Grown

di imagjneflowers
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologue ***
Capitolo 2: *** Part one - CAST ***
Capitolo 3: *** 1 - Back at home. ***
Capitolo 4: *** 2 - Welcome. ***
Capitolo 5: *** 3 - New life. ***
Capitolo 6: *** 4 - Fighting. ***
Capitolo 7: *** 5 - Are ya'll ready? ***



Capitolo 1
*** Prologue ***


Sokovia, 19 novembre 1990.

John Pavlov era agitato. La sua fronte continuava a sudare e sentiva ogni cellula del suo corpo tremare. Eppure non si scompose, i colleghi non notarono nulla di strano. Era diventato bravo in questo, ormai. Certe volte credeva di star indossando una maschera che potesse vedere solo lui. Si voltò, cercando di leggere negli occhi di qualcuno la sua stessa agitazione. Qualcuno teneva lo sguardo basso, concentrandosi nei loro rispettivi compiti. Erano, più o meno, sette persone in quel laboratorio.

«Hai saputo che Strucker verrà domani mattina, Lee?» disse uno di loro. Lee Weber, un soldato tedesco che si era ormai dato alla scienza, non alzò lo sguardo sul collega che aveva parlato. Annuì lentamente. Lui era uno di quelli concentrati sul lavoro. Stava visionando delle schede, una in  particolare.

«Viene per vedere l'esperimento?» chiese ancora lo scienziato. John cercò di rimanere ancora più attento alla conversazione, mentre fingeva di aggiustare una piccola armatura.

«Probabilmente viene per prenderla e usarla, finalmente.» parlà finalmente Lee. John ricominciò ad agitarsi. Sapeva che Strucker sarebbe arrivato il giorno dopo, ma non sapeva che voleva portarla via.
In tutti quegli anni passati con l'Hydra, John aveva imparato ad aspettarsi di tutto. E probabilmente l'improvvisa decisione di usare l'esperimento era una di quelle cose inaspettate ma prevedibili. Ma John, forse per la prima volta in tanti anni, si stava rendendo conto che quella non era la strada giusta. Forse aveva addirittura i sensi di colpa.

«Usarla?» chiese scioccato lo scienziato. «Ma è sicuro usarla adesso?»

Lee Weber alzò le spalle «Ordini del capo, Carson. Ora torna al tuo lavoro»

John iniziò a chiedersi se la sua presenza nell'Hydra era giusta. Quando aveva accettato il lavoro, lo aveva fatto con orgoglio e con una voglia matta di seguire le orme di suo padre. Aveva iniziato con dei semplici piccoli passi e piccole missioni e nel corso degli ultimi dieci anni si era guadagnato la fiducia dei suoi capi.

Ma qualcosa negli ultimi due anni era cambiato.

Carson, lo scienziato che aveva dato inizio alla conversazione con Lee, si voltò nella direzione di John. Lo guardò con la fronte corrugata, scuotendo la testa «Insomma, Pavlov, tu devi pur sapere qualcosa!»

Anche in quel momento, John non ricambiò lo sguardo e valutò attentamente se dire qualcosa o no. Non che potesse dire gran che, in effetti.
«Cosa dovrei sapere?» rispose John, senza lasciar trasparire alcun segno di preoccupazione dalla sua voce. «Strucker deve avere comunque il permesso di Belial.» finì, calmo. Sia Carson che Lee alzarono lo sguardo nella sua direzione, intuendo che John sapesse realmente qualcosa in più e che si stesse trattenendo.

«Ma tu segui l'esperimento da due anni ormai. Saprai dire se è pronto no.» disse ancora Carson.

No che non era pronta. Non in quelle condizioni. Ma, a parte lui e Gregory Belial, tutti erano troppo superficiali per poterlo ammettere. Soprattutto Strucker. Da due anni spingeva Belial a muoversi con il progetto, lo voleva terminato già pochi mesi dopo che lei aveva messo piede in quel laboratorio. Se lo ricorda ancora quel giorno, John. Strucker e Belial erano eccitati di quello che avevano progettato, quest'ultimo in particolar modo. Negli anni in cui John aveva lavorato con Belial aveva potuto testare quanto lui fosse perfido, subdolo e perfino viscido. Tutti elementi che Strucker apprezzava.

«Non sono autorizzato a parlarne.» concluse John, sperando di porre fine a quella conversazione che non faceva altro che renderlo più agitato. Con la manica del suo camice grigio, John si asciugò velocemente la fronte. Gesto che non passò inosservato a Lee Weber, che sghignazzò tornando con lo sguardo rivolto al fascicolo che aveva di fronte.

«Sembri nervoso, John.» constatò l'ex soldato.

John scosse la testa «Voglio solo che sia tutto sotto controllo, Weber.» si decise ad alzare lo sguardo verso il suo collega, che però non lo ricambiava. Continuava a leggere il fascicolo attentamente, come se stesse cercando di capire da solo se l'esperimento fosse pronto o no.

«Dal tuo ultimo rapporto deduco che non sia effettivamente pronto.» pensò Lee a voce alta, poi incrociò finalmente lo sguardo di Pavlov «Eppure dovrebbe esserlo.»

John alzò le spalle «Eppure non lo è.» rispose a tono, senza abbassare lo sguardo.

Carson e altri colleghi che avevano ascoltato la conversazione risero silenziosamente. Lee era sempre stato un tipo molto arrogante, ma era un genio. Tutti si chiedevano spesso perché, in passato, avesse scelto la strada del soldato. Lui rispondeva sempre che voleva portare onore alla Germania, sopratutto nei periodi di guerra. In realtà  John credeva che quella fosse solo una tattica per finire nell'Hydra come scienziato o, addirittura, come capo. Conoscendolo, però, non avrebbe mai potuto avere il comando dell'Hydra. Non era all'altezza.
Lee sospirò strafottente e guardò il fascicolo «Per essere così piccola, ha già fatto grandi cose.»

A John vennero i brividi a sentire quelle parole. Era vero, purtroppo. L'ex soldato iniziò a sussurrare solo alcune delle cose che l'esperimento era stata in grado di fare i quei due anni, John fece finta di ascoltare ma si sforzò per non farlo. Non aveva mai visto niente in tutti quegli anni e mentre i suoi colleghi erano ammaliati da tale esperimento, lui avrebbe solo voluto mettere fine a tutto.

Si, forse si sentì in colpa.

Weben stava per dire qualcosa, ma una voce rauca e profonda fece voltare tutti i presenti «Pavlov, con me.» In quel laboratorio, sotto lo sguardo di Gregory Belial, calò il silenzio. John non sapeva quanti anni avesse, ma Beliav non dimostrava più di cinquanta anni. Era morto e risorto tante di quelle volte che lui stesso aveva perso il conto. Era un uomo alto, con i capelli perfettamente tirati all'indietro e con un cappotto blu scuro che lo copriva fino alle ginocchia. Chiunque avrebbe pensato di lui che fosse un uomo elegante.

John annuì e raggiunse il suo capo in silenzio. Conosceva ormai quella routine da due anni. Belial che lo chiamava per il solito controllo dell'esperimento, rapporto settimanale e, infine, di nuovo tutto normale. Ma John ormai conosceva Gregory Belial come le sue tasche. L'uomo era silenzioso, con lo sguardo duro e con le mani in tasca. John Pavlov pensò che forse quello sarebbe stato l'ultimo controllo, ma contro la volontà del suo capo.

«E' vero, allora?» chiese John. Belial lo guardò, ma non proferì parola. «Strucker verrà a prenderla domani?»

I due percorsero il lungo corridoio che portava alle celle in cui venivano rinchiusi gli esperimenti. Come tutta la base dell'Hydra, era un luogo buio e terrificante. Sopratutto quando incrociava gli occhi degli esperimenti. John ogni tanto provava a dargli un nome diverso, ma negli anni aveva imparato che quelle persone non erano altro che esperimenti.

Tutti, eccetto una.

«La prenderà solo se sarò io a dirlo. Devo essere certo che lei sia pronta.» disse Belial, facendo sospirare John.

«Non credo sia cambiato qualcosa rispetto alla settimana scorsa.»

John Pavlov era, da ormai due anni, il braccio destro di Gregory Belial. Da quando l'esperimento aveva messo piede nella base, Belial - che provava un enorme rispetto per il padre di John - aveva deciso di affidarla a lui per i soliti controlli settimanali. Gregory Belial, invece, si occupava proprio di sperimentare su di lei. Tutte le volte permetteva a John di assistere alle prove. Quest'ultimo aveva visto ogni cambiamento, ogni miglioramento e ogni peggioramento.

Forse era stato proprio questo il danno.

I due arrivarono alla cella in questione e, come al solito, fu dato a John il compito di entrare per primo.
«Prendila e portiamola in laboratorio.»setenziò Belial, facendo corrugare la fronte a John.

«Non dovrei solo controllarla?»

Belial sembrò spazientirsi «La controlliamo in modo diverso, oggi.»

John annuì voltandosi, incontrando finalmente lo sguardo della bambina. Era piccola, con dei lunghi capelli biondissimi. In quei due anni, parecchie volte le avevano tagliato i capelli, ma aveva accumulato talmente tanto potere che nel giro di un mese le ritornavano lunghi. La sua pelle era chiara,  a volte dopo gli esperimenti diventava anche bianca, John pensò di non averle mai visto le guance arrossate, neanche quando a volte si fermava a parlare con lei. Gli occhi erano marroni, ma quando veniva esposta sotto la luce il colore diventava verde. Tipico per chi ha i genitori con il colore degli occhi diversi. Lo scienziato aveva timore ogni volta che incrociava i suoi occhi. Erano tristi, spenti e a volte pieni di terrore. Anche John si terrorizzava nel vedere una bambina di sei anni conciata in quel modo. Lei rimaneva ferma sul suo piccolo lettino, l'unico oggetto che aveva in quella cella grigia. Ogni volta che entrava, John si fermava a guardare i graffiti che la bambina faceva sui muri. Ogni settimana erano diversi, lei era in grado di cancellare i vecchi e rifarli nuovi. Come quando si cancella con una gomma qualcosa disegnato su un foglio.

Si avvicinò a lei, che teneva lo sguardo rivolto verso uno di quei graffiti nuovi. Anche lui rivolse lo sguardo verso quei graffiti. La bambina aveva disegnato un prato pieno di fiori, ognuno di diversa forma, e qualche albero. John le sorrise.
«Hai preso sul serio la storia del tuo nome, vedo.» disse lui. Lei non alzò lo sguardo verso di lui, ma John intravide un debole sorriso. Si abbassò sulle ginocchia per raggiungere la sua altezza. Per un attimo, gli occhi gli caddero sulle braccia. Aveva dei lividi quasi arrossati, provocati dalle ultime sedute con le apparecchiature elettriche. Trattenne il respiro, cercando di rimuovere per un momento gli episodi. Le sfiorò la sua piccola spalla, ma si ritrasse subito quando la sentì sussultare spaventata.

«Devi venire con me.» sussurrò lui e, come si aspettava, la bambina iniziò a tremare scuotendo la testa. Conosceva il copione a memoria, eppure tutte le volte aveva quasi più paura di lei.
«Non rendere le cose più difficili.» le disse ancora, questa volta in modo più fermo, cercando di afferrarla delicatamente dal braccio, ma lei continuò a dimenarsi.

John sospirò guardando velocemente dietro di se, dove fuori dalla cella c'era Gregory Belial. Lui non poteva sentire nulla, ma John solo guardandolo capì che stava iniziando a stancarsi di aspettare.
Rivolse lo sguardo di nuovo verso la bambina e si avvicinò ancora di più a lei «Se non accetti di venire con me, adesso, con le buone, entrerà lui,» John le indicò Belial e la bambina lo fissò terrorizzata «e ti farà uscire con le cattive.»

La bambina tornò a guardare John e parlò, con un filo di voce «Cosa vuole farmi?» chiese la piccola, sperando di aver parlato piano pur di non farsi sentire da Beliel. Il cuore di John perse un battito. Era raro sentirla parlare. In quei due anni l'aveva sentita per lo più urlare, ma erano poche le volte in cui parlava. Lo scienziato ormai aveva imparato a conoscerla: la bambina parlava solo quando era troppo stanca, quando non era in grado di reggere le prove.

John non trovò le parole. Non sapeva mai cosa risponderle. Quando l'aveva vista per la prima volta credeva che sarebbe stato facile gestirla, ma più vedeva come la distruggevano e più si distruggeva anche lui stesso. Non sapeva mai se dirle la verità su cosa le avrebbero fatto e non sapeva cosa risponderle quando lei gli aveva chiesto se i suoi genitori sarebbero mai andati a prenderla. Belial e John avevano capito che la piccola non ricordava più niente della sua vita precedente e ciò faceva sorridere il primo, perché ciò rendeva tutto più sicuro.
Provò a toccarla di nuovo e questa volta lei non si dimenò, anzi, sembrò prendersi di coraggio e si alzò per seguire i due uomini. Prima di uscire dalla cella, però, la bambina strinse la mano di John per richiamare la sua attenzione. John si abbassò di nuovo davanti a lei.

La bambina ingoiò la saliva e, con lo sguardo perso e stanco, fissò le sue iridi marroni in quelle di John.
«Puoi dirmi di nuovo come mi chiamo?» chiese lei.
John sentii un peso nello stomaco. Si sentiva responsabile per aver distrutto la vita di una bambina di quattro anni, che adesso ne aveva sei, si sentiva un mostro. Anche se lei, in una delle poche conversazioni che hanno avuto in quei due anni, definiva John il mostro buono. Il cattivo era, ovviamente Gregory Belial. L'uomo sospirò, sorridendole «Zoe. Ti chiami Zoe.»

Gregory, John e la piccola Zoe raggiunsero il solito laboratorio. Era grande, forse il più grande della base. Strucker si era assicurato che Belial potesse lavorare al meglio sull'esperimento e gli forniva sempre i migliori macchinari disponibili. Anche se, spesso, dei macchinari non c'era proprio bisogno. Belial conosceva la magia come se l'avesse inventata lui. Conosceva i suoi poteri e sapeva gestirli. Negli anni si era sempre preoccupato di testare sull'esperimento con le sue stesse mani. Le volte in cui ricorreva ai macchinari erano quando la bambina dava segni di resistenza, quando voleva concentrarsi sulla potenza dei poteri oppure quando, semplicemente, non obbediva agli ordini. E per quanto potesse essere tutto terribile, John sperava sempre che lei obbedisse a tutto quello che le veniva chiesto di fare. Vederla contorcersi, urlare e piangere contro le scosse elettromagnetiche era dura da sopportare.

Il terrorista prese la bambina dal braccio in modo brusco, completamente divero dal tocco gentile di John, le attaccò una serie di tubi nelle braccia e un casco sulla testa. Era da quel macchinario che provenivano le scariche elettriche, qualora ci fossero state complicazioni durante le prove. Mentre Belial eseguiva i procedimenti per attaccare bene ogni presa sul corpo, Zoe iniziò a tremare e a muoversi in modo agitato.

«Tienila.» disse Belial a John, che obbedì cercando di tenerla ferma. La bambina, tuttavia, non cessava di muoversi. John sapeva bene la procedura, quindi si allontanò quando vide Belial afferrare un piccolo telecomando e fece partire una scossa. Zoe urlò quando sentii la scossa pervaderle il corpo, ma poi rimase in silenzio. Belial sorrise, mentre John cercò di non vomitare.

«Fa partire il video, Pavlov.»

Jhon sospirò e si avvicinò alla piccola videocamera posizionata in un lato della stanza sopra un'asta. Da quella posizione, la videocamera era in grado di riprendere tutto. Belial diceva che riprendere tutto gli serviva a notare ancora di più la differenza tra una seduta e l'altra. In quei due anni, avevano registrato circa cinquanta video. E John era costretto a rivederli sempre, uno ad uno, e studiare ogni dettaglio della seduta.  Si posizionò dietro la videocamera, dando segno a Belial che poteva iniziare. L'uomo indossò degli occhiali bianchi per proteggersi dalle scosse, poi iniziò a parlare.

«19 novembre 1990. Esperimento 14. Il soggetto si trova in elaborazione da due anni, cinque mesi e dieci giorni. Precisamente 893 giorni.» Belial si allontanò dalla videocamera e rivolse lo sguardo alla piccola. John fece zoom su Zoe e riuscii a vederla immobile, ma con lo sguardo terrorizzato. Belial si avvicinò a lei, bloccandole i fianchi ad un altro macchinario per evitare che scappasse. Per quanto però Zoe potesse essere terrorizzata ogni volta, ormai anche lei conosceva le procedure.
«Zoe Knox. La mia migliore creazione.» disse Belial, sorridendo soddisfatta «Oggi voglio provare tutto quello che ti ho insegnato. Sai già cosa succede se ti rifiuti. Sei pronta?» le chiese, anche se non suonò proprio come una domanda. Belial afferrò il fascicolo di Zoe, dove erano appuntate tutte le sue capacità. «Come si dice? Chi tace acconsente.»  Zoe fissò Belial. Probabilmente, anche senza muoversi, quell'uomo avrebbe fatto paura a chiunque.
«Cominciamo con qualcosa di semplice.» iniziò Belial, afferrando una pistola e puntandola verso la bambina. John sentii i brividi in tutto il corpo.

«Protezione.» disse lui, severo, premendo il grilletto della pistola. Si sentii uno sparo che rimbombò in tutta la stanza. Per un attimo John ebbe paura di guardare e trattenne il respiro, ma quando vide una piccola aura verde intorno alla bambina, capì che lei aveva obbedito e il proiettile era caduto da qualche parte sotto la scrivania, evitando di colpirla. Belial sorrise, ma c'era ancora altro da fare. Si avvicinò a lei ed estrasse della tasca un piccolo coltello. Anche li, John sperò di non assistere alla scena.

«Abbiamo visto che il soggetto è in grado di proteggersi con la sua aura. Adesso testiamo le capacità curative.» alzò il coltello, in modo che la videocamera potesse ripenderlo bene. Zoe sussultò e si lasciò scappare un gemito di dolore quando lui le procurò un taglio sulla spalla.

«Curati.» le disse, mentre la bambina scoppiò a piangere. Anche se John intuì che, più che lacrime di dolore, erano di paura. Tuttavia, anche quella prova andò a buon fine. Zoe poggiò la sua manina sulla spalla, nel punto esatto in cui era ferita, e dalla sua piccola mano fuoriuscì un'energia verde. Belial le allontanò la mano e mostrò alla videocamera come la ferita fosse sparita.

Le prove andarono avanti per un altro po'. Ogni tanto Zoe implorava di finirla, ogni tanto si rifiutava, ogni tanto faceva resistenza. Puntualmente, Belial faceva scattare le scosse su tutto il corpo. Non aveva ancora azionato le scosse elettromagnetiche in testa, le più atroci. Non lo riteneva ancora necessario.
Gregory fece segno a John di avvicinarsi. Corrugò la fronte, non capendo perché lo stesse facendo avvicinare. Fece come ordinato e si posizionò davanti alla bambina, con una distanza di cinque metri.

«Abbiamo visto le prove più semplici. Adesso continuiamo con le più importanti, nonché le più difficili.» disse, appoggiando una mano sulla spalla di John. Poi rivolse di nuovo lo sguardo su Zoe.
«Voglio che tu adesso esegua un attacco su di lui.» John spalancò gli occhi. Non era mai stato usato come cavia e per un attimo il panico lo pervase.
«Tranquillo, John, se dovesse succederti qualcosa la mia creazione sarà in grado di curarti.»

Lo scienziato annuì, terrorizzato. Zoe era una bambina, ma era potente. Belial aveva messo tutto se stesso in lei e nei suoi poteri. Sapeva che lei era in grado di fare molto di più di un semplice attacco. Era in grado di distruggere palazzi interi, forse anche città. Belial ne andava fiero, se non fosse stato che non riusciva ancora a tenerla sotto controllo. Secondo i suoi piani, Zoe non doveva ribellarsi ai comandi. Eppure lo faceva ancora. Si ribellava, resisteva ai comandi. Non avrebbe mai eseguito tutto senza il comando di qualcuno. Non sapeva ancora farlo da sola.

Ecco perché non era ancora pronta per andarsene.

John si risvegliò dai suoi pensieri quando sentii la bambina piangere. Belial continuava ad ordinare di attaccare, ma lei scuoteva la testa. Continuò a rifiutarsi anche quando il terrorista fece partire le scosse sul corpo. Zoe urlò sentendo le scosse durare più del solito, ma continuò a rifiutarsi. John iniziò a pensare che stava cercando di proteggerlo e pregò che lei smettesse di farlo.

«Zoe.» disse tagliente Belial «Se continui a rifiutarti nonostante le scosse sul corpo, mi costringerai ad usare le maniere forti.» Il viso della bambina era ricoperto di lacrime e il corpo tremò ancora più forte. John intravide una debole energia verde attorno al suo corpicino e capì che lei si stava curando dal tremolio e dal dolore delle scosse. Era straziante vederla in quello stato, voleva fare qualcosa per aiutarla. Ma non poteva. Lo avrebbero ucciso senza pensarci due volte. Lui non poteva interferire con la creazione più potente dell'Hydra.
Continuò a non muoversi. Il suo sguardo era rivolto a John. Lei non ricordava il suo nome, ma ricordava la sua voce. Lo guardava negli occhi sapendo che lui era diverso dall'uomo accanto a lei. Non riusciva ad attaccarlo. Era come se qualcosa dentro di lei glielo impedisse.

La voce di Belial risuonò di nuovo nella stanza «Come vuoi tu, piccolina.»

Fu un attimo. Gregory attivo la scossa nella testa di Zoe, che urlò mentre veniva torturata. John sperò si fermasse, ma la scossa non finiva. Non durò i soliti dieci secondi. Era arrivato a trenta, forse quaranta secondi. Lei non smetteva di urlare, di piangere, di spalancare gli occhi. Quella scossa fu talmente potente che per la prima volta le colorò il viso leggermente di rosso. Se avesse potuto, John lo avrebbe ucciso in quel momento. Zoe tremava, ansimava e piangeva. Avrebbe voluto contorcersi ancora, ma era bloccata al macchinario. Chiunque al suo posto avrebbe desiderato morire. Lo conosceva ormai quel dolore, ma ogni giorno sembrava sempre più forte. Quella tortura  era diventata ogni giorno più potente. Ma lei era addestrata anche a questo: reprimere il dolore.
Ecco perché si calmò immediatamente, facendo sorridere ancor Belial. Con gli occhi colmi di lacrime e con la pelle che ricominciava a prendere il suo solito colore chiaro, la bambina fissò di nuovo John.

«Attacca.» sussurrò il terrorista.

Fu un attimo. Zoe alzò le sue braccine e le tese, trattenendo il respiro, verso John. Una potente energia verde scaraventò violentemente John contro il muro, distruggendogli ogni muscolo. Aveva smesso di respirare per un attimo e un dolore atroce gli pervase la schiena. Quella bambina di soli sei anni era diventata davvero potente. Non gli aveva causato danni gravi. John aveva solo dolori dovuti all'urto, ma per qualche minuto si sentii mancare l'aria. Non si rialzò per i cinque minuti successivi. Belial sembrava soddisfatta.

«Sorprendente.» udì dire John da una voce poco distante da lui. Alzò il viso lentamente ed incrociò lo sguardo di Strucker. Aveva un lungo cappotto nero, simile a quello di Belial, lo sguardo divertito e le solite cicatrici in viso. Il Barone osservava, con le mani dietro la schiena, come John emetteva gemiti di dolore mentre cercava di rimettersi in piedi.

«Strucker.» disse Belial rivolgendo lo sguardo al suo capo «Non ti aspettavo prima di domani.»

L'uomo si avvicinò senza scomporsi «Ho anticipato.» rispose. Quando fu finalmente vicino a Belial, il suo sguardo si fermò sulla bambina. «E' cresciuta, vedo.»

Jhon riuscì a posare per qualche secondo lo sguardo sull'esperimento, che aveva spalancato gli occhi e aveva ricominciato a tremare. Zoe, pur essendo tenuta immobile nel macchinario, cercava di indietreggiare per allontanarsi dai due uomini. Strucker si parò davanti a lei e in quel modo John non riuscì più a vedere il viso della bambina.
«Allora?» chiese il Barone rivolto verso Zoe «Cosa sai fare?».

John riuscì ad alzarsi e incrociò lo sguardo divertito di Belial. Quest'ultimo fece allontanare Strucker, poi si avvicinò all'orecchio della bambina tenendo gli occhi su John, intimandole «Distruggi.»

Ancora una volta, Zoe scosse la testa e fece resistenza. La sentii parlare, per la seconda volta in poche ora «Basta.» sussurrò tra le lacrime «Per favore.»

Strucker scoppiò in una risata «Ribelle.»

Ma Belial non ci trovava nulla da ridere. Il suo sguardo era duro su quello divertito di Strucker «E' debole. Non è ancora pronta.»

E' una bambina, maledizione!

Strucker ghignò e osservò i fili che ricoprivano le braccia della bambina. Poi osservò anche il casco elettromagnetico. Allungò le mani verso il piccolo telecomando che Belail teneva in mano e, senza esitare, lo azionò. Zoe riprese a sentire dolore e ad urlare. La scena che si presentò davanti a John fu raccapricciante. Rimase immobile mentre Zoe cercava, invano, di ribellarsi alla tortura. Strucker continuava a premere il pulsante d'azione del casco per troppo tempo, ma Zoe urlava talmente tanto che John non si era neanche accorto che anche i fili nelle braccia erano attivi. Belial non li aveva mai usati insieme e ciò lo spaventò a morte.

«Così la uccidi! Basta!» urlò John. Strucker gli lanciò un veloce sguardo e, senza smettere di ghignare, disattivò le scosse elettromagnetiche. Belial fulminò con lo sguardo John, ma prima che potesse dire qualcosa Strucker si avvicinò a Zoe.

«Mi ricordo ancora quando ti abbiamo trovata.» iniziò a dirle, mentre lei ansimava ancora per colpa dello shock delle scosse «Oserei dire che ti abbiamo salvata. Adesso...» Strucker rivolse lo sguardo di nuovo su John «Dovresti essere riconoscente e obbedire quando ti viene dato un ordine, piccola Knox.» La sua voce era tagliente, ma lo sguardo di John si era spostato su Belial. Gregory aveva uno sguardo congelato contro Strucker. Sembrava geloso del modo in cui le stava parlando. D'altronde, Zoe era un'invenzione di Belial non aveva mai permesso a nessuno, oltre a John, di avvicinarsi a lei. Ma Strucker non si lasciò intimorire dallo sguardo dello scienziato-mago e sussurrò alla bambina «Distruggi.»

Per la seconda volta, Zoe colpì violentemente John. A differenza della prima volta, però, non lo scaraventò contro il muro. L'energia di colore verde che uscì dalle mani di Zoe lo colpì in pieno petto e, lentamente, si espanse in tutto il corpo facendolo contorcere dal dolore. John sentii come se il suo corpo stesse bruciando in mezzo alle fiamme, ma allo stesso tempo si sentii colpito da milioni di lame affilate. Si accasciò a terra, urlando, sotto lo sguardo di tutti. Non sentiva più le gambe e, per un attimo, ebbe paura di morire. La bambina, fuori controllo, lo colpì altre due volte.

«Basta così.» ordinò Belial.

John rimase a terra. Senza fiato e con il dolore che ancora lo invadeva. Non riusciva a muoversi, sembrava paralizzato. Riusciva a malapena ad ascoltare e a distinguere le voci. Probabilmente, se lo avesse colpito ancora, sarebbe morto.
«Hai fatto un bel lavoro, Gregory. Ha solo bisogno di essere addestrata, adesso. I miei uomini se ne occuperanno con cura.»

«Non è pronta.» ripeté ancora una volta Belial «Non può controllarlo da sola. Per il momento, ha bisogno di me.»

Strucker alzò le mani davanti a se «Potrai venire quando vuoi per controllare che sia tutto ok, o per potenziarla. Ma lei adesso verrà con me.»
Belial si irritò e fece per rispondere, ma qualcosa fece voltare tutti.

Zoe stava ansimando, esausta, e John notò che le stava sanguinando il naso. Poi fu tutto all'improvviso: la stanza cominciò a tremare, allarmando i terroristi e lo scienziato, che cercava di rimettersi in piedi. Zoe iniziò a riempire la stanza di energia verde, facendo esplodere il macchinario.
«Fermati! No! Che stai facendo?» urlò Gregory Belial, ma Zoe sembrò non ascoltarlo. Iniziò a scagliare scariche di energia ovunque, poi la stanza esplose. I macchinari, i fogli, le scrivanie... tutto ciò che era in quella stanza si era distrutto.
John si era buttato a terra da qualche parte più distante, sentendo le sue orecchie esplodere. La stanza era piena di fumo e non riusciva a vedere nulla. Il fumo era talmente tanto che gli entrò nei polmoni, facendolo tossire. Non aveva idea di dove fossero Belial e Strucker, anche se continuava a sentire qualcuno tossire poco distante da lui. Riconobbe in lontananza la voce di Strucker, ma la sua attenzione era rivolta altrove. Si guardò intorno, cercando Zoe. La trovò nello stesso punto in cui l'aveva vista l'ultima volta, spoglia di qualunque cosa elettromagnetica che potesse bloccarla o che potesse provocarle dolore. La bambina si guardò intorno spaventata, poi osservò le sue mani che tremavano. John si mosse, strisciando, nella sua direzione. Nonostante il caos, Zoe riuscì a sentirlo e si voltò nella sua direzione.

«Vattene!» urlò «Lasciami stare!»

John provò ad alzarsi, fallendo. Si rivolse a Zoe, che stava ancora tremando «C-c-ome...» si sforzò di dire lui «hai fa-tto?»

Lei lo guardò sconvolta «I-io? No! Non ho fatto niente! Volevo s-solo liberarmi.»

A John scappò un sorriso «Ci sei riuscita, non è f-fa-cile. Sei in gamba» sentiva ancora gli effetti dell'energia di Chloe su tutto il corpo e una fitta lo colpì al petto. Poi sentirono entrambi un rumore, provenire nella direzione in cui si trovava Strucker. Lo scienziato si rivolse di nuovo alla bambina.
«Devi andare via da qui.» disse velocemente.

«Come? Non so cosa fare.»

John sentii di nuovo una fitta nel petto e si rese conto che l'aria cominciava a mancargli. Stava soffocando, da li a breve sarebbe morto. Zoe era davanti a lui, spaventata e senza sapere cosa fare. Era potente, in grado di distruggere qualunque cosa ma su una cosa Belial non si sbagliava: non riusciva ancora a controllare il suo potere. Hanno pensato a potenziarla, a riempirla di magia, di forza, ma non hanno pensato ad insegnarle a controllare il suo potere. Per questo Belial non voleva lasciarla a Strucker, per questo era nervoso, temeva che sarebbe successo questo.
Nessuno di loro, però, ha pensato mai alla cosa più importante: Zoe aveva solo sei anni. E, cosa peggiore, quando tutta questa storia era cominciata quando ne aveva solo quattro. Nessuno di loro ha mai pensato che una bambina così piccola non avrebbe mai potuto essere in grado di gestire qualcosa di così grande.

John si odiò a morte per aver permesso tutto questo. Odiò se stesso per non essere intervenuto, odiò suo padre per avergli trasmesso quelli che lui chiamava i valori dell'Hydra. In quel momento, John si chiese cosa fosse davvero l'Hydra. Si odiò per aver rovinato la vita ad una bambina, anziché salvarla.
Alzò lo sguardo verso il punto dove, pochi minuti prima, c'era la videocamera. Si ricordò che registravano sempre tutto, così gli tornarono in mente tutte le cose che Zoe aveva imparato in quei due anni. Le serviva un modo per poter scappare e c'era un modo che, in quel momento, poteva tornarle utile.

«Zoe, ascoltami.» le disse «Tu sei potente, ma sei una bambina, non posso farti combattere. Le guardie arriveranno tra poco, devi andartene prima che arrivino.»

Lei scosse la testa «Non so farlo io. Non posso andarmene.»

«Si invece.»

In realtà, John non era così sicuro che ci sarebbe riuscita. Quello che Zoe doveva fare in quel momento, era qualcosa che Belial l'aveva già obbligata a fare durante alcune prove. Magia avanzata, magia complicata. Così la chiamava Belial. In due anni, Zoe era riuscito a farlo solo una volta.
«Tu sei in grado di raggiungere altri posti, solo pensandoli. Puoi trasportarti in altri posti. Ma puoi farlo solo se ti concentri.»

Zoe urlò di nuovo «Io non posso! Ho paura, non posso!»

«Puoi! Concentrati, ti prego. Pensa un posto, qualunque posto, e raggiungilo. Devi fidarti di me.»
Lei spalancò gli occhi. Vide l'uomo davanti a lei cominciare a chiudere gli occhi e abbassò verso di lui. Concentrò la sua energia sul suo petto per provare a curarlo. John continuò a sentire dolore, ma il respiro stava comunque cessando.

«Vieni con me.» gli disse Zoe. Guardava gli occhi dell'uomo ed ebbe la stessa sensazione avuta qualche ora prima: poteva fidarsi. Lui stava cercando di aiutarla, di farla scappare. Ma perché? Zoe non ricordava niente. Quell'esplosione che aveva causato l'aveva risvegliata dallo shock, ma di quello che le era successo prima... il vuoto. E forse quell'uomo sapeva qualcosa.

«Non posso. Non c'è più tempo, vattene! Pensa un posto e raggiungilo.»

Entrambi si voltarono verso l'ingresso, dove delle guardie stavano iniziando ad entrare a raffica nella stanza. Istintivamente, Zoe provocò un'altra esplosione nella direzione delle guardie e ciò le fece guadagnare del tempo. Pensa un posto... Pensa un posto...

Nella sua mente, Zoe vide una casa. No, non una casa, un palazzo. Un edificio. Era bianca, alta, con delle enormi vetrate. Vedeva la luce, vedeva il sole. Quell'edificio lo conosceva, ma non ricordava di esserci mai stata. Non sapeva dove fosse, non ne aveva idea.

Zoe guardò un'ultima volta l'uomo a terra ancora dolorante, voleva che lui la seguisse, ma non c'era più tempo. La bambina vide una guardia avvicinarsi cercando di evitare il fumo. Il panico la assalì, ma le tornò di nuovo in mente quell'edificio.

Senza che se ne potesse rendere conto, Zoe aveva lasciato quella stanza buia. Si accasciò a terra, mentre il sole le colpiva la pelle debole. Le venne da vomitare, la testa le girava e si sentiva scoppiare. Non si ricordava più cosa le fosse successo prima di quella stanza, non ricordava di aver mai visto il sole, non ricordava di aver mai visto quell'edificio e... ricordava a malapena il suo nome. L'uomo l'aveva chiamata Zoe. Mi chiamo Zoe, urlò nella sua testa.
Vide del sangue gocciolare per terra, si toccò velocemente il naso e si rese conto che stava perdendo sangue dal naso. Poi fu tutto troppo veloce: si guardò intorno, senza sentire più nulla. Prima che potesse crollare per terra e perdere coscienza, Zoe lesse un nome.

Stark Industries.

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Capitolo 2
*** Part one - CAST ***


 

DOVE CAMERON* come ZOE KNOX

DOVE CAMERON* come ZOE KNOX.
 

CHRIS EVANS come STEVE ROGERS/CAPTAIN AMERICA

CHRIS EVANS come STEVE ROGERS/CAPTAIN AMERICA
 

CHRIS EVANS come STEVE ROGERS/CAPTAIN AMERICA

ROBERT DOWNEY JR come TONY STARK/IRON MAN

 

ROBERT DOWNEY JR come TONY STARK/IRON MAN

THE AVENGERS.

 

MADD MIKKELSEN come GREGORY BELIAL

MADD MIKKELSEN come GREGORY BELIAL.*

*Dove Cameron ha partecipato in sei episodi di Agent of S.H.I.E.L.D, lo so, ma fate finta che Ruby Hale non sia mai esistita.

*Gregory è un reale personaggio dei fumetti Marvel. Di lui ho solo preso le sue abilità mentre suo aspetto e il suo carattere sono frutto della mia fantasia.

Il resto dei personaggi li conoscete! Buona lettura ❤️

 

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Capitolo 3
*** 1 - Back at home. ***


Per chi non ci è effettivamente nato, sono in poche le persone che si abituano al caos e alla vita movimentata di New York. Forse neanche chi è nato in questa città riuscirà mai ad abituarsi. Insomma, dover correre continuamente e lottare per sopravvivere nella folla non è proprio il massimo.

Come cavolo fanno i New Yorkesi a non impazzire? pensò.

Lei era abituata alla calma. Alle città piccole e sicure. Non che negli ultimi anni fosse stata in una città diversa ogni giorno, ma in quelle poche in cui era riuscita ad andare cercava sempre di rifugiarsi nell'angolo più tranquillo possibile dove nessuno potesse disturbarla. Tranne le serate in cui decideva di lasciarsi un po' più andare in qualche night club trovato li per caso. Lì riusciva a trovare un po' di spensieratezza, riusciva a non pensare. Cosa che, in un luogo calmo silenzioso, non puoi.
New York era come uno di quei night club. Caotica, senza sosta, rumorosa. Ma bellissima, quello era in negabile. Anche se lei aveva sempre amato Parigi o, in alternativa, Roma. Era un caso che, le sue città preferite, erano le mete più romantiche che potessero esistere?

Sta di fatto che amava New York, ma odiava il traffico. Aveva vissuto gran parte della sua vita lì, quindi sapeva quanto fosse faticoso. Fare il confronto con altre città, però, era evidente. Lo faceva da quando era andata via. Ogni posto in cui andava, inevitabilmente, lo paragonava a New York. Sapeva perfettamente che quella non era la città migliore del mondo, sapeva che ce n'erano di più belle.

Eppure era ritornata lì, a New York.

Si guardò intorno. Times Square era gremita di gente che camminava: c'era chi passeggiava, chi correva per andare al lavoro, chi correva e basta, chi camminava parlando al telefono e urtava per sbaglio la gente. Negli ultimi cinque minuti, Zoe aveva sbattuto con almeno sette persone. Qualcuno si scusava, altri no. Lei però li mandava puntualmente tutti a fanculo. Ecco un'altra categoria di persone: i maleducati, ma quelli sapeva che non li avrebbe trovati solo a New York.
Si fermò nel primo bar che le capitò davanti ed entrò. Si avvicinò al bancone, dove un ragazzo di più o meno venticinque anni le sorrise dietro al bancone «Ciao!» gli disse, avvicinandosi a lei «Cosa ti preparo?».

Sorrise di rimando e chiese il suo preferito: caffè latte con caffè caldo e latte freddo. Il ragazzo al bancone la guardò immobile per un attimo, poi inclinò la testa «Coraggiosa. Non lo chiede mai nessuno».

«Forse a New York non tutti sanno farlo come si deve.» rispose facendo spallucce e alzando le sopracciglia. Lui rise, scuotendo la testa e allontanandosi per preparare quello che gli era stato richiesto. Zoe rimase di nuovo da sola, con il gomito appoggiato sul balcone e osservando i civili seduti nei tavoli. C'era un gran trambusto di voci di ogni tipo mescolate tra loro. Donne d'affari impegnate al telefono, bambini che sghignazzavano, coppie perse nei loro argomenti, amici che facevano colazione e chiaccheravano dietro un croissant... insomma, voci di ogni tipo. Li guardò tutti. Si mostravano sereni, ma se Zoe li avesse conosciuti avrebbe capito subito che in ognuno di loro c'era qualcosa che li tormentava. E' sempre così, nessuno è mai veramente felice come dimostra. Anche una sciocchezza, magari, è in grado di rovinare la giornata delle persone. Tutti, però, decidevano sempre di mostrare la parte più serena di se stessi.

Il cameriere tornò, porgendo a Zoe il caffè che aveva richiesto. Prese la tazza bianca tra le dita e se la portò alle labbra. Lui, che osservava ogni suo movimento, sembrava curioso «E' fatto come si deve?» chiese, facendola ridera.

«Non è come quello italiano, ma è buono.» rispose. Lui annuì, osservandola con gli occhi socchiusi. Rimase a fissarla per un po', ma ciò non fece scomporre Zoe. Non era la prima volta che qualcuno provasse a studiarla, come stava facendo il ragazzo di fronte a lei. Era abituata agli sguardi e, prontamente, li ignorava tutti. Conosceva anche quel copione: lui le avrebbe chiesto qualcosa su di lei, le avrebbe dato modo di parlare e magari le avrebbe chiesto di rivedersi. Era ciò che succedeva spesso nei film.

Lo lasciò li, prima ancora che lui potesse dirle qualche altra cosa.

Prima di andarsene, si affrettò a pagare. Sentii un rumore e rivolse lo sguardo verso uno dei tavoli più vicini a lei, dove un bambino di circa otto anni si era appena ferito la mano con il coltello e aveva cominciato a piangere alla vista del sangue. Zoe sorrise comprensiva e, stando attenta che nessuno la notasse, agitò le dita verso la direzione del bambino. La ferita si ricompose e lui smise di piangere. La madre, di fronte a lui, aggrottò le sopracciglia e il bambino urlò soddisfatta «Hai visto, mamma? Mi è passata!». La donna sembrò non capire cosa fosse appena successo, fortunatamente per Zoe, visto che un secondo prima suo figlio perdeva sangue dalla mano.

Sorrise, raggiungendo l'uscita del bar per rimettersi in mezzo alla folla di Times Square, fin quando il suo telefono non cominciò a vibrare nella sua tasca. Lo estrasse e sbuffò rumorosamente quando vide l'orario, ma un piccolo sorriso le tornò quando ritrovò un messaggio.

Dove sei? diceva. Lei non esitò neanche un secondo prima di rispondere velocemente.

Senti davvero così tanto la mia mancanza? rispose sorridendo.

Si guardò intorno, sperando di trovare il primo taxi disponibile. Altro incubo di New York: trovare un taxi era, a volte, impossibile. Si mise il più vicino possibile alla strada, cercando di fermarne uno agitando la mano ma l'auto la ignorò palesemente «Oh, ma andiamo!» esclamò furiosa.
Era in un tremendo ritardo, lo sapeva bene. Ma a lei piaceva farsi attendere, con la consapevolezza che si sarebbe presa una ramanzina di cui, parlando onestamente, poco le importava per il momento.
Riuscì a fermare un taxi, finalmente. Nello stesso momento in cui si accomodò nei sedili dietro, il suo telefono vibrò di nuovo. Lo prese e controllò il messaggio.

Forse. Muoviti.

«Dove deve andare?» chiese il taxista annoiato. Zoe alzò gli occhi al cielo, irritata da quel tono, ma lasciò perdere.

«Midtown Manhattan.» gli rispose distogliendo lo sguardo per riportarlo sul suo telefono. Sorrise spontaneamente al messaggio, ma non rispose e lo riposò in tasca mentre l'auto partiva. Spostò lo sguardo verso il finestrino e osservava le vie di New York in movimento. Le tornarono in mente alcuni ricordi di quando era piccola, mentre passeggiava in quelle strade felice di essere in quella città. Guardava i palazzi e notò alcuni erano stati ricostruiti o sistemati dopo la battaglia di New York, avvenuta due anni prima. Si chiese se quel giorno la battaglia avesse preso un'altra piega se ci fosse stata lei, ma poi scosse la testa. Non era il momento di pensare a quello.
Trenta minuti più tardi, arrivò il momento di scendere dall'auto. Pagò l'uomo e lo vide allontanarsi. Zoe non si era fatta lasciare di fronte al luogo esatto, perciò si ritrovò a camminare per altri cinque minuti a piedi. Il cielo era azzurro e il sole illuminava quella mattina, anche se non faceva caldo. L'aria era un po' fredda, probabilmente non c'erano più di tredici gradi. Tuttavia, riuscì a riscaldarsi velocemente.

Ad un certo punto alzò lo sguardo. Sorrise nostalgica ritrovandosi davanti a quell'enorme edificio. Erano mesi ormai che non tornava li. Si avvicinò e una volta dentro si guardò intorno. Non era cambiato nulla dall'ultima volta in cui era stata li e la sensazione era sempre la stessa: casa.

Si affrettò ad avvicinarsi nella stanza principale nel silenzio che regnava all'Avengers Tower. Si chiese se avrebbe trovato qualcuno o se magari erano improvvisamente scappati.
Ogni suo dubbio, però, venne chiarito quando si ritrovò davanti qualcuno. Era alto, muscoloso e biondo. Stava camminando e non si era accorto di lei, ma quando lo fece si arrestò e incrociò lo sguardo di Zoe. Lei lo conosceva, per sentito dire e per la sua storia, ma fu la prima volta che lo vide di persona. Però erano anni che sentiva parlare di lui. Sopratutto dopo la battaglia di New York.

«Tu chi sei?» le chiese lui, fermo. Indossava una maglietta nera stretta a manica lunga e gli occhi di Zoe si soffermò pochi secondi sui muscoli. Sembravano più grandi rispetto a quando lo vedeva in tv o nelle foto.

Ad ogni modo, Zoe alzò le spalle mentre lui la scrutava da cima a fondo e setenziò «Un'amica di Loki, sono venuta per finire ciò che lui ha iniziato».

Lui si irrigidì e la ragazza lottò contro se stessa per non scoppiargli a ridere in faccia. Lo sguardo del biondo diventò ancora più duro, così lei decise di divertirsi. «Puoi scordartelo.» le ringhiò, provando ad avvicinarsi. Zoe, divertita, tese una mano verso la sua direzione e lo fermò immediatamente. Lui rimase bloccato mentre l'energia verde gli girava intorno e la guardò sconvolto «Ma che...» sussurrò guardandosi.

Zoe fece una smorfia divertita ma non si scompose. Lui cercò di liberarsi, non capendo cosa stava effettivamente succedendo. Lei rise sonoramente, forse sarebbe stata bene tra i cattivi in un'altra vita. O forse era solo una brava attrice. Tuttavia, lo liberò.
Il biondo provò a correre verso di lei, per cercare di fermarla, ma lei fu più veloce «Eh no!». Con la sua energià lo fece balzare dall'altra parte della stanza provocando un rumore assordante., si sentii quasi in colpa quando lo vide arricciare il naso per il dolore. Però, allo stesso tempo, si divertiva da matti. Si rialzò da terra e la raggiunse, provando a sferrarle un pugno. Zoe fu più veloce e si abbassò in tempo, ma lui le tirò un calcio sul petto che la fece cadere a terra. Tossì per la botta, ma si ricompose subito. Lo guardò respirando profondamente

«Cosa diavolo sei?» urlò lui.

Lei alzò le spalle e si rimise in piedi «Una che non ti conviene fare arrabbiare.» rispose, poi lo fece balzare in aria sentendolo sbattere contro la parete sopra di lui. Lo lasciò li appeso per un po', mentre lui cercava di lottare per liberarsi e ci riuscì, ritornando violentemente in piedi. Ciò la fece ridere ancora.

«Non ti arrendi.»

«Non è nel mio stile.» rispose, guardandola in cagnesco. Zoe capì che l'unica cosa che lui voleva in quel momento, oltre a fermarla, era il suo scudo ma capì che non aveva il tempo per prenderlo. Si sentii un po' scorretta, avrebbe potuto batterlo ad occhi chiusi senza che lo scudo potesse difenderlo.
Zoe alzò di nuovo le braccia nella sua direzione e lo sollevò in aria ancora una volta, questa volta però facendolo sbattere da una parete all'altra senza fermarsi. Il biondo cercò di nuovo di liberarsi nonostante gli urti, ma questa volta lei non lo lasciò andare.

«Ma che sta succedendo qui?»

Zoe si voltò verso la direzione in cui aveva sentito quella voce e vide quattro persone. Senza mollare la presa in aria sul biondo, fece un cenno verso l'uomo che aveva parlato.

«Ciao Fury, è un piacere rivederti.» sorrise nella sua direzione, mentre Fury e gli altri presenti tenevano lo sguardo fisso sul loro compagno bloccato a mezz'aria.

«Ti è dato di volta il cervello? Lascialo.» parlò ancora Fury, questa volta in modo più duro. Tuttavia, lei non lo lasciò andare.

«Oh dai, mi sto divertendo.» si lamentò Zoe, ma poi incrociò un altro sguardo. Accanto a Fury, Tony Stark rideva sotto i baffi mentre spostava lo sguardo tra lei e il suo compagno a mezz'aria.

«Sta con Loki!» urlò il ragazzo guardando Tony e gli altri «Che aspettate a fare qualcosa?»

Tony scoppiò di nuovo a ridere «Sta con...» cominciò a dire, ma Fury lo fulminò con lo sguardo e si ricompose, guardando Zoe «Ok, piccoletta, basta così o il capo accanto a me si arrabbia.»

Lei sbuffò annoiata e fece scendere violentemente il ragazzo a terra. Poi guardò Tony, ridendo «Ma questo qui è sempre così credulone?»

Nick Fury diede uno sguardo veloce al ragazzo poco più distante da loro. Quest'ultimo aggrottò le sopracciglia quando la vide tranquillamente vicina Fury e alla squadra. Zoe e Tony si guardarono e cercarono di non ridere sigillandosi le labbra.

«Vieni qui, Rogers. Vedo che hai già conosciuto la nuova arrivata» Fury si rivolse a Steve Rogers, ma aveva ancora lo sguardo severo rivolto a Zoe «Di questa scenetta ne parliamo dopo.»

Lei alzò lo sguardo al cielo «Mi obbligherai a chiedergli scusa? Era solo uno scherzo.»
«Knox.» la richiamò Fury «Non farmi pentire di averti chiamata.»

Steve Rogers si era avvicinato e guardava Zoe in cagnesco. Lei però gli sorrise beffarda «Non guardarmi così, tu mi stavi attaccando per primo!»

Lui rimase impassibile «Non era necessario farmi credere di essere complice di Loki.»

La ragazza sbuffò «Ma dico, ti sembro il tipo?» chiese esasperata gettando le braccia in aria e invitandolo ad osservarla meglio. Steve però continuò a sostenere il suo sguardo.

«Non ti conosco e mi hai attaccato con la magia. Per quanto ne sappia, potresti esserlo.»

«In effetti il Capitano non ha proprio tutti i torti.» affermò Tony, guardando Zoe «A volte sai essere tanto bella quanto malefica.»

«Qualcuno potrebbe spiegarci cosa sta succendo?» disse una ragazza dai capelli rossi, che fino a quel momento era rimasta in silenzio. Zoe la riconobbe come la famosa Natasha Romanoff mentre accanto a lui vi era Clint Barton, anch'esso rimasto in silenzio a guardare lo spettacolo.

Sospirando, Nick Fury si mise accanto a Zoe e si posizionarono di fronte ai quattro presenti.
«Avengers, lei è Zoe Knox.»

Zoe sorrise nervosa, guardandoli tutti negli occhi «Solitamente sono meno violenta.»

Tony fece una faccia strana «Tsè! Non è vero.» disse, beccandosi un'occhiataccia da parte di Zoe.

Rogers guardò di nuovo Stark «La conosci, Tony?» il tono di Steve era duro ed irritato.

Rogers guardò di nuovo Stark «La conosci, Tony?» il tono di Steve era duro ed irritato

Beh, come inizio, non c'è male.

Tony affiancò Zoe, passandole un braccio attorno alle spalle «Si, Rogers. La conosco. E anche molto bene.» rispose soddisfatto, poi si avvicinò all'orecchio di Zoe «A proposito, sei stata fantastica.»

«Perché nessuno ci ha mai parlato di lei?» continuò Steve, guardando Nick.

«L'ho chiesto io. E' una lunga storia, Capitano.» setenziò Zoe, obbligando Steve a guardarla. Era decisamente più bello dal vivo e sopratutto più alto. E quello sguardo incazzato lo rendeva decisamente più attraente.

«Io ho tutto il giorno libero.»

Tony alzò gli occhi al cielo «Eccolo che ricomincia con le sue soliti frasi. Rogers, rilassati, garantisco io per l'innocenza di questa tipetta qui.»

Nastasha, stanca del battibecco, si avvicinò a Zoe presentandosi. La rossa sorrise sincera, cosa che fece piacere alla diretta interessata.

«Clint Barton.» Zoe si voltò, incrociando gli occhi di Clint e strinse la sua mano, anche lui sorrise «Detto Occhio di Falco.»

«Tony ti chiama Legolas.»

Barton fulminò Tony «Stronzo.»

Steve alzò gli occhi al cielo e richiamò l'attenzione «Andiamo al dunque. Che cosa ci fai qui?»

Per qualche secondo, Steve si soffermò a guardare la figura di Zoe Knox. Era poco più bassa di Nat, i capelli biondi lunghi e mossi e la pelle chiarissima. Ma la prima cosa che aveva notato erano i suoi occhi, marroni con delle sfumature verdi. Il corpo era esile, simile a quello di Natasha. Si era presentata a Steve in mal modo, ma lui non potè non notare quanto Zoe fosse bella. Momentaneamente, però, non poteva dire lo stesso del suo carattere.

«Devo parlare con Fury.» disse semplicemente, sostenendo lo sguardo gelido di Steve.

«Finalmente, aggiungerei. Hai ignorato le mie trentasette chiamate, quindici messaggi e cinquanta note vocali.» rispose Nick.

Zoe alzò le sopracciglia «E i messaggi in segreteria, una ventina circa.» finse di pensarci su, ma in realtà li aveva davvero contati. E li aveva ascoltati tutti, dal primo all'ultimo, anche quelli in cui la minacciava di farla portare nel suo ufficio con la forza.

«Ti credi spiritosa, Knox?»

Scosse la testa «No, no. E' un dato di fatto: mi hai cercata, avevo da fare e ti ho ignorato. Adesso, però sono qui e siamo tutti contenti. Non basta?»

Steve la osservò attentamente e, nelle sue risposte, riconobbe il sarcasmo di Tony. La voglia di sapere come lui la conoscesse e il perché sulla sua presenza li, aumentava di minuto in minuto. Anche se gli bastò poco per capire che quella ragazza non gli piaceva affatto.

«Ci vediamo al piano di sopra tra quaranta minuti. Stark ti indicherà la strada. Natasha, tu vieni con me.» ordinò Fury. Nat rivolse un ultimo sorriso a Zoe, prima di sparire dalla stanza insieme a Nick.

«Quindi cosa sei, una strega?» chiese Barton di punto in bianco.

Zoe rise «Per l'amor di Dio, no! So solo... fare qualcosa.» rispose quasi imbarazzata. Un conto era usare i suoi poteri, un conto era parlarne. Non era mai in grado di dire cosa fosse realmente, quindi si limitava sempre a dire che sapeva fare alcune cose. E ogni volta, sperava che nessuno le chiedesse come faceva a farlo.

«Qualcosa?» disse Clint, sconvolto «Hai letteralmente messo al tappeto Captain America. Dimmi il tuo segreto, ti prego.»

Steve incrociò le braccia al petto, nervoso, e lo guardò male «Barton!»

Tony affiancò Steve «Non prendertela, Cap. Ti assicuro che è simpatica.»

«Non che mi interessi stargli simpatica.» sbuffò Zoe, fredda.

Il filantropo alzò le braccia a mezz'aria «Che è un gergo per dire "Piacere di conoscerti, Steve"»

«Fossi in te, migliorerei le presentazioni, Knox.» sputò acido Steve contro Zoe.

«Che è un gergo per dire "Benvenuta, Zoe.» concluse Tony, cercando di non far morire l'ironia in quella pessima conversazione.

«Cosa c'è, Rogers, sei arrabbiato perché ti ho stracciato ad occhi chiusi? Nel 1943 forse non ti hanno insegnato a lottare contro una donna.»
Tony fece una smorfia buffa e con gli occhi spalancati guardò Clint, che aveva la sua stessa impressione. Quella ragazza era arrivata da poco più di trenta minuti e gli stava già regalando i biglietti per vedere uno spettacolo in prima fila. Lui la conosceva bene e, in parte, sapeva che la sua ironia e la sua sfacciataggine le aveva ereditate da lui. Erano i vantaggi, secondo lui, del crescere accanto a Tony Stark.

Ma Tony conosceva anche Steve. Non era uno a cui piaceva rispondere alle provocazione, ma gli piaceva tenere testa alla gente. Per questo Tony era elettrizzato da quel piccolo scontro.

«Mi hanno insegnato ad essere un soldato d'onore.»

Zoe scoppiò in una risata «Un soldato d'onore? Rogers, per favore, se non ti avessero inniettato il siero tu oggi non saresti nessuno.»

Steve le si avvicino duro «E dimmi un po', cosa sei tu senza la tua magia?»

Clint fece un verso che sapeva molto di "Colpita e affondata."

Anche Zoe era consapevole di aver a che fare con un tipo tosto e avrebbe voluto complimentarsi con lui per il modo in cui le teneva testa. Ma, ovviamente, lei non avrebbe mai abbassato la testa a qualcuno. Ne, tantomeno, a Captain America.

«Sai, Steve Rogers, mi stavi più simpatico mentre eri congelato.»

Lui lasciò cadere lo sguardo lungo tutto il suo corpo, avvicinandosi pericolosamente, poi ghignò «Mi lusinga sapere che conosci la mia storia, Knox.»

La bionda sorrise «E a me lusinga che tu stia cercando ancora di studiarmi.»

Steve si allontanò di poco, con lo stesso ghigno, scuotendo la testa «A me non frega niente di te.» disse incrociando le braccia al petto.

«No? Eppure da quando sono arrivata non fai altro che chiederti chi sono, da dove provengo e cosa ci faccio qui. Io dico che in realtà qualcosa di me ti frega.»

Lui alzò il mento, ignorando Tony e Clint che continuavano a fare facce e gesti strani

«Semplicemente non mi fido di te.»

«E a me non importa ciò che pensa di me un nonno di... quanti? 96 anni?» concluse, inclinando la testa e sorridendo vittoriosa.

«Sta attenta a non giocare col fuoco, ragazzina. Tutta questa spavalderia che ti ritrovi, ti farà bruciare.»
Steve parve prenderla in giro e Tony lo guardò male.

Zoe, però, non abbassò la guardia «Ti brucerai tu, se continui a rompermi i cogl...» cominciò, ma venne interrotta.

«BASTA! Mio Dio, mi fate venire il mal di testa.» urlò Tony disperato, circondando di nuovo le spalle di Zoe e la allontanò da quella stanza.

Nel tragitto, Tony la sentii mormorare insulti e maledizioni contro Steve. Lui sorrise, quella per lui era musica per le sue orecchie. Non gli insulti contro Steve, ma proprio la voce di Zoe. Negli ultimi anni si erano visti poche volte e averla finalmente li con se lo riempiva di gioia. L'aveva implorata di tornare fin dal momento in cui lei era andata via, ma Zoe è sempre stata testarda e decisa su quello che voleva fare dopo quell'episodio. Entrambi si sentivano in colpa per motivi diversi: lei perché aveva ferito Tony, lui perché l'aveva lasciata andare.
Ma loro non si erano mai persi di vista, per quanto potessero stati arrabbiati, avevano subito sistemato ogni cosa. Zoe, però, aveva comunque deciso di non tornare a casa e continuare con la sua piccola missione, che era fallita miseramente. Nonostante ciò, aveva trovato un piano B. Ma non si era mai persa di vista, tornava ogni anno per qualche giorno a casa sua di nascosto. Solo Nick Fury, Happy e Pepper e i collaboratori di Tony sapevano dell'esistenza di Zoe.
Anche se, in realtà, a Nick non glielo aveva detto nessuno. Lo ha scoperto da solo, nel 2009, quando Zoe era in visita da Tony. Poi, da cosa nasce cosa e Nick la voleva nel progetto Avengers, che lei aveva gentilmente rifiutato milioni di volte. Ma quel giorno era tornata e aveva deciso di discutere con Fury, contro la volontà di Tony. Non che lui non la ritenesse abbastanza forte per gli Avengers. Al contrario, lei era forte tanto quanto Thor e Hulk messi insieme. Zoe arrivò alla conclusione che Tony si stesse solo preoccupando per lei, visti i precedenti.

Tony la fece entrare dentro una stanza, era un piccolo ufficio buttato li a caso. Zoe stava per urlare rabbiosa, ma Stark le fece segno di rimanere in silenzio «J.A.R.V.I.S, insonorizza la stanza.» chiese calmo all'intelligenza artificiale, che eseguì. Tony sospirò, guardando Zoe «Ok, adesso puoi.»

Zoe diventò rossa in viso e riempii il diaframma più che può «MA TU LO HAI SENTITO? HAI SENTITO COME MI HA PARLATO? MA CHI CAZZO SI CREDE DI ESSERE QUEL PUFFO BLU A STRISCE? PORCA PUTTANA, TONY!»

Zoe diventò rossa in viso e riempii il diaframma più che può «MA TU LO HAI SENTITO? HAI SENTITO COME MI HA PARLATO? MA CHI CAZZO SI CREDE DI ESSERE QUEL PUFFO BLU A STRISCE? PORCA PUTTANA, TONY!»

Tony scoppiò in una rumorosa risata quando sentii il soprannome che gli aveva dato ma lei, non capendo il motivo della risata, urlò di nuovo «CHE CAZZO HAI DA RIDERE?»

Lui scosse la testa, appoggiandosi sulla scrivania «No, niente, puffo blu a strisce era divertente. Comunque, adesso calmati o rischi di fare esplodere la stanza.»

Zoe fece un verso simile ad Hulk, poi urlò rabbiosa «E' Steve Rogers che faccio esplodere! Nel sonno!»

Tony aggrottò le sopracciglia, sorridendo «Nel sonno? Nah.»

Lei respirò profondamente. Poi annuì, guardando Tony negli occhi «Hai ragione. Meglio da
sveglio, soffre di più. Magari faccio come Bellatrix Lestrange: lo torturo e poi lo ammazzo.»

Stark le fece un cenno con la testa «Ti ci vedo nei panni di Bellatrix Lestrange, caratterialmente. Esteticamente, un po' meno.» le disse, poi allargò le braccia «Ora vieni qui e abbracciami.»

Quel gesto fece calmare improvvisamente Zoe, che sorrise nel modo più tenero possibile e si fiondò tra le braccia di Tony. Poggiò la testa sul suo petto e lo strinse forte. Lui era sempre in grado di calmarla, ma anche di farla stare bene. Ogni volta che rivedeva Tony cominciava ad odiarsi per essere stata troppo lontana da lui. Non lo vedeva da mesi, ma non avevano mai smesso di videochiamarsi nonostante lei fosse lontana. Ma solo fisicamente, perché la sua testa e il suo cuore erano sempre con Tony. Notte e giorno.

Finalmente, dopo mesi, Zoe si sentii di nuovo a casa. Con Tony tra le sue braccia.

«Ciao.» sussurrò lei dolcemente. Tony le lasciò un bacio sulla testa.

«Ciao piccoletta.» rispose lui, accarezzandole la schiena. Poi chiuse gli occhi per qualche secondo, sapendola finalmente al sicuro. Con lui.

La sentii ridere sul suo petto «Tony, puoi smetterla di chiamarmi così? Ho quasi 31 anni.» si allontanò senza staccare l'abbraccio solo per poterlo guardare in viso. Tony era sempre lo stesso rispetto all'ultima volta, anche se Zoe notò un piccolissimo e sottilissimo capello bianco ma non glielo disse.

Lui le sorrise e scosse la testa «No, anche a 90 anni per me rimarrai sempre la mia piccoletta. Che hai fatto i capelli? Sembrano più lunghi.»

L'ultima volta che l'aveva vista, Zoe aveva i capelli più o meno lunghi fino alle spalle. Ma Tony vide che gli arrivavano quasi al fondo schiena. Inoltre, erano più luminosi del solito.

Lei alzò le spalle «La solita storia, la magia li fa crescere più del dovuto. Io ho solo imparato a curarli. E tu? come stai? Come va con Pepper?»

«Sto bene.» la rassicurò mentre scioglievano l'abbraccio per guardarsi meglio «Nessuna novità rispetto all'ultima volta che sei venuta, tre mesi fa. Oh e con Pepper va tutto bene, viene tra qualche giorno. Anche se ci teneva a vederti oggi. Impegni di lavoro.»

Come non vedeva Tony da tre mesi, non vedeva neanche Pepper. Prima che se ne andasse da New York, Pepper era l'unica amica che Zoe avesse mai potuto considerare tale. Negli anni Pepper era sempre stata disponibile e gentile con Zoe, più passarono gli anni e più legarono. Inoltre Chloe amava prendersi il merito per la coppia che formava insieme a Tony. Lei aveva sempre visto qualcosa in più nel loro rapporto, c'è voluto un po' prima che riuscisse a farlo capire a Tony. Si ricordò della volta in cui lui gli aveva confessato i suoi sentimenti per la segretaria e di come aveva iniziato ad urlare di gioia. Tony non è mai stato uno che ammette i suoi sentimenti tanto facilmente, e in questo Zoe gli era molto simile, quindi sentirglielo dire era stato soddisfacente.

«La chiamerò più tardi.» lo avvertì sorridendo.
Lui annuì, poi sospirò guardandola negli occhi

«Quanto tempo ti fermi?»

Zoe fece spallucce «Ne abbiamo già parlato, Tony. Non so cosa vuole dirmi Nick di tanto importante. Potrei stare un mese, come potrei stare due giorni e... No! Non fare quella faccia.» lo ammonì subito, guardando come il suo sguardo era diventato più duro.

«Posso aspettarmi di tutto da Nick Fury.» le disse, scuotendo la testa.

Lei si avvicinò, afferrandogli le mani «Qualunque cosa sia, Tony, io so badare a me stessa. Ormai dovresti saperlo.»

Tony annuì consapevole «Lo so, lo so. E' solo che ho passato gli ultimi cinque anni a pregare che tu non ti mettessi in pericolo mentre eri via, il pensiero che potresti essere in pericolo stando qui...»

«Anche tu sei in pericolo ogni volta che vai in missione.» lo interruppe. Ma Tony scosse la testa.

«Non è la stessa cosa, Zoe.»

Zoe sospirò nervosa «Io non sono più la ragazza che ero cinque anni fa. E non sono nemmeno la bambina impaurita che è sbucata qui per caso.» disse tagliente.

Lo vide irriggidirsi leggermente, ma lei gli accarezzò di nuovo le mani e lo sentii rilassarsi sotto il tuo tocco. Tony la tirò di nuovo a se, abbracciandola proprio come aveva fatto qualche minuto prima. Quell'abbraccio era diverso rispetto al primo, era più confortevole. Sembrava la stesse proteggendo più del solito. La fece sorridere, ma nei successivi due minuti nessuno dei due osò staccarsi o aprire bocca. Entrambi volevano godersi ogni secondo di quell'abbraccio. Come se fosse l'ultimo, anche se sapevano che non ci sarebbe mai stato un ultimo abbraccio tra loro.

«Non credere che io non sappia quanto tu vali.» sussurrò lui.

Lei annuì «Lo so, Tony. E so anche vuoi proteggermi. Lo hai sempre fatto.» fu lei ad allontanarsi per prima «E non ti dirò mai grazie abbastanza.»

«E' bello averti qui.»

Zoe rise «Mi sei mancato anche tu.»

Tony scattò in piedi, facendo sussultare Zoe «Ok, basta. Troppo sentimentali.»

 

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Capitolo 4
*** 2 - Welcome. ***


Zoe si trovava dentro un ufficio, uno diverso rispetto al primo in cui era già stata quella mattina insieme a Tony. La Stark Tower era cambiata molto negli anni, ad eccezione dei punti più comuni, quindi lei non conosceva proprio ogni stanza. Si guardò intorno, riconoscendo comunque il tocco di Tony ovunque. Comunque, anche se non conosceva tutte le stanza, quella era sempre casa sua. Motivo si sentii in dovere di comportarsi come voleva. Era seduta in una sedia girevole, con le gambe incrociate al petto. Nick Fury, dall'altro lato della scrivania, la guardava un po' infastidito per il suo atteggiamento. La bionda alzò finalmente lo sguardo su di lui ed inclinò la testa «Perché fai quella faccia, Fury?»
Zoe era nervosa, non sapeva dove doveva guardare. Provava a concentrarsi sull'occhio dell'uomo, ma involontariamente lo sguardo le cadeva sempre sulla benda nera. Era più forte di lei, ma stava anche cercando di non offenderlo. Anche se, pensandoci, Nick Fury non è proprio un tipo che si offende.
Tuttavia, lui si avvicinò con la sedia sulla scrivania e appoggiò i gomiti su di essa, mantenendo lo sguardo della ragazza di fronte a se.

«Sei arrivata con un'ora di ritardo.» la informò, rimproverandola. Zoe fece spallucce.

«Mi sono fermata per un caffè. E a New York c'è troppa folla. Lo hai mai notato?» rispose lei,
serenamente. Nick non mutò comunque il suo tono.

«Appena hai messo piede qui dentro hai pensato di fare una lotta con il Capitano.»

Zoe sentii di nuovo la rabbia ribollirle dentro a sentire nominare Rogers «Non parlarmi di quello lì! Non potevi lasciarlo congelato? E comunque, ha iniziato lui.»

Nick sospirò rumorosamente, poi alzò la voce «Non cambi mai tu, non è così?»

«Si può sapere cosa vuoi da me?» chiese allora, esasperata.

Non era di certo la prima volta che incontrava Nick Fury. La prima volta era successo nel 2009, quando era andata a fare visita a Tony e si è ritrovata lui davanti. Ci ha provato per un po' a nascondere il suo potere, ma aveva fallito miseramente. E poi Nick, oltre che combattere per reclutare Iron Man nella sua squadra, aveva cominciato a combattere anche per lei. Lei lo aveva sempre ignorato, anche le volte in cui lo stesso Fury si era presentato da lei. Nulla, a lei non interessava proprio il progetto Avengers. Non perché si sentisse debole, sapeva di non esserlo, ma si sentiva inadatta. E aveva paura ad esporsi troppo e se fosse successo avrebbe potuto causare problemi.

Era questo il pensiero che l'aveva accompagnata negli ultimi cinque anni: il peso di poter essere un problema. Tony lo sapeva, ma anche Nick. Eppure quest'ultimo non si era mai arreso, soprattutto nell'ultimo anno. E a Zoe, in un certo senso, questa cosa l'aveva stupita. Ecco perché si trovava a New York, insieme a Fury. Voleva capire perché lui stesse puntando così tanto su di lei.

«Che hai fatto in questi anni?» le chiese lui,
ritornando calmo ma comunque con tono curioso.

Zoe sospirò «Non vedo perché ti interessi così tanto.»

«Mi serve per capire perché hai rifiutato di entrare nella squadra.» Nick staccò i gomiti dalla scrivania, sdraiandosi completamente sulla sedia.

Lei lo guardò corrugando la fronte «Lo sai già il perché.»

«Quello che so...» rispose immediatamente, quasi interrompendola «E' che cerchi continuamente di negare a te stessa ciò che sei.»

Scosse la testa, guardandolo male «Io non cerco di negarlo. Semplicemente non ho scelto io di avere questi.» alzò le mani delicatamente, facendo uscire una piccola scia verde da esse. Rilasciò cadere le braccia sulle cosce, poi le spostò ancora e le incrociò al petto nervosamente.

«Quindi hai paura? Di te stessa, oserei dire.»

Zoe alzò la voce, irritata «E se anche fosse?»
Nick si alzò e, con le mani incrociate dietro la schiena, iniziò a camminare avanti e indietro lentamente. La guardò di nuovo, notando che i suoi occhi erano diventati ancora più verdi.

«A quanto mi risulta, hai cercato di perfezionarti in questi anni.»

La bionda ghignò amaramente «Hai fatto parecchie ricerche su di me, Fury.»

L'uomo scosse la testa «No, questo me l'ha detto Stark.»

Quando uscirò da quest'ufficio, devo ricordarmi di staccare la testa a Tony pensò rabbiosa.

«Quindi deduco che tu sappia tutto quello che sono in grado di fare.» rispose ovvia e lo vide annuire «E nonostante ciò, continui a volermi in squadra.»

Fury rise avvicinandosi alla scrivania. C'erano alcuni fogli sparsi, ma non si soffermò su quelli. Prese una cartella arancione e la aprì, tirando fuori delle foto.
Zoe iniziò a guardare le foto che Nick le passava piano piano. La prima era una sua foto, mentre usava i suoi poteri. Si chiese subito quando le fosse stata scattata, ma riuscì a capire subito il luogo in cui si trovava. Guardò Nick severa, ma non gli disse nulla. Non era tanto difficile intuire dove si fosse procurato quelle foto.

Le passò una seconda foto e Zoe la riconobbe subito: New York, 2012. Vide i palazzi distrutti e del fumo in quasi tutto il quartiere mostrato nella foto. Gliene passò velocemente un'altra, facendole venire i brividi. In quella foto c'era un uomo, capelli neri, sguardo perfido, con un elmo in testa e uno scettro in mano. Lo riconobbe subito.

Loki.

«Se il tuo intento è quello di farmi sentire in colpa per non esserci stata...» sputò con rabbia, ma Fury scosse la testa.

«Non mi interessa farti sentire in colpa, Knox.» rispose calmo, passandole una quarta foto. Era la stessa immagine in cui era presente Loki, ma era stato fatto uno zoom sul suo scettro. Zoe corrugò la fronte. Poi arrivò la quinta foto, che la face bloccare.
Zoe cominciò a tremare mentre teneva in mano quella foto. Quel volto lo conosceva. Era l'unico volto che ricordava perfettamente, purtroppo. La cosa che la sconvolse di più fu vederlo per la prima volta chiaramente dopo tanti anni. Di solito lo vedeva solo nei suoi ricordi, in modo molto vago e sfocato. Aveva il terrore ogni volta che pensava a lui e le venne anche in quel momento che lo vide in foto. Guardò Nick, chiedendogli spiegazioni. Lui sospirò «Lo conosci, non è così?»

Zoe annuì e parlò piano «E' l'unica cosa che ricordo bene, sono anni che mi tormenta. Perché me lo stai mostrando?»

Le tolse la foto dalle mani e la poggiò sulla scrivania accanto alla foto dello scettro di Loki. Poi si allontanò, ricominciando a camminare in giro per la stanza sotto lo sguardo di Zoe.

«Dopo la battaglia di New York, ho iniziato ad avere dei sospetti su alcuni membri dello S.H.I.E.L.D. Ci ho messo un po', in realtà, ma ho capito che lo S.H.I.E.L.D. era stato compromesso dall'Hydra. Tony te l'avrà raccontato, presumo. Hanno tentato di uccidermi e io gliel'ho lasciato credere.»

Zoe annuì, chiedendogli di continuare. Non capiva il collegamento tra lo scettro e l'uomo in foto.

«Il Capitano Rogers e Natasha, mentre mi fingevo fuori gioco, hanno scoperto che l'Hydra voleva sfruttare gli Helicarrier dello S.H.I.E.L.D. per eliminare tutti quelli che consideravano una minaccia. In poche parole...»

«Gli Avengers.» lo interruppe Zoe «E tutti quelli che gli stavano intorno.»

Nick confermò, poi ricominciò a parlare «Lo S.H.I.E.L.D. è caduto, ma Coulson no»

La bionda aggrottò le sopracciglia confusa «Ma Tony mi ha detto che...»

«No, Coulson è ancora vivo. Ed è a capo dello S.H.I.E.L.D adesso.»

Zoe si chiese se gli Avengers erano a conoscenza di questo. Quando Tony le aveva raccontato, per filo e per segno, la battaglia contro Loki era certa di aver sentito dirgli che l'agente Phil Coulson era morto. Adesso, a distanza di due anni, scopriva che in realtà era vivo. Si chiese anche come fosse possibile.
Possibile che la squadra non lo sapesse? O forse lo sapevano e stavano semplicemente mantenendo il segreto. Allora perché Tony non gli aveva mai detto che in realtà Coulson è vivo?
Poi si ricordò che lei non era un Avenger e probabilmente non era ritenuta a saperlo. Sospirò.

«Da allora, io agisco in segreto. Non ho perso le mie abitudini e i miei metodi di ricerca, lo faccio solo in modo silenzioso. Ed è quì che rientra in gioco lo scettro di Loki.» Si mise in piedi di fronte a lei, mentre Zoe lanciava un veloce sguardo all'immagine.
«Con lo S.H.I.E.L.D. compromesso dall'Hydra, ovviamente lo scettro è finito nelle mani sbagliate.» disse, abbassando il tono. Lei capì immediatamente e spostò lo sguardo sull'immagine accanto.

«Strucker ha preso lo scettro...» Zoe, per un attimo, credette di averlo solo pensato. Invece lo aveva proprio detto ad alta voce. Scosse la testa di nuovo, confusa, e guardo Nick «Ma perché?»

«Suppongo per i suoi esperimenti.»
Zoe rimase in silenzio. Si alzò, dando le spalle a Nick, e incominciò a sentire freddo. Non sentiva parlare di Strucker da anni, lo vedeva solo nei suoi incubi. Forse era anche riuscita a convincersi che fosse morto, che magari quel giorno lo avesse ucciso involontariamente. E invece Nick Fury le aveva appena detto che quel figlio di puttana era ancora vivo e ancora impegnato con i suoi esperimenti. Si chiese se qualche altro bambino, oltre lei, fosse stato trattato come era stata trattata lei. Non ricordava gran che dei suoi anni sotto esperimento, ma a volta sognava delle cose. Sognava un uomo, sognava dolore, sognava una bambina che piangeva disperatamente. Negli anni aveva capito che quella bambina che sognava era lei, eppure non ricordava tutto per filo e per segno. L'unico ricordo limpido che aveva era il viso di Strucker e l'esplosione che lei stessa aveva provocato in quella stanza. Nei suoi ricordi, a volte, c'erano anche altri due uomini, ma non riusciva a metterli a fuoco.

«E' per questo che nell'ultimo anno hai cercato di convincermi più del solito? Perché sapevi che Strucker c'entra con il mio passato?» gli chiese fredda, cercando di trattenere le lacrime.

Ma Nick scosse la testa «Cerco di contattarti da quando ti ho conosciuta, Zoe. Avrei voluto che tu facessi parte dei Vendicatori fin dal primo momento. Sei potente, lo sai meglio di me. La squadra ha bisogno di te.»

Zoe rise amara «No. La squadra con me potrebbe cadere.»

«Oppure, la squadra potrebbe essere più forte con te.» rispose. Lei si voltò e lo guardò silenziosa. Il cuore le stava battendo talmente forte che aveva come l'impressione che potesse sentire solo quello. Negli ultimi anni in cui aveva cercato di imparare a controllare il suo potere, aveva avuto più consapevolezze. Sopratutto la consapevolezza di quanto fosse forte. Aveva imparato a controllare le sue mosse, a giocare d'astuzia, a non far esplodere tutto quello che toccava. Era scappata da Tony, cinque anni prima, ma lo aveva fatto per il suo bene. Lo aveva fatto per mettere lui e chiunque altro al sicuro. Lei quel potere non lo aveva mai chiesto, gli era stato imposto e odiava quello che era diventata. Quando è andata via per la prima volta, voleva mettere un punto a quella che per lei era una maledizione. Aveva girato il mondo, nella speranza di trovare un modo per cancellare definitivamente i suoi anni imprigionata dall'Hydra. Non ci era riuscita, ma aveva trovato qualcuno disposto ad insegnarle ad usare il suo potere. Era stato come se si fosse riscoperta e ogni giorno scopriva cose nuove di se stessa. Non amava quello che era, ma aveva imparato a conviverci.

Entrare negli Avengers per combattere l'Hydra avrebbe voluto dire fare definitivamente a pugni con il suo passato. Non sapeva se fosse la cosa giusta, ma sapeva che non era più una bambina indifesa. Non era più quella ragazzina infantile e superficiale, quella che ha rischiato di ammazzare l'unica persona che in tutti quegli anni le era stata accanto. Non era più la Zoe di cinque anni prima.
La Zoe che in quel momento si trovava davanti a Nick Fury era diversa. Più grande, più consapevole e forse più pronta. Iniziò a pensare che il suo istinto non aveva sbagliato ad accettare l'invito di Nick.

Sospirò «Stai rischiando con me, Fury. Perché?»

Lui alzò le spalle e si mise le mani dentro le tasche del cappotto «Ho rischiato anche quando ho reclutato Tony Stark. Ho rischiato quando ho reclutato il dottor Banner e ho rischiato persino con Thor. A pensarci bene, ho rischiato quando ho reclutato tutti i membri della squadra.»

Zoe sorrise debole «Hanno fatto qualche casino, però.»

Nick sembrò pensarci su, poi annuì «Magari si. Però lo hanno fatto per una buona causa. E sopratutto, hanno combattuto dalla parte giusta.»

«Nick.» lo chiamò Zoe, avvicinandosi «Io non voglio combattere per vendicarmi di Strucker. Voglio combattere per fermare l'Hydra, non voglio che qualcun altro passi quello che ho passato io.»

Lui annuì. Zoe gli vide saltare fuori un piccolo sorriso «Tony me lo aveva detto che hai un grande senso di giustizia e di protezione verso gli altri. Eppure continui a mostrarti come una perfetta stronza.»

«Vedi di tenere a bada quel soldato col costumino blu, Fury. Altrimenti a saltare in aria prima del previsto sarà lui.»

---

Steve Rogers continuava a lanciare sguardi interrogativi a Tony, che era intento a maneggiare delle attrezzature nel suo laboratorio. Sembrava tranquillo, Stark, e ogni tanto gli sbucava fuori una smorfia soddisfatta quando quello a cui stava lavorando gli risultava bene. Non si interessò a chiedergli cosa stesse combinando, non capiva mai niente di quello che combinava Tony.
Nick Fury e Zoe si erano chiusi in una stanza da più di un'ora. In quell'arco di tempo, doveva ammettere svogliatamente, che si era davvero chiesto chi diavolo fosse quella ragazza. Non lo aveva detto a nessuno, ma era rimasto stupido dalla forza che aveva. A parte Loki, non aveva mai avuto a che fare con qualcuno che avesse quel tipo di potere. Cos'era, esattamente?
Si chiese anche cos'avesse a che fare lei con Tony. I due sembravano in stretta confidenza. Come facevano a conoscersi? Steve iniziò a credere che probabilmente quella ragazza era una delle tante fiamme che Tony aveva avuto prima di Pepper. Allo stesso tempo, però, gli parve strano. Insomma, a guardarle esteticamente sembrava una ragazzina, non le dava più di venticinque anni. No, non poteva essere una ex di Tony.

Ma allora chi diavolo era?

Tony, che da mezz'ora si sentiva osservato, alzò lo sguardo su Steve «Sentiamo, Cap, cosa ti frulla in testa?»

Steve rimase con la schiena poggiata al muro e le braccia incrociate al petto e non si scompose. Non sapeva se chiedere effettivamente qualcosa a Tony su Zoe, perché non sapeva ancora il motivo della sua presenza. Dopo la scenetta di qualche ora prima, non era il caso far credere ancora di più che quella ragazza l'aveva incuriosito. Purtroppo per lui, però, ci pensò Clint a tirare fuori il discorso.

«Starà ancora pensando alla ragazza di prima.»

«La ragazza di prima? Chi?» chiese immediatamente Bruce, che era arrivato alla base da qualche minuto. All'appello, mancava solo Thor.

«Una bionda con dei poteri assurdi che doveva parlare con Nick. E che ha steso Steve ad occhi chiusi.» gli rispose Clint. Per la seconda volta in quella giornata, Steve desiderò che Clint perdesse la voce.

Bruce si interessò divertito e Clint cominciò a raccontargli quello che era successo. Non erano bastati gli sguardi truciali che il Capitano gli aveva lanciato per farlo tacere. Tony continuava a ridere sotto i baffi guardando la sua espressione.

Alla fine Steve sospirò, poi sbottò «Possiamo smettere di parlare di quello che è successo?»

Fu allora che Clint rimase in silenzio, ma il sorriso divertito non gli morì e finì per contagiare anche Natasha che stava vicino al primo. Nat si rivolse al miliardario «Tony, perché nessuno oltre te e Nick sembra conoscere Zoe?»

Bruce corrugò la fronte, guardando Natasha «Zoe?»

«Si, si chiama Zoe.» rispose Tony per Nat, poi guardò i suoi compagni uno ad uno «E per rispondere a te, Romanoff, lei vive quì da molto prima che gli Avengers venissero solo immaginati. O almeno, viveva qui fino a qualche anno fa.»

«Poi che è successo? E perché non ci hai mai parlato di lei?» disse Steve, cercando di arrivare in fondo a quella storia. Ma Tony alzò gli occhi al cielo.

«Rogers, capisco il tuo forte spirito di squadra e la regola del "Tra noi non devono esserci segreti" ma fidati, non c'è nulla di cui tu debba preoccuparti. Se non vi ho mai parlato di lei, è stato perché lei me lo ha chiesto, tutto qui.

«Se non dovremmo preoccuparci, allora perché nascondersi?»

«Mio Dio, Rogers, ma nessuno ti ha mai insegnato a farti i cazzi tuoi?»
Tutti i presenti si voltarono verso l'ingresso, dove Zoe Knox era appena entrata insieme a Nick Fury. Per la seconda volta, Steve si soffermò a guardarla. Indossava un maglione marrone, un jeans chiaro e degli stivali corti marroni. Quel colore le metteva in risalto la pelle chiara e i capelli luminosi. Per un secondo, lui smise respirare quando incrociò i suoi occhi. Erano marroni, ma giurò di averli visti verdi qualche ora prima. Lei lo guardò male, probabilmente stava ancora pensando alla discussione di prima.
La guardò distogliere lo sguardo e posarlo sugli altri presenti nel laboratorio. Zoe si avvicinò a Bruce, che si presentò imbarazzato. Nat e Clint le sorrisero, ma poi nella stanza calò il silenzio più totale. Lei si avvicinò a Tony, come se non sapesse dove altro stare.

«Ci siete tutti?» chiese Nick, spezzando il silenzio.

Tony scosse la testa «No, manca mister martello.»

Zoe lo guardò confusa e Tony nominò Thor. La ragazza annuì sorridendo.

«Si può sapere dove si è...»

Nick fu costretto ad interrompersi. Ci fu un boato, un tuono, che fece abbassare le luci e il laboratorio tremò. Clint e Bruce si abbassarono, temendo al peggio. Tony e Steve sussultarono, ma non si scomposero. Fury chiuse gli occhi, sospirando. A differenza sua, invece, Zoe spalancò gli occhi.
Al centro della stanza saltò fuori una figura alta e con un mantello. Thor era appena arrivato e sorrideva «Il Dio del tuono è arrivato!»

 Thor era appena arrivato e sorrideva «Il Dio del tuono è arrivato!»

Steve alzò le sopracciglia la testa «Ce ne siamo accorti.»

Thor salutò tutti i presenti e si soffermò su Zoe. Lei, che si era spaventata a morte per quel rumore improvviso, lo guardò sconvolta «Ma tu fai sempre così?»

L'Asgardiano ignorò la sua domanda e, confuso, le chiese «Tu chi sei?»

«A detta sua» iniziò Steve «è un'amica di Loki»

Zoe stava per rispondere male contro Steve, ma Thor le si parò davanti minaccioso «E' così?»

«Calmati bestione, Rogers ha le palle girate al contrario. Mi chiamo Zoe Knox e no, non sono un'amica di Loki.»

Thor sembrò rilassarsi subito e si presentò alla ragazza

Thor sembrò rilassarsi subito e si presentò alla ragazza. Non gli era sfuggito, però, lo sguardo assassino che si rivolsero lei e Steve. Preferì non fare domande e si allontanò, avvicinandosi a Bruce.
Zoe realizzò di trovarsi davvero insieme agli Avengers. Quel famoso gruppo di supereroi di cui tutto il mondo parlava era di fronte a loro. Per un attimo pensò di tornare indietro sui suoi passi, desiderando di non essere mai andata a New York. Però ormai era tardi. Guardando Nick capì che ormai ci era dentro fino al collo. Con le mani appoggiate sul tavolo di fronte a se, sospirò.

Tony, accanto a lei, percepì per un secondo il suo disagio e le posò una mano sulla spalla sorridendole confortevole. Anche Zoe gli sorrise e poggiò per un secondo la testa sulla mano di Tony. Quel gesto affettuoso non passò inosservato agli Avengers, sopratutto a Steve, che stavano ancora cercando di capire cosa ci fosse tra lei e Stark.

Nick si spostò al centro della stanza, rivolgendosi ai presenti «Immagino che vi stiate chiedendo perché vi ho fatti venire tutti qui.»
Gli Avengers borbottarono risposte che Zoe riuscì a percepire come "Beh, direi" o "Decisamente". Con la coda dell'occhio, poi, guardò Steve Rogers sedersi con lo schienale della sedia al contrario.
L'ex capo dello S.H.I.E.L.D. iniziò a parlare e a spiegare tutto quello che aveva già anticipato a Zoe. Dalle facce che vide, l'unica che forse era già al corrente della situazione sembrava Natasha. Bruce e Clint ogni tanto interrompevano Nick per delle domande. Thor, quando sentii nominare lo scettro del fratello, sembrò arrabbiarsi. Steve si era irrigidito non appena Fury menzionò l'Hydra e tutto quello che avevano scoperto nell'ultimo anno. Tony, invece, era nervoso. L'unica che non proferì parola fu Zoe, ma sentire ancora il nome di Strucker le fece percepire un brivido lungo tutta la schiena.

«Non capisco. Perché prendere lo scettro di Loki? A cosa gli serve?» chiese Thor, rabbioso.

Fu Zoe a rispondere per lui «Con quello scettro Loki era in grado di manipolare la mente delle persone.» tutti si voltarono verso di lei che, trattenendo un respiro, continuò «All'Hydra piace fare esperimenti sulla gente, a quanto pare. Lo scettro di Loki è potente, con quello possono farli più velocemente. Credo che vogliano... evolversi. Cambiare i vecchi metodi.»

Steve si mise dritto con la schiena «Tu come fai a saperlo?»

Zoe lasciò andare il respiro che aveva trattenuto fino ad allora. Alzò lo sguardo verso Steve e rispose secca «Lo so, perché io sono uno dei loro vecchi esperimenti.»

Il silenzio tornò a regnare in quel laboratorio. Bruce si era cominciato a guardare intorno, a metà tra la confusione e la preoccupazione. Più o meno tutti avevano la sua stessa espressione.
Era la prima volta che Zoe lo diceva ad alta voce a qualcuno che non fosse Tony o Nick Fury. Quest'ultimo la guardò, chiedendole di continuare ma lei si sentii morire le parole in gola.

«Quindi quello che fai...» iniziò a chiederle Clint, cercando di capirci di più «Te l'ha imposto l'Hydra?» chiese e Zoe annuì. Thor scosse la testa, ancora più confuso.

«Ma cosa fai, esattamente?»

Lei boccheggiò, indecisa su cosa rispondere. Tony la vide in difficoltà e parlò per lei «Mettiamola così: è in grado di romperti le chiappe in pochi secondi e di far esplodere le cose.»

In realtà, era molto più di questo. Ma non si premurò ad aggiungere molto.

«Detto così sembra terribile.» disse Bruce, scioccato.

Zoe rise amaramente «Diciamo che lo è.»

Steve si alzò dalla sedia «Più che terribile sembra pericoloso.» lo sguardo di Steve non era sereno. Era preoccupato, ma non per lei. Zoe percepì rabbia dentro di lui e sapeva perfettamente perché. Lui aveva passato la sua intera esistenza a combattere contro l'Hydra e, dopo aver scoperto che lo S.H.I.E.L.D. era compromesso, trovarsi davanti ad un esperimento del nemico non era proprio il massimo.
«Chi mi dice che possiamo fidarci di te?» chiese guardandola.

«Lo dico io, Rogers.» fu Tony a parlare, parandosi davanti a Zoe. In un attimo, in quella stanza si riuscii a percepire la tensione da parte di tutti. Steve e Tony continuavano a sfidarsi con lo sguardo. A Zoe non dava fastidio che Steve non si fidasse di lei, anzi, non gliene fregava proprio. A volte, neanche lei si fidava di se stessa. Ma ciò non autorizzava il Capitano a metterla in cattiva luce senza neanche conoscerla.

«Come fai ad essere sicuro che non sia una di loro, Tony?»

Tony rise contro Steve «Zoe? Una dell'Hydra? Ma per favore. Conosco questa ragazza da quando aveva le gambe corte quanto i miei capelli. Se fosse una dell'Hydra, lo saprei.»

A quel punto, tutti i presenti avevano spostato lo sguardo su Tony, ma Zoe gli strinse il braccio e riprese a parlare «Tony, so cavarmela da sola.» gli disse, per poi rivolgersi a Steve «Rogers, potrai anche non fidarti di me. Ma non osare accusarmi di essere complice di quei pazzi criminali.»

Zoe Knox poteva essere tante cose: fredda, antipatica, arrogante, egocentrica e persino stronza. Ma l'ultima cosa di cui poteva essere accusata era di far parte dell'Hydra. Sapeva tutto su quell'organizzazione, a partire da cosa avevano fatto a lei fino a cosa avevano fatto a milioni di persone, e il pensiero di essere associata a loro la mandava fuori di testa.
Questo era uno dei motivi per cui, negli anni, non parlava mai di se: aveva paura che tutti potessero pensarla come Steve. L'unico che non aveva mai dubitato di lei, oltre Fury, era Tony. Lui l'aveva cresciuta come se fosse suo fratello ed entrambi si erano fatti forza l'uno con l'altra quando Howard e Maria Stark sono stati assassinati. Zoe aveva passato poco tempo con loro, poco più di un anno, ma loro gli avevano dato tutto l'amore che avevano a disposizione. A quell'epoca, lei era fin troppo piccola per capire quali fossero l'ideali dell'Hydra. Ma sapeva cosa gli avevano fatto e questo gli bastava per capire che gente fosse.

«Come hai fatto a scappare?» chiese Natasha, interrompendo la guerra tra Zoe e Steve.

La bionda si rilassò incontrando lo sguardo comprensivo di Nat «Ero piccola. Non ricordo molto. So solo di aver fatto esplodere la stanza in cui mi trovavo e qualcuno mi ha detto che io ero in grado di potermi... teletrasportare.»

Steve si allontanò, scuotendo la testa «E' ridicolo. L'Hydra ti fa esperimenti e l'Hydra stesso ti fa scappare? E poi cos'è questa storia che puoi teletrasportarti?»

Zoe alzò la voce e ringhiò contro Steve «Puoi anche non credermi, ma è andata così. Ero li e improvvisamente mi sono ritrovata qui. Ma non so più farlo, sono anni che non riesco più a spostarmi da un posto all'altro.»

Erano di nuovo faccia a faccia, Steve e Zoe. Neanche l'intervento di Natasha o i continui sussurri di Tony verso la bionda erano riusciti a placare gli animi tra i due. Non si potevano vedere, questo era piuttosto chiaro. Anche se Zoe sospettava che a Steve infastidisse solo la presenza di qualcuno nettamente più forte di lui.

«Tu non mi piaci per niente.» affermò Steve.

Zoe gli rispose a tono, aggiungendo un tono sarcastico «Mi dispiace, dovrai comunque sopportare la mia presenza per un bel po'.» Gli Avengers guardarono Nick Fury in cerca di risposte, Steve per primo. Zoe invece guardò Tony e lui ricambiò immediatamente lo sguardo, capendo.

«Ha ragione, Capitano.» confermò Fury. Alzò in aria un foglio, un contratto, che tutti riconobbero «Zoe Knox è ufficialmente nella squadra.»

Steve si allontanò da Zoe si parò di fronte a Nick «Stai scherzando? Ci fidiamo di lei ad occhi chiusi?»

«Porca puttana, Rogers, sei troppo stressato!» esclamò Zoe esasperata «Ma te la fai una scopata, ogni tanto? O il siero si è dimenticato di ingrandirti il cazzo?»
Tony e Thor scoppiarono a ridere e, sotto i baffi, anche Natasha, Clint e Bruce. Anche Zoe stessa rise della sua battuta e guardò Nick che la rimproverò con la sguardo «Non guardarmi così, mi è scappato!»

Steve la guardò di nuovo e alzò la voce «Bada a come parli, ragazzina.»

Lei gli sorrise «E' la seconda volta che mi minacci oggi e sai bene che non ti conviene. O dobbiamo rifare il bis di qualche ora fa?»

Thor, che durante lo scontro tra i due si era avvicinato a Tony, gli si avvicinò ancora di più e sussurrò ridendo «Però, la biondina è tosta.»

Tony, tenendo lo sguardo su Zoe, gli sorrise e rispose soddisfatto «L'ho detto che la mia piccoletta è fantastica.»

«Finitela tutti e due.» urlò Nick, facendo zittire Zoe e Steve che continuavano a spararsi insulti contro «E preparatevi, dobbiamo trovare un modo per recuperare lo scettro di Loki prima che l'Hydra combini guai.»

I due si allontanarono, Steve nervoso e Zoe soddisfatta. La seconda si appoggiò con la schiena al muro, accanto a Nick, mentre Steve fece lo stesso ma nella parete di fronte. Smise di guardare la bionda, ancora più irritato della sua presenza. Trovò assurdo che una ragazza sconosciuta da tutti entrasse per puro caso nella squadra. Non si era fidato di lei fin dal primo momento in cui l'aveva vista, sapere che ha avuto a che fare con l'Hydra non faceva altro che confermare i suoi dubbi.

«Andiamo al dunque.» scattò Tony «Dove si trova la bacchetta magica del Dio degli imbecilli?»

Nick iniziò a riprodurre delle immagini sullo schermo, mentre Zoe vide Thor girarsi minaccioso contro Tony «Modera i termini, Stark.»

«Sta buono, Asgardiano.»

«Non dirmi di stare buono!»

«Ragazzi!» dissero in coro Zoe e Steve. Si guardarono per un istante, poi Zoe distolse lo sguardo.

Nello schermo, gli Avengers e la nuova arrivata videro un'immagine di un enorme edificio mal ridotto. Zoe corrugò la fronte e senti qualcosa contorcersi nello stomaco. Quel posto era orrendo e metteva i brividi solo a vederlo. Se non sapesse che quella era la base dell'Hydra, Zoe avrebbe pensato che fosse semplicemente un luogo abbandonato.Nick disse loro che quella base si trovava in Sokovia, in Europa, e Tony spalancò gli occhi.

«Come ci arriviamo li?» chiese Barner.

«Usiamo il Quinjet. E' l'unico modo.» propose Clint, Natasha concordò con lui.

Steve parve scettico per un attimo «Ci vedranno arrivare.»

Zoe annuì, studiando bene il posto «Odio ammetterlo, ma il puffo blu ha ragione» Ignorò l'occhiataccia di Steve e si posizionò davanti all'immagine. Nessuno aprì bocca e la lasciarono fare. Zoe osservò ogni angolo dell'edificio, ma poi spostò l'immagine verso il bosco che vi era intorno. Notò, attorno ad esso, delle piattaforme quasi invisibili in dei punti particolari di quel bosco. Zoe sospirò, poi spostò lo sguardo in un altra estremità del bosco. Bingo.
«Sono piuttosto organizzati.» constatò, voltandosi verso i suoi compagni Hanno milioni di guardie. Non possiamo atterrare troppo vicini con il Quinjet. Basta un movimento in aria e non esiteranno a sparare.»

Steve Rogers sospirò, trovandosi anche lui d'accordo con lei «Cosa dovremmo fare?»

Zoe si voltò di nuovo e fece lo zoom sull'estremità del bosco «Hanno dei carri armati. Dobbiamo trovare un modo per prenderne uno. Ci servirà per avvicinarci. Ma credo che abbia pochi posti, decidete voi chi ci salirà.» Tutti la ascoltavano attentamente, Tony parve quello più convinto.

«Cap, tu potresti portare il tuo gioiellino.» disse quest'utlimo. Steve ci pensò su, poi annuii. Zoe fu l'unica a non capire, così Tony le mimò con le labbra "la moto".

«Oh, ok. A questo punto confido in Natasha e Clint. Rogers,» richiamò la sua attenzione «assicurati di uscire solo dopo che avranno preso il carro armato. Sicuramente ci beccheranno e cercheranno di colpirci, guardate qui.» Zoe indicò le piattaforme, zoommandole «Scommetto che queste piattaforme avranno delle guardie.»

Captain America scosse la testa «Se è così, ci metteranno un attimo ad avvisare quante più guardie possibili.»

Zoe sospirò «Forse si. Ma voglio ricordarti che abbiamo l'uomo verde che può giocare a nostro favore.»

Bruce guardò Zoe quando si sentii chiamare in causa «Cioè, dovrei attaccarli tutti io?»

Tony, che aveva già capito il discorso di Zoe, intervenne esasperato «Ovvio che no. Solo quelli in più.»

«Io ti darò una mano.» esclamò Thor «Quei rammolliti scapperanno in meno di un minuto.»

«E voi due? Rimarrete a guardare?» chiese Steve spazientito.

Zoe e Tony si guardarono complici e sorrisero. Poi lei parlò «Noi vi copriremo le spalle dall'alto. E cercheremo un modo per entrare.»

Tutti guardarono Zoe confusi. Sapendo già quale domanda stava riempendo la testa degli Avengers, Zoe sospirò alzando gli occhi al cielo. Improvvisamente, li richiuse. Pochi secondi dopo, si sollevò in aria sotto lo sguardo incredulo di tutti. Bruce si alzò in piedi di scatto, spalancando la bocca. Natasha, Clint e Thor sorrisero sorpresi. Tony, invece, non era sorpreso. E infine Steve, che non aveva idea di cosa dire in quel momento. Zoe rimase a mezz'aria per un altro po' e ogni suo movimento era accompagnato da una scia verde. Lentamente ritornò a terra. Si voltò verso Fury, che non stava sorridendo, ma Zoe vide uno sguardo fiero.

All'improvviso, Steve Rogers si avviò in avanti. Si posizionò davanti a Zoe, mantenendo il suo sguardo duro. Le sue iridi azzurre incontrarono quelle verdi della bionda. Per un attimo le mancò il fiato. Da quella prospettiva, Steve era ancora più bello.

 Da quella prospettiva, Steve era ancora più bello

Bello tanto quanto stronzo.

Lui fece una smorfia, sospirando «Se ci tradisci, ti farò fare la stessa fine di Loki.» poi gli occhi gli caddero sulla mano che Steve aveva alzato a mezz'aria, invitandola a stringerla.

Zoe sorrise «Al massimo potrei lasciarti morire soffocato.» lui non rise, ma alzò le sopracciglia. Anche in un momento di pace, lei riusciva ad essere irritante. Tuttavia, lei afferrò la sua mano e la strinse.

«E' fatta, allora!» esclamò Natasha, entusiasta «Benvenuta negli Avengers.»

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Capitolo 5
*** 3 - New life. ***


Da quando Zoe aveva trovato la sua stanza, vi si era catapultata dentro e non era uscita da li per qualche ora del pomeriggio. La Stark Tower era stata ristruttrata tante volte negli anni, quindi la sua stanza era diversa se pur sempre al secondo piano. Le pareti erano bianche e così anche i mobili. Una grande finestra illuminava tutta la stanza, il che la rendeva ancora più bella. Il pavimento era ricoperto da una moquette grigia. C'erano anche i soliti mobili: armadio, due comodini e una scrivania. Le sembrava quasi di trovarsi in una camera di uno degli hotel più lussuosi della città. In più, per abbellirla ancora di più, c'erano delle piante nell'angolo accanto alla finestra. Al centro della stanza c'era un grande letto matrimoniale. Zoe rise guardandolo e ringraziò Tony mentalmente per aver ricordato ancora una volta il piccolo dettaglio della sua infanzia, quando agli inizi stava nel suo piccolo lettino e puntualmente ogni notte nel sonno cadeva dal letto. Quella storia durò per circa un anno, fin quando Tony non si decise a farle portare in camera un letto molto più grande. Lui ogni tanto la derideva ancora per questo piccolo dettaglio. Infine sulle mensole c'erano delle piccole fotografie, ma quelle Zoe le conosceva bene. C'erano anche nella sua vecchia camera e Tony le aveva conservate.

Nella prima foto c'era lei da bambina, il suo primo compleanno con la sua nuova famiglia. Aveva fatto sette anni quel giorno, ed era insieme alla famiglia Stark da poco più di due mesi. In quella fotografia, aveva un ridicolo cappellino di compleanno in testa. Era stata un'idea di Tony, che all'epoca aveva quasi vent'anni. La piccola Zoe sorrideva felice, era la prima volta che festeggiava il suo compleanno. O almeno, il primo che ricordava.
Nonostante stesse con la famiglia Stark da due mesi, Zoe si era sentita fin da subito nel posto giusto. Non ci aveva messo molto ad ambientarsi, anche se per i primi mesi cercava ancora di lottare per sentirsi una normale bambina. Howard l'aveva presa immediatamente sotto la sua ala, ma prima di fare ciò aveva cercato di capire chi fosse quella bambina. Fece qualche ricerca veloce e scoprì che quella bambina era Zoe Knox, di cui due anni prima si erano perse le tracce insieme ai suoi genitori. Ovviamente, l'Hydra aveva trovato il modo per insabbiare la questione. Ma Howard, piano piano, era arrivato alla verità su di lei. Per i genitori, purtroppo, non era mai riuscito a trovarli. Alla luce di ciò, tenne con se Zoe fin quando non avrebbe avuto risposte. Più passarono i mesi più tutta la famiglia si era affezionata a quella bambina, Tony in particolar modo.

Nella seconda foto c'era sempre Zoe mentre dormiva, con qualche anno in più. Forse ne aveva dieci. Teneva un piccolo dinosauro tra le braccia. Tony aveva sempre avuto due motivi per sfotterla in quell'occasione: il primo, che mentre dormiva teneva le labbra spalancate mentre, il secondo, che dormiva ancora dieci anni con un peluche. Zoe aveva sempre detto che la confortava, ma crescendo capì che in realtà aveva proprio il vizio di abbracciare qualcosa mentre dormiva. Se non era un peluche era un cuscino, se non era un cuscino raggomitolava le coperte. Se non erano le coperte, era Tony.
Howard e Maria non c'erano più già da un po'. Zoe aveva passato solo un anno insieme a loro, ma gli mancavano talmente tanto che a volte fingeva di abbracciare loro mentre dormiva. Non era stato per facile saperli morti, ne per lei ne per Tony. Nel suo dolore, però, Tony si era preso la responsabilità di prendersi cura di Zoe in tutto e per tutto. Non lo faceva in veste di padre, ma in veste di fratello maggiore. Lui non aveva mai mancato nel farla sentire come la principessa di casa ed il loro rapporto era speciale. Poi, come un qualunque rapporto fraterno, litigavano anche.

Nella terza foto c'erano proprio lei e Tony, c'era anche una data scritta: 29 maggio 2002. Il trentaduesimo compleanno di Tony. Lui, che era un inguaribile egocentrico, aveva organizzato una festa in grande. Zoe aveva insisitito per preparare lei stessa la torta. Il problema era solo uno: non sapeva da dove iniziare. L'unica persona a cui riuscì a chiedere aiuto fu Happy, ma lui era negato tanto quanto lei. Zoe ed Happy passarono il pomeriggio e seguire ricette in uno di quei vecchi libri da cucina, ma con scarsi risultati. Finale della favola? La neodiciottenne Zoe si era innervosita talmente tanto che aveva fatto esplodere l'impasto, combinando un disastro. L'impasto era schizzato in ogni angolo della cuina ed era arrivato addosso ai due. La cosa più terrificante per Zoe, fu avere i capelli ricoperti di crema pasticcera. Tony aveva sentito l'esplosione ed era corso lì temendo al peggio, ma quando si ritrovò davanti Zoe ed Happy sporchi in quel modo non riuscì a non scoppiare a ridere. Non perse neanche tempo a prendere una macchina fotografica e chiedere ad Happy di immortare quel momento. Alla fine, anche Zoe era scoppiata a ridere. Quando Tony le fece rivedere la foto che avevano appena scattato, le disse che quello era il regalo più bello che lei avesse mai potuto fargli.
In tutto ciò, quel giorno, Happy prese seriamente l'idea licenziarsi.

Zoe aveva guardato quelle tre foto per un momento che le sembrava non finire più. Sorrise teneramente, ripensando a quelli che erano i ricordi della sua infanzia e si sentii fortunata di essere capitata in quella famiglia. Anche se non ricordava nulla della sua vita precedente, per qualche ragione sentiva che con i Stark aveva avuto la sua seconda occasione. Se solo Howard e Maria non fossero morti...
Scosse la testa, scacciando via i pensieri. Non era il momento di ripensare ai momenti più tristi del suo passato. Sapeva che, in un modo o nell'altro, loro sarebbero stati sempre accanto a lei.
Si lasciò cadere sul suo letto e guardò il soffitto per un po', pensando a quello che le era successo nelle ultime ore: in ventiquattro ore era passata dal divertirsi in un casinò di Las Vegas al diventare un Avenger. Non è proprio una cosa da tutti i giorni, insomma.
Pensandoci, sarebbe potuto accadere molto tempo prima. Cosa sarebbe successo se, due anni prima, fosse entrata in squadra e avrebbe combattuto Loki insieme a loro? Questa domanda l'aveva tormentata per un po' e ogni volta che Tony le raccontava di quei giorni immaginava quale sarebbe potuto essere il suo ruolo. Forse avrebbe addirittura potuto fermarlo, il Dio degll'Inganno. Dopo tutto, era magia contro magia. Sarebbe stato un bell'incontro.
E il rapporto con la squadra? Sarebbe stato diverso? Forse l'avrebbero conosciuta e accolta in una maniera completamente diversa. Invece Zoe aveva trovato una squadra già formata e compatta. E, sopratutto, con piena fiducia tra di loro. Dalla mattina lei aveva constatato già che Steve Rogers, che a detta di Tony era quello che solitamente dava le regole, non si fidava di lei. Gli altri, invece, non si erano esposti gran che. Non sapeva se avrebbe trovato più difficoltà nelle missioni o nel guadagnarsi la fiducia.

Qualche ore più tardi Zoe non si rese nemmeno conto che si era addormentata. Quando riaprii gli occhi, dalla finestra non entrava più la luce, era buio. Si alzò a sedere sul letto e cominciò a stiracchiarsi il più possibile. La sua stanza aveva un che di diverso al buio, ma il bianco risaltava ancora di più. Sospirando, raccolse gli indumenti che Tony le aveva fatto trovare e si chiuse in bagno. Incontrò immediatamente la sua immagine nello specchio e vide il trucco completamente sbavato e il viso ancora impastato dal sonno. Il bagno era semplice, le mattonelle erano bianche e la stanza si componeva dei mobili necessari. Rivolse uno sguardo intenso alla vasca da bagno, poi alzò la leva del rubinetto e la vasca cominciò a riempirsi. Nel frattempo cominciò a spogliarsi, senza staccare gli occhi dalla sua immagine.
Zoe non era cambiata solo caratterialmente negli anni, era cambiata anche esteticamente. Eppure, alcuni dettagli riusciva a vederli solo lei. Il corpo era sempre stato magro, il seno le era cresciuto di una taglia ma continuava a sembrare piccolo ed inesistente. In compenso, però, poteva vantarsi di avere un bel sedere. La pelle le era diventata ancora più chiara, quasi bianca. I capelli erano sempre stati biondissimi, anche se quando era più piccola avevano un colore più giallastro. Guardandosi, però, Zoe li vedeva sempre più sul platino. Ed erano lunghi. Ci aveva provato a tenerli corti, ma dopo due o tre mesi erano già di nuovo lunghissimi. Era colpa dei suoi poteri, probabilmente il fatto che lei potesse curarsi valeva anche per i suoi capelli. Più li tagli, più ricrescono velocemente gli disse una volta una persona.
Si immerse nella vasca bollente e ci rimase per una ventina di minuti. Tolse ogni residuo nero sugli occhi, struccandosi definitivamente. Poi lavò i capelli, passando accuratamente i prodotti che trovò sul mobiletto.

Era stano trovarsi lì e non avere la minima idea di cosa sarebbe successo nei prossimi giorni. Di solito era abituata a porsi ogni giorno dei nuovi obbiettivi, delle nuove mete. Ma adesso? pensò. Cos'avrebbe fatto? Sarebbe partita in missione con gli Avengers, avrebbe trovato Strucker e, dopo averlo disprezzato nel peggiore dei modi, lo avrebbe fermato. Era questo il piano? Si. Ma poi? Cosa sarebbe successo? Sarebbe rimasta con gli Avengers o sarebbe ritornata alla sua solita vita in giro per il mondo?

Per la prima volta, non sapeva cosa fare.

Uscì dalla vasca e si avvolse in una tovaglia, facendo lo stesso con i capelli. Piccole gocce d'acqua caddero sul pavimento e Zoe, agitando le dita, le asciugò velocemente. Stando attenta a tenere su la tovaglia bianca che le avvolgeva i capelli, indossò l'intimo nero. Sbuffò rumorosamente quando notò che aveva lasciato i vestiti in camera. Aprii la porta e una vampata gelida la prese in pieno, facendola rabbrividire. Velocemente rientrò in camera per recuperarli, ma una figura seduta sul suo letto la face sobbalzare.

«Oh mio Dio!» urlò, portandosi le mani al petto.

Natasha Romanoff si alzò di scatto avvicinandosi a Zoe «Scusa, scusa! Non volevo spaventarti.» le disse sorridente. La rossa teneva tra le mani dei vestiti, precisamente una maglietta nera e un pantalone dello stesso colore.

«Nat.» riprese a respirare «Che ci fai qui?»

Lei alzò i vestiti, mostrandoglieli «Ti ho portato questi, Tony ha detto che non hai rifatto il guardaroba.»

Zoe afferrò i vestiti subito dopo che Natasha glieli lanciò. Se li rigirò tra le mani, poi annuì vestendosi velocemente. Era rimasta in intimo davanti alla rossa per diversi minuti. Nat la guardò vestirsi in silenzio, non sembrando affatto in imbarazzo. A dir la verità, neanche Zoe si sentii scomoda.

«In realtà sono venuta anche a recuperarti, tra poco ceniamo.»

Zoe afferrò il suo cellulare e notò che erano quasi le otto. Quando era passato così velocemente il tempo? Doveva aver dormito parecchio. Guardò di nuovo Natasha e annuì «Oh, ok. Allora vi raggiungo.»

Nat alzò le spalle «Ti aspetto. Stava per venire Tony a chiamarti, ma l'ho fermato.»

La bionda si avvicinò allo specchio in camera e si sistemò i vestiti. Solo allora si ricordò della tovaglia che avvolgeva ancora in testa e, lentamente, li liberò. I suoi lunghi capelli biondi le ricaddero sulla schiena, poi attraverso lo specchio guardò Natasha «Come mai?»

La Vedova Nera si sedette sul suo letto, aspettandola, e fece spallucce «Ho pensato avessi bisgogno di un'amica. Ne ho approfittato.»
Zoe si bloccò boccheggiando. Mentre si voltò per guardare Natasha, pensò che non aveva mai avuto un'amica, a parte il rapporto stretto che aveva con Pepper. Sentirle dire quelle parole la fece sorridere, Natasha ricambiò, e riprese a sistemarsi. In realtà le mancavano solo le scarpe. Recuperò velocemente i suoi stivaletti marroni e li indossò.

«Comunque, forte la soffiata su Steve.» le disse all'improvviso. Zoe inclinò la testa, confusa. «La battuta sui genitali. Nessuno gli aveva mai detto una cosa del genere.»

«Gli avrei detto di peggio, credimi.»

«Oh, lo so. Tony ha detto che ti sei contenuta.»

Le due risero per un po', fin quando non arrivò il momento di andare

Le due risero per un po', fin quando non arrivò il momento di andare. Natasha disse che solitamente mangiavano cose molto comuni ma altre volte a lei piaceva far provare alla squadra delle pietanze russe, proprio perché lei è nata in Russia. Zoe non sapeva molto su Natasha, in realtà, e avrebbe voluto chiederle di più su di lei. Ma non lo fece, sapeva che per conoscerci ci sarebbe stato tempo.

Mentre camminavano per raggiungere la mensa, le due finirono per parlare dell'Hydra.
«Mi dispiace per quello che ti hanno fatto. Anche se non so bene cosa...»

Zoe fece spallucce «Neanche io, se può consolarti.»

«Non ricordi proprio nulla?» chiese confusa.

La bionda scosse la testa «Poco e nulla. Ma forse è meglio così.»

Natasha sospirò e la guardò comprensiva «Zoe, se hai bisogno di qualcuno con cui parlare, puoi contare su di me. Sappilo.»

In risposta, Zoe annuì e sorrise alla sua nuova amica «Grazie, Nat. Io sto bene.»

Nella mensa le due ragazze trovarono tutti gli Avengers e la tavola apparecchiata. Tony la raggiunse, scombinandole i capelli bagnati con la mano. Zoe fece un saluto generale, ricambiato da tutti tranne che da Steve. Non vi badò molto e si andò a sedere, accomodandosi tra Tony e l'Asgardiano. Per quanto riguarda gli altri, invece, Steve era accanto a Tony a capo tavola mentre Natasha era di fronte a Zoe tra Barton e Bruce.
Per un po' lei rimase in silenzio. Gli Avengers parlavano tanto e cambiavano argomento di minuto in minuto. Le capitvava ogni tanto di ridere a qualche battuta ma non entrava mai nel pieno della conversazione. In pochi minuti a tavola stava cercando di capire almeno un pizzico delle loro personalità. Tony e Thor erano quelli che più di tutti si divertivano a dire battute o comunque cose che non avessero molto senso. Bruce sembrava quello più imbranato, ma anche quello più intelligente. Natasha la più sveglia, ma anche quella che si divertiva di più a stuzzicare i suoi compagni. Zoe giurò di aver notato degli sguardi e alcuni scambi di parole particolari tra lei e Bruce, ma lo tenne per se. Clint era il più silenzioso, ma quando parlava sembrava risultare il più simpatico.
E poi, infine, c'era Steve Rogers. Zoe non aveva bisogno di sentirlo parlare a cena per definirlo il più odioso e stronzo. Eppure ogni tanto vedeva un sorriso sulle sue labbra che lo faceva sembrare tutt'altro che odioso.

«Ma parliamo di te, Zoe. Dove ti ha nascosta Tony in tutto questo tempo?» chiese Thor improvvisamente con un gran sorriso sul viso, poggiandole la mano sulla sua piccola spalla.

«Segregata in una torre come Raperonzolo.» rispose lei, ironica. Tony corrugò la fronte.

«Ma non è vero!» scattò lui offeso, facendo ridere tutti. Anche Steve abbozzò un sorriso.

«Scherzi a parte...» riprese Zoe richiamando di nuovo l'attenzione su di se «Sono cresciuta e rimasta qui fino alla fine del 2008.»

Tutti sembravano interessati a sentire la sua storia, Bruce e Clint la guardavano attenti mentre Natasha e Thor sorridevano. Tony, ovviamente, conosceva già tutta la storia.

«Fin quando non hai mandato a quel paese la ragione della tua vita, vorrai dire.» non la guardò, ma Zoe sentii comunque la sua ironia.

«La mia ragione di vita?»

Tony alzò le spalle e fece una smorfia guardandola «Io, ovviamente.»

Ci fu una risata di gruppo. Tony si era sempre distinto per la sua ironia, ma sopratutto per il suo ego smisurato. Zoe ci aveva fatto l'abitudine e, come lei, anche il resto della squadra. Molti aspetti del suo carattere lei li aveva presi da Tony. Pepper spesso l'aveva definita la versione maschile di Tony Stark, e Zoe non poteva che andarne fiera.
Tony è stato il suo mentore e la sua guida per anni, ma anche il suo migliore amico e l'unica persona che non l'aveva mai abbandonata. Era sollevata di dover condividere l'esperienza degli Avenger insieme a lui. Ma era anche curiosa di conoscere uno ad uno i suoi compagni.

«Posso farti una domanda, Zoe?» intervenne Bruce, addentando con gusto un pezzo di carne «Quanti anni hai?»

Steve Rogers gettò la testa all'indietro «Bruce, non si chiede l'età ad una donna.» lo rimproverò.

E tu che ne sai delle donne, Capitano?

La bionda scosse la testa guardando Steve «No no, non fa nulla.» poi rivolse di nuovo lo sguardo sul dottor Banner «Trentuno, tra qualche giorno.»

Barton spalancò gli occhi «Trentuno? Ma sembri la figlia di Natasha! E avete la stessa età.» esclamò scioccato, poi guardò Natasha «Senza offesa, Nat.»
La rossa alzò gli occhi al cielo e come lei anche Steve.
«Non te ne davo più di ventitre, ad essere onesti.» concluse Banner.

Zoe annuì consapevole «La magia indebolisce la crescita.»

«Beh, che figo!»

Rise guardando Bruce, poi scosse la testa «No, ti assicuro che non è per niente una cosa bella. A scuola credevano sempre che fossi malata.»

«Andavi a scuola?» fu Rogers a chiedere, con grande sorpresa di Zoe.

Lei lo guardò «Sono pur sempre una persona normale!» esclamò ovvia «Ma comunque, ho fatto solo un anno di liceo. Poi ho cominciato a studiare a casa, ho avuto tre insegnanti diversi in tre anni.»
Zoe si portò alle labbra il bicchiere d'acqua per non ridere quando notò lo sguardo seccato di Tony.

«Perché tre?» chiese Natasha.

Tony alzò la voce allarmato «Non raccontare quella storia, ti prego!»

Ma Zoe lo ignorò totalmente ed iniziò «La prima era una ragazza di trentasei anni. Carina, nulla di che, ma era pessima.» Tony si portò una mano sulla fronte e sospirò, sotto lo sguardo divertito da tutti «Oltre ad essere una frana nel suo lavoro, era pure una lagna. Si lamentava ogni minuto di suo marito anziché fare lezione.»

«E quindi per questo l'avete licenziata?» rise Bruce.

«L'abbiamo licenziata, ma non per questo.»

Thor chiese di continuare, ma Tony richiamò di nuovo la bionda accanto a se «Zoe, maledizione, zitta!»

«Tony ci è finito a letto.» sputò secca Zoe.

Tutti i presenti, ad eccezione di Tony, scoppiarono di nuovo a ridere. Clint rideva con le lacrime agli occhi e si piegò in due tenendosi la pancia. La bionda si voltò verso Tony, sussurrandogli delle scuse, ma lui alzò gli occhi al cielo e intimò ai suoi compagni di smettere di ridere. Zoe rivolse lo sguardo a Steve, che cercava di nascondere la risata con la mano.

 Zoe rivolse lo sguardo a Steve, che cercava di nascondere la risata con la mano

«Grazie a Dio Pepper non c'è.» mormorò.

«Non lo sa?» gli chiese Steve, ma fu Zoe a rispondere.

«Certo che lo sa, gli ho raccontato tutto il giorno dopo.»

«A mia discolpa, posso dire che non stavamo ancora insieme ed è stato tanti anni fa!»

Zoe si ricorda ancora quel giorno in cui ha scoperto che Tony si scopava la sua insegnante. Lei aveva appena quattordici anni e sembrava una bambina di dieci, ma era molto sveglia e Tony si era fatto beccare. Si accorgeva spesso delle battute un po' troppo esplicite che si scambiavano e, una sera, quando Tony aveva invitato l'insegnante a cena, era stata attenta ad ogni minimo movimento. Fin quando non si rese conto che, ad un certo punto, li aveva persi entrambi di vista. Grazie a J.A.R.V.I.S. e alla sua lingua lunga robotica, aveva fatto due più due.
Zoe aveva intimato alla signorina Steece, così si chiamava, di non provare mai più a mettere piede in casa sua. E lo fece, Zoe e Tony non l'avevano mai più vista. Come dice sempre Tony, Zoe sapeva essere tanto bella quanto terrificante. Erano due le ragioni che la vollero allontanare a tutti i costi: la prima era che fosse una totale incompetente, la seconda era la gelosia che Zoe provava nel vedere Tony con una tizia a caso. Specialmente una che non le andava a genio.

«E poi? Gli altri due?» chiese Bruce.

Zoe alzò le sopracciglia «Il secondo era un uomo. Un ragazzo, in realtà, aveva venticinque anni ed era un'amico di Tony.»

Quest'ultimo sorrise irritato «Era, appunto.»

«Che ha combinato?» chiese Natasha, appoggiando la schiena sullo schienale ed incrociando le braccia con un'espressione curiosa. Zoe stava per parlare, ma Tony la fulminò e parlò per lei «Non metteva le mani a posto!»

Lei sospirò esasperata «Esagerato, c'è stato solo un bacio.»

Bruce sgarrò gli occhi e si bloccò guardandola «Un momento, hai baciato il tuo insegnante? Non è reato?»

Tony, vedendo che Bruce concordava con lui, guardò Zoe con aria di sfida «Spiegalo a lei, che credeva di aver trovato il suo primo amore!»

Zoe si sostenne la testa con le mani e si poggiò con i gomiti sul tavolo «Cazzo, ancora con questa storia.»

Non credeva di aver trovato il suo primo amore, ma solo qualcuno che era in grado di ascoltarla. Si chiamava Pete ed era tremendamente bello, ma anche simpatico. Zoe studiava con più voglia insieme a lui e si divertiva quando, dopo le lezioni, rimanevano un po' a parlare e scherzare insieme. Aveva quindici anni, che non dimostrava, ma gli aveva spiegato che era dovuto al suo lentissimo metabolismo e lui l'aveva ascoltata. Era stata lei a fare dei passi verso di lui ed era stato anche il suo primo bacio.
Poi Tony lo scoprì e successe il finimondo. Qualche anno dopo, Zoe si rese conto di quanto fosse stata stupida.

Clint aveva notato una leggera tensione tra Tony e Zoe, che continuavano a discutere sul bacio con l'ex insegnante di cui Zoe si era infatuata, così decise di spezzare quel momento e chiese sorridendo «E il terzo? O la terza. Non ditemi che ve la siete fatta entrambi, per favore.»

Tutti guardarono Clint sconvolti, Bruce simulò un conato di vomito e Steve si chiese in che razza di squadra fosse capitato. Zoe fece una faccia disgustata «Ma no! Era una signora anziana.»

Anche Thor fece una faccia disgustata «Oh no, adesso devo togliermi dalla testa l'immagine di voi due che vi accoppiate con una signora anziana.»

«Comunque.» intervenne Steve alzando la voce «Cosa le è successo?»

Zoe sospirò «Le è preso un infarto improvviso ed è morta.»

---

Dopo la cena, Zoe si era offerta di sparecchiare. Natasha si era subito opposta, ma Zoe insistette talmente tanto che nessuno osò dirle di stare ferma.
Oltre la tremenda storia di come i suoi insegnanti del liceo vennero licenziati, gli Avengers avevano fortunatamente trovato altri argomenti. Involontariamente, era stato toccato l'argomento missione. Fu allora che Steve riprese il suo mutismo e il suo sguardo scocciato verso Zoe, che aveva abbandonato per un po' durante la cena. Lei, che era concentrata a parlare della missione e di quanto odiasse l'Hydra, non fece caso a lui. Fin quando, però, non lo vide alzarsi e salutare i suoi compagni prima di andarsene a dormire. Non l'aveva guardata minimamente e neanche l'aveva salutata. Zoe non ci rimase male ma, al contrario, fece una risata amara.
Steve Rogers, che a detta di Tony aveva un grande spirito di squadra, si comportava come se lei non fosse un membro degli Avengers. Era un bel controsenso, per lui, e la cosa divertiva Zoe. Poteva rinfacciarglielo alla prossima litigata che, ci scommetteva milioni, sarebbe avvenuta nel più breve tempo possibile.

Lesse l'orario sul suo cellulare e vide che erano quasi le undici e mezza. Avevano passato la serata tra una chiacchera e l'altra e lei si era trovata talmente bene che il tempo era volato. Alzò lo sguardo verso la vetrata e guardò la luna. Illuminava gran parte del quartiere. Zoe aveva sempre creduto che la luna e il buio fossero una coppia meravigliosa. Il buio, così oscuro e pieno di segreti e la luna, così bella e luminosa. La luce nell'oscurità.
Fece il confronto tra quella strana coppia e la squadra. Il mondo era un posto orribile, ovunque ci giriamo la gente prova a far del male. E non importa che sia giorno o notte, il mondo è questo. E gli Avengers? Potevano considerarsi la via per la libertà del mondo? Il modo più sicuro per sconfiggere l'oscurità? La luna che illumina il buio?

Ma soprattutto, lei era pronta ad affrontare quel gran fardello?

«A cosa pensi?» Tony interruppe i suoi pensieri, facendola sussultare. Erano rimasti soli, mentre tutti gli altri erano andati a letto «Guarda che pago delle persone per pulire, sta ferma.» le disse, provando a toglierle i piatti dalle mani. Zoe lo allontanò con la spalla, sorridendo.
Tony osservò il suo viso per diversi secondi. Poggiò tutto il suo peso sul bancone di fronte a lei e si abbassò leggermente per raggiungere la sua altezza «Cosa c'è che non va, piccoletta?»

«Perché dovrebbe esserci qualcosa che non va?» gli chiese scuotendo la testa.

«Per cominciare stai pulendo i piatti. E tu odi pulire i piatti. Secondo, è tutta la sera che... no! Non mi interrompere. Dicevo, è tutta la sera che sei silenziosa. Tranne quando hai raccontato l'unico episodio che non dovevi raccontare, li avrei preferito che fossi rimasta in silenzio. A parte tutto, tu non stai mai così tanto in silenzio. Quindi, Zoe, te lo chiedo di nuovo. Cosa c'è che non va?»

Zoe si ritrovò ad essere spiazzata, ma sapeva anche che con Tony non poteva mentire. Lui la conosceva sotto ogni aspetto, quindi era impossibile che lui si bevesse una bugia. Non da parte sua. Respirò profondamente, non sapendo effettivamente cosa dire. Era preoccupata, su questo non c'era alcun dubbio.

 Era preoccupata, su questo non c'era alcun dubbio

«Tony... tu pensi che io stia facendo la cosa giusta?» chiese di getto, fermandosi.

«Wow, sei davvero depressa per venire a chiedere a me quale sia la cosa giusta da fare. E se ti riferisci ai piatti no, non fai la cosa giusta pulendoli.»

La fece ridere, ma Zoe gli schizzò comunque un po' d'acqua addosso «Dai, sono seria.»

Tony chiuse il rubinetto velocemente e, con una tovaglia, le asciugò le mani evitando lo sguardo contrariato di lei «Che intendi per la cosa giusta?»
Entrambi si appoggiarono con la schiena al bancone.

Tony tenne le braccia incrociate al petto, mentre Zoe si tenne allo stesso bancone «Stare qui. Insieme a voi. E se non fossi pronta?»

Questa era una delle sfumature di Zoe: era sempre forte e decisa agli occhi degli altri, ma davanti a Tony cambiava tutto. Con lui mostrava le sue debolezze, le sue paure, le sue insicurezze che non avrebbe mai mostrato alla gente. Neanche sotto tortura lei si sarebbe mostrata debole a qualcuno. Ma con Tony si spogliava completamente, senza vergogna. Non era mai riuscita a capire come fosse possibile.

«Io dico che aver aver tenuto testa al Capitano senza far esplodere nulla è una risposta sufficente.»

Si guardarono e si sorrisero teneramente «Se avessi saputo che me lo avreste rinfacciato tutti continuamente giuro che non l'avrei fatto.»

Tony le circondò le spalle «Non te lo stiamo rinfacciando, ti stiamo elogiando.»

«E se perdessi il controllo? E se rifacessi quello che ho fatto...»

«Smettila.» la interruppe Tony, serio «Quell'episodio devi cancellarlo, ne abbiamo già parlato.»

Lei si allontanò nervosa «Come faccio a cancellarlo? Potevo farti del male!»

Stark sospirò guardandola dritto negli occhi «Lo hai fatto? No. Chiuso il discorso.»

Zoe abbassò lo sguardo mordendo l'interno guancia e fece un altro respiro profondo. Tony le si avvicinò di nuovo, mettendole le mani sulle spalle «Sei una di noi, adesso. Andrà tutto bene, qualunque succeda cosa noi ti proteggeremo. E sopratutto, io ti proteggerò. Stai facendo la cosa giusta? Si, Zoe. A patto che non ti faccia male da sola. Ma devo dirtelo, con queste paranoie ti stai già facendo del male.»

Zoe sapeva bene che Tony aveva ragione. Il suo problema era quello di ferirlo di nuovo, di sbagliare e di fare del male a qualcuno. Ma sapeva anche che ormai era in grado di gestirlo e che doveva solo prestare attenzione. Era in gamba, sapeva di esserlo, e se stava rischiando Nick Fury per lei perché non farlo anche lei?

Tony costrinse Zoe a lasciare quella stanza e decise di accompagnarla, con forza, nella sua stanza. Nel tragitto, il filantropo le chiese quali fossero i suoi piani per il giorno dopo.

«Nick vuole che mi alleni, vuole che migliori il combattimento corpo a corpo. Senza queste.»
rispose scocciata facendo uscire dalle sue mani una piccola energia verde.

«Beh, in bocca al lupo. Chi ti allena?»

«Natasha, credo.»

Tony rise facendo una piccola smorfia «Uh, ti conviene dormire bene allora. Quella non è molto indulgente.»

Zoe alzò gli occhi al cielo «Grazie, Tony, sei di aiuto.»

Una volta arrivati davanti alla porta della sua camera, Tony lasciò un delicato bacio sulla guancia della bionda «Buonanotte piccoletta.»

Zoe, dopo aver ricambiato la buonanotte, entrò in camera e si chiuse la porta alle spalle. Si poggiò su di essa, rimanendo ferma ancora un po'. Non era certa che avrebbe dormito quella notte e, se lo avesse fatto, non era certa che sarebbe stata una notte tranquilla. Sospirò rumorosamente.

Che la mia nuova vita abbia inizio.

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Capitolo 6
*** 4 - Fighting. ***


Era ancora buio. Non vedeva luce da giorni, stava quasi cominciando ad abituarsi. Di fronte a se c'erano dei graffiti, che però non riuscii a decifrare. Il respiro era corto e l'aria stava diventando insopportabile. Indossava una semplice vestaglia bianca, per un attimo pensò di essere in ospedale. Ma no, gli ospedali non sono così cupi. Era sdraiata su un piccolo lettino, tra l'altro anche scomodo. Ma dov'era, non ne aveva idea. Guardò le sue gambe, poi le braccia. Era ricoperta di lividi: alcune macchie erano nere, altre viola e alcune addirittura rossi. Si chiese da quanto tempo li aveva e perché non guarissero. Insomma, lei poteva guarire tranquillamente, allora perché erano ancora li? Ma sopratutto, perché li aveva? Aveva sbattuto da qualche parte? Non lo sapeva, non lo ricordava.
Provò ad alzarsi a sedere, ma la testa le girò vorticosamente e fu costretta a bloccarsi. Si appoggiò al muro, strizzando gli occhi e respirando faticosamente. Si sentiva... debole. Come se stesse per perdere quell'unico briciolo di forza che usava per alzarsi. Le salì il senso di vomito, anche se non aveva niente da vomitare. Lo stomaco era vuoto, perché non aveva mangiato? Anche se, forse, era meglio così. Riaprì gli occhi di scatto per constatare se il giramento di testa era finito, ma invece era ancora lì ed era addirittura peggiorato. Non vide nulla per qualche secondo, aveva la pressione bassa. Cosa si fa quando si ha la pressione bassa? Non lo sapeva. O forse, non lo ricordava.
Si sdraiò ancora, qualcosa le diceva che era l'unica soluzione in quel momento. Istintivamente si portò le gambe al petto, anche se in realtà non le sentiva gran che. Forse stava morendo lentamente e non lo sapeva.
All'improvviso sentì un rumore, ma non ebbe la forza di voltarsi. Qualcuno si era avvicinato a lei, era un uomo. Zoe provò a chiedergli aiuto, dentro di se stava urlando con tutta la forza che riusciva a trovare. Ma fuori... il nulla. Il silenzio, come se non avesse voce. L'uomo si posizionò accanto a lei e si abbassò, raggiungendo la sua altezza. La scrutò per un attimo, osservandola mentre cercava di riaprire gli occhi. Quando lo fece, Zoe, riuscì a vedere di nuovo in modo limpido e appoggiò di nuovo le gambe sul piccolo materasso. Non ebbe comunque il coraggio di voltarsi.
«Ti gira di nuovo la testa?» sussurrò l'uomo. La sua voce era calma e, per certi versi, sembrò pure dolce. Di nuovo? si chiese Zoe, è successo altre volte?
Non rispose, non ne aveva la forza. Ma perché? Che diavolo stava succcedendo? Perché non sapeva dove si trovava? Perché era in quello stato?
L'uomo le porse qualcosa. Erano due rettangoli marroni, era del cioccolato. Zoe lo riconobbe subito, ma non sapeva se prenderlo effettivamente o no.
«Hai bisogno di zuccheri, o non ti riprenderai per un po'.» la informò l'uomo, poi sogghignò «Non che il cioccolato faccia miracoli, è ovvio. Però è buono. Mia madre me lo dava sempre quando stavo male. C'è chi dice che sia un richiamo ottimo per i bambini.»

La voce dell'uomo era confortevole, quasi confidenziale. Ma chi era? E perché sembrava che lei le stesse a cuore?
Si prese di coraggio e si voltò. L'uomo le sorrise incrociando i suoi occhi. Aveva qualche ruga sparsa sul volto, ma non sembrava un signore troppo grande. I capelli erano castani e corti, così come la barba. C'era qualcosa di strano nell'aria, sembrava che lui fosse li per un motivo specifico. E no, non era li per sapere se Zoe stesse bene. Però si preoccupò di farle afferrare il cioccolato, avvicinandoglielo alla mano. Zoe lo prese, come se non avesse alternativa, e gli diete un debole morso per accettarsi che non fosse veleno. Mangiò tutto il primo rettangolo, mentre il secondo lo lasciò li sulla sua mano.
L'uomo sospirò «Ti senti meglio?» le chiese sempre con quel tono calmo e rassicurante. Zoe annuì.
«Devi venire con me.» disse poi all'improvviso.
Zoe si sentii nel panico più totale a quelle parole. Come se quelle parole fossero state un richiamo o qualcosa che lei conosceva bene, iniziò a sentire le gambe tremare. Cercò di aggrapparsi il più possibile al lettino, scuotendo la testa spaventata. Lui non si mosse per qualche secondo, poi guardò in basso. Teneva qualcosa in mano, che Zoe riconobbe come una siringa. Il panico aumentò ancora di più e il respiro si fece di nuovo corto.

«Mi dispiace tanto.» riuscì a sentire prima che lui la tenne bloccata e le spalle e la punta della siringa entrò in contatto con la sua pelle, bruciandola.

Zoe aprì gli occhi di scatto e cercò di regolare il respiro. Si mise a sedere, osservando attentamente la sua stanza. Era solo un sogno, pensò. Un sogno che sembrava reale. Non era la prima volta, ma si sentii comunque sconvolta. Si portò le mani sul viso e strofinò gli occhi, cercando di eliminare completamente il ricordo di quel sogno. Ma non ci riuscii, ne era troppo terrorizzata per poterlo rimuovere in quel momento.
Afferrò il cellulare e vide che erano le cinque del mattino. La sveglia sarebbe suonata solo un'ora più tardi, ma non aveva più il coraggio di rimettersi a dormire e rischiare di rivedere quelle immagini. Tolse le coperte di scatto e si alzò, rifacendo il letto con i suoi poteri. Quando finii, lottò contro se stessa per non rimanere immobile. Si era svegliata, si era alzata ma non sapeva cosa fare per togliere quel sogno dalla sua testa. Corse in bagno e si sciaquò il viso, ma non cambiò nulla.

«Porca puttana.» disse esasperata e cercando di reprimere le lacrime che minacciavano di uscire. Calmati, Zoe. Va tutto bene, è finita.
Si vesti velocemente con un leggins ed una canottiera, la prima cosa che trovò nel cassetto, e legò i capelli in una coda alta. Il sole doveva ancora sorgere, ma lasciava intravedere i raggi. Zoe ammirò l'alba, trovando meraviglioso il contrasto di colori arancione, giallo e azzurro che stavano in cielo. Incrociò le braccia sotto il seno, come se quella posizione la confortasse. Come se la proteggesse dai pensieri. Poi scosse la testa, distolse lo sguardo dall'alba e si avviò verso l'uscita della sua camera.
Quel sogno era familiare, lo aveva già vissuto altre volte. Lo sentiva talmente vero che probabilmente era solo un ricordo che ogni tanto cercava di riaffiorare. Ma prontamente, lei lo respingeva. Non era pronta ad affrontarlo, nonostante negli anni avesse sempre cercato di ricordare almeno un minimo di quello che le era successo. Era un enorme controsenso: voleva ricordare, ma allo stesso tempo non voleva rivivere quel dolore che ancora le bruciava sulla pelle. Era strana, Zoe, lo era sempre stata. Odiava il passato, per lei era quello il male. Non le piaceva rimurginare su di esso, ma la sua mente a volte era come se la obbligasse a sforzarsi.

Raggiunse il piano di sotto e cercò di sforzarsi a ricordare dove avrebbe dovuto incontrare Natasha per l'allenamento. La Avengers Tower era enorme ed era facile perdersi, sopratutto dopo essere stata ristrutturata varie volte. Guardava ogni porta, cercando di trovare la palestra. Era certa che non avrebbe trovato Natasha ad aspettarla alle cinque del mattino, ma doveva trovare un modo per distrarsi. O per sfogarsi. Dipende dal punto di vista.
Capendo che in quel piano non avrebbe trovato quello che cercava, valutò di ritornare ai piani superiori. Ma era troppo pigra per fare le scale, così raggiunse velocemente l'ascensore e vi entrò dentro provando a selezionare il terzo piano. Attese in silenzio di arrivare, ma quando arrivò capì che anche li non avrebbe trovato quello che cercava. Sospirò e riprovò ancora qualche volta, fin quando non raggiunse il sesto piano. L'ascensore si aprii mostrandole una stanza enorme, ma fu altro a catturare la sua attenzione. Un rumore la fece voltare verso destra, lì vide qualcuno. Indossava una maglietta bianca e stava, ripetutamente, prendendo a pugni un sacco da Box. Zoe non ci mise molto a riconoscerlo.

Steve Rogers.

Entrò silenziosamente, notando che lui non si era accorto della sua presenza. Sembrava concentrato in quello che stava facendo e si chiese come mai fosse così in movimento già a quell'ora.
«E' così che mantieni i muscoli? Cercando di rompere il sacco?»

Steve si voltò di scatto verso di lei, che rimase per un attimo senza fiato. Le prime luci dell'alba gli illumnavano il viso, mostrando in modo brillante i suoi occhi azzurri. All'occhio le saltarono anche delle gocce di sudore che, lentamente, scendevano dalla fronte fino al collo bagnandogli la maglietta. Le labbra erano leggermente schiuse e il respiro era affannato. La maglietta bianca gli mise ancora di più in risalto i muscoli, che fino al giorno prima Zoe aveva percepito solo tramite una maglietta a manica lunga. Constatò che il bianco, al capitano, stava da Dio.
I loro sguardi si incrociarono per un tempo che le parse infinito, ma lei in quegli occhi azzurri ci navigò proprio. Anche al mattino presto, Steve Rogers era bello da mozzare il fiato.

«Mi aiuta a scaricare la tensione.» le rispose afferrando una tovaglia per asciugarsi la fronte. Parlò ancora «Già in piedi?»

Lei annuii, avvicinandosi «Notte difficile. Tu?»

Steve sogghignò, alzando le spalle «Ho dormito abbastanza, credo.»

«Settant'anni mi sembrano sufficienti, effettivamente.» Zoe afferrò una bottiglietta d'acqua distogliendo lo sguardo da Steve, che rimase in silenzio pur continuando a fissarla. Sentendo il suo sguardo ancora addosso, Zoe continuò «Non ti attaccherò di nuovo, puoi tornare al tuo allenamento.»

Zoe si avvicinò ad un tapis roulant e ci montò su, notando con la coda dell'occhio che Steve stava scuotendo la testa ridendo. Lo ignorò, poi fece comparire delle cuffie che attaccò velocemente al suo cellulare e fece partire la sua personale playlist.
Cominciò a camminare sul tapis roulant mentre la musica le rimbombava nelle orecchie e la scollegava da tutto ciò che le stava intorno. Steve, nel frattempo, aveva ripreso a prendere a pugni il suo sacco. Zoe era quel tipo di ragazza che notava molto i dettagli, per questo si accorse che l'intensità con cui lo colpiva aumentava di minuto in minuto.
Per quanto lui potesse starle antipatico, non riuscì a non chiedersi cosa Steve avesse passato nella sua vita. Zoe conosceva la sua storia, tutto il mondo la conosceva. Il super soldato della seconda guerra mondiale, dato per scomparso - o, addirittura, morto - per settant'anni. Poi si scopre che in realtà era solo congelato nel fondo del Mare Glaciale Artico, vivo. Quando lo avevano ritrovato, tutto il mondo ne parlava. Tutto il mondo era sconvolto. Ma lui? Com'è stato risvegliarsi dopo aver passato così tanti anni ibernato? Che cos'ha provato? Che cos'ha pensato? Ma, sopratutto, cosa lo ha spinto a non impazzire?
Zoe aveva sempre avuto questa curiosità. Howard conosceva bene, benissimo, Steve, ma non gli aveva mai parlato di lui. Ovviamente non lo aveva fatto, lei era troppo piccola e aveva passato troppo poco tempo insieme ad Howard. Tony, invece, sapeva tutto. Magari, se Howard non fosse morto, gliene avrebbe parlato anche a lei. Invece Zoe sapeva la storia di Captain America grazie a Tony. Anche a scuola ogni tanto gli insegnanti ne parlavano. Tutto il mondo parlava di Captain America, di tutto quello che aveva fatto nella sua epoca e di quello che avrebbe fatto una volta sveglio.

Zoe, che nel frattempo aveva cominciato a correre sul tapis roulant, si ritrovò a doversi fermare improvvisamente quando vide che Steve si era affiancato a lei e la stava fissando. Per pochi attimi perse l'equilibrio, ma si protesse con la sua magia e riuscii a non cadere. Steve la osservò in silenzio, trovando ancora surreale i poteri di quella ragazza.
Lei lo fulminò con lo sguardo e staccò una cuffia dall'orecchioo «Mi hai fatto prendere un colpo.»

Steve non si scompose «Non ho fatto niente.» le disse e, dal suo tono, Zoe capì che lui la stava prendendo in giro.

«Ti avevo detto che non ti avrei disturbato, ma sei tu che disturbi me. Cosa vuoi?» sbottò fermando l'attrezzo e appoggiandosi ai bracci di esso.

«Capire chi sei.»

Zoe lo guardò con un sorriso amaro «Zoe Knox, piacere.»

Lui alzò la testa, tornando serio «So come ti chiami. Voglio capire chi sei, cosa ci fai qui.»

«Cosa vuoi, un resoconto della mia vita? Chiedi a Nick Fury di darti informazioni su di me, se proprio ci tieni.» si allontanò da lui, scocciata.

Poi si bloccò quando lui parlò ancora «Da quanto puoi fare quelle cose?»

Si voltò lentamente verso di lui, corrugando la fronte. Perché le stava chiedendo quello? Cos'era, un modo per fare amicizia o un modo per capire se potesse essere davvero una spia dell'Hydra?
Steve si era appoggiato sul muro, con lo sguardo mantenuto su di lei. Dal suo sguardo, però, non traspariva nulla. Zero. Ciò la mandò ancora di più in confusione. O forse era semplicemente lei, che non riusciva a decifrare lo sguardo di un ragazzo.

Impossibile, pensò.

«Sei invidioso perché tu non li hai o...?» lasciò la frase in sospeso, mantenedo il suo tono ironico.

«Non puoi semplicemente rispondere?»

«E tu non puoi semplicemente farti gli affari tuoi?»

«Lo sai che non si risponde ad una domanda con un'altra domanda?» le disse alzando il mento.

Zoe inclinò la testa «Beh, tu lo hai appena fatto.»

Quella risposta fece ridere Steve. Zoe si sentii soddisfatta, lo aveva appena zittito. Di nuovo. Quasi quasi stava diventando il suo hobby preferito, zittirlo.

«Rogers, se ti serve per capire da che parte sto, stai perdendo tempo. Non farei mai niente che potesse ferire Tony, mettitelo bene in testa.» cominciò lei, lentamente, avvicinandosi a lui «Odio l'Hydra tanto quanto la odi tu. Con una piccola differenza...»
Erano di nuovo l'uno di fronte all'altro a tenersi testa. Steve sentii il respiro di Zoe sul collo. Era talmente bassa che dovette tenere lo sguardo completamente giù. La guardò attentamente, invitandola a continuare.
«Che io ho provato sulla mia pelle le loro atrocità e mi hanno privata dei miei ricordi. Tu li hai combattuti e tutto il mondo ti definisce un eroe, per questo.»

Steve si sentì pugnalato allo stomaco

Steve si sentì pugnalato allo stomaco. Cosa poteva risponderle? Niente. Aveva provato a metterla con le spalle al muro perché il pensiero che lei potesse essere lì come una qualunque infiltrata lo tormentava, lo divorava e non lo faceva stare tranquillo. Eppure quelle parole avevano smosso qualcosa dentro di lui. Zoe Knox era lì da neanche ventiquattro ore, ma aveva già distrutto Steve in due modi diversi. Con i suoi poteri e, peggio, con le parole. Non la conosceva, non sapeva niente di lei. Solo che era una ragazza con dei poteri assurdi, anche se non aveva visto neanche la metà di quello che Zoe era in grado di fare. Per Steve Rogers, l'ultimo anno era stato un vero inferno. O forse lo era stato fin da quando aveva rimesso piede nel mondo dopo settant'anni ibernato. Era lecito che non riuscisse a fidarsi di nessuno, no?
Fury si fidava di lei, sapeva qualcosa che forse nessuno nella squadra sapeva. Tranne Tony, lui sapeva ogni minimo dettaglio di lei, a detta sua. Steve aveva potuto constatare che tra i due ci fosse un bel rapporto solido, anche se non era ancora riuscito a capirne il perché.

Natasha, che era riuscita a scambiarci qualche parola, aveva detto a Steve che doveva rilassarsi un po' di più. Che Zoe, per quel poco che ci aveva parlato, sembrava simpatica. E sincera. Allora perché Steve la trovava enormemente irritante?

«Quella scenetta di ieri...» ricominciò Zoe, bloccandosi «Non l'ho fatta per sentirmi superiore. O per farmi odiare.»

Steve sembrò confuso «E allora perché?»

La bionda si voltò di nuovo, scrollando le spalle e sorridendo «Non lo so. Per noia?» Steve non sentii cattiveria in quello che stava dicendo. Stava per risponderle, ma lei continuò «Ma su una cosa tu hai ragione, Rogers. Io senza i miei poteri non sono nessuno.»

Steve la guardò allontanarsi verso l'uscita della palestra, ma scattò verso di lei fermandola. Zoe sembrò confusa, o sconvolta, da quel gesto.

«Vieni con me.» ordinò Steve, gentile. Zoe stava per rifiutarsi, ma Steve le voltò le spalle e ritornò dentro come se stesse dando per scontato che lei lo avrebbe seguito. Si trovò in bilico tra seguirlo o tornarsene in camera sua, pentendosi amaramente di essere scesa giù dal letto alle cinque del mattino. Pensò che, effettivamente, non aveva niente da perdere nel sapere cosa volesse mostrarle Steve. Ammesso che volesse mostrarle qualcosa, ovviamente.

Si guardò le spalle velocemente e poi camminò verso la direzione del Capitano, di nuovo in palestra. In tutto quell'arco di tempo Zoe non aveva notato che c'era un'altra stanza, li proprio dove era sparito Steve. A passo lento, molto lento, lo raggiunse. Quando vi entrò finalmente dentro, trovò una stanza molto ampia. Le pareti erano marroni e il pavimento era chiaro con dei tappeti morbidi e marroni. Ai lati della stanza cercano delle sedie, cinque, e un tavolino in un angolo. Insomma, la stanza era praticamente vuota.

«Nat arriverà tra un'ora. Nel frattempo, fammi vedere cosa sai fare.» le disse Steve, al centro della stanza.

Zoe corrugò la fronte «Ma di che stai parlando?»

«Hai detto che senza i poteri non sei nulla. Io non sono Nat, ma qualcosa so farla anche senza il mio scudo.»

Sulle sue labbra spuntò un piccolo sorriso, che fece sorridere Zoe «Vuoi insegnarmi a combattere, Rogers?»

Lui alzò le spalle «Solo le basi. Al peggio ci pensa Natasha.»

Era per caso un nuovo metodo per attaccare bottone? Una volta non si usava invitare a cena una ragazza per fare colpo? In quei cinque anni in cui lei aveva abbandonato New York, per caso, avevano cambiato i metodi standard? Rise di gusto pensandoci e si posizionò davanti al biondo e solo in quel momento si rese conto che non sapeva esattamente da dove iniziare. Lo guardò scettica.

«Tirami un pugno.» le suggerii.
Zoe non se lo fece ripetere due volte, ma quando allungò il pugno sul viso in un attimo Steve le bloccò il polso. Lei, che non se lo aspettava, lo guardò interrogativa.
«Troppo lenta.» scattò Steve. Tenendo la presa sul suo polso, la fece voltare di spalle tenendola imprigionata con l'altro braccio. Zoe emise un gemito contrariato.

«Non vale così, non mi hai dato neanche il tempo di...»

Non riuscii a finire la frase, Steve la interruppe e la fece voltare di nuovo verso di lui «Pensi che un nemico ti darebbe il tempo di prepararti?»

No, effettivamente.

Seccata, Zoe riprovò altre due volte ma Steve la schivò entrambe le volte «Ancora troppo lenta. Più convinta, Knox.»
La bionda sbuffò nervosa, facendo ridere Steve in modo soddisfatto. Lo guardò in cagnesco e si avvicinò, convinta, tirandogli quel maledetto pugno. Quando sentii le sue nocche entrare a contatto con la mascella, sorrise. Steve si era piegato in due e stava strizzando gli occhi per il dolore.
«Sei forte.» le disse respirando forte e rimettendosi dritto. Zoe non ebbe il tempo di godersi la soddisfazione di aver sferrato un pugno al Capitano, che lui avanzò velocemente verso di lei spingendola con le braccia, facendola cadere di spalle, e si buttò addosso a lei. Zoe urlò per il dolore e per il peso di averlo completamente addosso.

«Ma che cazzo...» bofonchiò, guardandolo sconvolta.

«Modera i termini.» le rotolò accanto e si rialzò velocemente, mentre lei si contorse sulla schiena. Zoe riuscii velocemente a curarsi. Guardò Steve che si era appena alzato e aveva appena allungato una mano verso di lei per aiutarla ad alzarsi. Ingenuamente, la afferrò. Ma appena fu di nuovo in piedi, proprio come qualche minuto prima, Steve la bloccò di nuovo con il polso girato e trattenuto sulla sua schiena.

«Cristo santo! Hai rotto.»

Con la schiena poggiata al petto di Steve, Zoe gli pestò il piede e l'uomo fu costretto ad allontanarsi per il dolore. Approfittandone, la bionda gli afferrò le spalle e lo colpì con il ginocchio sui testicoli e con una seconda spinta lo fece arrivare un po' più distante da lei. Il Capitano, con gli occhi offuscati per la botta, si lasciò andare a terra. Lei gli corse incontro, ma non per aiutarlo, e si buttò su di lui a cavalcioni. Cercò di sferrargli un pugno, che Steve schivò. Poi lui ribaltò la posizione e si ritrovò a stare su di lei bloccandole i polsi all'altezza della testa.

«Posizione poco formale, Capitano.» sussurrò, prima di alzare il ginocchio sull'addome di Steve che mollò immediatamente la presa. Zoe sgattoiolò via e si rimise in piedi, ma Steve le afferrò una gamba facendola cadere di nuovo a terra. Bloccò il calcio che lei aveva appena provato a tirare e si rialzò in piedi, mettendole un piede sull'addome per fermarla.

«Ti sai muovere, ma non è abbastanza.» le disse, facendo pressione quando la sentii provare ad alzarsi.

Zoe tirò l'ennesimo pugno sul ginocchio, riuscendo ad allontanare Steve. Si rialzò velocemente e provò a colpirlo, riuscendo a schivare qualche attacco da parte sua. All'ennesimo pugno tirato, Steve le bloccò di nuovo il polso ma, questa volta, la bloccò con la schiena poggiata al muro. Il petto di Zoe cominciò ad alzarsi e ad abbassarsi velocemente per la botta presa e le mancò il respiro. Cap si era fermato, ma non mollava la presa. Erano entrambi con il fiato corto e con i corpi completamente attaccati. Zoe non capì se quello che rimbombava nella sue orecchie era il suo cuore o quello di Steve. Sta di fatto, che l'uno riusciva a sentire il respiro dell'altro. Erano vicini. Troppo vicini. Pericolosamente vicini. Neanche mentre litigavano fronte contro fronte erano staticosì vicini.

Steve notò in modo più dettagliato gli occhi di Zoe. Erano marroni, con una grande sfumatura di verde. Mentre lottavano, c'è stato un momento che li ha visti diventare verdi mentre lei era a terra. Non capii perché il colore dei suoi occhi cambiava continuamente. Ma verdi o marroni, erano comunque bellissimi. Per un attimo poggiò lo sguardo sulle labbra, decisamente troppo vicine alle sue, e le vide schiuse. Sentiva l'affanno di Zoe invadergli la pelle, consapevole che lui stava facendo lo stesso con lei. Sentii qualcosa muoversi dentro lo stomaco e decise di staccarsi da lei per ritrovare lucidità.

«Ti ho fatto male?» chiese dolcemente, ma distogliendo lo sguardo da lei.

Sentendolo allontanarsi bruscamente, Zoe cercò di regolare il respiro di nuovo. «No, no... Cioè, per un momento si, poi mi sono... mi sono curata»

«Puoi curarti?»

Lei annuii «Si, me stessa e gli altri. Ma cose semplici, niente di troppo complicato.»

A quell'affermazione, Steve sembrò capire «Quindi per questo avevi gli occhi verdi, prima? Quando fai... quelle cose che sai fare ti cambia il colore degli occhi?»

«Mi guardi negli occhi, Rogers?» chiese ironica, ma si rese conto troppo tardi di averlo detto e non solo pensato. Dentro di se si sentii morire per quella battuta, ma non fece notare il suo disagio a Steve. Neanche lui sembrava particolarmente a disagio e lo vide ghignare.

«E tu mi guardi i muscoli, Knox.»

Sempre con la risposta pronta, grandissimo figlio di puttana.

Zoe rimase in silenzio. Per la prima volta, non cercò di trovare una risposta da dargli. Si avvicinò al piccolo tavolino dove aveva lasciato la sua bottiglia d'acqua e ne bevve un sorso, cercando in tutti i modi di non guardare Steve e di non ripensare a quello che era appena successo.
Ma cosa era appena successo, in realtà, non lo sapeva. Era certa di aver sentito qualcosa, come un brivido che le aveva percorso lentamente tutta la spina dorsale. Si era ritrovata imprigionata tra le sue braccia e quel contatto l'aveva destabilizzata. L'aveva ipnotizzata. E lo aveva odiato quando si era staccato da lei. Zoe, ma sei impazzita? pensò, o meglio, si prese a schiaffi nei suoi pensieri.
Lo conosceva da neanche un giorno, personalmente, ma sapeva già che Steve Rogers non era un uomo adatto a lei. Per niente, a dire il vero. Allora perché aveva provato quella strana sensazione?

...O emozione.

«No!»

Steve si voltò verso di lei «Come?»

In quell'esatto momento, Zoe avrebbe voluto urlare dal nervoso. Lo aveva fatto di nuovo, aveva pensato ad alta voce. Doveva togliersi questo maledetto vizio, o le avrebbe creato seri problemi.

«No che non... non ti guardo. Non ti guardo, Rogers.»

Stupida!

Steve Rogers stava per ribattere e dirle qualcosa, ma una terza figura che sbucò all'improvviso in quella stanza li fece voltare entrambi. Zoe riconobbe subito una chioma rossa e sospirò.
«Scusa, Zoe, non ho sentito la sveglia.» disse Natasha, entrando di corsa.

Salvata dalla campanella.

---

«Ma si può sapere che cosa gli hai fatto?»

Zoe se ne stava in una sedia dietro il bancone abbandonata a se stessa. Non aveva più un minimo di forza per dire anche solo una sillaba, se non per ascoltare ad annuire ogni tanto durante la discussione. Tony la guardava sconvolto perché in due giorni che era lì era già la seconda volta che vedeva la sua piccoletta rimanere in silenzio per tanto tempo. A differenza della prima volta, però, sapeva che Zoe non era persa nei suoi pensieri.

Natasha guardò Zoe ridendo, poi rispose «Solo un po' di sano allenamento, Tony.»
Avevano passato l'intera mattina ad allenarsi, Zoe e Nat. Anche se la seconda si era concentrata per lo più a distruggere la sua amica, almeno questo pensava Zoe. Tony aveva ragione quando le aveva detto, la sera prima, che Nat non era una tipa molto indulgente. Ma non si aspettava che le sarebbe costato così tanta energia in meno. E in più, come se non bastasse, la rossa aveva obbligato - minacciato, anzi - di non usare i suoi poteri per curarsi. Devi provare tutta la fatica dell'allenamento fino allo sfinimento, le aveva detto. Poi aveva aggiunto che in realtà non c'era andata molto pesante, essendo la prima volta in cui l'allenava. Zoe l'aveva guardata sconvolta.

Per tutto il primo pomeriggio, che gli Avengers avevano passato a discutere ancora una volta sul piano da mettere in atto a Sokovia, Zoe era intervenuta davvero poche volte e aveva cercato più volte di resistere all'istinto di addormentarsi. Oltre all'allenamento duro, era anche in piedi dalle cinque del mattino e proveniva da una notte in cui il sonno era stato parecchio disturbato.

«E tra l'altro,» riprese Natasha facendo vacillare lo sguardo tra Zoe e Steve «non sono stata l'unica che ha pensato di tenere Knox in movimento.»

Steve, che se ne stava seduto poco più distante da Zoe, alzò le spalle «Non è colpa mia se non è in forma, sotto quel punto di vista.»

La bionda gli rivolse uno sguardo cruciale, che poi si spostò verso quello scioccato di Tony. Quest'ultimo alzò le mani per attirare l'attenzione «Scusate, cosa mi sono perso?»

Bruce aveva più o meno lo stesso sguardo di Tony «Io credo di aver capito...»

«Oh mio Dio, ragazzi!» esclamò Clint, ridendo «Almeno ditemi che avete usato una camera.»

Steve si affrettò a ribattere, ma Tony alzò la voce «Santo cielo, speravo di aver capito male. Avete fatto sesso?»

Zoe pensò di essere in mezzo a dei pazzi. No, non dei pazzi, dei tonti. Degli imbecilli, delle teste di cazzo. Si era quasi pentita di aver definito un credulone solo il Capitano. Guardò Nat scocciata, dandole la colpa di aver scatento quelle assurde teorie. Se solo ne avesse avuto la forza, si sarebbe alzata e l'avrebbe strangolata. Prima lei, poi Steve e infine il resto della squadra.

«Potete smetterla di parlare come se io non ci fossi? E di sparare cazzate.» borbottò, cercando di parlare il più forte possibile «Quale cazzo è il vostro problema?»

«Ah, ma allora parli.» intervenne Thor, che cercava anche lui di capire cosa fosse successo.

«Si e se non la piantate vi faccio esploldere.» gli rispose rabbiosa. La squadra rimase in silenzio per qualche secondo, fin quando Tony non riprese la parola.

«Non ho capito, avete fatto sesso o no?»

«NO!» urlarono Steve e Zoe. Si scambiarono un'occhiata, poi entrambi alzarono gli occhi al cielo. Natasha scoppiò a ridere, sentendosi un po' in colpa. Tony riprese a respirare, portandosi una mano al petto per lo shock. Clint, Bruce, e Thor invece annuirono convinti.

In realtà, a Tony non sconvolgeva l'idea che Zoe avesse potuto essere andata a letto con Steve Rogers. Non era mica la prima volta che la sapeva a letto con qualcuno e lui era l'ultima persona che poteva arrabbiarsi per qualcosa del genere. La paura di Tony, invece, era che lei avesse fatto sesso con Steve e lo aveva tenuto all'oscuro dell'accaduto. Era abituato male, pensava Zoe, perché lei gli aveva sempre rivelato ogni dettaglio delle sue avventure, dalle piccole alle più grande.

«Le ho solo mostrato come si combatte.» continuò Steve. Zoe sentii nel suo tono una sicurezza e una soddisfazione che la infastidirono. E' vero che lui era stato piuttosto pronto e l'aveva atterrata più volte, però...

«Uh, forte. Chi ha vinto?» chiese Tony elettrizzato e guardando la bionda. Vedendola irritata, il filantropo le fece l'occhiolino. Zoe avrebbe voluto distruggerlo in quell'esatto momento ed era pronta ad urlargli di chiudere la bocca - a Tony o a Steve? - ma un'altra voce catturò l'attenzione di tutti i presenti.

«Signor Stark, c'è una chiamata in arrivo da Nick Fury.» Tony alzò gli occhi al cielo, scocciato, mentre il resto della squadra scattò sull'attenti.

Poco più distante da loro, un ologramma di Nick Fury comparve ai loro occhi. Era sempre uguale, Nick: completo nero, mani dietro la schiena e lo sguardo severo - o almeno, questo faceva percepire l'unico occhio buono ch gli era rimasto -. Zoe si era sempre chiesta come facesse l'uomo a vedere bene e ad essere una spia, di un certo calibro, pur avendo un solo occhio. Uno dei suoi più grandi desideri era complimentarsi con il gatto che gli aveva procurato quell'incidente, ammesso che fosse ancora vivo.

«Buonasera, Avengers.» disse Fury, fermo. Nessuno ricambiò il saluto a parole, ma solo con un cenno o con un sorriso tirato. Steve, invece, alzò la mano.

«Fury, direi che è un piacere sentirti ma sono terribilmente onesto da dirti che non è così. Cosa vuoi?» gli rispose Tony, facendo sorridere Zoe. Se c'era una cosa che, negli anni, le mancava sempre era la sua intramontabile ironia anche nei momenti più sbagliati. Forse era questo che l'aveva sempre contraddistinto da tutti gli altri, oltre che la sua intelligenza - innegabile -.

«A che punto siete con la missione?» Fury ignorò totalmente Tony e si rivolse alla squadra con il suo solito tono autorevole.

Natasha si rivolse al capo «Nick, ci lavoriamo da ieri, non possiamo arrivare impreparati.»

Zoe diede uno sguardo veloce a Bruce, che sospirò. Lui era quello che, dal primo momento, aveva cercato di localizzare la posizione esatta dello scettro ma con scarsi risultati. Dovevano ancora capire bene come fosse strutturata la base e dovevano agire con astuzia, non potevano arrivare li ed improvvisare. Non avrebbe avuto senso. Se dovevano affrontare un viaggio così lungo ed una missione, diciamo, pericolosa tanto valeva essere preparati al cento per cento. In più Nick insisteva affinché Zoe, l'ultima arrivata e quindi la meno esperta, fosse ben pronta ad ogni possibile complicazione. Lei si sentì infastidita, infatti non aveva mancato a rispondergli a tono su quanto lei fosse realmente preparata. Insomma, aveva passato di peggio.

Era anche vero, però, che gli Avengers non potessero perdere tempo ed arrivare lì troppo tardi. Se davvero L'Hydra stava sperimentando sulla gente, loro dovevano fermarli prima che potessero creare qualcosa che mettesse il mondo in difficoltà. Zoe non aveva vissuto la battaglia di New York, o almeno non quanto il resto della squadra, ma aveva visto come Tony ne fosse uscito distrutto e di come negli anni aveva cercato di combattere gli attacchi di panico. Dopo la battaglia con il Mandarino, alcuni mesi dopo la battaglia di New York, Zoe sapeva bene che lui fosse ancora molto turbato dagli accaduti ma aveva cercato di riprendersi. Ci era riuscito, in parte, grazie anche alla squadra. Tony non lo avrebbe mai detto ad alta voce, ma si era affezionato a quei ragazzi. E dopo l'arrivo di Zoe si sentiva ancora più sollevato. Ma anche questo non lo avrebbe mai detto ad alta voce.

«Mi aspetto che siate pronti entro due giorni. Poi vi voglio a Sokovia.»

Zoe spalancò gli occhi «Due giorni? Nick, sei davvero così crudele da volermi far passare il mio compleanno in missione?»

«Knox, vedi di far meno la spiritosa. Piuttosto, Stark, le hai dato l'uniforme?»

Tony rivolse uno sguardo gelido a Fury, che non se ne curò più di tanto, poi gettò la testa all'indietro «Non gliel'avevo ancora detto. Rovini sempre tutto, occhio bendato.»

«Ma di che state parlando? Io non metto nessuna divisa scolastica!» esclamò Zoe contrariata e alternando lo sguardo tra Tony e Nick.
Perché nessuno le aveva detto che avrebbe indossato un'uniforme? No, cambiamo domanda. Perché doveva indossare un'uniforme? Lei che adorava mostrarsi come una normale ragazza amante di Prada e utilizzare i suoi poteri con stile, doveva indossare qualcosa di diverso? Eh no!

Tony si allontanò, sotto le lamentele di Zoe, avvicinandosi ad una piccola mensola. Allungò una mano verso di essa e prese un piccolo bracciale in ferro, simile a quello che utilizzava Tony per richiamare velocemente la sua armatura.

«Tony, scordatelo, io non metto nessuna delle tue armature metalliche.» disse Zoe quando Tony le porse il bracciale. Lui alzò gli occhi al cielo e le afferrò il polso, mettendogli quel piccolo affare metallico. La bionda lo guardò e lo studiò attentamente, notando un piccolo bottone al centro di esso.
Tutti i presenti la osservarono, aspettando anche loro di capire cosa stava succedendo e Zoe scosse la testa. Guardò Tony, ancora fermo di fronte a lei, ripetendo che non avrebbe mai indossato nessuna armatura.

«Puoi solo preme quel bottone senza lamentarti, per una volta?»

Zoe sospirò, guardando quel bracciale metallico. Poi si rivolse di nuovo a Tony, sconfitta «Te lo giuro, Tony, se è una delle tue armature di metallo enormi ed ingombranti, la distruggo e mi costruisco una macchina.»

Zoe si allontanò di poco solo per avere la completa visuale della squadra e di Nick Fury, che non si era mosso di un centimetro. Premette quel bottone e, improvvisamente, si sentii il corpo vibrare e rimase immobile. In pochi secondi, i vestiti che aveva prima furono rimpiazzati da una divisa completamente nera ed attillata. Le mani furono coperte da dei guanti neri in lattice, mentre al posto delle sue scarpe bianche comparvero degli scarponcini alti e neri. Le spalline erano grosse ma super imbottite. In vita comparve una cintura con delle tasche, vuote. La divisa non era in metallo come aveva creduto, ma era di un tessuto morbido che si aderiva perfettamente sul suo corpo. Fece comparire uno specchio di fronte a se per guardarsi meglio. Vedendo la sua immagine, Zoe constatò che quella divisa le stava... bene. Molto bene. Si guardò da cima a fondo, osservando attentamente i guanti in lattice come se fossero un perfetto tocco di classe. Spalancò le labbra vedendosi in quella veste nuova. Alzò gli occhi verso i suoi compagni, che la guardarono attentamente. Lo sguardo degli Avengers era, incredulo, su di lei ma si sentii bruciare ancora di più sopratutto quando notò che Steve stava più volte facendo cadere il suo sguardo su tutto il corpo.

Prima che Zoe riuscisse a dire qualcosa, alzò gli occhi su Tony

Prima che Zoe riuscisse a dire qualcosa, alzò gli occhi su Tony. Lui le stava sorridendo soddisfatto, ma poi la osservò ancora un po' cercando di scaturire ancora di più i dettagli «Sai che c'è? Sembra quella di Natasha, va modificata un po'. Per il resto, stai una favola. Nella tasca c'è l'auricolare.»

Zoe abbassò lo sguardo verso la tasca che Tony le aveva indicato, tirando fuori da essa un minuscolo auricolare. Era quello che usavano per comunicare tra loro durante le missioni?

«I guanti in lattice sono un'idea di J.A.R.V.I.S.» concluse.

La bionda, finalmente, sorrise «Grazie J.A.R.V.I.S.»

L'intelligenza artificiale non tardò a risponderle «E' un piacere, signorina Knox.»

«Oh, andiamo!» intervenne Tony «Sono io che ho fatto tutto il lavoro! Tessuto antiproiettile, GPS nel caso dovessi perderti, resistente alle fiamme, riscaldamento...»

Steve guardò Tony confuso «Le hai messo il riscaldamento nell'uniforme?»

Tony fece spallucce «In Sokovia fa freddo.»

«E se dovesse andare in missione nel periodo estivo?» chiese Barton, guardando attentamente le maniche lunghe della divisa.

«Giusto, Legolas, grazie per avermelo ricordato. C'è anche l'aria condizionata.»

«Un momento!» intervenne Zoe, confusa «Ma voi in estate non andate in ferie?»

Thor inclinò la testa «Ferie?»

«Vuol dire che puoi riportare il tuo culo ad Asgard senza che nessuno ti rompa il cazzo, Thor.» rispose Zoe, con nonchalance, sorridendo a Thor.

Tony spalancò gli occhi «Hai davvero usato le parole culo e cazzo nella stessa frase? Rogers, non fare quella faccia noiosa.»

Tutti si voltarono verso Steve che, scocciato dalle parolacce, aveva sospirato rumorosamente. Infine Fury, stanco di quelle chiacchere, sbottò «Sistema quel che devi sistemare e salite su quel maledetto Quinjet, il prima possibile.»

Nick chiuse la chiamata e il suo ologramma sparì dalla loro vista. Zoe si guardò ancora per un po' con quella divisa. Le piaceva. E anche molto, pur non sapendo cosa di li a breve Tony avrebbe modificato. La bionda cercò di alzarsi in volo, constatando che con quell'uniforme si sentiva sorprendentemente molto più leggera. Non si curò minimamente di come gli Avengers, pur lanciandole ancora qualche occhiata, ritornarono a discutere della missione. Zoe provò anche a fare alcune delle sue magie più semplici: si lisciò i capelli, fece comparire e scomparire oggetti, simulò una protezione attorno a se... I poteri funzionavano bene, anche se non provò gli attacchi ma diede per scontato che funzionavano anche quelli. Tornò con i piedi per terra, avvicinandosi ai suoi compagni, avvicinandosi a Nat. Quest'ultima le sorrise, poi le si avvicinò all'orecchio per sussurrarle qualcosa.

«Credo che Steve ti abbia guardato il culo più volte.»

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Capitolo 7
*** 5 - Are ya'll ready? ***


 

In soli quattro giorni dal suo arrivo all'Avengers Tower, e qualche ora prima di partire per Sokovia, Zoe si rese conto che in poco tempo la sua vita stava per prendere una piega che mai si sarebbe aspettata prima


In soli quattro giorni dal suo arrivo all'Avengers Tower, e qualche ora prima di partire per Sokovia, Zoe si rese conto che in poco tempo la sua vita stava per prendere una piega che mai si sarebbe aspettata prima. Per non parlare, poi, del fatto che in quei quattro giorni aveva velocemente dovuto imparare un sacco di cose.

La prima, che in realtà non aveva ancora nemmeno realizzato, era lo stare in una squadra. Non era mai stata abituata a lavorare così tanto intensamente in gruppo. Negli anni, specialmente negli ultimi cinque, aveva sempre imparato a lottare da sola. Con un piccolo aiuto, in realtà, da chi ne capiva di più di lei, ma comunque quando aveva un problema aveva sempre cercato di risolverlo da sola. Se avesse saputo i piani di Strucker, prima di conoscere gli Avengers, probabilmente in qualche modo avrebbe cercato di fermarlo da sola. O forse avrebbe realizzato che quella era una battaglia troppo grande per lei da sola e si sarebbe tirata fortemente indietro. Non ci aveva pensato mai, in effetti. Rimanere nell'ombra il più possibile era sempre stato il piano migliore secondo lei. Niente Zoe Knox, niente problemi. E invece no. Si era ritrovata con loro, catapultata dentro in una squadra di cui aveva sentito parlare solo in televisione. E da Tony, ovviamente.

La seconda cosa che aveva imparato era il combattimento corpo a corpo. O almeno, lo stava imparando. Si era allenata solo per due giorni con Natasha, senza contare quell'improvviso scontro con Steve, e aveva capito più o meno come doveva muoversi. Non era un'esperta e non era nemmeno tanto brava come Natasha, infatti sapeva bene che avrebbe avuto ancora molto tempo per allenarsi e imparare meglio ad essere più dinamica. Aveva forza, questo gliel'avevano riconosciuto sia Nat sia Steve, ma non bastava. Un minimo di distrazione e qualcuno più forte di lei avrebbe tranquillamente potuto ammazzarla ad occhi chiusi.

Eppure non era finita. Nel primo pomeriggio, esattamente dieci ora prima di partire per Sokovia, Zoe si era cimentata in qualcosa che mai avrebbe mai pensato di fare: imparare ad usare le armi.
Non ne aveva mai presa in mano una, nonostante fosse cresciuta alla Stark Industries, e le faceva uno strano effetto sentire quegli oggetti di metallo nelle mani. In realtà non credeva neanche che fosse tanto necessario, ma Fury le aveva detto che una nozione di pistole e fucili vari non le avrebbe fatto male. Per sicurezza, diceva lui. Zoe non era poi così tanto d'accordo, sapeva che non le sarebbero serviti in alcun modo. Tra l'altro quel pomeriggio avrebbe voluto riposare, almeno un po', sapendo che di li a qualche ora sarebbe potuto succedere di tutto.
Ci avrebbero impiegato sei ore per arrivare a Sokovia con il Quinjet, tutta la squadra era consapevole che il solo dover affrontare così tante ore di volo sarebbe stato sfaticante ma dovevano comunque rimanere svegli e concentrati. Raggiungere la base dell'Hydra sarebbe stato ancora più impegnativo, sopratutto perché sapevano che avrebbero avuto le guardie ad ostacolarli. Zoe non aveva mai provato niente del genere, mentre gli altri sembravano psicologicamente più preparati per questo.

Ovviamente, dopo New York...

Zoe scosse la testa e cancellò via i pensieri, tornandosi a concentrare sull'obbiettivo. Impugnò di nuovo la pistola, tenendo la presa ferma e la alzò per mirare nella sagoma di cartone di fronte a se. Le sembrò di essere in uno di quei film polizieschi, o addirittura le tornò in mente il film di Tomb Raider. Con l'unica differenza che lei si stava solo allenando ed era fin troppo lenta. Ancora.
Trattenne il respiro e, con un colpo deciso, premette il grilletto. Il rumore dello sparo le rimbombò nelle orecchie talmente forte che per un attimo temette di restare sorda. Il proiettile, tuttavia, aveva colpito la sagoma di cartone ma non nel punto esatto in cui Zoe aveva mirato. Riuscii a vedere un buco poco più a sinistra rispetto al centro. Sbuffò rumorosamente, voltandosi.

«Non male, dai.» le disse Natasha, avvicinandosi. Anche con le armi, l'unica in grado di aiutare Zoe era Natasha. A dir la verità, Zoe si chiese se ci fosse qualcosa in cui Nat non fosse maledettamente brava. Non sapeva moltissimo di lei, se non che era una Vedova Nera. In base a quello che aveva avuto modo di sentire da Tony, sapeva che Natasha era cresciuta proprio in un ambiente del genere. Poi era arrivato lo S.H.I.E.L.D. ed aveva avuto modo di migliorarsi fino a diventare il miglior agente, insieme a Clint, dell'organizzazione. Negli Avengers, Natasha era perfetta.

Zoe fece una smorfia scocciata «Non era centrale.» le si avvicinò, porgendole l'arma. Nat le sorrise confortevole.

«Zoe, abbiamo cominciato due ore fa. Non puoi pretendere di essere perfetta fin da subito.»

La bionda riconobbe questo suo difetto: voleva essere perfetta fin da subito, voleva essere in grado di potersi muovere da sola, nonostante sapesse che quello era un campo che non le appartenesse e, sopratutto, un mondo sconosciuto. Diciamo che non voleva correre il rischio di fare danni, quindi sbagliare un colpo con un'arma avrebbe creato enormi danni.
«Ad ogni modo, basta così per oggi.»

Zoe avrebbe voluto provare qualche altro colpo, ma annuii. Il pensiero di dover partire poche ore più tardi le iniziò a frullare in testa ed era meglio concentrarsi il più possibile. Da un lato, aveva quasi paura di andare li e far succedere un casino. Dall'altro lato, voleva trovare quel maledetto scettro a tutti i costi.
Ma c'era anche qualcos'altro che la tormentava. Quel posto a Sokovia, che aveva studiato da cima a fondo negli ultimi tre giorni, ogni volta che lo guardava attraverso le immagini la metteva in ansia. Fin dal primo momento che lo aveva visto aveva sentito qualcosa di strano, come se in quel posto ci fosse qualcosa di strano che però non riusciva a decifrare. Forse, pensava, era solo il pensiero di quello che poteva succedere li dentro. O forse era la rabbia che le saliva quando pensava che, andando li, avrebbe potuto ritrovarsi faccia a faccia con l'uomo che le aveva distrutto la vita.
Dopo essere uscite dall'armeria, le due ragazze si divisero: Natasha si affrettò a raggiungere Tony nel suo laboratorio per discutere di alcune cose, mentre Zoe decise di raggiungere l'esterno per aiutare Clint a preparare il Quinjet e tutto l'occorrente. Aveva preso questa cosa anche come scusa per vederlo all'interno, perché Zoe non aveva mai visto il Quinjet se non da fuori.

Ci impiegò un po', ma poi raggiunse l'esterno e si sentii travolgere dal leggero vento che le scompigliò i capelli. Chiuse gli occhi e si nascose le mani gelide dentro le maniche del suo maglioncino. Non faceva freddo, ma a quell'altezza della torre la temperatura era leggermente diversa, anche se sentii un brivido percorrerle tutta la schiena. Fissò il Quinjet e si decise ad avvicinarsi velocemente. Sapeva che sarebbe stato Clint a guidarlo, nessuno oltre lui sarebbe stato in grado di farlo. Forse, pensò Zoe, solo Tony e Natasha avrebbero potuto dargli una mano. Lei non ne capiva niente di motori e, a dire il vero, neanche di tutta quella roba super tecnologica. A volte pensava che essere cresciuta alla Stark Industries fosse stato completamente inutile, visto che non aveva l'intelligenza di Tony in quel campo. Sia perché lui non aveva mai coinvolto Zoe nelle sue cose, sia perché lei stessa non si era mai interessata più di tanto.
Era sempre stata una ragazzina, per certi versi, arrogante. Prima di andarsene, credeva che i suoi poteri le bastavano per qualunque cosa. Poi aveva scoperto che quelli erano solo la causa dei suoi principali problemi, ed era andata via.

Zoe raggiunse l'interno del Quinjet scoprendo che se da fuori sembrava grande quanto due piani dell'Avengers Tower, all'interno era dieci volte più piccolo. Prima di arrivare alla postazione del guidatore, c'era un piccolo corridoio con sei posti a sedere. Zoe si chiese se ci fosse stato spazio per lei, ma poi riflettè che accanto al guidatore c'era un ulteriore posto. Si avvicinò al centro di controllo del Quinjet, notando tasti e leve di cui non aveva idea di cosa fossero. La maggior parte dei comandi, però, erano in degli schermi digitali.

«Ciao Zoe.»

Si voltò di scatto verso la direzione in cui aveva sentito la voce, trovandosi davanti un sorridente Clint Barton e, accanto a lui, un indifferente Steve Rogers. Non si erano parlati più dopo il giorno prima, anche se Zoe ogni tanto ripensava a quando Nat le aveva detto che Steve le aveva guardato il culo. Non che saperlo cambiasse qualcosa, la rendeva solo soddisfatta.

«Ciao.»  rispose Zoe, sorridendo, «Sono venuta a vedere se avevi bisogno di una mano qui.» stese attenta a marcare la sua domanda rivolta solo a Clint e notò subito la faccia scocciata di Steve. Lo ignorò, ovviamente.

«Abbiamo già fatto tutto, ma grazie comunque.» rispose, poi diede una pacca sulla spalla di Steve, che gli sorrise amichevolmente, poi si avvicinò a Zoe sedendosi al posto di comando «Perché non riposi? Domani sarà una giornataccia.» ma lei scosse la testa in risposta. Non le andava di rimanere in camera e sapeva anche che non sarebbe riuscita a dormire. Aveva troppi pensieri per la testa, l'avrebbero divorata nel giro di pochi minuti. Probabilmente avrebbe cominciato ad avere tante di quelle paranoie che non sarebbe riuscita a partire. Quindi si, preferiva di gran lunga rendersi utile. E se sul Quinjet non c'era nulla da fare, si sarebbe accontentata a studiarlo.
E lo fece. Cercò di osservare ogni movimento di Clint per cercare di capirci qualcosa. Occhio di Falco ogni tanto se ne usciva con qualche frase del tipo "Controlliamo il motore" o "Perché cazzo il carburante non è carico al 100%?". Lui aveva una grande responsabilità, a detta sua almeno, essendo quello che se ne intendeva di più sul Quinjet.

Dopo svariati minuti Clint si allungò, sospirando, con la schiena schiacciata sullo schienale del sedile. Erano stati giorni no stop per tutti pur rimanendo ancora a New York. Zoe non aveva mai provato così tanta stanchezza mentalmente. A giudicare da quel che vedeva, forse avrebbe dovuto iniziare ad abituarsi.

 A giudicare da quel che vedeva, forse avrebbe dovuto iniziare ad abituarsi

«Allora,» cominciò Clint guardandola sorridente «Come stai?». Zoe imitò la sua stesse posizione, ma ci pensò un po' prima di rispondere. Cos'avrebbe dovuto dirgli, la verità? Che era terrorizzata? Che era in ansia? Che non voleva di fare casini? Che aveva paura di vedere qualcuno morire? Che la spaventava il solo pensiero di ritrovarsi faccia a faccia con il suo passato?

No. Non gli avrebbe mai detto tutto questo. Clint era una persona buona e, per quel poco che erano riusciti ad interagire, sembrava anche un buon amico. Sta di fatto, però, che Clin non era Tony. E Zoe non riusciva a mostrarsi debole davanti a qualcuno che non fosse Tony.

Quindi, alla luce di ciò, Zoe ricambiò il sorriso di Clint «Sto bene. Devo ancora realizzare.»

Barton annui, quasi consapevole «Si, beh, ti abituerai a tutto questo.»

Avrebe voluto chiedergli quando si era abituato lui. No, non è vero. Voleva sapere quando lei si sarebbe abituata, ma era certa che Clint non avrebbe saputo mai rispondere a quella domanda. Abituarsi a quella vita stava risultando essere difficile ma, allo stesso tempo, era il suo obbiettivo.

Prima, però, doveva sopravvivere a Sokovia.

Un rumore assordante fece voltare sia Zoe che Clint verso l'entrata del Quinjet. C'era Steve in sella sulla sua moto che saliva a bordo. Lo sguardo era concentrato mentre spegneva il motore e fermava la moto con il cavalletto. Lo guardò attentamente e, controvoglia, dovette ammettere a se stessa che Steve sulla moto le faceva uno strano effetto. Steve non aveva alzato lo sguardo su di lei, lo manteneva sulla moto mentre si abbassava per controllare le ruote.

Clint si guardò in torno, cercando qualcosa, poi sussurrò esausto «Cazzo!» Zoe lo seguii con lo sguardo mentre lo vide alzarsi, chiedendosi cosa fosse successo. Lui, rendendosi conto del suo sguardo addosso, chiarì «Ho dimenticato la scorta delle frecce. Torno subito.» informò entrambi, sparendo poi dalla loro vista. Zoe rimase in silenzio, seduta, a torturarsi l'interno guancia con i denti.
Lei conosceva Steve Rogers, eppure allo stesso tempo non lo conosceva. Sapeva chi era, cos'avesse fatto nella sua vita, ma non sapeva chi era lui come persona. Forse sapeva solo che era permaloso. E con la sfiducia nel mondo, oltre che verso di lei. E che era bello, incredibilmente bello, ma la bellezza passava in secondo piano. Avrebbe voluto conoscerlo sotto un altro aspetto, oppure avrebbe voluto conoscerlo ai tempi della guerra. O addirittura prima che gli venisse inniettato il siero. Com'era la sua vita prima? Com'era lo Steve Rogers basso, magro e con enormi problemi sociali? Aveva mai avuto una ragazza?
A detta di Tony, Steve stravedeva per una ragazza. Era un'agente, piuttosto tosta e scaltra, amica anche di Howard. Zoe non sapeva il suo nome, in realtà non si era mai interessata alla vita sentimentale di Capitan America.

Si alzò lentamente e, con tale velocità, si avvicinò a lui. La sua visuale era nascosta dalla moto per cui, mentre lui continuava a rimanere abbassato su di essa, Zoe non riuscii a vederlo in faccia per un po' e altrettanto lui, che non si era nemmeno accorto di quanto lei si fosse avvicinata.

«Harley-Davidson Street 750.» constatò Zoe, attirando la sua attenzione. Steve alzò lo sguardo verso di lei, che continuò «Dubito che sia la stessa dai tempi della seconda guerra mondiale.»

«Lo è.» rispose Steve, accennando un piccolo sorriso. Bisognava parlare della sua moto per farlo sorridere? Classico. «Solo con delle modifiche. E mordernizzata.» Steve si alzò e si poggiò con la mano sul manubrio. La bionda iniziò ad immaginare Steve su quella moto e l'immagine le piaceva proprio. Odiava i motori, Zoe, ma per macchine e moto erano un'altra storia. Le adorava, per questo riconobbe subito il modello della motocicletta. Era bella, seppur con un che di vecchio, nera e completamente lucida. Pensò che lui dovesse tenerci molto visto il suo stato, completamente impeccabile. Eppure non sembrava un veicolo che veniva utilizzato durante le missioni. Probabilmente la faceva tornare come nuova subito dopo. O la usava poco.

«Non pensavo ti intendessi di moto. » esordì lui, guardandola.

«Te l'ho detto, Rogers, non sai tante cose di me.»
Steve alzà le spalle, arreso «Cos'altro non so?». Per un attimo, Zoe ebbe l'impressione che quella domanda era uscita dalla sua bocca in modo completamente involontario. Aveva cambiato subito espressione, ritornando con la mascella serrata, come se lui si fosse subito pentito di averlo chiesto. Zoe, tuttavia, trasformò il suo sorriso in un ghigno.

«Non eri quello a cui non fregava niente di me?»

«Ed è così. Ma siamo nella stessa squadra, quindi vorrei...» iniziò Steve, ma Zoe lo interruppe.

«Capire se puoi fidarti di me?» finì la frase per lui
«L'ho già sentita questa, cambia repertorio.»

Steve guardò Zoe negli occhi, poi sbuffò e tentò di finire la sua frase, correggendola «Vorrei che la smettessimo di litigare.»

Ma lei scosse la testa e alzò le sopracciglia sorridendogli «Nah, eppure io mi diverto.»

«Tu sei sempre così infantile?»

«E tu sei sempre così falso?»

Il biondo si staccò dalla sua moto, incrociando le braccia al petto e guardandola di nuovo in mal modo «Io sarei un falso?»

Zoe annuii «E' evidente che ti sto sul cazzo, quindi non fare il finto buonista usando la scusa della squadra. Mi spieghi qual è il tuo problema?»

«No, dimmi tu qual è il tuo problema!» era frustato e la sua espressione era cambiata ancora una volta «Hai solo voglia di litigare, lo fai dal primo istante in cui ci siamo incontrati.»

Era vero, Zoe dovette riconoscerlo. Ogni volta che i due si ritrovavano a parlare, era sempre lei quella che dava il via alle discussioni tra loro. Un po' perché si divertiva per davvero, un po' perché odiava il fatto che lui non si fidasse di lei. Odiava il modo in cui la guardava, con disprezzo. Odiava il modo in cui cercava di studiare ogni sua mossa, per capire se li avrebbe traditi da un momento all'altro. Odiava il modo in cui lui cercava di indagare su di lei, su chi fosse realmente e sul suo passato. Insomma, odiava essere messa in discussione.

«Che posso dirti, Rogers? Mi dai costantemente fastidio, il tuo odio mi brucia addosso ogni volta che mi guardi

«Che posso dirti, Rogers? Mi dai costantemente fastidio, il tuo odio mi brucia addosso ogni volta che mi guardi. Cazzo, se sei davvero convinto che sia una spia dell'Hydra perché non mi ammazzi e ti migliori l'esistenza?»

«Stai esagerando adesso. E sei tu che hai tirato fuori questo discorso, non io.»

«E quindi? tu lo pensi ventiquattro ore su ventiquattro.»

«Non eri quella a cui non importava niente di quello che penso io, Knox?»

Colpita e affondata. Di nuovo.

Zoe lo fulminò con lo sguardo e fece un lungo respiro profondo, per poi buttarlo fuori lentamente. Stava cercando di mantenere la calma e di trattenere l'istinto di schiantarlo. Steve sembrava avere sempre la risposta pronta, sotto questo punto di vista era molto simile a lei. Per il resto era... una testa di cazzo!

Guardò Steve che, ancora una volta, cambiò espressione e sospirò. Con voce calma e bassa, le disse «Io non ce l'ho con te. Ho solo passato gli ultimi anni a fidarmi delle persone sbagliate, voglio solo fare la cosa giusta adesso.»

«Non ti basta la parola di Tony. Forse è questa la cosa che mi da più fastidio.»

«Hai provato ad uccidermi, come posso fidarmi di te?»
Zoe gettò la testa all'indietro, esasperata «Ma andiamo! Non volevo ucciderti, non esagerare. Al massimo qualche ossa rotta. Però suppongo che il siero ti faccia guarire anche quelle.»

«Sei davvero...»

«Bellissima? Super simpatica?»
«...perfida.»

Zoe sorrise «Anche questo è vero.»

Anche Steve le sorrise. C'era ancora una strana aria tra i due, ma almeno avevano smesso di urlarsi contro. A quello si che Zoe stava cominciando a farci l'abitudine: si urlavano contro, si sputavano l'odio che provavano l'uno contro l'altra ma poi, alla fine, si calmavano. No, non è vero. La prima volta è stato Fury a farli calmare, la seconda volta uno scontro corpo a corpo. Questa volta... si erano calmati e basta. Si odiavano in uno strano modo. Allo stesso tempo, però, si mangiavano con gli occhi.

Per un tempo che gli sembrò infinito rimasero lì, l'una di fronte all'altro, con un mezzo sorriso stampato sul viso. Se non fosse stata troppo impegnata a maledirlo mentalmente, Zoe avrebbe pensato che il biondo aveva pure un bel sorriso.

No, non è vero! pensò immediatamente Zoe, scacciando via ogni pensiero carino su Steve e mordendosi l'interno guancia fino a farsi male.

«Senti, lo so che tutto questo è nuovo per te. Ma non dobbiamo per forza farci la guerra, abbiamo altro a cui pensare.» disse lui improvvisamente.

La bionda si ritrovò ad annuire «Mi duole ammetterlo, ma sono d'accordo.»
«Tregua?»

«Solo se mi fai portare la moto!»

Steve si allontanò «Eh no, scordatelo.»

«Dai, solo un giro.»

«Non mi fido.»

Alzò gli occhi al cielo, scocciata «Sai che novità.»

«Nel senso che potresti romperla. Ne hai mai guidata una, almeno?»

Zoe ci rifletté per qualche secondo. No, in effetti non ne aveva mai portata una. A differenza, invece, delle macchine. Per quelle aveva pure perso il conto. Ma la moto, purtroppo, no. Mai.

«Hai vinto, Rogers. Però almeno un giro me lo devi, la guidi tu.»

Steve corrugò la fronte «Perché mai ti devo un giro?»

«Umh, forse perché non ti ho ucciso?»

Era proprio la versione femminile di Tony.

---

«Siete tutti pronti?»

Zoe sentii un peso nel petto e non se la sentii di rispondere a quella domanda. Non perché non fosse pronta, ma perché le era tornata di nuovo l'ansia. Negli ultimi giorni era successo parecchie volte di sentirsi particolarmente ansiosa, ma ormai era brava a gestirla e reprimerla. Negli anni aveva imparato anche quello. Eppure, il pensiero di una missione suicida in Sokovia le fece trattenere il respiro più volte. Anche gli altri avevano avuto i suoi stessi pensieri durante la prima missione, New York, o lei era l'unica che non era in grado di restare tranquilla?
In un modo o nell'altro, Zoe si sentiva con più responsabilità addosso rispetto agli altri. Non solo non aveva mai fatto cose del genere, e quindi aveva dovuto prepararsi psicologicamente e fisicamente, ma se fosse successo qualcosa ai suoi compagni lei non se lo sarebbe mai perdonato. Insomma, tra tutti, lei era quella indubbiamente più forte. Se qualcuno di loro ne usciva ferito da quella missione lei avrebbe potuto curarlo, ma solo se la ferita sarebbe stata leggera. Non poteva curare niente di troppo profondo o grave, anche se ci aveva sempre provato. Pregò con tutto il cuore che nessuno di loro si fosse fatto ammazzare.

La squadra, nel buio, si avviò verso il Quinjet. Era strano partire in missione alle due del mattino, solitamente la gente a quell'ora dorme. Invece gli Avengers se ne andavano in missione. Tutto regolare, insomma. Anche se Zoe in quel momento non aveva neanche un po' di sonno, per una serie di motivi. E a giudicare dalle facce dei suoi compagni, anche loro sembravano pensare a tutto tranne che al letto in cui avrebbero potuto dormire quella notte.

Zoe si bloccò quando sentii una presa afferrarle il polso, delicatamente. Quando si voltò confusa, incrociò gli occhi Tony. Era buio, ma lei riuscii comunque a vedere i suoi occhi che la guardavano in modo confortevole. E, in un certo senso, anche un po' preoccupato.

«Andrà tutto bene, ok?» le disse accennando un sorriso. Zoe sorrise, non aveva bisogno di parlare per far si che Tony la capisse. Lui sapeva che era agitata e, come sempre, cercava di sostenerla.

«Tranquillo, non ho intenzione di morire e lasciare a Pepper il compito di sopportarti.» Tony scoppiò in una risata, scuotendo la testa.

«Sei proprio perfida.»

Zoe fece una smorfia «Non sei l'unico che lo dice. Andiamo, dai.»

I due raggiunsero il Quinjet. La squadra era al completo: Clint e Natasha seduti al comando, Thor e Bruce seduti l'uno di fianco all'altro e Steve seduto di fronte a loro. Fu la prima volta che Zoe vide Steve, personalmente, con la divisa di Capitan America. Per la prima volta vide anche il suo leggendario scuro, che teneva dietro la schiena. Tony si avviò verso il posto vuoto accanto a Steve, poi si bloccò.

«Quasi lo dimenticavo!»  tirò fuori dalla tasca lo stesso bracciale di metallo che aveva dato a Zoe il giorno prima e glielo porse «Ho fatto le modifiche all'uniforme. Prova.»

Zoe indossò il bracciale e premette sul bottone. Proprio come il giorno prima, i suoi vestiti si sostituirono con l'uniforme nera che Tony aveva realizzato. Notò immediatamente i cambiamenti: per prima cosa aveva sostituito il davanti con un tessuto trasparente piuttosto enorme, mostrando gran parte del petto della bionda. Gli stivali sembravano essere diventati un unico pezzo insieme alla divisa, Tony si era preoccupato di trasformarli in grossi tacchi a tronchetto. Infine aveva aggiunto un tipo di materiale resistente nelle ginocchia, che ricordarono a Zoe delle classiche ginocchiere. Lei sorrise e ringraziò Tony.

«Però!» disse Nat, guardandola «Ti sta ancora meglio

«Però!» disse Nat, guardandola «Ti sta ancora meglio.»

«Visto? Altro che gli stilisti francesi che tanto osanni!»

Zoe alzò gli occhi al cielo «Ehi! Non provare ad insultare gente come Yves Saint Laurent! E comunque, sono più fan della moda italiana.»

«Fammi indovinare.» intervenne Clint, mentre chiudeva le porte del Quinjet «Il tuo film preferito è Il Diavolo Veste Prada?»

La bionda scoppiò a ridere «Bel film, ma no. Preferisco di gran lunga gli Horror.»

«Cosa sono gli Horror?» domandò Thor.

«Film da ridere. Ti prometto che quando torneremo te ne farò vedere qualcuno.»

«Mi piace l'idea. Ci sto.»

Si trattenne le risate e, come lei, anche i suoi compagni ad eccezione, ovviamente, di Thor. Non voleva approfittarsi del fatto che Thor non sapesse praticamente nulla della vita sulla terra, ma voleva troppo vedere la sua faccia quando avrebbe scoperto che in realtà i film Horror non fanno per niente ridere. O almeno, non quelli seri. Lei li aveva visti più o meno tutti, non se ne perdeva uno. Gli piacevano anche i film fantasy, non a caso infatti era una grande fan di Harry Potter. E, sempre non a caso, lei aveva i poteri pur non avendo una bacchetta. Da quando il fenomeno di Harry Potter era scoppiato in tutto il mondo, lei non si era mai persa un libro e un film. Gli piaceva talmente tanto che aveva fatto fissare anche Tony e Pepper.

Zoe si sedette, alla fine, tra Tony e Steve. Quando anche l'argomento film morì e sentii il Quinjet partire, trattenne il respiro. Tony, che aveva appena indossato l'armatura di Iron Man, se ne accorse e le posò una mano sulla schiena.
Anche Steve lo aveva notato, ma non si mosse dalla sua posizione. Non lo avrebbe mai detto ad alta voce, ma anche lui era un po' agitato. O forse era solo arrabbiato, un po' come tutte le volte che aveva a che fare con l'Hydra. Ogni giorno sperava che quei bastardi scomparissero, era il suo sogno fin dai tempi della guerra, invece sembravano vivere una vita eterna. Se non fosse stato per loro, lui avrebbe vissuto tranquillamente la sua vita molti anni prima. Magari accanto a Peggy. E invece no, aveva passato settant'anni congelato e la sua vita era completamente cambiata. Avevano vinto la guerra, ma lui non c'era. Si era risvegliato in un mondo diverso, nuovo, ma decisamente sbagliato per lui. Senza l'unica persona che aveva amato per davvero. E ogni giorno era lei che, pur non essendo con lui, gli dava la forza di ricordare il suo passato e affrontare il presente.

Steve sentii Zoe, accanto a se, sospirare profondamente. Avrebbe voluto chiedergli a cosa stesse pensando già da quel pomeriggio. Aveva visto fin da subito che era strana, piuttosto pensierosa, e la litigata che avevano avuto gli era sembrato un semplice modo per sfogarsi. Tuttavia, la preoccupazione le si leggeva in faccia comunque.

Pensò che, forse, Zoe aveva ragione: Steve era stato troppo duro con lei. Tutta quella mancata fiducia e quella rabbia che provava verso di lei erano piuttosto inutili. Forse era solo ancora arrabbiato per il modo in cui si era presentata. Doveva comunque ammettere che lei non dava alcun motivo per far creare sospetti, ma il fatto che avesse dei poteri che gli esperimenti dell'Hydra le avevano imposto non lo faceva stare per niente tranquillo. Era fatto così, Steve: la sua fiducia andava conquistata. Nonostante ciò, però, sapeva anche che avrebbe dovuto scusarsi con lei. Voleva farlo, davvero, ma era fin troppo orgoglioso per poter andare da Zoe e chiederle scusa. Per di più, quello non era proprio il momento giusto per farlo.

«C'è una cosa che non ho ancora capito.» cominciò Bruce, attirando l'attenzione di tutti «Come facciamo a capire dove si trova esattamente lo Scettro? Insomma, è talmente grande quel posto...»

«J.A.R.V.I.S ci darà una mano.» lo informò Tony.

Bruce annuii e  Zoe si voltò verso Tony «Se riusciamo a trovare la sala di controllo potremmo prendere qualcos'altro oltre lo scettro.»

«Intendi file o segreti dell'Hydra?» le chiese Steve. Zoe confermò.

«Ottima idea, piccoletta. Sarà più facile così scoprire quali saranno le loro mosse.»

La bionda sorrise all'uomo accanto a lei, che ricambiò soddisfatto. Steve si ritrovò ad essere d'accordo, dovevano solo eliminare più guardie possibili e riuscire ad entrare sani e salvi. E, in qualche modo, dovevano anche evitare possibili danni in città.

«Ma entrerai solo quando avrò la certezza che l'aria sarà sicura.» continuò lui, facendo corrugare la fronte di Zoe «Non fare quella faccia. Sei forte, serve il tuo aiuto per mettere a terra quegli stronzi. Al mio via, mi raggiungi.»

Lei aprii la bocca per ribattere, ma la richiuse. Tony aveva ragione, con lei sarebbe stato più facile fermare le guardie e avrebbero anche impiegato meno tempo ad entrare. Certo, odiava l'idea di lasciare Tony da solo li dentro ma sapeva anche che lui era l'unico che potesse entrare e rilevare la posizione dello scettro più facilmente. Nonostante ciò, però, se Tony fosse stato in difficoltà Zoe non avrebbe esitato un secondo per raggiungerlo prima. Zoe si chiese cos'avrebbe fatto se si fosse ritrovata faccia a faccia con Strucker. Non aveva mai tenuto in conto questa possibilità, fino a quel momento.

«Voi due entrerete dall'alto.» prese parola, di nuovo, Steve guardando Zoe e Tony. Poi spostò lo sguardo verso Thor «Mentre noi proveremo dal basso. Strucker potrebbe essere in qualunque angolo della base. Più siamo ad entrare, meglio è.» Tutti annuirono alle sue parole.

«Ma in tutto ciò,» disse Zoe, guardando Thor «Tuo fratello dov'è?»

Mentre tutti si voltarono a guardarla con aria di rimprovero, Thor abbassò lo sguardo e la voce «E' morto.»

A Zoe sembrò non turbare la cosa «Beh, un pazzo psicopatico in meno.»

«Loki non era pazzo.»

«No, certo, ha solo ucciso milioni di civili per divertimento.»

«E' adottato.»

«Anche io lo sono, in un certo senso. Tony, ho mai ucciso qualcuno?»

Tony sembrò rifletterci su «Vale il pesce che ti ho regalato quando avevi tredici anni?»

Bruce spalancò gli occhi «Hai ucciso un pesce? Cosa?»

La bionda alzò gli occhi al cielo «Ma no! Mi sono solo dimenticata di dargli da mangiare per due giorni ed è morto. Si può sapere perché siete tutti convinti che io abbia degli istinti omicidi?»

Steve pensò che Zoe stesse alludendo a quello che lui le aveva detto nel pomeriggio e si lasciò scappare una silenziosa risata.

«Tecnicamente,» intervenne Clint concentrandosi sulla guida «lo hai fatto morire affamato.»

Zoe fece un verso esausto voltandosi verso Clint «Ehi! Credevo che tu fossi mio amico!»

Anche Steve intervenne, ma in modo diverso «Volete passare tutte le sei ore a parlare di un pesce che è morto?»

«Grazie, almeno tu non hai detto che è colpa mia.»

Steve incrociò i suoi occhi, divertito «Lo dico adesso: è colpa tua.»

«D'accordo, fottetevi tutti.»

Zoe incrociò le braccia al petto, imbronciandosi e facendo ridere tutti. Steve la paragonò ad una bambina, anche se in realtà lo faceva per la maggior parte del tempo. Aveva sempre degli atteggiamenti infantili, e non aveva mancato a dirglielo, nonostante avesse trent'anni. Anche se, in realtà, esteticamente ne dimostrava molti di meno. Proprio come le aveva detto Bruce, anche Steve non le dava più di ventiquattro o venticinque anni. Influiva anche la sua altezza ed infatti, tra tutti, Zoe era decisamente la più bassa. Eppure però, a detta di Tony, era la più potente.

Di li a poche ore, tutti loro lo avrebbero scoperto.

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