La partita più difficile

di LuLuM
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La partita più difficile ***
Capitolo 2: *** Sono imperfetto, ma sei perfetta tu per entrambi ***
Capitolo 3: *** Giocare in due è difficile ma è bello ***



Capitolo 1
*** La partita più difficile ***


LA PARTITA PIÙ DIFFICILE

MARCO’S POV.

Sono trascorsi due mesi dal quel meraviglioso giorno in piazza Duomo, quando Anna è corsa da me e mi ha detto di voler giocare insieme per sempre. Lei che, fino a quel momento, non aveva mai lasciato entrare veramente nessuno nella sua vita, aveva finalmente capito che con me voleva farlo, che io potevo bastare a renderla felice.
Come al solito, io, la mattina precedente ero giunto ancora una volta alla conclusione affrettata che lei in realtà non era cambiata. Non era bastata quella notte meravigliosa, quel suo grido disperato con cui mi aveva detto di amarmi, quel momento in cui avevo capito di quanto avevo potuto farla soffrire in quelle settimane con Valentina, in cui lei, addirittura, mi aveva retto il gioco e dato consigli. “In amore si possono fare le cose più stupide” mi aveva detto una volta, ormai tanto tempo fa e lei, stavolta, è stata proprio masochista perché, pur di vedermi felice, mi aveva addirittura incoraggiato ad andare avanti con Valentina se era questo ciò che volevo.
Non era bastato tutto questo a cancellare il terrore provato quella mattina quando ho letto il messaggio di Valente riferito al suo incarico in Siria. Ero sprofondato di nuovo nell’incubo di quasi tre anni prima, con la storia del Pakistan. Ero scappato, avevo lasciato lì lei e la meravigliosa colazione che aveva preparato per noi due. Le avevo spezzato il cuore come quando l’avevo praticamente cacciata da casa mia solo per aver spostato il pouf e, nel suo visto, avevo rivisto la stessa espressione distrutta, gli occhi traboccanti di lacrime, devastata da chi amava più di ogni altra cosa al mondo. Sono passati due mesi e le cose sono tornate a posto, eppure ancora mi odio per averla ferita così.
L’amore vero, però, non vuol sentire ragioni. Puoi sopprimerlo quanto vuoi, chiuderlo in una scatola e metterci sopra tutti i film mentali che vuoi, ma prima o poi torna sempre a galla e ti fa diventare la persona più coraggiosa, più masochista e stupida, ma anche la più forte che ci sia. È stato allora che ho capito due cose: la prima è che dovevo smetterla di avere paura del fatto che Anna volesse giocare da sola e permetterle di mettere la sua vita nelle mie mani; parlare, anziché trarre sempre le conclusioni affrettate, cercare soluzioni anziché infuriarmi per ogni problema. La seconda cosa che ho capito è che giocare in due, in quel momento, significava che anche io dovevo fare la mia parte per permetterle di inseguire il suo sogno, per non obbligarla a scegliere tra quel lavoro e me, perché sapevo che avrebbe scelto me, per aiutarla a fare carriera e dimostrarle quello che io stesso le avevo sempre detto. Io sono stato il primo a sostenere che potesse conciliare lavoro e vita privata con accanto la persona giusta e lei aveva deciso che la sua persona giusta ero io ed ora, anche se giocare in due era diventato difficile, non potevo tirarmi indietro per egoismo.
Così, il giorno stesso di quella meravigliosa sua dichiarazione in piazza Duomo, la sera a casa mia, avevo aperto l’argomento della Siria e l’avevo spinta a parlarne insieme. Lei era titubante, preoccupata e, mentre mi evidenziava tutti i problemi di questo incarico, io le tiravo fuori le soluzioni. Diceva che sarebbe stato difficile stare tanto tempo lontani ed io le rispondevo che l’incarico sarebbe durato solo un anno. Diceva che non voleva stare un anno senza vedermi ed io le rispondevo che lei avrebbe avuto giorni di licenza per tornare ed io giorni di ferie da utilizzare per andare da lei. Diceva che non voleva rinunciare alla nostra quotidianità ora che, finalmente, eravamo di nuovo insieme ed io le rispondevo che ci sono tante coppie che per qualche periodo stanno insieme a distanza e che, per un anno, avremmo sfruttato al massimo la tecnologia per stare in contatto. Diceva che era un incarico pericoloso e lì, anche se è stata dura, le ho risposto che, quando l’ho scelta, sapevo che comunque il suo è sempre un lavoro rischioso e che non si può vivere avendo paura, altrimenti non è vita.
Così, finalmente, si è decisa ad accettare quell’incarico che le aprirà grandi prospettive di carriera.
Ora mi trovo in bagno, mi sto preparando per accompagnarla all’aeroporto. Sono felice per lei ma mi mancherà e anche tanto. Le lacrime scendono ma non voglio che lei mi veda piangere perché so quanto è difficile anche per lei, so quanto sarà dura, so quanta paura avrò nei mesi che verranno ogni volta che sentirò parlare al telegiornale di zone di guerra. Ma spingerla a partire era la cosa giusta da fare, il più grande gesto d’amore da parte mia, anche se sarà la partita più difficile per entrambi. Ma noi ce la faremo perché, come aveva detto il maresciallo a lei, “giocare in due è difficile, ma è bello”. Anna, nel trambusto dei preparativi, non se ne è accorta, ma io le ho rubato la maglietta del pigiama e l’elastico per capelli che terrò sempre accanto a me nel letto in questi mesi, in cui so che non cambierò la federa del suo cuscino perché è impregnata del suo profumo.

ANNA’S POV

Oggi è una giornata bella e brutta allo stesso tempo per me. Sto partendo per l’incarico della mia vita, per andare a svolgere quel lavoro che tanto sognavo dai tempi dell’accademia, per fare ciò che mi aprirà un’infinità di porte e prospettive. Eppure, mentre preparo le valige, sento le lacrime scendere e sento già la mancanza di Marco, l’amore della mia vita con cui, finalmente, ho iniziato a giocare insieme.
Due mesi fa, quando sono corsa da lui in Piazza Duomo per dirgli che finalmente ero pronta a lasciarlo entrare veramente nella mia vita, avevo praticamente già deciso di rinunciare a tutto ciò che mi avrebbe potuto allontanare da lui, perché lui mi basterà sempre per essere felice. Le mie definizioni di felicità, di amore, di protezione, si serenità e sicurezza, portano tutte il suo nome.
Certo, non pensavo che, quella sera stessa, Marco mi avrebbe spiazzato così. Eravamo sul divano a gustare il nostro gelato, finalmente abbracciati, anzi avvinghiati, l’uno all’altra come se qualcuno dovesse separarci in quel momento, come chi è stato lontano per troppo tempo.
Lui però aveva qualcosa di diverso rispetto a quando stavamo insieme due anni prima, era cambiato il mio Marco ed in meglio, era diventato molto ma molto più coraggioso di quanto già non fosse. Così, aveva tirato fuori l’argomento della Siria, di punto in bianco, prendendomi alla sprovvista. Non avevo voglia di discuterne proprio in quel momento perfetto, ma volevo solo godermi i nostri ritrovati istanti di felicità. La Siria non era così importante, avrei avuto altre occasioni in futuro.
Marco, però, era di diverso avviso e mi aveva spiazzato con la sua calma nell’affrontare il discorso.
“È ciò che hai sempre desiderato” mi aveva detto ed io gli avevo risposto:
“Tu sei ciò che ho sempre desiderato”.
 “Si ma io non scappo mica, sono qui e ti aspetto” aveva insistito.
“Ma io adesso vorrei solo godermi un po’ di tranquillità con te, recuperare il tempo perso, pensare al nostro futuro insieme, al matrimonio, ad un figlio e questo incarico dura un anno” gli avevo ribattuto.
Lui di nuovo: “Ma ci corre dietro qualcuno? Stiamo insieme, siamo felici, dove sta scritto che dobbiamo fare tutto e subito e che non possiamo posticipare queste cose a tra un anno, quando tornerai?”.
Così, più io gli presentavo i problemi che accettare questo incarico avrebbe comportato e più lui mi prospettava soluzioni. L’ho visto tentennare solo quando gli ho detto che è un incarico rischioso ma lui, nonostante un breve segno di cedimento, mi ha detto che il mio lavoro è rischioso sempre e che non si può vivere avendo paura.
Se ripenso al Marco che si infuriò quando scoprì del Pakistan e che se ne andò definendosi un ostacolo per la mia carriera, quasi non lo riconosco. So che per lui è stato difficile spingermi a partire e chiunque avrebbe ascoltato il proprio egoismo, ma lui no, non più almeno. Stavolta sta facendo anche più di quanto non abbia già fatto per rendermi felice. Sa che avrei scelto comunque lui ma mi ama a tal punto che non mi ha voluto mettere in condizioni di scegliere, perché l’unica cosa che gli interessa è che io sia felice e lo sono. Questa volta lo sono davvero perché sto vivendo la mia vita con l’uomo migliore del mondo e so che potremo essere felici e che io non dovrò mai rinunciare a nulla perché ci sarà sempre lui ad aiutarmi, a sostenermi, a farmi fare quella che è la scelta giusta per me e non solo per lui o per noi due.
Ora sto finendo di sistemare il tutto, mentre Marco è in bagno e si sta preparando per accompagnarmi all’aeroporto. Nel trambusto non riesco più a trovare il mio elastico per capelli e la maglietta del pigiama che avevo preparato per portarmi; cercherò un altro elastico e prenderò un altro pigiama. D’istinto, però, apro l’armadio di Marco e prendo una sua camicia, ci spruzzo sopra il suo profumo e la infilo in valigia. Pensandoci bene, credo che sarà questa la maglia del mio pigiama per i prossimi mesi, così mi sembrerà di dormire abbracciata a lui. Pensandoci ancora meglio, forse, ho intuito chi è il “ladro” del mio elastico e della maglietta, ma va bene così.
Ho una lettera per Marco, gliela lascio in mezzo al libro che ha sul comodino, la leggerà quando tornerà a casa. Mi mancherà tanto, tantissimo, in questo anno, anche se utilizzeremo ferie e licenze per raggiungerci a vicenda ed i mezzi della tecnologia per riempirci di chiamate, videochiamate e messaggi, ma non sarà come stare nella stessa casa. Come ha detto lui, però, ormai siamo felici insieme ed un anno non è tantissimo ma, soprattutto, il nostro amore ci darà la forza necessaria per giocare insieme questa partita così difficile.
Quando Marco esce da bagno mi sorride, vedo che ha gli occhi di chi ha appena pianto senza farsi vedere e so che anche lui lo ha notato di me, ma non ce lo diciamo per non rendere tutto più difficile.
“Allora, sei pronta? Hai preso tutto?” mi chiede premuroso.
Io gli rispondo di si e che possiamo andare. Usciamo di casa lentamente, Marco mi aiuta a portare giù le valige e partiamo. Durante tutto il tragitto parliamo poco ma lui mi tiene la mano stretta, come chi ti deve salutare di lì a breve, ma è l’ultima cosa che vorrebbe fare.
Arriviamo all’aeroporto e raggiungiamo l’entrata del gate. Abbiamo aspettato fino all’ultimo ma ora è il momento di andare. L’abbraccio che ci scambiamo è il più affettuoso che ci sia, ci stringiamo forte, cerchiamo di non piangere perché sappiamo entrambi che era la cosa giusta da fare. Ci salutiamo con un bacio lungo, appassionato, dolce. Sappiamo che per un po’ non sentiremo il sapore ed il calore di quelle labbra. Sappiamo anche, però, che tra due mesi ci rivedremo, perché Marco ha già prenotato ferie e biglietto aereo. Nel frattempo staremo in contatto come potremo.
“Allora ciao, ti chiamo appena arrivo e stai tranquillo”. Riesco a dirgli solo questo.

MARCO’S POV

“Allora ciao, ti chiamo appena arrivo e stai tranquillo” mi dice Anna. So che vorrebbe dirmi tanto altro ma rischierebbe di scoppiare a piangere. Mi faccio bastare questo.
“Ok, allora ci sentiamo dopo; a qualunque orario arrivi, chiamami e fai buon viaggio amore mio”. Un ultimo bacio prima di vederla girarsi verso il gate e partire per un incarico che sarà il lasciapassare per una carriera di tutto rispetto, quella che si merita. Si, era la scelta giusta da fare, anche se ora fa male. Ma tra due mesi la andrò a trovare, posso iniziare il conto alla rovescia.
Nel tragitto per tornare a casa ho cercato di non piangere e di distogliere la mente dai pensieri brutti o tristi.
Rientro nel mio appartamento che, nonostante vi sia ancora un po’ di trambusto in giro, sembra già tremendamente vuoto senza Anna. Oggi non lavoro e così, per distrarmi un po’ e per riposare, decido di sdraiarmi sul divano e leggere il libro che mi ha regalato Anna. Lo vado a prendere in camera e sento ancora il suo profumo nell’aria. Ok, forse avevo sottovalutato la difficoltà di riabituarmi a stare senza di lei, soprattutto ora che finalmente siamo felici insieme, ma Anna meritava di cogliere al volo questa opportunità ed io sono fiero di me per averla aiutata a farlo.
Prendo il libro dal comodino e noto che in mezzo c’è qualcosa: una lettera di Anna per me, con sopra spruzzato il suo dolcissimo profumo, la apro e leggo.
“Marco, amore mio, ti scrivo qui quello che sicuramente so già che non riuscirò a dirti in aeroporto, quando dovremo salutarci. Grazie, è la prima cosa che sento di volerti dire. Grazie di esistere, di essermi accanto sempre e comunque, di essere per me la persona che trova sempre una soluzione ottimale. Grazie di avermi sollecitata ad accettare questo incarico, quando io ci avrei rinunciato a mani basse, per te, per non allontanarmi da te nemmeno per un istante. Sappiamo entrambi che è la scelta giusta ed io sono felicissima di poter finalmente inseguire il mio sogno, anche se separarmi da te è quanto di più difficile al mondo.
Il tuo più grande gesto d’amore è stato proprio quello di spingermi a partire per far decollare la mia carriera e far aprire quelle porte che attraverserò sempre con te al mio fianco. Hai messo da parte un po’ di egoismo che sarebbe stato naturale, normale e giustificato, considerato tutto ciò che questo incarico comporta, pur di vedermi finalmente felice, accanto a te e con il lavoro che amo. Tu sei, per me, colui per il quale vale la pena rinunciare a tutto e, allo stesso tempo, sei colui che mi ama così tanto da non volere che io rinunci a nulla di ciò che amo.
Ma voglio che tu sappia che, sopra ad ogni cosa, io amo te, solo te ed amo tutto di te. Quel giorno in piazza ti ho detto che ho bisogno di dirti ciò che amo di te ed anche ciò che detesto. Beh, la verità è che io di te non detesto proprio nulla, perché amo i tuoi pregi e, forse ancora di più, i tuoi difetti.
Amo il tuo rovescio a tennis che è disastroso perché, quando giochiamo, tu te ne accorgi e mi chiedi di insegnarti e, con l’occasione, ti avvicini e mi abbracci stretta. Amo quando litighiamo per scegliere il colore della vernice per dipingere le pareti, perché tiri fuori quell’aria austera e puntigliosa da PM tutto d’un pezzo che, mentre mi faceva innervosire, mi ha fatto innamorare di te. Amo il tuo disordine, anche se dico di detestarlo, al punto che, quando vedo che ci sei stato attento e hai riordinato, sono io che rimetto tutto in disordine per poter, poi, rimettere a posto. Amo anche litigare con te perché, anche se fa male, poi finiamo sempre per far pace e, far pace con te, è la cosa più romantica che esista.
Si, amo tutto di te e so già quanto sarà difficile sopportare la lontananza anche se, quando abbiamo affrontato l’argomento della Siria, ad ogni problema che io tiravo fuori, tu mi mostravi la soluzione e non perché non sarebbe stata dura anche per te, ma perché volevi che io decidessi sapendo che, qualunque cosa avrei scelto, tu ci saresti stato e mi avresti sostenuta ed aiutata.
Ho fatto la scelta giusta e devo ringraziare solo te. Questa sarà la nostra partita più dura ma io e te, ormai, giochiamo insieme e non dimenticare mai che siamo un’unica cosa.
Ci siamo salutati solo da poche ore e già mi manchi tantissimo, ma ci rivedremo molto presto.
Ps: quando preparerò la valigia, so già che in un tuo momento di distrazione, ti ruberò qualcosa dall’armadio da portare con me. So anche che tu farai altrettanto e che ti terrai vicino qualcosa di mio e va benissimo così.
Ti amo, Anna”
Finisco di leggere cercando di non bagnare la lettera per le lacrime che stanno scendendo. Anna all’aeroporto è stata di poche parole ma dovevo aspettarmelo da lei questo “attacco a sorpresa”. In fondo, lei non ha mai smesso di sorprendermi, fin da quel giorno in cui, forse per la prima volta in vita sua, abbassò la guardia con me, raccontandomi di suo padre ed iniziando a lasciarmi entrare nella sua vita. È stato un viaggio lungo che continuerà per sempre, per una vita in cui giocheremo sempre in due e continueremo a cambiare insieme.

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Capitolo 2
*** Sono imperfetto, ma sei perfetta tu per entrambi ***


Sono imperfetto, ma sei perfetta tu per entrambi.
MARCO’S POV
Sono trascorsi ormai più di 8 mesi da quando Anna è partita per la Siria e dovrebbe tornare a Natale, tra meno di 4 mesi. Adesso mi trovo qui con lei, ho trascorso le vacanze estive qui in Siria e, per qualche giorno, sono venuti anche il maresciallo ed Elisa. Ormai ho terminato le mie ferie ma tanto lei sta per tornare, o almeno così pensavo, anzi pensavamo entrambi, fino a qualche giorno fa, quando Valente le ha chiesto di prolungare la sua missione di 5 mesi. Sono un po’ sotto organico e capisco Valente che vuole che Anna termini la missione con lui; è brava la mia Anna e sul lavoro la sa veramente lunga, come su tutto. Per me è semplicemente perfetta.
La proposta di Valente, però, l’ha spiazzata anche perché lei stessa sa bene che non potrà tornare nemmeno a Natale, avendo terminato anche lei i suoi giorni di licenza. Io non posso raggiungerla nei pochi giorni liberi che ho durante le festività perché la Siria non è dietro l’angolo. Per i 5 mesi restanti, purtroppo, potrò solo sperare in qualche giorno di ferie del nuovo anno. Per il resto dovremo avere pazienza e aspettare. Certo, spero di non dover restare senza vedere la mia Anna per un totale di 9 mesi perché sarebbe decisamente troppo. 
Quando lei mi ha raggiunto in hotel, qualche sera fa, aveva il viso spento, triste, come di chi deve confessarti l’inconfessabile, nemmeno fosse colpa sua.
“Basta una tua parola ed io dico di no e, a Natale, faccio le valige e torno definitivamente, come doveva essere fin dall’inizio” mi aveva detto categorica. Poi ancora: “Ho deciso insieme a te di fare questa scelta e con te sceglierò se proseguire per i prossimi 5 mesi o meno”.
Mi si era stretto il cuore nel vederla così. Da una parte, vedevo nei suoi occhi la volontà di restare, di portare a termine la sua missione, il suo senso del dovere, il suo coraggio. Dall’altra, potevo evincere la sua voglia di tornare, di vivere finalmente quella vita normale insieme, di pensare al nostro futuro che, per un anno, avevamo messo in pausa, certi che il nostro amore avrebbe retto e così è stato. Leggevo tutto questo dietro le lacrime non scese che velavano le sue iridi verdi, lacrime che era libera di versare solo in disparte, solo con me. Lacrime che racchiudevano dentro tutta la difficoltà e la pesantezza di stare lì, in una missione che le aprirà un’infinità di porte, un incarico importante come militare. Un militare che, però, è prima di tutto una persona, con le sue debolezze e sofferenze da dover celare a tutti dietro alla divisa del capitano, un simbolo di forza, coraggio e sicurezza.  
Così, la prima cosa che avevo pensato di fare, prima di qualunque altra, era stato abbracciarla stretta, farle poggiare la testa sul mio petto, accarezzarle la testa, dirle con quei gesti che, comunque, io ci sarei stato, qualunque cosa avrebbe scelto poi di fare. Così come le avevo promesso quando doveva decidere se partire o meno.
“Non posso essere io a condizionarti nella tua scelta amore mio perché, se dovessi dare ascolto a ciò che sento e che voglio, ti riporterei a casa con me adesso. Ma quello che ti ho detto quella sera in cui abbiamo affrontato l’argomento della Siria, te lo ripeto ora: qualunque cosa tu deciderai di fare, io ci sarò e 5 mesi alla fine non sono tantissimi”.
“Non sono tantissimi se avessi la prospettiva di poterti vedere almeno a Natale, di non trascorrere queste festività da sola qui o se ci fosse la possibilità che tu mi raggiunga dopo le feste, ad anno nuovo. Invece sai bene che è tutto molto incerto e che potremmo anche dover passare i prossimi 9 mesi lontani ed è l’ultima cosa che vorrei”.
Dopo questo sfogo mi aveva abbracciato stretto e si era lasciata in un pianto liberatorio, per poi dirmi, con rimpianto, che avrebbe fatto meglio a conservarsi un po’ di giorni di licenza, ma non poteva prevedere questo prolungamento improvviso della missione. 
Alla fine Anna ha deciso di portare a termine il suo compito come, in fondo, pensavo. Quella mattina ha voluto che la accompagnassi in caserma e mi ha detto anche: “Spero che quando tornerò non sarai ormai stanco di aspettarmi”.
A quel punto l’avevo baciata di slancio, anche se eravamo davanti alla caserma e lei non aveva opposto nessuna resistenza. Le avevo detto che quel bacio era la mia risposta alla sua frase priva di fondamento e lei mi aveva sorriso come solo lei sa fare.
Ormai sto preparando le valige. Domani pomeriggio ho il volo per tornare in Italia e voglio preparare tutto ora che Anna sta finendo di lavorare perché stasera ceneremo insieme, lei dormirà con me in hotel e domani ha la giornata libera e potremo stare insieme fino alla mia partenza.
ANNA’S POV
Sono in caserma e sto aspettando che finisca il mio turno e per la verità oggi non vedo l’ora di uscire per stare con Marco. Domani pomeriggio avrà il volo per tornare in Italia e per un po’ di mesi non potremo vederci. 
Qualche sera fa, dopo mille dubbi, discorsi e angosce, alla fine ho deciso di restare per altri 5 mesi. Valente mi ha pregato di farlo perché sono sotto organico e la missione è stata prolungata. Non posso dire di essermi pentita di aver accettato: questo lavoro mi piace, è ciò che ho sempre voluto fare e ne sono felice, soprattutto per le possibilità di carriera che mi aprirà poi. Tuttavia, questo periodo extra non era previsto e nemmeno prevedibile, altrimenti né io né Marco avremmo esaurito tutti i periodi di ferie e licenze. Sarei dovuta tornare definitivamente a Natale, tra meno di 4 mesi e, invece, dovrò restare ancora un po’. 
Inizialmente non volevo accettare ma Marco, come al solito, non ha voluto condizionarmi, anzi. Mi ha incoraggiata, sostenuta, consolata, abbracciata e mi ha ribadito che ci sarebbe stato a prescindere, qualunque cosa avrei scelto. Sono un capitano dei carabinieri ed ho scelto, insieme a lui, di portare a termine il mio lavoro. Tutto ciò, però, non rende meno triste il fatto che, se va tutto bene, rivedrò Marco dopo le festività natalizie, altrimenti se ne riparla tra 9 mesi. Mentre penso mi rendo conto che il mio turno è finito, vado in camerata, mi cambio e raggiungo Marco in hotel.
Quando arrivo da lui mi abbraccia stretta e mi bacia. Come succede sempre ogni volta che dobbiamo separarci, mette su la sua espressione più ironica, rassicurante ed estremamente dolce. Questa sera però non voglio pensare ai mesi che ci attendono e che dovremo trascorrere lontani. Questa sera e questa notte saranno solo per noi e per il nostro amore. 
Marco mi ha stupito come sempre: visto che in hotel ha l’angolo cottura, ha deciso di cucinare lui anziché andare al ristorante. Il profumo è delizioso e lui resta l’ottimo cuoco che ho conosciuto. Non vedo l’ora che questi momenti tornino ad essere la nostra quotidianità, anche se dovremo aspettare un po’. La serata che ci dedichiamo è meravigliosa: piena di dolcezza, risate, coccole e amore. Ci addormentiamo sereni, abbracciati, anzi avvinghiati, perché niente potrà mai separarci davvero, nemmeno la distanza.
La mattina purtroppo arriva decisamente troppo presto, o siamo noi che ci siamo addormentati troppo tardi. Quando ci svegliamo, dopo un po’ di tenerezze mattutine, ci vestiamo e scendiamo a fare colazione. Oggi ho la giornata libera che trascorro interamente con Marco. Purtroppo, però, il momento di raggiungere l’aeroporto e salutarci arriva in fretta. Un lungo, lunghissimo bacio dolcissimo, un abbraccio affettuoso e poi devo proprio dirgli: “buon viaggio amore mio, chiama appena arrivi”. Marco attraversa il gate e torna a casa.
Stavolta salutarlo è stato veramente tanto difficile ed ho addosso una sensazione stranissima. Sicuramente è così perché so che la lontananza sarà molto più lunga delle altre volte.
MARCO’S POV
Anna mi ha accompagnato all’aeroporto. La serata di ieri e la nottata rientrano sicuramente tra le migliori della mia vita, ma ora è arrivato il momento di andare. 
Dopo aver salutato adeguatamente la mia Anna, raggiungo il gate. Questa volta sento veramente una strana sensazione dentro. È come se sentissi uno strappo più forte del solito. Di certo è perché so che, per almeno 4 mesi o forse di più, non ci rivedremo. 
Salgo sull’aereo con una malinconia indescrivibile ed è come se stavolta stessi lasciando qui la parte più importante di me. Ho sempre avuto questa impressione in questi mesi, ogni volta che salutavo Anna, ma ora sembra amplificata.
1 mese dopo
ANNA’S POV
È trascorso circa un mese da quando Marco è partito ed io sto già pensando al suo regalo di Natale visto che glielo dovrò anche spedire. 
Sono giorni complicati al lavoro. In più, da un paio di settimane mi sono resa conto di avere un ritardo. Fino a qualche giorno fa nemmeno ci avevo prestato troppa attenzione perché pensavo fosse dovuto allo stress. Tuttavia, si è aggiunta anche una stanchezza assurda, mi viene da piangere per niente e, soprattutto, ho una persistente nausea mattutina.
Pensandoci su, mi chiedo se potrei essere incinta e mi rendo conto che effettivamente la probabilità c’è ed è anche abbastanza elevata. Però no, mi dico che non posso essere incinta. Con Marco non ci abbiamo ancora pensato seriamente perché, anche un figlio, come il matrimonio, fa parte di quei progetti di vita che abbiamo rimandato a dopo la fine di questa missione. Cerco di essere razionale e mi dico che il ritardo e tutto il resto sono sicuramente causati dallo stress di questo periodo. Con il test mi toglierò il dubbio.
Dopo essere andata in farmacia mi chiudo nella mia camerata. Non nego di aver immaginato questo momento più volte ma, di certo, non mi ero mai immaginata di viverlo qui, da sola, con Marco e tutta la mia famiglia a migliaia di chilometri di distanza. Invece, penso che mi dovrò adattare ed anche ricredere: i miei dubbi erano fondati. Il test è positivo.
Sono confusa, spaventata, emozionata, felice. La prima cosa che mi viene in mente è solo che vorrei Marco accanto a me. La seconda è che avrei il dovere di terminare la mia missione, che sono un capitano dei carabinieri e che ho un incaricato che verrà inevitabilmente sconvolto da questo imprevisto. Un imprevisto di cui, però, sono incredibilmente felice e sento una gioia incontenibile dentro che non avevo mai provato prima e che non mi fa ragionare.
Penso che voglio dirlo a Marco prima possibile ma non posso farlo al telefono o in videochiamata. Voglio dirglielo mentre lo guardo negli occhi, anche se un po’ di paura per la sua reazione ce l’ho; una paura irrazionale che so essere infondata.
Sono decisamente confusa ma cerco di pensare lucidamente. Prima di tutto devo avvisare Valente: non posso ovviamente portare a termine la missione e vorrei tornare a casa anche prima di quanto inizialmente programmato, visto che mancherebbero ancora tre mesi e, facendo un rapido calcolo, il primo mese di gravidanza è già passato.
LUCIO VALENTE’S POV
“Come sarebbe a dire che sei incinta? Come è possibile?”
Anna mi guarda con un’occhiata confusa ed io non so se essere arrabbiato o sbalordito per farle queste domande. È normale che potesse capitare perché in fondo è fidanzata stabilmente ormai da quasi un anno e, con Marco, si può dire che stiano insieme da anni. Lei, infatti, mi ha parlato molto di loro due ed è chiaro che non avevano certo bisogno chissà quanto tempo per essere certi del loro amore, visto che aveva resistito ad oltre due anni di separazione ed a diversi terzi incomodi tra loro due. Pensavo però che avrebbero atteso il ritorno a casa di Anna, tutto qui.
Dalla confusione che vedo nei suoi occhi non credo lo avessero programmato. In questo momento sprofonda nel vuoto definitivamente ogni minima speranza di far colpo su Anna. È una donna meravigliosa e non posso negare di averci fatto più di qualche pensierino. Ma non ho mai avuto veramente dubbi sul fatto che lei potesse amare un altro uomo. Marco è e sarà sempre l’unico uomo della sua vita, salvo che il bambino che aspetta non sia un maschietto.
Anna logicamente mi sta chiedendo di farla tornare a casa prima possibile ed è strasicura di tenere il bambino. Purtroppo, tutto ciò che posso concederle è di concludere la sua missione a Natale, come doveva essere all’inizio. Non posso farla rientrare prima perché abbiamo troppe carenze di organico al momento.
ANNA’S POV
Altri tre mesi qui. Valente non mi ha potuto concedere altro e potrò tornare a casa solo a Natale. Ovviamente mi ha, almeno, esonerata dagli incarichi più rischiosi e faticosi. La mia preoccupazione più grande è quella di dover affrontare questi primi mesi di gravidanza da sola, senza Marco e, soprattutto quella di doverlo mettere davanti al fatto compiuto.
So già che non mi chiederebbe mai di abortire ma avrei voluto decidere con lui di tenere questo bambino. Purtroppo non potrò farlo perché dovrei dargli la notizia attraverso uno schermo e non mi va. Quando gli dirò del bambino voglio che sia accanto a me. Ora so il perché di quella sensazione così strana quando l’ho salutato l’ultima volta che ci siamo visti. Avevamo appena concepito una nuova vita.
3 mesi dopo
MARCO’S POV
Questi 4 mesi senza Anna sono stati interminabili e, in questo periodo, sono ancora più malinconico. È quasi Natale ed è il primo che trascorriamo lontani da quando siamo tornati insieme, anche se la sento più vicina ora a migliaia di chilometri di distanza, che due anni fa, quando eravamo separati da un piano di scale e dai nostri errori. Tuttavia, avrei voluto essere con lei in questi giorni e mi fa male l’idea che sia in Siria da sola, con i pochi colleghi che resteranno lì, mentre io qui ho almeno la nostra famiglia, compreso mio padre che, finalmente, forse è guarito ed ha preso un appartamento in affitto vicino al mio.
Ieri Anna mi ha chiesto se mi fosse arrivato il suo regalo di Natale e, naturalmente, non ha voluto dirmi cos’è. Purtroppo non mi è arrivato nulla ancora. Io, invece, il mio regalo gliel’ho spedito leggermente in anticipo e lo ha ricevuto qualche giorno fa. Un kit nuovo da tennis perché il suo era un po’ usurato e ne è stata felicissima e mi ha detto che non vede l’ora di giocare con me.
Oggi sono di riposo e voglio prendermi una giornata di relax. Ad un certo punto suonano alla porta, giusto perché dicevo di volere una giornata tranquilla tutta per me. Quando apro rimango letteralmente impalato per qualche secondo: è Anna.
Dopo un istante mi sblocco e la abbraccio forte, fortissimo, la bacio e la trascino in casa, portando dentro i suoi bagagli. Non ci faccio troppo caso ma ha veramente tanta roba con sé. Probabilmente Valente le avrà concesso qualche giorno di licenza bonus per Natale e lei, freddolosa com’è, si è portata dietro l’intero armadio. Dopo aver chiuso la porta la abbraccio di nuovo. Poi le chiedo come mai sia qui visto che a Natale sarebbe dovuta restare in Siria. Quello che mi dice un po’ mi spiazza:
“Sono tornata definitivamente, la mia missione è terminata”.
“Ma come mai?” chiedo allarmato, “voglio dire, è successo qualcosa? Hai avuto dei problemi? Stai male? O forse hanno trovato altre persone per reintegrare l’organico e ti hanno fatto tornare?”.
“Marco calmati” mi dice. “Non ho avuto alcun problema e no, non hanno trovato volontari per colmare i vuoti di organico. Però si, qualcosa è successo”.
Quello che succede dopo mi lascia senza parole e mi manda nella confusione più totale, tanto che mi sembra di non essere più totalmente padrone dei miei pensieri e delle mie azioni. Anna si apre lentamente l’ampio giaccone militare che ha addosso e mi mostra il motivo per cui è tornata prima. È incinta ed è anche abbastanza evidente, di almeno 4 mesi, stando ad un rapido calcolo.
Mentirei se dicessi di non aver desiderato con tutto il cuore che ciò accadesse, ma non così. Vorrei essere felice ed abbracciarla come ho fatto appena qualche minuto fa, ma non ci riesco. Vedere quella pancia già così evidente mi fa sbarellare e mi riporta indietro nel tempo, a quando Anna decideva tutto da sola. Eccomi qui, di nuovo messo davanti al fatto compiuto, di nuovo lei che ha deciso prima e per tutti e due. Il mio volto si incupisce, la mia espressione si fa dura, mentre la sua è smarrita ed incredula. Come potrebbe non esserlo? Sto reagendo esattamente come lei non si aspetterebbe mai, come quei padri che non si vogliono assumere le loro responsabilità, quelli che io ho sempre criticato. 
“Marco si può sapere che hai? Perché hai quell’espressione in volto? Ti sto dicendo che aspettiamo un bambino. Non sei felice?” Mi chiede.
“E di cosa dovrei essere felice? Del fatto che stavolta nemmeno mi hai chiamato per venirti a prendere all’aeroporto o del fatto che mi stai mettendo davanti al fatto compiuto ancora una volta?”
Anna è sempre più incredula e terrorizzata: “Marco ma volevo solo farti una sorpresa. Quanto alla gravidanza, come avrei potuto dirti una cosa così per telefono o in videochiamata? Volevo dirtelo guardandoti negli occhi ma non sono riuscita a tornare prima. Ci ho provato ma non me lo hanno concesso”.
“Beh già che c’eri potevi chiamarmi direttamente dall’ospedale al momento del parto. Come al solito hai deciso tutto da sola mentre, vista la situazione, avresti potuto magari fare un’eccezione e dirmelo prima, così giusto per avere il mio parere dato che sarei il padre. Invece te ne sei fregata e hai dato per scontato che a me andasse bene così”.
Anna a questo punto è rabbiosa perché queste parole non se le aspettava e mi dice: “Perché pensi che avrei abortito se tu me lo avessi chiesto? Sai che ti dico? Che hai tanto criticato quei padri che non si assumono le loro responsabilità e tu stai facendo molto peggio per una stupida presa di posizione”.
“E tu non perdi mai il vizio di decidere da sola e per entrambi. Ma stavolta io non ci sto. Per i prossimi giorni vado nell’appartamento che era il tuo, chiedo le chiavi al maresciallo”.
“Lascia stare, ci vado io. Non ti scomodare ad uscire dalla tua isola felice in cui tutto deve essere prevedibile”.
ANNA’S POV
Me ne vado sbattendo la porta dell’appartamento di Marco che è stata casa nostra finché non sono partita per la Siria e avrebbe dovuto esserlo d’ora in poi. Sono confusa, sbalordita, disorientata ma, soprattutto, sono disperata. Credo di aver appena rotto definitivamente con Marco e di aver visto un lato di lui che non conoscevo e che non immaginavo nemmeno. Marco, il mio Marco che mi amava incondizionatamente ha rifiutato me e nostro figlio solo perché non ha potuto decidere con me se tenerlo o meno. Lui che un figlio da me lo ha sempre desiderato. 
Sento le lacrime scendere prepotentemente senza possibilità di fermarle. Raggiungo il mio vecchio appartamento di cui ancora ho una copia delle chiavi e mi chiudo in casa, nella disperazione più totale. Dopo qualche ora provo a bussare a casa del maresciallo, sperando di trovarci anche mia madre e così è. In pochi minuti vuoto il sacco, sia sulla gravidanza sia su tutto il resto. Mamma e Cecchini sono esterrefatti quanto me perché mai avrebbero pensato che un uomo come Marco si sarebbe comportato così.
“Adesso gliene dico 4 a quel mascalzone” urla il maresciallo con una rabbia che difficilmente gli avevo visto in volto. La rabbia di un padre che vede la figlia soffrire perché qualcuno l’ha ferita. Perché io per lui sono come una figlia ormai. 
“Vengo con te” lo spalleggia mia madre.
 Io intervengo con le poche forze che ho perché sono stremata: “No, per favore. Vi chiedo di starne fuori stavolta. Marco ha preso la sua decisione e non posso obbligarlo a diventare padre se non vuole. Se mi volete bene davvero lasciate che sia il tempo a decidere come andranno le cose e statemi accanto perché ne avrò bisogno”.
Mamma e il maresciallo sembrano convincersi e, dopo avermi abbracciata, mi riaccompagnano al mio appartamento ed escono perché intuiscono che ho voglia di stare sola. Mi sento anche sola, svuotata, in un tunnel senza uscita. Mi siedo sul divano e mi addormento così.
MARCO’S POV
Ecco, proprio oggi che avrei bisogno di lavorare per non pensare, ho la giornata libera, ma forse è meglio così perché, con la confusione mentale che ho ora, al lavoro rischierei di fare solo danni. Decido, quindi, di uscire a farmi una passeggiata per schiarirmi le idee, per riflettere e per capire perché ho reagito così, senza aver apparentemente collegato lingua e cervello. In un secondo mi sono visto scorrere davanti le immagini di tutte le volte in cui Anna ha preso una decisione da sola, senza coinvolgermi, le immagini di quei due anni in cui stavamo insieme ma non eravamo una coppia perché i problemi lei sceglieva sempre di risolverli da sola. Mi chiedo perché l’abbia fatto ancora. Veramente non aveva altra scelta oppure non è cambiata come, invece, pensavo che fosse?
Sono arrabbiato, credo di esserlo almeno; o forse, più che rabbia è confusione e paura. C’è la paura di quello che accadrà, perché un figlio comunque ti cambia la vita e c’è la paura per quello che è già accaduto perché sono certo di aver rotto definitivamente con Anna. Ho respinto lei e nostro figlio e sono sicuro che questo non me lo perdonerà mai e non so nemmeno se mai mi permetterà di essere il papà di quel bambino. Improvvisamente mi assale una tristezza che non so descrivere, un dolore fisico al pensiero che, se solo avessi reagito in modo diverso, adesso potrei stare accanto ad Anna, a recuperare tutti quei piccoli momenti che non abbiamo vissuto in questi mesi in cui eravamo lontani.
Mentre cammino distrattamente al centro, mi accorgo di essere vicino ad un negozio per bambini. Vedo uscire una coppia con una carrozzina e vedo il loro bambino all’interno: deve essere nato da pochi giorni e quei due giovani sono il ritratto della felicità. Anche della stanchezza perché, si sa, i primi periodi da genitori possono essere molto faticosi, ma la loro gioia incontenibile è chiaramente visibile nei loro occhi.
Mi dico che sono un cretino perché, se solo fossi stato meno impulsivo, se per una volta non fossi giunto alla conclusione peggiore ed affrettata, ora questa passeggiata potrei farla con Anna, mano nella mano e, insieme, potremmo entrare in quel negozio a comprare il primo regalo per il nostro bambino che presto nascerà. 
Decido di entrare comunque e acquisto la prima tutina, colore neutro, che attira la mia attenzione e poi esco. Sono ancora distratto quando mi rendo conto di aver camminato in direzione della caserma e di stare, ore 12, sulla traiettoria di un Cecchini che mi viene incontro con aria a dir poco inferocita. È piuttosto evidente che sappia già tutto.
Si ferma volutamente a due metri da me e credo che, nonostante la differenza di corporatura, in questo momento me le darebbe di santa ragione se solo desse retta al suo istinto. Non faccio nemmeno in tempo a salutarlo quando inizia ad aggredirmi verbalmente:
“Ma cosa ti è saltato in mente mascalzone che altro non sei. Ti abbiamo accolto come un figlio e fatto sentire a tuo agio e ti abbiamo aiutato a recuperare la relazione con Anna e tu che fai? La rifiuti, incinta di vostro figlio. Lei torna dopo mesi di lontananza e tu la cacci e la lasci sola in un momento così. Ma che uomo sei? Un delinquente, traditore sei”.
Provo a difendermi: “maresciallo bisogna ascoltarle sempre entrambe le campane prima di giudicare. Invece di dirmelo subito, Anna ha aspettato che passassero 4 mesi, per poi tornare e mettermi davanti al fatto compiuto. Ha deciso ancora una volta da sola. Non sto dicendo che non volevo il bambino ma è una questione di principio”.
“Ma quale principio. Ha deciso da sola? E chi doveva decidere? Quella incinta è lei, è lei che era sola quando ha saputo la notizia e non sapeva che fare. Lei ha dovuto interrompere la sua missione e cercare di tornare prima possibile. Cosa avrebbe dovuto fare? Dirtelo per telefono o con un messaggino? Ma come fai a non capire?”
Non mi lascia il tempo di replicare e se ne va. Doveva dirmi la sua come un padre che difende la figlia, perché Anna è questo per lui e forse ha anche ragione. Anzi, sicuramente ha ragione. Tuttavia mi sento incompreso anche io. Mi chiedo perché nessuno prova a capire il mio punto di vista e nessuno si sforza di comprendere che anche io ho avuto paura. Perché in un attimo ho iniziato a viaggiare con la fantasia ed ho visto nostro figlio crescere ed Anna che decide tutto senza di me, che mi tiene fuori dalla sua vita e mi mette sempre, costantemente, davanti al fatto compiuto. La mia parte razionale sa bene che mi sto sbagliando ed anche il mio cuore lo sa, ma le paure sono irrazionali e spesso è proprio la paura di perdere chi ami che ti porta in quella direzione. Sorrido se penso che sono stato proprio io a convincere Anna ad andare in Siria dicendole che non si può vivere avendo paura.
Torno a casa, ancora ammaccato dopo le parole di Cecchini. Ho bisogno di stare solo e di pensare a cosa fare. Mentre salgo le scale del palazzo vedo la madre di Anna che sta rientrando nell’appartamento del maresciallo. Vorrei nascondermi perché, dopo il padre acquisito, non oso pensare a cosa potrebbe dirmi la madre vera, ma sono stato già abbastanza vigliacco con Anna e così decido di continuare a salire le scale. Elisa mi vede, ha un’espressione seria ed austera ma, stranamente calma, mi chiede:
“Ciao Marco, posso rubarti un istante?” 
Le dico di sì e mi fa cenno di entrare in casa. Mi fa accomodare e si siede davanti a me, occhi negli occhi ed inizia il suo discorso:
“Anna mi ha chiesto di starne fuori ma io, da madre, proprio non ce la faccio. Ti dirò poche parole però, perché nessuno ha il diritto di costringerti a fare nulla che tu non voglia, nonostante io disapprovi il tuo comportamento. Non so perché tu abbia reagito così o meglio, posso immaginarlo da quello che mi ha detto Anna. Tu sai bene quanto io e mia figlia ci siamo scontrate in passato per il suo carattere duro e spigoloso e per il suo voler fare sempre tutto da sola, tenendo gli altri fuori dalle sue decisioni. Però, forse, questa volta la verità può essere diversa. 
Quando lei ha scoperto di essere incinta ha provato ad interrompere subito la missione per tornare in Italia perché non poteva e non voleva darti questa notizia da lontano, ma non è riuscita a tornare prima. Si è trovata all’improvviso con la consapevolezza che la sua vita sarebbe cambiata da un momento all’altro ed era sola ad affrontare questa realtà, bellissima certo, ma pur sempre sconvolgente. Forse non aveva altra scelta. Del resto, come poteva dire a te che aspettate il vostro primo figlio attraverso una cornetta o uno schermo, senza poterti abbracciare, senza poter vedere da vicino la tua reazione. Tu pensi che Anna abbia voluto decidere da sola ma ricordati che è la stessa Anna che, un anno fa, avrebbe rinunciato alla Siria per non allontanarsi da te.”
“Elisa, ormai è andata e Anna questa non me la perdonerà mai” replico rassegnato. 
“Ascoltami. Tu sei diventato come un figlio per me e, anche se stai facendo soffrire Anna, ti dico che forse sei ancora in tempo per correre da lei e provare a rimediare. Ricordati però che una donna incinta, soprattutto per la prima volta, si trova forse in uno dei momenti di massima fragilità e forza allo stesso tempo e se tu la lascerai sola proprio adesso, allora si che probabilmente non te lo perdonerà mai”. 
Ho le lacrime agli occhi. Elisa mi ha parlato come ad un figlio quando io ho ferito la sua vera figlia e nemmeno poco. L’ho combinata molto più grossa di quando l’ho tradita e chissà se mi permetterà mai di rimediare. Per la mia maledetta paura le ho provocato un dolore enorme. Mia suocera, perché per me lo è anche se ancora io ed Anna non siamo sposati e chissà se mai ci sposeremo, mi porge un fazzoletto e le chiavi di casa di Anna. Io l’abbraccio e poi vado da lei per provare a chiederle perdono.
ANNA’S POV
Mi sono svegliata da poco e, quando ho aperto gli occhi, ho sperato che quello che ho appena vissuto fosse solo un incubo, salvo poi vedere le mie valige ancora da disfare a terra e realizzare che, purtroppo, è tutto vero. Mi alzo dal divano e prendo un bagaglio alla volta per andare in camera ed iniziare a sistemare il tutto. Mi fermo per un po’ in piedi davanti al letto, quel letto che ha visto il definitivo riavvicinamento tra me e Marco l’anno scorso e su cui dovrò tornare a dormire da sola. 
Sento la porta aprirsi e qualcuno entrare, probabilmente mia madre che mi riempirà il frigo di spesa. Non ho nemmeno la forza di dirle che sono in camera. Sono sovrappensiero e, senza nemmeno rendermene conto, inizio ad accarezzare la mia pancia che sta crescendo ed a sussurrare qualcosa al cucciolo dentro di me:
“Amore mio, ricordati che la tua mamma ci sarà sempre per te e che ti amerà incondizionatamente. Tu non hai nessuna colpa, anzi, sei il dono più grande che io abbia mai ricevuto e so che anche il tuo papà la pensa così, anche se ora è un po’ arrabbiato con me. Ma tu ricordati sempre che hai un papà meraviglioso e che, prima o poi, capirà che sei la cosa più bella che potesse capitarci”.
Improvvisamente sento qualcuno che mi abbraccia dolcemente alle spalle e che posa le sue mani sul mio ventre. È Marco, inconfondibile, che inizia a parlare dolcemente:  
“Piccolo mio, il tuo papà l’ha già capito che tu sei la cosa più bella che potesse capitarci. Quello che spera, però, è che la tua mamma non si renda mai conto di quanto lui possa essere imperfetto rispetto a lei. Lei che è perfetta anche quando sbaglia, lei che rende i suoi difetti, i suoi migliori pregi, lei che è perfetta per entrambi. Perché se la tua mamma capisse queste cose allora si che per lui non ci sarebbe più speranza di far parte della sua vita”.
Marco è commosso e pentito del suo comportamento e questo si evince chiaramente. Io sento le lacrime scendere senza possibilità di fermarle. Saranno gli ormoni e la voglia incontenibile di restare così tra le sue braccia per ore, quella voglia che ho dovuto reprimere quando gli ho detto di nostro figlio ed ha reagito male. Sento che dolcemente mi fa voltare verso di lui, mi posa le mani sulle guance per asciugare le lacrime e mi stringe a lui. Io non riesco a far altro che sciogliermi nel suo abbraccio, in un pianto liberatorio di dolore per quello che è appena capitato e che fa ancora male, ma anche di speranza per qualcosa che sembrava rotto e che, invece, si può aggiustare.
MARCO’S POV
Non riesco a credere che Anna si stia abbandonando così tra le mie braccia, invece di darmi un ceffone perché me lo meriterei tutto per come mi sono comportato. Invece la mia Anna mi ha spiazzato di nuovo, come solo lei sa fare e con questo lungo abbraccio mi sta dicendo che, nonostante tutto, si fida ancora di me. Quando si stacca da me, ancora con le lacrime agli occhi che sto tentando di asciugare, prova a chiedermi scusa ma la fermo subito:
“Non sei tu che devi scusarti, ma io. Mi sono comportato come un idiota ed un egoista e non ti ho lasciato spiegare le tue ragioni. Ho pensato solo a me, mentre tu non potevi agire diversamente e hai dovuto affrontare l’inizio di questa nuova avventura da sola ma, se lo vorrai, la proseguiremo insieme, per sempre”.
Anna mi bacia, mi abbraccia e la sento di nuovo piangere e questo mi provoca un dolore enorme perché piange per colpa mia.
“Non piangere amore mio, non piangere perché hai versato già troppe lacrime a causa mia e, d’ora in poi, voglio vederti solo ridere” le dico dolcemente.
Dopodiché mi piego sulle ginocchia e poggio la testa sul suo ventre che sta crescendo, lo bacio delicatamente mentre sento Anna accarezzarmi la testa. La perfezione è questa ed io, per il mio stupido orgoglio e per paura, stavo rovinando tutto. Ogni tanto sono proprio un cretino. Adesso però non si scherza più dottor Nardi perché stai per diventare padre e presto anche marito. Vedi di non fare più errori del genere, mi dico, perché lei ti ama ma non ti perdonerebbe certo infinite volte.
“Torniamo a casa nostra?” le dico senza smettere di abbracciarla. 
Lei annuisce e sta per prendere i bagagli ancora da disfare. La blocco e li afferro io al suo posto ma lei, orgogliosa e forte come sempre, mi dice:
“Guarda che ce la faccio e che non sono malata, ma solo incinta”. 
Le rispondo sorridendo: “Lo so che ce la fai, ma sollevare pesi può far male al bambino”. 
Lei mi bacia senza dire altro. Io non sono un genio con le parole e molte volte farei bene a stare zitto, se non sono in grado connettere in tempo la lingua al cervello. Ma con questi gesti e con le mie poche parole spero di averle fatto capire che ora si, sono veramente pronto ad assumermi tutte le mie responsabilità e che lei su di me potrà contare sempre.
Usciamo di casa per andare di sopra, nel nostro appartamento che è più grande e, a questo punto, necessario per accogliere il nostro bambino. Io porto le valige di Anna che non si stacca da me e continua a guardarmi sorridendo. Il suo cuore è grande almeno quanto la sua forza di perdonare gli altri, anche quando non se lo meriterebbero. Sul pianerottolo incontriamo Cecchini ed Elisa che ci vedono e credo capiscano da soli. Cecchini ha ancora lo sguardo inquieto ma, sotto sotto, sorride. Per parole, spiegazioni e chiarimenti ci sarà tempo. 
Adesso, il tempo lo dobbiamo dedicare a noi due, a recuperare i momenti perduti, a parlare e coccolarci, a preparare la nostra casa per accogliere il piccolino che sta per venire al mondo, ad essere una famiglia. Mancano pochi giorni a Natale ma qui ho già i miei regali preziosissimi: la mia Anna di nuovo con me ed il nostro bambino che sta crescendo dentro di lei.
“Grazie” le dico semplicemente.
“Per cosa?” mi chiede lei un po’ incredula.
“Per i migliori regali di Natale che potessi farmi: il tuo perdono per un errore veramente grave ed il nostro bambino”.
Anna mi bacia di slancio e poi mi dice:
“Guarda che c’è anche un altro regalo materiale da scartare eh. Pensavi fossi così tirchia da non comprarti nulla solo perché sono incinta? Ti ho detto che doveva arrivarti per depistarti sul mio ritorno, ma sta in valigia”.
Anna la apre e tira fuori un regalo meraviglioso per me. Non riesco ad aspettare la mattina di Natale per scartarlo. È un album di foto in cui ha messo i nostri scatti più belli e, a metà, ha lasciato una pagina vuota con scritto “La storia continua” e, successivamente, ci sono pagine e pagine da riempire con le foto della nostra famiglia e della nostra vita insieme. Una vita che sarà perfetta come è perfetta lei.


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Capitolo 3
*** Giocare in due è difficile ma è bello ***


GIOCARE IN DUE È DIFFICILE MA È BELLO
MARCO’S POV
Sono trascorsi ormai diversi mesi da quando Anna è tornata dalla Siria incinta e ormai ci siamo quasi: tra un paio di settimane finirà il tempo ed il nostro bambino verrà al mondo.
Mentre mi dirigo verso la caserma dopo aver salutato Anna, ripenso a questi mesi meravigliosi ed emozionanti. All’inizio lei, a differenza mia, non voleva sapere il sesso. “Tanto che ti cambia, maschio o femmina che sia, so già che il primo regalo che gli farai sanno degli scarpini da calcio in miniatura; io preferisco la sorpresa”: così mi aveva detto la sera prima dell’ecografia che fece pochi giorni dopo essere tornata dalla Siria e quando si sarebbe visto chiaramente il sesso del bambino.
“Ok dai, rispetto la tua decisione, del resto la mamma è sempre la mamma” avevo risposto un po’ rassegnato e un po’ in pace perché, è vero, non mi cambiava poi tanto saperlo o meno. L’importante era che stesse bene e che anche io e Anna stessimo bene e fossimo finalmente felici insieme e più innamorati che mai.
Alla fine, qualche giorno fa, mentre attendevamo in sala d’attesa per entrare ad uno degli ultimi controlli Anna mi ha chiesto:
“In questi mesi abbiamo parlato del fatto che io non volessi sapere il sesso del bambino e tu sì, ma non mi hai mai detto se preferiresti un maschio o una femmina”.
L’avevo guardata dolcemente e, accarezzandole la testa, le avevo risposto: “preferisco che stia bene in salute”.
Anna si era commossa come le succede spesso da quando è incinta e mi aveva baciato dolcemente. Poi, una volta entrati e con mia grande sorpresa, aveva chiesto alla ginecologa di dirle il sesso e così abbiamo scoperto che sarà un maschietto. Mentirei se dicessi di non essere al settimo cielo e non vedo l’ora di tenere tra le braccia il nostro piccolo Nardi, ma devo dire che un po’ mi ero affezionato all’idea di avere una figlia femmina. Con Ines avevo iniziato a fare pratica e ho immaginato varie volte di essere il papà di una bimba; o forse farei meglio a dire che mi ero abituato all’idea di diventare un giorno il padre di Ines.
Quando Sergio è tornato, infatti, ormai non pensavo più che lo avrebbe fatto ed invece si è ripresentato proprio sul più bello, proprio quando io, Anna e Ines stavamo lentamente per diventare una famiglia, proprio quando mi stavo rendendo conto che io e Anna ci eravamo veramente riavvicinati e lei stava per decidere di prendere in affido Ines, dopo che io le avevo detto che le sarei stato accanto in questo. So di aver ragionato egoisticamente ma ho desiderato che Sergio non tornasse mai e, in cuor mio, forse desidero ancora che se ne vada, ma so che Ines ne soffrirebbe e allora cerco di convincermi ogni giorno che stare con lui sia la cosa migliore per lei.
Purtroppo, però, questi pensieri non vengono solo dal rimpianto di non essere potuto diventare suo padre ed avere quella piccola peste in giro per casa. Mentirei se dicessi di non aver mai immaginato di cucinare insieme a lei, aspettando a casa Anna che avrebbe inevitabilmente rimproverato entrambi per il disordine lasciato in cucina; se dicessi di non aver mai voluto essere io la personificazione di quel principe azzurro che legge nelle fiabe; se dicessi di non aver mai immaginato di essere io quello che si alza nel cuore della notte e la va a consolare per aver avuto un incubo, nel tentativo di farla riaddormentare, o di essere quello che la aspetta fuori dalla discoteca assonnato ma attento le prime volte che inizia ad uscire con gli amici, o che è geloso del suo primo fidanzatino e vorrebbe proteggerla per sempre. Quando Anna mi aveva detto che Don Massimo le aveva chiesto di prenderla in affido avevo cominciato seriamente a vedermi in una famiglia con loro due e, invece, il ritorno di Sergio ha rovinato tutto.
Per quanto riguarda Anna, Sergio con me non ha partita, ma con Ines sono io quello che sta inevitabilmente al secondo posto. Adora suo padre, nonostante tutto.
Dico così perché, da quando Sergio ha ottenuto una prova di un anno, da parte dei servizi sociali ed Ines è andata a vivere con lui, sembra che non ne combini una giusta e che Ines inizi a non essere più così felice di stare con suo padre. Tra il primo riavvicinamento, la trafila burocratica e l’inizio formale e sostanziale della prova di convivenza, l’anno è ormai al termine ed è quasi ora di somme. Non che non si vogliano bene, intendiamoci, come potrebbe non essere così; ma per essere un buon padre questo non basta e la bambina è troppo intelligente per non accorgersene, mentre lui sembra non si renda conto che questa è la sua ultima chance di dimostrare di potersi prendere veramente cura di lei, altrimenti stavolta gliela toglieranno in modo definitivo.
All’inizio voleva andar via da Spoleto, solo per egoismo perché voleva allontanarsi da Anna dopo che lei lo aveva rifiutato, ma sia noi sia i servizi sociali gli abbiamo fatto capire che doveva pensare prima ad Ines e che per la bambina sarebbe stato meglio non perdere il contatto con gli affetti e le figure di riferimento che aveva trovato qui. Così alla fine ha deciso di fermarsi, è stato aiutato a trovare un lavoro decente ed una casa qui, sempre la pappa pronta lui, però almeno Ines non ha dovuto subire un altro, radicale e probabilmente traumatico cambiamento.
Quando Anna è partita per la Siria lui non voleva nemmeno accompagnare Ines a salutarla. Non gli piacciono i saluti, poverino e, ancora una volta, ho dovuto convincerlo io a venire a cena da noi, insieme alla bambina, la sera prima che Anna partisse, perché era questo che lei voleva e lui doveva sforzarsi per il suo bene.
Nei mesi in cui Anna è stata via, poi, ogni volta che mi vedeva non perdeva occasione per mostrarsi scostante e, quando era con Ines, non si esimeva certo dal farmi vedere quanto fossero legati e che lui, nonostante tutto, aveva l’amore incondizionato di sua figlia mentre io mi trovavo da solo, ad aspettare il ritorno della mia fidanzata. È proprio un immaturo: sembra che viva per far ingelosire me del suo rapporto con Ines, invece di concentrarsi per essere davvero un buon padre.
Non si rende conto, però, che la bambina ha tante esigenze a cui lui pare non voglia dare ascolto. La mattina è quasi sempre Natalina ad accompagnare Ines a scuola perché lui va direttamente al lavoro, altrimenti dovrebbe svegliarsi un quarto d’ora prima e non ce la fa, poverino. A riprendere Ines da scuola è, di nuovo, sempre Natalina, perché altrimenti lui non avrebbe nemmeno 10 minuti per riposarsi durante la sua pausa pranzo. Per non parlare di quando torna a casa: non sia mai che aiuti Ines con i compiti. Deve fare da sola e Natalina mi ha detto che, spesso, chiede aiuto a lei e don Massimo. Non che non debba far da sola, si intende, ma lui è suo padre e dovrebbe almeno preoccuparsi del suo andamento scolastico. Al contrario, sono già diversi mesi che, a cadenze regolari, la scuola chiama me o Anna che siamo ancora i suoi tutori per dirci che Ines non studia, non fa i compiti, che risponde male e non è più la bimba educata e solare che conoscevano e che il padre è sempre impegnato o irreperibile per rispondere alle loro chiamate e per andare ai colloqui con gli insegnanti.
Il pomeriggio non ha mai tempo, o voglia, di seguire Ines nelle attività e devono sempre occuparsene Natalina e don Massimo e, nei fine settimana, passa le sue giornate davanti alla televisione, senza dedicare tempo e attenzioni a sua figlia.
Quel che è peggio è che fa di tutto per “farsi aiutare” solo da Natalina e dal prete, pur di tenere me e Anna lontani da lei, ma soprattutto me. Ines mi cerca, ci cerca e lui è troppo impegnato a fare la vittima gelosa del nostro rapporto piuttosto che a sforzarsi lui per essere un buon padre.
Domenica scorsa, Ines era al parco con Natalina e stava giocando con i suoi amichetti. Io e Anna stavamo passeggiando e ci siamo seduti poi su una panchina perché lei inizia ad affaticarsi veramente tanto con il pancione. Eravamo abbracciati e intenti a sentire i movimenti del nostro piccolino quando, ad un tratto, Ines ha lasciato tutti i suoi amichetti ed è corsa verso di noi. Con dolcezza ha appoggiato la sua testolina sulla pancia di Anna e poi si è fatta spazio per sedersi in mezzo a noi. Dopodiché ha sussurrato al bambino: “Ehi piccoletto ma quanto tempo ci metti a nascere; non sai che qui hai la mamma e il papà migliori del mondo che ti aspettano?”. Quella frase mi aveva intenerito ed amareggiato allo stesso tempo. Io ed Anna ci eravamo guardati e capiti con uno sguardo: stavamo pensando la stessa cosa e cioè che Sergio aveva voluto a tutti i costi riprendersi Ines e tutto stava dimostrando tranne che di voler essere un buon padre. Aveva la più grande opportunità della sua vita e la stava sprecando, facendo soffrire quella bambina così dolce che tutti avrebbero voluto come figlia.
L’abbraccio che ha dato a me e ad Anna valeva più di mille parole ed in quel momento abbiamo capito che dovevamo provare a fare qualcosa. Ines ama suo padre ma lui non fa il suo bene e noi che siamo i suoi tutori dobbiamo correre ai ripari subito, è nostro dovere e soprattutto vogliamo che Ines torni a sorridere come faceva un po’ di tempo fa.
Anna è preoccupata ma non può stressarsi in questo momento; deve stare più tranquilla possibile per portare a termine la gravidanza nel migliore dei modi.
ANNA’S POV
Sono a casa a sistemare un po’ per quanto possibile. Ormai sono agli sgoccioli della gravidanza e devo dire che questo periodo è decisamente faticoso anche se non vedo l’ora che nasca il nostro bambino. Qualche giorno fa io e Marco abbiamo scoperto che sarà un maschietto, anzi io l’ho chiesto alla ginecologa per fare una sorpresa a Marco che voleva saperlo, anche se alla fine aveva scelto di rispettare la mia decisione di non saperlo in anticipo.
È stato felicissimo di sapere che sarà un maschio anche se nei suoi occhi ho letto un po’ di preferenza per una bimba. Figuriamoci, dolce e romanticone com’è Marco, già immaginava di viziare a più non posso la sua piccola donna, di difenderla dai primi corteggiatori, di essere geloso di lei e di fare anche l’impossibile pur di vedersi guardare da lei con gli occhi sognanti di chi ha visto il principe azzurro.
Con Ines si stava abituando all’idea di avere una figlia femmina, o forse a quella di avere Ines come figlia. Marco adora quella bambina; anche io sia chiaro, ma lui è entrato da subito in perfetta simbiosi con lei. Il fatto che lei lo abbia scelto come suo tutore e gli abbia dato fiducia e affetto in un momento in cui viveva nel buio più profondo per la fine della nostra storia, lo ha portato a gettarsi anima e corpo in quel ruolo di papà improvvisato e devo dire che sa essere un padre davvero perfetto, come ho ammesso io stessa una delle prime volte in cui li ho visti interagire, nonostante fossi furiosa con lui. Marco ha salvato Ines perché non è dovuta andare in una casa famiglia e ha instaurato dei legami importanti qui a Spoleto, ma è stata anche lei a salvare Marco dandogli affetto quando lui più ne aveva bisogno.
Marco è stato quello che ha sofferto di più quando Ines è andata a stare con Sergio e sono certa che egoisticamente avrebbe voluto che non fosse mai tornato per diventare lui il padre di quel dolce angioletto. Tuttavia, nel vedere Ines letteralmente innamorata del padre nonostante lui l’avesse abbandonata, non ha messo i bastoni tra le ruote a Sergio quando ha deciso finalmente di provare a prendersi cura di lei.
Con i dovuti passaggi, ha accettato di restare il tutore di Ines permettendo a padre e figlia di riavvicinarsi e, nonostante sapesse che il buon esito della prova avrebbe comportato la fine della tutela e l’acquisto della responsabilità genitoriale da parte di Sergio, Marco ha fatto tutto il possibile per far sì che questo accadesse, solo per vedere felice Ines. Sarebbe tutto perfetto, se non fosse che ad oggi, agli sgoccioli della prova, si sta ancora comportando molto più da padre Marco con lei che non Sergio. Non le dedica tempo, attenzioni, non si occupa di lei e non assolve alle sue esigenze. Io e Marco ce ne siamo accorti già da un po’, nonostante Sergio, geloso del rapporto che la bimba ha con noi e soprattutto con Marco, faccia di tutto per farsi aiutare dagli altri ma non da noi. Sembra quasi che voglia tenercela lontana, nonostante Ines continui ad avvicinarsi a noi.
Sono preoccupata ed inizio seriamente a pensare che, anche se all’inizio soffrirebbe, sarebbe quasi meglio che gli assistenti sociali la togliessero a Sergio che si sta rivelando assolutamente incapace di fare il padre. Non vuole farlo, perché costa fatica e perché un figlio dovrebbe diventare assolutamente la tua priorità, mentre Sergio continua a mettere al primo posto sé stesso, le sue esigenze, fregandosene di sua figlia. La mantiene economicamente, questo sì, ma fare il padre è un’altra cosa, è quello che sarebbe e sarà capace di fare Marco e che vorrebbe fare con Ines, solo per renderla felice, solo per il suo bene.
Alla fine di questo anno di prova, anche noi, in quanto tutori di Ines, dovremo dare il nostro parere che inciderà molto sulla scelta finale, visto che noi vediamo Ines quotidianamente, o comunque sappiamo tutto di lei tramite don Massimo e Natalina. La scelta è dura. Dare un parere positivo significherebbe spianare la strada a Sergio, lasciando la bimba con lui che si sta dimostrando un cattivo padre. Al contrario, un nostro parere negativo farebbe soffrire Ines, almeno all’inizio, perché probabilmente verrebbe tolta al padre biologico, ma con la possibilità di entrare a far parte di una famiglia che la ami veramente e che le dia tutto ciò di cui ha bisogno. Significherebbe fare il suo bene, anche se ciò comporterebbe la sua sofferenza e forse anche il suo iniziale odio verso di noi. Molto probabilmente, entrerebbe nella nostra di famiglia, mia e di Marco che saremmo i candidati principali per prenderla in affido e poi adottarla, la famiglia che le ha dato tutto l’affetto possibile fin dal primo istante, quando non eravamo nemmeno più una coppia, figuriamoci una famiglia.
I pensieri e la preoccupazione di Ines mi attanagliano ormai, così come tormentano Marco. Lui dice ed ha ragione, che dovrei stare tranquilla e, al momento, pensare solo alla gravidanza. Ma Ines è davvero come una figlia per noi e quando un figlio ha bisogno non riesci a pensare a te stesso, nemmeno se ne hai un altro in arrivo. La gravidanza è andata alla grande per fortuna, io sto ancora benissimo ed ora è Ines che ha bisogno di noi.
Come se non bastasse, Sergio non perde occasione per continuare, a fasi alterne, a tentare di far ingelosire Marco. Quando ci incontriamo, per fortuna di rado, continua a provarci con me più o meno velatamente, tenta di screditare Marco quando parla con me, tenta di screditarlo agli occhi di Ines. Si sta comportando sempre più in modo subdolo nonostante sappia bene che, se non fosse per me e Marco, molto difficilmente avrebbe avuto la possibilità di provare a riavere Ines. Dovrebbe pensare a fare il padre invece che il galletto con me, ben sapendo che non ha alcuna speranza. Spesso mi chiedo come ho fatto a stare con lui, a pensarci un futuro insieme, a dargli una serie di seconde possibilità che puntualmente ha sprecato mentre per darne una a Marco ci ho messo una vita e lui, invece, l’ha colta al volo.
Gli errori si fanno e questo penso sia tutto, l’importante è accorgersene.
CECCHINI’S POV
Sono in piazza sotto alla caserma, sto al bar a bere un caffe quando vedo arrivare il P.M. C’è anche Sergio al bar e ha l’aria strana. A me quel ragazzo continua a non piacere. Sto per entrare in caserma quando noto Sergio che si alza di scatto e si avvicina rapidamente a Marco.  
“Ecco il cavaliere senza macchia e senza paura” gli dice.
“Cos’è, ti sei svegliato male stamattina? Vedo che stai in pausa” gli risponde Marco.
Ad un tratto l’espressione di Sergio si fa aggressiva e gli dice “Ti stavo aspettando per darti una cosa e togliermi una soddisfazione finalmente”, dopodiché lo colpisce con un violento pugno al labro che nessuno si aspettava e che fa cadere a terra il P.M.
Marco, furioso, si rialza e reagisce afferrandolo per la maglia e sbattendolo al muro, intimandogli di non permettersi più altrimenti lo denuncia, dopodiché fa per entrare in caserma, cercando di calmarsi, ma Sergio gli si avventa di nuovo contro ma stavolta, pronto, schiva i suoi colpi. Lui non demorde e continua ad aggredire Marco, iniziando anche a pronunciare parole offensive su Anna, dandole della poco di buono e dando a Marco dell’inetto e dicendogli che la sua fidanzata sta con lui solo per pietà e senso di riconoscenza per ciò che ha fatto per lei.
Sembra quasi un’altra persona. Tutti lo avevamo sempre visto come un vigliacco apatico ed immaturo e non avremmo mai pensato che potesse aggredire così all’improvviso e senza motivo apparente e davanti alla caserma per di più.
Non ci vuole molto perché si scateni una rissa, soprattutto dopo che Sergio continua ad offendere Anna e dicendo anche che, in una delle sue licenze dalla missione in Siria, sono stati insieme e Marco dovrebbe avere dei dubbi sul fatto che il bambino che aspetta sia suo. Il P.M. non riesce a ragionare lucidamente, è furioso e gliele sta dando di santa ragione. È molto più forte di lui e, se prima cercava di non rispondere ai suoi colpi, adesso sta picchiando forte, sia per difendersi ma anche per attaccare.
Alle ultime parole di Sergio, Marco è sembrato trasformato, quasi non riuscisse a capire che il galeotto lo sta solo facendo innervosire e che il bambino che Anna aspetta è stato concepito a fine estate, quando lui è andato da lei in Siria e che Anna non tornava in Italia da un po’.
Sono paralizzato dalla scena ma, dopo pochi istanti, salgo in caserma a chiamare i ragazzi per farmi dare una mano a separare quei due prima che si facciano male sul serio. Se continuano così, Marco rischia di far fuori quel farabutto. Torno giù subito insieme ai ragazzi che tentano di farli calmare ed io, nel frattempo, mi allontano per andare a chiamare Anna. Magari lei riesce a mediare. Dopo qualche minuto arrivo trafelato davanti alla porta di casa di Anna e Marco ed inizio a suonare e bussare insistentemente.
ANNA’S POV
Mi sono seduta un attimo sul divano in relax e ho acceso la tv per combattere la noia di non poter fare quasi nulla in questi ultimi giorni di gravidanza. Ad un tratto sento il campanello che inizia a suonare freneticamente e corro ad aprire. Un Cecchini agitatissimo cerca di mettere in ordine i pensieri.
“Venga signor capitano, Marco… no Sergio. Si stanno picchiando”.
Sono spaventata e al tempo stesso non capisco cosa stia succedendo quindi gli chiedo di calmarsi e di essere più chiaro.
“Marco e Sergio si stanno picchiando per lei, sotto la caserma. Venga con me”.
Sono un po’ spiazzata. Marco e Sergio hanno praticamente avuto una colluttazione per me? Marco non può aver aggredito Sergio. Non lo sopporta, è vero, ma non si andrebbe mai a compromettere così, solo per gelosia.
“Deve venire con me capitano, solo lei può farli ragionare e deve stare attenta, sembrano due lottatori”.
Cecchini enfatizza sempre ma, dalla sua espressione credo abbia ragione.
Arriviamo in piazza e mi rendo conto che non aveva per nulla esagerato. Marco e Sergio sono seduti lontani a due sedie del bar, con i ragazzi della caserma che cercano di trattenerli, mentre continuano ad insultarsi. Sergio è ridotto maluccio, mentre Marco sembra stia meglio, anche se non così tanto. Nonostante questo, Sergio continua a provocare Marco.
Quando arrivo mi avvicino prima a Marco e Sergio non perde occasione per dire:
“Eccola qua, ti è arrivata la crocerossina, la principessina da salvare è arrivata invece a salvare te”.
Marco si alza di colpo per avventarsi nuovamente su di lui ma io, a fatica, tento di trattenerlo.
“Oh basta, ma si può sapere cosa vi prende?” Dico decisa.
“Mi ha provocato e ha aggredito per primo lui” Mi risponde Marco dolorante ma inferocito e fa di nuovo per andargli addosso.
“Ehi no” gli dico un po’ più dolcemente “Non ne vale la pena, andiamo a casa”.
Anche se sono in maternità e non dovrei dare ordini, chiedo gentilmente ai ragazzi di portare Sergio in infermeria e se serve al pronto soccorso, per poi trattenerlo in caserma per chiarire la dinamica.
“Con te faccio i conti dopo” Gli dico dopo aver intuito all’istante che deve aver fatto qualcosa di grave per aver scatenato in Marco quella reazione così violenta.
Torniamo a casa insieme. Marco ha bisogno di calmarsi e di essere medicato, anche se fortunatamente non sembra nulla di grave. Per tutto il tragitto Marco non fiata, ha lo sguardo ancora rabbioso e sembra rimuginare su quello che è successo. Lo abbraccio, quasi come per farlo appoggiare a me, anche se in realtà ora dovrei essere io ad appoggiarmi a lui. Ha l’aria stravolta; chissà cosa deve avergli detto quell’incosciente per farlo arrabbiare così. Me lo farò dire a casa.
Quando arriviamo dico a Marco:
“Ora mi spieghi cos’è successo?”
“Niente, una divergenza di vedute” risponde lui schivo, portandosi una mano sul fianco dove deve aver ricevuto qualche colpo.
“Una divergenza di vedute da ring direi, visto come sei conciato. Dai, siediti che vado a prendere il necessario per medicarti.” Gli rispondo prima di andare in bagno a prendere il kit di primo soccorso che teniamo sempre pronto. Quando torno in cucina, Marco è seduto su una sedia e io sono di spalle mentre prendo dal kit quello che mi serve.
“Il maresciallo è venuto qui in preda al panico dicendo che vi stavate picchiando per me. Mi spieghi che vuol dire?” Gli chiedo.
“Vuol dire che quello mi ha aggredito e poi ha iniziato a mancarti di rispetto; io mi sono solo difeso e ho difeso anche te. Poi ha continuato a venirmi addosso ed io non sono certo rimasto fermo a prendere caci e pugni”. Risponde lui secco.
“Ah, solo questo?” Domando, sapendo già che deve esserci dell’altro.
“Solo? Ti pare poco? Ti ho appena detto che ti ha insultato, ti ha mancato di rispetto e tu mi chiedi “solo questo”?” Marco sembra irritarsi di nuovo ma io replico calmissima e comprensiva.
“Marco, ti chiedo se è solo questo perché so bene che non è così. Ti conosco e non sei il tipo di uomo che va a fare a botte per strada solo perché gli hanno insultato la donna e non perché tu non sia abbastanza uomo o non ti importi di me, ma perché hai un cervello che funziona e non vai a scatenare risse”.
“Infatti la rissa l’ha scatenata lui” mi dice, ma sento che sta per dirmi la verità.
“Si, ho capito. Ora mi dici che altro ti ha detto Sergio per farti inferocire così? Ti dovresti vedere, hai ancora l’espressione rabbiosa.
“Ma perché pensi che non ti stia dicendo tutto?” Mi chiede come se fosse un bambino che spera di non essere scoperto.
“Marco perché vedo come sei ridotto tu, ma soprattutto ho visto come è ridotto lui. Allora?”
“Ad un certo punto mi ha detto che in una delle tue licenze sete stati insieme e che il bambino che aspetti potrebbe non essere mio” Vuota il sacco come se stesse confessando un crimine imperdonabile.
Mi blocco per un istante. Come può Sergio avergli detto queste cose dopo quello che sia io sia Marco abbiamo fatto per lui? È incredibile come non perda mai occasione per fare sempre la cosa sbagliata.
Mi volto verso Marco e mi avvicino a lui per iniziare a medicargli il labbro ed i lividi che ha sul volto. Lo guardo dritto negli occhi e gli chiedo:
“E tu? Gli hai creduto?”
“No ma, mi sono sentito salire una rabbia che non hai idea. Non riuscivo più a controllarmi. Quello è ancora geloso marcio di te e non sa che pesci prendere” dice facendo una smorfia di dolore quando gli tocco il labbro col disinfettante.
“Ah lui è geloso marcio eh. Tu invece no” Sorrido e abbozza un sorriso anche lui. Continuo: “tu lo sai che ti ha detto una stupidaggine grossa come una casa vero? Del resto non dovrebbe esserti difficile fare due conti. Sono tornata incinta di 4 mesi dopo che tu eri stato da me in Siria e, quando sono rientrata definitivamente, sono rientrata in Italia per la prima volta dopo almeno 7 mesi ed in quei giorni di licenza io e te eravamo sempre insieme e, se non stavo con te, stavo con Ines.”
“Anna lo so, non c’è bisogno che tu mi dia spiegazioni. Sono andato fuori di me quando mi ha detto così. Invece di pensare a fare il padre pensa a cercare di rovinare la felicità altrui.”
Marco sembra lentamente calmarsi, parlare gli fa bene. Quando finisco di medicarlo gli poso un delicato bacio sulle labbra e gli dico:
“È dalle elementari che un ragazzo non faceva più a botte per me. Grazie, in qualche modo mi sono sentita difesa come mi sento sempre da quando tu sei entrato a far parte della mia vita. Preferisco però averti tutto intero eh, quindi basta colpi di testa”.
Mi siedo sulle sue gambe per coccolarlo un po’ ma anche per lasciarmi coccolare. Amo questi momenti tra di noi.
“Dai, togliti la camicia che è tutta insanguinata, così la metto a lavare Rocky” gli dico scherzosamente prima di baciarlo di nuovo.
MARCO’S POV
Anna è riuscita a farmi calmare come al solito. Sono stato un cretino a perdere così la calma quando ho sentito le parole di Sergio, sapendo bene che tipo è. Dopo essermi goduto un po’ le coccole di Anna, le propongo di andare a fare due passi insieme visto che camminare un po’ non può farle che bene. Ogni tanto mi dimentico che non dovrei darle preoccupazioni in questo periodo visto che c’è già la questione di Ines, oltre che la gravidanza ormai al termine, a preoccuparla non poco.
Purtroppo l’intento di farci una passeggiata tranquilla viene interrotto da una chiamata di Cecchini che ci chiede di andare in caserma. Quanto arriviamo là, entriamo nell’ufficio di Anna, dove c’è anche Don Massimo e Sergio che, nel frattempo, è stato medicato dai ragazzi della caserma ed il capitano che sostituisce Anna in questo periodo, il quale mi chiede se voglio sporgere denuncia per l’aggressione subita. A quanto pare Sergio ha compiuto un gesto responsabile e ha ammesso di essere stato lui ad aggredirmi ed a provocarmi ripetutamente.
Ad un tratto fa una cosa che sorprende sia me sia Anna: chiede di parlare da solo con noi e Don Massimo. Accettiamo scettici per sentire che avrà mai da dirci. Probabilmente vorrà di nuovo fare la vittima.
“Ti chiedo scusa Marco, non so cosa mi sia preso prima, ma tutto quello che ti ho detto non è assolutamente vero. Devo confessarvi che nel vedervi insieme in questi mesi, felici, poi con il vostro bambino in arrivo, mi ha di nuovo messo davanti ai miei fallimenti, a quello che avrei potuto essere ed avere anche io e che invece ho buttato alle ortiche. Prima davanti al bar è come se la frustrazione fosse venuta tutta fuori ed è come se avessi voglia di farla pagare a te, anche se in fondo non c’entravi nulla; ma è stato più forte di me, perché tu sei un esempio di uomo, di compagno e di padre. Sei ciò che avrei voluto essere io e che invece non sono. Avrei voluto essere come te. Ti prego però di non denunciarmi perché stavolta, se torno in carcere, per me sarebbe veramente difficile provare a ricominciare”.
È incredibile: Sergio ha appena ammesso di sentirsi un fallito per non saper essere come me, ma non ha ancora capito che nessuno è perfetto e che basterebbe solo assumersi le proprie responsabilità una volta tanto. Mi ha chiesto di non denunciarlo ed io non voglio approfittare della mia posizione o meglio, non voglio che sia Ines a farne le spese. Se lo denunciassi, la bimba finirebbe dritta in una casa-famiglia o in una famiglia affidataria perché, sicuramente, il fatto di aver compiuto questo colpo di testa nel periodo in cui avrebbe dovuto rigare dritto perché sapeva di essere in prova con gli assistenti sociali per l’affido di Ines, non giocherebbe certo a suo favore. Probabilmente la perderebbe, almeno per anni ed io non voglio che la bambina soffra, anche se penso ormai fermamente che starebbe meglio in un’altra famiglia, con qualcuno che si occupi veramente di lei.
“C’è un’altra cosa” riprende Sergio “Ines, ecco io credo sia meglio che resti con voi.  Io non sono capace di fare il padre e non lo sarò mai. Non sono in grado di assumermi le mie responsabilità, di occuparmi di lei come si deve. Lei ha bisogno di una vera famiglia che la ami ed io le voglio bene ma questo non basta. Io non so fare il padre e soprattutto ho intenzione di andarmene da qui per ricominciare da zero. Ines starà molto meglio qui con voi”.
Mi sembra incredibile e assurdo. Mi chiedo quanto voglia ancora far star male quella bambina. È tornato ed ha fatto in modo di riprenderla con sé ed ora che ci stava quasi riuscendo la abbandona di nuovo e stavolta, pare, per sempre. Non che mi dispiaccia l’idea di prendere finalmente Ines in affido per poi adottarla e mentirei se dicessi di non desiderare che quello scricciolo diventi mia figlia anche per la legge. Ma posso solo immaginare quanto potrebbe starci male per l’ennesima fuga di Sergio ed il solo pensiero delle sue lacrime mi distrugge.
Guardo Anna che è incredula quanto me e so che sta pensando le stesse cose che penso io, ma non posso accettare di vedere Ines stare ancora male senza nemmeno provare a cambiare le cose.
“Si può sapere che hai in quella testa? Hai fatto un macello con questa bambina, te ne sei fregato per anni, poi hai voluto conoscerla, poi te ne sei fregato di nuovo, finendo in carcere e lei ha passato due anni ad aspettarti. L’hai abbandonata e, nonostante questo, lei ti ha aspettato ancora ed accolto a braccia aperte quando sei tornato. Ti ha dato fiducia e noi, pur di vederla felice, ti abbiamo aiutato ad ottenerne l’affidamento ed ora che fai? Ora che potresti quasi essere arrivato al punto da ottenerne la responsabilità esclusiva, senza più bisogno di tutori legali o assistenti sociali, la vuoi abbandonare di nuovo? Ma possibile che tu a lei non pensi mai?”
Sergio ascolta il mio sfogo con espressione apatica, Anna mi guarda comprensiva e sconvolta anche lei ed aggiunge:
“Sergio, Marco ha ragione. Vuoi forse dirmi che hai di nuovo giocato con la vita di tua figlia in tutto questo periodo? Mi dici come fai ad essere così? A non prenderti mai le tue responsabilità?”
Sergio dopo essere rimasto in silenzio dice con totale semplicità:
“Non sono in grado di fare il padre, forse non ho mai voluto esserlo davvero. Voglio bene ad Ines ma questo non basta. I figli sono di chi li cresce e voi l’avete cresciuta molto meglio di quanto non potrei mai fare io e lo avete fatto quando non stavate nemmeno più insieme. Per una volta, forse per l’unica volta, sento di stare facendo veramente il bene di Ines perché voi siete i suoi genitori, anche se non lo siete biologicamente”.
Don Massimo fino ad ora non ha detto una parola, quasi come se si aspettasse già questo epilogo. In questo sembra veramente Don Matteo. Tuttavia si sete finalmente di dire qualcosa:
“Sergio, ma sei proprio sicuro? Così la perderai definitivamente. Ci hai pensato bene?”
“Si, è un po’ che ci penso, io non sono tagliato per fare il padre”. Risponde lui.
“Sul fatto che tu non sappia essere padre non ho dubbi purtroppo, altrimenti non ti comporteresti così. Sai che vuol dire vedere le lacrime di una bambina così piccola e doverle asciugare quando vorresti solo piangere perché vederla soffrire è peggio di una coltellata?” Dico io arrabbiato e quasi paralizzato dall’idea di un nuovo dolore per Ines.
Sergio aggiunge:
“Soffrirà ma poi sarà felice e vivrà in una famiglia che non le farà mai mancare l’amore. Salutatemela voi, voglio risparmiarle l’addio perché non mi vedrete più”.
Fa per alzarsi e andarsene ma io ho deciso che non è ancora il momento:
“Voi risparmiarlo a lei o a te?”
“A tutti e due” dice amaramente per poi sparire.
ANNA’S POV
Sono scioccata. Sergio è sparito dopo aver chiesto scusa a Marco per l’aggressione ed aver deciso di rinunciare definitivamente a sua figlia. Don Massimo è uscito fuori dal mio ufficio e ci ha lasciati soli un attimo.
Il comportamento di Sergio mi sconvolge ma ancora di più quello di Marco. Vorrebbe con tutto il cuore essere il padre di Ines, ma la ama a tal punto che preferirebbe che Sergio restasse e si prendesse veramente cura di lei pur di non vederla più soffrire a causa sua. È così il mio Marco: ama con tutto sé stesso, ama incondizionatamente, ama davvero e quando ami così sei disposto a soffrire tu pur di veder felice le persone a cui tieni.
Lo abbraccio forte, fortissimo. Anche io sto soffrendo al pensiero del dolore che dovrà provare Ines e di quanto saranno difficili i mesi che verranno; Marco però sta soffrendo più di me. Si è legato a quella bambina all’istante e le ha donato sempre tutto il suo amore, come poteva, senza mai essere invadente o voler prendere il posto di Sergio. Ha sempre rispettato il suo ruolo, pur a costo di starci male. Ha subito il fatto di vedere me, Ines e Sergio come una famiglia nel periodo in cui stavo con lui e ancora non so proprio come ho fatto, non solo a stare con un superficiale come Sergio ma, soprattutto, a far soffrire così l’uomo che per me darebbe la sua vita. Marco si è fatto da parte e nessuno si è mai curato veramente di quanto stesse male lui, nemmeno io che avrei dovuto avere un occhio di riguardo in più per lui, nonostante gli errori.
Adesso, però, il passato è passato ed io non voglio perdere tempo a rivangare gli errori. Dobbiamo concentrarci sul presente e sul futuro. Gli accarezzo il viso, sta piangendo e allora stavolta sono io ad asciugare le sue lacrime.
“Forza amore mio, adesso dobbiamo tenere duro e pensare ad Ines ed alla nostra famiglia. Dobbiamo ottenere il suo affidamento per poi adottarla e soprattutto le dovremo stare molto vicini.” Gli dico amorevolmente. Poi sento il bisogno di sdrammatizzare. “Certo non mi aspettavo di avere due figli in così breve tempo, ma almeno tu avrai la tua femminuccia perché tanto lo so che la figlia femmina era il tuo desiderio più grande” Sorrido, ma lui no e mi dice:
“Si è vero, ma non così. Non sono pronto a vederla soffrire ancora, non ho il coraggio di dirle la verità, sapendo che poi dovrò asciugare le sue lacrime. Fanno male le lacrime di un bambino”.
“Lo so amore mio, veder soffrire un figlio è forse il dolore più grande per un genitore ma è proprio questo dolore che forse ti fa genitore, perché corrisponde all’amore infinito che provi per tuo figlio e tu per Ines sei un padre da quando lei ti ha scelto come suo tutore, anche se forse non lo sapevi ancora. Una cosa giusta l’ha detta Sergio: i figli sono di chi li cresce e tu sei sicuramente la persona più adatta a crescere Ines, molto più di me forse e noi insieme ce la faremo. Sarà difficile ma saremo una famiglia piena di amore, felice e con il padre ed il marito migliore che si possa desiderare”.
Marco mi abbraccia e mi bacia di slancio. Il mio discorso ha fatto centro. Volevo che lui si sentisse valorizzato, amato, stimato e sicuro di sé, perché quello che gli ho detto lo penso davvero: è l’uomo migliore del mondo ed io non potrei essere più felice di formare una famiglia con lui.
“Chi glielo dice? Io non so se ho la forza Anna” Mi dice lui sconsolato pensando forse di doverlo fare da solo perché io, nel mio stato, dovrei stare più tranquilla possibile.
“Glielo diciamo insieme perché abbiamo deciso di giocare insieme per tutta la vita no? Solo credo che dovremo farlo a breve perché tra qualche giorno saremo decisamente impegnati con altro. Soprattutto dobbiamo contattare gli assistenti sociali e farci aiutare da loro, non solo con la burocrazia ma anche con Ines”. Gli dico così cercando di tranquillizzarlo e sembra che riesca.
Ci dirigiamo verso la canonica insieme a Don Massimo. Il fatto che sappia già tutto sicuramente aiuterà. Ci dice che dovremo avvertire subito gli assistenti sociali visto che ormai la fuga di Sergio è definitiva e non potremo temporeggiare. Conosciamo bene le norme e sappiamo che Ines, a questo punto, diventa una bambina adottabile.  Don Massimo ci rassicura sul fatto che farà il possibile per aiutarci ad ottenere l’affidamento pre adottivo di Ines, ma che non pesa ci saranno ostacoli per noi. L’interesse della bambina è ciò che prevarrà e non c’è dubbio sul fatto che per lei la cosa migliore sia decisamente restare con noi.
Entriamo in canonica con il cuore in gola per l’ansia di dover dire ad Ines che stavolta suo padre l’ha abbandonata per sempre. La bambina è seduta al tavolo con Natalina e sta disegnando mentre la perpetua smette subito di cucire quando ci vede entrare. Ha già capito tutto dalle nostre facce.
Quando Ines ci sente entrare si volta verso di noi e ci corre incontro felice. Ci abbraccia forte e ci riempie di affetto mentre noi stiamo per darle la notizia forse più dura che potremmo darle: stiamo per dirle che dopo la morte di sua madre e sua nonna, ha perso anche suo padre che ha deciso di andarsene definitivamente.
Ad un certo punto sono io a sedermi sul divano e Marco si siede accanto a me, mentre Facciamo avvicinare la bimba davanti a noi. Prendo la parola, sperando che Marco non crolli e mi supporti:
“Ines, tesoro, dobbiamo dirti una cosa… una cosa brutta”. La bimba si fa seria e già vedere il suo sorriso venir meno è un colpo al cuore. Marco mi stupisce perché, con coraggio, prosegue il mio discorso:
“Una cosa che riguarda il tuo papà. Vedi, lui...”
“Lui se n’è andato di nuovo, vero? Stavolta se ne è andato e non torna più, è così? Se ne è andato perché lui è così e perché non vuole più stare con me, non è vero? Altrimenti non mi trattava come ha fatto da quando vivo con lui” Dice Ines arrabbiata e già con le lacrime agli occhi.
Io e Marco spalanchiamo gli occhi. Ines è intelligentissima e sveglia ma ha pur sempre poco più di 8 anni. 8 anni e già deve essere brava a capire quello che noi grandi non abbiamo il coraggio di dirle, 8 anni e già deve soffrire così. Sembra quasi che, a volte, sia lei a dover fare l’adulta per facilitare il compito a noi. Ma stavolta no, stavolta farà la bambina della sua età e, visto che dovrà affrontare l’abbandono del padre, il dolore che ciò le provoca e le difficoltà di entrare in una famiglia che non è la sua, dovremo essere noi a renderle tutto ciò più semplice possibile. Per noi sarà sempre nostra figlia e tale la faremo sentire. Stavolta quelli coraggiosi e forti saremo noi e le staremo vicini, facendo tutto il possibile per aiutarla ad affrontare questo dolore.
Io prendo un bel respiro e le rispondo semplicemente di si, per poi abbracciarla forte mentre lei si scioglie in un pianto disperato, mentre si attacca al mio collo con le sue braccia minute. Marco mi abbraccia e con una mano le accarezza dolcemente la testina; poi è il suo turno di fare l’adulto forte.
“Ines ascolta. Lo so che stai soffrendo, che questa era l’ultima cosa che avresti voluto e che ora ti senti totalmente sola, ma sappi che in realtà non lo sarai mai. Io e Anna per te ci saremo sempre e non come amici o come “tatuatori legali”, ma come famiglia per te. Faremo di tutto per tenerti con noi e ti ameremo per sempre. Tu non hai alcuna colpa di quello che è successo e ci siamo noi adesso a prenderci cura di te.” Dice lui affettuosamente.
Ines nel frattempo si è staccata da me e ci guarda. Le dico allora io:
“Marco ha ragione, non sarai mai più da sola ed anche se adesso stai soffrendo sappi che presto questo passerà e sarà solo un brutto ricordo”. Poi, per sdrammatizzare aggiungo: “Ma tu ci vuoi restare con noi e con questo marmocchietto a cui dovrai fare da sorella maggiore?”
La bimba ha ancora il viso rigato dalle lacrime ma riesce ad abbozzare un sorriso ed annuisce dolcemente.
Ci abbraccia di nuovo, con un braccio intorno alla vita di Marco e uno intorno al mio pancione, poggiando la testa sul mio petto. Marco stringe forte entrambe, bacia la nuca di Ines e poi mi guarda per poi lasciarmi un dolce bacio a fior di labbra.
Poi mi sussurra dolcemente all’orecchio: “sarai una mamma fantastica, anzi lo sei già”.
Con un sorriso malizioso rispondo io:
“Anche tu non te la cavi male, nonostante un po’ di tempo fa mi hai detto che per fortuna non avevi figli. Penso che il Dottor Nardi sia cambiato un bel po’”.
“No, siamo cambiati e lo abbiamo fatto insieme e soprattutto abbiamo iniziato a giocare insieme ed insieme si vince sempre”.
Mi bacia mentre continuiamo a restare tutti e tre stretti, abbracciati, anzi tutti e 4, perché il pupo dentro di me sta decisamente partecipando al quadretto familiare e penso proprio che manchi decisamente poco.

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