There is a reason I'm still standing

di Wolfgirl93
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Where's the person that I know? ***
Capitolo 2: *** I'm afraid of all I am ***



Capitolo 1
*** Where's the person that I know? ***


Quando Emma era morta il cuore di Draken si era spezzato, guardare quel viso delicato ormai spento e senza vita gli aveva fatto perdere qualche battito, ma quello che lo aveva ferito di più fu il vedere Mikey immobile, fermo mentre fissava il vuoto.
E’ colpa sua
Si ripeteva Ryuguji mentre avanzava verso l’amico.
E’ colpa sua

Continuava a dire nella sua mente mentre quelle lacrime non riuscivano ad uscire.
Fu facile scaricare la colpa su Mikey, soprattutto perché il biondo incassò ogni colpo senza battere ciglio, preso dalla rabbia e dalla tristezza Ken non si accorse di una cosa, una cosa che in futuro avrebbe rimpianto: il Mikey che sorrideva di fronte ad una bandierina e che giocava con il suo taiyaki era morto insieme a Emma.

 

Era così che Draken se n’era accorto, durante il funerale non era riuscito a non dire nulla e l’unica cosa gli era uscita dalle labbra era quella che mai avrebbe pensato di dire e mai aveva provato. “Ero innamorato di Emma...” Disse senza enfasi a suo nonno e lui si limitò a sorridere bonariamente mentre lo guardava.
“So cosa provavi per mia nipote, va bene così.” Quell’uomo continuò a sorridere mentre aveva smascherato la sua bugia, perché Draken voleva bene a Emma ma non come lei avrebbe voluto e forse quel sento di colpa di non essere riuscito a salvarla lo aveva portato a mentire, ma ovviamente quella bugia era troppo fragile e in poco tempo chiunque se n’era accorto.

 

Combattere nuovamente al fianco di Mikey era doloroso, non solo perché gli occhi scuri del biondo erano ormai spenti ma anche perché quei colpi e quelle parole che gli aveva rivolto stavano facendo tremare il cuore di Ryuguji, aveva sbagliato eppure chiedere scusa in quel momento sembrava la cosa più difficile da fare.

Però era lì, era al fianco di Mikey e sperò che quella cosa bastasse a fargli capire che era solo un ragazzino stupido che si era fatto prendere dalla rabbia e dal dolore, almeno lui sperava che sarebbe bastato.

 

Perdere Izana fu un altro brutto colpo per Mikey eppure Ken pensò che fosse abbastanza forte da sopportarlo, Mikey sorrideva alla loro riunione, Mikey era tornato quello di prima o almeno era quello che Draken voleva vedere perché la realtà era di gran lunga diversa.

 

Ken era nelle vicinanze quando Mikey chiese a Takemichi di raccontargli i vari futuri, ascoltò tutto e sentì un dolore al cuore, non era spaventato di quello che lo aspettava, in ogni futuro il suo destino era morire o finire in prigione nel braccio della morte; ma la cosa che più lo spaventava era Mikey, era solo in ognuno di quei futuri, da solo contro tutti e contro se stesso.
Quando annunciò lo scioglimento della Tokyo Manji Gang una parte del cuore di Draken si spezzò, aveva dato la sua vita per quella gang, per Mikey e ora lui l’aveva sciolta.
“Non avevi creato la Toman per proteggere le persone?”

Draken guardò Mikey mentre sorrideva ma non riconobbe quel ragazzo, non era il Manjiro Sano che aveva giurato di proteggere ed era tutta colpa sua.

 

Quando Takemichi se ne andò tornando nel futuro Draken decise di andare avanti, aveva paura a parlare nuovamente con Mikey, aveva paura che l’altro potesse dirgli qualcosa, ferirlo o magari prendersela con lui per quelle parole che aveva detto dopo la morte di Emma, eppure Mikey non lo fece, anzi si allontanò e Ryuguji non lo cercò.

 

 

Passò quasi un anno senza vedere Mikey e Ken sentiva sempre di più la sua mancanza, girava ancora per l’officina con delle bandierina nella tasca e il suo frigo era sempre pieno di taiyaki e dorayaki pronti per essere dati a quel biondino goloso che gli mancava così tanto; un giorno andò a casa Sano per cercarlo ma il nonno di Mikey gli disse che non c’era, così Draken si arrese, o almeno era quello che avrebbe fatto, se non avesse sentito quelle parole.

“Manjiro non c’è più...” Aveva detto l’uomo con un sorriso stanco. “Dorme poco e anche con la sua coperta fa incubi su incubi… Se la perdita di Shinichiro era riuscito a sopportarla quella di Emma lo ha distrutto e ora quello che torna qui la sera non è altro che un guscio vuoto...”
Quelle erano le parole che Draken non avrebbe mai voluto sentire, lui lo sapeva, lui lo aveva visto eppure non voleva ammetterlo. Non voleva ammettere che le sue parole avevano dato il colpo di grazia a Mikey, non voleva ammettere che la morte di Izana era stata straziante che per il biondo e non voleva ammettere che Mikey stesse cercando un modo per punirsi per tutte quelle colpe che pensava di avere e lo stava facendo da solo come nel futuro da cui Takemichi veniva.

Eppure Draken non fece nulla, sentiva come di non potersi avvicinare a Mikey, sentiva di non meritarselo, non dopo tutto quello che gli aveva detto, non dopo tutte le colpe che gli aveva dato.
 

 

Lavorare all’officina era un buon metodo per impegnare la mente eppure quando Ryuguji finiva si ritrovava sempre vuoto, Inui tornava a casa sua e il biondo fissava le porte del negozio sperando di intravedere degli occhi scuri e dei capelli biondi che si affacciavano per chiamarlo e chiedergli di dargli da mangiare come era solito fare.

Era quello che mancava di più a Draken, la quotidianità, quella strana sensazione che nella sua vita manchi qualcosa perché è sempre stata piena di Manjiro e dei suoi amici, amici che può vedere quando vuole – a parte Takemichi – amici che hanno le loro vite e i loro sogni.

Sorride ogni volta che guarda Mitsuya chino sui suoi progetti per diventare uno stilista, o ogni volta che guarda Chifuyu sistemare scatoloni su scatoloni nel suo negozio di animali aperto da poco; tutti sembrano riuscire ad andare avanti e lui, l’unico che ha incolpato Mikey, invece non riesce a farlo.

 

Anche quella sera torna al bordello e si lascia cadere sul suo letto, volta il viso verso le foto attaccare alla parete e sorride, ogni volto sembra felice in quelle foto, nessuno sembra triste e il tempo si ferma a quei sorrisi sinceri e infantili, sorrisi che ora non sembrano esserci più.

Si alza dal suo letto e si avvicina al muro, sfiora la foto di Emma e fa un sorriso amaro.
“Mi dispiace… Non ho mai potuto ricambiare il tuo amore, ma spero che tu stia proteggendo me e Mikey da lassù...” Quelle parole gli escono amare mentre sente gli occhi pizzicare, non si è neppure reso conto di aver parlato di Mikey finché non si blocca, lui ha sempre voluto proteggere Mikey, ma in un impeto di rabbia lo ha distrutto, ha distrutto la persona che ha giurato di proteggere.

 

La mente di Draken è confusa e piena di pensieri, non sa dove sia Mikey, non sa cosa stia facendo o se abbia mangiato quella sera, decide di uscire il suo sonno è ormai scomparso.

Sale sulla sua moto e parte senza meta per le strade buie della città, finisce al tempio, l’ultimo luogo dove ha visto Mikey e senza pensarci scende dalla moto e sale quelle scale.

La sensazione che sente è quella prima di una riunione, il cuore gli batte all’impazzata e sente i cori dei suoi compagni urlare ‘Toman! Toman!’ sorride mentre arriva al tempio e la visione di Mikey che lo guarda, con la giacca della sua divisa aperta e quella voglia di conquistare il mondo, lo spiazza, può sentirlo mentre impartisce ordini, mentre si fa voler bene dai suoi uomini, mentre realizza il suo sogno; eppure basta un passo in più per far svanire quel ricordo e lasciarlo con il nulla, perché lui quella sera è solo, perché lui ha fatto sì che Mikey sciogliesse la Toman.

 

Si siede sugli scalini del tempio e ammira quello spettacolo dall’alto, un tempo si sentiva il re del mondo a stare lì ma ora si sente solo piccolo, un ragazzino con troppi sogni in testa e poca forza per realizzarli.

 

Sono le due di notte quando Draken torna al bordello, nessuno gli dice nulla e non sa se sia per l’ora tarda o per la sua faccia triste, si butta nel letto senza neppure cambiarsi – ci penserà l’indomani a farlo – e si addormenta stanco e sopraffatto da quelle emozioni.

 

Al mattino è felice che Inui non gli dica nulla, sa bene che le sue occhiaie sono fin troppo evidenti ma il biondino lavora in silenzio, quando si scambiano qualche battuta è solo per parlare di qualche pezzo che hanno comprato per riparare una moto o un’auto appena arrivata; è una routine leggera e aiuta Draken a spezzare il flusso dei suoi pensieri almeno per qualche ora, ma sa che non potrà farlo per sempre, sa che il suo corpo ha bisogno di cibo come di sonno e lui non ricorda neppure se la sera prima ha cenato.

“Tieni.”
Mentre è con il corpo sotto ad una macchina allunga una mano verso la voce di Inui, non aveva chiesto nulla ma di certo l’altro gli avrà passato un attrezzo che da lì a poco gli sarebbe servito, Ryuguji prende la cosa fra le mani, se la porta vicino al viso e ridacchia nel vedere un panino confezionato.
“Con questo non ci aggiusto le auto, Inupi.” Scherza prima di sgusciare fuori da sotto l’auto sempre con il panino in mano.

“Vero, ma almeno non rischi di svenire sotto la carrozzeria, non ho voglia di tirarti fuori di lì...” Borbotta il biondo mentre da un morso al suo panino, Draken non se n’era neppure accorto ma l’altro aveva avuto il tempo di uscire per comprare il pranzo mentre lui era sotto quell’auto a provare a fare altro anziché pensare alla realtà.
“Comunque grazie...” Ammise sorridendo appena, non sente la fame ma da comunque un morso a quel panino e sente il suo stomaco quasi lodarlo per quella scelta, è un giorno che non tocca cibo e il suo corpo sembra fargli capire, solo in quel momento, quanto ne avesse avuto bisogno.
La giornata finisce fin troppo velocemente e Ken e Seishu si ritrovano a parlare di come passeranno la serata, o almeno di come la passerà Inupi visto che l’altro non ha nessun impegno e non è nemmeno sicuro di volerlo.
“Ti va di cenare insieme? So che mi dirai di no, ma si vede che non dormi bene e non mangi...” Inui era sempre stato in silenzio nel vedere come l’amico stesse affrontando la situazione ma sapeva anche che quel comportamento era distruttivo.
“Va bene così Inupi, mangio il giusto e dormo un po’ male ma nulla di preoccupante.” Le sue parole sembrano quasi vere perché anche lui ci crede, anche lui pensa che sia normale, in fondo non è colpa sua se Mikey è sparito e se la Toman si è sciolta? Non è giusto avere un minimo di punizione per quello?
Inui non disse altro, lo salutò guardandolo un po’ preoccupato poi uscì dall’officina diretto verso il suo appartamento, Ryuguji si ritrovò nuovamente solo e sorrise di quanto si sentisse patetico, sentì il suo cellulare squillare e quando lesse il nome di Mitsuya sospirò, lo aveva ignorato per quasi tre giorni e sapeva che se non avesse risposto l’altro sarebbe arrivato in officina per prenderlo a calci in culo.
“Pro...”
“Che cazzo stai facendo, eh?!” La voce di Mitsuya era arrabbiata e Draken poté sentire una voce sommessa in sottofondo che cercava di calmarlo, doveva essere Hakkai. “Non rispondi alle chiamate e quando ho provato a sentire Inupi su come stessi mi ha detto che sei uno straccio e che non mangi! Che cazzo stai facendo Draken, eh? Vuoi ucciderti e farla finita? Perchè se vuoi farlo sappi che non te lo lascerò fare e verrò a prenderti a calci per il culo finché non ti avrò fatto entrare un minimo di sale in quella zucca tatuata che ti ritrovi!”
Ken ridacchiò a quelle parole, avrebbe voluto dirgli che la sua non era l’unica zucca tatuata ma lasciò cadere quel discorso, almeno per quella volt; tutti cercavano di parlargli con cautela per paura di una qualsiasi reazione negativa e poi arrivava Mitsuya, il suo migliore amico che lo minacciava di prenderlo a calci in culo solo per farlo rinsavire.
“E’ bello sentirti Takashi...” Disse sorridendo mentre si sedeva sullo sgabello dietro al bancone pieno di attrezzi. “Come sta andando il tuo corso di moda?”
“Vaffanculo! Non mi rispondi per tre giorni e ora cerchi di fare il carino?! Non sono qualcuno che puoi abbindolare!” Borbottò moderando il suo tono di voce, sembrava essersi calmato e Draken sorrise appena. “Quando la smetterai di pensare e agirai?” Quella domanda fece impallidire il biondo che strinse con forza il cellulare senza riuscire a dire nulla. “Ho sentito che sei andato da suo nonno e ti ha detto che torna a dormire lì la notte, quindi perché non ci provi?” Mitsuya sapeva bene cosa bloccasse l’altro, aveva sempre capito fin troppo bene Ken e anche in quel momento capiva come l’altro avesse paura.
“Cosa potrei dirgli? L’ho accusato di tutto e chiedergli scusa non servirebbe a nulla...” Sussurrò fissando la vetrina dell’officina, c’erano diverse persone che passeggiavano e nonostante non fosse propriamente solo in quel momento sentiva di esserlo, buffo come si potesse essere soli anche mentre si era circondati da persone.
“E’ Mikey, è il nostro Mikey… E’ quel ragazzino che ha voluto usare il suo nome per una gang di motociclisti che ha fatto il culo a tutti, è quel ragazzino che mangiava sempre il tuo parfait al cioccolato e nonostante le tue urla sorrideva come se non avesse combinato nulla. E’ quel ragazzino a cui sei sempre stato legato...”
Draken si morse il labbro inferiore mentre scuoteva il capo. “No...” Disse duro “Non lo è più… L’ho ucciso io quel ragazzino Mitsuya, l’ho fatto fuori con le mie stesse mani e ora voglio solo che qualcuno mi dica che non è così! Ma l’ho fatto! L’ho accusato di tutto e lui ha incassato ogni colpo e ogni parola accettandola… L’ho accusato e lui ha sciolto la Toman… Come posso presentarmi di nuovo davanti a lui? Non voglio vedere quegli occhi spenti, non voglio vedere quel guscio vuoto perché tutto quello che aveva gliel’ho portato via io… Non voglio Mitsuya… Scusa...” Ken non riuscì a fare altro se non chiudere la chiamata mentre la sua testa iniziava a vorticare, sentiva la nausea attanagliargli al gola e l’unica cosa che voleva fare era vomitare tutto, persino la sua anima.

Corse verso il retro dell’officina e vomitò quel misero panino che aveva mangiato a pranzo, si sentiva uno straccio ma alla fine non era così che doveva sentirsi per quello che aveva fatto? A quel pensiero fu avvolto dall’ennesimo conato che lo fece scivolare a terra in quel bagno fin troppo piccolo; quando uscì era pallido, chiuse il negozio e ignorò le continue chiamate di Mitsuya mentre tornava a casa.

Anche quella notte non dormì se non qualche ora e quando al mattino la sveglia suonò decise di mandare un messaggio a Inupi per darsi malato, un giorno di riposo gli avrebbe fatto bene, o almeno era quello che pensava.

 

Dormì fino alle 12 e quando si svegliò uscì dal bordello come l’ombra di sé stesso, non si fermò neppure quando qualche ragazza lo fermò per chiedergli come stesse o quando lo fece Masaway, non ascoltò nessuno e proseguì dritto per la sua strada; le chiamate di Mitsuya e Inui continuarono ma lui era troppo impegnato a sfrecciare con la moto via da ogni problema per badare a loro, si ritrovò per l’ennesima volta al tempio e questa volta dopo aver salito la scala rimase fermo a guardare la vista da lassù con gli occhi che fissavano qualcosa di lontano, di irraggiungibile.

Non sapeva quanto tempo aveva passato lì, immobile come una statua ma si riprese solo quando sentì il rombo di una moto e una figura che conosceva fin troppo bene.

 

Ken si mise seduto, sapeva che quel momento sarebbe arrivato quindi decise di prendere tutto ciò che sarebbe arrivato e di accettarlo, o almeno di provarci.

La prima cosa che arrivò fu un pugno, dritto in pieno viso e lo sguardo incazzato di Mitsuya che lo guardava, poteva vedere quanto fosse ferito e preoccupato ma questo non fece allontanare Draken che rimase lì come a chiedere di più, come a dirgli di dargliene ancora.
“Sono sempre riuscito a capirti, ogni parola che dicevi mi era chiara, così come ogni tuo gesto… Pensavo di essere l’unico che poteva capirti così bene ma poi è arrivato Mikey, quando eri con lui sembravi diverso, sembravi quasi brillare al suo fianco e io ho capito che voi due avevate un’amicizia particolare, una chimica diversa dalla nostra… Ora però non so più chi ho di fronte, sembri l’ombra del Ken Ryuguji che ho conosciuto mentre disegnavo quel murale, sembri una sua brutta copia smunta e senza più voglia di andare avanti e la cosa mi spaventa...” Mormorò Mitsuya prima di sedersi al suo fianco e sospirare, tirò fuori un bigliettino colorato e lo porse a Draken che con le mani tremanti lo afferrò.
“E’ il numero dello psicologo che segue Hakkai e sua sorella, è stata Yuzuha a convincere Hakkai ad andarci e ora noto anch’io che questo gli ha fatto bene… Non è uno di quegli strizzacervelli che ti danno pasticche o cose strane, basta parlare e sembra poterti aiutare, o almeno è quello che mi racconta Hakkai ogni volta...” Takashi spostò lo sguardo verso Ken e gli sorrise appena prima di posargli una mano sulla spalla. “Vorrei che ci andassi, potrebbe aiutarti… Voglio solo riavere il mio amico indietro...”
Quell’ultima frase arrivò a Draken come una stilettata al cuore, lui pensava di punirsi di farsi del male per espiare le sue colpe ma non notava quello che stava lasciando indietro, non aveva notato quante persone erano preoccupate per lui e quando quel suo atteggiamento le stesse ferendo.
Guardò quel bigliettino come se gli stesse scottando le dita e annuì piano, Mitsuya voleva solo il suo bene e anche lui voleva smetterla di stare così male.
“Ci proverò… Proverò ad andarci e ti farò sapere come andrà...” Ammise incerto, non era mai stato uno che si affidava ai medici, persino quando lo avevano accoltellato aveva deciso di ascoltare poco e niente di quello che i medici gli avevano detto ed era stato Masaway a doverlo portare in ospedale d’urgenza quando i punti si erano aperti perché aveva fatto dei movimenti che gli avevano vietato, eppure in quel momento sentiva il bisogno di affidarsi a qualcuno; sentiva il bisogno di lasciarsi andare e di farsi guidare come aveva sempre fatto con Mikey, sentiva il bisogno di risalire in superficie e poter aggrapparsi a qualcuno che lo avrebbe fatto uscire da quel mare mosso che era diventata la sua vita.

 

Lui e Mitsuya rimasero lì in silenzio, ogni tanto parlavano di moto o di come i capelli di Draken fossero diventati fuori moda ma poi dopo una risata ritornavano al silenzio, a Ken quel silenzio piaceva perché era quel tipo di momento dove la sua mente non lo incolpava, dove la sua mente non gli ricordava ciò che aveva fatto, era solo un momento di silenzio dove lui e Mitsuya erano ancora dei ragazzini pronti a prendere in mano la loro vita.

 

Ken aveva iniziato da qualche settimana il suo percorso psicologico con il dottor Kyoshi e, anche se all’inizio era stato difficile parlare di tutto quello che lo turbava, dopo qualche seduta si era sentito meglio ogni volta che parlava di quelle cose.
Aveva ripreso a fare pasti completi e sani e anche a lavoro era molto più attento e reattivo, per la felicità e la tranquillità di Inui; anche con Mitsuya le cose erano tornate alla normalità e molte sere i due - almeno quelle quando l’aspirante stilista non le passava con il suo ragazzo – erano soliti ritrovarsi a casa di Takashi per una partita ai videogiochi o una chiacchierata fra amici.

Ryuguji era entrato nello studio del dottor Kyoshi con il sorriso e l’uomo lo aveva guardato sorpreso prima di farlo sedere.
“Come mai questo cambiamento?” Aveva chiesto il dottore mentre osservava il ragazzo di fronte a lui.
“Volevo provare ad andare avanti...” Aveva detto Ken poco convinto, si era tinto di capelli di nero e aveva cercato di acconciarli in maniera diversa con due ciuffi ai lati della testa e la sua consueta treccia dietro, non era un cambiamento enorme ma voleva almeno provare a far finta di andare avanti.
Lo psicologo gli fece diverse domande, gli chiese se quel cambiamento era dovuto a qualcosa o se aveva intenzione di fare qualcosa e Draken sorrise amaramente.
“Vorrei parlare con il mio amico, quello con cui sono stato uno stronzo… Speravo che cambiare colore mi avrebbe dato più forza… Che stupido...” Disse ridendo amaramente prima di continuare. “Però credo che avrò ancora bisogno del suo aiuto prima di poter avere la forza di parlarci, so che devo sistemare prima le cose dentro la mia testa prima di poter parlare a cuore aperto con lui...” Ammise facendo sorridere il medico che annuì.
Il dottor Kyoshi gli fece i complimenti, gli disse che cercare aiuto a volte era una delle cose che aiutava se si volevano prendere decisioni importanti, gli disse che era felice del percorso che stava facendo e che a breve sarebbe stato in grado di parlare con quel suo amico; Draken non aveva mai pronunciato il nome di Mikey di fronte a quello psicologo, non era mai riuscito a dirlo, non sapeva perché ma sperava che un giorno, magari all’ultima seduta, sarebbe riuscito in quell’impresa.

 

Passarono circa sei mesi dalla sua prima seduta e quando uscì dal dottor Kyoshi lo salutò con enfasi, quella era stata la sua ultima seduta.

Ryuguji si sentiva cambiato, sentiva di non avere tutto il peso del mondo addosso e nonostante quello che era successo con Mikey non fosse ancora riuscito ad affrontarlo aveva deciso di prendere in mano la sua vita e di lavorare su se stesso, almeno per trovare la forza di parlare con il biondo.

I suoi capelli erano rimasti neri in quei mesi e tutti sembravano aver accettato fin troppo bene quel cambiamento: Inui gli aveva detto subito quanto gli donasse quel colore, Mitsuya e Hakkai sembravano volerlo ingaggiare come modello visti i suoi tratti eleganti – parole loro – e un sacco di clienti sia uomini che donne, ci avevano provato senza troppo ritegno quando entravano all’officina.

 

Eppure sembrava non essere solo il suo nuovo taglio di capelli e quel nero corvino ad attirare le persone, sembrava – a detta di Mitsuya – come se fosse tornato il Draken di sempre, quello sempre pronto ad aiutare il prossimo che si lanciava in missioni suicide solo per proteggere qualcuno, Ken sorrise a quelle parole e ne fu felice, era diventato l’ombra di se stesso e ora stava piano piano riprendendo in mano la sua vita tornando quello di prima.

 

Un altro anno era passato dallo scioglimento della Toman e Ryuguji si sentiva più libero, più tranquillo, quando quel giorno andò a casa Sano sentiva la paura attanagliarlo ma era pronto ad affrontare tutto quello che la vita gli avrebbe proposto, o almeno era quello che credeva.

Quando entrò al dojo notò come il nonno di Mikey fosse ancora in forma a dare lezioni di arti marziali a dei ragazzini così vivaci, Ken si avvicinò appena e notò come due figure sembrassero spiccare fra quel gruppo di bambini; un biondino e un moro stavano ridendo assieme e subito il sensei sgridò il biondo che mise un broncio adorabile prima di muoversi verso uno degli aiutanti dell’insegnante, vide quel bambino muoversi con una maestria ineguagliabile e poi sentì l’altro lamentarsi sul perché lui poteva allenarsi in quel modo e lui no.
Non era la prima volta che Draken faceva i conti con quei ricordi, che fossero suoi o no non era importante, riviveva piccoli sprazzi di quell’infanzia sua o di Mikey e sorrideva sentendo il cuore inondando di emozioni.
“Fate una pausa...” Sentì dire dal signor Sano prima che si avvicinasse a lui, il vecchietto gli diede una pacca sul braccio mentre gli sorrideva “Ti vedo bene.” Disse dolcemente mentre camminava nel giardino del dojo, Draken si limitò a seguirlo e ad ascoltare, non sapeva perché ma era sicuro che l’altro avesse qualcosa da dirgli.
Camminarono per qualche minuto prima che l’uomo riuscisse a fermarsi e a guardarlo, solo in quel momento si accorse di come sembrasse più vecchio, di come quei mesi sembravano averlo segnato maggiormente. “Manjiro se n’è andato...” Disse quasi senza fiato prima di abbassare lo sguardo, poteva sentire gli occhi umidi dell’uomo e la cosa gli fece stringere il cuore. “Non so dove sia al momento ma ho paura, è venuto un ragazzo a parlare con lui e poi se n’è andato come se nulla fosse, ha preso le sue cose, – la maggior parte almeno – mi ha salutato ed è sparito… Sono sei mesi che non lo vedo più.”
Ken strinse i pugni, era arrivato tardi, aveva aspettato tutto quel tempo ma mai avrebbe pensato di poter perdere, per l’ennesima volta, Mikey.

“Ha detto che è venuto un ragazzo a parlare, com’era fatto? E non ha più avuto sue notizie?” Chiese il moro guardandolo disperato, doveva sapere qualcosa, qualsiasi cosa.

Il signor Sano si sgranchì un po’ le ossa prima di parlare. “Aveva i capelli chiari, quasi bianchi e due cicatrici ai lati delle labbra...”
Draken sbarrò gli occhi, erano due anni che non sentiva quella descrizione ma era sicuro che fosse Sanzu e ricordava molto bene quanto quel ragazzo avesse un’ossessione per Mikey.
“Grazie signor Sano, buona giornata e se mai avrà bisogno di qualcosa mi faccia sapere.” Ken lo salutò prima di andarsene, quell’uomo gli stava sorridendo ma poteva vedere come fosse preoccupato per suo nipote e forse quello che stava per succedere era qualcosa per cui nemmeno Draken era pronto.

 

Ryuguji non era mai stato un tipo che arrivava a chiedere aiuto a tutti, aveva amici e compagni a cui poteva rivolgersi ma quella volta sentiva davvero di dover chiedere a qualcuno. “So che ti sto chiedendo molto ma puoi fare delle ricerche per me?” Chiese rivolto verso Inupi che si era seduto per terra con ancora la chiave inglese in una mano e il grasso per il motore nell’altra.
Il biondo sospirò pulendosi alla sua tuta, posò tutto quello che aveva a terra e si alzò avvicinandosi all’amico, non doveva fare delle ricerche per dire quello che sapeva, come ex capitano della decina generazione dei Black Dragon aveva ancora qualche seguace che lo aggiornava di lotte di potere fra gang o altro e quello che era venuto fuori in quei mesi lo aveva reso nervoso, ma ora il doverlo dire ad alta voce, soprattutto a Draken rendeva il tutto più difficile.
“Siediti…Abbiamo diverse cose di cui parlare...” Disse neutro mentre il moro annuiva e si sedeva, lasciò perdere perfino i lavori da fare sull’auto che dovevano consegnare quella sera, voleva sapere e poi avrebbe pensato al resto.

“Ho sentito diverse notizie su una nuova gang nata da qualche mese, si chiama Kanto Manji Gang e all’inizio non sapevo se fosse un modo di emulare la Toman o se ci fosse una qualche correlazione, alcuni ex membri dei Black Dragon però mi hanno raccontato quello che avevano visto e posso dirti che purtroppo non è un semplice emulatore. Mikey ha formato una nuova gang, non è una gang come quando eravate bambini, lì dentro ci sono le persone peggiori e sono tutti pronti a uccidere pur di avere quello che vogliono...” Inupi fece una pausa guardando di tanto in tanto il viso di Draken che diventata mano a mano più pallido. “Certi dicono che siano un’organizzazione criminale e che, a differenza di altre gang che ci sono attualmente, non badino alla sicurezza dei civili ma li coinvolgano senza discriminazioni… Mi dispiace non averti detto nulla, ma avevo paura che avresti voluto trovarli e riportare Mikey indietro...” Disse il biondo guardando l’amico con uno sguardo di scuse, non voleva nascondergli le cose ma non voleva neppure che l’altro corresse dei rischi solo per salvare qualcuno che non vuole e non può essere salvato.

 

La mente di Ryuguji era piena di informazioni e di immagini, Mikey che andava via di casa, Mikey che non mangiava, Mikey che tirava su una gang pericolosa e che ne diventava il capo e infine Mikey sul tetto del mondo che – da solo – affrontava le conseguenze delle sue azioni, il futuro che Takemichi aveva visto non sembrava mai troppo lontano dalla realtà e questo spaventata Ken.

“Ti ringrazio Inupi, non preoccuparti non lo cercherò.” Disse senza guardarlo, si limitò a sorridere e a rimettersi a lavoro senza dire altro; quando arrivò la sera consegnò l’auto al cliente e poi salutò Inui dicendogli che era fin troppo stanco e che sarebbe andato a casa prima, il biondo lo salutò e chiuse da solo l’officina sperando che l’amico andasse realmente a casa e non da qualche parte in giro.

 

Ken non andò subito a casa quella sera, ma chiamò Mitsuya chiedendosi di vedersi al tempio, sorrise quando lo vide salire le scale e ridacchiò nel sentire le sue parole.
“Capisco voler ricordare i vecchi tempi ma non potevi farlo laggiù anziché farmi salire fino a qui?!” Borbottò l’aspirante stilista prima di sorridere e sedersi accanto all’amico. “Allora, a cosa devo tutta questa urgenza?”
“Mikey ha formato una nuova gang, da quello che ha detto Inupi è qualcosa di pericoloso… La Kanto Manji Gang...” Disse con un sospiro il moro mentre guardava Mitsuya.
“Quindi fammi capire mi hai chiamato qui per dirmi di fare qualcosa? Vuoi per caso riformare la Toman e andare contro Mikey?” Takashi era confuso ma sapeva che Draken non lo aveva chiamato lì solo per fare due chiacchiere, sapeva che aveva qualcosa in mente, glielo leggeva in faccia.

“Non voglio affrontare Mikey, voglio solo trovarlo e parlargli ma sembra che la sua gang sia impossibile da rintracciare… Inupi non sembra volermi dare altre informazioni ma tanto sappiamo entrambi che cercherò un modo per trovarlo...” Il moro sapeva essere fin troppo testardo quando ci si metteva e Mitsuya, tra tutti, sembrava saperlo meglio di tutti gli altri.

Mitsuya non disse nulla, si alzò e camminò con calma sospirando, sapeva che quel momento sarebbe arrivato ma mai avrebbe pensato che il suo migliore amico gli dicesse che voleva incontrare Mikey, ora a capo di una gang poco raccomandabile. “Se ti dicessi di non farlo - come Inupi - mi ignoreresti immagino, giusto?”
Anche Draken si alzò e gli sorrise prima di annuire. “Sì, lo farei… Ho aspettato così tanto tempo, ho lavorato così duramente per questo momento e ora voglio solo rivederlo e rimediare. Quindi volevo solo fartelo sapere, se sarai contro di me lo capisco ma non posso darti ascolto, non questa volta.”

Takashi non disse nulla, si avvicinò al moro e gli diede un pugno forte contro la spalla prima di guardarlo male per qualche secondo e voltarsi verso la scalinata. “Stai attento, domani ho un appuntamento con Hakkai quindi cerca di non rovinare il mio sonno di bellezza.”
Disse divertito prima di di voltarsi appena e guardarlo. “Quando lo vedrai, dì a Mikey che lo saluto e che se mai gli servirà un vestito io sono qui.” Con quell’ultima frase iniziò a scendere le scale lentamente e dopo qualche minuto il rumore della sua moto fece capire a Draken che Mitsuya se n’era andato.

 

 Dopo quella sera Ken si era ritrovato diverse volte a dei ritrovi di gang per avere informazioni, aveva scoperto di altre due gang molto forti a Tokyo ma, se tutti sembravano avere informazioni sulla Brahman o sulla Rokuhara Tandai, in pochi osavano anche solo parlare della Kanto Manji gang.

 

Solo una settimana di vari incontri era riuscito ad avere una soffiata su un possibile punto dove erano soliti incontrarsi, Draken prese nota e sperò che la prossima sera sarebbe stata quella decisiva.
Lavorò con Inupi fino a alla chiusura poi disse di non avere andare da Mitsuya, mentendo prima di partire con la sua moto verso un vecchio luna park; si era premurato di avvertire Mitsuya con un messaggio e l’altro gli aveva risposto con un ‘se succede qualsiasi cosa chiamami e sarà da te.’ e questo sembrava ad aver dato forza a Draken che parcheggiò la sua moto e si guardò attorno sperando che quello fosse il posto giusto.

 

Si addentrò nel luna park e lo trovò abbastanza inquietante, c’era fin troppo silenzio in quel posto e quando notò delle moto capì che forse quella soffiata non era così sbagliata.
Si fece strada fra dei rottami di una vecchia giostra e prima che potesse arrivare a vedere il cuore del luna park ecco che una figura con i capelli chiari gli si parò davanti.
“Guarda un po’, cosa ci fai qui Ryuguji?” Draken riconobbe subito la voce di Sanzu, era da anni che non la sentiva eppure gli sembrava quasi impossibile dimenticarla.
“Dov’è Mikey?” Chiese senza troppi giri di parole il moro e quello che ricevette fu una risata divertita.
Haruchiyo lo guardò dall’alto in basso prima di farsi avanti. “Dopo tutto quello che gli hai fatto torni da lui per cosa? Il motore della tua moto si è fuso e vuoi incolpare Mikey? Oh non guardarmi così, tutti sanno cosa hai fatto quel giorno, tutti sanno come sei stato patetico nell’incolpare Mikey per qualcosa che nemmeno lui poteva prevedere. Quindi dimmi, cosa cazzo vuoi ancora, eh?”
Draken incassò il colpo di quelle parole ma anziché indietreggiare e scappare come avrebbe fatto lo scorso anno, fece l’ennesimo passo avanti.
“So cosa ho fatto, Sanzu, non serve che tu me lo ridica. Ora dimmi dov’è Mikey.” Scandì quelle parole con forza mentre lo guardava, aveva i pugni serrati e voleva solamente trovare Mikey, era l’unica cosa che gli premeva in quel momento.
“Mikey non vuole vederti.” Disse Haruchiyo prima di voltarsi, sapeva bene che Mikey non voleva che i suoi amici venissero toccati quindi girò i tacchi e tornò al centro del luna park dove gli altri lo stavano aspettando.

La mano di Ken fermò la ritirata dell’altro e subito lo tirò verso di sé guardandolo incazzato. “Dov’è Mikey?!” Chiese di nuovo quasi ringhiando.

Sanzu rimase sorpreso per qualche secondo prima di reagire, senza troppe cerimonie gli rifilò un pugno dritto sul naso e guardò il moro indietreggiare con le mani sul viso. “Mikey non vuole vedere una persona come te!” Alzò la voce prima di avanzare verso di lui per colpirlo, questa volta con un pugno al costato che fece piegare Draken in cerca di aria. “Mikey sta meglio senza di te!” L’ennesimo urlo e l’ennesimo colpo arrivò, questa volta un calcio sul fianco del moro che cadde a terra.

Ken non aveva avuto i riflessi pronti ma quando notò come Sanzu stesse ruotando il corpo pronto per un altro calcio ecco che si parò con le braccia per non subire altri danni, solo che non arrivò nessun dolore e nessun calcio.
Quando alzò gli occhi notò una divisa bianca e dei capelli neri che spiccavano su contro quel candore.
“Sai bene che Mikey si incazzerebbe nel saperlo, quindi torna al tuo posto prima che lo avverta!” Quella voce sibilata e fredda non era sconosciuta per Draken, i suoi occhi osservarono la figura di Sanzu che si allontanava e poi lo sconosciuto voltarsi.
Kokonoi.

“Da quanto tempo, eh.” Disse Koko mentre gli sorrideva divertito come era solito fare, allungò una mano per aiutarlo a rimettersi in piedi poi si voltò.
“Aspetta! Mikey è qui?” Draken non era intenzionato ad arrendersi e avrebbe preso altri mille calci pur di ritrovare il biondo.
Hajime si fermò e sospirò prima di scuotere il capo. “Mikey non è qui, non è mai alle nostre riunioni. Ma se pensi che troverai il Mikey che conoscevi allora ti sbagli, quel Mikey non c’è più.” Disse il moro serio.
Non era la prima persona che glielo diceva e Ryuguji lo sapeva, neppure lui era lo stesso di qualche anno prima.

“Lo so… Voglio solo sapere dov’è Koko, per favore...” Era disperato e sarebbe arrivato anche a chiederlo in ginocchio se fosse stato necessario.
Kokonoi sospirò prima di passarsi una mano fra i capelli. “Dio voi due siete così testardi!” Borbottò prima di sorridere nel guardare Draken. “Lo troverai vicino al porto, quasi ogni notte si ferma qualche ora a guardare il mare, non chiedermi perché ma credo lo trovi rilassante… Stai attento però, non so cosa potrebbe fare nel vederti.” Aggiunse cauto, Mikey si era voluto allontanare dai suoi amici, ma visto che nessuno aveva mai provato a cercarlo la sua reazione era sconosciuta.

 

Ken annuì. “Grazie Koko.” Si voltò per tornare indietro ma la voce di Kokonoi lo fermò facendolo voltare nuovamente.
“Come sta Inupi?” Chiese il moro con lo sguardo basso.
Draken sorrise appena “Sta bene, potresti passare dall’officina qualche volta, sarebbe felice di vederti.”

“E’ complicato...” Borbottò Hajime prima di voltarsi “E poi potrei dirti lo stesso… Perchè non sei venuto prima?”
Draken sorrise amaramente. “E’ complicato.”

 

Ken non incontrò subito Mikey, non voleva incontrarlo con un occhio nero o il sangue rappreso sotto il naso quindi aveva deciso di lasciar passare qualche giorno, nella sua mente era un modo per riprendersi dalle botto che Sanzu gli aveva dato ma la realtà era che aveva paura e stava cercando in ogni modo di rimandare il più possibile.

Inupi lo guardò male il giorno dopo all’officina ma non disse nulla o almeno non disse nulla sul fatto che non aveva mantenuto la promessa.
“Koko ti saluta.” Disse il moro ad un certo punto mentre stava controllando il motore di una moto e notò bene – o almeno sentì – il rumore di un attrezzo che cadeva facendo un tonfo sordo.
Inui lo guardò per qualche secondo come se avesse appena parlato una qualche lingua sconosciuta, si strinse nelle spalle e annuì; per il biondo Kokoni era un punto di riferimento, c’era sempre stato e aveva pensato che quella cosa non sarebbe mai cambiata, eppure ora da quando l’altro aveva lasciato il suo fianco, sentiva che forse le loro vite dovevano proseguire anche se erano separati.

“Come sta?” Chiese cauto Inui senza guardare Draken, sapeva che il suo sguardo era fin troppo trasparente quando si parlava dell’amico e non voleva mostrare troppo, soprattutto non quella fragilità che aveva sempre nascosto.

“Sembra stare bene...” Draken non disse nulla sul fatto che lui e Koko sembravano essere uguali, nessuno dei due aveva avuto il coraggio di andare a parlare con il suo migliore amico e ora eccoli lì a farsi mille domande su come potrebbe stare l’altro senza però riuscire a fare qualcosa; il moro era stufo di quella situazione, era stufo del continuo vorticare dei suoi pensieri e quindi aveva preso in mano la sua vita e aveva deciso di agire.

 

Era ormai metà febbraio quando si decise ad andare al porto, il freddo era pungente quella notte e le sue mani tremavano ma Ryuguji non era sicuro che fosse a causa del freddo o della paura.

Scese dalla moto e camminò lentamente, adocchiò una moto scura ma rimase sorpreso che non fosse la CB250T, la moto che Shinichiro aveva restaurato per lui.
“Manjiro non c’è più...”

La frase del signor Sano gli ritornò alla mente e Draken fece un respiro profondo mentre superava quella moto anonima e proseguiva alla ricerca di Mikey; il porto era fin troppo silenzioso quella notte, lo sciabordio delle onde contro la banchina era l’unico suono che arrivava alle orecchie del moro.

Passò oltre un mucchio di casse per il trasporto di merci poi lo vide, notò dei capelli lunghi baciati dalla luce della luna e sorrise.

Si avvicinò lentamente e quasi rise di cuore nel vedere quel ciuffo sbilenco, così simile a qualche anno fa, ricordava bene come Mikey si arrabbiava quando Ken non era lì con lui per legargli i capelli e quando succedeva ecco che arrivava a scuola con un ciuffo storto che faceva scivolare diverse ciocche scomposte sul suo viso.
Draken sentiva il cuore battere a mille, Mikey era lì di fronte a lui, Mikey sembrava il solito di sempre.

Ignorò il fatto che avesse una giacca bianca che stonava fin troppo con il suo colore di capelli ma non gli importava, Mikey sarebbe stato bellissimo con qualsiasi colore.

Fece l’ennesimo passo avanti e il suo piede si scontrò contro una lattina vuota che cadde a terra producendo un rumore forte, Ryuguji si fermò avvertendo una strana sensazione nelle ossa, non era solo il freddo adesso, c’era altro che lo stava facendo tremare e quando alzò lo sguardo capì anche di cosa si trattasse. Mikey si era voltato per fronteggiarlo e i loro occhi si erano incontrati, il viso del biondo era rimasto il solito, forse un po’ più magro di quanto lo ricordava ma nulla di così drastico; la cosa che invece fece tremare Draken furono gli occhi di Mikey, delle pozze nere che sembravano poterlo inghiottire da un momento all’altro, notò anche come fossero cerchiati di occhiaie e come fossero spenti e Ken capì subito.

Quello che aveva di fronte non era Mikey.
 

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Capitolo 2
*** I'm afraid of all I am ***


Gli occhi di Mikey erano così diversi da quelli che Draken conosceva, eppure quando lo vide guardarlo sentì un brivido freddo lungo la schiena.
“Mikey...”
La sua voce uscì quasi strozzata e spalancò gli occhi quando il biondo non ebbe nessuna reazione, lo stava semplicemente guardando eppure per Ryuguji sembrava come se quegli occhi color ossidiana potessero leggergli l’anima e giudicare i suoi peccati.

“I...Io...” L’ennesima parola gli uscì con forza dalle labbra eppure quelle scuse erano bloccate nella sua gola impedendogli di deglutire e rendendogli difficile parlare.

“Questo non è un posto per te Draken.”

La voce di Mikey lo gelò sul posto, dove era finito il Ken-chin con cui lo chiamava sempre?! Dov’era finito il suo tono sempre divertito? Dov’era finito il Mikey che conosceva?

 

“Mikey… Volevo cercarti e...” Quelle parole si bloccarono nuovamente e questa volta non fu la sua voce a cedere ma fu quella di Mikey che gli parlò sopra.

“Vedo che mi hai trovato, è stato Koko a dirtelo?” Non era un tono freddo o arrabbiato era solo vuoto, come i suoi occhi.

“Ascolta io volevo solo…” Nuovamente quelle scuse non uscirono e Draken sentì gli occhi pizzicare, come cazzo era possibile? Aveva provato a seguire un percorso, aveva parlato con Mitsuya e si sentiva pronto eppure perché di fronte alla persona con cui voleva scusarsi e con cui voleva ricominciare non riusciva a dire una parola? Era davvero così debole?
Non dovevo andarmene, dovrei trovare il coraggio e abbracciarlo, chiedergli scusa e sperare che tutto torni come prima, erano quelli i pensieri di Draken in quel momento ma tutto il suo corpo era come congelato sul posto, troppo spaventato per fare qualcosa.

 

Mikey lo guardò per qualche altro secondo prima di voltarsi e andare verso la moto nera che era posteggiata quasi all’ingresso del porto, fece tutto in silenzio e Ken si limitò a guardarlo senza riuscire a muoversi.

Le lacrime avevano iniziato a scorrere sul suo viso e lui si sentiva patetico, aveva perso la sua occasione e ora sentiva solo quella voragine che aveva nel petto diventare ancora più grande.

 

Draken rimase fermo nel silenzio della notte e guardare nella direzione dove Manjiro era sparito, non era riuscito a parlare, la sua paura di venir rifiutato lo aveva fatto dubitare anche di quelle parole che tanto voleva dire.
Diede un calcio ad una vecchia lattina e imprecò mentre lentamente tornava verso la sua moto, era stato così debole e ora aveva perso la sua possibilità.

Ritornò anche il giorno dopo al porto ma non c’era nessuno ad aspettarlo, Mikey era sparito e Draken si sentiva uno stupido, aveva sprecato la sua occasione e ora? Ora avrebbe dovuto aspettare ancora e ancora.


“Quindi non sei riuscito a dirgli nulla?” Chiese Mitsuya mentre continuava a colpire la nave madre con il suo laser.
“Nulla...” Draken aveva mollato il joystick e poco dopo sentì l’amico imprecare mentre leggeva un grosso ‘GAME OVER’ sullo schermo della tv. “Scusa...” Borbottò il moro nel rendersi conto che aveva abbandonato l’amico nel bel mezzo dello scontro contro il boss.
“Beh se mi offrirai la cena ti perdonerò.” Scherzò mentre lasciava perdere il videogioco e si voltava a guardare Draken. “Comunque, penso che sia normale avere paura, alla fine sono due anni che ti prepari per chiedere scusa ma non è mai facile.”
“Affare fatto.” Scherzò il moro prima di sospirare per quell’ultima frase. “No, io sono stato uno stupido! Avevo la possibilità di parlargli per bene e invece ho solo sprecato la mia occasione e ora non so quando potrò rivederlo...” Draken ci aveva pensato a lungo ma dopo quasi una settimana aveva capito che Mikey era sparito e aveva lasciato quel posto che tanto adorava per colpa sua, era nuovamente successo perché lui era uno stupido.

“Ascolta, Mikey sa che non sei cattivo, credo che ti abbia già perdonato anche dopo quello che gli hai detto, quindi magari ora è solo incasinato con questa nuova gang e con i suoi pensieri, sai come è fatto, dagli tempo e vedrai che poi potrai parlargli di nuovo.” Propose Mitsuya prima di sorridere.

 

Cenarono assieme e quella sera Draken tornò a casa presto visto che Mitsuya aveva un appuntamento con Hakkai, quella settimana passò altrettanto veloce ma di Mikey non c’era ancora traccia; Ken provò a tornare al ritrovo dove aveva trovato Koko ma anche lì non trovò nessuno, sembrava quasi che la Kanto Manji Gang fosse sparita nel nulla.

 

Dopo quasi un mese riuscì a parlare con il capo della Brahman una certa Senju ma tutto quello che riuscì a scoprire era che la Kanto Manji Gang aveva annientato la Rokuhara Tandai e Mikey aveva ucciso il capo, la battaglia dei tre regni era stata vinta e la Brahman si era sciolta.
Draken uscì fuori e subito sentì il bisogno di avere più aria, Mikey aveva ucciso qualcuno, scosse il capo incredulo mentre sentiva il respiro venirgli meno, non era possibile.
“Mi ricordo di te, Eri sempre insieme a Manjiro quando era piccolo.” Un ragazzo sui ventisei anni lo guardò mentre buttava fuori il fumo della sua sigaretta. “Manjiro è cambiato, i suoi occhi sono ormai vuoti e sembra non essere più il bambino di una volta, se sei venuto qui per cercarlo ti consiglio di smetterla.” Takeomi Akashi lo guardò prima di sospirare e fare l’ennesimo tiro. “Lascia perdere, adesso anche due membri della Brahman sono entrati nella Kanto quindi nessuno potrà fermarli; tieniti stretti i ricordi e aggrappati a quelli perché il vecchio Manjiro ormai non esiste più.”
Takeomi tornò dentro senza lasciare a Draken il tempo di parlare e il moro scosse il capo con forza mentre sentiva le gambe cedergli.


Cadde in ginocchio e si prese la testa fra le mani, Mikey aveva ucciso qualcuno ed era cambiato, tutti gli dicevano che il vecchio Manjiro era morto e quindi era veramente così? Non c’era davvero più nulla che potesse fare?

Quella notte Draken rimase sveglio a pensare, sarebbe mai riuscito a incontrare nuovamente Mikey, sarebbe mai riuscito a parlargli e a chiedergli scusa? Neppure quando entrò a lavoro riuscì ad avere una risposta, sembrava che il mondo gli stesse dicendo di smetterla di rincorrere un fantasma ma lui voleva provarci, voleva continuare.

I giorni erano diventati settimane e Ken aveva iniziato a non dormire bene, ogni notte faceva il solito sogno: era al posto e continuava a chiamare Manjiro ma lui era come sordo alle sue parole e se ne andava ogni volta lasciandolo da solo; quando Draken si svegliava aveva sempre gli occhi umidi e il respiro accelerato e passava quasi tutto il resto della notte senza riuscire più a chiudere occhio.
Inupi continuava a non dirgli nulla e lui continuava a fingere di stare bene, erano entrambi feriti dalla perdita del loro migliore amico ma sembravano non riuscire a fare nulla se non andare avanti arrancando per continuare a vivere.

Passarono diversi mesi quando Ryuguji si promise di cercare nuovamente Manjiro e dopo varie ricerche riuscì a trovare diversi indirizzi, doveva trovarlo e provare a parlargli altrimenti avrebbe vissuto con quel dolore per sempre.

Stava bussando ad ogni porta alla ricerca di Mikey ma ogni casa sembrava ormai vuota lasciando solo un ricordo dei suoi vecchi proprietari, sapeva che la Kanto Manji Gang era odiata e per questo i loro membri, ma soprattutto il loro capo, dovevano cambiare spesso dimora ma non pensava che sarebbe stato così difficile trovare l’amico.

 

 

“Credo che tu debba smetterla.” Quel giorno Inui non rimase in silenzio, quel giorno gli parlò e lo fece nel modo più doloroso possibile.

“Cosa?!” Draken era diventato molto più calmo dopo lo scoglimento della Toman ma in quel momento sentì il sangue ribollirgli nelle vene.
“Mi hai sentito, ti stai uccidendo con le tue stesse mani e per cosa? Per un ragazzino viziato che vuole giocare a nascondino?” Inupi lo stava guardando annoiato mentre teneva la chiave inglese in mano, aveva persino smesso di aggiustare il motore a cui stava lavorando.
“E allora mi stai facendo la predica proprio tu?!” Ken non riusciva a calmarsi, sentiva il bisogno di spaccare qualcosa, di guardare quell’amico e picchiarlo fino a che non si fosse sentito meglio ma decise di fargli del male in una maniera diversa, più subdola. “Tu che hai lasciato andare la persona che ami per cosa? Per orgoglio? Tu che continui a nasconderti da lui! Io almeno ci sto provando a ritrovare Manjiro! Sto provando a lottare per questa cosa!” Urlò lanciando a terra il tronchesino che aveva in mano, il rumore fu così forte da risvegliarlo, come se fosse caduto in una trans e subito guardò Inupi con gli occhi sbarrati. Cosa aveva fatto?


“Inupi io...”
“Va bene così, hai ragione… Sto continuando a scappare da Koko, ho paura che rivedendolo le cose potrebbero peggiorare o forse migliorare e sono spaventato… Forse tu hai davvero più coraggio di me, però per favore non continuare a farti del male...” Quelle sono le ultime parole che gli rivolse Inui quel giorno, il silenzio era assordante in officina quel giorno ma Draken sapeva di meritarselo.
Quella notte prese delle gocce per dormire, le stesse che il suo psicologo gli aveva consigliato e riuscì a dormire per buona parte della notte; la mattina dopo si scusò con l’amico e gli confessò tutto, gli raccontò di quello che era successo con Mikey, di come lo aveva cercato e di come stesse continuando a farlo.
“Penso che lui stia scappando da tutti, anche da se stesso, quindi se gli vuoi bene l’unica cosa è lasciarlo andare...” Il biondo sapeva bene quanto quella frase facesse male, era quello che aveva fatto con Koko quando era scomparso ma alla fine forse a volte è meglio arrendersi e andare avanti anziché rimanere ancorati al passato.

 

Gli anni erano passati e Draken si era messo l’anima in pace, o almeno era quello che aveva fatto credere a tutti, aveva continuato a cercare Manjiro in lungo e in largo e aveva persino provato a collaborare con la polizia per sapere dove si trovasse.

In città non si parlava d’altro che di un’organizzazione malavitosa di nome Bonten e quando la polizia riuscì a immortalare alcuni membri ecco che subito riconobbe Manjiro tra quelle fila, era cambiato e sembrava che non mangiasse più come prima, il suo viso era smunto e spigoloso e i suoi capelli, una volta lunghi, erano ormai corti e color argento.

Ken passò quasi un’ora a guardare quella foto a confrontare i ricordi che aveva di Manjiro – e le vecchie foto che aveva in camera – con quello che era ora e poteva vedere come le parole di tutti fossero ormai diventate concrete.
Manjiro non c’era più.

Eppure lui era ancora lì, ancora con la voglia di trovarlo e di chiedergli scusa, di provare a togliersi quel peso da cuore e se poi Mikey lo avesse scacciato allora avrebbe mollato la presa e lo avrebbe lasciato andare, ma voleva almeno provarci.

Erano passati dodici anni e lui aveva continuato a lavorare all’officina, Inupi era stato un grande aiutante sia dal punto di vista lavorativo che da quello sentimentale, si davano man forte a vicenda visto che nella Bonten c’era anche Koko.

Ad aggiungersi poi a quella strana combriccola c’era Kazutora, era uscito da poco di prigione e quando Chifuyu lo aveva portato da loro per una rimpatriata sembrava come se quel ragazzino impazzito fosse ormai sparito lasciando posto ad un uomo pentito e con tanta voglia di redimersi, fu lui il primo a mettersi a disposizione per aiutarlo a trovare Mikey e Ken gliene fu davvero grato.

Anche Takemichi si era offerto di aiutarlo, lo stesso ragazzo piagnucolone ma con un gran cuore si era offerto di fargli ritrovare il vecchio amico di sempre ma Ryuguji era sempre meno convinto che quell’amico fosse ancora lì, Mikey sembrava così cambiato e i suoi occhi erano sempre più spenti come se quel corpo fosse ormai senza vita.
Cercare una pista per ritrovare Manjiro fu abbastanza difficile ma piano piano, indizio dopo indizio riuscirono a trovare qualcosa, sapevano che di solito si incontravano in una vecchia sala da bowling e quando Draken andò a controllare capì che avevano ragione; c’erano diversi mozziconi di sigaretta a terra, diverse confezioni di droghe e qualche carta di taiyaki confezionati, Ken non riuscì a non sorridere al pensiero che Mikey non fosse cambiato almeno in quello.
Decise di lasciare un messaggio il giorno seguente, tornò lì con un taiyaki e un dorayaki a cui aveva allegato anche due bandierine e li lasciò su un tavolo in bellavista, assieme a loro aveva lasciato un biglietto, non c’era scritto nulla di complicato solo: ‘Manjiro, per favore contattami appena puoi, voglio solo parlare con te. Ken-chin’


Si era firmato con quello stupido nomignolo che tanto odiava ma che ora gli mancava come l’aria, aspettò diversi giorni prima di ricevere risposta e continuò ad andare in quel posto, aveva visto che i dolcetti erano spariti quindi era sicuro che Mikey fosse andato lì e sicuramente aveva apprezzato il gesto visto che dei dolci erano rimaste solo le carte.

 

Manjiro sapeva che prima o poi qualcuno sarebbe venuto a cercarlo, sapeva che avrebbero trovato il posto dove la Bonten passava il tempo lontano dal loro quartier generale ma mai avrebbe pensato che fosse proprio Draken, guardò quei dolcetti con uno sguardo nostalgico, diversi anni fa avrebbe messo il broncio come un bambino per avermi ma ora non gli importava, erano l’unica cosa che riusciva a mangiare senza sentire la nausea e nonostante Kakucho o Kokonoi gli dicessero di mangiare qualcosa di più salutare, lui si limitava a dire che non aveva fame.

Vedere quei dolcetti e quella bandierina lo aveva fatto tornare a diversi prima, a quando tutto sembrava andare bene, si strinse la maglia scusa all’altezza del petto e sospirò mentre leggeva quella piccola lettera.
“Posso ucciderlo sei vuoi.” Sanzu gli s’era avvicinato e aveva sicuramente letto il mittente di quel biglietto.
“No, Haru.” Si limitò a dire mentre si allontanava da lui e dagli altri, era stanco di scappare quindi avrebbe dovuto uscire allo scoperto, se qualcuno avesse dovuto uccidere Ken-chin allora quello sarebbe stato lui.

 

Gli fece ricapitare un biglietto qualche giorno dopo, un semplice bigliettino con scritto il luogo dove dovevano incontrarsi, il giorno e l’ora, dentro al biglietto ci lasciò anche la bandierina che l’altro gli aveva lasciato, come a dirgli che ormai non gli serviva più.
 

Il giorno dell’incontro arrivò e quel giorno il capo della Bonten si sentiva oppresso da tutti quei pensieri, faticava a dormire la notte e in più era quello il momento in cui agivano, all’ombra di tutti, quindi l’unico momento che poteva usare per dormire era il giorno.

Manjiro si rigirò nel suo letto, strinse la sua coperta ma neppure quella sembrò riuscire ad aiutarlo, l’aveva portata via da casa di suo nonno pensando che potesse essere un ottimo ricordo a cui aggrapparsi nelle notti o nei giorni da solo, ma si sbagliava di grosso.


Si mise seduto e si guardò attorno, la sua stanza era buia così come il suo cuore; Emma era morta, Shinichiro e Baji erano morti, Kazutora e Pah-chin erano in riformatorio e lui non era riuscito a gestire nulla e aveva deciso di lasciare che quei sogni da bambino smettessero.

E’ colpa tua! Non avevi creato la Toman per proteggere le persone?”

Quelle parole lo perseguitavano come gli occhi pieni di odio di Ken-chin, aveva sbagliato.

Aveva sbagliato tutto e dopo averlo capito aveva lasciato tutti liberi, nessuno doveva più farsi del male, nessuno doveva continuare a seguirlo e ferirsi, perché era quello che succedeva quando stavano con lui.

 

Eppure aveva continuato ad avere persone attorno, forse perché stando solo continuava a sentire quella voce che gli urlava contro o forse solo perché non era bravo a gestire la solitudine.

Aveva formato la Kanto Manji Gang e ora la Bonten, per quanto sentisse quasi di essere in una famiglia con quest’ultima sapeva che prima o poi qualcuno si sarebbe ferito e la colpa sarebbe stata sua.
Si alzò in silenzio e indossò qualcosa per combattere il freddo di dicembre, era pomeriggio inoltrato e il suo appuntamento con Ken-chin sarebbe avvenuto dopo quasi quattro ore, passò accanto alla moto di suo fratello e la ignorò: non riusciva più a toccarla, aveva paura di sentire qualcosa, come se anche Shinichiro gli potesse dire che aveva sbagliato e la cosa lo spaventava.

 

Camminò per diversi kilometri fino a fermarsi nel parcheggio vuoto, quello dove aveva chiesto a Ken-chin di vedersi; sentiva freddo e il suo corpo era ormai al collasso eppure sentiva come di meritarsi quelle cose, aveva creato solo dolore nelle menti e i corpi dei suoi amici e ora quella era la sua punizione.

 

Si sentiva in mezzo al mare e sentiva le onde infrangersi sulle sue gambe, poteva sentire quanto fossero fredde e impetuose ma a lui non importava; sentiva di star affogando ma era una sensazione quasi piacevole, le onde scure lo sopraffacevano e lui sorrideva pronto a lasciare che prendessero la sua vita e lo facessero smettere di soffrire.

Sentiva l’aria mancargli e sentiva di essere intrappolato in quella vita che lui aveva costruito, era lui l’artefice di tutto, era lui la causa di tutto.

Scivolò a terra sentendo l’asfalto umido, la sua gola era chiusa e le sue mani erano su di essa intente a dargli un minimo di aria, era buffo come volesse morire ma il suo corpo ancora provasse a farlo sopravvivere.


C’erano così tante voci nella sua testa, così tante persone che gli ricordavano cosa aveva fatto facendole soffrire, Manjiro si portò le mani alle orecchie come se quelle voci potessero sparire ma alla fine si ritrovò a sperimentare una cosa ancora peggiore, il silenzio assordante della solitudine.
Sentiva il corpo formicolare come se non fosse più il suo, la sua mente era vuota e l’unica cosa che sentiva era il panico attanagliarlo, voleva respirare ma gli sembrava impossibile.

 

Con la luce rossastra del tramonto che provava a scaldarlo, si lasciò andare a un attacco, uno dei tanti che aveva avuto in quegli anni; ormai Manjiro aveva perso il conto, quei pensieri erano diventati così opprimenti da diventare quasi tangibili e quando era così quella sembrava essere la sua punizione, quando succedeva il suo corpo lo puniva come lui stava facendo con la sua anima.
Il tempo passò e lui sapeva di avere ancora tempo prima dell’arrivo di Draken, strinse la pistola fra le mani e saggiò il freddo del metallo mentre cercava di riprendere a respirare regolarmente, non passò molto prima che il rumore familiare della moto del biondo gli arrivasse alle orecchie. – buffo come dopo così tanti anni quel rumore fosse ancora così impresso nella sua mente e nel suo cuore, ed era buffo come gli ricordasse casa dopo tutto quel tempo.

 

Si rimise in piedi con le gambe tremanti, aveva perso molto peso in quegli ultimi anni e le sue gambe sempre forti e pronte e prendere a calci chiunque si erano indebolite, aveva dato la colpa al fatto che le pistole fossero più precise e meno faticose da usare ma la verità era che stava continuando a mentire a tutti ma principalmente a sé stesso; il suo corpo era stanco e stremato da quel poco cibo che mangiava – per lo più dolci o cose non propriamente sane – in più le pillole che usava per dormire non erano la miglior cosa da prendere ma non aveva mai voluto coinvolgere gli altri, Sanzu e Kokonoi si erano accorti del suo cambiamento ma lui aveva sminuito la cosa dicendo che stava bene, era la bugia che gli usciva meglio.

 

Aspettò di vedere Draken avvicinarsi e finse un sorriso, i suoi occhi erano vuoti ma la sua bocca si era piegata in un ghigno che lui credeva fosse convincente, ormai nulla di quella pantomima sembrava funzionare.
“Mikey…” Ken lo guardò incerto, era davvero Manjiro quello che aveva davanti? Era davvero quel ragazzino sempre pronto a chiedergli i dorayaki anche durante le riunioni? Era il ragazzino che aveva distrutto con le sue mani?
Il viso di Manjiro era smunto e pallido, i suoi occhi erano contornati da profonde occhiaie e il corpo del ragazzo che conosceva sembrava non esserci più.


“Volevi parlarmi?” Si sentiva uno stupido a sperare in qualcosa, aveva provato a contattare Mikey così tante volte, aveva persino provato a collaborare con Takemichi e il suo amico poliziotto per ritrovarlo, ma era stato tutto inutile, e ora invece? Ora era stato proprio Manjiro a chiedergli di venire lì.
Manjiro lo guardò per qualche secondo prima di scrollare le spalle, per cosa lo aveva chiamato? Voleva parlargli no? Dirgli tutto quello che si era tenuto dentro per dodici anni eppure perché in quel momento la sua gola sembrava serrata?
Aveva chiamato Draken per parlare e una parte di lui sapeva che voleva anche fare altro, la pistola nella sua tasca era pronta a togliere la vita a qualcuno e la mente di Manjiro era pronta per mettere fine alle sofferenze del suo vecchio amico.


“Ti avevo detto di non cercarmi, ma non mi hai mai ascoltato… So che tu e Takemichi avete provato di tutto per cercarmi, perfino Kazutora era venuto a cercarmi...” Disse Manjro mentre portava una mano alla pistola, era stanco di sentire persone che lo cercavano, che gli dicevano di tornare indietro, non c’era una via di uscita da quella vita e nessuno poteva salvarlo.
“Manjiro volevamo solamente...” Le parole di Draken furono interrotte dalle urla dell’altro che adesso aveva tirato fuori la pistola e gliela stava puntando addosso.
“Cosa?! Salvarmi? Non posso essere salvato, non voglio essere salvato! Ho scelto io questa strada ma voi cercate sempre di immischiarvi! Vi ho lasciato per salvarvi e voi continuate a tornare, siete degli stupidi!” Urlò mentre continuava a puntargli la pistola addosso. ‘Sono uno stupido’ Pensò mentre sentiva gli occhi pizzicare.


Draken spalancò gli occhi nel vedere la pistola puntata contro di lui, era arrivata la sua ora? Sarebbe stato proprio Mikey a ucciderlo? Ripensò a quante volte Takemichi lo avesse salvato e quanto Mikey gli fosse stato appiccicato durante la guarigione e ora invece erano proprio le mani dell’altro a volerlo uccidere.


Ken sentì il cuore spezzarsi a quelle parole, era colpa sua se Mikey era cambiato così tanto e quindi dopo tutti quegli anni era arrivato il momento. “Scusami… E’ tutta colpa mia, ti ho incolpato di cose che erano più grandi di te, ho detto che la colpa era tua ma alla fine ho capito che questa vita è così, è ingiusta e ci porta via le persone a cui teniamo di più… Mi dispiace Manjiro...”
Mikey si ritrovò spiazzato da quelle parole, sapeva che quello che l’altro gli aveva detto non era vero, sapeva che la colpa di tutto era solo sua.
“Mi sento così vuoto Ken-chin...” Sussurrò portandosi la mano libera a stringere la maglia all’altezza del cuore, guardò la pistola e per qualche secondo si vide riflesso nel metallo e vide una persona che non conosceva, un uomo ormai distrutto che aveva perso tutto.


Draken era sconvolto da quelle parole ma fece un passo avanti, ci era riuscito? Manjiro era tornato quello di sempre? Quel soprannome gli aveva scaldato il cuore e l'espressione nel viso dell’altro era cambiata come se fosse quasi in pace con se stesso.
Mikey alzò lo sguardo sul vecchio amico e gli sorrise, un sorriso vero, sincero, l’ultimo. Per un attimo Draken rivide il Mikey di sempre, il ragazzino che si lanciava all’avventura a sfidare ragazzi più grandi e grossi di lui, vide i suoi occhi brillare nuovamente.
“E’ stata solo colpa mia Ken-chin… Mi dispiace.” Fu tutto così veloce che Ken rimase senza fiato con gli occhi spalancati, Mikey si era puntato la pistola alla tempia e aveva sparato. C’era stato solo un rumore sordo prima di vedere il sangue uscire dalla ferita e dalla bocca dell’amico e poi i suoi occhi diventare vitrei mentre si accasciava a terra.

“Manjiro! Manjiro! Cazzo ti prego non puoi farlo!” Subito si gettò verso il corpo dell’altro e dopo averlo preso fra le braccia chiamò l’ambulanza.
“Manjiro ti prego non puoi morire! Non ora che ti ho ritrovato, ti prego, non puoi farlo!” Urlò Draken mentre scuoteva Mikey sperando che si svegliasse, voleva che fosse solo un brutto sogno; il corpo del capo della Bonten era freddo e Manjiro non avrebbe più aperto gli occhi, quando i soccorsi arrivarono era ormai tardi.

Il suo corpo già freddo era diventato completamente gelido e Draken si ritrovò a urlare e piangere quando i paramedici gli comunicarono che Mikey era morto.
Fu portato in centrale e dopo che i poliziotti ebbero controllato i filmati del parcheggio per vedere se era come l’altro aveva detto, lo lasciarono andare dicendogli semplicemente che erano dispiaciuti per lui.

 

Passarono diverse ore, gli fu impossibile chiudere occhio quella notte e quando il sole era alto in cielo si presentò a casa del signor Sano, lo trovò a piangere mentre la sua casa era messa a soqquadro, c’erano alcuni membri della Bonten e tutti guardarono Ryuguji come se fosse un fantasma, fece le sue condoglianze all’uomo e gli disse che avrebbe provveduto lui ad alcune pratiche del funerale e l’uomo ormai senza forze non poté che accettare.

Ricordava ancora la conversazione con Mitsuya in cui gli diceva che se Mikey avesse mai avuto bisogno di un vestito lui era disponibile, ma mai avrebbe pensato di dover commissionare all’amico quel vestito, fu difficile cercare di andare avanti per organizzare il funerale di Manjiro ma alla fine ci riuscì.

 

Inupi era a lavoro quando sentì qualcuno bussare alla porta del suo negozio, spalancò gli occhi nel vedere Koko e subito andò ad aprirgli mentre sentiva il cuore battergli all’impazzata, era così cambiato, i suoi capelli neri e corti erano ormai bianchi e lunghi, era completamente diverso dal ragazzo che conosceva, dal ragazzo che amava.
“Hey...” La voce di Koko era vivace come al solito ma Inupi poteva sentire come fosse solo una facciata.

“Hey.”
“Sono passato solo per un saluto o meglio per dirti addio… Ma beh sappiamo che sono un tipo troppo poco serio per quella parola quindi direi che possiamo salutarci con un ciao.” Disse Koko mentre allungava una mano ad accarezzare i capelli lunghi di Inupi, gli era mancato così tanto ma alla fine aveva fatto la sua scelta diversi anni fa, aveva scelto Akane e adesso, anche se avrebbe voluto, non poteva tornare indietro.
“Koko...” Inupi era rimasto senza parole, il suo amico era sparito e ora era venuto a dirgli addio, cosa poteva fare? Cosa poteva dire? Si fece forza e dopo aver stretto i pugni e sforzato un sorriso annuì. “Stammi bene e ciao.

Si erano detti addio senza dirselo e quel ‘ciao’ faceva male ma nessuno dei due sembrava avere la forza di lottare contro quel dolore.

 

 

Il giorno del funerale arrivò e Draken non era pronto a vedere Manjiro in quel momento, entrò nella sala e lo vide, sembrava stesse dormendo mentre indossava un completo scuro con inserti rossi – il suo colore preferito – il foro del proiettile che aveva sulla tempia era stato coperto dai capelli e il suo viso sembrava così sereno in quel momento.

Mi sento così vuoto Ken-chin...”

Quelle parole gli tornarono alla mente come un fulmine a ciel sereno e Draken sentì le lacrime rigargli il viso mentre prendeva posto accanto al nonno di Mikey che sembrava tranquillo in quel momento mentre guardava il nipote.


Fu un funerale semplice, veloce e senza troppi fronzoli, quasi come quello per Emma ma qui c’erano molte più persone e tutti sembravano distrutti dalla morte di quel ragazzo.

Mitsuya era rimasto al fianco di Draken per tutto il tempo, gli aveva semplicemente tenuto una mano sulla spalla mentre provava a dargli forza, non poteva capire il dolore che stava provando ma un po’ lo condivideva, vedere Manjiro steso su quella bara con un vestito cucito da lui era straziante.
Kazutora piangeva fra le braccia di Chifuyu che stava provando a farsi forza e Pah-chin e Peh-yan avevano gli occhi lucidi mentre guardavano il corpo ormai senza vita del loro amico.

Tutta la Toman e la Kanto erano presenti e tutti si strinsero a compiangere il loro vecchio capitano, perché alla fine a nessuno importava cosa avesse fatto Manjiro per farsi odiare, nessuno ricordava le parole che aveva rivolto agli altri per allontanarli, ma tutti avevano ben impresso nelle loro menti i ricordi di quel ragazzino troppo provato dalla vita che continuava a sorridere e ad andare avanti.

Fu in quel momento che Draken capì che peso avesse Mikey sulle spalle, fu in quel momento che capì quanto era stato forte fino a quel giorno, fino al giorno in cui il dolore era stato troppo forte da sopportare e lo aveva fatto cedere.


 

Quando la cerimonia finì si ritrovò a parlare con diverse persone, Kakucho lo guardò triste mentre chinava il capo, Takeomi fece lo stesso ma quello che lo sorprese di più fu la mancanza di Sanzu, che non fosse venuto al funerale del suo boss?
“E’ morto.” Disse Kakucho come se fosse riuscito a leggere i suoi pensieri. “Haruchiyo non ha sopportato la perdita di Mikey e… Lo abbiamo trovato il giorno dopo nella stanza di Manjiro senza vita...” Mormorò con lo sguardo basso, quella perdita aveva distrutto tutti ma Sanzu sembrava essere quello più provato.
“Mi dispiace...” Riuscì a dire Draken mentre li guardava, cos’altro poteva dire? Forse anche lui avrebbe fatto una cosa del genere se fosse stato più egoista, avrebbe lasciato tutti per ritrovare le persone care che aveva perso, eppure una parte di lui sapeva che doveva andare avanti soprattutto per quelli che erano rimasti.

 

Quando tutti se ne andarono Ken rimase fermo a guardare il corpo di Manjiro, scosse piano il capo sentendo le lacrime riprendere a scendere sul suo viso e si diede nuovamente la colpa, avrebbe dovuto cercarlo, impuntarsi e non lasciarlo andare… Invece era stato stupido e lo aveva lasciato prendere quella strada senza ritorno.

 

Sentì qualcuno prendere posto accanto a lui e capì chi fosse quando sentì la mano sulla sua spalla.
“Sono felice che sia qui, felice di averlo potuto rivedere un ultima volta...” Ammise il signor Sano mentre guardava il nipote con gli occhi velati di lacrime. “Quel ragazzo con la cicatrice mi ha portato una lettera, Manjiro l’ha scritta per me per farmi sapere tutto ciò che aveva provato in questi anni ma alla fine voglio che l’abbia tu. Io sono vecchio, la mia vita è ormai agli sgoccioli e i miei ricordi vacillano, ma voglio rimanere con il ricordo di mio nipote sorridente.” Nel dire quelle parole mostrò a Ken una foto di Manjiro da piccolo assieme ad Haruchiyo e Baji, sorridevano tutti e tre verso la fotocamera e a Mikey mancava uno dei denti davanti, il che rendeva il suo sorriso ancora più buffo.


“Però questa voglio che l’abbia tu.” Disse mentre gli porgeva una busta bianca e si alzava lasciando Draken nuovamente da solo, il moro guardò quella lettera come se fosse qualcosa di estraneo, di pericoloso, perché avrebbe dovuto averla lui se era per il signor Sano? Ma ormai quella domanda non aveva più importanza.

Tornò a casa ignorando le chiamate di tutti, persino di Mitsuya, e aprì la lettera mentre era nel suo letto, aveva paura ma lentamente iniziò a leggere.

 

Caro nonno, mi dispiace averti sempre fatto preoccupare, mi dicevi di non diventare come Shin e di essere il nipote modello ma alla fine ti ho deluso anch’io.
Ho perso tante cose in questa vita e ho sempre cercato di non farle perdere anche a te ma ho fallito, mi era dato un compito troppo grande e non mi ero accorto di essere così piccolo.
Ho incontrato Ken-chin diversi anni fa e l’ho mandato via, non volevo che venisse coinvolto anche lui in questa vita e così ho deciso di salvarlo, ho deciso di allontanare tutti per non portarli nuovamente con me in questa strada oscura ma forse ho solo fatto peggio. Ricordi quando mi raccontasti la storia del piccolo taiyaki? Beh forse ho preso quella filastrocca troppo alla lettera, sono scappato senza rendermi conto di essere solo un ragazzino in un oceano di problemi e ho cercato di allontanare tutti e scappare da tutto, alla fine però sono stato pescato come il piccolo taiyaki… Non sono riuscito a scappare dalla vita e ho capito di essere così piccolo mentre le cose succedevano senza che io potessi controllarle.
Ricordi cosa succedeva al piccolo taiyaki? Veniva mangiato dal pescatore e io penso che farò la solita fine, spero però di non averti deluso nonno...
Sai, ho perso una famiglia per trovarne un’altra, hanno cercato in ogni modo di farmi stare bene… La Bonten è la mia famiglia e lo sarà per sempre come lo era la Toman e come lo eri tu... Eppure c’era sempre qualcosa che mi preoccupava, avevo paura di portare anche loro a soffrire, avevo paura che prima o poi li avrei visti in fin di vita come è successo con Emma, Izana o Baji.

Ken-chin aveva ragione, la colpa è mia e tutto quello che ho creato è caduto come un castello di carte, forse avevo creato qualcosa di troppo fragile e il suo crollo aveva portato via molte vita e ne aveva spezzate altre.

Ho sempre pensato che avrei creato una nuova era, che tutti sentendo il mio nome avrebbero tremato e forse per un certo periodo è stato così ma poi tutto è crollato di nuovo.

Una volta ho letto in una pubblicità che nella vita possiamo avere molte cose ma sono poche le cose che possiamo tenere con noi per sempre, fin da piccolo ho sempre pensato che fosse una frase stupida ma solo ora ne capisco il vero significato… Avevo così tanto e forse non riuscivo neppure a vedere la bellezza di tutto, ora invece non ho più nulla, le mie mani e il mio cuore sono vuoti e l’unica persona che posso incolpare sono io.
Scusa nonno se ho continuato a farti soffrire, quando ho capito che era impossibile per me tornare alla normalità sono scappato come faceva Shinichiro per evitare che tu lo sgridassi, sono scappato lontano pensando che così non avresti sofferto ma ho sbagliato. Forse scapperò un’ultima volta, ho trovato la strada che mi condurrà a quello che voglio di più, ma spero che quando ci incontreremo tu voglia nuovamente abbracciarmi come facevi quando ero piccolo.
Ti voglio bene, a presto. Tuo Manjiro.’

 

 

Ken poteva sentire le lacrime che gli rigavano il viso, Manjiro si era sempre sentito così e lui aveva solo aumentato quel senso di colpa che l’altro provava, le parole gli aveva rivolto il giorno della morte di Emma gli erano rimase dentro ricordandogli che aveva sbagliato.
Quel senso di colpo era enorme ma sapeva che ormai Manjiro era libero, ormai era finalmente sfuggito da quel dolore che tanto lo aveva fatto soffrire e finalmente ogni parola gli sarebbe scivolata via, ora era il suo turno di soffrire, era il suo turno di vivere quella vita con quel peso ma lo avrebbe fatto per Manjiro e tutti gli altri.

 

 

2 ANNI DOPO

 

“Alla fine credo di aver trovato la mia strada, so che è inutile continuare a stare qui, non quando tutti se ne sono andati… Mitsuya è in Italia assieme ad Hakkai per la settimana della moda e rimarrà in Europa per qualche altro anno, Pah-chin si è sposato e ora vive con la moglie in Hokkaido dove ha aperto un’agenzia immobiliare assieme a Peh-yan. Takemichi si è finalmente sposato e ora è in viaggio di nozze in America con Hina, e infine Kazutora e Chifuyu hanno deciso di aprire un negozio di animali con tanto di clinica veterinaria a Osaka.

 

Andrò via anche io, ho trovato un lavoro in America, un cliente mi aveva chiesto di riparare la sua moto e aveva pagato lui la spedizione internazionale. Beh alla fine mi ha chiesto di aiutarlo con il suo negozio a Boston, quindi partirò oggi… Sarà una nuova avventura, un po’ come quando ci guidavi ad affrontare una nuova gang o quando avevi deciso di andare al mare con il tuo scooter sgangherato.” Draken sentì gli occhi pizzicare, ma cercò di scacciare quelle lacrime mentre continuava a parlare. “Mi manchi sai? A volte è dura andare avanti sapendo che tu non ci sei più… Però devo andare avanti quindi veglia su di me, ok?” Chiese mentre alzava gli occhi verso il cielo, aveva portato dei fiori rossi sulla tomba dell’amico e dopo averlo salutato si voltò e camminò fino alla sua auto, dopo essere salito mise in moto guidando verso l'aeroporto e iniziando il nuovo percorso della sua vita. Nella tasca del suo haori però continuò a tenere alcune bandierine e la foto sua e di Mikey.

 

 

 

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