4ever

di Lis4_88
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** «0» ***
Capitolo 2: *** «1» ***
Capitolo 3: *** «2» ***
Capitolo 4: *** «3» ***
Capitolo 5: *** «4» ***
Capitolo 6: *** «5» ***
Capitolo 7: *** «6» ***
Capitolo 8: *** «7» ***
Capitolo 9: *** «8» ***
Capitolo 10: *** «9» ***
Capitolo 11: *** «10» ***



Capitolo 1
*** «0» ***


INTRODUZIONE

Prometto che vi rubo pochi minuti di tempo, ci tenevo solo a dire alcune cose prima di lasciarvi alla lettura.
Innanzitutto se siete qui, presumo voi siate dei fan Mallo come me, dato che sono proprio Matt e Mello i protagonisti di questa storia.
Con questa fanfiction ho voluto sfidarmi e vedere se riuscivo a scrivere a distanza di due anni in terza persona, e devo dire che ho vinto, perché sono molto fiera del risultato e di come ho descritto le emozioni, quindi spero apprezziate anche voi :). Inoltre ho fatto una cosa che non avevo mai messo in nessuna delle mie storie, adesso vado a spiegarvela meglio: all'inizio di ogni capitolo, troverete dei versi di una canzone che in qualche modo descrivono e/o raccontano quello che avviene in quel determinato capitolo. Oppure semplicemente l'intera canzone ha un testo che rimanda alle cose raccontate, quindi se riconoscete le canzoni potete anche metterle di sottofondo mentre leggete, per creare l'atmosfera.
Un'ultima cosa e poi vi lascio, come è già detto nelle avvertenze, nella storia sono presenti parolacce e si citano problemi di alcool, droghe, depressione e autolesionismo. C'è anche un piccolo accenno alla disforia. Se siete sensibili a uno o più di questi argomenti, e credete di non riuscire a leggerne a riguardo, vi consiglio di scegliere un'altra storia, perché c'è un capitolo in particolare che potrebbe turbarvi. Non vi preoccupate, ci rivedremo alla prossima! ;).
Fatte tutte queste premesse, vi lascio alla lettura e vi ricordo di farmi sapere con una recensione cosa ne pensate della fanfiction, aspetti negativi o positivi che siano.

Grazie e buona lettura!

-Lisa

 

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Capitolo 2
*** «1» ***


«Return»

•One day it's fine and next it's black
So if you want me off your back
Well, come on and let me know
Should I stay or should I go?•
 

Un raggio di sole filtrava dalla finestra, in quel piccolo spazio libero che la tenda non copriva. La stanza era piuttosto disordinata, con un letto singolo schiacciato sulla parete sotto il lucernario, che fungeva da appoggio a uno skateboard, vari vestiti stropicciati e tantissimi cd con copertine raffiguranti band di ogni genere.
L'ultima cosa presente sul letto era una persona: non troppo alta, capelli bianchi ottenuti da una serata di sbronza in cui dei teenager ubriachi avevano messo le mani sull'acqua ossigenata, una t-shirt nera dei Pink Floyd e dei pantaloni di tuta grigia lunghi fino alle ginocchia. Indossava anche un paio di vans bianche e nere, ma a nessuno sembrava importare che fossero in contatto con le lenzuola. I suoi occhi erano grigi, con sotto un'alone nero sfumato frutto di una matita occhi pagata 5 sterline al discount. Due cerchietti neri pendevano dai suoi lobi mentre un anellino del medesimo colore contornava la parte destra del labbro.
Nate River, soprannominato Near, stava ispezionando due cd che teneva fra le mani, alzandone prima uno e poi l'altro.
«Prendo quello dei Nirvana»
«Ma è il mio preferito!» si lamentò un'altro ragazzo, in piedi a petto nudo davanti la cassettiera posizionata di fronte al letto.
«Mi hai già fatto scartare gli Oasis, i Soundgarden e i Blur. Sono tutti tuoi preferiti!»
«Ti prometto che il prossimo te lo lascio prendere»
Nate sbuffò e ricominciò a ispezionare i dischi sparpagliati sul letto una seconda volta, per scegliere quello che forse il suo amico gli avrebbe finalmente imprestato.
Il suo amico, L Lawliet, sembrava invece indeciso su quale maglietta indossare.
Era in piedi a contemplare i vestiti presenti nel secondo cassetto del comó, mentre si cingeva il mento pensieroso.
Su quel busto mingherlino spiccava un tatuaggio sull'addome: gli ideogrammi giapponesi della parola "killer". Questo non era frutto di una sbronza, il ragazzo se l'era regalato per i suoi 16 anni. Aveva fatto un male cane, ma una volta visto il risultato Lawliet se n'era innamorato e aveva iniziato a girare in crop-top cortissimi.
Aveva una folta chioma di capelli neri come la pece, che quasi gli coprivano gli occhi cerchiati da uno strato spessissimo di ombretto nero e matita del discount. Non aveva piercing come Nate, ma i polsi erano fasciati da bracciali di borchie affilate e indossava almeno un anello per dito. Era già vestito con dei jeans blu fino al ginocchio e un paio di converse nere, ma proprio non riusciva a decidersi sul pezzo sopra.
«L, ti ho visto indossare una t-shirt presa dal mucchio dei panni sporchi per andare al matrimonio di tua zia. Ti stai davvero scervellando per uno skate park?» pronunciò l'ultimo ragazzo presente nella stanza.
«Manco dovessi rimorchiare» aggiunse Near, ancora intento a contemplare i cd.
L'ultimo ragazzo era forse il più particolare del trio: i suoi capelli erano corti e di un color mattone tendente al ramato. Sulla sua chioma erano presenti quelli chiamati goggles, con delle lenti gialle che si abbinavano perfettamente alla capigliatura.
Portava una maglietta rossa della Coca-Cola, molto sbiadita e rovinata. Apparteneva a suo fratello maggiore, che quando partí per l'università lasciò uno scatolone pieno zeppo di abiti, con allegato un biglietto con su scritto: "Lascio i miei beni preziosi al mio amato fratellino, così magari la smette di vestirsi di merda :)" Metà di quei vestiti finirono nella pattumiera.
Sotto la t-shirt portava dei cargo beige pieni di tasche (anche quelli corti visto il caldo che faceva) e ai suoi piedi spiccavano una converse bianca e una rossa.
Il viso era pieno di lentiggini, spruzzate soprattutto sul naso alla francese da cui pendeva un piercing a ferro di cavallo con due palline sull'estremità, chiamato septum. Un'altra pallina gli spuntava dal labbro inferiore, a cui era attaccata un'asta che si concludeva appena sotto le labbra con un'altro tondino. Infine c'era un ultimo piercing nascosto, che diventava visibile solo quando il rosso faceva la linguaccia.
Mail, detto Matt, era seduto davanti lo specchio rettangolare appoggiato sulla parete a fianco il letto. Con un dito tirava verso il basso la rima palpebrale e con la mano libera la colorava di nero con la matita a 5£ che aveva già fatto il giro fra tutti i presenti.
Era uno dei tantissimi pomeriggi  che i ragazzi avrebbero passato insieme. Adesso che il liceo era finito, sentivano di avere la vita in pugno. Ma ovviamente quei tre mesi li avrebbero ancora passati come gruppo, come facevano ogni giorno dai tempi delle medie.
Matt e Lawliet si erano ritrovati in classe insieme, e il primo giorno seduti uno a fianco all'altro si presentarono per la prima volta. Nate arrivò una settimana dopo, introducendosi in un modo abbastanza stravagante.
Mail ed L non avevano fatto neanche due passi fuori dall'aula, quando il primo venne investito da un giovane Near, all'epoca biondo platino. I due si ribaltarono in mezzo al corridoio sotto lo sguardo degli studenti che stavano riponendo i libri nei loro armadietti. Quando Matt ebbe incassato il colpo, notò lo skateboard a pochi centimetri da lui e fissò il ragazzo disteso supino sulle sue gambe.
«Vai in skate? Anche noi!» esclamò indicando prima se stesso e poi Lawliet, ancora impalato sull'uscio della porta.
«Figo» rispose Nate «Venite fuori l'ufficio del preside alla fine delle lezioni»
Come chiamato, dal fondo del corridoio sbucò il dirigente della scuola affiancato da due inservienti.
«Eccolo! River scendi subito da quella tavola!»
Il rimproverato scattò in piedi e afferrò il mezzo a quattro ruote.
«Devo filare, sono Nate comunque»
E detto questo salí sulla tavola e sfrecciò via, inseguito dai tre uomini che probabilmente lo stavamo rincorrendo già da un bel po' viste le loro condizioni.
In quel momento Mail Jeevas decise che lo voleva come amico a tutti i costi.
Ed eccoli lì, dopo 7 anni, che si preparavano nella camera di Lawliet per andare nel posto che rappresentava il fulcro di quella passione comune.
In quel momento, sentirono un urlo echeggiare dalla strada.
«Hey stronzetti!»
Nate lasciò perdere i cd e una volta scostata la tenda spalancò la finestra, sporgendosi in avanti.
«Il tuo ragazzo sta ancora scegliendo una maglietta»
Light sbraitò scocciato e scaglió la sigaretta che stava fumando sul marciapiede.
«Digli che non glie la do per un mese se non si sbriga!»
Udite quelle parole, Lawliet afferrò la prima t-shirt che gli saltò all'occhio e se la infilò con una mano mentre con l'altra afferrava lo skate.
«Andiamo» esortò spalancando la porta.
«Devo ancora mettermi l'eyeliner!» protestò Matt.
«E io non voglio tornare vergine» concluse L sparendo nel corridoio.
Mail sbuffò e afferrò anche lui la sua tavola seguendo l'amico, mentre Nate prima di farlo si cacciò in tasca il cd dei Nirvana. Quando L se ne sarebbe accorto, l'avrà già ascoltato minimo cinque volte.
Light era la classica persona che si poteva definire con lo stereotipo del bad boy: aveva una muscolatura molto sviluppata grazie a ore ed ore passate in palestra, i capelli erano corti e castani leggermente rasati ai lati, e aveva tutte le braccia e i pettorali ricoperti di tatuaggi. Indossava una canottiera nera aderente con sotto jeans strappati e un paio di Air Force, mentre il viso era bucherellato da vari piercing.
Non lo sapevano neanche i suoi amici, come Lawliet fosse finito con un tipo del genere, ma fatto sta che i due erano coppia fissa da quattro anni.
Il giovane corvino aveva solo 14 anni quando vide per la prima volta l'altro ragazzo camminare nel corridoio del loro liceo.
«Chi è quel figo da paura che sta entrando nell'aula di fisica?» aveva chiesto letteralmente con la bava alla bocca.
«Light Yagami, è in terza. Io gli starei alla larga per il bene comune» rispose Nate con tono piuttosto serio.
«Io invece dico carpe diem: a ricreazione va' a parlargli» fu invece il commento di Matt, che Lawliet decise di seguire.
Non si sa come, ma tempo un mese e i due camminavano sul viale per entrare a scuola mano nella mano.
Essendo i tre ragazzi più piccoli sia di età sia di corporatura, Light li aveva presi sotto la sua ala diventando una sorta di "papà" del gruppetto (anche se lui odiava essere chiamato così).
Yagami era la classica persona che gli studenti evitavano nei corridoi, per il suo sguardo minaccioso e la sua stazza da pugile. Faceva quasi ridere, il fatto che il suo cuoricino fosse stato sciolto da un ragazzo magrolino e pallido due anni più piccolo di lui.
Quando il trio raggiunse il castano questo si fiondò verso Lawliet per tirargli un pugno, o almeno così sembrava dal suo sguardo e dalla sua andatura.
«Mezzora per scegliere quella merda?»
Si riferiva alla t-shirt blu con il logo della Nike che il suo fidanzato stava indossando.
«Se tu non fossi un rompi coglioni avrei scelto qualcos'al-»
«Si, si...»
Light afferrò un fianco di L e affondò le sue labbra in quelle del moro che strinse la presa sulla sua nuca, accarezzandogli la chioma color nocciola.
Quando si furono staccati Yagami afferrò il suo skate abbandonato sul marciapiede, e il gruppo sfrecciò ognuno sulla sua tavola per le stradine della città.

***

I pomeriggi allo skate park sarebbero stati l'ultima cosa che quei quattro amici avrebbero definito "noiosa".
Sebbene il posto fosse sempre lo stesso e anche gli attrezzi su cui eseguire i trick erano i soliti, i ragazzi riuscivano ogni volta a escogitare qualcosa di nuovo per divertirsi. Bisognava fare così in quella cittadina: avere fantasia, altrimenti si passavano le estati standosene chiusi in casa a fissare il muro.
Quel giorno, Nate aveva avuto la brillante idea di posizionare varie lattine e bottiglie trovate in giro a pochi centimetri di distanza, e vedere chi sarebbe riuscito a eseguire uno slalom perfetto.
Vinse Matt, che era sempre stato il più bravo a muoversi fluidamente sullo skate.
Dato che L aveva scommesso sulla sua sconfitta, dovette comprargli un pacchetto di Marlboro e un Calippo.
Quando venne sera, i quattro ragazzi si trovavano ancora allo skate park, ormai deserto. Non faceva più tanto caldo e il sole dava i suoi ultimi saluti prima di coricarsi nel suo giaciglio, illuminando tutto il paesaggio con una luce arancione.
Light era seduto per terra con la schiena appoggiata alla parete che si concedeva una sigaretta, mentre Matt era sdraiato su una delle rampe a gustarsi il suo ghiacciolo. Intanto Near ed L facevano avanti e indietro vicino a loro sulle tavole, solo perché altrimenti si sarebbero annoiati.
In quel momento la luce aranciata illuminò due figure, che piano piano stavano avanzando nella loro direzione: una era alta, con dei lunghi capelli neri lasciati cadere sulle spalle e un paio di occhiali rettangolari. Aveva addosso una felpa nera con le maniche tagliate e dei bermuda grigi. L'altro soggetto invece, era decisamente più basso, con i capelli un po' meno lunghi e di un giallo acceso. Portava un gilet marrone senza nulla sotto e dei pantaloni di pelle che fasciavano delle esili gambe. Si poteva notare anche una piovra sul collo del primo e un serpente sulla spalla del secondo.
Il primo ad accorgersi di quella comparsa fu Light, che gettò immediatamente via la sigaretta e scattò in piedi.
Nate ed L se ne resero conto subito dopo, e si immobilizzarono con ancora i piedi sullo skateboard.
«Lo state vedendo anche voi vero?» disse l'albino con gli occhi strabuzzati.
Lo sguardo di Lawliet si spostò incondizionatamente su Matt, che però aveva già visto tutto. Il suo Calippo era diventato una pappetta spappolata sull'asfalto e i suoi occhi sembravano lastre di vetro incrinate. Quelle pupille verdi tremavano leggermente, mentre la pallina del piercing era sparita sotto la morsa dei denti di Mail.
Quando le due figure furono a pochi metri da loro, automaticamente i tre ragazzi formarono una barriera davanti a Matt con Light in testa, che incrociò le braccia muscolose.
«Il ratto è uscito dalla tana» sibilò.
«Non siamo in cerca di problemi» disse quello con i capelli neri mettendo una mano avanti, ma venne ignorato.
«Cosa ci fai qui Mihael?» domandò invece Lawliet, rivolto al giovane che era insieme al corvino.
«È un piacere anche per me rivedervi, cari vecchi amici» parlò il biondo, guardando uno ad uno i presenti.
«Sciacquati la bocca, amici tuoi non lo siamo più» sentenziò Light guardandolo con aria sempre più minacciosa.
Il ragazzo sospirò e si grattò la fronte, sotto lo sguardo vigile di tutti. Sembravano poliziotti pronti a sfoderare la pistola dalla fedina e sparare.
«Matt» disse infine Mihael, una volta chiamato amichevolmente Mello.
Il rosso non mosse mezzo passo dalla sua posizione nascosta dal muro di amici, che si strinse sempre di più una volta pronunciato quel nome.
«Non osare parlargli»
Lawliet pronunciò quella frase con così tanta amarezza e disprezzo, che quasi faceva paura.
«La Germania ti aveva stufato?» chiese Nate con sarcasmo, perché in realtà non glie ne fregava niente.
«Mello é appena tornato a casa-»
«Non stiamo parlando con te, Teru.» Light zittí con una frase l'accompagnatore di Mihael, intento a voler spiegare che il biondo era tornato nella sua città d'origine dopo un soggiorno in Germania di un anno.
«Matt, possiam-»
«Allora mi sa che non capisci proprio...»
Light fece un possente passo avanti, finendo petto contro petto con Mihael, che non lo raggiungeva di 20 centimetri buoni. I due si stavano praticamente strangolando con lo sguardo, e il campanello di allarme si accese quando Mello posò lo skate che stava tenendo sottobraccio. Se c'era una cosa, forse l'unica, che quei due avevano in comune era la tendenza a scaldarsi troppo velocemente.
«Calmiamoci per favore» disse Mikami, appoggiando una mano sulla spalla dell'amico.
Il modo migliore per descrivere il tipo di amicizia che avevano quei due era raccontare come si erano conosciuti.
Primo anno di liceo, poltrone posizionate fuori l'ufficio del preside. Teru aveva imbrattato i bagni e Mihael steso un ragazzino.
«Sei quello che ha scritto "La prof Lidner è una zoccola" sulle porte dei bagni al secondo piano?» aveva chiesto il biondo.
«In persona» fu la risposa di Teru «mi ha messo 4 nel saggio in cui parlavo della giustizia»
Ci fu un attimo di silenzio e poi: «Tu che hai fatto?»
«Ho tirato un pugno a uno stronzetto che ha provato a superarmi alle macchinette»
«Semplice ed efficace. Mi piace»
I due si guardarono e stranamente si sorrisero, cosa che non facevano spesso e che quindi bastó per sancire l'inizio di quella strana amicizia.
«Light, non ne vale la pena» concordò L avvicinandosi al suo ragazzo e facendolo indietreggiare. Era l'unica persona capace di farlo, anzi, l'unica a cui il castano dava retta.
«Mihael, sai bene che non sei più il benvenuto» aggiunse Nate incrociando le braccia «Quindi per favore, vattene e cerca di starci alla larga»
Il biondo posò lo sguardo su Matt, di cui si intravedeva solo la chioma ramata dietro le spalle dei suoi amici.
Restò qualche secondo in silenzio, forse sperando che il rosso dicesse qualcosa, e dopo riprese lo skate e se andò insieme a Teru.
«Questa non ci voleva» disse L mentre fissava ormai due puntini neri lontani da loro.
«Se quella testa di cazzo prova ad avvicinar-»
Light si interruppe quando vide Mail con il volto rigato dalle lacrime, ancora pietrificato nella sua posizione diritta. Sembrava quasi imbalsamato, con gli occhietti doloranti, due lunghe gocce d'acqua che scendevano sulle guance e la bocca stretta in una morsa.
«Matty, lascialo perdere» lo consolò Nate avvolgendogli un braccio attorno alle spalle «Ci siamo noi qua a proteggerti. Mihael non ti farà di nuovo del male»
Risvegliato dal coma, Mail si asciugò di corsa le lacrime con l'avambraccio e afferrò il suo skate, per poi incamminarsi di corsa verso casa.
«Sto bene. Ho...ho bisogno di pensare»
L fece mezzo passo avanti per fermarlo, ma venne stoppato da Light che lo guardò e scosse la testa. Sapeva che Mail aveva decisamente un milione di cose a cui pensare in quel momento, e altrettante su cui riflettere.
Il ramato percorreva le strade della città ormai buie, con lo skate sotto braccio e una mano nella tasca dei jeans. Guardava solo i suoi piedi muoversi, con le converse che avanzavano prima con un colore e poi con un'altro.
Forse Matt era cosciente della strada che stava prendendo, forse fu solo una brutta coincidenza, ma si ritrovò davanti la saracinesca di un vecchio bar chiuso da secoli. Un'enorme cuore giallo realizzato con una bomboletta racchiudeva il suo nome, questo fatto con dello spray rosso e con una grafia molto larga e ondulata, tipica dei graffiti.
Lo skate cadde dalle braccia di Matt, che pianse. Pianse e si strinse forte il polso sinistro, in cui un piccolo 4 era inciso sulla sua pelle. Si ricordò di quella serata fuori dalle righe, in cui dopo una (o due?) sigarette speciali lui e Mihael si erano armati di ago e china e tatuati la scritta "forever". Mello disse che voleva assolutamente avere "ever" sul polso, ma fece male i calcoli e usò troppo liquido così Matt dovette farsi un 4 con la poca china rimasta. L'importante era che la pronuncia e il significato fosse lo stesso.
E gli tornò alla mente anche di quella sera in cui il biondo lo fece camminare con gli occhi tappati per venti minuti buoni, e alla fine all'urlo del suo "Taaa-daaa!" vide il graffito con il suo nome.
Così l'amore tra lui e Mihael sarebbe stato impresso in quella città e nella loro pelle, se solo il biondo non fosse andato a quella festa.

 

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Capitolo 3
*** «2» ***


«Lo(v)(s)ers»

•Whatever happened to the young, young lovers?•
 

La prima volta fu durante un'ora di matematica del secondo anno di liceo.
Matt stava seguendo come meglio poteva, anche se equazioni e calcoli in generale non erano mai stati il suo forte.
Lawliet seduto alla sua destra e Nate dietro di lui, che erano occupati a una lotta a chi scaglia più palline di carta all'altro. Il rosso guardava fuori dalla finestra il parcheggio sottostante, dove andavano e venivano macchine di professori pronti a iniziare la giornata lavorativa. Era settembre, l'anno era appena iniziato e si sentiva il cambiamento nell'aria.
Mentre la professoressa stava spiegando come trovare una determinata x, la porta si spalancò senza troppe cerimonie, facendo entrare un ragazzo dai capelli biondi. Mail provò quello che viene comunemente chiamato "colpo di fulmine".
Quel fisico magro ma ben impostato, i capelli splendenti come il sole che quel giorno erano legati in un codino e i vestiti attillati che lo facevano sembrare un modello. E quegli occhi, com'erano belli: azzurri come il mare, in cui ci saresti sprofondato dentro. E Matt lo fece, venne ipnotizzato da quel ragazzo che aveva appena varcato la soglia della sua aula.
Quest'ultimo si stava guardando intorno parecchio disorientato, sotto lo sguardo confuso della professoressa e di tutta la classe.
Nel mentre sondava lo spazio intorno a lui, i suoi occhi si posarono su quelli verdi del ramato, e anche per lui fu colpo di fulmine. Era come se in quel momento una saetta invisibile li avesse uniti, facendoli andare in cortocircuito. 
«Ti serve qualcosa?» chiese l'insegnante rompendo il silenzio.
«Credo...credo di aver sbagliato aula» rispose il ragazzo ancora fermo a guardare quegli smeraldi che lo stavano penetrando.
«Mi dici il tuo nome e la tua classe?»
«Mihael Keehl, sono in seconda F»
Finalmente (anzi, purtroppo) il biondo si voltò per guardare la professoressa, spezzando quel contatto visivo che sembrava sarebbe durato per sempre.
La professoressa lesse rapidamente un foglio estratto da una cartella e a un certo punto indicò una cosa scritta sul pezzo di carta.
«Sei nell'aula 15, al secondo piano»
«La ringrazio» disse Mihael, e prima di andarsene diede un'ultima occhiata al ragazzo dagli occhi verdi.
«Sono innamorato» fu la prima cosa che disse Jeevas quando la docente uscì dall'aula.
«Ti prego dimmi che non stai parlando di Mihael Keehl, quello ha più sospensioni che capelli» aveva detto Nate.
Nessuno dei suoi amici aveva mai capito come mai Near fosse sempre a conoscenza di ogni difetto o scoop che riguardava qualsiasi studente. Sembrava avere occhi e orecchie ovunque.
«Bhe devo ammettere che se non stessi con Light me lo farei anch'io» disse L mentre apriva il suo solito succo alla pesca comprato alle macchinette.
Se Matt aveva ascoltato poco la prima ora di matematica, in quelle successive era proprio su un altro pianeta. Un pianeta dai capelli biondi e gli occhi azzurri.
E fu così che a fine lezioni, invece di dirigersi verso la porta per uscire dall'edificio, Mail Jeevas fece i gradini due a due per raggiungere il secondo piano.
Arrivò giusto in tempo sulla soglia dell'aula 15 per vedere Mihael che aveva appena finito di impacchettare le cose nel suo zaino per andarsene.
«Ciao» disse semplicemente il ramato con un'enorme sorriso.
«Ciao» aveva risposto Keehl, con quello che per i suoi standard era un sorriso.
«Facciamo la strada insieme?»
«Certo»
E dopo poche settimane non era più "il ragazzo dagli occhi azzurri che aveva sbagliato aula" o "il ragazzo dagli occhi verde smeraldo", ma erano Mihael e Mail. Matt e Mello.
La coppia di fidanzati che era sulla bocca di tutta la scuola. Gli studenti erano sorpresi dal fatto che una testa calda come Mihael avesse trovato l'amore, soprattutto in un pezzo di pane qual era il rosso.
Matt presentò il suo fidanzato al suo gruppo di amici, che lo accolse con la giusta calorosità con cui si accoglie una persona rinomata per tirare cazzotti a chi gli dava fastidio.
Anche Mello presentò i suoi amici, anzi, il suo amico a Mail. Teru non é uno di quelli che fa proprio una bella impressione a prima vista, e in realtà neanche conoscendolo risulta proprio simpatico. Ma Matt se lo fece andare a genio per non creare disguidi col suo ragazzo e stessa cosa fece Mikami. Convivevano in armonia per il bene comune.
La loro storia sembrava idilliaca: passeggiate mano nella mano, giri in skate, ore passate in camera ad ascoltare la musica, truccarsi a vicenda, studiare assieme, giocare ai videogame e scambiarsi effusioni amorose. Piercing e tatuaggi fatti insieme, pianti fatti insieme e soprattutto tantissime risate. Tutti a vederli avrebbero detto: «Sono fatti proprio l'uno per l'altro» ed era vero. Il carattere burbero, permaloso e aggressivo di Mihael si incastrava alla perfezione con quello solare, gentile e generoso di Mail. Erano i due pezzi che completavano un puzzle meraviglioso.
Dopo quasi due anni di relazione sembrava andare tutto a gonfie vele, e sarebbe stato così se non fosse esistita Misa Amane.

***

Era la fine del quarto anno di liceo, e gli studenti avevano già buttato i libri in un cassetto e iniziato a balzare ore di scuola. L'estate era dietro l'angolo e tutti volevano solo divertirsi e dimenticarsi dello studio per tre mesi.
I nostri due protagonisti, quella mattina erano a casa di Matt, distesi nel suo letto. Il sole mattutino brillava e illuminava la stanza con una luce radiosa, accompagnata dal suono del ventilatore posizionato in un angolo che sparava aria gelida.
I fidanzati erano entrambi a petto nudo, con il sotto coperto solo da dei pantaloncini di tuta. Le loro magliette erano buttate per terra insieme a due paia di converse di tre colori diversi, e c'era anche uno zaino mezzo aperto con dentro dei libri, un asciugamano e una boccetta di profumo.
Mihael era accoccolato sul fianco di Matt, cingendogli la vita scoperta e appoggiando la testa sulla sua spalla. Teneva gli occhi chiusi per la troppa luce, che gli dipingevano un'espressione rilassata sul viso, accompagnata da un piccolo sorriso a cui solo Mail aveva il piacere di assistere.
Il rosso contornava la spalla di Mello col suo braccio mentre con l'altro teneva ben in alto una rivista per teenager riguardante skate, moto e altre cose che gli interessavano particolarmente.
La coppia aveva spesso momenti del genere, e secondo entrambi erano i più belli in assoluto. Erano solo loro, racchiusi nel loro amore manifestato con pace e serenità.
«Misa organizza una festa stasera, per la fine dell'anno» aveva detto a un certo punto Mihael «Ci andiamo?»
«Mels sai che non posso» fu la risposta del fidanzato «Devo studiare per i recuperi»
Il biondo mugugnò e si accoccolò ancora di più al busto di Matt.
«Ma studi sempre in questi giorni. Quasi non usciamo più...»
Il rosso lasciò la rivista sul letto e abbracciò il corpo mingherlino di Mello, stringendolo forte a sé.
«Lo so amore, ma rischio di essere rimandato. Finiti gli esami sarò tutto per te»
Il biondo stavolta grugnì e scostò con poca delicatezza le braccia del ramato, liberandosi dall'abbraccio.
«Certo certo»
Si mise a sedere sul bordo del letto e si infilò i calzini bianchi lasciati per terra.
«Che ti prende adesso? Mels non posso venir-»
«Sì, sì venir rimandato ho capito. Speravo solo di poter passare più tempo possibile col mio fidanzato prima di partire»
Si alzò di scatto facendo fallire un tentativo di Matt nell'afferragli il polso e ripescò da terra la maglietta marrone con disegnate delle palme nere sopra.
«Mels sebbene io studio ci vediamo comunque! Certo, non spesso quanto prima ma abbi pietà di me. Credi che non voglia vederti prima che tu te ne vada via per tre mesi?»
Adesso anche Mail si era messo a sedere sul letto e parlava alla schiena del suo ragazzo, che stava rimettendo a posto le cose nello zaino.
«Devo andare» disse solamente afferrando le converse e caricandosi la borsa in spalla.
«Vuoi davvero litigare i giorni prima di partire?!» fu l'ultima cosa che esclamò Matt prima che gli venne sbattuta la porta in faccia.
«È proprio una gran testa di cazzo» aveva detto Jeevas poche ore dopo, mentre cercava in tutti i modi di restare concentrato sullo studio.
L lo ascoltava in silenzio dal letto, mentre rovistava tra i DVD del rosso, cercando qualche film di suo gradimento.
«Insomma cosa vuole? Che mi faccia bocciare per stare con lui? Lo so che va tre mesi in Germania ma-»
«Matt»
Lawliet si mise a sedere sul letto e fissò l'amico con quei suoi occhi profondi.
«Lo sai che Mihael è strano, non manifesta l'amore come le persone normali. È un suo modo per dimostrarti che vuole stare con te il più possibile, ma so anche che non vuole tu venga bocciato»
Mail lo guardò qualche secondo e poi annuí, tornando sul suo libro di testo.
«Vedrai che finiti gli esami sarà felicissimo per te e passerete queste ultime settimane insieme»
L non poté vederlo in quanto l'amico era di spalle, ma Matt sorrise a quell'affermazione che gli mise un po' il cuore in pace.
I due fidanzati non si sentirono per tutto il giorno, perché Mail sapeva che quando il suo ragazzo si incazzava aveva bisogno di sbollire la rabbia standosene distante.
Quella sera, forse perché voleva andarci, o forse per ripicca, Mihael raggiunse la villetta in periferia in cui la festa di Misa era già entrata nel vivo. La ragazza biondo platino era forse una delle più popolari del liceo, rinominata per la sua bellezza e in modo un po' meno positivo, per la facilità con cui andava coi ragazzi.
Ovviamente Mello aveva chiesto a Teru di andare con lui, che domandò in cambio tutte le videocassette con i documentari sui serial killer che aveva suo padre. Era chiaro a tutte le persone presenti alla festa che Mihael era stato in qualche modo costretto a venire, perché parliamoci chiaro: odiava le feste e odiava sentirsi inferiore, quindi voleva in qualche modo dimostrare a Matt che poteva divertirsi anche senza di lui. Una delle più grandi menzogne mai esistite.
Infatti per tutta la serata quando il biondo incrociava qualcuno di sua conoscenza questi sgranava gli occhi ed esclamava: «Mello, non pensavo venissi! C'è anche Matt?»
La casa era stracolma di persone che ballavano a ritmo della musica sparata dalle casse, tutte quante con un bicchiere in mano.
Mihael e Teru si fecero strada tra la folla e raggiunsero un angolo vicino ai tavoli dove la massa si era smaltita, dato che nessuno voleva rischiare di rovesciare la ciotola con il famigerato punch all'arancia.
«Ho bisogno di bere» aveva detto Mello sovrastato dalla musica, prendendo il mestolo e versandosi una dose abbondante nel bicchiere.
«Problemi con la dolce metà?» chiese Mikami prendendo anche lui una bella dose della bevanda alcolica. Lo sapevano in pochi, ma Teru proprio non reggeva l'alcool.
«È una gran testa di cazzo»
Mihael buttò giù il liquido all'arancia tutto in un sorso e se ne versò subito un altro bicchiere.
«Non voglio passare le ultime settimane che starò qui senza di lui. Non lo rivedrò per tre mesi»
E anche il secondo bicchiere era andato. E ce ne fu un terzo, un quarto, un quinto e via dicendo fino ad arrivare alle due cifre.
A differenza del suo amico, il biondo reggeva gli alcolici, ma anche il suo corpo aveva una linea che non si poteva oltrepassare. E il punch l'aveva appena superata.
«Mihael ma che piacere averti qui!» squittì Misa sbucando dal nulla, appoggiando una mano sulla spalla della persona interpellata.
«Oggi sei senza il tuo ragazzo? Non dirmi che non state più insieme!» il tono di Misa si poteva riassumere semplicemente con: falso, irritante. A quella bionda non sarebbe fregato un cazzo se i due ragazzi si fossero mollati, anzi, non vedeva l'ora di poter saltare tra le gambe del biondo.
«Non sono dell'umore Misa» disse proprio quest'ultimo scostandole la mano e provando ad allontanarsi, senza riuscirci perché la testa gli girava e sentiva i suoni ovattati. Barcollò per pochi centimetri e poi si prese il cranio fra le mani.
«Mihael é tutto ok? Vuoi sdraiarti?»
Le mani della ragazza erano di nuovo sulle sua spalle e iniziarono a guidarlo verso il piano di sopra. Dopo poco Mello si sentì gettare su un materasso e poté riconoscere le sembianze di una camera da letto. La musica era più lontana ma tutto il frastuono adesso si trovava nella sua testa.
«Misa...dove-»
«Shhh, non parlare»
Mihael riconobbe il peso di qualcuno seduto sul suo stomaco, e un viso tondo e sorridente comparve nella sua visuale.
«Ti sentirai meglio fra poco»
E senza neanche accorgersene, aveva due labbra posate sulle sue. Sapevano di fragola, non di tabacco come quelle del rosso.
E proprio in quel momento, il suo amato rosso aveva appena spalancato la porta della casa iniziando a chiedere ai presenti «Mihael è qui?»
Gli fu indicato di salire al piano di sopra e così Matt fece. Gli fu detto che forse era nella camera dell'ultima porta a destra, e così Mail andò ad aprirla. Non gli fu detto che l'avrebbe trovato accasciato sul letto, mentre si baciava con Misa distesa sopra di lui. Non lo avvertirono neanche che quella visione gli avrebbe spezzato il cuore, per usare un diminutivo, che gli avrebbe fatto mancare l'aria nei polmoni e che l'avrebbe fatto scappare fuori l'abitazione.
«Matt, Matt fermati ti prego!» strillava Mihael barcollando mentre lo inseguiva nel cortile.
«Matt per favore ascoltami!»
«VAFFANCULO MIHAEL»
Il rosso camminava a grandi falcate, mentre quasi non riusciva a parlare per via delle troppe lacrime e dei troppi singhiozzi.
«Matt...Matt!»
Il biondo allungò un braccio ma il potere dell'alcool glie lo fece pesare come un gesto troppo impegnativo, e così si ritrovò per terra.
«Amore...amore fermati...»
Anche le guance del biondo erano solcate di lacrime, mentre sentiva l'erba umida sotto di lui e ancora la musica che proveniva dall'edificio didietro.
Non stava capendo assolutamente nulla, il suo cervello corroso dal punch non riusciva ad assimilare così tante informazioni. Sapeva però che aveva frantumato il cuore del suo rosso, e che se questo fosse uscito dal cortile, l'avrebbe perso per sempre.
«Mail fermati ti prego!»
Un'ultimo urlo disperato cercando di rialzarsi, quando stava vedendo la figura del suo fidanzato vorticare mentre lo fissava con gli occhi distrutti dal dolore.
«Mihael guardati» disse disgustato «Sei ubriaco fradicio»
«Matt...per favore, fammi spiegare»
Il biondo si rialzò lentamente pulendosi la faccia dalle lacrime e dal terriccio.
Tutto girava, tutto urlava dolore e disperazione e sentiva che oltre ad aver appena tradito il suo fidanzato stava anche per vomitargli addosso.
Matt tirò su col naso, rivolgendogli un'ultima e struggente occhiata piena di rammarico.
«Divertiti in Germania. Quando torni, non mi venire a cercare»
E detto quello se ne andò correndo, piangendo e urlando in mezzo alle strade deserte, mentre il suo...ex fidanzato piangeva e urlava accasciato sul prato.
Dopodiché Teru corse in soccorso di Mello e Matt corse in aiuto a casa di Lawliet. Nei giorni successivi Mihael andò ogni giorno fuori casa del rosso, e questo ogni giorno gli sbatté la porta in faccia.
Il biondo riempí lo zerbino e la cassetta postale di lettere e messaggi, in cui supplicava di perdonarlo, e il rosso li gettò nel fuoco.
Mihael partí per la Germania con il cuore in pezzi, scrivendo una sola e unica lettera a Nate, per evitare che venisse bruciata, in cui disse di avvisare l'amore della sua vita che non sarebbe più tornato.

 

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Capitolo 4
*** «3» ***


«Die Hard and to love»

•Secrets I have held in my heart
Are harder to hide than I thought
Maybe I just wanna be yours
I wanna be yours•
 

Al mattino dopo a Matt sembrava tutto un brutto sogno, ma purtroppo (o per fortuna?) non lo era.
Il ragazzo che ha amato e per quanto odiasse ammetterlo, amava ancora, era ritornato in città dopo un anno di sparizione. Mail avrebbe voluto tirargli un pugno sul viso e poi baciarlo, avrebbe voluto urlargli addosso tutto il dolore che gli aveva causato e poi perdersi nelle sue braccia. Lo amava, lo odiava.
Dopo sì e no un ora di sonno, Jeevas si stropicciò gli occhi consumati dal pianto e si tirò a sedere sul materasso. La sveglia segnava le nove e mezza, che per un teenager in piene vacanze estive era ancora presto.
Decise di prendersela con calma e andare a farsi una doccia, per sciacquare via la puzza di fumo delle sigarette che si era fatto quella notte e il pensiero di Mihael a pochi isolati da casa sua.
Aveva in programma una sorta di colazione-brunch-pranzo con gli altri amici, indicato con tutti questi termini perché i ragazzi lo facevano appena svegli, che però per loro significava verso le undici di mattina.
Indossò dei pantaloni corti di tuta dello stesso colore dei suoi capelli e una canotta nera larga abbinata con qualche catena. Avrebbe voluto truccarsi ma sentiva di non averne le forze. L'identità di genere per Matt era sempre stato un enorme punto interrogativo: gli piaceva truccarsi? Si. Aveva quasi sempre lo smalto alle unghie? Ovviamente, e lui si sentiva un gran figo così. O una gran figa? Non lo sapeva, ma sapeva che non voleva stare senza la sua matita nera e il suo eyeliner.
Armato di skateboard e sigarette, uscì di casa chiudendosi la porta alle spalle e con in testa un vecchio proverbio: "il mattino ha l'oro in bocca".
Il suo sole mattutino però aveva in bocca una Marlboro e di oro c'erano solo i suoi capelli.
«Che cazzo vuoi Mihael?» chiese immobilizzandosi a metà del viale ciottolato.
«Parlare» rispose il suo ex fidanzato buttando fuori un'enorme nuvola di fumo.
«Non abbiamo nulla da dirci»
Il rosso iniziò a camminare in direzione opposta al biondo, e sarebbe riuscito a salire sulla sua tavola e sfrecciare via se non fosse stato afferrato bruscamente per un polso.
«Matt...per favore»
E come fosse stata la prima volta, i loro sguardi si incatenarono. A entrambi sembrò di ritornare in quell'aula, durante l'ora di matematica. Sentirono che la saetta che li aveva fatti innamorare, li stava ancora fulminando.
«Io non ho niente da dirti, se non che non voglio più vederti» sputò Mail con le pupille che tremavano sotto quello sguardo così difficile da sostenere.
«Io invece ho un sacco di cose da dire» rispose Mihael senza mollare la presa dal suo polso e facendo sprofondare ancora di più i suoi lapislazzuli negli smeraldi di Jeevas.
«Non voglio essere odiato da te Matt»
«Bhe, missione fallita caro»
Il ramato fece per andarsene ma Mello lo strattonò bruscamente facendolo scendere    dalla tavola.
«Ascoltami ti prego. Lo sappiamo entrambi che ho sbagliato e te l'ho ripetuto un milione di volte, come ti ho ripetuto un milione di volte che ti amo e che -»
«Lasciami andare, Mihael»
Il rosso scandì quelle parole con così forza e con i denti così stretti che fecero venire un brivido lungo la spina dorsale dell'ex fidanzato. Mello rimase così spiazzato che mollò la presa, mentre i suoi rubini si incrinarono leggermente.
Matt lo guardò un'ultima volta con un disprezzo che si riserva a davvero poche persone, e poi iniziò a spingere sul marciapiede per prendere velocità con lo skateboard.
«Non è finita qui Jeevas!» urlò Mihael alle sue spalle «Tornerò da te!»
Intanto Mail si asciugò le lacrime che stavano iniziando a scendergli sulle guance e aumentò la velocità per cercare di seminare quegli avvertimenti.
«Sai che minacciandolo non risolverai la situazione?»
Mikami sbucò da dietro l'angolo della casa a fianco, intento a fumare anche lui una sigaretta.
«Ho bisogno che mi perdoni Teru» biascicò Mihael, ancora fermo a fissare la strada dove poco prima il rosso si stava allontanando in skate.
«So che non tornerà mai con me, e me lo merito. Ma ho bisogno di sapere che mi ha perdonato»
La sua voce era rotta da diversi singhiozzi e due lacrime iniziarono a scendergli per le guance.
Teru non era un campione nello sport "consolazione degli amici", così si limitò a circondargli le spalle con un braccio e dire: «Lo farà Mels, dagli tempo»
E per ora a Mello quelle parole bastavano, perché aveva bisogno di aggrapparsi anche a una sola e minuscola speranza, per non far ricapitare quello che successe in Germania.

***

Jeevas arrivò fuori il bar in cui ormai lui e i suoi amici erano clienti abituali. Più che altro era una sorta di tavola calda, di quella con i tavoli messi a file in cui le sedie sono delle lunghe poltrone con lo schienale alto. C'è anche un bancone con gli sgabelli pieni di uomini che mangiano qualcosa prima di tornare al lavoro, mentre una cameriera fa su e giù per versare loro il caffè bollente da una caraffa.
Matt spalancò la porta di vetro del locale facendo suonare la campanellina e individuò subito il suo gruppo seduto al solito tavolo.
«Non ci posso credere che tu l'abbia preso senza dirmelo!» stava farneticando L quando Mail si avvicinò.
«Mi dispiace ok? Domani riavrai i tuoi Nirvana del cazzo» rispose Nate incrociando le braccia.
«Matt grazie a Dio, stavo per soffocarli con i tovaglioli» esclamò Light in tono disperato quando il ramato prese posto vicino a Near.
Arrivò subito una cameriera che segnò le ordinazioni di tutti, che consistevano principalmente in pancake o bacon e uova.
«Mihael era fuori casa mia stamattina»
L'affermazione venuta dal nulla del rosso fece irrigidire tutti, che si zittirono subito e lo guardarono con gli occhi fuori dalle orbite.
«Lui era dove?» chiese dopo un po' L incredulo.
«Scommetto che si è accampato con la tenda e il binocolo» commentò Nate con disprezzo.
Light sembrava sul punto di ribaltare il tavolo, ma incanalò la rabbia in una risata sprezzante.
«Che ti ha detto?» domandò Lawliet aggrappandosi al tavolo e risultando parecchio insistente.
«Niente di che...il solito...»
Matt non aveva proprio la voglia di ripensare a quell'incontro, o in generale non voleva parlare della persona che più l'aveva ferito al mondo mentre faceva colazione con i suoi migliori amici. Solo che Mihael era anche la persona che Mail amava di più al mondo, ed era parecchio seccante il fatto che queste due definizioni coincidessero.
Tutti lo sapevano, gli studenti, i loro amici, le loro famiglie. Soprattutto quella di Jeevas, che avevano subito notato come il biondo avesse rapito il cuore del loro principe.
Un'evento divertente che spiega questa situazione, avvenne nel periodo in cui i due si stavano frequentando.
Mihael suonò il campanello di casa Jeevas e il rosso venne ad aprirgli, esaltato all'idea di uscire col ragazzo che gli piaceva.
«Hey...prendo la giacca e andiamo» farfugliò tutto rosso come un bambinetto dell'asilo «Tu intanto accomodati pure»
Allargò il braccio per invitarlo ad entrare, cosa che Mello fece e si piazzò davanti la porta come se fosse spaventato nel fare un passò in più. Sebbene non si vedesse, anche lui stava dando di matto all'idea di uscire con Mail e aveva tenuto almeno un ora Mikami al telefono strillando: «Devo prendere una caramella all'arancia o una alla menta?! Sai...nel caso ci baciassimo...Tu che sapore preferiresti sentire in bocca?!»
Il rosso era sparito al piano di sopra, cosa che fece domandare a Mello come mai tenesse la giacca in camera e non sull'appendiabiti come tutti i membri della sua famiglia. Se così fosse stato il ragazzo l'avrebbe afferrata subito e sarebbero potuti uscire, invece ora Mihael era intrappolato in una gara di sguardi con la sorellina del suo amato.
Linda, all'epoca di soli 10 anni, stava pettinando i capelli a una bambola seduta sul divano, mentre scrutava Mello con quegli occhietti vispi color verde scuro.
Fa ridere dirlo, ma il biondo era davvero terrorizzato da quella bambina.
«Sei il ragazzo di cui mio fratello è innamorato?» chiese a un certo punto la piccola, facendo saltare il cuore di Mihael di almeno tre battiti.
«Ecco...io...»
«Non l'ho mai visto così felice. Se è felice quando ci sei tu è perché è innamorato giusto?»
Grazie a Dio la persona protagonista di quella conversazione arrivò di corsa dalle scale reggendo una giacca in pelle color cammello. Davvero orribile, ma agli occhi di Mello sul rosso stava bene tutto.
Le frasi dette da quella stupida ragazzina non fecero dormire il biondo per tre notti, ma capí cosa significava "essere innamorati" quando una settimana dopo lui e Matt si diedero il primo bacio.
Non fu niente di stravagante, anzi, durò un millesimo di secondo. I due in realtà si sarebbero voluti spogliare a vicenda la prima volta che si videro, ma col passare del tempo il compito di svolgere quel piccolo passo iniziò a pesare sui due. Entrambi lo volevano, ma nessuno agiva: Matt era troppo timido e Mello troppo orgoglioso.
Ma finalmente in una giornata di pioggia in cui i piccioncini erano rintanati nella camera del rosso, questo si fece coraggio e si disse "ora o mai più".
Stava mettendo lo smalto alle unghie di Mihael, che si stava lamentando di qualcosa di stupido che però l'aveva fatto parecchio incazzare, mentre Matt teneva gli occhi incollati sul suo viso che reputava meraviglioso.
Appena il biondo alzò lo sguardo per vedere se lo stesse ascoltando, Mail si fiondò sulle sue labbra e le sfiorò giusto il tempo necessario per sentirne il sapore: cioccolato fondente.
Quando si staccò Mihael lo guardò incredulo e Jeevas sentì le guance prendere fuoco.
«S-scusami...credevo-»
«Fallo di nuovo»
«Come?»
La mano di Mihael era ancora ferma a mezz'aria e smaltata per metà, e quella di Matt ancora che reggeva il pennellino impregnato di prodotto per unghie.
«Ti ho detto baciami ancora, idiota»
«N-ne...s-sei sicuro?»
«Oh cristo santo»
Mello fece uno scatto in avanti e imprigionò le labbra del rosso tra le sue afferrandogli con la mano mezza smaltata la guancia. Mail sgranó gli occhi e fissò la capigliatura brillante del suo amato per qualche secondo, dopo di che si rilassò e si immerse nel bacio chiudendo gli occhi. La boccetta di smalto e il pennellino finirono sul materasso, imbrattandolo completamente, e facendo diventare tutta nera la mano di Mihael che teneva appoggiata sul ginocchio del rosso.
Le loro labbra si intersecavano a vicenda, le loro lingue si inseguivano in vortici e piroette e i loro sapori si mischiavano formando un'aroma al tabacco fondente.
Era tutto troppo perfetto per essere vero, infatti in quell'istante la porta si spalancò e Linda fece la sua entrata trionfale.
«Matt hai preso tu....perché il tuo materasso è sporco di smalto?»
I due ragazzi, con ancora Mihael proteso verso Mail con la mano sulla sua guancia, la guardarono in silenzio e rossi come pomodori. Più che altro, Mello la stava fulminando con lo sguardo. Quella bambina sarebbe diventata il suo incubo.
«Linda bussa prima di entrare!» esclamò il rosso scotando Mihael «E qualsiasi cosa tu abbia perso non l'ho presa io! Ora vattene!»
Agitò il braccio facendo praticamente scappare la bambina in lacrime, che strillò "Mammmaaaa" per tutto il corridoio.
«Sei proprio uno stronzo» disse Mihael con un ghigno.
«Sta zitto che ti ho fatto un favore» rispose Matt prima di riunire le loro labbra e spingere il biondo sul materasso, mettendosi sopra di lui.
Si, erano innamorati.
E Mail lo sapeva, mentre mangiava le sue uova strapazzate e le sue fette di bacon. Ma il rammarico per c'ho che il biondo gli aveva fatto gli pesava sul cuore come un mattone: era come se vedesse la figura di Mihael perfetta, ma con una sola ed enorme crepa che proprio non voleva rimarginarsi.
«Parlando di cose serie» esclamò Nate indicando con la forchetta tutti i componenti del tavolo.
«É uscito Die Hard al cinema. Light ci passi a prendere tutti alle otto?»
«Perché dai per scontato che io voglia venire a vederlo?»
«Perché L mi ha detto che stravedi per Bruce Willis»
Il castano si voltò verso il fidanzato con l'espressione da "ma perché cazzo glie l'hai detto" e questo si giustificò con un: «Scusa amore, mi è scappato»
Il tavolo rise e venne deciso che Light con il suo famigerato pick-up sarebbe passato a prendere tutti gli altri ragazzi, per dirigersi verso il cinema della cittadina.
«Matt, sai che probabilmente ci sarà anche...lui» disse Lawliet marcando bene quella parola.
In quel paesello essendoci solo una scuola per ogni grado, i ragazzi si conoscevano tutti e frequentavano tutti gli stessi posti per divertirsi. I quattro amici conoscevano ogni singola persona che incontravano allo skate park, perché magari ci avevano fatto insieme la terza media o la quinta elementare. Il cinema era sempre stato il luogo preferito da tutti, e ogni volta che veniva lanciata una nuova pellicola praticamente si svolgeva una mega reunion di vecchi compagni nelle sale.
Quindi era sicuro che anche il biondo e Mikami si sarebbero presentati, in quanto il primo fosse un fan accanito dei film d'azione.
«Per Die Hard farò un sacrificio» rispose Matt sorridendo falsamente e bevendo il suo succo d'arancia. Avrebbe fatto un enorme sacrificio, perché vedere il biondo provocava emozioni troppo sbagliate in lui.

***

Per quella sera, il rosso decise di mettersi in ghingheri. Per Mihael? Si, ma non lo avrebbe ammesso neanche con una pistola alla tempia.
Indossò un crop top nero attillato che faceva intravedere i giusti centimetri di stomaco, e dei jeans cargo lunghi color verde militare abbinati con degli anfibi. I bracciali e le collane aggiunsero un tocco di classe, ma la vera ciliegina sulla torta era il trucco semplice ma d'effetto: gli occhi cerchiati di nero con una sottile linea d'eye-liner, le guance leggermente colorate di rosa dal blush e un'illuminante caldo messo nei punti giusti per far brillare quel bel viso che si ritrovava.
Scese di casa attirato dalla musica a palla che fuoriusciva dalla vettura di Light, parcheggiata davanti il vialino.
«Ma come siamo belli stasera!» esclamò il guidatore, con il suo fidanzato seduto a fianco.
«Hai intenzione di tornare a casa con qualcuno Jeevas?» disse quest'ultimo, ricevendo in risposta un dito medio smaltato di nero.
Il ramato salí sul rimorchio dell'auto, dove era già presente Nate con una sigaretta in mano che puntualmente Matt gli rubò.
Aveva bisogno di nicotina per affrontare la serata.
Il cinema era pullulo di persone, tutte vecchie conoscenze o fratelli dei compagni di classe di Linda.
La sala proiezioni era ancora chiusa, e l'atrio al di fuori era stato occupato da una valanga di adolescenti che farneticavano su quanto fossero emozionati all'idea di vedere Die Hard.
In mezzo a tutta quella folla, Mail cercava un'unico sguardo, o forse sperava che quella persona non si presentasse. Era in piedi vicino al suo gruppo ma completamente estraniato dai loro discorsi.
«Merda, ho dimenticato il portafoglio. L mi offri i popcorn?»
«No»
«Hey ragazzi!»
Quella nuova voce femminile, che quindi non poteva appartenere a nessuno dei suoi amici, fece risvegliare Matt che si voltò svelando l'identità della persona che li aveva chiamati.
Una ragazza abbastanza alta, con dei capelli neri tagliati sopra le orecchie e un top viola indossato con una minigonna si stava avvicinando a loro. A fianco a lei, un ragazzo dai capelli scuri con una t-shirt blu notte e un sorriso smagliante stampato in viso.
Appena Lawliet vide quella coppia, assunse un'espressione scocciata e roteò gli occhi al cielo: la prima l'ex del suo attuale ragazzo e il secondo un damerino che stravedeva un po' troppo per lui, diciamo quindi le persone nel gradino più basso delle sue conoscenze piacevoli.
«Caspita Light che muscoli! Da quando fai palestra?» esclamò il ragazzo tastando i bicipiti del castano.
«Da due anni circa» rispose l'altro con l'aria più distaccata che sapesse fare, dato che il suo ragazzo stava spellando vivo il suo interlocutore.
«Due anni?! Io non riuscirei ad avere tutta questa costanza, ma tu ovviamente sei sempre il migliore!»
A Matt venne da ridere nel vedere l'espressione di puro odio che Lawliet continuava a riservare al ragazzo corvino, e Nate fallì dovendo allontanarsi perché non riusciva a smetterla di sghignazzare.
«Matt da quanto tempo, anche tu sei in forma vedo» disse la ragazza appoggiando una mano sulla spalla del rosso «Siete venuti a vedere Die Hard? Io amo Bruce Willis!»
Mail avrebbe voluto esclamare "anche Light" ma non voleva beccarsi una gomitata nella milza, quindi stette zitto.
«Dopo il cinema che fai?» chiese la mora avvicinando il suo corpo a quello del ramato, per parlare esclusivamente a lui «Ti va se andiamo a berci qualcosa?»
Matt sentiva premere il seno della giovane su di lui, e a differenza di qualsiasi suo coetaneo, la sensazione non gli piacque per niente.
«Ehm...scusa devo...andare in bagno» bofonchiò spostandosi lentamente.
«Oh Light credo ci sia qualcuno che ci sta chiamando...» aggiunse Lawliet afferrando il braccio del fidanzato per strapparlo dalle grinfie dell'altro ragazzo.
«Vengo anch'-»
«No Matsuda, sta chiamando noi. Ciao ciao!»
E detto quello trascinò via Light che salutò con un cenno della mano. Contemporaneamente anche Matt si dileguò in bagno, lasciando la coppia senza più nessuno con cui provarci o a cui palpare i bicipiti.
Jeevas si lavó le mani minimo tre volte dopo quel spiacevole incontro: Takada non le era mai stata simpatica. In realtà non stava simpatica a nessuno, addirittura le persone preferivano Misa a lei.
Quando era intento a sfregarsi le mani nell'asciugamano per l'ultima volta, sentì la porta del bagno spalancarsi e una voce che gli fece gelare il sangue.
«Te la fai con Takada?»
Il rosso si voltò e fissò la figura stante e racchiusa in una camicia nera (che cazzo se gli stava divinamente) di Mihael, che lo fissava tenendo i pugni serrati.
«Anche se fosse? Non posso scopare con chi voglio?» chiese tirando fuori tutta la spavalderia che era sotterrata in qualche angolo del suo corpo. Semplicemente quando si trattava di Mihael diventata un cucciolo indifeso.
«Non pensavo scendessi a certi livelli»
«Vaffanculo Mihael! Non fai più parte della mia vita, fattene una cazzo di ragione!» urlò Mail con tutta l'aria e il dolore che riuscì a sprigionare.
Spintonò il biondo in modo che si spostasse dalla sua traiettoria e fece per uscire, ma venne preso per un polso e addossato con forza alla porta.
«Matt aspetta»
Il suo polso era racchiuso nella stretta della mano del biondo, da cui si potevano vedere delle vene blu scorrergli sul dorso, fino a sparire sotto la camicia. E Mail amava quella vene alla follia.
Il corpo del ramato era schiacciato sulla porta di quel bagno stranamente vuoto, e a pochissimi centimetri da lui c'era la pancia pianta di Mihael che quasi toccava la sua. Le loro pupille si incatenarono e milioni di farfalle iniziarono a svolazzare nei loro stomaci.
"Cazzo quanto è bello" pensò Mihael.
«Mi dispiace...io...voglio solo parlare» disse invece «Dammi cinque minuti. Cinque e ti prometto che se non ti avrò convinto ti lascerò in pace per sempre»
Il suo tono era supplichevole, e Jeevas accettò solo perché voleva far sparire quella vicinanza fra i loro corpi che gli stava facendo mancare il fiato. Sentire il respiro al cioccolato del biondo sul suo naso e la sua mano stretta al suo polso erano cose che gli mancavano così tanto da fargli male.
Matt abbassò lo sguardo e fissò il tatuaggio "ever" che finalmente dopo un anno era di nuovo vicino alla sua metà. Anche Mihael lo fissò, e sentì qualcosa smuoversi in lui quando rilesse la scritta "4ever" impressa sulle loro pelli.
Lentamente il biondo allentò la presa fino a staccarsi e si allontanò di qualche passo, sfregandosi le mani per trovare le parole giuste.
«Matt, non ti sto dicendo questo come una scusante per quello che ho fatto: ma ero ubriaco quel giorno. L'hai visto anche tu, non mi reggevo in piedi. Misa mi ha portato di sopra e mi ha baciato con l'inganno. Credi che mi sia piaciuto avere quelle labbra alla fragola mielosa sulle mie? No cazzo, io volevo e ho sempre e solo voluto te. E anche quando sono andato a quella stupida festa, in realtà volevo stare con te, ma dovevo dimostrare al mio stupido ego che potevo cavarmela da solo. Mi distruggeva pensare che ti sarei stato distante per tre mesi, e ti chiedo davvero scusa per essermi arrabbiato ed aver esagerato quel giorno. Non è mai stato il mio obbiettivo farti del male, mai. E mai lo sarà, perché ti amo Matt. Lo sai anche tu che non ho mai smesso di amarti, neanche per un secondo. E-»
Mihael venne interrotto da un singhiozzo, che lo portò a prendersi il ponte del naso per cercare di non far uscire altre lacrime.
«...E spero che tu stia davvero uscendo con Takada, perché per quanto sia insopportabile non ti farà mai soffrire come ho fatto io, una stupida ed inutile testa di cazzo»
L'acqua fuoriusciva dagli occhi di Mello come una cascata, e il ragazzo si mise una mano sugli occhi prima di spostare il rosso ed aprire la porta.
«Mihael!» provò a dire questo, ma ormai il biondo se n'era già andato.
Anche sul viso di Matt c'erano delle lacrime, piccole e silenziose che gli erano scese appena il suo ex fidanzato aveva pronunciato di nuovo quelle due parole.
Sentirselo dire di nuovo in mezzo ai singhiozzi del suo angelo, era stato struggente per lui.
Appoggiò le mani sul lavandino e scoppiò a piangere. Pianse, e non glie ne importava se il suo trucco si sarebbe sciolto o se si fosse perso l'inizio del film.
"Come faccio a non perdonarti?" pensò mentre fissava il suo viso sporco di nero e i suoi occhi rossi nello specchio "Perché non ti odio quanto vorrei?"
E a quella domanda nessuno poteva dare risposta, forse solo il cuore di Mail ne sarebbe stato capace. Avrebbe detto: "Perché quel ragazzo dai capelli lucenti mi fa battere fortissimo, qualsiasi cosa di lui mi fa impazzire" e poi il suo stomaco avrebbe aggiunto "Quando mi bacia, mi tocca, mi dice che mi ama, vado fuori di testa. Sento il bisogno di contorcermi, saltare, fare piroette"
Jeevas si sciacquò velocemente le guance per togliere gli aloni di matita nera, e uscì dal bagno. L'atrio al di fuori era deserto, così Matt si precipitò nella stanza 12 dove di lì a poco avrebbero proiettato il film.
Quando entrò stavano dando la pubblicità di un cosmetico, così il ramato ebbe il tempo di salire i gradini e raggiungere i suoi amici.
«Eccoti finalmente» bisbigliò L, con un enorme cesto di popcorn sulle ginocchia.
«Scusate, ero in bagno» disse Mail cercando di sembrare il più spensierato possibile, prendendo un popcorn dal secchio di L per enfatizzarlo.
E lì tra la folla poche file davanti a lui, vide una chioma nera che si guardava intorno smarrita, probabilmente cercando il suo amico dai capelli dorati che non era seduto al suo posto.

 

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Capitolo 5
*** «4» ***


«Self destruction»

•Goodbye, everybody, I've got to go,
Gotta leave you all behind and face the truth
Mama, oooh
I don't want to die,
I sometimes wish I'd never been born at all•
 

Ognuno di noi porta una croce sulle spalle. Di diverse dimensioni o pesantezza, ma siamo tutti responsabili delle azioni che abbiamo commesso, e se brutte, dobbiamo pagarne le conseguenze.
E Mihael lo sapeva bene, trasportando la sua enorme croce fino in Germania. La sua era pesantissima e piena di chiodi che gli perforavano la pelle, facendolo sanguinare.
Forse era per colpa di quella croce che il biondo aveva sempre cicatrici su tutte le braccia o tagli sulle gambe. Forse era per quell'enorme colpa che si portava appresso, che iniziò a fare un uso spropositato di alcolici.
Il dolore non si alleviava, anzi, cresceva e diventata più acuto. Mello sapeva che si stava autodistruggendo, ma era convinto che ormai la sua vita fosse già andata a puttane. Ed era stato lui stesso a farlo, per questo i sensi di colpa lo corrodevano sempre di più e l'idea di ripensare a quello che aveva fatto lo terrorizzava, perché sapeva che l'avrebbe distrutto. L'alcool e i tagli, aiutavano a dimenticare.
Il biondo sapeva che una volta sceso dall'aereo e messo piede in territorio tedesco, non sarebbe più tornato. Per il bene di Matt e suo, perché il dolore l'avrebbe ammazzato.
«Io non vengo» aveva detto l'ultima settimana di agosto, nella data in cui in teoria lui e sua madre sarebbero dovuti tornare in Inghilterra «Resto qua con la zia».
La donna che l'aveva messo al mondo disse cose che non aiutarono a placare la sofferenza del ragazzo, ma almeno a quelle Mihael era abituato ed erano dette da una persona che valeva meno di zero per lui.
Passò quell'anno nel piccolo appartamento della zia e del gatto Leoche erano gli unici membri della famiglia materna a cui poteva dire di voler bene.
Non si sforzò neanche di cercare una scuola in cui terminare gli studi, preferí starsene nella sua camera sottotetto a fissare il panorama nuvoloso di Berlino.
«Mihael mein Schatz*, davvero vuoi passare così il resto dei tuoi giorni?» gli aveva chiesto un giorno la zia, appoggiata allo stipite della porta.     [*piccolo mio]
Mello stava facendo l'azione citata in precedenza, guardando la capitale avvolta da un manto di nuvole minacciose. Neanche ci provò a voltarsi o a dare una risposta, non sapeva nemmeno lui se quel silenzio valeva come una conferma o un punto di domanda.
Cosa ne voleva fare della sua vita? Affogare il suo dolore e i suoi sensi di colpa in cose che lo avrebbero fatto morire lentamente? Probabilmente sì, Mihael desiderava quello.
La donna dai capelli biondi tagliati a caschetto, molto simili a quelli del nipote, più di una volta dovette rimproverare il ragazzo perché aveva di nuovo rubato una bottiglia di Dantziger Goldwasser dall'armadietto degli alcolici, o perché nuove cicatrici erano sbucate sulla sua pelle.
«Smettila di punirti in questo modo!» strillò in un giorno di pioggia, ovvero il giorno della loro litigata peggiore.
C'erano vetri sparsi per tutto il salotto che sguazzavano in un liquido trasparente e dal forte odore alcolico, di cui il tappeto ai piedi del divano era zuppo.
«Cosa devo fare con te Mihael?! Se tua madre sapesse!-»
«ALLA MAMMA NON FREGA UN CAZZO DI ME!»
Le pareti quasi vibrarono a quell'urlo così disperato. Il volto di Mello era bagnato fradicio dalle lacrime, e i suoi occhi sembravano aver guardato il sole per troppo tempo.
«Vattene da casa mia, irgendwie elend!* E torna quando avrai messo la testa a posto!»           [*razza di disgraziato]
La donna alzò un dito e indicò la porta, mentre il gatto si nascondeva dietro il divano, terrorizzato dalle forti grida.
«Ti odio! Sei esattamente come lei!»
Aveva strillato come ultima sentenza Mello, prima di spalancare la porta e scendere di corsa le scale del condominio.
Uscì in strada, dove l'acqua delle sue lacrime si mischiò a quella che scendeva a grandi cascate dal cielo, e iniziò a camminare diretto verso solo Dio sa dove.
Mihael camminò molto quel giorno, raggiungendo i posti più sperduti nelle periferie di Berlino. Fece ritorno a tarda notte, stanco fisicamente e mentalmente di sopportare quel dolore.
Aprí lentamente la porta di casa, che cigolò facendo svegliare Leo che stava dormendo sul divano. Il salotto non era più una discarica di vetri, e il tappeto color mogano era stato levato.
Mello lasciò enormi chiazze d'acqua in giro, dato che la pioggia l'avevo reso una spugna lasciata per troppe ore sotto il lavandino aperto.
Dalla porta del corridoio fece capolino sua zia, a braccia incrociate e avvolta in una vestaglia, che lo fissava con lo sguardo di chi aspetta di sentirsi dire determinate parole.
«Mi dispiace» sussurrò Mihael, tenendo la testa bassa «Perdonami tante*» [*zia]
La donna sorrise leggermente e aprí le braccia, dove il biondo vi ci fiondò scoppiando in un pianto silenzioso.
«Mi manca così tanto...» biascicava tra un singhiozzo e l'altro, con il volto appoggiato sul seno della donna.
«Adesso ti fai una doccia calda e ti preparo qualcosa da mangiare, va bene mein Schatz
Accarezzò la testa bionda del nipote con delicatezza e lo strinse forte a se.
«Ai problemi ci penseremo domani»
E il giorno dopo, a risolvere i problemi di Mihael, ci pensò qualcun'altro.
Stava camminando per le strade della città, con una felpa leggera marrone che copriva le braccia fasciate da garze bianche e dei jeans strappati sulle ginocchia. Portava anche un cappellino nero con visiera, per coprire lo sguardo spento e gli occhi cerchiati di rosso. Fumava una delle Astor di sua zia, quelle che sul pacchetto avevano l'immagine di quell'omino con i capelli bianchi.
Camminò pensando a Matt, ovviamente, ma non a quello che era successo tra di loro. Volle ripercorrere le varie tappe della sua storia con il rosso, e ripensare a quei momenti di felicità che conservava con invidia.
Il primo che gli venne in mente, e che dopo mesi lo fece di nuovo sorridere, fu la prima volta che disse "ti amo" al ramato. In realtà fu molto divertente, perché per Matt quella non fu la prima volta, dato che non capí neanche una sillaba.
Era inverno ed era una delle rare volte in cui i due si trovavano a casa di Mihael, cosa che non succedeva spesso visto il rapporto che il biondo aveva con la sua famiglia.
Mail stava sfogliando un album di fotografie seduto sul letto, avvolto in un maglione enorme di Mello, che odorava di cioccolata. Fuori nevicava tantissimo, facendo appannare i vetri di quella piccola camera. Il biondo intanto si trovava per terra a rollare una sigaretta per il suo fidanzato, perché secondo lui "con quelle manine riesci a chiudere meglio la cartina".
A un certo punto Matt scoppiò a ridere e indicò una fotografia che si trovava nell'album.
«Oddio ma guarda che denti che avevi!» esclamò vedendo un piccolo Mello sorridente con dietro un paesaggio naturalistico in cui era presente sullo sfondo un ponte di pietra.
«Vaffanculo, ho speso un patrimonio dal dentista» mugugnò Mihael sbriciolando il tabacco nel piccolo involucro.
«Dov'eri?»
Il ragazzo dai capelli d'oro si sporse in avanti per osservare anche lui la fotografia.
«Rakotzbrücke, è dove si trova quello chiamato "il ponte del diavolo"»
«Oh, perfetto per te allora»
Il biondo alzò un dito medio verso il fidanzato che scoppiò a ridere, e sentendo quel magnifico suono fu inevitabile che anche lui sghignazzasse.
Interruppe il suo lavoro di rollaggio sigaretta per ammirare quello splendore con cui stava, e per sentire ogni nota della sua risata.
«Ich liebe dich» gli uscì dalla bocca senza neanche accorgersene.
«È un qualche insulto in tedesco?» chiese il rosso scherzosamente.
Quando Mihael si rese conto di ciò che aveva detto divenne color porpora e distolse immediatamente lo sguardo dalla figura del suo fidanzato seduto sul letto.
Per fortuna questo aveva già trovato un'altra foto divertente su cui focalizzarsi, dimenticando subito quello che credeva fosse un insulto nei suoi confronti. Se solo avesse saputo che era una delle frasi più sincere che Mihael pronunciò in vita sua.
Guidato dai suoi pensieri da innamorato, Mello raggiunse un ponte che si stagliava sopra un fiume, completamente ricoperto da lucchetti di ogni genere e dimensione. Sembrava quasi che tutto quel peso avrebbe fatto crollare la struttura. Lucchetti attaccati su ogni sbarra, in ogni angolo libero con sopra scritte lettere di tutto l'alfabeto.
Mihael si fermò a fissarli e a cercare un lucchetto con due M separate da un + sopra. A fianco a lui, una coppia aveva appena girato la chiave per sigillare il loro simbolo d'amore e l'aveva gettata nel fiume, dandosi poi un bacio.
Lei era molto bella, con dei lunghi capelli neri e lisci. Lui invece aveva sempre i capelli scuri tagliati ordinatamente sopra le orecchie, e gli occhi grigio perla.
«Hai anche tu un lucchetto qui?» chiese la ragazza.
Il biondo si voltò e li guardò in silenzio, come se non sapesse se la domanda fosse rivolta a lui.
«Noi ci stiamo per sposare» aggiunse il compagno della donna, cingendole un fianco. I due si guardarono e sorrisero elettrizzati, dandosi poi un piccolo bacio a stampo.
«Congratulazioni» disse semplicemente Mello fumando la sua sigaretta.
«E tu ce l'hai una ragazza?» chiese la donna sorridendo.
«Una volta...»
Mello riposò lo sguardo sui lucchetti sperando che quei due se ne andassero al più presto.
«Oh, mi dispiace. Non era quella giusta?»
«Lui era perfetto. Io ho rovinato tutto»
La coppia fece un'espressione di stupore quando sentì il pronome maschile, ma poco dopo si sciolsero entrambi in un sorriso.
«Sono sicuro che se lui ti ama ti perdonerà. Si perdona sempre quando si è innamorati» E non poté evitare di mandare uno sguardo alla sua ancora per poco fidanzata.
«Anche se volessi provare a parlargli non posso. Vive in Inghilterra»
«E allora cosa ci fai qui?»
Il commento della donna accompagnato da una risata fece voltare Mihael parecchio confuso, fissando la ragazza corvina che stava ridacchiando.
«Sei ancora innamorato di lui?»
«Sì, ovvio»
«E allora corri a prendere il primo aereo tesoro!»
La coppia lo fissò sorridendo, e rise vedendo lo sguardo sempre più spiazzato del biondo.
«Ragazzo, se ci fosse lei in Inghilterra io mi farei tutto il Canale della Manica a nuoto» disse l'uomo indicando la sua amata, che gli sorrise dolcemente.
Mello rimase impalato ancora pochi secondi e poi lanciò la sigaretta a terra e iniziò piano piano a indietreggiare.
«V-vi ringrazio...Grazie mille!»
E a quelle parole stava già correndo via agitando la mano, sotto gli sguardi felici della coppia, che senza saperlo avevano riaperto gli occhi a un ragazzo smarrito.
«Tante, devo tornare in Inghilterra!» urlò Mihael praticamente sfondando la porta di casa.
La zia era occupata ai fornelli, e l'unica sua reazione fu sorridere ampiamente e guardare il nipote pensando: "questo è il mio ragazzo". Aiutò il giovane a fare la valigia e lo accompagnò in aeroporto quella sera stessa.
«Vatti a riprendere il tuo uomo, mein Schatz» fu l'ultima cosa che gli disse prima di baciarlo e salutarlo con la mano al gate di imbarco.
E anche Mihael la salutava, tenendo il trolley stretto con l'altra mano e gli occhi lucidi. Doveva tornare dalla persona che amava, doveva porgergli delle scuse per bene e farsi perdonare. Perché altrimenti, il suo cuore non avrebbe mai trovato pace.

***

Ich liebe dich.
Mihael era convinto che il rosso avesse subito buttato nel dimenticatoio quella frase, invece il ragazzo ci aveva pensato tutta la notte.
"Cosa cavolo vorrà dire?" rimuginava osservando il soffitto della sua stanza.
Qualsiasi cosa fuoriuscisse dalla bocca del biondo veniva immagazzinata nella testa di Matt, perché amava tutto quello che veniva pronunciato da quella voce bellissima.
La mattina dopo, alle otto spaccate, Mail frugava fra dei libri riposti sopra una cassettiera, piena di cartelle ricolme di fogli spiegazzati.
«Matt non puoi semplicemente chiederglielo?» bisbigliò L fremendo dall'ansia.
«Ormai sono già qui» rispose il rosso.
«Lo sai che non possiamo entrare in aula insegnanti! Se ci scoprono siamo fottuti, mi hai sentito Jeevas? Fot-tu-ti»
«Sta zitto e fa' il palo piuttosto!» esclamò Mail mettendo a tacere il suo amico che si stava torturando le mani dall'agitazione.
Stava in piedi sulla soglia dell'aula accessibile solo ai professori, scrutando il corridoio semi vuoto e saltellando come se dovesse fare la pipì.
«Faremo pure tardi a biologia...e quando ci chiederanno dov'eravamo non potremmo dir-»
«Cazzo lo sapevo che dovevo chiedere a Nate» si lamentò Matt continuando a sondare tutti i volumi.
«Sbrigati!» lo sollecitò Lawliet.
Finalmente il rosso trovò quello che stava cercando, e dopo aver esclamato un "trovato!" iniziò a sfogliare in fretta le pagine di un dizionario di tedesco.
«Proprio qui devi leggerlo?» domandò L con il tono di uno che voleva darsela a gambe all'istante.
«Preferisci tornare in pieno orario di lezioni a metterlo a posto?»
Il moro si zittí e continuò a sondare il corridoio, finché non vide una professoressa sbucare da dietro l'angolo e avanzare nella loro direzione.
«Cazzo cazzo cazzo, Matt dobbiamo correre!»
Il rosso lo ignorò e girò le pagine una dietro l'altra, finché non si stoppò ed esultò tutto contento.
«"Ti amo"! Mihael mi ha detto "Ti amo"!»
Lawliet raggiunse l'amico e iniziò a tirarlo per un gomito.
«Ne sono davvero felice ma adesso ce ne andiamo!»
I due uscirono correndo dall'aula, e passarono a fianco la professoressa che grazie a Dio si era fermata a parlare con un collega.
Per tutta la lezione di biologia, Matt guardava il nulla con occhi sognanti e a intervalli regolari si girava per ripetere a Nate: «Mello mi ha detto "Ti amo"»
Alla settima volta, Near non ce la fece più e rispose: «Matt, ho capito. Chiudi il becco o ritrovi i tuoi goggles nel water»
Inutile dire che dopo quello che successe il rosso mise in dubbio quelle parole che lo avevano reso così felice.
"Sarà vero che mi amava?" si era domandato più volte in quelle giornate in cui non voleva mettere piede fuori casa.
Perché se Mihael affondò i suoi dispiaceri in alcool e autolesionismo, Matt li affondò nel materasso del suo letto.
Il ramato non si alzò da lì per tutta l'estate, facendo preoccupare gravemente i suoi amici e i suoi famigliari, che lo spinsero a forza nello studio di uno psichiatra.
«Signorino Jeevas, mi dispiace informarla che lei soffre di depressione» aveva detto il medico seduto dall'altra parte della scrivania.
Matt non si sorprese, praticamente lo sapeva già di essere caduto in un abisso.
I dottori gli prescrissero delle pillole, che avrebbero dovuto aiutarlo a risollevarsi col morale.
Ma i mesi passavano, e la camera del rosso si riempiva di vestiti, piatti di cibo e milioni di cianfrusaglie sparpagliate in ogni angolo. Matt stava tutto il giorno disteso nel letto, a fissare il muro come in uno stato di trance.
Ogni tanto si sentivano piccoli battiti sulla porta seguiti dalla vocina preoccupata di Linda.
«Fratellone...la mamma ha fatto le alette piccanti, le tue preferite. Perché non vieni a mangiarle giù con noi?»
Ma come sempre, non ricevette nessuna risposta dall'altra parte del muro, e se ne tornò al piano di sotto scuotendo la testa quando incontrò lo sguardo della donna.
Ogni tanto la madre entrava per raccogliere i vestiti sporchi o provare a convincere il figlio a farsi una doccia, che questo sempre rifiutava. Più passava il tempo più i chili di Matt scomparivano piano piano, facendolo diventare più magro. La sua famiglia gli lasciava piatti pieni di cibo fuori la porta della camera, ma Mail non li mangiava tutti. Spesso quando Linda tornava a prenderli, erano freddi e intatti.
Lawliet e gli altri del gruppo venivano quasi ogni giorno a bussare alla sua porta a proporgli qualche attività per convincerlo ad uscire.
«Hanno aggiunto una nuova rampa allo skate park, dobbiamo andare assolutamente a provarla!»
«È uscito un nuovo film al cinema, vieni a vederlo con noi?»
«Matt ho comprato una tinta blu al supermercato, ci facciamo i capelli come Sailor Mercury?»
Nessuna di quelle e delle altre centinaia di richieste fece smuovere il rosso, che pensava solo ed esclusivamente a Mihael.
Si iniziò a domandare se fosse lui il problema, che forse non era stato abbastanza, forse non era stato un bravo fidanzato. Si convinse che magari non gli aveva dimostrato abbastanza amore, o che semplicemente Mello si fosse stufato di lui.
L'unica persona che Matt vide con regolarità in quell'estate di dolore, fu la sua psicologa Halle. Donna bellissima e composta, dai lunghi capelli biondi e le labbra rosate. Carattere forte e deciso, che però sapeva farti sentire al sicuro con le parole giuste. Forse a Mail piaceva perché era un versione femminile di Mello.
Piano piano iniziando a uscire con regolarità per vedere la psicologa, il rosso ricominciò ad avere una routine e a fare piccoli ma grandi passi. Si faceva di nuovo la doccia tre volte a settimana, buttava i vestiti sporchi nella lavatrice e tornò anche a mangiare a tavola con la sua famiglia.
Rivide i suoi amici, e tornare allo skate park e al cinema con loro lo fece solo stare meglio. Nessuno osò sfiorare l'argomento biondo, perché non volevano che quel piccolo sorriso che piano piano stava tornando sul viso di Matt tornasse a nascondersi.
Quando Jeevas fece ritorno a scuola a settembre, per iniziare il suo ultimo anno di liceo, sembrava che nulla fosse successo e che il rosso avesse passato un'estate come le altre.
Ovviamente i suoi compagni non potevano sapere che ogni sera, quando rientrava nella sua camera, piangeva tutte le lacrime che aveva tenuto dentro durante la giornata. Piangeva e sfilava da sotto il letto la scatola contenete le magliette che Mihael aveva lasciato da lui prima di andare e i regali che gli aveva fatto. Annusava quelle t-shirt finché erano ancora impregnate del suo odore e le riempiva di lacrime.
«Hai gettato tutte le sue cose come ti ho chiesto?» gli aveva domandato Halle in una delle ultime sedute «È il passo più importante per voltare pagina Matt»
«Sì, ho gettato tutto. Non ho più nulla di suo» aveva risposto il rosso con un sorriso tanto bello quanto falso.
Ma sapeva che se avesse buttato quelle cose sarebbe andato a ripescarle in discarica dopo neanche trenta secondi. Erano una parte di lui, una parte del suo Mihael. Il suo amore così tanto distante da lui, che stava passando le stesse pene dell'inferno.
"Ti amo così tanto che mi fa male" pensava Matt mentre stringeva le loro vecchie fotografie piangendo.
"Ti amo così tanto che mi faccio male" pensava Mihael reggendo quel dannato paio di forbici.

 

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Capitolo 6
*** «5» ***


«Dying mother»

•It's only the police
That ever come looking for you
... Are you falling in love?•
 

Matt riuscì a evitare la presenza del biondo e il pensiero dei loro corpi così vicini nel bagno del cinema per un paio di giorni, grazie a un week-end a Londra in visita ai suoi parenti.
Il dolore però se lo portò appresso, sentendo tutte le sue zie domandargli: «Stai ancora con quel bel ragazzo dai capelli biondi?»
Dovette annuire e fingere un sorriso, per evitare altre domande scomode.
Quando fece ritorno nella sua cittadina, neanche disfó il suo bagaglio che si fiondò subito a cercare i suoi amici.
Li trovò nel parchetto vicino lo skate park, seduti su un tavolo da picnic a fumare.
Più si avvicinava a loro pronto a ricevere un caloroso bentornato, più capiva che l'argomento di cui stavano parlando avrebbe rimandato quel piccolo avvenimento.
«...Un infarto, l'ha trovata la vicina di casa in salotto» stava concludendo di dire Light agli altri due.
«Chi è morto?» domandò Matt sbucando alle loro spalle, facendo sobbalzare i tre ragazzi.
«Morto? Cosa?...No! Nessuno! Allora ragazzone, com'era la capitale?»
Quando L iniziava a blaterare così si capiva subito che c'era sotto qualcosa, era un pessimo bugiardo.
«Dai smettetela, sputate il rospo» sentenziò il rosso sedendosi sulla panca di legno a fianco a Nate, prendendogli la sigaretta dalle mani.
«La mamma di Mihael» disse questo in tono serio «È morta d'infarto l'altro ieri»
Mail guardò gli amici con gli occhi sgranati, cercando di capire se si trattasse di uno scherzo di pessimo gusto.
«Frida?» disse dopo un po' «Frida è morta?»

***

La signora Evans, vicina storica e amica di famiglia dei Keehl, si trovava come ogni domenica mattina davanti la porta di casa loro, per lasciare una delle sue crostate alle more.
«Frida?....Frida?» continuava a chiedere bussando alla porta, senza ricevere risposta.
«Mihael...Mihael sono io!» provò come ultimo tentativo battendo più forte.
Invasa dalla preoccupazione, sfoderò il mazzo di chiavi che la mamma di Mello le aveva dato in caso di emergenza, e quella alla signora Evans sembrava proprio esserlo.
Sono difficili da descrivere le sensazioni che si provano, nel trovare una tua cara amica distesa supina sul tappeto del salotto, senza battito.
È anche difficile dover dire a un ragazzo di 18 anni, che sua madre era appena volata in cielo. O almeno, questo credevano gli agenti. 
«Le porgo le mie più sentite condoglianze» aveva detto uno di questi, non appena Mihael era tornato a casa e aveva visto degli sconosciuti chiudere sua madre in un sacco nero.
Il ragazzo era impassibile, qualcosa vibrava leggermente nei suoi occhi, ma per il resto sembrava non avesse colto la gravità della situazione.
«Quindi adesso andrò a vivere con mio padre?»
Fu l'unica cosa che disse, continuando a fissare il muro del corridoio dietro l'ufficiale di polizia.
«Non sono io a deciderlo, a momenti dovrebbe arrivare un'assistente sociale che si occuperà di tutte le pratiche»
Mihael non si mosse, continuava a mordersi l'interno guancia e a fissare quel muro pieno di crepe con le pupille leggermente incrinate.
«Chi si occuperà del funerale?»
«Se suo padre vuole prendersi questo-»
«No, non lo vorrà»
L'agente era parecchio confuso dalla reazione che stava avendo quel giovane alla morte della madre: ne era del tutto indifferente, come se la cosa non gli facesse né caldo né freddo. 
«Bhe...allora un tuo parente o un amico»
«Non ho parenti qui. E l'unica che sopportava quella racchia é la signora Evans, quindi farà tutto lei immagino»
Detto quello Mihael si allontanò di qualche passo verso la scalinata che portava ai piani inferiori del condominio.
«Mi siedo fuori ad aspettare l'assistente sociale» E sparì.
Seduto sui gradini del palazzo, fumando una Marlboro, Mello iniziò a realizzare che tutto quello non era un sogno. E in una maniera che potremmo definire inquietante, un piccolo sorrisino gli sbucò sulle labbra.
Praticamente tutti, anche quelli che non conoscevano il biondo come si deve, sapevano che lui e la madre avevano l'opposto di quello che si può definire un buon rapporto. Quella donna, aveva reso l'infanzia e in generale la vita di Mihael un vero inferno.
Sin da piccolo il ragazzo non crebbe in un ambiente favorevole, con un padre che nascondeva nei cassetti della sua camera le bustine di erba, per fare in modo che la moglie non lo scoprisse. Ma quando lo scopriva, volavano più che brutte parole nel salotto.
Mello aveva ben impressi in testa i momenti in cui si nascondeva dietro la porta per non sentire le urla e non essere colpito dai piatti o gli oggetti come telecomandi e lampade che venivano scagliati in giro per la stanza.
Per quanto suo padre ne fece passare solo di brutte a quella famiglia, Mihael lo aveva sempre perdonato. La sua era una dipendenza già da molto prima di sposarsi, e si sa quanto sia difficile uscirne quando sembra che una semplice polverina ti tenga in vita.
Ma nei momenti in cui il padre non era sotto effetti di stupefacenti, lo portava sempre al parco, gli leggeva la favola della buonanotte e lo coccolava quando aveva gli incubi.
Frida invece, era sempre stata una pessima madre. Parolacce, insulti e violenza erano all'ordine del giorno per il piccolo Mello. E quando suo padre lo scopriva litigavano, la madre diceva che si comportava così perché le sue dipendenze la stavano facendo impazzire, e ricominciavano le grida e i piatti lanciati.
Quando Mihael aveva solo 9 anni, Frida denunciò il padre per uso e possesso di stupefacenti e chiese immediatamente il divorzio. Da lì fu una reazione a catena: sua mamma iniziò a bere più del solito, suo papà gli venne strappato via e il biondo rimase solo in quella casa colma di brutti ricordi. Iniziò a uscire e a passare più tempo possibile fuori casa. Trovò centri ricreativi che accoglievano ragazzi senza nulla da fare o con situazioni familiari difficili tipo la sua, e ci passò gran parte delle sue giornate. Mihael da quel momento in poi, crebbe da solo.
Quando decise di tornare in Inghilterra per conquistare il perdono di Matt, il biondo prese un taxi dall'aeroporto e arrivò davanti quel condominio così brutto da vedere. Salí le scale che anni prima percorreva correndo, per scappare da sua madre che lo minacciava di dargli altre botte se non avesse fatto come diceva lei.
Arrivò davanti la porta con attaccata la targhetta "34", e dopo un profondo respiro girò la chiave.
"Sei qui per Matt, ricorda" si era ripetuto "Non per lei. Non hai più paura di lei"
Quando entrò e vide sua madre seduta sul divano, con la tv sintonizzata su uno stupido talent show e il suo solito bicchiere di vino tra le dita, gli venne voglia di scappare.
La donna con i capelli lunghi color senape legati in una coda disordinata, lo guardò dalla testa ai piedi e si voltò verso la televisione.
«Perché non sei andato da tuo padre?» chiese con quella R particolare marcata, tipica della pronuncia tedesca.
«Perché il tribunale gli concede di vedermi solo una volta ogni due settimane» rispose il biondo fissandola con occhi bisognosi di urlare «Altrimenti sarei andato da lui»
La donna scrollò le spalle e bevve un sorso di vino.
«Ho...come si dice...demontiert...la tua camera»
«Smantellato?» chiese Mihael, senza riuscire a nascondere lo stupore. Anche se in realtà era un gesto che si sarebbe aspettato da lei.
«Sì, è il mio studio adesso»
«Non sapevo che per bere alcolici servisse un ufficio»
La donna girò la testa di scatto per fissare il figlio, e lo fulminò con quegli occhi ambrati pieni di cattiveria. Mihael rabbrividì, perché per quanto odiasse ammetterlo, quella donna lo terrorizzava ancora.
«Bada a come parli lausig*, ti lascio dormire sul divano perché se ti cacciassi in strada qualcuno chiamerebbe gli assistenti sociali»                [schifoso*]
Mello deglutì a fatica e fissò la donna con gli occhi lucidi, mordendosi con forza il labbro. Era l'unica persona che odiava più di se stesso.
E adesso era morta, andata. Strano da dire, ma una cosa nella sua vita si era messa a posto. Quell'inferno su due gambe non avrebbe più potuto insultarlo o picchiarlo, dicendogli che fosse una nullità e che si vergognava ad avere un figlio così. Si vergognava ad avere un figlio che baciava i ragazzi, specialmente uno dai capelli rossi.
Quando li trovò accoccolati sul divano, in un giorno in cui in teoria sarebbe dovuta tornare a casa tardi, ci furono più che semplici botte.
E Mihael pianse fra le braccia di Matt per una settimana, mentre questo gli accarezzava i lividi, dicendo: «La odio, la odio così tanto. Spero muoia, Mail. È l'unico modo che mi permetterà di essere libero»
E ora finalmente, Mello si sentiva libero. L'ultima cosa da fare era riconquistare il suo rosso, e poi finalmente, sarebbe tornato ad amare la sua vita.

***

Quella sera, Matt uscì di casa dopo aver cenato insieme alla sua famiglia. Non ascoltò la storia che raccontò Linda durante il pasto, perché la notizia della morte della mamma di Mihael l'aveva sconvolto. Non per un motivo particolare, semplicemente era una di quelle cose che non ti aspetteresti.
«Dove vai Matt? È buio fuori» gli chiese sua madre vedendolo uscire a quell'ora.
«Mi vedo con L, staremo a casa sua tranquilla» mentí spudoratamente il rosso richiudendosi la porta alle spalle.
Decise di non prendere lo skate, aveva bisogno di camminare per riflettere se quello che stava facendo fosse una buona idea. Avanzò a passo spedito facendo fuori due sigarette in dieci minuti, finché finalmente arrivò allo skate park. Era deserto e illuminato solo da qualche lampione nelle vicinanze, che faceva risaltare i graffiti colorati presenti su ogni muro.
Mail sapeva che c'era un angolo preciso di quel posto dove il biondo andava a svuotare la mente pitturando con lo spray le pareti. Lo chiamava "il muro Keehl", perché vi erano presenti solo i suoi graffiti. E infatti quando Jeevas girò l'angolo, vide la figura del sua ex fidanzato in piedi, intento a scarabocchiare con una bomboletta.
Il rosso fece un profondo respiro e iniziò ad avvicinarsi, pregando che Mihael si accorgesse subito della sua presenza così non sarebbe stato costretto a parlare per primo.
Ovviamente il biondo lo fece, perché sentiva quando era il suo Mail a venirgli incontro, e si voltò scrutandolo da sotto il cappuccio della sua felpa nera. C'era un caldo straziante, ma in caso passassero gli sbirri bisognava restare anonimi.
«Hey» salutò semplicemente in tono abbastanza freddo, caratteristica che faceva intendere che c'era qualcosa che lo turbava.
«Hey...» sussurrò quasi Jeevas.
Quel cappuccio che gli copriva metà volto, mentre l'altra metà era illuminata dalla luce gialla dei lampioni, troppo perfetto per essere vero. Ma doveva restare concentrato.
«Ho sentito di tua madre» continuò mettendo le mani in tasca «Mi dispiace»
A Mello scappò una risata e continuò il suo murales, facendo restare Matt parecchio di sasso.
«Non venire a dirmi le solite frasi di cortesia» disse con un sorriso che però non faceva trasparire gioia «La odiavi»
E Mail rimase muto, perché aveva ragione. Anche lui odiava quella donna, e poteva dire di esserne felice della scomparsa. Ma soprattutto era contento che il suo amore si fosse finalmente liberato da quel peso.
Guardò il graffito che stava facendo Mihael, che consisteva in una lapide con su scritto "freaks", dove la F era marcata di viola, il colore preferito della sua genitrice.
«Dove andrai adesso?» chiese Matt.
«Da mio padre» disse vivace il biondo, con un sorriso che finalmente si poteva definire tale «È pulito da cinque anni, frequenta i narcotici anonimi, ha un lavoro stabile e un appartamento tutto suo»
Mail non poté evitare di sorridere, nel vedere la persona che amava così contenta.
«Sono così fiero di lui» concluse Mihael facendo l'ultima striscia colorata sulla sua opera d'arte.
Ci furono degli attimi di silenzio, in cui i due non ebbero il coraggio di guardarsi negli occhi, e poi il rosso parlò di nuovo.
«Andrai al funerale?»
Mello ci pensò un attimo prima di dare una risposta.
«Non lo so. Tu ci andresti?»
«Assolutamente sì, avrei pronta una serie di battute da dire alla sua lapide».
E grazie a Dio Jeevas pronunciò quella frase, perché fece ridere Mihael di nuovo dopo chissà quanto tempo.
All'udire quel suono così magnifico e che Mail aveva quasi dimenticato, non seppe resistere. Afferrò una mano del biondo, che appena sentì la stretta si fermò e lo guardò con occhi sognanti. I lapislazzuli e gli smeraldi di scontrarono di nuovo. E presero ancora la scossa. Le loro dita erano di nuovo intrecciate nel completare la scritta "4ever".
Matt sorrise e carezzò delicatamente il palmo della mano di Mihael con il pollice, facendo piccoli movimenti circolari.
«Sei libero ora» disse in un sussurro.
«Finalmente se n'è andata Mail» rispose l'altro, quasi sul punto di piangere.
Matt gli prese la bomboletta che teneva ancora salda nell'altra mano, e vicino la lapide aggiunse una semplice scritta ma con un gran significato: "fuck you".
Mihael rise e prese un'altra bomboletta dallo zaino color rosso acceso, e iniziò a colorare i bordi delle due parole, mentre il ramato aggiungeva ghirigori e particolari.
I due si guardarono e sorrisero dolcemente con tutto l'amore che provavano l'uno per l'altro, quando all'improvviso un chiaro rumore di sirene e delle luci blu e rosse smorzarono quell'atmosfera.
«Merda»
«Cazzo»
«Corri!»
Mello prese lo zaino al volo e i due se la diedero a gambe, mentre un agente dietro di loro gridava: «Voi due dove credete di andare?! Vi ho visti con quelle bombolette!»
I ragazzi corsero con tutta la forza che avevano in corpo, e scagliarono le bombolette che stavano ancora tenendo in mano sul marciapiede. Sentivano le sirene in lontananza e i passi di due poliziotti che li stavano inseguendo a pochi metri di distanza.
Mihael sorpassò un bidone posto a lato del passaggio pedoni, e con un calcio lo fece ribaltare. Il contenuto si riversò su tutto il marciapiede e il contenitore bloccò il passaggio ai poliziotti per una manciata di secondi.
«Ho sempre voluto farlo!» esclamò il biondo con un sorriso che a Matt sembrava un miraggio.
Lo guardava sorridendo anche lui, sebbene fosse la situazione peggiore per mettersi a ridere, Jeevas era felice di star scappando dalla polizia insieme all'amore della sua vita. Insieme a lui, sarebbe stato felice di fare qualsiasi cosa. E in quel momento non stava pensando a tradimenti, lacrime e dolore: erano lui e Mello, di nuovo insieme, di nuovo felici.
«Mels!» urlò Mail quando da dietro l'angolo sbucarono due volanti che bloccarono loro il passaggio.
Il biondo si fermò un attimo e fissò il ramato, incredulo di essersi sentito chiamare di nuovo in quel modo. Un sorriso involontario gli taglió in due il volto, ma venne interrotto da delle urla che dicevano: "Eccoli!". I due agenti li avevano quasi raggiunti, e dalle macchine ne stavano scendendo altri.
«Di qua!» esclamò Mihael afferrando Matt per il polso e tirandolo in una stradina stretta e buia. 
«Mels...sto per vomitare» ansimava il rosso mentre piano piano la sua andatura rallentava.
«Puoi per favore sboccare quando non rischieremo più di finire in galera?»
Mello si voltò per notare con piacere che i due agenti non li avevano seguiti nel vicolo, ma che probabilmente si erano messi alla caccia con le auto e le sirene sperando di vederli sbucare alla fine di qualche stradina.
Il biondo si fermò e appoggiò le mani sulle ginocchia, ansimando anche lui pesantemente. Matt mise una mano sul muro di mattoni e l'altra sul petto, dove il suo cuore sembrava sul punto di esplodere.
«Ce l'abbiamo fatta» ansimò, per poi scoppiare a ridere.
Mihael lo seguí a ruota, e i due risero per cinque minuti buoni a malapena sapendo perché. Forse perché quella situazione era totalmente assurda: la madre di uno dei due era appena morta, gesto che li aveva fatti riunire in modo pacifico e subito dopo vengono inseguiti dalla polizia per tutta la città. Ma in mezzo a quell'assurdità c'erano loro due, Matt e Mello, Mihael e Mail. Quella serata così fuori dalle righe aveva fatto dimenticare ai giovani tutto il male che si erano fatti a vicenda, e per mezzora era sembrato a entrambi che non si fossero mai divisi.

 

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Capitolo 7
*** «6» ***


«Brothers»

•If I was dying on my knees
You would be the one to rescue me
And if you were drowned at sea
I'd give you my lungs so you could breathe•
 

«Matt...Matt mi stai ascoltando?»
La sua risata. I suoi occhi che finalmente brillavano di nuovo. Quelle pietre preziose del mare in cui Jeevas sarebbe annegato.
«MATT!»
Di nuovo la felicità nel suo sguardo.
«MATT MI ASCOLTI?»
Un telecomando arrivò dritto dritto sulla fronte del rosso, che lo risvegliò dai pensieri su Mihael nei quali si era addormentato.
«Ahia, cazzo che male!» si lamentò Mail massaggiandosi il punto colpito.
«Light amore, bastava semplicemente scuoterlo» disse L rivolto al fidanzato, che fece spallucce.
«Ancora non ci credo che Aiber torna!»
Stavolta fu l'albino a parlare, intento a svuotare una scatola da festoni di ogni tipo.
«Lo so è incredibile, finalmente resterà tutta l'estate!» esclamò il rosso, entusiasta di riavere suo fratello a casa per le vacanze. 
La sua famiglia e i suoi amici erano radunati nel salotto di casa loro, ad attaccare festoni e ghirlande per preparare una festa di bentornato al maggiore dei figli.
«Ma siete ancora qui?» disse la mamma di Matt sbucando dalla cucina con in mano una teglia di biscotti «Il volo di Aib atterra fra mezzora!»
«Oh cazzo!» esclamò Lawliet lasciando cadere le lettere A-T-O del festone che stava attaccando.
«Finiamo noi qui, forza muovetevi!» li sollecitò la donna.
Light afferrò al volo le chiavi del suo pick-up, e i quattro ragazzi si precipitarono fuori casa diretti verso l'aeroporto.
Il maggiore dei figli Jeevas, era partito per studiare in un'università prestigiosa e tornava a casa di rado. A Cambridge si era fatto nuovi amici, una ragazza e aveva trovato un piccolo lavoretto part-time per mettersi da parte dei soldi. Aiber è sempre stato quello definito da tutti un "tipo alla mano". Era un ragazzo alto, dai capelli lisci dalle sfumature castane-ramate sempre piegati dal gel che li faceva ricadere sulla nuca, con gli occhi ambrati e un accenno di barba sul mento. Gli é sempre stato facile fare amicizia e farsi amare dagli altri, in quanto fosse un tipo vivace e sempre disposto ad aiutare il prossimo.
Nella cittadina lo conoscevano tutti, e Matt veniva sempre fermato per i corridoi da vecchi amici del fratello che gli chiedevano come stava. Anche i professori domandavano sempre a Mail se stesse studiando e se si trovasse bene al college.
Prima che se andasse, lui e Light erano praticamente i padri del piccolo gruppo di sgangherati. Un'allegra famigliola con quattro piccoli piantagrane.
Il quarto in questione ovviamente era Mihael, che ha sempre avuto un rapporto speciale con Aiber. Il che é strano, perché fu l'unico della famiglia Jeevas a non veder subito di buon occhio il ragazzo che aveva rubato il cuore al suo fratellino.
«Non mi piace» aveva detto il giorno che Matt glie l'aveva presentato, non appena la porta fu chiusa e Mello avviatosi verso casa sua «Ha una strana puzza sotto il naso. Non mi fido di lui»
Ma giusto il tempo di conoscere il vero Mihael, (perché diciamoci la verità, Mello a primo impatto non stava simpatico a nessuno) che Aiber lo iniziò a vedere quasi come un'altro fratello minore da proteggere. I due se la intendevano, e capitava che quando il biondo dormisse a casa loro passassero ore a giocare alla playstation, quando Mail era già crollato nel mondo dei sogni.
Quando successe quello che successe, il cuore di Aiber fu il secondo a spezzarsi. Ma a differenza del fratello, lui capì che le azioni di Mihael non erano state fatte di proposito o con cattiveria. Sapeva che era solo un terribile errore, e avrebbe voluto che anche il suo fratellino lo capisse.
Ci fu un giorno in particolare, uno fra i tanti in cui Mello si trovava davanti il vialetto della casa di Matt, urlandogli di uscire per poter parlare.
«Matt per favore! Scendi due minuti, solo due ti prego!»
La porta si aprì, ma ad uscire non fu Mail, ma Aiber, che si trovava a casa per un weekend.
«Non è in casa Mels» disse chiudendosi la porta alle spalle e raggiungendo il biondo.
«E prima che tu me lo chieda, non ti dirò dov'è. Matt si incazzerebbe a morte se lo facessi. Ce l'ha già abbastanza con me perché non ti odio quanto dovrei»
Mello lo guardò con occhi lucidi, sapendo che anche per quel giorno si sarebbe dovuto ritirare.
«Facciamo due passi?» disse Aiber, ricevendo un gesto di assenso da parte di Mihael.
I due camminarono piano, entrambi con le mani in tasca, senza il bisogno di dirsi nulla. Ma dopo cinque minuti di puro silenzio, il biondo parlò.
«Perché tu non mi odi? Mail è sempre stato il tuo cucciolo da proteggere, dovresti avercela a morte con me...»
Aiber si stava accedendo una sigaretta, e dopo aver fatto una bella tirata rispose sorridendo: «Perché io ti credo»
Mello lo guardò confuso.
«Mels, lo so che ami mio fratello. Quindi so anche che non andresti a baciarti Misa Amane a una festa del cazzo»
Il biondo lo guardò sentendo un leggero calore nel petto. Era bello avere qualcuno dalla sua parte.
«E perché Matt non mi crede?»
Aiber passò la sigaretta all'amico e si mise le mani nelle tasche dei jeans.
«Una piccola parte sepolta nel profondo degli abissi di Mail, ti crede. Ma in questi casi i pensieri prendono il sopravvento, e l'hanno convinto che sia tu lo stronzo»
Mello rifletté a lungo su quelle parole, facendo una tirata di tabacco a ogni perplessità.
«E come faccio a fargli capire che i suoi pensieri si sbagliano?»
Il ragazzo alto rise e si riprese la sigaretta.
«Questo non lo so. Ma sei in gamba, quindi troverai un modo»
Inutile dire la sua delusione quando scoprí che il modo di Mello fu scappare.
Lasciò un solo ed unico messaggio alla segreteria di casa Keehl in Germania: «Mels, spero che la tua sia una pausa temporanea per riflettere. Mi auguro di ritrovarti in Inghilterra la prossima volta che tornerò. Prenditi cura di te, ti voglio bene»
Non ricevette mai una risposta.

***

Di tutte le persone presenti all'aeroporto, Matt era decisamente quella più contenta di rivedere un suo caro. Saltellava sul posto e si torturava le dita delle mani, come un bambino che al luna park sta per ricevere un'enorme peluche come premio.
«Matt, sto per tirarti un calcio» disse Light a braccia incrociate, facendo risaltare i suoi muscoli.
«Non fare lo stronzo» gli disse Nate «Anche tu muori dalla voglia di rivederlo. Ti manca avere il secondo genitore con cui badare al gruppo»
Lo punzecchiò sui fianchi, mossa che fece arrabbiare Light ancora di più e ridere fino a sbellicarsi il suo ragazzo. Near sarebbe finito dentro un cestino, se in quel momento due figure non fossero sbucate dalla zona dei controlli.
Aiber, sempre alto e avvolto in una canottiera aderente cingeva con un braccio il fianco di una ragazza, anche lei bionda con un taglio scalato che arrivava fino alle spalle. Portava un paio di occhiali da sole neri e aveva un rossetto rosso acceso che le colorava le labbra carnose. Indossava una gonna aderente fino alle cosce con sopra una canotta elegante, il tutto accompagnato da degli stivali col tacco: semplicemente meravigliosa. E inutile dire, che Matt l'adorava.
«È il mio fratellino quello che vedo?!» esclamò Aib, lasciando il fianco della ragazza e iniziando a correre a braccia aperte verso il rosso.
«Ti riempio di baci!» quasi urlò Mail saltando in braccio al fratello maggiore e contornandogli il busto con le gambe tipo un koala.
La ragazza roteò gli occhi al cielo divertita, e recuperó il bagaglio del fidanzato lasciato cadere in mezzo al pavimento. Si avvicinò agli altri ragazzi e li salutò con un abbraccio veloce.
«Come state mie piccoli pesti?» chiese strizzando la guancia a Nate.
«Wedy, diventi ogni anno più bella» disse Lawliet squadrandola dalla testa ai piedi.
«Non dirmelo tesoro, che questo pitbull inferocito potrebbe staccarmi la testa da un momento all'altro!»
La ragazza rise e diede qualche colpetto sulla spalla a Light, che si fece scappare un sorrisino.
«Tranquilla, se dovessi scegliere una persona con cui tradirlo saresti la prima della lista»
«Ah perché c'è una lista?»
Il gruppo rise alla faccia rabbiosa di L, e poi si voltò verso i due inseparabili fratellini, che difatti erano ancora attaccati uno all'altro.
Matt stringeva forte quel collo, affondandoci la faccia nell'incavo e annusando quel profumo che ormai associava solo a lui: dopobarba. Si ricordava ancora quando a 12 anni entrò nella camera del fratello con rasoio e schiuma, chiedendogli di insegnargli a togliersi i peli sul mento che, a detta sua, spaventavano le ragazze.
«Quanto mi sei mancato pulce» disse Aiber stringendo forte la schiena del fratello.
«Scusate, volete che andiamo a prenderci un caffè intanto?» fece loro eco Nate dopo aver finto due colpi di tosse.
I fratelli Jeevas risero e finalmente si staccarono, così il più grande poté dedicarsi a salutare anche gli altri vecchi amici. Si fiondò per primo sul suo co-genitore del gruppetto.
«Ti sei pompato vedo» disse, ricordando per l'ennesima volta a Light il fisico mingherlino che aveva fino a pochi anni prima.
«L, sta attento che te lo rubano!» rise andando ad abbracciare il corvino.
Infine passò a Nate, che si aggrappò a koala come aveva fatto Matt, ricevendo delle carezze da quelle grosse mani nel cuoio capelluto.
«Dio, come mi mancavate» esclamò rimettendolo giù e afferrando la valigia.
Il gruppo finalmente riunito (a eccezione di Mihael) uscì dall'aeroporto e partì verso casa sul pick-up di Yagami.
Non si sa quante regole della strada infransero, ma a loro non importava, in quel momento erano felici di essere in quattro sul rimorchio a usare le valigie come schienale, e parlare di tutte le cose che si erano persi durante l'anno.
Aiber raccontò delle feste a cui andò al college, senza tralasciare alcun dettaglio (neanche quello di come una volta Wedy è dovuta andare a recuperarlo in piscina perché si era tuffato convinto di diventare un tritone) , e gli altri lo aggiornarono sulla vita nella cittadina.
«Nate vai ancora dietro a quel ragazzo...come si chiama...Giavanni?»
«Jevanni, e no. Non gli vado dietro»
Mail scoppiò a ridere così forte che si prese lo stomaco con le mani: «Ma se ieri sera mi hai fatto la descrizione dettagliata dell'albergo in cui sta alloggiando in Svezia!»
L'albino si imbronciò, perché effettivamente era innamorato di quel ragazzo dai tempi delle medie, ma successivamente si lasciò andare a un sorriso colpevole.
Quando arrivarono a casa ci fu un boato di grida ed esclamazioni da parte della famiglia Jeevas, che tennero stretto il figlio maggiore fra le loro braccia quasi dieci minuti.
«Vieni qua principessa!» esclamò Aiber prendendo in braccio la sua sorellina e riempiendola di baci.
Matt quasi si commosse nel vedere la scena, ma si ricordò che aveva una questione importante di discutere con quello che da sempre era il suo mentore.
«Aib, ti aiuto a portare le cose di sopra» disse fissandolo con lo sguardo da "ti devo parlare", che il fratello notò immediatamente.
Mollò Linda, che si gettò fra le braccia della sua sorella maggiore acquisita, e seguì il rosso al piano di sopra.
Lasciarono le valigie sul letto matrimoniale della vecchia camera del maggiore, rimasta intatta dai tempi del liceo.
«Mihael é tornato» disse Mail arrivando subito al dunque. Tanto con suo fratello non c'era mai stato bisogno di fare mille giri intorno al nocciolo della questione.
La notizia lasciò Aiber parecchio scioccato, che strabuzzò gli occhi in modo buffo ricordando un personaggio dei cartoni animati.
«Avete parlato?» chiese dopo un minuto intero di puro shock.
«Sì...abbiamo...» e Jeevas raccontò ogni suo piccolo e grande incontro con Mihael, concludendo con l'inseguimento della polizia di due sere prima.
Aiber sembrava sempre più incredulo e si passò una mano sulla bocca mentre le sue pupille si muovevano in tutte le direzioni, schedando le notizie appena apprese.
«Innanzitutto...» disse prima di tirare un ceffone sulla nuca di Mail «Se ti fai inseguire di nuovo dalla polizia vengo a distruggerti con le mie mani...»
Il rosso annuí massaggiandosi il punto colpito e sfoderò la sua faccia da cane bastonato che faceva sempre quando il fratello lo sgridava.
«Riguardo il resto...» continuò Aib «Sono troppe cose e ne ho altrettante da chiederti. Facciamo stanotte alla solita ora?»
«Certo» sorrise Matt, le cui spalle vennero circondate da un braccio muscoloso del fratello.
I due tornarono di sotto, dove tutti stavano aspettando il ragazzo del college per dare inizio ai festeggiamenti. Mangiarono, parlarono e risero per ore, sentendosi tutti un'unica grande famiglia. Perché anche i tre amici di Matt erano come dei figli adottivi.
A quel tavolo però a tutti, anche se nessuno lo ammetteva, mancava Mello. Malgrado le sue azioni, il biondo era stato una presenza fissa nella casa per anni, ed era impossibile che quell'evento non ricordasse ai presenti le grigliate estive che erano soliti fare quasi ogni settimana a casa del ramato.
Matt era con la sua famiglia, ma gli mancava quel componente che ne completava il significato.
Quando si fece tardi, gli amici salutarono e Mail aiutò a sparecchiare mentre i due fidanzati di Cambridge si concedevano una doccia. Il rosso ripose nello scolapiatti bicchieri e posate, nel mentre pensava al suo bel biondo e alla conversazione che avrebbe avuto con suo fratello quella notte.

***

"La solita ora" per i due fratelli Jeevas corrispondeva a quando le lancette indicavano l'una e mezza di notte.
Era nato tutto quando Matt era ancora un bambino, poco dopo la morte prematura del loro papà. Evento tragico, che sconvolse tutta la famiglia della quale Linda fu l'unica esonerata dal dolore, in quanto troppo piccola per ricordarsene.
Mail ogni notte faceva lo stesso incubo, che lo portava a svegliarsi con una ripetitività inquietante sempre allo stesso orario. Apriva piano la porta della camera di Aiber, e con le lacrime agli occhi gli sussurrava: «Ho sognato papà» per poi venire accolto nel letto del maggiore e addormentarsi lì dopo un pianto disperato.
Anche negli anni a seguire, ormai superato il lutto, i due ragazzi tennero quello come orario per le loro visite notturne, quando avevano qualcosa di cui discutere o semplicemente fare quattro chiacchiere perché non riuscivano a dormire.
Infatti l'argomento di quella notte sarebbe stato molto pesante per entrambi, e Matt attendeva paziente seduto sul suo letto i tre colpetti alla porta.
Quando questi si udirono Jeevas si drizzò sulla schiena, mentre suo fratello fece capolino sulla soglia e successivamente richiuse piano la porta alle sue spalle.
«Dormono tutti» sussurrò, andandosi a sedere sul letto.
I due erano a gambe incrociate uno di fronte all'altro, non sapendo chi dei due avesse dovuto parlare per primo. Alla fine Aib si fece avanti.
«E così Mihael é tornato...»
Mail fece di sì con la testa tenendo lo sguardo basso.
«Non so cosa fare Aib...non so come comportarmi»
«So che lo ami pulce»
La frase pronunciata fece alzare la testa al rosso, che fissò il fratello il quale gli stava rivolgendo un sorriso.
«E anche Mels ti ama, e sta cercando di farsi perdonare. La vera domanda è se tu sei disposto a farlo»
Matt intensificò la presa sulle sue ginocchia affondandoci le unghie, e mordicchiò la pallina del piercing al labbro, gesto che faceva sempre quand'era stressato.
«Come potrei non perdonarlo Aib? Ma sento come se fosse sbagliato farlo...»
«Non puoi neanche punirlo così però, Matty»
Il maggiore affondò i suoi occhi ambrati in quelli verdi del fratello, stavolta senza sorridere.
«Lo sai benissimo che quello successo alla festa è colpa di Misa, ma ti sei convinto del contrario e vuoi punire Mihael per il male che ti ha fatto»
Matt si sentì sprofondare sotto il peso di tutta quella verità, e ruppe il contatto visivo.
«Ascolta pulce: Mels è un mio amico e vorrò che ci sia anche lui alla festa. Sarà l'occasione per parlargli sinceramente faccia a faccia. Ma ti prego, qualsiasi cosa vorrai dirgli fa che metta un punto a questa situazione. È la cosa migliore per entrambi»
Il maggiore posò una mano su quella del fratello e sorrise lievemente.
«Dormici su»
E detto quello si alzò e uscì dalla camera, lasciando Matt ancora più fottuto in testa. In situazioni come quella, odiava che il fratello lo capisse così bene.
Cosa avrebbe dovuto dire al biondo? Che dentro di lui c'era una guerra fra i suoi sentimenti, le cose successe e il perdono? Che avrebbe voluto baciarlo in lacrime e dirgli quanto lo amava ma che non riusciva a convivere con il pensiero di quella festa?
Mail fece tutto tranne che dormire quella notte, pensando e ripensando a come erano andate le cose e a quanto effettivamente fosse stato cattivo con Mihael. L'aveva visto, in tutti quei gesti e discorsi come il biondo volesse il suo perdono. E pianse ricordando come, quando Nate gli comunicò della lettera, riprese dalla scatola quella vecchia fotografia del loro primo mesiversario e gridò: «Ho bisogno che tu torni da me Mello, ti prego non scappare. Ho bisogno di perdonarti»
"Se solo non avessi questa stupida vocina in testa" pensava Mail fissando il soffitto "Se solo non mi auto convincessi che se lo perdono mi farà soffrire di nuovo, adesso saremmo insieme amore mio".

 

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Capitolo 8
*** «7» ***


«Am I feminine?»

•I'm sitting here, crying in my prom dress
I'd be the prom queen if crying was a contest•
 

Quella gonna a fantasia scozzese era adagiata sul letto da almeno mezzora, mentre Mail Jeevas la osservava in bilico fra una tremenda decisione: rimetterla nel fondo del cassetto o legarsela in vita.
L'aveva comprata a un mercatino che avevano fatto una primavera, e mentre la guardava appesa alla sua gruccia iniziò a pensare a quanto bella fosse e a quanto avrebbe voluto indossarla.
«Matt non é che se la fissi a lungo diventa gratis» aveva detto Nate vicino a lui, intento a cercare degli anelli che lo soddisfassero.
«È bellissima» rispose Jeevas fissandola incantato.
«E allora comprala, cosa la fissi a fare?»
Il rosso si girò verso l'amico immerso fra i gioielli e lo guardò sognante.
«Posso?»
Nate alzò lo sguardo confuso e si girò verso L, che si era affiancato a loro con qualche vinile in mano.
Il corvino fece qualche passo avanti e mise una mano sulla spalla dell'amico.
«Sta di sicuro meglio a te che a qualsiasi ragazza la comprerebbe»
Matt quasi pianse quel giorno e acquistò il capo d'abbigliamento, che alla fine venne abbandonato in uno dei cassetti. Il rosso era troppo terrorizzato per indossarla in pubblico, ma aveva passato ore in camera sua a creare outfit con quella gonna.
In quel momento, mentre questa era sul letto, Matt si guardò allo specchio e studiò bene il suo fisico magro completamente a nudo, se non per i boxer.
Le sue mani tremavano leggermente e si andarono a posare sui suoi pettorali, coprendoli del tutto. Mail si guardò il viso schizzato di lentiggini, e fece scivolare una mano sul suo fianco, stringendoselo il più possibile.
"Chiedo troppo?" si disse "Chiedo troppo se voglio solo essere me stesso?"
E in quel momento un solo pensiero li poté tornare alla memoria: lui e Mihael, due ore dopo aver acquistato la gonna.
«Guarda quanto è bella!» urlava Jeevas facendola svolazzare per tutto il salotto.
«Scommetto che ti sta anche benissimo amore» aveva risposto Mello, ammirando il suo bambino così felice «Devo stare attento a scuola, ti guarderanno tutti!»
Quella frase sembrò spegnere l'entusiasmo del rosso, che si fermò di colpo e impuntò i suoi occhi in quelli del fidanzato.
«A....a scuola?»
Mello lo guardò confuso e si alzò dal divano per mettersi faccia a faccia con lui.
«Non posso metterla a scuola Mels, mi picchierebbero»
Una mano scivolò sulla guancia del rosso tagliata in due da una lacrima.
«Matt, a chi devono piacere i vestiti che indossi? A te o a gli altri?»
Un piccolo sorriso sbucò sul volto del ramato, che comunque non fece sparire la tristezza che stava provando.
«E se qualcuno avrà qualcosa da dire si ritrova le palle in go-»
«Ho capito Mihael!» rise Mail mettendogli una mano davanti la bocca.
«Ti amo» e lo baciò, perché era il suo cavaliere.
Ma quella gonna non ebbe mai il coraggio di indossarla, forse non fino a quel giorno.
Era una festa in casa, c'erano solo i suoi amici e quelli di Aiber e a mali estremi dopo venti minuti sarebbero stati tutti troppo ubriachi per accorgersi di qualcosa.
Mail afferrò la gonna e se la infilò, con la sola immagine della faccia che avrebbe fatto Mihael in testa. La abbinò con una t-shirt nera aderente, i suoi amati anfibi, occhi e labbra truccati e gioielli di ogni tipo. Ogni suoi dito era imprigionato da un anello, i polsi avvolti nei bracciali e il collo che sorreggeva il peso di diverse collane. Due orecchini pendenti con un ciondolo a croce scendevano dai lobi e si era attaccato tre mollette stile punk nei capelli. Le lentiggini messe in risalto dall'illuminante, gli occhi cerchiati di nero con un'ombretto caldo e le labbra di color bordò rendevano quel suo viso ancora più meraviglioso.
Uscì dalla camera timidamente, dopo aver sentito l'urlo di suo fratello che annunciava i primi ospiti.
Alla sua destra la porta spalancata della stanza faceva intravedere Wedy in reggiseno, che si arrovellava su quale crop top indossare. Appena la ragazza vide Matt, smise per un secondo di pensare al suo outfit, e squadrò quel figurino dalla testa ai piedi.
«Tesoro...sei uno schianto!»
Il rosso sorrise timidamente e guardò i due capi d'abbigliamento appoggiati sul letto.
«Dovresti mettere quello giallo, si abbina ai tuoi occhi»
Wedy sorrise e guardò il ramato come una madre guarda il figlio il giorno del diploma.
«Uno di questi giorni mi trucchi tu bellezza, ora vai giù e dí ad Aiber che arrivo»
La bionda chiuse la porta lasciando Mail con un'enorme gioia nel petto, e scese le scale esattamente come le ragazze nei film fanno il loro ingresso avvolte nell'abito per il ballo scolastico. E proprio come i loro accompagnatori, le bocche di Aiber e il solito trio si spalancarono a formare una O grande come un piatto da portata.
«Matt...sei...» provò a dire Nate senza che le parole gli venissero alla bocca.
«Light mi dai il permesso di scoparlo?»
«Permesso accordato, scopalo anche per me»
Matt scoppiò a ridere mentre il suo viso prendeva lo stesso colorito della sua capigliatura. Vestirsi in quel modo per la prima volta, sentendosi finalmente se stesso, e ricevere certe reazioni lo metteva quasi a disagio.
«Pulce è mia la festa non devi spiccare così tanto!» disse Aiber squadrandolo per bene.
Il ragazzo del college aveva deciso di organizzare una festa per il suo ritorno, in cui invitava amici o in generale teenager della cittadina. Cacciò fuori casa la madre e la sorellina per una notte, dicendo che si voleva divertire come ai vecchi tempi.
Il salotto era stato decorato con luci e festoni e la penisola della cucina dove solitamente la famiglia faceva colazione, si era trasformata in un vero e proprio bar di alcolici, con bottiglie di vodka e altre cose decisamente troppo pesanti per dei fegati così giovani.
Gli ospiti iniziarono ad arrivare e la casa si riempì di un'atmosfera allegra e festaiola, accompagnata dalla musica a palla che avevano messo allo stereo.
«Mihael!» esclamò a un certo punto Aib così forte che tutte le persone si voltarono.
Il biondo era in piedi davanti la porta, tremendamente a disagio sotto tutti quegli sguardi (tra cui quello innamorato del suo rosso), avvolto in una camicia bordò aperta sul petto e dei jeans neri.
"Sei il sesso" stava pensando Jeevas completamente stregato da quella bellezza. Notò perfino la matita nera che gli contornava gli occhi e le unghie come al solito smaltate e piene di anelli.
Il fratello si precipitò dal vecchio amico, a cui si illuminò il viso appena lo vide, e si strinsero in un forte abbraccio. Quello videro gli invitati, ma non poterono udire Aib che bisbigliò nell'orecchio del biondo: «Vieni di sopra, ti devo parlare»
E così i due sparirono sulle scale senza essere notati da nessuno, dato che gli adolescenti erano più interessati alla penisola-bar.
Mail era in un angolo con i suoi amici, che cercava di non pensare a cosa si stessero dicendo le due persone più importanti della sua vita solo un piano sopra di lui. Nate stava raccontando una cosa parecchio inutile, quando Light strabuzzò gli occhi che stava tenendo puntati verso la porta.
«Lei chi l'ha invitata?» domandò con un'inflessione che faceva intendere che la persona appena entrata non era di suo gradimento.
Il gruppetto si voltò ed L non riuscì a trattenersi nel ruotare gli occhi al cielo, quando la figura di Takada fece capolino all'ingresso, salutando tutti con un sorriso.
«Si sarà imbucata, Aib non la sopporta» disse Nate.
«E non é l'unico» gli fece eco Jeevas cercando di nascondersi dietro la silhouette imponente del suo amico castano.
«Fra dieci minuti qualche disperato ce la toglierà di torno portandosela a limonare di sopra» concluse Lawliet finendo di bere la sua bevanda, per ora priva di alcool.
In quel momento fecero il loro ritorno in scena Aiber e Mihael, che appena videro la ragazza si guardarono come per dirsi: "Ma l'hai invitata tu?"
«Aib! Ma che piacere rivederti!» starnazzò Takada andando ad abbracciare il ragazzo, che rimase fermo e dritto come un palo.
«Quando Matsui mi ha detto che facevi una festa non ho resistito, dovevo venire per forza!»
«Si saranno parlati due volte in tutta la loro vita» disse Light dal loro angolo con tono acido.
La ragazza mora finito di salutare si era subito fiondata nella folla, a chiacchierare con i ragazzi più grandi cercando la sua prossima preda. Intanto a pochi metri da lei, Aib la guardava disperato e Mello a braccia conserte.
«Hai invitato quell'idiota di Matsuda?»
«Facevamo rugby insieme...mi faceva pena!»

***

«Allora, che intenzioni hai con Mail?»
Il volto felice e spensierato di Aiber che aveva mostrato agli ospiti quand'era arrivato Mihael, si era trasformato in un'espressione seriosa che l'aveva quasi buttato a forza dentro la sua camera.
«Calmati stallone, gli ho solo parlato» si difese il biondo.
«Questo lo so, Matt mi ha detto tutto. Intendo dire se hai secondi fini»
«Secondi fini?»
«Qualcuno ti ha mollato in Germania e avevi bisogno della ruota di scorta? O vuoi solo divertirti un po' e poi-»
«Aiber, ma che cazzo?!»
Mello mimò un esplosione dalle sue tempie e guardò l'amico mentre il suo cuore si contorceva su se stesso, ferito dal fatto che l'unica persona che credeva dalla sua parte stesse dubitando di lui.
Il maggiore sospirò e si prese il ponte del naso con due dita.
«Ti...ti chiedo scusa. È solo che non voglio ritorni nello stato in cui era quando te ne sei andato»
Gli zaffiri di Mihael si spezzarono inumidendosi leggermente, e il ragazzo storse la bocca mentre si mordeva con forza la parte interiore del labbro.
«Voglio solo il suo perdono Aib, nient'altro. Sai che raggiungerei l'inferno per lui»
«Lo so Mels, lo so»
Il più grande posò una mano sulla spalla del biondo e successivamente lo tirò a sé per chiuderlo in un abbraccio.
«Qualsiasi cosa succeda, io ci sono Mello»
E questo tirò su col naso, per evitare di scoppiare a piangere sulla spalla dell'amico, che negli anni era stato più come un padre per lui.
Qualunque piega avesse preso la situazione tra lui e Matt, sapeva che con Aiber le cose non sarebbero mai cambiate.

***

La festa era ormai nel vivo, fuori era buio pesto ma dentro la casa lampeggiavano luci di tutti i colori. I ragazzi erano un po' in piedi e un po' accasciati sul divano, tutti o brilli o completamente andati.
«Dai Mels, bevi qualcosa!» incitò un ragazzo della vecchia compagnia di Aiber.
Il biondo guardò la bottiglia che il giovane teneva in mano, e gli tornarono alla mente i vetri, le grida, l'amaro che scende in gola e ti brucia nello stomaco. No, non la voleva quella merda.
«Ho smesso di bere, grazie» e si allontanò sparendo nella folla.
Intanto l'altra faccia della medaglia, era seduto su uno degli sgabelli della penisola circondato da una dozzina di bottiglie di alcolici, delle quali non ne aveva sfiorata neanche una. Si era promesso di non bere, perché non voleva fare cose di cui si sarebbe pentito. Cose dai capelli biondi e i pantaloni neri.
Sorseggiava una Pepsi, così bello da sembrare irreale e con una tempesta dentro che avrebbe ribaltato anche il più grande dei velieri.
Due dei suoi amici stavano allegramente limonando seduti sulla poltrona, con solo vodka che scorreva nelle vene, mentre il terzo stava parlando con la sua cotta storica tornata dalla Svezia. Matt constatò che era palesemente ubriaco, perché in condizioni normali non si sarebbe avvicinato a Jevanni neanche con una pistola puntata alla tempia.
In quel momento avrebbe potuto avvicinarsi la persona più sgradevole che esista al mondo, che Mail l'avrebbe comunque invitata a sedersi piuttosto che intrattenere una conversazione con la persona che effettivamente si era avvicinata a lui.
«Cosa fai tutto solo? Ti serve compagnia?» cinguettò Takada appoggiando i gomiti al bancone in modo da stringere e far risaltare il suo seno.
«Sto bene grazie» rispose Matt senza neanche voltarsi.
«Ci beviamo qualcosa? Sono ancora troppo sobria per divertirmi sul serio»
La ragazza iniziò ad accarezzare le guance truccate del rosso con l'indice e il medio, facendo scivolare le sue unghie viola su quelle lentiggini meravigliose.
Mail però non stette al gioco, e scostò con poco garbo la mano della giovane.
«Takada c'è un motivo se ti ho rifiutato al cinema! Lasciami in pace»
Un'altra figura si avvicinò, che decisamente rientrava nella sfera di gradimento di Mail.
«Ci sono problemi?»
Mihael incrociò le braccia facendo andare in iper ventilazione il rosso, che bevve tutta di un sorso la Pepsi rimasta sperando lo raffreddasse da quel caldo improvviso che stava provando.
«Takada ci sono un mucchio di arrapati qui, va' a cercarti qualcun'altro»
Jeevas non riuscì a non nascondere un sorriso, che fu solo un minuscolo diminutivo di quello che stava provando dentro di sé. Farfalle ovunque, brividi, il cuore che probabilmente stava correndo una maratona mentre le sue guance erano diventate una sorta di barbecue acceso.
«Ah...ho capito come stanno le cose» disse la ragazza muovendo l'indice in aria.
«Hai bisogno di una persona che ti protegga vero? Cerchi qualcuno di forte e determinato che sia il tuo cavaliere?»
Abbassò il viso a pochi centimetri da quello di Matt, che stava stringendo il bicchiere di vetro così forte da poterlo far esplodere da un momento all'altro.
Sentiva gli smeraldi tremare e venir pian piano inondati dalle lacrime, che cercava però di trattenere per non confermare la tesi di Takada, cioè che era un bambinetto indifeso che aveva bisogno di qualcuno che gli facesse da scudo.
«Chiudi quella bocca o ti ritrovi il contenuto di queste bottiglie versato nei capelli» ringhiò Mihael stringendo i pugni e conficcandosi gli anelli nella carne.
«Bhe in effetti dovevo aspettarmelo da uno vestito in questo modo, è così poco virile! Avevi la luce spenta e hai preso i vestiti dall'armadio di Wedy?»
Con uno spintone la giovane venne scostata da Matt che scappò piangendo, spalancando la porta che dava sul giardino, per poi iniziare a correre.
Se non fosse stato per questo particolare, probabilmente Mihael avrebbe alzato per la prima volta in vita sua le mani su una donna, ma adesso doveva andare a soccorrere il suo principe. Ci avrebbero pensato gli altri protettori a lei.
«Takada ma che cazzo?!» esclamò Aiber, mentre tutti gli invitati avevano smesso di parlare per assistere alla scena.
«Sei una stronza» disse semplicemente Nate.
«Io dico di seguire l'idea di Mihael» aggiunse Light, scrocchiandosi le dita.
Intanto proprio Mihael, stava correndo disperato per il marciapiede buio, gridando a Mail di fermarsi.Pioveva e la luce dei lampioni non era abbastanza forte per illuminare tutta la strada, quindi Mello stava praticamente correndo alla ceca. Si fermò ad un incrocio, accorgendosi di aver perso il rosso. La sua camicia stava venendo inzuppata e il suo petto scoperto era una pista piena di goccioline che faceva a gara per chi sarebbe scesa per prima nei pantaloni.
Matt era la sua anima gemella per un motivo: la definizione di un cuore in due corpi. E Mihael sentiva che il suo cuore batteva verso sinistra, così corse in quella direzione, dove dopo pochi metri trovò la sua metà.
Matt era seduto a una fermata dell'autobus, di quelle con sopra la tettoia trasparente, parecchio inutile però per lui dato che era già zuppo. Si cingeva le ginocchia con le braccia, il trucco era colato un po' per la pioggia ma più che altro per le lacrime. La ragazza dei film che aveva visto il ragazzo che le piaceva baciare un'altra al ballo scolastico.
Mello si avvicinò cauto e si sedette vicino a lui, bagnato come uno straccio.
Mail non fu sorpreso, sapeva che Mihael sarebbe corso in suo auto. Perché lo amava, e il rosso amava quando lo proteggeva. Amava tutto di lui.
«Takada è una stronza» disse il biondo osservando la pioggia «È solo invidiosa perché la gonna sta meglio a te»
Matt tirò su con il naso e provò ad asciugarsi le ultime lacrime che gli stavano uscendo dagli occhi.
«Ha detto quello che stavano pensando tutti»
«Pensi davvero che ci fosse qualcuno che concordava con lei?»
Il rosso alzò le spalle e guardò anche lui la pioggia, evento atmosferico che stranamente l'aveva sempre calmato.
«Grazie Mels»
Il biondo dovette trattenersi dal prenderlo e baciarlo fino a togliergli il fiato, si limitò a stringere forte le mani tanto quanto si stavano stringendo le sue budella.
«Matt» disse solo, e il ramato alzò lo sguardo e incatenò i loro occhi, destinati a fissarsi per sempre.
«Sei bellissima»
Un big bang di emozioni si scaturì in Mail. Sensazioni mai provate prima, così belle e così forti che quasi non riusciva a contenerle. Quei brividi che sentiva sotto pelle, non causati dal freddo ma da quella stupida lettera finale del complimento.
Guardò Mihael con tutta l'adorazione che si può trasmettere a un essere umano. E realizzò, in quell'esatto momento, che sarebbe morto da solo se non avesse sposato quell'uomo.
Si fiondò sulle sue labbra senza dargli il tempo di reagire, non che Mihael volesse farlo. Le catturò fra le sue come catturò il viso del biondo fra le sue mani, spingendolo verso di sé e costringendolo a baciarlo con insistenza.
Mihael dal canto suo non si tirò certo indietro, e fece scivolare una mano sotto la gonna che tanto amava indossata dal suo ragazzo, accarezzandogli la coscia con delicatezza.
Finalmente quelle labbra, quelle labbra che combaciavano alla perfezione. L'una il sigillo dell'altra, che solo se messi insieme avrebbero fatto sprigionare tutte quelle sensazioni.
Sentiva il piercing di Matt che nuotava in mezzo alle loro lingue, cercando di non affogare in tutta quella saliva.
Il rosso si staccò lentamente e con il volto ancora racchiuso nelle sue mani e i suoi occhi puntati in quelli del biondo disse: «Resta con me»
Mihael si accigliò leggermente, ancora sopraffatto dalle cose successe nei minuti precedenti.
«Solo per stanotte, resta con me»

***

Fu piuttosto strano, per le cinque persone che rimasero in casa Jeevas, vedere di nuovo Matt e Mello mano nella mano, rientrare dalla porta d'ingresso, uno più bagnato dell'altro.
Aiber e la fidanzata insieme agli altri amici, stavano facendo avanti e indietro nel salotto da almeno un ora, aspettando il ritorno del ramato.
Quando videro quelle mani di nuovo intrecciate, fu impossibile per i due di Cambridge non sorridere, mentre il resto della comitiva sembrò piuttosto spiazzato.
Quando videro Mail a testa bassa, con i vestiti zuppi e quell'aria afflitta, tutti fecero un passo avanti ma vennero bloccati dall'unica persona che il rosso voleva con sé in quel momento.
Nell'assoluto silenzio, Mello portò Matt al piano di sopra e prese degli asciugamani per entrambi. Una volta che il rosso fu avvolto nel suo pigiama, venne adagiato sul letto dal suo cavaliere e si addormentò immediatamente.
Il biondo uscì piano dalla stanza, trovandosi davanti il resto del gruppo disposti in semicerchio, che avevano delle facce così angosciate che Mihael quasi prese paura.
«Come sta?» chiese Nate torturandosi le mani.
«Non lo so...è molto scosso» rispose il ragazzo dai capelli d'oro buttando un'occhio alla porta dietro di lui.
«Dormite qua stanotte» esortò Wedy avvolta nella sua vestaglia «È tardissimo per tornare a casa. Non è un problema se dormono nella stanza di tua madre e Nate in quella di Linda vero?»
Il suo fidanzato fece di no con la testa, e i tre ragazzi se ne andarono nelle loro camere provvisorie per quella notte.
Anche Wedy dopo aver accarezzato la spalla di Mihael e sussurrato un "buonanotte" si dileguò nella sua stanza.
Rimasti soli, i due vecchi amici si guardarono in silenzio per qualche istante.
«Cos'è successo dopo che me ne sono andato?» chiese il biondo.
«L ha quasi aggredito Takada ma Nate l'ha fermato in tempo. Dopodiché l'ho cacciata via io personalmente»
«Capisco, insulti pesanti?»
«Non mi sono trattenuto»
I due risero e Aiber guardò gli zaffiri di Mihael con tutta l'affetto che provava per quel suo secondo fratello.
«Grazie mille Mels, davvero»
Quest'ultimo si limitò ad annuire, perché non gli servivano ringraziamenti. Avrebbe fatto la traversata del Sahara a piedi nudi per quel ragazzo.
«Hai qualcosa da prestarmi?» chiese all'amico, che poco dopo gli portò una t-shirt e un paio di pantaloni di tuta.
Una volta essersi dati la buonanotte con un abbraccio, Mihael rientrò in quella camera a cui sentiva di appartenere. Poteva tranquillamente elencare ogni singola giornata passata fra quelle quattro mura, e ricordava bene come aveva dormito divinamente su quel materasso (e anche le altre cose fatte in quel letto).
Lentamente si distese sul fianco e contornó Matt con un braccio, affondando il naso nell'incavo del suo collo e sentendo quell'odore che associava alla parola "casa".
"Chiedimelo" pensò fissando quel viso così pulito e rilassato, avvolto dalle braccia di Morfeo "Chiedimelo e resterò per sempre".

 

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Capitolo 9
*** «8» ***


«Brain 1 - Heart 0»

•Shall we look at the moon, my little loon
Why do you cry?
Make the most of your life, while it is rife
While it is light•
 

Il mattino dopo quando Mihael aprì gli occhi, il sole batteva già forte dalla finestra che si era dimenticato di oscurare con la tenda. Probabilmente era tardi, ma dal silenzio della casa si capiva che erano ancora tutti a dormire.
Compreso il suo rosso, ancora stretto a lui tenendogli la mano con cui Mello lo stava cingendo. Il suo visino era così dolce, con la bocca semi aperta che emanava dei piccoli sospiri e le palpebre morbide chiuse, che lasciavano trasparire l'idea che Matt stesse facendo sogni tranquilli. E come non poteva, avvolto nelle braccia dell'amore della sua vita?
Mihael ammirò quell'angelo dormiente a fianco a lui e gli scostò delicatamente una ciocca di capelli ramati, per poi dargli un leggero bacio sulla tempia.
Si alzò quasi in slowmotion, per evitare qualsiasi minimo rumore che potesse disturbare il sonno del suo amato, e uscì dalla stanza.
Scese le scale, e notò che in realtà non era l'unico sveglio nella casa: L stava trafficando con la moca, il pentolino per il latte e il bollitore per il the. Questo significava essere in un gruppo in cui ciascuno aveva gusti diversi, e tu eri l'idiota che cercava di accontentare tutti.
Mello fu un po' riluttante nell'entrare nella stanza, pensò che sarebbe stato meglio tornare al piano di sopra e aspettare che si svegliassero almeno Aiber o Wedy. Restare da solo con qualcuno della sua vecchia compagnia, lo terrorizzava e metteva estremamente a disagio.
Difatti con L non aveva avuto modo di parlare da quando era tornato, probabilmente perché nessuno dei due lo voleva: il moro lo detestava e il biondo non voleva sentirsi ripetere per la trentesima volta le cose che aveva fatto.
Si avvicinò in silenzio, sperando di diventare un'ombra invisibile in modo da prendere solo qualcosa da mangiare e da bere per lui e Matt e poi scappare di sopra. Ma ahimè, il suo corpo rimase così com'era, ed L lo vide entrare timidamente.
Lo guardò un po' storto e successivamente mise i tre contenitori sul fuoco, di cui uno pieno d'acqua.
«Mi prendi il latte?»
Mello si aspettava sicuramente qualcosa di diverso come prima conversazione, ma da un lato fu contento di quella leggerezza, e aprí lo sportello del frigo per passare il latte al suo ex amico.
Lawliet iniziò a far bollire i tre liquidi e li divise in sette tazze diverse.
«Tu cosa vuoi?» chiese prima di riempire l'ultima.
«Caffè, grazie»
In realtà Mihael sapeva che il corvino aveva posto quella domanda per comunicargli "Ce l'ho con te e non sei più mio amico, quindi mi sono dimenticato le tue preferenze". I due erano sempre stati noti come i caffeina-dipendenti.
L si sedette su uno sgabello della penisola e sorseggiò anche lui la sua tazza di liquido bollente, mentre l'altro si appoggiò al bancone di fronte a lui guardando tutto tranne che i suoi occhi neri.
«Lo sai che venne da me quella sera?» pronunciò il moro, costringendo il suo interlocutore a fissarlo in quelle pupille scure «Piangeva così tanto che quasi non respirava. "Sono uno stupido L" gridava "Come ho potuto pensare che una persona non si stufasse di uno come me?"»
Mihael ascoltava in silenzio mentre sorseggiava il suo caffè, ormai abituato a sentirsi dire che era una persona di merda. Ma quando si trattava di un caro amico, faceva sempre malissimo. Ma provocava ancora più dolore sapere che il ragazzo che amava credeva di essere un peso per lui. "Come potrei mai stufarmi di te? Ti ho impresso nella mia pelle".
L si alzò e mise la sua tazza vuota nel lavello.
«Meglio per te se me lo tratti come un principe, vedi di non fare più stronzate» e mentre diceva questo, passò a Mihael una delle sette tazze dove si stava sciogliendo una bustina ai frutti di bosco.
«E se non volesse perdonarmi?» chiese Mello prendendo la tazza, stavolta mantenendo il contatto visivo con l'amico.
«Tu proprio non ci arrivi eh?»
Lawliet si tastò le tasche dei jeans e ne estrasse un pacchetto di sigarette, delle quali se ne cacciò una in bocca.
«Mail ti ha perdonato nell'esatto momento in cui ti ha visto allo skate park»
E con quella conclusione che lasciò Mihael impalato con le tazze in mano, il corvino fece la sua uscita di scena per andare a godersi un po' di nicotina.
Dopo 5 minuti di contemplazione delle pareti, Mello tornò di sopra con il cervello che si arrovellava su quella bella ma inaspettata notizia.
Le porte delle camere erano ancora tutte chiuse, tranne una con dei disegni colorati sul legno e un'arredo da bambina all'interno. Dopo poco, si sentì un chiaro conato di vomito provenire dal bagno.
Mihael ridacchiò e sussurrò alla porta: «Near, L ti ha preparato il latte caldo di sotto»
Molte cose erano certe, ma una più di tutte: Nate River non reggeva l'alcool.
«Scendo fra poco» biascicò una voce dall'interno della stanza, seguita da un'altro conato che si riversò nel water.
Mihael aprí piano la porta di camera sua e di Matt, trovandolo seduto sul letto con le ginocchia piegate e il cuscino appoggiato alla testiera. Fissava un punto imprecisato del materasso tenendosi con le dita le punte dei piedi.
Mello bussò lentamente con il piede per annunciare il suo arrivo, e sentendo il rumore Mail alzò lo sguardo, rilassando tutto il corpo alla vista del biondo.
«Buongiorno» disse quest'ultimo «L ti ha fatto il the» e passò al rosso la tazza che emanava un profumo squisito di more e lamponi.
Si sedette vicino al suo principe, sorseggiando ciò che avanzava del suo caffè, mentre lo osservava emanare piccoli soffi sulla bevanda bollente.
«Come stai?» chiese, trattenendosi dall'appoggiare la sua mano sul ginocchio dell'altro.
«Credo di avere la febbre» sussurrò il rosso bevendo l'infuso.
Mihael poggiò il palmo della mano sulla fronte dell'amato, che venne subito scaldata dalla pelle rovente.
«In effetti scotti»
Finí di bere il suo caffè e successivamente appoggiò la tazza sul comodino, mentre Mail si rannicchiava su se stesso, probabilmente per scaldarsi.
«Mihael» disse tornando a fissarsi le punte dei piedi «Se quella sera ci fossi stato io al tuo posto, mi avresti perdonato?»
Al biondo sembrò di ricevere una secchiata d'acqua dritta sul viso: era una domanda che non si era mai posto, e sinceramente ora che l'aveva ricevuta, preferiva non rispondere. Cosa avrebbe fatto lui al posto di Matt? Lo amava così tanto da poter andare oltre una cosa del genere? Era un quesito troppo difficile a cui rispondere essendo lui quello che aveva compiuto il gesto.
«Non lo so...» rispose sinceramente «Ma non avrei smesso di amarti»
«Quello non l'ho fatto neanch'io»
Un'altra secchiata d'acqua gelida, presa direttamente dai mari del Polo Nord. Tutti gli sciami di farfalle esistenti avevano preso alloggio nello stomaco di Mello e il suo cuore stavolta aveva davvero saltato un battito.
«Però...» continuò Mail rompendo la magia «Ho paura di non riuscire a stare con te senza pensare alle cose successe»
«E pensi che io ci riesca?» sbraitò il biondo, a voce un po' troppo alta «Solo guardandoti mi sento una merda, come potrei stare con te sapendo quello che ti ho fatto?!»
Il rosso non provò neanche a voltarsi per incontrare il suo sguardo, perché se l'avesse fatto l'avrebbe baciato senza mai fermarsi.
«Le ho notate sai» continuò tenendo con le dita incrociate la tazza di the ormai tiepido «Le cicatrici»
Mihael si toccò inconsapevolmente le braccia, dove c'erano ancora i resti della sua sofferenza.
«Ti chiedo scusa, non voglio che tu ti faccia del male per colpa mia-»
«Non devi scusarti Matt» lo interruppe «Se mi sono fatto del male ne sono io la causa»
Il rosso bevve un sorso del the scipito e finalmente fissò Mello negli occhi, mostrando i suoi che si stavano struggendo per quell'amore così forte.
«Vorrei premere il tasto "reset", Mels» disse con la voce traballante.
«Matty...»
Anche la voce di Mello faceva tradire il suo dolore, e provò ad appoggiare una mano sulla guancia del ragazzo che amava, ma questo si spostò ruotando la testa verso sinistra.
«È meglio se vai ora»
Le lacrime volevano uscire prepotentemente dai suoi smeraldi, ma Matt cercò di trattenersi, perché se sarebbe scoppiato a piangere Mihael l'avrebbe sicuramente stretto fra le sue braccia, e Dio come lo desiderava. Ma desiderava anche che quella lotta sfrenata fra il suo cervello e il suo cuore finisse, perché lo stava uccidendo. I suoi amici e la sua famiglia l'avevano convinto a fare il tifo per il primo, ma cosa voleva Mail davvero? Sul serio voleva vincesse la ragione? Non era mai stato un tipo che ragionava molto, prendeva le cose di petto, così come venivano. E in quel momento la cosa più forte che sentiva era l'amore per il suo cavaliere dagli occhi azzurri. Il rosso non si addormentava così di colpo da troppo tempo ormai, invece la sera prima l'aveva fatto, perché era tra le braccia del suo salvatore. E allora perché non riusciva a mettere da parte le voci e le paure nella sua testa e tornare ad essere felice?
Mihael si alzò lentamente con gli occhi lucidi, prendendo la tazza dal comodino e chiudendo la porta una volta lasciata la stanza. E ora finalmente solo, Matt poté scoppiare a piangere, con la fronte e il cuore che gli bruciavano.
In cucina l'ambiente si era decisamente animato da quando Mihael aveva preso da bere: erano tutti svegli e seduti alla penisola, tranne Aiber e Wedy che stavano cucinando la colazione per tutti. Nate aveva il viso di un colore verdastro e si teneva la fronte con le mani, mentre Light gli carezzava delicatamente la schiena.
Aiber era occupato ai fornelli, facendo sfrigolare del bacon in una padella mentre diceva una cosa tipo: «È impossibile che Matsuda ci stesse provando con Light!»
«Lo giuro su mia madre, lo stava praticamente svestendo con gli occhi!» stava esclamando L seduto su uno dei banconi della cucina ciondolando le gambe. Wedy rideva di gusto mentre aiutava il fidanzato rompendo le uova e tostando il pane.
Quando Mello scese l'ultimo gradino tutti sembrarono udire il rumore del suo piede che toccava il pavimento, e si voltarono in simultanea fermando le chiacchiere.
Il biondo si limitò ad appoggiare la sua tazza vuota su un tavolino a fianco a lui e a tirare su col naso.
«Mail ha la febbre, fatelo stare al caldo» e detto quello uscì dall'abitazione con ancora addosso i vestiti di Aib,
camminando senza meta mentre cascate di lacrime gli straripavano dagli occhi.

***

Era mezzogiorno spaccato, l'ora più calda della giornata, e il nostro ragazzo con il sole nei capelli era seduto sulla pista dello skate park da almeno due ore.
Indossava quella t-shirt un po' malconcia con il logo di Batman e i pantaloni di tuta che aveva dovuto legarsi ben stretti vista la stazza di Aiber e il suo vitino sottile.
Sulle guance aveva qualche rimasuglio di matita nera della sera prima, e stava imprecando da due ore perché aveva lasciato tutti gli anelli sulla scrivania del rosso. Almeno sapeva che erano al sicuro.
Con la quinta Marlboro fra le labbra, proprio al rosso stava pensando, torturandosi sui soliti mille pensieri che vorticavano nella sua mente.
"Sarei dovuto rimanere?" fu quello sul quale si stava concentrando da più tempo "Quando Matt mi ha mandato via, dovevo restare lì?" Non lo sapeva, ma come al solito si diede la colpa per tutto.
Grazie a Dio arrivò l'unica persona che in quel momento avrebbe potuto dare uno schiaffo di realtà al biondo.
«È da ieri che sei sparito» disse Mikami arrivando con le mani in tasca e un cappellino a visiera portato a rovescio «Ti credevo già sotto un ponte»
«Ti è andata male» rispose l'amico passando la sigaretta al moro, che si sedette vicino a lui.
«Con il tuo rossiccio?»
«Non ne parliamo»
Sebbene Teru odiasse l'amore in generale, quello che provava il suo amico per quel ragazzo era l'unico che gli interessava. Perché Mello era il suo unico amico, e segretamente Mikami gli voleva bene.
«Come è andata la festa?»
«Una merda»
Il biondo lasciò la sua Marlboro all'amico per accendersene un'altra, dalla quale fece una di quelle tirate rabbiose, che ti impregna i polmoni di fumo.
«Ne deduco che tu e Jeevas non avete scopato» rispose Mikami con fin troppa nonchalance.
«Perché? Credevi l'avremmo fatto?» 
«Ovvio, tu no?»
Il corvino fissò l'amico con le sue iridi inquietantemente rosse, che erano forse il motivo per il quale tutti scappavano da lui. Unito al suo aspetto, il suo carattere e i suoi comportamenti.
«Sai la prima cosa che mi ha detto quella mozzarella...com'è che si chiama?»
«Lawliet?»
«Ecco lui, quando tu e Matt vi siete messi insieme?»
Mihael guardò Teru dedicandogli tutta la sua attenzione: era convinto che lui ed L non si fossero neanche mai guardati.
«La prima volta che siamo usciti tutti quanti insieme, siamo andati a mangiare in quel fast food vicino la stazione. Mi avevi lasciato solo al tavolo con gli altri svitati perché tu e Jeevas eravate andati a pagare. Ricordo che vi fissavamo, mentre vi scambiavate occhiatine e risatine, e io avevo fatto un'espressione di disgusto, perché devi ammettere che eravate imbarazzan-»
«Vaffanculo!»
«Insomma fatto sta che L mi fissò, rise, e mi disse "è inutile che fai quella faccia, tanto quei due si sposeranno un giorno". E non riesco a capacitarmene neanche io, ma gli diedi ragione»
Mello aveva un'espressione quasi buffa, così confusa e stupita dal fatto che il suo unico amico avesse effettivamente un cuore che pulsava anche sentimenti oltre che al sangue.
«Io te lo dico, state solo perdendo tempo» affermò infine gettando il mozzicone per terra.
«Perdendo tempo?»
«Si vede che entrambi volete tornare insieme, fatelo e basta cazzo!»

***

A mezzogiorno spaccato, l'ora più calda della giornata, Mail Jeevas era accalorato anche perché la sua fronte raggiungeva i 38 gradi di temperatura.
Non si era mosso dal letto da quando se n'era andato Mihael, o meglio, da quando lui aveva chiesto a Mihael di andarsene.
E pensare troppo di sicuro non aiutava la sua febbre ad abbassarsi. Grazie a Dio anche per lui arrivò uno schiaffo di realtà, dato ovviamente da quella considerata la persona più schietta del gruppo.
«Nate...» sussurrò Jeevas nascosto dalle coperte.
«Sono passato a salutarti, noi altri torniamo a casa ora»
L'albino sorrise dolcemente e si sedette sul bordo del letto, accarezzando una mano dell'amico che sbucava da sotto il lenzuolo.
«Avete parlato con Mihael?» biascicò il rosso, a cui sembrava importare solo quello.
«No, ma tu l'hai fatto. E da quel che ho visto non è andata bene»
Matt cercò di nascondersi con quei centimetri di coperta che gli rimanevano, provando a scomparire dentro di essa.
«L'ho baciato ieri sera»
Gli occhi di Near fecero un salto in avanti, ma subito dopo tornarono nella loro posizione e il suo sorriso si ampliò sul suo volto.
«È solo che...tornare con lui...ho paura di-»
«Matt»
Nate intensificò la stretta sulla sua mano e scavò con lo sguardo quelle pupille color quadrifoglio.
«Ero convinto che la sera del giorno in cui Mihael è tornato ci saremmo ritrovati tutti a cena al solito fast food, sopportando voi due che vi sareste scambiati effusioni amorose. Onestamente, sono sorpreso che ci stiate mettendo così tanto. Fra una settimana dovrò dare venti sterline a Light»
Si alzò lentamente e si diresse verso l'uscita, lasciando Matt completamente di sasso. Il ramato era appena diventato un televisore, e Nate il suo tasto rosso del telecomando.
«E per quanto L odi ammetterlo» disse l'albino fermandosi sulla porta «Non vede l'ora di rivedervi insieme»

 

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Capitolo 10
*** «9» ***


«Again»

•My life ain't worth living
If I can't be with you
I just can't stop loving you•

«Ma ci credete?» disse Light fissando la figura di Matt che si allontanava piangendo dallo skate park «Non pensavo sarebbe tornato»
«Mihael non è mai stato un codardo» rispose Nate, tenendo le mani in tasca «È pronto a lottare»
«Sarà meglio che tratti Mail come si deve stavolta» aggiunse L, cercando di ignorare il fatto che era al settimo cielo per il ritorno del biondo. Sapeva che Mihael non aveva intenzione di ferire di nuovo il rosso, e non vedeva l'ora che Matt tornasse ad essere felice.
«Jeevas glie la farà sudare» disse il suo fidanzato con un sorriso.
«Scherzi? Cadrà ai suoi piedi, ne è troppo innamorato. Stasera saremo di nuovo a cena tutti insieme a sopportare le loro cose smielate» esclamò Nate.
«Vuoi scommettere?»
Light allungò una mano verso l'albino con il palmo aperto.
«Venti sterline che la tirano per le lunghe fino alla prima settimana di luglio»
«Andata»
Near strinse con forza la mano dell'amico, mentre L li guardava ruotando gli occhi al cielo con un sorriso.
A tutti e tre non importava quanto ci sarebbe voluto, avevano solo bisogno che i loro amici tornassero assieme, perché sapevano che si amavano alla follia ed erano l'uno la felicità dell'altro. E anche se non lo ammettevano a loro stessi, quella testa di cazzo dai capelli dorati sapeva come far sentire la sua mancanza.

***

«Ti scongiuro Teru, devi andare a riprenderlo per me!» strillava Mihael mentre si mordicchiava l'unghia dell'indice, grattando via lo smalto.
«Mels sono passati due giorni, non pensi che l'abbia già trovato?»
«No! L'avevo messo nella tasca dei jeans! Matt non può trovarlo, per favore vallo a riprendere!»
Mikami sospirò, chiedendosi come mai dovesse sempre risolvere i casini provocati dall'amico, sin dai tempi del liceo.
«È un preservativo?»
«Cosa? No! Tu vai e dí semplicemente che sei venuto a recuperare i miei vestiti»
«È così importante questa cosa?»
«Sì Teru, te lo chiedo in ginocchio»

***

Dopo due giorni la febbre di Mail si era abbassata, ma il corpo del rosso era ancora scosso da quelle secchiate d'acqua che si era preso e dai sentimenti che ardevano dentro di lui.
Jeevas era seduto sul letto, che sfogliava una rivista con poco interesse mentre di sottofondo i Nirvana suonavano Smells Like Teen Spirit. Non aveva interagito molto con la sua famiglia in quel lasso di tempo, si palesava solo di tanto in tanto per rubare qualcosa dal frigo che serviva a saziare quella poca fame che aveva in quei giorni.
Quasi inconsapevolmente spostò lo sguardo alla sua scrivania, dove stesi sulla sedia c'erano ancora i vestiti del biondo, ormai asciutti.
Con uno scatto felino si alzò dal materasso e afferrò i capi d'abbigliamento, tenendoli fra le mani per qualche secondo. Aveva bisogno di sentire quel profumo. Se li portò al naso, e poté percepire il tessuto leggero della camicia a contatto con il suo piercing, mentre le sue narici assorbivano l'odore di cioccolato fondente che distingueva Mihael fra tutti.
Nel rimetterli al loro posto, la sua mano sfiorò qualcosa in cartoncino nella tasca posteriore dei jeans neri. Incuriosito scavò nella fessura finché non ne estrasse un foglietto rettangolare con gli angoli giallognoli, un po' spiegazzato e umido dall'acqua che aveva assorbito.
Quando lo vide fu impossibile non far inumidire quei suoi occhi così lucenti, e Matt si mise una mano sulla bocca tentando di soffocare un urlo di gioia.
Solo una frase pronunciò chiaramente ad alta voce: «Che razza di idiota»

***

Mail Jeevas, 15 anni, non ci poteva credere: stava camminando fianco a fianco con quell'angelo che gli dei gli avevano spedito direttamente dalle nuvole. Perché non poteva essere solo un malinteso, il fatto che il biondo quel giorno fosse entrato nell'aula sbagliata. No, Matt era sicuro fosse destino che i loro occhi avessero fatto scattare la scintilla.
I due arrivarono fuori casa di Mihael, che si fermò controvoglia davanti il vialetto, dato che anche lui doveva ammettere di non voler salutare quel ragazzo che l'aveva stregato con tale bellezza.
«Bene...allora...ci vediamo a scuola» disse tenendo strette le bretelle dello zaino come un bimbo alle elementari, incamminandosi poi verso la porta di casa.
«Aspetta!»
Mello si fermò e girò la testa, vedendo la mano di Mail protesa in avanti mentre il ramato sembrava aver dimenticato cosa voleva dire.
«Ce l'hai qualcosa su cui posso scrivere?» esclamò mettendosi a rovistare nel suo zaino per cercare molto probabilmente una penna.
Mihael lo osservava confuso, mentre cercò qualcosa nelle tasche del suo chiodo di pelle. L'unica cosa che ne uscì fu un biglietto dell'autobus ancora inutilizzato, che passò al rosso con non poca diffidenza.
Questo lo afferrò e ci scarabocchiò di corsa qualcosa sopra, dopodiché lo tornò al biondo e corse via.
«Ci vediamo!» urlò agitando il braccio, con il viso dello stesso colore di un pomodoro maturo.
Mello seguí la sua figura correre finché non sparí infondo alla via, e poi girò il biglietto per rivelare quello che vi ci aveva scritto il ragazzo di cui si stava innamorando.
Sulla carta vi erano una serie di numeri, che terminava con un cuoricino un po' abbozzato.
Fu inevitabile che Mihael sorrise, e si ricacciò il biglietto nelle tasche, che furono l'unico posto anche a distanza di tre anni in cui quel pezzo di cartoncino venne messo.
Neanche Matt sapeva, che quello per il biondo era diventato il suo portafortuna e che non andava da nessuna parte senza portarlo con sé.

***

Mihael riagganciò con forza la cornetta al telefono a muro, e si prese il ponte del naso con le dita, gesto solito di quando stava per esplodere in una crisi.
«Ist alles in Ordnung Sohn?»
«Si papà sto bene» rispose all'uomo che aveva fatto capolino dalla porta del corridoio.
Appoggiò la testa sull'intonaco e iniziò a pensare a quel biglietto dell'autobus, così insignificante visto da altri ma per Mello era stato l'inizio di tutto. L'inizio di quando si accorse che quel numero lì riportato lo avrebbe voluto chiamare centinaia di volte, e che avrebbe voluto fare la strada per tornare a casa insieme al rosso finché non gli si sarebbero consumate le scarpe.
«Vatti a riprendere il tuo uomo, mein Schatz» furono le parole di sua zia che gli riecheggiarono in testa.
"Dovrei lasciar perdere?" si chiese con il corpo addossato al muro, in una posa di sconsolatezza.
Ma proprio in quel momento, il suo cervello decise di fargli passare una mano nei capelli per sistemare il ciuffo, e decise di fargli notare il tatuaggio "ever" sul polso, per ricordagli chi era il ragazzo che amava. Ogni tanto, l'universo vuole semplicemente che due persone stiano insieme.
Mihael fermò il braccio a mezz'aria, osservando quella scritta sulla sua pelle che l'avrebbe seguito fino alla tomba. Una semplice parola, ma straboccante di significato.
Mello strinse il pugno e disse: «Col cazzo». Spalancò la porta e dopo aver urlato un "Papà io esco!" si precipitò giù dalle scale, correndo ancora più veloce di quando lo aveva inseguito la polizia.
"Sto arrivando Matt"

***

Mail spinse sua madre per non essere intralciato facendola barcollare, e poi corse giù per le scale saltando due gradini alla volta.
«Matt, non avrai intenzione di uscire spero!» gridò la donna, attirando l'attenzione di Aib, seduto sul divano al piano di sotto.
Il rosso spalancò la porta, trovandosi davanti Teru Mikami con il dito alzato pronto a premere il campanello, che lo guardò accigliato.
«Ciao Teru!» esclamò il ramato prima di scostare anche lui e correre via.
Il moro fissò Aiber cercando delle risposte, che gli arrivarono sotto forma di un sorrisone da parte del maggiore:
"Vallo a prendere pulce".

***

Jeevas sentiva che il suo corpo stava collassando, sotto il calore di luglio appena inoltrato e per il fatto che era già indebolito dalla febbre. Nel correre aveva spintonato minimo tre passanti, ricevendo lamentele e qualche insulto.
Passò per lo skate park, dove fece lo slalom fra i ragazzini che sfrecciavano con le loro tavole. Chiuso nel suo pugno, era accartocciato il biglietto dell'autobus, il movente che aveva scatenato tutto.
Mihael intanto insultava con tutte le brutte parole esistenti al mondo il semaforo che aveva deciso proprio in quell'istante di colorarsi di rosso.
Batteva il piede con insistenza sul marciapiede, mentre fissava il cerchio vermiglio che sembrava durare in eterno. Ma Mello non aveva un'eternità, così si buttò in strada, sotto lo sguardo allarmato dei passanti.
Una macchina frenò di colpo per evitare di investirlo, rivolgendogli però parecchie offese. In mezzo a clacson, urla e sterzate, il biondo correva imperterrito sotto il sole cocente.
Matt svoltò l'angolo della sua vecchia scuola elementare, ritrovandosi sul marciapiede di quel lungo stradone che portava verso le periferie.
Anche Mihael svoltò un angolo, ritrovandosi sul percorso che arrivava dritto dritto al posto in cui aveva passato la sua infanzia.
I due corsero, e ci volle poco prima che si accorgessero l'uno dell'altro. Si fermarono di colpo, a pochi metri di distanza, e si guardarono avvolti da quelle scintilla mentre riprendevano fiato.
«Matt» pronunciò il primo.
«Mello» rispose il secondo.
Il biondo si ricompose mettendo la schiena diritta, rendendosi conto che le parole che avrebbe pronunciato, sarebbero state la chiave che determinava il futuro del rapporto fra lui e il rosso.
«Matt, io non voglio lasciar-»
«MIHAEL!»
L'urlo del ramato fu forte e pieno di gioia: il ragazzo aveva un sorriso enorme sul viso, e sembrava che finalmente avesse ritrovato la felicità che cercava.
Alzò un braccio e mostrò il biglietto spiegazzato, stagliandolo bene in alto e facendolo brillare sotto il sole.
«Se c'è una cosa che ho capito dal nostro litigio» parlò bello forte, come se ci fosse una folla ad ascoltarli «È che non posso vivere senza di te. Anche se la mia vita riprendesse una routine, sarebbe comunque incompiuta. Perché tu fai parte della mia vita, sei il pezzo che la completa. Sei il pezzo che completa me, Mihael. E so che la cosa successa a quella stupida festa è stato un errore, e ti chiedo immensamente scusa per averti punito in questo modo»
Il biondo lo guardava anche lui con un'enorme sorriso, con gli occhi che brillavano come due pietre preziose.
«Ti amo Mihael» disse Matt mettendosi il biglietto in tasca «Ti amo da impazzire»
Mello non riusciva a trovare parole per dire alla sua metà quello che stava provando, semplicemente si sentiva completo. Sentiva che i pezzi erano tornati al loro posto.
Iniziò ad avanzare verso l'altro ragazzo, prendendo sempre più velocità, venendo imitato da Jeevas, che rise contento.
Quando i due si stavano per scontrare, quest'ultimo saltò e finí in braccio all'amore della sua vita, cingendogli la nuca con le mani.
Smeraldi e lapislazzuli si specchiavano di nuovo a vicenda, stavolta accompagnati da due enormi sorrisi.
«Sei la mia persona, Mail Jeevas» disse Mihael sorreggendolo dalle cosce «E finché avrò fiato in gola continuerò a ripetertelo, ti amo».
E arrivati a quel punto, non c'era altro da fare se non baciarsi con tutto l'amore che li univa insieme: le loro labbra si attaccarono con passione ma allo stesso tempo dolcezza, un bacio che stava a significare "riunione", "ricongiungimento", "sono qui e non ti lascerò più andare".
I piercing di Matt quasi si fondevano con le labbra del biondo, che assaporava quel retrogusto di tabacco che caratterizzava il rosso, ma che lui amava proprio per quello.
Il loro amore adesso era di nuovo sbocciato, sempre rimasto impresso nella loro pelle, nella loro città e nei loro cuori, ma sotterrato da dolore e sensi di colpa.
Adesso Mihael e Mail erano di nuovo insieme, uniti per sempre da un legame destinato solo a loro. Non importa quanto male la vita avrebbe potuto dare: insieme, l'avrebbero superato. Perché così funzionava fra di loro: lontani l'uno dall'altro riuscivano a sopravvivere, ma non a vivere.
Quella scritta impressa sui loro polsi era destinata a essere completa per sempre, come loro due erano destinati a stare insieme.

Matt e Mello, un cuore che batteva in due corpi.
Mail e Mihael, due pezzi di un meraviglioso puzzle finalmente completo.

 

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Capitolo 11
*** «10» ***


«The knight and the prince»

•Oh, it's you that I lie with
As the atom bomb locks in
Yes, it's you I welcome death with
As the world, as the world caves in•

«Oddio...credo di non farcela...»
«Mihael...»
«Sono ancora in tempo per buttarmi dalla finestra?»
«MIHAEL!»
Mikami, capelli lunghi scuri legati in un codino e una barba rasata alla perfezione che ricopriva tutto il mento, girò con forza l'amico prendendolo per le spalle, e dopodiché gli afferrò il viso fra le mani carezzandogli le guance con i pollici: «Datti una cazzo di calmata»
Quella frase tradì il gesto carino che sembrava Teru stesse facendo, ma arrivò Nate in soccorso spostando il biondo dalla presa del corvino.
«Mels, andrà tutto bene. È sempre andato tutto bene»
Quelle parole rassicurarono Mello, che fece un profondo respiro e si guardò nell'enorme specchio appoggiato al centro della stanza. Sembrava tutto un sogno.
Intanto, nella camera dall'altra parte del corridoio, L Lawliet stava facendo fuori un intero pacchetto di fazzoletti, guardando il suo migliore amico avvolto in quella lunga gonna nera con sopra una camicia, che sembrava fatta apposta per lui.
«Come sei bello Matty» piagnucolava pulendosi le lacrime «Quando ci saremo noi al posto loro?»
Light roteò gli occhi al cielo mentre il fortunato rise contento, felice che quel giorno fosse finalmente giunto e di poterlo passare con le persone a cui teneva di più.
Si specchiò nella lastra di vetro e fece un profondo respiro, sistemandosi gli orecchini a pendente e controllando per l'ultima volta che il trucco fosse a posto.
Un lieve bussare fece voltare i tre, e quando la porta si aprì una giovane ragazza dai lunghi capelli castani sbirciò nella stanza.
«Ragazzi, siete pronti?»
«Oddio Linda anche tu sei bellissima!» esclamò il corvino soffiandosi il naso, provocando un suono molto simile a una tromba, mentre il suo fidanzato si domandava se fosse sotto effetto di qualche sostanza quando aveva preso la decisione di mettersi insieme a quell'individuo.
La 23enne guardò il fratello con gli occhi pieni di amore e gli porse un sorriso radioso, prima di venire scostata da un'altra persona.
«Anch'io voglio vedere!»
La testa di Aiber sbucò nel piccolo spazietto aperto fra la porta e il muro, e subito sopra la sua anche quella di, ormai da tre anni, sua moglie.
«Sei meravigliosa!» esclamò la donna scoppiando in un pianto disperato.
«Ragazzi dovrebbe essere Mail quello a piangere oggi!» disse Light, che non aveva mai capito l'emotività umana.
«Sono gli ormoni» rispose Aib «Hanno detto che i primi mesi sono i peggiori»
Guardò la sua amata sorridendo e le passò un fazzoletto, dopo averle accarezzato il ventre.
«Fra cinque minuti si comincia» concluse Linda cacciando gli altri due e richiudendo la porta, non prima di aver fatto un piccolo occhiolino al suo fratellone.

***

«Adesso scappo» bisbigliò Mihael a Teru, in piedi a fianco a lui, che lo guardò storto e gli diede una leggera spinta in avanti per farlo stare più dritto.
Intanto Nate vicino a loro guardava L pulirsi gli occhi con un fazzoletto, non capendo se volesse ridere o mettersi a piangere anche lui.
Quando la musica partí tutti si alzarono in piedi, e Mello realizzò che non avrebbe mai potuto scappare da una cosa del genere: il suo rosso, il suo Matt, stava avanzando verso di lui avvolto in quell'abito spettacolare, che evidenziava le sue forme e il suo corpo alla perfezione. Sotto braccio teneva la sua mamma, che cercava di non piangere dalla gioia nel vedere suo figlio finalmente felice.
Prima di salire all'altare i due si diedero un bacio e la donna sussurrò: «Tuo padre sarebbe così felice per te».
Matt cercò di non aggiungere anche quello ai motivi che l'avrebbero fatto piangere quel giorno, e si concentrò sul suo ancora per poco fidanzato, che lo guardava dall'altare innamorato come non mai. E anche Mihael in quanto aspetto non scherzava: con i capelli biondi tagliati scalati, lo smoking nero e le unghie smaltate, poteva essere benissimo la definizione di "perfezione".
I due finalmente erano uno davanti all'altro, a tenersi per mano mentre l'ufficiante proclamava il loro amore eterno. Ma sicuramente neanche le parole di quell'uomo avrebbero potuto rappresentare a pieno la grandezza di quello che provavano l'uno per l'altro.
Mello diede un rapido sguardo alle panche in legno disposte a fianco la navata, e notò subito il viso commosso del suo papà che gli mandò un bacio con la mano. Mail alzò un attimo lo sguardo al cielo, sperando di ricevere un bacio anche dal suo di papà.
E finalmente la fatidica frase che i due aspettavano da sempre: «Puoi baciare lo sposo». E lí urla, esclamazioni, riso che volava da tutte le parti e pianti disperati (specialmente da parte di L), mentre quella piccola chiesetta quasi crollava da tutto l'amore che si stava riversando.
I due neo sposini, ancora in piedi all'altare, si guardarono negli occhi e posarono la fronte l'uno sull'altro.
«Ce l'abbiamo fatta Jeevas»
«Avevi dei dubbi?»
«Un intera lista tesoro»
Matt rise e accarezzò la nuca della sua anima gemella con il palmo della mano.
«Non ho dubbi, finché so che l'altra persona sei tu»
Mello lo guardò sorridendo e mise una mano sulla sua guancia bagnata da una lacrima.
«La mia altra persona, sarai sempre tu»
I due percorsero la navata mano nella mano, sotto riso ed esaltazioni, felici e imprigionati per sempre nel loro amore.
Le loro dita si stringevano, facendo toccare i loro polsi, e non si sarebbero mai lasciate andare.

4ever.

 

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