This pass save my life

di Reckless Woman
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Hey you, i can't stop thinking about you. ***
Capitolo 2: *** Consapevolezze... ***



Capitolo 1
*** Hey you, i can't stop thinking about you. ***


<< A volte non ci si rende conto di come un semplice oggetto di plastica possa cambiare la vita così da un momento all'altro e se ora quell'oggetto fosse vivo lo vorrebbe ringraziare per aver reso la sua vita un sogno vissuto ogni giorno ad occhi aperti.>>

Tutto scorreva sotto i suoi occhi come un vecchio film in bianco e nero, la neve a lato della strada ormai sporca per lo smog e il passaggio delle macchine, la strada sempre affollata di macchine con i loro clacson impazziti, la luce del bar che illuminava di poco la strada.

Nella sua mente continuava a ripetersi che doveva andarsene da li, che non poteva continuare a farsi del male ogni volta che si trovava nei pressi di quella via, ma le sue gambe prendevano il controllo e senza volerlo la portavano esattamente li, sotto quella scritta, davanti a quelle porte. Mise le mani in tasca e si strinse ancora di più nel cappotto.

Non era cambiato nulla se non l’assenza di persone accalcate in fila per entrare, due buttafuori che urlavano per impedire alle persone di spingere e far cadere le transenne, il freddo pungente e il cielo grigio della sua bella Milano. Solo la frase che continuava a vagare indisturbata nella tua testa sembrava maledettamente reale e nitida : << Non mi dimenticherò di te, mi farò vivo te lo prometto, grazie per questa serata magica bella giornalista>> 

Era passato già un anno, 365 giorni e lei continuava a tornare li. Guardò ancora una volta la scritta ALCATRAZ sopra la sua testa, sorrise debolmente e finalmente si allontanò da quel posto, ma non dai ricordi quelli erano così maledettamente potenti e prepotenti che sembrava quasi si volessero prendere gioco della sua pazienza e dei suoi nervi. Si sentiva stupida, si sentiva dannatamente stupida eppure era stato tutto così normale e improvviso che in cuor suo ci aveva creduto anche lei. Come poteva pretendere che una persona famosa come lui si ricordasse di una ragazza comune come lei, colpe non ne aveva quello di intervistare le persone era il suo lavoro e lei a momenti non li conosceva nemmeno, ma quella chiacchierata fino alle 5 del mattino, quelle risate, quei sorrisi e quei silenzi ecco tutto ciò non riusciva a cancellarlo dalla sua testa, perché in quel momento non le interessava chi fosse lui, aveva davanti a se un ragazzo con mille parole da dire, mille emozioni da raccontare.

Recuperò il telefono dalla borsa una volta uscita dalla via Valtellina, non vi erano mail di lavoro né chiamate perse, ricontrollò gli impegni di domani alla redazione del giornale e rimise il cellulare in tasca. Le piaceva il suo lavoro, era approdata alla redazione di Rock Sound Italia che aveva solo 19 anni, uno zaino in spalla e tanti sogni in testa, aveva così bisogno di essere ascoltata che non si rese conto che alla fine era più brava lei ad ascoltare le persone e a carpirne ogni singola sfaccettatura. Ma da quel 2 Febbraio qualcosa in lei era cambiato, quel pass le aveva in qualche modo rovinato la vita porgendole un biglietto di sola andata per il suo inferno personale e lei non sapeva come uscirne.

Sorrise ancora di più quando il suo Blackberry iniziò a suonare come un pazzo dentro la tasca della sua giacca, la voce della sua migliore amica la spronava a rispondere con tonalità differenti nella voce. Ogni volta le cambiava la suoneria senza che se ne accorgesse finché non chiamava e lei doveva rispondere in fretta prima di fare figure assurde in giro.

-Pronto!!! Prima o poi te le taglio quelle mani se non la pianti di cambiarmi suoneria

-Oh ma allora sei viva, dove sei?

-Sto tornando a casa tu? – rispose Ellis arrivando alla fermata del tram che l’avrebbe salvata da quella giornata.

-Anche io, senti prima vado a fare un po’ di spesa che nel frigo c’è il deserto, ti serve qualcosa?

-Si lo shampoo- rispose vedendo in lontananza il tram in arrivo.

-Ok quello buono. Ci vediamo tra una mezz’oretta a casa.

-Va bene, cucino io stasera.

-E se prendessimo la pizza? – Sara sorrise sorniona dall’altro capo del telefono assumendo un’espressione che se solo l’avesse avuta davanti le avrebbe lanciato dietro qualcosa.

-Sei stronza forte!!!! – esclamò estraendo a fatica il biglietto del tram dalla tasca dei jeans.

-Eddai che scherzo, ci vediamo a casa…bacio

-A dopo!- la sua migliore amica, la sua coinquilina, la sua compagna di avventure, non esistevano altre parole per descrivere Sara, in tutti quegli anni l’aveva salvata parecchie volte da quella vita che non aveva chiesto, ma che si era ritrovata, l’aveva raccolta tra le sue braccia promettendole che insieme ce l’avrebbero fatta e in parte così era stato, ma a Ellis non bastava, lei e la sua testardaggine, lei e quello sguardo freddo e duro che non permetteva a nessuno di scalfirla, Ellis voleva sempre di più da se stessa e dalla vita.

Il tram numero 36, lo stesso tram che avevano preso lei e quel ragazzo sconosciuto. Non avrebbe mai potuto dimenticare cosa le avesse detto prima di salire sul tour bus per recuperare la giacca, la sciarpa e un cappellino: << voglio fare una serata da persona normale, prendere un tram per andare in albergo, viaggiare con gente normale…>>

Ellis lo aveva guardato con aria confusa e stralunata, primo perché le stava facendo una proposta inaspettata, a lei, secondo perché nonostante fosse l’una di notte c’era ancora un sacco di gente in giro uscita da quel concerto.

<< guarda che sarà pieno di ragazzine che ti saltano addosso appena ti vedono…>> - gli aveva risposto piccata mentre si scaldava le mani nei guanti.

<< Non fa niente e poi all’una di notte? dai ti prego >> l’aveva guardata con uno sguardo così dolce che anche il cuore di ghiaccio di Ellis si era sciolto per un momento provando un brivido su tutta la schiena. Aveva alla fine ceduto sorridendo e facendo sorridere anche lui, cosi in silenzio avevano percorso quei pochi metri che li separavano dalla fermata e prendendo due biglietti dalla borsa gliene aveva dato uno salendo al volo sul tram.

A differenza di quello che aveva pensato poco prima quella sera il tram era quasi vuoto, solo quattro persone sedute che li guardarono per un secondo per poi tornare ognuna ai propri pensieri.

Lo guardava mentre fissava fuori dal finestrino la città scorrere sotto i suoi occhi bella e illuminata, era così serio che non sembrava nemmeno lui.

<< E’ stupenda Milano di notte >> era stata l’unica cosa che aveva detto per tutto il tragitto, ma il modo in cui l’aveva detto era così sincero e veritiero.

Ellis si riscosse da quei pensieri e da quei ricordi facendo svanire tutto e salì sul tram, settimo sedile infondo vicino al finestrino, ancora una volta, ma stavolta da sola.

4 fermate, quella volta erano 8.

Mise la borsa a tracolla e scese dal tram con qualche altra persona, con un gesto secco estrasse le chiavi di casa e dopo qualche passo era, finalmente, dentro il portone salva da questa giornata.

Constatò subito che la sua amica non era ancora arrivata a casa, c’era troppo silenzio e sfruttò questo momento per cambiarsi con calma, appeso al muro quel pass, nonostante tutto non era riuscita a buttarlo o a chiuderlo in qualche cassetto lontano dalla sua vista. Ellis solitamente buttava via i ricordi, non quello, come non era riuscita a buttare la sciarpa che in qualche modo sapeva ancora di lui.

<< Hai freddo? tremi come una foglia >> - le aveva chiesto prendendole le mani per strofinarle insieme alle sue.

<< Un po’ si, ma resisto…>> - aveva sorriso quasi imbarazzata per quel gesto semplice, ma in qualche modo dolce. Dolce una parola che poche volte aveva assaporato.

<< Tieni dai non voglio che ti ammali >> - delicatamente le aveva avvolto il collo con la sua sciarpa, era rimasto un tempo indefinito a guardarla con quel sorriso così bambinesco che nemmeno Ellis sapeva spiegarsi, avevano parlato di tutto, era come se si conoscessero da una vita e non solo da poche ore. Avevano comprato due sacchetti di castagne al carretto vicino al Duomo di Milano e mentre camminavano lei gli raccontava di quella città e forse anche un po’ della sua vita.

-Sono a casa-la voce di Sara la risvegliò da quegli ennesimi ricordi beffardi che le intasavano la mente, si infilò la felpa e raggiunse l’amica all’ingresso.

-Eccoti, ciao.

-Che freddo che fa oggi, ti ho preso lo shampoo – lo posò sopra il tavolo per poi dedicarsi al resto della spesa.

-Quanto ti devo?- Sara la guardò interrogativa prima di girarsi non prima di farle il dito medio.

-Niente scema, comunque come va?

-Bene e tu?

-Oh si bene, non ha chiamato Tia vero?

-No tranquilla.

-Meno male, è un ossessione.

-Beh se tieni conto che è il tuo fidanzato e ci stai insieme da 4 anni- lasciò la frase in sospeso mentre sgranocchiava del pane secco.

-Si lo so, ma non lo sopporto più.- Ormai quella frase era come un mantra e lo ripeteva ogni giorno della sua vita, ma non riusciva a lasciarlo. Aveva dichiarato la sera del concerto che forse solo David in persona avrebbe potuto farle trovare il coraggio di lasciare il suo ragazzo, Ellis l’aveva guardata come se fosse una pazza chiedendo ingenuamente cos’avessero di tanto speciale questo gruppo di cui la sua amica sicuramente sapeva più di lei, Sara l’aveva ammonita con lo sguardo come se avesse bestemmiato lasciandola in bagno con la promessa che se ne sarebbe resa conto a concerto iniziato se non prima e in effetti aveva ragione, i Simple Plan avevano qualcosa di speciale, lui lo era stato e lo era ancora.

-Novità al lavoro? - chiese Sara mentre l’ultimo pacco di pasta veniva riposto nell’armadietto sopra il tavolo in cucina.

-Nessuna, Sabato suona un gruppo americano, sono bravi.

-Nome?

-MXPX, li ho ascoltati da myspace e mi piacciono.

-Ah si conosco, devi andare? – Sara si sedette rubandole il pane dalle mani e facendole la linguaccia.

-Si se vuoi ho il pass anche per te.

-Ci sto, a Tia gli invento un qualcosa.

-Che stronza che sei, dai levati che cucino – Ellis le diede una spinta prendendo possesso del frigo per farsi venire un’idea per cena.

-Che delicatezza, vado a farmi la doccia intanto- Le diede un bacio sulla guancia prima di voltarsi e andare in bagno. Ellis mise l’acqua della pasta sul fuoco e trascinando svogliatamente la sedia vicino alla finestra si sedette non prima di essersi accesa una sigaretta. Da li in lontananza era quasi sicura di riuscire a vedere la Madonnina d’oro del Duomo.

<< Cos’è quella?>> - gli aveva chiesto lui col naso all’insù.

<< La madonnina del Duomo il simbolo di questa città praticamente>>.

<< Che storia e la tua storia qual è?>>- l’aveva travolta in pieno con quella domanda, le aveva chiesto come mai un nome straniero per le sue origini italiane, le aveva chiesto come mai la scelta di quel lavoro, aveva avuto il potere di spogliarla di ogni sua paura e barriera.

E poi avevano riso di nuovo per qualcosa di stupido che solo loro avevano capito. L’aveva presa per le mani ballando sotto il cielo di Milano mentre un’artista di strada intonava I WANT TO KNOW WHAT LOVE IS dei Foreign. Si erano guardati per tutto il tempo negli occhi finché lui non le aveva preso la faccia tra le mani e l’aveva baciata, Ellis era totalmente paralizzata, ma quel bacio l’aveva totalmente sciolta da ogni scudo.

-Ellis?

-Già fatto? – Ellis si alzò di scatto andando verso i fornelli dove l’acqua bolliva già da un po’

-Veramente sono stata in doccia quasi un’ora

-Ah cazzo mi sono persa via – cercava in tutti i modi di fare la finta tonta, ma sapeva bene che non sarebbe mai passata inosservata agli occhi della sua migliore amica.

-Pensavi a lui vero?

-Tanto se ti dico di no non mi credi quindi si – sospirò girando la pasta nell’acqua calda.

-Hey vedrai che si farà sentire un bacio non si da così a caso –Sara le appoggiò il mento sulla spalla guardandola con un sorriso finto amorevole.

-Quando la smetterai con questa frase? E comunque lo so, ma so anche gli uomini hanno la capacità di essere stronzi.

-Ecco esatto, ora mangiamo al resto ci pensiamo poi- Si sedettero a tavola, ma poco dopo la quiete della cena fu interrotta dal suono del telefono di casa, Ellis si alzò ingoiando il boccone e con tutta calma rispose.

-Pronto?

-Ellis sono Gian.

-Dimmi tutto capo. – si sedette sul bracciolo del divano rigirandosi una ciocca di capelli tra le dita.

-Ho un lavoro per te e so che non rifiuterai.

-Vai sono pronta – si emozionava sempre quando il suo capo le diceva così.

-Vai in trasferta oltre oceano tesoro, Montreal Canada- alzò di colpo la testa fissando la parete davanti a se a cui avrebbe tanto voluto tirare in pugno visto che in un secondo la faccia di lui si era materializzata sul muro bianco. -parti domenica dopo il concerto di sabato, portati anche Sara, ciao Stellina- riattaccò il telefono senza darle il tempo di replicare. Non poteva essere vero.

Tornò in cucina con gli occhi sbarrati e si sedette in maniera meccanica.

-E’ tutto ok? Sembra tu abbia visto un fantasma.

-Non credo- rispose senza guardare l’amica, ma continuando a fissare la tovaglia che in quel momento aveva un qualcosa di stranamente interessante. Disse a Sara il motivo della chiamata di Gian e la sua reazione fu decisamente diversa.

Un unico pensiero.

Un’unica immagine.

Un’unica scritta.

Tutto si stava ripetendo come un anno fa.

Salve, ho deciso di scrivere spinta da un ispirazione lontana, non so se mai qualcuno la leggerà, però un pò ci spero.
fatemi sapere che ne pensate.
A presto!!!!!!

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Capitolo 2
*** Consapevolezze... ***


Io ci provo a postare il secondo capitolo, chissà magari qualcuno lo legge e mi dice che ne pensa :).
Buona lettura

-Oh mio dio santissimo…-esclamò Sara, rinsavita dopo aver urlato con stupore frasi senza senso – Hai detto Montreal?
-si Montreal, cazzo – Ellis si passò una mano nei capelli ancora incredula.
-Ma che faccia fai? Ti rendi conto di che occasione stai e stiamo per vivere?
-Alt! Fermati stai viaggiando troppo con la mente, non mi ha nemmeno detto perché devo andare li.
-Forse per loro?! – chiese Sara come se fosse la cosa più ovvia del mondo. Ellis la guardò male, prima di rialzarsi e recuperare il telefono dal mobile in sala. Cercò il nome in rubrica e premendo il tasto verde attese la risposta del suo interlocutore. Sara continuava a guardarla sognante e speranzosa con il mento appoggiato alla mano, l’avrebbe presa a schiaffi in quel momento se non le avesse voluto così bene, sorrideva come se avesse tutte le risposte del mondo e forse era così, ma Ellis non voleva ammetterlo.
-Eih Gian sono io.
-Stellina dimmi, cosa mi sono dimenticato? – giusto la cosa più importante, pensò Ellis.
-Non mi hai detto il motivo del perché devo andare in Canada.
-Ah no? scusa sono incasinato con Mara -Mara…non una fidanzata, non un amante, una semplice amica con quel qualcosa in più, come diceva lui -comunque devi andare per intervistare un gruppo canadese.
-Si ok ma chi?
-Quelli che hanno suonato l’anno scorso all’Alcatraz – sbuffò Gian mentre si sentiva chiaramente che stava cercando tra i mille fogli che invadevano la scrivania.
-No – non riuscì a capire se quello di Ellis era un NO imperativo o più un lamento.
-In che senso no?
-Nel senso che non ci vado Gian
-Ma Ellis è lavoro.
-Gian – prese tutto il fiato del mondo e la forza che aveva prima di fare la domanda che le avrebbe risolto tutti i dubbi che ormai dubbi non erano - dimmi che non sono i Simple Plan
-Aspetta, sto cercando, Ellis, Ellis eccoti, si proprio loro, ma perché scusa?
-Niente lascia stare, a domani-chiuse la chiamata con un gesto secco e fissò Sara che nel mentre aveva congiunto le mani al cuore e la fissava come se le dovesse rivelare l’ottavo segreto di Fatima, aveva già capito tutto, ma l’idea che la sua amica le desse comunque conferma, la eccitava alquanto -tanto hai sentito cosa mi guardi cosi.
-Ripeti quel nome? – iniziò a seguirla fuori dalla cucina con quel sorrisetto da sfottò che adorava fare per prenderla in giro.
-Simple Plan…
-Non ho sentito bene – la provocò nuovamente.
-Simple Plan –Ellis iniziava ad alterarsi soprattutto perché la stava seguendo ovunque mentre cercava le sigarette
-Come, come?
-5 COGLIONI CHE HANNO COME CANTANTE IL CAPO DEI COGLIONI, IN PAROLE POVERE?I SIMPLE PLAN – urlò finalmente liberando tutta la sua frustrazione mentre agitava le mani in aria, perché? Si chiedeva, perché proprio a lei. Combatteva contro se stessa in quel momento, aveva l’angelo sulla spalla destra e il diavolo su quella sinistra, una parte di lei avrebbe voluto fare i salti di gioia, l’altra invece avrebbe voluto non dover andare in quel posto col rischio di rivederlo.
Un bacio.
Un semplice bacio.
Eppure tutti sti complessi.
-David sto arrivando aspettami-urlò la Sara stile urlo di battaglia -dunque oggi è giovedì, ancora domani, poi concerto e poi si parte. Oddio devo lavare, fare la valigia, andare dal parrucchiere, fare le mani – si buttò sul divano con fare teatrale, stava vaneggiando e anche troppo per i gusti di Ellis.
-Tesoro frena l’entusiasmo, staremo li 3 giorni al massimo.
-Seeeeee bella se David mi chiede di rimanere li, addio Italia, addio Tia, addio lavoro e welcome in Montreal.- non riuscì più a trattenersi e lanciandole un cuscino in faccia scoppiò a ridere anche Ellis, la prima vera risata di quella giornata.
-Tu non sei normale.- le dissi tirandole un calcio nel culo.
-Solo ora l hai capita?- rispose Sara tirando una pacca sul braccio ad Ellis.
-Mi hai fatto male, bestia!.- si massaggiò il braccio imprecando sotto voce.
-Oh povera dai che Pierre ti cura tra pochi giorni- Ellis si alzò si scatto con in mano il posacenere, incominciò ad inseguirla per tutta casa, era quasi riuscita a prenderla quando andò a sbattere con il piede contro il mobile all’ingresso cadendo rovinosamente a terra. L’amica si voltò sentendo tutto quel trambusto e nel giro di pochi secondi scoppiò a ridere col risultato che Ellis imprecava come una dannata, mentre Sara si teneva la pancia dal troppo ridere.
Stava quasi per rialzarsi e fargliela pagare all’amica, quando qualcuno suonò il campanello di casa. Ci furono istanti si silenzio e scambi di sguardo tra le due ragazze, chi poteva essere a quell’ora?
-Se è Tia io non si sono.- bisbigliò Sara nascondendosi dietro la porta della cucina.
-Se se lo so…-Ellis si aggiusto la felpa e i capelli prima di avanzare verso la porta, quando la aprì sgranò gli occhi. Anche Sara uscì dal suo nascondiglio con aria scocciata.
-Signor Mandelli salve.- salutò Ellis con voce poco cordiale e alquanto irritata dalla presenza di quella persona.
-Si salve a voi, prima cosa, potreste fare meno casino?
-Ci scusi-rispose Sara alzando gli occhi al cielo -poi?-chiese insistente.
-E poi signorine mie avete tempo un mese per andarvene da qui.- ululò solenne l’anziano signore.
-COSA?-urlarono in perfetta sincronia Sara ed Ellis prese da un attacco isterico.
-Si sono 4 mesi che non pagate l’affitto.- sembrava quasi che si stesse divertendo, loro un po’ meno.
-La prego ci dia il tempo di prenderli.
-No mi spiace avete detto cosi anche il mese scorso e quello prima ancora, buona serata.- concluse il padrone di casa uscendo da casa con fare teatrale, Ellis di tutta risposta lanciò una scarpa sulla porta.
-Fanculizzati vecchio cretino.
-Quello…avrebbe bisogno di una sana e sacrosanta scopata.-urlò appena Sara prima di imprecare nuovamente.
-E ora?.- chiese Ellis massaggiandomi il piede dolorante.
-E ora non lo so, andiamo in Canada vedi quanto ti danno e io chiedo un aumento al lavoro con qualche straordinario, ce la faremo dai.- ora come ora sarebbe stato meglio dire che qualcun altro le avrebbe aiutate a farcela.
<< Mi piace andare in aereo, è come una liberazione, ti senti grande davanti al mondo che sotto di te è cosi piccolo>> Le parole a cui stava pensando Ellis l’accompagnarono dal decollo fino a che l’aereo non fu abbastanza in alto da poter ammirare il mondo sotto di lei.
Aveva in qualche modo ragione su quello che aveva detto.
Le 12 ore di viaggio passarono abbastanza lente, giocarono un po’ a carte e ascoltarono della buona musica, ma più il tempo andava avanti e più in Ellis cresceva l’emozione di rivederlo, Gian le aveva detto che l’intervista era rivolta solo a due di loro, poiché tutti non potevano venire, ma come sempre non sapeva chi dei due fossero, così Ellis decise di non indagare e lasciare che fosse il destino a fare il suo corso.
Atterrarono all’aeroporto di Montreal alle 9 di sera locali, recuperano i bagagli senza troppi ritardi e chiamando un taxi si fecero trasportare all’albergo, stanche, ma entrambe con emozioni contrastanti tra loro.
Mancavano solo 12 ore.
-Hey dormigliona, sveglia dobbiamo alzarci e prepararci, tra 2 ore abbiamo l’intervista.
-Ah che bello.- commentò Sara sospirando. Da una parte la invidiava.
-Ascolta, se c’è Pierre le domande le fai tu ok?
-Ma dico sei scema? Gian mi e ti ammazza
-Mica glielo diciamo a Gian e poi saremo io te due di loro e basta, ti prego amica mia stupenda.- Ellis sporse in fuori il labbro assumendo un’espressione da cucciolo abbandonato.
-Ok ok va bene ma smettila di guardarmi in quel modo da cane bastonato.- Ellis sorrise e battendo le mani andò a prepararsi. Optò per un paio di jeans bianchi e una maglietta con un teschio rosa, le All Star ai piedi e i capelli li lasciò sciolti così naturali, si guardò allo specchio e si congratulò con se stessa, andava più che bene per fare il suo lavoro.
Uscì dal bagno e osservò la sua amica davanti allo specchio, aveva un paio di jeans chiari e un maglione aderente con girocollo, i capelli raccolti in una coda alta e un trucco lieve, lei si che era perfetta.
-Dai strafiga andiamo…- si chiusero la porta alle spalle e scesero nella Hall attendendo l’arrivo della macchina che le avrebbe accompagnate alla location per l’intervista.
Nei minuti di attesa e in quelli di viaggio Ellis continuava a pensare a chiedersi chi potevano essere i due soggetti che avevano accettato di essere intervistati, Pierre e Chuck? David e Jeff? Chuck e Seb? le combinazioni potevano essere molteplici e la sua ansia così cresceva a dismisura.
Dopo venti minuti circa di strada, l’autista si fermò lasciando le due ragazze davanti ad un Hotel con tanto di centro congressi.
-Un Hotel?- chiese Sara.
-Gian ha detto sala conferenza, manco stessimo per incontrare il Papa.
-Piantala che te lo si legge in faccia che non vedi l ora di vederlo.- Sara si sistemò la borsa della macchina fotografica in spalla, dando uno spintone all’amica, adorava vederla così.
-Si come no.- Anche Ellis prese la sua borsa e la mise a tracolla e dopo un paio di respiri entrarono nell’Hotel avvicinando alla reception dove un ragazzo di forse vent’anni le stava aspettando con un sorriso quasi tirato, sembrava un burattino programmato per fare tutto ciò che stava facendo. Faceva quasi tenerezza.
-Salve sono Ellis
-Redazione di Rock Sound italia giusto?
-Si esatto.
-Prego, vi stanno aspettando.- sorrise il facchino dell’albergo facendoci strada.
Mancavano pochi passi. Ellis strinse la mano alla sua amica che la guardò rassicurandola con lo sguardo.
Aprì la porta della sala e il suo cuore cominciò a battere così forte da aver paura che qualcuno potesse sentire tutto.
Strinse ancora di più la mano di Sara, davanti a loro due figure girate di spalle, ma lo avrebbe riconosciuto comunque solo stava sperando, una minima parte di lei, che non fosse lui.
-Signori ecco sono arrivate.- il facchino si pronunciò con il suo forte accento francese e finalmente le due figure si girarono verso di loro.
Ellis rimase letteralmente folgorata nel vederlo i loro occhi si scontrarono e si persero in uno sguardo felice, malinconico ma soprattutto complice; Di fianco a lui una ragazza bionda lo teneva per mano, Ellis spostò lo sguardo dalle loro mani a lui circa quattro volte in due secondi, cosa si era persa nel mentre? Chuck invece sorrise dolcemente a entrambe sedendosi e invitandole a sedersi.
-Ciao a tutti…-disse Sara salvando quella situazione decisamente imbarazzante, Ellis aveva a malapena aperto bocca nonostante Chuck le riconobbe subito.
-Allora come state?.- chiese Chuck bevendo un sorso d’acqua dalla bottiglietta che teneva in mano.
-Bene e voi?.- rispose Ellis con indifferenza.
-Tutto bene, siamo molto felici di rivedervi
-Anche noi, bene possiamo iniziare?.- Ellis si sistemò sulla sedia portando indietro i capelli con un gesto quasi sensuale, Pierre la guardò con la coda dell’occhio, amava quel gesto e come lo faceva.
-Ce la fai?.- con la scusa di sistemare la luce della fotocamera, Sara le si avvicinò parlandole nell’orecchio.
-Si sono forte.- prese il piccolo registratore dalla borsa e il suo blocco con le domande.
L’intervista iniziò.

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