New Avengers: Together - Journey to Asgard and...

di Rack12345
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo I: Mancanze ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


New Avengers: Together
Journey to Asgard and...


Prologo




*        *          *
 



Qualche giorno dopo la fine della lotta contro Hermione Karlatos...


Thor e Jane passeggiavano nei giardini reali, fuori dall'immenso palazzo dorato di Asgard.
Di tanto in tanto, Thor guardava la sua compagna sfiorarsi il pancione.
Jane Foster era incinta di cinque mesi, ormai, e Thor poteva dire di essere l'uomo più felice in tutto l'universo.
Quando Jane aveva scoperto di essere incinta, loro due si erano da poco lasciati, così lei aveva deciso di tenere la cosa per sé, in maniera quasi egoistica, per paura di dover poi rendere conto a qualcuno di quel bambino. Colui che portava in grembo sarebbe stato l'erede al trono di Asgard, per quanto a lei questa cosa non sarebbe mai andata giù.
Thor, però, le era stato molto grato quando si era ricreduta. Era stata lei stessa a contattarlo, nei giorni successivi alla fine della battaglia contro Hermione Karlatos, per comunicargli la cosa, anche se ormai era incinta già da cinque mesi. Jane si era resa conto che non era giusto privare Thor di quella felicità, e che alla fine quel bambino avrebbe avuto il suo sangue. Chissà, forse anche la sua forza. Sarebbe stato un semidio? Come si gestisce un neonato semidio? Aveva concluso che avrebbe senza dubbio avuto bisogno di aiuto.
Thor le aveva proposto di restare ad Asgard almeno fino al parto, poi avrebbe deciso lei cosa fare.
Jane aveva il suo lavoro, le sue ricerche, la sua vita sulla terra. Era stata sicura fin da subito che, una volta dato alla luce il bambino, poi sarebbero tornati insieme sulla terra e Thor avrebbe potuto vederlo ogni volta che avrebbe voluto, così come il bambino sarebbe potuto tornare su Asgard ogni volta che gli sarebbe andato.
Tuttavia,  Jane non aveva tenuto conto del fatto che probabilmente lei non aveva mai smesso di amare il dio del Tuono, e Thor ben presto si accorse della stessa cosa.
Erano tornati insieme quasi subito, e Jane sulla terra quasi non avrebbe voluto tornarci mai più.
Non aveva solo riscoperto l'amore per Thor, ma anche quello per Asgard, luogo dal quale era rimasta estremamente affascinata fin dalla sua prima visita, anni prima.
Ad ogni modo, Thor aveva deciso che non c'era più motivo di rimandare.
Si amavano, Jane portava in grembo suo figlio.
Era giunto il momento.
Si fermò di punto in bianco e Jane fece la stessa cosa. Quando vide il dio del tuono inginocchiarsi, per poco Jane non si strozzò con la stessa aria che stava respirando.


-Sposami, Jane Foster.-

Aveva detto Thor, tirando fuori dalla tasca un anello d'oro con tre pietre: un diamante al centro e due rubini più piccoli ai lati.
Quell'anello era appartenuto a sua madre, Frigga. Jane lo sapeva, e si sentì onorata a riceverlo.

La ragazza si inginocchiò per arrivare all'altezza di Thor ed abbracciarlo con foga.

-Oh mio dio, certo che sì.- disse, trattenendo qualche lacrima di felicità.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
*          *         * 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Nel presente, quattro mesi dopo...

Thor stringeva suo figlio, nato da pochi giorni, tra le braccia, avvolto in un manto blu notte, per riparare il piccolo Blake dall'aria frizzantina dell'alba.
Si fermò dietro ad una quercia e con la mano libera bloccò anche Jane che camminava a passo svelto dietro di lui. Gli occhi e le orecchie vigili avevano avvertito un movimento nel cielo. Sollevò lo sguardo e si assicurò che l'ennesima di quelle maledette navi spaziali che sorvolavano il cielo di Asgard ormai da qualche settimana passasse senza vederli.
Riprese a camminare, Jane lo seguiva.

Arrivarono ad un cerchio di pietre immerso nel bosco.

-Che razza di luogo è questo?- chiese Jane guardandosi intorno. -Sento uno strano ronzio.-

Thor annuì. -E' normale.-

Il dio del tuono scoprì il volto di suo figlio, che aveva gli occhietti color del cielo in tempesta aperti e calmi. Si scambiarono un lungo sguardo. Thor non sapeva quando l'avrebbe rivisto, anzi, nella peggiore delle ipotesi poteva dire che non sapeva proprio se lo avrebbe rivisto mai.
Con un dito sfiorò il profilo del volto di quel bambino che troppe poche ore aveva tenuto tra le braccia per dovergli già dire addio.
Passò il fagottino a Jane, decidendo di mettere fine alla tortura di dover pensare all'incertezza del futuro della sua famiglia.

-Dovete andare.-

-Non voglio lasciarti. Non vogliamo.- disse Jane con una lacrima che le scendeva solitaria dal volto.

-Lo so, amore mio.- rispose lui. -Ma voi siete gli unici a poter viaggiare senza che nessuno se ne accorga. Devi chiedere aiuto agli Avengers. E sarete più al sicuro, qui io e mio fratello non possiamo fare molto per proteggervi senza rischiare le vite del popolo di Asgard.-

Sospirò, poggiò la fronte quella dell'amata, mentre le accarezzava i capelli e si inebriava del suo profumo per un'ultima volta.

Jane non disse nulla. Sapeva che era ciò che doveva fare, non avrebbe protestato oltre. Aveva semplicemente esternato ciò che pensava.

Thor la accompagnò al centro del cerchio di pietre. Le diede un lungo bacio, poi baciò suo figlio sulla fronte, che continuava a guardare i suoi genitori con occhi svegli e furbi.

-Fate attenzione.- disse, per poi uscire dal cerchio di pietre.

Jane teneva lo sguardo fisso su suo marito.
-Quando vuoi, Heimdall.- sussurrò con voce tremante.

Un fascio di luce avvolse lei e il bambino.

Thor rimase solo per qualche secondo.
Solo lui e il profumo di Jane che gli era rimasto impresso fin nei polmoni.  









 
*        *          *











Intanto sulla Terra...


James Bucky Barnes guardava fuori dalla finestra del suo appartamento a Park Slope.
Era primavera, e i tipici alberi che costeggiavano le vie del quartiere erano ricoperti di fiori, così come lo erano le strade.
Ma lui vedeva alberi spogli e secchi.
Dalle immense finestre entrava un sole splendente che creava all'interno della casa un ambiente più dorato della città da cui veniva Thor.
Ma per lui era tutto grigio.

Bevve l'ultimo sorso di birra rimasto nella bottiglia e la abbandonò sul tavolo. Notò che ce ne erano già altre due vuote lasciate lì.
Strinse le labbra, contrariato. Prese le tre bottiglie le gettò nel cesto della spazzatura.
Non avrebbe mai voluto ridurre la casa che lui e Alexis avevano scelto ad un magazzino.
Neanche ora che Alexis non c'era da un po'.

Il suo telefono vibrò, lo tirò fuori dalla tasca.
Era la notifica di una nuova notizia da un quotidiano online. Lesse solo il titolo, il resto faceva troppo male.

"L'angelo degli innocenti colpisce di nuovo..."

Lasciò il telefono sul tavolo della cucina, sospirò tirando fuori una sedia da sotto il tavolo e ci si buttò di peso.
Puntellò i gomiti sul tavolo e si passò le mani tra i capelli mentre cercava di ricacciare indietro qualche lacrima. Non ci riuscì. Si accasciò con la testa sul tavolo e dopo pochi minuti si addormentò.

Sognò...

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Capitolo 2
*** Capitolo I: Mancanze ***


New Avengers: Together
Journey to Asgard and...

Capitolo I: Mancanze 

*     *     *



-Dovremmo iniziare a comprare i mobili, almeno un letto. Non credi?- disse Bucky Barnes mentre stringeva tra le braccia Alexis e le accarezzava i capelli dolcemente.

Alexis sbuffò una risata mentre si accoccolava sul petto di lui.
-Sì, suppongo di sì.-


Stavano sdraiati a terra nel salotto del loro nuovo appartamento, che avevano comprato poche settimane prima.
L'unica stanza che avevano arredato era la cucina. Il bagno lo avevano tenuto come lo avevano trovato.
Avevano appena fatto l'amore su un lenzuolo steso a terra.
Avevano caldo, erano entrambi sudati, ma non importava a nessuno dei due. La complicità di quei momenti lì era superiore a qualsiasi cosa.


Alexis si soffermò ad osservare il lampadario che pendeva dal soffitto: ne era veramente fiera, dato che l'aveva praticamente realizzato lei. Aveva utilizzato una ciotola in plastica da cucina, l'aveva dipinta internamente di bianco e all'esterno di nero, poi aveva fatto un foro sul fondo per farvi passare i fili elettrici. Era di una semplicità disarmante e quasi banale, ma dedicarsi alle attività fai da te era ciò che l'aveva tenuta ancorata alla realtà e che le aveva permesso di smettere di pensare in maniera ossessiva al suo bambino perduto.
Aveva passato settimane intere a disegnare seduta nel parco del complesso degli Avengers, poi lei e James avevano iniziato la ricerca del loro appartamento, e per fortuna aveva potuto dedicarsi a quello.
Tuttavia non c'era giorno che passasse senza pensare almeno una volta al suo bambino. Senza sentirsi in colpa per il fatto che lei fosse viva e lui no.


James la notò essere sovrappensiero. Seguì il suo sguardo verso il soffitto ed indicò con un cenno della testa il capolavoro di Alexis.
-E' proprio un bel lampadario, vero?- disse.

La ragazza rise e scosse la testa. -Scemo, non prendermi in giro.-

-Non lo sto facendo!- esclamò lui, poi lo indicò. -Dico sul serio, sei stata brava. Io non avrei mai avuto la pazienza di farlo.- Si voltò verso la ragazza e le diede un bacio sulla fronte. -Da un valore aggiunto alla nostra casa avere l'arredamento realizzato da te.-

Alexis si mise su un fianco, girata verso di lui, e gli allacciò le braccia intorno al collo, per poi lasciargli un bacio sulle labbra.
-Come fai a dire sempre la cosa giusta, Bucky Barnes?-

James sorrise, pensò che non fosse vero che lui fosse in grado di dire sempre la cosa giusta, ma accettò il complimento. Se Alexis la vedeva così, lui non poteva che esserne grato.
Sospirò, perdendosi negli occhi color cioccolato della ragazza, seguendo di tanto in tanto una scintilla ambrata che vedeva guizzarvi dentro.

Non rispose alla domanda di Alexis, ma ne pose una lui.
Dopo settimane che aspettava il momento giusto, le parole gli uscirono di bocca senza essere in grado di frenarle.


-Agente Moore, sposiamoci.- disse semplicemente.

Alexis non respirò per alcuni secondi. Si tirò su poggiandosi al gomito. Aggrottò la fronte, non aspettandosi quella richiesta, non sapendo se credere che fosse vero o no. Non sapendo se stesse per illudersi e James l'avesse detto per scherzo e senza pensarci.
Lei era da settimane che ci pensava.

-Sei serio?-

Anche Bucky si tirò su e sbuffò un sorriso.
-Secondo te potrei non esserlo?- chiese spostandole un ciuffo di capelli che le era caduto davanti al viso. -Ti amo. Con tutto ciò che sono. Sposami, Alexis.-


Alexis balbettò con il cuore che galoppava, mentre sentiva un nodo che le si formava nella gola.
-Ehm, ah, i-io... Dio... ehm, s-


James la interruppe. Si alzò, prese qualcosa nella tasca della sua giacca di pelle e tornò accanto alla ragazza.

-C-che stai- fece Alexis, ma le parole le morirono di nuovo sulla punta della lingua.

-Sono uno all'antica, lo sai.- rispose lui. Mostrò alla ragazza una scatolina in velluto bianca, con un po' di timore la aprì e guardò il volto di Alexis godendosi ogni sua più piccola espressione.

-Alexis Hermione Moore, mi vuoi sposare?-


Alexis si coprì la bocca con una mano.
-James...- sussurrò puntando gli occhi all'interno della scatolina.


Al centro di essa era adagiato un delicatissimo anello in oro, con dei tralci ricamati sul bordo e una pietra brillante al centro, non troppo grande, si rifletteva negli occhi di Alexis.
Delicato, semplice, bellissimo.


Bucky si godette l'espressione di stupore della ragazza, mista a felicità, commozione, e chi altro lo sa quante emozioni c'erano nel cuore in subbuglio di Alexis Moore in quel momento.

Quando Alexis batté le palpebre alcune lacrime caddero dai suoi occhi e finalmente si ridestò. Piangeva e rideva, ed in mezzo a quei mugolii riuscì a pronunciare:
-Sì, assolutamente sì!-

Abbracciò di nuovo Bucky, che tirò un sospiro di sollievo e la strinse, lasciandole un bacio sul collo.
 
 
 





 
*     *     *






 
 
Bucky si svegliò di soprassalto, purtroppo, a causa della suoneria del suo cellulare.
Si era addormentato sul tavolo della cucina, aveva la schiena, le braccia e il collo indolenziti. Un mal di testa da impazzire.
E una sensazione di disperazione totale nel cuore.
Lasciò squillare il telefono senza rispondere.
Non era la prima volta che sognava Alexis, né la prima volta che sognava quel preciso momento. Il momento in cui le aveva chiesto di sposarlo.
Ormai sognarla era l'unico modo che aveva per vederla, quindi non gli dispiaceva, ma era il risveglio che lo distruggeva. Il ritorno alla vita reale: vita in cui lei non c'era.

Chiuse gli occhi di nuovo, e nella sua mente comparve l'anello perfettamente indossato dall'anulare sinistro di Alexis. Li riaprì subito, perché quella visione era troppo dolorosa. Anche se il fatto che Alexis avesse tenuto con sé l'anello gli faceva sperare che un giorno sarebbe tornata da lui.
Si alzò e si diresse verso il lavandino della cucina, dove si sciacquò rapidamente la faccia per svegliarsi meglio e bevve dell'acqua.
Poi con un sospiro allungò una mano sul tavolo e controllò il cellulare.

3 chiamate perse: Steve, Ellie Renner e Tony.

I primi due li sentiva tutti i giorni e più volte al giorno. Preoccupati per lui, i due piccioncini, però, non facevano che ricordargli che lui non avesse più la sua dolce metà a fianco.
In ogni caso voleva loro un bene dell'anima.
Sentiva spesso anche Tony Stark, ma più di rado e probabilmente lo aveva chiamato poco prima per parlare insieme del nuovo colpo di quello che i telegiornali definivano "l'angelo dei bambini" o "l'angelo degli innocenti" e che loro sapevano benissimo trattarsi della loro Agente Moore.

Proprio mentre si apprestava a richiamare almeno uno dei tre, il suo telefono riprese a squillare e sul centro dello schermo comparvero il volto e il nome della scrittrice Ellie Renner.
Bucky sbuffò una risata. Chi se non lei poteva essere la più insistente tra quei tre?

-Pronto?-

-Buck, come stai?-

La voce dolce di Ellie fu come un balsamo in confronto al silenzio assordante che regnava in quella casa.

"Uno schifo." Avrebbe risposto Bucky.
-Bene, diciamo. Scusa se non ho risposto, mi ero addormentato.-

Ellie dall'altra parte del telefono sospirò.
-Ah, bene, sei riuscito a dormire un po' almeno.-

-Già.-

-Ascolta, hai sentito l'ultima notizia di Alexis?-

Bucky scosse la testa, mentre si sdraiava sul divano.
-Sinceramente no. Le è successo qualcosa?-

-No, no.- si affrettò a rispondere Ellie. -Solo che era vicina. Nel Queens. Pare abbia tolto un po' di lavoro all'eroe del quartiere, il quale sembra averla anche intravista.-

"Beato lui."

Non rispose.
Non sapeva più che dire, in realtà, riguardo tutta quella faccenda.

 Ellie riprese: -Tony ti cercava per dirti di passare al complesso. Parleremo con Peter e con Stephen Strange per vedere se le sue ricerche mistiche hanno portato a qualcosa.-

-D'accordo, ci vediamo dopo.- rispose Bucky annuendo.

-A dopo. Buck, stai attento.-

Lui sorrise. -Grazie Ellie, non preoccuparti per me. Sto bene.-
 







 
*     *     *









 
Alcune ore dopo, a Londra
 
Darcy Lewis spense il computer, si tolse gli occhiali da vista e li poggiò sulla scrivania, accanto alla sua tazza di tè vuota. Si stropicciò gli occhi.
Si comportava come se avesse appena concluso una stancante giornata di lavoro al computer, e invece aveva soltanto appena finito la maratona di una stagione di Game Of Thrones.  

Guardò l'orologio, che segnava le 21.00, e decise che era ora di cenare. Andò in cucina ed aprì il frigorifero, tirando fuori dei ravioli cinesi che le erano avanzati dal pranzo. Li mise a riscaldare su una piastra, e mentre prendeva una bustina di salsa agrodolce dalla dispensa, un frastuono la fece saltare di almeno un metro in aria.
Fuori dalla finestra, sul balcone, cadeva un fascio di luce arcobaleno.

-Ma che cazzo!?- esclamò, andando ad aprire di corsa la finestra.

Aveva già visto quel fascio di luce altre volte, ma non se lo aspettava proprio.
Man mano che la luce si affievoliva, la sagoma di una donna si faceva strada in essa e quando tutto tornò buio, Darcy sgranò gli occhi.

Jane Foster le correva incontro con qualcosa in braccio. Anzi, qualcuno.
-Darcy! Darcy, fammi entrare, svelta!-

-Ma che cazzo!?!- esclamò di nuovo l'amica.

Jane la superò ed entrò in casa, Darcy dopo due secondi la seguì.

La prima mise seduto sul divano il bambino e con apprensione gli tolse la mantella col cappuccio.
-Oh mio dio.- sussurrò.

Darcy trattenne il respiro per alcuni secondi.
-Jane avevi un bambino in mano!-

Jane non la guardò neanche, perché non stava assolutamente capendo nulla di ciò che stava succedendo a suo figlio.
-Beh, sì.- rispose.

Darcy si insospettì e si avvicinò all'amica. -Che succede?- chiese facendosi improvvisamente seria.

Jane scosse la testa. -Non lo so.-

L'altra aggrottò la fronte. -Aspetta un secondo.- disse puntando un dito contro il bambino. -Se i miei calcoli non sono errati tu dovresti aver partorito da poche settimane.-

Jane annuì.

Darcy si inginocchiò accanto al bambino e lo osservò.
-Ma tu avrai almeno cinque anni, piccolo Blake!-

Il bambino rise.
-Ciao zia Dassy!-

Le due ragazze ammutolirono e sgranarono gli occhi, guardandosi.
-Ok. E' inquietante.- sussurrò Darcy, per poi rivolgersi al bambino. -Ehi ciao!-

Il bambino scese dal divano e le due si alzarono in piedi. Era alto almeno come le gambe di Jane in piedi accanto a lei.
-Ho fame, mamma!-

-Ehm...- fece Jane. -Si, tesoro, ora zia Darcy ti darà qualcosa da mangiare.-

Darcy lo prese in braccio e lo fece sedere in cucina, gli mise davanti un piatto di ravioli cinesi.
-Ti piacce la cucina cinese, vero?-

-Non lo so, zia. Non ho mai mangiato.-

Darcy annuì. -Giusto.- guardò il salotto, dove vide Jane sedersi sul divano mentre teneva la fronte con una mano. -Tu continua a mangiare, io vado da tua madre, ok?-

Corse in salotto e si sedette accanto a Jane.
-Ehm, stai bene?-

Jane scosse la testa.
-Credo di avere le febbre alta. Lo vedo solo io, vero?-

Darcy scosse la testa. -No cara, il tuo neonato è alto quasi quanto te. Come diamine è possibile?-

-Non ne ho idea.- disse Jane. -Forse il tempo scorre diversamente sulla terra rispetto ad Asgard. -

-Sì, ma questo dovrebbe valere anche per Thor e te e Loki, no?-

-Non lo so, Darcy. Non lo so...-

Darcy fece spallucce. -Beh, almeno ti sei persa tutta la parte schifosa sui pannolini! Ma che cosa ci fate qui?-

Jane sgranò di nuovo gli occhi. Se ne era quasi dimenticata.
-Thor, Asgard, hanno bisogno di aiuto, sono assediati da un popolo alieno.-

-Alieno?!-

Jane annuì.
-Hanno bisogno degli Avengers.-
 

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