Dragon Ball - World's Destiny

di Redclipse
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Avanti, ma indietro ***
Capitolo 2: *** Strade intrecciate ***
Capitolo 3: *** Un nuovo retaggio ***
Capitolo 4: *** Formazione ***
Capitolo 5: *** Un nodo del fiocco ***
Capitolo 6: *** Preservare la fiamma ***
Capitolo 7: *** Aspettative ***
Capitolo 8: *** Le prime tracce ***



Capitolo 1
*** Avanti, ma indietro ***


Come fosse in un sogno, tutto appariva distorto e ovattato: la vista offuscata dei palazzi, il fumo nero che emergeva dalle fiamme, le esplosioni... ed una densa pozza di sangue fluente sotto uno sguardo prossimo a far calare il sipario su quella specie di incubo. Al sopraggiungere del buio, solo una voce femminile avvolta dal dolore poté risuonare nella mente.  

«Ti prego, dagli un'altra occasione»  

   

Dragon Ball - World's Destiny  

  

Il mare accarezzava placidamente con lievi onde la riva dell'isola meridionale Yumigame, anche nota ai viaggiatori come "isola delle tartarughe", luogo dove per lunghi anni si raccontava di un abile maestro di arti marziali ritiratosi in solitudine per meditare e rafforzare le proprie arti in onore della sua antica scuola. Quella piccola ed apparentemente insignificante isola ora ospitava una modesta casetta dal tetto rivestito da tegole cremisi e pareti in legno duro di frassino bianco. A non troppa distanza dalla riva, alla destra dell'ingresso di quella casupola si ergeva una palma da cocco lievemente ricurva in direzione opposta al mare, proiettando un'ombra sopra la massiccia figura di un uomo disteso alla base della pianta con indosso una strana tuta di colore arancione avvolta in una nera cintura. Il viso dello strano individuo era coperto da una vecchia rivista con la copertina raffigurante Cheerleader e lottatori di Wrestling, mentre le pagine aperte ondeggiavano al ritmo del respiro sonnecchiante dell'uomo, immerso nel riposo della più totale quiete.  

  

«JOOOOOOSEEEEEEEEEEPH!!!!!!!!» Quiete non piú destinata a durare, dal momento in cui una voce adirata e burbera calciò via dalla galassia ogni forma di tranquillità sull'isola, facendo sobbalzare l'uomo disteso all'ombra della palma come un gatto preso alla sprovvista «Eeeeeeek!» si drizzò di colpo facendo volare via la rivista sulla sua faccia, mostrando un viso adulto e squadrato dal mento alla mandibola, occhi bruni e capelli corti del medesimo colore che si estendevano unicamente in un ciuffo frontale. Lo sguardo assonnato dell'energumeno in divisa arancione si fissò in avanti verso la sagoma ben più anziana da cui un attimo prima era stato chiamato: un omino apparentemente gracile, con la pelata, baffi bianchi da saggio orientale e una statura di appena la metà rispetto a quella del suo studente.  

   

-BONK!!!- ah già, nella mano destra l'anziano impugna un bastone in legno massiccio che subito provvede a "poggiare vigorosamente" sulla zucca dell'allievo.   

  

«Che stai combinando? Poltrisci?»   

«...poltrisco?»  

«Poltrisci...»   

«Poltrisco...»  

  

Attimo di silenzio.  

 

-BONK!!!- un altro tonfo legnoso prende in piena testa l’allievo «Datti una mossa cialtrone! Oggi abbiamo ancora un allenamento da fare!» strigliò con fermezza il suo studente in divisa da arti marziali, ancora ignaro del corso degli eventi distanti che ben presto lo avrebbero coinvolto.  

  

  

Dall’altra parte del mondo, nell’avanzata città di West City, il sole era appena sorto ad illuminare le vetrate di alcuni edifici, tra i quali l’ospedale centrale che si estendeva vistoso di fronte alla piazza «Qualche novità sul nuovo paziente, Saki?» mormorò un medico percorrendo un corridoio tra le stanze in compagnia della sua infermiera «Dei passanti lo hanno trovato questa notte in piazza, privo di sensi e con una ferita alla testa, purtroppo non aveva con sé documenti, non sappiamo ancora se possa essere un incidente o un’aggressione...» mormorò la ragazza con fare timido mentre accumulava tra le braccia svariate cartelle cliniche ricevute dal suo superiore. I due percorsero un altro paio di metri per poi fermarsi nei pressi di una stanza con la porta socchiusa, osservando all’interno in direzione del lettino dove giaceva un ragazzo.   

  

La magra e giovane figura, fino a poco prima immobile, aprì lentamente gli occhi, proiettando le sue iridi celesti in direzione del soffitto, suscitando l’attenzione del medico «Oh, si è svegliato». 

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Capitolo 2
*** Strade intrecciate ***


Il sole alto sulla città dell’Ovest irradiava ora una piazza affollata ed in piena frenesia lavorativa da ore, classico scenario di una metropoli che non conosce sosta, nonostante le svariate aree ostili di questo strano mondo dalla geologia ibrida miscelante uno scenario di avanzata tecnologia con l’orizzonte che si affaccia su misteriosi deserti e foreste di aspetto antico e quasi preistorico.

Nelle aree urbane di questa avanzata cittadina, soltanto pochi punti offrivano uno spazio di distaccamento dalle folle, tra cui una vistosa ed ampia fontana circolare al centro della piazza, sul cui bordo sedeva un giovane ragazzo dai capelli corti bruni ed occhi bluastri, vestito di semplici indumenti anonimi, quali un paio di Jeans scuri classici con la vita ad altezza dei fianchi, scarpe basse ed una T-shirt bianca. Sotto i suoi capelli, all’altezza della fronte, il suo capo era avvolto da una sottile fasciatura di garze, mentre accanto a lui, alla base della fontana, vi era un sacco nero con al suo interno degli indumenti decisamente ben più logori, sui quali non poté fare a meno di posare gli occhi in modo riflessivo per diversi secondi di silenzio.

Il ragazzo sospirò per poi stiracchiarsi vigorosamente ritraendo la schiena all’indietro, dimenticando una cosa abbastanza importante: era seduto sul bordo di una fontana.

*SPLASH! *

Un pesante tonfo in acqua seguì il suo gesto imbranato, facendolo riemergere zuppo dalla fontana e quasi annaspante per il modo goffo in cui era scivolato a capriola, tutto ad un tratto però si sentì sollevare, letteralmente, un braccio robusto lo aveva afferrato delicatamente per la collottola, tirandolo fuori dall’acqua della fonte e forse anche da una situazione di imbarazzo.

«Hai la testa in un altro universo, eh?» ironizzò con voce allegra un omone alto almeno due metri dalle spalle larghe che un attimo prima lo aveva sollevato facilmente con il proprio sinistro, quella figura aveva un look decisamente fuori luogo per quell’ambiente cittadino, ad eccezione della lunga giacca scura che gli copriva le spalle era facile notare come al di sotto indossasse una tuta arancione di arti marziali avvolta alla vita da una cintura nera. Il giovane tossì coprendo di garbo la bocca con l'avambraccio sinistro e chinando il capo con imbarazzo «Beh si, ecco... sono stato dimesso dall’ospedale questa mattina e non sono ancora pienamente lucido» sì grattò la nuca impacciato, aggiungendo «Comunque sia, la ringrazio dell’aiuto» l’uomo davanti a lui sorrise «Nulla di grave spero. Comunque non preoccuparti, e dammi pure del Tu, non credo tra noi ci sia troppa differenza di età» rimuginò «A proposito, io sono Joseph» aggiunse, tendendo la destra al ragazzo davanti a lui, ancora particolarmente timido e insicuro, che tuttavia dopo un breve attimo ricambiò il gesto «Io sono... Arthur» affermò infine.

Lo sguardo di Joseph tornò leggermente più serio e quasi impaurito dopo aver posato gli occhi su un orologio stradale «Cavoli, è già tardi, il maestro mi userà come martello da Gong!» mormorò sudante preparandosi ad una fuga, per poi sobbalzare «Ah, quasi dimenticavo!» Tirò fuori dalla tasca della giacca un volantino, porgendolo ad Arthur «Tra una settimana terranno una fiera di reperti antichi nei pressi del Villaggio Pinguino, sono passato qui in città proprio per pubblicizzare l’evento, nel caso spero sia di tuo interesse» portò poi la mano aperta vicino la tempia in un gesto rapido di saluto «Ora devo scappare, ci vediamo!» si voltò rapido, e nel giro di un attimo sfrecciò via come un velivolo sollevando un polverone, lasciando perplessi tutti i passanti lì nei dintorni, incluso Arthur, che dopo aver visto scomparire all’orizzonte quello strano individuo andò poi ad osservare meglio il volantino, incuriosito.


Dalla strada dell’ingresso alla città che si affacciava in direzione delle aree più rurali e campagnole, una figura femminile giunse al cospetto della rinomata metropoli, lasciando con gioia che il sole di quella nuova terra illuminasse il suo lungo vestito verde smeraldo, mentre un vento fresco smuoveva i suoi lunghi capelli bruni avvolti a coda da un fiocco bianco «Finalmente, West City!»


Il nuovo giorno stava scorrendo rapido anche sull’isola Yumigame, diverse nuvole andarono a coprire i raggi che fino a poco prima addolcivano il paesaggio, quasi accompagnando l’umore dell’anziano maestro seduto in posa da meditazione sulle sabbie in riva al mare. L’esile figura rimase in silenzio e ad occhi chiusi per interminabili secondi, mantenendo i palmi delle mani rivolti verso il cielo a convogliare energia, lasciando che un lieve bagliore si sprigionasse dalle sue dita.

L’anziano congiunse le mani, raccogliendo quella luce in un unico globo al centro tra i palmi ora ricurvi, stabilizzando un affascinante flusso luminoso che fluttuava sospeso nel suo pieno controllo «Il tempo stringe, ragazzo» sussurrò, facendo vorticare quell’energia ad un ritmo sempre più intenso «Spero soltanto... che tu sia pronto per questa nuova lezione» lasciò andare la presa su quello strano potere, facendo sì che quel bagliore si ritirasse come la fiamma di una candela.

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Capitolo 3
*** Un nuovo retaggio ***


La luce rossastra del sole calante fece il suo percorso lungo le acque del mare ad ovest dal continente, riflettendosi sulle rive alla base di una lunga scogliera che separava l’oceano dalle strade sovrastanti, percorse solo di rado da qualche automobile volante che fluttuava a pochi centimetri dal suolo, tratto comune in gran parte dei veicoli da quelle parti. 

Presso un luogo di sosta dalla strada che si affacciava sul mare, le porte di un vecchio autobus si aprirono per far scendere Joseph alla sua destinazione, per poi richiudersi e dar modo al mezzo di riprendere la sua corsa, mentre il robusto allievo di arti marziali poté finalmente stiracchiarsi sollevato «Ci siamo quasi, la parte più noiosa è fatta. Tempo di sgranchirsi le gambe!» il ragazzo sorrise ed avanzò il proprio passo in direzione del cavalcavia che separava la strada dalla scogliera, ma tutt’altro che intenzionato a fermarsi, affrettò anzi l’andatura fino a compiere un vero e proprio scatto che culminò con un balzo mirato proprio a saltare oltre la recinzione di metallo ed atterrare con le piante dei piedi lungo la ripida parete rocciosa della scogliera, iniziando così a slittare su quella superficie come se fosse una rampa. 

Il corpo imponente di Joseph discese con rapidità crescente fino a pochi metri dal suolo, dove interruppe il percorso dettato dalla gravità dandosi una forte spinta sui polpacci per proiettare il proprio corpo verso il ramo di un albero poco distante dalla parete rocciosa «Oplà!» in un attimo si trovò aggrappato al ramo come una scimmia, e dandosi uno slancio in avanti andò in fine a compiere un agile atterraggio al suolo a ginocchia piegate, per poi raddrizzarsi e darsi una spolverata di mani sulla giacca come se nulla fosse. 

L'attenzione di Joseph tornò poi verso la riva del mare, dove un vecchio pescatore lo stava guardando seduto sulla propria barca ormeggiata lì di fronte, perplesso. 


Dall’isola delle tartarughe, l’anziano maestro Shin Kusaki, seduto a meditare pazientemente davanti la casupola rivolto verso la sponda orientale, assottigliò lo sguardo quando vide sopraggiungere all’orizzonte un piccolo peschereccio, dal quale fu calata subito dopo una barca a remi. 

Nel giro di alcuni attimi la minuscola barchetta parti a razzo in direzione dell’isoletta sotto le imponenti remate di Joseph, seduto a vogare ad un ritmo sovrumano sotto lo sguardo sorpreso del pescatore che sedeva lì di fronte a lui. 

Il giovane e robusto combattente balzò in piedi fuori dalla barca non appena questa sfiorò le sponde sabbiose dell’isola, e voltandosi verso il pescatore lo ringraziò porgendogli un sacchetto di monete prima di lasciarlo tornare al suo peschereccio. 

Joseph si stiracchiò soddisfatto da quell’intenso viaggio, mentre un finto colpo di tosse del maestro richiamò la sua attenzione «EHEM!» fece per schiarirsi la gola osservando il proprio allievo che intanto impallidì per un attimo «Era ora, mentre eri in giro a svignartela dai tuoi allenamenti ho mandato a chiamare una tua vecchia conoscenza...» nel mezzo del discorso, dalla porta della casupola alle sue spalle fuoriuscì a passo lento una terza persona, un altro ragazzo dai lineamenti più magri e giovanili rispetto a Joseph, un viso più sottile ed una capigliatura a punte tirate indietro, corvina e dai riflessi cinerei. 

Gli occhi scuri del ragazzo davano l’idea di un carattere a prima vista più serio e riflessivo di Joseph nonostante la sua corporatura ben più asciutta e minuta, con abbigliamento e fisico apparentemente da ricco rampollo di alte scuole «Faun! Vecchia canaglia depravata!» o almeno questo è quel che una persona sana di mente si potrebbe immaginare, ma Joseph sembrò avere una visione ben più nitida dell’amico «Sono settimane che non ti rivedo, sei sparito da quando hai iniziato a frequentare quella ibrida...» l’altro ragazzo dalle spalle del maestro iniziò a sbiancare di colpo e interruppe Joseph scuotendo il capo e le mani in cenno di dissenso, suscitando un colpo di tosse da Joseph che subito fermò il discorso. 

L’anziano maestro si voltò di sfuggita in direzione dell’altro studente guardandolo con la coda dell’occhio, scintillante e funesto «”Faccende importanti di famiglia”, eh Faun??» il vecchio scosse il capo «Ne avete di strada da fare voi due» entrambi gli allievi si grattarono la nuca con imbarazzo, mentre il maestro si raddrizzò lentamente dalla sua postura a gambe intrecciate per mettersi in piedi, seppur restando visibilmente più basso dei suoi studenti «Coraggio, non perdiamo altro tempo, c’è una lezione importante che devo introdurvi prima di iniziare l'allenamento di domani» rilassò la schiena, impugnando il suo solito bastone «Ma prima...» 

*SBONK!!!* 

 Un colpo netto del robusto legno impattò sulla zucca di Joseph attraverso una rotazione dell’asta posta nel mezzo tra i suoi due studenti. A Faun andò decisamente peggio, considerando che la parte opposta dell’arma lo raggiunse dal basso verso l’alto centrandolo in pieno tra le gambe, facendolo rannicchiare dolorante a muso allungato e con gli occhi a spirale per le visioni mistiche causate da quel colpo dolente tra i gioielli «Andate a prepararvi, cialtroni!» 


In un luogo remoto, una densa nebbia avvolse le strutture logore di una vecchia città in rovina, rendendo indistinguibile il paesaggio circostante. Un flebile vento smosse a brevi intervalli quella coltre di fumo, lasciando intravedere un gruppo di quattro individui in armatura cibernetica percorrere a passo affrettato una delle strade cittadine «Qui Heiger dell’unità uno. Non riesco a percepire nessuna fonte di energia, abbiamo perso il contatto con i sopravvissuti. Attendete le istruzioni del comandante» la voce dell'unico del gruppo ad indossare un casco risuonò dal suo interno con eco elettronico «Qualche direzione Frederick?» Si voltò verso l’altro di fianco a lui, un uomo poco più che ventenne dai capelli biondi e degli occhi blu che nel mentre osservarono cupi le strade di fronte a loro «Dai l'ordine di evacuazione al resto delle pattuglie...» un terzo soldato alle loro spalle, dai capelli ed occhi argentati, intervenne «Cosa? E il recupero dei feriti?» il suo superiore scosse il capo, indicando con sguardo malinconico un sentiero dove la nebbia lasciò gradualmente intravedere delle file di corpi inermi distesi lungo tutta la strada «Siamo arrivati tardi.»  sospirò con rammarico, voltandosi in direzione dell’albino e della ragazza subito accanto a quest’ultimo «Kurima, Saphiry, da questo momento vi sollevo da ogni obbligo militare. Se ripiegate ora sarete ancora in tempo per raggiungere l’unità in evacuazione.»  

La quarta persona del gruppo, una ragazza dai lunghi capelli rossi avvolti in una coda e due profondi occhi dal riflesso purpureo, si portò la mano sinistra al viso, inorridita da quello scenario di devastazione «Non possiamo ritirarci dopo quello che hanno fatto!» il corpo della donna vibrò di collera. 

Lo sguardo di Frederick, visibilmente provato, rimase attento in avanti «No, non è da noi. Siamo l’ultima linea di difesa dopotutto.» il soldato in corazza completa annuì in direzione del leader «Qui unità uno a tutte le pattuglie ancora operative. Avviate l’evacuazione, ordine immediato del comandante. Non aspettateci.» l’altro lo osservò ed aggiunse con tono ironico «Sicuro di questa scelta?»  

Il rumore di sassi rotolanti risuonò intorno ai presenti, dalle cime di alcuni palazzi circostanti cominciarono a spuntare diverse piccole ombre di figure umanoidi dalla pelle verdastra «Ti aspettavi una decisione diversa da me?» Frederick gli sorrise, seppure con sforzo, tornando poi sugli altri due presenti «Io e Zareck li terremo a bada per dar modo agli altri di ritirarsi. Siete ancora in tempo per riunirvi alle pattuglie ad Est» la giovane coppia si guardò fugacemente per poi portare l’attenzione verso Frederick «Ci hai appena sollevati da ogni obbligo militare» ribadì il ragazzo dai capelli argentati, seguito poi dall’altra lì di fianco «Per cui resteremo a darvi manforte, a prescindere dagli ordini.» 

Il dibattito fu interrotto da una strana fiamma che iniziò a diradare la nebbia dalla strada dinanzi a loro, un denso flusso etereo rossastro che rivelò ai compagni la presenza di un’ulteriore figura sul campo, palesemente più minacciosa di quelle piccole verdi creature che tuttavia li stavano circondando dalle vette degli edifici. Dalla vita di quella nuova presenza inizio ad ondeggiare, insieme allo strato di peluria che la ricopriva, una robusta coda. 

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Capitolo 4
*** Formazione ***


Una nuova alba destò nuovamente Il ritmo di vita frenetico della supertecnologica West City, una Metropoli il cui stile architettonico miscelava in modo uniforme comuni grattacieli con abitazioni dalle strane forme a cupola. In particolare rilievo dal punto di vista strutturale e sociale, la Capsule Corporation si ergeva ormai da anni a struttura simbolica di quella città. L’ampio edificio anch’esso di forma circolare manifestava una vistosa colorazione gialla presso gran parte della cupola, fatta eccezione per una piccola area circolare sul tetto, tinta invece di un bianco opaco, mentre parte della copertura esterna ospitava un gran numero di finestre divise tra i vari piani della struttura. 

Le porte automatiche della Capsule Corporation si aprirono, liberando la strada ad una figura snella che a passo lento attraversò l’atrio fermandosi davanti la scrivania della Reception, dove un impiegato anziano si aggiustò gli occhiali prima di volgere lo sguardo al fattorino appena sopraggiunto «Ah, finalmente le parti di ricambio dal magazzino! Tu devi essere il nuovo arrivato, Arthur, giusto?» domandò sorridente in direzione del ragazzo, vestito con una tipica divisa da consegne ed una spilla dell’azienda, costituita da due “C” l’una all’interno dell’altra, fissata sul petto di una camicia bianca «S-si, sono io» mormorò il giovane guardandosi attorno, ancora impressionato dallo stile di quell’edificio. 

Le braccia apparentemente esili di Arthur si tirarono su, sollevando con vigore un pacco delle dimensioni di un busto «Qui dovrebbe esserci il materiale che hanno richiesto» il vecchietto lo osservò incuriosito «Soltanto un reattore? Mi aspettavo arrivassero tutti e quattro...» il ragazzo annuì sorridendo «Infatti, sono tutti qui nello stesso pacco!» nel dire ciò tese le braccia posando lo scatolone sopra il ripiano in legno massiccio che subito iniziò a scricchiolare rumorosamente, facendo impallidire l’anziano, mentre Arthur si limitò a compilare rapidamente un foglio lì accanto «Ecco a voi, spero che la prossima volta vi facciano arrivare anche una scrivania migliore» aggiunse ironico prima di congedarsi con garbo e ritornare verso l’uscio, dove poco dopo le porte automatiche si richiusero alle sue spalle. 

L’anziano della reception si grattò la nuca e osservò in silenzio il ripiano appena deformato della scrivania «...ma era nuova.» 

 

Una volta attraversato lo spiazzo frontale dell’edificio, Arthur riprese un passo spedito lungo la strada, dirigendosi lungo un percorso indicato da un piccolo palmare di marchio aziendale e passando nel mentre di fronte a diversi negozi e ristoranti «Cavoli che fame, non vedo l’ora che arrivi la pausa pranzo...» mormorò mentre i suoi occhi venivano tentati dalle innumerevoli insegne dei locali, il tutto supportato dagli odori di cibo che flirtavano spudoratamente con il suo olfatto. 

Immerso nei suoi pensieri, il ragazzo cominciò a superare diversi passanti che nel mentre percorrevano la direzione opposta sul medesimo marciapiede, tra i quali una fugace figura femminile dai lunghi capelli bruni. Dopo alcuni secondi, per un breve attimo la sua mente ebbe un flash ed il giovane si bloccò sul posto, voltandosi indietro come pervaso da uno strano brivido, senza che però i suoi occhi scorgessero nulla di a lui familiare. 

 


Un vento intenso fomentò le onde del mare che circondava l’isola delle tartarughe, ma le condizioni meteorologiche ben più instabili rispetto al continente parvero non intaccare minimamente gli eventi in corso sulla riva. Le impronte di Faun si diffusero rapide sotto i passi del ragazzo, che in corsa era intento a sferrare una serie di pugni in direzione di Joseph, simulando un vero e proprio incontro di arti marziali. L’altro allievo, nel mentre, sembrò adottare una tattica molto più difensiva e paziente nei confronti dell’amico, indietreggiando a passi misurati per non permettere all’altro di trovarlo scoperto «Sei un po’ troppo irruento!» sogghignò Joseph, mettendo l’altro alla prova. 

Faun, sebbene più minuto di stazza, mostrò tuttavia una destrezza e stamina non da meno dell’altro allievo, inseguendo gli spostamenti dell’amico per tentare di non dargli spazio di azione, continuando a sferrare una serie alterna di dritti e rovesci che tuttavia l’altro continuò ad evadere con diversi scatti indietro «E anche ripetitivo, stai diventando prevedibile!» giunse un altro fugace scherno da parte di Joseph mentre quest’ultimo evitava l’ennesima serie di attacchi. 

Alla provocazione dell’amico, Faun sorrise «Davvero?» di colpo l’attaccante spezzò la combo ed in mezzo a quella serie di pugni fece un rapido movimento dell’anca che preannunciò di poco l’arrivo di una spazzata rasoterra di gamba destra compiendo un rapido moto orario del corpo «E ora?» Faun ribatté rapido con tono sfacciato. 

Nonostante la stazza, Joseph riuscì per un soffio a portare indietro le caviglie ed evitare quel cambio di attacco, dovendo però tuttavia alterare il proprio ritmo di schivata, dando così all’altro la motivazione per slanciarsi in avanti con una spinta maggiore delle precedenti per recuperare la distanza ed approfittare del momento di sbilanciamento dell’amico. 

Un veloce destro da parte di Faun avanzò rapido in direzione del volto scoperto di Joseph, bloccandosi tuttavia a pochi centimetri dal suo viso sotto stupore dello stesso Faun «Eh?» perplesso osservò la mano sinistra imponente dell’amico che semplicemente tenendogli ferma la testa riuscì a tenerlo a distanza, impedendogli dal portare a termine il colpo in una scena quasi comica ed imbarazzante «Ma così non vale!» 

L’anziano maestro uscì a passo calmo dalla casetta in legno appena in tempo per vedere Joseph afferrare Faun per il braccio teso e con una rapida presa lanciarlo in acqua come un sacco di patate, non suscitando alcuna particolare impressione negli occhi del maestro «Per qualche strano motivo, riuscite sempre a trasformare uno scontro di arti marziali in una rissa tra trogloditi...» sospirò guardando prima Faun emergere dall’acqua e ritornare fradicio a riva «Faun, sarai anche stato il primo studente a metter piede sull’isola, ma trascurare troppo gli allenamenti porta il tuo corpo a rammollirsi. Non puoi estendere troppo a lungo uno scontro se non hai la resistenza per sostenerlo, né tantomeno la tempra per resistere alle provocazioni del tuo avversario. Un solo errore può farti perdere ogni vantaggio in combattimento» lo ammonì conciso, severo ma calmo in quelle parole. 

Il vecchio spostò poi l’attenzione sull’altro «Joseph, provocare un avversario può avere il suo uso per costringerlo ad esporsi, ma non farti prendere dalla sicurezza, devi migliorare di molto i tuoi movimenti e la tua postura. Non potrai sempre improvvisare per ribaltare uno scontro. Tienilo a mente.» affermò in fine per correggere anche il secondo allievo. 

Joseph annuì «Certo maestro» e chinò rapidamente il capo in cenno rispettoso, mentre poco distante Faun si trascinò fradicio accanto a lui con movenze tutt’altro che decorose «Riguardo alla lezione di ieri... cos’è che voleva mostrarci adesso? Poteri spiritici?» 

*BONK!* il bastone di legno del maestro fraternizzò ancora una volta con la zucca di Faun «”Energia spirituale”. Se leggessi meno riviste di scolarette saresti più attento!» Faun si massaggiò la fronte dolente «Ma da dove la tira fuori quell’arma ogni volta?!?» 

 

L’esile figura del maestro avanzò lentamente presso la riva fin dove le onde arrivavano a sfiorare appena la sabbia «Il Ki, l’energia che scorre in tutto ciò che vive, rappresenta una forza ben più complessa della pura forza fisica, una perfetta simbiosi tra corpo e mente. Soltanto coloro che riescono a padroneggiare questa energia possono comprendere il loro vero potenziale»  

I due allievi ascoltarono attentamente la spiegazione, restando in silenzio mentre osservarono il maestro chiudere gli occhi e sollevare il palmo della mano destra, si poté notare una lieve trazione muscolare del polso come unico indizio a preannunciare ciò che accadde poco dopo: dal nulla, a pochi millimetri sopra la sua mano, una piccola luce azzurra fluttuante iniziò a prendere forma, suscitando maggior stupore nello sguardo degli allievi «...che figata» mormorarono entrambi sottovoce all’unisono. 

Pochi secondi bastarono al maestro come dimostrazione di ciò che ben presto i suoi allievi avrebbero dovuto ripetere come parte fondamentale del loro addestramento, lasciò quindi svanire quella piccola sfera luminescente e riaprì gli occhi, fissando i due giovani studenti «Coraggio, concentratevi e provate anche voi, fate fluire la vostra energia tra le mani fino a manifestarla all'esterno» i due sussultarono un attimo a quella richiesta, ma dopo essersi scambiati uno sguardo collaborativo annuirono, sedendosi sulla spiaggia in posa di meditazione e provando a seguire l’esempio del loro maestro, facendo appello alla calma e alla disciplina. 

Passò qualche minuto, Faun sembrò faticare a trattenere l’entusiasmo e la fretta di vedere risultati da parte sua o dell’amico lì di fianco, al quale rivolse la rapida domanda «Ci sei riuscito?» «No» tornando poi in silenzio a gambe incrociate e mantenendo i palmi delle mani distesi verso l’alto. 

Trascorse un altro minuto «Ci sei riuscito?» «No».  

- Un’ora dopo - 

«Ci sei riuscito?» «No» Le facce di Joseph e Faun faticarono sempre di più a mantenere un'espressione decisa, palesemente seccati dalla totale assenza di progressi «Altro fiasco?» «No.... volevo dire sì!» «Cioè ci sei riuscito?» «No!» i due sospirarono con rassegnazione. 

Faun prese a rimuginare sulle parole del maestro «Manifestare l’energia all’esterno...» mormorò incerto, mentre Joseph mantenne gli occhi chiusi seppur ascoltando l’amico «Se pensi di scoreggiare sappi che il maestro potrebbe usare il bastone in modo improprio» «Spiritoso...» 

A non troppa distanza dai suoi allievi, l’anziano maestro, che fino a quel momento era rimasto in silente meditazione, volse lentamente l’attenzione verso gli allievi non appena sentì il disappunto di Faun crescere, seguito dal suo mormorare rassegnato «Ancora non mi è chiaro lo scopo di tutto questo, se anche seguissi alla lettera questo allenamento e riuscissi a “risvegliare questa nuova forma di energia “...a cosa può servire riuscire a creare luce dalle mani? Salvare il mondo dalle bollette?» il maestro sorrise senza scomporsi, alzandosi lento e pacato dalla propria postura meditativa per assumere una postura a gambe divaricate, volgendo il fianco destro indietro, mentre Faun continuò sfiduciato «Peraltro allenandosi per anni... solo per arrivare a imitare il bagliore di una lampadina» intanto il maestro congiunse le mani portandole verso il fianco destro e dai suoi palmi emerse nuova luce, che stavolta continuò a crescere e vorticare nel punto a metà strada tra i due palmi, facendo sì che il richiamo di quella forza fosse accompagnato da una serie di sussulti vocalizzati come una specie di rituale.  

«Ka...me» la voce bassa ma intensa dell’uomo accompagnò ogni sua movenza, mentre il globo luminoso continuava ad espandersi «ha...me» Faun e Joseph si bloccarono dal loro apparente tentativo di meditazione, osservando quel bagliore che intanto si era espanso fino ad occupare interamente lo spazio tra i palmi del maestro, il cui sguardo divenne a quel punto serio, mentre il suo petto inspirò ancora. 

«HAAAAAAAA!!!» un poderoso Kiai dell'anziano accompagnò il movimento finale del corpo, che ruotando in senso antiorario diede modo di distendere totalmente le braccia unite in avanti a palmi aperti in direzione del mare. Da quello che prima era un globo di luce delle dimensioni di un pallone, si proiettò in avanti un immenso raggio, risuonante come una cannonata e violento come un’onda di mare in tempesta, che in direzione dell’oceano creò un solco sulla superficie dell’acqua che si estese per una distanza forse dieci volte superiore alle dimensioni della loro isola. 

Tutto il paesaggio attorno ai tre presenti fu illuminato da quel raggio di energia, che solo dopo diversi secondi si dissolse gradualmente sopra il mare, mentre il solo spostamento d’aria generato dal contraccolpo di quella tecnica aveva scompigliato i capelli dei due allievi, immobili e pallidi ad osservare la scena con le pupille completamente dilatate. 

Il maestro tornò nella sua solita postura rilassata e andò a raccogliere il bastone dove poco prima era seduto, volgendo poi un breve sguardo pacato e sorridente ai suoi due studenti «Se volete che gli sforzi abbiano successo, assicuratevi di aver prima temprato abbastanza sia il corpo che la mente» curvò la schiena in avanti facendo perno sul bastone «Altrimenti rischierete che la lampadina si folgori» e si allontanò verso la casetta al centro dell’isola, ridacchiando allegro. 

I giovani allievi rimasero in silenzio ad osservare il maestro allontanarsi, interrompendo quell’attimo con soltanto un breve commento di Faun «Credo di essere di nuovo fradicio...» 

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Capitolo 5
*** Un nodo del fiocco ***


Nella periferia del Villaggio Pinguino, situato tra le isole remote ad ovest dal continente, numerose baracche e capannoni si ersero allo scoccare del finesettimana come preannunciato dai volantini diffusi fino alle grandi metropoli. I giorni di attesa erano ormai conclusi. 

Lunghe file di bancarelle arricchirono un’ampia piazzola al cui centro si ergeva intanto un palco sopraelevato che si collegava al suolo tramite due brevi rampe di scale laterali. Gran parte degli stand mostravano cimeli di ogni genere ed epoca, dai reperti più antichi a quelli più tendenti al moderno, attirando così l’attenzione di innumerevoli civili sin dai primi minuti di apertura. Tutto parve esser stato allestito ad arte per accogliere innumerevoli partecipanti a quell’evento. 

«Un caloroso benvenuto a tutti i presenti qui a Seagull Valley!» annunciò un giovane presentatore dal palco con microfono alla mano «Per la prima volta siamo riusciti ad estendere un simile evento oltremare, per cui ringrazio tutti i visitatori che sono giunti fin qui. Ma vorrei cedere ora la parola al sindaco, che ha reso possibile tutto questo» un cordiale applauso seguì la breve introduzione, mentre il giovane presentatore si scostò con garbo lasciando salire verso il centro del palco un uomo di mezza età in giacca e cravatta «Grazie, Kiyu.» si schiarì poi la voce verso il microfono posizionato su un treppiede davanti, mentre alcune telecamere alla base del palco riprendevano l’evento in diretta «Buongiorno a tutti, oggi è un nuovo anniversario per questa grande fiera. Non di semplice antiquariato, bensì di vere e proprie reliquie materie di leggenda!» 

 

Il discorso del sindaco continuò per qualche minuto, vagando nei soliti discorsi promozionali sull’evento, che nel mentre fu trasmesso su un canale televisivo in tempo reale ed osservato da varie parti del mondo, perfino in un vecchio magazzino diroccato in un luogo remoto del continente. 

All’interno di questo strano rifugio, una snella figura femminile era intenta ad osservare la trasmissione da un vecchio televisore, seduta su un logoro divano mentre sorseggiava del succo di frutta da una cannuccia, scostando con una mano la lunga treccia di capelli neri che le scivolava lungo le spalle «Quante chiacchiere... questi politici riuscirebbero a rendere noiosa perfino una rissa.» la strana figura osservò poi il contenitore della bevanda, ormai vuoto, e lo lanciò all’indietro infastidita «Chissà, magari fa parte anche lui degli articoli di antiquariato...» si bloccò di colpo, rimuginando su quanto appena detto, per poi scoppiare in una risata fragorosa quasi isterica. 

 

Tra le varie miriadi di persone presenti in mezzo alla folla, anche un giovane dai capelli corti bruni fece la sua comparsa come gli era stato proposto giorni addietro: Arthur fu palesemente spaesato nel trovarsi in mezzo a tutta quella gente, benché non fosse l’equivalente di un gran concerto era comunque abbastanza affollato, e man mano che il discorso del sindaco si avvicinava alla fine più persone sopraggiunsero. 

Il giovane fattorino della Capsule Corporation rimase in silenzio ad aspettare che quel lungo e noioso monologo sul palco si concludesse, visibilmente assonnato in volto, così tanto da non accorgersi di un passante lì accanto che lo urtò cercando di avvicinarsi al palco «Ugh, mi scusi» mormorò timidamente in direzione dello sconosciuto, il quale sbuffò in modo infastidito «Guarda dove vai, moccioso.»  

L'uomo, coperto da una giacca nera lunga fino alle caviglie e degli occhiali da sole, tornò seccato per la sua strada verso la base del palco, accompagnato da un altro tipo vestito allo stesso modo tutt’altro che rassicurante. Dopo quel breve momento di disagio, Arthur sospirò allontanandosi da quel punto ormai sempre più colmo di persone e andò a dirigersi verso alcuni stand nelle aree più esterne dell’evento, dove alcuni commercianti avevano già esposto articoli da scavo ed esplorazione. 

 

Il sindaco continuò il discorso sull’evento «Ringrazio ancora i ricercatori della Capsule Corporation che hanno contribuito al ritrovamento e alla distribuzione di queste opere, e vi ricordo che tutti gli articoli in vendita oggi contribuiranno alla crescita del paese...» diversi applausi si aggiunsero al discorso, smorzati tuttavia da una nuova voce che risuonò dagli altoparlanti sul palco: 

«Basta così con la festa.»  

Un tono cinico e duro irruppe dai microfoni all’interno di un capannone sul retro del palco «Ehi, non potete entrare qui!» una seconda voce contestò quella precedente, ma venne smorzata dal rumore di un pugno riducendosi ad un gemito di dolore in mezzo al suono di sedie rovesciate. 

Le telecamere da cui fino a un attimo prima veniva ripreso l’evento furono gettate al suolo ed ogni trasmissione verso l’esterno fu interrotta, sostituendo le immagini mostrate fino a quel momento con schermate di problemi tecnici verso gli schermi di chiunque stesse seguendo fino a quel punto l’evento a distanza. 

Dal mezzo della folla partì improvvisamente uno sparo verso il cielo, facendo sobbalzare tutte le persone intorno al punto di origine, rivelando nel mezzo una figura ammantata in giacca lunga e occhiali neri. L’atmosfera degenerò bruscamente «Ok gente, da qui in poi prendiamo noi le redini di questa pagliacciata!» in seguito a quell’affermazione, l’uomo sbottonò la giacca rivelando una spilla sul petto raffigurante un fiocco di colore scarlatto.  

Immediatamente dopo l’eco di quello sparo, molteplici figure armate nella medesima divisa spuntarono tra le folle ed iniziarono a circondare i vari punti di uscita dal luogo, ponendosi a barriera dei civili «Questo evento è sotto il controllo della Red Ribbon. I miei soci vi scorteranno in disparte per assicurarsi che nessuno interferisca. Eseguite le nostre richieste e nessuno si farà male!»  

  

Un gruppetto di criminali Red Ribbon salì sul palco puntando le armi verso il Sindaco, che nonostante il sudore sul volto tentò ugualmente di reggere lo sguardo con gli uomini armati «Perché siete qui? Cosa volete?» uno dei soldati, alto e robusto, afferrò l'uomo per il colletto della camicia sollevandolo da terra «Siamo noi qui a fare le domande, vecchio!» lo fissò in modo minaccioso «La reliquia ambrata... dov’è?» gli intimò, continuando a reggerlo per il colletto. 

Il Sindaco sussultò confuso «N-non so di cosa stai parlando!» l’energumeno ringhiò subito, spazientito «Ti prendi gioco di noi? Vuoi che facciamo saltare questo posto insieme ai civili?» «É la verità, non sono stato ancora messo al corrente di tutti i reperti, alcuni non sono ancora arrivati...» l’uomo rimase pallido in volto e a muscoli rigidi, visibilmente spaventato, mentre lo sgherro che lo teneva sollevato da terra fece una smorfia di dissenso, venendo poi richiamato da un suo socio lì accanto «Se non sa niente allora ci è inutile. Portalo dove nessuno può sentirlo urlare, usa le maniere forti fin quando non ti dirà qualcosa di utile. Voi altri venite con me e mettete a soqquadro questo posto, le guardie sono già fuori uso ma abbiamo poco tempo prima che la centrale di polizia inizi a sospettare qualcosa!» 

La gang cominciò a dividersi in coppie lungo tutto lo spiazzo, alcuni di loro rovesciarono dei tavoli aprendo un passaggio fino ai vari capannoni centrali, dove iniziarono a raggruppare i civili terrorizzati spintonando con violenza chiunque provasse ad opporre una minima resistenza. 

In direzione opposta, lo scagnozzo che teneva in ostaggio il sindaco percorse diverse file di capanne e tavoli per allontanare l’uomo dalla zona centrale come gli era stato richiesto, tenendo una pistola puntata alla schiena del politico e facendo di tanto in tanto pressione con la canna dell’arma per sollecitarlo ad accelerare il passo «Hai sentito bene quello che hanno detto, vecchio? Non abbiamo tempo da perdere, se ci nascondi qualcosa non uscirai vivo da questo posto!» la voce aggressiva dell’energumeno infierì con ulteriori minacce mentre i due iniziarono a superare la zona di terriccio per raggiungere la sterpaglia oltre il confine della piazza. 

 

I due percorsero ad un certo punto le ultime file di tavoli, uno dei quali rovesciato alla base di un albero, ma non appena il sindaco oltrepassò quel punto, un suono di torsione tagliò il silenzio e lo scagnozzo della Red Ribbon avvertì una robusta corda sovrapporsi tra le sue caviglie, facendolo barcollare in avanti sul punto di cadere. A quell’inaspettato strattone seguì la fugace comparsa di un’ombra da dietro l’albero alla sua destra, troppo improvvisa per dargli modo di ruotare il busto in tempo e distinguere cosa stesse succedendo: l’ignota figura lo prese di sorpresa a pugni chiusi sferrandogli un violento colpo dietro la nuca, generando un tonfo sordo causato dal corpo scagnozzo che cadde pesantemente al suolo privo di sensi, mentre gli occhiali scuri che indossava volarono in avanti finendo accanto al sindaco, che visibilmente scosso dall’accaduto si voltò in direzione del ragazzo che lo aveva appena salvato «Tu chi sei?» 

Il giovane Arthur, seppur visibilmente sorpreso dalle sue stesse azioni, sporse lo sguardo da dietro l’albero dove si nascondeva per controllare la situazione e fece cenno al Sindaco di raggiungerlo al riparo, per poi afferrare lo sgherro della Red Ribbon per le caviglie e trascinarne il corpo tramortito in un punto più nascosto lì accanto «Un fattorino in prova alla Capsule Corporation... e non credo di essere abituato a questo» sospirò il giovane in ansia, sforzando un tono ironico. 

Gli occhi del ragazzo tornarono poi sul sindaco «Lei sta bene? É ferito?» l’uomo scosse la testa per rassicurarlo «Sono solo preoccupato per gli ostaggi, quegli psicopatici della Red Ribbon non si fermeranno fin quando non avranno ribaltato tutto il posto» Arthur si fermò un attimo a rimuginare «A meno che non vengano presi alla sprovvista» l’uomo inarcò un sopracciglio «Non fare sciocchezze ragazzo, solo perché ne hai messo uno al tappeto non vuol dire che tu possa affrontarne altri»  Arthur rifletté su quelle parole, chinandosi intanto a recuperare la corda con la quale, poco prima, aveva potuto prendere alla sprovvista e tramortire lo scagnozzo con la spilla del fiocco rosso. 

Nel suo chinarsi, Arthur notò nuovamente gli occhiali scuri caduti sull'erba poco prima durante quella rapida colluttazione «Non sarà necessario affrontarli...» aggiunse, recuperando gli occhiali e iniziando a sfilare la giacca dello sgherro privo di sensi. 

Pochi attimi dopo aver svestito e legato il criminale, l’aspetto di Arthur fu prontamente camuffato per dargli la parvenza di uno della Red Ribbon, con tanto di spilla sul petto e occhiali scuri per favorire la mimetizzazione, sebbene si trovasse a indossare degli abiti palesemente oltremisura «Bah, non sarà perfetto ma meglio di niente» il sindaco osservò il ragazzo con preoccupazione «Che intendi fare, figliolo?» l’altro gli sorrise in modo rassicurante, porgendogli un cellulare recuperato dalla giacca dello scagnozzo «Chiami la polizia, io proverò a prendere tempo» sebbene fino ad un attimo prima sembrasse un ragazzo spaventato e insicuro, di colpo parve un’altra persona. 

Fece qualche passo per uscire allo scoperto, venendo interrotto dall’uomo «...come ti chiami, ragazzo?» a quella domanda il giovane socchiuse gli occhi celati dalle lenti scure, e si voltò brevemente quanto bastava per dare una rapida risposta, accompagnata da un sorriso «Arthur». 

 

La situazione nel resto del luogo rimase tesa per interminabili minuti, diversi gruppetti di uomini armati della Red Ribbon pattugliarono il perimetro di quella piazza dispersa nel mezzo di una pianura verdeggiante, dove l’orizzonte culminava con delle boscaglie che isolavano la visuale sul luogo da qualsiasi centro abitato vicino.  

Tra i tavoli e capannoni che si estendevano intorno al luogo, un’ombra si mosse furtiva e veloce raggiungendo alle spalle due uomini del fiocco, facendo scontrare le loro teste con una rapida presa e lasciandoli cadere al suolo inermi. 

Dal lato opposto del capannone, altri due soldati udirono il suono del tonfo ed iniziarono ad avvicinarsi allarmati «Qualcuno qui attorno non sta seguendo gli ordini del capo...» mormorò uno dei due, mentre una terza figura con i loro medesimi indumenti si avvicinò con in mano un vecchio zaino «Ehi, forse ho trovato qualcosa!» la voce di Arthur si direzionò verso i due, fingendosi uno di loro e porgendo in loro direzione la borsa che sorreggeva «Il sindaco l’ha indicata prima di svenire per la paura» aggiunse, suscitando l’interesse di uno dei due, che avidamente si gettò con entrambe le braccia nella borsa per controllarne il contenuto, farneticando in modo burbero «Coraggio, fa che non siano altre cianfrusaglie, voglio una promozione!» nel frattempo però, il secondo scagnozzo lì accanto squadrò meglio Arthur con espressione visibilmente sospettosa «Aspetta un attimo, io ti ho già visto...» il giovane impallidì riconoscendo a sua volta i lineamenti di quel tipo: era il cafone che lo aveva spintonato all’inizio della celebrazione «Tu non sei uno dei nostri!» «...la sfiga oggi è in saldo, eh?» l'uomo estrasse la pistola dalla fondina per puntargliela contro, ma il suo polso fu bloccato dalla presa improvvisa di qualcuno alle sue spalle: una figura muscolosa emerse e con un solo rapido pugno al volto mandò il tipo armato al tappeto «...Joseph?» mormorò Arthur riconoscendo con sorpresa il tipo. 

Il secondo sgherro, ancora con le braccia intente a rovistare nello zaino, alzò lo sguardo preso dal panico in direzione dell'intruso che aveva atterrato il suo collega, ma in quel breve istante in cui tentò di lasciar andare la borsa per reagire, Arthur agì di scatto tirando il laccio superiore che regolava l’apertura del sacco, bloccandogli le braccia all’interno dello zaino e sferrandogli una craniata sulla fronte che lo mise definitivamente fuori gioco «Ha! Bella mossa amico!» esclamò Joseph compiaciuto in direzione dell’altro ragazzo, ancora vagamente intontito dal contraccolpo della sua testata «E così alla fine sei arrivato anche tu...» sgranò gli occhi confuso «Che ci fai vestito in quel modo?»  aggiunse indicando il set di occhiali, giacca e spilla che Arthur portava addosso «Era un tentativo di passare inosservato, ma non è durato molto» sospirò togliendosi il travestimento di dosso, mentre insieme all’altro iniziarono a trascinare via i due corpi dietro il capannone. 

Joseph si grattò il mento pensieroso «Beh, tecnicamente nessuno è in piedi per poter dire di averci visti, quindi siamo ancora inosservati» sogghignò in seguito a quella battuta camuffata da frase saggia «Hai qualche piano?» la domanda sorse spontanea da parte di Arthur vedendo la reazione ottimista di Joseph, che rispose con un sorrisone deciso «Mai sentito parlare di “Jolly Cooperation”?». 

 

All’interno del capannone centrale, il leader della banda Red Ribbon rovesciò furioso una cassa di reliquie facendo rotolare al suolo il suo contenuto «Non so che farmene di questa spazzatura! Dove sono i reperti più importanti di questa baracca?» gridò spazientito dall’esito infruttuoso della sua ricerca, puntò la pistola in direzione dell’organizzatore di quella fiera: un borghese vestito di tutto punto «Hai cinque secondi per dirmi tutto, il grilletto comincia a prudere!» minacciò mostrando un sorriso spietato verso l’organizzatore, che fu intanto messo in ginocchio davanti a lui con la canna dell’arma puntata alla fronte «Io sono l’unico che ha accesso a tutti i reperti, se mi uccidi non troverai mai quello che stai cercando» il capobanda lo osservò serio «Hai ragione...» e volse poi la pistola in direzione degli altri membri dello staff terrorizzati in fondo alla sala «Ma ho un sacco di tentativi su cui fare pratica per convincerti» riprese a sorridere sadicamente.   

Ad un tratto, tutte le luci nel capannone si spensero, oscurando quasi completamente il luogo che poco prima gli stessi criminali avevano sigillato «Ma che...» gli scagnozzi sparpagliati nei vari angoli si guardarono attorno confusi «Qualcosa ha fatto saltare il generatore esterno» il leader si sforzò di mantenere uno sguardo concentrato nel semibuio, riuscendo soltanto a vedere sagome nere indistinguibili «Allerta! Non lasciate la vostra posizione per nessun motivo!» ruotando lo sguardo si accorse che nel mezzo del suo discorso, uno dei suoi cinque uomini era già sparito dalla propria posizione «Ma che...» dal lato opposto udì il suono di un tonfo e l’urlo di un altro soldato che sparì trascinato via da sotto il tendone afferrato per le caviglie da qualche lazo «Usate quelle armi, idioti!» urlò il capo sempre più adirato, voltandosi in tutte le direzioni alla disperata ricerca dei responsabili.  

L’ansia crebbe nel gruppo di criminali, ed ogni volta che qualcosa si muoveva nell’ombra, una manciata di secondi dopo qualcuno degli scagnozzi mancava all’appello; nel giro di pochi attimi, il capobanda era rimasto da solo. 

Sempre più nel panico, il leader tese le braccia che impugnavano la pistola e si preparò a reagire ad ogni minimo movimento sospetto «DOVE SEI? FATTI AVANTI!» di tutta risposta, una grossa sagoma nera si avvicinò dalla sua destra, ma stavolta l’uomo, più preparato dei suoi sottoposti, ebbe il tempo di voltarsi e premere il grilletto per sparare un primo colpo in direzione della sagoma, ma non appena il proiettile impattò sul bersaglio emise un suono metallico, infrangendosi e generando una scintilla che per una frazione di secondo illuminò la sagoma di una vecchia armatura ornamentale. 

«Cosa?» da dietro la statua sopraggiunse un fulmineo calcio laterale che disarmò il soldato mandando in frantumi la pistola «Merda!» ad aggravare la situazione, il suono delle sirene della polizia si fece strada in lontananza, il panico prese del tutto il sopravvento e l’uomo si lanciò in fuga verso l’apertura della tenda da cui emergeva l’unico spiraglio di luce esterna, riuscendo a raggiungere l’esterno. 

Dopo aver compiuto qualche passo oltre l’uscio del capannone, un grosso cilindro di plastica dura sporgente dall’estremità di un cavo lo raggiunse in piena faccia come fosse una mazza chiodata, facendolo ruzzolare bruscamente indietro a gambe all’aria. Arthur si avvicinò reggendo tra le mani il pesante cavo elettrico che poco prima aveva sottratto dal generatore di corrente «Toh, ha funzionato!» sorrise in direzione del capannone, dal quale uscì subito dopo Joseph, che guardò sorpreso il volto del capobanda Red Ribbon con ancora stampata la sagoma laterale della presa di corrente «Cavoli, questo deve aver fatto male...» il ragazzo gli sorrise imbarazzato «Non ho la tua arte nello stendere la gente» e si grattò la nuca, mentre Joseph rispose con un pollice in su «Se vuoi posso darti qualche lezione». 

I restanti sgherri della Red Ribbon sparsi negli altri capannoni si gettarono all'esterno, ma le auto di polizia avevano già circondato la piazza e gli agenti iniziarono rapidamente a schierarsi.  

«Red Ribbon, non avete nessuna via di fuga, gettate le armi e arrendetevi!» arrivò prontamente l’intimazione dagli altoparlanti.  

Joseph osservò la situazione e sollevò con un braccio il corpo stordito del capobanda, mostrandolo al resto dei sottoposti come fosse uno spaventapasseri. 

Senza un leader a coordinarli né una via di fuga, gli uomini abbassarono le armi, mettendo fine una volta per tutte al loro assalto. 

 

Trascorsero alcuni minuti e finalmente la situazione giunse alla calma, la polizia iniziò a portar via tutti i malviventi catturati e svolgere interrogatori per ricostruire l’accaduto, sotto lo sguardo soddisfatto di Joseph, che accanto a lui poté notare invece Arthur seduto per terra visibilmente stressato, segno evidente del crollo dell’adrenalina di quel momento. D’altronde, per quanto dotato di carattere, quel ragazzo non era altro che un giovane civile. 

«Coraggio, ce la siamo cavata alla grande dopotutto!» gli sorrise allegro come se avesse appena risolto una faccenda di tutti i giorni «Abbiamo affrontato una banda di criminali... e ne siamo usciti illesi, non è una cosa normale» lo sguardo vago di Arthur raffigurò pienamente la sua confusione, mentre Joseph reagì invece con una risata «I miei allenamenti sono utili anche a questo direi!» ironizzò con una punta di fierezza «E anche tu poi sei stato in gamba» gli diede una pacca sulla spalla, mentre l’altro si grattò la nuca timidamente, per poi sollevare gli occhi ed alzarsi appena vide avvicinarsi a loro il sindaco. 

«Vedo che hai fatto conoscenza con un invitato speciale della sicurezza!» affermò l’uomo in direzione del ragazzo «Arthur, giusto? Non ho fatto in tempo a ringraziarti per avermi salvato poco fa. Senza l’aiuto di entrambi questa situazione sarebbe potuta diventare una vera tragedia.» sorrise sincero in direzione dei due «Permettetemi di ricompensare il vostro coraggio, è il minimo che io possa fare.» detto questo, porse ad Arthur un mazzo di chiavi «Un giovane con il tuo spirito è sempre il benvenuto su quest’isola. Spero che un appartamento qui in periferia possa aiutare le tue ambizioni...» ed avvicinandosi gli mormorò con finto tono furtivo «Non preoccuparti, ho già fatto mandare le scartoffie essenziali all’indirizzo, al resto della burocrazia penserò io. Sono il sindaco dopotutto!» e si lasciò andare ad una risata allegra, mentre Arthur raccolse timidamente le chiavi e le osservò incredulo «Io... non ho parole, la ringrazio davvero.» fece un breve inchino, osservato con gioia anche da Joseph, che in posa fiera a busto dritto e braccia incrociate era intento a godersi la scena in silenzio. 

«Non credere che mi sia dimenticato di te, Joseph J. Kreen. Il vecchio Shin ti ha addestrato bene!» aggiunse improvvisamente il sindaco in direzione dell’altro, mostrando un contenitore di qualche reperto ancora sigillato «Credo fosse ciò che i malviventi stavano cercando, probabilmente per rivenderlo a qualche mercato nero...» Joseph raccolse con garbo il dono del sindaco e lentamente sollevò il coperchio per rivelarne il contenuto, compiaciuto ma rispettoso, mentre l’altro continuava «So che hai già una casa ed un titolo di tutto rispetto, per cui spero che questa reliquia di gran valore possa rappresentare un degno trofeo per simboleggiare questo giorno. Consideralo un affidamento alla protezione della tua nobile scuola.» gli occhi di Joseph si rispecchiarono sulla superficie di quella strana reliquia: una sfera ambrata abbastanza grande da poter entrare appena nel palmo di una mano «É un dono splendido signor Sindaco. Lo custodirò con grande cura.» e chinò anche lui il capo con rispetto ed apprezzamento, ricevendo il medesimo gesto in risposta dall’uomo. 

 

La situazione sul posto si animò nuovamente quando tra le folle di civili e poliziotti ancora intenti a svolgere il loro dovere iniziò a sopraggiungere un gruppo di giornalisti, suscitando di colpo un atteggiamento più esitante da parte di Joseph, che subito fece un passo indietro «Ehm ora però dovrei proprio andare... è stato un piacere essere d’aiuto.» di colpo si voltò e prese a correre «Alla prossima, si riguardi!» Arthur sbatté gli occhi e fece saettare lo sguardo tra Joseph e la folla in avvicinamento «EH?!» impallidì vedendo l’altro dileguarsi. Fece un ultimo rapido inchino verso il sindaco e si voltò all’inseguimento del lottatore in fuga «Ehi, aspettami Joseph!» esclamò scomparendo anche lui subito dopo, lasciandosi alle spalle il Sindaco che intanto restò a salutarli con la mano, ridendo divertito mentre i giornalisti si avvicinarono per tempestarlo di domande: 

«Signor sindaco, è vero che gli assalitori sono stati contrastati da alcuni cittadini?» 

«Sa dirci di più su come siete riusciti ad evitare una tragedia?» 

Nel mentre, Arthur e Joseph attraversarono rapidi il sentiero che da quella pianura li portò verso una zona boscosa, con il giovane fattorino della Capsule Corporation intento a reggere il passo veloce dell’altro, che nel mentre teneva sottobraccio il contenitore di quella strana reliquia sferica. 

Le domande dei giornalisti continuavano «Chi erano quei ragazzi che abbiamo visto andare via?» 

Il sindaco rimase per tutto il tempo composto a fissare il sentiero all’orizzonte dove Arthur e Joseph si erano poco prima incamminati, mantenendo per tutto il tempo un sorriso ammirato «Quelli, signori, sono una parte luminosa del nostro futuro.» 

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Capitolo 6
*** Preservare la fiamma ***


La vita tornò tranquilla presso tutta la periferia del Villaggio Pinguino, con la risoluzione dell’attacco Red Ribbon i notiziari di tutta la regione si concentrarono sull'evento, raccontando a grandi linee di come una famosa organizzazione criminale abbia tentato di assumere il controllo di una fiera per impadronirsi di reperti antichi, con il medesimo notiziario trasmesso su più canali da diverse testate giornalistiche. 

 

Sullo schermo di un vecchio televisore all’interno di un edificio diroccato, una delle svariate versioni del notiziario fu trasmessa in diretta, mentre un giornalista sullo schermo era intento a commentare «Sembra che l’organizzazione abbia eseguito un attacco affrettato e poco preciso, sottovalutando l’opposizione di alcuni presenti. Nessuno ha rilasciato informazioni esatte sull’identità dei civili che sono riusciti a sventare i piani della Red Ribbon e purtroppo non ci sono registrazioni dell’evento in seguito ai danni creati dai criminali verso tutte le apparecchiature del posto...» la cronaca proseguì con ulteriori chiacchiere generali sull’evento, annoiando visibilmente la snella figura femminile che nel mentre stava seguendo la trasmissione con una smorfia di disappunto «Bah, Red Ribbon... che dilettanti!» sbadigliò arricciandosi una lunga treccia di capelli neri tra le dita. 


A non troppa distanza dal luogo dell’evento di Seagull Valley, oltre un sentiero che attraversava i boschi per raggiungere i centri abitati, una fila di appartamenti si estendeva di fronte ad un’ampia prateria a delimitare il confine di un tranquillo villaggio «Sicuro che sia questo il posto, Joseph?» mormorò Arthur guardando l’indirizzo scritto sull’etichetta del portachiavi che aveva tra le mani, mentre l’amico accanto annuì sereno «Numero 21 di Carrot street. Conosco la zona, ho un chiosco di fiducia da queste parti.» Arthur tese la chiave verso la serratura di fronte a lui e aprì timidamente la porta, rivelando pian piano le fattezze dell’appartamento di fronte a loro e spalancando gli occhi. 

Un corridoio di pochi metri puntava dritto verso un salotto-cucina già arredato con divano e mobilia generica, dalla prima porta a sinistra si poteva vedere un piccolo ma confortevole bagno, mentre al lato opposto vi era una camera da letto singola. I due percorsero le stanze una dopo l’altra, lasciando per ultimo il salotto «Uh, piccolo ma carino come posto.» mormorò Joseph grattandosi il mento a squadrare l'ambiente, bloccandosi dopo pochi secondi ad osservare di spalle la figura di Arthur che intanto si fermò immobile nel mezzo della stanza «Tutto bene?» gli occhi di Arthur brillarono non appena si voltò verso l’amico «...è perfetto.» riprese a guardarsi attorno con espressione quasi commossa, venendo tuttavia interrotto da un improvviso brontolio dello stomaco che riecheggiò rumorosamente in tutto l'appartamento. 

Il ragazzo arrossì impacciato, suscitando una risata da parte di Joseph, il quale gli fece un sorrisone commentando «Dopo quello che abbiamo passato direi che abbiamo proprio bisogno di rifocillarci...» e si indicò con il pollice destro «Seguimi, conosco il posto giusto». 

 

Ad un paio di isolati di distanza, i due si trovarono in un attimo seduti davanti a un chiosco di Ramen menzionato proprio poco prima da Joseph, intento a soffiare verso la ciotola bollente davanti a lui «Non mi hai ancora detto di cosa ti occupi al momento.» Arthur aspettò di far raffreddare con calma il cibo nella propria ciotola «Ho iniziato da poco un lavoro di prova come fattorino per la Capsule Corporation, come ambiente mi sembrava molto familiare» Joseph rise «Mi sembra ovvio, stai parlando dell’azienda tecnologica più famosa del mondo!» scorse poi una certa confusione sul volto di Arthur, che a quell’osservazione si grattò la nuca imbarazzato «Ecco... ci sono tante cose scontate di cui non ho memoria da quando sono uscito dall’ospedale. Nessun familiare, nessun conoscente di cui possa ricordarmi, vuoto totale. Devo aver avuto un grosso incidente.» a quella frase Joseph lo osservò con una maggiore serietà «Amnesia, eh? Ho avuto un problema simile tempo fa, ma per fortuna non è stato nulla di permanente. Sono sicuro che avrai modo anche tu di rimediare!» aggiunse con tono di supporto verso l’altro. 

«Sai, la nuova insegna “Amen Ramen” non mi dispiace, ma ogni tanto ho nostalgia del vecchio nome del chiosco.» aggiunse poi Joseph per cambiare argomento ed alleggerire la situazione, mentre riprese a soffiare verso la ciotola, Arthur intanto finì di trangugiare una grossa porzione di ramen raccolti in massa con le bacchette «Che nome aveva prima?» domandò passando poi a ingozzarsi di crocchette di pollo «”Send Noodles”». 


 Sulla pacifica isola delle tartarughe, all’ombra di un cespuglio sul retro della casetta, Faun era seduto a gambe incrociate in posa da meditazione, con lo sguardo tuttavia concentrato verso la rivista che teneva furtivamente poggiata tra le gambe, sfogliandone le pagine di materiale non proprio sobrio «Ohhh oggi c’è il tema dei vestiti da gatto!» un’espressione da scimmia si dipinse sul suo volto, mentre un’ombra minacciosa calò come un sipario sopra di lui, ed il suo sguardo impallidito si sollevò, mentre il suo viso iniziò a sudare trovandosi davanti la sagoma del maestro. 


 «Una scuola di arti marziali?» Arthur sbatté gli occhi incuriosito dalla spiegazione di Joseph quando quest’ultimo aprì inaspettatamente il discorso «Beh non una scuola in senso fisico, siamo praticamente due allievi di un’arte quasi perduta, con un luogo di raduno su un’isola solitaria dove teniamo gran parte degli allenamenti.» l’altro ascoltò attentamente, continuando ogni tanto ad arraffare cibo dalle ciotole davanti a loro e lasciando parlare l’amico «All’inizio il maestro era un eremita scettico all’idea di avere degli allievi, ma so che dopo aver incontrato Faun ha poco alla volta iniziato a cambiare la sua visione.» «Faun?» Joseph comprese subito la confusione dell’altro «É un mio vecchio amico, un po’ matto ma tutto sommato un tipo in gamba. É stato lui a trascinarmi verso queste arti marziali, non ha nemmeno aspettato di avere il consenso del maestro, non oso immaginare quante legnate abbia preso per essersi esposto così tanto, ma non posso nemmeno biasimare il vecchio.» ridacchiò dopo quella affermazione «Però...» un sorriso più profondo emerse dal suo viso, attirando uno sguardo serio da parte di Arthur «É stato un onore per me. So che all’epoca il maestro aveva ancora a cuore la riservatezza della scuola, ma sapere che un amico vede in te qualcuno degno per un'arte così mistica e antica da mettersi a rischio senza pensarci perché tu possa farne parte... beh fa un certo effetto.» a quella frase anche Arthur non poté che sorridere «Dimostra quanta fiducia abbia nei tuoi confronti, e se sapesse quello che hai fatto oggi sarebbe ancora più convinto.» Joseph ruotò gli occhi verso di lui «Forse, ma non sono stato l’unico a dar prova di valore.» e sogghignò verso il ragazzo che nel mentre aveva preso a sorseggiare una bibita da una bottiglietta di plastica «E per questo motivo, sarebbe un piacere per me che tu possa unirti a noi.»  

 

Arthur sputò il drink verso il pavimento e si lasciò sfuggire dei colpi di tosse, colto alla sprovvista dal discorso, sbatté poi gli occhi incredulo in direzione dell’altro «Sei... sicuro di quello che stai dicendo? Non mi sembra un ambiente adatto a gente qualunque.» Joseph poggiò le braccia rilassate sul bancone del chiosco «Ehi, abbiamo messo fuori gioco una banda di criminali insieme, non è roba da gente qualunque!» ammise con il suo solito sorrisone «Non vedo cos’altro possa dimostrare meglio che tu abbia lo spirito giusto.» Arthur rimase interdetto, la spiegazione dell’altro aveva decisamente senso «Spero di esserne all’altezza.» quella risposta fu sufficiente a rallegrare ulteriormente l’espressione di Joseph «Non ne ho alcun dubbio. Chissà, magari ti aiuterà a recuperare i tuoi ricordi, potrebbe essere l’ambiente perfetto per farti ritrovare la tua strada.» l’altro si diede una sistemata ripulendosi la maglia dai residui di cibo e drink che un attimo prima gli erano finiti addosso «Sicuro che il maestro non proverà a legnare anche te per questo?» Joseph si lasciò sfuggire una risata «Non sarebbe la prima né l’ultima volta, ma in ogni caso non preoccuparti, so per certo che capirà.» le ultime parole assunsero un tono più pensieroso mentre le proferì, soffermandosi sul ricordo di una conversazione avvenuta col maestro proprio il giorno prima di partire per l’evento. 


La mente di Joseph tornò sulla visione di quella tecnica usata dal maestro sulle rive dell’isola, riportandolo al momento in cui i due allievi rientrarono poco dopo in casa «Faun, Joseph. C’è una cosa importante che devo raccontarvi.» l’anziano assottigliò lo sguardo nel proferire quella frase, osservando i due con serietà, ma al contempo stanchezza negli occhi, mentre gli allievi si fermarono sull’uscio per voltarsi nella sua direzione «In passato, l’accademia ha dovuto affrontare minacce ben più grandi di quanto ora possiate immaginare. Abbastanza grandi da eguagliare anche le nostre migliori tecniche, inclusa l’arte del Ki...» incrociò le braccia al petto «Per questo motivo avevo deciso di preservare per anni queste conoscenze con la massima cura. Dopo aver osservato diversi allievi abusare di tale potere c’è stata una divisione all’interno della nostra scuola, molti abbandonarono questa via per sfruttare queste arti come mercenari o assassini.» sospirò «Non posso lasciare che quest’arte cada nelle mani sbagliate, ma neppure che svanisca del tutto. La scuola ha bisogno di successori, presto o tardi sentirete il bisogno di circondarvi di nuovi allievi degni della vostra fiducia, vi chiedo solo di assicurarvi... che siano persone giuste e di buon cuore.» un tono quasi malinconico quello dell’uomo, una richiesta più seria e profonda di qualsiasi lezione impartita fino a quel momento. 


 

Un forte vento si abbatté tra i canyon di un luogo lontano dalla civiltà, oltre le distese desertiche ad oriente da West City, creando una densa coltre di sabbia che come un manto mimetico avvolgeva periodicamente una roccaforte già ben nascosta tra le vette rocciose dei canyon. 

All’interno di quella misteriosa base fortificata, svariate decine di uomini armati ne pattugliavano il perimetro, mentre un manipolo di soldati sfiancati raggiunse una stanza interna del forte trovandosi al cospetto del loro superiore. 

«Così avete fallito miseramente, eh?» mormorò gelido un uomo robusto dai capelli cinerei, seduto dietro una scrivania in penombra, tenendo lo sguardo sul ripiano dove giacevano pile di fogli ed uno schermo acceso. 

«Siamo desolati, Generale Grey. Le cose non sono andate come da programma, ci hanno preso alla sprovvista e …» l’uomo si alzò poggiando i palmi delle mani sulla scrivania ed interrompendo il discorso «Me ne sono...» lasciò cadere un sigaro che reggeva tra le labbra «ACCORTO!» urlò, generando attimi interminabili di silenzio e tensione tangibile «Tutti i notiziari se ne sono accorti. Dodici dei miei uomini sono stati arrestati in quella che doveva essere una semplicissima operazione, invece mi ritrovo soltanto voi cinque e perlopiù a mani vuote.» i sottoposti abbassarono il capo, lasciando che solo uno in mezzo a loro parlasse «Abbiamo seguito le direttive del Capitano come ci avevate ordinato, ma la polizia è arrivata prima del previsto e siamo a malapena riusciti a trovare una via di fuga.» il Generale sospirò, tamburellando con le dita della mano destra sulla scrivania «Quell’idiota non è stato in grado nemmeno di completare un incarico del genere. Ma a questo punto tanto vale minimizzare il danno...» e sollevò l’indice in direzione del sottoposto che fino a quel momento aveva fatto da portavoce per il gruppo «Tu...» l’altro impallidì «Sei in prova come nuovo capitano. Ti assegnerò altri uomini per riformare un gruppo per una prossima missione. Non osate deludermi. Ora tornate ai turni di guardia.» i sottoposti scattarono in posa da saluto militare e si congedarono come richiesto dal loro superiore, abbandonando la stanza e lasciando l’uomo immerso nei suoi pensieri ad osservare i resoconti televisivi e i vari articoli stampati sul notiziario della fiera. 

 

«Vedo che basta davvero poco per mettere voi umani in difficoltà...» una nuova voce echeggiò nell’ambiente, suscitando una lieve irritazione sul volto del Generale «É un problema comune quando si affrontano i propri simili. Questa vostra fretta per recuperare delle reliquie mi è costata uomini e reputazione.» replicò verso l’altra figura che intanto emerse dall’uscio buio di una stanza adiacente, rivelando uno strano individuo dai capelli neri a punta ed una corporatura snella ma scolpita «Ti abbiamo offerto il nostro aiuto per risollevare quest'organizzazione a patto che ci procurassi tutti gli artefatti richiesti. É tuo compito assicurarti di rispettare gli accordi in tempo utile. La nostra signora ha piani ben più importanti delle vostre faccende, tienilo a mente.» 

Il leader della Red Ribbon digrignò i denti, ma quando si voltò in direzione dell’altro individuo, quest’ultimo era scomparso nel nulla. 

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Capitolo 7
*** Aspettative ***


Un nuovo giorno era trascorso dalle vicende di Seagull Valley, la marea ormai calata sulle sponde inferiori dell’isola Yumigame lasciava maggior spazio alle onde per ritirarsi ad un ritmo lento ma costante. Su quella riva, una rapida serie d’impronte fu impressa sulla sabbia dai passi scattanti di Joseph, pieno di euforia mentre si fiondava in avanti verso il suo compagno di allenamento. 

Arthur, nel mentre, lo attendeva sulla difensiva in una semplice postura di arti marziali improvvisata, portando avanti il fianco sinistro e mantenendo le gambe divaricate a forma di L, con la caviglia destra a fare da perno per dargli una posa abbastanza flessibile, braccio destro a pugno chiuso sul fianco e sinistro alzato perpendicolare al terreno, con mano aperta e rilassata. Una semplice imitazione di ciò che aveva visto eseguire poco prima dall’amico che ora lo stava allenando. 

Il gomito destro di Joseph si ritirò indietro passando lungo il medesimo fianco appena la sua distanza dall’altro si ridusse ad una manciata di passi, preannunciando con breve tempistica il tipo di attacco, semplice ma vigoroso, che sarebbe da lì a poco scattato in direzione di Arthur. 

La giovane matricola riuscì appena a deviare il pugno destro in arrivo da parte di Joseph verso l’esterno con un movimento antiorario del proprio avambraccio alzato, aiutandosi con una spinta del piede sinistro per compiere un leggero saltello indietro e prendere distanza dal suo sfidante, non avendo ancora la tecnica e preparazione per poter contrattaccare. 

 

Alla reazione di Arthur verso quel colpo, Joseph sorrise e continuò la sua avanzata, sfruttando la sua postura ben più precisa e stabile per trarre vantaggio della sua carica ed estendere l’attacco. Fece così ruotare il bacino per portare in avanti la gamba sinistra e piantare saldamente la punta del piede nella sabbia per permettergli così un rapido cambio di mano, facendo in quel modo alternare il pugno destro da un rapido sinistro, recuperando allo stesso tempo parte della distanza dal suo avversario d’allenamento, sferrando un colpo teso a palmo aperto. 

Arthur stavolta ebbe appena il tempo d’incrociare tra loro gli avambracci in modo improvvisato per fargli da scudo contro l’attacco di Joseph, ma l’impatto si mostrò comunque abbastanza forte da lanciare indietro il ragazzo di qualche metro, facendolo riatterrare sulla sabbia barcollante e a malapena in piedi «OOF!» il ragazzo vacillò sul posto, trovandosi un attimo dopo Joseph nuovamente in carica verso di lui. Quasi in totale contrasto rispetto alle tecniche accurate alle quali era stato sottoposto fino a poco prima, Joseph lo sorprese con una raffica alternata di pugni, di quelle che si vedrebbero in una storia di lotta particolarmente ignorante. Una tecnica tanto banale e scontata quanto frenetica ed oppressiva. 

Ancora una volta Arthur tornò sulla difensiva, stavolta richiudendo le braccia in orizzontale allineandole parallelamente davanti a volto e torace, mentre le piante dei piedi scavarono dei solchi nella sabbia sotto il peso dei colpi di Joseph. Un denso polverone di sabbia si sollevò nel corso di quel frenetico assalto, diradandosi soltanto pochi secondi dopo che Joseph ebbe finalmente cessato il proprio attacco.  

Al dissiparsi di quella coltre ebbe poi modo di scorgere Arthur, visibilmente affaticato ma ancora in piedi «Non male, hai incassato bene i colpi per essere agli inizi!» si complimentò Joseph, rilassando la propria postura da combattimento «Direi che per oggi può andare come prova.» e portò le mani sui fianchi soddisfatto, volgendo poi il viso in direzione di una terza persona che nel mentre fece la sua comparsa dall’atrio della casa «Se non mi avessi raccontato di quel che è successo a Seagull Valley penserei che non è la prima volta che il tuo amico prende lezioni di arti marziali...» affermò con tono indagatorio il maestro Shin, avvicinandosi in direzione dei due allievi appena reduci dall’allenamento ed osservando il nuovo arrivato.  

«Arthur, giusto?» non appena si sentì chiamare per nome, il giovane sgranò gli occhi e senza un attimo di esitazione portò le braccia lungo i fianchi e improvvisò un inchino piegando il busto in avanti verso l’anziano, che nel mentre analizzò la postura impacciata «Non essere troppo rigido durante un saluto di cortesia, ragazzo. E quando dovrai farlo durante un duello, ricorda di tenere il viso verso il tuo avversario, o potrebbe prenderti alla sprovvista.» Arthur reagì con visibile imbarazzo sul volto «Le mie scuse, maestro» l’uomo fece un cenno di dissenso col capo «Non sono ancora il tuo maestro. Al momento sei in affidamento a Joseph. Lascerò che ti metta alla prova per valutare se sarai all’altezza del nostro ritmo di allenamento.» Joseph ascoltò il discorso in silenzio richiudendo le braccia al petto ed annuendo, mentre il maestro aggiunse «Fino ad allora, sarà lui il tuo maestro.» Joseph continuò ad annuire per un attimo prima di bloccarsi di colpo «...EH? COSA?» sbatté gli occhi incredulo guardando il suo mentore «Ne siete sicuro?» l’anziano sorrise fissando Joseph «Ho dato il mio consenso affinché trovaste nuovi potenziali allievi, ma non ho detto che li avrei addestrati io per voi.» precisò con una punta di sarcasmo verso Joseph, che nel mentre si grattò la nuca trovandosi a dir poco burlato «Beh... non ho mai addestrato nuove reclute, non saprei da dove cominciare...» il maestro nel frattempo aveva ripreso a camminare in direzione della casetta a braccia congiunte dietro la schiena come un esperto guardiano di cantieri, limitandosi a volgere un breve sguardo a Joseph «Ah da quel che ho visto prima direi che invece avete già iniziato alla grande. Continua su questa strada, figliolo!» e si allontanò ridacchiando sotto gli sguardi perplessi di entrambi gli allievi. 

 

Uno strano suono simile al rombo di un motore guasto echeggiò in quell’improvviso silenzio imbarazzante: era il lamento dello stomaco di Arthur «...ordiniamo pizza?» Joseph lo fissò perplesso per alcuni secondi «Su un’isola remota?» «Fanno consegna via scafo da queste parti.» seguirono altri secondi di silenzio dopo quella grottesca scoperta di Joseph «Ci sto.» 

 


A grande distanza da ogni noto centro abitato, in un esteso labirinto di canyon e crepacci del deserto centrale, una strana navicella spaziale giaceva attraccata su un pendio roccioso, avvolta da ampi polveroni di sabbia che ad intermittenza si sollevavano con le correnti che scorrevano tra i canyon. 

All’interno di quel veicolo dalle sembianze aliene, la silhouette di un individuo dai capelli corti a punta si rispecchiò attraverso i vetri della cabina di comando, limitandosi a guardare il riflesso davanti a lui per rivolgersi alla figura alle sue spalle, che a distanza di una decina di passi rimase nell'ombra presso l’uscio della cabina prima di sporgersi verso la parte illuminata della stanza, mostrando un viso alieno dalla pelle verdastra, con due antenne sul capo e le orecchie a punta «Mi avete mandato a chiamare?» l’altro restò immobile a fissare in avanti, freddo e riflessivo «Ho una missione per te, Cargot. Sembra che i nostri mercenari terrestri si siano fatti sfuggire uno dei nostri obiettivi principali...» e con uno scatto della mano destra lanciò all’indietro uno strano visore cibernetico a lente singola supportato da un unico padiglione auricolare.  

Senza alcuna difficoltà di riflessi, Cargot afferrò al volo l’apparecchio e ne osservò la lente di un rosso acceso, ricevendo nel mentre ulteriori dettagli «Ho inserito in quello Scouter tutti i dati in nostro possesso su quella reliquia, pare sia scomparsa dall’ultimo posto dov’era stata localizzata.» l’alieno verde indossò il dispositivo e dopo aver interagito con i pulsanti laterali fece partire per alcuni secondi sullo schermo la proiezione di un modello sferico di colore ambrato con al suo nucleo una stella, e successivamente un video di alcuni notiziari di un evento accaduto pochi giorni prima su un’isola remota. In fine un’inquadratura sulla polizia che portava via diversi criminali della Red Ribbon sotto i commenti dei giornalisti. L’alieno osservò attentamente ascoltando il resto del discorso del suo superiore «Fa ciò che serve per scoprire dove si trova, ma cerca di non lasciare tracce. Dobbiamo mantenere un basso profilo fino a quando non le avremo trovate tutte. Tutto chiaro?» il sottoposto annuì «So già da dove iniziare. Lasciate fare a me.» 


Il seguente mattino accolse le strade di periferia di West City con un piacevole tepore primaverile, mentre la luce mattiniera proiettava le sue prime ombre sulle abitazioni di un piccolo paesino rurale. 

La vitalità del posto emerse in pochi minuti e le strade si popolarono di un gran numero di persone, dagli operai locali ai viaggiatori che costeggiavano una piccola stazione ferroviaria collegata direttamente alla città principale. 

All’interno di un ristorante in fase di apertura, un uomo sulla trentina dai capelli bruni e gli occhi di un inusuale colore giallo zolfo indossò il proprio grembiule bianco allacciandolo alla vita, mentre senza un attimo di tregua si spostava tra le cucine e l’area dello staff adiacente per controllare scartoffie e fare l’inventario del locale con un blocco note alla mano. 

«Dunque vediamo... abbiamo le spezie. Siamo a posto con le salse e a breve dovrebbe arrivare il nuovo carico della settimana.» l’uomo continuò a prendere annotazioni e fissare alcuni foglietti a delle puntine su una lavagna di sughero alla parete accanto la scrivania «Accidenti, domani c’è da preparare quel piatto speciale...» sospirò notando una delle sue note, grattandosi il mento da cui spuntava una sottile barba «Ti serve una mano, Hiroshi?» dal ripostiglio alle spalle dell’uomo spuntò una ragazza poco più giovane dai lunghi capelli bruni avvolti in un fiocco ed occhi scuri con indosso un corto kimono color verde giada che va a combinarsi con una calzamaglia nera alla parte inferiore, tra le braccia sorreggeva una notevole pila di documenti che andò prontamente a riporre sul tavolo accanto all’uomo. 

«Ho controllato la ricetta per l’evento di domani, mancano dei funghi porcini e purtroppo oggi il mercato è chiuso per lavori» la ragazza gli sorrise «So dove trovarli, crescono nel bosco qui vicino» Hiroshi la osservò titubante «Sei sicura, Midori? Non ci sono autobus che passano per quella strada» la ragazza scosse la testa mantenendo un sorriso «Non ce n'è bisogno, posso andare tranquillamente a piedi ed essere qui in meno di due ore. Sarò qui in tempo per aiutarti prima dell'ora di punta» l’uomo diede uno sguardo all’orologio che nel mentre indicava appena le nove «Beh in effetti non mi sembra una cattiva idea...» nel mentre l'attenzione di Midori fu attirata da un gatto dal pelo folto e blu che le si era arrampicato con naturalezza sopra la spalla destra, spalmandosi come un budino composto da un 80% di pelo ed il restante da ampi occhi vispi ambrati.  

«Portati dietro Gorogoro, ti farà compagnia» affermò Hiroshi indicando il gatto che ormai si era già beatamente accomodato sulla spalla della ragazza, la quale sorridendo si limitò ad annuire per poi prendere una sacca da viaggio abbastanza capiente «Cercherò di fare presto allora!» Midori salutò l’uomo con espressione solare e si affrettò a lasciare il locale dal retro tenendo in spalla il gatto che, nel mentre, ondeggiava come gelatina al ritmo dei passi della ragazza. 

Hiroshi mantenne un vivace sorriso e si diresse verso la cassa, udendo poi il cigolio della porta d’ingresso che si aprì all’arrivo dei primi clienti «Ah... Siete qui anche oggi!» 

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Capitolo 8
*** Le prime tracce ***


Le fronde degli alberi di un bosco nella periferia di West City ondeggiavano con il soffio di un flebile vento, accompagnando il suono degli uccelli con un delicato fruscio delle foglie. 

Nel mezzo della totale quiete, una figura magra sedeva alla base di un albero in una zona pianeggiante dove la boscaglia era meno fitta «Sei proprio uno splendore...» mormorò una voce femminile con tono adulatorio «Non conoscevo il vero divertimento prima di trovarti.» un sorriso ossessivo si dipinse sulle labbra della ragazza, che con una mano si aggiustò una lunga treccia nera spostandola dietro la spalla, mentre gli occhi neri riflettevano un oggetto metallico «Sei decisamente...» fissò con orgoglio la mitraglietta che stava intanto lucidando con un panno nell’altra mano «...il mio tesoro!». 

La strana ragazza si tirò su con un balzo portandosi in piedi senza sforzo, facendo penzolare l’arma da fuoco nella mano destra e scrutando in avanti verso due sagome umane in lontananza, immobili e con le spalle rivolte a degli alberi. Emise un lieve sospiro, rilassando i muscoli, per poi mostrare nuovamente un sorriso malsano e sollevare di scatto il braccio destro, puntando la canna dell'arma automatica in avanti e sparando una raffica di colpi che crearono un suono echeggiante per grandi distanze. Le due sagome umane, che in realtà erano manichini in legno con addosso degli indumenti, furono in un attimo ricoperte di fori che le avevano ridotte a brandelli. 

Il suono degli spari s'interruppe bruscamente quando il caricatore esaurì le munizioni, dando modo alla ragazza di capire che ormai il grilletto stava andando a vuoto «Accidenti, Sawyer, sei già a secco...» sospirò scocciata, mettendosi in spalla la mitragliatrice scarica tramite una cinghia in pelle. 

 

Sebbene il luogo sembrasse particolarmente isolato, l’inquietante ragazza si voltò lentamente, sentendosi osservata. A non troppa distanza da lì, intravide dapprima un gatto blu a pelo arruffato per la paura causata probabilmente dagli spari. Poco più accanto, una ragazza dai capelli ed occhi bruni, con sulle spalle una sacca da viaggio, la stava fissando impallidita «Oh, abbiamo pubblico oggi! Hai visto che mira?» ghignò in direzione di Midori, che visibilmente sconvolta dagli effetti di quell’arma sui manichini si lasciò sfuggire dalle dita un fungo raccolto pochi attimi prima «Che razza di arnese demoniaco era quello???» esclamò la giovane cuoca. 

La pazza armata sbatté gli occhi sorpresa «Arnese?» scoppiò in una risata maniacale «Ma da quale giungla vieni?» aggiustò con una mano la cinghia che reggeva la mitragliatrice, mettendola di proposito in mostra per un attimo «Non sono le maniere di trattare Sawyer. Solo perché ora è scarica non vuol dire che non si possa offendere. Diglielo anche tu, Victoria!» Esclamò guardando alla propria destra, allarmando ulteriormente Midori, che nel mentre aveva preso a guardarsi attorno in cerca di una terza persona. L’altra ragazza nel mezzo di quel discorso aveva intanto estratto una pistola dalla fondina destra e le stava parlando come se niente fosse, senza ovviamente ricevere alcuna risposta. 

Midori la fissò perplessa «Tu sei matta!» un sorriso a mezzaluna si dipinse sul volto dell’altra, non esattamente a contraddire quanto Midori avesse appena constatato «Se fossi matta potrei fare questo?» neanche il tempo di finire la frase che puntò la canna della pistola in direzione di Midori, e flettendo l’indice ripetutamente sul grilletto fece partire tre spari consecutivi che si infransero sull’erba ad alcuni passi dall’altra ragazza, facendola balzare ad ogni singolo sparo nel più totale panico «UAHHH!!!» il gatto schizzò di lato rimbalzando contro un cespuglio folto lì accanto per poi rotolare all'indietro in direzione della padrona, mentre la psicopatica armata si fermò a rimuginare su quello che aveva appena detto «Ah no aspetta, non è così che funziona...» nel mentre di quel monologo senza senso rialzò lo sguardo verso Midori, notando però che quest’ultima stava già scomparendo nella boscaglia con il gatto tra le braccia lasciandosi dietro un polverone. 

«Uff, ma così non è divertente» fece roteare agilmente la pistola tenuta con l’indice dalla sezione del grilletto, per poi farla rientrare accuratamente nella fondina con fare da pistolera. 


 

Sebbene nella periferia di West City quello fosse solitamente l’orario più calmo della giornata, era da più di un’ora che Midori si era allontanata dal ristorante e sin da quel momento Hiroshi non aveva mai smesso di cucinare «Ecco a voi due portate di Linguine allo scoglio, cinque porzioni di risotto di vitello e un’altra ciotola di polpette al ragù.» scandì l’ordine verso i due clienti ormai abituali del locale che da soli lo stavano tenendo costantemente impegnato. 

Prontamente posò i primi due piatti davanti la robusta figura di Joseph, che con tutta calma mise da parte un piatto da poco svuotato e iniziò a soffiare su una delle nuove porzioni ordinate.  

Nel mentre Hiroshi posò il resto dell’ordinazione davanti Arthur che era lì accanto all’amico ad ingozzarsi come un bidone tritarifiuti, barattando piatti vuoti con pieni ad un ritmo quasi industriale sotto lo sguardo pallido di Hiroshi «Ehm vi lascio tutto il tempo per finire questo giro, fatemi sapere se avete bisogno di altro» detto questo raccolse i restanti recipienti vuoti messi in disparte e li raggruppò con ordine su un vassoio. 

Joseph sorrise ed aggiunse con garbo «Certo, magari tra dieci minuti possiamo decidere anche per il dessert» Arthur sollevò il pollice destro in su come gesto di pieno consenso, continuando a trangugiare come se invece il suo stomaco fosse ancora ben lontano dall’essere pieno. 

«Per la miseria, quei due sono dei buchi neri...» smistò di tutta fretta le stoviglie nella cucina e tornò nuovamente in direzione della sala appena udì la porta d’ingresso aprirsi «Spero non abbiano chiamato i parenti.» Sull’uscio della porta, Midori barcollava piegata in avanti, col fiatone e i capelli completamente mossi, mentre il gatto Gorogoro era rimasto aggrappato alla sacca che la ragazza portava dietro la schiena, anche lui teso, con occhi spalancati e pelo gonfio come se fosse stato folgorato. 

«Che ti è successo là fuori?» Hiroshi la osservò preoccupato mentre lei si prese qualche attimo per recuperare fiato «C’era... una pazza nel bosco, con degli strani attrezzi infernali.» mormorò pallida iniziando a gesticolare a vuoto con le mani, sollevando i pollici e tendendo gli indici per imitare in modo molto vago delle pistole, segno palese di quanto le fossero state sconosciute fino a quel momento «Ha trasformato due manichini in degli scolapasta senza nemmeno avvicinarsi!» la ragazza si fece trasportare dal monologo e prese a gesticolare più animatamente, nel frattempo il gatto balzò via per il trambusto e si fiondò nella stanza del personale «Faceva così con le dita e creava buchi dappertutto.» Cominciò a camminare dietro il bancone, lasciando per terra la sacca da viaggio con dentro i funghi che era riuscita a raccogliere, mentre Hiroshi portò le mani in avanti cercando di rassicurarla «Va tutto bene ora, forse era solo qualcuno che stava facendo pratica con del tiro al bersaglio...»  

«Pratica?!?» di colpo la ragazza sembrò un Chihuahua con la rabbia «Quando ci ha visti si è divertita a spaventarci con quegli arnesi senza dare spiegazioni. Mi ha fatto prendere un infarto! Ora vado a conciarla come si deve!»  

Midori afferrò di scatto una padella dalle cucine e si direzionò nuovamente verso l’atrio «Quella... psicopatica, racchia, criminale, sociopatica, vecchia belarda!» ringhiò una serie di insulti casuali mentre Hiroshi afferrò la ragazza da dietro le spalle tentando faticosamente di trattenerla. Joseph, nel mentre, si voltò verso i due e rimase ad osservare la scena stranamente divertito, mentre Arthur ancora non aveva tolto lo sguardo dai piatti per tutto il tempo ed era totalmente concentrato a finire la sua quinta porzione di risotto. 

Hiroshi sembrò tentare di trattenere un orso preso ad uscire dalla sua caverna «Calmati per favore!» «Lo farò quando avrò stampato la sua faccia da schiaffi su questa padella!» alla scena Joseph non riuscì a trattenersi dal ridere, facendosi sfuggire un commento probabilmente inopportuno per la circostanza «Quanta grinta! La ragazza è in quel periodo del mese?» Midori lo guardò male voltandosi di scatto con uno sguardo furioso, e con un rapido movimento del braccio destro lanciò la padella in direzione di Joseph facendola volteggiare come se fosse una stella ninja. 

Il combattente di arti marziali evitò l’oggetto volante spostando di poco il busto. Seguì tuttavia un forte tonfo dopo che la padella ebbe colpito accidentalmente Arthur, che nel mentre era occupato a mangiare, prendendolo in pieno alla tempia e facendolo cascare di lato come un sacco di patate. 

Hiroshi sbiancò completamente ed in un istante, per lui eterno, la sua mente aveva già iniziato a chiedersi su che punto della vetrata avrebbe dovuto affiggere l’insegna di chiusura del locale.  

Quasi simultaneamente, dopo un fulmineo battito d’occhi al realizzare quello che aveva appena fatto, Midori impallidì mettendosi le mani tra i capelli «Oddio! Ti chiedo scusa!!!»  

In seguito allo scossone causato dal tonfo di Arthur, la ciotola che reggeva poco prima fece un rimbalzo sul bordo del tavolo e cadde verso il pavimento, ma un istante prima che potesse toccare il suolo, la mano destra del ragazzo scattò a recuperare al volo il piatto di riso, usandolo nel mentre per acciuffare anche la forchetta in caduta libera «Salvato!» esclamò prima di rialzarsi e tornare a mangiare, lasciando perplessi sia Hiroshi che Midori. 

I due lo fissarono ancora sconvolti per l’accaduto, in particolare Midori che subito porse le sue scuse con un inchino formale «Sono davvero desolata, non so cosa mi sia preso, lasciate che chiami il pronto soccorso...» Arthur rimase a gesticolare a guance piene come un criceto in direzione dei due, agitando le mani per cercare di placare la situazione. Joseph ghignò alla scena e intervenne quasi come a fare da interprete «Tranquilli, non è nulla di grave. Siamo abituati a molto di peggio durante i nostri allenamenti.» nel mentre l’amico inghiotti finalmente l’ultimo boccone di riso aggiungendo «Il cibo non si è rovesciato, questo risolve tutto.» e come se nulla fosse successo andò a poggiare il piatto appena svuotato in pila sulle altre quattro. 

Hiroshi parve lentamente recuperare la propria anima che fino ad un attimo prima era come se fosse andata in giro per conto proprio, e ritrovato il colorito del viso fece anche lui un inchino di rispetto ai clienti «Siamo comunque mortificati per l’incidente, lasciateci sdebitare per questo inconveniente.» Arthur scosse la testa «Tranquilli, va tutto ben...» prima ancora che il ragazzo completasse la frase, Hiroshi aggiunse con tono gentile «Oggi il dessert lo offre la casa, è il minimo che possiamo fare» 

Attimo di silenzio in cui Arthur rimase bloccato con l’indice in su e le labbra socchiuse, dimenticando di colpo qualsiasi cosa volesse dire, mentre Joseph si strofinò il mento, compiaciuto. 

 

Gli occhi di Joseph si posarono con ammirazione verso un’abbondante fetta di torta al cioccolato che gli era stata posta davanti «Uhm mi chiedo come mai le facciano così alte in tutti i locali...» rigirò la fetta tra le mani con fare curioso «Diventa difficile addentarle in modo normale...» e dopo averla ruotata lateralmente di novanta gradi andò ad addentarla da una direzione più comoda. Midori nel mentre gli rivolse una rapida spiegazione «Infatti per alcune torte ci sono apposta le posate...» disse con sarcasmo non troppo velato, mentre con sguardo perplesso gli indicò cucchiaino e forchetta proprio accanto al piattino «...oh» mandò giù il boccone con imbarazzo e si voltò verso l’amico «Tu ci avevi fatto caso, Arthur?» nel mentre l’altro aveva già fagocitato l’intera fetta, come se a confronto da lui i pitoni potessero soltanto prendere ispirazione «MPH??» guardò Joseph confuso. 

 

Dopo pochi minuti trascorsi a godersi la quiete del posto, Arthur e Joseph si prepararono a lasciare il locale dopo aver pagato allegramente il conto, sotto lo sguardo di Hiroshi ancora sorpreso del loro atteggiamento spensierato «Vi ringrazio ancora per la vostra comprensione, non capita spesso di trovare persone con la vostra pazienza.» i due sorrisero «É tutto a posto, davvero.» affermò Arthur con tono calmo e rilassato, mentre Joseph aggiunse «Inoltre il cibo era delizioso, per cui saremo felici di tornare ancora!» a quella frase l’amico annuì ripetutamente con un bagliore negli occhi. 

Sul volto di Hiroshi tornò finalmente un sorriso sereno «Nel caso fatemelo sapere in anticipo allora, così la prossima volta mi assicurerò di avere abbastanza scorte per la settimana!» tutti e quattro si lasciarono andare ad una risata.  

«Ah, io comunque sono Joseph.»  il robusto lottatore di arti marziali si presentò cordialmente con l’espressione di un gigante buono «Arthur» s’introdusse brevemente l’amico con un breve cenno del capo «Io sono Hiroshi, il gestore del locale.» l’uomo ricambiò le presentazioni, dando modo anche alla ragazza di fare lo stesso «Midori, la sua seconda in comando. Mi spiace ancora per il mio temperamento di poco fa.» affermò lei con un sorriso impacciato, suscitando una risata da parte di Joseph «Hah! Quello lo chiamo carattere, mia cara! Con quella grinta andresti alla grande nel combattimento.» il tono fu inizialmente ironico, ma dopo un breve attimo di riflessione prese dalla tasca un foglietto di carta e una penna ed iniziò a scrivere sotto lo sguardo confuso dei presenti. 

 

Pochi attimi dopo, Joseph posò con garbo il foglietto con sopra un numero telefonico sul bancone «Io e i miei compagni stiamo cercando di riformare una scuola di arti marziali.» poi sorrise divertito verso Midori aggiungendo con tono ironico «Solo tecniche leali, niente magia nera o armi demoniache!» e ridacchiò con imbarazzo dell’altra, che gonfiando le guance distolse lo sguardo con aria contrariata «Mph! Da come ne parlavi prima ho l’impressione che i vostri allenamenti siano alquanto selvaggi...» se una padella nella tempia non aveva suscitato la minima preoccupazione nei due, probabilmente nell’immaginazione di Midori quei loro allenamenti dovevano equivalere ad una qualche tortura medioevale. 

Dopo essersi fatto una vivace risata a quel commento della ragazza, Joseph scrollò le spalle con fare tranquillo «É un’arte che ha ancora molto da insegnarci, ma ci aiuta ad allenare sia il corpo che lo spirito. Se dovessi cambiare idea sai come trovarci. A presto!» e dopo un breve gesto di saluto da parte di lui ed Arthur, varcarono entrambi l’uscio della porta riprendendo il loro percorso. 

 

Con l’allontanarsi dei due giovani tornò nuovamente il silenzio. Hiroshi osservò Midori con la coda dell’occhio «Saranno tipi strani, ma sembrano anche ragazzi per bene.» la ragazza emise un sospiro «Chissà...» quel breve momento di calma fu interrotto dall’arrivo di nuovi clienti nel ristorante che fecero tornare entrambi concentrati, specialmente Hiroshi «Coraggio, vai a darti una sistemata, sta iniziando l’ora di punta!» esclamò dando una ripulita al bancone della cassa, per poi dirigersi nelle cucine a coordinare il resto dei dipendenti. Nel frattempo, la ragazza corse a prepararsi nella stanza del personale, osservata dagli ampi occhi di Gorogoro che la scrutavano con fare incuriosito «Lo so, oggi è davvero una giornata strana...». 

 


 

Intanto, nella distante isola del Villaggio Pinguino, un inaspettato momento di caos aveva appena colpito la centrale di Polizia «Commissario, abbiamo un’emergenza!» una comunicazione nella radio interna mise in guardia diversi agenti che si sparpagliarono nelle prigioni dove era in corso un’inspiegabile evasione di massa. Diverse celle erano misteriosamente esplose causando una brutale sommossa. 

A non troppa distanza da quel luogo in subbuglio, in mezzo ad una fitta boscaglia, un gruppo di dodici uomini in uniforme carceraria si era radunato volgendo lo sguardo ad un individuo dal volto incappucciato «E così ti ha mandato il nostro Generale? Sapevamo che non ci avrebbe abbandonati!» gli uomini esultarono in direzione dello strano emissario, che nel mentre rimase a squadrare il gruppo «Prima di riportarvi al quartier generale, ho delle domande da farvi riguardo l’incidente della vostra cattura.» ed intanto portò il braccio destro dietro la schiena, celando un lieve barlume di luce che emergeva dalla punta dell’indice, illuminandone la strana carnagione verdastra «Chi è stato a mettervi fuori combattimento?». 

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