Rebirth - Lost

di Selhin
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 7 - Epilogo ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Disclaimer: Personaggi, luoghi, nomi e tutto ciò che deriva dalla trama ufficiale da cui ho elaborato la seguente storia, non mi appartengono ma sono di proprietà di Square-Enix che ne detiene tutti i diritti. Questa storia non è stata scritta a scopo di lucro e, viceversa, gli elementi di mia invenzione, non esistenti in "Final Fantasy XIII Series", appartengono solo a me.
 

 

Rebirth

Lost

* Prologo *

 

 

  “ It’s a new world. A world of hope.

And it’s waiting for you… to be born again.



 

La prima volta che si rese conto di non aver solo sognato un altro mondo, un’altra vita, fu quando a cinque anni sua sorella le chiese, un sussurro nel vento.

  “ Sorellina, dov’è Cocoon? ”

Si voltò sorpresa fissando lo sguardo negli occhi dello stesso azzurro intenso dei i suoi, solo un po’ più brillante con sfumature scure e le sorrise appena. Una scintilla di luce nello sguardo consapevole. Allungò le braccia e la strinse forte come non era mai riuscita a fare prima, prima di quella nuova vita. Lacrime cristalline sfuggirono dalle ciglia scure mentre la consapevolezza invadeva le memorie di entrambe, potevano sentire i battiti dei loro cuori attraverso l’abbraccio così carico di parole non dette. Perché non dissero altro, non avevano bisogno di farlo, finalmente erano insieme ed era tutto ciò di cui avevano bisogno. Avevano vinto, ce l’avevano fatta.

Sapevano.

Dopo quel momento le immagini di quel mondo iniziarono ad accumularsi nelle loro menti sempre più in fretta, con sempre più forza come se, in qualche modo, quella domanda avesse abbattuto il muro dei ricordi lasciando che il loro flusso scorresse impavido e senza poter essere fermato in alcun modo. Vedevano una vasta pianura selvaggia sormontata da un globo galleggiante, polvere di cristallo purissima svolazzava tutt’intorno. Una spiaggia bianca e tranquilla, il suono delle onde del mare che si mescolava alle loro risate di bambine, lampeggianti flash di neon freddi e il rumore di spari echeggiava nell’aria. C’era stata sofferenza, tanta, troppa.

Paura, lotta, morte.

Ma qualcos’altro le spingeva a scavare più in profondità, sogno dopo sogno, ricordo oltre il ricordo, perché c’era di più, doveva esserci di più. Una pacca comprensiva sulla spalla, un pugno di trionfo nell’aria, il profumo di una cena arrostita in un campo improvvisato, una voce allegra e saltellante, un ghigno arrogante ma leale, occhi verdi luminosi e pieni di fiducia. Una famiglia non legata dal sangue ma da un sentimento molto più profondo. Claire sorrise stringendo sua sorella e affondando il viso nei suoi capelli mentre le parole pronunciate dalla se stessa di quell’altra dimensione le affioravano nella mente.

Era per quello che avevano combattuto.

Era per quello che avevano reso l’impossibile possibile.

Smisero di fare domande ai loro genitori il giorno in cui compirono sette anni. Claire si svegliò presto quella mattina, lacrime silenziose scendevano dai suoi occhi azzurri ma non seppe spiegarsene la ragione fino a che Serah non la raggiunse nel suo letto singhiozzando disperata. Mentre accarezzava i riccioli della sorella cercando di calmarla, all’improvviso fu consapevole del perché di quella tristezza così straziante e inaspettata che le pesava nel petto quasi bloccando il respiro.

Senza riuscire a trattenersi si alzò e, prendendo la mano di Serah, corsero dritte fra le braccia dei loro genitori che dormivano ancora beatamente in quella pigra domenica estiva. Claire strinse così forte le braccia attorno al collo di suo padre e l’uomo si preoccupò quando notò le lacrime di sua figlia. Anche Serah stava piangendo accoccolata nell’abbraccio di sua moglie che lo guardava con la sua stessa confusione riflessa nel suo sguardo. Liquidarono l’episodio con un sorriso gentile e un’alzata di spalle decretando che probabilmente avevano avuto un incubo, una cosa che accadeva abbastanza spesso in effetti. Le due bambine s’infilarono sotto le coperte al centro del letto stringendosi l’un l’altra assaporando il calore dell’amore dei loro genitori mentre ascoltavano la voce della loro madre che dolcemente cantava una ninna nanna rassicurante. Si riaddormentarono in pochi minuti cullate dalla voce gentile e delicata che sapevano di aver già udito in quell’altra vita, così tanti secoli prima, grate che non fossero sole. Niente sarebbe accaduto ai loro genitori questa volta, sarebbero state felici e al sicuro, lo sapevano e basta. Lo meritavano.

  “ Non possiamo parlarne più, non con loro. Hai capito Serah?” - le disse Claire quel pomeriggio mentre giocavano in veranda, un sussurro complice appena udibile nell’aria, suo padre che beveva una tazza di caffè in cucina mentre la madre curava il giardino canticchiando dolcemente. Sua sorella annuì con decisione, comprensiva. Sapeva che se avessero continuato ad insistere sull’argomento non avrebbero fatto altro che farli preoccupare, non ne avevano colpa se non potevano ricordare come loro dopotutto.

Quello sarebbe rimasto un segreto, almeno per il momento.

Perché passavano gli anni e i loro ricordi si facevano più vividi, più reali, ogni giorno più intensi. Una maledizione e un folle viaggio per scongiurarla, centinaia di percorsi perduti nel tempo per cambiare il futuro, un Dio tormentato inondato di luce. Ma soprattutto avevano quella costante, persistente sensazione di assenza.

Quelle persone che nei loro sogni ridevano, piangevano, urlavano e combattevano al loro fianco dov’erano adesso? Chi erano? Le stavano cercando?

Non ricordavano nessun nome, i loro volti restavano sfocati nei dettagli non appena provavano a definirli meglio. Ma sapevano che erano lì da qualche parte nel mondo, dovevano esserci perché, alla fine di ogni cosa, erano stati al loro fianco e sorridevano.

E c’era una promessa che riecheggiava nella mente di Claire, così persistente e ostinata da farle quasi male. Era presente sempre qualunque cosa facesse. Era lì nello sguardo adorante di suo padre mentre le insegnava a suonare la chitarra, era nel dolce sorriso di sua sorella che si rifletteva in quello della madre mentre giocavano in giardino, era nelle risate degli sconosciuti che le passavano accanto per la strada.

Era sempre lì nella luce della linea sottile che separava il sogno dalla realtà.

Era una voce gentile e le ricordava che sarebbe andato tutto bene, che si sarebbero ritrovati prima o poi.

Saremo insieme.

E lei non poteva fare altro che crederci.


.
.
.





Note : Sì, sono sempre io. Sì lo so che la sezione ormai è morta però mi sono ritrovata a voler dare un'ultima parola su questo, la mia personale idea su un post LR. Questa è solo la prima parte, il mio progetto ne prevede una seconda ma chissà. Spero vi abbia incuriosito e se siete passati di qui ( cosa assai improbabile temo ) mi farebbe piacere un vostro parere.
Al prossimo capitolo!
Selhin

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 ***


 

Rebirth

Lost

* Capitolo 1 *

 

 

 

 

 

  [ Each reunion is a twist of the knife.
The joy is ephemeral; it leaves fear in its wake.
A fear that all
too soon
the time will come when you must bid farewell again. ]

 

 

 

 

 

 

 

 

  Un sospiro affannato, voltò la testa di scatto ansimando sul cuscino, gli occhi guizzavano veloci sotto le palpebre serrate. Piccoli tremori le scuoterono le labbra da cui improvvisamente lasciò fuoriuscire un lamento inquieto mentre afferrava le lenzuola con forza artigliandole con le unghie.

Aprì gli occhi di scatto cercando di focalizzare lo sguardo nella stanza buia mentre poteva ancora sentirsi ansimare per la furia che l’aveva avvinta nel sogno. Restò immobile cercando di attenuare il battito cardiaco, perché diavolo non riusciva a calmarsi? Perché sapeva che questa volta, questo sogno, era in qualche modo diverso dai precedenti. Era un vero ricordo dell’altro mondo, certo le era già capitato che sognasse la sua vita passata come la chiamava Serah, ma mai così. Non era mai stato così reale e soprattutto non aveva mai visto così chiaramente il volto di qualcun altro che non fosse sua sorella o i suoi genitori.

Si tirò seduta sul letto cercando ancora di riprendersi dall’agitazione.

Respira, dentro, fuori.

Dentro, fuori.

Si portò una mano sul petto chiudendo gli occhi in un gesto confortante e continuò con il suo mantra speciale, qualche volta le era capitato in passato di soffrire di attacchi di panico, spesso in effetti, soprattutto quando era più piccola e non sapeva ancora spiegarsi gli strani sogni che faceva. Quando finalmente riuscì a recuperare il controllo si prese un momento per analizzare la situazione. Era così che faceva lei, sempre attenta ai particolari e fredda calcolatrice in ogni situazione, era convinta che il suo essere stata un soldato nell’altra vita l’avesse formata fino a tal punto nel carattere da influenzarla anche in questo nuovo mondo.

Riaprì nuovamente gli occhi e si concentrò sul pulviscolo che si muoveva nei deboli raggi del sole appena sorto che filtravano dalle imposte alla finestra. In qualche modo gli ricordava il movimento lento e perpetuo dell’ondeggiare di piume bianche al vento.

Decise di alzarsi e si mosse veloce fino a raggiungere la porta della sua stanza, a piedi nudi uscì nel corridoio freddo e silenzioso e s’infilò nella stanza di sua sorella proprio accanto. A volte capitava che facessero gli stessi sogni, che vedessero le stesse immagini e doveva assolutamente sapere se sua sorella lo aveva condiviso con lei anche questa volta. Non ci sarebbe stato comunque modo di rimettersi a dormire ormai.

Con sua sorpresa trovò Serah ancora addormentata, il viso coperto dai riccioli rosa e il respiro ritmico e pesante le fecero capire che chiaramente non stava sognando. Cautamente le strisciò accanto sollevando la trapunta pesante e dopo un momento di esitazione si decise a scuoterle leggermente la spalla. Non le piaceva l’idea di svegliarla prima del normale ma non poteva davvero aspettare.

Aprì gli occhi lentamente mugolando scontenta ma quando focalizzò lo sguardo su di lei si tirò su di scatto preoccupata. “ Cosa è successo? ” chiese in un sussurro agitato.

Claire scosse la testa e sorrise cercando di rassicurarla. “ Un sogno. ”

La più giovane sospirò e tornò a sdraiarsi sotto la coperta, il viso vicino a quello della sorella tanto da poterne sentire il respiro sulla pelle. “ Raccontamelo. ”

  “ E’ stato diverso questa volta, più reale. ”

  “ Sono sempre reali. ” obbiettò l’altra alzando le sopracciglia.

Scosse la testa. “ Non così, c’era qualcosa di... era come se stesse accadendo in quel momento. ”

Serah la fissò in silenzio esortandola a continuare e Claire raccontò di un luogo freddo, immobile, incolore. Edifici imponenti e di pietra sovrastavano su di una collina sopra un mare grigio, il tempo non esisteva e tutto le dava l’impressione che persino il suo stesso respiro potesse fermarsi. Lei indossava un’armatura luccicante d’argento e combatteva armata di spada e circondata da mostri. La cascata di piume bianche che le scendevano al fianco ondeggiava ad ogni suo movimento. Non si soffermò sulla battaglia, era stata fin troppo realistica e feroce e non volle agitarla ulteriormente, inoltre non era riuscita a distinguere i lineamenti dell’uomo contro cui stava lottando. Sapeva solo che era forte, terribile e spietato e che lei si sentiva frustrata e insoddisfatta mentre incrociava la spada con lui. Poi aveva alzato lo sguardo e lo aveva visto, un ragazzo stava cadendo dal cielo precipitando nel vuoto. Si era lanciata verso di lui senza esitazione e lo aveva afferrato al volo. Aveva guardato nei suoi occhi blu e poi… si era svegliata.

  “ E’ incredibile… ” disse semplicemente Serah quando restò in silenzio alla fine del racconto.

  “ Tu non hai visto niente? ”

Sua sorella agitò la testa in negazione, poi si alzò e aprì le tende rivelando un sole già alto. Qualcuno bussò alla porta per chiamarle per la colazione ed entrambe decisero di rimandare il resto della conversazione a più tardi. Anche se Claire si chiedeva di cos’altro avrebbero potuto discutere dopotutto.

Qualcosa si agitò dentro di lei mentre varcava la soglia di casa e non seppe spiegarsene la ragione.

 

..::~*.*.*~::..

 

  Sei un pessimo bugiardo.

E’ quello che continui a ripeterti da ore, anzi da anni, secoli addirittura. Credevi che ce l’avresti fatta, che sarebbe stato semplice, sopportabile, hai ingannato tutti con le tue bugie. Tutti tranne te stesso. Sospiri mentre abbassi la mano rinunciando a bussare alla porta davanti a te e perdendo infine anche quel poco coraggio che pensavi di avere.

Sei un codardo oltre che bugiardo.

Eri partito con le migliori intenzioni, certo, volevi solo assicurarti che stessero bene, che fossero vivi, che esistessero. Non era mai stata tua intenzione farti vedere, interagire con loro, perché dovresti farlo? Tu per loro non sei nessuno adesso. Lo sapevi quando hai fatto la tua scelta.

Velocemente ti volti ed esci dal vialetto di quell’adorabile casetta a schiera con la staccionata bianca. E’ carina questa città, pensi, mentre ti godi il calore del sole pomeridiano incamminandoti verso la stazione dei pullman. Non è una metropoli, è persino troppo piccola per essere definita città e il suo essere immersa nella campagna ti fa provare una strana nostalgia, nostalgia per qualcosa che non hai mai avuto, che non avrai mai. Mani in tasca inspiri l’aroma dei fiori di Gelsomino che invadono ogni giardino che sorpassi notando le api svolazzare qua e là e riempiendo il silenzio della strada del loro ronzante e imperterrito lavoro. Sei sempre stato un osservatore acuto, un amante della natura, dei tramonti e curioso su ogni cosa che riguardasse l’ambiente che ti circondava. Anche prima, quando rivolgevi lo sguardo al cielo verso un pianeta brillante di luce verde e ti lasciavi cogliere dalla meraviglia che quella fosse casa tua, che fosse così minuscola vista da laggiù. Gli anni erano passati e quel pianeta aveva assunto l’aspetto di un cristallo turchino, quasi mistico mentre rifletteva il bagliore del sole, fino a quando scomparve per sempre, sostituito da metallo freddo e grigio mentre si stagliava in un cielo traballante di luce e oscurità.

Adesso, se alzi lo sguardo, non puoi più vederlo, non esiste più, non è mai esistito in questo cielo. A volte era così incredibilmente azzurro da temere che fosse reale.

E se tutto questo fosse una finzione? Te lo chiedi un po' troppo spesso per avere appena diciassette anni.

Sei perso nei tuoi pensieri e non ti accorgi quasi di aver inciampato in una donna fino a che non ti senti afferrare per il braccio a trattenerti dalla caduta. La guardi sorpreso e lei ti restituisce lo sguardo confuso e assurdamente preoccupato per essere rivolto ad uno sconosciuto. Tu resti immobile, troppo sconvolto da quell’incontro - che hai cercato per tutta la vita ma che avevi deciso di evitare proprio pochi minuti prima - per osare anche solo respirare. Ha incredibili occhi verde pallido e puoi solo immaginare la dolcezza di quello sguardo se lei fosse tua madre. Ma non lo è, non questa volta. Ti sorride e ti chiede se stai bene e la sua voce ti riscuote dal tuo turbamento, la ringrazi e le sorridi brevemente in risposta. Stai bene, va tutto bene.

Devi star bene.

Sei un pessimo bugiardo.

Ti volti velocemente perché non riesci a guardarla nemmeno un secondo in più, non osi farlo e ti allontani con passo svelto. Non puoi indugiare adesso, sai che è stata una pessima idea cercarla. Però ora stai che sta bene, sembrava felice.

Trattieni le lacrime che ti pungono agli angoli degli occhi desiderose di farsi strada copiose sulle tue guance. Ti aspettano sette ore di viaggio prima di tornare in Istituto, avrai tutta la notte per farlo.

 

..::~*.*.*~::..

 

  Quello era stato decisamente uno dei giorni di sole primaverili più caldi che ricordasse di aver vissuto nei suoi undici anni nel nuovo mondo. Stavano tornando a casa dopo la scuola a pomeriggio inoltrato, l’una di fianco all’altra mano nella mano. Anche se in questa vita erano rinate come gemelle – sebbene avessero mantenuto lo stesso aspetto del passato, il perché di questo nuovo status era ancora un mistero – entrambe sapevano che prima non era stato così e Claire aveva conservato quell’aria protettiva e travolgente da sorella maggiore. Era sempre stata lei a prendersi cura di Serah, era la più alta e la più forte delle due e aveva tutta l’intenzione di mantenere quel ruolo sebbene adesso in realtà le separassero solo pochi minuti.

Alzò lo sguardo azzurro sulla sorella che le camminava accanto, le stava raccontando di come avesse ricevuto lodi dal professore di storia per la sua relazione su cui aveva lavorato così duramente per giorni. Da quando avevano cominciato le scuole medie avevano deciso di comune accordo a stare in classi separate così da poter avere più amici e avere molte cose di cui parlare quando fossero state insieme. Non che Claire s’impegnasse molto per fare amicizia, al contrario di Serah che era la ragazzina più dolce e adorabile della scuola a cui tutti non vedevano l’ora di parlare. Ma a lei non dispiaceva starsene sola, le piaceva la tranquillità ed il silenzio, l’aiutava a pensare diceva.

Ed inoltre, non aveva bisogno di amici quando loro erano lì fuori da qualche parte. Doveva solo trovarli. “ Sorellina? Ehi, mi ascolti? ”

Si riscosse dai suoi pensieri mentre una mano le si agitava davanti al viso e le sorrise brevemente. “ Oh, scusami Serah. ”

  “ Ancora preoccupata per quel sogno? ”

  “ Non proprio… ” disse piano per poi lasciar andare un fiacco sospiro. Si passò la mano libera fra i capelli, dietro il collo, massaggiando appena cercando di alleviare la tensione. Si sentiva stanca e indolenzita, il sogno le aveva lasciato una strana sensazione di agitazione e per tutta la giornata aveva avuto il presentimento che stesse per accadere qualcosa.

Ovviamente non era successo un bel niente, se non contava il fatto che una strana ragazzina aveva cercato di avviare una conversazione con lei più volte per tutto l’arco della giornata senza che lei la degnasse di attenzione. Come diavolo aveva detto di chiamarsi? Ah, chissenefrega.

Comunque tutta quella irrequietezza non aveva portato altro che ad un affaticamento esagerato e adesso si sentiva stanca e tesa come se avesse combattuto mostri per tutto il santo giorno. E sapeva benissimo come ci si sentisse al riguardo.

  “ Dai, non pensarci più Claire. Temo che sia inutile a questo punto. ”

Annuì in accordo con le parole di Serah che la guardava con gli occhi leggermente preoccupati e dispiaciuti. Poi avvertì le braccia minute della sorella avvolgersi attorno al suo mentre la sua espressione mutava in quella che lei definiva ‘la sua parte malvagia’. Sopracciglio alzato e sorrisetto malizioso. “ Che ne dici se ci prendiamo un gelato? Uno di quelli triplo cioccolato. ”

Sospirò. “ No Serah, lo sai come la pensa la mamma sul gelato prima di cena. ”

Ed ecco che l’espressione mutava ancora in uno ‘sguardo da cucciolo’ implorante. Occhi grandi e spalancati e labbra arricciate. “ Dai, per favore. Non lo saprà mai e ne hai davvero bisogno! ”

Si fermò e la guardò impassibile per qualche secondo. Oh, al diavolo! Lo sa benissimo che quello guardo annichilirebbe chiunque. Sorrise rassegnata. “ E va bene, ma lo dividiamo. Ciò significa dividere anche la colpa se veniamo scoperte e non come l’ultima volta, hai capito? ”

Serah iniziò a saltellare felice e la trascinò con forza alla fine della strada fino a raggiungere il solito chiosco proprio prima dell’inizio della spiaggia dove passavano spesso i pomeriggi. La cittadina in cui vivevano non era grande come una metropoli, ma era calda e accogliente, le persone gentili e sorridenti e vivevano a due passi dal mare esattamente come nella loro vita precedente. Bodhum. Claire ha sempre pensato che fosse come una sorta di segno del destino. Il piccolo bar era gestito da un signore anziano dagli occhi gentili e il sorriso allegro. Molte volte sua sorella riusciva a farsi regalare qualche extra grazie ai suoi occhioni azzurri come in quell’occasione dove un’aggiunta di panna era stata messa in cima alla pila già instabile di gelato. Hmph, sguardo da cucciolo.

L’uomo si soffermò sui di lei per qualche secondo di troppo prima di porgerle una coppetta di gelato alla fragola, piccola e discreta. Le sorrise dolcemente mentre lei accettava il dono imbarazzata. Claire non se n’era mai resa conto fino a quel momento ma qualcosa in quel vecchietto gentile le sembrava famigliare e si stupì del fatto che, sebbene fosse sempre stata Serah quella allegra e socievole con cui interagiva, lui avesse imparato che invece lei preferiva una piccola porzione. E che il suo gusto preferito fosse la fragola. Lo ringraziò con un cenno del capo e un sorriso timido e vide la sua espressione ammorbidirsi ancora di più.

Mentre uscivano si fissò un promemoria per ringraziarlo a dovere la prossima volta che sarebbero passate.

Camminarono per un po' sulla spiaggia gustandosi i loro dolcetti freddi e poi si sedettero nel loro posto preferito, una piccola collinetta che collegava il bagnasciuga ad un piccolo parco con scivoli ed altalene nascosto all’ombra della pineta. La recinzione di ferro era stata sradicata via in una tempesta tanti anni fa e da allora nessuno l’aveva più riparata lasciando così libero il passaggio. Serah corse a sedersi sull’altalena che aveva rivendicato come propria, tanto che con un pennarello ci aveva scritto sopra le sua iniziali, anche se adesso erano scolorite e si leggevano a malapena.

Claire restò immobile ad osservarla ed improvvisamente quel presentimento folle che l’aveva tormentata per tutta la giornata le si attorcigliò di nuovo nello stomaco.

Lo notò in quell’istante, un bimbetto con i capelli castani che giocava da solo in un angolo del campetto di ghiaia proprio dall’altra parte della piazzetta. La sensazione la colpì all'istante, un fulmine che le fece accelerare il battito cardiaco e spalancare gli occhi sbigottita, il fiato sospeso. Prima di riuscire a trattenersi lo raggiunse seguita dallo sguardo di sua sorella che rimase immobile al suo posto, confusa ma stranamente incuriosita.

Non aveva sentito la stessa sensazione?

Non aveva avvertito quello che stava provando lei?

Senza esitazione gli posò una mano sulla spalla e nel momento esatto in cui incontrò i suoi occhi blu lei seppe il suo nome.

  “ … Noel? ” la voce le tremò per l’emozione ma era sicura, lei lo sapeva, lo conosceva. Era uno di loro.

Lui la scrutò silenzioso per un istante ancora, la osservò fisso e vide quella scintilla attraversargli lo sguardo come una scarica elettrostatica. Allungò una mano esitante per sfiorarle i capelli, lei l’afferrò nella sua stringendogli le dita fredde poi Serah li affiancò incuriosita e Claire si ritrovò a sorridere mentre gli occhi blu di Noel si riempivano di lacrime silenziose.

Ed eccola lì, la scintilla che colpì entrambi simultaneamente. Sua sorella si lanciò su di lui stringendolo fra le braccia e iniziò a ridere felice quando lui pronunciò il suo nome fra singhiozzi disperati.

Rimasero così, il viso di Noel immerso nei riccioli rosati di Serah, il corpo tremante per il pianto non più trattenuto, la mano stretta nella sua. Non dissero niente, non c’era bisogno di parole.

Il primo pezzo del puzzle era stato ritrovato finalmente.

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Note : Salve a tutti, ecco qui un nuovo capitolo. Da qui in poi sarà un susseguirsi di flashback e incontri, sono le basi per la storia che ho sempre voluto raccontare su di loro. Se avrete voglia di segnalarmi il vostro passaggio mi farebbe felice, alla prossima :)




 

 

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Capitolo 3
*** Capitolo 2 ***


Rebirth

Lost

* Capitolo 2 *

 

 

 

 

 

Now, what’s our motto?

Fal’Cie are no match for NORA! ]

 

 

 

 

 

 

  Sbuffò massaggiandosi il collo indolenzito mentre chiudeva gli occhi stanchi. Dopo l’addestramento si sentiva sempre l’intero corpo completamente a pezzi ma quel giorno era stato particolarmente intenso. In qualche modo era riuscita ad entrare nel Guardian Corps finalmente, dopo due tentativi falliti, cosa di cui non andava particolarmente fiera. Ma era una ragazza, inoltre era giovane, esile e minuta e quindi non si era stupita troppo di quegli insuccessi. La cosa bizzarra era stata che, ad appena un paio di settimane dal suo reclutamento, il Tenente Amodar l’aveva inserita in un livello speciale dedicato ad abilità e armi fuori dal comune. Le aveva consegnato un gunblade, piccolo ma dall’aria pericolosa, e le aveva detto che avrebbe dovuto imparare ad usarlo. “Sfrutta i tuoi punti di forza Farron e sorprendimi.”

Lei, ed ovviamente tutte le altre reclute – tutti ragazzi – erano rimasti molto sorpresi e confusi dalla questione ma il Tenente sembrava credere nelle sue abilità nonostante fosse solo una giovane di sedici anni. Chi era lei per dire il contrario?

Solo che, naturalmente, utilizzare un’arma del genere richiedeva un addestramento esclusivo, molto più faticoso ed impegnativo di quello che avrebbe mai pensato di poter sopportare. Ma doveva farcela, non poteva mollare, doveva farlo per sua sorella.

Sospirò ancora uscendo dallo spogliatoio dopo essersi fatta una doccia gelata, perché un vero soldato non aveva bisogno di lavarsi con l’acqua calda, quella era una cosa da ragazzine e lei non lo era di certo. Borsone in spalla uscì dalla base utilizzando il suo tesserino magnetico senza degnare di un saluto nessuno lungo la strada, non che comunque qualcuno volesse avere qualcosa a che fare con lei. Aveva notato gli sguardi sprezzanti degli altri soldati, certo si chiedevano cosa ci facesse una come lei in mezzo a loro, per un brevissimo istante aveva quasi sperato nella cosiddetta ‘solidarietà femminile’ da parte delle poche altre donne presenti nell'edificio, ma si era presto resa conto che forse avere a che fare con loro era anche peggio. In più quasi tutte si occupavano solo di questioni amministrative, alla fine dei conti era l’unica che era davvero lì per combattere.

S’incamminò verso la strada di casa procedendo spedita per le scorciatoie fra i palazzi che solo chi è nato e cresciuto in una piccola cittadina come Bodhum può conoscere. Era troppo stanca per notare i passi veloci appena dietro di lei fino a che una mano non le si posò sulla spalla spaventandola. Sussultò e si odiò per averlo fatto – si fissò un promemoria per il prossimo allenamento sui suoi sensi ancora poco allenati – perché significava far capire al nemico che aveva potere su di te. Quando si voltò non fu troppo stupita di vedere tre ragazzi con la sua stessa divisa da recluta, li valutò in pochi secondi, erano più grandi e più robusti di lei in ogni modo. Aggrottò le sopracciglia infastidita ma non disse niente, si limitò a fissarli attraverso i suoi occhi azzurri.

Quello che la teneva parlò per primo, era alto e atletico, un bel viso da sbruffone e capelli ramati e fluenti da ragazzo ricco. “ Tu sei quella ragazzina con quel nome assurdo, giusto? Com’era… Glitter? ”

Il ragazzo al suo fianco le si avvicinò con una risata, aveva denti storti ma era muscoloso, dannatamente muscoloso. Dio, lei era grande appena come un solo suo braccio! “ No, ti sbagli amico, è Sparkle! ”

Scoppiarono tutti a ridere mentre il terzo rispondeva sorridendole sfacciatamente. “ Forse Shiny? ”

Lei si voltò a fronteggiarli seccata. “ Sono Lightning, cosa diavolo volete? ”

Il primo la afferrò per la maglietta, la sollevò sulle punte dei piedi per avvicinarla al suo viso. “ Ascolta Moonlight, non so chi ti credi di essere ma sono sicuro che non hai la minima idea in cosa ti stai andando a cacciare. E’ meglio che abbassi la cresta ragazzina. ”

Lei sorrise sfacciatamente. “ Hai forse intenzione di picchiarmi? ”

La spintonò facendola cadere a terra, se solo non fosse stata così stanca. “ Cosa hai fatto per farti ammettere in quell’addestramento speciale? Ti sei infilata nel letto del Tenente Amodar? ”

Ma certo, doveva aspettarselo. Era una ragazza ed era appena stata reclutata in un programma dove quei ragazzi, e probabilmente tanti altri, avevano fallito. Non c’era da stupirsi che fossero infuriati e avessero deciso di prenderla di mira.

Sentì gli altri due iniziare a deriderla e rivolgerle altri insulti mentre la afferravano e la spingevano ancora, su e giù, su e giù, le arrivò un colpo al viso e la sua vista si oscurò momentaneamente fino a che le risate e le voci si confusero sovrapponendosi l’un l’altra. Sentiva in bocca il sapore ferreo del sangue e capì di essere immobilizzata a terra con il viso rivolto verso l’asfalto, una mano le premeva forte sulla testa mentre un ginocchio la pungolava sulla schiena.

La presa su di lei si allentò e per qualche secondo, o forse erano passati diversi minuti, non si rese conto di cosa stesse accadendo, poi un paio di braccia esili le si avvolsero attorno alle spalle e la tirarono seduta. “ Sta tranquilla, adesso ci siamo noi. ” le disse una voce femminile, era stranamente calda e rassicurante.

  “ Lasciatela in pace! ”

  “ Siete solo dei codardi! ”

  “ Andatevene! ”

Aprì gli occhi appena in tempo per vedere un ragazzo porsi fra lei e i suoi aggressori, era estremamente alto, più di loro, e se possibile più muscoloso. Lo affiancavano altri due ragazzetti che erano la metà di lui ma la sua presenza sembrò bastare per far fuggire in qualche modo il trio nella direzione opposta. Mosse la testa e vide che a tenerla era una ragazza con i capelli bruni molto lunghi, aveva all’incirca l’età di sua sorella. La guardò e le sorrise.

  “ Ehi, tutto bene? ”

Annuì mentre cercava di rimettersi in piedi.

  “ Maq, passami un fazzoletto presto, sta sanguinando! ”

Uno dei suoi tre soccorritori, un ragazzetto tutto magro avvolto in abiti troppo grandi e con i capelli biondi e scompigliati le si avvicinò porgendole un pezzo di stoffa. La ragazza lo prese ed iniziò a tamponarglielo sul labbro spaccato. “ Che stronzi! ”

  “ Colpire così una ragazza, vigliacchi! ”

Lei scosse la testa e si scostò dal tocco della ragazza. E questi ora chi erano? Non aveva bisogno di aiuto, poteva benissimo farcela da sola. “ Sto bene, era tutto sotto controllo. ”

La bruna la guardò poi scoppiò in una risatina. “ Tutto sotto controllo eh? indicò il labbro e alcuni graffi sul braccio sinistro che non aveva notato.

  “ Vuoi che ti accompagniamo a casa? ”

Lightning si voltò verso la voce gentile, proveniva dal ragazzo snello e con vestiti esageratamente colorati accanto a quello grande e grosso. Scosse la testa. “ Non ho bisogno della scorta. ”

Non ho bisogno di nessuno.

Detto questo prese il borsone da terra e si allontanò sotto le occhiate perplesse del gruppo dirigendosi nuovamente verso casa senza degnarli di una parola di ringraziamento, non gli aveva nemmeno chiesto i loro nomi. Ma non aveva importanza, non li avrebbe mai più rivisti. Serah si sarebbe preoccupata una volta viste le sue condizioni ma poteva dare la colpa all’addestramento, era tutto sotto controllo. E da domani avrebbe fatto sul serio. Sapeva che quello sarebbe stato solo il primo incidente, ce ne sarebbero stati altri, molti probabilmente. Le avrebbero gettato merda addosso perché era una donna, perché non sapeva combattere, perché non era forte e il suo posto doveva essere nel letto di qualche uomo.

Ma gli avrebbe fatto capire chi era, un giorno l’avrebbero temuta e rispettata. Era una promessa.

 

 

*.*.*.*.*

 

 

  “ Forse siamo solo maledetti. ” disse Noel mentre rovistava nelle tasche del giubbotto alla ricerca degli ultimi gettoni rimasti.

Serah sbuffò esasperata. “ Ancora con questa storia? Non siamo maledetti, Noel… ”

  “ E come fai ad esserne sicura? Voglio dire, se hai una teoria più convincente sono pronto ad ascoltarla. ”

Il ding di una moneta che cade sul pavimento proprio in mezzo a loro fece tornare Claire vigile dal suo intorpidimento momentaneo. Dopo due anni iniziava ad essere scocciata di quella discussione che avevano praticamente ogni giorno e aveva imparato ad isolarsi completamente quando i due avviavano quella routine.

  “ Non è questione di teorie convincenti Noel, abbiamo chiuso con quella roba, le maledizioni qui non esistono. Fine della discussione. ” replicò sua sorella raccogliendo in fretta il gettone di metallo e voltandosi in cerca della sua approvazione. A tredici anni aveva già imparato a eseguire quello sguardo da maestra severa di cui i bambini nell’altro mondo avevano timore. Uno sguardo che aveva appreso da lei e aveva perfezionato nel corso degli anni.

Dopo essersi scambiate un’occhiata Noel intervenne ancora afferrando la moneta dalle mani della sua amica. “ Resto convinto della mia idea, come altro spiegheresti la confusione nelle nostre teste? ”

Serah alzò un sopracciglio. “ Qui, l’unica testa incasinata è la tua. ”

Il ragazzino sospirò sconfitto decidendo di lasciar perdere, quando la sua amica partiva in quella direzione non c’era modo di avere una discussione ragionevole. Si voltò ed inserì il gettone nell’hockey da tavolo invitandole a fare una partita. Claire scosse la testa e lasciò giocare sua sorella mentre lei usciva dalla sala giochi per una boccata d’aria. Quei due sarebbero andati avanti ancora un po' e lei non aveva affatto voglia di essere coinvolta ancora. Noel poteva avere ragione da una parte, non che lei pensasse c’entrasse una maledizione o simili, ma qualcosa di strano sicuramente li coinvolgeva.

Da sempre lei e Serah condividevano i ricordi delle loro vite precedenti – al contrario Noel dichiarò che non ne aveva avuto memoria fino al loro incontro – e quando lui si era riunito a loro, in qualche modo, si erano accentuati. Luoghi e avvenimenti erano perfettamente chiari nella sua testa, l’unica cosa che rimaneva confusa erano i volti e i nomi delle persone a lei più vicine. E lo stesso valeva per i suoi due compagni di stranezze. Dall’istante in cui lo avevano incontrato ogni momento di cui Noel aveva fatto parte in quell’altra vita aveva acquisito una nitidezza tale da rendere tutto ancora più reale. Claire ricordava di avergli chiesto di trovare e prendersi cura di Serah, di averli visti viaggiare nel tempo per risolvere i paradossi temporali e cambiare il futuro mentre lei rimaneva bloccata nel Valhalla. Conosceva l’espressione di Noel quando aveva salvato la sua anima tanti secoli dopo, ogni conversazione come se fosse accaduta appena il giorno precedente... ma gli altri?

Rimanevano volti offuscati dalle tenebre, nomi costantemente lì per essere ricordati ma mai così vicini da essere afferrati. Eppure c’erano, lo sapeva che c’erano. Ma perché capitava questo?

Claire se lo era chiesto talmente tante volte da perdere il conto ormai e la teoria della maledizione poteva anche avere senso se non fosse che sua sorella aveva ragione, quelle cose non esistevano in questo mondo. Ed inoltre lei aveva la perenne sensazione che fosse qualcosa di più, non poteva essere una maledizione di questo ne era certa solo… non aveva la più pallida idea di cosa si trattasse.

Si sedette su una panchina nascosta dalle scale mobili che salivano e portavano al cinema al piano superiore, il chiacchiericcio delle persone attorno a lei come sottofondo dei suoi pensieri. Avevano deciso di passare quel pomeriggio all’interno del centro commerciale perché fuori era in corso un vero e proprio diluvio. L’autunno iniziava sempre così nella loro città, piovoso per giorni e a loro non restava altro da fare che studiare dopo la scuola ma quel giorno nessuno dei tre, sebbene fossero in classi diverse – Noel oltretutto frequentava ancora le scuole elementari visti i suoi dieci anni – aveva compiti per casa. Così ne avevano approfittato per divertirsi un po' alla sala giochi del centro commerciale.

  “ Quando quell’alieno è sbucato dal terreno per poco non me la sono fatta addosso! ”

  “ Non sarebbe stata una novità Maq. ”

  “ Ehi, cosa vorresti dire con questo? ”

Le voci improvvise di un gruppo di ragazzi che scendeva dalla scala mobile proprio dietro di lei la riportarono alla realtà. Erano voci estremamente familiari e le labbra le si incurvarono in un sorriso senza alcuna ragione.

  “ Che sei un fifone! ” replicò la voce di un ragazzo con una risata divertita scatenando l’ilarità del gruppo.

  “ Ve lo ricordate quando ha lanciato un urlo e i suoi popcorn sono finiti addosso a quella ragazza? ”

Questa volta era stata una voce femminile a parlare, calda e amichevole, seguita da un’altra sequenza di forti risate. Claire si ritrovò a voltarsi verso di loro alzandosi in piedi nella loro direzione e cercando di dare un senso al subbuglio che le stava infuriando nel petto.

Conosceva quelle voci, conosceva quei volti.

  “ E’ successo solo una volta! ” si lamentò il ragazzino fino a quel momento preso di mira incrociando le braccia offeso.

Il più alto gli diede una forte pacca affettuosa sulla schiena. “ Forse è meglio evitare di portarti a vedere questo genere di film, sei ancora troppo piccolo Maq. ”

  “ Vorrei ricordarvi che la prossima settimana compio tredici anni. TREDICI!

La ragazza si allungò per scompigliargli la chioma bionda per poi tirargli le guance in modo affettuoso. “ Ma certo, ma certo! ”

Quella è…? Loro sono…?

All’improvviso le tornò alla mente il ricordo del sogno che aveva avuto la scorsa notte. Non ne aveva avuto memoria al suo risveglio, non fino a quel momento. Sentì le lacrime pungerle dietro le palpebre prima ancora che potesse formare il pensiero completo. Le scacciò via con un gesto nervoso mentre osservava il gruppo che si allontanava da lei verso l’uscita dell’edificio. Le sue gambe si mossero prima che potesse ordinarglielo e quasi si ritrovò a correre verso di loro, una mano tesa. Afferrò d’istinto un braccio della ragazza con i capelli scuri che si voltò a guardarla sorpresa.

E di nuovo, com’era accaduto un paio di anni prima con Noel, vide i suoi occhi acquisire una consapevolezza fino a quel momento rimasta sopita. Lasciò che quella strana magia scorresse via dai suoi occhi per poi incontrare quelli degli altri ragazzi che si erano fermati, completamente immobili, a guardarla. Gli occhi nocciola di Lebreau tremarono sotto le lacrime che si stavano formando, l’abbracciò e si lasciò andare al pianto. Claire la strinse in risposta accarezzandole la schiena dolcemente e, a seguire, offrì un sorriso consapevole agli sguardi di Gadot, Yuj ed infine di Maqui che dovette trattenersi dal mettersi a singhiozzare come un bambino.

Quando infine Lebreau si staccò da lei sorridendole imbarazzata le pose una domanda con lo sguardo. Claire si accigliò un istante mentre notava la stessa domanda in trepidante attesa sugli occhi di tutto il gruppo. Sorrise prendendole le mani nelle sue.

  “ Venite, andiamo da Serah. ”

 

 

..::~*.*.*~::..

 

 

  Sorridi gentilmente mentre si congratulano con te.

Hai diciannove anni e sei riuscito ad entrare in un’ottima università grazie alla tua dedizione e impegno nello studio. Ti è sempre piaciuto studiare alla fine, era l’unica cosa che ti riusciva bene nell’altra vita. Non eri particolarmente forte ma eri molto intelligente, curioso e questa caratteristica ti accompagna ancora adesso. Sebbene la tecnologia in questo mondo sia meno avanzata sai che potrai comunque dare il tuo contributo per migliorare la vita delle persone.

E’ quello che cerchi di fare da sempre.

Questa volta non sarà diverso perché aiutare gli altri è l’unico metodo che conosci per espiare le tue colpe, per sentirti in qualche modo meno responsabile. Per toglierti un peso dalla coscienza. Perciò non sei nemmeno una persona caritatevole, non lo fai perché sei un filantropo altruista, lo fai solo per te stesso.

Non sei come lei.

Sebbene sia sempre stata la tua forza, il tuo punto fermo, l’unica ragione che ti spingeva ad andare avanti nonostante l’oscurità non sei riuscito in nessun modo a essere nemmeno la metà di lei.

Il tuo amico Kai ti sorpassa entrando per primo nella stanza che condividerete per i prossimi anni. Anche lui è stato ammesso alla stessa università ma ha scelto un piano di studi più semplice, più adatto a lui. Ma resterà con te fino alla laurea e questo in qualche modo ti conforta anche se lui non si ricorda di te, di averti già conosciuto secoli fa in un altro mondo . Comunque resti un solitario, lui non riuscirà mai a colmare l’enorme vuoto che si è creato nel tuo cuore. Hai sempre e solo desiderato che la tua famiglia fosse qui, vorresti stare con loro ancora come una volta. Ma non puoi.

Non ti perdoneranno.

Non possono farlo.

Hanno sofferto troppo per colpa tua, lo sai.

Sei stato debole, codardo, stanco… troppo stanco.

Eppure continui a sorridere, sorridi mentre Kai ti chiede quale parte della stanza preferisci e lasci scegliere lui, sorridi mentre i professori elogiano la tua intelligenza, sorridi quando una ragazza ti si avvicina in biblioteca dove ti fermi ogni giorno fino a tardi. Rifiuti tutti in un modo gentile e cortese, il tuo destino è quello di stare da solo, è quello che hai scelto di essere.

E’ quello che ti meriti, continui a ripetertelo ogni giorno davanti allo specchio la mattina e la sera prima di dormire. Quando riesci a prendere sonno. Quando non sei tormentato dagli incubi.

Guardi i tuoi occhi stanchi, spenti, hanno perso la loro luce da tempo o sei tu ad aver perso la tua luce? Ed è solo pensando a lei che continui ad andare avanti adesso come allora, giorno dopo giorno, sapendola al sicuro da qualche parte nel mondo. Non hai bisogno di cercarla, sai che sta bene, è felice finalmente, è libera.

Rassegnati, tu non lo sarai mai.








Note : Inizialmente il team NORA non era previsto in questa storia, ho deciso infine di aggiungere questi ragazzi che io adoro perchè comunque nel romanzo Reminescence Tracer of Memories ci sono, perciò eccoli qui <3
Spero che non ci siano troppi errori, nel caso segnalate tranquillamente e spero che questo capitolo vi sia piaciuto, grazie per aver letto. A presto :3
Selhin

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Capitolo 4
*** Capitolo 3 ***



Disclaimer: Personaggi, luoghi, nomi e tutto ciò che deriva dalla trama ufficiale da cui ho elaborato la seguente storia, non mi appartengono ma sono di proprietà di Square-Enix che ne detiene tutti i diritti. Questa storia non è stata scritta a scopo di lucro e, viceversa, gli elementi di mia invenzione, non esistenti in "Final Fantasy XIII Series", appartengono solo a me.






 
Rebirth
Lost

* Capitolo 3 *





[ It was like--I had a glimpse of the future. 
Everyone was smiling and laughing. 

Even Serah. 
Even Light.
]







  Non ingannerai nessuno.

Osservi quasi ipnotizzato la condensa che si crea sul vetro a causa del tuo respiro. Hai la fronte premuta contro il finestrino e, involontariamente, allunghi un dito per tracciare un disegno annoiato sull’alone biancastro che svanisce rapidamente. I tuoi occhi si spingono ad osservare aldilà della lastra fredda incontrando un paesaggio nuovo ma familiare al tempo stesso. Non sei mai stato in questi luoghi eppure ti riportano alla memoria tempi lontani, immagini fin troppo limpide che mai hanno abbandonato la tua mente. 

L’immensità di un oceano azzurro costeggiato da spiagge bianchissime ti fa stringere la gola in un nodo e quasi non riesci a respirare per l’emozione, nei tuoi ricordi il cielo è scuro per la notte ma improvvisamente illuminato da fuochi d’artificio dai colori brillanti, tua madre ride mentre la prendi in giro dolcemente. 

Sorridi. 

Il tuo migliore amico – quello che in un’altra vita hai chiamato fratello, lo stesso uomo che hai cercato di uccidere – una volta ti disse una cosa, eravate nel bel mezzo di una cena fatta di squisitezze da patrono e liquore forte che dava alla testa, e tu non sei mai stato il tipo da sopportare gli alcolici. Rideva di te mentre barcollavi verso di lui sulla terrazza con gambe molli e tremolanti, una risata triste da ubriaco, la risata di un uomo dal cuore spezzato. Frantumato in milioni di piccoli pezzetti. E mentre notavi questo, nonostante l’alcol in circolo nel tuo corpo eri sorprendentemente lucido, i suoi occhi azzurri si accesero di scintille colorate riflesse dal cielo. Lo spettacolo pirotecnico era impareggiabile, splendido davvero. Tutta la sua città ne era invasa perché era stato lui a richiedere appositamente fuochi d’artificio ogni notte, a qualsiasi ora, in tutte le piazze principali. Per lei, perché era stato in mezzo a quelle luci che le aveva promesso amore eterno. E poi l’aveva persa. 

Sapeva di farsi del male in quel modo ma non poteva farne a meno, esattamente come te moriva ogni giorno un po' di più, eppure qualcosa lo teneva ancora aggrappato a quella vita innaturalmente lunga. La speranza di vederla di nuovo.

Nonostante tutta la disperazione, nonostante l’oscurità una piccola parte di lui ancora sperava. 

Come te.

Ma ora non più, vero? Non c’è più speranza per te adesso.

Il cielo e il mare tornano blu, è una bellissima giornata estiva e con i tuoi amici avete deciso di passare qualche giorno di vacanza al mare, lontani dallo studio e dalle preoccupazioni. Volti lo sguardo verso i tuoi due compagni di viaggio, battibeccano come sempre, come una coppia d’innamorati pensi con un sorriso, ma ancora devono capirlo anche se tu lo sai già. Forse sarà questa la volta buona per loro, se lo meritano e, in cuor tuo, lo speri.

E, di nuovo, puoi sperare per gli altri anche se per te non c’è nessuna possibilità? 

Sorridi e torni a guardare fuori dal finestrino, il treno sta rallentando in prossimità della stazione in avvicinamento. Non è la vostra fermata ma senti inaspettatamente il desiderio di alzarti e scendere subito. No, non è solo quello, non è uno scherzo della tua mente, è una necessità. Ma ti trattieni in qualche modo. Le dita serrate sulle tue gambe, stringi talmente forte che sei sicuro di aver lasciato segni sulla pelle ma non lasci la presa fino a che il treno riparte. Riprendi fiato improvvisamente inconsapevole di averlo trattenuto. Senti una fitta al petto, un dolore che non provavi da molto tempo, anni, secoli. Le lacrime ti bruciano attraverso gli occhi verdi e non riesci a trattenerle. Ti alzi ed esci dallo scompartimento in fretta prima che i tuoi amici possano fermarti, Elida sembra aver notato qualcosa però e probabilmente ti farà qualche domanda più tardi ma adesso sei troppo occupato ad allontanarti. Corri veloce, raggiungi il fondo del treno e resti lì immobile fino a che quel peso che sembra sfondarti il torace finalmente si allenta. 

E ti sembra di riprendere di nuovo a vivere mentre noti attraverso il finestrino la cittadina marittima scomparire dietro una collina.

O forse, stai solo ricominciando a morire.



 
 ..::~*.*.*~::..



  “ Aspetta Claire, fermati! ”

Serah urlò attraverso il fiato corto mentre cercava di starle dietro, Noel un paio di metri davanti a lei che pedalava a tutta velocità sulla sua nuova bicicletta blu nel tentativo di raggiungerla.

  “ Meno chiacchiere e più forza nelle gambe sorellina! ”

Claire si voltò a guardarla con un sorrisetto furbo e, cercando di provocarli, rallentò lasciando che i due quasi la raggiungessero per poi riprendere la sua corsa più veloce di prima. Come un fulmine in pieno cielo estivo. Sentì le maledizioni che le lanciavano alle sue spalle e rise divertita, un caldo vento le sferzava il viso facendo agitare i suoi riccioli rosati lasciati liberi sulle spalle. La sua pelle bruciava per il sole e un leggero velo di lentiggini le era apparso sul viso, cosa che capitava piuttosto spesso d’estate. Proprio quando pensava di aver preso la giusta velocità vide le sbarre del passaggio a livello proprio davanti a lei iniziare ad abbassarsi. Per un istante l’istinto le disse di andare più veloce e superarle ma poi ricordò che non era una cosa saggia da fare in questo mondo, non senza il suo fisico allenato alla battaglia, non senza magia. 

Si fermò, il battito del suo cuore impazzito, mentre si voltava a guardare Serah e Noel che, fin troppo lentamente per i suoi gusti, finalmente la raggiungevano. Una mano sul fianco e un sopracciglio alzato su uno sguardo di puro sarcasmo quando sua sorella per poco non si gettò a terra per riprendere fiato. Noel la seguì qualche istante dopo, era provato anche lui ma sapeva che la gara era solo in pausa e sarebbe ripresa non appena passato il treno.

C’era silenzio lungo la stradina poco frequentata all’interno della pineta, ancora un paio di miglia e sarebbero giunti sulla spiaggia dove Lebreau, Gadot, Yuj e Maqui li aspettavano. La ragazza del team NORA aveva costretto tutto il gruppo a lavorare assieme a lei nel piccolo chioschetto dove prendevano sempre il gelato – si era scoperto che il vecchio proprietario gentile era suo nonno in questa vita – poiché aveva tutte le intenzioni di riprendere a fare la barista esattamente come a Bodhum una volta raggiunta l’età giusta. 

  “ Non c’è bisogno di andare così veloce Claire. ” Serah la riportò alla realtà mentre le lanciava un’occhiataccia offesa.

  “ Già, lo sai che tua sorella non ha la tua stessa energi-OUCH!! ” il ragazzino s’interruppe quando l’amica gli tirò un pugno sul braccio.

  “ E questo cosa vorrebbe dire Noel? ”

Claire sospirò esasperata scuotendo la testa come ogni volta che i due iniziavano a battibeccare come fratello e sorella. In effetti, si poteva dire che i tre praticamente lo fossero ormai. Alzò gli occhi al cielo e senza alcun preavviso una sensazione travolgente l’attraversò. Il presentimento di qualcosa in arrivo, che fosse benevolo o no non ne aveva idea ma di sicuro qualcosa, o qualcuno, si stava avvicinando. La gola le si chiuse e faticò a respirare, tutto il suo corpo fremeva d’impazienza e una sensazione di calore le avvolse il petto. All’improvviso sentì urgente il bisogno di piangere anche se non aveva alcuna ragione per farlo. Tutto questo non ha senso!

Era la stessa sensazione provata quando incontrò Noel la prima volta e poi ancora Lebreau e gli altri un paio di anni prima, eppure in qualche modo era più forte, più travolgente. Fu completamente sopraffatta quando il treno sfrecciò veloce davanti a lei e si ritrovò ad urlare al vento con tutta la voce che aveva. Cadde in ginocchio tremolante tenendosi stretta le mani al petto mentre avvertiva le braccia esili di sua sorella avvolgersi attorno alle sue spalle. Iniziò a singhiozzare più forte mentre il convoglio sovrastava il suono delle sue grida disperate, le lacrime uscivano senza tregua e non c’era modo che potesse fermarle.

Perché mi sento così triste?

E quando infine il treno si allontanò la sensazione, quel sentimento, svanì tanto rapidamente quanto si era formato. Si asciugò il viso, le guance arrossate per l’imbarazzo e l’intensità di quello che aveva appena provato, lentamente riprese a respirare normalmente e il cuore le si calmò nel petto. Noel e Serah la osservavano, un misto di preoccupazione e spavento negli sguardi, mille domande a cui lei non seppe dare risposta. Stava bene ma non aveva idea di cosa fosse successo. 

Le sbarre si alzarono e dopo ancora qualche minuto d’esitazione i tre rimontarono sulle biciclette verso la loro destinazione, ma questa volta in silenzio e molto più lentamente, ognuno immerso nei propri pensieri. 

Quando arrivarono al bar e si sedettero a un tavolo non avevano ancora detto una parola. Claire sembrava completamente assorta e preoccupata e Serah e Noel d’altro canto non sapevano bene come comportarsi. Fu Maqui, in arrivo con tre bibite ghiacciate, a rompere il silenzio.
 
  “ Tutto ok ragazzi? Sembra abbiate visto un fantasma! ” 

Noel aspirò un sorso dal suo bicchiere lanciando uno sguardo interrogativo verso le due ragazze. “ Diciamo qualcosa del genere. ”

Serah alzò le spalle lanciando un’occhiata veloce a sua sorella che sembrava stranamente interessata ai cubetti di ghiaccio nella sua bibita. Continuava a mescolarli con la cannuccia e a contare quante bollicine si formavano in superficie. Notando l’aria stranamente nervosa Maqui si sedette accanto a Noel deciso a prendersi una pausa e provando ad allentare a tensione. Serah si unì ad una loro conversazione su qualcosa che riguardava un evento sportivo, le loro voci erano un sottofondo ai pensieri della più grande delle Farron. 

Cosa era successo poco fa? Cos’era stato quell’improvviso miscuglio di sentimenti che aveva provato? Cercò di ripensarci con chiarezza passo dopo passo esaminando cosa fosse accaduto per cercare di venirne a capo. L’unica conclusione che ne trasse era che, per quanto sconcertante, probabilmente qualcuno che avrebbe dovuto conoscere si trovava su quel treno. E lei, in un qualche modo che non sapeva ancora spiegarsi, lo aveva sentito. Ma chi poteva essere?

  “ Devo uscire a fare due passi. ” dichiarò alzandosi in piedi così in fretta che sua sorella quasi si spaventò. La rassicurò con un breve sorriso ed uscì senza nemmeno notare Lebreau che la chiamava da dietro il bancone.

Iniziò a camminare senza meta lungo la spiaggia, era estate e perciò era pieno di turisti in quel momento e a lei andò più che bene perdersi nella folla, le risate divertite delle persone come un rumore di fondo appena udibile. Si avvicinò al bagnasciuga e si tolse le scarpe, in qualche modo le onde che s’infrangevano sui suoi piedi nudi era un qualcosa che l’aveva sempre aiutata a pensare, anche nella sua vita precedente. Si era ritrovata a camminare esattamente in questo modo dopo la morte di sua madre, appena finito il funerale, l’abito nero ed elegante ancora indosso. Ed era la prima cosa che faceva la mattina presto, quando si alzava all’alba una volta entrata nel Guardian Corps. E anche durante la sua permanenza al Valhalla, sebbene il mare fosse scuro e assai diverso, si era ritrovata a passeggiare sulle sue rive di tanto in tanto nei rari momenti di tregua, quando si concedeva un momento per osservare sua sorella e la sua famiglia. L’oceano era sempre stato una parte di lei in qualche modo e anche adesso, una vita e un mondo totalmente nuovi, aveva il potere di aiutarla a razionalizzare i pensieri. 

Ma questa volta non sembrava funzionare, ciò che le era successo era stato troppo intenso forse, quelle emozioni quasi violente, un misto di solitudine, dolore, perdita. Quando quel treno si era allontanato aveva provato una tale disperazione, come se qualcosa d’importante, una parte di sé, le fosse stata strappata via dalle mani con ferocia,. Non ricordava di aver mai sperimentato niente del genere nei sui quindici anni da quando era rinata, forse prima… prima sicuramente quando sua madre era morta e poi più tardi, quando anche Serah aveva seguito quella strada. Si era sentita così vuota, così persa, così sola. 

Per quale motivo qualcuno dovrebbe sentirsi in quel modo? Non dovrebbero essere tutti felici in questa nuova vita, anche se non direttamente insieme? Lo meritavano dopotutto, avevano combattuto così duramente per quell’obbiettivo. Non riusciva a ricordare a chi potessero appartenere quei sentimenti, il resto dei volti e dei nomi rimaneva una macchia sfocata nella sua mente. Certamente doveva trattarsi di qualcuno di molto importante per lei, fino ad ora non aveva mai provato niente di così intenso per nessuno. Né per Noel, né per i ragazzi del NORA, nemmeno per i suoi genitori quando aveva compreso che non sarebbero scomparsi questa volta. 

Preda del suo turbamento scontrò qualcuno ma non alzò lo sguardo, si scusò appena, sottovoce, e proseguì ignara della scintilla. Se ne accorse solo qualche passo dopo quando una mano robusta le afferrò il polso obbligandola a voltarsi. 

Fu in quel momento che lo riconobbe.



 

*.*.*.*.*



  “ Etchiiiù!! ”

La mano corse veloce al gunblade al suo fianco, gli occhi spalancati, i sensi all’erta e completamente sveglia rimase immobile per un altro secondo in attesa. Poi voltò gli occhi e vide quelli azzurri dell’omone poco distante da lei che la guardavano da sotto un ciuffo di ribelli capelli biondi. Beh, almeno non era un mostro, anche se ci andava molto vicino in quanto ad attività cerebrale.  

Snow tirò su con il naso. “ Scusa sis, ti ho svegliata? ”

Lightning sospirò esasperata e si tirò seduta guardandosi attorno, tutto il resto del gruppo dormiva ancora pesantemente, non era ancora l’alba. Si passò velocemente una mano sugli occhi per togliere una rimanenza del sonno e poi si alzò spazzolandosi i vestiti dalla polvere del terriccio dove si erano accampati. Non aveva avuto intenzione di dormire, non così tanto almeno, perciò era un po' scocciata che proprio Snow fosse quello rimasto di guardia. 

  “ Dovevi chiamarmi almeno un’ora fa. ” gli disse, la voce severa ma trattenuta per non fare troppo rumore, come a voler intendere che fosse colpa sua se non si era svegliata prima. Lui alzò le spalle sorridendo beffardamente.

  “ Nah, eri così adorabile che non ho avuto cuore di farlo. ”

Gli si avvicinò e gli diede un pugno sulla spalla. “ Sei proprio un idiota. Va a dormire adesso, ci penso io. ”

  “ E’ tutto ok, torna pure a riposare accanto al ragazzo, sembravi felic-OW! ”

  “ Se non chiudi quella bocca enorme che ti ritrovi te ne arriva un altro. ”

Snow si massaggiò l’area colpita. “ Ok sis, come vuoi. Che diavolo, stavo scherzando, sei veramente irascibile lo sai? ” gli bastò uno sguardo per capire che stava per colpirlo di nuovo. “ D’accordo, d’accordo, sto zitto, smettila di picchiarmi! ”

Gli indicò di sedersi accanto a lui e, dopo qualche tentennamento, lo accontentò, sebbene un po' più lontana di quanto lui avesse inteso. L’uomo iniziò ad agitare un bastone per ravvivare il fuoco che si stava ormai esaurendo nel vano tentativo, probabilmente, di scaldarsi un po'. In effetti l’aria era piuttosto fredda la notte su Gran Pulse ed il fatto che si fossero accampati in una delle grotte umide di Sulyya – così le avevano chiamate le due pulsiane che viaggiavano con loro – circondati da sorgenti e laghetti non era di certo d’aiuto. Lightning si strinse nel suo mantello rosso e rimase in silenziosa contemplazione dell’ambiente circostante. Il cielo era ancora scuro però la zona era illuminata dalle piante bioluminescenti che sembravano crescere piuttosto rigogliosamente nell’area. Il loro tenue bagliore verde era in qualche modo rassicurante.  

Si accorse che Snow la stava fissando. “ Cosa c’è? ”

Lui rise divertito e scosse la testa. “ Niente sorella, mi domandavo solo cosa ne pensi di tutto questo, non me l’hai ancora detto. ”

  “ A che riguardo? ” rispose prontamente per poi fare una piccola aggiunta. “ E non sono tua sorella! ”

  “ Non ancora. ” Snow la guardò sfacciatamente alzando le sopracciglia e lei fu tentata di dargli un altro pugno ma questa volta direttamente sul naso. Come riusciva ad irritarla con così poche parole restava un mistero. “ Sull’essere un cristallo e tutto il resto. ”

Tirò fuori la lacrima cristallizzata di Serah dalla tasca, rifletteva la luce circostante in bagliori intensamente azzurri. La tenne un po' poi gliela passò delicatamente, come se fosse veramente una piccola porzione di quello che era stata sua sorella. Lei se la rigirò fra le dita, la superficie freddamente liscia sotto i polpastrelli, le sfaccettature che le rimandavano piccoli giochi di luce sul viso. “ Non ne ho idea Snow. ” disse alla fine riconsegnando all’uomo il suo portafortuna. 

Lui non parlò e continuò a fissare il cristallo azzurro come se potesse trovarci la risposta che cercava. 

  “ Vado avanti perché devo, se dovessi fermarmi troppo a pensarci penso che crollerei e non posso permettermelo. Ma la verità è che non so cosa succederà, non so come andrà a finire. ”

Sentì l’uomo sospirare stancamente. “ Pensi che lei possa sentirci adesso? O starà solo sognando? ”

  “ Non lo so ma, penso che dovremmo solo sperare alla fine. ”

Annuì. “ Hai ragione, come sempre. ” si rimise l’oggetto in tasca e si lasciò cadere a terra, le mani dietro la testa a fargli da cuscino. “ Credo che adesso dormirò un po' sis, pensaci tu. ”

Lightning alzò lo sguardo sul cielo, dal punto in cui si trovava non riusciva a scorgere Cocoon ma solo una miriade di stelle luminose. Forse ce l’avrebbero fatta alla fine, forse quando sarebbero giunti a Oerba avrebbero trovato le risposte che stavano cercando disperatamente. 

Dovevano, il tempo stava per finire dopotutto.



 
*.*.*.*.*



  “ L-Lightning?! ”

Claire alzò lo sguardo, parecchio in alto in effetti, prima di incontrare un paio di occhi azzurri che conosceva maledettamente bene. Da quanto tempo non sentiva quel nome rivolto a lei? La voce le si bloccò in gola e fu improvvisamente consapevole della stretta forte sul suo polso, era quasi doloroso ma in quel momento non le importava. Prima che potesse dire o fare qualsiasi cosa si ritrovò intrappolata nell’abbraccio da orso di Snow. La teneva stretta con una tale energia da impedirle di respirare correttamente. Poi lo sentì singhiozzare sulla sua spalla, non si sarebbe mai abituata a questo, a sentir piangere la sua famiglia a causa sua. Anche se quelle potevano definirsi lacrime di gioia osava pensare, ma non le piaceva comunque essere oggetto di tale emozione. 

Inconsapevolmente si ritrovò a stringere appena la stoffa della sua maglietta scura e per un brevissimo istante si sentì di nuovo tranquilla, in pace, a casa. Nonostante tutto, nonostante il carattere dell’uomo diametralmente opposto al suo, nonostante i battibecchi e i pugni e le brutte parole alla fine di tutto sentiva davvero di aver trovato un fratello in lui. E si sentiva maledettamente al sicuro e suo malgrado felice di questo. Aveva imparato a rispettarlo, che sotto la sua facciata da ragazzo presuntuoso e fin troppo ottimista alla fine c’era un uomo schiacciato dal senso di colpa, fragile, solo. 

E adesso era proprio lì a piangere sulla sua spalla come un bambino piccolo nonostante la stazza. Sentì le labbra tirarsi in un sorriso poi gli diede un pizzicotto sulla schiena e lui si ritrasse spaventato, il viso gocciolante di lacrime e muco. “ Sei tremendamente disgustoso Snow. ”

Lui tirò su con il naso mentre apriva il viso in un sorriso. “ Pensavo di essere bello e carismatico. ”

  “ Con quei capelli? ”

Risero mentre lui si allontanava appena per asciugarsi la faccia con la maglietta mentre lei gli lanciava l’ennesima occhiataccia esasperata e schifata. Sentiva le lacrime bruciare in prossimità dei suoi occhi ma si trattenne, non aveva affatto voglia di esibirsi in quello stesso nauseante spettacolo. Ma non sapeva cos’altro dire per rompere il silenzio così si limitò a fissarlo notando quanto non fosse troppo diverso da come lo ricordava, solo un po' più giovane, perché adesso finalmente lo ricordava davvero. Ci pensò una voce alle loro spalle a interromperla. 

  “… S-Snow?! ”

E la vide riflessa nei suoi occhi azzurri, la scintilla di consapevolezza veloce come un fulmine prima che potesse voltarsi e dirigersi nella sua direzione. Non ci voleva un veggente per sapere a chi apparteneva quella voce gentile e il motivo per il quale adesso l’uomo correva come un pazzo in preda alla cosa più folle che fosse mai capitata all’essere umano. L’amore. 

Fu come la scena di uno di quei film strappalacrime che piacevano tanto a sua madre. Vide Snow spingersi verso Serah evitando come poteva le persone inconsapevoli poste sul loro cammino. La ragazza rimase immobile, le mani sulle labbra incredula, le lacrime che scorrevano già lungo le guance. Infine, come riemersa in superficie dopo una lunga apnea anche lei si mosse, andò a sbattere contro un ragazzo proprio davanti a lei, si scusò appena per riprendere la sua folle corsa. Quando finalmente s’incontrarono Snow la fece volteggiare in aria parecchie volte prima di crollare sulla sabbia ridendo come un bambino felice alla sua festa di compleanno. Rotolarono un paio di volte, c’erano braccia e gambe e capelli rosa e biondi ovunque, sbatterono la fronte nel tentativo di stare più vicini, gli occhi spalancati perché non potevano permettersi di cedere al terrore che fosse tutto solo un sogno. E risero, la loro risata era così forte da aver praticamente zittito tutti sulla spiaggia.

Claire si ritrovò ad osservare la scena inizialmente incredula che certe cose potessero accadere veramente, ma Serah sembrava così felice che niente aveva più importanza. Incrociò le braccia e, guardandoli, si ritrovò a pensare a loro, a tutta la felicità che si meritavano e che sicuramente adesso avrebbero ottenuto. Per un istante brevissimo provò una punta d’invidia, chiedendosi se adesso che era libera dalle battaglie e che non era più oppressa a servire dei egoisti, avrebbe trovato anche lei qualcuno con cui sentirsi così stupidamente felice. Sperava che ci fosse davvero, da qualche parte. 

Dopotutto, chiunque fosse, glielo aveva promesso, giusto?





Note : Ecco qui il terzo capitolo, un pochino in ritardi rispetto al solito. La verità è che sto pubblicando questa storia anche in inglese su un altro sito, ma io l'inglese non lo so e i capitoli me li traduce una cara amica e cerco di andare pari con la pubblicazione. O meglio, essere qui in avanti solo di un capitolo. Siccome è stata poco bene la questione si è ritardata tutta, ecco spiegato il ritardo. 
Come sempre vi ringrazio per la lettura e qualsiasi commento mi rende felice, qualsiasi domanda, qualsiasi errore, segnalatemi pure ogni cosa :3
Spero che il capitolo vi sia piaciuto, finalmente Snow! Chi sarà il prossimo? 
Un abbraccio, Selhin


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Capitolo 5
*** Capitolo 4 ***


 

Rebirth

Lost

* Capitolo 4 *

 

 

 

 

 

When prayers turn into promises,
not even fate can stand in their way.

We held the light of hope in our hearts
and achieved the impossible.

 

 

 

 

 

 

  Claire avvolse una ciocca di capelli attorno all’indice iniziando a giocherellarci, era un’abitudine che aveva sempre avuto sin da bambina quando era nervosa o si sentiva a disagio, crescendo era riuscita a controllarla, cancellarla. Però adesso che era di nuovo una giovane di sedici anni quella caratteristica si era rifatta viva e lei semplicemente aveva smesso di tenerla a bada. Alzò lo sguardo azzurro incrociando quello di sua sorella mentre ascoltava la discussione in atto nel gruppo di amici. Si erano riuniti nel loro ‘posto segreto’, anche se di segreto non aveva niente visto che si trattava semplicemente di una zona poco utilizzata nel parco vicino alla scuola, lo stesso dove incontrarono Noel tanti anni prima. Serah sedeva comodamente sulle lunghe gambe di Snow, le braccia di lui avvolte attorno alla sua vita sottile, e anche lei era rimasta in silenzio ad ascoltare lanciandole delle occhiate curiose di tanto in tanto. Noel se ne stava rannicchiato su una ringhiera mezza arrugginita, Maqui e Yuj appoggiati lì accanto mentre Gadot, che si era rivelato addirittura più silenzioso di Claire stessa, ascoltava con attenzione annuendo spesso. Lebreau si dondolava sull’altalena accanto a quella di Claire, che invece era rimasta immobile, producendo un forte cigolio metallico di accompagnamento alla discussione in corso.

  “ Direi che a questo punto è ovvio che sia la sorella la chiave di tutto. ” Snow le lanciò uno sguardo carico di aspettative, forse voleva che dicesse qualcosa alla sua affermazione ma lei si limitò ad abbassare lo sguardo nuovamente sul suo passatempo.

Noel annuì solidale mentre Maqui rispondeva. “ Su questo siamo tutti concorde. ”

Da quando l’omone biondo si era riunito al gruppo, otto mesi prima, sembrava che fosse scattato qualcosa in tutti loro, il team NORA era tornato al completo e più attivo che mai. Volevano a tutti i costi capire cosa fosse successo ed era soprattutto Snow che desiderava scoprire perché avessero i ricordi completamente incasinati e perché non si fossero svegliati tutti insieme. O, ancora più importante, chi erano gli altri componenti mancanti e dove si trovassero.

Non le piaceva, non voleva essere lei la chiave. Pensava, lo pensavano tutti inizialmente, che anche Serah potesse avere quella sorta di potere ma alla fine era stato abbastanza chiaro che funzionava solo con lei. Era stata Claire ad avere avuto quei sogni che alla fine si erano rivelati come ricordi veri e propri della sua vita precedente, momenti probabilmente importanti collegati sempre alla persona che avrebbe finito per incontrare, ed era lei ad aver sempre innescato la scintilla – avevano deciso infine di chiamarla così dopotutto in loro. Per quanto non lo volesse, alla fine dei conti sembrava essere davvero lei.

  “ Ma come mai proprio Claire? ” domandò Lebreau lanciando un po' di polvere con i piedi mentre cercava di darsi uno slancio maggiore.

Snow alzò le spalle. “ Forse è una cosa da Salvatrice. ”

Salvatrice.

Claire sospirò, non le piaceva proprio avere nuovamente una qualche specie di ruolo principale, pensava di essere finalmente libera, di poter vivere la sua dannata vita in pace. Però potevano aver ragione, qualsiasi cosa fosse sembrava interconnessa con lei e forse dipendeva proprio dal fatto che era stata lei, alla fine del mondo, a salvare le loro anime. Forse aveva ancora qualche potere nascosto da qualche parte dentro di sé. Provò a chiudere gli occhi e a concentrarsi sul suo corpo e sulla sua mente, alla ricerca di qualsiasi cosa potesse anche solo sembrarle un frammento di energia magica, ma non c’era niente.

  “ Però non c’è magia in questo mondo. ” disse finalmente Serah entrando nella conversazione in punta di piedi, la sua voce dolce echeggiò attraverso gli alberi e li lasciò tutti per qualche istante in silenzio, pensierosi.

“ Di questo non ne siamo totalmente sicuri, potrebbe esserci della magia in una forma molto lieve e che noi non conosciamo. ”

Di nuovo calò il silenzio mentre ognuno traeva le proprie conclusioni poi, di nuovo, Snow si rivolse direttamente a lei. “ Tu cosa ne pensi sis? ”

Aveva ripreso a chiamarla di nuovo sorella dato che non riusciva ad abituarsi ad utilizzare il suo vero nome e siccome quello vecchio, se possibile, la irritava ancora di più, alla fine aveva deciso di dargliela vinta. Lightning è morta. Non era più quella persona, non esisteva più e non ne aveva più bisogno, adesso poteva essere se stessa. Claire alzò di nuovo lo sguardo su di loro, tutti la fissavano in attesa di un qualche saggio verdetto. La verità era che lei capiva ancor meno quella situazione di quanto potessero comprenderla loro.

Si morse il labbro inferiore nervosamente. “ Potreste aver ragione ma la realtà è che non ne ho davvero idea. ”

Poté quasi tastare la delusione nelle loro espressioni, sopratutto in quella di Snow. “ Ma cosa pensi che dovremmo fare da adesso in poi? ”

Lei alzò le spalle e scosse la testa mentre smetteva finalmente di tormentare la ciocca di capelli e si alzava andando al centro del gruppo. Alla fine, sembrava avere ancora lei la leadership. “ Fino ad ora non abbiamo fatto niente e, uno dopo l’altro, ci siamo ritrovati. Io credo che, in qualche modo, siamo destinati a ritrovarci tutti. Anche gli altri. ”

  “ Quindi proponi di cercarli… non cercandoli? ” azzardò Lebreau che nel frattempo si era finalmente fermata, il viso arrossato e gli occhi nocciola piantati nei suoi.

“ Esattamente. ”

Tutti sospirarono, non sembrava la risposta che si aspettavano, o perlomeno che volevano sentire.

Noel s’intromise timidamente ma con una forte determinazione nello sguardo. “ Come fai ad esserne sicura? Voglio dire, stare qui fermi ad aspettare non è molto da… noi. ”

Claire sorrise appena abbassando lo sguardo sulle sue scarpe di tela sporche di terriccio. Chiuse gli occhi e lasciò per un attimo che la sua mente, il suo cuore, si estraniasse vagando lontano. Una piacevole sensazione di calore la avvolse.

Saremo insieme.

  “ Lo so e basta. ” disse infine inspirando il profumo fresco degli alberi mentre il sole tramontava. “ La cosa migliore che possiamo fare è vivere le nostre vite ed aspettare. Li troveremo, sono sicura di questo. Prima o poi saremo insieme. Tutti. ”

E nessuno trovò nulla da obbiettare alla sua dichiarazione, emanava una tale aura di sicurezza e fiducia così profonda che non ricordavano di averle mai visto. Avrebbero atteso, non potevano fare a meno di fidarsi del suo sguardo determinato.

 

 

 

 

*.*.*.*.*

 

 

  “ Laggiù. ”

Lightning affilò lo sguardo al di là del precipizio sotto di lei, un vasto torrente leggermente in pendenza largo almeno venticinque piedi si frapponeva fra loro e la destinazione. Non era il fiume a preoccuparla quanto i numerosi Ceratoraptor e Orobon che lo popolavano e, proprio sulla riva dall’altra parte, lo Zirnitra che sorvolava la zona sopra un gruppo di Gorgonops dall’aria per nulla amichevole. Decisamente troppi nemici per il loro gruppo se avessero deciso di attaccarli tutti insieme, oltre alla difficoltà di dover attraversare un torrente in piena e combattere immersi fino alla vita o in equilibrio su rocce scivolose.

Scosse la testa mentre faceva attenzione a rimanere bassa, le enormi piante bioluminescenti che la nascondevano alla vista. “ Dobbiamo fare il giro. ”

La sua compagna, che era andata con lei in esplorazione, non sembrava del suo stesso avviso e la osservò sconcertata. “ Fare il giro? Sunshine ti rendi conto che questo allungherebbe la strada di almeno una giornata di cammino vero? ”

Sospirò, ormai aveva del tutto rinunciato all’idea di convincerla a smettere di chiamarla così. “ Sono troppo numerosi Fang e noi siamo troppo provati per affrontarli e troppo visibili per passare inosservati. ”

Avevano camminato ininterrottamente per tutta la giornata mangiando poco e combattendo tanto, adesso era ormai pieno pomeriggio e non potevano permettersi di lanciarsi in qualche missione suicida senza senso. Ma la sua amica non demordeva, quando voleva sapeva essere testarda almeno quanto lei.

  “ Non abbiamo il lusso di fare il giro panoramico e goderci il viaggio. Non so se te ne sei accorta ma siamo quasi allo scadere del tempo Sunshine! ”

Lightning le restituì lo sguardo perplessa, aveva già avuto dissapori e scontri con lei ma questo le sembrava più esagerato del solito, era lei il soldato addestrato dopotutto. “ Fang, non gioverà a nessuno se ci facciamo ammazzare per aver voluto risparmiare un giorno di viaggio. ”

L’altra non rispose subito, sembrava riflettere per un momento sulle sue parole, poi esplose in tutta la sua furia. “ Hai esaminato il tuo marchio di recente? Perché io controllo quello di Vanille spesso e peggiora ogni ora che passa! ”

  “ Fang… ” riprovò cercando di calmarla, non sarebbe riuscita a smuoverla dalla sua convinzione in nessun modo. Nonostante tutto era lei la leader, avrebbe preso le decisioni che riteneva più opportune, con o senza il suo consenso. “ Non sto dicendo che dobbiam- ”

  “ Non abbiamo più tempo dannazione! ” la interruppe con ancora più enfasi di prima, gli occhi chiari infuocati di determinazione. “ Attraverseremo quel fiume in un modo o nell’altro, ti ci trascinerò se devo… per la dea Lightning, se non vuoi rischiare per Vanille o per te stessa pensa almeno a tua sorella. Pensa ad Ho- ”

 

Claire aprì gli occhi di scatto mentre il pullman sobbalzava per un buco nell’asfalto. Si sentiva il respiro affannato e la mente confusa. Cosa diamine ho appena ricordato questa volta? E chi?

Sospirando voltò il viso verso il finestrino, i campi coltivati scorrevano veloci al suo fianco e dopo un minuto iniziò a calmarsi, respiro dopo respiro. Un altro scossone la riportò alla realtà e guardò alla sua sinistra dove la sua migliore amica se ne stava intenta a controllare i social network in cerca probabilmente di nuovi gossip a cui lei non sarebbe mai stata interessata. Dopotutto erano molto diverse eppure, in un modo bizzarro, era l’unica persona che non facesse parte della sua famiglia che riusciva a starle vicino, l’unica che ci avesse provato per davvero. Rika Lennet aveva la sua stessa età, lunghissimi capelli scuri lisci come seta ed enormi occhioni dorati da cerbiatta sotto folte ciglia scure imbevute di mascara. Contrariamente a quello che si potrebbe pensare a prima vista di lei, non era affatto una persona superficiale, era divertente e anche piuttosto intelligente, tanto da avere sempre ottimi voti in tutte le materie, un bel sorriso contagioso e un fisico snello ma minuto. Rika era così, praticamente perfetta come la descrivevano a scuola, a parte un unico importantissimo problema. Era la migliore amica di Claire Farron.

Non che Claire non fosse popolare a modo suo, il suo essere fredda e distaccata con quel pizzico di sarcasmo sempre pronto le aveva donato quell’aria cool che affascinava indubbiamente, ma tutti erano fin troppo spaventati dal suo sguardo e finivano per tenersi alla larga da lei. Se Claire era un ghiacciolo apparentemente privo di emozioni, Rika era la sua controparte calda e sorridente. In questo assomigliava moltissimo a Serah.

Ma c’era di più.

Perché Claire aveva già conosciuto Rika in un’altra vita, tantissimi secoli prima, ma con lei la scintilla non era scattata. Claire si era domandata spesso la ragione dietro a quel mistero ma non sapeva ancora darsi una risposta eppure, nonostante quella mancanza, Rika le si era avvicinata lo stesso probabilmente incuriosita o attratta da lei in qualche modo. E, sebbene molto diverse per aspetto e per carattere e con praticamente niente in comune, riuscivano ad andare d’accordo in un modo tutto loro.

Claire sbirciò da sopra la spalla della sua amica curiosa di scoprire cosa la interessasse così tanto fino a che, la suddetta, non si voltò sorpresa. “ Ah ti sei svegliata! ”

Annuì, gli occhi ancora impastati per colpa del pisolino. Stavano andando con il circolo di atletica, al quale lei e Serah l’avevano persuasa ad iscriversi ad inizio anno scolastico, ad una gara amichevole con un’altra scuola a circa tre ore di viaggio dalla loro città. Claire non aveva mai avuto la voglia di partecipare a quel genere di cose ma alla fine si era fatta convincere per l’atletica leggera, l’unica cosa per la quale si sentiva davvero portata e che le interessava abbastanza per impegnarla almeno due pomeriggi a settimana. La sua resistenza e velocità erano state notate subito dall’allenatore che l’aveva inserita nella squadra come titolare, Rika era finita per farle da riserva ma diceva di essere contenta perché così poteva passare i pomeriggi a spettegolare con le altre ragazze e poi aveva tantissimi scoop per lei.

Roteò gli occhi per poi richiuderli appoggiandosi alla spalla della sua amica. “ Tra quanto arriveremo? ”

Erano partiti presto e lei solitamente era una persona piuttosto mattiniera, ma ultimamente non riusciva a prendere sonno facilmente la notte e finiva per fissare il soffitto per ore preda ai mille pensieri. “ Siamo a metà strada, puoi riposarti ancora un pochino se vuoi. ”

La voce di Rika era dolce ma sottile, assomigliava allo squittio di un animaletto del sottobosco ed era stranamente rilassante. Claire annuì piano e, senza accorgersene, si ritrovò nuovamente addormentata.

 

 

*.*.*.*.*

 

 

  Non si era più mossa dalla sua posizione da quando erano rientrate quasi un’ora prima. Fang aveva preso la sua lancia e si era allontanata dal gruppo seguita da uno Snow esitante, vista l’emanazione di furia che fuoriusciva da ogni parte del suo corpo, mentre Lightning si era arrampicata sopra un cumulo di massi e aveva iniziato a sistemare la sua arma chiusa in un silenzio tagliente.

Vanille la guardò dubbiosa per l’ennesima volta, aveva fatto appena in tempo a tornare dal cercare provviste per notare il disaccordo in atto fra le due donne. Sorrise quasi divertita al comportamento di Lightning. Ogni volta che era infuriata per qualcosa – anche se la maggior parte delle volte la colpa era da attribuire al povero Snow – si trovava un posto sopraelevato e lontano da tutti e puliva il suo gunblade, come se quel gesto riuscisse in qualche modo a riequilibrare la sua salute mentale. In quei momenti le ricordava terribilmente una gattina selvatica e permalosa che soffiava e rizzava il pelo innervosita. Fang invece prediligeva andare a caccia e ben sapeva che era meglio non starle vicino in quei momenti, un po' aveva compassione del povero Snow.

Mise da parte i frutti che aveva raccolto nel bosco e decise di avvicinarsi alla giovane donna con cautela, proprio come faceva con i chocobo a Oerba che erano abituati a vivere liberi per le terre selvagge di Pulse.

Lightning però era un soldato addestrato e poteva riconoscere dei passi in avvicinamento da metri di distanza, soprattutto se quel movimento era saltellante e allegro com’era caratteristica della ragazza pulsiana. Vanille esitò un istante poi trovò un punto che le sembrava comodo, per quanto delle rocce potessero esserlo, e le si sedette accanto. Nessuna delle due parlò, Lightning continuava a passare un panno sopra il metallo della lama del suo gunblade, la ragazza notò che era stato lucidato talmente tanto da potercisi praticamente specchiare. Poi un pensiero improvviso la paralizzò realizzando che questa era la prima vera conversazione che stava cercando di avere da sola con lei, fido ad ora aveva sempre cercato di evitarla. Si sentiva troppo in colpa per Serah e aveva paura che Lightning potesse urlarle contro quanto la detestasse per quello che aveva fatto a sua sorella. Dopotutto come avrebbe potuto biasimarla, era tutta colpa sua.

La soldatessa con la coda dell’occhio notò l’espressione improvvisamente triste comparsa sul volto della ragazza seguita da una serie di lenti sospiri e si chiese se fosse semplicemente troppo dispiaciuta di averla vista litigare con Fang. Non era stata sua intenzione ma quella donna sapeva essere dannatamente testarda.

Poi, in un attimo, Vanille tornò quella di sempre. Sembrava essersi accorta del suo sguardo.

  “ Non essere arrabbiata con Fang, è solo preoccupata. ” disse alla fine voltandosi a guardarla. Lightning le restituì lo sguardo puntando i suoi occhi azzurri in quelli di lei. C’era tutta l’intensità della flora di Gran Pulse in quello sguardo verde.

Sospirò. “ Lo so. ”

Vanille le sorrise notando quanto, in effetti, assomigliasse a Serah. Lightning poteva sembrare fredda e dal cuore di ghiaccio ma aveva visto anche moltissima gentilezza in lei, tutta la sua figura autoritaria in realtà era una maschera ben costruita per tenere tutti alla larga. Come chiunque aveva paura di rimanere ferita dagli altri e questa era solo la sua tecnica difensiva, la ragazza poteva solo immaginare il dolore dentro al cuore della giovane donna seduta accanto a lei, fortunatamente quel viaggio sembrava star facendo qualche cambiamento anche nel suo atteggiamento. Era diventata più dolce, più affabile in un certo senso e, anche se manteneva comunque il suo comportamento riservato, Vanille lo aveva notato. Snow le aveva fatto un riassunto su cosa fosse accaduto mentre erano stati separati proprio perché questo cambiamento di Lightning l’aveva incuriosita, adesso partecipava più spesso alle loro conversazioni e anche in battaglia non sembrava più volersi lanciare da sola in avanti come una furia, faceva affidamento sul loro supporto.

C’era qualcosa di diverso nei suoi occhi da quando si erano riuniti tutti sulla Palamecia, ora non più freddi e distanti benché ancora intimidatori, e si chiedeva cosa, o chi, potesse aver indotto quel cambiamento.

  “ Ma… ha ragione. ” aggiunse la soldatessa mentre Vanille era persa nella sua contemplazione. “ Non possiamo perdere altro tempo. Non appena sarà di ritorno attraverseremo quel fiume, te la senti? ”

Vanille le sorrise felice ed istintivamente l’abbracciò mentre la donna rimaneva un po' rigida nella sua stretta. Dopo qualche momento di esitazione allungò una mano e le diede qualche pacca sulla spalla muovendo leggermente le dita fredde sulla sua pelle, probabilmente troppo imbarazzata per rispondere apertamente. Ma la ragazza la strinse più forte per un momento prima di allontanarsi, il viso leggermente arrossato per il turbamento. Sorrise ancora.

Assomigliava veramente ad una gattina selvatica.

 

 

*.*.*.*.*

 

 

  “ … Sunshine?! Sei davvero tu? ”

Claire emise un gemito di dolore massaggiandosi la base della schiena che aveva colpito il terriccio umido durante la caduta. Era arrivata a destinazione in questa scuola sconosciuta e, assieme alle sue compagne, stava riscaldando i muscoli in vista dell’amichevole facendo qualche giro di corsa attorno al campo. L’aria era fredda e il cielo minacciava pioggia da un momento all’altro, anzi, a giudicare dal fango sulle sue gambe in quel momento, poteva dire con assoluta certezza che fosse già accaduto prima del loro arrivo. Da dopo quel sonnellino durante il viaggio si era sentita per tutto il tempo stranamente agitata, quasi nervosa a dire il vero. Non poteva dire se fosse stato per lo strano sogno di cui una volta sveglia non aveva grande memoria oppure dalla certezza che, quel giorno, avrebbe incontrato qualcuno del vecchio mondo. Qualcuno d’importante credeva.

Come potesse esserne così sicura ogni volta rimaneva ancora un mistero.

Così, quando una sconosciuta per sbaglio le si era scontrata addosso facendola cadere in terra, non rimase troppo sorpresa della scintilla elettrica che le aveva intorpidito le membra e annebbiato la vista in quel momento. Alzò lo sguardo al suono di quel soprannome che non udiva da tempo ed incontrò un paio di occhi d’un verde così chiaro che riflettevano come uno specchio il cielo grigio sopra le loro teste. Un sorriso divertito si formò sul volto della ragazza con la pelle abbronzata mentre allungava una mano per aiutarla a tirarsi in piedi. Claire inconsciamente fissò lo sguardo sul neo sotto l’occhio destro, portava i capelli corvini raccolti in una coda di cavallo spettinata e sembrava ne venisse anche lei da una corsa durata parecchio. Probabilmente era nella squadra avversaria.

La sua stretta era forte e sicura e le immagini di come l’avesse aiutata in quello stesso modo durante le loro battaglie insieme nell’altra vita le invasero la mente. “ Fang… ”

Non ci furono né abbracci né lacrime, non era nel loro carattere dopotutto e comunque non ce ne fu il tempo. La stretta di Fang aumentò sulla sua mano quando spalancò gli occhi colta da una consapevolezza improvvisa. Non disse niente prima di trascinarla con sé in una corsa quasi disperata ma Claire, in qualche modo, capì ugualmente.

Attraversarono tutto il campo in pochissimo tempo e faticò a starle dietro, dopotutto Fang era sempre stata più forte e resistente di lei, anche se non l’avrebbe mai ammesso ad alta voce naturalmente. Il cuore che batteva all’impazzata e i polmoni imploravano più aria di quanto potesse sopportare, le gambe le tremavano indolenzite quando finalmente giunsero a destinazione accanto agli spalti dalla parte opposta rispetto a dove si era sistemata la sua squadra. Un gruppo di ragazze di età diverse, alcune anche più giovani di lei, in pantaloncini e canottiera rossa e gialla si stava esercitando in una coreografia a tempo di musica con annessi incitamenti vari.

Fang non si curò d’interromperle e si avvicinò ad una di loro in particolare lasciando andare finalmente il polso di Claire. Il tempo sembrò fermarsi non appena la strinse in un abbraccio, il viso affondato nei suoi capelli rossi dalle sfumature ramate, le mani avvolte attorno alle sue esili spalle. Era più giovane e accanto a Fang sembrava ancora più minuta di quanto Claire ricordasse e dava l'impressione di essere confusa da quel gesto improvviso.

Poi i suoi occhi verdi incontrarono quelli azzurri di Claire oltre le spalle di Fang e anche Vanille ricordò.

 

 

..::~*.*.*~::..

 

 

  Sei un debole, debole e misero uomo.

Le tue palpebre si sono fatte pesanti e ti sei concesso un momento di pausa dai tuoi studi, hai chiuso gli occhi solo per un momento. Un momento durato un’eternità. Sprofondi in un’oscurità densa, quasi palpabile, manca l’aria e ti senti soffocare come se fossi immerso in acque profonde. Il gelo penetra nella tua pelle, attraverso la carne fin dentro alle ossa. Non riesci a distinguere niente nel buio, nemmeno uno spiraglio di luce illumina le ombre che ti avvolgono. Non sei nemmeno sicuro di avere gli occhi aperti.

Qualcosa ti sfiora il polso sinistro, una sensazione fredda e liscia, fa pulsare il sangue nelle tue vene e il battito cardiaco aumenta in preda al panico. Vuoi solo tornare a respirare, emergere dal buio, lasciarti avvolgere dalla luce calda del sole. In un battito di ciglia ti senti afferrare per le caviglie e anche l’altra mano è intrappolata, non puoi muoverti, non puoi scappare. Ma dove vorresti andare?

Non c’è nessun posto per te, nessuno può aiutarti.

Provi a gridare ma ti riscopri privo di alcuna voce, non esce nemmeno un sibilo strozzato dalla tua gola secca. Vorresti dimenarti ma non puoi, una strana forza ti trattiene e non riesci a muoverti, inizia a trascinarti verso il basso, sempre più in profondità. Ma non sei sicuro della tua posizione, forse stai fluttuando ed è il tuo salvatore che ti porta in superficie.

All’improvviso c’è uno scoppio di luce bianca e scintillante, così radiosa da ferire i tuoi occhi sotto le palpebre chiuse. La pelle inizia a bruciare dove la forza ti stra trattenendo, fa male e inizi veramente a temere per la tua vita. Ma tu, sei vivo?

No, forse sei morto.

E’ questo che succede dunque?

Spinto da una forza di volontà che non credevi di possedere lentamente apri gli occhi, la luce candida ti circonda ed è accecante come il sole stesso ma in qualche modo riesci a vedere che sei trattenuto da corde fatte di pura energia dorata.

Catene.

Non ha senso, dovresti avvertire calore sulla pelle se quella luce che ti avvolge è il sole eppure continui ad percepire solo un freddo gelido. Provi a muoverti ma le funi sembrano rispondere stringendo ancora di più, ti lacerano la pelle facendo scorrere il sangue lungo le mani e oltre, nel vuoto.

L’unica cosa che puoi fare è piangere, lasciandoti andare alla disperazione lacrime calde scivolano sulle guance mentre provi pena per te stesso, sei solo un debole. Tutta la tua vita è stata un miserabile fallimento tanto quanto lo sei tu e ti meriti di morire così, spaventato, solo.

Solo.

No, non sei solo, puoi avvertirlo in qualche modo. C’è una presenza accanto a te, ti circonda e ti sta guardando, ti giudica, deride la tua fragilità. Vorresti darti un contegno, essere coraggioso come lei ti ha insegnato così tanti secoli fa, ma non ci riesci. Sei stanco, esausto, vuoi solo che tutto finisca al più presto. Lasciarti prendere e fare di quel che rimane di te c che vuole, qualsiasi sia il suo fine.

Qualcuno ride in lontananza, una brezza piacevole agita i tuoi capelli argentati, assomiglia al tocco di tua madre.

Tua madre è morta.

Tuo padre è morto. Tutti i tuoi amici sono morti, ti hanno abbandonato e ti hanno lasciato indietro.

Lei è morta.

La voce entra nella tua testa all’improvviso, con violenza s’insinua in ogni angolo della tua mente e crolla ogni tua certezza. Dita gelide come spettri artigliano dentro di te, all’interno del tuo corpo, stringono il cuore e i polmoni, i muscoli, congelano il sangue, avvolgono i tuoi pensieri e i tuoi ricordi.

Brucia. Dolore. Rimpianto. Non sai più come ti chiami, non conosci più i volti delle persone che ami, non distingui più alcuna voce nella memoria. Non sei più nessuno.

Sei vuoto.

Sei suo.







Note : Mi dispiace per il ritardo nella pubblicazione, vale lo stesso discorso del capitolo precedente. Spero che anche questo capitolo vi sia piaciuto, come sempre ogni segno di passaggio è ben gradito. Per qualsiasi domanda, curiosità, dubbio o errore scrivetemi pure, risponderò :)
Buon proseguimento, ci si legge alla prossima!
Selhin

 

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Capitolo 6
*** Capitolo 5 ***


 

Rebirth

Lost

* Capitolo 5 *

 

 

 

 

 

 

 

I used to be different.

No matter how tough the going got…

could always figure out a way to smile. ]

 

 

 

 

 

 

 

  Seduta a gambe incrociate sul letto, la schiena leggermente curva sullo strumento di legno appoggiato in grembo, Claire intonava una melodia a bocca chiusa mentre pizzicava le corde della chitarra di suo padre in quel pigro sabato pomeriggio. Era un po' consunta e vissuta ma suonava ancora bene e, nonostante avesse la sua personale nuova e fiammante – l’ultimo regalo per il suo compleanno – appoggiata proprio lì accanto, a lei piaceva di più utilizzare quella.

Forse perché le rievocava l’immagine delle prime volte che l’uomo l’aveva introdotta allo strumento, quando aveva circa sette o otto anni, invitandola con lui sotto il portico di casa nelle fresche giornate autunnali. Era stata titubante all’inizio ma, come aveva riprodotto la sua prima nota, si chiese perché non avesse iniziato prima.

Forse perché quando ci ripensava, alla sua vita precedente e a come fossero andate le cose, era grata di questa seconda possibilità con lui. Era morto che lei aveva appena sei anni e la sua immagine era un riflesso confuso nella sua memoria, Serah invece era stata troppo piccola persino per notare la sua assenza. Era un uomo un po' goffo ma gentile, ostinato e testardo ed era ovvio da chi lei avesse ereditato determinate sfumature del suo carattere tenace. Purtroppo aveva notato anche parecchie somiglianze con quello che da fin troppi secoli si auto proclamava suo fratello e Claire pensò che, forse, era stato proprio quello ad attrarre sua sorella.

O forse era solo che le piaceva davvero, la musica.

Aveva fatto qualcosa di simile prima, su Cocoon. Allora la madre l’aveva spinta su quella strada perché probabilmente vedeva in lei il riflesso del talento del marito e, anche quando la donna si era ammalata, Claire aveva continuato a suonare per lei cercando di alleviarne le pene. Passava i pomeriggi dopo la scuola in ospedale assieme a Serah a suonare e suonare, fino a che le sue dita non si gonfiavano per il dolore. Non si era resa conto che, così facendo, aveva in qualche modo contribuito al peggioramento della sua malattia. Lasciandosi andare sempre di più all’apatia aveva infine smesso di lottare per potersi riunire al suo amato lasciando sole lei e sua sorella. E, quando era morta, Claire giurò sulla sua tomba che non avrebbe mai più toccato uno strumento, non importava quanto Serah la supplicasse.

Ma, adesso era diverso, questa era una nuova occasione per tutti loro dopotutto.

Qualcuno bussò alla porta interrompendo il filo dei suoi pensieri senza però che lei smettesse di suonare. Il viso di sua sorella fece capolino da un piccolo spiraglio che aveva lasciato aperto, la guardò esitante prima di mostrarle un volantino che teneva fra le mani.

  “ Mamma dice che stasera possiamo prendere una pizza se vuoi. ”

Claire alzò un sopracciglio, ultimamente le cose in casa si erano fatte un po' tese per Serah quindi prese la notizia come una cosa buona. “ D’accordo, per me la solita allora. ”

Si fermò e riprese a suonare un accordo che non le riusciva particolarmente bene mentre la sorella usciva dalla camera, probabilmente per andare ad avvertire la madre, per poi ripresentarsi nella sua stanza sedendosi sul tappeto ai piedi del letto ad ascoltarla. Era una cosa che accadeva spesso, a Serah era sempre piaciuta la musica di sua sorella, anche prima, ma più di ogni altra cosa adesso amava guardare le sue espressioni mentre era concentrata sulle note. Sorrideva mentre osservava la dolcezza dei suoi occhi, la nostalgia che emanavano le sue mani, la determinazione che irradiava attraverso ogni molecola. Serah aveva sempre nutrito una forte ammirazione per sua sorella, si era costantemente presa cura di lei nonostante le difficoltà e la durezza della loro vita, aveva fatto così tanto solo perché fosse felice.

Adesso però era il suo turno.

  “ Tutto ok Serah? ”

Si riprese dal suo intorpidimento al suono della voce di Claire e sbatté le palpebre leggermente confusa. “ Ehm sì, perché? ”

  “ Mi stavi guardando con un’espressione un po' truce, a cosa stavi pensando? ” le sfuggì una risatina appoggiando definitivamente lo strumento accanto a sé. Era arrivato quel momento della giornata in cui smettere con la musica e ascoltare i problemi della sua sorellina era una scelta obbligata.

  “ Cosa? Ah non è niente, tranquilla. Fai come se non ci fossi. ”

Agitò le mani davanti a sé e Claire le prese un braccio e la sistemò sul letto accanto a lei. Serah afferrò un cuscino e lo abbracciò appoggiando il mento sul tessuto soffice ma rimase in silenzio.

  “ Mmh, ne hai parlato a papà? ” provò allora ad incalzarla lei con dolcezza continuando a fissarla. “ Sto parlando di Snow. ” aggiunse cercando di sottolineare l’ovvia questione anche se sapeva benissimo che sua sorella aveva capito perfettamente dove volesse arrivare. Ma si rifiutò ancora di parlare e nascose il viso nel cuscino con un lamento soffocato.

  “ Serah, devi dirglielo, hai aspettato troppo. ” la sua voce era severa e leggermente intimidatoria proprio come quando si apprestava a farle una ramanzina da sorella maggiore. “ Non puoi aspettarti che la mamma riesca a tenere questa cosa segreta ancora a lungo, per me non è un problema ma sai come la penso. ”

Erano passati quasi due anni da quando avevano ritrovato il grosso idiota, ovviamente per loro non era passato un giorno e avevano ripreso a vedersi e stare insieme come se nulla fosse cambiato, come se non fossero entrambi in un mondo nuovo con nuove regole e nuove prospettive. Snow abitava nella città vicina alla loro e, siccome aveva già terminato il liceo – quello stupido aveva tre anni più di loro adesso, Claire non riusciva ancora a sentirsi d’accordo con la questione di essere improvvisamente più giovane di lui – prendeva la moto e veniva in città praticamente ogni giorno. Solo che non l’avevano ancora detto al loro padre. All’inizio era stata più o meno d’accordo, Serah aveva solo quindici anni e probabilmente l’uomo non avrebbe preso bene la questione, ma ormai erano passati due anni e persino la mamma li aveva scoperti il mese scorso. Dovevano dirglielo, il tempo era scaduto. Se Snow aveva davvero intenzione di sposarla, come le aveva ribadito più di una volta – praticamente ogni dannato giorno – e renderla felice doveva almeno trovare il coraggio di presentarsi a suo padre.

  “ Sì, sì lo so hai perfettamente ragione. ” rispose infine sua sorella senza però sollevare il viso dal cuscino. “ Ho solo un po' di paura su come prenderà la notizia che ho un ragazzo più grande… ricordo fin troppo bene la tua reazione sorellina. ” fece una risata finalmente guardandola ma Claire si limitò a fissarla in silenzio alzando un sopracciglio. Questo era stato prima di…

  “ Ma ho intenzione di dirglielo presto, questa settimana probabilmente. Te lo prometto! ”

  “ Vedi di farlo perché penso che scoprirlo per caso dalla mamma peggiorerebbe solo la situazione già critica. ” le rispose alla fine sottolineando il suo disaccordo sulla questione segretezza. Si sentiva leggermente seccata per la frase di prima ma preferì sorvolare sulla questione. “ E poi… ” aggiunse, uno strano sorrisetto nella voce. “… credo che tu possa stare tranquilla, a papà piacerà. Quel grosso idiota ha un talento naturale per farsi voler bene dalle persone. ”

Serah la guardò sorpresa e lei comprese di aver fatto un errore enorme. Merda. Ma non fece in tempo ad aggiungere niente per scongiurare la malizia nella voce alla sua prossima domanda. “ Questo include anche te, Claire? ”

Rimase immobile presa in contropiede, Serah la guardava con occhi divertiti mentre sghignazzava alla sua dichiarazione improvvisa. “… non ho alcuna intenzione di rispondere. Questione chiusa. ”

Riprese in mano la chitarra e ricominciò a suonare i suoi accordi indisturbata nonostante le proteste divertite di sua sorella. Poi, Serah la fermò nuovamente con una domanda che la spiazzò. “ Cosa ti succede sorellina? ”

  “ Che intendi? Se si tratta ancora di Snow giuro che ti sbatto fuori a calci e… ”

Scosse la testa con decisione poi allungò una mano per sistemarle la frangia un po' troppo lunga e che le nascondeva parzialmente gli occhi azzurri. “ Da un po' di tempo sei strana, sembri… non lo so, triste direi. ”

  “ Non so di cosa stai parlando, sono come sempre. ”

  “ Non è vero. ” ribatté la più giovane con decisione. “ Anche Noel l’ha notato, da quella volta, da dopo quello che è successo alla ferrovia… abbiamo deciso di comune accordo di non parlarne visto che non sapevamo cosa fosse accaduto ma, sono preoccupata per te. ”

Claire evitò di proposito di guardarla non sapendo cosa rispondere, non era nemmeno sicura di poter sostenere il suo sguardo così Serah continuò. “ Sappiamo che Snow non era su quel treno, e nemmeno Fang o Vanille. E’ stata una delle prime cose di cui mi sono assicurata non appena le ho incontrate, e so che anche tu glielo hai chiesto… quindi, per logica, era qualcun altro. ”

Ancora silenzio. “ Claire, puoi parlare con me, lo sai vero? Non sei più sola. ”

L’inquietudine rendeva la voce di sua sorella tremolante ma comunque dolce e rassicurante, per un istante provò l’istinto irrefrenabile di buttarsi fra le sue braccia e piangere via tutte le sue preoccupazioni ma riuscì a trattenersi in qualche modo. “ Lo so… ”

Fissò la chitarra fra le sue mani mentre restavano in un silenzio confortevole cercando le parole per esprimersi. Serah era solo preoccupata per lei, le voleva bene e aveva ragione su una cosa, non era più sola a dover sostenere il peso del mondo. Poteva contare su di lei.

  “ Serah, perché pensi che siamo rinati in questo nuovo mondo? ”

La domanda spiazzò la più giovane per un momento ma la risposta le uscì veloce e sicura, non aveva mai dubitato. “ Per essere felici, perché abbiamo lottato per esserlo. Per questa seconda occasione. Tu più di tutti hai combattuto per questo. ”

  “ Esatto, è quello che ho fatto… ” rispose in un sussurro, poi alzò lo sguardo, gli occhi incerti e velati dal dubbio. “… allora dimmi, perché qualcuno di noi non dovrebbe esserlo? ”

Serah scosse la testa. “ Non capisco. ”

  “ Era triste sorellina, così tanto. Si sentiva solo e in qualche modo ferito. Ho provato un tale abbandono quando quel treno mi è sfrecciato davanti che sembrava dovesse scoppiarmi il cuore. Solo una volta ho sperimentato un sentimento come quello nella mia vita ed ho finito per trasformarmi in un cristallo di conseguenza. ” la voce aveva iniziato a tremarle e alcune lacrime le erano sfuggite dagli occhi, stringeva la chitarra così forte che la pelle delle mani era sbiancata. Quando tu sei morta. Non aveva bisogno di dirlo ad alta voce perché sapeva perfettamente che sua sorella avesse capito. “ Chiunque fosse non era felice e mi sento in qualche modo come se fosse colpa mia. Forse ho fallito, non sono stata in grado di aiutarlo e il fatto che non io ricordi nemmeno il suo volto rende tutto ancora più… miserabile.

Nascose il viso fra le mani mentre Serah si allungava su di lei per stringerla. In quel momento sembrava così fragile, così vulnerabile, molto lontana dalla sorella maggiore fredda e riservata che mostrava di solito. Stava ancora combattendo con sé stessa per mostrare le sue debolezze, c’era ancora parecchia strada da fare su quello. Le accarezzò i riccioli rosati in un abbraccio confortante, cercando di tranquillizzare i suoi singhiozzi silenziosi. Si chiese cosa avrebbe potuto fare per aiutarla ma non trovò risposta. Purtroppo non potevano fare altro che aspettare e sperare.

 

*.*.*.*.*

 

  “ Whoa! Rallenta, dannato pennuto! ” Snow afferrò le piume gialle del grosso chocobo che era riuscito a catturare mentre l’animale sembrava prendere quel gesto come un ordine per andare più veloce. “ Argh, aggrappati forte! ” disse voltando appena la testa a guardare il ragazzino seduto dietro di lui mentre perdeva completamente il controllo sul volatile.

  “ Ragazzi, vi farete male! ” gridò Lightning qualche metro più indietro, era riuscita a catturare un suo personale chocobo, più piccolo ma decisamente più collaborativo. Guardò con rassegnazione mentre i due prendevano ancora più velocità allontanandosi dal gruppo fra grida a metà fra orrore e divertimento.

Allungò lo sguardo verso le due ragazze di Oerba, la precedevano in groppa ad un grosso esemplare di uccello con le piume incredibilmente lunghe, incrociando gli occhi di Fang che le restituì un sorriso più che divertito. La giovane donna capì il messaggio nemmeno troppo nascosto nello sguardo azzurro della soldatessa, si voltò avvolgendo la vita di Vanille con le braccia e, ridendo, partì all’inseguimento. “ Ci pensiamo noi Sunshine, tranquilla! ”

Io sono tranquilla pensò Lightning mentre le osservava allontanarsi nella pianura acquistando velocità, il chocobo dei ragazzi era ormai una macchietta gialla che si confondeva con la steppa. Si massaggiò le tempie cercando di sventare l’arrivo di un’emicrania. “ Se quel grosso idiota non si da una calmata e la smette di metterci in pericolo inutilmente giuro che… ”

  “ Che fatica essere la leader eh? ”

Guardò alla sua sinistra dove l’uomo più grande del gruppo le si era affiancato ridendo, montava un chocobo in solitaria come lei ma presto un piccolo pulcino cinguettante fece capolino dalla montagna di capelli afro sulla sua testa. In effetti, nemmeno lui era totalmente solo.

Sospirò. “ Non ho mai chiesto di esserlo. ”

  “ Brr soldatessa, come sei fredda, pensavo ti stessi scaldando un po' dopo tutto questo tempo insieme. ”

Sazh le sorrise con lo sguardo di chi la sa lunga mentre lei lo esaminava in silenzio. In lontananza le urla divertite del resto del gruppo sovrastavano quasi il suono del Longgui alle loro spalle che camminava scuotendo la pianura. “ Si faranno ammazzare se continuano a strillare in questa maniera. ” disse lei scuotendo la testa con un sospiro rassegnato.

  “ Sono ragazzi,’ mammina’, che vuoi farci. ” disse Sazh senza pensare troppo alle conseguenze delle sue parole mentre il pulcino svolazzava attorno a lui per depositarsi sulla sua spalla. “ Lasciali divertirsi finché possono, dobbiamo approfittare di ogni momento lo sai. ”

  “ Non chiamarmi mai più così,vecchio’. ” fu categorica mentre inorridiva al pensiero di un nuovo soprannome con cui Snow potesse prenderla in giro. Quelli che le attribuiva Fang erano più che sufficienti.

L’uomo rise forte guardando la sua espressione e sorpreso dal fatto che stesse scherzando con lui. Trovava che in realtà si fosse parecchio ammorbidita in quelle settimane passate insieme e non poté che provare sollievo, lui più di tutti ricordava fin troppo bene com’era starle vicino i primi giorni. Una giovane donna parecchio incazzata con il mondo intero che si teneva a debita distanza fino a che non esplodeva come una furia. Era ancora così in realtà, ma in qualche modo stava imparando a fidarsi e a contare su di loro. A modo suo, ovviamente.

  “ Sono sollevato di vederti così, preoccupata e divertita allo stesso tempo. Sai, trovo che ti si addica molto il ruolo di mamma chioccia del gruppo in realtà. ” la guardò con un sorriso dolce, lo stesso sorriso paterno che aveva rivolto ad ognuno di loro nel corso di quelle settimane. Erano tutti così giovani in fondo. “ Per quanto so che non lo ammetterai mai, mi sembra che tu abbia alleggerito un po' il carico dal tuo cuore, eh? ”

Lightning continuò a guardare il gruppo in lontananza, in qualche modo Fang era riuscita a raggiungere i due compagni e a bloccare il grosso volatile. Erano tutti e quattro fermi lì a ridere divertiti della folle corsa in cui si erano appena cimentati mentre aspettavano che loro due li raggiungessero. Provò una stretta al cuore mentre ripensava alle parole del suo compagno di viaggio. Nonostante fossero allo scadere del tempo, nonostante la minaccia che li inseguiva e la morte sempre ad un passo dal raggiungerli, nonostante il pericolo e le scarse possibilità di farcela era vero. Si sentiva un po' più leggera ad averli al suo fianco.

Si voltò a guardare Sazh mentre arrossiva leggermente notando il sorriso di chi la sa lunga e gli occhi fissi su di lei. Non rispose e tirò le piume del suo chocobo per aumentare la velocità distaccandosi da lui di un bel tratto dirigendosi verso il resto del gruppo. Su una cosa il vecchio aveva ragione, il suo fardello si era notevolmente alleggerito ma non c’era affatto bisogno che lo sapessero. Avrebbe combattuto con loro e, in qualche modo ne era convinta, ce l’avrebbero fatta.

 

*.*.*.*.*

 

 

  C’era un bel sole caldo quella domenica, l’aria fresca di un inverno ormai agli inizi e il cielo limpido macchiato solo da qualche nuvola innocua verso est. La giornata adatta per una gita all’acquario della città pensava Claire allontanandosi di qualche metro da sua sorella per osservare una vasca piena di meduse di svariate dimensioni. Lei e Serah erano state lì solo una volta da bambine e siccome il posto era stato rinnovato da poco, creando così l’ennesimo punto d’interesse per i turisti, sua sorella aveva insistito per tornare a visitarlo. Peccato che assieme a loro si fosse unito anche lo stupido gigante il quale era rimasto appiccicato a Serah sin dal momento del loro ingresso. Non era un grosso problema, in fondo Claire ci era abituata ormai, ma se avesse saputo che quella giornata si sarebbe trasformata in un appuntamento camuffato a cui lei doveva restare per non destare sospetti si sarebbe finta malata fin dal mattino. Non le andava proprio giù la questione del mentire al padre ancora a lungo, era ora che sua sorella e Snow si dessero una mossa.

Sospirò mentre appoggiava la mano al vetro freddo, sotto il suo movimento una delle creature si mosse agitando il suo corpo impalpabile verso di lei, sembrava una ballerina che piroetta su di un immenso palcoscenico subacqueo. Spostò la sua attenzione su un’altra vasca poco più avanti piena di pesci dall’aria insolita, uno in particolare, giallo e con le pinne molto affusolate che ricordavano quasi delle piume, attirò la sua attenzione. Se ne stava in disparte a nuotare tranquillo lontano da tutti gli altri e le ricordava vagamente uno di quei volatili giganti che abitavano il loro mondo precedente.

Aveva fatto un altro di quei sogni quella notte, ma aveva preferito non dire nulla a sua sorella per non crearle aspettative inutili. Dopotutto non poteva essere certa di quando l’incontro sarebbe avvenuto.

Perciò quando alzò lo sguardo e incrociò gli occhi scuri di Sazh dall’altra parte del vetro non fu minimamente sorpresa, non quanto lui per lo meno. Vide la scintilla attraversare la sua espressione per un frammento di secondo trasformandola poi in un grande sorriso affettuoso. Lei inclinò la testa per salutarlo ed un piccolo sorriso si formò anche sulle sue labbra. Era esattamente come lo ricordava, forse solo un po' più giovane, proprio come lei dopotutto.

Lui la raggiunse facendo il giro della vasca piena di pesci e, dopo qualche istante d’imbarazzante silenzio e qualche pacca sulle spalle ad imitare un abbraccio, si sedettero su una panchetta poco distante parlando del più e del meno. Come stava? Cosa faceva lì? Era solo? Per un istante Claire temette per il peggio ma l’espressione dell’uomo era serena, più di quanto avesse mai visto.

  “ L’ho riavuta, mia moglie intendo. ” le disse, l’amore nello sguardo scuro. “ E’ proprio laggiù, guarda. ”

Sazh indicò una vasca un po' distante da loro appositamente aperta per consentire ai visitatori di accarezzare le Raja Clavata. Una donna alta e con la pelle scura teneva fra le braccia un bambino piccolo mentre lo aiutava ad allungarsi per poter toccare i pesci con la sua manina paffuta.

Claire non riuscì a trattenere un sorriso. “ Quello è Dajh? ”

Sazh annuì, la voce leggermente tremante per l’emozione. “ Ha appena due anni, un po' più piccolo di come ricordavi, ma è lui. Il mio bambino. ”

La ragazza si voltò a guardarlo mentre inaspettatamente l’uomo la stringeva velocemente in un abbraccio affettuoso. “ Grazie, per tutto quello che hai fatto per me. Se sono qui adesso lo devo a te Lightning. Non potrò mai sdebitarmi a sufficienza. ”

  “ Nessun problema, sono contenta di sapere che sei felice ora.” gli disse mentre si separavano notando gli occhi scuri velati dalle lacrime. “ E comunque, sono Claire adesso. ” L’uomo la fissò sorpreso per poi sorridere di nuovo asciugandosi gli occhi con il dorso della mano. Sì, trovava che quel nome dolce le si adattasse molto di più, sembrava ancora più calma e tranquilla di come ricordasse, serena avrebbe potuto dire.

Se non fosse stato per quel leggero turbamento nascosto nei suoi occhi di ghiaccio. Sazh notò che c’era qualcosa in lei, qualcosa che però non gli avrebbe rivelato. In fondo, non era cambiata poi molto. Sembra non sia ancora finita per lei.

  “ Sazh… ” l’improvvisa voce della ragazza lo allontanò dai suoi pensieri, le fece un cenno per permetterle di proseguire. “… circa un paio di anni fa, per caso sei venuto qui? ” non lo stava guardando direttamente negli occhi e aveva mantenuto la parola appena sussurrata, quasi temesse la risposta.

L’uomo rifletté portandosi una mano al mento. “ Siamo venuti per visitare l’acquario ma no, non ero mai stato in questa città prima di oggi. Inoltre un paio di anni fa Dajh era appena nato, non avevo il tempo per fare il turista. ”

Claire annuì, si sentiva da un lato sollevata che non fosse stato lui il portatore di tali sentimenti di solitudine e tristezza, aveva già sofferto troppo in passato. Ma, un’altra parte di lei, soffocò un grido frustrato poiché, anche se lo sapeva prima ancora che l’uomo rispondesse, ancora una volta la strada davanti a lei era sbarrata e avvolta dalla nebbia.

  “ Perché me lo chiedi? ”

La ragazza sospirò forte scuotendo la testa e cercando di tirar fuori un mezzo sorriso rassicurante. “ Oh, niente d’importante. Lascia perdere. ”

Ovviamente era qualcosa di molto importante, Sazh lo sapeva, poteva intuirlo dall’espressione tirata sul suo viso delicato e lo sentiva nella sua voce bassa ma appena sospirata. Ma lasciò cadere la questione, si erano appena ritrovati e non poteva certo mettersi a farle paternali adesso, anche se appariva giovane dentro Claire aveva il doppio, il triplo se non di più dei suoi anni visto il suo tempo trascorso nel Valhalla. “ E dimmi un po'… ” le disse invece cercando di cambiare argomento. “… sei sola, oppure c’è qualcun altro? ”

Lei sorrise grata che lui avesse capito, era sempre stato molto empatico dopotutto. Si voltò e fece un cenno con la testa in direzione di Snow e Serah che non sembravano minimamente essersi accorti del loro ricongiungimento. “ Non dirmi che non hai notato quel gigantesco scemo che sta facendo fotografie a dei pinguini strillando come il grosso idiota che è da almeno un’ora? ”

Sazh seguì lo sguardo di lei verso la coppia e la ragazza poté vedere immediatamente la scintilla attraversare il suo sguardo e rievocare i ricordi. L’uomo trattenne le nuove lacrime ma fu felice di sapere che era assieme a sua sorella e che anche Snow fosse lì. Rise, mascherando l’imbarazzo, al suo commento sul ragazzone che sembrava dato con il solito tono distaccato ma avvertì anche della dolcezza. Dopotutto sapeva che aveva finito per volergli bene anche lei, in un modo tutto suo di dimostrarlo.

  “ C’è anche Noel in città, a dire il vero lui è stato il primo che io e Serah abbiamo incontrato. I ragazzi del NORA e, nemmeno un anno fa, anche Fang e Vanille si sono riunite al gruppo. ”

L’uomo si voltò sorridente al sentire i nomi dei suoi vecchi amici mentre i ricordi piano piano gli riaffioravano alla mente. Una lacrima sfuggì al suo controllo, forse era la vecchiaia a renderlo così emotivamente instabile. Claire, dopo avergli lasciato un momento per assorbire le informazioni e dopo aver controllato con un’occhiata Dajh e la donna di cui ignorava ancora il nome, si alzò, lo afferrò per un braccio e lo condusse verso i due fidanzatini.

Era tempo che il papà del gruppo tornasse finalmente fra loro.

 

..::~*.*.*~::..

 

 

  Lei ti tormenta ancora.

Anche se sai che era solo un’illusione creata appositamente per te, che non era reale, riesce a farti soffrire ancora adesso. La vedi nei tuoi sogni, la vedi nei tuoi incubi, la vedi anche quando ti aggiri solo per l’edificio dove ti stai preparando per il tuo futuro. Che ironia, tu non hai alcun futuro lo sai benissimo ma ti illudi di averne uno perché sei debole. Non puoi lasciar andare la tua facciata di uomo buono e caritatevole che pensa solo al bene delle altre persone. Non puoi mostrare quanto tu sia abominevole in realtà.

Tu che ti sei lasciato sedurre da un’illusione.

Se lei lo sapesse ne sarebbe disgustata o lusingata? Come si sentirebbe a sapere che, nonostante tutto, la sogni ancora in quel modo?

La realtà è che tu sei felice che lei non sia con te perché, altrimenti, vedrebbe quanto tu sia miserabile, perché con lei la tua maschera cadrebbe immediatamente. Riuscirebbe a vederti dentro, a carpire il marciume che giace dentro la tua anima completamente soggiogata. Per questo ti lasci tormentare dall’illusione ancora adesso. Perché questa falsa lei non ti giudica, non ti odia, non gli fa ribrezzo il solo vederti.

Lei ti ama, anche se il suo è un amore irreale. Ma è comunque più di tutto quello che potresti mai ottenere e non c’è nulla che desideri di più che lei. La vuoi.

Sottomettiti a me.

Dita fredde si avvolgono fra i tuoi capelli, ti spingono sull’orlo della follia di nuovo, ancora e ancora. Non puoi farne a meno perché la realtà è che sei debole. Provi vergogna per te stesso, per come ti sei ridotto per colpa di un’illusione, un’ossessione. E’ come se non potessi respingerla, ci provi con tutto te stesso ad ignorarla, a voltarti altrove ma alla fine riesce sempre a raggiungerti.

Sottomettiti a me.

La sua voce ti ipnotizza, sussurra tutto ciò che hai sempre voluto che ti dicesse, ti implora persuasiva di farla tua. Accarezza la tua anima con gemiti sottili. Ti seduce, ti inganna, manipola la tua mente troppo fragile e tu continui a ripeterti che non è lei, non può essere lei, eppure non puoi resistere.

Sottomettiti a me.

Il suo bacio è freddo, distante, le sue labbra sono troppo morbide, troppo perfette. I suoi occhi trapassano la tua anima, ti spingono alla follia e non riesci più a distinguere la realtà dalla fantasia. Essere con lei è una droga di cui non puoi fare a meno, una fame che non riesci a soddisfare, ne vuoi sempre di più, non pensi ad altro che lei. E quando finalmente ti svegli tremante dall’ennesimo incubo che lacera la tua mente non puoi fare altro che rannicchiarti e piangere.

Sei mio.





 

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Note:  Con un po' ( parecchio ) ritardo ecco un nuovo capitolo. Sazh è un personaggio che non puoi non amare. E' un papà dall'inizio alla fine, per tutti, anche per il giocatore. Spero di averlo reso bene, il difficile di questa storia è stato uscire dalla mia confort zone e scrivere anche di tutti gli altri pg che avevo sempre lasciato in disparte. Perciò, niente, fatemi sapere se ha funzionato. Ci stiamo avvicinando al finale, -2!!!
SelhinF

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Capitolo 7
*** Capitolo 6 ***


 

 

Rebirth

Lost

* Capitolo 6 *

 

 

 

 

 

 

 

Everyone is smiling.

This is the future… I wanted to see. ]

 

 

 

 

 

 

 

  I suoi occhi azzurri si erano spalancati per la sorpresa solo per un attimo, le sue guance si erano tinte di una lieve sfumatura di rosa e le labbra si erano dischiuse leggermente. Il suo sguardo si trasformò subito in un cipiglio mentre chinava velocemente la testa e, più gentilmente di quanto avrebbe mai pensato, rifiutava l’offerta del ragazzo davanti a lei. Lui aveva riso sconcertato e vagamente imbarazzato, non era abituato a ricevere quel tipo di risposta dopotutto. Era alto, riccioli biondo scuro pieni di gel per capelli, un fisico atletico tipico di un ragazzo all’ultimo anno di liceo che praticava molto sport. Le ragazze non dicevano mai di no ai suoi inviti, non gli era mai capitato, almeno fino a quel momento.

Ma Claire Farron non era la classica ragazza con cui lui era abituato ad uscire – era più il tipo che puntava a ragazze dolci e carine, come la sua amica Rika – e, anzi, aveva attirato la sua attenzione solo di recente dopo che, casualmente, l’aveva ascoltata suonare la chitarra una sera ad una festa qualche mese prima. L’aveva notata sin dal primo anno in realtà, come chiunque, ma aveva sempre avuto quell’aria fredda e riservata da cui tutti, incluso lui, si erano tenuti a distanza. Assieme a sua sorella gemella Serah – nonostante i tratti fossero simili non erano affatto identiche – con i loro capelli rosati avevano quel qualcosa che sembrava non farle appartenere a questo mondo. Una stupidaggine ovviamente ma, se da una parte la sorella era dolce e amichevole con chiunque ed era facile parlare con lei, Claire rimaneva isolata e sembrava non ci fosse mai niente che la interessasse davvero.

Fino a che non l’aveva ascoltata suonare.

Da quel momento aveva passato le giornate a cercarla con lo sguardo chiedendosi spesso a cosa pensasse quando la vedeva seduta da sola all’ombra di un albero intenta a leggere, o mentre lo superava nei corridoi totalmente ignara degli sguardi che riceveva. I suoi amici lo avevano preso in giro per questa infatuazione, nonostante Claire Farron fosse piuttosto popolare in tutta la scuola, nessuno si era mai avvicinato a lei e alla sua cerchia notevolmente ristretta di amici che includevano Rika, Serah, e pochi altri.

Così aveva deciso di provare a chiederle di uscire nonostante non si fossero mai parlati, quella settimana c’era una festa di fine anno scolastico e pensava sarebbe stata la sua ultima ma buona occasione per conoscerla. Ma aveva rifiutato.

Lei posò nuovamente lo sguardo su di lui alzando un sopracciglio con aria interrogativa, probabilmente interdetta dal suo silenzio. Deglutì prima di ritrovare il coraggio di parlare ancora. “ Alla festa sarò impegnata con il gruppo. Ma anche se fossi libera, perdonami, non sono interessata. Mi dispiace. ” aveva nuovamente abbassato lo sguardo evitando i suoi occhi.

Una risposta logica ma dannatamente fredda, il tono era gentile eppure le parole risultavano taglienti come la lama di un coltello. “ Va bene, non c’è problema. Se cambi idea sai dove trovarmi, altrimenti ci si vede in giro. ”

Dopodiché si era voltato con un sorriso e un cenno della mano cercando di nascondere quanto si sentisse avvilito e raggiunse in fretta il suo gruppo di amici poco più avanti nel corridoio. Almeno poteva dire di averci provato.

Claire guardò il ragazzo allontanarsi e si lasciò sfuggire un sospiro di sollievo, questo era già il terzo ragazzo che le chiedeva di uscire quella settimana. Aveva passato tutti gli anni del liceo completamente ignorata da chiunque, fortunatamente avrebbe aggiunto, e adesso all’improvviso il genere maschile si era accorto di lei. Ma cosa diavolo sta succedendo?

All’improvviso sentì delle braccia esili avvolgersi attorno alla sua vita e capì di chi si trattava prima ancora di vederla. “ Claaaaire! Sei impazzita per caso? ”

Rika la guardava in un misto di shock e rabbia e curiosità tutto insieme e le venne da ridere non appena la vide gonfiare le guance in un broncio incredulo. “ Quello era Ethan della terza classe! Non dirmi che hai rifiutato anche lui, non dirmelo ti prego! ”

  “ … Allora non te lo dirò. ”

La sua amica esplose in un grido esasperato facendo voltare alcune ragazze che chiacchieravano poco distante da loro. La prese per le spalle e la obbligò a guardarla dritto negli occhi dorati. “ Dimmi la verità, hai battuto la testa di recente? ”

Claire sorrise mentre si voltava dirigendosi al suo armadietto, era già in ritardo e quel ragazzo le aveva già fatto perdere abbastanza tempo per quella giornata, non aveva bisogno dell’ennesima ramanzina della sua amica che nel frattempo la stava inseguendo pretendendo una risposta. “ Non ho detto niente su Sam perché, sebbene non sia il mio tipo è intelligente e popolare a modo suo ed ho pensato non ti piacesse e basta. Ho lasciato correre anche su Norman perché, effettivamente, era un po' troppo esuberante per te ma Ethan… non starò zitta sul fatto che hai appena rifiutato il ragazzo più bello e popolare di tutta la scuola! Ehi, mi stai ascoltando? ”

Le rivolse uno sguardo perplesso mentre appoggiava entrambe le mani sui fianchi in attesa. Claire si ritrovò a sospirare mentre prendeva alcuni libri e richiudeva l’armadietto con un colpo un po' più forte di quanto avrebbe voluto. “ Se ti piacciono così tanto perché non ci esci tu e mi lasci in pace? ”

  “ Oh credimi, lo farei se me lo chiedessero. ” arricciò le labbra lucide di gloss e la seguì ancora mentre usciva dall’edificio con passo svelto. Era pomeriggio inoltrato e stava rinfrescando mentre il sole si nascondeva dietro a nuvoloni grandi e biancastri. Dopo alcuni minuti di silenzio Claire si voltò irritata a guardare la sua amica che non aveva smesso di starle alle calcagna come il più degno soldato del Sanctum durante tutta la faccenda l’Cie.

  “ Cosa vuoi Rika? ” sbottò stringendo i libri di filosofia al fianco.

  “ Claire Farron, voglio che tu mi dica la verità. ” quando le parlava usando anche il suo cognome con quel tono significava che quello era un osso che non avrebbe lasciato con facilità. La sua amica poteva essere testarda quanto lei e fastidiosa come Snow a volte. “ In tanti anni che ti conosco non mi hai mai parlato di un qualche ragazzo, né hai mai mostrato interesse per uno di loro, perché? Sono la tua migliore amica, non ti giudicherò, te lo prometto. ” appoggiò una mano al petto cercando di dare più peso alle sue parole. Sembrava sinceramente preoccupata per lei e sperava che avrebbe capito di potersi fidare.

La più grande, anche se solo di un paio di mesi, sospirò sconfitta. Avrebbe preferito affrontare una mandria di Behemoth piuttosto che quell’argomento, soprattutto intuendo a cosa la sua amica stesse alludendo con quell’ultima frase. La condusse su un muretto all’ombra lontano dagli altri studenti cercando di lanciare un chiaro segnale che nessuno avrebbe dovuto avvicinarsi. Si sedettero l’una di fianco all’altra e Rika rimase pazientemente in silenzio aspettando che la ragazza trovasse il coraggio per dirle quale problema la affliggesse. Notando la sua esitazione, Claire non vacillava mai con niente e nessuno, allungò una mano a sfiorarle la sua incoraggiante. “ Claire… t-ti piacciono le ragazze? ”

L’altra spalancò le ciglia perplessa e la guardò aprendo la bocca ma passarono un paio di secondi prima che le parole si decidessero a uscire accompagnate da una risatina. “ Oh no, non è questo. ”

Rika sospirò di sollievo. “ Oh meno male… insomma non che ci sarebbe stato qualcosa di male credimi, io sono completamente favorevole alla cosa lo sai è solo che, insomma, avrei chiaramente preferito averlo saputo prima in tal caso e… ” iniziò a balbettare e a parlare a raffica come ogni volta che qualcosa la innervosiva.

La più grande rise di gusto stringendole la mano accompagnando il tutto da uno sguardo malizioso. “ Ho capito, ho capito non agitarti. Sei al sicuro… per adesso.

  “ Aha, molto divertente. ” rispose l’altra schiaffeggiandola sul braccio per scherzo e poi tornò seria. “ Allora cosa c’è? ”

  “ Non ti accontenterai di un semplice ‘quei ragazzi non mi piacevano’ non è vero? ”

Rika scosse la testa agitando i lunghi capelli scuri lasciati sciolti sulle spalle. Claire sospirò ancora indecisa, poteva fidarsi di lei, lo sapeva, ed inoltre non è che stesse per rivelarle di provenire da un altro mondo con millenni alle spalle in cui aveva passato il tempo a combattere mostri e dei. Rika non ricordava nulla di Cocoon e non era affatto il caso di farla apparire come una pazza in corsa verso un ospedale psichiatrico, perché era lì che sarebbe finita se qualcuno all’infuori della famiglia avesse scoperto il loro segreto. “ La verità è che io… aaah questo ti sembrerà stupido e assurdo. ”

Rika quasi urlò per l’esasperazione, stava morendo dalla curiosità e allo stesso tempo si sentiva preoccupata. “ Sputalo e basta. ”

Claire fissò gli occhi su entrambe le sue mani nervosamente strette l’una con l’altra poi, chiudendo gli occhi, lo lasciò finalmente uscire in un sussurro agitato. “ C’è già qualcuno ed io… sto aspettando. ”

L’amica la guardò sorpresa, tutto si era aspettato tranne questo. “ Aspetta un minuto, mi stai dicendo che hai un ragazzo e non me ne hai mai parlato? ”

Agitò le braccia davanti a sé come per proteggersi da un proiettile che procedeva dritto verso di lei. “ No, no, no… ” disse velocemente per poi aggiungere in un borbottio nervoso. “… insomma, non credo, non proprio. Forse? ”

Rika rise divertita. “ Cosa vuol dire ‘non credo’. Hai un ragazzo sì o no? ”

  “ No. ” rispose decisa. “ Ma... c’è qualcuno, da qualche parte, che mi ha fatto una promessa tanto tempo fa. ”

Rika la vide arrossire sotto quella dichiarazione, in tanti anni che la conosceva non aveva mai visto quel tipo di espressione su di lei, mai. “ Una cosa tipo ‘una promessa d’infanzia’ come nei film? Come Snow e Serah? ”

Anni prima era rimasta altrettanto sorpresa quando, all’improvviso, nel loro gruppo era comparso Snow. Più grande di loro sia per età che per statura e si era presentato come il ragazzo di Serah e, nel corso del tempo, più volte li aveva sentiti parlare di matrimonio e cose del genere come se si conoscessero da molto più tempo di quel che facevano credere. Le era sembrato strano e assurdo ma non aveva polemizzato.

Rimase scossa e leggermente incredula quando Claire sorrise piano imbarazzata. “ Qualcosa del genere. ” poi alzò lo sguardo verso il cielo, gli occhi azzurri fissi su un punto lontano, in qualche modo molto più luminosi del solito. “ Non ricordo il suo nome, né il suo volto… ma so che è lì, da qualche parte. ”

Una consapevolezza attraversò la mente della ragazza. “ Fammi capire bene… ” disse guardandola sebbene non ricevesse nemmeno un’occhiata in risposta. “… quando eri bambina un ragazzo ti ha promesso cosa, che era l’amore della tua vita, e ti ha detto di aspettarlo ma tu non hai idea di chi sia? ” man mano che parlava poteva dire con certezza quanto quella storia fosse completamente fuori da ogni logica.

Claire rise di nuovo all’assurdità della piega che quella conversazione aveva preso nascondendo le labbra dietro alla mano. “ Non proprio così in effetti ma non posso spiegartelo meglio. ”

  “ E tu ci credi veramente? ”

Era seria, dannatamente seria. Claire Farron, la sua amica fredda e riservata che tutti conoscevano come la regina dei ghiacci, quella che ben poche volte aveva visto ridere di gusto e per la quale un suo abbraccio era così raro da far impallidire il Sacro Graal, credeva davvero ad una sorta di ragazzo del destino. “ Ascolta non so esattamente come definire questa cosa, l’unica cosa che so è che lui era gentile e mi faceva sentire bene. Non ho idea se sia amore o cos’altro ma io non… non avrò pace fino a che non lo avrò ritrovato. ” sembrava così determinata, Rika poteva giurare di non averle mai visto quell’espressione.

  “ E non potrebbe essere Ethan della terza classe? ” alzò un sopracciglio dubbiosa.

  “ Credimi, se fosse lui, lo saprei. ”

Dopo qualche minuto di silenzio in cui Claire era convinta di aver perso ogni sorta di reputazione sulla sua credibilità e sanità mentale che potesse mai aver avuto con l’amica, questa si lasciò andare ad un sospiro rumoroso stiracchiandosi la schiena. “ E’ solo strano, non avrei mai pensato fossi così romantica in realtà. ”

  “ Cosa? N-Non è così! ” balbettò imbarazzata in risposta.

  “ Sapevo che da qualche parte dentro di te si nascondeva una tenerona! ” la bruna l’abbracciò di slancio sorridendole con affetto mentre la sentiva lamentarsi impacciata. Avvertì il suo corpo irrigidirsi al contatto, come aveva pensato prima era estremamente riluttante al contatto umano fatta eccezione per Serah. “ Solo una cosa, se un giorno dovessi incontrare questo fantomatico ragazzo dei sogni, chiedigli se ha un fratello per me. Sembra stupendo! ”

Risero insieme poi qualcuno che passava velocemente davanti a loro attirò l’attenzione della ragazza dai capelli rosa. “ Jay! ”

Un ragazzo della loro età, capelli scuri e occhiali dalla montatura nera e sobria leggermente grandi, si voltò nella loro direzione. Fece un cenno del capo e le raggiunse con passo svelto. “ Ehi ragazze! ”

Jaser Liam Jenner si era trasferito nella loro città quell’anno, l’ultimo prima di terminare il liceo, a causa del lavoro della sua famiglia. Erano agenti immobiliari, prendevano vecchie case e le rimettevano in sesto prima di rivenderle e lui era abituato ad essere sballottato sempre in una città diversa sin dalla sua infanzia. Si potrebbe pensare che un ragazzo del genere avesse un carattere un po' chiuso invece lui era socievole ed espansivo, ma non del tipo come Snow per fortuna. Di eroe ne bastava uno per mille vite. Jaser era stranamente divertente e, in qualche modo, era finito per diventare amico di Rika e, per osmosi, di Claire. Avevano scoperto di condividere la passione per la musica, anche lui suonava alcuni strumenti ed aveva iniziato a impartirle lezioni di pianoforte un paio di pomeriggi a settimana. In pochissimo tempo, prima che potesse accorgersene e in qualche modo evitare la cosa, aveva messo su un gruppo assieme ad altri due ragazzi con Claire coinvolta fino al collo. Quel giorno l’aveva fregata in piena regola e lei era stata obbligata a dire di sì.

Ma aveva anche scoperto che la cosa non le dispiaceva affatto. Anche se ammetterlo era, ovviamente, fuori questione. L’ex Salvatrice si diede un appunto per sé stessa: stilare un elenco delle cose che non avrebbe mai ammesso a nessuno.

Comunque il suo ultimo anno di liceo aveva segnato un certo tipo di cambiamento nella sua vita, Claire si era ritrovata sempre più spesso coinvolta con altre persone e in qualche modo, era stato divertente. Inizialmente, quando lei e Rika avevano incominciato a passare del tempo con lui, qualcuno aveva sparso in giro la voce di una specie di triangolo amoroso, persino Serah aveva iniziato a prenderla in giro perché finalmente era amica di un ragazzo – al di fuori dei membri del NORA, Snow e Noel – ma la verità non poteva essere più lontana. Jaser aveva sì un certo interesse per una delle due ragazze, ma quella non era affatto Claire. Purtroppo per lui, Rika era fin troppo impegnata a cambiare un ragazzo a settimana per accorgersene.

  “ Terra chiama Claire! Ci sei? Prontooo? ”

Il ragazzo la scosse dai suoi pensieri agitando la mano freneticamente davanti al suo viso assorto. La ragazza sbatté gli occhi mentre tornava alla realtà che la circondava e sentiva le risate allegre di Rika lì accanto. “ C-Cosa? ”

Lui la guardò perplesso ed un po' divertito ripetendo quello che le aveva evidentemente detto poco prima “ Sei pronta? E’ ora di andare! ”

  “ Ah giusto, le prove per la festa! ”

  “ Te n’eri dimenticata? ”

Scosse la testa ed intervenne Rika a salvarla dalla situazione. “ Scusa, colpa mia. L’ho distratta. ”

Quel sabato sera si sarebbe tenuta una festa per la fine dell’anno scolastico, la stessa per la quale poco fa aveva ricevuto il terzo invito della settimana. Il loro gruppo avrebbe suonato alternato ad altri due per tutta la serata e si sentiva in imbarazzo al solo pensiero ma, fortunatamente, c’era qualcos’altro che la preoccupava e faceva in modo di tenerle la mente occupata. “ Jay, per quanto riguarda quel favore che ti ho chiesto? ”

Il ragazzo la guardò stranito mentre si sistemava gli occhiali, poi comprese. “ Ah sì, tutto ok, sta tranquilla verrà. ”

  “ Oh, meno male. Ti ringrazio. ”

  “ Ancora devo capire perché vuoi così tanto che mia cugina, che non ha ancora tredici anni, partecipi. ” le disse dubbioso alzando le sopracciglia, anche Rika si era incuriosita ed aveva allungato il collo per saperne di più.

Sulle labbra di Claire si creò un sorriso a metà fra misterioso e divertito. “ E’ una sorpresa, ma ti prometto che ti spiegherò ogni cosa. ”

 

 

*.*.*.*.*

 

 

  Inspirò profondamente mentre spostava lo sguardo sulla chitarra, poteva sentire il sudore colarle lungo la schiena mentre le luci stroboscopiche la accecavano impedendole di vedere bene la sala gremita di gente, il che era davvero una fortuna perché se si fosse fermata a riflettere a cosa stava facendo probabilmente sarebbe svenuta sul colpo. Poteva però vedere abbastanza vicino a sotto il piccolo palco sua sorella e Snow che ballavano lanciandole occhiate abbastanza di frequente. Sembravano divertirsi un po' troppo sul fatto che lei stesse suonando e cantando davanti a tanti sconosciuti. La cosa, a dire il vero, era sufficientemente ridicola anche ai suoi occhi ma continuava a passargli nella mente la scena di lei con indosso un lungo abito da sera viola mentre recitava la parte della Sacra Salvatrice. Se era sopravvissuta quella volta, ce l’avrebbe fatta anche ad una serata di adolescenti come questa.

I suoi occhi azzurri si spostarono poco più avanti, al centro della palestra che era stata adibita a sala da ballo, dove una giovane coppia ballava felice e un po' impacciata.

Il ragazzo era vestito piuttosto elegante, con jeans scuri e una camicia blu notte, il primo bottone lasciato aperto e il collo libero dalla cravatta. I capelli, nonostante le chioma scura folta e un po' ribelle, erano stati ben pettinati all’indietro e gli occhi blu rivelavano tutta la meraviglia dell’attimo che stava vivendo. Guardava la giovane ragazza fra le sue braccia, un po' timida mentre gli parlava con un sorriso dolce sul viso, la lunga chioma blu scura era stata raccolta in una morbida acconciatura da evidenti mani esperte e alcune ciocche le ricadevano dolcemente sulle spalle. I suoi grandi occhi verdi non vedevano oltre il ragazzo a pochi centimetri da lei, avevano così tanto da dirsi dopotutto…

 

  “ Ancora non riesco a credere che tu sia davvero qui, Yeul. ”

La ragazzina alzò lo sguardo osservando Serah attraverso lo specchio mentre, gentilmente, le stava sistemando i capelli aiutata da una vivace Vanille. Sorrise dolcemente spostando gli occhi fino a incontrare le iridi azzurre della ragazza appoggiata allo stipite della porta. “ Devi ringraziare Light-scusa… Claire. E’ lei che mi ha trovata. ”

Claire ricambiò il sorriso leggermente in imbarazzo mentre una Fang piuttosto strafottente faceva la sua comparsa dopo essere rimasta in soggiorno a farsi un pisolino. “ Ehi, ancora non avete finito là dentro? ”

  “ Fang, ci vuole tempo per queste cose! ” Vanille la rimproverò imbronciata mentre la spingeva nuovamente fuori dalla stanza. “ E’ una serata troppo importante. ”

La giovane con la pelle scura sbuffò esasperata, fece un cenno a Claire, che non si era mossa dalla sua posizione a braccia conserte, e se ne tornò sul suo adorato divano al piano di sotto. La cosa sembrava andare per le lunghe, tanto valeva dormire ancora un po' e per un momento la ex soldatessa desiderò avere avuto la sua stessa idea.

Aveva incontrato Yeul all’inizio di quella settimana per una pura coincidenza a casa del suo amico Jaser, un pomeriggio mentre si esercitavano al pianoforte. Si era scoperto che era una sua lontana cugina che era stata mandata a vivere da lui per motivi puramente scolastici.

Non c’erano stati sogni questa volta, per questo motivo era stata una tale sorpresa anche per lei. Non se ne spiegava la ragione, forse era dovuto al fatto che, in effetti, lei e Yeul non avevano mai condiviso dei veri momenti assieme. La ragazzina era stata l’ultima dei Veggenti di Paddra ed era scomparsa prima – o dopo – che potessero conoscersi, sebbene avesse visto le sue precedenti incarnazioni al tempio della dea durante gli ultimi tredici giorni.

L’altra cosa assai diversa dal solito era stata che Yeul aveva recuperato immediatamente tutti i suoi ricordi, non aveva avuto alcun bisogno d’incontrare fisicamente Serah o Snow o chiunque altro, le era bastato incrociare lo sguardo di Claire. Non era accaduto l’inverso però, di questo ne era sicura. Forse era tutto collegato ai suoi poteri, sebbene adesso le avesse assicurato di non possederne più nemmeno un frammento, qualcosa sicuramente aveva influenzato quel cambiamento.

Claire avrebbe voluto portarla immediatamente da Noel, se lo meritavano dopotutto, ma lui era fuori città per un paio di settimane e sarebbe rientrato solo la sera della festa. Così era stata Serah ad avere avuto la brillante idea di fargli una sorpresa, dopotutto quella serata coincideva anche con il compleanno del ragazzo. E oramai nessuno di loro credeva più alle casualità.

E, naturalmente, Snow, quale eroe della situazione, aveva deciso di trasformare il tutto in una super riunione e in qualche modo era riuscito a convincere Fang e Vanille a unirsi a loro – fortunatamente la festa era aperta a chiunque purché accompagnato – e persino Sazh li avrebbe raggiunti per la serata. Una riunione in grande stile, esattamente come una ‘grande famiglia felice’.

Sebbene Claire fosse contenta di vederli tutti non poteva fare a meno di pensare che, in realtà, mancasse qualcosa. Qualcuno.

  “ Ora diamo una sistemata a te signorina! ” le disse all’improvviso Lebreau distogliendola dai suoi pensieri ed emergendo dal bagno con arricciacapelli in mano e quelli che sembravano altri attrezzi di tortura nell’altra. Claire si sentì all’improvviso braccata mentre si premeva contro la porta notando Vanille e Serah che velocemente la stavano accerchiando.

  “ N-No, sto benissimo così grazie! ”

  “ Assolutamente no! ” esplose Vanille scuotendo la testa, morbidi boccoli ramati le ricadevano sciolti sulle spalle mentre Serah le afferrava la mano impedendole qualsiasi via di fuga e minacciandola con il tipico ‘sguardo alla Farron’ serio ed abbastanza spaventoso in effetti. “ Non lascerò mia sorella salire sul palco in tuta da ginnastica. ”

  “ Ma a chi vuoi che importi? ” sbottò lei infastidita.

  “ A me! ” rispose sua sorella stringendole il polso. “ Sono già abbastanza contrariata che tu abbia rifiutato ben tre ragazzi che ti avevano invitata per questa serata, non permetterò che tu non abbia un look più che adeguato. ”

Lebreau rise di gusto mentre la voltava spingendola all’interno della stanza non considerando minimamente le sue lamentele o la sua resistenza fisica. “ Tre?! Accidenti Claire, sei una vera rubacuori. ”

La trascinarono al posto di Yeul davanti allo specchio mentre la ragazzina la guardava con dolcezza, sembrava l’unica veramente dispiaciuta per la sua situazione. Vanille iniziò a controllare i vari indumenti all’interno del suo armadio tirando fuori quanti più capi potesse. “ Forse è il fascino di suonare in un gruppo, è una cosa molto cool. Ehi, che ne dite di calze a rete? Serah, ne hai? ”

  “ Ottima idea, vado a prenderle! ”

  “ I capelli glieli tiro su oppure li lasciamo sciolti?”

  “ Ragazze, per favore, non c’è alcun bisogno di questo! ” l’ex soldatessa quasi le implorò mentre loro non la consideravano minimamente.

Driiiin

Improvvisamente un suono familiare e tanto atteso interruppe il chiacchiericcio concitato e tutte sprofondarono nel silenzio prima di lanciarsi in gridolini eccitati. “ Salvata dal campanello. ” sussurrò Claire con un sospiro di sollievo mentre si alzava e si allontanava velocemente dal gruppo di ragazze per raggiungere la porta, in tutte le sue vite non era mai stata più grata della tempestività di Snow. Si appuntò da qualche parte nella sua mente di ringraziarlo per questo, un giorno.

  “ Non abbiamo finito sorellina. ” le urlò Serah mentre tornava da Yeul ad assicurarsi che tutto fosse perfetto.

O forse no.

Quando raggiunse la porta si sentiva stranamente in ansia e desiderò con tutto il cuore che le cose andassero bene, dovevano essere felici, tutti. Prese respiro e quando aprì la prima cosa che apparve fu il faccione del gigante biondo tutto tirato a lucido in un completo grigio chiaro che le sorrideva compiaciuto. Noel, notò in fretta, se ne stava poco dietro a chiacchierare divertito assieme a Maqui, Yuj e Gadot.

Sorrise brevemente a Snow e si spostò leggermente per farli entrare. “ Ragazzi, siete in anticipo. ”

  “ Non dirmi che vieni conciata in quella maniera sis? ” le chiese l’eroe osservandola perplesso. Serah intervenne scendendo le scale alla svelta e salutandolo con un bacio veloce. “ Assolutamente no, adesso le diamo una sistemata. ”

Claire imprecò internamente esternando solo un sospiro esasperato. Dopodiché si rivolse a Noel facendogli un breve ma sincero sorriso. “ Ehi, buon compleanno moccioso. ”

Si allungò per scompigliargli i capelli pieni di gel sotto le sue proteste infastidite. “ Aaah Claire, ci ho messo un secolo per sistemarli! ” si allontanò da lei velocemente tentando di limitare i danni. Tutti risero della sua espressione mentre Vanille era scesa per tentare di svegliare Fang dal suo sonnellino e Lebreau si era unita al gruppo nel suo scintillante abito viola scuro tempestato di gemme brillanti. “ Noi tutti abbiamo un regalo per te. ” aggiunse Serah guardandolo intensamente. Lui arrossì un po' sentendosi improvvisamente al centro dell’attenzione e allentando il primo bottone della camicia.

  “ Sarà meglio, altrimenti che razza di amici siete? ” sbottò cercando di nascondere l’imbarazzo che gli colorava il volto quasi fino alla punta delle orecchie. Poi notò la persona che era apparsa improvvisamente in cima alle scale e Claire poté vedere con assoluta chiarezza la scintilla attraversargli lo sguardo blu. Le labbra si aprivano e chiudevano come se volesse dire qualcosa ma nessuna parola fuoriusciva, il respiro gli si bloccò in gola mentre Yeul, lentamente, scendeva le scale avvolta in un delizioso abito di pizzo rosa pastello.

Quando fu ad un passo da lui – tutti si erano allontanati abbastanza per darle spazio ma non troppo per potersi perdere la scena – gli sorrise dolcemente e Noel non riuscì più a trattenersi. Non fu una riunione da film come quella di Snow e Serah, piena di baci e strette forti e parole d’amore, semplicemente Noel pianse. Con gli occhi aperti e fissi sulla ragazza davanti a lui, non aveva intenzione di smettere di guardarla nemmeno in quello stato, e dimenticandosi completamente di chiunque altro fosse presente nella stanza.

Noel iniziò a singhiozzare.

Yeul allungò le mani sul suo viso, accarezzò la sua pelle e raccolse le lacrime prima di avvicinare il viso ed appoggiare la fronte sulla sua. E rimasero così, immobili, per un’infinità di tempo, avvolti in un dolce silenzio che nessuno osò interrompere.

 

  Si rilassò visibilmente con un sospiro soddisfatto quando terminarono la canzone, le dita le facevano un po' male ed iniziava ad avere un calo di voce ma per fortuna la serata stava procedendo bene e tutti sembravano divertirsi, anche se a sue spese.

Aveva lanciato un’occhiataccia a Sazh quando aveva notato il suo continuo riprenderla con una piccola telecamera, la stessa sorte era toccata a Snow che se la ridacchiava nemmeno troppo discretamente indicandola spesso mentre Serah cercava di tenerlo buono e provava a scusarsi con lo sguardo. Ma Claire aveva notato che anche lei sembrava piuttosto compiaciuta di poter vedere quella scena con i suoi stessi occhi. Traditrice.

Fang se ne stava a chiacchierare assieme a Lebreau, un bicchiere di punch arancione in mano e si ritrovò a sperare che non fosse niente di alcolico anche se le guance leggermente arrossate e il sorriso un po' troppo sfacciato le facevano seriamente dubitare della cosa. Non lo avranno corretto con qualcosa, vero? Nessuno di loro, esclusi Snow e Gadot, avevano ancora l’età legale per bere alcolici. Soprattutto non ad una festa scolastica.

Rika, Vanille e Yuj erano seduti in alto sugli spalti e davano l'impressione di essere presi in una conversazione piuttosto importante. Anche se il continuo indicare qua e là verso i vari ragazzi presenti le fece capire che forse si trattava solo di gossip. Qualcosa in cui erano molto bravi tutti e tre.

Da qualche parte, più lontano, Maqui stava sfidando Gadot a braccio di ferro. Il risultato era abbastanza scontato ma sembravano divertirsi.

E poi c’erano Yeul e Noel, sempre al centro della sala, sempre completamente presi l’uno dall’altra, erano dolci e innocenti e si meritavano quel momento forse più di chiunque altro. Claire si avvicinò a Jaser che stava alla tastiera alla sua sinistra, gli sussurrò qualcosa e poi lui annuì sorridendole lanciandole uno sguardo rassicurante attraverso le iridi grigie. Lei prese il suo posto sistemandosi i capelli leggermente sudati. Alla fine le ragazze erano riuscite a sistemarla in un’acconciatura che risultava molto simile a quella di Lumina, solo un po' più rock, e avevano completato il suo look con una canotta nera corta che le lasciava scoperto l’addome, pantaloni scuri aderenti leggermente strappati e chiusi in anfibi con un tacco non troppo alto.

Appoggiò le dita sui tasti mentre le luci si spegnevano per lasciare la sala illuminata solo da lampade a luce soffusa e tutti capirono che anche la musica sarebbe cambiata. Era il momento di un cambio di ritmo in qualcosa di più lento e più romantico. Prese un respiro e cercò di scacciare l’imbarazzo e l’ansia, si era esercitata per settimane su quella canzone. Niente esitazioni Farron. Era una frase che le ripeteva spesso il suo tenente Amodar quando era entrata nel Guardian Corps e ancora adesso, a mille anni e un nuovo mondo di distanza, riusciva in qualche modo a darle il coraggio e la determinazione quando si sentiva più insicura.

Iniziò a suonare, lentamente ma senza incertezza, i suoi pensieri rivolti verso quella figura ancora avvolta nella nebbia che non voleva saperne di abbandonarla. Era con lei sempre, in ogni momento della giornata, le dava coraggio, forza e speranza.

Un dettaglio di lui improvvisamente si diradò dalla foschia grigia della sua mente. Un sorriso gentile, caldo, sincero. La sua voce s’incrinò appena e pregò che le sue parole lo raggiungessero, ovunque si trovasse.

Dove sei?

 

..::~*.*.*~::..

 

 

  “ Per la tua sicurezza. Me lo restituirai. ”

Te lo ha detto secoli fa mentre ti porgeva il coltello regalatole dalla sua preziosa sorella, è stato il primo gesto di vera gentilezza nei tuoi confronti. Adesso lo sai, ora la conosci, ma quella volta sei rimasto senza parole, troppo sorpreso anche solo per ringraziarla. Eri troppo timido ed indifeso, non riuscivi nemmeno a guardarla negli occhi per più di qualche secondo.

Lei era troppo per te.

Era tutto.

Forte, coraggiosa, determinata, imbattibile, tutto quello che volevi essere. Per te stesso, per la tua stupida e folle vendetta. Eri così egoista. Non ti eri minimamente accorto che anche lei soffriva, che il suo procedere senza indugio non era altro che una maschera ben costruita, dentro di sé chiedeva disperatamente di essere salvata.

Ma l’hai sentita veramente solo alla fine del mondo.

Hai toccato le sue lacrime mentre precipitava nella vuota oscurità del caos, hai ascoltato la sua voce urlare disperatamente, hai sospirato di sollievo quando sei riuscito ad afferrarla prima di perderla per sempre. Ricordi ancora così vividamente la sua stretta sorpresa, ti stringeva la mano così forte perché temeva svanissi lasciandola nuovamente sola. Ma tu non l’avresti mai fatto, glielo hai promesso. Hai giurato di proteggerla, anche se la tua era solo la promessa di un ragazzino nervoso e balbettante.

Eppure eccoti qui, secoli dopo, completamente solo nel tuo nuovo appartamento mentre stringi fra le mani quel coltello esattamente come allora, non hai idea del perché sia in tuo possesso – semplicemente è sempre stato con te – ma non puoi fare a meno di esserne grato. Farlo ti infonde coraggio in qualche modo come se lei fosse proprio lì con te. Ma non c’è, smettila di illuderti, non puoi vederla, non devi.

Devi farcela da solo.

Dopotutto dovresti esserti abituato alla solitudine, hai passato gli anni dell’adolescenza da solo, in qualche modo tutte le persone che amavi si erano allontanate da te, scomparse, svanite. E dopo, durante l’era del caos, ti sei allontanato da coloro che potevano capirti davvero. Eravate tutti uomini dal cuore spezzato. Ma anche loro soffrivano troppo, forse più di te e non volevi pesare su di loro ulteriormente, volevi solo che provassero un po' di sollievo e credevi che la tua assenza avrebbe aiutato. Ma non è stato affatto così.

Dovevi essere la speranza per l’umanità e invece sei stato la loro condanna.

Hai pregato durante la tua prigionia durata più di un secolo e mezzo, hai pregato per il perdono. Volevi espiare le tue colpe, volevi solo che tutti tornassero ad essere felici. Hai creduto che accettare di aiutare il dio della luce, alla fine, ti avrebbe donato la pace che desideravi. Lo hai fatto entrare nella tua mente, gli hai permesso di rimodellarti, ti sei sottomesso. E in cambio lui ti ha promesso una nuova vita, con lei.

Ma mentiva, lo sapevi, e nonostante tutto lo hai lasciato fare perché eri stanco, troppo esausto di vedere le persone soffrire, di vederla combattere così duramente per qualcosa che avrebbe sempre dovuto essere lì per lei.

Le lacrime escono dai tuoi occhi mentre appoggi al lama fredda alla fronte come fosse la sola ancora che ti tiene aggrappato alla sanità mentale, stai sprofondando nella follia, di nuovo. Lentamente il freddo metallo scorre lungo il tuo viso fino a raggiungere la gola, sarebbe così semplice farlo, sarebbe comodo, sarebbe giusto. Qualcosa ti spinge a premere forte, a farlo in fretta e smetterla di lottare inutilmente. Sei un fallimento sotto ogni punto di vista, sei solamente un disgustoso piccolo uomo codardo però perché non trovi il coraggio di farlo davvero nemmeno questa volta. Non puoi farlo, non con il suo coltello.

Fingi che lei sia lì con te, il respiro lentamente si calma mentre la visualizzi nella tua mente. Puri occhi di un azzurro così intenso da attraversare la tua anima. Labbra perfette strette in una linea sottile, inclina leggermente la testa e i suoi capelli rosa si librano nel vento. Ti sorride.

Ed è tutto ciò che ti serve per affrontare un nuovo giorno.


 

..::~*.*.*~::..


 

  Era da molto passata l’ora del coprifuoco ma le sorelle Farron speravano nella clemenza del loro padre vista la serata importante appena trascorsa. Man mano che l’evento andava verso la conclusione e le persone se ne tornavano a casa avevano rimandato quel momento il più a lungo possibile. Era stato bello essere di nuovo tutti insieme e nessuno di loro sembrava intenzionato ad andarsene.

Alla fine Sazh, che rimaneva pur sempre la voce della ragione del gruppo, aveva decretato che era l’ora di rientrare e, con Fang e Vanille al seguito, se n’erano andati via per primi visto il lungo viaggio di rientro che li aspettava. Anche i ragazzi del NORA si erano congedati poco dopo mentre Claire aveva convinto il suo amico Jaser ad accompagnare Rika fino alla porta, facendo segretamente il tifo per lui.

Erano rimasti solo in cinque e, tra una risata allegra e l’altra, si erano incamminati lungo le strade deserte della città. Per prima avevano accompagnato Yeul anche se era restia a separarsi da Noel, ma la certezza di potersi rivedere l’indomani aveva alla fine avuto la meglio e si erano scambiati un tenero abbraccio sotto il portico e gli sguardi curiosi degli amici.

Serah prese a braccetto sua sorella e, insieme, anticiparono Snow di qualche metro, lui restava indietro e le seguiva da lontano tenendole comunque sotto il suo sguardo vigile. Claire dovette ammettere la sua utilità in quelle situazioni, nessun malintenzionato si sarebbe avvicinato con uno con la sua stazza come guardia del corpo.

Arrivata finalmente a casa la ragazza si lasciò cadere distrutta sul suo letto mentre sentiva i rumori all’esterno dell’eroe che salutava sua sorella e saliva sulla sua motocicletta per rientrare. Si stava quasi per addormentare in quella posizione fino a che Serah non la spaventò entrando all’improvviso e chiudendo la porta con un tonfo e Claire la sgridò immediatamente tenendo il tono della voce basso. “ Ehi fai piano! Sveglierai mamma e papà. ”

  “ Scusa, ma sono ancora così elettrizzata per com’è andata la serata, non credo riuscirò a chiudere occhio stanotte! ”

Saltò sul letto al suo fianco e la guardò aspettandosi un qualche tipo di conferma sul suo stesso stato d’animo. La maggiore la guardò alzando un sopracciglio e sorrise. “ Sì, è stata una bella festa. ”

  “ Sono così felice per Noel e Yeul. ” batté le mani sorridendo estasiata. Era sempre stata una tipa piuttosto romantica, la sua stramba storia con Snow lo dimostrava, e sicuramente era sincera. “ Se lo meritano così tanto. ”

Claire annuì, un piccolo breve sorriso per poi spostare lo sguardo fuori dalla finestra. La città era scarsamente illuminata dai lampioni e alcune nuvole oscuravano la visibilità sulle stelle. Per un momento le ricordò il cielo scuro che aveva visto le notti a Luxerion durante gli ultimi giorni e provò una fitta di angoscia.

Era veramente contenta per i suoi amici, lo era davvero, ma non poteva trattenersi dal provare una punta d’invidia. Quando sarebbe arrivato il suo turno? Era destinata ad aspettare in eterno? Forse, non era destino che vedesse di nuovo quella persona in questa vita. Aveva diciannove anni ormai, quanto ancora doveva aspettare? E se lui non fosse rinato come loro, se si fosse sempre sbagliata? Non avrebbe mai avuto occasione d’incontrarlo in questa vita.

Non si accorse del turbamento sul suo volto fino a che Serah non la chiamò attirando la sua attenzione. “ Ehi sorellina, tutto bene? ” fissò il suo riflesso sul vetro della finestra, gli occhi vuoti e stanchi, improvvisamente colmi di tristezza. Stava piangendo.

  “ E’ solo… ” la voce le mancò all’improvviso e dovette soffocare un singhiozzo, non voleva apparire egoista o insensibile alla felicità dei suoi amici. Non voleva essere arrabbiata con loro. “ Perché? ” mormorò, un sussurro appena udibile. “ Perché solo io devo aspettare così tanto? ”

Crollò sotto lo sguardo sorpreso di Serah stringendosi a lei, cercando un conforto che sembrava non poterle dare. La più giovane le avvolse le braccia attorno alle spalle, avvertì il corpo di sua sorella scuotersi per i singhiozzi, sentì le lacrime pungerle gli occhi. Era evidente adesso quanto quella persona fosse importante per tutti loro ma soprattutto per Claire. Non era giusto, non doveva soffrire così. Sospirò posandole un bacio sulla testa tentando di rassicurarla.

  “ Ehi, lo troveremo, te lo prometto. ” le disse incoraggiante ma le lacrime non si fermarono. “ Te lo giuro sorellina, devi fidarti di me. ”

  “ Come lo sai? ” la sua voce era rotta, insicura e vulnerabile. Odiava ancora farsi vedere così dagli altri dopotutto, non le piaceva affatto che la sua sorellina pensasse che fosse una sciocca ragazza fragile ed emotiva. Voleva essere la sua figura di riferimento, quella forte su cui fare affidamento sempre, anche nelle situazioni più disperate. Forse però, la stessa Serah poteva esserlo per lei, dopotutto. Solo per stanotte.

L’altra le passò una mano tra i capelli sciogliendo la coda laterale ormai mezza sfatta e districando i riccioli rosati con le dita. Era stata così felice quella sera, l’aveva vista divertirsi così tanto, perché doveva finire sempre così? Perché non poteva essere felice davvero questa volta?

  “ Abbiamo combattuto insieme per questa vita. Non può essere stato tutto inutile, sicuramente c’è un motivo anche se adesso non lo comprendiamo. Ma troverai anche tu la tua felicità, ne sono sicura. ”

Claire si sentì rassicurata da quel sorriso dolce, forse aveva ragione dopotutto, sembrava così sicura. Così speranzosa. E lei non poté fare a meno di crederle questa volta.

Doveva.







Note: Sempre un po' in ritardo arriva un capitolo. Questo in particolare mi preoccupava, perchè temevo di aver reso il carattere di Claire troppo diverso da come tutti lo conosciamo. Ma una mia amica mi ha fatto notare quanto invece sia giusto così. E' una vita nuova, sebbene possegga i ricordi di quella precedente, i fatti traumatici che erano accaduti qui non ci sono stati. I suoi genitori sono vivi, sua sorella è al sicuro al suo fianco e, uno dopo l'altro, ritrova tutti i vecchi amici che ha conociuto. "E' la perfetta fusione fra Lightning e Lumina" questo è quello che mi ha detto e, ora che ci rifletto, sento che ha ragione. E' diversa sì, perchè questa è la persona che sarebbe stata se non avesse dovuto sopportare e vivere quello che ha vissuto. E' un pensiero un po' contorto ma spero mi abbiate capita ^^'
Il prossimo è l'ultimo capitolo... poi ci sarà la parte due, a cui sto lavorando e sulla quale sto cercando di concentrarmi per rendetla davvero leggibile. Ogni commento, consiglio, critica è ben accetto come sempre. Grazie comunque per la lettura :)

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Capitolo 8
*** Capitolo 7 - Epilogo ***



Rebirth
Lost
* Epilogo *







[ It’s okay. 
We could hear you, Light. 

Let’s go. We’ll be together. ]




  

  Lightning guardò con un sospiro stanco l’autoproclamato eroe della situazione che adesso stava dormendo profondamente in un letto, svenuto per la verità. Come al solito aveva spinto se stesso oltre il limite e quasi ci aveva rimesso la vita. Però, una piccola – piccolissima – parte di lei riusciva a comprenderlo. Avrebbe agito allo stesso modo se fosse stata al suo posto. Poteva essere un idiota a volte, molte a dire il vero, ma quando si trattava di adempiere ad una promessa e proteggere qualcuno, probabilmente non c’era nessuno di più affidabile. 

Ovviamente questa era una cosa che non avrebbe mai ammesso ad alta voce. Mai.

Sospirò ancora una volta esasperata mentre il suo russare era un rumore ben forte nella stanza, probabilmente non si sarebbe svegliato presto, così decise di uscire per sgranchirsi un po'. Non era tipa da starsene ferma in una camera ad aspettare. La porta cigolò appena quando l’aprì ma Snow non diede alcun segno di esserne infastidito perciò, quando se la chiuse alle spalle, la sbatté leggermente irritata. Solo uno stupido come lui poteva starsene così tranquillo e dormire beato come un bambino in una situazione simile.

Fece qualche passo nel corridoio poco illuminato da lampade a luce gialla, quella casa era davvero enorme e lussuosa, aveva pensato sin da subito che il ragazzino provenisse da una famiglia ricca e agiata ma non immaginava fino a quel punto. Era davvero dispiaciuta che uno come lui fosse stato coinvolto in tutta quella merda di situazione. Lui più di tutti si meritava un’infanzia serena e tranquilla ed invece questo era quello che otteneva. 

Svoltò l’angolo diretta al soggiorno, aveva preferito lasciargli un po' di tempo per parlare da solo con il padre, dopotutto erano lì per quello e non per occupare una camera da letto con un grosso idiota biondo svenuto. Lo trovò in piedi davanti ad un mobiletto in legno scuro dallo stile un po' troppo sfarzoso per i suoi gusti, la schiena rivolta verso di lei. Se ne stava lì immobile, le spalle rigide ma leggermente abbassate, tutta la sua esile figura lievemente tremolante. Sembrava stesse piangendo. Improvvisamente Lightning provò nuovamente quel forte desiderio di protezione che l’aveva vinta qualche ora prima, quando non era riuscita a trattenersi dall’abbracciarlo. Ancora si chiedeva perché l’avesse fatto.

Si avvicinò con cautela e gli avvolse le spalle con un braccio dolcemente, come se stesse interagendo con un piccolo chocobo spaventato. “ Ehi, tutto ok? ” lui si irrigidì sorpreso dal contatto inaspettato per poi rilassarsi un po’ quando riconobbe che era lei. Alzò lo sguardo verde ad incontrare i suoi occhi vagamente preoccupati, sembrava solo un po' triste in realtà, come se avesse dato fondo a tutte le emozioni possibili e adesso si sentisse semplicemente svuotato. La soldatessa gli diede una stretta veloce alla spalla e sorrise appena rassicurante. Sapeva quello che stava passando, il fatto che condividessero ben più di un marchio l’Cie era ormai palese per entrambi. Erano partner. Si sarebbero supportati a vicenda, qualsiasi cosa fosse accaduta. 

Hope le sorrise a sua volta, sempre un po' timido e impacciato, mentre arrossiva un po’ guardandola. “ Sì, stavo solo… ” si voltò nuovamente verso il mobile indicandole una cornice davanti a sé. C’era una donna ritratta nella fotografia, aveva capelli chiari e uno sguardo estremamente dolce. Sorrideva allegra verso l’obiettivo, probabilmente chi deteneva il dispositivo fotografico aveva detto qualcosa che l’aveva divertita, sembrava così serena. 

Lightning non poté fare a meno di sorridere a sua volta guardandola, capendo immediatamente di chi si trattasse. “ Le somigli. ” mormorò piano e lo sentì ridere mestamente in risposta. 

  “ Già, un ragazzo con i lineamenti femminili della madre, con un nome da ragazza. In effetti questo è stato causa di parecchi guai da sempre. ”

Lei aggrottò la fronte a quella rivelazione, aveva sofferto di un problema simile quando aveva cambiato nome ed era entrata nel Guardian Corps. Una ragazzina minuta e fragile con un nome folle che voleva diventare un soldato, come conseguenza ricordava con asprezza quei primi tempi. “ Anche io somiglio a mia madre. ” disse all’improvviso non sapendo bene nemmeno perché ne stesse parlando. 

Il ragazzino la guardò nuovamente. “ Davvero? ” sembrava sinceramente incuriosito e stranamente interessato alla questione ed anche un po' sorpreso dal fatto che lei gli stesse rivelando qualcosa di così personale. La soldatessa alzò un sopracciglio mentre l’angolo delle labbra si piegava all’insù in una smorfia. 

  “ Non ne sono sicura, è Serah a dirlo e, per la verità, credo sia lei quella che le somiglia di più. ” per un istante Lightning si stupì del fatto che stesse parlando di sua sorella come se non fosse morta, era la prima volta da quando l’aveva vista trasformarsi in cristallo. Forse stava iniziando a dare davvero retta all’ottimismo incrollabile di Snow? “… almeno per quanto riguarda le doti culinarie. ” aggiunse con una punta d’ironia ripensando a tutte le volte quando, i primi tempi che erano sole, aveva rischiato di mandare a fuoco la propria abitazione nel tentativo di preparare la cena a sua sorella. Alla fine ci aveva rinunciato ed era passata ai cibi precotti, forse non erano salutari ma almeno non avrebbe rischiato di ucciderla nel tentativo di nutrirla. Fino a che Serah non aveva preso in mano la situazione e aveva dimostrato di essere decisamente più brava di lei ai fornelli.

Con sua sorpresa questa volta Hope scoppiò in una vera risata, sembrava che, in un qualche modo bizzarro che non comprendeva appieno, fosse riuscita a tirargli su il morale. “ Ora capisco perché ti dilegui sempre a fare perlustrazioni quando arriva il momento della cena. In effetti, mi chiedevo perché lo facessi. ” 
 
La soldatessa lo guardò di rimando e, dopo qualche secondo, gli diede un leggero colpo sulla fronte. “ E’ per il tuo benessere, non voglio che tu muoia avvelenato o qualcosa di simile. ” 

Questo lo fece ridere ancora più forte e lei rimase semplicemente a guardarlo mentre annaspava cercando di respirare. “ Ehi ragazzino, non è così divertente, smetti di ridere subito o non sarà solo un buffetto sulla fronte a colpirti. ” 

  “ Scusa, scusami Light, ti prego non picchiarmi. ” lui agitò le braccia davanti al volto come per difendersi da un pugno immaginario, non pensava sul serio che lo avrebbe colpito ma con lei non si poteva mai essere sicuri di niente. “ E’ solo così spassoso immaginarti ai fornelli mentre cerchi di non bruciare ogni cosa! ” 

Lightning gli strinse un braccio attorno al collo e lo attirò a sé arruffandogli i capelli argentati mentre l’altra mano gli raggiungeva velocemente il fianco per tormentarlo con il solletico. “ Ah si? Questo lo trovi divertente invece? ”

Hope cercò di divincolarsi dalla sua presa ma ovviamente lei era troppo forte e questo la fece proseguire nella sua tortura per qualche altro minuto sotto le sue suppliche di fermarsi. Quando finalmente interruppe la punizione lui era praticamente senza fiato, la guardò ancora sorridendole, improvvisamente rasserenato. “ Grazie Light, se non fossi intervenuta poco fa penso seriamente che mi sarei messo a piangere di nuovo. Non voglio più piangere, non voglio più scappare. ”

La determinazione nei suoi occhi era la stessa di quando parlava del suo piano di vendetta, ma in qualche modo poteva vedere che era cambiato qualcosa in lui. “ Lo so. ” rispose semplicemente mentre restituiva lo sguardo. “ Sei sicuro di voler proseguire? Non voglio mentirti, potresti non rivederlo più. ”

Hope spalancò gli occhi all’improvvisa serietà della sua partner. Annuì. “ Te l’ho appena detto, non voglio più scappare. Voglio combattere assieme a voi, con te. Non si tratta di poterlo fare o no, giusto? ”

Lei sorrise capendo l’implicazione dietro le sue parole, era qualcosa che gli aveva detto appena tre giorni prima. “ D’accordo. ” gli diede un altro buffetto sulla fronte, si sentiva vagamente imbarazzata ed era felice che nessuno fosse lì ad origliare. 

  “ Inoltre… ” aggiunse lui con un sorrisetto. “… non posso lasciarti sola a sopportare Snow. ” 

Proprio in quel momento un forte starnuto, seguito da una lamentela di dolore, rimbombò dalla stanza occupata proprio dal biondo. I due si guardarono prima di scattare in una risatina divertita. Lightning alzò le spalle e si voltò per raggiungere nuovamente la camera con il grosso idiota all’interno facendo un piccolo gesto con il braccio. “ Sto seriamente iniziando a rimpiangere di aver cercato di fermarti dal togliercelo di mezzo. ” 

Lo sentì ridere ancora alle sue spalle mentre si allontanava ed era tutto ciò di cui aveva bisogno, la vita si era già accanita a sufficienza su di lui, aveva bisogno di una pausa. E, dopotutto, aveva promesso di tenerlo al sicuro.  




 
*.*.*.*.*.*.*.*.*

 


  “ Awn sorellina ti prego, mandami una foto adesso! Ti pregooo! ”

Serah era particolarmente implorante in quel momento, stava morendo dalla curiosità e non poteva sopportare di aspettare un minuto di più. Claire scostò il telefono dall’orecchio per guardarlo come se potesse inviarle telepaticamente lo sguardo perplesso che aveva in quel momento sul viso. Sospirò mentre riavvicinava l’apparecchio al viso. “ Serah, sarò a casa fra nemmeno un’ora. ” 

  “ Ma io voglio vederti adesso! A cosa serve tutta questa tecnologia telefonica altrimenti? ”

Gemette mentre alzava lo sguardo verso il tabellone luminoso con gli orari dei treni in partenza e arrivo. Cercò con lo sguardo la sua linea per scoprire che il trasporto avrebbe avuto un ritardo. “ Rettifico, venti minuti di ritardo. Giuro che odio i treni. ”

Sua sorella squittì attraverso il rumore ovattato del telefono. “ Ah! Una ragione in più per mandarmi una foto. ”

  “ Serah. ” l’ammonì con la voce severa da sorella maggiore che si era portata dietro dai tempi di Cocoon, quando tornava a casa dopo un’intensa giornata di lavoro e scopriva che la ragazzina di quattordici anni doveva ancora finire i compiti per la scuola. “ Non insistere per favore. ” non c’era modo che, in mezzo ad una folla di sconosciuti, lei si scattasse una foto per mandargliela. Questa cosa non poteva accadere, assolutamente. 

Claire sospirò ancora mentre si dirigeva pazientemente verso il binario dal quale sarebbe arrivato il treno che l’avrebbe riportata a casa dopo quella lunga giornata. Aveva avuto il suo primo giorno del nuovo lavoro. Casualmente, appena finito il liceo un paio di anni prima, aveva scoperto uno strano interesse per la fotografia e aveva deciso d’investirci del tempo sperando di poterlo trasformare in un lavoro vero e proprio. Aveva iniziato con paesaggi poi era passata alle persone, aveva sempre a disposizione qualcuno che era felice di fare da modello alle sue esercitazioni. Sua sorella Serah era stata la prima scelta, poi si era proposta la sua migliore amica Rika ed infine era riuscita a coinvolgere anche la piccola Yeul. Mentre sua sorella iniziava l’università lei si era iscritta ad un corso professionale e lo aveva superato brevemente e con ottimi risultati. E adesso era riuscita ad ottenere un buon lavoro per una rivista di moda, non che le interessasse particolarmente l’argomento in sé, quanto più la sua componente fotografica e cromatica. Era stato un primo giorno stancante in quanto aveva dovuto stare dietro ai capricci di una modella decisamente troppo viziata per i suoi gusti. In più non aveva dormito bene la scorsa notte, aveva continuato a rigirarsi nel letto e fissare il soffitto per ore fino a che non era crollata per l’esasperazione, e il sonno era stato tempestato da immagini confuse della sua vita precedente. 

Al suo risveglio aveva un’emicrania da incubo e il caos più completo regnava nella sua testa, in più non ricordava praticamente niente dei suoi sogni se non qualche dettaglio sporadico.  

  “ Ti sei tagliata i capelli, voglio vederti! ” la voce squillante di sua sorella la fece riemergere dai suoi pensieri. Non era stata sua intenzione farlo, sistemarsi i capelli era un qualcosa che aveva sempre lasciato in secondo piano, non le interessava, ma quel pomeriggio non appena aveva finito il suo primo vero shooting fotografico, era stata colta da un insensato desiderio di vedersi nuovamente con il suo vecchio e pratico taglio. Quello che portava su Cocoon. Lo staff dei modelli aveva insistito così tanto nel volerle sistemare i capelli, probabilmente affascinati dal suo inusuale colore rosato, che alla fine aveva ceduto. E loro erano stati davvero bravi a riprodurre fedelmente quello che desiderava, nonostante fosse una frana con le descrizioni. “ Dimmi la verità, lo hai fatto perché la gente smettesse di chiamarci ‘gemelline’, non è vero? ”
 
  “ Guarda che l’unico a chiamarci così è quel cretino del tuo ragazzo. ” sbottò alzando un sopracciglio. 

  “ Ehi, quando smetterai di essere così cattiva con lui? ”

Quando si deciderà ad essere meno… Snow pensò mentre sospirava di nuovo stancamente rabbrividendo per il freddo invernale nel suo cappotto scuro. Non era ancora abituata al clima rigido di quella città così a nord. Dall’interfono della stazione una voce femminile e metallica annunciò l’arrivo del suo treno. “ Vuoi sul serio che ti risponda? ” 

Avvertì la pernacchia di sua sorella attraverso l’apparecchio telefonico. “ Bene allora. ” mormorò finalmente sconfitta. “ Vedi di fare presto a tornare a casa. Ho preparato lo stufato di mamma. ”

  “ Il treno sta arrivando proprio adesso, farò del mio meglio lo prometto. ” scosse la testa con un sorriso. Serah aveva scelto di proseguire gli studi per diventare insegnante e aveva selezionato una buona università nella grossa metropoli della loro regione, a circa quattro ore di viaggio da dove erano cresciute. Ovviamente Claire si era trasferita assieme a lei, purtroppo però si era unito anche il grosso gigante che nel frattempo aveva trovato lavoro come vigile del fuoco. Per lo più passava le giornate ad aiutare vecchine e gattini sugli alberi, così diceva lui, anziché salvare persone da edifici in fiamme come l’eroe che proclamava di essere ma sembrava piuttosto felice di quel posto. Così avevano trovato un appartamento in periferia abbastanza grande per tre persone con orari e stili di vita molto diversi fra loro e la presenza di Snow stava iniziando a diventare ormai un punto fermo della sua vita. Benché non si sarebbe mai sognata di dirlo ad anima viva. 

Il treno si presentò con un forte fischio che coprì qualsiasi cosa le stesse rispondendo Serah dall’altra parte del telefono, si fermò lentamente con un’uscita proprio davanti a lei. Si spostò lateralmente per evitare il flusso di persone che iniziò a defluire una volta aperte le porte di ferro con un rumore piuttosto fastidioso. Mentre teneva in bilico il telefono sulla spalla – sua sorella aveva iniziato a raccontarle qualcosa a proposito di un esame che doveva preparare – qualcuno urtò la sua borsa pesante contenente la macchina fotografica. Questo la sbilanciò e si ritrovò a compiere una mezza piroetta cercando di riprendere l’equilibrio quando sbatté nuovamente contro un’altra persona. Non è proprio la mia giornata. 

Il contatto però le diede una forte sensazione al petto, come una morsa stretta e calda. Avvertì delle vibrazioni lungo tutta la spina dorsale e per un frammento di secondo la sua vista si oscurò illuminata solo da lampi di luce colorata, un volto gentile apparve per un breve istante nel retro della sua mente, occhi verdi intensamente luminosi. Le girò la testa e le ci volle qualche secondo prima di riprendere coscienza di dove si trovasse. Sentì in lontananza una voce profonda da uomo scusarsi velocemente mentre si allontanava da lei in fretta. Questa sensazione… 

Non aveva più avuto alcun presagio da anni, ad un certo punto aveva semplicemente smesso di cercare convinta che prima o poi tutti i tasselli sarebbero tornati al loro posto, da lei. In un modo improvviso restò senza fiato, completamente incapace di muoversi dal suo posto con i piedi incollati al pavimento mentre lentamente la percezione di dove si trovasse tornava. La voce di Serah la raggiunse, sembrava allarmata dalla sua mancanza di risposta, mentre il respiro tornava regolare e il battito del suo cuore rallentava. “ Claire, tutto bene? ”

  “ S-Sì scusa… ” mormorò, la voce tremolante mentre finalmente si voltava in fretta a guardare la folla di persone che usciva dalla stazione in cerca di un volto che non conosceva. Era stato solo un attimo, un frammento di secondo, ma era sicura. 

Era lui. E l’aveva perso.

Ancora scossa salì velocemente sul treno e prese posto accanto ad un finestrino mentre non riusciva a staccare gli occhi dalla marea di persone che affollavano l’edificio, avrebbe voluto voltarsi e corrergli dietro se solo fosse riuscita a vederlo in volto. Si domandò se anche lui l’avesse avvertita. Se avesse provato qualcosa nel breve attimo in cui si erano scontrati, qualunque cosa. 

Ma adesso Claire sapeva, non era stato il caso a portarla in quella città. 




 
*.*.*.*.*.*.*.*.*




  Bianco. Nonostante le palpebre del giovane Direttore dell’Accademia fossero chiuse poteva quasi affermare con certezza di trovarsi completamente immerso in un ambiente luminoso e candido. Il suo corpo era estremamente leggero e rilassato, aveva l’impressione di galleggiare a pelo dell’acqua cullato dal movimento delle onde mentre una fievole brezza faceva ondeggiare i suoi capelli chiari.

Dove si trovava? 

L’ultima cosa che ricordava era una stanza asettica mentre, circondato dai suoi assistenti, si sdraiava in un macchinario dall’aspetto bizzarro. La capsula del tempo. Aveva guardato i loro volti prima di chiudere gli occhi un’ultima volta cercando d’imprimerli bene nella memoria ma, chissà per quale strana ragione, in quel momento non riusciva a ricostruirne nessuno. Tutti i loro lineamenti erano confusi, nebulosi. 

Era forse morto? 

Sapeva che c’era ben più di una probabilità che non si sarebbe mai svegliato, dopotutto lui stesso si era autodefinito una ‘cavia da laboratorio’ quando aveva completato il meccanismo d’ibernazione. Nessuno aveva mai compiuto qualcosa come quella e, di conseguenza, nessuno aveva certezze che tutto sarebbe andato secondo i piani. 

Tornò a concentrarsi sull’ambiente che lo circondava, riusciva sentire il mormorio delle onde in lontananza, poco oltre il suo stesso respiro. Non poteva muovere le mani ma avvertiva la consistenza della sabbia sotto i polpastrelli delle dita rivolte verso il basso. Era su una spiaggia? Aveva la testa appoggiata su qualcosa di duro – pungeva anche un po’ – e particolarmente freddo. Dopo alcuni minuti, o forse ore, si rese conto del ritmo calzante della brezza che muoveva i suoi capelli, assomigliava più ad una carezza gentile che ad un fresco venticello in effetti. Poi avvertì una leggera pressione su un sopracciglio e un formicolio che si spostò lungo la sua mascella per poi tornare a posarsi sulla sua testa. 

Queste sono… dita? 

Qualcuno lo stava quasi cullando, la testa appoggiata sulle ginocchia, mentre lo accarezzava gentilmente come se temesse di svegliarlo dal suo sonno tranquillo. Era un tocco premuroso, delicato. Gli piaceva e lo rilassava ancora di più mentre il rumore delle onde che s’infrangevano sulla spiaggia era l’unico suono nell’aria, come un brusio ritmico e costante. Avrebbe potuto rimanere lì per sempre, sentiva di non desiderare altro. Non c’era sofferenza né solitudine, non c’erano battaglie né minacce, era in pace. 

Forse sono davvero morto.

Le dita dello sconosciuto si avvolsero nei fili argentei all’estremità della sua nuca, erano dita fredde a contatto con il suo cuoio capelluto ma in un modo non fastidioso. Mandavano gentili massaggi che rilasciavano un formicolio piacevole lungo tutta la spina dorsale. I suoi occhi si agitarono da sotto le palpebre serrate, ma non poteva aprirli anche se desiderava conoscere l’identità di quella persona misteriosa. Si sentiva al sicuro, protetto. Gli sembrava di poter riconoscere quel tocco e, per un istante, provò un’improvvisa malinconia alla realizzazione della possibilità che gli si era presentata.

  “ … Mamma? ” riuscì a chiedere in un sospiro muovendo appena le labbra e rompendo il silenzio. La sua voce era strana, irreale quasi, aveva un insolito eco nell’aria e la mano dello sconosciuto si fermò per un breve istante colta di sorpresa. 

Il giovane sentì un sospiro quasi divertito, una mezza risata vagamente compiaciuta fino a che una voce che conosceva fin troppo bene, ma che era ormai presente solo nei suoi ricordi, gli rispondeva con ironia. “ Ancora? Credevo avessimo chiarito questo punto tempo fa. ”

Ci volle qualche altro secondo prima che il suo cervello comprendesse davvero a chi apparteneva quella voce. 

Era lei, era davvero lei. 

Lightning riprese ad accarezzargli i capelli con una delicatezza che non credeva di possedere, forse perché stava sognando ma gli era parso che anche la sua voce fosse leggermente diversa da come ricordava. Più eterea, con un’eco quasi celestiale, ultraterrena. 

Il giovane avrebbe voluto alzarsi e guardarla, stringerla e dirle quanto gli era mancata ma scoprì immediatamente di non potersi muovere in alcun modo. Il suo corpo non rispondeva ai suoi desideri e dèi, avrebbe offerto persino sé stesso pur di poterla guardare negli occhi ancora una volta. Aveva sognato così tanto di poterla rivedere ed era rimasto parecchio deluso quando aveva scoperto che lei aveva incontrato tutti tranne lui. Ricordava di averla implorata di farsi vedere molte volte nella solitudine delle sue notti come ricercatore, mentre fissava ripetutamente le immagini dell’Oracle Drive in cui lei combatteva avvolta in un’armatura scintillante. Sapeva che lo guardava dal Valhalla e che, in qualche modo, il messaggio le sarebbe arrivato alle orecchie. Non aveva voluto essere arrabbiato con lei ma non riusciva proprio a spiegarsi la ragione di tale indifferenza nei suoi confronti. 

Dopo tutto quello che avevano passato insieme non si meritava forse anche lui un piccolo incoraggiamento, un aiuto, un suggerimento? Qualsiasi cosa sarebbe andata bene. Gli sarebbe bastato anche solo poterla guardare negli occhi.

Ma adesso era lì, proprio accanto a lui e se quella era solo un’allucinazione dovuta alla capsula del tempo era irrilevante a quel punto. Aveva un disperato bisogno di vederla. Tutte le sue paure, i suoi dubbi riguardo a quello che stava facendo e a quello che sarebbe successo tornarono all’improvviso travolgendolo. Tremò terrorizzato all’idea di tornare indietro senza di lei, non poteva farcela da solo, non di nuovo. 

Lightning avvertì il suo turbamento e gli strinse le spalle con tocchi gentili e rassicuranti mentre passava il retro delle dita sulla sua guancia asciugando una lacrima solitaria che era sfuggita al suo controllo. “ E’ tutto ok, Hope, continua così. Stai andando bene. ” gli sussurrò avvicinando il volto al suo e sorridendo leggermente. Poteva sentire il suo respiro caldo sulla pelle, era così vicina. “ Sei sulla strada giusta, continua a tenere gli occhi avanti. ” 

La sua voce sfuggiva via, lontana da lui, mentre sentiva di scivolare nuovamente nell’incoscienza del suo sonno solitario e senza sogni. Non voleva andarsene, voleva restare lì con lei ancora. Aveva così tante cose da dirle, c’era qualcosa d’importante che doveva sapere, c’era la possibilità che quella fosse la sua unica ed ultima occasione. 

Ma non poteva, non così. Aveva ancora troppo da fare, lo stavano aspettando. 

Si limitò a sorridere appena quando avvertì la sua fronte premere a contatto con la propria, la sua pelle era fresca, i capelli gli solleticarono il naso e ciò diede conferma che non era frutto della sua immaginazione.  Forse anche lei stava soffrendo a quella separazione, forse non voleva che se ne andasse ma aveva delle cose da sistemare. Le persone facevano affidamento su di lui e anche lei, dopotutto, aveva una battaglia da affrontare. Stavano lottando entrambi per lo stesso obbiettivo; un nuovo futuro insieme. “ Continuerai a coprirmi le spalle, Light? ”

Non poteva vederla con gli occhi ma poteva, in qualche modo, sentire il suo sorriso.




 
*.*.*.*.*.*.*.*.*




  Claire guardò nuovamente l’ora sul display del suo smartphone tirandolo fuori dalla tasca dei jeans scuri. Sapeva perfettamente che ore fossero ma sua sorella stava iniziando ad essere più ansiosa del solito. “ Sono le 19 e quattro minuti. ” annunciò in tono annoiato riponendo nuovamente l’apparecchio al suo posto. 

  “ Rika è in ritardo, sei sicura che siamo nel posto giusto? ” la guardò mordersi il labbro, era qualcosa che faceva quando era nervosa e, in tutta onestà, non c’era alcun motivo di esserlo. 

Sospirò rumorosamente esasperata. “ Quattro minuti non è considerabile ritardo e in ogni caso sì, siamo nel posto giusto. ” le prese una mano nella sua e la strinse, un gesto che riusciva a tranquillizzarla sin da quando erano due bambine come tante su Cocoon. “ Perché sei così agitata comunque? ” 

Serah intrecciò le dita sottili con le sue e le sorrise brevemente. “ Non sono agitata. ” rispose sulla difensiva, per poi rimangiarsi tutto sotto lo sguardo dubbioso della sorella. “ E va bene, forse sono un pochino nervosa. ”

  “ Un pochino non descrive a sufficienza la situazione. ” Claire alzò un sopracciglio e sbatté le palpebre un paio di volte come a rimarcare la questione. “ E’ solo una normalissima uscita fra noi. ”

L’altra spalancò gli occhi azzurri. “ Sai perfettamente che non è così. O hai forse dimenticato che oggi è il nostro compleanno? ” 

La maggiore si morse l’interno della guancia e le lanciò uno sguardo di traverso. “ E come avrei potuto? Me lo ricordi ogni singolo giorno da più di un mese. ” 

Inspirò profondamente mentre spostava i capelli sudati dalla spalla, dopotutto era giugno inoltrato e l’afa estiva stava iniziando a farsi sentire anche in città nonostante fosse praticamente l’ora di cena. Finalmente avrebbe aggiunto volentieri Claire, da quando si era trasferita aveva scoperto di detestare particolarmente il freddo invernale del nord. 

  “ Ci stanno preparando una festa a sorpresa non è vero? ” aggiunse sua sorella mentre controllava nuovamente l’orario sul proprio telefono. “ Come possono pensare che funzionerà? Insomma, non crederanno davvero che qualcuno possa dimenticarsi del proprio compleanno… ” la guardò un secondo di troppo. “ Ok, forse tu lo dimenticheresti… ma siamo gemelle, è improbabile che ce ne dimentichiamo entrambe. ”

Dunque sua sorella aveva iniziato a straparlare come ogni volta che era nervosa. “ Temo proprio di sì, ma perché sei così tesa? Non dovresti essere felice e saltellare dalla gioia? ” 

  “ Lo sono, è solo che non amo le sorprese lo sai. Avrei preferito saperlo e vestirmi un po' più carina… così assomiglio proprio al topo da biblioteca che sono diventata! ” scoppiò alla fine indicando il suo abbigliamento più che informale, capelli legati alla buona con ciocche rosa che sfuggivano all’elastico, jeans scoloriti e una t-shirt un po' sbiadita… arricchita da qualche macchia di caffè. Anche Claire non era vestita da festa, dopotutto erano state ‘prelevate’ a forza dalla loro abitazione all’ultimo momento da una Rika piuttosto agitata. Le aveva fatte salire sulla metropolitana dicendogli dove scendere e che si sarebbero viste laggiù. Claire sospirò, avrebbe dovuto avere il sentore di qualcosa del genere in arrivo dal momento in cui Snow aveva annunciato che sarebbe stato di turno a lavoro per tutta la giornata. E lui non era tipo da far passare a Serah un compleanno senza la sua fastidiosa e colossale presenza, purtroppo. 

  “ Andrà tutto bene, in ogni caso l’importante è fingere di essere sorprese. ” 

  “ Quello è ovvio. ” replicò sua sorella cercando di sistemarsi i capelli disordinati specchiandosi nella vetrina di un negozio di abbigliamento dietro di loro. Per un attimo pensò di entrare e comprarsi qualcosa per cambiarsi ma la voce di Rika alle loro spalle la fece distogliere da quella folle idea. 

La ragazza le raggiunse di corsa, aveva il fiato corto mentre si fermava e gli mostrava la strada verso il posto in cui erano dirette a poche centinaia di metri di distanza. A quanto pareva avevano aperto un nuovo locale ‘pazzesco’ al cui interno prenotavi una stanza allestita e potevi trovare dal karaoke alle console per videogiochi, musica e giochi di società. “ La cosa più bella è che nessun estraneo può sentire quello che succede all’interno quindi non devi nemmeno vergognarti di non saper cantare. ”

Claire alzò le spalle. “ Un posto insonorizzato, perfetto per serial killer e depravati. Ottima idea. ” disse, il tono di sarcasmo non sfuggì alla sua migliore amica mentre Serah si lasciava sfuggire una risatina. 

  “ Ah-ah… ” rispose Rika guardandola e alzando le sopracciglia scure perfettamente modellate mentre le dava una gomitata al fianco. “ Ovviamente è dotato di telecamere e impianti di sicurezza, sei al sicuro con me tesorino. ” 
  
  “ Non-chiamarmi-così! ” rispose l’altra scandendo le parole e colpendola con un pizzicotto alla fronte. Proseguirono per qualche altro minuto fra risatine e scherzi e nessuna menzionò un’ipotetica festa di compleanno. Quando arrivarono alla piccola porta azzurra che era stata prenotata al loro nome all’interno del locale Serah afferrò nuovamente la mano di sua sorella prima che questa aprisse la porta velocemente.

  “ SORPRESAAA!

Furono travolte da una serie di urla e gridolini appartenenti a più persone di quelle che si aspettavano, coriandoli dorati e trombette dai trilli fastidiosi. Claire rimase immobile sul suo posto a guardare i volti di tutti i presenti mentre Serah doveva trattenersi dal scoppiare a piangere. C’erano tutti. In qualche modo avevano tutti trovato il modo di venire fino in città a festeggiare il loro compleanno. Se ne chiese la ragione, avevano già festeggiato diversi compleanni assieme ma in un modo o nell’altro mancava sempre qualcuno, dopotutto vivevano distanti e ognuno aveva i propri impegni. La domanda le scappò dalle labbra qualche ora dopo mentre addentava la seconda fetta della buonissima torta alla crema preparata da Lebreau. 

Snow la guardò inclinando la testa come se gli avesse appena chiesto la forma della luna, il sorriso comprensibilmente felice non aveva mai lasciato il suo viso quella sera. “ Abbiamo pensato che questo compleanno fosse un po' più speciale del solito, per questo abbiamo fatto in modo di esserci tutti. ” 

Claire aggrottò la fronte in un cipiglio e Sazh s’intromise notando la confusione nel suo sguardo. “ E’ iniziato tutto dopo il tuo ventunesimo compleanno, giusto soldatessa? ” 

Dannazione se ricordava quel compleanno e tutti gli errori che ne erano conseguiti, da quel momento in poi la sua vita era cambiata completamente e in modo permanente. Tutto il mondo che conosceva aveva acquisito un altro tipo di percezione, c’era stata l’Epurazione, il marchio, la fuga come ricercata l’Cie, il Valhalla, il Chaos… 

  “ E anche Serah aveva ventuno anni quando… ” aggiunse Noel con la voce bassa non volendo davvero rievocare brutti ricordi di una vita che non esisteva più. 

Improvvisamente Claire comprese un particolare che, chissà per quale ragione, le era rimasto oscuro sebbene lo avesse avuto davanti agli occhi sin dall’inizio. In un modo a lei sconosciuto, proprio lì in quel momento, tutti avevano lo stesso aspetto e la stessa età di quando il vecchio mondo era finito. Ecco perché lei e Serah erano rinate come gemelle. Forse era questo il segreto dietro il loro strano modo di ritrovarsi, un piccolo pezzetto alla volta. Forse era proprio quello il motivo per il quale non si erano ancora riuniti tutti. 

Forse doveva semplicemente andare così, dovevano aspettare il momento giusto.

Alzò lo sguardo su sua sorella che, a parte l’abbigliamento, adesso era l’esatta copia di com’era stata in passato prima che il dono di Etro la portasse via dal mondo. Chiacchierava allegra con Vanille e Yeul mentre, seduti attorno ad un tavolino, i ragazzi del NORA avevano una discussione piuttosto animata sulle regole del gioco da tavolo su cui avevano iniziato una partita. Snow li raggiunse aggrappandosi al collo di Maqui con una stretta da orso mentre le carte da gioco si mischiavano cadendo al suolo sotto le grida di protesta del gruppo e del più giovane del team. Fang e Lebreau chiacchieravano su un divanetto, un bicchiere in mano e la prima lanciava occhiate a Vanille di tanto in tanto, come ad assicurarsi che fosse sempre lì a pochi passi di distanza. Incontrò lo sguardo di Claire e alzò il bicchiere verso di lei con un sorrisetto ed un occhiolino. Sazh, dopo averle dato una pacca sulla spalla, aveva raggiunto anche lui il tavolo dei ragazzi seguito da Noel, cercando di aiutare a sistemare il casino provocato dal grosso gigante biondo. Jaser – ebbene sì, c’era anche lui – assieme a Rika erano impegnati in una canzone al karaoke di cui non sembravano conoscere le parole ma, a giudicare da come stava vicino alla ragazza, lui non pareva affatto dispiaciuto.

Claire si ritrovò a sorridere inconsciamente al gruppo, sembravano tutti così felici. 

Eppure mancava sempre quell’ultimo pezzo. 

  “ Claire? ” un’improvvisa voce giovane e dolce la fece uscire dal mare di pensieri in cui si stava iniziando a perdere. Si voltò per trovare Yeul alla sua destra che la guardava con una curiosità mista a un poco di apprensione. Le sorrise brevemente mentre le porgeva un piccolo pacchetto regalo avvolto in carta colorata. “ Questo è per te. ”

La più grande ricambiò il sorriso afferrando l’oggetto con esitazione. “ Yeul, non dovevi… ” ma la ragazzina scosse la testa agitando i lunghi capelli blu scuro.

  “ Non è niente di speciale. ” le disse timidamente. “ Ma ho avuto l’impressione che presto avresti dovuto averne bisogno, e sono abbastanza sicura che si tratta di qualcosa che non possiedi. ” 

Claire ricambiò lo sguardo confusa. “ Qualcosa che devo sapere? ”

  “ Oh no, no. Non ho più alcuna visione lo sai. ” rispose la più giovane intuendo il significato dietro la sua domanda. “ E’ solo… chiamalo presentimento. ”

Iniziò a sfasciare il pacchetto rompendo leggermente la carta ma facendo attenzione a rimanere delicata per non compromettere il contenuto della piccola scatola. “Mmh, d’accordo allora. Mi fido abbastanza del mio istinto, non vedo perché non dovrei fare altrettanto con il tuo. ”  

Quando aprì il pacchetto e ne estrasse il contenuto rimase perplessa per qualche secondo. Non era certamente qualcosa che si aspettava. “ Uno specchietto per make-up? ” 

Sentì una piccola risata divertita provenire dalla ragazza al suo fianco probabilmente dovuta al tono della sua voce e alla sua espressione confusa. “ Da tenere sempre con te, mi raccomando. ”

Claire osservò il piccolo oggetto fra le mani, era di metallo freddo di un pallido color oro con sfumature rosate con leggere incisioni floreali, aprendolo rivelò la superficie dello specchio rotondo perfettamente pulita e lucida. Vide il riflesso del suo volto velocemente prima di richiuderlo fra le mani. “ Grazie, lo farò. ” disse infine riponendolo con cura nella tasca della sua piccola borsa nera di pelle, a sua volta all’interno di una più grande di tela regalatale da Vanille con ricami fatti a mano. 

Poi Yeul si allungò per metterle una mano sulla spalla, il sorriso dolce e vagamente enigmatico non l’aveva abbandonata nemmeno per un secondo. Era rassicurante e la tranquillizzava. “ Presto. ” disse solamente prima di alzarsi e raggiungere Noel. 

Claire, che era rimasta immobile al suo posto quasi paralizzata, non comprese quello che la più giovane intendeva con quella parola. Presto, cosa? Era sicura che Yeul sapesse molto più di quello che faceva intendere ma non aveva intenzione di interrogarla con le sue mille domande e rovinare così il clima allegro. 

E poi, all’improvviso, lo sentì di nuovo. Un formicolio familiare si fece strada lungo la sua spina dorsale, una morsa le strinse il cuore nel petto aumentandone il battito cardiaco, il respiro accelerò. Si alzò di scatto guardandosi attorno e raggiunse la finestra dietro le ragazze, cercò qualcosa, qualsiasi cosa, potesse essere un indizio ma erano al secondo piano e fuori era buio nonostante le illuminazioni della città. Si appoggiò al vetro freddo, provò ad aprire ma la finestra era fissa e sigillata, sentiva una carica elettrostatica nell’aria, le gambe improvvisamente cariche di adrenalina. Un movimento con la coda dell’occhio attirò la sua attenzione in fondo alla strada ma come cercò di focalizzare lo sguardo, svanì dietro l’angolo. Doveva muoversi, doveva uscire.

Serah notò il suo turbamento ma nessuno fece in tempo a fermarla che in un attimo stava correndo fuori dalla stanza, giù per le scale, fuori dall’edificio. Con il cuore il gola per la fatica e il respiro corto e spezzato si guardò attorno prima di ricominciare a correre verso la strada dove pensava di averlo visto. Ed ecco che, così com’era arrivata, la percezione svanì nel nulla. 

Lo aveva perso, ancora. 




 
*.*.*.*.*.*.*.*.*


 


  “ E’ ora. ”

Lightning si voltò a guardare l’intero gruppo, gli occhi leggermente lucidi e velati dalle lacrime che non era riuscita a trattenere appena pochi secondi prima. L’influenza di aver accettato la parte del suo cuore che aveva rimosso da ragazzina stava già creando scompiglio dentro di lei. Ma quello non era il momento per lasciarsi andare, avrebbe avuto tutto il tempo di essere sé stessa nel nuovo mondo. 

Osservò i suoi compagni che festeggiavano con un sorriso la vittoria, ce l’avevano fatta alla fine. Avevano davvero reso possibile l’impossibile. Bhunivelze era stato sconfitto e anche se un giorno inaspettatamente avesse fatto ritorno loro avrebbero vinto ancora e ancora, di questo ne era sicura. Non sarebbe stato facile ma il legame e i sentimenti che li univano gli uni agli altri erano indissolubili, avrebbero sempre lottato insieme per la libertà. 

I suoi occhi azzurri si posarono dolcemente su ognuno di loro, li guardò con affetto ma anche con un pizzico di preoccupazione. Non aveva dubbi sul fatto che sarebbero stati insieme ma il futuro era incerto e la paura che una volta giunta nel nuovo mondo si sarebbe ritrovata sola l’assalì. Ma sapeva, nel profondo del cuore, che non sarebbe stato possibile. Avrebbe sempre avuto qualcuno disposto a cercarla e a starle accanto, sarebbero stati lì per lei in ogni modo e lei, a sua volta, sarebbe stata lì per loro. 

Un turbine di luci e polvere di cristallo volteggiò attorno a loro, il flusso delle anime era partito verso il nuovo mondo, dovevano seguirle, non potevano più attardarsi. Spinta da una forza invisibile iniziò a levitare nell’aria aggiungendosi alle luci alle sue spalle. Allungò una mano verso sua sorella, la sua preziosa sorellina era finalmente lì con lei, alla fine era tutto ciò per cui aveva sempre lottato: il dolce sorriso di Serah. Lei si voltò esitante per un momento verso Snow che stava proprio alle sue spalle, come ad assicurarsi che fosse ancora lì, che l’avrebbe seguita sempre. Lui la spinse leggermente con un sorriso, incoraggiandola. Era proprio lì, non l’avrebbe lasciata mai più. Serah finalmente prese la mano di sua sorella innalzandosi nella colonna luminosa e, qualche attimo dopo, gli altri la imitarono. 

Stava accadendo davvero. 

Lightning guardò per un momento negli occhi di sua sorella, così pieni di speranza, prima che lei si voltasse per accogliere l’arrivo del suo innamorato. La Salvatrice guardò verso il basso con affetto mentre Snow dava una leggera spinta incoraggiante al ragazzino dai capelli argentei. In un battito di ciglia Hope perse stabilità e quasi inciampò – per quanto si potesse inciampare fluttuando in un turbinio di anime luminose – proprio verso di lei che aveva allargato le braccia per accoglierlo. Sul volto un sorriso luminoso per la prima volta da quando era bambina. 

Lo prese all’ultimo secondo afferrando entrambe le sue mani e lui alzò lo sguardo su di lei, era leggermente imbarazzato ma c’era qualcosa di nuovo nei suoi occhi verdi. No, non era nuovo, era qualcosa che era sempre stato lì solo che, in quel momento, finalmente poteva vederlo anche lei. Amore. 

Le sorrise mentre stringeva forte le mani nelle sue, sembrava stesse per dirle qualcosa e Lightning inclinò la testa confusa per un momento. Il bagliore azzurrino che li circondava attirò l’attenzione del ragazzino che si soffermò ad ammirare quella lucentezza ultraterrena  voltando leggermente il capo e lei seguì inconsapevolmente quel gesto imitandolo. Le anime vorticavano attorno a loro in un bellissimo spettacolo di luci, per qualche istante Lightning si sentì come sotto i fuochi artificiali di Bodhum tanti secoli prima e, mentre osservava quelle luci, desiderò finalmente qualcosa per se stessa. Essere felice un giorno, esattamente come in quel momento. 

Quando voltò nuovamente lo sguardo su di lui qualcosa era cambiato. La postura, le spalle, i lineamenti del suo viso, si era trasformato nell’adulto che lei non aveva mai conosciuto. Era questo l’aspetto che avrebbe avuto nel nuovo mondo quando si sarebbero rivisti?

Lui finalmente la guardò ma i loro lineamenti iniziavano a svanire, confusi in una nebulosa luminescenza azzurra. Oramai Lightning riusciva a malapena a distinguere i suoi occhi verde mare. Non c’era più tempo. Le sembrò quasi di sentire un tocco leggero sulla guancia, uno sfioramento leggero che le asciugava una lacrima invisibile nascosta fra le sue ciglia mentre ogni sentimento, ogni paura, qualsiasi turbamento avesse avuto lasciava la sua coscienza per svanire nel flusso delle anime. Avrebbe voluto dirgli qualcosa, fargli sapere quanto era stato importante per lei, quanto l’avesse aiutata. 

Voleva ringraziarlo per essere tornato indietro. 

Lightning poteva essere stata il suo mentore all’inizio, più di mille anni prima ma, alla fine, era stato decisamente lui ad insegnarle più cose di quanto avrebbe mai immaginato. Ad accettare se stessa, l’importanza del calore di una famiglia, il supporto che non sarebbe stata più sola e che, qualsiasi cosa fosse successa, lui ci sarebbe sempre stato. Sempre.

Non staccò mai lo sguardo dai suoi occhi verdi, erano la sua ancora di salvezza, le dicevano che tutto sarebbe andato bene e lei gli credeva. Quando infine svanì completamente e la sua coscienza si assopì poteva, in qualche modo, avvertire ancora la stretta forte delle sue mani sulle proprie. Si sentiva cullata, al sicuro. Viva.

“ Saremo insieme. ”



 
*.*.*.*.*.*.*.*.*




  Claire si era alzata prima del solito quella mattina. Era sempre stata una persona mattiniera, complice il suo addestramento militare nel vecchio mondo che, tuttora, la influenzava e capitava spesso che fosse già sveglia al sorgere del sole. Le piaceva la tranquillità della mattina, quando la maggior parte delle persone ancora dormivano e il mondo era immerso nel silenzio. Le piacevano un po' meno quelle mattine in cui le capitava d’incontrare Snow mezzo addormentato su una tazza di caffè in cucina, quando rientrava dal lavoro dopo un turno notturno, ma fortunatamente non era quello il caso della giornata.

Diede un’occhiata veloce alla sveglia sul comodino, segnava le 6:35 e quella mattina era libera da impegni lavorativi. Si alzò e guardò fuori dalla finestra la città illuminata dai tenui raggi del sole nascente, gli alberi ormai in piena stagione autunnale variavano dal giallo al rosso scuro e il viale proprio sotto la loro casa era un tappeto di foglie colorate. Si preparò una spremuta veloce e si vestì con i suoi abiti da corsa facendo attenzione a non svegliare i suoi due coinquilini. Praticava jogging ogni mattina sin dal liceo – senza contare tutta la sua vita su Cocoon – era un metodo pratico per mantenersi allenata e scaricare la tensione, inoltre l’aiutava a pensare. Sopratutto quando passava la notte in preda a sogni bizzarri che faticava a ricordare al risveglio. 

Ma non quel giorno. Quella mattina ricordava quasi perfettamente ogni dettaglio di quella reminiscenza, quando quel nuovo mondo nel quale vivevano era nato grazie alla loro vittoria. I volti di tutti loro, la felicità ed il sollievo nel loro sguardi, nei loro sorrisi. Quegli occhi… erano i tuoi?

Si ritrovò a sospirare demoralizzata mentre dava un ultimo sguardo fuori prima d’infilarsi le scarpe da ginnastica, afferrare il suo lettore musicale ed uscire pronta ad affrontare i suoi pensieri e una lunga, lunghissima corsa. Aveva molto su cui riflettere. 

Iniziò a correre ad un ritmo sostenibile poi, invece che imboccare il suo solito percorso, cambiò improvvisamente direzione quasi senza pensarci. La sua attenzione era tutta concentrata sul cercare di ricordare il più possibile di quel breve sogno, era stato diverso in qualche modo, attenuato da una foschia luminosa che le rendeva particolarmente difficile dare definizione ai volti ed ai particolari. Era sicura che ci fossero tutti, sua sorella e il suo grosso fidanzato, Fang e Vanille, Sazh e suo figlio. Anche Noel e la dolce Yeul erano presenti, si tenevano per mano e non distoglievano praticamente mai l’attenzione l’uno dall’altra. E c’era anche lui, adesso poteva dirlo con assoluta certezza. Il viso ed i lineamenti erano ancora confusi, non aveva parlato quindi non era riuscita a sentire la sua voce ma c’era una caratteristica che non poteva proprio dimenticare. Intensi occhi verde mare. 

Claire non era una stupida, sapeva perfettamente che non avrebbe mai potuto rintracciare qualcuno solo da un particolare come quello, eppure non poteva fare a meno di sentirsi vagamente speranzosa. Forse, finalmente, aveva fatto un piccolo passo avanti nella giusta direzione. Si disse che probabilmente ci era voluto così tanto proprio perché lui avrebbe dovuto avere l’età giusta, esattamente come tutti gli altri. Ricordava una corporatura esile e minuta, un ragazzino. E, gradualmente, si rese conto che quella figura c’era sempre stata in qualche modo, in tantissimi momenti della sua vita. Era sempre stato lì. 

L’aveva sostenuta, l’aveva seguita, ammirata e, probabilmente, anche odiata ad un certo punto. Non poteva essere altrimenti dopotutto, era scomparsa per secoli per riapparire solamente alla fine del mondo. Quegli ultimi tredici giorni rimanevano in parte ancora nebulosi nella sua mente, determinate scelte e azioni non erano ben collegate ed era ormai convinta che tutti i pezzi sarebbero tornati al posto giusto una volta che l’avesse ritrovato. Ma l’aveva perso per ben due volte nell’arco di quell’anno e la città era grande, tremendamente estesa per riuscire a trovare qualcuno di cui non conoscevi né il nome né, tanto meno, il volto. 

Claire si ritrovò a sospirare frustrata, le sembrava di fare due passi indietro ogni volta che ne compiva uno in avanti. Così facendo le sarebbe venuta una crisi di nervi e i capelli grigi prima dei trent’anni. Alzò lo sguardo scoprendo di trovarsi in un luogo apparentemente sconosciuto, aveva corso senza sosta per almeno quarantacinque minuti a giudicare dall’ora sul display del suo telefono e senza prestare attenzione a dove andava. Iniziò a camminare a passo svelto mentre riprendeva fiato guardandosi intorno incuriosita, era entrata in un parco per lo più nascosto da grandi alberi. I vialetti erano ben curati nonostante il tappeto di foglie colorate cadute durante i giorni precedenti, l’erba dei prati era stata tagliata da poco e un leggero manto di rugiada la faceva brillare come una pioggia di diamanti. La zona sembrava deserta escluso qualche runner come lei e qualche passante solitario, dopotutto la giornata era appena all’inizio nonostante il sole iniziasse a illuminare la città cercando di superare le spesse nuvole grigiastre che occupavano quasi la totalità del cielo. 

A Claire non piaceva quel clima, quel grigiore, le ricordava fin troppo bene il Valhalla e, ancora peggio, i cieli invasi dal Chaos di Nova Chrysalia. Si riteneva in qualche modo fortunata ad aver vissuto sotto quel cielo solo per tredici giorni e comprendeva perché le persone avessero perso la speranza a lungo andare. In qualche modo, il cielo azzurro riesce a sollevare l’umore persino della persona più triste. Capiva perché Noel si era rifugiato nell’oscurità della notte a Luxerion e Snow avesse riempito il cielo di Yusnaan di fuochi colorati. Lei stessa, priva di qualsiasi potere divino, sarebbe impazzita se si fosse trovata al loro posto. 

Trovò una terrazza con una splendida vista della città dall’alto. Raggiunse la ringhiera ben dipinta in ferro battuto – stava iniziando a pensare di essere finita nel quartiere del ceto medio borghese della città – rimanendo praticamente incantata ad osservare il panorama sottostante. C’erano edifici altissimi e palazzi antichi e, nonostante fosse una metropoli, parecchie zone verdi erano sparse un po' ovunque. Osservò come il fiume costeggiava la via principale, mentre le macchine viaggiavano lente lungo le strade illuminate dalla luce del giorno. Era stata titubante all’inizio all’idea di trasferirsi in un posto come quello, le piaceva la piccola cittadina dove erano cresciute proprio perché le ricordava Bodhum ma dopo più di un anno e mezzo, poteva dire di essersi infine ambientata bene. Non le dispiaceva quella città un po' moderna e un po' antica, con monumenti e cattedrali, e parchi e fiumi. 

C’era ancora così tanto da esplorare di quel nuovo mondo, a volte le capitava di pensarci e provava il desiderio di prendere un treno e partire per un viaggio, da sola come un tempo, su Cocoon e Gran Pulse. Anche se aveva dovuto farlo perché costretta dalle circostanze dopotutto non le era dispiaciuto. Forse un giorno avrebbe trovato il coraggio e sarebbe partita per luoghi lontani, chi poteva saperlo?

La musica nelle cuffie si fermò per qualche secondo permettendole di ascoltare ciò che la circondava. Il suono delle macchine, il rumore delle foglie mosse dal vento, il cinguettio degli uccellini nascosti nei rami, il chiacchiericcio degli sconosciuti che le passavano accanto.

  “ Kai rinvia la riunione delle otto, la mia auto questa mattina non ha voluto saperne di partire. ” La voce di un giovane uomo alle sue spalle le arrivò distante alle orecchie mentre una nuova canzone ripartiva lentamente intonando alcune note al pianoforte. “ A-ha molto divertente… cercherò di fare prima che posso. Ehi che razza di amico sei? Lo sai che non sono esattamente un maratoneta non c’è bisogno d’infierire su questo… ” una breve risata gentile mentre la voce si allontanava da lei. 

Claire si ritrovò a sorridere inconsciamente, non sapeva perché lo stesse facendo ma qualcosa in quella voce l’aveva resa nostalgica. Poi la consapevolezza la colpì come un fulmine in pieno petto. Conosceva quella risata. 

Si voltò velocemente, i capelli leggermente sudati le finirono sugli occhi e se li scostò con un gesto irritato, il respiro le si bloccò e le sembrò che anche il suo cuore fermasse i propri battiti nel momento in cui lo vide a qualche metro da lei. Era inchiodata sul posto totalmente  incapace di muoversi, mentre brividi le attraversavano la spina dorsale e guardava la sua figura di spalle allontanarsi a passo svelto. I capelli argentei riflettevano la debole luce di quella mattinata autunnale mentre parlava al telefono. Il suo nome era proprio lì, sulla punta della lingua, nel retro della sua mente ma Claire si ritrovò incapace di fare qualsiasi cosa. Muoversi, parlare, persino respirare. La vista le si offuscò a causa delle lacrime che pungevano crudeli nei suoi occhi azzurri mentre l’uomo si allontanava sempre di più. 

Fermati. 

Sono qui. 


La sua mente gridava mentre era completamente paralizzata, le sembrava di essere tornata nuovamente un cristallo, immutabile sopra il suo trono di alabastro. Non poteva permetterlo, non poteva perderlo ancora. 

Ti prego!

Improvvisamente lui si bloccò sul posto, rimase immobile per un paio di secondi smarrito, in silenzio ad ascoltare. Gli era sembrato di aver sentito una voce – una voce dolorosamente familiare – alle sue spalle urlare, chiamarlo... implorarlo? Ma era completamente assurdo, non poteva essere lì. Un brivido gli attraversò improvvisamente la schiena salendo fin dietro la nuca e posizionandosi infine sulle tempie, poteva sentire la radice dei capelli irrigidirsi. Era come una scossa elettrica, un fremito incontrollato. Con una lentezza quasi esasperante finalmente si voltò e quando i suoi occhi focalizzarono l’immagine della donna a qualche metro da lui il tempo sembrò fermarsi in quell’istante, non esisteva più nulla all’infuori di loro. I suoni si erano attutiti come all’interno di una bolla, ogni immagine all’infuori della vista di lei era sfocata e mancava di consistenza, persino l’aria sembrava più rarefatta. Non poteva descrivere cosa stesse accadendo ma l’atmosfera stessa attorno a loro era cambiata, era densa di energia come se l’aria fosse diventata improvvisamente palpabile. Era come trovarsi all’interno di una tempesta elettrica, la stessa che stava attraversando ogni fibra del suo corpo e ogni centimetro della sua spina dorsale. 

Non puoi essere davvero tu. 

L’uomo non riuscì a controllare il leggero tremito sulle labbra mentre incredulo pronunciava il suo nome senza che nessun suono fuoriuscisse davvero. Erano passati secoli, letteralmente, dall’ultima volta che l’aveva fatto. Oh Dea, ti prego dimmi che è davvero lei. Ed era veramente assurdo che in quell’attimo esatto, nonostante ogni sua avversione per esseri celestiali, si ritrovasse a pregare qualche dio. Sapeva più che perfettamente che quel mondo non era governato da niente del genere eppure, nonostante la sua conoscenza radicata in memorie lontane continuasse a suggerirgli che era inutile farlo, lui non poteva farne a meno. La guardò così intensamente che gli occhi bruciarono, non sembrava affatto cambiata dalla figura che non aveva mai dimenticato e che appariva nei suoi ricordi ogni giorno, la stessa che tormentava i suoi sogni ogni notte da più di mille anni. Fissò gli occhi nei suoi e fu allora che capì che non stava avendo un’allucinazione. Che era reale ed era proprio a qualche passo da lui. Quell’azzurro cristallino così penetrante brillava contro i raggi del sole che sorgeva timido alle sue spalle. 

Claire, nuovamente padrona dei propri movimenti, fece appena un passo verso di lui ancora incredula di averlo finalmente davanti in carne ed ossa. Era più alto e questa era la prima cosa che aveva notato. La sovrastava di almeno quattro pollici e lei era obbligata a piegare leggermente il collo all’indietro per guardarlo. Sembrava anche più vecchio di lei adesso e questa fu la seconda cosa che non abbandonò i suoi pensieri per i prossimi minuti. Nella sua mente c’era una confusione di suoni e colori, ogni ricordo era ritornato con prepotenza e sapeva che quella era la prima volta che aveva a che fare con la sua forma di uomo adulto. I suoi lineamenti delicati non erano cambiati poi molto solo che, ora, rendevano il suo volto così malinconicamente familiare e dannatamente bello – in un modo quasi sconvolgente pensò lei mentre il cuore le svolazzava nel petto come un uccello chiuso nella sua gabbia toracica – assomigliava ai ragazzi delle riviste che Serah era solita sfogliare nei suoi momenti di ozio. L’armonia del suo viso aveva abbandonato le forme dell’adolescenza in favore di una mascella più squadrata e distinta e persino i suoi capelli chiari avevano mantenuto taglio e consistenza, solo leggermente meno scompigliati di come apparivano nei loro giorni da l’Cie, svolazzavano morbidamente nel tenue venticello mattutino. Però, nonostante tutto, malgrado quei cambiamenti così evidenti, quello che la sorprese più di ogni altra era che non riusciva a distaccare lo sguardo dai suoi occhi che sembravano immutati, caldi e gentili, luminosi e verdi come il mare. 

Erano sempre stati così intensi? 

Ed ora era proprio lì, ad un paio di passi di distanza, più alto e più vecchio e questa cosa la sconcertava un po'. Era conscia che lui era cresciuto negli anni in sua assenza, lo aveva osservato con attenzione più spesso di quello che avrebbe mai ammesso, ma l’ultima volta che erano stati in presenza fisica l’uno dell’altra lui era tornato ad essere un ragazzino – nonostante i modi ed i suoi sguardi tradissero la vera maturità insita in lui – e le arrivava a malapena alle spalle. Sapeva che era diventato alto per la media, comunque più alto di lei ma non un gigante come Snow, tuttavia l’esserne conscia e provarlo direttamente faccia a faccia erano cose ben diverse. 

Deglutì ed inconsciamente allungò una mano verso la sua direzione desiderosa di toccarlo, di assicurarsi che fosse davvero lì e che non sarebbe svanito nel vento come in un sogno. Come se i suoi pensieri di fossero uno specchio dei propri, anche lui la stava fissando con un’espressione mista a meraviglia e incredulità. “ Sei veramente tu. ” Disse rompendo finalmente il silenzio ed era una constatazione dei fatti. Lei era lì, era reale. C’era una leggera insicurezza nella sua voce adesso più profonda di come Claire ricordasse. Apparentemente di sua spontanea volontà, esattamente com’era stato per lei, le afferrò con delicatezza la mano che aveva lasciato sospesa a mezz’aria fra loro. Era più grande della sua, le dita lunghe ed eleganti e finalmente prive di guanti, pelle contro pelle il suo tocco quasi bruciava. “ Light. ” Sussurrò nel vento senza smettere mai di guardarla, ed era così piacevole il suono della sua voce mentre pronunciava il suo vecchio nome, un piccolo sorriso sinceramente soddisfatto si creò sul suo viso e qualcosa rese i suoi occhi verdemare ancora più lucidi e brillanti. 

Esitò colmando la distanza fra loro, i suoi modi sembravano trattenuti fino a che Claire non si mosse appena dandogli il suo consenso ed improvvisamente si ritrovò stretta in un abbraccio disperato, la sua presa quasi dolorosa. Il suo corpo era premuto forte contro quello di lui, le sue braccia lunghe le avvolgevano le spalle e le mani – molto più grandi e forti di come ricordasse – erano ben salde sulla schiena. Claire rimase immobile e incredula perché, in tutta la sua vita e anche in quella precedente, nessuno l’aveva mai toccata in quel modo. C’erano stati abbracci veloci e lacrime sottili, strette di mano e colpetti amichevoli sulla spalla ma niente, nemmeno l’abbraccio più intimo di Serah, si era mai avvicinato nemmeno lontanamente a quel tocco. “ Mi sei mancata. ”

Era così caldo, premuroso. La sua voce bassa e roca, dolce ma forte – quasi possessiva a dir la verità – faceva trasparire un dolore soffocante e a Claire si chiuse un nodo alla gola mentre le sembrava quasi volesse inglobarla a sé per la paura che potesse scivolargli via dalle mani, la stessa paura che aveva tormentato anche lei solo qualche istante prima.

Con i loro corpi premuti così forte riusciva a sentire il palpito del cuore di lui battere velocemente e, a quel suono, s’irrigidì anche lei avvertendo il proprio sussultare rapido in risposta. Il calore della pelle del collo di lui, nonostante il tessuto della sciarpa a fare da barriera, premuto contro la sua guancia quasi bruciava. Sorpresa da sé stessa si ritrovò a pensare che avrebbe potuto restare così in eterno e non le sarebbe importato di nient’altro, non le interessava nemmeno degli sconosciuti che passavano lì accanto e lanciavano occhiate incuriosite. Questo era lo stesso ragazzo che era riuscito a superare la sua maschera di ghiaccio e le sua barriere di protezione contro tutti e si era scavato un posto speciale nel suo cuore. Lo stesso ragazzo che aveva giurato di proteggere e che gli era caro quasi al pari  di sua sorella Serah. Era il suo partner. 

Alzò lo sguardo ma l’unica cosa che riusciva a vedere era il retro della sua nuca e come i suoi capelli chiari si muovevano nella leggera brezza che si era alzata da un paio di minuti. Inspirò il leggero profumo di acqua di colonia e di abiti freschi di bucato. Era un odore fresco e maschile che aveva solo una leggera somiglianza con quello del suo io più giovane ma in qualche modo lo trovò estraneo e confortante al tempo stesso. Perché lui era lì, perché non era più intrappolato nel corpo di un ragazzino, perché era un uomo adesso. Il ricordo di lui che si gettava nell’oscurità del Chaos del suo cuore solo per lei – era stato lui a salvarla alla fine di ogni cosa – le attraversò la mente, così vivido da farle uscire un singhiozzo silenzioso dalla bocca. Annaspò in cerca d’aria mentre altre immagini le invadevano la mente, ogni pezzo che finalmente tornava al proprio posto. 

E’ lui, è davvero lui.

La strinse ancora più forte quando la sentì tremare fra le sue braccia. Affondò il viso nei suoi capelli rosa inspirando il lontano profumo fruttato di uno shampoo e un leggero odore di sudore. “ Light. ” Aveva desiderato stringerla a sé in quel modo da così tanto tempo che farlo adesso era quasi doloroso, del tipo piacevole. Era calda, e il suo corpo adesso era della dimensione perfetta per essere avvolto dalle sue braccia. Fu in quel momento che Claire realizzò che era tutto vero, che era al sicuro. 

Era vivo. 

Con un po' di esitazione e contro ogni propria aspettativa allungò finalmente le mani tremolanti sulla sua ampia schiena, lasciando che le braccia gli circondassero la vita e afferrò incerta il tessuto del cappotto, chiuse gli occhi e affondò il viso nell’incavo del suo collo mentre stringeva il tessuto fra le dita aggrappandosi a lui come se le fosse necessario per la vita. “ Light. ” Aveva ripetuto quel nome così tante volte ormai da averne perso il conto, era come un mantra spezzato dal suo stesso respiro che si bloccava ad ogni ripetizione. Un piccolo sorriso si delineò sul suo volto mentre una mano risaliva lungo la schiena e intrecciava le dita nei suoi riccioli rosa premendola più forte contro di sé. 

La sensazione delle sue carezze era piacevole contro ogni sua previsione, non era mai stata una persona molto tattile, accettava il contatto di sua sorella e dei suoi genitori con piacere perché li amava ma nulla di più. Nonostante non ce ne fosse mai stato un vero motivo in questa nuova vita, aveva mantenuto comunque le distanze dal contatto fisico il più possibile con tutti. La paura che fosse tutta un’illusione e che presto sarebbe accaduto nuovamente qualcosa che glieli avrebbe portati via la obbligava a rinunciare sin da subito al contatto umano con chiunque di loro. Ma lui, con lui era diverso. 

Premuta contro di lui sembrava non poter fare a meno di notare quanto fosse cresciuto e quanto fosse diventato un uomo. Le spalle erano ampie, il suo fisico era snello ma tonico e sembrava nascondere una forza totalmente inaspettata nelle braccia che la stringevano. Non aveva un fisico prorompente e muscoloso come quello del suo stupido quasi cognato, nemmeno atletico e robusto come tanti altri soldati e commilitoni che aveva conosciuto in passato, eppure qualcosa nella sua struttura fisica le dava l’idea di solidità. Era cresciuto abbastanza per poterla abbracciare e sembrava che i loro corpi s’incastrassero l’un l’altro perfettamente, come se fossero stati creati per quell’unico scopo. Claire sospirò rasserenata mentre sentiva il proprio corpo rilassarsi, accoccolata fra le sue braccia si sentiva in pace, al sicuro.

Non aveva mai provato niente del genere in tutta la sua vita. Presente e passata.

Solo alla fine, dopo diversi minuti che le erano sembrati eterni, il volto nascosto nel suo cappotto blu navy ed improvvisamente più vulnerabile di quanto non fosse mai stata prima d’ora, Claire si permise alcune lacrime silenziose.

  “ Sono così felice che tu sia qui. ” La sua voce dolce e gentile irruppe nuovamente nel silenzio interrompendo la sua trance mentre le lacrime continuarono a scorrerle lungo le guance. Lo strinse in risposta non volendo spezzare quella sensazione di appagamento che si era impossessata di lei. Finalmente il suo nome diventò chiaro e limpido nella sua mente ed il cerchio, infine, si chiuse. Era sempre stato lì, era una parola così bella, così importante e che le aveva dato la forza di combattere in così tante occasioni. Come aveva potuto dimenticarsene? Lo sentì muovere la testa ed appoggiare lo zigomo sulla sua nuca cullandola leggermente mentre le dita le lasciavano leggere carezze gentili attraverso i capelli, e lei sentì tutto il suo corpo riscaldarsi sotto quel tocco. 

Così rassicurante. 

  “ Anch’io… ” mormorò facendo finalmente fuoriuscire la propria voce per la prima volta contro il tessuto del suo cappotto, l’emozione che sovrastava il suo tono solitamente autorevole e sostenuto trasformandolo in un pasticcio tremolante. L’effetto fu immediato e, a quel suono, lui sembrò rilassarsi sciogliendosi in un sospiro appagato. “ Mi sei mancato, Hope. ”

Finalmente erano insieme. 


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Note : Ragazzi, che dire? Finalmente la prima parte di questa storia è conclusa. So che ci ho messo un po' più di tempo del previsto, ma ho preferito mantenermi in linea con le pubblicazioni in inglese, o perlomeno, mantenere qui un capitolo avanti. 
Spero tanto che questa storia vi sia piaciuta, personalmente mi sento molto soddisfatta e non vedo l'ora di iniziare a pubblicare la seconda parte a cui sono già a rrivata a quota ( quasi ) 10 capitoli! Si presenta una delle storie più lunghe alle quali abbia mai lavorato. Spero di mantenermi costante e continuare ad aggiornare.
Nel frattempo, so che ormai EFP - soprattutto in questa sezione - è un po' morto ma, se sei arrivat@ fino a qui a leggere ti prego, ti prego con tutto il cuore, di farmi sapere cosa ne pensi di questa mia storia. Ti è piaciuta? Ti ha fatto schifo? Hai suggerimenti, buchi di trama da riempire, domande?? Io sono qui a disposizione per te.
Grazie per aver letto fino a qui, ci vediamo nella parte II <3

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