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di chiara_saffioti
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** ma stasera ***
Capitolo 2: *** Giovani Wannabe ***
Capitolo 3: *** Something I need ***
Capitolo 4: *** La Fama ***



Capitolo 1
*** ma stasera ***


L’aria quel giorno era dannatamente calda.
Samuele, Sam per gli amici, aveva iniziato da poco a lavorare per quell’azienda e già si era pentito della scelta che aveva fatto.
Stava guidando per la città, gli mancavano poche consegne per finire e non ne poteva più di quella giornata infernale.
Rallentò per fare attraversare la strada ad un ragazzo che faceva jogging, lo seguì con lo sguardo, guardandolo allontanarsi sul lungomare tinto di rosso per il tramonto del sole. E inevitabilmente non poté che pensare a come era finito su quel camion.
Era letteralmente scappato da tutto, in fretta e furia.  Aveva cambiato città, aveva cambiato casa, aveva cambiato lavoro.
Tutto per scappare da lei, Laura.
Laura era stata la prima donna che gli aveva fatto battere il cuore, quel tipo di amore che da un giorno all’altro ti fa passare da essere un ragazzino ad essere un uomo con sogni e desideri di famiglia.
Lei era più grande di lui, ma lui si era intestardito, l’aveva corteggiata a lungo, e quando lei aveva ceduto, lui aveva avvertito la sensazione che lei sarebbe stato il suo “per sempre”.
Tre anni. Tre anni pieni di amore, viaggi, vita, sogni, una convivenza serena senza mai un intoppo, solo ogni tanto lui doveva tenere testa ai dubbi di lei, per quei dodici anni di differenza che li dividevano, per l’insicurezza di lei su un futuro insieme.
Lui mai, neppure per un secondo, aveva avuto dubbi.
Poi un giorno era arrivato a casa, l’aveva trovata seduta in cucina, una valigia già pronta ai suoi piedi. Lui lo aveva capito subito, prima ancora che lei potesse aprire bocca.
Laura lo aveva guardato, aveva provato a parlare, ma le lacrime avevano iniziato a scorrerle sulle guance, e tutto il suo coraggio improvvisamente era venuto meno.
Sam la guardava ferito, e l’unica domanda che riuscì a fare fu “Perché?”
Laura non riuscì a rispondere, si alzò e si avvicinò a lui, gli accarezzò il braccio, passò le dita sul tatuaggio che lui aveva fatto per “loro”, un loro che adesso non esisteva più, una scritta nascosta sulla pelle scura per l’abbronzatura “You Are My Home”. La sua carezza sembrava bruciare, sulla pelle e dentro il cuore, Sam le passò un dito sotto il mento per farle alzare la testa quel poco che serviva per far incrociare i loro occhi.
Cazzo quanto erano belli gli occhi di Laura, occhi scuri e profondi, ci aveva sempre trovato tutto in quegli occhi grandi: la gioia, la passione, il divertimento, il riposo. Adesso vedeva solo dolore.
Laura lo abbracciò forte, reprimendo i singhiozzi. Lui sentì le lacrime di lei bagnargli la maglia.
E in un attimo, senza dire altro, come in un impeto di coraggio, si staccò da lui, prese la valigia e uscì da casa. E dalla sua vita.
Aveva lasciato una lettera, sul tavolo della cucina, ma lui non se la sentiva di aprirla. Si sedette sul divano, immobile, a fissare il vuoto.
Quel divano sul quale si erano accoccolati un milione di volte, dove avevano visto film, dove avevano fatto l’amore, dove avevano litigato, dove avevano mangiato…. Quel divano che sapeva di lei.
Sentiva il corpo freddo, aveva la sensazione di non riuscire a muoversi, di vedersi dall’esterno come una statua di marmo. Completamente crepata. Se qualcuno lo avesse toccato probabilmente sarebbe andato in mille pezzi.
CAZZO!!!! Inchiodò di colpo prima di passare col rosso. Ci mancava anche la multa.
Si costrinse a uscire fuori da quel ricordo e concentrarsi sul presente.
Erano passati quattro mesi da quel giorno. Sam era tornato a vivere nella sua città natale, Genova, aveva preso un piccolo appartamento in affitto, aveva ripreso contatti con i suoi vecchi amici, aveva anche avuto altre ragazze, per dimenticare Laura, ma il pensiero di lei, era sempre lì. Bruciava ancora, faceva dannatamente male.
Finalmente in lontananza vide comparire la sagoma del capannone. Odiava già quel lavoro che lo costringeva a vivere nel traffico tutto il giorno, e il suo responsabile era veramente uno stronzo.
Era entrato grazie a Bianca, la ex fidanzata del suo migliore amico, Leonardo, la ditta per cui lavorava cerca disperatamente un autista, e lui cercava disperatamente una via di fuga. Aveva accettato subito, e la ritrovata amicizia con Bianca era l’unica cosa che lo faceva sentire a proprio agio in quel covo di matti.
Per esempio, adesso, dopo una giornata estenuante, avrebbe voluto parcheggiare il camion e andare finalmente a casa, ma una macchina parcheggiata sul piazzale occupava precisamente il suo posto.
Prese il telefono e digitò velocemente un WhatsApp di richiesta aiuto a Bianca, nel frattempo la radio faceva passare l’ultima canzone di Mengoni, Ma Stasera.
Ma stasera? Leo gli aveva proposto un’uscita tra soli uomini, pizza e serata in discoteca. Ne aveva bisogno, aveva bisogno di uscire e divertirsi, anche se si sentiva terribilmente fuori tempo per tutto questo.
Canticchiava e pensava a tutto questo, mentre scriveva a Leo per accettare l’invito, intravide la sagoma di una chioma rossa che finalmente si era decisa a spostare la macchina.
Riuscì finalmente a parcheggiarsi e si infilò rapidamente in magazzino per consegnare tutti i documenti al suo responsabile.
In un respiro fu fuori da quel posto che lo soffocava.
In un respiro sentì impercettibile il sapore sulle labbra di Laura, e con dolore lo cacciò lontano nei ricordi.
In un respiro fu in macchina. Anche questa giornata, senza di lei, era finita.  

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Capitolo 2
*** Giovani Wannabe ***


Aveva la pelle d’oca. L’aria condizionata dell’ufficio di Lea era ai limiti dell’illegalità. Erano in riunione da più di due ore per revisionare la documentazione del bilancio e non ne poteva più. Odiava quel lavoro. Odiava tutto di quel lavoro. Le regole, gli orari, i colleghi, i clienti, i fornitori, gli autisti. Tutto. Stava immaginando di essere lontana da quel posto, su un’isola, un libro in mano, lontano da tutto. “Charlieeee… terra chiama Charlie ci sei????” Bianca era spuntata dalla porta, la guardava ridendo “c’è da spostare la macchina altrimenti Sam non riesce a parcheggiare” Si alzò sbuffando, ringraziando però quel ragazzo scontroso e antipatico per averle dato un minuto di tregua da quella riunione infinita. Uscì sul piazzale godendosi gli ultimi raggi del sole caldo che le accarezzavano la pelle, ancora troppo bianca e bisognosa di mare, guardando di nascosto, sotto la frangetta, il nuovo autista sul camion. Stava facendo qualcosa col telefono, non l’aveva degnata nemmeno di uno sguardo né di un ringraziamento, lei aveva spostato la macchina e lui aveva fatto come se nulla fosse. Non riusciva a capire come Bianca potesse ritenere quel ragazzo minimamente simpatico, lei ci aveva scambiato sì e no quattro parole, ma lui, un po' come lei d’altronde, sembrava odiare tutto in quel posto. Si guardò lentamente intorno mentre rientrava in ufficio, aveva bisogno di un po' di tepore prima di rientrare nel cubetto di ghiaccio che Lea aveva adibito ad ufficio. Era arrivata in quell’ufficio ormai dieci anni fa, era letteralmente cresciuta li dentro, era una ragazzina e adesso…. Adesso non sapeva nemmeno lei che cos’era. Aveva lasciato casa dei suoi subito dopo l’assunzione, aveva trovato un piccolissimo bilocale nel centro della città. Amava vivere in centro, vicina a tutto, nel bel mezzo della vita. Quel bilocale poi era stato un piccolo colpo di fortuna, certo, i cinque piani di scale non erano il massimo, ma la sera, poteva accoccolarsi nel suo piccolo terrazzino dal quale poteva godere dello spettacolo delle luci della città. Quella casa era il concentrato della sua esistenza: colori, libri, musica, insomma, arte che traspirava da ogni angolo. E poi ricordi di viaggio, foto. Ogni cosa li dentro aveva una storia e Charlie amava guardare il suo mondo. I suoi non avevano capito la sua scelta, era la più piccola di casa, la più eccentrica e sicuramente la più libera. Non aveva seguito il percorso tradizionale che volevano i suoi, ne le scelte sicure di sua sorella e suo fratello. Lei aveva deciso di vivere da sola, di godersi la vita, sotto ogni aspetto. Non aveva voluto fare l’università, non aveva voluto un matrimonio, aveva avuto parecchie storie, con ogni uomo passato nella sua vita aveva avuto un bel rapporto, che si era tramutato in amicizia. Ma legami seri non ne aveva voluti, e sapeva chiaramente di non volere figli. E questo, agli occhi dei suoi era un torto terribile. Si guardò di sfuggita il braccio, solo un attimo, prima di farsi distrarre dal suono del telefono. Un messaggio di Andrea. Ecco, se Charlie non aveva mai voluto legami, Andrea, in tutta questa situazione era sicuramente qualcosa di anomalo. Si erano conosciuti una vita fa, per caso, ad una partita di calcetto. Charlie era andata a vedere i suoi compagni di classe, Andrea, di poco più grande aveva finito da poco di giocare. Passarono letteralmente un’ora a guardarsi negli occhi. Charlie lo guardava, e pensava che quel ragazzo avesse qualcosa di anomalo e bello, che avesse dentro un lampo, un’idea. Andrea la guardava, ma questo a Charlie non lo aveva mai rivelato, e vedeva in lei una ragazza strana, dagli occhi tristi ma irrequieti. Riusciva a sentire in lei qualcosa di diverso, qualcosa che lo spaventava ma lo attirava terribilmente. Andrea si avviò al suo scooter, nel passare, si avvicinò a Charlie, passandole un piccolo biglietto. Niente scritte, niente saluti. Solo il suo numero. Charlie gli scrisse subito e cominciarono giornate di messaggi, di risate e di corteggiamento. Andrea non era la persona adatta per lei, e questo Charlie lo sapeva benissimo, lui era fidanzato, e anche Charlie in quel momento si vedeva con un ragazzo, niente di serio ma sicuramente non poteva ritenersi libera. Ma Andrea era dannatamente spudorato, e questo la spaventava e la attirava. Non c’era giorno in cui non le chiedeva un incontro o le facesse proposte imbarazzanti. Charlie sapeva che se avesse accettato avrebbe aperto un mondo che desiderava da tanto ma di cui aveva paura. Ma alla fine, la pelle ebbe il sopravvento e accettò il corteggiamento di Andrea. Charlie e Andrea diventarono una realtà strana. Lui per lei diventò un punto di riferimento, lei per lui pura adrenalina: facevano sesso, sperimentavano, Charlie non si tirava indietro, Andrea realizzava tutte le sue idee. Erano qualcosa di straordinario insieme. Negli ultimi quindici anni avevano trovato un equilibrio, che si basava sul fatto che nessuno dei due volesse impegnarsi con l’altro. C’erano stati momenti in cui avevano convissuto, momenti in cui non si sentivano, momenti in cui non scopavano perché erano impegnati. Ma erano una costante nella vita dell’altro. Con un’unica piccola particolarità: a nessuno avevano parlato del loro legame. Ed era una delle cose che più li faceva divertire, stare in mezzo alla gente senza che nessuno sapesse che loro conoscevano la posizione esatta dei nei dell’altro. Ridevano di nascosto, vivevano di nascosto. Ed era la condizione perfetta per loro. Negli anni Charlie aveva avuto molti amici, qualcuno vissuto più intensamente, qualcuno più distrattamente, ma in tanti avevano incrociato il suo percorso. Eppure adesso, mentre rientrava in ufficio, con Lea, la sua responsabile, e la sua più grande amica, si sentiva dannatamente sola, e si chiedeva se, dei suoi amici, qualcuno sarebbe rimasto se avessero conosciuto davvero chi era. Sentii vibrare ancora il telefono, questa volta era Stefano. Il suo fidanzato. Stavano insieme da quasi due anni, lei non ne aveva voluto sapere di convivenza, lui attendeva paziente. La voce di Stefano uscii pimpante dal telefono “Buonasera Peste, sei pronta per la cena di stasera?” Cazzo, cazzo, cazzo. La cena. Quella maledetta cena con i genitori di Stefano per cui lui aveva insistito tanto. Se n’era completamente dimenticata, ma ovviamente non lo diede a vedere. “Certo che sono pronta, tra poco esco e vado a casa, il tempo di una doccia e ci vediamo al ristorante…” Lasciò cadere la frase, come faceva sempre, sperando di averlo convinto. Stefano le ridiede le indicazioni, sapendo bene che Charlie era il caos, e non ricordava nulla. Le ore che seguirono furono, come al solito, una corsa, fatta di una doccia al volo e una rapida scelta sull’abbigliamento, aveva scelto un vestito semplice azzurro, che nascondeva le forme che la facevano tanto imbarazzare. Charlie era una bella ragazza, ma non era una top model, non aveva la pancia piatta e il fisico perfetto. Era quel che si definisce una ragazza normale, ma i suoi capelli rossi ramati, infittiti da riflessi biondi, e gli occhi verdi, così verdi da perdersi, la rendevano interessante e sensuale. Si finii di truccare sulla metro che la portava al Porto Antico, già tesa per la cena che la aspettava. Il ristorante era effettivamente molto bello, sul mare, arredamento minimale ma elegante. Era tutto perfetto, tranne per il fatto che Charlie si sentiva dannatamente fuori posto. Stefano e i suoi genitori la stavano già aspettando seduti al tavolo in veranda, avevano già ordinato il vino e gli antipasti. Charlie salutò velocemente Stefano e sua madre con un veloce abbraccio, mentre per il padre riservò una stretta di mano. La cena per fortuna fu più veloce del previsto. Charlie consumò controvoglia solo l’antipasto, era una giornata calda e non aveva particolarmente fame. Stefano e i suoi genitori invece ordinarono crudi di ogni genere e tipo. Arrivati al momento del dolce, e dopo aver consumato tre bottiglie di vino, Stefano insistette molto e Charlie no poté rifiutarsi di ordinare il fine pasto. Prese una panna cotta, era un dolce che non le piaceva, ma il menù non le offriva niente di interessante. Quando il piatto arrivò in tavola Charlie rimase un attimo senza parole. Nessuna panna cotta sul piatto, ma un piccolo astuccio blu, quadrato, aperto. All’interno un anello con un brillante azzurro. Stefano sorrise, le strinse la mano, e lasciandola senza parole le fece quella maledetta domanda: “Carlotta, mi vuoi sposare?”

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Capitolo 3
*** Something I need ***


Vorrei ringraziare chi ha speso un paio di minuti per leggere la mia storia. se vi va, scrivetemi pure per commenti, suggerimenti ecc... grazie :) Something I Need - One Republic Il telefono non smetteva di suonare un attimo, sentiva le notifiche impazzare sul telefono mentre cercava di non impazzire nel traffico. Era il gruppo del lavoro, e non prometteva niente di buono. Era già pronto a cancellare la chat senza nemmeno leggere quando scoprì che non si trattava di rotture di scatole ma di un invito all’aperitivo aziendale: pare che i risultati eccellenti delle ultime settimane avessero spinto i titolari ad organizzare un momento di convivialità tra i reparti. Più leggeva quelle parole, più le sentiva vuote. Ma infondo, non aveva impegni per giovedì sera ed erano giri di bevute gratis, con l’aiuto di Bianca era certo che sarebbe sopravvissuto. Sam non aveva avuto modo di legare con i suoi colleghi, a pelle aveva deciso che non gli piacevano, e non faceva nulla per trovare un piccolo punto di contatto con loro. Però, era pur vero che doveva sopravvivere li dentro, e forse legare con qualcuno poteva essere una buona idea, se non altro in caso di bisogno. Fu così che prese coraggio e rispose positivamente all’invito, destando nei suoi colleghi un certo stupore. Bianca ci mise circa un secondo e mezzo a scrivergli “ehi orso!!!! Sei impazzito? Ti degni di farci compagnia?” Sam rise fra sé, quella ragazza sapeva farlo ridere anche con una parola stupida, dopo Laura era l’unica che lo aveva fatto sorridere, ma in modi completamente diversi. Laura era il grande e unico amore della sua vita, prima di lei nessuna lo aveva fatto sentire così e lui sapeva che prima o poi sarebbero tornati insieme, perché loro erano un’unica cosa. Lui la amava, follemente. E sapeva che anche per lei era la stessa cosa, solo che aveva avuto paura, per le solite paranoie. Ci sarebbe voluto tempo, ma lui l’avrebbe aspettata. Anche per sempre. Lei era la sua casa, non era solo un segno sulla pelle, era un marchio nel cuore. Bianca invece era una grande amica, una sorella, quella che riusciva ad allontanarlo dai suoi pensieri bui, quella che lo aveva aiutato quando aveva avuto bisogno di scappare. Bianca e Leo erano stati una coppia per sei anni, poi avevano realizzato che quell’amore che all’inizio li aveva fatti bruciare, dopo quegli anni, dopo la convivenza, si era trasformata in amicizia. Avevano mantenuto un bellissimo rapporto, erano amici, ma amici veri, ma una coppia no, non potevano più esserlo. Quando uscivano Sam li osservava e si chiedeva come fosse possibile che due persone che si erano tanto amate, che si erano scelte e volute, che avevano fatto l’amore, litigato e urlato, che avevano scelto i mobili di una casa, e pensato di essere la loro scelta per la vita, l’altra metà del cielo con cui mettere su una famiglia e invecchiare, di punto in bianco si erano trasformati in due amici. Certo, due amici che si volevano bene, con un rapporto quasi fraterno. Ma comunque due amici. Si chiedeva come fosse possibile che non ci fosse gelosia tra loro, che non ci fosse risentimento. Una sera al pub ne aveva parlato con Leo, e lui gli aveva detto che le loro strade ad un certo punto avevano preso direzioni differenti, che voleva bene a Bianca, ma sentiva che non erano più felici come un tempo, che il legame, la quotidianità era diventata un’abitudine, e se non riuscivano più a sentirsi felici, sapeva che sarebbero arrivati a odiarsi invecchiando. Ma che Bianca per lui era troppo importante: il suo cuore, la sua pelle, le sue mani, il suo respiro avevano capito che non ci sarebbe stato un futuro per loro come coppia. Ma una vita senza Bianca, Leo, proprio non la voleva. Perché per lui era importante. E d’altronde, come non poteva non essere così? Come si poteva condividere un pezzo di vita così lungo insieme e poi diventare un estraneo? Sam lo aveva ascoltato, ma non riusciva a comprendere in pieno. Era convinto che Leo non avesse combattuto abbastanza, che forse, se si fosse impegnato di più, avrebbe convinto Bianca a rimanere nella loro casa. Pensava alla sua vita, lui stava ormai da qualche mese con Laura, e non poteva pensare effettivamente ad una vita senza di lei, perché lui voleva che ogni suo risveglio fosse scandito dal suo respiro, dai suoi occhi e dai suoi capelli arruffati. E ora? E ora pensava alle parole di Leo, e no, ancora non riusciva a comprenderle. Perché per lui non avere Laura nella sua vita era una tortura. Ma mai sarebbe riuscito a convivere con il pensiero di vederla andare via con un altro, o raccogliere le sue confidenze, come facevano Leo e Bianca. Non capiva il loro equilibrio, così come non capiva l’equilibrio tra lei e Laura. Cazzo, quanto ancora sarebbe durato il loro allontanamento? I giorni passarono velocemente scanditi dal ritmo di lavoro serrato, le cene con amici e a casa dai suoi genitori. Sembrava che nessuno lo volesse lasciare da solo, aveva come la sensazione che tutti volessero continuamente farlo sentire coccolato, meno solo. Ma si sentiva più solo che mai. Perché che tra tutti i visi amici, mancava l’unico che poteva farlo sentire amato, al sicuro e davvero felice. Si finì di preparare allo specchio, la camicia bianca di lino aderiva perfettamente alla sua pelle abbronzata, mise un braccialetto di cuoio al polso destro, nello stringere la fibbia sfiorò quella scritta… you are my home… sentii come sempre la pelle bruciare, ma non c’era tempo per il ricordo di Laura, non ora. Prese la giacca e le chiavi al volo, il clima di metà giugno era piacevole: il sole non era ancora troppo caldo, mentre il cielo sembrava voler rimanere chiaro, e non svelare l’arrivo della notte. Il tempo adatto per la sua amata vespa. Mise il casco, ignorando l’altro casco che giaceva nel bauletto, un casco bianco, con un cuore rosso su un lato. Una stretta al cuore per il ricordo di quando lo avevano comprato insieme, quando lui glielo aveva allacciato la prima volta per farglielo provare. No. Laura dalla sua testa non voleva proprio uscire. Però doveva andare o sarebbe arrivato tardi. L’azienda aveva organizzato un aperitivo in uno dei bagni, appena fuori dal centro della città. Sam parcheggiò poco distante, le ruote già sulla sabbia, che sentiva scricchiolare sotto le converse. Era in ritardo, seppur di poco, ma decise di attendere ancora un attimo, all’angolo dietro l’ingresso del locale, per prendere un’ultima boccata d’aria prima di entrare, prima di doversi sforzare di sorridere per forza davanti a tutti quegli estrani. Fu allora che venne letteralmente travolto. Non capii immediatamente cosa stava accadendo, riuscì solo a percepire una nuvola di capelli rossi e un corpo sbattergli contro, sentii i piedi incespicare sulla strada e un verso sorpreso provenire da quel terremoto che lo aveva colpito in pieno. Fu un attimo. Sam fece appena in tempo per fermare la caduta a terra di quella ragazza sbadata, la sorresse un attimo, con le sue braccia ferme e con cautela la fece rimettere dritta. Era Carlotta, la ragazza che lavorava in ufficio. Lui lo guardò da sotto, bofonchiando, la borsa le era caduta a terra rovesciando tutto il suo contenuto sulla sabbia. Si chinarono per raccogliere la borsa. Insieme. E inevitabilmente finirono per scontrarsi con la testa. E la ragazza doveva avere una testa particolarmente dura perché Sam finì a terra. Non se ne rese conto, ma stava ridendo per quella situazione assurda. “Scusa…. Scusa davvero… sono un disastro…”. Sam la guardava sorridendo mentre raccoglieva il pacchetto di Chesterfield e lo rimetteva in borsa. Senza volerlo la sua risata divenne sempre più forte, incontenibile. Era seduto a terra, travolto da una rossa semi sconosciuta. Chissà, magari nei libri e nei film poteva anche essere l’inizio di una storia d’amore, ma ai suoi occhi erano veramente divertenti. “hai l’abitudine di travolgere così tutti i colleghi…?” Vide alzarsi due grandi occhi verdi, che lo guardavano perplessi. Poi, come se un lampo le fosse passato dentro, scoppiò anche lei in una fragorosa risata. Allungò la mano verso di lui per aiutarlo ad alzarsi “comunque piacere, io sono Charlie”. Sam si rialzò pulendosi. “Charlie? Che nome è?” commentò, involontariamente, ad alta voce. Lei non sembrava particolarmente turbata, lo guardò ridendo, dritto negli occhi “In realtà mi chiamo Carlotta, ma tutti mi hanno sempre chiamata Charlie, fin da piccola…” Fu allora che furono interrotti da Lea e Bianca, che stavano arrivando insieme al locale, e li guardavano un po' perplesse. Entrarono tutti insieme, erano praticamente gli ultimi perché il locale era pieno, in sottofondo la musica non riusciva a coprire le voci dei colleghi. Lasciò le ragazze, e con un grande sforzo, e dopo aver recuperato un gin tonic si avvicinò al suo responsabile per scambiare due parole. Era quasi arrivato quando un braccio lo fermò ad un passo da lui “ma sei pazzo? È insopportabile al lavoro e non è meglio fuori, vieni con noi a bere.” Era Freddy, uno degli autisti “anziani” dell’azienda. Lo portò a bere insieme agli altri ragazzi delle consegne. Freddy era forte, nonostante l’accento sud americano aveva un modo impeccabile di parlare, lavorava in quell’azienda da circa dieci anni e per tutti era diventato il vero punto di riferimento. Riuscì a staccare la testa, complice la parlantina di Freddy e il gin tonic, e improvvisamente, quei colleghi, che sembravano così lontani da lui, diventarono un pochino meno sconosciuti. C’è chi aveva figli, chi viveva ancora a casa coi genitori, chi aveva sogni di gloria e chi invece aveva solo bisogno di uno stipendio da portare a casa. Una cosa li accomunava tutti: nessuno sopportava quel responsabile, che di responsabile non aveva nulla e che non aveva voglia di fare alcunché nella vita, se non imporre assurdità a proprio uso e consumo. “Guardate chi c’è! Le terribili dell’ufficio!!!!” Freddy gli urlò letteralmente nell’orecchio, facendosi spazio tra lui e un altro collega per far passare il “trio” delle segretarie: Lea, Bianca e…. la ragazza col nome strano, Charlie. Il gruppo di chiacchiere si allargò, ospitando quelle tre ragazze così diverse, ma all’apparenza così affiatate. Sam si avvicinò all’orecchio di Bianca e le chiese se quegli eventi capitavano spesso, lei stava per rispondergli quando Freddy si avvicinò, incastrando il braccio intorno al suo collo, in un abbraccio decisamente forte. All’altro braccio, con meno forza, Freddy cingeva la ragazza rossa, che sorrideva per il gesto affettuoso di quell’omone casinista. “Sam tu conosci la mia segretaria preferita??? Si chiama Charlie, ma non farti illusioni lei ha occhi solo per me!!!” Charlie scoppiò a ridere, una risata che per un attimo bloccò Sam. Era sincera, eppure trattenuta, come se non volesse mostrare troppo di sé. “si ci siamo conosciuti” rispose Charlie “finalmente dopo settimane di musi lunghi si è degnato di rivolgermi almeno un cenno di cortesia… “ continuò ridendo, con l’intenzione, benevola, di prenderlo in giro. “Certo, difficile rimanere impassibili quando vieni travolto…” replicò Sam divertito. Charlie lo guardò dritto negli occhi, abbassandoli fugacemente e ridendo “ti ho già chiesto scusa, e infondo non è colpa mia se ti sei piazzato dietro un angolo… non avevo visuale…” “beh, allora meno male che fai la segretaria e non guidi il camion…” rispose ancora Sam. Scoppiarono tutti a ridere, Charlie e Sam compresi, in quel momento tra le risate, Sam riuscì a riconoscere in sottofondo le note e le frasi di una canzone dei One Republic, Something i need, che conosceva molto bene “Honey don't you be afraid If we got nothing, we got us". Il ricordo di lei lo azzannò alla gola tramortendolo. Laura. Laura che cantava quella canzone, la domenica mattina, mentre girava per casa scalza. Laura che cantava quella canzone, mentre andavano al mare in vespa, con le braccia che stringevano il suo petto. Come se lei lo stesse abbracciando ancora adesso, sentii l’aria di colpo sparire dai suoi polmoni, aveva la sensazione di non riuscire a respirare, che le parole degli altri e le risate fossero improvvisamente sfocate e confuse. Strinse il bicchiere, cercando di non rovesciarne il contenuto, e fingendo che tutto andasse bene si congedò dagli altri, uscendo sulla spiaggia. Per fortuna nessuno aveva capito, ma l’aria ancora non riusciva a tornare. “Dannazione esci dalla mia testa…” Sam si appoggiò ad un ombrellone chiuso, cercando di recuperare un po' di calma. “Sam va tutto bene?” No, non era passato inosservato. Si voltò con cautela, con gli occhi lucidi, e incrociò due occhi verdi, grandi, che lo guardavano preoccupati. Charlie rimase un secondo bloccata davanti agli occhi lucidi del ragazzo, “Dai non posso averti fatto così male…” tentò una battuta, per farlo sorridere, sperava di riuscire a distrarlo dal suo dolore. Sam lo aveva capito. E funzionò. Rise, con le lacrime agli occhi, davanti a quella ragazza quasi sconosciuta, con cui fino a quel momento non aveva nemmeno scambiato una parola. “come ti senti?” lei lo guardava, con quei grandi occhi curiosi e strani. “stranamente, nonostante te, meglio” le rispose ridendo “è stato solo un momento mi sono già ripreso”. Lei lo fissò, seriamente “lo sai che quello che hai avuto era un attacco di panico, vero?”. Lui le sorrise, sbuffando leggermente “esagerata!!! Un attacco di panico…. Nemmeno mi conosci come fai a dire queste cose… io sto bene!”. Lei gli sorrise, gli occhi fissi su di lui, attenti e pazienti “ Sam… non ci conosciamo così bene, ma se vuoi parlarmene, io sono brava ad ascoltare”. Si sedette sulla sabbia, con il suo spritz in mano. Charlie gli aveva fatto una domanda, ma sapeva benissimo la risposta che avrebbe ricevuto. Era sicura di sé, una sicurezza che spaventava Sam. Mentre si sedeva, cercava di trovare anche lui una risposta ad un’altra domanda. Come aveva fatto? Come si era accorto che stava male e che aveva bisogno di aprirsi e di parlare? Come aveva fatto a farsi aprire la porta e convincerlo a fidarsi? Chi era quella sconosciuta con gli occhi curiosi e i capelli rossi come il tramonto che li avvolgeva? E semplicemente, ignorando tutti i suoi dubbi e le sue domande, si sedette accanto a lei, e iniziò a parlare.

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Capitolo 4
*** La Fama ***


Lo spritz era finito già da un po', e il ghiaccio nel bicchiere ormai si era sciolto. Sam le aveva raccontato il perché si era ritrovato su quella spiaggia con lei quella sera, e lei si sentiva davvero coinvolta nel suo dolore.
Gli dispiaceva vederlo star male così, nonostante fosse a tutti gli effetti uno sconosciuto. Nonostante fino a poco più di un paio di ore prima, lo considerasse solo “quell’antipatico, cafone e musone del nuovo autista”.
Lo ascoltava in silenzio, supportandolo di tanto in tanto. Ascoltava anche i suoi silenzi, lo aspettava.
Non poteva raccontagli nulla o incoraggiarlo con le sue esperienze, perché lei è stata Laura. Almeno un milione di volte.
Con ogni uomo passato dalla sua vita aveva cercato di essere il più possibile delicata. Nonostante ciò sapeva benissimo che ad alcuni aveva spezzato il cuore, qualcuno l’aveva ricercata. Altri avevano provato a riconquistarla, ma lei non ne aveva mai voluto sapere. Alcuni, invece, li aveva abbandonati e basta.
C’erano stati amori appassionati, sfumati nel giro di pochi mesi, storie di una notte, che l’avevano travolta, relazioni più lunghe che l’avevano soffocata.
Ma lei no, non poteva restare. Come nel film “Chocolat”, quando il vento chiamava lei doveva andare.
Tanti uomini erano passati nella sua vita, e da tutti era sempre scappata. Fino a Stefano.
Mentre ascoltava Sam, senza pensarci si ritrovò a passare le dita sull’anello di fidanzamento che portava all’anulare sinistro. Erano passate poche settimane dalla proposta di Stefano, si ritrovava spesso a ripercorrere quei minuti: ricordava il senso di disagio che aveva provato, la paura, per il suo futuro e per la possibilità di deludere Stefano; ricordava lo sguardo indagatore dei genitori di lui, volto a capire quale sarebbe stata la risposta; la sensazione di trovarsi fuori posto, fuori tempo. Fatto sta, che dopo qualche minuto di silenzio, aveva risposto “SI”. Stefano era al settimo cielo, e anche i suoi. Lei aveva manifestato emozione, ma dentro di sé, si sentiva scossa.
“Sam…. Scusa se mi permetto, ma non pensi che sia stato impossibile per lei convivere in una situazione di dubbio? Forse non riusciva più a convivere con questa insicurezza…”.
Sam sospirò “forse, ma non capisco il perché delle sue paure. Lei aveva paura perché io sono più giovane. E quindi? Io l’amavo, non mi interessava altro. Tra stare con lei e stare con chiunque altra, avere una famiglia con dei figli con qualsiasi altra donna al mondo…. Io avrei sempre scelto lei…”
Charlie lo guardò negli occhi, cercando di non ferirlo “Si ma forse lei non era pronta a scegliere te, e se lo avesse fatto solo per renderti felice? L’avresti voluta accanto a te, infelice, solo per averla al tuo fianco?”
“Charlie, hai veramente uno strano modo di consolare le persone…”. Scoppiarono a ridere insieme, fino alle lacrime. Charlie prese dalla borsa una sigaretta e l’accese, lo sbuffo di fumo, come ogni volta le diede fastidio agli occhi.
Lo guardò per un secondo, senza dire nulla. Si rese conto che lo stava guardando, davvero, per la prima volta. Aveva occhi profondi, sinceri, lineamenti gentili. Era un bel ragazzo, ed aveva un gran cuore. Un uomo per bene. Quelli da cui lei fuggiva a gambe levate.
Un uomo per bene come quello che lei stava per sposare. Un brivido la scosse al pensiero. Fumò un altro tiro di sigaretta, sperando di cacciare il pensiero.
“e tu, uragano Charlie dai capelli rossi, che travolge i poveri uomini indifesi e distrutti dai traumi amorosi, chi sei tu?”. Charlie lo guardò ridendo, ancora.
“Come chi sono? Sono Charlie, la tua stronzissima collega. Non lo sai che ho la nomea della terribile dell’ufficio? Quella che rompe sempre le scatole?”. Era vero, Sam aveva sentito quelle voci, la descrivevano tutti come la ragazza inflessibile e severa. Ma a vederla li, davanti a lui, le sembrava tutto tranne che severa. “Dai hai capito cosa intendo, cosa fai nella vita, non in ufficio? Hai una famiglia? Hai un modo per passare gli attimi che contano?”
Gli attimi che contano. Charlie abbassò lo sguardo, imbarazzata. “io…. Sono semplicemente Charlie. Non ho molto da raccontare. Lavoro qui da tanti, troppi anni. Vivo in un piccolissimo appartamento che è il mio mondo. È colorato, incasinato, pieno di musica e cose assurde. Sono andata a vivere da sola appena ho trovato un lavoro, volevo staccarmi dalla mia famiglia… è soffocante…”.
Sam la osservava parlare, non riusciva a stare ferma, come se si sentisse a disagio nel parlare di lei, giocava con i braccialetti che portava, e si rese conto che erano davvero tanti. Intrecciava le dita, i capelli, passava le mani nella sabbia. Insomma, la sentita quasi allarmata. E vaga. Come se fosse preoccupata di dire troppo, come se fosse imbarazzata per quello che stava raccontando “e l’uragano Charlie ha una persona che l’aspetta a casa vedo…” Sam aveva indicato con lo sguardo l’anello. Charlie aveva abbassato lo sguardo, come se si vergognasse.
“Lui si chiama Stefano, stiamo insieme da un paio di anni circa. Qualche settimana fa mi ha fatto la proposta e ora è lanciato a cento all’ora per organizzare il matrimonio. È un ragazzo semplice, per bene…” lasciò cadere la frase, non riusciva a finirla. Sam la guardava perplesso “E cosa non ti rende felice?”
La domanda di Sam fu come un pugno nello stomaco. Non poteva dargli una risposta, e quindi, fece quello che sapeva fare meglio. Mentire. “E chi ti dice che non sono felice? È solo una condizione nuova, non sono abituata ad essere fidanzata…”
Charlie non le diede tempo di finire questa volta “Charlie io ne ho viste di donne innamorate, alcune anche di me, e ho visto donne in procinto di sposarsi, non parlavano come te. Erano entusiaste e al settimo cielo.”.
Lei prese un elastico dal polso, e si tirò su i capelli in una coda disordinata “Ma io sono felice, è che è una condizione nuova per me, non sono mai stata fidanzata, forse non mi ci sono mai realmente vista”
Cercò di uscire da quel discorso “Comunque nonostante tu sia un musone, penso che ce la farai ad andare avanti Sam”, gli sorrise, guardandolo dritto negli occhi. Il sole era calato e lei avvertii un brivido di freddo sulla pelle. Sam se ne accorse “Forse è meglio rientrare”. Lei gli sorrise, gli piaceva stare li fuori a parlare con lui, le sembrava che il mondo si fosse fermato per un po'.
La musica nel locale si era alzata, la sentivano distintamente dalla spiaggia. Si alzarono, aiutandosi a vicenda, e si avvicinarono lentamente, come se non avessero voglia di essere travolti dal caos.
“Anche tu odi questo lavoro vero?” Sam ancora una volta le aveva fatto la domanda giusta. Lei si prese un secondo prima di rispondere “E come potrebbe essere altrimenti? È un mondo di regole, di numeri, un mondo rigido. E io non so se sono adatta a tutto questo…”.
Erano ormai vicini alla sala, Bianca, con lo sguardo fisso su Sam, li aspettava sulla soglia “Mi stavo giusto chiedendo dove foste finiti, vi hanno cercati. Tra poco ci sarà un brindisi”. Entrarono in sala, con gli occhi di Bianca addosso, e poco più in la non visto, anche sotto lo sguardo sornione di Maurizio, il responsabile di Sam.
Appena entrati in sala Freddy andò incontro a Charlie, le sue guance erano arrossate, per il caldo e probabilmente per qualche cocktail di troppo “Charlie facciamo vedere a tutti cosa ti ho insegnato”. La prese per la mano e la trascinò al centro della sala, dove qualcuno stava ballando sulle note di musica latina.
Sam li guardava: Freddy era euforico, dimostrava di tenere a quella ragazza, ma si vedeva dal suo sguardo che lo faceva come un fratello maggiore. La stringeva, la faceva volteggiare, facendola ridere. Charlie sembrava impacciata ma si muoveva bene, ma l’euforia di Freddy era troppo esplosiva. Erano belli mentre ballavano, esprimevano gioia, e un gran casino.
Finita la canzone Sam poggiò il bicchiere sul tavolo, e si avvicinò ai due colleghi rivolgendosi a Freddy “Posso chiedere il permesso di invitare la tua segretaria preferita a ballare?”. Charlie lo guardò stupita, sorpresa da quell’invito “io penso che forse dovresti chiedere a me…”.
Sam la guardò con gentilezza “Uragano Charlie, stasera mi hai travolto, dato una testata e mandato al tappeto, il minimo che mi devi è un ballo…”. Le prese la mano, portandola al centro della pista. Lei era imbarazzata, quell’invito, da un uomo come Sam era completamente inaspettato. Lui era un po' teso, non aveva più ballato da quando Laura se n’era andata. La prese tra le sue braccia, lei appoggiò la mano sulla sua, i due corpi a contatto. Sam iniziò a dare il tempo, guidandola sulle note di una bachata, La Fama.
I passi erano straordinariamente coordinati, loro lo erano. Si muovevano insieme, come se fossero una cosa sola, nessuna parola, solo ogni tanto, un incrocio di sguardi tra loro. Non facevano caso al mondo intorno a loro, allo sguardo di Freddy, che vedeva il frutto di mesi di insegnamento a quella ragazza strana, allo sguardo attento e curioso di Bianca, ai curiosi che si facevano film su un possibile flirt tra loro.
La mano di Sam era ferma al centro della schiena di lei, Charlie aveva la sensazione di potersi, per una volta, fidare, e che quel ragazzo non l’avrebbe fatta cadere, come aveva fatto qualche ora prima quando si erano scontrati.
Alla fine della canzone, dopo un sorriso complice, Charlie fu rapita dai capi. Sam invece si avvicinò al bancone per ordinare un altro gin tonic. In meno di niente, Bianca gli si affiancò “Che stai combinando con Charlie?”. Sam la guardò perplessa, chiedendole che cosa volesse intendere con quella domanda. Bianca lo guardò seria “Fai attenzione, lei è pericolosa per te, e tu hai ancora le ossa rotte…”.
Si allontanò, lasciandolo li, nei suoi pensieri, senza dargli tempo per replicare, senza la possibilità di spiegarle che si stava sbagliando. Che con Charlie non stava provando a fare nulla. Pensava a questo, quando con la coda dell’occhio notò una chioma rossa che si allontana rapidamente dal locale. E decise di seguirla.
“Dove scappi?”
Charlie si fermò un secondo, voltandosi cautamente “Non lo sai che a mezzanotte le carrozze diventano zucche?”. Sam scoppiò a ridere, e tirò fuori dalla tasca le chiavi della vespa “Vuoi un passaggio a casa?”.
Charlie ci pensò un attimo, ma era veramente stanca, così decise di accettare, ancora una volta, l’invito di quel ragazzo sconosciuto. Si avvicinarono alla moto di lui, lui aprii il bauletto tirando fuori i due caschi, passandogliene uno bianco. Lo sguardo di lui si soffermò più del dovuto sul casco, facendo trasparire un lampo di dolore nei suoi occhi. “Era il suo casco vero?”. Sam annuì, facendo subito un sorriso forzato di risposta, per cacciare il ricordo di Laura. Salirono in vespa, lui sentii il corpo di lei aderire perfettamente alla sua schiena, provò un brivido, lungo tutta la schiena, ma cercò di camuffarlo, non ne capiva il motivo.
Durante il viaggio il vento li accarezzava, baciando la loro pelle, ad ogni frenata Charlie stringeva la presa sul petto di Sam. E quel tocco, sembrava a lui una protezione.
La accompagnò sotto casa, lei smontò dalla moto e levò il casco, ravvivando con la mano la chioma rossa disordinata “Grazie allora…. Ci vediamo domani”. Lui le sorrise e la guardò avviarsi verso il portone.
“Uragano Charlie” le urlò quando lei stava per infilare le chiavi nella serratura.
Lei si voltò stupita, lo sguardo interrogativo.
“Grazie per stasera” le disse semplicemente, senza aggiungere niente, se non un sorriso. Rimise in moto, senza aspettare una risposta, pieno di imbarazzo per ciò che aveva appena detto, e andò via. Lasciandola con un sorriso.
Lei ritentò di aprire il portone quando una voce alle sue spalle la fermò ancora “Uragano Charlie??? Attenzione, attenzione!!! Qualcuno sta rimorchiando…”.
Lei si mise a ridere, la sagoma dietro di lei, diventò la figura familiare di Andrea a fianco a lei, una bottiglia di vino in mano e il viso stanco e divertito. “Che ci fai qui Andre?”.
Lui la guardò serio “Avevo voglia di quattro chiacchiere, un bicchiere di vino, e di te”.
 

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