettò la camicia su una sedia; gli sembrava di soffocare. Prima che potesse anche solo pensare di occludere, iniziò a singhiozzare.
L'aveva persa e non poteva fare niente.
Hermione non avrebbe mai capito, non lo avrebbe mai ascoltato. Pensò con amarezza che se lo meritasse, dopo tutto quello che le aveva fatto.
Dopo tutto quello che la sua famiglia le aveva fatto.
Posò lo sguardo sul Marchio Nero che imbrattava il suo candido avambraccio sinistro e una smorfia disgustata comparve immediatamente sul suo viso; se Hermione lo avesse visto ora... Quanto poteva cambiare il percorso di una persona, le sue azioni e reazioni, se un evento fosse accaduto in un momento diverso? Cosa avrebbe fatto vedendolo ora, in circostanze diverse, quando non lo aveva mai visto in condizioni di estrema vulnerabilità? Avrebbe avuto paura? Lo avrebbe considerato capace di fare le cose che facevano i Mangiamorte?
Draco tirò un pugno contro il muro.
C'era stato un momento in cui aveva pensato che la parte difficile in tutto quello sarebbe stata ammettere di aver avuto torto per tutta la sua vita, voltare le spalle a tutto quello che gli era stato insegnato fin dalla nascita, alla sua famiglia; invece, si rendeva ora conto che la parte difficile era più a lungo termine: era convivere con il sé stesso del passato e con quello che aveva fatto.
 
Harry guardò Draco correre via dalla stanza, ma non si mosse. Ron si era dileguato subito dopo il Serpeverde; aveva brutte esperienze con la ragazza quando era fuori controllo come in quel momento.
«Anche tu, Harry. Fuori.» ordinò Hermione. «Ho bisogno di... pensare
Harry annuì e si diresse verso la porta. Esitò però un momento prima di uscire e lasciarla sola. «Hermione, so che è complicato e difficile da capire, ma… non essere troppo dura, con lui» le consigliò. «Da quello che mi hai detto e che ho visto di voi due... Diciamo solo che potresti pentirtene, un giorno.»
Hermione scoppiò a piangere due secondi dopo che Harry ebbe chiuso la porta alle sue spalle.

*

Hermione non aveva voluto mangiare, né vedere nessuno per il resto della giornata e per tutta quella seguente, nonostante i suoi amici e Draco avessero tentato più volte di parlarle.
Aveva pianto e dormito; e aveva cercato di capire perché non ricordava nulla e come fosse finita in una relazione con Malfoy che, sorprendentemente, non sembrava turbare i suoi amici.
Quel giorno si era svegliata e aveva fame, ma quando Fleur era salita a controllarle la ferita sul braccio, aveva optato per lasciarla scoperta perché, secondo lei, la benda la stava irritando di più.
E Hermione l’aveva vista.
Sanguemarcio.
Marchiata. Bellatrix Lestrange l’aveva marchiata e l’insulto che l’aveva tormentata per anni sarebbe rimasto inciso sulla sua pelle per sempre.
Fleur le aveva detto che sarebbero rimaste delle cicatrici, da aggiungere a quella sulla gola e a quelle sui polsi. Non ricordava come se le fosse procurate.
Stava fissando quelle lettere orrende forse da ore, con le lacrime agli occhi; sobbalzò quando udì qualcuno schiarirsi la gola. Non aveva sentito la porta aprirsi, né i passi di nessuno, tanto era assorta nei suoi pensieri.
Tra tutte le persone che potevano sorprenderla in quel momento di debolezza, ovviamente, doveva capitarle Malfoy.
E la stava guardando con evidente preoccupazione sul volto; preoccupazione che lei non era intenzionata a tenere in considerazione.
«Non voglio parlare con te.»
Draco deglutì e sospirò. «Volevo solo chiederti se ti andasse di mangiare qualc-»
«Non ho fame. Possiamo evitare… questo?» lo interruppe brusca. «Non mi sento a mio agio avendoti attorno.»
Il Serpeverde dischiuse le labbra a quelle parole, ferito, nonostante la consapevolezza che la ragazza versasse in uno stato confusionale e che era un po’ sciocco da parte sua pensare che potesse semplicemente accettare la sua presenza facendole vedere che non aveva la minima intenzione di ferirla.
Lei non ricordava niente; non si ricordava di Draco, ricordava solo Malfoy.
«Come desideri», mormorò con voce spezzata, sentendo il suo cuore sprofondare.
Si diresse verso la porta, ma prima di uscire si fermò per un momento e si voltò di nuovo a guardarla.
L’aveva vista fissare quella cicatrice; lui sapeva cosa si provasse ad avere un marchio imposto da altri sul proprio avambraccio, permanente e indesiderato.
«Granger, sai che cosa mi hai detto quando ti ho parlato del fatto che vedere il Marchio sul mio braccio mi disgusta?» le disse dolcemente. «Che non vuol dire niente, perché non lo volevo davvero. Neanche il tuo ha significato.»
Voleva solo… farla sentire meglio. Anche se lo avrebbe cacciato. Anche se non avrebbe mai accettato i suoi consigli o il suo tentativo di consolarla. Ma lui doveva farlo ugualmente, doveva provarci.
«E invece è diverso, Malfoy. Magari il Marchio non vorrà dire niente perché, a quanto pare, non ti rappresenta, non più almeno... Ma questo» rispose indicando la scritta Sanguemarcio sul suo avambraccio «è ciò che sono. Ciò che sono sempre stata e sempre sarò.»
«Granger...»
«No, non osare. Non proprio tu, tu che per sei anni non hai perso occasione per assicurarti che non dimenticassi cosa sono» sbottò lei con le lacrime agli occhi. «Eccoti accontentato, Malfoy. Non devi più dirlo, lo leggerò ogni fottuto giorno della mia vita!»
Draco impallidì e si congelò sul posto; non era preparato a sentirsi dire quelle parole, non con tutto quel rancore, quella rabbia, quell’odio.
Non gli aveva mai parlato in quel modo prima; non quando il discorso era indirizzato a lui, perlomeno.
Aprì la bocca per dire qualcosa, ma le parole gli morirono in gola; le braccia gli ricaddero lungo i fianchi e chiuse gli occhi, sconfitto.
Sospirò.
Solo qualche giorno prima aveva fatto l’amore con lei e ora… ora lo guardava come se fosse un essere vile verso il quale non poteva provare altro se non repulsione.
Si chiese se non fosse ancora al Manor in realtà; se qualcuno, Bellatrix o Lucius, non stesse giocando con la sua testa, per torturarlo.
«Granger», rispose con un filo di voce. «Io non le penso più quelle cose…»
‘Non ricorda niente’, si ripeteva come un mantra. ‘Non sa, non ti conosce veramente. Abbi pazienza. Dalle modo di vederti per quello che sei, di riprendersi, di capirti.’
«E credi che questo sia sufficiente, per me?» sibilò incredula la ragazza. «Credi che cambiare idea, per quanto possa essere onorevole ammettere di aver sbagliato, ti dia il diritto di potermi consolare su questo
Sollevò l’avambraccio, ma senza esporre la cicatrice.
«Risparmiami almeno l’ipocrisia, Malfoy.»
Draco rimase a fissarla sbattendo le palpebre. «Volevo solo farti sentire meglio.»
«Non è il tuo compito. Non ho bisogno di te.»
Il biondino annuì lentamente e uscì dalla stanza senza aggiungere altro, ma con lo sguardo basso e gli occhi che pizzicavano.
 
«Non essere troppo dura con lui, potresti pentirtene, un giorno.»
Le parole di Harry l’avevano tormentata per tutto il resto della giornata.
Draco non si era più fatto vedere, ovviamente.
Avrebbe dovuto esserne contenta, ma non lo era.
Non capiva neanche lei perché si sentisse così a disagio con il modo in cui lo aveva trattato.
‘È Draco Malfoy!’, si rimproverò nella sua testa. ‘Malfoy! Ti ha sempre denigrata e ora ti preoccupi di ferire i suoi sentimenti?’
Ma era anche il suo ragazzo, a detta di tutti. E se era il suo ragazzo voleva dire che non era veramente, o comunque non più, quello che ricordava lei.
Si morse una guancia e guardò fuori dalla finestra.
Era notte fonda.
Picchettò le dita sul materasso, nervosamente, poi decise all'improvviso.
Sarebbe andata a parlare con Malfoy.
La persona che aveva visto in quella stanza cozzava troppo con quella che era abituata a incrociare nei corridoi della scuola… Draco era divenuto, ai suoi occhi, un enigma. E ciò voleva dire che ne era incuriosita, che non sarebbe stata in grado di tenersi a distanza, anzi, tutto il contrario.
Un milione di domande le ronzavano in testa, negandole il sonno.
Doveva capire, o sarebbe impazzita.
Con estrema fatica si mise a sedere, ignorando le proteste del suo corpo che, ancora dolorante per via della Cruciatus, implorava di restare a letto.
Ma ormai Hermione aveva deciso; si aiutò con le mani per costringere le sue gambe a mettersi in piedi, notando che anche il braccio sinistro irradiava un dolore allucinante, specie sotto sforzo.
Però doveva necessariamente raggiungere la camera di Malfoy, che a quanto aveva sentito dalle voci nel corridoio quella mattina era di fronte alla propria.
Rischiò di cadere diverse volte, ma riuscì ad impedirlo trovando sostegno su mobili e muri.
Quando finalmente fu fuori dalla sua stanza, studiò un modo per raggiungere la porta del Serpeverde senza supporto, dato che il corridoio era molto largo, ma non riuscì a pensare a niente. La testa le pulsava. Si convinse che poteva fare qualche passo autonomamente e prese a camminare, ma cadde a metà strada; dovette strisciare fino alla porta, pregando che nessuno l'avesse sentita.
Prima di bussare, voleva sollevarsi facendo leva sul muro per non farsi vedere in quello stato, ma Malfoy aprì la porta di scatto facendola sussultare.
La trovò scomposta per terra, con la testa china a fissare il pavimento, in evidente imbarazzo.
«Granger, che cazzo stai facendo?»
La ragazza alzò lo sguardo e lo guardò con gli occhi assottigliati.
«Inseguivo i Gorgosprizzi» rispose sprezzante.
Una strana smorfia comparve sul volto di Draco.
«Parli come la Lovegood. Che accidenti sono i Gorgosprizzi e perché vuoi inseguirli anche tu?»
Hermione non riuscì a trattenere una risata e si portò le mani sulla bocca per soffocarne il suono.
Draco la guardava perplesso.
«Granger, stai bene?» le chiese, chinandosi su di lei per aiutarla a rialzarsi.
‘Dannazione, tutta colpa di quelle maledette pozioni. Sarei più lucida persino dopo mezza bottiglia di Firewhiskey!’, imprecò mentalmente la giovane.
«Non avresti dovuto alzarti. Dora ha detto che devi riposare finché non ti sarai ripresa completamente.»
«Ce la faccio» lo liquidò lei, respingendo la mano del giovane.
E aveva appena chiamato Tonks ‘Dora’?
Tonks era andata a visitarla quel pomeriggio, anche per portare a sua madre informazioni circa il suo problema con i ricordi e capire che genere di pozioni portarsi dietro quando sarebbe andata a farle visita.
Draco chiuse gli occhi e respirò a fondo, ma non si allontanò da lei. Sapeva benissimo quanto potesse essere cocciuta e in quel modo, almeno, non avrebbe fatto questioni e al contempo se fosse caduta avrebbe potuto afferrarla.
«Allora, si può sapere che diavolo pensavi di fare?»
Hermione, che ormai si era rialzata e si sosteneva abbracciando il rientramento della porta, gli scoccò un'occhiataccia.
‘No, proprio non capisco come possa essere finita con Malfoy.’
«Stavo venendo da te» replicò sardonica, salvo poi arrossire rendendosi conto dell'orario molto inopportuno per presentarsi alla porta della camera da letto della gente.
Si maledisse per non aver riflettuto sulla questione anche solo un istante in più.
Si aspettava una serie di battute da Malfoy, ma lui non ne fece alcuna.
Restò lì a guardarla con le labbra leggermente schiuse, genuinamente sorpreso; i suoi occhi grigi tremarono di speranza. Osservandoli, Hermione notò che il giovane aveva delle borse violacee sotto gli occhi.
Forse sta avendo problemi a dormire’, pensò. L'alternativa era che avesse pianto, ma le riusciva difficile immaginare Malfoy che piangeva.
«Allora, posso entrare o dobbiamo parlare qui fuori?» lo incalzò lei, guardandosi attorno impaziente e a disagio.
Non voleva che la vedessero.
Il biondo annuì e le fece spazio per passare, afferrandola prontamente quando ella perse l'equilibrio.
La sentì irrigidirsi al suo tocco quando le mise una mano attorno alla vita per guidarla e lui cercò di tenere a bada il suo cuore, il quale avvertiva delle stilettate ogni volta che la ragazza aveva delle reazioni del genere a lui.
«Siediti» le disse, avvicinandola al letto.
Lei sembrò esitare, così Draco precisò che si sarebbe seduto sulla sedia di fronte a lei e non al suo fianco sul materasso.
Quando la lasciò andare, sotto la luce lunare che filtrava dalla finestra, Hermione notò per la prima volta che la camicia di Draco era aperta. Distolse lo sguardo imbarazzata.
Il biondo se ne accorse e fu tentato di sorridere, ma si costrinse a non farlo, stabilendo che ignorare la questione fosse la mossa più saggia in quel contesto.
«Volevi dirmi qualcosa, Granger?»
«Io...» la voce di lei era un sussurro quasi impercettibile.
Cosa voleva dirgli? Perché era andata lì? Non sapeva neanche da dove iniziare.
Si portò una mano al collo e prese a torturarselo nervosamente, ignorando il dolore alle braccia, quello alla ferita sulla gola...
«Non farlo, per favore» le disse lui all'improvviso, piantando lo sguardo sul mare lontano fuori dalla finestra. «Non toccarti il collo in quel modo.»
Hermione arrossì.
Dal tono che aveva usato Draco capì che quella doveva essere una cosa che le aveva detto più volte di non fare o che ci fosse un qualche discorso alle spalle tra loro al riguardo e di cui lei non ricordava nulla; si chiese se glielo avesse chiesto perché lo irritava, o se invece il problema era che gli piaceva e… non era il caso di dare voce a quei pensieri.
Hermione deglutì e trasse un profondo respiro.
«Ecco, innanzitutto, volevo dirti… insomma, non avrei dovuto dire quelle cose...»
«Non scusarti con me, Granger» la interruppe deciso. «Mai
«Ma sono stata a pensare a come mi sarei sentita io al posto tuo e... sono stata orrenda» iniziò a farfugliare in preda al panico la Grifondoro.
«Granger, sappiamo entrambi che se fossi stato io a perdere la memoria, sarebbe andata molto peggio» tagliò corto lui, con tono amaro.
Rabbrividì al pensiero di quell’eventualità… l’avrebbe persa di sicuro, se fosse capitato a lui. Non c’era modo che sarebbe stato diplomatico al riguardo e una volta sveglio avrebbe avuto alle spalle una serie di danni talmente gravi che non avrebbe potuto porvi rimedio.
«Mi prenderò qualsiasi cosa tu dirai. Non è che non me lo meriti…»
Hermione lo fissò in silenzio per qualche secondo.
Quello che stava parlando era davvero Malfoy?
«È che... insomma... È assurdo! E sono così... confusa» iniziò a mormorare Hermione. «Come...»
Draco vide che era in estrema difficoltà e ne percepiva la tensione; o forse la tensione veniva da lui, ma non aveva importanza. Decise che avrebbe provato a smorzarla ugualmente.
«Come sei finita a letto con McLaggen al sesto anno?» terminò la domanda per lei, una punta di ironia nel tono della voce. «Ne sarei stato sorpreso anche io, al posto tuo. Onestamente, non ho mai capito cosa ci trovassi in lui.»
Hermione sbatté le palpebre per qualche istante, priva di espressione.
Malfoy aveva... fatto una battuta?
Improvvisamente, senza rendersene conto né riuscire a controllarsi, scoppiò a ridere.
Le sopracciglia di Draco scattarono all'insù sorprese, ma il suo cuore perse un battito; averla fatta ridere suonava come una piccola vittoria. Poi, però, una smorfia di dolore apparve sul viso della giovane. Le faceva ancora male ogni singola parte del corpo e ridere in quel modo non le era di alcun aiuto fisicamente. Hermione si portò un braccio a cingersi l'addome e provò a respirare a fondo.
«Stenditi, Granger» le ordinò Malfoy, ma c'era dolcezza nella sua voce; così come c'era delicatezza nei suoi movimenti mentre la aiutava a distendersi sul letto.
Ciò destabilizzò la Grifondoro ancora di più.
«Non lo so, sinceramente» disse lui dopo qualche istante di silenzio. «Non so come sia possibile che tu abbia iniziato a... provare qualcosa per me. Non ho una risposta da darti in merito a questo.»
Non sapeva come definirlo, quello che avevano. Non aveva neanche la minima idea di cosa Hermione provasse per lui, non avevano mai approfondito l'argomento. Sapeva che lui era innamorato di lei e che in qualche modo lei teneva a lui, tanto gli bastava; era comunque più di quello che meritava, più di quello che si aspettava di poter avere.
«Mi riesce ancora più difficile pensare a te che inizi a provare qualcosa di positivo per me, Malfoy» gli disse scettica, mentre cercava di sistemarsi il più comodamente possibile.
«Tu mi hai salvato, Granger. Il resto è successo e basta», disse semplicemente lui.
«E con... Sai, Sanguemarcio, Purosangue e tutta quella roba lì?»
Draco chiuse gli occhi e trasse un respiro profondo. «Non mi interessa più nulla del sangue. Da tanto tempo, ormai...»
Hermione si morse l'interno della guancia e si fece pensierosa.
Era strano sentire quelle parole uscire dalla bocca di Draco Malfoy. Le sembrava di parlare con qualcun'altro, come se questo Draco e quello di cui aveva memoria fossero due persone distinte.
Non riusciva a capire come potesse essere così diverso. Persino i suoi lineamenti sembravano diversi ora, più… dolci.
«Odio tutto questo. Odio non ricordare» ammise con frustrazione.
«Non sai quanto lo odi io, Granger.»
«Cosa credi che mi sia successo?» gli chiese dopo un po'. «Mi hanno obliviata
«Non so... Sto cercando di capire, ma sicuramente non sei stata obliviata
«Come fai ad esserne sicuro?»
Il volto di Draco si indurì e un lampo di sofferenza attraversò le sue iridi grigie; lo vide stringere le dita delle mani attorno ai braccioli della sedia con tale forza da farsi diventare bianche le nocche.
«Perché mi hanno costretto a guardare mentre ti torturavano... Per tutto il tempo» rispose, con un tono di voce che rassomigliava vagamente il verso di un animale ferito. O incazzato.
O ferito e incazzato allo stesso tempo.
«Non hanno usato Incantesimi di Memoria.»
Hermione trasalì. Cercò di immaginare cosa si provasse ad essere costretto a vedere il proprio ragazzo contorcersi sul pavimento del salotto di casa propria sotto la Maledizione Cruciatus e deglutì; non riusciva neanche a farsene una minima idea.
«Potrebbe... Potrebbe essere un effetto della Cruciatus, quindi» constatò con voce tremula.
Se la sua perdita di memoria fosse dovuta alle torture subite, avrebbe avuto poche speranze di recuperare i suoi ricordi. E doveva esserne consapevole anche Draco, perché sul suo viso comparve una smorfia di dolore e si morse la lingua pur di non proferire parola sull’argomento.
La Grifondoro non sapeva cosa dire in merito a quell'eventualità, stavano camminando su un campo minato; così, dopo qualche minuto di silenzio, decise di cambiare discorso.
«Quindi... Aiutami a capire. Cos'è che siamo noi due?» domandò esitante. «Abbiamo una qualche specie di accordo, come quello che Ron dice che avevo con McLaggen?»
Draco la guardò come se non la vedesse; entrambe le sopracciglia erano sollevate e le parole gli mancarono per qualche secondo.
«Come scusa?»
Hermione arrossì. «Si, beh... Io, immagino che... Abbiamo un qualche tipo di accordo, una... data di scadenza, ecco» farfugliò mentre si guardava le mani, incapace di sostenere lo sguardo del giovane difronte a sé.
«Una... cosa? Granger, di che cavolo stai parlando?»
«Io sono una Nata Babbana» asserì concisa lei. «Immagino che quando tutto questo sarà finito, dovrai vagliare delle opzioni più... Idonee
La mascella di Draco cadde; riconosceva la legittimità della domanda, dal momento che la ragazza non ricordava nulla della loro storia, ma non poteva fare a meno di chiedersi se Hermione pensasse quelle cose anche prima. Se il suo rifiuto di discutere di un futuro insieme, dipendesse da quello. Se ne fosse così convinta anche prima e quella notte nella tenda avesse troncato il suo discorso perché non voleva sentirgli dire cose che lei reputava non si sarebbero mai concretizzate. Si chiese se, paradossalmente, anche lei stesse prendendo ciò che poteva e che lui voleva concederle, esattamente come stava facendo lui con lei.
‘No’, si disse. Lei doveva sapere che lui ci teneva veramente, a quel punto doveva averle fatto capire che desiderava un futuro per loro, che avrebbe lottato contro il mondo intero se necessario per difendere quello che stavano costruendo insieme.
La voce di Hermione lo riportò alla realtà.
«Quindi, immagino che abbiamo messo in chiaro delle cose, definito delle regole o... non so, che abbiamo fatto delle premesse, o che ci siamo posti dei limiti...»
«No», ribatté Draco seccamente, lasciandosi sfuggire una fugace smorfia di disgusto. «Abbiamo una relazione, Granger. L'unica cosa che ho messo in chiaro con te prima che iniziasse è che non me ne frega più un cazzo di tutta quella merda purosanguista.»
Hermione sbatté le palpebre sorpresa e dischiuse le labbra per lo stupore.
Era sempre più confusa; quindi… aveva una storia seria con Malfoy? Come poteva accettare quell'eventualità quando nella sua mente piangeva ancora Cedric?
«Ma la tua famiglia fa parte delle Sacre Ventotto...»
Forse, pensò, non si erano posti il problema, reputandosi troppo piccoli per pensare così in là nel futuro; però poi Hermione ricordò che i Maghi, specialmente quelli Purosangue, si sposavano molto presto, la maggior parte poco dopo aver terminato gli studi ad Hogwarts.
Draco doveva averci pensato.
«Anche quella di Weasley, ma se fosse stato lui al mio posto non avresti mai tirato in ballo questa cosa, vero?»
La ragazza gli scoccò un'occhiataccia. «Beh, scusami, ma è un attimino diverso, non trovi?» sbottò saccentemente lei, risollevandosi a sedere con fatica.
«Ron non ha mai avuto problemi con... le mie origini. È perfettamente normale che non mi sarei posta queste domande, se fosse stato lui.»
Draco si passò la lingua sui denti, senza mai distogliere lo sguardo dalla giovane davanti a lui. Aveva ragione Hermione, ovviamente, ma lui si rifiutava categoricamente di pensare all'eventualità che lei non avesse capito proprio nulla delle sue intenzioni con lei.
‘Non ricorda, non ricorda, non ricorda’, rammentò a sé stesso. ‘Abbi pazienza, abbi pazienza, abbi pazienza.
«Non posso credere che non abbiamo affrontato la questione» borbottò indignata e perplessa.
«Non ce n'è stato bisogno, Granger!» proruppe il biondo, scattando in piedi.
Quante volte glielo doveva dire?
«Dannazione! Non mi sono neanche posto il problema perché per me depennare il nome dei Malfoy da quella fottuta lista non sarebbe affatto un problema!»
Draco si passò una mano tra i capelli, poi inspirò ed espirò a fondo per calmarsi; ancora una volta, cercò di ricordare a sé stesso che non era colpa di Hermione, che lei non aveva tutti i tasselli della situazione e i dubbi che stava esternando sulla natura della loro relazione erano più che leciti, visto che l'unica cosa che ricordava di lui erano i loro precedenti orrendi. Ma la cosa che lo feriva di più era il fatto che si stava rendendo conto che, privata di quello che avevano vissuto insieme, Hermione stava ragionando come Weasley quando aveva scoperto della loro storia, prima che il ragazzo si rendesse conto della realtà dei fatti.
«Senti, Malfoy... mi dispiace okay?» la sentì dire a bassa voce. «Ma l'ultima volta che ho avuto una storia seria sono rimasta molto scottata ed è già abbastanza difficile per me venire a patti con il fatto che sia andata avanti con... te, che mi sia fidata proprio di te, visti i nostri trascorsi. Pensare di averlo fatto senza assicurarmi che... fossimo sulla stessa lunghezza d'onda...»
Draco si leccò le labbra e riportò le sue iridi grigie su di lei.
«Anche con Diggory hai pensato a prendere delle precauzioni, Granger?»
Hermione sbiancò e si irrigidì. «Tu... tu sai di Cedric?»
«Lo sanno tutti, ormai» la informò.
La ragazza impallidì e deglutì, ma cambiò rapidamente discorso. Nella sua mente non era passato abbastanza tempo per affrontare la questione di Cedric, e se lo aveva già fatto, non lo ricordava.
«Sto solo cercando di capire...»
«Cosa c'è da capire, Granger?» le chiese esasperato, lasciandosi sfuggire un singhiozzo. «Se non che non mi importa nulla del sangue, che una volta che questa fottuta guerra sarà finita non andrò a cercare proprio un bel niente, perché sei tu tutto ciò che voglio! Tu
Si era praticamente fiondato accanto a lei e le aveva preso il volto con entrambe le mani; era chiaro che volesse disperatamente colmare la distanza tra loro e baciarla, ma Draco si limitò a posare la fronte contro la sua, chiudendo gli occhi.
«Se mi fregasse ancora di quella roba, non sarei qui ora. Mi hai visto affrontare tutto il cambiamento passo per passo, Granger» mormorò. «Mi hai persino aiutato ad aprire gli occhi su alcune cose, consapevolmente o meno. Lo so che è difficile ora credermi sulla parola, ma... Le cose stanno così e basta. Sei tu il mio futuro, se tu lo vorrai.»
Hermione era sopraffatta da tutto quello che le aveva detto, ma non riusciva ancora a lasciar perdere. Voleva, doveva assicurarsi che Draco fosse perfettamente consapevole delle implicazioni di quello che stava dicendo.
«Malfoy...»
«Draco. Chiamami Draco» la supplicò lui con una smorfia di dolore. «Per favore
La verità era che, dopo quanto accaduto al Manor, odiava sentirsi chiamare per cognome da chiunque. E che lo facesse lei, che non lo chiamava in quel modo da un pezzo, gli faceva male.
«È da tanto che non mi chiami più per cognome.»
«Tu lo fai però» notò lei corrugando la fronte.
Draco sorrise.
Eccola, la mia Granger.’
«È più facile del dire Hermione» le rispose ammiccando. «E odi qualsiasi diminutivo.»
Hermione si accigliò.
«D R A C O» scandì il suo nome. «Non è che il tuo nome sia il massimo della normalità!»
Il biondo rise e anche lei si lasciò andare per qualche istante, contenta che la tensione si fosse momentaneamente allentata. E poi battibeccare con lui era stranamente familiare, anche se non avevano mai avuto degli scambi leggeri, come in quel momento, - che lei ricordasse.
«Sì, ma tra ‘Hermione’ e ‘Granger’ c'è differenza. Tra ‘Draco’ e ‘Malfoy’, la difficoltà di pronuncia è uguale.»
Hermione sbuffò e pensò di ribattere, ma non voleva perdere il filo del discorso e tornò seria.
«Senti, Draco... Magari la me con il quadro completo della situazione non aveva la necessità di accertarsi che... Ma io...»
«Chiedi, Granger» si arrese stancamente il biondo, chinando le spalle.
«Quando dici di volere un futuro per noi... Sei consapevole che un futuro insieme potrebbe implicare una... famiglia? Dei figli. Figli che sarebbero mezzosangue...»
Non ci credeva che stesse avendo quel discorso a soli… quanti anni aveva a quel punto? Diciotto?
Draco serrò gli occhi, ma la strinse a sé.
Hermione non capì perché, ma non volle respingerlo.
«Forse non ci hai pensato, io credo davvero che dovremmo stabilire...»
«Non me ne importa niente dello status di sangue, Hermione
Fu percorsa da una scarica elettrica nel sentire Malfoy pronunciare il suo nome e per un istante quasi si pentì di aver insistito perché lo facesse.
Lo studiò con attenzione e sembrava sincero. Annuì e restarono in silenzio per qualche minuto.
Il biondino non era ancora certo di essere sveglio, non avrebbe mai creduto che sarebbe andata da lui… non così presto; sapeva che la sua curiosità prima o poi l’avrebbe comunque portata a farsi domande, l’avrebbe portata alla sua porta, ma non si aspettava minimamente che accadesse nel giro di una giornata.
Hermione riavvertì un certo nervosismo in quel silenzio, mentre altre domande prendevano il posto di quelle a cui aveva appena ricevuto una risposta. Si portò la mano sul collo.
Draco si allontanò da lei di scatto e sbuffò.
«Granger, il collo!» la rimproverò e lei arrossì e istintivamente si morse il labbro inferiore.
«Non ci posso credere.»
Draco si alzò dal letto e andò a posare il capo contro il muro freddo.
«Scusami» disse lei arrossendo. «È istintivo...»
«Si, ma è tutta la sera che cerco di resistere all'impulso di baciarti, Granger. Cerca di capirmi, è... difficile anche per me.»
‘Merlino, quanto è strano sentire Malfoy dirmi cose del genere’, pensò arrossendo se possibile ancora di più.
Draco si passò le mani sul viso e sospirò.
«Dovresti dormire, ora. Vuoi che ti riporti nella tua stanza?»
Hermione non voleva dormire. Aveva altre domande e desiderava udire le risposte più di ogni altra cosa al mondo. Ma il suo corpo non era d'accordo; sentiva le palpebre farsi pesanti e la sua mente scivolare via, verso il mondo dei sogni.
«Ci sarà tempo per le domande, Granger» le assicurò lui. «Ti dirò tutto ciò che vorrai sapere.»
‘E anche di più, se sarà necessario’, precisò mentalmente.
Lei annuì; avvertì le forti braccia di Draco sollevarla e in silenzio riportarla nel suo letto. Avrebbe voluto opporsi, dirgli che sarebbe tornata nella sua camera da sola, ma non ne aveva le forze. Quando il biondo le sussurrò la buonanotte, Hermione era già sprofondata nel mondo dei sogni.

 

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Capitolo 62
*** CAPITOLO 57 ***


CAPITOLO 57

















«Hermione, devi mangiare qualcosa!», esclamò Ron esasperato. «Sono tre giorni che-»
«Ti ho detto che non ho fame, Ronald», ribatté piccata la ragazza. «Smettila di insistere.»
Non era sicura che fosse una conseguenza di quello che le era successo, o se il suo stomaco si fosse chiuso per via della perdita dei suoi ricordi, se fosse una cosa psicologica o meno, se dipendesse dalla quantità esorbitante di pozioni che le stava venendo somministrata, ma Hermione non riusciva a mangiare.
Vomitava ogni volta che provava ad ingurgitare del cibo.
Aveva iniziato ad avvertire un po’ meno dolore in tutto il corpo, però; sperava di essere in grado di rialzarsi presto.
«Ma devi almeno provarci!» insisté il rosso, «giuro che ti metto sotto Imperius se non mangi neanche oggi!»
Hermione sbuffò.
«Se anche solo provi a fare un qualsiasi incantesimo alla mia ragazza, Weasel, ti mostro come Tu-Sai-Chi mi ha insegnato ad usare la Cruciatus.»
La ragazza trasalì nel sentire la voce di Draco Malfoy riecheggiare nella stanza.
Se ne stava con una spalla appoggiata allo stipite della porta e li guardava con un sopracciglio alzato; in mano aveva un libro e una mela verde.
‘Cos’è con questo ragazzo e le mele verdi?’, pensò Hermione.
«Vedo che hai intenzione di fare una buona impressione, Malfoy» lo sfotté il rosso. «Non vuole mangiare. Di nuovo
Uno dei ghigni alla Malfoy vecchia scuola comparve sul suo viso.
«Mangerà» disse risoluto.
Hermione sollevò le sopracciglia. «Ah, sì?» commentò con il suo tono saccente.
Il sorriso di Draco si allargò. «Sì.»
«Fammi capire, sei uno di quei ragazzi che credono di poter controllare ogni singolo...»
Hermione era già partita a razzo, Draco stava davvero giocando con il fuoco; la notizia della loro relazione le sembrava ancora lo scherzo più strano del mondo e l'impulso di prenderlo a pugni era ancora molto forte nella sua mente.
«Dico solo che hai delle domande, Granger» la interruppe lui con tono finto innocente. «E se vuoi le risposte, temo, dovrai mangiare. Sono tre giorni che non mandi giù niente.»
La mascella di Hermione cadde a terra.
«Stai scherzando!», esclamò indignata.
«Niente affatto, hai bisogno di forze, per questo» constatò lui, annuendo per avvalorare la sua argomentazione.
«Non puoi ricattarmi in questo modo-»
«D'altronde, sono io quello con cui devi avere a che fare. Vuoi davvero affrontarmi a stomaco vuoto?», aggiunse sarcastico lui, ignorando la sua protesta.
Hermione assottigliò gli occhi. «Tu! Brutto, perfido-»
«Lurido, schifoso, scarafaggio? Sì, già sentita, Granger.»
«Stavo per dire bastardo manipolatore, ma anche quella può andare, vedo che ha attecchito.»
Draco le rivolse un sorrisetto impertinente, mentre si trascinava lentamente per la stanza e si lasciava cadere sulla poltrona accanto al letto della ragazza; scrollò le spalle fingendo nonchalance.
«Ho tutta la giornata, Granger. Sono venuto preparato» disse sfidandola con lo sguardo, indicando il vecchio libro; diede un morso alla mela.
Hermione borbottò qualcosa di poco carino sui Serpeverde in risposta, ma le sue parole si persero nel frastuono che causò Harry entrando nella stanza e inciampando in un cesto di fiori che era stato abbandonato accanto all'entrata.
«Che accidenti?»
«Luna…» spiegò distrattamente Ron.
Harry si guardò intorno per la prima volta e quasi scoppiò a ridere di fronte alla scena che gli si parò davanti.
Malfoy era seduto sulla poltrona accanto al letto di Hermione, con una mela verde in una mano e un libro nell'altra. Hermione era semi sdraiata sul letto, con la schiena poggiata allo schienale, le braccia conserte e con il suo cipiglio che la faceva somigliare spaventosamente alla McGranitt impresso sul viso. Ron li osservava con aria esasperata.
«Che succede?» domandò confuso il moro.
«A quanto pare» spiegò Ron, indicando i due. «Questa è la nuova normalità.»
Harry alzò un sopracciglio.
«Non potendo per ovvi motivi trascorrere il tempo avvinghiati l'uno all'altra, hanno trovato un nuovo modo per darsi ai nervi a vicenda, pare.»
«Hermione, come stai?» le domandò il moro con cautela, cogliendo l'avvertimento nelle parole del rosso.
«Bene» sbottò lei.
«C-cosa c'è?» chiese cautamente.
«C'è che forse lo preferivo quando evitava di respirare la mia stessa aria se poteva!» rispose come se Draco non fosse nella stanza; lui fece spuntare un occhio da dietro il libro che fingeva di leggere.
«L'apprensione lo rende persino più irritante.»
«Malfoy la ricatta per farla mangiare, visto che Hermione si rifiuta ancora di farlo» spiegò sommariamente Ron, divertito.
«Ma Hermione, devi mangiare-»
«Harry Potter, prima o poi mi alzerò da questo letto. Scegli bene da che parte stare!» lo interruppe con aria minacciosa Hermione.
«Io… Credo che per una volta nella mia vita seguirò gli insegnamenti dei Dursley e me ne andrò di sopra facendo finta di non esistere» decise il moro alla fine, sorridendo all'amica, ma andando comunque a prepararle un vassoio con la colazione da portarle su in camera.
«Dovevano volergli molto bene» commentò sardonicamente Malfoy.
«Erano orribili con lui» non riuscì a trattenersi Hermione.
«Già e odiano i Maghi, praticamente l'equivalente babbano dei Purosanguisti» aggiunse Ron con una smorfia.
«Weasley, perché sei ancora qui a distrarla?» si intromise Draco, annoiato. «Stai rovinando il mio piano.»
«Ronald Bilius Weasley, non osare...» provò a intimorirlo Hermione, ma Ron aveva alzato le mani e le aveva mostrato i palmi.
«Com’era quel detto babbano che mi hai detto una volta? Tra moglie e marito non mettere il dito?»
Malfoy soffocò una risata, osservando la Grifondoro divenire scarlatta.
«MALFOY ED IO NON SIAMO SPOSATI!»
‘Per ora’, pensò il biondino, con un ghigno stampato sul volto.
«Be’, un po’ sposati lo siete» obiettò il rosso, le sopracciglia all’insù. «Quando bisticciate a volte mi ricordate un sacco mamma e papà che-»
«RONALD WEASLEY!» trillò la ragazza sconvolta, ma Ron le aveva sorriso divertito ed era uscito dalla stanza senza aggiungere altro.
Hermione ringhiò di frustrazione e lanciò un’occhiataccia sprezzante al biondo.
«Sei insopportabile, Malfoy.»
«Dovevo pur avere un difetto», controbatté lui scrollando le spalle.
La ragazza ringhiò nuovamente e nascose il volto sotto il cuscino.
Come avrebbe fatto ad averlo seduto lì e a non porgergli alcun quesito? La sua testa iniziava a farle male per tutte le domande che concepiva, le teorie e le supposizioni che elaborava.
Sarebbe scoppiata da un momento all’altro, se non avesse ricevuto risposte al più presto.
Due ore dopo, annoiata e tormentata dall'infinità di domande che voleva porre, Hermione si arrese.
«E va bene! Va bene!» sbottò infervorata. «Fatemi mangiare!»
 
Una settimana dopo, erano ancora in una posizione di stallo.
Si rimbeccavano in continuazione, poi lei lo tempestava di domande; gli rifilava qualche commento sarcastico quando qualcosa che le diceva le suonava un po’ troppo assurda… Ma almeno trascorrevano del tempo insieme e parlavano; Draco la considerava una piccola vittoria.
Aveva temuto, inizialmente, che lo tagliasse fuori dalla sua vita e lo respingesse categoricamente, ma sembrava intenzionata a risolvere quell’enigma e questo la portava costantemente da lui.
McLaggen era quello che lo stava mettendo seriamente a dura prova. Le ronzava attorno continuamente, cercava di parlarle dei tempi in cui si frequentavano, di fare breccia nel suo cuore.
Lo aveva affrontato una sera in cui ne aveva avuto abbastanza. Gli aveva ricordato che la Granger stava con lui e che anche lei lo sapeva, che non avrebbe tratto alcun beneficio da quella situazione; anche se non aveva memoria del loro rapporto e della loro relazione, Hermione sembrava del tutto intenzionata a rispettare quello che gli avevano detto esserci tra di loro.
Draco ne era stato rincuorato. Non aveva rifiutato l’idea di loro due insieme come aveva fatto il primo giorno, come sicuramente avrebbe fatto lui al suo posto. Sembrava continuare a non capire come fosse possibile, ma aveva anche sotterrato l’ascia da guerra e si stava impegnando per cercare di conoscerlo meglio.
«Scommetto che credi che questa sia la tua occasione, McLaggen, ma devo avvisarti che non otterrai nulla da tutto questo.»
«Lei stava con me, a scuola. La riavrò indietro, alla fine. Non può davvero scegliere te.»
«Non c’è niente tra cui deve scegliere, idiota!» gli aveva detto con voce fredda e strascicata. «Non riavrai proprio nulla indietro perché non l’hai mai avuta veramente! È venuta a letto con te un paio di volte e poi ha chiuso… perché provava qualcosa per me
Si sarebbero sicuramente affatturati, se Ron non li avesse interrotti e separati prontamente.
Era strano avere Weasley e Potter dalla sua parte, ed era strano che stesse iniziando a trovarli quasi simpatici… Non che glielo avrebbe mai detto o che lo avrebbe mai ammesso a voce alta. Era stata la mattina in cui Weasley aveva messo una Caccabomba nel letto di McLaggen e aveva avviato la sfida, a segnare l’inizio di un nuovo rapporto tra i tre, che tutti rifiutavano di chiamare amicizia, ma tant’era.
«Chiamiamola Coalizione Anti-Piovra», aveva proposto Draco.
«Piovra?» avevano chiesto in coro Harry e Ron.
«Quel viscido idiota ha più tentacoli della Piovra del Lago Nero.»
I Grifondoro avevano riso. Due giorni dopo, il foglietto su cui stavano segnando i punti, recava i dati:
RW: 50 pt.
HP: 50 pt.
DM: 100 pt.
Ogni partecipante guadagnava cinquanta punti ad ogni scherzo ben riuscito a Cormac McLaggen.
 
Aveva sbuffato quattro volte nel giro di dieci minuti.
Hermione alzò lo sguardo su di lui, mordicchiandosi l’interno di una guancia per qualche istante prima di parlare.
«Sei nervoso.»
Draco scosse il capo.
«Allora sei arrabbiato.»
«Non sono né nervoso, né arrabbiato, Granger», rispose lui ruotando gli occhi. Le sopracciglia della ragazza scattarono all’insù.
«Si vede», disse con una punta di divertimento nella voce. «Cioè, qualcosa, non so cosa, mi diceva che eri seccato per qualche motivo, ma la tua risposta mi ha convinta del contrario.»
«Da quando ti sei data al sarcasmo?»
Hermione sorrise. «Ho saputo che tu e Cormac avete dato scena, ieri sera.»
Draco scrollò le spalle e andò a sedersi in quella che ormai considerava la sua poltrona. Hermione lo fissò con un sopracciglio alzato e un mezzo sorriso stampato sul volto.
Il biondino sbuffò. «È un’idiota. E non fa che girarti attorno. Non mi va a genio.»
«Draco Malfoy» esclamò sorpresa la ragazza, una punta di divertimento nella sua voce. «Sei geloso
Lui le rispose assottigliando gli occhi. «Sei mia. E Draco Malfoy non condivide, Granger.»
Qualcosa nel tono della sua voce le provocò un brivido lungo la spina dorsale.
«E anche possessivo», constatò in tono leggermente irritato. «Chissà perché la cosa non mi sorprende. Non sono un ogg-»
«Un giorno te lo spiegherò, Granger», la interruppe lui, prima che partisse in quarta sull’argomento. «Di nuovo.»
«Mi sa che litighiamo un sacco, noi due, se pensi che-»
«No, Granger, noi non… litighiamo. Ci infastidiamo a vicenda perché è quello che sappiamo fare meglio e ci punzecchiamo di tanto in tanto, ma non litighiamo
«E questa è l’ennesima cosa che mi sembra assurda, visto la quantità di volte in cui interrompi le mie frasi e dato che vai in giro a reclamare una sorta di proprietà su di me» obiettò lei, scettica.
Draco soffiò esasperato. «È solo… una cosa che ci diciamo noi, non… Non assumere sempre il peggio di me!»
Era rimasta interdetta a quelle parole, poi era arrossita violentemente e aveva deciso che fosse meglio cambiare discorso.
«Sono riuscita ad alzarmi, questa mattina» gli disse. «Le pozioni che mi ha portato Andromeda l’altro giorno sembrano funzionare, anche se continuo a non…»
‘A non ricordarti di me’, terminò Draco nella sua mente.
Aveva iniziato a recuperare qualche sprazzo di memoria del sesto anno, ma nulla, assolutamente nulla, che riguardasse Draco Malfoy.
Le parole di Silente prima di lasciarla alla Tana erano state il punto di partenza di Hermione nel suo tentativo di ricostruire le vicende; cercava di unire i tasselli in base a quello che Draco, Harry e Ron le raccontavano, ma con McLaggen a ronzargli sempre attorno le cose procedevano a rilento.
Troppo a rilento per la pazienza di Hermione.
Ma una cosa la doveva concedere al biondino: il ragazzo la intrigava e anche molto.
C’era qualcosa che le faceva cercare i suoi capelli quando qualcuno passava nel corridoio e la porta era aperta, qualcosa che le faceva sperare che fosse la sua la prima voce che sentiva al mattino, qualcosa che la faceva ritrovare a desiderare che facesse capolino nella sua stanza quando era sola.
Qualcosa che lei non capiva; come non capiva il continuo arrossire in sua presenza, o i brividi che alcune cose che le diceva le provocavano, o la pelle d’oca quando la sfiorava o la toccava per qualche motivo.
Aveva avuto paura del contatto fisico con lui, i primi giorni; temeva che la potesse insultare da un momento all’altro, ma Draco non lo aveva mai fatto. Anzi, era quasi sempre lui a iniziare il contatto, sebbene stesse molto attento a non fare nulla che potesse metterla a disagio in alcun modo; Hermione se n’era accorta.
Il suo essere naturalmente curiosa non faceva che spingerla verso di lui, anche se in realtà il suo istinto avrebbe dovuto urlarle di stargli alla larga… Non si era dimostrata una cosa fattibile.
Era attratta da Draco Malfoy e non sapeva dire quando o come quello era accaduto.
Forse il suo corpo e il suo subconscio ricordavano più della sua mente.
Di certo non provava alcuna attrazione per lui all’inizio del sesto anno e quella era l’unica spiegazione che la ragazza era riuscita a darsi.
‘È Draco Malfoy’, continuava a ripetere nella sua testa. ‘Non posso davvero provare queste cose per lui.’

 
*

Draco entrò nella stanza di Hermione sovrappensiero; con l'aumento delle temperature e il ritrovarsi nuovamente in uno spazio chiuso e non in fuga nei boschi, era ritornato al suo abbigliamento usuale. Pantaloni lunghi e neri, camicia bianca, con i primi bottoni aperti. Niente cravatta. A cosa gli serviva in quel contesto, comunque?
Si immobilizzò e assottigliò gli occhi.
McLaggen era seduto sulla sua poltrona, con... un libro in mano.
Hermione aveva un'espressione un po' esasperata dipinta sul viso; avrebbe voluto dormire, ma Cormac si era piantato nella sua stanza subito dopo che Draco si era allontanato per lasciarla riposare e non c'era stato verso di farlo uscire.
«McLaggen, che cazzo stai facendo qui?» esordì con voce fredda e strascicata il Serpeverde.
L'altro alzò un sopracciglio. «A te cosa sembra? Le sto leggendo un libro.»
Draco sbuffò. «Pensavo dovessimo aiutarla, non sconvolgerla ulteriormente con nuove informazioni scioccanti. Temo che farle scoprire che tu sappia leggere rientri tra queste.»
McLaggen assottigliò gli occhi. «Credo che nulla batta il fatto che stesse con te.»
«Cosa che le avrei detto in maniera più consona, se tu ti fossi fatto gli affari tuoi.»
Hermione si morse il labbro per non scoppiare a ridere.
Era surreale che McLaggen sapesse leggere e che Draco Malfoy fosse geloso di lei. Quale delle due le sembrasse più assurda, Hermione non avrebbe saputo dirlo.
«Aria, McLaggen. Sparisci.»
«Che diritto pensi di avere per-»
«Devo portare la mia ragazza a fare una passeggiata. Abbiamo un appuntamento» affermò Draco, lasciandosi cadere di lato sul letto accanto a Hermione, la testa poggiata sul suo braccio piegato e un sorrisetto impertinente stampato sul volto.
Hermione fece scattare le sopracciglia in su.
Aveva un... appuntamento con Draco Malfoy?
«E tu faresti bene a ricordare qual è il tuo posto», aggiunse infastidito il Serpeverde.
«La tua ragazza non ricorda affatto di essere la tua ragazza. Non credo che tu possa considerarla ancora tale, in questo caso» sottolineò caustico Cormac.
«La ragazza in questione è qui presente. Ed è estremamente tentata di affatturarvi entrambi», s'inserì seccata Hermione. «Cormac, dovresti andare. Cosa che ti ho chiesto di fare un'ora fa, comunque.»
Draco lo fulminò con lo sguardo a quelle parole. Poi mise su il suo vecchio ghigno alla Malfoy e assunse un’espressione trionfante. «Evapora.»
McLaggen chiuse il libro con un tonfo e lasciò la stanza borbottando.
«Merlino e Morgana!» esclamò sollevata Hermione, sprofondando sotto le coperte. «Se avesse letto anche solo un'altra frase lo avrei silenziato. Terribile, terribile...»
«Che stai facendo, Granger?», domandò lui vedendo che si tirava su le coperte.
Hermione sobbalzò quando si voltò e si trovò il viso di Draco a pochi centimetri dal suo, cosa che la fece arrossire.
Da vicino, i suoi occhi erano quasi ipnotici. Scosse la testa.
«Mi metto a dormire! Quell'idiota non mi ha lasciata riposare!»
Draco soffiò e il suo respiro caldo le solleticò la nuca, facendola rabbrividire. «Credevo di aver reso chiaro che abbiamo un appuntamento.»
«Ah, sì? Non ricordo di aver acconsentito.»
Lo sguardo del biondino si addolcì e divenne serio. Fece spallucce.
«È una bella giornata… E Dora ha detto che camminare sulla sabbia potrebbe farti bene, per accelerare la guarigione» asserì in tono sommesso. «Pensavo che avremmo potuto... insomma... una passeggiata...»
Hermione gli sorrise, vedendolo così impacciato.
‘Assurdo. Assurdo. Surreale.’
«Immagino di poter riposare più tardi...» acconsentì lei, arrossendo leggermente.
Draco sfoggiò uno dei suoi migliori sorrisi arroganti. «Potrei abituarmici, Granger, sai?»
Hermione corrugò la fronte. «A cosa?»
«Farti arrossire potrebbe diventare il mio nuovo passatempo. È divertente.»
Gli lanciò contro un cuscino, colpendolo in piena faccia.
Il biondino rise, ma poi si finse indignato. «Sei sempre violenta, Granger.»
«Ringrazia che non fosse il mio pugno.»
 
Passeggiavano costeggiando il mare in silenzio; l’acqua le bagnava le dita dei piedi e la brezza marina alzava alcune goccioline che andavano a depositarsi sulle sue braccia.
Guardava il panorama con aria persa.
«A cosa pensi, Granger?»
Hermione si voltò di scatto a guardarlo; le stava tendendo una mano per offrirle aiuto a sedersi sul telo che aveva disteso sulla sabbia.
Lei deglutì ed esitò solo un istante prima di poggiarvi sopra la sua e seguirlo nei movimenti; si distese per lungo, mentre Draco si poggiò su un fianco. Lo vide raccogliere un fiore a spighe violacee e iniziare a rigirarselo tra le dita.
Forse è nervoso’, pensò Hermione.
La sorprendeva ancora il fatto che non riuscisse a provare alcun odio nei suoi confronti, né disprezzo o repulsione; a parte i primi giorni, in cui aveva versato in una condizione di confusione totale e panico, aveva scoperto che in realtà e per qualche motivo a lei ignoto, non era in grado di provare nulla di negativo nei suoi confronti; allora aveva deciso di chiudere il Draco Malfoy che aveva conosciuto a Hogwarts in un libro e di relegarlo in un angolino della sua mente, per permettere a sé stessa di conoscere questo Draco Malfoy senza pregiudizi.
Lo studiò per qualche momento; studiò i capelli che gli ricadevano sul volto, - davanti gli raggiungevano quasi gli occhi, ormai -, mentre venivano scompigliati dal vento leggero che soffiava quel pomeriggio, i lineamenti delicati del suo viso, - quando aveva smesso di avere il volto appuntito? Quando aveva smesso di avere un aspetto austero? -, gli occhi grigio ghiaccio che in quel momento che riflettevano il blu del mare che stava osservando, le labbra sottili…
Hermione sospirò e spostò lo sguardo sul cielo, le guance leggermente rosee al pensiero delle labbra di Malfoy.
«Pensavo… che dev’essere davvero bello godere ogni giorno di questo panorama», disse sommessamente la ragazza. «Svegliarsi la mattina con il rumore del mare nelle orecchie e affacciarsi alla finestra con una tazza di caffè e latte fumante a guardare le onde infrangersi a riva… Lo trovo rilassante.»
La stava guardando con dolcezza, osservando il suo volto tranquillo, mentre la ascoltava in silenzio, pendendo dalle sue labbra.
Nella sua mente, Draco aveva aggiunto qualcos’altro alla scena che aveva descritto la Granger; aveva immaginato sé stesso, mentre la abbracciava da dietro e le dava un bacio sulle spalle, per poi mormorarle un buongiorno all’orecchio.
Chiuse gli occhi e sospirò.
«Granger, stavo pensando…»
Hermione si riscosse e spostò gli occhi su di lui.
«So che non vuoi che io usi la Legilimanzia su di te, ma… Pensavo, ora che stai meglio… Potresti usarla tu, su di me», propose fissando il fiore che teneva ancora tra le mani. «Potrei farti vedere i ricordi di noi.»
Le labbra della ragazza si dischiusero per lo stupore. «Lo… Lo faresti veramente?»
Draco incatenò lo sguardo a quello di lei e annuì con convinzione. «Potrebbe… aiutarti a ricordare.»
 
Si erano avvicinati molto di più.
Draco le mostrava diversi ricordi al giorno e dopo ne parlavano, discutevano; a volte restavano svegli fino a tardi a conversare. Hermione trovava alcune cose assurde, altre divertenti… e a volte faceva un commento ironico su qualcosa.
«La quantità di volte in cui abbiamo avuto fraintendimenti e problemi di comunicazione è strabiliante! Credo che abbiamo battuto un qualche record o qualcosa del genere.»
Le aveva mostrato anche alcune cose che non sapeva; cose che la riguardavano, ma dal suo punto di vista.
Come quando aveva riconosciuto il suo profumo nell’Amortentia per la prima volta.
«Mi avevi infilato i capelli nel naso il giorno prima, Granger. Il tuo shampoo ha un buon odore, non montarti la testa», l’aveva presa in giro.
Lei aveva riso a sua volta, poi Draco era tornato serio.
«Ero terrorizzato», aveva ammesso e si era inumidito le labbra. «L’ho riconosciuto immediatamente. La mia mente ti cercava in automatico quando stavo male… è il motivo per cui ti ho mostrato il Marchio, volevo… allontanarti. Avevi già un bersaglio abbastanza grande sulla schiena, non volevo metterti ancora più in pericolo. E avevo paura di affrontare davvero il fatto che stavo mettendo tutto in discussione.»
Hermione lo guardava interessata e colpita dal fatto che il Serpeverde si stesse aprendo veramente con lei… senza trattenere nulla, senza filtri.
Draco sperava che facendolo avrebbe avuto un’occasione con lei, che avrebbe potuto dargli una possibilità anche nel caso in cui non avesse recuperato la memoria.
«Stavo ancora lottando per rimanere fedele alla mia famiglia…», le disse stringendo i pugni e serrando gli occhi.
«…Io ho cercato di proteggerli, nonostante tutto, e loro… lui…»
Hermione posò una mano su quella di lui, ancora stretta in un pugno; lo sentì rilassarsi sotto il suo tocco…
E poi, prima che uno dei due avesse il tempo di dire o fare qualcosa, iniziò.
Il dolore.
Il Marchio che andava a fuoco.
Ed era peggio di qualsiasi altra delle volte precedenti.
 
Le aveva chiesto di stringerlo e lei lo aveva fatto; lo aveva supplicato di dirle cosa potesse fare per farlo smettere, farlo smettere era l’unica cosa che le importasse in quel momento… e Draco le aveva detto che non c’era alcun modo.
Lo aveva tenuto tra le sue braccia per ore, piangendo, pregando che finisse; il ragazzo sudava freddo e tremava e urlava; si contorceva dal dolore e la sua temperatura corporea sembrava aver raggiunto i quaranta gradi.
Anche gli altri avevano sentito quelle grida; Harry era caduto a terra poco dopo essere piombato nella stanza.
«Lui… lo sa», aveva detto. «Tu-Sai-Chi sa che è vivo… I Mangiamorte sono tutti lì, lo sta facendo di proposito… continua ad attivare il Marchio…»
«Lo sta torturando…» aveva concluso Ron, fissando la scena inorridito e spaventato.
«Gr-Granger…» aveva mugugnato Draco. «S-soli… T-ti prego…»
E Hermione aveva mandato via tutti.
Gli aveva asciugato il sudore dal volto e aveva cercato di usare tutti i rimedi fai-da-te babbani per far scendere la temperatura.
Draco aveva perso i sensi più volte; era terrorizzata.
‘Basta, basta, per favore, basta. Fa’ che smetta… Fa’ che smetta!’
Non sapeva chi stesse pregando, ma continuava a farlo.
‘Lo ucciderà, per favore, basta… aiuto… no… basta…’
Lo aveva stretto a sé, e in un breve momento di lucidità, lui le aveva accarezzato una guancia; provava ad aggrapparsi a lei, ma non aveva forze.
«Draco? Draco, ti prego…» lo chiamava tra le lacrime.
Aveva paura che scivolasse via e non si risvegliasse più; aveva paura di perderlo, anche se non ricordava di averlo mai avuto.
‘Non posso, non posso, non di nuovo, non posso perderlo…’
«P…Parlami, Granger.»
E lei aveva fatto anche quello; gli aveva raccontato qualsiasi cosa, pur di continuare a parlare, come le aveva chiesto. E lui sembrava tranquillizzarsi quando sentiva la sua voce.
Gli aveva detto della prima volta che era caduta dalla bicicletta e si era sbucciata un ginocchio, anche se Draco non aveva la minima idea di cosa fosse una bicicletta; ne aveva approfittato per spiegargli anche quello, bastava che continuasse a parlare, no?
Gli aveva raccontato della volta in cui aveva fatto esplodere una tubatura di casa con la magia involontaria e di quando aveva trasformato i capelli rossi della sua maestra alle elementari in un verde smeraldo.
Gli aveva raccontato dell’incendio; né lei né Justin avevano mai capito chi dei due avesse dato fuoco alla palestra della scuola, erano entrambi molto arrabbiati con Tyler Shaw e la sua gang in quel momento. Quella era probabilmente l’unica interazione che avevano avuto prima di Hogwarts.
«S-sei v-violenta, Granger» aveva risposto Draco forzando un sorriso. «S-secondo m-me, s-sei stata t-tu.»
Lei aveva riso, singhiozzando.
E poi era finito.
E finalmente gli avevano potuto somministrare delle pozioni.
Aveva dormito per due giorni, di un sonno disturbato e agitato; svegliandosi continuamente, ma poi riaddormentandosi vedendo che Hermione era accanto a lui, che le braccia che lo stringevano erano quelle di lei.
Che gli stava accarezzando i capelli, come se tutto fosse… normale, tra loro.
Non lo aveva lasciato solo un istante.
E aveva pregato che non ricominciasse.
Che quel maledetto Marchio non bruciasse mai più.
‘Dobbiamo farla finita… dobbiamo ucciderlo’, pensava. ‘Dobbiamo uccidere Voldemort.’
Il giorno dopo, Lupin li aveva informati che Draco Malfoy era diventato l’Indesiderabile N°2.
E che la ricompensa per la cattura di Hermione Granger era raddoppiata.

 

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Capitolo 63
*** CAPITOLO 58 ***


CAPITOLO 58


















«Posso farti una domanda, ehm, personale?» gli domandò esitante un pomeriggio, mentre sedevano insieme in spiaggia.
Hermione aveva pensato che un po’ d’aria fresca avrebbe giovato al Serpeverde, ancora provato da quello che Voldemort gli aveva inflitto qualche notte prima.
«Tutto quello che vuoi, Granger» acconsentì lui. «Tutto quello che vuoi.»
«Cosa ti ha spinto a cambiare lato?»
Lo studiava con attenzione e interesse, l'espressione sul viso che tradiva la sua curiosità; gli aveva posto finalmente il quesito che avrebbe voluto fargli fin dall'inizio.
Draco trasse un respiro profondo. «Intendi il motivo per cui ho disertato i Mangiamorte o quello per cui ho scelto di combattere per l'Ordine?» le chiese. «Sono due storie diverse.»
«Magari puoi raccontarmele entrambe?», domandò timidamente lei.
Draco sorrise, non aspettandosi una risposta diversa dalla Granger, poi si fece serio e dopo un attimo di pausa iniziò a dare le spiegazioni che gli aveva chiesto.
«Sarò onesto, quando sono venuto a chiederti aiuto, pensavo di farmi nascondere da qualche parte dall'Ordine e starmene buono fino alla fine della guerra, nella speranza di avere ancora qualcosa a cui tornare, dopo» le disse.
«Ma... quando hai iniziato ad avere dei... dubbi?» lo incalzò lei, non si aspettava di certo un monologo interiore esplicativo da Draco Malfoy. E nei ricordi che le aveva mostrato non c’erano delle risposte esaustive a quei quesiti.
«Quarto anno. Ho iniziato... A farmi delle domande dopo la Coppa del Mondo di Quidditch. Ma sono sempre stato zitto e ho fatto quanto mi veniva chiesto, quanto mi era sempre stato chiesto di fare. Era tutto ciò che conoscevo» mormorò perso tra i suoi pensieri. «Poi, dopo... Dopo il Torneo Tremaghi...» evitò accuratamente di pronunciare il nome di Diggory, memore della reazione che la ragazza aveva avuto l'ultima volta che aveva provato a raccontarle quella parte di storia. «Mi ha sconvolto più di quanto mi sarei aspettato, vederlo. Lo sognavo di continuo, lo vedevo ovunque. Lucius parlava con entusiasmo del ritorno di Tu-Sai-Chi, di gente che sarebbe morta... E io volevo solo che non ci fossero altri corpi da seppellire.»
La sentì trasalire e sperò di non aver fatto un passo falso riferendosi a Diggory, anche senza nominarlo.
Da quando erano arrivati a Villa Conchiglia, Draco aveva a malapena menzionato i suoi genitori e quelle rare occasioni in cui lo aveva fatto si era sempre riferito al Signor Malfoy come 'Lucius', non lo chiamava più 'mio padre'.
Hermione aveva vaghi ricordi di quella notte a Malfoy Manor e non aveva chiesto i dettagli al ragazzo, dal momento che lui le aveva rivelato che lo avevano costretto a guardare mentre veniva torturata.
Sembrava il genere di cose di cui a Draco Malfoy non avrebbe fatto piacere parlare.
«Poi, dopo che è stato arrestato... Tutto è ricaduto addosso a me. Pensavo, inizialmente, che mi avesse scelto per ereditarietà, per sostituire Lucius; poi mi ha detto che la mia missione sarebbe stata quella di uccidere Silente. Me la sono presa con Potter, ovviamente» rise, scuotendo la testa. «Nonostante sapessi che fosse tutta colpa di Lucius. Ma dal mio punto di vista, era Potter ad avermi lasciato in quel casino. Voi avete sempre avuto qualcuno su cui contare, un aiuto... Io avevo solo i miei genitori e non avevo ancora realizzato che non avrei avuto bisogno di alcuna protezione se non fosse stato a causa loro. Gliel'ho rotto io, il naso, quella notte…»
Hermione gli rivolse un'occhiataccia ammonitrice.
«Non preoccuparti, Potter si è vendicato ampiamente per quell'eccesso di rabbia» la rassicurò lui ironicamente, ma non le disse nulla sull’episodio del Sectumsempra.
«Mi è stato presto chiaro che il piano di Tu-Sai-Chi non era quello di farmi prendere il posto di Lucius, ma di farmi ammazzare per punirlo. Sono iniziati gli attacchi di panico e il Marchio che bruciava quando lui chiamava e io non potevo lasciare Hogwarts. E inspiegabilmente l'unica persona ad essersi accorta che qualcosa non andava in me è stata quella che più avevo disprezzato e ferito durante la carriera scolastica» ammise amaramente. «E inspiegabilmente, di nuovo, quella stessa persona è stata l'unica ad offrirmi una mano. Non lo capivo... avevi tutti i motivi per gioire nel vedermi in quello stato... Invece mi hai aiutato, nonostante il rischio che ti cacciassi via in malo modo o peggio…»
Draco si passò una mano sulle labbra.
«Mi ha fatto riflettere, ma avevo troppa paura per voltare le spalle a Tu-Sai-Chi e non volevo metterti più in pericolo di quanto già non fossi. Ho provato a spaventarti mostrandoti il Marchio, ma sei una Grifondoro cocciuta, Granger.»
Hermione rise; sì, sembrava proprio da lei.
«E poi... Poi sono tornato al Manor per Natale e... Beh, hai visto nei miei ricordi cos'è successo. Lì è stato quando ho iniziato davvero a mettere in discussione quelle stronzate sul sangue. In qualche modo vedere che non ci fosse alcuna differenza... Cazzo, è stato come... Come se fino a quel momento avessi vissuto in una bolla e quella bolla fosse scoppiata, facendomi precipitare nel vuoto.»
Draco fece una pausa e si passò una mano tra i capelli. «Ho riflettuto sul fatto che se Tu-Sai-Chi avesse vinto, o anche solo se fossi rimasto su quel fronte... Sarei stato uno schiavo per sempre e avrebbero continuato a chiedermi di fare cose che non volevo e non ero disposto a fare. Sai, non ho mai avuto veramente la possibilità di scegliere, finché non sei arrivata tu a darmela. E all’inizio continuavo a rifiutarmi di vederla, quella possibilità. Poi quella possibilità è diventata tutto ciò che avevo, tutto ciò di cui mi importava, e quindi ho scelto. Sono venuto da te e insieme a Silente e... Piton, abbiamo escogitato un piano per fingermi morto e potermi nascondere.»
«È per questo che sei passato dalla parte dell'Ordine? Perché ti sei reso conto che i Mangiamorte sono i cattivi in questa guerra?» chiese la ragazza.
Draco si lasciò andare ad una risatina amara. «No, Granger, mi dispiace. Sono sempre un fottuto egoista, non avrei deciso di combattere solo perché mi sono accorto di aver sbagliato.»
Hermione lo guardò confusa.
«Dopo aver perso anche quel piccolo contatto che avevo con te e… dopo la morte di Ted... Granger, mi sono reso conto che è anche la mia guerra.»
«Perché?»
«Perché è la tua. Perché non posso stare fermo a far nulla mentre cercano di ucciderti. Perché per la prima volta in vita mia ho capito che bisogna lottare per ciò che conta davvero» le disse sinceramente e si voltò a guardarla. Hermione deglutì, mentre la mano di Draco si avvicinava al suo volto per sfiorarle la guancia con dolcezza.
«E per me sei tu l'unica cosa che conta davvero.»
«Draco, io…»
«No, Granger, non dire niente. Te l’ho già detto una volta e te lo ripeto di nuovo… Non importa quanto dovrò aspettare.»
Hermione restò in silenzio a fissarlo per minuti interi, completamente spiazzata e sorpresa dalle sue parole, incapace di trovare qualcosa da dire. Poi prese a martoriarsi il labbro inferiore con i denti.
«Draco, posso-»
«Chiedi, Granger», la interruppe lui sorridendo; lo capiva immediatamente quando una domanda le ronzava per la testa e aveva timore di esternarla.
«Come… Cosa significa… Come hai o stai vivendo tu questa… cosa?», gli domandò impacciatamente. «Intendo… il fatto di provare qualcosa per… ehm… me», specificò arrossendo leggermente. «Per una Nata Babbana.»
Draco corrugò la fronte e sospirò. «A volte sembra che il karma mi abbia fatto un bello scherzetto, Granger, lo ammetto. E altre volte mi sembra un po’ una punizione, ma non perché sei una Nata Babbana… perché sei tu, sei la persona che più al mondo ho ferito e… e sei una dannata Grifondoro che non ha la minima idea di cosa voglia dire restare al sicuro.»
Hermione aveva abbozzato un mezzo sorriso, a quelle parole.
«Altre volte invece ha perfettamente senso. Come la chiusura di un cerchio, come… se fosse nelle carte fin dal primo momento in cui ti ho vista. C’erano altri Nati Babbani a Hogwarts, ma i miei occhi cercavano sempre te. Perder tempo con gli altri non sembrava mai valere la pena. Tu mi sfidavi, mi tenevi testa e non ti lasciavi abbattere, mai. E… e quelle erano le uniche interazioni che potevo avere con te, anche se erano orribili. Era come, in un certo senso, se fossi già attratto da te, se ci fosse qualcosa che mi spingeva verso di te.»
Draco fece una pausa a quel punto e si passò una mano sul volto.
«Non mi importa del tuo sangue e… mi dispiace per tutto quello che ti ho fatto, Granger. Credimi
La ragazza annuì lentamente.
«So di non meritarti, ne sono consapevole. Ma te l’ho detto, sono egoista di natura. Se ho la possibilità di averti, non esiste che io rinunci a te.»
 
Scoprire che Peter Minus era morto le aveva sollevato il morale; si era sentita come se finalmente potesse chiudere un capitolo della sua vita.
Anche se aver pensato di stare per perdere Draco non aveva fatto altro che riaccendere il dolore e il panico dentro di lei.
Era abbastanza in forze per tornare ad affidarsi all’Occlumanzia, però.
Ma la notte era sempre irrequieta e così, quando aveva capito di non farcela più, era andata in camera di Draco.
Era entrata puntellandosi sui piedi, imbarazzata, e senza riuscire a guardarlo negli occhi gli aveva chiesto: «Posso restare qui? Con te?»
«Tu vuoi... Certo. Se è quello che desideri» le aveva risposto lui, spiazzato dalla domanda.
E quando si era diretto verso la poltrona, la mano della ragazza gli aveva afferrato il polso delicatamente. Dalla presa debole, Draco aveva capito che doveva essere ancora molto provata.
«Tu non vieni a dormire?» gli aveva domandato studiandolo spaurita.
Draco aveva deglutito. «Vuoi che... Vuoi che mi stenda accanto a te?»
«È il tuo letto» aveva affermato lei, esibendo un sorriso timido. «Dovrei essere proprio una brutta persona per cacciarti via.»
E così, avevano ricominciato a dormire insieme.
Stretta a lui, Hermione si sentiva meglio, più tranquilla; aveva scoperto che il biondino aveva a malapena dormito un paio d’ore a notte da quando erano giunti a Villa Conchiglia.
Le aveva detto che da quando lei aveva ricominciato a dormirgli accanto, riusciva a dormire meglio anche lui.
Ogni tanto si svegliava ancora di soprassalto, ma poi la vedeva addormentata serenamente vicino a sé e tornava a dormire, certo che stesse bene; che non erano al Manor e che nessuno le stava facendo del male.
Una notte, lo aveva abbracciato; con mani tremanti si era avvicinata a lui e aveva poggiato il capo sul suo petto. Draco aveva chiuso una mano su quelle di lei, per rassicurarla. Poi aveva fatto scivolare l’altro braccio attorno alla sua vita e l’aveva stretta a sé con decisione.
Quando si era ripreso dalla tortura a distanza da parte di Voldemort, aveva ripreso a mostrarle i loro ricordi e quello li aveva avvicinati ulteriormente.
Ma lei continuava a ricordare cose, solo che non riguardavano mai lui. Draco, però, sospettava che quei ricordi fossero lì, da qualche parte, nella sua mente; non aveva senso che le stesse tornando memoria di tutto il resto, ma non di lui.
 
Quella notte, faceva caldo.
Draco si era sbottonato la camicia perché faticava a respirare, non pensava che la ragazza si sarebbe svegliata nel cuore della notte.
I ricordi sfocati di quanto accaduto al Manor stavano riaffiorando nella sua mente.
L’aveva abbracciata forte, le aveva promesso che non avrebbe permesso a nessuno di ferirla di nuovo.
«Nessuno ti farà più del male. Mai più.»
Una volta calmatasi, Hermione si era resa conto di avere le mani sul petto nudo di Draco; era arrossita, ma aveva preso a far scorrere le dita sulla sua pelle.
«Come te le sei fatte, queste?» gli aveva chiesto in un sussurro, tracciando con i polpastrelli le cicatrici del Sectumsempra.
«Un duello degenerato troppo e in fretta», aveva risposto vagamente lui, senza specificare, senza menzionare Potter.
Hermione aveva borbottato qualcosa sui Serpeverde, ma Draco aveva riso.
«Veramente è opera di un Grifondoro» le aveva rivelato. «Sempre a pensare male di noi povere Serpi.»
Ma lei non aveva colto la palla al balzo per riportare in auge la faida Grifondoro-Serpeverde. Era scattata a sedere, le mani sulle labbra.
«Oh, mi dio! È stato Harry? Quelle sono le cicatrici del Sectumsempra, vero?»
Draco ci aveva messo qualche secondo a realizzare che lo scontro con Potter era avvenuto nel mezzo del sesto anno, che Hermione non avrebbe dovuto saperne nulla, visto che non lo ricordava e che lui non le aveva mai mostrato quel ricordo o nessun ricordo correlato a quella vicenda in particolare… E per un istante, quando quella consapevolezza lo aveva colpito, aveva sperato e si era illuso che anche tutto il resto fosse tornato al suo posto.
Era scattato a sedere accanto a lei e le aveva preso il volto tra le mani.
«Granger? C-cos’altro ricordi?» le aveva chiesto con disperazione. «Ricordi altro?»
L’urgenza nella sua voce doveva averla destabilizzata perché lei era scoppiata a piangere, mentre scuoteva la testa.
«Non lo so, io non-», aveva singhiozzato con lo sguardo basso. «Non ricordo, non ricordo!»
Si era portato il suo volto contro il petto e l’aveva abbracciata.
«Mi dispiace, mi dispiace» aveva mormorato lui in preda ai sensi di colpa, mentre le accarezzava i capelli. «Non volevo, perdonami, ti prego.»
Quando Hermione si era tranquillizzata, Draco era crollato.
«Lo so che all’apparenza sembro calmo, Granger», le aveva confessato. «Ma questo è… è difficile anche per me. Non ha idea di quanto mi manchi.»
E poi lei lo aveva guardato sbattendo le palpebre per qualche istante, le ciglia ancora bagnate dalle lacrime, e i suoi occhi avevano iniziato a spostarsi da quelli di lui alle sue labbra.
Gli si era avvicinata lentamente e gli aveva lasciato un bacio a fior di labbra, sfiorandole appena, tremante; Draco si era sporto in avanti, esitante, e aveva risposto con un contatto un po’ più deciso, sebbene breve.
Aveva deglutito, quando lei si era spostata leggermente per sedersi più comodamente e aveva portato una mano tra i capelli sul retro della sua testa; lo aveva baciato di nuovo e lui aveva fatto scivolare una mano sulla schiena della ragazza, guidandola nel distendersi sul materasso.
E aveva continuato a baciarla, lentamente, disperatamente.
Ma non aveva mai accennato a qualcosa di più, neanche per un istante.
Quel passo spettava alla Granger, quando e se sarebbe stata pronta.

 
*
 
C’era qualcosa di profondamente giusto nel baciare Draco Malfoy, pensava Hermione.
Tutte le cose che le aveva mostrato in quelle settimane, tutto ciò che avevano vissuto… Era stato strano, guardare quei ricordi da una prospettiva esterna, ma sapendo che in realtà lei ne era protagonista; e lo sentiva sulla sua pelle, quello che provava, anche se la sua memoria continuava a tradirla.
Quando Draco le aveva mostrato la loro prima volta, Hermione avrebbe voluto sotterrarsi; non le aveva fatto vedere tutto, ma anche solo l’input di quell’evento le aveva risvegliato qualcosa dentro ed era rimasta a rimuginarci sopra per ore. A chiedersi come fosse fare sesso con lui.
Giravano delle voci, a Hogwarts. La Parkinson aveva detto che Malfoy fosse asettico e distaccato durante l’atto; che spesso la lasciava sola, dopo. La fonte di quelle informazioni era Lavanda Brown, ovviamente, appostata per ascoltare le conversazioni altrui e trasformarle in un pettegolezzo.
Hermione si chiedeva se fossero vere. In fondo, non credeva che le sarebbe stato bene, un ragazzo del genere; o forse, lo trovava perfetto perché non implicava o comunque riduceva le emozioni con cui dover fare i conti?
Era quello che aveva fatto con McLaggen, no? Stare con una persona per cui non avrebbe mai potuto soffrire, perché non se ne sarebbe mai innamorata. Con Draco era lo stesso?
Era una teoria molto debole; sebbene non ricordasse quello che aveva visto e cosa aveva provato vivendolo, Hermione sentiva già di provare qualcosa per Malfoy. Era una sensazione che l’aveva destabilizzata fin dall’inizio in realtà, specie da quando aveva realizzato di essere incapace di stargli lontana. E qualcosa nel biondino non aveva fatto altro che urlare alla sua mente incredula ‘sembra che ci tenga veramente a te.
E lei non giocava con i sentimenti delle persone.
Stava iniziando a perdere la speranza, però. Era a Villa Conchiglia da quasi un mese e le pozioni che stava assumendo l’avevano aiutata a recuperare la memoria, ma nulla, assolutamente nulla, che riguardasse Draco Malfoy.
Aveva una teoria, ma senza l’aiuto del biondino non aveva alcuna speranza di verificarla… e qualcosa le diceva che sarebbe stato restio a concederle quel tentativo.
L’aveva vista nella sua mente diverse volte.
Una porta rossa. Alta, larga e inquietante, circondata dall’oscurità.
Rosso sangue.
Aveva avuto il coraggio di chiedergli cosa fosse solo di recente; le aveva spiegato che era stato l’unico modo per impedirgli di impazzire al ricordo di quanto accaduto al Manor.
Aveva cercato di relegare dietro quella porta l’intero episodio, ma quello continuava comunque a insinuarsi nei suoi incubi; la porta lo aiutava a non impazzire, però. A non perdersi in quel ricordo anche da sveglio.
«Ho una teoria», gli disse una sera, mentre era distesa al suo fianco, nel suo letto, e fissava il soffitto. «Se la mia perdita di memoria fosse collegata alla Cruciatus, non avrebbe senso il fatto che abbia recuperato così tanti ricordi e soprattutto che nessuno di essi fosse legato a te. Penso che sia successo qualcos’altro. Che siano lì, da qualche parte.»
Draco aveva annuito. «Sono arrivato alla stessa conclusione, Granger.»
Si era voltata su un fianco a guardarlo. «Ho bisogno che tu mi faccia un favore.»
Il biondino l’aveva osservata con aria interrogativa, in silenzio, invitandola a parlare.
«Devi farmi vedere il ricordo di quello che è successo a Malfoy Manor.»
Draco era impallidito a quelle parole e si era irrigidito. «Assolutamente no.»
«Draco, per favore. Io ho ricordi sfocati di quella notte e devo… devo controllare una cosa. Posso farlo solo guardando dall’esterno-»
«Non posso aprire quella porta, Granger», l’aveva interrotta lui, con tono categorico. «Ti prego, non… non costringermi a riviverlo.»
Il dolore nell’espressione sul suo volto e la tempesta nei suoi occhi grigi l’avevano convinta a non insistere oltre.
 
Hermione bussò alla porta, esitante.
«Quante volte devo dirti che non hai bisogno di bussare, Granger?»
La ragazza entrò nella stanza lentamente e richiuse la porta.
Draco se ne stava di spalle con lo sguardo perso fuori dalla finestra, un bicchiere di Firewhiskey in una mano. La camicia bianca che indossava era leggermente sgualcita sul retro e dal profilo del colletto, Hermione dedusse che avesse aperto i primi bottoni.
«Come facevi a sapere che ero io?»
Dalla gola di Draco uscì una risata amara.
«Sei l'unica che interagisce con me quando non è strettamente necessario farlo. L’unica che viene a cercarmi.»
Hermione deglutì, una strana sensazione simile a dispiacere le attanagliò lo stomaco. Non poteva davvero essere l'unica ad essersi accorta che il ragazzo era palesemente cambiato, a volergli dare una vera, seconda, possibilità.
Si avvicinò lentamente al biondo nella penombra della stanza, illuminata solo dall'intensa luce lunare proveniente dal plenilunio.
«Draco...» iniziò esitante quando gli fu accanto. «È passato quasi un mese. Cosa faremo se non riuscirò a recuperare i ricordi?»
La presa di Malfoy sul bicchiere aumentò; bevve quanto rimasto del liquido ambrato tutto d'un sorso e poggiò il bicchiere sulla scrivania accanto a sé, poi si voltò a guardarla.
«Immagino che dovrò riconquistarti, in quel caso» disse semplicemente lui, ammiccando nella sua direzione. «Non ti libererai di me tanto facilmente, Granger.»
La ragazza non riuscì a reprimere un sorriso. Guardandolo così, illuminato dalla sola luce lunare, pensò che fosse davvero bello e che avesse dovuto impegnarsi davvero tanto, in passato, per apparire austero, dal momento che i suoi lineamenti erano in realtà abbastanza delicati.
Una ciocca di capelli le era scivolata sul volto, ma prima che potesse rimetterla a posto, Draco si sporse verso di lei e la catturò tra l'indice e il pollice; ci giocò per qualche secondo e infine la fissò dietro l'orecchio; poi spostò la mano sulla sua guancia, prendendo ad accarezzarla, facendo scivolare su e giù il pollice sulla sua pelle liscia, guardandola con intensità.
Hermione si sentiva sempre strana, quando lui la guardava in quel modo; con un misto di devozione e qualcos'altro che non riusciva veramente a definire. Sicuramente nostalgia; stava pensando che avrebbe voluto baciarla? Come avrebbe reagito, Draco, se lei si fosse alzata sulle punte proprio in quel momento e avesse posato le labbra sulle sue?
Lo fece; lentamente, ma senza esitazione, Hermione gli lasciò un bacio a fior di labbra. Era la seconda volta, da quando aveva perso la memoria, che si baciavano… e aveva sempre preso lei l'iniziativa. Draco non aveva mai fatto alcuna pressione, né azzardato gesti che avrebbero potuto metterla a disagio. Hermione lo aveva trovato premuroso da parte sua, il modo meticoloso in cui prestava attenzione a quello che faceva attorno a lei, nonostante fosse palese che bramasse contatti più profondi.
Draco rispose al bacio dopo un attimo di esitazione; le mise una mano tra i capelli e continuò a baciarla dolcemente, con una lentezza estenuante.
Le mani di Hermione risalirono lungo il petto di lui e le sue dita presero ad armeggiare con i bottoni della sua camicia, senza mai staccare le labbra dalle sue; aveva sbottonato solo i primi due ancora chiusi, lasciando intravedere appena il petto del biondino, quando le mani di Draco si chiusero sulle sue, impedendole di continuare.
«Hermione, cosa stai facendo?» bisbigliò con voce roca, chiamandola per nome.
Lei lo aveva ormai capito che Draco usava il suo nome invece del cognome nei loro momenti più significativi.
La ragazza lo guardò negli occhi, ricambiando l'intensità con cui l'aveva guardata lui prima.
«Fai l'amore con me, Draco» disse senza alcun preavviso.
Draco sgranò gli occhi per la sorpresa e deglutì; non gli stava veramente facendo questo.
Chiuse gli occhi e cercò di calmare il suo respiro e il battito accelerato del suo cuore, che nell'udire quelle parole era letteralmente impazzito. Non solo la desiderava, ma aveva ancora il terrore di perderla per sempre. E in più, era la prima volta che lo definiva in quel modo.
Fai l’amore con me, Draco.’
«Granger, non credo che...»
«N-non vuoi?» chiese allora lei, imbarazzata.
Un suono gutturale sfuggì dalle labbra di Draco, un misto tra un gemito di dolore e una risata.
«Hermione, tu non hai idea di quanto io ti voglia...» sussurrò con voce roca; da come la guardava sembrava quasi che stesse soffrendo.
«Allora qual è il problema?»
Hermione non capiva.
Avevano una relazione, Draco non aveva mai mancato l’occasione di ricordare a McLaggen che lei era la sua strega, e chiaramente avevano già fatto sesso in passato e anche lui desiderava farlo ancora.
Eppure, la stava rifiutando.
«Non voglio più sbagliare, con te» ammise, accarezzandole una guancia, un debole sorriso a incurvargli le labbra.
La ragazza corrugò la fronte e restò in silenzio per qualche istante.
«Me l'hai già detto, in passato» asserì pensierosa. «Questa cosa, me l'hai già detta una volta. Vero?»
A Draco mancò il respiro. Non era la prima volta che Hermione ricordava qualcosa, seppur piccola, del lasso di tempo perso da qualche parte nella sua mente; ed ogni volta, ogni dannatissima volta, lui sperava che ci fosse qualcosa di più e faceva male quando realizzava che era tutto lì.
Annuì; certo che glielo aveva detto, a Grimmauld Place, quando le aveva promesso che non avrebbe mai usato la Legilimanzia su di lei consapevolmente.
«Non capisco, però, quale sia il problema» ripeté Hermione. «Te lo sto chiedendo io.»
Il biondo la guardò per diversi secondi prima di proferire parola.
«Perché?» le domandò sinceramente confuso, ma suonò quasi disperato; ci stava mettendo tutta la sua forza di volontà per respingerla, per fare la cosa giusta per lei, perché aveva paura che se si fosse lasciato andare a quella richiesta, lei se ne sarebbe pentita il mattino seguente.
E quello lo avrebbe distrutto e probabilmente avrebbe significato perderla definitivamente.
«Perché vuoi fare l'amore con me, Hermione?» ripeté un'altra volta, supplichevole.
Lei sembrò ponderare per un momento le parole giuste da dargli in risposta, con Draco anche una sottigliezza verbale poteva portare a disastrosi risultati e malintesi, ma ci rinunciò quasi subito. Non riusciva a pensare lucidamente quando lui era lì, così vicino, illuminato solo dal chiaro di luna. E non avrebbe comunque saputo spiegarglielo, che il suo corpo ricordava che Draco era suo e lo desiderava, anche se la sua mente non ricordava di averlo mai avuto.
«Lo voglio e basta» disse semplicemente. «E sento che… è giusto. Ti voglio, Draco.»
Il cervello di Draco andò in corto circuito. In una frazione di secondo le sue labbra furono su quelle di lei, le mani presero a vagare sulla sua schiena, tracciando le curve del suo corpo, mentre Hermione si accingeva a terminare di sbottonargli la camicia.
Prima che potesse sfilargliela, però, Draco la prese in braccio e la portò verso il letto, sdraiandola delicatamente sul materasso, senza mai allontanare le labbra da quelle di lei.
Hermione esplorò ogni centimetro del petto e della schiena del ragazzo, cercando al contempo di memorizzarne e ricordarne le forme; risalì fino alle spalle e fece per togliergli la camicia, ma Draco gemette il suo dissenso.
«No», mormorò supplichevole sull'incavo del suo collo. «N-non toglierla.»
Non aveva mai visto il Marchio, questa Hermione. E non voleva che accadesse in quel momento, non per la prima volta.
«Va tutto bene, Draco» sussurrò in risposta lei; si sollevò leggermente per rimuovere la sua magliettina e poi gli prese il volto tra le mani e lo guardò negli occhi, rassicurante.
«Ne ho uno anche io» gli disse con dolcezza, riferendosi all'orrenda cicatrice lasciatale sull'avambraccio da Bellatrix.
«Non è la stessa cosa» insisté lui, scuotendo il capo deciso. «Ti prego.»
«Sì che lo è» ribatté lei; riusciva a contraddirlo persino in una situazione come quella, dannata strega. «Perché nessuno di noi due lo ha voluto veramente. Perché non significano niente. Lo hai detto anche tu.»
Draco deglutì e la baciò con passione, spostandosi di nuovo sul suo collo e poi sulla sua spalla, lasciando una scia di baci su tutto il braccio, prima di passare le labbra su quelle orribili lettere incise sulla sua pelle.
Quando le labbra di Draco furono di nuovo sulle sue, Hermione gli sfilò via la camicia e lo strinse forte a sé quando lo sentì tremare sotto le sue mani; gli afferrò i capelli e lo baciò con tutta la forza che aveva in corpo.
«Hermione, ne sei sicura?»
Lei annuì, sorridendogli.
Ma fu solo quando Hermione prese a baciargli il collo che la tensione abbandonò il suo corpo, ormai completamente sopraffatto. Draco spense definitivamente il cervello e cacciò via qualsiasi pensiero che non fosse concentrato su di lei e su quello che stavano, dopo tanto tempo, per fare. Si lasciò finalmente andare.
 
Gli era mancato stringerla, nuda tra le sue braccia, dopo aver fatto l'amore. Se ne stava lì, con il capo poggiato sul suo petto, mentre le sue dita tracciavano ghirigori sul suo petto; Draco le stava accarezzando i capelli con dolcezza, mentre con una mano la teneva stretta a sé, come se temesse di vederla sparire da un momento all’altro.
«Stai bene, Granger?» le chiese dolcemente.
Lei gli rispose con un sorriso. «C'è un altro modo in cui potrei stare dopo questo
Draco rise e la baciò. «Temevo te ne pentissi.»
«Draco, ragiono talmente tanto sulle cose che raramente mi pento delle mie decisioni. Non lo hai ancora capito?»
Il biondo alzò gli occhi al cielo. «Hai fatto una lista di pro e di contro, Granger?»
«Certo che no! Non so spiegartelo, però» ammise lei, arrossendo. «Tipo ora, mi sento come se... mi fossi mancato, ma al contempo è come se fosse stata la prima volta. Per te ha senso?»
Come faceva a spiegargli che il suo corpo lo ricordava perfettamente, anche se la sua mente non lo faceva?
Draco chiuse gli occhi. «Non lo so, Granger. Vorrei solo... Trovare un qualche equilibrio, non avere più la costante paura di perderti…»
‘E che la guerra finisse, perché è la minaccia più grande in questo senso’, aggiunse nei suoi pensieri.
Hermione si strinse di più a lui.
«Sono qui, Draco» mormorò. «Sono qui.»

 

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Capitolo 64
*** CAPITOLO 59 ***


CAPITOLO 59


















«Credevo che fossi diverso», rivelò la mattina seguente Hermione.
L’aveva stretta a sé tutta la notte, baciandola di tanto in tanto, accarezzandola…
Draco corrugò la fronte. «Cosa intendi?»
«Giravano delle voci, al castello…» mormorò lei imbarazzata. «Lavanda era molto attenta a quel genere di pettegolezzi.»
«Di cosa stai parlando, Granger?»
«Si diceva che… Insomma, tu fossi molto distaccato durante… beh, questo» farfugliò arrossendo lei. «Che prendessi quello che volevi e poi andassi via…»
La mano di Draco sul suo braccio si strinse su di lei con più decisione.
«Sono stato tante cose, Granger, ma mai quel tipo di ragazzo», le disse in tono fermo. «Se Pansy è andata in giro a dire queste cose, però, ha avuto i suoi buoni motivi.»
Hermione aveva sollevato il viso per guardarlo meglio.
«Che vuoi dire?»
Draco sospirò.
«Il nostro rapporto è sempre stato un rapporto di convenienza, ma l’ho sempre tratta bene… eccetto nell’ultimo periodo. Lei continuava a sbavare sul Marchio e io non ne sopportavo la vista. Mi indisponeva. Non si accorgeva di quanto stessi male, anzi era orgogliosa di quello che stavo facendo. L’ho lasciata senza darle molte spiegazioni…» le spiegò mordendosi l’interno di una guancia. «Non potevo dargliene, comunque. C’erano alte probabilità che mi avrebbe fatto scoprire da Tu-Sai-Chi, che avrebbe detto ai suoi genitori che non gli sono mai stato veramente fedele.»
Si voltò a guardarla e ne studiò i lineamenti; riusciva a vedere il suo cervello elaborare dati e lavorare incessantemente per processare quelle informazioni.
«E anche se fosse, Granger», rivelò poi sospirando, accarezzandole una guancia. «Con te sarebbe stato comunque diverso.»
Le diede un leggero bacio sulle labbra.
«Tu sei diversa.»
La strinse più forte contro di sé e posò le labbra sulla sua testa. «Non ti lascerei mai. Non andrei mai via da te.»
Hermione si sollevò su un fianco e lo guardò negli occhi; c’era qualcosa nelle sue iridi grigie che non riusciva a definire e che la faceva sentire come se potesse sciogliersi tra le sue braccia da un momento all’altro.
L’intensità dello sguardo di Draco aumentò, mentre le carezzava dolcemente una guancia.
«Hai la mia più totale devozione, Hermione Granger» mormorò con voce roca, senza interrompere quel contatto visivo e muovendo le dita dall’altra mano sulla sua schiena nuda; i punti in cui la sfiorava con i polpastrelli le mandavano scariche di piacere in tutto il corpo.
Hermione si sporse verso di lui per azzerare le distanze tra di loro.
 
Mezz’ora dopo, la ragazza interruppe i loro baci e le loro carezze per porgergli un’altra domanda.
«Non vuoi farmi analizzare gli avvenimenti al Manor», riepilogò come un dato di fatto. «Ma c’è un altro modo per verificare la mia teoria.»
Restò in silenzio per qualche istante, con lo sguardo interrogativo del giovane su di sé.
«Usa la Legilimanzia su di me, Draco. Cerca qualcosa nella mia testa che possa spiegare-»
«Ti ho promesso che non lo avrei mai fatto, Granger», le sussurrò in risposta lui. «Ti ho promesso che non l’avrei mai usata su di te consapevolmente.»
«Hai il mio consenso, Draco. Non è una violazione se sono io a chiederti di farlo», gli fece notare in tono deciso.
Il biondino si passò la lingua sul labbro inferiore. «Non so, Granger…»
«Ti prego. Sono esausta, non ne posso più di non ricordare…»
Draco sospirò sonoramente e annuì. «Vuoi farlo ora?»
Hermione fece un cenno di assenso con il capo e lui le prese il volto tra le mani.
«Pronta?», le domandò continuando ad accarezzarla.
«S-sì», confermò Hermione.
«Sarò delicato, Granger.»
 
Aveva mantenuto la sua promessa; non le aveva fatto male quando era scivolato all’interno della sua mente provata. E aveva fatto in modo che lei lo seguisse passo passo nei ricordi che visionava, dandole il tempo di negargli l’accesso se si indirizzava verso qualcosa che non voleva che vedesse.
Il suo primo tentativo di cercare i ricordi di lui nella mente della ragazza era stato un disastro; era andato dritto a individuare quelli che aveva ancora e la sua voce che la chiamava Sanguemarcio e la insultava aveva rimbombato nella sua testa, trafiggendolo come la lama di un pugnale; aveva stretto i pugni e aveva perso la connessione.
Hermione aveva insistito per riprovarci, quindi aveva optato per un’altra strategia. Sarebbe andato a ritroso nella sua mente partendo dagli eventi più recenti.
I ricordi più recenti erano quelli del Manor; la sua visione di Cedric, Bellatrix che le stava addosso… procedendo all’indietro, tornò a Hogwarts.
I ricordi mancanti di Draco erano dei buchi neri; tutto si offuscava e oscurava laddove avrebbe dovuto esserci lui.
Lo vide cercare immediatamente qualcosa, al sesto piano; un’ala in disuso del castello… cosa sperava di trovare lì? Hermione ci andava raramente…
Ma la porta del Dormitorio Segreto era ancora lì.
Strano, non avrebbe dovuto ricordarla. E poi la sua attenzione venne attirata da un oggetto fuori posto.
Un piccolo taccuino, con una minuscola mela stilizzata incisa sulla copertina; lo raccolse e iniziò a sfogliarlo, ma era vuoto… le pagine erano tutte bianche.
Uscì dalla sua mente con delicatezza, e deglutì; la baciò con dolcezza e si portò il capo di lei sul petto, iniziando ad accarezzarle il capo. Era visibilmente esausta da quello che avevano appena fatto.
«Ho una teoria, Granger», le disse dopo un po’. «C’è un taccuino, vicino a una parete del castello, al sesto piano. Credo che tu abbia messo i tuoi ricordi lì, per qualche motivo. Ne avvertivo la potenza…»
«Forse… forse stavo cercando di proteggerti?»
Draco desiderò che non lo avesse fatto, se fosse stato quello il caso. Le sorrise rassegnato.
«Non lo so, Granger» ammise sconfitto. «Ma se hai usato l’Occlumanzia per nasconderli, sei stata maledettamente brava. E questo vuol dire anche che sei tu l’unica a poterli tirare fuori di lì.»
 
Malfoy Manor, un mese prima
Bellatrix Lestrange torreggiava minacciosa su di lei, dopo averle inflitto l’ennesima Cruciatus.
Hermione aveva perso il conto.
«Bugiarda!» urlava.
E poi sentì la sua risata penetrante trapassarla facendola rabbrividire.
«Vorrà dire che dovrò vedere in prima persona.»
‘No. Non… Non i ricordi di Draco’, pensò spaventata la ragazza.
Lo aveva coperto per proteggerlo, si era inventata la storia del rapimento, anche se non aveva la minima idea se ci avessero creduto o meno.
Non voleva che li vedesse, ad ogni modo; quelli appartenevano a loro, non voleva che Bellatrix Lestrange inquinasse quei ricordi.
Doveva proteggere Draco.
E non poteva permettere che Bellatrix scoprisse che stavano cercando gli Horcrux.
Chiuse gli occhi e appellò le ultime energie che le erano rimaste in corpo per accedere alla sua magia e Occludere.
‘Occludi, nascondi i ricordi, proteggi Draco, proteggi Harry, proteggi la missione…’
Spalancò gli occhi quando la punta della bacchetta della Mangiamorte colpì il suo avambraccio, squarciandolo.
Dov’era? Cosa stava succedendo?
Il dolore le raggiunse il cervello e vide nero.
«Questo è quello che succede a chiudermi fuori dalla tua testa, lurida cagna!» sibilò Bellatrix.
Hermione chiuse gli occhi.
E poi c’era solo l’immagine di Cedric.
E il buio.
 
Si stava mangiucchiando le dita da ore.
Dirlo a Draco o non dirlo a Draco?
Si sarebbe arrabbiato come non mai, se lo avesse scoperto.
McLaggen aveva provato a baciarla.
Ovviamente, non era accaduto nulla, lei lo aveva respinto prontamente.
«Cormac, sto con Draco», gli aveva rammentato. «Non c’è stato un momento da quando mi sono risvegliata qui in cui mi sono considerata libera, anche se non ricordavo di avere una relazione con lui.»
«Non capisci che lui è sbagliato per te?» le aveva urlato contro a quel punto. «Come puoi davvero farti toccare da lui? Amarlo? Dopo tutto quello che ha fatto?»
«Tu non sai niente», gli aveva risposto semplicemente. «Le cose stanno così. Fattene una ragione.»
«Tu stavi con me!» aveva insistito lui.
«No, Cormac», gli aveva ribadito. «Mi ricordo di te. E ricordo anche di essere stata perfettamente chiara. Niente sentimenti. Niente impegni. E tu eri d’accordo con me.»
«Sei spaventata da lui?» aveva continuato McLaggen. «Hai paura di quello che potrebbe-»
«Non ho mai avuto paura di Draco Malfoy in vita mia», lo aveva troncato in pieno lei. «Neanche per un secondo. Di certo non ne ho paura ora.»
Non voleva litigare con Draco.
E allora aveva trascorso la notte a tormentarsi e a crogiolarsi nel senso di colpa per non averglielo detto immediatamente.
Decise che lo avrebbe fatto, comunque. Lei avrebbe voluto che lui glielo dicesse, a parti inverse. E non era successo nulla, in fondo… avrebbe potuto calmarlo, se si fosse arrabbiato.
Avrebbe fatto così; lei al suo posto avrebbe voluto saperlo.
Era la cosa giusta da fare.
 
«Sei impazzito?», esclamò Ron Weasley scioccato. «Hai provato a baciarla?»
«Dovrei essere io, lo sai anche tu!»
Draco si arrestò incuriosito dalle parole che stavano uscendo dalle labbra dei due Grifondoro.
«Stavamo insieme durante il sesto anno, Ron» asserì McLaggen con veemenza. «Lo sai benissimo che Malfoy non va bene per lei
Il Serpeverde avvertì un improvviso moto di rabbia attraversarlo da parte a parte.
Quello stupido aveva davvero provato a baciare Hermione, approfittandosi della sua perdita di memoria per provare a separarli?
Non lo sorprendeva. Ci aveva provato da quando avevano messo piede a Villa Conchiglia, anche se lei non gli aveva mai dato corda.
«Ammettiamo che tu riesca a portargliela via, cosa pensi che accadrà quando Hermione recupererà i suoi ricordi?» cercava di farlo ragionare Ron. «Perché è di Hermione che stiamo parlando, sai che riuscirà a riaverli.»
«Ci penserò dopo! Hermione doveva essere mia fin dall'inizio!»
Il rosso lo guardò con aria irritata. «Direi che spetta a Hermione deciderlo. Quello che vuoi fare... non è giusto. Fatti da parte» gli disse, nella sua voce una nota d'avvertimento.
«Come fai a stare dalla parte di Malfoy? Da quando quell’idiota ti piace?»
«Sto dalla parte di Hermione», precisò Ron. «E se proprio vuoi la verità, tu mi piaci anche meno. Te lo sto dicendo con le buone, McLaggen. Hermione è come una sorella per me, non ti permetterò di farle una cosa del genere» aggiunse, prima di allontanarsi per raggiungere Fleur ed occuparsi delle ferite di Ollivander. Si fermò solo un istante per ribadire un ultimo concetto.
«Sei l’ultimo arrivato, Cormac. Siamo sempre stati noi tre e Malfoy. Prima nel male, ora nel bene. Anche Harry si schiererà con lui. Non aspettarti l’appoggio di nessuno, e non pensare che non riferirò a Hermione questa conversazione.»
Draco sgranò gli occhi nel sentire quelle parole; non si aspettava di certo che Weasley prendesse le sue difese, ma qualcosa nell’idea che McLaggen gli piacesse ancor meno di quanto gli piaceva lui gli aveva dato una certa soddisfazione.
Vide il rosso lasciare il salotto e McLaggen passarsi una mano sulla mascella, come se stesse studiando la prossima mossa da fare.
«McLaggen, capisco che il tuo cervello da gorilla sia un po' limitato» esordì Malfoy con la sua usuale voce fredda e strascicata. «Ma lascia che chiarisca le cose per te una volta per tutte. La Granger è mia
Se ne stava impassibile dietro a Cormac, con la schiena appoggiata al muro, le braccia conserte e le gambe incrociate.
McLaggen rise mentre si voltava ad affrontarlo. «L'ultimo ricordo che Hermione ha di te, sei tu che le togli dei punti per essere una Sanguemarcio, Malfoy. Oh, no, mi correggo. Dev’essere quando le hai detto che volevi congratularti con chiunque le avesse fatto un occhio nero, almeno, è quello che ha detto quando si è risvegliata.»
Draco scattò; raggiunse il Grifondoro con poche falcate e lo afferrò per la maglietta, sbattendolo con forza contro il muro.
«Mi stai facendo seriamente perdere la pazienza, McLaggen. Non riesci proprio a sopportarlo vero?»
«Tu. Non. La. Meriti.» replicò a denti stretti l'altro, scandendo le parole, una smorfia d'odio dipinta sul viso.
«Sono d'accordo. Ma non esiste che rinunci all'unica cosa bella nella mia vita, non quando so che non è quello che lei vuole davvero.»
«Dove lo trovi il coraggio di toccarla, sapendo che hai quel Marchio sul braccio, ah Malfoy?» sputò velenoso Cormac, «magari le dici anche che è bellissima, con la stessa bocca con cui la chiamavi ‘sudicia Sanguemarcio’. O le dici che la vuoi, quando per anni l'hai redarguita di non sfiorarti neanche per sbaglio, per non doverti lavare dopo… Quando per non anni non hai fatto altro che dirle che non l’avrebbe mai potuta volere nessuno? Non ti fai nemmeno un po' schifo?»
«Come osi farmi la morale quando hai provato a baciarla sapendo che sta con me, pensando di sfruttare il suo vuoto di memoria?» sibilò gelido il biondo in risposta, gli occhi ridotti a due fessure, la presa sul ragazzo sempre più forte, nonostante quelle parole avessero sparso del sale su una ferita aperta.
McLaggen deglutì. In quel momento, si sentì una persona orribile per quello che aveva anche solo pensato di fare alla ragazza di cui era innamorato. Ma alla fine, lui voleva solo allontanarla da Malfoy; Hermione meritava di meglio. Fosse stato qualsiasi altra persona, si sarebbe fatto da parte e basta.
Ma non lui.
Non Draco Malfoy.
Quello non poteva accettarlo.
Quel momento di silenzio fu interrotto da una risata gutturale e sardonica proveniente dalla gola del Serpeverde, una risata che sembrava riecheggiare dal passato.
«Deve starti sul cazzo parecchio, non è vero?»
«Che cosa?» domandò brusco Cormac.
«Che ti abbia rifiutato, l'anno scorso. E che nonostante lei non ricordi nulla dell'evoluzione del nostro rapporto, voglia ancora passare le sue notti nel mio letto.»
Il Grifondoro provò a scattare in avanti per colpirlo, ma la presa di Malfoy era salda su di lui.
«Te la sei scopata?» ruggì furioso allora, cercando di raggiungere la bacchetta nella tasca posteriore dei suoi jeans.
Malfoy alzò un sopracciglio, ma non perse comunque il suo ghigno perfido.
«McLaggen, quello che faccio con la mia ragazza non sono affari tuoi» berciò in tono asciutto Draco. «E scopare è quello che faceva con te. Noi abbiamo una relazione, McLaggen. Vediamo se ti entra in testa.»
«Sì che sono affari miei quando non ricorda niente e tu decidi di approfittarti di lei!»
Fu Draco a cacciare la bacchetta, a quel punto; gliela premette contro la gola, mentre la sua espressione sul viso si trasfigurava in una carica d'odio e rabbia.
«Non permetterti mai più di insinuare una cosa del genere» soffiò minaccioso. «Non osare insinuare che potrei forzarla a fare qualcosa che non vuole, che potrei approfittarmi di lei in alcun modo. Ti ho avvisato, stupido idiota.»
«Altrimenti?» chiese il Grifondoro in tono di sfida.
Ma in quel momento la voce di Hermione riverberò nella stanza, facendoli sussultate lievemente entrambi.
«Che succede qui?» domandò nervosa la nuova arrivata.
«Forza, Malfoy» lo provocò Cormac con un sorrisetto stampato in faccia. «Ricordale chi sei veramente
«Draco?» lo chiamò allora Hermione, preoccupata, vedendo che il biondino non accennava a dare spiegazioni.
Draco assottigliò gli occhi; avvicinò il volto all'orecchio dell'altro, premendo ancora la bacchetta contro la sua gola.
«Non ti darò mai la soddisfazione di perderla a causa tua, McLaggen» sussurrò con astio, poi arretrò lentamente, continuando a guardarlo con odio.
«Niente» disse a voce più alta, riponendo via la sua bacchetta. «McLaggen ed io stavamo solo facendo una chiacchierata.»
Gli rivolse un'ultima occhiata d'avvertimento.
«Dovevamo chiarire alcune cose», disse poi infine, passandole accanto senza aggiungere altro e dirigendosi al piano superiore.
 
Draco si sbatté la porta della sua stanza alle spalle e si tolse cravatta e camicia; si sentiva soffocare dalla rabbia. Poggiò la fronte contro il muro e respirò a fondo.
«Draco
Non si era accorto che qualcuno, Hermione, era entrata nella camera.
«Draco, cos'era quello
«Quello ero io che cercavo di non spaccare la faccia a McLaggen, Granger» rispose sardonico il biondo, senza riuscire ad impedire alle parole di venir fuori dalla sua bocca. «E per la cronaca, non l'ho fatto solo perché ti saresti incazzata.»
Sentì Hermione sussultare alle sue spalle.
Draco si voltò a guardarla, poi si passò la lingua sulle labbra.
«Ti ha baciata?» le chiese con la sua voce fredda e strascicata.
«Come scusami?»
Hermione si arrestò sul posto e sbatté le palpebre, sorpresa dalla domanda; era scesa di sotto per dirgli proprio quello, che ci aveva provato e lei lo aveva respinto, che non era successo niente… che diavolo era andato a dirgli McLaggen?
«McLaggen. Ti ha baciata?» ripeté Draco, serrando i denti e stringendo i pugni.
«Ci ha solo provato.»
Il Serpeverde chiuse gli occhi e espirò sonoramente. Non era mai stato tanto arrabbiato in vita sua. Poteva sentire il sangue pulsare nelle sue vene, affluire al cervello, fremere nelle sue tempie.
«Perché non me l'hai detto?»
«Perché non è successo nulla, l'ho respinto. Ero scesa in salotto per dirtelo… Pensavo avesse capito che non ho mai provato nulla per lui.»
«Hermione! È innamorato di te. È il motivo per cui hai troncato quello stupido accordo del cazzo che avevate» la interruppe gelido Draco. «E tu non hai pensato che avessi il diritto di sapere che aveva provato a baciarti? Sta provando a mettersi tra di noi da quando siamo arrivati, dannazione, Granger!»
Si girò di spalle, le mani strette sui bordi della scrivania, mentre cercava di respirare lentamente per calmarsi.
La ragazza si avvicinò e gli mise una mano sulla schiena nuda.
«Draco, qual è il problema?»
«Il problema, Granger, è che è innamorato di te» sibilò irritato lui. «E tu non ti ricordi di me… di noi
Hermione restò in silenzio per qualche secondo, poi allungò una mano per costringere il giovane a voltarsi a guardarla.
«Non hai nulla di cui preoccuparti» gli disse in tono rassicurante. «Sono stata abbastanza chiara su questo, con lui. Sul fatto che sto con te e che non ha alcuna possibilità con me.»
Draco si voltò di lato per non incrociare i suoi occhi e si passò la lingua sui denti, restando in silenzio.
«Draco, lo so che la nostra situazione è complicata» asserì la ragazza, parlando con cautela. «Lo so che non ho tutti i miei ricordi... Ma non ti farei una cosa del genere sapendo quello che c'è tra di noi.»
Il biondo chiuse gli occhi e respirò a fondo.
«Non puoi dubitarne, dopo l'altra sera», aggiunse ancora lei, con voce sommessa e leggermente ferita.
Malfoy si passò una mano sul volto e alzò lo sguardo verso il soffitto.
«Draco, guardami» sussurrò ancora Hermione, mentre si alzava sulle punte per sfiorargli la guancia. Lui riabbassò il capo lentamente, ma non appena i suoi occhi incrociarono quelli di lei, crollò; se la strinse al petto e nascose il viso tra i suoi capelli.
«Non posso perderti, Granger.»
La sentì sorridere contro la sua pelle.
«Sei tutto, per me.»
«Non vado da nessuna parte, Draco.»
Le prese il viso tra le mani e la baciò con foga, con un’urgenza che raramente aveva lasciato trapelare.
«Ti voglio» mormorò contro le sue labbra, ma dopo qualche istante si allontanò da lei di scatto, realizzando a pieno le parole che gli erano uscite di bocca.
Non avrebbe dovuto dirglielo. Non avrebbe dovuto abbassare la guardia, non era giusto.
E mentre lui si rimproverava mentalmente, Hermione aveva fatto un passo indietro e aveva tirato giù la zip del vestito che indossava, rimanendo in intimo.
Il ragazzo si voltò a guardarla, temendo di aver commesso un errore lasciandosi sfuggire quelle due paroline, ma quando i suoi occhi si posarono sulla sua figura schiuse le labbra, stupito.
«Sono qui» gli disse semplicemente, rimanendo ferma ad aspettare una sua mossa.
«E sono tua», specificò, riferendosi a uno dei loro ricordi, che il biondino le aveva mostrato, che spiegava quel loro modo singolare di dirsi che ci tenevano l’uno all’altra.
Draco deglutì, poi azzerò le distanze tra di loro con una sola, grossa, falcata. 

 
*

La stringeva con più vigore del solito, ma a Hermione non dispiaceva; si girò su un fianco per guardarlo.
Era strano, vedere Draco Malfoy con i capelli spettinati e le guance lievemente arrossate, rilassato, con gli occhi chiusi. Si chiese se ci fosse in realtà abituata, ormai, solo che non lo ricordava; anche se non credeva possibile potersi abituare a quella visione.
Il biondo aprì un occhio e lo puntò nella sua direzione.
«Ti piace quello che vedi, Granger?»
Hermione arrossì. «Ehm, sì?»
Glielo poteva dire, no? Era il suo ragazzo, in fondo.
Draco sbarrò gli occhi e ridacchiò.
«Non mi aspettavo questa risposta», ammise a metà tra il divertito e il sorpreso, catturandole le labbra in un dolce bacio.
Hermione scrollò le spalle, fingendo indifferenza, anche se le sue guance erano ancora più rosee del normale. «Sono una persona sincera.»
Draco si leccò le labbra e la fissò per qualche istante.
«Di solito, quando faccio quelle battute, mi tiri un cuscino contro e mi dai dell’idiota. O borbotti qualcosa sulle Serpi.»
«Aspetta, rimedio subito», disse lei, mettendosi a sedere e afferrando l’oggetto con entrambe le mani; le lenzuola le caddero di dosso, scoprendo il suo petto nudo, che si accinse a ricoprire immediatamente, arrossendo nuovamente.
«Granger, davvero?» esclamò lui incredulo e poi scoppiò a ridere.
Era pur vero che non aveva memoria del fatto che avevano superato qualsiasi imbarazzo tra di loro, però la cosa non aveva potuto fare a meno di divertirlo.
Hermione gli lanciò il cuscino in faccia.
«Idiota!»
 
Le avevano chiesto di andare a prendere qualcosa nel capanno e quel qualcosa, ovviamente, si trovava su un ripiano un po’ troppo alto perché lo raggiungesse agevolmente.
Prese una cassa vuota e la usò come sgabello; tastò il ripiano per cercare l’utensile che Bill le aveva chiesto di recuperare, non avendo comunque la visuale chiara sullo scaffale nonostante i centimetri guadagnati con la cassa sotto i suoi piedi.
All’improvviso udì un sonoro crack, che associò immediatamente al rumore del vecchio legno che la sorreggeva mentre si spezzava, facendole perdere l’equilibrio.
Istintivamente, Hermione si aggrappò alla scatola Tiri Vispi Weasley su cui aveva messo la mano in quel momento, ma la violenza con cui fu scaraventata sul pavimento, la fece scivolare giù assieme a lei.
Il cartone si aprì a mezz’aria, riversando decine e decine di fiale sul pavimento, che si frantumarono all’istante, rilasciando un odore intenso nell’ambiente chiuso.
Era per terra, tra i vetri, una caviglia ferita e le mani sanguinanti laddove era entrata in contatto con i frammenti appuntiti sul pavimento, nel vano tentativo di sorreggersi.
Il profumo proveniente dalle fiale la colpì con violenza, facendola irrigidire.
Ma Hermione non stava pensando al dolore, né all’odore che la stava travolgendo; i suoi occhi erano sbarrati e fissi nel vuoto, mentre un libro nella sua mente si spalancava, inondandola di ricordi. Intensi, profondi.
Amortentia.
Bergamotto e mela verde.
‘Draco, Draco, Draco…’
Non riusciva a pensare, né a muoversi; le girava la testa vertiginosamente a causa del fiume di ricordi che stava riemergendo tutto in una volta e aveva caldo, tanto caldo.
Si portò le mani al collo e, tremante, prese a sbottonarsi la camicia, per cercare di respirare, salvo poi realizzare che respirare peggiorava la situazione.
‘Draco, Draco, Draco…’
Quante dosi di Amortentia le stavano entrando in circolo, tra le ferite aperte a contatto con il liquido e la quantità che stava suo malgrado inalando?
Doveva smettere di respirare?
Ma le faceva male la testa, mentre i suoi ricordi tornavano con prepotenza al loro posto.
‘Draco, Draco, Draco…’
La porta del capanno si spalancò con un tonfo.
«Per Salazar!» imprecò il biondino non appena venne investito dal profumo della Granger, sparato nelle sue narici in quantità industriali.
Si tirò via la camicia e se la premette sul volto, coprendo con cura naso e bocca, ed entrò nello stabilimento; l’aveva sentita chiamarlo, nella sua mente, come a Hogwarts… come quando era in pericolo, e si era precipitato da lei terrorizzato.
Non era in pericolo; era chiaramente ferita, ma sembrava per lo più persa nella sua stessa mente e… e aveva le guance arrossate e la camicetta sbottonata.
‘Oh, cazzo, no…’
«Granger, stai bene?»
La ragazza annuì impercettibilmente, mentre lui la prendeva tra le braccia e la sollevava con delicatezza, per poi correre fuori dal capanno.
La camicia che aveva usato per coprire le vie respiratorie gli era caduta via mentre cercava di estrarre in fretta la giovane.
La sentì stringersi a lui con forza, avvicinare il volto pericolosamente al suo e lui scostò il capo con uno scatto, evitando accuratamente di respirare, o qualsiasi contatto intimo con lei.
Non aveva intenzione di fare assolutamente nulla quando era stata esposta all’Amortentia, neanche baciarla.
«Draco» lo chiamava supplichevole, mentre provava ad attirare la sua attenzione.
Avrebbe voluto prendergli il volto con le mani e costringerlo a guardarla, ma stava sanguinando copiosamente e non voleva riempire di rosso anche lui.
«Curare questi tagli…» stava borbottando per restare lucido. «…pazzi a tenere tutta quell’Amortentia in casa…»
«Draco, ascol-»
«…Ma non è illegale, l’Amortentia?»
Piombò nella Villa e urlò dei nomi a caso in cerca di aiuto; non era riuscito a trattenere il respiro fino alla fine e temeva di poter essere a sua volta influenzato dalla pozione inalata.
Non era neanche sicuro che la pozione funzionasse per inalazione, ma non gli importava in quel momento.
Prevenire era meglio che curare, no?
«Draco, devo dirti-»
«È stata esposta all’Amortentia che era nelle scatole nel Capanno», stava spiegando a Ron e Harry in preda al panico. Aveva paura di fare qualcosa di sbagliato senza avere modo di impedirlo.
«Ti prego, ascoltami-»
«Ne ho inalata un po’ anche io, dovete portarla via da me.» 
Hermione sentì le mani di Ron chiudersi attorno a sé.
«No, no, Draco…» supplicava Hermione. «Devo dirti che io r-»
Le somministrarono di forza una pozione soporifera.
«Ci darà il tempo di mettere in sicurezza il capanno e cercare un antidoto», sentì dire a Harry, prima di sprofondare in un sonno profondo e senza sogni.
 
«Devo dire, Granger, che ti fai male davvero troppo spesso», commentò esausto Draco quando la vide riprendere i sensi. «E di tutte le volte, questa è stata la più stupida
Hermione sbuffò. «Tu sei stupido», borbottò con voce impastata, mentre si metteva a sedere.
Il biondino alzò un sopracciglio. «Questo è quello che ottengo per aver fatto il galantuomo? Per averti rispettata?»
La ragazza sbuffò di nuovo. «Non stavo cercando di saltarti addosso, per tua informazione.»
«Ah, no?» esclamò ironicamente il Serpeverde. «Credimi, non era quello che sembrava.»
Hermione fece scoccare la lingua e incrociò le braccia al petto.
«Abbiamo curato le ferite e la caviglia. Che ti è saltato in mente ad usare quella vecchia cassa come sgabello?»
«Non avevo la bacchetta con me», rispose stizzita. «Non che la bacchetta di Bellatrix Lestrange sia facile da sottomettere al mio volere, comunque.»
Draco si mordicchiò il labbro inferiore. Aveva litigato con Potter e Weasley quando le avevano dato in dotazione la bacchetta di Bellatrix, ma l’alternativa era quella di Minus e Hermione si era rifiutata categoricamente anche solo di guardare quest’ultima.
«Preferisco usare la bacchetta che mi ha torturata piuttosto che usare quella che ucciso Cedric», aveva affermato con decisione.
E così aveva iniziato a fare pratica con la bacchetta, salvo poi ricordare che con quella Bellatrix ci aveva torturato fino alla pazzia anche i genitori di Neville e… aveva ucciso Sirius.
Con qualche difficoltà era riuscita a piegarla al suo volere, ma la sua magia era instabile, si capiva che la bacchetta non volesse risponderle e che lei non volesse usarla.
Ollivander aveva corroborato quella teoria di Harry sul perché non funzionasse a dovere.
Potter utilizzava quella di Nott. «Sento che devo usare questa. Quando l’ho disarmato la sua lealtà è cambiata verso di me, anche Ollivander lo ha confermato», aveva dichiarato il moro.
«Ti abbiamo somministrato l’antidoto all’Amortentia, comunque», la informò Draco, «ne ho preso una dose anche io, puoi stare tranquilla-»
«Non sono mai stata preoccupata! Non l’ho bevuta e neanche tu, a meno che non ti sia messo a leccare i miei vestiti inzuppati e non credo sia un tuo fetish, o almeno, fino ad ora non lo hai mai dimostrato!»
Draco la fissò sbattendo le palpebre per qualche istante.
Perché diavolo è così arrabbiata?
«Si può sapere che ti prende? Cosa ho fatto? Perché sei-»
«Stavo cercando di dirti una cosa!» sbottò infuriata lei, ma aveva le lacrime agli occhi. «E tu non mi ascoltavi!»
«Beh, scusami, ho avuto paura che potessimo subire l’influenza di quella stupida pozione e fare qualche cazzata!»
Hermione ringhiò dalla frustrazione e poi si fece scivolare nuovamente sotto le coperte, tirandosele fin sopra alla testa.
Draco si arrampicò sul letto e si insinuò tra le lenzuola, portando poi il volto nell’incavo del collo di lei, che si era girata su un fianco.
«Granger», le sussurrò in un orecchio. «Smettila di fare la-»
«Se dici stupida o bambina giuro che ti trasfiguro in un furetto!»
Il biondino sorrise e le scoccò un bacio su un punto che sapeva benissimo essere molto sensibile; la abbracciò da dietro e le diede una carezza con la punta del naso.
«Continuo a non capire dove ho sbagliato.»
Hermione sospirò. «Non hai sbagliato, anzi, sei stato premuroso a preoccuparti e sbrigarti e bla bla bla, ma io-»
«Allora perché sei arrabbiata?»
La ragazza si morse la lingua per non iniziare a sbraitare. Voleva solo dirgli che ricordava tutto, ma glielo stava rendendo particolarmente difficile.
Sentì le labbra del giovane iniziare a scorrere sul suo collo, lasciandole dei baci a fior di pelle.
«Non sono arrabbiata», disse lei, mentre veniva scossa da piacevoli brividi.
«Mmh, si vede…»
Hermione sbuffò.
«Sai, stavo pensando… Non mi hai mai detto se la parte Veela del cugino di Fleur funzionava con la Polisucco.»
Draco corrugò la fronte, spiazzato da quella domanda improvvisa e fuori contesto. «Non credo, anche se la barista della locanda dove ho trovato Weasley sembrava sul punto di togliersi il reggiseno da un momento all’altro e lanciarmelo contro.»
«CHE COSA?» sbottò Hermione, voltandosi verso di lui e tirandogli un cuscino in faccia.
«Calma, Granger!» esclamò il biondino alzando le mani in segno di resa. «Non le ho dato corda, ovviamente. Salazar, non ci riesci proprio a non pensar male di me, ah?»
Lei lo guardò con un sopracciglio alzato e le labbra arricciate.
E poi vide gli occhi di lui allargarsi, mentre prendeva consapevolezza di un piccolo dettaglio.
«Ho intenzione di rinunciare alla mia possibilità di sfotterti per questo attacco di gelosia, Granger», le disse. «Perché mi preme di più sapere come fai a ricordarti di quella battuta, visto che non ti ho mostrato quel ricordo.»
Le labbra di Hermione si incurvarono in un largo sorriso. «Ci sei arrivato.»
«Granger…»
«Ricordo tutto», affermò ancora la ragazza. «Tu, noi… Stavo cercando di nascondere i ricordi da Bellatrix, e anche le informazioni sugli Horcrux, ma non avevo tempo e abbastanza energie per selezionare, così ho imbottigliato direttamente quasi tutto l’anno scolastico e quello che è venuto dopo.»
«Tu… tu ricordi? Tutto?» chiese incredulo il giovane.
La Grifondoro annuì. «Era quello che stavo cercando di dirti prima che mi narcotizzaste.»
«Narco-cosa?»
«Lascia stare», liquidò la faccenda lei. «Posso baciarti, ora?»
Draco non rispose a quella domanda, catturò direttamente le labbra di lei tra le sue con urgenza e passione.
«Cazzo… cazzo, Granger! Non sai quanto ho desiderato che questo momento arrivasse», le sussurrò tra un bacio e l’altro. «Temevo di perderti…»
«Mi sembra che ti eri arrangiato molto bene per impedirlo», constatò lei sorridendo contro le sue labbra.
Il biondino rise a sua volta. «Non toglieva la paura. Volevo che ricordassi tutto, di noi.»
Hermione gli sorrise e lo fissò per qualche istante. «L’hai gestita molto bene», gli disse. «Sei stato molto rispettoso dei miei spazi. E premuroso. Io… Lo apprezzo tanto, Draco.»
«Non farei mai niente per ferirti, o forzarti a fare qualcosa, lo sai, vero?»
«Direi che lo hai dimostrato ampiamente finora, non c’è bisogno di ulteriori precisazioni», affermò lei, tirandoselo nuovamente contro.
Un’ora dopo, erano stesi sul letto e fissavano il soffitto ansanti.
«Sai, ci ho messo di meno a conquistarti quando eri senza ricordi della prima volta», commentò confuso il Serpeverde. «Vuoi darmi delle delucidazioni in merito?»
«Sono naturalmente curiosa, ricordi?» gli rammentò ridacchiando lei. «E mi sono trovata un Draco Malfoy completamente diverso davanti tutto di colpo, cosa pensavi che facessi? Che mi tenessi alla larga o che cercassi di risolvere il puzzle?»
«Ficcanaso» la corresse lui.
Hermione sorrise. «Immagino di aver nascosto i ricordi, ma i miei sentimenti per te sono sempre rimasti lì. Anche se non li capivo o cercavo di ignorarli.»
Draco annuì con un’aria contenta, stringendola forte a sé, ma poi si fece lugubremente serio.
«Ti ricordi anche… del Manor?»
La ragazza deglutì e fece un cenno di assenso con il capo.
Il biondino si portò le mani sul viso e se le sfregò sugli occhi con forza.
«Mi dispiace, Granger. Mi dispiace…» cominciò a dire, sentendo gli occhi pizzicare al ricordo.
«Non è colpa tua...»
«Avrei dovuto fare qualcosa, ma non riuscivo a pensare a cosa… se avessi detto o fatto capire qualcosa su di noi sarebbe stato peggio, e di fatti lo è stato, alla fine e-»
«Draco», lo interruppe, alzandosi leggermente e prendendogli il volto tra le mani. «Non ti incolpo in alcun modo per quanto è successo.»
«Ma… è stata la mia famiglia a farti quello…», constatò lui con voce spezzata. «Anche sapendo che… quanto sei importante per me…»
«Tu non sei come loro, Draco. Io lo so e questo mi basta.»
«Lucius, lui… ti avrebbe uccisa… l’ho supplicato…» mormorò ormai incapace di trattenere le lacrime.
Era stata la notte più brutta della sua vita. E aveva anche perso la sua famiglia, quel giorno. Era stato tradito dalle persone per cui aveva sacrificato tutto per anni.
Aveva implorato suo padre di risparmiare la ragazza che amava e lui…
«Come fai a non ritenermi responsabile? Come fai a volermi ancora?»
Hermione gli rivolse un sorriso dolce. «Tu non sei come tuo padre, Draco.»
«Perché tu ti sei assicurata che io non diventassi come lui! Che ne sai di chi sarei diventato, senza te?»
La ragazza scosse la testa. «Non saresti mai diventato come lui. Non lo hai in te, non lo hai mai avuto in te. E comunque, hai fatto tutto da solo. Io sono arrivata dopo, quando eri già molto avanti. I tuoi progressi sono tuoi e basta. E questo mi rende ancora più orgogliosa di te.»
Draco dischiuse le labbra a quelle parole, poi la baciò con passione.
Nessuno gli aveva mai detto di essere orgoglioso di lui, prima.

 

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Capitolo 65
*** CAPITOLO 60 ***


CAPITOLO 60


















«Toglimi una curiosità, Potter», asserì Draco, fissando il moro con gli occhi socchiusi. «Come cavolo facevi ad avere quelle informazioni sulla Sala Comune dei Serpeverde? Io non ti ho mai detto nulla.»
Hermione era diventata scarlatta a quella domanda; si puntellò a disagio sul posto.
Dopo cena, si erano fermati tutti in salotto, per aggiornare gli amici sul recupero dei ricordi.
Era seduta sul divano accanto a lui, le gambe sulle sue ginocchia e il volto nell’incavo del suo collo.
«Ehm…», biascicò Harry, a disagio.
Ron fece schioccare la lingua. «Una volta, al secondo anno…»
«Eravamo convinti tu fossi l’erede di Serpeverde», trillò con voce acuta Hermione, parlando tutto d’un fiato. «Io avevo letto della Pozione Polisucco da qualche parte, così ho mandato Harry nel Reparto Proibito a cercare il libro che ne aveva la ricetta. L’abbiamo preparata nel bagno di Mirtilla Malcontenta e abbiamo rifilato a Crabbe e Goyle due muffin carichi di pozione soporifera.»
Ron e Harry scoppiarono a ridere al ricordo. «Seriamente, che idioti!», esclamarono all’unisono.
Anche Hermione ridacchiò, ma Draco non sembrava affatto divertito dalla situazione.
«Hanno preso le loro sembianze, sperando che ti lasciassi sfuggire qualcosa. Per favore, non arrabbiarti.»
Il biondino si inumidì le labbra, ma poi scosse la testa.
«Quanto cazzo siete ficcanaso», disse alla fine e per l’ennesima volta, dopo una pausa di silenzio. «Ma non posso darvi torto, in fondo, no?», borbottò ruotando gli occhi.
Poi si voltò a guardare la ragazza meravigliato. «Hai preparato una Polisucco perfettamente funzionante… al secondo anno?»
Avrebbe dovuto essere infastidito, Draco, se ne rendeva conto, ma in qualche modo lo stupore per quell’informazione aveva sopraffatto qualsiasi punta di irritazione avesse potuto provare. Ipotizzò che fosse una cosa simile a quella che era accaduta a Hermione la prima volta che le aveva parlato del suo piano con gli Armadi Svanitori.
La Grifondoro annuì sorridendo.
«E dove avete trovato gli ingredienti?»
«Rubati dalle scorte di Piton» disse Ron sghignazzando.
«Già ed è per questo che al quarto anno pensava che fossi stato io a rubarli di nuovo, quando invece era Crouch Jr.» borbottò Harry irritato.
«Tu dov’eri?», domandò Draco guardando la sua ragazza al suo fianco.
Hermione arrossì violentemente. «In infermeria. Avevo preso i capelli di Millicent Bulstrode, ma… erano peli del suo gatto. Un disastro. Orribile. Ho praticamente passato tutto il secondo anno in infermeria, visto che poi il Basilisco mi ha pietrificata.»
Draco deglutì e strinse i pugni, ricordando di averle augurato di peggio, quella volta; fece appello alla sua Occlumanzia per mantenere l’autocontrollo, per non lasciare che il disgusto e l’odio verso sé stesso lo sopraffacessero.
Non rise della sventura di Hermione con la Polisucco insieme a lei e ai suoi due migliori amici, ma loro non parvero accorgersene.
Avvertì Hermione rabbrividire al suo fianco. «Merlino, non credo che dimenticherò mai quegli enormi occhi gialli riflessi nello specchio. Odio gli specchi da quel giorno. E Ginny nella camera che condividevamo alla Tana ne ha cinque. Cinque
«Senti, sono quattro anni che me lo chiedo», si inserì il rosso rivolgendosi al Serpeverde e interrompendo l’amica. «Che accidenti c’era in quel pacchetto?»
Harry annuì con convinzione. «Oh, e Goyle sa leggere veramente?»
Draco sbuffò. «Sa leggere, ma dubito che abbia mai capito anche solo mezza cosa di quello che leggeva», rispose con un ghigno stampato sul viso. «Non avete idea degli scherzi che gli facevo. Tipo quella volta che ha detto alla McGranitt che il suo tema si era trasformato in un drago e gli era volato via prima della lezione ed ero stato io a incantare il foglio senza che se ne accorgesse.»
«Sei un amico terribile», commentò il rosso dischiudendo le labbra.
Il Serpeverde scrollò le spalle. «Non erano miei amici. Erano dei tirapiedi e non facevano domande. Stavano con me per il mio cognome, poi per tenermi d’occhio. E quanto al pacchetto, dentro c’era…»
McLaggen impedì qualsiasi progressione di quello scambio, facendo irruzione nella stanza.
Lanciò un’occhiata disgustata ai due sul divano e si diresse in cucina a prendere del cibo.
«Qualche problema, McLaggen?», domandò Draco sbuffando, incapace di trattenersi.
Hermione gli diede un colpetto sul braccio e scosse il capo.
«Dai, Draco, lascia stare…»
«A tonnellate, veramente», rispose l’altro avvicinandosi ai due. «Primo di tutti, come la ragazza che amo possa preferire essere la puttana di un Mangiamorte anziché stare con me.»
Il biondino scattò in piedi in un gesto fulmineo e il suo pugno colpì la mascella del Grifondoro una frazione di secondo dopo.
Hermione si portò le mani sulle labbra e strillò.
Harry e Ron intervennero prontamente per separarli.
«Ti giuro, McLaggen, che se non la fai finita ti tolgo quel sorrisetto del cazzo dalla faccia a suon di pugni», lo avvisò minaccioso Draco. «Dì quello che ti pare su di me, ma lascia lei fuori.»
La giovane fece un passo in avanti, le mani tra i capelli per la frustrazione.
«Si può sapere qual è il tuo problema?» urlò rivolta a Cormac. «Ti ho già reso chiaro come stanno le cose. E ti ho già ricordato come stessero al sesto anno…»
«Il mio problema, Hermione, è che mentre io mi stavo innamorando di te, tu ti stavi innamorando di lui!» le gridò a sua volta. «Hai idea di come ci si senta?»
Hermione deglutì. «No», ammise debolmente. «Ma stando ai patti, non avresti mai dovuto innamorarti di me, in primo luogo, Cormac. Non è mai stata mia intenzione ferirti, ma devi veramente fartene una ragione, ora…»
Il ragazzo scosse forte il capo, asciugandosi il sangue dal labbro e scrollandosi le mani di Ron di dosso.
«Te ne pentirai. Ti pentirai di aver scelto lui.»
Draco fece un altro scatto in avanti, ma Harry riuscì a trattenerlo.
«Credi sul serio di essere migliore di me, McLaggen?»
«No, non lo credo. Lo so» affermò con convinzione lui.
Il Serpeverde rise ironicamente. «Sta’ lontano da lei», gli intimò un’ultima volta, spostando le mani di Harry dal suo petto. «Ho esaurito la pazienza, McLaggen.»
Cormac si avviò verso le scale, ma prima di iniziare a salirle si fermò un istante e lo guardò con una smorfia di disgusto. «Sai, forse questi avvertimenti faresti meglio a darli alla tua famiglia. E per inciso, la mia la accetterebbe senza problemi e sicuramente non cercherebbe di ucciderla.»
Draco si pietrificò a quelle parole; Harry e Ron spalancarono la bocca.
«Sparisci, Cormac!» gridò Hermione esasperata, avvicinandosi immediatamente al biondino, il quale però scosse il capo e si diresse verso la sua stanza in silenzio.
«Ho… bisogno di stare da solo, Granger», le disse.
E lei rispettò il suo desiderio, come Draco aveva sempre rispettato il suo bisogno di silenzio.
 
«Ti dobbiamo aggiornare», disse Ron quella notte.
Hermione si era svegliata attorno alle quattro, non dormiva mai bene senza Draco, ma non voleva andare da lui, non voleva risultare appiccicosa; così era scesa in cucina e aveva quasi urlato quando aveva acceso la luce e si era trovata davanti ai suoi due migliori amici, acquattati sul tavolo a bisbigliare di piani e strategie.
«Cosa vi è saltato in mente, mi avete spaventata a morte! E perché vi nascondete?»
«Stiamo organizzando una cosa», spiegò Harry, invitandola a sedersi con un cenno della mano.
«Stiamo cercando di capire come entrare alla Gringott. Bellatrix era convinta che ci fossimo stati, continuava a… chiederti cos’altro avessimo preso.»
«Abbiamo un piano», s’inserì il rosso, «ma non è ancora perfezionato… stiamo cercando di capire come passare le guardie all’ingresso senza farci scoprire. Stiamo collaborando con Unci Unci, il folletto che abbiamo salvato al Manor.»
Hermione si mordicchiò l’interno di una guancia. «Io ho qualcosa», li informò.
«Come puoi essere stata ko per più di un mese e risolvere il problema senza manco rifletterci?» domandò a metà tra il meravigliato e il confuso Ron. «E il giorno dopo aver recuperato i ricordi, tra l’altro. Seriamente, strega, sei terrificante.»
La ragazza gli sorrise. «Ho un capello di Bellatrix. Posso trasformarmi in lei», propose, inorridendo però al pensiero, «e ho la sua bacchetta… Potrebbe funzionare, no?»
I due ragazzi la fissarono con un’espressione indecifrabile dipinta sul volto.
«Avete opzioni migliori?» chiese lei sbuffando.
«No, ma…» fece Harry.
«Insomma…», iniziò Ron. «Sei sicura che sia di Bellatrix?»
«Credimi, Ronald. Sto molto attenta a questi dettagli, vista la mia prima esperienza con quella maledetta pozione!»
«D’accordo, d’accordo», si arresero i due ragazzi.
«Non posso credere che stavate progettando di farlo senza di me», li accusò offesa lei.
«Hermione, eri senza ricordi ed eravamo preoccupati per la tua salute!» si difese Harry.
«Quello che è successo… è stato brutto. Noi non volevamo gravare sulla tua guarigione», aggiunse il rosso mestamente. «E al contempo non potevamo aspettare, non potevamo rischiare…»
Hermione sospirò. «D’accordo, d’accordo. Avete ragione.»
 
La mattina dopo, Hermione raggiunse la porta della stanza di Draco e bussò decisa; si aprì qualche istante dopo.
«Ti ho detto che non hai bisogno di bussare.»
«Non ero sicura che volessi vedermi», si giustificò lei grattandosi la nuca. «Che volessi vedere qualcuno in generale.»
«Voglio sempre vederti, Granger», le disse facendola entrare e richiudendosi la porta alle spalle.
«Tipo stanotte, ma non sei venuta.»
«Non volevo… ehm… invadere i tuoi spazi, avevi detto di voler stare solo…»
Draco la prese per un braccio e l’attirò a sé. «Non riesco a dormire se non ti ho accanto, dopo quello che è successo…» le sussurrò in un orecchio. «Ti voglio con me. Sempre.»
Hermione ingoiò il senso di colpa e si sforzò di sorridergli. «Potevi anche venire tu, da me…»
Il biondino si mordicchiò il labbro inferiore. «Non volevo svegliarti.»
«Possiamo riposare ora, se vuoi…»
«Non voglio riposare, Granger» le disse avvicinando il volto al suo.
La baciò dolcemente, mentre la guidava verso il letto.
Il corpo di Hermione trepidava di anticipazione ed eccitazione, una sensazione che non accennava a sparire neanche dopo mesi di relazione.
C’era stato un momento in cui aveva pensato che essere amata da un Tassorosso fosse totalizzante.
Hermione non era preparata a cosa volesse dire essere amata da un Serpeverde.
Era come se fosse diventata il centro gravitazionale di Draco Malfoy, come se veramente per lui fosse l’unica cosa a contare nell’universo.
Era così che la faceva sentire.
E a Hermione piaceva, anche se al contempo la spaventava.
Perché per lei valeva la stessa cosa.
Se ne rendeva conto, del modo in cui si voltava a cercarlo con lo sguardo quando erano nella stessa stanza, di come cercava il calore del suo corpo accanto a sé; di come inevitabilmente era attratta dalla sua presenza e spinta verso di lui da una forza maggiore e sconosciuta che non aveva la forza, né la voglia, né la volontà, di combattere.
Cedric l’aveva fatta sentire speciale, ma Draco la faceva sentire come se non ci fosse niente di più importante al mondo della sua stessa esistenza.
«Ti ho sentito, sai…» iniziò incerta la ragazza, tra un bacio e l’altro. «Quello che hai detto a tuo p-»
«Lucius», la corresse gelido lui.
Hermione deglutì. «A… a Lucius. Ho sentito tutto…»
Draco si immobilizzò e sospirò; le tolse una ciocca di capelli dagli occhi e la guardò intensamente.
«Intendevo ogni singola parola che ho detto. E non devi sentirti-»
«Io volevo solo che tu sapessi… insomma… che io mi sento allo stesso modo, nei tuoi confronti» ammise Hermione, arrossendo visibilmente. «Io… provo le stesse cose, per te.»
Draco schiuse le labbra e la guardò come se non credesse alle proprie orecchie; quelle parole riecheggiavano nella sua testa ininterrottamente e Merlino, avrebbe voluto che non smettessero mai.
Mise una mano dietro la nuca di lei e l'avvicinò a sé per baciarla.
Hermione non si accorse della lacrima solitaria che scivolò lungo la guancia di lui, né del tremito delle sue mani, quelle di una persona a cui, per la prima volta nella sua vita, veniva detto di essere amato.
La distese sul letto, mentre si accingeva a liberarla dei suoi vestiti; si fermò a guardarla negli occhi per qualche istante, prima di farla sua.
«Ti amo, Hermione Granger», le sussurrò con voce roca, senza mai interrompere quell’intenso contatto visivo.
«Ti amo anch’io, Draco Malfoy», rispose lei sorridendo timidamente e poi finalmente chiuse gli occhi, lasciando che il ragazzo scivolasse lentamente dentro di lei e perdendosi nelle sensazioni che solo lui era in grado di farle provare.
 
C’era qualcosa che non andava quella mattina; Draco era stato svegliato da una sensazione strana.
Il giorno precedente, erano stati chiusi in camera per tutto il tempo, scendendo al piano di sotto solo per i pasti. Non aveva fatto caso a quella stranezza in un primo momento, aveva pensato che la ragazza volesse recuperare il tempo perso con lui, e lui sarebbe rimasto da solo con lei anche per tutta la vita, quindi non si era interrogato sulla questione.
Allungò un braccio per abbracciare Hermione, ma non la trovò accanto a sé.
Invece, le sue dita sfiorarono qualcosa di ruvido.
Il biondino sgranò gli occhi e fissò il foglio di pergamena piegato sul cuscino accanto al suo.
Il panico lo assalì subitaneamente, mentre lo afferrava per leggerlo.
 
Draco,
perdonami per non averti detto niente ieri sera, per essere andata via così, ma non potevo rischiare di coinvolgerti in questo, che tu proponessi di venire con noi.
Non era una cosa che potevo permettere.
Abbiamo deciso di provare ad entrare nella camera blindata di Bellatrix alla Gringott; crediamo che ce ne sia uno lì. Crediamo che sia la Coppa di Tassorosso.
Se dovesse succederci qualcosa, devi dire a qualcuno degli Horcrux, è l’unica speranza di sconfiggerlo.
Pensiamo che il prossimo abbia qualcosa a che fare con Corvonero, ma sul sesto non abbiamo idee. Non può essere qualcosa appartenuta a Grifondoro, però. Un po’ per la rivalità tra lui e Serpeverde, un po’ perché l’unico lascito di Godric è la Spada e quella chiaramente serve a distruggerli.
Probabilmente un Horcrux è nascosto a Hogwarts. Se non dovessimo sopravvivere a questa missione suicida, - e sì, lo sto ammettendo finalmente, anche se non credo che sorriderai o sarai felice di leggerlo -, per favore, assicurati che qualcuno porti a termine questa missione.
Dopo resterà solo lui.
Resta al sicuro, Draco.
Resta vivo.
Per me.
Ti amo.
Sempre tua,
Hermione
 
Gli occhi di Draco si spalancarono sempre di più, mentre leggeva il folle piano di quei Grifondoro pazzi. Mentre il panico lo assaliva e lo divorava dentro.
Gettò la lettera di lato, e si precipitò in salotto, sperando che fosse solo un orrendo scherzo.
«Dove sono?» domandò a Bill e Fleur, il respiro accelerato e il cuore che palpitava talmente forte da rimbombare nelle sue stesse orecchie.
«Andati», disse la donna, con aria afflitta.
«Anche la Lovegood e Thomas», aggiunse Weasley. «Questi ultimi a Hogwarts. Harry, Ron e Hermione… non ne ho idea.»
Draco deglutì, poi si portò le mani tra i capelli.
Uscì correndo dall’abitazione e corse sulla spiaggia, a piedi nudi; si liberò dei suoi vestiti, spargendoli distrattamente sulla sabbia e poi si immerse tra le acque ancora fredde del mare.
Quando il suo capo fu interamente sott’acqua, Draco urlò, lasciando che l’oceano inghiottisse le sue paure e il suo dolore.
‘Resta lucido, occludi, andrà tutto bene.
La rivedrai.
Che cazzo hai fatto, Hermione?
Perché mi hai lasciato solo?
Avevi detto che non saresti andata da nessuna parte.
Avevi detto che saresti rimasta con me.
A che scopo restare vivo, se tu non ci sei?'

*


«Quei pazzi!» urlò Lupin entrando come una furia a Villa Conchiglia. «Sono dei fottuti pazzi!»
Draco si precipitò nel salotto un secondo dopo aver sentito le imprecazioni del cugino acquisito rimbombare dalle scale.
«Ho sempre pensato che Sirius, James ed io fossimo dei pazzi sconsiderati in gioventù, ma questi tre, oh, questi tre sono senza precedenti!»
Lanciò una copia della Gazzetta del Profeta sul tavolo.
Il titolo e la foto in copertina catturò l’attenzione di Draco immediatamente; ritraeva un drago in volo da quello che sembrava essere… il tetto della Gringott? E sembrava che avesse qualcuno sul dorso?
Harry Potter e i suoi complici rapinano la Gringott e scappano a cavallo di un drago.’
Bill Weasley lanciò un fischio. «Charlie sarà così fiero di Ronalduccio!»
Lupin gli scoccò un’occhiataccia. «Potevano morire!»
Fleur, che si era portata le mani sulle labbra scioccata mentre leggeva l’articolo, convenne con lui. «Potevano farsi uscidere o catturare dai Mansciamorte!»
Draco continuava a fissare il giornale sbattendo le palpebre, con la mascella a terra.
‘Quella strega sarà la mia morte’, pensò incredulo, scuotendo il capo impercettibilmente.
«Dove sono, ora?» domandò speranzoso, voltandosi a guardare Remus.
Doveva raggiungerli.
Doveva raggiungere lei.
«Non ne abbiamo idea», rispose Lupin passandosi una mano sul volto stancamente. «Hanno perso traccia del drago per un po’ e quando lo hanno avvistato nuovamente, era solo. Ormai sarà troppo lontano, comunque.»
Il Serpeverde ringhiò dalla frustrazione.
E poi, all’improvviso, la radio prese a emettere un suono strano.
Bill si avvicinò ad essa e con un colpo di bacchetta mormorò la password per sintonizzarsi a Radio Potter.
La comunicazione veniva da Hogwarts.
«Il Fulmine ha colpito! Ripeto, il Fulmine ha colpito!»
L’avambraccio di Draco prese a bruciare nello stesso istante.
«Li sta radunando?» domandò Lupin allarmato.
Il biondino annuì, una smorfia di dolore sul viso.
«Dove?»
Draco deglutì. «Nei pressi dei confini di Hogwarts.»
«Raduniamo i membri dell’Ordine rimasti. Contattiamo gli Auror, se riusciamo. Sono a Hogwarts» dedusse Remus.
 
Draco non aveva tempo per seguire i protocolli dell’Ordine della Fenice, di cui comunque non era un membro.
Non doveva sottostare ai loro ordini, non faceva parte di quel maledetto Voto.
Si rigirò il bracciale di Blaise tra le dita e poi inviò il suo messaggio.
‘Cerca Dobby nelle cucine. Lui sa dove sono. Presto.’
Blaise fu più rapido di quanto pensasse; gli apparve davanti nello stesso punto in cui Dobby li aveva lasciati dopo la Smaterializzazione da Malfoy Manor.
Era insieme al suo vecchio elfo e… «Daphne?» esclamò sorpreso.
«Hey Principino!» esclamò la ragazza, stringendolo in un abbraccio che Draco giudicò decisamente di troppo. «Chi non muore si rivede!» scherzò ammiccando verso di lui.
Il biondino alzò un sopracciglio.
«Daph e Astoria aiutano i membri dell’ES da un anno» spiegò Blaise percependo la confusione dell’amico. «Non siamo gli unici Serpeverde ad essersi ribellati alle nostre famiglie e ad aver preso la posizione opposta. Non siamo soli, Dray. Quattro elfi liberi in una mandria di Serpi asservite.»
«Elfi?» esclamò turbato Draco, osservando Dobby che sorrideva all’amico e Blaise che gli faceva un occhiolino in risposta. Decise di lasciar perdere.
«E quante volte ti devo ripetere di non chiamarmi-»
«Anche se tu ne hai fatta di strada», troncò la sua protesta Daphne. «Indesiderabile N°2 eh? I Mangiamorte ti vogliono quasi quanto Tu-Sai-Chi vuole Potter.»
Draco scrollò le spalle. «Non ho tempo per questo, devo arrivare a Hogwarts.»
«Immaginavo. Ero pronto a venirti a prendere quando hai chiamato», asserì Zabini con convinzione. «Lei è lì.»
Il biondino assottigliò gli occhi quando vide i due compagni di Casa scambiarsi un sorrisino complice.
«C’è qualcosa che dovete dirmi?»
«Stiamo insieme», lo informò Daphne. «Certo non pensavo che alla fine sarei finita comunque con un Purosangue, ma…»
«…Ma l’amore non conosce differenze, Dray» concluse Blaise ammiccando. «Ma che lo dico a fare a te, ah?»
Il biondino sbuffò. Gli aveva detto di essere innamorato della Weasley e ora stava con Daphne? Si sarebbe fatto raccontare tutta la storia in un secondo momento.
«Congratulazioni. Non disturbatevi ad invitarmi al matrimonio. Possiamo andare ora?»
«Oh, tu sarai il mio testimone di nozze amico» asserì in tono fermo l’altro, tendendogli la mano. «Non hai scampo.»
 
La Stanza delle Necessità era gremita di gente.
Draco si fece largo tra la folla, finché non la vide.
Stava annuendo a qualcosa che Potter aveva detto, probabilmente stava dando a lei e Weasley istruzioni sul da farsi.
Ginny entrò nella stanza in quel momento e corse verso Harry.
«Mesi che non mi vede e pensa solo a lui! Insomma, sono suo fratello!» stava protestando Ron.
E poi Hermione aveva incontrato il suo sguardo e aveva spalancato gli occhi.
Draco la raggiunse a grosse falcate e le afferrò il viso tra le mani, per poi far schiantare le labbra contro quelle di lei.
L’intera folla si azzittì immediatamente, alla scena; eccetto qualche sospiro di sorpresa e qualche esclamazione da parte dei più indiscreti, non voleva una mosca.
Si staccò da lei a malincuore, per trovarla con le guance arrossate dall’imbarazzo e un’espressione stupita sul volto.
Draco scosse la testa.
‘Davvero non ha ancora capito che appenderei dei manifesti con scritto su HERMIONE GRANGER E DRACO MALFOY STANNO INSIEME ovunque?’
Posò la fronte contro quella di lei e trasse un respiro profondo.
«Non farmi mai più una cosa del genere, Hermione
La ragazza sussultò impercettibilmente al suono della voce del Serpeverde.
«Mi dispiace, è solo che-»
«Niente ma, Granger», le disse categorico. «D’ora in poi, se tu salti, salto anch’io.»
L’unica risposta che poteva dargli era un altro bacio.
Al diavolo quello che la gente avrebbe pensato.
 
«È il serpente» annunciò Harry. «Il sesto Horcrux è il serpente. L’ho appena visto. È nella Stamberga Strillante.»
«Bene, andiamoci, no?» fece subito Draco.
«No. Trovate il Diadema di Corvonero, io mi occupo del serpente» affermò deciso il moro.
Aveva visto che Voldemort era nella Stamberga con Lucius Malfoy e non gli sembrava proprio una buona idea farsi accompagnare da Draco, specie dopo gli eventi al Manor.
Aveva visto l’odio verso il padre crescere nel compagno di scuola giorno dopo giorno a Villa Conchiglia e i Serpeverde sapevano essere impulsivi quanto i Grifondoro se spinti dalla rabbia.
Non poteva correre rischi.
«Stavo pensando», s’intromise Hermione. «Non ha senso trovare gli Horcrux se non sappiamo come distruggerli, no?»
«Possiamo andare nella Stanza delle Necessità. Il Basilisco non deve essere vivo perché la zanna funzioni, no?» propose Ron. «Quando hai distrutto il diario era morto, vero?»
Harry annuì.
«Geniale», disse la ragazza.
«Sempre questo tono sorpreso», commentò ruotando gli occhi il rosso.
«Dividiamoci», propose Blaise, che si era intromesso nella loro discussione. «Dove dovremmo cercare questo Diadema?»
«Luna ha parlato con il fantasma di Corvonero», rivelò Harry. «Dovrebbe essere nella Stanza delle Necessità. Dove tutto è nascosto. Draco, tu e Blaise avete passato più tempo di tutti in quel posto…»
«Credo di aver capito qual è l’oggetto, Potter» affermò il biondino. «Aveva attirato la mia attenzione, una sera. La magia oscura che sprigionava era avvertibile anche a distanza.»
«Bene», commentò il moro. «Allora, mi pare che abbiamo tutti da fare, per cui…»
Draco si voltò a guardare Hermione con una smorfia. Non voleva separarsi di nuovo da lei.
La ragazza gli sorrise. «Resta vivo, Malfoy», gli disse facendogli un occhiolino.
Il biondino chiuse gli occhi e sospirò. «Anche tu, Granger. Ci vediamo dall’altra parte.»
 
Hermione guardò Ron con gli occhi sgranati.
«Come diavolo-»
«Harry parla nel sonno» commentò divertito il rosso, spalancando la porta della Camera dei Segreti che aveva aperto ripetendo qualche parola in Serpentese udita da Harry.
«Geniale», mormorò la ragazza prima di seguirlo dentro.
«Uno a testa», la incitò Ron, «io ho distrutto il medaglione. La Coppa è tua.»
Hermione annuì e posò la Coppa di Tassorosso al centro della stanza; alzò la zanna e poi la infilzò nell’Horcrux.
La zanna si disintegrò e la Coppa, rotta, volò nell’acqua lì vicino.
Un’onda enorme si alzò assumendo le fattezze di Voldemort e si diresse verso di loro.
Ron e Hermione si abbracciarono forte, mentre l’acqua li travolgeva.
Emisero entrambi un gemito di protesta, ritrovandosi zuppi da capo a piedi.
«Ovviamente doveva essere fredda», borbottò stizzito il rosso.
«Forza, prendiamo delle altre zanne e raggiungiamo gli altri. Draco dovrebbe già aver ritrovato il Diadema.»
 
«Allora, cos’è questa storia di Daphne?» domandò Draco guardando di sottecchi Blaise.
L’amico fece spallucce. «Ci siamo avvicinati, quando sono tornato a Hogwarts», gli disse con nonchalance. «Abbiamo passato molto tempo insieme e… beh, è successo e basta. Sai, mi ero messo l’anima in pace in partenza con Ginny, quindi…»
Il biondino annuì. «Sono felice che tu sia andato avanti», affermò il biondino. «Anche se questo mi farà perdere una scommessa con la Granger.»
Blaise gli scoccò un’occhiata interrogativa.
«Avevo scommesso che saresti riuscito a soffiarla via a Potter.»
«Grazie per la fiducia, amico» commentò divertito Zabini. «Sono lusingato.»
«Ecco il Diadema!» esclamò Draco, avvicinandosi a uno scrigno.
«Bene, bene, bene» esordì una voce ghignante alle loro spalle. «Chi abbiamo qui? I più famosi traditori del mondo Purosangue.»
«Nott» ringhiò il biondino, puntandogli contro la bacchetta.
«Dov’è Potter?» lo ignorò l’altro. «Ha qualcosa che mi appartiene e che rivorrei indietro.»
«Che ha che non va quella?» domandò indicando la bacchetta che Theodore aveva in mano.
«È di mia zia», rispose con una smorfia. «Non riesce esattamente a capirmi.»
«Credo che sia difficile capirti a prescindere, ‘fratello’» commentò sardonico Blaise. «Le bacchette sono intelligenti e tu sei stupido.»
Nott assottigliò gli occhi.
Crabbe e Goyle erano alle sue spalle, con le bacchette sguainate a loro volta.
«Non riuscite proprio a stare senza qualcuno che vi dia degli ordini, vero?» li sbeffeggiò Draco.
«Stai zitto, traditore del tuo sangue!» esclamarono all’unisono i due.
Il biondino alzò gli occhi al cielo.
E poi Goyle ebbe la brillante idea di lanciare un Avada Kedavra nella loro direzione, anche se con una pessima mira.
E quel gesto diede inizio al finimondo.
Con un movimento fluido, Draco afferrò il Diadema e i tre presero a duellare.
«Sai, alla fine dei giochi, penso che mi terrò la tua Sanguemarcio come bottino di guerra» lo stava provocando Nott. «Se ne uscirà viva. Mi ci divertirò un mondo.»
«Tu prova ad avvicinarti di nuovo a lei, Nott» sibilò il biondino in risposta, «e io ti ammazzo
Theodore rise. «Ma fammi il piacere! Non sei mai stato-»
Si interruppero entrambi, quando videro una fiammata provenire dalla loro sinistra.
Nott scappò immediatamente alla vista delle alte fiamme di fuoco ardente che si propagavano rapidamente nella stanza, alimentate dalla grande quantità di libri e oggetti nascosti in quel luogo.
«Blaise!», urlò Draco, correndo a cercare l’amico.
«Corri! Quell’idiota di Crabbe ha appiccato il fuoco!» gridò Zabini correndogli incontro.
Il biondino afferrò due scope alla sua destra e ne lanciò una al ragazzo, per poi sollevarsi in volo sperando di sfuggire alle fiamme.
Era quasi arrivato alla porta d’uscita quando li vide.
Crabbe e Goyle, aggrappati a una colonna di oggetti, penzolanti.
Draco sbuffò.
‘Dannati Grifondoro’, pensò stizzito. ‘Mi stanno contagiando. Se muoio in questa guerra, tornerò sotto forma di fantasma per tormentarli.’
Fece un cenno col capo a Zabini, indicando i due e virò nella loro direzione.
Non appena li raggiunsero, però, Crabbe perse il suo appiglio e precipitò giù, venendo inghiottito dalle fiamme.
Draco rimase a guardare la scena sconvolto, gli occhi sbarrati.
Era sicuro che quello sarebbe divenuto un altro incubo ricorrente; non che tenesse in qualche modo particolare a quell’idiota, ma… ci era pur sempre cresciuto insieme e vederlo morire lo aveva colpito.
Deglutì forte, poi tese la mano a Goyle, che la afferrò e si piantò sul retro della sua scopa.
«Forza!», lo incitò Blaise da lontano. «Muoviti, Draco!»
Draco diede una spinta, accelerando pericolosamente, e infine i tre capitolarono fuori dalla Stanza delle Necessità, ruzzolando sul pavimento di pietra.
Goyle si disperse subito dopo.
«Draco!»
La voce di Hermione che lo chiamava in lontananza lo fece voltare di scatto; gli lanciò contro una zanna di Basilisco, che atterrò ai suoi piedi.
Draco la prese e infilzò rapidamente il Diadema.
Con un calcio, Blaise lo fece volare all’interno della Stanza in fiamme; tre teste di fuoco, dalle fattezze di Voldemort, ringhiarono nella loro direzione, prima che le porte si chiudessero.
I due si scambiarono un’occhiata scioccata e rabbrividirono.
«Beh, questo è stato inquietante» commentò Blaise deglutendo.
Hermione raggiunse Draco in quel momento, sbattendogli contro, per poi baciarlo con irruenza.
«Wow, datevi una calmata voi due» esclamò Zabini fischiando. «Siamo nel mezzo di una battaglia, qui!»
La ragazza si staccò dal biondino completamente rossa in viso ma lui la tenne stretta a sé, un braccio a circondarle la vita, protettivo. 
«Dobbiamo trovare Harry» disse Hermione, allontanandosi leggermente dal Serpeverde per mostrare le zanne nella sua borsa. «Dobbiamo dargliene un paio e aiutarlo, quel serpente è una macchina assassina. A Godric’s Hollow siamo a malapena riusciti a svignarcela tutti interi.»
E poi Draco avvertì un movimento alle sue spalle e con uno scatto fece appena in tempo a schermare Hermione da un Anatema che Uccide, lanciandosi su di lei e finendo sul pavimento, trascinando per terra anche Ron, che sarebbe stato colpito dalla Maledizione una volta spostata la ragazza.
«Malfoy, mi hai appena salvato la vita?» asserì incredulo il rosso, tossendo senza fiato per l’impatto contro la pietra dura.
Ma Draco si era già voltato e aveva iniziato a rispondere all’attacco.
«Cazzo, sei persino più stupido di quel che pensassi, Nott!»
Nott stava soffocando a causa di una pesante corda di pelle nera chiusa stretta attorno alla sua gola.
Hermione guardava la scena sconvolta, non capendo quale incantesimo stesse usando Draco.
«Ti avevo avvisato, ti avevo detto che se avessi provato un'altra volta a fare del male alla mia ragazza, Nott, ti avrei ucciso.»
«Draco…» lo chiamò spaventata la Grifondoro.
Draco lasciò andare l’incantesimo, sentendo la voce di lei. Ma Nott ridacchiò tossicchiando e continuò a provocarlo.
«Sappiamo entrambi che non ne sei capace, Principino» berciò in tono di scherno.
Malfoy gli rivolse il suo ghigno tipico. «Per leccare il culo di Voldemort non valeva la pena di sporcarsi le mani in quel modo…»
Era la prima volta che lo chiamava per nome. Ron non riuscì a trattenere un gemito di sorpresa udendolo.
Nott sussultò e gli rivolse una smorfia di disgusto. «E per continuare a scoparti una sudicia Sanguemarcio e macchiare il nome della tua famiglia sì?»
La fune attorno alla gola di Theodore tornò a soffocarlo; cercava la sostituta della sua bacchetta, ma Draco lo aveva disarmato immediatamente quando si era voltato ad affrontarlo.
«Ti eri affezionato a Crabbe al punto da volerlo raggiungere subito?»
Draco era furioso, talmente tanto da non riuscire a usare l’Occlumanzia per poter contenere le sue emozioni, al punto da ignorare anche il fatto che in realtà vedere Crabbe precipitare nel fuoco avesse colpito anche lui.
Guardava Nott con odio e continuava a stringere la corda attorno al suo collo, rivivendo nella sua mente tutto ciò che aveva fatto alla ragazza che amava… Poi avvertì una delicata pressione sul suo braccio.
«Draco...» lo chiamò dolcemente e con cautela Hermione.
Draco deglutì, ma non lasciò andare immediatamente la presa questa volta.
«Draco, lascia stare. Non ne vale la pena.»
«T-ti ha lanciato contro l’Anatema che Uccide, Hermione
«E lui non vale la tua anima, Draco» rispose in tono fermo lei. «Lascia andare. Ti prego. Me l'hai promesso. Mi hai promesso che qualunque cosa mi sarebbe successa in questa guerra non saresti in alcun modo tornato indietro. Questo sarebbe addirittura peggio.»
Draco fece una smorfia e sbuffò col naso.
«Bastardo fortunato», ringhiò contro Nott, mentre interrompeva l’incantesimo e liberava la sua gola dalla corda. «Sparisci, prima che cambi idea!»
Nott non se lo fece ripetere una seconda volta.
Il biondino chiuse gli occhi e strinse i pugni, respirando a fondo per cercare di calmarsi, di riacquistare il controllo su sé stesso, sulle sue emozioni, per riaffidarsi alla sua Occlumanzia.
Hermione gli si avvicinò e gli carezzò una guancia, sorridendogli timidamente.
«Scusa», mormorò flebilmente lui.
E quella era un'altra prima volta, per lui.
Draco Malfoy si era scusato e non lo aveva mai fatto prima, non in quei termini.
Hermione lo abbracciò, stringendolo forte a sé.
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Salve!
Non so quanti di voi stanno continuando a seguire questa storia, almeno qui su EFP,
ma volevo ringraziarvi per la pazienza dimostrata e, soprattutto, ci tenevo a ringraziare chi di voi mi ha lasciato delle recensioni. 
Scrivo questa nota principalmente per comunicarvi che mancano tre aggiornamenti alla fine
Ho già specificato in passato che qui su EFP ho spesso pubblicato due capitoli insieme, perché
la divisione originaria era studiata per il format di Wattpad, che in quel periodo credevo preferisse i capitoli 
più brevi e invece a quanto pare mi sbagliavo. Insomma, lì la storia è venuta di 110 capitoli, qui saranno di meno,
non perché ho tagliato parti, ma semplicemente perché, ad un certo punto, due capitoli di Wattpad sono diventati uno qui su EFP. Cercherò di pubblicare gli ultimi tre capitoli nei prossimi giorni, in modo da concludere, anche perché giovedì inizierò a pubblicare una piccola short story natalizia, sempre Dramione, che ho finito di scrivere in questi giorni e davvero non vorrei avere più di tre storie in corso ahah 
Grazie a chiunque continua pazientemente a seguire queesta storia da mesi e, come al solito, vi invito a lasciarmi una recensione, ci tengo davvero tanto ad avere il vostro parere!
A presto :)

 

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Capitolo 66
*** CAPITOLO 61 ***


CAPITOLO 61


















«Piton è morto» annunciò Harry, le mani sulle ginocchia mentre cercava di riprendere il respiro.
«Mi ha lasciato questi, sto andando a guardarli nel Pensatoio.»
I ragazzi sbatterono le palpebre, le labbra dischiuse, incerti su come sentirsi in merito a quella notizia.
«Draco, mi ha detto di dirti una cosa prima di morire», affermò cercando di prendere grosse boccate d’aria. «Mi ha detto di dirti che si sbagliava. Di non fare i suoi stessi errori. Che magari questa volta non finirà male, se te la giochi bene. Non ho ben chiaro cosa intendesse dire, ma-»
«Io sì, Potter» lo interruppe il biondino, annuendo sorpreso. «Ho capito.»
Si riferiva a lei, alla Granger. Gli stava dicendo di ignorare il suo avvertimento.
Draco scrollò le spalle. Non lo aveva comunque mai preso in considerazione e se l’aveva fatto aveva mandato il proposito al diavolo il secondo successivo.
Si divisero nuovamente. Harry diretto all’ufficio del Preside, gli altri in Sala Grande.
«Bene, bene, bene.»
Una voce fredda alle loro spalle li fece sussultare e costringere a voltarli.
Lucius Malfoy li osservava con un’espressione a metà tra il disgustato e il divertito.
Hermione avvertì la mano del biondino sulla sua vita aumentare la pressione e avvicinarla ancora di più a sé.
«Vedo che ti intrattieni ancora con la Sanguemarcio, Draco. Non hai imparato proprio niente, da me?»
Il Serpeverde strinse la presa sull’impugnatura della sua bacchetta in risposta, mentre il sangue cominciava a ribollire nelle sue vene e nella sua testa risuonava l’eco delle parole che l’uomo aveva pronunciato a Malfoy Manor, quando aveva ordinato l’omicidio della ragazza al suo fianco.
«Cosa vuoi fare, Draco?» lo schernì il padre, lasciandosi andare a una gelida risata senza ilarità. «Combattere contro di me? Contro il tuo stesso sangue? Arriveresti davvero a tanto?»
«Non giocare con la mia pazienza, Lucius» replicò atono Draco, socchiudendo gli occhi.
«Non sono più il ragazzino impaurito che ero fino a un anno e mezzo fa.»
L’uomo alzò un sopracciglio nel sentirsi chiamare per nome dal figlio.
«Ti ho insegnato tutto quello che sai», gli fece riflettere. «Credi davvero di poterlo usare contro di me? Di potermi battere, stupido ragazzino?»
«Sono disposto a scoprirlo», rispose semplicemente il giovane, in tono di sfida.
«Draco…» fece Hermione al suo fianco, tirandogli leggermente la camicia per attirare la sua attenzione, ma lui non la sentì neanche.
«La ucciderò, sai» continuò Lucius. «Quando questa patetica battaglia sarà finita e Potter sarà morto, farò in modo di mettere le mani su di lei. La torturerò fino a farla impazzire e solo quando invocherà la morte, le farò il favore di ucciderla.»
La Cruciatus lasciò la bacchetta di Draco una frazione di secondo dopo, colpendo in pieno petto Lucius.
«Draco, no!» strillò Hermione, portandosi le mani sul volto. «Non permettergli di entrare nella tua testa, ti prego!»
Se avesse fatto qualcosa di irreparabile, era certa che Draco non sarebbe mai stato in grado di perdonarsi, nonostante tutto.
«Sta’ lontano da lei», disse freddamente avvicinandosi al corpo di Lucius, che si contorceva ancora sul pavimento per via degli echi della Maledizione Senza Perdono con cui lo aveva colpito un attimo prima.
Una Cruciatus perfettamente funzionante.
«Sta’ lontano da lei, altrimenti la prossima volta andrò fino in fondo. Vuoi sapere cos’ho imparato da te? L’importanza della famiglia. Solo che è lei la mia famiglia, ora. Una famiglia per cui vale la pena lottare e morire. Per cui pensaci bene due volte, prima di minacciarla un’altra volta, perché se proverai a farle del male, Lucius, sta pur certo che non mi fermerò.»
«Credete sul serio di avere una possibilità-»
«Ho visto Potter avere la meglio in situazioni impossibili talmente tante volte che se fossi in te non punterei su Voldemort» lo interruppe in tono fermo Draco.
«Tu osi pronunciare-»
«Sì», ammise in tono di sfida il ragazzo. «Oso pronunciare il suo nome e sono innamorato di una Nata Babbana. E sì, combatterò per lei, per noi, non rinuncerò a niente di tutto ciò. E tu» aggiunse, «tu sei dal lato sbagliato di questa guerra. E te ne pentirai amaramente.»
«Non sai cosa dici, stupido ragazzino!» tuonò adirato Lucius. «Mio figlio non avrebbe mai tradito tutti i nostri valori-»
«Non sono valori» lo contraddisse il ragazzo. «Sono pregiudizi. E sono sbagliati. Cerca di rinsavire prima che sia troppo tardi, prima che tu perda tutto
«Noi vinceremo questa guerra! E per quelli come la tua sgualdrinella Sanguemarcio sarà la fine!»
Lucius si rimise in piedi e puntò la bacchetta contro il figlio.
Hermione e Ron estrassero la loro.
«Ci tieni così tanto a tornare ad Azkaban?» gli domandò Draco imperterrito, il tono di voce carico di odio e disgusto nei confronti del padre. «Ti mancano i Dissennatori? Ti piacciono più loro della tua stessa famiglia?»
Ma Lucius non ebbe il tempo di rispondere a quella provocazione, perché «»
la voce penetrante e serpentina di Voldemort invase le loro menti, distraendoli da tutto il resto.
Gli stava concedendo un’ora per occuparsi di morti e feriti.
Il Mangiamorte si smaterializzò dopo l’ordine di ritirata, lanciando un’ultima occhiata di disgusto al figlio.
«Traditore del tuo sangue», le ultime parole che gli aveva sibilato contro.
Voldemort aveva esortato Harry a consegnandosi a lui, risparmiando altre vittime al mondo magico, informandolo che lo avrebbe atteso nella Foresta Proibita.
«Non credi che ci andrà vero?» commentò preoccupato Ron incrociando lo sguardo atterrito di Hermione.
La ragazza assottigliò le labbra e fece spallucce.
«Spero di no.»
 
La Sala Grande era nel caos.
Decine e decine di corpi erano distesi sul pavimento freddo, molti coperti da un telo.
I ragazzi si fecero strada tra la gente che si affaccendava a curare i feriti, il panico che si diffondeva in tutto il corpo.
Dov’erano tutte le persone che conoscevano?
«No!» mormorò Hermione con voce spezzata, coprendosi le labbra con le mani, quando riconobbe il corpo senza vita di Colin Canon; Lavanda Brown giaceva inerme a qualche passo da lui, il corpo martoriato dalle fauci del licantropo che la stava aggredendo e che la stessa Hermione aveva schiantato lontano dal suo corpo.
Draco le circondò le spalle con un braccio e la strinse a sé.
E poi si pietrificò.
Sua cugina, Tonks, era nell’ala predisposta ai caduti; pallida e fredda sul pavimento, una mano tesa a pochi centimetri da quella del marito, come se fossero stati uccisi tenendosi per mano.
Insieme nella vita e anche nella morte.
Hermione singhiozzò quando vide i corpi di Tonks e Lupin, il pensiero immediatamente rivolto al piccolino a casa che non avrebbe mai più rivisto i suoi genitori.
Strinse Draco tra le sue braccia e il biondino sprofondò il volto nei suoi capelli.
«Meritavano di meglio» singhiozzò contro il suo orecchio. «Mi hanno accolto come un membro della loro famiglia e ora sono… andati.»
La ragazza lo strinse più forte.
«Teddy…»
«Avrà te e Harry» gli mormorò con dolcezza. «Lo sai, che è il suo padrino? Gli racconteremo dei suoi genitori e del motivo per cui sono morti, lui… sarà orgoglioso di loro e lo capirà.»
Il biondino alzò lo sguardo per incontrare i suoi occhi. «Che esempio credi possa dare uno come me a quel bambino? Lo sai come sono stato cresciuto, lo hai visto l’esempio che ho avuto io.»
Hermione gli sorrise con dolcezza. «Ti basterà fare l’opposto di quello che farebbe tuo padre.»
Draco le sorrise suo malgrado e tirò su col naso, per poi sussultare entrambi, quando l’urlo di dolore di Ron perforò i loro timpani.
Quel lieve sorriso morì sul loro volti, mentre si voltavano di scatto e lo vedevano... Il corpo senza vita di Fred Weasley, circondato dal resto della sua famiglia che lo piangeva.
Ginny e Ron si abbracciavano tra le lacrime, mentre George restava ancorato al fratello gemello; Molly e Arthur erano visibilmente distrutti.
Percy, Charlie e Bill cercavano di consolarli.
Hermione vide Harry sbucare dalla porta di ingresso e si strinsero in un abbraccio.
Il moro si lasciò andare a un singulto di dolore nel constatare i decessi avvenuti quella sera.
«Credevo fossi andato nella Foresta» mormorò sollevata, ma con voce spezzata, la giovane.
«Ci sto per andare» tagliò corto Harry.
«Che cosa?» esclamò lei con la mascella a terra. «No, Harry, non puoi!»
«C’è un motivo per cui li sento, Hermione» mormorò mesto, comunicandole con lo sguardo la parte finale di quella spiegazione. «Credo tu lo sappia già da un po’.»
La ragazza scoppiò a piangere. «Vengo con te…»
Sentì gli occhi di Draco perforarle la schiena a quelle parole, ma non si scompose.
«No. Uccidete il serpente», le rispose Harry. «Dopodiché resterà solo lui. E, Hermione… Promettimi che ti prenderai cura di Teddy per me.»
Hermione annuì, trattenendo a stento le lacrime.
Salutando suo fratello con un muto addio, mentre lo guardava dirigersi verso la sua fine, verso la sua morte.
 
«Harry Potter è morto!»
La voce di Voldemort riecheggiò nel castello e nell’ambiente circostante.
Hermione urlò di dolore, stretta tra le braccia di Draco, mentre Ginny provava a correre incontro a Hagrid, che stringeva il corpo di Harry tra le braccia.
Blaise la afferrò per le braccia e la tirò indietro, stringendola con decisione.
«Harry Potter è morto e d’ora in avanti riporrete la vostra lealtà in me.»
Voldemort parlava, ma Hermione non registrava a pieno quello che diceva.
Faceva male, troppo male.
Harry non c’era più.
«Draco» udì Lucius Malfoy chiamare quando Voldemort aveva invitato la gente ad unirsi a lui.
Quel nome la riportò alla realtà.
Aveva un ghigno stampato sul viso, il signor Malfoy, il ghigno del vincitore, di chi era convinto che il figlio avrebbe scelto una vita di compromessi al posto della morte. Che alla fine avrebbe rinunciato a lei pur di salvare sé stesso.
Draco strinse la mano di Hermione nella sua.
«Tutto sarà perdonato, giovane Malfoy» lo incoraggiò il mago oscuro.
Il ragazzo fu tentato di ridergli in faccia, ma ingoiò l’ilarità mentre un piano prendeva forma nella sua mente.
«Ti permetteremo persino di tenere il tuo giocattolino, se per te è così importante, giovane Malfoy» aggiunse ancora Voldemort, indicando con una smorfia di disgusto e un cenno del capo la Grifondoro al suo fianco.
Narcissa deglutì visibilmente alla scena, l’ansia evidente nel suo sguardo, ma al contempo ostentando anche la sicurezza di chi sapeva qualcosa in più rispetto a tutti gli altri.
Draco afferrò il braccio di Hermione e fece un passo avanti.
La ragazza si pietrificò sul posto, opponendosi a lui, guardandolo con occhi sgranati. «Muoviti, Granger» le sibilò in tono irremovibile, dandole un leggero strattone.
Hermione liberò la sua mente, sperando che la sentisse, mentre se la trascinava dietro, verso Voldemort, verso i Mangiamorte.
«Che cazzo stai facendo?»
«È chiederti molto, se ti chiedo di fidarti di me?» le rispose nella sua testa, suonando ferito. «Il serpente, Granger! Saremo a due passi da lui dall’altro lato. Non posso credere che tu abbia pensato che-»
Sentì Ron muoversi dietro di lei e Hermione sollevò leggermente la maglietta per fargli vedere la punta della zanna di Basilisco conservata nella sua tasca anteriore, per fargli capire il loro obiettivo.
E funzionò, perché il rosso si immobilizzò nuovamente.
«Non è il momento per bisticciare, Draco» tagliò corto lei, continuando a comunicare con il pensiero e sentendosi in colpa per aver nuovamente messo in dubbio le intenzioni di Draco; per un attimo, aveva davvero pensato… Nonostante avrebbe dovuto capire immediatamente che se la sua intenzione fosse stata veramente quella di ricongiungersi con l’altro lato, il Voto l’avrebbe ucciso all’istante.
Quel pensiero peggiorò i suoi sensi di colpa. Era il suo ragazzo e aveva ancora bisogno di quel Voto per fidarsi a pieno di lui. E il problema non era Draco in questo, perché lui glielo aveva dimostrato più volte, di essere dalla sua parte.
Si scrollò il pensiero di dosso.
Non era il momento.
Voldemort stava abbracciando Draco, la bacchetta puntata su di lei nel mentre.
Erano entrambi visibilmente rigidi, ma il biondino stringeva deciso la sua mano, infondendole sicurezza.
Oltrepassarono il mago oscuro e Narcissa fu immediatamente al fianco del figlio, pronta ad allontanarlo da Lucius; il giovane si teneva Hermione stretta a sé con fare protettivo.
«Ovviamente, vale anche per te, giovane Zabini» disse incoraggiante Voldemort e, dopo un cenno impercettibile del capo da parte di Draco, anche Blaise si accinse a raggiungerli, sperando che Daphne non lo seguisse, augurandosi che capisse che avevano un piano di qualche tipo e che restasse con i membri dell’Ordine e i professori di Hogwarts.
Lucius Malfoy si parò davanti a Hermione proprio quando Blaise era a metà strada; posò le mani sulle spalle e con forza la spinse sul pavimento, costringendola ad inginocchiarsi.
Sentì la presa di Draco sulla sua mano aumentare.
«Così va meglio» asserì gelido Lucius, guardando negli occhi il figlio, sul cui volto era appena apparsa una smorfia d’odio, e rivolgendogli un sorriso falso e glaciale.
Hermione sentì le lacrime rigarle le guance prima che potesse anche solo pensare di occludere; non era più nel pieno di una battaglia, alle spalle di Voldemort, circondata da Mangiamorte… era in uno degli atri della scuola, mentre veniva umiliata attraverso gli occhi di Justin Finch-Fletchley.
In lontananza, sentiva Neville parlare ma non riusciva a distinguere le sue parole.
«Granger», la voce di Draco rimbombò nella sua mente. «Hermione
Draco si era inginocchiato davanti a lei e le aveva preso il volto tra le mani.
Hermione era consapevole del fatto che tutto ciò stesse accadendo nella sua testa, ma non le importava.
Lo vide deglutire.
«Non significa niente, d’accordo?» le diceva spaventato. «Ti amo. E questo non significa niente. Ti prego…»
La ragazza annuì debolmente e gli permise di catturare le labbra tra le sue.
Quando riaprì gli occhi erano di nuovo nel mezzo della battaglia.
E Harry si stava gettando dalle braccia di Hagrid, vivo, ritrovandosi in piedi davanti a un Voldemort sconvolto e spiazzato.
Vide Ron, Luna e Ginny alzare la bacchetta e disintegrare l’incantesimo di protezione che circondava il serpente con un attacco congiunto; un attimo dopo, Draco, Hermione e Blaise provarono a colpirlo da tre direzioni diverse al contempo, una zanna ciascuno, ma con uno scatto il rettile li scansò tutti e tre.
I ragazzi fissarono Nagini con occhi sbarrati e terrorizzati, e proprio mentre il serpente stava per scagliarsi contro di loro, una lama si levò alta in corrispondenza del suo capo e gli tranciò via la testa di netto.
«Figo, no?» esclamò Neville. «Mi è apparsa nel cappello. A me
Hermione rise, sollevata, ed estrasse la bacchetta pronta a combattere i Mangiamorte.
L’esercito nemico alle loro spalle si era dimezzato; molti di loro erano fuggiti non appena Harry si era rivelato vivo.
«Ottimo tempismo, Paciock» si complimentò Draco sardonicamente. «Ma se non ce ne andiamo di qui saremo comunque tutti morti tra qualche secondo.»
Si alzarono con uno scatto.
«Draco…» fece Hermione, per raccomandarsi con lui di stare attento, ma il biondino le sorrise.
«Sono un Serpeverde, Granger» le disse. «Sopravvivere è quello che mi riesce meglio. Resta viva.»
Lei si sforzò di sorridergli di rimando. «Anche tu.»
E con quello, si divisero nuovamente.
Narcissa apparve davanti a lui qualche istante dopo.
«Madre» mormorò sorpreso lui. «Da che parte state?»
La donna gli rivolse un sorriso. «La tua, figlio mio. Sempre
E lo seguì decisa verso il centro del combattimento.

 
*

Hermione si scontrò con Dolores Umbridge poco prima di raggiungere la Sala Grande, dove la battaglia vera e propria imperversava.
La donna, sempre più simile a un vecchio rospo decrepito, era nell’atrio e probabilmente tentava di lasciare il castello.
Draco l’aveva intercettata, tagliandole ogni via di fuga, ma la Umbridge era riuscita a colpirlo con la Cruciatus.
Hermione non aveva esitato ad intromettersi, lanciandole contro una fattura che la fece cadere all’indietro e sbattere la testa contro il muro.
«Come vede, professoressa», le disse in tono di scherno la ragazza, «avrebbe dovuto ascoltarmi al quinto anno. Le Fatture sono utili per difendersi in caso di attacco.»
La Umbridge diventò scarlatta, mentre cercava di rimettersi in piedi, impugnando la bacchetta e puntandola nella sua direzione.
«Glacius!» esclamò prontamente Hermione e, prima che la loro ex professoressa finisse congelata dalla sua seconda Fattura, fece in tempo ad ammiccare trionfante nella sua direzione.
Si chinò su Draco con aria preoccupata e gli prese il volto tra le mani.
«Stai bene?» chiese apprensiva e lui annuì, tossendo.
«Sai, a volte, Granger» si sforzò di scherzare per tranquillizzarla. «Sai essere estremamente terrificante, specialmente quando hai l’occasione di vendicarti per qualcosa.»
La ragazza gli sorrise suo malgrado e lo aiutò a rialzarsi.
«Forza, dobbiamo raggiungere gli altri», la esortò il Serpeverde, ma fece un passo per dirigersi verso la Sala Grande solo dopo aver dato un bacio sulle labbra a Hermione.
«Resta viva», le ripeté. «Ti prego.»
«Anche tu, Draco.»
 
Draco schiantò Doholov con un colpo deciso; poi si voltò a guardare Hermione che lottava con Rowle in un punto poco distante della Sala Grande.
Quei pazzi stavano resistendo, nonostante Voldemort fosse morto.
Lucius sedeva in un angolo della stanza, con un’espressione indecifrabile dipinta sul volto e le mani tra i capelli.
La Grifondoro pietrificò Rowle, e si voltò di scatto a cercare Draco nella folla, appena in tempo per vedere Lucius Malfoy sollevare la bacchetta contro di lui e leggere il labiale dell’incanto che stava pronunciando.
«Oblivion
Draco non avrebbe mai dimenticato l’urlo che lasciò le labbra di Hermione in quel momento.
«Draco, attento!»
Tre cose accaddero contemporaneamente: la ragazza iniziò a correre verso di loro, Ron schiantò Lucius, facendolo finire contro la parete opposta con un tonfo e Draco si girò appena in tempo per vedere Cormac McLaggen frapporsi tra il fascio di luce e il suo corpo, per poi ricadere confuso sul pavimento.
«Hey, Granger» esclamò McLaggen non appena la giovane li ebbe raggiunti.
Hermione si teneva le mani premute sulle labbra, orripilata ma sollevata allo stesso tempo.
Se Draco fosse stato colpito… Non avrebbe avuto alcun modo di riaverlo indietro.
Lo avrebbe perso per sempre.
«Ci vieni allora alla festa del Lumaclub con me?»
Le lacrime fuoriuscirono dai suoi occhi senza che potesse impedirlo in alcun modo, prima ancora che se ne accorgesse.
«Mi dispiace, Cormac» mormorò Hermione, singhiozzando. «Temo di essere già impegnata.»
Il ragazzo scrollò le spalle. «Peccato. Forse lo chiederò alla Weasley, allora.»
Si rialzò come se niente fosse e poi prese a osservare l’ambiente circostante con aria spaesata.
Madama Chips li raggiunse in quel momento e Ron le spiegò cosa fosse accaduto, affidando McLaggen alle sue cure.
Le braccia di Draco furono attorno alle spalle di Hermione qualche istante dopo; la ragazza si aggrappò a lui con tutte le sue forze, come se il biondino fosse un’ancora di salvezza, e iniziò a piangere più forte.
«È finita, Granger» la tranquillizzò, accarezzandole i capelli. «È tutto finito. E stiamo bene.»
«Per un secondo ho temuto di perderti per sempre» mormorò tra le lacrime lei, stringendosi ulteriormente contro il suo corpo.
Draco deglutì. «Per un secondo l’ho temuto anch’io.»
 
«Dray, dovresti andare dentro» lo avvertì Zabini, raggiungendolo di corsa. «Hermione sta aiutando i feriti e tua madre aveva un taglio sul braccio, non è… diciamo che non è stata carina, con lei.»
Draco corrugò la fronte. «Cosa le ha detto?»
Blaise si mordicchiò l’interno della guancia destra, ma a un secondo cenno del capo dell’amico parlò. «Che anche se ha combattuto al fianco dell’Ordine e mentito a Voldemort riguardo alla morte di Potter, Hermione resta sempre e solo una Sanguemarcio per lei.»
Il biondino imprecò e raggiunse la Sala Grande a grosse falcate; aveva aiutato gli Auror a portarsi via Lucius, motivo per cui si era allontanato dalla ragazza, ma non aveva avuto il tempo di parlare con Narcissa del suo rapporto con la Grifondoro.
La raggiunse a grosse falcate; stava sorridendo ad Astoria Greengrass dopo averle medicato un taglio sulla fronte.
La giovane Serpeverde lo salutò con un cenno della mano quando lo vide dirigersi verso di loro e Draco rispose con un breve sorriso; poi afferrò Hermione per un braccio e la voltò verso di lui.
Una frazione di secondo dopo la stava baciando, davanti a tutta la Sala Grande.
Davanti alla sfilza di Serpeverde che non avevano partecipato alla battaglia; davanti ai Mangiamorte che venivano arrestati; davanti all’intero Ordine della Fenice e al corpo docente della scuola; davanti a tutti gli studenti e ai loro amici e alle famiglie; davanti allo sguardo furente di Pansy Parkinson, livida in volto e, soprattutto, davanti agli occhi esterrefatti di Narcissa Malfoy.
Quando si staccarono, Hermione era scarlatta.
«Ci stanno guardando tutti», constatò arrossendo se possibile ancora di più.
«Bene» commentò Draco, sorridendole. «Adesso che sono ufficialmente resuscitato, non abbiamo più motivi per non far sapere al mondo che stiamo insieme, no?»
«Un motivo c’era, veramente…» mormorò debolmente lei, mordicchiandosi il labbro inferiore e facendo un cenno impercettibile del capo verso la madre del biondino.
Draco scrollò le spalle. «Se è veramente dalla mia parte, alla fine se ne farà una ragione» le disse, stringendola forte a sé.
Andromeda Tonks fece il suo ingresso qualche attimo dopo; si diresse verso di loro e strinse Draco in un caloroso abbraccio.
«Per fortuna stai bene», gli disse sollevata, mentre Draco ricambiava la stretta, ma senza riuscire a trovare la forza per sorriderle.
La donna deglutì e sospirò, capendo che qualcosa non andava.
«Dove sono?» chiese facendosi forza. «Dove sono mia figlia e Remus?»
Hermione tese le braccia e la donna lasciò che prendesse in custodia il piccolo Ted, mentre Draco le indicava il gruppo di Weasley riunito attorno ai corpi privi di vita di Fred, Tonks e Lupin.
Andromeda annuì, si fece forza e li raggiunse, ma non fu in grado di sopprimere il dolore quando si trovò davanti il corpo inerme della figlia e il suo grido di dolore arrivò come una stilettata nei cuori dei presenti.
Neanche Narcissa Malfoy riuscì a rimanere impassibile di fronte a quell’immagine, sebbene non le si avvicinò.
Narcissa spostò lo sguardo nuovamente su suo figlio, che distraeva Teddy, ignaro di ciò che stava accadendo attorno a loro; Draco rideva delle buffe facce che la creaturina tra le braccia della Granger faceva trasfigurando il suo volto.
E in quel momento Narcissa comprese che non avrebbe mai avuto il coraggio di privare Draco di quell’affetto che lei e suo marito non erano mai stati in grado di dargli apertamente.
Gli si avvicinò lentamente e posò una mano sulla sua spalla.
I due ragazzi si irrigidirono visibilmente nel trovarsela davanti.
«Non posso negare che avrei preferito qualcuno di più… tradizionale, per te, figlio mio» affermò, rivolgendosi direttamente a Draco, come se Hermione non fosse presente e non potesse udire quelle parole.
La Grifondoro piantò lo sguardo sul pavimento, mentre cercava di convincersi a non lasciarsi scalfire da quell’affermazione e tentava di concentrarsi esclusivamente su Teddy.
«Ma non mi opporrò a questa cosa, se è quello che vuoi veramente. Se ti rende felice.»
Draco la guardò sorpreso per un attimo e sentì lo sguardo di Hermione volgersi verso di loro con uno scatto repentino.
Non si aspettava che sua madre fosse contenta per lui, né entusiasta della cosa, ma pensò che per il momento quel suo passo verso l’accettazione della loro storia potesse essere abbastanza.
Era qualcosa da cui poter partire, qualcosa su cui potevano lavorare, quantomeno.
Allora sorrise.
«Non sono mai stato felice quanto lo sono con lei al mio fianco» disse schiettamente.
E sua madre annuì in risposta, senza aggiungere altro.
 
Padma Patil piangeva disperata a qualche passo dalla famiglia Weasley; stringeva la sua gemella, Parvati, tra le braccia… un’altra vita spazzata dalla follia di Bellatrix Lestrange.
Ron le si avvicinò con cautela e le mise una mano sulla spalla; capiva esattamente cosa stesse provando la ragazza, anche lui aveva perso suo fratello in quella battaglia.
«Come faremo?» gli chiese la vecchia compagna di scuola. «Come faremo senza di loro?»
Ron la abbracciò e sospirò. «Immagino che dovremo farci forza a vicenda, Pad.»
 
«La Bacchetta di Sambuco non apparteneva a Piton, ma a Nott» spiegò loro Harry, rigirandosi l’oggetto tra le mani. «Quella notte, sulla Torre, lo aveva disarmato lui. E io ho disarmato Nott a Malfoy Manor, quindi…»
«Quindi in realtà è tua» dedusse Ron esterrefatto, guardandola con aria trasognata. «La bacchetta più potente al mondo.»
Il moro gli rivolse un sorrisetto.
«Cos’hai intenzione di farci, Harry?» chiese Hermione, incerta su quello che avrebbe fatto lei al suo posto.
«Ho riaggiustato la mia», affermò il giovane, sventolando la sua vecchia e fedele bacchetta davanti al volto dell’amica. «Non ho intenzione di sostituirla e quella di Sambuco crea più problemi che altro.»
La prese tra le dita con entrambe le mani e la spezzò in due, sotto gli occhi increduli dei due ragazzi.
«La rimetterò al suo posto, la riporterò da Silente. Ma nessuno la userà mai più.»
Hermione udì Ron borbottare qualcosa di simile a un ‘fottutamente pazzo’ alle sue spalle, mentre si incamminava per seguire lei e Harry che si erano indirizzati verso la fine del ponte semidistrutto per osservare il panorama attorno alla scuola che tutti loro amavano immensamente.
«Ci credete che è finita veramente?» mormorò il rosso quando fu al loro fianco.
Il moro rivolse loro un caloroso sorriso e tese le braccia per stringerli a sé entrambi.
Restarono in quel modo per un bel po’, in silenzio, a guardare il paesaggio attorno a loro.
Hogwarts era ferita, mezza distrutta, ma meravigliosa nonostante tutto.
Casa.
Si voltarono per dirigersi nuovamente al castello e i loro occhi incrociarono quelli grigi di Draco Malfoy che li scrutava in lontananza, con una spalla poggiata a una colonna e le braccia conserte.
Harry e Ron rivolsero un sorriso a Hermione e si allontanarono, mentre lei attendeva che il biondino la raggiungesse.
Draco la strinse forte a sé e la baciò con dolcezza.
Si voltarono nuovamente verso il punto in cui avrebbe dovuto esserci il ponte che Neville, Seamus e Dean avevano fatto saltare in aria durante la battaglia, dimezzando l’esercito di Greyback.
Si sedettero, lasciando penzolare le gambe nel vuoto.
«Perché credi che McLaggen lo abbia fatto?» le domandò confuso dopo quelle che parvero ore di silenzio, ma che in realtà avrebbero potuto essere solo un paio di minuti. «Perché credi si sia frapposto tra l’Oblivion e me? Voglio dire, era totalmente intenzionato a separarci…»
«Avevo lasciato una lettera anche a lui, prima di andarmene da Villa Conchiglia» ammise la ragazza interrompendolo. «Speravo capisse quello che provo per te.»
Il biondino si inumidì le labbra. «Direi che sei stata chiara. Mi piacerebbe sapere cosa gli hai scritto.»
Hermione ridacchiò. «Sai cosa succede quando il cuore di un Babbano si ferma?»
Draco corrugò la fronte, perplesso. Cosa c’entrava quello con l’argomento della loro conversazione?
«I medici provano a farlo ripartire con la rianimazione artificiale, a cui di solito si unisce la defibrillazione. In sostanza, inviano delle scariche elettriche al cuore del paziente per ripristinare un ritmo cardiaco efficace e sano…»
Non capiva bene cosa volesse dire con quel discorso, ma restò in silenzio ad ascoltarla senza fare domande, permettendole di finire.
«Gli ho detto che dopo la morte di Cedric il mio cuore non ha più battuto normalmente, finché non sei arrivato tu a darmi quella scossa di cui avevo bisogno per ricominciare… per… per amare di nuovo. E sembra che Cormac sia bravo a comprendere le metafore.»
Il giovane dischiuse le labbra, avvertendo il proprio cuore accelerare i suoi battiti; la strinse a sé e le lasciò un tenero bacio sulla tempia.
«Ti amo, Draco Malfoy.»
«Ti amo anche io, signora Malfoy
Hermione arrossì violentemente e si voltò a guardarlo sbalordita. «Come mi hai chiamata, scusa?»
Draco scrollò le spalle. «Si chiama foreshadowing, Granger. Non ne hai mai sentito parlare?»
La ragazza non ebbe il tempo di chiedergli come facesse a conoscere un concetto in realtà babbano, perché il biondino catturò immediatamente le sue labbra in un bacio lento e appassionato, impedendole di commentare ulteriormente quella battuta.
Minuti, o ore dopo, la ragazza tornò a fissare il vuoto sotto le loro gambe.
«Cosa faremo ora, Granger?»
Hermione si voltò a guardarlo e intrecciò la mano con quella di lui.
«Faremo meglio di quello che abbiamo fatto prima», disse semplicemente.
Lui le sorrise. «Insieme?»
«Insieme» convenne lei, ricambiando il sorriso.

 

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Capitolo 67
*** CAPITOLO BONUS ***


CAPITOLO BONUS

















«È solo un processo di routine, Draco» lo tranquillizzò Hermione sorridendogli, mentre gli sistemava la cravatta.
«Stanno cercando di rinchiudere quanta più gente possibile, Granger» rispose lui visibilmente agitato. «E io ho questa dannata, orrenda, cicatrice sul braccio! Come faccio a stare tranquillo?»
«Dimentichi che Kingsley era un membro dell’Ordine di alto livello?» gli rammentò la ragazza. «Sa perfettamente quale fosse la tua situazione e la posizione che hai preso durante la guerra. E tra parentesi, non hanno nulla che possano usare contro di te a parte quello, ma il Marchio sbiadito non prova nulla, non quando ti è stato imposto a sedici anni.»
Draco si passò le mani sul volto. «Non voglio stare lontano da te.»
«Sul serio? L’idea di stare lontano da me ti preoccupa più di quella di finire ad Azkaban?» chiese lei divertita, recuperando la giacca del biondino e passandogliela.
«Decisamente. Anche se l’idea di finire nella cella accanto a quella di mio padre è terribile.»
Hermione suo malgrado rise.
«Andrà tutto bene, Draco» gli disse, incatenando gli occhi ai suoi.
E quella volta, sentendo quelle parole, quelle che lei non pronunciava mai… Draco le credette.
 
Era stato scagionato, ovviamente.
Hermione aveva ragione, era semplicemente un processo di formalità; erano state messe agli atti le testimonianze in suo favore e Draco ne era uscito pulito.
Scagionato da tutte le accuse.
Libero.
In ogni senso.
Da ogni catena.
Aveva stretto Hermione a sé e poi si erano incamminati verso l’altra sala, quella in cui si sarebbe tenuto il processo a Lucius Malfoy.
«Spero che quello che ho fatto sia abbastanza per non far cadere totalmente in disgrazia il cognome dei Malfoy» sussurrò più a sé stesso che a lei.
‘Altrimenti con che coraggio posso sperare che diventi anche il tuo cognome, un giorno?’, terminò nella sua mente.
La giovane gli sorrise. «Se così non fosse, sono sicura che troverai il modo per risollevarlo, Draco.»
Lui le rivolse uno sguardo stanco.
«Insieme, se vorrai» aggiunse la ragazza allora.
E sorrise anche lui a quelle parole. «Insieme è tutto ciò che voglio, Granger.»
 
Aveva sorriso, Draco, quando il Wizengamot aveva deprivato suo padre di tutti gli averi.
E quel sorriso si era trasformato in un ghigno trionfante, quando aveva ricompensato lui con l’accesso anticipato a quell’eredità, rendendolo a tutti gli effetti il capofamiglia del casato dei Malfoy.
Era stato pronto fin dal primo momento all’eventualità di perdere tutto, ma non gli era importato nulla purché avesse avuto la Granger al suo fianco.
Invece, alla fine, aveva avuto tutto.
«In virtù delle origini antiche e nobili della famiglia Malfoy e soprattutto alla luce dell’operato del contributo dato in guerra dal membro più giovane della famiglia, Draco Lucius Malfoy, e sua madre Narcissa Malfoy, nata Black, il Wizengamot dispone con la presente che Lucius Abraxas Malfoy venga spogliato dei suoi averi e che l’intera eredità della famiglia Malfoy passi automaticamente nelle mani del suo erede, Draco Lucius Malfoy. Il Wizengamot condanna, inoltre, Lucius Abraxas Malfoy a dieci anni di detenzione nella prigione di Azkaban, pena scontata alla luce della collaborazione spontanea del signor Malfoy con gli Auror, durante la quale l’imputato ha rivelato i nomi di molti Mangiamorte fuggiti dalla battaglia dopo la caduta di Tom Riddle, il Mago Oscuro meglio noto come Lord Voldemort.»
 
«Non tornerò al Manor, madre» la informò Draco immediatamente, quando la donna gli si avvicinò speranzosa. «Lo lascerò a te. Puoi farci quel che preferisci.»
«Tesoro, con tuo padre via, non hai motivo di temere per la sicurezza della tua ragazza. Ti ho detto che sono disposta ad accettare la vostra storia, ad accettare lei, nel nome della tua felicità.»
Il giovane scosse la testa. «Non posso tornare in quella casa, a prescindere da questo, madre. È il posto in cui è stata torturata. È il posto in cui l’ho quasi persa per sempre e per mano della mia stessa famiglia.»
La donna annuì mestamente. «Potrò venire a farti visita?»
Draco sorrise. «Certamente, madre. Anzi, ti dirò di più. Sto preparando una sorpresa per Hermione e avrei bisogno di un tocco femminile nella sua ultimazione, se tu volessi aiutarmi.»
Narcissa lo guardò confusa per qualche istante.
«Vieni, ti spiego tutto.»
 
«Draco?»
Il biondino imprecò, andando a sbattere contro il comodino per lo spavento.
«Non volevo svegliarti», disse con una smorfia di dolore sul viso. «Non mi sono accorto dell’orario.»
«Non stavo dormendo, ero preoccupata! Dove accidenti-»
«Ero al Manor» asserì lui iniziando a sciogliere il nodo della sua cravatta.
Hermione deglutì. Non si sarebbe mai abituata all’effetto che le faceva vederlo liberarsi di quell’accessorio e poi sbottonarsi lentamente la camicia, con le sue dita lunghe e aggraziate che passavano da un bottone all’altro e che non poteva impedirsi di immaginare muoversi addosso a sé stessa.
«Ti ho portato dei libri», la informò scivolando accanto a lei nel letto.
‘Finalmente, un vero letto!’, pensava estatico ogni notte.
La ragazza corrugò la fronte.
«Ho cercato tutto quello che avevo nella biblioteca di famiglia sugli Incantesimi di Memoria», aggiunse portandosela contro il petto. «Quando sarai pronta potremo iniziare a cercare un modo per annullare l’Oblivion sui tuoi genitori.»
Hermione gli si strinse contro. «Grazie, Draco.»

*
 
L’Hogwarts Express si stagliava imponente davanti ai loro occhi.
C’era stato un momento in cui Hermione aveva creduto che non lo avrebbe mai più rivisto.
«Siete dei bastardi» affermò rivolgendosi a Harry, Ron e Neville. «Non posso credere che mi stiate facendo tornare da sola.»
«Non sei sola» la corresse Harry indicando con un cenno del capo una testa bionda che si andava avvicinando al loro gruppetto, trascinandosi dietro un baule con lo stemma di Serpeverde impresso sulla parte frontale.  
«Lo sai cosa intendo!» obiettò lei portandosi le braccia al petto. «È assurdo pensare di essere a Hogwarts senza di voi. Dovevamo finire insieme
«Andiamo, Mione, a noi studiare non piace, lo sai» le rammentò Ron. «E poi abbiamo sconfitto Voldemort, no? Ci meritiamo il diploma per merito!»
La ragazza fece ruotare gli occhi.
«Dai, per un anno sarai libera, non hai più nessuno di noi da aiutare» commentò divertito Neville.
Hermione scosse il capo e strinse i suoi amici in un abbraccio. Ginny fece capolino qualche secondo dopo, salutando Harry con passione.
«Incredibile!» borbottò Ron. «Sono suo fratello! Ed è come se per lei non esistessi. Guardate, non mi vede nemmeno!»
Agitò le braccia nella sua direzione, ma la sorella continuò a baciare il proprio ragazzo senza degnarlo di uno sguardo.
Hermione scoppiò a ridere e scosse il capo quando Draco le fu accanto ed esibì un’espressione perplessa. «Lascia stare.»
Ginny li raggiunse qualche istante dopo.
«In bocca al lupo con il corso per Auror» dissero ai giovani, che ricambiarono l’augurio con uno per il loro ultimo anno a Hogwarts.
«Non che tu ne abbia bisogno, ma insomma…» affermò Ron ammiccando in direzione di Hermione.
«Salutami Padma» rispose lei e poi si incamminarono per cercare uno scompartimento.
La giovane Grifondoro si immobilizzò a metà strada.
«Tutto bene?» le chiese Draco preoccupato. «Hai dimenticato qualcosa?»
«No, è solo che… sto davvero salendo sull’Hogwarts Express, mano nella mano con Draco Malfoy e senza Harry, Ron e Neville a cui fare da tutor per tutto l’anno?» domandò incredula.
Il biondino fece per risponderle, ma Blaise, che era appena apparso dietro di loro, lo batté sul tempo.
«La cosa più degna di nota qui, Granger, è che stai per sederti nello stesso scompartimento di Blaise Zabini!» esclamò sorridendo, mentre Daphne, la sua ragazza, alzava gli occhi al cielo. «Quest’anno sarà uno spasso!»
Mentre Hermione salutava i suoi amici dal finestrino e si voltava a guardare la sua nuova compagnia per quell’ultimo anno di scuola, non poté fare a meno di sorridere e scuotere il capo.
Se solo lo avessero detto a uno qualsiasi di loro qualche anno prima…
Spostò lo sguardo lungo lo scompartimento; Daphne Greengrass e Blaise Zabini sedevano in un angolo, abbracciati; Ginny Weasley e Astoria Greengrass chiacchieravano amabilmente con Luna Lovegood all’angolo opposto.
E poi c’era Draco Malfoy che faceva scivolare un braccio attorno alla vita di Hermione Granger per attirarla a sé e lasciarle un tenero bacio su una spalla.
«C’è posto per noi?» domandò Cormac McLaggen affacciandosi alla porta dello scompartimento insieme a Susan Bones, la quale arrossì leggermente incrociando lo sguardo della più piccola delle Greengrass.
Luna indicò i posti accanto a loro ancora liberi. «Fate pure.»
Cormac le sorrise e si accomodò tra lei e Ginny.
Un paio ragazzini fecero capolino nello scompartimento qualche istante dopo e misero su un cipiglio confuso.
«Non capisco, di che Casa è questo scompartimento?» chiese uno dei due, perplesso.
Daphne sorrise nella loro direzione.
«Questo è lo scompartimento di chi non ha intenzione di tollerare le divisioni tra Case, quest’anno. Sperando di essere di esempio per tutti i futuri studenti di Hogwarts.»





_________
Salve!
Una nota velocissima: questo è solo un piccolo capitolo bonus che fa da ponte tra la battaglia finale e l'epilogo, che verrà pubblicato domani.
Grazie ancora a tutti voi che avete seguito la storia e un grazie in particolare a chi l'ha recensita :)
A presto!

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Capitolo 68
*** EPILOGO ***


EPILOGO





















Azkaban, otto anni dopo
 
Draco Malfoy rabbrividì mentre avanzava tra le fredde mura della prigione, la stessa prigione che sarebbe stata la sua casa se avesse scelto di seguire il percorso che suo padre aveva delineato per lui fin dalla nascita.
Il completo elegante che indossava strideva fortemente con la desolazione che aleggiava nell’aria, evidenziando il contrasto con gli abiti sporchi e sbrindellati dei detenuti che scorgeva affacciarsi alle sbarre mentre veniva condotto alla sala delle visite.
«È la prima volta che Lucius Malfoy riceve una visita in anni» commentò la guardia, «devo avvisarla che non è più affabile di quanto non lo fosse appena arrivato qui.»
Draco annuì e scivolò all’interno della stanza.
Suo padre sedeva su una sedia, ammanettato a un tavolo; aveva indosso solo la sua tuta da prigioniero, coperta di fuliggine, i capelli sporchi di un nero che macchiava il biondo platino che era solito curare perfettamente quando era ancora un uomo libero.
«Spero che tu sia venuto a dirmi che quella tua follia di frequentare quella Sanguemarcio sia finalmente finita.»
Draco scosse il capo nel realizzare che Lucius Malfoy dalla guerra e da quegli anni di detenzione non aveva imparato proprio nulla.
Non che si aspettasse il contrario, da lui.
«Sono qui, per come dire, chiudere un cerchio.»
«Quindi frequenti ancora quella Granger?» chiese ancora l’uomo.
«È Malfoy, ora» lo corresse con un sorrisetto soddisfatto il figlio. «Hermione Granger Malfoy.»
Oh, se avesse potuto immortalare il momento in cui gli aveva riferito non solo che una Nata Babbana aveva preso il cognome dei Malfoy, ma che aveva anche mantenuto il cognome dei suoi genitori babbani accanto ad esso!
«Come hai osato-»
«Falla finita, padre. Se fossi in te considererei l’idea di ringraziarla, visto che è stata lei ad avanzare la mozione per rimuovere i Dissennatori da Azkaban. O forse ci eri affezionato veramente?» lo interruppe sardonico Draco, il sorriso che non vacillava a nessuna delle smorfie di odio e disgusto che il padre gli rivolgeva.
«Sono venuto a mettere alcune cose in chiaro», proseguì freddo il giovane uomo, «visto che tra due anni uscirai da qui.»
Lucius assottigliò gli occhi e si avvicinò al tavolo per studiare meglio il volto del figlio.
«Vedi, sto per diventare padre», lo informò inchiodandolo con lo sguardo. «E voglio assicurarmi che tu comprenda come stanno le cose, perché non ho intenzione di rivederti mai più una volta lasciata questa stanza.»
«Come hai osato sporcare il retaggio dei Malfoy e dei Black in questo modo? Un erede Mezzosangue da una Sanguemarcio…»
«Un figlio dalla donna che amo» lo corresse lui. «Il primo», aggiunse con un sorrisetto presuntuoso. «Ne vorremmo tre, di cui almeno una femmina.»
Lucius Malfoy strinse i pugni; stava cercando di infrangere tutte le regole del Codice Purosanguista?
«Hai intenzione di distruggere il nome dei Malfoy, Draco?»
Il biondino rise sardonico.
«Io l’ho risollevato dall’abisso in cui lo hai fatto sprofondare tu, il nome dei Malfoy!» sibilò con rancore. «Se cammino per strada e non sono oggetto di occhiatacce, se sono rispettato e bada bene, rispettato e non temuto com’eri tu prima della guerra, è perché mi sono impegnato per discostarmi dalla tua immagine!»
«È per questo che l’hai sposata?» gli domandò gelido Lucius. «Per dare una buona impressione-»
«L’ho sposata perché la amo. La amo da quando avevo sedici anni e la volevo anche da prima. E ho dovuto aspettare anni per poterla legare a me perché volevo ripulire il mio nome prima di darlo a lei!» ribatté caustico Draco, battendo i pugni sul tavolo.
Chiuse gli occhi e respirò a fondo.
«Ti lascerò il Manor» lo informò dopo qualche istante di silenzio. «Per ora ci abita solo la mamma, ma non sono sicuro che la troverai lì quando uscirai di qui. Potrebbe andare da Andromeda.»
Lucius arricciò il naso, ma prima che potesse commentare in alcun modo, il figlio riprese a parlare.
«Sì, si sono riappacificate il giorno del mio matrimonio con Hermione e hanno ricominciato a vedersi. La mamma è tranquilla come non lo è mai stata prima, senza di te. È felice
«Tua madre e quel suo lato morbido ti hanno rovinato!»
Draco gli rivolse un sorriso gelido. «La mamma mi ha insegnato qualcosa di più importante di tutto quello che mi hai insegnato tu.»
Lucius corrugò la fronte a quelle parole.
«Mi ha insegnato a giocare a lungo termine.»
«E dove ti hanno portato i suoi insegnamenti?» sputò fuori con astio l’uomo. «A sposare una Sanguemarcio e sporcare il nostro albero genealogico immacolato!»
«Mi ha portato ad avere tutto ciò che ho sempre voluto. Una moglie che amo e che mi ama. La possibilità di avere quanti figli voglio, una famiglia felice. Ho persino la mia eredità intatta» asserì soddisfatto Draco, un sorrisetto beffardo stampato sul volto mentre le parole lasciavano le sue labbra. «Guardami, padre. Ho tutto. Io ho tutto e tu… tu non hai niente
Lucius ringhiò contro di lui. «Quando uscirò da qui-»
«Quando uscirai da qui» lo interruppe Draco, in tono serio e di avvertimento, «starai lontano dalla mia famiglia. Non voglio vederti neanche a cento metri da casa mia, né dal Ministero dove lavora Hermione, né dalla mia azienda di Pozioni, né dal mio vigneto. Ti hanno detto che abbiamo un vigneto in Italia ora? E vendiamo sia ai Maghi sia ai Babbani, pensa tu. Di questo passo avrò quasi raddoppiato il patrimonio dei Malfoy prima dei miei quarant’anni.»  
L’uomo continuava a guardarlo con gli occhi ridotti a due fessure, ma non sembrava più avere voglia di rispondergli né di provocarlo.
«Ti darò un assegno mensile, dubito tu possa trovare un modo per guadagnare soldi tuoi altrimenti. Ma voglio che sia chiaro, ti voglio lontano dalla mia famiglia. Finché non ti farai vivo, continuerai a ricevere il denaro. E in questo accordo, includo anche la mamma. Se lei non ti vorrà vedere, le starai lontano.»
«Non puoi sindacare sul mio matrimonio!»
«Io no, ma la mamma sì. Voglio solo accertarmi che rispetterai la sua volontà» affermò freddo Draco, tirando indietro la sedia e incamminandosi verso la porta. «E ci tengo a sottolineare, visto che tieni così tanto alle usanze purosanguiste, che sono io il Capofamiglia, ora.»
Si fermò sull’uscita solo per un istante, senza voltarsi a guardarlo una volta in più.
«Non ti ho detto che abbiamo deciso di chiamare il bambino Sirius» disse infine, per poi lasciare la stanza con l’eco del ringhio di rabbia di Lucius Malfoy che riecheggiava alle sue spalle, e il sorriso del vincitore stampato sul viso.

 
*
 
Malfoy Shore
 
Si Smaterializzò sulla spiaggia che faceva parte del terreno dei Malfoy e della Villa che aveva acquistato dopo la guerra; l’aveva fatta sistemare e arredare con il consiglio di Narcissa, in modo che una volta terminati gli studi a Hogwarts sarebbe stata ultimata e avrebbe potuto andarci a vivere con Hermione.
E lei aveva deciso di chiamare l’area Malfoy Shore.
Lo stemma dei Malfoy si ergeva sul cancello.
Sanctimonia Vincet Semper.
La purezza vince sempre.
Avrebbe insegnato a suo figlio che si riferiva alla purezza di animo, come quella che contraddistingueva sua madre.
Sorrise, nel ricordare il giorno in cui l’aveva portata lì per la prima volta.
Le aveva messo le mani sugli occhi e li aveva tenuti coperti fino a che non erano giunti al centro del salotto.
Hermione era stata completamente spiazzata da quella sorpresa.
«È per noi» le aveva detto. «L’ho comprata lo scorso anno.»
Gli aveva sorriso e poi lui l’aveva condotta alla finestra e ne aveva aperto le tende.
La sabbia, il mare… «Anche la spiaggia fa parte del terreno. È tutto nostro. Tutto… per te
Durante la guerra, quando erano a Villa Conchiglia, gli aveva parlato di quanto le sarebbe piaciuto vivere in una casa sul mare come Bill e Fleur e lui aveva comprato tutto quello.
Per lei.
Per renderla felice.
«Draco!» aveva esclamato con le lacrime agli occhi e lo aveva baciato. «È… meraviglioso
E poi lui l’aveva voltata e l’aveva abbracciata da dietro, guidandola stanza per stanza.
«Ovviamente Draco Malfoy non poteva accontentarsi di una Villa di dimensioni normali» aveva commentato divertita Hermione alla decima camera da letto che sembrava decisamente superflua. Ed era un eufemismo.
«Ovviamente» aveva convenuto lui, ridendo. 
Le aveva spiegato perché non aveva voluto cambiare o rimuovere il motto della sua famiglia dallo stemma e lei aveva capito, apprezzato perfino.
Le aveva spiegato che era una cosa sulla quale gli aveva fatto riflettere Andromeda ai tempi della guerra, un concetto a cui teneva e che lo aveva aiutato a convivere con le sue di origini, con il peso di essere un Malfoy e un Black.
Le aveva chiesto di sposarlo due anni dopo; voleva che risolvessero la situazione con i genitori di lei, prima di farlo. Purtroppo, dopo un anno di ricerche e tentativi, erano stati costretti ad arrendersi all’evidenza: non c’era modo di annullare quell’incantesimo. E dopo ciò, lei era stata troppo triste e troppo a lungo e Draco aveva rinviato di un altro anno la proposta di matrimonio.
Hermione non lo sapeva, che lui stava continuando a studiare delle pozioni nuove nella sua azienda, sperando un giorno di riuscire a restituirle i suoi genitori.
E poi una sera, finalmente, Draco aveva organizzato una cena in spiaggia, con tanto di lucine ovunque e al termine della serata le si era inginocchiato davanti e le aveva sussurrato con voce tremante: «Hermione Granger, vuoi farmi l’onore di diventare mia moglie?»
E lei aveva detto di sì. Non aveva esitato nemmeno per un istante, anzi, non aveva neanche perso tempo a guardare l’anello… anello che ovviamente era stupendo e raffinato, non che ci si potesse aspettare altro da Draco Malfoy.
Gli era saltata al collo e aveva preso a baciarlo con passione, mormorando un convinto ‘sì’ ogni volta che separava le labbra dalle sue per riprendere fiato.
«Sai, Granger» le aveva detto prima di farla sua quella notte. «Stavo pensando che non posso più continuare a chiamarti così e tu odi i diminutivi del tuo nome… quindi, credo che d’ora in poi ti chiamerò semplicemente Mine.»
Hermione aveva alzato un sopracciglio a quel gioco di parole con la pronuncia del suo nome.
«Ovviamente, è un diminutivo che solo a me è concesso usare» aveva precisato lui, baciandole il collo.
La ragazza aveva riso, ma non si era opposta alla cosa. In fondo, era appropriato.
 
Avevano due elfi ad occuparsi della casa, rigorosamente retribuiti; Hermione lavorava al Ministero ed era riuscita a migliorare le loro condizioni nel mondo magico, e alla fine era riuscita a far breccia nel cuore di Winky e l’avevano assunta.
L’altro elfo era Dobby, troppo entusiasta del lavoro di Hermione per aiutare i suoi simili per non accettare l’onore di lavorare per lei.
Anche se entrambi non avevano voluto saperne di salari decenti; la donna cercava di equilibrare la cosa facendogli dei regali di tanto in tanto.
«Dobby ha sentito il padroncino rientrare» trillò l’elfo non appena vide Draco nel salotto. «Dobby voleva sapere se il padroncino vuole fare colazione!»
Non aveva mai smesso di chiamarlo ‘padroncino’, nonostante Draco fosse ormai un adulto, ma lui non aveva mai puntualizzato la cosa.
Non gli importava.
«Potresti preparare una colazione in giardino per me e mia moglie?» domandò stancamente Draco, quella visita lo aveva provato emotivamente.
Sperava di non rivedere suo padre mai più.
«Dobby la prepara subito, signore!»
«Grazie, Dobby. Mia moglie è sveglia?»
L’elfo scosse il capo. «Riposa ancora, signore. Vuole che Dobby mandi Winky a svegliarla?»
«No, no. Ci penso io» rispose il biondino. «Però fammi un favore Dobby… Prenditela con calma, mentre prepari la colazione.»
Dobby chiuse più volte i suoi occhioni grandi, leggermente confuso, ma poi annuì e gli fece l’occhiolino. «D’accordo, signore. Dobby ci metterà più del necessario per prepararla.»
Draco rise, mentre abbandonava la giacca su una sedia e si incamminava nella sua stanza, la stanza che divideva con Hermione.
Si diresse verso il loro bagno e riempì la vasca di acqua calda, poi si avvicinò al letto e prese a lasciare una lunga scia di baci sulla pelle nuda della donna; dalla guancia, al collo, alle spalle, lungo la schiena…
«Buongiorno, signora Malfoy» le sussurrò all’orecchio quando finalmente riuscì a svegliarla.
Hermione sorrise, il volto ancora sprofondato nel cuscino.
«Buongiorno», rispose lei con la voce impastata dal sonno. «Tuo figlio mi ha presa a calci tutta la notte. Credo abbia ereditato la tua passione per il tormentarmi.»
Draco rise a quella battuta, poi Hermione divenne seria, mentre si distendeva sul dorso e lui la aiutava a sedersi.
Lasciò un bacio sul pancione della moglie e si accucciò con la guancia poggiata su di esso, gli occhi chiusi, mentre le dita della donna si insinuavano tra i suoi capelli dolcemente.
«Sei andato a trovarlo?»
Il marito annuì lentamente.
«Com’è andata?»
«Mi sono accertato che non ci causi problemi» la rassicurò. «Non è… non è cambiato molto.»
Hermione deglutì e sospirò rassegnata. «Mi dispiace, Draco. So che speravi poteste quantomeno rimanere in rapporti civili…»
«Non mi sono mai illuso troppo», rispose alzando lo sguardo su di lei, che lo studiava con aria apprensiva. «Sto bene, Mine, davvero.»
Si rialzò e le diede un bacio sulle labbra.
«Cosa ti ha detto?» indagò ancora la donna, scendendo dal letto.
«Niente che valga la pena riferire. Gli sto lasciando il Manor e un assegno mensile a patto che non si avvicini a nessuno di noi. Spero che sia sufficiente a tenerlo lontano» la informò scostandole una ciocca di capelli dal viso.
Usava ancora la sua pozione per i capelli, quella che lo aveva praticamente obbligato a farsi brevettare e con cui aveva avviato la sua azienda di produzione di Pozioni e di ricerca e testing di Pozioni sperimentali.
«Credo che mamma si porterà Tilly da zia Dromeda se deciderà di lasciare Lucius, cosa che sicuramente farà il secondo dopo che proverà a vietarle di vedere sua sorella o qualcuno di noi.»
Hermione sorrise al ricordo della piccola e buffa elfa che Narcissa aveva assunto per lavorare al Manor e tenerle compagnia quando non era né da loro, né da Andromeda; sembrava che la donna si fosse affezionata particolarmente alla creaturina.
«Ti ho preparato un bagno caldo», le disse, sperando di chiudere lì il discorso su Lucius; voleva godersi la giornata con la moglie.
Funzionò.
«Vieni con me?» domandò lei ammiccando.
Draco sorrise.
 
Sirius Hyperion Malfoy nacque il 15 novembre 2006.
Draco Malfoy era quasi impazzito nell’attesa.
La Medi-Maga che avevano fatto chiamare, rigorosamente donna, - Draco era stato categorico sulla questione -, era stata sul punto di affatturarlo tre volte.
Harry e Ron avevano provato a tranquillizzarlo, ma entrambi erano stati nella sua posizione solo pochi mesi prima e sapevano che in realtà non ci fosse nulla in grado di calmare i nervi del biondino.
«Voglio stare con lei!» aveva urlato a un certo punto, mentre le grida della moglie riecheggiavano all’esterno. «Fatemi entrare in quella dannata stanza!»
Non potevano lasciarlo veramente fuori, obbligarlo a sentirla urlare in quel modo senza sapere cosa stesse accadendo, senza provare a fare qualcosa per aiutarla, a darle quantomeno supporto emotivo.
Non potevano tenerlo lontano da lei, mentre lottava con la sua stessa mente che minacciava di aprire una porta rossa sigillata da anni, sollecitata da quelle grida.
«Voglio restare con lei!» aveva gridato di nuovo, battendo i pugni contro il legno antico.
Gli occhi dei presenti si erano sgranati.
Nessun Mago, specialmente Purosangue, aveva desiderato assistere a un parto prima di quel momento.
«I Babbani lo fanno, perché io non dovrei?» aveva ribattuto piccato il biondino. «E comunque, ti pago io!» aveva sottolineato rivolgendosi alla Medi-Maga. «Fammi. Entrare. Subito.»
Hermione era stata sorpresa di vederlo, ma anche sollevata; lui le si era precipitato accanto e le aveva stretto una mano.
«Sono qui, Mine» le aveva mormorato.
«R-resti?» gli aveva chiesto con le lacrime agli occhi.
«Sempre» aveva risposto lui, sorridendole.
E poi Sirius era finalmente tra le loro braccia e se qualche strato di ghiaccio era sopravvissuto fino a quel momento nel cuore di Draco Malfoy, nel vedere suo figlio, quel residuo si era sciolto definitivamente.
 
Quella notte, dopo aver guardato la moglie dormire per ore, con un sorriso trasognato sul viso che non riusciva proprio a togliersi di dosso, si era alzato lentamente e si era accertato che anche il bambino fosse addormentato.
Era sceso in giardino, la bacchetta stretta tra le dita.
Non ci aveva più provato dopo i vani tentativi che aveva fatto alla Tana durante la guerra, ma il tarlo aveva continuato ad ossessionarlo per tutti quegli anni; non aveva avuto il coraggio di tentare di nuovo, né dopo aver vinto la guerra, né dopo che Hermione aveva accettato di sposarlo, né dopo che di fatti era diventata sua moglie.
Ma quella notte voleva farlo.
Trasse un respiro profondo e pronunciò quelle due paroline.
«Expecto Patronum
La luce che sprigionò era tanto luminosa da accecarlo per un istante.
Dischiuse le labbra e sgranò gli occhi quando realizzò che era riuscito, finalmente, a evocare un Patronus.
Un Patronus corporeo, per di più.
Non sapeva neanche a cosa avesse pensato di preciso, si era semplicemente lasciato inondare dalla felicità che aveva provato in quella giornata.
Dobby apparve all’improvviso con un sonoro pop!
«La signora Hermione chiede di lei, signore!» esclamò con voce acuta. «La signora è molto preoccupata, molto agitata!»
Draco si precipitò immediatamente dalla moglie.
«Che succede? Stai bene? Sirius sta-»
«Draco Lucius Malfoy che accidenti stai combinando di sotto?» sbottò lei accigliata.
Era seduta sul letto e lo scrutava con le braccia conserte.
«C’era una luce accecante!»
«Ti ho svegliata?» le domandò stendendosi accanto a lei e stringendola a sé. «Mi dispiace. È che mi è venuto in mente… io… Mine, non immaginerai mai la forma del mio Patronus
Hermione si voltò di scatto a guardarlo e una smorfia di dolore comparve sul suo volto, provocata da quel movimento troppo repentino.
«Attenta», la rimproverò lui, accarezzandole una guancia.
«Ci sei riuscito?»
Draco sorrise e annuì.
«Dimmi che è un furetto
«Credi che un furetto farebbe tutta quella luce?» rispose sdegnandosi l’uomo.
«Oh, quindi ho perso la scommessa in partenza. Cos’è?»
«Scommessa
Hermione fece spallucce. «Quando eravamo alla Tana, Blaise ha avviato questa scommessa. Io ho optato immediatamente per il furetto, Harry era convintissimo sarebbe stato un Ippogrifo. Oddio, è un Ippogrifo
Draco sbuffò. «No!»
«Non dirmi che è un serpente, Ron ha avuto l’idea meno originale, ma ti giuro che se ha indovinato-»
«È un drago, Hermione. Un fottuto, enorme, drago.»
Gli occhi della moglie si allargarono. «Voglio vederlo.»
«Finiremo per svegliare il bambino. Domani, promesso.»
La donna sospirò, accucciandosi contro il corpo del marito e stringendosi forte a lui.
«Immagino che dobbiamo tutti dieci galeoni a Blaise, allora» mormorò sospirando rassegnata.
Draco sorrise e chiuse gli occhi.
Non era mai stato così felice in vita sua.
Andava tutto bene.




[Fine.]

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n.d.a.


Salve a tutti/e!
Finalmente, dopo mesi di aggiornamenti, ho finito di pubblicare questa storia anche qui su EFP.
Fine Line è stata la prima fanfiction che ho scritto dopo anni di blocco dello scrittore, ci ho lavorato duramente giorno e notte, quindi ci tengo particolarmente.
Non vi tratterrò molto, s
pero solamente che vi sia piaciuta.
Ringrazio chiunque di voi l'abbia letta passo passo e chi di voi l'avrà letta una volta conclusa.
E un ringraziamento in particolare a tutti voi che avete recensito, perché ricevere un feedback da chi legge è importante e gratificante, oltre a dare soddisfazione, specie quando la storia in questione cela un impegno sostanzioso come quello che ho messo nella scrittura di Fine Line.
Lasciatemi una recensione con la vostra opinione complessiva sulla storia, se vi va, mi farebbe piacere sapere cosa ne pensate ora che è conclusa. 
A presto :) 

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